i C
IL COSTUME
ANTICO E MODERNO
DI
TUTTI I POPOLI»
IL COSTUME
o
STORIA
DEL GOVERNO, DELLA MILIZIA, DELLA RELIGIONE, DELLE ARTI,
SCIENZE ED USANZE DI TUTTI I POPOLI ANTICHI E MODERNI
PROVATA COI MONUMENTI DELL'ANTICHITÀ
£ RAPPRESENTATA COGLI ANALOGHI DISEGNI
DAL DOTTORE
GIULIO TERRARIO.
AMERICA
Volume Terzo.
FIRENZE
PER V. BATELLI e COMPAGNI
1841.
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in 2011 with funding from
Research Library, The Getty Research Institute
http://www.archive.org/details/ilcostumeantic3to4ferr
L'AMERICA MERIDIONALE
DESCRITTA
DAL DOTTOR GIULIO FERRARIO
DESCRIZIONE FISICA GENERALE
DELL'AMERICA MERIDIONALE.
Estensione delV America meridionale.
T'
JLi America meridionale (i) è la più fertile, la più ricca, la più
pittoresca, la più salubre di tutte le penisole, e non la cede in
grandezza che all'Africa sola. La sua estensione secondo i calcoli
approssimativi de' geografi è di g5m. leghe quadrate da a5 per
(i) Oltre la grand' opera più volte citata di De-Humboldt e Bonpland
si possono vedere le seguenti descrizioni comuni a molte contrade del-
l' America meridionale :
Vera historia admirandae riavigationis qtìam UldericUs Schmidel , ab anno
i534 usque ad aunum 1 554 iti Americani juxta Brasiliani et Rio-
della-Plata confecit etc. Nuremberg. i5g<), in 4-°
Voyages and discoveries in Sout-America , cum tabulis geograph. Lon-
don , 1698 , in 8.°
Recueil de Voyages dans 1' Amérique meridionale , contenant diverses ob-
servations touchantes le Pérou , la Guyane, le Bresil etc. t radili ts de
l'Espagnol et de l' Anglais. Amster., 1738, in 12.0
Alcerlo y Herrera Aviso historico-politico-geograpliico , con las noticias mas
particulares del Perù, Tierra-Firma, Chili y nuevo regno de Grenada.
Madrid, 174°? in 4-°
New History of South-America, by Richard Rolt. London, 1756, in 8.°
Prelimi nar al tomo primiero de las Memorias historico-physicas , critico-
apologeticas de la America meridional , par D. Joseph Eusebio Lamo
Zaputa. Cadice, 17^9, in 8.°
G. F. Scheiblen Geschichte der von den Evangelischen in Frankreich
untemommenen Seereisen und Colonie-Anstalten in Sud-America. Des-
sau , 17^9, in 8.°
Die Spanischeu Besitzungen vornehmlich im Sùdlichen Theil desselben
und der merkwùrdigsten Oerter in Nord-America , ingleichen einiger
in dem Mexicanischen Meerbusen gelegenen Inseln. Sorau 1762, in 4-°
Gily, Saggio di una Storia Americana ec. Roma, 1780-1784, 4 v°l* *n &°
Reise einiger Missionarien der Gesellschaft Jesu in Sud-Amerika aus ibren
eigenen Handscbriften, herausgegeben von Christ. Gott. von Murs. Nu-
remberg, 1785, In 8.°
8 DESCRIZIONE TISICA GENERATE
grado equatoriale. Quasi Ire quarti di questa superficie trovansi
nella zona torrida. L* maggior sua larghezza, dal capo S. Agostino
nel Brasile al rapo Bianco nel Perù è di 1600 leghe: la sua lun-
ghezza presa dalla punta Gallianas, vicina al capo Velia in Tetra
ferma, al capo Froward in Patagonia è di i65o leghe } ma sic-
come le isole che compongono la terra del Fuoco, sono per così
dire aderenti all'America , così noi la prolungheremo 5o leghe
più al sud fino al capo Horn nella terra del Fuoco.
Principali caratteri fisici.
Un altipiano generalmente elevato duemila tese, coronalo di
catene e picchi isolali, forma tutta la parte occidentale dell'Ame-
rica meridionale. A levante di quell'alto suolo, un' estensione due
o tre volte più larga di piani paludosi o arenosi, solcati da Ire
immensi fiumi reali , e da gran numero di fiumi secondai] • al
sud infine un'altra terra eletala, meno alta ed estesa dall'alti-
piano occidentale, costituiscono tutta la penisola.
Tre fiumi principali.
I maestosi fiumi dell'America meridionale superano per la lun-
ghezza del corso e la larghezza dell'alveo tulli quelli dell'antico
continente.
Primo V Amazone o fiume delle Amazonì.
II superbo fiume delle Amazoni occupa il primo posto (1) :
esso è formalo nelle Ande dal concorso di parecchi confluenti che
sono «ià fiumi assai considerabili.
b
(1) Parecchi scrittori, sull'esempio degli Spaguuoli, sostituiscono al nome
d'Amazzone quello di Maranone di Orellana. Si dice comunemente che il
primo Europeo, il quale abbia riconosciuto questo gran fiume , sia stato
Francesco di Orellana. L'incontro ch'egli ebbe, nel discender questo fiume
di alcune donne armate dalle quali un Cacico lo aveva avvertito di star
lungi, fece sì che lo chiamasse fiume delle Amazonì. Alcuni gli hanno
dato il nome dello stesso Orellana; ma prima di lui si chiamava Maranone
o Maragnone, dal nome di un altro capitano Spagnuolo; e di fatto Orel-
lana nella relazione del suo viaggio non lo denomina altrimenti. Ma il
nome poetico d' Amazone è men soggetto a discussione. Nell'adottare peiò
una tale denominazione, non è da noi ammessa la verità storica di alcune
relazioni esagerate, secondo le quali il valore del suddetto stuolo di fem-
mine servì di fondamento per rinnovare i racconti egualmente esagerati
de' Greci sulla sussistenza di una nazione d'Amazoni.
DALL'AMERICA MEUIDIOXALE t)
L? Ucayal e V alto Mar anone.
L' Ucayal è il principale, ma è formalo esso pure da due al-
tri fiumi, l'uno de' quali è l'antico Maranone o Pari, che esce
dal lago Chincay, e dopo un lungo giro nelle Ande si congiugne
all' Apurimac} l'altro viene dai contorni del lago di Titicaca, ed
ha le sorgenti nell'Ande. L' Ucayal tanto sotto quest'ultimo nome
che sotto quello di Apurimac , passa per gole di montagne d'assai
difficile accesso, per solitarie foreste e vasti deserti , ove il suo corso
fa pompa di pittoresche bellezze. L'altro ramo principale del fiu-
me delle Amazioni è quello ch'esce dal lago Lauricocha , lago vi-
cinissimo alla fonte dell'antico Maranone o lago Chincay. Si dà
al fiume Lauricocha il nome di nuovo o alto Maranone. Da S.
Gioachimo d'Omaquas, l' Ucayal e l'alto Maranone spingono i
loro flutti riuniti per un immenso piano, ove i fiumi tributar] re-
can loro l'acqua da tulle le parli.
Var) confluenti.
11 Napo, l'Yupura , il Parana , il Cuchivara, l'Yuoay, il Puruz
che altrove sarebbero fiumi assai considerabili , colà non sono che
fiumi di terza o quaita classe. Il Rio-Negro che viene di Terra-
firma, e che merita il nome di gran fiume, è inghiottito nella
\asta corrente dell' Amazone. Sino al confluente di Rio-Negro e
dell' Amazoue, i Portoghesi chiamano quest'ultimo Rio del Soli-
moens , o fiume de1 Pesci } e solo dopo quel punto prende il nome
di fiume delle Aroazoni. Il fiume Madera o delle legne è il mag-
giore di tutti i confluenti dell' Amazone , e può anzi diisene uno
de' rami principali. Anche i grandi fiumi di Topayos e di Xingu
getta nsi nel medesimo. La foce peiò dei fiume di Tocantins o di
Para deve essere riguardata come indipendente, sebbene sieno
riuniti all' Amazone per un canale di comunicazione. La larghezza
dell' Amazone è varia da mezza lega ad un lega intera Dell' infe-
rior patte del suo coiso: la sua profondità supera cento braccia}
ma dopo il confluente del Xingu e presso la foce è simile ad un
mare, e l'occhio può difficilmente scorgere le due rive ad un
punto.
Secondo Rio-de-la- Piata o Pavana.
Il Rio-dc-la-Plola o fiume d'Argento tiene il secondo posto:
osso è formato dal concorso di parecchi gran fiumi, fra i quali il
Parana è liguardalo come il ramo principale $ anzi dagP indigeui
ÌO DESCRIZIONE FISIC4 GENEBALE
x'ien chiamato con questo nome tutto il fiume, mentre quello dì
Piata gli fu imposto dagli Spagtiuoli. Il Paratia viene dai contorni
di Villadel-Carmen , al nord di Rio-Janeiro, e gonfiato da una
moltitudine d'altri fiumi scorre per un montuoso paese. Ciò che
chiamasi la gran cateratta della Parana , non lungi della città di
Guayra è un lungo tratto ove il fiume per lo spazio di dodici
leghe, si spinge in mezzo a rupi perpendicolari spaccate con ispa-
ventevoli fenditure.
Il Paraguay.
Il Parana giunto nelle grandi pianure, riceve dal nord il Pa-
raguay fiume considerabilissimo, che prende la sorgente nell'al-
tipiano detto Carnpot Paresis, e che nella stagione piovosa forma
col suo straripare il gran lago di Xarayes, che non ha per con-
seguenza che una temporanea sussistenza. Il Paraguay prima di
gettarsi nel Parana riceve il Pilcomayo, gran fiume che viene dai
contorni del Potosi, e che serve alla navigazione interna ed al
trasporto de'minerali. Nel fiume della Piata metton foce anche il
Vermejo ed il Salado dal lato delle Ande, e l'Uraguay da quello
del Brasile. Il suo corso maestoso è eguale in larghezza a quello
delle Amazoni , e l'immensa sua foce può anzi venir considerata
come un golfo, giacché è poco inferiore alla Manica in larghezza.
Terzo. ISOrenoco.
L'Orenoco è il terzo gran fiume dell'America meridionale,
ma è ben lontano dal pareggiare gli altri due. Secondo La-Cruz
d'Olmedilla, prende origine dal picciol Iago d'Ypava, entra nel
lago Parima , uscito da questo riceve il Gujavari e molti altri
fiumi ed entra nell'Oceano a traverso un largo delta, dopo un
corso di 2,70 o tutt' al più 3oo leghe. La corrente formata dal-
l' Orenoco, fra il continente dell'America meridionale e l'isola
della Trinità , è di tal forza che le nevi spinte da un vento fresco
di ponente possono appena risalirlo.
Golfo Tristo , Bocca del Drago , cateratte.
Quel sito solitario e temuto chiamasi il golfo Tristo. La Bocca
del Drago ne forma l'ingresso. Colà di mezzo ai flutti furibondi
sorgono enormi rupi isolate. L'Orenoco ha molte cateratte, tra
le quali De-Humboldt distinse quelle di Maypures e d'Astures:
l' una e l altra poco elevate devono la loro sussistenza ad un ar-
cipelago d'isolelte e di rupi. Que'siti, o randals come li cliia-
dell' AMERICA MERIDIONALE I I
mano gli Spagnuoli, offrono aspetti assai pittoreschi. Le comuni-
cazioni che sussistono fra l' Orenoco e l'Amazone sono uno de' fe-
nomeni più maravigliosi della geografia fisica. De-Humboldt ha
navigato su que' fiumi, ed ha esaminato quella singolare disposi-
zione del terreno. È cosa certa che 1' Oreooco ed il Rio Negro
vanno errando su d'un altipiano , che in quella parte non ha
alcuna determinata declività.
Marno di Casiquiara.
Si presenta una valle, e vi si precipitano e riunisconsi le ac-
que de' due fiumi \ ed ecco il famoso ramo di Casiquiara col mezzo
del quale De-Humboldt e Bonpland passarono da Rio-Negro nel-
l' Orenoco.
Laghi.
Questa parte d'America contiene altresì molti fiumi senza
sbocco. Tale è il lago Titiaca, che mette a dir vero nel lago detto
das Aullagas} ma né l'uno né l'altro di que' laghi va al mare.
Nel Tucuman ed al sud-ouest di Buenos Ayres un'immensa pia-
nura perfettamente orizzontale è solcata da acque correnti , o da
concatenamenti di piccioli laghi ohe perdonsi nelle sabbie od im-
paludano. Tali sono i caratteri principali dell'idrografia dell' Ame-
ca meridionale. Passiamo ora alla descrizione delle montagne che
sono uno degli oggetti di maggior importanza per la cognizione
della geografia naturale di questo paese, e che per la loro eleva-
tezza ed estensione sono le più maestose del mondo.
Monti. Le Ande. Loro direzione.
Le Ande che traggono il nome dal vocabolo Peruviano Anti,
che significa rame, nome dato primitivamente ad una catena vi-
cina a Cusco formano come un lungo baluardo diretto dal nord
al sud , con catene (i) di montagne sovrapposte talora nella
direzione della grande catena, talora in una direzione trasversale
ed obliqua, formante valli o stendentesi in altipiani. Quest'ele-
vato terreno segue le coste dell'Oceano Pacifico a traverso il Chili
ed il Perù*, ben di rado se ne allontana più di dieci o dodici leghe.
Presso Quito , sotto l'equatore trovausi le più alte sommità di
(i) La parola Spagnuola cordilièra significa catena. Impropriamente
dunque s'impiega il nome di cordigliere per significare esclusivamente
la catena delle Ande.
12 DESCRIZIONE FISICA GENERALE
quella catena, che sodo nel tempo stesso le più alte montagne che
siensi ancora misurate sul globo terrestre. A Papeyan la gran diga
o terra alta termina e dividesi in più catene , due delle quali
sono le più osservabili. Una estremamente bassa va verso l'istmo,
di cui forma il rialzo: l'altra s'accosta al mare de' Caribi , ne
segue le coste , e sembra anzi continuare fino nell' isola della
Trinità, per un anello sottacqueo. Noi nel dare una descrizione
di questo vasto sistema di montagne seguiremo Malte-Brun, i viag-
gi di De-Humboldt, di la Gondamine, di Bouguer e d' Ilelma.
Catena di Caracas.
La catena che orla le coste settentrionali della Terraferma ha,
generalmente parlando, da sei ad ottocento tese al di sopra del
mare. Le pianure che stendonsi alla base sono elevale da ioo a
260 tese,* ma sonovi punte isolate che s'ergono a grandissima
altezza. La Sierra-Nevada de Merida giugne a 235o tese , ed il
Siila di Caracas a 2816 (1). Stanno eterne le navi su quelle ci-
me, e n'escono talvolta torrenti di bollenti materie, ne sono rari
i tremuoti. Havvi nel Siila di Caracas un precipizio spaventevole
di più di i3oo tese.
Catena deW istmo.
La catena granitosa che si dirige e traversa l'istmo di Pana-
ma , ma che merita appena il nome di catena , non è alta che
dalle 5o alle i5o tese, e sembra anche essere interrotta del tutto
fra le sorgenti di Rio-Atralo e di RioSan-Juan.
Cordigliere della Nuova-Granata.
Nel regno della Nuova-Granata dai 2 3o'fino a 5 i5' di la-
titudine boreale la Cordigliera delle Ande è divisa io tre catene
paralelle. La catena orientale separa la valle del fiume della
Maddalena dalle pianure di Rio-Meto. Le sue più alte cime sono
il Paramo della Summapax , quella di Cingasa ed i Cerro's di
ban-Fernando e di Tuquillo: nessuna però ffiu£ne fino alla regione
111" » O o o
delle nevi eterne: la loro altezza media è di 2000 tese, e quindi
280 tese maggiore della più alta montagna de' Pirenei. La catena
centrale divide le acque fra il bacino del fiume della Maddalena
e quello di Rio Cauca , e giunge bene spesso alla regione delle
«evi perpetue:, l' oltrepassa poi di molto coi vortici colossali del
1) L'Atlante di De-Humboldt. Tav. 68 , pag. 298.
dell'america meridionale i3
Guanacas, del Buragan e del Quindin, che sono tutti a a5oo e
2800 tese oltre il livello dell'Oceano. La catena occidentale
dell'Ande separa la valle di Cauca dalla provincia di Choco e
dalle coste del mare del sud : la sua elevazione è appena di 760
tese (1). Queste tre catene di montagne, separate da grandi e
profonde valli , da bacini di grandi fiumi, confondonsi di bel
nuovo verso il nord sotto il paralello di Menzo e d'Anlioquia,
tra il 6 ed il y di latitudine boreale, e formano altresì un solo
gruppo , una sola massa al sud di Popoyao , nella provincia di
Pasto.
Passaggio delle Ande.
I passi, pei quali si traversano queste catene, meritano la no-
stra attenzione. I signori Bouguer e De-Humboldt ce ne danno
un'idea. La città di Santa-Fè di Bogota, capitale del regno della
Nuova-Granata è posta a ponente del Paramo di Chingaza, su
di un altipiano di 135^ tese d'altezza assoluta, e che si prolun-
ga sulla Cordigliera orientale. Per giugnere da quella città a Pa-
payau, ed in riva al Cauca, convien discendere la catena orien-
tale, traversare la valle della Maddalena, e passare la catena cen-
trale. Il passo più frequentato è quello del Paramo di Guanacas
descritto da Bouguer allorché ritornò da Quito a Cartagena delle
Indie. De-Humboldt preferì il passaggio della montagna di Quin-
diu o Quindio fra le città d' Ibagua o di Carthago, ed è il più
difficile di tutta la Cordigliera dell'Ande. Conviene imboscarsi in
una densa foresta , che nella più bella stagione non si traversa
che in dieci o dodici giorni, e dove non tiovasi una sola capan-
na , uè alcun mezzo di sussistenza: il sentiero, per il quale si
passa la Cordigliera, il più sovente ridotto alla larghezza di un
piede o due, rassomiglia in gran parte ad una galleria scavata a
cielo aperto. In quella parte dell'Ande, come quasi in tutto il
rimanente, il sasso è coperto d'una spessa crosta d'argilla. I fili
d'acqua che scendono dal monte vi si scavarono un canale. Va-
cilla e trema il passo quando si va in mezzo a quelle fenditure,
piene di fango; e la cui oscurità è aumentata dalla folta vegeta-
zione che ne ingombra l'apertura.
La Tavola num. 1 presenta un luogo assai pittoresco che Irò-
(1) De-Humboldt , Vues es Monumens.
l/j DESCRIZIONE FlSICi GENERALE.
vasi all'ingresso della detta montagna di Quindiu, nelle vicinan-
ze d'Ibague, in un posto chiamato il piede della Cuesta. Il cono
tronco di Tolima , coperto di nevi perpetue , la cui forma nou
differisce gran fatto da quella del Cotopaxi e del Cayambe, sem-
bra sovrastare ad una massa di roccie granitose. Il picciol fiume
di Combeima , che frammischia le sue acque a quelle di Rio-
Guello , va serpeggiando in una angusta valle, e s'apre il passo
a traverso di un boschetto di palme. Scorgonsi sul fondo una
parte della città d'Ibague, la gran valle del fiume della Mad-
dalena, e la catena orientale dell'Ande. Sul davanti vedesi una
truppa di Gargueros (i) che entrano nelle montagne : vi si
scorge la maniera particolare , colla quale la seggiola , costrutta
di legno di bambù, è legata sulle spalle, e tenuta in equilibrio
da un frontale simile a quello che si mette ai cavalli ed ai buoi.
Il viluppo portato dal terzo Garguero è il tetto, ossia la casa mo-
bile, della quale si serve il viaggiatore traversando le foreste di
Quindin. Allorché si giugne a Ibague, e che vi si fanno i prepa-
rativi pel viaggio , si fan tagliare nelle montagne vicine molle
(i) Le persone , che non sono accostumate andare a piedi per si in-
comode strade , si fanno portare dagli uomini che hanno una seggiola le-
gata sul dorso ; poiché nello stato attuale del passaggio del Quindiu , sa-
rebbe impossibile P andare sui muli. Si suol dire in questo paese , andar
en garguero , come si dice andar a cavallo. Gli uomini detti Gargueros
non sono Indiani , ma meticci, e qualche volta anche Bianchi. Reca spesse
volte sorpresa P udire questi uomini nudi ad una professione sì vile ai
nostri occhi , quistionare fra loro in mezzo di una foresta , porche P uno
non diede all' altro , che pretende avere la pelle più bianca , i titoli fa-
stosi di Don o di Su Merced. I Gargueros portano comunemente da
sei a sttte arrobas (75 a 68 chilogrammi ); se ne trovano altresì alcuni
tanto robusti che portano fino a nove arrobas. Quando si riflette all'enorme
fatica, alla quale questi infelici sono esposti, camminando otto a nove ore
del giorno, in un paese montuoso; quando si sa ch'essi hanno qualche
volta il dorso ammaccato come le bestie da soma, e che i viaggiatori hanno
spesso la crudeltà di abbandonarli nella foresta , allorché si ammalano 5
quando si riflette ch'essi non guadagnano, in un viaggio da Ibague a
Carthago, che 12 o 4 piastre (60 a 70 fr. ), nello spazio di i5, ed al-
cune volte di 25 o 5o giorni, si dura fatica a credere come un mestiere
sì penoso possa essere intrapreso volontariamente da tutta la gioventù
robusta che vive ai piedi di queste montagne.
dell'america meridionale i5
cenlinaja dì foglie di vijao, pianta della famiglia dei bananieri.
Queste foglie membranose e lustre come quelle della musa sono
di forma ovale, lurjghe venti pollici e larghe quattordici: la loro
superficie inferiore di un bianco argentino è coperta di una ma-
teria farinacciola , che si stacca a scaglie. Questa vernice partico-
lare le rende atte a resistere lungamente alla pioggia. Nel racco-
glierle, si fa un taglio al gambo, e questo taglio serve d'uncino
per sospenderle allorché si vuol formare il tetto mobile} in seguito
si stendono e si rotolano in un pacco cilindrico. E necessario un
peso di 5o a 60 chilogrammi di foglie per coprire una capanna
in cui stanno dalle cinque alle otto persone. Quando nel mezzo
delle foreste si giunge in un luogo ove il suolo è secco, e dove
si vuol passare la notte, i Gargueros tagliano alcuni rami d'al-
bero cui dispongono in forma di tenda. Quest'armadura leggiera
è in pochi minuti divisa in quadrati posti parallelamente in di-
stanza di tre a quattro decimetri gli uni degli altri. Intanto si
svolge il pacco di foglie di vijao , e molti si occupano nell'or-
dinarie sulla graticciata, e questa capanna rimane perfettamente
coperta, come se lo fosse dalle tegole. Noi, dice De-Humboldt,
abbiamo passati molti giorni nella valle di Boquia sotto una di
queste tende di foglie, senza essere bagnati, benché la pioggia
fosse dirottissima e quasi continua.
/ Quebradà? s.
I Quebradà' s sono su di una proporzione assai più grande :
consistono in ispaccature immense che, dividendo la massa dell'An-
de, producono una soluzione di continuità nella catena che tra-
versano. Monti, per esempio, simili al Puy-de-Dome sarebbero
inghiottiti nella profondità di quegl' immensi burroni che isolano
le diverse regioni dell' Ande, a guisa di penisole in mezzo ad un
oceano aereo. Nelle Quebradà' s l'occhio del viaggiatore sbigottito
si forma una più giusta idea della gigantesca grandezza delle
Cordigliere. A traverso quelle porte naturali i grandi fiumi scen-
dono all'Oceano.
Cordigliero, di Quito.
Avanzando da Popayan verso il sud vedonsi sull'arido piano
della provincia di los Pastos i tre anelli dell'Ande confondersi in
un solo gruppo che si prolunga assai al di là dell'equatore. Que-
sto gruppo nel regno di Quito presenta un aspetto particolare dal
l6 DESCRIZIONE FISICA GENEKALE
fiume di Chota che serpeggia per montagne di roccia basaltica,
fino al Parano dell' Ossuay sul quale si osservano memorabili
avanzi dell'architettura Peruviana. Le sommità più elevale sono
distribuite in due file, che formano come una doppia cresta delle
Cordigliere. Que' vertici colossali, e coperti di eterno diaccio,
servirono di segnali nelle operazioni degli accademici Francesi,
allorché misurarono il grado equatoriale. La disposizione loro sim-
metrica in due linee che vanno dal nord al sud li ha fatti con-
siderare da Bouguer come due catene di montagne se parate da
una valle longitudinale} ma ciò che quel celebre astronomo chia-
ma fondo di una valle non è che la schiena dell'Ande, e un
altipiano, la cui altezza assoluta è da 2700 a 2900 metri. Su
questi altipiani trovasi concentrata la popolazione di quel paese
maraviglioso : ivi stanno città di trenta e cinquanta mila abita-
tori.
Aspetto delle alte sommità.
Osservando il dosso delle Cordigliere come una vasta pianura
circoscritta da montagne lontane, l'occhio s'accostuma a consi-
derare le ineguaglianze della loro cresta, come tanti vertici isolati.
Il Pichincha , il Cajamba, il Cotupaxi , tutti questi picchi vulca-
nici, cui si danno nomi particolari, sebbene a più della metà
dell'altezza loro totale non costituiscano che una sola massa, ap-
pajono agli abitatori di Quito altrettante montagne distinte che
sorgono da un piano sgombro di boschi. Quest'illusione è tanto
più grande io quanto che le dentellature della doppia cresta delle
Cordigliere giungono fino al livello delle alte pianure abitate.
Quindi è che le Ande non presentano l'aspetto di una catena
che vedute da lungi dalle coste del grande Oceano, o dalle sa-
vane che stendonsi fino alle radici dell'orientale loro pendio.
Elevazione delle Ande di Quito e loro struttura geologica.
Le Ande di Quito formano la parte più elevata di tutto il
sistema} particolarmente fra l'equatore ed il primo grado e 1^5
minuti di latitudine australe. Solo in questo picciolo spazio del
globo si misurano esattamente montagne che sorpassano l'al-
tezza di 3ooo tese. E non ve n'ha di fatto che tre : il Cimbo-
rasso, il Cayambé e l' Anlisana. La struttura geologica di questa
parte delle Ande non differisce essenzialmente da quella delle
grandi catene d'Europa.
DELL AMERICA MEBIDI0.\ALE IJ
Vulcani.
1 vulcani si fecero strada a traverso quelle immense masse, e
ne copersero i fianchi di pietre ossidiane e d' amigdaloidi porose.
I più bassi vulcani vomitano talora lave, ma quelli della Coni-
gliera propriamente detta non lanciano die acqua, sassi scorifor-
mi, e più di tulio argilla mista di solfo e carbonio.
Cordigliero, del Perù.
Penetrando nel Perù veggonsi le catene delle Ande moltipli-
carsi, stendersi in larghezza , e perdere nel tempo stesso la loro
elevazione. Il Cimborasso come il Monbianco forma l'estremità di
un gruppo colossale. Dal Cimborasso fino a centoventi leghe al
sud, nessuna cima è coperta di neve perpetua. La sommità del-
l'Ande non ha che dai 3ioo ai 35oo metri, cioè da 1600 a
1700 tese di elevazione. Dall'ottavo grado di latitudine australe,
e dalla provincia di Guamachuco, le sommità coperte di neve si
fanno più spesse specialmente verso Cuzco e la Paz , ove sorgono
i picchi d'Ilimani e di Cururana. Da per lutto in quella regione
le Ande propriamente dette sono fiancheggiate a levante da parec-
chie catene inferiori. I Missionarj che ne percorsero alcune, ce le
presentano come coperte di grandi alberi e di verdi praterie, e
per conseguenza come considerabilmenle inferiori alla Cordigliera
propriamente dptta.
Cordigliera del Chili.
Sembra che le Ande del Chili non la cedano in altezza a
quelle del Perù, ma la loro natura è meno conosciuta. Pare che
i vulcani vi sieno ancor più frequenti. Le catene laterali scompa-
gno, e pare ben anche che la Cordigliera medesima non presenti
che una sola sommità. Più al sud nel Nuovo-Chili , la Cordigliera
si accosta talmente all'Oceano, che le scoscese isolette dell' Ar-
cipelago degli HuDyateca possono venire considerate qual fram-
mento staccato dalla catena dell'Ande. Sono altrettanti Cimborassi
e Coiopaxi, ma immersi per due terzi negli abissi dell'Oceano. Sul
continente il cono bianco di neve di Cuptana s'innalza a circa
2900 metri, i5oo tese } ma più al sud verso il capo Pilar, le
montagne granitose si abbassano fino a 4°° metri, 200 tese, ed
anche a minor bassezza.
Miniere, fossili.
Le ricchezze metalliche della catena dell'Ande superano forse
Cosi. Voi. Ili delV America. 2
l8 DESCRIZIONE FISICA GENERALE
quelle della Cordigliera Messicana} ma le miniere fino ad ora
scoperte , poste ad una maggior altezza nella regione delle nevi
lungi dai boschi e dai paesi coltivati non producono un sì gran
frutto. Queste montagne poi abbondanti di roccie calcane offrono
pochissime petrificazioni } le belenniti e le ammoniti, sì comuni
in Europa, sembrano ivi sconosciute. Nella catena delle coste di
Caracas , De-Humboldt trovò una grande quantità di conchiglie
pietrificate, che rassomigliano a quelle del mar vicino. Sussistono
pure conchiglie pietrificate a Micuipampa e a Huancavelica a due
mila e dugento tese d' elevazione. Altri monumenti di un antico
mondo moslransi ad un livello inferiore. Presso a Santa-Fè tro-
vasi nel Campo-de-Giguanle, a i3^o tese d' altezza, un'immensità
d'ossa fossili d' elefante , tanto della spezie d' Africa che della
spezie carnivora scoperta presso l'Ohio. Se ne rinvennero al sud
di Quito e nel Chili, di modo che può provarsi la sussistenza e
la distruzione di quegli elefanti giganteschi dall'Ohio fiuo ai Pa-
tagoni.
Climi.
La temperatura, determinata sì dal livello che dalla latitudi-
ne, offre quivi contrapposti simili a quelli che abbiamo osservati
nel Messico,
Tre zone.
Le tre zone di temperatura che provengono in America dal-
l' enorme differenza di livello fra i diversi terreni, non potrebbero
ifi modo alcuno paragonarsi alle zone prodotte da una differeza
di latitudine. La piacevole e salutare varietà delle stagioni manca
alle regioni che qui distinguonsi sotto le denominazioni à\ Jred-
da, temperata e calda. L'estate, la primavera e l'inverno stanno
colà seduti sopra tre troni diversi che non abbandonano mai, e
che rimangono costantemente circondati dagli attributi della loro
possanza.
Vegetazione.
La vegetazione presenta un maggior numero di scale, di cui
conviene segnare le principali.
Regione delle palme.
Dai lidi dell'Oceano sino all'altezza di mille metri (5i3 tese)
vegetano le magnifiche palme, le musa, le heliconia, le theo-
pkrasta, le gigliacte più odorifere, il balsamo di Tolu e la chi-
DE) L'AMERICA MERIDIONALE ig
Machina eli Garony. Il gelsomino dal fiore largo, e la datura in
albero, esalano la sera i soavi loro profumi ne' contorni di Lima.
Sull'aride rive dell'Oceano all'ombra del cocco nutronsi i man-
glieri , i cactus e varie piante saline, fra l'altre il sesuvium por-
tulacastrum (i). Una sola palma il ceroxylon andicola si separa
dal resto della famiglia ed abita la alture delle Cordigliere da
900 fino a 1460 tese d"1 altezza.
Regione della chinachina.
Inferiormente alla regione delle palme, comincia quella delle
felci arborescenti, e del chinchona o chinachina. La sostanza
febbrifuga che rende sì preziosa la corteccia della chinachina, si
trova in parecchi alberi di spezie diversa, alcuni de' quali cre-
scono ad un bassissimo livello fino in riva al mare. Ma il vero
chinchona che non alligna al di sotto di 353 tese non potè ol-
trepassare l'istmo di Panama. Nella regione temperata dei chin-
chona crescono alcune piante gigliacee per esempio i melostama
a grandi fiori violetti, le passiflore in alberi, alle come le quer-
cie del nord , e l' alstraemeria di rara bellezza.
Regione delle erbette e delle guercie.
Là sorgono maestosamente i macrocnemum, i lysanthus e le
diverse cucullari. All'altezza di i334, e più ancora di r539 te-
se, l'acae/za, il dichondra , gli hydrocotyli, il nerteria e
Valchemilla formano uno strato d'erbetta assai follo e verdeg-
giante. Le quercie non cominciano nelle regioni equatoriali che
più su di 1700 metri (872 tese). Questi sono i soli alberi che
sotto l'equatore presentino qualche volta lo spettacolo della natura
che si desta al giunger della primavera. Nella regione equatoriale
i grandi alberi , quelli il cui tronco eccede le 100 i5 lese, non
allignano più su del livello di 2700 metri (i385 tese). Pai li-
vello della città di Quito in poi gli alberi sono meno grandi, e
la loro altezza non è paragonabile a quella a cui giungono la
specie medesima nei climi i più temperati.
Regioni degli arbusti.
A 35oo metri (1796 tese) di altezza cessa quisi ogni vege-
tazione arborea \ ma a tele elevazione divengono altreltaulo più
comuni gli arbusti. Questa è la regione de'berberis , de' duranta
(0 A. De Humboldt, Tableau (ics règi un s équatoriales , pag. 59.
20 DESCRIZIONE FISICA GENERALE
e delle barnadesie. Queste piante contraddistinguono la vegeta-
zione degli altipiani di Pasto e di Quito , come quello di Santa-
Fé è contraddistinta dalla polymnia e dalle dature in albero.
Più su in cima alla Cordigliera , dalle i44° a"e 1700 tese d'al-
tezza , trovasi la regione delle wintere e delle escallonie.
Vegetazione de' Paramos.
Il clima freddo, ma costantemente umido, di quelle eminenze,
chiamate Paramos d.igl' indigeni, produce arboscelli, il cui tronco,
corto e carbonizzato, dividesi in un'infinità di rami, coperti di
foglie dure e di uu verde lucido.
Piante alpine.
Una larga zana dalle io5o alle 2100 tese ci presenta la re-
gione delle piante alpine, ed è quella delle sthaehelina, delle
genziane e dell' espeletiafrailexon, le cui foglie vellose servono
sovente di ricovero ai miseri Indiani sorpresi dalla notte in quelle
regioni.
Gramigne.
All'altezza di 2100 tese, le piante alpine cedono il luogo
alle gramigne, la cui regione si stende dalle trecento alle quat-
trocento tese più in alto. Le j arava, le stipa, una quantità di
nuove spezie di panicum, d'agrostis, d'avena e di dactylis
vi coprono il terreno, che presenta da lunge un tappeto color
d'oro, cui gli abitatori chiamano Pajonal. La neve cade a quando
a quando su quella regione delle gramigne. Ma a 4600 metri
(236o tese) scompajono interamente le piante fanerogame. Da
quel limite fino alla neve perpetua le sole piante licheniche co-
prono le rupi.
Piante coltivate.
Le piante coltivate hanno zone meno ristrette e meno rigoro-
samente limitate. Nella regione delle palme gli indigeni coltivano
il banano, il jalrofa, il mais ed il cacao. Gli Europei vi intro-
dussero la coltivazione dello zucchero e dell'indaco. Il caffè ed
il cotone estendonsi a traverso l' una e l'altra regione. La colli-
o
vazione delle biade comincia a 5oo tese } ma non è rassicurata
che 25o tese più in alto. Il formento cresce più vigoroso dalle
800 alle 1000 tese d'elevazione. La regione compresa fra le 820
e 0,60 tese è pur quella ove abbonda il cocca o l' crythroxilium
Peruvianum , alcune foglie del quale, miste a calce caustica, nu-
DELL AMERICA MERIDIONALE 2 1
Irono l'Indiano del Peiù nelle sue più lunghe gite nelle Cordi-
gliere. Dalle iooo alle i5oo tese regna principalmente la colti-
vazione dei diversi grani d'Europa e del chenopodium quinoa ,
coltivazione favorita sui grandi altipiani che trovatisi sulla Gordi-
gliera dell' ande, ed il cui terreno eguale e facile ad ararsi ras-
somiglia al fondo d'antichi laghi. A 1600 tese o 1700 d' altez7a
la brina e la grandine fanno sovente andare a male i ricolti di
biade. Il mais non è quasi più coltivato al di là delle 1200 lese:
3oo tese più alto trovasi il pomo di terra, la cui cultura cessa a
2100 tese. Verso le 1700 tese il formento più non regge ^ né vi
si semina che l'orzo. Al di sopra delle 1840 tese cessa ogni col-
tivazione. Gli uomini vivono colà in mezzo a numerose gregge di
pecore, di lama e di buoi.
Regno animale.
Neil' esaminare le varie spezie degli animali che popolano le
vaste regioni dell'America meridionale, noi seguiremo tuttavia il
De-Humboldt , che distribuì il regno animale, secondo l'eleva-
zione del terreno.
Animali del piano e delle paludi.
Dal livello del mare fino a mille metri (5i3 tese) nella re-
gione delle palme si vedono il pigro vivere nella cecopria pel-
tata, i boa ed i coccodrilli trascinarsi al piede del conocarpus e
dell' anacardium car acoli. Ivi il cavia capybara si nasconde
entro paludi coperte d' heliconia e di bambusa, per sottrarsi alla
persecuzione degli animali carnivori: il tanayra ed il crax ed i
pappagalli confondono sul caryocar e sul lecythis il colore delle
loro penne con quello de' fiori e delle foglie. Ivi si vede risplen-
dere Velater noctilucus che vive di cannamele, ed ivi il corcu-
lio palmarum vive nel midollo del cocco. Le foreste di quelle
ardenti regioni rimbombano degli urli dell' alaute e d'altre sci-
mie sapaju.
Il signor De-Humboldt ha riunito in una memoria (1) le os-
servazioni da lui fatte nel 1800 sulle scimie della Gujana Spa-
gnuola nel corso di una navigazione intrapresa per giugnere dalle
steppe della provincia di Caracas fino alle frontiere del Brasile ,
(1) Sur les Singes qui abitent les rives de l'Oiénoque etc. Voyage De-
Humboldt et Bonpland, Seconde Panie, voi. I. pag. 3o5.
2 2 DESCRIZIONE TISICA GENERALE
penetrando pei l'Orenoco, l'Atabapo ed il Tuaminì alle rive del
Rio-Negro. Egli riferisce in questa memoria molte osservazioni
fatte su le scimie già note , e descrive le nuove spezie da lui
scoperte, aggiungendone anche molte figure. Noi non faremo che
indicarne alcune delle più curiose , rimandando gli amatori di
questa parte di storia naturale alla suddetta memoria.
Scimia dormigliona.
La scimia dormigliona del Cassiquiare detta dagli Indiani
Duraculi (i) è una delle scimie fra quelle trovate nelle foreste
della Gujana degna di maggior attenzione } ed è interamente sco-
nosciuta in Euiopa. Essa è la sola srirt.ia dell' Orenoco che dorma
di giorno, e perciò venne appellata Mono dormilon. De-Humboldt
osservò in una che tenne viva più di cinque mesi, ch'essa ordi-
nariamente s'addormentava alle ore nove della mattina e si sve-
gliava alle sette della sera. Se di giorno veniva svegliala, essa era
trista, abbattuta e in un vero stato letargico. Egli ce ne presentò
la figura nella Tavola 28 dell' opera citata.
Scimia cappuccino.
Vedi la qui annessa Tavola 2 figura 1. Il Cappuccino del-
l' Orenoco (2) è un'altra scimia, che, secondo la divisione seguita
da Saiut-IIilaire, appartiene alla famiglia de' Nyctipithèques chia-
mati da altri naturalisti scimie a coda di volpe. Malgrado delle
relazioni che sussistono fra il governo di Venezuela e le missioni
della Gujana, gli animali dell'Orenoco, come le scimie cappuccine,
i duiuculi, i saimiri ec. sono infinitamente rari a Caracas, a Gu-
mana, a Nuova-Barcelona e a Portocabello. Il cappuccino condotto
con noi, così Humboldt, ritornando dall' Angoslura per la città
del Pao, è stalo l'oggetto dell' ammirazione degli abitatori della
costa. La sua aria grave e melanconica, la sua lunga e folta barba
la cura ch'esso continuamente si prende per conservarla asciutta
e lucida, la somiglianza che presenta colla figura di un religioso
in abito monacale, hanno dalo origine a mille superstiziose fin-
zioni sull'origine di queste scimie.
(1) Simia trivirgata cinerea, abdomine ex flavo nifescente , fronte
zenis trìbus longitudinalìbus pietà.
(2) Simia Cliiropotes barbata, ex rubro fuscescens, capillitio verticis
longitudinalitcr^ diviso, maris tcslibus coccincis.
dell'america MERIDIONALE 2f3
Jl Curio o Satanasso.
Il Cuxio o Satanasso del gran Para (i) di cui noi presentiamo
la figura sotto il num. 2, della detta Tavola , può servire a dare
qualche idea della forma del cappuccino dell' Orenoco, se voglia-
mo figurarci il Cuxio coperto di pelo cappuccino o rosso bruno,
colle coscie più oscure del rimanente del corpo, colla capellatura
della testa divisa in due folte ciocche e colla coda meno pelosa.
Il Musa , che ha il pelo della coda lungo due pollici e quattro
linee, è qui rappresentato mangiando un guineo che è il frutto
aromatico del banano, Musa sapientum.
Tutte le scimie dell' America finora conosciute, appartengono
alle famiglie de' Sagomi, de'Sapajà, degli Aluati , degli Aoti e
degli Atele, ed hanno la coda o più lunga del corpo, o soltanto
più corta di un terzo. Questa circostanza rende più importante la
scoperta di un quadrumano del nuovo continente, la cui coda non
è lunga che una sesta parte del corpo.
Il Cacajao.
Tale è la scimia che noi qui vi presentiamo al num. 3 della
Tavola suddetta, appellata Cacajao, Caruiri, Mono Rahon, Chu-
cuto, Simia Melanocephala (2). Il cacajo è un picciolo animale
vorace , ma flemmatico , poco agile , debole e di una dolcezza
estrema: mangia ogni sorta di frutti: nel prendere un oggetto
stende le due braccia in una volta, e si presenta col dorso cur-
vo, nell'alto singolare che si vede nella detta Tavola , siccome
esso ha le dita eccessivamente lunghe e magre, così impugna as-
sai malamente ciò che gli vien presentato, e fra tutte le scimie è
quella che mangia colla maggiore sordidezza } teme gli altri so-
pajù, la cui audacia è opposta alla sua flemma, e trema alla vista
del coccodrillo o del serpente. Il cacajao abita iu truppe nelle fo-
reste che traversano il Gassiquiare ed il Rio-Negro.
Zr' Araguato dì Caracas.
Noi conosciamo , dice il signor De-llumboldt , cinque spe-
zie di scimmie del genere Stentor distinte dal signor Geoffroy
sotto i nomi di Seniculus, fufous o Arabata , Caraya fuscus
(1) Simia Satanas, fusco-atra } barbata, cauda cras se-villosissima
haud prehensilì, pectore et abdomine subcalvis.
(2) Simia Melanocephala, imberbis, esc fasco Jlavescens , capite nigroj
canda corpore sexies breviori.
24 DESCRIZIONE FISICA GENERALE
o Guariba e Ursinus L'ultima spezie la scimia ursina (i) è l'a-
raglielo della provincia di Caracas descritta dall' Humboldt nella
citala memoria , e presentataci in disegno sotto il num. l\ della
Tavola suddetta. Humboldt e Bonpland trovarono 1' Araguato nelle
montagne del Gocollar, nelle foreste vicino al convento di Caripè,
nelle valli d' Aragua , all' ouest della città di Caracas, ne'Llanos
dell' Apuré e del Basso-Orenoco , e da per tutto, ove le acque
stagnanti sono ombreggiate dal sagù Americano.
Si mia Leonina.
Ma fra le molte scimie descritte dall'Humboldt merita parti-
colar menzione la Simia Leonina (2,), trovala sul pendio oiien-
tale delle Ande rimarcabile per la sua somiglianza col leone di
Africa, e disegnata dal suddetto durante il suo soggiorno a Po-
payan. Vedi la figura nella seguente Tavola num. 3. Il Looncito
è rarissimo anche nel suo paese nativo: abita le pianure che cir-
condano il pendio orientale delle Cordigliere , le fertili rive del
Puntumayo e del Caqueta : non ascende mai fino alle regioni tem-
perate. Esso è lungo sette ad otto pllici , senza contare la coda
die è lunga quanto il corpo } è una delle scimie più picciole e
più eleganti} è allegra, e scherzevole ma, siccome la maggior
parte de' piccioli animali, assai irascibile. Allorquando s'arrabbia,
drizza il pelo della gola, ciò che accresce la sua somiglianza col
leone Africano: il suo fischio imita il canto degli uccelletti.
Li'yaguar, il Jelis concolor e la tigre nera dell'Orenoco, più
sanguinaria ancora dell' yaguar, inseguono il picciol cervo (C. Mi-
xicanus), i cavia ed i formichieri, la cui lingua è fissa all'estre-
mità dello sterno. L'aria di queste basse regioni è piena di quella
innumerabile quantità di maringuini (3) che rendono quasi inabi-
tabile una glande e bella porzione del globo. Ai maringuini si
uniscono Y aestrus humanns che depone le sue uova entro la
pelle dell'uomo e vi produce dolorose enfiagioni , gli acari che
segnano la pelle a slriscie, i ragni velenosi, le formiche e le ter-
mite. Più in su da 1000 a 2000 metri (5i3 a 1126 tese) nelle
(1) Simia Ursina barbata , rufa , pilis longis undique tecta ,facie ex
atro eoe ride sce 11 te, cauda prehensili subtus calva.
(2) Simia Leonina. Ex olwaccofusccncens,facie atra, dorso str'ns
albo-Jlavescentibus notato.
(3) Spezie di ganzare, Mos'/uitos.
DELL' AMEE1CA MERIDIONALE 2$
regioni delle felci arborescenti , non si trovano quasi più yaguar,
non più boa, non più coccodrilli, né lamantini, e poche siane}
ma tapiri in abbondanza, sus tajassu ejelis pardalis.
Animali di collina e di montagna.
L'uomo, la simia e il cane vi sono incomodati da una infi-
nità di pelliccili , pulex penetrans , che sono in minor quantità
al piano. Dai 2000 ai 3ooo metri (1026 a i53g tese) nella re-
gione superiore della chinachina , non più simie, non più cervo
Messicano; ma si veggon comparire il gatto tigre , gli orsi ed il
gran cervo delle Ande. Da tre o quattro mila metri (i53oy a
ao5a tese) trovasi la picciola spezie di lione, cui si dà il nome
di puma in lingua Quichoa, il picciol orso dalla fronte bianca e
qualche viverro. De-Hmboldt vide sovente con maraviglia il co-
libri d'altezza del Picco di Teneriffa. La regione delle gramigne
da (\ a 5m. metri (2o5a a 2565 tese) d'altezza è abitata da
stuoli di vigogne, di guanachi e d' alpaca nel Perù, e di chili-
hueque nel Chili.
Animali della zona fredda.
Questi quadrupedi che rappresentano qui il genere cammello
dell'antico continente, non poterono diffondersi né al Brasile né
al Messico, mentre per via avrebbero dovuto discendere in trop-
po calde regioni. II lama non trovasi che in istato di domesti-
chezza} mentre quelli che vivono sulla declività occidentale del
Gimborasso non divennero salvatici che all'epoca della distruzione
di Lican falla dall' Inca Tupayupangi. La vigogna preferisce prin-
cipalmente i siti ove a quando a quando cade la neve. Ad onta
della persecuzione che soffre, se ne vedono ancora stormi di tre-
cento o quattrocento spezialmente nelle provincie di Pasco, alle
sorgenti del fiume delle Amazoni , in quelle di Guaila e di Ga-
taxambo presso Gorgor. Questo animale abbonda anche presso
Huancavelica , ne' contorni di Cusco, e nella provincia di Cocha-
bamba, verso la valle di Rio-Gocatages. Vi si trova da per tutto
ove la sommità dell'Ande è superiore all'altezza del Monbianco.
Il limite inferiore delle nevi perpetue è per così dire il limite
superiore degli enti organizzati. Il condor, vultar griphus , è il
solo animale che abili quelle vasti solitudini. De-Humboldt lo
vide librarsi a più di 65oo metri, 3335 tese d'altezza. Ma trat-
tandosi qui di un uccello tanto singolare noi non vogliamo trala-
sciare di farne particolor menzione.
26 DESCRIZIONE FISIC4 GLNERALE DELL' AMERICA MERIDIONALE
Ci fa maraviglia , dice De-IIumboldt (i), che uno dei più
grandi uccelli della lerra, che un animale che abita regioni vi-
sitate già da tre secoli dagli Europei, sia ancora sì imperfetta-
mente conosciuto. Le descrizioni che trovansi nelle relazioni
de' viaggiatori e nelle opere de' più moderni naturalisti snno piene
di contraddizioni e di menzogne. Gli uni esagerano la grandezza
e la ferocia del Condor^ altri lo confondono con delle spezie
che gli rassomigliano , o prendono le differenze che presunta l' uc-
cello nelle varie epoche della sua vita , per differenze diagno-
stiche dei due sessi. Ecco come si annunzia uno de' più grandi
naturalisti del secolo, il signor Guvier , nel parlare della forma
del Condor, dopo di avere paragonato diligentemente tutto quello
che fu scritto sopra di questo oggetto. « Alcuni autori gli attri-
buiscono piume brune ed una testa coperta di peluria *, altri una
cresta carnosa sulla fronte e piume nere e bianche. Non fu an-
cora descritto con esattezza » ec. « Avendo io soggiornato , cosi
I)e-Humboldt , pel corso di 17 mesi, nelle montagne nelle quali
trovasi questo bell'uccello, ed avendo occasione di vederne con-
tinuamente ne' viaggi che noi abbiamo fatti, il signor Bonpland
ed io al di là dei limiti delle nevi perpetue , ho creduto di ren-
dere un servizio alla scienza , pubblicando e la descrizione cir-
costanziata del Condor, ed i disegni che io stesso ho abbozzati
sul luogo ». Noi per fare cosa grata agli artisti ne pubblichiamo
la figura nella Tavola 3 (2,), rimandando gli studiosi amatori
dell' ornitologia alla lunghissima descrizione the De-Huniboldt ce
ne lasciò nell'opera sopra citata.
(1) Voyage De-IIumboldt et Bonpland Seconde Partie. Observations
de Zoologie etc. I. voi.
(2) V. Opera suddetta. Essai sur l' histoire uaturelle du Condor, pag.
26 etc.
DESCRIZIONE PARTICOLARE
DI CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA E DI QUITO (i).
Denominazioni diverse.
I
primi Spagnuoli che visitarono le coste dell' Orenoco fino al-
l'istmo, le indicarono sotto il nome generico di Tierra-Firma,
(i) Fra le descrizioni particolari di Caracas, della nuova-Granata ec.
hanno uno speziai merito le seguenti :
Lyonel Waffer's New Voyage and description of the isthme of America
in the years 1698. London, 1699, *n 8.° ibid. 1704, in 8.° Trad. in
Francese con fig. Paris, 1709, in 12. °
Simon Pedro Noticias historiales de las conquistas de Tierra firma in las
Indias occidentales. Cuenca , 1626, in f.°
Relation de la mission des P. P. de la Compagnie de Jesus dans l'Amé-
riqne meridionale , avec une instruction à la langue des Calibis, sau-
vages de la Terre Ferme d' Amérique, par le P. de Pelleprat. Paris,
1655 , in 8.°
Sineros, Noticias Historiales de Tierra-Firma. Cuenca, 1681, in f.°
Hisioria general de las conquistas pel nuovo regno de Granada, por D.
Lucas Fernandez. Arwers., in f.°
Piedro Hita. Historia de las conquistas del nuevo reyno de Grenada. An-
vers., in f.°
Historia de las conquistas y poblaciou de la provincia de Venezuela, por
Dom. Joseph de Driedo, Madrid, 1723, in f.°
Historia del nuevo reyno de Grenada, por P. Cassan, Madrid, 1751. in f.°
El Orenoco illustrado, y defendido Historia naturai, civil y geografica de
este gran rio, con govierno uso y costumbres de los Indios, escritlo
por el Padre Joseph Gumilla. Madrid, 17^, 2 voi. in 4-° Trad. in
Francese con alcune figure. Avignon, 1768 , 3 voi. in 12.0
Historia choi'ografica y evangelica della Nueva Andelousia, provincia de Cu-
mana, Guyana, y riberas del rio Orenico, por Fr. Ant. Caulin. Madrid,
J799» in 4°
Saggio sopra V Orenico , e gli abitanti delle rive Oreniche , di F. L. Sal-
vad. Gilius. Roma, 1780, in 8.°
— Saggio di storia Americana, o sia Istoria naturale, civile e sacra dei regni
e delle provincie Spagnuole di Terra-Ferma nell' America meridionale.
Roma, 1780-81-82, 3 voi in 4-°
28 DESCRIZIONE PARTICOLARE
Terra-Ferma (i). Il Re Ferdinando pose alla parte occidentale il
nome di Castiglia d'Oro (2). Quest'ultima denominazione andò
in dimenticanza, ed a mano a mano che si andò scoprendo il resto
del continente , la prima sembrar dovette disadatta. Essa venne
tuttavia conservata , ma circoscritta ad un picciolo governo che
comprende le province di Veraguas , di Panama e di Darien,
governo , che da quel che pare , non corrisponde perfettamente
all'estensione della Castiglia d'Oro. L' uso difettoso de' geografi
conserva la Terra-Ferma nella sua estensione primitiva, e com-
prende sotto questa immaginaria divisione, il capitanato generale
di Caracas 0 di Venezuela, da cui dipende la Gujana Spagnuola,
ed il nuovo regno di Granata, che oggidì racchiude il regno di
Quito.
Divisioni.
Il capo de la Vela e la catena di montagne , che da quel
promontorio va a congiungersi colle Ande, seguono il confine tra
la Nuova Granata e Caracas. Quest'ultimo governo generale com-
prende la provincia di Venezuela o di Caracas, quella di Mara-
Voyage a la partie orientale de la Terre-Ferme dans l'Amérique meridio-
nale, fait pendant les années i8oi-2-3-4 par P. Depons, agent du Gou-
vernement Francais à Caracas etc. Paris, 1806, 3 voi. in 8°
Sulla parte orientale di Terra-Ferma noi non avevamo , siccome si vede
dalle suddette opere, chela storia della conquista e della popolazione della
provincia di Venezuela di Giuseppe Driedo; la storia cronologica, naturale
ed evangelica delle provincie di Cumana e dell' Orenoco, confusa con quella
della provincia d'Andalusia, di Antonio Caulin ; e finalmente le relazio-
ni, forse un po' troppo prolisse, sull' Orenoco del P. Gumilla e di Gi-
glio ; ma le notizie dateci dai detti scrittori sulla parte orientale di TeiTu-
Ferma, oltre di essere un po' antiche, erano anche molto incomplete,
ed inutilmente vi si cercava ciò che ora trovasi nell'opera di Depons,
cioè un quadro perfetto , non solo della scoperta, della conquista e della
topografia delle provincie di questa contrada, ma l'economia rurale e po-
litica delle dette provincie , con notizie profonde ed imparziali sugli usi
e sui costumi degli Spagnuoli che vi si sono stabiliti^ e sopra cuielli degli
Indiani inciviliti t rimasti tuttavia selvaggi.
(1) Così l'eruditissimo Malte-Brun nel libro 107 del suo Précis de la
Géographie Vnwerselle etc. , cui noi , siccome abbiamo più volte accen-
nato , ci facciamo sempre un dovere di seguire nelle descrizioni geografiche
di tutte le parti del mondo.
(2) Oviedo, Hisloria de las Indias, 1. p. 9. io etc. in Barda Historiado-
res , tom. I.
DI CARACAS, DELLa NUOVA GRANATA EC 29
caino che va unita ai distretti di Menda e di Truxillo} quella di
Yarinas , quella della Gujana Spagouola e quella di Gumana o
della Nuova-Andalusia che contiene il distretto di Barcelona.
L'isola di S. Margherita è un picciolo governo militare che di-
pende da Curaana. I primi conquistatori, che osservarono alcuni
villaggi indigeni piantati sulle palafitte nell' isola del lago Mara-
caibo, diedero a tutto il paese il nome di Venezuela o picciola
Venezia.
Descrizione di Caracas.
La catena di montagne del mare dei Garaibi, del bacino del-
l'Orenoco, essendo poco elevata, s'arrende quasi in ogni sua parte
all'industria del coltivatore.
Clima.
L'inverno e la stale, vale a dire le pioggie e le siccità, di-
vidonsi l'anno intero} le prime cominciano in novembre e fini-
scono in aprile: negli altri sei mesi le pioggie sono meno fre-
quenti, e talvolta anche rare. I tremuoti vi fecero terribili guasti,
e la città stessa di Caracas ne rimase distrutta. Erasi scoperta
qualche miniera d'oro, ma le sommosse degli indigeni uè fecero
abbandonare lo scavo (i).
Produzioni.
Nella giurisdizione di S. Filippo si trovò una miniera di rame
che basta ai bisogni del paese ed anche all'asportazione. La pesca
delle perle lungo le coste, un dì importante, è ora abbandonata.
La costa settentrionale della provincia di Venezuela produce molto
sale bianchissimo. L' acque minerali e termali ^ piuttosto abbon-
danti sono poco frequentate. Le selve che coprono i monti di
Caracas basterebbero per secoli ai più considerabili cantieri \ ma
l'indole del suolo rende troppo difficile il trasporto de' legnami.
Vi si raccolgono droghe medicinali , come chinachina e salsapa-
riglia.
Lago di Maracaibo.
Il lago di Maracaibo somministra pece minerale o pissafallo,
che misto con sevo serve ad impeciare le navi. I vapori bitumi-
nosi che spaziano sul lago, s'accendono sovente spontaneamente,
e mollo più nel gran caldo. Le rive di questo lago sono sì sterili
(1) Depons , Voyage à la Terre-Ferme, toni. I, png. 116.
0*0 DESCRIZIONE PARTICOLARE
ed insalubii, che gli indigeni preferiscono d'abitare sul Iago me-
desimo. Gli Spaglinoli vi trovarono molti villaggi fabbricati sen-
z'ordine , senza diseguo , ma sopra solide palafitte. Questo lago
lungo 5o leghe e largo 3o, comunica col mare ; ma le sue acque
sono coslantemente dolci.
Lago di Valencia.
Il lago di Valencia, appellato Tacarigoa dagli indigeni, pre-
senta un aspetto ben più seducente: è lungo i3 leghe e mezzo,
largo quattro^ riceve una ventina di fiumi senza avere alcuno sboc-
co apparente j mentre è lontano sei leghe dal mare da cui lo
separano le più erte montagne.
Fiumi.
Le sue rive adorne di una feconda vegetazione, godono di
una piacevole temperatura. Le provincie di Caracas sono assai
ricche di fiumi, ciò che procura grande facilità all'irrigazione.
Coltivazione.
Le valli settentrionali sono le parli più fertili della provincia,
perchè ivi più che altrove è ben combinato il calore coll'umidi-
tà. Le pianure meridionali , troppo esposte agli ardori del sole ,
non sono che pascoli ove si mantengono buoi, muli e cavalli. La
coltivazione esser dovrebbe floridissima in queste province, ma i
suoi progressi sono ritardati dall'indolenza e dalla mancanza di
cognizioni. Il caccao ch'esse producono è assai riputato in com-
mercio. Esso viene per la maggior parte asportato pel Messico.
Abbiamo già veduto che il cuccao cresce naturalmente nei paesi
situati fra i due tropici , e particolarmente nelle province Mes-
sicane di Chiapa , Yucatan , Guati mala ? Honduras e Nicaragua.
Noi qui non avendo fino ad ora presentata la descrizione di que-
sta pianta sì importante, crediamo bene di darla presentemente,
servendo essa a contraddistinguere in parlicolar modo questa pro-
vincia.
Il caccao è un albero (i) d'altezza e grossezza mediocre ,
colla scorza color di cannella, vedi la Tavola 3, ed il suo legno
è poroso e mollo leggiero: le foglie sono lanceolate , acute, in-
tere al margine, lisce, pendenti e nervose, avendo da quattro a
(i) Così il conte Castiglioni nel voi. I della Storia delle piante fore-
stiere ctc.
DI CARACAS, DLLLA NUOVA-GRANATA EC. 3l
cinque once di lunghezza , e circa due di larghezza. I fiori sbuc-
ciano ammucchiati dal tronco, e dai grossi rami, e sono com-
pose di cinque petali , ossia fogliette lunghe e sottili di color gial-
liccio , macchiate alla base di rosso. Molti di questi fiori cadono
senza portar frutto, e quelli che restano, producono una spezie
di citriuolo, acuto alle estremità, lungo tre once, e diviso come
i poponi in coste rilevate, che per lo più sono in numero di
dieci , essendone la superficie ineguale e piena di protuberanze.
Quando sia maturo il frutto, la pelle ne diventa su di alcuni
alberi di color rosso carico sparso di punti gialli, ed in altri
semplicemente gialla. Tagliandolo pel lungo si vedono nell'interno
le mandorle, fra l'una e l'altra delle quali havvi una sostanza
bianca e consistente, che maturando si cangia in una spezie di
mucilagine di un acido molto gustoso. L'albero del caccao è piut-
tosto dilicato, e fornito di poche radici , onde ama i luoghi bassi
e riparati da' venti, ma però di terra umida, grossa, fertile e
piofonda. Alla costa di Garaca si scelgono queste situazioni , e si
piantano le mandorle in varie file, di modo che crescendo gli
alberi restino a sei ed anche fino ad otto braccia di distanza l'uno
dall'altro. Questa pianta non comincia a dar frutto in discreta
quantità, se non che dopo quattro o cinque anni. Il caccao della
costa di Garaca è il più stiimito dagli Italiani , se si eccettui quello
di Xoconochl (più comunemente detto Soconusco nel regno di
Guatiraala) che è stimato migliore di quello di Garaca. Alcuni
però trovano il Soconusco troppo oleoso, onde preferiscono di
mescolarlo col Caraca, tanto più che il Soconusco si vende ad un
prezzo eccessivamente maggiore.
La cioccolata, ora tanto usitata in Europa ed in America,
ebbe origine, siccome abbiamo di già accennato parlando del co-
stume de' Messicani, da una delle varie bevande che i detti po-
poli preparavano col caccao, e chiamavano chocolatl , ma che
era assai differente dalla nostra. Gli Spagnuoli pensarono a ren-
der grata al palato Europeo questa bevanda, coli' aggiungervi
dello zucchero e varie spezie di droghe, onde se ne formarono
molte ricette, ora interamente inusitate in Italia, poiché col
tempo si conobbe che tante droghe riscaldanti non potevano
somministrare una salutare bevanda. Gli Italiani ridussero a poco
a poco la cioccolata alla maggiore semplicità e salubrità, col-
3a DESCRIZIONE PARTICOLARE
l'unire al caccao lo zucchero e pochissima cannella e vainiglia.
L'ottima qualità della cioccolata di Milano si è fatta assai prege-
vole in esteri paesi , sia che ciò dipenda dalla più accurata scelta
delle droghe, sia dalla più diligente ed adattata proporzione. Chi
desiderasse di vederla esattamente descritta potrebbe consultare la
citala opera dell'eruditissimo signor Conte Castiglione
Nell'interno del paese solo dal 1774 s* coltiva l'indaco che
è d'ottima qualità. All'epoca medesima ebbe cominciamento an-
che la coltivazione del cotone. Nel 1734, si pensò a coltivare il
caffè come oggetto di commercio} ma fino al presente le pianta-
gioni tenute con negligenza non diedero che un mediocre frutto.
Le fabbriche di zucchero non vi occupano ancora che un posto
secondario } tutte le loro produzioni si consumano nel paese. Ot-
timo è il tabacco, ma le leggi ne impacciano la coltivazione.
Città principali.
La capitale del governo è Caracas residenza del Governatore
generale, dell'udienza , dell'intendenza, del consolato e dell'Arci-
vescovo di Venezuela. Prima dell' ultimo tremuoto contava 4^m.
abitatori. Fabbricata in una valle e su di un inegualissimo terreno
bagnato da quattro piccioli fiumi , aveva non pertanto vie ben
delineate e bellissime fabbriche. La temperatura di questa città
non corrisponde alla sua latitudine. Vi si gode d' una primavera
quasi continua, e deve questo vantaggio alla sua elevazione, che
è di 460 tese dal livello del mare. Caracas lia per porto la Guayre ,
che ne è cinque leghe distante. Distinguonsi inoltre Porto-Cavallo,
città mercantile e marittima , in mezzo a paludi che ne infettano
l'aria} Valencia, città florida, mezza lega distante dal lago dello
stesso nome è posta in mezzo ad una fertile e salubre pianura \
Coro, antica capitale presso al mare in una pianura arida ed are-
nosa \e Cumana città di 2,8m. anime, capoluogo di un particolare
governo, su di una spiaggia arida e sabbiosa ove l'aria è sana
sebbene infuocata , ma ove non si ardisce ergere alcun edilizio
pei troppo frequenti tremuoti. Trovasi nel golfo di Cumano una
voragine che inghiottisce tutto ciò che vi si avvicina senza che
ricompaja cosa alcuna : questo golfo è appellato anche golfo di
Cariaco (1)} Nuova-Barcellona, città sudicia, in mezzo ad un
(1) Mcntclle. Geographie Uuiverselle etc. Tom. XV, png. 202.
DI CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC. 33
paese incolto, di cui però è. ottimo il terreno*, Maracaibo, capo-
luogo di governo, fabbricato su di un terreno sabbioso , sulla riva
sinistra del lago dello stesso nome, sei leghe distante dal mare.
L'aria è colà eccessivamente calda, ma non malsano il soggior-
no: i suoi abilatori sono in generale buoni marinaj e buoni sol-
dati: que' che non seguono la carriera marittima si occupano del
bestiame che copre il territorio, hanno le loro case di campagna
a Gibilterra di là dal lago. Superiormente al lago trovasi Merida,
piccola città , i cui abitatori attivissimi ed industriosissimi, pos-
seggono il territorio meglio coltivato e più fertile di tutta la pro-
vincia •, Truxillo, città altre volte magnifica, ma devastata dai
Filbuslieri. Questa città , così scrive Antonio de Ulloa (i), fu
fabbricata nel 1 535 nella valle di Chimo da don Francesco Pi-
zarro: essa è ben situata benché su di un terreno sabbioso: le
case hanno una bella apparenza: le principali sono di mattoni con
bei bilconi e belle porte che fauno un ottimo effetto.
Abilatori di Truxillo.
Gii abitato; i sono Spagnuoli mischiati ad ogni razza di perso-
ne: sono generalmente civili, ed assai istruiti: le donne sono
vestite come quelle di Lima, di cui parleremo più diffusamente
in seguito, ed hanno quasi le stesse costumanze: tutte le famiglie
un pò1 agiate hanno i loro calessi, senza i quali è assai difficile
l'andar per le strade che sono piene di sabbia. Noi riferiremo
anche quanto ne dice Alcedo nel suo Dizionario geografico alla
parola Truxillo. « Questa città cangiò cinque volte di luogo, ora
a cagione delle bestie velenose o pegli insetti troppo incomodi,
ora pel gran caldo. I suoi abitatori sono sì dolci e sì tranquilli
che non conoscono processi giudiciali*, basta il dire che si è di
Tiuxdlo per esser creduto onest' uomo. -Quest'è una città bella e
ricca pel suo commercio, e particolarmente per quello del cac-
ca o -, ma essa perdette jissai dell'antico suo splendore dopo che
il Filbustiere Gramon, Francese, l'abbruciò nel 1678: vi si rac-
colgono molte biade, orzo, mais e cotone. Vi allignano tutti i
frutti dell'America e dell'Europa e vi si trova finalmente tutto
ciò che è necessario ai comodi della vita. Tutti gli abitatoli hanno
una grossezza alla gula , appellata colo, la quale per quanto si
(1) Voyage Historique de l'Àméricrue meridionale. Tom. I. pag. 4X4-
Cost. Voi. Ili ddV America. 3
3^ DESCRIZIONE PARTICOLARE
dice , proviene dalle acque che bevono ». Dopo Truxillo merita
speziai menzione Varinas, capoluogo di un governo staccato l'anno
1787, da quello di Maracaibo, e dove raccogliesti il tabacco più
stimato. L'isola Margherita, arida ma salubre, rinchiude la città
dell'Assunzione ed il porto Pampatas. In luogo di perle si prende
oggidì nelle sue acque una grande quantità di pesce.
Popolazione.
La popolazione del governo di Caracas, prima delle ultime
rivoluzioni valutavasi circa un milione di abitatori, 2,2,001. dei
quali Spagnuoli, [\^ovc\. uomini di colore liberi, 6om. schiavi e
s8om. Americani indigeni.
Spagnuoli.
In mezzo alla popolazione Spagnuola si formava una orgo-
gliosissima nobiltà, ma divisa in due partiti, uno dei quali van-
tavasi della più pura origine. Quasi tutti gli Spagnuoli sono creoli.
La più parte di quelli che escono della madre patria , tratti dalla
passione naturale per le miniere, vanno al Messico ed al Perù}
sdegnano essi le province di Caracas, perchè non presentano a
gente che vuol trovar l'oro in natura, che produzioni lente , pe-
riodiche e varie di una terra che richiede travaglio e pazienza. I
creoli si rammentano appena che la Spagna è la lor madre pa-
tria, e pensano non esservi miglior paese del loro.
Colonie Francesi.
Il promontorio Poria è divenuto 1' asilo di una picciola colo-
nia di Francesi e d'Irlandesi che vi menano una vita patriarcale
all'ombra delle loro piantagioni di caccao. Gli uomini di colore
aspiravano fortemente all'indipendenza, ed esercitarono terribili
vendette sui bianchi.
I Zarnbos.
1 Zarnbos o discendenti d'Indiani e di Negri, i più barbari,
i più immorali di tutti gli uomini di colore, avevano già da un
mezzo secolo ottenuto il diritto di cittadinanza nella città di Nir-
gua, donde a forza di vessazioni allontanarono tutti i bianchi.
Milizia ec.
La forza armata consisteva in 6558 upmini di truppa , com-
presavi l'artiglieria e la milizia. La totalità delie imposte e dei
tlazj ammontava a circa 1,200,000 piastre 5 ma questa somma ben
di rado bastava a pagare le spese.
DI CARACAS, DELLA NUOVA GRANATA EC 35
Questo è in poche parole il quadro che del governo generale
di Caracas ci dà Malte-Brun nella sua Geografia Universale. Chi
bramasse di avere una estesissima descrizione di tutte le province
componenti il detto governo potrebbe consultare il citato viaggio
di Depons agente del governo Francese a Caracas. Noi ci limite-
remo ad estrarre dal medesimo quelle notizie che bastano a farci
meglio conoscere le usanze ed i costumi di quegli abitatori.
Creoli Spaglinoli.
Lia popolazione Spagnuola si sostiene sempre nella stessa pro-
porzione in conseguenza del profondo attaccamento dei Creoli pel
loro suolo.
Loro inclinazione al celibato ec
Questa ripugnanza a passare in Europa diminuisce in qualche
maniera le perdile eh' essa fa annualmente in grazia del celibato
al quale si consacra un grandissimo numero di persone. A questa
inclinazione d' entrare nel clero secolare o nello stalo monastico
si unisce nella generalità de' creoli il gusto più deciso per gli
impieghi di magistratura, di finanza e di milizia. Lo stato del-
l'agricoltore è il solo disprezzato.
Matrimonj.
Alla lodevole disposizione che hanno gli Spagnuoli alle pro-
fessioni liberali ed all'istiuzione si oppone in certa qual maniera
il costume che hanno d' ammogliarsi in troppo fresca età. E cosa
comunissima il vedere degli sposi i cui anni computati insieme
non giungono al numero di trenla. Queste unioni troppo precipi-
tose , oltre il detto inconveniente , hanno anche quello di non
lasciare ai due sposi il tempo necessario per conoscere reciproca-
mente il loro carattere , dalla qual cosa deriva la poca buona
intelligenza che passa poi nella loro unione, ed il pessimo gover-
no delle domestiche faccende.
Leggi Spagnuole in pregiudizio dei mariti.
A ciò si aggiugne di più la cieca protezione che le leggi Spa-
gnuole accordano alle donne in pregiudizio de'loro mariti. Non vi
ha forse persona più disgraziata di un creolo Spagnuolo, la cui
moglie sia gelosa, disordinata o fastidiosa. Sulla semplice lagnanza
di una donna gelosa contra il suo marito, o per sregolatezza di
costumi , o per cattivi trattamenti od anche solamente per dissi-
pazione, ella è creduta sulla sua parola, senza bisogno d'addurre
36 DESCRIZIONE PARTICOLARE
alcuna prova. Il marito, secondo il grado ch'egli occupa nella
società, vien citato per essere gravemente ripreso o per esser tosto
cacciato in prigione , dove rimane 'fioo a che la moglie chieda
che gli sia renduta la libertà. Se poi al contrario il marito si
lagna della dissolutezza di sua moglie, basta che questa si di-
mostri offesa da tale accusa, perchè egli sia condannato al silen-
zio, o ad usare maggiore discrezione colla medesima} ed alle
volte è anche ben fortunato se non vien sottoposto al castigo do-
vuto alla sua moglie. Questa dipendenza, in cui trovasi il creolo
Spagnuolo dalla sua moglie , è giunta al segno eh' ei nun può
intraprendere alcun viaggio senza l'espresso consenso di lei, e senza
avere provveduto al sostentamento della medesima durante tutto
il tempo della sua assenza. S'ei non ritorna pel tempo stabilito
nella permissione ottenuta, le Autorità , alla prima istanza della
moglie, ordinano al marito di ritornare quand'anche si trovasse
lontanissimo dalla patria , ed i suoi affati non fossero tuttavia
terminati.
Carattere simulato dello Spagnuolo a Terra-Ferma.
A questo quadro particolare dell' interno delle famiglie il si-
gnor Depons fa succedere alcune notizie generali sul carattere
Spagnuolo a Terra-Ferma, il quale differisce in qualche maniera
da quello degli abitatori delle mettopoli. Ognuno in questa parte
d'America vive isolato, e non ha co' suoi compatriotti che rela-
zioni, in cui entra assai la politica e quasi niente la cordialità.
Questa mancanza di sincere e leali comunicazioni , e di vincoli
d'amicizia comincia fin dalla prima gioventù. Non si vedono mai
fra quegli Spagnuoli, come si vede in Europa, le donzelle de-
centemente riunite per divertirsi, né i giovanetti colle^arsi insieme
per qualche partita di piacere. Colà non si fanno mai né feste
né danze, né banchetti, e queste costumanze di viver sempre
isolati genera una gelosia sorda e simulata, che s'irrita per "li
altrui felici avvenimenti, ma che dalla politica viene astutamente
coperta dalla più ingannevole apparenza.
jtfegri.
Questi creoli, siccome pure tutti quelli delle altre parti del-
l'America Spngnuola, non hanno mai intrapresa direttamente la
tratta de'Negri; poiché sembrava loro che un tele commercio
ripugnasse ai prìncipi della religione Cristiana; ma peiò per
1)1 CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC. Zj
una sottile transazione colla propria coscienza , trovarono che fosse
cosa affatto naturale il comprare i Negri allorché vengon colà
traspot tati; e lo stesso governo permetteva loro di andar benan-
che a comprarli nelle colonie straniere.
Condizione degli schiavi.
Si crede generalmente, dice Depons, che i creoli Spagnuoli
trattino i loro schiavi con umanità maggiore di quella che so-
gliono usare la altre nazioni : tale opinione non è esatta che sotto
certi aspetti : eglino sono in vero più familiari coi loro schiavi per
cercare d' indurli a divenir Cristiani ; ma gli esercizj di pieià che
si fanno praticare ai Negri non ridondano a profitto de"1 costumi.
La vigilanza usala sulle donzelle Negre affine di preservarle dal
libertinaggio non produce altro effetto se non quello di irritare
con maggior forza i loro desidei j , di modo che sono spesse volle
corrotte dai loto proptj custodi. Nel rimanente , i padroni limi-
tando il loro zelo iteli' inculcare i principj della religione ai loro
schiavi, non si d^nno alcuna premura di provvedere ai bisogni
fisici di questi infelici. Sotto altro aspetto però la condizione de-
gli schiavi è più sopportabile nelle colonie Spagnuole, e particolar-
mente a Terra-Ferma, che in quelle della altre nazioni. Lo schiavo,
lun<*i dall'essere condannato, come altrove, a soffrire sotto di un
ingiusto padrone, può impunemente sottrarsi al dominio di colui
che abusa d< 1 diritto di proprietà. La legge però esige ch'egli ne
adduca i motivi, ma la giurisprudenza ammette i più leggieri. La
minima allegazione, vera o falsa, basta perchè il padrone venga
obbligalo a vendere lo schiavo che non vuol più servire, anzi non
lo può vendere che al prezzo sborsato per la compera del me-
desimo. Ogni schiavo può redimersi rimborsando al suo padrone
ciò che ha pagato per acquistarla, ed in tal caso egli ricupera la
libertà, e diviene cittadino.
Liberti.
Tale facoltà, data agli schiavi, ha singolarmente ampliata nel
capitanato generale di Caracas la classe de' liberti. Me il timore
che questa classe potesse divenir formidabile ha indotto il governo
a stabilire una grande distinzione fra le persone di colore ed i
bianchi. Esso dichiarò gli uomini liberi di colore incapaci di co-
prire alcun pubblico impiego e di servire nelle truppe del Re,
colla sola facoltà di poter entrare al servizio ne' corpi particolari
38 DESCRIZIONE PARTICOLARE
di milizia, ne'quali il merito può portar l'uomo di colore fino al
grado di capitano. Tutti gli impieghi superiori sono riservati esclu-
sivamente ai bianchi. Benché questa misura sia rigorosamente osser-
vata, pure le protezioni composte a caro prezzo hanno procurato
ad alcune famiglie d'uomini di colore un ordine del Re che dichia-
rava i loto membri abili ad occupare ogni sorta d'impieghi. Durante
il soggiorno dì Depons a Caracas un'inteia famiglia di questa classe
ottenne dal Re lutti i privilegi goduti dalla classe bianca ; ma il
solo vantaggio che ne trasse risguardò soltanto le donne, che ac-
quistarono il diritto d'inginocchiarsi nelle chiese sui tappeti, di-
mostrando nell'esercizio di tal privilegio molto lusso ed ostenta-
zione.
Indigeni.
GÌ* Indigeni di Terra-Ferma, siccome la maggior parte dei po-
poli dell'America, facevano la guerra in una maniera atroce, av-
velenando le frecce, trucidando i prigionieri e mangiandoli anche
frequentemente.
Antica loro religione.
Il sistema religioso di questi popoli è talmente avvolto nelle
superstizioni ch'egli è impossibile il farne un'esatta descrizione.
Nulladimeno il signor Depons ha potuto conoscere che un punto
fondamentale della loro religione era l'immortalità dell'anima;
ma che essi, generalmente, a differenza di tutte le nazioni sel-
vagge dell'America che riconoscono un buono e cattivo principio,
non ne ammettono che un malvagio: singolarità che deriva pro-
babilmente dal timore che loro era naturale. Una sola nazioue ,
cioè d- gì' Indiani dell' Orenoco, si discostava da tale credenza.
Essi, senz'essere più istruiti e meno superstiziosi, avevano im-
maginato un autore di tutte le cose, al quale indirizzavano i loro
voti e le loro adorazioni. Alcune di queste popolazioni prendevano
il Sole per l'Essere Supremo; altre tributavano ai rospi gli onori
della Divinità. Tutte le nazioni di Terra-Ferma variavano assai
nelle loro opinioni sulla sorte dell'anima dopo la morte. Ne' paesi
che al presente compongono le province di Venezuela , di Mara-
caibo e di Gumana, la religione era unita all'arte di guarire, e
tìn dall'infanzia s' irrsegnava a quelli ch'erari destinati ad eserci-
tare questa doppia professione, conosciuta sotto il nome di Pia-
che $ ^ la medicina e la mogia.
DI CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC 3o,
Soggezione degli Indiani agli Spagnuoli.
Nel sottomettere gl'Indiani, gli Spagnuoli insognaron ai me-
desimi tutte le loro inclinazioni e tutti i loro vizj. Affine di man-
tenerli nella soggezione, pensarono eglino di proibir loro il fab-
bricare ed il portare le armi e per fino il montare a cavalllo.
Coli' obbligarli a riunirsi ne* villaggi si broibì loro sotto pene se-
vere di passare da un villaggio all'altro, e si passò anche a vie-
tare agli Spagnuoli , ai mulatti ed ai meticci di abitare ne' vil-
laggi Indiani pel timore ch'essi diffondessero idee contrarie alla
pubblica tranquillità.
Loro privilegi civili.
Nessun conquistatore avrebbe accordalo ai popoli conquistati
privilegi sì estesi e sì importanti fuorché quelli cui la generosità
del governo Spagnuolo assicurò agli Indiani. Il primo di tali pri-
vilegi si è di non avete altri magistrati che della loro propria
classe e scelti da loro. Non solamente i Cacichi , ma ben anche
i Gabildi sono di razza Indiana. Affinchè però questi magistrati
non abusassero della loro autorità, si costituì in ciascun villaggio
considerabile od in ciascun distretto un Corregidor o protettore
degli Indiani, il quale ha l'autorità di trattenere il braccio del
magistrato Indiano, sempre pronto a punire arbitrariamente i
colpevoli d'ubriachezza e di libertinaggio, de' quali vizj egli è
sovente più. colpevole di quelli ch'egli castiga. Tutte le leggi vo-
gliono che i detti Corregidor , quando mancano al loro dovere,
sieno severamente puuiti, più che se commettessero ingiustizie
cogli Spagnuoli.
1 Gacichi ed i loro discendenti godono tutti i privilegi della
nazione Spagnuola. Per ciò che spetta alle produzioni delle loro
terre e della loro industria, lutti gli Indiani sono esenti dal di-
ritto d' alcav ala (i) , che è la più grave imposta di Terra-Ferma.
Il tributo annuale di circa due piastre che venne imposto agli
Indiani, non si riscuote che sui maschi dell'età di 1 8 anni fino
ai 5o: il più picciolo disagio, la menoma intemperie di stagione,
il più leggier pretesto, bastano per ottenere dai Corregidor la
dispensa del pagamento.
(i) L' alcavala è un' imposta che si esige sopra tutto ciò che si vende,
mobili od immobili , e che si riscuote ad ogni vendita e rivendila.
4o DESCRIZIONE PARTICOLARE
Un altro ed assai importante privilegio degli Indiani si è
quello d'essere considerati minori in tutte le loro transazioni ci-
vili. Eglino non sono obbligati all'esecuzione de' contratti stipulati
cogli Spaglinoli, senza l'intervento dei giudici) ed i loro fondi
non possono essere acquistati legittimamente senza incanto giu-
diziario.
Privilegi religiosi.
Anche la chiesa non fu meno favorevole agli Indiani della ci-
vile autorità. L'inquisizione non ha alcun diritto sopra de'mede-
simi: i loro delitti d'eresia e d'apostasia sono di competenza
de' tribunali vescovili , e de'tribunali secolari i loro roalefizj. Tali
attribuzioni peiò non sono che formalità, non essendovi esempio
che un Indiano sia stato perseguitalo per questa sorta di delitti.
Tutta l' instruzione, che si esige dagli Indiani per essere
ammessi al bjltesimo, consiste nel far loro dichiarare o cor» segni
o con parole che l'idolatria, la menzogna, la sodomia, la for-
nicazione, l'adulterio, l'incesto e 1" ubbriachezza sono peccati
capitali. Secondo il parere de' più gravi teologi, così Depous, si
fece agli Indiani la migliore composizione possibile per meritar
loro l'assoluzione al confessionale. L'obbligo d'udire la messa
non si estende per essi che alla metà de' giorni festivi , ne' quali
gli Spagnuoli sono obbligati d'assistervi sotto pena di peccato
mortale. I giorni di digiuno sono limitati per gl'Indiani ai ve-
nerdì di quaresima , al sabbato santo ed alla vigilia di Natale.
Finalmente ognun rimase sì persuaso ehe il solo mezzo di far
amare la religione dagli Indiani consisteva nel cristianizzare i
loro gusti e le loro inclinazioni, che si giunse per fino a poi re
in quistione, se fosse permesso il mangiate carne umana ^ e ciò
che accresce la singolarità della quistione si è ch'essa fu sciolta
in favore degli antropofagi \ poiché il Vescovo di Montenegro,
appoggiandosi all'autorità eli Lessio e di Diana , decise che in caso
di necessità si può mangiare carne umana, senza the si faccia
peccato di spezie alcuna.
Tanti sforzi combinati dalla politica e dalla religione , per
condurre gli Indiani a godere de' vantaggi dell' incivilimento , non
Iranno potuto superare la non curanza e l'apatia di questo popolo.
Pochi sono quegli Indiani inciviliti che non amino tuttavia la vita
selvaggia, e che non vi facciano ritorno quando lo possono.
DI CARACAS, DELLA KU0VA-GR ARATA EC 41
Governo Spagnuolo.
Il signor Depons prima di occuparsi spezialmente dell' organiz-
zazione civile e religiosa della parte orientale della terra , dà al-
cune nozioni generali sul reggimento Spagnuolo nell'America , sul
Consiglio delle Indie e sulle sue attribuzioni, sul rappresentante
del Re, sul potere, sulle obbligazioni, sugli assegnamenti del
medesimo, e finalmente sopra ciò che nell'America Spagnuola
viene appellato Udienza reale. Lo sviluppamene di queste no-
zioni generali trovasi per la maggior parte nel quadro particolare
die l'autore ci ha fatto dell'organizzazione particolare del capi-
tanalo generale di Caracas: noi ne daremo qualche idea.
Udienza reale di Caracas.
Nel 1786, venne stabilita con un decreto del Redi Spagna y
l'udienza reale di Caracas: essa si estende sulle province di Ve-
nezuela, di Maracaibo, di Cumana , di Varinas, della Gnyana e
dell'isola della Margherita, ed è composta di un Presidente , che
è il capitano generale, di un reggente, di tre oidors , di due
fiscali, l'uno pel civile e l'altro pel criminale, di un solo rela-
tore e di un alguazil. L'abito di questi giudici consiste in una
veste nera che copre gli altri panni dello stesso colore. Una volta
portavano sospesa ad un asolo una spezie di bacchetta bianca,
che appresso gli Spagnuoli è il generale contrassegno di giuri-
sdizione: ora essa non è più in uso (1).
/ Cabildos.
I Cabildos , stabiliti nelle città e ne' villaggi Indiani, formano
il primo grado di giurisdizione nella parte orientale di Terra-
Ferma. Non si può, dice Depons, farsene una più giusta idea
ehi col paragonarli alle municipalità stabilite dall'assemblea co-
stituente } la sola differenza consiste in ciò the i Cabildos non
hanno prefetti, ma gli Alcadi, i qu.ili non differiscono dai nostri
uffiziali municipali, i regidor che compongono il corpo delibe-
rativo, siccome i notabili, formano il consiglio del comune} havvi
di più un sindaco che esercita gli ufiizj che nelle municipalità
venivano eseguiti dai procuratori del comune, ed un cancelliere
incaricato della compilazione degli atti.
L'imperizia del Governatore Villacinda, che nel i556, oi-
(1) Baumarchais fa allusione a quest'uso nel suo Marìage de Figaro.
42. DESCRIZIONE PARTICOLARE
dinò in pregiudizio del suo luogo-tenente-generale, che durante
la vacanza , i Cabildos di Venezuela governassero quella provincia,
fece sì che ciascuno nel suo distretto procurasse d'usurpare ogni
potere. Essendo così divise le redini del governo, vi s'introdusse
la confusione e l'anarchia, e ciò che fu peggio ancora, i Cabil-
dos, lusingati di una prerogativa così inaspettata, cercarono di
renderla costante , di convertirla in diritto, e vi riuscirono. L'abu-
so poi ch'essi ne fecero pel corso di un secolo e mezzo, giunse
a tal segno che il governo fu obbligato di por loro un freno.
Verso il principio del secolo decimo ottavo si tentò di scemare
il potere dei Cabildos, e furono perciò posti sotto la tacita vigi-
lanza dei comandanti militari, e quasi sotto la dipendenza dei
luogo-tenenti, de' Governatori od offiziali civili , nominati dai Go-
vernatori sotto il titolo di Justicia major. Queste precauzioni,
osserva Depons, furono forse portate un po' troppo all'eccesso: i
Cabildos vennero spogliati di moltissime attribuzioni : e quello di
Caracas spezialmente, che aveva maggiormente abusato del suo
potere, fu sottoposto ad una più grande riduzione.
La giustizia , nel capitanato generale di Caiacas, è altresì am-
ministrata da molti altri tribunali, perchè gli Spagnuoli , divisi
in classi privilegiate, non vogliono essere sottoposti ad un'ammi-
nistrazione comune. Gli ecclesiastici, i militari, gli amministratori
hanno il loro particolar tribunale \ e siccome quelle tre professio-
ni sono per la maggior patte esercitate dalla popolazione bianca,
così ne segue che trovansi pochi bianchi di un grado distinto che
restino sottoposti ai tiibunali ordiuuj Questi tribunali privilegiati
sono appellati Fueros. Il Fuero militare poi non è neanche uni-
forme per tutti quelli che sono soggetti alla giustizia. Il soldato,
il caporale, il sergente sono difinit.ivamente condannati in virtù
della sola sentenza del consiglio di guerra confermata dal capi-
tano generale} mentre che la vita e l'onore di tutti i militari di
un grado superiore, sono sotto la salvaguardia diretta ed imme-
diata del Re.
Depons termina il quadro dell'amministrazione della giustizia
in queste contrade con una importante osservazione, e questa si
è che la vita dell'uomo è colà molto rispettata, ma che vi si
trova un disprezzo assoluto per la sua libertà. Bisogna avere com-
messo i più atroci misfatti per essere condannato alla morte j ma
DI CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC. /j3
bastano il più leggier sospetto, ed il più picciolo debito per cac-
ciare un uomo nella miseria delle prigioni.
L'organizzazione degli stabilimenti religiosi nella parte orien-
tale di Terro-Ferma occupa un gran luogo nella relazione di M.
Depons, il quale si è infinitamente esteso anche sulle più preziose
produzioni di questi paesi , e sulla coltivazione del caccao, del
caffè, dello zucchero e del tabacco.
Descrizione della Gujana Spagnuola.
]Noi abbiamo tenuta separata la descrizione della parte della
Gujana che appartiene agli Spagnuoli, e che dipende da Caracas.
Essa è lunga più di 400 leghe, dalle foci dell' Orenoco sino ai
confini del Brasile} la sua larghezza giugne in qualche silo fino a
i5o leghe. Su quest'immensa superficie non si contano che circa
58m. abitatori conosciuti e soggetti, ventimila de' quali Americani
indigeni setto la direzione de' Missionarj- ma sembra che la popo-
lazione indipendente sia più considerabile.
Città.
Questa provincia è divisa in*1 Alto e Basso Orenoco. Il Gover-
natore ed il Vescovo risiedono a San-Thomè dall'Angostura, città
fondata l'anno i586 sulla riva deslra del fiume, cinquanta leghe
distante dalla sua foce, e che venne poscia trasferita a go leghe
di distanza dal mare. Le strade sono disposte in linea retta e sel-
ciate , e l'aria n'è salubre: in tempo del gran caldo si dorme
sulle logge delle case, senza che l'aria aperta nuoccia alla salute.
La città vecchia di S. Thomè è assai malsana.
Produzioni.
Le terre della Gujana, eccellenti soprattutto per la coltivazione
del tabacco, non presentano che pochi poderi mal lavorati ove
gli abitatori raccolgono un po' di cotone, di zucchero e pochi vi-
veri del paese. Si asporta grande quantità di bestiame. Questa
provincia, destinata per la sua fertilità e posizione ad acquistare
una grande importanza, ne andià spezialmente debitrice all'Ore-
noco, fiume di cui abbiamo già descritto il corso.
Importanza delV Orenoco.
I fiumi minori che vi metton foce, ed il cui numero oltrepassa
i trecento, sono altrettanti canali che introdur potrebbero nella
Gujana tutte le ricchezze che produrre potrebbe l'intero pacs< .
La sua comunicazione col fiume delle Auiazoni , pei mezzo di
44 DESCRIZIONE PARTICOLARE
parecchi rami navigabili percorsi da De-Hurnboldt, accresce i van-
taggi, che può procurare alla Gujana, facilitando le relazioni col
Brasile e colle parti interne del nuovo continente. Gli Inglesi ,
sempre spinti da un'attività ben intesa, conoscono l'importanza
di quel fiume; essi fondarono posti militari in alcune isole alla
sua foce, donde proteggono il taglio del legname da tintura, e
donde comunicano cogli Indiani Guaranos^ tribù pacifica, che nei
suoi boschi maremmani respinse il predominio Spagnuolo. Un'al-
tra nazione indipendente e bellicosa, quella degli Aruakas, che
occupa la costa marittima al sud dell" Orenoco , riceveva armi e
liquori spiritosi dalla colonia Olandese d'Essequebo e di Deme-
ray, ora soggetta agli Inglesi.
Fenomeno delle acque nere.
Nella parte superiore di quel fiume fra il terzo e quarto pa-
rafilo settentrionale, la natura ripite più volte il fenomeno di
ciò che chiamasi le acque nere. L" Aiabapo, il Temi, il Tuarr.ini
ed il Guainia, hanno acque di una tinta color di caffè , ed al-
l'ombra delle folle palme, il color loro passa al nero carico} ma
ove siano versate entro vasi trasparenti presentano un colore giallo
clor d'oro. La mancanza di coccodrilli e di pesci, una ma^^iur
freschezza, un minor numero di zanzare, mosquitos , ed mìt' aria
più salubre distinguono la regione de' fiumi neri, i quali devono
probabilmente il loro colore ad una dissoluzione di carburo di
idrogeno, prodotlo dalla moltitudine delle piante di cui è coperto
il terreno per cui passano (i).
/ Llanos.
La Gujana Spagnuola racchiude una parte di quegli aridi
deserti conosciuti sotto il nome di Llanos (2), de' quali il lima*
nente appartiene alla provincia detta San-Jan de Llanos, e che
fanno parte della Nuova-Granata. Non possiamo dispensarci dal
dare la descrizione fattane dal De-Hurnboldt nell'opera citala.
» Neil' abbandonare l'umide rive dell'Orenoco e le valli di
Caracas, luoghi ove natura profuse la vita organica , il viaggiatore
colpito eia maraviglia entra in un deserto privo d'ogni vegeta-
zione. Non una collina, non una rupe sorge di mezzo a quell'im-
(1) A. De-Huviboldt. Tableau de la Nature, II., 192.
(2) Pronunziate Lianos.
DI CARACAS, DELLA MJOVA-GRANATA EC. 4^
rnenso vóto. Quell'ardente terreno non presenta , per la superGcie
di più di due mila leghe quadrate, che qualche pollice di diffe-
renza nel livello. L'arena simile ad un vasto mare, offre curiosi
fenomeni di rifrazione. Il viaggiatore vi è guidalo dal corso de-
gli astri o da qualche sparso tronco di palma-mauritia e di em-
bothrium che scorgesi a grandi distanze. La terra offre soltanto
qua e là strati orizzontali screpolati, che coprono sovente spazj
di dugento miglia quadrale e sono sensibilmente più alti di
ciò clie gli attornia. L'aspetto di quelle pianure cangia totalmen-
te due volte l'anno: talora sono nude come il mare di sabbia
della Libia; talora coperte di un tappeto d' erbetta, come le
steppe elevate dell'Asia centrale. All'arrivo de' primi coloni €-
rano quasi disabitate. Onde agevolare le relazioni fra la costa e
la Gujana , si formò qualche stabilimento in riva a quei fiumi, e
si cominciò ad allevare bestiame nelle parti ancor più interne di
quell'immenso spazio. Questo bestiame vi si propagò prodigiosa-
mente ad onta dei pericoli a' quali è esposto nella stagione della
siccità ed in quella delle pinggie a cui succede l'inondazione. Al
sud la pianura è circondata da una solitudine silvestre e spaven-
tosa. Impenetrabili foreste coprono l'umido paese posto fra l'O-
renoco ed il fiume delle Amazioni , masse immense di granito
stringono l'alveo de' fiumi: le montagne ed i boschi risuonano sem-
pre del frastuono delle cateratte , del ruggito delle belve e degli
urli sordi della scimia barbala forieri di piaggia- Il coccodrillo
steso sopra un banco di sabbia, ed il boa colle sue spire enormi
nascoste nel fango , attendono la loro preda; o riposano della già
falla strage ».
Tribù indigene.
Welle foreste e nelle pianure vivono popoli di varie stirpi e
di società diverse. Taluni distinti per idiomi di stranissima disso-
miglianza , sono erranti, affatto ignari d'agricoltura, cibansi di for-
miche, di gomme e di terra, e sono il rifiuto della spezie umana 5
tali sono gli Otomachi ed i Jaruri.
Otomachi, Jaruri mangiatori di terra.
Questi popoli mangiatori di terra meritano, attesa la loro sin-
golarità, una pascolare menzione, e noi trarremo esalte notizie
dalle Vedute della JSatura del signor De-Humboldt (1).
(0 Ansichten der Natur., voi. 1. png. 1J2.
46 DESCRIZIONE PARTICOLARE
La terra che gli Otomachi s'ingozzano è una vera argilla pla-
stica o terra da stoviglie, grassa, dolce, di color giallo gvigo in
grazia di una piccola quantità di ossido di ferro. Essi la cercano
in certi banchi sulle rive dell' Orenoco e della Meta , distinguendo
dal sapore una spezie di terra dall'altra \ giacché non mangiano
indifferentemente ogni sorta d'argilla. Indurano quella terra da
loro prescelta in pallotte di (\ o 6 pollici di diametro, cui poscia
espongono al fuoco finché la crosta ne rosseggi, e le innumidi-
scono allorquando ne vogliono mangiare.
Quegli Indiani, generalmente parlando, sono in sommo grado
selvaggi, ed abborriscono la coltivazione de' vegetabili. Le popola-
zioni più lontane lungo l' Orenoco volendo indicare una cosa su-
cida soglion dire , la mangerebbe un Olomaco. Benché le acque
deil'Orenoco e della Meta si mantengan basse, gli Otomachi si
nutrono di tartarughe e di pesci , uccidendo questi a colpi di frec-
cie al momento che compajono a fior d'acqua} spezie di caccia
in cui gli Indiani sono mirabilmente destri. Quando i fiumi s'in-
grossano, il che periodicamente avviene ogni anno per due o tre
mesi, la pesca cessa, ed allora gli Otomachi s' ingollano una quan-
tità prodigiosa d'argilla. Noi, dice De-Humboldt , ne vedemmo
delle grandi provviste nelle loro capanne, ove tengono quelle pal-
lone ammucchiate in piramidi. Uno di loro se ne divora ogni
giorno da tre quarti di libbra sino a una libbra e un quarto, per
ciò che ne disse un monaco di buon senno Fray Ramon Bueno
che visse dodici anni tra quei popoli: e ci assicurano eglino stessi
che quell'argilla formava il principal loro nutrimento durante la
stagione piovosa. Nondimeno, quando loro accade di averne, vi
uniscono tratto tratto una lucertola , un piccolo pesce o una radi-
ce di felce. Quel cibo sembra loro sì delizioso, che anche nella
stagione secca, e quando hanno, de' pesci in copia si mangiano,
quasi per confettura, alcune palle di argilla. Essi hanno la tinta ros-
sobeunastra, i lineamenti deformi esimili a quelli dei Tartari, il
corpo carnoso senza essere panciuti.
II detto monaco ci assicurò ben anche che la salute di quegli
Indiani non soffre alterazione veruna nel tempo che si cibano di
terra. Ecco dei fatti. Mangiano eglino una gran quantità d'argilla
senza pregiudizio della loro salute, risguardano questa terra sicco-
ma un eccellente cibo, e ne fanno provvista per l'inverno o per
DI CAIUCAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC. 4?
la stagione piovosa. Ma questi soli fatti non bastano per decidere,
se l'argilla offra loro una sostanza nutritiva} se le terre possano
assimilarsi ai sughi del nostro stomaco, o se non servano a questo
che di eavorra , e solo distendendone le pareti facciano con ciò
cessare il senso di bisogno d'alimento. De-Humboldt non ardisce
di sciogliere colali questioni (i).
Ma è cosa singolare che il Padre Gumilla , autore per altro
così credulo e mancante di critica , abbia creduto bene il negare
che gli Oìomachi mangino terra pura (2)} pretendendo che le
palle d'argilhi siano impastate con farina di mais e grasso di
coccodrillo. Ma il detto Missionario Bueno, e l'amico e compa-
gno di viaggio del De-Humboldt Fray Juan Gonzalez assicurano
che gli Oìomachi non mettano mai grasso di coccodrillo in quelle
palle } e quanto al mescolarvi farina di mais eglino non ne hanno
mai udito parola in Uruana} anzi avendo De-Humboldt portato in
Francia di quella terra, e fattane 1' analasi chimica , la trovò pura
e senza miscuglio alcuno. Forse il Padre Gumilla, confondendo
(1) Le quistioni che qui propone e non risolve il signor De-Humboldt inte-
resseranno 1' attenzione dei medici. Non si vorrà ammettere nell'argilla , nella
calce e in altre simili terre una qualità nutriente , che troppo a tale supposi-
zione si oppongono le idee generalmente adottate circa alle sostanze alimen-
tose e circa alla funzione della nutrizione: ne la distensione che il loro volume
produrpuò nello stomaco, ancorché recasse il temporario vantaggio di acche-
tare il senso del bisogno d'alimento , vorrà credersi sufficiente ad esaurire un
reale bisogno, che ingannato al più e non soddisfatto farebbesi sentire sempre
più forte ed imperioso. Ma quelle terre, oltre all' essere inette alla nutrizione
non possono riguardarsi come inerti ed indifferenti sull'animale economia:
esse devono esercitare un'azione sulla fibra, e se non nutriente dunque me-
dicamentosa, come già d' alcune d' esse è dimostrato nei libri di materia medi-
ca, e tanto più nei casi indicati da D e-Humboldt, che dice contenersi in quelle
terre sostanze metalliche ed in istato ossido. La quistioue dunque si riduce a
spiegare, come un gran numero di abitatori de' paesi caldi possono per un
cerio tempo vivere senza sostanze alimentose , ed invece ingojarsi una nota-
bile quantità di sostanze medicinali, come quest* uso lungi dal nuocere alla
loro salute } sia un mezzo di conservarla. Se F autorità del rispettabile viag-
giatore che racconta questi fatti, non imponesse credenza ; se questi fatti non
s'accordassero con fatti simili narrati da altri viaggiatori, taluno sarebbe forse
tentato a negarli. Chi desiderasse di leggere alcune ragionevoli congetture su
di ciò, potrebbe consultare il Giornale della società cV incoraggiamento
delle scienze e delle arti stabilita in Milano, K.° 4 aprile 1 808, pag. 33 e seg.
(1) Histoire de l'Orènoque, Tom. I pag. 283.
48 DESCRIZIONE PARTICOLARE
due fatti diversi, intendeva alludere alla maniera con che gli In-
diani preparano il pane coi baccelli di una spezie di inga , poi-
ché essi interrano questo frutto, onde più presto si decomponga e
riesca atto all'uso che ne vogliono fare.
Ma come avviene che gli Otomachi ingollandosi una si gran
quantità di terra, non ne provan danno di sorta? Si sono eglino
con una lunga serie di generazioni formata una natura singolare?
Egli è vero che in tulli i paesi posti fra i tropici l'uomo prova
quasi un irresistibile desiderio di mangiar terra , e non già terra
alcalina o calcarea che servir potrebbe a neutralizzare degli acidi,
ma grassa e di odor forte } che quegli abitatori spesso devono,
dopo una pioggia, tener chiusi in casa i fanciulli perchè non va-
dano a divorar terra : che le donne Indiane del villaggio di Banco
sulle rive del fiume della Maddalena , che attendono a fabbricar
stoviglie, si cacciano spesso dei pezzi di terra in bocca, siccome
vide con sua sorpresa lo stesso De-Humboldl. Ma in fuor degli
Oiomachi gli individui lui ti delle altre tribù ammalano quaudo
cedono a questa strana voglia d'argilla.
Ma perchè avviene che nei climi temperati e freddi questa
voglia di mangiar terra è tanto rara, e quasi circoscritta alla clas-
se dei fanciulli e delle donne gravide? Nei paesi all'opposto si-
tuati tra i tropici, può riguardarsi come quasi generalmente adot-
tato questo strano costume. I Negri della Guinea ingozzano abi-
tualmente una tetra giallastra detta cahouac \ nell'isola di Java,
tra Sourabaja e Samarang, Labiliardière vide vendersi nei villag-
gi certe piccole focaccie quadrate rossastre che gli indigeni chia-
mavano tanaampo: esaminatele le trovò falle di pura argilla (i).
Gli abitatori della Nuova-Caledonia acchetano la fame divorandosi
dei pezzi grossi quanto un pugno, di una spezie di talco friabile,
che Vauquelin trovò contenere uua picciola quantità di rame. A
Popayan e in molte parti del Perù la terra calcarea è venduta
sui mercati come usuale alimento desìi Indiani che se la man-
giano col coca o sia foglia dell' Erytroxylon Peruvianwn. Que-
st'uso pertanto di nutrirsi di terra, uso a cui la natura, siccome
pare, dovrebbe invitare piuttosto gli abitatori degli sterili paesi
del settentrione, regna sotto tutta la zona torrida, presso quelle
(r) Voyage à la recherche de La-Peyrouse, Tom. II. pag. 022.
DI CARACAS , DELLA NUOVA-GRAHATA EC ^9
torpide popolazioni poste nelle più belle e più feri ili contrade
dell'universo. Ma abbastanza abbiamo parlato di questi mangia-
tori di terra 5 e ci si perdonerà la lunga digressione, a cui ci
condusse quasi senza avvedercene la singolarità di tale usanza.
Ritorniamo ad osservare le altre tribù indigene che popolano la
Gujana Spagnuola.
/ Betoy ed i May puri.
I Missionaij, i quali fra le tribù a ponente dell' Orenoco, con-
vertirono i Betoy ed i Maypuri, riconobbero nella loro lingua, non
che in quella dei Yaruri, una sintassi regolare ed anche molto ar-
(ifiziosa. Gli Achagua parlano un dialetto del Maipuro (i)- A le-
vante la missione d' Esmeralda è il posto più rimoto. Il signor
De-Humboldt penetrò nell'interno di questo mondo sconosciuto.
/ Guaica.
n Gli Indiani Guaica, egli dice, razza d'uomini bianchissimi,
piccolissimi e quasi pini mei, ma assai bellicosi, abitano il paese a
levante di Passimoni.
/ Guajaribi.
I Guajaribi, di un color di rame assai carico t estremamene
feroci, e per quanto dicesi, anche antropofago impediscono ai viag-
giatori dì penetrare fino alle sorgenti dell' Orenoco. I moschi tos e
mille altri insetti pungenti e velenosi popolano quelle solitarie fo-
reste. I fiumi sono pieni di coccodrilli, e di piccioli pesci caribi
pari in ferocia w.
/ Maquiratani ec.
Altre tribù dalla parte orientale, cnme i Maquiratani ed i Ma-
hos, hanno dimore stabili , vivono delie frutta da essi coltivate ,
hanno una certa intelligenza e più miti costumi.
Caraihi.
La nazione dominante lungo la costa, da Surinam fino al ca-
po della Vela, era un tempo quella de'Caraibi, in parte stermi-
nata dagli Europei. Non si sa dire se quella schiatta d'uomini ve-
nisse dalle Anlille al continente o viceversa. Fra tutte le nazioni
i Americane i Garaibi distinguonsi pel loro vadore e per la loro alti-
i vita. Abitano villaggi governati da un capo elettivo, cui gli Eu-
e ropei chiamano Capitano. Per andar allri pugna si raccolgono al
(1) Hervas., Catalogo delle lingue, pag. .'j.i-53.
Cost. Voi. Ili delC America. 4
DO DESCRIZIONE PARTICOLARE
suono di una conca. I Caraibi sono forse i popoli più robusti
dopo i Palagoui. Secondo gli antichi viaggiatori sono antropofago
sembra per lo meno vero , che mangino i loro nemici , le cui
carni divorano coli" avidità delPavoltojo. La lingua Garaiba ,
una delle più sonore e dolci del mondo conta quasi trenta dia-
letti (i).
Figure scolpite sopra le rupi.
Vaste estensioni di paese fra il Cassiquiari e P Alabapo non
sono abitate che da scimie riunite in società e da tapiri. Varie figure
scolpite sopra le rupi provano che quelle solitudini furono un
tempo popolate da una nazione giunta ad un certo grado d' inci-
vilimento. Fra il secondo e quarto paralello, in una pianura sel-
vosa, cinta da quattro fiumi POrenoco, l'Atabapo, il Rio-Negro
ed il Cassiquiari, osservatisi roccie di selenite e di granilo, coperte
di figure simboliche colossali, rappresentanti coccodrilli, tigri, uten-
sili domestici e le immagini del sole e della luna. Oggidì quel-
l'angolo della terra è disabitato per più di cinquecento miglia
quadrate. Le popolazioni vicine consistono in selvaggi erranti, e
ben lontani dal poter scolpire sui macigni il benché minimo
geroglifico. Monumenti simili sussistono presso Caicara ed Uma-
na. Vi si riconosceià forse un giorno V opera degli Americani
Muysca, de'quali or ora parleremo nel descrivere il nuovo reguo
di Granata.
Descrizione della Nuova-Granata-
Le suddivisioni del regno della Nuova-Granata sono imperfet-
tamente conosciute. Le province del Panama e di Darien, seb-
bene portino il titolo di regno di Terra-Ferma, dipendono dal
vice-Re della Nuova-Granata. Il regno di Quito che racchiude
ìe province di Quito o Tacames, di Macas, di Quixos, di Juan
di Bracamoros e di Guayaquil conserva pure la propria denomi-
nazione, sebbene soggetto »al nuovo regno di Granata. Questo pro-
priamente detto comprende le province seguenti : Santa-Fè di
Bogota e Antioquia, nel centro \ Santa Maria e Cartagena al nord
sul mare de'Caraibi} S. Giovanni de Los Llanos a levante} Po-
payan, al sud *, Barbacoa e Choco co' suoi smembramenti^ Beri-
quela, Novità e Raposa a ponente verso l'Oceano Pacifico.
(i) Chi desidera più estese cognizioni sui varj idiomi delle tribù in-
digene consulti il suddetto catalogo di Hervas.
DI CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC. 5l
Estrema diversità dei climi.
La Nuova-Granata presenta un'estrema diversità di climi. L'a-
ria è temperata, fredda ed anche gelata, ma sanissima sugli alti-
piani elevati 5 infuocata, soffocata e pestifera in riva al mare, ed in
qualche profonda vaile dell'interno. A Cariogena ed a Guayaquil
la febbre gialla è endemica. La città di Honda, sebbene alta i5o
tese sopra il livello del mare va soggetta ad un tal caldo per ef-
fetto del riverbero delle roccie, che non si oserebbe por la mano
su di una pietra*, e le acque del fiume la Maddalena acquista h
temperatura di un bagno tepido.
Fiumi.
I due fiumi della Maddalena e di Gauca, che vanno diretta-
mente dal sud al nord hanno la sorgente e le foci nella Nuova-
Granata. Scorrono amendue in una profonda valle delle Ande, e
si riuniscono sotto il 9 grado di latitudine settentrionale. Il corso
del Cauca è ingombro di rupi \ ma gli indigeni sanno schivarle
ne' loro canot. La Maddalena è navigabile fino ad Honda , e di
là non si giugne a Santa-Fè che per orribili strade, per mezzo
a boschi di quercie, di melaslomi e di chinachina.
Vegetabili.
A Quito e a Santa-Fè la vegetazione è meno varia che nelle
altre regioni egualmente elevate sull'Oceano. Trova nsi nelle Ande
di Quindiu e nei boschi temperati di Loxa cipressi , ginepri ed
abeti i, i coni nevicati de'monti sorgono in mezzo allo storace ,
alle passiflore in albero , alle bambusas , alle palme che dan la
cera. Il caccao di Guayaquil è molto stimato : si fece anche la
prova di piantare il caffè nei contorni di quella città, e riuscì a
maraviglia. Il cotone ed il tabacco sono eccellenti. Vi si raccoglie
molto zucchero: visi fa inchiostro col suco dell'uvilla, cestrum
tinctoriuni'^ e ci ha un ordine della corte che ingiugue ai vice-Rè
di non impiegare per le carte uffizioli, che quell'azzurro d' uvilla,
perchè è più indistruttibile nel miglior inchiostio d'Europa.
Produzioni minerali.
Le produzioni minerali sono ricche e variate: noi accenneremo
le principali. Il regno della Nuova-Granata produce annualmente
22*11. marchi d'oro e poco argento. Si coniano nelle zecche di
Santa-Fè e di Popayan 2,100,000 piastre in oro , cioè t8,3oo
marchi. L' asportazione di quel metallo in verghe ed in oggetti di
.52 DESCRIZIONE PARTICOLARE
orefice, ammonta a 400ro' piastre. Tutto l'oro che dà la N uova-
Granata è prodotto dai lavori stabiliti in terreni d'alluvione: co-
nosconsi filoni d' oro nelle montagne di Guaruoer e d'Antioquia}
ma trascuransi quasi interamente. Le più grandi ricchezze d'oro
da lavacro son deposte a ponente della Cordigliera centrale. La
provincia d'Antioquia , ove non si può entrare che a piedi o a
spalla d'uomo , presenta filoni d' oro che non si lavorano per
mancanza di braccia. I ricchi filoni d' argento di Marquetones
sorpasserebbero il Potosi , ma sono negligentati j sdegnasi ancor
più il rame ed il piombo.
Cave di Smeraldi.
Il fiume degli smeraldi passa dalle Ande fino al nord di
Quito. A Muzo, nella valle di Tunca, presso Santa-Fè di Bogota
sono le principali cave moderne degli smeraldi detti del Perù, e
che preferisconsi a ragione a tutte le altre, dopo che si sono tra-
scurate quelle d'Egitto. Gli smeraldi che trovatisi entro i sepol-
cri degli indigeni sono lavorati in forma rotonda, in cilindri, in
coni ed oltre figure, e traforati con gran precisione; ma ignoransi
i mezzi che a ciò s'impiegano.
Diamanti ec.
Le miniere d'oro d'Antioquia e di Guaimoco contengono pic-
cioli diamanti. Si conosce anche del mercurio solforato o cinabro
nelle province d'Antioquia e altrove.
Città ed altipiano di Bogota.
Santa-Fè di Bogota è il luogo più rimarcabile di questo re-
gno. Ecco quanto ci vien raccontato intorno alla fondazione di
questa città. Nel i536 Ferdinando di Lugo Ammiraglio delle
Canarie, mandò Gonzalo Ximenes de Quesada suo luogotenente,
da S. Marta , a scoprire il paese che giace lungo il gran fiume
della Maddalena.
Storia della fondazione della medesima.
Il Ximenes viaggiò per terra lungo la sponda di quel fiume,
ma incontrò gravi difficoltà per causa delle folte boscaglie, e prin-
cipalmente a motivo delle frequenti scorrerie de' paesani. Egli
giunse a un luogo nominato Torà, che da lui fu chiamato Pue-
bla de los Bracos, perchè ivi si univano quattro fiumi, e in quel
posto passò l'inverno. Nella primavera seguente si avanzò lungo
le sponde di un altro fiume , fino alle falde d' alte montagne
DI CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC 53
eliminale Opon , passate le quali giunse in una contrada di pia-
nura uguale e ben coltivala, e quindi arrivò colla sua gente alla
provincia del poderoso Gacico Bogota che fu da lui sconfìtto. Sac-
cheggiò quivi i villaggi degli Indiani , ove trovò gran quantità di
oro e di smeraldi. Di là passò nei paesi dei Pancos, separati da
quello del Bogota da alcune picciole colline, ed entrò in una
vallata, che fu da lui chiamata la Tromba, quindici leghe di-
stante da un' altissima montagna spogliata d'alberi, dalla quale
gli Indiani ricavano gli smeraldi. Nel tempo ch'egli ed i suoi
compagni si trattennero in questa valle fecero un immenso bottino,
e presero gran quantità d'oro. Tre giorni di cammino più oltre
soggiogarono altri Gacichi , ed essendo ritornati alla provincia del
Bogota, passarono per il paese di Pancos, ed obbligarono la mag-
gior parte dei paesani a far, dopo una lunga guerra, la pace. Il
Ximenes giudicando che questo paese fosse bastantemente scoperto
e soggiogato, lo chiamò il nuovo regno di Granata , essendo egli
nativo della provincia che nella vecchia Spagna ha quel nome, e
vi fabbricò la città di Santa-Fè, che ne è la capitale (i).
Ora questa città, residenza del vice-Rè, dell' audiencia, d'un
Arcivescovo e di una università , racchiude più di trenta mila
abitatori, chiese e palazzi magnifici, non che cinque superbi pon-
ti (2). L'aria è costantemente temperata } e vi si fa sempre ab-
bondante ricolto di formento e di giuggiolena d'Asia. L'altipiano
di Bogota è circondato d'alte montagne^ il perfetto livello del suo
terreno, la sua geologica costituzione, la forma delle roccie di
Suba e di Facatativa, che sorgono a guisa d'isole di mezzo alla
savane, tutto sembra indicare la sussistenza di un antico lago.
Cateratta di Tequendama.
Il fiume di Funzha , così De-Humboldt (3), comunemente
chiamato Rio di Bogota , dopo di avere raccolte le acque della
valle si è aperto un passaggio a traverso le montagne situate al
sud-ouest della città di Santa-Fè. Esso sbocca dalla valle nelle
vicinanze di Tequendama , precipitandosi da una stretta bocca, in
una fenditura che scende verso il bacino del fiume della Madda-
lena. Gli indigeni attribuiscono a Bochica , fondatore dell'impero
(i) V. Gazzettiere Americano all' articolo Granata Nuova.
(2) Yiajero universal, voi. XXII. pag. 277.
(3) Atlas Pittoresque. Tav. 6 pag. 19-33.
&4 DESCRIZIONE PARTICOLARE
di Bogota o di Condinamarca , l'aprimeulo di quelle rupi e la
formazione della cateratta di Tequendama. I viaggiatori che hanno
veduto da vicino questa grande cascata , non saranno sorpresi che
popoli grossolani abbiano attribuita un'origine miracolosa a queste
roccie che pajon tagliale dalia mano dell'uomo a questa angusta
■voragine nella quale si precipita un fiume che riunisce tutte
le acque della valle di Bogota, a queste iridi brillanti de' più
belli colori, e che cangian di forma ad ogni istante, a questa
colonna di vapori che s'innalza qual densa nube , e che si scorge
alla distanza di cinque leghe passeggiando intorno alla città di
Santa- Fé.
Il disegno che noi vi presentiamo nella Tavola 4^ preso dal-
l'Atlante di De-Humboldt, non può dare che una debole idea di
questo maestoso spettacolo. Se è cosa assai difficile il descrivere
le bellezze delle cascate, è ancora più difficile il rappresentarle in
disegno. L'impressione ch'esse lasciano nell'anima dell'osservatore
dipende dal concorso di molte circostanze: bisogna che il volume
d'acqua che si precipita sia proporzionalo all'altezza della caduta,
e che il paese circonvicino abbia un carattere romantico e selvag-
gio. La caduta salto di Tequendama, riunisce tutto ciò che può
rendere un luogo pittoresco nel grado più eminente. Essa non e,
come si crede nel paese, la più alta caduta del globo, né il fiume
si precipita, come dice Bouguer , in una voragine dai cinque ai
sei cento metri di profondità perpendicolare, ma sussiste appena
una cascata, che ad un'altezza sì considerabile unisca una sì
grande massa d'acqua. Il «Rio di Bogota, dopo di esser passato
per le paludi che trovansi fra i villaggi di Facatativa e Fonlibon,
conserva tuttavia nelle vicinanze di Ganoas, un po'al disopra del
salto, una larghezza di quarantaquattro metri, il fiume si ristrigne
d' assai vicino alla stessa cascata, ove la spaccatura, che pare for-
mata da un terremoto, non ha che dieci o dodici metri d'aper-
tura. Durante la grande siccità, il volume d'acqua che in due
salti precipitasi ad una profondità di i^5 metri , presenta ancora
un profilo di 90 metri quadrati. Si è aggiunta al disegno della
cascata la figura di due uomini, per servire di scala all'altezza
totale del salto. Il punto in cui questi uomini sono collocati , al-
l'orlo superiore, è elevato 2467 metri sopra il livello dell'Ocea-
no. Da quel punto fino al fiume della Middalena, il picciol fiume
Anur. Vo/.ll]
DI CARACAS, DELLA 5U0VA-GRANATA EC. 55
di Bogota , ohiamato al piede della cascola Rio de la Mesa o di
Tocayma o del Collegio, ha ancora più di 2010 nielli di cadula ,
ciò che fa più di i/jo metri per lega comune.
La strada , che guida dalla città di Santa-Fè al salto di
Tequendama, passa dal villaggio di Suacha pel podere di Ganoas
rinomato pe'suoi bei ricolti di frumento: si crede che l'enorme
massa di vapori che s'innalzano continuamente dalla cascata, e che
vengon precipitati dal contatto dell' aria fredda, contribuisca mol-
tissimo alla grande fertilità di questa parte dell'altipiano di Bo-
gota. In picciola distanza di Ganoas, sull'altura di Scipa , si gode
di una magnifica veduta, che sorprende il viaggiatore per effetto
dei contrapposti. Appena abbandonati i campi coltivati a fermento
ed orzo, veggonsi intorno, oltre 1' aralia, l'alstonia theaeformis, la
begonia ed il qninquina giallo, ( Cinchona cor dif olia ^ M. ) \
quercie, ontani ed altre piante che ci richiamano alla memoria la
vegetazione dell' Europa *, ed in un colpo d'occhio si scopre, come
dall'alto di un terrazzo, un paese ove vegetano palme, banani e
cannamele. E siccome la spaccatura nella quale si precipita il Rio
di Bogcta comunica colle pianure della regione calda, tierra ca-
liente, così alcune palme si sono avanzate fino ai piedi della ca-
scata. Questa circostanza particolare fa dire agli abitatori di San-
ta-Fè che la cascala di Tequendama è sì alla, che l'acqua cade
di un salto dal paese freddo, tierra fria , nel paese caldo. O-
gnuno comprende che una differenza d'altezza di i^5 metri non
è sì considerabile da influire sensibilmente sulla temperatura del-
l'aria. Non è in conseguenza dell'altezza del suolo che la vege-
tazione dell'altipiano di Ganoas contrasta con quella del burrone:
se la roccia di Tequendama non fosse a perpendicolo, e se l'alti-
piano di Ganoas fosse così riparato dalle ingiurie dell'aria siccome
lo è la spaccatura , le palme che vegetano al piede della cascata
sarebbero giunte senza dubbio fino al livello superiore del fiume.
L'aspetto di questa vegetazione è tanto più importante per gli
abitatori della valle di Bogota , in quanto eh' essi vivono in
un clima ove il termometro discende spesso fino al punto della
congelazione.
Benché il fiume perda nel cadere una grande quantità d'ac-
qua, che si riduce in vapori , la rapidità del corrente inferiore
sforza l'osservatore di rimanersi lontano circa 14° metri dal ha-
56 DESCRIZIONE rARTICOI.ABE
cino scavalo dall'urto dell'acqua. Il fondo di questa spaccatura è
leggermente illuminalo dalla luce del giorno. La solitudine del
luogo , la ricchezza della vegetazione ed il rumore spaventevole
die si ode , tendono il piede della cascata di Vequendama uno
de' "luoghi più selvaggi delle Cordigliere.
Ponti naturali cf Icononzo. Pialle d' Icononzo.
La valle d' Icononzo o di Pandi (i), una parte della quale è
rappresentata nella Tavola 5, è anch'essa aesai rimarcabile per la
forma straordinaria delle sue roccie che pajono tagliate dalla ma-
no dell'uomo. Le loro nude ed aride sommità fanno un contrap-
posto il più pittoresco coi boschetti d'alberi e piante erbacee che
coprono gli orli della spaccatura. 11 picciolo torrente che si è a-
pcrlo un passo a traverso la valle d' Icononzo porta il nome di
Rio de la Summa Paz. Esso discende dalla catena orientale delle
Ande, che, nel regno, della Nuova-Granata , separa il letto del
fiume della Maddalena dalle vaste pianure della Meta, del Gua-
viare e dell'Orenoco. Questo torrente incassato in un letto quasi
inaccessibile, non potrebbe essere valicato se non con molta dif-
ficoltà se la natura non vi avesse formalo due ponti di roccie, che
nel paese vengon con ragione considerati come oggetti degni del-
l'attenzione de' viaggiatoli. Humboldt e Bonpland nel 1801 passa-
rono questi ponti naturali d'Icononzo nell'andare da Santa-Fè di
Bogota a Popayan ed a Quito.
Nome cP Icononzo.
Il nome d'Icononzo si è quello di un antico villaggio di In-
diani Muysca, situato sul lato meridionale della valle, e del quale
più non sussistono che alcune sparse capanne. Al presente il luo-
go abitato pi|p vicino a questo sito singolare, è il picciol viaggio
di Pandi e flfércadillo, lontano un quarto di lega verso il nord-
est. La via da Santa-Fè a Fusagasuga , e di là a Pandi , è una
delle più difficili nelle Cordigliere. Bisogna, dice De Humboldt,
amare perdutamente le bellezze della natura, per non preferire la
strada ordinaria che conduce dall'altipiano di Bogota per la Mesa
di Juan Diaz alle rive della Maddalena , alla perigliosa discesa
del Paramo di San-Fortunato e delle montagne di Fusagasuga ,
verso il ponte naturale d'Icononzo.
(i) De-Humboldt. Atlas Pittoresque^Tay. 4 pag. 9~i3.
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DI CARACAS , DELLA NUOVA-GRANATA EC. 5j
La profonda spaccatura a traverso della quale precipitasi il
torrente della Suniraa Paz, occupa il centro della valle di Pandi:
in vicinanza al ponte essa conserva, per 4000 metri di lunghezza,
la dilezione dall'est all'ouest. Il fiume forma due belle cascatesi
punto in cui entra nella spaccatura all'ouest di Doa ed al punto
ove n'esce discendendo verso Melgar. E probabilissimo che que-
sta spaccatura sia stata formata da qualche tremuolo.
Ponte superiore.
Wella valle d' Icononzo la pietra bigia è composta di due roc-
cie distinte: una pietra bigia assai compatta e quarzosa, con poco
cemento che non presenta fessure di stratificazione, riposa su di
una pietra bigia schislosa di finissima grana, e divisa in un'infi-
nità di piccioli e sottilissimi strati e quasi orizzontali. Si può cre-
dere che lo strato compatto e quarzoso abbia resistito, allorché si
formò la spaccatura, alla forza che squarciò queste montagne, e
che la continuazione non interrotta di questo strato serva di ponte
per passare dall'una all'altra parte della valle. Quest'arco natu-
rale ha quattordici metri e mezzo di lunghezza sopra 12 , y di
larghezza} la sua grossezza, al centro, è di 2,4* Dalle misure
prese risulta che l'altezza del ponte superiore al di sopra del
livello delle acque del torrente è di 97™, 7. Gl'Indiani di Pandi
hanno formato, per la sicurezza de' viaggiatori , un picciolo can-
cello di canne lungo la via che conduce al ponte superiore.
Ponte inferiore.
Dieci tese al di sotto di questo primo ponte naturale, se ne
trova un altro, cui si giugne per uno stretto sentiero che scende
sull'orlo della spaccatura. Tre enormi masse di roccie sono ca-
dute in maniera da sostenersi reciprocamente. Quella di mezzo
forma la chiave della volta, accidente che avrebbe potuto destare
nella mente degli indigeni l'idea dell'arco , sconosciuta ai popoli
nel Fuovo-Mondo. Nel mezzo di questo secondo ponte trovasi un
buco di circa otto metri quadrati, per cui si vede il fondo del-
l'abisso. Sembra che il torrente scorra per un'oscura caverna: il
lugubre mormorio che vi si ode proviene da un'infinità d'uccella
notturni che abitano la spaccatura: se ne veggon delle migbaja
librarsi sull'ali al di sopra dell'acqua.
Elevazione del ponte.
L'elevazione del ponte naturale d' Icononzo, è di 8g3 metri,
5$ DESCRIZIONE PARTICOLARE
458 tese, al di sopra del livello dell'Oceano. La veduta che noi
vi presentiamo è slata disegnata dal De-Humboldt nella parte set-
tentrionale della valle, ed in un punto in cui l'arco si presenta
di profilo.
Cascate di Mio T^inagre vicina al Vulcano di Puracé.
La città di Popayan capitale di una provincia della Nuova-
Granata è situata nella bella valle di Rio-Cauca , al piede dei
grandi vulcani di Puracé e di Sotara. Nell'ascendere da Popayan
verso la cima <lel vulcano di Puracé , una delle alte cime delle
Ande, si trova a 2,55o metri d'elevazione, una picciola pianura,
Llano de Corazon, abitala dagli Indiani e coltivata con somma
cura. Questa pianura deliziosa è limitata da due burroni estre-
mamente profondi, e sull'orlo dei precipizj sono costrutte le case
del villaggio di Puracé celebre per le belle sue cascale del fiume
Pusambio, la cui acqua è acida, e chiamata però dagli Spagnuoli
Mio-Vinagre. Questa picciola sorgente è calda verso la sua ori-
gine cui deve probabilmente allo scioglimento continuo della neve,
ed al solfo che abbrucia nell'interno del vulcano. Essa forma ,
Ticino alla pianura di Corazon tre cascate , delle quali le due
superiori sono assai considerabili. Noi ve ne presentiamo nella
Tavola 6, la seconda disegnata quale si vede dal giardino di un
Indiano. L'acqua che si apre un passo a traverso di una caverna
precipitasi da un'altezza di 120 metri. Il primo piano del disegno
presenta un gruppo di Pourretia pyramidata pianta vicina del
Pitcairnia, conosciuta nelle Cordigliere sotto il nome di achu-
pallas.
Il regno di Terra-Ferma è al dì d'oggi una campestre soli-
tudine. Le ciltà di Panama sul mare del nord e di Porto-Bello
sull'Oceano Pacifico fiorivano altre volte pel commercio de' me-
talli preziosi che passavano dal Perù per l'itsmo di Panama, on-
d' essere spediti in Europa.
Città deW istmo.
Ora si comunica per Buenos Ayres. L' itsmo di Panama non
clie la provincia di Darien producono caccao , tabacco , coione}
ma l'aria troppo umida e calda ad un tempo rende quel paese
«quasi inabitabile. Esso è montuoso, ma vi si trovano fé itili pia-
mure, e la vegetazione ha quasi da per tutto una forza sorpren-
dale. I fiumi sono numerosi, e ve ne ha di quelli che menan oro.
■•„•„ li*/, ni.
Tot'. (T.
r'/<7,>ca/ff r/f Rio -Vmatfre
MìqhaVQcca. r'rr<
DI CARACAS, DELLA NUOVA GRANATA F.C. 59
Città di Panama.
Devono gli Spagnuoli la prima scoperta di Panama a Tello
de Guzman, die vi approdò nel i5i5, ma non vi trovò che ca-
panne di pescatori j essendo questo un luogo a proposito per la
pesca, e quindi chiamato dagli Indiani Panama, che significa luogo
abbondante di pesce. A questa scopeita nell'anno 1 5 18 succede
*, lo stabilimento di una colonia sotto Pedraries Davila, Governatore
Itti Terra-Ferma, e nel i5ai Panama fu dichiarala città con i
consueti privilegi. Nell'anno 1670, fu presa, saccheggiata e bru-
ciata da Gio. Morgan avventuriere Inglese} ed essendo per que-
I sta sciagura stato necessario il rifabbricarla, fu trasferita al luogo
della sua presente situazione, che è circa una lega e mezzo lon-
. tana dalla prima. Le case erano universalmente di legno, e perciò
1 la città rimase quasi interamente bruciata nel 1 73^. Dopo questa
sventura fu di nuovo rifabbricata, e la maggior parte delle caso
furon rifatte di pietra. In questa città ci ha un tribunale, o udienza
{regia, alla quale presede il Governatore di Panama } e a questo
impiego ordinariamente è unito il capitanato di Terra-Ferma. Pa-
| nama ha ancora una cattedrale e un capitolo consistente in un
j Yescovo e in molli canonici , e un tribunale d'inquisizione. Il
I caro prezzo delle piovvisioni in questa città e suo distretto viene
1 ampiamente compensato dall'abbondanza e dal valore delle perle
j che si trovano nel golfo.
Porto-Bello.
Porto-Bello è città con porto di mare, ed è situata sul pen-
dio di una montagna che circonda lutto il porto. La maggior
parte delle sue case sono di legno, ma awene alcune che hanno
il primo piano di pietra. La città è sotto la giurisdizione di un
Governatore, che ha il titolo di tenente-generale, ed è subordi-
nato al Presidente di Panama. All'estremità orientale della città
Inella strada che va a Panama è un quartiere chiamato Ghinea
dove hanno le loro abitazioni i Negri d'ambidue i sessi tanto
schiavi che liberi. Porto-Bello che è pochissimo abitato, diventa,
quando vi sono i Galeoni, uno dei più popolali luoghi del mondo.
La sua situazione nell'istmo, la bonlà del suo porlo e la sua vi-
cinanza a Panama gli hanno fatto avere la preferenza sopra tutti
;li altri luoghi per servire di fiera o emporio al commercio unito
Iella Spagna e del Perù.
60 DESCRIZIONE PARTICOLARE
Porto-Bello fu scoperto il dì a di novembre del i5o2 da Co-
lombo , che rimase cosi maravigliato in vederlo tanto grande ,
profondo e sicuro , che gli dette il nome di Porto-Bello. Esso
venne popolato dagli abitatori di Nombre de Dios , città fabbri-
cala da Diego de Niqucsa , la quale essendo stata spesse volte
rovinata dagli Indiani non soggiogati di Darien, gli abitatori per
ordine di Filippo II si trasferirono colà nel i584i come in un
luogo di maggior sicurezza, e nell' istesso tempo molto meglio si-
tuato per il commercio di quel paese.
Cartagena delle Indie.
Gartagena è una provincia del governo del regno di Terra-
Ferma , ma senza la giurisdizione del nuovo regno di Granata :
essa ha quasi 90 leghe di lunghezza e 70 di larghezza da levante
a ponente. Il clima è caldissimo ed umido. A Gartagna, secondo
Ulloa, la stagione delle pioggie dura dal maggio fino al novem-
bre che è l'inverno di quella parte. I tuoni, le pioggie e le gran-
dini si succedono V una all'altra \ sicché le strade hanno l'appa-
renza di fiumi. Dal dicembre all' aprile ci è l'estate, che consiste
in una continuazione di caldo eccessivo ed invariabile. Gli alberi
più grandi sono il caobo o sia acaju , il cedro, la maria e 1' al-
bero del balsamo. Del primo si fanno le canoe e le barche che
servono per pescare e per il traffico che si fa per la costa e sul
fiume. La maria e l'albero del balsamo , oltre 1' utilità del loro
legname, il quale è compatto, odoroso e di bella grana, stillano
quel balsamo ammirabile , che vien chiamato olio maria e bal-
samo del Tolu, così detto dal villaggio adjacente , dove si trova
in maggior quantilà. Vi sono ancora tamarindi , papajo , guabo,
cassia, varie spezie di palme e manzanillo , notabile per li suoi
frutti che sono velenosi, e dei quali il solo antidoto è l'olio co-
mune. L'orzo, il frumento sono quivi poco conosciuti \ il mais ed
il riso, di cui si fa il pane , abbondano forse anche all'eccesso.
Il paese produce altresì zucchero e cotone in grandissima quan-
tità ed eccellente caccao. Gli animali domestici che qui si tro-
vano sono la vacca ed il nivale: dicesi che la carne di quest' ul-
timo superi la migliore di Europi. Il pollame , i piccioni , le
pernici, le oche sono buonissime ed in grande abbondanza. Vi è
ancora gran quantità di cervi, conigli e cinghiali : le tigri fanno
quivi gran strage: vi sono volpi, armadillos o sieno lucertole squa-
mose, scojatloli ed una varietà innumeiabile di sciruie.
DI CARACAS, DELLA INUOTA-GRAPUTA EC. 6l
Cartagena capitale.
Cariogena, capitale è una delle più ricche e delle più impor-
tanti città dell'America meiidionale: io questi ultimi anni s'in-
grandì e si abbellì di molto: ha una sede episcopale, una uni-
versità, un porto sicuro e profondo, difeso da parecchi forti } ma
l'insalubrità de' suoi contorni è la miglior difesa contra un eser-
cito nemico: la popolazione è di 2,5,ooo anime.
Vulcano d'aria di Turbaco.
Oode evitare il caldo eccessivo e le malattie che regnano du-
rante l'estate a Cartagena delle Indie e sulle aride coste di Barù
e di Tierra-Bomba , gli Europei non avvezzi al clima s'internano
nel villaggio di Turbaco. Questo picciolo villaggio Indiano è posto
su di una collina all'ingresso di una maestosa foresta che si estende
verso il sud e l'est fino al canale di Mohalès ed il fiume della
Maddalena. Le case sono per maggior parte di bambù e coperte
con foglie di palma. Qua e là zampillano limpide acque da una
roccia calcarea che contiene molti frantumi di corallo petrificato:
esse sono ombreggiate dall' anacardium caracoli, albero colossale,
cui gli indigeni attribuiscono la proprietà d'attrarre da lungi i va-
pori sparsi nell'atmosfera. Gli indigeni di Turbaco che accompagna-
vano De-Humboldt gli parlavano spesso di un terreno paludoso,
situalo nel mezzo di una foresta di palme, e appellato dai creoli,
i piccioli vulcaui, los Volcancitos. Essi raccontavano che, secondo
una tradizione conservata fra loro, questo terreno era stato una
volta infiammato, ma che un buon religioso, parroco del villaggio,
e noto per la singolare sua pietà, era giunto colle frequenti asper-
| sioni d'acqua benedetta a spegnere il fuoco sotterraneo 5 ed ag-
I giugnevano che da quel tempo in poi il vulcano di fuoco era di-
I veduto un vulcano d'acqua, volcan de agua. Senza prestar fede
la tali bizzarri racconti, noi ci facemmo condurre, dice De-Hum-
Iboldt, ai Volcancitos de Turbaco, e questa gita ci palesò de'fe-
1 nomeni ben più importanti di quelli che ci aspettavamo.
I Volcancitos sono situati a 6m. metri a levante del villag-
gio di Turbaco, in una densa foresta che abbonda di alberi da
cui stilla il balsamo di Tolti, di gustavia a fiori di ninfea e di
| cavallinesia mocundo, le cui fruita membranose e trasparenti s' as-
| somigliano a lanterne sospese all'estremità de' rami. Il terreno
s'innalza gradatamente a quaranta o cinquanta metri d'altezza
62 DESCRIZIONE PARTICOLARE
al di sopra del villaggio di Turbaco*, ma il suolo essendo per
ogni dove coperto di vegetabili , non si può distinguere la natura
delle roccie sovrapposte al calcarlo conchigliaceo. La Tavola 7,
rappresenta la parte più australe della pianura in cui trovansi 1
Volcancitos. Il disegno è stato eseguito sopra uno schizzo fatto
dal signor Luigi di Rieux amico di De-IIumboldt.
Nel centro di una vasta pianura circondata di bromelia Tca-
ratas s'innalzano da diciotto a venti piccioli coni la cui altezza
giugne a sette od otto metri. Questi coni sono formati di un'ar-
gilla grigianerognola : alla loro sommità trovasi un'apertura piena
d'acqua: all'avvicinarsi di quelli piccioli crateri si ode interpola-
tamente un romore cupo e forte che precede dai i5 ai 18 se-
condi lo sviluppo di una grande quantità di aria. La forza colla
quale quest'aria s'innalza sopra la superficie dell'acqua può far
supporre che nell' interno della terra soggiaccia ad una grande
pressione. De-Humboldt contò generalmente cinque esplosioni in
due minuti. Questo fenomeno è spesse volte accompagnato da
un'eruzione di fango.' Gli Indiani assicurano che que'coni non
cangiano sensibilmente di forma nello spazio di un gran numero
di anni*, ma pare che la forza d'ascensione del gaz e la frequenza
delle esplosioni varino a seconda delle stagioni. La causa fisica di
questo fenomeno venne discussa dal De-Humboldt nella Relazione
storica del suo viario nell'interno del nuovo continente.
OD
Santa-Marta, in salubre situazione, ha un porto sicuro, spa-
zioso e ben difeso. La provincia di Santa-Marta è fertilissima , ha
miniere d'oro e d'argento , saline abbondanti , fabbriche di coto-
ne e di vasellame di terra. Rio de la Hacha , posto in riva al
mare in un fertile terreno, s'arricchiva altre volte per la pesca
delle perle.
Città delV interno.
Al sud-est di Santa-Fè di Bogota e nell' interno del paese tro-
vasi la provincia di San-Juan de los Llanos , le cui sterili ed ar-
denti pianure furon già da noi descritte. Ma verso il mezzogiorno
troviamo più belle provincie e qualche considerabile città.
Popayan.
Popayan è posta in una pittoresca situazione sul fiume Cauca,
alla falde dei Vulcani di Suroco e di Sotaca , coperti di neve.
DI CARACAS, DELLA NUOVA-GRAXAT A EC. 63
Come questo paese fu scoperto , conquistato e popolato.
Tutto il paese compreso nel governo di Popayan, od almeno
la maggior parte venne conquistata dal celebre Adelantado Seba-
stiano di Belalcazar. Questo generale eli' era in allora Governatore
della provincia di Quito, avendo udito che nelle parti settentrio-
nali erano contrade non meno estese né meno ricche di quelle
del suo governo, deliberò di conquistarle. Partì quindi alla testa
di ioo soldati Spagnuoli, cominciò la sua spedizione nel i536,
sforzò tutte le gole custodite dagli Indiani, e diede battaglia ai
due più potenti Curacas , 1' uno de1 quali era appellato Calambas
e l'altro Popayan, il cui nome restò a tutto il paese di questo
governo ed alla capitale. Que' due capitani Indiani erano fratelli,
e tutti e due celebri pel loro valore. Belalcazar li vinse, s'impa-
dronì del loro paese, e la fama della sua vittoria spaventò sì
fortemente i popoli vicini che si sottomisero volontariameute al
Re di Spagna cui giurarono obbedienza. Egli , dopo varie favore-
voli e triste vicende avendo posto fine alla guerra con una bat-
taglia decisiva, stabilì la sede del dominio Spagnuolo in quelle
contrade nel mezzo del paese conquistato , luogo assai piacevole
per la bellezza delle campagne, per la fertilità delle terre e per
la salubrità dell'aria. Nel i53? gettò i fondamenti della prima
città, che conserva tuttavia il nome di Popayan.
Mentre Belalcazar occupavasi nell'edificazione di questa città,
ebbe contezza da' suoi uffiziali che il paese conteneva considerabili
ricchezze: quindi egli partì per esaminarle personalmente e per
accrescere il numero delle colonie. Essendo arrivato a Cali nel
paese degli Indiani Gorroni , fondò la città che conserva ancora
lo slesso nome, benché da Michele Munnos sia stata trasportata
altrove, attesa l'estrema insalubrità dell'aria. Da Cali passò in
altre terre nelle quali fondò una terza città sotto il nome di San-
ta-Fè d' Antioquia } iu tal guisa egli popolò tutto questo paese.
Popayau per la prima ricevè il titolo di città nel i538: essa
è di mediocre grandezza, fabbricata in una pianura: ha larghe e
dritte strade , case di mattoni crudi, delle quali la maggior parte
ha un piano olire il piano terreno. Vi si eressero molti conventi
ed una cattedrale. Il Governatore vi tiene la sua residenza ordi-
naria e dirige gli affari politici, civili e militari: egli è il capo
del corpo di città composto di due Alcaldi ordinarj e di un nu-
64 DESCRIZIONE PARTICOLARE
mero conveniente di Regidor , come nelle altre città. Fiorisce pel
suo commercio intermedio con Quito e Gartagena , ed è popolata
da venti mila individui.
Abitatori.
A. Popayan, siccome pure a Cartagena ed altri luoghi in cui
trovansi molti Negri , la maggior parte del volgo è un miscuglio
di sangue Spagnuolo col sangue Negro, e ciò dipende dall'avere
ognuno degli schiavi Negri sì per la coltivazione delle terre che
pel lavoro delle miniere} e dall'esservi pochi Indiani io paragone
delle altre provincie. Seconda Ulloa si annoverano a Popayan dalle
20 alle 2,5rn. anime, e molte famiglie Spagnuole, fra le quali se
ne distinguono circa 60 d'antica nobiltà. È cosa rimarcabile, che,
mentre il numero degli abitatori diminuisce in molte altre città
delle Indie, si aumenta continuamente in Popayan 5 ciò che deve
attribuirsi alle abbondanti miniere d'oro di questo distretto che
danno la sussistenza ad un gran numero di persone.
Città di Pasto.
Pasto, picciola città, sta alle radici di un terribil vulcano, ed
è cinta di folte boscaglie, fra pantani ove le mule affondano sino
alla metà del corpo. Non vi si ghigne che per profondi e stretti
burroni come le gallerie di una miniera. Tutta la provincia di
Pasto è un altipiano gelato quasi più alto del punto sino al quale
può durare la vegetazione, e cinto di vulcani e di solfonerie che
mandano continui vortici di fumo. GÌ' infelici abitatori di que' de-
serti non hanno altro alimento che le patate, e se ne mancano,
vanno fra i monti a mangiare il tronco di un picciol albero detto
achupalla\ ma siccome anche l'orso delle Ande ne fa suo cibo,
così debbon talvolta contendere con quel feroce animale il solo
alimento che diano loro quelle elevate regioni.
Pernice del Partido di Pasto.
Ci si racconta da Ulloa che nel distretto o Partido di Pasto
trovansi certi alberi , dai quali slilla continuamente una gomma o
ragia appellata Mopamopas con cui gli abitatori soglion verniciare
il legno: questa vernice è sì bella e sì permanente che la stessa
acqua bollente non può né staccarla uè appannarla. La maniera
di darla consiste nel mettere iu bocca un pezzo di ragia , e dopo
di averla disciolta colla saliva , distenderla sul legno col pennello
ed applicarvi col medesimo quel colore che si vuole: in tal guisa
DI CAnACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC. 65
si forma una vernice bella e stabile come quella della Cina. Le
opere cosi verniciate dagli Indiani hanno un grandissimo spaccio
a Quito.
Provincia di Choco.
La provincia di Choco sarebbe non meno ricca per le sue
miniere, che per la fertilità de' suoi colli e l'ottima qualità del
suo caccao, se un clima nuvoloso ed ardente non ne tenesse sgra-
ziatamente lontana l'industria umana.
Isola Gorgone.
L'isola di Gorgone nella baja di Choco, ove Pizarro si rifug-
gì coi di dici compagni che gli restaron fedeli , è più abitabile
del vicino continente. Nell'interno della provincia di Choco, il
burrone di Raspadura unisce le sorgenti vicine del Rio-Noanama ,
chiamato anche Rio-San-Juan , e del picciolo fiume di Quito.
Quest'ultimo riunito ai due altri forma il Rio-Atrato che si getta
nel mare delle Antille , mentre il Rio-San-Juan va nel grande
Oceano.
Canale di Raspadura.
Un frate di grande attività , curato del villaggio di Novità ,
fece scavare da' suoi parrocchiani un picciolo canale nel burrone
di Raspadura. Col mezzo di quel canale, che in occasione di ab-
bondanti piogge, diviene navigabilp, alcune canoe cariche di cac-
cao vennero da un mare all'altro. Questo picciolo canale che sus-
siste dal 1788 , congiunge sulle coste de' due Oceani due punti
lontani l'uno dall'altro ?5 leghe.
Quito.
La provincia di Quito confina a settentrione con Popayan } a
mezzodì col Perù e Chachapoyas} a levante col fiume delle Ama-
zoni ed a ponente col mare del sud che la chiude dal golfo di
Piura fino alla baja di Gorgone. Ulloa la fa lunga 600 leghe da
levante a ponente, e 200 larga } ma i migliori geografi ne sce-
mano d'assai queste misure. La famosa città di Quito, antica
capitale della seconda Monarchia Peruviana sorge sull' Ande a
i48o tese dal livello dell'Oceano.
Storia della conquista del regno di Quito.
Il regno di Quito fu sottomesso al giogo degli luca da Hua-
yana Capac figliuolo dell' under.in.o Inca Tupac Yupanqui , il
quale dopo varie sanguinose battaglie onde fiaccar l'orgoglio del
Cost. Voi. Ili deW America. 5
66 DESCRIZIONE PARTICOLARE
Monarca di Quito e tirarlo a patti amichevoli, moti senza poter
nulla ottenere. Huayana Capac che succedette a suo padre, era
già stato negli ultimi due anni impiegato in questa guerra, dove
avea dato, in età di soli vent'auni, grandi prove di valore. Ap-
pena salito al trono, si mise in campagna con prodigioso eserci-
to, strinse da ogni parte gli ostinati e bellicosi nemici, tolse loro
parecchie provincie , e li ridusse a tale estremo , che il Re di
Quito stanco e pressoché disperato, si ammalò e morì di dolore.
Estinto il capo, restarono in confusione i suoi generali e in di-
sputa pel comando: indi 1' un dopo l'altro caddero sotto i Peru-
viani. Così fu sottomesso il regno di Quito dopo una guerra di
tre anni sotto Huayana Capac , e di più di due sotto il governo
di suo padre.
Narra Garcilasso de la Vega che Huayana Capac avendo fra
gli altri figli Halta-nualpa cui portava grande amore per le ec-
cellenti sue qualità, indusse il suo figlio primogenito Huascar a
cedere al suddetto il regno di Quito:, che Halta-Hualpa essendo
divenuto Re si rivoltò dopo la morte del padre contra suo fra-
tello, che s'impadronì di lutto l'impero, e fece morire Huascar \
ma che Dio suscitò Don Francesco Pizarro per far soffrite la
stessa pena a questo ingrato e crudel Principesche Pizzarro inca-
ricò della conquista di Quito Sebastiano di Belalcazar, il quale
avendo sconfitti gl'Indiani, s' impadronì del regno, ne riedificò
la capitale ch'era stata rovinata, che la popolò di Spagnuoli nel
i534, e le diede il nome di S. Francesco di Quito.
Clima e vegetazione.
Secondo Ulloa il caldo vi è assai tollerabile, benché nel cen-
tro della zona torrida, e in alcune altre parti sia acuto il freddo*
mentre altri luoghi della provincia godono perpetua primavera,
essendo coperti sempre di verdura i campi e smaltati di fiori del
più vivo colore } massime nei contorni di Quito, dove è perpen-
dicolare il sole, e dove la stagione non varia mai. La ragione si
è ch'essendo il paese estremamente alto, i venti sono più sottili,
più rara l'atmosfera, più naturale la congelazione, e men vee-
mente il calore*, le mattine sono fredde, caldo il mezzogiorno,
di piacevole temperatura le notti, e sì uguali le stagioni, che in
tutto 1' anno appena se ne sente qualche differenza. Eppure ia
questa provincia trovansi tutte le gradazioni di temperatura secon-
DI CARACAS , DELLA HUOVA-GRAJATA EC. 67
do la situazione delle terre. In una parte i monti sono coperti di
nere e di ghiaccio, mentre le valli sono abbruciate dagli intensi
ra°"n solari, ove s'affollano dense nebbie soffocanti che le inon-
dano di pioggie. In un'altra parte sabbie, luoghi sterili, aria cat-
tiva: altrove, giardini, belle e fertili campagne, aria salubre. Din-
torno alla capitale, il curioso Europeo ammira i fiori che sbocciano
per supplire a quei che languiscono, e mantener sempre bello lo
smalto dei campi. E rispetto alla fertilità dei grani, si semina e
si raccoglie all'istesso tempo} il grano appena seminato, germo-
glia j quello da più tempo, già spiga, mentre l'altro già maturo
aspetta la falce*, talché sul pendio dei colli si veggon ad un tempo
le bellezze delle quattro stagioni. Ma sì vaga scena osservasi sol-
tanto nel territorio della capitale, e in altri pochi luoghi *, mentre
quasi tutto il resto è malsano, deserto od appena abitabile.
Così il De-Ulloa , ma il geografo Malte-Brun ci assicura che
questa città ora più non gode della perpetua primavera che pareva
doverle tocca» e in sorte in quella situazione.
Tremuoto e cangiamento di clima.
Il cielo, egli dice, è divenuto tristo e nuvoloso, ed aspro al-
quanto il freddo dal t\ febbiajo 1797, epoca in cui un terribile
tremuoto sconvolse l'intera provincia di Quito, e fece perire in
un solo istante /-.orn. uomini. Tale fu il cangiamento di tempera-
tura , che il termometro vi sta per l1 ordinario a quattro gradi
sopra lo zero , e non giugne che di rado ai 16 o 171, mentre
Bouguer lo vedeva costantemente ai i5 o 16. D'allora in poi i
tremuoti sono colà quasi continui. Tuttavia gli abitatori di Quito
ad onta de'pericoli e degli orrori di cui gli ha attorniati la na-
tura, sono gioviali, amabili, vivaci, e non respirano che il lusso
e la voluttà", non è possibile forse trovare un luogo ove regni più
di là un gusto deciso e generale pei piaceri. Ma de' loro costumi
parleremo più diffusamente dopo di aver data la descrizione della
città
Descrizione della città di Quito.
Quito è una città nobile , vasta e popolosa posta sul pendio
dell'alto monte Pichinca circondata dai colli e fabbricata sopra
altri colli formali dai varj crepacci appellati Guaycos che sono le
valli del Pichinca. Questi crepacci la traversano dall' una all'altia
estremità, ed essendo alcuni assai profondi, fu necessario formar-
68 DESCRIZIONE PARTICOLARE
vi sopra delle volle per eguagliare un po' il terreno} il che fa che
la città sia fondata sopra molti archi , e che le strade vi sieno
disuguali e irregolari. Rispetto alla grandezza , Quito potrebbe es-
sere paragonata a una città d'Europa di second1 ordine, e sembre-
rebbe assai più estesa se fosse situata in un terreno più eguale.
Pare strano che siasi scelto un sito sì incomodo *, quando vi sono
due bellissime pianure immediatamente contigue. Per avventura i
primi conquistatori pensarono a conservare la memoria della pro-
pria conquista, più che alla vaghezza o al comodo, col fabbricare
sul sito stesso dell'antica metropoli degli Indiani. Eglino certa-
mente non pensavano che questa città dovesse diventare di sì
gran considerazione ; e perciò si contentavano sostituire solidi
edifizj alle fragili case che sussistevano, e insensibilmente tali edi-
fi/j s'accrebbero. Essa fu in maggiore reputazione che di presen-
te^ poiché vari decrescendo gli abitatori , e intere contrade dica-
panne Indiane sono già abbandonate e in rovina.
La piincipal piazza è di figura quadrata, bella e spaziosa; è
ornata di cospicue pubbliche fabbriche, fra le quali si distinguono
la gran cattedrale , il palazzo dell' Audienzia , il palazzo vescovile e
quello della città , il centro è accupato da una bellissima fontana.
Ma il palazzo dell' Audienzia che dovrebbe essere il principale or-
namento , la sfigura, poiché è in parte rovinato, né si pensa a
ripararlo. La disuguaglianza delle strade impedisce l'uso delle
carrozze: le persone di un grado distinto camminano con un servo
che lor porta l'ombrello, e le dame si fan portare in una sedia.
Oltre la gran piazza, avvene due altre pure spaziose e molte
altre picciole, dove stanno cittadini assai doviziosi. In queste è si-
tuata la maggior parte dei conventi , i quali fanno bella figura
colle loro facciate e porte di vaga struttura ed ornate di va» j fregi:
il convento de' Francescani, fabbricalo di viva pietra , si distingue
fra gli altri. I materiali da fabbrica sono generalmente adobes ,
o mattoni crudi e di creta, legati insieme con una certa sostanza,
detta sangogna , spezie di calcina di straordinaria durezza usata
dagli antichi Indiani.
Tribunali ec.
L'Audienzia reale è il primo tribunale di Quito, che venne
ivi stabilito fin dal 1 563 : esso è composto di un Presidente, il
quale è anche Governatore civile della provincia; di quattro audi-
DI CARACAS, DELLA MJOVA-GRAÌJATA EC. 69
tori, die pur sono giudici civili e criminali, e di un fiscal regio,
che oltre alle cause portale all'Audienzia , soprantende a quanto
risguarda le rendite. Ci ha parimente un alti o fiscale, detto Pro-
tector de los Indios^ che sollecita per gli Indiani, e quando lor
si fa torto, piatisce in loro difesa. La giurisdizione di questa corte
abbraccia tutta la provincia, né se ne può appellare che al con-
siglio supremo delle Indie, e solamente in caso di denegata giu-
stizia o di notoria ingiustizia. Così dice De-Ulloa , ma abbiam
ragione di credere che si possa appellare al viceré e al suo con-
siglio. Ci ha anche una camera di finanza , e le rendite che si
ricevono dalla madesiraa, sono prodotte dai tributi degli Indiani,
dalla tasse e dogane , e con queste si pagano ogni anno i salarj
degli uffiziali di questa provincia, e di quella di Cartagena e di
Santa-Marta. Eravi eziandio una tesoreria per ricevere gli effetti
delle persoi <* morte, i cui eredi sieno in Ispagna, istituzione an-
tichissima in tutte le Indie , ma ora è divenula argomento di
slealtà, di frode e d'oppressione.
Chiesa e funzioni.
La chiesa cattedrale consiste nel Vescovo, decano, arcidiacono,
cantore, tesoiiere, inst ruttore o Doctoral , penitenziere e ti e ca-
nonici.
Processione Eucaristica.
La processione Eucaristica si fa con infinita pompa e magni-
ficenza a Quito. Welle strade ove passa , ogni casa è ornata di
ricchissime tappezzerie, e superbi archi tiionfali sono eretti con
altari a certe distanze, più alti che le case, nei quali, siccome so-
pra gli archi, si mette un'immensa quantità di vasellame d'oro e
d'argento e di pietre preziose. Questo splendore» accompagnato
dal magnifico abbigliamento delle persone che vanno in proces-
sione, rende tutto estremamenie solenne.
Danza degli Indiani in tale occasione.
Sogliono gli Indiani celebrare una strana danza in sì fatta
occasione. Un mese avanti questa festa, il parroco sceglie un nu-
mero d'Indiani per ballerini} e questi subito cominciano quelle
danze, cui usavano eseguire avanti la loro conversione al Cristia-
nesimo a suon di flauto e tamburino. Il ballo consiste in certe
strane capriole e contorsioni. Alcuni dì prima della solennità si
vestono in giubbetto, camicia e soltana da donna, cui eglino eie-
ho DESCRIZIONE PARTICOLARE
ganteniente adornano •, e sopra le calze portano certi stivaletti ta-
gliuzzati, ai quali appiccano molli campanelli che suonano ad ogni
movi mento. Coproosi il capo e 'I viso con maschera di fettucce a
vari colori, per parer tanti angeli, ed uniti in compagnie di otto
o dieci cadauna, corrono tutto il giorno per le strade, contentissi-
mi del tintinnio dei campanelli, e sovente fermandosi a divertire
col ballo i forestieri, ed a ricever l'applauso de^li spettatori. Ciò
fanno senza paga o vista alcuna d' interesse, stimandolo pio dovere,
continuando così, senza mai stancarsi, o pensare alle loro famiglie,
per due settimane avanti, e un mese dopo la gran festa, comecché
d'un di all'altro vadansi scemando i loro ammiratori. Essi vestiti
in tal foggia fan di sé pubblica comparsa in tutte le altre proces-
sioni, siccome pur anche alla corsa de' tori , reputate grandi so-
lennità, pprchè vengono dispensati dal lavoro.
Funerali.
L'ostentazione degli abitatori di Quito nei funerali è sì straor-
dinaria , che molte famiglie distinte gareggiano in pompa. Può
dirsi, come osserva De-Ulloa, che s'affatichino ad arricchire nel-
1' unica mira di scialacquare tesori in siffatte occasioni.
Costumi ed usanze degli abitatori.
La città di Quito è assai popolata : si annoverano delle fami-
glie mollo distinte fra gli abitatori; ma il numero di queste fami-
glie non è grande in propoizione dell'estensione della città -, in
cui il numero de' poveri e delle persone della classe media è
grandissimo. Queste farnigie devono la loro origine od ai primi
conquistatori, o ai Presidenti o ad altre parsone ragguardevoli ve-
nute da Ila Spagna in diverse occasioni. Queste case sono conser-
vate nel loro lustro, senza apparentarsi con persone dozzinali.
Abitatori divisi in quattro parti.
Gli abitatori di bassa condizione possono essere divisi in quat-
tro classi, cioè gli Spagnuoli o bianchi, i Meticci, gli Indiani od
indigeni, ed i Negri e loro discendenti, i quali non sono in gran
numero in paragone di alcune altre città dtlle Indie; non essendo
facile il condurre i N« gri fiuo a Quito, perchè gli stessi Indiani
coltivano le terre nel loro paese. Tutte queste classi unite com-
pongono, secondo i registri delle parrocchie, la popolazione dalle
5o alle 60 m. anime.
DI CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC J I
Loro esercizj.
Fra queste quattro classi d'abitatori , gli Spagnuoli sono i
primi in dignità, ma sono altresì i più poveri, disprezzando essi
il lavoro delle loro mani , poiché credono coli' esercizio di una
professione o di un mestiere, d'avvilire la loro dignità, la quale
consiste nel non essere né neri, né bruni, né di color di rame. I
Meticci meno orgogliosi si applicano alle arti, e divengono ore-
fici, pittori e scultori } lasciando però agli Indiani i mestieri troppo
meccanici e meno apprezzati. Essi attendono alle arti più nobili,
siccome la scultura e la pittura, e sì vide ben auche un Meticcio
chiamato Mihuel de Santiago sì riputato in quest'ultima, che a
gran prezzo comperavansi le sue opere in Ispagna ed anche in
Roma. Le belle pitture e sculture di Quito sono tanto più mara-
vigliose in quanto che quegli artisti sono privi di molti dei mi-
gliori stiumenti. Bisogna però confessare che hanno un'estrema
inclinazione alla infingardaggine, che suol formare il vero ca-
rattere dominante , in guisa che spesse volte abbandonano il
loro lavoro e passeggiano pel corso di molti giorni nelle con-
trade senza applicarsi a nulla. Gli Indiani sono soggetti allo
stesso difetto.
Loro abiti.
Gli abitatori di Qaito si vestono in una foggia un po' diversa
da quella degli Spagnuoli } gli uomini però assai meno che le donne.
Abiti degli uomini.
Quelli portano sotto la cappa una casacca senza pieghe che
loro scende fino alle ginocchia } maniche senza mostre, aperte dai
lati, e soglion mettere per ornamento sopra tutte le cuciture del
giustacuore e delle maniche due file di bottoni.
Abiti degli Spagnuoli.
In tal maniera presso a poco sono vestite tutte le persone di
un grado distinto, usando pei loro abiti magnifiche stoffe d'oro o
d'argento, panni finissimi, insomma le più belle manifatture di
lana e di seta.
Abiti de"1 Meticci.
L'abito dei Meticci è di panno nazionale e tutto di colore
azzurro-, e benché gli spagnuoli di bassa condizione procurino di-
stinguersi dai suddetti o pel colore o per la qualità del panno ,
pure trovasi generalmente poca differenza fra gli uni e gli altri.
^2 PESCBIZIONE PARTICOLARE
Abiti degli Indiani.
L'abito degli Indiani è singolare pel suo poco o niun pregio:
essi portano dalla cintura fino a mezza gamba una spezie di cal-
zone di tela bianca di cotone, la cui parte inferiore è aperta ed
ornata all'intorno di un merletto proporzionato alla rozzezza della
tela. La maggior parte non poita camicia, ma copresi il corpo con
un farsetto di cotone nero tessuto espressamente per tal uso.
Questo farsetto ha la forma di un sacco nel cui fonilo sono tre
buchi, l'uno nel mezzo pel quale passa la testa, e gli altri due
ne' lati, pei quali passano le braccia che rimangon nude, ed il
corpo è coperto dal farsetto fino alle ginocchia. Vedine la figura
nella Tavola 8. Sopra questo mettono un Capisayo che è una
spezie di mantello di sai», nel cui mezzo havvi un buco pel quale
passa la lesta cui sogliono coprire con un cappello fabbricato nel
paese. Questo è l'abito che gli Indiani non abb.ind nano mai né
anche per dormire e che non cangia mai di moda: essi non co-
prrmsi le gambe né portano scarpe tanto ne' paesi fieddi che
ne'caldi. Gli Indiani che sono un po' ricchi e spezialmente i bar-
bieri e que' che cavan sangue distinguonsi dagli altri pei loro
calzoni di tela più fina, e per le camicie che portano senza ma-
niche. Intorno al collo del farsetto sogliono altresì attaccare un
merletto largo circa quattro dita, che forma una specie di collare
alla Spagnuola cadente sul farsetto nero sì davanti che di dietro:
portano scarpe con fibbie d'oro o d'argento, ma non usano uè
calze, né cosa alcuna che loro copra le gambe } ed in vece del
Capisayo portano la cappa alla Spagnuola, fatta qualche volta di
panno fino ed orlata di galloni d'oro o d'argento.
Presti delle donne Spagnuole.
L'abito delle donne consiste io un Faldellin o gonnella
aperta sul davanti coi due lati che s'incrocicchiano l'uno sopra
l'altro: essa è guemita dì liste di un'altra più ricca stoffa larga
mezza auna, e queste liste sono caricate di fini merletti, di frari-
gie d'oro e d'argento e di bellissimi nastri, le une e gli altri
disposti con tant'arte e simmetria, che rendono quest' abito assai
vago e brillante. Vedi le figure nella Tavola suddetta. Sul corpo
soglion porre una camicia che non giugne che alla cintura , e
qualche volta una giubba ornata di merletti senza fibbiaglj, con
una mantellina di bajctta che copre il corpo fino ai lombi, e che
1)1 CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC. 7 3
censiste in un'amia e mezza di questa sloffa in cui s'avviluppano,
e lale quale essa fu tagliata dalla pezza. Elleno impiegano molti
mei letti nel loro secondamento, che guerniscono di ricche e pre-
ziose stoffe:; ed usano portare i loro capelli in treccie, colle quali
formano una spezie di cercine , incrocicchiando le treccie l' una
sopra l'altra vicino alla cervice: poscia si cingono due volle la
te?>ta di un nastro detto Balaca, cui annodano vicino alle tempia
ove incontrami le due estremila. Questo nastro è spesso guernito
di diamanti e di fiori che fanno un bellissimo effetto. Qualche
volta prendono il manto per andare alla chiesa, e la Basquigne
o giubba rotonda^ ma generalmente vi vanno in mantellina.
Meticcie.
Le donne Meticcie non si distinguono dalle Spagnuole , in
quanto all' abito che per la qualità delle stoffe, e che per andar
le povere a piedi nudi, siccome pure gli uomini della stessa casta
di miserabil condizione.
Indigene.
Le indigene hanno due sorta di abili, che siccome quelli degli
uomini della loro cast3, non esigono grande apparecchio. Le mo-
gli delle persone un po'agiale, e le giovani Indiane appellate Chi-
naS) perchè servono in buone case o ne'conventi delle monache,
sono vestile di una spezie di giubba assai corta, e di una man-
tellina tutta di baj'tta. Le indiane dozzinali portano un sacco di
una forma e di una stoff» eguale alle camiciuole degli Indiani:
cileno lo chiamano Anaco , e lo tengon fermo sulle spalle con
due grosse spille dette Tupu o Topo. L' Anaco delle donne è
più lungo delle camiciuole degli uomini, e giugne fino alle gam-
be. Vedine la figura nella suddetta Tavola. Elleno non fanno
altra cerimonia fuor che quella di mettersi una cintura sopra di
questo sacco, ed invece della mantellina portano sul collo un
petzo della medesima stoffa e nero, cui danno il nome di Lliclla^
le loro braccia e le loro gambe sono nude.
gestire deW Indiane oV alta condizione.
Le Caciche , cioè le mogli dei principali Indiani , Alcaldi ,
Governatori ec. , vestonsi in una terza maniera , che è composta
delle due precedenti , e che consiste in una spezie di giubba di
bajetta, tutta guarnita all'intorno di nastri, sopra la quale met-
tono invece deW Anaco- anà veste nera detta Acso, scendente dalla
^4 DESCRIZIONE PARTICOLARE
cervice al basso} essa è aperta da un lato, piegata dall'alto al basso
e cinta sopra le coscie da un cordoncino in guisa die non s'incro-
cicchia come la giubba o Faldellin. Invece della Lliclla portata sulle
spalle dalle Indiane di bassa condizione, elleno ne portano una assai
più grande che scende dal collo 6no all'estremità del Faldellin,
e l'assicurano sul petto con uno spillone d'argento chiamalo Tupu.
Copronsi il capo con un pannilino bianco, piegato a più doppj,
la cui estremità pende di dietro, e a tale pannilino danno il nome
di Colla,} se ne servono per ornamento, per distinguersi dalle al-
tre e per guarentirsi dal sole} ma ciò che più di tutto le discerne
dalle altre si è ch'elleno portano le scarpe. Quest'abito , siccome
pur quello degli altri Indiani e delle altre Indiane, non differisce
dalla foggia di vestire usata ai tempi dei loro Inca. I Cacichi non
sono al presente vestiti diversamente dai Meticci : eglino portano
la cappa , il cappello e le scarpe} questo è ciò che li distingue
dagli Indiani di bassa condizione.
Acconciatura de1 capelli.
Gli Indiani hanno la lesta ricca di capelli cui non tagliano
mai, ed hanno per uso di lasciargli ondeggiare sulle spalle : le
donne li legano con un nastro, portano sulla fioute quelli della
metà della testa in avanti, tagliandoli all'altezza delle ciglia da
un'orecchia all'altra. Elleno sogliono risguardare i capelli siccome
parte di se stesse, e pensano che la più grave ingiuria che loro
possa farsi sia il privarle della chioma.
Barba.
I Meticci per distinguersi dagli Indiani si fagliano tutti i ca-
pelli , ma le donne della medesima casta non imitano il loro
esempio. Gli Indiani, dice Ulloa, non hanno barba} ed io ciedo,
che nou si vonà dare tal nome ad alcuni peli corti ed assai rari
che nascon loro qua e là in età avanzata : né gli uomini né le
donne non hanno mai quella lanugine che dovrebbero aver gene-
ralmente dopo di esser giunti alla pubeità.
Occupazioni.
Le persone distinte si applicano allo studio della filosofia e
della teologia } alcuni studiano la giurisprudenza senza però farne
professione: riescon bene nelle scienze , ma sono ignorantissimi
nelle materie politiche , nella storia e nelle umane lettere che
tanto contribuiscono a formare lo spirito e ad elevarlo ad un certo
DI CARACAS, DELLA OTJOVA GRANATA EC. J$
grado di perfezione. Le donne congiungono alla vaghezza della
loro figura un carattere di dolcezza che è generale a questo sesso
in tulle l'indie. I figliuoli sono, per così dire, allevati sotte le ali
delle lore madri, e l'educazione che ne ricevono è alta soltanto
ad inspirare loro i sentimenti di vanità: l'amore smoderalo che
loro pollano , giugne fino a velare ai medesimi i loro vnj , ciò
che cagiona la perdita della gioventù, la rovina de' buoni costumi
e lo scoglio della ragione. L'unico esercizio delle persone di con-
dizione distinta e che non sono occupale in cariche ecclesiastiche,
consiste nel visitare a quando a quando le loro campagne rima-
nendovi durante il tempo del ricolto. E cosa assai rara che tali
persone si applichino al commercio.
Questa generale scioperatezza , che è una conspguenza della
naturale infingardaggine, la mancanza totale d'educazione nelle
persone plebee e l'ozio, accrescono sempre più il gusto generale
in tulle le Indie pei balli detti Fandangos-
Danze.
Queste danze sono più frequenti e più licenziose a Qnilo che
in nessun altro luogo: gli atteggiamenti indecenti sono portati al
più allo grado d'abominazione che si possa immaginare, ed uguale
è lo scandalo che ne deriva. Questa sorte di divermenti sono
celebrati con una grande profusione d'acquavite. E quai vizj noti
devono regnare in un paese, nel qusle la maggior parte degli
abitatori non è occupata in cosa alcuna che possa allontanare l'im-
maginazione dagli oggetti che la seducouo?
Giuoco.
L' ubbriachezza ed il giuoco sono due passioni dominanti in
questa citlà. Le persone più ragguardevoli e più rispettabili per
le loro cariche non ne vanno esenti, e la plebe seguendo un tal
esempio, giuoca tutto quello the si trova avere: le une perdono
tutti i loro possedimenti, e l'altra per fino gli abiti che porta, e
qualche volta anche quelli della moglie.
Furti.
Gli indigeni dimostrano una grandissima inclinazione al furto,
e rubano ordinariamente con molla destrezza. I Meticci, benché
naluralmeute infingardi , sono nulladimeno arditissimi borsajuoli.
Sì gli Indiani che i Meticci e tutta la canaglia di Quito non cre-
dono che sia rubare il portar via dei commestibili.
y& DESCRIZIONE PARTICOLARE
Guayaquil .
Guayaquil è un porlo di mare e cantiere di costruzione ad
un tempo assai comodo , attesa la vicinanza de' boschi. Vi si fa
gran commercio di cambio fra i porti del Messico e quelli del
Perù e del Chili.
Città di Guayaquil quando fondata.
BeDchè non si sappia indicare con certezza il tempo in cui
si cominciò a fabbricare Guayaquil , pure si sa ch'essa fu la se-
conda città fondata dagli Spagnuoli, non solo in questa provincia,
ina in tutto il regno del Perù} poiché secondo le antiche memorie
conservale negli archivj della medesima, la sua fondazione viene
immediatamente in seguito a quella della città di Pietra. Ora
questa essendo stala fondala nel i532,, e la città di Lima nel
i53/j, o secondo altri nel i535, ne segue che nell'intervallo di
questi due anni sieno stati posti i primi fondamenti di Guayaquil,
sotto la condotta dell" Adelantado Belalcazar. Bieve però ne fu
la sua durata, poiché gli Indiani, dopo varj insulti, la presero e
la devastarono. Nel 1 53^ il capitano Francesco de Orcllana la
riedificò situandola sul golfo di Charopoto, nel luogo , presso a
poco ora occupato dal villaggio di Monte-Cristo:, poscia essa venne
ristabilita ove trovasi presentemente, cioè sopra la riva occiden-
tale del fiume Guayaquil.
Clima.
Benché i! clima di questo paese non sia meno caldo di quello
di Panama e di Caitagena , ci ha peiò una cosa particolare,
che gli uomini sono di diversa carnagione } e se un autore, dice
Ulloa, ha chiamato questo paese i Paesi-Bassi Equinoziali per la
somiglianza della sua situazione coi Paesi-Bassi d'Europa , si può
con altrettanta ragione dargli questo nome per la somiglianza del
colore degli abitatori. E di fallo, se si eccettuano i mulatti, lutti
gli altri sono biondi, ed hanno i lineamenti del viso sì perfetti,
che superano in bellezza non so!o tutti gli altri abitatori della
provincia di Quito, ma anche quelli di tutto il Perù.
Vegetazione.
La vegetazione de'conlomi, dice De-Humbo'dt, è di una mae-
stà superiore ad ogni descrizione: vi abbondano le palme, le sci-
ta mi nee, le plumeria e le taberna montana. Don Alcedo dice tro-
varsi nella provincia di Guayaquil una spezie di legno solido e
DI CARACAS, DILLA «UOVA-GRANATA EC. 'J'J
duro, che vien preferito per la costruzione de' piccioli bastimenti,
spezialmente per la chiglia, perchè è incorruttibile, e più d'ogni
altro resiste ai vermi, ed è facile da lavorarsi: il suo colore è
scuro carico, ed è chiamato guacapeli e guaranco.
Descrizione di Guayaquil.
Gli abitatori dell1 antica città di Guayaquil essendo stati tra-
sportati da Orellana, siccome abbiamo di già accennato, fabbrica-
rono le loro case sul pendio di una collina detta Cernilo Perde,
e tal luogo si è quello chiamato presentemente città vecchia, Ciu-
dad vieja. In appresso gli abitatori trovandosi da un lato troppo
rinserrati dalla collina e dall'altro dagli esteros od ineguaglianze
cagionate dalle acque che ne scavarono il terreno, hanno trovato
conveniente non di abbandonare interamente il luogo, ma di fab-
bricare un'altra città in lontananza di circa 600 tese, e comin-
ciarono a dar mano all'opera nel i6o,3 , conservando la comuni-
cazione colla vecchia città mediante un ponte di legno lungo
circa 3oo tese, sul quale si passano senza incomodo gli avvalla-
menti che disgiungono le due città. Guayaquil è grande, perchè
occupa la riva, dalla parte bassa dell'antica città fino alla parte
alta della nuova, per lo spazio di mezza lega \ ma la larghezza
non è proporzionata, poiché tutti gli abitatori vogliono stare alla
riva del fiume pel miglior prospetto, pel divertimento della pesca ,
e pel fresco venticello che viene dall'acqua. Tutte le case sono
di legno \ molte coperte di tegole* le più di stoppia* ma per evi-
tare gl'incendj che sono stali frequenti il governo ordinò di coprir
di tegole tutte le nuove case. Grandi sono le case, comode, belle,
ornate di portici per potervi passeggiare nella stagione piovosa.
Gsjayaquil è difesa da tre furti, due sul fiume vicini alla città, e
uno di dietro*, tutti di fortificazione moderna: fabbricati di grossi
pezzi di legno durissimo e disposti in forma di palizzata gli uni
negli altri.
Abitatori.
Guayaquil è popolata da circa venti mila anime, e vi è gran
concorso di forestieri. Le persone più ragguardevoli sono gli Eu-
ropei maritali e stabiliti nel paese: vi ha anche molti creoli ricchi:
il rimanente della popolazione è composto di varie caste, come
nelle altre città da noi descritte. I cittadini capaci di portar
1 armi sono divisi in diverse compagnie, secondo il grado:, e sono
78 DESCRIZIONE PARTICOLARE
sempre pronti alla difesa della città e dei loro proprj beni. Una
di queste, tutta composta di Europei, è la più stimata, splendida
e numerosa. Il Corregidor comanda in capo, avendo sotto di sé
un colonnello, un maggiore e varj subalterni per disciplinare Tal-
tré compagnie.
Il De-Ulloa dopo di aver descritte le belle qualità personali,
delle quali la natura, siccome abbiamo già accennato, fu liberale
cogli abitatori di questa città, passa a lodare l'urbanità e la
piacevolezza de' medesimi} qualità che inducono molti Europri ,
dopo di aver soggiornato per qualche tempo a Guayaquil, ad am-
mogliarsi ed a stabilirvisi. Il suddetto autore descrive poscia Ja
foggia di vestire delle donne di questa città, e dice che quando
vanno a far visite portano il Jaldellin uguale a quello usato dalle
Spagnuole di Quito , di cui abbiamo già parlato.
iresti delle donne.
Quand'escono di casa , e che non vogliono mettere il manto,
portano una cappa di bajetta di color di musco chiaro, guernito
di velluto nero, senza merletti né altra cosa. Il loro collo, le
le loro braccia sono ornate di catene, di perle, di braccialetti e di
bei lavori di corallo: alle orecchie portano pendenti carichi di pie-
tre, cui sogliono aggiugnere de' bottoncini di seta nera tutti guer-
niti di perle: essi sono chiamati Polizonés , e non si può veder
cosa più bella.
Commercio.
Il commercio di Guayaquil può essere consideralo sotto due
diversi punti di vista: l'uno stabile consiste in produzioni e ma-
nifatture del paese} l'altro passeggiere che consiste in mercanzie
straniere, alle quali Guayaquil serve come di scala per passare
nelle provincie del Perù, di Terra-Ferma e di Guatimala. Il caccao
deve essere risguardalo come la principal produzione del territorio
di Guayaquil} il legname ed il sale sono oggetti di non minor
considerazione, ed a questi si deve aggiugnere il cotone, il riso
ed il pesce salato. Finalmente tutta questa giurisdizione di Gua-
yaquil fa un grau commercio coi paesi di montagna, di buoi,
vacche e muli cui le vaste sue campagne alimenta in grandissima
copia.
Lana di Ceibo.
Sonovi anche altri oggetti di commercio di minor importanza,
DI CARACAS, DELLA KUOTA-GRANATA EC 79
come il tabacco, la cera e la lana di Ceibo cosi appellata dal
nome dell'albero che la produce. Quest'albero è molto alto e
fronzuto } fra le sue rotonde foglie esce un picciol fiore in cui si
forma una spezie di bozzolo della lunghezza di circa due pollici,
e di uno circa di diametro: allorché il bozzolo è maturo si apre,
e lascia vedere la lana che contiene, la quale s'assomiglia ad un
fiocco di cotone, ed è un po' rossa. Questa lana è assai più fina
e più morbida del cotone , per la qual cosa gli indigeni pensano
comunemente che non si possa filarla. Ulloa però è d'opinione
che se mai si giugnesse a trovare il mezzo di filarla, potrebbe
esser appellata seta e non lana di Ceibo. L'uso che se ne fa con-
siste nel riempier materassi e cuscini} alla qual cosa essa è più
atta di qualunque altra materia sì per la sua naturale morbidezza
che per la facililà, colla quale essendo posta al sole s'innalza e
si gonfia a segno da render la tela del materasso tesa come quella
di un tamburo, senza che diminuisca di gonfiezza se vien poscia
trasportata all' ombra, a meno che sia esposta all' umido, qualità
contraria che serve a comprimerla.
In cambio delle mercanzie che la giurisdizione di Guayaquil
manda nelle più lontane provincie, essa riceve dal Perù vino,
acquavite, olio, frutta secche} dalle provincie di Quito bajette ,
Tucuyos , farine, lardo, presciutto, cacio} dalla giurisdizione di
Panama tutte le mercanzie che dall'Europa si mandati alle fiere
d'America} dalla Nuova-Spagna ferro e cordame.
Navigazione del fiume Guayaquil.
11 fiume Guayaquil , la cui foce ha due miglia di larghezza è
navigabile più di quattro leghe al di sopra della città} quindi
essa è molto esposta alle depredazioni delle flotte nemiche. Nel
1687 fu presa e saccheggiata dai Francesi, che fecero prigionieri
il Governatore e 700 uomini , i quali furono poi riscattati per
4, 600,000 pezze da otto. Nel 1709 la prese il capitano Rogers
e n'ebbe 3o,ooo pezze in prezzo di riscatto. Si naviga il detto
fiume con vascelletti, canoe e balze o zattere, cui gli Indiani
conducono con maravigliosa destrezza arrischiandosi anche ad an-
dar per mare fino a Payta.
Balza o zattera.
Le balae dette anche Fangade sono composte di 5, 7 0 9
travi di un legno bianchiccio, molle e leggerissimo, chiamato
80 DESCRIZIONE PARTICOLARE
Pucro dagli Indiani di D3rien , e che secondo ogni apparenza ,
è quello stesso che dai Latini venne appellato Ferula. Con que-
sto legno d unque si fabbricano dagli Indiani le balze, la cni
figura vedesi nella Tavola 9. Havvi sulle travi una spezie di co-
verta fatta d'assicelle di canne , e sopra della medesima un tetto
con due ali } la vela è attaccata a due pertiche di mangliere che
si uniscono in alto. La loro grandezza differisce a seconda del-
l'uso: le une sono impiegate alla pesca, le altre al trasporto
d'ogni sorta di mercanzie} ed alcune fabbricate con molta pu-
litezza servono a condurre le famiglie alle loro terre e case di
campagne. Ma noi, dice De-Ulloa , non dobbiamo dimenticarci di
far menzione di una assai straordinaria particolarità di queste
balze, la quale consiste nel poter esse navigare e bordeggiare
quando il vento è contrario, siccome qualunque vascello a chiglia,
ciò che gli Indiani ottengono con tutt' altro mezzo che con quello
del timone. Essi hanno le tavole lunghe circa quattro aune e
larghe circa una mezz'auna, appellate Guare , cui dispongono
verticalmente alla poppa ed alla prora, fra le travi della balza}
essi affondano le une nell'acqua e ne ritirano un po' le altre, e
con questo mezzo, s'allontanano, arrivano, colgono il vento,
voltano il bordo e si mantengono alla vela di maestra, secondo
che vogliono manovrare. Questa invenzione, dice De-Ulloa , fu
per lungo tempo ignota alle nazioni più illuminale d'Europa, e
gli Iudiani che V hanno scoperta , non ne conoscono che il mec-
canismo, senza che il loro spirito mal coltivato abbia giammai
cercato di scoprirne la causa. Se tale invenzione fosse posta in
pratica in Europa non accaderebbero tanti naufragi. Questi tra-
gici esempi, egli prosegue, mi hanno determinato ad esaminare
sopra che sia fondata la maniera di governare queste balze, e in
che essa consista, a fin che ognuno possa servirsene nell'occasio-
ne. Il detto scrittore per meglio riuscire nel suo disegno, si è
servilo di una picciola memoria che Don George Juan compose
sopra questa materia (1).
Provincie delV interno Quixos e 3Iacas.
Le provincie di Quixos e di Macas vati debitrici della singo-
larità della loro temperatura al trovarsi sul pendio orientale delle
(r) V. Voyage Historique de l'Amérique meridionale par De-Ulloa etc.
Tom. I. lib IV. cap. IX.
'■■; '
jJi ì'i'J .
DI CARACAS, DELLA HUOVA-GRAN ATA EC. 8l
Ande. Sebbene non sien die due gradi distanti dall'equatore al
sud il verno vi incomincia in aprile e vi dura fino a settembre:
mese in cui comincia la primavera sull' altipiano. Il clima è umi-
do e caldo.
Produzioni.
La produzione principale è il tabacco. Fra le piante che co-
prono il paese trovasi lo storace, albero, la cui gomma spande
un odore soavissimo e superiore a tutti gli altri. Questa gomma o
resina è rara, poiché i luoghi, in cui allignano questi alberi, es-
sendo un po' lontani dalle abitazioni y riesce pericoloso l'andarvi,
poiché gli Indiani Bravos si nascondono qualche volta fra gli al-
beri, e stanno in agguato come le bestie feroci.
Il paese di Quixos quando scoperto.
Il governo di Quixos e Macas deve essere considerato come
diviso in due giurisdizioni , quella di Quixos che contiene la porle
settentrionale del governo, e quella di Macas che ne fa la parte
più meridionale. Fra queste due havvi il parse di Canelos. Il
paese di Quixos fu scoperto da Diaz de Pineda nel i536. Questo
Diaz era uno de' capitani inviati da Belalcazar per conoscere il
corso del gran fiume dilla Maddalena, ed i paesi vicini mentre
egli occupavasi a fondare Popayan. Diaz si rivolse al mezzodì, ove
visitò il paese di Quixos, ed avendovi trovate molte miniere d'oro
e d' argento , e alberi da cannella , se ne ritornò soddisfalissimo.
La relazione che ne fece indusse Pizarro , che in allora era Go-
vernatore di Quifo, ad entrare in questo paese nel i53o,} ma
1' esito infelice di una tale spedizione fece sì che la conquista di
tal regione non potesse avere il suo effetto che nel i55cj, nel
qual anno Hurtado de Mendoza vice-Rè del Perù ordinò a Ra-
mirez Davalos d' andare a soggiogare gli Indiani di questo paese,
e di formarvi alcuni stabilimenti. Questo Generale eseguì felice-
mente la sua coni nissione , e fondò il borgo di Baeza , che di-
venne la capitale del governo nel i55cj. Malgrado però del van-
taggio d' essere stata la prima popolazione del paese e la residenza
de' Governatori, esso è sèmpre rimasto ne! suo stato di mediocrità
perchè le città d' Avila e d' Archidoua che vennero poscia fondate,
s' attrassero tutta l'attenzione de' capi , che lasciarono Baeza , come
F avevano trovata. Ma anche queste due città non sono giammai
giunte ad uno stato degno del titolo che loio diede, e sono ri-
Cost. Voi. Ili del? America. 6
82 DESCRIZIONE PARTICOLARE
niaste tali quali erano ne! principio. Brieza, lungi dal l'in gran dirsi,
andò sempre scemando in tal guisa da non esser più che un casale
di o5to o nove capanne di paglia.
Macas.
Il luogo principale della giurisdizione di Macos porta il titolo
di città j nome che si dà comunemente a lutto il paese , che in
oggi è più conosciuto sotto questa denominazione, che sotto quella
di Seviglia d'Oro che gli si dava anticamente. Anche in questa
città si annoverano appena centotrenta case di legno coperte di
canne, e quando si dice che vi sono 1200 anime , devesi inten-
dere di tutte le persone che vivono in questa giurisdizione , e
che generalmente sono Meticci o mulatti, pochissimi essendo gli
Spagnuoli.
Provincia di Blayna.
Ai governi di Pupayan e di Giovanni di Braca moros che sono
i confini della provincia di Quito al sud ed al nord, bisogna ag-
giugnere quello di Mayna che ne forma i confini orientali. In
questa vasta provincia hanno la loro sorgente varj 6umi , che
dopo di aver percorso una grandissima estensione di paese , si
uniscono e formano il famoso fiume delle Amazoni. Le rive di
questo e di molti altri che gli rendono il tributo delle loro acque,
circondano il paese e l'attraversano. I suoi confini però al nord
ed al sud sono pochissimo noli , e tutto ciò che se ne può dire
si è ch'esso si perde nelle lene abitale dagli Indiani.
Abitatori.
Pochi sono gli stabilimenti Spagnuoli : il più importante è S.
Gioachimo di Omagnas. I Mayna e gli Omagna sono i principali
popoli indigeni, un piccini numero dei quali si è stabilito presso
alle missioni. La maggior porle va errando pei boschi, e vive della
caccia e della pesca. Le produzioni del paese sono cera bianca e
nera, e cacca o.
Vulcani di Quito.
Non avrebbe descritto il regno di Quito chi ne passasse sotto
silenzio que' formidabili vulcani, i quali tante volte ne sconvolsero
la superficie inghiottendone intere città. Il maestoso Cimborasso
non è proba bi Irti ente che un vulcano estinto. La neve secolare
che ne copre le cime colossali si squaglierà forse un giorno , eJ
il fuoco assopito nelle sue viscere riprenderà forse la distruttiva
sua attività.
1
Tm,.
DI CARACAS, DELLA NUOVA-GRANATA EC. 83
// Picìiincìia.
11 Pichincha è uno dei vulcani più grandi della terra: il suo
cratere scavalo nel poi fido basaltico, fu paragonalo da Condan-
ne, al caos de' poeti. Quella bocca immensa era allora piena di
neve, ma De-IIumboldt la trovò accesa. » Dal riciuto del cratere
escono, quasi sorgessero dall'abisso, tre picchi o tre lupi che non
sono coperte di neve , perchè i vapori esalali dalla bocca del
vulcano ve la fan tosto dileguare. Onde esaminar meglio il fondo
del elatere ci coricammo bocconi , e non credo che \" immagina-
zione figurarsi possa qualche cosa di più tristo, di più lugubre,
di più spaventoso di quanto fu da noi allora veduto". La bocca
del vulcano forma un buco circolare di quasi una lega di circon-
ferenza, i cui orli tagliati perpendicolarmente son coperti in cima
di neve \ l'interno è d'un nero cupo, ma la voragine è sì im-
mensa clie vi si distingue la cima di parecchie montagne che vi
stanno per entro. Pareva che le loro sommità fossero due o tre-
cento tese più basse di noi : or si figuii chi può ove deve trovarsi
la loto base. Io non dubito ciie il fondo del cratere esser non
debba a livello colla città di Quito ». Noi ve ne presentiamo la
figura al num. i della Tavola io, tratta dall'Atlante Pittoresco
dello stesso De-Humboldt (i).
Il Cotopaxi.
Il Cotopaxi è il più alto di quei vulcani delle Ande che eb-
bero eruzioni ne' tempi più recenti. La sua altezza assoluta è di
2o5a tese: sorpasserebbe per conseguenza più di 4°o tese 1' al-
tezza del Vesuvio se questo venisse posto sulla sommità del picco
di Teneriffe. Il Cotop xi è anche il più temuto di tutti i vulcani
del regno di Quito, come quello le cui esplosioni sono state più
frequenti e sommamente devastatrici.
Storia delle sue eruzioni.
Le scorie ed i grossi massi lanciali da quel vulcano coprono
le valli circonvicine per parecchie leghe quadrate. Questo vulcano,
dice De-Ullca , s'apii con molta violenza nel 1 533, allorché Se-
bastiano Belalcazar trovavasi già in questa provincia per conqui-
starla. Un sì fatto accidente favorì moltissimo i suoi disegni ,
puichè gli IuJiani avendo udito dai loro indovini , che il paese
(t) Pag. 291 Tavola 61.
84 DESCRIZIONE PARTICOLARE
sarebbe passato sotlo il domiuio di un Principe ignoto , quando
il vulcano si fosse aperto, risguardarono tale avvenimento siccome
segno fatale della loro rovina, e ne furono sì scoraggiati che Be-
lalcazar trovò poca o nessuna resistenza, di modo che nel breve
spazio di un anno si vide padrone di tutta la provincia. Nel 174^
si apri nuovamente dopo di aver fatto alcuni giorni prima uno
spaventoso romore nelle sue profonde caverne. Un'alta terribile
eruzione seguì pure nell'anno seguente. Dal 1^58 le fiamme
del Cotopaxi s'alzarono a 4^0 tese oltre il cratere. Il (\ aprile
1768, la quantità delle ceneri vomitate dalla bocca del Cotopaxi
fu sì grande che nelle città di Hambato e Tacunga , la notte
duiò fino alle tre ore dopo mezzogiorno. L'esplosione del mese
di gennajo i8o3, fu preceduta da uno spaventevole fenomeno,
dal dileguarsi cioè delle nevi che coprivano la montagna. Da
veni' anni addietro, nessun fumo, nessun vapore visibile era uscito
dal cratere, ed in una sola notte il fuoco sotterraneo divenne sì
attivo, che all'alzarsi del sole le pareti esteriori del cono, forte-
mente riscaldate si mostrarono di color nero che è proprio delle
scorie vetrificate. Nel porto di Guayaquil, ad una lontananza di
62 leghe in linea retta dai labbri del cratere, il signor De Hum-
boldt udì giorno e notte i muggiti del vulcano, a foggia di sca-
riche ripetute di una batteria. Noi ve ne presentiamo la figura
sotto il num. 2 della Tavola 10 presa dall'Aliante Pittoresco del
suddetto viaggiatore (1).
Situazione di questi vulcani.
Se fosse dimostrato che la vicinanza dell' Orenoco contribuisce
a mantenere i fuochi dei vulcani, noi saremmo sorpresi nel vedere
che i vulcani più attivi del regno di Quito, il Cotopaxi, il Tun-
gurahua ed il Sangay appartengono all'anello orientale delle Ande,
e per conseguenza a quello che è più lontano dalle coste. 11 Co-
topaxi è più di cinquanta leghe distante dalla costa più vicina.
Arcipelago delle isole Gallapagos.
Conviene uniie alla descrizione del regno di Quito quella
delle isole Gallapagos. Questo arcipelago, posto sotto l'equatore
dugento e venti leghe a ponente del continente Americano, rac-
chiude picchi vulcanici nelle isole più orientali. Il cactus e l'aloe
(1) V. Atlas Pittoresque, Tav. io, pag. \i.
DI CARACAS, DfcLLA SUOTA-G RAMATA «C 85
vi coprono le rupi. Nelle isole occcidentali una terra nera e pro-
fonda nutre grossi alberi. I flamingos e le tortorelle sono gli uc-
celli più frequenti, ed enormi testuggini coprono la spiaggia. Non
vi è traccia di piede umano \ uè i Malesi del grande Oceano, né
le tribù Americane giammai approdarono a quelle terre isolate.
Dampier e Cowley videro sorgenti ed anche fiumi in alcune di
quelle isole, i cui nomi particolari Spagnuoli cedettero il luogo a
nomi Inglesi, almeno in tutte le carte geografiche moderne. San-
ta-Maria delì'Aguada sembra identica coll'isola Yoik. Le più grandi
delle ventidue conosciute sono quelle d' Albermale e di Narbo-
rough. Cowley descrive Pisola incantata come se si presentasse
sotto il vario aspetto d'una città murata e d'un castello in rovina.
Parecchi porli e varie piagge invitano gli Europei a fondarvi qual-
che stabilimento.
Tribù indigene della Nuova^Granata.
Il regno della Nuova-Granata racchiude ancora buon numero
di tribù indigene , la maggior parte indipendenti , e quasi tutte
ancora in possesso della lingua e della foggia di vivere natia. I
Guaira o Guagniro , che occupano una parte delle provincie di
Maracaibo, di Rio della Hacha e di Santa-Marla , dan la mano
ai Motiloni che possedono le terre bagnate dal Muchuchies e dal
S. Faustino , fino alla valle di Cucuta, ed intercettano le strade
delle montagne. Il saccheggio, l'incendio e l'assassinio non vanno
disgiunti dalle loro scorrerie nelle pianure. I Chilimi ed un'altra
banda di Guaira infestano le rive della Maddalena (i). Nella
provincia di Darien, gli Uraba, i Zitara e gli Oromisa formarono
tre piccioli stati indipendenti uno sotto un Principe detto il Pla-
yon, e i due altri sotto un governo repubblicano (2). I Gunacu-
na, che abitano le montagne di Choeo e di Novità, esercitano i
loro ladronecci fino a Panama , ed assaltano anche per mare le
barche cariche di viveri (3). Sembra che le antiche nazioni eli
Quito abbiano avuto come le tribù selvaggie dell'Africa un nu-
mero infinito d' idiomi', i Missionaij ne annoverarono fin ri 7} ma
è probabile che la lingua di Quito dominasse sull'altipiano , e
quella degli Soiie sulla costa. Gli Scire o Sciri, il cui nome tro-
(1) Viajero universa!, XXII. pag. 298.
(1) Hervas, Catalogo delle lingue.
(5) Viajero universa!,, XXII. pag. 297.
86 MSCIUZIONE PàKTJCOLAIIE
vasi con maraviglia identico con quello di un'antica tribù d'Eu-
ropa, famosa per le guerriere sue scorrerie , cioè gli Sciri Scyri
o Siti ri, fecero l'anno iooo la conquista della parie più elevala
e vi introdussero la loro lingua. Gli Spagnuoli vi trovarono sta-
bilita la lingua «il il dominio Peruviano. I Cofani una delle 117
tribù di Qiiilo, erano ancora l'anno 1600 più di i5m. ', parlava-
no una lingua particolare usilata del p.tri nel paese d'Auga-Mar-
ca, e nella quale un Gesuita scrisse un compendio di dottrina
Cristiana.
Tribù di Popayan e di Mayauo.
Fra le ciuquautadue tribù di Popayan, quelle di Guasinga ,
di Cocanuca e di Pao avevano tre distinti linguaggi conservatici
negli scritti de' Missionari- I Xibaro, i Maca, i Quixo, tribù pos-
senti occupavano la declività orientale delle Ande di Quito. In-
feriormente il vasto governo di May uà contiene gli avanzi di in-
numerahili tribù i cui idiomi furono dai Missionari classificali (1).
Gli Omagua.
La gronde nazione degli Omagua , sparsa per tutto il corso
del Maranon e dell' Aniazone , ha un dialetto dei Guarani del
Brasile, ma più semplice nelle sue forme gramaticali e più rieco
di vocaboli} ciò che indica una più lunga civiltà negli O.nagua.
Le trasmigrazioni di quel popolo navigatore non sono bastante-
mente conosciute : 1' opinione più probabile li fa giuguere dal
Brasile.
Un antico centro di civiltà in mezzo a queste nazioni erranti
e selvagge, è uo fenomeno degno di tulla la nostra attenzione.
L' altipiano di Santa-Fè di Bogola gareggia con Cuzco, città del
Sole , come centro delle istituzioni e delle idee politiche e reli-
giose (2). Noi ci fermeremo alquanto su di questo importante
problema etnografico.
(1) Alle suddette tribù della Nuova-Granata bisogna aggiugnere i Mu-
zo, antichi nemici de' Mn ysca : eglino credevano che un'ombra d'uomo
netto Are avesse creato ed instruilo la loro nazione ; i Sataqua, che abi-
tavano verso Summa-Paz, e che si distinguevano col loro idioma estrema-
mente dolce ed effeminato, siccome era il loro carattere; finalmente gli
Indiani-Mestizo all'ouest del golfo Dirien, che annoverano trenta mila
persone } otto mila delle quali sono guerrieri, fra questi tre mila armati
di fucile, è un ammasso di selvaggi, di pirati e di contrabbandieri.
(2) V. Hervas, Catalogo, pag. 68. ec.
DI CARACAS, DELLA HUOVA-CRASATA E«. 87
Tradizioni degli Indiani Muysca.
JNe'più remoti tempi 9 innanzi che la luna accompagnasse la
terra, dice la mitologia degli Indiani Muysca o Mozca , gli abi-
tatori di Coudinamarca , o dell'altipiano di Bogota , vivevano co-
me barbari, senza agricoltura, senza leggi e senza culto. Improv-
visamente comparve fra di essi un vecchio che veniva dalle pia-
nure poste a levante della Cordigliera di Chingaza : egli sembrava
di stirpe diversa da quella degli indigeui , poiché portava lunga
e folta barba.
JSochica, profeta legislatore.
Era conosciuto sotto tre nomi diversi} sotto quello di Bochi-
ca, di JSemquetheba e di Zuhè. Questo vecchio, simile a Manco-
Capac, insegnò agli uomini a vestirsi, a fabbricar capanne, a
lavorare la terra, a riunirsi in società. Condusse seco una donna
alla quale la tradizione dà pure tre nomi, quelli cioè di Chia ,
di Yubecay guaya e Iluythaca. Questa femmina, di rara bellezza,
ma di eccessiva malvagilà, si oppose al suo sposo in tutto ciò che
fece per la felicità degli uomini. Coi magici suoi artifìzj ella fece
gonfiare il iìurue di Funzha , le cui acque inondarono tutta la
valle di Bogota. Questo diluvio fé' perire la maggior parte degli
abitatori, e solo alcuni pochi trovarono lo scampo sulle vetta
delle vicine montagne. Il vecchio irritato scacciò la bella Iluyi-
iliaca lungi dalla terra, ella divenne la luna , e cominciò ad illu-
minare la notte il nostro pianeta. Indi Bochica , mosso a pietà di
coloro che andavano errando pei monti , spezzò con possente mano
le rupi che chiudono la valle dalla parte di Canoas e di Tequen-
dama. Procurò uno sbocco per tale apertura alle acque del lago
Funzha, riunì di nuovo i popoli sparsi nella valle di Bogota ,
fabbiicò città, introdusse il culto del Sole, nominò due capi , fra
j quali divise i poteri secolare ed ecclesiastico, e si ritirò sul
monte Idacanzas , nella santa valle d'Iraca presso a Tunja , ove
visse fra gli esercizj della più austera penitenza per lo spazio di
due mila anni, odi cento cicli Muysca, dopo i quali scomparve
in un modo misterioso.
Relazioni memorabili.
Questa favola Indiana contiene un gran numero di idee che
trovansi sparse nelle tradizioni religiose di parecchi popoli dell'an-
tico continente. Sembra di poter riconoscere il buono e cattivo
88 BESCRIZIONE PARTICOLARE
principio personificati nel vecchio Bochica ed in sua moglie Huy-
thaca. Le rupi spezzale e lo sgorgo dell'acqua fan pensare a Yao
fondatore dell'1 impero Cinese. L'epoca antica in cui la Luna non
sussisteva ancora, ricorda le pretensioni degli Arcadi sull'antichità
della loro origine. L'astro della notte è dipinto come un astro
malefico che aumenta l'umidità della terra, mentre Bochica , fi-
glio del Sole, l'asciuga, protegge l'agricoltura, e diviene il be-
nefattore di Muvsca come il primo luca lo fu de'Peruviani.
Sistema politico di Bochica.
Queste medesime ti adizioni aggiungono che Bochica, vedendo
i capi delle diverse tribù indigene contendersi l'autorità suprema,
consigliò loro di scegliere per Zaque o Sovrano, uno di essi chia-
malo Huncahua , e venerato a motivo della sua giustizia e grande
saviezza. Il consiglio del gran sacerdote fu accolto universalmente:
ed Huncahua che regnò per 2,5o anni, pervenne ad assoggettarsi
tutto il paese che si estende dalle savane di S. Juan de los Lla-
nos fino alle montagne d'Opon. La forma di governo che Bochica
diede agli abitatori di Bogota , merita non poca attenzione per
l'analogia che presenta coi governi del Giappone e del Tibet. Al
Peiù gli luca riunivano nelle loro persone il potere ecclesiastico
e secolare, i figli del Sole erano, per così dire, sovrani e sacer-
doti. A Gondinamarca , ne'tempi probabilmente anteriori a Manco-
Capac, Bochica aveva costituito elettori i quattro capi delle tribù
Gamezay Busbanca, Pesca e Toca. Aveva ordinato che dopo la
sua morte, quegli ekt'.ori ed i loro discendenti avessero il diritto
di scegliere il gran sacerdote d' Iraca. Si supponeva che i Ponte-
fici o Lama, successori di Bochica, fossero eredi delle sue virtù
e della sua santità. Il popolo recavasi in folla ad Iraca onde offe-
rire de' doni al gran sacerdote. Visitavansi i luoghi renduti cele-
bri dai miracoli di Bochica, ed in mezzo alle guerre più sangui-
nose, i pellegrini godevano della protezione de' Principi pel cui
territorio dovevan passare onde recarsi al santuario ( chunsua )
ed ai piedi del Lama che vi risedeva. Il capo, secolare chiamato
Zaque di Tunja , al quale i Zippi o Principi di Bogota pagavano
un annuo tributo, ed i Pontefici d'iraca erano due potestà di-
stinte, come lo sono al Giappone il Dairi e l'imperator secolare.
Calendario di Muysca.
Bocbica non era soltanto risguardato qual fondatore del nuovo
ni CARACAS, DELLA NUOVA-GRADATA EC. 89
culto, e legislatore dei Muysca : era simbolo parlante del Sole, e
regolava quindi i tempi, e gli si attribuiva l'invenzione del ca-
lendario (1)} aveva inoltre prescritto l'ordine dei sacrifizj che
dovevano celebrarsi alla fine de' cicli minori, in occasione della
quinta intercalazione lunare. Nell'impero di Zaque, il giorno (sua)
e la notte (za) erano divisi in quattro parti ; cioè sua-mena dal
levare del sole a mezzodì } sua-meca, da mezzodì al tramontare }
zasca dal tramontar del sole a mezzanotte} e cagni da mezza-
notte al levare del sole. Il vocabolo sua o zune indica ad un
tempo nella lingua Muysca giorno e sole. Da sua che è uno
de' soprannomi di Bochica , deriva sue, Europeo o uomo bian-
co , denominazione bizzarra che trae 1' origine dalla circostan-
za , che il popolo al momento dell'arrivo di Quesada , risguar-
dava gli Spagnuoli come figli del Sole. La minore divisione del
tempo presso i Muysca, era un periodo di tre giorni. La settima-
na, periodo di sette giorni, era sconosciuta in America, come in
una parte dell'Asia orientale. Il primo giorno del picciolo periodo
era destinato ad un gran mercato che tenevasi a Turmeca. L'anno
(zocam) era diviso per lune \ venti lune componevano 1' anno
civile, quello cioè che conta vasi nella vita comune. L' anno sa-
cerdotale era di 3j lune, e venti di quei graud'anni formavano
un ciclo Muysca. Onde distinguere i giorni lunari, le lune è gli
anni, si faceva uso di serie periodiche, i cui dieci termini erano
numeri.
Lingua dei Muysca.
La lingua di Bogota , della quale si è quasi affatto perduto
l'uso dalla fine dell'ultimo secolo, era divenula dominante in
conseguenza delle vittorie del zaque Huncahua } per quelle dei
zippa, e per l'influenza del gran Lama d' lraca, su di una vasta
estensione di paese, dalle pianure dell'Ariari e del Rio-Meta, fino
al nord di Sogamozo. Come la lingua dell' Inca è chiamata al
Perù quichua, quella dei Mosca o Muysca è conosciuta in paese
sotto il nome di chibcha. II vocabolo Muysca, del quale Mozca
sembra una corruzione, significa uomo o persona, ma gli indi-
geni non l'applicano generalmente che a se medesimi.
(i) De-Humboldt, Vues et Monumens pag. 128, 244 efc.
DESCRIZIONE PARTICOLARE
DEL PERÙ'
ENTRO GLI ANTICHI SUOI LIMITI
PREFAZIONE.
Scoperta del Perà.
orlez avendo sottomesso a Carlo Quinto più di dugento leghe
di nuove terre io lunghezza, e più di cerilo cinquanta in larghezza
credeva di aver fatto poca cosa. Nell'istmo di Panama vedesi dal-
l'alto di una montagna da una parie il mare del noid e dall' altra
quello del sud: si tentò dunque di cercare in questo nuovi paesi
da conquistare. Verso l'anno i5a^ due semplici avventurieri,
Diego d'Almagro e Francesco Pizaivo, che per quanto si dice,
non sapevano né anche leggere né scrivere, furon quelli col cui
mezzo Carlo Quinto acquistò nuove lene più vaste e più ricche
del Messico. Dopo di aver eglino scoperte trecento leghe di coste,
vengono informati che verso la linea equinoziale e sotto l'altro
tropico trovasi una regione immensa, in cui 1' oro, l'argento e le
pietre preziose sono più comuni del legn<:>, e che un tal paese è
governalo da un Re dispotico come Motezuma.
Dominio degli luca o Re del Perù.
Dal paese di Cuzco e dai contorni del tropico del capricorno
fino all'altezza dell'isola delle perle, che è al sesto grado di la-
titudine settentrionale, un solo Re estendeva il suo dominio as-
soluto per lo spazio di circa trenta gradi. Egli discendeva da una
razza di conquistato! i chiamati luca *, il suo nome era Atabalipa^
il suo padre che erasi impadronito di lutto il pae>e di Quito ,
avea fatto eseguire da'suoi soldati , e dai popoli debellati una
gran strada di cinquecento leghe da Cuzco fino a Quito colmando
precipi/j ed appianando montagne. Peisone di ricambio stabilite
ad ogni mezza lega portavano gii ordini del Monarca in tutto
l' impero.
DEL FERU f)I
Loro magnificenza.
Tale era l'incivilimento di que'popoli , e se si vuol giudi-
caie della loro magnificenza , basti per ora il sapere che il Re
quando viaggiava era portato sopra un trono d'oro del peso di
2,5m. ducati, e che la lettiga di lame d'oro sulla quale era col-
locato il trono veniva sostenuto dai primarj personaggi dello
Stato.
Francesco Pizzarro attaccò questo Imperatore con dugento cin-
quanta fanti, sessanta cavalli, ed una dozzina di piccioli cannoni
strascinati dagli sciita vi de' già soggiogati paesi. Dal more del sud
egli giugne all'altezza di Quilo. Atabalipa trovavasi ne' dintorni
di questa città con circa quaranta mila soldati armati di frecce
e di picche d'oro e d'argento.
ambasceria di Pizarro ad Atabalipa.
Pizarro cominciò come Cortez con una ambasceria ed offerse
all' lnca l'amicizia di Carlo Y. Non potè a meno Atabalipa di
dimostrare il desiderio che avea di sapere dall'ambasciatore, co-
me mai avvenisse che gli Spagnuoli professando di non voler che
alleauza e pace, facessero sì gran macello nei paesi dove passavano,
senza né anche informarsi delle disposizioni dell' luca e delia
corte imperiale } quindi disse di voler visitare Pizzarro in Caxa-
marca , e che sperava , ondando col suo esercito , di non dargli
alcun motivo di sospetto, perciocché tale era l'uso del paese quando
l'Imperatore viaggiava.
Sospetti di Pizzarro.
Pizarro che non molto si fidava delle belle parole date al-
l' ambasciadore, mise la sua gente in ordine di battaglia in una
gran piazza e stette fermo ad aspettar l'Inca che vi si recò con
tutta la magnificenza in mezzo al suo esercito e seguilo da mol-
tissimi Indiani riccamente vegliti, ornati di piastre d' oro e d'ai-
gento e di gran copia di pietre preziose.
Si dispone ad assalire Atabalipa.
Pizzarro gli osservò in distanza : e quella brillante apparenza
eccitava in lui cupidigia anzi che timore1, vedendo che l'Inca
differiva l'abboccamento , animò i suoi soldati , mise una banda
di moschettieri sopra un' altura della piazza , affinchè al primo
ordine tirassero nel grosso dei nemici, mentre 1' imboscata caval-
leria gli assalirebbe in diverse parli, e chiuderebbe i passi iu modo
che niuno dei principali Indiani fuggisse
gii DESCRIZIONE PARTICOLARE
Intanto 1' Inca si avanzava in buon ordine e con grande solen-
nità in mezzo al suono e allo strepilo di strumenti guerrieri man-
dando scorridori ad osservare la posizione del Nemico , i quali
ritornarono colla lieta notizia che il Generale con soli quiudici
compagni slava a piedi aspellandolo nella gran piazza.
Nasconde la sua condotta sotto il manto della religione..
Pizarro stimando ben^ di giustificare la sua condotta col manto
della religione, gli mandò con nuove proposizioni di pace il Frate
Valverde fatto già Vescovo di questo paese che non era ancora
caduto in suo potere. Fu ammesso il Frate alla presenza dell' luca,
il quale poco o nulla potendo conprendere del lungo sermone
fattogli dal medesimo sui misteri del Cristianesimo, si maravigliò
fortemente che gii Spagnuoli volessero che si pagasse tributo a
Carlo, persona inferiore a Dio ed al Papa* sdegnò di esser vas-
sallo d' altri che degli Dei} protestò di non dover nulla al Papa,
uè di sapere qual diritto egli avesse di disporre del suo regno*,
negò di abiurare la dottrina dei suoi antenati, finché non ne fosse
convinto della falsità*, e si dice eh' ei gettasse in terra la Bibbia
presentatagli da Valverde cui egli prese per un impostore. Se gli
storici non vanno perfettamente d' accordo sulla maniera colla
quale venne dall' Inca risposto al lungo sermone del Frate, tutti
però convengono che la predicazione ebbe fine colla guerra.
X' Inca disfatto e prigioniero.
I cannoni, i cavalli e le armi da fuoco fecero sui Peruviani
quello stesso effetto che già fatto avevano sui Messicani: orribile
fu la strage di quella confusa moltitudine *, ma Pizarro sapendo
che tutto dipende dal destino deli' Inca, s'avventa co' suoi quin-
dici soldati sopra la banda che circonda la regia lettiga, v'in-
contra un'inaspettata ferma resistenza, ed è al punto di abbando-
nare l'impresa di prendere il Monarca, quando un soldato risoluto
passa in mezzo alla guardia, si fa slrada verso Pizzarro, afferra la
lettiga, e stiappito Atabalipa dal suo trono d'oro è caricato di
ferri. Vedi la Tavola li.
Offre una somma immensa pel suo riscatto.
L' infelice Monarca osservando 1' avidità degli Spagnuoli per
V oro ne offeiì per suo riscatto tanto quanto bastasse ad empiere la
stanza di sua prigione fino a quell'altezza cui egli potè colla mano
arrivare. Partono all'istante per ogni dove i suoi sudditi per ani-
^ V
DEL PERÙ' 93
massare quest'immenso riscatto } Poro e l'argento giugne tutti i
giorni dalle vicine provincie al quartiere degli Spagnuoll 5 ma non
potendo l'Inca compiere prestamente la sua promessa, ne mor-
morarono gli Spagnuoli , ascrivendo tale indugio a malvagia in-
tenzione. Si scusava Atabalipa, allegando la gran distanza dei
luoghi, e pregava Pizarro di mandar alcuni Spagnuoli a soddi-
sfarsi ne' tesori di Guzco, dove eglino sarebbero condotti sicuri
e trattati bene dai suoi sudditi. Pizarro abbracciò l'offerta : Soto
e Barco sono destinati per Guzco, e manda il fratello Ernando a
riconoscere le ricchezze dell'Inca a Pacacamec: questi incontra
per istrada Quitlischaca , uno dei fratelli di Atabalipa , con alcune
centinaja d'indiani carichi d'oro cui egli ricevuto avea dai Ga-
cichi per la libertà dell' Inca da lui teneramente amato. Giunti
gli Spagnuoli in Guzco, il gran secerdote Vilavina cavò pronta-
mente dal principal tempio del Sole il tesoro necessario pel ri-
scatto di Atabalipa, e quello consisteva in un'immensa quantità
d?oro e d'argento in vasi , urne ed altri utensili di curioso lavoro,
cui gli Spagnuoli recarono a Gaxamarca, servili da parecchie cen-
tinaja di Indiani. Stupito, ma non soddisfatto Pizarro di ȓ pro-
digiosa ricchezza , ottenne dall' Inca anche la concessione di quella
del tempio di Pacacamec.
Pizarro manca di parola alP Inca.
Raccolto tutto il tesoro e compiuta dall' Inca la sua promessa ,
dimandò egli secondo il patto la sua libertà, ma le divisioni in-
sorte fra gli Spagnuoli che non pensavano che ammassar ricchez-
ze, la difficoltà di tener sicuramente il Monarca in arresto* ì
tentativi che probabilmente gli Indiani farebbero per liberarlo* la
gelosia loro sul mancamento di parola degli Spagnuoli • l'estrema
difficoltà di stabilire il dominio della Corona di Spagna in una sì
immensa estensione di paese, suggerivano a Pizarro come neces-
sario il partito di far morire Atabalipa. Una sì perfida politica lo
portò a tale crudele risoluzione: scempiate e ridicole furono le
accuse che gli si fecero, e dalle quali egli si difese chiamando il
cielo e la terra in testimonio d'aver egli compito con integrila al
suo impegno contra la peifidia de' suoi accusatori: dimandò che
lo mandassero in Ispagna ad esser giudicato dall'imperatore :
esclamò, ragionò, pregò, ma tutto fu invano: egli venne con-
dannato ad esser bruciato vivo. Il Frate Valverde confermò la
<)4 DESCRIZIONE PARTICOLARE
sentenza, e dicesi ch'ei cercò di convertir l'Inca: e che alla fine
il persuase con promettergli che eviterebbe il fuoco e sarebbe so-
lamente slangolato. Così fu eseguito, Atabalipa mmì da intrepido
eroe, ed il suo corpo venne gettato nelle fiamme.
Rivalità di Pizarro e Almagro.
Non si sa se si debba più ammirare l'ostinato coraggio di
quelli che scoprirono e conquistarono tante terre, o più detestare la
loro ferocia: la medesima sorgente, l'avarizia, produsse tanti beni e
tanti mali. Diego d'Almagro marcia a Guzco a traverso di una mol-
titudine immensa d'Indiani, cui gli è forza soggiogare : egli pe-
netra nel Chili e s' impadronisce cTogui luogo in nome di Carlo
Quinto. Ma la discordia che avea già diviso Velasquez e Corlez
nell'America settentrionale suscitò la più fiera rivalità anche fra
i vincitori del Perù. Almagro e Pizarro si fanno la guerra civile
in Guzco: tutte le reclute ricevute d'Europa si dividono e com-
battono pel capo che scelgono: si danno una sanguinosa battaglia
sotto le mura di Cuzco, senza che i Peruviani osino approfittare
della debolezza del loro comune nemico; anzi trovami de' Peru-
viani in ciascun esercito che si battono pei loro tiranni, e la
moltitudine dispersa se ne sta stupidamente ad aspettare a quale
de' loro distruttori sarà sottoposta.
Almagro è messo a morte.
Finalmente Almagro perde la battaglia a Salinas e cade nelle
roani del suo livale. Inutili furono tutti gli argomenti da lux
esposti a Pizarro per salvare la vita. Questi volendo restar solo
padrone del Perù, avea dato espresso ordine di farlo morire.
Si eseguì con tutto rigore la sentenza. Questo bravo Generale in
eia di ^5 anni fu privatamente strangolato , e pubblicami ole de-
capitato su di un palco nella gran piazza di Cuzco , spogliato nudo
dal carnefice, e lasciato esposto per la maggior parte del giorno,
senza che alcuno gli prestasse gli ultimi doveri. Gli amici suoieran
tutti imprigionati , e troppo vivo era il rancor de' nemici per aver
qualche sentimento di umanità.
Pizarro è assassinato.
Tanta crudeltà di Pizarro in vece di renderlo padrone asso-
luto , accrebbe il numero de'suoi nemici cui egli perseguitò con
indefessa severità scacciandoli da Cuzco o confinandoli in carcere
per timóre che non vendicassero la morte del loro Gsnerale: con
DEL PERÙ* Q 5
pubblico editto vietò a chiunque d' aiutarli sotto severissime pene,
e fece anche in modo che uon potessero ritornare in Ispagna e
dire le loro ragioni al Sovrano. Disperati gli AIrnagriani cospira-
rono di toglier di vita Pizzarro. Quando si trovarono in Lima in
numero di quasi trecento , si credettero abbastanza forti per la
meditata esecuzione. Tredici de' congiurati si uniscono a mezzodì
in casa del figlio d'Almagro, indi colle spade sguainate traversano
la piazza del mercato, andando dritto al palazzo di Pizarro, e gri-
dando. » Viva il Re, miioja il tiranno » entrano nel suo appar-
tamento, lo circondano e l1 uccidono di ferita nella gola , dopo
ch'egli erasi difeso con vigore quasi incredibile nella sua età avan-
zata. Cosi cadde Francesco Pizzarro nella sua capitale per mano
di quegli stessi elio avean cooperato alle sue conquiste : personag-
gio liberale ed intrepido, prima che la prosperità lo rendesse am-
hizioso, rapace, geloso e crudele.
Governo Spagnuolo stabilito nel Perà.
Stabilivasi di già in questo Nuovo-Mondo il governo Spagnuo-
lo: le grandi province avevano i loro Governatori :eransi formale
le udienze: gli Arcivescovi, i Vescovi, i tribunali d'inquisizione
esercitavano, come a Madrid, le loro funzioni allorché i capitani
che avevano conquistato il Perù per l'imperatore Carlo V vollero
tenerlo per loro medesimi. Un figliuolo d'Almagro si fece rico-
noscere per Re del Peiù} ma altri Spagnuoli amando meglio ob-
bedire al loro padrone che dimorava in Europa che ad un com-
pagno che diveniva loro Sovrano , lo presero e lo fecero perire
per mano del carnefice. Un fratello di Pizarro ebbe la stessa am-
bizione e la stessa sorte. Non vi ebber ribellioni contra Carlo V
fuor di quelle degli Spagnuoli} neppur una de' populi soggiogati.
Io mezzo a queste guerre accanite, che i vincitori si facevan
gli uni contra gli altri, si scopersero le ricche miniere d'argento
del Potosi. Esse eran incognite agli slessi Peruviani , che poscia
sudarono nello scavarle per gli Spagnuoli siccome veri proprietaij.
A questi schiavi si aggiunsero in seguito i Negri che comperali
in Africa venivano traspot tati nel Peni come animali destinati ai
servigi degli uomini. E di fatto né i Negri né gli abitatori del
Nuovo-Mondo eran dagli Spagnuoli considerati come appartenenti
alia spezie umana. Il religioso Domenicano Las Casas Vescovo di
Chiapa mosso a compassione della miseria di tonti popoli, né pò-
96 DESCRIZIONE PARTICOLARE DEL PEBTj'
fendo più oltre reggere alla vista delle infami crudeltà clie si
commettevano da' suoi compatriota, ebbe il coraggio di portar le
sue lagnanze al trono di Carlo V e di Filippo II con alcune
memorie che tuttavia si conservano a disonore di quella nazione.
Rappresenta in esse quasi tutti gli Americani quai uomini dolci e
timidi e di un temperamento debole che li rende naturalmente
schiavi. Ei dice che gli Spagnuoli non risguardarono in cotal de-
bolezza che la facilità di distruggerli, che in Cuba, nella Giam-
maica e nelle isole vicine gli Spagnuoli , quai cacciatori che si
recano a spopolare una terra di bestie selvagge , fecero crudel-
mente perire più di un milione e dugentomila Indiani. Migliaja
d'Americani servivano agli Spagnuoli quai bestie da soma , cui
lasciavano perire od uccidevano quando per l'eccessiva stanchezza
non potevano più reggere alla fatica. Finalmente questo testimonio
di vista afferma che nelle isole e in terra ferma questo picciol
numero di Europei ha fatto perire più di dodici milioni d'Ame-
ricani.
Forse il sensibile Vescovo di Chiapa avià qualche volta esa-
gerato i suoi rimproveri contra i suoi compatriotti \ siccome pure
gli Spagnuoli avranno portato all'eccesso le loro accuse contra le
depravazioni degli Indiani: le lagnanze però di questo umano
Prelato non furono inutili: le leggi mandate d' Europa hanno rad-
dolcito alquanto la sorte degli Americani: questi sono al presente
sudditi ubbidienti e non più schiavi.
Noi abbiamo scorso in un solo colpo d'occhio la storia della
scoperta di questa ricca e troppo disgraziata nazione, della quale
siamo per intraprendere la descrizione affine di presentarvi al vero
l'originale costume degli abitatori , i cangiamenti seguili dacché
furono miseramente soggiogati, non che quello degl'insaziabili e
crudeli loro vincitori. Molti sono gli autori che hanno scritto la
storia del Perù: noi al solito ve ne presentiamo l'indice de'prin-
cipali, e vi protestiamo nello stesso tempo di aver seguito quelli,
che all'esatta cognizione de' luoghi e dei fatti unendo l'amore del
vero, seppero ne' loro racconti conservarsi imparziali.
INDICE
DE PRINCIPALI
VIAGGIATORI ED AUTORI
CHE HANNO SCRITTO LA. STORIA
DEL PERIT.
JJJescrìption de la terre neuve du Pérou en l'Inde occidentale, mise «n
Francais. Paris, 1480; i 545, in 8.°
Pedre de Cioca, Parte priinera de la Chronica del Perù, que trata la
demarcacion de sus provincias, y la descripcion della Siviglia , 1 353,
in f.° Trad. in Ital. Venezia. i557, i voi. in 8.°
Historia del descrubimiento y conquista del Perù etc. por Augustin de
Zarate. Anversa, i555; ibid., i5g5, in 8.° La stessa, Siviglia,
1677, ln f° La stessa, Madrid, 1709, in f.° La stessa tradotla iu
Italiano da Alfonso Ulloa , Venezia, i563, in 4-° Trad. in Francese
con fig., Amsterdam, 1706; ibid. 171 8, Paris, 1716, 2 voi. in 12.0
Apollonii Levini de Peruvianae regionis iuventione et rebus in ea ge-
stis. Anversa, i$6j, in 8.°
La Historia del Perù, de Diego Fernandez. Siviglia , 1571, in f.° parte
di quest'opera venne tradotta in Italiano col titolo seguente:
— Relazione breve del Fernandez, circa il frutto che si raccoglie con gli
Indiani del regno del Perù. Milano, i6i3, in 8.°
Historie van Coninkryk van Perù. Anversa, iSy'ò, in 4-*
Relazione breve di Diego Torres, della Compagnia di Gesù, procuratore
del Perù, circa il frutto che si raccoglie con gl'Indiani di quel re-
gno. Milano, i6o3, in 8."
Historia general del Perù , escrita por el Inca Garcilasso de la Tega.
Cordova, 1606, in f.° Ristampata col titolo seguente:
— Commentarios reales del origen de las Incas reys que fueron del
Perù etc, I. Part. , Lisbona, 1609; II. Part.,ibid 1 G 1 g, 2 voi. in f.°
Madrid, 1723, 2 voi. in f.° Trad. in Francese con fig. Paris, 1625
ibid., iG58, 2 voi. in 8.° Amsterdam, 1706; ibid., 1706, 4 voi.
in 12.0 Amsterdam, ij5j, 2 voi. in 4-" colle fig. di Bernardo Pi-
card. Trad. in Inglese. London. 1688, in f.°
Cost. Voi. 111. deW America. 7
0R
Relation des voyages dans la riviere de la Piata, et de là aux terres du
Pérou , par Arcaretta de Biscaie, Paris, i632, in f.o Trad. in Inglese.
London, 1698. in 8.°
Relacion del viage de Lima, del Ribadeneyra. Madrid, jG^J, in 4-°
Relation du voyage de S.*** a la rivière de la piata an Pèrou. Paris ,
1672, in 12. °
Sevenleen years travels through the kingdom of Perù. London , 1700
in 4.0
Relation du voyage de la mere du sud aux còtes du Pérou et du Chili,
fait pendant les années 1712, 1713 et 1714 par M. Frezier etc. Pa-
ris, 17165 ibid. 1752, in 4-° fi?-° Trad. in Inglese. London, 1717,
in 4-° fig-°
Voyage de Marseille a Lima et dans d' autres parties des Indes Occi-
dentalés, par D.*** ( Dnret ) avec Gg. Paris, 1720, in 12.0
Alcedo de Herrera. Compendio historical de la provincia y puerto de
Guayaquil. Madrid, iji* , in 8.°
La figure de la Terre déterminèe par les observations des MM. Bouguer
et de la Condamine, euvoyées par ordre du Roi au Pérou etc. Paris
i749. in 4.0
Journal du Voyage fait à l'équateur etc. sdivi de l' histoire des pyra-
mides de Quito, et enrichi de plusieurs planches: par M. de la Condamine.
Paris, iySì, iu 4-°
Relacion historica del viage hecho de orden de su Majestad etc. por De-
George Juan, y Antonio de Ulloa etc. Madrid, iy^S et 17495 2 voi.
in 8.° Trad. in Francese, Amsterdam et Leipsic. iyS2, 2 voi. in 4-°
fig.° Paris, 1752, 2 voi. in 4-° Trad. in Inglese, London, 1758; ibid. 177$
1 voi. in 8.° In Olandese, in 4-°
Nouveau Voyage fait au Pérou par M. 1' Abbè Court de la Blanchardière
etc. Paris, 1761, in i2.°fig.°
Histoire des tremblemens de terre arrivès a Lima et autres lieux, avec,
la description du Pérou etc. trad. de 1' Anglais de Hales. La-Haye
1752, in 12.0 fig,°
Relacion Descripcive de la ciudad y provincia de Truxillo del Perù , por
D. Miguel Feyjio. Madrid, 1763, in f.°
Reise nach Perù, von Wolfang Reyer. Nurimberg, 1776. in 8.°
General Idea of the Monuments of Perù, London , in 8.0 Questa descri-
zione è cavata dal Mercurio Peruviano che si stampa a Lima.
Tagebuch einer Rcise etc. von Aut. Zach. Helm etc. Dresda, 1798, in 8.°
DESCRIZIONE DEL PERÙ*.
Divisione naturale.
enza punto curarci de' limiti politici del Perù che hanno va-
riato e che variano a seconda della maggiore o minor forza dei
governi, noi seguiremo nella descrizione di qur-sle sfortunate con-
trade quelle divisioni che vi stabilirono la natura, la storia e la
ecografia.
Le Ande che attraversano il Perù dal sud al noid formano
generalmente due catene qunsi paralelle*, l' una, la grande Cor-
digliera delle Ande , costituisce il nocciolo centrale del Perù \
l'altra molto più bassa è chiamata Cordigliera della costa.
Basso-Perù.
Fra questa ed il mare sta il Basso-Perù che forma un piano
inclinato largo da dieci a venti leghe , e chiamato sul luogo col
nome di P^alles. Esso è in parte composto di deserti di sabbia ,
sprovveduti di vegetabili e d'abitatori. Una tale sterilità proviene
dall'aridità naturale del suolo e dall' assoluta mancanza di piogge ,
poiché in nessuna stagione piove , né tuona in questa parte del
Perù. Non v'ha di fertile che le rive dei fiumi ed i terreni che
possono esser aitifizialmente irrigati, ovvero i siti umettati dalle
acque sotterranee in conseguenza delie nebbie e delle forti rugia-
de (i). In que' luoghi privilegiati la terra non cessa di mostrare
ad un tempo le bellezze della primavera e dell'autunno. 11 clima
è anche rimarcabile per la costante dolcezza della temperatura. Il
fresco che regna quasi tutto l'anno lungo la costa del Perù sotto
il tropico, non è già effetto di vicine montagne conette di neve,
ma piuttosto di quella nebbia, garua, che veia il disco solare } e
di quella freddissima corrente d'acqua marina che va impetuosa-
mente verso il nord , dallo stretto di Magellano fino al capo di
Parinna. Sulla costa di Lima, la temperatura del Grande Oceano.
(i) Viajero universal, XIV., 106.
IOO DESCRIZIONE
è a 12 , 5": mentre sotto lo stesso paralello , ma fuori della
corrente è a 21 gradi (1).
dito-Perù.
Il paese fra le due Cordigliere è chiamato La-Sierra. Non sono
clie montagne ed aride rupi intersecate da qualche valle fertile e
coltivata. Ma quelle montagne racchiudano le più ricche miniere
d'argento che si conoscano1, e le vene più abbondanti trovatisi
ordinariamente ne' monti più aridi. Il clima della Sierra è uno
de'più salubri, se si drc giudicarne dalla longevità degli abitatori.
Alcuni scrittori distinguono dalla Sierra la catena più alta delle
Ande o la regione delle nevi perpetue } Malte-Brun è d'opinione che
sia meglio comprendere 1' una e l'altra sotto il nome di Alto- Perii.
Perù- Interno.
Dietro la catena principale delle Ande giace verso le rive del-
l'Ucayal e del Mara non un'immensa pianura inclinata a levante,
traversata da p2recchie catene di montagne slaccale, chiamate al
Perù La- Sfontanila- Re al. Sotto un cielo piovoso e spesso lam-
peggiante l'eterna verdura de' boschi primitivi diletta il viaggiatore
mentre le inondazioni, le paludi, gli enormi serpenti, e gli in-
numerabili insetti ne interrompono il cammino. Questa regione
può essere chiamato il Perii interno (2). Le comunicazioni colla
legione interna sono più difficili che col Basso-Perù.
Ostacoli alla coltivazione.
Da questi cenni si conosce che una gran parte de! Perù non
è alta alla coltivazione, e che questo paese potrebbe difficilmente
farsi ricco ed importante pe' suoi vegetabili. La poco numerosa
popolazione è dispersa per una grande estensione di terreno • la
mancanza di strade , di ponti e di canali rende assai difficile il
trasporto di oggetti pesanti a qualche distanza dal sito ove sono
stati prodotti.
Strade mercantili.
Eppure la medesima natura segnò la grande strada pel com-
mercio del Perù: il gran fiume delle Amazoni potrebbe ricevere
le stoffe di Qtrito per mezzo della Pastara } la china-china di Ca-
xamarca pel Maranonj gli olj di Lima per PHuallaga ol'Ucayal}
lo zucchero di Cuzco e Toro di Carabaya per l'Apurimacj le
(1) A. De-Humboldt , Tableaux de la Nature, \.f 126.
(2) Viajero universal, XX., pag. 195-194.
DBt PliRU* IOI
tele di Moxos pel Beni. Il porto di S. Gioachino d'Omugnas
diverrebbe il Tiro e l'Alessandria del Perù. Da quel porlo uri
vascello arriverebbe a Cadice io meno di due mesi e mezzo. La
politica chiuse agli Spagnuoli una sì magnifica strada. Il geloso
Portoghese non soffrirebbe che la bandiera Spaglinola sventolasse
sull'acque dell' Amazone. Ma la Spagna ed il Portogallo non tro-
verebbero esse un mutuo vantaggio nel rendere comune tra loro
la navigazione del Para ma e dell' Amazone?
Vegetabili ed animali.
Sicché non avvenga questa rivoluzione mercantile, né le gom-
me odorifere, né le resine medicinali, né i legni preziosi che
stan nelle foreste del Perù j uè la noce mosca da , né la cannella
che, per quanto si dice, allignano nella Montanna-Real\ né i
finissimi olj del Basso-Peiù", il caffè e lo zucclieio piantati con
buon esito nelle parti temperate della Sierra:, l'ottimo caceao
delle pianure dell'Interno* il cotone di Chillaos", la seta lunga e
fina di Moj ibamba ;, il lino e la canapa di Moxos, né una mol-
titudine di altre importanti produzioni , compenserebbero delle
loro fatiche 'coloro che volessero coltivarle in giande quantità pei
mercati d'Europa, mentre le spese di trasporto fino alla costa,
e quelle del noleggio per mare sono sì considerabili che non po-
tiebbersi vendete che cou discapito: la china-jhina però è un
oggetto di utile spaccio.
Lane.
Ma invano la corte di Madrid offerse tutti i possibili incorag-
giamenti all'aspoi fazione delle lane del Peiù. Le spese sono sì
gravi, che giunte a Codice non possono daisi al prezzo della più
fina lana di Segovia. La sola vigogna, attesa la sua rarità e la
singolare sua finezza, può sottostale alle spese di trasporto fino in
Europa : ma una caccia troppo animosa sterminò quasi l'animale
che la somministra. Anche la lana d'alpaca viene asportata con
vantaggio. Noi peiò non vogliamo omettere di dare una più distinta
cognizione di questi sì utili animali che popolano le più alte mon-
tagne del Porù e che caiattenjzano io ispecial modo una tale regione.
I pachi od alpachi (i) e le vigogne (2) sono due spezie d'ani-
(1) Paco pacos alpaco o Camelus tophis nullis , corpore lanuto , ro-
stro oblongo .... camelus paco. Liu.
(2) Vigogna o vicunna. Camelus corpore lanato, rostro s'uno obtuso^
cauda erecta .... camelus vicugna. Molina.
102 DESCRIZIONE
mali succursali ai lama (i), come lo è presso a poco l'asino al
cavallo*, essi rassomigliano nella figura ai lami', ma sono più pic-
cioli, assai più grande però è il vantaggio che se ne trae dalla
loro spoglia , la lunga e fina lana che li copre è una mercanzia
di lusso tanto preziosa e tanto cara quanto la seta. I pachi sono
per lo p ù affatto neri e qualche volta di un bruno misto di ful-
vo. Le vigogne hanno un color di rosa secca , e questo colore
naturale è sì stabile che non può soffrir alterazione alcuna sotto
la mano dell'operajo: di questi lana si fabbricano bellissimi guanti I
bonissime calzette , coltri eccellenti e tappeti di sommo prezzo (2). I
Il castoro del Canada , le pecore di Calmucchia , la capra di Si-
ria non somministrano un pelo più bello. Questi animali hanno
molte cose comuni coi lama, sono abitatori della slessa regione,
e siccome essi ne lo sono esclusivamente, poiché non trovansi che
sulle Cordigliere: così hanno lo stesso naturale e presso a poco
(1) Lama , Thama -, glama,nomi che gli Spagnuoli hanno dati a que-
sto animale del Nuovo- Mondo. Béliardy dice che il nome di lama è una
parola generica cui gli Indiani del Perù danno indifferentemente a tutte
le bestie lanute. Prima della conquista degli Spagnuoli non trovavasi pe-
core in America; questi conquistatori ve lo h nino introdotte, e gli India-
ni del Perù appellarono lama, perchè verisimilmente, nella loro lingua
tale parola indicata ogni animale lanoso Lin. lo definisce Camelus dorso
levi, topho perforali .... camelus lama. 11 lama è alto circa quattro
piedi, il suo corpo, compreso il collo e la testa ne ha cinque o sei di
lunghezza ; il collo solo è lungo circa tre piedi. Ha la testa ben fatta ma
pieciola in proporzione del corpo, gli occhi grandi, il muso nudo e
un po' lungo, le labbra grosse^ la superiore fessa e 1' inferiore un po' pen-
dente, manca di denti incisivi e canini alla mascella superiore : le orec-
chie sono larghe quattro pollici, e le porte in avanti; la coda è lunga
otto pollici, è dritta e sottile: i piedi ferenti come quelli del bue, ma
sormontati di dietro da uno sprone: è coperto di una lana corta sul
dorso, sulla groppa e sulla coda, ma assai lunga sui fianchi e sotto il
ventre: essi variano di colore, ve ne ha de' bianchi, dei neri e de'misl i ec.
(2) Questa lana essendo nel 1 7j4 assai decaduta di prezzo, un avve-
duto negoziante fece fabbricare in Parigi una spezie di panno di vigogna
in color naturale, e questa prima prova oltrepassò le sue speranze. Fece
poscia tingere varie pezze di vigogna di bleu carico, di bleu celeste,
chermisi , violetto fino e scarlatto. Questi ricchi colori riuscirono a perfe-
zione ; e se il governo avesse voluto agevolare i mezzi di stabilire in
grande una manifattura di panni di vigogna , il commercio Francese a-
vrebbe acquistato una nuova sorgente di ricchezze.
net, PERÙ IOd
le stesse abitudini e lo stesso temperamento. Nu'.ladimeno, sicco-
me la lana degli alpachi e delle vigogne è assai più lunga e folla
di quella del lama , così temono ancor meno il fréddo e se ne
stanno volentieri sulla neve e sul ghiaccio. Nella Tavola 12, noi
vi presentiamo nella figura a mano sinistra il lama , in quella a
mano dritta la vigogna, ed in quella coricata un alpaco: questi
animali sogliono dormire appoggiati sul petto, co' piedi piegati
sotto il ventre, e ruminare altresì in tale situazione. Chi deside-
rasse più circostanziate notizie de' medesimi potrebbe consultare
la Storia Naturale di Buffon pubblicata da Sonnini (1).
L'agricoltura langue nel Perù a segno tale the Lima e parec-
chie altre città della costa trassono le loro provvisioni dal Chili.
DO *
Al terremoto del 1690 , succedette una tale sterilità, nelle valli
del Basso-Perù, che in molti siti il popolo cesò di coltivarle} e
sebbene d'allora in poi il paese abbia ricuperato in gran parte
l'antica sua fertilità, pure la coltivazione delle terre non prese
più piede (2).
Minerali. Oroè
Il suolo del Perù è come impregnato di metalli preziosi , dei
quali però l'oro non è il più ricercato* vi abbonda sì, ma in
luoghi poco accessibili , o in una motrice troppo dura e troppo
dispendiosa a sguugliarsi. Presso la Paz diroccò una parte spoi-
gente del monte d'Ilimani, e vi si trovarono pezzi d'oro dalle
due alle cinquanta libbre di peso, e dopo cento anni vi si tro-
vano tuttavia pezzi del peso di un'oncia. Presso Mojos la lava-
zione dì pezzi grossi come un quarto di zecchino. Secondo
Ilelm (3), lo schisto argilloso è quasi da per tutto sparso di te-
ne dì quarzo che serve di matrice all'oro. La maggior parte de' fiu-
mi e de' torrenti menan oro fra le arene. La miniera , d'oro più
abbondante è quella di S. Jago di C-itagoìta , distante circa 3o
miglia al sud di Potosi.
Argento.
Le miniere d'argento mollo più numerose e di un'assai più
facile cavata occuparono la principale attenzione de' coloni. La ce-
(1) Hist. Nat. redigèe par C. S. Sonnini. Des quadrupèdes torti. 02 pa"-
63 e seg.
(2) Mercurio Peruviano, I. , 2i3,III., 4, YIII., 58, X, 23q.
(3) Helm% Journal d5 un Voyage de Buènos-Àyres à Potosi.
io/j DESCRIZIONE
lebre montagna del Potosi offerse per due secoli e mezzo tesori
inesauribili d'argento: questa montagna di forma conica ha circa
diciassette miglia di ci i conferenza, ed è traforata da più di tre-
cento pozzi a traverso uno schislo argilloso, giallo e duro: so-
novi vene di quarzo ferrigno , miste con ciò eh» chiamasi minie-
ra mine de come di pietra tonchiosa , e miniera vitrea. Nella
provincia di Carangas trovansi, scavando la sabbia, masse d'ai-
genlo staccale che chiamansi papa o pomi di terra, a motivo
della loro forma. In un'altra miniera presso Puno, tagliavasi l'ar-
gento puro con uno scarpello, tanto l'abbondanza del metallo
rendeva supeiilua qualunque sorte d'industria (i).
Oggidì le miniere più importanti, secondo De-Humboldt ed
Helm, sono quelle di Gualgavos o Hualgay >s nella provincia di
Truxillo, al nord del Perù, e quella di Lauricocha , preso alla
picciula città di Pasco ne!Ì3 provincia di Tarma. Nel primo luogo
l'argento trovasi in grandi 'masse a due mila tese d'alte/za dal
mare. Qualche filone metallifero contiene conchiglie pietrificate.
La montagna di Lauricocha è, secondo Ilei ni , piena interamente
di vene e di filoni argentiferi. Havvi una galleria composta d'ama-
tila fina e porosa } l'argento vi é sparso in picciolo particelle *, cin-
quanta quintali peiò non danno che nove marche d'argento. Ma
un'argilla bianca, il cui filone è largo un quarto d'auna, dà da
dugento a mille marchi d'aigenlo ^opra cinquanta quintali di
minerale.
Mercurio ec.
Mentre il Messico si procura mercurio dall'Emopa, il Peiù ne
produce ualuralmeute a Guanca-Velica , distretto a poca distanza
da Lima al sud-oucst. Il cinabio è stato impiegato dai Peruviani
nelle pittura. L'argento vivo fu scoperto dagli Spagnuoli per la
prima volta l'anno i56^. Sembra che il minerale sia uno schisto
argilloso di un rosso pallido. Lo stagno, secondo Helme, trovasi a
Chayanza e a Paryas } sonovi pure parecchie miniere di rame e
di piombo. La principale miniera di rame è ad Aroa , ma le co-
Ionie si provedono generalmente colle miniere del Gliili. Fra gli
altri minerali, si può citare la pietra di galinazo, così chiamata
dal suo color nero: è un vetro vulcanico che vien qualche volta
(i) Ellai, Notices, lib. VII cap. i5e 14.
DEI PEBu' Ic5
confuso colla pietra dello lo specchio degli Inca, perchè tanto
1" uno che l' ultra servono ad uso di specchi.
Smeraldi.
Al tempo degli luca anche gli smeraldi erano assai comuni,
spezialmente sulla costa di Manta e nel governo di Atacames, ove
dicesi sussister alcune miniere che gl'indigeni non vogliono pale-
sare, pel timore d'essere sagrificati a micidiali fatiche} mentre la
esperienza ha dimostrato che né i Negri né gli Europei soppor-
tar non possono l'aria umida e fredda delle miniere Peruviane,
né conservare le loro forze cibandosi di radici e di pomi di terra,
sole produzioni di que' deserti, ne' quali la natura celò invano quei
metalli, che son l'oggetto de' nostri più avidi voti.
Topografia.
Lima capitale del Perù la più bella e la più ricca citlà di tutte
le altre dell'America meridionale fu fondata da Pizzarro nel 1 535
che la chiamò città de* Re. Essa è situata nella grande e bellis-
sima valle di Rimac, parola Indiana che signica colui che parla,
e che è il vero nome della stessa città , avendola gli Spagnuoli
appellata Lima p>r corruzione di Rimac, nome, che tuttavia si
dà alia valle ed al fiume.
Lima perchè così chiamata.
Si dice che tal parola provenga da un idolo, cui sacrificavansi
gli indigeni, prima che gli Inca estendessero fino a quel luogo i
confini del loro imperio. Tale idolo avendo risposto ad alcune do-
mande che gli vennero fatte, fu chiamato Rimac, cioè colui che
parla. II fiume Rimac bagna le mura di Lima , e quando noi
gonfiano i torrenti della montagna si può facilmente guadare , ma
siccome talvolta è alto e rapido, così vi si è costrutto un magni-
fico ponte di pietra di cinque archi.
Forma della città e pianta.
Uua bella porta gli sta a un capo, essa serve d'ingresso alla
città, e conduce alla gran piazza quadrata , lunga 186 braccia,
circondata da vaghi edifizi, in mezzo alla quale s'innalza una bel-
lissima fontana di bronzo che getta acqua dalla tromba di una fama
e dalle bocche di otto leoni. La cattedrale e '1 palazzo vescovile
che occupano il levante della piazza sono belle fabbriche : sul
lato settentrionale sta il palazzo del vice-Re: la magnificenza di
quest' edilìzio svanì a cagione del trerauolo avvenuto fino dall'an-
no 1687.
* 06 DESCRIZIONE
Città del Perù.
La città è di forma triangolare:, il lato che si stende verso la
riva del fiume è lungo più di due miglia \ le mura che la cingono
sono di mattoni ed hanno 34 bastioni senza piattaforma né can-
noniera, destinata soltanto fin da principio a difendere la città da
improvviso attacco degli Indiani, le vie sono larghe e quasi tutte
diritte, e le case sebbene basse a cagione de'fnquenti terremoti,
sono nondimeno di bella apparenza, riccamente adorne, ed hanno
quasi tulle il loro giardino. I diamanti, l'oro, l'argento splendono
da tulle le parti nelle chiese e ne' monasteri che sono in gran
numero. Contiene 53m. abitatori, una sede arcivescovile, un'udienza
reale, un'università, parecchi stabilimenli di manifatture ed un tea-
tro. Chi desiderasse esaminare l'esatta pianta di questa famosa
capitale potrebbe osservare il volume primo del Viaggio di An-
tonio di Ulloa (i). Il clima vi è ameno e salubre, vi sono ignoti
i tuoni e i lampi, come la pioggia, la grandine e la neve : solo
vi cade una spezie di rugiada chiamata garua : il suolo abbon-
da di ogni sorta di frutti e nulla lascia a desiderare per gli agi
della vita. Ma l'amenità della situazione , la salubrità del cli-
ma, la fertilità del terreno e tutte le ricchezze degli abitatori di
Lima non compensano un disastro che continuamente minaccia la
città e che ha già sofferto.
Terremoto.
L'anno 17^ un orribile terremoto ne distrusse tre quarti e
demolì Gallao che è il suo principal porto di mare. Non v'ebbe
mai distruzione più completa di questa, poiché di tre mila abita-
tori, non ve ne restò che uno solo per recare a Lima la nuova di
quel terribile disastro^ ei trovò lo scampo per una straordinaris-
sima combinazione. Quest'uomo era su di un bastione che do-
mina tulto il porto, ei vide in meno di un minuto, tutti gli abi-
tatori uscire dalle loro case nel maggior disordine e spavento : il
mare dopo essersi ritirato a considerabile distanza, ritornò in mon-
tagne spumanti per la violenta agitazione, e seppellì nel suo seno
tutti que' miseri abitatori. (2).
(1) Voyage Hist. de l' Arnérique meridionale, toni. I. lib. I. cap. 5.
pog. 425 Tav. 22.
(2) » Indi, dice Pinkerton, tosto si rimise in una perfetta calma ; ma
i cavalloni medesimi che distruggevano la città, spinsero un picciol battello
nel luogo or' era quest' uomo, che vi entrò dentro, e così si salvò ».
DEL PERÙ IO^
Cuzco.
Lia più antica di tutte le città del Perù è Cuzco o Gusco o
Cozco così chiamato dagli Indiani, e fondata dal primo Inca Man-
co-C ipac, qual città capitale, sede e origine del suo imperio. Essa
è distante 18/f leghe da Lima , e giace sotto i i3 gr. 4° ni. di
laiitudine al mezzodì. La bellezza e la magnificenza degli edifizj,
del palazzo degli Inca e del tempio del Sole destarono 1' ammi-
razione de' primi Spagnuoli che la conquistarono. Al presente
Cuzco è quasi della slessa grandezza di Lima } conta 32m. abita-
tori } è capo luogo dell'Intendenza di questo nome, e sede di un
Vescovo. Essa conserva anche oggidì alcuni monumenti dell'antica
sua grandezza} le mura di un convento son quelle medesime del
tempio del Sole, ed il sacramento sta in luogo della figura d'oro
di quell'astro. Un convento di religiose occupa lo stesso silo in
cui dimoravano le vergini del Sole. Le case fabbricale alla Spa-
guuola, sono tutte di pietra, di buona struttura e coperte di te-
gole di un rosso che ne fa comparire elegante il prospetto. Gli
appartamenti souo spaziosi e vagamente decorati, essendo i cittadini
persone di buon gusto ed amanti della leggiadra architettura. 11
principale conuneicio consiste in zucchero, pannilani, tele grosse,
Jane , galloni d'oro e d'argento, cuoj, marrocchiui e pergamene.
Gl'ingegnosi abitatori si distinguono soprattutto nel ricamo, nella
pittura e nella scultura.
Città del Basso Perà S. Michele di Piuro.
Nella parte del Perù che giace lungo la costa del grande
Oceano sta S. Michele di Piura, la più antica città fabbricata dagli
Spagnuoli in questo regno: essa trovasi su di un picciolo torrente
che feconda le terre, ma che scompare affatto nella stagione asciut-
ta : gode di un' aria temperala e salubre (1): i suoi abitatori in
numero di i5m. trafficano di cera, salni&io, filo d'aloes, cascari-
glia e di altri oggetti , e si occupano anche del trasporlo delle
merci a schiena di mulo, da Quito a Lima.
Truxillo.
Truxillo città vescovile , fabbricata del i535 da Francesco
(1) Gulhrie dice, che quest'aria sia salubre particolarmente per quelli
che sono attaccati dal mal venereo, dal quale facilmente guariscono nello
spedale di questa città, ove si recano gì' infermi di tutte le provincie del
Perù per farsi curare.
IO? DESCRIZIONE
Pizzarro, che gli diede il nome della sua patria, sta a mezza lega
dal mare e 80 da Lima in un ameno e fertile territorio , conta
più di gai. abitatori. Veggonsi in qualche distanza le rovine di
antichi monumenti Peruviani, ove Giovanni Gutierrez di Toledo
trovò l'anno 1 5^6 tesori immensi, nascosi dagl' Indiani, allorché
vi entrarono gli Spagnuoli la prima volta, il che rese al Re pel
suo quinto, 58, Sa^ scudi d'oro.
Canete.
Nell'Intendenze di Lima il porlo di Canete fa colla capitale
un gran commercio di grani, legumi, uccellame domestico, pesci,
frutta , nitro e sale che si estrae dalle saline di Gulca. Questa
provincia è distante sei leghe al mezzodì di Lima, si estende fino
a 35 leghe lungo la costa del mar Pacifico } è lunga 3i leghe e
larga circa nove. La provincia di Ica confina a levante con quella
di Castro, Virreina e di Lucanas} al mezzodì con quella di Cumana
ed a ponente col mare: è lunga 5o leghe e larga nt\. L' aria vi è
più calda che a Lima : il suolo è soprattutto fertilissimo in viti,
che producono uve in abbondanza, sebbene non vi piova che poco
e ben di rado} ma il commercio del vino si fa a Lima, a Panama
ed a Guayaquil j vi si veggono anche molti olivi il oui frutto dà
un ottimo olio.
Ica.
Ica città capitale sopra un picciolo fiume presso al mare con-
tiene parecchie fabbriche di vetro. Arequipa è città con un porto
che può dirsi il migliore dopo quello di Gallao. La città è una
delle più belle e piacevoli del Perù, deliziosamente situala in un
bel piano, con case di pietra fatte a volta.
Aarequipa.
La fondò Francesco Pizzarro nel 1 53g in un luogo pur detto
Arequipa (1) , ma lo svantaggio del sito indusse gli abitatori a
trasportare la loro città nella valle di Quilca, dove essa giace pre-
sentemente, a 20 leghe dal mare, col quale ha libera comunica-
(1) Dicesi che Arequipa significhi Ebbene ! restatevi ; poiché le truppe
-vittoriose dell' Irica avendo conquistato questo paese chiesero di restarvi,
e di stahilirvisi a cagione dell'amenità del paese, il che fu loro accordato
avendo risposto l' loca : Arequipay. Filippo II li ringraziò della generosità
delle loro donne , che esibirono volontariamente le proprie gioje per i bi-
sogni della corona. W. Guthrie.
DEL PERO IO9
zione per mezzo di un bel fiume. Nella parte marittima dell'In-
tendenza d'Arequipa pone Malte-Brun il porlo d'Arica, la cui
aria è calda e malsana. Alcuni de'contorni, egli prosegue, produ-
cono ottime olive, che sono osservabili per la loro grossezza. Havvi
nella provincia un vulcano che lancia zampilli d'acqua fetida e
calda \ è piena di deserti d'arena rotti da fertilissime zone di ter-
reno. Vi si coltiva la vite con molta cura ed intelligenza, e vi si
lavorano qualche miniera d'oro e di rame non che ricchissime
miniere d'argento. Pel porto d'Arica le provincie della Paz , di
Oruco, di Charcas e di Potosi, oggidì sottoposte al vicereame di
Buenos-Ayres, comunicano col grande Oceano.
Taena.
Taena sulla prima falda delle montagne meritò per la salu-
brità del clima di diventare sede dell'amministrazione e degli
altri pubblici stabilimenti, ch'eran dapprima in Africa.
Città delV Alto-Perù. Caxamarca.
L'Alto-Perù contiene un maggior numero di luoghi più degni
di osservazione. Nell'Intendenza di Truxillo la città di Caxamarca
racchiude gli avanzi del palazzo dell' Inca Atahualpa, abitato al
presente da uno de' suoi discendenti. Quella città abitata da
12,000 persone trovasi in un clima temperato, in mezzo ad una pia-
nura ove il formento rende il sessanta per uno. Alla distanza di
una lega trovansi sorgenti d'acqua calda chiamate il bagno degli
Inca. Gli abitatori industriosi fabbricano ogni spezie di stoffe or-
dinarie di lana, non che tele di lino e di cotone. La materia
prima di quegli oggetti trovasi nel distretto, il cui terreno in parte
ineguale e montuoso, riunisce entro uno spazio ristretto le più va-
rie produzioni. Caxamarca è i4^4 tese più alta del livello del mare.
Chacapoyas, Huanuco ec.
Meritano particolare menzione Chacapoyas città rustica in un
paese isolato e delizioso- Huanuco che contiene grandi abitazioni
oggidì abbandonate, e Tarma che trovasi sotto un clima piacevo-
lissimo. La provincia di Tarma contiene la città di Pasco in un
paese aspro e silvestre , chiamato pianure di Bombon . ove non
alligna spezie alcuna di grano. Malgrado di tali svantaggi, la città
è una delle più popolate, delle più mercantili ed importanti del
regno, attesa la vicinanza delle ricche miniere d'argento di Lau-
ricocha. Atanjauja è la capitale della valle Jauja , che è la più
HO DESCRIZIONE
florida ed una delle più popolate del Perù, perchè le facili co-
municazioni le somministra i mezzi d'inviare alle minieredi Pasco
il mais e le altre derrate che produce. Guanca-Yelica, 3o leghe
distante da Guamanca, fabbricata entro una fenditura delle Ande,
è celebre per la sua ricca miniera d' argento vivo che trovasi alla
distanza di una lega e mezza, all' altezza di 2,1 5o leghe al di so-
pra del livello del mare. Le sorgenti calde di Guaca-Velica sono
cariche di tufo calcario.
Guamanga.
Guamanga città principale della provincia dello stesso nome
70 leghe discosta da Lima è situata sul pendio di parecchie col-
line, ha eccellenti pascoli e mantiene molte gregeie, la lana delle
quali è finissima e pregiatissima in tutto il Perù: vi si raccoglie
molto grano } e non vi ha città nel Perù che la superi per la
bellezza de' suoi edifizj, che sono tutti costruiti di pietra , con
grandi e vaghi giardini che producono fruita in gran copia: le sue
piazze sono vaste e quadrate, e magnifici sono i viali d'alberi
piantativi all'intorno. Quivi si fa un grande commercio di grani,
di frutta, di minuto bestiame, di cuoj e di marrocchini. Essa è
sede di un'università e di un intendente } gli abitatori sono gen-
tili, intelligenti e dediti alle scienze. La situazione centrale fra
Lima e Cuzco rende Guamanga assai importante , e ne sarebbe
forse la capitale, se il clima non fosse un po' freddo.
Città delV Intendenza di Cuzco.
L'Intendenza di Cuzco contiene molte picciole città. Il di-
stretto di Calca-y-Lares produce il miglior zucchero di tutto il
regno \ le canne sussistono senza cura alcuna per più anni, e sono
ricchissime di zucchero, e maturano dopo quattordici mesi , cir-
costanza curiosa se si potesse ammettere dietro l'asserzione di un
autore poco giudizioso (1). Lo zucchero si cristallizza con estrema
rapidità. Il distretto di Games e Canches trae il nome di due tri-
bù, delle quali sussistono ancora gli avanzi: gli individui appar-
tenenti alla prima sono robusti, taciturni ed orgogliosi, veston di
nero e vanno a cavallo } gli altri di media corporatura, allegrie
leggieri, non si coprono che con pelli. La loro lingua differisce co-
me i loro costumi: vivevano sotto due Principio Curachi indi-
(1) Alcedo, Dizionario, alla parola Calcas y Lares.
DEL TERU 1 1 I
pendenti, siche vennero sottomessi dagli luca (i). » Nel loro
paese, nelle vicinanze di Condoroma, si sentono, così riferiscono
alcuni autori Spagnuoli, durante la procella, i lampi e i tuoni,
punture nelle mani, nel volto ed in tutto il corpo : si dà a tali
sensa/ioni il nome di mosche: ma debbono essere effetti dell'aria
elettrizzata, poiché più non si sentono tosto cessato il cattivo tem-
po (2). ». Questo fenomeno dell' elettricità merita di essere più
attentamente osservato da un futuro viaggiatore.
Descrizione del lago di Titicaca.
Nell'udienza di Charcas, smembrata dall'Alto-Perù, la geo-
grafia fisica s' arresta con soddisfazione in riva al lago di Titicaca,
sì famoso nella storia degli Inca. 11 bacino , il cui fondo è oc-
cupato de questo Iago è lungo i3o leghe e largo dalle 5o alle
60 : esso è circondato di montagne , e non vi si conosce alcuno
sbocco per tante acque, che sono un po' salmastre e molto amare:
la sua profondità è dalle 70 alle 80 braccia. Nella celebre isola
di Titicaca che dà il nome al lago, Manco-Capac pretese d'avere
ricevuto la sua vocazione divina per essere il legislatore del Pe-
rù. Un tempio coperto d'oro ornava quel sacro luogo} ed in quel
lago, secondo la tradizione, gì' indigeni gettarono la maggior parte
dei loro tesori, e singolarmente la grande catena d'oro degli Inca
Huayna-Capac, lunga 700 piedi.
Città del Perù meridionale La-Piata.
L'udienza di Charcas risede nella città di La-Piata, detta an-
che Chuquisaca e dagli Indiani Ghuquifuya : questa ricevette il
primo suo nome da una famosa miniera d' argento posta nella
montagna di Porco, donde gli Inca traevano immense ricchezze.
Essa è posta su di un ramo del Pilcomayo ed è cinta di alture
che la difendono dai venti. Nella state il clima è assai dolce ,
con poca differenza per tutto l'anno: ma nel verno che princi-
pia in settembre e termina a marzo , le tempeste , i tuoni , i
lampi sono frequenti, e di lunga durata le piogge. Le case sono
grandi e comode anzi che eleganti $ ma allegrissimo pei loro
giardini : la popolazione ammonta a più di i^ra. anime com-
(1) Viajero TJniversal. XXI. pag. 80-99.
(2) Alcedo, alla parola Caxes y Canches. Nel Viajero Unwersal,XYV.
pag. i85, trovasi la stessa relazione, ma T. XXI, , pag. 89-99, non se ne
fa più parola.
112 DESCRIZIONE
presi gli Indiani. Diversi pubblici edifizj sono mageiGci : am-
miransi in ispezie 1' architettura e la decorazione della catte-
drale.
La Paz.
La Paz capitale di una picciola giurisdizione dell' udienza di
Charcas, città vescovile, grande, ben fabbricata, adorna di fon-
tane e di pubblici edifizj , sta su di uu terreno piano sebben
cinto di colline da tutti i lati , fuorché dalla parte del fiume.
Questo , quando si gonfia in conseguenza delle piogge o delle
nevi, trae seco pezzi enormi di macigno ed insieme polvere d'oro
che si trova poscia nel sedimento delle acque. Neil' anno i^3o
un Indiano nel lavarsi i piedi nel fiume trovò un pezzo d'oro
di tal grandezza, che il Marchese di Castel-Fuerte lo comprò per
12,000 da otto, e lo mandò in Ispagna, come un presente degno
della curiosila del suo Sovrano (i). Il commercio principale di
questa città , popolata da 20m. anime (2) , consiste in erba del
Paraguay, che si fa passare in grande quantità nelle altre città
del Perù. Fredda è la temperatura dei dintorni , ma nelle valli
il terreno è fertile, e vi si coltiva anche la cannamele, le cui
piantagioni a Tomina durano 3o anni.
Potosi.
Potosi città nglP arcivescovado della Piata e provincia di Char-
cas, ^5 miglia a scirocco della città della Piata, sta sul pendio
meridionale della famosa montagna dello stesso nome , in un
paese sterile e freddo, ove sono parecchie fonti termali. Deve la
sua celebrità alla suddetta montagna o cervo di Potosi che dalla
sua scoperta fino ai nostri giorni somministrò un'immensa quan-
tità d'argento. Tale fortunata scoperta seguì nell'anno 1 5/^5 per
un fortuito accidente.
Scoperte delle miniere del Potosi.
Uu Indiano , da alcuni chiamato Gualca e da altri Hualpa ,
inseguendo su per questa montagna alcune capre salvatiche, giun-
to ad un passo molto scosceso , s'attaccò ad un aiboscello per
potervi salire più agevolmente} ma non essendo l'arboscello ca-
pace di sostenere il peso del suo corpo, si svelse dalle radici , e
(1) Gazzettiere Americano alla parola Pax.
(a) Helm, Journal d' un voyage.
DEL PEB li I ( 3
scoperse una massa di bellissimo argento, del quale varf pezzi
rimasero fra quella poca terra attaccata alla barba della pianta.
L' Indiano che abitava a Porco, s' affrettò di ritornare a casa con
questi primi fruiti della sua scoperta , purificò l'argento, se ne
servì, e tutte le volte die si vedeva vicino al termine della sua
provvisione, se ne tornava a quella inesausta sorgente. Finalmente
un intimo suo amico, chiamato Guanca, vedendo un sì felice
cambiamento di fortuna, desiderò di saperne la cagione, e lo
sollecitò con tal calore a palesargliela , che questi non potè far
di meno di compiacerlo. Comunicatosi P arcano , continuarono per
qualche tempo ad andare insieme alla montagna , per far la loro
provvisione d" argento, fino che, non volendo Guanca insegnare
all'altro la maniera di purificare il metallo, Guanca rivelò il
secreto al suo padrone Villaroel, Spagnuolo che viveva a Porco.
Questi sulle notizie avute andò il 21 aprile 1 545 a visitare tal
luogo , e fece che senza indugio s' aprisse una miniera che fu
lavorata con prodigioso vantaggio. Questa prima miniera fu chia-
mata il Discopiitore, perchè avea dato motivo a scoprir le sor-
genti di molte altre ricchezze contenute nelle viscere di queste
montagne. Di là a pochi giorni ne fu aperta un'altra, chiamata
la miniera di Slagno} e poscia un' altra delta la Ricca, come più
abbondante dell'altre* ed in ultimo la Mendicta. Queste sono lo
principali miniere del Potosi (1), dalle quali si cavava annual -
mente per il valore di 9,282,382 lire sterline d' argento.
(1) Secondo la tavola delle annue produzioni delle miniere dell' Ame-
rica Spagnuola al cominciare del secolo decimonono (a), le produzioni del
Perù e delle altre provincie dell'America meridionale sono inferiori d'assai
a quelle del Messico solo. Il signor De-Hnmboldt è del parere che le mi-
niere del Perù sieno non solamente più difficili cìacavai-e, perchè situate
a troppa altezza, ma che la loro ricchezza minerale sia anche minore che
non s'era creduto. Ei cita qual prova i due conti della miniera di Gua-
naxuato al Messico, e di quella di Potosi al Perù. Si dee però dire che il
dotto mineralista signor Helm,il quale non ha veduto il Messico , pensa
che la differenza a disfavore del Perù, provenga principalmente dall' essere
il Messico quasi la metà più vicino alla metropoli, e che quindi il governo
si è trovato maggiormente in caso d' introdurvi una buona polizia ed una
savia amministrazione. Dal che risultarono una più numerosa popolazione,
un'industria più attiva, ed un maggior credito, tutte circostanze favo-
(a) V. De-Humboldt. Essai sur le Mexique, IV. 2r2, 218.
Cost. Voi. III. deW America. 8
I 1 4 DESCRIZIONE
Città di Potosi.
Questa famosa montagna, alle cui falde è situata la città,
solleva la sua cima sopra gli altri vicini monti: lo strato di por-
fido che la corona le dà la forma di cono o di collina basaltica,
alta 697 tese dal vicino altipiano: il colore del suo terreno, in
qualche distanza dalle radici, è di un bruno rossiccio. Noi vi
presentiamo la veduta della città e della montagna nella Tavola
i3. Potosi sede all' amministrazione delle miniere e de' diversi
stabilimenti ad essa relativi, gode anche il vantaggio di trovarsi
vicina ad un ramo del fiume Pilcomayo, che mette nel Para-
guay ciocché la rende centro di un gran commercio, e facilita
le sue comunicazioni con Buenos-Ayres. Egli è difficile combinare
le varie opinioni degli autori sulla popolazione di Potesi. V ha
chi non le dà che 3om. abitatori: il dotto mineralista Tedesco
signor Helm , il quale vi dimorò parecchi anni , assicura che ne
contiene loom. Nel Gazzettiere Americano leggesi che questa cit-
tà ha quasi due leghe di circuito, e che contiene sopra 60,000
Indiani e 10,000 Spagnuoii, diversi dei quali sono persone di un
grado distinto, e per la maggior parte possessori d' immense ric-
chezze.
Oropesa, Tari j a ec.
Sono degne di menzione nel Perù meridionale anche le se-
guenti città: Oropesa, nella valle di Cochabamba, posta alla riva
di un fiumicello che sbocca nel fiume Guapoy: essa venne fab-
bricata da Don Francesco de Toledo, che le die questo nome in
onore del Conte d' Oropesa, di Castiglia Nuova in Ispagna, suo
congiunto. Gli abitatori fauno uo gran commercio di biada e frutta,
cui produce in gran copia la suddetta fertilissima valle. Tarija è la
capitale della provincia di Chicas, ed abbonda essa pure di biade,
frutta e buoni vini 5 S. Francesco d1 Atacama nella provincia
revoli allo scavo delle miniere. Manca al Perù una banca reale o partico-
lare; e per ultimo il trasporto dei metalli in Europa è più lungo per Ve-
va-Cruz e per l'Avana che pel fiume della Piata, che è il solo grande
sbocco dell' America Spagnuola meridionale. Se il Perù si trovasse in una
situazione favorevole come quella del Messico ; se si aprisse la navigazione
dell' Amazone, non v'ha dubbio » che trarrebbesi dalle miniere di quella
sola provincia , oro ed argento in quantità quattro volte maggiore di quella
fhe si ritrae attualmente da tutte le miniere insieme unite ».
DEL PERÙ I l5
<T Atacama, che confina al nord col territorio ò" Arica, al sud col
Chili) e la cui parte marittima non è che un orrido deserto, ma
che nell'interno contiene fertili terre, metalli ed acque calde.
Santa-Cruz de la Sierra, città considerabile, ma poco conosciuta,
sorge di mezzo ad una vasta contrada leggermente ondulata da
picciole montagne, al di là delle quali giacciono le immense pia-
nure di sabbia della provincia di Chitos , che giugne al nord
fino alle pianure selvose della provincia di Moxos.
Dopo di aver data la topografia del Basso ed Alto-Perù pas-
seremo ad esaminare brevemente la forma di governo, le usanze,
i costumi, il commercio delle colonie Spagnuole stabilite in que-
sta parte dell'america meridionale.
Governo del Perù.
I vice Rè del Perù hanno la loro residenza in Lima. Ulloa ci
lasciò una lunga descrizione del ricevimento che questa capitale
fa a' suoi vice-Rè, e della pompa e magnificenza che accompagnano
una tale cerimonia (i).
J^ice-Re, loro potere e pompa.
II governo di un vice-Rè dura tre anni, spirati i quali può il
Re confermarlo nella sua carica. Governa con pompa e preroga-
tiva di Re: assoluto in lutti gli affari militari, civili, criminali o
relativi alle rendite , ha sotto di se offiziali e tribunali giusta i
varj dipartimenti del governo: elegge tutti gli ofluiali*, sicché la
grandezza del suo impiego supera la dignità del titolo. Per si-
curezza della sua persona egli ha due corpi di guardia} uno di
160 soldati a cavallo , sotto il comando di un capitano e di un
tenente^ la sua divisa è turchina con mostre di scarlatto guernite
di frange d'argento con bandoliere eguali. Tale compagnia è com-
posta di Spagnuoli, e tutte persone scelte: montano la guardia alla
principal porta del palazzo, ed ogni volta che il vice-Rè ne esce,
viene accompagnalo da un picchetto di otto guardie, delle quali
quattro lo precedono e quattro gli tengon dietro. L'altra compa-
gnia è composta di cinquanta alabardieri tutti Spagnuoli, vestiti
d'azzurro, con camiciole e mostre di velluto cremisino con dop-
pio gallone d'oro: essi fanno la guardia alla porta delle sale che
conducono a quella della pubblica udienza ed agli appartamenti
(1) Voyage au Perou,. Uv. L eh. IV. pag. fi?.
Il6 COSTUME
del vice-Re, cui accompagnano altresì tutte le volte ch'egli esce, o
die si reca alle sale de' tribunali. Oltre queste due compagnie ,
liavvi ancora nell'interno del palazzo un distaccamento d'infanteria
della guarnigione di Callao, composto di cento soldati , di un
capitano e di un luogotenente, e questo vien impiegato a far ese-
guire gli ordini del vice-Rè, e tutti i decreti de' tribunali. Oltre
ch'esso assiste alle corti di giustizia, e ai consiglj di guerra e di
finanze , il vice-Re dà udienza ogni giorno ad ogni grado di
persone} al qual fine sono nel palazzo tre belle sale, nella prima
delle quali, ornata dei ritratti di tutti i precedenti vice-Re, egli
riceve le deputazioni degli Indiani e de' mulatti } nella seconda dà
udienza agli Spagnuoli, e nella terza, dove trovansi i ritratti del
Re e della Regina attualmente regnanti, egli riceve tutte le damo
che desiderano udienza privata.
Milizia.
Il salario del vice-Re ammonta a 7167 lire sterline all'anno,
senza i legittimi incerti che vagliono tre volte tanto. Nella sua
giurisdizione egli può levare i2om. soldati, ma si crede che non
ne possa armate la quinta parte. Il presidio di Lima è composto
di i4 compagnie di fanteria Spagnuola, sette compagnie del corpo
di commercio, otto compagnie d'Indiani, sei di mulatti , e dieci
squadroni di cavalleria Spagnuola : in tutto quattro mila soldati,
gente robusta, e ben disciplinata.
Amminist razione della giustizia.
Ben regolato è il governo, massime rispetto all'amministra-
zione della giustizia. Gli affari immediatamente relativi al gabi-
netto si spediscono da un segretario di Stato con un assistente
propriamente qualificato per sì importante impiego. Da questo
officio escon gli ordini pe' passaporti , i quali vengono dati da
ogni Corregidor entro la sua giurisdizione. Il segretario ha la
facoltà di coprire tutti gli impieghi giuridici pel corso di due
anni*, ma deve avere l'approvazione del vice-Re, né fa cosa al-
cuna se non per autorità del medesimo. Le cause relative all'equità
vanno alla curia detta Audiencia , dai decreti della quale non è
lecito appellare al consiglio delle Indie, se non in caso di notoria
ingiustizia e di un secondo processo. Il liibunale Audiencia ,
curia suprema in Lima, è composto di otto auditori e da un fi-
scale per affari civili: si tiene nel palazzo del vice-Re in tre dif-
Ama-. ]'„/. [IL
T<ir_ /.;-.
f<//'/a/o/-' >>//__ t&ma. ''
DEGLI ABITATORI DEL TERU I I 7
ferenti saloni: ne' primi due si trattano le cause pubblicamente o
privatamente, nel terzo si delibera.
Camera decoriti.
Segue la camera de' conti, composta di un commissario e due
direttori con inferiori uflìziali appartenenti a ciascuna classe. Qui
i Corregidores (Governatore o Podestà) cui è affidata la pubblica
rendita, presentano i loro conti, e qui pure si regolano le distri-
buzioni e '1 maneggio dell'entrata regia. Finalmente ci ha nel pa-
lazzo la regia tesoreria, nella quale si ricevono tutte le rendite di
Sua Maestà, da qualunque luogo esse vengano entro la giurisdi-
zione dell' Audiencìa di Lima.
Magistratura.
La magistratura consiste in Regidores o senatori , Alferez
real che è una spezie di luogotenente generale di polizia, e in
due Alcades o giudici-, tutti nobili di primo grado. Questi hanno
la direzione delT ordine civile, e amministrano la giustizia ordi-
naria. Gli Alcades presedono alternatamente ogni mese, poiché,
per particolar privilegio della ciltà di Lima, non si estende che
agli Indiani la giuiisdizione del Corregidor.
Una delle più utili instiluzioni, quando sia bene amministrata,
si è la coite per la sicurezza degli effetti di persone morte: que-
sta s'incarica di tutti i beni di chi muore intestato e senza legit-
timi eredi*, e soprantende anche alla condotta di chi ha in mano
effetti d'altre persone.
Tribunale per gli affari di commercio.
L' altro tribunale è il Consulado ( consolato) o consiglio di
commercio: esso consiste in un Presidente e due consoli, i quali
soprantendono ad ogni cosa relativa alla mercatura, decidono tutte
le dispute ed i processi mercantili , e si governano colle «tesse
regole che i consolali di Cadice e Bilbao.
Religione.
11 capitolo della cattedrale, alla testa del quale trovasi l'Ar-
civescovo, è composto di cinque dignità , di un decano , di un
arcidiacono, di un cantore, di un teologante e di un tesoriere ,
di nove canonici, di sei prebendati e ydi sei semi-prebendati. Il
tribunale ecclesiastico è composto solamente dell'Arcivescovo e
del suo uffiziale. I suffraga nei di questo prelato sono i Vescovi
di Panama, di Quito , di Truxillo , di Guamanga, d'Arcquipa ,
Il8 COSTUME
di Cuzco, di Santingo e della Concezione: i due ultimi sono nel
regno di Chili. Il tribunale dell'inquisizione è composto di due
inquisitori e di un fiscale, i quali cogli uffiziali subordinati ven-
gono nominati dall' inquisitore generale} e in caso di vacanza di
questo, del supremo consiglio dell'inquisizione.
Istruzione pubblica.
Le scuole pubbliche dell'università ed i collegj di questa città
coltivano nelle lettere divine ed umane l' ingegno perspicace degli
indigeni, che comincian presto a far brillare il loro sapere} ciò
che è piuttosto l'effetto della loro naturale disposizione che della
coltura e dell'arte} che se essi non si distinguono parimenti in
altri generi di studio, non è certamente da attribuirsi a negli-
genza riè a poco ingegno, ma a mancanza di abili professori, es-
sendo essi di facilissimo intendimento. L'università di S. Marco
ha cattedre per ciascuna scienza: i collegj di S. Toribio , S.
Martino e S. Filippo son dotati di particolari privilegi , ed han
professori, che insegnano diverse lingue e scienze.
Usanze e costumi degli abitatori di Lima. Spagnuoli.
Gli abitatori dell'opulenta e popolosa città di Lima sono Spa-
gnuoli , Indiani , Negri e Meticci. Le famiglie Spagnuole sono
molto numerose ascendendo dalle 16 alle i8m. persone, delle quali
una terza o quarta parte forma la più distinta nobiltà del Perù.
Molte di queste hanno titoli di dignità Cast igliana, essendovi da
/j5 conti e marchesi stanziati nella città. E anche notabile il nu-
mero dei cavalieri de'vorj ordini militari, e quello di altre anti-
che famiglie che vivono con grande splendore} fra le quali di-
stinguonsi particolarmente "ventiquattro mojiraschi, che hanno gran
poderi ed antichissime case, ma senza titoli. Una di queste fami-
glie trae origine certa dagli Inca , e si è quella d' Ampuero, così
appellata dal nome di un capitano Spagnuolo che si trovò alla
conquista del Perù o che prese per moglie una Coya (i). I Re
di Spagna accordarono a tal famiglia distinti onori e privilegj co-
me in risarcimento delle gravi ingiurie fatte ai predecessori della
medesima. I majorascati stabiliti nelle famiglie impediscono ch'esse
vadano in decadenza, disordine che, senza ciò, sarebbe inevita-
(i) Con tal nome gli Inca appellavano le loro Principesse di sangue
reale.
DEGLI ABITATORI DEL PEMj' 1 Ig
bile attese le grandi spese che fauno continuamente per vivere
con magnificenza e splendore. Esse hanno poderi assai considera-
bili, impieghi politici e militari} e que' nobili che non hanno né
entrate di majoraschi, uè terre libere, si sostengono coi non meno
reali vantaggi che loro procura il commercio , non essendo colà
il negoziare in grande, cosa incompatibile colla nobiltà, come lo
fu in Ispagna.
Negri e Mulatti.
I Negri ed i Mulatti formano il maggior numero degli abi-
tatori, e sono quelli che esercitano le arti meccaniche, cui anche
gli Europei si applicano, senza curarsi, come a Quito, se la me-
desima professione sia esercitata dai Mulatti ■ poiché ognuno cer-
cando di guadagnare, ed i mezzi onde giugnere a tale scopo es-
sendo diversi a Lima, non si pensa punto agli ostacoli.
Indiani, Meticci.
La terza ed ultima spezie degli abitatori sono gli Indiani ed
i Meticci, il cui numero è picciolo in proporzione della grandezza
della città e della quantità delle altre caste. La loro ordinaria
occupazione consiste nel seminare le terre, nel far stoviglie, e nel
vendere le derrate al mercato^ poiché nelle case tutto il servizio
vien fatto dai Negri o dai Mulatti, liberi o schiavi, ma spezial-
mente da questi ultimi.
Foggia di vestire degli uomini.
Gli abiti usali dagli uomini in Lima non differiscon molto da
quelli che sono in uso nella Spagna, e la differenza non è uè
anche assai grande fra le diverse condizioni. Tutte le stoffe sono
comuni, e chi può comprarle può portarle , in guisa che non è
da stupirsi se si vede un Mulatto che esercita un mestiere, ve-
stito di ricca stoffa, mentre che una persona di primo grado non
ne trova una più bella per distinguersi. Tutti si danno al più gran
lusso, e si può dire senza esagerazione che le stoffe fabbricate
nel paese, in cui l'industria inventa ogni giorno qualche cosa di
nuovo , non brillano tanto in alcun'altra parte quanto a Lima ,
essendone l'uso ordinario e generale. Ma in quanto a ciò le donne
superano d' assai gli uomini, ed il loro lusso è portalo a lai punto
che merita una particolare descrizione.
Delle donne.
È cosa sorprendente l'attenzione ed il gusto che le Peruviane
lao COSTUME
dimostrano nella scelta de* merletti , coi quali sogliono caricare le
loro vesti: quest' è un' emulazione generale non solo fra le donne
di distinzione , ma ben anche fra le altre, ad eccezione delle Negre
die sono quelle dell' ufi imo grado. I merletti sono cuciti sulla
tela tanto vicini gli uni agli altii, che non traspare che una
picciola parte di questa, anzi alcune paiti delle loro vesti sono sì
coperte che il poco che se ne vede sembra servir più d' orna-
mento che per uso. Nel resto poi questi merletti devono essere
de' più fini del Brabante, gli altri sono risguardati come triviali.
La loro foggia di vestire è assai diversa da quella delle donne
Euiopee, e non ci ha che l'usanza del paese che possa renderla
sopportabile. Essa consiste nel calzare, neila camicia , in uua gon-
nella di tela delta Fustan, o sottogonnella bianca, in un'altra
gonnella aperta ed in una giubba bianca nell'estate e di stoffa nel-
1' inverno. Vedi la Tavola i/j. Alcune, ma in picciol numero, ag-
giungono a tutto ciò uua spezie di manto intorno al corpo, che
per lo più tengono aperto. Li differenza che passa fra questa foggia
di vestire e quella delle donne di Quilo, benché composta delle
stesse parti, consiste in ciò, che la gonnella delle donne di Lima
è assai più corta , poiché dal ventre discende soltanto alla metà
della polpa della gamba , e da questa fino al di sopra della noce
del piede pende il fino merletto attaccato intorno al Fustan. A
tiaverso di questo merletto veggonsi pendere le estremità de' le-
gacci ricamali d' oro o d'argento, e qualche volta ornati di perle.
La gonna è di velluto o di qualche altra ricca stoffj carica di
ornamenti come quella delle donne di Quito. Le maniche della
camicia lunghe un' auna e mezza e larghe due sono guernite da
un capo all' altro di meiletti uniti e attaccati diversamente insie-
me. Sopra la camicia pongono la giubba , le cui maniche assai
grandi formano uua figura circolare : queste maniche sono di mer-
letti ornati di liste di balista o di linone finissimo. Le maniche
della camicia se non sono più belle sono eguali: la camicia è fer-
mala sulla spalla con nastri attaccati per tale oggetto alla giubba.
Poscia esse rimboccano le maniche rotonde della giubba sopra le
spalle, e lo stesso fanno di quelle della camicia che rimango»
sopra le altre: e quelli quattro ordini di maniche formano come
quattro ale che discendono fino alla cintura. Le donne che por-
tano il manto se ne cingouo il corpo, senza lasciare perciò di
lai
portare la giubba ordinaria. Nell'estate esse copronsi di un velo
o perizoma assai somigliante alla camicia, fatta di batista di finis-
simo linone guernilo di merletti. Sogliono poi nell'inverno av-
vilupparsi in un rebos che consiste in un pezzo di bajetta o fla-
nella :, ma quando escono di casa questo rebos è ornato e guer-
nilo come la gonna : alcune lo guerniscono di frange, alcune altre
di passamani di velluto nero. Al di sopra della gonnella mettono
un grembiule simile alle maniche della giubba. Da tutto quel che
abbiamo finora esposto si può giudicare quanto debba costare un
abito nel quale s'impiega più materia per le guarnigioni che pel
fondo } e dopo ciò non sembrerà cosa strana che la camicia di
una sposa costi qualche volta più di mille scudi.
Si dan vanto di avere il piede picciolo.
Una cosa poi, di cui queste donne si dan maggior vanto, si è
di avere il piede picciolo*, poiché iu questo paese, siccome nella
Gina , la picciolezza del piede vien considerata come una grande
bellezza: e siccome elleno sono accostumate a portar fino dalla
loro infanzia strettissime scarpe, così non è cosa rara di trovarvi
delle donne che hanno i piedi lunghi dai cinque ai sei pollici. Le
scarpe sono affatto piatte e senza suola : un pezzo di marrocchino
seive di toraajo e di suola nello stesso tempo:, hanno la punta
larga e rotonda come quella del tallone, di maniera che la loro
forma è simile alla figura di un 8: queste scarpe sono allacciate
da fibbie di diamanti o da altre pietre, secondo la facoltà di chi
le porta i, e ciò più per ornamento che per bisogno, poiché tali
scarpe sono fatte in modo da non abbisognare di fibbie per ri-
maner ferme ai piedi. Portano ordinariamente calzette bianche
di seta , e qualche volta anche di colore ricamate dai lati • ma il
bianco è il colore più di moda, siccome più acconcio a nascon-
dere i difetti della gamba che è quasi tutta esposta alla vista.
acconciatura.
Le donne hanno generalmente i capelli neri, assai folti e lun-
ghi che oltrepassano la cintura: sogliono esse rialzarli ed attaccarli
alla parte posteriore della testa in sei trecce che ne occupano tutta
la larghezza , e nelle quali passano una spilla d'oro un po' curva
detta polizon^ collo stesso nome chiainan pure due bottoni di dia-
manti posti alle due estremità della spilla. Quella parte delle
treccie che non è attaccata alla testa, ricade sulle spalle, formando
lat COSTUME
la figura di un cerchio stiacciato : davanti e di dietro della testa
mettono pennini di diamanti: coi capelli dinanzi formano de' pic-
cioli ricci che scendono dalla parte superiore delle tempie fino al
mezzo delle orecchie , e sopra ciascuna tempia pongono un piccio-
lo empiastro di velluto nero.
Ornamenti .
Gli orecchini sono di diamanti accompagnati da bottoncini o
fiocchetti di seta nera ornati di perle, ed al vezzo di perle, che
portano al collo sogliono altresì aggiugnere un rosario che penda
nei mezzo del pelto tutto composto di grosse perle. Oltre poi gli
anelli di diamanti ed i braccialetti di perle delle più grosse e
della migliore qualità, molte dame portano de' diamanti incassati
nell'oro, ed al disotto dello stomaco un altro vezzo rotondo e
grande attaccato ad un nastro che cinge il corpo tempestato anche
esso di diamanti. Se noi ci presentiamo una di queste donne tutta
coperta di finissimi merletti e delle più ricche stoffe, tutta bril-
lante di perle e di diamanti , non ci faremo difficoltà a credere
che quand'ella è abbigliata, ha sopra di se il valore di 3o o /jo
mila scudi, un po' più un po' meno a seconda delle facoltà di
ognuna^ magnificenza tanto più sorprendente, inquanto che essa
regna ben anche tra le donne privale.
Elleno hanno altresì due ordinarie foggie di vestire, per uscire
di casa: l'una consiste in un velo di taffettà nero ed in una lunga
gonnella 5 l'altra in una cappa ed in una gonnella rotonda: la pri-
ma viene usata per recarsi alla chiesa, l'altra per andare al pas-
seggio. Queste vesti sono ricamate d' oro, d' argento o di seta su
di un fondo di tela che non corrisponde a sì fatti oroamenti.
Amano esse con una spezie di furore il lusso innocente dei
fiori e dei profumi: portano sempre dell'ambra indosso-, ne metton
di dietro alle orecchie, nelle vesti e per fino ne' mazzetti di fiori}
ornano i loro capelli coi fiori più belli e più olezzanti, e ne
guerniscono anche le maniche. La gran piazza di Lima è sempre
come un giardino per l'abbondanza de* fiori che vi si pongon in
mostra.
L'immaginazione e la sensibilità del bel sesso sono cose am-
mirabili: le donne sono naturalmente gioviali senza mancare alla
decenza: la musica è una delle loro principali occupazioni } anche
fra le persone del volgo si odon continuamente canzoni ingegnose
DEGLI ABITATORI DEI FEIUJ* l'i.")
• piacevoli : le danze sono assai frequenti, e si balla con una leg-
gerezza che sorprende. La vivacità e la penetrazione degli abita-
tori di questa città assegnan loro un posto distinto fra le nazioni
incivilite. Il buon gusto, l'urbanità, molte qualità sociali sembrano
ereditarie ne'Peruviani , che rimasero fedeli a Ferdinando VII.
Ella é non pertanto desiderabil cosa che vi si migliori il sistema
d'educazione.
GOVERNO, RELIGIONE, USANZE e COSTUMI DEGLI
ANTICHI PERUVIANI.
Antichi Peruviani.
JLie nazioni indigene del Perù richiamano al presente tutta la
nostra attenzione; ma la storia de' Peruviani vagamente conservata
per via di tradizioni verbali, o con que' nodi simbolici chiamati
quipU) è infinitamente più oscura di quella de' Messicani, né risale
più addietro di due o tre secoli innanzi la scoperta dell'America
fatta da Colombo, poiché i regni de'dodici luca non poterono
avere una durata comune di più di vent'anni.
Garcilasso de la Vega il più autentico storico del Perù, di-
sceso egli medesimo da stirpe regia per parte di madre, profonde
le sue lodi agli Inca , come se renduta avessero umana e civile
gente barbara, vagante al par delle bestie, senza la minima idea
di virtù, di leggi, o di religion naturale. Un giorno che Garcilasso
dimandò all' luca suo zio l'origine della nazione e dell' innalza-
o
mento degli Inca, gli fu risposto così: jj Cugino mio, voglio ben
compiacervi, perchè molto importa a voi di saper queste cose e
d'imprimerle nel cuore.
Loro barbarie primitiva.
Sappiate dunque che tutta questa regione era prima un'intera
foresta ed un deserto , e '1 popolo una sorla di bruti, senza reli-
gione e governo, e senza le arti necessarie alla sociefà, come quelle
di seminare, raccogliere, fabbricare, filare, e tessere. Viveano in
copia nelle caverne di rupi e mo ntagne, pascendosi di radici, di
erba e di carne umana. Il loro vestimento era di foglie o di
ia4 ~) COSTUME
scorza d' albe.ro e di pelli di bestie. In somma erano totalmente
selvaggi*, tenevaosi in comunione le donne, delle quali usavano
come i bruti, e servivansi della prima in cui s'abbatteauo. »
Culto e superstizione.
Gli antichi Peruviani, siccome i Negri della costa d'Africa,
avevano una molliplicilà d'Udii r, quasi ogni cosa che loro si pre-
sentava alla vista , era un Dio. Nazioni, provincie, tribù, famiglie
e individui, avevano i loro Dei particolari, non polendo com-
prendere come la stessa Divinità potesse attendere alle varie azioni
di differenti persone. Alcuni per semplice istinto di riconoscenza
adoravano la benefica natura, le montagne madri de' fiumi, i
fiumi stessi e le fo.iti che bagnavano e fecondavano la terra*, gli
alberi che davan legne a' loro focolari ; gli animali timidi e man-
sueti de' quali mangiavan le carni, ed il mare abbondante di pesci
cui chiamavano loro nutrice. Ma il culto del terrore era quello
del maggior numero. S'eran fatti Dei gli oggetti più orribili *,
tributavano un superslizioso rispetto al cuguar, al jaguar, al con-
dor, ai più gran serpenti *, adoravano le procelle, i venti, la fol-
gore, le caverne, i preci pizj*, si prostravano dinanzi ai torrenti,
alle tenebrose foreste, alle radici di que' terribili vulcani che
squarciavano le viscere della terra. Non eravi però che un'ombra
di culto anche per queste terribili Divinità: e sembra che le con-
siderassero come l'Afiicano considera i suoi idoli o feliscj. Tutta-
via chi si squarciava il ventre, e si lacerava gli intestini , chi più
forsennato strappava i suoi figli alla mammella materna, onde
immolarli sull'altare.
Sacrifizii.
Garcilasso conferma il racconto di Blas Valera, il quale dice
che i montanari delle Ande mangiavano carne umana ed immo-
lavano ai deificali serpenti e uomini e figli proprj*, venivano di-
visi subito in quarti i prigionieri di guerra , e distribuiti a bene-
fizio del vincitore, od erano venduti al macello. Se il prigioniere
era persona di distinzione, veniva tosto spogliato e legato ad un
palo : gli si tagliavan con coltelli di pietre affilate le parli più
carnose, come le polpe delle gambe, delle coseie , delle natiche
e delle braccia, e spruzzando di sangue i circostanti, le mangiavano
avidamente sugli occhi dell'infelice vittima, cln* innanzi morire
si vedeva sepolto nel veutre dei suoi nemici. Le donne bagnavano
DEGLI ABITATORI 9E!, PERÙ' 125
i capezzoli di quel sangue per farlo succhiare dai loro infanti in-
sieme al latte che loro davano. Vedi la Tavola i5. E tutto que-
sto in via di religiosa offerta. Spirato il paziente, si divorava il
resto di sue carni e viscere cou più solenne e tacita riverenza.
» Tale, dice Garcilasso, era il modo di que'barbari, prima di
ricevere il governo degli Inca ». È facile però che molte delle
dette cose siano tradizioni favolose od esagerazioni per esalta-
re la riforma fatta dagli Inca tenuti poscia in somma vene-
razione.
L'orgoglio nazionale erasi combinato colla superstizione. I
Peruviani risguardavano questi Dei crudeli come se fossero gii
antenati delle loro tribù. Gli uni, siccome quelli di Cuba, di
Quinvala e di Tacmar, superbi per la credenza di discendere da
un leone adorato dai loro padri , presenfavansi vestiti delle spo-
glie del loro Dio , colla fronte coperta della sua criniera , e colla
più minacciosa ferocia negli occhi. Altri come que'di Sulla, di
Vilca, d' Hanco, d'Urimarca vantavansi d'esser nati, quali da
un monte, quali da una caverna o da un lago o da un fiume a
cui i loro genitori immolavano i primogeniti (i).
Storia delV origine dell'imperio Peruviano.
Tali erano i nostri antenati , così Tinca zio di Garcilasso pro-
segue il suo racconto, quando il Sole nostro padre avendo pietà
di loro, mandò dal cielo in terra un suo figlio e una sua figlia
per istruire i popoli nella scienza di sua Divinità, affinchè lo
adorassero, dando loro e leggi e precetti per vivere da uomini
ragionevoli in case e in società, ed insegnando loro a seminar le
terre, e coltivare le piante, e a pascer le greggie.
Il Sole manda dal cielo in terra un figlio ed una figlia per
instruire i popoli.
Con queste instruzioni il Sole, nostro primo padre , collocò i
suoi due figli nelle vicinanze del lago Titicaca ( a 80 leghe da
Cuzco) dando loro piena libertà d'andar dove loro piacesse, ma
che quando volessero mangiare o dormire in qualche luogo, pro-
curassero di ficcare in terra una verga d'oro, lunga un mezzo
braccio e grossa due dita, ch'ei loro diede come un segno infallibile
della sua volontà, la qual'era che là r ove essa d'un solo colpo
(1) Garcilasso, lib. I. cap. 2.
1 2,6 COSTUME
entrava nella terra, dovevano stabilire la loro residenza, e formare
una corte, cui ricorresse tutto il popolo. Doveano poi governarsi con
ragione, giustizia , pietà, clemenza e dolcezza. Ridotto obbediente
il popolo e soggetto alle leggi doveano fare tutti gli uffizj di teneri
genitori verso diletti figliuoli, ed imitare l'esempio dato loro dal So-
le loro padre il quale fa bene a tutto il mondo} illumina e riscalda,
fa vegetare i semi, rende prolifiche le piante, feconda le greggie,
innaffia le terre colle rugiade, e giornalmente fa un giro visitando
ogni angolo della terra per conoscere e provvedere a qualunque
bisogno. Così il Sole nostro padre, proseguì P Inca, avendo dichia-
rata la sua volontà a questi due suoi figli, li mandò ad eseguire
questa importante commissione } ed essi cominciando il viaggio di
Titicaca verso settentrione cercavano di ficcare la verga in terra
ad ogni luogo di riposo , ma non vi entrava. Finalmente dopo
varie inutili prove giunsero ad un picciol luogo , otto leghe circa
a mezzo-dì di questa città (Cuzco) , appellato ancor oggidì Pa-
cavec-Tempu (i) cioè Dormitorio de W alba, nome datogli dal-
l' Inca, perchè usciva da questo dormitorio sul far del giorno. Là
vedesi anche al presente la città che questo Principe popolò, e i
cui abitatori vantano il titolo datole dal primo de' nostri Inca. Di
qua egli e la Regina scesero nella valle di Cuzco, luogo in allora
scosceso e deserto, e fermandosi a Huanacauti , e gettando di bel
nuovo la verga d'oro, la terra la ricevette con tanta facilità, che
vi si affondò al primo colpo e più non si vide. Allora il nostro
buon luca rivolgendosi alla Regina che era sua sorella e moglie:
il Sole nostro padre le disse, vuol che in questa valle facciamo
stanza: bisogna dunque radunare i popoli per instruirli, e far loro
il bene eh' ei ci comanda.
Manco-Capac e la Regina Coya-Mama-Oello-Huaco, sorella
e moglie radunano i selvaggi.
Ciò detto se n' andarono per diverse strade nel deserto di Hua-
necauti a riunire il popolo \ vedi la Tavola 16} ed essendo quel
deserto il primo luogo di loro residenza , da' loro piedi santificato
meritamente ci abbiamo eretto un tempio per adorarvi il Sole
nostro padre e ringraziarlo de' benefizj compariti al genere umano.
(r) Pacavec~ Tempu, o, secondo altri Pacavec-Tampu, secondo Herrera.
ruol dire Casa di venerazione.
DEGLI ABITATORI DEL PERÙ I *7
Il Principe nostro Inca se ne andò poi a settentrione , e la mo-
glie sorella a mezzodì, dichiarando a qualunque incontravano che
il Sole loro padre mandayali ad istruire e beneficare quegli abi-
tatori, e a divezzarli dalla loro vita brutale e selvaggia. Raccon-
tavano al popolo d'esser venuti a raccorre quelli che andavano
sparsi fra monti e luoghi aspri, per porli in comode abitazioni
dove vivrebbero in società ed amicizia nutrendosi di que' cibi che
la natura destinò all'uomo. Il popolo ascoltava, guardava e stu-
piva : vedea questi figli del Sole vestiti di quegli abiti che loro
avea dati il padre } osservava in essi le orecchie forate e adorne
di gioielli in segno di superior nascita e dignità: bevea avidamente
le parole, le promesse lo confortavano, si persuadeva e gli ado-
rava come prole di un Ente superiore e si rassegnava alla loro
volontà. Raccontando que' miseri l'uno all'altro sì fatto portento,
si sparse da per tutto la fama del Re e della Regina, accorreano
in folla uomini e donne a sottomettersi al loro governo.
Fondazione della città di Cuzco.
Vedendosi i nostri Principi seguiti da un grandissimo numero
di gente, ordinarono ad alcuni di provvedere i cibi necessari al
sostentamento di tutti, ed impiegaron altri a fabbricar case sul
modello che loro davano. Ed ecco l'origine dell'imperiai città di
Cuzco, allor divisa in due parti j una detta Hanan-Cuzco o città
alta \ l'altra Hurin-Cuzco, o città bassa. Quelli che si unirono
sotto il Re abitaron la prima , e quelli del seguito della Regina,
la seconda: non già perchè ciò dinotasse alcuna superiorità ne! Re,
ma bensì per distinguere i suoi seguaci da quei della consorte, e
stabilire ad eterna memoria il principio della società.
Selvaggi inciviliti.
Popolata in tal modo la città, Tinca insegnò al suo popolo
que' lavori che contribuiscono ai comodi della vita , come arar la
terra, seminare : indicò gli istrumenli necessarj per facilitare e
promuovere l'agricoltura: insegnò a'suoi sudditi a coprirsi di ve-
sti per guarentirsi dall'intemperie dell'aria} e la Regina istrui-
va le donne alla buona masserizia e in tutte l'arti domestiche 5
a filare e tessere il cotone } a far abiti pei mariti , pei figliuoli
e per esse } egli altri piccioli ufluj che rendono piacevole la vita.
Ridotti i Peruviani a qualche forma di ci villa, si congratulava-
no fra loro di quel cambiamento di condizione, e pieni di gralitu-
ia 8 COSTUME
dine a tante beneficenze andavano allegri per rupi e boschi ad
avvisare i lontani selvaggi che non avevano ancor gustate le co-
piose grazie de' figliuoli del Sale. Raccontavano tutti i ricevuti
favori, mostrando per prova i nuovi vestimenti , e descrivendo la
maniera di vivere, le case e le occupazioni. Curiosi i selvaggi ac-
correvano da tutte le parti, ed allettati da quanto vedevano, sot-
tomeltevansi di buona voglia alle nuove discipline} di modo che
in capo a sette o otto anni l'Inca ebbe assai gente sotto il suo
comando per mettere insieme un esercito alto non solo a difen-
dersi, ma anche a sottomettere quelli, cui la persuasione non
potea indurre ad abbandonare il loro barbaro modo di vivere. Né
avea egli omesso d'insegnare a'suoi seguaci a far archi, freccie ,
lancie e mazze e ad esercitarsi nel maneggio di quest'armi} sic-
ché presto divennero formidabili, e obbligarono tutti gli stati
circonvicini a ricevere quelle leggi, che servono a promuovere la
felicità degli uomini.
Conquiste fatte dalV Inca Manco-Capac.
Ma per non attediarvi più lungamente sappiate che il nostro
primo Inca soggiogò tutti i paesi a levante fino al fiume Paucar-
tampu^a ponente conquistò lo spazio di otto leghe fino al gran
fiume Apurimac, e di uove leghe al mezzodì fino a Quequisana.
In questa estensione di paese stabilì più di cento borgate, grandi
e picciole , secondo che la situazione de' luoghi potè permettere.
Ecco dunque quali furono i principj di questa nostra città, e i
fondamenti di un sì grande, ricco e famoso imperio che vostro
padre e quelli della sua nazione ci hanno tolto, lo non posso dirvi
precisamente quanto tempo sia dacché il Sole, nostro padre, mandò
quaggiù la sua prole. Noi però siamo persuasi che sieno quattro-
cento anni in circa. Quell' Inca si chiama Manco-Capac , e la Re-
gina Coya-Mama-Oello-Huaco (i). Erano entrambi figli del Sole e
della Luna (2) ».
(r) La parola Inca ha due significazioni: propriamente significa Signo-
re , Re o Imperatore , e per estensione significa altresì discendente del
sangue reale. Essendosi poscia accresciuto d'assai il numero de' sudditi
che godevano la dolcezza di una società incivilita, si aggiunse il sopran-
nome di Capac che significa ricco di virtù, d' ingegno e di potere- La
moglie legittima dell' Inca portava il titolo di Coya\ nome che significa
propriamente sposa legittima , e riservato a quella del Re, e per parteci-
pazione alle Principesse nate dal detto legittimo matrimonio.
(a) Garcilasto comunque per avventura apprezzasse assai le tradizioni
DEGLI ABITATORI DEL PERÙ 1 2Q
Ecco la favola dellr origine dell' imperio Peruviano , tale quale
fermamente si credea da quasi tutte quelle nazioni. Fcrse il pri-
mo luca la inventò per indurre più facilmente i creduli popoli ad
abbracciare la sua dottrina} ma questa era sì confacente all' uma-
na società, die rese felici quelle genti, le quali non dovettero
riferitegli dallo zio Inca , non ha omesso di riportarne altre, che corre-
vano in altri paesi del Perù. Ma ancor più ridicole della suddetta narra-
zione di Garcilasso, è quel che racconta Herrera circa l'origine della
Monarchia Peruviana.
A Pacavec-Tampu comparvero tre uomini e tre donne: i nomi dei
primi erano Ayarache, Aranca e Airamanco , e quelli delle seconde Ma-
macola, Mamacona e Mamaragna. Cotesti nomi in lingua Peruviana hanno
una significazione ben appropriata al carattere di queste persone. Erano
tutti vestiti di corte tuniche e di lunghi mantelli di elegantissimo e bel
lavoro, ed aveano una frombola d'oro di singolare virtù. La prima cosa
ch'essi fecero fu di fabbricare Pacavec-Tampu , fatto luogo centrale di
ogni susseguente loro operazione: perciocché per sì ammirabile edifizio
sorpresi gli uomini rozzi de' contorni, non esitarono a riguardare quelli
che lo avevano eretto come potentissimi sopra tulli. Ma ben presi o di-
versa sorte ebbeio questi tre. Ayarache si fece padrone della frombola
fatale, e iniiò a rendersi superiore a' suoi fratelli. Imperciocché con essa
rovesciava montagne, dava corso alle acque stagnanti, formava fiumi, ed
eseguiva ad arbitrio ogni più grande impresa. Gelosi gli altri due di tanta
potenza, vollero levarlo di mezzo; e per riuscir nell'intento il persuasero
a portarsi in certa grotta, in cui lascialo aveano per dimenticanza un
prezioso vaso, troppo necessario per convenientemente adempire gli ufticj
stati loro commessi. Oltre che essendo ei reputato il principale, e doven-
do eglino porre a civil vita il popolo selvaggio del paese, sulle molte dif-
ficollà che alla esecuzione di tale opera si opponevano, avean bisogno di
consultare il Sole loro padre : e Ayarache era quello che più facilmente
poteva trarre dal Sole i lumi necessarj. In quella grotta doveasi dunque
tenere questo congresso. Andò l'incauto al luogo destinato, e appena
entrò nella grotta , i suoi fratelli ne turarotio con grosse pietre l' ingresso,
lusingandosi che di là non più sarebbe uscito. Ma non sì tosto ebbero com-
piuta l'opera che un orrendo terremoto scosse la terra , rovesciando monti
e sprofondando colline e boschi con rumore spaventosissimo; ed Ayarache
fu veduto volare per aria con belle e Intentissime ali di brillanti e vaghi
colori ; ed una voce si udì che avvertiva i fratelli non doversi eglino at-
terrire del fatto; anzi da esso prender coraggio, poiché così incominciata
sarebbesi la fondazione di un grande imperio , ed avrebbero in lui chi in
ciò dirigerebbeli. Ed incominciò di fatto a dir loro che avessero a fabbri-
care ad onor del Sole un tcmnio ove poi fu Cuzco : predicendo che una
Cost. Voi. Ili dell' America. 9
I 3o COSTUME
tardare a trovar vera ogni cosa. Fondata Cuzco e stabilita la so-
cietà ne' popoli , cominciò egli a fondar colonie: piantò tredici vil-
laggi a levante abitati per la maggior parte da una tribù detta
Poques* e a ponente trenta villaggi 9 i quali sì maravigliosamente
fiorirono, che in pochi anni tutto il paese fu pieno di gente } e
da questi primi abitatori vennero le tre grandi nazioni Masca ,
Cliiilqui e Papri.
I (istituzioni e leggi di Manco-Capac.
Dava egli a ogni nuova colonia nuove distruzioni giusta le
circostanze, insegnando poi a tutti le cose necessarie ai comodi
della vita, e dando leggi pel mantenimento dell'amicizia e fra-
tellanza secondo i dettami della natura e della ragione. Per mas-
ti
sima generale si dovean soggiogare tutte le passioni sregolate,
porre ili obblio ogni rancore e fare agli altri quello che si vor-
rebbe fatto a se medesimo. Il saggio luca inculcò sopra tutto pre-
cetti di castità e di rispetto al femmineo sesso } ordinò pena ca-
pitale all'adulterio, all'omicidio, al furto} instituì il matrimonio,
non accordando all' uomo che una sola moglie } e per evitare ogni
confusione rispetto a lignaggi , volle che ognuno si maritasse nella
sua tribù} né accordò il matrimonio se non all'uomo di venti
anni, perchè fosse capace di reggere la famiglia. Fondamento
della civile società eh' egli stabiliva fu la coltivazione delle terre}
e innanzi che potesse fare una divisione conveniente di queste ,
ordinò che tutti i ricolti si depositassero in luoghi a ciò destinati,
perchè di là fossero poi distribuiti ad ognuno secondo i bisogni.
Curachi.
Ogni tribù raccolta ne' villaggi ebbe da lui un Curaca o capo,
grande città ivi sorgerebbe ; e loro insinuò di forarsi le orecchie in segno
della sovranità conceduta ad essi, additando loro le proprie, dalle quali
videro pendenti giojelli ricchissimi, cui non mancarono d'imitare. Cosi
egli corrispose alla loro perfidia; di che somma meraviglia li prese e gra-
titudine, e da quel fatto avvenne che la regia stirpe degli Tnchi pren-
desse a fondamento d'ogni operar suo la beneficenza. A l'anca e Airamanco
si recarono al luogo ove è Cuzco, e vi fabbricarono il tempio. Una se-
conda volta Ayarache si fece loro vedere 5 e prescrisse ad essi di fregiarsi
la fronte della fascia che poi sempre gli Inchi portarono in segno della
regia loro stirpe. Finalmente essendo loro apparso la terza volta , mise
sulle spalle di Airamanco il mantello imperiale , e il costituì Principe su-
premo. Egli è quello che generalmente è conosciuto sotto il nome di
Manco-C ìpac che vuol dire Signor ricco o Re. Herrera Decad. III. 1. g. e. 1.
DEGLI ABITATORI DEL PERÙ' l3l
clic dovea governarla, e questo veniva trascelto da quelli che
avevan date maggiori prove di virtù, ordinando ad ognuno di
congiugnere all' autorità e alla vigilanza , la dolcezza e la bene-
volenza. E benché i popoli ricevessero con rispetlo e ubbidienza
le sue ordinazioni, pure cercò Manco-Capac di eccitare in loro
una gran riverenza per la regia dignità, decorandola di certi ti-
toli ed ornamenti particolari.
Distintivi onorifici della famiglia reale ec.
A tal proposito comandò, e ne die egli slesso 1' esempio, che
tutti i maschi di sua famiglia portassero i capelli non più alti
di un dito, e tagliati a scala, ciò che veniva eseguito con un
rasojo di pietra silicea. Un' altra distinzione riservata al regio
sangue era l1 aver forate le orecchie, operazione che si esegui-
va eoo una spina, ed il portar pendenti, che per la loro for-
ma e grandezza raeritan particolare menzione. Gonsislevan que-
sti in due grossi cerchi pesantissimi, accomodati ad una spe-
zie di laccio lungo due palmi e più} onde le orecchie loro a
poco a poco cadendo finivano con essere stese e lunghissime }
sicché poi gli Spagnuoli presero a chiamarli gli uomini delle gran-
di orecchie, orejones. La terza distinzione consisteva in una spezie
di treccia o cordella grossa un dito a varj colori, delta Llautu
che gli cingea quattro o cinque volte il capo a foggia di ghir-
landa. Per qualche tempo riservò Manco-Capac queste tre distin-
zioni per se e per la sua famiglia, ma dacché vide i suoi sudditi
accostumati ad ubbidirlo in ogni cosa, ad amarlo e venerarlo,
vie più se ne cattivò l'affetto, degnandosi permettere ai grandi
suoi vassalli tali distinzioni, ma però con alcune differenze. La
cordetta o fascia che permise agli altri era di un color solo, o
nera, e così fu de' capelli , che ordinò a diverse altezze: egli solo
li portava più corti di tutti. E una distinzione pur mise nella
larghezza dei fori alle orecchie, e nella materia di che doveano
essere ornate. Nelle quali cose usò 1' accortezza di stabilire certi
segni particolari ad ogni nazione, cui i suoi sudditi appartenevano.
Non mise però Manco-Capac di stabilire una speziale esterna
decorazione per la persona del Re ^ perchè egli riserbò a se e a
suoi successori per distintivo della suprema dignità, oltre la sud-
detta fascia , una frangia di color rosso che cingea la fronte da
una tempia all' altra e che finiva con fiocco. L1 erede della corona
i3a COSTUME
la portava gialla. In quella sua frangia poi mise ritte a poca di-
stanza fra loro, quasi alzantisi dalla fronte, due penne tolte dall'una
e dall' altra ala di un uccello rarissimo nel Peiù detto corequen-
que, simile ad un falco, macchiate di bianco e nero. Pare che
in seguito fosse questa decorazione estesa ai Principi della fami-
glia regnante, ma non però delle stesse penne , pèrche rarissime.
Vedi la Tavola 17.
Distintivi delie varie tribù.
Raccontasi altresì che per distinguere le diverse tribù e na-
zioni , e tenerle subordinate a' regolamenti sociali, prescrivesse
1' Inca a ciascuna certi segni particolari. La nazione Masca dovea
portare una ghirlanda di paglia della grossezza di un dito. Alla
tribù Poques pendea un ciuffetto di lana bianca. Altre tribù avean
pendenti di canne ordinarie } ed alcune pendenti di differente
struttura e lavoro. Così ognuno era meglio conosciu'o, ed i ma-
gistrati polean facilmente rinvenire un malfattore, e obbligar la
sua tribù a punirlo e a risarcire la parte offesa.
Manco-Capac stabilisce il matrimonio de" figli colle loro so-
relle.
Manco-Capac ammogliò il suo figlio primogenito colla maggiore
delle sue figlie, e stabilì che gli altri figlinoli sposerebbero le
loro sorelle, onde fosse pura la stirpe del Sole, e in essi a dop-
pio titolo si conservasse la successione, dalla quale dichiarò esclusi
quelli, nelle cui vene scorresse estraneo sangue.
Religione.
Stimando egli poi necessaria a' buoni costumi la religione, tutto
si occupò a prescriverne i riti. Eresse un cospicuo tempio al Sole
e 1' abbellì di tutti quegli ornamenti che giovano ad inspirare negli
animi culto e venerazione. Rappresentò loro questo gran luminare
come fonte d' ogni bene, onde non solamente volle che i suoi po-
poli riguardandolo come Dio le venerasseio con divoto rispetto,
ma che lo amassero con sentimento di gratitudine. Per il che a
mano a mano che quegli uomini semplici e buoni andavano pro-
vando gli effetti del nuovo stato in cui Manco-Capac gli avea
tratti, sentivansi tocchi da meraviglia e da riconoscenza 5 e persuasi
che il figliuol solo di un Dio potea far loro tanto bene, facil-
mente presero a venerare anch'esso come un Ente superiore alla
umana tratura • e alle leggi di lui, tutte rivolte a sensibile utilità,
Amer. fS&HF.
Tav.-cf.
//i/rrcrrr Incttg^/
DEGLI ABITATORI DEL PERu' I 3 ò
Cfm sincerila d'animosi sottomisero, e a' figli loro ne trasfusero
la persuasione e il divoto rispetto. Né dobbiamo passare sotto silen-
zio come accanto al tempio fece fabbricare una casa, nella quale
dovea abitare un certo numero di vergini della real famiglia de-
stinate al servizio del santuario.
Morte di Manco-Capac.
Variano le tradizioni sugli anni in cui Manco-Capac regnò} gli
uni assegnandogli trenta, gli altri quarantanni. Molti figli lasciò
avuti sì dalla Regina che da altre donne che prese a viver seco^
giacché avea per massima ch'era cosa molto importante che il
Sole avesse gran numero di figliuoli. Quando si sentì vicino alla
morte li chiamò tutti presso di sé in presenza de' principali dello
Stato, a quelli raccomandando l'amore de' popoli, a questi l'ub-
bidienza al Re , e l'osservanza fedele alle leggi da lui stabilite. I
suoi su Idili piansero la perdila di un uomo che fu per essi più
padre che Re} piamente celebrarono i suoi funerali per parecchi
mesi, ed ebbero cura d'imbalsamare il suo corpo, per non per-
dere mai di vista un oggetto sì caro e sì prezioso. Non è mara-
viglia, che questo sublime e benefico legislatore fosse dai Peruviani
venerato qual Dio.
Inchi successori Sinchì-Rocha.
A tutto il suo potere successe il Principe Sinchi-Rocha , elio
vuol dire, secondo alcuni Principe prudente^ secondo altri uomo
valoroso. Egli era il primogenito di Manco-Capac, e ad imitazione
del padre avea sposata sua sorella chiamata Mama-Oero oMama-Cora.
Egli colla dolcezza, colla persuasione, co'benefizj trasse nazione
intere dalla barbarie: sottomise i popoli di Puchinca, di Candii e
di Concava estendendosi venti leghe oltre i confini del territorio
cui Manco-Capac si era fatto soggetto. Lloque-Jupanqui gli succcesse,
e seguì il metodo degli lochi anteriori per incivilire i popoli, ma
fu anche obbligato ad usare la forza: le conquiste di lui presero
da settentrione all'ouest un' estensione di paese di circa quaranta
leghe, di più di venti da levante a ponente.
Mayta-Capac.
Mayta-Capac suo successore prese a visitare le varie provinole
del suo Stato, e colle larghe sue beneficenze s' affezionò i Curachi
e tutti gli altri sudditi. Si volse poi ad estendere il cullo del
Sole e la potenza dell'imperiose fatto un esercito di dodici mila
1 ò/[ COSTUME
uomini s'incamminò nella provincia di Callo o verso il lago di
Titicaca, ove gli abitatori udite le meraviglie degli Inchi, e la
prosperità de' popoli governati da loro non esitarono a farsene
sudditi. Indi si recò col suo esercito in altre provincie dilatando
sempre il suo imperio: conquistò quelle di Llaricassa e di Sanca-
van estendendosi più di cinquecento leghe per lungo e venti per
largo 5 nella sola valle di Gontisuyu acquistò un paese lungo più
di novanta leghe e largo cento quindici. Fu però questo Inca più
volte sforzato ad impiegare le armi contra alcuni popoli che ri-
cusavano sottomettersi alla sua ubbidienza, e per alcune circo-
stanze merita particolare menzione la conquista di Cacyaviri.
Conquista di Cacyaviri.
Dominavano ivi varj piccioli signori, i quali all'approssimarsi
dell'Inca, si unirono insieme per la difesa comune, e sì fortifica-
rono colle loro famiglie sopra di una montagna rotonda che al-
zavasi in mezzo ad una vastissima pianura, e da que' popolani
risguardata qual cosa sacra. L' Inca lor fece sapere che non andava
contra la vita o la libertà loro, ma per renderli felici con un nuo-
vo modo di vivere e con un nuovo culto} ma avendo essi ricusato
con disdegtio tali proposizioni, l' Inca gli assediò per ridurli a se
colla farne. Ciò nonostante essi continuarono per molti giorni nella
loro ostinazione, e que'di Callao spezialmente , osservando che
1' Inca schivava la battaglia (poiché non voleva che contra quel
popolo si usassero le armi ) e perciò credendolo pauroso , si lan-
ciarono alla disperata sopra di lui. Allora l'Ioca si vide costretto
a respingerli con tutta la forza , e questi dopo di aver perduta
molta gente, vedendo di non poter resister più oltre, si diedero
per vinti , si sottomisero a Mayta-Capac ed implorarono la sua
clemenza. I loro Gurachi andarono co' piedi nudi, colle mani le-
gate e colla corda al collo a prostrarsi innanzi air Inca, (vedi la
Tavola 18) Io salutarono qual figliuolo del Sole e lo supplica-
rono con grande istanza di voler accettare la vita loro in espia-
zione della loro ostinata resistenza. Impietosito l'Inca li fece su-
bito slegare, donata loro la vita e la libertà, gli assicurò che il
suo disegno in quell'impresa non era che di ammaestrarli nell'ar-
te di divenir felici. Questa condotta di Mayta-Capae, e l'opinione
sparsa che la rotta avuta da quel popolo fosse un gasligo del
Sole, fecero che le nazioni vicine corressero tutte a sottomettersi
spontaneamente all'imperio dell'Inca.
/;,, ts
'/<' ///r/s^cr f»
Y ; //a //A - Y VA"'-
DEGLI ABITATORI DEL PERu' I 35
Dopo tante e sì felici spedizioni trattosi a Cuzco Mayta-Capac,
sciolse l'esercito, né pensò più che a far provvedimenti per mi-
gliorare la condizione de'suoi popoli. Dicesi che regnasse trent'anni:
morì lasciando un nome di Principe glorioso in pace e in guerra,
e benemerito sommamente de' suoi sudditi.
Capac-Jupanqui.
Capac-Jupanqui, primogenito di Mayta-Capac, succeduto a suo
padre nell'imperio, impiegò i primi due anni del suo governo in
visitare le provincie: poi messo in piedi un esercito di ventimila
uomini volse l'animo a nuove conquiste. Egli estese il suo impe-
rio a ponente fino al mare, al mezzodì fino a Tatira, nel paese
dei Charcas ', all'oriente fino al piede della montagna degli Anti}
al nord fino a Racuna nella provincia di Chiaca. Questo Inca
pervenne al fine di una lunga carriera pieno di gloria, lasciando
oltre ottanta figli :, e nel Principe-Roca un successore cui egli non
aveva mancato di addestrare in ogni maniera al governo. Non è
detto per quanti anni regnasse , ma considerando le molte sue
spedizioni, e gli intervalli di tempo in cui si occupò dell'interna
amministrazione, è forza supporre che non regnasse meno di tren-
l'anni.
Inca-Roca.
Educati i figliuoli del Sole con un metodo uniforme, e tutti,
fino dai loro primi anni abituati nell'idea che non erano destinati
al reggimento de' popoli se non per renderli felici, né fatti erano
potenti che per dilatare i princi ( j benefici loro inspirati dall'autore
sovrano della loro stirpe, non è meraviglia se nel succedersi nel-
1' imperio l'un l'altro, gli Incili veggansi intraprendere le mede-
sime cose. Roca dunque elevato al trono di Capac-Jupanqui, fa
una visita generale de'suoi Stati, va alla conquista dei Chnrcas,
ritorna in Cuzco*, si applica al governo dell'imperio, ne fa esten-
dere i confini nel paese degli Anli per mezzo del suo primogenito,
e muore dopo di aver regnato circa cinquant' anni.
Jahuarhuacac.
Jahuarhuacacf t. primogenito e successore di Roca : alieno dalle
conquiste si dà tutto per nove anni al reggimento dello Stato, e
poi manda Mayta suo fratello alla conquista del paese di Colla-
suyu, cui in breve tempo unì all'imperio.
l3G COSTUME
Viracocha.
Egli ebbe gravissima cagione di disturbo e di angoscia per la
cattiva condotta del suo figliuolo primogenito che mandò poi in
esilio , dove a questi apparve 1' luca Viracoclia comandandogli
di avvertire l'Iuca suo padie che quasi tutti i Peruviani di Chin-
cafuya eransi uniti per assalile con forte esercito i suoi dominj e
rovesciare l'imperio degli luca. Jahuarhuacac che nulla credea
sulla parola del cattivo figlio, confermò 1' ordine, che subito ri-
tornasse al luogo del suo esilio. Ma circa tre mesi dopo questa
visione di "Viracocha (con lai nome ehi* mossi di poi il Principe)
si verificò la sollevazione in Cliincafoyo. Atterrito e perplesso Tin-
ca abbandona Cmzco, ma il Principe Viracocha si oppone ai ne-
mici e gli sconfigge} dimostra grande magnanimità verso i vinti,
ed entra trionfante in Cuzco. O fosse per volontaria abdicazione
dell' Inca, o per ambizione del Principe , o per volontà del po-
polo, Viracocha assunse il governo dello Slato, e destinò al padre
un palazzo in una deliziosa valle, dove egli passò il reslo di sua
vila. Viracocha fu nell'animo de' suoi sudditi in tanta considera-
zione che durante tutta la sua vita venne adorato come un nuovo
Dio dal Sole inviato per rendere la sua famiglia immortale , e
per difender essi contra tutti i loro nemici. Incominciò egli dal-
l'alzaie un tempio in memoria della visione avuta , e dal dare
grandi ricompense a tutti quelli che lo avevano assistito nel vin-
cere i ribelli^ ed in ispezie accordò ai Quechuas e a quelli di
Cotonerà e di Colapamba l'onore di portare i capelli tagliati a
scala e cinti colla fascia , e di avere le orecchie forale a simi-
glianza degli lochi; senza peto allontanarsi dalle prescrizioni di
Manco-Capac. Dopo di avere spesi alcuni anni al regolamento po-
litico dell'imperio si diede a conquistare le provincie di Caraca ,
di Ullaca, di Llipi, di Cliica e di Chincasuyu. Se si considerano
le tante imprese di questo grande Imperadore, non si crederà
esagerato il regno , ehe secondo le tradizioni Peruviane gli si
accordò di circa cinquaut' anni.
Pachacutec.
Dopo il lungo e glorioso regno di Viracocha quello di suo
figlio primogenito e successore Pachacutec fu sì pieno di belle e
splendide imprese che parve la continuazione dell'altro. Dopo
d'aver egli impiegato tre anni nel visitare le provincie del suo
DOGLI ABITA TOM DEL PERÙ* l'ój
imperio, pensando di non dover lasciare ammollire i suoi sudditi
iiciT ozio della pace , levò un esercito di trentamila uomini , e
marciò col fratello Capac-Jupanqui all'impresa degli Huancas, degli
Anti e dei Curcupu: conquistò le provincie di Ancata e di Hua-
yllas \ ed in una seconda spedizione di Capac-Jupanqui, accom-
pagnato dal Principe ereditario ridusse sotto le sue leggi tutti i
cantoni del vasto Chincasuya. In una secouda visita nelle sue
provincie edificò magnifici templi io onore del Sole, fondò case
di vergini al Sole consacrate, fece innalzare luoghi forti ai confini,
palazzi reali e grandi magazzini per depositarvi vettovaglie e mu-
nizioni. Non tanto le molte sue conquiste , per le quali estese
notabilmente ì confini dell' imperio, quanto le instituzioni e leggi
sue diedero a questo Inca una singoiar rinomanza.
Jupanqui.
Il Principe Jupanqui allevato nelle spedizioni militari, salito
sul trono di suo padre, non poteva, seguendo gli instituti de'suoi
maggiori, che volgere in mente grandi imprese. Ritornato dalla
visita generale de'suoi Stati pensò ad un' ardua spedizione verso
le Ande, per vedere che nazioni stessero di là di que' monti. Si
crede da varie circostanze, e dall' aver 1' Inca traversalo un gran
fiume , che questa impresa riguardasse il Paraguay , gran pro-
vincia lungo l'ampio Rio de la Piata. Si fecero costruire battelli
e zattere capaci di portare diecimila uomini, e due anni s'im-
piegarono in quegli apprestamenti. L'Inca comandava in persona,
ed i generali ed uffiziali che andarono all'impresa eran tutti Incili
de! sangue reale.
Costumi dei Chunous.
Le truppe ebbero a sostenere grandi combattimenti coi Chun-
cos abitatori delle due sponde del fiume : questi popoli erano ar-
mati di freccie, avevano volto , braccia, coscie , e quasi tutto il
corpo punteggiati a diversi colori , andavano tulli nudi , e por-
tavano in testa berrette fatte di penne di pappagalli e d' altii
uccelli.
Costume degli abitatori di Chirihuana.
Ridotti a obbedienza i Chuncus e gli arditi e guerrieri popoli
detti Muzu o Moxos, intraprese la conquista della grande provin-
cia di Chirihuana situata nel paese degli Anti al levante dei Char-
cas : questi popoli vivevano senza città, senza case, senza religione 5
l3S COSTUME
era ordinario loro cibo la carne umana, e per averne assalivano
i loro vicini } beveano il sangue de'prigionieri , mangiavano fin
anche i cadaveri de" loro parenti, e si congiungevano indifferente-
mente colle sorelle , colle figliuole e colle madri. Jupanqui ve-
dendo inutile il tentativo di soggiogare questi barbari rifuggiti in
luoghi inaccessibili fu obbligato a richiamare i suoi soldati , e
pensò ad intraprendere un'altra assai più grande spedizione.
Conquista del Chili.
Ei si volse alla conquista del Chili , e si portò in Atacama
ultima provincia de'suoi Stati dalla parte del Chili: sottomise il
Copayasu in mezzo al deserto ed il Caquinpu sulla frontiera del
regno j indi tutto il Chili fino al fiume Mauly ove terminò la
conquista per la troppo forte resistenza dei fieri Purumancas. Ju-
panqui, dopo di avere con tale conquista guadagnata all'imperio
una lunghezza di più di mille leghe, non si occupò che ad in-
grandire Cuzco , fabbricando templi e palagi , e a render fertili
varie provincie. Morì carico d' anni e di gloria } e narrasi che
lasciasse più di dugento cinquanta figli tra legittimi e bastardi ,
poiché avea avuto mogli in ogni provincia dell'imperio.
Tupac- Jupanqui.
\j undecimo Inca Tupac-Jupanqui avea giusta rinomanza di
Principe saggio e valoroso quando successe a suo padre Jupanqui.
I quattro primi anni furono, secondo il costume degli Inca , da
lui impiegati in visitare le provincie \ dopo di che messo insieme
un esercito di /jom. uomini, si mosse per propagare le istituzioni
e le leggi dei figliuoli del Sole. Conquista gli Iluacrachucu , i
Chacapuyas ed il paese di Huacapampu , e i popoli di Cassa, di
Ayahuaca e di Collua ; incivilisce gli Huanucu; riduce alla sua
ubbidienza Palta e i Canati:, e dopo di aver innalzati superbi
palazzi e templi in Tumebaroba, si approssima con altre conquiste
a Quilo 5 lascia un pieno potere al figlio Iluayna-Capac onde ter-
minare l'impresa del regno di Quito che avea con prosperi au-
spizj incominciata. Questi in tre anni la compie felicemente, ne
rende ricco e splendente il regno , fa erigpre nella capitale un
superbo tempio del Sole, ed un chiostro delle vergini : edifizj
che in breve poterono gareggiare con quelli di Cuzco* e dopo
altre felici imprese ritorna alla patria , solennemente festeggiato
dal padre e da tutta la corte. Ma l'Imperadore toccava il fine di
DE»LI ABITATORI D«L PBRTj' l'$$
sua mortai carriera : chiamati a se i suoi figli , i quali erano du-
geftto, raccomandò loro i popoli soggetti, ed incaricò il successor
suo di proseguire le conquiste dei paesi barbari.
Huayna-Capac XII. Inca.
Huajaua-Gapac salì sul trono degli Incili fatto già l'idolo di
lulte le nazioni soggette all' imperio. Egli avea sposato la mag-
giore delle sue sorelle Pileuhuaco, da cui non ebbe prole. Suo
padre gli diede in seconda moglie una sorella minore , Rava-Oello,
dichiarata anch'essa Regina, e di grado eguale alla prima : questa
il fece padre del suo primogenito Huascar: sposò anche in forma
legittima Mama-Runtu figliuola del primo fratello di Tupac-Ju-
panqui , da cui nacque poi Manco-Gapac, ultimo Imperadore del
Perù.
Nascita di Huascar.
Le tradizioni Peruviane parlano delle feste celebrate in Cuzco
per la nascita del detto primogenito, come di cose superiori ad
ogni idea di grandezza e magnificenza.
Famosa catena d? oro.
Fu in questa occasione che l' Imperadore fece costruire quella
famosa catena d'oro che fu l'oggetto non tanto della curiosila,
quanto della disperazione degli avidi conquistatori: perciocché die-
tro la fama che ne correva nel Perù, considerandosi come la più
preziosa cosa che si fosse veduta al mondo, mai non poterono
giugnere a trovarne traccia. Alcuni dissero che fosse stata pro-
fondata nel Iago di Titicaca. Garcilasso ci racconta il motivo della
formazione di questa catena. Ogni provincia avea un suo singoiar
modo di ballo, onde gli individui di una distinguevansi da quelli
delle altre, siccome si distinguevano dal modo di ornarsi la testa.
Il ballo degli lochi era grave e posato: non salti, non altri
movimenti vivaci vedevansi in esso} ed usavano singolarmente di
tenersi gli uni gli altri per mano} e di tal modo congiungersi
insieme qualche volta in più di trecento, secondo che più o meno
solenne era la festa. Ora la maniera con cui i danzatori tenevansi
per le mani, fece immaginare ad Huayna-Capac la grande cateua
a'oro di cui parliamo, parendo a lui, che il ballo sarebbe riu-
scito più maestoso se si fosse ballato, tenendola ognuno per mano.
La fece dunque fare e di tal lunghezza che si stendeva da un
capo all'altro della gran piazza di Cuzco ove celcbravansi le feste
l4o COSTUME
principali. Giusta il computo di Garcilasso dovea esser lunga 700
piedi } dicesi che ogni suo anello era grosso come un pugno } e
che dugento uomini de' più robusti stentavano a portarla. Da que-
sta tanto magnifica cosa venne poi al Principe primogenito il nome
di Huascar colla sola giunta dell' ultima lettera , poiché Huasca
era il nome con cui i Peruviani chiamavano la corda o catena.
Nascita d'> Atabalipa.
Un anno dopo la celebrazione delle feste s'incamminò verso
Quito, e fu in quella occasione che trasse dal chiostro delle ver-
gini del Sole la figlia maggiore dell'ultimo Re del paese*, dalla
quale ebbe poi Atabalipa ed alcuni altri figliuoli. Indi scendendo
verso la costa del mar Pacifico conquistò varie provinole : poi
levato un esercito di 5om. uomini s'accinse all' impresa dell' isola
di Puna.
Sottrazione de^Punesi e dé'Chacapuya al dominio di Hua-
yna-Capac.
Era sovrano d'essa un Principe chiamato Tuaropalla, indipen-
dente, ricco ed orgoglioso, il quale vedendo di non poter resi-
stere alla forza dell' loca risolvette di cedere alle circostanze e al
tempo, finché venisse poi l'occasione di scuotere il giogo. E
di fatto intanto che Huajna-Gapac si occupava per istabilire
tne' vicini paesi il nuovo ordine, i principali di Puna credendo
giunto il momento di dar mano all'opera premeditata, uccisero
molti de' suoi e ne gittarono i cadaveri in mare, tra' quali trova-
vansi alcuni Principi del sangue. Afflittissimo l'Inca radunò sul-
l'istante il suo esercito, soggiogò que' perfidi isolani, e rimpro-
verati acremente tutti quelli ch'ebbero parte in questo nero tra»
dimento li fece morir con diversi supplizi, per render loro degno
guiderdone dei differenti modi co' quali aveano oppressi i Peru-
viani. Frattanto i Ghacapayas , intesa la sollevazione di Puna , si
ribellarono 5 ma udendo i rivoltosi l'avvicinamento dell'Inca con
forze formidabili, non isperando né di poter resistere, né di aver
perdono, abbandonarono la città, lasciandovi i soli vecchi e fan-
ciulli , i quali colla mediazione di una matrigna dell' Imperadore,
ottennero il perdono. Sottomise poscia i popoli di Manta , prese a
incivilire molli popoli barbari , e a punire severamente i rivoltosi
abitatori di Cananea. Estinta questa ribellione Tinca investì della
sovranità di Quito il suo figlio Atabalipa coli1 assenso di Huascar
DIGLI ABITATORI DEL PERÙ l^ì
suo primogenito ed erede nell'imperio, e terminò i suoi giorni in
Quilo.
Huascar o Atabalipa.
Huascar governò per Io spazio di due 8nni senza dare a Ata-
balipa veruna molestia nel suo regno di Quilo. Della discordia
che poi insorse fra i due fratelli, danno alcuni per motivo il di-
ritto di Huascar sopra Quilo , come provincia inseparabile dal-
l'imperio degli Inca. Altri ne incolpano l'ambizione di Atabalipa,
che voleva estendere il suo dominio. Tutti sono di parere che
Huascar promise di confermar la cessione fatta da suo padre, a
condizione che Atabalipa , come feudatario , gli facesse omaggio
de' suoi Stali senza cercare di estenderne i confini. Acconsentì
Atabalipa, e promise di andar quanto prima con tutti i Curaca
e signori del suo regno a Cuzco a far la corte al fratello} ma
invece levò un esercito, fece aperta guerra, vinse Huascar e l'ebbe
prigioniero, al momento ch'egli medesimo era preda degli Spa-
gnuoli. Così fini l'imperio degli Inca , dopo di aver durato lo
spazio di tredici generazioni} imperio il più polente, il più civile
e magnifico di tutta l'America meridionale. Se ciò che delle azioni
di questi Monarchi abbiamo brevemente accennato, ha per avven-
tura destata in noi meraviglia , non minore desiar ne deve ìa
considerazione de' begli ordini dell'imperio Peruviano, e la sin-
golarità degli sforzi che l'umano ingegno avea fatto in quel paese
intorno a molte arti della vita civile.
Governo.
Noi abbiamo veduto come Manco-Capac fondò l'imperio traen-
do uomini barbari al viver civile. I benefici effetti del suo imperio,
ben più forse che la creduta origine sua dovettero contribuire a
rendere lui e i suoi successori assoluti nel reggimento, ma fon-
dati tutti sulla legge che dicevasi imposta dal Sole a' suoi figli di
fare la felicilà degli uomini. Ma nel mentre che consideriamo
come assoluto il reggimento dell'Ioca , possiamo in certo modo
dirlo eziandio patrimoniale \ non solo perchè la corona era il pa-
trimonio della dinastia di Manco-Capac , ma più precisamente
perchè i membri soli della medesima aver doveano lutti i grandi
otficj dello Stato. Imperciocché il sacerdozio , il comando degli
eserciti, il governo delle provincie venivano esercitati dai soli in-
dividui della famiglia imperiale.
l4^ COSTUME
Consiglio delV Imperatore.
L'Imperatore avea pel reggimento dello Stato un consiglio
composto lutto dei Principi del suo sangue più esperti negli affari,
zìi, fratelli, cugini.
Luogotenenti o vice-Re.
Egli avea quattro luogotenenti o vice-Re nelle quattro grandi
divisioni dell1 imperio 5* ed erano anch'essi Principi del sangue, ed
ognuno di loro avea un consiglio composto parimenti d' lucili \ e
questo consiglio spartivasi in tre divisioni : una per la guerra ,
una per la giustizia, l'altra per l'amministrazione dei beni. Go-
vernavano essi nelle loro giurisdizioni , ma conformemente alle
leggi, e rendevano conto di tutto all'Imperatore quando questi
andava alla visita delle provincie.
Curachi e loro privile gj '.
Manco-Capac elevò a distinto grado tra i popoli da lui inci-
viliti parecchi individui che si erano accostati a lui pei primi, e
che Io aveano ajutato a gettare i fondamenti dell'imperio } né,
se bene si osserva, non poteva egli non adottare questa misura:
poiché per una parte incominciò la grande opera da solo ; e non
potè avpr figli atti al governo che alquanto tardi :, dall'altra par-
te, se tanto gli erano utili i principali delle nazioni che si sot-
tomisero a lui , come servito avrebbe a' suoi disegni se non li
avesse conservati nel loro grado? Essi erano naturalmente l'anello
per cui univasi il popolo a lui. Con assai poca ragione però fu
detto da alcuni avere egli adottati que9 capi per Incili. Potè invero
dar loro alcun distintivo simile ai destinati pe'suoi figli e nipoti}
potè da principio ritenerli negli offioj prinfttftj del regno, fatti poi
proprj dei soli Incili} ma pel complesso di quanto la storia rife-
isr , dobbiamo credere che i discendenti loro non rimanessero
poscia che nella condizione di Curachi: signori, cioè, godenti sotto
ia supremazia dell' Inca regnante di quell'onorevole ed utile pri-
mato che potevasi attaccare al carattere di capo di una più o
meno grande popolazione. Questa fu la politica sua :, e fu pure
quella de' suoi successori. Gli luchi a mano a mano che sotto-
mettevano i popoli aff nonavansi i capi dei medesimi, e li con-
servavano nel loro grado. Però, divenuti membri dello Stato, e
seguitando a precedere ai loro popoli , non erano più che gli
esecutori delle leggi dell' in) peradore j e come i Governatori delle
Ì)£6LI ABITATORI DEL FERI)' ll\Ò
provincie erano lochi, da questi venivano diretti nella loro am-
ministrazione. Formavano dunque i Curachi una seconda classe di
nobiltà nell'imperio dopo quella degli Inchi ; ed era la condizione
di quest'ordine tanto stabile, che anche nei casi che un Curaca
violata avesse la fede dovuta al Sovrano, era egli bensì inevita-
bilmente punito, ma la sua famiglia non perciò veniva mai dagli
Imperadori privata del suo grado, e della primazia di cui goduto
aveano i suoi maggiori.
Terza classe di nobiltà Peruviana.
Di una certa distinta considerazione godevano pure in pro-
porzione gli individui appartenenti alle famiglie de'Curachi ; e
sono forse questi quelli che formavano un terz' ordine di nobiltà,
e che coprivano poi nell'amministrazione pubblica tulle le cariche
non riservate agli Inchi.
Ecco dunque indicati i primi gradi della politica costituzione
dell' imperio Peruviano. Ma per conoscere più distintamente gli
altri, gioverà esporre l'ordine dell'amministrazione stabilito nel
medesimo. Gli lochi i quali avevano uno Stalo popolassimo
d'uomini , differenti d'indole, di carattere, di costumi, di
nazione e di lingua trovarono il modo di conoscere ogni indi-
viduo.
Singolare ripartizione del popolo.
Divisero essi primieramente le famiglie a dieci per dieci, e
diedero a ciascheduna di queste decine un capo, che noi diremmo
decurione. Posero poi ogni cinquanta di queste decine sotto un
altro capo 5 e un altro istituirono sopra ogni cento \ indi sopra
ogni cinquecento, e infine sopra ogni mille. Colla quale divisione
vennero a raffermare il governo in tutte le operazioni sue. Im-
perciocché i capi di ogui decina di famiglie aveano il carico di
dar conto di quanti maschi e femmine componessi ciascheduna
delle medesime; e di quanti per conseguenza in esse entro l'anno
nascevano e morivano; poi della condotta d'ogni individuo della
stessa, e dei bisogni ch'essa avea, e quindi dovea sollecitare per
questi gli opportuni soccorsi. Per tal online avveniva, che nissuna
persona e nissun fatto rimanesse ignorato ; e che a tutto fosse
prontamente provveduto, imperciocché senza alcun officiale man-
cato avesse nelle ispezioni a lui affidate , il mancamento suo ri-
levavasi inevitabilmente per opera o dell' inferiore o del superior
l44 COSTUME
suo} e non solo l'abuso di autorità, ma la negligenza stessa era
senza remissione punita.
Officiali impiegati nella pubblica amministrazione.
Sono qui dunque cinque classi di pubblici officiali , gli uni
subordinati agli altri. Quelli che presiedevano a cento decine in-
cominciavano ad avere un grado che non si accordava che a persone
nobili. Molto più importante era il grado di quelli che presede-
vano alle cinquecento e alle mille} ed era per mezzo di questi
che si eseguivano tutte le ordinazioni le quali partendo dall'Inca
andavano ai vice-Rè} da questi ai Governatori } dai Governatori
aiCurachi}e dai Gurachi finalmente al capitano delle mille decine,
che le mandava ai magistrati inferiori. Oltre a questa serie di
magistrati, alcuni altri ve n'erano istituiti per vegliare sopra tutti
questi, e sugli oggetti della pubblica economia. Finalmente v'erano
i giudici sì civili che criminali} e 1' esercizio della giustizia era
separato da quello dell'amministrazione.
Tributi.
All'ordine pubblico di qualunque Stato appartengono spezial-
mente i tributi} ma noi c'inganneremmo se parlando de'tributi dei
Peruviani partissimo dalle idee nostre: laonde per ben compren-
derne la natura, uopo è premettere quali ordini gli Incili avessero
posti intorno al possesso delle terre, fondamento di tutta la eco-
nomia di ogni popolo.
I Peruviani non avevano terre in proprietà.
Tutte le terre eran divise dagli lochi in tre porzioni: la prima
era assegnata al Sole } la seconda all'Inca} la terza al comune, e
questa dovea abbondantemente bastare pel mantenimento degli
abitatori d'ogni condizione. Tutti gli anni il comune divideva le
sue terre ad ogni capo di famiglia a misura de' bisogni della
medesima.
Le coltivavano in comune.
Non conoscevasi dunque proprietà individuale di terre nel-
l'imperio Peruviano: ma la singolarità di questa parte di civile
economia portava un pasticciar ordine nella coltivazione} imper-
ciocché tutti i lavori facevansi in comune} e v'erano officiali
pubblici in ogni luogo, che sulP imbrunir della sera sonando una
tromba raccoglievano la gente per annunziare quali fossero i
campi che all'indomani si doveano lavorare. I primi erano sem-
»i;t*LI AIUTATORI DEL PKRn' I . j 5
pre quelli degli ammalati, delle vedove e degli orfani, i secondi
que' de' soldati od altri impiegati assenti: poscia si lavoravano i
eampi di ciascheduni privato: gli ultimi campi a lavorarsi nel co-
mùne erano quelli del Curaca.
Ordini clic in ciò sì osservavano.
La legge che stabiliva quest' ordine , voleva pure che le terre
dell' Inca e del Sole si lavorassero per le ultime, e la ragione di
ciò era, che né. Pitica nò il Sole potevano essere serviti bene,
quando i sudditi uon avessero prima ben provveduto ai loro bi-
sogni. Ecco dunque il primo tributo che i popoli pagavano: quello
cioò del lavoro delle terre dell' luca e del Sole. Un altro tri-
buto era l'opera che si richiedeva ne' lavori pubblici di strade,
ponti , edifizj ec. Un altro era quello della fabbricazione delle
accette, delle mazze, delle lancio, delle freccie e degli archi,
delle tele e stoffe, delle scarpe e degli abiti d'ogni genere, e
d ogni lavoro d'arte che gli Iuchi o i Governatori o i Curachi
richiedessero. E così riguardavasi come tributo il servigio militare,
e l'opera di certi impiegati in officj pubblici; così la custodia
delle gregeie, la raccolta dell'oro e d* altri minerali, Ja ricerca
degli uccelli di belle piume, quella delle materie per dipingere o
tingere , quella d' ogni singolare rarità.
Persone esenti dal tributo.
Erano dalla legge dichiarati esenti dal tributo i Principi del
sangue, i sacerdoti, i ministri e le vergini del Sole, i Generali
dell'esercito, i capitani ed ulfiziali, coi loro figli e nipoti; i
Curachi con tutta la loro famiglia ; tutti gli impiegati dell' Impe-
ratore fino a tanto che rimanessero nell'esercizio delle loro cari-
che; tutti i soldati nel tempo del servizio militare.; i giovani non
giunti ancora ai venticinque anni ; tutti gli uomini che passati
avessero i cinquanta; tutte le donne e tutte le persone impoteuti,
salvo tra questi i sordi e i muti, i quali dovevano essere impiegati
in cose in cui non fosse bisogno né udire né parlare.
Uso die V Imperatore faceva delle produzioni delle terre sua
e del Sole.
Colle produzioni tratte dalle terre del Sole provvedevasi ai
bisogni de' templi, delle vergini e de' sacerdoti , mentre erano in
esercizio , e del resto avevano nel loro comune 1' asseguameuto di
terre come ciascun altro suddito. Colle produzioni tratte dalle
Cast. Voi. III. deìV America io
1^6 COSTUMI
terre dell' luca provvedevàsi ai bisogni della corte e dello Stato.
Quelle poi che rimanevano andavano in vantaggio de' sudditi. Im-
perciocché ove per intemperie di stagioni o per qualche altro caso
nella provincia venisse scarsezza, sovvenivasi alla medesima l'oc-
corrente. Usavano ancora gli Indù di provvedere ad una provincia
che mancasse di certi generi con quelli che un' altra pvoduceva
copiosamente,* così che le cose necessarie alla vita per tutto 1' im-
perio si diffondevano equabilmente , commutandosi per tal mezzo
le produzioni dei diversi climi.
Regali che riceveva dai Curachi ec.
Ma dopo aver parlato de' tributi che i popoli Peruviani paga-
vano allo Stato , dobbiamo dire dei doni che i Curachi ogni anno
mandavano all'Imperatore ; di quelli che recavano in persona ogni
due anni all'occasione che porta vansi a corte- e di quelli in fine
che gli offeriva qualunque de' suoi sudditi che volesse presentarsi
a lui: giacché così credevasi richiedere l'altissima maestà sua. Era
singolarmente per questo mezzo che l'oro e l'argento non ser-
vendo a cambio di alcuna cosa , ne veniva agli Iuchi data quella
grande quantità , che poi Fu la sorgente della rovina loro e dei
loro popoli. Per la stessa ragione recavansi loro in dono e le più
belle e rare gemme, e le più fine, e i più bei legni, e molte
altre squisite cose, che nulla valendo nel comune uso della vita
presso un popolo che non conosceva lusso di nessuna maniera ,
riputavasi poter valere soltanto per l'uso che ne Facesse il Mo-
narca decorando i templi del Sole , i chiostri delle vergini e i
palazzi imperiali.
Leggi. I decurioni devono denunciare ogni trasgressione.
L'esecuzione delle leggi era affidata al decurione: egli dovea
denunziare all' officiale a lui immediatamente superiore qualunque
persona delle dieci famiglie a lui date in cura , la quale avesse
commesso qualche fallo- e quell' ofliziale mandava l'accusato al
giudice , a cui per la natura della colpa toccava il sentenziare.
Le pene dei Peruviani erano la morte, la flagellazione e il bando;
e dove trattava si d'ingiuria fatta ad altri procedevasi anche senza
querela della parte offesa, perciocché il primo e principale offeso
ripulavasi giustamente essere lo Stato, a cui troppo importava
che ognuno godesse tranquillamente de' beni della vita. Quantun-
que però le pene de5 Peruviani Fossero severe , aveasi una certa
DVA.hl ABITATOTI! X»EL PERtl' I .{7
discrezione per moderarle In alcuni casi dalla slessa legge preve-
duti. Cosi mentre ad un figlio di famiglia l'età sua giovanile non
serviva a scusarne la culpa ; mire nell'applicazione del gastigo
aveasi riguardo alla delicatezza sua; ma nel tempo stesso gasti-
gavasi il padre di lui con estremo rigore, per non averlo distolto
di buon' ora dalle cattive abitudini. Il giudice era obbligato sotto
pena di morte ad imporre la pena ordinata dalla legge. I pro-
cessi venivano generalmente senza appellazione e senza ritardo
sentenziati dal giudice d'ogni città, il quale faceva eseguire il
decreto suo cinque giorni dopo che lo avea pronunciato. Nelle
cause gravi però si trasmetteva 1 affare al giudice della provincia,
il quale decideva definitivamente.
JYissuno era esente dalle inflizioni dette pene.
In fatto di leggi punitive non ci era condizione che salvasse
dalle medesime: se un Inca del sangue reale avesse commesso
un delitto, sarebbe stato condannato come ogni altro Peruviano.
Non si ammetteva tra le pene riè multa ne confiscazione
de' bimi.
Le leggi del Perù non conoscevano né multa uè confiscazione.
Stando alla costituzione di noi esposta , non altra proprietà avea
il Peruviano che quella di cose mobili acquistatesi colla propria
industria j ma anche ciò posto, era principio adottato dagli Inchi,
che non si sbandiva dallo Stato il delitto col togliere a' rei i beni,
lasciando loro la vilaj che anche così facendo si riterrebbe il vero
mezzo di lasciar loro commettere delitti maggiori ; poiehè la mi-
seria e la disperazione, essi dicevano, sono tristissimi consiglieri.
Tribunali civili.
Le cause civili trattav«usi al pari delle cause criminali , in
quanto varj erano i giudici secondo 1 importanza delle medesime
e la materia su cui aggiravansi. Ogni città avea il suo tribunale;
ma egli è facile concepire che uomini, i quali non aveauo pro-
prietà di terre , doveauo ave^e di rado motivi di liti. Le più erano
quelle che nascevano tra provincia e provincia per titolo di con-
lini o di diritti di pascoli e d' acque , e per queste sussiòtev ano
tribunali speziali.
Religione de1 Peruviani. I Peruviani conoscevano un Dio su-
premo detto Pachacamac.
Il primo dogma della religione de' Peruviani era l'esistenza di
rft
l^S COSTILE
un Ente sommo, animatore del mondo , espresso col \ocabolo di
Pachacamac, Dio supremo. Essi non ne pronunciavano mai il no-
me clic rarissime volte, e coi segni della più alta venerazione.
Stringcvansi le spalle , abbassavano la testa e tutta la persona ,
alzavano gli occhi al cielo , e tutto a un tratto li chinavano a
terra ; indi toccavansi colle mani aperte la spalla destra e man-
davano baci all' aria. Nel paese dei Juncas era un gran santuario
consacrato a questo Dio dal cui nome preso avea il suo 1' ampia
e ricca valle nella quale quel santuario era stato innalzato. Ivi il
culto di Pachacamac era assai più antico della fondazione dell im-
perio degli Inchi, ma certamente corrotto e barbaro, perciocché si
avevano tradizioni portanti che in remoti tempi gli si offeriva sangue
umano. Né possiam dire che gli Inchi si mostrassero devoti di Pa-
chacamac solamente dacché conquistarono il paese dei Juncas ,
ov' esso avea sì rinomato tempio: egli é probabile che ne avessero e
ne conservassero fino dai primi loro tempi 1' idea sublime , por-
tata seco da Manco-Capac quando venne a stabilirsi in Cuzco ; e
che egli da principio ne facesse un secreto come di dottrina poco
facile ad afferrarsi dai popoli che cominciò a render felici : ai
quali poteva più convenire quanto diede loro ad intendere riguardo
al Sole. Non dovette dunque essere che dopo alcun tempo che
gli Inchi diffusero presso i loro popoli l'idea dell'Ente sommo
additato sotto il nome di Pachacamac : quando cioè conobbero che
dai loro sudditi essa poteva sostenersi. E dovea già essere tpiesta
idea rendula generale al tempo in cui uno dei più grandi fra gli
Inchi filosofava sulla natura del Sole, e negavagli vita, senti-
mento e libertà , non che la potenza divina della creazione e
conservazione di tutte le cose (i). Quindi abbiamo luogo a cre-
(i) Tale era l'opinione di Tupac-.Tupanqui e di suo figlio Huayna-
Capac intorno al Sole. Questi, mentre celebravasi in Cuzco una delie gran-
di solennità consacrate al Sole, prese a fissarvi gli occhi per qualche tem-
po, ciò eh' era permesso a nissuuo di fare. Meravigliato di ciò il sommo
sacerdote, ch'era ai fianchi del Re gli disse: luca! Non sai tu che fai
cosa vietata ? 1* Imperadore abbassò gli occhi, e poi li fissò di bel nuovo
al Sole come prima- Allora il sommo sacerdote con più vivacità soggiun-
se: Guarda, signore, a //nello che J ai; ti avverto per tuo bene: percioc-
ché dai un cattivo esempio alla tua corte . Huayna-Capac , senza punto
cornino versi gli rispose. Due cose sole ho a domandarti per rispondei e al
tuo avvertimento. Dimmi; Essendo Ile come sono, potrebbe alcuno dei miei
DEGLI ABITATORI PEL PEr.u' I 4q
dere che nella religione degli lochi il Sole non fosse in sostanza
più che il simbolo del Dio supremo. Però se questa fa l'idea di
IVI anco- Capa e, siccome Gareilasso mostra di credere , dobblam di-
re, che egli la espresse con molta ambiguità: imperciocché mal
s' accorda insieme il dire che Pachacamac fatto avesse del Sole
uno slromento della benefica sua volontà verso gli uomini, e che
il Sole non avesse padre o creatore.
L' oggetto sensibile del cullo dei Peruviani era il Sole.
Checché sia di ciò, l'oggetto sensibile e diretto del culto dei
Peruviani era il Sole: o lo credessero in generale una potenza
vivente , o il tenessero come il simbolo del Dio supremo ed in-
cognito ; e forse era questa la fede degli Inchi; l'altra della mol-
titudine. Quello poi che è fuor d'ogni dubbio si è, che nò gli
Inchi, nò la moltitudine de'Peruviani divisero mai con altr' og-
getto il loro culto. E gravemente errarono gli Spagnuoli sopra
apparenze, quando dissero che il tuono, il lampo, il fulmine
erano dai Peruviani riguardati come Enti divini, poiché essi non
consideravano tali oggetti che come esecutori della giustizia del
Sole; onde aveano la caduta del fulmine per testimonio manifesto
della collera del cielo ; e riguardavano come esecrati e maledetti
i luoghi dal medesimo percossi.
Oggetto di culto religioso non era tampoco la Luna , tuttoché
la dicessero sorella e moglie del Sole: onde la medesima non
ebbe mai nel Perù né sacrifizj , né templi. E se per essa i Pe-
ruviani mostrarono venerazione, ciò fu per l'attinenza che avea
al Sole in virtù dei due titoli esposti. Quindi, siccome eglino cre-
devano che quando il Sole si ecclissava , esso fosse contra dei
sudditi spingere la temerità a segno di obbligarmi ad abbandonare per
piacer suo il mio trono! potrebbe egli farmi intraprendere un viaggio cor-
rendo sempre? Certo, rispose il Pontefice, che tal uomo sarebbe pazzo. — .
Ma, prosegui 1' Inca; Ci sarebbe uno tra i miei vassalli ricco e possente
tanto di avere V ardimento di noie ubbidirmi se gli comandassi d' andare
di corsa sino al Chili ? - E mauifesto, soggiunse il sacerdote , che se tu
l'ordinassi egli ti ubbidirebbe sino alla morte- - .Se così è, replicò allora
Huayna-Capac, // Sole, che è il nostro padre , deve dovunque dipendere
da un Signore più potente di lui, il quale gli ordina di correre senza
mai fermarsi: perciocché se il Sole nostro padre , fosse qui abbasso So-
vrano di lutto', riposerebbesi qualche volta; ma egli è obbligato di fare
diversamente.
7 :>0 COSTUME
medesimi irritato per qualche fallo commesso j così pure al vedere
un ecclisse di Luna, temevano ch'essa fosse ammalata, e che se
venisse a morire oltre all' oscurarsi del tutto cadrebbe dal cielo
mandando lutto il mondo a soqquadro.
Desolazione dei Peruviani durante V ecclisse della Luna.
Per la qual cosa allorché la Luna cominciava ad ecclissarsi
facevano i Peruviani un rumore terribile colla tromba , coi corni,
coi timballi, coi tamburini, attaccavano de9 cani agli alberi , e li
battevano spietatamente per farli abbajarc ', sperando che la Luna ,
la quale , siccome essi credevano , portava parti coi a r affezione a
questi animali, avrebbe pietà delle ioro grida , e si sveglerebbe
dal sopore cagionatole dalla sua malattia. Essi eccitavano altresì i
fanciulli e le giovanotte ad invocarla colle lagrime agli occhi , a
mandar alte grida, chiamandola MamaQuilla , cioè Madre-Luna,
e a pregarla di non morire pel timore che la sua morte non ca-
gionasse la mina universale. Gli nomini e le donne rispondevano
confusamente a queste grida , e facevano un sì strano rumore che
non è facile immaginarsene uno simile. Yedi la Tavola 19.
I Peruviani, siccome abbiam già veduto, veneravano ancora
i loro Inchi per esser figli del Sole; gli atti con cui tale vene-
razione esprimevano , erano una spezie di adorazione ; gli usavano
verso loro e Gnchè erano vivi , e anche morti che fossero ; ma non
li confusero mai col loro culto religioso.
Non conoscevano giuramento.
II giuramento , che prèsso tutti i popoli è considerato come
un atto di religione , por un principio appunto di religione non
era ammesso dai Permiani. Ma essi aveano in orrore la menzo-
gna; e interrogati dicevano subito la verità senza aver bisogno di
far intervenire in conferma delle loro deposizioni la maestà di'
vina.
Che anta ammettessero dopo la morte.
I Peruviani tutti tenevano l'an'una immortale: dicevano esserci
tre mondi ; uno nel cielo, uno qui basso, uno nel centro della
terra , e questo dover essere Y abitazione degli uomini perversi : i
buoni facevanli andare in cielo, ove menavasi una vita tranquilla,
e libera affatto dalle inquietudini di questa, che riguardavano
come una serie continua di affanni e di dolori. Quel seppellirsi
col defunto le donne sue più care e i più affezionati suoi dome-
DEGLI ABITATORI DEL PERu' l5l
stici, come usavasi in varj luoghi del Perù ne' funerali dei signori
e in quelli degli Incili, il vedersi le donne impiccarsi colle pro-
prie mani perchè gli Spagnuoli non permettevano che si sotter-
rasser vive , provano la credenza che i Peruviani aveauo di con-
tinuare a vivere, in qualunque modo ciò fosse: poiché quelle donne
e que' domestici intendevano d'andare a servire nell'altro mondo
il loro signore. Ed era appunto per questo motivo che coi cada-
veri seppelliva usi tutti i più preziosi utensili, abiti, ornamenti, che
servito aveano alle loro persone mentre erano vivi. Nella idea però
che i Peruviani aveano dell'altra vita erano ben lontani dal rav-
visarvi i piaceri che in questa sembrano più apprezzati, e comun-
que supponessero l'altra vita propria dell'anima, non la ritene-
vano meno corporale di questa. Pare poi che credessero ad una
risurrezione universale , sebbene non ci sia noto come e quando
supponessero dovere ciò avvenire. In somma tutto quanto ne sap-
piamo non basta a darci una chiara ed esatta idea delle loro
opinioni rispetto a questa risurrezione. Quindi parleremo piuttosto
dello splendore de' loro templi e della magnificenza delle loro
feste.
Templi.
Nìuna nazione può vantare tanta profusione di ricchezze nei
templi quanta ne presentava il Perù all' epoca della sommissione
agli Spagnuoli. Non ve n'era uno le cui muraglie interne non
fossero coperte tutte di lastre d'oro e d'argento, e quante pietre
preziose aveano i popoli, venivan destinate tutte ad adornare i pa-
lazzi degli Incili e i templi del Sole. Quello di Cuzco era stato
eretto con tanta profusione di ricchezze, che nel cemento usato
per connettere le pietre vedovasi , per testimonianza di parecchi
scrittori , misto 1' oro : o intendessero i Peruviani con ciò di ren-
dere lo stesso cemento maggiormente tenue , o volessero soltanto
esprimere con tanta prodigalità il desiderio di dare alia casa del
Sole per ogni parte la magnificenza che potessero procurare mag-
giore. Abbiamo acceunato, come una delle prime cure degli Iuchi
conquistata che aveano qualche provincia, fosse quella di erigervi
un tempio : abbiamo detto inoltre che in ogni provincia un terzo
delle terre era consacrato ai bisogni del culto ; che i privati vi
portavano in offerta quanto mai potevano; e che l'oro e l'argento
che non si pagava in tributo , finiva tutto in omaggio spontaneo
all' luca e al Sole.
i :>a costom:
Ten,pio dì Cuzcq.
Fra lulti i templi però quello clie sorpassò gli altri in ric-
chezze si fu il tempio di Cuzeo. « Siccome le bellezze di questa
casa, dice Garci lasso , superano l'umana credenza, io non ardirei
riferirle, se gli Spagnuoli che hanno scritta la storia del Perù non
convenissero con me: ma né quello ch'essi hanno detto, né quanto
io potrei aggiugnere , non è capace di esprimere esattamente ciò
che ne è in realtà. Si attribuisce la gloria di questo edilizio all'In-
ca Jupanqui, non per esserne stato il fondatore, poiché fu costretto
dal primo Inca , ma per averlo rcuduto tanto ricco e magnifico
quale lo trovarono gli Spagnuoli al momento della loro invasione.
Descrizione del medesimo.
Ora per venire alla descrizione del tempio del Sole che tro-
vavasi ove oggi sta la chiesa di S. Domenico , io non ne descri-
■verò la grandezza e la larghezza per non sapere indicarle con
precisione e passerò alle altre particolarità. Il suo grande altare
(appelliamolo così per farci intendere, benché gl'Indiani non sa-
pessero ciò che fosse altare ) era a levante, ed il tetto era di le-
gno, coperto di stoppia, perchè essi non usavano tegole: le quattro
muraglie del tempio erano tutte coperte di piastra d' oro : sul
grande altare vedevasi la figura del Sole tutta d' oro massiccio :
questa figura, di un pezzo solo aveva la faccia rotonda circondata
di raggi e di fiamme, ed era sì grande che si estendeva quasi
dall'una all'altra muraglia (1).
Tempio del Sole.
Ai due lati dell'immagine del Sole stavano i corpi dei loro
Re defunti, tutti posti per ordine di anzianità, ed imbalsamati in
guisa che parevano ancor vivi. Essi eran collocati sopra troni di
oro, innalzali sopra piastre dello stesso metallo , ed avevano la
faccia rivolta verso il fonde del tempio: ma Huayna-Capac, il più
caro de' figliuoli del Sole , avea il vantaggio particolare a prefe-
(i) Quando gli Spagnuoli cutrarono in Cuzco, questa figura del Sole
toccò in sorte a Manèco Serra da Lèquicano, gentiluomo Casigliano, che
era uno de' primi della spedizione ; e siccome questo gentiluomo amava
passionai irniente il giuoco , e che tale figura per esser troppo grande , gli
era d' imbarazzo , ei la giuoco e la perdette iu una notte; ciò che diede
luogo a quel proverbio riferito dal P. Àcosta: Ei giuoca il Sole prima
che sia giorno.
DEGÙ ABITATORI DEL PERÙ' I 53
ronza degli altri di essere diretlamente esposto alla figura di que-
st'astro, perchè egli avea meritato d'essere adorato mentre era an-
cora in vita , per le sue eminenti virtù, e per le sue qualità vera-
mente degne di un gran Re. Questo tempio avea moke porte, ed
eran tutte coperte di lastre d' oro : la principale era rivolta a set-
tentrione ; siccome la è anche al presente; tutto intorno alle mura
del tempio era una piastra d' oro larga più di un' auna in forma
di corona o di ghirlanda. Un'egual fascia di fino oro coronava la
muraglia del chiostro a quattro faccie posto a lato del tempio.
Tempio della Luna.
Vi avea intorno al chiostro cinque grandi padiglioni quadrati,
e coperti in forma di piramide: il primo era consacrato alla Luna,
moglie del Sole, e questo era il più vicino al gran tempio: le sue
porte ed il suo ricinto eran coperti di piastre d'argento, affinchè
dal bianco colore si conoscesse eh' esso era dedicato alla Luna, la
cui figura era rappresentata, siccome quella del Sole , colla diffe-
renza però che questa era su di una piastra d' argento , ed avea
la faccia di una donna. Ai due lati di questa figura si vedevano
i corpi delle defunte Regine collocate in ordine di anzianità.
Mama-Oello, madre di Huayna-Capac , avea la faccia rivolta alla
Luna; distinzione accordata a questa sola, perchè era stata madre
di un sì degno figliuolo. 1 Peruviani vi si recavano a fare i loro
voti , e qual madre dei loro Incili l' appellavano Marna-Quii la,
Madre-Luna , ma non le offrivano sacrifizj come al Sole.
Delle Stelle.
Al tempio della Luna trovavasi vicino quello dell' astro di Ve-
nere e delle Pleiadi e di tutte le altre stelle in genei-ale, poiché
credevano i Peruviani che tutte le stelle fossero destinate al ser-
vizio della Luna e non del Sole, perchè si veggono soltanto di
notte. Il suo padiglione e la sua gran porta erano coperti di pia-
stre d' argento , e sembrava che il suo tetto piramidale rappre-
sentasse un cielo perchè era seminato di stelle di varie gran-
dezze.
Del Fulmine.
Il terzo padiglione in vicinanza di quest'ultimo era consacrato
al lampo, al tuono, al fulmine ^ le quali cose appellate Yllapa
dagli Indiani venivano considerate quai ministri del Sole, ed il
loro tempio era tutto coperto d' oro.
1 54 COSTUME
Dell'Iride.
Essi consacrarono all'Iride il quarto padiglione, perchè pro-
cedeva dal Sole; la chiamavano Cardia e l'avevano in grande
venerazione. Anche tal tempio era coperto d" oro , e sulle piastre
vedevasi l'Iride rappresentata al naturale con tutti suoi colori, e
la figura n' era sì grande che si estendeva dall'una all'altra mura-
glia. Quando i Peruviani la vedevano comparire, si chiudevan
tosto la bocca colla mano, poiché s'immaginavano che se l'aves-
sero aperta un tantino, i loro denti si sarebbero tosto guastati.
Tempio de' sacerdoti
Il quinto ed ultimo padiglione era quello del Gran Sacrifica-
tore e degli altri sacerdoti che assistevano al tempio e che doveau
esser tutti del sangue reale degli Inchi. Esso era ricco d' oro
dalla sommità fino ai piedi ; non era destinato uè al pranzo
né al sonno , ma soltanto alla pubblica udienza , ed alle delibe-
razioni sui sacritizj da eseguirsi , e soprattutto al servizio del
tempio.
Noi non abbiamo trovato fra le tavole che sogliono illustrare
la storia del Perù un disegno del tempio del Sole che ce lo rap-
presentasse con qualche esattezza. Quello che trovasi nella storia
degli Inchi di Garcilasso , inciso da B. Picart (i) e replicato più
volte in altre relazioni , non corrisponde alla descrizione che lo
stesso scrittore uè fece, e che noi vi abbiamo data seguendo quan-
to egli ci riferì a tale proposito. Né gli avanzi di un antico tem-
pio della città di Cayambe rappresentati nella tavola 17 del \ iag-
gio al Perù di De-Ulloa (2) possono bastare a darci un'esatta idea
della costruzione di sì fatti edifizj, non scorgendovisi che semplici
mura di mattoni, di figura rotonda , alte cinque o sei aune, grosse
circa cinque piedi, di circa 60 amie di circonferenza, con una
picciola porta , e senza alcuna interna separazione. Né anche nel-
l' Atlante della grand' opera di De-Humboldt abbiamo trovato al-
cun disegno che ci rappresenti 1' architettura de' templi Peruviani.
Ei non ci lasciò in disegno che la veduta della Roccia d'Inti-
Guaicu, sulla quale veggonsi scolpiti alcuni segni che ci dino-
tano l'immagine del Sole: ecconc la descrizione eh' ei ce ne
lasciò.
(1) Historie des Iucas etc. Amsterdam, i"^~, Tom. I. p.ig. 166.
(2) Voyàge HiSluiii-iue tic- AinstcrJam, 1 7 5 12, Tom. I. pug. 3{?6
DEGLI ABITATORI DEL PERI)' 1 55
ce Nel discendere dalla collina, la cui sommità è coronata dalla
fortezza del Cannar, in una valle scavata dal fiume Gulare, incon-
tratisi piccioli sentieri aperti nella roccia: questi sentieri conducono
ad una spaccatura che in lingua Quichua vicn chiamata Inti-Guaicu
od il burrone del Sola. In questo luogo solitario, ombreggiato da una
lussureggiante vegetazione, s'innalza un masso isolato di pietra
Ligia , alto dai quattro ai cinque metri. Vedi la Tavola 20. Uno
dei lati di questa picciola roccia è rimarcabile per la sua bian-
chezza : esso è tagliato perpendicolarmente , come se fosse stato
lavorato dalla mano dell' uomo. Sopra un tal fondo liscio e bianco
veggonsi de' cerchi concentrici che rappresentano l' immagine del
Sole , siccome sul principiar dell' incivilimento venne figurato da
tutti i popoli della terra; i cerchi sono di un bruno nericcio:
nello spazio che rinchiudono si ravvisano alcune linee mezzo scan-
cellate che indicano due occhi ed una bocca. La base della roccia
è formata a gradini, che guidano ad un sedile scolpito nella stessa
pietra , e collocato in guisa che da un buco si può contemplare
T immagine del Sole.
GÌ' indigeni raccontano che quando 1' Inca Tupayupanqui si
avanzò col suo esercito per conquistare il regno di Quito, gover-
nato in allora dal Conchocando di Lican , i sacerdoti scopersero
sulla pietra l'immagine della Divinità, il culto della quale dovea
essere introdotto fra i popoli conquistati. Gli abitatori di Cuzco
credettero di scorgere in ogni dove la figura del Sole , siccome
alcuni Cristiani sotto tutte le zone, hanno veduto dipinte sulle
roccie , o croci o traccie del piede dell' apostolo S. Tommaso. Il
Principe ed i soldati Peruviaui riguardarono la scoperta della
pietra d* Inti-Guaicu come un felicissimo presagio: essa contri-
buì senza dubbio ad indurre gli luca a costruirsi un' abitazione
nel Cannar.
Sacrijizj ed offerte.
La terra dominata dagli Inchi non poteva essere profanata
con sacrifizj di umano sangue 's ma si consacravano al Sole ani-
mali domestici , agnelli , montoni , pecore sterili , che riputavansi
le vittime più gradite, e così conigli allevati in casa , ed ogni
specie di uccelli buoni a mangiarsi. Si consacravano pure al Sole
sevo , droghe , legumi, cuca ed i più fini abiti. Tutte queste cose
abbruciavausi per ringraziamento al Sole di averle concedute ad
1 56 COSTUME
uso dell' uomo. Gli si offeriva anche una bevanda fatta con acqua
e maiz. Era questo un rito cui i Peruviani permettevano ogni
volla che metlevansi a tavola. Bagnavansi essi la punta del dito
nel liquore che aveano davanti , e ne spruzzavano l'aria; dopo di
che giitavano all'aria stessa due o tre baci.
I luoghi , in cui si eseguivano i sacrifizi , erano conformi alla
loro solennità; poiché gli uni venivano celebrati in certe piazze,
e gli altri in varj luoghi che nella casa del Sole erano destinati
per le feste particolari, secondo la divozione o l'obbligazione de-
gli Inchi. I sacrifizi generali della prinoipal festa del Sole, ap-
pellata Rajini eseguivansi nella gran piazza della città ; e gli al-
tri , che non er^no sì celebri , si facevano nelF atrio del tempio ,
ove gli abitatori di tutte le provincie del regno solevano danzare
solennemente. Era necessario in quel luogo porsi a piedi nudi ,
essendo quello il limite prescritto per scalzarsi prima di entrare
nel tempio.
Sacerdoti.
In ogni tempio del Sole erano stabiliti in determinato numero
ministri per l'esercizio delle funzioni necessarie. Quelli del tem-
pio di Cuzco erano tutte persone della schiatta degli Inchi ; e '1
sommo Pontefice era sempre o zio o fratello dell' Lnperadore, od
altro dei suoi più stretti parenti. Nei templi delle provincie il
principale personaggio era sempre un Inca : tutti gli altri erano
individui della famiglia de'Curnchi dominanti in que' luoghi:
perciocché come gli Inchi aveano voluto attribuirsi la suprema
direzione di tutte le cose , della subalterna aveano fatta parte
prudentemente ai Principi dei popoli conquistati, per meglio le-
garli al loro imperio e cattivarseli.
Vergini del Sole.
Presso ai templi più ragguardevoli era il chiostro delle vergini
del Sole. In Cuzco e in altri luoghi primari esse erano tutte fi-
gliuole dell' Inca: altrove erano delle famiglie de' Curachi e de'no-
bili della provincia. Distinguevansi le vergini del Sole in due
classi: alcune di esse erano consacrate al servigio del tempio per
tutta la loro vita , nò ci era umana forza che le salvasse dalla
morte, se alcun fallo commettessero, che macchiasse la loro castità:
delitto riputavasi questo si grave , che oltre la morte dei due col-
pevoli , seppellendosi viva la donna , come usavasi colle Vestali
DEGLI ABITATOMI DEL PEUu' I 5 ^
Romane, e l'uomo straziandosi coi più crudeli tormenti venivano
esterminate le famiglie d'entrambi, dannati al fuoco padri, ma-
dri, sorelle, e fino i bambini poppanti. Il luogo stesso ove quelle
famiglie infelici aveano l'abitazione loro era condannato ad una
perpetua solitudine : non era pili permesso né edificarvi sopra , nò
coltivarlo in alcuna maniera. Tale ci vien riferita la legge seve-
rissima da tutti coloro che delle cose Peruviane hanno ragionato.
Ma nessuno di essi ha narrato esservi mai stata memoria di sì
luttuoso avvenimento; e noi dubitiamo assai che a tauto si esten-
desse la pena; poiché oltre al potere una legge sì severa piom-
bare addosso ai figli del Sole, schiatta celeste, avrebbe colpito
lo stesso Imperadore , e il ramo regnante, se il fallo fosse stato
commesso da una sua figlia.
11 ricevimento della fanciulla al servigio del Sole era una
funzione solenne che in Cuzco facevasi dal gran sacerdote ; e al-
trove dall' Inca che presedeva al tempio e al chiostro. Non sap-
piamo se quelle che si consacravano ad ima verginità perpetua vi
fossero destinate da' genitori , né in quale età; o se scegliessero
elleno stesse una tale condizione. Nissuna cosa abbiamo dalla
storia che accusi i Peruviani di fanatismo religioso: che tale non
può dirsi lo spirito delle donne e dei domestici amati dai loro
signori , che alla morte di questi sacrificavano spontaneamente
la loro vita per andarli a servire uell' altro mondo. Non avendo
dunque fondamento per credere che cieco fanatismo sacrificasse
contra il voto della natura donzelle delle primarie classi dell'im-
perio , incliniamo a pensare , che non si votassero al Sole se non
quelle giunte in eia in cui gli uomini non potessero più ricer-
carle. Così facilmente si vede come venissero distinte in due clas-
si, e come vi fossero quelle che passavano al servizio dell' Inca
per dargli de' figli. E in tale supposizione, che altro di meglio po-
tevano far quelle che l' luca avea lasciate nel chiostro , che dedi-
earvisi pel rimanente della vita, servendo intinto d' istitutrici delle
giovanelte sopravvegueuti ? Le atroci pene comminate, senza molta
probabilità d'avere a conlaminare il cuore dei buoni Peruviani,
potevano ottimamente servire a dar risalto al carattere di quelle
vergini venerande.
Occupazioni delie vergini.
Quelle vergini dell' una e dell' altra classe occupavansi conti-
lOO COSTUME
imamente ne' più squisiti lavori di filatura , di tessitura e di ri-
camo. I più bei vestiti che ornar potessero l' luca regnante, la
Cova, il gran sacerdote, i Principi della famiglia imperiale, erano
opera delle loro mani (i). Esse inoltre facevano il pane sacro
appellato Cancu , e la bevanda di maiz chiamata Aca che do-
vevano servire nelle feste solenni, e tutte le altre vivande che in
quelle occasioni dispensavano a nome del Sole , che si diceva
convitare i suoi figli. Esse cantavano gli inni , ballavano nei cori
del tempio e custodivano , per quanto si riferisce da alcuni , il
fuoco perpetuo come le Vestali di Roma.
Feste annuali.
Quattro erano le grandi feste che entro 1' anno celebravansi
ad onore del Sole. La più solenne era quella del solstizio borea-
le , quando il Sole , toccato già il punto più lontano del Perù ,
movea a recargli ogni dì crescendo la luce e il calore, che in-
fondevano nuova vita a tutta la natura. I Curachi e i gran signori
delle provincie portavansi a Cuzco per fare la loro corte all' Ini-
peradore , che in quell' occasione spiegava tutta la pompa e tutta
la sua magnificenza e maestà.
La gran festa detta Raymi.
I gran signori e Curachi , che non potevano intervenirvi in
persona o per vecchiezza o per malattia, mandavano i loro figli
(i) Esse si occupavano nel fare i Llaata , cui gli lucili, siccome ab-
biamo già acceunato, portavano onliuariamen te intorno alla testa : questi
erano larghi un pollice, e di forma quasi quadra, e lunghi bastantemente
per girare quattro o cinque volte intorno al capo. Facevano le camiciuole
dette Uiictt che giugne\auo fino alle ginocchia , certa spezie di casacche
appellate Yacolia , che serviva agli lucili ti manto, e per gli slessi Iachi
una borsa quadrala, cadente loro da un fianco, e appesa a loggia di
ciarpa ad una cordella ben lavorala e larga due dita. Queste borse dette
Cltuspa non servivano che a coutenere 1 erba caca, cui gli Iudiani po-
scia masticarono , ma che in allora non era tanto comune come al pre-
sente ; poiché non era permesso che al solo loca di mangiarne, o tutt'al
più ad alcuui suoi parenti e ad alcuni Curachi, ai quali il Re ne manda-
la tutti gli anni qualche paniere per un singolare favore. Esse occupavano
si altresì nel comporre certi orletli detti Payca , misti di giallo e di rosso
attaccati ad una cordella lunga un' auna , cui i prossimi parenti degli In-
chi portavano intorno alla testa , legaudone le due estremità alla tempia
destra.
/
DEGLI ABITATORI DEL PERu' 1 5f)
e fratelli col più ragguardevoli loro parenti. Questa festa chiama-
vasi il Raynii. I Peruviani vi si preparavano con un rigoroso
digiuno di tre giorni, ne' quali non prendevano altro alimento
che pochi grani di maiz crudo, masticavano qualche pizzico di
cuca, e bevevano acqua: nissuno in quo' tre giorni toccava donna,
uè si accendeva fuoco in alcuna casa.
La festa incominciava un po' prima del nascer del Sole; e
l' Imperadore in quel giorno faceva le funzioni di sommo Pon-
tefice, quantunque ci fosse sempre un luca investito di tale
carica.
Magnifiche vesti de' Cura-chi e loro accompagnamento.
Egli partiva dal palazzo accompagnato da tutti i suoi parenti
e dai Cura chi messi in bell'ordine secoudo i gradi e l'età loro.
I Curatili erano vestiti magnificamente: gli uui con abiti finis-
simi, lucenti per ricami e pagliette d'oro e d'argento, e con
ghirlande in testa di que' metalli; gli altri coperti d'ampie pelli
di belve, la cui testa servava loro di berretta, volendo con ciò
significare d'avere il coraggio della belva formidabile da cui cre-
devansi discesi : altri abbigliavansi con ali del terribil condorlo.
Ciascuno di essi poi avea un grande accompagnamento de' suoi
popolani , i quali vestiti pomposamente alla foggia di loro nazione
portavano chi le armi da guerra ch'erano loro proprie, chi le
singolari produzioni del loro paese , clii quadri rappresentanti le
belle azioni dai loro Curachi fatte in servigio del Soie e dell'im-
perio. Gii Iuchi aveano al volto certe maschere straordinarie di
figure orribili ; e al suono di strumenti , mal accordati insieme ,
tenendo in mano pelli lacerate di fiere facevano gesticolazioni , la
significazione delle quali si è perduta.
Cerimonie al nascer del Sole.
La processione recavasi nella gran piazza di Cuzco, chiamata
ffaucaj pula , o\e a piedi nudi aspettavasi che il Sole si levasse,
stando tutti cogli occhi fissi al sito da cui dovea apparire. Nel
memento quindi che tutti potevano scorgerlo ponevansi in ginoc-
chio per adorarlo; poi con ambe le braccia aperte dinanzi al volto
lauciavangli in aria mille b^ci , chiamandolo loro Dio e padre.
L imperadore quindi alzavasi solo in piedi ; e tenendo nella de-
stra uu grati vaso, colmo della bevanda ordinaria dai paese, come
primogenito del Sole lo invitava a bere. Credendosi accolta l'of-
l6o COSTI- HE
fcrta, versavasi il liquore in un nappo d'oro, che per un sottil
tubo unitovi passava fino al santuario. Dopo di che , supponendo
uguale invito per parte del Sole medesimo all' luca e agli altri,
Tinca, in altro nappo beveva qualche sorso, e ne divideva il ri-
manente a tutti i Principi del sangue in picciole tazzette d' oro e
d'argento, che portavano seco a tale effetto. Eglino consideravano
quella bevanda come santificata dalla mano dell' Imperadore e del
Sole. Ai Curachi si dava un' altra bevanda, lulte e due però erano
state preparate dalle vergini del Sole.
Offerte al Sole dell' Imperadore e dei Curachi.
Dopo questa cerimonia andavano lutti al tempio, ed ognuno,
tranne l' Imperadore , si scalzava alla distanza di dugento passi
dalla porta del medesimo. L' Imperadore e gli Incili entravano
dentro, e prostravansi dinanzi ali immagine del Sole, che grandis-
sima occupava il santuario cou lunghi raggi d'argento e d'oro
frammisti, e luceutissimi pel brillare delle pietre preziose che va-
gamente vJ erano intarsiate. I Curachi non riputavansi degni di
tanto onore, e rimanevano in piazza. L' Imperadore là entro offe-
riva il vaso con cui avea fatto il primo rito,- e gli altri conse-
gnavano i loro ai ministri del tempio. Questi poi andavano alla
porta, o ricevevano i vasi dei Curachi, i quali presentavansi coll'or-
dine con cui le loro provincie e città erano venute alla divozione
dell'imperio; ed insieme a quei vasi i Curachi, offrivano piccioli
animali d' oro e d' argento , secoudo le spezie che più abbonda-
vano nei loro paesi; indi ritornavano sulla piazza ai loro posti.
Sacrifizj.
Intanto comparivano i ministri del tempio con una grande
quantità d'agnelli e di pecore di vàrj colori, e singolarmente con
un agnello di color nero scelto dalie greggie del Sole, che prefe-
rìvasi pel sacrifizio. Da questo agnello traevansi i presagi sulla
solennità della lesta: dal cuore e dai polmoni della vittima giu-
dicandosi de sentimenti del Sole. Se infausto era l'augurio si sa-
crificava un montone; e se questo annunziava ancora tristi presa-
gi, sacrificavasi una pecora sterile: ma se anche questa da"\a fu-
nesti auguri, la festa celebravasi non ostante, sebbeue con dolore;
poiché si credeva che il Sole fosse malcontento di loro, e volesse
punirli di qualche fallo. In seguito , senza fare altre osservazioni,
immola>ansi tutti gli agnelli, tutti i montoni e tutte le pecore
DEGLI ABITATORI DE.L r-liliu' iGl
sterili clic s'erano provvedute in proporzione di quar-li erano in-
tervenuti olla festa, perchè ognuno dovea partecipare del banclielto
del Sole. Scannate le vittime, scorticavansi } se ne abbruciavano
il cuore e il sangue in olocausto al Sole.
Il fuoco del sacrifizio traevasi dai raggi del Sole.
Il fuoco del sacrifizio ti aevasi dai raggi stessi del Sole , per
mano del sommo Pontefice, che a tal uopo scrvivasi di un vasel-
tino concavo di metallo , della forma e grandezza di un meno
arancio, cui egli solea portare con catena pendente al petto. Pre-
sentava egli al Sole questo vasettino nell'interno lucidissimo} i
raggi dell'astro vi si raccoglievano come nel centro di un cristal-
lo} e uu poco di cotone che vi si metteva dentro, accendendosi,
somministrava il fuoco per abbruciar il sangue e il cuore delle
vittime, e per cuocerne in seguito le carni che in quel giorno si
doveano mangiare.
Veniva conservato dalle vergini del Sole
Questo fuoco si conservava tutto l'anno nel tempio e nel chio-
stro delle vergini, e riguardavasi per funesto presagio se si fosse
estinto. Del resto, se il dì della festa il Sole fosse stato coperto
da nubi, somma tristezza portalo avrebbe negli animi un tal fallo}
ma non mancava il nuovo fuoco, che eccitavasi con due baston-
celli di legno secco a forza di fregarli insieme: il che era uso
comunissimo presso tutti gli Americani.
Facevansi cuocere nelle pubbliche piazze le carni delle vit-
time sacrificate e distribuivansi a quanti intervenivano alla festa,
secondo il loro grado e la loro dignità.
Pane sacro.
Incominciavasi col dare a ciascheduno uno o due pezzetti di
pane detto Cancu^cm i Peruviani mangiavano solamente in questa e
in un'altra festa: giacché in tutto il corso dell'annoili luogo di
pane mangiavano per lo più i grani di maiz o di altro legume
abbrustolato. Era questo il pane sacro, che abbiamo detto, farsi
dalle vergini del Sole} e tutta la notte antecedente alla festa si
occupavano esse in prepararlo con estrema diligenza per l'Impe-
radore e per tutti gli lochi e signori. Per la moltitudine erano
altre donne: gli uomini non vi mettevano mano. Questo pane poi
avea la forma di piccioli globi , e leggerissima n1 era la cottura.
Le stesse vergini preparavano anche le varie vivande che distri-
Cost. Voi. Ili deW America. 1 1
x62 COSTUME
buivausi con quel pane :, e la cosa medesima facevano altre don-
ne. Dopo questo pane e queste vivande si mangiavano le carni
sacrificale.
Invito a bere. »
L' Imperadore assiso sulla sua sedia d'oro massiccio mandava
ad invitare gli abitatori dell'alta e bassa citlà di Cuzco come suoi
buoni parenti, onde dissero a bere ai principali delle nazioni che
trovavansi alla festa } e per eseguire questa commissione incomin-
ciavasi dai capitani che si erano distinti in guerra } e per questo
titolo si preferivano gli stessi Curachi. Se poi un Curaco si era
distinto in guerra, egli avea sopra gli altri capitani la preferenza.
In seguito l' Imperadore mandava l'invilo stesso pei Curachi dei
contorni di Cuzco, i quali prendevano posto per istituzione di Man-
co-Capac subito dopo i Principi del sangue, e in questo modo
erano preferiti a tutte le altre nazioni.
Maniera di becere in tali occasioni.
Il bere formava la parte principale della festa e del banchet-
to. Ognuno avea due tazze della stessa capacità: l'invito a bere
portava una spezie di sfida. Colui che proponeva ad un altro di
bere, teneva una di quelle lazze in una mano e 1' altra nelT altra.
Se lo sfidalo era inferiore di grado allo sGdatore, questi gli pre-
sentava la tazza tenuta nella mano sinistra j se era eguale in grado
o supcriore, gli dava la tazza dell'altra mano. L' imperadore
mandando ad invitare i suoi sudditi 'preferiva sempre quelli che
avevano comandato. Il capitano o Curaca invitato prendeva con
molto rispetto la tazza } alzava gli occhi al Sole per ringraziarlo
del favore fattogli da suo figlio, confessando di non esserne me-
ritevole', e bevuto che avea, restituiva il viso all'Inca senza al-
cun complimento, e gitlava molti bsci in aria in segno di adora-
zione. Finito il primo brindisi, i capitani e i Curachi facevano i
loro inviti e all' imperadore stesso e ai Principi del sangue, con
quell'ordine con cui si era proceduto con essi. Si accostavano al-
l'imperadore senza dire parola, ma gittando baci all'aria. Egli li
riceveva benignamente, prendeva le tazze che gli presentavano, se
le appressava alle labbra , e beveva qualche sorso: più o meno
secondo che voleva onorare quelli che gliele porgevano 5 e chia-
mava i suoi gentiluomini, i quali tutti erano del grado che veniva
subito dopo quello degli Incili , e ordinava loro di bere per lui
DEGLI ABITATORI DEL PERÙ' l63
coi capitani e coi Curachi. Siccome poi quelle lazze erano siale
nelle mani e alle labbra dell' Imperadore , lenevansi come sacie^
i Curachi nel riceverle da chi vi avea bevuto, le conservavano con
gran divozione nelle loro case.
Il bere accompagnato da balli e canti.
Questo bere reciproco che formava parte sì essenziale della
festa, era accompagnato e seguito da balli e canti e da masche-
rate. Per nove interi giorni durava questo rito festivo-, né le alle-
grezze del tripudio erano più, dopo i primi giorni, funestate dai
tristi presagi che o per non avere avuto il fuoco del Sole, o per
aver trovate le vittime difettose, s' erano in principio concepiti.
Altre Feste.
Non era di molto diversa da questa la seconda festa grande
de' Peruviani, nella quale per distinzione delle altre correvano le
cerimonie con cui inauguravansi i giovani Inchi. (i) Essa cadeva
nell' equinozio susseguente al solstizio boreale. La terza facevasi
al momento che il mai'z cominciava a germogliare. Allora offri-
vansi al Sole agnelli, montoni, pecore , pregandolo di comandare
alla brina di non danneggiare il mai'z -poiché a tal flagello erano
singolarmente soggette le terre della vallata di Cuzco e di tutte
quelle che trovavansi sulla slessa linea. La quarta festa detta Citu
era un argomento di gioja universale, poiché tutte le cerimonie
che la costituivano essendo dirette a sbandile dalla città e dai
suoi contorni le malattie d' ogni genere che ordinariamente tor-
mentavano gli uomini, oveano eglino ferma fede di ottenerne 1' in-
tento. I Peruviani si preparavano a tal festa, che potevasi chia-
mare la festa dell' esposizione , con un gran dig\uno , cui assogget-
tavano anche i ragazzi. La notte antecedente veniva impiegata a
fare il pane canea ed un'altra sorta del medesimo, in cui me-
scevasi il sangue tratto dal naso o dalla fronte di ragazzi d'età
"6"
(i) Chi desiderasse di conoscere partitamente le cerimonie di questa
grande solennità, le prove diverse alle quali sottometevausi i giovani Inchi,
il rigore usato nelle medesime, la nobile istruzione che vi si aggiugneva;
le cerimonie colle quali erano accolti dall' Imperadore; i distintivi di cui
erano onorati, e le feste che loro davansi, potrebbe consultare La Storia
ilclV America pubblicata in Milano dalla Società Tipografica de' Classici Ita-
liani in continuazione della Storia Universale di Segur del cavalier Com-
pagnoni: tom. cap. 7. pag. io3.
1 64 COSTUME
fra i cinque e i dieci anni. Mentre facevasi questo pane, un poco
prima dell'alba tutli quelli che aveano digiunato lavavansi il cor-
po, fregandosi ben bene con un poco della detta pasta mista di
sangue , onde nettarsi , e cacciare dui loro corpo le malattie e i
cai ti vi umori. Il principale poi della famiglia prendeva un poco
di quella pasta, e andava a strofinare la porta verso strada, e ve
la lasciava attaccata , affinchè ognuno vedesse che la casa cui ap-
parteneva era stata purificata. Il sommo Pontefice faceva questa
cerimonia nel tempio del Sole e nel palazzo imperiale } altri mi-
nistri della religione andavano a farla nel chiostro delle vergini.
Al primo apparire poi del Sole sull'orizzonte tutti lo adora-
vano e lo pregavano a cacciar lungi i mali interni ed esterni
ond' erano minacciati ', e rompevano il digiuno mangiando un poco
di quel pane che non avea sangue.
Jnca corriere del Sole.
Ad una cerl'ora disegnata, facevano tutti l'adorazione} e ve-
devasi subito dopo uscire dalla fortezza un loca rappresentante un
corriere del Sole. Avea egli un vestilo ricchissimo , ed il manto
avvolto tutto intorno alla persona ^ e teneva in mano una lancia
guernita di piume a varj colori dalla sua punta fino alla impu-
gnatura, e ricca di molti anelli d'oro.
Stendardo in tempo di guerra.
Con questa insegna , che sei viva di stendardo in tempo di
guerra, scendeva correndo, e sempre agitando quella lancia fino
a che fosse giunto in mezzo alla piazza maggiore della città, ove
si univa a quattro altri Inchi armati di lancie simili, toccava colla
sua le lancio di essi, e diceva che il Sole comandava loro, come
a' suoi messaggieri di cacciare dalla città e dai contorni ogni male.
Il che udito immantinente partivano lungo le quattro grandi stra-
de che facevano capo alla città. Tutti gli abitatori uscivano sulle
porte delle loro case facendo acclamazioni ed applausi straordina-
rj scotendo i loro abiti come se ne avessero a levar la polvere }
e fregandosi colle mani la testa, la faccia, le braccia e le coscie,
per iscacciare da se e dalle loro case i mali che que' corrieri
sbandivano dalla città. I quattro lnchi che correvano di tal ma-
niera, ad un quarto di miglio trovavano, ciascuno per la sua stra-
da, un altro che prendeva dal primo la lancia , e si metteva a
correr oltre:, e così succedeva fino a cinque o sei leghe lungi
DEGLI ABITATORI DEL l'EUll' l65
dalla cillà, ove ognuno piantava la lancia sua per dimostrare, che
i mali eraoo confinali a quel luogo, uè potevano venire più in-
nanzi.
Cerimonia delle lorde accese.
La seguente notte questi medesimi uscivano con grandi torcie
aecese fatte di paglie infrecciate, correndo con esse per la citlà,
e per le strade al di fuori , colla idea di fare parimente con
queste torcie ciò che fatto aveano colle lancie, e terminando po-
scia col gettarne gli avanzi nel fiume in cui il giorno innanzi si
erano lavati: e con ciò intendevano che l'acqua portasse seco fino
al mare i mali che aveano sbandito.
Dopo queste cerimonie i Peruviani incominciavano le allegrez-
ze, che duravano per tutto il corrente quarto di luna , ringra-
ziando il Sole di averli liberati da ogni male. Facevansi poi sa-
crifizj e conviti, bevevasi allegramente, si cantava e si ballava ;
e di giorno e di notte si stava in continua gioja tanto nelle piazze
pubbliche , quanto nelle case privale. Questa festa cadeva dopo
l'equinozio di settembre.
Feste private.
Queste che abbia m fin qui riferite erano feste generali e so-
lenni per tutto il popolo. Ma ciascuna famiglia usava ogni anno
celebrare una festa propria, e cadeva circa il tempo del princi-
pale ricolto. Le offerte che faceva il popolo in queste feste do-
mestiche consistevano in un poco di sevo , che abbruciavasi ad
onore del Sole. I gentiluomini però e i Curachi offrivano alcuni
conigli domestici , cui gittavano nel fuoco ringraziando il Sole
de1 beni loro accordati nell'anno; e pregandolo di conservare i
loro granaj.
Da tutto ciò si vede quanto semplice fosse la religione de 'Pe-
ruviani; e come atta a confortare con dolce affezione i cuori,
contenendoli in un filiale rispetto, e in una candida gratitudine
verso l'oggetto che eglino consideravano per benefico. Ora pas-
seieujo ad osservare le cerimonie usate nella celebrazione de'ina-
trimoDJ dei Principi della famiglia imperiale e di quelli del
popolo.
Matrimonj .
Ogni anno o al più ogni due anni 1' Imperadore chiamava
piesso di se tutti i giovani e tulle le donzelle nobili di sua stirpe
I 66 COSTUME
clie trovansi in Guzco. L'eia del matrimonio per le donzelle
era dai diciotto ai vent' anni ^ quella dei giovani era dei venti-
quattro.
Maniera usata dagli Inchi nelV ammogliare i Principi del
sangue.
L'imperadore come capo supremo della famiglia, mettendosi
in mezzo a que'giovani, e ad uno ad uno chiamandoli pel nome
loro , ed informato precedentemente delle loro reciproche incli-
nazioni , presi a coppia per mano faceva loro solennemente pro-
mettersi reciproca fede, vedi la Tavola 21, e consegnavali poscia
a'ioro parenti, i quali li conducevano alla casa del padre dello
sposo:, ed ivi facevansi le feste nuziali. Le donne congiunte in
matrimonio in sì fatta maniera, oltre il godere dell'illustre titolo
di Palle, ne aveano anche un altro significante data dalla mano
del grande luca. L'imperadore faceva una funzione simile pe'gio-
vani della discendenza di Manco-Gapac le cui famiglie erano sta-
bilite nelle varie provincie dell'imperio:, e ciò all'occasione che
portavansi in esse per ragione di visite. Dove non potevasi questa
cerimonia eseguire da lui, facevasi dagli lochi Governatori delle
provincie.
Matrimonj del popolo.
Il giorno dopo che l'imperadore avea celebrato di tal maniera
i matrimonj della sua famiglia, alcuni suoi ministri a ciò spezial-
mente da lui deputati , eseguivano nella stessa forma un' egual
funzione ne' vai j quartieri della capitale riguardo a tutti i giovani
che non erano Inchi. Così poi facevano in tutti i distretti del-
l'imperio i Cutachi } essendo questo uno de' loro diritti non istalo
mai violato da alcun Iniperadore.
Legge fondamentale pei matrimonj del popolo.
Ma rispetto ai matrimonj de' popoli Peruviani, è d'uopo no-
tare cosa che entra nell'ordine delle costituzioni fondamentali
dell'imperio. Ognuno dovea maritarsi nel proprio comune e pren-
dere donna della nazione propria. Non si voleva che si confon-
dessero insieme né le nazioni , né le schiatte} e quindi nasceva
che tutti quelli ch'erano della stessa nazione e parlavano la slessa
lingua, consideravansi per parenti } e perchè non si confondessero
le decurie medesime, nissuno poteva andare a stabilirsi in altro
quailiere della città sua.
DEGLI ABITATORI DEL PERI)' 1 67
Privilegio degli Incili.
I soli Inchi del ramo regnante sposavano le loro sorelle*, e
Manco-Capac ne avea fatta una h'gge fondamentale. Volevasi che
la successione dell'1 imperio per via ordinaria andasse ai primoge-
niti dell'uno e dell'altro sesso insieme. Nel caso che la sorella
primogenita non avesse avuti figliuoli, l' imperadore sposava la
secouda, ed anche la terza, se la seconda fosse stata sterile come
la prima. Ma gli lochi in generale sposavano quante donne vo-
levano} e non tolte solo dalla loro famiglia, ma anche estranee.
Una sola però avea il titolo e i privilegj di moglie : le altre di-
rebbonsi concubine o favorite. I figli che nascevano dalle mogli
della seconda classe erano considerati legittimi non meno che gli
altri, non così quelli dalle estranee. Per tutti gli altri i matrimoni
delle sorelle erano proibiti. Non apparisce però che ci fosse legge
la quale vietasse l'unione matrimoniale entro altri gradi. Devesi
però supporre che nelle varie province si osservassero regole di-
verse} giacché abbiamo altrove veduto, che gli Imperadori uelle
province conquistate non abolivano se non quelle costumanze, le
quali erano contrarie alle leggi fondamentali della religione e del-
l'imperio.
Cerimonie dello slattare i fanciulli.
Le cerimonie che usavansi nello slattare i figli , era un'epoca
notabile presso i popoli del Perù. Essi venivano slattati all'età di
due anni} ed in quella occasione facevasi le funzione di tagliar
loro i capelli coi quali erano nati e d' imporre loro il nome. Gon-
vocavansi per questa cerimonia tutti i parenti della famiglia, fra
i quali sceglievasi uno, diremmo noi, a pallino, che dava il
primo taglio ai capelli del fanciullo, con una spezie di rasojo
fatto di pietra. Tagliatane una ciocca, il così detto patrino dava
ad un altro il rasojo, che il passava ad un altro ancora, succe-
dendosi tutti quanti erano presenti, secondo l'età o la qualità
relativa. Finita la tosatura si accordavano tutti insieme per dargli
un nome che gli rimaneva per tutta la vita } e poscia passavasi a
fare al fanciullo dei regali, secondo la condizione della famiglia,
i quali consislevauo in abiti, in bestiame, in armi, in vasellami
d' argento e d'oro secondo il grado del patrino. Dopo i regali si
beveva e si ballava allegramente cantando canzoni *, e la festa du-
rava per alcuni giorni.
l68 COSTUME
Occupazioni delle maritate.
Quando le donne eran maritate non uscivano quasi mai di
casa: la loro cura principale era quella d'allattare e d'allevare i
loro figli : occupavansi a scardassare e a filar lana e cotone e a
tessere. Esse amavano tanto i! filare , che andando da un villag-
gio ad un altro , o da una ad altra casa per far visite, porta-
vano sempre seco la loro provvisione di lavoro. Le nobili e le
Palle si facevan portar dietro dalle loro donzelle la rocca.
Donne pubbliche.
Gli Inchi, a scansamento di mali maggiori, permettevano
donne pubbliche, le quali in lingua nel paese eran chiamate Pam-
purune^ cioè di posto pubblico } ma esse dovevano abitare separata-
mente e alla campagna, né potevano entrare in ciltà. Elleno erano
traltate con disprezzo } e se un'onesta donna avesse detta loro una
sola parola, correva la pena d'essere cacciata dal marito e tosata
pubblicamente. Nissuno scrittore ha accennato che il commercio
colle Pampurune svolgesse alcuna malattia.
Cerimonie funebri.
Grande era la solennità de' funerali celebrati per la morte
dell' Inca. Gli Inchi riguardavano la morte loro come un felice
o
passaggio al riposo in seno del Sole padre loro. Solenni ssi mi dun-
que erano i funerali e degni della maestà di sì grandi Principi e
dell'affezione di sì buoni sudditi. Morto l' Inca , portava nsi le sue
viscere nel tempio di Tampu , cinque miglia distante da Cuzco,
e celebre perchè fu il primo che Manco-Capac edificò nel luogo
stesso in cui la verga d'oro sprofondatasi in terra venne ad ad-
ditargli il sito ove dovea fondare il suo imperio. Imbalsamavasi
poi il corpo dell' luca, siccome abbiamo altrove accennato, e
collocavasi nel tempio di Cuzco innanzi alla grande immagine del
Sole, e si offrivano saerifizj coli' intervento dell' Imperadore suc-
ceduto al trono, di tutti i Principi del sangue, e di lutti i Gu-
rachi che accorrevano alla funzione. Durante il primo mese gli
abitatori originar) di Cuzco uscivano ogni giorno vestiti a lutto
ed esprimevano il loro cordoglio ne' più patetici modi, posiia
univansi in corpo tutti gli altri dimoranti in quella città, ma op-
tivi delle diverse province dell'imperio, vestiti alla foggia parti-
colare di loro nazione, ed aventi alla testa lo stendardo degli
lochi. Questi facevano una lunga processione fuor di città, pn-
DEGLI ABITATORI DEL PERÙ1 169
tando le insegne, gli abiti, i vasellami e tutto quello che doveasi
seppellire in tale circostanza, mescendo al pianto il racconto delle
imprese memorabili, delle vittorie di lui e dei benefizj fatti ai suoi
popoli. Le donne più amorose e i fedeli domestici, i cui servigi
furono singolarmente graditi dall' Imperadore quand'era ili vita,
facevano a gara per farsi seppellire vivi 5 credendo di poterlo ser-
vire colà ov'egli era passato a soggiornare. Ad ogni plenilunio del
corso dell'anno poi rhmovavasi la lugubre cerimonia. Né queste
funebri solennità facevasi nella sola capitale: tutte le città e tutti
i borghi dell'imperio non avevano che una voce, un pianto a
significazione del c.omun dolore , e le processioni spezialmente di-
rigevansi a que'luoghi, ne' quali o nelle visite, o nelle spedizioni
il defunto loca erasi arrestato, considerandoli come santificati della
benefica presenza di lui. Non meno solenni di questi, dice Gar-
cilasso, erano i funerali che celebravansi in ciascuna provincia alla
morte di ogni Curaca.
Tombe dei Peruviani appellate Guache.
UUoa, parlando dei monumenti degli antichi Peruviani, ci
dice ch'essi amavano, siccome gli antichi Egizj , di essere imbal-
samati, e di essere collocati in luoghi ragguardevoli. Gli Indiani,
egli continua , dopo di aver portato il corpo in quel sito nel
qual dovea riposare, senza sotterrarlo, lo circondavano di pietre
e mattoni innalzando una spezie di mausoleo , sul quale tutte le
persone altineuti al defunto gettavano una sì grande quantità di
terra, che il mausoleo veniva cangiato in una spezie di collina
artificiale cui essi appellavano Guaca. La figura di queste Guache
non era esattamente piramidale: sembra che i Peruviani avessero
di mira nel costruirle d'imitare la forma delle montagne e delle
colline: la loro altezza ordinaria era di circa 2,3 aune, la loro
lunghezza di circa 58, e un po' meno ne era la larghezza. Ne
sussistevano però di assai più grandi, ciò che e' induce a credere
che tati monumenti fossero proporzionati alla dignità, al grado ed
alle ricchezze delle persone } essendo certo che i Curachi , i quali
avevano sotto il loro dominio un gran numero di vassalli, che
assistevano ai loro funerali , dovessero naturalmente avere una
Guaca più ragguardevole di quella di un privato che non veniva
coperta di terra che dalla propria famiglia, e dai dolenti suoi
amici.
I70 COSTUME
Queste Guache contenendo tutti gli utensili d' oro, d' argentò ec„
appartenenti ai Peruviani sepolti nelle medesime eccitarono con-
tinuamente la cupidigia degli Spagnuoli che in ogni tempo si sono
occupali ad aprirle nella speranza di rinvenirvi considerabili ric-
chezze } né spesse volte furono delusi nella espettazione, e la loro
costanza vi trovò un'ampia ricompensa.
Utensili degli antichi Peruviani trovati nelle loro tombe.
Tali monumenti però per la maggior parte non contengono
che lo scheletro di chi vi fu sepolto, vasi di terra in cui bevea
la chicha, alcune accette di rame, specchi di pietra d' inca ed
altre simili cose di poco valore: benché degne della nostra atten-
zione per la loro antichità, e per essere slate fatte da una na-
zione tanto singolare. Nella Tavola 22, noi vi presentiamo alcuni
di questi utensili trovati nelle loro guache, la cui figura vedesi
sotto le lettere A e B, rappresentandosi sotto quesl' ultima la
pianta di una guaca aperta in croce. Sotto la lettera G, scorgesi
la figura di un pendente d'orecchio d' oro e d' argento: sotto la
D, alcune accette di rame di varie forme: sotto la E, uno spec-
chio concavo fatto di pietra di gallinaccio (1) , appellato dai
Peruviani Inca-rirpo: sotto la F, Inca-rirpo o specchio di pie-
tia d' iuca (2) perfettamente piano \ e sotto la G, altro Inca-rirpo
o specchio convesso. La lettera H, ci presenta una scure di pie-
tra focaja; la I, un'accetta col manico di legno, della quale i
Peruviani servivansi nelle loro guerre} la K, Sunga-tirana o
mollette per strappare quel pelo eh' essi avevano al mento}
(1) La pietra di gallinaccio è estremamente dura, trasparente e lu-
cida : il suo nome deriva dal suo color nero come quello del gallinaccio:
i Peruviani la lavoravano d' ambe le parti, la ritondavano, la foravano in
alto e passavano una cordicina nel buco per appenderla a qualche uncino:
sapevano darle un grandissimo lustro , di modo che rifletteva bastante-
mente gli oggetti.
(2) La pietra d' luca è molle, non è trasparente ed ha il colore del
piombo : questi specchi sono ordinariamente rotondi con una superficie
piatta e liscia come quella di uno specchio di cristallo; 1' altra è ovale od
un po' sferica e meno liscia: ce ne ha di varie grandezze, ma comune-
mente hanno tre o quattro pollici di diametro. Ne ho veduto uno, dice
Llloj, grande circa un piede e mezzo: la superfizie era concava, e ringran-
diva di molto gli oggetti. Questa pietra peiò ha il difetto di avere delle
vene e delle paglie che ne guastano la superficie.
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DEGLI «ABITATORI DEL PERÙ 1^1
"Ta L, il Tupu per appendere V Anac sulle loro spalle, la M,
il Tupus spezie di spillo con cui i Peruviani solevano sospendere
al collo la Pliella ch'essi mettevano sopra 1' Anac \ la N, grandi
bicchieri ne' quali bevevano la Chicha\ la O, Guainacaba o
giare di terra in cui conservano la loro bevanda (i)} la P,
Ingamullus o pietre per fare collane e armille^la Q, idolo d'oro
o statua di qualche Peruviano di un grado eminente (2).
Stato delle arti.
La distinzione dei gradi stabilita nel Perù doveva essere fa-
vorevole al progresso delle arti , le quali furono avanzate assai
più che fra i Messicani*, sì di quelle necessarie al vivere, che
delle altre di lusso (3).
Agricoltura.
L'agricoltura, arte di prima necessilà nella vita sociale, era
assai più perfetta che in alcun allro luogo dell' America. La quan-
tità del terreno capace di coltivazione non era lasciata al capric-
cio degli individui, ma regolata dall'autorità pubblica in propor-
zione ai bisogni della comunità. Andavasi dunque dietro l'avviso
del Lactacuamayu in gran turba al lavoro} ed era per tutti una
specie di festa, perciocché ognuno vestivasi de' suoi migliori abiti,
si ornava con placche d'oro e d'argento, e metlevasi dei vaghi
berretti di piume in lesta, cantando liete canzoni in lode dell' Inca
e del Sole.
Sentivasi poco la disgrazia di una stagione infruttifera, giac-
ché la produzione delle terre consacrate al Sole, come anche quelle
messe a pa»te dell' Inca, essendo depositati nei Tambo, o pubblci
magazzini, vi rimanevano pei tempi di grande penuria. Siccome
l'estensione della coltura si proporzionava con provida attenzione
alla necessità dello Stato, 1' invenzione e l1 industria dei Peruviani
(1) Queste giare sono di finissima creta e per lo più di color nero.-
se ne trovano però anche di creta rossa ; non si sa d' onde tirassero tale
materia.
(2) Tali figure d' oi'o sono di un solo pezzo, sottilissime, vote interna-
mente anche nelle più picciole parti; e siccome non ci ha la menoma
traccia di saldatura così è assai difficile il comprendere il modo col quale
giugnevano a votarle.
(3) V. Compendio storico della scoperta d' America di Pasquale Coppin.
Padova-) 1821, pag. 263.
I^i OSTUME
erano chiamate ad esercii] straordinarj da certi difetti particolare
al clima e al suolo.
Irrigazione.
Tutti i grandi fiumi che scaturiscono dall' Ande , prendono il
loro corso verso levante e vanno a scaricarsi nell'Oceano Atlan-
tico. Il Perù è solamente bagnato da acque che precipitano dalle
ditte montagne a guisa di torrenti. Una gran parte del paese
basso è arenoso e sterile, e giammai rinfrescato da piogge.
Concime.
Per fecondare una regione che prometteva sì poco, i Peru-
viani ricorrevano a varj espedienti, tra i quali per mezzo di ar-
tirhiosi canali, con grande pazienza ed industria dai torrenti por-
tavano l'acqua ad irrigare i loro campi, e l'impinguavano col
concime degli uccelli marini, giacché ne raccoglievano una quan-
tità più che sufficiente in tutte le isole sparse lungo le loro
coste.
Aratro ignoto ai Peruviani.
L'uso dell'aratro era ignoto ai Peruviani: sommovevano la
terra con una zappa di legno indurito al fuoco} e questo lavoro
non era solamente raccomandalo agli uomini, ma entrambi i sessi
si univano a dar mano ad un'opera sì necessaria. I figliuoli stessi
del Sole a ciò gli animavano, coltivando colle proprie mani un
campo vicino a Cuzco, nobilitando così questa funzione col chia-
marla il loro trionfo sopra la terra. Vi si portavano essi tutti ,
gli Incili e le Palle, abbigliati superbamente, e cantavano inni
al Sole aventi per intercalare la parola haylli , che significava
trionfo} quasi avessero voluto dire che lavorando la terra per
farla fruttare, si rendevano padroni d'essa e ne trionfavano.
Vegetabili principali coltivati dai Peruviani.
Ma parlando della cura che il governo e il popolo mettevano
nel rendere produttive le terre , ragion vuole che accenniamo i
principali generi che colla loro agricoltura i Peruriani procac-
ciavausi.
Ma'iz ed uso del medesimo.
Primo di lutti era il malfa, chiamato cara dai Peruviani : esso
costruiva il principale loro alimento, e l'usavano in diverse ma-
niere: ora lo mangiavano crudo, ora ne abbrustolivano i giani}
ora ne facevano pane. Le donne erano quelle che volendo ridurre
DEGLI ABITATORI DEL I>ERu' lj'ò
il maiz in farina , lo macinavano,* al qual effetto servivansi di
una maecliina composta di una pietra larghissima, alla quale altra
soprapponevano in forma di mezzo circolo. Ma tale macchina era
assai incomoda, il che forse ha non poco contribuito a fare che
i Peruviani non usassero pane che di lado. Il mai* serviva ezian-
dio per fare l'ordinaria bevanda pe'Peruviani. Le donne dopo di
averlo macinato, lo mettevano in infusione nell'acqua j ed ivi
fermentando , prendeva un certo grado di acidità che rendeva
iratissima la bevanda*
Quinea.
Dopo il maiz coltivavano i Peruviani la quinea, spezie di mi-
glio ottimo a mangiarsi in minestra , quantunque fosse un cibo
assai riscaldante. Questa pianta è dai nostri botanici chiamata
chenopodio : i suoi fiori e le sue foglie sono simili a quelle del
pero, e dai Peruviani mangiavansi cotte, ed erano tenere, di
buon sapore e sane. Con questo miglio, ne' paesi in cui non era
comune il maiz, facevasi la bevanda ordinaria.
Larvi, papa ec.
I Peruviani avevano una spezie di piselli più grossi e bianchi
de' nostri, cui essi appellavano larvi. Ma soprattutto coltivavano
varie piante tuberose , fra le quali una chiamata papa , le cui
pallottoline polpose, grosse un pollice, e che servono alla pianta
pi radice, lessate od arrostite, usavansi comunemente invece di
pane-, ed esposte al sole o al gelo si conservavano lungo tem-
po. Un'altra era il toca , grosso anch'esso un pollice, che fatto
seccare al Sole , mangiavano o cotto o crudo , ed ha un sapor
dolce quanto miele o zucchero. Un'altra era Vanno, che crudo
e amarissimo. Venivano poi le patate da essi dette apichu^ e ve
n'erano di rosse, di gialle, di bianche e di nere.
Huchu, cuca, ec.
Un frutto che merita speziale menzione, e che pei Peruviani
era di uso grato e comune, è quello che chiamavano huchu , e
che noi assoni iglieremmo al pepe lungo. Essi lo mangiavano con
ogni sorta di cose cotte e crude j e l'apprezzavano tanto, che
ne' loro più rigorosi digiuni si astenevano dal farne uso, riguar-
dando il privarsene come un atto di grave mortificazione. Lungo
sarebbe il dire gli alberi da frutto che i Peruviani coltivavano.
INoi non rammenteremo qui che 1' arbusto della cuca, giustamente
1^4 COSTUME
dai Peruviani riguardata come la più preziosa delle loro ricchezze
per gli eccellenti effetti che l'uso della medesima opera e de' quali
parleremo in seguito ragionando delia loro medicina. E questo
arbusto in qualche modo simile alla vite, crescente all' altezza di
un uomo, e che vuole piantagione ed appoggio come la vite: ha
però pochi tralci, ma foglie assai sottili, lunghe mezzo pollice e
larghe il doppio. Sono queste foglie che le danno pregio , e se
ne fa raccolta quattro volle l'anno, perchè ne getta in gran quan-
tità: si seccano al sole, tanto però che ne sfumi 1' umidità, ma
non si perda il loro color verde.
Architettura dei Peruviani.
L'abilità superiore de' Peruviani apparisce visibilmente nel-
l'architettura delle loro case e nei pubblici ediBzj. Welle vaste
pianure che si distendono lungo l'Oceano Pacifico, dove il cielo
è costantemente sereno e il clima dolce e beato , le loro case ,
per vero dire, erano di una costruzione leggerissima $ ma nelle
regioni più alte , dove cade la pioggia , dove si conoscon le vi-
cende delle stagioni e si sente il loro rigore, erano fabbricate con
maggiore sodezza. Quasi tutte avevano una forma quadra , le mura
alte intorno a otto piedi, formate di mattoni induriti al sole, la
porta bassa e slietta e senza alcuna finestra. Semplici com'erano
e rozze, come sembra che fossero i materiali di cui erauo com-
poste, avevano una solidità che molte di esse sussistettero in dif-
ferenti contrade del Perù lungo tempo dopo la conquista di quel-
l'imperio*, quando lutti gli altri monumenti che potevano sommi-
nistrare qualche idea dello stalo domestico delle altre nazioni
Americane quasi subilo dopo la conquista sono spariti dalla faccia
della terra. Singolarmente nei templi consacrati al Sole e nei pa-
lagi destinali ad albergare i loro monarchi, i Peruviani spiegarono
la maggior forza di loro arie e di loro invenzione.
Le descrizioni fatteci da alcuni autori Spagnuoli eh' ebbero
l'occasione di contemplarli mila loro integrità , potrebbero ap-
parire esagerale, se le rovine1 che ne rimasero non confermassero
la verità dei loro racconti. Queste rovine di templi e di palagi
si tiovano in ogni provincia dell'imperio Peruviano, e colla loro
frequenza dimoslrano che sono monumenti di un possente popolo
da molli secoli incivilito. Pare che fossero edifizj variati nelle loro
dimensioni, alcuni di moderata grandezza, molti d'immensa esten-
DEGLI ABITATORI DEL r-EIUj' Ij5
stone, e tutti insigni per la solidità ? e somiglianti l'un l'altro
nel gusto dell'architettura. Il tempio di Pachacamac unitamente al
palagio degli Inca e ad una fortezza formavano una gran fabbrica,
più di mezza lega di circuito. In questo prodigioso edifizio spic-
cava il medesimo gusto , singolare in genere di fabbriche, come
nelle altre opere dei Peruviani. Non conoscendo essi l'uso della
carrucola o di altre forze meccaniche, e non potendo levare a
grande altezza le grosse pietre e i mattoni che impiegavano, le
mura di questo fabbricato, nel quale sembra che i Peruviani ab-
biano tentato di arrivare alla più splendida magnificenza , non si
alzavano più di dodici piedi da terra. Benché non avessero sco-
perto l'uso della calcina o di qualunque altro smalto per fabbri-
care, facevano combaciare le pietre e i mattoni con tanta esattezza,
che appena si discernevano le loro commettiture. Essi non cono-
scevano le volte} ma ingegnosissimo era e macchinoso il modo
con cui a forza di legname facevano i tetti delle grandi sale nelle
quali ritiravansi in gran numero a celebrare le loro feste. Gli
appartamenti , per quanto se ne può rintracciare dalla distribuzione
delle rovine, erano malamente disposti e poco comodi. Non eravi
che una sola finestra in tutta la fabbrica , e la luce non potendo
entrare che per la porta, i più vasti dovevano essere o affatto
oscuri, od illuminati per altro mezzo. Ma con tutti questi e con
molti altri difelli, trovasi che gli sforzi dei Peruviani nella loro
arie di edificare possono essere considerati come giunti all'apice,
quando si rifletta che furono posti in pratica da un popolo privo
dell'uso del ferro^ e ci porgono una forte prova del potere che
avevano i loro antichi monarchi.
Palazzo degli Inca appellato Callo.
Ulloa per darci un'idea del gusto de' Peruviani nell'architet-
tura e della grandezza de' sontuosi loro edifizj ci presenta in due
tavole gli avanzi di alcuni palazzi degli Inca di Quito. Nella pia-
nura, egli dice, che si estende da Galacunga verso settentrione ,
veggonsi tuttavia le mura di uno di questi palazzi, vedi la Ta-
vola a3, il quale, ritiene ancora l'antico suo nome di Callo,
benché serva al presente di casa di campagna ai Padri Agostiniani
di Quito. Non vi si scorge né la bellezza , né la grandezza degli
edifizj degli Egizj, dei Romani, e d'altri popoli, ma però non
si può a meno d'ammirare anche in questi qualche cosa di grande
1^6 COSTUME
e di sonluoso , e qualche cosa in fiue che annunzia la maesià
de' Monarchi che vi soggiornavano. Vi si entra dalla stradella se-
gnala A, lunga cinque o sei tese: essa conduce nella corte B.
La lettera G, indica gli appartamenti distribuiti in picciole ca-
mere: la D, le porte per le quali si avea l'ingresso ai detti ap-
partamenti: queste erano alte bastantemente per lasciar libero il
passaggio al palanchino in cui l' luca veniva portato sulle spalle
da'suoi gentiluomini: la E, alcuni piccioli appartamenti per al-
loggiare la famiglia reale: la F, altri pei domestici: la G, offi-
cine destinate al servizio del Principe ed altri luoghi ne'quali si
custodivano gli animali feroci e curiosi: la H, finalmente ci
mostra alcune stanze che forse servivano d'alloggio alle guardie
dell' Inca.
Come fosse fabbricato.
Quest' edifizio è tutto fabbricato di pietre quasi nere e che per
la loro durezza s'assomigliano alla pietra focaja : esse sono sì bene
unite che non si potrebbe fra le une e le altre far entrare la
punta di un coltello. Non vi si scorge cemento che le congiunga $
e al di fuori sono tutte convesse ad eccezione di quelle delle
porte che sono piatte: vi ha dell'ineguaglianza non solo ne' filari
delle pietre, ma ben anche nelle pietre stesse} e ciò rende l'opera
assai singolare \ poiché ad una picciola pietra viene immediatamente
in seguito una grande e non bene quadrata ^ e la sovrapposta è
ciononostante accoraadata alle ineguaglianze dell'altra. Queste mu-
raglie sono alte due lese e mezza, e grosse dai tre ai quattro piedi,
e le porte alte due tese, o circa cinque aune,sono larghe abbasso
quattro piedi, e vanno diminuendo verso l'alto fino ai due piedi
e mezzo. I Peruviani le facevano in tal modo , perchè non ave-
vano cognizione alcuna de'vòlti, ed erano perciò costretti a fare
gli architravi delle loro porle con una sola pietra. Non si sa se
questo palazzo e gli altri della medesima spezie avessero un piano
superiore, e s'ignora parimenti la maniera colla quale erano co-
perti. Gli edifizj veduti da Ulloa o non avevano tetto, o erano
stati coperti dagli Spagnuoli •, pare pei ò certo che i loro tetti fos-
sero fatti a terrazzi e di legno sostenuto da travi che traversavano
dall'uno all'altro muro.
Palazzo o fortezza degli Inca vicino al villaggio di Cannar.
Un altro palazzo o fortezza degli luca trovasi pure al nord-
Mner. Voi ///.
Ter 24
\ydoazzo o cjZ/rrdei&Za. f/<r/// '///<vr
/'ff////> sn
ni'.GU ABITATORI DF.L PERÙ I J J
est del villaggio à' Alan Cannai- o gran Cannar alla distanza di
circa duo leghe ; ed esso è, secondo Ulloa , il più intero, il più
grande ed il meglio fabbricato di tutti gli altri palazzi del regno.
Dalla parte per dove vi si entra passa un picciol fiume che gli
serve di fossato, e dall'opposto lato esso s'innalza su di un colle
con un'alta muraglia che ne rende difficile l'accesso. Nel mez-
zo trovasi un torrione di figura ovale ; vedi la Tavola 24 ,
che s'innalza dal suolo interno dell' edifizio all'altezza di circa
due tese , ma dalla parte esterna s' innalza al di sopra della col-
lina circa otto tese. Dal mezzo del torrione sorge una spezie di
lorricella quadrata formata da quattro mura , i cui angoli toccano
la circonferenza dell'ovato: nel mezzo di questa torricella tro-
vansi due picciolo stanze separate , in cui si entra per una porta
posta all'opposto dello spazio che le divide. Questi due stanzini
avevano alcune finestrelle per dove le sentinelle osservavano la
campagna, e lo stesso torrione serviva di corpo di guardia.
La muraglia della fortezza dal lato della superfizie esterna del
torrione, si estende alla sinistra circa 4° tese e 2^ alla dritta.
Essa poscia si ripiega , e formando diversi angoli irregolari ab-
braccia uno spazioso terreno: non vi si entra che da una porta
in faccia al torrione, ed assai vicino alla stradella che serve di
letto al fiume. Da questa porta si entra in un viottolo, nel quale
due persone possono appena passare di fi-onte, e che conduce
dritto alla muraglia opposta , dove essa ripiegasi verso il torrione;
ed ivi allargandosi forma una picciola piazza davanti al mede-
simo. Nella grossezza della muraglia lungo la stradella trovansi
ogni tre passi delle nicchie che pajon fatte per le sentinelle; e
nella muraglia interna, la quale forma la stradella, due porte,
che servono d' ingresso a due quartieri che serviron forse di ca-
serme ai soldati della guarnigione. Nel recinto interno alla sinistra
del torrione erauo diversi appartamenti, de' quali l'altezza, U di-
stribuzione e le porte ci fanno bastantemente conoscere ch'essi
servivano d'alloggio al Principe. Trovansi in tutti questi appar-
tamenti degli incavi che sembrano armarj; e veggonsi pure nelle
due slauze del torrione e nelle nicchie della stradella alcune pie-
tre sporgenti 6 od 8 pollici, le quali verisimilmente servivano a
sostener le armi usate da questi popoli.
Tutta la muraglia principale che è sul declivio del colle, e
Cosi. Poi. HI. deli' America 12
\n$ COSTUME
che discende lateralmente dal torrione , è grossissiraa e fatta a
scarpa al di fuori, eoa un terrapieno nell'interno ed un parapetto
d'altezza ordinaria. Per ascendere sul terrapieno di questo ba-
stione che gira lutto all' intorno non ci ha che una scala vicina
al torrione. Tutte le muraglie tanto interne che esterne sono di
pietre cosi dure, liscie e ben unite come quelle di Callo; né vi
si vede parimenti che tutti questi appartamenti fossero una volta
coperti.
Affine di dare una più esatta idea di questo grandioso edifi-
zio , noi abbiamo creduto bene di aggiugner la pianta nella detta
tavola. La lettera A , indica l' ingresso del palazzo e della for-
tezza ; la B , la corte o piazza d'armi; la C, il torrione; la D,
siti che servivano di corpo di guardia ; la E , muro principale
colla sua tettoja esterna come al torrione; la F , scala per ascen-
dere sulla muraglia, e f, altra per ascendere sul torrione; la G,
sale che compongono gli appartamenti, ognuna delle quali non ha
che una porta; la H , str'a delle che guidano alle porte delle sale;
I? altre porte, più strette all'alto che al basso; K, porte basse
per cui si entra in certi siti che forse servirono d'alloggio ai
soldati; L, nicchie nel muro fatte forse per le sentinelle; M,
piazza al piede della torre; N, picciol fiume che circonda l'edili-
zio da un lato; O, altro fiume che circonda la fortezza dall'altro
lato ; P , monte il cui declivio termina vicino alla muraglia , e
forma una spezie di fossato.
Anche De Humboldt nel suo grande Atlante ci presenta al-
cuni monumenti dell'architettura Peruviana. Nella sua tavola 62
veggonsi le rovine di una parte dell' antica città Peruviana di
Chulucauas , e la pianta di una casa fortificata dell' Inca posta
sul dosso della Cordi gliera dell' Assuay e nella tavola 17 pag.
107 un altro monumento dell'antica architettura di questi popoli
noto sotto il nome d' Ingapilca o di fortezza del Cannar, cui
noi abbiamo creduto opportuno di rappresentare nella Tavola 25
riportandone la descrizione colle stesse parole dell'eruditissimo
De-IIumboldt.
Fortezza del Cannar dall' atlante di De~IIamboldt.
Il Llano del Pallai (1), così egli, ha un suolo eccessiva-
mente paludoso. Noi fummo sorpresi (2) di trovarvi , ed all' ni-
fi) Quest' è il nome che si dà alle alte pianure dell' Assuav.
(a) Così De-Huniboldt-Monumens de l' Amérique , pag. 108.
DIGLI ABITATORI DEL PERO' I ~C)
tozza che supera di molto quella del Picco di Teneri fFc , i ma-
gnifici avanzi di una strada costrutta dagli Inca del Perù. Ella
può esser paragonata alle più belle strade de' Romani. Noi ne
abbiamo veduta la continuazione nella vicinanza di Caxamarca ,
a cento venti leghe al sud dell' Assuay , e si crede dagli abitatori
eli' essa giugnesse fino alla citta di Cuzco. Vicino a questa strada
dell' Assuay , all'altezza di 207 \ tese trovansi le rovine del pa-
lazzo dell' Inca Tupayupangi ; ma questi avanzi appellati comune-
mente los paradones , sono poco elevati.
Nel* discendere dal Paramo dell' Assuay verso il mezzodì si
scopre fra Turche e Bui-gay un altro monumento dell' antica ar-
chitettura Peruviana , noto sotto il nome d' JngapilcA , o di for-
tezza del Cannar. Questa fortezza, seppure può essere cosi ap-
pellata una collina terminata da una piattaforma, è assai meno
rimarcabile per la sua grandezza che per la sua perfetta conser-
vazione. Un muro costrutto di grosse pietre di taglio s' innalza
all'altezza di cinque a sei metri; forma un ovato regolarissimo il
cui grand' asse è lungo circa trentotto metri: l'interno di questo
ovato è un terrapièno coperto da una bella vegetazione , che ac-
cresce l' effetto pittoresco del paesaggio. Nel centro del ricinto
s' innalza una casa di due soli appartamenti , e circa sette metri
d'altezza: questa casa ed il ricinto sono rappresentati nella detta
Tavola 1$ , la forma delle pietre , la disposizione delle porte e
delle nicchie , la perfetta analogia che passa fra questo edifizio e
quelli di Cuzco non lasciano alcun dubbio siili' origine di questo
inomitneiìio militare che serviva d'alloggio agli Inca quando
passavano di tempo in tempo dal Perù nel regno di Quito. I
fondamenti di molti edifizj che trovansi intorno al ricinto , dino-
tano apertamente che una volta nel Cannar erano abitazioni ba-
stanti per alloggiare le truppe che seguivano generalmente gli Inca
ne' loro viaggi. In questi fondamenti Humboldt trovò una pietra
tagliata con molt'arte: ei volle rappresentarla sul davanti della
tavola alla sinistra , ma non seppe però indovinarne 1' uso cui essa
poteva servire.
Alcuni sono d'opinione (1) che il muro che regge il colmo
del tetto non sia del tempo degli Inca , ma Humboldt inclina a
(0 M. De-la Conclamine. Meitiuires de i'Acailtimie de Berlin, »746>
pag. 444.
i8o costumi:
credere che ad eccezione delle qua Uro finestre, tutto l' edificio sia
tale quale fu costrutto al tempo di quegli Imperadori.
Searle.
Questi edifizj non erano le più utili opere degli luca. Le due
strade maestre da Cuzco a Quito , che si stendevano oltre a mil-
le e cinquecento miglia , sono degne della nostra attenzione. Una
era condotta per l' interno dell' imperio montuoso , 1' altra per le
pianure alla spiaggia del mare. Potevasi paragonare , date le cir-
costanze dell'uno e dell'altro popolo, alle celebri vie militari,
delle quali il tempo ci ha conservato qualche parte ancora, quai
monumenti della Romana potenza.
Le strade Peruviane avevano soli quindici piedi di larghezza,
ed in molti luoghi costrutte cosi leggermente , che il tempo can-
cellava subito ogni vestigio. Nella pianura erano tracciate da due
file di pali , unicamente destinati ad indicare il vero cammino ai
viaggiatori. Era più ardua impresa l'aprire un sentiero per la
montagna, perchè bisognava appianare i luoghi eminenti, con-
guagliare i bassi , ed a fine di preservarle le difendevano con
rialzo di terra. Lungo quelle strade vedevansi succedere i lombo
ossiano arsenali distribuiti ad intervalli per comodo degli luca e
de' loro cortigiani ; replicati ospizj pei viaggiatori ; fortezze e tem-
pli ; canali che facevano circolare l' acqua de' fiumi per la cam-
pagna. Le strade eran molto più solide nelle montagne che nel
piano.
Questi monumenti sono un mirabile testimonio dei progressi
che fatti avevano i Peruviani nella scienza del governo. I selvaggi
d' America non ebbero mai idea veruna delle strade di comuni-
cazione da un luogo ad un altro, e l'avevano pure imperfettis-
sima i Peruviani. La formazione di queste strade introdusse nel
Perù un altro genere di opera ugualmente sconosciuta a tutto il
resto dell'America. La strada degli luca , nel suo corso da set-
tentrione a mezzodì, era intersecata dai torrenti che scorrono eiù
dall'Ande verso l'Oceano occidentale. Attesa la loro rapidità e le
frequenti e rapaci inondazioni , erano innavigabili. Bisognava dun-
que un qualche espediente per potervi passare.
Ponti.
I Peruviani, a cagion della loro ignoranza dell'uso degli archi
e della loro incapacità, per mancanza di mezzi per lavorare il
I
DEGLI ACTATOUI DEL F-EPL"' l8l
legno non potevano eostruire né ponti di pietra né di legno* Ma
la necessità, madre dell' invenzione , ad essi suggerì un espediente
che supplì a questo difetto. Facevano dei forti canapi , intrecciando
insieme alcuni arrendevoli salci, de' quali abbonda il loro paese,
ne distendevano sei attraverso della corrente, uno parallelo all'al-
tro , e li fermavano da ogni parte : li legavano poi fra essi stabil-
mente , tessendovi altri canapi più sottili, e così stretti da farne
un lavoro composto come di rete , il quale essendo coperto di
rami d'alberi e di terra, vi passavano sopra con ogni sicurezza.
Ci erano persone destinate a vegliare ad ogni ponte e farvi le ne-
cessarie riparazioni , e ad assistere i passeggieri.
Balza o zattere.
Per passare fiumi larghi e profondi , ma che avevano le cor-
renti poco impetuose , eglino servivansi di balza, ossiano zattere,
nel costruire e nel condurre le quali pare che l'ingegno dei Pe-
ruviani sia superiore a quello di tutti gli altri popoli di Ameri-
ca. Questi nella scienza navale non si erano avanzati più oltre
che all' uso di remare : laddove i Peruviani adoperavano alberi e
vele, cude le loro balza vogar potevano e bordeggiare al pari di
una nave.
La sagacità e Parte de' Peruviani non si confinarono pura-
mente agli oggetti di essenziale utilità , giacché avevano fatto qual-
che progresso anche nelle arti che diconsi di lusso. Pcssedevano
i preziosi metalli in maggior abbondanza che qualunque altro po-
polo d'America.
Come procuravansi i preziosi metalli.
Procuravansi l'oro nella stessa maniera dei Messicani, cercan-
dolo nei letti dei fiumi , o lavando la terra che ne conteneva
delle particelle. Ma per aver dell' argento usavano molta accor-
tezza ed industria ,• facevano delle caverne alle ripe dei fiumi e
nei fianchi delle montagne.
Modo di fondere i metalli ec.
Avevano anche trovato il modo di fondere il metallo e di
raffinarlo col mezzo del fuoco ; e quando lo trovavano più duro
e misto di sostanza eterogenea lo ponevano in fornelli costrutti
sopra terreni eminenti in modo che il soffio dell' aria servisse in-
vece di mantici , de' quali ignoravano 1' uso. Con questo mezzo lo
fondevano facilmente j per la qual cosa la quantità dell'argento
182 COSTUME
nel Perù era cosi accresciuta , che di esso si fabbricavano molti
utensili assai comuni. Ci si racconta che alcuni de'loro vasi me-
ritassero qualche stima non solo pel valore intrinseco ma per
l'eleganza della, manifattura. In altre opere di mera curiosità o
di ornamento il loro ingegno è stato commendato altamente. Molte
di queste furono estratte dai Guaca, ossiano monti di terra , coi
quali coprivano i cadaveri dei trapassati : tra le altre cose v' aveano
specchi di varie misure , lucide pietre dure , diligentemente lu-
strate, vasellami di terra di diverse forme, scuri ed altri istru-
irle nti , alcuni destinati alla guerra od altri pel lavoro, alcuni fatti
di pietrafoeaja, altri di rame , induriti in guisa con una per noi
occulta operazione , che in diverse occasioni supplivano alla man-
canza del ferro. Se l'uso di tali istrunienti formati di rame fosse
stato generale , il progresso, dei Peruviani in genere di arti avreb-
be gareggiato con quello delle altre nazioni del vecchio mondo ;
ma il metallo era sì raro, e così difficile ad indurirsi, che i
loro istrunienti di rame erano sì piccioli e pochi , che non gli
impiegavano che nelle opere le più delicate.
Ori fi cerici.
« L' arte di lavorare in orificeria , dice 1' autore della soprac-
citata recente Storia d' America, non era presso i Peruviani in
minor fiore. Gli Spaguuoli trovarono molte cose fatte d'argento,
d'oro e di smalto così congiunti insieme che non vi si scorgeva
1' arte. E come poi il paese abbondava di smeraldi , di turchine
e della pietra detta del gallinaccio , cui i Peruviani chiamavano
l'argento dei morti, mirabili erano i lavori d'incassatura che fa-
cevano di queste , esprimendone differenti soggetti o imitati da
quanto la natura presentava in frasche , in fiori , in pesci , in in-
setti od altri animali, oppure tratti dalla fantasia dellJ artefice.
Ne è vero, come alcuni hanno detto, che i Peruviani non lavo-
rassero gli smeraldi e le pietre di gallinaccio , perciocché mille
testimonj si hanno del contrario ».
Ornamenti à' oro ec. de' palazzi , de' templi e de' giardini.
Ma una grandissima prova dell'abilità de' Peruviani nell'arte
di fondere e di lavorare i metalli ce la somministrano gli orna-
menti de'loro palazzi e de' templi , le tante statue d'animali e
d'uomini di cui que' luoghi erano pieni, ed i loro famosi giardini.
E cominciando dagli ornamenti interni delle sale e camere degli
DEGLT AE1TAT0RI DEL PEr.Tj' l83
Incili , tutto quelle parti che rimanevano sporgenti , erano incro-
state d' argento o d'oro a mille opere diverse lavorate vaghissi-
mamente; e talora, ove fosse caduto più in acconcio, tempestate
di varie belle gemme. Le muraglie delle sale più vaste in luogo
di continuate tappezzerie di lana, rappresentanti coi più naturali
colori piante ed animali aveano talora grandi nicchie contenenti
figure d'uomini, di donne, di belve; e negli spazj interposti vede-
vansi uscir piante effigiate con tutta la naturalezza ; e sulle frasche
poggiavano uccelletti e farfalle ; e pel muro medesimo , o sui tron-
chi e rami stavano , come se montassero o discendessero , lucertole
e biscie d' ogni grandezza : le quali figure tutte per gli smalti
opportunamente sovrapposti aveano tutto ciò che a rappresentare
la verità poteva desiderarsi. Il seggio dell' Inca era tutto d'oro
massiccio, comodo pel modo eh,' era fatto, ma però senza appog-
gio di dietro e senza bracciuoli. Questo seggio era ordinariamente
sopra un soppedaneo dello stesso metallo. Tutti gli utensili e vasi
pel servizio della casa dell' Impcradore e della sua persona erano
d' argento e d' oro , a qualunque uso servissero. Ogni palazzo im-
periale avea vasti giardini; ma ivi l'arte n; avea preparato il di-
letto , dalla natura copiando puramente le forme delle cose. I
più begli alberi , le piante e i fiori più gradevoli agli occhi erano
d'oro, d'argento, di metallo misto, smaltati a modo che mo-
stravano perfettissima l'imitazione. V'erano pure, fatti medesi-
mamente di que' metalli, conigli, sorci, serpenti, lucerte, farfalle,
uccelli , gli uni fermi sui rami come se cantassero , gli altri colle
ali stese, come in atto di prendere il volo (i).
u4ltre arti.
I Peruviani sapevano tutti pei loro bisogni le arti comuni, ma
alcuni ne portarono varie a perfezione. Vi erano provincie e città
che distinguevausi in certi determinati lavori, secondo che le par-
ticolari circostanze vi avevano da principio contribuito. Così sap-
piamo che mentre in ogni luogo facevansi abiti comuni di cotone
(i) « Forse qualche albero od arbusto d'oro puro, così Malte-Brun,
Gèog. Un<v. 1 i 1 ». ioS , potè ornare 1 giardini imperiali di Cuzco ; ma gli
storici portarouo alla stravaganza il novero di quelle ricchezze. Eranvi,
dice Garcihisso , cataste di verghe d' oro in forma di legne, e granaj ri-
pieni di grani d'oro. Confcsserem non pertanto che 1 famosi giardini d'oro
non ci sembrano oltrepassare i limiti della vcrisimiglianza storica.
1 8 4 COSTWME
.o di lana , conforme portava la natura del clima che sommini-
strava all' uopo 1' una cosa o 1' altra , v' erano poi quelli che ne
facevano dei fini e finissimi, i quali servivano ai Grandi della na-
zione pe' regali che dai Curachi de'varj paesi se ne facevano al-
l' Inca \ o per quelli che l' luca ne faceva ai Principi ed offiziali
della sua casa e ai Curachi.
Stoffe , drappi , tappezzerie.
I panni di lana e le stoffe di cotone vedute dagli Spagnuoli
fin da principio dell'invasione trassero questi ad alta meraviglia
per la finezza squisita del tessuto, e per la bella maniera con cui
•v'erano o ricamate sopra figure, o commesse pagliuzze d'oro di
forme diverse. Le vergini del Sole esercitavansi singolarmente iu
ricami d'oro, d'argento, di gemme e di perle, di cui ornavano
i sottilissimi panni di vigogna da esse medesime lavorati, e talora
\i frammischiavano finissime piume , i cui mirabili colori sapevano
esse imitare ancora nelle varie tinte che davano alla lana e al
cotone. Gli Spagnuoli ebbero a meravigliarsi egualmente delie
superbe tappezzerie che lavoravansi in diverse provincie dell' im-
perio , magnifiche non meno per la varietà delle opere , che pei
colori che vi erano impiegati : distinguevausi singolarmente quelle
che venivano fabbricate in Cassamasca e in Pomatarapo.
Medicina.
Detto così quanto basta intorno alla generalità delle loro arti,
par conveniente aggiugnere qualche cosa di quella colla quale
usavano riparare alla loro sanità sconcertata , vogliamo dire della
medicina, che arte piuttosto che scienza è questa presso ogni po-
polo , il quale la eserciti per pratica , e non per principi » sicco-
me appunto i Peruviani facevano. In generale però essi toccavano
i due punti a cui quest' arte si è attenuta presso tutte le nazioni
anche più colte, che sono i purganti e i salassi. Facevano i sa-
lassi per lo più alle braccia e alle coscie , e spesso direttamente
alla parte iu cui sentivano il dolore; così cavavano sangue alla
radice del naso negli intensi dolori di capo.
Siccome quest' arte era tutta per tradizione , così ognuno v' era
iniziato , per quanto almeno occorreva negli ordinarj incomodi di
salute. Vi erano però alcune vecchie, le quali facevauo il mestiere
del medico, guidate da una lunga esperienza; e vi erano spezial-
mente erbolai, che conoscevano le virtù delle piante, delle radi-
DEGLI ABITATORI DFX PERXj' l85
che, delle gomme o dei balsami, delle quali cose il Perù è mi-
rabilmente fornito più che ogn' altro paese del mondo.
E primieramente è da osservarsi , che alcune piante o frutti
che servivano per alimento a' Peruviani , somministravano ad essi
anche de'rimedj negli sconcerti di salute. Avevano semplici in
gran numero , eccellenti per guarigioni d' ogni maniera.
Radici del maguey.
Essi pestavano le radici del maguey e ne facevano una spezie
di sapoue , con cui lavandosi il capo, calmavano l'emicranie, da-
vano forza ai capelli, li tingevano di un nero lucidissimo, e fa-
cevano sparire le macchie del viso.
La salsapariglia , il mulli, il chillca , il mateellu.
Avevano pure i Peruviani la salsapariglia , il tabacco , detto da
essi sajr.i', e il loro famoso albero malli, cui gli Spagnuoli chia-
marono molle, dava loro una gomma di un effetto meraviglio-
sissimo e quasi soprannaturale per le piaghe. La loro erba chillca
li liberava dai dolori delle giunture , e dalle più mortali contu-
sioni. Per ogni infiammazione , od altra gravissima malattia d oc-
chi, 1' empiastro della pianta da essi appellata mateellu, applicata
pel breve corso di una notte , era uu rimedio infallibile.
Erba cuca.
Essi facevano grande uso delle foglie della cuca o coca quale
la dissero gli Spagnuoli , abitualmente masticandola per trarne il
sugo. Con questo corroboravansi nelle loro fatiche in modo , che
ripigliavano forza se erano stanchi , e resistevano senza incomodo
anche alla fame. Oltre ciò codesto sugo conservava loro mirabil-
mente i denti, e li guariva dai dolori d'ogni specie. Questa foglia,
o pestata o messa in polvere, era uno specifico pei tumori e pel-
le piaghe più vecchie e cancrenate , e per fino per frattura d'ossa.
Ma saremmo troppo prolissi se tutti i vegetabili volessimo
enumerare che a rimedio de' loro mali i Peruviani usavano con
vantaggio. Biagio Oulera , il più diligente investigatore delle cose
Peruviane, giustamente disse essere il Perù sì abbondante d' ogni
genere di cose utili in medicina , che potrebbe esso solo som-
ministrarne a tutto il mondo per ogni uopo , se si fosse tenuto
conto di quanto con sicuro successo usavano gli indigeni.
Quina-quinn.
Ma gli Spagnuoli non cercavano che l'oro: non fu che assai
l86 COSTUME
dopo la conquista che essi conobbero l' uso della qnìna-quina. I
Peruviani la dicevano cascari"lia . e ne conoscevano i buoni ef-
fetti fino dal tempo in cui i loro Incili conquistarono il paese di
Loxa , nelle cui montagne , dette di Casanuma , cresce spezialmente
l'albero dal quale si trae. I Peruviani dicevano d'averne appreso
la virtù e l'uso dal bone, il quale negli accessi di febbre, a cui
va soggetto, soleva mangiarne. Per molto tempo si pregiò quella
che distaccavasi dalla parte dell'albero esposta all'oriente: né
forse aveasi torto. Un altro febbrifugo egualmente prezioso trova-
rono i Peruviani nella scorza di un altro albero cui essi diretta-
mente chiamano quina, che cresce conosciuto sotto questo nome
nel paese dei Gharca; e sotto quello di laiche sulle sponde del
IMaragnone nel paese dei Mayna. Fu questa propriamente ì-t prima
china trasportata in Europa : V albero che da questa scorza, forma
ancora intorno al suo frutto una gomma odorosa ; e mediante
un'incisione nel tronco un balsamo ; 1 una e l'altro per molte
applicazioni eccellenti.
Rimedio per qli sconcerti della malinconia e per la collera.
Fra tanti rimedj che avevano i Peruviani sia per preservarsi
dai mali, sia per liberarsene, uno ne possedevano ancora singola-
rissimo per guarire dagli sconcerti di collera o di malinconia che
merita di essere riferito. Avevano essi una certa radica bianca ,
simile in qualche modo alla nostra rapa , di cui pestavano all' in-
circa due once/, e ne inghiottivano la pasta sciolta nell' acqua. Poi
si mettevano al sole per facilitare 1' effetto della medicina , la
quale un' ora dopo incominciava operando a tormentarli a modo,
che parea ebe fossero prossimi a morire. Si riavevano però poco
dopo , e il primo segno della ricuperata sanità era il sentirsi af-
famati estremamente.
Imbalsamazione.
Le cose fin qui esposte bastano per dare un' idea della medi-
cina dei Peruviani j ma non dobbiamo però tacere dell'arte che
aveano d' imbalsamare i cadaveri. Essi solevano imbalsamarli con
tale diligenza , che non solo parevano corpi vivi , ma conservavansi
per molti secoli. Garcilasso riferisce che nel i56o fu condotto in
una sala ove il licenziato Paolo Ondegardo, nativo di Salamanca
e giudice in Cuzco , gli fece vedere cinque cadaveri , tre d' uo-
mini e due di donne , ai quali non mancava né un capello , nò
DEGLI ABITATORI DEL KRtf' 187
un pelo delle sopracciglia. Conoscevasi che quelli degli uomini
erano cadaveri d' Imperadori , perdio aveano la fronte ornata
della frangia rossa. Stavano seduti all'uso del paese, colle mani
incrociate sul petto e cogli occhi bassi. Acosta che li vide alcun
tempo dopo , e che li osservò con maggiore attenzione di Garci-
lasso , aggiugne che aveano gli occhi d'oro, e fatti con tal mae-
stria, che nou distinguevansi dai naturali: segno evidente che
erano composti più di smalto che d'oro. Pare che i Peruviani ri-
cusassero di palesare agli Spagnuoli 1' artifizio che usavano in
questa imbalsamazione.
Scienze de' Peruviani.
Dopo di aver parlato delle arti de' Peruviani , ragion vuole
che non si debba omettere d' investigare anche lo stato delle
loro scienze. E primieramente osserveremo ch'eglino sfortunata-
mente mancavano del più necessario mezzo onde conservare le
cognizioni a cui gli uomini d'acuto ingegno potevano giugnere ,
cioè della scrittura alfabetica. I famosi quipu de' Peruviani, se
per avventura si fossero spinti ad indicare qualche idea astratta ,
non valevano a rappresentarne quella serie che entra nella tratta-
zione ed amplificazione di una scienza.
Quipu co' quali i Peruviani supplivano alla mancanza della
scrittura»
Erano i quipu Peruviani una spezie di frangia di fili penden-
ti dall' alto al basso , appiccati superiormente ad una intrecciatura
orizzontale comune, e procedenti per circa tre piedi. La lunghez-
za della intrecciatura e di tutta la serie de' fili, era determinata
dalla quantità delle cose che volevausi esprimere. Per leggere i
quipu bisognava sapere il significato che davasi alla maggiore o
minore torcitura di que'fìli, ai colori de' medesimi , alla diversa
successione di que" colori, e alla qualità differente de' nodi , non
tanto pel lungo che nella loro serie presentavano , quanto per la
maggiore o minore grossezza de'' medesimi , e per gF intromessi
colori , e per tutti quanti gli accidenti di che quelP artifiziosa
frangia era composta. Sono quasi interamente perdute le memorie
di tutte queste cose; le poche che ci rimangono sono le seguenti.
Col color giallo veniva indicato 1' oro e col bianco 1' argento : gli
uomini di guerra erano espressi col rosso: le cose che nou ave-
vano color notato, venivano disegnate dal posto in cui collocavasi
l88 COSTUME
il gruppo che n' ei\i il simbolo , convenutone il posto pei' la esti-
mazione comune,- così facevano de' vai -j grani, cosi delle varie
armi. Coi gruppi pure disegnavano un villaggio, un borgo, una
città, una provincia, una divisione dell'imperio, 1 imperio stesso;
e dove volevasi dar l'idea degli abitatori di una di coteste parti,
mettevansi nell'ordine, che la graduazione convenuta portava,
i nodi relativi pel colore o semplice o misto, e per la forma e
grandezza , già pur comenuti. Essi in questo proposito solevano
mettere in prim' ordine i vecchi al disopra di sessant' anni; nel
secondo gli uomini di cinquanta, e cosi discendevano a mano
a mano sino al fanciullo lattante. I fili , che abbiamo detto pen-
denti dall' alto al basso della intrecciatura orizzontale , che fatta
anch' essa a gruppi e a colori significava una intestazione dell' ar-
gomento di che la serie de' fili trattava , aveano anch' essi per
tutta la loro lunghezza altri fili sottilissimi a più colori e aggrup-
pati, i quali pare che esprimessero le idee accessorie e qualifica-
tive , quali entrano in un alquanto lungo ragionamento. Sappiamo
p. e. ; che attaccati al nodo esprimente donna , valevano per dire
s'essa era vedova, e da qual tempo; se madre, e di quanti figli;
se sposa ec. Egli è probabile che nel conteggio non andassero
oltre alla espressione di un centinajo di migliaja , ma è probabile
ancora che con un' altra intestazione simile, e col solo aggiuii-
gnervi il numero di seconda , di terza ec. dessero conto di qua-
lunque quantità. Rispetto ad esprimere idee morali poteva forse
essere più semplice la serie de' gruppi necessarj una volta che
erano convenuti, come dovevano essere i segni determinativi della
cosa e dell' azione. Necessariamente si aveano in que' gruppi piut-
tosto simboli delle cose che segni elementari di parole.
Custodi dei quipu.
Quello poi che è certo si è , che erano per autorità pubblica
stabiliti i custodi di questi quipu, che noi diremmo archivisti; i
quali o si trattasse di conti, odi rapporti, o di decisioni, o di leggi,
o di qualunque altro atto di amministrazione, sia per presentarlo
ad esame, sia per comunicarlo a regola, sia in qualunque maniera
per consultarlo, alla opportunità il presentavano; nò è strano il
supporre, che vi fossero copisti, che ne moltiplicassero gli esem-
plari , non meno che al bisogno facessero delle loro pitture i
Messicani. Questi custodi , detti dai Peruviani Quipucamaju non
DEC.U ABITATORI DEL PERu' 1 8f)
orano solamente alla corte dell' luca, ma in tutte le città dell'ini'
perio ; e gli lucili avevano stabilito, clic il lor minor numero fos-
se in ogni luogo di quattro; ed a norma della maggiore grandezza
della città, crescesse fino ad aversene venti o trenta. Il che
dimostra che questi custodi n'erano anche all'opportunità i di-
ciferatori e gli interpreti; che si volevano -concordi , e che quan-
tunque uno solo forse avesse potuto bastare , i più assicuravano e
il governo e i sudditi da ogni funesta conseguenza dell' errore o
della mala fede.
Con questi qui/m adunque si appresentavano tutti i tributi
che ogni anno ls luca riceveva ; senza che vi fosse omessa fami-
glia , secondo Ja sua nazione e qualità ; con questi si offriva il
ruolo di tutti i militari, e notavansi gli uccisi in guerra, o morti
per altra ragione; con questi si vedevano i nati e i morti in ogui
famiglia colla indicazione del loro numero a mese per mese ;
con questi erano significate le battaglie, le vittorie, le rotte, le
ambascerie , le dichiarazioni degli Incili; con questi dichiara vasi
il reo , il delitto e la pena profferita ; ed indicatasi il soggetto
d' ogni lite , e la sentenza intorno alla medesima emanato. I cu-
stodi poi de delti quipu con certi segni suppletivi de' gruppi do-
veano spiegare quanto di più occorreva. Era questa una parte
assai importante di dottrina , la quale conservavasi per tradizione
da padre in figlio, spezialmente nelle città in cui le cose memo-
rabili, disegnate iu, certe spezie di quipu, erano succedute, o ia
cui potevasi presumere che più spesso occorresse di farne uso.
Quando i Cu rechi , od altri nobili volevano sapere la storia
de' loro antenati, consultavano questi Quipucamayu , i quali
passavano tutta la loro vita in [studiare le vecchie frangie loro
affidale. Così resta chiarito come i Peruviani, privi di scrittura
non solamente alfabetica , ma eziandio simbolica , avessero nei
quipu un maraviglioso ajuto per 1 amministrazione dello Stato, e
per tramandare alla posterità i fatti più gloriosi della loro storia.
Amantas o filosofi del Perù.
Un3 altra classe di dotti o filosofi distiuguevasi nel Perù sotto
il nome di Amanlas , o persone dedicate alle scienze. E certa-
mente se si considerano le leggi deli' imperio e i coslumi gene-
rali , dee dirsi che la filosofìa morale fu ben coltivata dai Peru-
viani.
igo COSTUME
Coltivarono V astronomia.
Ma una scienza che esige un maggiore complesso di cognizioni
è l' astronomia , la quale si fa necessaria ad ogni popolo sorto
appena dallo stato di rozzezza , essendo essa la guida necessaria
per l'agricoltura e per l'ordine delle cose civili e religiose. I Pe-
ruviani non solamente non ne mancarono, ma n'ebbero tale pra-
tica che giustamente può far meraviglia se si considera che il
principio della loro coltura non andava oltre a quattro secoli.
Vero è che fuori del sole , della luna e di venere essi non cono-
scevano altri astri ; giacché tutti gli altri corpi celesti chiamavano
con un nome medesimo, non escluse le pleiadi, che pur sembra
eh5 eglino distinguessero dalle altre stelle. Ma come supporre che
i Peruviani non avessero un calendario con cui regolare le stagio-
ni e i punti cardinali del moto annuo del sole , avendo essi so-
lenni feste stabilite ai solstizj , agli equinozi , al tempo delle
seminagioni e a quello delle messi? Bisogna dunque dire, che
conoscessero l'anno lunisolare.
Monumento astronomico di Cuzcr.
Certo è che a conoscere e a rettificare il corso del sole ave-
vano essi innalzato il monumento famoso delle sedici torri , che
Garcilasso, Pietro di Cieca e Acosta, dicono di aver veduto. Otto
di queste torri erano piantate all'oriente di Cuzco, e sotto all'oc-
cidente. Codeste otto torri erano divise da ogni parte in due
gruppi , ciascheduno di quattro ; e tra queste quattro ve n' erano
in ogni gruppo due picciole, alte circa tre tese, e distanti 1' una
dall' altra da diciotto in venti piedi. Codeste picciole torri erano
in mezzo alle due grandi ; e per venti piedi incirca parimente
distanti dalle medesime. Dalle alle torri si vedeva fra le due
picciole il sole alzai'si e tramontare ne' giorni dei due solstizj. Per
fare tale osservazione un Inca metteva» al nascere e al cader
del sole in un determinato sito, onde vedere se il sole si levasse
o cadesse precisamente nel punto dell' orizzonte che discoprivasi
tra le due picciole torri poste all' oriente e all'occidente della città.
E curiosa cosa, che Galileo avesse proposto la costruzione di cosa
simile , comunque più semplice fosse il diseguo suo , e l' uso as-
sai più ragionato.
Gnomoni presso i templi.
I Peruviani mettevano inoltre una grande importanza in fissare
BEGLI ABITATORI DKL VERu' I()l
il vero giorno dei due eqininozj. Era al giorno dell' equinozio di
primavera eh' essi incominciavano le messi; ed all'equinozio
d'autunno celebravano una delle loro feste principali. Per deter-
minare il giorno equinoziale aveano alzate nelle piazze poste avan-
ti ai templi del Sole alcune colonne di pietra situate nel centro
di un gran circolo tagliato in mezzo da una linea che lo attra-
versava da oriente ad occidente. Questa linea era il risultamento
di un gran numero di osservazioni con assai diligenza ripetute
per lungo corso di anni. All' approssimarsi dell' equinozio gli In-
cili stavano attenti per rilevare l'estensione e la direzione dell'om-
bra che quelle colonne presentavano; e notandone i risultamene ,
ne traevano poi le conclusioni convenienti all' intendimento loro.
Solevano i Peruviani ornare quelle colonne di bellissimi fiori, e
ponevano sulla cima delle medesime il trono del Sole, dicendo che
quell' astro ivi posavasi in quel giorno nella pienezza della sua
luce; ed è perciò che in tal giorno appunto facevano al Sole le
più preziose offerte. E siccome avevano osservato che a misura
eh' essi spingevano le loro conquiste verso la linea equinoziale,
minore ombra quelle colonne davano il dì dell' equinozio , cosi
apprezzavano molto più quelle che erano prossime a Quito, e
massime le collocate in quella città , perchè situate direttamente
sotto la linea, al mezzodì del giorno equinoziale non davano om-
bra veruna.
Geometria e geografìa.
Dpveano i Peruviani avere qualche cognizione di geometria,
giacché la misura e la divisione delle terre formavano una parte
fondamentale della loro politica ed amministrazione. La loro geogra-
fa non si estendeva oltre il paese; poiché non avendo commercio
con popoli lontani , le sole loro conquiste procuravano loro la co-
gnizione di quanto era al di là. Ma essi sapevano levar piani, far
modelli e rappresentare con molta esattezza le provincie compo-
nenti l'imperio degli Incili.
Musica.
La loro musica non era gran cosa : uno dei loro principali
strumenti era composto di quattro o cinque canne disuguali, o-
guuna delle quali avea un tuono più alto dell' altra ; e quando
uno sonava in un tuono, l'altro gli rispondeva in un altro; a
modo che alzavano od abbassavano la voce dello siromeuto senza
i gì COSTUME
alcuna dissonanza. Aveano anche pive o flauti di quattro o cinque
tuoni , ed ognuno si accordava da se solo , non sapendo mettersi
in accordo cogli altri. Ogni canzone avea un'aria particolare: cia-
scheduno improvvisava la sua musica e il suo canto. I Peruviani
servivansi comunemente della musica per esprimere alle loro a-
manti la propria passione ', il flauto era lo stromento con cui can-
tavano i loro amori ; le guerre e le imprese eroiche cantavansi
con altri slronienti: gli iuchi tenevano a corte alcuni signori al-
levati nell' arte del canto. Non si può parlare di musica , senza
parlare anche di poesia.
Poesia.
I dotti del Perù componevano commedie e tragedie, che ve-
nivano rappresentate alla corte dai figliuoli dei gran signori. Le
tragedie aveano sempre per argomento azioni militari , vittorie ,
trionfi e imprese nobilissime de' Re o degli eroi della nazione.
Le commedie erano recitate negli intermezzi, e rappresentavano
avvenimenti domestici. Gli imperatori davano magnifici regali a
quelli che si distinguevano. Aveano poi versi eroici che passavano
in mancanza della scrittura da generazione in generazione. Ma
più comuni erano i versi d' amore. Valera ci ha conservata una
canzone tolta dai cjuipa, la quale, tuttoché amorosa, è piena di
bella mitologia. I Peruviani chiamavano Ilarravec , cioè inventori,
i loro poeti.
Costume dei Peruviani indigeni moderni.
Lo stato del governo, della religione, delle arti e delle scien-
ze degli antichi Peruviani , cui noi abbiamo brevemente esposto ,
è ben lontano , secondo il giudizio di Malte-Bruu , dal rassomi-
gliare a quello de' Peruviani indigeni d'oggidì. Questi non hanno,
egli dice, che limitatissime facoltà intellettuali, un carattere me-
lanconico, timido, abbattuto dall'oppressione, pusillanime nel
momento del pericolo, feroce e crudele dopo la vittoria, altero,
duro ed implacabile nell' esercizio del potere. Temono assai gli
Spagnuoli, e si mostrali docili ed obbedienti ai loro ordini; ma
li detestano in segreto, ne evitano la società, e gli odiano solo
un po' meno dei JNegri e dei Mulatti. Sono diffidenti per carattere,
e credono che non si possa usar loro la minima gentilezza senza
intenzione d'ingannarli: sebbene grossi, robusti ed atti alla fatica,
poltriscono nell' indolenza e nel sucidume , e vivono senza previ-
DEGLI ABITATORI DEL PERÙ ig3
denza dell' avvenire. Le loro abitazioni non sono che cattive ca-
panne mal fabbricate, incomode e schifose. Il loro abito è povero
e meschino, misero il loro cibo} ma sono assai dediti ai liquori
forti, e tutio sagri6cano per procurarseli. Sebbene la loro religio-
ne sia frammista colla superstizione de' loro antenati , con però
scrupolosi osservatori dei riti e delle ceiimonie della chiesa , e
fauno considerabili spese per messe e processioni.
Stato politico e civile de* medesimi.
Il sistema d'amministrazione attualmente in uso per rispetto
agii indigeni , è favorevole al libero sviluppo delle loro facoltà.
Essi non sono più soggetti alla direzione de' Correggidori Spagnuoli.
Se l'indolenza e la mollezza del loro carattere si accrebbero in
alcune province sotto il governo de' loro magistrati indigeni, in
altre l'industria si è elevata ad un alto grado di splendore. A
Lambayeque spezialmente sonosi applicati alla coltivazione delle
campagne, alle manifatture ed al commercio, con tanta assiduità
che superano di molto gli Spagnuoli \ e siccome le produzioni
de* loro poderi e della loro industria in generale non sono soggette
all' alcabala, né ad altre gravezze, così hanno un grande van-
taggio sulle altre caste. Gli indigeni non pagano che un'imposta
personale tanto moderata , che può piuttosto essere risguardata
qual semplice indizio di servitù, che come un vero carico. Quelli
che appartengono a famiglie nobili , dalle quali si traggono i
Cacichi, sono esenti dall'imposizione, ed ammessi insieme, cogli
Spagnuoli alle funzioni governative. Ne' siti abitati esclusivamente
dagli indigeni nessun' altra casta può stabilirsi fra di essi senza
il loro consenso (2).
Coscrizione per le miniere.
Un particolare aggravio pesa sulla spezie indigena , ed è il
mita o lavoro forzato delle miniere: tutti gli indigeni maschi dai
18 ai 5o anni sono a ciò requisiti. A tale effetto sono inscritti
sopra liste appositamente tenute e ripartiti in sette divisioni, cia-
scheduna delle quali serve sei mesi, di modo, che viene per o-
gnuna la sua volta dopo tre anni e mezzo. Allora il mitajer è
obbligato a lasciare moglie, casa, occupazioni , e recarsi alla mi-
(1) Mercurio Peruviano, Vili., 48, IX, 56, X., 276.
(2) Idem, X., 2j5'
Cost. Voi. Ili delV America. i3
ig4 COSTUME
niera, sovente due o trecento leghe lontana, ma parecchi di essi
vi conducono la famiglia. Si dà loro una leggiera indennità per
le spese di viaggio^ e durante il lavoro mezza piastra al giorno
per lo meno , ma sovente di più (r). Oltre i mitajeri sonovi
indigeni che servono volontariamente nelle miniere, e vi si ingag-
giano per un determinato salario } son anzi questi in maggior nu-
mero.
Diminuzione della popolazione.
Il numero degli indigeni si è diminuito dopo la conquista, e
siccome le altre spezie non aumentarono colla stessa proporzione,
così la popolazione totale del paese è inferiore a quella che vi
aveva all'arrivo degli Spagnuoli. II totale della popolazione attuale
del Perù , in tutta la sua estensione , ammonta a tre milioni
6oom. abilatori. Supponendo le antiche anagrafi degne di fede, la
diminuzione si ridurrebbe, secondo Malte-Brun, a sette od otto-
centomila individui.
Motivi di tale diminuzione.
Tra le cause che contribuirono a diminuire il numero degli
indigeni, Ulloa nota l'abuso dei liquori spiritosi. Il vajuolo e la
rosolìa vi recano pure grave danno. L'accrescimento delle altre
spezie d'uomini è un'altra causa che influisce continuamente sulla
diminuzione degli indigeni, e deve terminare col farne scompa-
rire la razza. E stato osservato che dovunque si stabiliscono gli
Europei fra gli indigeni, va scemando il numero di questi, ma
vi succedono i Meticci ed i Zambo.
Longevità.
Gli indigeni, come i Creoli pervengono generalmente ad un'e-
tà molto avanzata, e conservando l'uso delle loro facoltà mentali
fino agli estremi. Nella provincia di Caxamarca che racchiude ap-
pena sette mila abitatori , conta vansi Panno 1792 otto persone
dai 114 ai 147 anni} e nella slessa provincia morì l'anno 1765
uno Spagnuolo di 1 44 anrH 7 raes' e 5 giorni , lasciando una
discendenza diretta di 800 persone (2).
I Meticci ec.
1 Meticci han posto immediatamente dopo gli Spagnuoli, e for-
(1) Idem, ibid, VII., ly.
(2) Mercurio Peruviano, V., 164.
DEGLI ABITATORI DEL TEUU Iq5
mano la classe più numerosa dopo gli indigeni. Non godono dei
privilegj a questi accordati, ma né anche van soggetti agli obbli-
ghi medesimi. V-rvimo in una perpetua discordia cogli indigeni, e
sono cordialmente collegati cogli Spagnuoli. I Quarteroni che di-
scendono dal matrimonio di uno Spagnuolo con una Meticcia, di-
stinguonsi difficilmente dai loro padri. I Cholo per lo contrario,
nati de indigeni e Meticci, entrano nella classe degli indigeni , e
sono sottoposti al tributo.
/ Negri.
I Neutri schiavi son destinali al servizio delle famiglie od al
lavoro delle zuccheriere o nell' altre piantagioni de' loro padroni,
Se ne introducono annualmente 5oo circa. I Negri liberi, il cui
numero è alquanto considerabile, passano in generale per isfac-
cendati , dissoluti ed autori della maggior patte delle ruberie ed
assassinj che commeltonsi nel regno.
Mulatti.
I Mulatti si danno comunemente al picciolo commercio , ed
esercitano quasi soli parecchi mestieri meccanici. Le donne Mu-
latte ricercate come balie sanno sovente guadagnarsi tutta la
fiducia delle loro padrone Creole (i).
Lingua del Perù.
La lingua quichua è parlata in tutto l'antico Perù, non so-
lamente dagli indigeni, ma dagli Spagnuoli ancora, e spezialmente
dalle Spagnuole. A Lima ed a Quito è quello l'idioma della ga-
lanteria e del buon tuono della società. I Gesuiti diffusero nelle
missioni a levante delle Cordigliere quella lingua dolce ed assai
colta. Dicesi che si presti moltissimo alle graziose pitture dell' i-
dillio ed ai movimenti affettuosi dell'elegia. Sussistono altresì in
parecchi cantoni del Perù alcune lingue madri ben diverse, come
V aimara ne' contorni della Paz, e la -puquina nelle isole di Ti-
ticaca.
Descrizione del Perù- Interno.
Noi ci siamo finora occupati dell'alto e Basso Perù : il poesje
che abbiam qualificato di Perù-Interno ne differisce sotto parec-
chi rapporti fisici , ed è popolato di nazioni che non sembrano
avere totalmente soggiaciuto al giogo degli Inca , né discendere
(i) Idem, ibid, Vili., 5o.
ICj6 COSTUME
dallo stesso stipite oVPeruviani. Gli Spagnuoli distinguono parec-
chi distretti sotto speziali denominazioni. La Pampa del Sacra-
mento fra l'Huallaga e l'Ucayal} il Gran-Pajonal, paese mon-
tuoso fra il Pachitéa, l'Enne e l'Ucayal^ la provincia di Moxos fra il
Beni e la Madera \ la provincia di Chiquitos che si estende verso
le rive del Paraguay. Ma siccome le regioni e le tribù si rasso-
migliano nelle cose principali, così le racchiuderemo in un solo
prospetto.
Quadro fisico degli indigeni delV interno.
Gli indigeni dell' Ucayal , di Huallaga e della Pampa del
Sacramento, han la tinta più bianca, la statura più robusta e la
fisonomia più espressiva dei Peruviani. Alcune tribù, per esempio
i Conibo , non la cederebbero in bianchezza agli Spagnuoli, se
non fossero gli olj con cui si ungono tutto il corpo, e le punture
delle grosse zenzare, dalle quali tali unzioni non bastano a pre-
servarli (i).
Bellezza de'Carapacho.
I Carapacho sul fiume Pachitéa sono quasi bianchi come i
Fiamminghi; ed hanno inoltre una folta barba. 11 Padre Girbal
paragona le loro donne per la bellezza alle Circasse ed alle Gior-
giane (2). Non fa maraviglia che fra que' popoli le deformità sien
quasi sconosciute , mentre prendono le più crudeli precauzioni
contro gli errori di natura. Tutti que' bambini che agli occhi de-
gli insensibili loro genitori sernbran cagionevoli di salute e mala-
mente conformati, son tosto messi a morte come enti nati sotto
sinistri auspizj. In tempo dell'adolescenza è meno barbaro il mez-
zo da essi impiegato onde conservare la bellezza della razza , e
consiste nello stringere con cordicine di canapa tutte le parti del
corpo onde dar loro una forma convenula.
Usanze degli Omagua, dei Pano ec.
Gli Omagua, che soggiornavano anticamente nella Pampa
avean l'uso di comprimere la testa de' loro figliuoli fra due assi
di legno, le quali appianando la fronte e la nuca , rendevano
più larga la faccia, e per sei v'irsi de' loro termini, le davano una
certa rassomiglianza colla luna piena. Sembra che tale costumanza
(1) Viajero universa!, XXI. ^ pag. 1S2,
(2) Idem, ibid XX., 187.
DEGÙ ABITATORI DEL PEHD 197
non sia del tutto abolita fia gli abitatori attuali di que' paesi. I
Missionari attribuiscono a questa violenta operazione il debole in-
tendimento, e criterio che secondo essi è generale fra quei popoli.
I Pano fanno circoncidere le giovinette} uso sconosciuto fra le
altre tribù. 11 vajuolo e varie altre cause diminuirono singolar-
mente la forza di queste tribù, un tempo popolose. Ce ne lia di
quelle che non contano che 5oo anime.
Idiomi.
Gli idiomi di questi indigeni sembrali variare da villaggio a
villaggio, tanta è la cura che mette ogni tribù a conservare certe
inflessioni di voce, certi fischi ed urli che probabilmente teogon
luogo di segni in tempo di guerra.
Governo.
Tulle queste popolazioni vivono sotto Gacichi o Principi , e
ve ne sono di quelle che han due Gacichi ad un tempo. Se si
dee prestar fede a' Missionai j la poligamia è in orrore fra que'po-
poli, e i soli Gacichi aver possono due spose.
Matrimonj .
Nella maggior parte di quelle tribù i matrimonj sono conchiusi
fra i capi delle due famiglie e i giovani insieme allevati sin dal-
1 infanzia. Non è raro il vedere una coppia amarsi fino alla morte}
e più di un'Artemisia selvaggia badate le sue viscere per tomba
alle ceneri del proprio marito. Ma da un'altra parte, i matrimonj
non sono indissolubili per legge: gli sposi possono separarsi to-
sto che il mutuo consenso abbia ridonato la libertà a ciascheduno
di essi.
Credenza religiosa.
La credenza di que' popoli è conforme all' imperfetto loro in-
civilimento. Essi sogliono rappresentarsi l'Ente Supremo sotto le
forme di un vecchio, che, dopo di aver fabbricate le montagne
e le pianure della nostra terra, prescelse il cielo per sua costante
dimora. Lo chiamano nostro padre e nostro avolo , ma non gli
consacrano né templi , uè altari. I terremoti , secondo essi sono
effetto della sua presenza sul nostro globo: quel Nume irritato fa
co suoi passi vacillar le montagne: appena odono una scossa di
tremuoto, escon tutti delle loro capanne, e per mostrarsi il loro
rispetto , danzano , saltano , pestano i piedi e gridano : Eccoci
qui ! eccoci qui ! Parecchie tribù adorano la Luna.
I98 COSTUME
Mohane o stregoni.
Tutti credono ad un cattivo principio, ad una spezie di dia-
volo, che, secondo essi, risede sotterra, e procura di far male a
tutto ciò che ha vita. Vuoisi che certe persone chiamate Mohane
abbiano comunicazioni col diavolo , e sappiano sviarne la mala
influenza. Queste sono i soli sacerdoti che abbian que1 popoli }
vengon consultati sulla guerra, sulla pace, sulle messi, sulla sa-
lute pubblica e negli affari di Amore. Il mestiere di que'sacerdoti
o piuttosto di quegli stregoni è assai pericoloso. Se i loro artifizj
magici nou sono segnati dal buon esito che promettono, la ven-
detta del deluso non è spenta che col loro sangue.
Talismani.
I piripiri sono talismani composti di varie piante: ce ne ha
di quelli che portarsi sulle braccia , ai piedi e sulle armi \ altri
ce ne ha che si masticano e si gettano poscia in aria \ d' altri
beesi l'infusione: alcuni devono ispirare l'amore, altri procurare
una buona caccia , assicurare un buon ricolto , far piovere o di-
sperdere il nemico.
Medicine.
Fra tutti i prodigj che si operano dai Mohane col mezzo dei
loro talismani, t più portentosi, ma nell'egual tempo i più perico-
losi, sono le guarigioni degli infermi. Siccome tutte le malattie
sono attribuite ai loro artifizj, o all'influenza del diavolo loro si-
gnore, così la prima cura che una famiglia si crede in debito di
usare ad un malato, si è quella di scoprire qual sia il Mohane
che lo ha stregato. A tal uopo il prossimo parente beve un estrat-
to di datura arborea. Lin. Ebbro di quella specie di veleno ve-
getabile cade a terra e resta sovente per due o tre giorni in uno
stato simile alla morte. Riavutosi alla fine, asserisce aver veduto
in sogno tale o tal altro stregone, del quale ei dà i contrassegni 5
si va allora in traccia del Mohane che ha i delti contrassegni, e
O 7
viene obbligato ad incaricarsi della guarigione dell'infermo. Se
per disgrazia questo fosse morto durante l'operazione preliminare,
la famiglia procura di uccidere il Mohane indicato. Sovente le vi-
sioni non danno alcun indizio positivo, ed allora si sforza il primo
Mohane che s'incontra a fare gli ufficj di medico. È probabile che,
grazie alle tradizioni o ad una lunga esperienza, quegli stregoni
posseggali segreti atti a sanare qualche ammalalo e ad uccidere
DEGLI ABITATOSI DEL PEMj' 10,0,
qualche altro. I veleni, che in que1 climi vengon somministrati
dal regno vegetabile in grati numero, posson con certe modifica-
zioni servir di rimedj. Quando però questi riescon tutti inutili, e
quando sicuri indizj predicono una morte imminente , il Mollane
cerca di salvar la vita con una fuga precipitosa , senza però poter
evitare le bastonate e le sassate che gli piovouo addosso.
Idea sulla vita futura.
Le tribù stabilite sul fiume delle Amazoni dalla parte di May-
nas, credono che l'anima continui a sussistere in un altro mon-
do, sotto la forma umana. Quegli indigeni dicevano ai Missionarj:
» Noi non paventiamo la morie \ i nostri padri e gli amici nostri
ci attendono all'altro mondo \ tengon sempre pronti pisanghi cotti
e pane di cassava onde riceverci: noi abbiam cura che si ponga
ne' nostri sepolcri una scure di rame, un arco ed un'armatura
intiera, affine di poter far sul momento la nostra entrata vitto-
riosa in cielo, passando per la via lattea , quel luminoso giardino
ove i nostri antenati si divertono in danze e banchetti. I nostri
nipoti ci vedran non pertanto qualche volta combattere contra i
morti delle tribù nimiche : si ammasseranno allora oscure nubi a
presagire una violenta procella: la folgore scintillerà nelle nostre
mani, ed il fracasso della caduta de' nostri nemici precipitati
dall'alto de' cieli, e cangiati in bestie feroci, rimbomberà per
l'aria qual tuouo spaventevole ».
Trasmigrazione delle anime.
Sebbene parecchie di tali idee sieno comuni a tutti gli indigeni,
sembra però che gli abitatori delle rive dell'Ucayal vi aggiunga-
no la credenza della metempsicosi. » Perchè, diceva uno di essi
ad un Gesuita, parlarmi tanto de' miei peccati? Tutto quello che
tu dici delle pene dell'inferno non e che un tessuto di falsità.
Io sono sicuro che i miei peccati non mi faranno abbruciare ,
mentre mi vedo intorno ciò che divennero i miei antenati dopo
la loro morte. I Gacichi giusti e saggi, i valorosi guerrieri, le
mogli fedeli vivon dopo la morte ne' corpi degli animali che di-
stinguonsi dagli altri per forza , grazia od agilità. Rispettiamo
principalmente le grandi simie, le salutiamo, tributiam loro onori
d'ogni spezie, perchè le anime de' nostri padri abitano nel loro
corpo. Quanto alle anime de'malvagi e de'traditori , o vanno er-
rando fra le nubi e sulla terra, o languiscono incatenate in fondo
2,00 COSTUME
ai fiumi. Ma nessuno di noi vive abbruciato all'" altro mondo (i) ».
Omei funebri.
I pianti ed i lamenti funebri di que' popoli non distinguonsi
che per 1' estrema varietà di' eglino si sforzano di porre nel suo-
no della voce. Quali imitano l'urlo delle tigri, quali il grido
nasale delle simic; altri gracidano come le rane. Con tale chiuc-
chiarlaja vogliono certamente significare che tutti gli elementi
piangono la morte di chi hanno perduto. Terminato il lamento
si distrugge tutto ciò che appartenne al trapassato, e se ne ab-
brucia la capanna: si ripone il corpo in un gran vaso di terra,
che serve di bara, sotterrasi in qualche parte solitaria; e
mentre l'altre spezie umane procurano di perpetuare la loro ulti-
ma dimora, questi popoli si danno gran premura di spianare il
terreno ove scavaron la fossa affinchè non se ne riconosca più il
sito. Tutti fuggono i luoghi che servono di cimiterj, e presso la
maggior parte di essi è anzi proibito di fare la minima menzione
del defunto, e di ricordarlo perfino indirettamente. é
Funerali de* Roa-Maina.
I Etoa-IVIaina però hanno un uso un po'diverso ed assai osser-
vabile. Dissotterrano i cadaveri dopo un certo spazio di tempo,
ed allorché ne credono disciolle le carni, ne mondano il corpo,
lo ripongono entro una bara d'argilla carica di geroglifici, lo e-
spongono nelle loro capanne alla venerazione de' superstiti , e ter-
minano col farvi nuove esequie. I Campanaguas in riva al fiume
Magni divorano le carni arrostite dei morti credendo di far loro
onore (i).
Antropofagia.
Si dice che parecchie tribù abbiano per costume di mangiare
i loro prigionieri di guerra. I Guaca , che citatisi nel numero,
han tutta la ferocia dei Giaga d'Africa. Si stringono in mezzo il
corpo in modo da formare una taglia assai sveita.
Coltivazione.
Se gli indigeni dell' Ucayal e deli' Huallaga coltivano la terra,
non è già per procurarsi il sostentamento-, la natura offre loro in
abbondanza di che sussistere ne' quadrupedi e ne' pesci che popo-
(i) V. Malte-Brun-Géographie Univers. Tom. V. lib, 108, pag. 6o5. etc.
(2) Viajero uni versai, X, 187.
DEGLI ABITATORI DEL PERI"' 201
lano le loro foreste e i loro fiumi. Ciò che rende quegli indigeni
coltivatori è principalmente il bisogno di una bibita più sana di
quella delle acque sovente fangose e slagnanti del loro paese. Di
rado bevon acqua,* ed allorché trascurano una tal regola, avvien
sempre qualche trista conseguenza per la loro salute. Questa bibita
sì favorita chiamasi masato, e vien eslratta dalla radice d'yucca
col mezzo di una schifosa operazione. Si riduce la radice in pap-
pa, vi si mescola della saliva, e si lascia fermentare il tutto per
tre giorni •, indi si fa dileguare nell'acqua. Una tale bevanda è
amara e imbriacante.
accette.
Ricevono dalle tribù che abitano le Cordigliere , piccole ac-
cette di rame cui dan nome di chambo. Col mezzo di un sì de-
bole stromento e delle più dure pietre danno la forma di accetta
alle pietre piane che trovano fra i ciottoli de' loro fiumi. L'aned-
doto seguente dimostra quanto venga pregiata da que' popoli una
scure di ferro. Uno di essi si recò un giorno a proporre al Pa-
dre Richter Gesuita il proprio figliuol maggiore in cambio per
un'accetta. Il Gesuita gli fece qualche rimostranza sul suo poco
amore paterno. » Amo i miei figli , disse 1' Indiano , ma posso
procrearne quanti mi aggrada j mentre mi è impossibile il procu-
rarmi una scure. D'altronde il figliuol mio non mi apparterrà
che per un dato tempo , e quella scure mi renderà felice tutta
la vita ».
Guerra, caccia, pesca.
Le occupazioni tumultuose della guerra , della caccia e della
pesca hanno un' irresistibile attrattiva per quei popoli. Pieni di fi-
ducia nelle loro lancie, e nelle loro frecce avvelenate, affrontano
perfino il feroce yaguar o tigre d'America*, appena l'arma tinta
del sugo dell'erbe velenose sfiorò la pelle dell'animale, cade que-
sto e muore. I pesci possono sfuggire le reti grossolane di quegli
indigeni e gli ossei ami loro-, ma se alzan la testa sull'acqua un
rapido dardo li trapassa immantinenti.
Abitazioni.
I villaggi sono fabbricati in modo che sembrano piccioli for-
tini semicircolari , appoggiati ai boschi dalla parte convessa , e
con due uscite, una verso il monte, l'altra verso la pianura. Per
la prima di queste porte fuggon gli Indiani, allorché non posso-
202 COSTUME
no più difendere le loro abitazioni dal nemico. Radunansi allora
fra i monti, d'onde tornano a piombare sui vincitori che spesse
volte ne rimanjjon vittima.
Loro umanità.
Alcuni atti d'umanità distinguono vantaggiosamente questi
Americani. Non fanno mai uso di frecce avvelenate contra l'uo-
mo, né mettono a morte i loro prigionieri, ma li trattano per lo
contrario da concittadini e da fratelli.
Missioni.
I Missionari che assoggettarono alla corona di Spagna la vasta
provincia di Maynas , limitrofa della Pampa del Sacramento ,
trovarono maggiori ostacoli quanto più penetrarouo verso l'Ucayal,
e spezialmente allorché vollero passare oltre quel fiume. Furonvi
nel secolo decimosettimo, e al cominciare del decimottavo floride
missioni sulle rive del fiume Manoa. Ora sono distrutte , e la
perdita di quella posizione che domina il corso dell' Ucayal con-
tribuì al buon esito della sommossa delle tribù del Gran-Pajonal,
che sembrano essersi manlenute indipendenti da trenta e quaran-
t' anni: ma i viaggi moderni de' Missionarj del seminario d'Oca-
pa, quelli spezialmente dei Padri Girbal e Sobieviela, ristabili-
rono comunicazioni pacifiche con parecchie di quelle tribù ,
frall'altr-e coi Pano. E probabile, nello stato attuale del Perù, che
negozianti o coltivatori illuminati ed intraprendenti seguano l'e-
sempio di Don Gio. Bezares, che riconquistò, ripopolò e fece ri-
coltivare parecchi luoghi abbandonati fra le Ande e l'Hual-
laga.
Quadro fisico del Perù interno.
I paesi a levante delle Ande hanno due stagioni \ una asciutta
che dura da giugno a dicembre, piovosa l'altrn: durante la sta-
gione delle piogge , tutte le pianure si trasformano in un lago
immenso-, le foreste, gli arbusti, le liane sembrano galleggiare,
i quadrupedi si rifuggono sulle eminenze, e i granchi e le ostri-
che s'attaccano ai rami inferiori degli alberi. Appena il vento
freddo da levante viene ad asciugare l'almosfera , tosto Tacque
cominciano a diminuire. L'umidità estrema di quel clima, ed il
calore sebbene temperalo che vi regna , esigerebbero per parte
degli Europei qualche misura di prudenza onde conservarvi il
loro vigore.
DEGLI ABITATORI DEL PERÙ' 2,OÌ5
Minerali.
Le colline a levante delle Ande racchiudono miniere d'oro :
vi si trovano anche filoni di sai gemma. La pianura innondala
tutti gli anni dal traboccare dei fiumi , promette una grande
fertilità.
Vegetabili.
Nel loro stato agreste tutti i paesi a levante della Coni-
gliera delle Ande sou coperti di boschi. Sulìe montagne trovansi
molte qualità di legno incorruttibile; al piano si passa tra i bo-
schi di caccao e di palme. Le spezie più ricercate di cinchina o
albero delle china-china , trovansi nelle valli di Huallaga , dalla
parte di Chicoplaya, e probabilmente in moltri altri siti. L'albero
che dà la cera cresce lungo la parte inferiore dell'Huallaga. Parec-
chi alberi somministrano gomme e balsami \ ve ne ha molti altri,
i quali pei bei colori e per l'olezzo dei loro fiori delizian gli oc-
chi e l'odorato.
Insetto che fa la carta.
Tra le più singolari produzioni di quei quasi sconosciuti paesi
distingueremo l'insetto che produce una spezie di carta. Ecco quan-
to ne dicono i Missionarj. » Non lungi dalla città di Huanaco e
dalle rive pittoresche dell'Huallaga superiore, trovasi nella valle
di Pampantico, e probabilmente in molte altre valli della Cordi-
gliela, un insetto cui gli Spagnuoli chiamali sustillo, e che ras-
somiglia mollo al nostro baco da seta. Vive esclusivamente sull'al-
bero detto pacaé, descritto sotto il nome di mimosa inga nella
Flora Peruviana. Gli indigeni che lo trovano squisito da mangiare,
ne distruggono una grande quantità lutti gli anni , senza che
però ne diminuisca sensibilmente la quantità. I più begli alberi ne
sono interamente coperti. Allorché i susti Ili nel loro slato di vermo
sono sazj d'alimento, si riuniscono tutti sulla parte inferiore del
tronco dell' albero, vi scelgono un sito opportuno onde attaccarvi
quel maraviglioso tessuto, cui l'istinto li porta a fabbricare. IL
miglior ordine regna nel loro lavoro ; essi osservano esattamente
le leg£Ì della simmetria; e sebbeue l'estensione, la finezza , la
flessibilità de'loro tessuti sien varj secondo il numero degli inset-
ti che vi prendon parte, e secondo la q ualità delle foglie di cui
si cibarono , tuttavia ne risulta sempre una spezie di carta, che
per lucidezza, consistenza e solidità, rassomiglia alla Cinese, ma
204 COSTUME
di molto maggior durata. II disotto di quella tenda aerea serve
di ricovero al sustillo durante la sua metamorfosi } s' attaccano
essi al lato inferiore in linee orizzontali e verticali, in modo da
formare un cubo perfetto. In tale posizione ognuno s' avviluppa
nel suo bozzolo di seta grossolana, ed attende il momento della
sua trasformazione in ninfa o crisalide , e poscia in farfalla.
Usciti della loro prigione staccano essi medesimi in gran parte i
fili pe' quali era sospeso il tessuto che li copriva } ciò non per-
tanto esso rimane sempre attaccato ai rami dell'albero, ed im-
biancato dall'aria , sventola in balìa del vento , simile ad una
squarciata bandiera. Il naturalista Antonio Pineda inviò a Madrid
un pezzo di quella carta nativa, lunga un'auna e mezzo. Si pos-
sedè pure a Madrid un nido intero di suslilli. Que' nidi, o piut-
tosto quelle nicchie aeree han sempre la forma ellittica ». Il Padre
Galancha Gesuita, avea parlato di quest'insetto curioso, e posse-
deva un pezzo di carta di sustillo , sul quale erasi scritta una
lettera (i).
Pianura di sale.
La relazione ancora inedita del Padre Taddeo Haenke sta per
farci conoscere altre curiosità del Perù interno. Quel viaggiatore
trovò nella provincia di Chiquilos un'immensa pianura coperta di
stagni salsi, la cui superficie immobile e cristallizzata offriva l'im-
magine del verno. Gli alberi stessi ad una grande distanza eran
coperti di piccioli cristalli che producevano all'occhio l'effetto di
una brinata.
(i) Histoire du Pérou, I. , pag. 66.
20D
IL CHILI, IL PARAGUAY
E LE TERRE MAGELLANICHE.
DESCRIZIONE PARTICOLARE DEL CHILI.
-Tassando per sterili montagne, orribili precipizj e nevi eter-
ne si penetra dal Perù nel Chili. La natura avea isolata dal
mondo intero quella pittoresca, fertile e salubre regione^ nondi-
meno la possanza degli Inca, siccome abbiamo già sopra accennato,
vi aveva spinto iunanzi l'armi spagnuole : ma né l'una né l'altra
poteron sottomettere interamente quella terra di libertà.
Compendio storico del Chili. Valdivia al Chili.
Appena i Cliiliesi furonsi accorti che gli avventurieri Spagnuoli
miravano alla mina de' figliuoli del sole , ai quali dal tempo di
Jupangui sino allora s'eran tenuti devoti, rivoltaronsi contra i
nuovi padroni, e Pizzarro che conosceva l'importanza di quella
conquista, dopo l'assassinio di Almagro vi avea spedito Valdivia
per rialzarvi il nome di Spagna e depredarne le ricchezze.
I Chiliesi si armano contra Valdivia.
1 Curachi confederati insieme , da ogni parte valorosamente
contrastarono palmo a palmo il terreno} ma non trovavano modo
di resistere all'impelo de'cavalli , ai crudi assalti de' mastini , e
ai fulmini dell'artiglieria: perciò Valdivia non tardò a penetrare
nella bella valle di Mapocho dove fondò la città di Santiago e la
fortificò con un castello, che dovea difendere ad un tempo e la
nuova colonia e le vicine miniere, intorno alle quali mise tosto
gli indigeni a lavorare pe' nuovi padroni. Ma siccome i Chiliesi
hanno dalla natura alto animo e robustezza di complessione, non
così facilmente soffrirono l'oppressione degli avidi forestieri. Per
la qual cosa deliberarono di assaltare il castello eretto dagli Spa-
gnuoli \ ma essendo stala sgraziatamente scoperta la loro macchi-
nazione , i capi della medesima vennero messi a morte. Questo
206 COSTUME
tristo avvenimento non fece che inasprirli di più, e mentre Val-
divia tenevasi sicuro sì per l'esempio dato, che per aver gitlato
nelle prigioni del castello i Curachi sospetti, i congiurati Chiliesi
assaltarono quel luogo ed obbligarono gli Spagnuoli ad abbando-
nare il castello e mettersi in salvo in una vicina pianura. Ma
Valdivia, avuti rinforzi dal Perù con tanta forza spinse la guerra,
che replicatamente battuti gli abitatori della valle di Mapocho ,
li sottomise.
Miniere di Quilotta.
Fu prima sua cura allora di trar profitto quanto mai potesse
dalle miniere di QuiloMa, ricchissime d'oro; e molli Ghiliesi
obbligò al lavoro; e costruì presso le medesime un forte per con-
tenerli nel duro lavoro. Ma le gravi turbolenze suscitatesi nel Perù
fecero che fosse colà richiamato Valdivia, per la qual cosa ebbe
in sua vece il comando della spedizione del Chili Francesco di
Villagra.
Villagra subentrato nel comando a Valdivia.
Non fu però questi molto fortunato nel comando da lui as-
sunto; imperciocché i Chiliesi con animo intrepido gli tennero
fronte in tutti gli incontri; attaccarono i presidj di Copia pò e di
Coquimbo; ne trucidarono tutti gli Spagnuoli, demolirono quelle
città, ed assediarono Villagra stesso in Santiago.
Ritorno di Valdivia.
Ma giungeva al Chili di bel nuovo Valdivia in quel tempo
per commissione di Gasca, ed avea seco robusta gente e veterana
avida di compensarsi colle ricchezze del Chili di quello che non
avea potuto a grado suo ottenere nel Perù. La prima cosa eh' ei
fece fu di obbligare i Chiliesi a levare l'assedio di Santiago;
indi li cacciò dalle valli di Copiapo e Coquimbo; rifabbricò quelle
due città; e con tanta insistenza inseguì l'esercito Chiliese, che
rotto questo e disperso, le provincie rivoltate furono costrette a
ritornare sotto il giogo.
Fonda le città della Concezione, V Imperiale ec
Gli Inchi aveano dovuto confinarsi alla sponda settentrionale
del fiume Mauly , Valdivia lo passò; e fattosi padrone di un
gran tratto di paese, gittò le fondamenta della Concezione, città
che inghiottita poscia dal mare per un violentissimo terremoto, si
è veduta risorgere nuova a qualche distanza dal lido. Altre poi
DEGLI ABITATORI DEL PERu' 2O7
ne edificò lungo le spiagge delle province sottomesse: sopra un
colle distante quaranta leghe dalla Concezione fondò la citlà detta
Imperiale : sedici leghe più oltre edificò la città di Villa-Rica ,
detta così per la ricchezza delle miniere d' oro che trovaronsi
ne' suoi contorni.
Gli Araucani prendono le armi sotto la condotta di Capo-
lican.
Ma fra gli abitatori del vasto paese che giace tra il Biobio e
il Calla, detto poi Valdivia, predominava la nazione degli Aran-
cani, popolo intrepido e risoluto , che non poteva sopportare la
schiavitù, in cui Valdivia, Io avea posto. Approfittando questi della
partenza dello Spagnuolo eh' erasi recato a cercare più oltre nuove
miniere, concertarono un assalto generale, e si elessero un capo
degno di condurli, chiamato Capolican, giovine fornito di corag-
gio e di finissimo intendimento. Radunò egli dunque quindici mila
de'suoi robusti compatriotti, disposti a liberare dagli oppressori il
loro paese o a morire, e dopo varj combattimenti ridusse gli Spa-
gnuoli ad una spossatezza mortale di maniera che non seppero
trovar salute che in una precipitosa fuga.
Capolican fa ammazzare Valdivia.
Essi però essendo vigorosamente inseguiti vennero lutti truci-
dati, e Valdivia che erasi sottratto a quel pericolo cadde presto
prigioniere di Capolican, che il fece immantinente morire di
un colpo di mazza. Si dice che gli Araucani di alcune ossa di
Valdivia e d'altri Spagnuoli facessero flauti, coi quali animarsi
alle battaglie, che ne conservassero i cranj per trofeo, e che di
questa vittoria stabilissero una festa anniversaria . onde sostenere
il coraggio della nazione.
Villagra va per vendicare Faldivia ed è sconfitto.
Non tardò molto a sapersi alla Concezione la disfatta degli
Spagnuoli e la morte di Valdivia 5 e se Capolican fosse stato più
esperto nell' arte della guerra, non è a dubitare che, marciando
col suo esercito vittorioso a quella volta, avrebbe potuto distrug-
gere interamente gli Spagnuoli. Ma Villagra, Luogotenente di
Valdivia, ebbe tempo di radunare quanti Spagnuoli erano nel
Chili , e di rinforzarsi con molte migliaja di Chiliesi suoi devoli
colla qual gente dipoi s' incamminò nell' Araucana per far ven-
detta della strage dei suoi commilitoni. Ma Capolican seppe ben
2.08 COSTUME
condursi contro lui, ed assaltandogli Spagnuoli e di fronte e di
fianco e alla coda distrusse il nerbo delle forze nemiche.
Gli Aracuani distruggono la Concezione.
Il Chiliese Loteru andò alla città della Concezione e la di-
strusse da colmo a fondo: quindi passò ad assediar l'Imperiale;
ma invece di perdere ivi inutilmente il tempo, seppe far miglior
uso del coraggio de' suoi e del proprio ingegno, perciocché veg-
gendo che gli Spagnuoli rifabbricavano la Concezione, ritornò colà,
e fece un mucchio di cenere di tutte le opere che vi avevano
ristabilite; indi andò a metter 1' assedio a Santiago, e già era per
farsene padrone, quando un colpo di freccia il lasciò morto.
Vien mandato Garzia di Mendoza.
Ma non per questo cessarono le ostilità: duravano esse da die-
ci anni , per Io più con perdita degli Spagnuoli , quando vi fu
mandalo con potente esercito Garzia di Mendoza, il quale dopo
di essere slato vinto in molte azioni , favorito finalmente dalla for-
tuna, fece prigioniero il valoroso Capolican. Il trionfo di Mendoza
fu di mellere a morte sì valentuomo, sperando forse che nel
sangue di lui lutto si scemasse il valore degli Araucani.
Capolican prigioniero viene ammazzato.
Ma questi , anche battuti, non perdettero animo: fecero nuove
leve; montarono arditi i cavalli guadagnali sugli Spagnuoli: com-
batterono per più di cinquant' anni continui per la loro libertà,
ruinando quasi tutle le colonie, né ancora cedendo, tutto che si
mandassero loro contro a migliaja ben disciplinale truppe.
Tentativi degli Olandesi e vane lusinghe deW Inglese Ca-
vendish ec.
Bolliva ancora l'odio de' Chiliesi contra gli Spagnuoli nel
1642. , quando volendo gli Olandesi approfittarne, mandarono
sulle coste del Chili un'armata condotta dall' Ammiraglio Brewer.
Ma il fiero contegno degli Araucani rese inutili i tentativi degli
Olandesi, e vane ben anche le lusinghe dell' Inglese Cavendisb. Di
questa fierezza, sostenuta dall' aurore dell' indipendenza, gli Arau-
cani, i Gauchi, i Gillici sonosi conservati fino al giorno d'oggi. I
più saggi fra i Governatori del Chili sono stati quelli che con essi
hanno fatto qualche trattato, rinunciando a cercare nelle montagne
di que' popoli altre miniere. Ma 1' amministrazione Spagnola ,
lungi dal presentare agli abitatori della parte più australe del
DEGLI ABITATORI DEL CHILI 2O0,
Chili alcun allettamento, onde trarli a civiltà, non ha fatto che
indispettire le tribù slesse viventi a settentrione del Biobio, e già
sottomesse. Anzi essa giunse a spargere tale disgusto negli animi
de'creoli, che al primo udire i rivolgimenti accaduti in altre co-
Ionie, si sono messi con molto ardore in misura di reggersi
come un popolo non avente più bisogno di tutori lontani , il cui
solo interesse pareva essere quello di tenerli in un' eterna nullilà.
Storici principali del Chili.
Fra gli autori ed i viaggiatori che scrissero di cose apparte-
nenli alla storia naturale e civile del Chili, noi faremo speziale
menzione dei seguenti (i).
Prospetto fisico del Chili.
Noi descriveremo qui tutto quel che s'intende ordinariamente
sotto il nome di regno del Chili, cioè il Chili propriamente detto,
(i) Histoire du royaume de Chili , par Jeau Yanez (in Olandese). Am-
sterdam , 1619 , in 4«°
Journal van de Reyse gedaen by Oosten de straest Lemaire naer de hust
vau Chili, onder het beleyd van Hendrik Brower. Amsterdam , i643
et 1646, in 4.0
Historica Relacion del origen de Chili, de Alonzo d' Ovaglie. Roma . 1646,
in 4-° Trad. in Italiano. Roma , 1646, in 4-° fig.°
Storia naturale e civile del Chili dell' Ab. Filippo Vidaure, in 4-°
Description historique du pays de Gondea dans le Chili eie. par Alphouce
de Ercilla ( in Olandese ). Amsterdam, 1649, in 12.0
Compendio della Istoria geografica , naturale e civile del regno di Chile.
Bologna, 1776, in 8.° Trad. in Tedesco. Hamburgo, 1782, in 8.0
Chilidugu , sive res Chilenses , vel Descriptio status tam naturalis, quam
moralis regni populique Chileusis etc. opera Bernardi Havestad. Mun-
ster, 1777 ad 1779, in 8.°
D. Pedro Gonzales de Ogeros , Description historica de las provincias y
arcipelago de Chiloè en el regno de Chili etc. Madrid, 1780, in 4.0
Istoria naturale del Chili dell' Ab. Molina. Bologna, 1782 in 8.° e 1810,
in 4-° Trad. in Francese, Paris, 1789, in 8.°
Neueste Politische und Physikalische Nachrichten aus Chili ( inserito nel
Portafoglio storico , 1786, Fase. I.).
Saggio della Istoria civile del Chili del signor Abate Molina. Bologna,
1787, in 8.° Nel voi. Vili, delle Lettere Edificanti (prima edizione )
si trovano importanti notizie sopra molte nazioni del Chili, quali sono
i Moxo , i Purcha ed i Poya.
Cosi. Voi. III. dell'America, i4
210 COSTUME
all' occidente delle Ande } il Nuovo-Chili e le provincie di Cuyo
all'est di quelle montagne.
Situazione , estensione.
Il Chili propriamente detto è situato sulla spiaggia del mar
Pacifico, fra il a3 ed il /i5 grado di latitudine australe, e fra il
3o4 e 3o8 gradi di longitudine, all'est del primo meridiano del-
l'isola di Ferro. La sua longitudine, dal settentrione al mezzodì,
è di 5oo alle 55o leghe, e la sua larghezza , da levante a ponen-
te, è di circa 80 , comprendendo la catena dell'Ande. Ila per
limite all'ouest il mar Pacifico} al nord il Perù} all'est il Tu-
cuman, ed al mezzodì le terre Magellaniche. Le Ande lo separano
da tutte queste regioni. La provincia di Cuyo trovasi fra il Chili
ed il Tucuman , dal 3o al 35 paralello di latitudine. Il Nuovo-
Chili si estende indefinitivamente al sud della provincia di Cuyo,
verso i Paropas di Buénos-Ayres ed i deserti della Patagonia.
Clima.
La fresca temperatura e le stagioni regolari vi mantengono il
vigore e la salute nella natura animale. Vi regna la primavera da
Settembre a Dicembre; comincia allora l'estate dell'emisfero au-
strale. I venti spirano da tramontana dalla metà di maggio alla
fine di settembre, ed è quella la stagione delle piogge. Nel resto
dell'anno i venti vengono dal sud, sono asciutti, e si risentono a
sessanta ed anche ottanta leghe in distanza dalla costa.
Suolo.
Quanto al suolo di questo paese sembra che la costa non
presenti che una stretta spiaggia, dietro la quale sorgono senza
gradazione parecchie file di montagne. I fianchi di tali montagne
han fertili pianure irrigate da piccioli fiumi, e ne' siti coltivati
sono coperte d'orti, di vigne e di pascoli. Le sommità delle Ande,
ove ardono fra la neve quattordici grandi vulcani, fan corona a
quella interessante prospettiva. L'oro ed il rame abbondano
ne' monti} sussistono nelle Ande intiere montagne di calamita. Le
rive sono coperte di una sabbia ferrigna} ma ad onta di queste
qualità metalliche del terreno la vegetazione fa mostra della più
maravigliosa energia. Ne' boschi vegetano alberi enormi, quali pre-
ziosi per l'incorruttibilità del loro legno, quali utili per le loro
gomme e resine. La pianura adorna di arbusti aromatici e salini,
si presenta propizia a tutti i generi di coltivazione Europea. E
DEGLI ABITATORI DEI, CHILI 211
quello il solo paese del nuovo continente ove siasi potuto far
vino. I lama, le vigogne, i viscachi si moltiplicano in libertà. I
ci^ni del Chili hanno la testa nera, ciocché gli avvicina a quelli
della Nuova-Olanda.
Vegetabili.
Il re^no vegetabile ed animale di questo paese non è cono-
sciuto che per le poche esalte descrizioni di Molina, dalle quali
però si conosce che vi si trovano molti oggetti nuovi per la
scienza e ben utili all'industria. Non sapremmo determinare tutte
le spezie di legni odorosi, resinosi ed altri indicati da Molina;
uè potrebbe dirsi se il pino del Chili esser debba classificato tra
i nostri alberi coniferi , a'quali rassomiglia, e se i cedri delle
Ande non sieno diversi da quelli del Libano. Tutto ciò che sap-
piamo si è che stan sull'Ande immense foreste ed alberi di smi-
surata grandezza. Due alberi simili al mirto, myrtus luma e ma-
xima, giungon qui alla lunghezza di quaranta piedi. L'ulivo ha
fin tre piedi di diametro-, l'erbe copron il bestiame ne' prati.
Veg^onsi poma grosse come una testa e pesche del peso di sedici
oncie. Parecchi arboscelli e piante abbondano di materia colorante
di un nero assai carico. La puya , albero poco alto ma assai
grosso, copresi di una spezie di scaglia.
Animali.
Parecchi quadrupedi del Chili, sebbene classificati nei sistemi
de' naturalisti, non conosconsi che imperfettamente: tale è il Castore
del Chili, castor huidrobius, che abita le rive de'laghi, e de'fiu-
roi ma che non fabbrica come il Castore comune, e che somministra
una pelle tenuta ili gran conto ; tali sono anche la lontra o topo
acquatico colla coda compressa alla sommità; il mulo azzurro, il
topo lanuto, il cui pelo lunghissimo, fino come la ragnatela, ado-
peravasi da' Peruviani in luogo della miglior lana, il mus mau-
linus, e lo scojattolo del Chili, che rassomiglia al ghiro.
Topografia.
Venendo da tramontana noi incontriamo in primo luogo il
distretto di Copiapo, la cui città principale è San Francesco de
la Selva.
Copiapo.
Vi piove di rado : il clima è sempre dolce : i frutti sono di
bonissima qualità: ha molte miniere di rame, di solfo purissimo,
di calamita, lapislazzuli, oro ed argento.
212 COSTUME
Coquimbo.
Il distretto di Coquimbo è lungo 80 leghe e largo l\o da
levante a ponente: produce vino, grani ed olio finissimo} ha mol-
te miniere d'oro, d'argento, di rame, di piombo, di mercurio,
somministra eccellenti cavalli e pelli di vacche, di cui si fa gran
commercio a Lima. La capitale, che porta lo stesso nome ed è
anche appellata Serana, è distante un quarto di lega dal mare:
vi regna una primavera continua, e vanta belle abitazioni ornate
di giardini con superbi viali di mirti. Presso Coquimbo e Guasco
sembra che la terra sia impregnata di sostanze metalliche. 11 rame
è d'ottima qualità } se ne esportano annualmente diecimila quin-
tali per la Spagna e trentamila per Lima.
Quilota.
Il distretto di Quilota ha per capitale S. Martino de la
Coiicha, ha miniere d'oro e di rame: produce vino, biade, be-
stiame, e dà il suo nome a grossissime poma.
Valparayso.
Ma il porto principale del Chili è Valparayso trenta leghe
distante da Santiago capitale del Chili. Se ne esportano per Lima
formento, farina, una considerabile quantità di picciolo cordame,
pesce salato secco, pere, mele, persici ed altre frutta. Valparayso
ne riceve in cambio zucchero, tabacco, indaco e liquori spiritosi.
Il porto parve a Vancouver molto esposto ai colpi di vento del
nord (1).
Santiago capitale del regno.
Santiago, propriamente San-Yago, capitale di tutto il regno
del Chili, è situata al grado 33 min. /jo sec. n di latitudine sud
e a trenta leghe del porto di Valparayso. » Questa città , dice
Vancouver tom. V. pag. 379 ec, ha più di una lega di Francia
di circonferenza: le strade si tagliano ad angoli retti, e ve n'ha
di lunghe un quarto di lega, larghe, ma assai sudicie », La po-
polazione è valutata 3o,5oo anime. La piazza maggiore è deco-
rata d'una bella fontana } il fiume Mapucho che passa in mezzo
alla città, e che altre volte l'indovinava frequentemente, è al pre-
sente tenuto in freno da un argine grandioso. Meritano d' essere
mentovati alcuni edifizj di Santiago a motivo della loro magnifi-
ci) Vancouver, Voyage, tom. V. pag. 4*o etc.
V
DEGLI ABITATORI DEL CHILI 2l3
ccnza , sebbene non vi sieno sempre state osservate le regole
delT architettura. Si distingue il palazzo della zecca , la nuova
cattedrale ed alcune altre chiese} sonovi bellissime case private,
consistenti tulle in un solo piano terreno, ma vasto ed assai ele-
vato. Santiago è la residenza di un capitano generale , che è nello
stesso tempo presidente civile del regno del Chili} di un Vescovo,
di un ttibunale supremo: havvi una università, un collegio di no-
tili, dodici conventi d'uomini e selle di donne.
Foggia di vestire degli abitatori di Santiago.
La foggia di vestire degli abitatori di Sautiago non è di sì
pessimo gusto quanto è quella usala da que' delle Concezione, di
cui siamo per parlare, uè sì magnifica quanto quella che vien
praticata a Lima , ma è in tutto simile alla maniera di vestire
degli abitatori di Quito. Gli uomini portano comunemente i ponco
fuori però delle occasioni di cerimonie. Vedi la tavola 26.
Miniere a" oro.
Le principali miniere d'oro sono a levante di Santiago , a
Petorca 5 ma come quelle del Perù sono rilegale nelle regioni delle
nevi. La montagna d'Upsallata è sì ricca dì minerale che produce
fin sessanta marchi per quintale.
Maule..
Il distretto di Maule, il cui principal luogo chiamasi Talea,
abbonda di vino, tabacco, giani e capre. Esso ha molte miniere
d'oro, e particolarmente quella del monte Olivato, famosissima
per la sua quantità d'oro puro.
Concezione.
La provincia della Concezione si estende dalla riva di Maule
a quella di Biobio, che è il limite delle parti regolarmente abi-
tate del Chili. Il clima è temperato, e vi si dislinguon le quattro
stagioni dell'anno come in Europa , ma ad epoche inverse. Il
suolo è fertilissimo: il grano dà il sessanta per uno: la vite pro-
duce colla slessa abbondanza, e le campagne sono coperte di be-
stiame. La città della Concezione essendo stata inghiottita dal mare
in occasione di un terremoto, se ne fabbricò una nuova a qual-
che distanza del lido: essa vien appellata indistintamente la Mocha
o la nuova Concezione: contiene circa diecimila abitatori ; è
la residenza di un intendente e di un comandante militare, l'au-
torità de' quali si estende sulla provincia della Concezione , che
21/^ COSTUME
abbraccia il mezzodì del Chili $ ma noi non ne sapremmo indi-
care i confini con precisione. Talcaguana , picciola città sulla
baja della Concezione , è uno dei più ampj e comodi sili da
rinfresco che trovinsi sulla costa del Chili.
Le fortezze d'Araucos, di Tucapel ed altre erano destinate a
formare una barriera contra le scorrerie degli indigeni , oggidì
sommessi e tranquilli.
De la-Pérouse (i) ci lasciò alcune notizie sugli usi e sui co-
stumi degli abitatori della Concezione. Il popolo , egli dice , é
ladro in sommo grado e le donne sono estremamente compiacenti,
ma gli abitatori del primo slato, i veri Spagnuoli, sono assai ci-
vili e cortesi. Egli ci descrive l'accoglimento che gli venne fatto
in Talcaguana dal comandante Sabatero, ed il convito ed il ballo
in onore di lui coli' invito delle principali signore della città.
Foggia di vestire degli abitatori della Concezione.
L'abbigliamento delle donne, egli dice, consiste in una gonnella
fatta a pieghe, di quelle antiche stoffe d'oro o d'argento che si
fabbricavano una volta a Lione: queste gonnelle, che vengono però
riservate per le grandi congiunture, possono essere, co me i diamanti
sostituite nelle famiglie, e passare dalle madri alle figlie} altronde
queste ricche vesti non sono usate che da alcune cittadine di alta
condizione } le altre hanno appena di che coprirsi. La foggia d'abbi-
gliarsi di queste dame fu dipinta dal signor Duché de Vancis ed
incisa da Thomas: essa trovasi rappresentata nella Tavola 5 del-
l'Atlante del Viaggio di La Pérouse: noi ve la presentiamo nella
Tavola 27. Una gonnella increspata che lascia scoperta la metà della
gamba, e che è attaccala molto sotto ia cintura } calzette rigate
di rosso, di azzurro e di bianco } scarpe sì corte che tulte le dita
sono piegate, in guisa che il piede è quasi rotondo; ecco l'ab-
bigliamento delle dame del Chili : i loro capelli sono senza polve-
re, quelli di dietro divisi in picciole trecce che cadono sulle loro
spalle \ la loro giubba è ordinariamente di stoffa d'oro o d'ar-
gento: essa vien coperta da due raaotellelte, la prima di musso-
lina , e la seconda , posta sopra , di lana a varj colori , giallo ,
azzurro o rosa: queste mantelletle di lana avviluppano la testa
delle dame quando sono in istrada e che fa freddo $ ma quando
(1) Voyage, Tom. II. chap. 3 pag. 58 e seg.
DEGLI ABITATORI DEL CHILI 21 5
elleno trovatisi negli appartamenti sogliono porle sulle loro ginoc-
chia, e ci ha un certo giuoco con queste mantellette di mussolina,
mettendole, levandole e rimettendole con molta grazia. Esse,
prosegue La-Pérouse sono generalmente belle, gentili e sì ama-
bili, che certamente non ci ha alcuna città marittima in Europa,
in cui i navigatori stranieri possano esser ricevuti con tanta ame-
nità ed affezione.
Valdivia.
La città capitale provincia di Valdivia porta lo stesso nome:
essa è situata su di un'eminenza ben fortificata, ed è una delle
migliori piazze dell1 America: possedè un porto buono e ben di-
feso: le sue campagne sono fertilissime: il paese abbonda di mi-
niere d'oro e somministra ottimo legname da costruzione.
Isole del Chiloe.
La grand'isola di Chiloe è la principale dell'arcipelago di
Gliouos, composto di ^7 isole, 2,5 delle quali popolate e coltivate.
Essa è lunga 38 leghe e larga nove: produce grano, orzo, lino,
cignali, con cui si fanno ottimi presciutti \ ha inoltre eccellente
legname da costruzione. E popolata da a5m. Spagnuoli ed indige-
ni , ed havvi il bel porto di S. Carlos di Charcao e la città di
S. Juan de Castro. Gli indigeni parlano un linguaggio particolare
chiamato veliche. Il clima è sano, ma freddo e piovoso. Un e-
norrae globo di fuoco scoppiò l'anno 1737 sulle isole Guaytecos,
e vi inceneiì tutti i vegetabili (i). Ad una distanza di 160 leghe
in mare sorgono le due isole di Juan-Fernandez divenute celebri
pel ricovero che la maggiore di esse presenta ai naviganti. E da
mezzo secolo in qua occupata da una picciola colonia di Spa-
gnuoli , che vi costruirono un forte ed una borgata. Gii abitatori
vivono in pace all'ombra delle loro ficaje e delle loro viti (2).
Sogliono i navigatori denominare la grand'isola Mas-a-tierra ,
vale a dire la più vicina al continente, e chiamare la minore
Mas-a-fuero , cioè la più esterna. Crescon in quest'isole il cedro,
il legno di sandalo ed il pepe simile a quello di Chiapa al Mes-
sico. Le sole capre salvatiche abitano i boschi pittoreschi di que-
st' ultima (3).
(1) Viajero Universal. XV. pag. 366.
(2) Relation de M. Moss , Annales des Voyages , XVI., pag. 169.
(3) Quest' isola è famosa pel celebre Robinson-Crusoè. Sembra che un
2,1 6 COSTUME
IL Chili orientale o Cuyo.
Rientriamo sul conliuenle. Se dalla capitale del dilli vogliam
dirigersi verso il Paraguay convien valicare le Ande, ove bene
spesso il viaggiatore è assalito da violenti temporali. Si passa per
Mendoza capitale della gran provincia di Cuyo, che chiamasi an-
che Trasmontano a motivo della sua posizione rispetto al Chili,
ed è fertile di frutta e biade. Se ne trasporta il vino a Baenos-
Ayres e a Monte-Video, ma ha il colore ed in parte anche il
sapore di una pozione di rabarbaro e di sena. Gli dan forse un
tal gusto gli otri di becco incatramati entro i quali si trasporta:,
né si beve quasi altro vino in tutto il Paraguay (i). Questa pro-
vincia abbonda d'ogni sorta di bestiame, vigogne, guanachi, vi-
cachas , pernici, e di rhèa americana ossia struzzi Magellanici:
la carne del cignale è di eccellente qualità, ed in generale i vi-
veri vi si trovano per poco prezzo. Gli abitatori sono destri alla
caccia e particolarmente a quella dello struzzo, il cui eserci-
zio li rende sì leggeri, che al dire d' Alcedo, seguouo un cavallo
alla corsa (a).
certo Alessandro Selkirk, Scozzese , sia stato abbandonato in quest'isola
deserta dal suo capitano, ove egli visse per alcuni anni, fiuo a quando
venne scoperto dal capitano Wood Rogers nel 1709. Egli erasi quasi di-
menticato della sua lingua materna , e poteva appena farsi intendere pro-
nunziando le parole a metà : era coperto di pelli di capre , non voleva
bevere che acqua , e duro fatica ad accostumarsi ai cibi del vascello. Du-
rante il suo soggiorno neh' isola aveva ucciso cinquecento capre eh' ei
prendeva al corso , e ne aveva lasciate in libertà quasi altrettante dopo
di aver ad esse segnata 1' orecchia. Alcune di queste furono prese molti
anni dopo dai marinaj dell'ammiraglio Anson. Allorché Selkirk giunse
in Inghilterra venne consigliato a pubblicare la relazione della sua vita e
della sua avventura nel suo picciolo imperio. Si dice eh' ei consegnasse le
sue memorie a Daniel Defoe affine di disporle per la stampa. Ma questo
scrittore coli' ajuto delle dette memorie e della fervida sua immaginazione,
trosformò Alessandro Selkirk in Robinson-Grusoé , e restituì al primo le
sue carte , di maniera che non ne ebbe alcun profitto. Esse erano pro-
babilmente poco acconcie ad essere pubblicate, e Defoe non ne trasse
che poche idee, le quali però somministrarono bastante materia alla com-
pilazione della sua celebre opera.
(1) Don Pernelty , toni. I. pag. 291.
(a) Alcedo, alla parola Cuyo.
DEGLI ABITATORI DEL CHILI 21 'J
Costumi ed usanze dei Chiliesi indigeni.
I Chiliesi indigeni sono generalmente robusti, di buona for-
ma, di spalle grandi, petto alto, di membra bui disposti , agili ,
snelli, nerboruti, valorosi, audaci, forti nel travaglio e assai soffe-
renti di fame, freddo e caldo, dispregiatori delle proprie como-
dità e della medesima vita, quando è necessario rischiarla per l'o-
nore e per la libertà, senza desistere dall'impresa con perfìdia e
costanza incredibile.
Carattere de"* Chiliesi.
y> Han fama gli Indiani del Cile, così Alonso d'Ovaglie (i),
per la bocca di tutti quei che li conoscono , di essere i più va-
lorosi e più forti guerrieri di quel tanto dilatato mondo: piaces-
se a Dio che non avessimo avuto tanta esperienza di questo, che
quel regno oggi sarebbe de'più fioriti e ricchi dell'Indie, di che
non è picciola prova per lo stato nel quale oggi si trova, benché
vi sia slato quel perpetuo contrasto di guerre , essendo più di
ceuto anni che si cominciò a combattere, senza aver punto lascia-
to Tarmi dalle mani, che è cosa maravigliosa e degna di ponde-
razione, che avendo gli Spagnuoli soggettalo in breve spazio im-
perii tanto potenti, come furono quelli di Montezuma nel Mes-
sico , e dell' loca nel Perù, non abbiano mai potuto soggettare
del tutto questi valorosi guerrieri del Cile, figli di quella Cordi-
gliera , che par comunichi a quelli la crudezza incontrastabile
delle sue inespugnabili rupi ed asprezze ».
Antonio de Herrera (2) assegna la ragione del non essersi as-
soggettati a questi Monarchi, e dice ch'essi non potevano sof-
frire la sovranità colla quale venivano trattali, essendo conside-
rati come se fossero di un'altra specie} che tal sorte di tirannia
era insopportabile al loro generoso cuore ed animo valoroso j e
che perciò resisterono sempre alle armi di quelli, i quali avendo
soggettato una gran parte dell'America , trovaron sempre una
costante opposizione ne' Chiliesi sebbene i più vicini ai confini
del Perù.
Loro governo.
Per questa medesima ragione non solo resisterono alla signo-
(1) Historica Reralatione del regno del Cile ec. cap. II.
(2) Tom. III. Dee. 5 pag. 76.
2 I 8 COSTUME
ria degli Inca, ma non vollero mai ammettere Re della propria
nazione né della forestiera, perchè l'amore e la stima della pro-
pria libertà prevalsero sempre contra tutte le ragioni di stato ,
colle quali poteva la politica persuadere il contrario.
Origine de* Cacichi.
Nemmeno usarono essi il governo a modo di repubblica, per-
chè il loro animo impaziente e guerriero non potè accomodarsi
col tempo troppo necessario per 1' accordo ed unione di molti
pareri } e perciò ciascuno o per meglio dire ogni famiglia elesse
uno che la governasse , agli ordini del quale gli altri obbe-
divano; e di qua ebbero origine i Cacichi che sono i Principi
e signori che dopo andarono ereditando succedendosi di padre in
figlio.
Loro adunanze.
Benché però ognuno di questi Cacichi governi la sua giuri-
sdizione senza nessuna dipendenza da altri, nulladimeno quando
si presenta qualche occasione dalla quale dipende la conservazione
di tutti e delle loro terre , si uniscono i Cacichi alle persone
principali, convocandosi per mezzo d'ambasciatori, e risolvono in
quelle ragunanze ciò che par loro migliore} e se si tratta di guerra
difensiva od offensiva eleggono a capitan-generale non un Cacico
od il più nobile o più potente, ma il più valoroso, e a questi
tutti gli altri obbediscono, e in sì fatta maniera si sono conser-
vati tanti anni, senza che nessuna forza abbia potuto mai preva-
lere contro di essi. Le ragunanze sono fatte nella più amena cam-
pagna, dove portano gran copia di cicia o sciscia, che è il loro
vino, ed animano col caldo di questo liquore il furore militare }
si alza nel mezzo di tutti quello a chi per anzianità o per altri
titoli spetta far il ragionamento , e propone il fine della ragu-
nanza , e con grande eloquenza ( in che sono assai segnalati )
adduco le ragioni più atte a persuadere. Tutti sono obbligati a
seguire la maggior parte de' voti , e si pubblica poi a suon di
tamburi o di trombette la cosa determinata, e dopo tre giorni di
esame non trovandosi inconvenienti, si passa a confermare il de-
creto, e si procurano i mezzi che pajono più efficaci per conse-
guire l'intento.
Nobiltà.
Antonio de Herrera nel luogo cita ido de'Chiliesi dice
lì O".
I
DEGLI ABITATORI DEL CHILI 2ig
che Ira essi sono alcuni di miglior condizione del volgo, i quali
nella stessa maniera degli Europei , meritarono i titoli distinti pel
valore con cui si difesero da' loro nemici.
Armi.
L'armi che usano sono picche, lancie, accette, mazze in-
chiodate, dardi, archi, bastoni, lacci di nervi e di forti vinchi
con cui lanciano le pietre. Guerreggiano a cavallo con lancia e
targa, l'uso delle quali hanno appreso dagli Spagnuoli , dai quali
ebbero pure i cavalli ed il ferro, supplendo anticamente a que-
st'ultimo con una certa sorte di legno duro, e di tal qualità che
nella cenere calda s'intostisce e s'indura, e serve quasi come se
fosse acciajo. Usano forti e duri corsaletti, bracciali, armature
di capo, celate di diverse fogge, e tutte queste cose fatte di
cuojo crudo di toro, che dopo seccato è impenetrabile quasi come
l' acciajo, e sono migliori e di facile maneggio, perchè essendo
più leggiere lasciano il corpo libero per combattere. Non può chi
porta la picca, portar la frecciarne chi usa la mazza aver altra
arma , e ciascuno mena le mani collo stromento cui si è assue-
fatto da giovane, e nel cui uso mostra forza ed agilità.
Maniera di guerreggiare.
Formano i loro squadroni , e ciascuna fila ha circa cento sol-
dati : tra una picca e l'altra trovatisi i saettatori che sono difesi
dalle picche de'soldati che stanno spalle con spalle: se il pri-
mo squadrone è superato e sbaraglialo , soccorre subito il secondo
con tanta prestezza , che par non abbia mancato dal suo posto il
primo} e lo stesso fanno il terzo e quarto, succedendosi gli uni
agli altri come le onde del mare. Procurano aver sicura e nella
minor distanza possibile la ritirata in pantani e lacunt ■• dove sono
più difesi che in qualsivoglia forte castello. I soliati venturieri
vanno innanzi dell'esercito, e sono tanto coraggiosi che sfidano
l'inimico, perchè esca in campo da solo a solo 5 e anche oggi
fanno lo stesso cogli Spagnuoli. Marciano con grande orgoglio e
bizzarria ambiziosi di onore al suono de'loro tamburi e trombette
con l'armi dipinte di vistosi colori, e con pennacchi di piume as-
sai galanti e belle.
Fanno i loro trinceramenti , quando loro importa , di grandi e
grossi alberi, de' quali pure fanno gli steccati , lasciando nel mez-
zo la piazza d'armi, e anticamente solevano fare dentro questo
2 20 COSTUME
un altro forte: ed all'intorno fanno una fossa coperta e seminata
di erbe e fiori, sotto le quali cose stanno ficcati acuti pali e spine
per istroppiare i cavalli del nemico, e altre ne fanno anche più
profonde perchè restino conficcati.
Spirito bellicoso.
Lo spirito bellicoso di questa gente ha principio dal suo na-
turale, poiché sono collerici, impazienti, furiosi e nelle vendette
notabilmente crudeli , strappando inumanamente il cuore ai loro
prigionieri , facendoli in pezzi e sollevandoli colle picche.
Maneggio de"1 cavalli.
Sono gran cavallerizzi \ e con un semplice fusto vanno più
sicuri che altri su buone selle, e si espongono correndo per rupi
scoscese, col corpo tanto dritto e fermo sopra il cavallo, come
se vi fosse inchiodato, né sono imbarazzati dagli abiti perchè ve-
stono semplicemente. Ciascuno però in marcia porta seco il suo
mangiare.
Abitazioni e suppellettili.
Le loro abitazioni non ebbero mai forma di città: i Cacichì
vivono co' loro vassalli ripartiti chi in una valle, chi alla falda
di qualche monte, chi sulla riva di un fiume: alti i all'entrata di
un bosco, altri dentro di una montagna, od alla spiaggia del mare,
senza altro governo né consiglio che la volontà del Gacico , al
quale gli altri stanno soggetti e pronti ad obbedire. Le loro case
sono ordinariamente di paglia , picciole , senza finestre^ né stanno
unite o continuate le une colle altre- ma ciascuna da per se, di
maniera che, quando loro viene capriccio di mutar sito, pigliano
la casa e la trasportano in dodici o venti uomini, secondo la
maggiore o minor grandezza della medesima. I loro addobbi sono
di pochissimo valore essendo gente dispregiatrice d'ogni super-
fluità: la dura terra sulla quale stendono alcune povere pelli, è
il loro letto } hanno per guanciale un mattone o un pezzo di le-
gno sopra cui raddoppiamo la coperta che il giorno serve loro
di mantello: si coprono con una o due coperte assai grosse tes-
sute di un filo grosso quanto un dito: hanno tre o quattro piatti
ed un cucchiajo di legno, od una conchiglia di cui si servono
pel medesimo uso j una zucca nella quale bevono ed il suolo od
un picciolo banco per tavola.
DEGLI ABITATORI DEL CHILI 2*1
Cibi e bevande.
Semplici sono i loro cibi: mangiano poca carne: il loro or-
dinario sostentamento consiste in maiz, fruite ed erbaggi. Essi
non ebbero notizia del Tormento fino all'entrata degli Spagnuoli
nel loro paese; quindi mangiavano la mote , che è il loro maiz,
colta con acqua semplice, ed essa è stala sempre ed è il sosten-
tamento più universale degli Indiani. Questo non solamente serve
loro di cibo, ma benanche di bevanda , cui fauno con farina to-
sta o disfatta semplicemente in acqua , oppure cocendola e facen-
do la cicia che è, come abbiamo già detto , il loro vino ordina-
rio. Il modo di fare la farina consiste nell' indurire il maiz ne' lo-
ro leupez, che sono grandi barattoli di creta contenenti arena
cui mettono al fuoco e quando è ben calda vi pongono il maiz
sgranato, il quale, mescolato prestamente con un mazzetto di le-
gne, s'indurisce^ indi cavatolo lo macinano sopra una pietra in-
cavata con un'altra della grandezza circa di un pane e di figura
ovale. Quest'ufficio è proprio delle donne, e sarebbe una grande
ignominia, che un uomo si occupasse in ciò, od in far la cucina
o in altri simili ministerj.
Modo di vestire.
» Il modo di vestirsi, così prosegue Alonso d'Ovaglie, nel
cap. IV della citata Relazione, sebbene galante e di vistosi co-
lori, co'quali tingono la lana, di cui fanno ì loro abiti, è as-
sai semplice e leggiero, perchè né meno usano fodere in nessuna
parte del vestito, né mettono una cosa sotto l'altra.
débito degli uomini.
I calzoni arrivano fino al ginocchio o poco più, aperti e
sciolti come calzoni di tela, e toccano immediatamente la carne,
perchè non usano camicia: vestono il corpo con quella che chia-
miamo camiciola, e la quale non consiste in altro che in sei palmi
di lanetta aperta nel mezzo alla lunga, tanto quanto basta per
entrare in quella la testa ; e cinta dopo con un funicello senza
che abbia altra fattura né artifizio, come né meno l'ha la co-
verta che corrisponde al mantello, cui chiamano Ciogni, che
usano quando van fuori di casa , e questa è come una sopra ta-
vola o coverta di letto} portano le braccia e le gambe nude, il
piede calzato con V oxosa o scarpe di corde. Portano pure il
capo scoperto , legato con una cinta di lana a varj colori con la
222 COSTUME
sua frangia, circondandolo a modo di fettuccia, cui alzano o le-
vano del tutto dalla testa in segno di cortesia , come noi facciamo
coi cappelli ».
Ornamenti.
Nelle loro feste, balli ed allegrezze, benché non aggiungano
altri vestiti, migliorano però la qualità di quelli, perchè conser-
vano per queste occasioni i vestiti di miglior colore, a liste va-
riate e delle più fine lane. Si mettono al collo catene di gliancas,
cui cavano da certi pesci del mare, e sono fra di loro di gran
pregio ; altri si mettono filze di lumache e altre cose virtuose, e
quei dello stretto le portano di gioje preziose, lavorate con molta
bizzarria e ammirabile artifizio. In queste occasioni si mettono sul
capo alcune ghirlande non di fiori, ma di lane di diversi colori assai
fini, nelle quali di quando in quando mettono begli uccelli e al-
tre curiosità di stima appresso di loro , e all'uno e all'altro lato
alzano belli pennacchi alti più di due palmi, di piume bianche,
rosse, azzurre, gialle e di altri colori.
Abiti delle donne.
Le donne portano come gli uomini le braccia scoperte e non
altra parte: non usano scarpe, ma il loro mantello è sì lungo che
giugne a coprire fino i piedi. Questo mantello , che in alcuni luo-
ghi però è più corto, è affatto semplice, e lo portano immediato
al corpo senza camicia* l'attaccano sulle spalle con punte di ar-
gento, che chiamano topos , o d'altra materia, donde lasciandolo
cadere fino ai piedi per raccoglierlo e applicarlo al corpo si strin-
gono dalla cinta fino al petto con una fascia di lana assai forte
e galante, larga quattro dita, e tanto lunga che con le molte
volle che con quella si cingono, serrano il corpo, lo rassettano,
ed essa scalda più che un ben aggiustato giubbone, né usano altro
abito che questo quando sono in casa.
Le più bizzarre che s'allevano nelle città degli Spagnuoli han
pigliato l'uso di calzarsi, di portare la camicia e sotto il manto
la faldiglia: non si potrebbe però fare ad un'Indiana maggior
disonoie che metterle il velo sul capo, il manto, il collare, i
guanti o altri ornamenti che usano le Spagnuole^e assai più se
venisse obbligata ad acconciarsi la faccia con rossetto j tanto ab-
boniscono le Indiane, anche quelle nate tra le Spagnuole , mu-
tare il costume de' loro antenati, il quale consiste nel portare il
DEGLI ABITATORI DEL CHILI 2 2,3
napo co" suoi capelli naturali intrecciati sulle spalle , e dinanzi ta-
gliati sino sopra le ciglia, e le ciocche che cuoprono fino alle
guancie , sì che resta la faccia decentemente coperta senza altro
ornamento. Quando escono di casa aggiungono al manto quella
che chiamano gliquiglia, cl\e è un'altra mezza camiciuola qua-
drata cui mettono sopra le spalle ed attaccano dinanzi al petto
col terzo topo o punta corrispondente a quei del manto- e così
escono di casa con gran modestia , cogli occhi fissi in terra, perchè
naturalmente sono oneste e vergognose ».
Danze.
Abbiamo già veduto come sogliono ornarsi i Chiliesi nelle loro
feste e balli: ora passeremo ad osservare, seguendo quanto ci vien
riferito da Alfonso d' Ovaglie in che consistano le loro danze. »
Il modo di ballare, egli dice, è a salti moderati, alzandosi as-
sai poco dal pavimento, e senza nessun artifizio de' passi rotti ,
capriole, e rigiri che usano gli Spagnuoli: ballano tutti insieme
facendo una ruota, e girando gli uni cogli altri intorno ad uno
stendardo, cui nel mezzo di tutti tiene un alfiere eletto a tale
uffizio: vedi la Tavola 28: vicino a lui mettonsi le brocche del
vino e della cicia d'onde van bevendo mentre ballano, facendosi
brindisi gli uni con gli altri 5 perchè è costume tra questi In-
diani di non bere mai da se solo ciò che gli vien dato, ma di
beverne prima un poco facendo il brindisi , e poi passarlo subito
all' invitato, e questi senza finire di dare il vaso all'altro \ e così
van tutti bevendo, e non lasciano di bere finché cadono tutti sul
pavimento, dopo di aver coutinuamente ballato e cantato al suono
de' loro flauti e tamburi. Le donne, come più vergognose non si
mescolano in questi balli, se non una o due dopo che si sono
scaldate col vino, ed allora non entrano nella ruota degli uomi-
ni, né arrivano a perdere tanto il giudizio come quelli, affine
di poter attendere alle loro case, e custodirei mariti che non si
facciano male.
I flauti, che si suonano in questi balli sono fatti di ossa d'a-
nimali. Gli Indiani guerrieri li fanno di ossa degli Spagnuoli od
altri nemici vinti od ammazzati nelle loro battaglie, in segno di
trionfo. Cantano tutti insieme alzando la voce ad un tuono, senza
nessuna differenza di bassi, soprani o contralti, e terminata la
stanza, sonano subito i loro flauti e alcune trombette, e poi tor-
a*4 COSTUME
nano a ripetere la stanza e subito dopo a suonare. Cantano gri-
dando tanto alto, e sono tanti quei che si uniscono in questi
balli, che si fanno udire d'assai lontano ».
Giuochi. Il giuoco della Giueca.
Mentre alcuni ballano e cantano., altri soglion trattenersi in
vari giuochi fra i quali distinguevi quello detto della Ciueca^ il
quale giuoco s? ancorché si giuochi, così d'0?aglie, come mi
vien detto in alcune parti di Spagna, non però gli Indiani l'ap-
presero dagli Spagnuoli , come hanno imparalo il giuoco delle
carte ed altri, perchè questo giuoco lo giuocavano molto avanti ».
La Tavola 29, nella quale ci vien rappresentato sì fatto giuoco,
ci manifesta bastantemente che sorta di giuoco esso sia. » An-
che le donne, prosegue il detto storico, giungono alla Ciueca che
è il giuoco nel quale gli Indiani fanno maggiori dimostrazioni
d'agilità e leggerezza , per l'emulazione colla quale ciascuna par-
te, che suol essere di trenta o cinquanta persone, procura por-
tare ai termine stabilito la palla. A tale effetto si ripartono in
differenti posti per aver miglior agio d'avanzar la loro parte,
dando a tempo il colpo e cacciando al termine prefisso la palla
senza impedimento del contrario* e quando succede che concor-
rano tutti due insieme, allora corrono dietro quella come daini,
questa per avanzarla con un altro colpo, e quella per impedirla
col suo e drizzarla alla parte contraria , che è quella dalla banda
loro. E cosa degna di vedere questo giuoco, e vi concorre gran
gente, e sogliono stare tutta la mezza giornata per guadagnare i
premj che si mettono per i vincitori, ed alcune volte non si fi-
nisce ed è necessario terminarlo in un altro giorno •>.
Giuoco de los Porotos.
Il giuoco de los Porotos è così detto perchè vien giuocato
con cose chiamate con questo nome , le quali sono una spezie
di fave bianche tinte di nero da una parte. Gli Indiani ne pi-
gliano una certa quantità tra due dita, e le lasciano poi cadere in
terra, facendole passare per mezzo di un anello grande che sta
alquanto alzato da terra: quegli, le cui fave caddero in terra
colla parte dipinta, fa maggior punti e guadagna. Volendo essi
giuocare a questo giuoco si pongon a sedere in terra, spogliandosi
ciascuno dalla cintura in su; e nel punto che gettano le fave
nell'anello si danno nel petto uo colpo tanto fiero colla palma
Amer. Voi. Ili
Tcu/. SO-
r////f>r7< cLe los torotos e e.
DEGLI ABITATOm DEL CIIII I 225
della mano che dopo di aver giuocato per buono spazio ùi tempo
hanno il petto gonfio e colorito di sangue come se vi avessero
appiccate le ventose. Vedi la Tavola 3o.
Giuoco detto Queciucague. >s
L'altro gioco chiamato Queciucague consiste nel lasciar ca-
dere in terra, come si fa al giuoco della fava che è un osso del
garretto dell'animale detto comunemente gobba, un legnetto ta-
gliato a forma di piramide, che cadendo in piedi fa guadagnare
cinque punti, i quali si vanno notando in un mezzo circolo fatto
in terra con certo numero di casette o divisioni , dove pongono
una picciola pietra \ e queste casette sono parimente divise di
cinque iu cinque, che in lingua Indiana sono appellate Queciu.
Vedi la suddetta Tavola.
Chi desiderasse di avere più estese notizie degli usi e de'co-
sturoi de'Chiliesi potrebbe consultare il libro terzo della sud-
detta Relazione di Alonso d' Ovaglie , il quale , omettendo i
racconti risguardanti la religione ed i miracoli , in cui questo
buon Gesuita dimostra troppa credenza , merita nelle altre cose
i.ipn poca fede.
TUCUMAN.
Situazione, estensione ec.
Xl Tucuman , così chiamato da una tribù d' Indiani (i) , con-
fina a tramontana parte con los Chicas nel Perù e parte con
Chaco^a mezzogiorno con Cuyo e Pampas^ a levante col Para-
guay e Rio della Piata :, e a ponente con Santiago del Chili e
con l' estremità meridionale di Chicas/Si stende da Rio Vermejo
a Rio Quarto, quasi dai gradi il^ ai 34 di latitudine meridiona-
le, e da levante a ponente , dove è più largo, dal fiume Salado
alla catena della Cordigliera, che lo separa dal Chili.
(r) Gazzettiere Americano alla parola Tucuman,
Cost. Voi. III. dell" America, i5
226 COSTUME
Pare che questa provincia poco frequentata e poco conosciuta
abbia qualche rassomiglianza colla piccola Bucaria. Le Ande ,
che stendono le loro diramazioni a traverso la parte settentrionale
vi rendono il clima alquauto freddo: il rimanente non è che una
vasta pianura, e sembra anzi che tutto il Tucani a n sia pieno di
veri altipiani , mentre varj fiumi non trovandovi sbocco, vi for-
mano laghi senza uscita. I due principali fiumi del Tucuman sono
il Rio-Salado che si congiunge al fiume della Piata, ed il Rio-
Dolce che si perde nella laguna di Porongas. La valle di Palci-
das, che si estende fra due rami dell'Ande, racchiude un fiume
considerabile che mette in un lago. Tutti i fiumi della provincia
di Cordova, tranne uno, si perdono fra le sabbie.
Quadro fisico.
Il Tucuman con un inverno asciutto e con un caldo in estate
forte ed improvviso è creduto un paese estremamente salubre. Nei
siti in cui i fiumi fecondano le campagne , sono ottimi pascoli $
i buoi, le pecore , i cervi , i piccioni , le pernici vi si moltipli-
cano prodigiosamente. La melica , la vite, il cotone, 1' indaco vi
sono coltivati con felice successo. I boschi fra Rio-Dolce e Rio-
Salado sono popolati da una immensa qualità di pecchie. Una
spezie d'insetto che sta sugli alberi delti aromos, vi stende certe
assai ampie reticelle di sottilissimi fili serici di color d' argento.
La cocciniglia salvatica è di qualità piuttosto buona (i). Secondo
Helm si lavorano nel Tucuman due miniere d'oro, una d'argento,
due di rame e due di piombo. Vi si fabbricano molte stoffe di
lana e di cotone , e vi si è scoperta una bellissima miniera di
sale cristallino.
Città principali. Vulcano a"1 aria.
La città principale di questa provincia è San-Filippo o Salta
di Tucuman, residenza del Governatore, collocata in una fertilis-
sima valle, e nella quale il basso popolo va soggetto ad una spe-
zie di lebbra :, le donne d'altronde bellissime, hanno comunemente
il gozzo verso l'età di 25 anni: le altre città sono Jujui in vici-
nanza di un vulcano che lancia torrenti d'aria e di polvere (2).
Rioja, S. Jacopo de l' Esterro, San Miguel, e finalmente Cordova
(1) Viajero Uni versai, XX, 126-129.
(3) Idem, ibid., i3g.
DEGLI ABITATORI DEE TUCUMAN ll'J
lesidenza di un Vescovo è la migliore città del paese. I Gesuiti
avevano a Cordova una celebre università. Alcune altre colonie
poco numerose di Spagnuoli, sparse qua e là nelle pianure im-
mense del Tucumau portano il nome di città. Può dare un' idea
di quella città una lettera del Gesuita Gataneo, della quale ecco
l'estratto. » Il Padre provinciale Taceva la visita delle varie case
della provincia di Tucumau col suo compagno, e s'eran posti in
viaggio per Rioja , città dugento leghe circa distante al nord-est
di Cordova. La strada che conduce a quella città è tanto deserta
quanto quella da Buenos-Ayres a Cordova, ma mollo più difficile
perchè ineguale e sassosa , di modo che convien percorrerla sui
muli e andare assai adagio. Dopo venti giorni di cammino , il
Padre compagno si trovava molto annojato} volle andare un giorno
innanzi, ed essendo stanco assai, :iè potendo più resistere al son-
no, smontò dal mulo , si adagiò all'ombra di alcuni alberi per
riposarsi, e senza sapere ove fosse né quando giungerebbe alla
meta che sembrava fuggirli dinanzi , ben presto s'addormentò.
Frattanto arriva il Padre provinciale, ed il mulattiere che gli ser-
viva di guida, vede l'altro addormentato sull'erba} lo sveglia to-
sto e gli chiede attonito come non si vergognasse di dormire sulla
pubblica piazza. Di qual piazza mi parlate voi ! disse il Padre:
sono tre settimane che si cammina in mezzo a questo eterno de-
serto, e Dio sa quando arriveremo a Rioja. Può darsi al mondo
un luogo più solitario di questo? . . . Siete già a Rioja, risponde
il mulattiere \ questa è la gran piazza della città ed il collegio dei
Gesuiti sta dietro quegli alberi ?'.
Costumi degli abitatori.
Gli abitatori del Tucuman ricchi delle proprie greggie, senza
ambizione, senza pensieri, terminano le loro giornate in crocchj
campestri ove all'ombra di begli alberi , sotto la presidenza di
un rispettabile patriarca delle capanne, i giovani pastori e le pa-
storelle improvvisano al suono di un'agreste chitarra, cantano al-
ternativamente versi pieni d'armonia e di grazia.
1*8
IL PARAGUAY O BUENOS-AYRES
.1 famoso imperio Gesuitico nel Paraguay , in cui lo spirito di
partito o fa rivivere la prima età dell'oro o rappresenta una per-
petua scena d'iniquità, rese importantissima la storia di quelle
nazioni Americane che coprono il vastissimo paese bagnato dal
gran Rio dèlia Piata , dal Parana e dal Paraguay. Noi procure-
remo di esporre brevemente e colla maggiore imparzialità quanto
appartiene ai fatti e di quelle genti e degli Spagnuoli che ne
conquistarono il paese, e dei Gesuiti che stabilirono in quelle con-
trade la sede principale delle tanto decantate loro missioni.
Compendio storico delle scoperte fatte nel Paraguay. Dias
De-Solis mandato alla scoperta della Piata e del Para-
guay è ammazzato dagli indigeni.
Gli stabilimenti de' Portoghesi nel Brasile eccitarono la gelo-
sia degli Spagnuoli che cercarono d'occupare le vicine terre onde
serrare d'intorno un sì ardito e pericoloso rivale. Fu a quella
impresa mandato dalla Corte Gio. Diaz De-Solis (i) che partì di
Spagna con tie bastimenti l'anno i5i3, e giunse alla foce del
gran fiume che noi chiamiamo Plata^ e vi si introdusse, segnan-
dolo sulle carte col nome proprio. Ma essendo sbarcato sulla co-
sta settentrionale del fiume, col divisamento di parlare ad alcuni
Indiani Charrua che si offrirono al suo sguardo , egli ed il suo
seguito furono dai medesimi trucidati. Atterriti dal miserabile caso
il fratello di lui e Francesco Torres suo cognato non che gli altri
compagni della spedizione, diedero immantinente alla vela verso
Spagna} né si pensò più a quel gran fiume fino all'anno i525,
nel quale la Corte spedì Diego Garzia, che partito dalla Corogna
sul principio del i5:i6, diede fondo nel Porto dei Patos sotto il
17 di latitudine.
(1) V. Azara, Viaggi, trad. Barbieri, tomoli, cap. 18.
COSTUME DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2 2f)
Garzici è prevenuto neW impresa da Cabotto.
Era ivi capitato alcun tempo prima il celebre Cabotto Vene-
ziano che avea ricevuto ordine in Ispagna di recarsi alle Indie
Orientali per lo stretto Magellanico, ed avendovi trovati alcuni
disertori spagnuoli dai quali udì che di oro e di argento era
pieno il paese bagnato dal gran fiume, concepì il pensiero di na-
vigarlo. Mise egli dunque alla vela, entrò nel fiume e gettò l'an-
cora in faccia a Buenos-Ayres \ indi proseguì il suo viaggio e
s'inoltrò fino al così detto Salto delle acque , luogo ove il Pa-
rana è bassissimo ^ ed ivi trafficò cogli indigeni Guarani, barat-
tando picciole cose che avea con alcune laminette d'oro e d'ar-
gento che quegli Indiani portavano alle orecchie. Ai 28 di marzo
del i5a8 diede volta da questo suo viaggio per entrare nel Para-
guay, onde ritrovarvi certi Indiani che avevano venduto agli Spa-
gnuoli lamine d'oro e d'argento, poiché questi preziosi metalli
erano il grande oggetto di tutte le spedizioni di quel tempo. Giun-
to Cabotto alla foce del fiume Vermejo fece inoltrare il brigantino
con trenta uomini, i quali furono da alcuni Indiani Agaci invi-
tali a recarsi alle loro abitazioni per cangiare con altri oggetti
l'oro e l'argento che dissero di avere. Adescati gli Spagnuoli se
ne andarono in numero di quindici, che finirono coli' essere lutti
trucidati. Tale disastro e l'annunzio dell'arrivo di alcuni basti-
menti spagnuoli nel Rio della Piata determinarono Cabotto a re-
trocedere.
Si accordano insieme.
Non era egli ancora più di trenta leghe distante dalla foce del
Paraguay, quando incontrò Garzia, col quale nacque da principio
qualche contesa , ma poscia accomodatisi si recarono insieme a
Santo-Spirito per continuare d'accordo la scoperta. Ma la buona
intelligenza finì presto , e Garzia che non avea forze da resistere
a Cabotto, prese il partilo di ritornarsene in Ispagna. Cabotto si
affienò egli pure di spedirvi Ferdinando Calderon e Rojal Bario,
onde informassero il Re delle sue scoperte, e gli presentassero le
lamine d'oro e d'argento avule dagli indigeni. Fu questo il mo-
tivo per cui allora questo paese ottenne il nome di Piata (1) \
nome che conserva tuttavia ad onta che non siasi trovato in quel
(1) Il vocabolo Piata in lingua spagauola significa argento.
a3o COSTUME
suolo verun vestigio uè d'oro, né d'argento, né di alcun altro
metallo. Il Re di Spagna si dichiarò contento della condotta di
Cabotto, gli ordinò di continuare le scoperte, e gli furono pro-
messi i soccorsi che domandava.
Si abbandona V impresa a Mendoza.
Ma siccome il tesoro si trovava vuoto , la Corte accettò il par-
tito offertole da Pietro di Mendoza ricco gentiluomo, il quale as-
sumeva di continuare l'impresa a proprie spese. Intanto che que-
sti prendeva le sue misure pel viaggio propostosi, Cabotto, lasciato
Wugno di Lara con centodieci uomini al forte di Santo Spirito ,
se n'imbarcò per la Spagna, ove giunse nel i53o.
Guerra tra gli Spagnuoli e gli indigeni.
Le dissensioni insorte cogli indigeni Timbu (i) obbligarono
gli Spagnuoli ad abbandonare queste contrade nel i532. Mendoza
però vi giunse con molte forze nel 1 534 5 fondò la colonia del
Sacramento e la città di Buenos-Ayres , che venne quasi subito
(1) Il disastroso avvenimento che intorbidò la pace fra gli indigeni e gli
Spagnuoli potendo servir d'argomento a qualche teatrale rappresentazione,
noi lo riferiremo volentieri. Mangaré capo degli Indiani Timbu s'innamorò
di una bella Spagnuola , Lucia Miranda, moglie di Sebastiano Urtado,
non avendo egli potuto ottenere coi mezzi comuni l'intento che la sua
passione si proponeva , risolvè di adoperare la violenza ; quindi presa occa-
sione che il comandante del forte Garzia Mosquera con quaranta uomini
e col marito di Lucia era andato sopra d'un brigantino per comprar vi-
veri dagli Indiani } nascosti molti de' suoi fra salici che contornavano il
luogo , culi' imbrunir della notte pi'esentossi alla porta ; e poiché era avvez-
zo ad essere accolto come amico , pregò che gli venissero aperte le porte,
dichiarando di portare viveri. Al momento che gli si aprì, diede il segno
convenuto, e tutti gli Indiani da lui posti iti agguato penetrarono nel forte,
ed improvvisamente assaltando gli Spagouoli che di nulla sospettavano , li
trucidarono tutti, ma però restarono morti nella mischia anche molti in-
digeni fra i quali lo stesso Mangare'. È inutile dire la sorpresa e il dolore
degli Spagnuoli ritornati dalla spedizione. Ma più di tutti fu disperato Ur-
tado che non trovando il cadavere della sua diletta Lucia, argomentò
essere in mano degli Indiani. Corse egli forsennato a rintracciarla tra gli
Indiani che lo volevano uccidere, se non che per alcun tempo lo lasciarono
in vita dietro le istanze di Miranda , della quale erasi ben anche invaghito
Syripo fratello di Mangaré. Ma poi stanco questo Indiano di vederla re-
sistere alle sue voglie la fe'abbruciar viva, e legato ad un albero il mari-
to lo fé' morire a colpi di freccia.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2,3 f
distrutta dai Guarani e dai Pampa } nominò quindi suo luogote-
nente Ayolas, e morì nel suo viaggio per la Spagna.
Spedizione cf Ayolas.
Ayolas segui le tracce di Canotto , risalendo il fiume Parana
e tratlando amichevolmente tutti gli indigeni che incontrò nel
corso di tale navigazione } entrò nel fiume Paraguay inoltrandosi
fino al luogo dello la Villetta, volle procurarsi dai Cariò i viveri
che incominciavano a mancargli, ma questi ricusarono di trattare
cogli Spagnuoli, cui anzi dichiararono guerra. Ciò determinò Ayo-
las ad uno sbarco , dopo il quale raggiunti i Cariò alla valle di
Guarnipitan diede ad essi battaglia', e sebbene perdesse nel com-
battimento sedici Spagnuoli, li obbligò a domandar pace } una
condizione della quale fu di somministrargli viveri , e l'altra di
dare sette belle giovani a lui, e due delle loro donne a ciasche-
duno de'suoi. Fu in appresso edificato sopra il campo di quella
battaglia una casa fortificala, che fu la prima della città dell' As-
sunzione , così chiamata dall'epoca del combattimento accaduto
nel i5 agosto 1 536. Lasciato ivi qualche presidio, navigò versn il
21 5* di latitudine nel luogo da lui denominato Puerto-de-Cande- .
lariaì ove diede i suoi bastimenti in cura a Domingo-Martinez-dt-
Yrala con ordine di aspettarlo per sei mesi } e con dugento Spa-
gnuoli si recò nell'interno del paese verso il nord-ouesf. Yrala
avendolo aspettato inutilmente, né avendone più contezza , pensò
meglio far ritorno a Buenes-Ayres.
Nel suo ritorno daW alto Paraguay è ucciso.
Ayolas ritornato al Puerto-de-Candelaria, non avendovi di-
sgraziatamente trovato Yrala , dovette stabilirsi sul territorio dei
Payaguà-Scrigué, i quali collegatisi coi Mbayà , lo sorpresero, e
trucidarono lui e i suoi compagni. Poco mancò che ad Yrala non
accadesse la slessa fine , ma egli fortunatamente se la scampò , e
venutosi poscia alla nomina di un Governatore, venne Yrala pro-
clamato a pieni voli.
Yrala succede ad Ayolas. Fonda la città delV Assunzione.
La prima occupazione di Yrala fu di chiamare all'Assunzione
quanti Spagnuoli erano in Buenos-Ayres e ne'dintorni, e fattane
la rassegna, trovò che di tremila e più Spagnuoli non ne rima-
nevano che seicento^ e siccome sarebbe stato un metterli a peri-
colo di perir tutti se si fossero tenuti dispersi in luogo troppo tra
2 3 a costume
essi distanti, pensò di fare d'essi uno stabilimento centrale} e Io
formò nel luogo che gli pareva più adattato in quello cioè del-
l'Assunzione. La nazione de' Guarani congiurò inutilmente contro
gli Spagnuoli } la loro cospirazione fu scoperta e repressa.
JSugnez-Cabeza-de- Paca.
La Corte di Spagna non vedendo alcun frutto della spedizione
a'iuoghi della Piate e del Paraguay, nominò un nuovo capo della
impresa nella persona di Nugnez-Cabeza-de-Vaca, il quale offiì
di proseguire a sue spese la scoperta. Costui partito di Spagna
sul principio di novembre del i54o giunse a Santa Caterina, ove
avendo perduto due navi , intraprese arditamente il viaggio per
terra dalla costa della Piata fino all' Assunzione $ e agli 1 1 di mar-
zo del i54^, fece il solenne suo ingresso in quella città. Avendo
egli avuto commissione dalla corte di trovare una strada di co-
municazione fra il Paraguay, e il Perù, mandò Yrala ad eseguire
una tale scoperta, e le notizie avutesi dal medesimo sulla proba-
bilità di questa comunicazione lo fecero risolvere a porsi egli me-
desimo alla testa di un grosso distaccamento, e compiere l'opera.
E mandato in Ispagna per essere giudicato.
Varj accidenti si opposero a questa impresa, e 1' obbligarono
a ritornare all'Assunzione , dove per la sua durezza ed avarizia
venuto in odio a tutti fu cacciato prigione e poscia mandato in
Ispagna per essere giudicato.
Yrala eletto nuovamente al comando.
Intanto venne nuovamente conferito il comando ad Yrala, il
quale fino al i548, si occupò delle cose interne del paese met-
tendo tra gli indigeni sottomessi que' migliori ordini che poteva,
onde assicurare i vantaggi della colonia. Avendo egli poi rivolto
il pensiero ad aprire la tanto desiderata ed importante comunica-
zione col Perù, partì nell' agosto del suddetto anno con 35o Spa-
gnuoli e con grosso numero di Guarani, s'internò tra settentrio-
ne e ponente nel paese, attraversando il Chaco e le terre dei
Chiquiti, fino al fiume Guapai.
Penetra fino ai confini del Perù.
Essendo pertanto sul lembo del Perù, non giudicò di dovere
inoltrarsi entro i confini di un governo appartenente ad altri, ma
spedì a Gasca, allora Governatore nel Perù, chiedendogli che il
confermasse Governatore delia Piata. Avea Gasca appunto in quel
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY l33
tempo dato il governo della Piata a Genteuo, ma questi, mentre
si disponeva a partire morì in Cuquizacha, e liberò così Yrala da
un contrasto che naturalmente avrebbe dovuto sostenere.
Ritorna alV Assunzione e sue operazioni importanti.
Durante l'assenza d' Yrala scoppiò nell'Assunzione la guerra
civile, e trionfava già il partito a lui contrario , ma giunto egli
appena nelle vicinanze della detta città ed avendo chiesto che gli
fosse rimesso il comando , i nemici se pe fuggirono e lasciarono
libero il posto al loro emulo. Non omise Yrala alcun mezzo onde
rassodare ed ampliare la colonia del Paraguay. Ideò di piantare
una città sul fiume S. Giovanni che sbocca nel Rio-della-Plata in
faccia a Buenos-Ayres, e la città avea già avute le prime forme,
quando i Charrua sì ostinatamente molestarono quello stabilimento
che fu forza abbandonarlo. Più fortunata fu la fondazione della
città di Ontiveros sulla riva orientale del Parana. Questo buono e
valente uomo si meritò d'essere dichiarato dalla Corte Governa-
tore di tutto il paese e di essere investito di molte straordinarie
facoltà.
Muore.
Mentre pensava ad assicurare una strada di comunicazione tra
il Paraguy e il Perù, cadde ammalato e morì all' Assunzione io
età di settantanni, compianto da tutti.
Gonzalo-de-Mendoza gli succede nel governo.
Nominò egli per successore nel governo il suo genero Gonza-
lo-de-Mendoza , del quale non è rimasta altra memoria , se non
che punì l'arroganza degli Agaci che inquietavano i coloni Spa-
gnuoli} e di poi moiì nel i luglio del 1 558.
Poi Ortiz-de-Vergara.
Fu nominato a successore del medesimo Francesco Ortiz-de-
Vergara, altro genero d'Yrala. Molestato questi da una ribellione
generale dei Guarani già sottomessi, ebbe a sostenere molti com-
battimenti. Si sommosselo pure gli Indiani del Guayra , ma il
tutto venne sedate.
Ortiz-de-Z arate nuovo Governatore.
Accusato Vergara presso il vice-Rè di Lima di aver abban-
donata la provincia senza alcuna necessità venne dallo stesso spo-
gliato della carica, e Juan-Ortiz-de-Zarale eletto Governatore sotto
condizione che tale nomina fosse approvala dal Re. Z.rate nomino
a34 COSTUME
suo luogotenente Caceres, e parli per le Spagne all'oggetto d'ot-
tenere la predetta conferma. Durante tale assenza Caceres ebbe a
soffrire molte acerbilà dal Vescovo, per la qual cosa il paese fu
assai mal governato. Martino Suarez confidente principale del Ve-
scovo s'impadronì del comando, e diede ordine a Juan-de-Guaiay
di far reclutamenti per formare un nuovo stabilimento , siccome
poi eseguì fondando nel luglio del i5^3 , la città di Saota-Fè
de-la-Vera-Cruz sul braccio del Parana chiamato de-los-Quiloaza?.
Zarate era partito di Spagna con grosso convoglio } ma perdette
nella lunga sua navigazione più di 3oo uomini, ed ottanta se ne
vide trucidati sotto gli occhi dai Charraa nella colonia del Sacra-
mento, ove erasi riparato neli' appressarsi al Rio-delIa-Plata.
Sue imprese.
Scrisse egli quindi a Guaray, domandandogli truppe e viveri,
e confermandolo ampiamente nel comando della colonia nuova cui
egli avea fondata in Santa-Fè. Non esitò Guaray a spedirgli vive-
ri } indi si portò in persona a rinforzarlo con trenta soldati e
venti cavalli. Zarate era andato all'isola di Martin-Garzia , ed
avea mandata una parte de'suoi sull' Uraguay ad oggetto di fon-
darvi una città. Indi proseguì il suo cammino fino a tanto che
trovò gli Spagnuoli ancorati sul fiume di San Salvador, sulla cui
sponda si fondò la città dello stesso Dome; e tutto il paese chia-
mossi Nuova-Biscaglia. Guaray fu dichiarato luogo-tenente generale
di Zarate.
Muore in prigione.
Queste furono le prime operazioni di Zarate, né ebbe tempo
di farne altre, poiché giunto all' Assunzione e francamente disap-
provando la condotta de' nemici di Caceres, fu da questi preso,
messo in prigione, ove morì verso la fine del 1 5^5.
Guaray ne assume il comando.
L'attività di Guaray , che gli successe nel governo , diede
bella forma a tutto il Paraguay: egli fondò varie colonie, e rialzò
e fortificò la città di Buenos-Ayres che giaceva sepolta sotto le
sue mine. Guaray potrebbe con ragione chiamarsi il vero fonda-
tore di questa città che doveva sorgere a grande nome e po-
tenza.
E ucciso dagli Indigeni.
Divise poscia in commende i Guarany di Montegrande, e dopo
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 235
di aver date molte altre disposizioni si portò a Sau-Salvador , ne
fece uscire gli abitatori, e risaliva già il fiume colla comitiva per
ritornarsene all'Assunzione: ma avendo sbarcato per dormire sotto
il grado 'òi 4i'fu sorpreso dagli Indiani Miuuaui ed ucciso con
quaranta de'suoi.
Vera-y-Aragon sottentra al suddetto.
In aspettazione dell'arrivo del Governatore sottentrò a Gua-
ray-Aìfonso-de- Vera-y-Aragon, che per la sua laidezza ebbe nomo
di Cara-de-Pero , faccia di cane. Questi alla testa di 1 35 Spa-
gnuoli penetrò nell'interno del Cliaco fino alle live del fiume
Vernitjo o Ypità, e nel i5 di aprile del i585, vi fondò una
ciiià sotto il nome di Goncepcion de-Buona-Esperanza.
Juan-de-Torres-de-V^eray-Aragon.
Il paese della Piata continuò ad essere governato dai luogo-
tenenti del capo primario Juan-de-Torres-de-Veray-Aragon , tenuto
tuttavia sotto processo dal vice-Rè del Perù, di modo che questi
non fu in grado di recarsi all'Assunzione prima del i58^. Nel-
l'anno successivo fece egli partire ottanta Spagnuoli coudolti da
Alfonso-de-Vera soprannominato el-Tupy per distinguerlo dall'altro
Cara-de-Pero. Questo distaccamento fondò la città di Gorrientes,
e gli indigeni furono divisi anche ivi in commende, e così eb-
bero origine le quattro colonie dei Guacarà , Ulaty, Ohoma e
Santa Lucia.
Alla partenza di lui terminano le conquiste nel Paraguay.
Dopo tale spedizione il Governatore rinunziò la carica e si
ritirò in Ispagna; né d'allora in poi si ebbero nuove scoperte e
conquiste nella Piata e nel Paraguay^ e la storia in questo argo-
mento non ha più che a ricordare Montevidèo e Maldonado fon-
dato nel 1624* Chi fosse vago di più ampie cognizioni relative
alle scoperte di queste importanti contrade potrebbe consultare i
sottoindicati scrittori (1).
(1) Journal d' un voyoge à la riviere de la Piata ( dans le Paraguay ) pat
- Laurent Bikker et Corneille Hamskerk ( in Olandese). Amsterdam,
1617 , in 4°
Relation des insignes progrès de la Religion Chrètienne faits au Paraguay
^ etc. par le R. P. Duran etc. Paris, i638, in 8.°
Méinorial de Don Bernard de Csrdenas, evèque du Paraguay ( en Porlu-
gais ) , 1662 , in i2.°
^36 COSTUME
Quadro fisico del Paraguay.
I paesi sulle rive del gran fiume della Piata sono ancora ge-
neralmente compresi sotto il nome di Paraguay, sebkene propria-
mente parlando un tal nome appartenga ad una sola provincia. La
Historia provincae Paraguae, auctore P. Nicolao Techa. Leida , 1763, in
f.° La stessa tradotta in Inglese. (V. la Raccolta di Curchil, voi. VI.)
Les insignes Missioness de la Compania di' Jesu en la provincia de Para-
guay, escrita por Francisco Xarques. Pamptona, 1687 1 in f-°
Sepp' s und Boehm' s Ant. Reisbeschreibung aus Hispanien nach Paraqua-
riam. Norimberga, 1696, in 8.° Trad. in Inglese ed inserito nel voi. y.°
della Raccolta di Churchil. Trad. in francese, Ingolstad , 1712, in 24-°
Relacion historial de las Missiones de los Indios , que se laman Chiquitos,
en la provincia de Paraguay. Madrid , 1726, in 8.° Trad. in latino,
Augusta, 1773 , in 4-°
Descripcion corografica del terreno, rios, arboles y animales de las provin-
cias de Gran-Chaco, Galambar etc. por el Padre Pedro Losauo. Cor-
dova , 1732 , in 4-°
Concise Histoiy of the Spanish America, with a Description of Paraguy
etc. by Camphel. London, iy/^i , in 8.°
Relazioni relle Missioni del Paraguay di Muratori. Venezia, 1743, in 4-°
Trad. in Francese. Paris, 1754, in 12.0
Histoire du Paraguay par le P. Charlevoix, Paris, 1756 , 3 voi. in 4-°
ibid. , 6 voi. in 12.0 Trad. in Inglese, London, 1760,2 voi. in 8.°
Relacao abbreviada da Republica que os Jesuitas das provincias de Por-
tugal e Hespanha, estableceraò nos dominios ultra marinos das duas
monarchias , in 8.0 La stessa in Portoghese ed in , Francese, in 12. (>
Juan de Escandon's und Nusdorfer's Geschichte von Paraguay Francofor-
te, 1769 , io 8.°
Descrizione geografica , politica e storica del regno del Paraguay fondato
dai Gesuiti. Venezia , Trad. in Francese, Parigi, 1769, in 8.°
Historie du Paraguay sous les Jesuites etc. par Bernard Ibannes de Gche-
veri , Amsterdam , 1780, 2 voi. in 8."
Historia de Abiponibus , equestri bellicosaque Paraqucriae natione, auctore
Dobritzhoffer. Vienna in Austria , 1784^ in 8.°
Descrizione di Buenos-Ayres ( inserita nel Monthly Magasin, 1802. )
Azara Felix d'Essais sur 1' histoire naturelle des quadrupedes du Paraguay
etc. Paris, 1801 , voi. 1 in 8.°
— Viaggio nell'America meridionale fatto tra il 1781 e il 1801, Trad.
dal Prof. Gaetano Barbieri. Milano, 1817, voi. 2 in 12. ° fig.°
Le lettere edificanti contengono curiose notizie su di queste regioni.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY z'ij
provincia di Cliaco , ed in generale tutto il paese tra il gran fiu-
me e le Ande, non è che una pianura pregna di sale e di nitro
sovente inondata da sabbie mobili o infetta di paludi , nelle quali
vanno i fiumi a terminare per mancanza di un pendio che possa
condurli al mare. Tutto cangia sulla sponda orientale della Piata.
Sorgon colline tra quel fiume e l'Uraguay, e scoscese montagne
separano quest'ultimo fiume dall'Oceano. Dense boscaglie stanno
in riva al rapido Uraguay, fiume che sorpassa il Reno in esten-
sione: alle sue foci l'occhio non può che a grande stento scor-
gerne ad uu tempo ambe le rive : è navigabile fino a Salto Ch'io
settanta leghe dalla sua foce. Presso Buenos-Ayres mancano i bo-
schi , ma in cambio il terreno è molto atto all'agricoltura. Al sud
di Buenos-Ayres stendonsi a perdita d' occhio le immense pianure
chiamate Pampas, ove regnano impetuosissimi venti, ed ove l'oc-
chio non fa che vagar tristamente da uu arbusto bistorto ad un
gruppo di piante saline.
Abbondanza di buoi e cavalli.
La sorprendente propagazione dei cavalli e di buoi europei
sì domestici che fatti selvaggi , è un gran carattere comune alla
storia naturale di questi paesi. Azara ci ha fatto conoscere in tulle
le sue parti la storia di questi animali che dal 1 53o al i532,,
furono colà introdotti d' Europa. I cavalli salvatici vanno a stormi
di più di dieci mila } differiscono pochissimo dai domestici e do-
mansi facilmente, siccome pure i buoi salvatici, che potrebbero
diventare una sorgente di ricchezze fra le mani di un popolo più
industrioso.
Il Chaco.
Il Chaco è quasi tutto occupato da tribù indigene più o meno
selvagge.
Tribù indigene.
Ve ne ha che s'estinguono o che cangiano di nome , di modo
che non si sa più trovarle con sicurezza. Tale è la tribù dei
Loie.
/ Guaicurù.
Azara ci dice che i Guaicuiù, i più feroci di tutti gli indi-
geni, sonosi estinti, tranne pochi individui, per effetto del bar-
baro loro costume di fare abortire le femmine e di non alle-
vare mai che un solo figlio. «Questa è, così egli riferisce , una
2,38 COSTUME
delle più famose nazioni nelle storie di queste contrade. Essa
era ancora delle più numerose, e, per quanto opino, superava
le altre nella grandezza della statura , nella fierezza , nella forza,
nei valore guerriero. Di questa nazione orgogliosa e potente non
sussiste oggi che un solo individuo alto sei piedi e sette pollici ,
e dotato delle più belle proporzioni: esso ha tre mogli, e per to-
gliersi al fastidio della solitudine si è unito ai Tabuà , de' quali
ha adottato il vestire e l'uso di dipingersi. Il deplorabile ester-
minio di una sì coraggiosa nazione non deriva solamente dalla
guerra incessante che la medesima ha fatto agli Spagnuoli e agli
altri Indiani, ma molto più dalla barbara costumanza dell'aborto
adottata dalle donne Guaicurù al pari di quella della nazione
Mbaya. »
I Lenguà.
La nazione che da se medesima si chiama Juiadgè venne
dagli Sp3gnuoli indicata col nome di Lenguà a motivo della for-
ma particolare del barbotto (i).
Forma particolare del loro barbotto.
Le storie la confondono d'ordinario coi Guaicuiù } ma essa è
diversa da tutte le altre genti. Viveva questa errante nel Chaco
e nelle vicinanze dei Guaicurù. Fu una delle nazioni più rispettate
e formidabili: fiera, presuntuosa, feroce, vendicativa, implacabile
e schiva d'ogni fatica che non fosse di caccia e di guerra. Le
sue armi, il modo di cavalcare, combattere e trattare i vinti non
furono dissimili da quelli de' Mbaya , de' quali parleremo in se-
guito. Questa nazione è quasi moribonda. Nel 179,4, non era
(1) Il distintivo del sesso mascolino è fra essi il barbotto, di cui dia-
mo la spiegazione. Poco dopo la nascita di un fanciullo la madre gli trafo-
ra da una parte all'altra il labbro inferiore , e v' introduce un pezzo di
legno lungo quattro o cinque pollici; e che ha due linee di diametro,
cui si dà il nome di barbotto. Gli uomini non lo depongono in tutta la
loro vita, nemmeno per dormire , e lo levano nel solo caso di rimetterne
un altro, quando il primo è rotto. Ad assicurarsi che esso non cada , è
formato di due pezzi , V uno che s'introduce dalla parte interna del lab-
bro , e che all'estremila rivolta verso la gengiva è largo e schiacciato , on-
de non possa entrar tutto nel foro: l'altra estremità che esce appena del
labbro ha un buco in cui si conficca a viva forza dalla parte esterna il
secondo pezzo del barbotto.
DEGLI ABITATORI DEL TADAGUAY 23g
composta die di quattordici uomini e otto donne comprese tulle
le età. La loro statura media è di cinque piedi e nove pollici: le
loro proporzioni sono le più leggiadre. Si tagliano i capelli da-
vanti alla metà della fronte, ed i rimanenti all'altezza della spalla
senza annodarli giammai. All'atto del nascere si traforano ai baro-
bini le orecchie } e vi si mettono successivamente e durante tutta
la vita pezzi di legno ognora più considerabili, dal che derivano
buchi coiì grandi che nella vecchiezza formano un circolo, il quale
ha più di due pollici di diametro: le orecchie lor cadono quasi
sulle spalle , talché si dura fatica a credere, che le orecchie e i
fori delle medesime giunger possano a sì srande aumento. Servirà
a dare qualche idea di sì strane costumanze la qui annessa Tavola
3i, rappresentante gli Indiani Botocudos al Rio-Grande de Bei-
monte, cavata esattamente dal recente viaggio del Principe Massi-
miliano di Wied-Neuvried. Il barbotto caratteristico de' maschie
affatto singolare fra i Lenguà. Consiste questo in un semicircolo
che ha sedici linee di diametro, e formalo di una sottile lama di
legno, che i Lenguà introducono in una fenditura fatta al labbro
inferiore^ la suddetta lama penetra sino alla radice dei denti , e
al primo osservarli si direbbe ch'essi avessero due bocche, e che
la lingua uscisse loro dalla bocca inferiore } che tal genere di bar-
botto ha verainenle forma di lingua. S'intende ora il motivo
della denominazione data ai suddetti popoli. Non potendo mai es-
ser ben adattata alla fenditura questa lama di legno , ne sgorga
continuamente saliva e bava, ciò che rende ributtante 1' aspetto
dei Lenguà. Picciola è la fenditura ne' fanciulli, ma viene conti-
nuamente aumentata coll'ingrandimento delle lame di legno, e
seguendo durante la vita lo stesso metodo dei buchi delle orec-
chie. Quanto alle altre costumanze essi rassomigliano ai Mbaya
perfino nel loro abbigliamento: solamente non sussistono Cacichi
fra essi.
Altre loro costumanze.
Non conoscono né divinila, né culto, né capi, né obbedienza:
adoperano scambievolmente un formolario singolare di urbanità
allorché s'incontrano tra loro dopo qualche tempo che non si sono
veduti, ed è il seguente: i due Indiani versano alcune lagrime
avanti di parlarsi: operare diversamente sarebbe un oltraggio, o
per lo meno una prova che l'uno non è accetto all'altro. Ben-
2.1\0 COSTUME
,cliè non si dipingano il corpo tanlo quanto i Payaguà , de'quali
parleremo in seguito, hanno però essi le medesime feste', e l'e-
guale gusto per l' imbriachezza. Non coltivano la terra, ed hanno
per sole occupazioni la guerra, la caccia e il ladroneccio, ch'eser-
citano sulle mandrie degli Spagnuoli. Anche questa nazione debbe
la sua distruzione al costume barbaro degli aborti adottato dalle
donne sulle stesse norme delle Guaicurù.
Loro avversione pei morti.
I Lenguà non danno ai loro malati che acqua calda , frutta
o qualche altra minuzia ^ e se non vedono speranza di guarigione
gli abbandonano affatto lasciandoli perire. Tanta è l'avversione
che hanno pei morti , che non permettono ad alcuno di morire
nella propria casa, e quando par loro che un congiunto sia vicino
a morire, presolo per le gambe lo strascinano fuori di casa ad
una distanza di cinquanta passi : lo stendono in i schieri a collocando
le natiche del malato in un buco per le sue occorrenze corporali:
gli accendono da un canto un po' di fuoco, e dall'altro lasciano
un vaso d'acqua per provvedere al caso di sete: non gli danno
altro conforto , e non si accostano a lui che per ispiare il mo-
mento in cui avrà cessato di vivere. Appena spirato , alcuni In-
diani pagali dai congiunti , o qualche vecchia , Io avvolgono in
una coperta di stoffe o di pelle unitamente a' suoi arnesi, e pre-
solo ai piedi lo trasportano altrove, collocandolo in una fossa e lo
coprono. I congiunti lo piangono per tre giorni} ma né essi né
verun altro ne pronunziano giammai il nome, ove anche accada
di narrare qualche prodezza della sua vita. La costumanza più
straordinaria di queste genti si é che allorquando uno di essi
viene a morte , tutti cangian di nome allineile la morte non si
risovvenga presto di loro.
Machicuy.
Gli Spagnuoli appellano Machicuy una nazione che abita l'inter-
no del Cliaco alle rive di un ruscello da essi chiamato Lacta. Tale
nazione si chiama da se medesima Cabanataith ; é divisa in di-
ciannove orde o colonie, quattro delle quali composte di circa
dugento combattenti non hanno cavalli \ ma le altre da cui deri-
vano presso 8 poco mille guerrieri ne hanno gran numero, cui essi
montano a ridosso al pari dei Lenguà. Una di queste abita in
saverne sotterranee, anguste, sudicie, che non ricevon luce che
DEGLI ABITATORI DET, r-ARAGUAY nf\ I
da un picciolo forame. Le altre orde costruiscono le proprie tende
o capanne portatili col mezzo di stuoje egualmente che i Len-
gua, ai quali non la cedono in istatura, forza ed eleganza di pro-
porzioni. Somigliano pure ai medesimi nella grandezza delle orec-
chie, nel barbotto, nel Don avere Cacichi , nelle feste, nel gusto
dell'imbriachezza, e singolarmente nella più aborrevole costumanza
degli aborti che si procurano le donne. Le guerre, cui intrapren-
dono, servono soltanto o alla propria difesa o ad isfogare il sen-
timento della vendetta non più debole in essi che nel rimanente
degli Indiani. La principale loro sussistenza dipende dalla caccia
e da alcune pecore ch'essi allevano: fanno ancora qualche uso
delle produzioni dell'agricoltura, le quali consistono in mais, ma-
niocco, fagioli ed alcune frutta.
Enimagà.
Sotto il nome di Enimagà è conosciuta nel Paraguay una na-
zione di Indiani che da se stessa si nomina Cocaboth, e che abi-
tava la riva meridionale del fiume Pilcomayo nella parte più in-
terna del Ghaco. Negli abiti, negli ornamenti, nella forma e nella
maggior parte delle costumanze sono eguali ai Lenguà :, ma ne
differiscono nel barbotto, e nel non avere le loro donne adottata
l'orribile pratica degli aborti. La loro sussistenza al dì d'oggi
proviene dalla caccia e dall'agricoltura, che esercitano alcun poco
i loro schiavi: sembrano più di qualsisia altra nazione Indiana
proclivi al divorzio, ed Azara ci racconta di avere conosciuto uno,
il quale all'età di trent'anni aveva ripudiate sei mogli ed era
passato alle settime nozze.
Guentusé.
La nazione dei Guentusé abitava altra volta il Chaco in faccia
agli Enimagà, di cui furono e sono tuttavia fedeli amici. Essa è
divisa in due orde che formeranno in circa trecento combattenti*
ma sono tranquilli , né fanno altra guerra che la difensiva. Le
loro forme e costumanze sono eguali a quelle de'Lenguà a riserva
che le donne non si procurano aborto. Il loro barbotto non è
diverso da quello degli altri Indiani. Non conoscono né capi, né
leggi, né religione.
Loro coltivazione.
Vivono di caccia e delle produzioni de' loro campi. Nò cre-
dasi già che questi o gli altri Indiani agricQitori si valgano di
Cost. Voi III dell'America. 16
242 costume
animali od aratri*, per le rurali loro occupazioni non usano che
un bastone appuntato, il quale serve loro per preparare i buchi
ove collocare! semi: si può da ciò formarsi un'idea dell'agricol-
tura di tali popoli. I Guarà che sono i più inciviliti di quegli
indigeni, e che nella coltivazione superano tutti gli altri, adope-
lano una zappa formata da un omopolato di cavallo o di bue, cui
un bastone serve di manico. Siccome queste nazioni, per quanto
sieno coltivatrici , non cessano di essere erranti , così hanno per
costume di seminare qualche cosa per tutto ove passano, indi di
ritornare sopra i luoghi per raccogliere.
Moya.
I Moya fan la guerra a tuffi*, si estirpano i peli delle soprac-
ciglia e delle palpebre, e sussistono dell'agricoltura esercitata dai
loro schiavi. Le donne, liberissime ne' loro costumi, han per abi-
tudine l'abortire.
Mocoby.
La nazione de' Mocoby, fiera, superba, bellicosa e formidabile
altrettanto che indomabile si divide in quattro orde principali, le
quali unitamente formano circa duemila combattenti abitatori
delle rive del "Vermejo o Ipilà , nelle parti interne del Chaco.
Essa non conosce agricoltura , e sussiste soltanto di caccia , di
carni di porche, vacche e pecore delle proprie mandre, e di ar-
menti che frequentemente invola agli Spagnuoli del Paraguay. La
statura media di questi Indiani è di cinque piedi e sei pollici: le
loro proporzioni sono belle, ed annunziano robustezza : sono e-
sperti nel cavalcare sempre a ridosso al pari de' Lenguà : hanno
altresì le medesime armi, cioè lancia e clava, e vanno armati di
frecce allorché combattono a piedi. Uccidono in guerra gli adulti 5
consetvano le donne e i fanciulli. Somigliano agli altri Indiani
nel colore e nelle forme: non conoscono religione, capi e leggi *,
i medici e le nozze, l'inclinazione all' imbriachezza, il barbotto,
gli abiti, il dipingersi sono assolutamente gli stessi che presso gli
altri \ ma le donne portano di più differenti segni sul seno. Si è
cercato in tutti i tempi d'incivilire e ridurre a colonia questa na-
zione che è molto incomoda agli Spagnuoli a motivo del ladro-
neggio che esercita sulle mandrie. Sono stale sborsate in diverse
DO
epoche somme immense a tal fine, e si era riuscito a formarne
colonie; ma ben presto sonosi disfatte, e non ne sussistono tut-
DEGLI ABITATORI BEL PARAGUAY 2/J3
tavia che Ire dalla parie di Santa-Fè \ ma niuna di esse è riè in-
civilita né cristiana.
Abiponi.
La più celebre di tutte queste popolazioni è la belligera tribù
degli Abiponi, che dagli antichi Spagnuoli vennero chiamati Me-
pones. Essi abitavano verso il 28.0 nel Chaco : sul principio del
passato secolo s'impegnarono in una guerra crudele coi Mocoby,
ai quali non cedevano in orgoglio, statura e forze, ma meno nu-
merosi di essi vidersi obbligati ad implorare la mediazione degli
Spagnuoli , che li formarono in colonie, delle quali confidarono
la cura ai Gesuiti: di queste non ne sussiste più che una sola,
quella cioè di San-Geronimo stabilita nel 1748. Ma poiché è raro
che si estingua negli Indiani il sentimento della vendetta, la guerra
continuò sempre con più o meno ardore, e una divisione di Abi-
poni spatriò, e passò il fiume Parana per formare nel 1770, la
colonia di Las-Garzas. Questi Abiponi non sono diversi da quelli
di San-Geronimo, vale a dire né Cristiani, né inciviliti, e tenacia
tutte le antiche loro costumanze. Essi per la maggior parte si leva-
no le sopracciglia, ciglia e i peli \ si radono una striscia di capelli
dalla fronte fino alla sommità della testa : le donne portano inde-
lebilmente impressa una picciola croce di braccia eguali nel mezzo
della fronte, e quattro linee orizzontali e paralelle sul naso al-
l'origine del sopracciglio , e da ogni lato della figura due linee
sorgenti dall'angolo esterno dell'occhio. Gli Abiponi sono pari
alle altre nazioni per tutte le particolarità precedentemente enu-
merate: inclinazione all' imbriachezza , crudeltà delle loro feste,
cura dei malati, ignoranza di religione , obblighi e doveri , uso
del barbotto , costruzione di capanne, niuna prerogativa dei Ca-
cichi, ornamenti, costume di dipingersi, nozze, trattamenti degli
schiavi, orrore pei morti. Solamente il grande commercio ch'essi
hanno cogli Spagnuoli ha divezzati molti dall'uso del barbotto,
benché lutti ne portino nel labbro inferiore la fenditura: così pure
molti hanno sostituito ai mantelli di cotone i ponco% mantelli di
lana, e portano capelli che loro somministrano gli Spagnuoli.
Sonovi pure alcune donne, le quali vestono al pari delle Spagnuole
della classe indigente, ed hanno cessato di radere i capelli e di
estirparsi le sopracciglia.
lf\(\ COSTDME
Jl Paraguay propriamente detto. I Payaguà.
Prima di passare alla descrizione del Paraguay propriamente
detlo, noi parleremo della forte e potente nazione Payaguà, la
quale diede il suo nome al fiume del Paraguay o fiume dei Pa-
yaguà, nome che venne poi alteralo nell' estenderlo a tutti ì paesi.
AI primo arrivo degli Spagnuoli era questa nazione separata in due
orde, le quali si dividevano il dominio del fiume del Paraguay,
senza permetterne ad alcuno b navigazione. La nazione intera por-
tava il nome di Payaguà , e per distinguere le orde , esse stesse
si denominavano cadignè e magach: ma gli Spagnuoli diedero
esclusivamente il nome di Payaguà alla divisione più settentrionale
e sfigurarono quello dell'altra chiamandola Agace. Dopo la morte
del Cacico Magach , l'orda del quale portava il suo nome , gli
Spagnuoli avendo riconosciuto, che questi non differivano ne' ca-
ratteri nazionali dai popoli soprannominali, soppressero l'ultima
denominazione e li chiamarono tutti Payaguà.
Crudeli nemici degli Spagnuoli.
All'epoca della conquista costoro sono stati i più costanti, ac-
corti e i più crudeli nemici degli Spagnuoli, dei Portoghesi , ed
anche di tulli gli Indiani : di modo che se talvolta hanno fatta
la pace cogli uni, fu solamente per collegarsi contra gli altri , o
per ordir tradimenti, giacché fu sempre ad essi estranea la lealtà.
Basti il sapere che per opera de'suddetti perirono molle migliaja
di Spagnuoli, e che poco mancò ch'essi non operassero il generale
^sterminio di tulle le colonie del Paraguay. Ma avendo poi que-
sta nazione accorta osservato che la popolazione degli Spagnuoli
si aumentava nel Paraguay, ove poteva ricevere rinforzi da quella
di Buenos-Ayres, e riflettendo che non aveva forze sufficienti per
esterminare tanti nemici, vide che non le rimaneva altro scampo
che nel fare la pace , ed anzi nel collegarsi strettamente cogli
Spagnuoli.
Fanno la pace, e si collegano coi medesimi.
Questi Indiani offersero dunque di formare coi medesimi una
lega offensiva e difensiva contra tutti gli altri popoli. Era fra gli
articoli delle loro proposte che l'orda Tacumbù , che sono gli
antichi Agace, sarebbcsi stabilita all'Assunzione, purché ivi po-
tesse tranquillamente continuare nelle sue costumanze, e purché
non le fosse probito di fare particolarmente la guerra a quegli
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY nfó
Indiani, che non avessero o comunicazione o trattati cogli Spa-
gnuoli.
L'orda Tacumbù si stabilisce alV Assunzione.
Di fatto l'orda Tacumbù nel 174° s> stabili all'Assunzione 5
e non solamente furono alleati fedeli in tempo di guerra, ma u-
lilissimi abitatori, poiché essi somministrano agli Spagnuoli pesce,
salci, canoe, foraggio pei cavalli , canotti , remi , coperte ed altri
piccioli oggetti , conservando però inlatti in tutto il rigore del
termine gli antichi loro costumi.
Forma e colore de' Payaguà.
La statura media de' Payaguà è di cinque piedi e quattro pol-
lici : sono dotati di belle proporzioni, e più agili e lesti di tutti
gli Indiani e degli Spagnuoli: il loro colore è meno oscuro, la loro
fiso ri orni a meno cupa e più aperta che negli altri Indiani. Somi-
gliano ai Guanà nello svellersi le ciglia, le sopracciglia e qualsisia
pelo, nel non conoscere premj e castighi , leggi e doveri.
La dignità del Cacico si riduce ad un nulla.
La dignità dei loro Gacichi si riduce al nulla. » Io, dice Azara,
ho conosciuto personalmente il Cacico de'Sarigué che aveva all'iti-
ci rea centoventi anni. Conservava tutti i suoi denti bianchi e ben
disposti} così pure non mancava un capello alle sue chiome, delle
quali una sola terza parte era bianca. La sua vista unicamente era
alquanto affievolita. Ad onta di ciò egli remigava, pescava, s'imbiia-
cava, agiva al pari de'suoi compagni. La prima volta che io il vidi
era seduto per terra, affatto ignudo, e durante la conversazione, la-
sciò, senza sconcertarsi, scorrere la propria orina. Questo Cacico al
par degli altri non ha veruna autorità né decorazione che lo distin-
gua: non gli si presta da nessuno tributo o servitù. La nazione è
governata dalla consueta adunanza dal tramonto del sole, impo-
tente essa stessa d'imporre doveri a veruno. Il Payaguà è asso-
lutamente libero: non conosce disuguaglianza di classi , e quella
prodotta dalla dignità di Cacico si riduce ad un nulla ».
Costumi ed usanze.
Gli uomini vanno affatto ignudi} ma quando fa freddo, o de-
vono entrare nelle case della città si gettano talora sulle spalle
un mantello di cotone avvolgendosi nel medesimo, quando è suf-
ficiente a coprire le parti auteriori.
2/j6 COSTUME
Vestire degli uomini.
Alcuni altri indossano una camicetta senza collare e maniche.*
e che copre appena le parli distintive del sesso. Ce ne ha di
quelli che sopra il corpo si dipingono a diversi colori il vestito ,
la soltovesta, i calzoni, e con tale acconciamento benché ignudi
di fatto, se ne vanno per ogni dove.
Ornamenti.
Il barbotto è il segno distintivo degli uomini : essi portano
inoltre alle braccia e al collo de'piedi monili variati e per la
forma e per la materia. Alcune volte sospendono ai polsi della
mano unghie di cervo , che percotendosi insieme formano uno
scroscio loro particolare : usano ancora pendagli di filo d'argento
e di frammenti di conchiglie, a cui sospendono una borsa sì pic-
ciola, che appena può contenere una moneta di venti soldi. Vero
è che non fanno uso veruno della suddetta borsa, perchè tengono
sempre in bocca il denaro che hanno guadagnato. Portano in
testa pennacchi di piume, e coloro che hanno uccisi nemici in
battaglia hanno la prerogativa di attaccarli perpendicolarmente alla
cervice. Si dipingono sul corpo disegni di vaij colori, che non si
saprebbero descrivere, e che non hanno altra norma fuorché il
capriccio di chi se ne adorna : né ciò accade ogni giorno , ma
quando solamente ne prende ad essi la fantasia. Radono auterior-
menle ed all'altezza dell'occhio i capelli , lasciando ondeggiare
il rimanente della chioma che raccolgono solamente all'estremità
sulla spalla, attaccandola con una picciola stringa di pelle di sci-
mia guernita del suo pelo.
Le donne Payuguà hanno un uso loro proprio.
Le donne Payaguà hanno un uso loro proprio : allorché sono
fanciulle , e il seno giugno al suo punto naturale di accresci-
mento, incominciano queste a comprimerlo o stringendosi il manto,
o appostatamele con una stringa per dirigerlo verso la cintura:
in conseguenza di che allorquando arrivano ai ventiquattro anni
ed anche prima questo pende loro a ffggia di borsa. E da no-
tarsi che anche indipendentemente da tale loro cura il seno dello
Indiane è meno elastico di quello delle Europee, ed è natural-
mente proclive alla pendenza che gli danno. Non fa quindi me-
raviglia il vederle talvolta allattare i loro bambini tenendoli sotto
il braccio^ ciò che è agevolato dalla pendenza della mammella e
dalla grossezza dei capezzoli.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2/17
Loro vestire.
Il vestire delle donne consiste in un mantello entro cui si av-
viluppano dallo stomaco, e talvolta cominciando dalle spalle fino
alla noce del piede: portano inoltre un cencio di uu piede qua-
drato, che pende loro davanti alle pudende.
Pitture caratteristiche delV adolescenza.
Allorché le figlie giungono all'epoca dei primi mestrui, danno
parte di tale avvenimento a tutti coloro in cui s'incontrano, e si
applicano ad esse le pitture caratteristiche dell'adolescenza. Tali
pitture si riducono ad una striscia o riga , la quale incomincia
dall'origine de' capelli, e si prolunga in linea retta fino all'estre-
mità del mento lasciando uno spazio non tinto nel labbro supe-
riore. Agli angoli della bocca si dipingono due catene paralelle
alla mascella inferiore e terminanti a due terzi di disianza dallo
orecchio. Si aggiungono a tutte le indicate pitture due anelli, che
escono dagli angoli esteriori degli occhi, e che finiscono all'al-
tezza della guancia. La tinla che adoprasi è violacea, e nelle donne
nou è già superficiale come negli uomini, ma permanente, perchè
esse lo fanno penetrare entro la cute col mezzo di punture.
Alcune più galanti si dipingono di rosso il volto , il seno e le
coscie : delineano inoltre una spezie di catena bruna con grandi
anelli sul braccio dai polsi alla spalla} ma quest'ultime tinte non
vanno a penetrare la pelle, e le pitture rosse non presentano di-
segno veruno.
Acconciatura c?e' capelli ec.
Le donne al pari degli uomini si radono anteriormente i ca-
pelli, ma non già sulle orecchie, e lasciano ondeggiare il rimanente
delle chiome senza nodo di sorte alcuna. Portano a tutte le dita
anelli di qualunque sorte sian essi, ma non usano collane, monili
ed altri ornamenti di sì fatta natura.
Ujjicj delle donne.
Gli ufficj delle donne consistono nell' erigere o disfare le ca-
panne, fabbricare stuoje, mantelli, vasi e piatti di terra coperti di
pitture e disegni. Allorquando vogliono filare si preparano il co-
tone disponendolo sul braccio a foggia di un lungo budello della
grossezza di un dito, e senza torcerlo: in seguito sedute per terra,
e colle gambe distese prendono il loro fuso , che ha in circa due
piedi di lunghezza, e cominciano a filare facendo rotare lo slesso
^48 COSTUME
fuso sulla coscia ignuda : ma poco torcono il filo che raccolgono
sulla metà di esso. Filato tutto il cotone preparato , dal fuso lo
avvolgono intorno al braccio per torcerlo la seconda volta, indi
lo raccolgono di nuovo alla parte inferiore del fuso. Così dispo-
sto e senza raddoppiarlo lo adoperano a fabbricare mantelli e co-
perte, non già per cucire , genere di lavoro ad esse sconosciuto.
Tali mantelli si riducono ad una pezza di tela più o meno grande
secondo l'uso al quale son destinati. Quelli onde ricopronsi le donne
attempate non hanno tutt'al più che la lunghezza necessaria a co-
prirle dalle spalle fino alla polpa delle gambe, e sono larghi quanto
basta per fare una volta e mezzo il giro del corpo. Esse fabbri-
cano la loro stoffa senza tela jo, disponendo le fila sopra due ba-
stoni allontanati in proporzione della lunghezza che debbe avere
P opera cui si accingono. Vi passano in seguito il filo per traverso
senza bisogno di spola e col semplice soccorso delle proprie dita ;
comprimono successivamente la loro tessitura con una specie di
riga o coltello di legno. Tale è il modo di filare e fare la tela,
onde si servono gli Indiani che fanno uso d'abbigliamenti tessuti,
se si eccettuino le donne della Corpigliera del Chili, alcune delle
quali per formare i ponco adoperano i telaj.
Cibi, maniera di mangiare ec.
Le donne cucinano i legumi, e talvolta il pesce; ma di rado,
poiché la cucinatura della carne e del pesce, ed il far legne stan-
no nelle attribuzioni de'mariti. Ogni cibo in generale è confacente
a questi Indiani: ma le donne non gustano mai carne, persuase
che sì fallo cibo sarebbe loro di nocumento. Ciascuno individual-
mente mangia, allorché ha fame senza aspettare la compagnia degli
altri , e scegliendosi fra le vivande preparate ciò che meglio gli
conviene: non parlano, né bevono finché il loro pasto non é ter-
minato: se si ritrovano mangiando in compagnia tengonsi ad una
certa distanza gli uni dagli altri, inclusi varaente al maiito e alla
moglie, alla madre ed ai figli : non usano forchetta o cucchiajo, e
per prendere il brodo o la salsa non adopei ano che P indice e il
medio , e ciò non ostante non sono meno celeri che se fossero
forniti di cucchiajo: per quanto un pesce sia ripieno di spine, le
separano dalla carne con un movimento di lingua, e a guisa di
scimie le conservano ai lati della mascella fino che abbiali finito
di mangiare, dopo diche le rigettano: abboniscono il latte: non
si lavano, nò puliscono quasi mai le proprie abitazioni.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 1%
Maniera di accendere il fuoco.
Sanno al pari di tutti gli altri Indiani accendere il fuoco sen-
za pietra focaja. A tal fine impiantano per la punta un pezzo di
legno grosso un dito entro altro legno forato appostataraente , e
fanno rotar colla mano il primo a foggia di frullo: dal ripetuto
strofinamento nasce , come è noto , una polve infiammata , che
produce gli effetti dell'esca accesa.
Capanne.
Le capanne dei Payaguà sono coperte di giunchi non intrec-
ciati a foggia di stuoje, ma congiunti insieme da fili in tutta la
loro lunghezza»
Divorzio.
Rari sono i casi di divorzio fra i conjugi; ma quando acca-
dono, la moglie va a riunirsi alla propria famiglia, conducendo
seco i suoi figli, come pure i materiali della capanna, il canotto
e gli utensili. Non rimangono al marito che le armi ed i suoi
abbigliamenti. Nel caso che non sussistano figli, ciascuno de'co-
njugi conserva quello che è di propria pertinenza.
Strana usanza ne' dolori di parto.
Le Indiane non hanno d'uopo di verun soccorso per parto-
rire: allorquando le loro doglie durano lungo tempo, accorrono le
vicine con campanelli infilzati alla mano , e per un istante gli
scotono con violenza sopra la testa delle pazienti : indi se ne
vanno pronte a ricominciare l'operazione, ove ad esse ne appaja
il bisogno.
Imbriachezza.
I Payaguà non conoscono altro passatempo che l' imbriacarsi,
il che è per essi una festa. L'uomo imbriaco va sempre accom-
pagnato dalla mogb* o da un amico, i quali quando si accorgono
che non può più règgersi sulle proprie gambe lo riconducono alla
capanna. Ogni avvenimento più ordinario, ed anche il capriccio
serve di pretesto a tali feste d' imbriachezza.
Festa solenne e crudele.
Oltre a queste feste particolari hanno l'uso di celebrarne nel
mese di giugno una solenne e crudele nello stesso tempo. Tutta
la nazione vi prende parte, ed è celebrata pur anche dai Guana,
dai Mbaya e da altri popoli che descriveremo in appresso. Noi»
partecipano della medesima che in qualità di spettatori coloro
250 COSTUME
che non sono capi di famiglia, e le donne. Il giorno avanti i per-
sonaggi della solennità si dipingono il corpo nel modo migliore
che possono immaginare, e si adornano il capo di piume di co-
lori e forme così straordinarie, ch'egli è impossibile farne la de-
scrizione o trattenere la meraviglia nel vederli così acconciati.
Coprono inseguito di pelli tre o quattro vasi di terra e lentamente
li percotono con verghelte più picciole della più sottile penna da
scrivere. Alla mattina dell'indomani bevono quanta acquavite si
trovano avere} e allorquando sono bene imbriachi si stringono
fortemente a vicenda le carni delle braccia , delle coscie e delle
gambe, prendendo fra le dita quanto più possono di carne, e la
traforano da una parte all'altra con una scheggia di legno o con
una spina di razza. Questa operazione viene ripetuta e continuata
per tutto il giorno, di modo che alla fine ognuno di essi si ri-
trova trafitto nel modo medesimo di pollice in pollice sulle co-
scie , sulle gambe , sulle braccia , incominciando dai polsi e an-
dando fino alle spalle. Celebrandosi la detta festa nella città stessa
dell'Assunzione ed in pubblico , tutti corrono a vederla. Né al
segno fin qui descritto si arrestano le ferite che costoro si fanno:
si traforano ancora la lingua e il membro virile, ed è allora che
le donne Europee fuggono mandando alte grida j mentre le In-
diane stan contemplando a sangue freddo un sì crudele spettacolo.
Ricevono essi sulla mano il sangue che cola dalla lingua, e se ne
imbrattano il viso: quanto a quello che esce dal membro virile
lo fanno entrare in un picciol buco prima preparato col dito
sul terreno, e lasciano poi andare ove va il sangue che scorre da
tutte le altre parti del corpo. Niuna ragione sanno essi addurre
di una simile costumanza, e confessano ingenuamente di non co-
noscerne altra, che la brama di dar prove ancoraggio.
Religione.
I Payaguà non riconoscono creatore , non rendono a veruno
cosa immaginabile adorazione o culto, ed in sostanza non hanno
religione. Allorquando la burrasca o il vento rovesciano le loro
capanne, preso un qualche tizzone dal proprio focolare, corrono
essi a qualche distanza , e minacciano il turbine col tizzone me-
desimo. Altri credono di spaventare la tempesta col menar pugni
all'aria, cerimonia pur da essi usata al nascere d' ogni luna, ma
in tal caso dichiarano , non essere questo che un semplice segno
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY a5(
della loro esultanza:, alcuni perciò li giudicarono adoratori della
Luna.
Cer imonie funebri.
Appena un Pavaguà è morto, alcune vecchie lo involgono nel
suo mantello o camicetta e co' suoi arnesi è consegnato ad un
uomo per ciò stipendiato, che lo porta al cimitero. Non è gran
tempo che i loro morti venivano seppelliti seduti, colla testa fuori
della fossa , e coperta da grande campana o vaso di terra: ma
impararono poi dagli Spagnuoli a sotterrarli interamente e distesi.
Hanno essi cura grande di tener ripulita da erbe e da altre im-
mondizie la superficie dei sepolcri, di coprirli di capanne, e di
porre sulla tomba di coloro cui amarono maggiormente un grande
numero di campane o vasi di terra dipinti, e collocati l'uno so-
pra l'altro coli' orlo volto all' ingiù. Gli uomini non fanno lutto
giammai: quello delle donne si riduce a piangere per due o lie
giorni il padre o il marito. Se questi furono uccisi in guerra o
meritarono fama in qualsisia modo, ha maggiore durala il pianto
delle superstiti, le quali corrono gementi giorno e notte attorno
al paese.
Medici.
I Payaguà, parlando generalmente , son persuasi o proclivi a
credere, non meno di tutti gli altri Indiani, che il medico cono-
sca e possa scacciare ogni specie d'infermità, e che nessuno mo-
rirebbe , se così volessero i medici. Questi dal canto loro nulla
trascurano onde accreditare sì fatta opinione per esser ben pagati
e tenuti in considerazione nella società: ottengono di fatto l'in-
tento, ed a segno tale, che alcuni assicurano, che le primizie
delle vergini vengano loro concedute. Le ordinazioni che prescri-
vono questi medici consistono nella dieta, nel non permettere ai
loro ammalati che scarso cibo di legumi e di frutta. Da ciò se-
gue come fra noi che la maggior parte degli inferrai risana. Ma
se l'ammalato gode di una riputazione distinta, o ricompensa be-
ne i medici, questi hanno degli apparati più grandi e solenni.
Grandi apparati de'' medici per guarire gli ammalati ric-
chi ec.
II medico affatto ignudo , con tutto il corpo dipinto , per
tando una grande cravatta di stoppa o di C 'ara guata , che gli
discende fino alla cintura accende una spezie di pipa, la quale è
2,5a COSTUME
formata di un bastone lungo un piede , grosso quanto il pugno
della mano , traforato per tutta la sua lunghezza, ed armato in
una estremità di un rostro adattato all'aspirazione del fumo. Pren-
de poscia nell'altra mano una zucca vuota alta due piedi e for-
mata di due riunite nella loro lunghezza. Questa ha due fori
all'estremità , il maggiore de'quali ha due pollici di diametro.
II medico vi soffia pel foro minore il fumo del tabacco aspirato,
indi bagna accuratamente la zucca, e ripete per più volte l'ope-
razione medesima. Ciò eseguito applica l'orlo del maggior foro al
labbro superiore vicino al naso, e manda grida entro la zucca, la
quale rende suoni variati e straordinarj. Niuno ne intende il sen-
so : ma l'operatore assicura di dir cose che recano spavento alla
malattia. Queste cerimonie continuano talvolta più di due ore , nel
quale intervallo il medico batte la terra col piede sinistro e in
cadenza, fa contorsioni a destra ed a manca, s'inchina verso il
malato steso per terra in ischiena e scoperto. Dopo di che gli
siede vicino, per qualche tempo, gli strofina colla mano lo sto-
maco, e finalmente lo regge con una forza straordinaria : talvolta
si sputa sulla stessa sua mano, e fa vedere in mezzo allo sputo
picciole lische, pietruzze , goccie di sangue : oggetti preparati an-
ticipatamente nella sua bocca per dare ad intendere di estrarre la
malattia dal corpo del paziente.
Male venereo.
I Payaguà al pari delle altre nazioni selvaggie vivono lungo
tempo e godono della più vigorosa salute. » Non ho mai veduto
alcuno di essi, così l'Azara, attaccato dal male venereo \ né mi-
è noto che veruno Spagouolo lo abbia contratto per commeroio
avuto colle loro donne. Tale malattia è rara pur anche fra i Gua-
rany sottomessi a' Cristiani: ma è poi singolare che se gli Spa-
gnuoli si familiarizzano colle donne di questi , contraggono il
morbo e di una natura tale che è ben difficile a guarirlo: esso
attacca principalmente il naso, non mai le glandolo del collo come
in Europa. Tutte queste osservazioni mi inducono a sospettare che
il morbo venereo abbia origine dalla comunione fra razze estrema-
mente differenti , e che forse non fosse conosciuto nemmeno in
America prima che vi giugnessero gli Spagnuoli 55.
Coltivazione^ navigazione ec.
La coltivazione è trascurata dai Payaguà: essi sono semplici
DEGLI ABITATORI DEL TARAGUAY 253
marino j: i canotti che costruiscono sono luoghi dai dieci ai venti
piedi, e larghi due terzi della lunghezza: acutissima ne è la
prora e quasi altrettanto la poppa: acuta del pari è l'estremila
de' remi lunghi nove piedi , e de' quali la punta forma la terza
parte: remano stando in piedi sulla cima della poppa, e sedono
nel mezzo del canotto quando pescano colla lenza , ed allora si
lasciano trasportare dalla corrente del fiume. Quando vanno alla
guerra si pongono in piedi in numero di sei o otto entro un ca-
notto , e remigando tutti uniti lo fanno andare con una velo-
cità incredibile. Il loro remo può anche servire ad essi di lancia,
tanto è desso lungo ed acuto , ma hanno inoltre archi di sette
piedi e frecce di quattro e mezzo cui portano in un fascetto, non
usando turcasso. Somma è 1' agilità colla quale maneggiano tali
armi} ed allorquando vogliono procurarsi vivo qualsisia uccello od
animale , pongono sulla punta della freccia qualche materia che
ne affievolisca il colpo, e gli lasci la sola forza bastante a sba-
lordirlo. In battaglia non la perdonano agli adulti , e si unifor-
mano all'uso degli altri Indiani nel trattamento delle donne e dei
fanciulli. Tentano ognora colpi di sorpresa, ne si allontanano dal
fiume, altrimenti sarebbero vinti dalle nazioni , i cui guerrieri
combattono a cavallo. Dopo di aver descritti i costumi e le usanze
di questa nazione da cui venne denominato il Paraguay propria-
mente detto , passeremo a dare brevemente il quadro fisico e la
topografia del medesimo.
Quadro fisico del Paraguay proprio.
Sebbene risalendo verso le sorgenti del gran fiume Paraguay,
s'incontrino colline, non v'ha prova che le miniere del Brasile si
stendano fino nel Paraguay.
Minerali.
Una relazione manoscritta al Ra di Spagna non cita che una
povera miniera d'oro sull'Uraguay , e nessuna ne indica nel
Paraguay, ciocché è conforme a qnanto ci riferirono i Gesuiti.
Vegetabili.
Il Paraguay produce , secondo i Missionarj, il famoso albero
del Brasile, sebbene sia molto più comune nel paese che porta il
suo nome^ vi si vede inoltre quasi da per tutto un grandissimo
numero di cotonieri in arbusto. La cannamele vi cresce incolta
nei luoghi umidi. Un albero che abbonda nel Paraguay si è quello
a54 COSTUME
donde si trae il liquore detto sangue di drago. Sonovi varie al~
tre resine utilissime, e non è cosa rara il trovare ne'boschi cannella
salvatica che si vende qualche volta in Europa per cannella di
Ceylan. Il rabarbaro, la vainiglia, la cocciniglia, son del numero
delle produzioni naturali.
Tè o erba del Paraguay.
11 «è o erba del Paraguay sì celebre nell'America meridionale,
è la foglia di una spezie dHlex della grandezza di un melo di
media statura. Essa è conosciuta anche sotto i nomi di tè del mar
del sud, d'erba di S. Bartolommeo ec. : il suo gusto si avvicina
a quello della malva , e la sua figura a quella della foglia del
melarancio. Il grande ricolto di quest'erba si fa nelle vicinanze
di Villarica nuova che è presso le montagne di Maracayu a le-
vante del Paraguay verso il 2,5.° 26" di latitudine australe. Si
vantano assai le innumerabili viitù di questa spezie di tè tesso è
aperitivo e diuretico } le altre qualità che gli vengono attribuite
sono almeno dubbiose. I Capetoni non ne fanno gran conto, ma
i Creoli ne sono avidi all'eccesso. Questi non viaggiano mai senza
una provvisione d'erba del Paraguay , e non mancano mai di
prenderne ogni giorno preferendola ad ogni sorta d'alimento, e
non mangiando che dopo averla presa. In vece di beverne la tin-
tura separatamente, siccome noi beviamo quella di tè, essi pongon
l'erba in una coppa fatta di una zucca guernita d'argento appel-
lata maté\ vi aggiungon zucchero e vi versan sopra acqua calda
cui bevon subito senza lasciarla in infusione, perchè divien nera
come l' inchiostro. Per non bever 1' erba che £alleg£Ìa , assorbi-
scono la tintura con un cannello d'argento o di cristallo, che ha
nell'estremità un'ampolletta tutta forata a piccioli buchi, affinchè
il liquore che si succhia dall'altra estremità non sia mischiato
col l'erba (1).
Erba della vìpera.
Si dice che gli abitatori del Paraguay abbiano un eccellente
rimedio conlra la morsicatura de'serpenti , in un'erba detta per
lai ragiono erba della vipera: la sua virtù è sì potente, che es-
sendo macerata , mentre è ancor verde , ed applicata sulla parte
(1) V. Pernetty, Voyage aux iles Molouines, tom. I. pag. 235. e seg,
Fiézier. Voyage de la mer du Sud, pag" 228.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2 55
morsicala, opera una pronta guarigione. L' acqua nella quale si
lascia in infusione quesl' erba , verde o secca, non è meno salu-
tare. Ci duole che i Missionari non ci diano che questa vaga no-
tizia di una pianta tanto preziosa (i).
Animali.
Azara conta al Paraguay tre spezie di simie, il m'inquino, il
cay ed il caraya. Quest'ultima che è la più comune riempie al-
l'aurora ed al cader del giorno le cupe foreste delle rauche e
triste sue grida, simile al cigolìo di un gran numero di ruote di
legno non unte. Il gran tatù cava il suo covile ne' boschi , alcune
altre specie vivono nelle campagne e sugli orli delle foreste. Il
tapiro è detto mborebi dai Guarani: lo stesso popolo comprende
sotto il nome di guazu, somigliante a quello di gazzella, quattro
specie di cervi diversi da quelli dell'antico continente. Oltre l'ya-
guar ed il cuguar incontra nsi colà il scibiguazu o felis pardalis ,
l' yaguarundi e l'evra,, specie di gatti-tigri sconosciuti nel nostro
continente.
Città.
La provincia del Paraguay non contiene che picciole città : la
capitale è l'Assunzione , sulla riva destra del Paraguay: le vie
ne sono tortuose e di larghezza ineguale, su di un terreno sab-
bioso: l'aria è temperata e salubre. Havvi un Vescovo ed un col-
legio, e la popolazione ammonta a sette mila anime. Questa pro-
vincia racchiude altre colonie* ma ad eccezione delle belle città
di Neembucu e di Guruguati , tutto quello che se ne avrebbe a
dire consisterebbe nell'anno della loro fondazione, nel numero
de' loro abitatori o nella loro situazione geografica. Le città degli
Spagnuoli e della gente di colore sono disposte come in Ispagna,
vale a dire che le abitazioni sono riunite e che tale unione è
quella che forma le piazze e le vie } ma tutti i borghi e le par-
rocchie hanno le loro case sparse nelle campagne a diverse di-
stanze, tranne un picciol numero che si trova presso alla chiesa
o alla cappella.
Abitazioni.
Le abitazioni delle tribù Indiane stabilite dai Gesuiti sono co-
perte di tegole , e le mura sono di mattoni. Quelle deg4i altr,i
(i) Muratori, Relazioni delle Missioni.
256 COSTUME
indigeni e della gente di colore non sono che trabacche simili a
quelle de' pastori. La popolazione del Paraguay, ammontava nel
iSo/j, secondo una relazione ufficiale, a più di 8om. anime.
Paese sulV Uraguay.
I paesi a levante del gran fiume Parana formano propria-
mente tre piccioli governi: 1.* quello di Gorrientes e delle mis-
sioni , fra il Parana e 1' Uraguay \ 2.0 quello di Uraguay tra il
fiume di questo nome ed il Rio-Negro } 3." quello di Monte-
Video fra il Rio-Negro ed il mare. L'uso generale li comprende
sotto il nome di Paraguay. I vegetabili sono di grande importanza
per l'economia politica, e consistono in legni da tintura e da
costruzione , in piante che danno una canapa incorruttibile , in
ottimo cotone, molta cannamele, e generalmente in tutte le
produzioni del Brasile. La popolazione ammonta a 4ora. Spa-
gnuoli, 6om. indigeni indipendenti, e ad alcune migliaja di sel-
Ì3
vacrgi
Città.
La città principale è Monte- J^ideo sulle rive della Piata, venti
leghe distante dalla sua foce. Questa città cinta dall'acqua da
tutti i lati fuorché da quella del forte , possedè un porto poco
profondo ed esposto a venti pericolosi. Le vie di Monte-Video
larghe e diritte non sono lastricate: la popolazione è dalle 16
alle 2om. anime, la cui metà circa abita fuori a qualche distanza
dal recinto. Di granito è fatto il suolo di questa città, ed hav-
vene probabilmente in tutte le montagne vicine. Maldonado è
fabbricata su di un terreno eguale ed arenoso, il porto è distante
una lega :, è spazioso ed ottimo anche pei più grandi vascelli.
Colonia del Sacramento appartenne un tempo ai Portoghesi : il
suo porto è picciolo e mal difeso.
Tribù indigene.
I Gharrua, i Guarani, i Guayana stendono in questa provin-
cia parecchie delle numerose loro ramificazioni.
/ Charrua.
I Gliarrua all'epoca della conquista erano erranti, abitavano la
riva settentrionale del fiume Piata da Maldonado fino al fiume
Uraguay , e si estendevano tutto al più a trenta leghe verso il
nord paralellamente alla predelta riva.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2$J
Nazione assai bellicosa.
Questi Indiani uccisero Juan-Diaz-de-Solis die primo scoperse
il fiume Piala. La sua morte fu l'epoca di una guerra sanguinosa
die dura ancora al dì d'oggi. Essi non permisero mai che nes-
suno si stabilisse nel loro territorio , sintanto die gli Spagnuoli
colla fondazione della città di Monte-Video accaduta nel 1724 1
non ebbero insensibilmente respinti verso il nord i suddetti sel-
vaggi allontanandoli dalla costa. Finalmente gli Spaguoli otten-
nero di costringere una parte dei Charrua ad incorporarsi alle abi-
tazioni più meridionali delle missioni dei Gesuiti in riva all' Ura-
guay : altri sono stati sforzati a stabilire la loro residenza in
Buenos-Ayres , ed alcuni si ridussero a vivere tranquilli e sotto-
messi a Cayasta presso la città di Santa-Fè della Vera-Cruz. Ma
sussiste tuttavia una porzione della tribù medesima , la quale ,
benché errante abita ordinariamente l'est dell' Uraguay fra il 3i
e il 32 di latitudine. Questa continua a far sanguinosa guerra
agli Spagnuoli, ricusa qualsisia proposizione di pace, e di frequente
attacca ancora i Portoghesi.
Loro costituzione fisica.
La statura dei Charrua sorpassa ordinariamente di un pollice
quella degli Spagnuoli; sono agili, diritti e ben proporzionali, né
si ritrova uno solo fra essi che sia o contraffatto, o troppo gras-
so od eccessivamente m3gro: portano alta la testa , ed hanno
fronte e fisonomia aperta, segni dell'orgoglio e della naturale loro
ferocia: il loro colore si accosta più al nero che al bianco, senza
veruna mistura di rosso : regolari ne sono i lineamenti del viso,
ma il loro naso pare generalmente picciolo, ed affossato più del
dovere fra gli occhi , i quali non sono grandi ma vivacissimi e
neri, e sempre un po'socchiusi ; sono però di una vista più acuta
della nostra, e ci superano ancora nella finezza dell'udito. Hanno
i denti ben collocali e bianchissimi , che non cadono ad essi
nemmeno nell'eia più avanzala. Poco guernito è il loro soprac-
ciglio: sono sforniti di barba ed hanno poco pelo sotto le ascel-
le e al pube. 1 loro capelli sono folli, lunghissimi, splendenti ,
costantemente neri , e loro non cadono mai al pari dei denti ,
e solamente verso l'ottantesimo anno divengono grigi, per metà.
Sembra che il seno delle loro donne sia meno ricolmo di quel-
lo di tutte le altre donne Indiane. Questa nazione ha una lingua
Cost. Voi. Ili delV America. 1 1
2. 58 COSTUME
particolare diversa da tutle le altre, gutturale al segno, che non
varrebbe il nostro alfabeto a rendere il suono delle sue sillabe.
Loro costumanze.
I Cliarrua non tagliano giammai i capelli: le donne li lascia-
no cadere} ma gli uomini li raccolgono, e gli adulti infiggono
verticalmente alcune penne bianche nel nodo che li unisce. Se
possono procurarsi un pettine ne fanno uso*, ma ordinariamente si
valgono delle dita. Sono essi carichi di pidocchi , cui le donne
ricercano con piacere per procurarsi la soddisfazione di tenerli
per qualche tempo sulla punta della lingua , che espressamente
sporgono in fuori, indi stritolarli e mangiarli. Costume sì ribut-
tante è generalmente stabilito presso tutte le Indiane , ed anche
fra le donne mulatte e la ciurmaglia del Paraguay.
Segni distintivi de"* sessi.
Le donne non portano sorte alcuna di ornamenti, uè gli uo-
mini usano dipingersi il corpo. Nel giorno de'piimi mestrui delle
figlie vengono dipinte sulla loro figura tre righe azzurre , che
cadono verticalmente sulla fronte: parte l'una dall'origine dei
capelli, e segue il profilo del naso fino alla punta: le altre due
attraversano le tempia. Tali righe vengono impresse mediante la
perforazione della pelle, e rimangono quindi indelebili a segno
caratteristico del sesso femminile. Il distintivo del sesso maseoliuo
è il barbottO) di cui abbiamo già data la spiegazione.
abitazioni.
Le abitazioni che i Cliarrua si fanno presentemente non co-
stano loro grande incomodo o fatica. Al primo albero che trovano
tagliano tre o quattro rami , e li piegano per conficcarne in terra
le due estremità: sopra i tre o quattro archi formali da questi
rami e discosti alquanto l'uno dall'altro essi distendono una pelle
di bue, ed ecco formata una casa sufficiente per marito , moglie
e figliuoli : se è troppo picciola ne costruiscono un'altra vicino
olla prima. Vi si sdrajano sopra una pelle , e dormono sempre
sulla schiena, ciò che è costume generale degli Indiani. Vedi la
Tavola 3a. E superfluo l'avvertire ch'essi non hanno né seggiole,
né banchi, riè tavole e che le loro suppellettili si riducono pres-
soché a nulla.
Loro vestire ec.
Gli uomini vanno interamente ignudi : se però in tempo di
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2 5o,
ficiMo possono procurarsi un ponco (i) od un cappello , ne
fanno uso volentieri. Alcuni altii per ripararsi dal freddo si for-
mano con pelli una camicetta strettissima, senza collo né maniche,
atla appena a velar loro le parti vergognose. Le donne egualmente
si coprono di un poncho o d'una camicia di cotone senza mani-
che, ove riesca ai loro padri o mariti di procurarne o di rubarne
qualcuna. Vedi la suddetta Tavola. Non lavano mai né vestimento,
né corpo fuorché allorquando !' eccessivo calore li obbliga a ba-
gnarsi. Non coltivano la terra, e le donne non sanno che cosa sia
cucire o filare.
Cibi.
I Charrua si nudriscono unicamente della carne delle vacche
selvagge, che abbondano nel loro distretto. Le donne sono inca-
ricate della cucina, ma tutte le loro vivande si riducono ad arrosti
senza sale. Esse passano uno spiede di legno nella carne , e ne
conficcano in terra la punta: in seguito vi fanno fuoco attorno,
e lo girano qualche volta onde l'arrosto sia cotto egualmente da
tutte le parti. Pongono al fuoco più spiedi in una volta, e quando
uno di essi è spogliato ne viene sostituito un altro. A qualsivo-
glia ora chiunque della famiglia ha volontà di mangiare prende
uno di questi spiedi, lo pianta per terra , e seduto sulle proprie
calcagna mangia ciò che gli piace senza prevenire nessuno e senza
proferire parola.
Bevande.
I capi di famiglia , ma non già le mogli ed i figli , si im-
briacano il più sovente che possono. Essendo carattere primitivo
dei selvaggi l'indolenza produttrice della noja, nou è sorprendente
che in generale abbiano adottato con trasporto quelle bevande o
quei cibi, che imprimendo un movimento rapido ai nostri organi
estollono l'immaginazione. I liquori che inebbriano i Charrua sono
l'acquavite, quando possono averne , e la sciscia ch'essi prepa-
rano stemprando il mele selvatico nell'acqua, e lasciandovelo fer-
mentare.
Altre loro costumanze.
II loro contegno è grave: non conoscono né giuochi, né dan-
(i) Il poncho, siccome abbiamo già accennato, è un pezzo di stoffa di
lana grossolana, largo sette palmi, lungo dodici, che ha un buco nel mezzo
per cui passa la testa.
aGo COSTUME
ze, né canti, né suoni. Il loro riso si riduce ad aprir leggermente
gli angoli della bocca. Non sussiste fra essi verun allo o parola
che abbia la menoma relazione a ciò che fra noi chiamasi ri-
gunrdo, rispetto o urbanità.
Religione, leggi.
Non adorano alcuna Divinità, e non hanno religione veruna,
non leggi, né costumanze obbligatorie, né ricompense, né castighi,
né capo che ad essi comandi. Avevano altra volta i Cacichi , i
quali non esercitavano veruna autorità. Tulli sono eguali j niuuo
è addetto al servizio dell'altro a riserva di alcune vecchie, le quali
non sapendo come vivere si uniscono a qualche famiglia , o si
prendono l'impiego di seppellire i morti.
Offesa e difesa.
I tapi delle famiglie si radunano sul far della notte per sce-
gliere le persone che dehbe passarla in sentinella, e sui posti da
occuparsi. Se taluuo ha formato qualche piano di offesa o di di-
fesa , lo comunica all'adunanza , dalla approvazione della quale
dipende 1' esecuzione: i deliberanti frattanto statino seduti in cir-
colo sulle loro calcagna. Ad onta che un progetto venga appro-
valo, niuno è tenuto di concorrerne all'esecuzione. I particolari
litigj vengono accomodati dalle parti, e nou convenendo si caricano
a colpi di pugno finché uno dei due litiganti volga le spalle
all'altro.
Modo di cavalcare.
Essi hanno cavalli e razze j e la maggior parte possedè briglie
guernile di ferro cjie allorquando sono in pace coi Portoghesi
ottengono in cambio de' cavalli che ad essi somministrano. Gli
nomini ordinariamente cavalcano a ridosso} le donne fanno uso di
una spezie di gualdrappa semplicissima.
slrmi.
Per lo più non hanno altr'armi che una lancia d'undici piedi
guernita di un ferro lunghissimo comperato dai Portoghesi: quelli
che sono sforniti di lancia si servono di brevi frecce, cui portano
in un turcasso sospeso alla spalla.
Guerra.
Appena sono a portata d'attaccare , mandano forti grida , si
percotono a colpi raddoppiali la bocca , si slanciano a guisa di
fulmine sui nemici, e uccidono tutti quelli che incontrano , non
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 26 1
risparmiando che le donne e i fanciulli al di sotto dei dodici
anni. Conducono seco loro i prigionieri, che godono fia e>si di
una piena libertà*, la maggior parte contrae matrimonj, e talmente
si accostuma al nuovo genere di vita, che ben di rado abbandona
gli Indiani per ritornarsene ai compatì ioti i.
Matrimonj.
I Gharrua rifuggono dallo stato del celibato, e si maritano al
primo stimolo ch'essi sentono per questo oggetto. Per quanto si
sa non accadono matrimonj tra fratelli e sorelle. Le cerimonie loro
si riducono a domandare la figlia ai genitori , e a condurla via
ottenutone l'assenso. Il rifiuto non ha luogo giammai per parte
della donna, la quale accetta il primo che si presenta, foss' egli
ancora vecchio e deforme. All'atto in cui l'uomo si marita forma
una famiglia a parte , e lavora per nudi irla : fino a quell'epoca
egli è vissuto a spese dei genitori senza far nulla, né andare alia
guerra, né comparire alle adunanze.
Poligamia.
La poligamia vi è permessa *, ma una sola donna non può mai
avere due mariti : inoltre se un uomo ha più di una moglie, cia-
scuna di queste lo abbandona se trova altr' uomo che consenta di
averla per unica consorte. 11 divorzio è libero egualmente ad en-
trambi i sessi*, ma questo accade di rado dopo che sono nati i
figli.
Adulterio.
Le sole conseguenze dell'adulterio sono alcuni colpi di pugno
che la parte offesa sciirica su i complici nel solo caso , in cui
vengano sorpresi sul fatto.
Medici.
Hanno questi Indiani i loro medici , i quali però non cono-
scono che un rimedio universale per tutte le malattie , e questo
consiste nel succhiare con molta forza lo stomaco del paziente
per estrarre il morbo: essi hanno saputo accreditare tale cura e
ricevere rimunerazioni per eseguirla.
Cerimonie funebri.
II Chanua, appena mortr*, vien trasportato ad un luogo sta-
bilito, e sotterrato colle sue armi, vestimenta e cogli altri suoi
arnesi. Alcuni dispongono prima di morire , che sia ucciso sulla
loro tomba il cavallo che amarono maggiormente*, e qualche amico
o congiunto è esecutore di questa volontà.
262 COSTUME
Lutto stravagante e crudele.
La famiglia e il parentado piangono pel motto , e le cerimo-
nie del loro lutto sono assai singolari e crudeli. Se il morto è
padre o marito o fratello adulto, le figlie, le sorelle adulte , e
la moglie si recidono una delle articolazioni o giunture delle dita
ad ogni morte, e tale operazione incomincia dal dito picciolo. In
oltre s' immergono nelle braccia , nel seno e ne' fianchi dalla cin-
tura in su il pugnale o la lancia del defunto: dopo di ciò pas-
sano due mesi ritirate nelle loro capanne, non altro facendo che
piangere e vivendo di scarsissimo cibo. Azara non conobbe una
sola donna adulta, che avesse intatte le sue dita , e che non por-
tasse sul corpo cicatrici di colpi di lancia. Il marito nou fa lutto
per la morte della moglie, né il padre per quella del figlio : ma
i maschi adulti alla morte del padre si nascondono per due giorni
interi nelle loro capanne affatto ignudi, senza prendere quasi cibo
di sorte alcuna. Verso la sera del secondo giorno si rivolgono ad
un altro Indiano che eseguisce sovr'essi la seguente operazione. Pri-
mieramente egli pizzica le carni delle braccia del paziente, poi per
tutta la loro estensione , cominciando dal pugno fino alla spalla
inelusivamente, infilza distante un pollice fra loro scheggie di can-
na lunghe un palmo , di modochè le due estremità escano da
una parte e dall'1 altra. Queste schegge sono lame taglienti lunghe
fra le due e le quattro linee e di una grossezza per tutto uni-
forme. In questo miserabile e spaventoso apparecchio esce il Cliar-
rua, e va solo e ignudo in un bosco o sopra qualche eminenza:
tiene in mano un bastone armato di una punta di ferro, onde si
serve a scavare un pozzo, in cui si nasconde fino al p^tlo, e vi
passa in piedi tutta la notte. Egli n'esce il mattino recandosi ad
una picciola capanna appositamente destinata per le persone in
Jutlo. Ivi toglie le schegge dalle sua braccia , e si cotica per
prendere riposo, senza cibarsi riè bere per due giorni. Ne'giorni
susseguenti i giovanetti della nazione gli portano acqua e pernici,
o uova di pernici in pochissima quantità ; depongono il tutto a
pattata della sua mano, e fuggono senza dirgli una parola. Ciò con-
tinua per dieci o dodici giorni, terminali i quali, il paziente va a
riunirsi agli altri. Niuno ha l'obbligo di sottoporsi a queste barbare
cerimonie} eppure avvici» di rado che alcuno se ne disinosi pel
timore d'incontrare la taccia di debole.
BEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 263
/ Gua rany.
La nazione de'Guarany è una delle più numerose ed eslese:
all'epoca della scoperta dell' America essa occupava lutti i posse-
dimenti dei Portoghesi nel Brasile, e per quanto pare ad Azara,
anche la Gufano, senza però formare un corpo politico, e senza
riconoscere l'autorità di verun capo comune. Ovunque trovasi
la nazione Guarany era essa separata in tre picciole divisioni o
orde indipendenti 1' una dall'altra, e ognuna di queste portava
nomi diversi, che assumeva o dal suo Gacico, o dal luogo in cui
abitava.
appellati con varj nomi.
Ecco l'origine della grande varietà di nomi che i conquistatori
imposero a questa nazione: essi li chiamarono Blbyua, Caraca-
raì Timbu, Tapè^ Chiriguani, Bombola Corrupaiti, Curumai a
con altri nomi ancora. Il declino de'Guatany non è stato il mede-
simo in ogni luogo. Tutte le orde abitatrici dell'immenso paese
posseduto dai Portoghesi furono prese e vendute schiave } e poi-
ché si mescolarono co' iNegii espoitati dall'Africa, ne è derivato
che la parte di tal rezza è quasi perduta. Il contegno degli Spa-
gnuoli fu ben diverso: essi non vendettero un solo Guaiany, e li
conservano ancora a migliaja uon solamente nelle colonie Gesui-
tiche, ma ancora moltissime orde lasciano in istato di primitiva
libertà.
I Guaray liberi vivevano ne' contorni o sugli orli de' boschi,
o nelle picciole piazze che talvolta si rinvengono nell'interno delle
f-reste. E se a caso si stabilivano nelle campagne aperte e mollo
estese, ciò accadeva allorquando non si vedevano in contatto d'altre
nazioni.
Loro qualità fisiche.
La loro media statura è di due pollici inferiore alla inedia
degli Spaglinoli: quindi inferiore di gran lunga a quella degli
Indiani già descritti. In proporzione sono essi più quadrati e pol-
puti, di non leggiadre fattezze , e di colore meno scuro degli
altri , e che anzi si avvicina alcun poco al rosso: le donne hanno
molto seno , mani e piedi piccioli, natiche sommamente grosse :
mestrui imi copiosi. Gli uomini hanno talvolta un poco di barba
e di pelo sul corpo, ciò che gli distingue dagli altri Indiani, ma
sono ben lungi sotto questo rapporto di accostarsi agli Europei.
264 COSTUME
Simili agli altri Indiani negli occhi, ne' denti, nella chioma, nella
finezza della vista e dell'udito hanno comune con essi una sin-
golarità propria degli indigeni del nuovo mondo: le parti naturali
dell'uomo sono di una grandezza ben mediocre, e pare poi che
la natura non abbia conservata nessuna proporzione a fronte di
tale particolarità de'maschi nella formazione delle femmine: il
che può render ragione della specie di furore con cui esse si
diedero agli Spagnooli} ciò che contribuì non poco ad agevolare
agli stranieri la conquista della loro patria. La loro figura è ma-
linconica , cupa e avvilita: parlano poco , e sempre sommessa-
mente: non conoscono le grida , non piangono , uè ridono con
impelo , né si vedono sul loro volto le tracce d'alcuna pas-
sione.
Religione, leggi, caccia, matrimonj ec.
Non conoscono Divinità , obblighi o leggi, ne premj , né ca-
stighi. Ogni divisione ossia orda ha il suo capo o Cacico: tale
dignità è ereditaria , e gli altri hanno ordinariamente qualche
considerazione per chi ne è rivestito , senza saperne addurre un
perchè. Ma esso non è poi riconoscibile fra i suoi compagni né
per abitazione , né pel vestire , né per alcun genere di decora-
zione o distintivo: lavora al pari degli altri, né riceve da nessu-
no tributo, servigio o obbedienza. Ne' matrimonj ed amori de'Gua-
rany regna ancora maggior freddezza che in quelli degli altri
Indiani: le nozze non sono né precedute né seguile da verun
apparecchio: ignorano che sia gelosia, e ne diedero ampia piova
colla facilità nell' abbandonare le proprie mogli e figlie ai conqui-
statori} né si guardano dal far questo anche al dì d'oggi quelli
slessi che sono convertiti al Cristianesimo. Le donne si maritane
assai di buon'ora, più tardi gli uomini , che all'atto delle nozze
instituiscono una famiglia a parte.
Cibi, vesti.
Si nutrono di mele e frutte selvagge, mangiano pur anche le
scimie , ma il principale loro sostentamento consiste nel mais ,
nei fagiuoli, nelle zucche, nelle patate, rei manioco e nel cami-
nioco: pescano anche o a tiro di freccia o con ami di le^ni. Il
vestire degli uomini altro non è che una picciola borsa , in cui
nascondono le parti della generazione: le donne dal canto loro
usano dello stesso riguordo servendosi di un pezzo di stoffa o di
DEGLI ABITATO!»! DEL PARAGUAY lG5
una pelle: uel rimanente non vanno più coperte degli uomini,
né si recidono i capelli: all'epoca de' primi mesliui si formano
sulla pelle molte linee azzurre indelebili, le quali scorrono verti-
calmente dall'origine delle chiome fino alla linea oiizzontale, ove
termina la parte inferiore del naso.
Barbotto.
Presso alcune tribù chiamate generalmente Cauygua, gli uo-
mini portano un barbotto della natura di quello che fu prece-
dentemente descritto, ma colle differenze seguenti: questo è di
gomma trasparente , lungo cinque pollici e grosso quattro linee ,
e per impedire ch'esso non esca , adattano nella parte interna
della bocca una picciolo traversa formata a foggia di stampella»
Hanno inoltre sulla testa una grande chierica simile a quella
de' nostri preti.
Diversità de* costumi fra le tribù.
Dalla separazione in cui si trovano le loro abitazioni dovet-
tero necessariamente nascere e interruzioni di comunicazioni fra
essi, e quindi diversità di costumi. Di fatto alcune di queste tri-
bù ignorano l'aite di filare e di fabbricar stoffe : alcune sanno
unicamente far manti di cotone in cui si avviluppano : altri non
avevano cimitero determinato , e seppellivano i morti in vasi di
terra cotta, ciò che é forse l'uso generale di questa nazione; dal
silenzio delle antiche relazioni intorno al barbotto si vede che
alcune di queste orde si dispensavano dal portarlo: la tribù chia-
mata Timbu s'incrostava le parti del naso di picciole stelle di
pietre bianche e azzurre: altre chiamate Coronda e Chulchachi
ponevano tali incrostature in vicinanza del naso.
Sono poco guerrieri.
Tutte le altre nazioni inspirano un terror panico alla nazione
Guarany, la quale non move giammai loro guerra , né tratta con
esse nemmeno per domandar la pace. Per quanti encomj i Ge-
suiti abbiano dati alle qualità guerriere di tali popoli , non si
provano in proposito che due o tre combattimenti ben poco vivi,
ch'essi sostennero cogli Spygnuoli , i quali li hanno soggiogati
con grande facilità. Le orde che sussistono tuttavia in islato sel-
vaggio non vogliono avere né commercio né pace cogli Spagnuoli,
e se questi s'inoltrano nell'interno de' paesi da queste abitali esse
cercano di ucciderli a tiri di frecce: e per lanciarne si nascon-
2G6 costituì e
dono dietro gli alberi , senza Sasciare scorgere il loro corpo , e
senza aspettare di pie fermo di essere attaccate.
Loro armi.
Le loro armi sono un arco di sei piedi, le frecce di quattro
e mezzo, armale di una dura punta di legno, ed un macana o
bastone lungo tre piedi, e più grosso ad una che all'altra estre-
mità. Camminano sempre a piedi, perchè non hanno né cavalli ,
né altro animale domestico. Le pitture e le statue danno un'idea,
abbastanza esatta delle frecce di queste nazioni , e del modo di
lanciarle.
Archi, frecce.
Non può dirsi Io st< sso degli archi. Consistono questi in uu
bastone durissimo, poco flessibile, liscio, e che nel mezzo ha la
grossezza dei pugno di una mano , diminuendosi verso le due
estremità , che sono acute a segno da servire ancora ad uso di
laticia. La curvatura ne è così poco sensibile, che una ìiga appli-
cata alle due estremità lascia al più due dita d'intervallo fra se
e la parte media dell'are . Questo è rinforzato per tutta la sua.
lunghezza da li.sle di scorza di guembo : l'arco non viene tes »
giammai prima di essere posto in ope»a, perciò la cordu non è
stabilmente attaccata, che ad una delle estremità, ed avvolta at-
torno al legno. Quando è il tempo di valersene questi Indiani
attaccano la corda all'altra estremità, » he conficcano leggermene
in terra col piede, ed allora tendono l'arco quanto è possibile: è
nota l'abilità loro nel prendere di mira a lanciare. Essendo le loio
fiecce lunghissime nessuna nazione fa uso di turcasso, eccettuati
i Charrua e i Mutuane, le frecce e gli archi de' quali sono corti
e adattati a servirsene a cavallo.
Altra specie d"1 arco per la caccia degli uccelli.
I fanciulli che si spassano alla caccia degli uccelli e de' pic-
cioli animali, adoprano un'altra spezie d'arco ben diff Tenie, es-
sendo esso più debole , d'un legno più flessibile e più elastico,
molto più incurvato, e lungo circa tre piedi. Essi vi adattano due
corde che fanno stare paralcllamente separate col mezzo di dm?
bastoncelli biforcuti ad ambe le estremila per le quali passano le
stesse corde. Verso il mezzo della lunghezza loro sta attaccala unq
picciola reticella di spago , in cui si pone il bodoco , pallottola
d'argilla colta al fuoco, della grossezza di una noce. Hanno con
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 267
se una borsa piena di questi bodochi^ e ne prendono tre o quattro
colla mano sinistra, mentre colla destra tengono l'arco : li pongono
uno dopo l'altro nella reticella , e teso dappoi l'arco lanciano
tutte queste palle io un colpo contro gli uccelli che volando sono
loro distanti circa quaranta passi, e ne uccidono un grau numeri .
Non si valgono questi popoli di tale arco né per lanciare frecce,
né per combattere , benché una di esse bastasse a lompere una
gamba nella distanza di trenta passi. E necessaria la pratica per
dare all'arco quella inclinazione sufficiente onde il bodoco nel
partire non colpisca la mano destra. Eijli é per questo fine che
la reticella viene sempre posta qualche poco al di là del mezzo
delle corde. Se i nostri fanciulli imparassero questo esercizio, ri-
marrebbero ben pochi passeri fra noi.
Guayana.
La nazione Guayana uon deve essere confusa colle diverse orde
di Guarany selvaggi, ai quali gli abitatori del Paraguay danno il
nome medesimo. Essa abita in mezzo ai boschi situati all'oriente
dell'Uraguay, ed occupa ancora i boschi posti all'oriente del Paia-
na, molto al di sopra della colonia del Corpus.
Qualità fisiche.
Quest'Indiani hanno pure un linguaggio particolare: la loro
voce è alla , acuta e discordante. ]\ou cedono nella statura agli
Spagnuoli, benché alquanto più magri. Essi differiscono da tutti
gli altri, nell'avere un colore visibilmente più chiaro: inoltre al-
cuni di essi hanno gli occhi azzurri, e la fisonomia più fiera e
contenta. Si lasciano ciescere le sopracciglia, le ciglia ed il pelo,
che è per altro in poca quantità: non hanno barba.
Costumi ed usanze.
Cogli stranieu sono pacifici , e di modi anzi carezzanti. Gli
uomini si circondano la fionte di una fascia tessuta di filo e co-
piosamente guernita di piume: le rosse sono le preferite: del ri-
manente vanno affatto ignudi, e le donne si limitano a coprirsi
in cintura con un pezzo di stoffa : coprono le loro capanne di
foglie di palma : si nudriscono di mais, manioco, mele e frutta :
sono privi di animali domestici: vivono separati in molte picciolu
orde indipendenti, e non hanno a'euna religione. Straordinarj sono
i loro archi, lunghi talvolta sette piedi e mezzo: le loio frecce
passano i cinque. Poiché si ossei vano sulle Lio gambe delle ci-
268 COSTUME
caliici simili a quelle dei Charrua e di altre nazioni, sembra in-
dubitabile essere questa una conseguenza delle ferite che i mede-
simi siansi fatte in occasioni di lutto. Vedi la Tavola 33.
Governo de1 Gesuiti.
Le contrade che abbiam percorse erano la sede principale delle
famose missioni de' Gesuiti } i quali non si limitavano già alla
persuasione ed alla predicazione apostolica onde sottomettere gli
indigeni, ma seppero altresì valersi dei mezzi temporali. La for-
mazione delle tribù Gesuitiche lungo il Parana e l'Uraguay fu
anche dovuta in gran parie al tenore che la feroce tirannide dei
Portoghesi inspirava agli indigeni.
Sottomisero gV indigeni non colla sola predicazione ma anche
co? mezzi temporali.
»I Gesuiti assicurano, così Azaracop. i3,che i loro mezzi onde
ridurre questi Indiani si ristrinsero alla persuasione ed alla predica-
zione apostolica } nondimeno io osservo due cose : la prima ch'essi
formarono le prime loro diciannove colonie nel breve spazio di
venticinque anni, e che cessò ad un tratto il frutto di questo zelo
e di queste predicazioni , perchè non ottennero ulteriori successi
nel corso di i i 2 anni consecutivi, vale a dire dall'anno 1 634 ■>
epoca della fondazione della colonia di San-Cosmo fino al i^4^5
in cui sottomisero quella di Sau-Gioachino j e la sola colonia di
Jesus da essi formata in questo lungo intervallo fu meno dovuta alle
spirituali fatiche che al soccorso dell'antica colonia degli Indiani
d'Yiapua. La seconda osservazione è che questi venticinque anni
così fecondi in fondazioni di colonie , caddero precisamente in
quell'epoca, nella quale i Portoghesi inseguivano con furore, e per
ogni dove gli Indiani all'oggetto di venderli come schiavi: cosic-
ché i predetti selvaggi corsero atterriti a ricoverarsi fra i fiumi del
Parana e dell' Uraguay e ne' boschi circonvicini, ove eia malage-
vole a quegli accaniti corsari di penetrare } come non vi penetra-
rono di fatto- Combinando ora entrambe le osservazioni , si ha
qualche ragione di credere, che queste famose colonie Gesuitiche
abbiano dovuta la loro fondazione molto più ancora che ai talenti
persuasivi de' loro institutori al timore inspirato dai Poitoghe-
si ec. w. Ecco dunque in che consisteva il governo stabilito dai Ge-
suiti nelle loro colonie Indiane.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 269
Ogni colonia era governata da un curato e da un vice-curato.
Collocarono essi in ciascuna colonia due Gesuiti: quello chechia-
mavasi curato era stato provinciale o rettore ne' loro collegi, o per
lo meno dovea essere uno de' soggetti più considerati della socie-
tà: non esercitava egli funzioni di cura d'anime, e spesse volle
non conosceva nemmeno il linguaggio de' coloni, occupato unica-
mente dell'amministrazione temporale di tutti i beni dello stabi-
limento, ond'era egli il direttore. La parte spirituale era affidata
all'altro Gesuita chiamato compagno o vice-curato, il quale di-
pendeva dal primo. I Gesuiti di tutte le colonie erano vigilati
dal superiore delle missioni, il quale avea dal Pontefice il po-
tere di amministrare la Cresima.
La volontà dei Gesuiti era la sola regola per dirigere le
colonie.
Non sussistevano per dirigere le suddette colonie né leggi ci-
vili, né criminali: la sola regola era la volontà de' Gesuiti. Di
fatto benché ciascuna avesse un Indiano per corregidor , alcadi
e regidori (uffiziali municipali), i quali formavano un corpo ci-
vico come nelle colonie spagnuole, niuno d'essi esercitava veruna
sorte di giurisdizione, ed essi erano unicamente gli stromenti
passivi del curato per fare eseguire le sue volontà anche nella
parte criminale: poiché gli Indiani governati dai Gesuiti non fu-
rono citati giammai né avanti ai tribunali regj , né ad alcun giu-
dice ordinario.
Obbligavano gli Indiani a lavorare per la comunità ec
Essi obbligavano gli Indiani d'ogni sesso ed età a lavorare
per la comunità senza permettere a nessuno di occuparsi per se
stesso. Tutti doveano obbedire agli ordini del curato, che faceva
versare ne'magazziui le produzioni de' lavori , ed aveva l'incarico
di nudrire e vestire tutta la popolazione. Da ciò si comprende
che i Gesuiti erano i padroni assoluti di ogni cosa, che potevan
disporre dell'eccedente de'beni dell'intera comunità, mentre ri-
guardandosi indistintamente come eguali tutti gli Indiani, ed in-
capaci di qualunque privata proprietà, veniva tolto ad essi qual
siasi motivo di emulazione o di stimolo ad esercitare il proprio
ingegno, e la propria ragione} giacché il più abile uomo vir-
tuoso ed attivo non sarebbe stato meglio nudrito o vestito degli
altri, ogni godimento della vita era ai medesimi sconosciuto. 1 Gè-
a?o costume
suiti riuscirono a far credere essere questo l'unico governo con-
facentc alla felicità degli Indiani, i quali, dicevano essi, simili
ai fanciulli erano incapaci di regolarsi da se stessi.
Se tale governo merita lode.
Tale sistema di governo sembrò in Europa degno di sì grandi
pncomj, che poco mancò non s'invidiasse la bella sorte di que-
sti Indiani. Si fosse almeno fatta la riflessione che i medesimi
nello stato selvaggio sapevano nudrire le loro famiglie, e che
quelli stessi i quali furono sottomessi nel Paraguay vivevano un
secolo prima nnllo stato di libertà senza conoscere questa felice
comunanza di beni , senza aver d'uopo della direzione di nessu-
no, o di essere eccitati o costretti alla fatica, e senza guarda
magazzini o distributori de' loro raccolti} e che la cosa continuò
per tal modo anche quando dovettero sopportare l'aggravio delle
commende, che gli spogliava della sesta parte delle produzioni
annue delle loro fatiche. Sembra pertanto evidente che non erano
issi tanto fanciulli , quanto si volevano supporre. Ma quand'anche
ciò fosse stato vero, se l'esperienza di più di un secolo e mezzo
non era bastata a correggere sì fatta loro imbecillità , non doveva
DO '
forse dedursi una di queste due conseguenze? o che il governo
ile'Gesuiti era contrario all'incivilimento dei medesimi, o che non
ci era un proposito di tenerli schiavi per liberarli da uno stato
d'infanzia inerente alla stessa loro natura.
Motivi che indussero i Gesuiti a far mettere sul piede mede-
simo le colonie antiche.
Quello che si sa si è questo, che considerando i Gesuiti come
le colonie di Loreto, Sant-Ignazio-Miù , Santa-Maria di Fé San-
tiago ec. reggevansi ancora in commende, e lesciavasi una certa
libertà e il diritto di proprietà agli Indiani che le componevano,
e più di tutto la facoltà del reclamo a' Governatori che le visita-
vano ogni anno^ temendo che il confronto rovesciasse una volta
o l'altra le loro mire o ambiziose od avare, deliberarono di torle
• ii mezz". Si posero dunque ad esagerare le scostumatezze de' com-
mendatori, e li dipinsero dappertutto come avari e crudeli: fecero
credere ch'essi imponessero agli Indiani fatiche insopportabili, e
soprattutto che per la raccolta dell'erba del Paraguay avessero
«sterminate centina ja di migliai di coloni. Ond'è che pel favore
che godevano alla Corte , a cui non poteva giugnere la voce dei
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY Zyt
calunniati commendatori (i) che erano modesti ed oscuri abitatori
del Paraguay, e meno quella degli Indiani, i Gesuiti ottennero la
soppressione delle commende. Fu questo per essi uno de' maggiori
trionfi. Da quell'epoca, indipendenti già rispetto ai Vescovi, si
assicurarono i' indipendenza anche rispetto al governo per mezzo
di una transazione } per la quale assumendo in se le spese, che
dianzi erano a carico del tesoro, furono esenti dai tributi e dalle
decime che avrebbero dovuto pagare pe' coloni.
Come si rendettero indipendenti da ogni autorità.
Aveano già troncata ogni corrispondenza tra questi e gli Spa-
gnuoli} poiché i loro coloni nuli' aveano di che potere far traf-
fico. Di quanto le loro colonie producevano in cera , tabacco,
cuoj", cutoni greggi e filati , erba del Paraguay e in ogni altra
derrata, facevano il commercio all'ingrosso essi soli mediante spe-
dizioni periodiche a Buenos-Ayres sopra bastimenti loro proprie
di là traevano vasi ed ornamenti per le loro chiese, ch'erano
invero le più ricche e magnifiche del Paraguay, e ferro ed armi
e artiglieria. Il di più del valore de' loro generi veniva messo a
disposizione della società sulle piazze d'Europa. Cento mila per-
sone che lavoravano per essi tutto l'anno , e il cui mantenimento
miserab le non giungeva a costare il guadagno del travaglio di
cinque mila, potevano per avventura tener vivo pe' Gesuiti un
fondo alto a tutte l'imprese, che diedero loro e tanti seltarj e
tanta potenza.
Precauzioni per sotti-arre i loro coloni dalla vista di tutti.
Ma non contenti di tutte le esposte misure onde isolare le
loro colonie dui rimanente del mondo, i Gesuiti vollero con
mezzi positivi stabilirne delle più certe. Fu allora che chiusero
ogni adito alle loro colonie facendo scavare ai confini profonde
losse gitemi te di forti palizzate, e metter porte agli ingressi di
necessario passaggio, munendoli di sbarre e catenacci } ed aggiun-
ger guardie e sentinelle, che niurio avessero a lasciare o entrare
od uscire, se non fosse munito di un ordine in iscritto. Contrad-
distinsero inoltre i limiti del teirilono di ogni colonia, non già
(i) I motivi allegati dai Gesuiti erano positive calunnie. Sussisteva, egli
è vero, nel Paraguay molta licenza in fatto di donne; ma non vi fu, né
potè mai esservi nessun altro dei vizj da essi imputati ai commendatori ec.
V. Azara Viaggi, cap. r5.
2^2, COSTUME
con segni posti ai confini, ma con altre fosse, e palizzate e por-
te, e con guardie che invigilassero perchè nissuno degli Indiani
potesse passare da una colonia air altra. Ed allo stesso oggetto
vietarono V andare a cavallo a tutti fuorché a que' pochi Indiani
ch'erano incaricati dei loro ordini. £ portarono la finezza al se-
gno di far serrare intorno perfino i pascoli de' loro armenti. Pa-
droni di tanti Indiani e dell" opera de' medesimi fu loro facile
l'eseguire tanti lavori.
Sospetti nati da ciò.
Disposizioni così serie e così positive , i cannoni che i Gesuiti
si procurarono, gli armenti che fecero, dicean essi, per difen-
dersi dai selvaggi, diedero sospeto a taluni, che miniere pre-
ziose sussistessero nel territorio occupalo dagli Indiani: altri pen-
sarono che i Gesuiti aspirassero a formare un imperio indipen-
dente. Aumentarono i sospetti allorquando non contenti di ricusare
l'ingresso della colonia agli Spagnuoli, perchè, dicevan essi, uè
temevano la corruttela a danno dell'innocenza de' loro neofiti, te-
nevano talvolta la condotta medesima con alcuni Governatori, i
quali, a norma degli ordini ricevuti dalla Corte, ivi recavausi per
rettificare i catasti : edera certamente un'ingiuria alla dignità di
tal magistrato-, ogni pretesto ch'essi allegassero: ma ingiuria poi
inescusabile fu reputata quella di non voler aprir le porte al Ve-
scovo che intendesse visitare le loro chiese. A non rendere però
il rifiuto troppo scandaloso per la sua generalità eccettuarono da
tale misura pochi Governatori, e Vescovi ben affezionati, e delle
informazioni favorevoli de' quali si tenevano sicuri.
Qual giudizio format ne.
Per vero diie non sussistevano miniere in queste colonie, e
Itale era la debolezza degli abitatori, ch'essi erano incapaci di so-
stenere la propria indipendenza anche contro il picciolo numero di
Spagnuoli che trova vansi al Paraguay", ma non si sa se i Gesuiti,
e quelli principalmente dell' Europa avessero il sentimento di una
tale debolezza, perchè in questo genere di cose il coraggio e l'a-
mor poprio fanno sovente illusione. Per conseguenza rimane tut-
tavia fra i problemi, se essi volessero rendersi indipendenti o no.
Poiché se da una parte tutte le loro operazioni tendevano per
modo a questa indipendenza , che non si saprebbe saputo asse-
gnare altro oggetto alle medesime, per l'altra poi la fralezza
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2^3
de' coloni Indiani era in contracìizione con questo divisamente.
Ciò havvi di sicuro, che i Gesuiti nulla omisero per incoraggiare
ed agguerrire questi loro subalterni : tutte le feste si riducevano
a lezioni di scherma, e con tale riserva che non vi volevano nem-
meno presenti le donne.
Non tutti i Gesuiti d'Europa sapevano quello che si faceva
dai loro confratelli d'America, né d'altronde tutti approvarono
la condotta di questi ultimi tenuta verso gli Indiani. Fra le carte
ritrovate posteriormente all' esplusione de' Gesuiti trovossi una let-
tera del Padre Rabago, che diceva ai suoi compagni » che le
querele portate contr'essi alla Corte si moltiplicavano tanto e di-
venivano così gravi e sfavorevoli, ch'era a lui impossibile di rat-
tenerne l'effetto, benché arbitro interamente del cuore del Re,
di cui egli era il confessore ». Termina la lettera col persuaderli
ad un accomodamento qualsiasi, e a qual si voglia costo colla
parte secolare del Paraguay, e col dichiararsi stanco, e nell'im-
possibilità di proteggerli per l'avvenire.
Sospetti e perplessità della Corte di Spagna.
Comunque siasi la cosa, la Corte di Spagna concepì violenti
sospetti contro i Gesuiti, osservando sopra tutti ch'essi erano
nella maggiorità Inglesi, Italiani e Tedeschi , e che lo scarso nu-
mero de' missionarj Gesuiti originarj della Spagna non vi aveva
né potere né parte principale : temette per altro la Corte di com-
promettere le propria autorità col prendere un partito rigoroso e
decisivo, non fidandosi abbastanza nella forza delle sue truppe} o
non fidandosi piuttosto de' comandanti, i quali potevano dall'oro
o dal proselitismo essere traviati. Cominciò quindi dallo speri-
mentare la via delle negoziazioni ; rappresentò ai Gesuiti, che al
termine di un secolo e mezzo era finalmente giunto il tempo di
dare la libertà agli Indiani , affinchè potessero agire da se mede-
simi negli affari loro, trattare e far commercio cogli Spagnuoli }
né essere più tempo di tenerli chiusi come altrettanti conigli. I
Gesuiti , che vedevano ove la Corte mirava , si dolsero dal canto
loro dell'ingiustizia degli Spagnuoli, né mancarono di ripetere gli
antichi argomenti dedotti dall'assoluta incapacità degli Indiani a
dirigersi da se medesimi.
Essa accetta un partito puramente illusorio.
Con lutto ciò sentendo eglino pei primi l'assurda e scaoda-
Cost. Voi. III. dell'America. 18
2^4 COSTUME
Iosa debolezza di tal pretesto e temendo peggio, proposero a
temperamento di avvezzare i coloni a poco a poco a conoscere la
proprietà , dando loro alcuni piccioli poderi da coltivare per due
giorni la settimana, lasciandone a libera loro disposizione quanto
n'avessero tratto. La Corte che non conosceva a fondo lo stato
vero delle cose, e che per ciò non vedeva l'inutilità di tal mi-
sura, credette di aver messo un riparo agli inconvenienti che l'a-
veano colpita , e di preparare con sicurezza lo scioglimento del go-
verno Gesuitico. Forse anche più facilmente essa allora si calmò,
avendo saputo che durante un certo mal umore tra essa e quella
di Portogallo, i coloni de' Gesuiti wSpagnuoli più vicini al Brasile
aveano fatto una sorda guerra ai confinanti: nel che le piacque
notare più l'attaccamento che con ciò le mostravano , che la pro-
babilità di vederne un giorno rivolta la forza contro se stessa. Ma
proseguendo il discorso di ciò che riguarda lo stato degli Indiani
Gesuitici dopo l'accennalo partito preso a riguardo loro, dobbiamo
dire per nulla essere giovato a que' miserabili l'avere in proprio
generi da vendere, dappoiché non aveano chi li comprasse. Non
mutavano dunque di condizione, e i Gesuiti chiudevano ne' ma-
gazzini anche ciò, che gli individui s'erano procacciato in parti-
colare, senza renderne loro più alcun conto :, ed era questo un
guadagno di più che facevano. Gli Indiani rimasero in questa si-
tuazione fino all'epoca, in cui i Gesuiti uscirono dalle colonie: il
che seguì nel 1768.
E tradita nel governo delle colonie anche da quelli che in
esse succedettero ai Gesuiti.
La corte di Spagna , anche dopo cacciati i Gesuiti dal Para-
guay, ebbe a vedersi tradita nelle sue migliori speranze. Due frati
Domenicani o Francescani furono messi alla cura d'ogni colonia
per le cose di religione*, e vi fu messo un amministratore per
dirigere gli affari della comunità", perciocché nulla si mutò nella
sostanza del governo delle colonie, il quale propriamente parlando
non fece che passare da una mano all'altra', colla differenza per
altro, che i Gesuiti usi a riguardarle come particolari loro pro-
prietà, le amavano, e lungi dal distruggerle ne cercavano ogni mi-
glioramento: ma i capi ed amministratori succeduti a questi religiosi
non videro negli stabilimenti medesimi che possessi temporarj,e
pensarono a godere dell'istante.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2^5
Effetti del reggimeeto de'' Gesuiti e di quelli dei lo/o suc-
cessori.
Perciò gli Indiani (i) sono ora peggio nudriti e vestiti che nel
passsto , e più sopraccaricati di fatica. Il tesoro regio nulla ri-
scuote, come nulla ha mai riscosso né da queste colonie, né da
quelle formate dai Governatori. Unicamente non è da dissimularsi
che dopo la partenza de' Gesuiti alcuni Indiani hanno fatto qual-
che progresso nell' incivilimento , e godono di qualche maggior
comodo della vita, dovuto al commercio , agli armenti e piccioli
poderi che loro è permesso di possedere in privato: generalmente
essi vestono ora alla Spagnuola : ma poiché la cura della totalità
è più negletta di quello che lo fosse dai Gesuiti , la metà delle
colonie è deserta , e gli Indiani liberi si estendono da per tutto
frammischiandosi cogli Spagnuoli.
Usanze degli Indiani sotto i Gesuiti.
Noi non vogliamo dar fine a questo capitolo senza dare qual-
che relazione delle usanze degli Indiani sotto il reggimento de'Ge-
suil;, il che faremo brevemente seguendo quanto ci vien riferito
dal d'Azara nel suo viaggio. Non ci ha dubbio, egli dice, che i
Gesuiti governassero arbitrariamente le loro colonie, e che potes-
seio disporre dei beni di tutte le comunità , e dei lavori degli
Indiani con quella libertà, di cui si prevalgono presentemente i
loro successori} ma i Gesuiti seppero almeno congiugnere all'ar-
bitrio una certa moderazione.
Lavori.
Non li costringevano a lavorare più della metà della giornata,
e lo stesso lavoro aveva un'apparenza di festa, perchè quando
i lavoratori si recavano ai campi, ciò si eseguiva sempre proecs-
sionalmenle con accompagnamento di musica e portando sopra
una barella la statua della Vergine , o di un Santo Protet-
tore , che durante il lavoro deposilavasi devotamente in una
specie di cappella che vi si ergea con frasche. Vedi la Ta-
vola 'il\.
Manifatture.
Erano esclusivamente incaricali de' lavori da eseguirsi coll'ogo
i musici, i sagrestani, i coristi: l'unico lavoro delle donne con-
(i) V. Azara cap. i3.
2^6 COSTUME
sisteva nella filatura del cotone. Le tele fabbricate dalle Indiane,
tranne quella parte che si consumava pel vestire della colonia, si
vendevano nelle citlà Spagnuole, ove venivano trasportate al pari
del cotone, del tabacco, de'legumi secchi e dell'erba del Para-
guay. Il detto trasporto veniva eseguilo sui fiumi , mediante bar-
che che appartenevano ai Gesuiti: gli Indiani ricevevano invece
degeneri esportati, mercanzie delle quali aveauo d'uopo.
Feste ec.
Solevano poi i Gesuiti ricreare i proprj neofiti con balli, con
toraci, con feste } e tanto agli attori per gli spettacoli che si da-
vano, quanto agli uffizioli municipali per le comparse pubbliche,
distribuivansi abiti de' più sfarzosi e ricchi che si lavorassero in
Europa, d'onde a tal fine si facevano venire. I Gesuiti intende-
vano ben l'arte di colpire i sensi degli Indiani. Il curalo o sia
rettore della colonia non facevasi mai vedere che dai pochi, i quali
a motivo dell'amministrazione dovevano trattare con lui. Il vice-
curato stesso non entrava mai per qualunque caso nelle abitazioni
degl'Indiani, e quando occorreva amministrar sacramenti a qual-
che ammalato, era in vicinanza del collegio un luogo, ove l'am-
malato trasportavasi , e il Gesuita scendeva colà recandovisi in
lettiga. Nella chiesa però si facevano entrambi vedere con tutto
l'apparato e possibile ostentazione, vestiti d'abiti superbi, e seguiti
da numeroso accompagnamento di sagrestani, di coristi, di musi-
ci, tutti coperti di sontuosi vestiti. La chiesa della colonia era
non solo uno de' più splendidi edifizj del Paraguay, ma era do-
viziosa di magnifici altari, di sculture, indorature ed altri preziosi
ornamenti.
Era poi per dar maggior importanza a se stessi, che tenevano
essi nel più basso stato di povertà e d'ignoranza i loro coloni?
Veramente saremmo tentati di crederlo. Dopo che si poterono
conoscere le missioni loro, s'incominciò ad avere giusta ragione
di pensare che i Gesuiti avessero abusato della pubblica confi-
denza.
Se gli Indiani facessero dei progressi nelle scienze e nelle
arti.
Quanto ai progressi degli Indiani, dice Azara, da tutto quello
che ho osservato e verificato nel visitare le loro colonie, si ridu-
cevano questi a ben poca cosa. Nissuno de' loro Indiani intendeva
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 277
la lingua Spagnuola: nissuno imparava elemento alcuno di scienza.
Sapevano leggere e scrivere que' pochi soli, ch'erano indispensa-
bili per tenere i libri de' conti: e per riguardo alle arti non fab-
bricavano del cotone, di cui ricevasi ampio ricolto nelle colonie,
che una rozzissirna tela da schiavi, che serviva pel loro vestito.
Pareva che i Gesuiti avessero timore d1 insti un li troppo } percioc-
ché quantunque facessero venire d'Europa de' loro confratelli ad
insegnare le arti del fabbro-ferrajo, dell'orefice, e la pittura e
la musica, tenevano sì indietro i coloni da essi destinati ad
apprenderle, che non ne avevano mai che una assai imperfetta
pratica.
Loro vesti ed abitazioni.
Ecco in poche parole come i Gesuiti vestissero ed alloggiassero
i loro Indiani. L'abito degli uomini consisteva in una camicia, in
calzoni, in un poncho della grossa tela sovra accennata, e in un
berretto di cotone: nissuno andava calzato. Le donne tutte, senza
eccezione, non avevano per vestito se non una camicia senza ma-
niche, stretta ai fianchi , con una cintura poco atta a riparare che
non si vedesse come fossero fatte. Gli uomini aveano i capelli ta-
gliati: le donne li aveano lunghi, ma portavano la coda fasciata
come quella de' soldati, cui scioglievano entrando in chiesa, stan-
dosi del rimanente a testa scoperta. Vedi la suddetta Tavola. Tutti
abitavano insieme entro un lungo camerone, dove assai tardi si
era pensato a fare de 'tra mezzi di tre in tre tese, e in ogni se-
parazione dormiva una famiglia, ma sprovveduta affatto di letti
e di suppellettili.
Quale cognizione avessero della religione.
I frati succeduti ai Gesuiti hanno detto che gli Indiani avuti
in cura da questi per quasi due secoli poco assai conoscevano di
religione. Parecchi si sono sdegnati di una relazione creduta ispi-
rata da antiche gare, e da rivalità di mestiere. Quello ch« si sa
di certo e indipendentemente dalle relazioni di que'frati , è che
ogni colono era battezzato, e sapeva l'orazione domenicale, e i
precelti del decalogo} e che i ragazzi d'ambi i sessi andavano
ogni giorno insieme innanzi alla porta della chiesa a lipetere l'una
e gli altri. Ma qual cognizione avessero delle cose di religione gli
adulti , può facilmente congetturarsi dal seguente racconto. r> Mi è
stato perfino assicurato, così Azara, che al sopraggiungere della
2,^8 COSTUME
Pasqua, un Indiano chiamato Moy or , andava dal vice-curato un
giorno pi ima, domandandogli quanti Indiani avesse intenzione di
confessare il dì seguente. Quando il vice-curato n'avea indicato il
numero, quell'officiale raccoglieva i primi Indiani che incontrava
e li'conduceva alla chiesa. Mentre uno di costoro confessavasi, sii
altri aspettavano alla porta, e al momento che usciva gli erano
tutti addosso chiedendogli e di quali peccati si fosse confessato e
di che umore fosse il padre in quel giorno. S'egli diceva di es-
sersi confessato di violazione del sesto precetto, e il padre essere
andato in gran collera, si accordavano tutti di assicurarsi piuttosto
di aver rubato una vacca o un pollo, giudicando essi che avendo
il vice-curato espressa tutta la sua collera sul primo peccato, sa-
rebbe stato placido sugli altri. Ad onta di tanta ignoranza è am-
mirabile la gravità e decenza del contegno, che i predetti coloni
serbano stando in chiesa } il che è, cred'io, attribuibile al carat-
tere nazionale serio, taciturno e tranquillo ». Non è del proposito
nostro investigare se meglio abbiano operato i nuovi pastori, i cui
istituti non furono mai accagionati d'aver fatto della religione uno
strumeuto di politica, siccome ne furono seriamente e in più
modi accagionati i Gesuiti. E daremo fine a tale materia col ma-
nifestare le nostre maraviglie nel vedere che Malte-Brun nella sua
Geografia Universale lib. 109, inclini ad abbellire i suddetti sta-
bilimenti Gesuitici, la cui perdita, egli dice, saia pianta dalla
religione, dalla storia, dalla geografia : e che se gli indigeni dal-
l'esplosione de'Gesuiti inappresso continuano a incivilirsi, se godo-
no di qualche agiatezza , se vestono alla Spagnuola , se acquistano
qualche pezzo di terra , debbasi riconoscere in questi fatti frutto
di quell'albero magnifico che una cieca politica svelse sì ma non
potè sradicare del tutto.
Buenos- Ayres.
Il governo di Buenos-Ayres propriamente detto contiene oltre
la picciola città di Santa-Fè, la capitale di lutto il vice-reame.
Città.
La città di Buenos-Ayres residenza di un vice-Re e di un
Vescovo, sede di un' udienza e di vaij pubblici stabilimenti, venne
fondata l'anno i535, in mezzo ad una pianura, sulla spiaggia
del fiume della Piata a 70 leghe dalla sua focp. Le strade larghe
e dritte non sono tutte selciate. Il porto è assai esposto ai venti,
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2fCk
p quindi le navi, onde non cadere sui banchi di sabbia, fermanti
a tre leghe di distanza. Quelle di media grandezza entrano in un
picciol fiume lungo e stretto, chiamato Ruscello di Buenos- Ayres,
ove troyansi tutta la sicurezza e tutti i comodi possibili onde sca-
ricare le merci e carenare anche i bastimenti } ma bisogna che il
vento faccia montar l'acqua oltre il livello ordinario, perchè pos-
sano passare sopra alla sbarra che sta alla sua foce. La cattedrale
è fabbricata di recente, e vi sussistono inoltre cinque parrocchie,
due conventi di monache , quattro di religiosi , uno spedale per
gli uomini, altro per le donne, un ospizio pe' fanciulli esposti, al-
tro per le orfane. Havvi un commissario dell'inquisizione, ed un
collegio ove s'insegnano le scienze. Il vice-re risede in un forte
che guarda sul fiume e sulla città. Vedi la Tavola 35. Buenos-
Ayres è centro di tutto il commercio delle provincie del Perù
colla Spagna. Le merci vi giungono dall'antico continente : quelle
destinate per l'interno sono trasportate da carrette tratte da buoi.
1 conduttori vanno in carovane, onde potersi difendere contra gli
indigeni indipendenti. La popolazione è al dì d'oggi valutata 4om.
anime secondo Azara , e 6om. secondo Malte-Brun. Regna colà
maggior libertà nelle idee di quel che nella maggior parte delle
città Spagnuole. I Creoli hanno una decisa avversione per gli
Europei e pel governo Spagnuolo , avversione però che è meri
forte tra gli abitatori della campagna. Gli uomini sono in ge-
nerale allevati con molla negligenza, ma si vanta l'amabiltà delle
femmine.
Creoli di Buenos-Ayres.
Più recente notizie sugli abitatori di Buenos-Ayres abbiamo in
un viaggio dalla detta città a Santiago di Chili fatto nel 1817
dal signor Provost giudice degli Stati-Uniti, e loro commissario
nell'America meridionale (1).
Loro moderne cnstumanze.
Appena, dice il detto viaggiatore, che io era giunto a Buenos-
Ayres per soggiornarvi , tutti i Creoli di distinzione mi fecero
visita , m'invitarono a casa loro , e mi colmarono di gentilezze,
essi mi parvero di carattere dolce, amabile, allegro ed inclinato
(1) V. Fouvellcs Aonales des Voyages etc, Paris, 1830, tomo IV. part,
II. pug. 555.
280 COSTUME
ai divertimenti. Si radunano frequentemente gli uni in casa degli
altri per passarvi la sera giuocaudo alle carte , ed a suonare e
ballare.
Adunanze.
Dotati di uno spirito vivo e di un'ardente immaginazione,
senza però avere alcun oggetto degno di eccitarli e d'interessarli,
passano il loro tempo ne' giuochi de' dadi e delle carie. Le donne
sono vivissime e ben fatte, amano assai la conversazione e la so-
stengono con infinita piacevolezza: ne ho vedute poche regolar-
mente belle , ma hanno occhi neri e brillanti , una fisonomia
molto espressiva, sono spiritose ed animate dal desiderio d'istruirsi:
hanno un gusto innato per la musica, suonano molti strumenti ,
cantano a meraviglia e danzano con grazia.
Divertimenti.
Regna nelle loro adunanze dette tertulias un'aria di giovialità
e d'allegria che le rende estremamente piacevoli , s' acconciano
elegantemente, e seguono la moda di Francia. Le loro danze che
sono graziose sviluppano la loro persona con singolare vantaggio:
ballano a due a due come nelle contraddanze inglesi: la coppia
si avanza formando colle sue braccia un gruppo con un' altra
coppia, poco a presso come nell'Alemanda : la misura è lenta e la
figura complicatissima. Quando tutti i ballerini sono così in ordine
formano gruppi mobili , le cui attitudini variate producono un
piacevolissimo effetto. Amano altresì il minuetto , che è ballato
dalle persone d' ogni età. I principali rinfreschi che si presentano
in queste adunanze, consistono in confetture, in acque e mate ed
infusione d'erba del Paraguay.
Carnovale.
Il carnovale era cominciato, e vi si celebravano dei diverti-
menti eguali a quelli di Spagna. Fui bagnato d'acqua d'odore
nel teatro che è picciolo e mal costrutto: lo fui parimente nel-
l'andare alla piazza ove si davano i combattimenti de' tori: le
strade erano piene di donne, le une sulle porte od alle finestre,
le altre sugli azoteas o tetti piani, tutte armate di bacini pieni
d'acqua e di globetti di cera pieni d'acqua d'odore. Vedendo
che non ci era maniera d'evitarle, mi munii di globetti simili ,
e difendendomi alla meglio, passai queste linee peiicolose, assa-
lito per ogni dove . e giunsi tutto molle all' Anfiteatro dei tori.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 28 1
Fui condotto nel palco del cabildo, magistrato, e rimasi sorpreso
alla magnificenza di quella scena, che consisteva in un vasto re-
cinto circolare circondato da sedie, le une disposte sopra le altre
e guernite di spettatori vestiti con molta eleganza : al di sopra di
queste sedie era un ordine di palchi destinati alle persone di alto
grado: un distaccamento di soldati circondava il cabildo, innanzi
del quale stava un corpo di musica militare. Le frequenti rappre-
sentazioni di questo sanguinoso spettacolo addimesticano il popolo
alla strage, e contribuiscono ad accrescere le inclinazioni funeste
degli uomini feroci.
o
Governo.
L'amministrazione della giustizia era singolarmente rilassata a
Buenos-Ayres. Commettevasi ogni dì impunemente atroci delitti:
gli assassinj erano frequenti: tutte le mattine venivano esposti da-
vanti al palazzo del cabildo i cadaveri delle persone uccise, pei-
chè potessero esser conosciuti dai loro amici, o perchè con carita-
tevoli doni si potessero far le spese del loro funerale.
Diffidenza ed astuzia de'' Creoli.
Benché io fossi continuamente fra i Creoli , pure ho dovuto
accorgermi ch'era assai difficile e dirci quasi impossibile l'ottenere
da essi notizie soddisfacenti sul loro paese } poiché temendo sem-
pre di compromettersi non davano mai risposte dilette alle mie
domande^ e, supponendo essi qualche motivo che non potevano
scoprire, cercavan sempre d'illudermi, oppure non mi davano
che inesatte relazioni. Questo carattere distintivo de' Creoli è l'ef-
fetto di una lunga oppressione , ed è giustamente indicato colla
parola Spagnuola malicia. I Creoli congiungono ad uno spirito
assai penetrante questa disposizione che è portala al più allo giado:
essi vedono un disegno premeditato nelle nazioni più semplici: il
timore d'essere ingannati dagli altri fj che s' ingannino essi me-
desimi 5 e per un eccesso d'artifizio, tradiscono continuamente la
verità. Tale inclinazione però ha ceduto allo spirito di parte. Io
non ho potuto giugnere a vincere una sola volta il carattere dei
Creoli prima d'essere conosciuto particolarmente da Don * * * ,
uomo che non era attaccato ad alcuna parte. E^li mi procurò
con tutta la premura notizie esatte sul suo paese, sull'andamento
della rivoluzione e sui diversi partiti. Prima della rivoluzione la
galanteria e il giuoco occupavano esclusivamente Io spirilo de'Creo-
282 COSTUME
li, sviluppavano le loro passioni, eccitavano la loro attività : ora
le cose hanno cangiato d'assai.
Popolo ec.
La condizione del popolo è generalmente felice \ il prezzo
della mano d'opera è altissimo nella capitale, e la proprietà è
molto divisa nella campagna. La classe degli agricoltori è compo-
sta o di piccioli proprietaij, o di affiltajuoli che tengono le terre
a dolci condizioni e ad piezzo modeialo.
Costume degli agricoltori.
Quasi tutti gli indigeni convertiti, più della metà degli abi-
tatori del Paraguay , quelli delle rive del fiume Piata e del a
città si occupano d'agricoltura } ma siccome è mestiere assai fa-
ticoso, non è seguito che da coloro i quali non hanno modi ba-
stanti per esercitare il commercio ed acquistare terreni e bestiami
per farsi pastori, come pure da quei lavoranti a giornata che non
possono trovar padrone a cui custodire il bestime. Le abitazioni
degli agricoltori spagnuoli , posti fra le terre lavorate e piuttosto
lontane l' una dall'altra, non sono generalmente che trabacche o
picciole capanne e basse, coperte di paglia. Le mura son formale
con pali confitti in terra verticalmente l'uno presso all'altro, e
gli intervalli sono pieni di calcina e di terra.
Pastori Spagnuoli.
Gli agricoltori vincono di molto i pastori pel loro caratteie
morale, per la civiltà e per la foggia di vestire. La vita pastorale
ridusse quasi allo stato selvaggio quegli Spagnuoli che l'abbrac-
ciarono^ e questi sono in gran numero, perciocché non si tratta
meno che della custodia di dodici milioni di vacche , di tre mi
Moni di cavalli e di una grande quantità di pecore: della qual
somma al Paraguay non appartiene che la sesta parte, e tutto il
rimanente è proprio del paese della Piata.
Animali domestici e selvatici.
E qui parlasi unicamente di armenti domestici, perciocché ci
hanno altresì nel paese due milioni e più di vacche selvagge, e
vi s'incontrano a migliaja i cavalli selvatici. Or quella quantità
di animali domestici componesi di tante partite o mandre di p«i-
valij ed ogni possidente d'una o di più d' esse, ha il suo pascolo
proprio. Quello di una superficie di cinque leghe quadrate a Bue-
nos-Ayres liensi per poco considerabile 5 e al Paraguay per cosa
ordinaria.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY a83
Usi e costumi de' pastori e loro abitazioni.
Nell'interno di questo spazio sia l'abitazione de' pastori, abi-
tazione che non ha né uscj, uè chiusure di fineshe, stendendovi*!
invece contro l'aria fresca della notte alcune pelli di vacche.
Il capo per ordinario ha moglie} i garzoni sono celibi , a
meno che non siano o negri o mulatti o Indiani Cattolici diser-
tati dalle loro borgate, i quali comunemente sono ammogliati. Le
mogli e le figlie loro servono assai spesso a consolare i celibi
poiché cercare tra questa gente continenza e buon costume sarebbe
cosa vana.
Occapazioni.
Né costoro usano poi, come in Europa, accompagnare al pa-
scolo i loro animali. Una volta sola per settimana escono a cavallo
seguitati da'cani, e a gran galoppo scorrono urlando per l'estensione
del pascolo. A quegli urli le vacche spai se per la pianura si
mettono a correre, e radunansi tulle in un ampio sleccato, ove
vengono trattenute alcun tempo, e poi di nuovo si rimandano al
pascolo. E questa cosa si fa per non dar loro il vizio di allontanarsi
dalle terre del padrone. Lo slesso si fa coi cavalli. Nel rimanente
della settimana i pastori attendono a castrare e a domare gli ani-
mali } e terminate queste cure, vivono in perfetto ozio.
Religione*
Lontane l'una dalle altre le loro abitazioni le quattro, le dieci,
e talora le trenta e le quaranta leghe, e rare essendo in quelle
solitudini immense le chiese, poche volte essi vanno alla messa} e
in quanto al battesimo de' figli , o li battezzano essi medesimi,
se sanno pur farlo, o indugiano a farli battezzare il dì che que-
sti prendono moglie , giacché a cagione del matrimonio vi sono
costretti. Se alcuna volta vanno a messa, vi assistono fuori di chie-
sa, e stando a cavallo} ed una parte più cospicua di loro religione
consiste in desiderare ardentemente d'essere sepolti in terra santa}
né i parenti ed amici trascurano mai di rendere questo pio officio
ai morti. Ma siccome per lo più sono lontanissimi dalle chiese ,
lasciano infracidile ne' campi i cadaveri , coprendogli di pietre o
di frasche: indi ove sieno bene spolpati , ne raccolgono l' ossa e
le portano poi al prete onde le seppellisca. Il più solenne mor-
torio che possan fare, si è che ove la chiesa non sia più lontana
di venti miglia, vestono il cadavere de* suoi abiti, Io pongono a
284 COSTUME
cavallo, sostenendolo con due bastoni incrociati, così che a vederlo
par vivo} e di tal modo lo portono alla chiesa.
Cibi.
Essi non conoscono altro cibo che Ja carne di vacca } perciò
i contorni delle loro abitazioni sono pieni d'ossa: né delle vacche
mangiano che le coste, la parte di mezzo della coscia e la ven-
tresca, e gettano via il rimanente: onde poi tutti i luoghi vicini
mandano un pessimo odore, e una infinità d'insetti d'ogni sorta
e di uccelli carnivori vi corrono alla preda. Ciò è particolare
spezialmente nel paese della Piata , ove gli armenti sono , come
si è detto, assai copiosi. Nel Paraguay si fa più economia della
carne , perciocché quella che non si consuma tosto , tagliasi in
tante strisce grosse un dito, e si fa seccare per mangiarla dipoi.
Non mangiano altro che arrosto di carne e senza sale. Si nettano
la bocca colla schiena del coltello , e le dita fregandole sugli
stivali o sulle gambe : bevono solo dopo aver mangiato: deridono
gli Europei che mangiano legumi e insalata, e hanno somma av-
versione all'olio.
Abiti.
Il vestito de' capi-pastori, che sono i padroni degli armenti ,
consiste in una giubba, in una camiciuola, in un pajo di calzoni,
in un pajo di mutande bianche , in un pajo di calzari , in un
cappello e in un poncho , ossia un pezzo di stoffa di lana o di
coione fabbricato nella provincia di Tucuman largo sette palmi,
lungo dodici , che ha un'apertura nel mezzo , per ove passa la
testa di chi lo vuol portare. I garzoni non hanno che un pezzo
di pannolano bpn grosso, che si attaccano alle reni con una rorda :
molli mancano anche di camicia; ma tutti hanno cappello ed un
poncho^ e fannosi una spezie di mezzi stivaletti colla pelle delle
zampe di poledro. Ordinariamente portano lunghissima la barba}
e quando vogliono tagliarsela , il fanno da se col loro coltello.
Le donne vanno a piedi nudi , coperte di una camicia senza
maniche, e stretta ai lombi con una correggia. Quelle che non
hanno da cambiarla, vanno a lavarla, la stendono al sole, ed a-
sciulla che sia la rimettono e tornano a casa. Esse in generale né
filano né cuciono: tutte le loro faccende consistono nello scopare
la casa, nel preparare il foco per arrostire la carne , e l' acqua
per mettere in infusione 1' erba del Paraguay. Le mogli dei capi-
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 285
pastori sono vestite un po' meglio} e i garzoni nel Paraguay hanno
di che cambiarsi.
Suppellettili.
Le suppellettili della casa di codesti pastori stanno in ottima
proporzione col resto, e consistono in un secchio per trar acqua,
in un corno voto che serve per bicchiere , in alcuni spiedi di
legno per arrostire la carne, in una spezie di brocca di rame per
mettere in infusione 1' erba del Paraguay. Mancando di questo
vaso ed avendo bisogno di fare un brodo , seivonsi del comò
suddetto in cui pieno d'acqua mettono la carne tagliata in minu-
tissime fette, e lo circondano di brage perchè l'acqua bolla, e la
carne resti cotta. Alcuni hanno una pentola , un piatto , due
scranne ed un letto alzato sopra quattro bastoni e coperto di una
pelle di vacca. Altri per tutto il letto stendono una pelle di vacca
in terra. Chi non ha scranne o panca , siede sulle sue calcagna ,
oppure sopra il cranio di un cavallo.
Altre costumanze proprie del loro mestiere.
Appena un bambino ha qualche mese, il padre od il fratello
il prende fra le braccia, e sei porta a cavallo per la campagna,
e quando si mette a piangere il riporta alla madre perchè gli dia
a poppare. Si continua un tale esercizio finché cresciuto alquanto
possa stare a cavallo da se solo, e gli danno da principio cavalli
vecchi e quieti.
Educazione ec.
In ciò consiste tutta l'educazione de' figli. Non usi questi a
vedere che laghi , fiumi, deserti, e uomini nudi ed erratiti che
inseguooo tori e bestie feroci , privi d'ogni altra idea , si acco-
stumano ad una selvaggia indipendenza} non conoscono né com-
partimenti, né calcoli 5 non sanno che cosa sia decenza e pudore }
non sanno nemmeno che sia ubbidire, perche non hanno esempio
sotto gli occhi che di gente la quale fa la propria volontà. E
come ogni giorno s' ammazzan animali, ài avvezzan a spargere il
sangue senza sdegno, poiché nel deserto mancando oggetti capaci
di eccitarlo , questa passion è quasi sconosciuta. Codesta razza
d'uomini è robustissima e poco soggetta a malattie} massime se
sono Meticci} ma sliman poco la vita. Hanno somma avversione
al servizio domestico} ma niuna vanità, che può lauto sugli Spa-
gouoli di città, ha forza sopra essi, che non isdegnano gli officj
i86 COSTUME
servili ove trattisi di custodire maudre , ancorché debban essere
in compagnia di Negri , di Mulatti , d'Indiani} ed anche sotto
un capo-pastore di queste classi, che dallo Spagnuolo sono alta-
mente disprezzate. Abituati poi a vivere seguendo il solo loro ca-
priccio non prendono affetto né al padrone né al luogo, ancorché
siano ben pagali e ben trattati, e sovente l'abbandonano improvvi<-
su mente anche senza salutarlo.
Loro ospitalità.
Non usi a conversare, non conoscono amicizia : pure grande-
mente esercitano l'ospitalità: danno alloggio e cibo al viaggiatore
che capita da essi, senza domandargli punto né chi sia, né dove
vada, né quanto tempo voglia fermarsi presso loro. Sono nondi-
meno proclivi assai alla diffidenza e all'inganno, e scorgesi ciò
nel giuoco colle carte, oggetto della più violenta loro passione.
Giuoco.
Giuocano seduti sulle loro calcagna , tenendo fermata sotto i
piedi la briglia del loro cavallo, per timore che loro non venga
rubato, e sovente han vicino il coltello o pugnale fitto in terra per
essere pronti a scannare il compagno, se giuocando usasse barat-
teria. Vedi la Tavola 36. Giuocano in un istante tutto ciò che
posseggono e sempre a sangue freddo. I denari che non consu-
mano nel giuoco, vengono consumali nelle gozzoviglie , le quali
consistono nel dare a beie a loro spese acquavite alla compagnia,
che spesso si raduna nelle abitazioni de' capi pastori, in cui tiensi
una specie di botteguccìa di picciole bagattelle e d' acquavite.
L'uso dunque è di far empire un glosso fiasco di tal liquore, e
mandarlo in giro finché sia vuoto, e di farlo riempire ancora, e
farlo vuotare sin tanto che colui, che fa così il generoso, abbia un
soldo in saccoccia. La buona creanza poi vuole, che non si ricusi
V invito, poiché tal cosa avrebbesi per un affronto.
Musica.
A rendere più splendido il trattamento , siccome in ognuno
di questi luoghi ci è sempre pronta una chitarra , se vi ha
chi sappia suonarla si mette alla prova , e tra un fiasco all'al-
Iro costui canta suonando , ed è nel cauto accompagnalo anche
dagli alili.
Modo di cavalcare.
Avvezzi fin da fanciulli , siccome abbiamo veduto , a cavai-
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 287
care, sono i cavalcatori più costanti e più svelti, che si cono-
scano. Sembra ch'essi non sappiano andare a piedi: perciocché
non solamente non passerebbero da un lato all'altro di una strada
senza essere a cavallo, ma a cavallo pescano, tiran acqua e
fanno conversazione. In quanto poi alla sveltezza loro, bisogne-
rebbe per fai sene una giusta idea vederli maneggiare un cavallo,
sia esso anche indomito e selvaggio: il che riesce anche più me-
raviglioso considtrando l'incomodila degli arnesi che usano , e il
mal ragionato modo con cui tengono ginocchia , gambe e punta
di piede.
Singolarità speziali.
Ma a tanta eccellenza del cavalcare costoro aggiungono quella
ancora di uno squisitissimo senso in fatto di riconoscere e distin-
guere anche alla distanza di mezza lega un determinato numero
di cavalli, che loro s'additano, anche misti a numero assai mag-
giore, sparsi a pascolare in una campagna. E un'altra singolare
qualità hanno pur anche, la quale è di conoscere a un solo colpo
d'occhio il miglior guado che s'abbia un fiume. Così in mezzo
alle immense solitudini perfettamente orizzontali, nelle quali vi-
vono ? senza incontri d'alberi, di montagne, di fiumi o di strade
e senza pure il soccorso della bussola , sanno trarsi e condurre
altri a lontanissimo luogo direttamente, non essendovi case che
declinino mai con alcun giro vizioso. Tali sono i pastori spagnuoli
della Piata e del Paraguay.
Altra razza di Spagnuoli vagabondi pei deserti.
Ma in quelle vaste pianure ci ha un'altra razza d' uomini che
pur vuole essere ricordata non tanto per un più singolare loro
modo di vivere, quanto per essere dagli avvenimenti di questi
ultimi tempi saliti al grado d'influire altamente nella soite di quei
paesi. Sono questi di sangue spagnuolo anch'essi non meno de'pa-
stori ; ma da un misto di vizj e fors' anche di calamità, gittati
fuori affatto dal conversare umano, senza volontà di lavorare e
sdegnosi d'ogni servizio, qualunque compenso s'offra loro, con-
tenti dell'aspra vita che hanno scelta, e i più di loro quasi af-
fatto ignudi (1). Essi non vivono che di vacche selvagge, che
(1) w Ne ho incontrati diversi, (così Azara op. cit. cap. i5) , e quando
ho domandato loro se volevano venire al mio servigio per aver cura dei
a88 costume
cacciano per que' deserti, e rapiscono anche le donne, cui con-
ducono all'estremità de' boschi deserti , ed alloggiano in picciole
capanne all'uso de'selvaggi vivendo poi con esse nella più tenera
unione (i). Quando la loro famiglia è sprovveduta di vestito o
trovasi in qualche urgente bisogno, l'uomo parte solo, va a ru-
bare cavalli ne1 pascoli spagnuoli , e li conduce a vendere al Bra-
sile, d'onde ritrae quanto gli occorre.
Questi sono i soldati che il Generale Artigas ha radunati
sotto i suoi erranti vessilli j e questa è la sola porzione degli
Spagnuoli Americani che sembri chiamata a sostenere con buon
esito il partito dell'indipendenza } ma sarà l'indipendenza di una
orda Tartara. Questi popoli erranti hanno interessi diversi da que-
gli de' Negozianti di Buenos-Ayres, e già regna la discordia fra
quelle due classi di rivoltosi. La natura però assicura il trionfo
ai primi.
Produzioni di Buenos-Ayres.
I vegetabili e gli animali delle immense pianure che stanno
intorno a Buenos-Ayres, differiscono considerabilmente da quelli
del Paraguay. Il durasno fruito simile al persico, e che sembra
essere non altro che una varietà trapiantata dall'Europa , è molto
abbondante: vi riesce anche il grano europeo. L'yaguar è colà
grossissimo} ma la simia, il tapiro, il caimano scompajono o di-
vengono estremamente rari dopo il 32, e 33 grado di latitudine.
Il gatto de' Pampa, il (juouya , nuova specie di cavia, che si
miei cavalli , o per qualsisia altro oggetto, mi hanno risposto col maggior
sangue freddo: Io pure vado in traccia di qualcuno che mi voglia servire:
volete voi farlo? — Hai tu da pagarmi ? io rispondeva , e l'altro; nem-
meno un quattrino ; ma voleva io vedere se per sorte aveste avuto genio
di servirmi gratuitamente ».
(i) » Mi è occorso (idem, ibid. ) di scoprire ed arrestare molti di
questi Indiani, e di trovare ancorale donne da essi rapite. Una di que-
ste Spagnuole, giovane e beila, e che da dieci anni conveniva con tale
specie di gente, non voleva ritornarsene ai parenti , ed era afflitta, ch'io
ve la costringessi. Mi raccontò essa che il suo rapitore si chiamava Cuen-
cay ucciso pocia da un altro; che il secondo provò lo stesso trattamento
da un terzo, e il terzo da un quarto, il quale fu l'ultimo suo marito.
La medesima non pronunziava mai il nome del primo Cuenca, senza pian-
gere e dirmi che quegli era il primo uomo della terra, e che sua madre do-
veva essere morta nel partorirlo, onde non ne nascessero altri simili ».
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 289
vede anche nel Tucuman \ la lepre vizcascia che abita a stuoli
numerosi nelle tane} la lepre de' Pampa , il cui pelo serve a
fabbricare morbidi tappeti *, lo struzzo Magellanico che ama
le piante saline e le pianure battute dal vento , sono i prin-
cipali animali della regione di Buenos-Ayres. Vi sì trovano ,
oltre i buoi ed i cavalli , cani d' Europa divenuti salvatici ,
ed i cui stormi innumerabili son temuti dagli abitatori della
campagna.
Regioni non occupate.
Al sud di Valdivia e di Bueoos-Ayres sono vasti paesi abi-
tati da picciole tribù d'iudigeui la maggior parte indipendenti di
fatto} ma secondo il diritto pubblico d' Europa s e secondo tutti
i trattati la Spagna ne possedè la sovranità. Gli Spagnuoli dopo
avere scoperti que' paesi compresero le coste occidentali fino allo
stretto di Magellano , sotto il regno di Chili : le coste orientali
sono considerate pai le del vice-reame della Piata. I geografi In-
glesi protestano contro queste divisioni , dicendo che que1 paesi
sono indipendenti , e che è permesso a tutte le nazioni di for-
marvi stabilimenti.
Araucania.
Abbiamo già parlato dell'isole di Chiloe e dell' arcipelago
vulcanizzato delle isole Ghonos. Più al sud viene la grande peni-
sola delle tre montagne e quinci il golfo di Pennas.
Tribù diverse.
Sembra che i popoli indigeni di quella costa appartengano
tutti alla razza de' Molusci, alla quale gli Spagnuoli diedero il
nome di Araucanos, nome consacrato dalla poesia.
Molusci.
I Molusci propij abitano il fertile e ridente paese tra il fiume
di Biobio e quello di Valdivia. La ubertosa qualità del terreno,
le acque abbondanti e salubri , un clima temperato corrono a
rendere queila regione almeno eguale alle più belle parti del
Chili propriamente detto.
Cunsci, Huilisci.
I Cunsci dimorano da Valdivia al golfo di Guayateca. Gli
Huilisci abitano dall'arcipelago di Chonos fin verso il golfo di
rennas: secondo qualche relazione spingono le loro scorrerie fin
\erso l'ingresso dello stretto di Magellano. Queste due tribù sono
Cost. Voi, III. deW America. i£
29° COSTUME
alleate de' Molusci proprj. La statura di que' popoli è grande nella
parte montuosa, e media verso le coste: i loro lineamenti sono piutto-
sto regolari , e non molto bruna la loro tinta} si frammischiarono
molto cogli Spagnuoli , che non isdegnano di comperare da essi
alcune delle loro donne. Questi popoli esercitano un po' d'agricol-
tura , raccolgono alcune frutte e fanno una specie di sidro} ma le
loro ricchezze consistono nel bestiame: possedono una quantità di
cavalli, buoi, guanachi e vigogne. I buoi ed i guanachi sommini-
stra»! loro un abbondante sostentamento, e la lana della vigogna
serve a fabbricare i ponchi o mantelli. I cavalli , che discendono
dai cavalli Spagnuoli trasformano questi indigeni in veri Tar-
tari (i) } si riuniscono in un subito, fan viaggi di due o tre-
cento leghe, devastano il paese nemico e si ritirano col bottino.
Ma per effetto della savia condotta di Don Higgins di Vallenar,
presidente del Chili, questa bellicosa nazione, che conta iom.
uomini in istato di portar l'armi, riconobbe trentanni fa la
protezione della Spagna, e comincia a gustare la tranquillità (2).
Il commercio degli Spagnuoli cogli Araucani si fa sotto l'ispezione
dei due Indiani che mantengono l'ordine. Parecchi di essi vanno
a lavorare come giornalieri nelle possessioni spagnuole. Anche
qualche Spagnuolo si stabilisce fra gli Araucani , né sono rari ì
maritaci fra le due nazioni. Le missioni un tempo dirette da'Ge-
suiti, sono state riprese da' Francescani.
Costituzione fisica degli Araucani.
Ma assai più estese relazioni di questi popoli abbiamo nel più
volte citato T^iagero Universal (3) dal quale noi estrarremo colla
maggior possibile brevità quelle notizie che bastano a farci cono-
scere lo stato civile e morale de'medesimi. Gli Araucani sono
generalmente robusti, ben proporzionati, ed hanno un'aria mar-
ziale, benché non abbiano una statura superiore all'ordinaria della
specie umana. Il loro colore è di un bruno-rosso e più chiaro di
quello degli altri Americani: quelli delle tribù de' Boroani sono
bianchi e biondi , hanno le forme rotonde, gli occhi un po' pic-
cioli, ma vivi e pieni di espressione, il naso un po'camuso, la
(1) La-Pèrouse, tom II. pag. 67, e tono. IV. pag. 96 e seg,
(2) Vancouver, tom. V. pag. 402.
(5) V. Tableau civil et moral des Arauean?, traduit de 1' Espagnol du
T lacero wiiversal. Amialcs des Voyages eie. Iona. XVI. pag. 67 e seg.
DEGÙ ABITATORI DEL PARAGUAY 2Cjl
Locca ben fatta, i denti eguali e bianchi , le gambe forti e ben
formale, i piedi piccioli e piatti: hanno generalmente poca barba,
come i Tartari , riè si vede mai pelo sul loro corpo , attesa la
grandissima cura che si danno di svellerli. Non così de' loro ne-
ri capelli, de'quali è ricca la loro testa: il più grande affronto
che loro si potesse fare, sarebbe quello di tagliarli. I lineamenti
delle loro donne sono più delicati, e per la maggior parte hanno
una bella apparenza. Libere dalle occupazioni penose de' popoli
inciviliti , non provano le infermità della vecchiaja che in età
avanzata: non hanno capelli grigi che a sessanta o settantanni,
e non divengon rugose e calve che ad ottanta. Conservano la vi-
sta forte , i denti belli, e una buona memoria lino all' età più
avanzata.
Qualità morali.
Le qualità morali corrispondono alla vantaggiosa costituzione
del loro fisico; sono intrepidi, coraggiosi, arditi, prodighi della
loro vita, quando si tratta del benedetta loro patria: amano ec-
cessivamente la libertà , e 1- apprezzano più di qualunque cosa :
sono gelosi del loro onore, provvidi, ospitali, riconoscenti, fedeli
ai trattali, generosi ed umani verso i vinti. Ma queste belle qua-
lità vengon oscurate dai vizj inseparabili della vita quasi selvag-
gia, in cui si mantengono per mancanza di coltura: tali sono Tira-
briachezza, l'infingardaggine, la presunzione e l'alto disprezzo che
dimostrano per tutte le allre nazioni*
Abiti ed ornamenti degli uomini.
Gli Araucani portano abiti corti, siccome più acconci allo slato
militare che professano. Questi abili sono di lana e consistono in
una camicia, in una giubba, ed in calzoni stretti e corti con un
mantello in forma di scapulare detto ponco , aperto nel, mezzo
per lasciar entrare la testa, lungo e largo bastantemente per co-
prire le roani e lasciar libere le braccia. La camicia , la giubba
ed i calzoni sono sempre di color azzurro turchino, che è il co-
lor favorito della nazione , siccome lo è il rosso pei Tartari. I
ricchi però ne hanno de' rossi , de' bianchi , degli azzurri , con
righe larghe tessute con molto artifizio , in cui sono vagamente
ricamate figure di fiori e di animali d'ogni colore: i lembi sono
ornali da una bella frangia. Essi non usano né turbanti né cap-
ptlli, ma pollano intorno alla tcsla una fascia di lana ricamala
20,2, COSTUME
come i diademi degli anliclii Sovrani } e sogliono, allorché salu-
tano, alzarla un poco, come in segno di rispetto. Portauo altresì
una cintura di lana più larga ed egualmente ben ornata. Le per-
sone di un grado distinto portano stivali di lana e pantofole di
cuoio, chiamate s celle : il popolo va sempre a piedi nudi.
Delle donne.
Le donne si vestono con molta grazia e decenza : il loro abito
lutto di lana, e di colore azzurro turchino, secondo il gusto della
nazione , consiste in una tunica, in una banda ed in una corta
mantelletta, appellata i scelle, ch'esse uniscono davanti con una
fibbia d'argento. Questo vestito, consacrato dall'uso, non varia
giammai: ciò non ostante per soddisfare al desiderio d'abbigliarsi
più che sia possibile , esse sogliono ornarlo con tutte quelle ba-
gattelle che il capriccio o la vanità può loro suggerire : esse divi-
dono i loro capelli in molte trecce cui lasciano cadere con grazia
sulle loro spalle, ornansi la testa con smeraldi falsi da esse assai
apprezzali: portano collane e braccialetti di globelti di vetro, ed
orecchini d'argento di forma quadro} tutti i diti delle mani sono
ornati d'anelli, che per la maggior parte sono d'argento. Vedi
la Tavola 3y.
Gli Araucani hanno molte mogli e costruiscono una casa per
ciascuna. Nella scelta delle suppellettili non hanno riguardo che
ai bisogni di prima necessità : la magnificenza ed i comodi vi
sono sconosciuti. Queste capanne non compongono villaggi rego-
lati, ma casali posti lungo i fiumi o nelle campagne. Ogni fami-
glia abita in quella porzione di terra che ereditò da'suoi antenati,
e la cui coltivazione le somministra la necessaria sussistenza.
Questo popolo nemico della schiavitù non potrebbe avvezzarsi
a vivere nelle città murate , eh' esso considera come altrettante
prigioni.
Divisioni politiche, governo, leggi.
L' intelligenza di questa nazione appare chiaramente nella re-
golarità delle divisioni politiche del suo territorio, il quale è par-
tito dal nord al sud in quattro Butal-mapu o principati di un'e-
stensione presso a poco eguale, chiamati Languen-mapu o paese
maritti mo} Telbun-mapu, paese della pianura \ Inapire-mapu ,
paese sotto le Ande \ e Pire-mapu, paese nelle Ande. Ogni Bu-
tal-mapu è suddiviso in cinque aillaregue o province , ed ogni
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2Cj3
nillaregue in nove regue o contee. Tale divisione, che suppone
un ctrlo grado di raffinamento nell'amministrazione politica, è an-
teriore all'epoca dell'arrivo degli Spaglinoli, e serve di base al
governo civile degli Araucani, che forma una specie di repubblica
aristocratica. Ilanvi tie ordini di rappresentanti o magistrati subor-
dinati gli uni agli allri , cioè: i Toqui , gli Api-Ulmeni e gli
Ulmeni. I Toqui governano i principati o Butal-mapu: sono in-
dipendenti fra di loro , ma confederati pel bene pubblico. Gli
Apo-TJlmeni governano le province sotto i loro proprj Toqui :
gli Ulmeni che sono i capi delle contee dipendono dagli Apo-
Ulmeni\ la loro dipendenza però non si estende al di là degli
affari militari.
Segni distintivi de" magistrati.
11 segno distintivo del Toqui è un'accetta di porfido o di
marmo: gli Apo-TJlmeni portano un bastone con un pomo d'ar-
gento, e vi aggiungono nel mezzo un anello dello stesso metallo.
Tutte queste dignità sono ereditarie nella linea mascolina. Que-
sto governo che ha l'apparenza del sistema feudale, ne ha altresì
tutti i difetti: i Toqui non hanno che l' ombra della sovranità:
il potere risiede nel corpo intero de' capi i quali decidono gli af-
fari d'importanza in una dieta generale appellata butacoyag o
auca-coyag, cioè gran consiglio o consiglio degli Araucani. Que-
sti consigli sono tenuti ordinariamente in una vasta prateria, ove
si delibera sui pubblici affari in mezzo all'allegria del banchetto.
77 loro codice.
Il loro codice è chiamato admapu, cioè costumanze del pae-
se. E di fatto queste leggi altro non sono che le loro antiche co-
stumanze o tacite convenzioni stabilite fra di loro, siccome lo fu
dapprincipio il codice delle leggi di quasi tutte le nazioni. Fia
le leggi politiche e fondamentali le più chiare sono quelle che
regolano i limiti di ciascun principato , la successione fra le fa-
miglie dei Toqui e degli Ulmeni, la confederazione, 1' elezione
ed il potere dei Generali in tempo di guerra, il diritto di con-
vocare le diete generali, il quale appartiene ai Loqui , e in ge-
nerale tutto ciò che concerne la conservazione della libertà.
I vassalli non sono soggetti ad alcun genere di servizio per-
sonale, fuorché nel tempo di guerra*, né sono obbligati a pagare
tributi ai loro signori, i quali devon vivere de' loro proprj beni:
20/4 COSTtJME
essi li rispettano come i primi fra gli eguali, non s'allontanano
dalle loro decisioni , e fan loro corteggio quand' escono dai loro
Stati.
Leggi.
Una socielà i cui costumi sono semplici, e gli interessi poco
complicati, non può avere molle leggi : quelle degli Araucani ba-
sterebbero loro, se fossero migliori e meno arbitrarie. Il sistema
della loro giurisprudenza è assai imperfetto: i delitti che vengon
puniti di pena capitale, sono l'alto tradimento, l'assassinio, l'a-
dulterio , il furto e la stregoneria: ciò non ostante un omicida
può evitare la pena capitale con un accomodamento coi parenti
deli' ucciso. I padri di famiglia non vanno soggetti ad alcuna pe-
na, quando uccidono i proptj figli e le proprie mogli. I pretesi
stregoni sono tormentati col fuoco finché abbiano scoperti i loro
complici, e vengon poscia uccisi a colpi di pugnale. Agli altri
delitti viene applicata la pena del taglione detta thaulonca.
Gli Ulmeni sono i giudici legittimi de' loro sudditi, ma la
loro autorità è precaria \ la saggia gravità della vendetta pubblica
non si concilia colle idee vaghe e grossolane degli Araucani sui
principj dell' unione politica , per la qual cosa la giustizia di-
stributiva è mal amministrata, e spesse volte abbandonata al ca-
priccio de' privati: le famiglie che sono state offese usurpano so-
vente il ci i « i 1 1 o di perseguitare gli aggressori o i loro parenti.
Governo militare.
Il governo militare degli Araucani non solamente è più ragio-
nevole e più regolare del loro governo civile , ma supera ben
anche per quanto sembra l'intelligenza di una nazione barbara.
Appena che il gran consiglio determinò di fare la guerra , si passa
all'elezione del generalissimo che deve esser scelto fra i quattro
Toqui : se nessuno di essi è giudicato degno di una tal carica ,
si conferisce il grado generale al più abile fra gli Ulmeni, e l'e-
letto assume il titolo di Toqui, riceve l'accetta di pietra, e tutti
gli altri Toqui devono deporla, non essendo loro permesso il por-
tarla durante il governo dittatoriale. Prima di dar principio alle
ostilità , il consiglio di guerra manda degli ambasciatori , delti
Guerqueni , alle tribù confederate, per informarle della guerra
imminente, ed agli Indiani stabiliti fra gli Spagnuoli, per solle-
citarli a seguire le parli de' loro compatriota. Le lettere credenziali
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 2Cj5
di questi ambasciatori consistono in picciole frecce legale con un
fil rosso, simbolo del sangue. Quando le ostilità han di già avuto
principio, si aggiugne alle frecce un dito di qualche nemico uc-
ciso. Questa missione appellata pulquitim , viene eseguita ne' paesi
spagnuoli con tanta precauzione, che di rado si giugoe a scoprirla.
Il Toqui prescrive ai capi delle province il numero de' soldati
che ciascuno d' essi deve mandare dal suo distretto. O^ni Arau-
cano nasce soldato: tutti si presentano a gara per andare alla
guerra \ la nazione raduna in breve tempo cinque o sei mila uo-
mini, senza il corpo di riserva pronto sempre a marciare quando
lo richieda il bisogno.
Soldati.
Il loro esercito è composto di cavalleria e di fanteria : non
hanno cominciato a far uso della cavalleria che dopo averne e-
sperimentati i vantaggi nelle prime battaglie date agli Spagnuoli.
Fin dal 1 568, cioè 17 anni dopo di essersi opposti all'invasione
degli Spagnuoli , avevano già molti squadroni di cavalleria nei
loro esercito. La fanteria è divisa in reggimenti ed in compagine,
1 primi composti di mille^ uomini e le seconde di cento. Ciascun
corpo ha la sua bandiera seguala di una stella , che è lo scudo
della nazione.
Loro armi.
I soldati non hanno uniforme, ma portano sotto i loro abiti
ordinarj corazze di cuojo durissimo: i loro elmi sono della stessa
materia. La cavalleria è armala di lance e di spade, la fanteria
di picche o di clave armate di punte di ferro. Vedi la suddetta
favola. Anticamente usavano frombole o frecce che sapevano sca-
gliare con grandissima destrezza , ma [quasi tutti presentemente
abbandonarono queste armi. L'esercito si pone in marcia al suono
de tamburi: la fanteria va ancora a cavallo} ma quando deve ve-
nire alle mani, discende da cavallo e si ferma in battaglioni. O-
gni soldato è obbligato portare da casa sua le armi ed il vitto
secondo l'usanza degli antichi Romani. I viveri di ciascun soldato
consistono in un sacco di farina di segale arrostita, die si discio-
glie nell'acqua, e di cui si ciba fin a lauto che possa vivere alle
spese del nemico.
Divisioni del bottino , prigionieri ec.
Le spoglie del nemico appartengono a chi se ne impadronisce:
296 COSTUME
gli ufficiali ed i Toqui non godono alcuna preferenza : i prigio-
nieri di guena divengono schiavi finché non sieno riscattati. L"W-
mapu ossia il codice ordina che uno di questi infelici vmga
immolalo alle anime de' soldati morti sul campo : ma sì crudel
legge non fu eseguita che una o due volte in duecento anni. Il
sacrifizio viene eseguilo nella seguente maniera.
Sacrifizio di uno di essi.
Gli uffiziali ed i soldati formano un circolo nel cui centro si
pianta 1' accetta, il distintivo onorifico de' Toqui , iti mezzo a quat-
tro pugnali, che rappresentano i quattro Butal-mapu. Questo di-
sgraziato prigioniere , poslo per dispetto su di un cavallo senza
oieccliie e senza coda è collocalo vicino all'accetta , colla testa
rivolta verso il suo paese. Gli si mette poscia nelle mani un fu-
scello di bacchette ed un acuto bastone con cui viene obbligato
a scavare un fosso nel quale deve tonfi-care le dette bacchette
1' una dopo l'altra pronunziando nello stesso tempo i nomi de'più
valorosi gueriieri della sua nazione. I soldati Araucani rispondono
a ciascun nome con orribili imprecazioni , e poi gli comandano
di coprire la fossa , come se volessero seppellire la gloria ed il
valore de'nemici nominati dal prigioniere. Subito dopo il Toqui
od alcuno de' suoi coraggiosi campioni , a cui venne accordato
l'onore di quella funzione, gli spacca la testa con un colpo di
clava, e due ministri gli strappano il cuor palpitante cui presen-
tano al Generale che ne succhia il sangue e poi lo consegna agli
uffiziali perchè facciano lo stesso. I soldati formano flauti delle
ossa scarnale del cadavere, e ne portano la testa su di una picca
fra le acclamazioni del popolo, che battendo la terra co' piedi in-
tona un'orribile canzone marziale accompagnata dal suono lugubre
di questi orridi flauti. Si dà fine a questa barbara festa col porre
al corpo tagliuzzato una testa di montone, e coll'imbriacarsi alla
vista di sì orrendo spettacolo. Se , malgrado dei colpi di clava ,
il cianio non è totalmente infranto, essi ne formano una coppa
della quale, secondo l'usanza degli Sciti , si servono per bere
ne' loro banchetti.
Gongresso per la pace.
Quando la guerra fra le due nazioni è terminata , si tiene in
una bella pianura un congresso appellalo huyna-coyag dagli A-
roucfcrff. Il Presidente dog'i S^ognuoli ed il Toqui vi si recano
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 297
colla scorta stabilita negli articoli preliminari. I quattro Butal-
mapu vi mandano quattro deputati: il loro unanime consenso è
necessario per la conclusione della pace. Centotrenta Ulmeni col
loro relativo seguito che ascendeva a due mila uomini assisterono
al parlamento tenuto dopo la guerra del 1723. Le due parli con-
traenti alloggiano due miglia distanti 1' una dall'altra. Le confe-
renze cominciano con molle cerimonie d'ambe le parti. Insegno
della loro futura amicizia legano in un fascio nel mezzo dell' as-
semblea i due bastoni degli Ulmeni e quello del Presidente spa-
gnuolo. Un oratore araucano, presentando un ramo dell'albero
della cannella, che appresso di essi è simbolo di pace, e met-
tendo la mano sinistra sul fascio, pronunzia un discorso sui mezzi
più atti a ristabilire la buona armonia fra i due popoli, il Presi-
dente spagnuolo gli risponde con un altro discorso conforme alle
circostanze, e si stabiliscono poscia gli articoli della pace che ven-
gono ratificati col sacrifizio di multi chilihuequi o cammelli Gli i—
lenesi (1), poscia il Presidente si pone a mensa coi Toqui e cogli
Ulmeni, ed in nome del suo Sovrano fa loro i soliti doni. Que-
sta cerimonia è rinnovata ogni volta che si manda a Ghile un
nuovo presidente spagnuolo.
Religione.
Il sistema religioso degli Araucani è semplice e conforme alla
loro libera maniera di vivere. Riconoscono un Essere Supremo
autore d'ogni cosa, detto Pillan. Il governo dell'universo è mo-
dellato sulla polizia araucana : dicono che l'Eìsere Supremo è
il Gran-Toqui del mondo invisibile, ed in questa qualità egli ha
i suoi Apa-Ulmeni ed i suoi Ulmeni ai quali affiJa l'ainniini-
stiazione di questo mondo. Alla prima classe delle Divinità subal-
terne appartengono l' Epunanum che è il Marte della loro na-
zione, il Meoulen od il Dio della beneficenza, e V amico del
genere umano, il Guecubu, essere malefico, autore delle malattie
e di tulli gli altri mali. Gli Ulmeni della gerarchia celeste degli
Araucani sono i Geni che presedono particolarmente alle cose
create, e che, d'accordo col buon Dio Meoulen, procurano di
bilanciare l'enorme potenza di Guecubu. Hanvi Divinità maschi
e femmine: queste sono sempre vergini, poiché la generazione non
(1) Vaiìelà di Lama, o, secondo altri, della vigogna.
ao,8 costume
ha luogo nel mondo intellettuale: gli Dei maschi sono chiamati
Gerii ossia signori: le femmine vengoo appellate Amey-malghen
cioè ninfe spirituali * ed esercitano presso gli uomini l'uffizio di
spiriti famigliari: non v'ha un solo Araucano che non si glorii
di averne una al suo servizio, e quando essi riescono in qualche
affare, sogliono dire: ho la mia ninfa.
Non hanno templi e sacerdoti.
Gli Araucani non hanno né templi né sacerdoti, e non fanno
sacrifizj che nel caso di una grave malattia , od in occasione di
un trattato di pace. Allora essi immolano animali, ed abbruciano
tabacco, credendo che sia l'incenso più aggradevole ai loro Dei 5
né lasciano in altri casi urgenti d'invocarli, indirizzandosi ordi-
nariamente a Pillan ed a Meoulen.
Sono superstiziosi ali* eccesso*
Se dall'uri canto gli Araucani si dan poca cura delle loro
Divinila, sono dall'altro superstiziosi all'eccesso sopra cosa di
minore importanza. Intimamente persuasi della veracità de'loro
pronostici fanno molta attenzione ai segni fausti od infausti che
l'immaginazione ha loro suggeriti. Le vane loro osservazioni s'ag-
girano sui sogni, sul canto e sul volo degli uccelli. L' Araucano
intrepido che combalte coraggiosamente l'inimico, trema alla vista
di un allocco. Ne' loro affari d'importanza consultano gli stregoni
ed i ciarlatani che si vantano di far piovere, d'impedire le ma-
lattie, e di distruggere i bruchi delle biade. Temono assai i
Calca , che sono i pretesi incantatori , i quali , secondo credono,
abitano di giorno le caverne insieme coi loro discepoli appellati
Ivunchi uomini animali, e di notte si trasformano in passeri,
si spandono nell'aria e scoccano frecce invisibili coutra i loro
nemici. La loro credulità si scorge particolarmente ne'serj racconti
che essi fanno intorno le apparizioni di questi fantasmi e degli spi-
riti folletti dei quali raccontano moltissime favole.
Immortalità dell'anima.
Tutti gli Araucani sono di uno stesso sentimento sull' immor-
talità dell'anima. Credono che l'uomo sia composto di due so-
stanze essenzialmente diverse} cioè del corpo che è corruttibile, e
dell'anima cui essi appellano auc o pulii, che è immortale. Nju
sono però d'accordo sul destino dell'anime nell'altro mondo. Con-
tengono cogli altri Americani, che le anime, dopo la morte, se
DEGLI ABIT Af ORI DEt PARAGUAY 2gg
ne vanno dall'altra parte del mare, verso 1' occidente, in un certo
luogo detto Guelcheman, cioè, soggiorno degli uomini oltremon-
tani. Ma sonovi alcuni che credono che questa regione sia divisa
in due parti, l' una piena di delizie, pei buoni, l'altra priva di
tutto pei cattivi. Altri al contrario pretendono che tulli gli uo-
mini dopo la loro morte, godano piaceri eterni , e che le azioni
di questo mondo non abbiano alcuna influenza sullo stato futuro.
Cerimonie funebri.
Le loro idee sulla spiritualità dell' anima non sembrano molto
pure, come si può scorgere dalle cerimonie usate ne' loro fune-
rali. Appena che un uomo passa da questa vita , i suoi parenti
ed i suoi amici, seduti in terra intorno al cadavere, piangono per
qualche tempo, e poscia abbigliatolo delle sue più belle vesti l'e-
spongono su di un alto cataletto , e passano tutta la notte ora
piangendo e ora bevendo cogli amici che se ne vanno a conso-
larli. Questa assemblea è appellata curicahuin, cioè invito nero\
poiché il colore nero è appresso di essi il simbolo del lutto. Nel
giorno seguente, ed alcune volte nel secondo o nel terzo, portano
il cadavere in processione al cimitero della famiglia, il quale or-
dinariamente è posto in un bosco o su di un colle. Due giovani
a cavallo, correndo a briglia sciolta, precedono il convoglio <, i più
vicini parenti portano il feretro circondato da molte donne che
piangono. Un'altra donna spande dietro la bara calde ceneri, af-
finchè l'anima del morto non possa più ritornare alla casa. Giunti
alla sepoltura depongono il cadavere a terra, e lo circondano, a
seconda del suo sesso, di armi o d' istrumenti del suo lavoro,
di una grande quantità di viveri e di vasi pieni di vino o di
una bevanda di mais, tutte cose , che secondo essi, gli sono ne-
cessarie per fare il suo viaggio all'altro mondo. Alcuni usano ben
anche uccidere un cavallo e sotterrarlo nella stessa tomba. Dopo
di ciò piangendo prendono congedo dal morto , gli augurano
un felice viaggio, lo coprono di terra e di pietre sovrapposte le
une alle altre io forma piramidale, e vi versano sopra la bevanda
di mais.
Il defunto, appena abbandonato dai parenti, vien trasportato
all'altro mondo da una vecchia trasformata in balena } ma prima
d arrivarvi, esso deve pagare il passaggio ad una cattiva vecchia
posta in una stretto, e che cava un occhio a lutti i passeggieii
300 COSTUME
che non pagano puntualmente. Le anime, separale dai loro corpi,
esercitano le stesse funzioni , e come in questo mondo gli uomini
ammogliati conservano le loro mogli, ma senza coabitare colle mede-
sime. Siccome le anime non si spogliano delle loro passioni ter-
restri, così esse, quando ritornano a visitare la terra, combattono
colle anime de' loro nemici , tutte le volte clie s' incontrano in
aria. Da questi combattimenti nascono le tempeste, i tuoni, i ful-
mini. Conservano la memoria di un gran diluvio, dal quale si
salvò poca gente che si radunò su di un monte diviso in tre
punti, appellato Thegtheg, cioè tonante o fulminante, monte che
aveva la virtù di galleggiare. Si presume che tal diluvio sia stalo
la conseguenza di un'eruzione vulcanica accompagnala da un gran-
dissimo terremoto.
Gli Araucani dividono il tempo come noi in anni, in giorni,
in mesi e in ore , ma con un metodo diverso. Il loro anno so-
lare comincia il 2.2 dicembre , cioè immediatamente dopo il sol-
stizio d'estate, cui danno il nome di Haumathi-pantu, cioè prin-
cipio e fine dell'anno. Chiamano il solstizio di giugno Udantl-
pantu , cioè divisore dell'anno , perchè lo divide in due parti
eguali, e sanno determinare questi due punti importanti con molta
intelligenza , col mezzo delle ombre solstiziali. L'anno è diviso
in dodici mesi di trenta giorni , di maniera che per compiere
l'anno tropico, abbisognano cinque giorni di più, che probabil-
mente aggiungono all'ultimo mese. Dividono il giorno in dodici
parli, sei di giorno e sci di notle : ciascun' ora corrisponde a due
delle nostre.
Divisioni del tempo, nozioni astronomiche.
Essi danno in generale alle stelle il nome di Uaugeln, e le
dividono in molte costellazioni , che prendono i loro nomi dal
numero delle stelle principali che le compongono. Le plejadi sono
appellate Cosublas, cioè costellazione di sei stelle , la croce an-
tartica Meliritho, costellazione di quattro stelle \ la via lattea è
chiamata Rupue-peca , cammino della tavola, in conseguenza di
una loro tradizione popolare, cui l'autore di questo viaggio, con
nostro dispiacere non ha riferito. Sanno altresì distinguere i pia-
neti, e vi ha ben anche taluno che crede che questi pianeti sieno
altrettante lene abitate siccome la nostra.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 3oi
Lingua, retorica.
La lingua Moluscia o Araucana è dolce , ricca ed elegante.
Essi coltivano la retorica, la poesia e la medicina, ed hanno fallo
in queste arti que' progressi che si possono ottenere senza libri;
poiché fino al presente essi non sanno né leggere né scrivere, né
procurano d' inslruirsi o per la naturale infingardia comune a
lutti i selvaggi, o per la grande avversione a tutte le costumanze
europee. Essi fanno gran conto della retorica perchè tale scienza
conduce agli onori politici. Se il primogenito di un Ulmeno non
sa ben aringare , è escluso dalla successione a suo padre , e ad
esso si sostituisce quel fratello e quel più congiunto parente che
sa meglio parlare. I discorsi de' loro oratori non differiscono da
quelli di tutti i popoli barbari: lo stile è estremamente figurato,
allegorico ed ornato di frasi particolari: in questa spezie di com-
posizione impiegano molti apologhi e molte parabole che sono il
fondamento di tutto il discorso.
Poesia.
I loro poeti sono appellati gempir , cioè maestri di lingua.
Questo nome espressivo conviene perfettamente ai medesimi* poi-
ché eccitati da quell'entusiasmo che loro inspirano le passioni non
affievolite dal raffinamento della vita civile, non seguono altre re-
gole ne' loro discorsi che l'impulso della loro immaginazione; e
per conseguenza la lor poesia non è che un complesso di forti e
vive immagini, di figure ardite, di frequenti allusioni e di escla-
mazioni patetiche. Tutto è metaforico ed animato. Le azioni
de' loro eroi sono ordinariamente l'argomento delle canzoni degli
Araucani.
Medicina.
Essi hanno tre classi di medici, gli Arnfibi^x Vilchi ed i Ma-
sci : i primi che equivalgono ai nostri empirici sono i migliori di
tutti, curano gli ammalati coi soli semplici, e conoscono bene il
polso. I Vilchi corrispondono ai nostri medici metodici : il loro
sistema principale si è che tutte le malatlie contagiose provengono
dagli insetti; e perciò le epidemie sono da essi chiamate malattie
vermiculari. I Masci sono medici superstiziosi: dicono che tutte
le malattie gravi provengono dai roalefuj, e perciò questi vengono
consultati ne' casi estremi, ne' quali, siccome essi pretendono, impie-
gano mezzi soprannaturali, cui pongono in pratica soltanto di notte.
302 COSTUME
Mezzi praticati dai Masci onde guarire V ammalato.
Si illumina la camera dell' ammalato , e si colloca in un an-
golo fra molti rami d' alloro un grosso ramo dell1 albero della
cannella, a cui si sospende un tamburo magico: vi ri aggiugne
un montone pel sacrifizio. Il Masci comanda alle donne che tro-
vansi presenti d'intonare una canzone lugubre al suono del tam-
burino sul quale battono tutte nell' e guai tempo. Frattanto egli
con fumo di tabacco profuma per ben tre volte il ramo dell'al-
bero della cannella, il montone e l'ammalato} poscia si avvicina
all'infermo e finge di aprirgli il ventre per sapere ove trovasi il
veleno che i pretesi stregoni gli hanno dato : in seguito prende
il tamburo magico, passeggia cantando colle donne, e poi in un
subito come fosse invaso da un potere soprannaturale si getta a
terra facendo gesti e contorsioni spaventevoli} apre e chiude gli
occhi, e fa tutte le smorfie di un energumeno. Durante questa
ridicola convulsione, i parenti del inalalo gli fanno mille domande
sull'origine e sui progressi della malattia : l'impostore fanatico
risponde a suo capriccio, e nomina quali autori del male quelli
di cui vuol vendicarsi, oppure dà ambigue risposte. Per tal ma-
niera questi diabolici impostori sono spesse volle la causa di or-
ribili uccisioni} poiché i parenti degli ammalati credendo alle
loro imputazioni uccidono senza pietà le persone calunniate.
Costumi ed usanze.
Uadmapu, od il codice nazionale, permettendo agli Araucani
la poligamia, prendono tante donne quante ne possono dotare o
comperare} poiché per ammogliarsi bisogna ch'essi diano al padre
della sposa una certa quanlità di beni.
Poligamia.
Sogliono evitare i gradi immediati di parentela : il celibato è
tenuto in dispregio, chiamano per ironia i vecchi celibatarj vu-
chiapra, cioè vecchi inutili ec.
Cerimonie nuziali e e.
Le cerimonie nuziali non sono molte, o per dir meglio, esse
non consistono che nel ratto della sposa , che vien risguardata ,
siccome fra i Negri dell'Africa, come una condizione necessaria.
Lo sposo , d'accordo col suocero , si nasconde in compagnia di
molli amici nelle vicinanze del luogo , per dove la sposa deve
passare. Questa appena giunta , viene presa e posta sul cavallo
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 3o3
del suo marito, e legata fortemente, malgrado delle sue grida,
die souo di pura cerimonia. In questa guisa ella è condotta con
molto rumore a casa dello sposo, ove trovansi adunati i parenti
di lui , e dove si ricevono dopo il banchetto nuziale i doni con-
Tenuti. Le spese delle nozze araucane devono essere assai consi-
derabili, e non ci sono che i ricchi che possano avere un gran
numero di mogli : i poveri non ne hanno che una o due tutt'al
più. In questo paese , come in tutti quelli ne' quali regna la poli-
gamia, il numero delle donne supera quello degli uomini. La prima
moglie appellata unemdomo è sempre rispettata come vera e le-
gittima sposa da tutte le altre, ch'essi chiamano inandomo o
seconde mogli. La prima presede ai lavori domestici , e governa
l'interno della casa. Il marito indica all'ora del pranzo quella
colla quale vuol passare tutta la notte, comandandole d'assettare
il letto: le altre dormono nella stesssa camera, ma non è loro per-
messo d'avvicinarsi.
Occupazioni delle mogli.
Oltre i lavori ordinar] del sesso, le Araucane sono obbligate
ad occuparsi di molli altri che ne' paesi inciviliti d'Europa sono
riservati agli uomini, e ciò a seconda della massima stabilità fra
le nazioni barbare, che il sesso debole è nato pel lavoro, ed il
forte per la guerra e pel comando. Ciascuna deve ogni giorno
presentare a suo marito una pietanza preparata colle proprie mani
nella sua cucina o nel suo particolar focolare} e per questa ragione
trovansi nelle case degli Araucani tanti focolari quante sono le
mogli che le abitano } e per la stessa ragione, quando si vuol do-
mandare ad un Araucano quante mogli egli abbia, si suol dite
più civilmente. * Quanti focolari avete? » Ciascuna moglie è ob-
bligata ogni anno a donare al suo marito, oltre un abito finito,
una di quelle coperte, appellate poncho che soglion formare uno
de' rami principali del commercio degli Araucani.
Cibi e bevande.
Il pranzo ordinario degli Araucani è assai frugale: vivono
regolarmente di formento e di legumi che condiscono in varie
maniere: fan molto uso del mais e de' pomi di terra: benché
abbiano in abbondanza pollame e grossi piccioli animali, pure
mangiano poca carne semplicemente cotta ed arrostita. La loro
ordinaria bevanda consiste in birra di varie specie, od in sidro che
3 (>4 COSTUME
preparono col mais, col mele e fratta del paese. Amano però as-
sai il vino, cui comprano dagli Spagnuoli. Il padrone di casa
mangia con tutta la sua famiglia alla medesima tavola, sulla quale
non si metton né tovaglia né salviette : i tondi sono di creta , ed
i cucchiaj di corno o di legno. Gli Ulmeni ne hanno d'argento
ma non se ne servono che per far onore ai forestieri di un grado
distinto. Nell'estate mangiano all'ombra degli alberi, che a tale
oggetto soglion piantare intorno alle loro case. Non usano fucile
per accendere il fuoco :, ma come le altre nazioni selvagge d'A-
merica si servono di due pezzi di legno secco che fregano l'uno
conlra l'altro colle due mani finché si accendono. Da una tale
domestica frugalità essi però s'allontanano ne' banchetti nuziali e
funebri ed in altre straordinarie occasioni. Ai detti banchetti con-
corrono ordinariamente trecento persone, e si consuma più carne,
formtnto e liquori di quel che si consumerebbe da un'intera fa-
miglia in due anni. Le bevande fermentate sono l'oggetto princi-
pale di questi pranzi.
Musica^ ballo , giuoco.
La musica, il ballo, il giuoco sono i loro ordinarj divertimenti:
la musica però merita appena tal nome sì per l'imperfezione de-
gli strumenti, che sono flauti e tamburi , sì pel loro canto che è
assai sgraziato. Le loro danze, che sono di diverse spezie, sono
allegre, ordinarie e varie. Di rado le donne sono ammesse ai balli
degli uomini: esse danzano separatamente. S'egli è vero, siccome
dice il celebre Leibnitz, che gli uomini non hanno dimostrato in
alcuna cosa tanto spirito quanto nell'invenzione de' loro giuochi,
gli Araucani possono lusingarsi di non essere in ciò inferiori alle
altre nazioni. I loro giuochi dividonsi in sedentarj ed in ginna-
stici : questi sono in gran numero e per la maggior parte ingegnosi.
Fra i primi il più singolare è il giuoco della corda da essi appel-
lato comican. 1 giovani si esercitano ordinatiamente nella lotta e
nella corsa: amano assai il giuoco della palla cui formano con
una specie di giunco.
Giuoco detto pacco.
I giuochi detti pacco e pulican sono fra i giuochi ginnastici
i più prediletti*, perchè servono come di preludio alla guerra: il
primo che rappresenta l'assedio di una fortezza viene eseguito
nella maniera seguente. Dodici persone almeno tenendosi per la
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 3o5
mano formano un circolo nel cui centro sta un fanciullo in pie-
di } gli avversarj , per lo più in numero eguale, tentano o col-
V inganno o colla forza di rompere il circolo e d'impadronirsi del
fanciullo, nel che consiste la vittoria. I difensori fanno incredi-
bili sforzi per tenersi strettamente legati : i più robusti assedia-
tori sono spesse volte obbligati per istanchezza ad abbandonare
r impresa.
Giuoco detto pulican.
Il giuoco detto pulican ù del bastone curvo rassomiglia alla
sferomachia dei Greci. Questo giuoco che ha tutta l'apparenza
di una battaglia ordinata, si eseguisce con una palla di legno in
una pianura di un mezzo miglio circa, i cui limiti sono indicati
da alcuni rami d'alberi. I giuocatori in numero di trenta , ar-
mati di bastoni curvi fino alla punta , si dividono in due linee
disposti in guisa che ciascuno di essi ha davanti a se il suo av-
versario. Allorquando gli arbitri destinati a ciò danno il segno, i
due avversarj che trovansi nell'ottavo posto, tirano col loro ba-
stone la palla da un fosso cavato nella terra , e tentano di lan-
ciarla fino alla metà di quei del loro partito. Gli altri la re-
spingono secondo la direzione favorevole o contraria eh' essa
prende, e la vittoria consiste a farla giugnere al termine della
banda.
Tutto quel, che abbiano finora riferito degli Arauca ni , deve
essere applicato con qualche modificazione ai Puelsci od abitatori
del quarto Uthan-mapu situato nella Gordigliera, i quali, benché
procurino di conformarsi alle costumanze degli Araucani, hanno
nondimeno maniere più rustiche e più selvagge.
Il paese Tuyu.
Passiamo le Ande, ed osserviamo le regioni al sud di Bue-
nos Ayrcs. Il paese chiamato Tuyu, posto tra il fiume Saladillo
ed il fiume Hucuque , è sparso di piccioli laghi e di stagni. Il
monte Gasuhati , sebben lontano dal mare , si scorge ancora a
venti leghe da terra, ma son poco elevati i promontorj. Il paese
contiene molti buoi. Gli Spagnuoli hanno dei posti sul fiume
Saladillo.
Le Pampa o pianure.
Le Pampa o pianure d'arena, vere steppe d'America , sten-
donsi probabilmente dal Tucuman fino al 4° grado di latitudine.
Cosi. Voi. Ili delV America. 20
3o6 COSTUME
I due fiumi detti Colorado e Negro scorrono per quelle vaste e
quasi sconosciute pianure : hanno ambedue origine alle radici
delle Ande nel Chili. Nella regione delle loro sorgenti una serie
di laghi e di piccioli canali stendasi paralellamente alle Ande, e
fa comunicare insieme i due fiumi.
Indiani della Pampa e Puelsci ec.
Gli Spagnuoli hanno dato il nome di Pampa ad una nazione
d'Indiani, la quale vive errante nella suddette immense pianure. I
primi conquistatori li conobbero sotto il nome di Querandi, e og-
gidì questi selvaggi si danno ora il nome di Puelsci , ora altri
nomi, secondo le diverse divisioni della nazione. Al primo giù-
gnere degli Spagnuoli andavano essi errando verso la riva meri-
dionale del fiume Piata in faccia ai Charrua senza avere comu-
nicazione gli uni cogli altri perchè privi di barche e di canotti.
Dalla parte dell'occidente confinavano coi Guarany di Monte-
Grande, e dalla valle di Santiago , coi luoghi chiamati oggidì S.
Isidoro e las Gonghas} dalle altre parti non avevano vicini.
Storia di questa nazione.
Questa nazione , siccome abbiam di già veduto , disputò il
terreno ai fondatori di Buenos-Ayres con vigore, costanza e valore
degni d'ammirazione} ma non potendo finalmente resistere alla
cavalleria nemica, si ritirò al sud nel luogo in cui sussiste pre-
sentemente. I Pampa vissero per lo passato della caccia di tatù,
lepri, struzzi abbondantissimi nelle loro campagne: ma essendosi
fra i medesimi moltiplicati a dismisura i cavalli marrani, si ag-
giunsero questi agli oggetti di loro caccia e cibo ordinario. Dopo
i cavalli si moltiplicarono nelle stesse contrade i buoi selvaggi \
ma poiché erano superflui al vitto dei Pampa già ampiamente
provveduti, questi non pensarono più a nudrirsene \ e perciò que-
sto armento non trovando verun ostacolo alla sua moltiplicazione,
si estese fino al fiume Nero verso il /ii grado, e a proporzione
verso occidente fino ai confini di Medonza e alle creste della Cor-
digliera del Chili. Gli Indiani di questi cantoni vedendo buoi
ne'loro paesi, incominciarono a cibarsene, ed avendone in copia,
vendettero il superfluo agli Araucani e ad altri Indiani. Così il
numero di questi animali si diminuì nelle contrade occidentali, e
quelli che rimasero si rifuggirono nel paese dei Pampa. Da ciò
derivò che molte nazioni Indiane abitatrici nella parte orientale
DEGLI ABITATORI DEL PAI1AGUAY 307
di questa grande Cordigliere, ed altre dalla parte dei Patagoni,
andarono a stabilirsi ne' cantoni, ov'era bestiame; si collegarono
coi Pampa, che avevano già avvezzato un gran numero di cavalli
da sella, estrassero copia di questi animali non che di buoi, e
corsero a venderli alle altre nazioni della Gordigliera e agli Spa-
gnuoli del Chili. Così finì ivi di distruggersi la razza de' buoi
selvaggi. I Pampa e le altre nazioni confederale ridotte per tutti
i sovra esposti motivi a mancare di quel bestiame, ch'era dive-
nuto necessario alla loro sussistenza , incominciarono poco prima
della metà dello scorso secolo a rubare il bestiame domestico ,
che gli abitatori del distretto di Buenos-Ayres possedevano ne'pro-
prj pascoli. Da qui ebbe origine una guerra sanguinosa; poiché gli
Indiani non si contentavano d'involare gli armenti, ma ne uc-
cidevano i padroni ed i custodi , quando erano adulti , conser-
vando e traendo con se le donne e i fanciulli, valendosi di que-
sti come di schiavi, finché giugnessero all'età di contrar nozze ,
dopo di che li rendevano eguali a se medesimi nelle prerogative
nazionali.
Nel corso di questa guerra i Pampa hanno abbruciato molte
case di campagna , e ucciso migliaja di Spagnuoli. Egli è certo
che questi Indiani erano collegati con altre nazioni, ma essi, do-
tati d'incredibile coraggio, vi hanno sempre sostenuta la parte
principale. I Gesuiti tentarono di formare dei Pampa due colonie,
ma furono infruttuosi i loro tentativi. Saranno incirca i3 anni,
così Azara, che i Pampa fecero la pace cogli Spagnuoli, ciò non-
dimeno sono essi così sospettosi, che allorquando io percorsi il
loro territorio, spiarono scrupolosamente tutti i miei passi, senza
inai presentai misi in faccia , né lasciarsi vedere da me, e ciò in
forza della buona scorta che mi accompagnava. Conseguentemente
quanto di essi ho narrato dipende dalle informazioni che ho po-
tuto istituire sopra i Pampa da me veduti a Buenos-Ayres.
Hanno questi Indiani copia grande di eccellenti cavalli, e li
cavalcano al pari dei <5barrua, Comprano dagli altri Indiani che
sono al sud del loro paese, e da quelli della costa dei Patagoni
i loro abiti di pelle e le penne di struzzo ; e ottengono dagli In-
diani della Cordigliera del Chili le coltri e i poncho. A queste
merci uniscono altri oggetti particolari, come fermagli, stringhe,
redini di cavallo, sale ec, e vanno ad esitarli a Buenos-Ayres,
3o8 COSTUME
donde estraggono in cambio acquavite, erba del Paraguay, zuc-
chero, confetture, uva e fichi secchi, speroni, morsi, coltelli ec.
Sono accompagnati sovente da Indiani della costa de' Patagoni e
della Gordigliera del Chili } e di quando in quando i Gacichi fanno
una visita al vice-re, onde ottenerne donativi.
Loro qualità fisiche.
Si crede che questa nazione non conti più di quattrocento
combattenti. Il suo idioma è diverso da quello di tutti gli altri:
non ha verun suono nasale o gutturale. La loro statura non è
inferiore alla Spagnuola \ ma in generale hanno più forti le mem-
bra, più rotonda e grossa la testa, più brevi le braccia, la faccia
più larga e più severa degli altri Indiani , il colore meno cupo.
Acconciatura de1 capelli.
Non usano dipingersi il corpo, o tagliarsi i capelli: gli uomini
ne sollevano in allo tutte le punte e le annodano con una stringa,
di cui si cingono il capo sopì a la fronte: le donne separano in
due parti eguali le loro chiome , e formano di esse due code
grosse , lunghe e fasciate come quelle de' soldati , le quali non
cadono giù loro sulla schiena , ma per le orecchie a foggia di
lunghe corna , che ad esse discendono sulle spalle e lungo le
braccia. Sono queste le più pulite fra le donne Indiane, ma son
fors' anche più vane, orgogliose e severe.
Barbotto, abiti) ornamenti.
Gli uomini non usano il barbotto, né si coprono con alcun
abito, sia allorquando vanno alla guerra o alla caccia , sia stan-
dosi in casa loro, a meno che il freddo non ve li costringa :
quando però si recano a Buenos-Ayres vestono il poncho. I più
ricchi portano un cappello, una sottana e qualche stoffa che loro
copre i lombi. I capitani o Cacichi hanno un abito e una sottana,
dono del vice-re , ed una cintura di stoffa di bautta. Niuno di
essi porla camicia o calzoni, e avvisano anzi che non se ne diano
loro, perchè troverebbero incomodo il servirsene. Le donne non
si dipingono il corpo, e fanno uso di pendenti, collari e monili
di poco valore. Le medesime si avviluppano in un poncho , che
ne copre interamente il seno , né lascia vedere del loro corpo
altro che le mani e la faccia. Forse in casa propria andranno
meno coperte. Le mogli e le figlie de' più agiati Indiani pon-
gono maggior cura nel loro abbigliamento : esse inseriscono nel
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 3oQ,
loro poncho una dozzina di piastre di rame sottili e rotonde, die
hanno un diametro fra i tre ed i sei pollici , egualmente distan-
ti l'una dall'alt™. Portano inoltre stivali di pelle o cuojo sot-
tile copiosamente guerniti di chiodi di rame, de' quali carica è
la testa e la base larga di sei linee. Le briglie e gli speroni sì di
esse che dei loro mariti sono carichi di piastre d'argento. Non si
è mai trovata fra altre nazioni Indiane tanta disuguaglianza di
ricchezze nel vestito e nel l' abbigliamento,
Loro capi o Cacichi.
Essi hanno de' capi o Carichi^ i quali privi del diritto di co-
mandare, di punire, di esigere cosa veruna, sono ciò nulla ostante
molto reputati dagli altri, i quali adottano ordinariamente tutte
le proposizioni dei primi , perchè li suppongono maggiormente
dotati d'ingegno, accortezza e valore. Ogni capo abita un di-
stretto separato, unitamente a quelli della sua orda \ si radunano
tutti allorquando si tratta di fare la guerra , o che l' interesse co-
mune il richiede. Del rimanente essi non coltivano la terra ove
lavorano: l'arte di cucire e fabbricare stoffe è loro ignoto. Non
conoscono religione , sommissione, leggi ed obbligazioni, premj o
castighi, suoni e danze: s'imbriacano solo di frequente.
Altre loro costumanze.
Alcuni di essi sono forniti d'alcun poco di barba , e ciò de-
riva dalla mescolanza della loro razza coi fanciulli , e colle donne
che si tolsero nella cessata guerra. Sembra ad Azara che l'ami-
cizia conjugale sia più fotte fra i Pampa che presso ogni altro
Indiano} che rari vi sieno la poligamia ed il divorzio $ e che più
di tutti gli altri selvaggi dimostrino tenerezza ai proprj figli , ad
onta che non diano ai medesimi alcuna istruzione.
Abitazioni.
Le loro tende o case portatili sono ben presto costrutte. Es-
si conficcano in terra tre piuoli della grossezza di un pugno,
quattro piedi in circa distanti l'uno dall'altro: quello di mezzo
è più lungo dei laterali*, tutti terminano all'alto in forma bifor-
cuta. A due tese incirca da questi ne dispongono altri tre simili
ai pi imi e coll'ordine medesimo: e poi sulle sommità biforcute
dei piuoli che si corrispondono collocano orizzontalmente tre ba-
stoni o canne , sopra cui stendono pelli di cavallo. Quesl'è la
tenda inalzata per tutta una famiglia, che vi sta sotto coricata
3 IO COSTUME
sopra pelli , e dormendo sempre stese sul dorso. Se il freddo è
molesto, le parti laterali della tenda vengono riparate cou altre
pelli poste verticalmente. Contraggono nozze seguendo 1' uso me-
desimo de'Charrua.
Armi.
I Pampa non conoscono né archi , né frecce. Azara è d'opi-
nione che questi Indiani non ne abbiano fatto uso giammai , e
crede, che quanto si dice nelle antiche relazioni, le quali attri-
buiscono le frecce a questo popolo sia effetto di equivoco fatto
fra esse e quello de' Guarany suoi alleati nella guerra contro la
Spagna. Niun popolo è più tenace delle sue antiche costumanze
quanto il selvaggio, simile in questo ai quadrupedi delle sue
contrade: quelli pertanto che usavano frecce, non vi hanno ri-
nunziato giammai , nemmeno dopo l'arrivo degli Spagnuoli, nella
quali' epoca si sono limitati ad aggiungere alle prime armi loro
quelle di nuova scoperta. I Pampa usavano anticamente di un
dardo o bastone armato di punta .; che maneggiavano vicino al
nemico , e lo lanciavano se ne erano distanti: lo hanno essi pro-
lungato e trasformato in una lunga lancia, la quale è loro quasi
inutile quando combattono a cavallo. Conservano le antiche loro
palle, le quali sono di due spezie: 1' una è composta di tre pie-
tre rotonde grosse quanto il pugno della mano, coperte di pelle
di bue o di cavallo, pel centro delle quali passano cordoni di
cuojo della grossezza di un dito, e lunghi tre piedi. Prendono
in mano la più picciola di queste, e dopo aver fatto girar con
violenza le altre al disopra delle loro teste, le scagliano ad una
distanza di cento passi : il moto di rotazione impresso a tali mac-
chine fa che s'avvolgono coi loro cordoni attorno alle gambe o
al collo dell'uomo od animale preso di mira, in modo che que-
sti non se ne possa sciogliere io tempo. L'altra arme di questa
natura si riduce ad una sola pietra chiamata palla perduta. Essa
è grossa quanto l'altre, e più picciola soltanto se la materia
ond'è formata sia, come accade talvolta , ottone o piombo. Cj-
perta di cuojo sta la medesima raccomandata ad una coreggia
lunga incirca tre piedi. Se ne servono i Pampa aduso di fionda,
allorquando i loro cavalli corrono a briglia sciolta, e lanciata
porta colpi terribili alla disianza di i5o possi, ed anche al di là.
In vicinanza dell'oggetto i Pampa vibrano il colpo seuza lanciarla.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 3 1 I
Somma è la perizia dei medesimi nel trattare queste due specie
di armi utilissime loro nella caccia de' cavalli selvaggi e d'altri
animali, e di cui fanno abbondante provvisione in occasione di
guerra. All'epoca della conquista Spagnuola fu con queste armi
ch'essi avvilupparono e fecero perire in battaglia Don Diego de
Mendoza fratello del fondatore di Buenos- Ayres, e nove altri dei
primi capitani, e gran numero di Spagnuoli che ascesi a cavallo
loro si fecero incontro. Coli' attaccare della paglia accesa alle co-
reggie delle palle perdute pervennero essi ad incendiare molte case
di Buenos-Ayres, e perfino alcuni bastimenti. La loro maniera di
guerreggiare è simile a quella dei Cliarrua :, ma essendo il loro
paese piano e privo di fiumi o di boschi, sono per conseguenza
meno esercitati alle imboscate: suppliscono però a tale imperfezione
colla sagacilà e col coraggio spinti all'ultimo grado, non che colla
superiorità dei loro cavalli, e coli' arie loro nel maneggiarli.
Comarca desierta.
Più al sud delle suddette pianure de' Pampa , la carte Spa-
gnuole pongono la Comarca desierta, vale a dire provincia de-
serta, che si stende dal 4° e 4^ grado di latitudine. La sola co-
sta è stata esaminata paratamente. Le baje Anegada, Camarones,
San-Giorgio ed altre sono comode, ma non vi si troverebbe da
far legna , da far acqua, né abitatori: gli uccelli acquatici ed i
lupi marini regnano senza rivali su quelle triste spiagge.
La tribù degli Argueli o dei Cesari.
Presso al Capo-Bianco la terra si copre di qualche cespuglio,
e sonovi immense pianure coperte di sale. Verso le sorgenti del
fiume di Camarones, e probabilmente a poca distanza da quelle
del Gallego, fra il (\ò e 44 grado di latitudine, dee rintracciarsi
la dimora della nazione detta degli Argueli o dei Cesari. » Quel
paese, dice il Padre Feuillée (i), è estremamente fertile ed ameno,
e cinto a ponente da un grande e rapido fiutne , che sembra lo
separi dagli Araucani. Le cordigliere che accerchiano questo paese
ne rendono parimente difficile l'accesso. I Cesari sono, almeno in
gran parte discendenti dagli equipaggi di tre vascelli Spagnuoli,
che annojiti dagli steuti di un lungo viaggio si ribellarono prò-
(i) Seguendo le relazioni fattegli dagli Spagnuoli del Chili. Observatio-
nes , tom. I pag. 2g5.
3l2 COSTUME
Labilmente e si rifuggirono in quella valle isolata. Non permet-
tono essi a chicchessia d'entrare nel loro paese ». Certamente
sarebbe bello il vedere (i) il miscuglio d'ogni cosa che debbesi
esser fatto presso costoro per la convivenza di donne americane
selvagge con que' rozzi marina j , che pure in paragone qualche
seme di coltura doveano aver tratto dalla prima educazione* e
l'osservare come , mancata ogni comunicazione col paese nativo ,
e finiti gli scarsi mezzi di industria che poterono aver recato seco
in quel loro stabilimento , seppero supplire ai medesimi \ e che
bizzarra confusione sia nata dai pochi lumi di religione e di ci-
viltà di quei marina] colla barbarie di quelle donne *, e simil-
mente de' corrotti costumi de'primi coi costumi semplici e schiet-
ti delle seconde: cose tutte le quali naturalmente dovettero di
buon'ora trasfondersi nella figliolanza sopraggiunta. E a tutte esse
forza è aggiugnere in contrapposto l'influenza di una parte della
comunicazione, forse anche fortuita solamente con qualche orda
selvaggia, e dall'altra parte quella delle reminiscenze e tradizioni
de' padri. Meritava questo fatto d'essere accennato, poiché consi-
deralo in tutte le sue circostanze può forse riguardarsi come u-
nico, o per lo meno meraviglioso. £ quando fia , in qualunque
tempo ciò poi avvenga, che colà si penetri, le cose che di quel
paese saranno riferite, non di molto varieranno del carattere che
del singolare avvenimento ci siamo formati.
I Tehueli.
I Tehueli dimorano nell'interno fra la Comarca deserta e le
Ande. Si dice che questi Indiani sieno uomini pacifici d'indole
e di umani costumi , aventi l'alta statura de'Puelci, e da taluni
creduti un'orda de' medesimi: forse per questo vedesi in alcune
carte notato questo nome tra il Rio-Colorado e il Rio-Negro circa
il 4° grado. Essi non conoscono né religione, né agricoltura, e
vivono di cacciagione che somministra loro alimento e vestito.
Delle pelli delle varie fiere fanno certi mantelli quadrati, che ven-
dono ai Pampa in ricambio di acquavite, d'erba del Paraguay,
di coltelli ed altre cose che i Pampa traggono da Buenos-Ayresj.
Pare che l'acquisto dei cavalli abbia fatto ad essi aggiungere
(i) Così 1' autore della storia dell' America pubblicata in Milano nel
i8af , in continuazione alla Storia Universale di Segur, toni. XII. cap. IV.
DEGLI ABITATORI DEL PARAGUAY 3l3
qualche rito nel tumulare i loro morti , che certamente i loro
maggiori non aveano: imperocché sappiamo, che quando credono
che il cadavere sotterrato abbia perduto le sue carni , vanno a
disseppellirne lo scheletro, e a mondarlo; indilo portano o sul-
l'arida spiaggia del mare, o nel deserto, ed ivi il pongono entro
una picciola capanna in mezzo agli scheletri de'loro cavalli. Fai-
liuer, che ci ha parlato de'Tehueli, considerata l'alta loro sta-
tura e la vita vagabonda che menano , non ha esitato a confon-
derli coi Paragoni, dicendo essere essi appunto gli uomini singo-
lari, che parecchi navigatori hanno veduto sulla costa dello stretto
di Magellano, non dubitando punto che fin là sovente i Tehueli
non ispingano le loro corse , siccome frequentano altresì unita-
mente ad altre orde le steppe di Buenos-Ayres. Ma se dovessimo
prestar fede ad Hawkin's, il quale dice che i Patagoni sono per-
fidi e crudeli, questi non sarebbero al certo i placidi Tehueli di
Fulker. Oltre a che facile è intendere come possano i Tehueli
comprendersi tra le orde che frequentano le steppe di Buenos-
Ayres , di nulla più che di due gradi distanti dal paese in cui
soglionsi porre} ma è difficilissimo concepire come e perchè pos-
sauo correre fino allo stretto, non distante dall'ordinaria loro di-
mora meno di dodici in quindici gradi. Ben sembra potersi dirp,
che nella vasta estensione del paese da noi circoscritto abitino
orde selvagge cavalcatrici , ed alcune di statura straordinaria , le
quali talora sì spargono verso le coste confinanti collo stretto ,
qualunque sia la più o meno lunga linea che così facendo per-
corrano, e l'oggetto che a ciò le guidi: sicché poi quantunque
sieno di generazione diversa, dai navigatori possono essere stale
prese 1' una per l'altra, massimamente infino a che ciascuna d'esse
non sia stata ben esaminata da vicino, e non ne sia stato notato
quanto può farla con giusta ragione o confondere insieme, o di-
stinguere. Lo stesso accuratissimo Azara non ci ha su questo ar-
gomento somministrali lumi maggiori di quelli che avevamo in-
nanzi di lui (i).
(i) Azara, viaggio nell'America meridionale, cap. X.
3i4
TERRE MAGELLANICHE.
LA PATAGONIA.
E
ccoci giunti in quell'estremità dell'America meridionale de-
nominata Patagonia da quel popolo d'alta statura, che probabil-
mente ne occupa l'interno, da que'giganti che eccitaron sì a lungo
la curiosità de' viaggiatori, de' geografi e de' naturalisti. Le repli-
cate relazioni avute intorno a questi popoli , purgate da ogni
preoccupazione od esagerazione, non permettono più di dubitate
ch'essi non sieno veramente una speziale razza d' uomini, comun-
que per certi aspetti, sia stato facile a taluno confonderli con
altra gente frequentatrice delle coste sulle quali essi sono stati
veduti. Nel tempo stesso le medesime relazioni mettono la storia
d'America in diritto di dire quanto oggi è palese (i) sì intorno
alla contrada da essi abitata, come intorno si carattere e ai co-
stumi che se ne sono notati.
(i) Eccole principali relazioni sulle Terre Magellaniche.
Bernhardi Jansz vera et accurata Descriptio cladium omnium , quae acci-
derunt quinque navihus anno 1698, Amstaelodamo expeditis , et per
fretutn Magellanium ad Moluccanas perrecturis etc. V. la IX. parte
della collezione de' Grandi Viaggi di Teodoro de Bry, pag. 56.
Reyse gedaen in de Jahren 1615-16-17, door de straet Magellunes , door
Vili. Corri. Schouten. Amsterd. , 1617, in 4-°
Découverte du détroit de Lamaire (in Olandese). Amsterd. , 1618, in
4-° in Francese, ibid., 1618, in 4-° ni Tedesco, ibid., 1168, in 4-°
Lo stesso in Latino col titolo seguente : Novi freti in parte meridio-
nali freti Magellani in magiium mare Australe detectio facta a GuilL,
Corn. Schouten etc. Amsterd., 1618 , in 4-° Lo slesso ancora in La-
tino, ornata di 7 stampe. Amsterd. , 1620, ibid., 1621, in 4-° Lo stesso
ancora in Latino sotto il 1 itolo: Diarium, vel Descriptio laboriosissimi
ac molestissimi itineiis etc. Amsterd. , 1648, in 4>° in Francese, Pa-
rigi, 1619 e i63o in 4-°
La navigazione di Lemaire senza quella di Schouten venne per la prima
volta pubblicala in Latino col titolo seguente:
DEGLI ABITATORI DELLE TERRE MAGELLANICHE 3 1 5
Situazione della Patagonia.
Mentelle e Malte-Brun limitano la Patagonia a quella regione
che trovasi al sud del /16 o q7 grado di latitudine. Questa estre-
mità del continente Americano, che è il terreno continentale più
Speculum orientalis occidentalisque navigationis quarum una Georgii a
Spilbergen , altera Jacobi Lemaire auspiciis imperioque directa. Leida,
161-9, in 4»° obi. Trad. in Francese: Miroir Oest. et West-Indical ,
auquel son descriptes les deux deruieres navigations etc. Amsterd . ,
1621 iu 4-° obi. fig.°
Novus Orbis sive Descriptiolndiae Orientalis, auctore Antonio de Herrera.
Metaphrasti Barlaei accesserunt Navigationis nuper australis Jacobi Le-
maire Historiae. Amsterd. , 1623, in f.°
Relazion de deux caravelles que le Roi d' Espagne envoye de Lisbonne.
1' au 161 8 sous la conduite du capitarne don Jean de More, pur vi-
siter le passage de Lemaire etc. Si trova ne' cataloghi la notizia di
questa relazione senza data.
Recueil et Abrégé de tous les voyages qui ont été faits devers le détroit
de Magellan. V. Bibliothèque des Voyages de de-la-Richurderies, Part.
V. sect. 1.
Relacion del Viage que por orden de Su Majestad hisieron los capitanes
Bartholomeo Garcias y Gonzales deNodal, descubi indento del estrecho
nuevo de San-Vincente y reconocimiento del de Magellanes Madrid,
1621 , in 4«°
Descripcion geografica de la Region Austral y Magellanica, por Seyxas
de Louero. Madrid. 1690, in 4-°
Johu Narborough's Voyage to the streights of Magellan , account of Se-
veral late voyages to the south and north, London , i6g4, in 8.° ibid. ,
1711 , in 8.° Trad. in Francese, Parigi, 1722, in 12.0
Voyages aux Terres Magellaniques, par Cowley. Trad. dall' Inglese Rouen,
1711, in 12.0
Voyage aux Terres Magellaniques, par Jean Wood. Trad. dall'Inglese.
Amsterd., 171 2, in 12.0
Essai sur les Patagous, par 1' Abbè Coyer. Paris, 1767, in 8°
Viage à 1' estrecho de Magellanes, por el cap Pedro Sarmiento de Gam-
boa, en los annos 1699 y 1600 etc. Madrid, 1768, in 4-°
Journal historique d'un voyage aux iles Malouines fait en 1766 et 1764?
et de deux voyages au détroit de Magellan etc. par Antoi ne- Joseph
Pernetty. Berlin, 1769, 2 voi. in 8.° Lo stesso, Paris , 1770, 2 voi
in 8.° fig.° Trad. in Inglese. Londra, 1770, in 4-° e ibid, 1794,111 4-°
Description of Patagonia and the adjoining parts of Soulh-Amevica, and
some particulais relati ng to Falkland islands, by Thomas Falkaer.
3l6 COSTUME
australe che siavi sul globo , merita senza dubbio il nome di
paese freddo, sterile e selvaggio.
Clima.
Ma i venti impetuosi ed i subitanei cangiamenti di tempera-
tura non sono incomodi particolari alla Patagonia, ma bensì ca-
ratteri inerenti ai climi de' proraontorj o delle estremità di un
continente qualunque. Nella Patagonia però tutte le circostanze
che possono contribuirvi, trovami riunite al più alto grado. Tre
vasti oceani separano quella terra da tutto l'universo: venti e
correnti opposte vi si incontrano in quasi tutte le stagioni: un'alta
e larga catena di montagne la percorre e la riempie a metà: non
ha vicina alcuna terra temperala o coltivata.
Pianure e monti.
Si è di recente osservato che la pianura o la parte orientale
differiva essenzialmente dalle montagne che formano la parte oc-
cidentale. La prima arida, nuda, arenosa, priva affatto d'alberi;
gode di un'aria asciutta e serena} il calore dell'estate è dai 5
ai 9 gradi di Réaumur. La seconda formata di rocce primitive,
bagnata di fiumi e cascate, coperta di boschi, va soggetta a quasi
perpetue pioggie. Il caldo non è che dai tre ai sette gradi.
Vegetabili.
Tra gli alberi comuni sulla costa elevata una spezie di be-
tulla , betula antartica^ acquista talvolta la circonferenza di 35
piedi , e somministra oliimo legname. Una specie di palma o di
felce arborescente si diffuse fino allo stretto di Magellano.
'CT
London, 1774? in 4-° Trad. in Francese. Genève, 1787, 2 voi
in 24.0
Bernard Penrose's, Account of the List expedition to port Egmond in
Falkland islands, in the year 1772 etc. London, 177^, in 8.°
The Narrative of the honouiable John Byron containing an account of
the great distresses sufferend by himself and his companions on the
coast of Patpgooia , from the years 1740 etc. London, 1780, in ia.°
Trad. in Francese. Paris, 1766, in 8.'
Relacion del ultimo Yiage al estrecho de Magellanes de la fregata de S.
M. Santa Maria de la Cabeza, en los annos de 1785 y 1785 etc.
Madrid, 1788, in 4-° fig.°
W. Clayton's, Account of Falkland islands. V. le Transazioni filosofiche
voi. 66, parti If.
DEGLI ABITATORI DELLE TERRE MAGELLANICHE 3l^
animali.
I guanaco, una spezie di perrocclietto verde, la lepre-pampa,
il vizcace e molti altri animali del Perù e di Buenos-Ayres mol-
tiplicarono nella Patagonia. Intorno al Porto-Desiderato, baja sicura
e profonda , le rocce sono composte di marmi venati di nero,
di bianco e di verde , di pietre focnje e di talco sì lucente che
pare cristallo. Pochi sono i vegetabili \ Narboroug ^ide nondimeno
stormi di tori selvatici nell'interno. Le conchiglie fossili formano
in quelle coste grandissimi banchi e sono di rara bellezza. Presso
ai porto San-Giuliano si videro animali simili alila tigre, sien essi
yaguan , gangliari od armadillos. Sonovi grandi lagune salse.
Stretto di Magellano.
Lo stretto di Magellano ha perduto la sua importanza nautica
dopo che la scoperta del Capo-Horn aperse ai naviganti un più
facile accesso nell'Oceano Pacifico (i). Il celebre Magalhaens vi
passò l'anno i5ig, e poscia la maggior parte degli antichi viag-
giatori intorno al globo ebbero ad esercitarvi la loro pazienza ed
il loro coraggio. Gran numero di correnti e molte sinuosità ne
rendono difficile la navigazione: è lungo cento ottanta leghe, e la
larghezza è talora più di quindici, talora meno di due. A levante
due strette bocche ristringono il canale : le rupi molto scoscese
sembran calcane. Nel centro si presenta un vasto bacino col porto
della Fame, ove gli Spagnuoli avevano fabbricato e fondato una
colonia sotto il nome di Ciudad real de Felipe: improvide mi-
sure vi fecero perir di fame i coloni. Il paese che sta intorno al
porto della Fame meriterebbe di portare un nome meno terribile.
Yi si veggono in abbondanza pappagalli, pivieri, beccaccine, o-
che, anitre} vi si liova il pepe, la scorza di winter ed il ribes.
A qualche distanza nel Freshwater-baye Narboroug trovò faggi
e betulle assai grosse. Le estremila delle Ande presso al Gapo-
Froward son coperte di neve} ma sui loro fianchi si veggono al-
beri e foreste. Il Rio Gallego ed altri fiumi trasportano al mare
o verso lo strettto glossi alberi.
(i) Od almeno il signor di Fleurieu risguarda questa via come sempre
preferibile, ad eccezione del tempo degli equinozj. Voyage de Marchand;
tom. I. pag. 17. Egli prova altresì che gli Spagnuoli, lungo tempo prima
degli Inglesi , avevano mostrato che si poteva traversare questo stretto
da ponente a levante. Ibid. tom. 111. pagi 261.
3l8 COSTUME
La costa che circonda al nord-est 1' uscita occiddenlale dello
stretto, è stato da poco tempo riconosciuta dagli Spagnuoli ^ e si
è veduto che in luogo di far parte del continente forma un arci-
pelago assai considerabile. Più al nord sta 1' arcipelago di Toledo
o della Santa-Trinilà. La grand' isola della Madre de Dios ne
fa parte. Gli Spagnuoli hanno un porto sull'isola di S. Martino,
e fattorie in parecchi punti della costa occidentale.
Premessa questa breve descrizione della Patagonia, noi passe-
seremo a parlare de' famosi suoi abitatori, riportando le principali
testimooianze di chi scrisse tanto in favore quanto centra la sus-
sistenza di questa razza straordinaria d'uomini, non essendo scu-
sabil cosa in noi l'osservare superficialmente sì fatti popoli di cui
è stato detto tanto a loro riguardo.
Relazione di Garcilasso.
L'antica tradizione de' Peruviani colloca nel sud dell'America
un popolo di giganti. Le esagerazioni manifeste che trovausi nella
relazione di Garcilasso (i) potrebbero meritare qualche scusa: ma
la ragione principale per escludere una tale testimonianza , è il
dubbio ben fondato se Garcilasso in generale ha riferito le tradi-
zioni reali della sua nazione , oppure s'egli ha abbelliti , come si
può presumere, i frammenti della mitologia classica e della storia
Greca-Romana.
di Magellano.
Magellano, il primo marinajo che abbia navigato sulle coste
di Patagonia, vide coi suoi propij occhi alcuni di que' giganti sì
formidabili nel nuovo continente} e gli sembrò che avessero dieci
palmi d'altezza, cioè sei piedi e mezzo, antica misura francese.
Uno di essi era più grande degli altri, e gli Spagnuoli non gli ar-
rivavano che alla cintura. Sei di que' Palagoni mangiavano come
venti Spagnuoli, tna a quell'epoca non avevano ancora cavalli, e
montavano sopra animali simili all'asino, probabilmente i guemuli
di Molina. Ma allora come adesso eran vaganti e pastori.
di Piga fetta.
» Essi non hanno, dice Pigafetta, case stabili: fanno capanne di
pelli, cui trasportano a loro voglia da un luogo all'altro. Vivono di
carne cruda e di una radice appellala capas nella loro lingua.
(i) Storia degli loca, lib. IX. cap. 9.
DEGLI ABITATORI DELLE TERRE MAGELLANICHE 3lQ,
Hanno i capelli tagliati in circolo come i frati , e la testa legata
con una corda di cotone, nella quale collocano le loro frecce.
Relazione di Cavendish.
Verso l'anno 1592, il cavaliere Cavendish passò per mezzo
lo stretto di Magellano . ed attestò di aver veduto sulla costa d'A-
merica due cadaveri di Patagoni che avevano quattordici palmi
di lunghezza. Misurò sul lido l'orma di un piede d'uno di quei
selvaggi, e la trovò quattro volle più lunga d'una delle sue: fi-
nalmente poco mancò che tre suoi marinaj non fossero uccisi in
mare dai pezzi di rupe che lanciò contro di essi uno di quei gi-
ganti (1). E:co il Polifemo dell'Odissea, ed ecco la favola che
viene a sfigurare i fatti storici.
di Sarmi ento.
Tutti i viaggiatori che nel XIV secolo percorsero il mare del
sud, parlano della sussistenza de'giganti nel circolo antartico
come di una verità già nota. Il corsaro Spagnuolo Sarmiento (2)
viveva nel secolo della cavalleria, eppure la sua relazione dei Pa-
tagoni è meno esagerata di quella di Cavendish. » L'indigeno
preso dai nostri era gigante fra gli altri giganti, e rossomigliava
ad un Ciclope. I suoi compagni eran alti tre vara (3), grossi e
forti in prporzione ... Si fece qualche giorno dopo un altro
sbarco } ma 1' artiglieria spaventò i giganti , che fuggirono con
grande sveltezza, e parevano correr rapidi quanto una palla di
schioppo.
di HawkirCs.
Anche 1' Inglese Hawlun's parla in una maniera assai mode-
rala. 55 Convien diffidare degli abitatori della costa di Magellano $
chiamatisi Patagoni \ sono perfidi e crudeli, e di sì alta statura che
parecchi viaggiatori dan loro il titolo di giganti (J\).
di Oliviero , di Noort ec.
L'ammiraglio Olandese Oliviero di Noort uon gli ha veduti,
e solo inlese dire esserci nell'interno della Patagonia una nazione
o
(1) V. la relazione di Antonio Ruivet, nella collezione di Purchass,
toni IV. lib. VI.
(2) Storia delle conquista delle Molucche, di Argensola , lib. III.
(3) Vara. Ora questa misura varia molto in Ispagua ; e le tra vare
possono essere ridotte a meno di sette piedi e mezzo.
(4) Purchass. Collezione ec. tona. IV. lib. VII. cap. 5.
m
320 COSTUME
delta Tiremenen , i cui individui lian dieci e fin dodidici piedi
d'altezza } vengono a far la guerra ai popoli vicini , perchè sono
mangiatori di struzzi (i). » Il vice-ammiraglio Sebald de Veert
pretende averne veduti presso alla baja Verde, che avevano dieci
o undici piedi d'altezza ». Ma siccome 70 piedi d'Amsterdam
non fanno che 61 piedi di Francia, riduconsi i dieci o undici
ad otto o nove 5 d'altronde una tale misura non sembra fondata
che su di un vago calcolo (2).
Dubbj sulla loro sussistenza.
Alcuni naviganti del decime-settimo secolo non videro allo
stretto di Magellano che uomini di picciola statura. Vood e Nar-
boroug vengono spezialmente citati per ismentire le asserzioni de-
gli antichi navigatori. Ma tali viaggiatori posson ben dire il vero
anch'essi, senza che Pigafetta, Hawkin's e Knivet sieno impo-
stori: non è mai stato sostenuto che tutti i popoli della punta
dell'America meridionale avessero una statura colossale. Che mai
si direbbe di uno storico , il quale non vedendo in Laponia che
Svedesi, Norvegi e Russi, trattasse da visionai j quei viaggiatori i
quali assicurano che i Laponi sono i pigmei della specie umana?
L'argomento è reciproco.
Nuove relazioni.
Il secolo decimottavo somministrò nuove testimonianze della
statura colossale dei Patagoni. Del 1704 Harington e Cannai) ca-
pitani di due vascelli Francesi videro una volta sette giganti in
una baja dello stretto di Magellano, una seconda volta sei, ed
una terza uno stuolo di dugento persone miste di giganti e di
altre persone di statura ordinaria: i Francesi s'abboccarono in
tutta pace con essi (3).
Relazione di Frezier.
Il giudizioso Frezier che fece nel 1712 il viaggio del mare
del sud, riferisce, per confermare questo fatto, la testimonianza
di una moltitudine di antichi navigatori, e termina le sue cita-
zioni con questa semplice e naturale riflessione. » Si può credere
(1) Purchass. tom. I lib. II. cap. 5.
(2) Recueil des voyages de la Compagnie des Indes, tom. II.
(3) V. Histoire des Navigations aux Terres Australes du president de
Biusess. tom. II. pag. 329.
DEGLI ABITATORI DELLE TERRE MAGELLANICHE 321
solita leggerezza che ci ha in questa parte d'America una nazione
d'uomini di statura molto superiore alla nostra: le particolarità
de' tempi e de'luoghi , e tutte le circostanze che accompagnano ciò
che se ne disse, sembrano avere un carattere di verità bastanle
per vincere la prevenzione naturale che si ha pel contrario: la
rarità dello spettacolo ha forse prodotto qualche esagerazione nelle
misure della loro statura } ma se si riflette che tali misure furono
prese più per approssimazione che con rigore, si vedrà ch'esse
differiscono di poco (i).
di Byron.
Senza parlare di Shelvock e di alcuni altri capitani meno noli,
diremo che anche il celebre ammiraglio Bjron ha veduto i Pata-
goni. » Questo celebre ammiraglio, così Mentelle e Malte-Brun ,
era d'un carattere grave e tutt' altro che credulo: tale ritratto ci
venne fatto da un vecchio ufficiale della marina Danese, che ha
servito sotto Byron in un'altra campagna. Per la qual cosa noi
citiamo con molta confidenza la sua testimonianza , la quale porta
il carattere della sincerità ». La relazione però del suo viaggio
non fu scritta da lui medesimo.
» Nell'avvicinarsi alla costa, segni sensibili di spavento si
manifestarono sul viso di quelli che erano nel conoè al vedere
alcuni uomini di prodigiosa statura. Alcuni de' nostri per incorag-
giare forse gli altri osservarono che quegli uomini giganteschi
sembravano anch'essi spaventati alla vista de' nostri moschetti,
siccome noi l'eravamo della loro statura. Il comodoro scese a
terra con intrepidezza, fece sedere que' selvaggi e distribuì loro
qualche cianfrusaglia. Erano di sì straordinaria grandezza, che se-
duli eran quasi alti come l'ammiraglio in piedi . . . Parve che
la loro statura media fosse di otto piedi , e la maggiore di nove
piedi e più (2) Ma immediatamente dopo ci vien detto
che i loro cavalli avevano sedici palmi d'altezza (3), ciocche
(r) Voyage de Frézier, ediz. del 1732, pag. 76. e seg.
(2) Si tratta di piedi inglesi , che, secondo 1' accademia delle Scienze,
hanno i35 line 16 cent., ma secondo le Metrologie di Rruse, di Ge-
rhard ec. di piedi inglesi che avevano servito ne' cantieri reali non ave-
vano che i35 linee. Dunque otto piedi inglesi non na farebbero che
sette e mezzo.
(3) Quattro palmi sopra un piede inglese.
Cost. Voi. III. deW America. 21
32 2 COSTUME
è « vidtiiteineute fuori d'ogni proporzione con chi doveva caval-
carli 5J.
Altra relazione più degna di fede.
La relazione più precisa e minuta e degna di fede è quella
che trovasi inseguito al viaggio all' isole Maluiue. Il luogoteuente
di fregata Duclos Guyot, ed il comandante di un bastimento di
trasporto la Giraudais, non solamente rividero ancora Tanno
1766 que? giganti, ma soggiornarono tanto tempo fra di essi da
poterci somministrare le più curiose particolarità sui loro costumi
e sulla loro maniera di vivere.
Ricevettero i Francesi con cauti o discorsi solenni, come gli
isolani del mare del sud: dopo di avere così manifestata quella
ospitalità che è propria dell'uomo della natura, condussero quegli
stranieri presso al loro fuoco (1).
Costituzione fisica de' Pat agoni.
Avendo i Francesi esaminati i Palagoni con tutto il comodo,
li trovarono della più alta statura ^ il più picciolo avea cinque
piedi e sette pollici d'altezza, la larghezza delle loro spalle eia
a proporzione ancora più enorme, ciocché faceva parere raen
gigantesca la loro statura. Han le membra grosse e nervose, la fac-
cia larga, la tinta assai bruna, fronte grossa, naso stiacciato,
guance larghe, bocca grande, dentatura bianca e ben compita,
capelli neri, e son più robusti de' nostri Europei di eguale
statura.
Loro abiti, costumanze ec.
Veston pelli di guanaco, di vigogna ed altre, insieme cucite
a guisa di cappa, scendente fino alla caviglia del piede. Son
dipinte sopra que' mantelli, dalta parte opposta alla lana, figure
azzurre e rosse, che rassomigliano alquanto ai caratteri Cinesi,
ma quasi tutte simili , e separate con linee rette formano quadrati
e rombi: hanno altresì una spezie di uose o stivaletti delle me-
desime pelli col pelo di dentro (2). Portano berrettoni di cuojo
(1) Voyage de Don Pernetty , toni. II. pag. 124.
(2) Il signor de la Graudais ricevette in dono da questi Patagoni ,
allorché li visitò ritornando alle isole Maluine , molti di questi mantelli,
alcune delle loro clave, alcuni archi armati di pietra, e collane di con-
chiglie delle loro donne, w Egli portò questi doni a Parigi, così dice
Pernetty , io li ho esaminati con comodo ; e benché io sia grande cinque
DEGLI ABITATORI DELLE TERRE MAGELLANICHE 323
adorni di piume in forma de'nostri pennacchi. Vedi la Tavola 38.
Pronunciarono qualche vocabolo spagnuolo o somigliante a questa
lingua. Nell'indicare colui che pareva essere il loro duce lo ehia-
maroii capitano.
Parecchi Francesi andarono a caccia un po' lungi, uccisero
alcune pernici e videro carcami di vigogne, ed un paese incolto,
sterile e coperto d'erica. I cavalli de' selvaggi sembrano assai de-
boli } ma li maneggiano con molta destrezza. I Patagoni fecero
alcuni doni ai Francesi che erano andati a caccia : essi consiste-
vano in pietre rotonde della grossezza di una palla di cannone
di due libbre , aggiustate in una fascia di cuojo attaccata e cu-
cita all'estremità di un cordoncello di budella intrecciate a guisa
di una cordella di pendolo. E un laccio od una spezie di from-
bola di cui i Patagoni si servono con molla destrezza per ucci-
dere gli animali alla caccia. All'estremità opposta a quella in cui
è posta la pietra rotonda havvi un' altra pietra più picciola della
mela dell'altra, e ben coperta da una spezie di vescica : essi ten-
gono questa picciola pietra in mano, dopo di aver passala la corda
fra i diti; ed avendo fatto il movimento del braccio, come per
la frombola , colpiscono ed uccidono gli animali fino a quattro-
cento passi di distanza.
Le donne sono molto men brune, anzi piuttosto bianche, di
statura proporzionata a quella degli uomini , coperte del pari
d'una cappa, di stivaletti e di una spezie di grembiule, che giu-
gne solo alla metà della coscia. E certo che sogliono strapparsi
le sopracciglia, mentre ne mancano affatto. I capelli sono accon-
ciali sul viso, e non portano berretti.
Questi Patagoni non conoscono la passione della gelosia , ciò
che si desume dalla loro condotta, mentre incoraggiavano i Fran-
cesi a palpare il seno delle loro mogli e figlie, e li facevano
dormire alla rinfusa con se e con esse (i). I Patagoni mette-
vansi sovente in tre o quattro addosso ai loro ospiti |onde pre-
servarli dal freddo, galanteria che parve sospetla ai Francesi, ed
inspirò loro un momento d'ingiusta diffidenza.
piedi, sette pollici, ed alcune linee; uno di questi mantelli posto sulle
mie spalle, alla stessa maniera usata dai Patagoni strascinava a terra almeno
un piede e mezzo.
(i) Pernetty, pag. 109.
3^4 COSTUME
Presso una tribù o famiglia vicina , le donne parvero assai
modeste , ma sforzale dalla presenza degli uomini , die sembra-
vano gelosi all'eccesso. Il signor Duclos interrogò il capo di que-
sta tribù, come polè , sulla religione. Questo selvaggio diede a
conoscere, ch'egli non adorava né il Sole , né la Luna , né gli
uomini, né gli animali, ma solamente il cielo e l'universo intero:
ciò eh' egli ripetè molte volte , alzando sempre le mani giunte
sulla sua testa.
Questo capo è distinto dagli altri per un berretto di pelli
d' uccelli colle loro penne \ cui pone in capo quando riceve vi-
site, per dimostrare senza dubbio 1' alta sua dignità. Il signor
Oiraudais ha voluto donare a'suoi ospiti alcuni berretti di lana
rossa: ma nessuno di essi ha potuto farvi entrare la propria te-
sta, essendo troppo piccioli pei medesimi. Si donaron loro altresì
alcune coperte di letto, accette, caldaje ed altri utensili. I Pata-
goni diedero in cambio archi, frecce poco pericolose e collane di
conchiglie.
Un viaggio alquanto recente degli Spagnuoli allo stretto di
Magellano ha confermate queste particolarità. I più grandi fra i
Patagoni trovaronsi alti sette piedi ed un pollice , e di più di
quattro piedi di circonferenza al petto. La statura media era di
sei piedi e mezzo. I piedi e le mani eran troppo piccioli a pro-
porzione. La forma del volto e la poca barba provavano la loro
origine Americana (i).
Relazione degli Spagnuoli.
Ne' nuovi Annali de' Viaggi (2) leggonsi ancora altre più re-
centi particolarità sulla Patagonia. Un vascello di Liverpool che
trafficava lungo la costa di Patagonia, vi fece non ha guari nau-
fragio.
Altre più recenti notizie sui Patagoni.
Era il solo Inglese che vi si era veduto \ benché ogni anno
vi giunga una ventina di bastimenti per la maggior parte Ame-
ricani. L'equipaggio del vascello Inglese e spezialmente un luo-
gotenente della marina Inglese sono ritornati , e ci hanno date
(1) Viage al estrecho de Magalhaens. Madrid. 1788. — Il piede
Spagnuolo è più lungo di un pollice e mezzo di quello di Parigi.
(2) Nouvelles Annales des Yoyage etc. par Eyrie's et Malte-Brun. Paris
1819, tom. III. pag. 445-
DEGLI ABITATORI DELLE TERRE MAGELLAN1CHB 3 2 5*
sulla Patagonia alcune relazioni che confermano le già accennata.
Gli indigeni consistono in due ben distinte tribù : 1' una di
statura gigantesca , sì soventa citata dai viaggiatori , si estende
dalla costa della Piata fino allo stretto di Magellano. Il dello luo-
gotenente vide due capi o Gacichi che avevano certamente otto
piedi Inglesi di altezza: erano qualche volta accompagnati da un
giovane di quindici anni, la cui statura era almeno di sei piedi
e due pollici, (misura d'Inghilterra). Quella delle donne è in
proporzione. Tutta questa tribù ha bellissimi lineamenti ed è be-
nissimo fatta } vive unicamente di cacciagione } e se gli Europei
formassero in quel paese un mercato centrale, esso vi recherebbe
una gran quantità di pelli preziose, in ispezie di guanachi , la
cui lana sarebbe di grandissimo vantaggio per la manifattura die-
gli sciai e de'panni fini. Il luogotenente ne trasportò qualche
poco in Inghilterra, e venne stimata dai i5 ai 16 scellini la lib-
bra. I Patagoni riceverebbero volentieri in cambio liquori spiri-
tosi , tabacco del Brasile , grossi panni rossi od azzurri , grandi
speroni di ferro , lunghi coltelli , lancie, chincaglie di vetro ed
altre simili mercanzie. Non usano argento monetato né armi a
fuoco. L'altra tribù le s'assomiglia a questo riguardo. La loro
condotta fu assai pacifica verso l'equipaggio del vascello Inglese.
Allorché si entra nello stabilimento di Rio-Negro , essi depou-
gon sempre le loro armi, e non le riprendono, se non dopo la
partenza.
L'altra tribù è composta d'Indiani Pampas , picciora razza
che ha abitudine sedentaria, e che soggiorna lun^i all'ouest del
Rio-Negro: sono agricoltori e pastori, né trascurano di occuparsi
in alcune manifatture. Recano alla costa bestiame, panni grosso-
lani, carne secca ec. e ricevono in cambio liquoii spiriìosi e ta-
bacco. I viaggiatori ne parlano, siccome di una tribù numerosa e
tranquillo.
Tutto il paese del Rio de la Piata fino allo stretto di Ma-
gellano è stato abbandonato dagli Spagnuoli , ad eccezione del
Rio-Negro, ove sussistono tuttavia gli avanzi di uno stabilimento,
cui gli abitatori vanno ogni anno abbandonando. Il governo di
Bmnos-Ayres ha solamente preso possesso di una parte, e posto
semplicemente un comandante a Rio-Negro , senza un solo sol-
dato sotto i suoi ordini. Sul principio vi si erau mandati de'Ne-
32,6 COSTUME
gri, ma questi tormentavan gli abitatori in tutte le maniere, ed
uccidevano il loro bestiame, di cui abbondavano prima della ri-
voluzione.
Conclusione.
Sembra dunque provato che i Patagoni , da tre secoli in qua ,
conservino una statura considerabilmente maggiore di quella d'al-
cun'altra specie d'uomini. Se il più picciolo di essi ha più di
cinque piedi e mozzo d'altezza , la loro statura mezzana deve
accostarsi ai sette piedi, od almeno ai sei piedi e mezzo, né v'ha
inverisimiglianza alcuna ne' racconti di chi ci rappresenta taluno di
quegli individui alto otto piedi. Altre parti del mondo furono
forse anticamente abitate da tribù di non men alta statura. L'in-
civilimento ed il lusso gli avrà fatti degenerare, mentre i Patagoni
isolali in mezzo al paese più isolato del mondo, conservarono i
semplici loro costumi, il grossolano loro cibo e quindi l'immensa
loro statura.
TERRA DEL FUOCO.
ISOLE MALUINE.
G;
"iunlì all'estremità del continente faremo una picciola corsa ma-
rittima onde prendere un' idea delle isole vicine , alcune delle
quali a dir vero non ebbero comunicazione coli' America , ma
che nulladimeno sono men lontane da quel continente che da al-
cun altro.
Immediatamente al sud della Patagonia giace un ammasso
d'isole montuose, fredde, sterili, ove le fiamme di più vulcani
non fanno che illuminare le nevi perpetue senza liquefarle. Il
mare vi penetra per canali innumerabili } ma sono sì stretti i
passaggi, sì violente le correnti, i venti sì impetuosi, che il na-
vigante non osa avventurarsi in quel labirinto di desolazione: nulla
d'altronde ve lo attrae} lave, graniti, basalti senz'ordine for-
mano rupi enormi sospese sui muggenti flutti. Qualche volta una
magnifica cascata interrompe il silenzio del deserto*, foche di tulle
Amkr. Voi. Ili
T'T 3j.
DEGLI ABITATORI BELLA TERRA DEL FUOCO 3 2 7
!e forme si trastullano nelle baje ove riposano le gravi loro mem-
bra sul li-Io ^ il pinguino, la dimodea ed altri uccelli dell'O-
ceano Antartico vi inseguono la loro preda. Il navigatore vi trova
pia. ite antiscorbutiche, appio e crescione.
Porto di Christmass.
Tale è la costa meridionale ed occidentale dell'arcipelago chia-
mato Terra del Fuoco. Il capitano Cook vi scoperse il porto di
Christmass , porto di grande utilità per chi oltrepassa il Capo-
Horn.
Capo-Horn.
Questo capo è stato scoperto e oltrepassato per la prima volta
dall'Olandese Lemaire, dopo ch'egli ebbe passato lo stretto ap-
pellato col suo nome. De-Fleurieu però pensa che Drahe, il ce-
lebre navigatore Inglese, l'abbia scoperto venendo da ponente: le
isole Elisabetide, verso le quali una tempesta porlo questo viag-
giatore, dopo di aver passato lo stretto di Magellano, altro non
sono, secondo De-Fleurieu, che la parte occidentale e meridionale
della Terra del Fuoco (i).
Terra degli Stati.
La Terra degli Stati scoperta da Lemaire è un'isola staccata
che deve esser considerata qual parte dell'arcipelago della T^rra
del Fuoco. Dovrebbonsi nominare tutte quelle isole Arcipelago
Magellanico.
Le coste settentrionali ed orientali ebbero la natura meno ma-
trigna : le montagne hanno un più dolce pendio verso l'Oceano
Atlantico^ le valli mostrano un bel verde, e vi si trovano legna-
me, pascoli, lepri, volpi ed anche cavalli.
/ Pesciere.
I Pesciere abitatori indigeni di quell'arcipelago, ed il cui vero
nome sembra esser quello d' Yacanacus , son di media statura,
con larghe facce , gote rilevate e naso stiacciato. Sono sì sudici
che non si discerne il colore della loro pelle ; si vestono con pelli
di vitello marino: le miserabili loro capanne in forma di cono ,
sono sempre piene di esalazioni soffocanti e vivono di pesce e di
conchiglie.
(1) Voyaga de Marchand , tom. HI. pag. 245 e 266.
328 COSTUME
Come sono descritti ne"1 viaggi di Cooh.
Ecco quanto trovasi più distintamente riferito nella storia dei
viaggi del capitano Cook relativamente agli Indiani appellati da
Bougainville col nome di selvaggi Pesciere , dal vocabolo stesso
solito a pronunciarsi ogni momento da questa genie. Erano essi
piccioli, brutti, magrissimi, ed avevano occhi mescliinissimi, senza
veruna espressione, i capelli neri e distesi, disordinati ed unti di
olio fetente.
Loro qualità fisiche.
Sul mento non avevano che qualche pelo sparso qua e là, e dal
naso loro colava continuamente nella loro bocca sempre aperta una
sporca mucosità , talché in tutta la loro figura leggevasi espressa
la miseria e la sporcizia. Uno di questi selvaggi fu disegnato con
gran verità dal solito pittore di Cook ed il ritratto di costui tro-
vasi nella raccolta de' rami che sogliono onorare le varie edizioni
della storia de'Viaggi del suddetto capitano. Noi ne presentiamo
la figura nella Tavola 3g. Largo ed ossuto si è Io stomaco di
costoro; ma il rimanente del corpo così gracile e sottile, che ve-
dendo separatamente queste diverse parti, non potrebbesi credere
che appartenessero alla persona medesima. Tutti avevano le gambe
storte, le ginocchia di una sproporzionata larghezza, e ve n' era
un solo di alta statura. Il loro colore naturale sembra bruno oli-
vastro, lucido come il rame , e dee notarsi che il viso di molti
era screziato di strisce di pittura rossa, e qualche volta ancora
di bianco.
Abiti.
Erano essi inoltre quasi tutti nudi; poiché taluni non ave-
vano altro vestilo che una pelle di vitello marino, alcuni ne por-
tavano due o tre cucite insieme in modo da formare una specie
di mantello fino al ginocchio; ma la maggior parte ne aveva ap-
pena una sola, larga quanto bastava per coprire in qualche modo
le spalle , rimanendo affatto scoperte tutte le parti inferiori del
corpo. Fu detto in quella occasione che le donne si nascondono
il mezzo del corpo con un pezzo di pelle dello stesso vitello ma-
rino, e che in tutto il rimanente vestono interamente come gli
uomini; ma siccome esse rimasero nelle piroghe insieme co' fan-
ciulli , non fu possibile allora di poterle vedere assai da vicino.
Forster per altro notò che queste donne tenevano attorno al collo
DEGLI ABITATORI DELLA TERRA DEL FUOCO 320,
un gran numero di conchiglie sospese ad una striscia di cuojo , e
che la testa loro era coperta di una specie di berretto composto di
grosse piume di oche bianche, poste tutte per diritto. Tra que-
sta gente però videsi appena una sola persona , che avesse avuto
la grande accortezza di cucire alla sua pelle di vitello marino una
squarcio di pelle di guanaco, , ad oggetto di allungare un poco
più un abito così miserabile. Si videro poco dopo due fanciulli
che prendevano il latte, affatto nudi, onde non dee reqar tanta
meraviglia la miseria e la durezza della vita di questi indiani,
quando vengono così dall'infanzia induriti a tutte le inclemenze
di quell'orrido clima. I ragazzi poi non pronunciavano ordinaria-
mente altro che la parola Pesciere: vocabolo che fu dagli Inglesi
preso talora per un termine di tenerezza , e qualche volta ancora
per un'espressione di gemito e di dolore.
Armi.
Tenevano questi selvaggi varie armi, e spezialmente archi,
frecce e dardi o piuttosto fiocine di osso, poste in cima di un
bastone } credesi che con questi stromenti essi uccidano vitelli
marini ed altri pesci. I manichi poi di tali fiocine sono lunghi
circa sei piedi, ed hanno per tutto eguale grossezza } ma sono
angolari e non tondi } e l'osso acuto, che ha da una parte una
sola dentatura, vi è attaccato in caso di bisogno.
Cibo.
Volle il capitano Cook dare a questa gente un poco di bi-
scotto} ma osservò ch'essi non lo amavano tanto com' erasi da
altri riferito, talché sembrava veramente che questo alimento non
fosse per loro sì buono quanto la fetida marcita carne di vitello
marino. Le medaglie, i coltelli ed altri simili lavori erano per
altro assai graditi da questi selvaggi.
Piroghe.
In ciascheduna delle loro piroghe era un fuoco, intorno a cui
slavano ristrette riscaldandosi le donne ed i fanciulli. Non sembra
però ch'essi portino ne' battelli del fuoco unicamente per questo
fine, ma piuttosto ad effetto di essere sempre pronti ad accen-
derne a terra dappertutto dove sbarcano 5 poiché qualunque siasi
il metodo loro di procacciarsene quando nou ne banno, eglino
non sono sempre sicuri di trovare legne secche che s'infiammino
al/a prima scintilla. In queste stesse piroghe sono eziandio grandi
33o COSTUME
pelli di vitello marino , destinate probabilmente a porre al coperto
i selvaggi quando stanno in mare, ed a coprire le loro capanne
quando si trovano in terra. Vero si è per altro che queste stesse
pelli vengono da loro usate talora anche a guisa di vela. Erano
queste piroghe rozzissime, fatte di scorza d'albero} e certi pic-
cioli bastoni servivano a manteoere le piegature della scorza me-
desima. Pessimi erano i remi e venivano maneggiati assai lenta-
mente, sebbene ogni battello contenesse fino ad otto persone,
compresi i fanciulli.
Stupidezza ed indolenza de"1 Pesciere.
E cosa però degna di osservazione il sapere che , al contrario
di tutti gli isolani del mare australe , accostandosi questi Indiani
al vascello, se ne stavano costantemente in un profondo silenzio.
Quegli stessi che salirono a bordo, non mostravano la minima
curiosità, né parevano sorpresi di niente; accettando soltanto al-
cuni regalucci di vetro senza dare al dono il minimo volore, e
senza dimostrare la più picciola riconoscenza al donatore. Colla
stessa indifferenza abbandonavano essi in mano dei forestieri le
loro armi e le lacere pelli di vitello marino ; e non osservando
nemmeno la superiorità degli Europei al confronto loro, non fe-
cero mai trasparire negli sguardi e ne' gesti il minimo vestigio di
ammirazione, di piacere, di sorpresa alla vista di tanti oggetti
meravigliosi quali doveva presentarli agli occhi loro un vascello ;
onde il verissimo carattere di questi selvaggi era quello della somma
stupidezza e dell'estrema indolenza.
Gli Indiani veduti da Gook presso la baja di Buon-Successo
godono di una sorte alquanto migliore: la loro statura è più alta;
i piedi loro sono custoditi con una spezie di stivaletto: sono più
comunicativi ed hanno perfino qualche idea di civiltà.
Isole Mauline.
Le isole Maluine appellate dagli Inglesi isole di Falkland ed
anche Hawkin Maidenland trovansi settantasei leghe al nord est
della Terra degli Stati, e no leghe all'est dello stretto di Ma-
gellano. Quest'è un arcipelago composto di due grandi, e molte
picciole isole. Le due grandi sono separate da un largo canale, al
quale gli Spagnuoli, possessori di quelle terre, diedero il nome
di Stretto di San-Carlos.
DEGLI ABITATORI DELLA TERRA DEL FUOCO 33 1
Quando furono scoperte.
Mi pare , dice Bougainville nella sua relazione dello stabili-
mento da lui fondato iu queste isole, che la prima scoperta delle
Maluine possa essere attribuita al celebre Americano Vespuccio, il
quale nel suo terzo viaggio per la scoperta dell' America , percorse
la costa settentrionale nel i5o2.
Amerigo Vespuccio ne fa la scoperta.
Egli ignorava a dir vero, se questa apparteneva ad un'isola,
o se faceva parte del continente } ma è facile conchiudere dalla
via ch'ei tenne, dalla latitudine alla quale era giunto, dalla de-
scrizione stessa che ne dà ch'essa era la costa delle Maluine.
Assicurò con non minor fondamento che Beauchesne Gouin ritor-
nando dal mare del sud nel 1700, diede fondo nella parte orien-
tate delle Maluine, credendo di essere alle Sebalde.
Navigatori Inglesi e Francesi ne hanno dopo lui cognizione.
Gli Inglesi pretendono che il loro compatriotta Hawkiu abbia
scoperto queste isole nel i5o,3 dando alle medesime il nome di
Maidenland, cioè Terra della Vergine, io onore della celebre
Regina Elisabetta, la cui verginità poco rispettata dalla storia , è
stata consacrata nella geografia. Ma questo Maidenland di Haw-
hin è indicato assai vagamente all'est della costa deserta (della
Patagonia) ed al 5o grado di latitudine. Le isole Maluine sono
invece fra il 5i e 52 grado di latitudine: è dunque possibilissimo
che la terra veduta da Hawkin differisca da queste isole. Vi ha
un capo di Terre australi indicato sotto il 49~^° grado di lati-
tudine sopra tutte le antiche carte.
Gli Inglesi aggiungono che il capitano Straghan, nel 1639,
scoperse il canale che separa le due grandi isole, e lo chiamò
canale di Filkland, nome che poscia passò alle isole medesima.
Ma questo viaggio del capitano Straghan è involto nell'oscurità.
Dom Pernetty è di parere che queste isole non sieno stale
scoperte che tra il 1700 ed il 1708 da parecchie navi di S. Ma-
lo (1). M. Frezier nella relazione del suo viaggio al mare del
sud, e Fleurieu in un viaggio, nel quale confutò vittoriosamente
tante pretensioni inglesi non insistono su di questa (2).
(1) Voyage aux iles Malovines. tora. I. pag. g-i/J-
(a) Voyage de Marchand , tom. III. pag. 281.
332 COSTUME
I Francesi e gli Inglesi hanno tentato di formarvi alcuni sta-
bilimenti 5 la Spagna si mise ili allarme } ma siccome non si trovò
che tale possesso fosse di tanta importanza da meditare una seria
contesa, così la Spagna ottenne dalle altre due potenze la cessione
de' loro diritti, ed i Francesi e gli Inglesi abbandonarono queste
isole agli Spagnuoli , i quali però non vi hanno che un picciolo
stabilimento.
Quadro Jisico.
Le montagne sono poco elevate. Il terreno sulle eminenze vi-
cine al mare, è un terriccio nero formato di vegetabili decompo-
sti } in molti altri siti trovasi una buona torba. Scavando un po' la
terra si trovò quarzo, piriti rame, ocra gialla e rossa. Don Per-
netty descrive una spezie d' anfiteatro naturale formato di filari
regolari d' una pietra bigia porjidica. Non vi sono alberi *, gli
Spagnuoli ne piantarono e trasportarono perfino la terra di Bue-
nos-A yres : tutto fu vano } i teneri arboscelli vi perivano nel pri-
mo anno.
Vegetazione.
Da per tutto nascono ghiaggiuoli che in distanza presentano
1' immagine illusoria di boschetti verdeggianti. Ogni pianta di giag-
giuolo forma un gruppo alto due piedi e mezzo circa, d'onde
sorge un cespuglio di foglie verdi ad un'altezza quasi eguale.
L'erba abbonda in quell'isole, e vi salea grande altezza. Vi si
trovò l'appio, il crescione e due o tre piante d'Europa. Gli altri
vegetabili offrono qualche rassomiglianza con quelli del Canada ,
Ma gli epipacti, gli azederach , i thitymali resinosi che formano
gruppi assai elevati ed arboscelli simili al rosmarino , s'accostano
alla vegetazione del Chili (i).
Animali.
Non vi si trovò che una sola spezie di quadrupede, e questo
era un animale simile ad un cane selvatico: non vi era alcun
rettile e vi si videro pochissimi insetti. Fra gli uccelli il què-
branta-huessos o l'uccello montone è uno de' più grandi 5 la sua
testa assomiglia un poco a quello del montone. Le oche, le ot-
tarde, le arzavole e le anitre vi abbondano talmente che la co-
lonia francese trasse quasi unicamenta la sua sussistenza dalla
(1) Pernelty, toni. IL pag. 62.
DEGLI ABITATORI DELLA TERRA DEL FUOCO 333
cuccia di questi volatili. Tutte le spezie di fuche alle quali il volgo
dà il nome di leone, di vitello e di lupo marino, vanno a ripo-
sarsi fra i gliiaggiuoli clie coprono quell'isole. Il pinguino s'aggira
in mezzo a quegli anfìbj innocui e corpulenti. Gli Spagnuoli,
secondo d'Azara, nel 1780, trasportarono all'isole Maluine 800
capi di bestiame, buoi e vacche, e vi moltiplicarono talmente che
nel 1795 il loro numero oltrepassava gli otto mila : non si dà
loro ricovero né cibo$ il verno è mite abbastanza perchè possono
passarlo a cielo scoperto, ed appresero a cavare la neve onde pa-
scersi dell'erba che sta sotto.
Isola di Sari-Pietro o Giorgia.
Sebbene l'isola San-Pietro detta Giorgia dagli Inglesi non appar-
tenga ad alcuno, la nomineremo qui a motivo della sua vicinanza
coli' isole Maluine. Essa venne scoperta da la Roche nel i6^5 ^
il capitano Gooh nel i8?5 non fece che visitarla una seconda
volta, ed avrebbe potuto astenersi dall' imporle un nome Inglese.
Quest'isola (\io leghe a levante del capo Horn è un ammasso
di rupi coperte di ghiacci e composte, secondo Forster di lava-
gne nere che s'acostano all' anfibolio a strati orizzontali. Si scorge
qualche cespo d' un'erba dura, della pimpinella e de' licheni. Il
solo uccello di terra è la lodola : i pinguini e le foche o vitelli
marini dividonsi in pace l'impero di quel deserto.
Terre Sandwich o Tuie australe.
Le terre coperte d'una massa di ghiacci scoperte dal capitano
Cook i5o leghe al sud-est dell'isola San-Pietro, a 5o, gradi di
latitudine, sembran formare un arcipelago. Ei le denominò Terre-
Sandwich o Tuie Australe. Ma altre catene d'isole stendonsi forse
verso il polo australe, e danno origine a quel variar di correnti
e di diacci galleggianti che bene spesso fanno smarrire l'audace
navigatore che s' avventura in un mare sì formidabile.
FINE DEL TERZO VOLUME DELL 'AMERICA,
INDICE
delle materie contenute in questo
terzo volume dell'America.
D
escrizione fisica generale delV America Meridio-
nale pag. 7
Descrizione particolare di Caracas, della Nuova-Gra-
nata e di Quito 27
Descrizione particolare del Perà entro gli antichi suoi
limiti 90
Indice de"1 principali piaggiatori ed Autori che hanno
scritto la storia del Perù 97
Descrizione del Perù 99
Governo , religione , usanze e costumi degli antichi
Peruviani 119
Il Chili, Il Paraguay e le terre Magellaniche. De-
scrizione particolare del Chili ao5
Tucuman 2a5
Il Paraguay o Buenos- Ayres 228
Terre Magellaniche. La Patagonia 3i4
DESCRIZIONE DELLE TAVOLE.
Carta Geografica deW America Meridionale di Ar-
rowsmith 1
Tav. I. Passaggio della montagna di Quindiu. ... i3
II. Scimie della Guajana Spagnuola 23
III. Scimia leonina, il Condor ec 2 5
IV. Cateratta di Tequendama 54
V. Ponti naturali cT Icononza 57
335
VI. Cascata di Rio Vinagre pag. 58
VII. Vulcano diaria di Turbaco 62
Vili. Abitatori di Quito 71
IX. Balza o Zattera di Guayaquil 80
X. Vulcani di Quito^ il Pichincha ec 83
XI. Atabalipa fatto prigioniero da Pizzarro. . . 92
XII- Il lama, V alpaco, la vigogna io3
XIII. Veduta della città.) e montagna del Potosi . no
XIV. Abitatori di Lima 117
XV. Sacrifizi degli antichi Peruviani . 1 2 1
XVI. Manco -Capac e la regina Coya-Mama-Oello. 12»
XVII. Cerimonie degli Inca i33
XVIII. Clemenza di Mayta Capac i3/j.
XIX. Desolazione de"1 Peruviani durante V eclisse
della Luna i5o
XX. Roccia oV IntUGuaicii ed il burrone del Sole. i54
XXI. Matrimonio dè'principi del sangue degVInca. 166
XXII. Utensili degli antichi Peruviani 170
XXIII. Palazzo degV Inca appellato Callo 175
XXI V. Palazzo o Fortezza degV Inca vicino al vil-
laggio del Canar 176
XXV. Fortezza del Canar 178
XXVI. Abitatori di Santiago 2i3
XXVII. Abitatori della Concezione 21/f
XXVIII. Danza de'Chiliesi 222
XXIX. Giuoco della Ciueca 22/j.
XXX. Giuoco de los Porotos ec 225
XXXI. Il Barbotto 239
XXXII. / Charrua 258
XXXIII. / Guayana 268
XXXIV. Indiani Gesuitici 275
XXXV. Prospetto di Buenos-Ayres. 279
XXXVI. Pastori Spagnuoli del Paraguay 286
XXXVII. Gli Araucani - . , 289
XXXVIII. I Patagoni 323
XXXIX. / Pesciere 327
IL COSTUME
ANTICO E MODERNO
DI
TUTTI I POPOLI.
IL COSTUME
o
STORIA
DLL GOVERNO, DELLA MILIZIA, DELLA RELIGIONE, DELLE ARTI,
SCIENZE ED USANZE DI TUTTI I POPOLI ANTICHI E MODERNI
PROVATA COI MONO MENTI DEL i/ ANTICHITÀ
E RAPPRESENTATA COGLI ANALOGHI DISEGNI
DAL DOTTORE
GIULIO FERRARIO.
AMERICA
Volume Quarto.
FIRENZE
PER V. BATELLI e COMPAGNI
184-2.
IL BRASILE
O
L'AMERICA PORTOGHESE.
Nome, situazione, estensione del Brasile,
I
I nome di Brasile (i) non è stato dato sulle antiche carte che
alle coste marittime del Para sino al gran fiume S. Pedro. I
paesi posti sui fiumi delle Amazoni, di Madera, di Xingu , por-
tavano nelle prime relazioni il nome di paese delle Amazoni:
essi sono al presente compresi per la maggior parte nel governo
di Para. La denominazione di Paraguay, anche nelle carte della
fine dell'ultimo secolo , si estende sulla maggior parte del governo
di Matogrosso, e sulla parte occidentale di quello di S. Paolo }
l'uso moderno ed una disposizione sovrana consacrarono in fine
il nome di regno del Brasile per tutti i possedimenti portoghesi
nell'America meridionale. Questa vasta contrada che si estende
dal 2.0 paralello di latitudine nord fino al 3a.° e mezzo latitu-
dine sud, e dal 3^ grado al 71 di longitudine ouest di Parigi,
racchiude probabilmente , con poca diversità, i due quinti della
superficie dell'America meridionale, o più di dieci volte l'esten-
sione della Francia. Ma la popolazione , che non è un po' con-
centrata che sulle coste e nei distretti delle miniere , giugne
tutto al più a quattro milioni, un quarto appena dei quali è di
sangue europeo.
(1) Vespuccio nel ritorno del suo secondo viaggio intrapreso per esa-
minare questo paese caricò i suoi vascelli di un legno rosso atto alla tin-
tura , cui diede il nome di verzino. Tal legno divenne il principal oggetto
di commercio; il nome di brasil , bresil o breselje col quale era chia-
mato in Europa, e che deriva dalla parola brasa, bragia indicante il
vivissimo suo rosso colore, venne in seguito dato allo stesso paese che lo>
produce.
6 COSTUME
Scoperta del Brasile.
La corte di Spagna risguardava Americo Vespucci ed in ispe-
zie Vincenzo Finson come i veri scopritori del Brasile. E di fatto
ci ha luo»o a credere che Pinson nel i499 avesse visitalo la
contrada vicina alla foce dell' Amazone od almeno le coste del-
l'isola Maranjo. Che che ne sia di ciò è cosa incontrastabile che
Pietro Alvarez Cabrai fu il primo Europeo che abbia estesamente
conosciuto la costa orientale del Brasile.
Pinson.
Il viaggio lucroso di Pinson e di altri avventurieri fece deter-
minare il re di Portogallo ad allestire nell'anno i5oo, una po-
derosa flotta che atta fosse non solo a promuovere il traffico, ma
anche a tentare la conquista : egli ne diede il comando a Cabrai,
che direttosi a ponente, con sua meraviglia si trovò sulla spiag-
gia di uno sconosciuto paese situato nei dieci gradi di là della
linea.
Cabrai.
Cabrai s'immaginò da principio che fosse un'isola nell'O-
ceano Atlantico uon conosciuta} ma procedendo lungo la sua co-
sta per alcuni giorni , fu di grado in grado condotto a .credere
che un paese sì grande formasse una parte del continente. Que-
st'ultimo pensamento fu benissimo fondato. [I paese, in coi venite
a dare , apparliene a quella provincia dell' America meridionale
presentemente chiamata Brasile. Ei prese terra \ ed essendosi for-
mato un'alta idea della fertilità del suolo e della piacevolezza del
clima , ne prese possesso per la Corona di Portogallo , e spedì
una nave a Lisbona con la notizia di questo evento, non meno
utile che improvviso.
Noi vedremo in seguito nel parlare degli stabilimenti Europei
nel Brasile i vani tentativi fatti dai Francesi sotto la condotta di
Villegagnon per istabilirsi in questo paese (i), ed i replicati sforzi
degli Olandesi per impadronirsene (2). Ma salvare il Brasile fu una
delle più segnalate operazioni della dinastia di Bra?anza ch'era
ascesa sul trono degli Emanuelli e de' Sebastiani. Da quell'epoca
(1) V. Voyage de Jean de Lery.
(2) Voyages et etablissement des Hollandois au Bresil. V. Hisl. Gèné-
rales des Voyages, Amsterd-, 1773, tom. XX. pag. 461.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE ")
in poi il Portogallo fu quasi sempre tranquillo possessore di quella
vasta e ricca contrada.
Relazioni.
Molte sono le relazioni che abbiamo di questa si importante
porzione del nuovo continente, siccome si scorge dal qui annesso
elenco (i). L' esattezza però delle notizie che in esse si conten-
(t) Descrizioni del Brasile.
Staden's (Hans) Wahrhaftige Historia und Besehreibung einer Lan-
dschaft der "VVilden , nacketen , griuimigen, Menschenfressrer in der
neuen Welt , America , gelegen ( Brasilien ) , durch eigene Erfahrung
erkannt. Fiancfurt , i556, in 4-° Trad. in Latino col titolo — Stadii
Navigatio in Brasiliani. Francf. De Bry , i5a2 , in f.°
Histoire d' un voyage fait en la terre du Brésil , contenant les naviga-
tions et choses remarquables vues sur mer etc.,les moeurs et facons
de vivre étranges des Sauvages Américains , la description d« plusie-
urs animaux , arbres etc. par Jean de Lery, 1678, in 8.° fig.° La
stessa, i58o, in 8.° fig.° La stessa, Genève, i58o;ibid., i585 ibid.,
i5o,4, in 8.° La stessa trad. in Latino, Genève , i5g4, in 4'.°
Copie de quelques lettres sur la navigation du chevalier de Villegagnon
ès terres de l'Amèrique, oultre l' AEquinoxial jusque soulz le tropi-
que de Capricorne ( le Bresil ) etc. Paris , i55y , in ia.°
Histoire de la mission des Péres Capucins en l' Ile de Maragnan (au Bré-
sil ) , et terres circonvoisines etc. par le R. P. Claude d' Abbeville.
Paris, 1614 ■> in 8.°
Jornada dos vassalos de corca de Portugal , per a se recuperar a cidade
de S. Salvador a bahyra de Todos os Santos etc. feita pollo Padre
Bartolomeo Guerreiro. Lisbona, 1625, in 4-°
Restauracion de la ciudad del Salvator en la baya de Todos Santos, por
D. Thomas de Yargas. Madrid, 1626, in 4-°
Joh. Greg. Aldenburg's Westindianische Reise und Besehreibung der Ero-
berung von S. Salvador in Brasilien, anno 161 5 bis 1626. Coburg ,
1627, in 4-°
Casparis Barlaci Rerum per octennium in Brasilia et alibi nuper gestarum
Historia. Amsterdam, 1648, in f.° fig.° La stessa in tedesco, i65o,
in 8.° Altra edizione in Latino. Cléves , 1660, in 8.°
Historia naturalis Brasiliae , in qua non solum plantae et ammalia sed et
indigenarum morbi, ingenia et mores desciibunlur et iconibus supra
quingenta illustrantur (autore Gnill. Pisone ). Leida, 1648, in i>
La stessa ristampata nell'opera intitolata : De Indiae utriusque re Na-
turali et Medica. Amsterd., i65r , in f.°
Historia Brasiliae (autore C. Margraff de Liebstad. ) Leida, 1648, in £.""
8 COSTUME
gono è sempre relativa ai tempi ne1 quali furooo scritte. I Por-
toghesi hanno generalmente pubblicato poche cose sui paesi ch'essi
possedevano fuori dell'Europa: i loro storici hanno riferite le va-
lorose imprese degli uomini che si resero illustri colle loro con-
Cronica da Compania de Jesu do estado do Brasil, por lo Padre Simao
de Vasconcellos. Lisbona, 1648; ibid., 1662; ibid., 1668, in 4>°
Relacao da viage que fez a estado do Brasilo a armeda , da Campanhia
no anno i655, a cargo do general de Britto-Freyre. Lisbona, 1657,
in 12.0
Nova Lusitania o Historia da guerra Brasilica , desde 1624 hato i658,
por Fr. Britto-Freyre. IAsbona, i6^5 , in f.°
Brasilianische und Indische Reise-Beschreibung, von Amb. Richshoffer
Strasburg , 1677, in 8.°
Gedenkweerdige Brasiliensche zee en land-Reise, door Joh. Nieuhof.
Amsterd., 1682, in f.° fig.°
Descriptio totius Brasiliae , in qua agitur de natura et indole regionis et
incolarum etc. Clèves, 1698, in f.°
Si possono avere molte altre cognizioni sugli stessi oggetti nelle seguenti
relazioui raccolte da Hackluyt nella sua collezione , voi. II. parte
prima.
Voyage de Guillaume Hawkins au Bresil , en i53o et 32. — Voyage de
Robert Reniger et Thomas Forét au Brésil, en i54o. — Voyage de
Pudsey dans la baie du Brésil, en 1542. — Voyage de Hare au
Brésil, en i58o; — Voyage de Jean Lancaster au-dessous et dans les
environs de Pernanbuc au Brésil , en 1694. —* Finalmente Le-Routier
expositif des còtes du Brésil , de l' isle Sainte-Catherine et de la rivière
de-la Piata.
Isloria delle guerre del regno del Brasile accadute tra la corona di Por-
togallo e la repubblica di Olanda, con le carte e piani, del Padre Gio.
Giuseppe di Santa Teresa, 1700, in f.o
Relation de la mission du p. Martin (de Nantes) dans le Brésil, parmi
les Indiens appelès Carivis. Quimper , 1706, in 12.0
Historia da America Portuguesa , de anno i5oo de su descobrimento are
o de 1724 por Bocha-Pitta. Iyisbona. 1730, in f.°
Beschreibting des Portugiesischen Amerika , spanisch und teutsch , mit
Anmerkungen von Chr. Leiste Brunswick, 1780, in 8.° Trad in Fran-
cese da Tomaso Lindley. Paris , 1806, in 8.°
Questa descrizione del Brasile in un'estensione di io38 miglia, scoperta da
Maragnon ec. fu scritta iu ispagnuolo nel 1 634 da Pietro Cudena. e il MSS.
venne scoperto da Lessing nella Biblioteca di Wolfenbuttel nel 1780.
Non poche cognizioni sullo stalo attuale del Brasile si possono avere nella
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE g
quiste-, gli ecclesiastici ed i monaci ci descrissero le fatiche dei
Missionarj che guadagnavano le anime al cielo- ma si cerca inu-
tilmente in sì fatti libri un" esalta descrizione di queste contrade,
ed essi non si estendono tutt'al più che sulle costumanze degli
indigeni, soggetto curioso, ma che non basta alla nostra istru-
zione. Si aggiunga poi a ciò che la maggior parte de' libri porto-
ghesi non sono conosciuti fuori del loro paese, di modo che pos-
siamo asserire con franchezza che noi non siamo debitori a questa
nazione delle più importanti cognizioni che abbiamo sul Brasile.
Opere di V~asconcellos e di Rocha-Pitta.
Simone di Vasconcellos e Sebastiano di Rocha-Pitta che pub-
blicarono in Lisbona le loro relazioni sul Brasile , il primo nel
1668 ed il secondo nel 1730, sono i due scrittori più conosciuti
fuori del Portogallo. Queste produzioni però sono ben lungi dal
soddisfare la nostia curiosità, ed il secondo ha di più uno stile
ributtante per esser troppo ampolloso (1). Né dobbiamo essere
sorpresi se poche cognizioni possono aversi da questi due autori:
poiché quando il governo pensa che sia del proprio interesse il
proibire la pubblicazione delle notizie spettanti certi oggetti ch'egli
relazione dell'ambasceria di Lord Macartney alla Cina e nell'eccel-
lente Memoria sul Brasile di M. Malte-Brun inserita nella sua tradu-
zione del viaggio di M. Barrow alla Cocincina. Ma le notizie esatte e
recentissime si hanno nelle seguenti opere.
The History of Brazil by Robert Soutey , voi. 2, in 4-°
Travels in Brazil by Henry Roster. London, 1816, in 4-° fig-° trad. in
Francese. Parigi, 18 18, 2 voi. in 8.° fig.°
Mawe Jean, Voyages dans l'intèrieur du Brèsil faits en 1809 et 1810.
Traduits de l'Anglais par J. B-B Eyriès. Paris , 1816, voi. 2 in 8.° fig.o
Reise nach Brasilien in den Jahren i8i5, bis 1817 von Maximilian Prinz
zu Wied-Neuwied. Frankfurt , 1820-1821 , 2 voi. in 4-° con Atl. in f.°
Brasilien in seiner Etwickelung seit der Entdeckung bis auf unsere zeit
von Joh. V. Spix. Mùnchèu , 181 1.
(1) » Quest' opera di un dotto Brasiliano , membro dell'accademia reale
di storia di Lisbona , contiene molte notizie sulla fondazione della colonia,
sui suoi successivi governi e sopra i suoi stabilimenti ecclesiastici , ma è
assai mancante di tutto ciò che spetta alla storia naturale, al commercio,
e in una parola, ad ogni utile cognizione: di più essa è scritta con imo
stile molto ampolloso ». Tale è il giudizio che ne dà Lindley nella pre-
fazione del suo viaggio al Brasile.
IO COSTUME
vuol tenere occulti (i), è assai difficile l'imparare qualche cosa.
Questo è ciò che per sì lungo tempo ha tenuto le nazioni Euro-
pee in una grande ignoranza di quello che concerne i possedi-
menti degli Spagnuoli e de' Portoghesi, mentre che l'Inghilterra,
la Francia e le altre potenze non si opponevano alla pubblica-
zione di tutto quel che apparteneva alle loro colonie. Quindi a
ragione Lessing, celebre scrittore tedesco, disse che il mondo
non dovrebbe essere posseduto che dalle nazioni che Io fan co-
noscere } e fece tal osservazione in occasione di aver dissotterrato
nella biblioteca di Wolfenbuttel un vecchio libro dimenticatovi
giada lungo tempo. Questo libro originalmente scritto in ispagnuolo
era stato tradotto in Tedesco e portava per titolo: Descrizione del
Brasile in uri estensione di io38 miglia scoperta da Mara-
tone ec.
Relazione di Pietro Cudena.
Tale relazione è di Pietro Cudena viaggiatore spagnuolo che
la scrisse nel i63/j dopo di esser ritornalo dal Brasile. Sembra
eh' ci la componesse pel Duca d'Olivarez , cui la dedicò, e che
volesse far conoscere a quel ministro il danno che avrebbe cagionato
alla Spagna la perdita del Brasile , del quale gli Olandesi avevano
in allora conquistala una parte. Questo libretto trovato nel 1780
contiene succinte ma preziose notizie sul Brasile} ed allorché
Lessing indusse il suo compatriota Leiste a pubblicare una nuova
edizione della traduzione Tedesca col testo Spagnuolo, rese un
vero vantaggio alia scienza geografica 5 ma esso è quasi scono-
sciuto in Francia , e la sua utilità scemerà sempre a misura che
si vanno acquistando più recenti uotizie su di questo paese.
di Giuseppe d? Acunha ec.
In questi ultimi tempi il governo Portoghese rinunziando alla
stretta politica che aveva seguito per sì lungo tempo, permise la pub-
blicazione delle opere concernenti le sue colonie, e uoi abbiamo
presentemente un eccellente Saggio sul commercio del Porto-
gallo e delle sue colonie dì Giuseppe d' Acunha, Vescovo di
(1) Il suddetto Lindley nel luogo citato proseguendo a parlare della
storia di Rocha-Pitta aggiugne, che il governo Portoghese alcuni anni
dopo la pubblicazione di quest'opera , ne proibì pubblicamente la lettura
sotto severissime pene , e che a1 suoi tempi non si trovava più che nei
gubinetti de' curiosi e scrupolosamente nascosta.
DEGLI ABITATORI DEL BBASlLE I i
Pernambuco,e molte altre relazioni assai instruttive nelle Memorie
economiche dell' accademia di Lisbona.
Relazione di Gio. de-Lery.
I tentativi de'Francesi e degli Olandesi per istabilirsi nel
Erasile hanno prodotto molti libri che ci som ministraron non po-
che cognizioni di questa vasta contrada. La relazione di Gio. De-
Lery che andò al Brasile nel 1 556 e ritornò nel 1 558 ci fece
conoscere il clima, alcune produzioni naturali del paese, ed i co-
stumi di qualche indigena nazione. Appena però noi potremmo
presentemente ravvisare i luoghi descritti da questo viaggiatore ,
poiché la presenza degli Europei li sottopose ai più grandi can-
giamenti.
del P. Claudio aV Abbeville.
II Padre Claudio d' Abbeville cappuccino, che nel 1612 si
recò in qualità di capo di una missione a S. Luigi di Maragnan,
La voluto farci conoscere tutti i tentativi da lui fatti per istabi-
lire la fede in questi lontani paesi, ed al suo ritorno in Francia
ne pubblicò la relazione. Egli vi si dimostra un po'troppo credulo,
ciò nonostante si scorge in lui un uomo di molto ingegno , che
consacrò una gran parte della sua opera a descrivere il clima del-
l'isola di Masagnan e du' luoghi circonvicini, gli animali che vi
abitano, le produzioni naturali , la costituzione fisica e le costu-
manze degli indigeni cui dà il nome di Topinambas.
di Piso e Margraf.
Il conte di Nassau, durante la sua amministrazione, favoiì le
arti della pace; ed in tale occasione i naturalisti Piso e Margraf
vistarono il Brasile e ne esaminarono le ricchezze del suolo. Le
loro osservazioni ci hanno procurate impoi tantissime notizie sulla
storia naturale e sulla geografia tìsica di questa regione. Il clima
del Brasile è in ispecie descritto da Piso con una precisione sì
filosofica, che al dire di Robertson, si desidereiebbe di trovarne
sempre uu' eguale nelle relazioni delle altre province dell'A-
merica.
di Gaspare Baerle.
Gaspare Baerle, più noto sotto il nome latino di Barlaeus ,
scrisse la storia di ciò che gli Olandesi suoi compatriot ti avevano
fatto nel Brasile sotto il comando del Conte di Nassau. QipsIo
libro ornato di un gran numero di figure, offre molte pailico'a-
1 2 COSTUME
rità relative alla geografia, alla storia naturale ed ai costumi degli
indigeni $ né mancarono mezzi all'autore di farlo con qualche
esattezza, poiché il Conte di Nassau mandava a quando a quando
delle spedizioni nell'interno del paese per conoscerlo meglio che
gli fosse possibile.
Relazione di Herhmann , Nieuhoff ec.
Degne di particolar menzione sono poi fra le altre la relazione
del viaggio di Elia Herkmann, quella di Nieuhoff e la storia delle
Indie di Laet , nelle quali opere si trovano sparse le cognizioni
che gli Olandesi avevano acquistato sul Brasile fino a que'tempi.
Nella raccolta di Debry trovansi le avventure di Gio. Stade che
passò molti anni fra gli indigeni del Brasile , e nella collezione
di Hackluyt molte altre relazioni di viaggiatori inglesi in queste
contrade. Finalmente Morisot ci diede la storia della guerra del
Brasile fra i Portoghesi e gli Olandesi, ed il viaggio di Roulox
Baro fra i Tapuyas.
Tutti questi libri non contengono, come abbiamo veduto, che
notizie concernenti lo stato aulico del paese. Molti viaggiatori dopo
la fine del secolo decimosettimo, scorrendo il mar delle Indie o
il grande Oceano nel loro ritorno , hanno approdato a diversi
porti del Brasile, e spezialmente a Rio-Janeiro e San-Salvador.
Le loro relazioni danno le descrizioni de'luoghi veduti } ed alcune
contengono altresì varie notizie generali su tutto il paese. Si pos-
son ben ache consultare con molto vantaggio La-Condamine ,
Froger, Frezier, Bougainville, Cook, La-Perouse, Staunton, Bai-
row, Knisenstern e molti altri.
di Southey.
Southey ci diede in Inglese una storia del Brasile per compi-
lare la quale ei consultò in Portogallo un gran numero di docu-
menti affatto sconosciuti prima della pubblicazione della mede-
sima. Si può rimproverare a quest'opera una prolissità che op-
prime. L'autore si eslese nel riferire una moltitudine di partico-
larità di poco o nessun interesse: egli vi inserì alcuni interi
estratti di antiche relazioni, dimenticandone altre che hanno al-
meno un'eguale importanza. Il signor De-Beaucharop pubblicò Una
storia del Brasile che può essere considerata come un compendio
di quella di Southey, introducendovi soltanto alcuni estratti del
viaggio di Mawe.
DEGLI AIUTATORI DEL BRASILE l3
Relazione di Koster.
Di non molta importanza ci parvero pure i viaggi nella parte
settentrionale del Brasile fatti rial 1809 al 181 5 da Enrico Koster
cui pubblicò a Londra, senza che avesse alcuna intenzione, du-
rante il suo soggiorno in que'paesi, di far conoscere colle stampe
ciò che aveva veduto o inteso raccontare. Egli si confessa debi-
tore di questa sua relazione alle cognizioni ed allo vasta biblioteca
del suddetto signor Southey. Vi si trovan però delle estese ed
esatte notizie sul commercio, sull'agricoltura, sull'industria e sulle
costumanze della provincia di Fernambuco. Buona parte poi di
tal' opera serve a provare l'infamia e la crudeltà del commercio
degli schiavi, nel riferire i trattati d'alleanza, di commercio e
di navigazione fra l'Inghilterra e il Portogallo firmati a Rio-Ja-
neiro il 19 febbrajo 1810, e nel riportare due dissertazioni del
Dott. Àrruda da Carrara, l'una sulle piante del Brasile, dalle
quali si possouo ottenere sostanze fibrose atte a'varj usi della
società; l'altra sull'utilità di stabilire de' giardini nelle principali
Provincie del Brasile per la coltivazione delle piante recentemente
scoperte.
di Hawe.
Il signor Hawe dotto mineralogista ottenne dal Principe reg-
gente oggi Re di Portogallo la permissione di visitare l'interno
del Brasile (1), e così ebbe campo di comunicarcene colla rela-
(1) Da non molto però, sonosi cangiate in meglio le circostanze (così
il Principe Massimiliano di Wied Neuwierl nell'introduzione al suo viag-
gio nel Brasile) che rendevan difficile l'esplorazione del Brasile. Dac-
ché il Monarca si recò presso quella fonte sì bella , e da esso non mai
veduta delle sue ricchezze, fu subito tolto il sistema della più misteriosa
clausura; la fiducia sua cedette alla diffidenza, ed i viaggiatori stranieri
ottennero l'accesso a quel campo di nuove scoperte; la magnanimità di
un savio Monarca, secondato da un illuminato ministero , non si contentò
già di concedere agli esteri il solo accesso, ma ne promosse anche nei
modi più generosi le indagini. Quindi ottenne l'Inglese Mawe di poter
visitare quelle ricche cave di diamanti ec. Dopo tal epoca qualche altro
viaggiatore percorse quella provincia .... Baccomandati al B e dal pro-
motore degli scientifici studj ministro Conde de Barca , ottennero la facoltà
non solo di aggirarsi senza impedimento pei varj capitanati della monar-
chia, ma furono anche generosamente assistiti coll'assegnamenio di un'an-
nua somma ec. Quanto addietro da sì illuminata e liberale condotta del-
l4 COSTUME
zione de' suoi viaggi molte estese ed esatte cognizioni. Si deve
render giustizia a Mawe col confessare eh' ei non parlò se non
che di cose vedute da lui stesso, o sulle quali potè avere sicure
notizie, e che non ha voluto accrescere il suo libro col riprodurre
alcune già note particolarità della storia del Brasile. Ci duole
ch'ei nulla ci dica relativamente alle produzioni generali delle
miniere d'oro , ma fortunatamente si trovano già nel saggio sulla
Nuova-Spagna del signor De-Humholdt tutte quelle notizie che
possono supplire al suo silenzio su di questo oggetto.
Relazione del Principe Massimiliano di Wied-Neuwed.
Finalmente il Principe Massimiliano di Wied-Neuwed sparse
una nuova ed ampia luce sulla storia di questo vasto ed impor-
tantissimo paese colla recentissima pubblicazione del suo viaggio
nel Brasile.
Gli sguardi del naturalista, (egli ci dice nell'introduzione
alla sua opera) furono lungamente rivolti al Brasile a preferenza
d'ogni altro paese. Ma sebben collocato nella più felice situazione,
e sebben promettesse una assai ricca messe di cognizioni , si era
non pertanto chiuso scrupolosamente l'accesso allo studioso inda-
gatore della natura. Le vecchie informazioni di qualche viaggia-
tore, le informazioni date dai navigatori Spagnuoli e Portoghesi,
e quelle in fine più (ondate dateci dai Gesuiti, unite alle osserva-
zioni di Margraf e di Piso componevano la misera letteratura
intorno a quelle sì importanti contrade e da tanto tempo scoperte.
Dacché però, come abbiain già osservato, sonosi cangiate le cir-
costanze, i viaggiatori ottennero l'accesso a quel campo di nuove
scoperte. Il tenente collonnello d' Eschwege , il quale ha soggior-
nato più anni nel Brasile, ha già dato alla luce alcune impor-
tanti memorie. Altri Tedeschi ancora animati da simile ardore
vi si recarono di già ^ né mancherà certamente ad essi pure una
ricca messe di osservazioni.
Ninas-Geraes essendo ora già slata visitala da Mawe e da
Eschwege è già conosciuta se non del tutto almeno per la maggior
l'attuale governo non rimane l'antico sistema, secondo il quale il viag-
giatore al suo arrivo al Brasile veniva attorniato e scrupolosamente guar-
dalo dai soldati ! Sia qui pubblicamente e scrupolosamente consegnata a
questi fogli l'espressione di que' sentimenti di riconoscenza, de' quali io
mi sento penetrato verso un Monarca, che diramò ordini sì liberali >:.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE l5
parte. Il Principe Massimiliano trovò du nque al suo arrivo al
Brasile cosa più confacente allo scopo , quella di prescegliere la
costa orientale sconosciuta ancora del tutto, vale a dire non an-
cora descritta. Vivono colà parecchie tribù di indigeni in tutta la
loro originalità, e non molestati ancora dagli Europei cbe a poco
a poco vanno estendendosi da per tutto. Gli elevati e nudi dossi
centrali del Brasile son divisi dalla costa orientale per mezzo di
un'ampia lista di foieste primitive che stendonsi da Rio-de-Ja-
neiro fin presso Bahia de Todos os Santos, per un tratto di undici
gradi circa di latitudine. In quelle foreste, ove finora trovaron
sicuro ricovero i Brasiliesi indigeni da per tutto respinti addietro,
posson essi vedersi ancora nel loro stato originario. Questa fu la
parte che più dell'altra allettar dovea il nostro viaggiatore, cono-
scendosi poco o nulla quegli indigeni che vivono ancora nello
stato di natura , non che la storia naturale di quelle parti. Egli
effettuò una parte del suo viaggio in compagnia di due dotti
Tedeschi il signor Freyreiss ed il signor Sellow , e confessa in-
genuamente di aver avute spezialmente dal primo parecchie im-
portanti notizie pubblicate nel suo Piaggio al Brasile. Gli ama-
tori della storia naturale, della geografia e della storia de' popoli
troveranno in questa eruditissima relazione molle cose utilissime
all' incremento di quelle scienze
DESCRIZIONE DEL BRASILE.
JL rima di passare a descrivere il costume degli abitatori di que-
sto sì importante paese , ragion vuole che noi ci formiamo una
certa idea della giacitura e configurazione del medesimo e delle
principali sue parti.
Montagne.
Al settentrione di Rio-Janeiro s' alza la massa principale delle
montagne del Brasile , verso le sorgenti del fiume S. Francesco.
Dipartendosi da quel punto, si stende una catena paralellamente
alla costa settentrionale, sotto il nome di Cerro-das-Esmeraldasi
COSTUME
Cerro-do-Frio ed altri : una seconda catena o piuttosto la mede-
sima segue una simile direzione a mezzodì, prende fra gli altri
nomi quello di Parapanema , e non termina che alle foci del
fiume Parana o della Piata. Essa è assai scoscesa e pittoresca dalla
parte dell'Oceano, ma non sembra che giunga da nessuna parte
ad una elevazione che oltrepassi le mille tese : si perde verso
l'interno in un grande altipiano chiamato dai Portoghesi Cam-
pos-Geraes. Questa parte marittima del Brasile è tutta granitosa
e fu osservata da Mawe che ce ne lasciò un'esatta descrizione (i).
La costa settentrionale fra Maranhao ed Olinda contiene una
catena particolare chiamata la catena d* Itiapaba\ è una delle più
considerabili del Brasile, e sembra granitosa. Le rive dell' Ama
zone non offrono da tutte le parli che una immensa pianura ove
trova nsi frammenti di granito.
Catena delV interno.
La catena di Marcella lega le Cordigliere marittime con
quelle dell'interno; sembra che il nucleo di queste ultime occu-
pi la regione ove sorgono il Parana , il Tocantino e l'Uraguay.
Pare che la Sierra-Martha ne formi la parte più alta, sebbene
un altro ramo lungo l'Uraguay abbia preso il nome di Grande-
Cordigliera.
Altipiano centrale.
Nel centro dell'America meridonale stendesi V altipiano dei
Parexis formato di una lunga serie di colline di sabbia e di
terra leggiera, che presentansi in distanza a guisa di grosse onde
di mare agitato. Escon da quello verso ponente l'erte colline dello
stesso nome che dopo essersi prolungate dugento leghe verso il
nord nord-ouest terminano a i5o 20 leghe da Guapure. Un'altra
catena di montagne, che n'esce verso il mezzodì, va lungo la riva
orientale del Paraguay.
Influenti delV Amazone.
Da quell'arido altipiano scendono in direzioni diverse il Ma-
deira, il Topayos, il Xingu (Scingu) influenti dell' Amazone } ed
il Paraguay col Jaura, il Sypotuba ed il Cujaba , suoi influenti
superiori. Quegli influenti sono per la maggior parte auriferi, e
la sorgente del Paraguay bagna un sito di diamanti,
(1) Mawe, travels in Bresil, pag. 149, pag. 122, pag. 8g, pag. $6.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 17
Lago sul Xacurutina.
L'i» lago situato sul Xacurutina , die produce tutti gli anni
una grande quantità di sale, è continuo soggetto di gueira fra
gli indigeni. Presso Salina-de-Almeida sul Jaura sono pozzi
salsi che somministraron saie a Mato-Grosso sin dalla fondazione
della colonia.
Picciole montagne deW altipiano.
La catena di montagne, che sin dalle sorgenti del Paraguay
ne segue la sponda orientale, termina sette leghe al di sotto della
foce del Jaura , pel Morro-Excavado. A levante in quel punto
lutto è palude fino a Rio-Nuovo, torrente profondo, ma ingombro
di piante acquatiche, e che si getta nel Paraguay nove leghe più
sotto. A 17.* 25' di latitudine , le rive occidentali del fiume di-
vengono montuose alla testa di Serra-da- Insita. Superiormente
alla foce del Porrudo , quelle montagne prendono il nome di
Serra-das-Pedras-de- Amolar, per lu schisto novaculare che ne
costituisce la massa. Quella piccioli) catena è terminata da quella
dei Durados, inferiormente alla quale un canale conduce al lago
di Mendiuri, lungo sei leghe? ed il maggiore di quelli vicini al
Paraguay. Più sotto quel fiume bagna le Serras dy Albuquerque
che formano un quadralo di dieci leghe e contengono molte
pietre calcarie. Dopo sei leghe incomincia la Serra- do-Rabicho
ed il fiume riprende la sua direzione meridionale fino alla foce
del Taquari, bel fiume frequentato lutti gli anni da flottiglie che
vengono da Sau-Paolo per andare a Cujaba. Nel sito ove il JUbo-
tetey , ora chiamato Mondego , mette nel Paraguay , due alle
colline isolale stanno l' una riinpetto all'altra sulle due rive di
quest'ultimo fiume. Il posto di Nuova-Coimbra occupa l'estre-
mità meridionale d'un' altura che costeggia il fiume a ponente.
Undici leghe al mezzodì di Coimbra verso ponente havvi la foce
di Bahia-Negro, gran nappo d'acqua di cinque leghe dal nord
al sud, e di sei leghe di estensioni ove colano tutte l'acque dei
vasti terreni sommersi al mezzodì ed a ponente de' monti Albu-
querque. A quella baja terminano i possedimenti Portoghesi at-
tuali sulle due rive del fiume.
Lago temporaneo di Xarayes.
Dalla fuce del Jaura fino a ai.* 22* ove alfe montagne slen-
donsi a ponente e più ancora a levante, l'intero paese è regolai-
Cost. Voi. 1 V dell' America. 2
1 8 COSTUME
niente inondato tutti gli anni, di modo che entro uno spazio di
cento leghe di lunghezza sopra quaranta di larghezza , 1' acque
traripate del fiume non offrono più che un immenso lago dai geo-
grafi chiamato lago di Xarayes. Durante tale inondazione , le
montagne ed i terreni elevati pajono all' occhio estatico altret-
tante isole incantate divise da un labirinto di canali, di baje, di
seni e di bacini, parecchi dei quali sussistono anche dopo che le
acque si sono abbassate. A tal epoca i venti da ponente si fanno
malsani al Brasile.
Le sette cascate.
Fra il Paraguay ed il Parana stendesi dal nord al sud una
catena considerabile di montagne chiamata Amarbay che va a
terminare al sud al fiume Igoatimy per una diramazione che va
da levante a ponente e che chiamasi Maracayer. Da quelle mon-
tagne nascono tutti i fiumi che sgorgano nel Paraguay al sud del
Taquari : non che molti altri che prendendo una direzione oppo-
sta, sboccano nel Paratia ed il più meridionale de' quali è 1' I-
goatimy che ha la sua foce alquanto superiore alle sette cascate.
Quella maravigliosa cateratta presenta uno de' più sublimi spet-
tacoli : vi brillano sei arcobaleni, uno sopra l'altro nelle nubi di
vapori che alzandosi costantemente dall'acqua ridotta in polvere
dalla violenza dell'urto tutto avvolgono l'orizzonte.
Roccie.
Le coste settentrionali del Brasile sono circondate da roccie
contro le quali vanno ad infrangersi l'onde dell'Oceano. Le roc-
cie sono coralline, e gli abitatori di Oliuda e di Parayba se ne
servono per fabbricare le loro case.
Terre sommerse.
Tutte le coste vicine alla foce dell'Amazone ed al Tocantino
sono terre basse , paludose o fangose , formate da alluvioni riu-
nite del mare e de'fiumi. Nessuno scoglio s' oppone colà alla
violenza delle maree e del mare: banchi di sabbia , isole basse
ed anche a metà sommerse stringono però le imboccature. Il con-
corso di tanti gran fiumi, che scorrono in direzione contraria al-
l'andamento generale delle correnti e delle maree (da levante a
ponente ), produce colà una specie di marea straordinaria di si-
mili alla quale se ne veggono pochissime al mond-.
DEGLI ABITATOMI DEL BRASILE IO,
Torrenti.
È cosa notabile che la costa da Para sino a Pernambuco non
offre alcun fiume di lungo corso -, eppure il 3Iaraiihao, il Rio-
Grande ed il Parayba lian larghe Lei in un terreno mobile:
nella stagione piovosa sono torrenti che inondano tutto il paese,
e nella stagione asciutta hanno appena un rigagnolo d'acqua, come
se il terreno delle montagne interne se l'assorbisse tutta; anzi
quegli alvei rimasti asciutti del lutto servono sovente di sentiero
agli indigeni. Dal Capo Frio fino al trentesimo paralello di lati-
tudine sud l'elevatissima costa non veisa nell'Oceano alcun fiume
di qualche considerazione. Tolte l'acque diiigonsi verso l'interno
e vanno a terminare nel Parana o nell'Uraguay che hanno am-
bidue le sorgenti in quelle montagne. Il Rio-Grande di San-Pedro
non ha un lungo corso, ma una lunghissima foce su di una costa
bassa e fiancheggiata di duncv
Clima.
L'estensione del Brasile essendo vastissima ne viene per con-
seguenza che il clima e le stagioni esser non possono dovunque
le medtsime. L'umidità continua che legna sulle rive pantanose
dell' Amazone vi rende il caldo meno intenso; e le burrasche su
quel fiume sono tonto pericolose quanto sul mare. Risalendo la
Madera, il Xingu, il Tocantino, il San-Francesco trovansi piani
elevati o montagne, e la temperatura è colà più fresca. Il clima
dei dintorni di San-Paolo permette alle piante fruttifere d'Europa
di crescervi, tra le quali la più che abbonda è il ciriegio. Quel
punto sembra nel miglior clima di tutto il Brasile. Piso dice che
il vento di ponente é malsano nelle parti interne del Brasile ,
perchè passa sopra vaste boscaglie pantanose (i). Pare che la co-
sta marittima , da Para fino ad Olinda , goda di un clima ana-
logo a quello della Gujano, ma un poco men umido. La stagione
piovosa ad Olinda di Pernambuco, comincia di marzo , qualche
volta di febbrajo e termina in agosto. Le osservazioni di Margraf
provano che i venti spiranti dal sud-est dominano non solamenle
per tutta la stagione piovosa, ma anche un poco prima e un poco
dopo (2). I venti del nord soffiano con qualche interruzione du~
(1) Piso, Med. Bras. lib. I. p;ig. 1.
(2) Margraf. Hist. Natur. Bras. lil). VII. cap. *.
20 COSTUME
ranle la stagione asciutta \ allora le colline non presentano che un
terreno arso ove tutti i vegetabili muojono o per lo meno lan-
guono. Le notti in quella stagione sono freddissime. Per tutto il
lesto dell'anno il caldo estremo del clima vi è temperato dai
venti freschi dì mare, e la natura è colà in una continua attività.
O^ni mattina all'alzarsi del sole spira un venticello, che conti-
ti ? „ »
nua per una parte della notte \ ma un poco prima del mattino
gli effetti della rugiada son tanto incomodi quanto nelle Antille
ed alla Gujana. Rispetto al clima di Rio-Janeiro si possono vedere
le osservazioni del signor Dorta accademico di Lisbona, le quali
coincidono con quelle di Don Pernetty sull'isola di Santa Catte-
rina ov'ebbe a sopportare grandi nebbie.
Produzioni del Brasile.
Una delle più preziose produzioni del Brasile è il diamante.
L'inviluppo o cascalchao di quelle pietre tanto appezzale è una
tetra fei rugginosa mista di ciottoli conglutinali. Tiovansi general-
mente allo scoperto nel letto de' fiumi e lungo le loro rive.
.Diamanti e Minerali.
Le roccie che accompagnano i diamanti e che indicano la
presenza, sono il più sovente minerali di ferro, risplendenti ed in
forma di piselli, lavagne di fina tessitura, e che s'accostano alla
pietra lidia, ferro ossidulato nero in grande quantità, frammenti
rotolati di quarzo azzurro, cristallo giallo ed altre materie affatto
diverse da tutte le parti costitutive e conosciute delle montagne
aggiacenli. Né i diamanti trovansi esclusivamente nel loto de'fiu-
mi o ne' profondi burroni} se ne rinvenne scavando, ed entro
correnti d'acqua sulle sommità delle più alte montagne.
Territorio dei diamanti.
Il Cerro-do-Frio è un'unione di montagne scoscese, in dire-»
zione sud e nord, che son credute le più alle del Brasile. Il ter-
ritorio de'diamanti propriamente detto, si stende circa sedici leghe
dal sud a! nord ed otto da levante a ponente. Fu in origine e-
splorato da alcuni minatori, intraprendenti di Villa-do-Princ.ipe, i
quali unicamente occupati dell'oro, sdegnarono per lungo tempo
i diamanti come cristalli senza valore. Finalmente se ne presentò
una quantità al Governatore di Villa-do-Principe , il qual pure
non conoscendoli se ne servi come di segni da giuocare. Recali
per caso a Lisbona > se ne consegnarono alcuni all'ambasciatore
DEtitl ABITATORI DEL KHASlLt 2t
d'Olanda, Bmucliè li facesse esaminare nel suo paese clie eia
allora il principale mercato di pielre preziose. I lapidai] d' Am-
sterdam li conobbero per bei diamanti. L'ambasciatore nell'in-
formare il governo Portoghese della scoperta , concliiuse nel
tempo stesso un trattato pel commercio di quelle pietre, e Cerro-
do-Frio divenne un distretto a parte. L' immensa quantità di dia-
manti esportati ne' primi venti auni , e che dicesi avere ecceduto
le mille oncie, ne diminuì tosto il valore in Europa, e si invia*
rono in appresso alle Indie, ove avevano un maggior valore, e
donde provenivano esclusivamente per lo addietro.
Produzione annuale.
Le miniere di CerroKjo-Fcio fruttano al governo da venti a
venticinquemila carati all'anno. Dal 1801 al 1806 le spese per
la ricerca de'diamanti ammontarono a 204000 lire sterline, non
comprese i^m. lire sterline provenute dall'oro ritrovato nello
slesso periodo. I diamanti inviati al tesoro di Rio Janeiro pesano
11 5,6^5 carati , di modo che costano al governo 33 scellini 8
denari, circa 42 franchi al carato', ma quegli anni furono anni di
abbondanza. Si può poi contare esservene sempre molti sottratti per
frode, ad onta della più rigorosa vigilanza , e del severo castigo
de'contrabbandieri. La difficoltà dell'esportazione li ritiene nel
distretto, ove circolano in luogo di numerario (1). Trovatisi an-
che miniere , o per dir meglio lavacri di diamanti nel fiume
Ti Ligi , che bagna le pianure di Corritiva } ve ne ha nelle pia-
nure di Coyaba , ed anche in molli altri sili scoi; osci ut i al go-
verno.
Lavacro de"1 diamanti a Mandanga nel Brasile.
Ecco in qual maniera , secondo la descrizione di Mawe , si
procede nel lavacro de'diamanti a M^ndanga. S'innalza una tet-
loja, vedi la Tavola 4° -> di forma bislunga larga circa 4^ piedi
e lunga 120: essa consiste in pinoli verticali che sostengono un
telto coperto da lunghe erbe. Nel mezzo di questo edilizio »i fa
passare un canale d'acqua coperto di forti tavole sulle quali si
pone del castaìhao all'altezza di due o tre piedi. A lato ed al
disotto del canale un impalamento lungo dai 12 ai i5 piedi e
ben fermo nell'argilla si estende in tutta la lunghezza della tetto ja,
(1) Mawe, travels, pag. 258. pag. 2^9, pag. 255.
2 2 f'OSTfJitfE
ed ha il pendio di un pollice per piede. Questo impalcamenlo è
diviso nella sua lunghezza da tavole poste in venti spartimenti
ciascuno de' quali ha tre piedi di larghezza. La parte superiore
di tali spaitimenti cui si dà il nome di casse , comunica col ca-
nale , ed è disposto in maniera che l'acqua vi è introdotta fra
due tavole paralelle fra esse e l'orizzonte, e distanti l' una dall'al-
tra circa un pollice. L'acqua cade da questa apertura, di circa
sei pollici d'altezza, nello smaltimento \ e si può dirigerla in qua-
lunque siasi parte, o fermarla a piacimento col mezzo di un po'di
creta. Un picciolo condotto cavalo nell'estremità inferiore dello
spartimento, serve allo scolo dell'acqua. Al disopra del mucchio
di cascalhao stanno gì' inspeltori. Allorché questi sono seduti (i),
i negri entrana negli spartimenli : ognuno tien nelle mani un ra-
sf elio di corto manico , e con esso fa cader nello spartimento
dalle 5o alle 80 libbre di cascalhao*, poscia introducendovi l'acqua
dimena ed agita continuamente tal materia , spingendola sempre
nell'alto dello spartimento. Questa operazione dura circa un quarto
d'ora, dopo il quale l'acqua che cade nel condotto inferiore, co-
mincia a divenir chiara. Trasportale per tal modo tutte le parti-
celle terree, la ghiaja che rimane viene spinta verso l'estremità
superiore dello spartimento^ e quando l'acqua è perfettamente lim-
pida , si comincia dal gettar fuori la ghiaja più grossa , poi la
meno, e si esamina la rimanente con molta attenzione periscoprire
i diamanti. Il negro che ne ha trovato uno si drizza, batte le
mani , le apre tenendo la pietra fra l'indice ed il pollice } un
inspeltore la riceve e la depone in una gavetta sospesa ned mezzo
della tettoja, nella quale si pongon tutti i diamanti che a mano
a mano si trovano durante la giornata: alla sera si trasporta la
gavetta e viene consegnata al primo offiziale , che pesa le pietre
e le descrive paratamente nel registro.
/oltane ed altre qualità de' diamanti del Brasile*
Il volume dei diamanti è assai vario } alcuni sono sì piccioli
che ne occorron quattro o cinque onde formare il peso di un
grano, e quindi sedici o venti per un carato. Ben di rado se ne
trova nel corso di un anno più di due o tre dai diciasselte ai
(1) I sedili non hanno né braccia riè spalliera per rendere gì inspet*
tori sempre più vigilanti.
.
ter Voi. Il"
'/,',,■ ■;<>
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 23
venti carati, e possono passare due anni senza die se ne incontri
uno che giunga ai Ironia. Allorché uno de'lavoranti negri impie-
gali nel lavacro , Liova un diamante di un octavo o di dicias-
sette carati e mezzo, è coronato di fiori e condotto in processione
presso 1' amministratore che lo veste di nuovo e gli compra la
libertà.
Sir Staunton parlando delle miniere di diamanti del Brasile
riferisce che ultimamente era stato trovato in una di quelle mi-
niere un diamante più grosso e più prezioso di quelli che furon
comperati dall'Imperatrice delle Russie, ed anche di ogni altro
fin ad ora scoperto.
Diamante del re di Portogallo.
Il re di Portogallo possedè un diamante del Brasile che pesa
1680 carati (i).
Si prelese che i diamanti del Brasile avessero minor durata
di quelli dell'Indie orientali; si è anche creduto che il diamante
d'oriente tendesse di più alla forma otlaedra, e quello del Bra-
sile alla dodecaedro. Ma il celebre Haùy non crede provate tali
diversità. E opinione generale fra i lapidar] che i diamanti del
Brasile abbiati l'acqua meo bella.
Topazj.
Pare che i topazj del Brasile sieno di varie qualità } ma forse
■vennero confuse sotto questo nome pietre di diverse specie. Il
loro colore ordinario è il giallo. Ne' ruscelli di Minas-Movas al
nord-est di Tejuco, tiovansi topazj bianchi, azzurri ed acque ma-
line. Tra i topazj azzurri s'incontra qualche volta una varietà
particolare con un lato azzurro e l'altro chiaro limpido. I topazj
di Capor non hanno mai che una soia piramide, anche allorché
trovansi inseriti ne'cristalli di quarzo, che sembrano egualmente;
fratturati e cangiali di posto. Mawe ricusò di credere all'esistenza
dei topazj verdi , che gli fu asserita ^ ma perchè non ve ne po-
trai! essere di verdi, se ve n'ha di un azzurro verdognolo. Q.»el
mineralista lasciò indecisa un' altra curiosa quislione. Si pretese
che la maggior parte delle pietre che si spacciano sotto il nome
di rubini del Brasile , altro non fossero che topazj, dello slessa
(i) Actes de la Sociètè d' Listone naturelle de Finis, et de Mineralogie
de M. Hauy.
2. \ CHSTTMr
paese siali esposti al Fuoco onde far succedere un più pialo co-
lore al giallo rossigno clic è la loro tinta naturale. E certo die un
topazio del Brasile, posto entro un crogiuolo , ed esposto ad un
fuoco capace di fare arrossire il crogiuolo , prende un bel co-
lor di rosa (i). II crisoberillo che tra le mani de1 lapidar] prende
il Ih 1 lucido , è molto stimalo al Brasile , ma non potè amora
diffondersi in Europa.
Miniere d'oro.
Sembra che tulio l'altipiano centrale, dai contorni di San-
Paolo e di Villarica sino in 1 iva al fiume Itene, contenga miniere
d'oro ma non se ne lavora alcuna : esse sono ancor intatte; e tutto
Poro che venne dal Brasile in Europa derivò dai lavacri stabiliti
lungo i fiumi ch'escono da quelle montagne. Cinque leghe circa
al sud-ouest di San-Paolo sono gli antichi lavacri di Jaiagua, fa-
mosi già da due secoli, e che vantava risi allora come il Peiù del
Brasile. L'oro trovasi per lo più immediatamente al di sopra del
macigno, entro uri letto di ciottoli e grossa arena della cascalhao.
I buchi dai quali fu cavato pel lavacro sono larghi dai cinquanta
ai cento piedi e profondi diciotto o venli: sovente il metallo tocca
le radici dell'erbe. L'oro varia assai nel volume de' suoi grani:
talvolta le sue particelle sono sì minute che nuotano nel!' acqua
.'tritata. Il liravo delle miniere d1 riro ammonta , secondo alcuni
ài valore di cinque milioni e mezzo di piastre. Humboldt peiò lo
valuta un quinto meno.
Miniere di ferro ec. x
Anche il ferro abbonda nel Brasile, ma è vielato V estrarlo.
Link vide a Lisbona nel gabinetto d' Ajuda un pezzo di miniera
di rame vergine , che fu trovalo in una valle a due leghe Porto-
ghesi di distanza da Cichoeira ed a qualloidici da Baja.
Sale.
Ma questo reguo ricco d' oro e di diamanti è mancante di sale,
<d il caio prezzo di sì necessaria derrata impedisce agli abitatori
di salare le carni di una quantità innumerabile di animali che
nccidonsi onde averne la pelle, e che divengono por lo più preda
uVUe bestie feroci. Il sale necessario all' opei azione costerebbe tre
volle di piò delle caini. Non già che la natura non produca al
(i) Enciclopédie ir.èthod., art* el metiers, toni. II. e art. I, pàg. 46-
DICGLl ABITATOMI DEL BRASILE a5
Brasile molto sale marino, ma il commercio dei sali è vietato ai
privati ed appallato per 4& milioni di rey (i). L'appaltatore ne
ricava più di 96, e dopo di averne pagato 48 al tesoro reale ri-
mane padrone de' rimanenti. Per tal guisa si arricchisce un sol
uomo a danno di tutti gli abitatori del Brasile.
Pietre calcarle.
Il sale non è la sola cosa rara in questi paesi : un autore in-
digeno (2) assicura die al Brasile non trovatisi pietre calcane, o
che tutta la calce fatta con conchiglie è per l'ordinai io di cattiva
qualità. Ma tale asserzione sembra un po' troppo generale*, poiché
Mawe (3) racconta dì aver trovate belle pietre calcane nel terri-
torio di Gorosuara , di averne scoperte di assai grosse al nord di
Rio-Janeiro ed in altri luoghi.
Vegetazione del Brasile.
Le coste marittime sono coperte di paletuvieri rossi , ed a poca
distanza incominciano le numerose specie delle palme, fra le quali
si distingue il cocco del Brasile, più grosso ed alto di queilo
delle Indie (4), dal cui frutto s' estrae un ottimo burro, sebbene
I' operazione non possa farsi con buona riuscita che in quanto il
colore dell'aria sia minore dei 20 gradi di Réaumur : >e ascende
ai 23 il burro diventa un olio liquidissitno.
liberi principali delle foreste.
I crotoni compongono quasi tutti i boschi cedui che coprono
le montagne pittoresche onde è cinta la b>ja di Rio-Janeiro. Il
mirto Brasilese brilla per l' argentea sua corteccia. La bigonia Iett-
ai) Un rey equivale ad una lira e nove soldi della moneta d'Italia.
(2) Da Acunha de Coutinho, IX. , 7.
(5) Mawe, travels, pag. 92, 126, 224.
{\) Cocos butìracea , Linn. Pindova è il nome Brasiliano, secondo
Piso, tom. II, cap. io. V. Casti^lioni storia delle piante forestiere ec. tom.
II. » Evvi nel Brasile e in altre parti dell'America meridionale una bel-
lissima pianta di cocco di una specie differente dal comune, chiamata da
Linneo il figlio cocos butìracea per l'olio denso che quegli abitanti ne
cavano, schiacciando il guscio cartilaginoso del frutto colla sua polpa o
mandorla, e mettendo ogni cosa nell' acqua: onde senza l' ajuto del fuoco,
e senza espressione l'olio viene a nuoto, mentre le altre parti precipitano
sul fondo. In questa guisa, e per mezzo di una triplice lavatura se ne
ottiene tutto il butirro possibile, purché il termometro di Réaumur non
oltrepassi li gradi ?S sopra la congelazione ec. ».
2,6 COSTUME
coxylon , chiamala in paese guirapdriba fiorisce parecchie volte
ranno, ed il suo fiorire è per lo più foriero di pioggie, quest'al-
bero tutto coperto di bei fiori gialli, non forma allora che un
mazzo e dà nell'occhio a grandissima distanza. L' idea eptaphyl-
la, la copayjera ofjicinalis e parecchie altre somministrano resine
preziose. Ma i frutti degli alberi indigeni come i jacas, i jaboti-
caba^ gormichama^ sebben mangiati dagli abitatori di Rio-Janeiro,
hanno un gusto ingrato^ un po' amaro e resinoso. Tutti questi
alberi appartengono alla famiglia delle mirtee (i). 11 curupitò della
Gujana , chiamato pehia al Brasile, direbbesi produrre piuttosto
palle da cannone che frutti, poiché questi sono sì grossi e duri
che rassomigliano realmente per la forma e la grandezza ad una
palla da 36, ed è cosa pericolosa l' esporsi a riceverne una contu-
sione allorché cadono a terra. E mirabile quest'albero allora
quando essendo in fiore si osservano gli enormi suoi calici e i
suoi larghi petali si atzano in forma dì alte piramidi fiorile e
tinte dai più vai j e brillanti colori. Le foreste del Brasile sono
ingombre di cespugli ed arboscelli , e fra questi di una specie di
aloè spinoso} e sono incerto modo soffocati da arbusti sarmenlosi
e da liane che salgono fino alla cima degli alberi più elevati. Al-
cune di queste liane, come la passijlora-laurifolia^ fan pompa di
magnifici fiori.
Il Portoghese da Acunlia (2) pretende che nessun altro paese
produca legni sì preziosi da fabbrica come il Brasile. » Tutti i
nostri ingegneri, ei dicv, conoscono la qualità superiore del tapin-
Jjoam, della peroba, del pino del Brasile , del ciliegio, del cedro,
del caonelliere salvatico, della guerrama, della jequeliba ec. Alcuni
di questi legni resiston meglio all'azione dell'acqua, altri a quella
dell aria. L'ulivo ed il pino del Brasile sono particolarmente alti
all'alberatura •>•>. Noi ricorderemo altresì che il Brasile è il paese
in cui si ammirano quegli alberi giganteschi che oltrepassati spesso
1 cinquanta palmi d'altezza (3): essi sono però esposti a mille
(1) Lettere de M. Auguste de Saint-Hilaire.
(2) Da Acunha de Coutinho. Essai sur le commerce du Portugal, pag.
1 , cap. 8.
(5) La Condamine ( Voyages à la la rivière des Amazones, pag. 91)
parlando dei canot , di cui si servivano i Carmelitani inviati dai Portoghe-
si, come Missionari sul fiume delle Amazoui, dice di averne montato uno
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 27
perico'i; le loro radici poco profonde stcndonsi molto sulla super-
ficie della terra $ ogni colpo di vento che scuota i loro rami più
forti, gli atterra e per colmo di male, quelli che cadono ne tra-
scinano altri ancora nella loro caduta.
Legni da tintura.
I legni da tintura del Brasile sono notissimi , quello spezial-
mente che porta il nome del paese presso alcune nazioni Euro-
pee , e di legno di Pernambueo presso altre. Quest' albero, caesal-
pina echinata, è dell' altezza delle nostre quercie, alligna fra le
rupi e ne'terreni aridi, non molto bello comparisce all'aspetto,
poiché, quantunque carico di rami, è generalmente storlo e no-
doso*, i fiori molto rassomiglianti per la forma a quelli del mu-
ghetto sono di un bel color rosso: la foglia è simile a quella del
bosso, e la corteccia è assai grossa.
Piante alimentari.
II manioco è colà come in tutta l'America, il principale ali-
mento dell'uomo: gli ignami,il riso, il mais^ e dal 1770 anche
il forinento , sono coltivati con diligenza. Il pistacchio di terra (1)
sembia indigeno, e se ne ricava in ispezie olio eccellente. Il po-
pone, la zucca , la banana abbondano in tutte le parti basse. Il
limone, la pampelimosa , l' aiancio , il gojavo sono comuni sulla
costa. Il fico di Surioam, cecropia peltata , cresce principalmente
fra i rovi un' campi abbandonali. L'albero mangana cresce sol-
tanto ne'dinlorni di Bahia ^ si estiae una specie di vino dal frut-
to. Le pine abbondano spezialmente sulle coste della provincia di
S. Vincenzo e nell' interno, verso le frontiere del Paraguay. L'ibi-
pitanga (2) dà un frullo che rassomiglia alle ciriege. La provincia
di Rio-Grande produce tutte le frutta Europee in buona qualità
ed abbondanza. Vuoisi che i legumi d' Europa abbiano degene-
rato ne'conlorni di Rio-Janeiro, tranne i fagiuoli , de' quali vene
ha di moltissime qualità.
fatto di un solo albero, lungo 90 palmi, largo ed alto dieci e mezzo.
Roccha-Pitta (America Portugueza , lib. I. N.° 58, 5g ) parla di questi
canot fatti di un sol tronco, il coi diametro era dai sedici ai venti pal-
mi, cou venti o ventiquattro remiganti da ciaschedun lato e carichi di
cinque o seicento tonnellate di zucchero ognuno di 4° arobe.
(1) I Brasiliani lo chiamano mandubi Margraf, Hist. nat. I. e. 17.
(2) E una plinia , secondo Jussieu a Correa di Serra; nell'Enciclop.
met. vien ìiguardata come una eugenia.
28 COSTUME
Coltivazioni coloniali.
La coltivazione dello zucchero, del caff.-, del coione, dell'in-
daco divenne sempre più considerabile. Il famoso tabacco del Bra^
sile non è coltivato che nel vasto distretto di Cachoeira quindici
leghe distante la Bahia : tale coltivazione è assai lucrosa } ma
quella del cotone lo è ancor più (i). Il cacao forma boschi im-
mensi nel governo di Para, lungo la Mederà, il Xingu ed il To-
cantino. In questi boschi medesimi la vaniglia s'attacca co' suoi vi-
ticcj al tronco degli alberi.
Piante aromatiche ec.
Il Brasile produce altresì parecchie specie di pepe, e fra le
altre il capsicum frutescens, L. , il cannelliere salvatico e la os-
sia del Brasile. Il caopia de'Brasiliesi è V hypericum guyanense
che dà per incisione una resina simile alla gomma-gotta. Fra le
piante medicinali si nota il caaccica o erba serpentina cioè l'ea-
phorbia capitata, L. , larapabaca o spigelia anthelmiae, L. , la
salutare ipecacuanha, la scialappj, il gajaco e la specie d'amv"-
ris , che produce la gomma elerui. Il conami serve ai pescatori
ad assopire il pesce.
Animali.
La maggior parte degli animali del Perù , della Gujana e del
Paraguay trovansi anche al Brasile} tali sono i jaguari , i cugnari,
i tapiri, i pecari ed i coati. Ma questo paese ha poi anche le
sue particolarità. I buoi ed i cavalli non prosperano nella mag-
gior parte del Brasile, ma vi restano generalmente deboli. Li
pelle de'buoi salvatici viene impiegata nella costruzione de1 bat-
telli (2). Gli animali particolari al Brasile appartengono per la
maggior parte al genere delle simie, o a generi che vi si acco-
stano. Tale è la Minia marikina di Buffon, detta simia rosalia
da Linneo, che sembra confusa da Azara , per quanto osserva
Walckenaer , col suo miriquoina o simia pithecia , che è una
specie molto diversa. Questa simia viene appellata dai viaggiatori
simia leone, perchè ha intorno al collo lunghi peli che formano
una spezie di giubba*, quest' è la sola somiglianza che trovasi fra il
dello picciolo animale ed il leone. La figura 1 della Tavola l\\ ,
(1) Note di Correa. Viaggio di Koster. Londra, 1816.
(2) Langsledl, viaggio al Brasile ed alle Indie orientali, pag. 64.
Voi lì'
T"r .;./.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE ' 2<J
tip presenta un'esattissima immagine. Il titi o uistiti , di Buffon
simia jaachus di Linneo, è particolare al Brasile, ed Azara non
la incontrò mai al Paraguay (i). L' uistiti è il più Lello de'sa-
guiui. Vedi la figura 2, della Tavola suddetta. Essi vivono in società
sugli alberi, i frutti sono il loro principale nutrimento, ed i loro
figli se ne stanno attaccati al dosso della madre. L'altre simie
sono il saju di Buffon, simia apella di Linneo, ed il pinche di
Buffon, simia aedipus di Linneo, ancor più picciola dei titi. La
prima è fra tutte le simie dell'America quella che vien più so-
vente trasportata in Europa ove è ricercata per la sua docilità e
gentilezza } essa, se non a stento può sopportare il rigore dei no-
stri climi , nondimeno però colla cura e col tenerla al caldo si
giugne a conservarla viva , e qualche volta anche a farla molti-
plicare. Buffon ne cita qualche esempio , vedi la figura 3 della
Tavola citata. Il pinche poi è un bell'animale che trovasi di rado
nelle collezioni, anzi sembra che la specie non sia molto nume-
rosa nell'America meridionale: ignote ci sono le sue costumanze,
ed il silenzio de' viaggiatori a tal riguardo prova che o le occa-
sioni di osservarlo sono rare, o che la sua maniera di vivere non
differisce da quella delle altre simie del suo genere. Audebert ce
ne presentò la figura (Fam. VI. sez. II. fig. L). Assai più rara
del pinche è un'altra bellissima simia del Brasile detta mico da
Buffon e simia argentata da Linneo. Non se ne conosce che una
sola, ed è quella medesima che venne trasportata in Europa da
M.r de la Condamine: vedi la figura 4 della Tavola suddetta :
pare anche eh' essa sia rara nelle foreste vicine al Para sulle rive
dell' Amazone, poiché secondo M.r de la Cundamine questa era
l'unica della sua specie veduta nel paese. Assai rimarcabile è
questo bell'animale pel colore della sua faccia e delle sue orecchie
che sono di un rosso estremamente vivace, e tanto più brillante,
quanto che tutto il pelo del mico è bianco.
Fanno schifo all'Europeo i pipistrelli che sono grandissimi e
assai numerosi} vi si distingue il vampiro ed il pipistrello detto
col muso lungo , vespertilio soricinus. Due spezie di pigro si
trascinano sugli alberi del Brasile, Vai e V urtai, hradypus tri-
dactylus et didaetylus. Linneo si è probabilmente ingannalo nel-
(r) Aj,ara} quadrupedi del Paraguay, Ioni. II. pag. 200.
3o COSTUME
l'attribuire quest'ultima specie anche alle Indie o a Ceylan j ed
ebbe ragione Buffon nel credere che questi animali fossero parti-
colari al Messico ed all'America meridionale (i). Trovatisi anche
al Brasile formichieri e tatù , come nelle altre parli d'America.
Il tatù-bolla sembra essere una specie di riccio (2,) } ma se lo
storico Beauchamp visitasse un giorno il Brasile, temerebbe a tor-
lo » che i ricchi gli avventassero contro le loro punte «. La mar-
niosa , didelphis murina , la cavia pace ed aperea , sono par-
ticolari al Brasile ed alla Gujana non che lo sciarus aestuens^
che porta il nome distintivo di scojaltolo del Brasile. 11 lapeti o
la lepre del Brasile non ha coda.
Uccelli.
Gli uccelli del Brasile sono quella che forse più si distinguono
pe' bei colori di cui natura ne tinse le piume. I pappagalli del Bra-
sile superano tutti gli altri per la varietà e per la vivacità de'loro
colori. Pemetty asserisce non pertanto che il color rosso di alcuni
pappagalli è dovuto a operazioni artificiali.
77 tucan.
Il lucan anser americanus è ricercatissimo a motivo delle sue
belle penne , che sono in parte di color cedrato, in parte di un
rosso di carne , ed in parte nere a strisce trasversali da un' ala
all'altra. Noi vi presentiamo al num. 1 della Tavola 42? 1<* figura
di un tucano che abbiamo cavato esaltamente dalla storia naturale
di questi uccelli (3) , in cui se ne contengono molte varietà. In
essa l'autore seguì l'ordine stabilito dalla slessa natura, formando
del genere intero di questi volatili due famiglie distinte: quindi
egli divise la sua storia in due sezioni, la prima delle quali con-
tiene i tucani propriamente detti , e la seconda gli aracari che
appartengono anch'essi al genere de' tucumani, ma che hanno alcuni
particolari attribuii che li distinguono dai suddetti. Tra i lucani
del Brasile m i labilmente dipinti in quest'opera distinguonsi il tu-
cano col collare giallo num. 4? '1 tucano colla gola di color
arancio num. 5 ed il picciolo lucan col ventre rosso num. 8, cui
noi abbiamo fedelmente ritratto nella qui annessa Tavola. Fra gli
(1) Buffon, ediz. in 12.0 tom. II. pag. 89.
(2) Lindley, viaggio al Brasile, pag. iy5, trad. Francese.
(3) Histoire nalurelle des toucans, in f.° fig.°
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 3l
eroca ri merita special menzione il luilik maschio del Brasile rap-
presentato nella suddetta storia sotto il num. i5.
Il guranthé erigerà o teitei.
Uno dei più belli uccelli del Brasile è quello che chiamasi
colà guranthé erigerà, cioè fiore alalo, e che viene altresì ap-
pellalo teitei: è grande quanto un canarino} ha le ali , il collo
e la coda di color azzurro , alcune macchie bianche nel mezzo
delle grandi penne delle ali e della coda} ciò che lo rende al-
quanto somigliante al cardellino} le penne del petto cominciando
dal becco inferiore fin sotto la coda sono di un bel giallo dorato}
esso imita il canto degli altri uccelli.
77 colibrì.
Il bel colibri coperto di penne dei colori dell'iride splende
ne' siti coperti dai fiori, nel cui calice spesso si nasconde come per
succiarne più sicuramente il nettare. Egli sarebbe il più caro de-
gli uccelli Brasiliani , se non fosse superato dall' uccello mosca ,
la cui bellezza i Brasiliani non potevano meglio esprimere che
col chiamarlo , siccome hanno fatto , raggio del sole. Essi ne
posseggono ventiquattro varietà: le sue penne rappresentano i co-
lori delle pietre preziose : il più picciolo di questi uccelli non ar-
riva ad avere quindici linee di lunghezza} gli altri non diversifi-
cano che di poco. Fra i colibri del Brasile noi vi presentiamo al
num. i della Tavola suddetta, il giovine colibri co"1 piedi vestiti
che è il colibri del Brasile di Brisson, ed al num^i il brin-blanc
o trochilus thaumantias di Linneo, che ha la parte superiore del
corpo di un verde-oliva dorato, la coda dello sfesso colore ad ec-
cezione di due penne bianche nell' estremila e che oltrepassano le
altre, tutta la parte inferiore del corpo è di un giallo-grigio: i
piedi sono bianchi. Fra gli uccelli-mosca vedesi al num. 3, il gran
rubino, trochilus rubineus major di Linneo, abitatore del Brasile
e della Gujana, che ha la gola e la coda rossa , il ventre azzurro
carico e i piedi neri. Nelle stesse contrade trovansi pure l'uccel-
lo mosca bruno-grigio, trochilus obscurus, num. 4, posto da Au-
debert subito dopo l'antecedente, perchè gli parve che si avvici-
nasse assai alla sua specie} ed il rubino-topazzo maschio, trochilus
moschi tus Gmelin num. 5, uno de' più belli uccelli-mosca la cui
specie è assai numerosa, benché non se ne conosca bastantemente
la femmina, non essendo d'accordo gli autori sul colore delle sue
32 COSTUME
penne;, l'uccello-mosca violetto colla coda biforcuta , trochilus
furcatus , Gmelin , num. 6 , specie comune nelle collezioni , è
sparso io una gran parte dell'America meridionale , ma non se
ne conoscon abbastanza le abitudini e la differenza de'sessi. Chi
fosse vago d'osservare altre specie d'uccelli che popolano il Bra-
sile potrebbe consultare la già citata bellissima opera di Aude-
bert (i). I boschi sono popolati da più di dieci specie d'api, alcune
delle quali ricoveransi sotto terra, altre negli alberi: sono per la
maggior parte nemiche della vita sociale, parecchie però compon-
gono un mele aromatico (2).
Dopo di aver conosciuto l'estensione e la forma della super-
ficie del Brasile, le varietà delle sue produzioni e quanto di più
distinto ivi la benefica natura ha voluto creare, ragion vuole che
si conoscan per la prima cosa le diverse generazioni e l'indole e
i costumi degli uomini che erano in questo vasto paese quando
gli Europei lo invasero.
Tribù indigene.
Selvaggi intrepidi e feroci, diversi di lingua e d'origine, oc-
cupavano allora o disputavano l'immensa estensione di terra che
dal fiume delle Amazoni corre fino al Rio-della-Plata. Alcune loro
razze sono forse oggi sparite affatto; alcune hanno cambiato nome;
alcune sono ite in più remote contrade. Ma di parecchie di que-
ste rimangono ancora tradizioni non inutili per la storia ; ed un
gran numero poi sussiste di altre, le quali hanno un pieno diritto
alla nostra considerazione, essendo esse le vere e le più legittime
propiietarie del Brasile, se proprietà di un paese dona natura agli
uomini che in esso fa nascere.
Narrasi che per tutta la costa , od almeno nelP interno per
l'intera linea paralella alla costa che si stende dal fiume San-
Francisco fino al Capo-Frio , abitasse alquanto prima dell'arrivo
de' Portoghesi nel Brasile il popolo dei Tupuyas , e che ne fu
cacciato dall'altro chiamato dei Tupy.
(1) Histoire naturelle et generale des colibris, oiseaux-mouches etc. etc.
par J. B. Audebert et L. Vieillot. Paris , Desray , 1802, 3 voi. in
f.o fig. •
(2) Coelho de Scabra , memoria dell' Accademia di Lisbona , II.
pag. 59.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 33
Varie orde di selvaggi.
Quello che è certo si è che i Tupy possedevano la cosla ma-
rittima quando vi giunse Cabrai. Bisogna dire che questa nazione
fosse negli antichi tempi passata per grandi e diverse rivoluzioni:
essa si divise in sedici orde, ciascheduna delle quali volle distin-
guersi con un particolar nome: le seguenti sono quelle colle quali
i Portoghesi furono più sovente o in relazioni amichevoli , o in
guerra. I Cariò abitavano all' austro di San-Vincenzo, e tenevano
l'isola di Santa-Caterina. I Temoi stavano ne* contorni di Rio- Ja-
neiro, stendevansi 6no a San-Vincenzo, e non conoscevano altri
alleati che i Tupinambi loro vicini , coi quali avevano comuni
molte costumanze. I Tupinichini possedevano il paese di Porto-
Seuro e la costa delta d' Os-llhèos dal 6ume Caoiaum fino al
Circaru per un'estensione di circa cinque gradi. Questi erano sel-
vaggi più trattabili per certa loro buona indole, più fedeli alla
loro parola e più valorosi. I Tupinai abitavano vicino a quelli,
ed aveano con essi qualche conformità d'indole e di maniere. Il
paese noto sotto il nome di Bahia, e tutto il lido all'intorno era
tenuto dai Tupinambi, la più numerosa e guerriera delle nazioni
Tupy. La costa di Pernambuco era per la massima parte abitata
dai Cahéti, tribù sopra molte altre ferocissima} e il rimanente
d'essa costa era posseduta dai Tabajari, selvaggi della stessa razza
dei Cahéti, ma più* inclinati a sensi umani. Finalmente abitavano
la contrada della Paraiba settentrionale fino al Rio-Grande i Pita-
goari, che di tutta la razza dei Tupy erano i più crudeli. Tutte
queste orde aveano 1' orribil costume di divorare con gran festa i
prigionieri di guerra.
Costumanze de'' Tupy.
I Tupy eanno nudi} si levano tutti i peli, s'impiastrano ec-
cettuata la faccia, il corpo intero con un color rossiccio , sul
quale stendono strisce di altri colori} e portano il barbotto (i) ,
in cui mettono un pezzetto di diaspro verde. Credono che il
naso schiacciato sia un'altra bellezza} e fin dai primi momenti
della vita le madri con diversi artifizj procurano loro questo vezzo.
Loro ornamenti.
Quando vanno alla guerr?, o quando solennizzano alcuna fe-
(i) Vedi pag. a38, Tavola 3i. Voi. III.
Cost. Voi. IV delV America. 3
34 COSTUME
sta, si attaccano sulla fronte, sulle gote e sulle braccia con una
gomma, o con mele selvatico, varie penne di diversi colori , e ne
coprono pure le loro clave. I loro capi hanno per decorazione
una grande collana composta di conchiglie. Le donne non hanno
il barbolto} ma non mancano di d informarsi con larghi buchi
«elle orecchie , alle quali sospendono lunghe filze di piccioli
ossi bianchi e di pietre colorate , che vengon loro giù sino alle
spalle.
Matrimonj.
0°ni uomo si prende quante donne vuole, e le rimanda quan-
do più non gli vanno esse a genio. Condizione al matrimonio
rispetto alla donna è che abbia avuto i segni di essere ^giunta
all'età nubile* rispetto all'uomo, che abbia preso od ammazzato
qualche nemico. Le donne prima di andare a marito si abbando-
nano senza vergogna a qualunque uomo non ammoglialo", i geni-
tori slessi le offiono a chiunque venga da essi, ma andate a ma-
rito non mancano d'essere fedeli : i Brasiliani riguardano l'adul-
terio con orrore. Miseia è intanto la condizione delle mogli, poi-
ché sono vere schiave del marito, e quando egli va alla guerra
gli servono da bagaglioni. In luti' altro tempo le donne filano il
cotone per fare le reti in cui i Brasiliani dormono, fanno corde
e fabbricano vasi di terra.
Cibi.
Il manioco ed altre radiche messe in farina formano il loro
alimento principale: la caccia e la pesca danno loro altre prov-
vigioni.
Malattie.
La dieta è il rimedio generale che usano nelle malattie : vi
aggiungono talora qualche semplice , la cui efficacia è stata loro
dimostrata dalla esperienza. Se la malattia si dichiara incurabile
spezzano la lesta all'infermo, poiché sono d'avviso che vai meglio
morire presto che soffrir lungamente.
Cerimonie funebri
Piangono i morti, e ne canlono le lodi: se trattasi di un capo
di famiglia, seppelliscono con essolui le sue armi, le sue piume, le
sue collane. Mettono i loro morti nella fossa litti in piedi, e v'alzan
sopra un mucchio di pietre con una pianta nel mezzo che secca si
conserva lungamente', uè passano presso a tali tombe senza piangere.
ULi.Ll ABITATORI DLL BUAS1LE 35
Guerre.
Essi non conoscono die 1' autorità de' vecchi , il cui incarico
piincipale è di eccitare coi loro discorsi i giovani a prender le
anni quando occorre di dover far la guerra, nella quale singolar-
mente dimostrano e l'attività e la fierezza di che sono cupaci. Il
solo motivo delle loro guerre è la vendetta:, e ciò spiega come vi
si poitino ferocemente. L'arma principale che usano è una clava
di legno durissimo e pesante, lunga sei piedi e larga uno, la quale
ha due coste acute attissime a fendere: hanno anche un arco pa-
rimente di legno , la cui corda è di cotone: le frecce sono di
canna, armate di lunghe spine o di denti di pesce. Servonsi della
clava con massima forza , e con somma destrezza dell' arco. Le
ossa delle coscie e delle gambe de' loro nemici servono loro per
far i pifferi che sono i principali strumenti della loro musica
guerriera*, usano anche il corno. Essi d'ordinario non attaccano i
loro nemici alla scopeita, e aspettano la notte per penetrare nella
borgata e mettervi il fuoco. Nella prima confusione che il loro
improvviso assalto produce, commettono ogni sorta di crudeltà *,
ina la principale loro cura è quella di fare de' prigionieri. Se le
circostanze gli obbligano a combattere in aperta campagna , si
serrano in battaglione e marciano in cadenza, talora fermandosi
per ascoltare aringhe focose che li mettono in un incredibil fu-
rore. Danno fiato ai loro corni, stendono le braccia, agitano le
armi, e sì provocano reciprocamente con grida e con urli spaven-
tevoli, mostrandosi le ossa de' prigionieri che hanno divorati.
Divorano i loro prigionieri.
Terminatala battaglia, i vincitori legano i prigionieri, e col-
V agitar delle clave e col mostrare i denti annunziano loro il fiue
che gli aspetta. L'arrivo alla loro borgata è un trionfo in cui
pretidon parte anche le donne de' vincitori. Intanto i prigionieri
sono ben pasciuti , e trattali sì bene, che ninna strettezza soffrono
se non quella che basta ad impedirne la fuga, e vien loro accor-
data anche la compagnia delle donne (i). Ma quando sono in-
grassati si stabilisce il giorno della loro morte. Le donne prepa-
rano i vasi di terra che debbono servire alla cucina e al pasto ^
fanno il liquore da bersi in quel dì, e fabbricano la cohJa di
(i) Hist. Gèn. des Voyages, tona. XX. pag. 552 ediz. d'Arnsl. 177^.
36 COSTO ME
cotone colla quale si dee legare la vittima. I capi, coperto il pro-
prio corpo di picciole piume a vai j colori, ornano di altre simili
la terribile mazza dell'eccidio. Due interi giorni vengono prima
impiegati a ballare e a bere col prigioniero, che spiega tutta la
sua virlù in distinguersi sopra gli alt t i nella vivacità del tripudio.
Le donne infine recano la funesta corda, la gettano a' piedi del
prigioniero, la più vecchia incomincia la canzone di morte, gli
uomini mettono al collo del prigioniero il fatai laccio, altri lo
legano a mezzo il corpo e lo conducono in trionfo per la bor-
gata. Questi guardano con fierezza quanti accorrono} e dice loro
le belle sue imprese, e come ha ammazzato il padre dell'uno , e
come ha divorato il figliuolo dell'altro. Giunta finalmente l'ora,
una donna cantando porta la mazza funesta e la consegna all'ese-
cutore accompagnato da quindici amici, ornati anch'essi di piu-
me. Questi la presenta al primo personaggio della festa che se la
fa più volte passar tra le gambe, indi restituisce all'esecutore, il
quale con un colpo solo fracassa la testa al prigioniero. Alcune
donne gettansi in folla addosso al cadavere, e coi loro ben affi-
lati coltelli di pietre lo mettono in biani, bagnando col sangue
di lui i foro figliuolini. Altre più attempate ne nettano le viscere,
che insieme colle carni in un attimo sono arrostite e divorate. Du-
rante questo banchetto i vecchi predicano ai giovani di cercare colle
loro guerriere imprese di avere spesso pasti di si in i I sorte. Un sì
orribil gusto di carne umana non si estende però che sopra i prigio-
nieri di guerra: i nemici caduti sul campo di battaglia restano intatti.
Le teste de*prigionieri mangiati vengono ammonticchiate in mo-
numento di vendetta soddisfatta, e si tieu conto anche delle loro
maggiori essa per fabbricar^ de' pifferi, e dei loro denti per farne
collane.
Tali sono in generale i costumi di questi ferocissimi selvaggi
che Irovansi ora ridotti ad alcuni stuoli erranti sui confini delle
Provincie spagnuole dell' Uraguay. Essi parlano un dialetto della
lingua Guarani , diffusa in tutte le parti interne e meridionali del
Brasile.
Carigai, Petivari, Mologagos, ec.
I Garigai, che sono i più pacifici fra gli indigeni, dimorano al
sud dei Tupy. Alcuni viaggiatori danno il nome di Topinambu
a certe tribù erranti e ferocissime che abitano lungo il fiume To-
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 3 7
cantino. I Petivari al nord-est del Brasile sono ospitali e coltiva-
tori. I Mologago* sul 6ume Parayba del nord rassomigliano agli
Alemanni per l'alta loro statura. I Guainazi e Guaizacari , elio al
tempo della scoperta possedevano le pianure di Piratininga e i
contorni di San-Vincenzo non erano antropofago Così pure diffe-
rivano dai Tupy i Maracchi , popolo abitatore delle terre interne
circa otto o dieci leghe lungi da Bahia: ben è vero che gli uo-
mini andavano nudi , ma le loro donne coprivansi intorno alle
anche con una specie di grembiule. Essi di più pescavano con
una rete che ingpgnosaroente costruivansi con lunghe filameuta di
una scorza arrendevole, e sapevano anche coltivare la terra.
/ Barbados.
I Barbados stabiliti in riva al Sipotuba, primo influente occi-
dentale del Paraguay , dislinguonsi dagli altri nativi del nuovo
continente per la grande loro barba } per la qual cosa furono da-
gli Spagnuoli e dai Portoghesi indicati sotto la detta denomina-
7Ìone.
I Tapuyas.
I Tapuyas, stati in addietro dominatori del Brasile, furono
in fine rilegati nell'ultima parte settentrionale del medesimo. Di-
stinguevansi dagli altri indigeni per l'alta statura , pei lunghi e ne-
rissimi capelli, per la tinta di un bruno assai cupo, per una forza
prodigiosa e pel loro coraggio e valore (i).
(1) Un popolo intrattabile e feroce (V. J. Stadius , Hist. BrasiL p. I
eap. 19 e 42 ) andava errando sotto il sole ardente del Brasile. Ad onta
della grande ineguaglianza dell'armi i Brasiliesi non retrocedettero giammai.
fton si lasciarono giammai vincere da un nemico debole e senza coraggio;
e fu cosa facile riportar vittoria sopra di essi , solo perchè non avevano
cognizione alcuna di un modo di far la guerra affatto nuovo per essi, e
colla discordia che erasi appositamente fatta nascere in mezzo a loro. >/ La
conquista della provincia di San-Vincenzo nel Brasile, dicono gli autori
portoghesi, noi la dobbiamo al solo famoso Tebireza ; quella di Baja al
valoroso Taebira ( F'asconcellos , storia del Brasile, lib. III. ); quella di
Pernambuco al coraggioso Stagiba , il cui nome in lingua degli indigeni
significa braccio di ferro. La conquista di Para e Maranhao è dovuta al
famoso Tomagia ( Berrid. ann. hist. do Estado do Maranhao, lib. VI. N.
534)5 e ad altri che servivano nell'esercito portoghese contra gli Olandesi,
non che all' invincibile Camarao che si è immortalato nella impresa di Per-
nambuco nella guerra contro gli Olandesi n ( Rafal de Jesus, nel suo Ca-
38 COSTUME
Dicesi da taluno (i) che fra tutti i selvaggi del Bramile essi
sieuo i meno crudeli} perciocché non mettono a morte i loro pri-
gionieri } e molto meno pasconsi delle carni de'loro nemici. Tale
asserzione però è smentita da altri che riferiscono il contrario (2)}
ne sì facilmente possiamo prestar fede a quanto ci vien in seguito
raccontato delle costumanze de'detti popoli, cioè che la domestica
pietà li conduca ad un rito troppo lontano dalle nostre abitudini.
Essi credono, così nella citata storia dell'America, non poter dare
ai loro moiti miglior sepoltura che dentro le proprie viscere } per
il che al morir di un fanciullo i suoi genitori sei mangiano r, e
se il morto è un adullo. tutta la famiglia si raduna e ne fa ban-
chetto. I Tapuyas cambiano di soggiorno ad ogni stagione, quan-
tunque però no» escano dai confini del paese che riguardano
come loro proprio. Hanno de' capi che distinguonsi pel taglio a
corona de'loro capelli e per l'unghia del pollice che portano ec-
cessivamente lunga. Essi adornansi anche di un mantello di co-
tooe lavojato a re'e, e ricamato con piume di diverse specie di
uccelli, al quale è attaccato un cappuccio per coprirsi la testa*, ma
di questo maestoso vestimento essi fanno uso ne' soli giorni di
grande festività.
Orde appartenenti ai Tapuyas.
I Tapuyas sono ora divisi in un gran numero di orde quasi
tutte sparse sotto nomi particolari verso la Paraiba settentrionale,
la Serra e Rio-Grande rj noi non ometteremo d'indicarne le più
distinte. Appartengono ad essi i Tucanuco che abitano le pianure
striot Lusitan., p. I lib. Ili ). Gli indigeni del Brasile valutano principal-
mente la forza del corpo e la fei'ocia. Al momento d'essere scannati e di-
vorati dai loro nemici , gì' insultano ed esprimon loro il proprio disprezzo,
e voglion provare con ciò che si può ben privarli della vita, ma non del
coraggio. {Stadius, p. II. cap. 29). È necessario ben anche di notare che
una parte della colpa della salvatichezza e cattivo carattere di quegli in-
digeni risede nell'oppressione e mal inteso trattamento cui dovettero sog-
giacere per lo addietro per parte degli Europei che appena riconoscerli
volevan per uomini , e collegavano al vocabolo di caboclos o tapuyas
1' idea di creature destinate soltanto ad essere da essi tiranneggiate e mal-
trattate.
(1) V. storia dell'America in continuazione della storia universale di
Segnr. Milano, 1821, tom. XIV. pag. 49-
(2) V. Hist. Géy. des Voynges, tom. XX. pag. 5 19, ediz. sudd.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 3'0,
di Caatinga verso Rio-Grande, gli Oquigtaiuba ed i Pahi che co-
proosi con una tunica di canape senza maniche , i Mandevi , i
Macutuo ed i Napora che esercitano l'agricoltura $ gli Anhelimé,
gli Aracuito ed i Camarè che alloggiano nelle caverne } i Canu-
cuiarè le cui donne hanno le mammelle pendenti fino alle coscie.
Si dice che tutti questi selvaggi sieno antropofagi \ ma in mezzo
ad essi trovatisi i Cumpeha, quasi i soli che si astengano dal man-
giar carne umana, contenti di tagliare ai loro nemici la testa e di
portarla attaccata alla loro cintura.
Pelivarè.
I Petivarè, i quali, secondo la relazione di Knivet (i), abitano
un vastissimo paese nella parte settentrionale del Brasile, sono,
egli dice, meno barbari degli altri selvaggi di queste province}
trattano con molta ospitalità i forestieri, e non lasciano di essere
assai valorosi in guerra. Sono di mediocre statura ; nell' infanzia
si fa loro un foro nelle labbra colla punta di un corno di capra,
e quando sono adulti vi introducon una picciola pietra verde ?
della qual cosa si vantan tanto che disprezzano tutte le nazioni
prive di sì fatto ornamento. Hanno tante donne quante ne pos-
sono mantenere \ ma alle donne non è permesso che il commercio'
di un un solo uomo.
Moroquité.
Sulla costa tra Fernambuco e la baja di tutti i Santi colloca1
il suddetto viaggiatore i Moroquilé abitatori de'boschi , i quali
di rado attaccano alla scoperta i loro nemici, impiegando con più
felice riuscita le imboscate e le astuzie. Le loro donne , benché
di avvenente figura , sono guerriere al par degli uomini. Nella
Gapitania dello Spirilo Santo Rnivet annovera una nazione fero-^
cissima cui dà il nome di Tomoroymi, e con Ira la quale guerreg-^
giò spesse volte al servizio de' Portoghesi.
Ovetaguasè.
Nelle vicinanze di Capo-Frio abitano gli Ovetaguasè, appel-
lati dagli indigeni Jocooc, popolo d'alta statura , che si lasciano
crescere i capelli, che non dormono come gli altri nelle amache
ma stesi in terra su poco musco innanzi ai loro focolari , e che
hanno accostumate le donne a far la guerra. Essi sono mortali
nemici di tutti i loro vicini.
(i) Hist. Géu, des Yoyages, tom. cit. pt>g. 52r.
^O COSTUME
Ueyanessè.
L' Isola-Grande situala a diciotto leghe dalla foce di Rio-Ja-
neiro è abitata dagli Ueyanessè di picciola statura con pancia
grossa, deboli e vili in mezzo a tante nazioni piene di forza e di
coraggio. Belli sono i lineamenti del volto delle loro donne, che
hanno poi il rimanente del corpo deforrnissimo, benché cerchino
di farsi belle pingendosi diligentemente di color rosso. Sì gli uni
che le altre gelosissimi della loro cappellatura, la portano lunghis-
sima con una tonsura sulla testa in forma di corona.
Poriè.
Non differiscon dai suddetti nella statura e nelle usanze i Po-
riè che vivon lungi dal mare. Gli uomini copronsi il corpo, ma
le donne vanno nude e dipingonsi a varj colori: essi non hanno
sbitazione veruna; le loro amache di scorza d'albero sono sospese
agli alberi, e guarenlisconsi dalle ingiurie dell'aria coprendole
con un picciol tetto intreccialo di rami e di foglie. Pare che a
tale modo di vivere sieno stali indolti dalla necessità di salvarsi
dalle bestie feroci delle quali abbonda il loro paese.
Molopagui.
Al di là della Paraiba australe vivono in paese vastissimo i
Molopagui, nazione tra le Brasiliane di alquanto dolci costumi, quan-
tunque non abbiano rinunziato all'uso di mangiare i prigionieri
di guerra. Essi vivono in grosse borgate, e posseggono un territo-
rio ricco di miniere d'oro, cui non si danno briga alcuna di sca-
vare, conlenti soltanto di raccogliere ne' torrenti e ne' ruscelli le
pagliette di quel metallo le quali trovatisi spezialmente a piedi
delle montagne dopo le piogge. Questi indigeni sono del picciol
numero di quelli che si lasciano crescere la barba : essi copronsi
altresì con molta decenza : non sono poligami , quantunque le
loro donne sieno belle e spiritose. Il loro capo soltanto da essi
chiamato Moroshova ha il privilegio di avere più spose.
Motayè.
I Motayè, quantunque vicini ai Molopagui, pure hanno tutta
la barbarie degli altri selvaggi } sono di picciola statura e vanno
nudi \ tagliansi i capelli fino alle orecchie, e si strappano tutti i
peli del corpo senza eccettuarne le ciglia. Knivet continua a riferire
i nomi di varj altri indigeni Brasiliani che ci furon anche de-
scritti nella citata storia generale dei Viaggi.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE /j [
Le notizie che noi abbiamo finora date delle non poche tribù
d'indigeni Brasiliesi sono appoggiate alle relazioni lasciateci dai
Gesuiti e da parecchi altri viaggiatori, relazioni che al dire del
Principe Massimiliano di Wied-Neuwied 5 sooo affatto imperfette e
miste di favole (i). Noi quindi approfittando delle esatte osserva-
zioni fatte in questi ultimi anni sulle costumanze di parecchie tribù
di indigeni che nelle primitive foreste della costa orientale vivono
ancora in tutia la loro originalità, non faremo che riprodurre le
importanti scoperte già pubblicate da quesl' illustre viaggiatore,
sebbene esse non debbansi considerare, siccome egli si esprime, che
quali foriere di quelle più estese notizie che mercè le ulteriori ri-
cerche e ripetute osservazioni del signor P'reyreis gli verranno in
seguito comunicale pei riempire la lacuna che trovasi in questa
sua relazione.
Ind^eni Goaytaca.
Il Principe Massimiliano nel suo viaggio di Rio-Janeiro e Ca-
po-Frio ci descrive S. Pedro dos Indos, villaggio di indigeni,
Aidea , che deve essere stato formato orioioariamente dai Gesuiti
o
con indigeni Goaytaca (2). Ivi trovasi a dir vero una chiesa rag-
guardevole, e molle vie dividono il paese, ma le case non sono
che capanne di terra, tulle abitate da indigeni, come la maggior
parte delle case coloniche di que' contorni , e questi conservan
(1) Reisa nach Brasilien etc. tom. I Einleitung, pag. 5. Perfino i no-
mi di quelle tribù d'indigeni onde son popolate quelle solitudini son cosa
sconosciuta in Europa, eccettuato forse il Portogallo. I Gesuiti e Vascon-
cellos tra essi nelle sue Noticias curiosas do Brazil, divisero in due clas-
si tutte le tribù di selvaggi che abitavano la costa , e quella fila di anti-
che boscaglie. Chiamavano Indios Mansos quelli della costa e che dai Por-
toghesi , e piiacipalmente dai Gesuiti , erano stati fatti alcun poco partecipi
della civiltà Europea; e Tapuyas quelli altri che anche a'dì nostri vivono
nel rozzo stato di natura, e meritano d'essere conosciuti più davvicino,
e che sin d' allora rimanevan ne'boschi e nelle solitudini sconosciuti e
ritrosi.
(2) La corografia Brasilica tom. II. pag. 45 , dà la seguente notizia
dell'origine di quel villaggio d'Americani. — Furono investiti Salvador
Correa de Sa , i tre fratelli Cotreas Gonsalo , Manuele Duarte, il capitano
Miguel Ayres Maldonado e parecchi altri in aprile 1629 d'un grosso pezzo
di paese in queste parti, ricuperato dagli indigeni Gojytacases, che lo
avevano ricevuto in dono in agosto i535 — .
t\ 2 COSTUME
tuttavia in gran parte la pura loro fisonomia americana. II toro
vestimento e la loro lingua è quella delle infime classi tra i Por-
toghesi, e alcuni solamente conoscon ancora l'antica loro lingua.
Hanno la vanilà di voler esser Portoghesi e guardano con disprezzo
i loro fratelli ancora rozzi abitatori de' boschi , cui chiamano Ca-
boclos o Tapuyas. Le loro donne si legano i lunghi e nerissiroi
loro capelli io un gruppo sull'alto della testa alla foggia delle
Portoghesi. Negli angoli della loro capanna trovansi pendenti le
brande ove dorme la famiglia y gli uomini sono per la maggior
parte buoni cacciatori , ed esercitati a tirar d'archibugio, ed i ra-
gazzi colpiscono ottimamente col piceni arco di legno airi detto
bodoc. Gli aichi han due corde tenute l' una distante dall'altra
da un pajo di piccioli pezzetti di legno } nel mezzo si trova un
punto ove le due cordicelle son riunite da una spezie di reticella,
onde apporvi la pallottola di creta, o la picciola pietra rofwida
delta pelotta. Quindi si tira colle dita della mano destra la corda
e la palla ad un tempo, lasciandola poi ad un tratto in li-
bertà, ciocché le imprime molta velocità. Anche il Consiglier
Aulico Langsdoif fa menzione di un colai arco da essolui veduto
a Santa Caterina , che è il più usato in quella costa , ed anzi gli
stessi uomini già adulti ne fann'uso a Rio-Doce per loro difesa
contra i B ■tocudi , allorché mancano d'armi da fuoco. Hanno
molta pratica di quell'arma, ed uccidono un piccolo uccello a
considerabile distanza, ed anche le farfalle sui fiori , come narra
il signor Langsdorf. Azara nella sua descrizione del Paraguay, dice
che quivi si lanciano molte palle ad un tempo con quella specie
d'archi. Vedi la fig. i della Tavola /j.3.
Coroados e Coropos.
Una missione od un villaggio di indigeni Coroados e Coropos
sussiste pure a S. Fidelis sulle belle rive del Paraiba, e fu fondata
circa 3o anni fa da alcuni frati cappuccini italiani. Minas Geraès
è propriamente la sede di quelle due tribù, sebbene stendansi colà
fino al Paraiba ed alla costa del mare \ sulla riva destra o setten-
trionale del fiume abitano i Coroados, ed a S. Fidelis anche alcuni
C>ropos, i quali ora son tutti inciviliti o per meglio dire stabiliti.
Il loro cantone si stende lungo la riva settentrionale del fiume
Paraiba fino a Rio-Pomba *, ivi sulla riva sinistra di quest'ultimo
fiume, 5' no per vero dire ancora in uno stato di rozza natura , ina
DEGLI ABITATORI PEL BRASILE /|3
fabbricali ciò nondimeno più belle capanne che quelle dei Puri*,
coi quali vivono in guerra , e dai quali devon esser temuti (1).
Cominciano appena adesso a tralasciare i grossolani ed aspri loro
usi: coltivano maniocca, mais, patate, zucche e simili} sono cac-
ciatori nati, e sanno servirsi ottimamente dei forti loro archi e
delle loro frecce.
Loro capanne.
Appena spuntato il giorno, il nostro viaggiatore si cacciò per
entro alle capanne fabbricate dai Missionari ai Coroados e Coro-
pos. Trovò quella gente ancoja assai originale, bruni di pelle, di
una fisonomia affatto nazionale, con lineamenti assai spiegati e ca-
pelli nerissimi. Le loro abitazioni sono buone e spaziose, fabbri-
cale con legno e terra , e coperte di canne e foglie di cocco come
quelle de' Poitoghesi. Vi si veggono le loro brande attaccate, »>d
in un angolo gli 3rchi e le frecce } il resto delle loro semplici
suppellettili consiste in pentole da essi medesimi fabbricate , in
pialli o coppe di cuia's o zucche o dell' albero da calebasse
(crescentia cuiete, Linn.), corde da trasporto, panacum di foglie
di cocco intrecciate, e pochi altri oggetti.
Abiti.
Il loro vestire consiste in bianche camicie e pantaloni di stoffa di
cotone :, la domenica però vestono meglio, e non distinguonsi allora
dalla povera classe de' Portoghesi. Anche in que' giorni però vanno
gli uomini colla testa scoperta e co' piedi nudi } le donne per lo
contrario sono eleganti, portano bene spesso un velo e si ador-
nano volentieri.
Lingua.
Tutti parlano Portoghese, fra di loro però la propria lingua
natia. Le lingue dei Coroados e dei Coropos sono mollo affini, ed
anzi amendue i popoli comprendono aoche il Puris.
Armi.
Le armi, delle quali i Coroados fanno tuttavia mollo uso ,
sono l'arco eia freccia*, che differiscono solo in qualche picciola
parte da quelle dei Puris, di cui siamo per parlare. Le piume di
quei dardi sono per la maggior parte prese dal beli' araos rosso,
psittacus macao di Linn., che trovasi sull'allo Paraiba presso
(i) Di questi indigeni parleremo in seguilo.
44 COSTUME
Aidea da Vedrà. Sono essi molto esercitati in quelle armi, co-
me tutte le tribù loro affini, e si occupano sovente della caccia
ne* vasti boschi a'quali sono attigue le loro stesse capanne. Nella
Corografìa Brasilica (i) si dice che parecchie famiglie di Co-
roados abitano entro una sola casa, ma Wied-Neuwied le ristringe
a due sole.
Modo di sotterrare i morti.
Altre volte questo popolo sotterrava i suoi padri entro un vaso
di terra bislungo, che chiamavasi Camucis, ed in posizione di
sedere $ ma quest'uso ed altri molti, siccome quello di bagnarsi
allo spuntare del giorno, furono da essi abbandonati.
Il Principe non tralasciò nel giorno susseguente di visitare il
chiostro, la chiesa della missione di S. Fidelis e l1 amena valle in
cui trova r.si , rappresentandocene altresì una bella veduta nella
Tavola 44-
Ma la mira sua più importante era quella di far conoscenza
de' Puris selvaggi nelle loro foreste (2). A tale oggetto si trasferì
sull'altra sponda del Paraiba, ove trovò la migliore accoglienza
nella Fazenda di certo dignor Furriel o Furier.
Puris.
Il padrone di casa spedì anzi suo fratello ne' boschi a dire ai
Puris, che erano arrivali forestieri i quali bramavano di vederli.
A tale invito ecco uscire i selvaggi da una valle e venire a noi.
Erano i primi uomini di quella specie che noi vedemmo ^ e la
gioja da noi provata non poteva paragonarsi che alla nostra cu-
riosità.
Loro costumanze.
Corseci incontro: noi pure ci avvicinammo a loro e maravi-
gliati della novità della cosa ci soffermammo a guardargli. Eran
Lutti non più alti di cinque piedi e cinque pollici , td i più di
essi , comprese le donne eran larghi e grossi. Ad eccezione di
qualcheduuo che portava cinti di panni i lombi e corti calzoni
avuti dai Portoghesi , essi eraoo affatto nudi. Chi aveva tutto il
capo raso , chi portava i capelli naturalmeute nerissimi e folti ,
tagliati verso gli occhi soltanto, e cadenti sul dorso.
(1) Tom. IF. pag. 54.
(2) Rase ntch Brasilien etc. voi. I. cap. V.
ÉT7
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 4 5
Barba.
Alcuni di essi avevan rasa la barba e le sopracciglia : io gc-
neiale hanno poca barba, ed anzi presso la maggior parte non
forma quella che una leggiera corona intorno alla bocca e cade
solo circa tre pollici sotto il mento. Ciò prova , dice il detto
Principe , quanto siensi ingannali quegli scrittori che asserirono
tutti gli Americani essere senza barba , sebbene la lor barba sia
ordinariamente molto sottile e leggiera.
OD
Ornamenti.
Alcuni de' nostri Puris s' eran dipinti la fi onte e il dorso lutto
air intorno con macchie rosse di urucù (bixa orellana di Lino.)}
sul petto o sulle braccia per lo contrario avevan tutti striscie di
un azzurro bruno, formato col sugo del frutto del genipaba (ge-
nipa Americana di Lino); son questi i due colori de'quali fan-
n'uso tutti i Tapuyas. Intorno al collo o sul petto o sopra una
spalla porlavan collari di dure e nere bacche infilzate , nel cui
mezzo sul dinanzi stavano denti mascellari di simia, di pantera,
di gatto e d'altre bestie di rapina , vedi la fig. 5 della Tavola
45, alcuni poi pollavano i suoi collari senza i denti, vedi la fig. 6
Tavola suddetta. Altri ancora portavano una specie di simile or-
namento composto di corteccia dei germogli di una certa pianta,
probabilmente le spine di qualche arbusto. Questo ornamento con-
siste in corpicciuoli bislunghi, incavati e di color bruno, che ras-
somigliano perfettamente Della forma ad un dentaliumì e che si
reputati quindi oggetti d'origine animale fìncliè un più esatto esa-
me faccia conoscere che sono di corteccia , e indubitatamente la
paite esteriore di certa qualità di spine.
Accoglienza amichevole.
Gli uomini portavano in mano i lunghi loro archi e le frec-
ce, cui tosto tramutatoli con tutto ciò che possedevano per al-
cune nostre cianfrusaglie che abbiam loro offerte. Quegli uomini
per verità singolari furon da noi accolli con molta coitesia. Due
di essi erano stali allevati da fanciulli tra' Portoghesi e ne parla-
vano quindi un poco la lingua. Si regalaron loro coltelli , ra-
soi, specchietti od altro, e dividemmo pure con essi loro alcuni fia-
schi d'acquavite ciocché ce li rese ancor più amici e confidenti.
Puris nelle foreste.
Allora gli avvertimmo che la mattina susseguente avremmo
46 COSTUME '
fatto loro visita nelle foreste. Giunto il mattino , ed abbandonala
appena la casa, scorgemmo gli indigeni che venivano dalle loro
valli di mezzo ai boschi. Vedi la Tavola 46. Oltrepassata la fab-
brica di zucchero della Fazenda, trovammo colà tutta l'orda
dei Puris seduta sull' erba. La bruna comitiva di costoro formava
un interessantissimo spettacolo. Uomini, donne e fanciulli eran
lutti affollali e frammisti, e ci osservavano con curiosità e con
un ceito ritegno. Si eran lutti fregiati di ornamenti per quanto
lo compoilava il loro stato*, alcune poche donne portavano un
pannilino intorno ai lombi e dinanzi al petto 5 le altre erano in-
teramente scoperte. Alcuni nomini si erano ornati con un pezzo
di pelle di simia detto momo (ateles), attaccalo alla fionte, e due
uomini furono anche da noi osservati, i quali avevano rasi i capelli
quasi per intero. Le donne portavano i loro bamboli parte con
legacci di corteccia d'albero attaccati alla spalla dritta, e parte
sulle spalle col mezzo di una larga bindella sostenuta alla loro
fronte*, e quest'ultima è la maniera con cui portano per lo più
le loro gerle per le vittuaglie, allorché viaggiano. Alcuni uomini
ed alcune ragazze avtvau la fronte ed il dorso punteggiati di
rosso, ed altri anche rosse strisce sulla faccia, e strisce nere
perpendicolari o traversali pel loro corpo, ed alcuni fanciulli
erano tutti tigrati con piccioli punti neri. Sembra che quel dipin-
gersi sia cosa arbitraria e di semplice gusto. Alcune donzelle
avevano bende al capo, ma in generale portavano legacci di
corteccia o d'altro intorno ai polsi ed al collo del piede, onde
essere in quelle parti più snelle ed adorne, come dicono elleno
stesse.
Loro qualità fisiche.
Gli uomini sono per l'ordinario forti, piccioli di statura e
spesso carnosi *, hanno la testa grossa e rotonda, larga la faccia e
spesso colle ossa delle guance sporgenti j occhi piccioli e neri e
spesso obliqui*, naso corto e largo, bianchissimi i denti: alcuni
però distinguevansi pel picciol naso arcuato, e pei vivissimi oc-
chi, che in alcuni pochi spiran piacevolezza, ma che nella mag-
gior parte sono cupi , ser j e profondali sotto la fronte assai pro-
minente. Uno di coloro era affatto diverso dagli altri per la
fisonomia calmucca: aveva una testa grossa e rotonda, coi ca-
pelli tutti tagliati fino alla lunghezza di un pollice*, corpo rnu-
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE (\<J
scoloso e stiacciato, collo torto e largo, faccia grossa e piana \
gli occhi posti obliquamente, un po' più grossi ch'esser non so-
gliono que'de'Calmucchi , nei issimi ma severi} le sopracciglia
folte e nere, molto arcuate, picciolo naso con larghe natici, boc-
ca grossa. Questa persona, cui i nostri conduttori asserivano non
aver prima d'allora giammai veduto in quelle parti, ci parve sì
terribile, che non avremmo voluto al certo ritrovarci con essolui
in parte solitaria e disarmati. Il signor d' Eschwege dà pel carat-
tere distintivo dei Puris la piccolezza delle parti genitali negli
uomini: io però, così il Principe Massimiliano, debbo confessare
di non aver conosciuta differenza alcuna fra essi e le altre tribù:
ì Puris sono in generale assai piccioli, e tutte le tribù brasiliane
la cedono in grandezza agli Europei ed ancor più ai Negri. , -
Armi.
Tutti gli uomini che trovavansi colà , portavano le solite loro
armi , cioè lunghi archi e frecce. Alcuni popoli dell'America me-
ridionale, que' principalmente che stanno sul Maranhara , portano
corte lamie di duro legno ornate di piume, altri, come quelli
del Paraguay, di Malogrosso, di Cuyaba e Guyana , come anche
la tribù de'Tubi sulla costa orientale del Brasile , erano armati
di corte mazze di duro legno, che sono tutt' ora in uso, ma tutti
que' popoli indigeni d'America, hanno per arma principale un
iorte arco ed una lunga freccia. Solo alcune poche tribù che
abitano le pianure dell'America settentrionale, le Pampas di Bue-
nos-Ayres ed alcune parti del Paraguay, perchè vanno per lo più
a cavallo, e portano qual arma principale una lunga lancia, han-
no, come la maggior parte de' popoli indigeni dell'Africa, arco
e cortissime frecce (i). Non così i Tapuyas della costa orientale:
l'uniche loro armi sono un arco colossale, e le frecce, cui, a
guisa de'Payaguas de! Paraguay, non portai) già entro il turcasso,
ma nelle mani a motivo della loro estrema lunghezza (2). L'ar-
co dei Puris e dei Coroados è lungo sei piedi e mezzo e talvolta
di più. Vedi la fig. 1 della Tavola l\^: è liscio e di un duro le-
gno di palma detta airi, di color bruno} e la corda che vi è
lesa è di grawatha (bromelia). Le frecce dei Puris sono bene
(1) Azara , viaggi ec. voi. II.
(2) Ibid. pag. i45.
48 COSTUME
spesso lunghe più di sei piedi e fatte di uoa canna forte e node-
rosa delta taquara ed hanno all'estremila belle penne rosse o az-
zurre, o quelle del mutuai, crax alector di Linn. , o del jacu-
tinga, penelope, leucoptera; quelle de' Goroados sono fatte di una
altra canna senza nodi. Le frecce di tulte queste tribù sono di
tre specie, e distinguonsi per la qualità delle loro punte. La pri-
ma (fig. 2 Tavola suddetta) è la freccia propriamente di guerra
ed ha una punta larga, frastagliata agli orli ed appuntata assai
all'estremità della canna, delta taquarussù, fosse la bambusa.
La seconda specie ( 6g. 3 della detta Tavola) ha una lunga pun-
ta di legno diri con molti uncinetti o barbe da una parte. La
terza specie (fig. l\. Tavola suddetta) che ha una punta ottusa ed
è, sparsa di qualche nodo, vien lanciata contea i piccioli animali,
ed è generalmente usata dai Tapuyas della costa orientale. Tulte
le tribù visitale dal Principe Massimiliano su quella costa ignorano
l'uso di avvelenare le loro frecce.
Guari ossia capanne de'' Puris.
Soddisfatte da' nostri viaggiatori queste prime curiosità, essi
pregarono que' selvaggi di condurli alle loro capanne, e questi bea
volentieri condiscesero ai loro desiderj. Sono queste capanne, dette
cuari nel linguaggio de' Puris, le più semplici che veder si pos-
sano. Vedi la Tavola ^y. La rete o branda americana che fanno
coli' embira (corteccia di una spezie di cecropia), è attaccata a
due tronchi d'albero, sui quali sta più in su una pertica trasver-
sale assicurata con un arbusto rampicante, cipo, contra la quale
essi appoggiano grosse foglie di cocco in direzione obliqua e dalla
parte donde soffia il vento j e queste poi sono rivestite nell'inter-
no con foglie di eliconia o di pattioba, ed in vicinanza alle
piantagioni con foglie di banano. Per terra , e presso un picciol
fuoco stavano alcuni fiaschi formati col frutto della crescentia
cajete, ovvero qualche guscio di zucca, un po' di cera, varie
coserelle da ornamenti, canne per le frecce, e per punte di frec-
ce, non che alcune penne, e qualche cosa da mangiare, come
banane ed altre frutta} gli archi e le frecce del padre di famiglia
stanno attaccate ad uno dei due tronchi, e magri cani assalgono
con forti latrali il forestiere che s'accosta a quella solitudine. Le
capanne sono picciole e talmente esposte da tutte le parti al mal
tempo che in caso di temporale v^ggonsi i bruni loro abitatori
A»i<r. VdJi:
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DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 49
ammucchiati l'uno addosso all'altro presso al fuoco e seduti sul-
la cenere, onde stare al coperto, altrimenti l'uomo sta negligen-
temente disteso nella sua branda, mentre la sua donna mantiene
il fuoco e fa arrostire un po' di carne infilzata su di uno spiedo
di legno appuntato. Il fuoco detto potè dai Puris è un oggetto
di prima necessità presso tutte le tribù del Brasile: non lo la-
sciano mai spegnersi , poiché essendo senza vesti , gelerebbero \
oltre di che esso procura loro il vantaggio di allontanare le fiere
dalle loro capanne. Simili abitazioni sono abbandonate da que'sel-
vaggi senza rincrescimento alcuno , allorché il paese più non som-
ministra loro abbastanza da vivere ', quindi si trasferiscono in altra
parte, ove posson trovare simie, majali , capriuoli , pacas, agutis
ed altro selvaggiume in maggior quantità. Dove stavano allora i
Puris avevano uccise molte simie muggenti o barbados, Mycetes
ìlligeri) ce ne offerivano varj pezzi arrostiti da comperare: orrida
e nauseosa cosa a vedersi, spezialmente per l'uso loro di lasciar
sempre la pelle agli animali che fan cuocere, la quale si presen-
ta quindi nera ed abbrustolita. Sì ghiotti bocconi , duri e intrisi
di sangue vengono da essi squarciati co' bianchi loro denti •, ma
che divorino i proprj loro morti, onde dare ai medesimi più ono-
rata sepoltura, come antichi scrittori ci tramandarono, ella è cosa
questa di cui ora non sussiste più traccia presso i Tapuyas della
costa orientale. I Portoghesi delle vicinanze di Paraiba sostengono
generalmente che i Puris mangiano le carni de' loro nemici ucci-
si, e sembra che ciò sia vero in parte, siccome vedremo in seguito;
alle interrogazioni però date loro in proposito , risposero che i
Botocudos non ebbero mai un tal uso.
I nostri viaggiatori appena giunti alle capanne, stabilirono un
mercato di permute : essi regalarono rosarj alle donne , cosa che
amano assai; ma ne strapparono la croce deridendo quel segno:
piacevan loro particolarmente le berrette rosse di lana, i coltelli ,
i fazzoletti e davano in cambio volentieri i loro archi , e le lo-
ro frecce : gli specchi divertivano molto le donne. Ricevemmo
in cambio da essi una quantità d' archi, di frecce e parecchie
ceste da trasporto. Sono queste di verdi foglie di cocco in-
trecciato, ed ai lati hanno un' orlatura intrecciata del pari : su-
periormente però son quasi tutte aperte , e vi sono tesi cordoni
di filo o di corteccia. Le portano , siccome portati pure i loro
Cost. Voi. IV dell' America 4
f)0 COSTUME
figli , assicurate col mezzo di una bindella alla fronte, ma tal-
volta anche con un legaccio alle spalle. Vedi la fig. al num. y.
della Tavola 4$. Portano a vendere quei selvaggi molte e grosse
palle di cera, che raccolgono tra' boschi, cavandola dagli alveari
delle api salvatiche*, di questa cera fanno candele che ardon be-
llissimo, e che vendono ai Portoghesi. Attaccano un gran prezzo
ai loro coltelli che appesi ad una cordicella lasciau pendere dietro
le spalle : consistono questi talvolta in un pezzetto di ferro, che
va n però sempre arruotando sulla pietra , rendendolo per tal
modo estremamente tagliente. Se si regala loro un coltello ne
tolgono ordinariamente il manico, e se ne fanno uno nuovo se-
condo il proprio loro gusto , collocando la lamina fra due pezzi
di legno, che stringono fortemente con una cordicella.
Terminato un tale traffico di permuta il Principe Massimiliano
si diresse ad altre capanne più internate nella foresta, e ne vide
altre abitate da molti selvaggi, dove trovò una quantità di cani
magri. I Puris devono aver ricevuto dagli Europei quel domestico
animale , cui chiamano joare : il detto viaggiatore 1' ha trovato
presso tutte le Tribù d'indigeni della costa orientale. Entro queste
capanne stavano principalmente molte donne e fanciulli, ed anche
in alcune parecchie brande o reti da riposo } sebbene nella maggior
parte non se ne trovasse che una. Vedi la fig. 7 della Tavola 43.
Un Puris distaccò tosto la sua branda e la permutò con un col-
tello^ altri diedero in cambio i loro legacci della fronte di pelle
di simia, le loro collane e simili.
Idioma.
L'idioma de' Puris è diverso da quello della maggior parte
dell'altre tribù, ma ha qualche affinità con quello de'Coroadose
de' Coropos.
Religione.
Alcuni scrittori e fra gli altri Azara , vollero ricusare ogni
idea religiosa a quelle tribù} ma questa opinione sembra tanto meno
fondata , quantochè quello stesso scrittore ci comunica opinioni
tali e ammesse da taluno de' suoi indigeni del Paraguay, che cer-
tamente traggono origine da qualche religione ancora informe.
Walkenaer, traduttore di quella relazione fa in varj passi di essa
la stessa giusta osservazione, ed il suddetto Principe ha pure tro-
valo presso tutte le tribù de'Tapuyas chiarissime prova di qual-
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE DI
che religiosa credenza; e quindi egli ritiene per una verità incon-
cussa che non sussista popolo sulla terra il quale non abbia qual-
che idea di religione. I selvaggi del Brasile credono l'esistenza di
vai) esseri potenti, de' quali il più forte è da essi riconosciuto nel
tuono sotto il nome di Tupà o Tupan. Combinano nella deno-
minazione di questo essere parecchie tribù , ed anche alcuni Ta-
puyas colle tribù de' Tupi o degli indigeni della lingua geral. I
Puris lo chiamano Tupan , ed Azara deriva questo nome dalla
lingua dei Guarani , prova novella dell' affinità di quella nazione
colle tribù della costa orientale. Non veggonsi idoli fra i Tapuyas,
e nemmeno Maracas^ ossiano i preservativi magici de' Tupinam-
bas. Solo sul fiume delle Amazzoni, per quanto ci si racconta, si
sono ritrovate certe immagini che parvero relative alla credenza
religiosa degli abitatori. Gli indigeni dell' America meridionale
hanno pure per la maggior parte una oscura idea di un diluvio
universale , e diverse tradizioni che trovansi annoverate spezial-
mente nelle notices curiosas do Brasil di Simiam de Vascon-
ceilos.
Botocudos.
Gli indigeni Botocudos (così chiamati dagli Europei) (1)
vanno vagando sempre ne' boschi sulle rive del Rio-Doce , e si
estendono fino all'origine di questo fiume nella Capitania di Minas
Geraes. Essi si distinguono per loro spirito militare, pel costume
di mangiare carne umana } e per la loro continua resistenza ai
Portoghesi.
Guerre dei Botocudos di Rio-Docc coi Portoghesi.
Se questi indigeni si presentano in un luogo con sentimenti
di pace, commettono in un altro le più fiere ostilità, e con essi
non ci ha mai luogo a durevol amicizia. Da principio era stato
posto, nel luogo ove ora si è fabbricato il Provoacao di Lin-
hares., un distaccamento di sette soldati con un cannone per ispa-
ven tarli , ma il loro timore andava sempre scemandosi a misura
che si rendevano familiari colle nostre armi. Un giorno-essi as-
salirono il corpo di guardia, uccisero un soldato, ed avrebbe rag-
(i) Essi furoa chiamati Botocudos pei cannoncini di legno che por-
tano nelle orecchie e nel labbro inferiore : poiché Botoquc in lingua Por-
toghese siguifica turacciolo di botte: essi appellami tra di loro Engeracck*
mungf e soffrono di mal animo il nome di Botocudos.
02 COSTUME
giunti ed uccisi anche gli altri, se non si fossero gettati a nuoto
nel vicino fiume , e salvati poscia in un battello di altri soldati
che andavano a cambiar la guardia. Non avendo potuto i selvaggi
lasfofiugnerli si accontentarono di chiudere la bocca del cannone
con pietre e rifuggironsi di nuovo ne' boschi. Il ministro di Stato
Conte di Linhares morto poc' anzi dichiarò loro formalmente la
guerra; fece rinforzare i posti militari sopra Rio-Doce affine di
assicurare i domicilj degli Europei ed il commercio con Minas
sul fiume. Da quel tempo in poi non si risparmiaron più i Boto-
cudos , e senza distinzione alcuna di età e di sesso furono ster-
minati ovunque se ne trovarono: e soltanto in particolari circo-
stanze si sono conservati e poscia educati alcuni fanciulli non ancora
giunti all'età maggiore. La guerra che li distrusse era fatta con
tanto maggiore accanimento in quanto che si sapeva che i Por-
toghesi caduti nelle loro mani venivano uccisi e mangiati.
/ Botocudos di Rio-Grande di Belmonte.
Queste continue guerre rendevano assai difficile il conoscere
perfettamente le costumanze de' fieri Botocudos di Rio-Doce. Il
Principe però trovò minor difficoltà neh" osservare quelle de'Boto-
cudos al nord di Rio-Grande di Belmonte, nel Quartel dos Ar-
cos perchè vivendo in pace con essi li poteva osservare senza
verùn pericolo: quindi egli passa a farne la seguente descrizione.
I Botocudos , vanno nudi , sono di color bruno , e portano can-
noncini o tavolette di legno bianco nelle orecchie e nel labbro
inferiore , nelle mani tengono archi e freccie. Io ne incontrai
alcuni , i quali se avessero avuto sentimenti poco amichevoli mi
avrebbero trapassato colle loro frecce prima di trovarmi ad essi vi-
cino. Io mi accostai arditamente, e dissi loro ciò che sapeva nella
loro lingua. Essi mi strinsero al seno, secondo il costume dei
Portoghesi , mi batterono sopra le spalle mandando fuori dalle
loro fauci rauchi suoni; ed allorché videro il mio fucile a due
canne gridarono ripetutamente queste parole: Pun U rullìi (molti
fucili ). ..Alcune donne cariche di pesanti sacchi s'accostarono a
me: e mi guardarono con egual curiosità, comunicandosi recipro-
camente le loro osservazioni. Uomini e donne erano interamente
ignudi ; i primi di una mediocre grandezza, forti, muscolosi, ben
formati e snelli (i)#, ma i cannoncini di legno nelle orecchie e
(i) Nel secondo tomo del viaggio al Brasile or ora pubblicato, il P;in-
BEGLI ABITATORI DEL BRASILE 53
nel labbro inferiore li rendevano assai deformi. Essi portavano
fasci di ardii e di frecce sotto il braccio, ed alcuni anche vasi
per l'acqua fatti di Taquarassù. Vedi la Tavola 48, nella quale
cipe Massimiliano ci dà una più esatta descrizione della costituzioue fisica
de' Bolocudos. La natura, egli dice, ha dato a questi indigeni una bella
forma di corpo: essi sono la maggior parte di mediocre statura, robusti ,
larghi di petto e di spalle, carnacciuti, musculosi, ma proporzionati ed
hanno i piedi e le mani ben fatte. La faccia ha, come quella degli altri
indigeni, lineamenti ben distinti, e ordinariamente larghe guance e qual-
che volta un po' piatte: i loro occhi sono generalmente neri e vivaci , e
la bocca un po' gonfia: i nasi sono grossi , ma per la maggior parte dritti
o dolcemente piegati , corti , e in alcuni anche con larghe narici. Il loro
colore è un bruno rossiccio che varia coli' essere o un po' più chiaro o
un po' più oscuro: alcuni dipingonsi interamente le guancie di bianco e
di rosso. Il Principe non ha mai trovato questi indigeni di sì oscura pelle
siccome alcuni scrittori ci hanno voluto far credere, anzi qualche volta
gli ha veduti all'incontro di un color giallo-bruno. I loro capelli sono fol-
ti,duri e neri come il carbone: i peli nel rimanente del corpo sono sottili e tesi:
molti si strappano le ciglia e la barba , altri la lasciano crescere o soltanto se la
tagliano. Le donne non soffrono peli sul loro corpo: i loro denti sono bianchi
e ben formati. Essi bucano le orecchie e il labbro inferiore e ne allargano le
aperture con pezzi di legnoleggiere di forma cilindrica; la sola volontà del pa-
dre regola il tempo di una tale operazione, la quale ordinariamente viene ese-
guita fra il settimoel'ottavoanno. Distendono a tal fine il lobo delle orecchie
ed il labbro inferiore, e con un pezzo di legno duro ed acuto vi fanno de'fori
entro cui ficcano da principio piccioli pezzi di legno, indi progressivamente
altri più grossi, i quali van sempre più dilatando le aperture. Quanto orri-
bilmente un tal costume debba sfigurare le orecchie, il labbro e tutta la
faccia si può facilmente dedurre nell' osservare sotto il num. 4 della Ta-
vola 43, la grandezza del cannoncino ivi rappresentato al naturale, e più
ancora nel vedere le diverse fisonomie de' Botocudos disegnate nella Tavo-
la 5o. Servonsi questi indigeni per formare i loro cannoncini del legno
dell'albero Barrigudo , legno assai bianco e leggiero quanto il sugbero, e
possono levarli dai fori a loro piacimento. Coli' andar però degli anni si
fatti buchi divengono tanto grandi, ebe la pelle si rompe ed allora ne uni-
scono le estremità con Cipo. Le persone avanzate in età hanno general-
mente i lobi delle orecchie rotti; e poiché il cannoncino posto nel labbro
inferiore urta continuamente i denti di mezzo della mascella inferiore, cosi
questi o prendono uua cattiva figura per esser continuamente spinti in
dentro, o cadono mentre non son essi ancor giunti all' età di 20 o 3o
anni. Il botoque portato dalle donne è un po'più piccolo e gentile come
si può vedere sotto il num. 5 della Tavola 45.
54 COSTUME
venne rappresentalo Kcrengnatnuch capo dei Botocudi colla sua
famiglia. I loro capelli erano tagliati in guisa da formare uua pir-
ciola corona in cima al capo (i): tali eran pur quelli de1 fanciulli
portati dalle loro madri sulle spalle, le quali ne conducevano non
pochi a mano. Il condottiere di questi Botocudos era un certo
Capitani Jane uomo di truce aspetto, ma di buone maniere. Egli
mi salutò cortesemente , ma la faccia di lui mi sorprese più di
quella degli altri indigeni : poiché egli portava nelle orecchie e nel
labbro inferiore cannoncini di legno del diametro di quattro pol-
lici e quattro linee misura inglese.
Loro avidità di mangiare.
Allorquando ritornai al Quariel trovai una quantità di Boto-
cudos che si erano adagiati secondo loro tornava più a comodo.
Alcuni si erano posti al fuoco ed arrostivano frutte ancora acerbe
di mammào ,* altri mangiavano della farina che avevano ricevuta
dal comandante. Essi si maravigliarono nel vedere la bianca pelle,
i capelli biondi e gli occhi azzurri della mia gente : visitarono o-
gni angolo della casa onde trovare de' commestibili , ed in ogui
loro azione dimostravano sempre il desiderio di mangiare:, sali-
rono su tutti i tronchi di mammào e dove trovarono qualche
frutto che appena incominciasse a maturare, lo coglievano} ne
mangiavano molti affatto acerbi, e ne facevano arrossire alcuni
sulla brace ed altri cuocere nell' acqua. Io cambiai con essi col-,
telli, fazzoletti rossi , vetri ed altre cianfrusaglie con armi, sacchi
ed altri utensili: amavano soprattutto cose di ferro, ed attacca-
vano subito ad una cordicella, cui soglion portare al collo se-
condo il costume di tutti i Tapuyas , i coltelli che avevano acqui-
stati. Alcuni, fra i quali Sellow, pretendono che i Botocudos per
darsi il benvenuto, si fiutano reciprocamente alle articolazioni della
mano: io però non vidi mai una simile cerimonia. Le scuri e i
coltelli sono da essi tenuti in gran pregio : si servono delle prime
(i) I Botocudos per tagliare i capelli si servi vanoodi un pezzo di canna
spaccata , cui essi vendevano assai tagliente da una parte; ora peiòusan
generalmente coltelli di ferro. E falso, dice il Principe suddetto, che gli
Americani sieno senza barba, imperciocché ce n'ha moltissimi che hanno
una folta barba , quantunque la maggior parte non abbia ricevuto dalla
natura che una corona di sottili peli intorno alla bocca. Trovatisi per fino
fra i Botocudos alcuni ragazzi che hanno de'pcli sulle braccia ; essi pero
si danno tutta la cura di strapparseli.
DEGLI ABITATORI DEI. BRASILE 5 f)
per ispaccare un legno tenace, bignomia, di cui formano i loro
archi, ma tanta è la loro avidità di mangiare, che cambiano su-
bito queste armi per un po' di farina. Questi selvaggi usano an-
che dipingersi il corpo in istrane maniere:, alcuni cioè si dipingono
la faccia fino alla bocca di un color rosso assai vivo} lasciando
il rimanente del corpo di color naturale , altri l' interno corpo di
nero ad eccezione delle mani , de' piedi e del volto.
Viarie maniere di dipingersi il corpo.
I colori , di cui i Botocudos si servono per dipingersi il corpo,
cosi in un altro luogo il Principe Massimiliano, vengon loro som-
ministrati dall'albero detto arucù e dal frutto di genipaba: il primo
dà un rosso gialliccio assai vivo , ed è cavato dalla scorza che
copre i semi} dall'altro si ottiene un nero azzurro sì durevole che
rimane sulla pelle circa quattordici giorni. Gol primo , che facil-
mente svanisce col lavarsi, si dipingono la faccia e la bocca , ed
acquistano così un aspetto selvaggio ed infuocato} col secondo
anneriscono il colpo, i cubiti, i piedi e le gambe dalla polpa in
giù , separando sempre le parti dipinte dalle non dipinte con una
striscia di color rosso. Altri col colore dividonsi per il lungo il
corpo in due parti eguali , lasciando la metà nello stato naturale,
e tingendo V altra di nero, di modo che s' assomigliano a quelle
maschere che si appellano giorno e notte. Altri finalmente non
dipingonsi che la faccia di rosso vivissimo, ed alcuni sogliono ag-
giugnere una striscia nera, che, simile alle basette, passando
sotto il naso va da un' orecchia all' altra.
Ornamenti.
Al Botocudos così dipinto non sembra tuttavia d' essere giunto
alla vera idea del bello, se non si adorna con una collana com-
posta di noccioli di frutte, o di nere coccole infilzate con filo di
refe, frammischiate a denti di simia o di fiere,* ornamento usato
altresì dai Puris e da altri indigeni Brasiliani che se ne cingon
pur anche la fronte. Le donne poi in ispezie ed i fanciulli amano
assai di portare simili collane. I Botocudos hanno pure il costume
di nascondere il membro genitale in una specie di guaina fatta
di foglie seccche d' issara , copertura cui essi chiamano gincana
ed i Portoghesi tacanhoba o tacanìoba, e che noi rappresentiamo
nella figura 4 della Tavola 49- Ma la cosa più preziosa che gli
uomini sogliono portare ai collo è un coltello che ordinariamente
56 COSTUME
consiste in una lama di ferro assai tagliente, che pel grand' uso
che ne fanno è sovente ridotta ad un piccolo pezzo. Tale col-
tello ch'essi conservano sempre ben affilato è rappresentato nella
fìg. 6 della suddetta Tavola. I loro condottieri per lo più si di-
stinguono col portar sul capo o sopra qualche altra parie del corpo
alcune penne d' uccelli. Una volta usavano , ben anche ornare il
capo con una specie di ventaglio composto di 12 o i5 penne gialle
della coda del tapù, cassicus cristatus, cui essi univano con cera
ed attaccavano alla sommità della testa. Questo ventaglio chiamato
dai medesimi nucancann o takeraiunn-ioka è rappresentato sotto
la fig. 6. della Tavola 43 : la moda però lo ha da lungo tempo
abolito , ed ora non se ne vede che in qualche capanna. Alcuni
condottieri usano attaccare alla loro fronte col mezzo di una cor-
della un pajo di penne d'uccelli che ordinariamente sono di pap-
pagalli I condottieri però de'Botocudos portano di rado penne
d' uccelli , perchè vanno anch' essi per la maggior parte affatto
iguudi e si dipingono il corpo. Le donne amano assai gli orna-
menti, ed apprezzano moltissimo le corone, i fazzoletti di naso
di color rosso, ed i piccioli specchi} gli uomini al contrario pre-
feriscono le scuri , i coltelli ed altri utensili di ferro.
Infingardaggine.
L'infingardaggine è uno de' principali caratteri di questi indi-
geni. Sopito da una naturale indolenza riposa il Botocudos inope-
roso nella sua capanna finché la necessità del nutrimento non lo
spinge a procacciarselo } anzi non tralascia in simile occasione di
far uso dei diritti del più forte, obbligando al lavoro la moglie
e i figli. Le mogli obbediscono come schiave ai mariti , e le cica-
trici di cui sono coperti i loro corpi, fanno testimonianza della
rabbia e della crudeltà de' medesimi.
Maniera d? ottenere il fuoco.
I Botocudos si procacciano il fuoco nella seguente maniera *,
prendono un lungo pezzo di legno, e ficcano in un foro dello stesso
un altro legno perpendicolare cui superiormente attaccano un pezzo
di canna , onde poterlo tener sicuro nelle mani e girarlo in fret-
ta. Nel legno orizzontale dove aggirasi la punta del bastone pon-
gono un po' di bast (estopa) delle piante chiamate dai Porto-
ghesi pao d" estopa (lecythis J: i pezzetti di legno che si di-
staccano per la confricazione prendon fuoco e accendono i fili del
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE ^7
bast. L'effetto di questo accendi fuoco detto dai Botocudos nom-
77ymz, e rappresentato nella fig. a della Tavola (\§\ è sicuro, ma
costa assai fatica e tempo", onde ottenerlo si servono di due qua-
lità di legno, 1' una di garnelera (fìcus), e 1" altra di imbabùa
baum ( cecropia ).
Loro capanne.
Le capanne dei Botocudos sono fatte di sole palme di cocco,
piantate in terra in figura ovale, di modo che le punte mentre
si piegano le une sopra le altre formano una specie di volta, lo
non trovai nelle loro capanne alcuno stromento, tranne alcune
grosse pietre, colle quali rompono le noci di una certa specie di
cocco selvatico da essi chiamato ororo.
Utensili.
In altro luogo però ci riferisce di aver veduti nelle loro ca-
panne altri utensili sparsi qua e là per terra , e fra questi anno-
vera alcune pignatte fatte di terra grigia cotta al fuoco } vasi da
bere e da conservare acqua per la maggior parte di scorza di
zucche , e pezzi di canna lunghi dai tre ai quattro piedi , che
ordinariamente servono di recipienti d'acqua quando sono ne1 bo-
schi : tale stromento da essi chiamato kdkroch è rappresentato
sotto la figura 8 della Tavola 49 : esso si spacca facilmente, ma
ne chiudono tosto le fessure con cera.
Essi hanno un altro stromento rappresentato dalla fig. j Ta-
vola 49 di cui si servono per levare del cocco il nocciuolo , e lo
fabbricano ordinariamente colle ossa dell' unze o di grossi gatti ,
tagliandole obliquamente ed appuntandole a guisa di un cavo
scalpello. Quantunque ogni orda di Botocudos posseda al presente
una scure di ferro, ciononostante alcuni si servono qualche volta
di una dura, verde o grigia pietra nephrit , (caratu nella loro
lingua ) cui aguzzano alquanto , e ne fan uso per tagliar piante ec.
Allorché una truppa di Botocudos si pone in viaggio, le donne
pongono le loro minuterie in piccioli sacchi di spago, vedi la
fig. 3 della Tavola suddetta , cui portano sulle spalle per mezzo
di una corda che passa sulla fronte. Questi sacchi contengono or-
dinariamente pezzi di taquara per far punte di frecce , scorze di
tatù; urucà per colorire, una forte pietra per rompere i cocco:
corde di grawatha o tucum: cera in grosse palle, collane, le-
gno per formare i cannoncini che portano nelle oreccchie e Belle
labbra ec.
58 COSTUME
Matrimon].
Un Botocudos ha tante mogli quante ne può mantenere , e
ordinariamente il numero di queste ascende fino a 12. Il Prin-
cipe Massimiliano però confessa di non averne mai trovato alcuno
che ne avesse più di due o tre. I matrimonj si conchiudono sen-
za tante cerimonie , dipendendo soltanto dalla volontà de' con-
traenti e da quella dei parenti", essi però si sciolgono con eguaio
facilità.
Sepolcri.
Non lungi da una delle suddette capanne vidi , dice il Prin-
cipe, il sepulcro di un uomo cui volli esaminare: esso era in
un luogo all' aperta fra alti tronchi e coperto di molti pezzetti
di legno, cui dopo levati, trovai la sepoltura piena di terra,
nella quale si scorgevano qua e là delle ossa. Il giovane Botucu-
dos per nome Burnetta che mi aveva colà condotto, dimostrò
gran dispiacere nel veder toccare le ossa, ond' io tralasciai di sca-
vare, e me ne ritornai a casa.
Disfida di alcuni Botocudos.
In altro luogo il principe Massimiliano (1) ci descrive una
singoiar disfida di alcuni Botocudos. Strada facendo, egli dice,
incontrai una mano di Botocudos seduti intorno al fuoco: erano
persone appartenenti al Capitani Gipakeiu che avevano passato
a guado il fiume. Molti giovani balzarono nei nostri cannotti per
fare il viaggio con noi fino al distaccamento. Appena colà arri-
vati trovammo un' altra banda di selvaggi: quest'era la truppa
del Capitani Separali. Bello era il vedere tutta questa gente
bruna passare a guado il fiume, tenendo in alto archi e frecci e :
tutti portavano sopra le spalle mazzi di bastoni lunghi sei in otto
piedi per battersi coi Capitam Jane e Gipakeiu^ ma l1 ultimo
erasi di già molto innoltrato nel bosco, e Jane col suo corpo
trova vasi tuttora assente dal Quartel. Solleciti correvano i selvaggi
in tutte le camere delle case per cercare i loro avversar] ma non
avendo trovato alcuno, ivi deposero i loro bastoni , quai segni di
provocazione ^ e verso sera si ritirarono. Giunse il Capitani Jepa-
rak colla sua gente che portavano anch' essi lunghi bastoni da
guerra e dimandarono conto, ma inutilmente, del Capitani Gipa-
(1) Tom. I. cap. XI.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILIE f>q
keiu.- Siccome però essi non erano distanti, cosi trovarono facil-
mente occasione di saziare la loro smania di battersi. 11 Capitani
June con tre suoi figli e coir altra sua gente aveva accettala la
disfida e seguiva la parte del Capitani Gipakeiu. Nel giorno se-
guente si videro tutti i Botocudos del Quartel dipinti in faccia
alcuni di nero ed altri di rosso, marciare improvvisamente e pas-
sar a guado all'altra riva portando sulle spalle fasci di bastoni.
Dopo breve tempo usci dal bosco dove, in alcune capanne eransi
rifuggite molte donne e fanciulli, il Capitani June colle sue genti.
Sparsa appena la voce al Quartel dell'imminente zuffa, una quan-
tità di curiosi, fra i quali altri forestieri ed io, ci affrettammo
al campo di battaglia. Ognuno di noi prese per maggior sicu-
rezza una pistola ed un coltello nel caso che alcuno si volgesse
contro di noi. Appena colà arrivati trovammo tutti i selvaggi af-
follati in un mucchio: la zuffa incominciava in quel punto. Da
principio i guerrieri d'ambe le parti mandaron grida di sfida, e
poscia girando intorno l'uno all'altro come fieri cani mettevano
in ordine i loro bastoni. Quindi comparì il Capitani Jeparalc, si
frammischiò ai guerrieri, guardò con occhi spalancati e torvi ora
gli uni oia gli altri, e poi cantò con voce tremolante una lunga
canzone, che probabilmente aggiravasi sull'offesa che gli era stata
fatta. In tal maniera aizzandosi sempre più , due di essi si urta-
rono scambievolmente col braccio sul petto e con sì grand' impeto
che ambidue traballarono. Quindi diedero di piglio ai bastoni, e
l'uno battè con tutta la foza l'altro senza osservar dove cadesse
il colpo: l'avversario sostenne intrepido e costante il primo assal-
to, poi cominciò anch' egli a battere, e così proseguì l'uno contra
P altro con sì potenti colpi che i loro nudi corpi eran pieni di
lividure e di vesciche e taluno grondava pur anche di sangue.
Quando due combattenti eransi coraggiosamente percorsi, compa-
rivano altri due, e sovente vedevansi nello stesso tempo varie cop-
pie in combattimento, senza però mai toccarsi colle mani. Ter-
minati i duelli, si mettevano nuovamente a girar pensieriosi per
qualche tempo mandando sempre grida di disfida fin a tanto che
una nova eroica inspirazione s'impadronisse di loro, e ponesse
in moto i loro bastoni. Intanto anche le donne combattevano co-
raggiosamente, e fra il pianto e gli urli si prendevano l'una l'al-
tra pei capelli, si strappavano a vicenda i cannoncini di legno
60 COSTUME
dalle labbra e dalle orecchie, che quasi trofei vedevansì qua e là
sparsi sul campo di battaglia, si percuotevano con pugni e si
graffiavano colle unghie. Se una gettava un'altra a terra , era vi
una terza dietro la prima che la prendeva pei piedi e la capo-
volgeva. Gli uomini non avvilivansi col battere le donne del par-
tito contrario , ma soltanto le spingevano lontano colla punta dei
loro bastoni, e co' piedi urtandone nei fianchi le facevano rotolare.
Anche le vicine capanne risonavano de' lamenti e delle strida
femminili e del pianto de' fanciulli, ciò che accresceva la singola-
rità di questo spettacolo, che durò forse un'ora. Il Capii atn Je-
parack, il cui ritratto vien rappresentato nella figura i della l'a-
vola 5o, essendo la principal persona della parte offesa resistette
fino alla fine: tutti sembravano stanchi, ma egli non si dimostrava
tuttavia disposto a conchiudere la pace, e continuava con voce
tremolante il suo canto e incoraggiava le sue genti ad una nuova
zuffa. Finalmente, prosegue il Principe Massimiliano, noi ci acco-
stammo a lui, gli ponemmo le mani sulle spalle, dicendogli esser
lui un valente guerriero, ma essere anche tempo di far la pace}
dopo di che egli ali" improvviso abbandonò il campo di battaglia
e se ne andò verso il Quartel. Il Capitani June^ essendo vecchio
si tenne sempre indietro senza combattere. Noi abbandonammo il
campo coperto di cannoncini e di bastoni rotti, ci siamo recati al
Quartel ove trovammo Jukerócke, Medcann, Aho ed altri copiti
di lividure e di vesciche, che senza mostrare di darsi il più pic-
ciolo pensiero per le parli del loro corpo offese, s' assisero sulle
loro ferite, e mangiarono con appetito la farina che il coman-
dante fece loro distribuire. Durante il combattimento gli archi e
le frecce di lutti questi selvaggi stavan appoggiate agli alberi , nò
mai venne ad alcuno il pensiere di farne uso: tuttavia si crede
che qualche volta anche in simili occasioni sieno passati dai ba-
stoni alle armi , poiché i Portoghesi temono di veder da vicino
tali disfide.
Il motivo che mosse questi indigeni al descritto combattimento
fu il seguente. Il Capitani fune co' suoi seguaci sulla sponda
meridionale del fiume aveva uccisi alcuni cignali ne' luoghi ri-
servati alla caccia di Jeparaok: questi risguardò tal fatto come
una grave ingiuria alla sua persona :, poiché i Botocudos non so-
gliono oltrepassare i confini stabiliti ne' loro luoghi di caccia. Si-
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 6l
mili offese sono ordinariamente la causa delle loro zuffe. Nelle
vicinanze del Destacaments dos Arcos pel passato non era acca-
duto che un solo combattimento simile a questo, quindi riesce
difficile ai viaggiatori il poter essere spettatori di una scena tanto
singolare quanto importante per avere una più esatta cognizione
de' Botocudos e del loro originale carattere. Il principe Massimi-
liano ci rappresentò un tale spettacolo nella Tavola 5i.
Loro frecce.
Le frecce che durante il detto combattimento stavan appese
alle piante erano di tre specie \ ad ognuna di esse danno i Boto-
cudos un nome diverso secondo la diversità delle loro punte. La
freccia di guerra chiamato uagicke komm ha un'acuta e lunga
punla fatta di canna di taquarussìi abbrustolita per renderla più
forte, ed è raschiata in modo da divenir tagliente come un col-
tello ed acuta come un ago: queste frecce fanno grandissime fe-
rite, e sono usate per conseguenza in guerra e nella caccia delle
più grosse fiere. La freccia cogli uncini uagicke nigmeran ha la
punta lunga circa un piede e mezzo, ed è fatta, come pure è
l'arco, o di airi o di pao d'arco', è sottile , acutissima, ha da
un lato otto o dodici tagliuzzi che formano altretanti uncinetti ,
e se ne fa uso e per la guerra, e per la caccia di grandi e pic-
cioli animali. La terza uagicke bacannumock , che serve soltanto
per la caccia delle picciole bestie, invece di essere acuta ha nel-
l'estremità un gruppo di cinque o sei nodi. La tavola 45 ci rap-
presenta sotto i num. 2, 3 l\, queste tre qualità di frecce delle
quali, siccome abbiam di già osservato, fanno uso i Puris ed i
Votocudos, colla differenza che 1' asta di quelle de' Botocudos nou
Iia nodi.
/ Patachos.
Il principe Massimiliano, mentre aveva quasi deposta ogni
speranza di conoscere i Patachos} s'abbattè in una truppa di
questi selvaggi, che tutti nudi colle loro armi in mano portavano
a vendere grosse palle di cera nera \ ei diede loro de' coltelli e
fazzoletti rossi da naso per avere in cambio una quantità d'archi
e di frecce. Essi nulla aveano di particolare } non erano né di-
pinti, né trasformati^ alcuni eran piccioli, gli altri di mediocre
statura , ma tutti di corpo sciolto e svelto , con faccia grande
e lineamenti grossolani. 11 loro condottiero (chiamato Capitani
C % COSTUME
dai Portoghesi ) portava una berretta di lana rossa e calzoni az-
zurri, che gli furou regalati: si diede loro da mangiare farina e
cocchi cui aprivano con una scure, e faceva meraviglia l'avidità
colla quale ne divoravano il bianco midollo. Nella Tavola 52,
vedesi il Capitani intento ad aprire un cocco.
Anzioso il detto Principe di conoscere i Patachos un po' più
da vicino, navigando sul fiume Prado si recò fin sulle rive del
Sucurucù dove trovò molti Patachos e Machacans. Questi ultimi
sono sempre stati più inclinati alla pace cogli Europei, che i
primi \ coi quali soltanto da tre anni si è potuto stabilire un' ami-
chevole corrispondenza. I Patachos s' assomigliano molto nell' e-
sterno ai Puris } sono però un po' più grandi, ed eguali ai Puris
ed ai Machacaris non deformano coi colori i loro volti ed il loro
corpo, e portano i capelli pendenti e tagliati soltanto al di sopra
degli occhi. Alcuni però si radono del tutto il capo, e lasciano
solamente davanti e di dietro una piccola ciocca, ed usano fora-
re le orecchie ed il labbro inferiore ficcando nelle picciole aper-
ture un corto e sottile pezzetto di canna. Gli uomini portavano al
collo, siccome pure tutte le altre tribù della costa orientale, il
coltello appeso ad una cordella, e le corone che loro furono re-
galate. Assai singolare e soprendente è il loro costume di allac-
ciare il prepuzio col viburno, per la quale operazione esso prende
una figura singolare. Le loro armi non differiscono gran fatto da
quelle degli altri selvaggi: gli archi fatti di legno di airi o pao
(V arco (bignonia) sono un po'1 più grandi di quelli dei Tapuyas :
le frecce, di cui si servono comunemente per la caccia, sono corte,
e lunghe quelle per la guerra. Presso nessuna tribù si trovò la
corda dell'arco fatta di budello o di tendine di qualche animale,
come venne falsamente asserito dal signor Lindley. Ognuno porta
sulle spalle una borsa o sacco di embira (corteccia) attaccato al
collo, od anche diverse corde intrecciate, dentro le quali pongono
varie cianfrusaglie. Anche le loro donne non sono dipinte, e van-
no interamente nude. 1 Patachos si discostano pure nella costru-
zione delle loro capanne da quella poc'anzi descritta dei Puris:
esse sono assai semplici ed umili : e consistono in alcuni rami fic-
cati nella terra, piegati in cima e legati insieme o coperti di
foglie di pdttioba odi coco: vedi la Tavola suddetta: vicino a
ciascuna di esse vedesi una spezie di graticola consistente in quat-
/lliWil i; ^
DEGLI ABITATORI DEL ERASILE 63
irò pali forcuti piantati in terra, i quali sostengono altri quattro
legni, su cui son ordinati altri bastoni l'uno vicino all'altro onde
sostenere gli animali uccisi che vi si soprappongono per farli ar-
rostire. I Patachos ed i Machacaris, o Machacalis, i cui linguaggi
hanno tra essi qualche somiglianza, fanno lega contra i Botocu-
dos, e sembra che trattino i loro prigionieri come schiavi , poiché
non ha guari offrirono di vendere agli abitatori della Villa-de-Prado
una giovane Botocuda^ ma non si è mai avuto fondamento da
credere, che i Patachos mangino i loro prigionieri. Questi sel-
vaggi più sospettosi e ritenuti degli altri vanno errando nelle fo-
reste, e compariscono ora ad Alcobaba, ora a Prado, a Come-
chatiba e Trancozo, e si dà loro in occasione di tali viste qual-
che cosa da mangiare ed alcune bagattelle onde avere in cambio
cera ed altre produzioni de' loro boschi.
I Camacan.
I Camacan nella configurazione del loro corpo poco o nulla
differiscono dagli altri Indiani della costa orientale: sono ben for-
mati, grandi, forti, larghi di spalle, lineamenti bene spiegati,*?
si conoscon da lontano, poiché sì gli uomini che le donne lascian
cadere sulle spolle i lunghi loro capelli.
Loro qualità fisiche.
Hanno la pelle di color oscuro, qualche volta gialliccio od
anche rossigno: vanno quasi del tutto nudi: gli uomini portano
la tacanhoba , cui parlando dei Botocudos, abbiamo rappresentalo
nella Tavola /jo, lig. [\ , e che dai Camacan vien chiamata hyra-
nayka : si strappano o si tagliano i peli delle ciglia e delle altre
parti del corpo, e fanno talvolta nelle orecchie un'apertura della
grandezza di un pisello. Essi sogliono cangiare il colore delle
loro pelli coi sughi dell' urucù, del genipaba o con altro color
rossigno appellato catua.
Erano pel passalo i Camacan una nazione inquieta , guerriera
ed amante della libertà: non si recano che mal volentieri ne'din-
torni delle abitazioni Europee, e fan presto ritorno ai loro folti
boschi ove hanno le loro capanne di legno, coperte di scorza
d'alberi, e vivono di caccia senza però trascurare la coltivazione.
Vedi la Tavola 53.
Capanne.
Essi piantano intorno ai loro abitacoli molte banane, grano
DEGLI AIUTATORI DEL BRASILE 65
spezie di secchio alto due o Uè piedi, e io collocano ifi un luogo
piano vicino alle loro capanne. Mentre gli uomini si occupano di
ciò, le donne fanno caiil di grano turco e manioca. Dodici ore
prima masticano esse grani ed Miche palale, e le sputano in un
secchio d'acqua ca-lda in cui ne succede la fermentazione} quindi
volano sì fatta materia nel descritto tronco sotto del quale facendo
fuoco continua a fermentare. Intanto tutti i ballerini si adornano}
gir uomini dipingonsi a strisce", e le donne si dipingon le mammelle
a tanti mezzi circoli concentrici ^ e tirano anche alcune linee sulla
faccia: alcuni coprousi la lesta coi loro berretti di penne} altri cac-
ciano penne colorite nelle orecchie. Uno di loro tiene in mano
uno stromenlo composto di molte unghie d' anta divise in due
fascetti ed assicurale a molte cordelle. Esso è chiamato nella loro
lingua herenehedioca, e sa ne servono per far la battuta, dando,
quando è scosso, un suono crocchiante, vedi la 6g. 8 della Ta-
vola 54. Qualche volta usano anche uno slromento più. picciolo
chiamato da essi hechiech^ vedi la fig. y della Tavola suddetta, il
quale consiste in una zucca attaccata ad un manico di legno, in
cui si son poste alcune pietruzze, e che quando è scossa fa pure
un cupo rumore. Quattro uonwiii danno principio alla danza por-
tandosi innanzi alquanto piegati, e con misurati passi si seguon
l'un l'altro in circolo cantando quasi sempre con egual modula-
zione hoy ! hoy ! he! he! he! ed uno di essi suona questo slro-
mento ora forte, ora piano come a lui pare più conveniente. Quin-
di le donne si frammischian anch'esse agli uomini prendendosi
due a due, pongono la mano sinistra alla guancia, e tutti in-
sieme se ne vanno al suono de' suddetti stromenti intorno al fa-
vorito loro secchio. Dan essi principio alla loro danza verso il
mezzodì e nella stagione più calda, di modo che il sudore scorre
in gran quantità dai loro corpi : e quindi 1' un dopo l'alro se ne
vanno al secchio a bevere caia. Le donne accompagnano il loro
canto con alle grida senza alcuna modulazione} e se ne vanno con
piegala la testa e la parte superiore del corpo , né si stancano di
ballare finché rimane qualche stilla di caiii nel secchio. Un si-
mile ballo viene rappresentato nella già citala Tavola 55. Qual-
che volta dispongonsi i ballerini in due file l'una di contro al-
l'altra , e una linea lenta sempre di spinger l'altra indietro.
Cost. Voi IV deW Ameriea. 5
66 COSTUME
Altro divertimento.
In occasioue di simili feste dopo di aver ballato lutto il giorno
e tutta la notte ha luogo qualche volta un altro divertimento. I
giovani a Gne di dar prova della loro forza se ne corrono al bo-
sco e colà giunti tagliano un pesante pezzo di un ramo di bar-
riglielo in forma cilindrica, e ficcano in mezzo ad ogni pezzo
tagliato un bastone onde poterlo sollevare con maggior facilità.
Uno di essi pel primo comincia dal prendere sì fatto tronco, lo
pone sulle spalle e se ne corre a casa: lutti gli altri lo inseguono
in fretta e tentano di levargli il peso. In questo modo van gareg-
giando fino al luogo dove trovansi radunate le loro belle, le quali
dimostrano il loro aggradimento a chi ne riman vittorioso. Appena
colà anivati tutti grondanti di sudore, sogliono tuffarsi nel fiume
per rinfrescarsi} ciò che spesse volte cagiona loro la morte.
Altre costumanze.
Se un Gamacan si ammala, si lascia quietamente riposare: se
può reggersi in piedi, ei si procura da sé i mezzi di sussistenza}
in caso contrario rimane senza alcun soccorso.
Cura degli ammalati.
Molti scrittori fanno fede di questa indifferenza per gli am-
malati. Si sa peiò che uno de'loro rimedj usati in occasione di
grave malattia, e considerato come efficacissimo, consiste nel sof-
fiar fumo di tabacco sopra l'ammalato, il qual soffre pazientemente
tale operazione, mentre il medico sta boi bollando alcune parole.
Cerimonie funebri.
S'egli muore, i parenti e gli amici si uniscono intorno al suo
cadavere} piegano il capo sopra del medesimo, e si pongono a
gridar fortemente per alcuni giorni interi, dandosi reciprocamente
il cambio per prender qualche riposo. Il morto rimane alcune
volte per molto tempo insepolto} poiché quando si crede che tal
funebre cerimonia sia giunta al suo termine vedesi incominciare
di nuovo. Essi risguardano le anime de'trapassati come altrettante
Divinità, le adorano, attribuiscono ad esse i temporali, e sono
d'opinione che se i motti durante la loro vita sono stati trattati
malamente, ritornano in questo mondo in forma di lonze per recar
danno ai loro nemici. Essi li seppelliscono nudi e seduti, e pongo-
no ne' loro sepolcri una caiii, una pignatta, un poco di caiiiy un
arco con alcune frecce, quindi empiono la fossa di terra e vi ac-
cendon sopra un grati fuoco.
<7
STABILIMENTI EUROPEI
iSEL BRASILE.
F,
inoia non abbiamo fallo menzione che delle tribù indigene
del Brasile senza parlare degli sta bili menti porlogliesi. Ma per
intender bene la serie dei fatti die siamo per esporre , era ne-
cessario averli prima conosciuti , dappoiché essi vi hanno gran
parte.
Primi stabilimenti portoghesi.
Benché le terre del Biasile non sembrassero al governo por-
toghese rè meno belle né meno fertili di quello eh' era il state de-
scritte da Cabrai, pure non offrendo esse in abbondanza né in
un subito il metallo prezioso che dirigi va tutte le imprese degli
Europei in America, se ne riguardò da principio il possedimento
come cosa di poca importanza } e la coite di Lisbona teneva il
Brasile come un luogo d'esilio, in cui faceva trasportare i delin-
quenti cui voleva salvare la vita.
Difficoltà di formarli.
Ben lungi però dall' oltenere un tale intento essa gli esponeva
in vece a perderla ad ogni istante, poiché gli indigeni, uomini
naturalmente feroci e indomabili non potendo tollerare lo stabili-
mento degli stranieri alle loro terre, facevano agli Europei una
guerra sì crudele , che non lasciava alcuna speranza di vita ai
vinti o sorpresi.
Grandi concessioni di terra ai coloni.
La Corte non si faceva molto pregare per concedere immense
terre a tutti quelli che offrivano di formare degli stabilimenti} e
passò perfino ad assegnare a non pochi signori intere province ,
nella speranza ch'essi fossero per radunarvi molti abitatori. Mal-
grado di tante condiscendenze questi nuovi possedimenti non pro-
speravano né venivano popolali da molli coloni, e per la neces-
sità in cui tiovavansi continuamente di difendersi e per quella di
68 COSTUME
lavorare con un' assitlna fatica terre, le quali benché fertilissime,
esigevano una assai diligente coltivazione per supplire ai bisogni
de'loro possessori. Intanto si mandavan nel Portogallo simie, pap-
pagalli e legno di tintura, tutti oggetti che non costavan che la
pena di raccoglierli , e che in Europa eran venduti a caro prezzo.
Intanto la necessità rendeva i coloni industriosi } il frutto che
ricavavano dalle loro fatiche allettò altri Europei a seguirli }
l'agricoltura fece grandi progressi} la guerra ch'essi dovevano
continuamente sostenere contra le tribù indicene gli obbligò a
dividersi in Capitanati , e questo fu il principio dell'organizza-
zione politica.
Principio della organizzazione politica.
Nello spazio di cinquantanni si vider nascere lungo la costa
■varie borgate, fra le quali dislinguevansi Tamaraca, Pernambuco,
llheos, Porio-Seguro e San Vincenzo. I vantaggi di queste nuove
colonie fecero finalmente aprir eli occhi alla Corte di Portogallo}
conobbe il torlo eh' essa si fece accordando tante illimitate con-
cessioni, e si pose all'impresa di rimediarvi.
De-Souza Governator del Brasile nel i549-
Quindi il re cominciò dal rivocare tutti i privilegi accordati
ai capi delle Capitanerie} e durante l'anno i54q, mandò Tom-
maso de-Souza al Brasile col titolo di Governator generale. Souza
aveva ricevuto l'ordine non solo di stabilire una nuova ammini-
strazione, della quale portava il piano, ma di fabbricare ancora
una città nella baja di Tutti i Santi. Giunse nel Brasile accom-
pagnato da truppe e da Missionaij , e fondò la città di San-Sal-
■vador, la quale fino alla metà del secolo decimo ottavo fu la ca-
pitale del paese. Souza ebbe a sostenere lunghe e sanguinose
guerre contra gli indigeni ; ma ciò non impedì che le città sì
moltiplicassero. Le prime non ebbero che semplicissime fortifica-
zioni, le quali bastavano a guarentirle dalle sorprese de'selvaggi*
ma l'apparizione di diverse nazioni europee ne' mari vicini fece
pensare a più valevoli mezzi di difesa.
Stabilimento francese nel Brasile nel 1 555.
Erano appena cinque anni che Souza governava il Brasile ,
quando i Francesi intrapresero di formarvi uno stabilimento. Nel
1 555 Villegagnon Cavaliere di Malta che aveva abbracciata la ri-
forma di Calvino, concepì il progetto di formare in America una
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 6<J
colonia di Protestanti: lo presentò alla Corte sotto la semplice
vista di fare uno stabilimento francese nel Nuovo-Mondo , al-
l'esempio de' Portoghesi e degli Spaglinoli, ed ottenne da Eurico
II tre vascelli sui quali giunse al Brasile, e si stabilì in un luogo
detto Guanabara nelle vicinanze di Rio-Janeiro.
Abbandonato nel 1 558.
La discordia nacque fra i coloni ; i Cattolici e i Protestanti
dimenticandosi della carità cristiana , si posero a quistionare sul
dogma, invece di vivere in pace per consolidare lo stabilimento :
gli attacchi dei Portoghesi, la carestia, le scorrerie degli indigeni
terminarono di rovinare la colonia, e bisognò abbandonarla nel
i658.
Miniere d'oro scoperte nel 1 5^^.
I Portoghesi all'incontro si estendevano sempre più nel paese }
ed i Missionarj facevano pacifiche conquiste fra le nazioni indi-
gene. Penetrando sempre più nell'interno giunsero finalmente a
scoprir dell'oro, oggetto continuo de' loro voti: le prime miniere
furou trovate nel i5^^.
La catastrofe che nel i58i fece passare il Portogallo sotto il
dominio di Filippo II re di Spagna, cagionò la perdita de' suoi
possedimenti nelle Indie Orientali, e quasi quasi era per toglier-
gli anche il Brasile.
Gli Olandesi sulle coste del Brasile.
Gli Olandesi , dopo di essersi sottratti al giogo del Monarca
spagnuolo, cercarono di nuocergli in tutti i paesi sottoposti al
di lui dominio. I loro vascelli incominciarono dal far delle incur-
sioni sulle coste del Brasile: essi conoscevano perfettamente la
ricchezza e la fertilità di quella vasta contrada : le grandi famiglie
poitoghesi vi possedevano per la maggior parte delle terre , vi
avevano introdotta la cannamele, cui avevano trasportata dall'iso-
la di Madera, e facevano coltivarla dai Negri condottivi dalla co-
sta d'Angola. L'importanza del Brasile cominciava ad esser meglio
conosciuta', e questo paese prendendo poca parte nelle dissensioni
che agitavano l'Europa, godeva d'una profonda pace: i gover-
natori non si occupavano che del commercio, e gli slessi soldati
erano divenuti neg< zianti. In tal epoca gli indigeni abitavano
tuttavia una patte delle coste, ed i negozianti olandesi che vi si
erano recali per trattare coi medesimi, ne furono benissimo accolli.
<]G COSTUME
perchè vendendo loro le mercanzie a buon mercato , Irovaron
maggior profitto a comperare di questi che dai Portoghesi. Que-
sto commercio clandestino aveva già disposto gli indigeni in favore
degli Olandesi.
\j ammiraglio olandese Wilkens s'impadronisce della capi-
tale nel 162,5.
Tale era la situazione delle cose quando la loro flotta coman-
data da Wilhens si «rostro davanti a San-Salvador nel 1625. I
Portoghesi pensaron meno a difendersi che a porre in salvo le
loro ricchezze. L' ammiraglio olandese s' impadronì della capitale.
Il Governatore non ebbe né il coraggio di difendersi , né la pru-
denza di salvarsi. Il solo Arcivescovo Don Michele di Texeira
intraprese a sostenere l'onore della propria nazione col ratificarsi
in un borgo vicino, e col cagionar poscia non pochi imbarazzi ai
conquistatori} ma questi intanto fecero un immenso bollino , e
in pochi giorni s'impadronirono della maggior parte della Capi-
tananza.
Questa nuova sparse nel Portogallo la costernazione che on-
dava sempre più aumentandosi dilla generale opinione , che il
governo spagnuolo vedesse con indifferenza perdersi dai Portoghesi
un sì bel paese, nella speranza che non avendo essi più tale vm-
laggio, diverrebbero più docili ed ubbidienti: ma il Re di Spagna
c\u' pensava assai diversamente, scrisse di proprio pugno ai Gran-
ili del Portogallo, esortandoli a fare tulli gli sforzi possibili onde
ricuperare i paesi perduti, e nello stesso tempo spedì una flotta
di ventisei vascelli, che appena approdala al Brasile obbligò gli
Olandesi a capitolare.
Gli Olandesi abbandonano il Brasile^ ritornano ad imposses-
sarsene ed a perderlo di nuovo.
Essi però non perdettero la speranza di riuscir più felicemente
in un nuovo tentativo per riacquistare questo ricco paese, di cui
bramavano ardentemente il dominio. Quindi vi ritornarono nel
i63o} s1 impadronirono di Fernambuco e de' paesi circonvicini } e,
malgrado degli ostacoli che loro opposero le truppe spaguuole ,
riuscirono nel 1 636, ad impadronirsi di tre Capitanarle. Dopo ciò
fecero ogni sforzo per conquistare tutto il Brasile: scelsero per
generate il conte di INassau che giunse alla testa di un corpo di
truppe, le quali unite alle abre che Irovavinsi ne' possedimenti
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 71
olandesi tarmarono un esercito considerabile. Il Conte riporlo
molte vittorie, ed estese i limili del Brasile olandese fino a Ser-
gipe nel sud, ed a Scara nel nord- mala compagnia delle Indie
Occidentali non seppe apprezzare il merito di questo valente ca-
pitano, poiché dopo di avergli cagionati mille dispiaceri, cessò
dal sostenerlo con forze bastanti, e finì col sostituirli nel comando
degli uomini , i quali essendosi fin allora occupati soltanto nel
commercio, sollevarono colle loro concussioni i coloni portoghesi
e gli indigeni} per tal modo agevolarono ai Portoghesi l'intera
riconquista di sì importante possedimento. La rivoluzione che
aveva tolto il Portogallo alla Spagna , aveva altresì restituita ai
Portoghesi tutta la loro energia ; ma il Conte di Nassau difende-
vasi tuttavia nel Brasile. Un trattato firmato il iZ giugno 1641»
conservò a ciascuno il possedimento di ciò che avrebbe occupalo
nel giorno della pubblicazione, ed i ministri dei due Stati do-
vevano adunarsi a La-Haye per istabilire una pace generale. Al-
cune difficoltà impedirono l'esecuzione di questi trattati prelimi-
nari; finalmente la cattiva amministrazione dei nuovi Governatori
olandesi cagionò nel i654, la rovina totale del dominio della
loro nazione nel Brasile (1).
// Portogallo tranquillo possessore del Brasile.
Dopo l'espulsione degli Olandesi il Portogallo rimase tran-
quillo possessore del Brasile; sebbene, a dir vero, Duguay-Trouin
s'impadronisse, nel 171 1, di Bio-Janeiro; ma tale spedizione
non cagionò che un torto passeggiero a questa colonia , e rese i
Portoghesi un po' più diffidenti verso i bastimenti delle altre na-
zioni europee che andavano ad approdare ne'loro porti.
La scoperta delle molte miniere d'oro nella provincia di Mi-
nas-Geraes verso la fine del secolo decimosettimo, e quella delle
(1) I Francesi, nel 1 612 , avevano fatti nuovi sforzi per formare uno
stabilimento in questo paese: scelsero il luogo della loro nuova colonia,
nella parte settentrionale ; vi fabbricarono la città di S. Luigi nell'isola
di Maragnan; ma il progetto fu malamente concepito: la Erancia poco
tranquilla nelP interno non poteva occuparsi de' possedimenti lontani: que-
sti suoi coloni furono costretti ad abbandonare il paese tre anni dopo.
Anche gli Inglesi avevano voluto stabilirsi in questa contrada : Hawkins
nel i53o, vi era approdato; ma questa impresa non ebbe alcuna con-
seguenza.
72 COSTUMA
miniere di diamanti ne' primi anni del decimo ottavo, sono i due
avvenimenti più importanti nella storia del Brasile, la quale or*
dinanamente non contiene che relazioni di alcune intestine dis-
sensioni e di guerre conlra gli indigeni. Nel 1777, una discordia
insorta fra le Corti di Lisbona e di Madrid minacciò di rendere
le frontiere del Brasile un teatro di sanguinose scene \ ma fortu-
natamente non ci furono che poche ostilità che ebbero un pronto
termine.
La casa di Braganza si stabilisce a Rio-Janeiro nel 1807.
Si sa che verso la fine del 1807 , la casa di Braganza per
evitare il pericolo di esseie cancellata, almeno momentaneamente,
dal numero delle dinastie regnanti in Europa, abbondonò Lisbona
per andare a stabilirsi a Rio-Janeiro. Questo avvenimento, nel
trasportare la sede del governo portoghese al Brasile , deve far
interamente cangiar di faccia a questo paese: esso non contiene
più una colonia che obbedisce agli ordini di una metropoli , e
che quantunque florida , mercè la dolcezza degli agenti , trovasi
però sempre in una spiacevole dipendenza. Oggi il Brasile è un
vasto impero che possedè il proprio monarca nel suo seno , e che,
posto immediatamente sotto gli occhi di lui, non può che giugnere
iti più alto grado di prosperità.
GOVERNO PORTOGHESE NEL BRASILE.
Divisioni politiche.
J. 1 Brasile è diviso in nove grandi governi, l'uno indipendente
dall'altro , de'quali pprò quello di Rio-Janeiro era reputato il
primo, e portava il titolo «li vice-reame, che rimase poi soppres-
so allorché la Corte di Lisbona andò a stabilirsi a Rio-Janeiro.
L'aumento della popolazione e della coltura diede origine alla
creazione di dieci governi di secondo ordine, ciascheduno de' quali
è subordinato ad uno de'piimi} anzi alcuni di quelli, ne' quali la
popolazione si è aumentala di molto, dovettero recentemente es-
DEGLI ABITATORI DEL BUASILE ^3
sere dichiarati indipendenti-. Eccone il prospetto. I governi di pri-
mo ordine sono: Rio-Janeiro; Para sull' Arnazone; Maranhao ,
Fernambuco, Buina suila costa orientale; San-Paolo, Matogrosso,
Goyaz, Minas-Geraes nell' interno.
Divisioni eielesiastiche.
I governi di secondo ordine sono: Rio-Grande e Sanla-Catha-
rino subordinali a Rio-Janeiro; Espirifu-Santo e Sergipe a Bahia;
Saara e Paraiba a Pernambuco, indipendenti però quanto al civi-
le; Piaulii subordinalo a Maranhao; Rio-Negro, Maeapa e Rio-
Grande do Nort subordinati a Para, il primo però indipendente
quanto al militare. I governi prendono in portoghese il nome di
Capitaneria o Capitanato.
Havvi un Arcivescovo primate del Brasile a Bahia e sei Ve-
scovati: Belem nel Para , Maranhao , Olinda nel Pernambuco ;
Rio-Janeiro, Can-Paulo, Mariana in Minas Geraes. Senovi inoltre
due diocesi senza capitolo che chiamatisi Prelacias, amministrate
da Vescovi in partibus , cioè Goyazes e Cuyaba. I parrochi non
sono gran fatto numerosi , ma al piccini loro numero supplisce
una moltitudine di succursali mantenuti dai privati.
Giudiziarie.
Quanto alla giustizia, sonovi due corti sovrane, Relacoés , una
a Bahia, l'altra a Rio-Janeiro. Para, Maianhao, Pernambuco,
Goy;zes, Bahia dipendono dalla prima; Rio-Janeiro, Minas-Geraes,
Matogrosso e San-Paulo dalla seconda. I Governatori di Bahia e
Rio-Janeiro ne sono presidenti nati .
Comarcas.
II Brasile è oltre di ciò diviso in Comaj'vas, corno il Porto-
gallo, in ciascheduna delle quali havvi un ouvidor , giudice in se-
conda istanza, dal quale si appella alle corti sovrane. Queste Co-
mascas, sono ventiquattro: Alagoas, Bahia, Ceara, Espiritu-San-
to, Goyazes , Jjcobina , lllieos , Maranhao , Matogrosso , Para ,
Paraiba, Pernagua, Pernambuco, Piauhy, Porto-Seguro , Sio dos
Mortes, Rio-Janeiro, Rio-Negro, Sahara, Santa-Calharina , San-
Paulo, Serro do Frio, Sergipe del Rcy, Villarica.
Capitanato di Rio-Janeiro.
Cominceremo la nostra descrizione dal governo di Rio-Janeiro
che comprende la capitale delio stesso nome» La fortezza fabbri-
cata su di una lingua di terra , chi tmasi S. Sebastiano, nome che
^4 COSTUME
parecchi autori rendon comune a tutta la città (i). Le colline e
le rupi sono a grande distanza coperte di abitazioni, di conventi
e di chiese. Il porto vasto ed eccellente è difeso dal castello di
Santa-Cruz, fabbricato su di una roccia di granito. L' ingresso del
golfo che forma il porto, è chiuso da parecchie isolette e da sco-
gli di granito che producono un bellissimo effetto} su quell' isole
son anche fabbricati alcuni magazzini e cantieri. Pochi siti al
mondo pareggiano la vaghezza di quel vasto bacino, le cui acque
tranquille riflettono per ogni dove un misto di rupi appuntate, di
densi boschi , di case e di tempj (2).
Descrizione della capitale secondo la relazione di Barrow.
Fra gli scrittori che ci diedero la descrizione di questa capi-
tale, noi seguiremo spezialmente Barrow, il quale ce ne lasciò
un1 idea abbastanza chiara. Questa città, egli dice, è posta in
un'amena situazione, su di un promontorio quadrato di superficie
irregolare: tre lati son rivolti al porto, ed il quarto circondato
da alte montagne coperte di boschi lo difende dai burrascosi venti
di ponente. Appena approdato, il primo luogo che attrae la no-
stra attenzione è una bella piazza quadrata circondata a tre lati
da case } il quarto riguarda il mare. Lungo quest'ultimo lato ve-
desi una superba strada lastricata di pietre con larghe scale alle
due estremità ed una nel mezzo ove ordinariamente si sbarca. In
poca distanza dalla scaladi mezzo s' innalza un obelisco quadran-
golare che dai quattro lati getta continuamente un torrente d'ac-
qua limpidissima a comodo della parte bassa della città e de' va-
scelli del porlo. La parte più elevata della piazza in faccia al
porto è occupata dal palazzo reale, odi tìzio semplicissimo, senza
eleganza d'architettura e regolarità di proporzioni. Il palazzo,
l'obelisco e la diga sono fabbricate di un ben lavorato granito', e
siccome questo granito contiene una grande quantità di arena bril-
lante, così è assai nocivo all'occhio, il quale appena può soppor-
tare i raggi del sole ripercossi durante tutto il giorno o nell1 uno
e nell'altro lato di questa gran piazza.
Neil' eseguire un piano per condurre agevolmente in lutti i
(1) La città di Rio (dice Barrow, Voyage à la Cochinchine, toni. I.
Pao- 97- traduzione Francese ) o per parlare con quella dignità che con-
viene alla capitale del Brasile, la città di S. Sebastiano ec.
( 2) Mawe. , travets, pag. 97 e seg.
DEGLI ABITATO»! DEL «RASILE ^5
quartieri di-Ila cillà una gran quantità d'acqua, oggetto di som-
ma necessità , spezialmente in un sì caldo clima , il governo
dimostrò una lodevolissirna premura } ed il nome del vice-re
Vasconcellos, sotto la cui amministrazione venne eseguita 1' opera,
è giustamente collocato Dell'iscrizione latina scolpila a tale og-
getto su di un lato dell'obelisco che serve d'ornamento alla gran
piazza.
Acquidotto.
Tutte le fontane ricevono le loro acque da un gran serbatojo
scavato sulla sommità di un monte p^co distante cibila città: tal
serbatojo è mantenuto per mezzo di un acquidotto innalzato so-
pra molli archi che attraversano una profonda valle , e riceve
dall'altra parte l'acqua condottavi per mezzo di canali di pietra
coperti di volte di mattoni che si estendono fino alle prime sor-
genti nelle montagne. Li parte di questo grande edifizio che at-
traversa la valle per comunicare immediatamente col serbatojo è
opera assai dispendiosa j poiché l' acquidotto è sostenuto da un
doppio ordine di altissimi ari hi , ciascuno dei quali è composto
almeno di quaranta, e tale grandioso ediGzio serve altresì di non
picciolo ornamento -alla città , come si può giudicare dalla qui
annessa Tavola 56.
Giardino pubblico.
Alti' utile opera che ha prr oggetto la salute ed il diverti-
mento del pubblico, è il passao pubblico o giardino pubblico
formato di boschetti , di viali e di parterre. Un gran terrazzo
nella parte bassa del giardino che domina il poilo, rflYe un'ame-
nissima veduta delle sue ripe, che innalzandosi a giadi a gradi
sono coperte di bcl'issime piante: alle due estremità del terrazzo
trovasi un padiglione quadrato Lenissimo fabbricalo , le cui in-
terne mura sono coperte di pitture rappresentanti le \edute delle
miniere d'oro e de1 diamanti, vai] generi di coltivazione ed altri
importanti oggetti.
Molle case di S. Sabasliano sono ben fabbricate, ed hanno
per la maggior parte due piani, ma sono sfigurate da balconi di
legno che si estendono lungo la facciata ne' piani superiori con
graticciale. Vedi la Tavola 67. Le principali strade sono larghe,
ed hanno marciapiedi lastricali di granito. La cillà è grande ,
e contiene, per quanto si dice, sessanta mila abitatóri compresi
^ 6 COSTUME
gli schiavi. Il palazzo del Re , la zecci , il teatro, le carceri, le
scuderie reali sono i principali edifizj, ai quali si possono aggiu*
gnere alcuni vasti conventi posti in superbe situazioni, e molte
chiese cariche d'oro, d'argento e di pietre preziose.
Costumanze.
Le donne di un grado distinto portano mantelli rossi (i)}
quelle di colore o le Negre non possono portarne che di neri,
con gonnellini azzurri. 1 diamanti con cui si caricano la testa e
le braccia, le perle ed i coralli, e qualche volta gli amuleti pre-
ziosi fanno parte dell'abbigliamento femminile.
Gli abitatori di mediocre fortuna escono in mezze-seggiole ti-
rate da muli j quelli di un grado superiore si fan portare dai loro
Negri in un Ietto di tela di cotone, sospeso ad un bambù di ia
o 14 piedi. Questi letti sono ornati con molto lusso, di frangie
e di ricami} le cortine permettono, a chi vi si trova coricato, di
passare senza farsi conoscere, o di salutare i suoi amici, ed anche
di conversare per qualche tempo senza mai uscire del letto. So-
nosi poscia (2) introdotte anche qui le lettighe che si usano a
Bahia. Vedi la Tavola suddetta.
I Portoghesi, dice Langstedt, sono stati calunniati a torto (3),
e ci vennero descritti come persone corrotte, vili, indolenti e
nello stesso tempo vendicative, ipocrite e barbare : niente di tutto
ciò. Essi hanno i vizj degli altri popoli meridionali \ la plebaglia
porta le sue passioni all'eccesso, fra le quali però predomina il
gusto delle feste, del lusso e dell'ozio. Nelle classi superiori tro-
vansi oneste persone come in ogni altro luogo. I Portoghesi si
sacrificano per gli interessi di quelli cui portano affezione. 11 clero
è assai j tollerante: è ad esso proibito il fare de'proseliti , e di
pai lare^ben anche con calore coni 1 a le altre sette religiose. L'in-
quisizione non ha più alcuna influenza. Le feste religiose formano
una parte essenziale dei pubblici divertimenti.
(1) Reise nach Sud-Amerika etc. von. F. L. Langstedt etc.
(2) Lindley, viaggio al Brasile , pag. 192.
(5) E soprattutto dagli Inglesi diesi dicono loro alleati. Si sa che gli
Inglesi dividono il genere umano in due classi, 1' una composta di persone
eli' essi odiano, l'altra di quelle che disprezzano. Le nazioni dell'Europa
non hanno che la scelta.
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DEGLI ABITATORI DEL BRASILE JJ
Vivacità delle dame di Hio.
La dimestichezza , colla quale le signore di Rio trattano gli
stranieri, non s'accorda forse interamente colle nostre nozioni
sulla modestia del sesso : Barrow però si dimostra ben lungi dal
pensare, ch'essa sia tanto colpevole, quanto 1' ha voluto far cre-
dere il capitano Cook nella relazione de' suoi viaggi , ove dice:
che il mezzo ordinario usato dalle dame di Rio per assegnare
un appuntamento ai forestieri consiste nel gettar sul loro capo
de fiori allorché passano nelle strade. Non si può negare che una
tale costumanza non sia generalmente adottata dalle dame di Rio}
Barrow però si dichiara d'opinione contraria a quella di Cook ,
e dopo di aver dimostrato che tal uso deriva piuttosto da una
consuetudine presa ne' conventi fino dalla loro infanzia che da
alcuna immortalità, passa a dire che, malgrado delle forti pre-
sunzioni promosse contro delle medesime, ei non ha giammai
potuto scoprire nella loro condotta cosa alcuna che lo potesse
confermare nell'opinione, eh' elleno fossero più galanti o più ira-
morali delle donne degli altri paesi. Sulle prime forse, ei prose-
gue, ci potrebbe fare qualche impressione 1' allegro e festevole
umore ch'esse sogliono manifestare col loro sorridere, co' segni
della testa, e co'fiori gettali dai Ioio balconi sui forestieri che
passano per le strade } ma dopo di averle vedute cento volte far
la stessa cosa a' fianchi dei loro padri e de' loro mariti , si può
mai ragionevolmente suppone che tai segni vogliano indicare
qualche galante appuntamento? Barrow però dopo di aver ri-
ferite queste e molle altre ragioni , onde difendere le dame di
Rio dalle imputazioni di Codi, termina il suo capitolo col confes-
sare , ch'esse hanno un'estrema vivacità e che sono anche poco
oneste.
/>' aspetto di questa capitale ora è cangiato.
Ora però, dice il principe di Wied-Neuwied (i), l'aspetto di
questa capitale si è cangialo affatto: essa si è ora sollevata al
grado di una delle prime città del nuovo continente. Dopo che
circa 2,0,000 Europei vi migraron dal Portogallo insieme col re,
gli usi Brasiliesi creder dovettero il luogo a quei di Europa. Mi-
glioramenti d'ogni specie furono intrapresi nella capitale, la quale
(i)Reise niich Bnvsilien eie. Tom. I. cap. H.
j8 COSTUME
perdette molto della sua originalità, e direnne quindi molto più
simile alle città d'Europa. Il viaggiatore appena giunto risente
però una prima sorpresa nel vedere tra la moltitudine che si ri-
sospinge per le vie, la maggior parte delle persone di color nero
o di un giallo bruno. Rio contiene fra la sua considerabile popo-
lazione più ieiiegente di colore che bianchi. Il commercio riu-
nisce colà persone di tutte le nazioni, e dalla loro unione nacquero
sempre nuove specie di bastardi.
Grandissima varietà di abitatori secondo la relazione di
JVied- Neuwied.
La porzione più distinta di tutte re città del Brasile è formata
di Portoghesi, veri nativi d' Europa detti Portuguezes o Filhos
do reino\ sonovi poi i Brasileiros o Brasiliani, cicè Portoghesi
nati al Brasile di più o meno pura provenienza : i Mulatos o
Mulatti, cioè i figli di un Bianco e di una Negra , i Mamaluccos
o Mamalucchi detti anche mesticj o metici cioè figli di un Bianco
e di una Americana indigena*, Negras o veri Negri d1 Africa delti
anche Muleccos ; Creolos o Creoli, nati da Negri nel Brasile*,
Caribocos, nati da Negri ed Americani indigeni *, Indios o puri
Americani, cioè indigeni primitivi del Brasile, fra i quali distin-
guonsi i Coblocos inciviliti, e quelli che vivono ancora nel rozzo
loro stato originario conosciuti sotto i nomi di Fentios Tapuyas
o Bugres.
Tutta questa strana mescolanza si muove per le strade della
città di Rio variamente occupata , e veg^ovinsi tutte le nazioni
d'Europa presso di essa. Gli Inglesi specialmente sou colà in gran
numero*, gli Spagnuoli, gli Italiani e i Francesi vi migrano ades-
so in gran quantità dalla loro patria r, Tedeschi, Olandesi, Sve-
desi , Danesi e Russi sono i meno numerosi. I Negri in gran
pai te nudi a metà portano grossi pesi, e quell'utile classe d'abi-
tatori serve a trasportare tutto ciò che appartiene ai negozianti
dal porlo in città*, portano sì fatti pesi sopra grosse stanghe, riu-
niti a dieci o a dodici, cantando o piuttosto spillando in caden-
za. Non si fa mai uso dei carri pel trasporto delle merci *, veg-
gousi però carrozze ed altre vetture tirate da muli, che s'incro-
ciano per le vie in generale mal lastricate , ma munite di
marciapiedi : son quasi tutte ad angolo retto e le case per la
maggior parte basse di non più d'uno o due piani. Havvi però in
DEGLI ABITATORI DEL MUSILE nn
alcune parli della citlà considerabili edifizj :, spezialmente vicino
al porlo a Rua di reità e vicino al palazzo reale. Rio possedè
altresì un teatro d'opera di una certa importanza con ballerini
Francesi.
Miglioramenti dopo la residenza del re.
Fra i molti miglioramenti che Rio ebbe dopo la presenza del
re, occupano il primo luogo le disposizioni tendenti a proraovere
un attivo commercio, sul quale peiò la Gran-Brettagna gode di
troppo grande influenza a danno dei sudditi stessi : basti il dire
che perfino i bastimenti portoghesi pagano maggiori gabelle degli
Inglesi. Il gran corso però del danaro ha aumentato di molto il
ben essere della città, al che contribuisce non poco il soggiorno
della Corte } essa medesima dà da vivere a molta gente } oltre di
che gli inviati delle corti d'Europa ed altri stranieri tratti colà
da tal circostanza , diffusero un grado non indifferente di lusso
fra le diverse classi degli abitatori. Le foggie e le mode sono as-
solutamente quelle delle nostre città d' Europa •, e vi si trovan già
tanti artefici ed opera j di ogni specie e di tutti i paesi che tra
pochi anni non mancherà più cosa alcuna di ciò che appartiene
alla piacevolezza della vita. S'aggiunga a ciò la quantità di frutta
e di altre produzioni d'ogni spezie , di cui abbonda un sì bel
clima , e dai quali la cura , la coltivazione ed il miglioramento
dell'uomo sanno trarre un miglior prefitto. Una numerosa milizia
serve pur essa al sostentamento di molti. E assai notabile la
differenza fra le truppe colà trasportate dal Portogallo e che mi-
litarono sotto Wellington in Ispogna, e quelle formate al Brasile.
Distinguonsi le prime per un marziale contegno* rna le altre lian
la debolezza e la poltroneria che imprime loro il caldo clima ,
e si fan portare a casa il fucile dai Negri dopo fatti gli esercizj
sulla piazza.
Ciò che abbiamo finora riferito sui miglioramenti di Rio-Janeiro
dopo la residenza del re , è tratto , siccome abbiam accennato ,
dalla relazione di Wied-Neuwied. Da un viaggiatore che si trai-
no
tenne per poco in quella città, non si può esigere una esatta de-
scrizione di essa e de' suoi abitatori. Dobbiamo però aspellare fra
breve tempo importanti notizie di quella capitale dai molli Europei
che vi si sono stabiliti.
80 COSTUME
Rio-Grand?. Notizie storiche.
Al fiume appellato dai Portoghesi Rio-Grande vien dato dagli
indigeni il nome di Poteingi. I Francesi avevano intrapreso di
stabilirmi dopo di aver abbandonato Rio-Janeiro, e vi si erano
fortificali col mezzo di un'alleanza coll'indigeni Petivarè} ma il
re di Spagna che in allora teneva il dominio del Portogallo, non
soffrì lungo tempo un sì pericoloso vicino. Feliciano Cuello de
Cervallio, Governatore di Paraiba, ricevè l'ordine di scacciarli ;
ed in una lettera del i5o,7 ei si vantava di aver respinti quelli
che tentarono di sorprendere il forte di Capo-Delo, domandando
nello stesso tempo de' soccorsi onde poterli scacciare da Rio-Grande.
Knivet racconta che nel 1601 , partì da Rio-Janeiro per recarsi
a Pernambuco , da dove il governatore Mascarenhas condusse
quattrocento Portoghesi e tremila indigeni in soccorso di Feli-
ciano Cuello che trovavasi in allora incalzato da una moltitudine
di barbari alleali dei Francesi* e che avendo egli con tal mezzo
disfatti i nemici del Portogallo, li costrinse ad accettare la pace
sotto certe condizioni *, che poscia fece costruire una fortezza sulla
riva del fiume , e che questo paese divenne un nuovo governo
Portoghese oggi detta Capitaneria di Rio-Grande.
Descrizione della Capitaneria di Rio-Grande.
Questo Capitanato, più meridionale di tutti, è irrigato da pa-
recchi fiumi , le cui rive trovansi ben munite d'alberi , e sulle
quali si è di recente intrapreso di stabilire lavacri d' oro. Presso
al capo-luogo si cava carbone di terra, e si è trovalo anche man-
ganese che sembra annunciare dello stagno. Stuoli numerosi di
struzzi, di una varietà bruna, vanno errando per le pianure, ed
uccelli e quadrupedi abbondano nelle folte selve. Il terreno è sì
ferace sotto quel cielo temperato che potrebbesi chiamar Rio-
Grande il granajo del Rrasile : se ne esporta per tutte le parti
della costa formento imballato nelle pelli, ove spesse volte fer-
menta innanzi giugnere alla sua destinazione. La coltivazione della
canapa tentata con buon esito per ordine del governo, fu abban-
donata come troppo faticosa. Le uve assai buone vi provederanno
il vino, ora che le leggi esclusive in favore della metropoli sono
state abolite. Il grosso bestiame, la cui razza è colà assai bella ,
forma la principale occupazione degli abitatori:, i cavalli spezial-
mente sono ottimi. La vendita del sevo, della carne salata e delle
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 8l
pelli , delle quali si esportano circa 3oom. fanno , è una gian
fonte di ricchezze pel paese.
Città dello stesso nome.
La capitale che porta Io stesso nome, è difesa da parecchi
forti, alcuni de'quali sono fabbricati sopra isolette. Molti scogli
e banchi di sabbia, soggetti ad essere smossi dalla violenza delle
correnti, rendono pericoloso l'ingresso del porto alle navi che pe-
scano più di dieci piedi ; ma nell' interno della baja trovano un'ac-
qua tranquilla e profonda.
Le rive del fiume detto Rio-Grande sono infinitamente popo-
lose, e si calcola che sienvi centomila abitatori entro una circon-
ferenza di venti leghe ; ma le vicinanze immediale della capitale
nulla han di bello. 11 terreno non consiste che in colline di sab-
bia irregolarmente accumulata dai venti, che sovente la smuovono,
la portati via facendola volare per la città, ove la polvere penetra
allora in tutti gli angoli delle case.
Isola di Santa-Cattarina.
L'isola di Santa-Cattarina ci vien descritta esattamente da Ma-
\ve, il quale da circostanze imprevedute fu obbligato a traltener-
visi più di quel che avrebbe voluto. Il 29 settembre del 1807 ei
vide le rupi coniche dell'isola che sorgon dritte dal fondo del
mare, e che formano una veduta pittoresca colle alle montagne
del vicino continente } le sommità delle quali coronate di boschi
confondonsi coli' orizzonte azzurro de' cieli. Quest'isola situata al
grado 27 19' di latitudine australe è separata dal continente da
uno stretto, che in alcuni luoghi non è largo più di una mezza
lega.
Porto^ città.
Entrando nel porto dalla parte settentrionale si passano molte
isole, sopra l'una delle quali è situato il forte Santa-Gruz, e dopo
di aver fatto qualche miglio si penetra in uno stretto passaggio
dominato da due forti, e che forma il porto. La città ci presenta
un bell'aspetto, coronato dalla chiesa cattedrale. Le case hanno
due piani, sono ben fabbricate, e ciascuna ha un ameno giardi-
no: essa è popolata da circa seimila anime r ed è un soggiorno
prediletto da quei negozianti ed ufficiali di nave mercantile che
guadagnarono bastantemente per poter vivere in un onoralo riposo.
Gli abitatori sono in geneiale affabili cortesi cogli stranieri; le
Cost. Voi. IV deW America. 6
0 2, COSTUME
donne sono belle e assai vivaci} la loro principale occupazione
consiste nel far merletti, e in ciò si distinguono per la loro spedi-
tezza e pel loro buon gusto.
Clima^ produzioni ec.
Il caldo de' solstizj è colà costantemente temperalo da piace-
voli venticelli spiranti dal sud-ouest e dal nord-est • i secondi re-
gnano dal mese di settembre fino in marzo, e gli altri da aprile
fino in agosto. I boschi che ne occuparono un tempo in gran parte
la superficie furono considerabilroeote diminuiti negli ultimi anni.
Tutte le rocce della costa e dell'interno sono di granito primi-
tivo. Vicino al porto si mostra una vena di grunslein in diversi
stati di decomposizione e che passa finalmente in una specie d'ar-
gilla, di cui si fa uso per fabbricare buon vasellame. L' umidità
naturale del terreno mantiene nell'interno dell'isola una splendida
vegetazione di palme, di mirti, di fiori di possèon, di rosaj , di
garofani, di gelsomini, di rosmarino e di una quantità di piante
aromatiche , il cui soave odore si fa sentire tre o quattro leghe
in mare allorché spira vento da terra (i). Le principali produ-
zioni dell' isola sono riso, mais, manioca, caffè di eccellente qua-
lità , aranci , forse i migliori del mondo , ed una gran varietà
d'altri frutti: vi si raccoglie altresì zucchero ed indaco, ma in
picciola quantità.
Costa vicina.
Riropelto alla città sul continente, alte montagne coperte d'al-
beri d'ogni specie formano una barriera quasi impenetrabile. Sono
belli a vedersi il picciolo porto di Peripi abbondante di pesce, e
l'amena valle di Picada, tutta piena di casucce bianche ascose
a metà fra i boschetti d'aranci e le piantagioni di caffè. Più al-
l'occidente dimorano certi selvaggi chiamati Bugueres^ clie tur-
bano talvolta la pace degli abitatori delle più rimote case. Conti-
nuando a seguire la costa verso il nord-est , sparsa da per tutto
di abitazioni fra boschetti e piantagioni , si giunge al porto di
S. Francesco , posto in una baja dello stesso nome , difesa da
forti.
(i) Questa circostanza contraria olle osservazioni di S. Hilaire sulla
Flora di Rio-Janeiro, ci fe'credere che la vegetazione del Brasile meri-
dionale abbia un carattere suo proprio.
i
DEGLI ABITATIMI »*L BRASILE 8i5
Costruzione delle navi.
La costruzione delle navi forma la principale industria degli
abitatori. Le navi che -vi si lanciano in mare sono preferite dagli
Spagnuoli e dai Portoghesi a quelle dei cantieri d'Europa: il le-
gno ha principalmente il vantaggio di ben ritenere i chiodi, e di
non corrodere il ferro come fa la nostra quercia. Lo stesso dicasi
del legname di Bahia. Il suolo è quasi tutto pianura intorno a S.
Francesco posto a qualche distanza dalla costa, ed i fiumi che
vi passano in mezzo sono navigabili ai canotti sino alle falde della
grande catena di montagne alta più di quattromila piedi oltre il
livello del mare, ed intersecata da una strada formata con pro-
digioso travaglio, e che divenà al certo iuv breve uno de' più bei
monumenti del Brasile.
Pianura di Corritiva*
Una salita regolare di venti leghe conduce alla superba pia-
nura di Corritwa, ove pescola un'immensa quantità di bestiame
destinato a provvedere Rio-Janeiro, S. Paolo ed altre piazze, e
vi si allevano anche moltissimi muli. I cavalli di Corritiva sono
generalmente più belli di quelli dell'America Spagnuola.
Città e distretto di Santos.
Il porto di Santos chiuso dall'isola di S. Vincenzo è sieuris
cvimo: ha uà buon, ingresso ed un'eccellente piaggia } alcune volte
però le con enti e le maree cagionano alcuni inconvenienti, eia
grande elevazione della costa produce molte variazioni ne' venti che
recano non poco imbarazzo ai marinar j. La parte più stretta è
difesa da due forti, passati i quali si trova una specie di laguna,
lunga circa quattro leghe e quasi interamente coperta da roanglieri.
All'estremità è situata la città di Santos, uno de' più antichi
stabilimenti Europei nel Brasile, e che deve la sua origine, co-
me la città di S. Paolo, al primo vascello che naufragò sull'isola
di S. Vincenzo. Santos popolata da circa settemila abitatori è
una piazza di gran commercio, e deposito di tutte le produzioni
della Capitaneria di S. Paolo. La sua situazione è malsana , poi-
ché il terreno circonvicino essendo basso , è spesse volte inondalo
dalle acque : molli piccioli fiumi che discendono dai vicini monti,
tagliano il paese in ogni direzione, e si uniscono poi per formare
un gran fiume un poco al di sotto della città di Santos. Il riso
di questo distretto, che ne somministra in. molta quantità passa
pel migliore del Brasile.
84 COSTUME
Strada di\S. Paolo.
I possedimenti Spagnuoli e Rio-Grande ricevono dal porto di
Santos zucchero, caffè, rhum, riso, manioca ed indaco. La strada
selciata che monta a serpeggiamenti sulla montagna, conduce alla
città di S. Paolo (i): essa, scavata talvolta nel vivo macigno,
tal'altra sui fianchi di montagne perpendicolari, guida sovente il
pass^ggiero su per coniche rupi, o lungo spaventevoli precipizj
difesi da parapetti. Qualche vena d'acqua che scende in cascate
pittoresche, s'apre il passo intorno alle rocce: ivi può esplorarsi
la natura del monte, che sembra composto di granito, ed in parte
anche di pietra bigia ferruginosa. Tutto il rimanente è coperto di
sì folle boscaglie, che sovente i rami di un albero intrecciandosi
con quelli di un altro , formano degli archi sul capo del vian-
dante. A mela strada trovasi un silo di fermata, che è più alto
della regione delle nubi, e dopo tre altre or»- di strada, si giunge
alla sommità alla seimila piedi per lo meno. Consiste in un alti-
piano di una certa estensione, e principalmente composto di quarzo
coperto di sabbia. Da quel punto l'occhio crede vedere il mare
che lambisca le radici del monte, quando invece ne è lontano sette
leghe : non si vede né il porlo di Santos, né la costa. Mezza lega
più avanti veggonsi giù correre i fiumicelli che dirigendosi a po-
nente, formano riuniti il gran fiume Corrientes , che va io quello
della Piata. Questa circostanza serve ad indicare che il declivio
del fianco interno della catena de' monti che seguono tutta la co-
sta del Brasile, è meno elevato e più dolce.
Città di S. Paolo.
La città di S. Paolo è posta su di un colle ameno (2), cinto
da tre lati da basse praterie e bagnato da piccioli limpidissimi
ruscelli che ne formano quasi un'isola nella stagione piovosa, e
vanno ad unirsi col bel fiume Tietis. Essa venne fondata dai
Gesuiti, sedotti probabilmente più dalle miniere d'oro delle vi-
cinanze, che dalla salubrità della sua posizione, essendo il clima
uno de' più sani di tutta l'America meridionale, mentre non vi si
conoscon malattie endemiche. La temperatura media si mantiene
dai 5o agli 80 gradi Far. Le case alte hanno generalmente due
(1) Mawe, Tom. I. pag. 104. Traduzione Francese.
(2) J/oì.vp, Tom. I oap, V pag. 112. Traduzione Francese.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 85
piani, e son ben dipinte a fresco} le strade sono ben tenute e
selciate di schisto lamellato, legato con un cemento d'ossido di
ferro, che racchiude grossi ciottoli di quarzo rotondato} e sono
pietre d'alluvione che contengono oro, di cui trovansi picciole
particelle nei buchi e nelle fenditure, ove gli abitatori poveri Le
vanno a cercare dopo le forti piogge. La popolazione oltrepassa
le i5tn. anime, e forse giogne alle 2010. Un secolo fa questo
distretto abbondava d'oro} solo dopo avernelo spogliato coi loro
famosi lavacri, gli abitatori si diedero all'agricoltura } ma siccome
una tale occupazione fu l'effetto più della necessità che della loro
scelta , così non segui roti che a lenti passi i miglioramenti fatti
dalle altre nazioni in quest'arte sì utile. I giardini di questa città
sono tuttavia disposti con molto gusto, e sovente con particolare
eleganza. Havvi molto lusso e mollezza in S. Paolo} la civiltà è
più inoltrata e diffusa che nelle altre città: le signore sono cele-
bri in tutto il Brasile per la loro bellezza, amabilità e nobiltà di
maniere.
Costumanze.
Quando le signore, dice Mawe, escon di casa , e spezialmente
per recarsi alla chiesa, vanno vestite di seta nera, con un velo
di egual stoffa , gueroito di un largo merletto: durante l'inverno
usano vestirsi di casimir nero: esse si mostrano quasi sempre nelle
strade coperte di velo} questo però venne in parte rimpiazzato
da una lunga gonna di lana grossolana orlata di velluto, di gal-
lon d'oro, di frustagno o di peluzzo secondo il grado di chi la
porla. Questa gonna è una specie d'abito succinto usato in casa,
alle passeggiate vespertine, ed in viaggio, e quand'esse lo por-
tano han sempre un cappello rotondo. 11 loro esercizio favorito è
la danza, nella quale dimostrano molta grazia e vivacità. Allor-
ché esse intervengono ai balli ed agli altri pubblici divertimenti
vanno generalmente vestite di bianco e con molta eleganza, usan-
do ornare il seno con una profusione di catena d'oro, d'assettare
i capelli con assai buon gusto } e la loro conversazione sempre
allegra sembra acquistare ancora maggior vivacità nella musica.
Gli uomini ed in ispecie quelli di un grado distinto vestono ric-
camente. Nella società si dimostrano civili , attenti, officiosi } sono
gran parlatori ed amici de' piaceri della mensa. Le persone delle
classi inferiori sono molto più inciviliti di quelle delle altre città
86 cesTinviE
•Mi' America. Smovi molli botteg.tj , molti artigiani, mn poche
manifatture di qualche importanza: si fila 3 mano cotone grosso*
lano, si fabbricano tele per gli abiti , e belle reticelle per le
amache che sono orlate elegantemente di merletti , nel fare i quali
alcune donne riescono eccellentemente. Gli abitatori, per la mag-
gior parte, sono affittajuoli , agricoltori, giardinieri , o persone oc-
cupate a mantenere e ad ingrassare il bestiame, ed in particolare
majili e pollame. Vi si trova una specie singolare di galli, simili
a que' d'Europa nella forma e nelle penne, ma che distinguonsi
pijr un fortissimo grido, la cui ultima nota è da essi prolungata
uno o due minuti: allorquando la loro voce è bella, sono molto
apprezzati, e vengon cercati quale oggetto di curiosità in tutto il
Brasile.
Tj3 situazione di S. Paolo, che è fuor dì mano, e le difficoltà
che il governo ha per lungo tempo frapposte ai viaggi nell'in-
terno, sono le cause per cui quella città è poco frequentata da*-
gli stranieri, la cui apparizione vi è anzi considerata quale straor-
dinario avvenimento, lo, ed i miei compagni, dice Mawe,
fummo obbligati rrell'andaic a S. Paolo, a far vedere per ben
tre voke la permissione dataci dal Governatore di Santos. La
nostra presenza eccitò una prodigiosa curiosità in tutte le classi
degli abitatori, come se non avessero mai veduto un Inglese ec»
Origine de* P aolisti.
Da ciò provengono senza dubbio, i favolosi racconti su'l' igno-
bile origine dei Paolisti , e sul loro carattere selvatico, raccolti e
pubblicati ben anche da alcuni moderni geografi:, sulle relazioni
sparse dei Gesuiti del Paraguay, contrarie a quelle dei migliori
storici portoghesi, e confutate pienamente a' dì nostri da Fri Ga-
spar de Madie de Dios, membro dell'Accademia delle scienze di
Lisbona. Dopo aver fatto vedere la poca fede che meritano Vais-
sette e Ciiarlevoix, allorché attribuiscono l'origine della città di
S. Paolo ad una banda di avventurieri Spagnuoli, Portoghesi^
Meticci, Mulatti, fuggitivi da varie parti del Brasile onde for-
mare colà una repubblica di masnadieri, ei dimostra nel modo
più veritiero che alcuni indigeni di Piraliuinga, ed alcuni Gesuiti
vi si stabilirono pei primi, e che fin dalla sua fondazione non
conobbe la citlà altro sovrano che il Re di Portogallo. La verità
dell'esposto liceve un >va conferma dall'elevazione del carattere
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 87
de'Paolisti, dalla delicatezza de' loro sentimenti, dal loro punto
d'onore, dalla probità, dall'industria loro e dallo spirito pubblico
da cui sono animati, che esser non potrebbe un retaggio ad essi
trasmesso da un branco di vagabondi (i).
Loro imprese.
I Paolisli fra tulli i coloni del Brasile, prosegue Mawe, sonosi
spezialmente segnalati per Io spirito loro intraprendente, audace,
infaticabile, e per quell'ardore per le scoperte, che distinse un
tempo i Portoghesi fra le nazioni d'Europa. Iu luogo di coltivare
pacificamente il loro bel territorio, percorsero essi il Brasile in
tutte le direzioni-, si aprirono nuove strade a traverso impenetra-
bili foreste, portando seco di che vivere} non le montagne, non
i fiumi poterono arrestarli , non i deserti, non gli indigeni antro-
pofagi , che contendevan loro dovunque il terreno. Ad essi spe-
cialmente è dovuta la scoperta di tutte le più ricche miniere, che
si Iasciaron levare dal governo ben di mal animo, e non sempre
senza opporre qualche resistenza. Anche al dì d'oggi la loro ener-
gia guarentisce la sicurezza del Brasile occidentale, ed è noto che
le truppe portoghesi avrebbero fatto una ben trista figura nella
guerra coloniale del 1770, se non fossero slate secondate dalla
cavalleria de'Paolisti, che sparse il terrore del suo nome dal Pa-
raguay al Perù.
Città di Porto-Seguro.
I tre piccioli governi d"9 Espirito-Santo , di Porto Seguro e
d'Ilheos poco contengono di singolare. Il primo è vantalo come
uno dei più fertili del Brasile. Porto-Seguro conserva tuttavia il
nome ricevuto da Cabrai, allorché discese pel primo sudi quella
costa : la città è fabbricata sulla sommità di uno scoglio alla foce
di un fiume, e venne così denominati a motivo dell'ottimo suo
porto, difeso da scogli di corallo che sorgono perpendicolari (2).
(r) Mawe, luogo citato pag. i4°o P0I'ta un esempio della nobile fie-
rezza ch'essi manifestano nelle ingiurie fatte ai privati, e dello spirito
pubblico con cui assumono la difesa degli oppressi. Sono circa sessanl' an-
ni, egli dice, che un loro Governatore, nobile di nascita, aveva avuto
un'avventura colla figlia di un artigiano; la città intera abbracciò la
causa della donzella , ed obbligò il Governatore , col pericolo della sua
vita a sposarla.
(2) LindUy, pag. i55, i5o. Traduzione Francese. Wied-Neinvied ce
ne presentò la veduta nella tavola iG.
83 COSTUME
In poca distanza ila questa costa cominciano i famosi scogli detti
Abrolkos che si estendono assai in mare, senza che siasi finora
potuto stabilirne i confini : essi sono il terrore de' piloti, soprat-
tutto nelle navigazioni alle Indie Orientali : vi si sono però sco-
perti molti canali , pei quali si apre un passaggio , ma sempre
pericoloso, e che esige perciò grandissime precauzioni. Ilheos è
cosi denominato da molte isole che coprono l'ingresso di una baja,
in cui è situata la sua principale citta. Eccone nella Tavola 58
la veduta che ci diede Wiedde-lNfeuwied.
Governo di Minas-Geraes.
La Capitaneria di Minas-Geraes, di cui abbiam già fatto co-
noscere le ricchezze metalliche , ci fu ultimamente descritta da
Mavve ne1 suoi viaggi nell'interno del Brasile (i), quindi noi se-
guiremo questo esatto viaggiatore a preferenza di ogni altro.
Popolazione.
m Si crede, egli dice, che questa importante provincia contenga
36om. abitatori, dugentomila dei quali sono Negri o discendenti
immediali di questa razza d'uomini. Gli indigeni non sono com-
presi in tal conto : il loro numero però non può essere molto
considerabile, poiché essi non si oppongono mai ad una benché
debole forza armata.
Milizia .
La milizia della Capitaneria consiste in i/joo uomini di ca-
valleria, numero prescritto dalla legge, e che non può essere au-
mentato. Il posto principaleèa Villa-Rica dove risiede il Generale,
il quale unitamente al Governatore dà gli ordini relativi al servizio.
Indipendentemente da questa truppa ci ha la milizia composta di
lutti gli abitatori maschi della Capitaneria , e chiamata a recarsi
dove il bisogno lo esige. La politica de' ministri consiste nel de-
stare ne'Cieoli il gusto di una vita attiva, obbligandoli alla col-
tivazione delle loro terre, ad arrolarsi e a divenir militari. La Ca-
pitaneria è divisa in quattro distretti, San-Jaao-del-Rey, Villa-Rica,
Sahara e Cerro-do-Frio.
Quadro Jisico.
La coltivazione e l'industria non fecero finora molli progressi.
Una lega distante dal sito ove trovasi la più fina terra da por-
(i) Tom. II. cnp. V. pag. 1^5. Traduzione Francese.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 89
ccllana, non v'ha die una cattiva fabbrica di stoviglie. Tutti i
frutti e i grani d'Europa, la cauapa e il lino vi allignano, ma
se ne trascura la coltivazione } la vite vi dà dell'ottimo vino, ma
si preferisce bever acqua in vicinanza alle più ricche miniere
d'oro e di diamanti, piuttosto che coltivare la vite con quella
cura che le si deve. Gli animali cornuti, obbligati a cercarsi da
loro l'alimento nelle campagne, vi muojono sovente di fame o di
caldo: appena si sa mugnere le vacche. Alcune cortecce d'albero
servono a tingere giallo, rosso, nero, o a conciare e preparare i
cuoi e le pelli; ma gli abitatori non amano d'occuparsene. Una
specie di lichene che cresce sui vecchi tronchi d'albero, dà un
superbo colore cremisino. La gomma dragante vi si trova in grande
abbondanza e d'eccellente qualità. La cannamele vi si alza so-
vente fino ai 3o piedi, e forma archi sulle pubbliche strade. Il
distretto di San Jaao-del-Rey è il meglio coltivato , e vien chia-
mato il grana jo del paese. Lo stato presente di Villa-Rica , capi-
tale della provincia, smentisce il fastoso suo nome, poiché ne sono
incolti i contorni. Essa è fabbiicata sul fianco di un'alta monta-
gna} ha le vie scoscese e mal selciate, sebben rendute amene da
bei giardini e terrazzi, e siano adorne di belle fontane che con-
ducon l'acqua in quasi tutte le abitazioni. Il clima è dolcissimo
attesa la sua situazione elevata. Vi si contengono circa 2,000 case
e soni, abitatori, fra i quali sono più i bianchi che i neri. Vi è
proibita 1' orificeria onde prevenire la frode ed obbligare i mina-
tori a recare e a far fondere il loro oro alla zecca, affinchè il
governo possa dedurre il suo quinto. Tre leghe distante da Villa-
Rica , in riva a Rio-del-Carmen è Mariana , picciola e bella
città vescovile con circa sette mila abitatori per la maggior parte
minatori. La V^illa-do- Principe sui confini del Cerro-do-Frio
o distretto dei diamanti , possedè pur essa una zecca o fouderia
regia per l'oro, ed ha una popolazione di cinque mila abitatori.
Severità coi contrabbandieri.
Nessuno vi passa senz'essere assoggettato ad un rigoroso esa-
me. Mawe cosi ce ne informa : un mulattiere diretto eoo mer-
canzie per Rio-Janeiro, è arrestalo da due uomini a cavallo che
gli chiedono il suo fucile da caccia } ei lo consegna. Que' due
conficcano un succhiello nel calcio, Io trovano voto, ne strappano
le ferramenta, e ne estraggono trecento carati di diamanti. Il pò-
90 COSTUME
vero mulattiere protosta invano la sua innocenza} è arrestalo e
condotto in prigione onde rimanervi pel rimanente dei suoi gior-
ni, od essere deportato entro un forte della costa d'Africa. Era
stato tradito da un amico.
Abitatori di Tejuco.
Gli estremi si toccano a Tejuco , residenza dell' intendente
generale delle miniere dei diamanti. Gli abitatori di quella città
posta in un arido terreno sono obbligati a far venire da lontano
i loro viveri. Languono per la maggior parte in una vergognosa
miseria, e vivono di carità pubblica. Le botteghe per lo contrario
fan mostra delle più belle mercanzie inglesi } Toro e i diamanti
trovati ne' vaij scavi del distretto si accumulano lutti i mesi nel
tesoro dell'Intendenza , e gli impiegati del governo riccamente
stipendiati, formano la più brillante società del Brasile (i)«
Governo di Goyazes.
A ponente di Minas-Geraes giace il governo di Goyazes , il
più centrale di tutto il Brasile } confina esso al nord con quello
di Para, ed a ponente con quello di Matogrosso. E un bel paese
bagnato da un gran numero di fiumi abbondanti di pesce , che
scorrono per boschi pieni di superbi uccelli, ma esso è mal co-
nosciuto e mal popolato. Sonovi parecchie miniere d'oro, diamanti
grossi e brillantissimi, ma non sempre di un'acqua pura ,- e presso
alle frontiere, alcune piantagioni di cotone, che viene poi espor-
tato a Rio-Janeiro con altri generi di minore importanza. Quel
Capitanalo comunica anche con S. Paolo, Matogrosso e Para col
mezzo di fiumi navigabili, sebbene di frequente interrotti da ca-
scate. Villa-Boa capo-luogo e sede del governo ha un ufficio di
assaggio per tolto 1' oro della provincia.
G ove imo di Bahia.
Il Capitanalo di Bahia situato a settentrione di Minas-Geraes
occupa una lunga estensione di coste: ha per limite al nord il
gran fiun>e di San Francisco che mette foce nel mare all'i i grado
rli latitudine australe, ed al sud il fiume di Contas che sotto il
i4 lo separa dal distretto d'Ilheo. Questa provincia venne così
chiamata dalla vasta baja de-todos-os-Santos , sulla quale è posta
la città di San-Salvador appellala ben anche Ciudade-de-Bahia ,
(i) Mawe, Tom. II. pag, 5~>, 5?, 56, 90, ec.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE gì
the ne v la capitale, e che era per Io passato la sede «lei go-
verno generale del Brasile (i).
Clima , produzioni ec.
Il clima che vi è naturalmente caldo, è temperato da venti
regolari di mare , e dalla lunghezza delle notti quasi sempre
eguale in tutto il corso dell'anno: esso è più ardente, ma vicn
giudicato più sano di quello di Rio-Janeiro, perchè l'aria vi è
più viva, e l'acqua più abbondante. Il terreno consistente in un
terriccio vegetabile e bagnato da parecchie correnti d'acqua, è
spezialmente adattato alla coltivazione della cannamele. E di fatto
il solo porto di Bahia manda all'estero maggior quantità di zuc-
chero che tutto il Brasile, ed è in generale di bonissima qualità.
Una seconda produzione particolare di quelle provincie è il ta-
bacco, ricercato non solamente nel Portogallo, ma in lspagna
ancora ed in tutta la Barbarla: esso forma una parte essenziale
del carico delle navi che voglion far tratta d'oro, d'avorio, di
gomma, d'olio a parecchie piazze della Guinea e dell'Africa in
generale. Il cotone di Bahia, la cui coltivazione aumenta ogni
anno, entra già in concorrenza con quello di Pernambuco. Le
altre sue produzioni sono il caffè, meno stimato di quello di
Rio-Janeiro*, il riso è di ottima qualità, ma difficile a perdere
la scorza , ed il legno da tintura , conosciuto in commercio sotto
il nome di Brasile , è eguale a quello di Pernambuco. L'indaco
di quella provincia non sostiene il confronto con quello dell'In-
dia: sembra anziché la pianta da cui si estrae , possegga qualità
velenose, perchè i Negri che ne preparano le foglie, cadon fa-
cilmente malati.
Città di San-Salvador o di Bahia.
La città di San-Salvador, conosciuta generalmente sotto il no-
me di Bahia, è divisa in due parti -, l'una fabbricata su d'un
terreno basso lungo il lido è abitata dai negozianti, dagli oporaj
(i) Allorché il Principe reggente si trattenne per alcuni giorni a B.iliia
prima di recarsi a Rio-Janeiro, gli abitatori gli manifestarono il più affet-
tuoso attaccamento colle più grandi testimonianze di pubblica gioja e ma-
gnificenza; e per dargli una prova più reale del loro amore e del pro-
fondo loto rispetto;, stabilirono unanimemente una somma corrispondente
a dolici milioni di franchi per la costruzione di un palazzo , se il Prin-
cipe consentiva di risedere nella loro città.
0,2 COSTUME
e dai marinari:, l' altra posta su di un'eminenza alta seicento piedi
sopra il livello del mare è la dimora di tutte le persone agiate,
ed è risguardata come la parte più salubre. Li popolazione vien
valutata da Mawe yom. anime. Le case nou differiscon da quelle
di Rio-Janeiro: le chiese ed i pubblici edifizj si distinguono per
uno stile d'architettura grandiosa. Il porto è difeso piuttosto be-
ne: un arsenale e numerosi magazzini stan lungo il lido (i): le
navi che vi si lanciano dai cantieri sono ben fabbricate e di un
legno più solido della nostra quercia. La città è governata da un
vice-re o Governatore nominato dalla Corte per tre anni. I giu-
dizj de'magistiati sono in certi casi portati per appellazione in-
nanzi la Corte suprema di Rio-Janeiro.
Costumanze.
Benché le costumanze degli abitatori di Bahia sieno poco di-
verse da quelle di Rio-Janeiro, nulladimeno si dice che in quelle
società regni più civiltà e maggiore giovialità, e le classi distinte
sieno più sociabili. Vi si coltiva generalmente la musica: le dame nel
loro vestire seguono la foggia inglese: portano molte catene d'oro
e pochi diamanti, elleno preferiscono i grisoliti ^ in casa sogliono
coprirsi con una molle e morbida veste , e si gettano intorno un
velo quando entra un forestiere: si crede eh' esse sieno meno ope-
rose delle donne delle provincie più meridionali. Gli uomini men-
tre stanno in casa portano una giubba e pantaloni di pastosa tela
di cotone stampata.
Sergippe.
La città di Sergippe capo luogo di una provincia popolata
di novemila abitatori , portava originariamente il nome di Serijé.
Oliveira l'onorò col titolo di Capitaneria, e l'appellò Sergippe-
del-Rey.
Governo di Pernambuco.
Nessuno meglio di Koster ci descrisse i costumi, il commercio,
l'agricoltura e l'industria degli abitatori dell'importante provincia
di Pernambuco (Fernambuco), e chi fosse vago di conoscerne
alcune minute particolarità potrebbe consultare spezialmente il
primo volume de' suoi viaggi, nel quale troverà altresì una pianta
(t) La veduta e la pianta di questa città trovami rappresentate ialina
tavola del voi. XX. Hist. Generale des Voyages de M. Prevost. Ediz.
(V Amst. 1773.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE g3
esatta del porlo di quella città. A noi basterà il notare ciò clie
principalmente la distingue dalle altre province del Brasile. Il
Fernambuco produce ottimo legno di tintura, vaniglia, caccao ,
riso ed una quantità considerabile di zucchero} ma il cotone
forma l'oggetto più importante del suo commercio , sebbene ab-
bia di recente perduta una parte della sua riputazione per la ne-
gligenza degli agricoltori nel purgarlo: altre volte era stimalo il mi-
gliore del mondo (i). La capitale è in certo modo una città doppia:
il porto e la città bassa, situati in due isole, portano in particolare
il nome di Récif o di Pernamburo. A tre miglia inglesi di di-
stanza sopra amene colline sorge la città propriamente detta, ed
alla quale sola appartiene il dolce nome d'Olindo, che in Porto-
ghese significa Oh bella !
La città d' Olinda.
La città d' Olinda, dice Roster, è su di una collina: osser-
vata dal mare fa di sé bellissima comparsa: le sue chiese, i suoi
conventi che s'innalzano sulle sommità e sui fianchi del colle, i
suoi giardini ed i suoi alberi posti qua e là fra le case danno la
più alta idea della sua estensione e della sua bellezza. Allorché
però si entra in città, si trova che le strade sono mal conservate,
le case, per la maggior parte picciole , basse e trascurate , ed i
giardini pochissimo coltivati (2). Gli abitatori delle due città am-
montano a 6om. , ed in proporzione della popolazione trovasi
maggior numero di negozianti ricchi che in alcun'altra parte del
Brasile.
Parayba.
Parayba, capo-luogo di un governo di second' ordine, venne
dagli Olandesi denominata Fredéricstad. Difficile è l'ingresso della
baja che vi serve di rada. La città , secondo Koster , contiene
circa tremila abitatori: è facile il vedere che una volta fu molto
più importante di quello che non lo è presentemente. Si cerca
però d'abbellirla a spese del governo, o per meglio dire , è lo
stesso Governatore che desidera in ciò di lasciare qualche memo-
ria della sua amministrazione. La principale strada è larga e la-
stricata di grosse pietre^ le case non hanno generalmente che un
(1) Mawe, ediz. cit. Tom. II. pag. 167.
(2) Koster, Tom. I. pag. 5 e 25. Traduzione Francese.
0,4 COSTUME
solo piano: il convento de'Gesuiti serve di palazzo al Governato-
re : le fontane pubbliche sono le sole opere di questo genere da
lui vedute lungo questa costa (i). Il paese è ricco di legno da
tintura , e dicesi , che esistano miniere d' argento in un luogo detto
Tayciba. Trovasi cristallo di rocca pei contorni di Céara detta
propriamente San-Josè-de-Ribamar. Dietro la provincia di questo
nome stendesi il montuoso paese di P<iauhi\ paese visitato da
una spedizione Olandese sotto gli ordini di Elias He ritma un , la
cui relazione, siccome riferisce Mawe, non è conosciuta che in
via d'estratto.
Governo di Maranham.
L'isola di Maranham forma la costa sud-est della baja di San
Marcos, e per conseguenza questa baja trovasi all' occideute del-
l' isola • all'oriente è la baja di Sau-Jozè.
Città di S. Luigi.
La città di S. Luigi fondata dai Francesi in quest'isola nel-
l'anno 1612 è la capitale dell' Estado-do-Maranham , ed è la
residenza di un capitano generale , e la sede di un Vescovo. Essa
fu fabbricata su di un terreno molto ineguale, e si estende dalla
riva del mare fino circa un miglio e mezzo nella direzione del
nord-est. Lo spazio occupato da questa città potrebbe contenere
un maggior numero di abitatori , ma le case sono assai lontane
le une dalle altre, e le strade sono larghissime e assai vaste le
piazze. Secondo Malte-Brun essa contiene venti mila anime, se-
condo Roster non ne contiene che circa dodici mila, compresi i
Negri che in proporzione souo in maggior numero che a Fernam-
buco. L'aria non vi è malsana ad onta della sua posizione vicina
all'equatore} l'ombra delle foreste ed il vento marino ne miti-
gano il caldo. Maranham ad onta della poca estensione del suo
territorio si è renduta importante in questi ultimi tempi per le
sue produzioni , e spezialmente per la bontà e quantità del coto-
ne, del quale si esportano parecchi carichi tutti gli anni : assai
considerabile è pure la quantità del riso che vi si raccoglie. Vi
è comunissimo l'albero che produce Vannatto. II capiscimi, il
pepe, il zenzero ed ogni spezie di frutta vi si trovano in grande
abbondanza. Parecchi fiumi, le cui rive son ben popolate, sboc-
cano nella baja ed offrono facilità al commercio.
(0 Kosler, Tom. I. pag. 85. e 86. Trad. cit.
DEGLI ABITATORI DEL BRASILE 0,5
Capitanato di Gran-Para.
Il Capitanato di Gran-Para è il più grande del Brasile, se vi
si comprenda quello di Rio-Negro, che ne deve dipendere mili-
tarmente*, ma le carte recenti d'Arrowsmilh lo dividono in pro-
vince. Il Gran-Para comprende la parte inferiore del bacino del-
l' Amazone, sulla destra \ paese pantanoso, coperto d'impenetrabili
foreste ove le abitazioni sparse dell'uomo son come isolette io
mezzo all' Oceano.
Città di Para.
Fra i posti stabiliti dai Portoghesi lungo il fiume , parecchi
s'innalzano già al grado di città*, ma non si conosce bene che la
capitale denominata Gran-Para, sotto l'invocazione della Madonna
di Belem. Questo doppio nome uno civile e 1' altro ecclesiastico
diede motivo ad un singolare errore del dotto viaggiatore Ma-
we (1), che distingue la città di Para da quella di Belem. Questa
città è posta in un terreno basso e malsano. La foce del fiume
Tocantin o Para che ne forma il porto è ingombra di scogli, di
bassifondi e di con enti contrarie; la costa è pericolosa ed il mate
continuamente agitato. La città contiene dica diecimila abitatori,
alquanto poveri per mancanza di commercio. Non se ne esporta
che un po' di riso e di caccao , con alcune droghe medicinali ,
per Ma ra nha m , ove quelle derrate sono poscia imbarcate per
l'Europa. Ardente è il clima:, ma dopo mezzogiorno sorgono
d' ordinario temporali con pioggia i quali rinfrescano molto
l'aria.
Governo di Rio-Negro.
Il governo di Rio-Negro, che confina colla Gujana Francese
e Spagnuola , colla Nuova-Granata , con Quito e col Perù pre-
senta una solitudine ancor più selvaggia di quella del Gran-Para.
Nessuno dei posti che vi si trovano offre l'immagine di regolare
città.
Governo di Matogrosso.
La provincia di Matogrosso (2) contiene le sorgenti de' prin-
cipali influenti che versano 1' acqua loro da una parte nel Pa-
(1) Mavve^ Tom. II. pag. i58 e i5g, ediz. cit.
(2) Mawe ci lasciò nel cap. VII. del voi. II. molte circostanziate notizia
«opra questa sì estesa porzione del Brasile.
o,6 COSTUME
rana , dall'altra nell'Amazone. Noi ne abbiamo già data la de-
scrizione fisica parlaudo della costituzione generale del Brasile.
Le rive dei fiumi copronsi spontaneamente di boschi di caccao e
di altri alberi comuni nella region bassa del Brasile : le emi-
nenze composte di sabbia non copronsi clie di un' erba dura e
salvatica. I fiumi menano pagliuole d'oro, e lo stesso metallo
abbonda in parecchie valli, temute a motivo dell'estrema loro
insalubrità. Sonovi anche cave di diamanti. La città di Guiaba
posta presso alla riva orientale dello stesso nome a 96 leghe dal
suo confluente col Paraguay, ed altrettante dallo Stato di Villa-
bella, contiene colle sue dipendenze circa trentamila anime. Le
carni , il pesce , le fruita ed ogni specie di vegetabili vi abbon-
dano. Il territorio aggiacente è assai acconcio alla coltivazione y
e contiene ricche miniere d'oro scoperte l'anno 1718 , la cui
annua produzione è valutata più di venti arobe di 82 libbre di
peso ciascheduna. Lo stabilimento di San-Pedro del Rey conta
già duemila abitatori.
Stato politico deW impero Brasilese.
Noi avremmo voluto chiudere questa descrizione rapida ed
imperfetta di un paese non ancora ben conosciuto con qualche
nozione certa sulle forze politiche del nuovo impero, ove ora è
la sede del re* ma mancano tuttavia i materiali autentici. Il
governo Portoghese, quasi dispotico in Europa, lo divenne total-
mente al Brasile •, nessuna autorità fa equilibrio a quella dei mi-
nistri che governano in nome del re , ed in conseguenza non
sussiste alcuna pubblicità. Si crede generalmente che il Brasile
racchiuda 3,8oo,ooo abitatori , de' quali un milione sono i Por-
toghesi *, ma questa popolazione trovasi incagliata dall'influenza di
una nobiltà feudale e di un clero poco illuminato. I negozianti^
legali co' forestieri , partecipano dei lumi del secolo, e godono
della protezione di un governo destro abbastanza per non opprimere
chi lo arricchisce.
Spirito della corte.
La Corte priva dei godimenti d'un'antica civiltà, di gran-
diosi palagi, di splendidi teatri, male alloggiata entro conventi o
in case di campagna, non fa che sospirare le amene rive del Ta-
go: ne è infiammata da quelle grandi idee di un nuovo impero da
fondare, di un emisfero da incivilire o da dominare. Il governo
DEC.LI ABITATORI DEE BRASILE qj
brama che il Brasile prosperi onde aumentino le rendite , e que-
ste mire d' interesse 1' indussero a proclamare i principj di tol-
leranza religiosa , ed a prometter favore a quegli stranieri che
andassero a stabilirsi al Brasile. Ma gli istruiti Europei non vi
trovarono quello spirito d" incivilimento che anima e consola la
nostra Europa. Le scienze, le lettere, le belle arti han pochi a-
mici in un paese ove il commercio e V agricoltura aprono soli la
strada alla fortuna. La legislazione civile e criminale molto im-
perfetta e complicatissima cede sovente alla possa de' Grandi.
La nobiltà gode molte esenzioni quanto alle imposte prediali.
Rendite.
La rendila della monarchia Brasiliese somma a quasi t\ 5 mi-
lioni di franchi: il quinto sull'oro, la decima su le produzioni
della terra, ed il dazio d' entrata del i5 per cento ne sono le
fonti principali.
Mulatti e Negri,
I Mulatti godono di gran favore , e vi ottengono impieghi
civili ed ecclesiastici} quella razza vede tutti i giorni crescere il
suo numero e la sua influenza. La schiavitù dei Negri è molto
mitigata \ ma il numero degli schiavi, che va estremamente cre-
scendo, non aumenta la forza politica della monarchia, e può
far nascere grandi pericoli.
Marina ed esercito.
La marina mercantile , attiva e numerosa , è protetta da una
flotta di dieci o dodici vascelli di linea , e da una trentina di
fregate e brigantini : circa trenta mila uomini occupano a grandi
distanze le immense frontiere terrestri e marittime del Brasile.
Questa monarchia è però sempre importantissima, sì per la sua
posizione che domina le vie dell' Oceano Indiano e del grande
Oceano Pacifico, ed in parte quelle del mare Atlantico, sì per
1' estensione di un superbo territorio suscettivo di veder raddop-
piarsi in pochi anni la propria popolazione.
Cast. Fai. IF dell'America
98
LA GUJANA
FRANCESE, OLANDESE ED INGLESE.
Nome, estensione ec. della Gujana.
•Sembra che il nome di Gujana o Gujana derivi dal picciolo
fiume Guiare tributario dell' Orenoco ; e che sia stato dato per
ampliazione a quella parte di terraferma dell' America meridio-
nale, o più esattamente parlando, a quella specie d'isola, che è
circondata al sud, all'puest ed al nord dalle acque del fiume delle
Amazoni, del Rio-Negro, del Casiquiari e dell' Orenoco , e ba-
gnata al nord ed al nord-ouest dall'Oceano Atlantico} dal che
risulta un' estensione di costa , maggior di 200 leghe , ed una
larghezza corrispondente a quella della Francia. Questa contrada
fu chiamata ben anche Nuova- Andalusia.
Quando scoperta.
Cristoforo Colombo avanzatosi nel 1 4^4 ? verso il mezzogior-
no delle Antille, scoprì ai io d' agosto l'isola della Trinità, e il
giorno dopo vide il continente vicino, da esso lui chiamato Terra
di Paria \ tale essendo il nome, che a quella parte d'America
davano gli Indiani della costa.
Cristoforo Colombo.
In quel viaggio medesimo conobbe una delle bocche dell' O-
renoco , da lui detta bocca del Drago, a cagione de' pericoli ,
ch'ebbe ad incontrarvi la sua nave-, ma di là essendosi egli por-
tato verso ponente, non vide né F Orenoco né la Gujana.
Alfoneo Ojeda , Americo Vespucci ec.
Il primo pertanto (1) che veramente toccò questo paese fu lo
(1) La scoperta della Gujana (così Sfedman cap. II. ) da taluni chia-
mata la Costa selvaggia, fu per lungo tempo , sebbene con poca cer-
tezza , attribuita al comandante Spagnolo Vasco Nunes , il quale nel-
r anno i5o4 dopo aver riconosciuto che Cuba era un'isola, approdò al
con li oente dell* America meridionale, penetrò fino all' Orenoco ed al fiu-
DEGLI ABITATORI DELLA GUJANA 99
Spagnuolo Alfonso Ojeda , il quale accompagnato da Americo
Vespucci e da Giovanni della Cosa , il più valente piloto , che
allora avesse la Spagna , approdò al continente d' America 4u-
gento leghe circa al levante deirOrenoco, e scorse lungo tutta la
costa spingendosi verso ponente. Giusto è dire però, che nemme-
no questo viaggio fece conoscere la Gujana gran fatto, comunque
ne venisse in certo modo ad aprire 1' adito agli altri.
Diego di Ordaz ec.
Fu soltanto nell' 1 535, che Diego di Ordaz , Spagnuolo anche
egli come Giovanni della Cosa e Alfonso Ojeda, tentò d'entrare
nelle foci dell' Orenoco, e navigò quell1 immenso fiume per più
ili 4o° leghe : la quale impresa, costatagli navi e uomini e fati-
che incredibili , non altro gli fruttò , che 1' apprendere quanto
potevasi internare entro terra.
EUDorado.
Forse questa fu la circostanza, che più di ogni ajira contri-
buì alla voce allora sparsasi, che nell'interno di sì vaste terre
fosse una contrada, la quale dicevasi El-Dorado, contenente im-
mense ricchezze in oro e in pietre preziose. Raccoutavasi spezial-
mente di un lago grande quanto un mare, chiamato il Lago di
P arima , le cui sponde supponevansi piene di polveri e di grani
d' oro.
Gonzale Pizarro ec.
Ond'è che tre capitani Spagnuoli, i quali furono Gonzale Pi-
zarro, fratello di colui che conquistò il Perù, Pietro di Ordaz, e
Gonzale Ximenes di Quezeda, si posero arditamente in cerca di
tante ricchezze.
Questo El-Dorado però non fu che una chimera } né si è
trovato infine che ne' romanzi di Voltaire (i). Ma se non si trovò
me delle Amazoni , e comprese qqesta regione nell' immenso spazio di
tena, cui, in opposizione alle isole aggiacenti ed a quella di Cuba^ diede
il nome di Terraferma.
(i) Secondo le relazioni degli avventurieri spagnuoli ed inglesi questo
paese nell'intorno della Gujana, abbondante d'oro, e detto El-Dorado
aveva per capitale Manoe che racchiudeva tempj e palagi coperti di quel
prezioso metallo. Questo scopo famoso di tante spedizioni è stato anche
quasi raggiunto per quanto si legge in autentiche relazioni. Un Cavaliere
tedesco, Filippo di Hutteu , il cui nome è stato sfiguralo in Une, con-
I OO COSTUME
T El-dorado , meglio intanto si conobbero le rive dell' Orenoco ,
e si fondò sulla sponda orientale di questo fiume una città chia-
mata S. Tommaso della Gujana.
/ Francesi in Cajenna.
I Francesi in progresso di tempo si erano stabiliti nella pic-
ciola isola di Cajenna, che sta in faccia alla Gujana} e non man-
carono anch' essi di spargere maraviglie intorno ad un paese sì
poco ancora conosciuto.
Ij Inglese Raleigh nella Gujana.
Tutte queste prevenzioni mossero gli Inglesi a voler aver parte
essi pure a tanta fortuna } e Raleigh, uno de' loro distinti navi-
gatori, fu il primo della loro nazione, che si mosse nel i5g5 ,
verso quei ricchi paesi, che così chiamavansi in Europa allora
1' Orenoco eia Gujana. Raleigh era tanto persuaso di queste ric-
chezze , che non dubitò di dire nella sua relazione , che » colui
il quale conquistasse la Gujana , possederebbe più oro e regne-
rebbe sopra più popoli di quello, che potesse dirsi del re di
Spagna e dell' imperatore dei Turchi »:.
Relazioni.
Bisogna intanto confessare, che né queste poche notizie, né
dusse nel 1 54 1 al 1 545 una piccola truppa di Spagnuoli da Coro sulla
costa di Caracas, fino a vista di una città abitata dagli Qmegas , piena
d'abitazioni, i cui tetti brillavano come se fossero d'oro, ma circondato
da un territorio poco coltivato. Questo ardito capitano respinto dagli O-
uiegas, si proponeva di ritornarvi con forze più considerabili, allorché un
assassinio terminò i suoi giorni. (Oviedo ed i comm. di Ehrmann e di
Mcnsel nelle Effemeridi geografiche di Bertuch. voi. XXV. pag. i36 e
486). I tetti d'oro possono essere una favola od un'illusione ottica, pro-
dotta da rupi di talco; il nome degli Omegas sembra identico con qnello
degli Omaguas nazione alquanto incivilita, intraprendente e sparsa sulle
due rive dell' Aniazone. Una picciola città chiamata Manoa , è stata vi-
sitata da' missionarj Peruviani in riva all'Ucayal. Ma Filippo di Utten ha
egli realmente veduto una città di Omagual Un'altra spiegazione può
darsi anche indipendentemente dalla storia di questa spedizione. Gli indi-
geni della Gujana poterono avere un' idea oscura dell' impero degli luca
dei tempj e P;)lazzi di Cuzco , coperti in parte d'oro, siccome pur anche
<lel gran lago Titicaca. I loro racconti non sarebbero in allora che un
po' esagerati , e gli Spaguuoli avran cercato ciò che possedevano di già.
In tutti casi seuibru che 1' El-Dorado non possa trovarsi che sugli alti-
piani di granito e pochissimo metallico della Gujana.
DEGLI ABITATORI DELLA GTJJANA IOI
tulio ciò che fu delto prima del viaggio di Sledman intorno alla
Gujana , divisa poscia tra Olandesi, Francesi, Portoghesi e Spa-
gli uoli hanno potuto somministrarci che scarse cognizioni intorno
alla coltura , amministrazione e topografia della medesima (i).
(i) Eccone le principali relazioni:
Brevis et admiranda Descriptio regni Gujanae, auri abundanl issimi, in A-
merica , Seu Novo Orbe, sub linea aequinoctialia siti, quod rraper
admodum annis nimirum i5o,4, i5g5 et i5o,6 per Waltberum Ralegh
equitem Anglum deteclum est eie. Norimbergae, 1699, in 4-° In in-
glese, Londra, i5g9; ibid., 1602, in 4-° Trad. in francese nel se-
condo volume de' viaggi di Corréal. Part. V.
Robert Harcourt's Relation of voyage to Guyana, with a descrition of tbe
country. London , i6i3 , in 4-° Trad. in olandese. Leyda , 1707 ,
in 8.°
Relation d' un voyage des Francais au Gip-Nord de 1' Amèrique ( dans la
Guyane) par Jean de Leon. Paris, i654, in 8.°
Voyage de la France èquinoxiale, en l' ile de Cayenne, entrepris par les
Francais en i652 etc. par Antoine Biet. Paris, 1664, in 4-°
Nouvelle Relation de la France èquinoxiale, appelée Guyane", et par les
Espagnoles, El-Dorado, nouvellement mise sous l' obèissance du Roi,
par Fevre de la Barre. Paris, 1666, in 4-°
Description de la France èquinoxiale par le Fevre de la Barre. Paris,
1666, in 4.0
Relation de ce qui s'est passe dans les ìles et terre ferme de 1' Amèri-
que; pendant la dernière guerre avec l' Angleterre etc. avec un Jour-
nal du dernier voyage du Sieur de la Barre , en la terre ferme et
coté de Cayenne etc. Paris, 1671, 2 voi. in-8.°
Journal du voyage des P. P. Joan Grillet et Francais Bechemel à la Gu-
yane , en 1674. (Vedi il terzo voi. del viaggio di Wood Roger).
Bescheyving van Guyana, geleegend an het vaste kust van àmerika. Am-
sterdam, 1676, in-4.0
Bescbryving van de rivier end colonie van Berbice. Amsterdam, in \.°
Le Yoyage du capitarne Leig dans la Guyane ( in Olandese ). Leyde ,
1706, in 8.°
Beschryving van de volk ptantinge Zurinam , vertoonende het opkomst
derselven Colonie etc. door J. D. IL L. Leuwarden, 1717- La-ffuye,
1727, in 4-°
Reise-Bescbryving naar Gujana, door Jan-Sladen. Amsterdam, 1724^ in 4-°
Dissertation sur la generation et les trasformations des insectes de Suri-
nam par Sibille Merian. A La-Haye, 1 voi. in f.°
Nouveau voyage de Guyane, iles voisiones et Cayenne. Amsterdam, ij5i
2 voi. in 8.°
102 COSTUME
Sarebbe però un* ingratitudine la nostra il non rammentare quan-
to dobbiamo a Biet per le notizie dateci sugli indigeni della
Gujàna.
Nouvelle description de la France é [uinoxiale , contenante la description
de la còte de la Guyane etc. par Pierre Barrare. Paris, 1 74 3, in n.° fìg.°
Essai sur V Histoire naturelle de la France èquinoxiale , par Pierre Bar-
rère Paris , 1749^ 1 voi. in-8.°
Description de Surinam , par Thomas Pistorius (in Olandese). Amster-
dam, 1763, in-8.°
Description gèographique de la Guyane, contenante les possessions et les
établissemens des Francais, des Espagnols, des Portugais et des Hol-
hndois dans ces vastes pays etc. par lo sieur Bellin. Paris , iy6Z ,
in 4>6
Histoire naturelle de la Hollande èquinoxiale par Philippe Fermili. Am-
sterdam, 1765, in 8.°
Description generale, historique, gèohraphique et physique de la colonie
de Surinam etc. par Philippe Fermin. Amsterdam, T766, 1 voi. in 8.°
Ed. Brankroft. Essay of the Nutural History of Guyana in South-Aroe-
rica etc. London, 1769, in 8.°
Beschryving van Guyana , of de Wildekust in Zuid America etc. van
Jan. Jac. Hartsink. Amsterdam, 1770, in 4-°
Tableau historique et politique de l'e'tat ancien et actuel de la Colonie
de Surinam etc. par Philippe Fermin, 1778, in 8.°
An historical and politicai View of the present state of Surinam in
Sòuth-America. London, 178 1, in 8.0
Beschryvingé van Guyana gelegen van het vaste kust van America. Am-
sterdam, 178 1, in 8.°
Brieven over het bestaand der Colonien Essequebo end Demerary. Am-
sterdam, 1788, in 8.0
Neueste Nachrichten von Surinam, von J. F. Ludwig, herausgegeben mit
Ammerkungen von Ph. F. Binder. Jena, 1788, in 8.°
Eine besonders merkwurdige Beise von Amsterdam mach Surinam, und
zuriìck nack Bremen in den Jahren 1783 und 1784, von B. M* Pe-
ters. Brema, 1788, in 8.°
"Voyage à la Guyane et à Cayenne, fait en 1789 etc. par L. M. B. Ar-
mateur, avec des cartes et des figures. Paris, 1789, in-8.°
Beschruibung seiner Beise nach Bio de Berbice und Surinam. Memmin-
gen, 1789, in-8.°
Beschryvingé van de rivier en colonie van Berbice. Amsterdam, in 4-u
Neue Beise nach Cayenne eie. von G. Leipùc, 1795, in-8.°
Voyage à Surinam et dans l'intèrieur de la Guyane etc avec des dètails
DEGLI ABITATOMI TÌT.IA.L fiUJAfti Io3
Relazione di Biet.
Egli ce li dipinse in tutta la loro primitiva semplicità nella
relazione del suo viaggio, il cui titolo ci annunzia che allo sta-
bilimento Francese nella picciola isola di Cajenna si dava da
principio il pomposo e ridicolo nome di Francia equinoziale.
Relazione di Barrare.
Dobbiamo pur essere obbligati a Barrère non solo per le sue
osservazioni sulla storia naturale di queste contrade, ma ben an-
che per le esalte descrizioni degli stromenti degli indigeni, delle
loro armi , de' loro costumi , e delle loro opinioni religiose.
Relazione di Fermin.
Anche la storia naturale dell" Olanda equinoziale fa trattata
con molta estensione ed intelligenza uell' opera di Fermin, il quale
però si restrinse di troppo, e mostrò molta circospezione in tutto
ciò che risguarda il governo civile e politico della colonia. Egli
dimostrò altresì ben poca filosofia nella sua disamina sulla schia-
vitù de' Negri, sforzandosi coli' appoggio della Sacra Scrittura di
sur les Indiens de la Guyaue et sur les Nègres , par le capitarne J.
G. Stedman, traduit de 1' Anglais par P. F. Henri etc. Paris, 1799,
5 voi. iu 8.°
Oollection de 44 planches gravèes en tuille-douce par Tardieu l'ainè, con-
tenante des vues, des marines , des cartes gèographiques, des plans ,
des portraits, des costumes etc. dessinèes sur les lieux par 1' auleur.
Ibid. gr. in 4-° Trad. in Italiano dal C.ivalier Borghi ec. Milano, 1818,
4 voi. in 12.
Description abrègèe de la Guyane Francaise, par M. Leblond , correspon-
dant de 1' Institut avec urie carte dressèe pai M. Poirson.
Tableau de Cayenne ou de la Guyane Francaise , contenat des rensei-
gnemens et acts sur son climat, ses productions*, les naturels du peys,
les diffèrentes ressources que l'on y trouve etc. Paris , 1799^ iu 8.°
La France èquinoxìale, ou Exposé souimaire des possessions de la Rè-
publique Francaise sous l'èquateur, par Mongrolle. Paris, 1800, in 8.°
Voyage des Missionnaires à Surinam et là Berbice , chez une nation de
Nègres libres sur les bords du Surinam, par j. M. Riaerier (in Tede-
sco) Zittau, i8o5, in 8.°
"Voyage dans le forèts et les rivieres, de la Guyane , per Mons. Malouet,
(Iuserito nelle Memorie sulle Colonie pubblicate dallo stesso autore)
Paris, i8o3, Tom. III., in 8.°
Voyage à Giyenne, dans le deux Amèriques et cbez les anthropophages
conteriant la liste generate des dèp'ortès etc. etc. par Louis-Ange Pitou
eie. Paris, i8o5, 2 voi. in 8.°
104 COSTUME
provarne la legittimità. Questo errore però del suo giudizio me-
rita più scusa che la sua dissimulazione sul governo tirànnico dei
coloni Olandesi verso i loro schiavi ; ma 1' umanità offesa da que-
sto colpevole silenzio fu ben vendicala nella relazione di Sted-
man. Nessuno può negare che rabolizioue della tratta dei Negri
sostituita dalla cupidigia europea ai distretti indigeni dell' Ame-
rica non sia P atto forse più notabile che comprendasi nelle tran-
sazioni politiche del secolo XIX. , perciocché esso toglie final-
mente di mezzo il più barbaro abuso, di che l'avarizia e la vio-
lenza avessero mai dato spettacolo al mondo.
Relazione di Stedman.
Or nel viaggio del capitan Stedman si dimostra con lunga se-
rie di fatti , cpianto P atto , di cui parliamo , sia giusto ed op-
portuno. Nessuna pagina dell1 antica storia presenta, in proposito
di schiavitù e di schiavi , le atrocità inumane , che popoli fra
moderni vantati de' più colti si sono permesse per tre secoli con-
tro una infinita massa d' innocenti , nei quali era delitto il ricor-
dare d' essere uomini. 11 quadro che di queste atrocità ci offre il
capitano Stedman guiderà chiunque abbia sensibilità d' uomo a
benedire codesta deliberazione, che va a formare una delle più
grandi epoche negli annali del genere umano. E fra quanti scrit-
tori in diversi tempi alzarono la voce contra la iniquità della
tratta dei Negri , dee considerarsi il capitano Stedman per uno
dei più benemeriti} perciocché i fatti creano persuasione più d'ogni
perorazione qualunque. E sulle intenzioni di lui rispetto a quanto
narra intorno alla condizione de' Negri nella Gujana , come sul
carattere della descrizione che ha fatto di questo gran paese ,
udiremo ciò che a questo proposito lo stesso capitano Stedman ha di-
chiarato annunciando il suo viaggio. » Io, dice egli, mi sono inge-
gnato di disporre le diverse parli di quest'opera in modo da procu-
rar piacere ed istruzione insieme. Né ho aggiunto cosa del mio:
che la sola verità mi è bastante all' uopo. Tracciando i vatj ca-
ratteri di Ispettore , di un Negro marone , di un piantatore e
di uno schiavo ho voluto dimostrare la benevolenza e l'umanità
da un lato, e svelare dall'altro la tirannia. Lo storico, lo studioso
della natura, il guerriero, il negoziante troveranno forse piacere
scorrendo l'opera mia. Io non presento al lettore che un semplice
racconto, produzione di un uffiziale che si servì della sua spada,
DEGLI ABITATORI DELLA GDJARA Io5
che impiegò la sua penna e la sua matita sui luoghi stessi dVquali
parla : circostanza forse delle più rare. In quanto alle inaudite
crudeltà, di cui fo più d'una volta memoria dolentissima, ba-
sterammi il dire, che pubblicandole non ho avuto altro motivo,
che di lare che in avvenire non ne succedano ec. »> I doveri però
del capitano Stedman , così 1' eruditissimo signor Cavaliere Borghi
che tradusse in Italiano il detto viaggio, non gli hanno permesso
di vedere della Gujana che una sola ed assai limitata frazione}
la colonia Olandese del Surinam. Egli ha osservato con criterio,
ha descritto con fedeltà ed ha parlato di ogni cosa , compresovi
lui medesimo, con prineipj e con intenzioni che suppongono un
raro concorso di sensibilità, d'istruzione e di franchezza di ca-
rattere. La relazione del giovane viaggiatore e militare è di un
genere tale da soddisfare a tutte le viste del fisico , del naturali-
sta, del politico.
Supplimento del Cavalier Borghi al viaggio di Stedman.
Il solo desiderio, e non irragionevole, che potrebbe risve-
gliarsi nel lettore, sarebbe quello, che dopo di essere stato trat-
tenuto lungamente sopra un punto solo di un vastissimo paese,
gli si porgesse qualche rapido cenno anche delle altre parti. Una
si ovvia considerazione ha dato luogo all' eccellente supplimento
del suddetto traduttore, sulle altre parti della Gujana né visitate
né descritte da Stedman. Essa versa i.° sugli altri possedimenti
Olandesi della Gujana} 2,.0 sulle altre parti meno frequentate e
conosciute della medesima contrada, cioè la Gujana Spagnuola e
Portoghese^ 3.° sulla Gujana Francese} 4-° finalmente sulla let-
teratura e sulT industria dei Negri. I materiali di questo lavoro
sono trattati dalle più sicure fonti , e raccolti e disposti con quella
critica e con queir ordine che sogliono distinguere i più dotti
scrittori.
Relazione anonima intitolata : Il Quadro di Ca Jenna ec.
Dopo il viaggio di Stedman merita speziai menzione l'opera
anonima intitolata: 77 Quadro di Cajenna o della Gujana Fran-
cese , in cui l'autore dopo di aver dato un'idea generale della
Gujana passa alla particolare descrizione della Gujana Francese
dando esatte notizie del clima, della coltivazione, delle produ-
zioni, e della storia naturale del paese. Il suo pennello venne al-
tresì impiegato nel rappresentarvi le usanze particolari de' coloni,
106 COSTUME
la condizione dei Negri elle vi furon trasportati, e i costumi de-
gli indigeni. Questo quadro dell' isola di Gajenna è una produ-
zione tanto più da apprezzarsi in quanto che l' autore trattando
un soggetto, di cui si era già tanie volte parlato, ha saputo in
certa qnal maniera ringiovanirlo con un gran numero di nuove ed
importanti osservazioni.
Viario di Malouet.
II viaggio nelle foreste e sui fiumi della Gujana di M. Mà-
iouet è un picciol volume che più di molte altre estese relazioni
ci dà esalte notizie della Gujana ed in ìspezie dei popoli indigeni
di questa vasta contrada appellata Galibi. Esso è, per così dire,
un rapido ma penetrante colpo d'Occhio di un amministratore il-
luminato, di un diligente osservatore , di un filosofo imparziale.
Questa relazione è scritta con uno stile in cui la concisione e la
profondità non vanno disgiunte da una grande sensibilità.
piaggio a Pitou.
Finalmente le poche notizie sulla Gujana dateci da Pitou nel
suo viaggio a Gajenna oltre il contenere quasi nulla di nuovo >
sono ben anche affogate in un caos di poco importanti avven-
ture , e scritte altresì con molta negligenza. Trovatisi cionono-
stante in tale relazione alcuni aneddoti curiosi sui deportati^
che possono avere qualche interesse nella storia della rivoluzione
Francese*
DESCRIZIONE GENERALE DELLA GUJANA
Situazione e confini della Gujana.
JLia Gujana, dice Sledman cap. II. , lunga circa 1226 miglia
geografiche e larga 680 , è situata fra 8 gradi , 20 minuti di
longitudine nord , e 3 gradi di latitudine sud , e fra 5o e 70
gradi di longitudine ouest dal meridiano di Londra nella parte
nord est del sud dell'America. I suoi limiti sono il Viapary od
Orenoco al nord-ouesti, ed il Maranone, ossia il fiume delle Ama-
zoni al sud-est. Il nord est è bagnato dall'Oceano Atlantico: il
Negro ossia il fiume Nero contermina la sua estensione al sud-
ouest: configurazione topografica, la quale forma una specie d'i-
sola e separa la Gujana dalla Nuova-Granata , dal Perù e dal
Brasile.
Coste.
Le coste sono per ogni dove poco elevate ed anche per la
maggior parte sì basse che il flusso le cuopre per un'estensione
di più leghe. Non si scorgono che a poca distanza i capi o pro-
ruontorj} ciò nondimeno le navi vi si accostano senza pericolo, poi-
ché una profondità soggetta ad una certa regolarità indica in modo
quasi uniforme la vicinanza della costa. Le acque del mare fino alla
distanza di dieci a dodici leghe sono torbide a motivo della gran
belletta che vi recano i fiumi.
Terre basse.
Fra le terre batse quelle, nelle quali le acque del mare ri-
mangono stagnanti, copronsi di paletuvjeri* l'altre inondate sol-
tanto dalle acque dolci , producono giunchi e servon d' asilo ai
caimani, ai pesci ed agli augelli palustri. Queste ultime sono ap-
pellate savane allagate} le savane asciutte producono ottime erbe
da pascolo (1). Sembra che quel terreno , composto d'arena , di
(1) Bajon , Mémoires sur Cayenne, IL , pag. 7. Pihard , Notes oa
West India, Tom. III. pag. 388. etc. Leblond> Description abiégée de la
Guyane Francasse, pag. 18.
108 COSTUME
fango, di conchiglie , sia in parte prodotto dal mare, che in ogni
inondazione vi lascia un deposito, e che formando qua e là muc-
chi di sabbia va inalzando lentamente quella barriera che deve
arrestarne un giorno il furore (i).
Terre alte.
Pare che alcuni poggi isolati che sorgono di mezzo alle terre
basse sieno stati isole anticamente j le successive alluvioni gli av-
volsero e gli unirono al continente.
Montagne.
Ma a quattro e più ancora a dieci leghe dal mare , incontratisi
montagne primitive , quasi tutte grani tose, quarzose o sclxi stose :
le rocce calcarie sono sconosciute alla Gujana. Le piccole mon-
tagne sulla costa, distanti d'ordinario una o due leghe , hanno
generalmente la loro direzione paralella a quella della costa me-
desima \ mentre nell' interno non trovami che montagne isolate ,
le quali generalmente si presentano a guisa di piramidi o di col-
li (2). Le prime intersecano il corso ai fiumi, e danno origine ad
un infinito numero di cascale d'acqua, la cui elevatezza è varia
dai venti ai cinquanta piedi. Le montagne nel l' interno non hanno
ne' loro più alti vertici più di trecento tese d' altezza sopra il li-
vello del mare (3).
Fiumi.
I fiumi principali, come l'Oyapock, il Maroni , il Surinam e
l'Essequibo hanno la foce larghissima e poco profonda, siccome
avviene ordinariamente in un terreno mobile e basso. Le loro ca-
teratte presentano ben di rado un maestoso aspetto. L' Oyapock
ne conta otto nello spazio di venti leghe } il Maroni le ha meno
numerose ma più grandi} l'Essequibo non ne ha meno di tren-
tanove entro un piccolissimo spazio. Gli stessi caratteri hanno pure
gli altri fiumi che sono il Demerari , il Berbice , il largo Co re ri-
tino, il Sinamari, l' Apruague e l'Aruari, confine per alcuni an-
ni tra i Francesi ed i Portoghesi. Stedman riferisce che nel Maroni
si trova spesso un curioso sassolino, conosciuto sotto il nome di
Diamante del Maroni , il quale pulito che sia rassomiglia molto
(1) Leborde, Journal de Physique, 1773 , Tom. I. pag. 4^4 e te.
(2) Bajon, Mémoires, Tom. I. p.ig. 1 1.
(3) Leblond, Descript ion abregée, pag. 55 etc.
DEGLI ABITATORI DFXLA GUINEA IO9
ad un vero diamante , e quindi se ne fanno anelli ed altri or-
namenti.
Clima.
II caldo della Gujana, benché posta sotto la zona-torrida al
pari della Guinea, è però più terribile di quello che lo sia in
detta parte della costa d'Africa. I raggi cocenti del sole sono ivi
temperati ogni giorno da venti freschi di mare , laddove nella
Guinea l' intensità del calore è aumentata dal vento che soffia
continuamente da terra, e che nel suo passaggio attraversa nu-
merosi deserti d'arena. I venti d'est ossieno alisei, che dominano
generalmente fra i tropici , sono freschissimi snlla costa della
Gujana fra le 8 o io antimeridiane e le 6 della sera } punto in
cui cessano, e dopo appena sentesi il soffio del più lieve zeffiro.
Cotesti venti sono susseguiti da folte nebbie e da vapori esa-
lanti dalla terra : il che rende le notti di detto paese non sol-
tanto freddissime , ma umide altresì ed insalubri (i). Alla Guja-
na il dì non varia mai più di [\o minuti: il sole spunta sem-
pre verso le 6 antimeridiane , e tramonta all' ora medesima di
sera.
Stagioni.
L'anno è diviso dalle stagioni del bel tempo e delle piogge ,
le quali possono chiamarsi la state e 1' inverno , siccome quelle
del caldo e del freddo in Europa. Havvi però una notabile diffe-
renza , e si è che la Gujana ha tutti gli anni due state e due
inverni distinti l'uno dall'altro colla denominazione di grande e
picciolo^ non perchè il caldo sia meno sensibile, o che le piogge
sieno meno violente in questi ultimi , ma perchè si suppone che
la durata loro sia minore della metà. Tuttavia questa distinzione
sembra più immaginaria che reale rispetto alle stagioni delle piog-
ge, perciocché non ricorrendo se non se quando il sole è verti-
cale, circostanza , la quale in vicinanza alla linea ha luogo due
volte all'anno, e per un tratto di tempo uguale } è probabile,
che la loro durata debba essere identica nelle due stagioni. La
(i) Il termometro di Reaumur a djenna, secondo Baion, Tom. I pag.
6, sale a 28 nella stagione asciutta, ed a 24 nella piovosa. Il signor Cotta
(Memoires de Meteorologie, Tom. II) indica per Surinam termini che
sembrano ancora più bassi cioè: 25 gradi 8 minuti p^l nusiumin medio
del caldo, e 20 pel caldo medio dell'anno.
HO COSTUME
differenza fra le due stagioni del bel tempo consiste in questo,
che la grande comincia al Surinam spesso in ottobre, al momento
in cui il sole attraversa l'equatore per passare al tropico del ca-
pricorno, ed allora un caldo opprimente, accompagnato da una
continua siccità, domina sino al ritorno di quest' astro in marzo.
Cadono indi piogge copiose e non interrotte sino al mese di giu-
gno, in cui il sole si è inoltrato verso il tropico del cancro; suc-
cede poscia una breve stagione di calore, la quale dura sino al
mese di luglio , seguita nuovamente da piogge sino al mese di
ottobre, ed in siffatto modo compiesi la rivoluzione annuale delle
stagioni. Noi abbiamo indicate alcune epoche nella mutazione delle
stagioni alla Gujana; è però necessario riflettere ch'esse non sono
assolutamente periodiche, e che variano come in Europa. Queste
variazioni sono sempre annunziate da lampi e tuoni violentissimi
che durano per più settimane, e che bene spesso riescono funesti
al bestiame ed anco agli abitatori.
Malattie.
Si è troppo detratto di quel clima quanto alla sua salubrità.
Esso ha i doppj inconvenienti proprj di tutti i paesi incolti, co-
perti di boschi o di pantani, e di tutti i paesi umidi e caldi (i).
Le malattie che assalgono gli Europei che vi giungono per la
prima volta, sono febbri continue: il taglio delle piante ultima-
mente fatto è quello che più espone la salute de' nuovi coloni. 11
sole sviluppa così i miasmi esalati da un terreno formato di avanzi
di vegetabili accumulati da secoli; ma non ci ha questo pericolo
che ne' primi anni. Le terzane, e doppie terzane che regnano abi-
tualmente nel paese sono incomode, ma poco pericolose. Le epi-
demie sono rarissime, e vi fu estirpato il vajuolo.
Inondazioni.
Le inondazioni della Gujana presentano al viaggiatore un
aspetto curioso : tutti i fiumi gonfi per continue piogge traripano;
tutti i boschi cogli immensi loro tronchi, coi loro labirinti di ar-
busti, colle loro ghirlande di liane, ondeggiali sull' acqua. Il mare
congiugne i salsi suoi flutti alle acque correnti che vi recano un
fango giallo; i pesci di mare, gli uccelli acquatici, i caimani si
spandono da per tutto ; i quadrupedi sono obbligati a rifuggirsi
(i) Lcblondf Traitédela fievre iaune, pag. 221 etc.
DEGLI ABITATORI DELLA GUJAKA I I I
altrove*, e sull' alto degli alberi a canto alle simie che van facendo
le loro capriuole, veggonsi correre enormi lucertole^, gli aguti, i
pecari usciti dai loro inondati covili. L'indigeno che nel suo bat-
tello scorre in mezzo a quel nuovo caos non trova che a stento
un angolo ove riposare.
Vegetazione, alberi da frutto.
In tutto V anno si han sempre diversi ricolti di frutta*, ma
gli alberi che ne producono continuamente ne danno in abbon-
danza solamente in certi dati tempi che sembrano essere 1" epoche
destinate al ricolto: tali sono gli aranci, i limoni, i peri, laurus
persea (i), la saputiglia, il popone corossol, e parecchie altre
specie che non producono se non coltivate. Gli alberi che cre-
scono spontanei nelle foreste non producono che una volta l'an-
no, e per la maggior parte in quei mesi che corrispondono alla
primavera d'Europa*, tali sono il fruito della palma, quello del
mari-tembur , del prugno mombain ed altri. Fra gli alberi da
frutto trasportati d' Europa, solo tre riuscirono generalmente, cioO:
la vite, sebbene le uve marciscano in tempo delle pioggie e sieno
divorate nell'estate da^li insetti, il melagrano e più di tutti il fico.
Gli alberi da frutto delle Indie Orientali, come il mangliere ed il
giambosiere vi allignano assai meglio.
Alberi da droghe.
Innanzi V arrivo degli Europei la Gujana possedeva tre specie
di caffé, la coffèa Gujanensis ,* la paniculata e V occidentale \
ma vi si introdusse il caffè d' Arabia. Vi si trasportò anche con
ottima riuscita la cannella, il garofano e la noce moscata: sonovi
varie specie di pepe (2), ed il caccao nasce spontaneo a le-
vante dell' Oyapok. Vi sono indigeni l'indaco e la vainiglia-, e fra
(r) La pera del lauras persea, cosi Stedman. Tom. II pag 74. Tra-
duzione Italiana , è grossa, ed è a parer mio il frutto più saporito di tutti
quelli che sono conosciuti nella colonia, e forse nel mondo. Giallo ne è
l'interno, e la mandorla è inviluppata in una specie di pelle, rome lo
è la castagna. La sua polpa è sì nutriente e salubre, che taluni la chia-
mano midollo vegetale , e si mangia spesso con pepe e sale. Io crederei di
doverla paragonare alla pesca, al pari di questo frutto si scioglie es'-a in
bocca; è meno dolce, ma senzaparagonepiusquisita.il laurus suddetto
è una pianta alta più di 4° piedi che rassomiglia molto al noce.
(2) dublet, Plantcs de la Guy ano, Tom. I pag. 21.
112 COSTUME
le piante alimentari del paese il manioco amaro ed il ca-ma-
nioco (i) tengono il primo posto: gli ignami, le patate, le ta-
yove, due specie di miglio somministrano un altro abbondante
alimento.
Piante medicinali.
La Gujana ha dato alla medicina la preziosa quassia, radice
di un arboscello riguardata come efficacissima per corroborare lo
stomaco e ridonare l1 appetito , e che a detta qualità unisce pur
quella di essere un esimio febbrifugo (2). L' eruditissimo signor
Conte Castiglioni nella sua Sfuria delle piante forestiere più im-
portanti ci lasciò uu' esatta descrizione di questo arbusto , per la
moltiplicità de' suoi fiori e pel vario colore delle sue foglie bel-
lissimo a vedersi, e che potrebb' essere di grande ornamento
ne' giardini (3). Stedman ebbe il piacere di conoscere il famoso
Graman-Quacy che nel 1780 scoprì la detta preziosa radice, la
quale prese poi il nome del medesimo (legno di quassia , o qua-
cy). Codesto Africano (egli era nativo della costa di Guinea) si
presentò a Stedman col beli' abito e colla medaglia d'oro di cui
il principe d'Orange gli aveva fatto dono: egli disegnò il ritratto
di quest'uomo colla sua testa canuta e col suo vestito scarlatto e
turchino, gallonato d'oro, e noi ve lo presentiamo nella Tavola
58 , unitamente alla figura del dello arbusto quale trovasi dise-
gnata nella citata storia del signor Conte Castiglioni. Molti altri
vegetabili producono sughi amari ed astringenti di grande utilità
medica , come il dolichos pruriens , la mammola ytonbu specie
d' ipecacuana , la noce d' olio di castoro , il costus arabico , la
polalea amara: se ne troveranno i nomi nella Memoria de' signori
liajon e Aublet. Fra le gomme e resine merita menzione la gom-
(1) Bajon, Voi. I Memoire XV ; ma Aublet , Tom. II Memorie III di-
stingue cinque sotto-specie di manioco proprio o velenoso.
(2) Schlegel- , Tromsdoiff, Paarmann o Murray hanno parlato dell'ef-
ficacia medicinale della quassia, ed i primi tre in particolare ne hanno
fatto 1' analisi chimica. Tutte le sue parli ; cioè corteccia , legno, foglie ,
fiori ec, sono di un'amarezza energica, ed alla quale non si accosta quasi
nessuna delle droghe finora conosciute. Ma la scorza della radice, i fiori
ed i semi sono le parli , in cui 1' amarezza delle piante risiede per ec-
cellenza.
(3) Vedi il tom. Ili pag. 181 , ed il dolt. Fermili nella descrizione
storica e geografica del Surinum.
DEGLI ABITATORI DELLA GUJAflA Il3
ma capahu o capivi. Il laborioso medico Leblond vi cercò in
vano la chinachina perfino sulle montagne dell' interno. Quel ve-
getabile non potè passare a traverso le basse pianure che circon-
dano ed isolano l'altipiano della Gujana,
Seleni.
Ma presso a quegli arbusti salutari le selve della Gujana ce-
lano i più terribili veleni. La duncana è un arboscello che dà
immantinente la morte a quell'animale che ne mangia , e vuoisi
che l'istinto non insegni agli animali ad astenersi da quella pianta
fatale (i). Gli effetti del veleno vegetale detto wurara sono tali,
secondo Stedman, che un bambino morì subitamente per avere
succhiato il latte della madre un istante dopo che era stata col-
pila da una freccia avvelenata.
Alberi delle foreste.
Fra gli alberi delle foreste della Gujana, alcuni molli e spu-
gnosi, come il banano ed il paletuviere , non servono che ad ac-
cendere il fuoco} altri estremamente duri , incorruttibili e suscet-
tivi del più bel lucido, han l' inconveniente di resistere alla sega
e agli altri stromenti ; tali sono l'ualapa, il balata e l'angelin.
Qualche altra specie che s'accosta a questi dà maggior presa agli
stromenti: disti nguonsi il ferolo chiamato anche legno serico} la
Vicaria che tenera ancora , porta il nome volgare di legno di
rosa , e vecchia è falsamente chiamata dai coloni, come se fosse
un albero diverso, col nome di sassafrasso (2)} due specie (Pirica,
che onoransi del titolo di cedro nero e bianco j il bagassiere, il
tui-mari e l'acaju. Le selve della Gujana presentano un aspetto
importante e vario: il maestoso panax monototoni, la bignonia
copaia, il norante giungono fino ad ottanta e cento piedi d'altezza:
(1) La massima parte dei montoni (così Stedman, Tom. II. pag. 106
traduzione italiana ) furono sgraziatamente avvelenati nel mangiare di una
pianta, dai Negri appellata duncana. Duolmi di non aver osservato più
attentamente codesta pianta. Ecco tutto ciò che dir ne posso. Essa è un
arbusto di larghe foglie verdi: cresce spontaneamente ne' luoghi bassi e pa-
ludosi, e produce sul fatto la morte di ogni animale che ne mangia.
Quindi gli schiavi hanno una particolare cura di svellerla dai pascoli,
perciocché pretendesi che i buoi ed i castrati ne siano ghiotti, non ostante
che l' arbusto in questione sia loro nocivo ec.
(2) Aublet , Tom. II, all'articolo Vicaria.
Cost. Voi. IV deW America. 8-
Il4 COSTUME
il faramiere, l'urrata, il mayepo spandono un odore balsamico a
grande distanza.
Liane ec.
Le liane e gli arboscelli rampicanti abbelliscono i boschi, ma
li rendono sovente impenetrabili; il murucu od il raalaui coi loro
rami sermentosi s'avviticchiano ai tronchi ed ai rami degli albe-
ri, e 1' unipari ed il ruharaon , uno colle sue spine adunche ,
T altro co' suoi viticej, salgono fino alle cime degli alberi più al-
ti. Veggonsi grappoli di fiori pendere da tutte le parti di qualche
albero le cui proprie foglie scompajono quasi del tutto sotto quegli
estranei ornamenti (i). Potremmo ancora annoverare una molti-
tudine d'altri alberi utili e curiosi, come la simia, che dà una
bella tintura rossa; il cotone selvatico che ha talvolta dodici piedi
di circonferenza, e del quale si fabbricano grandissimi canotti ; il
patavua che forma un grande ombrello, ed un solo dei quali serve
di tetto ad una capanna per venticinque persone; il vuay le cui
grandi foglie servono a coprire le abitazioni, e resistono per molti
anni alle ingiurie del tempo.
Quadrupedi.
I quadrupedi della Gujana non differiscon da quelli del Pa-
raguay e del Brasile.
L? jaguar.
L'jaguar, dice Stedman (2), che da alcuni autori venne rap-
presentato come debole, dispregevole e della grossezza di un le-
vriere è all'oppòsto vigorosissimo, e assai pericoloso e feroce:
la sua lunghezza presa dal muso all'origine della coda è talvolta
di sei piedi, è di un colore arancio-cupo ed ha il ventre bianco
e la schiena segnata da strisce nere longitudinali: la sua forma
rassomiglia in tutte le parti a quella della tigre africana : divora
un montone o una capra colla facilità stessa , con cui il gatto
uccide un sorcio. Nemmeno le vacche e i cavalli , malgrado del
loro volume, sono al sicuro del suo furore : spesso gli assale nelle
piantagioni, e benché pel loro peso non possa strascinarli nelle
foreste, gli strazia, crudelmente e li fa in brani, unicamente per
succhiarne il sangue di cui è sempre sitibondo.
(1) Aublet, Tom. I pag. 172.
(2) Tom. II p;ig. 265, traduzione italiana.
DEGLI ABITATORI DELLA GUJANA ll5
Il cuguar.
Il secondo animale dell1 identico genere è il cuguar, chiamato
si Surinam la tigre-rossa: esso è meo grosso del jaguar, ne è
più agile ed ha l'eguale ferocia : la sua pelle è di un rosso-bruno;
il petlo e la pancia sono di un bianco-smorto; ha il pelo lungo
e non macchiato; la sua testa è picciola con due occhi sporgenti
e sfavillanti: ha i denti assai larghi, il corpo sottile e le gambe
lunghe armate di orribili artigli biancastri..
Gatto-tigre ec.
Un terzo animale dello stesso genere, ma bellissimo, è il
gatto-tigre che quivi è grosso come un gran gatto: il suo colore
è di un bel giallo macchiato di piccioli nei col contorno nero, il
pelo è finissimo e si fa mollo conto della sua pelle: nel resto è
tanto feroce e sitibondo di sangue quanto i precedenti. Secondo
Stedrnan il jaguaretto di un color nerastro con macchie più nere
sarebbe un quarto animale della suddetta specie; ma ciò è con-
trario all' opinione oggidì invalsa, che fa che i naturalisti riguar-
dano jaguar e jaguaretto come sinonimi. Gli orsi formichieri sono
giudicati, dopo il tapiro, i più grandi quadrupedi: le due specie
meglio conosciute sono il tamuanda ed il tamanoir\ questo ha
qualche volta otto piedi di lunghezza dalla testa alla coda , si di-
fende colla sue branche contra il jaguar, e se riesce a stringere
quel suo nemico fra le zampe non l'abbandona che ucciso. Il
cane grachivoro non vive che sulla spiaggia del mare, e fa uso
delle zampe, quasi come l'uomo delle mani, per eslrarre i gran-
chi dal loro buco.
Simie ec*
Fra le numerosissime famiglie delle simie, si distingue il co-
pta , che s'attacca ai rami colla sua lunga coda attorcigliata a
spirale, il picciolo e bel saki-winski , appellato tamarin da al-
cuni Francesi; il dolce ed amabile kisi-hisi, e molti altri cui
sarebbe troppo lunga cosa l'annoverare. Alcuni naturalisti dicono
clre trovisi nella Gujana V urang-urang, ma non si può asserir
ciò con sicurezza. Delle tre specie di cervi il cariacu s'accosta
per forma e grandezza al capriuolo d'Europa. L'aguti è il mi-
gliore e più comune salvatico, sebbene si preferisca tuttavia la
carne del paca: il cabiai (i) soggiorna in riva ai fiumi ed ai la-
(i) Stedrnan, Tom, III. pag. 97, traduzione Italiana.
Il6 COSTUME
gin, e per le setole e le sanne è simile al majale} ma è, come
1* aguti ed il paca, del genere cavia. Il tajasu o porco di bosco,
animale assai diverso dal nostro ruajale, va in grandi frotte. Passa
senili scomporsi attraverso i giardini e le corti ed anche attraverso
le file di un esercito.
Scojattoli ec.
Sembra che gli scojattoli mentovati da Bancroft non differi-
scano sensibilmente dalle specie conosciute in Europa. Le viverre
sono in gran numero ed assai incomode. II coati , lungo qualche
volta due piedi , porta via con tutta facilità le oche ed i polli
d'India,' il grisone, viverra vittata, detta crabbodago a Suri-
nam, è di sì feroce carattere che senza essere stimolato dalla fa-
me, mette a morte qualunque animale in cui s'abbatta e che
possa abbrancare. La Gujana possedè parecchie specie di tatù e
di didelfi. Stedman nega la sussistenza del famoso didelphus ae-
neas che in caso di pericolo porta per quanto si dice, i suoi
piccini sul dosso. Temesi fra i pipistrelli il vampiro della Guja-
na, il quale ha talvolta due o tre piedi da un'estremità all'al-
tra delle ali \ il vespertilio lepturus , descritto e figurato da
Schréber non è stato finora trovato che nei contorni di Surinam.
Rettili. Il boa o aboma.
Il serpente boa di Linneo chiamato aboma al Surinam, così
Stedman (i), allorché è giunto all'intero suo sviluppo ed incre-
mento, è di 4° piedi, e la sua circonferenza di oltre l\: esso è
interamente coperto di squame , alcune delle quali hanno la forma
di uno scellino. Sotto la pancia è armato di acute branche ras-
somigliantesi agli speroni di un gallo, le quali lo ajutano ad af-
ferrare la sua preda. Esso è anfibio ed ama le terre basse e pa-
lustri , ove appiattasi, ravvolgendosi circolarmente a guisa di un
rotolo di corda , sotto i frantumi delle piante , sotto foglie ed i
licheni: si cela così, onde prendere il suo nemico per sorpresa,
r>on potendo inseguirlo a motivo del suo enorme volume. Quando
è affamato, divora qualunquesisia animale che può ghermire, sia
esso un cignale, un cervo od una tigre: si avviticchia intorno
alla sua preda in modo che non può più sfuggirli} rompe con
una forza irresistibile le ossa dell'animale che gli serve di pasco-
(\) Idem. Voi. I. png. 202, ediz. cit.
DEGLI ABITATORI DELLA GUJANA li?
lo, e per rendere ogni brano più scorrevole, lo spalma di una
bava o di un moccio che trae dalla sua bocca, e finalmente vi
fa entrare tutta la preda. L' aboma allora non può mutar situa-
zione. L'animale ingojato gonfia eccessivamente la parte del suo
corpo destinata alla digestione e gli impedisce di muoversi. Al-
cuni Negri ne sono stati divorati : si dice però che il suo morso
non sia velenoso, anzi si crede che non morda, se non stimolato
dalla fame. Stedman insieme con alcuni Negri ferì mortalmente
un giovane aboma della lunghezza di circa 22 piedi : mentre il
serpente continuava a contorcersi ed a ripiegarsi in mille maniere,
un Negro presa una fune e, fatto un cappio, glielo gettò al collo
con molta destrezza, e tenendo nelle mani un capo della fune
salì sopra una pianta, pose la corda tra due rami, e gli altri
Negri alzarono il serpente in modo che rimase sospeso. Fatto ciò
il Negro discese, e con un acuto coltello fra i denti slanciossi sul
mostro che diraenavasi sempre: cominciò egli l'operazione dallo
spaccargli la pelle presso il collo j in seguito gliela levò, conti-
nuando così e discendendo fino all'estremità. Vedi la Tavola
suddetta. Questa operazione ebbe i suoi vantaggi, perciocché,
oltre la pelle, si estrassero più di 16 pinle di un grasso, o piut-
tosto olio fino e chiarissimo, sebbene se ne fosse perduta forse
una quantità maggiore. Stedman consegnò quest'olio ai chirurghi
di Devils-Harwar pei feriti, e ne ricevè i loro ringraziamenti,
essendo esso un ottimo rimedio, segnatamente per le contusioni.
L animale , benché spogliato de'suoi intestini e della sua pelle,
continuava a dimenarsi: i Negri Io tagliarono in pezzi per pre-
pararlo e convitarsi : dichiararono tutti ch'esso era squisito e
sanisssimo, ma con loro grave dispiacere Stedman ricusò di as-
saggiarlo.
Il crotalo od il grage.
I due serpenti velenosi più conosciuti sono il crotalo o ser-
pente a sonagli e l'altro detto grage: il crotalo della Gujana è
lungo otto in nove piedi: esso è assai grosso verso la mela del
corpo, ed assottigliasi verso il collo e la coda: la sua testa larga
e schiacciata è orribilmente deforme: gli si scorgono vicine alla
gola due narici spalancate, e una protuberanza superiormente agli
Occhi di un nero lucidissimo: all'estremila della coda spuntano
diverse squame di una specie di corno sottile , durissime e com-
I 1 8 COSTUME
messe insieme, cui l'animale agita allorché è irritato, e die ren-
dono un suono simile a quello di un campanello, donde tragge
esso la sua denominazione. 11 suo colore è un rancio cupo, misto
ad un bruno oscuro con istrisce nere , le quali sono altresì visi-
bilissime sul capo: il ventre è di eolor di cenere con isquame
traversali: il suo veleno è reputato mortale o pericolosissimo,
almeno in tutta l'America. Il serpente detto grage abita le selve
dell' interno ed è il più nocivo: il suo veleno non è si attivo, ma
la curvatura e la particolare disposizione de' suoi denti incisori ne
rendono terribile il moiso (i).
Uccelli.
Nella Gujana vive la maggior parte degli uccelli indigeni e
particolari del nuovo continente. Tre uccelli della Gujma rasso-
migliano esteriormente al fagiano } uno di essi, il paragua ha il
grido assai forte. Questo paese abbonda di rospi, di lucertole e
di caimani. Fra i pesci d'acqua dolce il pacu e V aymara offro-
no al viaggiatore un cibo delizioso (2). Il warapper vien preso
fra gli alberi ove va ad ingrassarsi in tempo dell'inondazione,
<?d ove resta intricato fra i rami allorché si abbassan le acque (3).
aborigeni. Loro qualità fisiche.
Gli aborigeni della Gujana i più conosciuti vengono da Sted-
ni.m divisi nelle seguenti caste o tribù: i Ciraibi, gli Accawaus,
i Worrows, gli Airowuks, i Tairras ed i Piannacotaus. In gene-
rale tulle le anzidette tribù hanno un color di bronzo. Vedi la
Tavola 60. Non sono né ahi, uè vigorosi, né nerboruli , ma il
loro corpo è diritto , e godono ordinariamente di una buona sa-
lute. Il loro volto non ha altra espressione se non se quella della
bontà e della contentezza. Hanno egli lineamenti regolari e belli,
labbra sottili, denti bianchi, occhi neri, ma piccioli. Sono ge-
neralmente pulitissimi} bagnami due o tre volle al giorno nel
fiume o nel mare. Sì gli uomini che le donne si radono intera-
mente , a riserva della testa. La loro cappellalura è folta , di un
neio luccicante e non incanutisce giammai, gli uomini non diven-
tano mai calvi, e portano i capelli corti, le donne però se li la-
sciano crescere fino alia metà della schiena.
(r) Bajon, Mémoires, Tom. I. pag. 345.
(2) Leblond, Description abregèe, pa:*, 55.
(5) Albert de Sack , Narrative ola voyage lo Sminarci. London, 1808.
DEGLI ABITATORI DELLA GUJAKA I I 9
Si dipingono il corpo.
Tutti più o meno sfigurami coll'uso dell' arnotta o del rucu,
cui danno il nome di cossowy, e gli Olandesi quello di Orleans.
I semi dell' arnotta macerati bene nel sugo di limone e mesco-
lati con acqua e gomma dell'albero mawna , o con olio di ca-
storo, compongono una tintura di un colore scarlatto, colla quale
tutti gli Indiani si dipingono il corpo (e gli uomini anche i loro
capelli) } il che imprime alla pelle il colore di un granchio di
mare bollito. Sogliono inoltre stropicciarsi con caraba , od olio
di granchio di mare \ e devesi convenire, che siffatto uso è uti-
lissimo per individui, che sono quasi nudi in un clima ardente;
poiché rammorbidisce la pelle, previene una traspirazione di so-
verchio copiosa, e preserva in parte dalle morsicature degli inselli
che li tormentano. Questi indigeni servonsi allo stesso fine di un
azzurro porporino assai carico, cui appellano tapowripa, ma uni-
camente in circostanze nelle quali vogliono dipingersi elegantemen-
te, e tale sostanza rimane nove giorni sulla pelle. Eglino la spre-
mono dal sugo di un picciolo frutto rassomigliante ad un pomo
che cresce sull'albero da essi chiamato tawna e che fanno mace-
rare nell'acqua: se ne servono per disegnare su tutto il loro corpo,
non escluso il viso, alcuni geroglifici, vedi la suddetta Tavola, e
codesta tintura s'attacca talmente alla pelle che non isvanisce se non
dopo otto giorni.
Il loro vestire.
11 solo vestito the abbiano gli indigeni consisle in una fascia
di tela di cotone nera o celeste, che gli uomini portano alla cin-
tura : essi l'annodano ai reni, la fanno passare fra le cosce, ed
essendo lunghissima ne gettano l'estremità sulle spalle, o la la-
sciano strascinare per terra. Le donne invece di questa fascia hanno
una specie di grembiule di tela ugualmente di cotone, ornato di
grani di vetro da essi chiamati queiou. Detto grembiule è largo
un piede e luogo otto pollici } è guernito di frangie e legato con
cordoncini di filo di bambagia. Queste picciole dimensioni, ben-
ché pesanti, lo rendono poco atto all'oggetto cui è destinato.
Parecchie donne portano pure un cinto di capelli, a cui elleno
attaccano di dietro e davanti una larga lista quadrata di tela nera
di cotone:, ma più leggiera e senza strascico.
120 COSTUME
O manieriti delle donne.
Nell'interno del paese non pochi Indiani d'ambo i sessi ranno
affatto ignudi. La sola ricercatezza delle donne è di farsi passare
in alcuni piccioli fori che si fanno al labbro inferiore, delle spi-
ne, ed anco le spille che possono raccogliere, le punte delle quali
pendono loro sul mento. Nello stesso modo si ficcano nelle orec-
chie pezzetti di sughero , o di un altro legno leggiero. Alcune
altre si traforano le guancie ed il naso per introdurvi delle penne.
Uu ornamento assai bizzarro è pur quello delle ragazze in età
di io in 12 anni, il quale consiste in una specie di legaccio di co-
tone con cui stringono il malleolo e la parte inferiore al ginoc-
chio, e che non levandosi mai, all'epoca della pubertà ingrossa
loro smisuratamente il polpaccio delle gambe e dà loro un aspetto
grottesco. Esse poi portano generalmente cinti , braccialetti di
coccole di varj colori, conchiglie, denti di pesce, al collo,
alle braccia, sugli omeri, e bene spesso anche inferiormente al
gomito.
Ornamenti degli uomini.
Gli ornamenti degli uomini consistono in ghirlande di penne
di vaij colori, o in una sorta di bandoliera fatta di denti di ti-
gre o di cinghiale , che portano come indizio di valore e d'in-
trepidezza. Talvolta i capi di famiglia copronsi della pelle del
primo dei detti animali, appesa con una lastra d'argento in forma
di mezzaluna. Frequentemente s'infilzano nella cartilagine del naso
de' pezzetti di questo stesso metallo , e talvolta una pietra di
color verde o giallo.
abitazioni.
Tutte queste nazioni vivono nelle foreste, presso i fiumi,
lungo le spiagge del mare, ed abitano o in capanne qua e là
sparse, o in piccioli villaggi. Queste loro case che chiamano car-
bets sono coperte di foglie di rattans, ovvero di \imini , deno-
minati nella colonia tas , e che cresccno a ciocche nei luoghi
paludosi. Più comunemente ancora adoperano a quest'uso delle trou-
lie, rpecie di foglie che sono divergenti immediatamente alla ra-
dice della pianta, che hanno una lunghezza non minore di 20 in
24 piedi sopra due o tre di larghezza , e che guarentiscono efficace-
mente dalle intemperie dell' aria pel corso di più anni.
DEGLI ABITATORI DELLA GUJAHA 121
Utensili.
Semplicissimi sono gli utensili di questi indigeni , ma bastano
ai loro bisogni : essi consistono in istoviglie di una terra nera che
fabbricano essi medesimi, in alcuni panieri, in una pietra per
macinare, denominata matta , ed in un'altra per far cuocere il
loro pane di cassava , in una specie di ventaglio per avvivare il
fuoco, in una seggiola di legno , in un vaglio, in un torchio che
serve ad estrarle la parte acquosa della cassava, e finalmente in
un letto pensile, ossia rete, nella quale si coricano. Vedi le se-
guenti Tavole 67, 68 e 69. Ora acquistano eglino dagli Emopei
scuri e coltelli cui portano in cintura. Ogni famiglia è altresì
provveduta di una barca , colla quale trasporta tutto ciò che pos-
sedè allorché viaggia per acqua.
Coltivazione, Manioco.
I soli vegetabili coltivati da questi popoli sono la dioscorea
satina, la palma minore, il Jico cP Adamo , e specialmente il
manioco, d'onde traggono la cassava. Quest'ultima pianta è un
arbusto nodoso e di un colore tendente al grigio-cupo che cresce
all'altezza di circa tre piedi. Di due specie sono questi arbusti,
distinti l'uno dall'altro colla denominazione di dolce ed amaro.
Le radici sole sono buone, poiché hanno una qualità farinacea
ed un sapore dolcissimo: pel colore poi 7 per la forma e per la
grossezza rassomigliano molto alla pastinaca d'Europa. Il manioco
dolce, colto sotto ceneri calle a guisa delle piantagioni verdi,
e mangiato con burro, è un alimento sano e grato, avente il sa-
pore della castagna. Ma il manioco amaro , quando è crudo, è
un veleno fatalissimo sì per gli uomini, come per gli animali}
tuttavia per quanto ciò possa sembrare strano, ove sia stato sot-
toposto all'azione del fuoco, diviene un cibo sanissimo e serve
di pane tanto agli indigeni quanto agli Europei ed ai Negri.
Modo di preparare la cassava.
Ecco il modo usato dai primi nel preparare la cassava. Co-
minciano essi dal raschiare o stritolare le radici sulla matta-,
ripongono la delta raschiatura sotto uno strettojo per separare il
sugo dalla sostanza farinacea. Il torchio è una specie di tubo fatto
di warimboy o vimini intrecciati. Dopo averlo empito della so-
stanza della cassava , si sospende ad un albero , attaccandovi in-
feriormente un grosso pezzo di legno, il cui peso allunga , e così
122 COSTUME
la compressione progressiva di detto tubo fa stillare la parte li-
quida dai fori del tessuto di giunchi. Vedi la seguente ^Tavola
69. Terminata questa operazione si dà alla parte farinacea la for-
ma di una focaccia che si fa cuocere sopra una pietra calda fino
a che essa si annerisca e faccia crosta:, allora si ha un cibo ec-
cellente benché un po' insipido e che può essere conservato per
lo spazio di sei mesi. Se nelle piantagioni gli schiavi non aves-
sero l'avvertenza di gettare via l'acqua estratta da dette radici,
la si berrebbe dal bestiame e dal pollame; il che li farebbe sul-
l'istante gon6are e perire in mezzo alle più atroci convulsioni.
Eppure l'acqua stessa bollita con carne e pepe serve a fare una
buona zuppa.
Altri cibi.
Questi indigeni nutronsi anco di noce di acaju, le cui man-
dorle, che rassomigliano agli arnioni d'agnello, sono soramaraente
delicate, e fanno altresì uso delle testuggini di terra e di mare
e di granchi di mare che trovansi in copia nel limo durante il
riflusso del mare lungo le spiagge della Gujaoa. Ma il cibo, di
cui sono più ghiotti, è /' iguana ossia la lucertola wayamaca. Tutto
ciò ch'eglino mangiano è talmente condito con pepe di Gajenna ,
«he un Europeo, il quale ne gustasse, si abbrucierebbe la bocca.
Fanno scarsissimo uso di sale, e fan seccare il loro selvaggiume
al fumo; operazione che impedisce la putrefazione.
Bevande.
Essi hanno più specie di bevande, e fra le altre il sugo del
frutto che chiamano comù'^ frutto di una piccolissima palma i
cui semi sono contenuti in bacche di un azzurro-porporino, che
rassomigliano a grappoli d'uva, e la cui polpa aderisce leggier-
mente ad un nocciolo duro e rotondo. Si fanno sciogliere e ma-
cerare dette bacche nell'acqua bollente : le persone agiate fanno
infondere in quest'acqua zucchero e cannella; e tale bevanda ha
tulio il sapore della cioccolata. Un'altra bevanda, dagli indigeni
appellata pivorry , è una mistura di pane di cassava masticato
dalle donne e fermentalo nell'acqua: essa ha il gusto della birra
dolce e può ubbriacare. Anche il pane di grano-turco serve loro
per comporre un altro liquore: vi levano la mollica e lo fanno
macerare nell'acqua, fiuo a tanto che questa mescolanza fermenti
come la precedente e la chiamano chiaccar. Hanno altresì un
DEGLI ABITATORI DELLA GUJAA'A 12.1
altro liquore detto cassiryy di cui fanno grandissimo uso , ed
esso è composto degnami, cassava, aranci acidi, zucchero, ben
macerati e fermentati nell'acqua. Aggiungeremo che tutte le ac-
cennate bevande imbriacano ove se ne abusi , come accade fre-
quentemente.
Occupazioni degli uomini.
Le principali occupazioni degli uomini consistono nella caccia
e nella pesca , ed in ognuno di questi esercizj la loro abilità è
grandissima.
Caccia.
Servonsi essi per la caccia di archi e di frecce , opera delle
loro mani , e ne hanno di varie sorta , adatte ai varj generi di
cacciare. I loro archi , di un legno compattissimo e durissimo ,
sono lunghi cinque o sei piedi all'incirca, e lisciati perfettamente
con una pietra. Questi archi sono tesi con corde, ossia fibre di
piante seiose, e l'impugnatura è coperta di cotone.
Loro frecce.
Le loro frecce generalmente sono fatte con una specie di
giunco assai forte e diritto , all' estremità del quale si fissa un
pendolino della lunghezza di un piede onde equilibrarle \ e sono
armate di una punta d'acciajo o di esso di pesce , sempre den-
tata. La lunghezza di dette frecce è generalmente di quattro pie-
di. Molte di esse invece di essere acuminate finiscono con un
nocchio rotondo della grossezza di una castagna. Questi indigeni
ne fanno uso per isbalordire e fur cadere i pappagalli e le pic-
ciole scimie, che non tardano a riaversi, e si mandano allora vivi
a Parmaribo. Alcune delle accennate frecce destinale ad uccidere
i pesci, hanno la forma di un tridente, e sono munite di tre ,
ed anco di cinque punte. Essi ne intingono pure un picciol nu-
mero nel veleno appellato wurara (i), l'effetto del quale è ter-
ribile e pronto} ma allorché temono che il colpo vada fallilo ,
usano un' altra specie di frecce, le quali non sono più lunghe di
io in 12 pollici, sottilissime e fatte di corteccia di palma duris-
sima. In vece di penne sono guernite di un fiocco di bambagia,
sufficiente per empiere uu tubo voto di giunco, e lungo sei pie-
(i) Intorno a codesto veleno veggansi le opere di La-C 'ondami ne , del
Dolt. Brancfort, e sopra tutto di Felice Fontana.
I 24 COSTUME
di , nel qual tubo gli Indiani soffiano col loro fiato . e vibrano
questi stromenti di morte alla distanza di 4° passi , ed in un
modo sì sicuro, che 1' animale cui mirano non può loro sfuggire.
Mazze.
Non dobbiamo altresì omettere d'avvertire, che ogni Indiano
porta a sua difesa una mazza detta aputu, fatta di legno pesan-
tissimo: essa è lunga iS pollici, piatta e quadrata alle due estre-
mità; ma assai più pesante da una parte che dall' altra. La parte
media è più sottile, ed inviluppata in fortissimi fili di cotone che
ne agevolano il maneggio ; di più è coperta di una specie di
guardia che guarentisce l'impugnatura. Un colpo solo di detta
clava, nella quale d'ordinario si conficca un sasso acuminato,
rompe il cranio. Spesso gli Indiani della Gujana incidono sopra
il loro aputu figure emblematiche ed il numero dei nemici che
hanno ammazzati. Per rinfrancare il sasso nella mazza , si usa
d'incastrarlo nell'albero stesso che somministrar deve la maleria,
intanto che cresce. La pietra vi aderisce sì fattamente, che non
è più possibile di smoverla; tagliasi indi il legno per lavorarlo.
Pesca.
II loro modo di pescare consiste nel formare dei recinti e
delle palizzate all'ingresso di piccioli seni di mare, o là dove le
acque sono basse; uccidono il pesce colle loro frecce a tre pun-
te, ovvero attossicano l'acqua, gittandovi entro radici di hiary,
appellato al Surinam tringy-vuao od anche konamy. Questa ra-
dice intorpidisce il pesce, ed in tale stato esso galleggia a fior
d'acqua, e si può pigliarlo colle mani.
Guerra.
Quantunque questi Indiani sieno pacifici, tuttavia si fanno la
guerra, ed unicamente per avere de' prigionieri. Ma sono gli Eu-
ropei che troppo spesso li provocano coll'intenzione di farli schia-
vi; schiavi però per breve tempo, poiché ricusano di lavorare, e
se vengono maltrattati , ricusano ogni sorta di alimenti , fino a
che muojono di languore e di cordoglio. Essi eseguiscono sempre
i loro attacchi nel cuor della notte; e le loro operazioni guei-
resche consistono nel circondare i villaggi nemici nel tempo in cui
gli abitatori sono sepolti nel sonno, a far prigioniere le donne
ed i ragazzi d'ambidue i sessi, ad uccidere gli uomini colle loro
frecce avvelenale , ed a spaccar loro il cranio colle loro clave.
DEGLI ABITATORI DELLA GDJANA liJ
Spogliano pure gli uomini della loro capellatura , e la portano
in trionfo a casa loro. Le frecce dentate sono le loro principali
anni offensive, e colpiscono ed uccidono il nemico alla distanza
di oltre 60 passi. Quando entrano in guerra, si scelgono un Ge-
nerale, che intitolano ouill.
Occupazioni delle donne.
Le donne si occupaoo in piantare manioco, banani, ignami
ed altre radici. Preparano le vivande , fabbricano stoviglie, letti
pensili, braccialetti e canestri. Questi ultimi sono costrutti in un
modo ingegnosissimo, sia pel doppio tessuto di vimini , sta perla
varietà dei colori che si danno loro, sia infine perchè sanno fo-
derarli al segno di preservarli dall'umido. I letti pensili sono tes-
suti, e tale lavoro esige inGnito tempo e pena, non essendo esso
dissimile da quello di una calza fatta a telajo •, e siffatti Ietti,
quando sono allestiti vengon tinti di quel colore che più loro va
a genio.
Religione e governo.
» Mi sia permesso, dice Stedman (1), di chiamare felici que-
sti Indiani della Gujana, la cui morale e tranquillità non furono
punto turbate dai vizj degli Europei , i cui errori sono quelli
semplicemente della primitiva ignoranza , e non derivano da uno
stato di preteso incivilimento, o da una religione, che si è tanto
scostata dai suoi veri principj. Per verità non ci sarebbe divisa-
mento più plausibile di quello Hi accingersi a comunicare mas-
sime emanate dalla Divinità stessa a uomini di una mente sì pura,
e che merita cotanto di essere illuminata; ma temerei, e non
senza ragione, che gli sforzi di un rispettabile apostolo possano
aver gran successo fino a tanto che il contegno dei Missionarj e
dei fratelli Moravi stabiliti fra gli Indiani delle rive della Sara-
meca , ove attendono alla conversazione degli Indiani medesimi e
dei Negri, sarà in opposizione diretta coi loro precetti (2) ».
(1) Tom. II. cap. XVI, pag 176 ec. edizione Italiana.
(2) Tali riflessioni hanno fatto risovvenire a Stedman la risposta di uà
Indiano ad un sermone di un predicatore Svedese detto in occasione di uu
trattato di pace conchiuso a Covestogno. Eccone la sostanza : n E che ?
credete voi seriamente che i nostri autetiati e noi siamo tutti, siccome voi
asserite , condannati a soffrire eternamente in un altro mondo, perchè noi
non siamo stali ammaestrati nelle vostre misteriose novità? Non siamo
126 COSTUME
Loro Dio.
Tutti gli Indiani della Gujana credono in un Dio, qual su-
premo autore d'ogni bene, e che non ha mai l'intenzione di ar-
recar loro il menomo nocumento} ma adorano il Dio malefico al-
l' oggetto di rimovere i mali, con cui può esso tormentarli : eglino
lo chiamano yawahu, gli attribuiscono il dolore, le infermità,
le ferite e la morte, e dappertutto ove muore un Indiano, l'in-
tera sua famiglia, onde evitare in avvenire l'influsso della fatalità,
cambia tosto soggiorno.
Governa dei vecchi capi di famiglia.
Questi Indiani sono popoli perfettamente liberi 5 che è quanto
dire non conoscono divisione alcuna di terre , e non hanno altro
governo , eccetto quello dei vecchi , i quali nel seno delle loro
proprie famiglie esercitano le funzioni di capitani, sacerdoti e me-
dici. Si professa loro una rispettosa ubbidienza : sono appellati
peii od anco pagayers , e come praticasi da diverse colte nazio-
ni, godono eglino di maggiori vantaggi sul rimanente de' loro
compatriotti.
Matrixnonj ec.
Codesti popoli ammettono la poligamia , ed ogni uomo ha la
libertà di sposare tante mogli , quante ne può mantenere, sebbene
generalmente se ne sposi una sola, della quale il marito è geloso
eccessivamente, e ch'egli uccide sul fatto alla prima certa prova
di sua infedeltà. La pubertà delle Indiane previene i dodici anni,
e talvolta è anche più precoce. A quest'epoca esse maritansi. Ri-
spetto allo sposo tutto il cerimoniale sta nel presentare alla gio-
vane una certa quantità di selvatici e di pesci, fruito della sua
propria caccia e pesca \ e se ella accetta 1' offerta , il pretendente
le domanda se vuol esser sua moglie. Se ella risponde affermati-
vamente, tutti i concerti sono presi, e quando è allestita la casa,
si celebrano le nozze in un festino ove ciascuno finisce colì'im-
noi dunque l'opera di Dio? E questo Dìo sommo non può egli rivelarci
i suoi voleri senza il sussidio di un libro? Se ciò è vero, e se Dio è
giusto, come conciliare colla sua giustizia il collocarci quaggiù senza il
nostro assenso , e poscia dannarci a pene eterne, perchè noi non andiamo
d'accordo con voi? No, no certamente. Noi saremo convinti, che gli
Europei hanno una morale più depravata di quella degli Indiani se vo-
gliam giudicare la loro dottrina dalla loro condotta v.
-
DEGLI AE1TAT0RI DELLA GUJAXA 12?
briaca r si • Le donne incinte sgravansi senz'assistenza e con pochis-
simo disturbo: esse nel giorno medesimo del loro parto sbrigano
tutte le solite faccende domestiche e servono i loro mariti. Per
quanto ridicola ed inverisimile sembrar possa l'usanza seguente,
è però un fatto positivo- cioè che in questa circostanza ogni sposo
se ne sta oltre un mese sdrajato nel suo letto, ove si duole e so-
spira , quasiché fossero toccate a lui le doglie del parto 5 e du-
rante tutto questo tempo sua moglie deve prendersene le maggiori
cure, ed allestirgli le migliori vivande. Ciò chiamasi dagli In-
diani godere di se stessi , e ristorarsi delle proprie fatiche. Molti
di questi popoli hanno in conto di una singoiar bellezza una fronte
schiacciata, e subito dopo la nascita di un bambino gliela com-
primono, siccome abbiam già veduto praticarsi da alcuni selvaggi
dell'America settentrionale.
Cerimonie funebri.
Allorché taluno di essi è agli astrerai di sua vita o per ma-
lattia o per vecchiaj.i , il peii ossia sacerdote, esorcizza il yawa-
hon o spirito malefico al punto della mezzanotte, agitando un
vaso pieno di ciottoli, di legumi, e di granellini di vetro, du-
rante la quale operazione improvvisa un lungo sermone. L'uffizio di
peii è presso questi popoli ereditario, e chi lo esercita, ottiene
le primizie d'ogni sorta d'alimenti e bevande, e conduce anche
una vita più comoda. Quando un Indiano è morto, viene lavato,
strofinato d'olio e posto in un sacco di cotone nuovo, in attitu-
dine di sedere coi gomiti sulle ginocchia , e col viso coperto da
ambe le mani} e presso di lui sono pure collocati tutti i suoi
attrezzi di guerra e di caccia. Durante siffatta cerimonia i suoi
parenti, amici e vicini assordano l'aria di lugubri grida, ma indi
a poco s'imbriacano con bevande spiritose, e seppelliscono così
il loro dolore per non rinnovarlo più se non l'anno susseguente.
In capo all'anno si dissotterra il cadavere } e distribuiscono le ossa
fra i congiunti e gli amici, osservando i riti medesimi della prima
volta. Alcune tribù osservano talvolta un altro uso. Dopo di aver
collocato il corpo de' loro parenti ed amici estinti nell'altitudine
or ora descritta lo calano nell'acqua e ve lo lasciano per parec-
chi giorni. I pesci ne dimorano le carni, ed allorché non ne ri-
mane più, ritirasi lo scheletro che si fa seccare al sole, e che
dappoi sospendevi al tetto delle capanne. Questa è la prova ma"-
1 2,8 COSTUME
gioie di stima e di tenerezza che presso tali popolazioni tributar
si possa ai moiti
Caraibi.
Fra tutte le nazioni Indiane i Caraibi distinguersi per nu-
mero, attivila e valore. Essi abitano per la maggior parte verso
gli stabilimenti spagnuoli , cui inquietano spesso per ispirilo di
vendetta delle crudeltà commesse da questi Europei sui popoli del
Messico e del Perù, che i Caraibi riguardano come loro antenati.
Hanno eglino un duce che li guida, e radunansi al suono di una
conchiglia di mare, e sogliono mangiare i loro prigionieri.
Accawaus.
Gli Accawaus sono poco numerosi , e più lontani de' primi
dalle spiagge del mare. Vivono in buona armonia cogli Euro-
pei , ma sono traditori , e sanno preparare un lento veleno , che
nascondono solo le loro ugne. Le loro capanne sono cinte da
pali, le cui punte sono parimente avvelenate.
IVorrows.
I Worrows, se non sono i più inumani, possono credersi al-
meno i più spregevoli di tutti quelli della Gujana. Sono eglino
stabiliti lungo l'Orenoco fino alla colonia del Surioam : il loro
colore è tetro e disaggradevole; sebbene robusti, sono pusillani-
mi: a tanto giugne la loro inerzia naturale e la loro miseria che
non si procacciano di che coprirsi, vivono per la maggior parte
del tempo di soli frutti selvatici, e bevono acqua sola.
Taiiras.
I Taiiras sono pure stabiliti lungo la costa del mare fra la
colonia del Surinam ed il fiume delle Amazoni. Il numero loro è
notabilissimo, e si fa ascendere in questo solo stabilimento a quasi
2.0U1. Codesti Indiani sono pacifici, ma indolentissimi , e non dif-
feriscono gran fatto.
Pinnacotaus.
I Pinnacotaus vivono ne' luoghi più interni del paese, e sono
nemici dichiarati degli Europei , coi quali ricusano di avere la
più picciola relazione} essi scannerebbero tutti i Cristiani della
Gujana, se ne avessero il modo.
Arrowukas.
Gli Arrowukas differiscono notabilmente dagli altri Indiani:
essi nou solo vivono in pace colla maggior parte delle altie na-
DEGLI ABITATORI DELLA GUJANA 1 2CJ
sioni Indiane, ma amano eziandio ed in un modo speciale gli
Europei, i quali dal canto loro non lasciano di stimarli. Entrano
però in guerra ove sieno provocati: le armi loro sono l'arco, le
frecce ed una clava cui appellano abowtu, ma non divorano ì
loro prigionieri. Stedman ebbe il piacere di esaminare le forme
di una giovane Arrowukas che usciva da un fiume nel quale erasì
tuffata per rinfrescarsi. » Osservai, egli dice, che la pelle di
questa fanciulla all'uscir dall'acqua non essendo più dipinta di
semi di Oriana mi parve molto più bella di quella di color di
rame delle Indiane delle altre nazioni. Le sue membra non erano
sformate da anelli angusti o da fasce di cotone. Le sue chiome
non cadevano sparse , ma erano intrecciate e fermate alila som-
mità del capo per mezzo di una lunga piastra d'argento. Il suo
unico vestito che conservò nel bagno era un picciolo grembiule.
Ella era adunque perfettamente nuda rispello al rimanente del
corpo. Il suo volto era seducente oltre ogni credere : il suo corpo
snello, la sua forza, la sua gioventù, la sua vivacità, tutti gli indizj
felici della sanità mi convinsero di questa verità, che allorquando il
fisico di una persona scopresi interamente ai nostri sguardi ( il che
senza dubbio prescritto era dalla natura) si bada poco alla bel-
lezza del viso. La di lei fisonomia annunziava quell'amabile sem-
plicità, quella schietta innocenza, la quale esclude un oltraggio
solo al pudore , e la quale non può essere il dono di chi sentest
conscio del fallo più lieve. Una carnagione color d'ulivo non è
incompatibile coli' avvenenza. Vedi la Tavola 60. Questa leggia-
drissima giovinetta sembrava altresì pieuaiueule felice. Incontrasi
più spesso la felicità nello stato di pura natura, che in quello
del più raffinato incivilimento. Egli è certo che un'Europea ar-
rossirebbe dalla testa ai piedi, all'idea sola di presentarsi nuda $
ma tutto deriva dall'educazione e dai pregiudizi, poiché egli è
una assioma inconcusso, che ove non si abbia lo stimolo di ri-
morsi interni , non si può certamente aver l' idea della vergogna.
Teneva ella nelle mani un pappagallo vivo, che aveva fatto ca-
dere da un albero con uno strale a punta rotonda, e die io mi
feci cedere dandole un coltello a doppia lamina. Gli Arrowukas
sono sì abili in questo genere di caccia , clie non di rado colpi-
scono essi un roacaw in tutta la forza del suo volo ».
Cosi, Voi. IV deW America. 9
1 3o COSTUME
Altre tribù.
I Galibi sono la tribù principale e più numerosa della Gujana
Francese: coloro che dimorano presso Cajenna sono affastellati
nelle loro capanne alla foggia degli animali : ce ne ha dove con-
tami talvolta fin venti o trenta famiglie. I Galibi hanno un idio-
ma dolce, grato , copioso di vocaboli e sinonimi, e regolare nella
sua sintassi, Si distinguono in oltre per una serie di altre felici
combinazioni. Hanno eglino una specie di governo patriarcale, e
sono scrupolosi osservatori delle consuetudini de'Ioro antenati. Sono
molto ospitali e rispettosi verso i Missionari Europei, Non posse-
dendo questi popoli proprietà, non possono avere conlese fra lo-
ro, e quindi nessun bisogno di leggi. La pace o la guerra, un' al-
leanza, un cangiamento di stagione} ecco a un di presso tutte
]e deliberazioni del loro consiglio, che il loro capo dirige ed ese-
guisce. 1 Riricotso ed i Parabuyani, sull'alto Marony sono tribù
possenti pur esse. Distinguonsi anche i Palicuri e dieci o dodici
altre tribù che abitavano le terre inondate ed i ricchi pascoli
fra TOyapok e l' Aruary; ma siamo assicurati che i Portoghesi,
a' quali fu ceduto quel territorio col trattato di Vienna, ne con-
dussero via tutti gli abitatori onde far si che un deserto as-
soluto copra la frontiera settentrionale del loro impero nel Bra-
sile (i).
Ma è tempo di passare alla descrizione particolare delle colo-
nie Europee.
Colonie Europee^ Gujana Olandese ora Inglese. Essequibo.
Le colonie un tempo Olandesi di Essequibo, Demerary e Ber-
bice, formano oggidì la Gujana Inglese, popolata da 9,000 Bian-
chi e da 8om. Negri. Lo stabilimento d' Essequibo assume questo
nome da un fiume distante 20 leghe dal Berbice. Gli Olandesi,
i quali ad imitazione di altri Europei sul declinare del secolo
XVI portavano le loro devastazioni nella Gujana, accecati dalla
speranza di trovar oro, furono i primi a stabilirvisi. Non è ben
certa l'epoca di questa prima occupazione, come è certo all' op-
posto, che ne furono cacciati nel i5g5 dagli Spagnuoli. Nel 1666
gli Olandesi ricuperarono Essequibo per esserne poi cacciati dagli
(1) Chi desidera altre notizie sugli indigeni della Gujana può consul-
tare il suppUinento citato dall' erudito traduttore di Stedman.
DEGLI ABITATORI DELLA GUJANi l3l
Inglesi, c questi dal canto loro non avendolo potuto conservare
un anno intero, lo stabilimento ritornò in potere dei primi oc-
cupanti. Ma la colonia ch'era sempre stata di p^ca importanza ,
divenne un nulla dopo la sua rioccupazione. Nel 1740 tutte le
sue produzioni non giungevano a formare il carico di un solo
bastimento.
Il borgo e porto d' Essequibo, benché vantaggiosamente si-
tualo sul confluente di due ampj fiumi , Curna ed Efisequibo ,
non è mai stato giudicato importante. I pochi abitatori soggior-
nano per la maggior parte nelle loro piantagioni poste lungo i
detti fiumi. Essendovisi tagliati i boschi liavvi più libera circola-
zione d'aria, ed il clima è quindi più temperato e più salubre
di quello del Surinam. Si credette già tempo fa che si fossero
rinvenute alcune miniere verso le sorgenti d' Essequibo, e d'or-
dinario le carte geografiche più reputate segnano spezialmente una
cava di cristallo , ma i tentativi del Baiavo indefesso per isco-
prira codesti tesori rimasero infruttuosi. I deboli stabilimenti di
Middelborgo e di Zelaudia situati sul Pumarone dipendono da
Essequibo.
Bancroft nella sua storia naturale della Gujana e Robertson
hanno osservato che gli Olandesi sulle sponde dell'Essequibo hanno
ottenuto trenta ricolte di zucchero , una dopo l'altro , mentre
nelle isole delle Indie Occidentali non se ne aspettano mai più
di due.
Demerary.
Alcuni coloni d' Essequibo gettando gli occhi sul vicino fiume
Demerary, e ravvisandone le sponde assai fertili , vi fondarono
uno stabilimento: e questa scoperta ebbe i più favorevoli risul-
tamene. Demerary è la più florida di quelle colonie. Stabroek
che ne è la capitale , conta circa diecimila abitatori, che con-
giungono oggidì il lusso Inglese alle maniere Olandesi (1). Le
grandi ricchezze dei coloni vi fecero salire tutte le derrate estra-
uie a prezzi esorbitanti: non ha guari una libbra di tè costava
una ghinea. Fin dal 1769 si contavano i3o abitazioni, e prospe-
rava singolarmente la coltivazione dello zucchero, del cafre e del
cotone. Né ad Essequibo né a Demerary ossei vansi que' banchi
(i) H. Bolingbrok, a voyagé lo Demerary.
i3a COSTUME
di conchiglie , i quali sono pure sì frequenti su lulta la costa
della Gujana. Siffatti depositi marini cominciano solo a Berbice.
Il terreno di Essequibo e di Demerary è una belletta talora az-
zurrognola e talora grigia che spesso non è più consistente del
fango.
Berhice.
La colonia di Berbice, circoscritta a levante dal fiume Coren-
tino ed a ponente dal territorio di Demerary , comprende dieci
leghe di costa marittima. Prende essa il suo nome da un fiume
che è navigabile per 36 leghe dal mare*, il qual punto è altresì
il termine delle più lontane piantagioni. Un' epoca di floridezza
di Berbice fu Tanno 17.^6; ma i Bianchi furono assaliti da un
epidemia che durò sette anni. Lo stato di debolezza , a cui fu
ridotta la colonia da questo infortunio , incoraggiò i Negri a ri-
bellarsi nel 1763. Fu essa soccorsa, ma tardi ed insufficientemente.
1 coloni poterono ritornare alle loro piantagioni, ed anche repri-
mere i Negri, ma unicamente per regnare sopra rovine e cada-
veri. La colonia nel 1774 contava appena 104 piantagioni , per
la maggior parte di poca importanza, e sparse a grandi distanze
lungo le rive del Berbice e del Ganjé, che confluisce nel primo,
alla distanza di tre leghe dal mare. Si contavano settemila schiavi
d'ogni età e sesso*, a5o Bianchi, oltre il presidio. Il ricolto an-
nuo e generale di caffè , zucchero e cotone formava il carico di
4 in 5 navi della metropoli, e poteva essere venduto un milione
od anche un milione e dugentomila franchi. Nella colonia di
Berbice il luogo principale è la Nuova-Amsterdam sul fiume Ber-
bice, il quale non ha cascate, come generalmente hanno tutti gli
altri fiumi della Gujana. Le terre basse stendonsi colà senza in-
terruzione due, tre e quattro leghe nell' interno. Ivi si coltiva più
il caccao ed il caffè , che lo zucchero. Il forte Nassau protegge
la colonia dalla parte del mare. Un'anagrafe autentica, compilata
nel i8i5, presentava intorno alla popolazione di Demerary e di
Berbice i seguenti risultamene: Bianchi 3,4ax *, gente di colore
3.220:, schiavi 96,349.
Gujana Olandese. Surinam. Limiti.
La superba colonia di Surinam rimane agli Olandesi, ed è forse
il capo lavoro di questo genere d' industria umana. Nessuna delle
Anlille presenta una coltivazione sì estesa e lucrosa. Gli Olandesi
DEGLI ABITATORI DELLA GUJAJU l3.'>
assegnano alle loro amene e floride colonie di Sur/inani tulio il
territorio all'ouest dal fiume kuruk, distante circa 4° miglia dal
fiume Gorentino, all'est del fiume Sinamari: ma tali limiti sono
loro contesi dai Francesi, i quali li ristringono alle rive del Ma-
ioni, su cui hanno un posto militare.
Fiumi,
I fiumi principali di questo stabilimento sono: quello di Su-
rinam, donde assume il nome la colonia:, il Corenlino, il Cope-
nama, il Sararaeca ed il Maroni. Il primo soltanto è navigabile}
gli altri , non escluso il Maroni , benché assai lunghi ed ampj ,
sono sì bassi e sì sparsi di scogli e d' isolette , che divengon di
poca importanza per gli Europei : anche le loro sponde sono ap-
pena abitate da pochi indigeni.
Fortezze per la difesa dei detti fiumi.
AlP est delle foci del Surinam havvi un picciolo promontorio
chiamato Punta-Braam, il quale forse originariamente portava il
nome di Punta-Pram ossia Parham da quello di Lord Francesco
Villagh by di Parham, a cui fu concesso questo stabilimento da
Carlo II nel 1662. Si suppone, che ivi abbia preso terra il sud-
detto Lord per la prima volta, dieci anni addietro. Questa parte
non è fortificata, ma superiormente, alla distanza di circa 8 mi-
glia su amendue le sponde havvi due ridotti *, uno chiamato Leida
e l'altro Pormerent. Alquanto più in su incontrasi la nuova for-
tezza d'Amsterdam, fabbricata sopra una lingua di terra che di-
vide i due fiumi di Surinam e Comewiua. In vicinanza delia citlà
di Paramaribo, a 6 o 7 miglia dal forte Amsterdam , havvi un
altro forte che porta il nome di forte Zelanda, e che protegge la
città e tutti i vascelli di rada. A 16 miglia circa dal primo, sul
Comewina si trova un altro forte, chiamato Somalsdyk che do-
mina le due opposte sponde } ossia quella del Comewina e del
Cottica. Inoltre sonvi diversi posti militari sul Corenlino, sul
Saramcca e sul Maroni. Dopo questi s'incontra un forte corpo di
guardia allo sbocco del Motta-Cricca , alla distanza di circa 5o
miglia dal fiume Surinam. Ivi si è eretto un faro per avvisare
le navi che vogliono entrare nel fiume, che hanno passato le foci
del pericoloso Maroni. Lungo le rive superiori del Surinam, del
Comewina e del Cottica si sono stabilite alcune guardie avanzate
per proteggere gli abitatori contra le invasioni degli Indiani o dei
1 34 COSTUME
Negri fuggitivi dall' intorno. II sistema principale di difesa consi-
ste in tutte le rammentate fortificazioni. Chi desiderasse di avere
esatte notizie sulle rivoluzioni più importanti di questa poleote
colonia legga il villaggio del capitano Stedman.
Città di Paramaribo.
La principale o per meglio dire la sola città del Surinam è
Paramaribo, della quale il suddetto viaggiatore ci diede un'inte-
ressante descrizione. Questa amenissima città è situata in riva al
maestoso fiume di Surinam alla distanza di circa 18 miglia dalle
sue foci. Vedi la Tavola 61. E fabbricata sopra una specie di
frantumi di roccia, a livello coi contorni , e forma un quadrato
lungo un miglio e mezzo e largo meno di mezzo miglio. Tutte
le contrade sino dritte e ornate d'aranci , di palme , di tama-
rindi e cedri sempre fioriti. Il selciato è di ciottoli, che non sono
inferiori a quelli de'più eleganti giardini Europei, ed ai quali si
dà ancora un maggior risalto, frarnischiandovi conchiglie marine.
Le case, che per la massima parte hanno due , e talvolta anche
quattro piani, sono costrutte di un bellissimo legno. Quasi tulli
i fondamenti sono di mattoni , ed i tetti sono coperti , in luogo
di tegole o di lavagne, di alcune picciole tavole spaccale. Sono
rare le finestre con invetriate} poiché il vetro vi cagiona un so-
verchio calore, e vi si sostituiscono delle graticce. Non ci ha un
cammino solo in tutta la colonia , e non si fa fuoco se non se
nella cucina, la quale è sempre lontana dal corpo principale della
casa } si accende in terra, ed il fumo esce da un pertugio prati-
cato nel mezzo del tetto. In tutta la città non trovasi una sor-
gente d' acqua : ogni casa ha un pozzo scavato nella roccia , il
quale somministra un'acqua salsa, e che serve soltanto pei Negri
e pel bestiame. Gli Europei hanno alcuni serbatoj ed alcune ci-
sterne, nelle quali conservano l'acqua piovana per loro uso. Tutti
gli abitatori dormono in letti pensili, tranne i Negri, che per la
maggior parte dormono sul suolo. I letti de' signori sono di tela
di cotone, gtrerniti di frangie ricchissime fatte dagli Indiani, che
le vendono a caro prezzo. Sono inutili le coltri , e bastano alcune
cortine onde preservarsi dalle zanzare. Taluni hanno de' letti cir-
condati da tende di velo, che guarentiscono dal più picciolo in-
setto senza impedire la circolazione dell' aria. In generale le case
di Paramaribo sono elegantemente fregiate di dipinture, di spec-
s
DEGLI ABITATORI DELLA GUJANA l3f)
chi, di dorature, di lumiere e vasi di .porcellana. Le pareti delle
stanze non sono mai intonacate di stucco, né tappezzate di carta
ma commesse bensì di magnifiche e preziose intarsiature. Il prin-
cipale palazzo è quello del Governatore, il quale mediante un
accesso Lei giardino comunica col forte Zelandia. Codesto palazzo
e quello del comandante del forte non ha guari consunti dalle
fiamme , erano i soli edifizj in mattoni che contasse la colonia.
Il palazzo di città è un edifizio elegante e nuovo con tetto di te-
gole. Ivi risiedono le varie corti di giustizia , e trovansi le car-
ceri per gli Europei. Nella chiesa dei Protestanti si uiHzia in
Olandese ed in Francese: i Luterani hanno essi pure la loro, e
gli Ebrei posseggono due sinagoghe , una Portoghese , 1' altra
Tedesca.
Forte Zelandia.
La città di Paramaribo ha una grandiosa rada, ove spesso ad
un tiro di pistola sono ancorate più di cento navi mercantili. Il
forte Zelandia non è separato dalla città se non se per un'estesa
spianata , ove le truppe vanno a quando a quando a fare la pa-
rata. Esso forma un regolare pentagono, ed ha una sola porta ,
situata dalla parte della città: due de' suoi bastioni dominano il
fiume. Questa fortezza è picciolissima , ma capace di valida di-
fesa , essendo costrutta di pietre, e cinta da un largo fosso ab-
bondante d'acqua.
Abitatore e loro costumanze.
Paramaribo è popolatissima } in pressoché tutte le vie s'incon-
tra una moltitudine di piantatori , di marina) , soldati , Ebrei ,
Indiani e Negri. Il fiume è sempre seminato di barche e battelli
che portano spesso bande di sonatori. I vascelli in rada ornati
delle loro fiamme abbelliscono il punto di vista, e ad animarlo
vieppiù contribuiscono diversi gruppi di giovinetti e di fanciulli
che folleggiano nell'acqua. Il numero degli Europei ossia de'Bian-
chi giugne secondo Stedman in tutta la colonia a cinquemila ,
esclusa la guarnigione: essi dimorano principalmente nella capi-
tale } ma i Negri schiavi sono a un dipresso ^5m. Il quadro
della popolazione di Surinara pubblicato per ordine del governo
nel i8i5 monta a 2029 Bianchi , 30^5 Mulatti e Negri liberi ,
51,9,37 schiavi. Due volte al giorno alle sei ore il vascello co-
mandante fa una scarica della sua artiglieria nel porlo. Al se-
/
l36 COSTUME
gnale della sera, le campine suonano 5 i tamburi ed i pifferi scor-
rono la città. Nessuno schiavo dell'uno e l'altro sesso può allora
comparire nelle vie, o sul porto senza la permissione del suo pa-
drone. Il trasgressore è arrestato ed immancabilmente frustalo
alla manina vegnente. Nulla havvi che più annunci il lusso dei co-
loni del Surinam , quanto il numero degli schiavi che manten-
gono al loro servizio, e che in parecchie famiglie è maggiore di
20 e di 3o. Di rado incontra usi domestici Bianchi nella colonia.
Gli abiti ed i cocchj de' principali abitatori sono veramente son-
tuosi: ogni giorno evvi sfoggio divelluti di Genova, di trine di
oro e d'argento, di diamanti, e fino i padroni delle navi mer-
cantili portano fibbie e bottoni d'oro massiccio. La mensa non è
meno ricercala: vi si appiestano le vivande più squisite in vasel-
lame d'argento e in porcellana la più moderna e di un lavoro
finissimo. Le signore nelle loro conversazioni fanno servire di ge-
lali e di sangary , che è un miscuglio d' acqua, di vino di Ma-
dera, di noce inoscada e di zucche: esse vi tengono discorsi i
meno equivoci tanto sul conto dei loro mariti , quanto di loro
stesse: spesso hanno seco le loro giovani schiave, e le propon-
gono agli uomini a condizioni venali e per lo spazio di una set-
timana. Ogni paese ha le sue consuetudini , e dappertutto havvi
luogo ad eccezione. Si sono conosciute non poche signore al Su-
1 inani, le quali coi loro modi avrebbero formato la delizia delle
società più amabili d'Europa. Gli abitatori di Paramaribo, oltre
i piaceri della tavola, delle passeggiate in cocchio, della danza,
del giuoco, hanno un teatrino sul quale rappresentano commedie
per loro trattenimento e dei loro amici. Tale è la capitale, e tali
sono gli abitatori, il cui carattere si è quello di tutti gli Olan-
desi degli stabilimenti delle Indie Occidentali.
Piantatori di Surinam.
Avendoci Stedman rappresentate qua e là per entro la rela-
zione del suo viaggio le costumanze de' piantatori , e degli schiavi
dei Surinam, noi non ometteremo di darne brevemente un'idea.
Un piantatore, egli dice, allorché vive nel suo stabilimento (caso
raro, preferendo egli d'ordinario il soggiorno di Paramaribo) le-
vasi alle sei del mattino. Recasi indi al portico si luato in faccia
alla sua casa , ove trova il suo caffè e la stia pipa. Una mezza
dozzina di schiavi sì maschi che femmine, lo attendono ivi per
DEGLI ABITATORI DELLA GUJAISA 1 3j
servirlo. Il suo soprantendente gli si accosta , dopo di avergli fatto
in distanza molti rispettosi inchini, gli rende conto sommessa-
mente del lavoro del dì precedente , del numero dei Negri che
sono fuggiti, degli ammalati, de' morti , dei convalescenti, di co-
loro che si sono comperati, dei neonati, ma soprattutto del nome
degli schiavi che hanno trascurato il loro dovere, che hanno si-
mulata un'indisposizione, che si sono imbriacati, e che si sono
allontanati.
Crudeltà de"1 medesimi verso i loro schiavi.
Per lo più i prigionieri accusali sono presenti a questa rela-
zione che si fa sotto la custodia dei carnefici Negri, i quali al
menomo cenno li legano o ai pilastri del portico od a qualche
albero, senzachè spesso il padrone degnisi di ascoltare le loro
discolpe. Appena legati, i colpi di frusta piovono sovra di essi,
indistintamente sieno uomini , donne, ragazzi. Vedi la Tavola 62.
Questi stromenti di servizio sono lunghe funi di canapa le quali
ad ogui battitura strazian le carni: nell'atto della flagellazione
gli sventurati ripetono: » danky massera, grazia, signore » e
il piantatore passeggia innanzi e indietro col suo ispettore senza
badar punto alle loro grida. Dopo ch'essi sono stali crudel-
mente battuti, vengono sciolti, e si ordina loro di riprender to-
sto i loro lavori.
Loro foggia di vestire ec.
Passata l'ora delle correzioni il piantatore fa il suo passeggio
in abito di mattina, che consiste in pantaloni di tela d' Olanda
la più fina, in calze di seta bianche ed in pianelle di marroc-
chino giallo e rosso 5 tiene il collo della camicia aperto, e le so-
vrappone una veste svolazzante di bella tela delle I ndie. Il suo
capo è coperto di un berretto di cotone di rara finezza e di un
enorme cappello di castoro che difende dai raggi del scie il suo
tetro volto. Vedi la suddetta Tavola, nella quale il piantatore è
rappresentato nel momento, in cui colla sua pipa in bocca riceve
dalle mani di una schiava Quarterona un bicchiere di vino di Ma-
dera che beve per rifocillarsi nel suo passeggio. Dopo di aver vagato
lentamente intorno alla casa, o di esser montato a cavallo per
visitare i suoi campi ritorna a casa per vestirsi se ha intenzione
di fare qualche visita 5 diversamente resta vestito come si trovi».
Nel primo caso sostituisce ai pantaloni un pajo di calzoni di tela
l38 COSTUME
sottile o di seta } indi s'asside e porge le gambe ad un giovane
Negro che lo calza, mentre un secondo lo pettina e lo sbarba,
ed un terzo si occupa a cacciare da lui le zanzare. Terminata
questa toletta , si mette egli un'altra camicia, una giubba ed
un vestito sempre di tela bianca. Allora sotto un largo ombrello
portato da un giovane Negro è condotto alla sua barca, cui il
suo ispettore ha avuto cura di provvedere di frutta , vino , acqua
e tabacco. Se il piantatore non esce della sua casa , fa colezione
a dieci ore. Va perciò a sedersi ad una tavola situata in un'am-
pia sala, e coperta di presciutti , di lingue fumicate, di polli,
piccioni, di piantaggini, di cassava dolce, di pane, burro, ca-
cio ec. Beve birra o vino di Madera , di Sciampagna o della Me-
scila. Il suo ispettore gli fa compagnia} ma situato ad una certa
distanza , ed entrambi sono serviti dagli schiavi più belli e più
ben conformati di corpo. Dopo ciò prende un libro} giuoca agli
scacchi od al bigliardo, o sona fino a che sia costretto dal ca-
lore della giornata a rimettersi nel suo letto pensile per passarvi
il meriggio : durante il sonno due Negri gli fan vento e lo rin-
frescano. Si risveglia sulle tre pomeridiane} il desinare è servito
nella guisa stessa e dagli stessi schiavi della colezione , e il pranzo
termina con una copiosa lazza di fortissimo caffè e con alcuni
bicchieri di liquore. Alle sei ricompare l'ispettore col corteggio
dei manigoldi e dei delinquenti, ricominciano i castighi , e dopo
che il padrone ha dato i suoi ordini pei lavori del dì vegnente,
congeda la radunanza, e passa la serata bevendo punch, san-
gary , giuocando alle carte o pipando. Quando comincia a sen-
tire i forieri del sonno si fa spogliare dai suoi schiavi} indi si
corica gettando il fazzoletto bianco a questa o a quella delle sue
favorite. Egli è in una parola un picciolo despota, ma altero e
spregevole quanto altri mai. Qui però giova ricordare che in tutto
e dappertutto ci sono le sue eccezioni. Si conoscono nel Surinam
piantatori veramente rispettabili per loro probità: anzi non omet-
teremo di dire che in nessun paese del mondo come in questo
l'ospitalità è esercitata più nobilmente e gentilmente. Uno stra-
niero si trova dappertutto come in casa propria: in ogni pianta-
gione egli è fornito di tavola ed alloggio, ed in un modo il più
grazioso: vantaggio tanto più importante, in quanto che non si
sa che cosa sia un albergo nelle vicinanze di tutti i tlumi della
colonia del Surinam.
DEGLI ABIfATORl DELLA GUJANA l3o,
Schiavi.
Nella colonia molti padroni obbligano i loro schiavi ad al>
bracciare qualche mestiere, esigendone una determinata retribu-
zione ogni settimana. Se sono attivi, in breve lucrano assai per
proprio conto, e alcuni anche si arricchiscono. Ma se all'opposto
sono eglino infingardi, e se non adempiono i loro impieghi , sono
certi di essere severamente puniti. Si conoscono al Surinam alcuni
schiavi, i quali giovandosi del detto uso ne compravano altri per
proprio conto. Parecchi di loro si riscattano dai loro padroni j al-
tri preferiscono di conservare il loro danaro allorché i padroni
sono umani e giusti : imperciocché lo stato di servitù gli esenta
dalle gravezze pubbliche, laddove emancipati vi souo soggetti.
Bisogna però convenire che siffatti esempj sono rari , perciocché
se alcuni schiavi sono ben trattati in Paramaribo, ciò non toglie
che la massima parte non vi meni una vita meschinissirna, e co-
loro specialmente che dipendono da doone, più gelose di fare una
vana pompa di opulenza che di umanità.
Quarte roni , Mulatti ec.
La classe più considerata degli schiavi è quella dei Quarte-
roni, per la loro affinità cogli Europei. E nolo ch'eglino sono
generali da un Bianco e da una Mulatta. In codesta colonia il
loro numero è considerabilissimo. D'ordinario i ragazzi di que-
sto colore sono istruiti nelle professioni di ebanista, orefice, gio-
ielliere. Le ragazze sono destinate all'ufficio di cameriere. Inse-
gnasi loro a cucire, a far calze, a ricamare, nelle quali cose rie-
scono esse alla perfezione. Generalmente sono assai leggiadre e si
vestono con decenza ed eleganza. La maggior parte di una sta-
tura alta, svelta e regolare, sono più disinvolte delle Mulatte, e
non si mostrano mai ignude al di sopra della cintura come que-
ste ultime. Vedi la Tavola suddetta.
Loro vestire.
Il loro vestilo usuale consiste in una gonnellina di raso con
falbalà di velo a fiori. Esse portano un farsetto corto e stretto
di tela delle Indie o di seta , annodato davanti che lascia vedere
alla pirte superiore della sottana una camicia di finissimo mus-
solo. Di scarpe e di calze gli schiavi non fanno uso al Surinam.
La testa di queste giovani è ornata di belle chiome nere che fi-
niscono in piccioli ricci naturali. Allorché escono di casa si co-
l4<3 COSTUME
prono con un cappello di feltro nero o bianco, con bottone e
nastro d' oro} hanno il collo, le braccia ed il malleolo ornati di
catene, monili ed altre galanterie. Gli Europei non veggono con
indifferenza queste avvenenti Quarterone^ il che umilia assai le
Creole. Tuttavia se si venisse a sapere che un'Europea avesse
una pratica con uno schiavo qualunque, essa sarebbe detestala
da' Bianchi, e 1' amante sarebbe inesorabilmente condannato a
morte. A tanto giunge nella Gujana Olandese il dispotismo degli
uomini contra il bel sesso. La Mulatta da noi rappresentata nella
suddetta Tavola 62 , è la leggiadra giovane di nome Giovanna
tanfo da Stedman decantata nella relazione del suo viaggio. Que-
sta amabile persona, egli dice, non poteva avere più di quindici
anni. Di una statura piuttosto alta, le sue fattezze avevano tutta
l'eleganza e la perfezione possibile. I suoi grandi occhi neri e
pieni di espressione annunziavano la bontà del suo cuore. Mal-
grado del colore oscuro della sua carnagione, un amabile rossore
copriva le sue gote quando era osservata con qualche attenzione.
I suoi capelli di un bruno pressoché nero formavano un numero
infinito di ricci naturali, ornati di spille d'oro e di fiori. Essa por-
tava al collo, alle mani, al malleolo degli anelli pure d'oro con
ciondoli dello stesso metallo. Uno sciallo di mossolo delle Indie
negligentemente gettato sugli omeri copriva con garbo una parte
del suo bel seno 5 finalmente una sola gonnella di una finissima
tela e dipinta a colori vivacissimi compiva il suo abbigliamento.
Gol capo e co' piedi nudi, ella presentava anche maggiori vezzi
segnatamente quando portava in mano un cappello di feltro, or-
nato di un nastro d'argento.
Negri.
Noi parlando del costume degli Africani avendo già bastante-
mente osservate le fìsiche e morali facoltà dei Negri, ora non
altro faremo che considerarli nello stato di schiavitù.
Come trattati sotto di un padrone tiranno.
Giungono questi infelici dalla costa di Guinea nel Surinam
in uno stato di estenuazione e di miseria } ma in breve ricupe-
rano essi il loro buon aspetto, e sono affidati olle cure di un
vecchio schiavo, il quale gl'istruisce nella lingua della colonia.
Pervenuti a questo punto, sono eglino mandati a lavorare in cam-
pagna } al che si assoggettano di buon grado, benché si sieuo ve-
DEGLI ABITATORI DELLA GUJANA l4l
liuti alcuni, i quali vi si ricusarono non ostante le promesse, le
preghiere, le minacce e le battiture cui si ebbe ricorso per co-
stringerveli; ma trai tavasi di Principi o personaggi di un grado
distinto nel loro paese, i quali per le vicende della guerra ca-
duti erano nella schiavitù, ed i cui elevati sentimenti facevano
loro anteporre la morte all' abbjezione ed ai guai di detto stalo.
Dacché questi infelici cominciano a rallentarsi nel lavoro-,
fruste, nervi di bue, bambù, funi, ferri e catene ; tutto, siccome
abbiamo già io parte osservalo, è posto in opera per costringer-
veli. Havvi alcuni padroni che li tengono occupati giorno e notte,
non eccettuata pure la domenica. Ci racconta Stedraan che un
Negro giovane ed assai robusto, per nome Marchese , il quale
aveva moglie e figli , impiegava tanta attività nel suo lavoro, che
alle quattro pomeridiane aveva finito di scavare una fossa lunga
5oo piedi, e ciò per avere il tempo di coltivare il suo orticello,
o di andare alla pesca od alla caccia pel mantenimento della sua
adorata famiglia. Il suo padrone essendone informato, gli provò,
che se per le quattro ore poteva scavare 5oo piedi di terra, ne
avrebbe sicuramente terminali 600 prima del tramonto del sole.
D'allora in poi lo sventurato fu condannato ad eseguire ogni
giorno questa misura di lavoro.
AI Surinam gli schiavi vanno pressoché ignudi, ed il loro
cibo quotidiano consiste in pochi iguami ed alcune piantaggini.
Forse due volte all'anno ricevono essi una moderata porzione di
pesce salato ed alcune foglie di tabacco che chiamano sweety-
muffo: ecco tutto. Ma il tratto più crudele per essi si è che mal-
grado della tenerezza che un Negro e sua moglie possono pro-
fessarsi a vicenda, se quest'ultima è avvenente, deve soffrire gli
oltraggi di uno scostumato ed adultero ispettore, o ritrosa, ve-
dere il proprio marito trucidato. Tale indegnità gli ha frequente-
mente spinti ad atti i più violenti e disperati , ed ha cagionalo un
gran numero di omicidj.
Un concorso di tanti mali riuniti insieme rende familiare il
suicidio; e li determina a fuggire nelle foreste per associarsi ai
loro compatriotti ribelli, de' quali parleremo in seguito: ovvero se
non fuggono, cadono in una cupa melanconia, e divengono vit-
time di infermità, le quali sono la conseguenza de' mali tratta-
menti che soffrono. Dal complesso di tulle queste sciagure viene
1^2, COSTUME
che un gran numero di schiavi è ridotto all'incapacità di lavo-
rare} alcuni per la totale e repentina prostrazione delle loro for-
ze $ alcuni altri per una precoce vecchiaja} ma i! despota di una
piantagione trova ai loro guai un rimedio col farli morire senza
strepito , e nessun Negro può deporre in giudizio contro di esso.
Che se talvolta accadesse ad un Europeo di provare l'omicidio,
il reo sarebbe assolto con una multa di 3o lire sterline, o con
un risarcimento verso il proprietario, ove questi lo esigesse. Gol
favore di questa tariffa di sangue umano è in sua facoltà di
sacrificare ogni schiavo dipendente dalla sua ispezione, il quale
abbia avuto la sfortuna di eccitare la sua collera. A fronte di tale
conlegno come potremo noi maravigliarci , se eserciti di schiavi
ragunansi nelle foreste e cercano tutte le occasioni di soddisfare
la loro vendetta ?
Noi chiuderemo questo ingrato racconto con una considera-
zione generale, che dimostrerà fino a qu3l grado tante crudeltà
influiscano sulla popolazione. Abbiamo già notato sopra che si
contano al Surinam circa ftm. Negri schiavi. Se si dibatte il
numero de' vecchi dei due sessi e dei bambini, rimarranno soli
5om. atti al lavoro. E calcolato da 6 a 12 il numero delle navi
che annualmente importano a5o in 3oo Negri per ciascuna. Si
può quindi ragguagliare la totale annua importazione a a5oo
schiavi che sono necessarj per compiere gli anzidetti 5o,ooo. Per
conseguenza il numero de' morti eccede ogni annuo di a5oo quello
delle nascite (non ostante che ciascun Negro abbia una moglie,
ed anche due, se ciò gli aggrada)', il che sulla totalità forma
precisamente il 5 per 100, e prova perciò, che un'intera gene-
razione è onninamente estinta nel periodo di venti anni. La ve-
rità però ci obbliga a dichiarare che le crudeltà che producono
un tale risultamento , non sono generali 5 poiché, siccome abbiam
già accennato, in alcune piantagioni gli schiavi sono trattati come
a uomini si addice. Sì fatta condotta sarebbe anche più generale,
se le leggi non concedessero sovra di essi un potere assoluto, di
cui è impossibile che non si abusi.
Negri sotto di un buon padrone.
Noi cominceremo dal presentarvi una famiglia di Negri in
quello stato di calma o di felicità ch'eglino godono sotto di un
buon padrone. Nella Tavola 63, veggonsi alcune persone della
. ■;.!;.
DEGLI ABITATOni DELLA GUJANA 1 /| 3
nazione o tribù di Loango ai segni delineati sul corpo dell'uo-
mo (i), che porta pure sul petto una cifra formata dalle iniziali
I, G, S, per mezzo della quale il padrone può provare che lo
schiavo gli appartiene. Questo Negro tiene sulla testa una rete
ed un paniere colmo di pesci , produzione della sua caccia. Sua
moglie reca frutta di varie specie, filando bambagia , e fumando
tranquillamente la sua pipa : ella porta un bambino dietro le spalle
ed un altro le corre d'appresso. In siffatta guisa sotto un padro-
ne umano il lavoro di un Negro è un salutare esercizio che fini-
sce sul tramontar del sole e che gli permette d'impiegare il su-
perfluo del suo tempo nel cacciare, pescare, coltivare il suo pic-
ciolo giardino, o nel tessere panieri e nasse pel mercato. Col
prezzo ch'ei ricava da questi oggetti compera qualche porco, al-
cune anitre ed altri volatili, che mantiene senza dispendio sopra
un suolo che produce spontaneamente di che alimentarli. In tale
situazione scevro di amarezze, non soggetto a tasse, suol risguar-
dare il suo padrone come il suo protettore. Il clima che abita è
analogo al suo, e lo dispensa dall'uso degli abiti: cosa che trova
più comoda e più salubre. Ei può fabbricarsi la sua abitazione
come gli aggrada ^ e la foresta gli somministra i materiali neces-
sarj. Il suo letto è un'amaca o stuoja denominata papaya. Si fab-
brica pure da se stesso le sue stoviglie, e le zucche che gli ten-
gon luogo di piatti, crescono uel suo orto. Egli non si condanna
mai a vivere con una donna che non ama , ed allorché due co-
njugi sono reciprocamente anuojati, si lasciano d'accordo. Oltre
gli alimenti ch'ei riceve ogni settimana dal suo padrone, la sua
compagna sa preparargli molte squisite vivande, quali sono il
hrajl manicaretto composto di piantaggini e d'ignami bolliti in-
(i) I Negri sono divisi in varie tribù che si distinguono dai varj se-
gni che gli individui singoli si fanno sul corpo. A cagion di esempio i
Negri del Coromantyn , che sono i più pregiati, hanno tre o quattro sfregi
sopra ciascuna guancia , siccome si può conoscere nell' effigie del Negro
armato coi calzoni e berretto rosso della Tavola 65. I Negri di Loango ,
che sono i meno stimati si distinguono col delinearsi sulle braccia , sui
fianchi e sulle coscie alcune figure quadrate , molto somiglianti ad un da-
do. Eglino si aguzzano i loro denti anteriori , il che imprime loro un non
so che di ferocia. I loro figliuoli sono circoncisi a un dipresso nella guisa
medesima degli Israeliti.
l44 COSTUME
sicme con carne salata, pesce fumicato e pepe di Cajenna ; ti tom-
torri) specie di puddinga fatto con farina di melica, polli, pesce,
pepe di Cajenna, e teneri baccelli di altea ec. La bevanda or-
dinaria del Negro si è acqua schietta, corretta alcune volte con
un poco di rhum. Se ammalasi, o se si ferisce, egli è assistilo
gratuitamente, ma ben di rado ricorre al chirurgo, avendo una
sufficiente cognizione delle erbe medicinali ; altronde si fa da se
medesimo delle scarnificazioni , che suppliscono al salasso. Ei si
conserva la testa monda, spargendo sovra i suoi capelli dell'ar-
gilla umida, che poscia si leva con acqua e sapone. Per mante-
nere i suoi denti bianchi come l'avorio, si serve di un pezzo di
legno d'arancio, avente le fibre assottigliate all'estremità, e non
havvi uomo o donna che non sia munita di questo picciolo arredo
il quale ha di più la proprietà di raddolcire 1' alito.
Loro divertimenti. Nuoto.
Il loro più favorito divertimento si è quello di nuotare; eser-
cizio che gli occupa due o tre volle al giorno, alla rinfusa ed in
gruppi di giovani e giovinette, come gli Indiani , ed ì due sessi
si fanno un pregio di distinguersi per coraggio , per forza e per
destrezza.
Danza.
Hanno una danza che appellano soesa , la quale consiste nel
saltare davanti al suo ballerino od alla sua ballerina , battendole
roani sui fianchi per andar con misura. Eglino hanno tale pas-
sione per codesto esercizio, che spesso viene eseguito da sette od
otto gruppi ad un tempo; e con tale impeto da cagionar talvolta
la morte; motivo pel quale esso venne proibito dalle autorità di
Fararaaribo. Alle altre danze che usano gli schiavi si presentano
essi nella massima attillatura; le donne colle loro più vaghe gon-
nelle di tela delle Indie e gli uomini con pantaloni di finissima
tela d'Olanda. E tale il piacer loro pel ballo, che talvolta si
odono i loto tamburi dal sabato sera fino alle sei ore del lunedì
mattina, avendo eglino passale 36 ore a ballare, cantare, gridare
e batter le palme. I Negri danzano sempre due a due, gli uomini
fanno le figure e segnano i passi; le donne girano tenendo la
loro gonnella spiegata a foggia di ombrello. Essi appellano code-
sta danza waey-cotto. I giovani che si riposano versano da bere;
le ragazze incoraggiano i ballerini , ed asciugano la fronte ai loro
indefessi sonatori.
DEGLI ABITATORI DELLA GUJAXA 1 4^
(Vni sera di sabato gli schiavi che sono bea trattati cliiu-
dono la settimana con una ricreazione di questo genere, e d' or-
dinario ogni tre mesi si dà loro una gran festa, alla quale sono
invitati anche i loro colleghi del vicinato. Spesso il padrone ab-
bellisce la festa colla sua presenza, o per lo meno invia del rhuru
ai ballerini.
Loro st vomenti di musica.
I loro stromenli musicali , ingegnosissimi e fabbricati da loro
medesimi, si riducono a 18 principalmente. Vedi la Tavola 64,
1 , il (jiia-qua, asse di un legno duro e sonoro, che si percuote
a guisa di un tamburo con due bacchette di ferro o due ossa:
2, il kiemba-toetoe , giunco concavo, nel quale i Negri soffiano
col naso, come praticano gli isolani di Tai'ti : 3, /' ansoko-baina,
una spezie di gran timpano: 4) il gran tamburo Creolo, fatto
col tronco di un albero scavato , e coperto di una pelle di mon-
tone: 5, il gran tamburo di Loango, coperto alle due estremità,
e che produce il medesimo effetto di un timballo: 6, il picciolo
tamburo, detto papa-drum: 7 , il picciolo tamburo di Loango:
8, il picciolo tamburo Creolo r 9, il coeroema, tazza ingegnosa-
mente lavorata, e coperta di pelle d' agnello che si batte alla
maniera stessa del qua-qua: io , il Loango-bonia : 11, un'ampia
zucca vota, che serve a gonfiare il Loango suddetto, le cui canne
sono alzate colle dita, a un di presso come i tasti di un piano-
forte, e questi suoni sono aggradevoli e delicati: 12», il saka-
saJca, ossia zucca forata con un bastone, e non dissimile dalla
conchiglia magica degli Indiani: 1 3, la conchiglia di mare, nella
quale i Negri soffiano tanto per diporto , quanto per dare l'allar-
me, ma che non serve mai d'accompagnamento per la danza:
i/j, il beuta , ramo teso a guisa di arco, che si tiene coi denti,
e che girato a destra ed a manca e percosso da un corto bastone,
produce un suono quasi somigliante a quello di una tromba: i5,
il creolo-bania , è una specie di chitarra: 16, la tromba guer-
riera, destinata a comandare l'avanzarsi, o il ritirarsi, e delta dai
Negri tu-tu: ij y il corno destinato a chiamare gli schiavi dalle
abitazioni al lavoro: 18, il Loango-tu-tu , flauto che i Negri so-
nano come gli Europei. Questi sono gli stromenti di musica dei
Negri, coi quali essi danzano con maggior brio che non si fa in
Europa colle migliori orchestre. Riflet'.ereino però che questa loro
Cost. Voi. IV dell" America io
1^6 COSTUME
musica è assai monotona , e che battono solamente un tempo ed
un mezzo tempo, e non mai tre.
Cerimonie funebri.
Quando un Negro ha cessato di vivere, i suoi parenti ed
amici lo portano in un boschetto d'aranci, ove gli danno sepol-
tura , non senza qualche spesa , poiché generalmente il collocano
essi in una bara di un bel legno , ben lavorata , e al tempo stesso
Y aria echeggia di funebri canti , di gemiti e dì grida. Colmata
la fossa e coperta di un verde tappeto d' erba , gli si pongono
accanto due ampj vasi , uno pieno d' acqua , V altro di varie
specie di carne bollita e di cassava; il che si fa non già perchè
da essisi creda che il trapassato possa averne bisogno, ma bensì
come un attestato di rispetto che si tributa alla sua memoria: tal-
volta eziandio si trasportano le poche suppellettili che può aver
lasciati, e si spezzano sulla sua tomba. Compiute queste cerimo-
nie, tutti gli astanti gli dicono addio 5 gli parlano come s'ei do-
vesse intenderli 5 lo assicurano del rammarico che provano nella
loro separazione, gli dicono per ultimo, ch'eglino sperano nel
rivederlo nel luogo beato, ov'ei gode ora della presenza de'suoi
antenati, de'suoi congiunti, de'suoi amici. Altre strida di dolore
chiudono questi funerali, e la comitiva se ne ritorna a casa. AU
l' indimani si ammazza un grosso majale, con anitre , pollami ec.
ed i parenti danno agli altri Negri una festa, la quale si protrae
iìno al giorno successivo. In segno di lutto uomini e donne si
radono il capo, e vi ravvolgono attorno un fazzoletto turchino cui
portano per un anno intero. Allo spirar del medesimo, eglino ri-
tornano al sepolcro, vi depongono le ultime offerte-, dicono un
nuovo addio al defunto 5 poscia danno in casa una nuova festa, che
termina con danze festive e con canti in lode del congiunto e
dell' amico che gli ha lasciati.
Negri ribelli e indipendenti.
I Negri che si sottrassero alla dipendenza fondarono parecchie
repubblichetle nelP interno, vanno nudi e vivono nell' abbondanza.
Fanno ottimo burro col grasso chiarificato dei bachi-palmisti, ed
estraggono ottimo olio dai pistacchi di terra. Col mezzo d'inge-
gnosi trabocchetti e profittando del flusso prendono selvaggina e
pesce che seccano fumicandolo onde conservarlo. Le loro campa-
gne sono coperte di riso, di manioco, d" iguarai, e ricavano 11
►is.
tei
1^
DEGLI ABITATORI DELLA GUJATVA 1^7
sale dalle ceneri della palma, come fanno gli Indù, e vi suppli-
scono bene spesso col pepe rosso. Han sempre vino di palma in
abbondanza, cui si procurano col mezzo di un'incisione di un
piede quadrato nel tronco, donde ricevono il sugo entro un vaso.
Il latano somministra loro tutti i materiali necessarj alla costru-
zione delle loro case. Del calebasso fan vasi e -coppe, e dei fila-
menti della mauricia fanno le loro brande. Crescono anche sulle
palme certe specie di berretti di un tessuto naturale, come il
sustillo del Perù. Le liane d' ogni specie servon loro di corde }
accendono il fuoco confricando insieme due pezzi di legno che
chiamano by-by , e siccome quel legno è pur anche elastico, ne
fanno ottimi turaccioli. Colla grascia e coli' olio di cui abbondano
possono far candele o accendere lampade : le api selvatiche dan
loro cera ed ottimo mele.
Noi vi offriamo nella Tavola 65 , uno di questi Negri ribelli,
contra i quali il capitano Stedman stava per azzuffarsi: questi ci
presentò uno di essi , che fa sentinella e che mostrasi spaventato
dal romore che ode.
Cacciatori Negri emancipati che inseguono i ribelli.
Alcuni volontarj di un corpo di cacciatori Negri emancipati
stanno in agguato per sorprenderlo. Questo Negro è armato di
un fucile e d' una scure. I suoi capelli , benché lanuti , sono in-
trecciati presso il capo. Era questo un segnale, per mezzo del
quale i ribelli distinguevansi dai suddetti cacciatori. La sua barba
è recisa in punta , come la portano tutti , quando non hanno il
comodo di radersi. Il suo vestito principale consiste in una fascia
di tela di cotone, negligentemente gettala dietro le spalle, 1a
quale lo guarentisce ad un tempo dalle intemperie dell' aria , e
gli serve per coricarsi sopra } ciò che ognuno di loro fa sempre
aL coperto e nei luoghi più cupi che può rinvenire, allorché è
disgiunto da' suoi compagni. Lo stesso Negro porta una camicia
legata attraverso il corpo a foggia di un fazzoletto. Il suo car-
niere è fatto di pelle : e gli pende dal collo un amuleto supersti-
zioso , nel quale ripone tutta la sua fiducia. I cacciatori che stanno
per inseguirlo appartengono ad un corpo di schiavi Negri eman-
cipati che, al tempo di Stedman, ascendeva a 3oo uomini, e
che fu più utile alla colonia di qualunque altro corpo. Questi
Negri erau lutti volonlarj , ed in generale giovani e robusti. Erano
l4& COSTUME
stali scelti da diverse piantagioni , ed i loro padroni ne avevano
ricevuto il prezzo in danaro. Non vi si ammise alcuno, che non
fosse di un carattere irreprensibile. Stedman fu testimonio oculare
delle prove sorprendenti di fedeltà di questi schiavi emancipali
relativamente agli Europei, e del loro valore contra i Negri ri-
belli. I loro capi principali sono tre o quattro Bianchi , chiamati
condottieri, ai quali eglino professano la più stretta obbedienza.
Codesti emancipati sono sempre accompagnati da uno o due di
tali Bianchi , allorché vanno a qualche impresa importante. Ogni
compagnia è composta di io volontarj soltanto} ha un capitano
che la comanda nella foresta con suoni variati di corno, come è
comandata in Europa la cavalleria col suono delle trombe. Con
questo mezzo i volontarj s'avanzano, attaccano e si ritirano. Le
loro armi sono la sciabola ed il fucile : se ne servono con pari
forza che destrezza, preferiscono di camminar nudi nei boschi,
a riserva di un pantalone e di un berretto scarlatto, emblema
della loro libertà, sul quale è i loro numero, e che unito al
loro grido d' unione Orange previene ogni equivoco nella mischia
e li distingue dai Negri ribelli. Negli ultimi anni si è dato loro
una divisa verde. Qui giova osservare, che i ribelli più volte impa-
dronironsi di questi segni distintivi, e che avendone fatto uso nel
tempo dell' azione non solamente salvarono eglino la propria vita,
ma poterono ancora immolare più facilmente i loro avversarj.
Hanno spesso impiegato un altro strattagemma. Essendo rare tra
loro le armi da fuoco, molti di essi mescolavansi nelle proprie
file , portando sulle spalle un pezzo di legno lavorato a guisa di
facile. Simile astuzia trattenne non di rado gli schiavi addetti
alle piantagioni dal difenderle, allorché i ribelli si sono presen-
tati per metterle a sacco, e talvolta ha incusso loro tanto timore
da lasciar tranquillamente appiccar il fuoco ai loro antichi stabi-
limenti, dopo di aver condotto via le loro famiglie.
Gujana Francese. Cajenna.
La colonia Francese è sempre rimasta in uno stato di languore.
Cajenna ne è il capo luogo. Questa città ben fortificata dalla
parte del mare , è quasi inaccessibile da quella terra , ove boschi
e paludi empiono 1' isola nella quale è situata (i). La città e
fortezza di Cajenna sono situate sulla punta settentrionale dell'i-
(i) R'ipport officiai nel Moniteur 1809, N.8 556.
DEGLI ABITATORI DEI-LA GUJANA l/|9
Sola , la quale ò formata all' ouest dal fiume dello stesso nome rj
all'est dal Mabury:, al sud da un braccio di fiume in cui Tanno
ad unirsi i due detti fiumi , e al nord dal mare. La città fa una
spezie d' esagono irregolare, circondato da mura con cinque ba-
stioni, da alcune mezze lune e da un fosso. In questo ricinto e
su di un' altura alla riva del mare è situata la fortezza chiamata
una volta Forte-Luigi di Cajenna , che domina la città ed il
porto. Le case per la maggior parte sono di legno j le altre di
terra e poscia imbiancate : ora tutte sono coperte d' assicelle : pel
passato lo erano di foglie di palma , ma gli incendj che spesso
accadevano hanno indotto gli abitatori a preferire l'altra maniera.
Non se ne annoverano più di dugento delle quali alcune hann,o
due piani. La popolazione di Cajenna è di circa tre mila anime}
quella di tutta la colonia senza gli indigeni è di i8m. abitatori,
dei quali due mila solamente sono Bianchi (i). I confini attuali
sono 1' Oyapok (2) a levante ed il Marony a ponente*, ma le abi-
tazioni Europee, nella parte occidentale, non si stendono che
fino in riva al Guron. Tra le produzioni quella del garofano ha
dato fin no milioni di libbre. L' Oriana e l'indaco riescono per-
fettamente. Il valore delle esportazioni si è per lo meno triplicato
dall'anno 1789, nel quale non oltrepassavano di molto il mezzo
milione (3). La natura non trattò Cajenna men favorevolmente di
(1) Secondo l'enumerazione fatta nel 1788 erano nella colonia 1,007
Bianchi, 394 Mulatti, o Negri emancipati, 10,748 Negri schiavi; in tutto
12 , 449 abitatori.
(2) Il fiume Oyapok è uno de' più considerabili di questo continente:
la sua foce è nel mezzo di una specie di baja larga quattro leghe, nella
quale si scaricano due altri fiumi il Cinipi a levante e l'Uanari a ponente.
L' Oyapok è largo due leghe alla sua foce : dopo di averlo rimontato
circa sei leghe trovasi un bel porto, ove nel 1726 si edificò un nuovo
forte ed un borgo. Molte nazioni Indiane si sono stabdite nelle vicinanze;
e nel 1735 si fondò in poca distanza dal fotte la missione di S. Paolo.
(3) Le esportazioni nel 1788 erano come segue:
Zucchero 20 Quintali prezzo 1000 franchi.
Caffè i5q, 2r,ooo
Ciccao 210 1 3,ooo
Cotone g25 i85,ooo
Indaco 5o 45-<'(>o
Diversi articoli. . o 274^000
Valore totale 5 39,000
V. Ge'ographie Universelle publièe par Mantelle etc. Tom. XV. pag 35o.
1 ÌJO COSTUME DEGLI ABITATORI DELLA GUJAiVA
Surinam , ma l'ignoranza sì comune fra gli uomini di stato Fran-
cesi, la presunzione compagna dell'ignoranza, la forza infine com-
binata dall'abitudine e dal raggiro, incatenaron sempre quegli
uomini illuminati ed intraprendenti che proposero i veri mezzi
onde far uscire quella colonia dalla sua troppo lunga infanzia. Un
bravo medico il signor Leblond che dimorò lnngamente a Cajen-
na, propose ultimamente d'incivilire le due tribù indigene de'Ru-
cujeni e de'Purpurui, le quali non chiedono che l'istruzione onde
potersi dare all' agricoltura. Oltre 1' indaco , il cotone , il caffè
che quegli indigeni coltiverebbero, potrebbero somministrare tutti
i viveri uecessarj ad una grande popolazione di Negri. Se all'e-
secuzione di questo progetto andasse unita qualche misura onde
stabilire a Cajenna gli esperti coloni della parte Francese di San-
Domingo, scacciati dai Negri indipendenti, e trasportare colà sotto
la vigilanza della pubblica autorità alcune migliaja d' Africani ,
vedrebbesi iu breve sorgere un nuovo Surinam, che, grazie allo
stabilimento indicato dal signor Leblond , non avrebbe a temere
la fuga de' Negri.
DESCRIZIONE DELL'ARCIPELAGO
DI COLOMBO
OSSIA
DELLE GRANDI E PICCOLE ANTILLE.
F,
ra i due continenti d' America, de' quali abbiamo compiuta la
descrizione, stendesi in forma di un arco una catena d'isole, cui
si diede il nome insignificante d' Antille (i), e quello inesatto
d' Indie Occidentali , che si estende ben anche a tutta l' Ameri-
ca (2), ma che la ragione e la riconoscenza chiamar devono Ar-
cipelago di Colombo , il quale traversando V Oceano Atlantico lo
scoprì dal i492 al x49^5 anno in cui penetrando fino alle coste
della Terra-Ferma ed alle foci dell' Orenoco , s'accorse di aver
scoperto altresì quel nuovo continente, chiamato ancora America
dai posteri ingrati. L' estremità meridionale di quell' Arcipelago
corrisponde al capo Paria nell'America meridionale } mentre la
sua estremità settentrionale si lega alla Florida per le isole Ba-
hama , e la punta occidentale di Cuba corrisponde in qualehe
modo alla parte più sporgente delPYucatan. Per tal modo le An-
tille attengonsi doppiamente al continente dell' America setten-*
trionale.
(1) Secondo la più comune opinione il nome di Antille fu dato a que-
ste isole dai primi navigatori per indicare ch'esse erano situate innanzi
al novo continente , ante-insulac Alcuni credono che questo sia il nome
dell1 isola immaginaria d' Antilia applicato alle scoperte di Colombo. Gli
Inglesi , i Francesi e gli Spagnuoli sogliono chiamarle isole del Vento o
di Barlovento o con più appropriata espressione di sopravvento, ed in
isole di sottovento. Ma siccome il senso di questa espressione di marina
dipende dalla posizione del vascello, e dalla via che si ha intenzione di
seguire, così pare cosa affatto assurda 1' impiegare in geografia una sì
vaga denominazione.
(2) Bryan Edwards nella sua storia delle Indie Occidentali ha indicato
V origine di questa abusiva espressione.
i5a COSTUME
Descrizioni generali delle 4 Mille.
Molte sono le descrizioni generali di queste isole, molte le
particolari alle grandi e picciole Antille, come sono generalmente
divise dai geografi: noi ne presentiamo al solito la lista (i) fa-
(i) Descrizioni generali e particolari delle Antille:
Henri May's Navigation to East-Indias, i5o,i and ^92 , in his return
wilh M. Lancaster by the isles of Trinidad , Mona , Hispaniola eie.
(Vedi il tom. III. della Collezione di Hakluit).
Chiist. Newport's Voyage to Dominica, Portorico, Hispaniola and to the
bay of Honduras, 1693 (ivi).
Robert Dudley's Veyage to the osle of Trinidad etc. (ivi).
Histoire naturelle et morale des Antilles etc. par Rochefort. Rotterdam ,
1660 , in 4.0 fig.° La stessa accresciuta ec. Ibid , i665, in 4-° fig*
Tradolta in Inglese. Londra, 16B6, io f.° In Olandese, 1662, in 4-°
Histoire generale des Antilles, habitées par les Francaise etc. par le P. Du-
Tértre. Paris, 1667-1671, 4 v°l' 'n 4-° "5-°
Histoire de la compagnie des iles d' Amérique par G. D. T. (Gonnelier du
Tronchili) eie. Troyes, 1709, in 12.
Voynges et aventures du Chevalier de*** , en 1728 et 1 634 contenants les
voyages de 1' auteur dans les ìles Antilles Francaise de 1' Amérique
seplent rionale, y compris les ìles Cara'ibes de Saint-Vincent, etc. Pa-
77's, 1749^ hi 12.
Geschichte und Handlnng der Enropaeischen Pflanzstade auf den Antilli-
schen Inselli. Stutgard, 1760, in 8.°
Histoire et commerce des Antilles Anglaises etc. 1758, in 12 T rad. in Te-
desco. Lcipsic, 17S6, in 8.°
Voyages d' un Scusse dans differente* colonies de l' Amérique, pendant la
dernière guerre, avec une table d'observations mineralogiques faites a
Saint-Dominigue. Neuschdtel , 1780, in 8.°
Geographische , Historische, Statistische Belustigungen (von den Ameri-
kanischen Inselli ( von Bonne. Leipsic , 1785, in 8.°
Versuch Beschreibung und Geschichte der Antillischen Inseln. (Inserito
nei piccoli vi iggi di Bernoulli, Tom. I, II, III e VIII).
Hislory civil and commercial of the West-ladies , by Bryan Edward*.
London, 1801, 5 voi. in 4-° Trad. in Francese per estratto sotto il se-
gueute titolo.
Histoire civile et commerciale des Indes Occidentales, depuis leur dècou-
ver^e par Cliristophe Colomb jusqu* à nos jours; suivi d'un tableau
hìslorique el poTitique de l'ile Saint-Dominigue etc. Paris, 1802, in
8.° La stessa, Ibid., 1804, 8.°
Histoire de Pisi e Espignuole on de Saint-Dominique, ècrite particulière-
nient sur Ics Wèmoires MSS. du P. J. B. Pers, et sur les pièces origi-
DEGLI AIUTATORI DEIXE ANTIELE 1 53
cencio nel tempo stesso speziai menzione di quelle che meritano
d'' essere distinte per la maggiore loro importanza.
Storia del P. Du-Tertre.
Fra le relazioni comuni a tutte le Antille la parte storica del-
l' opera del P. Du-Tertre viene stimata per la grande sua esat-
nales qui se conservent au dépùt de la marine, par le P. Charlevoix
etc. Paris, 1722, 2 voi. in 4-° fig«° ^a stessa. Amsterdam , 1 ^35 ,
4 voi. in ia.
Essai sur 1' Histoire naturelle de Saint-Dominigue (par le P. Nicolson )
Paris, 1776, in 8.°
Loix et constitutions des Colonies Francaises Sous-le-Vent etc. Paris,
1784-1785, 4 voi. in 4-°
Voyage a Saint-Dominigue, dans les années 1788-89-90, par le Baron du
AVimpffen. Paris, 17905 2 voi. in 8.° Trad. in Inglese. London,
1794, in 8.0
Description topographique et politiqne de la partie Espagnole de l'ile de
Saint-Dominigue, par M. Moreau de Saint-Méry , en Anglais et en
Francais. Philadelphie, 1797, 2 voi. in 4-°
— Description de la partie Francaise de 1' ile de Saint-Dominigue , en
Angliis et en Francais. Philadelphie, 1797, 2 voi. in 8.°
Historical Survey of the Frane Colony of Saint-Domingo, hy Bryan Ed-
wards. London, 1797, in 4-°
Histoire de l'ile de Saint-Dominigue, esl mite de 1' Histoire civile et com-
merciale des Anlilles, de M. Bryan Edwards, et continuée par J. B. J.
Bieton. Paris , i8o3, in 12.
Histoire des aventuriers Flibustiers par Alexandre Olivier Oexmelin, 1700,
venne trad. in Inglese dal capitano Thomson.
Storia dei Flibustieri del signor n'Archenhultz Traduz. di G. B. Margaroli
ec. Milano, 1820, in 12.
Description of the island of Jamaica. London, 1672, 2 voi. in 8.°
Diseourseupon ihe modem state of Jama'ica, by. Thom. Tropham. London,
1679, in 8.°
Jama'ica Wieved, with ali the ports and Settlements thereunto belenging,
etc. London, ijo5, in f.° Terza edizione.
Some modem observations upon Jamaica, and to its naturai liistory, im-
provement, in tonde, manuer of living. London, 1727, in 8.°
History of Jama'ica. London, iy5o, in 4° Trad. in Francese col titolo seguente.
Histoire de la Jamaique, traduite de 1' Anglais par M. *** Londres, iySi,
in 12 fig.o
P. Brown the civil and Naturai History of Jamaica. London, iy53, in f."
The History of Jamaica, or generale Survev of the ancient and modem
state of (hai island eie. London, 177^.- 2 voi. in 8;°
1 54 COSTUME
tezza, la quale pero condusse l'autore ad essere troppo prolisso.
Egli trattò i differenti rami di storia naturale con tanta sagacità
nelle sue ricerche, che tutto ciò che ne scrisse fa autorità : ma
non contento Du-Tertre di avere descritti gli animali ed i vege-
An Inquiry concerning the trade and policy of Jaina'ica. London, 1777, in 4°
Description pe l'ile de la Jama'ique, traduite de l'anglais par Pingeron.
Paris, 1782, in 12.
Picturesque Views of Jamaica, by Beckfort. London, 1790, in 8.° Trad. in
francese. Lausanne, 1793, 2 voi. in 12.
Histoire des Nègies marrons à la Jama'ique, par Dallas (in Inglese):
Londres, in 8.° Se ne trova la traduzione in Tedesco nel 22 voi. della
Biblioteca de' Viaggi Moderai di Sprengel e di Ehrmann.
Relation de l' établissement des Francais, depuis fan i655, en l'ile de
la Martinique, 1' une des Anlilles de 1' Auierique etc. par le P. Jacques
Bouton. Paris, 1640^ in 8.°
Relation de l' établissement d'une Colonie Francaise dans leGuadeloupe
etc. par Francois Dupuis. Caen, 16^2, in 8.°
Histoire generale des iles de Saint- Christophe, de la Guadeloupe, de la
Martinique etc. parie R. P. Jean-Baptiste. Du-Tertre Paris, i654> in 4-°
Relation de l'ile de Tabago ou de la Nouvelle-Ovalcre etc. par Rochefort.
Paris, 1666, in 18.
The History of the Caraby Islands , vie Barbades etc. to John Daviez.
London, 1666, in f.°
The present State of the island of Tabago. London, i683, in 4-°
History of Barbadoes, by Richard Ligon. London, 1695, in 8.°
Nouveau Voyage aux iles de l'Amérique, contenant l' histoire naturelle
de ces pays, l'origine, le moeurs, la religion (par le P. Labat )
etc. Paris , ijia , 6 voi. in 12 fig.° Lo stesso, La-Haye , 1724 >
1 voi. in 4-° e 6 voi. in 12 fig.° Lo stesso , Parigi , \7l\i , 8 voi.
in 12 fig.°
Relation of the late intended Settlement of the islands of Ste-Lucia and
St.-Vincent in America, in the year 1722. London. iji5, in 12.
The Naturai History of the island of Barbadoes , by Grifhth Hugues.
London, lySS; Ibid. , 1793, ia f.»
Beskrivelse over Eyland of Ste.-Croix i Amerika i West-Indien. Kiob,
1758, in 4°
Historisch Geographische Beschreibung der voti den Englandern eroberten
Franzusischen Antillischen Inseln , besonders Guadeloupe und Martini-
que. Stutgard, 1762, in 8.°
An Account of the expedition to the Wes-Indies, agaiust Martinico etc.
by capitain Gardiner. Birmingham, 1762, in 4-°
Voyage a la Martinique etc. par Chanvalon. Paris, 1765, in 4-°
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 1 55
labili, passò a delinearci un quadro fedele del picciolo numero
degli indigeni , degli Europei che si sono stabiliti in quell'isola e
che hanno preso il nome di Creoli , e degli Africani in fine che
vi furono successivamente trasportati , e che vi formarono una
nuova e numerosissima popolazione.
Short History of Barbados. London, 1768, in i.°
The present State of the island of Tabago. London , 1768, in 8.°
Descriptiou of the islande Nevis etc. by James Rymer. London, 1776, in 8.°
Etat des ìsles Danoises aux Indes Occidentales par Oxholm (in Danese).
Copenhague , 1772. in 8.° e trad. in Francese, Parigi, 1799, in 8.°
Geschichte der Mission der Evangelischen Briider auf den Caraibischen In-
seln etc. von G. G. A. Oldendorp. Barhy , 1777, 2 voi. in 8.°
Beschryvinge van het Eyland Curacao end de aronder jerende Eylande.
Amsterdam, 1781, in 8.°
Historical Account of the Viigin-Islands, by George Stuklins. London,
1782, in 8.°
Beskiifning om S. Barthelemi etc. fòrfattad af S. Dahlmen. Stockholm ,
1786, in 8.0
History of the island of Domi ni ga etc. by Atwood. London, 1791, in 8.°
Trad. in Tedesco, Gottingue, 1795, in 8.°
Efterretningerr om den a S. Thomas etc. ved G. Hoest. Copenhague,
1791, in 8.°
Beretning om det Danske eiland S. Croix etc. af H. West. Inserito nel
Giornale Iris, 1791.
Voyage a Saint-Barthelemi, fait aux frais de 1' Académie des sciences de
Stockholm, par Eupbrasen. Trad. dallo Svedese in Tedesco, 1798, in8.°
Bidrag til Beskrivelse over Ste-Croix etc. af H. West. Copenhague ,
1801, in 8.0
Voyage à la Martinique etc. par J. R, *** , General de brigade. Paris ,
1804, in 8.°
Travels in Trinitad etc. by F. M. Cullum. London, i8o5, in 8.°
Nachrichten aus den Bahamischen Insel, von Franz. Joh. Miirter (Inserito
nella collezione fisica degli Amici della Concordia a Vienna , secondo
anno primo trimestre).
Reise .... nach Ost-Florida und den Bahama Inseln etc. von J. D. Schop,
1788, 2 voi. in 8.°
A Tour throngh the British West-Indies etc. by Daniel Mackinnen. Lon-
don, 1804 in 8.° Trad. in Tedesco nel 22 voi. de'Viaggi moderni di
Sprengel ad Ehrman.
Voyage aux Antilles et dans 1' Amérirme Meridionale: par M. Leblond ,
Mcdecin naturaliste etc. V. Annales des froyages, 1812, Tom. XVIII
I 56 COSTUME
Storia di Bryan Edward*.
Bryan Edwards coli' intitolare la sua opera Storia delle la-
die Occidentali ec. indusse in errore il pubblico il quale si a-
spettava di trovare in essa la storia di tutta l'America nota sotto
1' impropria denominazione d'' Indie Occidentali, giacché avendo
anch' egli voluto conformarsi a questo abuso doveva darle per
titolo Storia delle isole nelle indie Occidentali, non compren-
dendo esse che la descrizione di alcune Antille. Questo scrittore si
occupa da principio nell' indagare l'origine de'Caribi, popolazione
sparsa nelle picciole Antille, e che sì nel fisico che nel morale
non ha, per quanto egli dimostra , niente di comune cogli abi-
tatori delle grandi Antille. Alle nozioni sugli antichi abitatori di
quest' isole Bryan Edwards fa succedere la storia della scoperta
della Giamaica e de' successivi stabilimenti degli Spagnuoli e de-
gli Inglesi nella medesima, e passa in seguito a darci un quadro
delle isole della Granata, della Barbada,jii S. Vincenzo, della
Dominìca, di S. Cristoforo e di Nevis , sull'ultimo stato delle
quali noi non abbiamo nozioni più esatte di quelle eh' ei ci ha
procurato. Dopo queste descrizioni egli passa a delinearci il ca-
rattere degli Europei stabiliti nelle Antille Inglesi, quello dei
Creoli, dei Negri e dei Mulatti, e fa alcune osservazioni sugli
effetti del clima sui medesimi. Nel quinto libro di quest'opera ci
dà T autore un prospetto della coltivazione delle Antille \ nel se-
sto ci descrive la forma del governo degli stabilimenti Inglesi, e
i diversi generi di commercio , dimostrando in questa parte pro-
fonde cognizioni e molta sagacità. Pone poi fine alla sua storia
con un quadro rapido dello stato politico della colonia di San-
Domingo prima del 1786, e colla relazione degl'infelici avveni-
menti di questa colonia fino alla fine del 1794- H traduttore
Francese la continuò fino all'epoca della morte del capitan-gene-
rale Le-Clerc.
Descrizioni delle grandi Antille.
1/ isola di Cuba, la più considerabile delle grandi Antille se
non per la coltura, almeno per la sua estensione, non ha una
descrizione particolare \ ma essendo essa un luogo in cui dan
fondo le flotte Spagnuole e molti vascelli delle altre nazioni nel-
V andare alle Indie Occidentali o nel loro ritorno , trovansi delle
relazioni in molti viaggi ed in ispezie nelle Memorie di Fischer.
DEGLT ABITATORI DELLE ANTILLE l5j
San- Domingo.
Lo stesso può dirsi dell'isola di Porto-Rico , una anch'essa
delle grandi Antille , sulla quale non trovatisi notizie che nelle
relazioni comuni ad altri paesi. Non cosi dell' isola di San Do-
mingo e della Giamaica.
Charlevoix.
Charlevoix ci diede una storia della prima , compilata in gran
parte sulle Memorie del Missionario Pers, troncando giudiziosa-
mente le particolarità relative soltanto alle laboriose operazioni
de' Missionarj per occuparsi con maggior diligenza ed esattezza
nella storia politica , militare e morale dell' isola ^ e questa è
forse la miglior opera del detto scrittore, il quale la divise in
dodici libri, descrivendo nel duodecimo le due parti dell1 isola
sottoposte al dominio della Spagna e della Francia.
Moreau de Sant-Mèry ec.
La parte Spagnuola spezialmente non ci era nota che per la
sua relazione prima che venisse pubblicata quella assai più cir-
costanziata di Moreau de Saint-Mèrv. Charlevoix descrisse altresì ,
ma rapidamente gli animali ed i vegetabili dell' isola , ci dipinse
il carattere de' coloni e terminò il suo quadro con osservazioni
assai giudiziose sui Negri. Il P. Wicolson col suo saggio sulla
storia naturale di San-Domingo presentò poscia al pubblico un
utilissimo supplimento a quanto laciava desiderare su tale ma-
teria 1' opera di Charlevoix. Della descrizione topografica e politica
di San-Domingo dataci da Moreau de Saint-M èry possiamo rica-
vare notize certe sull'ultimo stato della colonia Francese prima
della funesta ribellione che coperse quest' isola di rovine e di
sangue. Ma la descrizione di questa colonia tale quale esisteva
prima del 1789 non appartiene più che alla storia. Quella parte
dell' opera sopraccitata di Bryen Edwards che risguarda la colo-
nia Francese di San-Domingo venne pubblicata separatamente e
continuata da J. B. J. Breton che descrisse minutamente gli ul-
timi avvenimenti durante la rivoluzione in questa importante co-
lonia.
La Giamaica.
La storia della Giamaica pubblicata in Londra nel 1730, e
scritta da un anonimo Inglese è il fruito di un lungo soggiorno
fattovi dall' autore. Esso dopo di averci data una descrizione del-
1 58 COSTUME
1' isola passa alla storia dell' occupazione fattane dagli Spagnuoli,
delle posteriori conquiste degli Inglesi, e degli stabilimenti che i
medesimi vi formarono. Questa relazione contiene molte impor-
tanti nozioni sulla forma del governo della Giamaica che ha
molta analogia con quello delle colonie Inglesi del continente
dell' America settentrionale , prima però della loro separazione
della metropoli. Ma assai più circostanziate notizie della mede-
sima colonia si trovano nella storia naturale e civile della Gia-
maica di P. Brown j opera preziosa spezialmente pei naturalisti.
Brown, Beckfort.
Non meno pregiabile è 1' opera di Beckfort, nella quale l'au-
tore oltre le preziose cognizioni che ci dà sulle produzioni, sulla
coltivazione e sulle costumanze degli agricoltori ci descrive con
uno stile assai animato le più belle situazioni delle Giamaica.
Descrizione delle picciole Antille. Relazioni di Bouton.
La relazione dello stabilimento de' Francesi nella Martinica
del P. Gesuita Bouton è stimata principalmente per le cognizioni
ch'egli ci dà sui Caribi innanzi che i loro costumi fossero alte-
rati dalle frequenti comunicazioni cogli Europei, e prima che la
fisica costituzione fosse indebolita dall' uso funesto de' liquori
spiritosi. Sarebbe da desiderarsi che il P. Bouton non avesse di-
mostrato in materia di religione una troppo semplice credulità.
Questo quadro della nazione Cariba non differisce di molto da
quello fattone da Bryan Edwards^ anzi sembra che questi ne ab-
bia cavati i tratti principali per rappresentarcela.
di Du-Tertre, di Rochefort.
Nuove cognizioni sugli stessi indigeni trovansi nell' opera di
Du-Tertre divenuta rara e che merita d' essere consultata anche
per la parte che risguarda la storia naturale, che è trattala mi-
nutamente ed anche con molta intelligenza rispetto ai tempi in
cui V autore scriveva. La relazione dell' isola di Tabago di Ro-
chefort non è letta che per le notizie ch'ei ci diede sulle costu-
manze degli indigeni.
di Labat.
Fra tutte le opere del P. Labat il suo Nuovo Viaggio alle
isole dell' America è la più apprezzata. Le cognizioni che ci la-
sciò sui varj metodi d' operare nelle manifatture, le descrizioni
degli animali e de' vegetabili dimostrano molla intelligenza nelle
DEOLI ABITATORI DELLE AST1I.LE I 5g
arti meccaniche e nella storia della natura. Spiace soltanto che
egli abbia ingrossata la sua relazione con una quantità di piccoli
aneddoti, per la maggior parte maligni, sulle famiglie del paese,
e che di una mediocre importanza in allora , non ne hanno al-
cuna a' nostri tempi.
di Charwalon*
In gran pregio è tenuto il Viaggio alla Martinica di Chanva-
lon, che nella prima parte notò le osservazioni meteorologiche da
lui fatte ne' sei ultimi mesi del 1751} nella seconda descrisse la
storia naturale della Martinica , e nella terza con molta imparzia-
lità e con uno spirito assai filosofico i costumi e le usanze dei
coloni. Ma la parte più bella di questa relazione si è quella iu
cui ragiona dei Negri e dei Caribi, de' quali sussistevano ancora
alcune famiglie quando l'autore visitava la Martinica. Le isole di
Santa-Groce , di S. Tommaso , di S. Giovanni , Tortola ec. , ci
furono descritte dal Danese West in alcune sue Memorie , delle
quali ci diede un estratto il compilatore del Giornale della lette-
ratura straniera (1).
di West ec*
L'opera è divisa in tre sessioni, delle quali la prima tratta
del clima, degli abitatori Bianchi e de' Negri } la seconda della
maniera di vivere e dell' economia pubblica } la terza della sto-
ria, della situazione e delle produzioni di Santa-Croce ec. Sa-
rebbe a desiderarsi, osserva 1' autore dell'accennato estratto, ch&
noi avessimo delle notizie così istruttive e così autentiche sulle
altre isole delle Indie Occidentali , e raccolte da testiraonj di ve-
duta. Il viaggio alla Martinica di un anonimo generale di brigata
sarebbe affatto inutile dopo quello del suddetto Chanvalon che
lasciava nulla a desiderare sullo stato di quest' isola prima della
rivoluzione. Non dovevasi dunque sperare di dar qualche impor-
tanza ad una nuova relazione della Martinica se non col presen-
tarci un quadro dello stato presente della medesima *, e questo è
ciò che venne giudiziosamente eseguito dall'autore durante il suo
soggiorno alla Martinica ove fu chiamalo per adempire un ser-
vizio militare. Finalmente l'isola della Trinità, la più considera-
bile delle picciole Antille, almeno per la sua estensione, fu
(1) Secondo anno, sesto fascicolo, pag. 237.
l6o COSTUME
troppo trascurata dagli Spagnuoli, che ne furori per lungo tempo
i padroni. Gli Inglesi , ai quali fu essa ceduta in conseguenza del
trattato d'Amiens, l'hanno considerata di grande importanza , sic-
come atta, per la sua situazione e per la sua rada, a proteggere
i loro stabilimenti nelle Antille. Questo è ciò che fece osservare
Cullum nel suo viaggio alla Trinità fatto nel i8o3. Il viaggio di
Danele Mackinnen fatto negli anni 1^02, e i8o3,può servire di
supplimento all' opera di Bivan Edwards particolarmente in ciò
che risguarda le isole di Bahama.
DESCRIZIONE DELLE ANTILLE.
Vanesie isole sono divise, come abbiamo accennato, in grandi
ed in piccole Antille. Le glandi sono: Cuba , la Giamaica, San-
Domingo e Porto-Rico.
31 are de' Caribi,
Il mare che trovasi fra le Antille, l'America meridionale e
le coste di Mosquitos, di Costarica e di Darien , chiamasi oggidì
mare de' Caribi , perciocché molte di codeste isole erano abitate
dagli indigeni di tal nome. Questo mare uno de' più frequentati
del globo ci offre parecchi fenomeni che furono esattamente de-
scritti da Malte-Brun (i), e che interessano spezialmente i navi-
gatori.
Montagne e rupi.
Tutte le isole un poco considerabili di quell' Are' pelago rac-
chiudono alte montagne : le più elevate Irovansi nella parte occi-
dentale di San-Domingo, a levante di Cuba ed al nord della Gia-
maica , precisamente nei siti ove quelle grandi isole son tra loro
più vicine. Sembra che la direzione di queste montagne , consi-
derandola in massa, sia dal nord-ouest al sud-est} ma esaminando
attentamente le migliori carte di ciascun' isola, scopresi nella mag-
gior parte un punto centrale d' onde scendono i fiumi ed ove i
(i) V. Piecis de la Gèographie Universelte , Tom. V. pag. 724
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE l6l
varj rami di montagne sembrano unirsi come ad un nocciolo co-
mune. In qualche isola , come alla Guadalupa questo nocciolo
racchiude vulcani : sembra esso più generalmente formato di gra-
nito nelle picciole isole e di rocce calcari nelle grandi. Ma la
geologia delle Antille non è ancora stata esaminata colla mira di
conoscerne l'insieme. Si è osservato a ragione che nelle picciole
Antille le pianure più estese trovatisi sulla costa orientale (i); ma
questo fatto cessa d1 aver luogo nelle isole Vergini e nelle grandi
Antille. Trovasi soltanto qualche uniformità nei rapidi scoscendi-
menti, che nella maggior parte delle isole separano le terre alle
dalle basse , e sono specialmente notabili a San-Domingo , ove
chiamatisi Morne.
Scogli di corallo.
Gli scogli di corallo o di madrepore sono tanto comuni
quanto le pietre pomicile più diligenti indagini dimostraron forse
che questa sostanza ebbe una parte tanto importante nella forma-
zione di quell'Arcipelago, quanto n'ebbe in quella degli Arci-
pelaghi del Grande-Oceano. L'isole di Cuba e le isole di Bahama
sono circondate da immensi labirinti di scogli che sorgono a li-
vello del mare, e che copronsi di palme : queste sono precisa-
mente le isole basse dell'Oceano orientale.
Clima e stagioni.
Tutte le Antille han presso a poco lo slesso clima. In tempo
della siccità che dura ordinariamente dal cominciar di gennajo
alla fine di maggio, il caldo sarebbe insopportabile di giorno, se
non sorgessero i venticelli di mare a misura che il sole prende
forza. Le piogge che caratterizzano la stagione dell' estate, e che
dalla metà di luglio alla metà di ottobre cadono a torrenti, sono
veri diluvj: i fiumi si gonfiano in un istante e lutta la pianura è
inondata. L'aria pregna di grande umidità diventa un inevita-
bile principio di corruzione singolarmente per tutto ciò che serve
al vitto, e copre di ruggine tutti i metalli soggetti ad ossidarsi.
L'umidità continua sotto un cielo in fiamme, che fa in certo
modo vivere gli abitatori come in un bagno a vapori, e non con-
tribuisce poco a rendere il soggiorno, nella parte bassa di quel-
l' isole, disgustoso, malsano ed anche pericoloso per un Euro-
(i) Leblond , Voyage aux Anlilles , I. i4i-32u.
Cost. Voi. IV ddV America, n
162 COSTUME
peo (1). Il successivo rilassamento delle fibre turba e interrompe
1' attivila delle funzioni vitali , e produce alla lunga un' atonia
generale.
Malattie endemiche.
La mancanza abituale d'elettricità sembra contribuire a can-
cellare quelle tinte animate che distinguono l'Europeo. I mia-
smi sparsi dall'acque del mare stagnanti e da bellette infracidate
divengono , specialmente per le persone nate in paesi freddi , i
germi della terribile febbre gialla. La natura ha indicato un
mezzo di salute, ed è quello di cercare un'aria più fresca sulle
montagne.
Tremuoti.
Ma se a molti di questi incomodi recati dalle piogge proprie
del clima delle Antille può la previdenza dell'uomo procacciare
un riparo, non così a'tremuoti assai frequenti in queste isole, e
qualche volta terribilissimi 5 i quali per ordinario si fanno sentire
durante la stagione delle piogge , o poco avanti le medesime, o
verso il loro fine, e nel tempo delle grandi maree.
Razzo di mare.
Tremendo poi è quello che chiamasi razzo di mare , e che
infallibilmente succede una o due , e talora anche tre volte tra
luglio e ottobre. Vi sono esposte le coste occidentali, essendone
come conduttori i venti di ponente e di mezzodì. S' appressan al-
lora i marosi alla spiaggia tranquilli così, che niun direbbe mai po-
ter essi recare il minimo incomodo. Ma giunti alla distanza di circa
5oo passi, improvvisamente s'alzano sulla sponda e vanno a rom-
pere con tanta violenza, che i vascelli i quali allora trovansi alla
costa o nelle rade esterne, non potendo né guadagnare il largo,
uè sostenersi sulle ancore , vanno a spezzarsi contro terra senza
alcun mezzo di scampo.
Uragano.
Ma qual turbamento repeulino agita quella moltitudine di
uccelli e quadrupedi che ceicano un asilo coli' inquietudine in
tutti i loro moti? Que' sinistri presentimenti sono forieri d'un im-
minente uragano. L'atmosfera si fa di un peso insopportabile $
(1) Mèuioiie du Doct. Cassan^ inserita nelle Mémoires de la Sociétè
Medicale d' emulation. Tom. IV. Mémoires de W. Moreau de Jonnes.
DEGLI ABITATOSI DELLE ANTILLE l63
s'alza straordinariamente il termometro } cresce ognor più I" oscu-
rità, cessa affatto il vento, e tutta la natura sembra immersa nel
silenzio. Ben presto è questo interrotto dal sordo romoreggiar del
tuono, e s'apre la scena con un lampeggiar che va ognor più
crescendo } i venti scatenati sofEan già orribilmente , e lor ri-
sponde il mare mugghiando^ boschi, foreste vi uniscono il lor
mormorio ed il fischiar lamentevole delle loro (rondi: cade di-
rottissima pioggia, precipitano con immenso fracasso i torrenti dal
monte e dal colle, goufiansi i fiumi, e già l'onde loro traripano
e sommergono il piano. Non è già più un cozzare di venti infu-
riati, più non è già il mare mugghiante che scuote la terra, ma
bensì il disordine di tutti gli elementi che confondonsi e distrug-
gonsi a vicenda. Il fuoco si mischia coli' acqua, e più non sussi-
ste l'equilibrio dell'atmosfera, vincolo generale della natura. Tutto
fa quasi ritorno all'antico caos. Quali scene d'orrore verranno ad
illuminare il nuovo giorno! Gli alberi schiantati e divelti e le
abitazioni rovesciate coprono tutto il paese. Il proprietario si smar-
risce nel voler rinvenire i suoi possedimenti. Giacion per ogni
dove i cadaveri degli uomini e degli animali domestici e selvaggi
travolti insieme in vortici di sabbia, di sassi e di rottami d'ogni
specie} ed enormi pesci vomitati sulla terra spaventano il passeg-
gilo the gli incontra dibattersi tuttavia tra le macerie (i).
Un mattino delle Antille.
Ma si riposi in braccio alla tranquilla e ridente natura lo
spirito stanco dallo spettacolo di tante sciagure. Contempliamo un
mattino delle Antille nella stagione delle forti rugiade (z)\ e per
godere pienamente, cogliam l'istante in cui il sole comparisce in
tutta la sua luce in un cielo tranquillo e puro, e co' suoi primi
raggi indora la cima del monte. Sotto i sottilissimi reticini di luce,
che velano delicatamente tutte le varie foglie, esse prendono l'ap-
parenza di un tessuto di fina seta traspareutissima^ le goccie della
rugiada ci si presentano come altrettante perle dal sole tinte di
mille colori, e dal centro di ogni gruppo di foglie scintilla l'in-
setto che nuota in quelle goccie d'acqua. I prati non appajono
(i) Vedi la spiegazione degli uragani nel primo volume della Geo-
grafia Universale di Mentelle ec. §. 534-
(2) Vedi Malte-Brun, Prècis de la Geographie etc. Tom. V. pag. 760.
1 64 COSTUME
in meno seducente aspetto } e tutta la superficie della terra non
è che una pianura di cristallo e di diamante. Quando i raggi del
sole hanno dissipate le nubi che coprivano il vasto specchio del-
l'Oceano, sovente accade che un'illusione ottica venga a raddop-
piarne i flutti e le sponde vicine. Talora par di vedere un im-
menso strato di sabbia ove dianzi vedeasi il mare} talora lon-
tane barchette sembrano perdute entro un vapore infiammato, o
sollevate più alte dell'Oceano ondeggiare io un mare d' aria, nel
tempo che se ne vede l1 ombra riflettuta esattamente sull' acqua.
Questi effetti del così detto miraggio sono frequenti ne' climi
equatoriali. La dolce temperatura del mattino permette al cupido
osservatore della natura di ammirare i ricchi paesaggi di quel-
l'Arcipelago. Alcune montagne nude e rovesciale le une sopra le
altre dominano colle superbe loro alture tutta la scena inferiore.
Alle loro radici prolungansi monti più bassi vestiti di folte bo-
scaglie, e le colline formano il terzo gradino di quel maestoso an-
fiteatro, dalla loro cima fino alla sponda del mare coperte d'alberi
e d'arbusti della più bella e variata struttura. Ad ogni passo s'in-
contrano mulini, piantagioni, case, capanne che in parte appari-
scono, in parte sono nascoste all'ombra della foresta. Le pianure
presentano i più nuovi e variati aspetti \ ed onde formarsene una
idea , riuniscansi col pensiero tutti quegli alberi ed arbusti , la
cui magnifica vegetazione forma 1' ornamento dei nostri giardini
botanici. L'Oceano stesso presenta colà nel mattino un aspetto
ben raro in altre parti. Non un alito di vento ne increspa la su-
perficie , e la sua trasparenza è tale che vi si distingue entro
ogni cosa alla profondila d'oltre sessanta braccia sopra un letto
bianchissimo di arena che ti par toccare col dito. Sembra che il
bastimento sia sostenuto dall'aria, e il navigante è preso da una
specie di vertigine mentre fissa l'occhio attraverso del fluido cri-
stallino, che gli presenta giardini , in cui coralli e conchiglie
di brillanti colori , e pesci dorati si avvolgono fra i gruppi di
fuco e boschetti d'alghe. Ma passiamo oramai a dare una più
particolare descrizione de' vegetabili e degli animali di queste
isole.
Vegetabili.
Quando gli Europei approdarono alle Antille, essi le trova-
rono coperte di grandi alberi , legati lutti insieme da piante, che
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 1 65
a modo cieli' edera si attaccano al tronco ed ai rami , ma che
poi di là scendendo a terra , e sorgendo ancora, s'alzano di bel
nuovo, e si abbarbicano tigli alberi che incontrano. Sono esse que-
ste piante parassite che chiamansi liane, le quali in quegli anti-
chissimi boschi formata aveano tale incrociatura e rete , che li
rendevano impenetrabili.
Alberi da bosco.
Di mille generazioni sono ivi gli alberi , e direbbonsi nelle
Antille poco meno che sovranamente privilegiati dalla natura j
perciocché quantunque in altre parti dell' America se ne trovino
di singolare altezza e grossezza , in queste isole in più numero
s1 incontrano e drittissimi di fusto e senza difetto alcuno. Ivi il
banano, che debole dapprima, cerca l'appoggio di un albero vi-
cino, forma solo cogli anni un boschetto} il cavo tronco del co-
tone salvatico , bombax ceibe , forma solo un canotto capace di
contenere cento uomini \ una foglia di palma-ventaglio basta a di-
fendere otto persone dal sole e dalla pioggia } il così detto ca-
volo-palmizio alza la verdeggiante sua cima sopra una colonna
alta qualche volta dugentotrenta piedi. Filari d'alberi di campeg-
gio e di brasile stanno intorno alle piantagioni. La fibrosa cortec-
cia della gran cecropia somministra solide corde. L'elegante ta-
marindo , il legno di ferro , il cedro, ed una specie di cordia
chiamata nelle isole Inglesi olmo di Spagna, sono stimatissimi
per le costruzioni solide e durevoli. Incalcolabile è l'utilità dell'al-
bero a ruota, laurus chloroxylon, ottimo per fabbricare mulini.
Alberi da frutto.
L'arancio, il limone, il fico, il melagrano, piantati intorno
alle abitazioni, empiono l'aria del delizioso loro olezzare, e danno
frutta squisite. Il melo, il pesco, la vite non maturano che nelle
parti montuose, mentre le pianure ove nulla modera gli ardori
del sole si adornano di produzioni indigene, come V anacardium
occidentale, V achras mammosa, V achras sapotilla , il laurus
persea , la mammaea Americana con parecchie frutta delle
Indie Orientali , come il pomo rosa o eugenia jambos , la go-
yava o psidium pyriferum, la mangu , o volkameria aculeata,
e qualche specie di spondias e d'annona.
Arbusti, fiori.
Tra i fiori che smaltano le vaste savane si distingue il serpi-
1 66 COSTUME
dium di Virginia , /' ocymum Americanum , il cleomene da
cinque foglie, la fumerà pumicea. Fra gli altri vegetabili, i più
curiosi sono l'elei arborescenti, piante vivaci che acquistano un
grande incremento tanto costà come in tutta la zona torrida. Il
polypodium arborerum in particolare, mette un tronco alto più
di venti piedi, ed è coronato di larghe foglie dentellate che lo
fan parere una palma.
Vegetabili di traffico.
La maggior parte delle produzioni che formano ora la ric-
chezza mercantile delle Antille proviene dai vegetabili ivi tra-
sportati e mantenutivi per mezzo della coltivazione. Trovasi però
la vaniglia salvatica ne' boschi della Giamaica e di San-Domingo}
r aloes coltivato alla Barbada cresce spontaneo sul terreno pie-
troso di Cuba, delle Lucaje e di parecchie altre isole.
Indigeni.
La bixa orellana d'onde s' estrae 1' Oriana, è comune colà
come in tutti i paesi caldi d'America. Il pepe lungo è non so-
lamente indigeno, ma ricusa di moltiplicare il coltivato. Il myr-
tus-pimenta alligna particolarmente sui fianchi delle montagne che
guardano il mare.
Piante alimentari.
L'ignamo e la patata, egualmente indigene, formano il prin-
cipale alimento dei Negri. L* Africa diede alle Indie Occidentali
il manioco e l'arboscello dei piselli d'Angola. Ma le coltivazioni
che servono al lusso ed alle fabbriche d' Europa assorbono tutta
l'attenzione di un colono delle Antille } e senza l'immensa quan-
tità di grano che giugne dal Canada e dagli Stati-Uniti d' A-
merica, la fame affliggerebbe bene spesso quelle magnifiche con-
trade.
Cannamele.
Il genere principale d'esportazione delle Indie Occidentali è
lo zucchero. Pare difficile il non credere indigena d'America la
cannamele*, eppure si vuole che la specie coltivata vi si recasse
dall'India o dalla costa d' Africa. Dicesi che fu trasportata l'an-
no 1606 dalle Canarie a San-Domingo da un certo A^uillar a-
bilatore della Concezione-de-la-Vega , e che il primo mulino da
zucchero fu fubbiicato da un chirurgo di Sjn-Domingo detto
Vellosa. Ma questo fatto non servirebbe a provaie che una filtro-
BEGLI ABITATORI DELLE ATT1LLE 1G7
duzione locale, senza decidere la base della quistione. Da venti
anni in qua la canna d' Otaiti è generalmente introdotta alle An-
tille, e somministra maggior quantità di sugo della canna ordi-
naria o creola.
Aspetto di un campo di cannamele.
Un campo di cannamele nel mese di novembre , epoca del
loro fiorire, presenta un colpo d'occhio de' più incantatori che pos-
san descriversi colla penna e imitar col pennello. L'altezza degli
steli che varia dai tre agli otto piedi e più, è il gran distintivo
della varia qualità di terreno e di coltivazione. Nel momento della
maturazione, il campo spiega un vasto tappeto d'oro, che i raggi
solari interrompono producendo larghe strisce porporine. La som-
mità degli steli è di un verde cupo, ma a mano a mano ch'essi
seccano , per maturazione o per effetto del gran caldo , cangian
di colore e divengon di un giallo-rosso } foglie alte lunghe e
strette pendono dall' alto dei fusti, e sembrano dividersi per la-
sciar luogo ad una bacchetta argentina, la cui lunghezza è varia
da due a sei piedi, e sulla cui sommità ondeggia mollemente un
pennacchio bianco che termina con una frangia dilicata del più
bM colore gridellino.
Cotone e caffè.
L'arboscello, che ci dà il cotone, trova sovente in quelle i-
sole il terreno asciutto e sassoso che gli è confacente} ma il ri-
collo che richiede il bel tempo non è sicuro. Il caffè originario
dell'Arabia Felice fu per molto tempo una invidiata proprietà. I
semi troppo vecchi non vollero mai germinare in altri paesi, quindi
si trasporlo la pianta slessa a Batavia } indi per moltiplicazione
in Amsterdam ed a Surinam, a Parigi ed alla Martinica. Talora
quest'albero ricompensa le cure del coltivatore il terz'anno} ta-
lora solo il quinto o il sesto} qualche volta non produce una
libbra di caffé , qualche altra fin tre o quattro} dove dura solo
doilici o quindici anni, dove venticinque o trenta.
Animali.
Non si trovano nelle Antille che i più piccioli quadrupedi sal-
vatici , come il pipistrello-ferro-di-lancia, il vespertilio molussus^
il kinknjn o viverra caudivolvula , il mus pilorides : son comu-
nissimi la lucertola, gli scorpioni e le serpi} ma fra le picciole
Antille, la Martinica e Santa -Lucia souo le sole che racchiudono
1 68 COSTUME
la vera vipera e gli scorpioni velenosi. Lo scorpione sussiste a
Porto-Rico e probabilmente in tutte le grandi Antille. Il vorace
caimano abita Tacque stagnanti , e qualche volta i Negri stessi
non possono sottrarsi al suo dente micidiale. Le testuggini più
delicate si prendono sulle spiagge vicine alla Giamaica. I perroc-
chelti ed i colibrì abbelliscono la foresta, e stormi innumerabili
di uccelli acquatici ravvivano i lidi e le sponde.
Uccello mosca o uccello mormorio.
Vi si ammira l'uccello mosca , che chiamasi anche uccello-
mormorio, a motivo del ronzio prodotto dal moto continuo delle
sue ali.
Sue bellissime penne.
Lancia esso il suo becco affilalo negli olezzanti fiori dell'aran-
cio e del limone, onde spremerne il sugo e l'essenza \ altrove in
vederlo librarsi in aria sui campeggi in fiore direbbesi ebbro
de' profumi che ne esalano } si vede poi tosto scomparire colla
rapidità del lampo per ritornar pochi momenti dopo ad assapo-
rare di bel nuovo quei deliziosi odori , e spiegar sempre bellis-
simi colori nelle magnifiche sue penne, ove dominano le più belle
gradazioni di porpora e d' oio, d'azzurro e di smeraldo.
Ora ci rimane d'aggiugnere a questo quadro generale delle
Antille tutte quelle -notizie che ci possono far conoscere gli abi-
tatori indigeni delle medesime ora quasi interamente distrutti da-
gli Europei.
/ Caribi nazione assai estesa.
Abbiam già veduto come la generazione Cariba s' estende an-
che oggi nelle terre della Gujana. Potente in addietro colà, e do-
minatrice inoltre in molte terre del continente posto al setten-
trione dell' Orenoco, fu veduta dai primi scopritori delle Antille
tenere anche molte di queste isole. Come mai sì numerosa ? Come
sì dispersa? Alcuni hanno creduto d' averne trovate delle orde al
di là degli Apalasci. Rozzi, silvestri e fieri come tante alti e na-
zioni selvagge, i Caribi più delle altre presentano in questa loro
ampiezza una prova d'essere slati assai grandi in tempi a noi
sconosciuti 5 e la bella loro lingua dolce, armoniosa, copiosissima
può sostenere anche la congettura, che anticamente sieuo stati un
popolo incivilito. Come mai in mezzo alla vita vagabonda e povera
uomini non giunti che a poche e imperfettissime arti , e le più
<?
*s
fei
^
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 1 69
necessarie per sussistere , possono giugnere a portare alla perfe-
zione il linguaggio?
I Caribi delle Autille hanno in sostanza i costumi, le usanze,
il carattere di quelli della Grujana } ma s'ingannerebbe ehiunque
non volesse ravvisare certe notabili differenze tra gli uni e gli
altri. E quantunque la Gujuia per le particolari circostanze di
clima, di suolo, d'acqua e di meteore sia fra tutti i paesi con-
tinentali quello che più si assomiglia alle terre circondate dal
mare, e perciò abbia impresso ne' suoi abitatori primitivi ceiti
segni, pe'quali essi s'avvicinano agli isolani, dobbiamo però co-
noscere che i Caribi delle Antille più manifestamente sentono
l'influenza de'grandi agitamenti delle acque e dell'aria in mezzo
a cui vivono, e di quella irresistibile forza che per le improv-
vise e somme loro commozioni quei due elementi patiscono a
certe riprese, intanto che nel resto ricopiano ancora quello stalo
tranquillo de' medesimi, che rende sì belli il clima e il suolo
delle Antille.
Loro nome ec.
Alcuni scrittori vogliono che il nome di Caribo significhi nel-
l'antico linguaggio di questi popoli, valoroso guerriero , e ch'essi
preferiscano d'essere chiamati con tale denominazione. Alcuni
viaggiatori li fanno discendere dai Galibi , popoli della Gujana ,
e raccontano, appoggiati ad antiche testimonianze, che i loro
antenati essendosi rivolti contro i loro capi, si videro sforzati a
cercare un rifugio nelle Antille. Du-Tertre abbraccia l'opinione
del P. Raimondo, uno de' primi Missionarj, che era vissuto con
questi popoli, il quale ci lasciò scritto in questo proposito che il
nome di Galibi e di Caribi era stato dato loro dagli Europei per
una erronea applicazione, e che l'originale loro denominazione
era quella di Gallinagoj e che si distinguevano in Ubaulennum
e Baulebanum.) cioè in abitatori delle isole o del continente. Ag-
giugne il detto Missionario che gli isolani erano Gallinaghi de!
continente, cui essi in gran numero abbandonarono per recarsi
alla conquista delle isole sotto la condotta di un capitano, uomo
di picciola statura, ma di un gran coraggio, che mangiava poco e
beveva anche meno, che esterminò gli antichi abitatori delle iso-
le , salvo le donne, le quali hanno sempre conservalo qualche
tosa dell'antica loro lingua, e che per non perder la memoria
1^0 COSTUME
delle sue conquiste aveva fatto radunare tutte le teste de' nemici
negli antri delle rocce che circondano il mare.
Loro qualità fisiche. Ornamenti ec.
Malgrado della differenza d'opinione sull'origine de' Caribi,
tulli sono d'accordo nell' assegnarne loro una comune, da qualun-
que parte dell' America e da qualunque nazione essi possano trar-
la \ e si appoggiano alla somiglianza della figura e delle costu-
manze dei Caiibi in tutte le isole abitate dai medesimi. E di
fatto essi sono generalmente d'alta statura ed in ogni parte di
loro persona eccellentemente proporzionati: non se ne trova uno
deforme: i loro capelli sono neri , ed eguale in tutti è la premura
di pettinarli pulitamente: si strappano la barba a misura che cre-
sce: anche dopo la loro comunicazione cogli Europei, i due sessi
vanno interamente nuii, il corpo è tinto di rosso: portano la
testa coperta da una specie di berretto, vedi Tavola 66, e qual-
che volta cinta soltanto da una corona di penne: si fanno nelle
labbia molti buchi ne' quali introducono spille di osso: le narici,
anch'esse forate, sono ornate di granelli di vetro o di pietruzze
colorate. Gli uomini portano armille alla paite carnosa del brac-
cio, e le donne ai polsi della mano e sopia del cubito: esse so-
gliono portare collane di granelli di vetro a varj colori non solo
al collo , ma ben anche al di sotto della polpa delle gambe ove
facendo più giri formano una spec.e di stivaletto. Copronsi le pai ti
davanti con un picciolo pezzo di stoffa sostenuto da una cintura.
Quegli uomini che non hanno alcuu commercio cogli Europei por-
tano intorno al collo de' zufoli fatti, per quanto si ere le, di
ossa de' loro nemici. Ma i più ricchi loro ornamenti consistono
in larghi pezzi di un finissimo e liscio rame, fatto in forma di
mezza luna ed incassato in legno prezioso. Tale ornamento è chia-
malo caracolli ed è il simbolo d'onore che distingue i capitani
ed i loro figliuoli dalle persone comuni.
Benché questa descrizione de' Caribi , tratta dai viaggiatori In-
glesi , non sia estesa quanto quella che siamo per dare, pure trove-
remo una grande somiglianza fra l' una l'altra} e malgrado della
differenza delle isole noi vi ravviseremo facilmente la stessa nazione.
Qualità fisiche de' Caribi secondo Labat.
La statura ordinaria de' Caribi (così Labat (i), che trovan-
(i) Tono. II. pag. 72 e seg.
A/tir/', vói. n .
Thi: It'y.
_^Sr/Yi> //?//,///<■ ?
DEGLI ABITATOM DELLE AXflLLE I^I
dosi alla Martinica ebbe occasione di conversare lungamente con
molli Caribi di San-Domingo), supera la mediocre: sono tulli
ben fatti e proporzionati} piacevoli sono i lineamenti del loro Tolto,
e assai più belli apparirebbero se fin da piccioli non venisse loro
alquanto compressa con artifizio dalle loro madri la fronte} ciò
clie esse eseguiscono col mezzo di una tavoletta legata fortemente
di dietro della testa, e che vi lasciano finché la fronte abbia a-
cquistato consistenza, e rimanga talmente appianata, che senza al-
zare la testa, possano vedere quasi perpendicolarmente gli oggetti
che stan sopra di loro. Tutti hanno occhi neri e piccioli, denti
bianchi e ben disposti, capelli neri, lunghi e lucenti per esser
unti d'olio. Vuoisi ancora che il color naturale della loro carna-
gione sia meno tinto di quello che lo sia la carnagione di mol-
tissime razze Americane abitatrici sotto i tropici \ ma non è age-
vole cosa di farne retto giudizio , dappoiché vanno continuamente
coperti di oriaua impastala con olio di caropat o di palma Chrì-
sti che li fa somigliare ai gamberi cotti. Vedine la figura 2 nella
Tavola 67 e 68. Di questa pittura fanno pur uso onde coprire
anche i ragazzi, il che dimostra ch'essi seguono una tale costu-
manza per salvare la pelle dai morsi degl'insetti de' quali i loro
boschi, per Io più umidissimi, sono pieni, o dalle cotture che
gli ardenti raggi del sole cagionerebbonle} piuttosto che per sup-
plire al vestito, o per una vana appariscenza, quantunque invero
queste cose pur entrino nella loro intenzione. Quando vanno ella
guerra o che vogliono far pompa dulia loro persona, le donne
col sugo di genipa fan loro delle basette e molte linee nere sul
viso e sul corpo, e questi segni distintivi durai] circa nove gior-
ni. Tutti gli uomini veduti da Labat avevano intorno alle reni
una cordella, che serviva a sostenere un nudo coltello cui passano
fra la corda e la coscia , e dalla quale pende un pezzo di tela
larga cinque o sei pollici, che copre una parte della loro nudità.
Carattere morale.
La loro fisonomia sembra melanconica, ma per indole natu-
rale sono affettuosi, leali e di animo generoso. Amatisi a segno
tra loro i conjugi, che la disgrazia dell'uno fa sovente morir di
tristezza l'altro. Non mancano alla fede data anche con istranieri,
ed odiano l'avarizia. Rifuggono lo stato servile, si adontano della
più picciola ingiuria immeritata, corrono alla vendetta colla pre-
lyz COSTUME
cipituzioue con cui i venti e le onde nelle grandi procelle spin-
gonsi sopra le loro isole, e guardano i loro nemici con un odio
succhialo col latte I primi navigatori alle Antille dissero che i
Caribi mangiavano le carni de1 loro nemici, e dissero vero } né
se ne sono scolpati mai, rispondendo francamente a chi loro fa
rimprovero di ciò, nou essere vergogna il vendicarsi. Così pen-
sando di codesto loro uso, non è maraviglia, se sdegnatisi con-
tra chi la chiama canibali e selvaggi} poiché a tali vocaboli ag-
giungono essi nel loro concetto un senso di viltà che non credono
convenir loro.
Fattezze , abiti, ornamenti delle donne.
Le donne sono più picciole degli uomini, assai ben fatte, ma
un po' troppo grasse, vedi la Tavola 67: hanno, come gli uomi-
ni, occhi e capelli neri} faccia rotonda, bocca picciola, denti
bianchissimi, e fisonomia più aperta, più gioviale e ridente di
quella degli uomini *, ciò che però toglie nulla alla loro modestia:
si dipingon anch'esse di rosso, ma non si fanno mustacchi e li-
nee nere: i loro capelli sono legati dietro la testa con una cor-
della. Il perizoma ondato di piccioli grani di vetro di varj co-
lori, e guernilo al basso di una frangia parimenti di granelli di
vetro copre la loro nudità. Questo camisa, nome ch'elleno gli
danno non è più largo di otto o dieci pollici , né lungo più di
quattro o cinque senza comprendere l'altezza della frangia, ed ai
due lati, una cordella di cotone lo tiene legato sulle reni. Por-
tano generalmente al collo molte collane di granelli di vetro di
diverse grossezze che pendono sul seno, e maniglie della stessa
materia ai polsi delle mani ed al di sopra del cubito, e pie-
truzze azzurre o grani di vetro infilati pendenti dalle orecchie.
I fanciulli dell'uno e dell'altro sesso dalla mammella fino all'età
di otto o dieci anni portsn braccialetti ed un cinto di grani di
vetro intorno le reni. Un ornamento riservato alle donne è una
specie di stivaletto di cotone che loro serra la gamba un po' al
di sopra della noce del piede, e che ha quattro o cinque pollici
d'altezza. Vedi la Tavola 68. Verso l'età di dodici anni si dà il
camisa alle ragazze invece del cinto di grani di vetro , cui elleno
portarono fino a questa età, e la madre o qualche parente mette
loro gli stivaletti alle gambe, che non si levano giammai, am-
meno che non sieno consunti o stracciati per qualche accidente:
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 1^3
anzi sarebbe quasi impossibile il levargli, poiché essendo lavorati
sulle loro gambe sono così stretti clie non possono né ascendere
uè discendere 5 e le gambe strette per così fatta maniera , noo es-
sendo ancor giunte in quell'età a tutta la loro grossezza, non
posson crescere cogli anni, e la noce del piede divien più grossa
e più dura di quello che sarebbe stata naturalmente. Questi sti-
valetti, oltre la grossezza del tessuto hanno un orlo alla loro e-
slremità , largo un mezzo pollice al basso, e il doppio ali1 alto,
ornamento che non è senza grazia alle gambe di una donna \ ma
bisogna ch'esse lo conservino per tutta la loro vita , e che lo por-
tino con se anche nella tomba.
Matrimonj .
Una ragazza dacché ha ricevuto il camisa e gli stivaletti, non
conversa più coi fanciulli, ma si ritira presso la madre, né più
se ne allontana. E però cosa rara che in tale età non sia già stata
chiesta da qualche giovane, che la considera allora come sua mo-
glie, aspettando ch'ella possa divenirla realmente. Questa scelta
vien fatta anche in eia di quattro o cinque anni, e quasi sempre
nella famiglia. Per c'ò che spetta ai gradi di consanguinità od
alla pluralità delle mogli è libero ad ognuno , ad eccezione però
de1 fratelli e delle sorelle, il prendere tre o quattro sorelle che
sieno sue nipoti , o sue più strette cugine. Essi hanno per prin-
cipio che le fanciulle allevale insieme si ameranno di più, vi-
vranno insieme con buona armonia , si faranno più volentieri re-
ciproci servigj e serviranno meglio il loro parente e marito.
Ornamenti degli uomini.
Se le collane, i braccialetti, il camisa o gli stivaletti for-
mano l'abbigliamento delle donne, anche gli uomini hanno i loro
ornamenti particolari, che consistono ne'caracoli e nelle piume.
Si crede che il caracoli sia una mescolanza d'argento, di rame e
d'oro: egli è certo che il suo colore non si appanna giammai né
nella terra né nell'acqua. Gli orefici Francesi ed Inglesi hanno
fatto molti tentativi per imitarlo, ma la composizione che ne ri-
sultò è di molto inferiore in bellezza al caracoli de'Ciiibi, che
sembra argento indorato con un so che d'infiammato nel suo
splendore. Le figure che ne fanno sono mezze lune di varie gran-
dezze, secondo l'uso cui le destinano: vedi (a Tavola 68: ne por-
tono una pendente a ciascun orecchio attaccala ordinariamente ad
I 74 COSTUME
una catenella, e la distanza di un corno ali altro è di circa un
pollice e mezzo } in mancanza di catenella gli attaccano con un
fil di cotone passato nel centro della mezza luna : portano un
altro caracoli della stessa grandezza appeso alla cartilagine nel
mezzo delle narici e che batte sulla bocca : anche il labbro in-
feriore è forato e sostiene un quarto caracoli più grande di un
terzo degli antecedenti e che passa per metà il mento: fi-
nalmente ne hanno un quinto aperto circa sei pollici che vieu
attaccato al collo con una cordella, e che pende sul petto. Quando
non portano i caracoli empiono i buchi delle orecchie, dal naso
e dal labbro per impedire che si otturino da se. Alcune volte
portano delle pietruzze verdi nelle orecchie e nel labbro, e se
non hanno né pietre né caracoli vi mettono delle penne di pap-
pagallo. I loro figliuoli portano ne' capelli una quantità di penne
di varj colori , e attaccate in guisa di star ritte sul capo.
Abitazioni.
Le loro case da esse chiamate carbet hanno una forma singo-
lare. Labat che ebbe occasione di vederne una delle più belle,
aggiugne alla descrizione che ce ne fa, una esatta e piacevole
pittura di alcune usanze della nazione. Noi trovammo, dice, una
grande compagnia in questo carbet: erano circa trenta Caribi
che ci si erano radunati per una cerimonia che non abbiam po-
tuto prevedere, e che descriveremo quanto prima. La casa od il
carbet era lungo circa sessanta piedi e larga circa otlantacinque:
i piccioli pali s'innalzavano nove piedi fuor di terra ed i grandi
in proporzione: i travicelli toccavano terra dai due lati j i cor-
renti erano di canne, ed il coperto che scendeva basso fino a terra
era di foglie di palma. Un braccio dell' edifizio era interamente
chiuso di canne e coperto di foglie , eccettuata un'apertura che
guidava alla cucina: l'altro lato era quasi interamente aperto.
Dieci passi lontano da quest'edifizio ce n'era uu altro della metà
di grandezza e diviso in due da un palizzato di canne. Noi vi en-
trammo^ nella prima camera ad uso di cucina alcune donne oc-
cupavansi a far la cassava. La seconda divisione serviva di camera
da letto per tutte queste donne e pei fanciulli che non erano
ancora ammessi nel grande edilìzio: non vi si videro altre sup-
pellettili che ceste ed amache. Queste parimenti erano le uniche
suppellettili dtd gran carbet. Il padrone ed i suoi quattro figli-
DEGLI ABITATORI DELLA C.UJANA 1^5
uoli avevano vicino alle loro amache un cofano, un fucile, una
pistola, una sciabola ed un cerniere. Alcuni Caribi erano occu-
pali a far ceste, e due donne a fare un'amaca. Gli archi, le freccp,
le clave pendevano in gian numero dai travicelli. Il pavimento
era di terra battuta , assai liscio e pulito: eravi un fuoco vivo
verso la metà del carbet , intorno al quale neve Caribi seduti
sulle calcagna, fumavauo, aspettando che il loro pesce posto sulla
bragia fosse colto.
Alcune notizie sulle loro cerimonie funebri.
Essendo giunta anche per noi l'ora del pranzo , così prose-
gue Labat , ordinai ai nostri Negri di preparale una tovaglia, e
vedendo in un angolo del carbet stesa una bella stuoja , pen-
sai che noi potessimo servircene. Ivi dunque feci portare pane,
sale e carne fredda, mi sedei co' miei due compagni di viaggio ,
e mentre cominciavamo a mangiare vidi i Caribi guardarci di mal
ocebio e parlare al padrone con qualche alterazione} gliene do-
mandai la ragione* ei mi rispose freddamente che sotto la stuoja,
sulla quale eravamo seduti, giaceva un Caribo morto, e che ciò
dispiaceva assai a' suoi parenti. Al momento ci siamo alzati, ed
abbiam tosto fatto trasportar altrove le nostre provvigioni, e, con-
tinuando il nostro pranzo , il padrone ci raccontò che tutti quei
Caribi eransi radunati in casa sua per celebrare le esequie di un
loro parente, e che ne aspettavano ancora alcuni altri per com-
piere la cerimonie. Egli è necessario , secondo le loro costuman-
ze, che tutti i parenti di un Caribo morto abbiano dopo la sua
morte a vederlo per assicurarsi ch'essa fu naturale. Se uno solo
non giugnesse ad esaminarlo, la testimonianza di tutti gli altri
non basterebbe a persuaderlo} giudicando al conlrario, che tutti
abbiano potuto contribuire alla sua morte, si troverebbe in dovere
di ucciderne alcuno per vendicarla. Noi osservammo che il nostro
albergatore avrebbe desiderato che questo Caribo non gli avesse
fatto l'onore di scegliere il suo carbet per morire. Gli doman-
dai, s'egli, come loro amico , poteva farci ottenere la grazia di
vedere il morto} venni assicurato che tutti avrebbero acconsen-
tito con piacere purché avessi fatto dar loro da bere. La stuoja
e le tavole che coprivano la fossa furon levate sull'istante: essa
aveva la forma di un pozzo di circa quattro piedi di diametro ,
e di sei a sette di profondità. Il corpo era posto coccoloni: i
/
1 76 COSTUME
suoi gomiti stavano sulle ginocchia, e le palme delle mani soste-
nevano le sue guancie: era lutto dipinto di tosso, colle basette
e colle righe nere: i suoi capelli erano legati dietro la testa: il
suo arco, le sue frecce, la sua clava ed il suo coltello erano col-
locati al suo fianco. Domandai se mi fosse permesso il toccarlo ,
né mi si negò tal grazia} gli toccai le mani, la faccia, il dorso,
e trovai lutto secco e senza alcun cattivo odore, benché appena
spirato non avessero preso altra precauzione che quella di tignerlo
d' oriana. I parenti che trovavansi presenti lo visitarono attenta-
mente, e si stava in aspettazione che giugnessero tutti gli altri
per la stessa cerimonia , e per empiere poi la fossa di sabbia e
chiuderla per l'ultima volta.
Loro cibi e maniera di prepararli e di mangiarli.
Appena che i loro pesci furon cotti , le donne recarono tre
cesie quadre, seuza coperchio, sostenute da quattro piedi, che ser-
vono di tavola e di piatto ai Caribi che le chiamano matatu ,
vedi la Tavola 69. Queste erano piene di cassava fresca : esse
portarono unitamente due gran coiti, l'uno pieno di Taumali di
granchi di mare (1) e l'altro di Pimentada (2), accompagnati da
un gran paniere di granchi bollili, di pesci cotti sulla brace. I
Caribi, ad eccezione de' granchi, non mangiano mai cosa alcuna
bollila nell' acqua, e contenti delle loro salse non fanno mai uso
di sale. Tutte le loro vivande sono colte arrosto o fornicate. La loro
maniera d'arrostire consiste nell' infilzare la carne divisa in tanti
pezzuoli in una spranghetta di legno che piantano nella terra
d'innanzi al fuoco, e quand'essa è cotta da un lato, la rivol-
gono dall'altro. Se si tratta poi di un pollo o di un uccello piut-
tosto grosso , essi sogliono gettarlo nel fuoco senza sventrarlo e
spiumarlo, ed arrostite appena le penne, lo coprono di cenere e
di carboni per lasciarlo cuocere in tale stato. Poscia lo levano ,
ne tolgono facilmente la crosta cui le penne e la pelle formarono
sulla carne, ne estraggono le interiora, e mangiano il rimanente
(1) E la sostanza verdiccia de' granchi di mare, che stemperata eoa
grascia, acqua, sugo di cedro, sale e pimento , compone una salsa attis-
sima ad aguzzare l'appetito.
(») La Fimentada è composta di sugo di manioca bollito con sugo di
cedro in cui mettono molto pimento pesto.
DEGLI AE1TAT0KI DELLE ANT1LLE I 77
siili' .litro preparazione. Il loro esempio, dice Labat, m'indusse
a mangiar più volte di questo arrosto , e l'ho sempre trovato as-
sai sugoso, tenero e di un1 annuii abile delicatezza.
Eia uno spettacolo piacevolissimo il vedere questa banda di
Caribi posti coccoloni come laute simie, mangiare con glande
appetito senza pronunziare una sola parola, e sbucchiare con poli-
tezza e prestamente le più picciole zampe de' granchi. Appena
terminato di mangiare, alcuni andarono a ber dell'acqua, altri
si posero a pipare, altri si gettarono nelle amache, ed alcuni si
misero a far conversazione. Le donne trasportarono i matatu ed
i cou.i\ le ragazze pulirono il luogo in cui si mangiò, e tulle
insieme coi fanciulli andarono in cucina e postesi nell'egual po-
situra degli uomini mangiarono con buon appetito. L'uso di
questi popoli porta che le doline non abbiano a mangiate co' loro
mariti.
Amache.
Le amache de' Caribi sono e per la forma e per la bellezza
del lavoro superiori a quelle degli altri indiani. Esse consisto-
no in un pezzo di grossa tela di cotone lunga circa sette
piedi e larga quattordici avente le estremità divise in 5o o 55
parti, infilate in cordelle appellate ruban. Vedi la Tavola 6j*
Queste cordelle per lo più di cotone ben filato e ben torto sono
lunghe circa tre piedi, e si uniscono insieme nelle estremità per
formare un anello per cui passa una più grossa corda che serve
a sospendere l'amaca a due alberi o a due muri. Le amache
dei Caribi sono d'ordinario tinte d'oriana non solo perchè essi
danno alle medesime tal colore prima di usarne, ma ancora
perchè , avendo essi il corpo tulto tinto di rosso, non pos-
sono coricarvisi senza lasciarvi in parte la loro tintura. Vi di-
segnano altresì tanti spartimenli di nero, e con tanta precisione
che sembrano eseguiti col compasso. Sì fatto lavoro spetta alle
donne: un Caribo sarebbe disonorato se impiegasse il suo tempo
a filare o tessere cotone od a dipingere un'amaca, quindi essi
He lasciano la cura alle donne, cui fa d'uopo molla industria e
molta fatica per fare una tela sì larga.
Maniera d'usarne.
Lia maniera Cariba di attaccare o di stendere un'amaca è di
allontanare le due estremila Puna dall'altra in maniera che colle
Cvst. Voi. IV deW America. 1 2,
I?8 GOSTUME
sue corde faccia un mezzo cerchio, la cui distanza dall' un al-
l'altro capo sia il diametro. S'innalza da terra tanto quanto bi-
sogna per sedervisi come su di una seggiola. Si deve osservare
nel coricaryisi di stendere una mano per aprirla , altrimenti si
farebbe un capitombolo. Non bisogna stendervisi in tutta la sua
lunghezza , di maniera che la testa ed i piedi sieno in linea di-
ritta che segna la lunghezza dell'amaca: tale situazione riuscì-?
rebbe incomoda alle reni: ma vi si corica diagonalmente, lenendo
ì piedi verso un lato, e la testa verso il lato opposto. Allora
l'amaca fa le veci di un buon materasso; si può moversi a
piacimento, stendersi quanto si vuole, e coprirsi ben anche colla
metà dell'Amaca. Se si vuol voltarsi da un lato all'altro, bisogna
cominciar sempre dal porre i piedi dall'altro lato, e voltando
il corpo, si passa sull' altro diagonale. La comodità di questi letti
consiste nel poterli facilmente portare con sé ; nel dormirvi più
al fresco; nel non aver bisogno né di coperta, né di lenzuola,
né di guanciali, e nel non recare imbarazzo in una camera,
poiché appena cessato il bisogno, si può piegarli, due ramponi
di ferro bastano per tenerlo disteso. Labat ne ottenne uno da un
Caribo, e dopo di essersene servito per dieci anni continui e di
averlo fatto passare infinite volte al ranno sembrava tuttavia nuovo.
Egli si fa stupore che non se ne sia introdotto l'uso negli eserciti.
Canestri ec.
Si vantano altresì i canestri che sono lavori degli uomini di
questa nazioue, e che gli Europei resero celebri sotto il nome
di panieri Caribi. Labat ne studiò la fabbricazione a vantaggio
de'nostri artigiani. I Caribi ne fanno di varie dimensioni e figu-
re: alcuni sono lunghi tre piedi e larghi circa venti pollici; al-
tri lunghi otto o dieci pollici e larghi a proporzione : l'altezza
ne' più grandi non oltrepassa d'ordinario i dieci pollici; ma que-
sta dipende dall'uso cui vengon destinati: il fondo è di forma
pjana , i Iati sono diritti e perpendicolari al fondo: il coperchio
è dell' egual figura del rimanente, ma l'altezza ne è minore di
un terzo. In queste ceste i Caribi ripongono i loro piccioli uten-
sili ed ornamenti. Essi adoperano canne o corteccie di lataniere
per fabbricar panieri, matatu, gerle appellate catoli ed altre
suppellettili di simil genere. Il catoli che vedesi nella Tavola 69,
£ una spezie di gerla della quale servonsi le donne per portar
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE I JCk
al carbet manioca , banane , pesci ec. Ce ne ha di due spezie ;
gli uni lavorati eli straforo, gli altri perfettamente uniti, ina tutti
sono senza dossiere; il loro fondo è piano, il rimanente è di fi-
gura piramidale con molti lati } sono leggieri, puliti e bene or-
nati. Le canne o la corteccia di litanie re di cui si fabbricano,
sono tinte a varj colori e messe ia opera a diversi spartimenli a
straforo: i catoli che sono interamente uniti possono contenere
dell'acqua senza che u' esca una sola goccia: vien portato sulle
spalle per mezzo di due galloni di cotone larghi due pollici ed
assai fitti. Il catoli non è usato che dalle donne, ed un Caribo
che Io portasse sarebbe riguardato come un infame. Essi fanno
molli di questi lavori non solo pel loro uso domestico, ma ben
.-indie per venderli e per acquistare in cambio coltelli, accette,
grani di vetro, tela d'Europa e soprattutto acquavite.
Religione de"1 Caribi*
Multo hanno affaticato i Missionarj Europei per farne de' Cri-
stiani e sempre inutilmente. Non è già che parecchi Gai ibi non
si sieno fatti battezzare } a tal cosa facilmente si sottomettevano
di buon animo ^ ma troppo erano attaccati alla loro maniera di
vivere, né sapevano intendere alcun punto della dottrina reli-
giosa che loro si predicava. Per ciò colla stessa indifferenza si
facevano battezzare più volle , se l'occasione loro si offriva dì
compiacere altrui, o di ricevere qualche bicchier d'acquavite, poi
perdevauo ogni memoria del battesimo avuto. Non dirassi però per
questo che affetto ad altra religione in essi prevalga. Essi por-
tano un certo qual rispetto al sole ed alla luna , ma senza ado-
razione e senza culto, e non hanno né templi né altari. Se hanno
qualche idea di un Essere Supremp, lo credono tranquillo nel
godimento della sua facilità, e sì poco attento alle azioni degli
uomini, che non pensa neppure a vendicarsi di quelli che l'of-
fendono. Riconoscono però, dice Labat, due sorta di spiriti, gli
uni benefici che stanno in cielo, e de' quali ogni uomo ha il suo
per custode :, gli altri di maligna natura, che, durante la notte
se ne van girando per l'aria, non hanno alcuna slabile dimora,
e non si occupano che di recare altrui nocumento. Questo senti-
mento di un potere superiore è mischiato a tante stravaganze che
fan torto ali? umana ragione. Sogliono offrire agli spiriti benefici
della cassava e del fumo di tabacco: gli invocino per ottenere
1 80 COSTUME
la guarigione delle loro malattie, pel buon esito delle loro im-
prese, e per poter condurre al desiderato fine le loro vendette.
I loro sacerdoti , o per meglio dire , i loro medici e indovini ,
appellati Boye^ hanno le loro particolari Divinità, di cui vantano
il potere e ne permettono l'assistenza, in ispezie contra la mali-
gnità de' Maboya che sono gli spiriti malefici (i). 1 Caribi danno
ai Maboya un'origine che rinchiude la loro opinione sulla na-
ima dell'anima. Ogni uomo , dicono essi , ha nel corpo tante
anime quante sono i luoghi delle pulsazioni delle arterie: la prin-
cipale sta nel cuore, da dove dopo morte se ne va al cielo sotto
la condotta del genio bene6co , che durante la vita gli servì di
guida, e colà essa gode una felicità, cui paragonano alla più fe-
lice vita che si possa condurre sulla terra. Le altre anime che non
riseggono nel cuore, si spandono nel!' aria} le une sopra il mare
ove cagionano le procelle ed i naufragi , le altre sopra le terre
e le foreste ove fanno tutto il male possibile. Le idee de'Caribi
non si estendono più oltre} ma si crede di scorgervi, ch'essi ri-
guardino 1' anima del cuore come il principio di lutto il bene che
vien operato dall' uomo, e le altre anime come sorgenti dei viz]
e dei delitti.
Loro governo.
Il governo de'Caribi non è meno barbaro della loro religione
e delle loro costumanze : essi hanno in ciascun' isola molti capi-
tani che sono ordinariamente i capi delle più numerose famiglie
e la cui autorità non è riconosciuta che in tempo di guerra. Il
(i) Essi hanno, dice Du-Tertre, certe figurine grottesche di cotone,
per la cui bocca , siccome asseriscono ì Maboya , loro parlano. Lo stesso
Du-Tertre aggiugne. » Il signor di Parquet , Luogotenente-generale di
S. M. nella Martinica , mi assicurò che i Caribi di quest' isola avevano
trovato entro caverne certi idoli di cotone, in forma d'uomini , ( vedi la
Tavola 70) cui essi dicevano essere gli Dei degli Igneri, antichi abitatori
del paese, e che nessuno de' Caribi ardiva entrare in quelle caverne ec.
II signor di Parquet trasportò questi idoli , che furono poi causa di uno
spiacevole avvenimento; poiché avendoli posti in una cassa eh* ei diede
ad un capitano di S. Malo con ordine di portarli al duca d' Orléans } que-
sto disgrazialo capitano fu preso da una fregata di S. Sebastiano e con-
dotto in Ispagna ove a cagione di quelle figure tenute per idoli fu messo
nelle carceri dell' inquisizione, e sarebbe stato, qual fattucchiero, rigorosa-
mente punito, se le lettere di quel governatore al Duca non avessero
scoperta la sua innocenza.
DEGLI ABITATORI DELLE AKTILLE 1 8 I
nome di Cacico che i primi Spagnuoli presero dai Caribi, e die
Inumo portato in tutte le loro colonie, non è più che un vano
titolo, al quale non sta annesso né potere ne prerogativa di sorta
alcuna. Ciononostante ogni isola ne ha alcuni , rare volte però
più di due. Il capitano generale viene scelto all'avvicinarsi di una
guerra ', durante la pace un Cacico non è distinto dagli altri ca-
pitani che pel suo titolo, e per una certa qual considerazione che
segue naturalmente il merito che si suppone in lui: è necessario
per divenir Cacico essersi distinto più volte in guerra: aver su-
perato tutti i suoi competitori alla corsa ed al nuoto } aver por-
tato più gravi pesi , e soprattutto aver dimostrato maggior pa-
zienza nel soffrire vaij generi di patimenti. Il Cacico che in
occasione di guerra divien capitano generale, ne ordina i prepa-
rativi, raduna il consiglio, ed occupa sempre il primo grado. Ma
in una nazione senza leggi , e senza un certo qual potere pel
mantenimento delle usanze, ogni cosa è soggetta a variare a se-
conda de'tempi e delle circostanze.
Armi.
Le armi de' Caribi sono gli archi, le frecce, la clava da essi
appellata buton (i) , ed il coltello cui portano nella cintura , e
più soveute in mano. Vedi le Tavole 67 e 70. La loro allegrez-
za è estrema quando possono procurarsi uno schioppo. I loro ar-
chi sodo lunghi circa sei piedi , hanno le due estremila rotonde
perfettamente con due tacche per tener ferma la corda. La gros-
sezza aumenta egualmente dalle due estremità andando verso il
mezzo che è di figura ovale nel di fuori e piatto nel di dentro f,
di maniera che il luogo che sostiene la freccia ha un pollice e
mezzo di diametro. L'arco è ordinariamente di legno verde o di
uno spazio di legno di lettre , il cui colore assai bruno è mi-
schiato di alcune onde di un rosso carico. Questo legno è com-
patto e pesante , e vien da essi lavorato con eleganza , spezial-
mente dopo che il commercio cogli Europei procura loro stro-
menti di ferro invece di pietre taglienti ch'essi adoperavamo prima
per intagliarlo. La corda sempre tesa lungo dell1 arco ha due o
Ire linee di diametro. Le frecce sono composte dello stelo che le
(1) Secondo Du-Terlre Butu , dalla quale paiolo gli Europei fecero
Buton.
182. COSTUME
canne mettono per fiorire: sono lunghe circa Ire piedi e mezzo,
compresa la punta , che fa parte separata , ma innestata e forte-
mente legata con filo di cotone. Questa terribile punta è di legno
verde lunga circa otto pollici, e grossa quanto la canna nel luogo
della loro unione, dopo che diminuisce insensibilmente fino al-
l'estremila che è assai acuta e tagliuzzata in picciole tacche, le
quali senza impedire alla freccia di entrare in un corpo , non
permettono di cavamela senza allargare di molto la ferita. Ben-
ché tal legno sia naturalmente durissimo , pure per accrescerne
la durezza lo mettono nella cenere calda , la quale consumando
a poco a poco l'umidità, termina col chiuderne i suoi pori. E
cosa rara che i Caribi ornino le loro frecce di penne : non si
dimenticano però d'avvelenare quelle di guerra. Le frecce usate
dai Caribi per la caccia de'grossi uccelli hanno la punta liscia
né sono mai avvelenate: quelle di cui si servono pei piccioli uc-
celli hanno l'estremità rotonda che gli uccide senza ferirli e senza
guastar loro le penne.
La clava delta buton è lunga circa tre piedi e mezzo, piatta ,
grossa due pollici in tutta la sua lunghezza, eccettualo il manico
che diminuisce alquanto: è larga due pollici all'impugnatura e
di circa cinque all'altra estremità: è fatta di un legno pesantis-
simo: incidono vaij ornamenti sui Iati più larghi, ed empiono i
tagli di molti colori. Vedi le Tavole 69 e 70. Un colpo di bu-
ton spezza un braccio, una gamba, spacca la testa in due parti,
ed i Caribi servonsi di quest'arma con molta forza e destrezza. I
fanciulli dei Caribi hanno archi e buton proporzionati alla loro sta-
tura ed alla loro forza: si esercitano per tempo a trar d'arco,
e dalla prima loro gioventù vanno a caccia degli uccelletti senza
quasi mai sbagliare il colpo.
Loro destrezza al nuoto.
I Caribi destri in ogni cosa Io sono spezialmente al nuoto :
sembra che sieno nati nell' acqua e per l1 acqua. Se vuoisi sopere
fin dove giunga la loro sveltezza ed il loro coraggio, basta con-
siderale come assaltano uno de' più grossi e de' più voraci pesci
del loro mare, e ne facciano loro preda (1). Chiamasi questo
(1) V. Prevosti Hist. des Voyoges, Tom. XXIII. pog. i/,4, edit. d'Am-
sterdam , 1777.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE l83
pdsee zigena , lungo talora venti piedi, e grosso quanto un ca-
vallo, simile di forma dal collo alla coda al pesce cane, ma
colla testa in proporzione più grossa assai, più larga e quasi a
figura di un mantello , con due occhi piantati alle due estremità^
tondi e grossi molto, e spaventosissimi pel fiero movimento con
cui li volge. Larghissimo è la sua gola armata di due fila di
denti acutissimi e lunghi. Oltre ciò, questo terribil mostro è agi-
lissimo nelle sue mosse e furioso quanto ferie. Ora il Caribo ar-
disce affrontarlo cacciandosi a nuoto ove il discopra } e armato di
due bajonette, una per mano, tosto che il vede muoverglisi con
impeto contro, s'approfonda sott'acqua e va a ferirlo nel ven-
tre. Il dolore accresce la ferocia naturale del mostro che, agi-
tando orribilmente l'acqua d'intorno, cerca il nemico, e spa-
lanca l'immensa gola per divorarlo. Il Caribo si approfonda di
nuovo sott'acqua, e va di nuovo a ferire il suo nemico in qua-
lunque parte possa colpirlo. Il mare intanto rosseggia di sangue^
e forma tanti vortici , quanti fa giri la zigena per giugnere al
suo assalitore. Ma dopo una mezz'ora di lotta , perdute le forze^
vedesi venire a galla supina: il Caribo che le ha attaccata una
corda alla coda , con essa incomincia a strascinarla verso terra. Gli
spettatori di questo combattimento accorrono coi loro canotti a
celebrare con festa il trionfo del valoroso.
Descrizione delle piroghe e delle bacassa.
Le piroghe e le bacassa sono i loro legni di mare: Labat ce
ne diede una lunga ed esatta descrizione. Le piroghe Caribe,
egli dice, sono assai meno grandi delle bacassa, quelle che ei
Vide erano lunghe 29 piedi e larghe circa cinque piedi nel mezzo:
le due estremità terminavano in punta, ed eran più alle del
mezzo dai i5 ai 20 pollici: erano divise da nove banchi o ta-
vole, e di dietro a ciascuna, in distanza di circa otto pollici, e
un po' più alto della tavula erano de' bastoni grossi un braccio,
le due estremità ficcate nei lati della piroga servivan alle mede-
sime di sostegno, lenendole sempre in eguale distanza e servivan
d'appoggio a quelli che seggono sulle tavole: gli orli in alto erano
forniti di molti buchi guernili di corde per sostenere le baga-
glie. Le bacassa sono lunghe circa l\i pieJi e larghe sette: il
davanti è aito ed acuto poco a presso come quello delle piroghe 5.
ma il di dietro è piatto, e taglialo in poppa, con uua testai
1 84 COSTUME
d'uomo in rilievo ,; ordinariamente malissimo eseguita, ma di-
pinta di bianco^ di nero e di rosso: i bandii non differiscono da
duétti delle piroghe: ma gli orli delle bacassa hanno un'eleva-
zione di tavole di circa i5 pollici che accresce di molto la gran-
dezza della nave. Tanto le piroghe quanto le bacassa sono senza
timone: il Caribo che le governa, sta seduto od in piedi alla
poppa e le dirige col pagallo (i) più grande di un terzo di
quelli ch'essi adoperano per vogare. Le piroghe hanno ordinaria-
mente due alberi e due vele quadre: le bacassa hanno tre al-
beri , e sovente vi si metton picciole vele di gabbia. Grandissima è
l1 abilità de' Cu ibi in mare, e Labat ne porta qualche esempio.
Le nozze, funerali, le danze e le feste de' Caribi non dif-
feriscono tanto dalle usanze degli altri Indiani, da meritare par-
ticolari osservazioni. Devesi però notare, in onore della loro na-
zione, che essi non mangiano i loro nemici in guerra che nel
trasporto del trionfo e sul campo stesso della vittoria (2), che
trattano con umanità non solo i forestieri che vanno nelle loro
isole, ina ben anche i prigionieri fatti senza resistenza, e che
dimostrano spezialmente molla compassione per le donne e pei
fanciulli. Il timore che hanno di essere sorpresi dagli Europei e
cacciati dalle isole che tuttavia rimangono in loro potere, gì' in-
duce a tenere sulle loro coste alcun corpi di guardia per isco-
prire i legni stranieri che se ne avvicinano. Se li credono loro
nemici si radunano per difendere i loro possedimenti, non mai
con forza aperta e con truppe regolari, ma con imboscate, fa-
cendo da prima cadere sui medesimi una tempesta di frecce, ed
impiegando poscia i loro buton con tutta la furia immaginabile.
Se trovano una resistenza che li metta in forse dell'esito , se ne
fuggon tosto ne' loro boschi e nelle loro rocce, aspettando una
più favorevole occasione per sorprenderli e indurli a lasciar loro
libero il possedimento dell'isole.
(1) Sorta di remo corto e largo assai di cui servonsi gli Americani per
le loro piroghe.
(2) Essi si saranno in oltre ben guardati dal mangiare de'frati , sep-
pure è vero il fatto che ci vien narrato dal P. Du-Tertre. » I Caribi, egli
dice , fecero una discesa in Portorico ove uccisero un religioso del mio
ordine; quo' che lo avevano mangiato morirono per la maggior parte, e
que' pochi che sopravvissero furono poscia toi mentati da gravissime iiia-
1 ittie ».
DEGLI ABITATOni DELLE ANTILLE 1 85
Descrizione topografica delle Antille.
Dopo di aver brevemente esposto tutto quanto abbiam potuto
raccogliere sull'origine, sul carattere, sulle costumanze de'Caribi,
noi daremo principio alla descrizione topografica delle Antille col
cominciare dalla più grande e più occidentale di quelle isule.
L? isola di Cuba.
Cuba, che per la sua estensione è la più considerabile fra le
grandi Antille, si estende da ponente a levante, ed ha la Florida
e le Lucaje a tramontana, l' Ispaniola a ponente, la Giarnaica e
il continente meridionale a mezzodì , ed il golfo del Messico a
levante. E situata fra il 19 , 3o e i 23 gradi di latitudine set-
tentrionale, e fra i 70' 20' e gli 87 di longitudine occidentale.
Herrera dice , che è lunga 23o leghe , 4° nella sua parte più
larga e 12 dove è più stretta. Malte-Brun che la dice vasta quasi
come la Gran-Bietagna le assegna 280 leghe di lunghezza e dalle
20 alle /io di larghezza. Quest'isola fu scoperta dal famoso Co-
lombo che non la esaminò che superficialmente , ma la sua di-
mora , benché breve , fu fatale agli indigeni , poiché essendogli
stato presentato dell'oro, ne furono portati alcuni pezzi in lspa-
gna, e ciò diede motivo ad un'immediata risoluzione di stabilir-
visi: ciò che venne eseguilo nel 1 5 z 1 da Gio. Velasquez, il quale
vi trasportò circa 5oo fanti ed 80 cavalli. Questi era un uomo
altiero , crudele , inesorabile: il degno Vescovo di Chiapa , che
fu testimonio oculare della sua barbarie , fece palese al mondo
le inaudite crudeltà degli Spaguuoli ed il gran numero d'inno-
centi sagrificali alla loro avidità d'impossessarsi di tutta l'isola e
di tutte le sue reali o supposte ricchezze.
Coloro che ora le accordarono maggior popolazione, non le
diedero più di 72210. abitatori, iByw. de' quali Bianchi e per-
soue di colore libere, e /j65m. schiavi (r). Se questa valutazione
era giusta nel 1794? l'isola, parte in grazia del gran numero di
coloni e di schiavi novelli che ha ricevuti , deve al presente
racchiudere un milione di abitatori. Una catena di montagne
traversa l'isola da levante a ponente} ma le terre presso al mare
sono in generale basse ed inondate nelle stagioni delle pioggie.
Questa superba isola ha fama di essere la più ferace di tutte
(1) Communications concernine Cuba etc. London.
1 86 COSTUME
le Antille} il suo clima è caldo ed asciutto, ma più temperato
di quello di San-Domingo, per cagione delle pioggie e dei venti
settentrionali ed orientali che lo rinfrescano. Conviene eccettuarne
alcune valli esposte al mezzodì ed arse dalla riverberazione delle
rupi.
Minerali.
Gli antichi storici vantano Toro 6no di quell' isola, ed havvi
tradizione che i cannoni del forte El-Morro sieno stati fatti di
rame indigeno (i). Una maniera cavata a' dì nostri ne' contorni
di San-Yago-dc-Cuba, diede argento grigio, calamita, malachiti
seriche e cristalli di rocca color di topazio (2). Nella giurisdi-
zione dell'America si è scoperta da poco una miniera di ferro
d'ottima qualità. Vi si trovano molte acque calde minerali ed
abbondanti saline.
Vegetabili.
Ma le ricchezze attuali dell'isola sono le sue eccellenti e
numerose zuccheriere , che danno da due a tre milioni cT ar-
robas di zucchero finissimo. Esso abbonda ancora di manioco,
mais , anice , cotone , caccao , caffè e tabacco preferibile ad
ogni altro d'America. Vi si veggono tutti gli alberi e vegeta-
bili delle Antille, particolarmente la bella palma reale. L'isola
somministra ai cantieri di Spagna magnifico legname da costru-
zione. Da mezzo secolo in poi vi furono introdotte le api dagli
emigrati della Florida , ed ora se ne esporta già una quantità
considerabile della più bella cera bianca. Fra le fruita è assai
nominato 1' ananas. (3). Non si trova in tutta 1' isola un solo
animale velenoso e feroce.
Abitatori antichi.
I primi abitatori erano pacifici, timidi, non conoscevano l'ab-
bominevole costume di mangiar carne umana , e detestavano il
furto e la lussuria. Herrera ci dice, che erano un'ottima razza
di gente ed inclinata al bene. Avevano, egli prosegue, i loro
Principi e città di due o trecento case, con diverse famiglie in
ciascuna di esse. Non avevano ne templi, né idoli, né sacriti? j j
(i) D. Ferrèr, nel Yiajero universal, XX. pag. 90.
(2) fiescourtils, Voyage d' un naturaliste, I. pag. 339.
(3) Viajero universal, pag. 98 e 100.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE l$j
ma solo medici o sieno sacerdoti scongiuratori , i quali , come
credevano , comunicavano collo spirito malefico che rispondeva
alle loro domande. Questi scongiuratori, detti Behiques , induce-
vano i popoli in mille superstizioni e stoltezze, curando i Mulatti
col respirar sopra loro, e col borbottare alcune parole fra i denti;,
o col fare altre tali esterne operazioni (i).
Abitatori moderni.
Oggidì i coloni di Cuba sono i più industriosi ed attivi di
lutti gli altri dell'isole Spagnuole. Le donne sono affabili e vivaci,
quelle delle classi inferiori vanno pochissimo coperte } anzi le
dame pur esse nell'interno delle loro abitazioni non sono vestite
che di leggieri veli. Nelle campagne l'ospitalità degli abitatori
obbliga il viaggiatore a sedere alla tavola di famiglia, e sonovi
sempre posti riservati per chi passa.
Città principali.
La città d'Avana è popolata dì jora. abitatori , ed è resi-
denza del Governatore, di una università e di un dipartimento
della marina: il suo porto che è il migliore dell'America, può
contenere mille vascelli, e domina la via della Nuova-Spagna per
mare, a levante, ove appunto non ci ha stabilimento marittimo.
Ristretto e difficile ne è l'ingresso guernito di fortini, il princi-
pale de'quali è quello di Morrò. Puerto-del-Principe, verso la
metà della costa settentrionale, contava vent'anni sono trentamila
abitatori, e promette di crescere tutti i giorni. Sart-Yago-de-Cu-
ba, capitale ecclesiastica dell'isola, è fabbricata sulla costa me-
ridionale in fondo ad una bella baja, sopra un porto comodo e
sicuro. E popolata da circa ventimila anime, e dà al commercio
zucchero e tabacco che sono famosi. La città di Bayamo , che
è la quarta dpll' isola, conta dodicimila abitatori. Matanzas , la
Vega, Trinidad, e quattro o cinque altre città posseggono cia-
scheduna la mela di questa popolazione.
La Giamaica. Nome.
L'isola della Giamaica per la sua estensione e la terza dello
Arcipelago delle Anlille. Essendo essa stata scoperta da Colombo
nel 1 494? nel suo secondo viaggio dalla Spagna a questa parte
di mondo, le cangiò il nome di Jamaica in quello di S. Jago,
(i) V. Gazzettiere Americano. Art. Guba.
1 88 COSTUME
che ritenne finché fu nelle mani degli Spagnuoli, cioè a dire i5o
anni. Ma dopo che ne furono spogliati nel i656 dagli Inglesi ,
durante l'usurpazione di Crornwell, con una flotta, che era piin-
cipalmente destinata per la riduzione della Spagnuola , sotto il
coniando di Penn e Venables , riprese la sua antica denomi Da-
zione (i). Dopo di questo gli Spagnuoli cedettero 1' isola alla
Corte Britannica, e 1' industria Inglese la rese delle più floride,
ma non pareggiò mai la fertile Sao-Domingo.
Situazione , estensione.
Essa è situata fra il grado 78 20' ed il 80 4&' di longitu-
dine occidentale, e fra il 17 e 19' di latitudine settentrionale da
levante a ponente : è lunga circa 46 leghe ed è larga nel mezzo
circa venti diminuendo a poco a poco verso le estremità quasi a
guisa d' uovo.
Montagne.
Una catena di scoscese montagne composte di rupi rovesciate
l'una sull'altra da frequenti tremuoti, la traversa in tutta la sua
lunghezza. Fra i nudi macigni che stanno sulla superBcie sorge
una grande quantità d'alberi superbi che presentano l'aspetto di
una primavesa perpetua, ed alle loro falde zampillano moltissimi
ruscelli lìmpidi e chiari , le cui numerose cascate scorrenti fra
le verzure, formano, colle eminenze che le attorniano, il più bel
paesetto che mai si possa immaginare. La grande catena di mon-
tagne è appoggiata ad altre che diminuiscono gradatamente *, i
colli inferiori sono pieni di rigogliose piante di caffè, e più sotto
ricchissime piantagioni di zucchero stendonsi a perdita d' occhio
nella pienura. Le savane, il cui fondo consiste in creta argillosa,
producono un'erba folta e bella, che, secondo il signor B>?ckfort,
ricorda le praterie d'Inghilterra. Ciò che si chiama terra da pie-
tra cotta è un misto d'argilla e di sabbia grigiastra} quel terreno
(1) Gl'Inglesi osservano (così nell' Ilist. Generale des Voyages, tom.
XXIII. edit. cit.) essere un errore comune alla maggior parte dei Geografi
il prendere il nome Jamaica per l' antico nome Indiano di quest' isola.
Ognuno sa , dicon essi , eh' essa venne chiamata da Colombo Sant-Jago,
vale a dire S. Giacomo; e di James che significa Giacomo o Jago, nella
loro lingua, essi hanno l'alto Jamaica , nome ammesso poscia da tutte Le
altre nazioni.
DEGLI IBITATOIII DELLE ANTILLE 189
è spezialmente adallato alla coltivazione della cannamele (i).
Nelle montagne vicine a Spauish-Town sono acque termali rino-
male } nelle praterie trovami parecchie sorgenti di sale \ il piombo
è fino ad ora il solo metallo che sia slato scoperto.
Clima.
Il clima della Giamaica è più temperato che nelle altre isole
Caribi} uè vi è paese fra i tropici, dove il caldo sia meno inco-
modo essendo l'aria continuamente rinfrescata dai venticelli di
levante, da frequenti piogge e dalle rugiade notturne. Si osservò
già da lungo tempo che le parti orientali e occidentali dell'isola
sono più soggette ai venti ed alle piogge. L'aria nelle parti mon-
tuose è assai più fresca, e sovente le mattine uon vanno esenti
da brine. Quantunque piova frequentemente di gennajo, non o-
stanle il maggio, l'ottobre e il novembre sono i mesi che si di-
stinguono col nome d'inverno, per ragione delle piogge e dei
tuoni che sono più violenti in un tempo che in un altro. Du-
rante tutto l'anno di mattina fa un caldo eccessivo fino verso le
otto ore quando cominciano a spirare i venti di levante, i quali
crescono gradatamente fino alle ore dodici circa, e durano cosi
fino alle due o alle tre, cominciando dopo a mancare fino alle
cinque circa, finché cessano interamente, e non tornano più fino
alla mattina seguente (2). Le tramontane gagliarde portano lem-
peste con grandini grossissime} lampeggia quasi ogni notte, ma
senza molti tuoni} e questi quando cominciano fanno un rumore
terribile. I terremoti non son qui comuni come nella Spagnuo-
la, però quando accadono, vi arrecano guasti orrendi , come fe-
cero particolarmente nel 1692. Un avvenimento tanto singolare
merita d'essere riferito con una parte delle sue circostanze (3).
V vacano del 1692.
Un tremendo uracauo accompagnato da tremuoto orribile venne
in tal anno a conquassar quest'isola per modo che sarebbe dif-
ficile trovar nella storia più disastroso avvenimento. Non sola-
(1) Bryan Edward*, History of the West-Indias, II., 2o5.
(2) Vedi sul clima di quest'isola le curiose osservazioni del Dottore
Stubbs comunicate alla società Reale di Londra. Se ne trova un estratto
nel tom. XXIII. 6opraccit. della Storia Generale de' Viaggi.
(3) Le particolarità di questo avvenimento liovansi nelle Transazioni
filosofiche, toni. II, pag. 411 e 412,
I QO COSTUME
mente le onde del mare sì rovesciarono sulla costa , e seppelli-
rono entro i loro vortici campi, abitazioni, piantagioni e quanto
eltro incontrarono} ma caddero le montagne stesse, alcune sfa-
sciate, altre inghiottite nelle viscere della terra} altre dianzi di-
stanti tra loro si congiunsero} e dove i fiumi restarono asciutti,
e dove ebbero colmati i letti, obbligati ad arrestare il corso delle
loro acque che, alzatesi perciò, produssero non meno ruinosi al-
lagamenti. E il suolo stesso in molte parti si aprì , mandando
colonne d'acqua, che all'ampiezza di un fiume alzavansi in aria
ammorbando tutto di un odor fetidissimo} e qua e là spaiarono
in un momento piantagioni di diecimila e più acri } e dove si
ebbero laghi che prima non erano, dove s'ebbero orrendi abissi.
Per più di due mesi durarono , ripetendosi le tremende scosse.
Si contavano perite tredicimila persone senza dire altre migli.ja
d'infelici morti di malattie contratte e da vapori pestiferi, e dal
dolore di tanto infortunio. E mentre sulla terra le città rove-
sciavansi , i vascelli ancorati ne'porli , o furono spezzati violen-
temente, o cacciati in terra, alcuni sulle case che minavano } al-
tri meno sfortunati , ricondotti in alto mare , nella convulsione
medesima da cui le acque erano comprese, trovarono scampo } e
il mare intanto videsi all' intorno dell'isola coperto di milioni
d'alberi, non si sa se spinti dai venti, o balzati diille agitazioni
della terra.
Vegetabili.
Ma l'umana industria ha saputo risarcire l'isola di tutti i
danni sofferti } ed essa è risorta più bella e più ricca di prima.
Dà la Giamaica zucchero più lucido e fino di quello della Bar-
bada, ed è la più vantaggiosa produzione dell'isola. Molte volte
abbiam parlato di questo importante vegetabile, ma non ci siani
mai trattenuti nel descriverne la coltivazione , e le varie opera-
zioni ch'esso richiede onde ottenere quel dolce sugo che vien poi
convertito in zucchero} per la qual cosa trattandosi qui, come si
disse , della più vantaggiosa produzione di quest' isola noi non
vogliamo por fine al costume dell' America senza dare un esatto
ragguaglio anche di questa fabbricazione} ciò che noi eseguiremo
senza dipartirci da quanto ci vien riferito dal più volte lodalo,
signor Conte Casliglioni.
Una specie di canna poco dissimile da quella delle nostre
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 10,1
paludi è la pianta die produce il vero zucchero, alla quale Lin-«
neo diede il nome di saccharum officinarum (i). Non è bvn
deciso , se fosse conosciuta dagli antichi questa sostanza da noi
così comunemente usala.
Epoca della introduzione della pianta cannamele-
L'epoca della prima introduzione è affatto oscura \ alcuni però
credono che lo zucchero sia stato la prima volta scoperto nelle
isole Canarie, dove cresce spontaneamente, dagli Spagnuoli e dai
Portoghesi, quando incominciarono a negoziare lungo le coste
dell' Africa, e che questi ne trasportassero le piante nella Spagna
e nel Portogallo. La coltivazione di questa utile canna era assai
ristretta infino alla scoperta d'America, da quel tempo in poi le
piantagioni di zucchero crebbero a dismisura, È spontanea questa
pianta nell'Africa, nelle Indie Orientali e nell'Arabia felice, come
pure, secondo alcuni botanici, nelle parti meridionali dell'Ame-
rica. Nella Nuova-Spagna , nel Brasile , e in quasi tutte le An-
tille è al dì d'oggi coltivata in grandissima abbondanza, formando
la maggiore e più ricca produzione di quelle parti.
Descrizione della detta pianta ec.
La pianta dello zucchero caccia dal piede molte canne di
quattro a sei braccia in altezza, liscie, lucide e piene di un mi-
dollo sugoso e biancastro di sapor dolce. Le; sue foglie sono lun-
ghe e strette a guisa di quelle della canna palustre, disposte al-,
ternativamente a nodi , colla punta hiuga ed acuta. Vedi la Ta-
vola ji. Quando essa fiorisce, il che succede dopo undici o do-
dici mesi , getta dalla sommità una pannocchia di fiori color
d'argento. Si propaga coi colmi snudati dalle loro foglie, i quali
si tagliano in pezzi lunghi dai quindici ai diciolto pollici, pian-
tandoli alla distanza di qualche piede ed alla profondità di sei
a sette pollici. Il terreno deve esser molle, leggiero ed umido •,
vi si fanno dei solchi , e si piantano i pezzi suddetti obliqua-
mente, perchè dalle gemme dei nodi possono uscire i nuovi getti.
Nel termine di 14 a 18 mesi prendono il color giallo, segno
della loro maturanza , ed allora si tagliano- giacché lasciandoli
più lungo tempo, s' induriscono, ed il loro sugo diventa di qua-
(i) Vedi la Storia delle piante forestiere (del signor Conte D. Luigi
Cusliglioui Presidente delPlmp. li. Accademia di Belle Arti iu Milano Ju
192 COSTUME
lità inferiore. Bisogna ben osservare die non s' introduca nelle
piantagioni di zucchero alcuno di quegli insetti che ne guastano
re piante, e procurarne sollecitamente la distruzione (1).
Coltivazione.
Le campagne, dove si pianta lo zucchero, sono generalmente
di cento passi in quadro, e fra l'una e l'altra si lascia un co-
modo sentiero pel passaggio delle carrette , che devono traspor-
tare le canne al mulino. La casa del padrone è d* ordinario si-
tuata su di un'altura, vedi la suddetta Tavola, che domina la
campagna, e si preferisce una situazione vicina a qualche fiume,
o grosso ruscello per costruirvi il molino e gli altri luoghi ne-
cessari alla manifattura. Le capanne dei Negri sono distribuite in
linea, ed alquanto lontane fra loro per impedire quanto è possi-
bile gì' incendj: la coltivazione di una piantagione mediocre, cioè
di \[\o e i5o campagne di canne , esige cento e centoventi Ne-
gri disposti in tre classi, la prima delle quali comprende i fah-
bricatori, e raffinatori dello zucchero, la seconda gli artigiani, e
la terza i coltivatori, che sono divisi in truppe dirette da un Ne-
gro col nome di Comandante. La situazione del terreno, la sta-
gione, le malattie dei Negri ne fanno variare la rendita. Si può
però calcolare che una piantagione di i5o campagne con cinque
caldaje per purgare lo zucchero, e 120 schiavi, può rendere un
anno per l'altro 4^ a 5om. lire d'Italia.
Maniera di estrarre il sugo dalla cannamele.
Tagliate le canne vicino alla radice, si spogliano delle foglie
e della pannocchia , e quindi si legano in fascetli per traspor-
tarle al mulino , avendo attenzione , che i pezzi di canna siano
da un braccio e mezzo a due braccia in lunghezza, e che se ne
tolga appena quella quantità, che possa occupare il mulino per lo
spazio di 24 ore} poiché altrimenti le canne rimaste fermentano,
e divengono acide.
Mulini.
Si fa girare il mulino per mezzo dell'acqua , vedi la fig. 1
della Tavola 72 , o del vento , vedi la fig. 2 della Tavola sud-
(1) La formica, fra gli altri insetti, detta da Linneo saccharhora fa
grande strage delle piantagioni di zucchero passando da un terreno all'al-
1 10 e formando i suoi nidi nelle canne medesime col distruggerne il mi-
dollo , e farle marcire.
V
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE I Cj3
detta, ovvero anche coi cavalli e co' buoi , vedi la Tavola ^3,
ed è composto di tre cilindri di legno coperti di grosse lamine
di ferro posti verticalmente, e messi in moto da una ruota, la
quale facendo girare il cilindro di mezzo, che è il più alto e il
più grosso, fa rivolgere gli altri due in senso contrario. Un Ne-
gro situato alla parte anteriore del molino introduce le canne fra
il cilindro di mezzo ed uno dei laterali, dove si schiacciano, e
si ricevono da un altro Negro, che le piega, e le fa ripassare
framezzo al cilindro opposto, In tale modo se ne ottiene tutto
il sugo, e la canna schiacciata allora detta bagassa , vien posta
in un luogo coperto, perchè si secchi, e si serva per accendere
i fornelli. Il sugo spremuto dalle canne, discende per mezzo di
un canaletto in un recipiente o caldaja, da dove si toglie per
purificarlo col fuoco. Questo sugo chiamasi vino di canna , e
più comunemente vesou: esso è un liquore molto gustoso , e che
si crede salubre. Dipende dalla maturità delle canne e dal ter-
reno in cui crescono, che sia diversa la qualità del vesou , il
quale ha perciò bisogno d'essere più o meno chiarificato e di-
grasssato per mezzo della cottura, perchè il sale essenziale si possa
separare dallo sciloppo e cristallizzarsi. Si noti che di tempo in
tempo conviene lavare i cilindri, giacché il vesou è soggetto a
fermentare ed inacidire} per la qual cosa non si deve lasciarlo
riposare lungo tempo senza cuocerlo.
Maniera di purgarlo.
Quest'operazione si fa nel modo seguente. Sonovi sei caldaje
appoggiate sopra altrettanti fornelli, la prima delle quali è la
più grande, e le altre vanno a mano a mano diminuendo così in
grandezza come in profondità. La caldaja detta la grande^ serve
alla prima purificazione del vesou ^ che vi si ripone all'uscire
che fa dal mulino, aggiugnendovi calce e cenere in quantità suf-
ficiente. Si fa bollire il tutto leggermente, si schiuma il liquore
e facendolo passare da un panno, s'infonde nella seconda cal-
daja chiamata la propre , dove collo slesso metodo maggiormente
si purifica. La terza dicesi la lessive, perchè vi si aggiugne una
forte lisciva, che genera una maggiore quantità di schiuma, e
rende il liquore più puro. Flambeau è il nome della quarta cal-
daja , dove il liquore esposto ad un fuoco più vivo forma delle
bolle chiare e trasparenti con poca schiuma. La quinta caldaja
Cost. Voi. IV deW America. 1 3
1Q^ COSTUME
chiamasi la siropì perchè ivi il vesou prende la consistenza dello
sciloppo: e l'ultima detta la batterie serve a perfezionarne la
cottura ed a purgarlo per mezzo della lisciva ed acqua di calce
che vi si getta , da quelle impurità che vi potevano essere rimaste.
In quest'ultima il fuoco è assai violento, e la ebollizione si in-
nalza considerabilmente:, onde perchè lo sciloppo non si perda,
vi getlan dentro a quando a quando piccioli pezzi di burro, o
altra materia grassa. Questa operazione ripetuta fa abbassare il
liquore, e dà tempo di levarne tutta la schiuma. Se il vesou è
ben cotto e ben purgato , forma alla superficie una grossa crosta
di zucchero, la quale si rompe, e si trasporta unitamente allo
sciloppo ancor caldo in alcuni recipienti di un solo pezzo detti
canots , dove si lascia raffreddare. Allorché sia ridotto a segno
che vi si possa tener dentro un dito, si versa nei barili, i quali
sono collocati perpendicolarmente sopra di un cisterna , in modo
che vi si raccolga il liquore che da essi ne scola. Questi barili
sono aperti nella parte superiore , ed hanno sul fondo due o tre
buchi, nei quali s'indroducono alcune canne sottili, perchè lo
sciloppo possa colare senza portar seco i grani dello zucchero:
separandosi Io sciloppo rimane ne' barili un sai essenziale di co-
lore più o meno oscuro, che chiamasi zucchero brutto o mo-
scovade. A questo si aggiugne altro zucchero brutto per riem-
piere i vacui lasciati dallo scolo dello sciloppo, e si chiudono i
barili.
Zucchero moscovade.
Lo zucchero brutto o moscovade di miglior qualità deve es-
ser composto di grani grossi , bianchicci , ben spogliati di sci-
loppo, e senza alcun odore empireumatico. Dallo zucchero di
questa qualità si possono ottenere due terzi di zucchero bianco.
Cassonade grise e bianche.
Lo zucchero purgato delle Anlille dislinguesi sotto ì nomi di
sacre passe o cassonade grise , e sacre terre o cassonade bian-
che. Il primo si forma col ripurgare di nuovo la moscovade e
filtrarla attraverso di un panno di lana , per mezzo della quale
operazione lo zucchero prende un color grigio. La cassonade
bianche si ottiene facendo passare lo zucchero ben purgalo dal
recipiente dove si raffredda nelle forme di creta a ciò destinate.
Queste si collocano in una stanza chiusa disposte in ordine, ap-
DEGLI ABITATORI DELLE ARTILt.E IO,5
poggiandole ciascuna sopra di un vaso. Si fa un buco all'estre-
mila della forma, che si riempie di zucchero, e della parte op-
posta si copre di una sorte d'argilla bianca, magra, bagnata
nell'acqua. L'umido contenuto nell'argilla a poco a poco si fel-
tra attraverso alla massa dello zucchero, e trasporta seco il re-
siduo dello sciloppo e le parti impure. La stessa operazione si
ripete con altra argilla quando la prima sia asciutta e questa se-
conda finisce di precipitare il resto della sostanza colorante, della
quale potrebbe ancora esseie impregnata la punta del pane di
zucchero. Ottenuto che abbiasi l'effetto, si cava dalle forme, e
si pone nella stufa per farlo seccare, dopo di che si riduce in
una polvere bianca , e se ne riempiono i barili. Lo zucchero in
polvere, che noi comunemente adoperiamo, è di questa specie,
ed ebbe iti America il nome di cassonade^ perchè gli Spa-
gnuoli ed i Portoghesi, che furono i primi a farne commercio,
lo spedivano riposto nelle casse.
Zucchero in pane.
Così in America come in Europa si raffina lo zucchero fa-
cendolo cuocere di nuovo con acqua di calce, e chiarificandolo
col sangue di bue. Quando sia ridotto a perfetta cottura si versa
nelle forme di creta , e sovrapponendovi argilla bagnata (come
abbiamo già spiegato di sopra ) , si rende affatto puro , ed è quello
che chiamasi zucchero in pane, e si vende involto in carta az-
zurra. Se è del più puro, chiamasi anche zucchero reale, o zuc-
chero di Canarie, che è quasi lo stesso.
Melasse delle quali si ottiene il rhum ec.
Lo sciloppo ch'esce dai barili, e si raduna nelle cisterne,
quando si fa la moscovadè o la cassonade , come pure le schiu-
me che si levano dalle caldaje sono di color bruno, ed hanno
quasi la consistenza e la dolcezza del mele, onde chiamansi me-
lasse. Di queste si fa gran commercio cogli Stati-Uniti d'Ame-
rica e col Canada , servendo esse non tanto pel condimento di
varj cibi , come anche per formarne una sorta di birra , mischian-
dole colla decozione dei rami e foglie di una specie di pino ,
distinta dagli Inglesi sotto il nome di spruce. Colla distillazione
poi si ottiene dalla melassa un'acquavite assai forte detta tajjlà
dai Francesi delle isole Antille , e rhum dagli Inglesi, al qual
oggetto si fa fermentare coli' acqua, e si distilla. Il migliore
ig6 COSTUME
rhum è quello della Giamaica. del quale fanno moltissimo uso
gli Inglesi per preparare il punch , bevanda ad essi gratissima.
L' uso dello zucchero nella domestica economia è tanto noto, che
sarebbe superfluo farne parola.
Altre volte si coltivava nella Giamaica molto caccao, ma da
dieci anni le piantagioni di caffè furono assai ampliate in questa
isola , di modo che sembra eh' essa produca attualmente più di
3//^ del cant^ e P'u della metà dello zucchero che V Inghilterra
ritrae dalle sue colonie. I ricolti nella Giamaica sono più sicuri
ed eguali di quelli dell'isole del vento e sottovento*, poiché que-
ste sono più soggette agli accidenti della siccità e degli uragani.
Antigoa per esempio produsse qualche anno quasi ventimila ox-
hqfts di zucchero , e qualche altro meno di mille (i). La Gia-
maica produce anche zenzero e pepe lungo. Il mogano , del
quale si fa grand' uso per le suppellettili vi è della migliore
qualità, ma ora incomincia a mancare. Tra gli altri legni di cui
abbonda, accenneremo il saponiere, il cui seme ha tutta la qua-
lità del sapone*, il mangrove e l'ulivo, le cui cortecce sono uti-
lissime ai conciapelli •, il fustic ed il legno rosso impiegati per
tignere*, finalmente il campeggio. Eravi altre volte coltivatissimo
l'indaco, e lo è ancora il cotone *, l'albero a pane vi fu tra-
sportalo da Otaiti dall'illustre botanico Giuseppe Banks. Vi si
raccoglie una grande quantità di frutta di tutte le specie cono-
sciute alle Antille (2). La Giamaica somministra anche allo spe-
ziale il guajaco , la salsapariglia, la chiua , la cassia ed il tama-
rindo.
Animali.
Secondo Blome (3) abbondano nella Giamaica i cavalli , gli
asini ed i muli : e quando vi andarono gli Inglesi non ci era
forse isola od altra loro colonia che avesse tanto bestiame. Grandi
vi sono i buoi e le vacche \ ma la loro razza è negletta: il porco
è migliore che in Europa *, eccellente il castrato , ma di lana
cattiva *, trovansi capre e conigli in quantità, ma né cervi né le-
pri. Vi ha ogni sorta di volatili domestici e salvatici , e parti-
fi) Edward Young , West-India conimonplace-book.
(2) Bryan Edwards , I., 214.
(5) Blomeì cap. I. pag. ai.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE IO*
colarmcnte anitre, oche, gallinacci, piccioni, galline di Guinea,
beccaccini, pappagalli e pellicani. L' humming hrid è una spe-
zie di cantaridi o lucciole volanti, che si trova nei boschi; come
anche nelle cale, sulle spiagge e ne' fiumi la testuggine marina.
A' tempi che Blorae scriveva, vi andavano dalle Caribe vascelli a
far provvigione di queste tartarughe. Il coccodrillo infesta i fiu-
mi e gli slagni di Giamaica: il forte odor di muschio che ha il
fa conoscere agli uomini ed agli animali per fuggirlo. I Negri
sanno aramazzarlo investendolo di fianco con bastoni, o ficcan-
dogli in gola un ferro per impedirgli di mordere. Fra gl'insetti
reca gran molestia ai Negri e talvolta anche ai Bianchi il pelli-
cello, chegos , che penetra sovente nella carne: esso entra in
tutte le parti del corpo, ma particolarmente ne' piedi e nelle
gambe, ove si moltiplica assai e si rinchiude in un guscio. Ap-
pena alcun lo sente , ciò che non accade forse che otto giorni
dopo ch'esso si è introdotto nella carne, bisogna che lo tolga con
un ago o colla punta di un temperino , o che si dia ogni pre-
mura per distruggere interamente il guscio per non lasciarvi alcun
uovo. Esso penetra qualche volta nel dito grosso del piede e ne
lo rode fino all'osso.
Stato politico.
L'isola è divisa in tre contee, e soggetta ad un governo rap-
presentativo. Il potere legislativo è composto da un Governatore
o capitano generale, da un consiglio di dodici persone nominate
dal re , o da una camera di quarantatre rappresentanti eletti
dai possidenti. Le tre principali città, cioè Kingston, Santiago e
Porto-Reale vi spediscono tre membri , le altre parrocchie due
ciascheduna.
Città.
Porto-Reale, altre volte capitale della Giamaica, era situato
sulla punta di una stretta lingua di terra arenosa ed arida, che
verso il mare formava parte della scogliera di un superbo porto
capace di contenere mille grossi bastimenti , e sì profondo che
potevano scaricarvi e caricarvi colla più grande facilità. I tre-
muoti resero deserto quel sito. Kingston capitale attuale è com-
posta di duemila case , parecchie delle quali sono eleganti , ad
un solo piano con porticati. Vi si contano 3om. abitatori. A qual-
che disianza da Kingston trovasi San lago-de-la-Vega, antica
ig8 COSTUME
capitale al tempo degli Spaglinoli, e sede tuttora del governo e
delle corti di giustizia } ha seimila abitatori.
Popolazione.
Nel 1787 erano nell'isola della Giamaica a3m. Bianchi, 4°9^
persone di colore, libere , e 2,56m. schiavi \ di modo che ave-
vasi oltre undici Negri per un Europeo, e presso a poco nove
schiavi e mezzo per ogni persona libera. Nel i8o5 eranvi 2801.
Bianchi , 9000 di colore e 28om. schiavi , di modo che conta-
vansi dieci Negri per ogni Bianco, e circa sette schiavi e mezzo
per ogni persona libera. Nel susseguente intervallo di tempo creb-
bero meno gli Europei delle persone di colore, il cui numero si
è più che raddoppiato. Ma sul totale la popolazione della classe
libera cresce più di quella degli schiavi. Secondo i regislri pre-
sentati all'adunanza coloniale il numero degli schiavi che 1' anno
181 1 ammontava a 3a6m. non era più del i8i5 attesa l'aboli-
zione della tratta, che si è fatta di 3i5ra. (1). La popolazione
Bianca è di 3om. persone , e quella dei Mulatti di i5m. , totale
36om. abitatori. L'esportazione e la coltivazione diminuirono dal
1806 in poi; l'isola però aveva ancora esportato dal i8i5, noni.
hogsheads di zucchero, 53m. puncheons di rhum, e 27 milioni
56om. libbre di caffè.
San-Domingo.
La più grande delle Antille dopo Cuba , è 1' isola ora detta
di San-Domingo, e la regina delle colonie :, ma è una regina in
gramaglie, dal cui lacero seno sgorga il sangue de'suoi figliuoli.
Gli indigeni non comprendevano sotto alcuna denominazione
generale i piccioli stati che vi si erano formati.
Denominazione.
Haiti ed Eyana non sono che nomi di particolari distretti.
Gli Spagnuoli, quando Ciistoforo Colombo la scoperse nel 1492.
la chiamarono Hispaniola o picciola Spagna. Siccome poi Bar-
tolomeo Colombo fratello del suddetto vi fondò sulle rive orien-
tali deirOzama nel 1 494 una clll3i CUI diede il nome di San-
Domingo in onore di suo padre Domenico, co^i se ne estese il
nome, prima a quella parte dell'isola, ed in^ progresso di tempo
all' isola tutta } talmente che ora chiamasi comunemente Sau-
Domingo.
(1) Colonial Journal, I., pag. 245. London, 181 6.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 1 99
Situazione, estensione.
Essa si estende dal 7 i al 77 grado longitudine ouest di Pa-
rigi, e dal 18 al 20 parale Ilo di latitudine. Secondo l'ultima carta
di San-Domingo, pubblicata per ordine del ministro della marina
Francese nell'anno XI. i8o3 e disegnata dietro le più autenti-
che ed esatte osservazioni , essa ha 160 leghe di lunghezza da
levante a ponente, e ne ha 3o nella sua mezzana larghezza. La
sua circonferenza è di 600 leghe facendo il giro delle cale.
Montagne.
Dal centro dell'isola sorge il Cibao , gruppo di montagne,
che dividesi in tre principali catene, delle quali la più lunga si
estende verso levante.
Fiumi.
I fiumi principali dell'isola sono al mezzodì l'Ozama, la cui
foce forma il porto di San-Domingo, e la Ney va } la Jaga, o fiume
di Monte-Cristo, al settentrione} la Juna, a levante, che si scarica
nella baja di Samoca: e l' Artibonita a ponente. Gli altri non
sono che torrenti e ruscelli, e fra tutti quelli che abbiam nominati
non ce ne ha uno solo che sia navigabile più di quattro leghe
dalla sua foce. Le montagne atte in gran parte alla coltivazione
fino alla sommità , producono una varietà di esposizioni e
di climi, sovente diametralmente opposti, sebbene in picciole di-
stanze.
Clima.
II clima che è sanissimo sulle eminenze, al piano snerva pre-
stamente gli Europei , e loto cagiona micidiali malattie (1). A
levante ed al mezzodì dell'isola non si conosce autunno né pri-
mavera. La stagione delle piogge, che chiamasi inverno, vi dura
da aprile fino in novembre. Nel settentrione l'inverno comincia in
agosto, e termina il mese d'aprile. Soffiano in allora i venti set-
tentrionali, accompagnati da un tempo fosco e piovoso, e durano
tre o quattro giorni di seguito, e ritornano due o tre al mese}
in allora le notti e lo mattine sono fresche ed anche un po'fred-
d>v, le piante hanno poca vegetazione benché in mezzo alle piog-
ge : compare la primavera e continua fin verso la fine di inag-
(1) Moreau de Saint-M 'ery , Descriplion de la partie Francaise de
Saint-Domingue, I., pag. 529.
2,00 COSTUME
gio , i vegetabili sono coperti di fiori e di fruiti j l'aria è imbal-*
samata, Giugno conduce un'aria infiammata , grande siccità e
■venti meridionali che soffocano. Quest'è la state della zona tor-
rida che dura 6no in ottobre, in cui dominano i temporali, sta-
gione dell' autuuno che termina in novembre. Quest' è V epoca
delle malattie ed in ispecie deUe febbri.
Suolo.
Il suolo , generalmente poco profondo , ed in parte formato
di un unico e leggiero strato di terra vegetale su di un letto
d'argilla , di tufo e di sabbia , presenta ciò nondimeno grandi
modificazioni che lo rendono atto ad ogni genere di coltivazione.
31 ine r ali.
Si è voluto porre tra le favole ciò che lasciarono scritto an-
tichi autori relativamente alle miniere ed ai metalli delle mon-
tagne di San-Domingo, che sianvi, cioè, miniere d'oro, d'ar-
gento, di rame, di stagno , di ferro e di calamita, e vi si tro-
vino pur anche cristallo di rocca, solfo, carbon di terra, marmo,
diaspro e porfido della più gran bellezza. Ma un mineralista Spa-
gnuolo verificò a' dì nostri la sussistenza di queste ricchezze me-
talliche che potrebbero ancora cavarsi in parte con profitto (i).
Herrera dice che le miniere di la Vega e Bonaventura produce-
vano 46om. marchi d'oro all'anno. Nella seconda si trovò un
pezzo d'oro del peso di 200 once. Anche al dì d' oggi i Negri
marroni di Giraba esportano una certa quantità d' oro in pol-
vere (2).
Vegetabili, animali.
Si vuole che quesl' isola sia la più fruttifera e la la più deli-
ziosa delle Indie Occidentali (3). Ivi trovaosi ampie foreste di
alberi di , cavolo (4), di palme, d'olmi, di querce, di pini, ge-
(1) D. ISìeto, relazione al ve di Spagaa , inserita nel Dorvo-Soulastre,
viaggio al capo Francese, pag. 90.
(a) tValton, state of the Spanish colonies, I., pag. 117.
(3) T. Gazzettiere Americano. Art. San-Domingo.
(4) Quest'albero chiamato dagli Inglesi Cabbage Tree e dai Francesi
Palmiste, non ha altra somiglianza col cavolo, se non nel gusto e nella
delicatezza di certe foglie non ancora sviluppate , che si trovano nel cuoi-
delia pianta, dopo che è stata sfrondata. L'albero è grossissimo, e si sol-
leva ad una grande altezza e non ha foglie che ;dla cima. Nel cuor della
DEGLI ABITATOni DELLE ANTlLLE 201
nipa, acaiù e di alti i alberi più alti ancora e più grossi} fruiti
molto più piacevoli all' occhio e di miglior sapore che nelle altre
isole, particolarmente gli ananas, i banana, gli aranci, e cedri,
i limoni, i datteri ec. Quivi sono tutti gli uccelli comuni alle
Indie Occidentali. Ne'prati trovansi innumerevoli mandre di be-
stiame: nella parte Francese dell'isola è una quantità di cavalli
sufficiente per provvedere tutte le colonie confinanti , oltre i ca-
valli salvatici, e i porci parimenti salvatici della razza portatavi
la prima volta dagli Spagnuoli.
La colonia Spagnuola San- Domingo dopo breve splendore
decade.
L'isola di San-Domingo erasi alzata ben presto a grande
splendore, e nel i528 la sua capitale avea preso tale aspetto di
magnificenza e di ricchezza, che poche città della Spagna ornai
più la superavano. Nou durò però molto sì brillante fortuna. Un
tremuoto orribile rovesciò ivi parecchie città', indi regnando in
Inghilterra Elisabetta, nemica, piuccliè della potenza di Spagna,
del perverso Re che la tiranmggiava , mandò il famoso Drake
alle Indie Occidentali , il quale dopo di avere depredali i ricchi
convogli degli Spagnuoli , rotte le loro forze navali , e saccheggiale
con altre piazze San-Jago e Cartagena, s'impossessò di San-Do-
mingo, vi regnò per un mese da sterminatore: e quando ebbe
ruinata una terza parte della città, si fece pagare un'enorme
somma per non demolirla tutta. Ma questi disastri , quantunque
assai gravi, sarebbero stati riparati senza altri avvenimenti che
tutti concorsero ai danni di quella superba colonia. La razza de-
gli antichi abitatori era perita (i)} né potevasi supplire alla
pianta, quando è tagliata, si generano dei bachi di un color biancastro,
grossi un dito, e lunghi due pollici , che furon presentati per vivanda al
P. Labat, il quale asserisce esser essi considerati un cibo squisito in quei
luoghi, e tali essere di fatto, vinta che sia la repugnanza che si concepisce
a vederli.
(i) Gli Spagnuoli dopo di avere a poco a poco conquistato il loro
paese, distrussero in battaglia e a sangue freddo niente meno di tre mi-
lioni di uomini, donne e fanciulli. Mentre gl'indigeni erano in possesso
dei loro effetti , coltivarono le loro tene per gli Spagnuoli , provvedendoli
di pesce, o di qualche quantità di oro, e durante tal tempo gli Spagnuoli
vissero assai più felicemente che non hanno fatto dopo ec. V. Gazzettiere
Americano. Art. citato.
202 COSTUME
loro perdila che procacciando a troppo costo braccia che lavo-
rassero nelle miniere e nelle piantagioni. I capitali dai primi av-
venturieri accumulati erano stati consunti dai figli troppo avidi
di godete: il Messico, il Perù, il nuovo regno di Granata chia-
mavano con isperanza di più pronla e miglior fortuna gli specu-
latori 5 e quelli che restarono nell'isola, generazione di tutti i
colori e di lui ti i vizj , abbandonati i lavori delle miniere, e
quelli delle terre, si diedero infamemente a corseggiare e al
trafficare di contrabbando. A tale estremità furono principalmente
condotti dagli errori del governo, il quale tra le altre pessime
misure quella adottò di proibire ogni commercio cogli stranieri.
Invece poi di riparare ai mali con buone ^istituzioni , si lasciò
trasportare dalla collera, e demolì i porti migliori dell'isola^ e
allora fu che si videro abbandonate dai loro abitatori le città di
Salvaterra, di Savano, di Puerto-Real ed altre dianzi assai flori-
de. Ritiratisi gli abitatori d'esse nell'interno del paese, non fu-
rono più che una massa di gente sciagurata e mendica. Nel prin-
cipio del secolo XVII tutta l'isola non contava più di i4ni. od
Eutopei o Creoli d'ogni condizione} e mille dugento Negri fug-
giaschi eransi trincerati in una montagna inaccessibile, da dove
facevano tremare i loro padroni incapaci ornai di sottometterli.
/ Francesi e gli Inglesi nemici degli Spagnuoli si stabiliscono
in San-Cristojbro.
Tale era lo stalo del più antico stabilimento Spagnuolo, quan-
do nel 1625 accadde che mentre Inglesi e Francesi, nemici del
pari degli Spagnuoli, frequentando il mar delle Anlille attende-
vano sia a far bottino, sia a piantare stabilimenti delle loro na-
zioni in quelle isole, due vascelli delle medesime, uno da una
parie, l'altro dall'altra, nel giorno stesso approdarono all' isola di
San-Gristoforo. 1 Caribi che abitavano quell' isola, al giugoere di
questi stranieri si ritirarono, dicendo loro che doveano benessere
nel loro paese scarsi di terre se venivano a cercarne in tanta di-
stanza } e gli avventurieri colà capitati se ne divisero amichevol-
mente il suolo. Erano cinque anni da che sussisteva un tale sta-
bilimento, ed incominciava già a prendere una certa forma di
colonia, quando comparve in quelle acque un'armata Spagnuola
condotta da D>ii Federico di Toledo , il quale spedito dalla sua
Corte contra gli Olandesi, occupitori di una porzione del Brasile,
DEGLI ABITATOM DELLE ACHILLE 203
avea avuto ordine di esterminare nel suo passaggio quanti stabi-
limenti avesse trovati di nazione straniera nelle Antille. Toledo
con tanta forza non ebbe difficoltà a distruggere i coloni di San-
Cristoforo, i quali non potevano resistergli. Parte dunque di loro
fu trucidata , parie fatta prigioniera ^ e il rimanente si disperse
fuggendo in altre isole. Ma appena Tarmata di Toledo fu par-
tita, il maggior numero di que' fuggiaschi ritornò al primo loro
stabilimento. Due avvenimenti importanti ebbero origine da que-
sto fatto.
Origine de Flibustieri e stabilimento de"* Francesi in San-Do-
mingo.
Uno fu il nascimento di quella singoiar razza d' uomini noti
poscia sotto il nome di Flibustieri che fra tanti ladroni di mare
slati in ogni tempo, sopra tutti hanno tratta a sé l'ammirazione
del mondo} l'altro il principio della dominazione de' Francesi in
San-Domingo, la quale ai nostri giorni ha poi dato luogo a quella
de' Negri per tre secoli stati miseramente gli schiavi di padroni
ingordi e crudeli.
Noi prima di passare a descrivere lo stato attuale della parte
Spagnuola che comprende il mezzo e la parte oiientale di San-
Domingo, e quello pure dell'antica parte Francese, the è la
parte occidentale della medesima, crediamo necessario il far cono-
scere le costumanze di que' singolarissimi uomini che hanno em-
pito l'universo del loro nome.
Francesi rifuggiti alla Tortue e sulla costa settentrionale di
San-Domingo.
I fuggiaschi di San-Cristoforo di cui abbiamo j;oc' anzi fatto
menzione, cercando di salvarsi dall' assalto di Toledo, capitarono
in una picciola isola deserta situata al settentriune di San-Do-
mingo , e poche leghe distante dalla medesima , detta Tortue,
Tartaruga. Ivi fermatisi perchè il luogo era ameno, e fertile il
suolo, alcuni si diedero alla coltivazione, ed in ispezie a quella
del tabacco che riusciva di qualità eccellente } altri a corseggiare
a danno degli Spagnuoli } altri passarono sulla vicina costa di
San-Domingo, aspra invero e deserta, poiché gli Spagnuoli non
ne avevano fino allora fatto caso} ma entro i suoi boschi vagando
ai menti di buoi e di majali, che moltiplicativi all'eccesso erano
divenuti selvatici, que' fuggiaschi potevano colla caccia de' mede-
204 COSTUME ,
sitni piocurarsi un opportuno sussidio. L' isoletta della Tortile
divenne presto il centro di tutto ciò che questo miscuglio di
disperali poteva accumulare e colla coltivazione e colle prede
fatte al corso e colla caccia che somministrava gran copia di
carni e pelli , e pare che gli Olandesi fossero i primi ad accor-
rervi per fare traffico con essi. La Tortue cominciò quindi a
prendere un certo stalo di fortuna, molto più, che, da San-Cri-
sloforo prima , poi da altre parli , altri Francesi e Inglesi vi si
aggiunsero.
Divengono i famosi Bocanieri.
Non andò guari che gli Spaguuoli , gelosi di uno stabilimento
sì prossimo a San-Domingo, e più d'esso di quello che i così
delti Bocanieri potevano fondare nella stessa San-Domingo, deli-
beraiouo di eslerminare quanti stranieri trovavansi nell'uua e nel-
l'altra. Gjlto pertanto il momento in cui era assente dalla Tor-
tue il maggior numero degli abitatori , andarono con grandi forze
ad assaltare disoleila, e trucidarono que' pochi che loro si opp<-
sero , e impiccarono quelli che volontariamente si arresero. In
quanto poi ai Bocanieri della costa istituirono vaiie partite di
cinquanta uomini ciascuna , e le mandarono a fare una caccia ge-
nerale di que1 miserabili , trattandoli come bestie feroci.
Alla nuova della crudele condotta dagli Spagnuoli tenuta nel-
l' isola della Tortue da ogni parte si unirono agli abitatori della
medesima, e quelli ch'erano assenti quando fu invasa, ed altri
che disperali cercavano o fortuna od asilo, e sotto la condotta di
uomini pieni d'ingegno e di ardimento riconquistarono la Tor-
tue , e messa in buono stato di difesa , crebbe di popolazione in
modo che si pensò di mandare una parte degli abitatori a for-
mare un nuovo stabilimento a San-Domingo ; e fu questo il prin-
cipio dei luoghi Francesi all'occidente di quest'isola. Non man-
carono gli Spagnuoli di assalire le nuove abitazioni } e i Bocanieri
ch'erano con essi in aperta e continua guerra , salvarono que nuovi
coloni, sostenuti dai corsari della Toitue. Ciò mosse gli Spagnuoli
a pensare ad una nuova spedizione contra la Tortue , come quella
che era il ricettacolo di una turba ognora crescente di corsari,
che da ogni parte spiando i loro legni arditamente gli assaltavano
e nel circuito di San-Domingo e io tutti i mari vicini. E tanto
eia il proulto che da questo corseggiare traevasi , che per la
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 205
maggior porte gli abitatori della Tortue abbandonavano la colti-
vazione per cercare più pronti guadagni sul mare} per lo che
poi accadeva che spesso quell'isola rimanesse senza gente. Or col-
sero gli Spagnuoli uno di questi contrattempi } e presero sì bene
le loro misure, che potrebbero sorprendere il picciol forte che lo
guardava , ed obbligare il presidio ad arrendersi. Ma è tempo
ornai che diciamo quanto al loro costume appartiene.
Costume de* B 'oc artieri e de'' Flibustieri.
Erano di già scorsi molti anni da che i nomi di Bocanieri e
Flibustieri si conoscevano in Europa, ma non si distingueva in
essi che una corporazione di uomini selvaggi , che un ammasso
di masnadieri di varie nazioni. Per lungo tempo le loro imprese,
macchiate da rapine e da assassinj , nulla offrirono di segnalato ,
ed i più potenti non avevano per grido di unione che l' estermi-
nio. Non erano costoro riguardati che quali ordinai] pirati: per-
ciò l'Europa sdegnò di rivolgere sui medesimi la sua atttnzione,
finché colla bizzarra loro organizzazione, colla specie di costitu-
zione, e con molte altre singolarità, destarono lo sdegno generale,
che vie più s'accrebbe con fatti che uscivano dall' ordine comune.
La narrazione di tali avvenimenti ci rappresenta uomini che con
mezzi assai limitati produssero dei risultamenti straordinari , spie-
gando forze incredibili^ uomini, che pel loro spirito, che pel
loro indomabile coraggio, per la loro pazienza ed attività, sprez-
zando le pene, superando le privazioni ed affrontando con indif-
ferenza i pericoli più evidenti e la morte medesima, seppero me-
ritare la nostra ammirazione, nel tempo stesso che ci fecero rac-
capricciare d'orrore pei loro vizj, pei loro delitti e per le loro
crudeltà d'ogni genere.
Bocanieri.
Le prime tracce di questi pirati di nuova specie furono im-
presse dai cacciatori di tori salvatici dell'isole Spagnuole. Erano
costoro distinti colla denominazione di Bocanieri , nome che si
estese pure ai cacciatori degli orsi e dei cignali i quali fecero in
seguito causa comune. Questi uomini passavano interi messi nelle
foreste, lungi dalle loro abitazioni. Allorché ne uscivano si divi-
devano la produzione delle loro cacce, e solcavano ben tosto per
l'isola delle Tortue, ove tenevano il loro mercato, e vendevano
ai coloni le pelli e le carni salate e fumicate. AH' incontro vi si
206 COSTUME
provvedevano di nuove armi, di polvere, di piombo e di molti
altri oggetti neccessari al proprio mesliero. Noi ne descriveremo
brevemente il loro genere di vita , i costumi e le principali
azioni lorn.
Perchè così appellati.
I Bocanieri elio avevano stabiliti i loro covili nelle Antille e
precipuamente nell'isola di San-Domingo, presero la propria de-
nominazione dai luoghi ove avevano le baracche , i loro campi ,
ed ove fumicavano e salavano le carni. Tal sito chiamavasi nella
loro lingua, o sia in quella della loro professione bocan. Le ba-
racche, che consistevano in grandi capanne , coperte al di sopra
ed aperte lateralmente, li riparavano dal sole e dall'acqua , ma
lasciavanli esposti ai venti da qualunque parte soffiassero.
Se la maggior parte Normanni.
Questa società era composta dai coloni venuti dalla Francia
e da altri paesi, o da Europei spinti dai capricci della sorte a
spatriare} la maggior quantità però era formata da Francesi della
Normandia; oltre questi si debbono aggiugnere i discendenti dei
coloni già Bocanieri. Siccome, finché erano Bocanieri , non ave-
vano né donne né figliuoli , così ci aveva una certa comunanza
di beni.
Loro costumanze.
Si accoppiavano a due a due per sjutarsi reciprocamente nei
proprj bisogni, prestandosi quei servigi che si ricevono in fami-
glia e dividendosi le fatiche ed i profitti.
Costumanza di beni.
Quello dei due che sopravviveva all'altro, era l'erede neces-
sario; e tale unione era da essi chiamata matelotage. Oltre a
questa comunanza particolare, sussisteva pure la generale, in for-
za della quale ciascun Bocaniere doveva somministrare all' altro
quanto gli abbisognava. Non ci erano quindi serrature , né na-
scondigli: ciò sarebbe stato risguardato qual delitto di lesa società
e quindi punito. Il mio ed il tuo etano due parole vote di senso
in questa specie di repubblica.
Liti.
Le liti vi erano perciò assai raie. Allorché ne sorgeva «I-
cuna era subito pacificata colla intermissione di comuni amici. Se
poi le parti erano ostinate, si passava a decidere la questione a
DEGLI ABITATORI DELLE ANT1LLE 2 0 J
colpi di fucile. Allorché la palla colpiva al di dietro o nei fian-
chi si giudicava esservi stata perfidia, e si schiacciava la testa al
traditore.
Codice.
Il loro codice si riduceva quasi a nulla, giacché essi non co-
noscevano che alcune convenzioni conchiuse fra di essi : quando
alcuno proponeva dei cambiamenti, gli si rispondeva che ciò non
era in uso sulla costa. Le antiche loro idee di sommissione e
di religione facevano che essi riconoscessero il Governatore della
Tortue come capo, e che si chiamassero Cristiani, senza unifor-
marsi per niente alle regole del Cristianesimo. Qualunque persona
bramasse di essere ascritta ai Bocanieri doveva rinunziare a lutti
gli altri usi sociali e persino al nome stesso di famiglia. Per di-
stinguere poi vaij membri della loro società, a ciascuno s' impo-
neva od un nuovo nome od un soprannome, che si trasfondeva
sovente nei loro discendenti. Solamente quando passavano a nozze
dichiaravano il loro primitivo nome di famiglia. Da ciò appunto
nacque il proverbio, che tuttora sussiste nelle Antille » che non
si conoscono le persone se non quando passano alle nozze ». Il
matrimonio poneva immediatamente un termine alla loro maniera
di vivere: maritati non avevano più nulla di comune colla so-
cietà: cessando da quel punto di essere Bocanieri , divenivano
coloni. In allora sotto la denominazione di abitatori erano formal-
mente sommessi alle leggi ed alle ordinanze del Governatore della
Tortue.
Vesti.
Il vestimento dei Bocanieri consisteva in una lunga camicia di
grossa tela tinta nel sangue degli animali da loro uccisi , e rare
volte un pantalone simile. Il loro calzamento era di pelle di por-
co, ma senza scarpa. Una lesta di cappello con uno sporgimento
nel solo davanti copriva il loro capo. Un cinto di pelle non pre-
parata serviva di fascia sulla quale sospendevano una sciabola
assai corta ed alcuni coltelli.
Armi.
Il loro equipaggio veniva formato da una sola tenda di tela
sottile, che si attortigliavano al corpo in guisa di bandoliera. L'ar-
mamento si riduceva ad un fucile di una canna lunga per lo
meno quattro piedi , e montato diversamente dagli ordinai j cui
2,o8 COSTUME
caricavano con doppia palla d'oncia. Vedi la Tavola yl\. Cia-
scuno a proprio piacimento teneva uno o più servi, e da venti a
trenta cani che lo seguivano alla caccia.
Occupazioni e maniere di vivere.
Quella dei tori costituiva la principale loro occupazione: l'al-
tra dei cignali serviva di passatempo e di riposo \ quantunque ci
fossero però alcuni Bocanieri che a quest' ultima si dedicavano
esclusivamente. La carne di questi animali somministrava ad essi
nutrimento , ed il midollo delle ossa era pei medesimi un pasto
assai prelibato. 11 pane non era da essi usalo: vivevano nella più
disgustosa sporcheria : non avevano né tavole né banchi e dor-
mivano sulla nuda terra: alcuni tronchi al più o radici servi-
vano di tavolino o di origliere. Questo metodo di vivere era
loro piacevole , e se ne dimostravano assai contenti: godevano
buona salute e campavano lunghi giorni in mezzo a gravissime
fatiche.
Loro ricoveri o bocani.
I loro ricoveri o bocani erano nella penisola della Savana
sulla costa settentrionale di San-Domingo, in un' isoletta della
baja di Bayaha (o del forte Delfino) , in altri siti del nord di
San-Domingo $ al porto Margot, nella Tori uè, nella Savana Bru-
ciala, nel Mirbaluis, e nell'isola del sud di San-Domingo, ap-
pellata dai Francesi Avache. In questi luoghi conducevano i Bo-
canieri !a libera e pacifica loro vita. Gli Spagnuoli s'ingelosirono
dappoi dei loro vicini \ e senza considerare che il traffico inno-
cente di questi tranquilli stranieri era vantaggioso alla loro na-
zione, s' immaginarono di cacciarli da San-Domingo, ed anzi co-
spirarono perfino alla totale loro distruzione.
Gli Spagnuoli cospirano alla totale loro distruzione.
Dopo varj sanguinosi combattioienti ora favorevoli agli uni ed
ora agli altri, convenuti gli Spagnuoli dell' impossibilità di ester-
ininare i Bocanieri, e meno poi di tenerli lontani da San-Domingo
colla forza, si determinarono a tagliare il male dalla sua radice,
togliendo a costoro l'unico mezzo di sussistenza. Ordinarono per-
tanto una caccia generale di tori in tutta l'isola, e la seguitarono
con tale ardore e costanza, che in breve tempo tutta la razza di
questi animali venne distrutta.
I Bocanieri si trovarono così ridotti senza occupazione, senza
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 2(>f)
mezzi, per le quali cose furono forzati a scegliere un altro si-
stema di vivere. Alcuni si stabilirono come coloni al Bay a ha , alla
Tortue e nelle altre iso'e. La maggior parte però , accostumati ai
pericoli e ad una vila indipendente, sdegnando una sussistenza
pacifica e soggetta alle leggi, e risguardando la coltura de' campi
come cosa disonorevole, altro non sentirono che la passione, in-
spirata loro dagli ultimi avvenimenti, di vendicarsi degli Spa-
gnuoli eterni loto nemici.
/ Bocanieri s^ associano coi Flibustieri.
Per condurre a termine il proprio divisamente, s'associarono
coi Flibustieri già loro amici , i quali principiavano a farsi un no-
me 5 ma che divennero realmente formidabili soltanto dopo la loro
intima associazione coi Bocanieri.
L'isola di San-Doniingo fu il luogo principale di unione di
questi pirati che si chiamavano col nome di fratelli della costa ,
Fréres de la còte, ed erano uomini presso che selvaggi, che
aspiravano ad una perfetta indipendenza. Questi, avvicinati dai
reciproci bisogni, si risguardavano come amici, e la loro eguale
animosità contra gli Spagnuoli ne aveva formati dei veri alleati.
A bel principio la necessità gettò le fondamenta di questa so-
cietà. Siccome molti oggetti che richiedeva la loro professione e
]a loro sussistenza giungevano soltanto al di fuori del loro cir-
condario ed il metodo di provvedersi traeva con se molti incon-
venienti , così per toglierli, quei Bocanieri, ai quali non andava
a grado la vita di cacciatore, si appigliarono alla navigazione.
Poterono in tal guisa per mezzo- de' loro navigli procurarsi quelle
cose delle quali abbisognavano. A prima giunta se la procuravano
per mezzo di cambi \ ma siccome sovente non trovavano nulla
da cambiare e meno ancora da comperare ed anzi non era nep-
pure loro dato di rinvenire compratori delle loro pelli , furono
costretti ricorrere alla forza, che di passo in passo li strascinò
in una pirateria, dapprima circoscritta e moderata, ed in ap-
presso tanto estesa da ridursi, per modo di dire, ad un vero
sistema, così che forni ossi da chi la esercitava una formidabile
unione.
Questi Fratelli della costa che vivevano nella più grande ar-
mouia , si dividevano in tre classi j in Bocanieri che cacciavano
1 tori; in Abitatori, che si chiamavano quei pochi i quali si
Cost. Voi. IV dell' America. i4
2 I O COSTUME
occupavano dilla coltivazione delle terre, in Flibustierì die era-
no propriamente detti coloro i quali esercitavano unicamente la
pirateria.
Etimologia del nome Flibustiere.
Il nome Franoese di Flibustier che proviene dalla corruzione
della parola Inglese Free Booter (i) , quantunque richiamasse
alla memoria il loro mestiere di pirata o di ladro marittimo, fa-
ceva sì che ne andassero fastosi, e lo preferissero al loro primi-
tivo di JBocaniere \ poiché risvegliava l'idea di una professione più
onorevole. Nulladimeno eglino amavano maggiormente di essere
chiamati fratelli della costa, Frères de la còte.
La classe de"1 Flibustieri composta da varie nazioni Europee.
La classe de' Flibustierì s' accrebbe subitamente , giacche il
profitto che costoro traevano dalla pirateria era una grand' esca
per tutti quelli che senza beni di fortuna avevano il mare per
elemento favorito. Ben tosto una folla di marina] sì de' legni da
guerra come de' mercantili , coloni caduti in rovina, ed altri av-
venturieri, senza distinzione né di nazione né di religione né di
lingua , si congiunsero ai Flibustieri e finirono per formare uà
miscuglio di Francesi, Inglesi, Olandesi, Poitoghesi ed altri po-
poli di Europa uniti per un unico e comune interesse , cioè
quello della rapina. I soli Spagnuoli, i cui tesori formavano 1' og-
getto primario della generale cupidigia , furono esclusi dal fa-
vore di essere ammessi in questa socielà armala. E di fatto come
avrebbero mai potuto esserlo , se sino dal cominciamento del-
l'associazione de' Flibustieri furono considerati per loro mortali
nemici ?
Si stabiliscono nella Tortue e sulle coste di San-Domingo.
Questa ripartizione d'impiego nei Flibustieri principiò sol-
tanto ad effettuarsi alla Tortue e sulle coste di San-Domingo. Im-
perciocché allorquando eransi stabiliti nell'isola Francese di San-
Gristoforo, le luro corse si eseguivano sopia picciole barcacce, ed
erano di poca impoitanza, non avendo fino a quel momento se
non che una poco solida consistenza. Gettarono essi in seguito
(i) Che significa propriamente pirata, ladro di mare. Questo nome se
seguiamo i diz "onarj della Crusca e dell'Antonini , si traduce Flibustiero
in Italiano; quantunque molti abbiano usato di dire Filibustiere.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 211
gli occhi sulla Tortue che tolsero agli Spagnuoli nel i632,eche
divenne poi la loro ordinaria residenza. Questo cambiamento di
luogo fece loro acquistare una reale esistenza , e facilitò di molto
quelle grandi imprese che tanto servirono a segnalarli. Chi fosse
vago di porsi al fatto delle loro sorprendenti avventure , ed in
ìspezie delia loro audace ed inaudita spedizione nel mare del sud,
Ja quale basterebbe sola ad immortalare il nome di questa nuova
spezie di uomini, potrebbe consultare la storia che ne scrisse con
esattezza il signor d' Archenholtz. Noi limitandoci a que' confini
che ci siamo prescritti per la nostr' opera, faremo un cenno sui
loro costumi, sulla loro maniera di vivere, e sui principj che di-
rigevano questa straordinaria società.
Regole dei Flibustierì.
Le regole de' Flibustierì si circoscrivevano per lo più a trat-
tati, limitati d'assai nella loro durata, e qualche volta riguar-
danti solamente tale o tal' altra spedizione^ violati spesso dai co-
mandanti , ma osservati religiosamente dai soldati.
Gli uomini avevano un'alta idea della loro indipendenza.
Fuori di servigio ciascuno di essi seguiva i proprj capricci, senza
menomamente imbarazzarsi dell'approvazione altrui. Tenevano
egualmente questa condotta a bordo dei loro legni, ove alcuni,
quando il loro capriccio lo richiedeva , si ponevano a cantare e
ridere, a rischio d'intorbidare il sonno dei loro compagni, i quali
con tuttociò non avrebbero mai osato di lagnarsi. Perocché tutte
queste contrarietà, lo scopo delle quali era di eccitare il corag-
gio, di mettere a prova la pazienza, di abituarli alle privazioni,
di esercitarne la forza, dovevano essere sopportale senza lagnanze.
Questa rassegnazione formava una parte essenziale dei loro prin-
cipj. Erano similmente legati con una costante fedeltà, gli uni
cogli altri. Colui che avesse osato defraudare qualunque dei suoi
compagni della abbenchè menoma porzione dei loro profitti, do-
veva aspettarsi le più severe punizioni. Veniva dichiarato indegno
e decaduto dal nome di Flibustiere, privato delle sue proprietà,
sbarcato senza viveri e senza vestimenta in un'isola deserta, ed
abbandonato senza alcuna pietà in braccio al suo infelice destinò.
La l'io pazienza era incredibile, essi soffrivano la fame, la sete
e le più grandi fatiche, con una serenità sempre uguale, e senza
permettersi la più lieve lagnanza. Per questo motivo appunto
212. COFTUME
prima di essere ricevuto Flibustiere bisognava sottomettersi alle
più cruJeli ed inau lite prove di coraggio e di pazienza. Alcuni
persino venivano sopra false accuse tradotti a morte, e la loro
intrepidezza in tale terribile incontro decideva della loro accetta-
zione o ripulsa da così formidabile società.
Le determinazioni di questi uomini straordinarj erano per lo
più invariabili. Quando avevano data la loro parola , si tenevano
irrevocabilmente legati. Non era che dopo di aver concepita ed
ammessa una proposizione che deliberavano, non mai sulla veri-
simiglianza o inverisimiglianza del successo, ma bensì unicamente
sui mezzi per condurla al suo termine.
Loro barche , schifi ec.
Nei loro primordi non possedevano che pochi legni senza pon-
te, barcacce, schifi ed anche scialuppe, ove si giacevano am-
monlicati gli uni sugli altri, ed ove esposti a tutte le intemperie
dell'aria e a tutti i pericoli del mare che si moltiplicavano in uno
spazio così ristretto, trovavano appena di che nutrirsi. Queste
privazioni servivano loro di stimolo per ispiegare tutte le proprie
facoltà, e per eccitarli a migliorare la loro situazione con qual-
che ricca preda. Tormentati dalla fame, se, nel mentre che vo-
gavano, si presentava loro qualche legno, non calcolavano né il
numero de' cannoni, né la forza dell'equipaggio, né l'estensione
de' pericoli che dovevano superare. Essi volevano la vittoria: ne
avevano uecessilà e l'ottenevano, sempre coli' abbordare il legno.
Questo genere di attacco era totalmente proprio a questa gente.
Sapevano arrampicarsi da tutte le parli e giugnere a boido del
vascello, il quale, essendo preso all' improvvista , poiché all'ap-
parire di un picciolo schifo scoperto uon si poteva sospettare né
scorgere alcuna apparenza di pericolo. Tosto che giugnevano a
porre piede sul ponte il bastimento era conquistato. Se i loro
nemici avessero avuto il tempo di prepararsi, era certo che un
solo colpo di cannone avrebbe bastato per affondare il loro fra-
gile legrio, ma essi sapevano dirigerlo in maniera da rendere im-
possibile questa operazione. Non si presentavano giammai ai fian-
chi della nave, e si avanzavano sempre con una delle estremità
dello schifo. D'altronde alcuni dei loro abili cacciatori si tenevano
preparali ed erano sicuri di colpire qualche cannoniere: ciò che
portava il disordine sul ponte. La certezza poi che aveva l'av-
DEGLI ABITATOTI! DELLE ANTILLE 21 3
versarlo di battersi con uomini determinati, coraggiosi, che non
conoscevano ostacoli, e che ad ogni costo volevano vincere, inca-
gliava ogni mezzo di difesa. Ordinariamente non cercavano che
dì eccitare la loro compassione col darsi vinti al più presto, giac-
ché irritandoli con un'ostinata resistenza, erano certi di vedersi
gettati in mare.
Loro religione.
Chi potrebbe mai credere che questi briganti, la cui vita era
un miscuglio di vizj e di delitti , si mostrassero assai attaccati
alle pratiche esteiiori di religione. Avanti di combattere si tratte-
nevano in divozioni 5 pregavano con fervore e si battevano aspra-
mente il petto. Nel seguito si riconciliavano fra di loro, si chie-
devano reciprocamente perdono delle loro offese, e si abbraccia-
vano in segno di concordia. Essi non davano giammai principio
ai loro pasti senza avere recitata la loro preghiera. 1 Cattolici re-
citavano il Magnificat od il Miserere, ed i Protestanti leggevano
un capitolo della Bibbia o recitavano un salmo.
Accostumati a vivere nei boschi, e dati meno al ladroneggio ,
i Bocanieri erano migliori de'Flibustieri. Differivano però da que-
sti ultimi , che avevano grandi sentimenti di religione e molte
religiose cerimonie} invece essi, quantunque meno viziosi, face-
vano niun conto dei dogmi e dei precetti di religione. Col con-
vivere insieme spaiì nel seguilo una tale distinzione. Gli scrittori
contemporanei, che hanno vissuto seco loro, s'accordano in di-
pingere questi uomini più cattivi delle orde più selvagge d'Ame-
rica e più rinomate per la loro barbarie •, ma tutti si uniformano
pure a dirci, che con tutto questo si piccavano di una inaudita fe-
deltà fra loro, e che si astenevano dalla carne umana : nel resto
si distinguevano per nulla dai canibali i più feroci. Questo qua-
dro però è un poco esagerato , come ognuno può scorgere nello
scorrere la storia dei Flibustieri.
Codice.
ILa pirateria era di troppo profitto e troppo conforme ai co-
stumi di questi uomini semi-selvaggi, perchè non vi si abbando-
nassero con grande passione. Non pertanto conobbero bene che
per consolidare la loro società , per meglio assicurare il fruito
delle loro rapine, e per godere della vita secondo il loro pensa-
mento , non potevano astenersi dallo stabilire un certo accordo
fra loro.
2,1 4 COSTUME
Giuramento.
Tale fu l' origine del regolamento e della spezie di codice die
giuravano di osservare al loro entrare in società. Siccome per la
maggior parie non sapevano scrivere, così vi supplivano firmando
il loro giuramento con una croce. Questo regolamento, che for-
mato era da varie leggi assai ristrette, fu ricevuto da tutte queste
picciole repubbliche galleggianti con leggieri differenze. Alcuni ar-
ticoli del medesimo meritano di essere menzionati. Principiava
esso dallo stabilire il dogma di una perfetta uguaglianza di di-
ritti che provenivano dalla loro società. Ordinava che nelle cir-
costanze importanti , ciascun fratello della costa dovesse dare il
suo voto.
Distribuzione dei viveri depredati.
Ognuno aveva diritto ad una eguale distribuzione dei viveri
freschi e delle bevande forti che fossero predate, e poteva fare
della sua porzione quell'uso che gli andava più a grado, a meno
che la mancanza della sussistenza e l'interesse della comunità non
prescrivessero un sacrificio, che, in questo caso, doveva decidersi
colla pluralità de' voti.
Regolamento riguardo alle donne.
Per togliere ogni soggetto di gelosia e di discordia , nessuna
femmina era tollerata a bordo de' bastimenti. Se alcuno avesse
osato introdurre una donna travestila veniva punito colla morte.
Quello che disertava o che abbandonava il suo posto durante il
combattimento incorreva nella slessa pena.
Furto come punito.
Il furto fra di loro era punito colla massima severità. Al-
cune di queste picciole repubbliche avevano alquanto mitiga-
to il rigore di queste leggi, ma alcune altre, e particolarmente
le Francesi, ve ne aggiunsero altre più rigorose. Presso quest'ul-
time quando un compagno rubava ad un altro, gli si tagliava il
naso e le orecchie, e si trasportava sopra qualche spiaggia , ove
\ì sua sorte non poteva riuscirgli che fatale e deplorabile. Se
poi avesse defraudato qualche cosa anco di poco valore appar-
tenente alla società, era, come nella loro lingua dicevano, ma-
ronnè , vale a dire , si esponeva sopra la costa di un qualche
capo deserto , lasciandogli per sua provvigione un fucile , un
poco di piombo , un fiaschetta di polvere ed una bottiglia piena
d'acquo.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 21 5
Loro armi.
Ogni Flibuslierc ora obbligato di mantenere le sue armi, il
suo fucile , le sue pistole nel migliore stato. Le armi erano un
vero oggetto di lusso e di emulazione. Essi davano da trenta a
quaranta lire sterline per un pojo di pistole, che portavano so-
spese alla spalla, attaccate a bandoliere di seta di diversi colori.
A norma de' regolamenti il fuoco ed i lumi dovevano essere
estinti alle ore otto di sera a bordo di tutti i legni, e, passata
quest'ora, tutti i bevitori dovevano votare sul punto le bottiglie
ed i vasi. Un'altra legge vietava loro di giocare danaro alle carte
ed ai dadi. Non pertanto queste due leggi fatte per mantenere il
buon ordine venivano quasi sempre violate.
Metodo nelle divisioni del bottino ec.
Ciascuna società stabiliva particolarmente il metodo da seguirsi
nelle divisioni del bottino. Ciascun Flibustiere faceva col suo capo
un accordo, nel quale gli prometteva d'ubbidirlo sotto pena di
essere privato alla fine della crociera della sua porzione di bot-
tino , ed era obbligato di legarsi a questa convenzione con un
giuramento solenne. In generale questi pirati non erano avari di
giuramenti. I capi facevano giurare alla fine della spedizione che
nulla avevano distolto dalla preda per un parziale profitto. Erano
tutti obbligali di partecipare a questi contratti che dovevano fir-
marsi da chi sapeva scrivere. Si determinava il trattamento del
comandante che d'ordinario avanzava le somme necessarie pei
preparativi della spedizione, e ne veniva rimborsato sulle produ-
zioni delle prede. Ce ne era uno pure per il chirurgo e per gli
altri impiegati a bordo. I feriti ricevevano un risarcimento per la
perdita de' loro membri: per il braccio diritto avevano seicento
piastre o sei schiavi 'v pel braccio sinistro o la gamba diritta cin-
quecento piastre o cinque schiavi} per la gamba sinistra quattro-
cento j per un occhio e per un dito, cento piastre od uno schiavo.
Tutti questi risarcimenti de' danni erano difalcati dalle prede pri-
ma di farne la divisione. Il capitano ne aveva sei porzioni $ gli
altri ufficiali tre } ed alcuni soltanto due ed in generale una sola.
I novizj del vascello al di là di un moderato salario ricevevano
una mezza porzione.
Ricompense per le azioni di valore.
ludependentemenle da questa ripartizione di prede ci erano
a I 6 COSTUME
alcune ricompense per le azioni di valore. Quello che toglieva la
bandiera di un vascello , inalberandovi a suo luogo quella dei
Flibustieri, (o quella di Francia o quella d'Inghilterra, poiché
navigavano per lo più sotto una di queste due, secondo le circo-
stanze e secondo l' attaccamento del maggior numero) riceveva
un premio di cinquanta piastre. Allorché nelle critiche congiun-
ture erano senza notizia dell' inimico, chi giugneva a condurre un
prigioniere otteneva una regalia di cento piastre, e si davano cin-
que piastre per ogni granata che si gettava al di là delle mura-
glie di un forte assediato.
Provvigioni.
Allorché si equipaggiava il bastimento, chiunque avesse parte
nella spedizione , doveva , andando a bordo , portar seco una
quantità determinata di polvere e di piombo. Le loro provvigioni
consistevano in carne salata di majale e di tartaruga marittima ,
che solevano procurarsi in una maniera assai speditiva cioè col
rapire quanto loro fosse bisognevole : sovente ciò accadeva nel-
l'isola stessa ove trova vano protezione, ed ove si dispensavano di
pagare gli oggetti che loro si somministravano. Cercavano durante
la notte , luoghi che contenessero dei majali , ed obbligavano il
guardiano a darne loro un certo qual numero. La menoma resi-
stenza si espiava con una morte pronta. Il terrore che inspiiavano
questi assassini , preveniva ogni doglianza , e gli assicurava della
impunità.
Disposizioni testamentarie.
Prima di dare alle vele , ordinariamente facevano il loro te-
stamento. L'uso era di scegliersi per ciascuno di essi un compa-
gno, col quale dividevano quello che già possedevano , non che
le produzioni delle loro crociere , e quindi anche le pene , le
fatiche ed i pericoli. Coloro che avevano moglie e figli non dispo-
nevano in favore del suo compagno che una parte delle loro pro-
prietà : il rimanente restava alla famiglia.
Come trattate le donne che cadevano in loro potere.
Tutte le donne giovani e di forme piacevoli che avevano la
disgrazia di cader preda di questi mostri, venivano trattate come
bestie da soma. Non era che col darsi la morte che queste sven-
turate giugnevano a sfuggire dalla loro crudele dominazione.
Ben di rado l'innocenza e la modestia trovavano grazia presso
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 21 7
costoro. Allorché molti in una volta possedevano qualche donna ,
frutto delle loro prede , per evitare qualunque contestazione la
tiravano a sorte. Il vincitore la prendeva con se e la denomina-
va sua moglie, ma nullameno essa restava in comunione, in
quanto allo sfogo delle loro brutali voluttà, e la gelosia non di-
sturbava giammai la loro concordia. Siccome usavano i Bocanieri,
chiamavano questa specie di fraternità malelotage marinaresca.
I Flibustieri si mostravano sempre curiosi di divorare e di-
struggere rapidamente le produzioni delle piraterie. Giuuti a terra
si davano in braccio ai più stravaganti capricci.
Loro vestire , modo di nutrirsi ec.
Vestivano abiti i più ricchi, sopraccaricati d' oro e di argento }
ostentavano un lusso il più ricercato, le stoffe più preziose servi-
vano al loro ornamento, i magazzini delle Tortue e della Giamai-
ca , quantunque ben forniti, non bastavano a soddisfare le loro
voglie. Nelle orgie rompevano tutti gli oggetti che passavano per
le loro mani, sì di vasellame, bottiglie, bicchieri ec. Quando si
rimproverava la loro pazzia nello scialacquare quelle ricchezze che
avevano acquistate con tanti pericoli e fatiche, lispondevano : »
La nostra sorte in mezzo ai rischi che ci circondano in ogni istante
è ben diversa da quella degli altri uomini. Noi viviamo oggi , e
domani saremo morti. Perchè dunque risparmiare? Noi contiamo
la nostra esistenza soltanto in que' giorni che ci è dato di vivere
nella gioja ^ e non pensiamo giammai a giorni futuri ed incerti.
Amiamo meglio godere della vita p. esente, che cercare di pro-
lungarla con de1 risparmi e delle privazioni. ».
Ognuno ben vede che con tali principi i loro eccessi non ave-
vano limiti. Non sussisteva godimento brutale che non si gustasse
da costoro. LY ubriachezza non era risparmiata. Il loro cibo più
favorito, massime quando si trovavano a terra, era la carne di
tartaruga, che riesce di buongusto ed assai nutritiva. Essi la sti-
mavano atta a dissipare i cattivi umori, a promover l'appetito ed
anche un rimedio nelle loro malattie. Anzi si vuole che qualcuno,
colpito dal male venereo, usando di questo cibo, dopo una espul-
sione sulla cute, si risanasse.
Tale era il sistema di vivere di questi uomini straordinarj. Ag-
gìugneremo la seguente osservazione, onde dimostrate i motivi
dell' origine e della durala di questa società.
2, 1 8 COSTCME
Osservazioni sulV origine e durata di tale società.
Gli Spagnuoli avevano svegliati tutti i sentimenti astiosi delle
altre nazioni. S'invidiavano le miniere d'oro e d'argento delle
loro colonie. La loro condotta tenuta in America verso que' popoli
innocenti e senza difesa aveva inspirato un orrore, che non erasi
per anco infievolito in Europa. La loro ributtante arroganza, la
rimembranza delle loro guerre devastatrici , di quella, sopra ogni
altro, sostenuta nei Paesi Bassi sotto il manto della religione,
concorrevano a rendere costoro l'oggetto dell'universale animosità.
Quegli che armavansi contro degli Spagnuoli erano difensori di
una causa comune a tutte le nazioni , come i vendicatori dell'u-
manità oltraggiata, come i distruggitori di una ignorante super-
stizione armata. Per ciò si videro non solo giovani, ma uomini
assennati, non già mossi dal libertinaggio, dalla povertà e dal-
l'amore del saccheggio, ma penetrati da un violento risentimento
contra gli Spagnuoli , unirsi ai Flibustieri per far loro la guerra.
Uu simil caso avvenne in un nobil giovane di Linguadoca, nomi-
nato Monbars che ancora scolaro, si eia riscaldata la immagina-
zione sui fatti che si narravano delle atrocità commesse dagli
Spagnuoli in America, ed aveva loro giurato un odio irreconci-
liabile. Erasi fissato in mente che subito ch'egli fosse libero,
avrebbe fatto espiare a costoro l'innocente sangue di tanti milioni
d'Indiani uccisi per ingordigia di ricchezze, per superstizione e
per indomabile arroganza. Di fatto appena potè egli disporre delle
sue sostanze, tutte le consaciò all'armamento di un vascello, col
quale si unì a' Flibustieri. Si distinse tanto in mare quanto in
terra fra i loro capi più audaci e più abili. Il bottino e la licen-
ziosità non avevano per costui alcun allettamento. Risparmiava gli
uomini disarmati, ma uno Spagnuolo in armi non poteva sicura-
mente sfuggire ai colpi della sua spada, per cui veniva denomi-
nato lo sterminatore.
Molti Flibustieri professavano questi principi- Non volevano
convenire che la cupidità delle prede fosse il motore delle loro
guerre contro degli Spagnuoli. Essi fondavano i loro diritti di
muover guerra all' avidità di questa nazione, che ad essi negava
di cacciare nelle loro isole e di pescare lungo le sue coste , seb-
bene immensi fossero i suoi possedimenti. Secondo costoro questa
sola circostanza bastava per legiltimare tali ostilità contra gli Spa-
DEGLI ABITATORI DELLE A^JTILLE 2IQ,
gnuoli. Velavano la propria passione per il bottino sotto questo
specioso pretesto, ed in qualunque impresa erano ben anche ec-
citati , alle volte apertamente ed alle volte segretamente , dalle
altre nazioni, che invidiavano la fortuna della Spagna.
Ma riuscì Gnalmente agli Spagnuoli di scacciare dal mar Pa-
cifico questi tremendi loro nemici, e di sterminarli interamente.
Finì la razza di questi uomini singolari e formidabili } né fuvvi
più congrega di Fratello della Costa, né più Flibustieri, sebbene
per molti anni ancora s'udissero ne1 mari d'America pirati che
qualche volta n'emularono l'arditezza e ne usurparono il nome.
Questi ultimi s'erano procurato un rifugio nell'isola della Prov-
videnza, che è una delle Bermude^edue donne fra essi si ren-
dettero celebii diviso avendo con loro i pericoli e le fatiche, per
solo amor di bottino. Furono entrambi Inglesi. Vestivano gli abiti
del loro sesso, unendovi i lunghi calzoni da marinajo ^ portavano
sparsi e lunghi i capelli , al fianco una sciabola , sotto il petto
due pistole, e in mano un'asta della forma stessa che usata avea-
no in guerra gli Inglesi dei tempi di mezzo. Vedi le figure della
Tavola ^4- I l°ro nom' furono Maiia Read e Anna Bonay. La
storia che ha conservate queste particolarità intorno ad esse, ag-
giugne ch'elleno, fosse fierezza d' animo, fosse vanità, non pie-
ga ronsi mai a desiderj d'uomo.
Stato attuale della parte Spagnuola.
La parte Spagnuola racchiude presentemente centomila abi-
tatori, sui quali non ci sono che trentamila schiavi. Il manteni-
mento del bestiame , il taglio delle legne , qualche piantagione
di caccao, un piccini numero di zuccheriere occupano quella poco
industre popolazione.
Produzioni.
Nel 1808 il numero delle bestie cornute ammontava a 20om.
Si esportavano ^om. pezzi di legno di mogano pel valore di
3,36om. franchi. Il caccao indigeno di quest'isola, secondo Val-
verde , è rinomato per la delicatezza del suo gusto ; nel secolo
sedicesimo, l'isola ne somministrava a tutta la Spagna.
Città.
San-Domingo conta 25m. abitatori. Si vuole che nella sua
cattedrale riposino entro due casse di piombo le ossa di Cristo-
foro Colombo , e quelle di Don Luigi suo fratello : quelle di
22,0 COSTUME
Cristoforo vi furono trasportate da Siviglia, ove erano slate de-
poste nel Panteon de'Duehi d'Alcalà, dopo esservi state trasfe-
rite da Valladolid. Quésta città era magnifica, ricca e popolosa
sotto Carlo Quinto: ma perdette moltissimo del suo splendore.
Tuttavia sarà sempre celebre, per essere stata il luogo, ove i
conquistatori del Messico, del Perù, del Chili formarono i vasti
loro progetti , e trovarono i mezzi di eseguirli.
.Descrizione della città di San-Domingo.
Ecco in breve la descrizione che di questa celebre città ci
diede Oviedo nella sua storia di San-Domingo. Dopo che la ca-
pitale di San-Domingo venne atterrata dall' Dragano, Ovando Go-
vernatore generale ne cangiò la sua situazione che era a levante
del fiume d'Ozama, e la trasportò sull'altra riva perla sola ra-
gione che vi si trovavano già alcune abitazioni Spagnuole. Quelli
che hanno veduto la capitale di San-Domingo in tutto il suo
splendore ci assicurano ch'essa era una delle più belle città
del mondo: è situata su di un terreno perfettamente piano } si
estende da settentrione a mezzodì lungo il fiume sulle cui rive
si coltivano amenissimi giardini : ha il mare a mezzogiorno ed il
fiume a levante, e questi due lati occupano più della metà del-
l'orizzonte, perchè il fiume si rivolge alquanto a ponente. La
campagna da questi due lati è di una amenità singolare. L'in-
torno della città corrispondeva perfettamente alla bellezza dell'e-
sterno. Le strade erano larghe, le case di gusto Spagnuolo erano
disposte a linea retta, e per la maggior parte fabbricale di una
spezie di marmo che trovasi in vicinanza: le altre erano di una
certa qualità di terra estremamente tenace, che s'iudnrisce all'a-
ria e che prende quasi la consistenza del mattone. Ovando in-
nalzò una fortezza che si conservò fino al dì d'oggi: il palazzo
che fece edificare per se era assai magnifico: fondò un convento
pei Padri di S. Francesco ed un ospitale sotto il titolo di S. Ni-
cola di cui portava il nome. Alcuni anni dopo vi si stabilirono i
Domenicani ed i Mendicanti } ed il tesoriere Passsamonte fondò un
secondo ospitale sotto il nome di S. Michele. Vi si innalzarono
mia superba cattedrale, molte belle chiese ed altri pubblici edi-
li'j. Alcuni ricchi privali si recavano ad onore di fabbricare in-
lere contrade. Giammai città pervenne si prontamente al più suo
allo giado di splendore. In una parola San-Domingo divenne una
DEGLI AGITATORI DELLE ASTILLE 221
sì grande e bella citlà che Oviedo non ebbe Umore di dire al-
T Imperatore Curio Quinto , die la Spagna non ne aveva una
sola che le si potesse preferire , e che S. M. Imperiale abitava
sovente de' palazzi che non avevano né la comodità, uè l'esten-
sione, né le ricchezze di alcune case della capitale delle Indie
Spagnuole (i). Ma questo suo splendore nou fu di lunga durata:
più brillanti conquiste fecer scegliere alla Spagna un' altra sede
delle sue forze e della sua grandezza (2).
San-Yago e la Vega sono le due principali città dell'interno,
ove sovente il viaggiatore può andar vagando le intere giornate
per superbe praterie, senza trovare altre tracce di popolazione
oltre le capanne de' pastori. Le eminenze son coronate di gran-
diose boscaglie, e vi si veggon sovente lave nericcie, o forse ba-
salti ridotti in piccioli frammenti (3). La baja di Samana, difesa
da parecchi scogli ed isolette, presenta il più bel porto dell'iso-
la, ma le rive di quel vasto bacino diconsi insalubri. Qualche
nuovo colono, fra i quali alcuni Francesi procurarono di ridurre
quel distretto a cultura (4). L' Yuna, che mette in quella baja,
può rendersi navigabile per lo spazio di 20 leghe. Tutto indica
colà il sito ove naturalmente star dovrebbe la capitale.
Parte francese.
L'antica parte Francese, che è la parte occidentale dell' isola,
è valutata 1700 leghe quadrate da a5 al grado , ciocché dà
5,207,524 tese quadrate, o 2,601,000 quadrati da 35o piedi per
ciascun lato. Eranvi solamente 771,275 quadrati occupati, ed i
sette decimi di quella parte dell' isola che sono montagne erano
coperti di boschi (5). Non si può a meno d'ammirare, o di stu-
pirsi al meno, allorché si vede a San-Domingo che uno spazio di
186,14^ quadrati, eguali a 121 leghe ed un duodecimo qua-
(1) Oviedo. Storia di San-Domingo, lib. III. pag. 292.
(2) Chi desiderasse di vedere una pianta di San-Domingo , potrebbe
osservare il voi. XVIII. della Storia Generale de'Viaggi, ediz. delVAja,
1762, e Charlevoix, tom. I. pag. 225, il quale ci rappresentò altresì nello
stesso volume le cerimonie l'eligiose degli indigeni di San-Domingo.
(3) Dorvo-Soulastre , Voyage au Cup Francais , pag. 5o, etc.
(4) Guillermin , Précis des événemens de St.-Domingue, pag. 22, 4°7
e seg.
(5) Moreau de St-Mèry-, Description de St.-Domingue. I ., pag. 5.
222 COSTUME
Orato di superficie, producono in zucchero, caffè, cotone, indaco
e caccao, una quantità di derrate d'esportazione stimata modera-
tamente al loro arrivo in Francia 169,667,000 franchi, prodotti
da 452m. Negri , ciocché dà una produzione di 398 franchi per
Negro (1).
Regno e repubblica oV Haiti.
11 Capo-Francese, città un tempo sì florida e capitale di quella
bella colonia , venne non ha guari chiamato Capo-Enrico , dal
nome del Negro Cristoforo , che si era proclamato re d' Haiti ,
sotto il nome d1 Enrico L, capo di un esercito ben disciplinato,
e di una popolazione risoluta a non più sottomettersi ai Bianchi.
Carattere di Cristoforo proclamato poi re cV Haiti.
Dicesi che Cristoforo nascesse alla Granata e che fosse schiavo
in San-Domingo nel 1790. Egli era umanissimo, buon marito ,
buon padre, portato quanto mai all'ospitalità} generoso e magni-
fico, scioltissimo nelle maniere, e pieno di una cert' aria di no-
biltà, che faceva stupore in un uomo il quale non aveva avuta
nessuna educazione. Cristoforo possedeva grandi talenti naturali ,
parlava con molta forza ed anche con eloquenza , e sapeva la
lingua Inglese che parlava con molta facilità. Tale è il ritratto
che di lui ha delineato chi l'ha veduto con occhio imparziale:
gli uomini prevenuti da particolari interessi ne hanno fatto poco
meno che un mostro. Egli ricusò il pomposo titolo d'imperatore
e si contentò di quello di capo del governo d'Haiti } ma appena
aveva egli incominciato ad occuparsi della prosperità del paese
di cui è un bel monumento un proclama da lui indirizzalo sotto
il 24 d'ottobre del 1806 alle potenze neutrali, si vide sorgere
incontro un rivale } e fu Petion.
Trova un rivale in Petion.
Era questi un Mulatto , che da giovine aveva fatto i suoi
studj alla scuola militare di Parigi, di dolce carattere e di obbli-
gantissime maniere, colto in letteratura, il più chiaro fra gli in-
gegneri Negri, ed istruttissimo ancora nell'arte militare. Ambiziosi
entrambi, Cristoforo, ed egli vollero sostenere le loro pretensioni
colle armi , e il dì primo del 1807 si diedero battaglia , in cui
Petion fu disfatto , ed obbligalo a rifuggirsi in Porto-Principe ,
(1) Page, Traité du commerce des colonies.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 22 3
ove Cristoforo lo assediò. Ma come pareva clic nelle province
settentrionali fermentasse qualche malcontento, e d' altronde Pe-
tion non era in istato di ricomparire presto con molta forza, Cri-
stoforo abbandonò l'assedio e si trasse al Capo-Francese.
Costituzione.
Ivi si radunò un'assemblea composta di Generali e dei prin-
cipali cittadini e si fece una costituzione , che dichiara va libere
tutte le persone residenti sul territorio d'Haiti ^ abolita per sem-
pre la schiavitù} il governo dato ad un magistrato supremo che
aveva il titolo di Presidente e Generalissimo delle forze di terra
e di mare, non ereditario, ma avente il diritto di scegliere il
successore tra i Generali. Il Presidente avea il potere di fare la
guerra e la pace, e trattati colle potenze straniere j e quello pure
di nominare i membri del consiglio di Stato , il quale era un
corpo deliberante. Per le quali cose il governo partecipava della
monarchia e della oligarchia insieme. E lasciando le altre dispo-
sizioni per ciò che risguardava ministri, tribunali, religione ed
educazione pubblica, era molto opportuna la dichiarazione che il
governo non avrebbe mai cercato di turbare le colonie delle al-
tre nazioni, né tentato conquiste fuori dell'isola.
Guerra con Petion.
Cristoforo non lasciò di animare il commercio del paese che
egli governava , ma durò per alcuni anni la guerra tra lui e Pe-
tion con varia fortuna e con danno comune. Nel 1810 egli in-
vestì il Molo di San-Nicola, lo prese, unì all'esercito suo la guar-
nigione del medesimo , e licenziata la maggior parte delle sue
genti, ritornò al Capo-Francese. Avea cercato di farsi amici gli
Spagnuoli di San-Domingo^ concluse con essi un trattato d'al-
leanza e di commercio, e loro somministrò armi e munizioni con-
tro i Francesi, che tenevano ancora due piazze nella parte orien-
tale dell'isola. Gli Inglesi poi ricuperarono quelle due piazze, le
quali erano Saroana e San-Domingo.
Cristoforo Incoronato Re nel 181 1.
Nel 181 1 Cristoforo fu incoronato re di Haiti per una riforma
dell'antecedente costituzione fatta dal consiglio di Stato} riforma
che introdusse nel regno de' Negri le principali istituzioni delle
monarchie d'Europa, e quelle in ispecie della Francia. L'epoca
della esaltazione alla regia dignità di Cristoforo, che prese il
2,2,4 COSTUME
nome di Enrico, è quella ancora di una tale sospensione «l'armi
fra lui e Petion che senza stipulazione veruna ha per tutta la vita
d'entrambi fatto in Haiti le veci di una pace stipulata con tutte
le formalità diplomatiche. » Noi sappiamo, diceva uno scrittore
di Haiti, che i partigiani della schiavitù godono delle nostre
dissensioni-, che meditano di distruggerci: e pare che facciamo
dal canto nostro ogni sforzo per secondare a gara i loro disegni,
scannandoci gli uni gli altri ! ».
Petion fatto Presidente.
Il re Enrico dunque e Petion penetrati da questa considera-
zione, dal 1811 in poi si applicarono con egual fervore ad in-
coraggiare P industria, la morale, le scienze*, e a cercar di con-
solidare l' indipendenza del paese e la libertà degli abitatori , me-
dianti buoni ordini di amministrazione e di militar disciplina.
Loro condotta alV arrivo a San-Domingq dei commissari di
Luigi XVUI.
Finché regnò Napoleone, la guerra riaccesasi, e la prepon-
deranza marittima dell' Inghilterra , non permisero che i Francesi
rinnovassero tentativi contra San-Domingo. Ma quando Luigi
XVIII montò sul trono de' Borboni, s'incominciarono le antiche
macchinazioni, sostenute dagli interessi medesimi e da nuove pas-
sioni. Le prime aperture che furono fatte alla Corte del Re En-
rico ebbero per risultamene la dichiarazione che i bastimenti
Francesi erano liberi di entrare nei porti d'Haiti come quelli
delle altre nazioni: che il Re Enrico desiderava d'essere in buona
intelligenza col Re di Francia*, ma che non tratterebbe colla
Francia se non da pari a pari. Lo stesso spirito si vide animare
il paese governato da Petion. Poco dopo furono mandati tre com-
missari , fra quali un certo Lavaysse , il quale dalla Giamaica
scrisse a Petion per impiegarlo a riconoscere l'autorità di Luigi
XVIII., e scrisse parimente a Cristoforo minacciandolo di tutte le
forze combinate dell'Europa se ricusasse di sottomettersi alla
Francia. Enrico convocò un' assemblea straordinaria de' rappresen-
tanti del paese *, comunicò loro quella lettera \ e la conclusione fu
che l'assemblea offrì a lui beni, persone e vita per la difesa del
Re, della patria e della libertà. Petion avea invitato Lavaysse a
recarsi a Porto-Principe. Costui propose che il Presidente ricono-
scesse la sovrauità del Re di Francia, e inalberasse la bandiera
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLR 2 2 5
I)i;mca. Fu convocata a Porto-Principe un1 assemblea delle prin-
cipali autorità, e queste rigettarono la proposta. Luigi XVIII
sapute queste cose, dichiarò autenticamente che Lavaysse non
avea avuta altra incombenza che d'informarsi dello stato di San
Domingo per tutte quelle delibenzioni che il governo Francese
avesse dovuto prendere. Dicesi che gli intrighi de' coloni avessero
fatto risolvere la Corte ad armare una flotta; l' esecuzione del
qua! pensiere fu sospesa pel ritorno di Napoleone in Francia.
Quello che di più certo si sa, che tre commissari , scelti fra gli
antichi coloni nel 1816, i quali dovevano essere incaricati del-
l'amministrazione di tutti gli affari civili e militari di San-Do-
rningo, costeggiando l'isola sopra un vascello Americano, spedi-
rono a terra lettere con soprascritta al signor Generale Cristoforo,
le quali furono rimandate senza che fossero aperte, e che essi
poi con sopra coperta indirizzarono al Comandante del porto di
Gonaives. Esse non servirono che ad infiammare la collera degli
abitatori di Haiti. D'allora in poi nulla si è più tentato contro
di essi.
Alla morte di Cristoforo è abolita in Haiti la monarchia.
La morte tragica del re Enrico ha fatto abolire nella parte
settentrionale di San-Domingo il governo monarchico; e il Gene-
rile Buyer , successore di Petion nella presidenza del governo
della parte meridionale, sembra destinato ad unire sotto un'am-
ministrazione sola il paese , in cui per lo zelo di quei due va-
lenti uomini la civiltà ha già fatti progressi che non sono ammi-
rali in Europa soltanto perchè grandi avvenimenti più importanti
per essa hanno in questi ultimi tempi occupata la sua atten-
zione , e perchè tutto è stato dissimulato, od alterato da parti-
colari passioni.
Isola di Porto-Ricco-
L'isola di Porto-Ricco è situata fra i graJi 67 /io' e 68 4°'
di longitudine occidentale, ed al grado 18 di latitudine setten-
trionali', fra Sau-Domingo e San-Cristoforo : è lunga 34 leghe e
larga 14.
Situazione , estensione ec.
Pare ch'essa sia una continuazione della grande catena delle
Antille ; ma le sue montagne che sembrano stendersi da levante
a ponente con una curva verso il mezzodì , sono meno alle di
Cost. Voi. 1 V delV America. i5
22l6 COSTUME
quelle di Sari-Domingo, il Layvonito domina la parte orientale,
ed il Lopello quella di mezzogiorno: trovansi vaste savane nell'in-
terno e sulla costa settentrionale. Le montagne dell'interno,
adorne di cascate pittoresche, racchiudono saluberrime valli \ ma
nelle pianure basse l'aria è qualche volta malsana nella stagione
delle piogge. Il terreno generalmente fertile e profondo , è ba-
gnato da un numero considerabile di correnti d'acqua purissima,
L' oro, la cui abbondanza aveva tratti dapprima gli Spagnuoli a
stabilitisi, è divenuto raro} essa però produce buon legname da
costruzione, zucchero, zenzero, caffè, incenso, cotone, lino e cuoj.
Le mule di Porto-Ricco sono assai apprezzate nelle isole di San-!
Domingo, Giamaica e Santa-Cruz. Rende anche cassia , tabacco,
riso, melica, aranci, limoni, poponi e buon sale.
Descrizione della città di S. Giovanni di Porto-Ricco.
Quest'isola fu scoperta da Colombo nell'anno i4°/3, ma co^
sto molto agli Spagnuoli il sottometterla, essendo i suoi abitatori
un popolo fiero, valoroso e amante estremamente della libertà;
ma alla fine vi riuscirono, e non solamente la conquistarono, ma
ne distrussero affatto gl'indigeni, S. Giovanni di Porto-Ricco è la
capitale dell'isola*, essa è situata in un' isoletta della costa setten-
trionale , unita alla terra per mezzo di una diga , e che forma
un porto eccellente. Essa è grande, ben fabbricata e più popo-
lata della maggior parte delle città Spagnuole. Nella parte a Li-
beccio della città è una fortissima cittadella, che la domina a un
tempo e la difende j la bocca del porto è proletta da un ben
fortificato castello.
Drake e Cumberland a Porto-Ricco.
Nell'anno i5g5 il cavaliere Francesco Drake bruciò tutti i
bastimenti ch'erano nel porto} ma vedendo impossibile il conser-
tare il posto, non fece tentativo alcuno per impadronirsene. Tre
anni dopo il conte di Cumberland prese l'isola , ed ebbe qual-
che intenzione di ritenerla, ma avendo perduto in un mese 4°°
de'suoi per una malattia contagiosa , si determinò d'andarsene ,
portando seco 70 pezzi di cannone e un immenso bottino in ar-
gento. Nel 1 61 5 gli Olandesi mandarono una grossa flotta con-
tra Porto-Rico , ma con poco profitto | poiché presero sola-
mente e saccheggiarono la città, ma non polerouo sottomettere il
castello.
nnGLI ABITATORI BELLE AHTILLB 2Z.J
Sto stato dal 1^65 al 1808.
Nel 1^65 la Corte di Madrid porlo la sua attenzione sopra
S. Giovanni , e trovando i! suo porto di tal capacità da poter
contenere i più grossi bastimenti colla massima sicurezza, cir-
condò di fortitìcazioni la città che lo domina. I lavori furono
lutti moltiplicati veiso una lingua dritta e pantanosa, il solo luogo
ove la piazza poteva essere attaccata dalla patte di terra. In que-
sl' epoca una possessione, che non aveva ricevuto annualmente
dal fisco che 878,000 lire, gliene costò 2,6^4^4^^ c',e arrivarono
regolarmente dal Messico. Questo numerario eccitò ad intrapren-
dere alcuni lavori. Nello stesso tempo 1' isola che era stata fin
allora ne' legami del monopolio, potè ricevere tutti i navigatori
Spagnuoli. Questi due mezzi uniti tolsero Porto-Rico dal suo
stato di nullità. La sua decima, che prima del 1765 non rendeva
che 81,000 lire giunse alle 23o,4i8. Nel geonajo del 1778 Poi-
lo-Ricco contava 80,660 abitatori, dei quali 653o solamente erano
schiavi. Noi, dice Menlelle (1), non conosciamo paratamente i
progressi di questa colonia dopo il 1 778, cioè, dopo lo stabili-
mento del commercio libero fra la Spagna e le sue colonie.
Ma nella Geografia Universale di MallerBrun (2) troviamo
che la popolazione di Porto-Rico montava dieci anni fa a i36m.
persone, delle quali soJe 1701. erano Negri. Siccome quest' isola,
egli prosegue, grazie ad alcuni destri governanti, rimase, intatta
dal contagio rivoluzionario, così è divenuta 1' asilo di parecchie mi-
gliaja di coloui fedeli. La rendita vien ora valutata 4'3,ooo frau-
chi , e la spesa 1,48/1,000, anzi talvolta la spesa oltrepassò i due.
milioni (3).
féltri luoghi rimarcabili dell'isola*
Gli altri oggetti topografici di quest' isola che meritano menzio-
ne sono : 1' Aguadilla, con un porto aperto nella parte nord-ovest,
pregevole per la sua salubrità} San-Germano , borgo considera-
bile abitato dalle più antiche famiglie dell' isola , la baia di Gua-
t>ica e quella di Guayauilla, posta sulla costa meridionale , ed
opportuna a grandi stabilimenti, e Fexardo borgo aiuenissimo sulla
costa oiientale.
(1) Gèographie Universelle , tom. XV., pag. 5i etc
(a) Tom. V. pag. 745.
(ì>) Ledili, Voyage au Ténériffe, PortoRico eie pag. iSj.
2.U.S COSTUME
Isola di Biequen.
A cinque leghe dal Gapo-Pinero che è la punta orientale del-
l'isola , si scorgono le alture verdeggianti e beue boscate dell' isola
di Biequen disabitata, ma sulla quale pretende d' aver diritto la
Spagna.
Isole Bahama o Lucaje.
Premetteremo alla descrizione delle picciole Antille quella
delle isole Bahama o Lucaje, che stendonsi nel sud-est della Fio-
nda, dalla quale sono separate da una rapida e larga corrente di
mare, che chiamasi golfo di Florida, o nuovo canale di Bahama.
Il vecchio canale di Bahama la separa dall'isola di Cuba. Ve ne
lia circa 5oo , alcune delle quali non sono che nudo sasso ; ma
dodici in particolare sono grandi e fertili, ed il loro terreno non
differisce da quello della Carolina.
Lucaje divise in tre classi.
Quantunque tutte queste isole che guidarono Colombo alla sco-
perta dell' America sieno state comprese sotto la generale deno-
minazione di Lucaje , sono però state distinte in tre classi. La
prima contiene quella che stendesi al levante dell'isola di Ba-
hama e dal canale che da questa ha nome; la seconda contiene
quelle che ordinariamente vengono chiamale gli Organi, i Martiri
e le Caje o Cajiche , e sono tanti scogli pericolosissimi ai navi-
ganti; la terza contiene quelle che diconsi Tartarughe, Tortaes.
Herrera e Laet hanno notale non poche particolarità riguardanti
quest'isole, e noi non ometteremo di riferire almeno quelle che
riguardano le principali.
Alcune particolarità riguardanti le principali.
Abacoa, posta in mezzo alle sabbie e agli scogli di Binimi, è
lunga dodici leghe e larga sei. Al levante d'essa è Athacambey ,
della quale s' ignora la precisa estensione. Bahama è lunga
tredici leghe e larga otto : il canale cui essa diede il suo nome
è largo sedici leghe e lungo quarantacinque fino al capo della
Florida. Bimini, lunga cinque leghe, e cinta di sabbie e di sco-
gli che da essa han nome, è quella di cui Giovanni Ponce andò
in traccia per cercarvi la famosa fortuna, le cui acque , siccome
egli supponeva, avevano la virtù di far ringiovanire i vecchi. Al-
l'estremità degli scogli di Bimini è Mimbras, peri colosissima per
chi passa il canale di Bahama. Le Caje o Cajiche sono parecchie
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 22C)
ìsole situate in cerchio , e divise le une dalle altre da molti ca-
nali , e al levante da sabbie assai estese. Lucajonecca è la più
grande e l'ultima delle Lucaje dalla parte di tramontana. Gua-
nahani è la pinna isola del Nuovo-Mondo , che Colombo scopiì
e chiamò San-Salvadore. Guanima, che ne è sette leghe dislaute,
fu da Colombo chiamata Santa-Maria della Concezione} è assai
pericoloso 1' accostarvisi a cagione degli scogli e de' banchi di
sabbia: ma 1' interno suo, abbondante d'acqua viva, è bello ed
è fertile.
Sotto la denominazione de' Martiri , s? intende un ammasso
d'isolette o di scogli, che si stendono tra levante e ponente innanzi
alla punta meridionale della Florida -, ed hanno tratto il nome
dall'apparenza che preodono a chi comincia a vederli, che è
quella di tanti uomini attaccati al patibolo. Ma più che per que-
sto, sono famosi pei naufragj infiniti che vi succedono. Mira-por-
vos , che è lo stesso che dire Guardati , è il nome dato dagli
Spagnuoli a tre ìsole poste in triangolo, fra sabbie e scogli, poco
distanti da Yameto , isola che è precisamente sotto il tropico ,
lunga circa i5 leghe al mezzodì di Yuma. Yuma vicinissima a
Guanima ha 20 leghe di lunghezza e otto di larghezza. Saomoto
è la quarta delle isole scoperte da Colombo , dal medesimo no-
minata Isabella.
Le Tartarughe sono sette 0 otto piantate in cerchio al ponente
dell' ultima punta della Florida , e distanti per retta linea 36 le-
ghe dal Porto dell'Avana. Veja è un'ammasso d' isolette vicinis-
sime le une alle altre, e poste tra scogli e sabbie. Gli Spagnuoli
le hanno chiamate Los-baixos-de-Babucca.
Quando Colombo capitò nel mar delle Antille, le Lucaje era-
no, almeno in parte, piene di abitatori* ma essi sparirono, morti
o sotto il ferro o sotto la schiavitù degli Spagnuoli , i quali a
mano a mano che colle loro crudeltà spopolavano Haiti , andavano
cercando nelle Lucaje vittime da sostituire. Erano dunque da lun-
go tempo tutte le Lucaje senza abitatori •, né molto adescavano la
curiosità de' navigatori a cagione de' troppi pericoli, che, volen-
dosi approssimate alle medesime , s' incontravano , quando una
tempesta gittò sulla principale tra quelle che stanno nel canale di
Ballatila nn vascello Inglese. Veleggiava questo verso la Carolina,
ed era condotto da un capitano chiamato Guglielmo Sayle. Es-
•2,3o COSTUME
sendosi ivi riparalo dal disastro sofferto, non mancò di prenderne
cognizione, e le diede il suo nome.
Isola della Provvidenza.
Pare però che nel ritorno soffrisse presso la medesima un ntvo»
vo naufragio, e che in essa trovasse salute: ond' è che d'allora
in poi la chiamò l'isola della Provvidenza, e l'annunciò sotto Ini
nome appena giunto in Inghilterra. La Compagnia de' Signori di-
venne poi proprietaria dell'isola e delle altre del contorno , ma
gli Spagnuoli che da treni' anni erano furenti veggendo gli In*
glesi stabilirsi verso il mezzodì, assaltarono l'isola della Provvi-
denza , vi distrussero tutte le provvigioni che non poterono portar
via, abbruciarono le abitazioni, e, caricato avendo il Governatore
di catene , finirono col 'trucidarlo. Gli abitatori dell' isola si di-
spersero per le altre colonie Inglesi , ed essa seguitò a rimanere
deserta sino ai tempi procellosi della rivoluzione d' Inghilterra-,
nella quale occasione molti malcontenti andarono a rifuggirsi nel-
1' isola della Provvidenza. Per la qnal cosa alzandosi a nuove
speranze la Compagnia di quelli che l'aveano dianzi acquistata,
mandò certo Jones affinchè desse buon ordine alla colonia. Jones
giunto colà nel 1690 vi fu ricevuto senza resistenza, ma costui,
tendendo a governare il paese, secondo il suo solito arbitrio-, sì
attribuì tutte le prerogative reali , e per procacciarsi un appoggio,
invitò i corsari a farsi del porto dell' isola un luogo di lor riti-
rata. Ma le gravi ingiustizie e violenze ch'egli commetteva non
potevano sostenersi più a lungo } onde gli abitatori dell'isola s'al-
zarono finalmente a tumulto e Io cacciarono in una stretta pri-
gione. I corsari però e la mala gente da lui protetta entrarono a
mano armata nell'isola e scarceratolo, il ristabilirono Dell' eserii-
tio della sua carica. In questo mezzo venne un certo Trott da
Londra, fatto nuovo Governatore dell'isola} il quale col mezzo
delle forze che si recò seco si fece tosto riconoscere e temere.
Ma checché fosse del carattere di Trott , il primo atto di autorità
ch'egli esercitò fu di accoidare a Jones la impunità e la libertà
di partirsi dall'isola.
Nassau città della suddetta.
Ad onta di tanti sconcerti la colonia avea non mediocremente
prosperalo^ ed era sorta la principale borgnta sua sotto il nome
di Nassau come una nuova città avente fin d' allora i5o case.
DEGLI ABITATORI DELLE A\TILLE 2.)l
Trott vi ediGcò un forte. Accadde ancora che la città di Nassau
fu rinforzata di popolo pel naufragio che nel 1695 sofffi un va-
scello reale, il quale ritornando dalla Giamaica si era rotto con-
tro le isole dei Martiri, e la gente che se ne salvò stabilì appunto
ivi la sua dimora. Ma gli abitatori, abituatisi nel commercio
de' Flibustieri , contrassero il gusto di cercare la ricchezza nella
pirateria: quindi i Francesi e gli Spagnuoli hanno riguardata Pi-
sola della Provvidenza come nemica del loro commercio. Essa
nel 17 13 fu saccheggiata da una squadra, la quale abbruciò la
città di Nassau, imprigionò il Governatore, e trasportò altrove
una parte de' Negri introdotti per ampliare varj rami di coltiva-
zione. Né quella fu la sola volta che venne orribilmente guastata.
Quando nel 1719 vi fu mandato Governatore il capitano
Wodes Rogers , il quale incominciò dal cacciarne tutti i corsari}
e in pochi anni rimise in buono stato la città di Nassau, che
presto giunse ad avere quasi 4oo case. D'allora in poi l'isola della
Provvidenza ebbe coltivazione e commercio, e alcune altre creb-
bero anch'esse di popolo e d'industria. Le Lucaje guadagnarono
tanto nella perdita che la Gran-Brettagna fece delle sue colonie
del continente settentrionale, quanto nella grande estensione presa
dal suo commercio
Abitatori.
La popolazione delle Lucaje ora ammonta, secondo Malte-
Brun , a circa dodicimila persone. 1 Lealisti degli Stati-Unitivi
si stabilirono in gran numero. I Negri sono colà ben trattati dai
loro padroni che li sopravvegghiano in persona} non vi sono in-
spettori, e per naturale conseguenza non vi si ode sì sovente lo
scoppiettare della frusta insanguinata. Si assegna ai Negri un la-
voro proporzionato alle loro forze, e la buona loro condotta prova
che sono degui di un sì umano trattamento (1).
Produzioni.
Si esporta da quest'isole un po'di cotone, d'indaco e di ta-
marindo, molte frutta , specialmente limoni, aranci, ananas , ba-
nane, uova di testuggine, ambra-grigia, mogano, campeggio e
(r) Mac-Kinnen, Toyage aux iles du Vent et aux ìles Bahama. Lon-
don, 1804. "Vedi altresì il Tableau des positions géographiques de V Ame-
rique} in seguito al detto libro.
2,32 COSTUME
fernambuco. In tempo di guerra gli abitatori guadagnano conside-
labilmente pel numero di prede che vengono in esse condotte, e
sempre poi pei naufragi che son frequenti in quel labirinto di
sirli e di scogli.
Le isole Turche o Calche, all'uscita di San-Domingo, sono
occupate dagli Inglesi, ed anche fortificate. Ritorniamo alle Au-
tille propriamente dette.
Isole delle Vergini.
Anegada, Virgin-Gorda e Tortola , sono le principali isole
possedute dagli Inglesi nell1 Arcipelago delle vergini, a levante
di Porto-Rico. Il terreno è poco fertile , ma il commercio di
contrabbando con Porto-Rico è di grande importanza. QuelP i-
sole, nel 1788, non avevano che 1200 abitatori Bianchi e gooo
Negri.
Antille Danesi.
I Danesi non sono entrati nella carriera del commercio che
dopo gli Spagnuoli, i Francesi, gli Inglesi e gli Olandesi. Tro-
varon quindi il Nuovo-Mondo già diviso fra le altre potenze, né
poterono ottenere che a slento alcune picciolo porzioni di quel
ricco bollino^ ma nulla fu da essi trascurato per dare a qne1 pic-
cioli possedimenti , lulto il valore di cui potevano essere su-
scettibili.
Isola di Santa-Croce.
In conseguenza le Indie Occidentali non posseggono un pezzo
di terra, tranne Antigoa e la Barbaba che sia meglio coltivata e
che proporzionatamente produca più dell' isola Danese di Santa-
Croce. Presenta poi anche da una quindicina d'anni, il modello
di un1 ottima polizia, e lo stato dei Negri fu colà riformato nel
più savio modo. Christianstad, vicino alla punta orientale dell'isola,
è la capitale.
Isola di S. Tommaso.
L'isola di S. Tommaso è piuttosto un posto di commercio. La
superficie di quest' isole e delle isolette che ne dipendono, non è
che dalle 36 alle 4° leghe quadrate: la popolazione è di circa
mille anime per lega quadrata, e la rendita netta versata nella
cassa del Re, è di di ioom. risdalleri (400nì" franchi) secondo la
statistica del signor Thaarup. Lo zucchero di Santa-Croce è con-
siderato della miglior qualità, ed il rhum è pari a quello della
DEGLI ABITATORI DELLE AlN'TILLE l33
Giamaica. L'isola di Sanla-Croce è stala comperala dalla Francia
per i6om. risdalleri (720,000 franchi)} al dì d'oggi trovansi
parecchie piantagioni che vendonsi il doppio prezzo. S. Tommaso
ha un ottimo porto capace di cento navi di linea. Vasti magaz-
zini ricevono colà giornalmente le meYci dell' Europa e degli
Stati-Uniti.
Isola di S. Giovanni.
La picciola isola di S. Giovanni ha bollissimo il clima ed il
terreno^ ma la coltivazione non vi fece ancora grandi progressi:
la rada è buona e fu anche chiamata porto da qualche autore.
Secondo Oxholm , la totalità del terreno dell' isole Danesi, è di
7i,453 acri Inglesi^ 32,oi4 dei quali sono piantati di cannamele
e i358 di cotone , che sono i due generi principali di coltiva-
zione (1).
Isola delV Anguilla.
L'isola Inglese dell'Anguilla è tutta piana : essa venne così
chiamala dalla forma di una lingua di terra lunga, stretta e pie-
gata in più sensi : i suoi poco numerosi abitatori si occupano d'al-
levarne il bestiame e di collivore le campagne che danno eccellente
tabacco.
Isola di S. Martino.
S. Martino racchiude meri terreno di quello che promette la
sua dimensione, perchè le coste sono frastagliate di baje e slagni.
L'interno è montuoso, il terreno leggiero, pietroso e soggetto a
frequenti siccità. Una palude salsa dà un utile annuo che vieti
valutato ioom. scudi. Gli abitatori sono quosi tutti d'origine In-
glese, ma la Francia ne possedè la metà e l'altra metà l'Olanda.
Quest' isola, quantunque senza porti e senza fiumi, e col soccorso
solo di cisterne e di pozze salmastie , era stala messa a coltura
dagli Spagnuoli, i quali vi 1 ai coglievano Oriana, tabacco, indaco,
piselli e manioco. Non si sa perchè gli Spagnuoli nel 1648 si
risolvessero di abbandonarla.
Gustavo III avendo osservato i vantaggi mercantili che ritraeva
la Danimarca dalle sue isole, volle procurare alla Svizia un pos-
sedimento nelle Indie Occidentali.
(1) Oxholm, Etat des Antilles Danoises. Copenhague, 1798, West,
Méaioires sur les ìles de Sjnl-Croix etc. Copcnhague, 1801.
2,34 CO«TUtóÈ
Isola, di S. Bartolommeo.
In conseguenza ottenne dalla Francia Tanno 1784 l'isola di
S. Bartolommeo, situata fra le isole Inglesi di San Cristoforo e del-
l'Anguilla^ e l'isola Olandese di S. Eustachio. Questa posizione fa-
cilita il commercio di contrabbando. Il terreno sebben montuoso,
manca assolutamente d'acqua: vi riesce assai bene il coione. Se
ne esportano anche cassia, tamarindo e legno di sassafrasso. La
vegetazione è in generale molto più ricca , e mollo più varia
che non parrebbe permetterlo la grande siccità del suolo. Que-
st'isola è battuta da violentissimi colpi di vento. Gustavia , ca-
pitale ed unica città dell'isola, è fabbricata sul porto detto il
Carenaggio, e quantunque non sia accessibile a bastimenti che
peschino più di nove piedi, esso però può contenerne cento (1).
Antille Olandesi.
Gli Olandesi considerano le loro isole come depositi di com-
mercio, e soprattutto di commercio di contrabbando coi sudditi
delle altre potenze ; nella Gujana avevano essi concentrati tulli i
loro stabilimenti di coltivazione»
Isola di S. Eustachio.
L'isola di S. Eustachio, la quale non ha che due leghe di
lunghezza ed una di larghezza, è formata di due montagne che
lasciano fra l' una e l'altra una strettissima valle. La sommità
orientale è un antico cratere di vulcano senza lava, e circondato
solamente di pietra pomice pesante e di rocce di gneiss (2).
Sebbene l'isola manchi di fiumi e di sorgenti, vi si coltiva ta-
bacco e un po' di zucchero. Dicesi che gli abitatori ammontino
a 5ooo Bianchi, 600 uomini di colore ed 800 schiavi.
Come divenne proprietà degli Olandesi.
Alcuni Francesi cacciati da San-Gristoforo andarono nel 1626
a stabilirsi in quest'isola^ ma scelsero imprudentemente un silo
sì cattivo per ogni rispetto^ che dovettero abbandonarla. Nel
i63g v'erano Olandesi, i quali non è noto come è quando vi
frustro andati. E noto solamente che gli Inglesi ne li cacciarono }
che Luigi XIV cacciò questi} e che nei negoziati di Breda ,
(1) Euphrasen, Voyage à Saint -Barthelemy, fait aux fiais de l'Acadé-
line de Stokolrn , 1798.
(a) lsert } Yoyage à la Guinee, pag. 320.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTlLLE 235
quantunque gli Olandesi, allora alleati di quel re, facessero ogni
sorta d'uffi'j perchè l'isola di S. Eustachio fosse loio restituita,
il Monarca Francese volle però conservarla come sua conquista ,
e , con chi usa la pace, ne fece dono agli Olandesi senza conside-
rare ch'essa era un antemurale sicuro per conservare San-Gii-
stoforo.
Isola di Saba.
Più picciola di S. Eustachio è l'isola di Saba, che le è assai
vicina , e a cui deve i suoi primi coloni. Essa seni hi a a prima
vista un nudo scoglio, ha circa cinque leghe di circonferenza, ed
è circondala da un mar basso che non permette ch>' alle scia-
luppe di accostatisi. Dopo essere sbarcato sulla spiaggia convien
rampicarsi in mezzo ai precipizj Giunti sull'alto trovasi una
bella valle ove frequenti piogge fanno lussureggiare la vegeta-
zione. In nessuna parte delle Antille v'ha erbaggi e frutta di
miglior sapore che in questa isoletta. Un'aria purissima vi man-
tiene la salute e le donne vi conservano quel fresco colorito che
si desidera, e che si cerca invano nelle altre Antille. Semplici ed
eleganti abitazioni sono altrettanti tempj sacri alla felicità dome-
stica. Gli abitatori coltivano un poco d' indaco e di cotone che
filano: essi, come riferisce il P. Labat, si procacciano un agevole
mantenimento facendo scarne, nelle quali consiste il loro traffico
principale.
Isole Inglesi Sottovento.
Quivi la catana delle Antille diventa doppia} la B.irbada e
l'Antigua ne formano 1'aue'lo orientale.
Antigua o Antigoa.
Antigua o Antigoa è situata al grado 64 ?' di longitudine oc-
cidentale, ed al 17 di latitudine settentrionale. Essa è cinta dap-
pertutto di scogli che ne rendono l'accesso difficile} ha una forma
circolare e quasi selle leghe di estensione in tutte le direzioni.
Quest'isola , che riguardavasi un tempo come inutile, è al pre-
sente una delle più importanti. Fu scopetta dal Cavaliere Tom-
maso Warner nel 1623 quasi nello stesso tempo che quella di
San-Csistoforo- e nel i636 vi si stabilirono alcune famiglie In-
glesi; e furono esse il fondo su cui calcolò Lord Willoughby di
Farham , quando nel i663 avutane l'investitura da Carlo II,
prese a voli-rvi stabilite nel 1666 una colonia di qualche iinpor-
a 36 costume
tanza. Antìgoa si andò popolando a poco a poco, e deve il suo
splendore al Colonnello Codringlon, il quale ne! 1680 , divenuto
Governator generale dell* isole di Sottovento, la scelse per resi-
denza. Il figliuolo di Coirington non contribuì meno del padre
alla prosperità della colonia } ma succedettero a lui nel governo
della medesima altri che, abusando dell' autorità , turbarono le
cose } e poco mancò che la colonia non andasse in rovina. Ciò fu
singolarmente nel ijio essendo Governatore un certo Park, uomo
che non ebbe misura nelle sue ingiustizie e violenze, tanto per
accumulare somme ricchezze, quanto per snziare la sua libidine.
Seduttore di tutte le donne dell'isola , crudelmente imprigionando
mariti e padri se osavano alzare un lamento, una ne avea ra-
pita a forza, e pubblicamente viveva con essa sotto gli occhi dello
sposo. Sì turpe sfacciataggine eccitò la sollevazione \ per la qual
cosa in pieno giorno, assaltalo da una mano di abitatori, fu
trucidato , e cacciato nudo cadavere sulla strada, ove quelli, le
cui spose e figliuole avea disonorato, il misero rabbiosamente in
pezzi.
Il porto d' Antigoa chiamato English-Harbour^ è il cantiere
più atto e sicuro pel trattamento della marina reale iu quei mari.
Dicesi che da sei anni il numero degli schiavi siasi ridotto da
38m. a 36m. mentre invece la popolazione libera aumentò da
2590 a 3ooo (i)" S. Giovanni residenza ordinaria del Governa-
tore dell'isole Inglesi, dette Sottovento, è il porto che fa mag-
gior commercio.
In Antigoa hanno prosperato più, che in ogni altra isola In-
glese di quelle di Sottovento, i bestiami. Ivi s' incominciò dal
coltivare lo zucchero, l'indaco, lo zenzero e il tabacco. Lo zen-
zero e 1' indaco fuiono poscia trascurati per dare ogni cura al
tabacco e allo zucchero} e quest' ultimo che da prima era di bas-
sissima qualità, per le cure usatevi, oggi è buono quanto quello
della Barbada.
La JBarbuda o Barbuthas.
La Barbuda 35 miglia a tramontana d' Antigoa, è lunga sette
leghe e larga altrettante. Essa é fertile ed abbonda di bestiami,
capretti, majali e fruita } le noci di cocco vi sono eccellenti. Pro-
(1) Edward Young, West-India commonplace-book
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 23?
duce inoltre cotone, pepe, tabacco, anici, zenzero e cannamele.
Il numero degli abitatori ammonta a i5oo. Btrbuda è sottopo-
sta alla famiglia Codrington che vi mantiene un gran numero di
Negri.
San-C risto foro.
L' isola di San-Crisloforo , distante circa \l\ leghe da Antigoa,
è lunga sette leghe, e larga due. Gli indigeni la chiamavano Liam-
niga , e il famoso Cristoforo Colombo che la scoperse per gli Spa-
gnuoli , le diede il suo nome. Questi P abbandona™ no poscia come
indegna della loro attenzione; e nel 1626 alcuni avventurieri
Francesi e Inglesi se ne divisero amichevolmente il possesso e vi
fondarono alcuni stabilimenti. Nella pace d' Utrecht seguita nel
171 2 Pisola fu ceduta interamente agli Inglesi.
Coltivazione.
Da principio il tabacco fu il genere di coltivazione che so-
stenne i coloni e li mise in qualche agiatezza. Ma siccome la
quantità ne fece abbassare il prezzo , così si formarono piantagioni
di zucchero, di zenzero, indaco e di cotoue. Con questi mezzi,
essendo propizj e suolo e cielo, presto la colonia sarebbesi al-
zata a grande fortuna se non fosse venuta la guerra a rovinarla.
Vuoisi che la particolarità dell'aria, delle fratta e d'ogni ali-
mento proprio di quell'isola abbia influito a dare ai costumi dei
Francesi di San-Cristoforo una certa pulitezza di moJi,un certo
contegno temperato di cortesia e di gravità , per cui nelle An-
tille distinguevansi , passando per proverbio la nobiltà di San-
Crisloforo, come passarono per proverbio i borghigiani della Gua-
dalupa, i soldati della Martinica e i villani della Grauada.
Abitatori ec.
Ivi poi tutti gli abitatori di sangue Francese e Inglese sono
generalmente ben formati. Le donne hanno un colorito mirabile,
e regolari e belle fattezze, e lo spirito e la vivacità sono qualità
comuni ad ambi i sessi, non meno che lo è un certo squisito
gusto che scorgesi perfino nella coltivazione de' terreni e dell'or-
dinamento delle loro abitazioni. Ma sì bel paese è spesso fune-
stato dagli uragani.
Porta quest'isola fra gli Inglesi il nome di Saint Ritls (1): la
(1) Multe-Brun , Geugi'. Unlvers., lom. V., pag. 75o.
a38> costume
sua popolazione nel 1788 non era che 4?000 Bianchi, 3o3
Mulatti e 2,6,000 Negri. Si esportò nel detto anno in zucchero,
rhum e cotone pel valore di dodici milioni di franchi.
Nevis e Montserrat.
Le due picciole isole di Nevis e Montserrat, fra San Cristo-
foro e la Guadalupa , hanno il terreno arenoso e leggiero, ma
assai fertile di cotone, tabacco e zucchero. Appartengono come
le tre precedenti agli Inglesi. Warner fondatore della colonia di
San-Crisloforo , lo fu anche dell' isola di Montserrat. Essa era slata
deserta 6110 al 16^2, e per lungo tempo stelle sotto i Governa-
tori di San-Cristoforo. E stalo osservato che dal momento che
Anligoa cadde nelle mani di Lord Willoughby, Montserrat co-
minciò ad alzarsi, come per emulazione, superando l'altra nei
suoi progressi. Allora non aveva che 700 abitatori , e alla fine
del settecento non ne conlava meno di 4i000 Inglesi, Scozzesi,
Irlandesi. Esso ebbe spesse volle a dolersi degli uragani. Mont-
serrat tia nove lege di circuito $ 1' isola di Ni vis non ne ha, che
sci. Warner mandò nel 1628 a popolarla alcuni pochi Inglesi, i
quali lasciati in pace, perchè non destavano gelosia ad alcuno,
in venti anni formarono una colonia di quasi l\,ooo anime. Sotto
Carlo II era giunta ad avere 10,000 uomini liberi e 2,0.000 Ne-
gri \ popolazione che, stante la tenuità del suo territorio, par-
rebbe incredi hile se non si dovesse aggiugnere che oltre al zuc-
chero, Nevis faceva traffico di Negri. Una squadra Francese co-
mandata da d' Iberville^ le diede nel 1706 un gran gasto , e
nell'anno susseguente venne rovinata da uno de' più terribili
uragani.
La Guadalupa..
La Guadalupa, chiamata dagli indigeni Karuvera o Carric-
cura, ebbe il suo nome dagli Spagnuoli i quali allorché la sco-
persero , la denominarono così per una certa somiglianza delle
sue montagne con quelle della Guadalupa di Spagna. Alcuni vo-
gliono che il nome di Guadalupa sia una corruzione di Àgua de
Lopez con cui gli Spagnuoli vollero indicare 1' eccellenza delle
acque di quest' isola. E-.sa è composta di due isole separate da
uno strettissimo canal di mare. La più orientale chiamata Terra
Grande, è lunga i/j leghe e larga sei, l'altra detta Terra-Bassa
ha i5 leghe di lunghezza e sette di larghezza. Si dislingue la
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 3.3$
Terra-Bassa propria dalla sua parie più alta delta Cabesterre. La
picriola isola Desiderade a levante, quella di Maria-Galante al
sud-est, ed il gruppo detto delle Sante al sud dipendono dalla
Guadalupa, e fan parte del governo di questo nome.
Popolazione.
Se ne valuta la superficie 20^ o85 ettari , e la popolazione
159,520 anime (1). L'anagrafe del 1788 non la faceva ascendere
che a i3,466 Bianchi, 3,0^4 persone di colore, libere, 85/171
schiavi Negri: in tutto 101,971 anime, Sembra che l'aumento
della popolazione provenga dalle migrazioni di San-Domingo.
Vulcani.
La Terra-Bassa racchiude parecchi indi» j di fuoco sotterraneo
ed alcune montagne vulcaniche, una delle quali getta ancora fu-
mo, ma non fa più esplosioni: chiamansi la Solfaneria. Tro-
vansi intorno tutte le produzioni ordinarie de' vulcani, spezial-
mente la pirite solforica e la pietra pomice. Presso Goyave il
mare gorgoglia, ed il Padre Labat asserisce che vi si posson cuo-
cere le uova. Del resto la Bassa-Terra presenta quasi per tutto
un terreno gradevolmente variato di colline , boschi , recinti e
giardini. La Terra-Grande ha in più siti il fondo sterile e pa-
ludoso. Tutte le montagne vicine al mare sono composte di ma-
drepore petriBcate , che hanno acquistato la durezza della pietra
da fabbrica. L' isola Cochon consiste interamente in madri pore
petrificale, ed in avanzi di conchiglie (2).
Produzioni.
Nei recinti delle abitazioni vcggonsi il limone selvatico, l'al-
bero che produce il galbanum (3), ed il campeggio , qualche
volta la poinciana, la erythrina-corallodendrum , e la volkameria
spinosa (4). La cannamele viene assai alta e forte , ma di so-
stanza qualche volta troppo acquea. Il caffè dell'isola è meno
slimato di quello della Martinica. Le api sono nere, e fanno un
mele assai liquido e porporino (5).
(1) Statistique generale de la France.
(2) Isert, Voyage à la Guinee et aux ìles Caraibes, pag. 328.
(3) Calophilum palaba.
(4) Isert , pag. 324.
(5) Ecco quanto ne riferisce il P. Labat. » Le api in questo luogo
sono più nere e più tonde delle nostre d'Europa, ma più piccole la metà,
^4° COSTUME
Città.
La città di Bassa-Terra ha le slrade regolari, ed ornale di
varie belle fabbriche. Passeggiate, siepi, giardini, fontane contri-
buiscono ad abbellirla. Il forte che la difende , la fa tenere per
una buona fortezza anche in Europa:, esso domina una rada a-
perta poiché la città non ha altro poito. Pointe-à-Pitre è il
capo luogo della Terra-Grande , città ben fabbricata e regolare,
ma alcune paludi vicine pregiudicano alla salubrità dell'alia. Il
suo porto è spazioso ed uno de1 migliori d' America (i). Recen-
temente si rimproverò agli abitatori una certa inclinazione all'a-
narchia, quale avanzo delle loro abitudini di corsari.
La Desiderada produce ottimo cotone, ed a Maria-Galante si
coltiva in un terreno montuoso una buona quantità di zucchero e
di caffè.
Stabilimento de' Francesi nella Guadalupa.
Non ometteremo di dare qualche ragguaglio dello stabili-
mento de' Francesi nella Guadalupa. Il signor De-Olive, o secondo
il P. Labat, il signor De-Loline loro luogotenente a San-Cristo-
fnro, ed il signor Du-Plessis , avendo fatto un contratto con al-
cuni mercanti di Dieppe , giunsero in quest'isola nel i635 con
una commissione della Compagnia Generale delle isole d' Ame-
rica in Parigi, di dover fondare colonie ed essere Governatori o
di questa, o della Domiuica e della Martinica.
ne pare che abbiano alcun pungiglione, o seppure lo hanno, è troppo de-
bole per forar la pelle. Non hanno alveari se non nelle cavità degli al-
beri; la loro cera è nera, o di un color di porpora molto cupo, e quegli
agricoltori con tutta la loro arte non hanno potuto riuscire a darle un
color bianco o giallo: e troppo tenera per farne candele, onde non viene
adoperata che per tappare i sugheri delle bottiglie, dopo che è stata ben
raffinata ec. ec.
In quest' isola, prosegue il P. Labat, trovasi un'altra sorte di mosche
affatto straordinarie in grandezza e figura : il signor Rochefort le ha
scambiate colle falangi , ed il capitano Dampier coi ragni. Vi sono vera-
mente dei ragni , e alcuni forse tanto grossi quanto il pugno della mano,
ma non velenosi, ed i Francesi si guarderanno bene dal distruggerne la
specie, poiché questi mangiano un insetto puzzolente chiamato ravets della
grandezza e presso a poco della figura di un bruco, ma un poco più piatto
e più tenero, che rode carta, pitture ed altre suppellettili , e sporca do-
vunque si posa con i suoi escrementi ec. ec.
(i) Labat ci presentò nel tona. II., pag. 397, la pianta del forte e di
una parte del borgo della Guadalupa.
DEGLI ABITATORI DELLE AVflLLE a/jl
Primi coloni.
Essi sbarcarono alla Guadalupa con circa 5oo Francesi. Erano
scorsi appena pochi giorni da die vi cnnn giunti.
Ospitalità generosa avuta dagli indigeni e retribuzione in-
fame.
I Francesi credettero di fare un gran guadagno cacciando dai
o D D
loro terreni e dalle loro abitazioni gli infelici die gli avevano sì
liberalmente accolti , e riuscirono nel loro iniquo disegno } ma
irebbero in parte la meritata pena } imperciocché non restò loro
che un suolo devastalo, abbruciato, immondo del sangue di un
gran numero de' loro compagni. Coloro che sopravvissero furono
ìidotli a cibarsi di cani , topi e per fino degli stessi cadaveri ,
scontarono la perfìdia e l' ingratitudine di cui si eran rcnduti col-
pevoli, e sarebbero periti (ulti se non fosse giunto in loro ajuto
nel 1640 il signor Augert, che riuscì di mettere in pace con essi
gli indigeni.
Le sofferte disgrazie condussero quei primi coloni a darsi alla
coltivazione de' generi di prima necessità , dopo la quale venne
poi quella di lusso per farne utile (radico colla metropoli. Il
buon esilo ch'ebbero le prime fatiche chiamò alla Guadalupa
molti coloni di San-Cristoforo e molti Europei avidi di fortuna.
E notabile spezialmente la quantità di Olandesi che vi trovarono
rifugio, quando furono obbligati a sgombrare il Brasile.
Come la popolazione vi crescesse.
I Gesuiti impedirono che Du-Parquel gli accogliesse alia Mar-
tinica per la ragione ch'essi erano eretici: Uowel che governava
la Guadalupa, e n'era il proprietario,.non ebbe questo scrupolo. Vi
capitarono in pochi giorni quasi mille persone tutte cariche d' o-
ro^ di argento e di pietre preziose, ed esse incominciarono a di-
sfarsi di quelle ricchezze per comperare quanto loro occorreva.
Per tutti questi mezzi la Guadalupa poteva lusingarsi di presto
salire ad una sicura prosperila, ma vi si opposero gli ostacoli
nascenti dalla sua situazione.
Cagioni che si opposero alla sua prosperità.
Esposta troppo alle incursioni d'avidi vicini, che dominavano
le acque de' contorni, assai spesso si vide spogliata de' suoi be-
stiami, de' suoi schiavi, de'suoi ricolti. Interne discordie inoltre,
Suscitate dalla gelosia d' autorità , spinsero i coloni a trucidarsi
Cost. Voi. //' deW America. 16
1^1 COSTUME
tra loro. Gli avventurieri che passavano alle isole, sdegnando una
terra più favorevole all' agricoltura che agli armamenti di mare,
declinarono più volentieri alla Martinica in grazia delle numerose
e comode sue rade. Sul principio del passato secolo la Guada-
ìupa non contava di popolazione che 3821 Bianchi, 325 tra sel-
vaggi, Negri e Mulatti liberi, e 6725 schiavi, per la più parte
Caribi. Cinquant' anni dopo però essa avea triplicato il numero
de' Bianchi, e contava 4I?I4° schiavi. Lo zucchero, l'indaco, il
caccao , il tabacco, il cotone, il caffè vi prosperavano mirabil-
mente.
Sue vicende posteriori.
La guerra del x^56 clie nata tra l'Inghilterra e la Francia
per la gelosia che eccitavano nella prima i progressi delle Au-
tille Francesi, fece cadere la Guadalupa nelle mani degli In-
glesi , fu un doloroso colpo per la nazione che perdeva sì bello
stabilimento. Durante un assedio di tre mesi la Guadalupa avea
vedute distrutte le sue piantagioni, abbruciati i suoi edifizj, tra-
sportali in gran numero i suoi schiavi} e se fosse stata abban-
donata dal nemico, non avrebbe avuto più forza di risorgere :
imperciocché la metropoli non era iu caso di soccorrerla. Fortu-
natamente per essa i conquistatori , pensando ai grandi vantaggi
che la Francia traeva dalle sue colonie, si fecero solleciti di spe-
dire alla Guadalupa vascelli carichi di tante merci , che queste
per la sovrabbondanza caddero a bassissimo prezzo, e i coloni
le ottennero inoltre a lunghi termini di pagamento. Era per tale
circostanza nei trafficanti Inglesi necessità di formare siffatto cre-
dito, e ne aggiunsero un altio per ispeculazione \ e la colonia
ebbe Negri per accelerare e moltiplicare le produzioni della sua
agricoltura. Gli Inglesi avevano fondate grandi speranze su questa
nuova conquista } ma infine il vantaggio fu dei Guadalupesi, la
cui isola venne loro restituita.
Bisogna dire che un gran vigore abbiano ed essi ed il suolo
che lavoravano} perciocché quattro anni dopo la pace, la popola-
zione si trovò superiore a quella del 1^55, e nel 1768 1' isola
riandò in ^rancia generi per la somma di quasi otto milioni,
senza parlare degli usciti di contrabbando, e non ne ricevette che
per quattro e mezzo. Gli effetti delle novità che il governo di
Francia introdusse di poi nella Guadalupa, dtbbuu essersi confusi
DEGLI ABITATORI DELLE AflTILLE 2^3
coi liisli avvenimenti della rivoluzione , per la quale lulte le
Antille Francesi abbandonale a se stesse caddero o negli orrori
dell'-anarchia e della guerra interna, o nelle mani dell'eterna ne-
mica d'ogni loro proprietà.
La Dominica,
La Duminica posta fra la Guadalupa e la Martinica , venne
cosi denominata dall' esserne stata fatta la scoperta in giorno di
domenica. Essa è lunga circa nove leghe e larga quadro: ha il
suolo magro e più adattato a coltivarvi il caffè che lo zucche-
ro (i). Sonovi nondimeno parecchi ruscelli di buon'acqua , nei
quali si prende ottimo pesce, ed i poggi, da cui scendono, pro-
ducono i più begli alberi dell'Indie Occidentali. Avvi anche una
miniera di solfo , e secondo alcuni autori , vi si trovarono scor-
p oni velenosi , serpenti e biscie di enorme grandezza. Produce
melica, un po'di cotone, anici, tabacco, pernici, piccioni, rolli
e mujìli. La baja del Principe Ruperto è una delle più grandi
delle Antille. Quest' isola Inglese forma un governo a parte. La
popolazione della Dominica nel 1811 , secondo le relazioni del
Governatore Baines, era popolata come segue: da Bianchi 325 ,
da persone di colore libere 2980} da schiavi 21,728, in tulio
a5,o33.
Caribi della Dominica.
I Caribi della Dominila secondo asilo che dopo San-Vincenzo
rimane loro, non ascendono forse a più di mille. Il Padre Labat
calcolò che nel 1700 non sommassero più di 2000 , inclusevi le
donne ed i fanciulli: ma da quel tempo in poi sono sempre più
diminuiti. Avendo i Francesi frequentata l' isola più degli Inglesi,
sono meglio visti dagli indigeni , ma con lutto ciò non hanno
(1) La Dominica, in cui. la natura ha profusi tutti i. doni che ha fatti
alle Antille, sembra avere in sua spezialità una pianta che meriterebbe, di
essere meglio conosciuta per la virtù della sua radice o del suo sugo; ed
è quella di togliere a un tratto il dolore dei denti applicando P una o
l'altro alla parte afflitta. I Caribi la conoscono perfettamente. Questa ra-
dice è picciola, un poco nodosa, all'esterno di color grigio, e nell'interno
bruna ; quando è fresca è piena di sugo di un grato odore come quello
della mammola , e di un gusto simile a quello della liquirizia ; ma un poco
più astringente. Il P. Labat è quegli che l'annunziò, ma egli ne avea di-
menticato il nome, e non ne vide le foglie.
2^4 COSTUME
ardito per radilo tempo di farvi alcuno stabilimento. I Caribi nel
1640 conchiusero un trattato coi Francesi, ma non l'hanno mai
fatto cogli Inglesi cui odiano più di qualunque altra nazione, per-
chè anticamente alcuni di questi fecero andare a bordo dei loro
bastimenti un gran numero di Caribi sotto pretesto d'amicizia, e
li trasportarono schiavi 5 del che i Caribi hanno dappoi presa
ogni opportunità di vendicarsene. Molte volte gli Inglesi tentarono
di stabilirsi nella Dominica , ma i Francesi sempre vi si oppo-
sero. Essi vi aveano occupato un pezzo di tei reno abbandonato
dagli indigeni , ove nel 1772 non erano che circa 4°° con 2^
Mulatti e 338 schiavi.
Occupazioni degli Inglesi.
Da principio si misero ad allevar polli e a coltivare comme-
stibili che vendevano alla Martinica. Avevano anche alcune pian-
tagioni di cotone: poscia si applicarono a coltivare il cane,' e la
picciola colonia faceva già qualche progresso quando V isola fu
abbandonata agli Inglesi, L'Inghilterra ha voluto essere padrona
della Dominica, perchè la sua situazione le dava comodità di at-
tirarvi le derrate delle isole Francesi per farne essa il traffico. E
un altro vantaggio pur ne trae} ed è che le rade della Dominica
mettono le squadre Britanniche comodamente in istato d'intercet-
tare la navigazione de' Francesi alle loro colonie, e la comunica-
zione di esse tra loro.
La Martinica. Nome, estensione ec.
La Martinica che gl'indigeni chiamavano Madanina, situala
al mezzodì della Dominica , è lunga circa 20 leghe e larga al-
trettante: la sua superficie è di 127,285 ettari , ed è sparsa di
erte montagne, dirupate ed in parte altissime. Si valuta l'altezza
della punta di Carbet mille tese dalla sua base, che è poi circa
trecento tese più alta del livello del mare (1). Questa montagna
calcaria ha la forma conica ed appuntata, è bene spesso coronata
di nubi, e la pioggia che scorre sui suoi fianchi, ne rende diffi-
cile l'accesso. La palma azere che cresce in quel monte si fa più
grossa e divien più numerosa quanto si va più in alto.
Produzioni.
La Martinica è meglio irrigata e meno soggetta agli uragani
(1) lscrt } Voyage, rag. 53 1.
DEGLI ABITATORI DELLE AINTILLE 2,/j^
della Guadalupa, e dà le medesime produzioni. Essa aveva i suoi
abitatori indigeni come le altre isole :, e i Francesi in parte gli
esterminarono, in parte gli obbligarono a cedere loro il luogo.
Rendutisi tranquilli padroni dell' isola , incominciarono a colti-
varvi cotone e tabacco, indi Oriana ed indaco. Solamente nel i65o
vi furon fatte piantagioni di cannemele. Ala la produzione che
riuscì vantaggiosa sommamente ai coloni delia Martinica , fu quella
del caccao:, ed essi la dovettero all' industria di un Ebreo , Be-
niamino d' Acosta. Per ventiquattro anni da pochi o da nessuno
fu seguito il suo esempio*, ma poscia, essendo salito in voga nella
metropoli l'uso della cioccolata , il caccao diventò il soggetto delle
cure di tutti i coloni , i quali non avevano capitali bastanti per
intraprendere e sostenere le fabbriche di zucchero. Nel 171 8 tutte
le piante di caccao perirono per avversa stagione , e la desolazione
per tanto disastro fu universale.
Caffè.
Se non che la buona fortuna diede ai coloni il caffè , giunto
poscia in tanta rinomanza. Nel in\'ò ne fu mandata in dono al
Re Luigi XIV una pianta, la quale fu descritta dal signor Jus-
sieu negli atti dell' Accademia delle scienze di Parigi (1). Gli
Olandesi però furono i primi che pensarono a ricavarne profitto
facendone piantagioni nel Surinam j dove l'anno 1*718 avevano
trasportati i semi da Batavia, e a loro esempio i Francesi nel 1*720
con una sola pianticella trasmessa ad istanza del medico Cltirac
nella Martinica, moltiplicarono in tutta l'isola il caffè che fu an-
che in seguito coltivato in San-Domingo , nella Guadalupa e in
altre isole adjacenti. Per tal modo crebbe poco a poco in Ame-
rica , ne' luoghi situati fra i tropici con sommo vantaggio di quei
coloni, e principalmente dei Francesi, che molto si applicarono
a questo ramo di coltivazione (2).
(1) Jussicu, Ménti, de l'Acad. des Sciences an 1725.
(2) Gioverà qui osservare che il caffè della Martinica e delle altre isole
d'America è inferiore in bontà a quello di levante. Il migliore caffè ,
così il più volte citato signor Conte Castiglioni, è senza dubbio quello di
Moka, il quale ha i grani di color giallo e di buon odore. Se ne distin-
guono nel paese tre qualità, €la migliore delle quali detta bauri è riser-
vata pel Gran Signore, e le altre due, chiamate salci e salahi , si ven-
dono promiscuamente nel levante ed in Europa. Più piccolo del prece-
ì46 COSTUME
Anche il cotone che si coltiva con molto profitto in quasi tutle
l'isole d' America, è quivi in ispecie una merce di molta conside-
razione. Si ottiene il cotone da varie specie di quel genere di
piante detto gossipìum dai Latini e ocylon dai Greci , le quali
specie differiscono principalmente nell' essere alcune resistenti e
vivaci, mentre altre periscono annualmente. La più comune, e cer-
tamente la più usitata si è quella del cotone detto erbaceo, gos-
sipìum herbaceuhi, di Linneo. Cresce questo nelle isole dell'Ar-
cipelago, e sul continente fra Gerusalemme e Damasco , e -si col-
tiva pure a Malta, in Sicilia e nella Spugna. Il cotone arboreo,
gossipium arboreumì di Linneo, nasce nell'Egitto, nell'Arabia,
nell'India propriamente delta, e fino nell'isola di Gelebes o di
Macassar, dove forma un aiboscello di quattro fino a sei braccia
di altezza. Il cotone di Barbados e quello del Surinam s'innal-
zano anch'essi spesse volte in albero. Molte altre specie si distin-
guono ^ e fra queste il cotone detto di Siam , che forma la lana
di color giallo carico , e forse è lo stesso di quello della Gina ,
col quale si dice che sieno fabbricati i così delti nankins.
Modv di preparare il cotone.
Non molto diverso è il metodo che s'usa nel coltivare, rac-
cogliere e preparare il cotone arboreo, così nelle Indie Orientali
e nell'Egitto, come nell'America meridionale e nelle Antille.
Siccome questo è durevole, oltre al comune ricolto nel settembre,
se ne 'fa un altro nel marzo \ benché il cotone che s'otliene in
quest' ultimo mese , non riesca alle Antille di qualità troppo
buona a motivo delle frequenti piogge che lo guastano. In alcuni
luoghi delle Antille si costuma di tagliare quest' arboscello dal
piede ogni due o tre anni , scegliendo la stagione piovosa, aftin-
ché la radice produca più facilmente dei nuovi getti. Raccolto che
dente e di color giallo verdastro è il caffè che si trasporta al Cairo dalle
carovane della Mècca, eguale al primo in bontà, e da alcuni anzi creduto
più saporito e più facile a conservarsi/Quello dell* isola di Borbone è bian-
castro, bislungo e senza odore; quello di Java un po' gialliccio , e quello
delle isole d'America di colore tendente al verde, e d'odore e sapore er-
baceo. Siccome il caffè d'Arabia è molto più caro di quello d'America,
s'usa la frode di mischiare il primo con q,uest' ultimo nell'Arabia stessa,
dove vien trasportato furtivamente; onde assai difficile riesce il poterlo
avere di perfètta Grufolila.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTlLLE 2/f?
sia dai Negri il cotone, si espone per due o tre giorni al sole ,
e quindi si passa al molino che serve a separarlo dai semi. È
composto il mulino , vedi la Tavola ^5, di due cilindri scanalali,
posti orizzontalmente, i quali girano per mezzo di alcune cordo
attaccate ad un travicello che si fa andare col piede. L'opero] >
seduto sulla parte anteriore della macchina mette il coione al
luogo dei cilindri , i quali girando lo tirano a se , ed obbligano
i semi a staccarsi , per non poter questi passare fra mezzo alle
scanalature. I semi quindi cadono ai piedi dell' opera jo, mentre il
cotone si raccoglie in un sacco collocato dall'altra parte della mac-
china stessa. Quando è ben netto, vien riposto in grandi sacchi di
tela forte, comprimendolo nel modo seguente. Il sacco voto e ben
umettato è sospeso agli alberi: in esso entra un Negro , il quale
calca il cotone co'piedi a mano a mano che vi è gettato dentro j
mentre un altro Negro bagna il sacco al di fuori , affinchè il co-
tone vi si attacchi , e possa essere meglio compresso. Empiuto il
sacco vien cucito formando ai quattro angoli le impugnature, on-
de possa facilmente esser trasportato. Il tempo più proprio per
imballare il cotone è 1' umido e il piovoso , purché tale opera-
zione sia eseguita al coperto. Una balla ben fatta secondo questo
metodo potrà contenere 3oo o 320 libbre di cotone.
I semi spogliali della loro lana servono alle Anlille di cibo
alle bestie bovine, essendo il nocciolo assai mucillagginoso e di
sapor dolce: anzi gli abitatori del Macassar ne preparano una vi-
vanda assai delicata. Essi mettono i nocciuoli a macerare per due
o Ire giorni nell'acqua tiepida, finché cominciano a screpolare e
spogliati che siano della loro corteccia li mangiano a guisa d'in-
salata. I Brasiliani li fanno pure macerare, e colla farina formano
quella polla da essi chiamata mangauw.
I più bei fili di cotone sono quelli di Damasco, detti dai
Francesi coton (P once ^ quelli di Gerusalemme delti bazas , e
quelli delle Anlille.
Città.
Quest'isola ha parecchi comodi porti e parecchie haje tra le
quali si dislingue specialmente il così detto Cul-de-sac-Royal ,
sul quale è fabbricalo il Forte-Reale colla città dello stesso no-
me. Ma il suo porlo, sebben buono e sicuro è meno grande di
quello di Pointe-à-Pitre nella Guadalupa. La città di S. Pie-
24^ COSTUME
tro con una rada è la piazza più mercantile di tutte le An-
tille (i).
Popolazione.
Iserl le dà 2080 case e 3om. abitatori. La popolazione della
Martinica era stata valutala nom. persone, ma l'anagrafe del
i8i5 ne diede sole o,5,4t3 cioè 9206 Bianchi, 863o di colore,
e 77)^77 sdii a vi. Ora passeremo a riferir brevemente le vane vi-
cende che hanno portato la Martinica a quello stato di eminenza
in cui trovasi presentemente.
Prima colonia della Martinica.
Nel 1637 il signor d' Euanbue , famoso colonista Francese ,
portò da San-Gristoforo, che in allora era sotto la Francia, alla
Martinica cento soldati ben provveduti di tutto il bisognevole a
fondarvi una colonia: approdò a Basse-Terre, eri i Francesi di-
cono che gli isolani gli cedessero tutta quella costa , dove egli
fabbricò il forte 5. Pierre alla bocca di un fiume dello slesso
nome, benché da alcuni detto Royal-Anne. Ritiratisi gli indi-
geni a Capesterre , si diedero i nuovi coloni a provare il ter-
reno con manioca , pomi di terra , cotone e tabacco ed altro ,
fuorché zucchero , la cui coltivazione era allora poco nota ai
Francesi. Continue furon le baruffe cogli indigeni che vole-
vano ricuperar le loro terre: i coloni non davano quartiere .
gli altri chiesero ajuto ai Cariai dell'alti' isole , e questi in nu-
mero di iòoo accorsero nelle loro canoe e sbarcarono sotto il
forte } ma i Francesi ne uccisero la metà, ed il resto se ne fuggì.
Una tal vittoria assicurò per qualche tempo ai coloni il pacifico
possedimento de' loro poderi: indi essendovi giunta altra gente da
San Cristoforo, gli estesero, e gli indigeni furon costretti a di-
mandar la pace.
Allora i Francesi divisero la colonia in quartieri e parrocchie.
Il Governatore andò ad abitare nella parrocchia di S. Pierre ,
dove era il forte, e regalò ai Gesuiti alcune delle migliori case.
Coli' andar del tempo appresero i coloni l'arte di coltivar le canne
da zucchero} ed allora mantenevano 800 uomini sull'armi.
(1) Labàt ci rappresentò nel toni. T. pag. 25 la pianta del forte S.
Pietro; ed ivi pag. 68 h piatila della cilt;* e del Forte-Reale.
DE6L1 ABITATORI DELLE ANTILLE 2/^9
Turbolenze e vicende dal 1646 al 1700.
Circa Panno 1646 molti ricusarono di pagar tasse alla Com-
pagnia delle Indie Occidentali , nella cui patente era compresa
anche la Martinica. Nacque pertanto una sollevazione nell'isola,
che venne sedata colla morte de' principali sediziosi. Insorta poi
una generale ribellione de'Caribi eccitata dalla dissolutezza de'Fran-
cesi, tutto andava a fuoco e a sangue: lo stesso Governatore Par-
quel assediato nella propria casa era sul punto di perire , quando
il salvò l' arrivo di alcuni vascelli Olandesi , che veggendo in
fiamme varie parti dell'isola, sbarcarono 3oo uomini che misero
in fuga i Caribi. Parquet esce dalla propria abitazione, insegue i
ribelli, e costringe quei che sopravanzano al macello a rifuggirsi
nelle isole della Dominica e di S. Vincenzo. Per sì fatto modo i
Francesi rimasero padroni di Capesterre e finalmente di tutta l'i-
sola avendo conchiusa la pace co' circonvicini Caribi. Nel i65o
permise il Re alla vecchia Compagnia delle Indie Occidentali di
vendere a Parquet, la Martinica, Santa Lucia ec.
Sotto Parquet, divenuto proprietario , negoziavano gli abita-
tori della Martinica cogli Inglesi, Olandesi ed altri Europei con poco
profitto della Francia: ma alla fine il Re Luigi XIV nel 1664
ricuperò dai proprietarj l'isola per darla alla nuova Compagnia
delle Indie Occidentali. L' anno seguente questa compagnia unita
a quella di Cacone comprò tutte l' isole Caribe Francesi e vi
mandò Governatori. Questo cambiamento di proprietà non cangiò
gli affari della Martinica dove continuarono gli stessi abusi e lo
stesso traffico illecito come prima a gran pregiudizio delle regie
rendite. Finalmente nel 1674 ^ >1 Re di Francia soppressa quella
nuova compagnia, si appropriò tutte le suddette isole. Invano Ruy-
ter, Ammiraglio Olandese attaccò la Martinica:, e vane pur fu-
rono le spedizioni fattevi dagli Inglesi, quantunque con gran dan-
no della Francia , perchè allora i principali coloni usciron del-
l'isola co' loro effetti per istanziarsi in altri paesi. Labat , che
v'era in quel tempo, attribuisce le calamità dell'isola ad una fre-
nesia epidemica, per la quale molti abitatori impazzavano ed an-
che si datan la morte.
Stato florido nel 1700.
Nell'anno 1 ;op eranvi in Martinica t5oo Francesi, oltre i
servi Negri ed una quantità di Giribi riammessi nell'isola a la-
2.50 COSTUME
vorare da schiavi, ma dispersi in modo a non poter macchinar
congiure. Il 29 ottobre 1727 vi fu un tremuoto che con brevis-
simi intervalli durò undici ore, e gettò a terra il forte S. Pierre:
molti perirono, ed andarono in rovina chiese, conventi, pubblici
edifizj e più di 200 case da zucchero. In pochi anni Pisola si rifece
e fiorì nuovamente} passando per mano de' Martinichesi, favoriti
dalla patria, anche il zucchero della Guadalupa. Allorché gli In-
glesi nel 1*761 s' impadronirono dell'isola, poteva il Governatore
Francese levar 10,000 Bianchi alti a combattere e più di 4°j°°o
Negri o schiavi \ oltre le solite compagnie di truppa regolata per
la guernigione di varj luoghi.
Governo.
Nella Martinica già capitale di tutte le Antille Francesi rise-
devano il Governatore generale, l'intendente, ed il consiglio So-
vrano che stendeva la sua sopranlendenza fino alle colonie di
San-Domingo e Tortue. Questo consiglio era composto del Gover-
natore generale , dell'intendente del Governatore dell' isola , di
un procuratore generale, di un tenente-governatore per la Corona
e di 12 consiglieri. Vi si giudicava ogni causa d'appello. Il Go-
vernatore generale era una persona di qualità*, e tanto egli, che
l' intendente, ed il tenente governatore erano pagati dalle finanze
di Francia. I Governatori di Martinica e di Guadalupa erano
pagati in zucchero, e così pure tutti gli officiali dell'isola \ eccetto
alcune piccinle somme di danaro che uscivano dall' erario del Re.
Stato della Martinica dopo il ifio.
Prima delle guerre del 1750 e del i^56 la Martinica era la
principale isola Francese •, ivi accumulavansi tutte le merci d'Eu-
ropa e dell'Indie •, i5o vascelli andavano e venivano da' suoi porti,
e stendeva il suo commercio diretto alla Luigiana ed al Canada.
Ma la perdila di queste colonie, e la prosperità ognor crescente
di San Domingo , ridussero la Martinica in una situazione meri
brillante, sebben sempre assai eminente.
Questa colonia ha veduto nascere nel suo seno l' Imperatrice
che sedeva a lato di Napoleone sul trono di Francia.
Isola di Santa-Lucia. •
L' isola di Santa Lucia , oggidì Inglese, è lunga otto leghe e
larga quattro. Ottimo ne è il teneno , e sembra che le montagne
che ne occupano la parte orientale della Capesterre , sieno stale
DEGÙ ABITATORI DELLE ANTiLLE 25 I
vulcaniche. La solfaneria è il cratere rovinato d'un vulcano estin-
to, presso al quale si alzano due punte simili ad obelischi ver-
deggianti (i). L'aria vi è estremamente calda e malsana , e vi
abbondano i rettili velenosi (2). Le coltivazioni, rimaste indietro
per effetto della guerra , consistono in zucchero e cotone. Vi si
trova anche legname da costruzione, e la popolazione non ammonta
oltre le 201D. anime.
Il Carenaggio al nord-ouest , è un buon porte, ove possono
ricovi rarsi trentadue navi di linea. Se n'esce con qualunque ven-
to, ma non si può entrarvi che a vascello per vascello. E quello
uno de' soggiorni più pericolosi per la salute degli Europei.
Quistioni sui primi possessori di Santa-Lucia.
Santa-Lucia fu per gran tempo soggetto di liti tra V Inghil-
terra e la Francia , e non ci ha forse luogo in America , sul
quale siasi disputato tanto per determinare chi fosse stato il pri-
mo a procacciarsene un titolo di possesso, quanto quest'isola.
Gli Inglesi e i Francesi hanno scritto in tale proposito forse più
di quello che abbiano combattuto. Quello che è certo si è che
nella convenzione stipulata tra gli Inglesi e i Francesi di San-
Gristoforo nel 1626, essa fu compresa nelle ragioni assegnate a
Don Enabouc. Colombo era stato il discopritore di tutte le An-
tille e fu fallace il titolo che della scoperta di Santa-Lucia si
attribuì al Conte di Curoberland, poiché Carlo I che diede l'in-
vestitura di quest'isola al conte di Gallile nel 1627, attribuisce
a questo l'onore d'avere scoperte le Caribi: il che poi, siccome
è falso , ha fatto cadere anche il diritto di quella investitura.
Ben si sa che prima del i638 nessuno de' due popoli erasi sta-
bilito in Santa-Lucia : gli uni e gli altri andandovi secondo il
bisogno, per trarne o legname onde far canotti, o testuggini ivi
abbondanti.
Sue vicende.
Quest'isola dunque, dopo di essere stata più di una volta
posseduta ed abbandonala alternativamente dagli Inglesi e dai
Francesi, si convenne finalmente nel 1772 dalle Corti d'ambe
(1) Leblond , Voyage aux Antilles, voi. I. pag. i3o, Tav. I.
(2) V. Cassati , Mémoire sor le climat des Antilles, e Berlin, Topo-
graphie medicai des ìles.
a5a costume
le nazioni, die Santa-Lucia insieme con S. Vincenzo e la Dotni-
nica fossero evacuale fino che il loro diritto sopra di esse non
venisse amichevolmente determinato. Fu in seguito provato do-
ver essa appartenere agli Inglesi \ in conseguenza di che il Re
Giorgio I guarentì Santa-Lucia e S. Vincenzo al Duca di Montaigu,
che con una spesa immensa vi mandò il Capitano Uring, deputato
suo Governatore, con truppe e piantatori a mettersi in possesso
delle medesime. Poco dopo il Governatore delle isole Francesi
andò a cacciarne gli assalitori, ma i mercanti Inglesi vi ritorna-
rono ben presto , e vi intrapresero un traffico di contrabbando
colla Mailinica. Nuove quistioni nacquero allora tra le due Corti,
le quali per un temperamento vennero nuovamente all' accordo di
f>re uscire ciascuna dall' isola i suoi. Ma gli Inglesi non cessarono
per questo di continuare il contrabbando, in cui trovavano troppi
vantaggi} e finirono con inalberarvi nel 1^4° ^ l°ro stendardo,
lasciando che i Francesi facessero la slessa cosa, poiché gli uni e
gli altri intendevano di mantenere gli antichi loro diritti. Nella
guerra che poi sopraggiunse, la Francia mandò una forte guar-
nigione a Santa-Lucia } né 1? Inghilterra inquietò quell' isola. II
trattato d* Acquisgrana non parlò punto di essa } ma poco dopo
gli Inglesi incominciarono a domandare che 1' isola fosse sgom-
brata. Il governo Francese, fosse per debolezza, fosse per mo-
derazione, aderì, contento di dichiarare che con ciò non inten-
deva nuocere alle sue ragioni j e furono nominati commissarj che
esaminassero le pretensioni d' ambe le Corti.* La sola pace del
1^63 assicurò il dominio di Cauta-Lucia alla Francia.
Tali vicende dovevano mettere grandi ostacoli alla prosperità
di questa colonia. Solamente dopo il 1^63 il ministero di Fian-
cia cercò di animare in essa la coltivazione } ma vi perdette uo-
mini e spese, perciocché circa ottocento persone ivi mandate, in
breve tempo perirono. Vi andarono poscia molti coloni della
Granada, di S. Vincenzo e della Martinica } onde nel 1772 essa
contava 2018 Bianchi, 663 Negri liberi, 11,795 shiavi \ e pro-
duceva in zucchero, cotone, caffè e caccao più di quattro mi-
lioni } e tutto era in vigoroso accrescimento, quando per altre
stipulazioni fu poi abbandonata agli Inglesi.
Isola di S. Vincenzo.
L'isola di S. Vincenzo, al mezzodì di Sanla-Lucia , lunga
DEGLI ABITATORI DELLE ANT1LLE 2 53
circa sei leghe e larga quattro, è estremamente fertile. Il suo
suolo è un terriccio nero sopra una forte creta , assai opportuna
per la coltivazione della cannamele e dell'indaco che vi prospera
in sommo grado. La costa orientale è popolata d' una stirpe mi-
sta di Zambos, discendenti da Caribi e di Negri fuggitivi della
Barbada e di altre isole, e chiamatisi Caribi-Negri (i). Ecco in
breve ciò che diede origine a si fatta stirpe.
Caribi-Neri.
I Caribi, siccome abbiamo già indicato, errino stali confinati
in S. Vincenzo e nella Dominica. Sul principio del passato se-
colo essi in S. Vincenzo non erano meno di otto in nove mila }
ma hanno dovuto vedere a poco a poco moltiplicarsi accanto a
loro la razza de' Negri, rifuggitisi colà sottraendosi spezialmente
dalla vicina Barbada. In addietro i Caribi aveano in uso di ri-
condurre quegli schiavi ai loro padroni , almeno quando erano in
pace cogli Inglesi delle isole } oppure di venderli indifferente-
mente a' coloni di qualunque nazione. Un senso d' umanità per-
suase ai Caribi di lasciare ai Negri la libertà , dappoiché essi
tanto apprezzano la propria. Ma sentimento sì generoso li ha po~
sti in grave pericolo : i Negri li hanno obbligati a dividere seco
il territorio ^ e sono già padroni di una grande estensione del-
l'isola. Ne sta qui tutto il male: i Negri, bisognosi di donne,
spesso portano via le mogli e le figliuole dei Caribi \ e come sono
più robusti e più valorosi di questi , qual mezzo vi ha mai di
ritoglierle dalle mani di sì rapaci uomini , che di più li minac-
ciano di cacciarli affatto dall' isola ? Dopo avere alzate querele
contra l'ingratitudine de'Negri , si sono rivolti ai Francesi ed
agli Inglesi per essere liberati da sì odiosi tiranni. Nel 1716 il
Cavaliere di Feuquieres , Governatore delle isole Francesi, pensò
di render loro questo servigio, coniando di vendete i Negri che
avesse fatti prigionieri agli Spagnuoli per farli lavorare nelle mi-
niere} e mandò 5oo uomini all'impresa, ai quali doveano fare
spalla, con una diversione, i Caribi. Ma questi si restarono indo-
lenti spettatori ; e ciò che accadde fu che i Negri si concentrarono
nelle montagne, d'onde poi uscendo la notte diedero violentis-
simi assalti ai Francesi , molti de' quali vi perdettero la vita.
(1) Goldsmith)-* Giammar of british geograpby, pag, 1 58. London, 181 6,
254 , COSTUME
Quattro anni dopo gli Inglesi, avidi di conquistare S. Vincenzo,
approfittando de' mali umori de' Negri , cercarono di adescarli
con buone maniere. Erasi fatto investire delle isole di Santa Lu-
cia , di S. Vincenzo e della Dominica il Duca di Montaigu \ e
questi mandò sul luogo, con buona partita di truppe un valente
uffiziale, che incomincò ad intavolare un accordo tanto coi Ne-
gri , quanto coi Caribi , con che a certe vantaggiose condizioni
avessero dovuto riconoscere per padrone dell'isola il Duca. Né i
Negri né i Gtribi poterono mai giugnere a concepire come un
re d1 Europa avesse dato altrui uà' autorità sopra loro eh' egli
non aveva ; e questi ultimi in particolare dissero avere coi Fran-
cesi un accordo, o di essere sotto la loro protezione, o che se
questi concepissero mai il disegno di attentare contro la loro li-
bertà, avrebbe cercato di difenderla a costo della vita.
I Francesi si erano stabiliti in S. Vincenzo3 e vi coltivavano
con buona riuscita legumi, manioco, mais , tabacco , che poi an-
davano a vendere alla Martinica. Essi vi erano in ottocento , e
possedevano tre mila Negri, quando per la pace del 1^63 l'isola
passò all'Inghilterra. Que'Frpncesi furono profondamente offlitli
di tale disgrazia} ma più dolorosa fu l'altra provenula dalla di-
chiarazione falla dall'Inghilterra, che non avendo accordi né con
essi n*è coi Caribi , incamerava a prò dell' erario suo tutti i ter-
reni dell'1 isola, e que' medesimi che i laboriosi coltivatori avevano
dissodati col loro sudore ^ e questi ne sarebbero immantinente cac-
ciati, se non li avessero pagati. Gridarono contro sì inaudito
procedere, ma senza frutto: i capi mandati a reggere la colonia
non ardirono sospendere ordini che erano positivi \ e il Parla-
mento della Gran-Brettagna , cui 1' egoismo ha tante volte di-
strailo dalla via dell'onore, della giustizia e dell'umanità , diede
al mondo anche lo spettacolo di questo spoglio crudele. Per tale
misura venne ad assiderarsi lo spirito de' coloni, i quali avevano
ornai condotto ad uno stato florido i loro stabilimenti. I Fran-
cesi, sì maltrattati dal nuovo Sovrano, per la più parte passa-
rono in altre isole, e il maggior numero d'essi andò a Santa-
Lucia , che allora incominciavasi a popolare. Prima che S. Vin-
cenzo divenisse possedimento Inglese dava tre milioni di libbre
di caffè, e ne avrebbe dato molto di più se gli Inglesi non aves-
sero rivolte le loro cure alla coltivozione dello zucchero. L'isola
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE a55
era pur favorevole a quella dell' Oriana e del caccao , mentre
poco pareva alto a prosperarvi il cotone. Appena gli Inglesi ebbero
incomincialo a stabilirsi ih S. Vincenzo, si accorsero che aveano
scelta la parte di quell'isola meno propizia alle loro mire, e vol-
lero trarsi alle pianure, nelle quali i Caribi erano rifuggiti, e che
presero a difendere armata mano. Così i nuovi dominatori hanno
avuto a combattere fra que'due nemici interni, i Caribi e i Ne-
gri. I Caribi saranno forse i primi a perire j ciò è perfettamente
conforme a quanto in America la catena degli avvenimenti com-
porta :, ma non è fuori delle umane probabilità che presto o lardi
i Negri abbiano a vendicarli.
Il governo di S. Vincenzo comprende le piociole isole di Be-
quia, di Picciola-Martinica ed altre, alcune delle quali sono abitate
da un leggiero numero di famiglie poco agiate. Il capo-luogo
chiamasi Kingston: la sua popolazione è di a3,4°/3 , dei quali
undici duodecimi sono schiavi (i).
Le Grénadilles. *
Le isolette denominate le Grénadilles stanno sulla stessa li-
nea , e Cariacu si è la principale. Quelle iso'elte sono unite da
banchi di rocce calcarle formate da polipi, e che, secondo la
descrizione di un naturalista assai instrutto, sembrano esattamente
simili agli scogli di corallo del mare del sud (i).
La Granata.
Questa catena d'isoletle termina colla fertile isola Inglese della
Granata situata a mezzodì di S. Vincenzo: essa si estende dal
nord al sud in forma di mezzaluna, ed è lunga circa 9 leghe e
larga 5.
Situazione^ estensione ec.
Il P. Tertre vuol eh' essa sia due volte più grande di San-
Cristoforo , e abbia 2,4 leghe circa di circonferenza 5 ina il P.
Labat dice che quelli che l'hanno girata tutta fanno il suo cir-
cuito di leghe 2.2 al più. Quest'isola, secondo i suddetti PP. ,
gode un'aria eccellente, ed ha un terreno così fertile che tutti
gli alberi tanto da frutto, quanto da costruzione vi sono miglio-
ri, più alti, più diritti , e più grossi, che quelli delle isole vi-
(1) Recensement officiel de 181 5.
(2) Leblond, Voyage aux Antillcs, I., pag. 275.
a56 COSTUME
cine, alla riserva dell' albero del cocco, che qui non cresce tanlo,
quanto nelle altre.
Produzioni ec.
L'albero lataniere è il più notabile di quest'isola: ha il fu-
sto alto, ed invece di rami porta foglie grandi come ventagli in
lunghi gambi , che uscendo a mazzetti servono per tetti delle
case- Vi sono alcune saline , e quantità di armadillos , la car-
ne de'quali è buona quanto quella del castrato, ed è il princi-
pili cibo degli abitatori, che hanno inoltre in gran copia tarla-
luche e lamantini. Il suolo , assai favorevole alla coltura dello
zucchero, del caffè, del tabacco e dell'indaco, è innaffiato da una
moltitudine di ruscelli che hanno la loro sorgente in un lago che
trovasi nelle sommità di un'alta montagna nel mezzo dell'isola,
e che la fecondano e la rendono amena ad un tempo. Sonovi
intorno all'isole parecchie baje e porti, alcuni de'quali possono
essere fortificati con molli vantaggi: ha in oltre la fortuna di non
andar soggetta ad uragani. »
/ Francesi si stabiliscono nella Granata.
I Fiancesi Caribi suoi primi abitatori furono allettati dalla sua
fertilità e dall'abbondanza della caccia e pesca a fermarvisi in
maggior numero. I Francesi nel i638 e nel i645 tentarono, ma
inutilmente , di stabilirsi in quest'isola. L'onore di uno stabili-
mento nella Granata era riservato, dice il P. Labat, al signor
Paiquet proprietario e Governatore della Martinica che lo intra-
prese a sue spese. Egli vi giunse nel giugno i65o, vi fu ricevuto
con gran festa da Cajeruano capo de' Caribi , e diede un bel-
l'esempio di giustizia, uon ripetuto che dal solo Peno ; compran-
do l' isola dai selvaggi, che gliela cedettero per una certa quantità
di merci e d'acquavite, riserbandosi però la proprietà delle abi-
tazioni.
Varie vicende.
Ma quando i Caribi videro che i Francesi col comprar l'isola
intendevano d'essere divenuti padroni di quelli che vi abitavano,
si posero ad aramazzarne quanti trovavano dispersi. Treceoto uo-
mini ben armati, spediti dalla Martinica decisero del diritto, di-
strussero un gran numero di Caribi, e forzarono gli altri alla fu-
ga. Nacquero poi discordie tali tra i coloni che ritardarono la
prosperità dello stabilimento} se non che la prudenza di un sa-
DEGLI ABITATORI DELLL ANTILLB 23 7
vio uomo , chiamato Yalminicr, che vi fu mandalo per Gover-
natore, calmò gli animi, e li rivolse alle cure che non avrebbero
dovuto mai essere abbandonate. Oltre abbondanti viveri, l'isola
dava tabacco sì eccellente che vendcvasi tre volle più caro di
qualunque altro delle isole. Nel 1657 Dui-Parquet vendette la
Granala per ottantamila lire al Conte di Cerillac, il quale mandò
a prenderne possesso un ufliziale di sì duri modi , che la maggior
parte de' coloni, inaspriti della sua tirannide, abbandonarono l'isola
trasferendosi alla Martinica. Un tal frullo avrebbe dovuto essergli
di util lezione 5 ma egli infierì di più contro quelli ch'erano ri-
masti \ di maniera che per salvarsi dal suo furore si videro co-
stretti ad impiccarlo. Cerillac non potendo cavar alcun profitto
dall'isola, la vendette alla Compagnia formatasi nel 1664, e que-
sta dieci anni dopo la restituì al Re. Tutto era in essa sì srego-
lato, che al principio dello scorso secolo non aveva ancora preso
l'aspetto di prosperità, a cui pur la chiamavano l'amenità sua è
la fecoudità delle sue terre. Alla mela però di quel secolo essa
avea incominciato a far alcuni progressi: coniava allora 1262 Bian-
chi, i^5 Negri liberi, 11,991 schiavi, e tutto faceva sperare un
felice avvenire , quando l'imprudente ingordigia di anticipare il
godimento di vantaggi che al solo tempo è riserbato, per le pre-
cipitate distribuzioni de' boschi, la salute de' coloni sofferse molto,
e febbri ostinate e idropisie per trent'anni continui consumarono
la vita de' coltivatori.
Passa sotto il dominio degli Inglesi.
La Granata passò in forza della pace del 1763 in dominio
degli Inglesi ,. i quali si erano ripromessi grandi lucri dal nuovo
acquistamene , e non ne trassero che gravi perdite. Il soverchio
numero di quelli che vi accorsero fece salire a prezzo esorbitante
le abitazioni. Si lasciarono partire gli antichi abitatori, assuefatti
al clima , e bisognò supplirvi con enormi spese. Si volle cambiare
il tenor di vivere dei Negri , e i Negri irritati si rivoltarono : fu
d'uopo far marciare truppe e versar sangue: tutto fu pieno di
sospetti e di terrore} e malgrado di una profusione di capitali,
la Granata in mano degli Inglesi, fino agli ultimi anni del pas-
sato secolo, non avea potuto alzare le sue produzioni più dei-
triplo di quelle che nel tristo governo fattone dai Francesi, avea
potuto dare, quantunque il numero degli schiavi fosse stato au-
Cost. Voi. IV delV America. 17
2 58 COSTUME
mentalo di mollo. La popolazione della Granata consisteva nel
1788 in 1000 Bianchi, 1218 Mulattli , 23,926 Negri, in tutto
26,144 persone: ora, secondo le più recenti relazioni (1) que-
st'isola è popolata di 3 1,272 abitatori, 29,381 de' quali sono
schiavi (2).
Qui termina la catena delle Antille propriamente detta. La
Barbada , Tabago e la Trinila, tulle e tre Inglesi , formano una
cateua particolare.
La Barbada.
La Barbada la più occidentale delle Antille, è situata al
grado 62, 2' di longitudine occidentale, ed al i3 5' di latitu-
dine settentrionale: è lunga sette leghe e larga cinque. Gli Inglesi
quando vi sbarcarono per la prima volta nel 1625 (3), la trova-
rono affatto selvaggia, e senza alcuna apparenza d'essere stata
abitata nemmeno dai più barbari Indiani. Non vi era sorta alcuna
d'animali, non frutti, non erbe, né radici che potessero sommi-
nistrare alimento all'uomo: ma siccome il clima era buono, e
fertile sembrava il terreno , alcuni gentiluomini Inglesi di picciola
fortuna tentarono di stabilirvisi per procurarsene uua. Essi però
trovarono poche difficoltà nel tagliare i folti boschi e le quasi
impenetrabili foreste che loro si frapponevano per via, ma a grado
agrado colla pazienza e colla perseveranza giunsero a dissodarne
il terreno , ed a trarne il necessario alla loro sussistenza. Non
cominciò la colonia a prendere una certa regolata forma che quan-
do ne fu investilo il Conte di Carlisse , uno dei favoriti di Carlo
J. L'amenità del paese e la saggia distribuzione dei terreni chia-
marono buon numero di gente ad abitarvi; né colonia alcuna
nelle Antille sì presto diventò florida come la Barbada , la quale
nel i65o contava, seppure un tal numero non è esagerato, 5o,ooo
Bianchi, e un numero molto maggiore di Negri e di schiavi In-
diani. Si cominciò dalla coltivazione del tabacco, poi dell'indaco
che vi prosperò, e dello zucchero che sopra tutto vi riuscì eccel-
(r) Recenfement officiai de i8i5.
(2) Labat , nel tom. II. pag. 140 ci rappresentò la pianta del forte, del
porto e del borgo della Granata.
(3) Vuoisi da alcuni che i primi ad approdarvi fossero i Portoghesi ; e
dicesi che il nome suo , poscia corrotto, le venisse dai Portoghesi, i quali
vollero dirla Barbada perchè coperta tutta di l'ultissimi boschi.
DEGLI ABITATORI DELLE A STILLE 25©,
lente. Le discordie civili dell* Inghilterra « he era allora nelle mani
di Gromwell , v'accrebbero i coloni, e il movimento degli affari
fu tale, che molti in breve tempo guadagnarono una rendita di
diecimila lire sterline.
Bridge-Town capitale.
Quindi non è maraviglia se vi si eressero forti , e se vi si fondò
la bella città di Bridge-Town ove risede il Governatore, ed è
quello il porto delle Antille più vicino ali' antico continente. Le
braccia, colle quali i coloni procaccia vansi fortuna, erano quelle
di operaj fatti venire dalPInghiltera , di Negri tratti dall'Africa,
e di Caribi rubati sul continente Americano o nelle isole. Gli In-
glesi li trattavano con estrema durezza , ed essi stessi hanno con-
fessato ch'erano in tanto orrore a questi miserabili, che la vio-
lenza sola poteva costringerli a servirli. Quindi i Negri ch'erano
più numerosi de'loro padroni tentarono più volte di ribellarsi; ed
i Caribi non mancavano di trucidare, quando potevano, gli In-
glesi che cercavano di farli schiavi (i).
Il commercio della Darbada, che avea presa una grande esten-
sione, soggiacque in varj tempi, più che quello d'ogni altra co-
lonia Inglese, ad enormi danni. Ad onta però delle sue perdite,
od onta delle molestie gravissime sofferte per le replicate revolu-
zioni dei Negri, e del famoso uragano che nel 1780 la rovinò
in una maniera orribile , la Barbada è tuttavia uno de' più ricchi
stabilimenti degli Inglesi,
(1) La giustizia vuole che non si taccia l'infamia di che si è nelle
isole coperto il nome Inglese anche fuori di questo barbaro uso di predar
uomini come farebbesi delle bestie. Una mano d'Inglesi ita sul conti-
nente per rubar uomini è sorpresa dagli indigeni , che piombando sui la-
droni, una parte ne uccide, l'altra mette in fuga. Uno di costoro correa
a nascondersi ne' boschi per involarsi a quelli che lo inseguivano, e trova
una giovinetta Indiana per nome Jarico-, che concependone pietà ed' af-
fetto, il mette in sicuro, e nascostamente per alcuni giorni lo sostenta
finché può condurlo verso il mare per procurargli la fuga. E di fatto Io
guida ove si era ancorato il vascello di quelli ch'erano venuti cou. lui
alla caccia d'uomini, ed affida sé e il suo amore all'uomo che le deve
la vita. Chi crederebbe che la prima cosa fatta da costui , giunto alla Bar-
bada, fosse quella di vendere schiava quella infelice? Il nome di Jarico
dee rimanere nella storia perchè si detesti in eterno la memoria di quel
mostro.
260 COSTUME
Il paese della Barbada ha un aspeltto floridissimo ed ameno,
sollevandosi qua e là in collinette di un agevole pendio, che col
verde delle canne di zucchero , col fiore, colla fraganza degli aran-
ci, dei limoni e dei cedri, con un numero grandissimo di palme,
tamarindi, banane, cocco e di altre leggiadre ed utili piante, e
con le molte case dei coltivatori sparse per tutta la campagna ,
formano una scena deliziosissima.
Isola di Tabago.
L'isola di Tabago al nord-est di quella della Trinità, al grado
li 36' di latituvine settentrionale, e 5g io* di longitudine occi-
dentale, è lunga circa 5a miglia e larga 12 (1). Essa consiste in
montagne schistose mancanti di qualunque roccia granitosa, e
sembra essere una continuazione delle catene di Gumana , sul
continente dell'America meridionale (2). Questa catena differisce
interamente da quella delle Antille. La posizione di Tabago di-
nanzi lo stretto che separa le Antille dell'America, gli dà una
grande importanza in tempo di guerra. Il suo terreno ricco ed
ancora intatto è assai opportuno alla coltivazione dello zucchero ,
e più ancora a quella del cotone', ne sono squisiti i fichi ed i
giojavi, e vi riescono tutte le altre frutta del tropico. Assicurasi
che il cannaliere ed il vero albero che produce la noce mosca-
da , si trovino nelP isola , ma è ancor più sicuro che vi alligna
quello che dà la gomma copale, e che vi nascono cinque specie
di pepe. Sonovi parecchie baje e porti, principalmente sulle co-
ste settentrionali ed occidentali. La popolazione, secondo le ul-
time relazioni, è di i8m. persone, sei settimi delle quali sono
Wegri.
Isola di Trinidad. Situazione , estensione ec.
L'isola di Trinidad o della Trinità situata al grado 63 20* di
longitudine occidentale, ed al io di latitudine settentrionale, tro-
vasi fra l' isola di Tabago ed il continente dell'America Spagnuo-
la, da cui è separato dal golfo di Paria e dai due stretti della
Bocca-del-Drago, e della Bocca-del-Serpente. Ha circa 3o leghe
di lunghezza dal sud-ouest al nord-est, e diciannove di larghezza.
Era stata giudicata malsana, ma Raynal confutò pel primo questo
errore.
(1) V. Gazzettiere Americano Art. Tobago o Tabago.
(2) Dauxion Lavasse , Voyage à la Trinidad , L, pag. 4& etc.
DEGLI ABITATORI DELLE ANTILLE 26 1
Lago di bitume-asfalto.
Essa è montuosa verso settentrione, e non offre nel centro e
nel mezzogiorno che pianure e colline: abbonda di palme e di
cocco, cbe vi crescono senz'essere coltivate, e produce zucchero,
caffè, buon tabacco, indaco, zenzero, anici, belle frutta, come
limoni ed aranci , mais, cotone e legno di cedro : fra molte cu-
riosità naturali , racchiude un lago o piuttosto un gran pantano
pieno di bitume-asfalto. La superficie di quel lago cangia soveu-
te; le rive, le isolette vi rimangono da un giorno all'altro in-
ghiottite.
La corte di Madrid aperse la Trinidad a tutti coloro che vo-
levano stabilirvisi , e quindi molti Francesi della Granata vi si
rifuggirono. Colla pace del 1800 fra l'Inghilterra e la Francia
essa ottenne la cessione di quest'isola importante per la sua fer-
tilità, per la sua estensione, e più ancora per la sua posizione,
che domina l'Orenoco e la famosa Bocca-del-Dra^o.
Città e porti.
S. Giuseppe d'Oruna, citta principale, è al nord-ouest , ed
ivi appresso il porto di Spagna , che è la piaggia più frequentata
dell'isola (1). Il porto migliore è quello di Ghagacamus: la po-
polazione dell'isola è calcolata a 2801. anime (2).
La Trinidad, attesa la sua estensione e la mirabile fertilità
del suolo, potrebbe produrre tanto zucchero quanto ne danno tutte
le isole del vento insieme comprese, aDzi ne somministra già i2m.
oxhqfts. Tabago dà rispettivamente ancore maggiori speranze.
Queste due isole però godono del prezioso vantaggio di essere
fuori dell'ordinaria periferia degli uragani, e di presentare in con-
seguenza un ricovero ove le flotte non sono esposte a quei terri-
bili colpi di vento che spesse volte le fanno in pezzi nei porti
dell'isole situate più a settentrione (3).
Isole sottovento.
Abbiamo già parlato dell'isola Margarita, dipendente dal ca-
pitanato generale di Caracas; non ci resta dunque a descrivere
(1) Bourgoing , Tableau de l'Espague, seconda edizione, tom. II.
(2) Mac Cullimi da 28,000 per l'anno 1804, Dauxion . 5r,ooo pel
1807, Goldsmith, 26,000 pel 18 16.
(3) Edward Young , West-India commonplace-book.
262 costume
fra l'isole situale sulla costa Spagnuola del continente, che le (re
possedute dall'Olanda.
Curacao.
Curacao (i), che ne è la più importante, è situata in quella
catena d'isole che circondano il continente dell'America, e della
quale la Margarita e la Gubaga fanno parte: essa è lunga dieci
leghe e larga tre : arida e bisoguosa delle pioggie onde avere un
po' d'acqua, pareva condannata da una sterilità perpetua. L' acqua
die si cava da un solo pozzo vi si vende a peso d'oro. L'indu-
stria Olandese vi fa crescere in un terreno leggiero e sassoso ,
tabacco e zucchero in quantità. Le saline danno una rendita an-
cor più considerabile; ma l'isola va debitrice del suo florido stato
al commercio di contrabbando.
Commercio di contrabbando.
Questo commercio vien fatto in due maniere: magazzini di
Curacao sono sempre ben provvisti di mercanzie d'Europa e delle
Indie Orientali : ivi trovatisi ammucchiate le tele, le stoffe, i mer-
letti, le acquavite e finalmente tutte le merci che non si possono
vendere in alcun'altra piazza; ma che si vendono benissimo qui,
agli Spagnuoli in ispezie che ne vanno io cerca. La stessa nazione
vi compera una quantità di Negri, ed ogni cosa vien pagala con
verghe d'oro o d'argento, e in caccao, vaniglia, chinachina e coc-
ciniglia. Gli Olandesi vendono altresì una quantità enorme di
munizioni da guerra.
In tempo di pace, i vascelli di Curacao portano sempre sì
falle mercanzie sulle vaste coste dell' America Spagnuola , senza
rhe sia possibile alle guatdie l' impedire tali illecite introduzioni.
Gli Olandesi sogliono opporre alla fedeltà dei doganieri Spagnuoli
ora la forza ed ora l'oro.
ffilìemstadt capitale.
Willemsladt, capitale dell'isola, è una delle più belle città
delle Indie Occidentali. Gli edifizj pubblici hanno colà maggiore
magnificenza , le strade maggior decenza , le case una distribu-
zione più comoda, ed i magazzini maggior estensione che in qua-
lunque altro luogo. Il porto di Curacao, protetto dal forte d' Am-
(i) Curacas , Curassow , e secondo Dampier, Querisao. Gazzettiere
Americano.
DEGLI1 ABITATORI DELLE ANTILLE 2 63
sterdam, è spazioso e sicuro, e ne è stretto l'ingresso. La popo-
lazione dell'isola era composta l'anno 1 8 1 5 di 2781 Bianchi,
2,161 persone di colore libere, 1872 Negri liberi, 690 schiavi di
colore, 5336 schiavi Neri. Totale 12,840.
Bonaix e Aruba, isolette vicine, servono ad allevarvi il be-
stiame.
Delta ricchezza delle Antille. ,
Noi porremo fine alla descrizione delle Antille colle giudi-
ziose osservazioni di Malte-Brun. L'Arcipelago che abbiamo ora
esaminato (1) è uno dei principali teatri dell'industria e del com-
mercio degli Europei. Le ricchezze che l'Olanda, la Francia , e
l'Inghilterra ne ricavarono, contribuirono alla prosperità delle
metropoli più di tutto l'oro, l'argento ed i diamanti del conti-
nente Americano.
Aumento di popolazione.
La sola Inghilterra continua a ritirarne un immenso lucro. Se
si considerino tutte l'isole Britanniche nelle Indie Occidentali, si
trova che il numero dei Bianchi aumentò da 49,762 a 58,9555 ; i.
Mulatti o persone di colore, da 10,569 a 2I59^7? e g^ schiavi da
465,276 a 524,2o5. Per tal modo la popolazione Mulatta si è in
generale raddoppiata o per naturale accrescimento, o per effetto
dei rifuggiti da San-Domingo. Del 1788 s'introdussero in tutto
24,49^ scu>avij e se ne espoitarooo n,o58. Nel i8o3 s'introdus-
sero 19,960 schiavi e se ne esportarono 5232. Gli stabilimenti
Britannici recavano alle colonie straniere circa 4om. schiavi l'anno.
Dazj.
I dazj imposti sullo zucchero produssero al governo:
L'anno 1773 a ragione di 6 scell. e 6 pene 468,9^7 lir. steri.
1787 12 . . . . 4 . . . 954,364
1804 27 . . . . o . . .2,422,669
Esportazioni.
II valore dello zucchero importato in Inghilterra ammonta
annualmente a 7,063,266 lire sterline. Nelle isole Britanniche si
preparano eira 12001. puncheons di rhum, che entran nel con-
sumo nel modo segue :
(1) Précis de la Géographie Universelle , tom. V. pag. ?56 eie.
i64 COSTUME
Stati-Uniti d'America 37,000
Colonie Inglesi dell'America settentrionale 6,25o
Vascelli che navigano alle Antille 10,000
Guarnigioni ed abitatori dell' isola 3o,^5o
Regni Uniti della Gran Bretagna 36,ooo
La Gran-Bretagna ritrasse dalle Antille:
L'anno 1793 9,164,893 libbre di cotone.
1804 20,529,878
Stato dei Negri.
Tutte queste ricchezze costaron caro all'umanità ed alla pub-
blica morale , perchè acquistate a prezzo del sangue e delle la-
grime di parecchie cenlinaja di migliap d' uomini ridotti in uno
stato centrano ai principj dei diritto naturale ed a quelli della
religione Cristiana. Sebbene i coloni sieno in gran patte buoni,
umani e compassionevoli padroni :, sebbene le assemblee coloniali
abbian date parecchie disposizioni legislative onde porre un freno
ai capricci ed alle crudeltà, pure la condizione dei Negri schiavi
è veramente degna di pietà. Questa dolorosa verità è dimostrata
all' evidenza dalla troppo grande mortalità loro , che non può
provenire dal clima , mentre nel loro paese natio , sono avvezzi
allo stesso caldo accompagnato d'umidità. Ad onta di tutte le
cure interessate de' coloni onde ottenere Negri Creoli, la propa-
gazione di questa specie non riesce che assai mediocremente. I
dispiaceri, i patimenti, i tormenti d'ogni specie a cui soggiacciono
i Negri schiavi , ne accorciano talmente la vita che in luogo di
moltiplicare secondo le regole della natura , conviene in parec-
chie colonie introdurne d' anno in anno onde rimpiazzare quelli
che caddero sotto il peso dei mali trattamenti. Alla Martinica ,
nel 1810, non furonvi di 77,500 schiavi, che i25o nascite, od
una sopra €6 persone. Diconsi ostinati, duri, intrattabili*, vuoisi
che esigano a forza d'essere trattati con virgo, ferrea. Sonovi
certamente alcuni insensibili ai beneficj e che non meditano che
tradimento e disordine: e sono quelli che erano in Africa medici,
sacerdoti o stregoni *, ma se si eccettuino tali persone, il cui nu-
mero è assai circoscritto , i Negri sono esseri grossolani, ma do-
cili e buoni \ né meritano d'essere riguardati come una specie di
bestie da soma, senz'anima, come fanno alcuni de' loro padroni
e deMoro ispettori, sebbene assai spesso que' tiranni sieno eglino
DEGLI ABITATORI DELLE ANT1LLE a65
medesimi la feccia d'Europa. Dopo aver detto lutto ciò, è forza
convenire che il clima ardente delie regioni sotto l'equatore, delle
regioni atte alla coltivazione dello zucchero , non ammette altri
coltivatori che i Negri: questa stirpe d'uomini è dunque neces-
saria alle colonie.
Mezzi d'incivilire i Negri.
Affine di condurre quegl' importanti stabilimenti ad uno stato
florido e tranquillo, ella è cosa indispensabile l'accelerare prima
d'ogni altra cosa la propagazione de' Negri nelle isole stesse, col
mezzo di una polizia severa, atta a reprimere gli eccessi ai quali
dall'abitudine dell'esercizio di un potere tirannico non sono che
troppo di frequente indotti e gli ispettori ed i padroni. Dopo di
aver assicurato contra la loro violenza la vita e la salute de' mi-
seri schiavi, converrà passare a procurar loro piccioli possedi-
menti , la cui proprietà possa farli affezionati ad un paese che
bagnano coi sudori della loro fronte. Rendere più sacro il nodo
conjugale e più stabile} provvedere all'educazione dei fanciulli
Negri *, reprimere la scostumatezza ed il libertinaggio, sono altre
misure essenziali con cui migliorare la condizione de'Negri. Met-
tendogli a poco a poco a parte dei beni della ragione e delle
consolazioni della religione Cristiana, la successiva libertà, ed il
passaggio dallo stato di schiavi a quello di fitta juoli , possono
operarsi senza pericolo , senza scossa , e col più gran vantaggio
de' coloni.
Ma delle Antille basti il detto fin qui. Le poche altre, delle
quali non abbiamo fatto menzione, non somministrano alla storia
del costume materia di qualche importanza. Colla descrizione di
questo Arcipelago avendo noi posto fine al costume di lutti gli
Bbitatori del Nuovo-Continente, passeremo a veder l'Europa, sola
parte del moado che ci rimanga ancora da descrivere.
AGGIUNTA AL COSTUME
DEGLI ABITATORI
DI BUENOS-AYRES, DI MONTE-VIDEO
E DEI LORO DINTORNI
* Je Illustrazioni Pittoresche di Buenos- Ayres e di Monte-
Video teslè pubblicate in Londra da E. E. Vidal (i), ci giunsero
per alcune sfavorevoli circostanze dopo la pubblicazione del co-
stume degli abitatori del Chili e del Paraguay. Per la qual cosa
non avendo noi potuto approfittare in tempo delle nuove cogni-
zioni che trovatisi sparse nella detta opera crediamo nostro dovere
di supplire in qualche modo alle involontarie mancanze coli' ag-
giugnere alcune importanti Tavole delle quali è doviziosa l'opera
di Vidal, non che le opportune descrizioni de'luoghi e delle per-
sone, il cui costume venne esattamente rappresentato nelle stam-
pe colorale che formano il principale ornamento di queste Illustra-
zioni Pittoriche. Dobbiamo però avvertire di aver noi procurato
di migliorare il disegno delle medesime, essendo stato alquanto
trascurato dal pittore Inglese, e che abbiamo arricchite le seguenti
Tavole coli' aggiunta di alcune figure cavate dalle altre Tavole
da noi ouimesse.
Tavola i.
Piazza del mercato di Buenos-Ayres.
Questa veduta fu presa dall' angolo settentrionale del quadrato
della piazza del mercato , avente il corpo di guardia alla destra
ed il forte alla sinistra vicino al fiume. Il Recova, in faccia , è
(i) Picturesque illustrations of Buenos-Ayres and Moote-Yideo, con-
sisting of twenty-four views accorapanied with descriplions of the scenary
aud of the costumes, mamiers etc. of the iohabitants of those cities and
their environs, by E. E. Vidal, Esq. London, 1820, in 4-° Sr» **§■
n.
>:
«
DEGLI ABITATORI DI BUENOS-AYRES a6^
un fabbricalo di mattoni cui sono miste alcune pietre : la sua
lunghezza è di i5o yards e la sua larghezza di 2.1 } di dietro
alla sinistra vedasi il collegio colla chiesa altre volle de'Gesuili.
La facciata meridionale è occupata da un' officina che serve alla
distillazione de1 liquori , e Terso l'estremità orientale trovasi il
mercato de' buoi. Tra il detto mercato ed il Forte vedonsi i carri
che conducono il pesce: una doppia linea dall'angolo settentrionale
al meridionale viene formata dai venditori di polli, di uova ec. ec.
Sul davanti noi abbiamo aggiunte alcune figure tratte da altre
tavole della stessa opeia onde far meglio conoscere la foggia di
vestire degli abitatori di Buenos-Ayres.
Tavola 2.
La gran piazza di Buenos-Ayres.
La presente veduta fu presa stando sotto l'arco di mezzo del
Recova^ il quale forma il fianco orientale della piazza. A setten-
trione sono alcune case private e la chiesa cattedrale. Il Cabildo,
ossia palazzo della città, occupa il fianco occidentale, ed al mez-
zogiorno sono picciole botteghe con un largo lastricato sul davanti,
ove stanno i rivenditori d'ogni genere di chincaglieria d'Europa.
Il Cabildo serve anche di prigione: al primo piano però sono
alcune stanze nelle quali recasi l'uffizial municipale , e dal bal-
cone di mezzo egli parla ai cittadini nelle pubbliche adunanze :
sullo stesso balcone spiegansi gli stendardi e s'innalzano i trofei
tolti ai nemici.
Nel centro della piazza vedesi un piccolo obelisco innalzato
in commemorazione della dichiarata indipendenza di Buenos-Ajres
e delle provincie unite: esso è conosciuto sotto il nome di Altare
della libertà.
In questa piazza si fanno le pubbliche processioni, gl'incanti
pubblici, e ne'giorni d'allegrezza serve per le danze, pei fuochi
d'artifizio, e per le illuminazioni ec. In occasione di feste religiose
vengono qui esposte vaghe suppellettili d'oro e d'argento ornate
di pietre preziose, reliquie d'ogni sorta, e preziosissimi arredi,
la cui ricchezza eccede qualunque altra esposizione possa farsi
negli Siali Cattolici d'Euiopa.
268 AGGIUSTA AL COSTUME
Veggonsi in questa Tavola i Quinteros, contadini, che arri=
vano al mercato portando polli ed altri animali vivi attaccati per
le gambe e gettati a traverso del dorso del loro caTallo 5 ed ivi
vicino scorgesi uno schiavo-Negro che vende il pane. I panattieri
di Buenos-Ayres hanno comunemente al loro servizio molti schiavi;
poiché non avendo mulini né a vento né ad acqua (eccettuatone
uno solo fatto recentemente costruire dagli Inglesi) fanno maci-
nare il grano a forza di braccia , oppure col mezzo dei muli.
Questi panattieri sono assai ricchi : le ceste , nelle quali vien
portato il pane, sono di pelle.
Vedesi finalmente da un lato un venditore d'aranci collocati
per terra ; questi durante l'autunno vengono portati in gran quan-
tità dal Paraguay, ma non sono però di buona qualità : eccellenti
invece sono i limoni ed anche gli aranci coltivali nei giardini di
Buenos-Ayres-, ma di questi non si fa mercato.
Tavola 3.
Indiani Pampa.
I due Indiani Pampa sono in questa Tavola rappresentati
sulla porta di un magazzino nel mercato chiamato Indiano, che
trovansi al confine sud-ouest del Callè-de-los-Torres, strada cen-
trale di Buenos-Ayres , ove vedesi un quadrato tutto circondato
da botteghe che servono pel commercio delle loro principali m;>-
ni fatture che sono le seguenti. II poncho ossia l'abito esterno por-
tato da tutti i contadini di questa provincia: esso è composto di
due pezzi di tela lunghi sette piedi e larghi due, uniti insieme
nella loro lunghezza, lasciando soltanto nel mezzo uno spazio che
basta per passarvi la testa. 2.0 Ogni sorta di lavori in pelli ,
cioè panieri , sferze pei cavalli , briglie , cinghie ec. 3." Staffe
assortite, fatte di un pezzo di legno piegato a triangolo e legato
ad una striscia di cuojo^ non che altri lavori di legno scolpito.
4-* Plumeros, ossiano scope composte di penne di struzzo, l'uso
delle quali è comune in tutte le case di Buenos-Ayres. 5.° Sti-
vali della qualità usata generalmente dalla bassa classe del popolo,
fatti di pelle di cavallo ec.
Au>rr VolJl
leu '.
> /////Y////S 'Sff /////>
DLGLI ABITATORI DI EUENOS-AYflES 269
Tavola l\.
I Gauchos di Tucuman.
Tutti i contadini di Tucuman sono appellati Gauchos dagli
abitatori di Buenos-Ayres} parola, che secondo Vidal, deriva dal-
l'antico vocabolo Inglese gawk gawhey , usato per esprimere le
goffe e rozze maniere di questi contadini.
Le due figure di questa Tavola rappresentano i contadini di
Tucuman, provincia centrale di Rio della Piata, i quali hanno
alcune particolarità di abito e di fisonomia che li distinguono da-
gli altri indigeni di questa contrada. I loro abiti sono di una
stoffa e di un taglio singolare , e di una manifattura tutta loro
propria. Portano un cappello di pelo puntato, conservano i loro
capelli lunghi e distesi: nel resto rassomigliano agli altri conta-
dini, particolarmente poi nella immondezza.
Questa Tavola rappresenta alcuni contadini di quella regione
che avendo portato e scaricato sul lido pelli conciale , stanno a-
spettando i carri dalla città per coodurvele. Alcuni di essi sono
raccolti per pranzare, siccome è loro costume, all'aria aperta, e
sul lido distante circa un mezzo miglio dalla città. Acceso è il
fuoco, un pezzo di carne di bue passato a traverso di un palo a
foggia di spiedo, è posto vicino al fuoco per arrostire: il palo è
ficcato in terra contro vento ed inclinato sul fuoco: due o tre
pezzi vengono successivamente preparati per lo stesso oggetto.
Tavola 5.
Soldati della spiaggia orientale della Piata.
La lunga guerra sostenuta da questi soldati contra le truppe
di Buenos-Ayres unite ai Portoghesi, rende il soggetto di questa
Tavola assai importante. Essi sono gli stessi Gauchos sopradde-
scritti, ma coperti da un abito diverso, ed armati di carabina e
di sciabola. Stanno questi soldati abitualmente in campo aperto,
non mangiano che carne di bue , e dormono frammischiati ai
loro cavalli. La loro vita militare è assai vaga $ e mentre sfu"-
2JO AGGIUNTA AL COSTUME DI BUEKOS-AYBES
gono l'incontro del nemico di fronte , lo attaccano di sorpresa
quando meno se lo attende. Incapaci di agire in corpo serrato
non si presentano mai in ordine innanzi al nemico, cui tengono
però sempre in guardia colle loro scorrerie e con frequenti attac-
chi. Per questo motivo essi vengono chiamati i Cosacchi di Ame-
rica. Montano cavalli della più trista apparenza e con un orecchio
tagliato, il che indica che servono soltanto per sella. Fanno
lunghissimi viaggi in un giorno col medesimo cavallo che , du-
rante il cammino, non mangia che erba, e a quando a quando
un po' d'orzo, non crescendo vena sulla sponda orientale della
Piata.
I soldati rappresentanti in questa Tavola sono fermati alla
porta di una Pulperia a Monte-Video (i) , ed uno di essi sta
succiando il matte (2).
(1) Chiamasi Pulperia una miserabile e sporca capanna in cui si vende
spirito estratto dalle canne di zucchero, sale, cipolle e pane.
(2) Questa bevanda formasi come segue. Prendonsi le foglie ed i pic-
cioli germogli di un arbusto del Paraguay detto matte, si fanno seccare,
iudi si polverizzano. Mettesi poscia una picciola dose di questa polvere in
un vaso , e vi si versa sopra acqua calda. Sì fatta bevanda assomiglia al
thè , e viene succiata con un piccolo tubo. Usasi giornalmente in ogni
casa , ed è cosa comune in questa provincia l'offrire un vaso di matte
alle persone che vanno a far visita ; lo stesso vaso però e lo stesso tubo
mandato in giro servono per tutti. I più ricchi sogliono aggiungere al matte
zucchero , cannella ed altre droghe , ed allora questa bevanda diviene gra-
ditissima -, hanno essi altresì vasi e tubi ornati elegantemente d'argento o
d' oro j ma per lo più sono di legno.
FINE DEL VOLUME IV. ED ULTIMO DELL AMERICA.
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INDICE
delle materie contenute in questo
quarto volume dell' America.
JLl Brasile o V America Portoghese pag. 3
Descrizione del Brasile i5
Stabilimenti Europei nel Brasile 67
Governo Portoghese nel Brasile 72
La Gu/ana Francese, Olandese ed Inglese 98
Descrizione generale della Gujana 107
Descrizione delV Arcipelago di Colombo , ossia delle
grandi e piccole Antille i5i
Descrizione delle Antille 160
Aggiunta al Costume degli abitatori di Buenos -Ayres,
di Monte-Video e dei loro dintorni 266
DESCRIZIONE DELLE TAVOLE.
iv. XL. Lavacro de' diamanti a Mandar pag. 22
XLI. Simie 28
XLII. Uccelli del Brasile 3o
XLIII. Utensili de' Coroados ec 42
LXIV. Veduta della missione di S. Fidelis 44
XLV. Armi ed altri utensili de'Puris, Coroados ec. . ^S
XLVI. Puris nelle loro foreste 4^
£LVII. Capanna de' Puris 48
XVIII. Capo de' Botocudos . . . • 53
XLIX. Utensili de' Botocudos 55
L. Fisonomia di alcuni Botocudos 60
LI. Disfida de' Botocudos 61
LII. I Patachos 62
LUI. / Camacan nel bosco pag. 63
LIV. Utensili de"1 Camacan 6/1
LV. Festa da ballo de"* Camacani 65
LVI. Acquidotto di Rio Janeiro 7 5
LVII. Lettighe 76
LVIII. Ilheos • 88
LIX. Graman-Quacy ec 11 3
LX. Aborigeni della Gujana 1 1 q
LXI. Città di Paramaribo i34
LXII. Piantatori di Surinam i36
LXIII. Negri sotto di un buon padrone i^a
LXIV. Stromenti di musica de1 Negri i^5
LXV. Negri ribelli 1/^7
LXVI. / Caribi 168
LXVII. A. Utensili de"* Caribi 171
LXVII. Letto pensile ivi
LXVIII. i n
TXVTIT 1 ornamenti 177
FXIX 1 Utensiti ec '78
rXX ( ^°^' de"1 Caribi 182
LXXI. Piantagioni 191
t yyji
T XX IT \ Mulino per estrarre il sugo dalla cannamele . 192
LXXI II. 1 Altro mulino per estrarre il sugo dalla
LXXIII. ( cannamele ig4
LXXIV. Flibustieri 208
LXXV. Modo di preparare il cotone 247
I. Sup. Gran piazza di Buenos-Ayres 266
II. Sup. La gran piazza del mercato di Buenos-Ayres 267
III. Sup. Indiani Pampa 268
VI. Sup. / Gauchos di Tucuman 269
V. Sup. Soldati della spiaggia orientale della Piata . . 270
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