Skip to main content

Full text of "Il costume antico e moderno, o, storia del governo, della milizia, della religione, delle arti, scienze ed usanze di tutti i popoli antichi e moderni, provata coi monumenti dell'antichità e rappresentata cogli analoghi disegni dal dottor Giulio Ferrario : America"

See other formats


i  C 


IL  COSTUME 

ANTICO    E    MODERNO 


DI 

TUTTI  I  POPOLI» 


IL  COSTUME 

o 
STORIA 

DEL  GOVERNO,  DELLA  MILIZIA,  DELLA  RELIGIONE,  DELLE  ARTI, 
SCIENZE  ED  USANZE  DI  TUTTI  I  POPOLI  ANTICHI  E  MODERNI 

PROVATA      COI      MONUMENTI      DELL'ANTICHITÀ 
£    RAPPRESENTATA    COGLI   ANALOGHI   DISEGNI 

DAL  DOTTORE 
GIULIO  TERRARIO. 


AMERICA 

Volume  Terzo. 


FIRENZE 

PER  V.  BATELLI  e  COMPAGNI 
1841. 


Digitized  by  the  Internet  Archive 

in  2011  with  funding  from 

Research  Library,  The  Getty  Research  Institute 


http://www.archive.org/details/ilcostumeantic3to4ferr 


L'AMERICA  MERIDIONALE 

DESCRITTA 

DAL  DOTTOR  GIULIO  FERRARIO 


DESCRIZIONE  FISICA  GENERALE 

DELL'AMERICA  MERIDIONALE. 


Estensione  delV  America  meridionale. 

T' 

JLi  America  meridionale  (i)  è  la  più  fertile,  la  più  ricca,  la  più 

pittoresca,  la  più  salubre  di  tutte  le  penisole,  e  non  la  cede  in 
grandezza  che  all'Africa  sola.  La  sua  estensione  secondo  i  calcoli 
approssimativi  de' geografi  è  di  g5m.    leghe    quadrate  da  a5  per 

(i)  Oltre  la  grand' opera  più  volte  citata  di  De-Humboldt  e  Bonpland 
si  possono  vedere  le  seguenti  descrizioni  comuni  a  molte  contrade  del- 
l' America  meridionale  : 

Vera  historia  admirandae  riavigationis  qtìam  UldericUs  Schmidel ,  ab  anno 
i534  usque  ad  aunum  1 554    iti    Americani    juxta    Brasiliani   et  Rio- 
della-Plata  confecit  etc.  Nuremberg.   i5g<),  in  4-° 
Voyages   and  discoveries   in  Sout-America  ,  cum  tabulis  geograph.  Lon- 
don ,   1698 ,  in  8.° 
Recueil  de  Voyages  dans  1'  Amérique  meridionale  ,  contenant  diverses  ob- 
servations  touchantes  le  Pérou  ,  la  Guyane,  le  Bresil  etc.  t radili ts  de 
l'Espagnol  et  de  l' Anglais.  Amster.,   1738,  in   12.0 
Alcerlo  y  Herrera  Aviso  historico-politico-geograpliico ,  con  las  noticias  mas 
particulares  del  Perù,  Tierra-Firma,  Chili  y  nuevo  regno  de  Grenada. 
Madrid,  174°?  in  4-° 
New  History  of  South-America,  by  Richard  Rolt.  London,  1756,  in  8.° 
Prelimi nar  al  tomo  primiero  de  las  Memorias  historico-physicas  ,  critico- 
apologeticas  de  la  America  meridional  ,  par  D.  Joseph  Eusebio  Lamo 
Zaputa.   Cadice,  17^9,  in  8.° 
G.  F.  Scheiblen  Geschichte  der  von   den   Evangelischen    in    Frankreich 
untemommenen  Seereisen  und  Colonie-Anstalten  in  Sud-America.  Des- 
sau ,   17^9,  in  8.° 
Die  Spanischeu  Besitzungen  vornehmlich  im  Sùdlichen    Theil    desselben 
und  der  merkwùrdigsten  Oerter  in  Nord-America  ,  ingleichen  einiger 
in  dem  Mexicanischen  Meerbusen  gelegenen  Inseln.  Sorau   1762,  in  4-° 
Gily,  Saggio  di  una  Storia  Americana  ec.  Roma,   1780-1784,  4  v°l*  *n  &° 
Reise  einiger  Missionarien  der  Gesellschaft  Jesu  in  Sud-Amerika  aus  ibren 
eigenen  Handscbriften,  herausgegeben  von  Christ.  Gott.  von  Murs.  Nu- 
remberg,  1785,  In  8.° 


8  DESCRIZIONE    TISICA    GENERATE 

grado  equatoriale.  Quasi  Ire  quarti  di  questa  superficie  trovansi 
nella  zona  torrida.  L*  maggior  sua  larghezza,  dal  capo  S.  Agostino 
nel  Brasile  al  rapo  Bianco  nel  Perù  è  di  1600  leghe:  la  sua  lun- 
ghezza presa  dalla  punta  Gallianas,  vicina  al  capo  Velia  in  Tetra 
ferma,  al  capo  Froward  in  Patagonia  è  di  i65o  leghe }  ma  sic- 
come le  isole  che  compongono  la  terra  del  Fuoco,  sono  per  così 
dire  aderenti  all'America  ,  così  noi  la  prolungheremo  5o  leghe 
più  al  sud  fino  al  capo  Horn  nella  terra  del  Fuoco. 

Principali  caratteri  fisici. 

Un  altipiano  generalmente  elevato  duemila  tese,  coronalo  di 
catene  e  picchi  isolali,  forma  tutta  la  parte  occidentale  dell'Ame- 
rica meridionale.  A  levante  di  quell'alto  suolo,  un' estensione  due 
o  tre  volte  più  larga  di  piani  paludosi  o  arenosi,  solcati  da  Ire 
immensi  fiumi  reali ,  e  da  gran  numero  di  fiumi  secondai]  •  al 
sud  infine  un'altra  terra  eletala,  meno  alta  ed  estesa  dall'alti- 
piano occidentale,  costituiscono  tutta   la  penisola. 

Tre  fiumi  principali. 

I  maestosi  fiumi  dell'America  meridionale  superano  per  la  lun- 
ghezza del  corso  e  la  larghezza  dell'alveo  tulli  quelli  dell'antico 
continente. 

Primo  V  Amazone  o  fiume  delle  Amazonì. 

II  superbo  fiume  delle  Amazoni  occupa  il  primo  posto  (1)  : 
esso  è  formalo  nelle  Ande  dal  concorso  di  parecchi  confluenti  che 
sono  «ià  fiumi  assai  considerabili. 


b 


(1)  Parecchi  scrittori,  sull'esempio  degli  Spaguuoli,  sostituiscono  al  nome 
d'Amazzone  quello  di  Maranone  di  Orellana.  Si  dice  comunemente  che  il 
primo  Europeo,  il  quale  abbia  riconosciuto  questo  gran  fiume  ,  sia  stato 
Francesco  di  Orellana.  L'incontro  ch'egli  ebbe,  nel  discender  questo  fiume 
di  alcune  donne  armate  dalle  quali  un  Cacico  lo  aveva  avvertito  di  star 
lungi,  fece  sì  che  lo  chiamasse  fiume  delle  Amazonì.  Alcuni  gli  hanno 
dato  il  nome  dello  stesso  Orellana;  ma  prima  di  lui  si  chiamava  Maranone 
o  Maragnone,  dal  nome  di  un  altro  capitano  Spagnuolo;  e  di  fatto  Orel- 
lana nella  relazione  del  suo  viaggio  non  lo  denomina  altrimenti.  Ma  il 
nome  poetico  d' Amazone  è  men  soggetto  a  discussione.  Nell'adottare  peiò 
una  tale  denominazione,  non  è  da  noi  ammessa  la  verità  storica  di  alcune 
relazioni  esagerate,  secondo  le  quali  il  valore  del  suddetto  stuolo  di  fem- 
mine servì  di  fondamento  per  rinnovare  i  racconti  egualmente  esagerati 
de'  Greci  sulla  sussistenza  di  una  nazione  d'Amazoni. 


DALL'AMERICA    MEUIDIOXALE  t) 

L?  Ucayal  e  V  alto  Mar  anone. 

L' Ucayal  è  il  principale,  ma  è  formalo  esso  pure  da  due  al- 
tri fiumi,  l'uno  de' quali  è  l'antico  Maranone  o  Pari,  che  esce 
dal  lago  Chincay,  e  dopo  un  lungo  giro  nelle  Ande  si  congiugne 
all'  Apurimac}  l'altro  viene  dai  contorni  del  lago  di  Titicaca,  ed 
ha  le  sorgenti  nell'Ande.  L' Ucayal  tanto  sotto  quest'ultimo  nome 
che  sotto  quello  di  Apurimac  ,  passa  per  gole  di  montagne  d'assai 
difficile  accesso,  per  solitarie  foreste  e  vasti  deserti ,  ove  il  suo  corso 
fa  pompa  di  pittoresche  bellezze.  L'altro  ramo  principale  del  fiu- 
me delle  Amazioni  è  quello  ch'esce  dal  lago  Lauricocha  ,  lago  vi- 
cinissimo alla  fonte  dell'antico  Maranone  o  lago  Chincay.  Si  dà 
al  fiume  Lauricocha  il  nome  di  nuovo  o  alto  Maranone.  Da  S. 
Gioachimo  d'Omaquas,  l' Ucayal  e  l'alto  Maranone  spingono  i 
loro  flutti  riuniti  per  un  immenso  piano,  ove  i  fiumi  tributar]  re- 
can  loro  l'acqua  da  tulle  le  parli. 
Var)  confluenti. 

11  Napo,  l'Yupura  ,  il  Parana ,  il  Cuchivara,  l'Yuoay,  il  Puruz 
che  altrove  sarebbero  fiumi  assai  considerabili ,  colà  non  sono  che 
fiumi  di  terza  o  quaita  classe.  Il  Rio-Negro  che  viene  di  Terra- 
firma,  e  che  merita  il  nome  di  gran  fiume,  è  inghiottito  nella 
\asta  corrente  dell' Amazone.  Sino  al  confluente  di  Rio-Negro  e 
dell' Amazoue,  i  Portoghesi  chiamano  quest'ultimo  Rio  del  Soli- 
moens ,  o  fiume  de1  Pesci }  e  solo  dopo  quel  punto  prende  il  nome 
di  fiume  delle  Aroazoni.  Il  fiume  Madera  o  delle  legne  è  il  mag- 
giore di  tutti  i  confluenti  dell' Amazone ,  e  può  anzi  diisene  uno 
de' rami  principali.  Anche  i  grandi  fiumi  di  Topayos  e  di  Xingu 
getta nsi  nel  medesimo.  La  foce  peiò  dei  fiume  di  Tocantins  o  di 
Para  deve  essere  riguardata  come  indipendente,  sebbene  sieno 
riuniti  all' Amazone  per  un  canale  di  comunicazione.  La  larghezza 
dell' Amazone  è  varia  da  mezza  lega  ad  un  lega  intera  Dell' infe- 
rior  patte  del  suo  coiso:  la  sua  profondità  supera  cento  braccia} 
ma  dopo  il  confluente  del  Xingu  e  presso  la  foce  è  simile  ad  un 
mare,  e  l'occhio  può  difficilmente  scorgere  le  due  rive  ad  un 
punto. 
Secondo  Rio-de-la- Piata  o  Pavana. 

Il  Rio-dc-la-Plola  o  fiume  d'Argento  tiene  il  secondo  posto: 
osso  è  formato  dal  concorso  di  parecchi  gran  fiumi,  fra  i  quali  il 
Parana  è  liguardalo  come  il  ramo  principale $  anzi  dagP  indigeui 


ÌO  DESCRIZIONE    FISIC4    GENEBALE 

x'ien  chiamato  con  questo  nome  tutto  il  fiume,  mentre  quello  dì 
Piata  gli  fu  imposto  dagli  Spagtiuoli.  Il  Paratia  viene  dai  contorni 
di  Villadel-Carmen  ,  al  nord  di  Rio-Janeiro,  e  gonfiato  da  una 
moltitudine  d'altri  fiumi  scorre  per  un  montuoso  paese.  Ciò  che 
chiamasi  la  gran  cateratta  della  Parana  ,  non  lungi  della  città  di 
Guayra  è  un  lungo  tratto  ove  il  fiume  per  lo  spazio  di  dodici 
leghe,  si  spinge  in  mezzo  a  rupi  perpendicolari  spaccate  con  ispa- 
ventevoli  fenditure. 
Il  Paraguay. 

Il  Parana  giunto  nelle  grandi  pianure,  riceve  dal  nord  il  Pa- 
raguay fiume  considerabilissimo,  che  prende  la  sorgente  nell'al- 
tipiano detto  Carnpot  Paresis,  e  che  nella  stagione  piovosa  forma 
col  suo  straripare  il  gran  lago  di  Xarayes,  che  non  ha  per  con- 
seguenza che  una  temporanea  sussistenza.  Il  Paraguay  prima  di 
gettarsi  nel  Parana  riceve  il  Pilcomayo,  gran  fiume  che  viene  dai 
contorni  del  Potosi,  e  che  serve  alla  navigazione  interna  ed  al 
trasporto  de'minerali.  Nel  fiume  della  Piata  metton  foce  anche  il 
Vermejo  ed  il  Salado  dal  lato  delle  Ande,  e  l'Uraguay  da  quello 
del  Brasile.  Il  suo  corso  maestoso  è  eguale  in  larghezza  a  quello 
delle  Amazoni ,  e  l'immensa  sua  foce  può  anzi  venir  considerata 
come  un  golfo,  giacché  è  poco  inferiore  alla  Manica  in  larghezza. 
Terzo.  ISOrenoco. 

L'Orenoco  è  il  terzo  gran  fiume  dell'America  meridionale, 
ma  è  ben  lontano  dal  pareggiare  gli  altri  due.  Secondo  La-Cruz 
d'Olmedilla,  prende  origine  dal  picciol  Iago  d'Ypava,  entra  nel 
lago  Parima ,  uscito  da  questo  riceve  il  Gujavari  e  molti  altri 
fiumi  ed  entra  nell'Oceano  a  traverso  un  largo  delta,  dopo  un 
corso  di  2,70  o  tutt' al  più  3oo  leghe.  La  corrente  formata  dal- 
l' Orenoco,  fra  il  continente  dell'America  meridionale  e  l'isola 
della  Trinità ,  è  di  tal  forza  che  le  nevi  spinte  da  un  vento  fresco 
di  ponente  possono  appena  risalirlo. 
Golfo  Tristo ,  Bocca  del  Drago ,  cateratte. 

Quel  sito  solitario  e  temuto  chiamasi  il  golfo  Tristo.  La  Bocca 
del  Drago  ne  forma  l'ingresso.  Colà  di  mezzo  ai  flutti  furibondi 
sorgono  enormi  rupi  isolate.  L'Orenoco  ha  molte  cateratte,  tra 
le  quali  De-Humboldt  distinse  quelle  di  Maypures  e  d'Astures: 
l' una  e  l  altra  poco  elevate  devono  la  loro  sussistenza  ad  un  ar- 
cipelago d'isolelte  e   di  rupi.  Que'siti,  o  randals   come  li  cliia- 


dell'  AMERICA  MERIDIONALE  I  I 

mano  gli  Spagnuoli,  offrono  aspetti  assai  pittoreschi.  Le  comuni- 
cazioni che  sussistono  fra  l' Orenoco  e  l'Amazone  sono  uno  de' fe- 
nomeni più  maravigliosi  della  geografia  fisica.  De-Humboldt  ha 
navigato  su  que' fiumi,  ed  ha  esaminato  quella  singolare  disposi- 
zione del  terreno.  È  cosa  certa  che  1'  Oreooco  ed  il  Rio  Negro 
vanno  errando  su  d'un  altipiano  ,  che  in  quella  parte  non  ha 
alcuna  determinata  declività. 

Marno  di  Casiquiara. 

Si  presenta  una  valle,  e  vi  si  precipitano  e  riunisconsi  le  ac- 
que de' due  fiumi  \  ed  ecco  il  famoso  ramo  di  Casiquiara  col  mezzo 
del  quale  De-Humboldt  e  Bonpland  passarono  da  Rio-Negro  nel- 
l' Orenoco. 

Laghi. 

Questa  parte  d'America  contiene  altresì  molti  fiumi  senza 
sbocco.  Tale  è  il  lago  Titiaca,  che  mette  a  dir  vero  nel  lago  detto 
das  Aullagas}  ma  né  l'uno  né  l'altro  di  que' laghi  va  al  mare. 
Nel  Tucuman  ed  al  sud-ouest  di  Buenos  Ayres  un'immensa  pia- 
nura perfettamente  orizzontale  è  solcata  da  acque  correnti  ,  o  da 
concatenamenti  di  piccioli  laghi  ohe  perdonsi  nelle  sabbie  od  im- 
paludano. Tali  sono  i  caratteri  principali  dell'idrografia  dell'  Ame- 
ca  meridionale.  Passiamo  ora  alla  descrizione  delle  montagne  che 
sono  uno  degli  oggetti  di  maggior  importanza  per  la  cognizione 
della  geografia  naturale  di  questo  paese,  e  che  per  la  loro  eleva- 
tezza ed  estensione  sono  le  più  maestose  del  mondo. 
Monti.  Le  Ande.  Loro  direzione. 
Le  Ande  che  traggono  il  nome  dal  vocabolo  Peruviano  Anti, 
che  significa  rame,  nome  dato  primitivamente  ad  una  catena  vi- 
cina a  Cusco  formano  come  un  lungo  baluardo  diretto  dal  nord 
al  sud  ,  con  catene  (i)  di  montagne  sovrapposte  talora  nella 
direzione  della  grande  catena,  talora  in  una  direzione  trasversale 
ed  obliqua,  formante  valli  o  stendentesi  in  altipiani.  Quest'ele- 
vato terreno  segue  le  coste  dell'Oceano  Pacifico  a  traverso  il  Chili 
ed  il  Perù*,  ben  di  rado  se  ne  allontana  più  di  dieci  o  dodici  leghe. 

Presso  Quito  ,   sotto    l'equatore    trovausi  le  più  alte  sommità   di 

(i)  La  parola  Spagnuola  cordilièra  significa  catena.  Impropriamente 
dunque  s'impiega  il  nome  di  cordigliere  per  significare  esclusivamente 
la  catena  delle  Ande. 


12  DESCRIZIONE    FISICA    GENERALE 

quella  catena,  che  sodo  nel  tempo  stesso  le  più  alte  montagne  che 
siensi  ancora  misurate  sul  globo  terrestre.  A  Papeyan  la  gran  diga 
o  terra  alta  termina  e  dividesi  in  più  catene  ,  due  delle  quali 
sono  le  più  osservabili.  Una  estremamente  bassa  va  verso  l'istmo, 
di  cui  forma  il  rialzo:  l'altra  s'accosta  al  mare  de'  Caribi  ,  ne 
segue  le  coste  ,  e  sembra  anzi  continuare  fino  nell'  isola  della 
Trinità,  per  un  anello  sottacqueo.  Noi  nel  dare  una  descrizione 
di  questo  vasto  sistema  di  montagne  seguiremo  Malte-Brun,  i  viag- 
gi di  De-Humboldt,  di  la  Gondamine,  di  Bouguer  e  d' Ilelma. 

Catena  di  Caracas. 

La  catena  che  orla  le  coste  settentrionali  della  Terraferma  ha, 
generalmente  parlando,  da  sei  ad  ottocento  tese  al  di  sopra  del 
mare.  Le  pianure  che  stendonsi  alla  base  sono  elevale  da  ioo  a 
260  tese,*  ma  sonovi  punte  isolate  che  s'ergono  a  grandissima 
altezza.  La  Sierra-Nevada  de  Merida  giugne  a  235o  tese ,  ed  il 
Siila  di  Caracas  a  2816  (1).  Stanno  eterne  le  navi  su  quelle  ci- 
me, e  n'escono  talvolta  torrenti  di  bollenti  materie,  ne  sono  rari 
i  tremuoti.  Havvi  nel  Siila  di  Caracas  un  precipizio  spaventevole 
di  più  di  i3oo  tese. 

Catena  deW  istmo. 

La  catena  granitosa  che  si  dirige  e  traversa  l'istmo  di  Pana- 
ma ,  ma  che  merita  appena  il  nome  di  catena  ,  non  è  alta  che 
dalle  5o  alle  i5o  tese,  e  sembra  anche  essere  interrotta  del  tutto 
fra  le  sorgenti  di  Rio-Atralo  e  di  RioSan-Juan. 

Cordigliere  della  Nuova-Granata. 

Nel  regno  della  Nuova-Granata  dai  2  3o'fino  a  5  i5'  di  la- 
titudine boreale  la  Cordigliera  delle  Ande  è  divisa  io  tre  catene 
paralelle.  La  catena  orientale  separa  la  valle  del  fiume  della 
Maddalena  dalle  pianure  di  Rio-Meto.  Le  sue  più  alte  cime  sono 
il  Paramo  della  Summapax  ,  quella  di  Cingasa  ed  i  Cerro's  di 
ban-Fernando  e  di  Tuquillo:  nessuna  però  ffiu£ne  fino  alla  regione 

111"  »  O        o  o 

delle  nevi  eterne:  la  loro  altezza  media  è  di  2000  tese,  e  quindi 
280  tese  maggiore  della  più  alta  montagna  de' Pirenei.  La  catena 
centrale  divide  le  acque  fra  il  bacino  del  fiume  della  Maddalena 
e  quello  di  Rio  Cauca  ,  e  giunge  bene  spesso  alla  regione  delle 
«evi  perpetue:,  l' oltrepassa  poi  di  molto   coi  vortici   colossali  del 

1)  L'Atlante  di  De-Humboldt.  Tav.  68  ,  pag.   298. 


dell'america  meridionale  i3 

Guanacas,  del  Buragan  e  del  Quindin,  che  sono  tutti  a  a5oo  e 
2800  tese  oltre  il  livello  dell'Oceano.  La  catena  occidentale 
dell'Ande  separa  la  valle  di  Cauca  dalla  provincia  di  Choco  e 
dalle  coste  del  mare  del  sud  :  la  sua  elevazione  è  appena  di  760 
tese  (1).  Queste  tre  catene  di  montagne,  separate  da  grandi  e 
profonde  valli  ,  da  bacini  di  grandi  fiumi,  confondonsi  di  bel 
nuovo  verso  il  nord  sotto  il  paralello  di  Menzo  e  d'Anlioquia, 
tra  il  6  ed  il  y  di  latitudine  boreale,  e  formano  altresì  un  solo 
gruppo ,  una  sola  massa  al  sud  di  Popoyao  ,  nella  provincia  di 
Pasto. 
Passaggio  delle  Ande. 

I  passi,  pei  quali  si  traversano  queste  catene,  meritano  la  no- 
stra attenzione.  I  signori  Bouguer  e  De-Humboldt  ce  ne  danno 
un'idea.  La  città  di  Santa-Fè  di  Bogota,  capitale  del  regno  della 
Nuova-Granata  è  posta  a  ponente  del  Paramo  di  Chingaza,  su 
di  un  altipiano  di  135^  tese  d'altezza  assoluta,  e  che  si  prolun- 
ga sulla  Cordigliera  orientale.  Per  giugnere  da  quella  città  a  Pa- 
payau,  ed  in  riva  al  Cauca,  convien  discendere  la  catena  orien- 
tale, traversare  la  valle  della  Maddalena,  e  passare  la  catena  cen- 
trale. Il  passo  più  frequentato  è  quello  del  Paramo  di  Guanacas 
descritto  da  Bouguer  allorché  ritornò  da  Quito  a  Cartagena  delle 
Indie.  De-Humboldt  preferì  il  passaggio  della  montagna  di  Quin- 
diu  o  Quindio  fra  le  città  d' Ibagua  o  di  Carthago,  ed  è  il  più 
difficile  di  tutta  la  Cordigliera  dell'Ande.  Conviene  imboscarsi  in 
una  densa  foresta  ,  che  nella  più  bella  stagione  non  si  traversa 
che  in  dieci  o  dodici  giorni,  e  dove  non  tiovasi  una  sola  capan- 
na ,  uè  alcun  mezzo  di  sussistenza:  il  sentiero,  per  il  quale  si 
passa  la  Cordigliera,  il  più  sovente  ridotto  alla  larghezza  di  un 
piede  o  due,  rassomiglia  in  gran  parte  ad  una  galleria  scavata  a 
cielo  aperto.  In  quella  parte  dell'Ande,  come  quasi  in  tutto  il 
rimanente,  il  sasso  è  coperto  d'una  spessa  crosta  d'argilla.  I  fili 
d'acqua  che  scendono  dal  monte  vi  si  scavarono  un  canale.  Va- 
cilla e  trema  il  passo  quando  si  va  in  mezzo  a  quelle  fenditure, 
piene  di  fango;  e  la  cui  oscurità  è  aumentata  dalla  folta  vegeta- 
zione che  ne  ingombra  l'apertura. 

La  Tavola  num.  1   presenta  un  luogo  assai  pittoresco  che  Irò- 

(1)  De-Humboldt ,  Vues  es  Monumens. 


l/j  DESCRIZIONE    FlSICi    GENERALE. 

vasi  all'ingresso  della  detta  montagna  di  Quindiu,  nelle  vicinan- 
ze d'Ibague,  in  un  posto  chiamato  il  piede  della  Cuesta.  Il  cono 
tronco  di  Tolima  ,  coperto  di  nevi  perpetue  ,  la  cui  forma  nou 
differisce  gran  fatto  da  quella  del  Cotopaxi  e  del  Cayambe,  sem- 
bra sovrastare  ad  una  massa  di  roccie  granitose.  Il  picciol  fiume 
di  Combeima  ,  che  frammischia  le  sue  acque  a  quelle  di  Rio- 
Guello  ,  va  serpeggiando  in  una  angusta  valle,  e  s'apre  il  passo 
a  traverso  di  un  boschetto  di  palme.  Scorgonsi  sul  fondo  una 
parte  della  città  d'Ibague,  la  gran  valle  del  fiume  della  Mad- 
dalena, e  la  catena  orientale  dell'Ande.  Sul  davanti  vedesi  una 
truppa  di  Gargueros  (i)  che  entrano  nelle  montagne  :  vi  si 
scorge  la  maniera  particolare  ,  colla  quale  la  seggiola  ,  costrutta 
di  legno  di  bambù,  è  legata  sulle  spalle,  e  tenuta  in  equilibrio 
da  un  frontale  simile  a  quello  che  si  mette  ai  cavalli  ed  ai  buoi. 
Il  viluppo  portato  dal  terzo  Garguero  è  il  tetto,  ossia  la  casa  mo- 
bile, della  quale  si  serve  il  viaggiatore  traversando  le  foreste  di 
Quindin.  Allorché  si  giugne  a  Ibague,  e  che  vi  si  fanno  i  prepa- 
rativi pel  viaggio ,  si  fan  tagliare  nelle  montagne    vicine    molle 

(i)  Le  persone  ,  che  non  sono  accostumate  andare  a  piedi  per  si  in- 
comode strade ,  si  fanno  portare  dagli  uomini  che  hanno  una  seggiola  le- 
gata sul  dorso  ;  poiché  nello  stato  attuale  del  passaggio  del  Quindiu ,  sa- 
rebbe impossibile  P  andare  sui  muli.  Si  suol  dire  in  questo  paese ,  andar 
en  garguero  ,  come  si  dice  andar  a  cavallo.  Gli  uomini  detti  Gargueros 
non  sono  Indiani  ,  ma  meticci,  e  qualche  volta  anche  Bianchi.  Reca  spesse 
volte  sorpresa  P  udire  questi  uomini  nudi  ad  una  professione  sì  vile  ai 
nostri  occhi ,  quistionare  fra  loro  in  mezzo  di  una  foresta ,  porche  P  uno 
non  diede  all'  altro  ,  che  pretende  avere  la  pelle  più  bianca ,  i  titoli  fa- 
stosi di  Don  o  di  Su  Merced.  I  Gargueros  portano  comunemente  da 
sei  a  sttte  arrobas  (75  a  68  chilogrammi  );  se  ne  trovano  altresì  alcuni 
tanto  robusti  che  portano  fino  a  nove  arrobas.  Quando  si  riflette  all'enorme 
fatica,  alla  quale  questi  infelici  sono  esposti,  camminando  otto  a  nove  ore 
del  giorno,  in  un  paese  montuoso;  quando  si  sa  ch'essi  hanno  qualche 
volta  il  dorso  ammaccato  come  le  bestie  da  soma,  e  che  i  viaggiatori  hanno 
spesso  la  crudeltà  di  abbandonarli  nella  foresta ,  allorché  si  ammalano  5 
quando  si  riflette  ch'essi  non  guadagnano,  in  un  viaggio  da  Ibague  a 
Carthago,  che  12  o  4  piastre  (60  a  70  fr.  ),  nello  spazio  di  i5,  ed  al- 
cune volte  di  25  o  5o  giorni,  si  dura  fatica  a  credere  come  un  mestiere 
sì  penoso  possa  essere  intrapreso  volontariamente  da  tutta  la  gioventù 
robusta  che  vive  ai  piedi  di  queste  montagne. 


dell'america  meridionale  i5 

cenlinaja  dì  foglie  di  vijao,  pianta  della  famiglia  dei  bananieri. 
Queste  foglie  membranose  e  lustre  come  quelle  della  musa  sono 
di  forma  ovale,  lurjghe  venti  pollici  e  larghe  quattordici:  la  loro 
superficie  inferiore  di  un  bianco  argentino  è  coperta  di  una  ma- 
teria farinacciola  ,  che  si  stacca  a  scaglie.  Questa  vernice  partico- 
lare le  rende  atte  a  resistere  lungamente  alla  pioggia.  Nel  racco- 
glierle, si  fa  un  taglio  al  gambo,  e  questo  taglio  serve  d'uncino 
per  sospenderle  allorché  si  vuol  formare  il  tetto  mobile}  in  seguito 
si  stendono  e  si  rotolano  in  un  pacco  cilindrico.  E  necessario  un 
peso  di  5o  a  60  chilogrammi  di  foglie  per  coprire  una  capanna 
in  cui  stanno  dalle  cinque  alle  otto  persone.  Quando  nel  mezzo 
delle  foreste  si  giunge  in  un  luogo  ove  il  suolo  è  secco,  e  dove 
si  vuol  passare  la  notte,  i  Gargueros  tagliano  alcuni  rami  d'al- 
bero cui  dispongono  in  forma  di  tenda.  Quest'armadura  leggiera 
è  in  pochi  minuti  divisa  in  quadrati  posti  parallelamente  in  di- 
stanza di  tre  a  quattro  decimetri  gli  uni  degli  altri.  Intanto  si 
svolge  il  pacco  di  foglie  di  vijao ,  e  molti  si  occupano  nell'or- 
dinarie sulla  graticciata,  e  questa  capanna  rimane  perfettamente 
coperta,  come  se  lo  fosse  dalle  tegole.  Noi,  dice  De-Humboldt, 
abbiamo  passati  molti  giorni  nella  valle  di  Boquia  sotto  una  di 
queste  tende  di  foglie,  senza  essere  bagnati,  benché  la  pioggia 
fosse  dirottissima  e  quasi  continua. 
/  Quebradà?  s. 

I  Quebradà'  s  sono  su  di  una  proporzione  assai  più  grande  : 
consistono  in  ispaccature  immense  che,  dividendo  la  massa  dell'An- 
de, producono  una  soluzione  di  continuità  nella  catena  che  tra- 
versano. Monti,  per  esempio,  simili  al  Puy-de-Dome  sarebbero 
inghiottiti  nella  profondità  di  quegl' immensi  burroni  che  isolano 
le  diverse  regioni  dell' Ande,  a  guisa  di  penisole  in  mezzo  ad  un 
oceano  aereo.  Nelle  Quebradà' s  l'occhio  del  viaggiatore  sbigottito 
si  forma  una  più  giusta  idea  della  gigantesca  grandezza  delle 
Cordigliere.  A  traverso  quelle  porte  naturali  i  grandi  fiumi  scen- 
dono all'Oceano. 
Cordigliero,  di  Quito. 

Avanzando  da  Popayan  verso  il  sud  vedonsi  sull'arido  piano 
della  provincia  di  los  Pastos  i  tre  anelli  dell'Ande  confondersi  in 
un  solo  gruppo  che  si  prolunga  assai  al  di  là  dell'equatore.  Que- 
sto gruppo  nel  regno  di  Quito  presenta  un  aspetto  particolare  dal 


l6  DESCRIZIONE    FISICA     GENEKALE 

fiume  di  Chota  che  serpeggia  per  montagne  di  roccia  basaltica, 
fino  al  Parano  dell' Ossuay  sul  quale  si  osservano  memorabili 
avanzi  dell'architettura  Peruviana.  Le  sommità  più  elevale  sono 
distribuite  in  due  file,  che  formano  come  una  doppia  cresta  delle 
Cordigliere.  Que' vertici  colossali,  e  coperti  di  eterno  diaccio, 
servirono  di  segnali  nelle  operazioni  degli  accademici  Francesi, 
allorché  misurarono  il  grado  equatoriale.  La  disposizione  loro  sim- 
metrica in  due  linee  che  vanno  dal  nord  al  sud  li  ha  fatti  con- 
siderare da  Bouguer  come  due  catene  di  montagne  se  parate  da 
una  valle  longitudinale}  ma  ciò  che  quel  celebre  astronomo  chia- 
ma fondo  di  una  valle  non  è  che  la  schiena  dell'Ande,  e  un 
altipiano,  la  cui  altezza  assoluta  è  da  2700  a  2900  metri.  Su 
questi  altipiani  trovasi  concentrata  la  popolazione  di  quel  paese 
maraviglioso  :  ivi  stanno  città  di  trenta  e  cinquanta  mila  abita- 
tori. 
Aspetto  delle  alte  sommità. 

Osservando  il  dosso  delle  Cordigliere  come  una  vasta  pianura 
circoscritta  da  montagne  lontane,  l'occhio  s'accostuma  a  consi- 
derare le  ineguaglianze  della  loro  cresta,  come  tanti  vertici  isolati. 
Il  Pichincha  ,  il  Cajamba,  il  Cotupaxi  ,  tutti  questi  picchi  vulca- 
nici, cui  si  danno  nomi  particolari,  sebbene  a  più  della  metà 
dell'altezza  loro  totale  non  costituiscano  che  una  sola  massa,  ap- 
pajono  agli  abitatori  di  Quito  altrettante  montagne  distinte  che 
sorgono  da  un  piano  sgombro  di  boschi.  Quest'illusione  è  tanto 
più  grande  io  quanto  che  le  dentellature  della  doppia  cresta  delle 
Cordigliere  giungono  fino  al  livello  delle  alte  pianure  abitate. 
Quindi  è  che  le  Ande  non  presentano  l'aspetto  di  una  catena 
che  vedute  da  lungi  dalle  coste  del  grande  Oceano,  o  dalle  sa- 
vane che  stendonsi  fino  alle  radici  dell'orientale  loro  pendio. 
Elevazione  delle  Ande  di  Quito  e  loro  struttura  geologica. 

Le  Ande  di  Quito  formano  la  parte  più  elevata  di  tutto  il 
sistema}  particolarmente  fra  l'equatore  ed  il  primo  grado  e  1^5 
minuti  di  latitudine  australe.  Solo  in  questo  picciolo  spazio  del 
globo  si  misurano  esattamente  montagne  che  sorpassano  l'al- 
tezza di  3ooo  tese.  E  non  ve  n'ha  di  fatto  che  tre  :  il  Cimbo- 
rasso,  il  Cayambé  e  l' Anlisana.  La  struttura  geologica  di  questa 
parte  delle  Ande  non  differisce  essenzialmente  da  quella  delle 
grandi  catene  d'Europa. 


DELL  AMERICA    MEBIDI0.\ALE  IJ 

Vulcani. 

1  vulcani  si  fecero  strada  a  traverso  quelle  immense  masse,  e 
ne  copersero  i  fianchi  di  pietre  ossidiane  e  d' amigdaloidi  porose. 
I  più  bassi  vulcani  vomitano  talora  lave,  ma  quelli  della  Coni- 
gliera propriamente  detta  non  lanciano  die  acqua,  sassi  scorifor- 
mi,  e  più  di  tulio  argilla  mista  di  solfo  e  carbonio. 
Cordigliero,  del  Perù. 

Penetrando  nel  Perù  veggonsi  le  catene  delle  Ande  moltipli- 
carsi, stendersi  in  larghezza ,  e  perdere  nel  tempo  stesso  la  loro 
elevazione.  Il  Cimborasso  come  il  Monbianco  forma  l'estremità  di 
un  gruppo  colossale.  Dal  Cimborasso  fino  a  centoventi  leghe  al 
sud,  nessuna  cima  è  coperta  di  neve  perpetua.  La  sommità  del- 
l'Ande  non  ha  che  dai  3ioo  ai  35oo  metri,  cioè  da  1600  a 
1700  tese  di  elevazione.  Dall'ottavo  grado  di  latitudine  australe, 
e  dalla  provincia  di  Guamachuco,  le  sommità  coperte  di  neve  si 
fanno  più  spesse  specialmente  verso  Cuzco  e  la  Paz  ,  ove  sorgono 
i  picchi  d'Ilimani  e  di  Cururana.  Da  per  lutto  in  quella  regione 
le  Ande  propriamente  dette  sono  fiancheggiate  a  levante  da  parec- 
chie catene  inferiori.  I  Missionarj  che  ne  percorsero  alcune,  ce  le 
presentano  come  coperte  di  grandi  alberi  e  di  verdi  praterie,  e 
per  conseguenza  come  considerabilmenle  inferiori  alla  Cordigliera 
propriamente  dptta. 
Cordigliera  del  Chili. 

Sembra  che  le  Ande  del  Chili  non  la  cedano  in  altezza  a 
quelle  del  Perù,  ma  la  loro  natura  è  meno  conosciuta.  Pare  che 
i  vulcani  vi  sieno  ancor  più  frequenti.  Le  catene  laterali  scompa- 
gno, e  pare  ben  anche  che  la  Cordigliera  medesima  non  presenti 
che  una  sola  sommità.  Più  al  sud  nel  Nuovo-Chili ,  la  Cordigliera 
si  accosta  talmente  all'Oceano,  che  le  scoscese  isolette  dell'  Ar- 
cipelago degli  HuDyateca  possono  venire  considerate  qual  fram- 
mento staccato  dalla  catena  dell'Ande.  Sono  altrettanti  Cimborassi 
e  Coiopaxi,  ma  immersi  per  due  terzi  negli  abissi  dell'Oceano.  Sul 
continente  il  cono  bianco  di  neve  di  Cuptana  s'innalza  a  circa 
2900  metri,  i5oo  tese  }  ma  più  al  sud  verso  il  capo  Pilar,  le 
montagne  granitose  si  abbassano  fino  a  4°°  metri,  200  tese,  ed 
anche  a  minor  bassezza. 
Miniere,  fossili. 

Le  ricchezze  metalliche  della  catena  dell'Ande  superano  forse 

Cosi.  Voi.  Ili  delV  America.  2 


l8  DESCRIZIONE    FISICA    GENERALE 

quelle  della  Cordigliera  Messicana}  ma  le  miniere  fino  ad  ora 
scoperte  ,    poste  ad  una   maggior  altezza  nella   regione  delle  nevi 

lungi  dai  boschi  e  dai  paesi  coltivati  non  producono  un  sì  gran 
frutto.  Queste  montagne  poi  abbondanti  di  roccie  calcane  offrono 
pochissime  petrificazioni }  le  belenniti  e  le  ammoniti,  sì  comuni 
in  Europa,  sembrano  ivi  sconosciute.  Nella  catena  delle  coste  di 
Caracas  ,  De-Humboldt  trovò  una  grande  quantità  di  conchiglie 
pietrificate,  che  rassomigliano  a  quelle  del  mar  vicino.  Sussistono 
pure  conchiglie  pietrificate  a  Micuipampa  e  a  Huancavelica  a  due 
mila  e  dugento  tese  d'  elevazione.  Altri  monumenti  di  un  antico 
mondo  moslransi  ad  un  livello  inferiore.  Presso  a  Santa-Fè  tro- 
vasi nel  Campo-de-Giguanle,  a  i3^o  tese  d' altezza,  un'immensità 
d'ossa  fossili  d'  elefante  ,  tanto  della  spezie  d'  Africa  che  della 
spezie  carnivora  scoperta  presso  l'Ohio.  Se  ne  rinvennero  al  sud 
di  Quito  e  nel  Chili,  di  modo  che  può  provarsi  la  sussistenza  e 
la  distruzione  di  quegli  elefanti  giganteschi  dall'Ohio  fiuo  ai  Pa- 
tagoni. 

Climi. 

La  temperatura,  determinata  sì  dal  livello  che  dalla  latitudi- 
ne, offre  quivi  contrapposti  simili  a  quelli  che  abbiamo  osservati 
nel  Messico, 

Tre  zone. 

Le  tre  zone  di  temperatura  che  provengono  in  America  dal- 
l' enorme  differenza  di  livello  fra  i  diversi  terreni,  non  potrebbero 
ifi  modo  alcuno  paragonarsi  alle  zone  prodotte  da  una  differeza 
di  latitudine.  La  piacevole  e  salutare  varietà  delle  stagioni  manca 
alle  regioni  che  qui  distinguonsi  sotto  le  denominazioni  à\  Jred- 
da,  temperata  e  calda.  L'estate,  la  primavera  e  l'inverno  stanno 
colà  seduti  sopra  tre  troni  diversi  che  non  abbandonano  mai,  e 
che  rimangono  costantemente  circondati  dagli  attributi  della  loro 
possanza. 

Vegetazione. 

La  vegetazione  presenta  un  maggior  numero  di  scale,  di  cui 
conviene  segnare   le  principali. 

Regione  delle  palme. 

Dai  lidi  dell'Oceano  sino  all'altezza  di  mille  metri  (5i3  tese) 
vegetano  le  magnifiche  palme,  le  musa,  le  heliconia,  le  theo- 
pkrasta,  le  gigliacte  più  odorifere,  il  balsamo  di  Tolu  e  la  chi- 


DE)  L'AMERICA    MERIDIONALE  ig 

Machina  eli  Garony.  Il  gelsomino  dal  fiore  largo,  e  la  datura  in 
albero,  esalano  la  sera  i  soavi  loro  profumi  ne' contorni  di  Lima. 
Sull'aride  rive  dell'Oceano  all'ombra  del  cocco  nutronsi  i  man- 
glieri ,  i  cactus  e  varie  piante  saline,  fra  l'altre  il  sesuvium  por- 
tulacastrum  (i).  Una  sola  palma  il  ceroxylon  andicola  si  separa 
dal  resto  della  famiglia  ed  abita  la  alture  delle  Cordigliere  da 
900  fino  a  1460  tese  d"1  altezza. 
Regione  della  chinachina. 

Inferiormente  alla  regione  delle  palme,  comincia  quella  delle 
felci  arborescenti,  e  del  chinchona  o  chinachina.  La  sostanza 
febbrifuga  che  rende  sì  preziosa  la  corteccia  della  chinachina,  si 
trova  in  parecchi  alberi  di  spezie  diversa,  alcuni  de' quali  cre- 
scono ad  un  bassissimo  livello  fino  in  riva  al  mare.  Ma  il  vero 
chinchona  che  non  alligna  al  di  sotto  di  353  tese  non  potè  ol- 
trepassare l'istmo  di  Panama.  Nella  regione  temperata  dei  chin- 
chona crescono  alcune  piante  gigliacee  per  esempio  i  melostama 
a  grandi  fiori  violetti,  le  passiflore  in  alberi,  alle  come  le  quer- 
cie  del  nord  ,  e  l' alstraemeria  di  rara  bellezza. 
Regione  delle  erbette  e  delle  guercie. 

Là  sorgono  maestosamente  i  macrocnemum,  i  lysanthus  e  le 
diverse  cucullari.  All'altezza  di  i334,  e  più  ancora  di  r539  te- 
se, l'acae/za,  il  dichondra ,  gli  hydrocotyli,  il  nerteria  e 
Valchemilla  formano  uno  strato  d'erbetta  assai  follo  e  verdeg- 
giante. Le  quercie  non  cominciano  nelle  regioni  equatoriali  che 
più  su  di  1700  metri  (872  tese).  Questi  sono  i  soli  alberi  che 
sotto  l'equatore  presentino  qualche  volta  lo  spettacolo  della  natura 
che  si  desta  al  giunger  della  primavera.  Nella  regione  equatoriale 
i  grandi  alberi ,  quelli  il  cui  tronco  eccede  le  100  i5  lese,  non 
allignano  più  su  del  livello  di  2700  metri  (i385  tese).  Pai  li- 
vello della  città  di  Quito  in  poi  gli  alberi  sono  meno  grandi,  e 
la  loro  altezza  non  è  paragonabile  a  quella  a  cui  giungono  la 
specie  medesima  nei  climi  i  più  temperati. 
Regioni  degli   arbusti. 

A  35oo  metri  (1796  tese)  di  altezza  cessa  quisi  ogni  vege- 
tazione arborea  \  ma  a  tele  elevazione  divengono  altreltaulo  più 
comuni  gli  arbusti.  Questa  è  la  regione  de'berberis  ,  de' duranta 

(0  A.  De  Humboldt,  Tableau  (ics  règi  un  s  équatoriales  ,  pag.  59. 


20  DESCRIZIONE    FISICA    GENERALE 

e  delle  barnadesie.  Queste  piante  contraddistinguono  la  vegeta- 
zione degli  altipiani  di  Pasto  e  di  Quito ,  come  quello  di  Santa- 
Fé  è  contraddistinta  dalla  polymnia  e  dalle  dature  in  albero. 
Più  su  in  cima  alla  Cordigliera ,  dalle  i44°  a"e  1700  tese  d'al- 
tezza ,  trovasi  la  regione  delle  wintere  e  delle  escallonie. 

Vegetazione  de'  Paramos. 

Il  clima  freddo,  ma  costantemente  umido,  di  quelle  eminenze, 
chiamate  Paramos  d.igl'  indigeni,  produce  arboscelli,  il  cui  tronco, 
corto  e  carbonizzato,  dividesi  in  un'infinità  di  rami,  coperti  di 
foglie  dure  e  di  uu   verde  lucido. 

Piante  alpine. 

Una  larga  zana  dalle  io5o  alle  2100  tese  ci  presenta  la  re- 
gione delle  piante  alpine,  ed  è  quella  delle  sthaehelina,  delle 
genziane  e  dell' espeletiafrailexon,  le  cui  foglie  vellose  servono 
sovente  di  ricovero  ai  miseri  Indiani  sorpresi  dalla  notte  in  quelle 
regioni. 

Gramigne. 

All'altezza  di  2100  tese,  le  piante  alpine  cedono  il  luogo 
alle  gramigne,  la  cui  regione  si  stende  dalle  trecento  alle  quat- 
trocento tese  più  in  alto.  Le  j arava,  le  stipa,  una  quantità  di 
nuove  spezie  di  panicum,  d'agrostis,  d'avena  e  di  dactylis 
vi  coprono  il  terreno,  che  presenta  da  lunge  un  tappeto  color 
d'oro,  cui  gli  abitatori  chiamano  Pajonal.  La  neve  cade  a  quando 
a  quando  su  quella  regione  delle  gramigne.  Ma  a  4600  metri 
(236o  tese)  scompajono  interamente  le  piante  fanerogame.  Da 
quel  limite  fino  alla  neve  perpetua  le  sole  piante  licheniche  co- 
prono le  rupi. 

Piante  coltivate. 

Le  piante  coltivate  hanno  zone  meno  ristrette  e  meno  rigoro- 
samente limitate.  Nella  regione  delle  palme  gli  indigeni  coltivano 
il  banano,  il  jalrofa,  il  mais  ed  il  cacao.  Gli  Europei  vi  intro- 
dussero la    coltivazione    dello    zucchero  e  dell'indaco.  Il  caffè    ed 

il  cotone   estendonsi  a    traverso  l' una  e  l'altra  regione.  La  colli- 

o 

vazione  delle  biade  comincia  a  5oo  tese }  ma  non  è  rassicurata 
che  25o  tese  più  in  alto.  Il  formento  cresce  più  vigoroso  dalle 
800  alle  1000  tese  d'elevazione.  La  regione  compresa  fra  le  820 
e  0,60  tese  è  pur  quella  ove  abbonda  il  cocca  o  l' crythroxilium 
Peruvianum ,  alcune  foglie  del  quale,  miste  a  calce  caustica,  nu- 


DELL    AMERICA    MERIDIONALE  2  1 

Irono  l'Indiano  del  Peiù  nelle  sue  più  lunghe  gite  nelle  Cordi- 
gliere. Dalle  iooo  alle  i5oo  tese  regna  principalmente  la  colti- 
vazione dei  diversi  grani  d'Europa  e  del  chenopodium  quinoa , 
coltivazione  favorita  sui  grandi  altipiani  che  trovatisi  sulla  Gordi- 
gliera  dell' ande,  ed  il  cui  terreno  eguale  e  facile  ad  ararsi  ras- 
somiglia al  fondo  d'antichi  laghi.  A  1600  tese  o  1700  d' altez7a 
la  brina  e  la  grandine  fanno  sovente  andare  a  male  i  ricolti  di 
biade.  Il  mais  non  è  quasi  più  coltivato  al  di  là  delle  1200  lese: 
3oo  tese  più  alto  trovasi  il  pomo  di  terra,  la  cui  cultura  cessa  a 
2100  tese.  Verso  le  1700  tese  il  formento  più  non  regge  ^  né  vi 
si  semina  che  l'orzo.  Al  di  sopra  delle  1840  tese  cessa  ogni  col- 
tivazione. Gli  uomini  vivono  colà  in  mezzo  a  numerose  gregge  di 
pecore,  di  lama  e  di  buoi. 

Regno  animale. 

Neil' esaminare  le  varie  spezie  degli  animali  che  popolano  le 
vaste  regioni  dell'America  meridionale,  noi  seguiremo  tuttavia  il 
De-Humboldt  ,  che  distribuì  il  regno  animale,  secondo  l'eleva- 
zione del  terreno. 

Animali  del  piano  e  delle  paludi. 

Dal  livello  del  mare  fino  a  mille  metri  (5i3  tese)  nella  re- 
gione delle  palme  si  vedono  il  pigro  vivere  nella  cecopria  pel- 
tata,  i  boa  ed  i  coccodrilli  trascinarsi  al  piede  del  conocarpus  e 
dell' anacardium  car acoli.  Ivi  il  cavia  capybara  si  nasconde 
entro  paludi  coperte  d' heliconia  e  di  bambusa,  per  sottrarsi  alla 
persecuzione  degli  animali  carnivori:  il  tanayra  ed  il  crax  ed  i 
pappagalli  confondono  sul  caryocar  e  sul  lecythis  il  colore  delle 
loro  penne  con  quello  de'  fiori  e  delle  foglie.  Ivi  si  vede  risplen- 
dere Velater  noctilucus  che  vive  di  cannamele,  ed  ivi  il  corcu- 
lio  palmarum  vive  nel  midollo  del  cocco.  Le  foreste  di  quelle 
ardenti  regioni  rimbombano  degli  urli  dell'  alaute  e  d'altre  sci- 
mie  sapaju. 

Il  signor  De-Humboldt  ha  riunito  in  una  memoria  (1)  le  os- 
servazioni da  lui  fatte  nel  1800  sulle  scimie  della  Gujana  Spa- 
gnuola  nel  corso  di  una  navigazione  intrapresa  per  giugnere  dalle 
steppe  della  provincia  di  Caracas  fino  alle  frontiere  del  Brasile  , 

(1)  Sur  les  Singes  qui  abitent  les  rives  de  l'Oiénoque  etc.  Voyage  De- 
Humboldt et  Bonpland,  Seconde  Panie,  voi.  I.  pag.  3o5. 


2  2  DESCRIZIONE    TISICA    GENERALE 

penetrando  pei  l'Orenoco,  l'Atabapo  ed  il  Tuaminì  alle  rive  del 
Rio-Negro.  Egli  riferisce  in  questa  memoria  molte  osservazioni 
fatte  su  le  scimie  già  note  ,  e  descrive  le  nuove  spezie  da  lui 
scoperte,  aggiungendone  anche  molte  figure.  Noi  non  faremo  che 
indicarne  alcune  delle  più  curiose  ,  rimandando  gli  amatori  di 
questa   parte  di  storia  naturale  alla  suddetta  memoria. 

Scimia  dormigliona. 

La  scimia  dormigliona  del  Cassiquiare  detta  dagli  Indiani 
Duraculi  (i)  è  una  delle  scimie  fra  quelle  trovate  nelle  foreste 
della  Gujana  degna  di  maggior  attenzione }  ed  è  interamente  sco- 
nosciuta in  Euiopa.  Essa  è  la  sola  srirt.ia  dell' Orenoco  che  dorma 
di  giorno,  e  perciò  venne  appellata  Mono  dormilon.  De-Humboldt 
osservò  in  una  che  tenne  viva  più  di  cinque  mesi,  ch'essa  ordi- 
nariamente s'addormentava  alle  ore  nove  della  mattina  e  si  sve- 
gliava alle  sette  della  sera.  Se  di  giorno  veniva  svegliala,  essa  era 
trista,  abbattuta  e  in  un  vero  stato  letargico.  Egli  ce  ne  presentò 
la  figura  nella  Tavola   28  dell'  opera   citata. 

Scimia  cappuccino. 

Vedi  la  qui  annessa  Tavola  2  figura  1.  Il  Cappuccino  del- 
l' Orenoco  (2)  è  un'altra  scimia,  che,  secondo  la  divisione  seguita 
da  Saiut-IIilaire,  appartiene  alla  famiglia  de'  Nyctipithèques  chia- 
mati da  altri  naturalisti  scimie  a  coda  di  volpe.  Malgrado  delle 
relazioni  che  sussistono  fra  il  governo  di  Venezuela  e  le  missioni 
della  Gujana,  gli  animali  dell'Orenoco,  come  le  scimie  cappuccine, 
i  duiuculi,  i  saimiri  ec.  sono  infinitamente  rari  a  Caracas,  a  Gu- 
mana,  a  Nuova-Barcelona  e  a  Portocabello.  Il  cappuccino  condotto 
con  noi,  così  Humboldt,  ritornando  dall' Angoslura  per  la  città 
del  Pao,  è  stalo  l'oggetto  dell'  ammirazione  degli  abitatori  della 
costa.  La  sua  aria  grave  e  melanconica,  la  sua  lunga  e  folta  barba 
la  cura  ch'esso  continuamente  si  prende  per  conservarla  asciutta 
e  lucida,  la  somiglianza  che  presenta  colla  figura  di  un  religioso 
in  abito  monacale,  hanno  dalo  origine  a  mille  superstiziose  fin- 
zioni sull'origine  di  queste  scimie. 

(1)  Simia  trivirgata  cinerea,  abdomine  ex  flavo  nifescente ,  fronte 
zenis  trìbus  longitudinalìbus  pietà. 

(2)  Simia  Cliiropotes  barbata,  ex  rubro fuscescens,  capillitio  verticis 
longitudinalitcr^  diviso,  maris  tcslibus  coccincis. 


dell'america   MERIDIONALE  2f3 

Jl  Curio  o  Satanasso. 

Il  Cuxio  o  Satanasso  del  gran  Para  (i)  di  cui  noi  presentiamo 
la  figura  sotto  il  num.  2,  della  detta  Tavola  ,  può  servire  a  dare 
qualche  idea  della  forma  del  cappuccino  dell' Orenoco,  se  voglia- 
mo figurarci  il  Cuxio  coperto  di  pelo  cappuccino  o  rosso  bruno, 
colle  coscie  più  oscure  del  rimanente  del  corpo,  colla  capellatura 
della  testa  divisa  in  due  folte  ciocche  e  colla  coda  meno  pelosa. 
Il  Musa  ,  che  ha  il  pelo  della  coda  lungo  due  pollici  e  quattro 
linee,  è  qui  rappresentato  mangiando  un  guineo  che  è  il  frutto 
aromatico  del  banano,  Musa   sapientum. 

Tutte  le  scimie  dell'  America  finora  conosciute,  appartengono 
alle  famiglie  de'  Sagomi,  de'Sapajà,  degli  Aluati ,  degli  Aoti  e 
degli  Atele,  ed  hanno  la  coda  o  più  lunga  del  corpo,  o  soltanto 
più  corta  di  un  terzo.  Questa  circostanza  rende  più  importante  la 
scoperta  di  un  quadrumano  del  nuovo  continente,  la  cui  coda  non 
è  lunga  che  una  sesta  parte  del  corpo. 
Il  Cacajao. 

Tale  è  la  scimia  che  noi  qui  vi  presentiamo  al  num.  3  della 
Tavola  suddetta,  appellata  Cacajao,  Caruiri,  Mono  Rahon,  Chu- 
cuto,  Simia  Melanocephala  (2).  Il  cacajo  è  un  picciolo  animale 
vorace  ,  ma  flemmatico  ,  poco  agile  ,  debole  e  di  una  dolcezza 
estrema:  mangia  ogni  sorta  di  frutti:  nel  prendere  un  oggetto 
stende  le  due  braccia  in  una  volta,  e  si  presenta  col  dorso  cur- 
vo, nell'alto  singolare  che  si  vede  nella  detta  Tavola  ,  siccome 
esso  ha  le  dita  eccessivamente  lunghe  e  magre,  così  impugna  as- 
sai malamente  ciò  che  gli  vien  presentato,  e  fra  tutte  le  scimie  è 
quella  che  mangia  colla  maggiore  sordidezza  }  teme  gli  altri  so- 
pajù,  la  cui  audacia  è  opposta  alla  sua  flemma,  e  trema  alla  vista 
del  coccodrillo  o  del  serpente.  Il  cacajao  abita  iu  truppe  nelle  fo- 
reste che  traversano  il  Gassiquiare  ed  il  Rio-Negro. 
Zr'  Araguato  dì  Caracas. 

Noi  conosciamo ,  dice  il  signor  De-llumboldt  ,  cinque  spe- 
zie di  scimmie  del  genere  Stentor  distinte  dal  signor  Geoffroy 
sotto  i  nomi  di  Seniculus,  fufous  o  Arabata  ,  Caraya  fuscus 

(1)  Simia  Satanas,  fusco-atra  }    barbata,    cauda    cras  se-villosissima 
haud  prehensilì,  pectore  et  abdomine  subcalvis. 

(2)  Simia  Melanocephala,  imberbis,  esc  fasco  Jlavescens ,  capite  nigroj 
canda  corpore  sexies  breviori. 


24  DESCRIZIONE    FISICA    GENERALE 

o  Guariba  e  Ursinus  L'ultima  spezie  la  scimia  ursina  (i)  è  l'a- 
raglielo della  provincia  di  Caracas  descritta  dall' Humboldt  nella 
citala  memoria  ,  e  presentataci  in  disegno  sotto  il  num.  l\  della 
Tavola  suddetta.  Humboldt  e  Bonpland  trovarono  1' Araguato  nelle 
montagne  del  Gocollar,  nelle  foreste  vicino  al  convento  di  Caripè, 
nelle  valli  d' Aragua  ,  all'  ouest  della  città  di  Caracas,  ne'Llanos 
dell'  Apuré  e  del  Basso-Orenoco  ,  e  da  per  tutto,  ove  le  acque 
stagnanti  sono  ombreggiate  dal  sagù  Americano. 
Si  mia  Leonina. 

Ma  fra  le  molte  scimie  descritte  dall'Humboldt  merita  parti- 
colar  menzione  la  Simia  Leonina  (2,),  trovala  sul  pendio  oiien- 
tale  delle  Ande  rimarcabile  per  la  sua  somiglianza  col  leone  di 
Africa,  e  disegnata  dal  suddetto  durante  il  suo  soggiorno  a  Po- 
payan.  Vedi  la  figura  nella  seguente  Tavola  num.  3.  Il  Looncito 
è  rarissimo  anche  nel  suo  paese  nativo:  abita  le  pianure  che  cir- 
condano il  pendio  orientale  delle  Cordigliere  ,  le  fertili  rive  del 
Puntumayo  e  del  Caqueta  :  non  ascende  mai  fino  alle  regioni  tem- 
perate. Esso  è  lungo  sette  ad  otto  pllici  ,  senza  contare  la  coda 
die  è  lunga  quanto  il  corpo }  è  una  delle  scimie  più  picciole  e 
più  eleganti}  è  allegra,  e  scherzevole  ma,  siccome  la  maggior 
parte  de' piccioli  animali,  assai  irascibile.  Allorquando  s'arrabbia, 
drizza  il  pelo  della  gola,  ciò  che  accresce  la  sua  somiglianza  col 
leone   Africano:  il  suo  fischio  imita   il  canto  degli   uccelletti. 

Li'yaguar,  il  Jelis  concolor  e  la  tigre  nera  dell'Orenoco,  più 
sanguinaria  ancora  dell' yaguar,  inseguono  il  picciol  cervo  (C.  Mi- 
xicanus),  i  cavia  ed  i  formichieri,  la  cui  lingua  è  fissa  all'estre- 
mità dello  sterno.  L'aria  di  queste  basse  regioni  è  piena  di  quella 
innumerabile  quantità  di  maringuini  (3)  che  rendono  quasi  inabi- 
tabile una  glande  e  bella  porzione  del  globo.  Ai  maringuini  si 
uniscono  Y  aestrus  humanns  che  depone  le  sue  uova  entro  la 
pelle  dell'uomo  e  vi  produce  dolorose  enfiagioni  ,  gli  acari  che 
segnano  la  pelle  a  slriscie,  i  ragni  velenosi,  le  formiche  e  le  ter- 
mite. Più  in  su  da    1000  a  2000  metri  (5i3    a    1126    tese)  nelle 

(1)  Simia  Ursina  barbata  ,  rufa ,  pilis  longis  undique  tecta  ,facie  ex 
atro  eoe  ride  sce  11  te,  cauda  prehensili  subtus  calva. 

(2)  Simia  Leonina.  Ex  olwaccofusccncens,facie  atra,  dorso  str'ns 
albo-Jlavescentibus  notato. 

(3)  Spezie  di  ganzare,  Mos'/uitos. 


DELL' AMEE1CA    MERIDIONALE  2$ 

regioni  delle  felci  arborescenti ,  non  si  trovano  quasi  più  yaguar, 
non  più  boa,  non  più  coccodrilli,  né  lamantini,  e  poche  siane} 
ma  tapiri  in  abbondanza,  sus  tajassu  ejelis  pardalis. 
Animali  di  collina  e  di  montagna. 

L'uomo,  la  simia  e  il  cane  vi  sono  incomodati  da  una  infi- 
nità di  pelliccili ,  pulex  penetrans ,  che  sono  in  minor  quantità 
al  piano.  Dai  2000  ai  3ooo  metri  (1026  a  i53g  tese)  nella  re- 
gione superiore  della  chinachina  ,  non  più  simie,  non  più  cervo 
Messicano;  ma  si  veggon  comparire  il  gatto  tigre  ,  gli  orsi  ed  il 
gran  cervo  delle  Ande.  Da  tre  o  quattro  mila  metri  (i53oy  a 
ao5a  tese)  trovasi  la  picciola  spezie  di  lione,  cui  si  dà  il  nome 
di  puma  in  lingua  Quichoa,  il  picciol  orso  dalla  fronte  bianca  e 
qualche  viverro.  De-Hmboldt  vide  sovente  con  maraviglia  il  co- 
libri  d'altezza  del  Picco  di  Teneriffa.  La  regione  delle  gramigne 
da  (\  a  5m.  metri  (2o5a  a  2565  tese)  d'altezza  è  abitata  da 
stuoli  di  vigogne,  di  guanachi  e  d' alpaca  nel  Perù,  e  di  chili- 
hueque  nel  Chili. 
Animali  della  zona  fredda. 

Questi  quadrupedi  che  rappresentano  qui  il  genere  cammello 
dell'antico  continente,  non  poterono  diffondersi  né  al  Brasile  né 
al  Messico,  mentre  per  via  avrebbero  dovuto  discendere  in  trop- 
po calde  regioni.  II  lama  non  trovasi  che  in  istato  di  domesti- 
chezza} mentre  quelli  che  vivono  sulla  declività  occidentale  del 
Gimborasso  non  divennero  salvatici  che  all'epoca  della  distruzione 
di  Lican  falla  dall' Inca  Tupayupangi.  La  vigogna  preferisce  prin- 
cipalmente i  siti  ove  a  quando  a  quando  cade  la  neve.  Ad  onta 
della  persecuzione  che  soffre,  se  ne  vedono  ancora  stormi  di  tre- 
cento o  quattrocento  spezialmente  nelle  provincie  di  Pasco,  alle 
sorgenti  del  fiume  delle  Amazoni ,  in  quelle  di  Guaila  e  di  Ga- 
taxambo  presso  Gorgor.  Questo  animale  abbonda  anche  presso 
Huancavelica  ,  ne' contorni  di  Cusco,  e  nella  provincia  di  Cocha- 
bamba,  verso  la  valle  di  Rio-Gocatages.  Vi  si  trova  da  per  tutto 
ove  la  sommità  dell'Ande  è  superiore  all'altezza  del  Monbianco. 
Il  limite  inferiore  delle  nevi  perpetue  è  per  così  dire  il  limite 
superiore  degli  enti  organizzati.  Il  condor,  vultar  griphus ,  è  il 
solo  animale  che  abili  quelle  vasti  solitudini.  De-Humboldt  lo 
vide  librarsi  a  più  di  65oo  metri,  3335  tese  d'altezza.  Ma  trat- 
tandosi qui  di  un  uccello  tanto  singolare  noi  non  vogliamo  trala- 
sciare di  farne  particolor  menzione. 


26       DESCRIZIONE    FISIC4    GLNERALE    DELL' AMERICA    MERIDIONALE 

Ci  fa  maraviglia  ,  dice  De-IIumboldt  (i),  che  uno  dei  più 
grandi  uccelli  della  lerra,  che  un  animale  che  abita  regioni  vi- 
sitate già  da  tre  secoli  dagli  Europei,  sia  ancora  sì  imperfetta- 
mente conosciuto.  Le  descrizioni  che  trovansi  nelle  relazioni 
de' viaggiatori  e  nelle  opere  de' più  moderni  naturalisti  snno  piene 
di  contraddizioni  e  di  menzogne.  Gli  uni  esagerano  la  grandezza 
e  la  ferocia  del  Condor^  altri  lo  confondono  con  delle  spezie 
che  gli  rassomigliano  ,  o  prendono  le  differenze  che  presunta  l'  uc- 
cello nelle  varie  epoche  della  sua  vita  ,  per  differenze  diagno- 
stiche dei  due  sessi.  Ecco  come  si  annunzia  uno  de' più  grandi 
naturalisti  del  secolo,  il  signor  Guvier ,  nel  parlare  della  forma 
del  Condor,  dopo  di  avere  paragonato  diligentemente  tutto  quello 
che  fu  scritto  sopra  di  questo  oggetto.  «  Alcuni  autori  gli  attri- 
buiscono piume  brune  ed  una  testa  coperta  di  peluria  *,  altri  una 
cresta  carnosa  sulla  fronte  e  piume  nere  e  bianche.  Non  fu  an- 
cora descritto  con  esattezza  »  ec.  «  Avendo  io  soggiornato  ,  cosi 
I)e-Humboldt ,  pel  corso  di  17  mesi,  nelle  montagne  nelle  quali 
trovasi  questo  bell'uccello,  ed  avendo  occasione  di  vederne  con- 
tinuamente ne' viaggi  che  noi  abbiamo  fatti,  il  signor  Bonpland 
ed  io  al  di  là  dei  limiti  delle  nevi  perpetue  ,  ho  creduto  di  ren- 
dere un  servizio  alla  scienza ,  pubblicando  e  la  descrizione  cir- 
costanziata del  Condor,  ed  i  disegni  che  io  stesso  ho  abbozzati 
sul  luogo  ».  Noi  per  fare  cosa  grata  agli  artisti  ne  pubblichiamo 
la  figura  nella  Tavola  3  (2,),  rimandando  gli  studiosi  amatori 
dell' ornitologia  alla  lunghissima  descrizione  the  De-Huniboldt  ce 
ne  lasciò  nell'opera  sopra  citata. 


(1)  Voyage  De-IIumboldt  et  Bonpland    Seconde  Partie.    Observations 
de  Zoologie  etc.  I.  voi. 

(2)  V.  Opera  suddetta.  Essai  sur  l' histoire  uaturelle  du  Condor,  pag. 
26  etc. 


DESCRIZIONE  PARTICOLARE 

DI  CARACAS,  DELLA  NUOVA-GRANATA  E  DI  QUITO  (i). 


Denominazioni  diverse. 


I 


primi  Spagnuoli  che  visitarono   le  coste  dell' Orenoco  fino  al- 
l'istmo, le  indicarono  sotto  il  nome  generico  di   Tierra-Firma, 

(i)  Fra  le  descrizioni  particolari  di   Caracas,  della  nuova-Granata  ec. 

hanno  uno  speziai  merito  le  seguenti  : 
Lyonel  Waffer's  New    Voyage  and  description  of  the    isthme  of  America 

in  the  years   1698.  London,  1699,  *n  8.°  ibid.    1704,  in  8.°  Trad.  in 

Francese  con  fig.  Paris,  1709,  in   12. ° 
Simon  Pedro  Noticias  historiales  de  las  conquistas  de  Tierra  firma    in  las 

Indias  occidentales.  Cuenca  ,  1626,  in  f.° 
Relation  de  la  mission  des  P.  P.  de  la  Compagnie  de  Jesus  dans  l'Amé- 

riqne  meridionale  ,  avec  une  instruction  à  la  langue  des  Calibis,  sau- 

vages  de  la  Terre  Ferme  d'  Amérique,  par  le  P.  de  Pelleprat.  Paris, 

1655  ,  in  8.° 
Sineros,  Noticias  Historiales  de  Tierra-Firma.   Cuenca,   1681,  in  f.° 
Hisioria  general  de  las    conquistas  pel  nuovo  regno  de  Granada,  por   D. 

Lucas  Fernandez.  Arwers.,  in  f.° 
Piedro  Hita.  Historia  de  las  conquistas  del  nuevo  reyno  de  Grenada.  An- 

vers.,  in  f.° 
Historia  de  las  conquistas  y  poblaciou  de  la  provincia  de  Venezuela,  por 

Dom.  Joseph  de  Driedo,  Madrid,  1723,  in  f.° 
Historia  del  nuevo  reyno  de  Grenada,  por  P.  Cassan,  Madrid,  1751.  in  f.° 
El  Orenoco  illustrado,  y  defendido  Historia  naturai,  civil  y  geografica  de 

este  gran  rio,  con  govierno  uso  y  costumbres  de  los  Indios,  escritlo 

por  el  Padre  Joseph  Gumilla.    Madrid,  17^,  2  voi.  in  4-°  Trad.  in 

Francese  con  alcune  figure.  Avignon,  1768  ,  3  voi.  in  12.0 
Historia  choi'ografica  y  evangelica  della  Nueva  Andelousia,  provincia  de  Cu- 

mana,  Guyana,  y  riberas  del  rio  Orenico,  por  Fr.  Ant.  Caulin.  Madrid, 

J799»  in  4° 
Saggio  sopra  V  Orenico ,  e  gli  abitanti  delle  rive  Oreniche ,  di  F.  L.  Sal- 

vad.  Gilius.  Roma,  1780,  in  8.° 
—  Saggio  di  storia  Americana,  o  sia  Istoria  naturale,  civile  e  sacra  dei  regni 

e  delle  provincie  Spagnuole  di  Terra-Ferma  nell'  America  meridionale. 

Roma,  1780-81-82,  3  voi  in  4-° 


28  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

Terra-Ferma  (i).  Il  Re  Ferdinando  pose  alla  parte  occidentale  il 
nome  di  Castiglia  d'Oro  (2).  Quest'ultima  denominazione  andò 
in  dimenticanza,  ed  a  mano  a  mano  che  si  andò  scoprendo  il  resto 
del  continente  ,  la  prima  sembrar  dovette  disadatta.  Essa  venne 
tuttavia  conservata  ,  ma  circoscritta  ad  un  picciolo  governo  che 
comprende  le  province  di  Veraguas  ,  di  Panama  e  di  Darien, 
governo  ,  che  da  quel  che  pare  ,  non  corrisponde  perfettamente 
all'estensione  della  Castiglia  d'Oro.  L'  uso  difettoso  de'  geografi 
conserva  la  Terra-Ferma  nella  sua  estensione  primitiva,  e  com- 
prende sotto  questa  immaginaria  divisione,  il  capitanato  generale 
di  Caracas  0  di  Venezuela,  da  cui  dipende  la  Gujana  Spagnuola, 
ed  il  nuovo  regno  di  Granata,  che  oggidì  racchiude  il  regno  di 
Quito. 
Divisioni. 

Il  capo  de  la  Vela  e  la  catena  di  montagne  ,  che  da  quel 
promontorio  va  a  congiungersi  colle  Ande,  seguono  il  confine  tra 
la  Nuova  Granata  e  Caracas.  Quest'ultimo  governo  generale  com- 
prende la  provincia   di  Venezuela  o  di  Caracas,  quella  di  Mara- 

Voyage  a  la  partie  orientale  de  la  Terre-Ferme  dans  l'Amérique  meridio- 
nale, fait  pendant  les  années  i8oi-2-3-4  par  P.  Depons,  agent  du  Gou- 
vernement  Francais  à  Caracas  etc.  Paris,  1806,  3  voi.  in  8° 
Sulla  parte  orientale  di  Terra-Ferma  noi  non  avevamo  ,  siccome  si  vede 
dalle  suddette  opere,  chela  storia  della  conquista  e  della  popolazione  della 
provincia  di  Venezuela  di  Giuseppe  Driedo;  la  storia  cronologica,  naturale 
ed  evangelica  delle  provincie  di  Cumana  e  dell'  Orenoco,  confusa  con  quella 
della  provincia  d'Andalusia,  di  Antonio  Caulin  ;  e  finalmente  le  relazio- 
ni,  forse  un  po' troppo  prolisse,  sull' Orenoco  del  P.  Gumilla  e  di  Gi- 
glio ;  ma  le  notizie  dateci  dai  detti  scrittori  sulla  parte  orientale  di  TeiTu- 
Ferma,  oltre  di  essere  un  po' antiche,  erano  anche  molto  incomplete, 
ed  inutilmente  vi  si  cercava  ciò  che  ora  trovasi  nell'opera  di  Depons, 
cioè  un  quadro  perfetto  ,  non  solo  della  scoperta,  della  conquista  e  della 
topografia  delle  provincie  di  questa  contrada,  ma  l'economia  rurale  e  po- 
litica delle  dette  provincie  ,  con  notizie  profonde  ed  imparziali  sugli  usi 
e  sui  costumi  degli  Spagnuoli  che  vi  si  sono  stabiliti^  e  sopra  cuielli  degli 
Indiani  inciviliti  t  rimasti  tuttavia  selvaggi. 

(1)  Così  l'eruditissimo  Malte-Brun  nel  libro  107  del  suo  Précis  de  la 
Géographie  Vnwerselle  etc.  ,  cui  noi ,  siccome  abbiamo  più  volte  accen- 
nato ,  ci  facciamo  sempre  un  dovere  di  seguire  nelle  descrizioni  geografiche 
di  tutte  le  parti  del  mondo. 

(2)  Oviedo,  Hisloria  de  las  Indias,  1.  p.  9.  io  etc.  in  Barda  Historiado- 
res ,  tom.  I. 


DI  CARACAS,    DELLa    NUOVA    GRANATA    EC  29 

caino  che  va  unita  ai  distretti  di  Menda  e  di  Truxillo}  quella  di 
Yarinas  ,  quella  della  Gujana  Spagouola  e  quella  di  Gumana  o 
della  Nuova-Andalusia  che  contiene  il  distretto  di  Barcelona. 
L'isola  di  S.  Margherita  è  un  picciolo  governo  militare  che  di- 
pende da  Curaana.  I  primi  conquistatori,  che  osservarono  alcuni 
villaggi  indigeni  piantati  sulle  palafitte  nell'  isola  del  lago  Mara- 
caibo, diedero  a  tutto  il  paese  il  nome  di  Venezuela  o  picciola 
Venezia. 

Descrizione  di  Caracas. 

La  catena  di  montagne  del  mare  dei  Garaibi,  del  bacino  del- 
l'Orenoco,  essendo  poco  elevata,  s'arrende  quasi  in  ogni  sua  parte 
all'industria  del  coltivatore. 

Clima. 

L'inverno  e  la  stale,  vale  a  dire  le  pioggie  e  le  siccità,  di- 
vidonsi  l'anno  intero}  le  prime  cominciano  in  novembre  e  fini- 
scono in  aprile:  negli  altri  sei  mesi  le  pioggie  sono  meno  fre- 
quenti, e  talvolta  anche  rare.  I  tremuoti  vi  fecero  terribili  guasti, 
e  la  città  stessa  di  Caracas  ne  rimase  distrutta.  Erasi  scoperta 
qualche  miniera  d'oro,  ma  le  sommosse  degli  indigeni  uè  fecero 
abbandonare  lo  scavo  (i). 

Produzioni. 

Nella  giurisdizione  di  S.  Filippo  si  trovò  una  miniera  di  rame 
che  basta  ai  bisogni  del  paese  ed  anche  all'asportazione.  La  pesca 
delle  perle  lungo  le  coste,  un  dì  importante,  è  ora  abbandonata. 
La  costa  settentrionale  della  provincia  di  Venezuela  produce  molto 
sale  bianchissimo.  L'  acque  minerali  e  termali  ^  piuttosto  abbon- 
danti sono  poco  frequentate.  Le  selve  che  coprono  i  monti  di 
Caracas  basterebbero  per  secoli  ai  più  considerabili  cantieri  \  ma 
l'indole  del  suolo  rende  troppo  difficile  il  trasporto  de' legnami. 
Vi  si  raccolgono  droghe  medicinali  ,  come  chinachina  e  salsapa- 
riglia. 

Lago  di  Maracaibo. 

Il  lago  di  Maracaibo  somministra  pece  minerale  o  pissafallo, 
che  misto  con  sevo  serve  ad  impeciare  le  navi.  I  vapori  bitumi- 
nosi che  spaziano  sul  lago,  s'accendono  sovente  spontaneamente, 
e  mollo  più  nel  gran  caldo.  Le  rive  di  questo  lago  sono  sì  sterili 

(1)  Depons ,  Voyage  à  la  Terre-Ferme,  toni.  I,  png.  116. 


0*0  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

ed  insalubii,  che  gli  indigeni  preferiscono  d'abitare  sul  Iago  me- 
desimo. Gli  Spaglinoli  vi  trovarono  molti  villaggi  fabbricati  sen- 
z'ordine ,  senza  diseguo  ,  ma  sopra  solide  palafitte.  Questo  lago 
lungo  5o  leghe  e  largo  3o,  comunica  col  mare  ;  ma  le  sue  acque 
sono  coslantemente  dolci. 
Lago  di  Valencia. 

Il  lago  di  Valencia,  appellato  Tacarigoa  dagli  indigeni,  pre- 
senta un  aspetto  ben  più  seducente:  è  lungo  i3  leghe  e  mezzo, 
largo  quattro^  riceve  una  ventina  di  fiumi  senza  avere  alcuno  sboc- 
co apparente  j  mentre  è  lontano  sei  leghe  dal  mare  da  cui  lo 
separano  le  più  erte  montagne. 
Fiumi. 

Le  sue   rive  adorne    di  una  feconda  vegetazione,   godono    di 
una  piacevole    temperatura.  Le  provincie  di  Caracas     sono    assai 
ricche  di  fiumi,  ciò  che  procura  grande  facilità  all'irrigazione. 
Coltivazione. 

Le  valli  settentrionali  sono  le  parli  più  fertili  della  provincia, 
perchè  ivi  più  che  altrove  è  ben  combinato  il  calore  coll'umidi- 
tà.  Le  pianure  meridionali  ,  troppo  esposte  agli  ardori  del  sole  , 
non  sono  che  pascoli  ove  si  mantengono  buoi,  muli  e  cavalli.  La 
coltivazione  esser  dovrebbe  floridissima  in  queste  province,  ma  i 
suoi  progressi  sono  ritardati  dall'indolenza  e  dalla  mancanza  di 
cognizioni.  Il  caccao  ch'esse  producono  è  assai  riputato  in  com- 
mercio. Esso  viene  per  la  maggior  parte  asportato  pel  Messico. 
Abbiamo  già  veduto  che  il  cuccao  cresce  naturalmente  nei  paesi 
situati  fra  i  due  tropici  ,  e  particolarmente  nelle  province  Mes- 
sicane di  Chiapa  ,  Yucatan  ,  Guati  mala  ?  Honduras  e  Nicaragua. 
Noi  qui  non  avendo  fino  ad  ora  presentata  la  descrizione  di  que- 
sta pianta  sì  importante,  crediamo  bene  di  darla  presentemente, 
servendo  essa  a  contraddistinguere  in  parlicolar  modo  questa  pro- 
vincia. 

Il  caccao  è  un  albero  (i)  d'altezza  e  grossezza  mediocre  , 
colla  scorza  color  di  cannella,  vedi  la  Tavola  3,  ed  il  suo  legno 
è  poroso  e  mollo  leggiero:  le  foglie  sono  lanceolate  ,  acute,  in- 
tere al  margine,  lisce,  pendenti  e  nervose,  avendo  da  quattro  a 

(i)  Così  il  conte  Castiglioni  nel  voi.  I  della  Storia  delle  piante  fore- 
stiere ctc. 


DI    CARACAS,    DLLLA    NUOVA-GRANATA    EC.  3l 

cinque  once  di  lunghezza  ,  e  circa  due  di  larghezza.  I  fiori  sbuc- 
ciano ammucchiati  dal  tronco,  e  dai  grossi  rami,  e  sono  com- 
pose di  cinque  petali ,  ossia  fogliette  lunghe  e  sottili  di  color  gial- 
liccio ,  macchiate  alla  base  di  rosso.  Molti  di  questi  fiori  cadono 
senza  portar  frutto,  e  quelli  che  restano,  producono  una  spezie 
di  citriuolo,  acuto  alle  estremità,  lungo  tre  once,  e  diviso  come 
i  poponi  in  coste  rilevate,  che  per  lo  più  sono  in  numero  di 
dieci ,  essendone  la  superficie  ineguale  e  piena  di  protuberanze. 
Quando  sia  maturo  il  frutto,  la  pelle  ne  diventa  su  di  alcuni 
alberi  di  color  rosso  carico  sparso  di  punti  gialli,  ed  in  altri 
semplicemente  gialla.  Tagliandolo  pel  lungo  si  vedono  nell'interno 
le  mandorle,  fra  l'una  e  l'altra  delle  quali  havvi  una  sostanza 
bianca  e  consistente,  che  maturando  si  cangia  in  una  spezie  di 
mucilagine  di  un  acido  molto  gustoso.  L'albero  del  caccao  è  piut- 
tosto dilicato,  e  fornito  di  poche  radici ,  onde  ama  i  luoghi  bassi 
e  riparati  da' venti,  ma  però  di  terra  umida,  grossa,  fertile  e 
piofonda.  Alla  costa  di  Garaca  si  scelgono  queste  situazioni ,  e  si 
piantano  le  mandorle  in  varie  file,  di  modo  che  crescendo  gli 
alberi  restino  a  sei  ed  anche  fino  ad  otto  braccia  di  distanza  l'uno 
dall'altro.  Questa  pianta  non  comincia  a  dar  frutto  in  discreta 
quantità,  se  non  che  dopo  quattro  o  cinque  anni.  Il  caccao  della 
costa  di  Garaca  è  il  più  stiimito  dagli  Italiani ,  se  si  eccettui  quello 
di  Xoconochl  (più  comunemente  detto  Soconusco  nel  regno  di 
Guatiraala)  che  è  stimato  migliore  di  quello  di  Garaca.  Alcuni 
però  trovano  il  Soconusco  troppo  oleoso,  onde  preferiscono  di 
mescolarlo  col  Caraca,  tanto  più  che  il  Soconusco  si  vende  ad  un 
prezzo  eccessivamente   maggiore. 

La  cioccolata,  ora  tanto  usitata  in  Europa  ed  in  America, 
ebbe  origine,  siccome  abbiamo  di  già  accennato  parlando  del  co- 
stume de' Messicani,  da  una  delle  varie  bevande  che  i  detti  po- 
poli preparavano  col  caccao,  e  chiamavano  chocolatl ,  ma  che 
era  assai  differente  dalla  nostra.  Gli  Spagnuoli  pensarono  a  ren- 
der grata  al  palato  Europeo  questa  bevanda,  coli' aggiungervi 
dello  zucchero  e  varie  spezie  di  droghe,  onde  se  ne  formarono 
molte  ricette,  ora  interamente  inusitate  in  Italia,  poiché  col 
tempo  si  conobbe  che  tante  droghe  riscaldanti  non  potevano 
somministrare  una  salutare  bevanda.  Gli  Italiani  ridussero  a  poco 
a  poco  la  cioccolata     alla    maggiore     semplicità    e    salubrità,  col- 


3a  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

l'unire  al  caccao  lo  zucchero  e  pochissima  cannella  e  vainiglia. 
L'ottima  qualità  della  cioccolata  di  Milano  si  è  fatta  assai  prege- 
vole in  esteri  paesi ,  sia  che  ciò  dipenda  dalla  più  accurata  scelta 
delle  droghe,  sia  dalla  più  diligente  ed  adattata  proporzione.  Chi 
desiderasse  di  vederla  esattamente  descritta  potrebbe  consultare  la 
citala  opera  dell'eruditissimo  signor  Conte  Castiglione 

Nell'interno  del  paese  solo  dal  1774  s*  coltiva  l'indaco  che 
è  d'ottima  qualità.  All'epoca  medesima  ebbe  cominciamento  an- 
che la  coltivazione  del  cotone.  Nel  1734,  si  pensò  a  coltivare  il 
caffè  come  oggetto  di  commercio}  ma  fino  al  presente  le  pianta- 
gioni tenute  con  negligenza  non  diedero  che  un  mediocre  frutto. 
Le  fabbriche  di  zucchero  non  vi  occupano  ancora  che  un  posto 
secondario }  tutte  le  loro  produzioni  si  consumano  nel  paese.  Ot- 
timo è  il  tabacco,  ma  le  leggi  ne  impacciano  la  coltivazione. 
Città  principali. 

La  capitale  del  governo  è  Caracas  residenza  del  Governatore 
generale,  dell'udienza  ,  dell'intendenza,  del  consolato  e  dell'Arci- 
vescovo di  Venezuela.  Prima  dell'  ultimo  tremuoto  contava  4^m. 
abitatori.  Fabbricata  in  una  valle  e  su  di  un  inegualissimo  terreno 
bagnato  da  quattro  piccioli  fiumi ,  aveva  non  pertanto  vie  ben 
delineate  e  bellissime  fabbriche.  La  temperatura  di  questa  città 
non  corrisponde  alla  sua  latitudine.  Vi  si  gode  d'  una  primavera 
quasi  continua,  e  deve  questo  vantaggio  alla  sua  elevazione,  che 
è  di  460  tese  dal  livello  del  mare.  Caracas  lia  per  porto  la  Guayre , 
che  ne  è  cinque  leghe  distante.  Distinguonsi  inoltre  Porto-Cavallo, 
città  mercantile  e  marittima  ,  in  mezzo  a  paludi  che  ne  infettano 
l'aria}  Valencia,  città  florida,  mezza  lega  distante  dal  lago  dello 
stesso  nome  è  posta  in  mezzo  ad  una  fertile  e  salubre  pianura  \ 
Coro,  antica  capitale  presso  al  mare  in  una  pianura  arida  ed  are- 
nosa \e  Cumana  città  di  2,8m.  anime,  capoluogo  di  un  particolare 
governo,  su  di  una  spiaggia  arida  e  sabbiosa  ove  l'aria  è  sana 
sebbene  infuocata ,  ma  ove  non  si  ardisce  ergere  alcun  edilizio 
pei  troppo  frequenti  tremuoti.  Trovasi  nel  golfo  di  Cumano  una 
voragine  che  inghiottisce  tutto  ciò  che  vi  si  avvicina  senza  che 
ricompaja  cosa  alcuna  :  questo  golfo  è  appellato  anche  golfo  di 
Cariaco  (1)}  Nuova-Barcellona,    città  sudicia,     in  mezzo    ad  un 

(1)  Mcntclle.  Geographie  Uuiverselle  etc.  Tom.  XV,  png.  202. 


DI    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC.  33 

paese  incolto,  di  cui  però  è.  ottimo  il  terreno*,  Maracaibo,  capo- 
luogo di  governo,  fabbricato  su  di  un  terreno  sabbioso  ,  sulla  riva 
sinistra  del  lago  dello  stesso  nome,  sei  leghe  distante  dal  mare. 
L'aria  è  colà  eccessivamente  calda,  ma  non  malsano  il  soggior- 
no: i  suoi  abilatori  sono  in  generale  buoni  marinaj  e  buoni  sol- 
dati: que' che  non  seguono  la  carriera  marittima  si  occupano  del 
bestiame  che  copre  il  territorio,  hanno  le  loro  case  di  campagna 
a  Gibilterra  di  là  dal  lago.  Superiormente  al  lago  trovasi  Merida, 
piccola  città ,  i  cui  abitatori  attivissimi  ed  industriosissimi,  pos- 
seggono il  territorio  meglio  coltivato  e  più  fertile  di  tutta  la  pro- 
vincia •,  Truxillo,  città  altre  volte  magnifica,  ma  devastata  dai 
Filbuslieri.  Questa  città ,  così  scrive  Antonio  de  Ulloa  (i),  fu 
fabbricata  nel  1 535  nella  valle  di  Chimo  da  don  Francesco  Pi- 
zarro:  essa  è  ben  situata  benché  su  di  un  terreno  sabbioso:  le 
case  hanno  una  bella  apparenza:  le  principali  sono  di  mattoni  con 
bei  bilconi  e  belle  porte  che  fauno  un  ottimo  effetto. 
Abilatori  di  Truxillo. 

Gii  abitato;  i  sono  Spagnuoli  mischiati  ad  ogni  razza  di  perso- 
ne: sono  generalmente  civili,  ed  assai  istruiti:  le  donne  sono 
vestite  come  quelle  di  Lima,  di  cui  parleremo  più  diffusamente 
in  seguito,  ed  hanno  quasi  le  stesse  costumanze:  tutte  le  famiglie 
un  pò1  agiate  hanno  i  loro  calessi,  senza  i  quali  è  assai  difficile 
l'andar  per  le  strade  che  sono  piene  di  sabbia.  Noi  riferiremo 
anche  quanto  ne  dice  Alcedo  nel  suo  Dizionario  geografico  alla 
parola  Truxillo.  «  Questa  città  cangiò  cinque  volte  di  luogo,  ora 
a  cagione  delle  bestie  velenose  o  pegli  insetti  troppo  incomodi, 
ora  pel  gran  caldo.  I  suoi  abitatori  sono  sì  dolci  e  sì  tranquilli 
che  non  conoscono  processi  giudiciali*,  basta  il  dire  che  si  è  di 
Tiuxdlo  per  esser  creduto  onest' uomo. -Quest'è  una  città  bella  e 
ricca  pel  suo  commercio,  e  particolarmente  per  quello  del  cac- 
ca o  -,  ma  essa  perdette  jissai  dell'antico  suo  splendore  dopo  che 
il  Filbustiere  Gramon,  Francese,  l'abbruciò  nel  1678:  vi  si  rac- 
colgono molte  biade,  orzo,  mais  e  cotone.  Vi  allignano  tutti  i 
frutti  dell'America  e  dell'Europa  e  vi  si  trova  finalmente  tutto 
ciò  che  è  necessario  ai  comodi  della  vita.  Tutti  gli  abitatoli  hanno 
una  grossezza  alla    gula ,    appellata  colo,    la   quale    per  quanto  si 

(1)  Voyage  Historique  de  l'Àméricrue  meridionale.  Tom.  I.  pag.  4X4- 
Cost.   Voi.  Ili  ddV  America.  3 


3^  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

dice ,  proviene  dalle  acque  che  bevono  ».  Dopo  Truxillo  merita 
speziai  menzione  Varinas,  capoluogo  di  un  governo  staccato  l'anno 
1787,  da  quello  di  Maracaibo,  e  dove  raccogliesti  il  tabacco  più 
stimato.  L'isola  Margherita,  arida  ma  salubre,  rinchiude  la  città 
dell'Assunzione  ed  il  porto  Pampatas.  In  luogo  di  perle  si  prende 
oggidì  nelle  sue  acque  una  grande  quantità  di  pesce. 
Popolazione. 

La    popolazione  del    governo   di  Caracas,   prima  delle  ultime 
rivoluzioni    valutavasi    circa  un  milione  di    abitatori,  2,2,001.  dei 
quali  Spagnuoli,  [\^ovc\.  uomini  di  colore  liberi,  6om.  schiavi  e 
s8om.   Americani  indigeni. 
Spagnuoli. 

In  mezzo  alla  popolazione  Spagnuola  si  formava  una  orgo- 
gliosissima nobiltà,  ma  divisa  in  due  partiti,  uno  dei  quali  van- 
tavasi  della  più  pura  origine.  Quasi  tutti  gli  Spagnuoli  sono  creoli. 
La  più  parte  di  quelli  che  escono  della  madre  patria  ,  tratti  dalla 
passione  naturale  per  le  miniere,  vanno  al  Messico  ed  al  Perù} 
sdegnano  essi  le  province  di  Caracas,  perchè  non  presentano  a 
gente  che  vuol  trovar  l'oro  in  natura,  che  produzioni  lente  ,  pe- 
riodiche e  varie  di  una  terra  che  richiede  travaglio  e  pazienza.  I 
creoli  si  rammentano  appena  che  la  Spagna  è  la  lor  madre  pa- 
tria, e  pensano  non  esservi  miglior  paese  del  loro. 
Colonie  Francesi. 

Il  promontorio  Poria  è  divenuto  1'  asilo  di  una  picciola  colo- 
nia di  Francesi  e  d'Irlandesi  che  vi  menano  una  vita  patriarcale 
all'ombra  delle  loro  piantagioni  di  caccao.  Gli  uomini  di  colore 
aspiravano  fortemente  all'indipendenza,  ed  esercitarono  terribili 
vendette  sui  bianchi. 
I  Zarnbos. 

1   Zarnbos  o  discendenti  d'Indiani  e  di  Negri,  i  più  barbari, 
i  più  immorali  di  tutti  gli   uomini  di  colore,  avevano  già  da   un 
mezzo  secolo  ottenuto  il  diritto  di  cittadinanza  nella  città  di  Nir- 
gua,  donde  a  forza  di  vessazioni  allontanarono  tutti  i  bianchi. 
Milizia  ec. 

La  forza  armata  consisteva  in  6558  upmini  di  truppa  ,  com- 
presavi l'artiglieria  e  la  milizia.  La  totalità  delie  imposte  e  dei 
tlazj  ammontava  a  circa  1,200,000  piastre  5  ma  questa  somma  ben 
di  rado  bastava  a  pagare  le  spese. 


DI  CARACAS,    DELLA    NUOVA    GRANATA    EC  35 

Questo  è  in  poche  parole  il  quadro  che  del  governo  generale 
di  Caracas  ci  dà  Malte-Brun  nella  sua  Geografia  Universale.  Chi 
bramasse  di  avere  una  estesissima  descrizione  di  tutte  le  province 
componenti  il  detto  governo  potrebbe  consultare  il  citato  viaggio 
di  Depons  agente  del  governo  Francese  a  Caracas.  Noi  ci  limite- 
remo ad  estrarre  dal  medesimo  quelle  notizie  che  bastano  a  farci 
meglio  conoscere  le  usanze  ed  i  costumi  di  quegli  abitatori. 
Creoli  Spaglinoli. 

Lia  popolazione  Spagnuola  si  sostiene  sempre  nella  stessa   pro- 
porzione in  conseguenza  del   profondo  attaccamento  dei  Creoli  pel 
loro  suolo. 
Loro  inclinazione   al  celibato  ec 

Questa  ripugnanza  a  passare  in  Europa  diminuisce  in  qualche 
maniera  le  perdile  eh'  essa  fa  annualmente  in  grazia  del  celibato 
al  quale  si  consacra  un  grandissimo  numero  di  persone.  A  questa 
inclinazione  d' entrare  nel  clero  secolare  o  nello  stalo  monastico 
si  unisce  nella  generalità  de' creoli  il  gusto  più  deciso  per  gli 
impieghi  di  magistratura,  di  finanza  e  di  milizia.  Lo  stato  del- 
l'agricoltore è  il  solo  disprezzato. 
Matrimonj. 

Alla  lodevole  disposizione  che  hanno  gli  Spagnuoli  alle  pro- 
fessioni liberali  ed  all'istiuzione  si  oppone  in  certa  qual  maniera 
il  costume  che  hanno  d'  ammogliarsi  in  troppo  fresca  età.  E  cosa 
comunissima  il  vedere  degli  sposi  i  cui  anni  computati  insieme 
non  giungono  al  numero  di  trenla.  Queste  unioni  troppo  precipi- 
tose ,  oltre  il  detto  inconveniente  ,  hanno  anche  quello  di  non 
lasciare  ai  due  sposi  il  tempo  necessario  per  conoscere  reciproca- 
mente il  loro  carattere  ,  dalla  qual  cosa  deriva  la  poca  buona 
intelligenza  che  passa  poi  nella  loro  unione,  ed  il  pessimo  gover- 
no delle  domestiche  faccende. 
Leggi  Spagnuole  in  pregiudizio  dei  mariti. 

A  ciò  si  aggiugne  di  più  la  cieca  protezione  che  le  leggi  Spa- 
gnuole accordano  alle  donne  in  pregiudizio  de'loro  mariti.  Non  vi 
ha  forse  persona  più  disgraziata  di  un  creolo  Spagnuolo,  la  cui 
moglie  sia  gelosa,  disordinata  o  fastidiosa.  Sulla  semplice  lagnanza 
di  una  donna  gelosa  contra  il  suo  marito,  o  per  sregolatezza  di 
costumi ,  o  per  cattivi  trattamenti  od  anche  solamente  per  dissi- 
pazione, ella  è  creduta  sulla  sua  parola,  senza  bisogno  d'addurre 


36  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

alcuna  prova.  Il  marito,  secondo  il  grado  ch'egli  occupa  nella 
società,  vien  citato  per  essere  gravemente  ripreso  o  per  esser  tosto 
cacciato  in  prigione  ,  dove  rimane  'fioo  a  che  la  moglie  chieda 
che  gli  sia  renduta  la  libertà.  Se  poi  al  contrario  il  marito  si 
lagna  della  dissolutezza  di  sua  moglie,  basta  che  questa  si  di- 
mostri offesa  da  tale  accusa,  perchè  egli  sia  condannato  al  silen- 
zio, o  ad  usare  maggiore  discrezione  colla  medesima}  ed  alle 
volte  è  anche  ben  fortunato  se  non  vien  sottoposto  al  castigo  do- 
vuto alla  sua  moglie.  Questa  dipendenza,  in  cui  trovasi  il  creolo 
Spagnuolo  dalla  sua  moglie  ,  è  giunta  al  segno  eh' ei  nun  può 
intraprendere  alcun  viaggio  senza  l'espresso  consenso  di  lei,  e  senza 
avere  provveduto  al  sostentamento  della  medesima  durante  tutto 
il  tempo  della  sua  assenza.  S'ei  non  ritorna  pel  tempo  stabilito 
nella  permissione  ottenuta,  le  Autorità  ,  alla  prima  istanza  della 
moglie,  ordinano  al  marito  di  ritornare  quand'anche  si  trovasse 
lontanissimo  dalla  patria  ,  ed  i  suoi  affati  non  fossero  tuttavia 
terminati. 
Carattere  simulato  dello  Spagnuolo  a  Terra-Ferma. 

A  questo  quadro  particolare  dell'  interno  delle  famiglie  il  si- 
gnor Depons  fa  succedere  alcune  notizie  generali  sul  carattere 
Spagnuolo  a  Terra-Ferma,  il  quale  differisce  in  qualche  maniera 
da  quello  degli  abitatori  delle  mettopoli.  Ognuno  in  questa  parte 
d'America  vive  isolato,  e  non  ha  co' suoi  compatriotti  che  rela- 
zioni, in  cui  entra  assai  la  politica  e  quasi  niente  la  cordialità. 
Questa  mancanza  di  sincere  e  leali  comunicazioni  ,  e  di  vincoli 
d'amicizia  comincia  fin  dalla  prima  gioventù.  Non  si  vedono  mai 
fra  quegli  Spagnuoli,  come  si  vede  in  Europa,  le  donzelle  de- 
centemente riunite  per  divertirsi,  né  i  giovanetti  colle^arsi  insieme 
per  qualche  partita  di  piacere.  Colà  non  si  fanno  mai  né  feste 
né  danze,  né  banchetti,  e  queste  costumanze  di  viver  sempre 
isolati  genera  una  gelosia  sorda  e  simulata,  che  s'irrita  per  "li 
altrui  felici  avvenimenti,  ma  che  dalla  politica  viene  astutamente 
coperta  dalla  più  ingannevole  apparenza. 
jtfegri. 

Questi  creoli,  siccome  pure  tutti  quelli  delle  altre  parti  del- 
l'America Spngnuola,  non  hanno  mai  intrapresa  direttamente  la 
tratta  de'Negri;  poiché  sembrava  loro  che  un  tele  commercio 
ripugnasse    ai    prìncipi    della    religione    Cristiana;   ma    peiò   per 


1)1    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC.  Zj 

una  sottile  transazione  colla  propria  coscienza  ,  trovarono  che  fosse 
cosa  affatto  naturale  il  comprare  i  Negri  allorché  vengon  colà 
traspot  tati;  e  lo  stesso  governo  permetteva  loro  di  andar  benan- 
che a  comprarli   nelle  colonie  straniere. 

Condizione  degli  schiavi. 

Si  crede  generalmente,  dice  Depons,  che  i  creoli  Spagnuoli 
trattino  i  loro  schiavi  con  umanità  maggiore  di  quella  che  so- 
gliono usare  la  altre  nazioni  :  tale  opinione  non  è  esatta  che  sotto 
certi  aspetti  :  eglino  sono  in  vero  più  familiari  coi  loro  schiavi  per 
cercare  d' indurli  a  divenir  Cristiani  ;  ma  gli  esercizj  di  pieià  che 
si  fanno  praticare  ai  Negri  non  ridondano  a  profitto  de"1  costumi. 
La  vigilanza  usala  sulle  donzelle  Negre  affine  di  preservarle  dal 
libertinaggio  non  produce  altro  effetto  se  non  quello  di  irritare 
con  maggior  forza  i  loro  desidei  j ,  di  modo  che  sono  spesse  volle 
corrotte  dai  loto  proptj  custodi.  Nel  rimanente  ,  i  padroni  limi- 
tando il  loro  zelo  iteli'  inculcare  i  principj  della  religione  ai  loro 
schiavi,  non  si  d^nno  alcuna  premura  di  provvedere  ai  bisogni 
fisici  di  questi  infelici.  Sotto  altro  aspetto  però  la  condizione  de- 
gli schiavi  è  più  sopportabile  nelle  colonie  Spagnuole,  e  particolar- 
mente a  Terra-Ferma, che  in  quelle  della  altre  nazioni.  Lo  schiavo, 
lun<*i  dall'essere  condannato,  come  altrove,  a  soffrire  sotto  di  un 
ingiusto  padrone,  può  impunemente  sottrarsi  al  dominio  di  colui 
che  abusa  d<  1  diritto  di  proprietà.  La  legge  però  esige  ch'egli  ne 
adduca  i  motivi,  ma  la  giurisprudenza  ammette  i  più  leggieri.  La 
minima  allegazione,  vera  o  falsa,  basta  perchè  il  padrone  venga 
obbligalo  a  vendere  lo  schiavo  che  non  vuol  più  servire,  anzi  non 
lo  può  vendere  che  al  prezzo  sborsato  per  la  compera  del  me- 
desimo. Ogni  schiavo  può  redimersi  rimborsando  al  suo  padrone 
ciò  che  ha  pagato  per  acquistarla,  ed  in  tal  caso  egli  ricupera  la 
libertà,  e  diviene  cittadino. 

Liberti. 

Tale  facoltà,  data  agli  schiavi,  ha  singolarmente  ampliata  nel 
capitanato  generale  di  Caracas  la  classe  de'  liberti.  Me  il  timore 
che  questa  classe  potesse  divenir  formidabile  ha  indotto  il  governo 
a  stabilire  una  grande  distinzione  fra  le  persone  di  colore  ed  i 
bianchi.  Esso  dichiarò  gli  uomini  liberi  di  colore  incapaci  di  co- 
prire alcun  pubblico  impiego  e  di  servire  nelle  truppe  del  Re, 
colla  sola  facoltà  di  poter  entrare  al  servizio  ne' corpi  particolari 


38  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

di  milizia,  ne'quali  il  merito  può  portar  l'uomo  di  colore  fino  al 
grado  di  capitano.  Tutti  gli  impieghi  superiori  sono  riservati  esclu- 
sivamente ai  bianchi.  Benché  questa  misura  sia  rigorosamente  osser- 
vata, pure  le  protezioni  composte  a  caro  prezzo  hanno  procurato 
ad  alcune  famiglie  d'uomini  di  colore  un  ordine  del  Re  che  dichia- 
rava i  loto  membri  abili  ad  occupare  ogni  sorta  d'impieghi.  Durante 
il  soggiorno  dì  Depons  a  Caracas  un'inteia  famiglia  di  questa  classe 
ottenne  dal  Re  lutti  i  privilegi  goduti  dalla  classe  bianca  ;  ma  il 
solo  vantaggio  che  ne  trasse  risguardò  soltanto  le  donne,  che  ac- 
quistarono il  diritto  d'inginocchiarsi  nelle  chiese  sui  tappeti,  di- 
mostrando nell'esercizio  di  tal  privilegio  molto  lusso  ed  ostenta- 
zione. 

Indigeni. 

GÌ* Indigeni  di  Terra-Ferma,  siccome  la  maggior  parte  dei  po- 
poli dell'America,  facevano  la  guerra  in  una  maniera  atroce,  av- 
velenando le  frecce,  trucidando  i  prigionieri  e  mangiandoli  anche 
frequentemente. 

Antica  loro  religione. 

Il  sistema  religioso  di  questi  popoli  è  talmente  avvolto  nelle 
superstizioni  ch'egli  è  impossibile  il  farne  un'esatta  descrizione. 
Nulladimeno  il  signor  Depons  ha  potuto  conoscere  che  un  punto 
fondamentale  della  loro  religione  era  l'immortalità  dell'anima; 
ma  che  essi,  generalmente,  a  differenza  di  tutte  le  nazioni  sel- 
vagge dell'America  che  riconoscono  un  buono  e  cattivo  principio, 
non  ne  ammettono  che  un  malvagio:  singolarità  che  deriva  pro- 
babilmente dal  timore  che  loro  era  naturale.  Una  sola  nazioue  , 
cioè  d- gì' Indiani  dell' Orenoco,  si  discostava  da  tale  credenza. 
Essi,  senz'essere  più  istruiti  e  meno  superstiziosi,  avevano  im- 
maginato un  autore  di  tutte  le  cose,  al  quale  indirizzavano  i  loro 
voti  e  le  loro  adorazioni.  Alcune  di  queste  popolazioni  prendevano 
il  Sole  per  l'Essere  Supremo;  altre  tributavano  ai  rospi  gli  onori 
della  Divinità.  Tutte  le  nazioni  di  Terra-Ferma  variavano  assai 
nelle  loro  opinioni  sulla  sorte  dell'anima  dopo  la  morte.  Ne' paesi 
che  al  presente  compongono  le  province  di  Venezuela  ,  di  Mara- 
caibo e  di  Gumana,  la  religione  era  unita  all'arte  di  guarire,  e 
tìn  dall'infanzia  s' irrsegnava  a  quelli  ch'erari  destinati  ad  eserci- 
tare questa  doppia  professione,  conosciuta  sotto  il  nome  di  Pia- 
che  $  ^  la  medicina  e  la   mogia. 


DI  CARACAS,  DELLA  NUOVA-GRANATA  EC  3o, 

Soggezione  degli  Indiani  agli  Spagnuoli. 

Nel  sottomettere  gl'Indiani,  gli  Spagnuoli  insognaron  ai  me- 
desimi tutte  le  loro  inclinazioni  e  tutti  i  loro  vizj.  Affine  di  man- 
tenerli nella  soggezione,  pensarono  eglino  di  proibir  loro  il  fab- 
bricare ed  il  portare  le  armi  e  per  fino  il  montare  a  cavalllo. 
Coli' obbligarli  a  riunirsi  ne*  villaggi  si  broibì  loro  sotto  pene  se- 
vere di  passare  da  un  villaggio  all'altro,  e  si  passò  anche  a  vie- 
tare agli  Spagnuoli  ,  ai  mulatti  ed  ai  meticci  di  abitare  ne' vil- 
laggi Indiani  pel  timore  ch'essi  diffondessero  idee  contrarie  alla 
pubblica   tranquillità. 

Loro  privilegi  civili. 
Nessun  conquistatore  avrebbe  accordalo  ai  popoli  conquistati 
privilegi  sì  estesi  e  sì  importanti  fuorché  quelli  cui  la  generosità 
del  governo  Spagnuolo  assicurò  agli  Indiani.  Il  primo  di  tali  pri- 
vilegi si  è  di  non  avete  altri  magistrati  che  della  loro  propria 
classe  e  scelti  da  loro.  Non  solamente  i  Cacichi  ,  ma  ben  anche 
i  Gabildi  sono  di  razza  Indiana.  Affinchè  però  questi  magistrati 
non  abusassero  della  loro  autorità,  si  costituì  in  ciascun  villaggio 
considerabile  od  in  ciascun  distretto  un  Corregidor  o  protettore 
degli  Indiani,  il  quale  ha  l'autorità  di  trattenere  il  braccio  del 
magistrato  Indiano,  sempre  pronto  a  punire  arbitrariamente  i 
colpevoli  d'ubriachezza  e  di  libertinaggio,  de' quali  vizj  egli  è 
sovente  più.  colpevole  di  quelli  ch'egli  castiga.  Tutte  le  leggi  vo- 
gliono che  i  detti  Corregidor ,  quando  mancano  al  loro  dovere, 
sieno  severamente  puuiti,  più  che  se  commettessero  ingiustizie 
cogli   Spagnuoli. 

1  Gacichi  ed  i  loro  discendenti  godono  tutti  i  privilegi  della 
nazione  Spagnuola.  Per  ciò  che  spetta  alle  produzioni  delle  loro 
terre  e  della  loro  industria,  lutti  gli  Indiani  sono  esenti  dal  di- 
ritto d' alcav ala  (i) ,  che  è  la  più  grave  imposta  di  Terra-Ferma. 
Il  tributo  annuale  di  circa  due  piastre  che  venne  imposto  agli 
Indiani,  non  si  riscuote  che  sui  maschi  dell'età  di  1 8  anni  fino 
ai  5o:  il  più  picciolo  disagio,  la  menoma  intemperie  di  stagione, 
il  più  leggier  pretesto,  bastano  per  ottenere  dai  Corregidor  la 
dispensa  del   pagamento. 

(i)  L'  alcavala  è  un'  imposta  che  si  esige  sopra  tutto  ciò  che  si  vende, 
mobili  od  immobili ,  e  che  si  riscuote  ad  ogni  vendita  e  rivendila. 


4o  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

Un  altro  ed  assai  importante  privilegio  degli  Indiani  si  è 
quello  d'essere  considerati  minori  in  tutte  le  loro  transazioni  ci- 
vili. Eglino  non  sono  obbligati  all'esecuzione  de' contratti  stipulati 
cogli  Spaglinoli,  senza  l'intervento  dei  giudici)  ed  i  loro  fondi 
non  possono  essere  acquistati  legittimamente  senza  incanto  giu- 
diziario. 
Privilegi  religiosi. 

Anche  la  chiesa  non  fu  meno  favorevole  agli  Indiani  della  ci- 
vile autorità.  L'inquisizione  non  ha  alcun  diritto  sopra  de'mede- 
simi:  i  loro  delitti  d'eresia  e  d'apostasia  sono  di  competenza 
de' tribunali  vescovili ,  e  de'tribunali  secolari  i  loro  roalefizj.  Tali 
attribuzioni  peiò  non  sono  che  formalità,  non  essendovi  esempio 
che  un  Indiano  sia   stato  perseguitalo    per  questa  sorta   di  delitti. 

Tutta  l' instruzione,  che  si  esige  dagli  Indiani  per  essere 
ammessi  al  bjltesimo,  consiste  nel  far  loro  dichiarare  o  cor»  segni 
o  con  parole  che  l'idolatria,  la  menzogna,  la  sodomia,  la  for- 
nicazione, l'adulterio,  l'incesto  e  1"  ubbriachezza  sono  peccati 
capitali.  Secondo  il  parere  de' più  gravi  teologi,  così  Depous,  si 
fece  agli  Indiani  la  migliore  composizione  possibile  per  meritar 
loro  l'assoluzione  al  confessionale.  L'obbligo  d'udire  la  messa 
non  si  estende  per  essi  che  alla  metà  de' giorni  festivi ,  ne'  quali 
gli  Spagnuoli  sono  obbligati  d'assistervi  sotto  pena  di  peccato 
mortale.  I  giorni  di  digiuno  sono  limitati  per  gl'Indiani  ai  ve- 
nerdì di  quaresima  ,  al  sabbato  santo  ed  alla  vigilia  di  Natale. 
Finalmente  ognun  rimase  sì  persuaso  ehe  il  solo  mezzo  di  far 
amare  la  religione  dagli  Indiani  consisteva  nel  cristianizzare  i 
loro  gusti  e  le  loro  inclinazioni,  che  si  giunse  per  fino  a  poi  re 
in  quistione,  se  fosse  permesso  il  mangiate  carne  umana  ^  e  ciò 
che  accresce  la  singolarità  della  quistione  si  è  ch'essa  fu  sciolta 
in  favore  degli  antropofagi  \  poiché  il  Vescovo  di  Montenegro, 
appoggiandosi  all'autorità  eli  Lessio  e  di  Diana  ,  decise  che  in  caso 
di  necessità  si  può  mangiare  carne  umana,  senza  the  si  faccia 
peccato  di  spezie  alcuna. 

Tanti  sforzi  combinati  dalla  politica  e  dalla  religione  ,  per 
condurre  gli  Indiani  a  godere  de' vantaggi  dell' incivilimento  ,  non 
Iranno  potuto  superare  la  non  curanza  e  l'apatia  di  questo  popolo. 
Pochi  sono  quegli  Indiani  inciviliti  che  non  amino  tuttavia  la  vita 
selvaggia,  e  che  non  vi  facciano  ritorno  quando  lo   possono. 


DI    CARACAS,    DELLA    KU0VA-GR ARATA    EC  41 

Governo  Spagnuolo. 

Il  signor  Depons  prima  di  occuparsi  spezialmente  dell'  organiz- 
zazione civile  e  religiosa  della  parte  orientale  della  terra  ,  dà  al- 
cune nozioni  generali  sul  reggimento  Spagnuolo  nell'America  ,  sul 
Consiglio  delle  Indie  e  sulle  sue  attribuzioni,  sul  rappresentante 
del  Re,  sul  potere,  sulle  obbligazioni,  sugli  assegnamenti  del 
medesimo,  e  finalmente  sopra  ciò  che  nell'America  Spagnuola 
viene  appellato  Udienza  reale.  Lo  sviluppamene  di  queste  no- 
zioni generali  trovasi  per  la  maggior  parte  nel  quadro  particolare 
die  l'autore  ci  ha  fatto  dell'organizzazione  particolare  del  capi- 
tanalo generale  di   Caracas:    noi   ne  daremo  qualche  idea. 

Udienza  reale  di  Caracas. 
Nel  1786,  venne  stabilita  con  un  decreto  del  Redi  Spagna  y 
l'udienza  reale  di  Caracas:  essa  si  estende  sulle  province  di  Ve- 
nezuela, di  Maracaibo,  di  Cumana  ,  di  Varinas,  della  Gnyana  e 
dell'isola  della  Margherita,  ed  è  composta  di  un  Presidente  ,  che 
è  il  capitano  generale,  di  un  reggente,  di  tre  oidors ,  di  due 
fiscali,  l'uno  pel  civile  e  l'altro  pel  criminale,  di  un  solo  rela- 
tore e  di  un  alguazil.  L'abito  di  questi  giudici  consiste  in  una 
veste  nera  che  copre  gli  altri  panni  dello  stesso  colore.  Una  volta 
portavano  sospesa  ad  un  asolo  una  spezie  di  bacchetta  bianca, 
che  appresso  gli  Spagnuoli  è  il  generale  contrassegno  di  giuri- 
sdizione: ora  essa  non  è  più  in   uso  (1). 

/  Cabildos. 

I  Cabildos ,  stabiliti  nelle  città  e  ne' villaggi  Indiani,  formano 
il  primo  grado  di  giurisdizione  nella  parte  orientale  di  Terra- 
Ferma.  Non  si  può,  dice  Depons,  farsene  una  più  giusta  idea 
ehi  col  paragonarli  alle  municipalità  stabilite  dall'assemblea  co- 
stituente }  la  sola  differenza  consiste  in  ciò  the  i  Cabildos  non 
hanno  prefetti,  ma  gli  Alcadi,  i  qu.ili  non  differiscono  dai  nostri 
uffiziali  municipali,  i  regidor  che  compongono  il  corpo  delibe- 
rativo, siccome  i  notabili,  formano  il  consiglio  del  comune}  havvi 
di  più  un  sindaco  che  esercita  gli  ufiizj  che  nelle  municipalità 
venivano  eseguiti  dai  procuratori  del  comune,  ed  un  cancelliere 
incaricato  della  compilazione  degli  atti. 

L'imperizia  del    Governatore    Villacinda,  che    nel    i556,  oi- 

(1)  Baumarchais  fa  allusione  a  quest'uso  nel  suo  Marìage  de  Figaro. 


42.  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

dinò  in  pregiudizio  del  suo  luogo-tenente-generale,  che  durante 
la  vacanza  ,  i  Cabildos  di  Venezuela  governassero  quella  provincia, 
fece  sì  che  ciascuno  nel  suo  distretto  procurasse  d'usurpare  ogni 
potere.  Essendo  così  divise  le  redini  del  governo,  vi  s'introdusse 
la  confusione  e  l'anarchia,  e  ciò  che  fu  peggio  ancora,  i  Cabil- 
dos, lusingati  di  una  prerogativa  così  inaspettata,  cercarono  di 
renderla  costante  ,  di  convertirla  in  diritto,  e  vi  riuscirono.  L'abu- 
so poi  ch'essi  ne  fecero  pel  corso  di  un  secolo  e  mezzo,  giunse 
a  tal  segno  che  il  governo  fu  obbligato  di  por  loro  un  freno. 
Verso  il  principio  del  secolo  decimo  ottavo  si  tentò  di  scemare 
il  potere  dei  Cabildos,  e  furono  perciò  posti  sotto  la  tacita  vigi- 
lanza dei  comandanti  militari,  e  quasi  sotto  la  dipendenza  dei 
luogo-tenenti,  de' Governatori  od  offiziali  civili  ,  nominati  dai  Go- 
vernatori sotto  il  titolo  di  Justicia  major.  Queste  precauzioni, 
osserva  Depons,  furono  forse  portate  un  po' troppo  all'eccesso:  i 
Cabildos  vennero  spogliati  di  moltissime  attribuzioni  :  e  quello  di 
Caracas  spezialmente,  che  aveva  maggiormente  abusato  del  suo 
potere,  fu  sottoposto  ad  una   più  grande  riduzione. 

La  giustizia  ,  nel  capitanato  generale  di  Caiacas,  è  altresì  am- 
ministrata da  molti  altri  tribunali,  perchè  gli  Spagnuoli ,  divisi 
in  classi  privilegiate,  non  vogliono  essere  sottoposti  ad  un'ammi- 
nistrazione comune.  Gli  ecclesiastici,  i  militari,  gli  amministratori 
hanno  il  loro  particolar  tribunale \  e  siccome  quelle  tre  professio- 
ni sono  per  la  maggior  patte  esercitate  dalla  popolazione  bianca, 
così  ne  segue  che  trovansi  pochi  bianchi  di  un  grado  distinto  che 
restino  sottoposti  ai  tiibunali  ordiuuj  Questi  tribunali  privilegiati 
sono  appellati  Fueros.  Il  Fuero  militare  poi  non  è  neanche  uni- 
forme per  tutti  quelli  che  sono  soggetti  alla  giustizia.  Il  soldato, 
il  caporale,  il  sergente  sono  difinit.ivamente  condannati  in  virtù 
della  sola  sentenza  del  consiglio  di  guerra  confermata  dal  capi- 
tano generale}  mentre  che  la  vita  e  l'onore  di  tutti  i  militari  di 
un  grado  superiore,  sono  sotto  la  salvaguardia  diretta  ed  imme- 
diata  del   Re. 

Depons  termina  il  quadro  dell'amministrazione  della  giustizia 
in  queste  contrade  con  una  importante  osservazione,  e  questa  si 
è  che  la  vita  dell'uomo  è  colà  molto  rispettata,  ma  che  vi  si 
trova  un  disprezzo  assoluto  per  la  sua  libertà.  Bisogna  avere  com- 
messo i  più  atroci  misfatti  per  essere  condannato  alla  morte  j  ma 


DI    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC.  /j3 

bastano  il  più  leggier  sospetto,  ed  il  più  picciolo  debito  per  cac- 
ciare un  uomo  nella  miseria  delle  prigioni. 

L'organizzazione  degli  stabilimenti  religiosi  nella  parte  orien- 
tale di  Terro-Ferma  occupa  un  gran  luogo  nella  relazione  di  M. 
Depons,  il  quale  si  è  infinitamente  esteso  anche  sulle  più  preziose 
produzioni  di  questi  paesi  ,  e  sulla  coltivazione  del  caccao,  del 
caffè,  dello  zucchero  e  del  tabacco. 
Descrizione  della  Gujana  Spagnuola. 

]Noi  abbiamo  tenuta  separata  la  descrizione  della  parte  della 
Gujana  che  appartiene  agli  Spagnuoli,  e  che  dipende  da  Caracas. 
Essa  è  lunga  più  di  400  leghe,  dalle  foci  dell' Orenoco  sino  ai 
confini  del  Brasile}  la  sua  larghezza  giugne  in  qualche  silo  fino  a 
i5o  leghe.  Su  quest'immensa  superficie  non  si  contano  che  circa 
58m.  abitatori  conosciuti  e  soggetti,  ventimila  de' quali  Americani 
indigeni  setto  la  direzione  de' Missionarj-  ma  sembra  che  la  popo- 
lazione indipendente  sia  più  considerabile. 
Città. 

Questa  provincia  è  divisa  in*1  Alto  e  Basso  Orenoco.  Il  Gover- 
natore ed  il  Vescovo  risiedono  a  San-Thomè  dall'Angostura,  città 
fondata  l'anno  i586  sulla  riva  deslra  del  fiume,  cinquanta  leghe 
distante  dalla  sua  foce,  e  che  venne  poscia  trasferita  a  go  leghe 
di  distanza  dal  mare.  Le  strade  sono  disposte  in  linea  retta  e  sel- 
ciate ,  e  l'aria  n'è  salubre:  in  tempo  del  gran  caldo  si  dorme 
sulle  logge  delle  case,  senza  che  l'aria  aperta  nuoccia  alla  salute. 
La  città  vecchia  di  S.  Thomè  è  assai  malsana. 
Produzioni. 

Le  terre  della  Gujana,  eccellenti  soprattutto  per  la  coltivazione 
del  tabacco,  non  presentano  che  pochi  poderi  mal  lavorati  ove 
gli  abitatori  raccolgono  un  po' di  cotone,  di  zucchero  e  pochi  vi- 
veri del  paese.  Si  asporta  grande  quantità  di  bestiame.  Questa 
provincia,  destinata  per  la  sua  fertilità  e  posizione  ad  acquistare 
una  grande  importanza,  ne  andià  spezialmente  debitrice  all'Ore- 
noco,  fiume  di  cui  abbiamo  già  descritto  il  corso. 
Importanza  delV  Orenoco. 

I  fiumi  minori  che  vi  metton  foce,  ed  il  cui  numero  oltrepassa 
i  trecento,  sono  altrettanti  canali  che  introdur  potrebbero  nella 
Gujana  tutte  le  ricchezze  che  produrre  potrebbe  l'intero  pacs< . 
La  sua  comunicazione  col  fiume  delle  Auiazoni  ,    pei    mezzo    di 


44  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

parecchi  rami  navigabili  percorsi  da  De-Hurnboldt,  accresce  i  van- 
taggi, che  può  procurare  alla  Gujana,  facilitando  le  relazioni  col 
Brasile  e  colle  parti  interne  del  nuovo  continente.  Gli  Inglesi , 
sempre  spinti  da  un'attività  ben  intesa,  conoscono  l'importanza 
di  quel  fiume;  essi  fondarono  posti  militari  in  alcune  isole  alla 
sua  foce,  donde  proteggono  il  taglio  del  legname  da  tintura,  e 
donde  comunicano  cogli  Indiani  Guaranos^  tribù  pacifica,  che  nei 
suoi  boschi  maremmani  respinse  il  predominio  Spagnuolo.  Un'al- 
tra nazione  indipendente  e  bellicosa,  quella  degli  Aruakas,  che 
occupa  la  costa  marittima  al  sud  dell"  Orenoco  ,  riceveva  armi  e 
liquori  spiritosi  dalla  colonia  Olandese  d'Essequebo  e  di  Deme- 
ray,  ora  soggetta  agli  Inglesi. 
Fenomeno  delle  acque  nere. 

Nella  parte  superiore  di  quel  fiume  fra  il  terzo  e  quarto  pa- 
rafilo settentrionale,  la  natura  ripite  più  volte  il  fenomeno  di 
ciò  che  chiamasi  le  acque  nere.  L"  Aiabapo,  il  Temi,  il  Tuarr.ini 
ed  il  Guainia,  hanno  acque  di  una  tinta  color  di  caffè  ,  ed  al- 
l'ombra delle  folle  palme,  il  color  loro  passa  al  nero  carico}  ma 
ove  siano  versate  entro  vasi  trasparenti  presentano  un  colore  giallo 
clor  d'oro.  La  mancanza  di  coccodrilli  e  di  pesci,  una  ma^^iur 
freschezza,  un  minor  numero  di  zanzare,  mosquitos ,  ed  mìt' aria 
più  salubre  distinguono  la  regione  de' fiumi  neri,  i  quali  devono 
probabilmente  il  loro  colore  ad  una  dissoluzione  di  carburo  di 
idrogeno,  prodotlo  dalla  moltitudine  delle  piante  di  cui  è  coperto 
il  terreno  per  cui  passano  (i). 
/  Llanos. 

La  Gujana  Spagnuola  racchiude  una  parte  di  quegli  aridi 
deserti  conosciuti  sotto  il  nome  di  Llanos  (2),  de' quali  il  lima* 
nente  appartiene  alla  provincia  detta  San-Jan  de  Llanos,  e  che 
fanno  parte  della  Nuova-Granata.  Non  possiamo  dispensarci  dal 
dare   la   descrizione  fattane  dal  De-Hurnboldt  nell'opera   citala. 

»  Neil' abbandonare  l'umide  rive  dell'Orenoco  e  le  valli  di 
Caracas,  luoghi  ove  natura  profuse  la  vita  organica  ,  il  viaggiatore 
colpito  eia  maraviglia  entra  in  un  deserto  privo  d'ogni  vegeta- 
zione. Non   una  collina,  non  una  rupe  sorge  di  mezzo  a  quell'im- 

(1)  A.  De-Huviboldt.  Tableau  de  la  Nature,  II.,   192. 

(2)  Pronunziate  Lianos. 


DI    CARACAS,    DELLA    MJOVA-GRANATA    EC.  4^ 

rnenso  vóto.  Quell'ardente  terreno  non  presenta  ,  per  la  superGcie 
di  più  di  due  mila  leghe  quadrate,  che  qualche  pollice  di  diffe- 
renza nel  livello.  L'arena  simile  ad  un  vasto  mare,  offre  curiosi 
fenomeni  di  rifrazione.  Il  viaggiatore  vi  è  guidalo  dal  corso  de- 
gli astri  o  da  qualche  sparso  tronco  di  palma-mauritia  e  di  em- 
bothrium  che  scorgesi  a  grandi  distanze.  La  terra  offre  soltanto 
qua  e  là  strati  orizzontali  screpolati,  che  coprono  sovente  spazj 
di  dugento  miglia  quadrale  e  sono  sensibilmente  più  alti  di 
ciò  clie  gli  attornia.  L'aspetto  di  quelle  pianure  cangia  totalmen- 
te due  volte  l'anno:  talora  sono  nude  come  il  mare  di  sabbia 
della  Libia;  talora  coperte  di  un  tappeto  d' erbetta,  come  le 
steppe  elevate  dell'Asia  centrale.  All'arrivo  de' primi  coloni  €- 
rano  quasi  disabitate.  Onde  agevolare  le  relazioni  fra  la  costa  e 
la  Gujana  ,  si  formò  qualche  stabilimento  in  riva  a  quei  fiumi,  e 
si  cominciò  ad  allevare  bestiame  nelle  parti  ancor  più  interne  di 
quell'immenso  spazio.  Questo  bestiame  vi  si  propagò  prodigiosa- 
mente ad  onta  dei  pericoli  a' quali  è  esposto  nella  stagione  della 
siccità  ed  in  quella  delle  pinggie  a  cui  succede  l'inondazione.  Al 
sud  la  pianura  è  circondata  da  una  solitudine  silvestre  e  spaven- 
tosa. Impenetrabili  foreste  coprono  l'umido  paese  posto  fra  l'O- 
renoco  ed  il  fiume  delle  Amazioni ,  masse  immense  di  granito 
stringono  l'alveo  de' fiumi:  le  montagne  ed  i  boschi  risuonano  sem- 
pre del  frastuono  delle  cateratte  ,  del  ruggito  delle  belve  e  degli 
urli  sordi  della  scimia  barbala  forieri  di  piaggia-  Il  coccodrillo 
steso  sopra  un  banco  di  sabbia,  ed  il  boa  colle  sue  spire  enormi 
nascoste  nel  fango  ,  attendono  la  loro  preda;  o  riposano  della  già 
falla  strage  ». 

Tribù  indigene. 
Welle  foreste  e  nelle  pianure  vivono  popoli  di  varie  stirpi  e 
di  società  diverse.  Taluni  distinti  per  idiomi  di  stranissima  disso- 
miglianza ,  sono  erranti,  affatto  ignari  d'agricoltura,  cibansi  di  for- 
miche, di  gomme  e  di  terra,  e  sono  il  rifiuto  della  spezie  umana  5 
tali  sono  gli  Otomachi  ed  i  Jaruri. 

Otomachi,  Jaruri  mangiatori  di  terra. 

Questi  popoli  mangiatori  di   terra   meritano,  attesa  la  loro  sin- 
golarità, una  pascolare   menzione,  e  noi  trarremo  esalte  notizie 
dalle  Vedute  della  JSatura  del  signor  De-Humboldt  (1). 
(0  Ansichten  der  Natur.,  voi.  1.  png.    1J2. 


46  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

La  terra  che  gli  Otomachi  s'ingozzano  è  una  vera  argilla  pla- 
stica o  terra  da  stoviglie,  grassa,  dolce,  di  color  giallo  gvigo  in 
grazia  di  una  piccola  quantità  di  ossido  di  ferro.  Essi  la  cercano 
in  certi  banchi  sulle  rive  dell' Orenoco  e  della  Meta  ,  distinguendo 
dal  sapore  una  spezie  di  terra  dall'altra  \  giacché  non  mangiano 
indifferentemente  ogni  sorta  d'argilla.  Indurano  quella  terra  da 
loro  prescelta  in  pallotte  di  (\  o  6  pollici  di  diametro,  cui  poscia 
espongono  al  fuoco  finché  la  crosta  ne  rosseggi,  e  le  innumidi- 
scono  allorquando  ne  vogliono  mangiare. 

Quegli  Indiani,  generalmente  parlando,  sono  in  sommo  grado 
selvaggi,  ed  abborriscono  la  coltivazione  de' vegetabili.   Le  popola- 
zioni più  lontane  lungo   l' Orenoco  volendo  indicare  una  cosa  su- 
cida  soglion  dire  ,  la   mangerebbe  un  Olomaco.  Benché  le    acque 
deil'Orenoco  e  della  Meta  si   mantengan    basse,  gli  Otomachi    si 
nutrono  di  tartarughe  e  di  pesci ,  uccidendo  questi  a  colpi  di  frec- 
cie  al  momento    che    compajono  a    fior  d'acqua}  spezie  di  caccia 
in  cui  gli  Indiani  sono  mirabilmente  destri.  Quando  i  fiumi  s'in- 
grossano, il  che  periodicamente  avviene  ogni  anno   per  due  o  tre 
mesi,  la  pesca  cessa,  ed  allora  gli  Otomachi  s' ingollano  una  quan- 
tità prodigiosa  d'argilla.  Noi,  dice    De-Humboldt ,    ne  vedemmo 
delle  grandi  provviste  nelle  loro  capanne,  ove  tengono  quelle  pal- 
lone   ammucchiate  in    piramidi.    Uno  di   loro  se    ne  divora  ogni 
giorno  da  tre  quarti  di  libbra  sino  a  una  libbra  e  un  quarto,  per 
ciò  che  ne  disse  un  monaco  di  buon  senno  Fray  Ramon  Bueno 
che  visse  dodici  anni  tra  quei   popoli:  e  ci  assicurano  eglino  stessi 
che  quell'argilla  formava   il   principal  loro  nutrimento  durante  la 
stagione  piovosa.  Nondimeno,    quando  loro  accade    di  averne,  vi 
uniscono  tratto  tratto  una   lucertola  ,  un  piccolo  pesce  o  una  radi- 
ce di  felce.  Quel  cibo    sembra  loro  sì  delizioso,  che  anche   nella 
stagione  secca,  e  quando  hanno,  de' pesci   in  copia  si   mangiano, 
quasi  per  confettura, alcune  palle  di  argilla.  Essi  hanno  la  tinta  ros- 
sobeunastra,  i  lineamenti  deformi  esimili  a  quelli  dei  Tartari,   il 
corpo  carnoso  senza  essere   panciuti. 

II  detto  monaco  ci  assicurò  ben  anche  che  la  salute  di  quegli 
Indiani  non  soffre  alterazione  veruna  nel  tempo  che  si  cibano  di 
terra.  Ecco  dei  fatti.  Mangiano  eglino  una  gran  quantità  d'argilla 
senza  pregiudizio  della  loro  salute,  risguardano  questa  terra  sicco- 
ma  un  eccellente  cibo,  e  ne  fanno  provvista  per  l'inverno  o  per 


DI    CAIUCAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC.  4? 

la  stagione  piovosa.  Ma  questi  soli  fatti  non  bastano  per  decidere, 
se  l'argilla  offra  loro  una  sostanza  nutritiva}  se  le  terre  possano 
assimilarsi  ai  sughi  del  nostro  stomaco,  o  se  non  servano  a  questo 
che  di  eavorra  ,  e  solo  distendendone  le  pareti  facciano  con  ciò 
cessare  il  senso  di  bisogno  d'alimento.  De-Humboldt  non  ardisce 
di  sciogliere  colali  questioni  (i). 

Ma  è  cosa  singolare  che  il  Padre  Gumilla  ,  autore  per  altro 
così  credulo  e  mancante  di  critica  ,  abbia  creduto  bene  il  negare 
che  gli  Oìomachi  mangino  terra  pura  (2)}  pretendendo  che  le 
palle  d'argilhi  siano  impastate  con  farina  di  mais  e  grasso  di 
coccodrillo.  Ma  il  detto  Missionario  Bueno,  e  l'amico  e  compa- 
gno di  viaggio  del  De-Humboldt  Fray  Juan  Gonzalez  assicurano 
che  gli  Oìomachi  non  mettano  mai  grasso  di  coccodrillo  in  quelle 
palle  }  e  quanto  al  mescolarvi  farina  di  mais  eglino  non  ne  hanno 
mai  udito  parola  in  Uruana}  anzi  avendo  De-Humboldt  portato  in 
Francia  di  quella  terra,  e  fattane  1' analasi  chimica  ,  la  trovò  pura 
e  senza  miscuglio  alcuno.    Forse  il  Padre    Gumilla,  confondendo 

(1)  Le  quistioni  che  qui  propone  e  non  risolve  il  signor  De-Humboldt  inte- 
resseranno 1'  attenzione  dei  medici.  Non  si  vorrà  ammettere  nell'argilla  ,  nella 
calce  e  in  altre  simili  terre  una  qualità  nutriente  ,  che  troppo  a  tale  supposi- 
zione si  oppongono  le  idee  generalmente  adottate  circa  alle  sostanze  alimen- 
tose  e  circa  alla  funzione  della  nutrizione:  ne  la  distensione  che  il  loro  volume 
produrpuò  nello  stomaco,  ancorché  recasse  il temporario  vantaggio  di  acche- 
tare il  senso  del  bisogno  d'alimento  ,  vorrà  credersi  sufficiente  ad  esaurire  un 
reale  bisogno,  che  ingannato  al  più  e  non  soddisfatto  farebbesi  sentire  sempre 
più  forte  ed  imperioso.  Ma  quelle  terre,  oltre  all'  essere  inette  alla  nutrizione 
non  possono  riguardarsi  come  inerti  ed  indifferenti  sull'animale  economia: 
esse  devono  esercitare  un'azione  sulla  fibra,  e  se  non  nutriente  dunque  me- 
dicamentosa, come  già  d'  alcune  d' esse  è  dimostrato  nei  libri  di  materia  medi- 
ca, e  tanto  più  nei  casi  indicati  da  D  e-Humboldt,  che  dice  contenersi  in  quelle 
terre  sostanze  metalliche  ed  in  istato  ossido.  La  quistioue  dunque  si  riduce  a 
spiegare,  come  un  gran  numero  di  abitatori  de' paesi  caldi  possono  per  un 
cerio  tempo  vivere  senza  sostanze  alimentose  ,  ed  invece  ingojarsi  una  nota- 
bile quantità  di  sostanze  medicinali,  come  quest*  uso  lungi  dal  nuocere  alla 
loro  salute  }  sia  un  mezzo  di  conservarla.  Se  F  autorità  del  rispettabile  viag- 
giatore che  racconta  questi  fatti,  non  imponesse  credenza  ;  se  questi  fatti  non 
s'accordassero  con  fatti  simili  narrati  da  altri  viaggiatori,  taluno  sarebbe  forse 
tentato  a  negarli.  Chi  desiderasse  di  leggere  alcune  ragionevoli  congetture  su 
di  ciò,  potrebbe  consultare  il  Giornale  della  società  cV  incoraggiamento 
delle  scienze  e  delle  arti  stabilita  in  Milano,  K.°  4  aprile  1 808,  pag.  33  e  seg. 

(1)  Histoire  de  l'Orènoque,  Tom.  I  pag.  283. 


48  DESCRIZIONE   PARTICOLARE 

due  fatti  diversi,  intendeva  alludere  alla  maniera  con  che  gli  In- 
diani preparano  il  pane  coi  baccelli  di  una  spezie  di  inga ,  poi- 
ché essi  interrano  questo  frutto,  onde  più  presto  si  decomponga  e 
riesca  atto  all'uso  che  ne  vogliono  fare. 

Ma  come  avviene  che  gli  Otomachi  ingollandosi  una  si  gran 
quantità  di  terra,  non  ne  provan  danno  di  sorta?  Si  sono  eglino 
con  una  lunga  serie  di  generazioni  formata  una  natura  singolare? 
Egli  è  vero  che  in  tulli  i  paesi  posti  fra  i  tropici  l'uomo  prova 
quasi  un  irresistibile  desiderio  di  mangiar  terra  ,  e  non  già  terra 
alcalina  o  calcarea  che  servir  potrebbe  a  neutralizzare  degli  acidi, 
ma  grassa  e  di  odor  forte }  che  quegli  abitatori  spesso  devono, 
dopo  una  pioggia,  tener  chiusi  in  casa  i  fanciulli  perchè  non  va- 
dano a  divorar  terra  :  che  le  donne  Indiane  del  villaggio  di  Banco 
sulle  rive  del  fiume  della  Maddalena  ,  che  attendono  a  fabbricar 
stoviglie,  si  cacciano  spesso  dei  pezzi  di  terra  in  bocca,  siccome 
vide  con  sua  sorpresa  lo  stesso  De-Humboldl.  Ma  in  fuor  degli 
Oiomachi  gli  individui  lui  ti  delle  altre  tribù  ammalano  quaudo 
cedono  a  questa  strana  voglia  d'argilla. 

Ma  perchè  avviene  che  nei  climi  temperati  e  freddi  questa 
voglia  di  mangiar  terra  è  tanto  rara,  e  quasi  circoscritta  alla  clas- 
se dei  fanciulli  e  delle  donne  gravide?  Nei  paesi  all'opposto  si- 
tuati tra  i  tropici,  può  riguardarsi  come  quasi  generalmente  adot- 
tato questo  strano  costume.  I  Negri  della  Guinea  ingozzano  abi- 
tualmente una  tetra  giallastra  detta  cahouac  \  nell'isola  di  Java, 
tra  Sourabaja  e  Samarang,  Labiliardière  vide  vendersi  nei  villag- 
gi certe  piccole  focaccie  quadrate  rossastre  che  gli  indigeni  chia- 
mavano tanaampo:  esaminatele  le  trovò  falle  di  pura  argilla  (i). 
Gli  abitatori  della  Nuova-Caledonia  acchetano  la  fame  divorandosi 
dei  pezzi  grossi  quanto  un  pugno,  di  una  spezie  di  talco  friabile, 
che  Vauquelin  trovò  contenere  uua  picciola  quantità  di  rame.  A 
Popayan  e  in  molte  parti  del  Perù  la  terra  calcarea  è  venduta 
sui  mercati  come  usuale  alimento  desìi  Indiani  che  se  la  man- 
giano  col  coca  o  sia  foglia  dell' Erytroxylon  Peruvianwn.  Que- 
st'uso pertanto  di  nutrirsi  di  terra,  uso  a  cui  la  natura,  siccome 
pare,  dovrebbe  invitare  piuttosto  gli  abitatori  degli  sterili  paesi 
del  settentrione,  regna  sotto  tutta  la  zona  torrida,  presso  quelle 

(r)  Voyage  à  la  recherche  de  La-Peyrouse,  Tom.  II.  pag.  022. 


DI    CARACAS  ,    DELLA    NUOVA-GRAHATA    EC  ^9 

torpide  popolazioni  poste  nelle  più  belle  e  più  feri  ili  contrade 
dell'universo.  Ma  abbastanza  abbiamo  parlato  di  questi  mangia- 
tori di  terra  5  e  ci  si  perdonerà  la  lunga  digressione,  a  cui  ci 
condusse  quasi  senza  avvedercene  la  singolarità  di  tale  usanza. 
Ritorniamo  ad  osservare  le  altre  tribù  indigene  che  popolano  la 
Gujana  Spagnuola. 
/  Betoy  ed  i  May  puri. 

I  Missionaij,  i  quali  fra  le  tribù  a  ponente  dell' Orenoco,  con- 
vertirono i  Betoy  ed  i  Maypuri,  riconobbero  nella  loro  lingua,  non 
che  in  quella  dei  Yaruri,  una  sintassi  regolare  ed  anche  molto  ar- 
(ifiziosa.  Gli  Achagua  parlano  un  dialetto  del  Maipuro  (i)-  A  le- 
vante la  missione  d' Esmeralda    è    il  posto  più  rimoto.   Il  signor 
De-Humboldt  penetrò  nell'interno  di  questo  mondo  sconosciuto. 
/  Guaica. 
n  Gli  Indiani  Guaica,  egli  dice,  razza  d'uomini  bianchissimi, 
piccolissimi  e  quasi  pini  mei,  ma  assai  bellicosi,  abitano  il  paese  a 
levante  di  Passimoni. 
/  Guajaribi. 

I  Guajaribi,  di  un  color  di  rame  assai  carico  t  estremamene 
feroci,  e  per  quanto  dicesi,  anche  antropofago  impediscono  ai  viag- 
giatori dì  penetrare  fino  alle  sorgenti  dell' Orenoco.  I  moschi  tos  e 
mille  altri  insetti  pungenti  e  velenosi  popolano  quelle  solitarie  fo- 
reste. I  fiumi  sono  pieni  di  coccodrilli,  e  di  piccioli  pesci  caribi 
pari  in  ferocia  w. 
/  Maquiratani  ec. 

Altre  tribù  dalla  parte  orientale,  cnme  i  Maquiratani  ed  i  Ma- 
hos,  hanno  dimore  stabili ,  vivono  delie  frutta  da  essi  coltivate  , 
hanno  una  certa  intelligenza  e  più  miti  costumi. 
Caraihi. 

La  nazione  dominante  lungo  la  costa,  da  Surinam  fino  al  ca- 
po della  Vela,  era  un  tempo  quella  de'Caraibi,  in  parte   stermi- 
nata dagli  Europei.  Non  si  sa  dire  se  quella   schiatta  d'uomini  ve- 
nisse dalle  Anlille  al  continente  o  viceversa.  Fra  tutte  le  nazioni 
i  Americane  i  Garaibi  distinguonsi  pel  loro  vadore  e  per  la  loro  alti- 
i  vita.  Abitano  villaggi  governati  da  un  capo  elettivo,  cui  gli  Eu- 
e  ropei  chiamano  Capitano.  Per  andar  allri  pugna  si  raccolgono  al 

(1)  Hervas.,  Catalogo  delle  lingue,  pag.  .'j.i-53. 
Cost.  Voi.  Ili  delC  America.  4 


DO  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

suono  di  una  conca.  I  Caraibi  sono  forse  i  popoli  più  robusti 
dopo  i  Palagoui.  Secondo  gli  antichi  viaggiatori  sono  antropofago 
sembra  per  lo  meno  vero  ,  che  mangino  i  loro  nemici  ,  le  cui 
carni  divorano  coli" avidità  delPavoltojo.  La  lingua  Garaiba  , 
una  delle  più  sonore  e  dolci  del  mondo  conta  quasi  trenta  dia- 
letti   (i). 

Figure  scolpite  sopra  le  rupi. 

Vaste  estensioni  di  paese  fra  il  Cassiquiari  e  P Alabapo  non 
sono  abitate  che  da  scimie  riunite  in  società  e  da  tapiri.  Varie  figure 
scolpite  sopra  le  rupi  provano  che  quelle  solitudini  furono  un 
tempo  popolate  da  una  nazione  giunta  ad  un  certo  grado  d'  inci- 
vilimento. Fra  il  secondo  e  quarto  paralello,  in  una  pianura  sel- 
vosa, cinta  da  quattro  fiumi  POrenoco,  l'Atabapo,  il  Rio-Negro 
ed  il  Cassiquiari,  osservatisi  roccie  di  selenite  e  di  granilo,  coperte 
di  figure  simboliche  colossali,  rappresentanti  coccodrilli,  tigri,  uten- 
sili domestici  e  le  immagini  del  sole  e  della  luna.  Oggidì  quel- 
l'angolo della  terra  è  disabitato  per  più  di  cinquecento  miglia 
quadrate.  Le  popolazioni  vicine  consistono  in  selvaggi  erranti,  e 
ben  lontani  dal  poter  scolpire  sui  macigni  il  benché  minimo 
geroglifico.  Monumenti  simili  sussistono  presso  Caicara  ed  Uma- 
na. Vi  si  riconosceià  forse  un  giorno  V  opera  degli  Americani 
Muysca,  de'quali  or  ora  parleremo  nel  descrivere  il  nuovo  reguo 
di  Granata. 

Descrizione  della  Nuova-Granata- 

Le  suddivisioni  del  regno  della  Nuova-Granata  sono  imperfet- 
tamente conosciute.  Le  province  del  Panama  e  di  Darien,  seb- 
bene portino  il  titolo  di  regno  di  Terra-Ferma,  dipendono  dal 
vice-Re  della  Nuova-Granata.  Il  regno  di  Quito  che  racchiude 
ìe  province  di  Quito  o  Tacames,  di  Macas,  di  Quixos,  di  Juan 
di  Bracamoros  e  di  Guayaquil  conserva  pure  la  propria  denomi- 
nazione, sebbene  soggetto »al  nuovo  regno  di  Granata.  Questo  pro- 
priamente detto  comprende  le  province  seguenti  :  Santa-Fè  di 
Bogota  e  Antioquia,  nel  centro \  Santa  Maria  e  Cartagena  al  nord 
sul  mare  de'Caraibi}  S.  Giovanni  de  Los  Llanos  a  levante}  Po- 
payan,  al  sud  *,  Barbacoa  e  Choco  co'  suoi  smembramenti^  Beri- 
quela,  Novità  e  Raposa  a   ponente  verso  l'Oceano  Pacifico. 

(i)  Chi  desidera  più  estese  cognizioni  sui  varj  idiomi  delle  tribù  in- 
digene consulti  il  suddetto  catalogo  di  Hervas. 


DI    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC.  5l 

Estrema  diversità  dei  climi. 

La  Nuova-Granata  presenta  un'estrema  diversità  di  climi.  L'a- 
ria è  temperata,  fredda  ed  anche  gelata,  ma  sanissima  sugli  alti- 
piani elevati  5  infuocata,  soffocata  e  pestifera  in  riva  al  mare,  ed  in 
qualche  profonda  vaile  dell'interno.  A  Cariogena  ed  a  Guayaquil 
la  febbre  gialla  è  endemica.  La  città  di  Honda,  sebbene  alta  i5o 
tese  sopra  il  livello  del  mare  va  soggetta  ad  un  tal  caldo  per  ef- 
fetto del  riverbero  delle  roccie,  che  non  si  oserebbe  por  la  mano 
su  di  una  pietra*,  e  le  acque  del  fiume  la  Maddalena  acquista  h 
temperatura  di   un  bagno  tepido. 

Fiumi. 

I  due  fiumi  della  Maddalena  e  di  Gauca,  che  vanno  diretta- 
mente dal  sud  al  nord  hanno  la  sorgente  e  le  foci  nella  Nuova- 
Granata.  Scorrono  amendue  in  una  profonda  valle  delle  Ande,  e 
si  riuniscono  sotto  il  9  grado  di  latitudine  settentrionale.  Il  corso 
del  Cauca  è  ingombro  di  rupi  \  ma  gli  indigeni  sanno  schivarle 
ne' loro  canot.  La  Maddalena  è  navigabile  fino  ad  Honda  ,  e  di 
là  non  si  giugne  a  Santa-Fè  che  per  orribili  strade,  per  mezzo 
a   boschi  di  quercie,  di  melaslomi   e  di  chinachina. 

Vegetabili. 

A  Quito  e  a  Santa-Fè  la  vegetazione  è  meno  varia  che  nelle 
altre  regioni  egualmente  elevate  sull'Oceano.  Trova nsi  nelle  Ande 
di  Quindiu  e  nei  boschi  temperati  di  Loxa  cipressi  ,  ginepri  ed 
abeti  i,  i  coni  nevicati  de'monti  sorgono  in  mezzo  allo  storace  , 
alle  passiflore  in  albero  ,  alle  bambusas  ,  alle  palme  che  dan  la 
cera.  Il  caccao  di  Guayaquil  è  molto  stimato  :  si  fece  anche  la 
prova  di  piantare  il  caffè  nei  contorni  di  quella  città,  e  riuscì  a 
maraviglia.  Il  cotone  ed  il  tabacco  sono  eccellenti.  Vi  si  raccoglie 
molto  zucchero:  visi  fa  inchiostro  col  suco  dell'uvilla,  cestrum 
tinctoriuni'^  e  ci  ha  un  ordine  della  corte  che  ingiugue  ai  vice-Rè 
di  non  impiegare  per  le  carte  uffizioli,  che  quell'azzurro  d'  uvilla, 
perchè  è  più  indistruttibile  nel  miglior  inchiostio  d'Europa. 

Produzioni  minerali. 

Le  produzioni  minerali  sono  ricche  e  variate:  noi  accenneremo 
le  principali.  Il  regno  della  Nuova-Granata  produce  annualmente 
22*11.  marchi  d'oro  e  poco  argento.  Si  coniano  nelle  zecche  di 
Santa-Fè  e  di  Popayan  2,100,000  piastre  in  oro  ,  cioè  t8,3oo 
marchi.  L' asportazione  di  quel   metallo  in  verghe  ed   in  oggetti  di 


.52  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

orefice,  ammonta  a  400ro'  piastre.  Tutto  l'oro  che  dà  la  N uova- 
Granata  è  prodotto  dai  lavori  stabiliti  in  terreni  d'alluvione:  co- 
nosconsi  filoni  d'  oro  nelle  montagne  di  Guaruoer  e  d'Antioquia} 
ma  trascuransi  quasi  interamente.  Le  più  grandi  ricchezze  d'oro 
da  lavacro  son  deposte  a  ponente  della  Cordigliera  centrale.  La 
provincia  d'Antioquia  ,  ove  non  si  può  entrare  che  a  piedi  o  a 
spalla  d'uomo  ,  presenta  filoni  d'  oro  che  non  si  lavorano  per 
mancanza  di  braccia.  I  ricchi  filoni  d' argento  di  Marquetones 
sorpasserebbero  il  Potosi  ,  ma  sono  negligentati  j  sdegnasi  ancor 
più  il  rame  ed  il  piombo. 

Cave  di  Smeraldi. 

Il  fiume  degli  smeraldi  passa  dalle  Ande  fino  al  nord  di 
Quito.  A  Muzo,  nella  valle  di  Tunca,  presso  Santa-Fè  di  Bogota 
sono  le  principali  cave  moderne  degli  smeraldi  detti  del  Perù,  e 
che  preferisconsi  a  ragione  a  tutte  le  altre,  dopo  che  si  sono  tra- 
scurate quelle  d'Egitto.  Gli  smeraldi  che  trovatisi  entro  i  sepol- 
cri degli  indigeni  sono  lavorati  in  forma  rotonda,  in  cilindri,  in 
coni  ed  oltre  figure,  e  traforati  con  gran  precisione;  ma  ignoransi 
i  mezzi  che  a  ciò  s'impiegano. 

Diamanti  ec. 

Le  miniere  d'oro  d'Antioquia  e  di  Guaimoco  contengono  pic- 
cioli diamanti.  Si  conosce  anche  del  mercurio  solforato  o  cinabro 
nelle  province  d'Antioquia  e  altrove. 

Città  ed  altipiano  di  Bogota. 

Santa-Fè  di  Bogota  è  il  luogo  più  rimarcabile  di  questo  re- 
gno. Ecco  quanto  ci  vien  raccontato  intorno  alla  fondazione  di 
questa  città.  Nel  i536  Ferdinando  di  Lugo  Ammiraglio  delle 
Canarie,  mandò  Gonzalo  Ximenes  de  Quesada  suo  luogotenente, 
da  S.  Marta  ,  a  scoprire  il  paese  che  giace  lungo  il  gran  fiume 
della   Maddalena. 

Storia  della  fondazione  della  medesima. 

Il  Ximenes  viaggiò  per  terra  lungo  la  sponda  di  quel  fiume, 
ma  incontrò  gravi  difficoltà  per  causa  delle  folte  boscaglie,  e  prin- 


cipalmente a  motivo  delle  frequenti  scorrerie  de'  paesani.  Egli 
giunse  a  un  luogo  nominato  Torà,  che  da  lui  fu  chiamato  Pue- 
bla  de  los  Bracos,  perchè  ivi  si  univano  quattro  fiumi,  e  in  quel 
posto  passò  l'inverno.  Nella  primavera  seguente  si  avanzò  lungo 
le  sponde  di  un  altro  fiume  ,    fino    alle    falde  d'  alte  montagne 


DI    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC  53 

eliminale  Opon ,  passate  le  quali  giunse  in  una  contrada  di  pia- 
nura uguale  e  ben  coltivala,  e  quindi  arrivò  colla  sua  gente  alla 
provincia  del  poderoso  Gacico  Bogota  che  fu  da  lui  sconfìtto.  Sac- 
cheggiò quivi  i  villaggi  degli  Indiani ,  ove  trovò  gran  quantità  di 
oro  e  di  smeraldi.  Di  là  passò  nei  paesi  dei  Pancos,  separati  da 
quello  del  Bogota  da  alcune  picciole  colline,  ed  entrò  in  una 
vallata,  che  fu  da  lui  chiamata  la  Tromba,  quindici  leghe  di- 
stante da  un' altissima  montagna  spogliata  d'alberi,  dalla  quale 
gli  Indiani  ricavano  gli  smeraldi.  Nel  tempo  ch'egli  ed  i  suoi 
compagni  si  trattennero  in  questa  valle  fecero  un  immenso  bottino, 
e  presero  gran  quantità  d'oro.  Tre  giorni  di  cammino  più  oltre 
soggiogarono  altri  Gacichi ,  ed  essendo  ritornati  alla  provincia  del 
Bogota,  passarono  per  il  paese  di  Pancos,  ed  obbligarono  la  mag- 
gior parte  dei  paesani  a  far,  dopo  una  lunga  guerra,  la  pace.  Il 
Ximenes  giudicando  che  questo  paese  fosse  bastantemente  scoperto 
e  soggiogato,  lo  chiamò  il  nuovo  regno  di  Granata ,  essendo  egli 
nativo  della  provincia  che  nella  vecchia  Spagna  ha  quel  nome,  e 
vi  fabbricò  la  città  di  Santa-Fè,  che  ne  è  la    capitale  (i). 

Ora  questa  città,  residenza  del  vice-Rè,  dell' audiencia,  d'un 
Arcivescovo  e  di  una  università  ,  racchiude  più  di  trenta  mila 
abitatori,  chiese  e  palazzi  magnifici,  non  che  cinque  superbi  pon- 
ti (2).  L'aria  è  costantemente  temperata  }  e  vi  si  fa  sempre  ab- 
bondante ricolto  di  formento  e  di  giuggiolena  d'Asia.  L'altipiano 
di  Bogota  è  circondato  d'alte  montagne^  il  perfetto  livello  del  suo 
terreno,  la  sua  geologica  costituzione,  la  forma  delle  roccie  di 
Suba  e  di  Facatativa,  che  sorgono  a  guisa  d'isole  di  mezzo  alla 
savane,  tutto  sembra  indicare  la  sussistenza  di  un  antico  lago. 
Cateratta  di  Tequendama. 

Il  fiume  di  Funzha  ,  così  De-Humboldt  (3),  comunemente 
chiamato  Rio  di  Bogota  ,  dopo  di  avere  raccolte  le  acque  della 
valle  si  è  aperto  un  passaggio  a  traverso  le  montagne  situate  al 
sud-ouest  della  città  di  Santa-Fè.  Esso  sbocca  dalla  valle  nelle 
vicinanze  di  Tequendama  ,  precipitandosi  da  una  stretta  bocca,  in 
una  fenditura  che  scende  verso  il  bacino  del  fiume  della  Madda- 
lena. Gli  indigeni  attribuiscono  a  Bochica ,  fondatore  dell'impero 

(i)  V.  Gazzettiere  Americano  all'  articolo  Granata  Nuova. 

(2)  Yiajero  universal,  voi.  XXII.  pag.  277. 

(3)  Atlas  Pittoresque.  Tav.  6  pag.  19-33. 


&4  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

di  Bogota  o  di  Condinamarca  ,  l'aprimeulo  di  quelle  rupi  e  la 
formazione  della  cateratta  di  Tequendama.  I  viaggiatori  che  hanno 
veduto  da  vicino  questa  grande  cascata  ,  non  saranno  sorpresi  che 
popoli  grossolani  abbiano  attribuita  un'origine  miracolosa  a  queste 
roccie  che  pajon  tagliale  dalia  mano  dell'uomo  a  questa  angusta 
■voragine  nella  quale  si  precipita  un  fiume  che  riunisce  tutte 
le  acque  della  valle  di  Bogota,  a  queste  iridi  brillanti  de' più 
belli  colori,  e  che  cangian  di  forma  ad  ogni  istante,  a  questa 
colonna  di  vapori  che  s'innalza  qual  densa  nube ,  e  che  si  scorge 
alla  distanza  di  cinque  leghe  passeggiando  intorno  alla  città  di 
Santa- Fé. 

Il  disegno  che  noi  vi  presentiamo  nella  Tavola  4^  preso  dal- 
l'Atlante di  De-Humboldt,  non  può  dare  che  una  debole  idea  di 
questo  maestoso  spettacolo.  Se  è  cosa  assai  difficile  il  descrivere 
le  bellezze  delle  cascate,  è  ancora  più  difficile  il  rappresentarle  in 
disegno.  L'impressione  ch'esse  lasciano  nell'anima  dell'osservatore 
dipende  dal  concorso  di  molte  circostanze:  bisogna  che  il  volume 
d'acqua  che  si  precipita  sia  proporzionalo  all'altezza  della  caduta, 
e  che  il  paese  circonvicino  abbia  un  carattere  romantico  e  selvag- 
gio. La  caduta  salto  di  Tequendama,  riunisce  tutto  ciò  che  può 
rendere  un  luogo  pittoresco  nel  grado  più  eminente.  Essa  non  e, 
come  si  crede  nel  paese,  la  più  alta  caduta  del  globo,  né  il  fiume 
si  precipita,  come  dice  Bouguer ,  in  una  voragine  dai  cinque  ai 
sei  cento  metri  di  profondità  perpendicolare,  ma  sussiste  appena 
una  cascata,  che  ad  un'altezza  sì  considerabile  unisca  una  sì 
grande  massa  d'acqua.  Il  «Rio  di  Bogota,  dopo  di  esser  passato 
per  le  paludi  che  trovansi  fra  i  villaggi  di  Facatativa  e  Fonlibon, 
conserva  tuttavia  nelle  vicinanze  di  Ganoas,  un  po'al  disopra  del 
salto,  una  larghezza  di  quarantaquattro  metri,  il  fiume  si  ristrigne 
d' assai  vicino  alla  stessa  cascata,  ove  la  spaccatura,  che  pare  for- 
mata da  un  terremoto,  non  ha  che  dieci  o  dodici  metri  d'aper- 
tura. Durante  la  grande  siccità,  il  volume  d'acqua  che  in  due 
salti  precipitasi  ad  una  profondità  di  i^5  metri  ,  presenta  ancora 
un  profilo  di  90  metri  quadrati.  Si  è  aggiunta  al  disegno  della 
cascata  la  figura  di  due  uomini,  per  servire  di  scala  all'altezza 
totale  del  salto.  Il  punto  in  cui  questi  uomini  sono  collocati  ,  al- 
l'orlo superiore,  è  elevato  2467  metri  sopra  il  livello  dell'Ocea- 
no. Da  quel  punto  fino  al  fiume  della  Middalena,  il  picciol  fiume 


Anur.  Vo/.ll] 


DI  CARACAS,  DELLA  5U0VA-GRANATA  EC.  55 

di  Bogota ,  ohiamato  al  piede  della  cascola  Rio  de  la  Mesa  o  di 
Tocayma  o  del  Collegio,  ha  ancora  più  di  2010  nielli  di  cadula  , 
ciò  che  fa  più  di   i/jo  metri  per  lega  comune. 

La  strada  ,  che  guida  dalla  città  di  Santa-Fè  al  salto  di 
Tequendama,  passa  dal  villaggio  di  Suacha  pel  podere  di  Ganoas 
rinomato  pe'suoi  bei  ricolti  di  frumento:  si  crede  che  l'enorme 
massa  di  vapori  che  s'innalzano  continuamente  dalla  cascata,  e  che 
vengon  precipitati  dal  contatto  dell'  aria  fredda,  contribuisca  mol- 
tissimo alla  grande  fertilità  di  questa  parte  dell'altipiano  di  Bo- 
gota. In  picciola  distanza  di  Ganoas,  sull'altura  di  Scipa  ,  si  gode 
di  una  magnifica  veduta,  che  sorprende  il  viaggiatore  per  effetto 
dei  contrapposti.  Appena  abbandonati  i  campi  coltivati  a  fermento 
ed  orzo,  veggonsi  intorno,  oltre  1'  aralia,  l'alstonia  theaeformis,  la 
begonia  ed  il  qninquina  giallo,  (  Cinchona  cor dif olia  ^  M.  )  \ 
quercie,  ontani  ed  altre  piante  che  ci  richiamano  alla  memoria  la 
vegetazione  dell' Europa  *,  ed  in  un  colpo  d'occhio  si  scopre,  come 
dall'alto  di  un  terrazzo,  un  paese  ove  vegetano  palme,  banani  e 
cannamele.  E  siccome  la  spaccatura  nella  quale  si  precipita  il  Rio 
di  Bogcta  comunica  colle  pianure  della  regione  calda,  tierra  ca- 
liente,  così  alcune  palme  si  sono  avanzate  fino  ai  piedi  della  ca- 
scata. Questa  circostanza  particolare  fa  dire  agli  abitatori  di  San- 
ta-Fè che  la  cascala  di  Tequendama  è  sì  alla,  che  l'acqua  cade 
di  un  salto  dal  paese  freddo,  tierra  fria ,  nel  paese  caldo.  O- 
gnuno  comprende  che  una  differenza  d'altezza  di  i^5  metri  non 
è  sì  considerabile  da  influire  sensibilmente  sulla  temperatura  del- 
l'aria. Non  è  in  conseguenza  dell'altezza  del  suolo  che  la  vege- 
tazione  dell'altipiano  di  Ganoas  contrasta  con  quella  del  burrone: 
se  la  roccia  di  Tequendama  non  fosse  a  perpendicolo,  e  se  l'alti- 
piano di  Ganoas  fosse  così  riparato  dalle  ingiurie  dell'aria  siccome 
lo  è  la  spaccatura  ,  le  palme  che  vegetano  al  piede  della  cascata 
sarebbero  giunte  senza  dubbio  fino  al  livello  superiore  del  fiume. 
L'aspetto  di  questa  vegetazione  è  tanto  più  importante  per  gli 
abitatori  della  valle  di  Bogota  ,  in  quanto  eh'  essi  vivono  in 
un  clima  ove  il  termometro  discende  spesso  fino  al  punto  della 
congelazione. 

Benché  il  fiume  perda  nel  cadere  una  grande  quantità  d'ac- 
qua, che  si  riduce  in  vapori  ,  la  rapidità  del  corrente  inferiore 
sforza  l'osservatore  di  rimanersi  lontano  circa  14°  metri  dal  ha- 


56  DESCRIZIONE    rARTICOI.ABE 

cino  scavalo  dall'urto  dell'acqua.  Il  fondo  di  questa  spaccatura  è 
leggermente  illuminalo  dalla  luce  del  giorno.  La  solitudine  del 
luogo  ,  la  ricchezza  della  vegetazione  ed  il  rumore  spaventevole 
die  si  ode  ,  tendono  il  piede  della  cascata  di  Vequendama  uno 
de' "luoghi  più  selvaggi  delle  Cordigliere. 
Ponti  naturali  cf  Icononzo.   Pialle  d' Icononzo. 

La   valle  d' Icononzo  o  di  Pandi  (i),  una  parte  della  quale  è 
rappresentata  nella  Tavola   5,  è  anch'essa  aesai  rimarcabile  per  la 
forma  straordinaria  delle  sue  roccie  che  pajono  tagliate  dalla  ma- 
no dell'uomo.  Le  loro  nude  ed  aride  sommità  fanno  un  contrap- 
posto il  più  pittoresco  coi  boschetti  d'alberi  e  piante  erbacee  che 
coprono  gli  orli  della  spaccatura.  11  picciolo  torrente  che  si  è  a- 
pcrlo  un  passo  a  traverso  la  valle  d' Icononzo    porta  il  nome    di 
Rio  de  la  Summa  Paz.  Esso  discende  dalla  catena  orientale  delle 
Ande,  che,  nel  regno,  della  Nuova-Granata  ,  separa  il  letto  del 
fiume  della  Maddalena  dalle  vaste  pianure  della  Meta,  del  Gua- 
viare  e  dell'Orenoco.  Questo  torrente  incassato  in  un  letto  quasi 
inaccessibile,  non  potrebbe  essere  valicato  se  non  con  molta  dif- 
ficoltà se  la  natura  non  vi  avesse  formalo  due  ponti  di  roccie,  che 
nel  paese  vengon  con  ragione  considerati  come  oggetti  degni  del- 
l'attenzione  de' viaggiatoli.  Humboldt  e  Bonpland  nel  1801    passa- 
rono questi  ponti  naturali  d'Icononzo  nell'andare  da  Santa-Fè  di 
Bogota  a  Popayan   ed  a  Quito. 
Nome  cP  Icononzo. 

Il  nome  d'Icononzo  si  è  quello  di  un  antico  villaggio  di  In- 
diani Muysca,  situato  sul  lato  meridionale  della  valle, e  del  quale 
più  non  sussistono  che  alcune  sparse  capanne.  Al  presente  il  luo- 
go abitato  pi|p  vicino  a  questo  sito  singolare,  è  il  picciol  viaggio 
di  Pandi  e  flfércadillo,  lontano  un  quarto  di  lega  verso  il  nord- 
est. La  via  da  Santa-Fè  a  Fusagasuga  ,  e  di  là  a  Pandi ,  è  una 
delle  più  difficili  nelle  Cordigliere.  Bisogna,  dice  De  Humboldt, 
amare  perdutamente  le  bellezze  della  natura,  per  non  preferire  la 
strada  ordinaria  che  conduce  dall'altipiano  di  Bogota  per  la  Mesa 
di  Juan  Diaz  alle  rive  della  Maddalena  ,  alla  perigliosa  discesa 
del  Paramo  di  San-Fortunato  e  delle  montagne  di  Fusagasuga  , 
verso  il  ponte  naturale  d'Icononzo. 

(i)  De-Humboldt.  Atlas  Pittoresque^Tay.  4  pag.   9~i3. 


An>rr.   Wl '.  Ili 


F       ~ 


ZS07?,aL,   /t«//f /'au    et, Q.ScvrzwzJCcr' 


DI    CARACAS  ,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC.  5j 

La  profonda  spaccatura  a  traverso  della  quale  precipitasi  il 
torrente  della  Suniraa  Paz,  occupa  il  centro  della  valle  di  Pandi: 
in  vicinanza  al  ponte  essa  conserva,  per  4000  metri  di  lunghezza, 
la  dilezione  dall'est  all'ouest.  Il  fiume  forma  due  belle  cascatesi 
punto  in  cui  entra  nella  spaccatura  all'ouest  di  Doa  ed  al  punto 
ove  n'esce  discendendo  verso  Melgar.  E  probabilissimo  che  que- 
sta spaccatura  sia  stata  formata  da  qualche  tremuolo. 
Ponte  superiore. 

Wella  valle  d'  Icononzo  la  pietra  bigia  è  composta  di  due  roc- 
cie  distinte:  una   pietra   bigia  assai  compatta  e  quarzosa,  con  poco 
cemento  che  non  presenta  fessure   di  stratificazione,  riposa  su  di 
una  pietra  bigia  schislosa  di  finissima  grana,  e  divisa  in  un'infi- 
nità di  piccioli  e  sottilissimi  strati  e  quasi  orizzontali.  Si  può  cre- 
dere che  lo  strato  compatto  e  quarzoso  abbia  resistito,  allorché  si 
formò  la  spaccatura,  alla  forza  che  squarciò  queste  montagne,    e 
che  la  continuazione  non  interrotta  di  questo  strato  serva  di  ponte 
per  passare  dall'una  all'altra  parte  della  valle.  Quest'arco  natu- 
rale ha  quattordici  metri  e  mezzo  di  lunghezza  sopra   12  ,    y    di 
larghezza}  la  sua  grossezza,  al  centro,  è  di  2,4*  Dalle  misure 
prese  risulta  che  l'altezza    del    ponte    superiore  al  di  sopra    del 
livello  delle  acque  del  torrente  è  di  97™,  7.  Gl'Indiani  di  Pandi 
hanno  formato,  per  la  sicurezza  de' viaggiatori ,   un  picciolo  can- 
cello di  canne  lungo  la  via  che  conduce  al  ponte  superiore. 
Ponte  inferiore. 

Dieci  tese  al  di  sotto  di  questo  primo  ponte  naturale,  se  ne 
trova  un  altro,  cui  si  giugne  per  uno  stretto  sentiero  che  scende 
sull'orlo  della  spaccatura.  Tre  enormi  masse  di  roccie  sono  ca- 
dute in  maniera  da  sostenersi  reciprocamente.  Quella  di  mezzo 
forma  la  chiave  della  volta,  accidente  che  avrebbe  potuto  destare 
nella  mente  degli  indigeni  l'idea  dell'arco  ,  sconosciuta  ai  popoli 
nel  Fuovo-Mondo.  Nel  mezzo  di  questo  secondo  ponte  trovasi  un 
buco  di  circa  otto  metri  quadrati,  per  cui  si  vede  il  fondo  del- 
l'abisso. Sembra  che  il  torrente  scorra  per  un'oscura  caverna:  il 
lugubre  mormorio  che  vi  si  ode  proviene  da  un'infinità  d'uccella 
notturni  che  abitano  la  spaccatura:  se  ne  veggon  delle  migbaja 
librarsi  sull'ali  al  di  sopra  dell'acqua. 
Elevazione  del  ponte. 

L'elevazione  del  ponte  naturale  d' Icononzo,  è  di  8g3  metri, 


5$  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

458  tese,  al  di  sopra  del  livello  dell'Oceano.   La   veduta   che  noi 
vi  presentiamo  è  slata  disegnata  dal  De-Humboldt   nella   parte  set- 
tentrionale della   valle,  ed   in  un  punto  in  cui   l'arco  si   presenta 
di  profilo. 
Cascate  di  Mio  T^inagre  vicina  al  Vulcano  di  Puracé. 

La  città  di  Popayan  capitale  di  una  provincia  della  Nuova- 
Granata  è  situata  nella  bella  valle  di  Rio-Cauca  ,  al  piede  dei 
grandi  vulcani  di  Puracé  e  di  Sotara.  Nell'ascendere  da  Popayan 
verso  la  cima  <lel  vulcano  di  Puracé  ,  una  delle  alte  cime  delle 
Ande,  si  trova  a  2,55o  metri  d'elevazione,  una  picciola  pianura, 
Llano  de  Corazon,  abitala  dagli  Indiani  e  coltivata  con  somma 
cura.  Questa  pianura  deliziosa  è  limitata  da  due  burroni  estre- 
mamente profondi,  e  sull'orlo  dei  precipizj  sono  costrutte  le  case 
del  villaggio  di  Puracé  celebre  per  le  belle  sue  cascale  del  fiume 
Pusambio,  la  cui  acqua  è  acida,  e  chiamata  però  dagli  Spagnuoli 
Mio-Vinagre.  Questa  picciola  sorgente  è  calda  verso  la  sua  ori- 
gine cui  deve  probabilmente  allo  scioglimento  continuo  della  neve, 
ed  al  solfo  che  abbrucia  nell'interno  del  vulcano.  Essa  forma  , 
Ticino  alla  pianura  di  Corazon  tre  cascate  ,  delle  quali  le  due 
superiori  sono  assai  considerabili.  Noi  ve  ne  presentiamo  nella 
Tavola  6,  la  seconda  disegnata  quale  si  vede  dal  giardino  di  un 
Indiano.  L'acqua  che  si  apre  un  passo  a  traverso  di  una  caverna 
precipitasi  da  un'altezza  di  120  metri.  Il  primo  piano  del  disegno 
presenta  un  gruppo  di  Pourretia  pyramidata  pianta  vicina  del 
Pitcairnia,  conosciuta  nelle  Cordigliere  sotto  il  nome  di  achu- 
pallas. 

Il  regno  di  Terra-Ferma  è  al  dì  d'oggi  una  campestre  soli- 
tudine. Le  ciltà  di  Panama  sul  mare  del  nord  e  di  Porto-Bello 
sull'Oceano  Pacifico  fiorivano  altre  volte  pel  commercio  de' me- 
talli preziosi  che  passavano  dal  Perù  per  l'itsmo  di  Panama,  on- 
d' essere  spediti  in  Europa. 
Città  deW  istmo. 

Ora  si  comunica  per  Buenos  Ayres.  L' itsmo  di  Panama  non 
clie  la  provincia  di  Darien  producono  caccao  ,  tabacco  ,  coione} 
ma  l'aria  troppo  umida  e  calda  ad  un  tempo  rende  quel  paese 
«quasi  inabitabile.  Esso  è  montuoso,  ma  vi  si  trovano  fé  itili  pia- 
mure,  e  la  vegetazione  ha  quasi  da  per  tutto  una  forza  sorpren- 
dale. I  fiumi  sono  numerosi,  e  ve  ne  ha  di  quelli  che  menan  oro. 


■•„•„  li*/,  ni. 


Tot'.  (T. 


r'/<7,>ca/ff    r/f       Rio  -Vmatfre 


MìqhaVQcca.  r'rr< 


DI  CARACAS,    DELLA    NUOVA    GRANATA    F.C.  59 

Città  di  Panama. 

Devono  gli  Spagnuoli  la  prima  scoperta  di  Panama    a  Tello 
de  Guzman,  die  vi  approdò  nel   i5i5,  ma  non  vi  trovò  che  ca- 
panne di   pescatori  j  essendo  questo  un   luogo    a  proposito  per  la 
pesca,  e  quindi  chiamato  dagli  Indiani  Panama,  che  significa  luogo 
abbondante    di    pesce.   A  questa  scopeita  nell'anno   1 5 18  succede 
*,  lo  stabilimento  di  una  colonia  sotto  Pedraries  Davila,  Governatore 
Itti   Terra-Ferma,  e  nel   i5ai   Panama    fu    dichiarala  città  con   i 
consueti  privilegi.  Nell'anno   1670,  fu  presa,  saccheggiata  e  bru- 
ciata da  Gio.  Morgan  avventuriere  Inglese}  ed  essendo   per  que- 
I  sta  sciagura  stato  necessario  il  rifabbricarla,  fu  trasferita  al  luogo 
della  sua   presente  situazione,  che  è  circa   una  lega  e  mezzo  lon- 
.  tana  dalla   prima.  Le  case  erano  universalmente  di  legno,  e  perciò 
1  la  città  rimase  quasi  interamente  bruciata  nel  1 73^.  Dopo  questa 
sventura  fu    di  nuovo  rifabbricata,  e  la   maggior  parte  delle  caso 
furon  rifatte  di  pietra.  In  questa  città  ci  ha  un  tribunale,  o  udienza 
{regia,  alla  quale  presede  il  Governatore  di  Panama }  e  a    questo 
impiego  ordinariamente  è  unito  il  capitanato  di  Terra-Ferma.  Pa- 
|  nama  ha   ancora  una  cattedrale  e  un  capitolo    consistente    in  un 
j  Yescovo  e  in  molli  canonici  ,  e  un   tribunale    d'inquisizione.    Il 
I  caro  prezzo  delle  piovvisioni  in  questa  città  e  suo  distretto  viene 
1  ampiamente  compensato  dall'abbondanza  e  dal   valore  delle  perle 
j  che  si   trovano  nel  golfo. 
Porto-Bello. 

Porto-Bello  è  città  con  porto  di  mare,  ed  è  situata  sul  pen- 
dio di  una  montagna  che  circonda  lutto  il  porto.  La  maggior 
parte  delle  sue  case  sono  di  legno,  ma  awene  alcune  che  hanno 
il  primo  piano  di  pietra.  La  città  è  sotto  la  giurisdizione  di  un 
Governatore,  che  ha  il  titolo  di  tenente-generale,  ed  è  subordi- 
nato al  Presidente  di  Panama.  All'estremità  orientale  della  città 
Inella  strada  che  va  a  Panama  è  un  quartiere  chiamato  Ghinea 
dove  hanno  le  loro  abitazioni  i  Negri  d'ambidue  i  sessi  tanto 
schiavi  che  liberi.  Porto-Bello  che  è  pochissimo  abitato,  diventa, 
quando  vi  sono  i  Galeoni,  uno  dei  più  popolali  luoghi  del  mondo. 
La  sua  situazione  nell'istmo,  la  bonlà  del  suo  porlo  e  la  sua  vi- 
cinanza a  Panama  gli  hanno  fatto  avere  la  preferenza  sopra  tutti 
;li  altri  luoghi  per  servire  di  fiera  o  emporio  al  commercio  unito 
Iella  Spagna  e  del  Perù. 


60  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

Porto-Bello  fu  scoperto  il  dì  a  di  novembre  del  i5o2  da  Co- 
lombo ,  che  rimase  cosi  maravigliato  in  vederlo  tanto  grande  , 
profondo  e  sicuro  ,  che  gli  dette  il  nome  di  Porto-Bello.  Esso 
venne  popolato  dagli  abitatori  di  Nombre  de  Dios ,  città  fabbri- 
cala da  Diego  de  Niqucsa  ,  la  quale  essendo  stata  spesse  volte 
rovinata  dagli  Indiani  non  soggiogati  di  Darien,  gli  abitatori  per 
ordine  di  Filippo  II  si  trasferirono  colà  nel  i584i  come  in  un 
luogo  di  maggior  sicurezza,  e  nell'  istesso  tempo  molto  meglio  si- 
tuato per  il  commercio  di  quel  paese. 
Cartagena  delle  Indie. 

Gartagena  è  una  provincia  del  governo  del  regno  di  Terra- 
Ferma  ,  ma  senza  la  giurisdizione  del  nuovo  regno  di  Granata  : 
essa  ha  quasi  90  leghe  di  lunghezza  e  70  di  larghezza  da  levante 
a  ponente.  Il  clima  è  caldissimo  ed  umido.  A  Gartagna,  secondo 
Ulloa,  la  stagione  delle  pioggie  dura  dal  maggio  fino  al  novem- 
bre che  è  l'inverno  di  quella  parte.  I  tuoni,  le  pioggie  e  le  gran- 
dini si  succedono  V  una  all'altra  \  sicché  le  strade  hanno  l'appa- 
renza di  fiumi.  Dal  dicembre  all' aprile  ci  è  l'estate,  che  consiste 
in  una  continuazione  di  caldo  eccessivo  ed  invariabile.  Gli  alberi 
più  grandi  sono  il  caobo  o  sia  acaju  ,  il  cedro,  la  maria  e  1'  al- 
bero del  balsamo.  Del  primo  si  fanno  le  canoe  e  le  barche  che 
servono  per  pescare  e  per  il  traffico  che  si  fa  per  la  costa  e  sul 
fiume.  La  maria  e  l'albero  del  balsamo  ,  oltre  1'  utilità  del  loro 
legname,  il  quale  è  compatto,  odoroso  e  di  bella  grana,  stillano 
quel  balsamo  ammirabile  ,  che  vien  chiamato  olio  maria  e  bal- 
samo del  Tolu,  così  detto  dal  villaggio  adjacente ,  dove  si  trova 
in  maggior  quantilà.  Vi  sono  ancora  tamarindi  ,  papajo  ,  guabo, 
cassia,  varie  spezie  di  palme  e  manzanillo  ,  notabile  per  li  suoi 
frutti  che  sono  velenosi,  e  dei  quali  il  solo  antidoto  è  l'olio  co- 
mune. L'orzo,  il  frumento  sono  quivi  poco  conosciuti  \  il  mais  ed 
il  riso,  di  cui  si  fa  il  pane  ,  abbondano  forse  anche  all'eccesso. 
Il  paese  produce  altresì  zucchero  e  cotone  in  grandissima  quan- 
tità ed  eccellente  caccao.  Gli  animali  domestici  che  qui  si  tro- 
vano sono  la  vacca  ed  il  nivale:  dicesi  che  la  carne  di  quest' ul- 
timo superi  la  migliore  di  Europi.  Il  pollame  ,  i  piccioni  ,  le 
pernici,  le  oche  sono  buonissime  ed  in  grande  abbondanza.  Vi  è 
ancora  gran  quantità  di  cervi,  conigli  e  cinghiali  :  le  tigri  fanno 
quivi  gran  strage:  vi  sono  volpi,  armadillos  o  sieno  lucertole  squa- 
mose, scojatloli  ed  una  varietà  innumeiabile  di  sciruie. 


DI    CARACAS,    DELLA    INUOTA-GRAPUTA    EC.  6l 

Cartagena  capitale. 

Cariogena,  capitale  è  una  delle  più  ricche  e  delle  più  impor- 
tanti città  dell'America  meiidionale:  io  questi  ultimi  anni  s'in- 
grandì e  si  abbellì  di  molto:  ha  una  sede  episcopale,  una  uni- 
versità, un  porto  sicuro  e  profondo,  difeso  da  parecchi  forti }  ma 
l'insalubrità  de' suoi  contorni  è  la  miglior  difesa  contra  un  eser- 
cito nemico:  la  popolazione  è  di  2,5,ooo  anime. 
Vulcano  d'aria  di  Turbaco. 

Oode  evitare  il  caldo  eccessivo  e  le  malattie  che  regnano  du- 
rante l'estate  a  Cartagena  delle  Indie  e  sulle  aride  coste  di  Barù 
e  di  Tierra-Bomba  ,  gli  Europei  non  avvezzi  al  clima  s'internano 
nel  villaggio  di  Turbaco.  Questo  picciolo  villaggio  Indiano  è  posto 
su  di  una  collina  all'ingresso  di  una  maestosa  foresta  che  si  estende 
verso  il  sud  e  l'est  fino  al  canale  di    Mohalès    ed  il  fiume  della 
Maddalena.  Le  case  sono  per  maggior  parte  di  bambù  e  coperte 
con  foglie  di  palma.  Qua  e  là  zampillano  limpide  acque  da  una 
roccia  calcarea  che  contiene  molti  frantumi  di  corallo  petrificato: 
esse  sono  ombreggiate  dall' anacardium  caracoli,  albero  colossale, 
cui  gli  indigeni  attribuiscono  la  proprietà  d'attrarre  da  lungi  i  va- 
pori sparsi  nell'atmosfera.  Gli  indigeni  di  Turbaco  che  accompagna- 
vano De-Humboldt  gli  parlavano  spesso  di  un  terreno  paludoso, 
situalo  nel  mezzo  di  una  foresta  di  palme,  e  appellato  dai  creoli, 
i  piccioli  vulcaui,  los  Volcancitos.  Essi  raccontavano  che,  secondo 
una  tradizione  conservata  fra  loro,  questo  terreno  era  stato  una 
volta  infiammato,  ma  che  un  buon  religioso,  parroco  del  villaggio, 
e  noto  per  la  singolare  sua  pietà,  era  giunto  colle  frequenti  asper- 
|  sioni  d'acqua  benedetta  a  spegnere    il  fuoco  sotterraneo  5  ed  ag- 
I  giugnevano  che  da  quel  tempo  in  poi  il  vulcano  di  fuoco  era  di- 
I  veduto  un  vulcano  d'acqua,  volcan  de  agua.  Senza  prestar  fede 
la  tali   bizzarri  racconti,  noi  ci  facemmo  condurre,  dice  De-Hum- 
Iboldt,  ai  Volcancitos  de  Turbaco,  e  questa  gita  ci  palesò  de'fe- 
1  nomeni  ben  più  importanti  di  quelli  che  ci  aspettavamo. 

I  Volcancitos  sono  situati  a  6m.  metri  a  levante  del  villag- 
gio di  Turbaco,  in  una  densa  foresta  che   abbonda  di  alberi  da 
cui  stilla  il  balsamo  di  Tolti,  di  gustavia  a  fiori  di  ninfea  e  di 
|  cavallinesia  mocundo,  le  cui  fruita  membranose  e  trasparenti  s'  as- 
|  somigliano    a  lanterne    sospese    all'estremità  de' rami.  Il    terreno 
s'innalza  gradatamente  a  quaranta  o   cinquanta    metri    d'altezza 


62  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

al  di  sopra  del  villaggio  di  Turbaco*,  ma  il  suolo  essendo  per 
ogni  dove  coperto  di  vegetabili ,  non  si  può  distinguere  la  natura 
delle  roccie  sovrapposte  al  calcarlo  conchigliaceo.  La  Tavola  7, 
rappresenta  la  parte  più  australe  della  pianura  in  cui  trovansi  1 
Volcancitos.  Il  disegno  è  stato  eseguito  sopra  uno  schizzo  fatto 
dal  signor  Luigi  di  Rieux  amico  di  De-IIumboldt. 

Nel  centro  di  una  vasta  pianura  circondata  di  bromelia  Tca- 
ratas  s'innalzano  da  diciotto  a  venti  piccioli  coni  la  cui  altezza 
giugne  a  sette  od  otto  metri.  Questi  coni  sono  formati  di  un'ar- 
gilla grigianerognola  :  alla  loro  sommità  trovasi  un'apertura  piena 
d'acqua:  all'avvicinarsi  di  quelli  piccioli  crateri  si  ode  interpola- 
tamente un  romore  cupo  e  forte  che  precede  dai  i5  ai  18  se- 
condi lo  sviluppo  di  una  grande  quantità  di  aria.  La  forza  colla 
quale  quest'aria  s'innalza  sopra  la  superficie  dell'acqua  può  far 
supporre  che  nell'  interno  della  terra  soggiaccia  ad  una  grande 
pressione.  De-Humboldt  contò  generalmente  cinque  esplosioni  in 
due  minuti.  Questo  fenomeno  è  spesse  volte  accompagnato  da 
un'eruzione  di  fango.' Gli  Indiani  assicurano  che  que'coni  non 
cangiano  sensibilmente  di  forma  nello  spazio  di  un  gran  numero 
di  anni*,  ma  pare  che  la  forza  d'ascensione  del  gaz  e  la  frequenza 
delle  esplosioni  varino  a  seconda  delle  stagioni.  La  causa  fisica  di 
questo  fenomeno  venne  discussa  dal  De-Humboldt  nella  Relazione 
storica  del  suo  viario  nell'interno  del   nuovo  continente. 

OD 

Santa-Marta,  in  salubre  situazione,  ha  un  porto  sicuro,  spa- 
zioso e  ben  difeso.  La  provincia  di  Santa-Marta  è  fertilissima  ,  ha 
miniere  d'oro  e  d'argento ,  saline  abbondanti ,  fabbriche  di  coto- 
ne e  di  vasellame  di  terra.  Rio  de  la  Hacha  ,  posto  in  riva  al 
mare  in  un  fertile  terreno,  s'arricchiva  altre  volte  per  la  pesca 
delle  perle. 
Città  delV interno. 

Al  sud-est  di  Santa-Fè  di  Bogota  e  nell' interno  del  paese  tro- 
vasi la  provincia  di  San-Juan  de  los  Llanos  ,  le  cui  sterili  ed  ar- 
denti  pianure  furon  già  da  noi  descritte.  Ma  verso  il  mezzogiorno 
troviamo  più   belle   provincie  e  qualche  considerabile  città. 
Popayan. 

Popayan  è  posta  in  una  pittoresca  situazione  sul  fiume  Cauca, 
alla  falde  dei  Vulcani  di  Suroco  e  di  Sotaca ,  coperti  di  neve. 


DI    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRAXAT A    EC.  63 

Come  questo  paese  fu  scoperto ,  conquistato  e  popolato. 

Tutto  il  paese  compreso  nel  governo  di  Popayan,  od  almeno 
la  maggior  parte  venne  conquistata  dal  celebre  Adelantado  Seba- 
stiano di  Belalcazar.  Questo  generale  eli' era  in  allora  Governatore 
della  provincia  di  Quito,  avendo  udito  che  nelle  parti  settentrio- 
nali erano  contrade  non  meno  estese  né  meno  ricche  di  quelle 
del  suo  governo,  deliberò  di  conquistarle.  Partì  quindi  alla  testa 
di  ioo  soldati  Spagnuoli,  cominciò  la  sua  spedizione  nel  i536, 
sforzò  tutte  le  gole  custodite  dagli  Indiani,  e  diede  battaglia  ai 
due  più  potenti  Curacas  ,  1' uno  de1  quali  era  appellato  Calambas 
e  l'altro  Popayan,  il  cui  nome  restò  a  tutto  il  paese  di  questo 
governo  ed  alla  capitale.  Que' due  capitani  Indiani  erano  fratelli, 
e  tutti  e  due  celebri  pel  loro  valore.  Belalcazar  li  vinse,  s'impa- 
dronì del  loro  paese,  e  la  fama  della  sua  vittoria  spaventò  sì 
fortemente  i  popoli  vicini  che  si  sottomisero  volontariameute  al 
Re  di  Spagna  cui  giurarono  obbedienza.  Egli ,  dopo  varie  favore- 
voli e  triste  vicende  avendo  posto  fine  alla  guerra  con  una  bat- 
taglia decisiva,  stabilì  la  sede  del  dominio  Spagnuolo  in  quelle 
contrade  nel  mezzo  del  paese  conquistato  ,  luogo  assai  piacevole 
per  la  bellezza  delle  campagne,  per  la  fertilità  delle  terre  e  per 
la  salubrità  dell'aria.  Nel  i53?  gettò  i  fondamenti  della  prima 
città,  che  conserva  tuttavia  il   nome  di  Popayan. 

Mentre  Belalcazar  occupavasi  nell'edificazione  di  questa  città, 
ebbe  contezza  da' suoi  uffiziali  che  il  paese  conteneva  considerabili 
ricchezze:  quindi  egli  partì  per  esaminarle  personalmente  e  per 
accrescere  il  numero  delle  colonie.  Essendo  arrivato  a  Cali  nel 
paese  degli  Indiani  Gorroni  ,  fondò  la  città  che  conserva  ancora 
lo  slesso  nome,  benché  da  Michele  Munnos  sia  stata  trasportata 
altrove,  attesa  l'estrema  insalubrità  dell'aria.  Da  Cali  passò  in 
altre  terre  nelle  quali  fondò  una  terza  città  sotto  il  nome  di  San- 
ta-Fè  d' Antioquia }  iu  tal  guisa  egli  popolò  tutto  questo  paese. 

Popayau  per  la  prima  ricevè  il  titolo  di  città  nel  i538:  essa 
è  di  mediocre  grandezza,  fabbricata  in  una  pianura:  ha  larghe  e 
dritte  strade ,  case  di  mattoni  crudi,  delle  quali  la  maggior  parte 
ha  un  piano  olire  il  piano  terreno.  Vi  si  eressero  molti  conventi 
ed  una  cattedrale.  Il  Governatore  vi  tiene  la  sua  residenza  ordi- 
naria e  dirige  gli  affari  politici,  civili  e  militari:  egli  è  il  capo 
del  corpo  di  città  composto  di  due  Alcaldi  ordinarj  e  di  un  nu- 


64  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

mero  conveniente  di  Regidor ,  come  nelle  altre  città.  Fiorisce  pel 
suo  commercio  intermedio  con  Quito  e  Gartagena ,  ed  è  popolata 
da  venti  mila  individui. 
Abitatori. 

A.  Popayan,  siccome  pure  a  Cartagena  ed  altri  luoghi  in  cui 
trovansi  molti  Negri ,  la  maggior  parte  del  volgo  è  un  miscuglio 
di  sangue  Spagnuolo  col  sangue  Negro,  e  ciò  dipende  dall'avere 
ognuno  degli  schiavi  Negri  sì  per  la  coltivazione  delle  terre  che 
pel  lavoro  delle  miniere}  e  dall'esservi  pochi  Indiani  io  paragone 
delle  altre  provincie.  Seconda  Ulloa  si  annoverano  a  Popayan  dalle 
20  alle  2,5rn.  anime,  e  molte  famiglie  Spagnuole,  fra  le  quali  se 
ne  distinguono  circa  60  d'antica  nobiltà.  È  cosa  rimarcabile,  che, 
mentre  il  numero  degli  abitatori  diminuisce  in  molte  altre  città 
delle  Indie,  si  aumenta  continuamente  in  Popayan  5  ciò  che  deve 
attribuirsi  alle  abbondanti  miniere  d'oro  di  questo  distretto  che 
danno  la  sussistenza  ad  un  gran  numero  di  persone. 
Città  di  Pasto. 

Pasto,  picciola  città,  sta  alle  radici  di  un  terribil  vulcano,  ed 
è  cinta  di  folte  boscaglie,  fra  pantani  ove  le  mule  affondano  sino 
alla  metà  del  corpo.  Non  vi  si  ghigne  che  per  profondi  e  stretti 
burroni  come  le  gallerie  di  una  miniera.  Tutta  la  provincia  di 
Pasto  è  un  altipiano  gelato  quasi  più  alto  del  punto  sino  al  quale 
può  durare  la  vegetazione,  e  cinto  di  vulcani  e  di  solfonerie  che 
mandano  continui  vortici  di  fumo.  GÌ' infelici  abitatori  di  que' de- 
serti non  hanno  altro  alimento  che  le  patate,  e  se  ne  mancano, 
vanno  fra  i  monti  a  mangiare  il  tronco  di  un  picciol  albero  detto 
achupalla\  ma  siccome  anche  l'orso  delle  Ande  ne  fa  suo  cibo, 
così  debbon  talvolta  contendere  con  quel  feroce  animale  il  solo 
alimento  che  diano  loro  quelle  elevate  regioni. 
Pernice  del  Partido  di  Pasto. 

Ci  si  racconta  da  Ulloa  che  nel  distretto  o  Partido  di  Pasto 
trovansi  certi  alberi ,  dai  quali  slilla  continuamente  una  gomma  o 
ragia  appellata  Mopamopas  con  cui  gli  abitatori  soglion  verniciare 
il  legno:  questa  vernice  è  sì  bella  e  sì  permanente  che  la  stessa 
acqua  bollente  non  può  né  staccarla  uè  appannarla.  La  maniera 
di  darla  consiste  nel  mettere  iu  bocca  un  pezzo  di  ragia  ,  e  dopo 
di  averla  disciolta  colla  saliva  ,  distenderla  sul  legno  col  pennello 
ed  applicarvi  col  medesimo  quel  colore  che  si  vuole:  in  tal  guisa 


DI    CAnACAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC.  65 

si  forma  una  vernice  bella  e  stabile  come  quella  della  Cina.  Le 
opere  cosi  verniciate  dagli  Indiani  hanno  un  grandissimo  spaccio 
a  Quito. 

Provincia  di  Choco. 

La  provincia  di  Choco  sarebbe  non  meno  ricca  per  le  sue 
miniere,  che  per  la  fertilità  de' suoi  colli  e  l'ottima  qualità  del 
suo  caccao,  se  un  clima  nuvoloso  ed  ardente  non  ne  tenesse  sgra- 
ziatamente lontana  l'industria  umana. 

Isola  Gorgone. 

L'isola  di  Gorgone  nella  baja  di  Choco,  ove  Pizarro  si  rifug- 
gì coi  di  dici  compagni  che  gli  restaron  fedeli  ,  è  più  abitabile 
del  vicino  continente.  Nell'interno  della  provincia  di  Choco,  il 
burrone  di  Raspadura  unisce  le  sorgenti  vicine  del  Rio-Noanama , 
chiamato  anche  Rio-San-Juan  ,  e  del  picciolo  fiume  di  Quito. 
Quest'ultimo  riunito  ai  due  altri  forma  il  Rio-Atrato  che  si  getta 
nel  mare  delle  Antille  ,  mentre  il  Rio-San-Juan  va  nel  grande 
Oceano. 

Canale  di  Raspadura. 

Un  frate  di  grande  attività  ,  curato  del  villaggio  di  Novità  , 
fece  scavare  da' suoi  parrocchiani  un  picciolo  canale  nel  burrone 
di  Raspadura.  Col  mezzo  di  quel  canale,  che  in  occasione  di  ab- 
bondanti piogge,  diviene  navigabilp,  alcune  canoe  cariche  di  cac- 
cao vennero  da  un  mare  all'altro.  Questo  picciolo  canale  che  sus- 
siste dal  1788  ,  congiunge  sulle  coste  de' due  Oceani  due  punti 
lontani   l'uno  dall'altro  ?5  leghe. 

Quito. 

La  provincia  di  Quito  confina  a  settentrione  con  Popayan  }  a 
mezzodì  col  Perù  e  Chachapoyas}  a  levante  col  fiume  delle  Ama- 
zoni  ed  a  ponente  col  mare  del  sud  che  la  chiude  dal  golfo  di 
Piura  fino  alla  baja  di  Gorgone.  Ulloa  la  fa  lunga  600  leghe  da 
levante  a  ponente,  e  200  larga  }  ma  i  migliori  geografi  ne  sce- 
mano d'assai  queste  misure.  La  famosa  città  di  Quito,  antica 
capitale  della  seconda  Monarchia  Peruviana  sorge  sull'  Ande  a 
i48o   tese   dal   livello  dell'Oceano. 

Storia  della  conquista  del  regno  di  Quito. 

Il   regno  di   Quito   fu  sottomesso  al  giogo  degli  luca  da  Hua- 
yana  Capac  figliuolo     dell' under.in.o     Inca    Tupac  Yupanqui  ,    il 
quale  dopo  varie  sanguinose  battaglie  onde  fiaccar  l'orgoglio  del 
Cost.   Voi.  Ili  deW  America.  5 


66  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

Monarca  di  Quito  e  tirarlo  a  patti  amichevoli,  moti  senza  poter 
nulla  ottenere.  Huayana  Capac  che  succedette  a  suo  padre,  era 
già  stato  negli  ultimi  due  anni  impiegato  in  questa  guerra,  dove 
avea  dato,  in  età  di  soli  vent'auni,  grandi  prove  di  valore.  Ap- 
pena salito  al  trono,  si  mise  in  campagna  con  prodigioso  eserci- 
to, strinse  da  ogni  parte  gli  ostinati  e  bellicosi  nemici,  tolse  loro 
parecchie  provincie  ,  e  li  ridusse  a  tale  estremo  ,  che  il  Re  di 
Quito  stanco  e  pressoché  disperato,  si  ammalò  e  morì  di  dolore. 
Estinto  il  capo,  restarono  in  confusione  i  suoi  generali  e  in  di- 
sputa pel  comando:  indi  1'  un  dopo  l'altro  caddero  sotto  i  Peru- 
viani. Così  fu  sottomesso  il  regno  di  Quito  dopo  una  guerra  di 
tre  anni  sotto  Huayana  Capac  ,  e  di  più  di  due  sotto  il  governo 
di  suo   padre. 

Narra  Garcilasso  de  la  Vega  che  Huayana  Capac  avendo  fra 
gli  altri  figli  Halta-nualpa  cui  portava  grande  amore  per  le  ec- 
cellenti sue  qualità,  indusse  il  suo  figlio  primogenito  Huascar  a 
cedere  al  suddetto  il  regno  di  Quito:,  che  Halta-Hualpa  essendo 
divenuto  Re  si  rivoltò  dopo  la  morte  del  padre  contra  suo  fra- 
tello, che  s'impadronì  di  lutto  l'impero,  e  fece  morire  Huascar  \ 
ma  che  Dio  suscitò  Don  Francesco  Pizarro  per  far  soffrite  la 
stessa  pena  a  questo  ingrato  e  crudel  Principesche  Pizzarro  inca- 
ricò della  conquista  di  Quito  Sebastiano  di  Belalcazar,  il  quale 
avendo  sconfitti  gl'Indiani,  s'  impadronì  del  regno,  ne  riedificò 
la  capitale  ch'era  stata  rovinata,  che  la  popolò  di  Spagnuoli  nel 
i534,  e  le  diede  il  nome  di  S.  Francesco  di  Quito. 
Clima  e  vegetazione. 

Secondo  Ulloa  il  caldo  vi  è  assai  tollerabile,  benché  nel  cen- 
tro della  zona  torrida,  e  in  alcune  altre  parti  sia  acuto  il  freddo* 
mentre  altri  luoghi  della  provincia  godono  perpetua  primavera, 
essendo  coperti  sempre  di  verdura  i  campi  e  smaltati  di  fiori  del 
più  vivo  colore }  massime  nei  contorni  di  Quito,  dove  è  perpen- 
dicolare il  sole,  e  dove  la  stagione  non  varia  mai.  La  ragione  si 
è  ch'essendo  il  paese  estremamente  alto,  i  venti  sono  più  sottili, 
più  rara  l'atmosfera,  più  naturale  la  congelazione,  e  men  vee- 
mente il  calore*,  le  mattine  sono  fredde,  caldo  il  mezzogiorno, 
di  piacevole  temperatura  le  notti,  e  sì  uguali  le  stagioni,  che  in 
tutto  1'  anno  appena  se  ne  sente  qualche  differenza.  Eppure  ia 
questa  provincia  trovansi  tutte  le  gradazioni  di  temperatura  secon- 


DI    CARACAS  ,    DELLA    HUOVA-GRAJATA    EC.  67 

do  la  situazione  delle  terre.  In  una  parte  i  monti  sono  coperti  di 
nere  e  di  ghiaccio,  mentre  le  valli  sono  abbruciate  dagli  intensi 
ra°"n  solari,  ove  s'affollano  dense  nebbie  soffocanti  che  le  inon- 
dano  di  pioggie.  In  un'altra  parte  sabbie,  luoghi  sterili,  aria  cat- 
tiva: altrove,  giardini,  belle  e  fertili  campagne,  aria  salubre.  Din- 
torno alla  capitale,  il  curioso  Europeo  ammira  i  fiori  che  sbocciano 
per  supplire  a  quei  che  languiscono,  e  mantener  sempre  bello  lo 
smalto  dei  campi.  E  rispetto  alla  fertilità  dei  grani,  si  semina  e 
si  raccoglie  all'istesso  tempo}  il  grano  appena  seminato,  germo- 
glia j  quello  da  più  tempo,  già  spiga,  mentre  l'altro  già  maturo 
aspetta  la  falce*,  talché  sul  pendio  dei  colli  si  veggon  ad  un  tempo 
le  bellezze  delle  quattro  stagioni.  Ma  sì  vaga  scena  osservasi  sol- 
tanto nel  territorio  della  capitale,  e  in  altri  pochi  luoghi  *,  mentre 
quasi   tutto  il   resto  è  malsano,  deserto  od  appena  abitabile. 

Così  il  De-Ulloa  ,  ma  il  geografo  Malte-Brun  ci  assicura  che 
questa  città  ora  più  non  gode  della  perpetua  primavera  che  pareva 
doverle  tocca» e  in  sorte  in  quella  situazione. 

Tremuoto  e  cangiamento  di  clima. 

Il  cielo,  egli  dice,  è  divenuto  tristo  e  nuvoloso,  ed  aspro  al- 
quanto il  freddo  dal  t\  febbiajo  1797,  epoca  in  cui  un  terribile 
tremuoto  sconvolse  l'intera  provincia  di  Quito,  e  fece  perire  in 
un  solo  istante  /-.orn.  uomini.  Tale  fu  il  cangiamento  di  tempera- 
tura ,  che  il  termometro  vi  sta  per  l1  ordinario  a  quattro  gradi 
sopra  lo  zero  ,  e  non  giugne  che  di  rado  ai  16  o  171,  mentre 
Bouguer  lo  vedeva  costantemente  ai  i5  o  16.  D'allora  in  poi  i 
tremuoti  sono  colà  quasi  continui.  Tuttavia  gli  abitatori  di  Quito 
ad  onta  de'pericoli  e  degli  orrori  di  cui  gli  ha  attorniati  la  na- 
tura, sono  gioviali,  amabili,  vivaci,  e  non  respirano  che  il  lusso 
e  la  voluttà",  non  è  possibile  forse  trovare  un  luogo  ove  regni  più 
di  là  un  gusto  deciso  e  generale  pei  piaceri.  Ma  de' loro  costumi 
parleremo  più  diffusamente  dopo  di  aver  data  la  descrizione  della 
città 

Descrizione  della  città  di  Quito. 

Quito  è  una  città  nobile  ,  vasta  e  popolosa  posta  sul  pendio 
dell'alto  monte  Pichinca  circondata  dai  colli  e  fabbricata  sopra 
altri  colli  formali  dai  varj  crepacci  appellati  Guaycos  che  sono  le 
valli  del  Pichinca.  Questi  crepacci  la  traversano  dall' una  all'altia 
estremità,  ed  essendo  alcuni  assai  profondi,  fu  necessario  formar- 


68  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

vi  sopra  delle  volle  per  eguagliare  un  po' il  terreno}  il  che  fa  che 
la  città  sia  fondata  sopra  molti  archi ,  e  che  le  strade  vi  sieno 
disuguali  e  irregolari.  Rispetto  alla  grandezza  ,  Quito  potrebbe  es- 
sere paragonata  a  una  città  d'Europa  di  second1  ordine,  e  sembre- 
rebbe assai  più  estesa  se  fosse  situata  in  un  terreno  più  eguale. 
Pare  strano  che  siasi  scelto  un  sito  sì  incomodo  *,  quando  vi  sono 
due  bellissime  pianure  immediatamente  contigue.  Per  avventura  i 
primi  conquistatori  pensarono  a  conservare  la  memoria  della  pro- 
pria conquista,  più  che  alla  vaghezza  o  al  comodo,  col  fabbricare 
sul  sito  stesso  dell'antica  metropoli  degli  Indiani.  Eglino  certa- 
mente non  pensavano  che  questa  città  dovesse  diventare  di  sì 
gran  considerazione ;  e  perciò  si  contentavano  sostituire  solidi 
edifizj  alle  fragili  case  che  sussistevano,  e  insensibilmente  tali  edi- 
fi/j  s'accrebbero.  Essa  fu  in  maggiore  reputazione  che  di  presen- 
te^ poiché  vari  decrescendo  gli  abitatori ,  e  intere  contrade  dica- 
panne  Indiane  sono  già  abbandonate  e  in  rovina. 

La  piincipal  piazza  è  di  figura  quadrata,  bella   e  spaziosa;  è 
ornata  di  cospicue  pubbliche  fabbriche,  fra  le  quali  si  distinguono 
la  gran  cattedrale  ,  il  palazzo  dell'  Audienzia  ,  il  palazzo  vescovile  e 
quello  della  città  ,  il  centro  è  accupato  da  una  bellissima  fontana. 
Ma    il   palazzo  dell'  Audienzia  che  dovrebbe  essere  il  principale  or- 
namento ,  la   sfigura,  poiché  è  in    parte     rovinato,  né  si   pensa  a 
ripararlo.    La    disuguaglianza    delle    strade    impedisce    l'uso  delle 
carrozze:   le  persone  di  un  grado  distinto  camminano  con  un  servo 
che  lor  porta  l'ombrello,  e  le  dame  si  fan   portare  in  una  sedia. 
Oltre  la    gran    piazza,    avvene    due  altre    pure    spaziose   e  molte 
altre  picciole,  dove  stanno  cittadini  assai  doviziosi.  In  queste  è  si- 
tuata la   maggior  parte  dei    conventi  ,  i  quali    fanno  bella   figura 
colle  loro  facciate  e  porte  di  vaga  struttura  ed  ornate  di  va»  j  fregi: 
il  convento  de' Francescani,  fabbricalo  di  viva  pietra  ,  si  distingue 
fra  gli  altri.  I  materiali  da  fabbrica    sono  generalmente  adobes , 
o  mattoni  crudi   e  di   creta,   legati  insieme  con  una  certa  sostanza, 
detta  sangogna ,  spezie  di  calcina  di    straordinaria  durezza  usata 
dagli  antichi   Indiani. 
Tribunali  ec. 

L'Audienzia  reale  è  il  primo  tribunale  di  Quito,  che  venne 
ivi  stabilito  fin  dal  1 563 :  esso  è  composto  di  un  Presidente,  il 
quale  è  anche  Governatore  civile  della  provincia;  di  quattro  audi- 


DI    CARACAS,    DELLA    MJOVA-GRAÌJATA    EC.  69 

tori,  die  pur  sono  giudici  civili  e  criminali,  e  di  un  fiscal  regio, 
che  oltre  alle  cause  portale  all'Audienzia  ,  soprantende  a  quanto 
risguarda  le  rendite.  Ci  ha  parimente  un  alti o  fiscale,  detto  Pro- 
tector  de  los  Indios^  che  sollecita  per  gli  Indiani,  e  quando  lor 
si  fa  torto,  piatisce  in  loro  difesa.  La  giurisdizione  di  questa  corte 
abbraccia  tutta  la  provincia,  né  se  ne  può  appellare  che  al  con- 
siglio supremo  delle  Indie,  e  solamente  in  caso  di  denegata  giu- 
stizia o  di  notoria  ingiustizia.  Così  dice  De-Ulloa  ,  ma  abbiam 
ragione  di  credere  che  si  possa  appellare  al  viceré  e  al  suo  con- 
siglio. Ci  ha  anche  una  camera  di  finanza  ,  e  le  rendite  che  si 
ricevono  dalla  madesiraa,  sono  prodotte  dai  tributi  degli  Indiani, 
dalla  tasse  e  dogane  ,  e  con  queste  si  pagano  ogni  anno  i  salarj 
degli  uffiziali  di  questa  provincia,  e  di  quella  di  Cartagena  e  di 
Santa-Marta.  Eravi  eziandio  una  tesoreria  per  ricevere  gli  effetti 
delle  persoi  <*  morte,  i  cui  eredi  sieno  in  Ispagna,  istituzione  an- 
tichissima in  tutte  le  Indie  ,  ma  ora  è  divenula  argomento  di 
slealtà,  di  frode  e  d'oppressione. 

Chiesa  e  funzioni. 

La  chiesa  cattedrale  consiste  nel  Vescovo,  decano,  arcidiacono, 
cantore,  tesoiiere,  inst  ruttore  o  Doctoral  ,  penitenziere  e  ti  e  ca- 
nonici. 

Processione  Eucaristica. 

La  processione  Eucaristica  si  fa  con  infinita  pompa  e  magni- 
ficenza a  Quito.  Welle  strade  ove  passa  ,  ogni  casa  è  ornata  di 
ricchissime  tappezzerie,  e  superbi  archi  tiionfali  sono  eretti  con 
altari  a  certe  distanze,  più  alti  che  le  case,  nei  quali,  siccome  so- 
pra gli  archi,  si  mette  un'immensa  quantità  di  vasellame  d'oro  e 
d'argento  e  di  pietre  preziose.  Questo  splendore»  accompagnato 
dal  magnifico  abbigliamento  delle  persone  che  vanno  in  proces- 
sione, rende  tutto  estremamenie  solenne. 

Danza  degli  Indiani  in  tale  occasione. 

Sogliono  gli  Indiani  celebrare  una  strana  danza  in  sì  fatta 
occasione.  Un  mese  avanti  questa  festa,  il  parroco  sceglie  un  nu- 
mero d'Indiani  per  ballerini}  e  questi  subito  cominciano  quelle 
danze,  cui  usavano  eseguire  avanti  la  loro  conversione  al  Cristia- 
nesimo a  suon  di  flauto  e  tamburino.  Il  ballo  consiste  in  certe 
strane  capriole  e  contorsioni.  Alcuni  dì  prima  della  solennità  si 
vestono  in   giubbetto,  camicia  e  soltana  da  donna,  cui  eglino  eie- 


ho  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

ganteniente  adornano  •,  e  sopra  le  calze  portano  certi  stivaletti  ta- 
gliuzzati, ai  quali  appiccano  molli  campanelli  che  suonano  ad  ogni 
movi  mento.  Coproosi  il  capo  e  'I  viso  con  maschera  di  fettucce  a 
vari  colori,  per  parer  tanti  angeli,  ed  uniti  in  compagnie  di  otto 
o  dieci  cadauna,  corrono  tutto  il  giorno  per  le  strade,  contentissi- 
mi del  tintinnio  dei  campanelli,  e  sovente  fermandosi  a  divertire 
col  ballo  i  forestieri,  ed  a  ricever  l'applauso  de^li  spettatori.  Ciò 
fanno  senza  paga  o  vista  alcuna  d' interesse,  stimandolo  pio  dovere, 
continuando  così,  senza  mai  stancarsi,  o  pensare  alle  loro  famiglie, 
per  due  settimane  avanti,  e  un  mese  dopo  la  gran  festa,  comecché 
d'un  di  all'altro  vadansi  scemando  i  loro  ammiratori.  Essi  vestiti 
in  tal  foggia  fan  di  sé  pubblica  comparsa  in  tutte  le  altre  proces- 
sioni, siccome  pur  anche  alla  corsa  de'  tori  ,  reputate  grandi  so- 
lennità, pprchè  vengono  dispensati  dal  lavoro. 

Funerali. 

L'ostentazione  degli  abitatori  di  Quito  nei  funerali  è  sì  straor- 
dinaria ,  che  molte  famiglie  distinte  gareggiano  in  pompa.  Può 
dirsi,  come  osserva  De-Ulloa,  che  s'affatichino  ad  arricchire  nel- 
1'  unica   mira  di  scialacquare  tesori   in  siffatte  occasioni. 

Costumi  ed  usanze  degli  abitatori. 

La  città  di  Quito  è  assai  popolata  :  si  annoverano  delle  fami- 
glie mollo  distinte  fra  gli  abitatori;  ma  il  numero  di  queste  fami- 
glie non  è  grande  in  propoizione  dell'estensione  della  città  -,  in 
cui  il  numero  de' poveri  e  delle  persone  della  classe  media  è 
grandissimo.  Queste  farnigie  devono  la  loro  origine  od  ai  primi 
conquistatori,  o  ai  Presidenti  o  ad  altre  parsone  ragguardevoli  ve- 
nute da  Ila  Spagna  in  diverse  occasioni.  Queste  case  sono  conser- 
vate  nel   loro   lustro,  senza   apparentarsi  con  persone  dozzinali. 

Abitatori  divisi  in  quattro  parti. 

Gli  abitatori  di  bassa  condizione  possono  essere  divisi  in  quat- 
tro classi,  cioè  gli  Spagnuoli  o  bianchi,  i  Meticci,  gli  Indiani  od 
indigeni,  ed  i  Negri  e  loro  discendenti,  i  quali  non  sono  in  gran 
numero  in  paragone  di  alcune  altre  città  dtlle  Indie;  non  essendo 
facile  il  condurre  i  N«  gri  fiuo  a  Quito,  perchè  gli  stessi  Indiani 
coltivano  le  terre  nel  loro  paese.  Tutte  queste  classi  unite  com- 
pongono, secondo  i  registri  delle  parrocchie,  la  popolazione  dalle 
5o  alle  60 m.  anime. 


DI    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC  J I 

Loro  esercizj. 

Fra  queste  quattro  classi  d'abitatori  ,    gli    Spagnuoli    sono    i 

primi  in  dignità,  ma  sono  altresì  i  più  poveri,  disprezzando  essi 
il  lavoro  delle  loro  mani  ,  poiché  credono  coli'  esercizio  di  una 
professione  o  di  un  mestiere,  d'avvilire  la  loro  dignità,  la  quale 
consiste  nel  non  essere  né  neri,  né  bruni,  né  di  color  di  rame.  I 
Meticci  meno  orgogliosi  si  applicano  alle  arti,  e  divengono  ore- 
fici, pittori  e  scultori }  lasciando  però  agli  Indiani  i  mestieri  troppo 
meccanici  e  meno  apprezzati.  Essi  attendono  alle  arti  più  nobili, 
siccome  la  scultura  e  la  pittura,  e  sì  vide  ben  auche  un  Meticcio 
chiamato  Mihuel  de  Santiago  sì  riputato  in  quest'ultima,  che  a 
gran  prezzo  comperavansi  le  sue  opere  in  Ispagna  ed  anche  in 
Roma.  Le  belle  pitture  e  sculture  di  Quito  sono  tanto  più  mara- 
vigliose  in  quanto  che  quegli  artisti  sono  privi  di  molti  dei  mi- 
gliori stiumenti.  Bisogna  però  confessare  che  hanno  un'estrema 
inclinazione  alla  infingardaggine,  che  suol  formare  il  vero  ca- 
rattere dominante  ,  in  guisa  che  spesse  volte  abbandonano  il 
loro  lavoro  e  passeggiano  pel  corso  di  molti  giorni  nelle  con- 
trade senza  applicarsi  a  nulla.  Gli  Indiani  sono  soggetti  allo 
stesso  difetto. 

Loro  abiti. 

Gli  abitatori  di  Qaito  si  vestono  in  una  foggia  un  po' diversa 
da  quella  degli  Spagnuoli }  gli  uomini  però  assai  meno  che  le  donne. 

Abiti  degli  uomini. 

Quelli  portano  sotto  la  cappa  una  casacca  senza  pieghe  che 
loro  scende  fino  alle  ginocchia  }  maniche  senza  mostre,  aperte  dai 
lati,  e  soglion  mettere  per  ornamento  sopra  tutte  le  cuciture  del 
giustacuore  e  delle  maniche  due  file  di  bottoni. 

Abiti  degli  Spagnuoli. 

In  tal  maniera  presso  a  poco  sono  vestite  tutte  le  persone  di 
un  grado  distinto,  usando  pei  loro  abiti  magnifiche  stoffe  d'oro  o 
d'argento,  panni  finissimi,  insomma  le  più  belle  manifatture  di 
lana  e  di  seta. 

Abiti  de"1  Meticci. 

L'abito  dei  Meticci  è  di  panno  nazionale  e  tutto  di  colore 
azzurro-,  e  benché  gli  spagnuoli  di  bassa  condizione  procurino  di- 
stinguersi dai  suddetti  o  pel  colore  o  per  la  qualità  del  panno  , 
pure  trovasi  generalmente  poca  differenza  fra  gli  uni  e  gli  altri. 


^2  PESCBIZIONE    PARTICOLARE 

Abiti  degli  Indiani. 

L'abito  degli  Indiani  è  singolare  pel  suo  poco  o  niun  pregio: 
essi  portano  dalla  cintura  fino  a  mezza  gamba  una  spezie  di  cal- 
zone di  tela  bianca  di  cotone,  la  cui  parte  inferiore  è  aperta  ed 
ornata  all'intorno  di  un  merletto  proporzionato  alla  rozzezza  della 
tela.  La  maggior  parte  non  poita  camicia,  ma  copresi  il  corpo  con 
un  farsetto  di  cotone  nero  tessuto  espressamente  per  tal  uso. 
Questo  farsetto  ha  la  forma  di  un  sacco  nel  cui  fonilo  sono  tre 
buchi,  l'uno  nel  mezzo  pel  quale  passa  la  testa,  e  gli  altri  due 
ne' lati,  pei  quali  passano  le  braccia  che  rimangon  nude,  ed  il 
corpo  è  coperto  dal  farsetto  fino  alle  ginocchia.  Vedine  la  figura 
nella  Tavola  8.  Sopra  questo  mettono  un  Capisayo  che  è  una 
spezie  di  mantello  di  sai»,  nel  cui  mezzo  havvi  un  buco  pel  quale 
passa  la  lesta  cui  sogliono  coprire  con  un  cappello  fabbricato  nel 
paese.  Questo  è  l'abito  che  gli  Indiani  non  abb.ind  nano  mai  né 
anche  per  dormire  e  che  non  cangia  mai  di  moda:  essi  non  co- 
prrmsi  le  gambe  né  portano  scarpe  tanto  ne'  paesi  fieddi  che 
ne'caldi.  Gli  Indiani  che  sono  un  po' ricchi  e  spezialmente  i  bar- 
bieri e  que'  che  cavan  sangue  distinguonsi  dagli  altri  pei  loro 
calzoni  di  tela  più  fina,  e  per  le  camicie  che  portano  senza  ma- 
niche. Intorno  al  collo  del  farsetto  sogliono  altresì  attaccare  un 
merletto  largo  circa  quattro  dita,  che  forma  una  specie  di  collare 
alla  Spagnuola  cadente  sul  farsetto  nero  sì  davanti  che  di  dietro: 
portano  scarpe  con  fibbie  d'oro  o  d'argento,  ma  non  usano  uè 
calze,  né  cosa  alcuna  che  loro  copra  le  gambe }  ed  in  vece  del 
Capisayo  portano  la  cappa  alla  Spagnuola,  fatta  qualche  volta  di 
panno  fino  ed  orlata  di   galloni  d'oro  o  d'argento. 

Presti  delle  donne  Spagnuole. 

L'abito  delle  donne  consiste  io  un  Faldellin  o  gonnella 
aperta  sul  davanti  coi  due  lati  che  s'incrocicchiano  l'uno  sopra 
l'altro:  essa  è  guemita  dì  liste  di  un'altra  più  ricca  stoffa  larga 
mezza  auna,  e  queste  liste  sono  caricate  di  fini  merletti,  di  frari- 
gie  d'oro  e  d'argento  e  di  bellissimi  nastri,  le  une  e  gli  altri 
disposti  con  tant'arte  e  simmetria,  che  rendono  quest' abito  assai 
vago  e  brillante.  Vedi  le  figure  nella  Tavola  suddetta.  Sul  corpo 
soglion  porre  una  camicia  che  non  giugne  che  alla  cintura  ,  e 
qualche  volta  una  giubba  ornata  di  merletti  senza  fibbiaglj,  con 
una  mantellina  di  bajctta  che  copre  il  corpo  fino  ai  lombi,  e  che 


1)1    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC.  7 3 

censiste  in  un'amia  e  mezza  di  questa  sloffa  in  cui  s'avviluppano, 
e  lale  quale  essa  fu  tagliata  dalla  pezza.  Elleno  impiegano  molti 
mei  letti  nel  loro  secondamento,  che  guerniscono  di  ricche  e  pre- 
ziose stoffe:;  ed  usano  portare  i  loro  capelli  in  treccie,  colle  quali 
formano  una  spezie  di  cercine  ,  incrocicchiando  le  treccie  l'  una 
sopra  l'altra  vicino  alla  cervice:  poscia  si  cingono  due  volle  la 
te?>ta  di  un  nastro  detto  Balaca,  cui  annodano  vicino  alle  tempia 
ove  incontrami  le  due  estremila.  Questo  nastro  è  spesso  guernito 
di  diamanti  e  di  fiori  che  fanno  un  bellissimo  effetto.  Qualche 
volta  prendono  il  manto  per  andare  alla  chiesa,  e  la  Basquigne 
o  giubba   rotonda^  ma  generalmente  vi  vanno  in   mantellina. 

Meticcie. 

Le  donne  Meticcie  non  si  distinguono  dalle  Spagnuole  ,  in 
quanto  all'  abito  che  per  la  qualità  delle  stoffe,  e  che  per  andar 
le  povere  a  piedi  nudi,  siccome  pure  gli  uomini  della  stessa  casta 
di   miserabil  condizione. 

Indigene. 

Le  indigene  hanno  due  sorta  di  abili,  che  siccome  quelli  degli 
uomini  della  loro  cast3,  non  esigono  grande  apparecchio.  Le  mo- 
gli delle  persone  un  po'agiale,  e  le  giovani  Indiane  appellate  Chi- 
naS)  perchè  servono  in  buone  case  o  ne'conventi  delle  monache, 
sono  vestile  di  una  spezie  di  giubba  assai  corta,  e  di  una  man- 
tellina tutta  di  baj'tta.  Le  indiane  dozzinali  portano  un  sacco  di 
una  forma  e  di  una  stoff»  eguale  alle  camiciuole  degli  Indiani: 
cileno  lo  chiamano  Anaco  ,  e  lo  tengon  fermo  sulle  spalle  con 
due  grosse  spille  dette  Tupu  o  Topo.  L'  Anaco  delle  donne  è 
più  lungo  delle  camiciuole  degli  uomini,  e  giugne  fino  alle  gam- 
be. Vedine  la  figura  nella  suddetta  Tavola.  Elleno  non  fanno 
altra  cerimonia  fuor  che  quella  di  mettersi  una  cintura  sopra  di 
questo  sacco,  ed  invece  della  mantellina  portano  sul  collo  un 
petzo  della  medesima  stoffa  e  nero,  cui  danno  il  nome  di  Lliclla^ 
le   loro    braccia    e  le   loro  gambe  sono  nude. 

gestire  deW  Indiane  oV  alta  condizione. 

Le  Caciche  ,  cioè  le  mogli  dei  principali  Indiani  ,  Alcaldi  , 
Governatori  ec. ,  vestonsi  in  una  terza  maniera  ,  che  è  composta 
delle  due  precedenti  ,  e  che  consiste  in  una  spezie  di  giubba  di 
bajetta,  tutta  guarnita  all'intorno  di  nastri,  sopra  la  quale  met- 
tono invece  deW  Anaco- anà  veste  nera  detta  Acso,  scendente  dalla 


^4  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

cervice  al  basso}  essa  è  aperta  da  un  lato,  piegata  dall'alto  al  basso 
e  cinta  sopra  le  coscie  da  un  cordoncino  in  guisa  die  non  s'incro- 
cicchia come  la  giubba  o  Faldellin.  Invece  della  Lliclla  portata  sulle 
spalle  dalle  Indiane  di  bassa  condizione,  elleno  ne  portano  una  assai 
più  grande  che  scende  dal  collo  6no  all'estremità  del  Faldellin, 
e  l'assicurano  sul  petto  con  uno  spillone  d'argento  chiamalo  Tupu. 
Copronsi  il  capo  con  un  pannilino  bianco,  piegato  a  più  doppj, 
la  cui  estremità  pende  di  dietro,  e  a  tale  pannilino  danno  il  nome 
di  Colla,}  se  ne  servono  per  ornamento,  per  distinguersi  dalle  al- 
tre e  per  guarentirsi  dal  sole}  ma  ciò  che  più  di  tutto  le  discerne 
dalle  altre  si  è  ch'elleno  portano  le  scarpe.  Quest'abito ,  siccome 
pur  quello  degli  altri  Indiani  e  delle  altre  Indiane,  non  differisce 
dalla  foggia  di  vestire  usata  ai  tempi  dei  loro  Inca.  I  Cacichi  non 
sono  al  presente  vestiti  diversamente  dai  Meticci  :  eglino  portano 
la  cappa  ,  il  cappello  e  le  scarpe}  questo  è  ciò  che  li  distingue 
dagli  Indiani  di  bassa  condizione. 

Acconciatura  de1  capelli. 

Gli  Indiani  hanno  la  lesta  ricca  di  capelli  cui  non  tagliano 
mai,  ed  hanno  per  uso  di  lasciargli  ondeggiare  sulle  spalle  :  le 
donne  li  legano  con  un  nastro,  portano  sulla  fioute  quelli  della 
metà  della  testa  in  avanti,  tagliandoli  all'altezza  delle  ciglia  da 
un'orecchia  all'altra.  Elleno  sogliono  risguardare  i  capelli  siccome 
parte  di  se  stesse,  e  pensano  che  la  più  grave  ingiuria  che  loro 
possa  farsi  sia   il  privarle  della   chioma. 

Barba. 

I  Meticci  per  distinguersi  dagli  Indiani  si  fagliano  tutti  i  ca- 
pelli ,  ma  le  donne  della  medesima  casta  non  imitano  il  loro 
esempio.  Gli  Indiani,  dice  Ulloa,  non  hanno  barba}  ed  io  ciedo, 
che  nou  si  vonà  dare  tal  nome  ad  alcuni  peli  corti  ed  assai  rari 
che  nascon  loro  qua  e  là  in  età  avanzata  :  né  gli  uomini  né  le 
donne  non  hanno  mai  quella  lanugine  che  dovrebbero  aver  gene- 
ralmente dopo  di  esser  giunti  alla   pubeità. 

Occupazioni. 

Le  persone  distinte  si  applicano  allo  studio  della  filosofia  e 
della  teologia  }  alcuni  studiano  la  giurisprudenza  senza  però  farne 
professione:  riescon  bene  nelle  scienze  ,  ma  sono  ignorantissimi 
nelle  materie  politiche  ,  nella  storia  e  nelle  umane  lettere  che 
tanto  contribuiscono  a  formare  lo  spirito  e  ad  elevarlo  ad  un  certo 


DI  CARACAS,    DELLA    OTJOVA    GRANATA    EC.  J$ 

grado  di  perfezione.  Le  donne  congiungono  alla  vaghezza  della 
loro  figura  un  carattere  di  dolcezza  che  è  generale  a  questo  sesso 
in  tulle  l'indie.  I  figliuoli  sono,  per  così  dire,  allevati  sotte  le  ali 
delle  lore  madri,  e  l'educazione  che  ne  ricevono  è  alta  soltanto 
ad  inspirare  loro  i  sentimenti  di  vanità:  l'amore  smoderalo  che 
loro  pollano  ,  giugne  fino  a  velare  ai  medesimi  i  loro  vnj  ,  ciò 
che  cagiona  la  perdita  della  gioventù,  la  rovina  de' buoni  costumi 
e  lo  scoglio  della  ragione.  L'unico  esercizio  delle  persone  di  con- 
dizione distinta  e  che  non  sono  occupale  in  cariche  ecclesiastiche, 
consiste  nel  visitare  a  quando  a  quando  le  loro  campagne  rima- 
nendovi durante  il  tempo  del  ricolto.  E  cosa  assai  rara  che  tali 
persone  si  applichino  al  commercio. 

Questa  generale  scioperatezza  ,  che  è  una   conspguenza    della 
naturale    infingardaggine,  la  mancanza  totale  d'educazione    nelle 
persone  plebee  e  l'ozio,  accrescono  sempre  più  il  gusto  generale 
in  tulle  le  Indie  pei  balli  detti  Fandangos- 
Danze. 

Queste  danze  sono  più  frequenti  e  più  licenziose  a  Qnilo  che 
in  nessun  altro  luogo:  gli  atteggiamenti  indecenti  sono  portati  al 
più  allo  grado  d'abominazione  che  si  possa  immaginare,  ed  uguale 
è  lo  scandalo  che  ne  deriva.  Questa  sorte  di  divermenti  sono 
celebrati  con  una  grande  profusione  d'acquavite.  E  quai  vizj  noti 
devono  regnare  in  un  paese,  nel  qusle  la  maggior  parte  degli 
abitatori  non  è  occupata  in  cosa  alcuna  che  possa  allontanare  l'im- 
maginazione dagli  oggetti  che  la  seducouo? 
Giuoco. 

L' ubbriachezza  ed  il  giuoco  sono  due  passioni  dominanti  in 
questa  citlà.  Le  persone  più  ragguardevoli  e  più  rispettabili  per 
le  loro  cariche  non  ne  vanno  esenti,  e  la  plebe  seguendo  un  tal 
esempio,  giuoca  tutto  quello  the  si  trova  avere:  le  une  perdono 
tutti  i  loro  possedimenti,  e  l'altra  per  fino  gli  abiti  che  porta,  e 
qualche  volta  anche  quelli  della  moglie. 
Furti. 

Gli  indigeni  dimostrano  una  grandissima  inclinazione  al  furto, 
e  rubano  ordinariamente  con  molla  destrezza.  I  Meticci,  benché 
naluralmeute  infingardi  ,  sono  nulladimeno  arditissimi  borsajuoli. 
Sì  gli  Indiani  che  i  Meticci  e  tutta  la  canaglia  di  Quito  non  cre- 
dono che  sia  rubare  il  portar  via  dei  commestibili. 


y&  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

Guayaquil . 

Guayaquil  è  un  porlo  di  mare  e  cantiere  di  costruzione  ad 
un  tempo  assai  comodo  ,  attesa  la  vicinanza  de'  boschi.  Vi  si  fa 
gran  commercio  di  cambio  fra  i  porti  del  Messico  e  quelli  del 
Perù  e  del  Chili. 

Città  di  Guayaquil  quando  fondata. 

BeDchè  non  si  sappia  indicare  con  certezza  il  tempo  in  cui 
si  cominciò  a  fabbricare  Guayaquil  ,  pure  si  sa  ch'essa  fu  la  se- 
conda città  fondata  dagli  Spagnuoli,  non  solo  in  questa  provincia, 
ina  in  tutto  il  regno  del  Perù}  poiché  secondo  le  antiche  memorie 
conservale  negli  archivj  della  medesima,  la  sua  fondazione  viene 
immediatamente  in  seguito  a  quella  della  città  di  Pietra.  Ora 
questa  essendo  stala  fondala  nel  i532,,  e  la  città  di  Lima  nel 
i53/j,  o  secondo  altri  nel  i535,  ne  segue  che  nell'intervallo  di 
questi  due  anni  sieno  stati  posti  i  primi  fondamenti  di  Guayaquil, 
sotto  la  condotta  dell"  Adelantado  Belalcazar.  Bieve  però  ne  fu 
la  sua  durata,  poiché  gli  Indiani,  dopo  varj  insulti,  la  presero  e 
la  devastarono.  Nel  1 53^  il  capitano  Francesco  de  Orcllana  la 
riedificò  situandola  sul  golfo  di  Charopoto,  nel  luogo  ,  presso  a 
poco  ora  occupato  dal  villaggio  di  Monte-Cristo:,  poscia  essa  venne 
ristabilita  ove  trovasi  presentemente,  cioè  sopra  la  riva  occiden- 
tale del  fiume  Guayaquil. 

Clima. 

Benché  i!  clima  di  questo  paese  non  sia  meno  caldo  di  quello 
di  Panama  e  di  Caitagena  ,  ci  ha  peiò  una  cosa  particolare, 
che  gli  uomini  sono  di  diversa  carnagione }  e  se  un  autore,  dice 
Ulloa,  ha  chiamato  questo  paese  i  Paesi-Bassi  Equinoziali  per  la 
somiglianza  della  sua  situazione  coi  Paesi-Bassi  d'Europa  ,  si  può 
con  altrettanta  ragione  dargli  questo  nome  per  la  somiglianza  del 
colore  degli  abitatori.  E  di  fallo,  se  si  eccettuano  i  mulatti,  lutti 
gli  altri  sono  biondi,  ed  hanno  i  lineamenti  del  viso  sì  perfetti, 
che  superano  in  bellezza  non  so!o  tutti  gli  altri  abitatori  della 
provincia  di  Quito,  ma  anche  quelli  di  tutto  il  Perù. 
Vegetazione. 

La  vegetazione  de'conlomi,  dice  De-Humbo'dt,  è  di  una  mae- 
stà superiore  ad  ogni  descrizione:  vi  abbondano  le  palme,  le  sci- 
ta mi  nee,  le  plumeria  e  le  taberna  montana.  Don  Alcedo  dice  tro- 
varsi nella  provincia  di  Guayaquil   una    spezie  di  legno  solido  e 


DI    CARACAS,    DILLA    «UOVA-GRANATA   EC.  'J'J 

duro,  che  vien  preferito  per  la  costruzione  de' piccioli  bastimenti, 
spezialmente  per  la  chiglia,  perchè  è  incorruttibile,  e  più  d'ogni 
altro  resiste  ai  vermi,  ed  è  facile  da  lavorarsi:  il  suo  colore  è 
scuro  carico,  ed  è  chiamato  guacapeli  e  guaranco. 

Descrizione  di  Guayaquil. 

Gli  abitatori  dell1  antica  città  di  Guayaquil  essendo  stati  tra- 
sportati da  Orellana,  siccome  abbiamo  di  già  accennato,  fabbrica- 
rono le  loro  case  sul  pendio  di  una  collina  detta  Cernilo  Perde, 
e  tal  luogo  si  è  quello  chiamato  presentemente  città  vecchia,  Ciu- 
dad  vieja.  In  appresso  gli  abitatori  trovandosi  da  un  lato  troppo 
rinserrati  dalla  collina  e  dall'altro  dagli  esteros  od  ineguaglianze 
cagionate  dalle  acque  che  ne  scavarono  il  terreno,  hanno  trovato 
conveniente  non  di  abbandonare  interamente  il  luogo,  ma  di  fab- 
bricare un'altra  città  in  lontananza  di  circa  600  tese,  e  comin- 
ciarono a  dar  mano  all'opera  nel  i6o,3  ,  conservando  la  comuni- 
cazione colla  vecchia  città  mediante  un  ponte  di  legno  lungo 
circa  3oo  tese,  sul  quale  si  passano  senza  incomodo  gli  avvalla- 
menti che  disgiungono  le  due  città.  Guayaquil  è  grande,  perchè 
occupa  la  riva,  dalla  parte  bassa  dell'antica  città  fino  alla  parte 
alta  della  nuova,  per  lo  spazio  di  mezza  lega  \  ma  la  larghezza 
non  è  proporzionata,  poiché  tutti  gli  abitatori  vogliono  stare  alla 
riva  del  fiume  pel  miglior  prospetto,  pel  divertimento  della  pesca  , 
e  pel  fresco  venticello  che  viene  dall'acqua.  Tutte  le  case  sono 
di  legno  \  molte  coperte  di  tegole*  le  più  di  stoppia*  ma  per  evi- 
tare gl'incendj  che  sono  stali  frequenti  il  governo  ordinò  di  coprir 
di  tegole  tutte  le  nuove  case.  Grandi  sono  le  case,  comode,  belle, 
ornate  di  portici  per  potervi  passeggiare  nella  stagione  piovosa. 
Gsjayaquil  è  difesa  da  tre  furti,  due  sul  fiume  vicini  alla  città,  e 
uno  di  dietro*,  tutti  di  fortificazione  moderna:  fabbricati  di  grossi 
pezzi  di  legno  durissimo  e  disposti  in  forma  di  palizzata  gli  uni 
negli  altri. 

Abitatori. 

Guayaquil  è  popolata  da  circa  venti  mila  anime,  e  vi  è  gran 
concorso  di  forestieri.  Le  persone  più  ragguardevoli  sono  gli  Eu- 
ropei maritali  e  stabiliti  nel  paese:  vi  ha  anche  molti  creoli  ricchi: 
il  rimanente  della  popolazione  è  composto  di  varie  caste,  come 
nelle  altre  città  da  noi  descritte.  I  cittadini  capaci  di  portar 
1  armi  sono  divisi  in  diverse  compagnie,  secondo  il  grado:,  e  sono 


78  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

sempre  pronti  alla  difesa  della  città  e  dei  loro  proprj  beni.  Una 
di  queste,  tutta  composta  di  Europei,  è  la  più  stimata,  splendida 
e  numerosa.  Il  Corregidor  comanda  in  capo,  avendo  sotto  di  sé 
un  colonnello,  un  maggiore  e  varj  subalterni  per  disciplinare  Tal- 
tré  compagnie. 

Il  De-Ulloa  dopo  di  aver  descritte  le  belle  qualità  personali, 
delle  quali  la  natura,  siccome  abbiamo  già  accennato,  fu  liberale 
cogli  abitatori  di  questa  città,  passa  a  lodare  l'urbanità  e  la 
piacevolezza  de'  medesimi}  qualità  che  inducono  molti  Europri  , 
dopo  di  aver  soggiornato  per  qualche  tempo  a  Guayaquil,  ad  am- 
mogliarsi ed  a  stabilirvisi.  Il  suddetto  autore  descrive  poscia  Ja 
foggia  di  vestire  delle  donne  di  questa  città,  e  dice  che  quando 
vanno  a  far  visite  portano  il  Jaldellin  uguale  a  quello  usato  dalle 
Spagnuole  di  Quito  ,  di  cui  abbiamo  già  parlato. 

iresti  delle  donne. 

Quand'escono  di  casa  ,  e  che  non  vogliono  mettere  il  manto, 
portano  una  cappa  di  bajetta  di  color  di  musco  chiaro,  guernito 
di  velluto  nero,  senza  merletti  né  altra  cosa.  Il  loro  collo,  le 
le  loro  braccia  sono  ornate  di  catene,  di  perle,  di  braccialetti  e  di 
bei  lavori  di  corallo:  alle  orecchie  portano  pendenti  carichi  di  pie- 
tre, cui  sogliono  aggiugnere  de' bottoncini  di  seta  nera  tutti  guer- 
niti  di  perle:  essi  sono  chiamati  Polizonés ,  e  non  si  può  veder 
cosa  più  bella. 

Commercio. 

Il  commercio  di  Guayaquil  può  essere  consideralo  sotto  due 
diversi  punti  di  vista:  l'uno  stabile  consiste  in  produzioni  e  ma- 
nifatture del  paese}  l'altro  passeggiere  che  consiste  in  mercanzie 
straniere,  alle  quali  Guayaquil  serve  come  di  scala  per  passare 
nelle  provincie  del  Perù,  di  Terra-Ferma  e  di  Guatimala.  Il  caccao 
deve  essere  risguardalo  come  la  principal  produzione  del  territorio 
di  Guayaquil}  il  legname  ed  il  sale  sono  oggetti  di  non  minor 
considerazione,  ed  a  questi  si  deve  aggiugnere  il  cotone,  il  riso 
ed  il  pesce  salato.  Finalmente  tutta  questa  giurisdizione  di  Gua- 
yaquil fa  un  grau  commercio  coi  paesi  di  montagna,  di  buoi, 
vacche  e  muli  cui  le  vaste  sue  campagne  alimenta  in  grandissima 
copia. 

Lana  di  Ceibo. 

Sonovi  anche  altri  oggetti  di  commercio  di  minor  importanza, 


DI    CARACAS,     DELLA    KUOTA-GRANATA    EC  79 

come  il  tabacco,  la  cera  e  la  lana  di  Ceibo  cosi  appellata  dal 
nome  dell'albero  che  la  produce.  Quest'albero  è  molto  alto  e 
fronzuto  }  fra  le  sue  rotonde  foglie  esce  un  picciol  fiore  in  cui  si 
forma  una  spezie  di  bozzolo  della  lunghezza  di  circa  due  pollici, 
e  di  uno  circa  di  diametro:  allorché  il  bozzolo  è  maturo  si  apre, 
e  lascia  vedere  la  lana  che  contiene,  la  quale  s'assomiglia  ad  un 
fiocco  di  cotone,  ed  è  un  po' rossa.  Questa  lana  è  assai  più  fina 
e  più  morbida  del  cotone  ,  per  la  qual  cosa  gli  indigeni  pensano 
comunemente  che  non  si  possa  filarla.  Ulloa  però  è  d'opinione 
che  se  mai  si  giugnesse  a  trovare  il  mezzo  di  filarla,  potrebbe 
esser  appellata  seta  e  non  lana  di  Ceibo.  L'uso  che  se  ne  fa  con- 
siste nel  riempier  materassi  e  cuscini}  alla  qual  cosa  essa  è  più 
atta  di  qualunque  altra  materia  sì  per  la  sua  naturale  morbidezza 
che  per  la  facililà,  colla  quale  essendo  posta  al  sole  s'innalza  e 
si  gonfia  a  segno  da  render  la  tela  del  materasso  tesa  come  quella 
di  un  tamburo,  senza  che  diminuisca  di  gonfiezza  se  vien  poscia 
trasportata  all' ombra,  a  meno  che  sia  esposta  all' umido,  qualità 
contraria  che  serve  a  comprimerla. 

In  cambio  delle  mercanzie  che  la  giurisdizione  di  Guayaquil 
manda  nelle  più  lontane  provincie,  essa  riceve  dal  Perù  vino, 
acquavite,  olio,  frutta  secche}  dalle  provincie  di  Quito  bajette  , 
Tucuyos ,  farine,  lardo,  presciutto,  cacio}  dalla  giurisdizione  di 
Panama  tutte  le  mercanzie  che  dall'Europa  si  mandati  alle  fiere 
d'America}  dalla  Nuova-Spagna  ferro  e  cordame. 
Navigazione  del  fiume  Guayaquil. 

11  fiume  Guayaquil ,  la  cui  foce  ha  due  miglia  di  larghezza  è 
navigabile  più  di  quattro  leghe  al  di  sopra  della  città}  quindi 
essa  è  molto  esposta  alle  depredazioni  delle  flotte  nemiche.  Nel 
1687  fu  presa  e  saccheggiata  dai  Francesi,  che  fecero  prigionieri 
il  Governatore  e  700  uomini ,  i  quali  furono  poi  riscattati  per 
4, 600,000  pezze  da  otto.  Nel  1709  la  prese  il  capitano  Rogers 
e  n'ebbe  3o,ooo  pezze  in  prezzo  di  riscatto.  Si  naviga  il  detto 
fiume  con  vascelletti,  canoe  e  balze  o  zattere,  cui  gli  Indiani 
conducono  con  maravigliosa  destrezza  arrischiandosi  anche  ad  an- 
dar per  mare  fino  a  Payta. 
Balza  o  zattera. 

Le    balae  dette   anche    Fangade   sono  composte    di  5,  7  0  9 
travi  di  un    legno    bianchiccio,    molle  e  leggerissimo,    chiamato 


80  DESCRIZIONE   PARTICOLARE 

Pucro  dagli  Indiani  di   D3rien  ,  e  che    secondo  ogni  apparenza  , 
è  quello  stesso  che   dai  Latini  venne  appellato  Ferula.  Con  que- 
sto legno   d  unque  si    fabbricano    dagli     Indiani    le  balze,  la    cni 
figura  vedesi   nella  Tavola  9.  Havvi  sulle  travi  una  spezie  di  co- 
verta  fatta  d'assicelle  di  canne  ,  e  sopra  della   medesima   un  tetto 
con  due  ali }   la   vela  è  attaccata  a  due  pertiche  di  mangliere  che 
si  uniscono  in    alto.  La    loro  grandezza    differisce  a  seconda  del- 
l'uso:   le  une    sono    impiegate    alla    pesca,  le    altre    al    trasporto 
d'ogni  sorta  di    mercanzie}  ed    alcune  fabbricate    con    molta  pu- 
litezza servono  a  condurre    le  famiglie  alle  loro    terre  e  case    di 
campagne.   Ma   noi,  dice  De-Ulloa  ,  non  dobbiamo  dimenticarci  di 
far  menzione    di  una    assai    straordinaria    particolarità  di    queste 
balze,  la  quale    consiste    nel   poter    esse  navigare    e   bordeggiare 
quando  il  vento  è  contrario,  siccome  qualunque  vascello  a  chiglia, 
ciò  che  gli   Indiani  ottengono  con   tutt' altro  mezzo  che  con  quello 
del  timone.    Essi    hanno    le  tavole    lunghe  circa  quattro  aune    e 
larghe  circa   una    mezz'auna,    appellate    Guare ,  cui     dispongono 
verticalmente  alla   poppa   ed  alla   prora,    fra   le  travi  della   balza} 
essi  affondano   le  une   nell'acqua   e  ne  ritirano  un   po' le  altre,  e 
con    questo    mezzo,  s'allontanano,    arrivano,    colgono  il     vento, 
voltano   il   bordo  e  si   mantengono  alla  vela  di  maestra,  secondo 
che   vogliono   manovrare.   Questa     invenzione,    dice  De-Ulloa ,    fu 
per  lungo  tempo  ignota  alle  nazioni   più   illuminale  d'Europa,  e 
gli  Iudiani  che  V hanno  scoperta  ,    non   ne    conoscono  che  il   mec- 
canismo, senza    che    il  loro    spirito  mal    coltivato  abbia  giammai 
cercato  di  scoprirne    la  causa.    Se  tale    invenzione  fosse    posta   in 
pratica   in   Europa   non  accaderebbero  tanti   naufragi.    Questi  tra- 
gici esempi,  egli   prosegue,    mi   hanno    determinato  ad   esaminare 
sopra  che  sia   fondata   la   maniera  di  governare  queste   balze,  e  in 
che  essa   consista,  a   fin  che  ognuno  possa  servirsene  nell'occasio- 
ne. Il    detto  scrittore    per  meglio    riuscire  nel  suo    disegno,  si   è 
servilo  di   una   picciola   memoria  che    Don  George  Juan  compose 
sopra  questa   materia  (1). 
Provincie  delV  interno  Quixos  e  3Iacas. 

Le  provincie  di  Quixos  e  di   Macas  vati  debitrici   della  singo- 
larità della  loro  temperatura  al  trovarsi  sul  pendio  orientale  delle 

(r)  V.  Voyage  Historique  de  l'Amérique  meridionale  par  De-Ulloa  etc. 
Tom.  I.  lib  IV.  cap.  IX. 


'■■;  ' 


jJi      ì'i'J  . 


DI    CARACAS,    DELLA    HUOVA-GRAN ATA    EC.  8l 

Ande.  Sebbene  non  sien  die  due  gradi  distanti  dall'equatore  al 
sud    il  verno  vi  incomincia  in  aprile  e  vi  dura  fino  a  settembre: 
mese  in  cui  comincia  la  primavera  sull' altipiano.  Il  clima  è   umi- 
do e  caldo. 
Produzioni. 

La  produzione  principale  è  il  tabacco.  Fra  le  piante  che  co- 
prono il  paese  trovasi  lo  storace,  albero,  la  cui  gomma  spande 
un  odore  soavissimo  e  superiore  a  tutti  gli  altri.  Questa  gomma  o 
resina  è  rara,  poiché  i  luoghi,  in  cui  allignano  questi  alberi,  es- 
sendo un  po'  lontani  dalle  abitazioni y  riesce  pericoloso  l'andarvi, 
poiché  gli  Indiani  Bravos  si  nascondono  qualche  volta  fra  gli  al- 
beri,  e  stanno  in  agguato  come  le  bestie  feroci. 
Il  paese  di  Quixos  quando  scoperto. 

Il  governo  di  Quixos  e  Macas  deve  essere  considerato  come 
diviso  in  due  giurisdizioni ,  quella  di  Quixos  che  contiene  la  porle 
settentrionale  del  governo,  e  quella  di  Macas  che  ne  fa  la  parte 
più  meridionale.  Fra  queste  due  havvi  il  parse  di  Canelos.  Il 
paese  di  Quixos  fu  scoperto  da  Diaz  de  Pineda  nel  i536.  Questo 
Diaz  era  uno  de'  capitani  inviati  da  Belalcazar  per  conoscere  il 
corso  del  gran  fiume  dilla  Maddalena,  ed  i  paesi  vicini  mentre 
egli  occupavasi  a  fondare  Popayan.  Diaz  si  rivolse  al  mezzodì,  ove 
visitò  il  paese  di  Quixos,  ed  avendovi  trovate  molte  miniere  d'oro 
e  d'  argento  ,  e  alberi  da  cannella  ,  se  ne  ritornò  soddisfalissimo. 
La  relazione  che  ne  fece  indusse  Pizarro  ,  che  in  allora  era  Go- 
vernatore di  Quifo,  ad  entrare  in  questo  paese  nel  i53o,}  ma 
1'  esito  infelice  di  una  tale  spedizione  fece  sì  che  la  conquista  di 
tal  regione  non  potesse  avere  il  suo  effetto  che  nel  i55cj,  nel 
qual  anno  Hurtado  de  Mendoza  vice-Rè  del  Perù  ordinò  a  Ra- 
mirez  Davalos  d'  andare  a  soggiogare  gli  Indiani  di  questo  paese, 
e  di  formarvi  alcuni  stabilimenti.  Questo  Generale  eseguì  felice- 
mente la  sua  coni  nissione  ,  e  fondò  il  borgo  di  Baeza ,  che  di- 
venne la  capitale  del  governo  nel  i55cj.  Malgrado  però  del  van- 
taggio d'  essere  stata  la  prima  popolazione  del  paese  e  la  residenza 
de'  Governatori,  esso  è  sèmpre  rimasto  ne!  suo  stato  di  mediocrità 
perchè  le  città  d'  Avila  e  d'  Archidoua  che  vennero  poscia  fondate, 
s'  attrassero  tutta  l'attenzione  de' capi  ,  che  lasciarono  Baeza  ,  come 
F  avevano  trovata.  Ma  anche  queste  due  città  non  sono  giammai 
giunte  ad  uno  stato  degno  del  titolo  che  loio  diede,  e  sono  ri- 
Cost.  Voi.  Ili  del?  America.  6 


82  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

niaste  tali  quali  erano  ne!  principio.  Brieza,  lungi  dal  l'in  gran  dirsi, 
andò  sempre  scemando  in  tal  guisa  da  non  esser  più  che  un  casale 
di  o5to  o  nove  capanne  di   paglia. 

Macas. 

Il  luogo  principale  della  giurisdizione  di  Macos  porta  il  titolo 
di  città  j  nome  che  si  dà  comunemente  a  lutto  il  paese  ,  che  in 
oggi  è  più  conosciuto  sotto  questa  denominazione,  che  sotto  quella 
di  Seviglia  d'Oro  che  gli  si  dava  anticamente.  Anche  in  questa 
città  si  annoverano  appena  centotrenta  case  di  legno  coperte  di 
canne,  e  quando  si  dice  che  vi  sono  1200  anime  ,  devesi  inten- 
dere di  tutte  le  persone  che  vivono  in  questa  giurisdizione  ,  e 
che  generalmente  sono  Meticci  o  mulatti,  pochissimi  essendo  gli 
Spagnuoli. 

Provincia  di  Blayna. 

Ai  governi  di  Pupayan  e  di  Giovanni  di  Braca moros  che  sono 
i  confini  della  provincia  di  Quito  al  sud  ed  al  nord,  bisogna  ag- 
giugnere  quello  di  Mayna  che  ne  forma  i  confini  orientali.  In 
questa  vasta  provincia  hanno  la  loro  sorgente  varj  6umi  ,  che 
dopo  di  aver  percorso  una  grandissima  estensione  di  paese  ,  si 
uniscono  e  formano  il  famoso  fiume  delle  Amazoni.  Le  rive  di 
questo  e  di  molti  altri  che  gli  rendono  il  tributo  delle  loro  acque, 
circondano  il  paese  e  l'attraversano.  I  suoi  confini  però  al  nord 
ed  al  sud  sono  pochissimo  noli  ,  e  tutto  ciò  che  se  ne  può  dire 
si   è  ch'esso  si  perde  nelle  lene  abitale  dagli  Indiani. 

Abitatori. 

Pochi  sono  gli  stabilimenti  Spagnuoli  :  il  più  importante  è  S. 
Gioachimo  di  Omagnas.  I  Mayna  e  gli  Omagna  sono  i  principali 
popoli  indigeni,  un  piccini  numero  dei  quali  si  è  stabilito  presso 
alle  missioni.  La  maggior  porle  va  errando  pei  boschi,  e  vive  della 
caccia  e  della  pesca.  Le  produzioni  del  paese  sono  cera  bianca  e 
nera,  e  cacca o. 
Vulcani  di  Quito. 

Non  avrebbe  descritto  il  regno  di  Quito  chi  ne  passasse  sotto 
silenzio  que' formidabili  vulcani,  i  quali  tante  volte  ne  sconvolsero 
la  superficie  inghiottendone  intere  città.  Il  maestoso  Cimborasso 
non  è  proba  bi  Irti  ente  che  un  vulcano  estinto.  La  neve  secolare 
che  ne  copre   le  cime  colossali   si  squaglierà  forse  un  giorno  ,  eJ 

il  fuoco  assopito  nelle  sue  viscere  riprenderà    forse  la  distruttiva 

sua  attività. 


1 


Tm,. 


DI    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRANATA    EC.  83 

//  Picìiincìia. 

11  Pichincha  è  uno  dei  vulcani  più  grandi  della  terra:  il  suo 
cratere  scavalo  nel  poi  fido  basaltico,  fu  paragonalo  da  Condan- 
ne, al  caos  de' poeti.  Quella  bocca  immensa  era  allora  piena  di 
neve,  ma  De-IIumboldt  la  trovò  accesa.  »  Dal  riciuto  del  cratere 
escono,  quasi  sorgessero  dall'abisso,  tre  picchi  o  tre  lupi  che  non 
sono  coperte  di  neve  ,  perchè  i  vapori  esalali  dalla  bocca  del 
vulcano  ve  la  fan  tosto  dileguare.  Onde  esaminar  meglio  il  fondo 
del  elatere  ci  coricammo  bocconi  ,  e  non  credo  che  \"  immagina- 
zione figurarsi  possa  qualche  cosa  di  più  tristo,  di  più  lugubre, 
di  più  spaventoso  di  quanto  fu  da  noi  allora  veduto".  La  bocca 
del  vulcano  forma  un  buco  circolare  di  quasi  una  lega  di  circon- 
ferenza, i  cui  orli  tagliati  perpendicolarmente  son  coperti  in  cima 
di  neve  \  l'interno  è  d'un  nero  cupo,  ma  la  voragine  è  sì  im- 
mensa clie  vi  si  distingue  la  cima  di  parecchie  montagne  che  vi 
stanno  per  entro.  Pareva  che  le  loro  sommità  fossero  due  o  tre- 
cento tese  più  basse  di  noi  :  or  si  figuii  chi  può  ove  deve  trovarsi 
la  loto  base.  Io  non  dubito  ciie  il  fondo  del  cratere  esser  non 
debba  a  livello  colla  città  di  Quito  ».  Noi  ve  ne  presentiamo  la 
figura  al  num.  i  della  Tavola  io,  tratta  dall'Atlante  Pittoresco 
dello  stesso  De-Humboldt  (i). 

Il  Cotopaxi. 

Il  Cotopaxi  è  il  più  alto  di  quei  vulcani  delle  Ande  che  eb- 
bero eruzioni  ne' tempi  più  recenti.  La  sua  altezza  assoluta  è  di 
2o5a  tese:  sorpasserebbe  per  conseguenza  più  di  4°o  tese  1'  al- 
tezza del  Vesuvio  se  questo  venisse  posto  sulla  sommità  del  picco 
di  Teneriffe.  Il  Cotop  xi  è  anche  il  più  temuto  di  tutti  i  vulcani 
del  regno  di  Quito,  come  quello  le  cui  esplosioni  sono  state  più 
frequenti  e  sommamente  devastatrici. 

Storia  delle  sue  eruzioni. 

Le  scorie  ed  i  grossi  massi  lanciali  da  quel  vulcano  coprono 
le  valli  circonvicine  per  parecchie  leghe  quadrate.  Questo  vulcano, 
dice  De-Ullca  ,  s'apii  con  molta  violenza  nel  1 533,  allorché  Se- 
bastiano Belalcazar  trovavasi  già  in  questa  provincia  per  conqui- 
starla. Un  sì  fatto  accidente  favorì  moltissimo  i  suoi  disegni  , 
puichè  gli  IuJiani  avendo  udito  dai  loro  indovini  ,  che   il  paese 

(t)  Pag.  291  Tavola  61. 


84  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

sarebbe  passato  sotlo  il  domiuio  di  un  Principe  ignoto  ,  quando 
il  vulcano  si  fosse  aperto,  risguardarono  tale  avvenimento  siccome 
segno  fatale  della  loro  rovina,  e  ne  furono  sì  scoraggiati  che  Be- 
lalcazar  trovò  poca  o  nessuna  resistenza,  di  modo  che  nel  breve 
spazio  di  un  anno  si  vide  padrone  di  tutta  la  provincia.  Nel  174^ 
si  apri  nuovamente  dopo  di  aver  fatto  alcuni  giorni  prima  uno 
spaventoso  romore  nelle  sue  profonde  caverne.  Un'alta  terribile 
eruzione  seguì  pure  nell'anno  seguente.  Dal  1^58  le  fiamme 
del  Cotopaxi  s'alzarono  a  4^0  tese  oltre  il  cratere.  Il  (\  aprile 
1768,  la  quantità  delle  ceneri  vomitate  dalla  bocca  del  Cotopaxi 
fu  sì  grande  che  nelle  città  di  Hambato  e  Tacunga  ,  la  notte 
duiò  fino  alle  tre  ore  dopo  mezzogiorno.  L'esplosione  del  mese 
di  gennajo  i8o3,  fu  preceduta  da  uno  spaventevole  fenomeno, 
dal  dileguarsi  cioè  delle  nevi  che  coprivano  la  montagna.  Da 
veni' anni  addietro,  nessun  fumo,  nessun  vapore  visibile  era  uscito 
dal  cratere,  ed  in  una  sola  notte  il  fuoco  sotterraneo  divenne  sì 
attivo,  che  all'alzarsi  del  sole  le  pareti  esteriori  del  cono,  forte- 
mente riscaldate  si  mostrarono  di  color  nero  che  è  proprio  delle 
scorie  vetrificate.  Nel  porto  di  Guayaquil,  ad  una  lontananza  di 
62  leghe  in  linea  retta  dai  labbri  del  cratere,  il  signor  De  Hum- 
boldt udì  giorno  e  notte  i  muggiti  del  vulcano,  a  foggia  di  sca- 
riche ripetute  di  una  batteria.  Noi  ve  ne  presentiamo  la  figura 
sotto  il  num.  2  della  Tavola  10  presa  dall'Aliante  Pittoresco  del 
suddetto  viaggiatore  (1). 

Situazione  di  questi  vulcani. 

Se  fosse  dimostrato  che  la  vicinanza  dell' Orenoco  contribuisce 
a  mantenere  i  fuochi  dei  vulcani,  noi  saremmo  sorpresi  nel  vedere 
che  i  vulcani  più  attivi  del  regno  di  Quito,  il  Cotopaxi,  il  Tun- 
gurahua  ed  il  Sangay  appartengono  all'anello  orientale  delle  Ande, 
e  per  conseguenza  a  quello  che  è  più  lontano  dalle  coste.  11  Co- 
topaxi è  più  di  cinquanta  leghe  distante  dalla  costa  più  vicina. 

Arcipelago  delle  isole  Gallapagos. 

Conviene  uniie  alla  descrizione  del  regno  di  Quito  quella 
delle  isole  Gallapagos.  Questo  arcipelago,  posto  sotto  l'equatore 
dugento  e  venti  leghe  a  ponente  del  continente  Americano,  rac- 
chiude picchi   vulcanici  nelle  isole  più  orientali.  Il  cactus  e  l'aloe 

(1)  V.  Atlas  Pittoresque,  Tav.  io,  pag.  \i. 


DI    CARACAS,    DfcLLA    SUOTA-G RAMATA    «C  85 

vi  coprono  le  rupi.  Nelle  isole  occcidentali  una  terra  nera  e  pro- 
fonda nutre  grossi  alberi.  I  flamingos  e  le  tortorelle  sono  gli  uc- 
celli più  frequenti,  ed  enormi  testuggini  coprono  la  spiaggia.  Non 
vi  è  traccia  di  piede  umano  \  uè  i  Malesi  del  grande  Oceano,  né 
le  tribù  Americane  giammai  approdarono  a  quelle  terre  isolate. 
Dampier  e  Cowley  videro  sorgenti  ed  anche  fiumi  in  alcune  di 
quelle  isole,  i  cui  nomi  particolari  Spagnuoli  cedettero  il  luogo  a 
nomi  Inglesi,  almeno  in  tutte  le  carte  geografiche  moderne.  San- 
ta-Maria  delì'Aguada  sembra  identica  coll'isola  Yoik.  Le  più  grandi 
delle  ventidue  conosciute  sono  quelle  d'  Albermale  e  di  Narbo- 
rough.  Cowley  descrive  Pisola  incantata  come  se  si  presentasse 
sotto  il  vario  aspetto  d'una  città  murata  e  d'un  castello  in  rovina. 
Parecchi  porli  e  varie  piagge  invitano  gli  Europei  a  fondarvi  qual- 
che stabilimento. 
Tribù  indigene  della  Nuova^Granata. 

Il  regno  della  Nuova-Granata  racchiude  ancora  buon  numero 
di  tribù  indigene  ,  la  maggior  parte  indipendenti  ,  e  quasi  tutte 
ancora  in  possesso  della  lingua  e  della  foggia  di  vivere  natia.  I 
Guaira  o  Guagniro  ,  che  occupano  una  parte  delle  provincie  di 
Maracaibo,  di  Rio  della  Hacha  e  di  Santa-Marla  ,  dan  la  mano 
ai  Motiloni  che  possedono  le  terre  bagnate  dal  Muchuchies  e  dal 
S.  Faustino  ,  fino  alla  valle  di  Cucuta,  ed  intercettano  le  strade 
delle  montagne.  Il  saccheggio,  l'incendio  e  l'assassinio  non  vanno 
disgiunti  dalle  loro  scorrerie  nelle  pianure.  I  Chilimi  ed  un'altra 
banda  di  Guaira  infestano  le  rive  della  Maddalena  (i).  Nella 
provincia  di  Darien,  gli  Uraba,  i  Zitara  e  gli  Oromisa  formarono 
tre  piccioli  stati  indipendenti  uno  sotto  un  Principe  detto  il  Pla- 
yon,  e  i  due  altri  sotto  un  governo  repubblicano  (2).  I  Gunacu- 
na,  che  abitano  le  montagne  di  Choeo  e  di  Novità,  esercitano  i 
loro  ladronecci  fino  a  Panama  ,  ed  assaltano  anche  per  mare  le 
barche  cariche  di  viveri  (3).  Sembra  che  le  antiche  nazioni  eli 
Quito  abbiano  avuto  come  le  tribù  selvaggie  dell'Africa  un  nu- 
mero infinito  d'  idiomi',  i  Missionaij  ne  annoverarono  fin  ri 7}  ma 
è  probabile  che  la  lingua  di  Quito  dominasse  sull'altipiano  ,  e 
quella  degli  Soiie  sulla  costa.  Gli  Scire  o  Sciri,  il  cui  nome  tro- 

(1)  Viajero  universa!,  XXII.  pag.  298. 

(1)  Hervas,  Catalogo  delle  lingue. 

(5)  Viajero  universa!,,  XXII.  pag.  297. 


86  MSCIUZIONE    PàKTJCOLAIIE 

vasi  con  maraviglia  identico  con  quello  di  un'antica  tribù  d'Eu- 
ropa, famosa  per  le  guerriere  sue  scorrerie  ,  cioè  gli  Sciri  Scyri 
o  Siti  ri,  fecero  l'anno  iooo  la  conquista  della  parie  più  elevala 
e  vi  introdussero  la  loro  lingua.  Gli  Spagnuoli  vi  trovarono  sta- 
bilita la  lingua  «il  il  dominio  Peruviano.  I  Cofani  una  delle  117 
tribù  di  Qiiilo,  erano  ancora  l'anno  1600  più  di  i5m.  ',  parlava- 
no una  lingua  particolare  usilata  del  p.tri  nel  paese  d'Auga-Mar- 
ca,  e  nella  quale  un  Gesuita  scrisse  un  compendio  di  dottrina 
Cristiana. 
Tribù  di  Popayan  e  di  Mayauo. 

Fra  le  ciuquautadue  tribù  di  Popayan,  quelle  di  Guasinga  , 
di  Cocanuca  e  di  Pao  avevano  tre  distinti  linguaggi  conservatici 
negli  scritti  de' Missionari-  I  Xibaro,  i  Maca,  i  Quixo,  tribù  pos- 
senti occupavano  la  declività  orientale  delle  Ande  di  Quito.  In- 
feriormente il  vasto  governo  di  May  uà  contiene  gli  avanzi  di  in- 
numerahili  tribù  i  cui  idiomi  furono  dai  Missionari  classificali  (1). 
Gli  Omagua. 

La  gronde  nazione  degli  Omagua  ,  sparsa  per  tutto  il  corso 
del  Maranon  e  dell' Aniazone  ,  ha  un  dialetto  dei  Guarani  del 
Brasile,  ma  più  semplice  nelle  sue  forme  gramaticali  e  più  rieco 
di  vocaboli}  ciò  che  indica  una  più  lunga  civiltà  negli  O.nagua. 
Le  trasmigrazioni  di  quel  popolo  navigatore  non  sono  bastante- 
mente conosciute  :  1'  opinione  più  probabile  li  fa  giuguere  dal 
Brasile. 

Un  antico  centro  di  civiltà  in  mezzo  a  queste  nazioni  erranti 
e  selvagge,  è  uo  fenomeno  degno  di  tulla  la  nostra  attenzione. 
L'  altipiano  di  Santa-Fè  di  Bogola  gareggia  con  Cuzco,  città  del 
Sole  ,  come  centro  delle  istituzioni  e  delle  idee  politiche  e  reli- 
giose (2).  Noi  ci  fermeremo  alquanto  su  di  questo  importante 
problema  etnografico. 

(1)  Alle  suddette  tribù  della  Nuova-Granata  bisogna  aggiugnere  i  Mu- 
zo,  antichi  nemici  de'  Mn  ysca  :  eglino  credevano  che  un'ombra  d'uomo 
netto  Are  avesse  creato  ed  instruilo  la  loro  nazione  ;  i  Sataqua,  che  abi- 
tavano verso  Summa-Paz,  e  che  si  distinguevano  col  loro  idioma  estrema- 
mente dolce  ed  effeminato,  siccome  era  il  loro  carattere;  finalmente  gli 
Indiani-Mestizo  all'ouest  del  golfo  Dirien,  che  annoverano  trenta  mila 
persone  }  otto  mila  delle  quali  sono  guerrieri,  fra  questi  tre  mila  armati 
di  fucile,  è  un  ammasso  di  selvaggi,  di  pirati  e  di  contrabbandieri. 

(2)  V.  Hervas,  Catalogo,  pag.  68.  ec. 


DI    CARACAS,    DELLA    HUOVA-CRASATA    E«.  87 

Tradizioni  degli  Indiani  Muysca. 

JNe'più  remoti  tempi 9  innanzi  che  la  luna  accompagnasse  la 
terra,  dice  la  mitologia  degli  Indiani  Muysca  o  Mozca  ,  gli  abi- 
tatori di  Coudinamarca ,  o  dell'altipiano  di  Bogota  ,  vivevano  co- 
me barbari,  senza  agricoltura,  senza  leggi  e  senza  culto.  Improv- 
visamente comparve  fra  di  essi  un  vecchio  che  veniva  dalle  pia- 
nure poste  a  levante  della  Cordigliera  di  Chingaza  :  egli  sembrava 
di  stirpe  diversa  da  quella  degli  indigeui  ,  poiché  portava  lunga 
e  folta  barba. 

JSochica,  profeta  legislatore. 

Era  conosciuto  sotto  tre  nomi  diversi}  sotto  quello  di  Bochi- 
ca,  di  JSemquetheba  e  di  Zuhè.  Questo  vecchio,  simile  a  Manco- 
Capac,  insegnò  agli  uomini  a  vestirsi,  a  fabbricar  capanne,  a 
lavorare  la  terra,  a  riunirsi  in  società.  Condusse  seco  una  donna 
alla  quale  la  tradizione  dà  pure  tre  nomi,  quelli  cioè  di  Chia  , 
di  Yubecay guaya  e  Iluythaca.  Questa  femmina,  di  rara  bellezza, 
ma  di  eccessiva  malvagilà,  si  oppose  al  suo  sposo  in  tutto  ciò  che 
fece  per  la  felicità  degli  uomini.  Coi  magici  suoi  artifìzj  ella  fece 
gonfiare  il  iìurue  di  Funzha  ,  le  cui  acque  inondarono  tutta  la 
valle  di  Bogota.  Questo  diluvio  fé' perire  la  maggior  parte  degli 
abitatori,  e  solo  alcuni  pochi  trovarono  lo  scampo  sulle  vetta 
delle  vicine  montagne.  Il  vecchio  irritato  scacciò  la  bella  Iluyi- 
iliaca  lungi  dalla  terra,  ella  divenne  la  luna ,  e  cominciò  ad  illu- 
minare la  notte  il  nostro  pianeta.  Indi  Bochica  ,  mosso  a  pietà  di 
coloro  che  andavano  errando  pei  monti  ,  spezzò  con  possente  mano 
le  rupi  che  chiudono  la  valle  dalla  parte  di  Canoas  e  di  Tequen- 
dama.  Procurò  uno  sbocco  per  tale  apertura  alle  acque  del  lago 
Funzha,  riunì  di  nuovo  i  popoli  sparsi  nella  valle  di  Bogota  , 
fabbiicò  città,  introdusse  il  culto  del  Sole,  nominò  due  capi  ,  fra 
j  quali  divise  i  poteri  secolare  ed  ecclesiastico,  e  si  ritirò  sul 
monte  Idacanzas ,  nella  santa  valle  d'Iraca  presso  a  Tunja  ,  ove 
visse  fra  gli  esercizj  della  più  austera  penitenza  per  lo  spazio  di 
due  mila  anni,  odi  cento  cicli  Muysca,  dopo  i  quali  scomparve 
in   un   modo   misterioso. 

Relazioni  memorabili. 

Questa  favola  Indiana  contiene  un  gran  numero  di  idee  che 
trovansi  sparse  nelle  tradizioni  religiose  di  parecchi  popoli  dell'an- 
tico continente.  Sembra   di    poter     riconoscere  il  buono  e  cattivo 


88  BESCRIZIONE     PARTICOLARE 

principio  personificati  nel  vecchio  Bochica  ed  in  sua  moglie  Huy- 
thaca.  Le  rupi  spezzale  e  lo  sgorgo  dell'acqua  fan  pensare  a  Yao 
fondatore  dell'1  impero  Cinese.  L'epoca  antica  in  cui  la  Luna  non 
sussisteva  ancora,  ricorda  le  pretensioni  degli  Arcadi  sull'antichità 
della  loro  origine.  L'astro  della  notte  è  dipinto  come  un  astro 
malefico  che  aumenta  l'umidità  della  terra,  mentre  Bochica  ,  fi- 
glio del  Sole,  l'asciuga,  protegge  l'agricoltura,  e  diviene  il  be- 
nefattore di  Muvsca  come  il  primo  luca   lo  fu  de'Peruviani. 

Sistema  politico  di  Bochica. 

Queste  medesime  ti  adizioni  aggiungono  che  Bochica,  vedendo 
i  capi  delle  diverse  tribù  indigene  contendersi  l'autorità  suprema, 
consigliò  loro  di  scegliere  per  Zaque  o  Sovrano,  uno  di  essi  chia- 
malo Huncahua  ,  e  venerato  a  motivo  della  sua  giustizia  e  grande 
saviezza.  Il  consiglio  del  gran  sacerdote  fu  accolto  universalmente: 
ed  Huncahua  che  regnò  per  2,5o  anni,  pervenne  ad  assoggettarsi 
tutto  il  paese  che  si  estende  dalle  savane  di  S.  Juan  de  los  Lla- 
nos  fino  alle  montagne  d'Opon.  La  forma  di  governo  che  Bochica 
diede  agli  abitatori  di  Bogota  ,  merita  non  poca  attenzione  per 
l'analogia  che  presenta  coi  governi  del  Giappone  e  del  Tibet.  Al 
Peiù  gli  luca  riunivano  nelle  loro  persone  il  potere  ecclesiastico 
e  secolare,  i  figli  del  Sole  erano,  per  così  dire,  sovrani  e  sacer- 
doti. A  Gondinamarca  ,  ne'tempi  probabilmente  anteriori  a  Manco- 
Capac,  Bochica  aveva  costituito  elettori  i  quattro  capi  delle  tribù 
Gamezay  Busbanca,  Pesca  e  Toca.  Aveva  ordinato  che  dopo  la 
sua  morte,  quegli  ekt'.ori  ed  i  loro  discendenti  avessero  il  diritto 
di  scegliere  il  gran  sacerdote  d' Iraca.  Si  supponeva  che  i  Ponte- 
fici o  Lama,  successori  di  Bochica,  fossero  eredi  delle  sue  virtù 
e  della  sua  santità.  Il  popolo  recavasi  in  folla  ad  Iraca  onde  offe- 
rire de' doni  al  gran  sacerdote.  Visitavansi  i  luoghi  renduti  cele- 
bri dai  miracoli  di  Bochica,  ed  in  mezzo  alle  guerre  più  sangui- 
nose, i  pellegrini  godevano  della  protezione  de' Principi  pel  cui 
territorio  dovevan  passare  onde  recarsi  al  santuario  (  chunsua  ) 
ed  ai  piedi  del  Lama  che  vi  risedeva.  Il  capo,  secolare  chiamato 
Zaque  di  Tunja  ,  al  quale  i  Zippi  o  Principi  di  Bogota  pagavano 
un  annuo  tributo,  ed  i  Pontefici  d'iraca  erano  due  potestà  di- 
stinte, come  lo  sono  al  Giappone  il  Dairi  e  l'imperator  secolare. 

Calendario  di  Muysca. 

Bocbica  non  era  soltanto  risguardato  qual  fondatore  del  nuovo 


ni    CARACAS,    DELLA    NUOVA-GRADATA    EC.  89 

culto,  e  legislatore  dei  Muysca  :  era  simbolo  parlante  del  Sole,  e 
regolava  quindi  i  tempi,  e  gli  si  attribuiva  l'invenzione  del  ca- 
lendario (1)}  aveva  inoltre  prescritto  l'ordine  dei  sacrifizj  che 
dovevano  celebrarsi  alla  fine  de' cicli  minori,  in  occasione  della 
quinta  intercalazione  lunare.  Nell'impero  di  Zaque,  il  giorno  (sua) 
e  la  notte  (za)  erano  divisi  in  quattro  parti  ;  cioè  sua-mena  dal 
levare  del  sole  a  mezzodì }  sua-meca,  da  mezzodì  al  tramontare } 
zasca  dal  tramontar  del  sole  a  mezzanotte}  e  cagni  da  mezza- 
notte al  levare  del  sole.  Il  vocabolo  sua  o  zune  indica  ad  un 
tempo  nella  lingua  Muysca  giorno  e  sole.  Da  sua  che  è  uno 
de' soprannomi  di  Bochica  ,  deriva  sue,  Europeo  o  uomo  bian- 
co ,  denominazione  bizzarra  che  trae  1'  origine  dalla  circostan- 
za ,  che  il  popolo  al  momento  dell'arrivo  di  Quesada  ,  risguar- 
dava  gli  Spagnuoli  come  figli  del  Sole.  La  minore  divisione  del 
tempo  presso  i  Muysca,  era  un  periodo  di  tre  giorni.  La  settima- 
na, periodo  di  sette  giorni,  era  sconosciuta  in  America,  come  in 
una  parte  dell'Asia  orientale.  Il  primo  giorno  del  picciolo  periodo 
era  destinato  ad  un  gran  mercato  che  tenevasi  a  Turmeca.  L'anno 
(zocam)  era  diviso  per  lune  \  venti  lune  componevano  1'  anno 
civile,  quello  cioè  che  conta  vasi  nella  vita  comune.  L' anno  sa- 
cerdotale era  di  3j  lune,  e  venti  di  quei  graud'anni  formavano 
un  ciclo  Muysca.  Onde  distinguere  i  giorni  lunari,  le  lune  è  gli 
anni,  si  faceva  uso  di  serie  periodiche,  i  cui  dieci  termini  erano 
numeri. 
Lingua  dei  Muysca. 

La  lingua  di  Bogota  ,  della  quale  si  è  quasi  affatto  perduto 
l'uso  dalla  fine  dell'ultimo  secolo,  era  divenula  dominante  in 
conseguenza  delle  vittorie  del  zaque  Huncahua  }  per  quelle  dei 
zippa,  e  per  l'influenza  del  gran  Lama  d' lraca,  su  di  una  vasta 
estensione  di  paese,  dalle  pianure  dell'Ariari  e  del  Rio-Meta,  fino 
al  nord  di  Sogamozo.  Come  la  lingua  dell' Inca  è  chiamata  al 
Perù  quichua,  quella  dei  Mosca  o  Muysca  è  conosciuta  in  paese 
sotto  il  nome  di  chibcha.  II  vocabolo  Muysca,  del  quale  Mozca 
sembra  una  corruzione,  significa  uomo  o  persona,  ma  gli  indi- 
geni non  l'applicano  generalmente  che  a  se  medesimi. 

(i)  De-Humboldt,  Vues  et  Monumens  pag.  128,  244  efc. 


DESCRIZIONE  PARTICOLARE 

DEL    PERÙ' 

ENTRO    GLI    ANTICHI    SUOI    LIMITI 

PREFAZIONE. 

Scoperta  del  Perà. 


orlez  avendo  sottomesso  a  Carlo  Quinto  più  di  dugento  leghe 
di  nuove  terre  io  lunghezza,  e  più  di  cerilo  cinquanta  in  larghezza 
credeva  di  aver  fatto  poca  cosa.  Nell'istmo  di  Panama  vedesi  dal- 
l'alto di  una  montagna  da  una  parie  il  mare  del  noid  e  dall'  altra 
quello  del  sud:  si  tentò  dunque  di  cercare  in  questo  nuovi  paesi 
da  conquistare.  Verso  l'anno  i5a^  due  semplici  avventurieri, 
Diego  d'Almagro  e  Francesco  Pizaivo,  che  per  quanto  si  dice, 
non  sapevano  né  anche  leggere  né  scrivere,  furon  quelli  col  cui 
mezzo  Carlo  Quinto  acquistò  nuove  lene  più  vaste  e  più  ricche 
del  Messico.  Dopo  di  aver  eglino  scoperte  trecento  leghe  di  coste, 
vengono  informati  che  verso  la  linea  equinoziale  e  sotto  l'altro 
tropico  trovasi  una  regione  immensa,  in  cui  1'  oro,  l'argento  e  le 
pietre  preziose  sono  più  comuni  del  legn<:>,  e  che  un  tal  paese  è 
governalo  da  un  Re  dispotico  come  Motezuma. 
Dominio  degli  luca  o  Re  del  Perù. 

Dal  paese  di  Cuzco  e  dai  contorni  del  tropico  del  capricorno 
fino  all'altezza  dell'isola  delle  perle,  che  è  al  sesto  grado  di  la- 
titudine settentrionale,  un  solo  Re  estendeva  il  suo  dominio  as- 
soluto per  lo  spazio  di  circa  trenta  gradi.  Egli  discendeva  da  una 
razza  di  conquistato!  i  chiamati  luca  *,  il  suo  nome  era  Atabalipa^ 
il  suo  padre  che  erasi  impadronito  di  lutto  il  pae>e  di  Quito  , 
avea  fatto  eseguire  da'suoi  soldati  ,  e  dai  popoli  debellati  una 
gran  strada  di  cinquecento  leghe  da  Cuzco  fino  a  Quito  colmando 
precipi/j  ed  appianando  montagne.  Peisone  di  ricambio  stabilite 
ad  ogni  mezza  lega  portavano  gii  ordini  del  Monarca  in  tutto 
l' impero. 


DEL    FERU  f)I 

Loro  magnificenza. 

Tale  era  l'incivilimento  di  que'popoli  ,  e  se  si  vuol  giudi- 
caie  della  loro  magnificenza  ,  basti  per  ora  il  sapere  che  il  Re 
quando  viaggiava  era  portato  sopra  un  trono  d'oro  del  peso  di 
2,5m.  ducati,  e  che  la  lettiga  di  lame  d'oro  sulla  quale  era  col- 
locato il  trono  veniva  sostenuto  dai  primarj  personaggi  dello 
Stato. 

Francesco  Pizzarro  attaccò  questo  Imperatore  con  dugento  cin- 
quanta fanti,  sessanta  cavalli,  ed  una  dozzina  di  piccioli  cannoni 
strascinati  dagli  sciita  vi  de'  già  soggiogati  paesi.  Dal  more  del  sud 
egli  giugne  all'altezza  di  Quilo.  Atabalipa  trovavasi  ne'  dintorni 
di  questa  città  con  circa  quaranta  mila  soldati  armati  di  frecce 
e  di   picche  d'oro  e  d'argento. 

ambasceria  di  Pizarro  ad  Atabalipa. 

Pizarro  cominciò  come  Cortez  con  una  ambasceria  ed  offerse 
all' lnca  l'amicizia  di  Carlo  Y.  Non  potè  a  meno  Atabalipa  di 
dimostrare  il  desiderio  che  avea  di  sapere  dall'ambasciatore,  co- 
me mai  avvenisse  che  gli  Spagnuoli  professando  di  non  voler  che 
alleauza  e  pace,  facessero  sì  gran  macello  nei  paesi  dove  passavano, 
senza  né  anche  informarsi  delle  disposizioni  dell'  luca  e  delia 
corte  imperiale }  quindi  disse  di  voler  visitare  Pizzarro  in  Caxa- 
marca  ,  e  che  sperava  ,  ondando  col  suo  esercito  ,  di  non  dargli 
alcun  motivo  di  sospetto,  perciocché  tale  era  l'uso  del  paese  quando 
l'Imperatore  viaggiava. 

Sospetti  di  Pizzarro. 

Pizarro  che  non  molto  si  fidava  delle  belle  parole  date  al- 
l' ambasciadore,  mise  la  sua  gente  in  ordine  di  battaglia  in  una 
gran  piazza  e  stette  fermo  ad  aspettar  l'Inca  che  vi  si  recò  con 
tutta  la  magnificenza  in  mezzo  al  suo  esercito  e  seguilo  da  mol- 
tissimi Indiani  riccamente  vegliti,  ornati  di  piastre  d'  oro  e  d'ai- 
gento  e  di  gran  copia   di  pietre   preziose. 

Si  dispone  ad  assalire  Atabalipa. 

Pizzarro  gli  osservò  in  distanza  :  e  quella  brillante  apparenza 
eccitava  in  lui  cupidigia  anzi  che  timore1,  vedendo  che  l'Inca 
differiva  l'abboccamento  ,  animò  i  suoi  soldati  ,  mise  una  banda 
di  moschettieri  sopra  un'  altura  della  piazza  ,  affinchè  al  primo 
ordine  tirassero  nel  grosso  dei  nemici,  mentre  1'  imboscata  caval- 
leria gli  assalirebbe  in  diverse  parli,  e  chiuderebbe  i  passi  iu  modo 
che  niuno  dei   principali  Indiani  fuggisse 


gii  DESCRIZIONE  PARTICOLARE 

Intanto  1'  Inca  si  avanzava  in  buon  ordine  e  con  grande  solen- 
nità in  mezzo  al  suono  e  allo  strepilo  di  strumenti  guerrieri  man- 
dando scorridori  ad  osservare  la  posizione  del  Nemico  ,  i  quali 
ritornarono  colla  lieta  notizia  che  il  Generale  con  soli  quiudici 
compagni  slava   a   piedi  aspellandolo   nella   gran   piazza. 

Nasconde  la  sua  condotta  sotto  il  manto  della  religione.. 
Pizarro  stimando  ben^  di  giustificare  la  sua  condotta  col  manto 
della  religione,  gli  mandò  con  nuove  proposizioni  di  pace  il  Frate 
Valverde  fatto  già  Vescovo  di  questo  paese  che  non  era  ancora 
caduto  in  suo  potere.  Fu  ammesso  il  Frate  alla  presenza  dell'  luca, 
il  quale  poco  o  nulla  potendo  conprendere  del  lungo  sermone 
fattogli  dal  medesimo  sui  misteri  del  Cristianesimo,  si  maravigliò 
fortemente  che  gii  Spagnuoli  volessero  che  si  pagasse  tributo  a 
Carlo,  persona  inferiore  a  Dio  ed  al  Papa*  sdegnò  di  esser  vas- 
sallo d'  altri  che  degli  Dei}  protestò  di  non  dover  nulla  al  Papa, 
uè  di  sapere  qual  diritto  egli  avesse  di  disporre  del  suo  regno*, 
negò  di  abiurare  la  dottrina  dei  suoi  antenati,  finché  non  ne  fosse 
convinto  della  falsità*,  e  si  dice  eh' ei  gettasse  in  terra  la  Bibbia 
presentatagli  da  Valverde  cui  egli  prese  per  un  impostore.  Se  gli 
storici  non  vanno  perfettamente  d'  accordo  sulla  maniera  colla 
quale  venne  dall'  Inca  risposto  al  lungo  sermone  del  Frate,  tutti 
però  convengono  che  la  predicazione  ebbe  fine  colla  guerra. 

X'  Inca  disfatto  e  prigioniero. 

I  cannoni,  i  cavalli  e  le  armi  da  fuoco  fecero  sui  Peruviani 
quello  stesso  effetto  che  già  fatto  avevano  sui  Messicani:  orribile 
fu  la  strage  di  quella  confusa  moltitudine  *,  ma  Pizarro  sapendo 
che  tutto  dipende  dal  destino  deli' Inca,  s'avventa  co' suoi  quin- 
dici soldati  sopra  la  banda  che  circonda  la  regia  lettiga,  v'in- 
contra un'inaspettata  ferma  resistenza,  ed  è  al  punto  di  abbando- 
nare l'impresa  di  prendere  il  Monarca,  quando  un  soldato  risoluto 
passa  in  mezzo  alla  guardia,  si  fa  slrada  verso  Pizzarro,  afferra  la 
lettiga,  e  stiappito  Atabalipa  dal  suo  trono  d'oro  è  caricato  di 
ferri.  Vedi    la   Tavola    li. 

Offre  una  somma  immensa  pel  suo  riscatto. 

L'  infelice  Monarca  osservando  1'  avidità  degli  Spagnuoli  per 
V  oro  ne  offeiì  per  suo  riscatto  tanto  quanto  bastasse  ad  empiere  la 
stanza  di  sua  prigione  fino  a  quell'altezza  cui  egli  potè  colla  mano 
arrivare.  Partono  all'istante  per  ogni  dove  i  suoi  sudditi  per  ani- 


^     V 


DEL    PERÙ'  93 

massare  quest'immenso  riscatto }  Poro  e  l'argento  giugne  tutti  i 
giorni  dalle  vicine  provincie  al  quartiere  degli  Spagnuoll  5  ma  non 
potendo  l'Inca  compiere  prestamente  la  sua  promessa,  ne  mor- 
morarono gli  Spagnuoli ,  ascrivendo  tale  indugio  a  malvagia  in- 
tenzione. Si  scusava  Atabalipa,  allegando  la  gran  distanza  dei 
luoghi,  e  pregava  Pizarro  di  mandar  alcuni  Spagnuoli  a  soddi- 
sfarsi ne' tesori  di  Guzco,  dove  eglino  sarebbero  condotti  sicuri 
e  trattati  bene  dai  suoi  sudditi.  Pizarro  abbracciò  l'offerta  :  Soto 
e  Barco  sono  destinati  per  Guzco,  e  manda  il  fratello  Ernando  a 
riconoscere  le  ricchezze  dell'Inca  a  Pacacamec:  questi  incontra 
per  istrada  Quitlischaca  ,  uno  dei  fratelli  di  Atabalipa ,  con  alcune 
centinaja  d'indiani  carichi  d'oro  cui  egli  ricevuto  avea  dai  Ga- 
cichi  per  la  libertà  dell' Inca  da  lui  teneramente  amato.  Giunti 
gli  Spagnuoli  in  Guzco,  il  gran  secerdote  Vilavina  cavò  pronta- 
mente dal  principal  tempio  del  Sole  il  tesoro  necessario  pel  ri- 
scatto di  Atabalipa,  e  quello  consisteva  in  un'immensa  quantità 
d?oro  e  d'argento  in  vasi ,  urne  ed  altri  utensili  di  curioso  lavoro, 
cui  gli  Spagnuoli  recarono  a  Gaxamarca,  servili  da  parecchie  cen- 
tinaja di  Indiani.  Stupito,  ma  non  soddisfatto  Pizarro  di  ȓ  pro- 
digiosa ricchezza  ,  ottenne  dall' Inca  anche  la  concessione  di  quella 
del  tempio  di  Pacacamec. 
Pizarro  manca  di  parola  alP  Inca. 

Raccolto  tutto  il  tesoro  e  compiuta  dall' Inca  la  sua  promessa  , 
dimandò  egli  secondo  il  patto  la  sua  libertà,  ma  le  divisioni  in- 
sorte fra  gli  Spagnuoli  che  non  pensavano  che  ammassar  ricchez- 
ze,  la  difficoltà  di  tener  sicuramente  il  Monarca  in  arresto*  ì 
tentativi  che  probabilmente  gli  Indiani  farebbero  per  liberarlo*  la 
gelosia  loro  sul  mancamento  di  parola  degli  Spagnuoli  •  l'estrema 
difficoltà  di  stabilire  il  dominio  della  Corona  di  Spagna  in  una  sì 
immensa  estensione  di  paese,  suggerivano  a  Pizarro  come  neces- 
sario il  partito  di  far  morire  Atabalipa.  Una  sì  perfida  politica  lo 
portò  a  tale  crudele  risoluzione:  scempiate  e  ridicole  furono  le 
accuse  che  gli  si  fecero,  e  dalle  quali  egli  si  difese  chiamando  il 
cielo  e  la  terra  in  testimonio  d'aver  egli  compito  con  integrila  al 
suo  impegno  contra  la  peifidia  de' suoi  accusatori:  dimandò  che 
lo  mandassero  in  Ispagna  ad  esser  giudicato  dall'imperatore  : 
esclamò,  ragionò,  pregò,  ma  tutto  fu  invano:  egli  venne  con- 
dannato ad  esser  bruciato   vivo.    Il  Frate   Valverde  confermò  la 


<)4  DESCRIZIONE    PARTICOLARE 

sentenza,  e  dicesi  ch'ei  cercò  di  convertir  l'Inca:  e  che  alla  fine 
il  persuase  con   promettergli  che  eviterebbe  il  fuoco  e  sarebbe  so- 
lamente slangolato.  Così  fu  eseguito,  Atabalipa  mmì  da   intrepido 
eroe,  ed   il   suo  corpo   venne  gettato  nelle  fiamme. 
Rivalità  di  Pizarro  e  Almagro. 

Non  si  sa  se  si  debba  più  ammirare  l'ostinato  coraggio  di 
quelli  che  scoprirono  e  conquistarono  tante  terre,  o  più  detestare  la 
loro  ferocia:  la  medesima  sorgente,  l'avarizia,  produsse  tanti  beni  e 
tanti  mali.  Diego  d'Almagro  marcia  a  Guzco  a  traverso  di  una  mol- 
titudine immensa  d'Indiani,  cui  gli  è  forza  soggiogare  :  egli  pe- 
netra nel  Chili  e  s' impadronisce  cTogui  luogo  in  nome  di  Carlo 
Quinto.  Ma  la  discordia  che  avea  già  diviso  Velasquez  e  Corlez 
nell'America  settentrionale  suscitò  la  più  fiera  rivalità  anche  fra 
i  vincitori  del  Perù.  Almagro  e  Pizarro  si  fanno  la  guerra  civile 
in  Guzco:  tutte  le  reclute  ricevute  d'Europa  si  dividono  e  com- 
battono pel  capo  che  scelgono:  si  danno  una  sanguinosa  battaglia 
sotto  le  mura  di  Cuzco,  senza  che  i  Peruviani  osino  approfittare 
della  debolezza  del  loro  comune  nemico;  anzi  trovami  de' Peru- 
viani in  ciascun  esercito  che  si  battono  pei  loro  tiranni,  e  la 
moltitudine  dispersa  se  ne  sta  stupidamente  ad  aspettare  a  quale 
de' loro  distruttori   sarà  sottoposta. 

Almagro  è  messo  a  morte. 

Finalmente  Almagro  perde  la  battaglia  a  Salinas  e  cade  nelle 
roani  del  suo  livale.  Inutili  furono  tutti  gli  argomenti  da  lux 
esposti  a  Pizarro  per  salvare  la  vita.  Questi  volendo  restar  solo 
padrone  del  Perù,  avea  dato  espresso  ordine  di  farlo  morire. 
Si  eseguì  con  tutto  rigore  la  sentenza.  Questo  bravo  Generale  in 
eia  di  ^5  anni  fu  privatamente  strangolato  ,  e  pubblicami  ole  de- 
capitato su  di  un  palco  nella  gran  piazza  di  Cuzco ,  spogliato  nudo 
dal  carnefice,  e  lasciato  esposto  per  la  maggior  parte  del  giorno, 
senza  che  alcuno  gli  prestasse  gli  ultimi  doveri.  Gli  amici  suoieran 
tutti  imprigionati ,  e  troppo  vivo  era  il  rancor  de' nemici  per  aver 
qualche  sentimento  di   umanità. 

Pizarro  è  assassinato. 

Tanta  crudeltà  di  Pizarro  in  vece  di  renderlo  padrone  asso- 
luto ,  accrebbe  il  numero  de'suoi  nemici  cui  egli  perseguitò  con 
indefessa  severità  scacciandoli  da  Cuzco  o  confinandoli  in  carcere 
per  timóre  che  non  vendicassero  la  morte  del  loro  Gsnerale:  con 


DEL    PERÙ*  Q 5 

pubblico  editto  vietò  a  chiunque  d' aiutarli  sotto  severissime  pene, 
e  fece  anche  in  modo  che  uon  potessero  ritornare  in  Ispagna  e 
dire  le  loro  ragioni  al  Sovrano.  Disperati  gli  AIrnagriani  cospira- 
rono di  toglier  di  vita  Pizzarro.  Quando  si  trovarono  in  Lima  in 
numero  di  quasi  trecento  ,  si  credettero  abbastanza  forti  per  la 
meditata  esecuzione.  Tredici  de' congiurati  si  uniscono  a  mezzodì 
in  casa  del  figlio  d'Almagro,  indi  colle  spade  sguainate  traversano 
la  piazza  del  mercato,  andando  dritto  al  palazzo  di  Pizarro,  e  gri- 
dando. »  Viva  il  Re,  miioja  il  tiranno  »  entrano  nel  suo  appar- 
tamento, lo  circondano  e  l1  uccidono  di  ferita  nella  gola  ,  dopo 
ch'egli  erasi  difeso  con  vigore  quasi  incredibile  nella  sua  età  avan- 
zata. Cosi  cadde  Francesco  Pizzarro  nella  sua  capitale  per  mano 
di  quegli  stessi  elio  avean  cooperato  alle  sue  conquiste  :  personag- 
gio liberale  ed  intrepido,  prima  che  la  prosperità  lo  rendesse  am- 
hizioso,  rapace,  geloso  e  crudele. 
Governo  Spagnuolo  stabilito  nel  Perà. 

Stabilivasi  di  già  in  questo  Nuovo-Mondo  il  governo  Spagnuo- 
lo: le  grandi   province  avevano  i  loro  Governatori  :eransi  formale 
le  udienze:  gli  Arcivescovi,  i  Vescovi,  i  tribunali  d'inquisizione 
esercitavano,  come  a  Madrid,  le  loro  funzioni  allorché  i  capitani 
che  avevano  conquistato  il  Perù  per  l'imperatore  Carlo  V    vollero 
tenerlo  per  loro   medesimi.    Un   figliuolo  d'Almagro  si   fece  rico- 
noscere per  Re  del  Peiù}  ma  altri  Spagnuoli  amando  meglio  ob- 
bedire al  loro  padrone  che  dimorava   in  Europa  che  ad  un  com- 
pagno che  diveniva  loro  Sovrano  ,    lo  presero  e  lo  fecero  perire 
per  mano  del  carnefice.  Un  fratello  di  Pizarro  ebbe  la  stessa  am- 
bizione e  la  stessa  sorte.   Non  vi   ebber  ribellioni  contra  Carlo  V 
fuor  di  quelle  degli  Spagnuoli}  neppur  una  de' populi  soggiogati. 
Io   mezzo  a   queste  guerre  accanite,  che  i  vincitori  si  facevan 
gli  uni  contra  gli  altri,  si  scopersero  le  ricche  miniere  d'argento 
del  Potosi.  Esse  eran  incognite  agli  slessi  Peruviani  ,  che  poscia 
sudarono  nello  scavarle  per  gli  Spagnuoli  siccome  veri  proprietaij. 
A  questi  schiavi  si  aggiunsero  in  seguito   i  Negri   che    comperali 
in  Africa   venivano  traspot  tati  nel  Peni  come  animali  destinati  ai 
servigi  degli  uomini.   E  di   fatto  né  i   Negri    né  gli  abitatori  del 
Nuovo-Mondo  eran  dagli  Spagnuoli  considerati  come  appartenenti 
alia  spezie  umana.  Il   religioso  Domenicano  Las  Casas  Vescovo  di 
Chiapa  mosso  a  compassione  della  miseria  di  tonti  popoli,  né  pò- 


96  DESCRIZIONE    PARTICOLARE  DEL    PEBTj' 

fendo  più  oltre  reggere  alla  vista  delle  infami  crudeltà  clie  si 
commettevano  da'  suoi  compatriota,  ebbe  il  coraggio  di  portar  le 
sue  lagnanze  al  trono  di  Carlo  V  e  di  Filippo  II  con  alcune 
memorie  che  tuttavia  si  conservano  a  disonore  di  quella  nazione. 
Rappresenta  in  esse  quasi  tutti  gli  Americani  quai  uomini  dolci  e 
timidi  e  di  un  temperamento  debole  che  li  rende  naturalmente 
schiavi.  Ei  dice  che  gli  Spagnuoli  non  risguardarono  in  cotal  de- 
bolezza che  la  facilità  di  distruggerli,  che  in  Cuba,  nella  Giam- 
maica  e  nelle  isole  vicine  gli  Spagnuoli  ,  quai  cacciatori  che  si 
recano  a  spopolare  una  terra  di  bestie  selvagge  ,  fecero  crudel- 
mente perire  più  di  un  milione  e  dugentomila  Indiani.  Migliaja 
d'Americani  servivano  agli  Spagnuoli  quai  bestie  da  soma  ,  cui 
lasciavano  perire  od  uccidevano  quando  per  l'eccessiva  stanchezza 
non  potevano  più  reggere  alla  fatica.  Finalmente  questo  testimonio 
di  vista  afferma  che  nelle  isole  e  in  terra  ferma  questo  picciol 
numero  di  Europei  ha  fatto  perire  più  di  dodici  milioni  d'Ame- 
ricani. 

Forse  il  sensibile  Vescovo  di  Chiapa  avià  qualche  volta  esa- 
gerato i  suoi  rimproveri  contra  i  suoi  compatriotti  \  siccome  pure 
gli  Spagnuoli  avranno  portato  all'eccesso  le  loro  accuse  contra  le 
depravazioni  degli  Indiani:  le  lagnanze  però  di  questo  umano 
Prelato  non  furono  inutili:  le  leggi  mandate  d'  Europa  hanno  rad- 
dolcito alquanto  la  sorte  degli  Americani:  questi  sono  al  presente 
sudditi  ubbidienti  e  non   più  schiavi. 

Noi  abbiamo  scorso  in  un  solo  colpo  d'occhio  la  storia  della 
scoperta  di  questa  ricca  e  troppo  disgraziata  nazione,  della  quale 
siamo  per  intraprendere  la  descrizione  affine  di  presentarvi  al  vero 
l'originale  costume  degli  abitatori  ,  i  cangiamenti  seguili  dacché 
furono  miseramente  soggiogati,  non  che  quello  degl'insaziabili  e 
crudeli  loro  vincitori.  Molti  sono  gli  autori  che  hanno  scritto  la 
storia  del  Perù:  noi  al  solito  ve  ne  presentiamo  l'indice  de'prin- 
cipali,  e  vi  protestiamo  nello  stesso  tempo  di  aver  seguito  quelli, 
che  all'esatta  cognizione  de' luoghi  e  dei  fatti  unendo  l'amore  del 
vero,  seppero  ne' loro  racconti  conservarsi  imparziali. 


INDICE 


DE     PRINCIPALI 


VIAGGIATORI    ED    AUTORI 


CHE  HANNO   SCRITTO  LA.  STORIA 

DEL  PERIT. 


JJJescrìption  de  la  terre  neuve du  Pérou  en  l'Inde  occidentale,  mise  «n 
Francais.  Paris,  1480;  i  545,  in  8.° 

Pedre  de  Cioca,  Parte  priinera  de  la  Chronica  del  Perù,  que  trata  la 
demarcacion  de  sus  provincias,  y  la  descripcion  della  Siviglia  ,  1 353, 
in  f.°  Trad.  in  Ital.  Venezia.  i557,  i  voi.  in  8.° 

Historia  del  descrubimiento  y  conquista  del  Perù  etc.  por  Augustin  de 
Zarate.  Anversa,  i555;  ibid.,  i5g5,  in  8.°  La  stessa,  Siviglia, 
1677,  ln  f°  La  stessa,  Madrid,  1709,  in  f.°  La  stessa  tradotla  iu 
Italiano  da  Alfonso  Ulloa  ,  Venezia,  i563,  in  4-°  Trad.  in  Francese 
con  fig.,  Amsterdam,  1706;  ibid.  171 8,  Paris,  1716,  2  voi.  in  12.0 

Apollonii  Levini  de  Peruvianae  regionis  iuventione  et  rebus  in  ea  ge- 
stis.  Anversa,  i$6j,  in  8.° 

La  Historia  del  Perù,  de  Diego  Fernandez.  Siviglia  ,  1571,  in  f.°  parte 
di  quest'opera  venne  tradotta  in  Italiano  col  titolo  seguente: 

—  Relazione  breve  del  Fernandez,  circa  il  frutto  che  si  raccoglie  con  gli 
Indiani  del  regno  del  Perù.  Milano,  i6i3,  in  8.° 

Historie  van  Coninkryk  van  Perù.  Anversa,  iSy'ò,  in  4-* 
Relazione  breve  di  Diego  Torres,  della  Compagnia  di  Gesù,  procuratore 
del  Perù,  circa  il  frutto  che  si  raccoglie  con  gl'Indiani    di  quel  re- 
gno. Milano,  i6o3,  in  8." 
Historia    general  del  Perù  ,    escrita  por  el    Inca    Garcilasso  de  la  Tega. 
Cordova,  1606,  in  f.°  Ristampata  col  titolo  seguente: 

—  Commentarios  reales  del  origen  de  las  Incas  reys  que  fueron  del 
Perù  etc,  I.  Part. ,  Lisbona,  1609;  II.  Part.,ibid  1 G 1  g,  2  voi.  in  f.° 
Madrid,  1723,  2  voi.  in  f.°  Trad.  in  Francese  con  fig.  Paris,  1625 
ibid.,  iG58,  2  voi.  in  8.°  Amsterdam,  1706;  ibid.,  1706,  4  voi. 
in  12.0  Amsterdam,  ij5j,  2  voi.  in  4-"  colle  fig.  di  Bernardo  Pi- 
card. Trad.  in  Inglese.  London.  1688,  in  f.° 

Cost.  Voi.   111.  deW  America.  7 


0R 

Relation  des  voyages  dans  la  riviere  de  la  Piata,  et  de  là  aux  terres  du 
Pérou  ,  par  Arcaretta  de  Biscaie,  Paris,  i632,  in  f.o  Trad.  in  Inglese. 
London,  1698.  in  8.° 

Relacion  del  viage  de  Lima,  del  Ribadeneyra.  Madrid,  jG^J,  in  4-° 

Relation  du  voyage  de  S.***  a  la  rivière  de  la  piata  an  Pèrou.  Paris  , 
1672,  in  12. ° 

Sevenleen  years  travels  through  the  kingdom  of  Perù.  London ,  1700 
in  4.0 

Relation  du  voyage  de  la  mere  du  sud  aux  còtes  du  Pérou  et  du  Chili, 
fait  pendant  les  années  1712,  1713  et  1714  par  M.  Frezier  etc.  Pa- 
ris, 17165  ibid.   1752,  in  4-°  fi?-°  Trad.  in  Inglese.  London,   1717, 

in  4-°  fig-° 
Voyage  de    Marseille  a  Lima    et  dans    d'  autres  parties     des  Indes  Occi- 

dentalés,  par  D.***  (  Dnret  )  avec  Gg.  Paris,  1720,  in  12.0 
Alcedo  de  Herrera.  Compendio    historical    de  la    provincia  y  puerto    de 

Guayaquil.  Madrid,  iji*  ,  in  8.° 
La  figure  de  la  Terre  déterminèe  par  les  observations  des  MM.  Bouguer 

et  de  la  Condamine,  euvoyées  par  ordre  du  Roi  au  Pérou  etc.  Paris 

i749.  in  4.0 
Journal  du  Voyage    fait  à  l'équateur  etc.     sdivi  de  l' histoire  des  pyra- 

mides  de  Quito,  et  enrichi  de  plusieurs  planches:  par  M.  de  la  Condamine. 

Paris,  iySì,  iu  4-° 
Relacion  historica  del  viage  hecho  de  orden  de  su  Majestad  etc.  por  De- 
George Juan,  y  Antonio  de  Ulloa  etc.  Madrid,  iy^S   et    17495  2  voi. 

in  8.°  Trad.  in  Francese,  Amsterdam  et  Leipsic.    iyS2,  2  voi.  in  4-° 

fig.°  Paris,  1752,  2  voi.  in  4-°  Trad.  in  Inglese,  London,  1758;  ibid.  177$ 

1  voi.  in  8.°  In  Olandese,  in  4-° 
Nouveau  Voyage  fait  au  Pérou  par  M.  1'  Abbè  Court  de  la  Blanchardière 

etc.  Paris,  1761,  in  i2.°fig.° 
Histoire  des  tremblemens  de   terre  arrivès  a  Lima  et  autres  lieux,  avec, 

la  description  du  Pérou  etc.  trad.  de    1'  Anglais  de  Hales.  La-Haye 

1752,  in  12.0  fig,° 
Relacion  Descripcive  de  la  ciudad  y  provincia  de  Truxillo  del  Perù  ,  por 

D.  Miguel  Feyjio.  Madrid,   1763,  in  f.° 
Reise  nach  Perù,  von  Wolfang  Reyer.   Nurimberg,  1776.  in  8.° 
General  Idea  of  the  Monuments  of  Perù,  London  ,  in  8.0  Questa  descri- 
zione è  cavata  dal  Mercurio  Peruviano   che  si  stampa  a  Lima. 
Tagebuch  einer  Rcise  etc.  von  Aut.  Zach.  Helm  etc.  Dresda,  1798,  in  8.° 


DESCRIZIONE    DEL    PERÙ*. 


Divisione  naturale. 


enza  punto  curarci  de' limiti  politici  del  Perù  che  hanno  va- 
riato e  che  variano  a  seconda  della  maggiore  o  minor  forza  dei 
governi,  noi  seguiremo  nella  descrizione  di  qur-sle  sfortunate  con- 
trade quelle  divisioni  che  vi  stabilirono  la  natura,  la  storia  e  la 
ecografia. 

Le  Ande  che  attraversano  il   Perù  dal  sud  al    noid    formano 
generalmente  due  catene  qunsi   paralelle*,  l' una,  la   grande    Cor- 
digliera    delle    Ande  ,    costituisce  il   nocciolo  centrale    del    Perù  \ 
l'altra   molto  più  bassa  è  chiamata  Cordigliera  della  costa. 
Basso-Perù. 

Fra  questa  ed  il  mare  sta  il  Basso-Perù  che  forma  un  piano 
inclinato  largo  da  dieci  a  venti  leghe  ,  e  chiamato  sul  luogo  col 
nome  di  P^alles.  Esso  è  in  parte  composto  di  deserti  di  sabbia  , 
sprovveduti  di  vegetabili  e  d'abitatori.  Una  tale  sterilità  proviene 
dall'aridità  naturale  del  suolo  e  dall' assoluta  mancanza  di  piogge , 
poiché  in  nessuna  stagione  piove  ,  né  tuona  in  questa  parte  del 
Perù.  Non  v'ha  di  fertile  che  le  rive  dei  fiumi  ed  i  terreni  che 
possono  esser  aitifizialmente  irrigati,  ovvero  i  siti  umettati  dalle 
acque  sotterranee  in  conseguenza  delie  nebbie  e  delle  forti  rugia- 
de (i).  In  que' luoghi  privilegiati  la  terra  non  cessa  di  mostrare 
ad  un  tempo  le  bellezze  della  primavera  e  dell'autunno.  11  clima 
è  anche  rimarcabile  per  la  costante  dolcezza  della  temperatura.  Il 
fresco  che  regna  quasi  tutto  l'anno  lungo  la  costa  del  Perù  sotto 
il  tropico,  non  è  già  effetto  di  vicine  montagne  conette  di  neve, 
ma  piuttosto  di  quella  nebbia,  garua,  che  veia  il  disco  solare }  e 
di  quella  freddissima  corrente  d'acqua  marina  che  va  impetuosa- 
mente verso  il  nord  ,  dallo  stretto  di  Magellano  fino  al  capo  di 
Parinna.  Sulla  costa  di   Lima,  la  temperatura  del  Grande  Oceano. 

(i)  Viajero  universal,  XIV.,  106. 


IOO  DESCRIZIONE 

è  a    12  ,   5":    mentre  sotto  lo  stesso  paralello  ,    ma     fuori     della 
corrente  è  a   21    gradi  (1). 

dito-Perù. 

Il  paese  fra  le  due  Cordigliere  è  chiamato  La-Sierra.  Non  sono 
clie  montagne  ed  aride  rupi  intersecate  da  qualche  valle  fertile  e 
coltivata.  Ma  quelle  montagne  racchiudano  le  più  ricche  miniere 
d'argento  che  si  conoscano1,  e  le  vene  più  abbondanti  trovatisi 
ordinariamente  ne' monti  più  aridi.  Il  clima  della  Sierra  è  uno 
de'più  salubri,  se  si  drc  giudicarne  dalla  longevità  degli  abitatori. 
Alcuni  scrittori  distinguono  dalla  Sierra  la  catena  più  alta  delle 
Ande  o  la  regione  delle  nevi  perpetue  }  Malte-Brun  è  d'opinione  che 
sia  meglio  comprendere  1' una  e  l'altra  sotto  il  nome  di  Alto- Perii. 

Perù- Interno. 

Dietro  la  catena  principale  delle  Ande  giace  verso  le  rive  del- 
l'Ucayal  e  del  Mara  non  un'immensa  pianura  inclinata  a  levante, 
traversata  da  p2recchie  catene  di  montagne  slaccale,  chiamate  al 
Perù  La- Sfontanila- Re  al.  Sotto  un  cielo  piovoso  e  spesso  lam- 
peggiante l'eterna  verdura  de' boschi  primitivi  diletta  il  viaggiatore 
mentre  le  inondazioni,  le  paludi,  gli  enormi  serpenti,  e  gli  in- 
numerabili insetti  ne  interrompono  il  cammino.  Questa  regione 
può  essere  chiamato  il  Perii  interno  (2).  Le  comunicazioni  colla 
legione   interna   sono  più   difficili  che  col    Basso-Perù. 

Ostacoli  alla  coltivazione. 

Da  questi  cenni  si  conosce  che  una  gran  parte  de!  Perù  non 
è  alta  alla  coltivazione,  e  che  questo  paese  potrebbe  difficilmente 
farsi  ricco  ed  importante  pe' suoi  vegetabili.  La  poco  numerosa 
popolazione  è  dispersa  per  una  grande  estensione  di  terreno  •  la 
mancanza  di  strade  ,  di  ponti  e  di  canali  rende  assai  difficile  il 
trasporto  di  oggetti  pesanti  a  qualche  distanza  dal  sito  ove  sono 
stati  prodotti. 

Strade  mercantili. 

Eppure  la  medesima  natura  segnò  la  grande  strada  pel  com- 
mercio del  Perù:  il  gran  fiume  delle  Amazoni  potrebbe  ricevere 
le  stoffe  di  Qtrito  per  mezzo  della  Pastara  }  la  china-china  di  Ca- 
xamarca  pel  Maranonj  gli  olj  di  Lima  per  PHuallaga  ol'Ucayal} 
lo  zucchero  di   Cuzco  e  Toro    di   Carabaya     per    l'Apurimacj   le 

(1)  A.  De-Humboldt ,  Tableaux  de  la  Nature,  \.f  126. 

(2)  Viajero  universal,  XX.,  pag.  195-194. 


DBt    PliRU*  IOI 

tele  di  Moxos  pel  Beni.  Il  porto  di  S.  Gioachino  d'Omugnas 
diverrebbe  il  Tiro  e  l'Alessandria  del  Perù.  Da  quel  porlo  uri 
vascello  arriverebbe  a  Cadice  io  meno  di  due  mesi  e  mezzo.  La 
politica  chiuse  agli  Spagnuoli  una  sì  magnifica  strada.  Il  geloso 
Portoghese  non  soffrirebbe  che  la  bandiera  Spaglinola  sventolasse 
sull'acque  dell' Amazone.  Ma  la  Spagna  ed  il  Portogallo  non  tro- 
verebbero esse  un  mutuo  vantaggio  nel  rendere  comune  tra  loro 
la   navigazione  del   Para  ma  e  dell' Amazone? 

Vegetabili  ed  animali. 

Sicché  non  avvenga  questa  rivoluzione  mercantile,  né  le  gom- 
me odorifere,  né  le  resine  medicinali,  né  i  legni  preziosi  che 
stan  nelle  foreste  del  Perù j  uè  la  noce  mosca  da  ,  né  la  cannella 
che,  per  quanto  si  dice,  allignano  nella  Montanna-Real\  né  i 
finissimi  olj  del  Basso-Peiù",  il  caffè  e  lo  zucclieio  piantati  con 
buon  esito  nelle  parti  temperate  della  Sierra:,  l'ottimo  caceao 
delle  pianure  dell'Interno*  il  cotone  di  Chillaos",  la  seta  lunga  e 
fina  di  Moj  ibamba  ;,  il  lino  e  la  canapa  di  Moxos,  né  una  mol- 
titudine di  altre  importanti  produzioni  ,  compenserebbero  delle 
loro  fatiche  'coloro  che  volessero  coltivarle  in  giande  quantità  pei 
mercati  d'Europa,  mentre  le  spese  di  trasporto  fino  alla  costa, 
e  quelle  del  noleggio  per  mare  sono  sì  considerabili  che  non  po- 
tiebbersi  vendete  che  cou  discapito:  la  china-jhina  però  è  un 
oggetto  di   utile  spaccio. 

Lane. 

Ma  invano  la  corte  di  Madrid  offerse  tutti  i  possibili  incorag- 
giamenti all'aspoi  fazione  delle  lane  del  Peiù.  Le  spese  sono  sì 
gravi,  che  giunte  a  Codice  non  possono  daisi  al  prezzo  della  più 
fina  lana  di  Segovia.  La  sola  vigogna,  attesa  la  sua  rarità  e  la 
singolare  sua  finezza,  può  sottostale  alle  spese  di  trasporto  fino  in 
Europa  :  ma  una  caccia  troppo  animosa  sterminò  quasi  l'animale 
che  la  somministra.  Anche  la  lana  d'alpaca  viene  asportata  con 
vantaggio.  Noi  peiò  non  vogliamo  omettere  di  dare  una  più  distinta 
cognizione  di  questi  sì  utili  animali  che  popolano  le  più  alte  mon- 
tagne del  Porù  e  che  caiattenjzano  io  ispecial  modo  una  tale  regione. 
I  pachi   od   alpachi   (i)  e   le   vigogne  (2)  sono  due  spezie  d'ani- 

(1)  Paco  pacos  alpaco  o  Camelus  tophis  nullis ,  corpore  lanuto  ,  ro- 
stro oblongo  ....  camelus  paco.  Liu. 

(2)  Vigogna  o  vicunna.  Camelus  corpore  lanato,  rostro  s'uno  obtuso^ 
cauda  erecta  ....  camelus  vicugna.  Molina. 


102  DESCRIZIONE 

mali  succursali  ai  lama  (i),  come  lo  è  presso  a  poco  l'asino  al 
cavallo*,  essi  rassomigliano  nella  figura  ai  lami',  ma  sono  più  pic- 
cioli, assai  più  grande  però  è  il  vantaggio  che  se  ne  trae  dalla 
loro  spoglia  ,  la  lunga  e  fina  lana  che  li  copre  è  una  mercanzia 
di  lusso  tanto  preziosa  e  tanto  cara  quanto  la  seta.  I  pachi  sono 
per  lo  p  ù  affatto  neri  e  qualche  volta  di  un  bruno  misto  di  ful- 
vo. Le  vigogne  hanno  un  color  di  rosa  secca ,  e  questo  colore 
naturale  è  sì  stabile  che  non  può  soffrir  alterazione  alcuna  sotto 
la  mano  dell'operajo:  di  questi  lana  si  fabbricano  bellissimi  guanti  I 
bonissime  calzette ,  coltri  eccellenti  e  tappeti  di  sommo  prezzo  (2).  I 
Il  castoro  del  Canada  ,  le  pecore  di  Calmucchia  ,  la  capra  di  Si- 
ria non  somministrano  un  pelo  più  bello.  Questi  animali  hanno 
molte  cose  comuni  coi  lama,  sono  abitatori  della  slessa  regione, 
e  siccome  essi  ne  lo  sono  esclusivamente,  poiché  non  trovansi  che 
sulle  Cordigliere:  così   hanno     lo  stesso    naturale    e  presso  a   poco 

(1)  Lama ,  Thama -,  glama,nomi  che  gli  Spagnuoli  hanno  dati  a  que- 
sto animale  del  Nuovo- Mondo.  Béliardy  dice  che  il  nome  di  lama  è  una 
parola  generica  cui  gli  Indiani  del  Perù  danno  indifferentemente  a  tutte 
le  bestie  lanute.  Prima  della  conquista  degli  Spagnuoli  non  trovavasi  pe- 
core in  America;  questi  conquistatori  ve  lo  h  nino  introdotte,  e  gli  India- 
ni del  Perù  appellarono  lama,  perchè  verisimilmente,  nella  loro  lingua 
tale  parola  indicata  ogni  animale  lanoso  Lin.  lo  definisce  Camelus  dorso 
levi,  topho  perforali  ....  camelus  lama.  11  lama  è  alto  circa  quattro 
piedi,  il  suo  corpo,  compreso  il  collo  e  la  testa  ne  ha  cinque  o  sei  di 
lunghezza  ;  il  collo  solo  è  lungo  circa  tre  piedi.  Ha  la  testa  ben  fatta  ma 
pieciola  in  proporzione  del  corpo,  gli  occhi  grandi,  il  muso  nudo  e 
un  po' lungo,  le  labbra  grosse^  la  superiore  fessa  e  1'  inferiore  un  po' pen- 
dente, manca  di  denti  incisivi  e  canini  alla  mascella  superiore  :  le  orec- 
chie sono  larghe  quattro  pollici,  e  le  porte  in  avanti;  la  coda  è  lunga 
otto  pollici,  è  dritta  e  sottile:  i  piedi  ferenti  come  quelli  del  bue,  ma 
sormontati  di  dietro  da  uno  sprone:  è  coperto  di  una  lana  corta  sul 
dorso,  sulla  groppa  e  sulla  coda,  ma  assai  lunga  sui  fianchi  e  sotto  il 
ventre:  essi  variano  di  colore,  ve  ne  ha  de' bianchi,  dei  neri  e  de'misl  i  ec. 
(2)  Questa  lana  essendo  nel  1 7j4  assai  decaduta  di  prezzo,  un  avve- 
duto negoziante  fece  fabbricare  in  Parigi  una  spezie  di  panno  di  vigogna 
in  color  naturale,  e  questa  prima  prova  oltrepassò  le  sue  speranze.  Fece 
poscia  tingere  varie  pezze  di  vigogna  di  bleu  carico,  di  bleu  celeste, 
chermisi  ,  violetto  fino  e  scarlatto.  Questi  ricchi  colori  riuscirono  a  perfe- 
zione ;  e  se  il  governo  avesse  voluto  agevolare  i  mezzi  di  stabilire  in 
grande  una  manifattura  di  panni  di  vigogna  ,  il  commercio  Francese  a- 
vrebbe  acquistato  una  nuova  sorgente  di  ricchezze. 


net,    PERÙ  IOd 

le  stesse  abitudini  e  lo  stesso  temperamento.  Nu'.ladimeno,  sicco- 
me la  lana  degli  alpachi  e  delle  vigogne  è  assai  più  lunga  e  folla 
di  quella  del  lama ,  così  temono  ancor  meno  il  fréddo  e  se  ne 
stanno  volentieri  sulla  neve  e  sul  ghiaccio.  Nella  Tavola  12,  noi 
vi  presentiamo  nella  figura  a  mano  sinistra  il  lama ,  in  quella  a 
mano  dritta  la  vigogna,  ed  in  quella  coricata  un  alpaco:  questi 
animali  sogliono  dormire  appoggiati  sul  petto,  co' piedi  piegati 
sotto  il  ventre,  e  ruminare  altresì  in  tale  situazione.  Chi  deside- 
rasse più  circostanziate  notizie  de' medesimi  potrebbe  consultare 
la  Storia  Naturale  di  Buffon   pubblicata  da   Sonnini   (1). 

L'agricoltura  langue  nel  Perù  a  segno  tale  the  Lima  e  parec- 
chie altre  città  della  costa  trassono  le  loro  provvisioni  dal  Chili. 

DO  * 

Al  terremoto  del  1690  ,  succedette  una  tale  sterilità,  nelle  valli 
del  Basso-Perù,  che  in  molti  siti  il  popolo  cesò  di  coltivarle}  e 
sebbene  d'allora  in  poi  il  paese  abbia  ricuperato  in  gran  parte 
l'antica  sua  fertilità,  pure  la  coltivazione  delle  terre  non  prese 
più  piede  (2). 
Minerali.  Oroè 

Il  suolo  del  Perù  è  come  impregnato  di  metalli  preziosi ,  dei 
quali  però  l'oro  non  è  il  più  ricercato*  vi  abbonda  sì,  ma  in 
luoghi  poco  accessibili  ,  o  in  una  motrice  troppo  dura  e  troppo 
dispendiosa  a  sguugliarsi.  Presso  la  Paz  diroccò  una  parte  spoi- 
gente  del  monte  d'Ilimani,  e  vi  si  trovarono  pezzi  d'oro  dalle 
due  alle  cinquanta  libbre  di  peso,  e  dopo  cento  anni  vi  si  tro- 
vano tuttavia  pezzi  del  peso  di  un'oncia.  Presso  Mojos  la  lava- 
zione  dì  pezzi  grossi  come  un  quarto  di  zecchino.  Secondo 
Ilelm  (3),  lo  schisto  argilloso  è  quasi  da  per  tutto  sparso  di  te- 
ne dì  quarzo  che  serve  di  matrice  all'oro.  La  maggior  parte  de' fiu- 
mi e  de' torrenti  menan  oro  fra  le  arene.  La  miniera  ,  d'oro  più 
abbondante  è  quella  di  S.  Jago  di  C-itagoìta  ,  distante  circa  3o 
miglia  al  sud  di  Potosi. 
Argento. 

Le  miniere  d'argento  mollo  più  numerose  e  di   un'assai  più 
facile  cavata  occuparono  la  principale  attenzione  de' coloni.  La  ce- 

(1)  Hist.  Nat.  redigèe  par  C.  S.  Sonnini.  Des  quadrupèdes  torti.  02  pa"- 
63  e  seg. 

(2)  Mercurio  Peruviano,  I. ,  2i3,III.,  4,  YIII.,  58,  X,  23q. 

(3)  Helm%  Journal  d5  un  Voyage  de  Buènos-Àyres  à  Potosi. 


io/j  DESCRIZIONE 

lebre  montagna  del  Potosi  offerse  per  due  secoli  e  mezzo  tesori 
inesauribili  d'argento:  questa  montagna  di  forma  conica  ha  circa 
diciassette  miglia  di  ci i conferenza,  ed  è  traforata  da  più  di  tre- 
cento pozzi  a  traverso  uno  schislo  argilloso,  giallo  e  duro:  so- 
novi  vene  di  quarzo  ferrigno ,  miste  con  ciò  eh»  chiamasi  minie- 
ra mine  de  come  di  pietra  tonchiosa  ,  e  miniera  vitrea.  Nella 
provincia  di  Carangas  trovansi,  scavando  la  sabbia,  masse  d'ai- 
genlo  staccale  che  chiamansi  papa  o  pomi  di  terra,  a  motivo 
della  loro  forma.  In  un'altra  miniera  presso  Puno,  tagliavasi  l'ar- 
gento puro  con  uno  scarpello,  tanto  l'abbondanza  del  metallo 
rendeva   supeiilua   qualunque  sorte  d'industria   (i). 

Oggidì  le  miniere  più  importanti,  secondo  De-Humboldt  ed 
Helm,  sono  quelle  di  Gualgavos  o  Hualgay  >s  nella  provincia  di 
Truxillo,  al  nord  del  Perù,  e  quella  di  Lauricocha  ,  preso  alla 
picciula  città  di  Pasco  ne!Ì3  provincia  di  Tarma.  Nel  primo  luogo 
l'argento  trovasi  in  grandi 'masse  a  due  mila  tese  d'alte/za  dal 
mare.  Qualche  filone  metallifero  contiene  conchiglie  pietrificate. 
La  montagna  di  Lauricocha  è,  secondo  Ilei  ni  ,  piena  interamente 
di  vene  e  di  filoni  argentiferi.  Havvi  una  galleria  composta  d'ama- 
tila fina  e  porosa  }  l'argento  vi  é  sparso  in  picciolo  particelle  *,  cin- 
quanta quintali  peiò  non  danno  che  nove  marche  d'argento.  Ma 
un'argilla  bianca,  il  cui  filone  è  largo  un  quarto  d'auna,  dà  da 
dugento  a  mille  marchi  d'aigenlo  ^opra  cinquanta  quintali  di 
minerale. 
Mercurio  ec. 

Mentre  il  Messico  si  procura  mercurio  dall'Emopa,  il  Peiù  ne 
produce  ualuralmeute  a  Guanca-Velica  ,  distretto  a  poca  distanza 
da  Lima  al  sud-oucst.  Il  cinabio  è  stato  impiegato  dai  Peruviani 
nelle  pittura.  L'argento  vivo  fu  scoperto  dagli  Spagnuoli  per  la 
prima  volta  l'anno  i56^.  Sembra  che  il  minerale  sia  uno  schisto 
argilloso  di  un  rosso  pallido.  Lo  stagno,  secondo  Helme,  trovasi  a 
Chayanza  e  a  Paryas  }  sonovi  pure  parecchie  miniere  di  rame  e 
di  piombo.  La  principale  miniera  di  rame  è  ad  Aroa  ,  ma  le  co- 
Ionie  si  provedono  generalmente  colle  miniere  del  Gliili.  Fra  gli 
altri  minerali,  si  può  citare  la  pietra  di  galinazo,  così  chiamata 
dal  suo  color  nero:  è  un   vetro  vulcanico  che  vien  qualche  volta 

(i)  Ellai,  Notices,  lib.  VII  cap.    i5e  14. 


DEI    PEBu'  Ic5 

confuso  colla   pietra  dello  lo  specchio  degli  Inca,   perchè  tanto 
1"  uno  che  l' ultra  servono  ad  uso  di  specchi. 

Smeraldi. 

Al  tempo  degli  luca  anche  gli  smeraldi  erano  assai  comuni, 
spezialmente  sulla  costa  di  Manta  e  nel  governo  di  Atacames,  ove 
dicesi  sussister  alcune  miniere  che  gl'indigeni  non  vogliono  pale- 
sare, pel  timore  d'essere  sagrificati  a  micidiali  fatiche}  mentre  la 
esperienza  ha  dimostrato  che  né  i  Negri  né  gli  Europei  soppor- 
tar non  possono  l'aria  umida  e  fredda  delle  miniere  Peruviane, 
né  conservare  le  loro  forze  cibandosi  di  radici  e  di  pomi  di  terra, 
sole  produzioni  di  que' deserti,  ne' quali  la  natura  celò  invano  quei 
metalli,  che  son  l'oggetto  de' nostri  più  avidi  voti. 

Topografia. 

Lima  capitale  del  Perù  la  più  bella  e  la  più  ricca  citlà  di  tutte 
le  altre  dell'America  meridionale  fu  fondata  da  Pizzarro  nel  1 535 
che  la  chiamò  città  de* Re.  Essa  è  situata  nella  grande  e  bellis- 
sima valle  di  Rimac,  parola  Indiana  che  signica  colui  che  parla, 
e  che  è  il  vero  nome  della  stessa  città  ,  avendola  gli  Spagnuoli 
appellata  Lima  p>r  corruzione  di  Rimac,  nome,  che  tuttavia  si 
dà  alia    valle  ed  al  fiume. 

Lima  perchè  così  chiamata. 

Si  dice  che  tal  parola  provenga  da  un  idolo,  cui  sacrificavansi 
gli  indigeni,  prima  che  gli  Inca  estendessero  fino  a  quel  luogo  i 
confini  del  loro  imperio.  Tale  idolo  avendo  risposto  ad  alcune  do- 
mande che  gli  vennero  fatte,  fu  chiamato  Rimac,  cioè  colui  che 
parla.  II  fiume  Rimac  bagna  le  mura  di  Lima  ,  e  quando  noi 
gonfiano  i  torrenti  della  montagna  si  può  facilmente  guadare  ,  ma 
siccome  talvolta  è  alto  e  rapido,  così  vi  si  è  costrutto  un  magni- 
fico ponte  di  pietra  di  cinque  archi. 

Forma  della  città  e  pianta. 

Uua  bella  porta  gli  sta  a  un  capo,  essa  serve  d'ingresso  alla 
città,  e  conduce  alla  gran  piazza  quadrata  ,  lunga  186  braccia, 
circondata  da  vaghi  edifizi,  in  mezzo  alla  quale  s'innalza  una  bel- 
lissima fontana  di  bronzo  che  getta  acqua  dalla  tromba  di  una  fama 
e  dalle  bocche  di  otto  leoni.  La  cattedrale  e  '1  palazzo  vescovile 
che  occupano  il  levante  della  piazza  sono  belle  fabbriche  :  sul 
lato  settentrionale  sta  il  palazzo  del  vice-Re:  la  magnificenza  di 
quest'  edilìzio  svanì  a  cagione  del  trerauolo  avvenuto  fino  dall'an- 
no 1687. 


* 06  DESCRIZIONE 

Città  del  Perù. 

La  città  è  di  forma  triangolare:,  il  lato  che  si  stende  verso  la 
riva  del  fiume  è  lungo  più  di  due  miglia  \  le  mura  che  la  cingono 
sono  di  mattoni  ed  hanno  34  bastioni  senza   piattaforma  né  can- 
noniera, destinata  soltanto  fin  da  principio  a  difendere  la  città  da 
improvviso  attacco  degli  Indiani,  le  vie  sono  larghe  e  quasi  tutte 
diritte,  e  le  case  sebbene  basse  a  cagione  de'fnquenti  terremoti, 
sono  nondimeno  di  bella  apparenza,  riccamente  adorne,  ed  hanno 
quasi  tulle  il  loro  giardino.  I  diamanti,  l'oro,  l'argento  splendono 
da  tulle  le  parti  nelle  chiese  e  ne'  monasteri    che  sono    in    gran 
numero.  Contiene  53m.  abitatori,  una  sede  arcivescovile,  un'udienza 
reale,  un'università,  parecchi  stabilimenli  di  manifatture  ed  un  tea- 
tro. Chi  desiderasse  esaminare     l'esatta    pianta  di  questa  famosa 
capitale  potrebbe  osservare  il  volume  primo  del  Viaggio  di  An- 
tonio di  Ulloa  (i).  Il  clima  vi  è  ameno  e  salubre,  vi  sono  ignoti 
i  tuoni  e  i  lampi,  come  la  pioggia,  la  grandine  e  la  neve  :  solo 
vi  cade  una  spezie  di  rugiada  chiamata  garua  :  il  suolo  abbon- 
da  di  ogni  sorta  di  frutti  e  nulla  lascia  a  desiderare  per  gli  agi 
della  vita.  Ma  l'amenità  della  situazione  ,    la     salubrità  del    cli- 
ma, la  fertilità  del  terreno  e  tutte  le  ricchezze  degli    abitatori  di 
Lima  non  compensano  un  disastro  che  continuamente  minaccia  la 
città  e  che  ha  già  sofferto. 
Terremoto. 

L'anno  17^  un  orribile  terremoto  ne  distrusse  tre  quarti  e 
demolì  Gallao  che  è  il  suo  principal  porto  di  mare.  Non  v'ebbe 
mai  distruzione  più  completa  di  questa,  poiché  di  tre  mila  abita- 
tori, non  ve  ne  restò  che  uno  solo  per  recare  a  Lima  la  nuova  di 
quel  terribile  disastro^  ei  trovò  lo  scampo  per  una  straordinaris- 
sima combinazione.  Quest'uomo  era  su  di  un  bastione  che  do- 
mina tulto  il  porto,  ei  vide  in  meno  di  un  minuto,  tutti  gli  abi- 
tatori uscire  dalle  loro  case  nel  maggior  disordine  e  spavento  :  il 
mare  dopo  essersi  ritirato  a  considerabile  distanza,  ritornò  in  mon- 
tagne spumanti  per  la  violenta  agitazione,  e  seppellì  nel  suo  seno 
tutti   que'  miseri  abitatori.  (2). 

(1)  Voyage  Hist.  de  l' Arnérique  meridionale,  toni.  I.  lib.  I.  cap.  5. 
pog.   425   Tav.  22. 

(2)  »  Indi,  dice  Pinkerton,  tosto  si  rimise  in  una  perfetta  calma  ;  ma 
i  cavalloni  medesimi  che  distruggevano  la  città,  spinsero  un  picciol  battello 
nel  luogo  or'  era  quest'  uomo,  che  vi  entrò  dentro,  e  così  si  salvò  ». 


DEL    PERÙ  IO^ 

Cuzco. 

Lia  più  antica  di  tutte  le  città  del  Perù  è  Cuzco  o  Gusco  o 
Cozco  così  chiamato  dagli  Indiani,  e  fondata  dal  primo  Inca  Man- 
co-C ipac,  qual  città  capitale,  sede  e  origine  del  suo  imperio.  Essa 
è  distante  18/f  leghe  da  Lima  ,  e  giace  sotto  i  i3  gr.  4°  ni.  di 
laiitudine  al  mezzodì.  La  bellezza  e  la  magnificenza  degli  edifizj, 
del  palazzo  degli  Inca  e  del  tempio  del  Sole  destarono  1'  ammi- 
razione de' primi  Spagnuoli  che  la  conquistarono.  Al  presente 
Cuzco  è  quasi  della  slessa  grandezza  di  Lima  }  conta  32m.  abita- 
tori }  è  capo  luogo  dell'Intendenza  di  questo  nome,  e  sede  di  un 
Vescovo.  Essa  conserva  anche  oggidì  alcuni  monumenti  dell'antica 
sua  grandezza}  le  mura  di  un  convento  son  quelle  medesime  del 
tempio  del  Sole,  ed  il  sacramento  sta  in  luogo  della  figura  d'oro 
di  quell'astro.  Un  convento  di  religiose  occupa  lo  stesso  silo  in 
cui  dimoravano  le  vergini  del  Sole.  Le  case  fabbricale  alla  Spa- 
guuola,  sono  tutte  di  pietra,  di  buona  struttura  e  coperte  di  te- 
gole di  un  rosso  che  ne  fa  comparire  elegante  il  prospetto.  Gli 
appartamenti  souo  spaziosi  e  vagamente  decorati, essendo  i  cittadini 
persone  di  buon  gusto  ed  amanti  della  leggiadra  architettura.  11 
principale  conuneicio  consiste  in  zucchero,  pannilani,  tele  grosse, 
Jane  ,  galloni  d'oro  e  d'argento,  cuoj,  marrocchiui  e  pergamene. 
Gl'ingegnosi  abitatori  si  distinguono  soprattutto  nel  ricamo,  nella 
pittura    e  nella  scultura. 

Città  del  Basso  Perà  S.  Michele  di  Piuro. 

Nella  parte  del  Perù  che  giace  lungo  la  costa  del  grande 
Oceano  sta  S.  Michele  di  Piura,  la  più  antica  città  fabbricata  dagli 
Spagnuoli  in  questo  regno:  essa  trovasi  su  di  un  picciolo  torrente 
che  feconda  le  terre,  ma  che  scompare  affatto  nella  stagione  asciut- 
ta :  gode  di  un'  aria  temperala  e  salubre  (1):  i  suoi  abitatori  in 
numero  di  i5m.  trafficano  di  cera,  salni&io,  filo  d'aloes,  cascari- 
glia  e  di  altri  oggetti  ,  e  si  occupano  anche  del  trasporlo  delle 
merci  a  schiena  di  mulo,  da  Quito  a  Lima. 

Truxillo. 

Truxillo    città  vescovile  ,     fabbricata  del  i535  da   Francesco 

(1)  Gulhrie  dice,  che  quest'aria  sia  salubre  particolarmente  per  quelli 
che  sono  attaccati  dal  mal  venereo,  dal  quale  facilmente  guariscono  nello 
spedale  di  questa  città,  ove  si  recano  gì' infermi  di  tutte  le  provincie  del 
Perù  per  farsi  curare. 


IO?  DESCRIZIONE 

Pizzarro,  che  gli  diede  il  nome  della  sua  patria,  sta  a  mezza  lega 
dal  mare  e  80  da  Lima  in  un  ameno  e  fertile  territorio  ,  conta 
più  di  gai.  abitatori.  Veggonsi  in  qualche  distanza  le  rovine  di 
antichi  monumenti  Peruviani,  ove  Giovanni  Gutierrez  di  Toledo 
trovò  l'anno  1 5^6  tesori  immensi,  nascosi  dagl' Indiani,  allorché 
vi  entrarono  gli  Spagnuoli  la  prima  volta,  il  che  rese  al  Re  pel 
suo  quinto,  58, Sa^  scudi  d'oro. 
Canete. 

Nell'Intendenze  di  Lima  il  porlo  di  Canete  fa  colla  capitale 
un  gran  commercio  di  grani,  legumi,  uccellame  domestico,  pesci, 
frutta  ,  nitro  e  sale  che  si  estrae  dalle  saline  di  Gulca.  Questa 
provincia  è  distante  sei  leghe  al  mezzodì  di  Lima,  si  estende  fino 
a  35  leghe  lungo  la  costa  del  mar  Pacifico  }  è  lunga  3i  leghe  e 
larga  circa  nove.  La  provincia  di  Ica  confina  a  levante  con  quella 
di  Castro,  Virreina  e  di  Lucanas}  al  mezzodì  con  quella  di  Cumana 
ed  a  ponente  col  mare:  è  lunga  5o  leghe  e  larga  nt\.  L'  aria  vi  è 
più  calda  che  a  Lima  :  il  suolo  è  soprattutto  fertilissimo  in  viti, 
che  producono  uve  in  abbondanza,  sebbene  non  vi  piova  che  poco 
e  ben  di  rado}  ma  il  commercio  del  vino  si  fa  a  Lima,  a  Panama 
ed  a  Guayaquil  j  vi  si  veggono  anche  molti  olivi  il  oui  frutto  dà 
un  ottimo  olio. 
Ica. 

Ica  città  capitale  sopra  un  picciolo  fiume  presso  al  mare  con- 
tiene parecchie  fabbriche  di  vetro.  Arequipa  è  città  con  un  porto 
che  può  dirsi  il  migliore  dopo  quello  di  Gallao.  La  città  è  una 
delle  più  belle  e  piacevoli  del  Perù,  deliziosamente  situala  in  un 
bel  piano,  con  case  di  pietra  fatte  a  volta. 
Aarequipa. 

La  fondò  Francesco  Pizzarro  nel  1  53g  in  un  luogo  pur  detto 
Arequipa  (1)  ,  ma  lo  svantaggio  del  sito  indusse  gli  abitatori  a 
trasportare  la  loro  città  nella  valle  di  Quilca,  dove  essa  giace  pre- 
sentemente, a   20  leghe  dal   mare,  col  quale  ha   libera  comunica- 

(1)  Dicesi  che  Arequipa  significhi  Ebbene  !  restatevi  ;  poiché  le  truppe 
-vittoriose  dell'  Irica  avendo  conquistato  questo  paese  chiesero  di  restarvi, 
e  di  stahilirvisi  a  cagione  dell'amenità  del  paese,  il  che  fu  loro  accordato 
avendo  risposto  l' loca  :  Arequipay.  Filippo  II  li  ringraziò  della  generosità 
delle  loro  donne ,  che  esibirono  volontariamente  le  proprie  gioje  per  i  bi- 
sogni della  corona.  W.  Guthrie. 


DEL    PERO  IO9 

zione  per  mezzo  di  un  bel  fiume.  Nella  parte  marittima  dell'In- 
tendenza d'Arequipa  pone  Malte-Brun  il  porlo  d'Arica,  la  cui 
aria  è  calda  e  malsana.  Alcuni  de'contorni,  egli  prosegue,  produ- 
cono ottime  olive,  che  sono  osservabili  per  la  loro  grossezza.  Havvi 
nella  provincia  un  vulcano  che  lancia  zampilli  d'acqua  fetida  e 
calda  \  è  piena  di  deserti  d'arena  rotti  da  fertilissime  zone  di  ter- 
reno. Vi  si  coltiva  la  vite  con  molta  cura  ed  intelligenza,  e  vi  si 
lavorano  qualche  miniera  d'oro  e  di  rame  non  che  ricchissime 
miniere  d'argento.  Pel  porto  d'Arica  le  provincie  della  Paz  ,  di 
Oruco,  di  Charcas  e  di  Potosi,  oggidì  sottoposte  al  vicereame  di 
Buenos-Ayres,  comunicano  col  grande  Oceano. 
Taena. 

Taena  sulla  prima  falda  delle  montagne  meritò  per   la  salu- 
brità del  clima  di  diventare    sede    dell'amministrazione    e    degli 
altri  pubblici  stabilimenti,  ch'eran  dapprima   in  Africa. 
Città  delV  Alto-Perù.  Caxamarca. 

L'Alto-Perù  contiene  un  maggior  numero  di  luoghi  più  degni 
di  osservazione.  Nell'Intendenza  di  Truxillo  la  città  di  Caxamarca 
racchiude  gli  avanzi  del  palazzo  dell' Inca  Atahualpa,  abitato  al 
presente  da  uno  de'  suoi  discendenti.  Quella  città  abitata  da 
12,000  persone  trovasi  in  un  clima  temperato, in  mezzo  ad  una  pia- 
nura ove  il  formento  rende  il  sessanta  per  uno.  Alla  distanza  di 
una  lega  trovansi  sorgenti  d'acqua  calda  chiamate  il  bagno  degli 
Inca.  Gli  abitatori  industriosi  fabbricano  ogni  spezie  di  stoffe  or- 
dinarie di  lana,  non  che  tele  di  lino  e  di  cotone.  La  materia 
prima  di  quegli  oggetti  trovasi  nel  distretto,  il  cui  terreno  in  parte 
ineguale  e  montuoso,  riunisce  entro  uno  spazio  ristretto  le  più  va- 
rie produzioni.  Caxamarca  è  i4^4  tese  più  alta  del  livello  del  mare. 
Chacapoyas,  Huanuco  ec. 

Meritano  particolare  menzione  Chacapoyas  città  rustica  in  un 
paese  isolato  e  delizioso-  Huanuco  che  contiene  grandi  abitazioni 
oggidì  abbandonate,  e  Tarma  che  trovasi  sotto  un  clima  piacevo- 
lissimo. La  provincia  di  Tarma  contiene  la  città  di  Pasco  in  un 
paese  aspro  e  silvestre  ,  chiamato  pianure  di  Bombon  .  ove  non 
alligna  spezie  alcuna  di  grano.  Malgrado  di  tali  svantaggi,  la  città 
è  una  delle  più  popolate,  delle  più  mercantili  ed  importanti  del 
regno,  attesa  la  vicinanza  delle  ricche  miniere  d'argento  di  Lau- 
ricocha.  Atanjauja  è  la  capitale   della   valle   Jauja  ,  che  è  la    più 


HO  DESCRIZIONE 

florida  ed  una  delle  più  popolate  del  Perù,  perchè  le  facili  co- 
municazioni le  somministra  i  mezzi  d'inviare  alle  minieredi  Pasco 
il  mais  e  le  altre  derrate  che  produce.  Guanca-Yelica,  3o  leghe 
distante  da  Guamanca,  fabbricata  entro  una  fenditura  delle  Ande, 
è  celebre  per  la  sua  ricca  miniera  d'  argento  vivo  che  trovasi  alla 
distanza  di  una  lega  e  mezza,  all' altezza  di  2,1 5o  leghe  al  di  so- 
pra del  livello  del  mare.  Le  sorgenti  calde  di  Guaca-Velica  sono 
cariche  di  tufo  calcario. 
Guamanga. 

Guamanga  città  principale  della  provincia  dello  stesso  nome 
70  leghe  discosta  da  Lima  è  situata  sul  pendio  di  parecchie  col- 
line, ha  eccellenti  pascoli  e  mantiene  molte  gregeie,  la  lana  delle 
quali  è  finissima  e  pregiatissima  in  tutto  il  Perù:  vi  si  raccoglie 
molto  grano  }  e  non  vi  ha  città  nel  Perù  che  la  superi  per  la 
bellezza  de' suoi  edifizj,  che  sono  tutti  costruiti  di  pietra  ,  con 
grandi  e  vaghi  giardini  che  producono  fruita  in  gran  copia:  le  sue 
piazze  sono  vaste  e  quadrate,  e  magnifici  sono  i  viali  d'alberi 
piantativi  all'intorno.  Quivi  si  fa  un  grande  commercio  di  grani, 
di  frutta,  di  minuto  bestiame,  di  cuoj  e  di  marrocchini.  Essa  è 
sede  di  un'università  e  di  un  intendente }  gli  abitatori  sono  gen- 
tili, intelligenti  e  dediti  alle  scienze.  La  situazione  centrale  fra 
Lima  e  Cuzco  rende  Guamanga  assai  importante  ,  e  ne  sarebbe 
forse  la  capitale,  se  il  clima  non  fosse  un  po'  freddo. 
Città  delV  Intendenza  di  Cuzco. 

L'Intendenza  di  Cuzco  contiene  molte  picciole  città.  Il  di- 
stretto di  Calca-y-Lares  produce  il  miglior  zucchero  di  tutto  il 
regno  \  le  canne  sussistono  senza  cura  alcuna  per  più  anni,  e  sono 
ricchissime  di  zucchero,  e  maturano  dopo  quattordici  mesi ,  cir- 
costanza curiosa  se  si  potesse  ammettere  dietro  l'asserzione  di  un 
autore  poco  giudizioso  (1).  Lo  zucchero  si  cristallizza  con  estrema 
rapidità.  Il  distretto  di  Games  e  Canches  trae  il  nome  di  due  tri- 
bù, delle  quali  sussistono  ancora  gli  avanzi:  gli  individui  appar- 
tenenti alla  prima  sono  robusti,  taciturni  ed  orgogliosi,  veston  di 
nero  e  vanno  a  cavallo }  gli  altri  di  media  corporatura,  allegrie 
leggieri,  non  si  coprono  che  con  pelli.  La  loro  lingua  differisce  co- 
me i  loro  costumi:   vivevano  sotto  due  Principio  Curachi  indi- 

(1)   Alcedo,   Dizionario,  alla  parola  Calcas  y  Lares. 


DEL    TERU  1 1 I 

pendenti,  siche  vennero  sottomessi  dagli  luca  (i).  »  Nel  loro 
paese,  nelle  vicinanze  di  Condoroma,  si  sentono,  così  riferiscono 
alcuni  autori  Spagnuoli,  durante  la  procella,  i  lampi  e  i  tuoni, 
punture  nelle  mani,  nel  volto  ed  in  tutto  il  corpo  :  si  dà  a  tali 
sensa/ioni  il  nome  di  mosche:  ma  debbono  essere  effetti  dell'aria 
elettrizzata,  poiché  più  non  si  sentono  tosto  cessato  il  cattivo  tem- 
po (2).  ».  Questo  fenomeno  dell' elettricità  merita  di  essere  più 
attentamente  osservato  da  un  futuro  viaggiatore. 
Descrizione  del  lago  di  Titicaca. 

Nell'udienza  di  Charcas,  smembrata  dall'Alto-Perù,  la  geo- 
grafia fisica  s'  arresta  con  soddisfazione  in  riva  al  lago  di  Titicaca, 
sì  famoso  nella  storia  degli  Inca.  11  bacino  ,  il  cui  fondo  è  oc- 
cupato  de  questo  Iago  è  lungo  i3o  leghe  e  largo  dalle  5o  alle 
60  :  esso  è  circondato  di  montagne  ,  e  non  vi  si  conosce  alcuno 
sbocco  per  tante  acque,  che  sono  un  po'  salmastre  e  molto  amare: 
la  sua  profondità  è  dalle  70  alle  80  braccia.  Nella  celebre  isola 
di  Titicaca  che  dà  il  nome  al  lago,  Manco-Capac  pretese  d'avere 
ricevuto  la  sua  vocazione  divina  per  essere  il  legislatore  del  Pe- 
rù. Un  tempio  coperto  d'oro  ornava  quel  sacro  luogo}  ed  in  quel 
lago,  secondo  la  tradizione,  gì'  indigeni  gettarono  la  maggior  parte 
dei  loro  tesori,  e  singolarmente  la  grande  catena  d'oro  degli  Inca 
Huayna-Capac,  lunga  700  piedi. 
Città  del  Perù  meridionale  La-Piata. 

L'udienza  di  Charcas  risede  nella  città  di  La-Piata,  detta  an- 
che Chuquisaca  e  dagli  Indiani  Ghuquifuya  :  questa  ricevette  il 
primo  suo  nome  da  una  famosa  miniera  d'  argento  posta  nella 
montagna  di  Porco,  donde  gli  Inca  traevano  immense  ricchezze. 
Essa  è  posta  su  di  un  ramo  del  Pilcomayo  ed  è  cinta  di  alture 
che  la  difendono  dai  venti.  Nella  state  il  clima  è  assai  dolce  , 
con  poca  differenza  per  tutto  l'anno:  ma  nel  verno  che  princi- 
pia in  settembre  e  termina  a  marzo  ,  le  tempeste  ,  i  tuoni  ,  i 
lampi  sono  frequenti,  e  di  lunga  durata  le  piogge.  Le  case  sono 
grandi  e  comode  anzi  che  eleganti  $  ma  allegrissimo  pei  loro 
giardini  :   la  popolazione     ammonta  a   più  di    i^ra.    anime   com- 

(1)  Viajero  TJniversal.  XXI.  pag.  80-99. 

(2)  Alcedo,  alla  parola  Caxes  y  Canches.  Nel  Viajero  Unwersal,XYV. 
pag.  i85,  trovasi  la  stessa  relazione,  ma  T.  XXI, ,  pag.  89-99,  non  se  ne 
fa  più  parola. 


112  DESCRIZIONE 

presi  gli  Indiani.  Diversi  pubblici  edifizj  sono  mageiGci  :  am- 
miransi  in  ispezie  1'  architettura  e  la  decorazione  della  catte- 
drale. 

La  Paz. 

La  Paz  capitale  di  una  picciola  giurisdizione  dell'  udienza  di 
Charcas,  città  vescovile,  grande,  ben  fabbricata,  adorna  di  fon- 
tane e  di  pubblici  edifizj  ,  sta  su  di  uu  terreno  piano  sebben 
cinto  di  colline  da  tutti  i  lati  ,  fuorché  dalla  parte  del  fiume. 
Questo  ,  quando  si  gonfia  in  conseguenza  delle  piogge  o  delle 
nevi,  trae  seco  pezzi  enormi  di  macigno  ed  insieme  polvere  d'oro 
che  si  trova  poscia  nel  sedimento  delle  acque.  Neil'  anno  i^3o 
un  Indiano  nel  lavarsi  i  piedi  nel  fiume  trovò  un  pezzo  d'oro 
di  tal  grandezza,  che  il  Marchese  di  Castel-Fuerte  lo  comprò  per 
12,000  da  otto,  e  lo  mandò  in  Ispagna,  come  un  presente  degno 
della  curiosila  del  suo  Sovrano  (i).  Il  commercio  principale  di 
questa  città  ,  popolata  da  20m.  anime  (2)  ,  consiste  in  erba  del 
Paraguay,  che  si  fa  passare  in  grande  quantità  nelle  altre  città 
del  Perù.  Fredda  è  la  temperatura  dei  dintorni  ,  ma  nelle  valli 
il  terreno  è  fertile,  e  vi  si  coltiva  anche  la  cannamele,  le  cui 
piantagioni  a  Tomina  durano  3o  anni. 

Potosi. 

Potosi  città  nglP  arcivescovado  della  Piata  e  provincia  di  Char- 
cas, ^5  miglia  a  scirocco  della  città  della  Piata,  sta  sul  pendio 
meridionale  della  famosa  montagna  dello  stesso  nome  ,  in  un 
paese  sterile  e  freddo,  ove  sono  parecchie  fonti  termali.  Deve  la 
sua  celebrità  alla  suddetta  montagna  o  cervo  di  Potosi  che  dalla 
sua  scoperta  fino  ai  nostri  giorni  somministrò  un'immensa  quan- 
tità d'argento.  Tale  fortunata  scoperta  seguì  nell'anno  1 5/^5  per 
un  fortuito  accidente. 

Scoperte  delle  miniere  del  Potosi. 

Uu  Indiano  ,  da  alcuni  chiamato  Gualca  e  da  altri  Hualpa  , 
inseguendo  su  per  questa  montagna  alcune  capre  salvatiche,  giun- 
to ad  un  passo  molto  scosceso  ,  s'attaccò  ad  un  aiboscello  per 
potervi  salire  più  agevolmente}  ma  non  essendo  l'arboscello  ca- 
pace di  sostenere  il  peso  del  suo  corpo,  si  svelse  dalle  radici ,  e 

(1)  Gazzettiere  Americano  alla  parola  Pax. 
(a)  Helm,  Journal  d'  un  voyage. 


DEL    PEB  li  I  (  3 

scoperse  una  massa  di  bellissimo  argento,  del  quale  varf  pezzi 
rimasero  fra  quella  poca  terra  attaccata  alla  barba  della  pianta. 
L'  Indiano  che  abitava  a  Porco,  s'  affrettò  di  ritornare  a  casa  con 
questi  primi  fruiti  della  sua  scoperta  ,  purificò  l'argento,  se  ne 
servì,  e  tutte  le  volte  die  si  vedeva  vicino  al  termine  della  sua 
provvisione,  se  ne  tornava  a  quella  inesausta  sorgente.  Finalmente 
un  intimo  suo  amico,  chiamato  Guanca,  vedendo  un  sì  felice 
cambiamento  di  fortuna,  desiderò  di  saperne  la  cagione,  e  lo 
sollecitò  con  tal  calore  a  palesargliela  ,  che  questi  non  potè  far 
di  meno  di  compiacerlo.  Comunicatosi  P  arcano  ,  continuarono  per 
qualche  tempo  ad  andare  insieme  alla  montagna ,  per  far  la  loro 
provvisione  d"  argento,  fino  che,  non  volendo  Guanca  insegnare 
all'altro  la  maniera  di  purificare  il  metallo,  Guanca  rivelò  il 
secreto  al  suo  padrone  Villaroel,  Spagnuolo  che  viveva  a  Porco. 
Questi  sulle  notizie  avute  andò  il  21  aprile  1 545  a  visitare  tal 
luogo  ,  e  fece  che  senza  indugio  s'  aprisse  una  miniera  che  fu 
lavorata  con  prodigioso  vantaggio.  Questa  prima  miniera  fu  chia- 
mata il  Discopiitore,  perchè  avea  dato  motivo  a  scoprir  le  sor- 
genti di  molte  altre  ricchezze  contenute  nelle  viscere  di  queste 
montagne.  Di  là  a  pochi  giorni  ne  fu  aperta  un'altra,  chiamata 
la  miniera  di  Slagno}  e  poscia  un' altra  delta  la  Ricca,  come  più 
abbondante  dell'altre*  ed  in  ultimo  la  Mendicta.  Queste  sono  lo 
principali  miniere  del  Potosi  (1),  dalle  quali  si  cavava  annual  - 
mente  per  il  valore  di   9,282,382   lire  sterline  d'  argento. 

(1)  Secondo  la  tavola  delle  annue  produzioni  delle  miniere  dell' Ame- 
rica Spagnuola  al  cominciare  del  secolo  decimonono  (a),  le  produzioni  del 
Perù  e  delle  altre  provincie  dell'America  meridionale  sono  inferiori  d'assai 
a  quelle  del  Messico  solo.  Il  signor  De-Hnmboldt  è  del  parere  che  le  mi- 
niere del  Perù  sieno  non  solamente  più  difficili  cìacavai-e,  perchè  situate 
a  troppa  altezza,  ma  che  la  loro  ricchezza  minerale  sia  anche  minore  che 
non  s'era  creduto.  Ei  cita  qual  prova  i  due  conti  della  miniera  di  Gua- 
naxuato  al  Messico,  e  di  quella  di  Potosi  al  Perù.  Si  dee  però  dire  che  il 
dotto  mineralista  signor  Helm,il  quale  non  ha  veduto  il  Messico ,  pensa 
che  la  differenza  a  disfavore  del  Perù,  provenga  principalmente  dall' essere 
il  Messico  quasi  la  metà  più  vicino  alla  metropoli,  e  che  quindi  il  governo 
si  è  trovato  maggiormente  in  caso  d' introdurvi  una  buona  polizia  ed  una 
savia  amministrazione.  Dal  che  risultarono  una  più  numerosa  popolazione, 
un'industria  più  attiva,  ed  un  maggior  credito,    tutte  circostanze  favo- 

(a)  V.  De-Humboldt.  Essai  sur  le  Mexique,  IV.  2r2,  218. 
Cost.  Voi.  III.  deW  America.  8 


I  1  4  DESCRIZIONE 

Città  di  Potosi. 

Questa  famosa  montagna,  alle  cui  falde  è  situata  la  città, 
solleva  la  sua  cima  sopra  gli  altri  vicini  monti:  lo  strato  di  por- 
fido che  la  corona  le  dà  la  forma  di  cono  o  di  collina  basaltica, 
alta  697  tese  dal  vicino  altipiano:  il  colore  del  suo  terreno,  in 
qualche  distanza  dalle  radici,  è  di  un  bruno  rossiccio.  Noi  vi 
presentiamo  la  veduta  della  città  e  della  montagna  nella  Tavola 
i3.  Potosi  sede  all'  amministrazione  delle  miniere  e  de'  diversi 
stabilimenti  ad  essa  relativi,  gode  anche  il  vantaggio  di  trovarsi 
vicina  ad  un  ramo  del  fiume  Pilcomayo,  che  mette  nel  Para- 
guay ciocché  la  rende  centro  di  un  gran  commercio,  e  facilita 
le  sue  comunicazioni  con  Buenos-Ayres.  Egli  è  difficile  combinare 
le  varie  opinioni  degli  autori  sulla  popolazione  di  Potesi.  V  ha 
chi  non  le  dà  che  3om.  abitatori:  il  dotto  mineralista  Tedesco 
signor  Helm  ,  il  quale  vi  dimorò  parecchi  anni  ,  assicura  che  ne 
contiene  loom.  Nel  Gazzettiere  Americano  leggesi  che  questa  cit- 
tà ha  quasi  due  leghe  di  circuito,  e  che  contiene  sopra  60,000 
Indiani  e  10,000  Spagnuoii,  diversi  dei  quali  sono  persone  di  un 
grado  distinto,  e  per  la  maggior  parte  possessori  d' immense  ric- 
chezze. 

Oropesa,  Tari j a  ec. 

Sono  degne  di  menzione  nel  Perù  meridionale  anche  le  se- 
guenti città:  Oropesa,  nella  valle  di  Cochabamba,  posta  alla  riva 
di  un  fiumicello  che  sbocca  nel  fiume  Guapoy:  essa  venne  fab- 
bricata da  Don  Francesco  de  Toledo,  che  le  die  questo  nome  in 
onore  del  Conte  d' Oropesa,  di  Castiglia  Nuova  in  Ispagna,  suo 
congiunto.  Gli  abitatori  fauno  uo  gran  commercio  di  biada  e  frutta, 
cui  produce  in  gran  copia  la  suddetta  fertilissima  valle.  Tarija  è  la 
capitale  della  provincia  di  Chicas,  ed  abbonda  essa  pure  di  biade, 
frutta    e    buoni     vini  5    S.     Francesco  d1  Atacama  nella   provincia 

revoli  allo  scavo  delle  miniere.  Manca  al  Perù  una  banca  reale  o  partico- 
lare; e  per  ultimo  il  trasporto  dei  metalli  in  Europa  è  più  lungo  per  Ve- 
va-Cruz  e  per  l'Avana  che  pel  fiume  della  Piata,  che  è  il  solo  grande 
sbocco  dell'  America  Spagnuola  meridionale.  Se  il  Perù  si  trovasse  in  una 
situazione  favorevole  come  quella  del  Messico  ;  se  si  aprisse  la  navigazione 
dell' Amazone,  non  v'ha  dubbio  »  che  trarrebbesi  dalle  miniere  di  quella 
sola  provincia  ,  oro  ed  argento  in  quantità  quattro  volte  maggiore  di  quella 
fhe  si  ritrae  attualmente  da  tutte  le  miniere  insieme  unite  ». 


DEL    PERÙ  I  l5 

<T  Atacama,  che  confina  al  nord  col  territorio  ò"  Arica,  al  sud  col 
Chili)  e  la  cui  parte  marittima  non  è  che  un  orrido  deserto,  ma 
che  nell'interno  contiene  fertili  terre,  metalli  ed  acque  calde. 
Santa-Cruz  de  la  Sierra,  città  considerabile,  ma  poco  conosciuta, 
sorge  di  mezzo  ad  una  vasta  contrada  leggermente  ondulata  da 
picciole  montagne,  al  di  là  delle  quali  giacciono  le  immense  pia- 
nure di  sabbia  della  provincia  di  Chitos  ,  che  giugne  al  nord 
fino  alle  pianure  selvose  della  provincia  di  Moxos. 

Dopo  di  aver  data  la  topografia  del  Basso  ed  Alto-Perù  pas- 
seremo ad  esaminare  brevemente  la  forma  di  governo,  le  usanze, 
i  costumi,  il  commercio  delle  colonie  Spagnuole  stabilite  in  que- 
sta parte  dell'america   meridionale. 
Governo  del  Perù. 

I  vice  Rè  del  Perù  hanno  la  loro  residenza  in  Lima.  Ulloa  ci 
lasciò  una  lunga  descrizione  del  ricevimento  che  questa  capitale 
fa  a' suoi  vice-Rè,  e  della  pompa  e  magnificenza  che  accompagnano 
una   tale  cerimonia  (i). 

J^ice-Re,  loro  potere  e  pompa. 

II  governo  di  un  vice-Rè  dura  tre  anni,  spirati  i  quali  può  il 
Re  confermarlo  nella  sua  carica.  Governa  con  pompa  e  preroga- 
tiva di  Re:  assoluto  in  lutti  gli  affari  militari,  civili,  criminali  o 
relativi  alle  rendite  ,  ha  sotto  di  se  offiziali  e  tribunali  giusta  i 
varj  dipartimenti  del  governo:  elegge  tutti  gli  ofluiali*,  sicché  la 
grandezza  del  suo  impiego  supera  la  dignità  del  titolo.  Per  si- 
curezza della  sua  persona  egli  ha  due  corpi  di  guardia}  uno  di 
160  soldati  a  cavallo  ,  sotto  il  comando  di  un  capitano  e  di  un 
tenente^  la  sua  divisa  è  turchina  con  mostre  di  scarlatto  guernite 
di  frange  d'argento  con  bandoliere  eguali.  Tale  compagnia  è  com- 
posta di  Spagnuoli,  e  tutte  persone  scelte:  montano  la  guardia  alla 
principal  porta  del  palazzo,  ed  ogni  volta  che  il  vice-Rè  ne  esce, 
viene  accompagnalo  da  un  picchetto  di  otto  guardie,  delle  quali 
quattro  lo  precedono  e  quattro  gli  tengon  dietro.  L'altra  compa- 
gnia è  composta  di  cinquanta  alabardieri  tutti  Spagnuoli,  vestiti 
d'azzurro,  con  camiciole  e  mostre  di  velluto  cremisino  con  dop- 
pio gallone  d'oro:  essi  fanno  la  guardia  alla  porta  delle  sale  che 
conducono  a  quella  della  pubblica  udienza  ed  agli  appartamenti 

(1)  Voyage  au  Perou,.  Uv.  L  eh.  IV.  pag.  fi?. 


Il6  COSTUME 

del  vice-Re,  cui  accompagnano  altresì  tutte  le  volte  ch'egli  esce,  o 
die  si  reca  alle  sale  de' tribunali.  Oltre  queste  due  compagnie  , 
liavvi  ancora  nell'interno  del  palazzo  un  distaccamento  d'infanteria 
della  guarnigione  di  Callao,  composto  di  cento  soldati  ,  di  un 
capitano  e  di  un  luogotenente,  e  questo  vien  impiegato  a  far  ese- 
guire gli  ordini  del  vice-Rè,  e  tutti  i  decreti  de' tribunali.  Oltre 
ch'esso  assiste  alle  corti  di  giustizia,  e  ai  consiglj  di  guerra  e  di 
finanze  ,  il  vice-Re  dà  udienza  ogni  giorno  ad  ogni  grado  di 
persone}  al  qual  fine  sono  nel  palazzo  tre  belle  sale,  nella  prima 
delle  quali,  ornata  dei  ritratti  di  tutti  i  precedenti  vice-Re,  egli 
riceve  le  deputazioni  degli  Indiani  e  de'  mulatti }  nella  seconda  dà 
udienza  agli  Spagnuoli,  e  nella  terza,  dove  trovansi  i  ritratti  del 
Re  e  della  Regina  attualmente  regnanti,  egli  riceve  tutte  le  damo 
che  desiderano  udienza  privata. 
Milizia. 

Il  salario  del  vice-Re  ammonta  a  7167  lire  sterline  all'anno, 
senza  i  legittimi  incerti  che  vagliono  tre  volte  tanto.  Nella  sua 
giurisdizione  egli  può  levare  i2om.  soldati,  ma  si  crede  che  non 
ne  possa  armate  la  quinta  parte.  Il  presidio  di  Lima  è  composto 
di  i4  compagnie  di  fanteria  Spagnuola,  sette  compagnie  del  corpo 
di  commercio,  otto  compagnie  d'Indiani,  sei  di  mulatti  ,  e  dieci 
squadroni  di  cavalleria  Spagnuola  :  in  tutto  quattro  mila  soldati, 
gente  robusta,  e  ben  disciplinata. 
Amminist razione  della  giustizia. 

Ben   regolato  è  il    governo,  massime  rispetto  all'amministra- 
zione della  giustizia.  Gli  affari    immediatamente  relativi  al  gabi- 
netto si  spediscono    da  un    segretario  di    Stato  con  un  assistente 
propriamente  qualificato    per  sì    importante    impiego.   Da     questo 
officio  escon   gli   ordini    pe' passaporti ,  i  quali    vengono    dati     da 
ogni  Corregidor  entro    la  sua    giurisdizione.  Il    segretario  ha    la 
facoltà  di  coprire    tutti   gli    impieghi    giuridici    pel    corso  di    due 
anni*,  ma  deve  avere   l'approvazione  del  vice-Re,  né  fa  cosa  al- 
cuna se  non  per  autorità  del  medesimo.   Le  cause  relative  all'equità 
vanno  alla   curia  detta  Audiencia ,  dai   decreti   della  quale  non  è 
lecito  appellare  al  consiglio  delle  Indie,  se  non  in  caso  di  notoria 
ingiustizia  e  di    un    secondo    processo.    Il    liibunale    Audiencia  , 
curia  suprema   in  Lima,  è  composto  di   otto  auditori  e  da  un  fi- 
scale per  affari  civili:  si  tiene  nel  palazzo  del  vice-Re  in  tre  dif- 


Ama-.    ]'„/.  [IL 


T<ir_  /.;-. 


f<//'/a/o/-'    >>//__  t&ma.    '' 


DEGLI    ABITATORI    DEL    TERU  I I 7 

ferenti  saloni:  ne' primi  due  si  trattano  le  cause  pubblicamente  o 
privatamente,  nel  terzo  si  delibera. 
Camera  decoriti. 

Segue  la  camera  de' conti,  composta  di  un  commissario  e  due 
direttori  con  inferiori  uflìziali  appartenenti  a  ciascuna  classe.  Qui 
i  Corregidores  (Governatore  o  Podestà)  cui  è  affidata  la  pubblica 
rendita,  presentano  i  loro  conti,  e  qui  pure  si  regolano  le  distri- 
buzioni e  '1  maneggio  dell'entrata  regia.  Finalmente  ci  ha  nel  pa- 
lazzo la  regia  tesoreria,  nella  quale  si  ricevono  tutte  le  rendite  di 
Sua  Maestà,  da  qualunque  luogo  esse  vengano  entro  la  giurisdi- 
zione dell'  Audiencìa  di  Lima. 
Magistratura. 

La  magistratura  consiste  in  Regidores  o  senatori  ,  Alferez 
real  che  è  una  spezie  di  luogotenente  generale  di  polizia,  e  in 
due  Alcades  o  giudici-,  tutti  nobili  di  primo  grado.  Questi  hanno 
la  direzione  delT ordine  civile,  e  amministrano  la  giustizia  ordi- 
naria. Gli  Alcades  presedono  alternatamente  ogni  mese,  poiché, 
per  particolar  privilegio  della  ciltà  di  Lima,  non  si  estende  che 
agli  Indiani  la  giuiisdizione  del  Corregidor. 

Una  delle  più  utili  instiluzioni,  quando  sia  bene  amministrata, 
si  è  la  coite  per  la  sicurezza  degli  effetti  di  persone  morte:  que- 
sta s'incarica  di  tutti  i  beni  di  chi  muore  intestato  e  senza  legit- 
timi eredi*,  e  soprantende  anche  alla  condotta  di  chi  ha  in  mano 
effetti  d'altre  persone. 
Tribunale  per  gli  affari  di  commercio. 

L'  altro  tribunale  è  il  Consulado  (  consolato)  o  consiglio  di 
commercio:  esso  consiste  in  un  Presidente  e  due  consoli,  i  quali 
soprantendono  ad  ogni  cosa  relativa  alla  mercatura,  decidono  tutte 
le  dispute  ed  i  processi  mercantili  ,  e  si  governano  colle  «tesse 
regole  che  i  consolali  di  Cadice  e  Bilbao. 
Religione. 

11  capitolo  della  cattedrale,  alla  testa  del  quale  trovasi  l'Ar- 
civescovo, è  composto  di  cinque  dignità  ,  di  un  decano  ,  di  un 
arcidiacono,  di  un  cantore,  di  un  teologante  e  di  un  tesoriere  , 
di  nove  canonici,  di  sei  prebendati  e  ydi  sei  semi-prebendati.  Il 
tribunale  ecclesiastico  è  composto  solamente  dell'Arcivescovo  e 
del  suo  uffiziale.  I  suffraga  nei  di  questo  prelato  sono  i  Vescovi 
di  Panama,  di  Quito ,  di  Truxillo ,  di  Guamanga,  d'Arcquipa  , 


Il8  COSTUME 

di  Cuzco,  di  Santingo  e  della  Concezione:  i  due  ultimi  sono  nel 
regno  di  Chili.  Il  tribunale  dell'inquisizione  è  composto  di  due 
inquisitori  e  di  un  fiscale,  i  quali  cogli  uffiziali  subordinati  ven- 
gono nominati  dall'  inquisitore  generale}  e  in  caso  di  vacanza  di 
questo,  del  supremo  consiglio  dell'inquisizione. 
Istruzione  pubblica. 

Le  scuole  pubbliche  dell'università  ed  i  collegj  di  questa  città 
coltivano  nelle  lettere  divine  ed  umane  l' ingegno  perspicace  degli 
indigeni,  che  comincian  presto  a  far  brillare  il  loro  sapere}  ciò 
che  è  piuttosto  l'effetto  della  loro  naturale  disposizione  che  della 
coltura  e  dell'arte}  che  se  essi  non  si  distinguono  parimenti  in 
altri  generi  di  studio,  non  è  certamente  da  attribuirsi  a  negli- 
genza riè  a  poco  ingegno,  ma  a  mancanza  di  abili  professori,  es- 
sendo essi  di  facilissimo  intendimento.  L'università  di  S.  Marco 
ha  cattedre  per  ciascuna  scienza:  i  collegj  di  S.  Toribio  ,  S. 
Martino  e  S.  Filippo  son  dotati  di  particolari  privilegi ,  ed  han 
professori,  che  insegnano  diverse  lingue  e  scienze. 
Usanze  e  costumi  degli  abitatori  di  Lima.  Spagnuoli. 

Gli  abitatori  dell'opulenta  e  popolosa  città  di  Lima  sono  Spa- 
gnuoli ,  Indiani  ,  Negri  e  Meticci.  Le  famiglie  Spagnuole  sono 
molto  numerose  ascendendo  dalle  16  alle  i8m.  persone,  delle  quali 
una  terza  o  quarta  parte  forma  la  più  distinta  nobiltà  del  Perù. 
Molte  di  queste  hanno  titoli  di  dignità  Cast igliana,  essendovi  da 
/j5  conti  e  marchesi  stanziati  nella  città.  E  anche  notabile  il  nu- 
mero dei  cavalieri  de'vorj  ordini  militari,  e  quello  di  altre  anti- 
che famiglie  che  vivono  con  grande  splendore}  fra  le  quali  di- 
stinguonsi  particolarmente  "ventiquattro  mojiraschi,  che  hanno  gran 
poderi  ed  antichissime  case,  ma  senza  titoli.  Una  di  queste  fami- 
glie trae  origine  certa  dagli  Inca  ,  e  si  è  quella  d' Ampuero,  così 
appellata  dal  nome  di  un  capitano  Spagnuolo  che  si  trovò  alla 
conquista  del  Perù  o  che  prese  per  moglie  una  Coya  (i).  I  Re 
di  Spagna  accordarono  a  tal  famiglia  distinti  onori  e  privilegj  co- 
me in  risarcimento  delle  gravi  ingiurie  fatte  ai  predecessori  della 
medesima.  I  majorascati  stabiliti  nelle  famiglie  impediscono  ch'esse 
vadano  in  decadenza,  disordine  che,  senza  ciò,  sarebbe  inevita- 


(i)  Con  tal  nome  gli  Inca  appellavano  le  loro  Principesse  di    sangue 
reale. 


DEGLI    ABITATORI  DEL  PEMj'  1  Ig 

bile  attese  le  grandi  spese  che  fauno  continuamente  per  vivere 
con  magnificenza  e  splendore.  Esse  hanno  poderi  assai  considera- 
bili, impieghi  politici  e  militari}  e  que' nobili  che  non  hanno  né 
entrate  di  majoraschi,  uè  terre  libere,  si  sostengono  coi  non  meno 
reali  vantaggi  che  loro  procura  il  commercio  ,  non  essendo  colà 
il  negoziare  in  grande,  cosa  incompatibile  colla  nobiltà,  come  lo 
fu  in  Ispagna. 
Negri  e  Mulatti. 

I  Negri  ed  i  Mulatti  formano  il  maggior  numero  degli  abi- 
tatori, e  sono  quelli  che  esercitano  le  arti  meccaniche,  cui  anche 
gli  Europei  si  applicano,  senza  curarsi,  come  a  Quito,  se  la  me- 
desima professione  sia  esercitata  dai  Mulatti ■  poiché  ognuno  cer- 
cando di  guadagnare,  ed  i  mezzi  onde  giugnere  a  tale  scopo  es- 
sendo diversi  a  Lima,  non  si  pensa  punto  agli  ostacoli. 
Indiani,  Meticci. 

La  terza  ed  ultima  spezie  degli  abitatori  sono  gli  Indiani  ed 
i  Meticci,  il  cui  numero  è  picciolo  in  proporzione  della  grandezza 
della  città  e  della  quantità  delle  altre  caste.  La  loro  ordinaria 
occupazione  consiste  nel  seminare  le  terre,  nel  far  stoviglie,  e  nel 
vendere  le  derrate  al  mercato^  poiché  nelle  case  tutto  il  servizio 
vien  fatto  dai  Negri  o  dai  Mulatti,  liberi  o  schiavi,  ma  spezial- 
mente da  questi  ultimi. 
Foggia  di  vestire  degli  uomini. 

Gli  abiti  usali  dagli  uomini  in  Lima  non  differiscon  molto  da 
quelli  che  sono  in  uso  nella  Spagna,  e  la  differenza  non  è  uè 
anche  assai  grande  fra  le  diverse  condizioni.  Tutte  le  stoffe  sono 
comuni,  e  chi  può  comprarle  può  portarle  ,  in  guisa  che  non  è 
da  stupirsi  se  si  vede  un  Mulatto  che  esercita  un  mestiere,  ve- 
stito di  ricca  stoffa,  mentre  che  una  persona  di  primo  grado  non 
ne  trova  una  più  bella  per  distinguersi.  Tutti  si  danno  al  più  gran 
lusso,  e  si  può  dire  senza  esagerazione  che  le  stoffe  fabbricate 
nel  paese,  in  cui  l'industria  inventa  ogni  giorno  qualche  cosa  di 
nuovo  ,  non  brillano  tanto  in  alcun'altra  parte  quanto  a  Lima  , 
essendone  l'uso  ordinario  e  generale.  Ma  in  quanto  a  ciò  le  donne 
superano  d'  assai  gli  uomini,  ed  il  loro  lusso  è  portalo  a  lai  punto 
che  merita  una  particolare  descrizione. 
Delle  donne. 

È  cosa  sorprendente  l'attenzione  ed  il  gusto  che  le  Peruviane 


lao  COSTUME 

dimostrano  nella  scelta  de*  merletti ,  coi  quali  sogliono  caricare  le 
loro  vesti:  quest'  è  un' emulazione  generale  non  solo  fra  le  donne 
di  distinzione  ,  ma  ben  anche  fra  le  altre,  ad  eccezione  delle  Negre 
die  sono  quelle  dell'  ufi  imo  grado.  I  merletti  sono  cuciti  sulla 
tela  tanto  vicini  gli  uni  agli  altii,  che  non  traspare  che  una 
picciola  parte  di  questa,  anzi  alcune  paiti  delle  loro  vesti  sono  sì 
coperte  che  il  poco  che  se  ne  vede  sembra  servir  più  d'  orna- 
mento che  per  uso.  Nel  resto  poi  questi  merletti  devono  essere 
de' più  fini  del  Brabante,  gli  altri  sono  risguardati  come  triviali. 
La  loro  foggia  di  vestire  è  assai  diversa  da  quella  delle  donne 
Euiopee,  e  non  ci  ha  che  l'usanza  del  paese  che  possa  renderla 
sopportabile.  Essa  consiste  nel  calzare,  neila  camicia  ,  in  uua  gon- 
nella di  tela  delta  Fustan,  o  sottogonnella  bianca,  in  un'altra 
gonnella  aperta  ed  in  una  giubba  bianca  nell'estate  e  di  stoffa  nel- 
1'  inverno.  Vedi  la  Tavola  i/j.  Alcune,  ma  in  picciol  numero,  ag- 
giungono a  tutto  ciò  uua  spezie  di  manto  intorno  al  corpo,  che 
per  lo  più  tengono  aperto.  Li  differenza  che  passa  fra  questa  foggia 
di  vestire  e  quella  delle  donne  di  Quilo,  benché  composta  delle 
stesse  parti,  consiste  in  ciò,  che  la  gonnella  delle  donne  di  Lima 
è  assai  più  corta  ,  poiché  dal  ventre  discende  soltanto  alla  metà 
della  polpa  della  gamba  ,  e  da  questa  fino  al  di  sopra  della  noce 
del  piede  pende  il  fino  merletto  attaccato  intorno  al  Fustan.  A 
tiaverso  di  questo  merletto  veggonsi  pendere  le  estremità  de'  le- 
gacci ricamali  d'  oro  o  d'argento,  e  qualche  volta  ornati  di  perle. 
La  gonna  è  di  velluto  o  di  qualche  altra  ricca  stoffj  carica  di 
ornamenti  come  quella  delle  donne  di  Quito.  Le  maniche  della 
camicia  lunghe  un'  auna  e  mezza  e  larghe  due  sono  guernite  da 
un  capo  all'  altro  di  meiletti  uniti  e  attaccati  diversamente  insie- 
me. Sopra  la  camicia  pongono  la  giubba  ,  le  cui  maniche  assai 
grandi  formano  uua  figura  circolare  :  queste  maniche  sono  di  mer- 
letti ornati  di  liste  di  balista  o  di  linone  finissimo.  Le  maniche 
della  camicia  se  non  sono  più  belle  sono  eguali:  la  camicia  è  fer- 
mala sulla  spalla  con  nastri  attaccati  per  tale  oggetto  alla  giubba. 
Poscia  esse  rimboccano  le  maniche  rotonde  della  giubba  sopra  le 
spalle,  e  lo  stesso  fanno  di  quelle  della  camicia  che  rimango» 
sopra  le  altre:  e  quelli  quattro  ordini  di  maniche  formano  come 
quattro  ale  che  discendono  fino  alla  cintura.  Le  donne  che  por- 
tano il  manto  se  ne  cingouo  il  corpo,   senza    lasciare    perciò    di 


lai 

portare  la  giubba  ordinaria.  Nell'estate  esse  copronsi  di  un  velo 
o  perizoma  assai  somigliante  alla  camicia,  fatta  di  batista  di  finis- 
simo linone  guernilo  di  merletti.  Sogliono  poi  nell'inverno  av- 
vilupparsi in  un  rebos  che  consiste  in  un  pezzo  di  bajetta  o  fla- 
nella :,  ma  quando  escono  di  casa  questo  rebos  è  ornato  e  guer- 
nilo come  la  gonna  :  alcune  lo  guerniscono  di  frange,  alcune  altre 
di  passamani  di  velluto  nero.  Al  di  sopra  della  gonnella  mettono 
un  grembiule  simile  alle  maniche  della  giubba.  Da  tutto  quel  che 
abbiamo  finora  esposto  si  può  giudicare  quanto  debba  costare  un 
abito  nel  quale  s'impiega  più  materia  per  le  guarnigioni  che  pel 
fondo }  e  dopo  ciò  non  sembrerà  cosa  strana  che  la  camicia  di 
una  sposa  costi  qualche   volta   più  di  mille  scudi. 

Si  dan  vanto  di  avere  il  piede  picciolo. 

Una  cosa  poi,  di  cui  queste  donne  si  dan  maggior  vanto,  si  è 
di  avere  il  piede  picciolo*,  poiché  iu  questo  paese,  siccome  nella 
Gina  ,  la  picciolezza  del  piede  vien  considerata  come  una  grande 
bellezza:  e  siccome  elleno  sono  accostumate  a  portar  fino  dalla 
loro  infanzia  strettissime  scarpe,  così  non  è  cosa  rara  di  trovarvi 
delle  donne  che  hanno  i  piedi  lunghi  dai  cinque  ai  sei  pollici.  Le 
scarpe  sono  affatto  piatte  e  senza  suola  :  un  pezzo  di  marrocchino 
seive  di  toraajo  e  di  suola  nello  stesso  tempo:,  hanno  la  punta 
larga  e  rotonda  come  quella  del  tallone,  di  maniera  che  la  loro 
forma  è  simile  alla  figura  di  un  8:  queste  scarpe  sono  allacciate 
da  fibbie  di  diamanti  o  da  altre  pietre,  secondo  la  facoltà  di  chi 
le  porta  i,  e  ciò  più  per  ornamento  che  per  bisogno,  poiché  tali 
scarpe  sono  fatte  in  modo  da  non  abbisognare  di  fibbie  per  ri- 
maner ferme  ai  piedi.  Portano  ordinariamente  calzette  bianche 
di  seta  ,  e  qualche  volta  anche  di  colore  ricamate  dai  lati  •  ma  il 
bianco  è  il  colore  più  di  moda,  siccome  più  acconcio  a  nascon- 
dere i  difetti   della  gamba  che  è  quasi  tutta  esposta  alla  vista. 

acconciatura. 

Le  donne  hanno  generalmente  i  capelli  neri,  assai  folti  e  lun- 
ghi che  oltrepassano  la  cintura:  sogliono  esse  rialzarli  ed  attaccarli 
alla  parte  posteriore  della  testa  in  sei  trecce  che  ne  occupano  tutta 
la  larghezza  ,  e  nelle  quali  passano  una  spilla  d'oro  un  po' curva 
detta  polizon^  collo  stesso  nome  chiainan  pure  due  bottoni  di  dia- 
manti posti  alle  due  estremità  della  spilla.  Quella  parte  delle 
treccie  che  non  è  attaccata  alla  testa,  ricade  sulle  spalle,  formando 


lat  COSTUME 

la  figura  di  un  cerchio  stiacciato  :  davanti  e  di  dietro  della  testa 
mettono  pennini  di  diamanti:  coi  capelli  dinanzi  formano  de' pic- 
cioli ricci  che  scendono  dalla  parte  superiore  delle  tempie  fino  al 
mezzo  delle  orecchie  ,  e  sopra  ciascuna  tempia  pongono  un  piccio- 
lo empiastro  di  velluto  nero. 
Ornamenti . 

Gli  orecchini  sono  di  diamanti  accompagnati  da  bottoncini  o 
fiocchetti  di  seta  nera  ornati  di  perle,  ed  al  vezzo  di  perle,  che 
portano  al  collo  sogliono  altresì  aggiugnere  un  rosario  che  penda 
nei  mezzo  del  pelto  tutto  composto  di  grosse  perle.  Oltre  poi  gli 
anelli  di  diamanti  ed  i  braccialetti  di  perle  delle  più  grosse  e 
della  migliore  qualità,  molte  dame  portano  de' diamanti  incassati 
nell'oro,  ed  al  disotto  dello  stomaco  un  altro  vezzo  rotondo  e 
grande  attaccato  ad  un  nastro  che  cinge  il  corpo  tempestato  anche 
esso  di  diamanti.  Se  noi  ci  presentiamo  una  di  queste  donne  tutta 
coperta  di  finissimi  merletti  e  delle  più  ricche  stoffe,  tutta  bril- 
lante di  perle  e  di  diamanti ,  non  ci  faremo  difficoltà  a  credere 
che  quand'ella  è  abbigliata,  ha  sopra  di  se  il  valore  di  3o  o  /jo 
mila  scudi,  un  po' più  un  po' meno  a  seconda  delle  facoltà  di 
ognuna^  magnificenza  tanto  più  sorprendente,  inquanto  che  essa 
regna  ben  anche  tra  le  donne  privale. 

Elleno  hanno  altresì  due  ordinarie  foggie  di  vestire,  per  uscire 
di  casa:  l'una  consiste  in  un  velo  di  taffettà  nero  ed  in  una  lunga 
gonnella  5  l'altra  in  una  cappa  ed  in  una  gonnella  rotonda:  la  pri- 
ma viene  usata  per  recarsi  alla  chiesa,  l'altra  per  andare  al  pas- 
seggio. Queste  vesti  sono  ricamate  d'  oro,  d'  argento  o  di  seta  su 
di  un  fondo  di  tela  che  non  corrisponde  a  sì  fatti  oroamenti. 

Amano  esse  con  una  spezie  di  furore  il  lusso  innocente  dei 
fiori  e  dei  profumi:  portano  sempre  dell'ambra  indosso-,  ne  metton 
di  dietro  alle  orecchie,  nelle  vesti  e  per  fino  ne' mazzetti  di  fiori} 
ornano  i  loro  capelli  coi  fiori  più  belli  e  più  olezzanti,  e  ne 
guerniscono  anche  le  maniche.  La  gran  piazza  di  Lima  è  sempre 
come  un  giardino  per  l'abbondanza  de* fiori  che  vi  si  pongon  in 
mostra. 

L'immaginazione  e  la  sensibilità  del  bel  sesso  sono  cose  am- 
mirabili: le  donne  sono  naturalmente  gioviali  senza  mancare  alla 
decenza:  la  musica  è  una  delle  loro  principali  occupazioni }  anche 
fra  le  persone  del  volgo  si  odon  continuamente  canzoni  ingegnose 


DEGLI    ABITATORI    DEI    FEIUJ*  l'i.") 

•  piacevoli  :  le  danze  sono  assai  frequenti,  e  si  balla  con  una  leg- 
gerezza che  sorprende.  La  vivacità  e  la  penetrazione  degli  abita- 
tori di  questa  città  assegnan  loro  un  posto  distinto  fra  le  nazioni 
incivilite.  Il  buon  gusto,  l'urbanità,  molte  qualità  sociali  sembrano 
ereditarie  ne'Peruviani ,  che  rimasero  fedeli  a  Ferdinando  VII. 
Ella  é  non  pertanto  desiderabil  cosa  che  vi  si  migliori  il  sistema 
d'educazione. 


GOVERNO,  RELIGIONE,  USANZE  e  COSTUMI  DEGLI 
ANTICHI  PERUVIANI. 


Antichi  Peruviani. 

JLie  nazioni  indigene  del  Perù  richiamano  al  presente  tutta  la 
nostra  attenzione;  ma  la  storia  de' Peruviani  vagamente  conservata 
per  via  di  tradizioni  verbali,  o  con  que'  nodi  simbolici  chiamati 
quipU)  è  infinitamente  più  oscura  di  quella  de'  Messicani,  né  risale 
più  addietro  di  due  o  tre  secoli  innanzi  la  scoperta  dell'America 
fatta  da  Colombo,  poiché  i  regni  de'dodici  luca  non  poterono 
avere  una  durata  comune  di  più  di  vent'anni. 

Garcilasso  de  la  Vega  il  più  autentico  storico  del  Perù,  di- 
sceso egli  medesimo  da  stirpe  regia  per  parte  di  madre,  profonde 
le  sue  lodi  agli  Inca ,  come  se  renduta  avessero  umana  e  civile 
gente  barbara,  vagante  al  par  delle  bestie,  senza  la  minima  idea 
di  virtù,  di  leggi,  o  di  religion  naturale.  Un  giorno  che  Garcilasso 

dimandò  all' luca  suo  zio  l'origine   della    nazione  e  dell' innalza- 

o 

mento  degli  Inca,  gli  fu  risposto  così:  jj  Cugino   mio,  voglio  ben 
compiacervi,  perchè  molto  importa  a  voi    di    saper  queste  cose  e 
d'imprimerle  nel  cuore. 
Loro  barbarie  primitiva. 

Sappiate  dunque  che  tutta  questa  regione  era  prima  un'intera 
foresta  ed  un  deserto ,  e '1  popolo  una  sorla  di  bruti,  senza  reli- 
gione e  governo,  e  senza  le  arti  necessarie  alla  sociefà,  come  quelle 
di  seminare,  raccogliere,  fabbricare,  filare,  e  tessere.  Viveano  in 
copia  nelle  caverne  di  rupi  e  mo  ntagne,  pascendosi  di  radici,  di 
erba  e  di  carne    umana.    Il  loro    vestimento    era    di    foglie   o  di 


ia4  ~)  COSTUME 

scorza  d' albe.ro  e  di  pelli  di  bestie.  In  somma  erano  totalmente 
selvaggi*,  tenevaosi  in  comunione  le  donne,  delle  quali  usavano 
come  i  bruti,  e  servivansi  della  prima  in  cui  s'abbatteauo.  » 

Culto  e  superstizione. 

Gli  antichi  Peruviani,  siccome  i  Negri  della  costa  d'Africa, 
avevano  una  molliplicilà  d'Udii  r,  quasi  ogni  cosa  che  loro  si  pre- 
sentava alla  vista  ,  era  un  Dio.  Nazioni,  provincie,  tribù,  famiglie 
e  individui,  avevano  i  loro  Dei  particolari,  non  polendo  com- 
prendere come  la  stessa  Divinità  potesse  attendere  alle  varie  azioni 
di  differenti  persone.  Alcuni  per  semplice  istinto  di  riconoscenza 
adoravano  la  benefica  natura,  le  montagne  madri  de' fiumi,  i 
fiumi  stessi  e  le  fo.iti  che  bagnavano  e  fecondavano  la  terra*,  gli 
alberi  che  davan  legne  a' loro  focolari  ;  gli  animali  timidi  e  man- 
sueti de' quali  mangiavan  le  carni,  ed  il  mare  abbondante  di  pesci 
cui  chiamavano  loro  nutrice.  Ma  il  culto  del  terrore  era  quello 
del  maggior  numero.  S'eran  fatti  Dei  gli  oggetti  più  orribili  *, 
tributavano  un  superslizioso  rispetto  al  cuguar,  al  jaguar,  al  con- 
dor, ai  più  gran  serpenti  *,  adoravano  le  procelle,  i  venti,  la  fol- 
gore, le  caverne,  i  preci pizj*,  si  prostravano  dinanzi  ai  torrenti, 
alle  tenebrose  foreste,  alle  radici  di  que' terribili  vulcani  che 
squarciavano  le  viscere  della  terra.  Non  eravi  però  che  un'ombra 
di  culto  anche  per  queste  terribili  Divinità:  e  sembra  che  le  con- 
siderassero come  l'Afiicano  considera  i  suoi  idoli  o  feliscj.  Tutta- 
via chi  si  squarciava  il  ventre,  e  si  lacerava  gli  intestini ,  chi  più 
forsennato  strappava  i  suoi  figli  alla  mammella  materna,  onde 
immolarli  sull'altare. 

Sacrifizii. 

Garcilasso  conferma  il  racconto  di  Blas  Valera,  il  quale  dice 
che  i  montanari  delle  Ande  mangiavano  carne  umana  ed  immo- 
lavano ai  deificali  serpenti  e  uomini  e  figli  proprj*,  venivano  di- 
visi subito  in  quarti  i  prigionieri  di  guerra ,  e  distribuiti  a  bene- 
fizio del  vincitore,  od  erano  venduti  al  macello.  Se  il  prigioniere 
era  persona  di  distinzione,  veniva  tosto  spogliato  e  legato  ad  un 
palo  :  gli  si  tagliavan  con  coltelli  di  pietre  affilate  le  parli  più 
carnose,  come  le  polpe  delle  gambe,  delle  coseie  ,  delle  natiche 
e  delle  braccia,  e  spruzzando  di  sangue  i  circostanti,  le  mangiavano 
avidamente  sugli  occhi  dell'infelice  vittima,  cln*  innanzi  morire 
si  vedeva  sepolto  nel  veutre  dei  suoi  nemici.  Le  donne  bagnavano 


DEGLI    ABITATORI    9E!,  PERÙ'  125 

i  capezzoli  di  quel  sangue  per  farlo  succhiare  dai  loro  infanti  in- 
sieme al  latte  che  loro  davano.  Vedi  la  Tavola  i5.  E  tutto  que- 
sto in  via  di  religiosa  offerta.  Spirato  il  paziente,  si  divorava  il 
resto  di  sue  carni  e  viscere  cou  più  solenne  e  tacita  riverenza. 
»  Tale,  dice  Garcilasso,  era  il  modo  di  que'barbari,  prima  di 
ricevere  il  governo  degli  Inca  ».  È  facile  però  che  molte  delle 
dette  cose  siano  tradizioni  favolose  od  esagerazioni  per  esalta- 
re la  riforma  fatta  dagli  Inca  tenuti  poscia  in  somma  vene- 
razione. 

L'orgoglio  nazionale  erasi  combinato  colla  superstizione.  I 
Peruviani  risguardavano  questi  Dei  crudeli  come  se  fossero  gii 
antenati  delle  loro  tribù.  Gli  uni,  siccome  quelli  di  Cuba,  di 
Quinvala  e  di  Tacmar,  superbi  per  la  credenza  di  discendere  da 
un  leone  adorato  dai  loro  padri  ,  presenfavansi  vestiti  delle  spo- 
glie del  loro  Dio  ,  colla  fronte  coperta  della  sua  criniera  ,  e  colla 
più  minacciosa  ferocia  negli  occhi.  Altri  come  que'di  Sulla,  di 
Vilca,  d' Hanco,  d'Urimarca  vantavansi  d'esser  nati,  quali  da 
un  monte,  quali  da  una  caverna  o  da  un  lago  o  da  un  fiume  a 
cui  i  loro  genitori  immolavano  i  primogeniti  (i). 
Storia  delV origine  dell'imperio  Peruviano. 

Tali  erano  i  nostri  antenati ,  così  Tinca  zio  di  Garcilasso  pro- 
segue il  suo  racconto,  quando  il  Sole  nostro  padre  avendo  pietà 
di  loro,  mandò  dal  cielo  in  terra  un  suo  figlio  e  una  sua  figlia 
per  istruire  i  popoli  nella  scienza  di  sua  Divinità,  affinchè  lo 
adorassero,  dando  loro  e  leggi  e  precetti  per  vivere  da  uomini 
ragionevoli  in  case  e  in  società,  ed  insegnando  loro  a  seminar  le 
terre,  e  coltivare  le  piante,  e  a  pascer  le  greggie. 
Il  Sole  manda  dal  cielo  in  terra  un  figlio  ed  una  figlia  per 
instruire  i  popoli. 

Con  queste  instruzioni  il  Sole,  nostro  primo  padre  ,  collocò  i 
suoi  due  figli  nelle  vicinanze  del  lago  Titicaca  (  a  80  leghe  da 
Cuzco)  dando  loro  piena  libertà  d'andar  dove  loro  piacesse,  ma 
che  quando  volessero  mangiare  o  dormire  in  qualche  luogo,  pro- 
curassero di  ficcare  in  terra  una  verga  d'oro,  lunga  un  mezzo 
braccio  e  grossa  due  dita,  ch'ei  loro  diede  come  un  segno  infallibile 
della  sua  volontà,  la  qual'era    che    là  r  ove  essa  d'un    solo  colpo 

(1)  Garcilasso,  lib.  I.  cap.  2. 


1 2,6  COSTUME 

entrava  nella  terra,  dovevano  stabilire  la  loro  residenza,  e  formare 
una  corte,  cui  ricorresse  tutto  il  popolo.  Doveano  poi  governarsi  con 
ragione,  giustizia  ,  pietà,  clemenza  e  dolcezza.  Ridotto  obbediente 
il  popolo  e  soggetto  alle  leggi  doveano  fare  tutti  gli  uffizj  di  teneri 
genitori  verso  diletti  figliuoli,  ed  imitare  l'esempio  dato  loro  dal  So- 
le loro  padre  il  quale  fa  bene  a  tutto  il  mondo}  illumina  e  riscalda, 
fa  vegetare  i  semi,  rende  prolifiche  le  piante,  feconda  le  greggie, 
innaffia  le  terre  colle  rugiade,  e  giornalmente  fa  un  giro  visitando 
ogni  angolo  della  terra  per  conoscere  e    provvedere  a  qualunque 
bisogno.  Così  il  Sole  nostro  padre,  proseguì  P Inca,  avendo  dichia- 
rata la  sua  volontà  a  questi  due  suoi  figli,   li  mandò  ad  eseguire 
questa  importante  commissione }  ed  essi  cominciando  il  viaggio  di 
Titicaca  verso  settentrione  cercavano  di  ficcare  la  verga  in  terra 
ad  ogni    luogo    di  riposo  ,   ma   non   vi  entrava.  Finalmente  dopo 
varie  inutili   prove  giunsero   ad  un   picciol   luogo ,  otto  leghe  circa 
a  mezzo-dì  di  questa  città  (Cuzco)  ,    appellato    ancor    oggidì    Pa- 
cavec-Tempu  (i)  cioè  Dormitorio  de W  alba,  nome  datogli  dal- 
l' Inca,  perchè  usciva  da  questo  dormitorio  sul  far  del  giorno.  Là 
vedesi  anche  al  presente  la  città  che  questo  Principe  popolò,  e  i 
cui  abitatori  vantano  il  titolo  datole  dal  primo  de'  nostri  Inca.  Di 
qua  egli  e  la  Regina  scesero  nella  valle  di  Cuzco,  luogo  in  allora 
scosceso  e  deserto,  e  fermandosi  a  Huanacauti  ,  e  gettando  di  bel 
nuovo  la  verga  d'oro,  la  terra  la  ricevette  con  tanta  facilità,  che 
vi  si  affondò  al  primo  colpo  e  più  non  si  vide.  Allora  il  nostro 
buon  luca  rivolgendosi  alla  Regina  che  era  sua  sorella  e  moglie: 
il  Sole  nostro  padre  le  disse,  vuol  che  in  questa   valle  facciamo 
stanza:  bisogna  dunque  radunare  i  popoli  per  instruirli,  e  far  loro 
il  bene  eh'  ei  ci  comanda. 
Manco-Capac  e  la  Regina  Coya-Mama-Oello-Huaco,   sorella 
e  moglie  radunano  i  selvaggi. 
Ciò  detto  se  n'  andarono  per  diverse  strade  nel  deserto  di  Hua- 
necauti   a   riunire  il  popolo  \  vedi   la  Tavola   16}  ed  essendo  quel 
deserto   il  primo  luogo  di  loro  residenza ,  da'  loro  piedi  santificato 
meritamente   ci   abbiamo  eretto  un  tempio    per    adorarvi  il    Sole 
nostro  padre  e  ringraziarlo  de'  benefizj  compariti  al  genere  umano. 


(r)  Pacavec~ Tempu,  o,  secondo  altri  Pacavec-Tampu,  secondo  Herrera. 
ruol  dire  Casa  di  venerazione. 


DEGLI  ABITATORI   DEL  PERÙ  I  *7 

Il  Principe  nostro  Inca  se  ne  andò  poi  a  settentrione ,  e  la  mo- 
glie sorella  a  mezzodì,  dichiarando  a  qualunque  incontravano  che 
il  Sole  loro  padre  mandayali  ad  istruire  e  beneficare  quegli  abi- 
tatori, e  a  divezzarli  dalla  loro  vita  brutale  e  selvaggia.  Raccon- 
tavano al  popolo  d'esser  venuti  a  raccorre  quelli  che  andavano 
sparsi  fra  monti  e  luoghi  aspri,  per  porli  in  comode  abitazioni 
dove  vivrebbero  in  società  ed  amicizia  nutrendosi  di  que' cibi  che 
la  natura  destinò  all'uomo.  Il  popolo  ascoltava,  guardava  e  stu- 
piva :  vedea  questi  figli  del  Sole  vestiti  di  quegli  abiti  che  loro 
avea  dati  il  padre }  osservava  in  essi  le  orecchie  forate  e  adorne 
di  gioielli  in  segno  di  superior  nascita  e  dignità:  bevea  avidamente 
le  parole,  le  promesse  lo  confortavano,  si  persuadeva  e  gli  ado- 
rava come  prole  di  un  Ente  superiore  e  si  rassegnava  alla  loro 
volontà.  Raccontando  que' miseri  l'uno  all'altro  sì  fatto  portento, 
si  sparse  da  per  tutto  la  fama  del  Re  e  della  Regina,  accorreano 
in  folla  uomini  e  donne  a  sottomettersi  al  loro  governo. 
Fondazione  della  città  di  Cuzco. 

Vedendosi  i  nostri  Principi  seguiti  da  un  grandissimo  numero 
di  gente,  ordinarono  ad  alcuni  di  provvedere  i  cibi  necessari  al 
sostentamento  di  tutti,  ed  impiegaron  altri  a  fabbricar  case  sul 
modello  che  loro  davano.  Ed  ecco  l'origine  dell'imperiai  città  di 
Cuzco,  allor  divisa  in  due  parti j  una  detta  Hanan-Cuzco  o  città 
alta  \  l'altra  Hurin-Cuzco,  o  città  bassa.  Quelli  che  si  unirono 
sotto  il  Re  abitaron  la  prima  ,  e  quelli  del  seguito  della  Regina, 
la  seconda:  non  già  perchè  ciò  dinotasse  alcuna  superiorità  ne!  Re, 
ma  bensì  per  distinguere  i  suoi  seguaci  da  quei  della  consorte,  e 
stabilire  ad  eterna  memoria  il  principio  della  società. 
Selvaggi  inciviliti. 

Popolata  in  tal  modo  la  città,  Tinca  insegnò  al  suo  popolo 
que'  lavori  che  contribuiscono  ai  comodi  della  vita  ,  come  arar  la 
terra,  seminare  :  indicò  gli  istrumenli  necessarj  per  facilitare  e 
promuovere  l'agricoltura:  insegnò  a'suoi  sudditi  a  coprirsi  di  ve- 
sti per  guarentirsi  dall'intemperie  dell'aria}  e  la  Regina  istrui- 
va le  donne  alla  buona  masserizia  e  in  tutte  l'arti  domestiche  5 
a  filare  e  tessere  il  cotone  }  a  far  abiti  pei  mariti ,  pei  figliuoli 
e  per  esse  }  egli  altri  piccioli  ufluj  che  rendono  piacevole  la  vita. 
Ridotti  i  Peruviani  a  qualche  forma  di  ci  villa,  si  congratulava- 
no fra  loro  di  quel  cambiamento  di  condizione,  e  pieni  di  gralitu- 


ia  8  COSTUME 

dine  a  tante  beneficenze  andavano  allegri  per  rupi  e  boschi  ad 
avvisare  i  lontani  selvaggi  che  non  avevano  ancor  gustate  le  co- 
piose grazie  de' figliuoli  del  Sale.  Raccontavano  tutti  i  ricevuti 
favori,  mostrando  per  prova  i  nuovi  vestimenti ,  e  descrivendo  la 
maniera  di  vivere,  le  case  e  le  occupazioni.  Curiosi  i  selvaggi  ac- 
correvano da  tutte  le  parti,  ed  allettati  da  quanto  vedevano,  sot- 
tomeltevansi  di  buona  voglia  alle  nuove  discipline}  di  modo  che 
in  capo  a  sette  o  otto  anni  l'Inca  ebbe  assai  gente  sotto  il  suo 
comando  per  mettere  insieme  un  esercito  alto  non  solo  a  difen- 
dersi, ma  anche  a  sottomettere  quelli,  cui  la  persuasione  non 
potea  indurre  ad  abbandonare  il  loro  barbaro  modo  di  vivere.  Né 
avea  egli  omesso  d'insegnare  a'suoi  seguaci  a  far  archi,  freccie  , 
lancie  e  mazze  e  ad  esercitarsi  nel  maneggio  di  quest'armi}  sic- 
ché presto  divennero  formidabili,  e  obbligarono  tutti  gli  stati 
circonvicini  a  ricevere  quelle  leggi,  che  servono  a  promuovere  la 
felicità  degli  uomini. 
Conquiste  fatte  dalV  Inca  Manco-Capac. 

Ma  per  non  attediarvi  più  lungamente  sappiate  che  il  nostro 
primo  Inca  soggiogò  tutti  i  paesi  a  levante  fino  al  fiume  Paucar- 
tampu^a  ponente  conquistò  lo  spazio  di  otto  leghe  fino  al  gran 
fiume  Apurimac,  e  di  uove  leghe  al  mezzodì  fino  a  Quequisana. 
In  questa  estensione  di  paese  stabilì  più  di  cento  borgate,  grandi 
e  picciole ,  secondo  che  la  situazione  de' luoghi  potè  permettere. 
Ecco  dunque  quali  furono  i  principj  di  questa  nostra  città,  e  i 
fondamenti  di  un  sì  grande,  ricco  e  famoso  imperio  che  vostro 
padre  e  quelli  della  sua  nazione  ci  hanno  tolto,  lo  non  posso  dirvi 
precisamente  quanto  tempo  sia  dacché  il  Sole,  nostro  padre,  mandò 
quaggiù  la  sua  prole.  Noi  però  siamo  persuasi  che  sieno  quattro- 
cento anni  in  circa.  Quell' Inca  si  chiama  Manco-Capac  ,  e  la  Re- 
gina Coya-Mama-Oello-Huaco  (i).  Erano  entrambi  figli  del  Sole  e 
della   Luna   (2)  ». 

(r)  La  parola  Inca  ha  due  significazioni:  propriamente  significa  Signo- 
re ,  Re  o  Imperatore ,  e  per  estensione  significa  altresì  discendente  del 
sangue  reale.  Essendosi  poscia  accresciuto  d'assai  il  numero  de' sudditi 
che  godevano  la  dolcezza  di  una  società  incivilita,  si  aggiunse  il  sopran- 
nome di  Capac  che  significa  ricco  di  virtù,  d' ingegno  e  di  potere-  La 
moglie  legittima  dell' Inca  portava  il  titolo  di  Coya\  nome  che  significa 
propriamente  sposa  legittima ,  e  riservato  a  quella  del  Re,  e  per  parteci- 
pazione alle  Principesse  nate  dal  detto  legittimo  matrimonio. 

(a)  Garcilasto  comunque  per  avventura  apprezzasse  assai  le  tradizioni 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PERÙ  1 2Q 

Ecco  la  favola  dellr  origine  dell'  imperio  Peruviano  ,  tale  quale 
fermamente  si  credea  da  quasi  tutte  quelle  nazioni.  Fcrse  il  pri- 
mo luca  la  inventò  per  indurre  più  facilmente  i  creduli  popoli  ad 
abbracciare  la  sua  dottrina}  ma  questa  era  sì  confacente  all' uma- 
na società,  die  rese  felici   quelle    genti,    le    quali  non    dovettero 

riferitegli  dallo  zio  Inca ,  non  ha  omesso  di  riportarne  altre,  che  corre- 
vano in  altri  paesi  del  Perù.  Ma  ancor  più  ridicole  della  suddetta  narra- 
zione di  Garcilasso,  è  quel  che  racconta  Herrera  circa  l'origine  della 
Monarchia  Peruviana. 

A  Pacavec-Tampu  comparvero  tre  uomini  e  tre  donne:  i  nomi  dei 
primi  erano  Ayarache,  Aranca  e  Airamanco  ,  e  quelli  delle  seconde  Ma- 
macola,  Mamacona  e  Mamaragna.  Cotesti  nomi  in  lingua  Peruviana  hanno 
una  significazione  ben  appropriata  al  carattere  di  queste  persone.  Erano 
tutti  vestiti  di  corte  tuniche  e  di  lunghi  mantelli  di  elegantissimo  e  bel 
lavoro,  ed  aveano  una  frombola  d'oro  di  singolare  virtù.  La  prima  cosa 
ch'essi  fecero  fu  di  fabbricare  Pacavec-Tampu  ,  fatto  luogo  centrale  di 
ogni  susseguente  loro  operazione:  perciocché  per  sì  ammirabile  edifizio 
sorpresi  gli  uomini  rozzi  de' contorni,  non  esitarono  a  riguardare  quelli 
che  lo  avevano  eretto  come  potentissimi  sopra  tulli.  Ma  ben  presi o  di- 
versa sorte  ebbeio  questi  tre.  Ayarache  si  fece  padrone  della  frombola 
fatale,  e  iniiò  a  rendersi  superiore  a' suoi  fratelli.  Imperciocché  con  essa 
rovesciava  montagne,  dava  corso  alle  acque  stagnanti,  formava  fiumi,  ed 
eseguiva  ad  arbitrio  ogni  più  grande  impresa.  Gelosi  gli  altri  due  di  tanta 
potenza,  vollero  levarlo  di  mezzo;  e  per  riuscir  nell'intento  il  persuasero 
a  portarsi  in  certa  grotta,  in  cui  lascialo  aveano  per  dimenticanza  un 
prezioso  vaso,  troppo  necessario  per  convenientemente  adempire  gli  ufticj 
stati  loro  commessi.  Oltre  che  essendo  ei  reputato  il  principale,  e  doven- 
do eglino  porre  a  civil  vita  il  popolo  selvaggio  del  paese,  sulle  molte  dif- 
ficollà  che  alla  esecuzione  di  tale  opera  si  opponevano,  avean  bisogno  di 
consultare  il  Sole  loro  padre  :  e  Ayarache  era  quello  che  più  facilmente 
poteva  trarre  dal  Sole  i  lumi  necessarj.  In  quella  grotta  doveasi  dunque 
tenere  questo  congresso.  Andò  l'incauto  al  luogo  destinato,  e  appena 
entrò  nella  grotta  ,  i  suoi  fratelli  ne  turarotio  con  grosse  pietre  l' ingresso, 
lusingandosi  che  di  là  non  più  sarebbe  uscito.  Ma  non  sì  tosto  ebbero  com- 
piuta l'opera  che  un  orrendo  terremoto  scosse  la  terra  ,  rovesciando  monti 
e  sprofondando  colline  e  boschi  con  rumore  spaventosissimo;  ed  Ayarache 
fu  veduto  volare  per  aria  con  belle  e  Intentissime  ali  di  brillanti  e  vaghi 
colori  ;  ed  una  voce  si  udì  che  avvertiva  i  fratelli  non  doversi  eglino  at- 
terrire del  fatto;  anzi  da  esso  prender  coraggio,  poiché  così  incominciata 
sarebbesi  la  fondazione  di  un  grande  imperio  ,  ed  avrebbero  in  lui  chi  in 
ciò  dirigerebbeli.  Ed  incominciò  di  fatto  a  dir  loro  che  avessero  a  fabbri- 
care ad  onor  del  Sole  un  tcmnio  ove  poi  fu  Cuzco  :  predicendo  che  una 
Cost.  Voi.  Ili  dell'  America.  9 


I 3o  COSTUME 

tardare  a  trovar  vera  ogni  cosa.  Fondata  Cuzco  e  stabilita  la  so- 
cietà ne' popoli ,  cominciò  egli  a  fondar  colonie:  piantò  tredici  vil- 
laggi a  levante  abitati  per  la  maggior  parte  da  una  tribù  detta 
Poques*  e  a  ponente  trenta  villaggi  9  i  quali  sì  maravigliosamente 
fiorirono,  che  in  pochi  anni  tutto  il  paese  fu  pieno  di  gente  }  e 
da  questi  primi  abitatori  vennero  le  tre  grandi  nazioni  Masca , 
Cliiilqui  e  Papri. 
I (istituzioni  e  leggi  di  Manco-Capac. 

Dava    egli  a     ogni    nuova  colonia  nuove  distruzioni  giusta  le 
circostanze,  insegnando  poi  a  tutti  le  cose    necessarie    ai    comodi 
della   vita,   e  dando   leggi   pel   mantenimento    dell'amicizia   e  fra- 
tellanza secondo  i  dettami  della    natura  e  della    ragione.   Per  mas- 
ti 

sima  generale  si  dovean  soggiogare  tutte  le  passioni  sregolate, 
porre  ili  obblio  ogni  rancore  e  fare  agli  altri  quello  che  si  vor- 
rebbe fatto  a  se  medesimo.  Il  saggio  luca  inculcò  sopra  tutto  pre- 
cetti di  castità  e  di  rispetto  al  femmineo  sesso }  ordinò  pena  ca- 
pitale all'adulterio,  all'omicidio,  al  furto}  instituì  il  matrimonio, 
non  accordando  all'  uomo  che  una  sola  moglie }  e  per  evitare  ogni 
confusione  rispetto  a  lignaggi ,  volle  che  ognuno  si  maritasse  nella 
sua  tribù}  né  accordò  il  matrimonio  se  non  all'uomo  di  venti 
anni,  perchè  fosse  capace  di  reggere  la  famiglia.  Fondamento 
della  civile  società  eh'  egli  stabiliva  fu  la  coltivazione  delle  terre} 
e  innanzi  che  potesse  fare  una  divisione  conveniente  di  queste  , 
ordinò  che  tutti  i  ricolti  si  depositassero  in  luoghi  a  ciò  destinati, 
perchè  di  là  fossero  poi  distribuiti  ad  ognuno  secondo  i  bisogni. 
Curachi. 

Ogni  tribù  raccolta  ne'  villaggi  ebbe  da  lui  un  Curaca  o  capo, 

grande  città  ivi  sorgerebbe  ;  e  loro  insinuò  di  forarsi  le  orecchie  in  segno 
della  sovranità  conceduta  ad  essi,  additando  loro  le  proprie,  dalle  quali 
videro  pendenti  giojelli  ricchissimi,  cui  non  mancarono  d'imitare.  Cosi 
egli  corrispose  alla  loro  perfidia;  di  che  somma  meraviglia  li  prese  e  gra- 
titudine, e  da  quel  fatto  avvenne  che  la  regia  stirpe  degli  Tnchi  pren- 
desse a  fondamento  d'ogni  operar  suo  la  beneficenza.  A  l'anca  e  Airamanco 
si  recarono  al  luogo  ove  è  Cuzco,  e  vi  fabbricarono  il  tempio.  Una  se- 
conda volta  Ayarache  si  fece  loro  vedere  5  e  prescrisse  ad  essi  di  fregiarsi 
la  fronte  della  fascia  che  poi  sempre  gli  Inchi  portarono  in  segno  della 
regia  loro  stirpe.  Finalmente  essendo  loro  apparso  la  terza  volta  ,  mise 
sulle  spalle  di  Airamanco  il  mantello  imperiale  ,  e  il  costituì  Principe  su- 
premo. Egli  è  quello  che  generalmente  è  conosciuto  sotto  il  nome  di 
Manco-C ìpac  che  vuol  dire  Signor  ricco  o  Re.  Herrera  Decad.  III.  1.  g.  e.  1. 


DEGLI    ABITATORI    DEL  PERÙ'  l3l 

clic  dovea  governarla,  e  questo  veniva  trascelto  da  quelli  che 
avevan  date  maggiori  prove  di  virtù,  ordinando  ad  ognuno  di 
congiugnere  all'  autorità  e  alla  vigilanza  ,  la  dolcezza  e  la  bene- 
volenza.  E  benché  i  popoli  ricevessero  con  rispetlo  e  ubbidienza 
le  sue  ordinazioni,  pure  cercò  Manco-Capac  di  eccitare  in  loro 
una  gran  riverenza  per  la  regia  dignità,  decorandola  di  certi  ti- 
toli ed  ornamenti  particolari. 
Distintivi  onorifici  della  famiglia  reale  ec. 

A  tal  proposito  comandò,  e  ne  die  egli  slesso  1' esempio,  che 
tutti  i  maschi  di  sua  famiglia  portassero  i  capelli  non  più  alti 
di  un  dito,  e  tagliati  a  scala,  ciò  che  veniva  eseguito  con  un 
rasojo  di  pietra  silicea.  Un'  altra  distinzione  riservata  al  regio 
sangue  era  l1  aver  forate  le  orecchie,  operazione  che  si  esegui- 
va eoo  una  spina,  ed  il  portar  pendenti,  che  per  la  loro  for- 
ma e  grandezza  raeritan  particolare  menzione.  Gonsislevan  que- 
sti in  due  grossi  cerchi  pesantissimi,  accomodati  ad  una  spe- 
zie di  laccio  lungo  due  palmi  e  più}  onde  le  orecchie  loro  a 
poco  a  poco  cadendo  finivano  con  essere  stese  e  lunghissime } 
sicché  poi  gli  Spagnuoli  presero  a  chiamarli  gli  uomini  delle  gran- 
di orecchie,  orejones.  La  terza  distinzione  consisteva  in  una  spezie 
di  treccia  o  cordella  grossa  un  dito  a  varj  colori,  delta  Llautu 
che  gli  cingea  quattro  o  cinque  volte  il  capo  a  foggia  di  ghir- 
landa. Per  qualche  tempo  riservò  Manco-Capac  queste  tre  distin- 
zioni per  se  e  per  la  sua  famiglia,  ma  dacché  vide  i  suoi  sudditi 
accostumati  ad  ubbidirlo  in  ogni  cosa,  ad  amarlo  e  venerarlo, 
vie  più  se  ne  cattivò  l'affetto,  degnandosi  permettere  ai  grandi 
suoi  vassalli  tali  distinzioni,  ma  però  con  alcune  differenze.  La 
cordetta  o  fascia  che  permise  agli  altri  era  di  un  color  solo,  o 
nera,  e  così  fu  de'  capelli  ,  che  ordinò  a  diverse  altezze:  egli  solo 
li  portava  più  corti  di  tutti.  E  una  distinzione  pur  mise  nella 
larghezza  dei  fori  alle  orecchie,  e  nella  materia  di  che  doveano 
essere  ornate.  Nelle  quali  cose  usò  1'  accortezza  di  stabilire  certi 
segni  particolari  ad  ogni  nazione,  cui  i  suoi  sudditi  appartenevano. 
Non  mise  però  Manco-Capac  di  stabilire  una  speziale  esterna 
decorazione  per  la  persona  del  Re  ^  perchè  egli  riserbò  a  se  e  a 
suoi  successori  per  distintivo  della  suprema  dignità,  oltre  la  sud- 
detta fascia ,  una  frangia  di  color  rosso  che  cingea  la  fronte  da 
una  tempia  all'  altra  e  che  finiva  con  fiocco.  L1  erede  della  corona 


i3a  COSTUME 

la  portava  gialla.  In  quella  sua  frangia  poi  mise  ritte  a  poca  di- 
stanza fra  loro,  quasi  alzantisi  dalla  fronte,  due  penne  tolte  dall'una 
e  dall'  altra  ala  di  un  uccello  rarissimo  nel  Peiù  detto  corequen- 
que,  simile  ad  un  falco,  macchiate  di  bianco  e  nero.  Pare  che 
in  seguito  fosse  questa  decorazione  estesa  ai  Principi  della  fami- 
glia regnante,  ma  non  però  delle  stesse  penne  ,  pèrche  rarissime. 
Vedi    la   Tavola    17. 

Distintivi  delie  varie  tribù. 

Raccontasi  altresì  che  per  distinguere  le  diverse  tribù  e  na- 
zioni ,  e  tenerle  subordinate  a' regolamenti  sociali,  prescrivesse 
1'  Inca  a  ciascuna  certi  segni  particolari.  La  nazione  Masca  dovea 
portare  una  ghirlanda  di  paglia  della  grossezza  di  un  dito.  Alla 
tribù  Poques  pendea  un  ciuffetto  di  lana  bianca.  Altre  tribù  avean 
pendenti  di  canne  ordinarie }  ed  alcune  pendenti  di  differente 
struttura  e  lavoro.  Così  ognuno  era  meglio  conosciu'o,  ed  i  ma- 
gistrati polean  facilmente  rinvenire  un  malfattore,  e  obbligar  la 
sua  tribù  a   punirlo  e  a  risarcire  la   parte  offesa. 

Manco-Capac  stabilisce    il  matrimonio  de" figli  colle  loro  so- 
relle. 

Manco-Capac  ammogliò  il  suo  figlio  primogenito  colla  maggiore 
delle  sue  figlie,  e  stabilì  che  gli  altri  figlinoli  sposerebbero  le 
loro  sorelle,  onde  fosse  pura  la  stirpe  del  Sole,  e  in  essi  a  dop- 
pio titolo  si  conservasse  la  successione,  dalla  quale  dichiarò  esclusi 
quelli,  nelle  cui  vene  scorresse  estraneo  sangue. 

Religione. 

Stimando  egli  poi  necessaria  a'  buoni  costumi  la  religione,  tutto 
si  occupò  a  prescriverne  i  riti.  Eresse  un  cospicuo  tempio  al  Sole 
e  1'  abbellì  di  tutti  quegli  ornamenti  che  giovano  ad  inspirare  negli 
animi  culto  e  venerazione. Rappresentò  loro  questo  gran  luminare 
come  fonte  d'  ogni  bene,  onde  non  solamente  volle  che  i  suoi  po- 
poli riguardandolo  come  Dio  le  venerasseio  con  divoto  rispetto, 
ma  che  lo  amassero  con  sentimento  di  gratitudine.  Per  il  che  a 
mano  a  mano  che  quegli  uomini  semplici  e  buoni  andavano  pro- 
vando gli  effetti  del  nuovo  stato  in  cui  Manco-Capac  gli  avea 
tratti,  sentivansi  tocchi  da  meraviglia  e  da  riconoscenza  5  e  persuasi 
che  il  figliuol  solo  di  un  Dio  potea  far  loro  tanto  bene,  facil- 
mente presero  a  venerare  anch'esso  come  un  Ente  superiore  alla 
umana  tratura  •  e  alle  leggi  di  lui,  tutte  rivolte  a  sensibile  utilità, 


Amer.  fS&HF. 


Tav.-cf. 


//i/rrcrrr    Incttg^/ 


DEGLI  ABITATORI  DEL  PERu'  I  3  ò 

Cfm  sincerila  d'animosi  sottomisero,  e  a' figli  loro  ne  trasfusero 
la  persuasione  e  il  divoto  rispetto.  Né  dobbiamo  passare  sotto  silen- 
zio come  accanto  al  tempio  fece  fabbricare  una  casa,  nella  quale 
dovea  abitare  un  certo  numero  di  vergini  della  real  famiglia  de- 
stinate al  servizio  del  santuario. 

Morte  di  Manco-Capac. 

Variano  le  tradizioni  sugli  anni  in  cui  Manco-Capac  regnò}  gli 
uni  assegnandogli  trenta,  gli  altri  quarantanni.  Molti  figli  lasciò 
avuti  sì  dalla  Regina  che  da  altre  donne  che  prese  a  viver  seco^ 
giacché  avea  per  massima  ch'era  cosa  molto  importante  che  il 
Sole  avesse  gran  numero  di  figliuoli.  Quando  si  sentì  vicino  alla 
morte  li  chiamò  tutti  presso  di  sé  in  presenza  de' principali  dello 
Stato,  a  quelli  raccomandando  l'amore  de' popoli,  a  questi  l'ub- 
bidienza al  Re  ,  e  l'osservanza  fedele  alle  leggi  da  lui  stabilite.  I 
suoi  su  Idili  piansero  la  perdila  di  un  uomo  che  fu  per  essi  più 
padre  che  Re}  piamente  celebrarono  i  suoi  funerali  per  parecchi 
mesi,  ed  ebbero  cura  d'imbalsamare  il  suo  corpo,  per  non  per- 
dere mai  di  vista  un  oggetto  sì  caro  e  sì  prezioso.  Non  è  mara- 
viglia, che  questo  sublime  e  benefico  legislatore  fosse  dai  Peruviani 
venerato  qual  Dio. 

Inchi  successori  Sinchì-Rocha. 

A  tutto  il  suo  potere  successe  il  Principe  Sinchi-Rocha  ,  elio 
vuol  dire,  secondo  alcuni  Principe  prudente^  secondo  altri  uomo 
valoroso.  Egli  era  il  primogenito  di  Manco-Capac,  e  ad  imitazione 
del  padre  avea  sposata  sua  sorella  chiamata  Mama-Oero  oMama-Cora. 
Egli  colla  dolcezza,  colla  persuasione,  co'benefizj  trasse  nazione 
intere  dalla  barbarie:  sottomise  i  popoli  di  Puchinca,  di  Candii  e 
di  Concava  estendendosi  venti  leghe  oltre  i  confini  del  territorio 
cui  Manco-Capac  si  era  fatto  soggetto.  Lloque-Jupanqui  gli  succcesse, 
e  seguì  il  metodo  degli  lochi  anteriori  per  incivilire  i  popoli,  ma 
fu  anche  obbligato  ad  usare  la  forza:  le  conquiste  di  lui  presero 
da  settentrione  all'ouest  un'  estensione  di  paese  di  circa  quaranta 
leghe,  di  più  di  venti  da   levante  a  ponente. 

Mayta-Capac. 

Mayta-Capac  suo  successore  prese  a  visitare  le  varie  provinole 
del  suo  Stato,  e  colle  larghe  sue  beneficenze  s'  affezionò  i  Curachi 
e  tutti  gli  altri  sudditi.  Si  volse  poi  ad  estendere  il  cullo  del 
Sole  e  la  potenza  dell'imperiose  fatto  un  esercito  di  dodici  mila 


1  ò/[  COSTUME 

uomini  s'incamminò  nella  provincia  di  Callo  o  verso  il  lago  di 
Titicaca,  ove  gli  abitatori  udite  le  meraviglie  degli  Inchi,  e  la 
prosperità  de'  popoli  governati  da  loro  non  esitarono  a  farsene 
sudditi.  Indi  si  recò  col  suo  esercito  in  altre  provincie  dilatando 
sempre  il  suo  imperio:  conquistò  quelle  di  Llaricassa  e  di  Sanca- 
van  estendendosi  più  di  cinquecento  leghe  per  lungo  e  venti  per 
largo  5  nella  sola  valle  di  Gontisuyu  acquistò  un  paese  lungo  più 
di  novanta  leghe  e  largo  cento  quindici.  Fu  però  questo  Inca  più 
volte  sforzato  ad  impiegare  le  armi  contra  alcuni  popoli  che  ri- 
cusavano sottomettersi  alla  sua  ubbidienza,  e  per  alcune  circo- 
stanze merita   particolare  menzione  la  conquista  di  Cacyaviri. 

Conquista  di  Cacyaviri. 

Dominavano  ivi  varj  piccioli  signori,  i  quali  all'approssimarsi 
dell'Inca,  si  unirono  insieme  per  la  difesa  comune,  e  sì  fortifica- 
rono colle  loro  famiglie  sopra  di  una  montagna  rotonda  che  al- 
zavasi  in  mezzo  ad  una  vastissima  pianura,  e  da  que'  popolani 
risguardata  qual  cosa  sacra.  L' Inca  lor  fece  sapere  che  non  andava 
contra  la  vita  o  la  libertà  loro,  ma  per  renderli  felici  con  un  nuo- 
vo modo  di  vivere  e  con  un  nuovo  culto}  ma  avendo  essi  ricusato 
con  disdegtio  tali  proposizioni,  l' Inca  gli  assediò  per  ridurli  a  se 
colla  farne.  Ciò  nonostante  essi  continuarono  per  molti  giorni  nella 
loro  ostinazione,  e  que'di  Callao  spezialmente  ,  osservando  che 
1'  Inca  schivava  la  battaglia  (poiché  non  voleva  che  contra  quel 
popolo  si  usassero  le  armi  )  e  perciò  credendolo  pauroso  ,  si  lan- 
ciarono alla  disperata  sopra  di  lui.  Allora  l'Ioca  si  vide  costretto 
a  respingerli  con  tutta  la  forza  ,  e  questi  dopo  di  aver  perduta 
molta  gente,  vedendo  di  non  poter  resister  più  oltre,  si  diedero 
per  vinti ,  si  sottomisero  a  Mayta-Capac  ed  implorarono  la  sua 
clemenza.  I  loro  Gurachi  andarono  co' piedi  nudi,  colle  mani  le- 
gate e  colla  corda  al  collo  a  prostrarsi  innanzi  air  Inca,  (vedi  la 
Tavola  18)  Io  salutarono  qual  figliuolo  del  Sole  e  lo  supplica- 
rono con  grande  istanza  di  voler  accettare  la  vita  loro  in  espia- 
zione della  loro  ostinata  resistenza.  Impietosito  l'Inca  li  fece  su- 
bito slegare,  donata  loro  la  vita  e  la  libertà,  gli  assicurò  che  il 
suo  disegno  in  quell'impresa  non  era  che  di  ammaestrarli  nell'ar- 
te di  divenir  felici.  Questa  condotta  di  Mayta-Capae,  e  l'opinione 
sparsa   che   la    rotta    avuta    da  quel    popolo  fosse    un    gasligo    del 

Sole,  fecero  che  le  nazioni   vicine    corressero  tutte  a  sottomettersi 

spontaneamente  all'imperio  dell'Inca. 


/;,,  ts 


'/<'  ///r/s^cr    f» 


Y      ;       //a //A    -    Y VA"'- 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PERu'  I  35 

Dopo  tante  e  sì  felici  spedizioni  trattosi  a  Cuzco  Mayta-Capac, 
sciolse  l'esercito,  né  pensò  più  che  a  far  provvedimenti  per  mi- 
gliorare la  condizione  de'suoi  popoli.  Dicesi  che  regnasse  trent'anni: 
morì  lasciando  un  nome  di  Principe  glorioso  in  pace  e  in  guerra, 
e  benemerito  sommamente  de'  suoi  sudditi. 

Capac-Jupanqui. 

Capac-Jupanqui,  primogenito  di  Mayta-Capac,  succeduto  a  suo 
padre  nell'imperio,  impiegò  i  primi  due  anni  del  suo  governo  in 
visitare  le  provincie:  poi  messo  in  piedi  un  esercito  di  ventimila 
uomini  volse  l'animo  a  nuove  conquiste.  Egli  estese  il  suo  impe- 
rio a  ponente  fino  al  mare,  al  mezzodì  fino  a  Tatira,  nel  paese 
dei  Charcas ',  all'oriente  fino  al  piede  della  montagna  degli  Anti} 
al  nord  fino  a  Racuna  nella  provincia  di  Chiaca.  Questo  Inca 
pervenne  al  fine  di  una  lunga  carriera  pieno  di  gloria,  lasciando 
oltre  ottanta  figli  :,  e  nel  Principe-Roca  un  successore  cui  egli  non 
aveva  mancato  di  addestrare  in  ogni  maniera  al  governo.  Non  è 
detto  per  quanti  anni  regnasse  ,  ma  considerando  le  molte  sue 
spedizioni,  e  gli  intervalli  di  tempo  in  cui  si  occupò  dell'interna 
amministrazione,  è  forza  supporre  che  non  regnasse  meno  di  tren- 
l'anni. 

Inca-Roca. 

Educati  i  figliuoli  del  Sole  con  un  metodo  uniforme,  e  tutti, 
fino  dai  loro  primi  anni  abituati  nell'idea  che  non  erano  destinati 
al  reggimento  de' popoli  se  non  per  renderli  felici,  né  fatti  erano 
potenti  che  per  dilatare  i  princi (  j  benefici  loro  inspirati  dall'autore 
sovrano  della  loro  stirpe,  non  è  meraviglia  se  nel  succedersi  nel- 
1'  imperio  l'un  l'altro,  gli  Incili  veggansi  intraprendere  le  mede- 
sime cose.  Roca  dunque  elevato  al  trono  di  Capac-Jupanqui,  fa 
una  visita  generale  de'suoi  Stati,  va  alla  conquista  dei  Chnrcas, 
ritorna  in  Cuzco*,  si  applica  al  governo  dell'imperio,  ne  fa  esten- 
dere i  confini  nel  paese  degli  Anli  per  mezzo  del  suo  primogenito, 
e  muore  dopo  di  aver  regnato  circa  cinquant' anni. 

Jahuarhuacac. 

Jahuarhuacacf t.  primogenito  e  successore  di  Roca  :  alieno  dalle 
conquiste  si  dà  tutto  per  nove  anni  al  reggimento  dello  Stato,  e 
poi  manda  Mayta  suo  fratello  alla  conquista  del  paese  di  Colla- 
suyu,  cui  in  breve  tempo  unì  all'imperio. 


l3G  COSTUME 

Viracocha. 

Egli  ebbe  gravissima  cagione  di  disturbo  e  di  angoscia  per  la 
cattiva  condotta  del  suo  figliuolo  primogenito  che  mandò  poi  in 
esilio  ,  dove  a  questi  apparve  1'  luca  Viracoclia  comandandogli 
di  avvertire  l'Iuca  suo  padie  che  quasi  tutti  i  Peruviani  di  Chin- 
cafuya  eransi  uniti  per  assalile  con  forte  esercito  i  suoi  dominj  e 
rovesciare  l'imperio  degli  luca.  Jahuarhuacac  che  nulla  credea 
sulla  parola  del  cattivo  figlio,  confermò  1'  ordine,  che  subito  ri- 
tornasse al  luogo  del  suo  esilio.  Ma  circa  tre  mesi  dopo  questa 
visione  di  "Viracocha  (con  lai  nome  ehi* mossi  di  poi  il  Principe) 
si  verificò  la  sollevazione  in  Cliincafoyo.  Atterrito  e  perplesso  Tin- 
ca abbandona  Cmzco,  ma  il  Principe  Viracocha  si  oppone  ai  ne- 
mici e  gli  sconfigge}  dimostra  grande  magnanimità  verso  i  vinti, 
ed  entra  trionfante  in  Cuzco.  O  fosse  per  volontaria  abdicazione 
dell' Inca,  o  per  ambizione  del  Principe  ,  o  per  volontà  del  po- 
polo, Viracocha  assunse  il  governo  dello  Slato,  e  destinò  al  padre 
un  palazzo  in  una  deliziosa  valle,  dove  egli  passò  il  reslo  di  sua 
vila.  Viracocha  fu  nell'animo  de' suoi  sudditi  in  tanta  considera- 
zione che  durante  tutta  la  sua  vita  venne  adorato  come  un  nuovo 
Dio  dal  Sole  inviato  per  rendere  la  sua  famiglia  immortale  ,  e 
per  difender  essi  contra  tutti  i  loro  nemici.  Incominciò  egli  dal- 
l'alzaie un  tempio  in  memoria  della  visione  avuta  ,  e  dal  dare 
grandi  ricompense  a  tutti  quelli  che  lo  avevano  assistito  nel  vin- 
cere i  ribelli^  ed  in  ispezie  accordò  ai  Quechuas  e  a  quelli  di 
Cotonerà  e  di  Colapamba  l'onore  di  portare  i  capelli  tagliati  a 
scala  e  cinti  colla  fascia  ,  e  di  avere  le  orecchie  forale  a  simi- 
glianza  degli  lochi;  senza  peto  allontanarsi  dalle  prescrizioni  di 
Manco-Capac.  Dopo  di  avere  spesi  alcuni  anni  al  regolamento  po- 
litico dell'imperio  si  diede  a  conquistare  le  provincie  di  Caraca , 
di  Ullaca,  di  Llipi,  di  Cliica  e  di  Chincasuyu.  Se  si  considerano 
le  tante  imprese  di  questo  grande  Imperadore,  non  si  crederà 
esagerato  il  regno  ,  ehe  secondo  le  tradizioni  Peruviane  gli  si 
accordò  di  circa  cinquaut' anni. 
Pachacutec. 

Dopo  il  lungo  e  glorioso  regno  di  Viracocha  quello  di  suo 
figlio  primogenito  e  successore  Pachacutec  fu  sì  pieno  di  belle  e 
splendide  imprese  che  parve  la  continuazione  dell'altro.  Dopo 
d'aver  egli   impiegato  tre  anni  nel    visitare  le  provincie  del    suo 


DOGLI    ABITA  TOM    DEL    PERÙ*  l'ój 

imperio,  pensando  di  non  dover  lasciare  ammollire  i  suoi  sudditi 
iiciT  ozio  della  pace  ,  levò  un  esercito  di  trentamila  uomini  ,  e 
marciò  col  fratello  Capac-Jupanqui  all'impresa  degli  Huancas, degli 
Anti  e  dei  Curcupu:  conquistò  le  provincie  di  Ancata  e  di  Hua- 
yllas  \  ed  in  una  seconda  spedizione  di  Capac-Jupanqui,  accom- 
pagnato dal  Principe  ereditario  ridusse  sotto  le  sue  leggi  tutti  i 
cantoni  del  vasto  Chincasuya.  In  una  secouda  visita  nelle  sue 
provincie  edificò  magnifici  templi  io  onore  del  Sole,  fondò  case 
di  vergini  al  Sole  consacrate,  fece  innalzare  luoghi  forti  ai  confini, 
palazzi  reali  e  grandi  magazzini  per  depositarvi  vettovaglie  e  mu- 
nizioni. Non  tanto  le  molte  sue  conquiste  ,  per  le  quali  estese 
notabilmente  ì  confini  dell'  imperio,  quanto  le  instituzioni  e  leggi 
sue  diedero  a  questo  Inca  una  singoiar  rinomanza. 
Jupanqui. 

Il  Principe  Jupanqui  allevato  nelle  spedizioni  militari,  salito 
sul  trono  di  suo  padre,  non  poteva,  seguendo  gli  instituti  de'suoi 
maggiori,  che  volgere  in  mente  grandi  imprese.  Ritornato  dalla 
visita  generale  de'suoi  Stati  pensò  ad  un'  ardua  spedizione  verso 
le  Ande,  per  vedere  che  nazioni  stessero  di  là  di  que' monti.  Si 
crede  da  varie  circostanze,  e  dall' aver  1' Inca  traversalo  un  gran 
fiume  ,  che  questa  impresa  riguardasse  il  Paraguay  ,  gran  pro- 
vincia lungo  l'ampio  Rio  de  la  Piata.  Si  fecero  costruire  battelli 
e  zattere  capaci  di  portare  diecimila  uomini,  e  due  anni  s'im- 
piegarono in  quegli  apprestamenti.  L'Inca  comandava  in  persona, 
ed  i  generali  ed  uffiziali  che  andarono  all'impresa  eran  tutti  Incili 
de!  sangue  reale. 
Costumi  dei  Chunous. 

Le  truppe  ebbero  a  sostenere  grandi  combattimenti  coi  Chun- 
cos  abitatori  delle  due  sponde  del  fiume  :  questi  popoli  erano  ar- 
mati di  freccie,  avevano  volto  ,  braccia,  coscie  ,  e  quasi  tutto  il 
corpo  punteggiati  a  diversi  colori  ,  andavano  tulli  nudi  ,  e  por- 
tavano in  testa  berrette  fatte  di  penne  di  pappagalli  e  d'  altii 
uccelli. 
Costume  degli  abitatori  di  Chirihuana. 

Ridotti  a  obbedienza  i  Chuncus  e  gli  arditi  e  guerrieri  popoli 
detti  Muzu  o  Moxos,  intraprese  la  conquista  della  grande  provin- 
cia di  Chirihuana  situata  nel  paese  degli  Anti  al  levante  dei  Char- 
cas  :  questi  popoli  vivevano  senza  città,  senza  case,  senza  religione  5 


l3S  COSTUME 

era  ordinario  loro  cibo  la  carne  umana,  e  per  averne  assalivano 
i  loro  vicini  }  beveano  il  sangue  de'prigionieri  ,  mangiavano  fin 
anche  i  cadaveri  de" loro  parenti,  e  si  congiungevano  indifferente- 
mente colle  sorelle  ,  colle  figliuole  e  colle  madri.  Jupanqui  ve- 
dendo inutile  il  tentativo  di  soggiogare  questi  barbari  rifuggiti  in 
luoghi  inaccessibili  fu  obbligato  a  richiamare  i  suoi  soldati  ,  e 
pensò  ad  intraprendere  un'altra  assai  più  grande  spedizione. 

Conquista  del  Chili. 

Ei  si  volse  alla  conquista  del  Chili ,  e  si  portò  in  Atacama 
ultima  provincia  de'suoi  Stati  dalla  parte  del  Chili:  sottomise  il 
Copayasu  in  mezzo  al  deserto  ed  il  Caquinpu  sulla  frontiera  del 
regno  j  indi  tutto  il  Chili  fino  al  fiume  Mauly  ove  terminò  la 
conquista  per  la  troppo  forte  resistenza  dei  fieri  Purumancas.  Ju- 
panqui, dopo  di  avere  con  tale  conquista  guadagnata  all'imperio 
una  lunghezza  di  più  di  mille  leghe,  non  si  occupò  che  ad  in- 
grandire Cuzco  ,  fabbricando  templi  e  palagi  ,  e  a  render  fertili 
varie  provincie.  Morì  carico  d'  anni  e  di  gloria  }  e  narrasi  che 
lasciasse  più  di  dugento  cinquanta  figli  tra  legittimi  e  bastardi  , 
poiché  avea  avuto  mogli  in  ogni  provincia  dell'imperio. 

Tupac- Jupanqui. 

\j  undecimo  Inca  Tupac-Jupanqui  avea  giusta  rinomanza  di 
Principe  saggio  e  valoroso  quando  successe  a  suo  padre  Jupanqui. 
I  quattro  primi  anni  furono,  secondo  il  costume  degli  Inca  ,  da 
lui  impiegati  in  visitare  le  provincie  \  dopo  di  che  messo  insieme 
un  esercito  di  /jom.  uomini,  si  mosse  per  propagare  le  istituzioni 
e  le  leggi  dei  figliuoli  del  Sole.  Conquista  gli  Iluacrachucu  ,  i 
Chacapuyas  ed  il  paese  di  Huacapampu  ,  e  i  popoli  di  Cassa,  di 
Ayahuaca  e  di  Collua  ;  incivilisce  gli  Huanucu;  riduce  alla  sua 
ubbidienza  Palta  e  i  Canati:,  e  dopo  di  aver  innalzati  superbi 
palazzi  e  templi  in  Tumebaroba,  si  approssima  con  altre  conquiste 
a  Quilo  5  lascia  un  pieno  potere  al  figlio  Iluayna-Capac  onde  ter- 
minare l'impresa  del  regno  di  Quito  che  avea  con  prosperi  au- 
spizj  incominciata.  Questi  in  tre  anni  la  compie  felicemente,  ne 
rende  ricco  e  splendente  il  regno  ,  fa  erigpre  nella  capitale  un 
superbo  tempio  del  Sole,  ed  un  chiostro  delle  vergini  :  edifizj 
che  in  breve  poterono  gareggiare  con  quelli  di  Cuzco*  e  dopo 
altre  felici  imprese  ritorna  alla  patria  ,  solennemente  festeggiato 
dal  padre  e  da  tutta  la  corte.  Ma  l'Imperadore  toccava  il  fine  di 


DE»LI    ABITATORI    D«L  PBRTj'  l'$$ 

sua  mortai  carriera  :  chiamati  a  se  i  suoi  figli ,  i  quali  erano  du- 
geftto,  raccomandò  loro  i  popoli  soggetti,  ed  incaricò  il  successor 
suo  di  proseguire  le  conquiste  dei  paesi  barbari. 
Huayna-Capac  XII.  Inca. 

Huajaua-Gapac  salì  sul  trono  degli  Incili  fatto  già  l'idolo  di 
lulte  le  nazioni  soggette  all'  imperio.  Egli  avea  sposato  la  mag- 
giore delle  sue  sorelle  Pileuhuaco,  da  cui  non  ebbe  prole.  Suo 
padre  gli  diede  in  seconda  moglie  una  sorella  minore  ,  Rava-Oello, 
dichiarata  anch'essa  Regina,  e  di  grado  eguale  alla  prima  :  questa 
il  fece  padre  del  suo  primogenito  Huascar:  sposò  anche  in  forma 
legittima  Mama-Runtu  figliuola  del  primo  fratello  di  Tupac-Ju- 
panqui ,  da  cui  nacque  poi  Manco-Gapac,  ultimo  Imperadore  del 
Perù. 
Nascita  di  Huascar. 

Le  tradizioni  Peruviane  parlano  delle  feste  celebrate  in  Cuzco 
per  la  nascita  del  detto  primogenito,    come  di    cose  superiori  ad 
ogni  idea  di  grandezza  e  magnificenza. 
Famosa  catena  d?  oro. 

Fu  in  questa  occasione  che  l' Imperadore  fece  costruire  quella 
famosa  catena  d'oro  che  fu  l'oggetto  non  tanto  della  curiosila, 
quanto  della  disperazione  degli  avidi  conquistatori:  perciocché  die- 
tro la  fama  che  ne  correva  nel  Perù,  considerandosi  come  la  più 
preziosa  cosa  che  si  fosse  veduta  al  mondo,  mai  non  poterono 
giugnere  a  trovarne  traccia.  Alcuni  dissero  che  fosse  stata  pro- 
fondata nel  Iago  di  Titicaca.  Garcilasso  ci  racconta  il  motivo  della 
formazione  di  questa  catena.  Ogni  provincia  avea  un  suo  singoiar 
modo  di  ballo,  onde  gli  individui  di  una  distinguevansi  da  quelli 
delle  altre,  siccome  si  distinguevano  dal  modo  di  ornarsi  la  testa. 
Il  ballo  degli  lochi  era  grave  e  posato:  non  salti,  non  altri 
movimenti  vivaci  vedevansi  in  esso}  ed  usavano  singolarmente  di 
tenersi  gli  uni  gli  altri  per  mano}  e  di  tal  modo  congiungersi 
insieme  qualche  volta  in  più  di  trecento,  secondo  che  più  o  meno 
solenne  era  la  festa.  Ora  la  maniera  con  cui  i  danzatori  tenevansi 
per  le  mani,  fece  immaginare  ad  Huayna-Capac  la  grande  cateua 
a'oro  di  cui  parliamo,  parendo  a  lui,  che  il  ballo  sarebbe  riu- 
scito più  maestoso  se  si  fosse  ballato,  tenendola  ognuno  per  mano. 
La  fece  dunque  fare  e  di  tal  lunghezza  che  si  stendeva  da  un 
capo  all'altro  della  gran  piazza  di  Cuzco  ove  celcbravansi  le  feste 


l4o  COSTUME 

principali.  Giusta  il  computo  di  Garcilasso  dovea  esser  lunga  700 
piedi }  dicesi  che  ogni  suo  anello  era  grosso  come  un  pugno }  e 
che  dugento  uomini  de' più  robusti  stentavano  a  portarla.  Da  que- 
sta tanto  magnifica  cosa  venne  poi  al  Principe  primogenito  il  nome 
di  Huascar  colla  sola  giunta  dell'  ultima  lettera  ,  poiché  Huasca 
era  il  nome  con  cui  i  Peruviani  chiamavano  la  corda  o  catena. 
Nascita  d'>  Atabalipa. 

Un  anno  dopo  la  celebrazione  delle  feste  s'incamminò  verso 
Quito,  e  fu  in  quella  occasione  che  trasse  dal  chiostro  delle  ver- 
gini del  Sole  la  figlia  maggiore  dell'ultimo  Re  del  paese*,  dalla 
quale  ebbe  poi  Atabalipa  ed  alcuni  altri  figliuoli.  Indi  scendendo 
verso  la  costa  del  mar  Pacifico  conquistò  varie  provinole  :  poi 
levato  un  esercito  di  5om.  uomini  s'accinse  all' impresa  dell' isola 
di  Puna. 
Sottrazione  de^Punesi  e  dé'Chacapuya  al  dominio  di  Hua- 
yna-Capac. 

Era  sovrano  d'essa  un  Principe  chiamato  Tuaropalla,  indipen- 
dente, ricco  ed  orgoglioso,  il  quale  vedendo  di  non  poter  resi- 
stere alla  forza  dell' loca  risolvette  di  cedere  alle  circostanze  e  al 
tempo,  finché  venisse  poi  l'occasione  di  scuotere  il  giogo.  E 
di  fatto  intanto  che  Huajna-Gapac  si  occupava  per  istabilire 
tne' vicini  paesi  il  nuovo  ordine,  i  principali  di  Puna  credendo 
giunto  il  momento  di  dar  mano  all'opera  premeditata,  uccisero 
molti  de' suoi  e  ne  gittarono  i  cadaveri  in  mare,  tra' quali  trova- 
vansi  alcuni  Principi  del  sangue.  Afflittissimo  l'Inca  radunò  sul- 
l'istante il  suo  esercito,  soggiogò  que' perfidi  isolani,  e  rimpro- 
verati acremente  tutti  quelli  ch'ebbero  parte  in  questo  nero  tra» 
dimento  li  fece  morir  con  diversi  supplizi,  per  render  loro  degno 
guiderdone  dei  differenti  modi  co' quali  aveano  oppressi  i  Peru- 
viani. Frattanto  i  Ghacapayas ,  intesa  la  sollevazione  di  Puna  ,  si 
ribellarono  5  ma  udendo  i  rivoltosi  l'avvicinamento  dell'Inca  con 
forze  formidabili,  non  isperando  né  di  poter  resistere,  né  di  aver 
perdono,  abbandonarono  la  città,  lasciandovi  i  soli  vecchi  e  fan- 
ciulli ,  i  quali  colla  mediazione  di  una  matrigna  dell' Imperadore, 
ottennero  il  perdono.  Sottomise  poscia  i  popoli  di  Manta  ,  prese  a 
incivilire  molli  popoli  barbari  ,  e  a  punire  severamente  i  rivoltosi 
abitatori  di  Cananea.  Estinta  questa  ribellione  Tinca  investì  della 
sovranità  di  Quito  il  suo  figlio  Atabalipa    coli1  assenso  di  Huascar 


DIGLI    ABITATORI    DEL     PERÙ  l^ì 

suo  primogenito  ed  erede  nell'imperio,  e  terminò  i  suoi  giorni  in 
Quilo. 
Huascar  o  Atabalipa. 

Huascar  governò  per  Io  spazio  di  due  8nni  senza  dare  a  Ata- 
balipa veruna  molestia  nel  suo  regno  di  Quilo.  Della  discordia 
che  poi  insorse  fra  i  due  fratelli,  danno  alcuni  per  motivo  il  di- 
ritto di  Huascar  sopra  Quilo  ,  come  provincia  inseparabile  dal- 
l'imperio  degli  Inca.  Altri  ne  incolpano  l'ambizione  di  Atabalipa, 
che  voleva  estendere  il  suo  dominio.  Tutti  sono  di  parere  che 
Huascar  promise  di  confermar  la  cessione  fatta  da  suo  padre,  a 
condizione  che  Atabalipa  ,  come  feudatario  ,  gli  facesse  omaggio 
de' suoi  Stali  senza  cercare  di  estenderne  i  confini.  Acconsentì 
Atabalipa,  e  promise  di  andar  quanto  prima  con  tutti  i  Curaca 
e  signori  del  suo  regno  a  Cuzco  a  far  la  corte  al  fratello}  ma 
invece  levò  un  esercito,  fece  aperta  guerra,  vinse  Huascar  e  l'ebbe 
prigioniero,  al  momento  ch'egli  medesimo  era  preda  degli  Spa- 
gnuoli.  Così  fini  l'imperio  degli  Inca  ,  dopo  di  aver  durato  lo 
spazio  di  tredici  generazioni}  imperio  il  più  polente,  il  più  civile 
e  magnifico  di  tutta  l'America  meridionale.  Se  ciò  che  delle  azioni 
di  questi  Monarchi  abbiamo  brevemente  accennato,  ha  per  avven- 
tura destata  in  noi  meraviglia  ,  non  minore  desiar  ne  deve  ìa 
considerazione  de' begli  ordini  dell'imperio  Peruviano,  e  la  sin- 
golarità degli  sforzi  che  l'umano  ingegno  avea  fatto  in  quel  paese 
intorno  a  molte  arti  della  vita  civile. 
Governo. 

Noi  abbiamo  veduto  come  Manco-Capac  fondò  l'imperio  traen- 
do uomini  barbari  al  viver  civile.  I  benefici  effetti  del  suo  imperio, 
ben  più  forse  che  la  creduta  origine  sua  dovettero  contribuire  a 
rendere  lui  e  i  suoi  successori  assoluti  nel  reggimento,  ma  fon- 
dati tutti  sulla  legge  che  dicevasi  imposta  dal  Sole  a' suoi  figli  di 
fare  la  felicilà  degli  uomini.  Ma  nel  mentre  che  consideriamo 
come  assoluto  il  reggimento  dell'Ioca  ,  possiamo  in  certo  modo 
dirlo  eziandio  patrimoniale \  non  solo  perchè  la  corona  era  il  pa- 
trimonio della  dinastia  di  Manco-Capac ,  ma  più  precisamente 
perchè  i  membri  soli  della  medesima  aver  doveano  lutti  i  grandi 
otficj  dello  Stato.  Imperciocché  il  sacerdozio  ,  il  comando  degli 
eserciti,  il  governo  delle  provincie  venivano  esercitati  dai  soli  in- 
dividui della  famiglia  imperiale. 


l4^  COSTUME 

Consiglio  delV  Imperatore. 

L'Imperatore  avea  pel  reggimento    dello    Stato  un    consiglio 
composto  lutto  dei  Principi  del  suo  sangue  più  esperti  negli  affari, 
zìi,  fratelli,  cugini. 
Luogotenenti  o  vice-Re. 

Egli  avea  quattro  luogotenenti  o  vice-Re  nelle  quattro  grandi 
divisioni  dell1  imperio 5*  ed  erano  anch'essi  Principi  del  sangue,  ed 
ognuno  di  loro  avea  un  consiglio  composto  parimenti  d' lucili  \  e 
questo  consiglio  spartivasi  in  tre  divisioni  :  una  per  la  guerra  , 
una  per  la  giustizia,  l'altra  per  l'amministrazione  dei  beni.  Go- 
vernavano essi  nelle  loro  giurisdizioni  ,  ma  conformemente  alle 
leggi,  e  rendevano  conto  di  tutto  all'Imperatore  quando  questi 
andava  alla  visita  delle  provincie. 
Curachi  e  loro  privile gj '. 

Manco-Capac  elevò  a  distinto  grado  tra  i  popoli  da  lui  inci- 
viliti parecchi  individui  che  si  erano  accostati  a  lui  pei  primi,  e 
che  Io  aveano  ajutato  a  gettare  i  fondamenti  dell'imperio  }  né, 
se  bene  si  osserva,  non  poteva  egli  non  adottare  questa  misura: 
poiché  per  una  parte  incominciò  la  grande  opera  da  solo  ;  e  non 
potè  avpr  figli  atti  al  governo  che  alquanto  tardi  :,  dall'altra  par- 
te, se  tanto  gli  erano  utili  i  principali  delle  nazioni  che  si  sot- 
tomisero a  lui  ,  come  servito  avrebbe  a'  suoi  disegni  se  non  li 
avesse  conservati  nel  loro  grado?  Essi  erano  naturalmente  l'anello 
per  cui  univasi  il  popolo  a  lui.  Con  assai  poca  ragione  però  fu 
detto  da  alcuni  avere  egli  adottati  que9  capi  per  Incili.  Potè  invero 
dar  loro  alcun  distintivo  simile  ai  destinati  pe'suoi  figli  e  nipoti} 
potè  da  principio  ritenerli  negli  offioj  prinfttftj  del  regno,  fatti  poi 
proprj  dei  soli  Incili}  ma  pel  complesso  di  quanto  la  storia  rife- 
isr  ,  dobbiamo  credere  che  i  discendenti  loro  non  rimanessero 
poscia  che  nella  condizione  di  Curachi:  signori,  cioè,  godenti  sotto 
ia  supremazia  dell' Inca  regnante  di  quell'onorevole  ed  utile  pri- 
mato che  potevasi  attaccare  al  carattere  di  capo  di  una  più  o 
meno  grande  popolazione.  Questa  fu  la  politica  sua  :,  e  fu  pure 
quella  de' suoi  successori.  Gli  luchi  a  mano  a  mano  che  sotto- 
mettevano i  popoli  aff  nonavansi  i  capi  dei  medesimi,  e  li  con- 
servavano nel  loro  grado.  Però,  divenuti  membri  dello  Stato,  e 
seguitando  a  precedere  ai  loro  popoli  ,  non  erano  più  che  gli 
esecutori  delle  leggi  dell'  in) peradore  j  e  come  i  Governatori  delle 


Ì)£6LI    ABITATORI    DEL    FERI)'  ll\Ò 

provincie  erano  lochi,  da  questi  venivano  diretti  nella  loro  am- 
ministrazione. Formavano  dunque  i  Curachi  una  seconda  classe  di 
nobiltà  nell'imperio  dopo  quella  degli  Inchi ;  ed  era  la  condizione 
di  quest'ordine  tanto  stabile,  che  anche  nei  casi  che  un  Curaca 
violata  avesse  la  fede  dovuta  al  Sovrano,  era  egli  bensì  inevita- 
bilmente punito,  ma  la  sua  famiglia  non  perciò  veniva  mai  dagli 
Imperadori  privata  del  suo  grado,  e  della  primazia  di  cui  goduto 
aveano  i  suoi  maggiori. 
Terza  classe  di  nobiltà  Peruviana. 

Di  una  certa  distinta  considerazione  godevano  pure  in  pro- 
porzione gli  individui  appartenenti  alle  famiglie  de'Curachi  ;  e 
sono  forse  questi  quelli  che  formavano  un  terz' ordine  di  nobiltà, 
e  che  coprivano  poi  nell'amministrazione  pubblica  tulle  le  cariche 
non   riservate  agli   Inchi. 

Ecco  dunque  indicati  i  primi  gradi  della  politica  costituzione 
dell'  imperio  Peruviano.  Ma  per  conoscere  più  distintamente  gli 
altri,  gioverà  esporre  l'ordine  dell'amministrazione  stabilito  nel 
medesimo.  Gli  lochi  i  quali  avevano  uno  Stalo  popolassimo 
d'uomini  ,  differenti  d'indole,  di  carattere,  di  costumi,  di 
nazione  e  di  lingua  trovarono  il  modo  di  conoscere  ogni  indi- 
viduo. 

Singolare  ripartizione  del  popolo. 

Divisero  essi  primieramente  le  famiglie  a  dieci  per  dieci,  e 
diedero  a  ciascheduna  di  queste  decine  un  capo,  che  noi  diremmo 
decurione.  Posero  poi  ogni  cinquanta  di  queste  decine  sotto  un 
altro  capo  5  e  un  altro  istituirono  sopra  ogni  cento  \  indi  sopra 
ogni  cinquecento,  e  infine  sopra  ogni  mille.  Colla  quale  divisione 
vennero  a  raffermare  il  governo  in  tutte  le  operazioni  sue.  Im- 
perciocché i  capi  di  ogui  decina  di  famiglie  aveano  il  carico  di 
dar  conto  di  quanti  maschi  e  femmine  componessi  ciascheduna 
delle  medesime;  e  di  quanti  per  conseguenza  in  esse  entro  l'anno 
nascevano  e  morivano;  poi  della  condotta  d'ogni  individuo  della 
stessa,  e  dei  bisogni  ch'essa  avea,  e  quindi  dovea  sollecitare  per 
questi  gli  opportuni  soccorsi.  Per  tal  online  avveniva,  che  nissuna 
persona  e  nissun  fatto  rimanesse  ignorato  ;  e  che  a  tutto  fosse 
prontamente  provveduto,  imperciocché  senza  alcun  officiale  man- 
cato avesse  nelle  ispezioni  a  lui  affidate  ,  il  mancamento  suo  ri- 
levavasi  inevitabilmente  per  opera  o  dell'  inferiore  o  del  superior 


l44  COSTUME 

suo}  e  non  solo  l'abuso  di  autorità,  ma  la  negligenza  stessa    era 
senza   remissione  punita. 
Officiali  impiegati  nella  pubblica  amministrazione. 

Sono  qui  dunque  cinque  classi  di  pubblici  officiali ,  gli  uni 
subordinati  agli  altri.  Quelli  che  presiedevano  a  cento  decine  in- 
cominciavano ad  avere  un  grado  che  non  si  accordava  che  a  persone 
nobili.  Molto  più  importante  era  il  grado  di  quelli  che  presede- 
vano alle  cinquecento  e  alle  mille}  ed  era  per  mezzo  di  questi 
che  si  eseguivano  tutte  le  ordinazioni  le  quali  partendo  dall'Inca 
andavano  ai  vice-Rè}  da  questi  ai  Governatori  }  dai  Governatori 
aiCurachi}e  dai  Gurachi  finalmente  al  capitano  delle  mille  decine, 
che  le  mandava  ai  magistrati  inferiori.  Oltre  a  questa  serie  di 
magistrati,  alcuni  altri  ve  n'erano  istituiti  per  vegliare  sopra  tutti 
questi,  e  sugli  oggetti  della  pubblica  economia.  Finalmente  v'erano 
i  giudici  sì  civili  che  criminali}  e  1'  esercizio  della  giustizia  era 
separato  da  quello  dell'amministrazione. 
Tributi. 

All'ordine  pubblico  di  qualunque  Stato  appartengono  spezial- 
mente i  tributi}  ma  noi  c'inganneremmo  se  parlando  de'tributi  dei 
Peruviani  partissimo  dalle  idee  nostre:  laonde  per  ben  compren- 
derne la  natura,  uopo  è  premettere  quali  ordini  gli  Incili  avessero 
posti  intorno  al  possesso  delle  terre,  fondamento  di  tutta  la  eco- 
nomia di  ogni  popolo. 
I  Peruviani  non  avevano  terre  in  proprietà. 

Tutte  le  terre  eran  divise  dagli  lochi  in  tre  porzioni:  la  prima 
era  assegnata  al  Sole }  la  seconda  all'Inca}  la  terza  al  comune,  e 
questa  dovea  abbondantemente  bastare  pel  mantenimento  degli 
abitatori  d'ogni  condizione.  Tutti  gli  anni  il  comune  divideva  le 
sue  terre  ad  ogni  capo  di  famiglia  a  misura  de'  bisogni  della 
medesima. 
Le  coltivavano  in  comune. 

Non  conoscevasi  dunque  proprietà  individuale  di  terre  nel- 
l'imperio Peruviano:  ma  la  singolarità  di  questa  parte  di  civile 
economia  portava  un  pasticciar  ordine  nella  coltivazione}  imper- 
ciocché tutti  i  lavori  facevansi  in  comune}  e  v'erano  officiali 
pubblici  in  ogni  luogo,  che  sulP  imbrunir  della  sera  sonando  una 
tromba  raccoglievano  la  gente  per  annunziare  quali  fossero  i 
campi  che  all'indomani  si  doveano  lavorare.  I  primi  erano  sem- 


»i;t*LI    AIUTATORI    DEL    PKRn'  I  .  j  5 

pre  quelli  degli  ammalati,  delle  vedove  e  degli  orfani,  i  secondi 
que' de' soldati  od  altri  impiegati  assenti:  poscia  si  lavoravano  i 
eampi  di  ciascheduni  privato:  gli  ultimi  campi  a  lavorarsi  nel  co- 
mùne    erano  quelli  del  Curaca. 

Ordini  clic  in   ciò  sì  osservavano. 

La  legge  che  stabiliva  quest'  ordine ,  voleva  pure  che  le  terre 
dell'  Inca  e  del  Sole  si  lavorassero  per  le  ultime,  e  la  ragione  di 
ciò  era,  che  né.  Pitica  nò  il  Sole  potevano  essere  serviti  bene, 
quando  i  sudditi  uon  avessero  prima  ben  provveduto  ai  loro  bi- 
sogni. Ecco  dunque  il  primo  tributo  che  i  popoli  pagavano:  quello 
cioò  del  lavoro  delle  terre  dell'  luca  e  del  Sole.  Un  altro  tri- 
buto era  l'opera  che  si  richiedeva  ne' lavori  pubblici  di  strade, 
ponti  ,  edifizj  ec.  Un  altro  era  quello  della  fabbricazione  delle 
accette,  delle  mazze,  delle  lancio,  delle  freccie  e  degli  archi, 
delle  tele  e  stoffe,  delle  scarpe  e  degli  abiti  d'ogni  genere,  e 
d  ogni  lavoro  d'arte  che  gli  Iuchi  o  i  Governatori  o  i  Curachi 
richiedessero.  E  così  riguardavasi  come  tributo  il  servigio  militare, 
e  l'opera  di  certi  impiegati  in  officj  pubblici;  così  la  custodia 
delle  gregeie,  la  raccolta  dell'oro  e  d* altri  minerali,  Ja  ricerca 
degli  uccelli  di  belle  piume,  quella  delle  materie  per  dipingere  o 
tingere  ,   quella  d'  ogni  singolare  rarità. 

Persone   esenti  dal  tributo. 

Erano  dalla  legge  dichiarati  esenti  dal  tributo  i  Principi  del 
sangue,  i  sacerdoti,  i  ministri  e  le  vergini  del  Sole,  i  Generali 
dell'esercito,  i  capitani  ed  ulfiziali,  coi  loro  figli  e  nipoti;  i 
Curachi  con  tutta  la  loro  famiglia  ;  tutti  gli  impiegati  dell'  Impe- 
ratore fino  a  tanto  che  rimanessero  nell'esercizio  delle  loro  cari- 
che; tutti  i  soldati  nel  tempo  del  servizio  militare.;  i  giovani  non 
giunti  ancora  ai  venticinque  anni  ;  tutti  gli  uomini  che  passati 
avessero  i  cinquanta;  tutte  le  donne  e  tutte  le  persone  impoteuti, 
salvo  tra  questi  i  sordi  e  i  muti,  i  quali  dovevano  essere  impiegati 
in  cose  in  cui  non  fosse  bisogno  né  udire  né  parlare. 

Uso  die  V  Imperatore  faceva  delle  produzioni  delle  terre  sua 

e  del  Sole. 

Colle   produzioni   tratte    dalle  terre  del  Sole    provvedevasi    ai 

bisogni  de' templi,  delle  vergini    e    de' sacerdoti ,   mentre  erano  in 

esercizio  ,  e  del  resto  avevano  nel  loro  comune  1'  asseguameuto  di 

terre  come    ciascun    altro    suddito.  Colle  produzioni    tratte   dalle 

Cast.  Voi.  III.  deìV  America  io 


1^6  COSTUMI 

terre  dell'  luca  provvedevàsi  ai  bisogni  della  corte  e  dello  Stato. 
Quelle  poi  che  rimanevano  andavano  in  vantaggio  de' sudditi.  Im- 
perciocché ove  per  intemperie  di  stagioni  o  per  qualche  altro  caso 
nella  provincia  venisse  scarsezza,  sovvenivasi  alla  medesima  l'oc- 
corrente. Usavano  ancora  gli  Indù  di  provvedere  ad  una  provincia 
che  mancasse  di  certi  generi  con  quelli  che  un'  altra  pvoduceva 
copiosamente,*  così  che  le  cose  necessarie  alla  vita  per  tutto  1'  im- 
perio si  diffondevano  equabilmente  ,  commutandosi  per  tal  mezzo 
le  produzioni  dei  diversi  climi. 
Regali  che  riceveva  dai  Curachi  ec. 

Ma  dopo  aver  parlato  de' tributi  che  i  popoli  Peruviani  paga- 
vano allo  Stato ,  dobbiamo  dire  dei  doni  che  i  Curachi  ogni  anno 
mandavano  all'Imperatore  ;  di  quelli  che  recavano  in  persona  ogni 
due  anni  all'occasione  che  porta vansi  a  corte-  e  di  quelli  in  fine 
che  gli  offeriva  qualunque  de'  suoi  sudditi  che  volesse  presentarsi 
a  lui:  giacché  così  credevasi  richiedere  l'altissima  maestà  sua.  Era 
singolarmente  per  questo  mezzo  che  l'oro  e  l'argento  non  ser- 
vendo a  cambio  di  alcuna  cosa  ,  ne  veniva  agli  Iuchi  data  quella 
grande  quantità  ,  che  poi  Fu  la  sorgente  della  rovina  loro  e  dei 
loro  popoli.  Per  la  stessa  ragione  recavansi  loro  in  dono  e  le  più 
belle  e  rare  gemme,  e  le  più  fine,  e  i  più  bei  legni,  e  molte 
altre  squisite  cose,  che  nulla  valendo  nel  comune  uso  della  vita 
presso  un  popolo  che  non  conosceva  lusso  di  nessuna  maniera  , 
riputavasi  poter  valere  soltanto  per  l'uso  che  ne  Facesse  il  Mo- 
narca decorando  i  templi  del  Sole ,  i  chiostri  delle  vergini  e  i 
palazzi  imperiali. 
Leggi.  I  decurioni  devono  denunciare  ogni  trasgressione. 

L'esecuzione  delle  leggi  era  affidata  al  decurione:  egli  dovea 
denunziare  all' officiale  a  lui  immediatamente  superiore  qualunque 
persona  delle  dieci  famiglie  a  lui  date  in  cura  ,  la  quale  avesse 
commesso  qualche  fallo-  e  quell' ofliziale  mandava  l'accusato  al 
giudice ,  a  cui  per  la  natura  della  colpa  toccava  il  sentenziare. 
Le  pene  dei  Peruviani  erano  la  morte,  la  flagellazione  e  il  bando; 
e  dove  trattava  si  d'ingiuria  fatta  ad  altri  procedevasi  anche  senza 
querela  della  parte  offesa,  perciocché  il  primo  e  principale  offeso 
ripulavasi  giustamente  essere  lo  Stato,  a  cui  troppo  importava 
che  ognuno  godesse  tranquillamente  de' beni  della  vita.  Quantun- 
que  però    le    pene  de5  Peruviani  Fossero  severe ,   aveasi    una    certa 


DVA.hl   ABITATOTI!   X»EL    PERtl'  I  .{7 


discrezione  per  moderarle  In  alcuni  casi  dalla  slessa  legge  preve- 
duti. Cosi  mentre  ad  un  figlio  di  famiglia  l'età  sua  giovanile  non 
serviva  a  scusarne  la  culpa  ;  mire  nell'applicazione  del  gastigo 
aveasi  riguardo  alla  delicatezza  sua;  ma  nel  tempo  stesso  gasti- 
gavasi  il  padre  di  lui  con  estremo  rigore,  per  non  averlo  distolto 
di  buon'  ora  dalle  cattive  abitudini.  Il  giudice  era  obbligato  sotto 
pena  di  morte  ad  imporre  la  pena  ordinata  dalla  legge.  I  pro- 
cessi venivano  generalmente  senza  appellazione  e  senza  ritardo 
sentenziati  dal  giudice  d'ogni  città,  il  quale  faceva  eseguire  il 
decreto  suo  cinque  giorni  dopo  che  lo  avea  pronunciato.  Nelle 
cause  gravi  però  si  trasmetteva  1  affare  al  giudice  della  provincia, 
il  quale  decideva  definitivamente. 

JYissuno  era  esente  dalle  inflizioni  dette  pene. 

In  fatto  di  leggi  punitive  non  ci  era  condizione  che  salvasse 
dalle  medesime:  se  un  Inca  del  sangue  reale  avesse  commesso 
un  delitto,  sarebbe    stato  condannato  come  ogni  altro  Peruviano. 

Non  si  ammetteva  tra  le  pene  riè  multa  ne  confiscazione 
de'  bimi. 
Le  leggi  del  Perù  non  conoscevano  né  multa  uè  confiscazione. 
Stando  alla  costituzione  di  noi  esposta  ,  non  altra  proprietà  avea 
il  Peruviano  che  quella  di  cose  mobili  acquistatesi  colla  propria 
industria j  ma  anche  ciò  posto,  era  principio  adottato  dagli  Inchi, 
che  non  si  sbandiva  dallo  Stato  il  delitto  col  togliere  a' rei  i  beni, 
lasciando  loro  la  vilaj  che  anche  così  facendo  si  riterrebbe  il  vero 
mezzo  di  lasciar  loro  commettere  delitti  maggiori  ;  poiehè  la  mi- 
seria e  la  disperazione,  essi  dicevano,  sono  tristissimi  consiglieri. 

Tribunali  civili. 

Le  cause  civili  trattav«usi  al  pari  delle  cause  criminali  ,  in 
quanto  varj  erano  i  giudici  secondo  1  importanza  delle  medesime 
e  la  materia  su  cui  aggiravansi.  Ogni  città  avea  il  suo  tribunale; 
ma  egli  è  facile  concepire  che  uomini,  i  quali  non  aveauo  pro- 
prietà di  terre  ,  doveauo  ave^e  di  rado  motivi  di  liti.  Le  più  erano 
quelle  che  nascevano  tra  provincia  e  provincia  per  titolo  di  con- 
lini o  di  diritti  di  pascoli  e  d'  acque ,  e  per  queste  sussiòtev  ano 
tribunali  speziali. 

Religione  de1  Peruviani.  I  Peruviani  conoscevano  un  Dio  su- 
premo detto  Pachacamac. 
Il  primo  dogma  della  religione  de' Peruviani  era  l'esistenza  di 


rft 


l^S  COSTILE 

un  Ente  sommo,  animatore  del  mondo  ,  espresso  col  \ocabolo  di 
Pachacamac,  Dio  supremo.  Essi  non  ne  pronunciavano  mai  il  no- 
me   clic    rarissime  volte,   e  coi  segni    della  più  alta    venerazione. 
Stringcvansi    le    spalle  ,  abbassavano  la  testa  e  tutta    la    persona , 
alzavano    gli    occhi    al   cielo ,   e   tutto  a  un    tratto  li   chinavano    a 
terra  ;  indi  toccavansi   colle     mani   aperte  la  spalla     destra  e  man- 
davano baci   all'  aria.   Nel  paese  dei  Juncas  era  un   gran  santuario 
consacrato  a  questo  Dio  dal   cui   nome  preso  avea  il   suo  1'  ampia 
e  ricca  valle  nella  quale    quel  santuario  era  stato  innalzato.  Ivi  il 
culto  di  Pachacamac  era  assai  più  antico  della  fondazione  dell  im- 
perio degli  Inchi,  ma  certamente   corrotto  e  barbaro,  perciocché  si 
avevano  tradizioni  portanti  che  in  remoti  tempi  gli  si  offeriva  sangue 
umano.  Né  possiam  dire  che  gli  Inchi  si    mostrassero  devoti  di  Pa- 
chacamac    solamente  dacché    conquistarono    il    paese  dei  Juncas , 
ov' esso  avea  sì  rinomato  tempio:  egli  é  probabile  che  ne  avessero  e 
ne  conservassero  fino  dai  primi    loro  tempi  1'  idea    sublime  ,  por- 
tata seco  da  Manco-Capac  quando   venne  a  stabilirsi  in  Cuzco  ;  e 
che  egli  da  principio  ne  facesse  un  secreto  come  di  dottrina  poco 
facile  ad  afferrarsi    dai  popoli    che    cominciò  a  render    felici  :     ai 
quali  poteva  più  convenire  quanto  diede  loro  ad  intendere  riguardo 
al  Sole.  Non   dovette  dunque  essere    che    dopo  alcun   tempo    che 
gli  Inchi  diffusero    presso  i  loro    popoli  l'idea    dell'Ente  sommo 
additato  sotto  il  nome  di  Pachacamac  :  quando  cioè  conobbero  che 
dai  loro  sudditi  essa  poteva    sostenersi.   E  dovea  già  essere  tpiesta 
idea  rendula  generale  al  tempo  in  cui   uno  dei  più  grandi  fra  gli 
Inchi    filosofava  sulla  natura    del    Sole,  e  negavagli    vita,    senti- 
mento e  libertà  ,    non    che  la  potenza    divina    della    creazione    e 
conservazione    di    tutte  le  cose  (i).  Quindi  abbiamo  luogo  a  cre- 

(i)  Tale  era  l'opinione  di  Tupac-.Tupanqui  e  di  suo  figlio  Huayna- 
Capac  intorno  al  Sole.  Questi,  mentre  celebravasi  in  Cuzco  una  delie  gran- 
di solennità  consacrate  al  Sole,  prese  a  fissarvi  gli  occhi  per  qualche  tem- 
po, ciò  eh'  era  permesso  a  nissuuo  di  fare.  Meravigliato  di  ciò  il  sommo 
sacerdote,  ch'era  ai  fianchi  del  Re  gli  disse:  luca!  Non  sai  tu  che  fai 
cosa  vietata  ?  1*  Imperadore  abbassò  gli  occhi,  e  poi  li  fissò  di  bel  nuovo 
al  Sole  come  prima-  Allora  il  sommo  sacerdote  con  più  vivacità  soggiun- 
se: Guarda,  signore,  a  //nello  che  J  ai;  ti  avverto  per  tuo  bene:  percioc- 
ché dai  un  cattivo  esempio  alla  tua  corte  .  Huayna-Capac  ,  senza  punto 
cornino  versi  gli  rispose.  Due  cose  sole  ho  a  domandarti  per  rispondei  e  al 
tuo  avvertimento.   Dimmi;  Essendo  Ile  come  sono,  potrebbe  alcuno  dei  miei 


DEGLI  ABITATORI    PEL    PEr.u'  I  4q 

dere  che  nella  religione  degli  lochi  il  Sole  non  fosse  in  sostanza 
più  che  il  simbolo  del  Dio  supremo.  Però  se  questa  fa  l'idea  di 
IVI  anco- Capa  e,  siccome  Gareilasso  mostra  di  credere ,  dobblam  di- 
re, che  egli  la  espresse  con  molta  ambiguità:  imperciocché  mal 
s'  accorda  insieme  il  dire  che  Pachacamac  fatto  avesse  del  Sole 
uno  slromento  della  benefica  sua  volontà  verso  gli  uomini,  e  che 
il  Sole  non  avesse  padre  o  creatore. 
L'  oggetto  sensibile  del  cullo  dei  Peruviani  era  il  Sole. 

Checché  sia  di  ciò,  l'oggetto  sensibile  e  diretto  del  culto  dei 
Peruviani  era  il  Sole:  o  lo  credessero  in  generale  una  potenza 
vivente  ,  o  il  tenessero  come  il  simbolo  del  Dio  supremo  ed  in- 
cognito ;  e  forse  era  questa  la  fede  degli  Inchi;  l'altra  della  mol- 
titudine. Quello  poi  che  è  fuor  d'ogni  dubbio  si  è,  che  nò  gli 
Inchi,  nò  la  moltitudine  de'Peruviani  divisero  mai  con  altr' og- 
getto il  loro  culto.  E  gravemente  errarono  gli  Spagnuoli  sopra 
apparenze,  quando  dissero  che  il  tuono,  il  lampo,  il  fulmine 
erano  dai  Peruviani  riguardati  come  Enti  divini,  poiché  essi  non 
consideravano  tali  oggetti  che  come  esecutori  della  giustizia  del 
Sole;  onde  aveano  la  caduta  del  fulmine  per  testimonio  manifesto 
della  collera  del  cielo  ;  e  riguardavano  come  esecrati  e  maledetti 
i  luoghi  dal  medesimo  percossi. 

Oggetto  di  culto  religioso  non  era  tampoco  la  Luna  ,  tuttoché 
la  dicessero  sorella  e  moglie  del  Sole:  onde  la  medesima  non 
ebbe  mai  nel  Perù  né  sacrifizj  ,  né  templi.  E  se  per  essa  i  Pe- 
ruviani mostrarono  venerazione,  ciò  fu  per  l'attinenza  che  avea 
al  Sole  in  virtù  dei  due  titoli  esposti.  Quindi,  siccome  eglino  cre- 
devano che  quando  il  Sole    si    ecclissava  ,    esso  fosse    contra    dei 

sudditi  spingere  la  temerità  a  segno  di  obbligarmi  ad  abbandonare  per 
piacer  suo  il  mio  trono!  potrebbe  egli  farmi  intraprendere  un  viaggio  cor- 
rendo sempre?  Certo,  rispose  il  Pontefice,  che  tal  uomo  sarebbe  pazzo.  — . 
Ma,  prosegui  1'  Inca;  Ci  sarebbe  uno  tra  i  miei  vassalli  ricco  e  possente 
tanto  di  avere  V ardimento  di  noie  ubbidirmi  se  gli  comandassi  d'  andare 
di  corsa  sino  al  Chili  ?  -  E  mauifesto,  soggiunse  il  sacerdote  ,  che  se  tu 
l'ordinassi  egli  ti  ubbidirebbe  sino  alla  morte-  -  .Se  così  è,  replicò  allora 
Huayna-Capac,  //  Sole,  che  è  il  nostro  padre  ,  deve  dovunque  dipendere 
da  un  Signore  più  potente  di  lui,  il  quale  gli  ordina  di  correre  senza 
mai  fermarsi:  perciocché  se  il  Sole  nostro  padre  ,  fosse  qui  abbasso  So- 
vrano di  lutto',  riposerebbesi  qualche  volta;  ma  egli  è  obbligato  di  fare 
diversamente. 


7  :>0  COSTUME 

medesimi  irritato  per  qualche  fallo  commesso j  così  pure  al  vedere 
un  ecclisse  di   Luna,  temevano  ch'essa  fosse  ammalata,  e  che  se 
venisse  a  morire    oltre  all'  oscurarsi  del   tutto    cadrebbe  dal  cielo 
mandando  lutto  il   mondo  a  soqquadro. 
Desolazione  dei  Peruviani  durante  V ecclisse  della  Luna. 

Per  la  qual  cosa  allorché  la  Luna  cominciava  ad  ecclissarsi 
facevano  i  Peruviani  un  rumore  terribile  colla  tromba  ,  coi  corni, 
coi  timballi,  coi  tamburini,  attaccavano  de9 cani  agli  alberi  ,  e  li 
battevano  spietatamente  per  farli  abbajarc  ',  sperando  che  la  Luna  , 
la  quale  ,  siccome  essi  credevano  ,  portava  parti  coi  a  r  affezione  a 
questi  animali,  avrebbe  pietà  delle  ioro  grida  ,  e  si  sveglerebbe 
dal  sopore  cagionatole  dalla  sua  malattia.  Essi  eccitavano  altresì  i 
fanciulli  e  le  giovanotte  ad  invocarla  colle  lagrime  agli  occhi  ,  a 
mandar  alte  grida,  chiamandola  MamaQuilla  ,  cioè  Madre-Luna, 
e  a  pregarla  di  non  morire  pel  timore  che  la  sua  morte  non  ca- 
gionasse la  mina  universale.  Gli  nomini  e  le  donne  rispondevano 
confusamente  a  queste  grida  ,  e  facevano  un  sì  strano  rumore  che 
non  è  facile  immaginarsene  uno  simile.  Yedi  la   Tavola     19. 

I  Peruviani,  siccome  abbiam  già  veduto,  veneravano  ancora 
i  loro  Inchi  per  esser  figli  del  Sole;  gli  atti  con  cui  tale  vene- 
razione esprimevano  ,  erano  una  spezie  di  adorazione  ;  gli  usavano 
verso  loro  e  Gnchè  erano  vivi ,  e  anche  morti  che  fossero  ;  ma  non 
li  confusero  mai  col  loro  culto  religioso. 

Non  conoscevano  giuramento. 

II  giuramento  ,  che  prèsso  tutti  i  popoli  è  considerato  come 
un  atto  di  religione  ,  por  un  principio  appunto  di  religione  non 
era  ammesso  dai  Permiani.  Ma  essi  aveano  in  orrore  la  menzo- 
gna; e  interrogati  dicevano  subito  la  verità  senza  aver  bisogno  di 
far  intervenire  in  conferma  delle  loro  deposizioni  la  maestà  di' 
vina. 

Che  anta  ammettessero  dopo  la  morte. 

I  Peruviani  tutti  tenevano  l'an'una  immortale:  dicevano  esserci 
tre  mondi  ;  uno  nel  cielo,  uno  qui  basso,  uno  nel  centro  della 
terra  ,  e  questo  dover  essere  Y  abitazione  degli  uomini  perversi  :  i 
buoni  facevanli  andare  in  cielo,  ove  menavasi  una  vita  tranquilla, 
e  libera  affatto  dalle  inquietudini  di  questa,  che  riguardavano 
come  una  serie  continua  di  affanni  e  di  dolori.  Quel  seppellirsi 
col  defunto  le  donne  sue  più   care  e  i  più  affezionati  suoi  dome- 


DEGLI   ABITATORI    DEL    PERu'  l5l 

stici,  come  usavasi  in  varj  luoghi  del  Perù  ne' funerali  dei  signori 
e  in  quelli  degli  Incili,  il  vedersi  le  donne  impiccarsi  colle  pro- 
prie mani  perchè  gli  Spagnuoli  non  permettevano  che  si  sotter- 
rasser  vive  ,  provano  la  credenza  che  i  Peruviani  aveauo  di  con- 
tinuare a  vivere,  in  qualunque  modo  ciò  fosse:  poiché  quelle  donne 
e  que'  domestici  intendevano  d'andare  a  servire  nell'altro  mondo 
il  loro  signore.  Ed  era  appunto  per  questo  motivo  che  coi  cada- 
veri seppelliva  usi  tutti  i  più  preziosi  utensili,  abiti,  ornamenti,  che 
servito  aveano  alle  loro  persone  mentre  erano  vivi.  Nella  idea  però 
che  i  Peruviani  aveano  dell'altra  vita  erano  ben  lontani  dal  rav- 
visarvi i  piaceri  che  in  questa  sembrano  più  apprezzati,  e  comun- 
que supponessero  l'altra  vita  propria  dell'anima,  non  la  ritene- 
vano meno  corporale  di  questa.  Pare  poi  che  credessero  ad  una 
risurrezione  universale ,  sebbene  non  ci  sia  noto  come  e  quando 
supponessero  dovere  ciò  avvenire.  In  somma  tutto  quanto  ne  sap- 
piamo non  basta  a  darci  una  chiara  ed  esatta  idea  delle  loro 
opinioni  rispetto  a  questa  risurrezione.  Quindi  parleremo  piuttosto 
dello  splendore  de'  loro  templi  e  della  magnificenza  delle  loro 
feste. 
Templi. 

Nìuna  nazione  può  vantare  tanta  profusione  di  ricchezze  nei 
templi  quanta  ne  presentava  il  Perù  all'  epoca  della  sommissione 
agli  Spagnuoli.  Non  ve  n'era  uno  le  cui  muraglie  interne  non 
fossero  coperte  tutte  di  lastre  d'oro  e  d'argento,  e  quante  pietre 
preziose  aveano  i  popoli,  venivan  destinate  tutte  ad  adornare  i  pa- 
lazzi degli  Incili  e  i  templi  del  Sole.  Quello  di  Cuzco  era  stato 
eretto  con  tanta  profusione  di  ricchezze,  che  nel  cemento  usato 
per  connettere  le  pietre  vedovasi ,  per  testimonianza  di  parecchi 
scrittori ,  misto  1'  oro  :  o  intendessero  i  Peruviani  con  ciò  di  ren- 
dere lo  stesso  cemento  maggiormente  tenue  ,  o  volessero  soltanto 
esprimere  con  tanta  prodigalità  il  desiderio  di  dare  alia  casa  del 
Sole  per  ogni  parte  la  magnificenza  che  potessero  procurare  mag- 
giore. Abbiamo  acceunato,  come  una  delle  prime  cure  degli  Iuchi 
conquistata  che  aveano  qualche  provincia,  fosse  quella  di  erigervi 
un  tempio  :  abbiamo  detto  inoltre  che  in  ogni  provincia  un  terzo 
delle  terre  era  consacrato  ai  bisogni  del  culto  ;  che  i  privati  vi 
portavano  in  offerta  quanto  mai  potevano;  e  che  l'oro  e  l'argento 
che  non  si  pagava  in  tributo ,  finiva  tutto  in  omaggio  spontaneo 
all'  luca  e  al  Sole. 


i  :>a  costom: 

Ten,pio  dì  Cuzcq. 

Fra  lulti  i  templi  però  quello  clie  sorpassò  gli  altri  in  ric- 
chezze si  fu  il  tempio  di  Cuzeo.  «  Siccome  le  bellezze  di  questa 
casa,  dice  Garci  lasso  ,  superano  l'umana  credenza,  io  non  ardirei 
riferirle,  se  gli  Spagnuoli  che  hanno  scritta  la  storia  del  Perù  non 
convenissero  con  me:  ma  né  quello  ch'essi  hanno  detto,  né  quanto 
io  potrei  aggiugnere ,  non  è  capace  di  esprimere  esattamente  ciò 
che  ne  è  in  realtà.  Si  attribuisce  la  gloria  di  questo  edilizio  all'In- 
ca  Jupanqui,  non  per  esserne  stato  il  fondatore,  poiché  fu  costretto 
dal  primo  Inca ,  ma  per  averlo  rcuduto  tanto  ricco  e  magnifico 
quale  lo  trovarono  gli  Spagnuoli  al  momento  della  loro  invasione. 

Descrizione  del  medesimo. 

Ora  per  venire  alla  descrizione  del  tempio  del  Sole  che  tro- 
vavasi  ove  oggi  sta  la  chiesa  di  S.  Domenico ,  io  non  ne  descri- 
■verò  la  grandezza  e  la  larghezza  per  non  sapere  indicarle  con 
precisione  e  passerò  alle  altre  particolarità.  Il  suo  grande  altare 
(appelliamolo  così  per  farci  intendere,  benché  gl'Indiani  non  sa- 
pessero ciò  che  fosse  altare  )  era  a  levante,  ed  il  tetto  era  di  le- 
gno, coperto  di  stoppia,  perchè  essi  non  usavano  tegole:  le  quattro 
muraglie  del  tempio  erano  tutte  coperte  di  piastra  d' oro  :  sul 
grande  altare  vedevasi  la  figura  del  Sole  tutta  d'  oro  massiccio  : 
questa  figura,  di  un  pezzo  solo  aveva  la  faccia  rotonda  circondata 
di  raggi  e  di  fiamme,  ed  era  sì  grande  che  si  estendeva  quasi 
dall'una  all'altra  muraglia  (1). 

Tempio  del  Sole. 

Ai  due  lati  dell'immagine  del  Sole  stavano  i  corpi  dei  loro 
Re  defunti,  tutti  posti  per  ordine  di  anzianità,  ed  imbalsamati  in 
guisa  che  parevano  ancor  vivi.  Essi  eran  collocati  sopra  troni  di 
oro,  innalzali  sopra  piastre  dello  stesso  metallo ,  ed  avevano  la 
faccia  rivolta  verso  il  fonde  del  tempio:  ma  Huayna-Capac,  il  più 
caro   de'  figliuoli  del  Sole ,    avea  il  vantaggio    particolare  a  prefe- 

(i)  Quando  gli  Spagnuoli  cutrarono  in  Cuzco,  questa  figura  del  Sole 
toccò  in  sorte  a  Manèco  Serra  da  Lèquicano,  gentiluomo  Casigliano,  che 
era  uno  de'  primi  della  spedizione  ;  e  siccome  questo  gentiluomo  amava 
passionai  irniente  il  giuoco  ,  e  che  tale  figura  per  esser  troppo  grande  ,  gli 
era  d'  imbarazzo  ,  ei  la  giuoco  e  la  perdette  iu  una  notte;  ciò  che  diede 
luogo  a  quel  proverbio  riferito  dal  P.  Àcosta:  Ei  giuoca  il  Sole  prima 
che  sia  giorno. 


DEGÙ    ABITATORI    DEL    PERÙ'  I  53 

ronza  degli  altri  di  essere  diretlamente  esposto  alla  figura  di  que- 
st'astro, perchè  egli  avea  meritato  d'essere  adorato  mentre  era  an- 
cora in  vita ,  per  le  sue  eminenti  virtù,  e  per  le  sue  qualità  vera- 
mente degne  di  un  gran  Re.  Questo  tempio  avea  moke  porte,  ed 
eran  tutte  coperte  di  lastre  d'  oro  :  la  principale  era  rivolta  a  set- 
tentrione ;  siccome  la  è  anche  al  presente;  tutto  intorno  alle  mura 
del  tempio  era  una  piastra  d' oro  larga  più  di  un' auna  in  forma 
di  corona  o  di  ghirlanda.  Un'egual  fascia  di  fino  oro  coronava  la 
muraglia  del  chiostro  a  quattro  faccie  posto  a  lato  del  tempio. 
Tempio  della   Luna. 

Vi  avea  intorno  al  chiostro  cinque  grandi  padiglioni  quadrati, 
e  coperti  in  forma  di  piramide:  il  primo  era  consacrato  alla  Luna, 
moglie  del  Sole,  e  questo  era  il  più  vicino  al  gran  tempio:  le  sue 
porte  ed  il  suo  ricinto  eran  coperti  di  piastre  d'argento,  affinchè 
dal  bianco  colore  si  conoscesse  eh'  esso  era  dedicato  alla  Luna,  la 
cui  figura  era  rappresentata,  siccome  quella  del  Sole ,  colla  diffe- 
renza però  che  questa  era  su  di  una  piastra  d' argento ,  ed  avea 
la  faccia  di  una  donna.  Ai  due  lati  di  questa  figura  si  vedevano 
i  corpi  delle  defunte  Regine  collocate  in  ordine  di  anzianità. 
Mama-Oello,  madre  di  Huayna-Capac ,  avea  la  faccia  rivolta  alla 
Luna;  distinzione  accordata  a  questa  sola,  perchè  era  stata  madre 
di  un  sì  degno  figliuolo.  1  Peruviani  vi  si  recavano  a  fare  i  loro 
voti  ,  e  qual  madre  dei  loro  Incili  l' appellavano  Marna-Quii  la, 
Madre-Luna  ,  ma  non  le  offrivano  sacrifizj  come  al  Sole. 
Delle  Stelle. 

Al  tempio  della  Luna  trovavasi  vicino  quello  dell'  astro  di  Ve- 
nere e  delle  Pleiadi  e  di  tutte  le  altre  stelle  in  genei-ale,  poiché 
credevano  i  Peruviani  che  tutte  le  stelle  fossero  destinate  al  ser- 
vizio della  Luna  e  non  del  Sole,  perchè  si  veggono  soltanto  di 
notte.  Il  suo  padiglione  e  la  sua  gran  porta  erano  coperti  di  pia- 
stre d'  argento  ,  e  sembrava  che  il  suo  tetto  piramidale  rappre- 
sentasse un  cielo  perchè  era  seminato  di  stelle  di  varie  gran- 
dezze. 
Del  Fulmine. 

Il  terzo  padiglione  in  vicinanza  di  quest'ultimo  era  consacrato 
al  lampo,  al  tuono,  al  fulmine  ^  le  quali  cose  appellate  Yllapa 
dagli  Indiani  venivano  considerate  quai  ministri  del  Sole,  ed  il 
loro  tempio  era  tutto  coperto  d' oro. 


1 54  COSTUME 

Dell'Iride. 

Essi  consacrarono  all'Iride  il  quarto  padiglione,  perchè  pro- 
cedeva dal  Sole;  la  chiamavano  Cardia  e  l'avevano  in  grande 
venerazione.  Anche  tal  tempio  era  coperto  d"  oro  ,  e  sulle  piastre 
vedevasi  l'Iride  rappresentata  al  naturale  con  tutti  suoi  colori,  e 
la  figura  n'  era  sì  grande  che  si  estendeva  dall'una  all'altra  mura- 
glia. Quando  i  Peruviani  la  vedevano  comparire,  si  chiudevan 
tosto  la  bocca  colla  mano,  poiché  s'immaginavano  che  se  l'aves- 
sero aperta  un  tantino,  i  loro  denti  si  sarebbero  tosto  guastati. 
Tempio  de'  sacerdoti 

Il  quinto  ed  ultimo  padiglione  era  quello  del  Gran  Sacrifica- 
tore e  degli  altri  sacerdoti  che  assistevano  al  tempio  e  che  doveau 
esser  tutti  del  sangue  reale  degli  Inchi.  Esso  era  ricco  d' oro 
dalla  sommità  fino  ai  piedi  ;  non  era  destinato  uè  al  pranzo 
né  al  sonno  ,  ma  soltanto  alla  pubblica  udienza  ,  ed  alle  delibe- 
razioni sui  sacritizj  da  eseguirsi ,  e  soprattutto  al  servizio  del 
tempio. 

Noi  non  abbiamo  trovato  fra  le  tavole  che  sogliono  illustrare 
la  storia  del  Perù  un  disegno  del  tempio  del  Sole  che  ce  lo  rap- 
presentasse con  qualche  esattezza.  Quello  che  trovasi  nella  storia 
degli  Inchi  di  Garcilasso  ,  inciso  da  B.  Picart  (i)  e  replicato  più 
volte  in  altre  relazioni ,  non  corrisponde  alla  descrizione  che  lo 
stesso  scrittore  uè  fece,  e  che  noi  vi  abbiamo  data  seguendo  quan- 
to egli  ci  riferì  a  tale  proposito.  Né  gli  avanzi  di  un  antico  tem- 
pio della  città  di  Cayambe  rappresentati  nella  tavola  17  del  \  iag- 
gio  al  Perù  di  De-Ulloa  (2)  possono  bastare  a  darci  un'esatta  idea 
della  costruzione  di  sì  fatti  edifizj,  non  scorgendovisi  che  semplici 
mura  di  mattoni,  di  figura  rotonda  ,  alte  cinque  o  sei  aune,  grosse 
circa  cinque  piedi,  di  circa  60  amie  di  circonferenza,  con  una 
picciola  porta  ,  e  senza  alcuna  interna  separazione.  Né  anche  nel- 
l' Atlante  della  grand' opera  di  De-Humboldt  abbiamo  trovato  al- 
cun disegno  che  ci  rappresenti  1'  architettura  de'  templi  Peruviani. 
Ei  non  ci  lasciò  in  disegno  che  la  veduta  della  Roccia  d'Inti- 
Guaicu,  sulla  quale  veggonsi  scolpiti  alcuni  segni  che  ci  dino- 
tano l'immagine  del  Sole:  ecconc  la  descrizione  eh' ei  ce  ne 
lasciò. 

(1)  Historie  des  Iucas  etc.   Amsterdam,  i"^~,  Tom.    I.   p.ig.    166. 

(2)  Voyàge  HiSluiii-iue  tic-  AinstcrJam,   1  7  5 12,  Tom.  I.  pug.  3{?6 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PERI)'  1  55 

ce  Nel  discendere  dalla  collina,  la  cui  sommità  è  coronata  dalla 
fortezza  del  Cannar,  in  una  valle  scavata  dal  fiume  Gulare,  incon- 
tratisi piccioli  sentieri  aperti  nella  roccia:  questi  sentieri  conducono 
ad  una  spaccatura  che  in  lingua  Quichua  vicn  chiamata  Inti-Guaicu 
od  il  burrone  del  Sola.  In  questo  luogo  solitario,  ombreggiato  da  una 
lussureggiante  vegetazione,  s'innalza  un  masso  isolato  di  pietra 
Ligia  ,  alto  dai  quattro  ai  cinque  metri.  Vedi  la  Tavola  20.  Uno 
dei  lati  di  questa  picciola  roccia  è  rimarcabile  per  la  sua  bian- 
chezza :  esso  è  tagliato  perpendicolarmente ,  come  se  fosse  stato 
lavorato  dalla  mano  dell'  uomo.  Sopra  un  tal  fondo  liscio  e  bianco 
veggonsi  de'  cerchi  concentrici  che  rappresentano  l' immagine  del 
Sole  ,  siccome  sul  principiar  dell'  incivilimento  venne  figurato  da 
tutti  i  popoli  della  terra;  i  cerchi  sono  di  un  bruno  nericcio: 
nello  spazio  che  rinchiudono  si  ravvisano  alcune  linee  mezzo  scan- 
cellate che  indicano  due  occhi  ed  una  bocca.  La  base  della  roccia 
è  formata  a  gradini,  che  guidano  ad  un  sedile  scolpito  nella  stessa 
pietra  ,  e  collocato  in  guisa  che  da  un  buco  si  può  contemplare 
T  immagine  del  Sole. 

GÌ'  indigeni  raccontano  che  quando  1'  Inca  Tupayupanqui  si 
avanzò  col  suo  esercito  per  conquistare  il  regno  di  Quito,  gover- 
nato in  allora  dal  Conchocando  di  Lican ,  i  sacerdoti  scopersero 
sulla  pietra  l'immagine  della  Divinità,  il  culto  della  quale  dovea 
essere  introdotto  fra  i  popoli  conquistati.  Gli  abitatori  di  Cuzco 
credettero  di  scorgere  in  ogni  dove  la  figura  del  Sole  ,  siccome 
alcuni  Cristiani  sotto  tutte  le  zone,  hanno  veduto  dipinte  sulle 
roccie ,  o  croci  o  traccie  del  piede  dell'  apostolo  S.  Tommaso.  Il 
Principe  ed  i  soldati  Peruviaui  riguardarono  la  scoperta  della 
pietra  d* Inti-Guaicu  come  un  felicissimo  presagio:  essa  contri- 
buì senza  dubbio  ad  indurre  gli  luca  a  costruirsi  un'  abitazione 
nel  Cannar. 
Sacrijizj  ed  offerte. 

La  terra  dominata  dagli  Inchi  non  poteva  essere  profanata 
con  sacrifizj  di  umano  sangue  's  ma  si  consacravano  al  Sole  ani- 
mali domestici ,  agnelli ,  montoni ,  pecore  sterili ,  che  riputavansi 
le  vittime  più  gradite,  e  così  conigli  allevati  in  casa  ,  ed  ogni 
specie  di  uccelli  buoni  a  mangiarsi.  Si  consacravano  pure  al  Sole 
sevo  ,  droghe ,  legumi,  cuca  ed  i  più  fini  abiti.  Tutte  queste  cose 
abbruciavausi   per  ringraziamento  al  Sole  di  averle    concedute  ad 


1  56  COSTUME 

uso  dell'  uomo.  Gli  si  offeriva  anche  una  bevanda  fatta  con  acqua 
e  maiz.  Era  questo  un  rito  cui  i  Peruviani  permettevano  ogni 
volla  che  metlevansi  a  tavola.  Bagnavansi  essi  la  punta  del  dito 
nel  liquore  che  aveano  davanti ,  e  ne  spruzzavano  l'aria;  dopo  di 
che   giitavano  all'aria  stessa   due  o   tre  baci. 

I  luoghi ,  in  cui  si  eseguivano  i  sacrifizi  ,  erano  conformi  alla 
loro  solennità;  poiché  gli  uni  venivano  celebrati  in  certe  piazze, 
e  gli  altri  in  varj  luoghi  che  nella  casa  del  Sole  erano  destinati 
per  le  feste  particolari,  secondo  la  divozione  o  l'obbligazione  de- 
gli Inchi.  I  sacrifizi  generali  della  prinoipal  festa  del  Sole,  ap- 
pellata Rajini  eseguivansi  nella  gran  piazza  della  città  ;  e  gli  al- 
tri ,  che  non  er^no  sì  celebri ,  si  facevano  nelF  atrio  del  tempio  , 
ove  gli  abitatori  di  tutte  le  provincie  del  regno  solevano  danzare 
solennemente.  Era  necessario  in  quel  luogo  porsi  a  piedi  nudi , 
essendo  quello  il  limite  prescritto  per  scalzarsi  prima  di  entrare 
nel  tempio. 
Sacerdoti. 

In  ogni  tempio  del  Sole  erano  stabiliti  in  determinato  numero 
ministri  per  l'esercizio  delle  funzioni  necessarie.  Quelli  del  tem- 
pio di  Cuzco  erano  tutte  persone  della  schiatta  degli  Inchi  ;  e  '1 
sommo  Pontefice  era  sempre  o  zio  o  fratello  dell' Lnperadore,  od 
altro  dei  suoi  più  stretti  parenti.  Nei  templi  delle  provincie  il 
principale  personaggio  era  sempre  un  Inca  :  tutti  gli  altri  erano 
individui  della  famiglia  de'Curnchi  dominanti  in  que' luoghi: 
perciocché  come  gli  Inchi  aveano  voluto  attribuirsi  la  suprema 
direzione  di  tutte  le  cose  ,  della  subalterna  aveano  fatta  parte 
prudentemente  ai  Principi  dei  popoli  conquistati,  per  meglio  le- 
garli al  loro  imperio  e  cattivarseli. 
Vergini  del  Sole. 

Presso  ai  templi  più  ragguardevoli  era  il  chiostro  delle  vergini 
del  Sole.  In  Cuzco  e  in  altri  luoghi  primari  esse  erano  tutte  fi- 
gliuole dell' Inca:  altrove  erano  delle  famiglie  de'  Curachi  e  de'no- 
bili  della  provincia.  Distinguevansi  le  vergini  del  Sole  in  due 
classi:  alcune  di  esse  erano  consacrate  al  servigio  del  tempio  per 
tutta  la  loro  vita  ,  nò  ci  era  umana  forza  che  le  salvasse  dalla 
morte,  se  alcun  fallo  commettessero,  che  macchiasse  la  loro  castità: 
delitto  riputavasi  questo  si  grave  ,  che  oltre  la  morte  dei  due  col- 
pevoli ,  seppellendosi  viva    la    donna  ,  come  usavasi    colle  Vestali 


DEGLI    ABITATOMI    DEL   PEUu'  I  5 ^ 

Romane,  e  l'uomo  straziandosi  coi  più  crudeli  tormenti  venivano 
esterminate  le  famiglie  d'entrambi,  dannati  al  fuoco  padri,  ma- 
dri, sorelle,  e  fino  i  bambini  poppanti.  Il  luogo  stesso  ove  quelle 
famiglie  infelici  aveano  l'abitazione  loro  era  condannato  ad  una 
perpetua  solitudine  :  non  era  pili  permesso  né  edificarvi  sopra  ,  nò 
coltivarlo  in  alcuna  maniera.  Tale  ci  vien  riferita  la  legge  seve- 
rissima da  tutti  coloro  che  delle  cose  Peruviane  hanno  ragionato. 
Ma  nessuno  di  essi  ha  narrato  esservi  mai  stata  memoria  di  sì 
luttuoso  avvenimento;  e  noi  dubitiamo  assai  che  a  tauto  si  esten- 
desse la  pena;  poiché  oltre  al  potere  una  legge  sì  severa  piom- 
bare addosso  ai  figli  del  Sole,  schiatta  celeste,  avrebbe  colpito 
lo  stesso  Imperadore  ,  e  il  ramo  regnante,  se  il  fallo  fosse  stato 
commesso  da   una  sua  figlia. 

11  ricevimento  della  fanciulla  al  servigio  del  Sole  era  una 
funzione  solenne  che  in  Cuzco  facevasi  dal  gran  sacerdote  ;  e  al- 
trove dall' Inca  che  presedeva  al  tempio  e  al  chiostro.  Non  sap- 
piamo se  quelle  che  si  consacravano  ad  ima  verginità  perpetua  vi 
fossero  destinate  da' genitori  ,  né  in  quale  età;  o  se  scegliessero 
elleno  stesse  una  tale  condizione.  Nissuna  cosa  abbiamo  dalla 
storia  che  accusi  i  Peruviani  di  fanatismo  religioso:  che  tale  non 
può  dirsi  lo  spirito  delle  donne  e  dei  domestici  amati  dai  loro 
signori ,  che  alla  morte  di  questi  sacrificavano  spontaneamente 
la  loro  vita  per  andarli  a  servire  uell'  altro  mondo.  Non  avendo 
dunque  fondamento  per  credere  che  cieco  fanatismo  sacrificasse 
contra  il  voto  della  natura  donzelle  delle  primarie  classi  dell'im- 
perio ,  incliniamo  a  pensare  ,  che  non  si  votassero  al  Sole  se  non 
quelle  giunte  in  eia  in  cui  gli  uomini  non  potessero  più  ricer- 
carle. Così  facilmente  si  vede  come  venissero  distinte  in  due  clas- 
si, e  come  vi  fossero  quelle  che  passavano  al  servizio  dell' Inca 
per  dargli  de'  figli.  E  in  tale  supposizione,  che  altro  di  meglio  po- 
tevano far  quelle  che  l' luca  avea  lasciate  nel  chiostro  ,  che  dedi- 
earvisi  pel  rimanente  della  vita,  servendo  intinto  d'  istitutrici  delle 
giovanelte  sopravvegueuti  ?  Le  atroci  pene  comminate,  senza  molta 
probabilità  d'avere  a  conlaminare  il  cuore  dei  buoni  Peruviani, 
potevano  ottimamente  servire  a  dar  risalto  al  carattere  di  quelle 
vergini  venerande. 
Occupazioni  delie  vergini. 

Quelle  vergini  dell'  una  e  dell'  altra  classe  occupavansi  conti- 


lOO  COSTUME 

imamente  ne'  più  squisiti  lavori  di  filatura ,  di  tessitura  e  di  ri- 
camo. I  più  bei  vestiti  che  ornar  potessero  l' luca  regnante,  la 
Cova,  il  gran  sacerdote,  i  Principi  della  famiglia  imperiale,  erano 
opera  delle  loro  mani  (i).  Esse  inoltre  facevano  il  pane  sacro 
appellato  Cancu  ,  e  la  bevanda  di  maiz  chiamata  Aca  che  do- 
vevano servire  nelle  feste  solenni,  e  tutte  le  altre  vivande  che  in 
quelle  occasioni  dispensavano  a  nome  del  Sole  ,  che  si  diceva 
convitare  i  suoi  figli.  Esse  cantavano  gli  inni  ,  ballavano  nei  cori 
del  tempio  e  custodivano ,  per  quanto  si  riferisce  da  alcuni ,  il 
fuoco    perpetuo  come  le  Vestali  di  Roma. 

Feste  annuali. 

Quattro  erano  le  grandi  feste  che  entro  1'  anno  celebravansi 
ad  onore  del  Sole.  La  più  solenne  era  quella  del  solstizio  borea- 
le ,  quando  il  Sole ,  toccato  già  il  punto  più  lontano  del  Perù  , 
movea  a  recargli  ogni  dì  crescendo  la  luce  e  il  calore,  che  in- 
fondevano nuova  vita  a  tutta  la  natura.  I  Curachi  e  i  gran  signori 
delle  provincie  portavansi  a  Cuzco  per  fare  la  loro  corte  all'  Ini- 
peradore  ,  che  in  quell'  occasione  spiegava  tutta  la  pompa  e  tutta 
la  sua  magnificenza  e   maestà. 

La  gran  festa  detta  Raymi. 

I  gran  signori  e  Curachi ,  che  non  potevano  intervenirvi  in 
persona  o  per  vecchiezza    o    per  malattia,  mandavano  i  loro  figli 

(i)  Esse  si  occupavano  nel  fare  i  Llaata ,  cui  gli  lucili,  siccome  ab- 
biamo già  acceunato,  portavano  onliuariamen te  intorno  alla  testa  :  questi 
erano  larghi  un  pollice,  e  di  forma  quasi  quadra,  e  lunghi  bastantemente 
per  girare  quattro  o  cinque  volte  intorno  al  capo.  Facevano  le  camiciuole 
dette  Uiictt  che  giugne\auo  fino  alle  ginocchia  ,  certa  spezie  di  casacche 
appellate  Yacolia ,  che  serviva  agli  lucili  ti  manto,  e  per  gli  slessi  Iachi 
una  borsa  quadrala,  cadente  loro  da  un  fianco,  e  appesa  a  loggia  di 
ciarpa  ad  una  cordella  ben  lavorala  e  larga  due  dita.  Queste  borse  dette 
Cltuspa  non  servivano  che  a  coutenere  1  erba  caca,  cui  gli  Iudiani  po- 
scia masticarono  ,  ma  che  in  allora  non  era  tanto  comune  come  al  pre- 
sente ;  poiché  non  era  permesso  che  al  solo  loca  di  mangiarne,  o  tutt'al 
più  ad  alcuui  suoi  parenti  e  ad  alcuni  Curachi,  ai  quali  il  Re  ne  manda- 
la tutti  gli  anni  qualche  paniere  per  un  singolare  favore.  Esse  occupavano 
si  altresì  nel  comporre  certi  orletli  detti  Payca  ,  misti  di  giallo  e  di  rosso 
attaccati  ad  una  cordella  lunga  un'  auna  ,  cui  i  prossimi  parenti  degli  In- 
chi  portavano  intorno  alla  testa  ,  legaudone  le  due  estremità  alla  tempia 
destra. 

/ 


DEGLI  ABITATORI  DEL    PERu'  1  5f) 

e  fratelli  col  più  ragguardevoli  loro  parenti.  Questa  festa  chiama- 
vasi  il  Raynii.  I  Peruviani  vi  si  preparavano  con  un  rigoroso 
digiuno  di  tre  giorni,  ne' quali  non  prendevano  altro  alimento 
che  pochi  grani  di  maiz  crudo,  masticavano  qualche  pizzico  di 
cuca,  e  bevevano  acqua:  nissuno  in  quo' tre  giorni  toccava  donna, 
uè  si   accendeva  fuoco  in  alcuna  casa. 

La    festa    incominciava    un    po' prima   del  nascer    del    Sole;  e 
l' Imperadore    in    quel  giorno  faceva  le  funzioni    di   sommo  Pon- 
tefice,    quantunque    ci    fosse    sempre    un    luca    investito    di    tale 
carica. 
Magnifiche  vesti  de'  Cura-chi  e  loro    accompagnamento. 

Egli  partiva  dal  palazzo  accompagnato  da  tutti  i  suoi  parenti 
e  dai  Cura  chi  messi  in  bell'ordine  secoudo  i  gradi  e  l'età  loro. 
I  Curatili  erano  vestiti  magnificamente:  gli  uui  con  abiti  finis- 
simi, lucenti  per  ricami  e  pagliette  d'oro  e  d'argento,  e  con 
ghirlande  in  testa  di  que'  metalli;  gli  altri  coperti  d'ampie  pelli 
di  belve,  la  cui  testa  servava  loro  di  berretta,  volendo  con  ciò 
significare  d'avere  il  coraggio  della  belva  formidabile  da  cui  cre- 
devansi  discesi  :  altri  abbigliavansi  con  ali  del  terribil  condorlo. 
Ciascuno  di  essi  poi  avea  un  grande  accompagnamento  de'  suoi 
popolani ,  i  quali  vestiti  pomposamente  alla  foggia  di  loro  nazione 
portavano  chi  le  armi  da  guerra  ch'erano  loro  proprie,  chi  le 
singolari  produzioni  del  loro  paese  ,  clii  quadri  rappresentanti  le 
belle  azioni  dai  loro  Curachi  fatte  in  servigio  del  Soie  e  dell'im- 
perio. Gii  Iuchi  aveano  al  volto  certe  maschere  straordinarie  di 
figure  orribili  ;  e  al  suono  di  strumenti ,  mal  accordati  insieme  , 
tenendo  in  mano  pelli  lacerate  di  fiere  facevano  gesticolazioni ,  la 
significazione  delle  quali  si  è  perduta. 
Cerimonie  al  nascer  del  Sole. 

La  processione  recavasi  nella  gran  piazza  di  Cuzco,  chiamata 
ffaucaj pula  ,  o\e  a  piedi  nudi  aspettavasi  che  il  Sole  si  levasse, 
stando  tutti  cogli  occhi  fissi  al  sito  da  cui  dovea  apparire.  Nel 
memento  quindi  che  tutti  potevano  scorgerlo  ponevansi  in  ginoc- 
chio per  adorarlo;  poi  con  ambe  le  braccia  aperte  dinanzi  al  volto 
lauciavangli  in  aria  mille  b^ci ,  chiamandolo  loro  Dio  e  padre. 
L  imperadore  quindi  alzavasi  solo  in  piedi  ;  e  tenendo  nella  de- 
stra uu  grati  vaso,  colmo  della  bevanda  ordinaria  dai  paese,  come 
primogenito  del  Sole  lo  invitava  a  bere.   Credendosi  accolta  l'of- 


l6o  COSTI- HE 

fcrta,  versavasi  il  liquore  in  un  nappo  d'oro,  che  per  un  sottil 
tubo  unitovi  passava  fino  al  santuario.  Dopo  di  che  ,  supponendo 
uguale  invito  per  parte  del  Sole  medesimo  all' luca  e  agli  altri, 
Tinca,  in  altro  nappo  beveva  qualche  sorso,  e  ne  divideva  il  ri- 
manente a  tutti  i  Principi  del  sangue  in  picciole  tazzette  d'  oro  e 
d'argento,  che  portavano  seco  a  tale  effetto.  Eglino  consideravano 
quella  bevanda  come  santificata  dalla  mano  dell'  Imperadore  e  del 
Sole.  Ai  Curachi  si  dava  un'  altra  bevanda,  lulte  e  due  però  erano 
state  preparate  dalle  vergini  del  Sole. 
Offerte  al  Sole  dell'  Imperadore  e  dei   Curachi. 

Dopo  questa  cerimonia  andavano  lutti  al  tempio,  ed  ognuno, 
tranne  l' Imperadore  ,  si  scalzava  alla  distanza  di  dugento  passi 
dalla  porta  del  medesimo.  L'  Imperadore  e  gli  Incili  entravano 
dentro,  e  prostravansi  dinanzi  ali  immagine  del  Sole,  che  grandis- 
sima occupava  il  santuario  cou  lunghi  raggi  d'argento  e  d'oro 
frammisti,  e  luceutissimi  pel  brillare  delle  pietre  preziose  che  va- 
gamente vJ  erano  intarsiate.  I  Curachi  non  riputavansi  degni  di 
tanto  onore,  e  rimanevano  in  piazza.  L' Imperadore  là  entro  offe- 
riva il  vaso  con  cui  avea  fatto  il  primo  rito,-  e  gli  altri  conse- 
gnavano i  loro  ai  ministri  del  tempio.  Questi  poi  andavano  alla 
porta,  o  ricevevano  i  vasi  dei  Curachi,  i  quali  presentavansi  coll'or- 
dine  con  cui  le  loro  provincie  e  città  erano  venute  alla  divozione 
dell'imperio;  ed  insieme  a  quei  vasi  i  Curachi,  offrivano  piccioli 
animali  d'  oro  e  d'  argento  ,  secoudo  le  spezie  che  più  abbonda- 
vano nei  loro  paesi;  indi  ritornavano  sulla  piazza  ai  loro  posti. 
Sacrifizj. 

Intanto  comparivano  i  ministri  del  tempio  con  una  grande 
quantità  d'agnelli  e  di  pecore  di  vàrj  colori,  e  singolarmente  con 
un  agnello  di  color  nero  scelto  dalie  greggie  del  Sole,  che  prefe- 
rìvasi  pel  sacrifizio.  Da  questo  agnello  traevansi  i  presagi  sulla 
solennità  della  lesta:  dal  cuore  e  dai  polmoni  della  vittima  giu- 
dicandosi de  sentimenti  del  Sole.  Se  infausto  era  l'augurio  si  sa- 
crificava un  montone;  e  se  questo  annunziava  ancora  tristi  presa- 
gi, sacrificavasi  una  pecora  sterile:  ma  se  anche  questa  da"\a  fu- 
nesti auguri,  la  festa  celebravasi  non  ostante,  sebbeue  con  dolore; 
poiché  si  credeva  che  il  Sole  fosse  malcontento  di  loro,  e  volesse 
punirli  di  qualche  fallo.  In  seguito  ,  senza  fare  altre  osservazioni, 
immola>ansi    tutti    gli    agnelli,    tutti  i  montoni  e  tutte  le  pecore 


DEGLI    ABITATORI  DE.L  r-liliu'  iGl 

sterili  clic  s'erano   provvedute  in   proporzione  di  quar-li  erano  in- 
tervenuti olla  festa,  perchè  ognuno  dovea   partecipare  del  banclielto 
del  Sole.   Scannate   le  vittime,  scorticavansi  }  se    ne  abbruciavano 
il  cuore  e  il  sangue  in   olocausto  al  Sole. 
Il  fuoco  del  sacrifizio  traevasi  dai  raggi  del  Sole. 

Il  fuoco  del  sacrifizio  ti  aevasi  dai  raggi  stessi  del  Sole  ,  per 
mano  del  sommo  Pontefice,  che  a  tal  uopo  scrvivasi  di  un  vasel- 
tino  concavo  di  metallo  ,  della  forma  e  grandezza  di  un  meno 
arancio,  cui  egli  solea  portare  con  catena  pendente  al  petto.  Pre- 
sentava egli  al  Sole  questo  vasettino  nell'interno  lucidissimo}  i 
raggi  dell'astro  vi  si  raccoglievano  come  nel  centro  di  un  cristal- 
lo} e  uu  poco  di  cotone  che  vi  si  metteva  dentro,  accendendosi, 
somministrava  il  fuoco  per  abbruciar  il  sangue  e  il  cuore  delle 
vittime,  e  per  cuocerne  in  seguito  le  carni  che  in  quel  giorno  si 
doveano  mangiare. 
Veniva  conservato  dalle  vergini  del  Sole 

Questo  fuoco  si  conservava  tutto  l'anno  nel  tempio  e  nel  chio- 
stro delle  vergini,  e  riguardavasi  per  funesto  presagio  se  si  fosse 
estinto.  Del  resto,  se  il  dì  della  festa  il  Sole  fosse  stato  coperto 
da  nubi,  somma  tristezza  portalo  avrebbe  negli  animi  un  tal  fallo} 
ma  non  mancava  il  nuovo  fuoco,  che  eccitavasi  con  due  baston- 
celli di  legno  secco  a  forza  di  fregarli  insieme:  il  che  era  uso 
comunissimo  presso  tutti  gli  Americani. 

Facevansi  cuocere  nelle  pubbliche  piazze  le  carni    delle    vit- 
time sacrificate  e  distribuivansi  a  quanti  intervenivano  alla  festa, 
secondo  il  loro  grado  e  la  loro  dignità. 
Pane  sacro. 

Incominciavasi  col  dare  a  ciascheduno  uno  o  due  pezzetti  di 
pane  detto  Cancu^cm  i  Peruviani  mangiavano  solamente  in  questa  e 
in  un'altra  festa:  giacché  in  tutto  il  corso  dell'annoili  luogo  di 
pane  mangiavano  per  lo  più  i  grani  di  maiz  o  di  altro  legume 
abbrustolato.  Era  questo  il  pane  sacro,  che  abbiamo  detto,  farsi 
dalle  vergini  del  Sole}  e  tutta  la  notte  antecedente  alla  festa  si 
occupavano  esse  in  prepararlo  con  estrema  diligenza  per  l'Impe- 
radore  e  per  tutti  gli  lochi  e  signori.  Per  la  moltitudine  erano 
altre  donne:  gli  uomini  non  vi  mettevano  mano.  Questo  pane  poi 
avea  la  forma  di  piccioli  globi  ,  e  leggerissima  n1  era  la  cottura. 
Le  stesse  vergini   preparavano  anche  le  varie  vivande  che  distri- 

Cost.  Voi.  Ili  deW  America.  1 1 


x62  COSTUME 

buivausi  con  quel  pane  :,  e  la  cosa  medesima  facevano  altre  don- 
ne. Dopo  questo    pane  e  queste    vivande  si  mangiavano  le  carni 
sacrificale. 
Invito  a  bere.  » 

L' Imperadore  assiso  sulla  sua  sedia  d'oro  massiccio  mandava 
ad  invitare  gli  abitatori  dell'alta  e  bassa  citlà  di  Cuzco  come  suoi 
buoni  parenti,  onde  dissero  a  bere  ai  principali  delle  nazioni  che 
trovavansi  alla  festa  }  e  per  eseguire  questa  commissione  incomin- 
ciavasi  dai  capitani  che  si  erano  distinti  in  guerra  }  e  per  questo 
titolo  si  preferivano  gli  stessi  Curachi.  Se  poi  un  Curaco  si  era 
distinto  in  guerra,  egli  avea  sopra  gli  altri  capitani  la  preferenza. 
In  seguito  l' Imperadore  mandava  l'invilo  stesso  pei  Curachi  dei 
contorni  di  Cuzco,  i  quali  prendevano  posto  per  istituzione  di  Man- 
co-Capac  subito  dopo  i  Principi  del  sangue,  e  in  questo  modo 
erano  preferiti  a  tutte  le  altre  nazioni. 
Maniera  di  becere  in  tali  occasioni. 

Il  bere  formava  la  parte  principale  della  festa  e  del  banchet- 
to. Ognuno  avea  due  tazze  della  stessa  capacità:  l'invito  a  bere 
portava  una  spezie  di  sfida.  Colui  che  proponeva  ad  un  altro  di 
bere,  teneva  una  di  quelle  lazze  in  una  mano  e  1'  altra  nelT  altra. 
Se  lo  sfidalo  era  inferiore  di  grado  allo  sGdatore,  questi  gli  pre- 
sentava la  tazza  tenuta  nella  mano  sinistra  j  se  era  eguale  in  grado 
o  supcriore,  gli  dava  la  tazza  dell'altra  mano.  L' imperadore 
mandando  ad  invitare  i  suoi  sudditi  'preferiva  sempre  quelli  che 
avevano  comandato.  Il  capitano  o  Curaca  invitato  prendeva  con 
molto  rispetto  la  tazza }  alzava  gli  occhi  al  Sole  per  ringraziarlo 
del  favore  fattogli  da  suo  figlio,  confessando  di  non  esserne  me- 
ritevole', e  bevuto  che  avea,  restituiva  il  viso  all'Inca  senza  al- 
cun complimento,  e  gitlava  molti  bsci  in  aria  in  segno  di  adora- 
zione. Finito  il  primo  brindisi,  i  capitani  e  i  Curachi  facevano  i 
loro  inviti  e  all' imperadore  stesso  e  ai  Principi  del  sangue,  con 
quell'ordine  con  cui  si  era  proceduto  con  essi.  Si  accostavano  al- 
l'imperadore  senza  dire  parola,  ma  gittando  baci  all'aria.  Egli  li 
riceveva  benignamente,  prendeva  le  tazze  che  gli  presentavano,  se 
le  appressava  alle  labbra  ,  e  beveva  qualche  sorso:  più  o  meno 
secondo  che  voleva  onorare  quelli  che  gliele  porgevano  5  e  chia- 
mava i  suoi  gentiluomini,  i  quali  tutti  erano  del  grado  che  veniva 
subito  dopo  quello  degli  Incili ,  e  ordinava  loro  di  bere  per  lui 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PERÙ'  l63 

coi  capitani  e  coi  Curachi.  Siccome  poi  quelle  lazze    erano  siale 
nelle  mani  e  alle  labbra  dell' Imperadore ,    lenevansi    come  sacie^ 
i  Curachi  nel  riceverle  da  chi  vi  avea  bevuto,  le  conservavano  con 
gran  divozione  nelle  loro  case. 
Il  bere  accompagnato  da  balli  e  canti. 

Questo  bere  reciproco  che  formava  parte  sì  essenziale  della 
festa,  era  accompagnato  e  seguito  da  balli  e  canti  e  da  masche- 
rate. Per  nove  interi  giorni  durava  questo  rito  festivo-,  né  le  alle- 
grezze del  tripudio  erano  più,  dopo  i  primi  giorni,  funestate  dai 
tristi  presagi  che  o  per  non  avere  avuto  il  fuoco  del  Sole,  o  per 
aver  trovate  le  vittime  difettose,  s'  erano  in  principio  concepiti. 
Altre  Feste. 

Non  era  di  molto  diversa  da  questa  la  seconda  festa  grande 
de' Peruviani,  nella  quale  per  distinzione  delle  altre  correvano  le 
cerimonie  con  cui  inauguravansi  i  giovani  Inchi.  (i)  Essa  cadeva 
nell'  equinozio  susseguente  al  solstizio  boreale.  La  terza  facevasi 
al  momento  che  il  mai'z  cominciava  a  germogliare.  Allora  offri- 
vansi  al  Sole  agnelli,  montoni,  pecore ,  pregandolo  di  comandare 
alla  brina  di  non  danneggiare  il  mai'z -poiché  a  tal  flagello  erano 
singolarmente  soggette  le  terre  della  vallata  di  Cuzco  e  di  tutte 
quelle  che  trovavansi  sulla  slessa  linea.  La  quarta  festa  detta  Citu 
era  un  argomento  di  gioja  universale,  poiché  tutte  le  cerimonie 
che  la  costituivano  essendo  dirette  a  sbandile  dalla  città  e  dai 
suoi  contorni  le  malattie  d'  ogni  genere  che  ordinariamente  tor- 
mentavano gli  uomini,  oveano  eglino  ferma  fede  di  ottenerne  1'  in- 
tento. I  Peruviani  si  preparavano  a  tal  festa,  che  potevasi  chia- 
mare la  festa  dell'  esposizione  ,  con  un  gran  dig\uno  ,  cui  assogget- 
tavano anche  i  ragazzi.  La  notte  antecedente  veniva  impiegata  a 
fare  il  pane  canea  ed  un'altra  sorta  del  medesimo,  in  cui  me- 
scevasi  il  sangue  tratto  dal  naso    o  dalla  fronte  di    ragazzi  d'età 


"6" 


(i)  Chi  desiderasse  di  conoscere  partitamente  le  cerimonie  di  questa 
grande  solennità,  le  prove  diverse  alle  quali  sottometevausi  i  giovani  Inchi, 
il  rigore  usato  nelle  medesime,  la  nobile  istruzione  che  vi  si  aggiugneva; 
le  cerimonie  colle  quali  erano  accolti  dall'  Imperadore;  i  distintivi  di  cui 
erano  onorati,  e  le  feste  che  loro  davansi,  potrebbe  consultare  La  Storia 
ilclV  America  pubblicata  in  Milano  dalla  Società  Tipografica  de'  Classici  Ita- 
liani in  continuazione  della  Storia  Universale  di  Segur  del  cavalier  Com- 
pagnoni: tom.  cap.  7.  pag.  io3. 


1 64  COSTUME 

fra  i  cinque  e  i  dieci  anni.  Mentre  facevasi  questo  pane,  un  poco 
prima  dell'alba  tutli  quelli  che  aveano  digiunato  lavavansi  il  cor- 
po, fregandosi  ben  bene  con  un  poco  della  detta  pasta  mista  di 
sangue  ,  onde  nettarsi  ,  e  cacciare  dui  loro  corpo  le  malattie  e  i 
cai  ti  vi  umori.  Il  principale  poi  della  famiglia  prendeva  un  poco 
di  quella  pasta,  e  andava  a  strofinare  la  porta  verso  strada,  e  ve 
la  lasciava  attaccata  ,  affinchè  ognuno  vedesse  che  la  casa  cui  ap- 
parteneva era  stata  purificata.  Il  sommo  Pontefice  faceva  questa 
cerimonia  nel  tempio  del  Sole  e  nel  palazzo  imperiale }  altri  mi- 
nistri della   religione  andavano  a   farla   nel  chiostro  delle  vergini. 

Al  primo  apparire  poi  del  Sole  sull'orizzonte  tutti  lo  adora- 
vano e  lo  pregavano  a  cacciar     lungi   i   mali    interni    ed    esterni 
ond' erano  minacciati  ',  e  rompevano  il  digiuno  mangiando  un  poco 
di  quel   pane  che  non  avea  sangue. 
Jnca  corriere  del  Sole. 

Ad  una  cerl'ora  disegnata,  facevano  tutti  l'adorazione}  e  ve- 
devasi  subito  dopo  uscire  dalla  fortezza  un  loca  rappresentante  un 
corriere  del  Sole.  Avea  egli  un  vestilo  ricchissimo  ,  ed  il  manto 
avvolto  tutto  intorno  alla  persona ^  e  teneva  in  mano  una  lancia 
guernita  di  piume  a  varj  colori  dalla  sua  punta  fino  alla  impu- 
gnatura, e  ricca  di  molti  anelli  d'oro. 
Stendardo  in  tempo  di  guerra. 

Con  questa  insegna  ,  che  sei  viva  di  stendardo  in  tempo  di 
guerra,  scendeva  correndo,  e  sempre  agitando  quella  lancia  fino 
a  che  fosse  giunto  in  mezzo  alla  piazza  maggiore  della  città,  ove 
si  univa  a  quattro  altri  Inchi  armati  di  lancie  simili,  toccava  colla 
sua  le  lancio  di  essi,  e  diceva  che  il  Sole  comandava  loro,  come 
a' suoi  messaggieri  di  cacciare  dalla  città  e  dai  contorni  ogni  male. 
Il  che  udito  immantinente  partivano  lungo  le  quattro  grandi  stra- 
de che  facevano  capo  alla  città.  Tutti  gli  abitatori  uscivano  sulle 
porte  delle  loro  case  facendo  acclamazioni  ed  applausi  straordina- 
rj  scotendo  i  loro  abiti  come  se  ne  avessero  a  levar  la  polvere } 
e  fregandosi  colle  mani  la  testa,  la  faccia,  le  braccia  e  le  coscie, 
per  iscacciare  da  se  e  dalle  loro  case  i  mali  che  que'  corrieri 
sbandivano  dalla  città.  I  quattro  lnchi  che  correvano  di  tal  ma- 
niera, ad  un  quarto  di  miglio  trovavano,  ciascuno  per  la  sua  stra- 
da, un  altro  che  prendeva  dal  primo  la  lancia  ,  e  si  metteva  a 
correr  oltre:,  e  così    succedeva    fino  a  cinque  o  sei   leghe    lungi 


DEGLI    ABITATORI    DEL    l'EUll'  l65 

dalla  cillà,  ove  ognuno  piantava  la  lancia  sua  per  dimostrare,  che 
i  mali  eraoo  confinali  a  quel   luogo,  uè  potevano  venire   più   in- 
nanzi. 
Cerimonia  delle  lorde  accese. 

La  seguente  notte  questi  medesimi  uscivano  con  grandi  torcie 
aecese  fatte  di  paglie  infrecciate,  correndo  con  esse  per  la  citlà, 
e  per  le  strade  al  di  fuori  ,  colla  idea  di  fare  parimente  con 
queste  torcie  ciò  che  fatto  aveano  colle  lancie,  e  terminando  po- 
scia col  gettarne  gli  avanzi  nel  fiume  in  cui  il  giorno  innanzi  si 
erano  lavati:  e  con  ciò  intendevano  che  l'acqua  portasse  seco  fino 
al   mare  i  mali  che  aveano  sbandito. 

Dopo  queste  cerimonie  i  Peruviani  incominciavano  le  allegrez- 
ze, che  duravano  per  tutto  il  corrente  quarto  di  luna  ,  ringra- 
ziando il  Sole  di  averli  liberati  da  ogni  male.  Facevansi  poi  sa- 
crifizj  e  conviti,  bevevasi  allegramente,  si  cantava  e  si  ballava  ; 
e  di  giorno  e  di  notte  si  stava  in  continua  gioja  tanto  nelle  piazze 
pubbliche  ,  quanto  nelle  case  privale.  Questa  festa  cadeva  dopo 
l'equinozio  di  settembre. 
Feste  private. 

Queste  che  abbia m  fin  qui  riferite  erano  feste  generali  e  so- 
lenni per  tutto  il  popolo.  Ma  ciascuna  famiglia  usava  ogni  anno 
celebrare  una  festa  propria,  e  cadeva  circa  il  tempo  del  princi- 
pale ricolto.  Le  offerte  che  faceva  il  popolo  in  queste  feste  do- 
mestiche consistevano  in  un  poco  di  sevo  ,  che  abbruciavasi  ad 
onore  del  Sole.  I  gentiluomini  però  e  i  Curachi  offrivano  alcuni 
conigli  domestici  ,  cui  gittavano  nel  fuoco  ringraziando  il  Sole 
de1  beni  loro  accordati  nell'anno;  e  pregandolo  di  conservare  i 
loro  granaj. 

Da  tutto  ciò  si  vede  quanto  semplice  fosse  la  religione  de 'Pe- 
ruviani; e  come  atta  a  confortare  con  dolce  affezione  i  cuori, 
contenendoli  in  un  filiale  rispetto,  e  in  una  candida  gratitudine 
verso  l'oggetto  che  eglino  consideravano  per  benefico.  Ora  pas- 
seieujo  ad  osservare  le  cerimonie  usate  nella  celebrazione  de'ina- 
trimoDJ  dei  Principi  della  famiglia  imperiale  e  di  quelli  del 
popolo. 
Matrimonj . 

Ogni  anno  o  al  più  ogni  due  anni  1'  Imperadore  chiamava 
piesso  di  se  tutti  i   giovani  e  tulle  le  donzelle  nobili  di  sua  stirpe 


I 66  COSTUME 

clie  trovansi  in  Guzco.  L'eia  del  matrimonio  per  le  donzelle 
era  dai  diciotto  ai  vent'  anni  ^  quella  dei  giovani  era  dei  venti- 
quattro. 

Maniera  usata  dagli  Inchi  nelV  ammogliare  i  Principi  del 
sangue. 
L'imperadore  come  capo  supremo  della  famiglia,  mettendosi 
in  mezzo  a  que'giovani,  e  ad  uno  ad  uno  chiamandoli  pel  nome 
loro  ,  ed  informato  precedentemente  delle  loro  reciproche  incli- 
nazioni ,  presi  a  coppia  per  mano  faceva  loro  solennemente  pro- 
mettersi reciproca  fede,  vedi  la  Tavola  21,  e  consegnavali  poscia 
a'ioro  parenti,  i  quali  li  conducevano  alla  casa  del  padre  dello 
sposo:,  ed  ivi  facevansi  le  feste  nuziali.  Le  donne  congiunte  in 
matrimonio  in  sì  fatta  maniera,  oltre  il  godere  dell'illustre  titolo 
di  Palle,  ne  aveano  anche  un  altro  significante  data  dalla  mano 
del  grande  luca.  L'imperadore  faceva  una  funzione  simile  pe'gio- 
vani  della  discendenza  di  Manco-Gapac  le  cui  famiglie  erano  sta- 
bilite nelle  varie  provincie  dell'imperio:,  e  ciò  all'occasione  che 
portavansi  in  esse  per  ragione  di  visite.  Dove  non  potevasi  questa 
cerimonia  eseguire  da  lui,  facevasi  dagli  lochi  Governatori  delle 
provincie. 

Matrimonj  del  popolo. 

Il  giorno  dopo  che  l'imperadore  avea  celebrato  di  tal  maniera 
i  matrimonj  della  sua  famiglia,  alcuni  suoi  ministri  a  ciò  spezial- 
mente da  lui  deputati  ,  eseguivano  nella  stessa  forma  un'  egual 
funzione  ne' vai  j  quartieri  della  capitale  riguardo  a  tutti  i  giovani 
che  non  erano  Inchi.  Così  poi  facevano  in  tutti  i  distretti  del- 
l'imperio  i  Cutachi }  essendo  questo  uno  de' loro  diritti  non  istalo 
mai   violato  da   alcun   Iniperadore. 

Legge  fondamentale  pei  matrimonj  del  popolo. 

Ma  rispetto  ai  matrimonj  de' popoli  Peruviani,  è  d'uopo  no- 
tare cosa  che  entra  nell'ordine  delle  costituzioni  fondamentali 
dell'imperio.  Ognuno  dovea  maritarsi  nel  proprio  comune  e  pren- 
dere donna  della  nazione  propria.  Non  si  voleva  che  si  confon- 
dessero insieme  né  le  nazioni  ,  né  le  schiatte}  e  quindi  nasceva 
che  tutti  quelli  ch'erano  della  stessa  nazione  e  parlavano  la  slessa 
lingua,  consideravansi  per  parenti  }  e  perchè  non  si  confondessero 
le  decurie  medesime,  nissuno  poteva  andare  a  stabilirsi  in  altro 
quailiere  della  città  sua. 


DEGLI     ABITATORI    DEL    PERI)'  1 67 

Privilegio  degli  Incili. 

I  soli  Inchi  del  ramo  regnante  sposavano  le  loro  sorelle*,  e 
Manco-Capac  ne  avea  fatta  una  h'gge  fondamentale.  Volevasi  che 
la  successione  dell'1  imperio  per  via  ordinaria  andasse  ai  primoge- 
niti dell'uno  e  dell'altro  sesso  insieme.  Nel  caso  che  la  sorella 
primogenita  non  avesse  avuti  figliuoli,  l' imperadore  sposava  la 
secouda,  ed  anche  la  terza,  se  la  seconda  fosse  stata  sterile  come 
la  prima.  Ma  gli  lochi  in  generale  sposavano  quante  donne  vo- 
levano}  e  non  tolte  solo  dalla  loro  famiglia,  ma  anche  estranee. 
Una  sola  però  avea  il  titolo  e  i  privilegj  di  moglie  :  le  altre  di- 
rebbonsi  concubine  o  favorite.  I  figli  che  nascevano  dalle  mogli 
della  seconda  classe  erano  considerati  legittimi  non  meno  che  gli 
altri,  non  così  quelli  dalle  estranee.  Per  tutti  gli  altri  i  matrimoni 
delle  sorelle  erano  proibiti.  Non  apparisce  però  che  ci  fosse  legge 
la  quale  vietasse  l'unione  matrimoniale  entro  altri  gradi.  Devesi 
però  supporre  che  nelle  varie  province  si  osservassero  regole  di- 
verse} giacché  abbiamo  altrove  veduto,  che  gli  Imperadori  uelle 
province  conquistate  non  abolivano  se  non  quelle  costumanze,  le 
quali  erano  contrarie  alle  leggi  fondamentali  della  religione  e  del- 
l'imperio. 

Cerimonie  dello  slattare  i  fanciulli. 

Le  cerimonie  che  usavansi  nello  slattare  i  figli ,  era  un'epoca 
notabile  presso  i  popoli  del  Perù.  Essi  venivano  slattati  all'età  di 
due  anni}  ed  in  quella  occasione  facevasi  le  funzione  di  tagliar 
loro  i  capelli  coi  quali  erano  nati  e  d' imporre  loro  il  nome.  Gon- 
vocavansi  per  questa  cerimonia  tutti  i  parenti  della  famiglia,  fra 
i  quali  sceglievasi  uno,  diremmo  noi,  a  pallino,  che  dava  il 
primo  taglio  ai  capelli  del  fanciullo,  con  una  spezie  di  rasojo 
fatto  di  pietra.  Tagliatane  una  ciocca,  il  così  detto  patrino  dava 
ad  un  altro  il  rasojo,  che  il  passava  ad  un  altro  ancora,  succe- 
dendosi tutti  quanti  erano  presenti,  secondo  l'età  o  la  qualità 
relativa.  Finita  la  tosatura  si  accordavano  tutti  insieme  per  dargli 
un  nome  che  gli  rimaneva  per  tutta  la  vita  }  e  poscia  passavasi  a 
fare  al  fanciullo  dei  regali,  secondo  la  condizione  della  famiglia, 
i  quali  consislevauo  in  abiti,  in  bestiame,  in  armi,  in  vasellami 
d' argento  e  d'oro  secondo  il  grado  del  patrino.  Dopo  i  regali  si 
beveva  e  si  ballava  allegramente  cantando  canzoni  *,  e  la  festa  du- 
rava per  alcuni  giorni. 


l68  COSTUME 

Occupazioni  delle  maritate. 

Quando  le  donne  eran  maritate  non  uscivano  quasi  mai  di 
casa:  la  loro  cura  principale  era  quella  d'allattare  e  d'allevare  i 
loro  figli  :  occupavansi  a  scardassare  e  a  filar  lana  e  cotone  e  a 
tessere.  Esse  amavano  tanto  i!  filare  ,  che  andando  da  un  villag- 
gio ad  un  altro  ,  o  da  una  ad  altra  casa  per  far  visite,  porta- 
vano sempre  seco  la  loro  provvisione  di  lavoro.  Le  nobili  e  le 
Palle  si  facevan  portar  dietro    dalle  loro  donzelle  la  rocca. 

Donne  pubbliche. 

Gli  Inchi,  a  scansamento  di  mali  maggiori,  permettevano 
donne  pubbliche,  le  quali  in  lingua  nel  paese  eran  chiamate  Pam- 
purune^  cioè  di  posto  pubblico }  ma  esse  dovevano  abitare  separata- 
mente e  alla  campagna,  né  potevano  entrare  in  ciltà.  Elleno  erano 
traltate  con  disprezzo }  e  se  un'onesta  donna  avesse  detta  loro  una 
sola  parola,  correva  la  pena  d'essere  cacciata  dal  marito  e  tosata 
pubblicamente.  Nissuno  scrittore  ha  accennato  che  il  commercio 
colle  Pampurune  svolgesse  alcuna  malattia. 

Cerimonie  funebri. 

Grande    era    la  solennità    de' funerali    celebrati    per    la    morte 

dell' Inca.  Gli  Inchi  riguardavano  la  morte    loro  come   un    felice 
o 

passaggio  al  riposo  in  seno  del  Sole  padre  loro.  Solenni ssi mi  dun- 
que erano  i  funerali  e  degni  della  maestà  di  sì  grandi  Principi  e 
dell'affezione  di  sì  buoni  sudditi.  Morto  l' Inca  ,  portava nsi  le  sue 
viscere  nel  tempio  di  Tampu  ,  cinque  miglia  distante  da  Cuzco, 
e  celebre  perchè  fu  il  primo  che  Manco-Capac  edificò  nel  luogo 
stesso  in  cui  la  verga  d'oro  sprofondatasi  in  terra  venne  ad  ad- 
ditargli il  sito  ove  dovea  fondare  il  suo  imperio.  Imbalsamavasi 
poi  il  corpo  dell' luca,  siccome  abbiamo  altrove  accennato,  e 
collocavasi  nel  tempio  di  Cuzco  innanzi  alla  grande  immagine  del 
Sole,  e  si  offrivano  saerifizj  coli' intervento  dell' Imperadore  suc- 
ceduto al  trono,  di  tutti  i  Principi  del  sangue,  e  di  lutti  i  Gu- 
rachi  che  accorrevano  alla  funzione.  Durante  il  primo  mese  gli 
abitatori  originar)  di  Cuzco  uscivano  ogni  giorno  vestiti  a  lutto 
ed  esprimevano  il  loro  cordoglio  ne' più  patetici  modi,  posiia 
univansi  in  corpo  tutti  gli  altri  dimoranti  in  quella  città,  ma  op- 
tivi delle  diverse  province  dell'imperio,  vestiti  alla  foggia  parti- 
colare di  loro  nazione,  ed  aventi  alla  testa  lo  stendardo  degli 
lochi.  Questi  facevano  una  lunga    processione    fuor  di  città,  pn- 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PERÙ1  169 

tando  le  insegne,  gli  abiti,  i  vasellami  e  tutto  quello  che  doveasi 
seppellire  in  tale  circostanza,  mescendo  al  pianto  il  racconto  delle 
imprese  memorabili,  delle  vittorie  di  lui  e  dei  benefizj  fatti  ai  suoi 
popoli.  Le  donne  più  amorose  e  i  fedeli  domestici,  i  cui  servigi 
furono  singolarmente  graditi  dall'  Imperadore  quand'era  ili  vita, 
facevano  a  gara  per  farsi  seppellire  vivi  5  credendo  di  poterlo  ser- 
vire colà  ov'egli  era  passato  a  soggiornare.  Ad  ogni  plenilunio  del 
corso  dell'anno  poi  rhmovavasi  la  lugubre  cerimonia.  Né  queste 
funebri  solennità  facevasi  nella  sola  capitale:  tutte  le  città  e  tutti 
i  borghi  dell'imperio  non  avevano  che  una  voce,  un  pianto  a 
significazione  del  c.omun  dolore  ,  e  le  processioni  spezialmente  di- 
rigevansi  a  que'luoghi,  ne' quali  o  nelle  visite,  o  nelle  spedizioni 
il  defunto  loca  erasi  arrestato,  considerandoli  come  santificati  della 
benefica  presenza  di  lui.  Non  meno  solenni  di  questi,  dice  Gar- 
cilasso,  erano  i  funerali  che  celebravansi  in  ciascuna  provincia  alla 
morte  di  ogni  Curaca. 
Tombe  dei  Peruviani  appellate  Guache. 

UUoa,  parlando  dei  monumenti  degli  antichi  Peruviani,  ci 
dice  ch'essi  amavano,  siccome  gli  antichi  Egizj  ,  di  essere  imbal- 
samati, e  di  essere  collocati  in  luoghi  ragguardevoli.  Gli  Indiani, 
egli  continua ,  dopo  di  aver  portato  il  corpo  in  quel  sito  nel 
qual  dovea  riposare,  senza  sotterrarlo,  lo  circondavano  di  pietre 
e  mattoni  innalzando  una  spezie  di  mausoleo  ,  sul  quale  tutte  le 
persone  altineuti  al  defunto  gettavano  una  sì  grande  quantità  di 
terra,  che  il  mausoleo  veniva  cangiato  in  una  spezie  di  collina 
artificiale  cui  essi  appellavano  Guaca.  La  figura  di  queste  Guache 
non  era  esattamente  piramidale:  sembra  che  i  Peruviani  avessero 
di  mira  nel  costruirle  d'imitare  la  forma  delle  montagne  e  delle 
colline:  la  loro  altezza  ordinaria  era  di  circa  2,3  aune,  la  loro 
lunghezza  di  circa  58,  e  un  po' meno  ne  era  la  larghezza.  Ne 
sussistevano  però  di  assai  più  grandi,  ciò  che  e' induce  a  credere 
che  tati  monumenti  fossero  proporzionati  alla  dignità,  al  grado  ed 
alle  ricchezze  delle  persone  }  essendo  certo  che  i  Curachi ,  i  quali 
avevano  sotto  il  loro  dominio  un  gran  numero  di  vassalli,  che 
assistevano  ai  loro  funerali ,  dovessero  naturalmente  avere  una 
Guaca  più  ragguardevole  di  quella  di  un  privato  che  non  veniva 
coperta  di  terra  che  dalla  propria  famiglia,  e  dai  dolenti  suoi 
amici. 


I70  COSTUME 

Queste  Guache  contenendo  tutti  gli  utensili  d' oro,  d'  argentò  ec„ 
appartenenti  ai  Peruviani  sepolti  nelle  medesime  eccitarono  con- 
tinuamente la  cupidigia  degli  Spagnuoli  che  in  ogni  tempo  si  sono 
occupali  ad  aprirle  nella  speranza  di  rinvenirvi  considerabili  ric- 
chezze }  né  spesse  volte  furono  delusi  nella  espettazione,  e  la  loro 
costanza  vi  trovò  un'ampia  ricompensa. 
Utensili  degli  antichi  Peruviani  trovati  nelle  loro  tombe. 

Tali  monumenti  però  per  la  maggior  parte  non  contengono 
che  lo  scheletro  di  chi  vi  fu  sepolto,  vasi  di  terra  in  cui  bevea 
la  chicha,  alcune  accette  di  rame,  specchi  di  pietra  d' inca  ed 
altre  simili  cose  di  poco  valore:  benché  degne  della  nostra  atten- 
zione per  la  loro  antichità,  e  per  essere  slate  fatte  da  una  na- 
zione tanto  singolare.  Nella  Tavola  22,  noi  vi  presentiamo  alcuni 
di  questi  utensili  trovati  nelle  loro  guache,  la  cui  figura  vedesi 
sotto  le  lettere  A  e  B,  rappresentandosi  sotto  quesl'  ultima  la 
pianta  di  una  guaca  aperta  in  croce.  Sotto  la  lettera  G,  scorgesi 
la  figura  di  un  pendente  d'orecchio  d'  oro  e  d'  argento:  sotto  la 
D,  alcune  accette  di  rame  di  varie  forme:  sotto  la  E,  uno  spec- 
chio concavo  fatto  di  pietra  di  gallinaccio  (1)  ,  appellato  dai 
Peruviani  Inca-rirpo:  sotto  la  F,  Inca-rirpo  o  specchio  di  pie- 
tia  d'  iuca  (2)  perfettamente  piano \  e  sotto  la  G,  altro  Inca-rirpo 
o  specchio  convesso.  La  lettera  H,  ci  presenta  una  scure  di  pie- 
tra focaja;  la  I,  un'accetta  col  manico  di  legno,  della  quale  i 
Peruviani  servivansi  nelle  loro  guerre}  la  K,  Sunga-tirana  o 
mollette  per    strappare    quel    pelo  eh'  essi    avevano    al    mento} 

(1)  La  pietra  di  gallinaccio  è  estremamente  dura,  trasparente  e  lu- 
cida :  il  suo  nome  deriva  dal  suo  color  nero  come  quello  del  gallinaccio: 
i  Peruviani  la  lavoravano  d'  ambe  le  parti,  la  ritondavano,  la  foravano  in 
alto  e  passavano  una  cordicina  nel  buco  per  appenderla  a  qualche  uncino: 
sapevano  darle  un  grandissimo  lustro ,  di  modo  che  rifletteva  bastante- 
mente gli  oggetti. 

(2)  La  pietra  d'  luca  è  molle,  non  è  trasparente  ed  ha  il  colore  del 
piombo  :  questi  specchi  sono  ordinariamente  rotondi  con  una  superficie 
piatta  e  liscia  come  quella  di  uno  specchio  di  cristallo;  1' altra  è  ovale  od 
un  po' sferica  e  meno  liscia:  ce  ne  ha  di  varie  grandezze,  ma  comune- 
mente hanno  tre  o  quattro  pollici  di  diametro.  Ne  ho  veduto  uno,  dice 
Llloj,  grande  circa  un  piede  e  mezzo:  la  superfizie  era  concava,  e  ringran- 
diva  di  molto  gli  oggetti.  Questa  pietra  peiò  ha  il  difetto  di  avere  delle 
vene  e   delle  paglie  che  ne  guastano  la  superficie. 


r///r //,j//   ckvàs   àn£a£-    él&ratKatu 


//■//.!///        ///'>/. 


DEGLI  «ABITATORI    DEL    PERÙ  1^1 

"Ta  L,  il  Tupu  per  appendere  V  Anac  sulle  loro  spalle,  la  M, 
il  Tupus  spezie  di  spillo  con  cui  i  Peruviani  solevano  sospendere 
al  collo  la  Pliella  ch'essi  mettevano  sopra  1'  Anac  \  la  N,  grandi 
bicchieri  ne' quali  bevevano  la  Chicha\  la  O,  Guainacaba  o 
giare  di  terra  in  cui  conservano  la  loro  bevanda  (i)}  la  P, 
Ingamullus  o  pietre  per  fare  collane  e  armille^la  Q,  idolo  d'oro 
o  statua  di  qualche  Peruviano  di  un  grado  eminente  (2). 

Stato  delle  arti. 

La  distinzione  dei  gradi  stabilita  nel  Perù  doveva  essere  fa- 
vorevole al  progresso  delle  arti  ,  le  quali  furono  avanzate  assai 
più  che  fra  i  Messicani*,  sì  di  quelle  necessarie  al  vivere,  che 
delle  altre  di  lusso  (3). 

Agricoltura. 

L'agricoltura,  arte  di  prima  necessilà  nella  vita  sociale,  era 
assai  più  perfetta  che  in  alcun  allro  luogo  dell'  America.  La  quan- 
tità del  terreno  capace  di  coltivazione  non  era  lasciata  al  capric- 
cio degli  individui,  ma  regolata  dall'autorità  pubblica  in  propor- 
zione ai  bisogni  della  comunità.  Andavasi  dunque  dietro  l'avviso 
del  Lactacuamayu  in  gran  turba  al  lavoro}  ed  era  per  tutti  una 
specie  di  festa,  perciocché  ognuno  vestivasi  de' suoi  migliori  abiti, 
si  ornava  con  placche  d'oro  e  d'argento,  e  metlevasi  dei  vaghi 
berretti  di  piume  in  lesta,  cantando  liete  canzoni  in  lode  dell' Inca 
e  del  Sole. 

Sentivasi  poco  la  disgrazia  di  una  stagione  infruttifera,  giac- 
ché la  produzione  delle  terre  consacrate  al  Sole,  come  anche  quelle 
messe  a  pa»te  dell' Inca,  essendo  depositati  nei  Tambo,  o  pubblci 
magazzini,  vi  rimanevano  pei  tempi  di  grande  penuria.  Siccome 
l'estensione  della  coltura  si  proporzionava  con  provida  attenzione 
alla  necessità  dello  Stato,  1'  invenzione  e  l1  industria  dei  Peruviani 

(1)  Queste  giare  sono  di  finissima  creta  e  per  lo  più  di  color  nero.- 
se  ne  trovano  però  anche  di  creta  rossa  ;  non  si  sa  d'  onde  tirassero  tale 
materia. 

(2)  Tali  figure  d'  oi'o  sono  di  un  solo  pezzo,  sottilissime,  vote  interna- 
mente anche  nelle  più  picciole  parti;  e  siccome  non  ci  ha  la  menoma 
traccia  di  saldatura  così  è  assai  difficile  il  comprendere  il  modo  col  quale 
giugnevano  a  votarle. 

(3)  V.  Compendio  storico  della  scoperta  d'  America  di  Pasquale  Coppin. 
Padova-)  1821,  pag.  263. 


I^i  OSTUME 

erano  chiamate  ad  esercii]  straordinarj  da  certi   difetti  particolare 
al  clima  e  al  suolo. 
Irrigazione. 

Tutti  i  grandi  fiumi  che  scaturiscono  dall'  Ande  ,  prendono  il 
loro  corso  verso  levante  e  vanno  a  scaricarsi  nell'Oceano  Atlan- 
tico. Il  Perù  è  solamente  bagnato  da  acque  che  precipitano  dalle 
ditte  montagne  a  guisa  di  torrenti.  Una  gran  parte  del  paese 
basso  è  arenoso  e  sterile,  e  giammai  rinfrescato  da  piogge. 
Concime. 

Per  fecondare  una  regione  che  prometteva  sì  poco,  i  Peru- 
viani ricorrevano  a  varj  espedienti,  tra  i  quali  per  mezzo  di  ar- 
tirhiosi  canali,  con  grande  pazienza  ed  industria  dai  torrenti  por- 
tavano l'acqua  ad  irrigare  i  loro  campi,  e  l'impinguavano  col 
concime  degli  uccelli  marini,  giacché  ne  raccoglievano  una  quan- 
tità più  che  sufficiente  in  tutte  le  isole  sparse  lungo  le  loro 
coste. 
Aratro  ignoto  ai  Peruviani. 

L'uso  dell'aratro  era  ignoto  ai  Peruviani:  sommovevano  la 
terra  con  una  zappa  di  legno  indurito  al  fuoco}  e  questo  lavoro 
non  era  solamente  raccomandalo  agli  uomini,  ma  entrambi  i  sessi 
si  univano  a  dar  mano  ad  un'opera  sì  necessaria.  I  figliuoli  stessi 
del  Sole  a  ciò  gli  animavano,  coltivando  colle  proprie  mani  un 
campo  vicino  a  Cuzco,  nobilitando  così  questa  funzione  col  chia- 
marla il  loro  trionfo  sopra  la  terra.  Vi  si  portavano  essi  tutti  , 
gli  Incili  e  le  Palle,  abbigliati  superbamente,  e  cantavano  inni 
al  Sole  aventi  per  intercalare  la  parola  haylli ,  che  significava 
trionfo}  quasi  avessero  voluto  dire  che  lavorando  la  terra  per 
farla  fruttare,  si  rendevano  padroni  d'essa  e  ne  trionfavano. 
Vegetabili  principali  coltivati  dai  Peruviani. 

Ma   parlando  della  cura  che  il  governo  e  il  popolo   mettevano 
nel  rendere  produttive  le  terre  ,    ragion  vuole  che  accenniamo  i 
principali     generi  che  colla   loro   agricoltura  i  Peruriani     procac- 
ciavausi. 
Ma'iz  ed  uso  del  medesimo. 

Primo  di  lutti  era  il  malfa,  chiamato  cara  dai  Peruviani  :  esso 
costruiva  il  principale  loro  alimento,  e  l'usavano  in  diverse  ma- 
niere: ora  lo  mangiavano  crudo,  ora  ne  abbrustolivano  i  giani} 
ora  ne  facevano  pane.  Le  donne  erano  quelle  che  volendo  ridurre 


DEGLI    ABITATORI    DEL    I>ERu'  lj'ò 

il  maiz  in  farina  ,  lo  macinavano,*  al  qual  effetto  servivansi  di 
una  maecliina  composta  di  una  pietra  larghissima,  alla  quale  altra 
soprapponevano  in  forma  di  mezzo  circolo.  Ma  tale  macchina  era 
assai  incomoda,  il  che  forse  ha  non  poco  contribuito  a  fare  che 
i  Peruviani  non  usassero  pane  che  di  lado.  Il  mai*  serviva  ezian- 
dio per  fare  l'ordinaria  bevanda  pe'Peruviani.  Le  donne  dopo  di 
averlo  macinato,  lo  mettevano  in  infusione  nell'acqua  j  ed  ivi 
fermentando  ,  prendeva  un  certo  grado  di  acidità  che  rendeva 
iratissima  la  bevanda* 
Quinea. 

Dopo  il  maiz  coltivavano  i  Peruviani  la  quinea,  spezie  di  mi- 
glio ottimo  a  mangiarsi  in  minestra  ,  quantunque  fosse  un  cibo 
assai  riscaldante.  Questa  pianta  è  dai  nostri  botanici  chiamata 
chenopodio  :  i  suoi  fiori  e  le  sue  foglie  sono  simili  a  quelle  del 
pero,  e  dai  Peruviani  mangiavansi  cotte,  ed  erano  tenere,  di 
buon  sapore  e  sane.  Con  questo  miglio,  ne' paesi  in  cui  non  era 
comune  il  maiz,  facevasi  la  bevanda  ordinaria. 
Larvi,  papa  ec. 

I  Peruviani  avevano  una  spezie  di  piselli  più  grossi  e  bianchi 
de' nostri,  cui  essi  appellavano  larvi.  Ma  soprattutto  coltivavano 
varie  piante  tuberose  ,  fra  le  quali  una  chiamata  papa  ,  le  cui 
pallottoline  polpose,  grosse  un  pollice,  e  che  servono  alla  pianta 
pi  radice,  lessate  od  arrostite,  usavansi  comunemente  invece  di 
pane-,  ed  esposte  al  sole  o  al  gelo  si  conservavano  lungo  tem- 
po. Un'altra  era  il  toca  ,  grosso  anch'esso  un  pollice,  che  fatto 
seccare  al  Sole  ,  mangiavano  o  cotto  o  crudo  ,  ed  ha  un  sapor 
dolce  quanto  miele  o  zucchero.  Un'altra  era  Vanno,  che  crudo 
e  amarissimo.  Venivano  poi  le  patate  da  essi  dette  apichu^  e  ve 
n'erano  di  rosse,  di  gialle,  di  bianche  e  di  nere. 
Huchu,  cuca,  ec. 

Un  frutto  che  merita  speziale  menzione,  e  che  pei  Peruviani 
era  di  uso  grato  e  comune,  è  quello  che  chiamavano  huchu  ,  e 
che  noi  assoni iglieremmo  al  pepe  lungo.  Essi  lo  mangiavano  con 
ogni  sorta  di  cose  cotte  e  crude j  e  l'apprezzavano  tanto,  che 
ne' loro  più  rigorosi  digiuni  si  astenevano  dal  farne  uso,  riguar- 
dando il  privarsene  come  un  atto  di  grave  mortificazione.  Lungo 
sarebbe  il  dire  gli  alberi  da  frutto  che  i  Peruviani  coltivavano. 
INoi  non  rammenteremo  qui  che  1'  arbusto  della  cuca,  giustamente 


1^4  COSTUME 

dai  Peruviani  riguardata  come  la  più  preziosa  delle  loro  ricchezze 
per  gli  eccellenti  effetti  che  l'uso  della  medesima  opera  e  de'  quali 
parleremo  in  seguito  ragionando  delia  loro  medicina.  E  questo 
arbusto  in  qualche  modo  simile  alla  vite,  crescente  all' altezza  di 
un  uomo,  e  che  vuole  piantagione  ed  appoggio  come  la  vite:  ha 
però  pochi  tralci,  ma  foglie  assai  sottili,  lunghe  mezzo  pollice  e 
larghe  il  doppio.  Sono  queste  foglie  che  le  danno  pregio  ,  e  se 
ne  fa  raccolta  quattro  volle  l'anno,  perchè  ne  getta  in  gran  quan- 
tità: si  seccano  al  sole,  tanto  però  che  ne  sfumi  1'  umidità,  ma 
non  si  perda  il  loro  color  verde. 
Architettura  dei  Peruviani. 

L'abilità  superiore  de'  Peruviani  apparisce  visibilmente  nel- 
l'architettura delle  loro  case  e  nei  pubblici  ediBzj.  Welle  vaste 
pianure  che  si  distendono  lungo  l'Oceano  Pacifico,  dove  il  cielo 
è  costantemente  sereno  e  il  clima  dolce  e  beato  ,  le  loro  case  , 
per  vero  dire,  erano  di  una  costruzione  leggerissima  $  ma  nelle 
regioni  più  alte  ,  dove  cade  la  pioggia  ,  dove  si  conoscon  le  vi- 
cende delle  stagioni  e  si  sente  il  loro  rigore,  erano  fabbricate  con 
maggiore  sodezza.  Quasi  tutte  avevano  una  forma  quadra  ,  le  mura 
alte  intorno  a  otto  piedi,  formate  di  mattoni  induriti  al  sole,  la 
porta  bassa  e  slietta  e  senza  alcuna  finestra.  Semplici  com'erano 
e  rozze,  come  sembra  che  fossero  i  materiali  di  cui  erauo  com- 
poste, avevano  una  solidità  che  molte  di  esse  sussistettero  in  dif- 
ferenti contrade  del  Perù  lungo  tempo  dopo  la  conquista  di  quel- 
l'imperio*, quando  lutti  gli  altri  monumenti  che  potevano  sommi- 
nistrare qualche  idea  dello  stalo  domestico  delle  altre  nazioni 
Americane  quasi  subilo  dopo  la  conquista  sono  spariti  dalla  faccia 
della  terra.  Singolarmente  nei  templi  consacrati  al  Sole  e  nei  pa- 
lagi destinali  ad  albergare  i  loro  monarchi,  i  Peruviani  spiegarono 
la  maggior  forza  di   loro  arie  e  di   loro  invenzione. 

Le  descrizioni  fatteci  da  alcuni  autori  Spagnuoli  eh'  ebbero 
l'occasione  di  contemplarli  mila  loro  integrità  ,  potrebbero  ap- 
parire esagerale,  se  le  rovine1  che  ne  rimasero  non  confermassero 
la  verità  dei  loro  racconti.  Queste  rovine  di  templi  e  di  palagi 
si  tiovano  in  ogni  provincia  dell'imperio  Peruviano,  e  colla  loro 
frequenza  dimoslrano  che  sono  monumenti  di  un  possente  popolo 
da  molli  secoli  incivilito.  Pare  che  fossero  edifizj  variati  nelle  loro 
dimensioni,  alcuni  di  moderata  grandezza,  molti  d'immensa  esten- 


DEGLI    ABITATORI    DEL  r-EIUj'  Ij5 

stone,  e  tutti  insigni  per  la  solidità ?  e  somiglianti  l'un  l'altro 
nel  gusto  dell'architettura.  Il  tempio  di  Pachacamac  unitamente  al 
palagio  degli  Inca  e  ad  una  fortezza  formavano  una  gran  fabbrica, 
più  di  mezza  lega  di  circuito.  In  questo  prodigioso  edifizio  spic- 
cava il  medesimo  gusto  ,  singolare  in  genere  di  fabbriche,  come 
nelle  altre  opere  dei  Peruviani.  Non  conoscendo  essi  l'uso  della 
carrucola  o  di  altre  forze  meccaniche,  e  non  potendo  levare  a 
grande  altezza  le  grosse  pietre  e  i  mattoni  che  impiegavano,  le 
mura  di  questo  fabbricato,  nel  quale  sembra  che  i  Peruviani  ab- 
biano tentato  di  arrivare  alla  più  splendida  magnificenza  ,  non  si 
alzavano  più  di  dodici  piedi  da  terra.  Benché  non  avessero  sco- 
perto l'uso  della  calcina  o  di  qualunque  altro  smalto  per  fabbri- 
care, facevano  combaciare  le  pietre  e  i  mattoni  con  tanta  esattezza, 
che  appena  si  discernevano  le  loro  commettiture.  Essi  non  cono- 
scevano le  volte}  ma  ingegnosissimo  era  e  macchinoso  il  modo 
con  cui  a  forza  di  legname  facevano  i  tetti  delle  grandi  sale  nelle 
quali  ritiravansi  in  gran  numero  a  celebrare  le  loro  feste.  Gli 
appartamenti  ,  per  quanto  se  ne  può  rintracciare  dalla  distribuzione 
delle  rovine,  erano  malamente  disposti  e  poco  comodi.  Non  eravi 
che  una  sola  finestra  in  tutta  la  fabbrica  ,  e  la  luce  non  potendo 
entrare  che  per  la  porta,  i  più  vasti  dovevano  essere  o  affatto 
oscuri,  od  illuminati  per  altro  mezzo.  Ma  con  tutti  questi  e  con 
molti  altri  difelli,  trovasi  che  gli  sforzi  dei  Peruviani  nella  loro 
arie  di  edificare  possono  essere  considerati  come  giunti  all'apice, 
quando  si  rifletta  che  furono  posti  in  pratica  da  un  popolo  privo 
dell'uso  del  ferro^  e  ci  porgono  una  forte  prova  del  potere  che 
avevano  i   loro  antichi   monarchi. 

Palazzo  degli  Inca  appellato  Callo. 

Ulloa  per  darci  un'idea  del  gusto  de' Peruviani  nell'architet- 
tura e  della  grandezza  de' sontuosi  loro  edifizj  ci  presenta  in  due 
tavole  gli  avanzi  di  alcuni  palazzi  degli  Inca  di  Quito.  Nella  pia- 
nura, egli  dice,  che  si  estende  da  Galacunga  verso  settentrione  , 
veggonsi  tuttavia  le  mura  di  uno  di  questi  palazzi,  vedi  la  Ta- 
vola a3,  il  quale,  ritiene  ancora  l'antico  suo  nome  di  Callo, 
benché  serva  al  presente  di  casa  di  campagna  ai  Padri  Agostiniani 
di  Quito.  Non  vi  si  scorge  né  la  bellezza  ,  né  la  grandezza  degli 
edifizj  degli  Egizj,  dei  Romani,  e  d'altri  popoli,  ma  però  non 
si   può  a  meno  d'ammirare  anche  in  questi  qualche  cosa  di  grande 


1^6  COSTUME 

e  di  sonluoso ,  e  qualche  cosa  in  fiue  che  annunzia  la  maesià 
de' Monarchi  che  vi  soggiornavano.  Vi  si  entra  dalla  stradella  se- 
gnala A,  lunga  cinque  o  sei  tese:  essa  conduce  nella  corte  B. 
La  lettera  G,  indica  gli  appartamenti  distribuiti  in  picciole  ca- 
mere: la  D,  le  porte  per  le  quali  si  avea  l'ingresso  ai  detti  ap- 
partamenti: queste  erano  alte  bastantemente  per  lasciar  libero  il 
passaggio  al  palanchino  in  cui  l' luca  veniva  portato  sulle  spalle 
da'suoi  gentiluomini:  la  E,  alcuni  piccioli  appartamenti  per  al- 
loggiare la  famiglia  reale:  la  F,  altri  pei  domestici:  la  G,  offi- 
cine destinate  al  servizio  del  Principe  ed  altri  luoghi  ne'quali  si 
custodivano  gli  animali  feroci  e  curiosi:  la  H,  finalmente  ci 
mostra  alcune  stanze  che  forse  servivano  d'alloggio  alle  guardie 
dell' Inca. 

Come  fosse  fabbricato. 

Quest' edifizio  è  tutto  fabbricato  di  pietre  quasi  nere  e  che  per 
la  loro  durezza  s'assomigliano  alla  pietra  focaja  :  esse  sono  sì  bene 
unite  che  non  si  potrebbe  fra  le  une  e  le  altre  far  entrare  la 
punta  di  un  coltello.  Non  vi  si  scorge  cemento  che  le  congiunga  $ 
e  al  di  fuori  sono  tutte  convesse  ad  eccezione  di  quelle  delle 
porte  che  sono  piatte:  vi  ha  dell'ineguaglianza  non  solo  ne' filari 
delle  pietre,  ma  ben  anche  nelle  pietre  stesse}  e  ciò  rende  l'opera 
assai  singolare  \  poiché  ad  una  picciola  pietra  viene  immediatamente 
in  seguito  una  grande  e  non  bene  quadrata  ^  e  la  sovrapposta  è 
ciononostante  accoraadata  alle  ineguaglianze  dell'altra.  Queste  mu- 
raglie sono  alte  due  lese  e  mezza,  e  grosse  dai  tre  ai  quattro  piedi, 
e  le  porte  alte  due  tese,  o  circa  cinque  aune,sono  larghe  abbasso 
quattro  piedi,  e  vanno  diminuendo  verso  l'alto  fino  ai  due  piedi 
e  mezzo.  I  Peruviani  le  facevano  in  tal  modo  ,  perchè  non  ave- 
vano cognizione  alcuna  de'vòlti,  ed  erano  perciò  costretti  a  fare 
gli  architravi  delle  loro  porle  con  una  sola  pietra.  Non  si  sa  se 
questo  palazzo  e  gli  altri  della  medesima  spezie  avessero  un  piano 
superiore,  e  s'ignora  parimenti  la  maniera  colla  quale  erano  co- 
perti. Gli  edifizj  veduti  da  Ulloa  o  non  avevano  tetto,  o  erano 
stati  coperti  dagli  Spagnuoli  •,  pare  pei ò  certo  che  i  loro  tetti  fos- 
sero fatti  a  terrazzi  e  di  legno  sostenuto  da  travi  che  traversavano 
dall'uno  all'altro  muro. 

Palazzo  o fortezza  degli  Inca  vicino  al  villaggio  di  Cannar. 
Un  altro  palazzo  o  fortezza   degli  luca   trovasi  pure  al    nord- 


Mner.  Voi  ///. 


Ter    24 


\ydoazzo   o  cjZ/rrdei&Za.     f/<r///       '///<vr 


/'ff////>    sn 


ni'.GU    ABITATORI    DF.L    PERÙ  I  J  J 

est  del  villaggio  à' Alan  Cannai-  o  gran  Cannar  alla  distanza  di 
circa  duo  leghe ;  ed  esso  è,  secondo  Ulloa  ,  il  più  intero,  il  più 
grande  ed  il  meglio  fabbricato  di  tutti  gli  altri  palazzi  del  regno. 
Dalla  parte  per  dove  vi  si  entra  passa  un  picciol  fiume  che  gli 
serve  di  fossato,  e  dall'opposto  lato  esso  s'innalza  su  di  un  colle 
con  un'alta  muraglia  che  ne  rende  difficile  l'accesso.  Nel  mez- 
zo trovasi  un  torrione  di  figura  ovale  ;  vedi  la  Tavola  24 , 
che  s'innalza  dal  suolo  interno  dell'  edifizio  all'altezza  di  circa 
due  tese  ,  ma  dalla  parte  esterna  s' innalza  al  di  sopra  della  col- 
lina circa  otto  tese.  Dal  mezzo  del  torrione  sorge  una  spezie  di 
lorricella  quadrata  formata  da  quattro  mura  ,  i  cui  angoli  toccano 
la  circonferenza  dell'ovato:  nel  mezzo  di  questa  torricella  tro- 
vansi  due  picciolo  stanze  separate  ,  in  cui  si  entra  per  una  porta 
posta  all'opposto  dello  spazio  che  le  divide.  Questi  due  stanzini 
avevano  alcune  finestrelle  per  dove  le  sentinelle  osservavano  la 
campagna,  e  lo  stesso  torrione  serviva  di  corpo  di  guardia. 

La  muraglia  della  fortezza  dal  lato  della  superfizie  esterna  del 
torrione,  si  estende  alla  sinistra  circa  4°  tese  e  2^  alla  dritta. 
Essa  poscia  si  ripiega  ,  e  formando  diversi  angoli  irregolari  ab- 
braccia uno  spazioso  terreno:  non  vi  si  entra  che  da  una  porta 
in  faccia  al  torrione,  ed  assai  vicino  alla  stradella  che  serve  di 
letto  al  fiume.  Da  questa  porta  si  entra  in  un  viottolo,  nel  quale 
due  persone  possono  appena  passare  di  fi-onte,  e  che  conduce 
dritto  alla  muraglia  opposta  ,  dove  essa  ripiegasi  verso  il  torrione; 
ed  ivi  allargandosi  forma  una  picciola  piazza  davanti  al  mede- 
simo. Nella  grossezza  della  muraglia  lungo  la  stradella  trovansi 
ogni  tre  passi  delle  nicchie  che  pajon  fatte  per  le  sentinelle;  e 
nella  muraglia  interna,  la  quale  forma  la  stradella,  due  porte, 
che  servono  d' ingresso  a  due  quartieri  che  serviron  forse  di  ca- 
serme ai  soldati  della  guarnigione.  Nel  recinto  interno  alla  sinistra 
del  torrione  erauo  diversi  appartamenti,  de' quali  l'altezza,  U  di- 
stribuzione e  le  porte  ci  fanno  bastantemente  conoscere  ch'essi 
servivano  d'alloggio  al  Principe.  Trovansi  in  tutti  questi  appar- 
tamenti degli  incavi  che  sembrano  armarj;  e  veggonsi  pure  nelle 
due  slauze  del  torrione  e  nelle  nicchie  della  stradella  alcune  pie- 
tre sporgenti  6  od  8  pollici,  le  quali  verisimilmente  servivano  a 
sostener  le  armi  usate  da  questi  popoli. 

Tutta  la  muraglia  principale    che  è  sul  declivio  del  colle,    e 
Cosi.  Poi.  HI.  deli'  America  12 


\n$  COSTUME 

che  discende  lateralmente  dal  torrione  ,  è  grossissiraa  e  fatta  a 
scarpa  al  di  fuori,  eoa  un  terrapieno  nell'interno  ed  un  parapetto 
d'altezza  ordinaria.  Per  ascendere  sul  terrapieno  di  questo  ba- 
stione che  gira  lutto  all'  intorno  non  ci  ha  che  una  scala  vicina 
al  torrione.  Tutte  le  muraglie  tanto  interne  che  esterne  sono  di 
pietre  cosi  dure,  liscie  e  ben  unite  come  quelle  di  Callo;  né  vi 
si  vede  parimenti  che  tutti  questi  appartamenti  fossero  una  volta 
coperti. 

Affine  di  dare  una  più  esatta  idea  di  questo  grandioso  edifi- 
zio  ,  noi  abbiamo  creduto  bene  di  aggiugner  la  pianta  nella  detta 
tavola.  La  lettera  A  ,  indica  l' ingresso  del  palazzo  e  della  for- 
tezza ;  la  B  ,  la  corte  o  piazza  d'armi;  la  C,  il  torrione;  la  D, 
siti  che  servivano  di  corpo  di  guardia  ;  la  E  ,  muro  principale 
colla  sua  tettoja  esterna  come  al  torrione;  la  F  ,  scala  per  ascen- 
dere sulla  muraglia,  e  f,  altra  per  ascendere  sul  torrione;  la  G, 
sale  che  compongono  gli  appartamenti,  ognuna  delle  quali  non  ha 
che  una  porta;  la  H ,  str'a  delle  che  guidano  alle  porte  delle  sale; 
I?  altre  porte,  più  strette  all'alto  che  al  basso;  K,  porte  basse 
per  cui  si  entra  in  certi  siti  che  forse  servirono  d'alloggio  ai 
soldati;  L,  nicchie  nel  muro  fatte  forse  per  le  sentinelle;  M, 
piazza  al  piede  della  torre;  N,  picciol  fiume  che  circonda  l'edili- 
zio da  un  lato;  O,  altro  fiume  che  circonda  la  fortezza  dall'altro 
lato  ;  P  ,  monte  il  cui  declivio  termina  vicino  alla  muraglia ,  e 
forma  una  spezie  di  fossato. 

Anche  De  Humboldt  nel  suo  grande  Atlante  ci  presenta  al- 
cuni monumenti  dell'architettura  Peruviana.  Nella  sua  tavola  62 
veggonsi  le  rovine  di  una  parte  dell'  antica  città  Peruviana  di 
Chulucauas ,  e  la  pianta  di  una  casa  fortificata  dell' Inca  posta 
sul  dosso  della  Cordi gliera  dell' Assuay  e  nella  tavola  17  pag. 
107  un  altro  monumento  dell'antica  architettura  di  questi  popoli 
noto  sotto  il  nome  d' Ingapilca  o  di  fortezza  del  Cannar,  cui 
noi  abbiamo  creduto  opportuno  di  rappresentare  nella  Tavola  25 
riportandone  la  descrizione  colle  stesse  parole  dell'eruditissimo 
De-IIumboldt. 
Fortezza  del  Cannar  dall'  atlante  di  De~IIamboldt. 

Il  Llano    del    Pallai  (1),  così    egli,  ha  un  suolo    eccessiva- 
mente paludoso.  Noi    fummo  sorpresi    (2)  di  trovarvi ,   ed  all'  ni- 
fi) Quest' è  il   nome  che  si   dà  alle  alte  pianure  dell'  Assuav. 
(a)  Così  De-Huniboldt-Monumens  de  l' Amérique ,  pag.    108. 


DIGLI  ABITATORI  DEL  PERO'  I  ~C) 

tozza  che  supera  di  molto  quella  del  Picco  di  Teneri fFc  ,  i  ma- 
gnifici avanzi  di  una  strada  costrutta  dagli  Inca  del  Perù.  Ella 
può  esser  paragonata  alle  più  belle  strade  de' Romani.  Noi  ne 
abbiamo  veduta  la  continuazione  nella  vicinanza  di  Caxamarca  , 
a  cento  venti  leghe  al  sud  dell' Assuay  ,  e  si  crede  dagli  abitatori 
eli'  essa  giugnesse  fino  alla  citta  di  Cuzco.  Vicino  a  questa  strada 
dell'  Assuay  ,  all'altezza  di  207  \  tese  trovansi  le  rovine  del  pa- 
lazzo dell'  Inca  Tupayupangi  ;  ma  questi  avanzi  appellati  comune- 
mente los  paradones ,  sono  poco  elevati. 

Nel*  discendere  dal  Paramo  dell' Assuay  verso  il  mezzodì  si 
scopre  fra  Turche  e  Bui-gay  un  altro  monumento  dell'  antica  ar- 
chitettura Peruviana  ,  noto  sotto  il  nome  d' JngapilcA  ,  o  di  for- 
tezza del  Cannar.  Questa  fortezza,  seppure  può  essere  cosi  ap- 
pellata una  collina  terminata  da  una  piattaforma,  è  assai  meno 
rimarcabile  per  la  sua  grandezza  che  per  la  sua  perfetta  conser- 
vazione. Un  muro  costrutto  di  grosse  pietre  di  taglio  s'  innalza 
all'altezza  di  cinque  a  sei  metri;  forma  un  ovato  regolarissimo  il 
cui  grand' asse  è  lungo  circa  trentotto  metri:  l'interno  di  questo 
ovato  è  un  terrapièno  coperto  da  una  bella  vegetazione  ,  che  ac- 
cresce l' effetto  pittoresco  del  paesaggio.  Nel  centro  del  ricinto 
s' innalza  una  casa  di  due  soli  appartamenti  ,  e  circa  sette  metri 
d'altezza:  questa  casa  ed  il  ricinto  sono  rappresentati  nella  detta 
Tavola  1$  ,  la  forma  delle  pietre  ,  la  disposizione  delle  porte  e 
delle  nicchie  ,  la  perfetta  analogia  che  passa  fra  questo  edifizio  e 
quelli  di  Cuzco  non  lasciano  alcun  dubbio  siili'  origine  di  questo 
inomitneiìio  militare  che  serviva  d'alloggio  agli  Inca  quando 
passavano  di  tempo  in  tempo  dal  Perù  nel  regno  di  Quito.  I 
fondamenti  di  molti  edifizj  che  trovansi  intorno  al  ricinto  ,  dino- 
tano apertamente  che  una  volta  nel  Cannar  erano  abitazioni  ba- 
stanti per  alloggiare  le  truppe  che  seguivano  generalmente  gli  Inca 
ne' loro  viaggi.  In  questi  fondamenti  Humboldt  trovò  una  pietra 
tagliata  con  molt'arte:  ei  volle  rappresentarla  sul  davanti  della 
tavola  alla  sinistra  ,  ma  non  seppe  però  indovinarne  1'  uso  cui  essa 
poteva  servire. 

Alcuni  sono  d'opinione  (1)  che  il  muro  che  regge  il  colmo 
del  tetto  non  sia  del  tempo    degli  Inca  ,  ma  Humboldt    inclina  a 

(0    M.     De-la  Conclamine. Meitiuires    de    i'Acailtimie    de    Berlin,     »746> 
pag.   444. 


i8o  costumi: 

credere  che  ad  eccezione  delle  qua  Uro  finestre,  tutto  l' edificio  sia 
tale  quale  fu  costrutto  al  tempo  di  quegli  Imperadori. 
Searle. 

Questi  edifizj  non  erano  le  più  utili  opere  degli  luca.  Le  due 
strade  maestre  da  Cuzco  a  Quito  ,  che  si  stendevano  oltre  a  mil- 
le e  cinquecento  miglia  ,  sono  degne  della  nostra  attenzione.  Una 
era  condotta  per  l' interno  dell'  imperio  montuoso  ,  1'  altra  per  le 
pianure  alla  spiaggia  del  mare.  Potevasi  paragonare  ,  date  le  cir- 
costanze dell'uno  e  dell'altro  popolo,  alle  celebri  vie  militari, 
delle  quali  il  tempo  ci  ha  conservato  qualche  parte  ancora,  quai 
monumenti  della  Romana  potenza. 

Le  strade  Peruviane  avevano  soli  quindici  piedi  di  larghezza, 
ed  in  molti  luoghi  costrutte  cosi  leggermente ,  che  il  tempo  can- 
cellava subito  ogni  vestigio.  Nella  pianura  erano  tracciate  da  due 
file  di  pali  ,  unicamente  destinati  ad  indicare  il  vero  cammino  ai 
viaggiatori.  Era  più  ardua  impresa  l'aprire  un  sentiero  per  la 
montagna,  perchè  bisognava  appianare  i  luoghi  eminenti,  con- 
guagliare i  bassi  ,  ed  a  fine  di  preservarle  le  difendevano  con 
rialzo  di  terra.  Lungo  quelle  strade  vedevansi  succedere  i  lombo 
ossiano  arsenali  distribuiti  ad  intervalli  per  comodo  degli  luca  e 
de'  loro  cortigiani  ;  replicati  ospizj  pei  viaggiatori  ;  fortezze  e  tem- 
pli ;  canali  che  facevano  circolare  l' acqua  de'  fiumi  per  la  cam- 
pagna. Le  strade  eran  molto  più  solide  nelle  montagne  che  nel 
piano. 

Questi  monumenti  sono  un  mirabile  testimonio  dei  progressi 
che  fatti  avevano  i  Peruviani  nella  scienza  del  governo.  I  selvaggi 
d' America  non  ebbero  mai  idea  veruna  delle  strade  di  comuni- 
cazione da  un  luogo  ad  un  altro,  e  l'avevano  pure  imperfettis- 
sima i  Peruviani.  La  formazione  di  queste  strade  introdusse  nel 
Perù  un  altro  genere  di  opera  ugualmente  sconosciuta  a  tutto  il 
resto  dell'America.  La  strada  degli  luca  ,  nel  suo  corso  da  set- 
tentrione a  mezzodì,  era  intersecata  dai  torrenti  che  scorrono  eiù 
dall'Ande  verso  l'Oceano  occidentale.  Attesa  la  loro  rapidità  e  le 
frequenti  e  rapaci  inondazioni ,  erano  innavigabili.  Bisognava  dun- 
que un  qualche  espediente  per  potervi  passare. 
Ponti. 

I  Peruviani,  a  cagion  della  loro  ignoranza  dell'uso  degli  archi 
e    della  loro  incapacità,  per  mancanza  di  mezzi    per    lavorare  il 


I 


DEGLI    ACTATOUI   DEL    F-EPL"'  l8l 

legno  non  potevano  eostruire  né  ponti  di  pietra  né  di  legno*  Ma 
la  necessità,  madre  dell' invenzione  ,  ad  essi  suggerì  un  espediente 
che  supplì  a  questo  difetto.  Facevano  dei  forti  canapi  ,  intrecciando 
insieme  alcuni  arrendevoli  salci,  de' quali  abbonda  il  loro  paese, 
ne  distendevano  sei  attraverso  della  corrente,  uno  parallelo  all'al- 
tro ,  e  li  fermavano  da  ogni  parte  :  li  legavano  poi  fra  essi  stabil- 
mente ,  tessendovi  altri  canapi  più  sottili,  e  così  stretti  da  farne 
un  lavoro  composto  come  di  rete  ,  il  quale  essendo  coperto  di 
rami  d'alberi  e  di  terra,  vi  passavano  sopra  con  ogni  sicurezza. 
Ci  erano  persone  destinate  a  vegliare  ad  ogni  ponte  e  farvi  le  ne- 
cessarie riparazioni ,  e  ad  assistere  i  passeggieri. 

Balza  o  zattere. 

Per  passare  fiumi  larghi  e  profondi ,  ma  che  avevano  le  cor- 
renti poco  impetuose  ,  eglino  servivansi  di  balza,  ossiano  zattere, 
nel  costruire  e  nel  condurre  le  quali  pare  che  l'ingegno  dei  Pe- 
ruviani sia  superiore  a  quello  di  tutti  gli  altri  popoli  di  Ameri- 
ca. Questi  nella  scienza  navale  non  si  erano  avanzati  più  oltre 
che  all'  uso  di  remare  :  laddove  i  Peruviani  adoperavano  alberi  e 
vele,  cude  le  loro  balza  vogar  potevano  e  bordeggiare  al  pari  di 
una  nave. 

La  sagacità  e  Parte  de' Peruviani  non  si  confinarono  pura- 
mente agli  oggetti  di  essenziale  utilità  ,  giacché  avevano  fatto  qual- 
che progresso  anche  nelle  arti  che  diconsi  di  lusso.  Pcssedevano 
i  preziosi  metalli  in  maggior  abbondanza  che  qualunque  altro  po- 
polo d'America. 

Come  procuravansi  i  preziosi  metalli. 

Procuravansi  l'oro  nella  stessa  maniera  dei  Messicani,  cercan- 
dolo nei  letti  dei  fiumi ,  o  lavando  la  terra  che  ne  conteneva 
delle  particelle.  Ma  per  aver  dell'  argento  usavano  molta  accor- 
tezza ed  industria  ,•  facevano  delle  caverne  alle  ripe  dei  fiumi  e 
nei  fianchi  delle  montagne. 

Modo  di  fondere  i  metalli  ec. 

Avevano  anche  trovato  il  modo  di  fondere  il  metallo  e  di 
raffinarlo  col  mezzo  del  fuoco  ;  e  quando  lo  trovavano  più  duro 
e  misto  di  sostanza  eterogenea  lo  ponevano  in  fornelli  costrutti 
sopra  terreni  eminenti  in  modo  che  il  soffio  dell'  aria  servisse  in- 
vece di  mantici ,  de'  quali  ignoravano  1'  uso.  Con  questo  mezzo  lo 
fondevano  facilmente  j  per    la    qual  cosa  la  quantità    dell'argento 


182  COSTUME 

nel  Perù  era  cosi  accresciuta  ,  che  di  esso  si  fabbricavano  molti 
utensili  assai  comuni.  Ci  si  racconta  che  alcuni  de'loro  vasi  me- 
ritassero qualche  stima  non  solo  pel  valore  intrinseco  ma  per 
l'eleganza  della,  manifattura.  In  altre  opere  di  mera  curiosità  o 
di  ornamento  il  loro  ingegno  è  stato  commendato  altamente.  Molte 
di  queste  furono  estratte  dai  Guaca,  ossiano  monti  di  terra  ,  coi 
quali  coprivano  i  cadaveri  dei  trapassati  :  tra  le  altre  cose  v'  aveano 
specchi  di  varie  misure ,  lucide  pietre  dure ,  diligentemente  lu- 
strate, vasellami  di  terra  di  diverse  forme,  scuri  ed  altri  istru- 
irle nti ,  alcuni  destinati  alla  guerra  od  altri  pel  lavoro,  alcuni  fatti 
di  pietrafoeaja,  altri  di  rame  ,  induriti  in  guisa  con  una  per  noi 
occulta  operazione ,  che  in  diverse  occasioni  supplivano  alla  man- 
canza del  ferro.  Se  l'uso  di  tali  istrunienti  formati  di  rame  fosse 
stato  generale ,  il  progresso,  dei  Peruviani  in  genere  di  arti  avreb- 
be gareggiato  con  quello  delle  altre  nazioni  del  vecchio  mondo  ; 
ma  il  metallo  era  sì  raro,  e  così  difficile  ad  indurirsi,  che  i 
loro  istrunienti  di  rame  erano  sì  piccioli  e  pochi ,  che  non  gli 
impiegavano  che  nelle  opere  le  più  delicate. 

Ori  fi  cerici. 

«  L' arte  di  lavorare  in  orificeria ,  dice  1'  autore  della  soprac- 
citata recente  Storia  d'  America,  non  era  presso  i  Peruviani  in 
minor  fiore.  Gli  Spaguuoli  trovarono  molte  cose  fatte  d'argento, 
d'oro  e  di  smalto  così  congiunti  insieme  che  non  vi  si  scorgeva 
1'  arte.  E  come  poi  il  paese  abbondava  di  smeraldi ,  di  turchine 
e  della  pietra  detta  del  gallinaccio  ,  cui  i  Peruviani  chiamavano 
l'argento  dei  morti,  mirabili  erano  i  lavori  d'incassatura  che  fa- 
cevano di  queste  ,  esprimendone  differenti  soggetti  o  imitati  da 
quanto  la  natura  presentava  in  frasche  ,  in  fiori ,  in  pesci ,  in  in- 
setti od  altri  animali,  oppure  tratti  dalla  fantasia  dellJ  artefice. 
Ne  è  vero,  come  alcuni  hanno  detto,  che  i  Peruviani  non  lavo- 
rassero gli  smeraldi  e  le  pietre  di  gallinaccio  ,  perciocché  mille 
testimonj  si  hanno  del   contrario  ». 

Ornamenti  à' oro  ec.  de' palazzi ,  de'  templi  e  de'  giardini. 
Ma  una  grandissima  prova  dell'abilità  de' Peruviani  nell'arte 
di  fondere  e  di  lavorare  i  metalli  ce  la  somministrano  gli  orna- 
menti de'loro  palazzi  e  de' templi  ,  le  tante  statue  d'animali  e 
d'uomini  di  cui  que' luoghi  erano  pieni,  ed  i  loro  famosi  giardini. 
E  cominciando  dagli  ornamenti    interni  delle  sale  e  camere  degli 


DEGLT    AE1TAT0RI    DEL    PEr.Tj'  l83 

Incili  ,  tutto  quelle  parti  che  rimanevano  sporgenti  ,  erano  incro- 
state d'  argento  o  d'oro  a  mille  opere  diverse  lavorate  vaghissi- 
mamente;  e  talora,  ove  fosse  caduto  più  in  acconcio,  tempestate 
di  varie  belle  gemme.  Le  muraglie  delle  sale  più  vaste  in  luogo 
di  continuate  tappezzerie  di  lana,  rappresentanti  coi  più  naturali 
colori  piante  ed  animali  aveano  talora  grandi  nicchie  contenenti 
figure  d'uomini,  di  donne,  di  belve;  e  negli  spazj  interposti  vede- 
vansi  uscir  piante  effigiate  con  tutta  la  naturalezza  ;  e  sulle  frasche 
poggiavano  uccelletti  e  farfalle  ;  e  pel  muro  medesimo ,  o  sui  tron- 
chi e  rami  stavano  ,  come  se  montassero  o  discendessero  ,  lucertole 
e  biscie  d' ogni  grandezza  :  le  quali  figure  tutte  per  gli  smalti 
opportunamente  sovrapposti  aveano  tutto  ciò  che  a  rappresentare 
la  verità  poteva  desiderarsi.  Il  seggio  dell' Inca  era  tutto  d'oro 
massiccio,  comodo  pel  modo  eh,' era  fatto,  ma  però  senza  appog- 
gio di  dietro  e  senza  bracciuoli.  Questo  seggio  era  ordinariamente 
sopra  un  soppedaneo  dello  stesso  metallo.  Tutti  gli  utensili  e  vasi 
pel  servizio  della  casa  dell' Impcradore  e  della  sua  persona  erano 
d'  argento  e  d'  oro  ,  a  qualunque  uso  servissero.  Ogni  palazzo  im- 
periale avea  vasti  giardini;  ma  ivi  l'arte  n;  avea  preparato  il  di- 
letto ,  dalla  natura  copiando  puramente  le  forme  delle  cose.  I 
più  begli  alberi ,  le  piante  e  i  fiori  più  gradevoli  agli  occhi  erano 
d'oro,  d'argento,  di  metallo  misto,  smaltati  a  modo  che  mo- 
stravano perfettissima  l'imitazione.  V'erano  pure,  fatti  medesi- 
mamente di  que' metalli,  conigli,  sorci,  serpenti,  lucerte,  farfalle, 
uccelli ,  gli  uni  fermi  sui  rami  come  se  cantassero  ,  gli  altri  colle 
ali  stese,  come  in  atto  di  prendere  il  volo  (i). 
u4ltre  arti. 

I  Peruviani  sapevano  tutti  pei  loro  bisogni  le  arti  comuni,  ma 
alcuni  ne  portarono  varie  a  perfezione.  Vi  erano  provincie  e  città 
che  distinguevausi  in  certi  determinati  lavori,  secondo  che  le  par- 
ticolari circostanze  vi  avevano  da  principio  contribuito.  Così  sap- 
piamo che  mentre  in  ogni  luogo  facevansi  abiti  comuni  di  cotone 

(i)  «  Forse  qualche  albero  od  arbusto  d'oro  puro,  così  Malte-Brun, 
Gèog.  Un<v.  1  i  1  ».  ioS  ,  potè  ornare  1  giardini  imperiali  di  Cuzco  ;  ma  gli 
storici  portarouo  alla  stravaganza  il  novero  di  quelle  ricchezze.  Eranvi, 
dice  Garcihisso  ,  cataste  di  verghe  d' oro  in  forma  di  legne,  e  granaj  ri- 
pieni di  grani  d'oro.  Confcsserem  non  pertanto  che  1  famosi  giardini  d'oro 
non   ci  sembrano  oltrepassare  i  limiti  della  vcrisimiglianza  storica. 


1  8  4  COSTWME 

.o  di  lana ,  conforme  portava  la  natura  del  clima  che  sommini- 
strava all'  uopo  1'  una  cosa  o  1'  altra ,  v'  erano  poi  quelli  che  ne 
facevano  dei  fini  e  finissimi,  i  quali  servivano  ai  Grandi  della  na- 
zione pe'  regali  che  dai  Curachi  de'varj  paesi  se  ne  facevano  al- 
l' Inca  \  o  per  quelli  che  l' luca  ne  faceva  ai  Principi  ed  offiziali 
della  sua  casa  e  ai  Curachi. 

Stoffe  ,  drappi  ,  tappezzerie. 

I  panni  di  lana  e  le  stoffe  di  cotone  vedute  dagli  Spagnuoli 
fin  da  principio  dell'invasione  trassero  questi  ad  alta  meraviglia 
per  la  finezza  squisita  del  tessuto,  e  per  la  bella  maniera  con  cui 
•v'erano  o  ricamate  sopra  figure,  o  commesse  pagliuzze  d'oro  di 
forme  diverse.  Le  vergini  del  Sole  esercitavansi  singolarmente  iu 
ricami  d'oro,  d'argento,  di  gemme  e  di  perle,  di  cui  ornavano 
i  sottilissimi  panni  di  vigogna  da  esse  medesime  lavorati,  e  talora 
\i  frammischiavano  finissime  piume ,  i  cui  mirabili  colori  sapevano 
esse  imitare  ancora  nelle  varie  tinte  che  davano  alla  lana  e  al 
cotone.  Gli  Spagnuoli  ebbero  a  meravigliarsi  egualmente  delie 
superbe  tappezzerie  che  lavoravansi  in  diverse  provincie  dell'  im- 
perio ,  magnifiche  non  meno  per  la  varietà  delle  opere  ,  che  pei 
colori  che  vi  erano  impiegati  :  distinguevausi  singolarmente  quelle 
che  venivano  fabbricate  in  Cassamasca  e  in  Pomatarapo. 

Medicina. 

Detto  così  quanto  basta  intorno  alla  generalità  delle  loro  arti, 
par  conveniente  aggiugnere  qualche  cosa  di  quella  colla  quale 
usavano  riparare  alla  loro  sanità  sconcertata ,  vogliamo  dire  della 
medicina,  che  arte  piuttosto  che  scienza  è  questa  presso  ogni  po- 
polo ,  il  quale  la  eserciti  per  pratica ,  e  non  per  principi  »  sicco- 
me appunto  i  Peruviani  facevano.  In  generale  però  essi  toccavano 
i  due  punti  a  cui  quest'  arte  si  è  attenuta  presso  tutte  le  nazioni 
anche  più  colte,  che  sono  i  purganti  e  i  salassi.  Facevano  i  sa- 
lassi per  lo  più  alle  braccia  e  alle  coscie  ,  e  spesso  direttamente 
alla  parte  iu  cui  sentivano  il  dolore;  così  cavavano  sangue  alla 
radice  del  naso  negli  intensi  dolori  di  capo. 

Siccome  quest'  arte  era  tutta  per  tradizione  ,  così  ognuno  v'  era 
iniziato ,  per  quanto  almeno  occorreva  negli  ordinarj  incomodi  di 
salute.  Vi  erano  però  alcune  vecchie,  le  quali  facevauo  il  mestiere 
del  medico,  guidate  da  una  lunga  esperienza;  e  vi  erano  spezial- 
mente erbolai,  che  conoscevano  le  virtù  delle  piante,  delle  radi- 


DEGLI   ABITATORI    DFX    PERXj'  l85 

che,   delle  gomme  o  dei  balsami,  delle  quali  cose  il  Perù  è  mi- 
rabilmente fornito  più  che  ogn'  altro  paese  del   mondo. 

E  primieramente  è  da  osservarsi  ,  che  alcune  piante    o    frutti 
che  servivano  per  alimento  a'  Peruviani  ,  somministravano  ad  essi 
anche  de'rimedj    negli    sconcerti  di  salute.  Avevano    semplici    in 
gran  numero  ,  eccellenti  per  guarigioni  d'  ogni   maniera. 
Radici  del  maguey. 

Essi  pestavano  le  radici  del  maguey  e  ne  facevano  una  spezie 
di  sapoue  ,  con  cui  lavandosi  il  capo,  calmavano  l'emicranie,  da- 
vano forza  ai  capelli,   li   tingevano  di  un  nero    lucidissimo,  e  fa- 
cevano sparire  le  macchie  del  viso. 
La  salsapariglia  ,  il  mulli,  il  chillca ,  il  mateellu. 

Avevano  pure  i  Peruviani  la  salsapariglia  ,  il  tabacco  ,  detto  da 
essi  sajr.i',  e  il  loro  famoso  albero  malli,  cui  gli  Spagnuoli  chia- 
marono molle,  dava  loro  una  gomma  di  un  effetto  meraviglio- 
sissimo e  quasi  soprannaturale  per  le  piaghe.  La  loro  erba  chillca 
li  liberava  dai  dolori  delle  giunture  ,  e  dalle  più  mortali  contu- 
sioni. Per  ogni  infiammazione ,  od  altra  gravissima  malattia  d  oc- 
chi, 1' empiastro  della  pianta  da  essi  appellata  mateellu,  applicata 
pel  breve  corso  di  una  notte ,  era  uu  rimedio  infallibile. 
Erba  cuca. 

Essi  facevano  grande  uso  delle  foglie  della  cuca  o  coca  quale 
la  dissero  gli  Spagnuoli ,  abitualmente  masticandola  per  trarne  il 
sugo.  Con  questo  corroboravansi  nelle  loro  fatiche  in  modo  ,  che 
ripigliavano  forza  se  erano  stanchi ,  e  resistevano  senza  incomodo 
anche  alla  fame.  Oltre  ciò  codesto  sugo  conservava  loro  mirabil- 
mente i  denti,  e  li  guariva  dai  dolori  d'ogni  specie.  Questa  foglia, 
o  pestata  o  messa  in  polvere,  era  uno  specifico  pei  tumori  e  pel- 
le piaghe  più  vecchie  e  cancrenate  ,   e  per  fino  per  frattura  d'ossa. 

Ma  saremmo  troppo  prolissi  se  tutti  i  vegetabili  volessimo 
enumerare  che  a  rimedio  de'  loro  mali  i  Peruviani  usavano  con 
vantaggio.  Biagio  Oulera  ,  il  più  diligente  investigatore  delle  cose 
Peruviane,  giustamente  disse  essere  il  Perù  sì  abbondante  d'  ogni 
genere  di  cose  utili  in  medicina  ,  che  potrebbe  esso  solo  som- 
ministrarne a  tutto  il  mondo  per  ogni  uopo ,  se  si  fosse  tenuto 
conto  di  quanto  con  sicuro  successo  usavano  gli  indigeni. 
Quina-quinn. 

Ma  gli  Spagnuoli  non  cercavano  che  l'oro:    non  fu  che  assai 


l86  COSTUME 

dopo  la  conquista  che  essi  conobbero  l' uso  della  qnìna-quina.  I 
Peruviani  la  dicevano  cascari"lia  .  e  ne  conoscevano  i  buoni  ef- 
fetti  fino  dal  tempo  in  cui  i  loro  Incili  conquistarono  il  paese  di 
Loxa ,  nelle  cui  montagne  ,  dette  di  Casanuma  ,  cresce  spezialmente 
l'albero  dal  quale  si  trae.  I  Peruviani  dicevano  d'averne  appreso 
la  virtù  e  l'uso  dal  bone,  il  quale  negli  accessi  di  febbre,  a  cui 
va  soggetto,  soleva  mangiarne.  Per  molto  tempo  si  pregiò  quella 
che  distaccavasi  dalla  parte  dell'albero  esposta  all'oriente:  né 
forse  aveasi  torto.  Un  altro  febbrifugo  egualmente  prezioso  trova- 
rono i  Peruviani  nella  scorza  di  un  altro  albero  cui  essi  diretta- 
mente chiamano  quina,  che  cresce  conosciuto  sotto  questo  nome 
nel  paese  dei  Gharca;  e  sotto  quello  di  laiche  sulle  sponde  del 
IMaragnone  nel  paese  dei  Mayna.  Fu  questa  propriamente  ì-t  prima 
china  trasportata  in  Europa  :  V  albero  che  da  questa  scorza,  forma 
ancora  intorno  al  suo  frutto  una  gomma  odorosa  ;  e  mediante 
un'incisione  nel  tronco  un  balsamo  ;  1  una  e  l'altro  per  molte 
applicazioni  eccellenti. 

Rimedio  per  qli  sconcerti  della  malinconia  e  per  la  collera. 
Fra  tanti  rimedj  che  avevano  i  Peruviani  sia  per  preservarsi 
dai  mali,  sia  per  liberarsene,  uno  ne  possedevano  ancora  singola- 
rissimo per  guarire  dagli  sconcerti  di  collera  o  di  malinconia  che 
merita  di  essere  riferito.  Avevano  essi  una  certa  radica  bianca , 
simile  in  qualche  modo  alla  nostra  rapa  ,  di  cui  pestavano  all'  in- 
circa due  once/,  e  ne  inghiottivano  la  pasta  sciolta  nell'  acqua.  Poi 
si  mettevano  al  sole  per  facilitare  1'  effetto  della  medicina ,  la 
quale  un'  ora  dopo  incominciava  operando  a  tormentarli  a  modo, 
che  parea  ebe  fossero  prossimi  a  morire.  Si  riavevano  però  poco 
dopo  ,  e  il  primo  segno  della  ricuperata  sanità  era  il  sentirsi  af- 
famati estremamente. 

Imbalsamazione. 

Le  cose  fin  qui  esposte  bastano  per  dare  un'  idea  della  medi- 
cina dei  Peruviani  j  ma  non  dobbiamo  però  tacere  dell'arte  che 
aveano  d'  imbalsamare  i  cadaveri.  Essi  solevano  imbalsamarli  con 
tale  diligenza  ,  che  non  solo  parevano  corpi  vivi ,  ma  conservavansi 
per  molti  secoli.  Garcilasso  riferisce  che  nel  i56o  fu  condotto  in 
una  sala  ove  il  licenziato  Paolo  Ondegardo,  nativo  di  Salamanca 
e  giudice  in  Cuzco  ,  gli  fece  vedere  cinque  cadaveri  ,  tre  d' uo- 
mini e  due   di  donne ,  ai  quali  non   mancava    né  un  capello  ,  nò 


DEGLI   ABITATORI  DEL    KRtf'  187 

un  pelo  delle  sopracciglia.  Conoscevasi  che  quelli  degli  uomini 
erano  cadaveri  d' Imperadori  ,  perdio  aveano  la  fronte  ornata 
della  frangia  rossa.  Stavano  seduti  all'uso  del  paese,  colle  mani 
incrociate  sul  petto  e  cogli  occhi  bassi.  Acosta  che  li  vide  alcun 
tempo  dopo ,  e  che  li  osservò  con  maggiore  attenzione  di  Garci- 
lasso  ,  aggiugne  che  aveano  gli  occhi  d'oro,  e  fatti  con  tal  mae- 
stria, che  nou  distinguevansi  dai  naturali:  segno  evidente  che 
erano  composti  più  di  smalto  che  d'oro.  Pare  che  i  Peruviani  ri- 
cusassero di  palesare  agli  Spagnuoli  1'  artifizio  che  usavano  in 
questa  imbalsamazione. 
Scienze  de'  Peruviani. 

Dopo  di  aver  parlato  delle  arti  de'  Peruviani ,  ragion  vuole 
che  non  si  debba  omettere  d' investigare  anche  lo  stato  delle 
loro  scienze.  E  primieramente  osserveremo  ch'eglino  sfortunata- 
mente mancavano  del  più  necessario  mezzo  onde  conservare  le 
cognizioni  a  cui  gli  uomini  d'acuto  ingegno  potevano  giugnere  , 
cioè  della  scrittura  alfabetica.  I  famosi  quipu  de' Peruviani,  se 
per  avventura  si  fossero  spinti  ad  indicare  qualche  idea  astratta  , 
non  valevano  a  rappresentarne  quella  serie  che  entra  nella  tratta- 
zione  ed  amplificazione  di  una  scienza. 
Quipu  co' quali  i  Peruviani  supplivano  alla  mancanza  della 
scrittura» 

Erano  i  quipu  Peruviani  una  spezie  di  frangia  di  fili  penden- 
ti dall'  alto  al  basso  ,  appiccati  superiormente  ad  una  intrecciatura 
orizzontale  comune,  e  procedenti  per  circa  tre  piedi.  La  lunghez- 
za della  intrecciatura  e  di  tutta  la  serie  de' fili,  era  determinata 
dalla  quantità  delle  cose  che  volevausi  esprimere.  Per  leggere  i 
quipu  bisognava  sapere  il  significato  che  davasi  alla  maggiore  o 
minore  torcitura  di  que'fìli,  ai  colori  de'  medesimi ,  alla  diversa 
successione  di  que" colori,  e  alla  qualità  differente  de' nodi  ,  non 
tanto  pel  lungo  che  nella  loro  serie  presentavano  ,  quanto  per  la 
maggiore  o  minore  grossezza  de'' medesimi ,  e  per  gF  intromessi 
colori ,  e  per  tutti  quanti  gli  accidenti  di  che  quelP  artifiziosa 
frangia  era  composta.  Sono  quasi  interamente  perdute  le  memorie 
di  tutte  queste  cose;  le  poche  che  ci  rimangono  sono  le  seguenti. 
Col  color  giallo  veniva  indicato  1'  oro  e  col  bianco  1'  argento  :  gli 
uomini  di  guerra  erano  espressi  col  rosso:  le  cose  che  nou  ave- 
vano color  notato,  venivano  disegnate  dal  posto  in  cui  collocavasi 


l88  COSTUME 

il  gruppo  che  n'  ei\i  il  simbolo ,  convenutone  il  posto  pei'  la  esti- 
mazione comune,-  così  facevano  de' vai -j  grani,  cosi  delle  varie 
armi.  Coi  gruppi  pure  disegnavano  un  villaggio,  un  borgo,  una 
città,  una  provincia,  una  divisione  dell'imperio,  1  imperio  stesso; 
e  dove  volevasi  dar  l'idea  degli  abitatori  di  una  di  coteste  parti, 
mettevansi  nell'ordine,  che  la  graduazione  convenuta  portava, 
i  nodi  relativi  pel  colore  o  semplice  o  misto,  e  per  la  forma  e 
grandezza  ,  già  pur  comenuti.  Essi  in  questo  proposito  solevano 
mettere  in  prim' ordine  i  vecchi  al  disopra  di  sessant' anni;  nel 
secondo  gli  uomini  di  cinquanta,  e  cosi  discendevano  a  mano 
a  mano  sino  al  fanciullo  lattante.  I  fili ,  che  abbiamo  detto  pen- 
denti dall'  alto  al  basso  della  intrecciatura  orizzontale  ,  che  fatta 
anch'  essa  a  gruppi  e  a  colori  significava  una  intestazione  dell'  ar- 
gomento di  che  la  serie  de'  fili  trattava ,  aveano  anch'  essi  per 
tutta  la  loro  lunghezza  altri  fili  sottilissimi  a  più  colori  e  aggrup- 
pati, i  quali  pare  che  esprimessero  le  idee  accessorie  e  qualifica- 
tive ,  quali  entrano  in  un  alquanto  lungo  ragionamento.  Sappiamo 
p.  e.  ;  che  attaccati  al  nodo  esprimente  donna  ,  valevano  per  dire 
s'essa  era  vedova,  e  da  qual  tempo;  se  madre,  e  di  quanti  figli; 
se  sposa  ec.  Egli  è  probabile  che  nel  conteggio  non  andassero 
oltre  alla  espressione  di  un  centinajo  di  migliaja  ,  ma  è  probabile 
ancora  che  con  un'  altra  intestazione  simile,  e  col  solo  aggiuii- 
gnervi  il  numero  di  seconda  ,  di  terza  ec.  dessero  conto  di  qua- 
lunque quantità.  Rispetto  ad  esprimere  idee  morali  poteva  forse 
essere  più  semplice  la  serie  de'  gruppi  necessarj  una  volta  che 
erano  convenuti,  come  dovevano  essere  i  segni  determinativi  della 
cosa  e  dell'  azione.  Necessariamente  si  aveano  in  que'  gruppi  piut- 
tosto simboli  delle  cose  che  segni  elementari  di  parole. 
Custodi  dei  quipu. 

Quello  poi  che  è  certo  si  è  ,  che  erano  per  autorità  pubblica 
stabiliti  i  custodi  di  questi  quipu,  che  noi  diremmo  archivisti;  i 
quali  o  si  trattasse  di  conti,  odi  rapporti,  o  di  decisioni,  o  di  leggi, 
o  di  qualunque  altro  atto  di  amministrazione,  sia  per  presentarlo 
ad  esame,  sia  per  comunicarlo  a  regola,  sia  in  qualunque  maniera 
per  consultarlo,  alla  opportunità  il  presentavano;  nò  è  strano  il 
supporre,  che  vi  fossero  copisti,  che  ne  moltiplicassero  gli  esem- 
plari ,  non  meno  che  al  bisogno  facessero  delle  loro  pitture  i 
Messicani.  Questi  custodi ,  detti  dai  Peruviani  Quipucamaju  non 


DEC.U   ABITATORI    DEL    PERu'  1  8f) 

orano  solamente  alla  corte  dell' luca,  ma  in  tutte  le  città  dell'ini' 
perio  ;  e  gli  lucili  avevano  stabilito,  clic  il  lor  minor  numero  fos- 
se in  ogni  luogo  di  quattro;  ed  a  norma  della  maggiore  grandezza 
della  città,  crescesse  fino  ad  aversene  venti  o  trenta.  Il  che 
dimostra  che  questi  custodi  n'erano  anche  all'opportunità  i  di- 
ciferatori  e  gli  interpreti;  che  si  volevano  -concordi ,  e  che  quan- 
tunque uno  solo  forse  avesse  potuto  bastare  ,  i  più  assicuravano  e 
il  governo  e  i  sudditi  da  ogni  funesta  conseguenza  dell'  errore  o 
della  mala  fede. 

Con    questi    qui/m    adunque    si     appresentavano  tutti  i  tributi 
che  ogni  anno  ls  luca  riceveva  ;  senza   che    vi    fosse  omessa   fami- 
glia ,    secondo   Ja    sua  nazione  e  qualità  ;    con    questi    si  offriva  il 
ruolo  di  tutti  i  militari,  e  notavansi  gli  uccisi  in  guerra,  o  morti 
per  altra  ragione;  con  questi  si  vedevano  i  nati  e  i  morti  in  ogui 
famiglia  colla  indicazione  del     loro    numero    a    mese     per  mese  ; 
con    questi  erano  significate  le  battaglie,   le  vittorie,  le  rotte,  le 
ambascerie ,  le  dichiarazioni    degli  Incili;  con  questi  dichiara  vasi 
il  reo  ,  il  delitto  e  la  pena    profferita  ;    ed    indicatasi    il  soggetto 
d'  ogni  lite  ,  e  la  sentenza  intorno  alla  medesima    emanato.  I  cu- 
stodi poi  de  delti  quipu  con  certi  segni  suppletivi  de' gruppi  do- 
veano    spiegare    quanto  di  più    occorreva.    Era    questa    una    parte 
assai  importante  di  dottrina  ,  la  quale  conservavasi  per  tradizione 
da  padre  in  figlio,  spezialmente  nelle  città  in  cui  le  cose  memo- 
rabili, disegnate  iu,  certe  spezie  di  quipu,   erano  succedute,  o  ia 
cui  potevasi    presumere  che  più    spesso    occorresse    di  farne    uso. 
Quando  i  Cu  rechi  ,    od    altri     nobili     volevano     sapere    la    storia 
de' loro     antenati,     consultavano     questi     Quipucamayu ,    i  quali 
passavano    tutta    la  loro  vita  in  [studiare    le  vecchie    frangie    loro 
affidale.    Così  resta    chiarito    come  i  Peruviani,  privi    di  scrittura 
non    solamente     alfabetica ,  ma  eziandio     simbolica ,     avessero  nei 
quipu  un  maraviglioso  ajuto  per  1  amministrazione  dello  Stato,  e 
per  tramandare  alla  posterità  i  fatti  più  gloriosi   della  loro  storia. 
Amantas   o  filosofi  del    Perù. 

Un3  altra  classe  di  dotti  o  filosofi  distiuguevasi  nel  Perù  sotto 
il  nome  di  Amanlas  ,  o  persone  dedicate  alle  scienze.  E  certa- 
mente se  si  considerano  le  leggi  deli'  imperio  e  i  coslumi  gene- 
rali ,  dee  dirsi  che  la  filosofìa  morale  fu  ben  coltivata  dai  Peru- 
viani. 


igo  COSTUME 

Coltivarono  V  astronomia. 

Ma  una  scienza  che  esige  un  maggiore  complesso  di  cognizioni 
è  l' astronomia  ,  la  quale  si  fa  necessaria  ad  ogni  popolo  sorto 
appena  dallo  stato  di  rozzezza  ,  essendo  essa  la  guida  necessaria 
per  l'agricoltura  e  per  l'ordine  delle  cose  civili  e  religiose.  I  Pe- 
ruviani non  solamente  non  ne  mancarono,  ma  n'ebbero  tale  pra- 
tica che  giustamente  può  far  meraviglia  se  si  considera  che  il 
principio  della  loro  coltura  non  andava  oltre  a  quattro  secoli. 
Vero  è  che  fuori  del  sole  ,  della  luna  e  di  venere  essi  non  cono- 
scevano altri  astri  ;  giacché  tutti  gli  altri  corpi  celesti  chiamavano 
con  un  nome  medesimo,  non  escluse  le  pleiadi,  che  pur  sembra 
eh5  eglino  distinguessero  dalle  altre  stelle.  Ma  come  supporre  che 
i  Peruviani  non  avessero  un  calendario  con  cui  regolare  le  stagio- 
ni e  i  punti  cardinali  del  moto  annuo  del  sole  ,  avendo  essi  so- 
lenni feste  stabilite  ai  solstizj  ,  agli  equinozi  ,  al  tempo  delle 
seminagioni  e  a  quello  delle  messi?  Bisogna  dunque  dire,  che 
conoscessero  l'anno  lunisolare. 

Monumento   astronomico   di  Cuzcr. 

Certo  è  che  a  conoscere  e  a  rettificare  il  corso  del  sole  ave- 
vano essi  innalzato  il  monumento  famoso  delle  sedici  torri ,  che 
Garcilasso,  Pietro  di  Cieca  e  Acosta,  dicono  di  aver  veduto.  Otto 
di  queste  torri  erano  piantate  all'oriente  di  Cuzco,  e  sotto  all'oc- 
cidente. Codeste  otto  torri  erano  divise  da  ogni  parte  in  due 
gruppi ,  ciascheduno  di  quattro  ;  e  tra  queste  quattro  ve  n'  erano 
in  ogni  gruppo  due  picciole,  alte  circa  tre  tese,  e  distanti  1' una 
dall'  altra  da  diciotto  in  venti  piedi.  Codeste  picciole  torri  erano 
in  mezzo  alle  due  grandi  ;  e  per  venti  piedi  incirca  parimente 
distanti  dalle  medesime.  Dalle  alle  torri  si  vedeva  fra  le  due 
picciole  il  sole  alzai'si  e  tramontare  ne'  giorni  dei  due  solstizj.  Per 
fare  tale  osservazione  un  Inca  metteva»  al  nascere  e  al  cader 
del  sole  in  un  determinato  sito,  onde  vedere  se  il  sole  si  levasse 
o  cadesse  precisamente  nel  punto  dell'  orizzonte  che  discoprivasi 
tra  le  due  picciole  torri  poste  all'  oriente  e  all'occidente  della  città. 
E  curiosa  cosa,  che  Galileo  avesse  proposto  la  costruzione  di  cosa 
simile  ,  comunque  più  semplice  fosse  il  diseguo  suo ,  e  l' uso  as- 
sai più  ragionato. 

Gnomoni  presso  i  templi. 

I  Peruviani  mettevano  inoltre  una  grande  importanza  in  fissare 


BEGLI  ABITATORI  DKL  VERu'  I()l 

il  vero  giorno  dei  due  eqininozj.  Era  al  giorno  dell'  equinozio  di 
primavera  eh'  essi  incominciavano  le  messi;  ed  all'equinozio 
d'autunno  celebravano  una  delle  loro  feste  principali.  Per  deter- 
minare il  giorno  equinoziale  aveano  alzate  nelle  piazze  poste  avan- 
ti ai  templi  del  Sole  alcune  colonne  di  pietra  situate  nel  centro 
di  un  gran  circolo  tagliato  in  mezzo  da  una  linea  che  lo  attra- 
versava da  oriente  ad  occidente.  Questa  linea  era  il  risultamento 
di  un  gran  numero  di  osservazioni  con  assai  diligenza  ripetute 
per  lungo  corso  di  anni.  All'  approssimarsi  dell'  equinozio  gli  In- 
cili stavano  attenti  per  rilevare  l'estensione  e  la  direzione  dell'om- 
bra che  quelle  colonne  presentavano;  e  notandone  i  risultamene , 
ne  traevano  poi  le  conclusioni  convenienti  all'  intendimento  loro. 
Solevano  i  Peruviani  ornare  quelle  colonne  di  bellissimi  fiori,  e 
ponevano  sulla  cima  delle  medesime  il  trono  del  Sole,  dicendo  che 
quell'  astro  ivi  posavasi  in  quel  giorno  nella  pienezza  della  sua 
luce;  ed  è  perciò  che  in  tal  giorno  appunto  facevano  al  Sole  le 
più  preziose  offerte.  E  siccome  avevano  osservato  che  a  misura 
eh'  essi  spingevano  le  loro  conquiste  verso  la  linea  equinoziale, 
minore  ombra  quelle  colonne  davano  il  dì  dell'  equinozio  ,  cosi 
apprezzavano  molto  più  quelle  che  erano  prossime  a  Quito,  e 
massime  le  collocate  in  quella  città ,  perchè  situate  direttamente 
sotto  la  linea,  al  mezzodì  del  giorno  equinoziale  non  davano  om- 
bra veruna. 

Geometria  e  geografìa. 

Dpveano  i  Peruviani  avere  qualche  cognizione  di  geometria, 
giacché  la  misura  e  la  divisione  delle  terre  formavano  una  parte 
fondamentale  della  loro  politica  ed  amministrazione.  La  loro  geogra- 
fa non  si  estendeva  oltre  il  paese;  poiché  non  avendo  commercio 
con  popoli  lontani  ,  le  sole  loro  conquiste  procuravano  loro  la  co- 
gnizione di  quanto  era  al  di  là.  Ma  essi  sapevano  levar  piani,  far 
modelli  e  rappresentare  con  molta  esattezza  le  provincie  compo- 
nenti l'imperio  degli  Incili. 

Musica. 

La  loro  musica  non  era  gran  cosa  :  uno  dei  loro  principali 
strumenti  era  composto  di  quattro  o  cinque  canne  disuguali,  o- 
guuna  delle  quali  avea  un  tuono  più  alto  dell'  altra  ;  e  quando 
uno  sonava  in  un  tuono,  l'altro  gli  rispondeva  in  un  altro;  a 
modo  che  alzavano  od  abbassavano  la  voce  dello  siromeuto  senza 


i  gì  COSTUME 

alcuna  dissonanza.  Aveano  anche  pive  o  flauti  di  quattro  o  cinque 
tuoni ,  ed  ognuno  si  accordava  da  se  solo ,  non  sapendo  mettersi 
in  accordo  cogli  altri.  Ogni  canzone  avea  un'aria  particolare:  cia- 
scheduno improvvisava  la  sua  musica  e  il  suo  canto.  I  Peruviani 
servivansi  comunemente  della  musica  per  esprimere  alle  loro  a- 
manti  la  propria  passione  ',  il  flauto  era  lo  stromento  con  cui  can- 
tavano i  loro  amori  ;  le  guerre  e  le  imprese  eroiche  cantavansi 
con  altri  slronienti:  gli  iuchi  tenevano  a  corte  alcuni  signori  al- 
levati nell'  arte  del  canto.  Non  si  può  parlare  di  musica ,  senza 
parlare  anche  di  poesia. 
Poesia. 

I  dotti  del  Perù  componevano  commedie  e  tragedie,  che  ve- 
nivano rappresentate  alla  corte  dai  figliuoli  dei  gran  signori.  Le 
tragedie  aveano  sempre  per  argomento  azioni  militari  ,  vittorie , 
trionfi  e  imprese  nobilissime  de' Re  o  degli  eroi  della  nazione. 
Le  commedie  erano  recitate  negli  intermezzi,  e  rappresentavano 
avvenimenti  domestici.  Gli  imperatori  davano  magnifici  regali  a 
quelli  che  si  distinguevano.  Aveano  poi  versi  eroici  che  passavano 
in  mancanza  della  scrittura  da  generazione  in  generazione.  Ma 
più  comuni  erano  i  versi  d'  amore.  Valera  ci  ha  conservata  una 
canzone  tolta  dai  cjuipa,  la  quale,  tuttoché  amorosa,  è  piena  di 
bella  mitologia.  I  Peruviani  chiamavano  Ilarravec  ,  cioè  inventori, 
i  loro  poeti. 
Costume  dei  Peruviani  indigeni    moderni. 

Lo  stato  del  governo,  della  religione,  delle  arti  e  delle  scien- 
ze degli  antichi  Peruviani ,  cui  noi  abbiamo  brevemente  esposto , 
è  ben  lontano ,  secondo  il  giudizio  di  Malte-Bruu  ,  dal  rassomi- 
gliare a  quello  de' Peruviani  indigeni  d'oggidì.  Questi  non  hanno, 
egli  dice,  che  limitatissime  facoltà  intellettuali,  un  carattere  me- 
lanconico, timido,  abbattuto  dall'oppressione,  pusillanime  nel 
momento  del  pericolo,  feroce  e  crudele  dopo  la  vittoria,  altero, 
duro  ed  implacabile  nell'  esercizio  del  potere.  Temono  assai  gli 
Spagnuoli,  e  si  mostrali  docili  ed  obbedienti  ai  loro  ordini;  ma 
li  detestano  in  segreto,  ne  evitano  la  società,  e  gli  odiano  solo 
un  po' meno  dei  JNegri  e  dei  Mulatti.  Sono  diffidenti  per  carattere, 
e  credono  che  non  si  possa  usar  loro  la  minima  gentilezza  senza 
intenzione  d'ingannarli:  sebbene  grossi,  robusti  ed  atti  alla  fatica, 
poltriscono  nell'  indolenza  e  nel  sucidume ,   e  vivono  senza  previ- 


DEGLI   ABITATORI    DEL  PERÙ  ig3 

denza  dell'  avvenire.  Le  loro  abitazioni  non  sono  che  cattive  ca- 
panne mal  fabbricate,  incomode  e  schifose.  Il  loro  abito  è  povero 
e  meschino,  misero  il  loro  cibo}  ma  sono  assai  dediti  ai  liquori 
forti,  e  tutio  sagri6cano  per  procurarseli.  Sebbene  la  loro  religio- 
ne sia  frammista  colla  superstizione  de' loro  antenati  ,  con  però 
scrupolosi  osservatori  dei  riti  e  delle  ceiimonie  della  chiesa  ,  e 
fauno  considerabili  spese  per  messe  e  processioni. 

Stato  politico  e  civile  de* medesimi. 

Il  sistema  d'amministrazione  attualmente  in  uso  per  rispetto 
agii  indigeni  ,  è  favorevole  al  libero  sviluppo  delle  loro  facoltà. 
Essi  non  sono  più  soggetti  alla  direzione  de' Correggidori  Spagnuoli. 
Se  l'indolenza  e  la  mollezza  del  loro  carattere  si  accrebbero  in 
alcune  province  sotto  il  governo  de' loro  magistrati  indigeni,  in 
altre  l'industria  si  è  elevata  ad  un  alto  grado  di  splendore.  A 
Lambayeque  spezialmente  sonosi  applicati  alla  coltivazione  delle 
campagne,  alle  manifatture  ed  al  commercio,  con  tanta  assiduità 
che  superano  di  molto  gli  Spagnuoli  \  e  siccome  le  produzioni 
de*  loro  poderi  e  della  loro  industria  in  generale  non  sono  soggette 
all'  alcabala,  né  ad  altre  gravezze,  così  hanno  un  grande  van- 
taggio sulle  altre  caste.  Gli  indigeni  non  pagano  che  un'imposta 
personale  tanto  moderata  ,  che  può  piuttosto  essere  risguardata 
qual  semplice  indizio  di  servitù,  che  come  un  vero  carico.  Quelli 
che  appartengono  a  famiglie  nobili  ,  dalle  quali  si  traggono  i 
Cacichi,  sono  esenti  dall'imposizione,  ed  ammessi  insieme,  cogli 
Spagnuoli  alle  funzioni  governative.  Ne' siti  abitati  esclusivamente 
dagli  indigeni  nessun' altra  casta  può  stabilirsi  fra  di  essi  senza 
il  loro  consenso  (2). 

Coscrizione  per  le  miniere. 

Un  particolare  aggravio  pesa  sulla  spezie  indigena  ,  ed  è  il 
mita  o  lavoro  forzato  delle  miniere:  tutti  gli  indigeni  maschi  dai 
18  ai  5o  anni  sono  a  ciò  requisiti.  A  tale  effetto  sono  inscritti 
sopra  liste  appositamente  tenute  e  ripartiti  in  sette  divisioni,  cia- 
scheduna delle  quali  serve  sei  mesi,  di  modo,  che  viene  per  o- 
gnuna  la  sua  volta  dopo  tre  anni  e  mezzo.  Allora  il  mitajer  è 
obbligato  a  lasciare  moglie,  casa,  occupazioni ,  e  recarsi  alla  mi- 

(1)  Mercurio  Peruviano,  Vili.,  48,  IX,  56,  X.,  276. 

(2)  Idem,  X.,  2j5' 

Cost.  Voi.  Ili delV  America.  i3 


ig4  COSTUME 

niera,  sovente  due  o  trecento  leghe  lontana,  ma  parecchi  di  essi 
vi  conducono  la  famiglia.  Si  dà  loro  una  leggiera  indennità  per 
le  spese  di  viaggio^  e  durante  il  lavoro  mezza  piastra  al  giorno 
per  lo  meno  ,  ma  sovente  di  più  (r).  Oltre  i  mitajeri  sonovi 
indigeni  che  servono  volontariamente  nelle  miniere,  e  vi  si  ingag- 
giano per  un  determinato  salario }  son  anzi  questi  in  maggior  nu- 
mero. 

Diminuzione  della  popolazione. 

Il  numero  degli  indigeni  si  è  diminuito  dopo  la  conquista,  e 
siccome  le  altre  spezie  non  aumentarono  colla  stessa  proporzione, 
così  la  popolazione  totale  del  paese  è  inferiore  a  quella  che  vi 
aveva  all'arrivo  degli  Spagnuoli.  II  totale  della  popolazione  attuale 
del  Perù  ,  in  tutta  la  sua  estensione  ,  ammonta  a  tre  milioni 
6oom.  abilatori.  Supponendo  le  antiche  anagrafi  degne  di  fede,  la 
diminuzione  si  ridurrebbe,  secondo  Malte-Brun,  a  sette  od  otto- 
centomila  individui. 

Motivi  di  tale  diminuzione. 

Tra  le  cause  che  contribuirono  a  diminuire  il  numero  degli 
indigeni,  Ulloa  nota  l'abuso  dei  liquori  spiritosi.  Il  vajuolo  e  la 
rosolìa  vi  recano  pure  grave  danno.  L'accrescimento  delle  altre 
spezie  d'uomini  è  un'altra  causa  che  influisce  continuamente  sulla 
diminuzione  degli  indigeni,  e  deve  terminare  col  farne  scompa- 
rire la  razza.  E  stato  osservato  che  dovunque  si  stabiliscono  gli 
Europei  fra  gli  indigeni,  va  scemando  il  numero  di  questi,  ma 
vi  succedono  i  Meticci  ed  i  Zambo. 

Longevità. 

Gli  indigeni,  come  i  Creoli  pervengono  generalmente  ad  un'e- 
tà molto  avanzata,  e  conservando  l'uso  delle  loro  facoltà  mentali 
fino  agli  estremi.  Nella  provincia  di  Caxamarca  che  racchiude  ap- 
pena sette  mila  abitatori  ,  conta vansi  Panno  1792  otto  persone 
dai  114  ai  147  anni}  e  nella  slessa  provincia  morì  l'anno  1765 
uno  Spagnuolo  di  1 44  anrH  7  raes'  e  5  giorni  ,  lasciando  una 
discendenza  diretta  di  800  persone  (2). 

I  Meticci  ec. 

1  Meticci  han  posto  immediatamente  dopo  gli  Spagnuoli,  e  for- 

(1)  Idem,  ibid,  VII.,  ly. 

(2)  Mercurio  Peruviano,  V.,  164. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    TEUU  Iq5 

mano  la  classe  più  numerosa  dopo  gli  indigeni.  Non  godono  dei 
privilegj  a  questi  accordati,  ma  né  anche  van  soggetti  agli  obbli- 
ghi medesimi.  V-rvimo  in  una  perpetua  discordia  cogli  indigeni,  e 
sono  cordialmente  collegati  cogli  Spagnuoli.  I  Quarteroni  che  di- 
scendono dal  matrimonio  di  uno  Spagnuolo  con  una  Meticcia,  di- 
stinguonsi  difficilmente  dai  loro  padri.  I  Cholo  per  lo  contrario, 
nati  de  indigeni  e  Meticci,  entrano  nella  classe  degli  indigeni  ,  e 
sono  sottoposti  al   tributo. 

/  Negri. 

I  Neutri  schiavi  son  destinali  al  servizio  delle  famiglie  od  al 
lavoro  delle  zuccheriere  o  nell'  altre  piantagioni  de' loro  padroni, 
Se  ne  introducono  annualmente  5oo  circa.  I  Negri  liberi,  il  cui 
numero  è  alquanto  considerabile,  passano  in  generale  per  isfac- 
cendati ,  dissoluti  ed  autori  della  maggior  patte  delle  ruberie  ed 
assassinj  che  commeltonsi  nel  regno. 

Mulatti. 

I  Mulatti  si  danno  comunemente  al  picciolo  commercio  ,  ed 
esercitano  quasi  soli  parecchi  mestieri  meccanici.  Le  donne  Mu- 
latte ricercate  come  balie  sanno  sovente  guadagnarsi  tutta  la 
fiducia  delle  loro  padrone  Creole  (i). 

Lingua  del  Perù. 

La  lingua  quichua  è  parlata  in  tutto  l'antico  Perù,  non  so- 
lamente dagli  indigeni,  ma  dagli  Spagnuoli  ancora,  e  spezialmente 
dalle  Spagnuole.  A  Lima  ed  a  Quito  è  quello  l'idioma  della  ga- 
lanteria e  del  buon  tuono  della  società.  I  Gesuiti  diffusero  nelle 
missioni  a  levante  delle  Cordigliere  quella  lingua  dolce  ed  assai 
colta.  Dicesi  che  si  presti  moltissimo  alle  graziose  pitture  dell'  i- 
dillio  ed  ai  movimenti  affettuosi  dell'elegia.  Sussistono  altresì  in 
parecchi  cantoni  del  Perù  alcune  lingue  madri  ben  diverse,  come 
V aimara  ne' contorni  della  Paz,  e  la  -puquina  nelle  isole  di  Ti- 
ticaca. 

Descrizione  del  Perù- Interno. 

Noi  ci  siamo  finora  occupati  dell'alto  e  Basso  Perù  :  il  poesje 
che  abbiam  qualificato  di  Perù-Interno  ne  differisce  sotto  parec- 
chi rapporti  fisici  ,  ed  è  popolato  di  nazioni  che  non  sembrano 
avere  totalmente  soggiaciuto  al  giogo  degli  Inca  ,   né    discendere 

(i)  Idem,  ibid,  Vili.,  5o. 


ICj6  COSTUME 

dallo  stesso  stipite  oVPeruviani.  Gli  Spagnuoli  distinguono  parec- 
chi distretti  sotto  speziali  denominazioni.  La  Pampa  del  Sacra- 
mento fra  l'Huallaga  e  l'Ucayal}  il  Gran-Pajonal,  paese  mon- 
tuoso fra  il  Pachitéa,  l'Enne  e  l'Ucayal^  la  provincia  di  Moxos  fra  il 
Beni  e  la  Madera  \  la  provincia  di  Chiquitos  che  si  estende  verso 
le  rive  del  Paraguay.  Ma  siccome  le  regioni  e  le  tribù  si  rasso- 
migliano nelle  cose  principali,  così  le  racchiuderemo  in  un  solo 
prospetto. 

Quadro  fisico  degli  indigeni  delV  interno. 

Gli  indigeni  dell'  Ucayal  ,  di  Huallaga  e  della  Pampa  del 
Sacramento,  han  la  tinta  più  bianca,  la  statura  più  robusta  e  la 
fisonomia  più  espressiva  dei  Peruviani.  Alcune  tribù,  per  esempio 
i  Conibo  ,  non  la  cederebbero  in  bianchezza  agli  Spagnuoli,  se 
non  fossero  gli  olj  con  cui  si  ungono  tutto  il  corpo,  e  le  punture 
delle  grosse  zenzare,  dalle  quali  tali  unzioni  non  bastano  a  pre- 
servarli (i). 

Bellezza  de'Carapacho. 

I  Carapacho  sul  fiume  Pachitéa  sono  quasi  bianchi  come  i 
Fiamminghi;  ed  hanno  inoltre  una  folta  barba.  11  Padre  Girbal 
paragona  le  loro  donne  per  la  bellezza  alle  Circasse  ed  alle  Gior- 
giane  (2).  Non  fa  maraviglia  che  fra  que' popoli  le  deformità  sien 
quasi  sconosciute  ,  mentre  prendono  le  più  crudeli  precauzioni 
contro  gli  errori  di  natura.  Tutti  que' bambini  che  agli  occhi  de- 
gli insensibili  loro  genitori  sernbran  cagionevoli  di  salute  e  mala- 
mente conformati,  son  tosto  messi  a  morte  come  enti  nati  sotto 
sinistri  auspizj.  In  tempo  dell'adolescenza  è  meno  barbaro  il  mez- 
zo da  essi  impiegato  onde  conservare  la  bellezza  della  razza  ,  e 
consiste  nello  stringere  con  cordicine  di  canapa  tutte  le  parti  del 
corpo  onde  dar  loro  una  forma  convenula. 

Usanze  degli  Omagua,  dei  Pano  ec. 

Gli  Omagua,  che  soggiornavano    anticamente  nella  Pampa 
avean   l'uso  di  comprimere  la   testa  de' loro  figliuoli  fra    due    assi 
di   legno,  le  quali     appianando   la  fronte  e  la    nuca  ,    rendevano 
più  larga  la  faccia,  e  per  sei  v'irsi  de'  loro  termini,  le  davano  una 
certa  rassomiglianza  colla  luna  piena.  Sembra  che  tale  costumanza 

(1)  Viajero  universa!,  XXI. ^  pag.   1S2, 

(2)  Idem,  ibid  XX.,   187. 


DEGÙ    ABITATORI    DEL    PEHD  197 

non  sia  del  tutto  abolita  fia  gli  abitatori  attuali  di  que'  paesi.  I 
Missionari  attribuiscono  a  questa  violenta  operazione  il  debole  in- 
tendimento, e  criterio  che  secondo  essi  è  generale  fra  quei  popoli. 
I  Pano  fanno  circoncidere  le  giovinette}  uso  sconosciuto  fra  le 
altre  tribù.  11  vajuolo  e  varie  altre  cause  diminuirono  singolar- 
mente la  forza  di  queste  tribù,  un  tempo  popolose.  Ce  ne  lia  di 
quelle  che  non  contano  che  5oo  anime. 
Idiomi. 

Gli  idiomi  di  questi  indigeni  sembrali  variare  da    villaggio  a 
villaggio,  tanta  è  la  cura  che    mette  ogni  tribù  a  conservare  certe 
inflessioni  di  voce,  certi  fischi  ed  urli  che  probabilmente  teogon 
luogo  di  segni  in  tempo  di  guerra. 
Governo. 

Tulle  queste  popolazioni  vivono  sotto  Gacichi    o  Principi  ,  e 
ve  ne  sono  di  quelle  che  han  due  Gacichi    ad    un    tempo.    Se  si 
dee  prestar  fede  a'  Missionai j  la  poligamia  è  in  orrore  fra  que'po- 
poli,  e  i  soli  Gacichi  aver  possono  due  spose. 
Matrimonj . 

Nella  maggior  parte  di  quelle  tribù  i  matrimonj  sono  conchiusi 
fra  i  capi  delle  due  famiglie  e  i  giovani  insieme  allevati  sin  dal- 
1  infanzia.  Non  è  raro  il  vedere  una  coppia  amarsi  fino  alla  morte} 
e  più  di  un'Artemisia  selvaggia  badate  le  sue  viscere  per  tomba 
alle  ceneri  del  proprio  marito.  Ma  da  un'altra  parte,  i  matrimonj 
non  sono  indissolubili  per  legge:  gli  sposi  possono  separarsi  to- 
sto che  il  mutuo  consenso  abbia  ridonato  la  libertà  a  ciascheduno 
di  essi. 
Credenza  religiosa. 

La  credenza  di  que' popoli  è  conforme  all' imperfetto  loro  in- 
civilimento. Essi  sogliono  rappresentarsi  l'Ente  Supremo  sotto  le 
forme  di  un  vecchio,  che,  dopo  di  aver  fabbricate  le  montagne 
e  le  pianure  della  nostra  terra,  prescelse  il  cielo  per  sua  costante 
dimora.  Lo  chiamano  nostro  padre  e  nostro  avolo  ,  ma  non  gli 
consacrano  né  templi  ,  uè  altari.  I  terremoti  ,  secondo  essi  sono 
effetto  della  sua  presenza  sul  nostro  globo:  quel  Nume  irritato  fa 
co  suoi  passi  vacillar  le  montagne:  appena  odono  una  scossa  di 
tremuoto,  escon  tutti  delle  loro  capanne,  e  per  mostrarsi  il  loro 
rispetto  ,  danzano  ,  saltano  ,  pestano  i  piedi  e  gridano  :  Eccoci 
qui  !  eccoci  qui  !  Parecchie  tribù  adorano  la  Luna. 


I98  COSTUME 

Mohane  o  stregoni. 

Tutti  credono  ad  un  cattivo  principio,  ad  una  spezie  di  dia- 
volo, che,  secondo  essi,  risede  sotterra,  e  procura  di  far  male  a 
tutto  ciò  che  ha  vita.  Vuoisi  che  certe  persone  chiamate  Mohane 
abbiano  comunicazioni  col  diavolo  ,  e  sappiano  sviarne  la  mala 
influenza.  Queste  sono  i  soli  sacerdoti  che  abbian  que1  popoli  } 
vengon  consultati  sulla  guerra,  sulla  pace,  sulle  messi,  sulla  sa- 
lute pubblica  e  negli  affari  di  Amore.  Il  mestiere  di  que'sacerdoti 
o  piuttosto  di  quegli  stregoni  è  assai  pericoloso.  Se  i  loro  artifizj 
magici  nou  sono  segnati  dal  buon  esito  che  promettono,  la  ven- 
detta del  deluso  non  è  spenta  che  col  loro  sangue. 
Talismani. 

I  piripiri  sono  talismani  composti  di  varie  piante:  ce  ne  ha 
di  quelli  che  portarsi  sulle  braccia  ,  ai  piedi  e  sulle  armi  \  altri 
ce  ne  ha  che  si  masticano  e  si  gettano  poscia  in  aria  \  d'  altri 
beesi  l'infusione:  alcuni  devono  ispirare  l'amore,  altri  procurare 
una  buona  caccia  ,  assicurare  un  buon  ricolto  ,  far  piovere  o  di- 
sperdere il  nemico. 
Medicine. 

Fra  tutti  i  prodigj  che  si  operano  dai  Mohane  col  mezzo  dei 
loro  talismani,  t  più  portentosi,  ma  nell'egual  tempo  i  più  perico- 
losi, sono  le  guarigioni  degli  infermi.  Siccome  tutte  le  malattie 
sono  attribuite  ai  loro  artifizj,  o  all'influenza  del  diavolo  loro  si- 
gnore, così  la  prima  cura  che  una  famiglia  si  crede  in  debito  di 
usare  ad  un  malato,  si  è  quella  di  scoprire  qual  sia  il  Mohane 
che  lo  ha  stregato.  A  tal  uopo  il  prossimo  parente  beve  un  estrat- 
to di  datura  arborea.  Lin.  Ebbro  di  quella  specie  di  veleno  ve- 
getabile cade  a  terra  e  resta  sovente  per  due  o  tre  giorni  in  uno 
stato  simile  alla  morte.  Riavutosi  alla  fine,  asserisce  aver  veduto 
in  sogno  tale  o  tal  altro  stregone,  del  quale  ei  dà  i  contrassegni  5 
si  va  allora  in  traccia  del  Mohane  che  ha   i  delti  contrassegni,  e 

O         7 

viene  obbligato  ad  incaricarsi  della  guarigione  dell'infermo.  Se 
per  disgrazia  questo  fosse  morto  durante  l'operazione  preliminare, 
la  famiglia  procura  di  uccidere  il  Mohane  indicato.  Sovente  le  vi- 
sioni non  danno  alcun  indizio  positivo,  ed  allora  si  sforza  il  primo 
Mohane  che  s'incontra  a  fare  gli  ufficj  di  medico.  È  probabile  che, 
grazie  alle  tradizioni  o  ad  una  lunga  esperienza,  quegli  stregoni 
posseggali  segreti  atti  a  sanare  qualche    ammalalo  e  ad  uccidere 


DEGLI    ABITATOSI  DEL  PEMj'  10,0, 

qualche  altro.  I  veleni,  che  in  que1  climi  vengon  somministrati 
dal  regno  vegetabile  in  grati  numero,  posson  con  certe  modifica- 
zioni servir  di  rimedj.  Quando  però  questi  riescon  tutti  inutili,  e 
quando  sicuri  indizj  predicono  una  morte  imminente ,  il  Mollane 
cerca  di  salvar  la  vita  con  una  fuga  precipitosa  ,  senza  però  poter 
evitare  le  bastonate  e  le  sassate  che  gli  piovouo  addosso. 
Idea  sulla  vita  futura. 

Le  tribù  stabilite  sul  fiume  delle  Amazoni  dalla  parte  di  May- 
nas,  credono  che  l'anima  continui  a  sussistere  in  un  altro  mon- 
do, sotto  la  forma  umana.  Quegli  indigeni  dicevano  ai  Missionarj: 
»  Noi  non  paventiamo  la  morie  \  i  nostri  padri  e  gli  amici  nostri 
ci  attendono  all'altro  mondo \  tengon  sempre  pronti  pisanghi  cotti 
e  pane  di  cassava  onde  riceverci:  noi  abbiam  cura  che  si  ponga 
ne' nostri  sepolcri  una  scure  di  rame,  un  arco  ed  un'armatura 
intiera,  affine  di  poter  far  sul  momento  la  nostra  entrata  vitto- 
riosa in  cielo,  passando  per  la  via  lattea ,  quel  luminoso  giardino 
ove  i  nostri  antenati  si  divertono  in  danze  e  banchetti.  I  nostri 
nipoti  ci  vedran  non  pertanto  qualche  volta  combattere  contra  i 
morti  delle  tribù  nimiche  :  si  ammasseranno  allora  oscure  nubi  a 
presagire  una  violenta  procella:  la  folgore  scintillerà  nelle  nostre 
mani,  ed  il  fracasso  della  caduta  de' nostri  nemici  precipitati 
dall'alto  de' cieli,  e  cangiati  in  bestie  feroci,  rimbomberà  per 
l'aria  qual  tuouo  spaventevole  ». 
Trasmigrazione  delle  anime. 

Sebbene  parecchie  di  tali  idee  sieno  comuni  a  tutti  gli  indigeni, 
sembra  però  che  gli  abitatori  delle  rive  dell'Ucayal  vi  aggiunga- 
no la  credenza  della  metempsicosi.  »  Perchè,  diceva  uno  di  essi 
ad  un  Gesuita,  parlarmi  tanto  de' miei  peccati?  Tutto  quello  che 
tu  dici  delle  pene  dell'inferno  non  e  che  un  tessuto  di  falsità. 
Io  sono  sicuro  che  i  miei  peccati  non  mi  faranno  abbruciare , 
mentre  mi  vedo  intorno  ciò  che  divennero  i  miei  antenati  dopo 
la  loro  morte.  I  Gacichi  giusti  e  saggi,  i  valorosi  guerrieri,  le 
mogli  fedeli  vivon  dopo  la  morte  ne' corpi  degli  animali  che  di- 
stinguonsi  dagli  altri  per  forza  ,  grazia  od  agilità.  Rispettiamo 
principalmente  le  grandi  simie,  le  salutiamo,  tributiam  loro  onori 
d'ogni  spezie,  perchè  le  anime  de' nostri  padri  abitano  nel  loro 
corpo.  Quanto  alle  anime  de'malvagi  e  de'traditori ,  o  vanno  er- 
rando fra  le  nubi  e  sulla  terra,  o  languiscono  incatenate  in  fondo 


2,00  COSTUME 

ai  fiumi.  Ma  nessuno  di  noi  vive  abbruciato  all'"  altro  mondo  (i)  ». 

Omei  funebri. 

I  pianti  ed  i  lamenti  funebri  di  que' popoli  non  distinguonsi 
che  per  1' estrema  varietà  di' eglino  si  sforzano  di  porre  nel  suo- 
no della  voce.  Quali  imitano  l'urlo  delle  tigri,  quali  il  grido 
nasale  delle  simic;  altri  gracidano  come  le  rane.  Con  tale  chiuc- 
chiarlaja  vogliono  certamente  significare  che  tutti  gli  elementi 
piangono  la  morte  di  chi  hanno  perduto.  Terminato  il  lamento 
si  distrugge  tutto  ciò  che  appartenne  al  trapassato,  e  se  ne  ab- 
brucia la  capanna:  si  ripone  il  corpo  in  un  gran  vaso  di  terra, 
che  serve  di  bara,  sotterrasi  in  qualche  parte  solitaria;  e 
mentre  l'altre  spezie  umane  procurano  di  perpetuare  la  loro  ulti- 
ma dimora,  questi  popoli  si  danno  gran  premura  di  spianare  il 
terreno  ove  scavaron  la  fossa  affinchè  non  se  ne  riconosca  più  il 
sito.  Tutti  fuggono  i  luoghi  che  servono  di  cimiterj,  e  presso  la 
maggior  parte  di  essi  è  anzi  proibito  di  fare  la  minima  menzione 
del  defunto,  e  di  ricordarlo  perfino  indirettamente.       é 

Funerali  de*  Roa-Maina. 

I  Etoa-IVIaina  però  hanno  un  uso  un  po'diverso  ed  assai  osser- 
vabile. Dissotterrano  i  cadaveri  dopo  un  certo  spazio  di  tempo, 
ed  allorché  ne  credono  disciolle  le  carni,  ne  mondano  il  corpo, 
lo  ripongono  entro  una  bara  d'argilla  carica  di  geroglifici,  lo  e- 
spongono  nelle  loro  capanne  alla  venerazione  de' superstiti ,  e  ter- 
minano col  farvi  nuove  esequie.  I  Campanaguas  in  riva  al  fiume 
Magni  divorano  le  carni  arrostite  dei  morti  credendo  di  far  loro 
onore  (i). 

Antropofagia. 

Si  dice  che  parecchie  tribù  abbiano  per  costume  di  mangiare 
i  loro  prigionieri  di  guerra.  I  Guaca  ,  che  citatisi  nel  numero, 
han  tutta  la  ferocia  dei  Giaga  d'Africa.  Si  stringono  in  mezzo  il 
corpo  in  modo  da  formare  una  taglia  assai  sveita. 

Coltivazione. 

Se  gli  indigeni  dell' Ucayal  e  deli' Huallaga  coltivano  la  terra, 
non  è  già  per  procurarsi  il  sostentamento-,  la  natura  offre  loro  in 
abbondanza  di  che  sussistere  ne' quadrupedi  e  ne' pesci  che  popo- 

(i)  V.  Malte-Brun-Géographie  Univers.  Tom.  V.  lib,  108,  pag.  6o5.  etc. 
(2)  Viajero  uni  versai,  X,  187. 


DEGLI    ABITATORI    DEL  PERI"'  201 

lano  le  loro  foreste  e  i  loro  fiumi.  Ciò  che  rende  quegli  indigeni 
coltivatori  è  principalmente  il  bisogno  di  una  bibita  più  sana  di 
quella  delle  acque  sovente  fangose  e  slagnanti  del  loro  paese.  Di 
rado  bevon  acqua,*  ed  allorché  trascurano  una  tal  regola,  avvien 
sempre  qualche  trista  conseguenza  per  la  loro  salute.  Questa  bibita 
sì  favorita  chiamasi  masato,  e  vien  eslratta  dalla  radice  d'yucca 
col  mezzo  di  una  schifosa  operazione.  Si  riduce  la  radice  in  pap- 
pa, vi  si  mescola  della  saliva,  e  si  lascia  fermentare  il  tutto  per 
tre  giorni  •,  indi  si  fa  dileguare  nell'acqua.  Una  tale  bevanda  è 
amara  e  imbriacante. 
accette. 

Ricevono  dalle  tribù  che  abitano  le  Cordigliere  ,  piccole  ac- 
cette di  rame  cui  dan  nome  di  chambo.  Col  mezzo  di  un  sì  de- 
bole stromento  e  delle  più  dure  pietre  danno  la  forma  di  accetta 
alle  pietre  piane  che  trovano  fra  i  ciottoli  de' loro  fiumi.  L'aned- 
doto seguente  dimostra  quanto  venga  pregiata  da  que'  popoli  una 
scure  di  ferro.  Uno  di  essi  si  recò  un  giorno  a  proporre  al  Pa- 
dre Richter  Gesuita  il  proprio  figliuol  maggiore  in  cambio  per 
un'accetta.  Il  Gesuita  gli  fece  qualche  rimostranza  sul  suo  poco 
amore  paterno.  »  Amo  i  miei  figli  ,  disse  1'  Indiano  ,  ma  posso 
procrearne  quanti  mi  aggrada  j  mentre  mi  è  impossibile  il  procu- 
rarmi una  scure.  D'altronde  il  figliuol  mio  non  mi  apparterrà 
che  per  un  dato  tempo  ,  e  quella  scure  mi  renderà  felice  tutta 
la  vita  ». 
Guerra,  caccia,  pesca. 

Le  occupazioni  tumultuose  della  guerra  ,  della  caccia  e  della 
pesca  hanno  un'  irresistibile  attrattiva  per  quei  popoli.  Pieni  di  fi- 
ducia nelle  loro  lancie,  e  nelle  loro  frecce  avvelenate,  affrontano 
perfino  il  feroce  yaguar  o  tigre  d'America*,  appena  l'arma  tinta 
del  sugo  dell'erbe  velenose  sfiorò  la  pelle  dell'animale,  cade  que- 
sto e  muore.  I  pesci  possono  sfuggire  le  reti  grossolane  di  quegli 
indigeni  e  gli  ossei  ami  loro-,  ma  se  alzan  la  testa  sull'acqua  un 
rapido  dardo  li  trapassa  immantinenti. 
Abitazioni. 

I  villaggi  sono  fabbricati  in  modo  che  sembrano  piccioli  for- 
tini semicircolari  ,  appoggiati  ai  boschi  dalla  parte  convessa  ,  e 
con  due  uscite,  una  verso  il  monte,  l'altra  verso  la  pianura.  Per 
la  prima  di  queste  porte  fuggon  gli  Indiani,     allorché  non  posso- 


202  COSTUME 

no  più  difendere  le  loro  abitazioni  dal  nemico.  Radunansi  allora 
fra  i  monti,  d'onde  tornano  a  piombare  sui  vincitori  che  spesse 
volte  ne  rimanjjon  vittima. 
Loro  umanità. 

Alcuni  atti    d'umanità    distinguono     vantaggiosamente    questi 
Americani.  Non  fanno  mai  uso  di  frecce  avvelenate  contra   l'uo- 
mo, né  mettono  a   morte  i   loro  prigionieri,  ma  li  trattano  per  lo 
contrario  da  concittadini  e  da  fratelli. 
Missioni. 

I  Missionari  che  assoggettarono  alla  corona  di  Spagna  la  vasta 
provincia  di  Maynas ,  limitrofa  della  Pampa  del  Sacramento  , 
trovarono  maggiori  ostacoli  quanto  più  penetrarouo  verso  l'Ucayal, 
e  spezialmente  allorché  vollero  passare  oltre  quel  fiume.  Furonvi 
nel  secolo  decimosettimo,  e  al  cominciare  del  decimottavo  floride 
missioni  sulle  rive  del  fiume  Manoa.  Ora  sono  distrutte  ,  e  la 
perdita  di  quella  posizione  che  domina  il  corso  dell'  Ucayal  con- 
tribuì al  buon  esito  della  sommossa  delle  tribù  del  Gran-Pajonal, 
che  sembrano  essersi  manlenute  indipendenti  da  trenta  e  quaran- 
t'  anni:  ma  i  viaggi  moderni  de'  Missionarj  del  seminario  d'Oca- 
pa,  quelli  spezialmente  dei  Padri  Girbal  e  Sobieviela,  ristabili- 
rono comunicazioni  pacifiche  con  parecchie  di  quelle  tribù  , 
frall'altr-e  coi  Pano.  E  probabile,  nello  stato  attuale  del  Perù,  che 
negozianti  o  coltivatori  illuminati  ed  intraprendenti  seguano  l'e- 
sempio di  Don  Gio.  Bezares,  che  riconquistò,  ripopolò  e  fece  ri- 
coltivare parecchi  luoghi  abbandonati  fra  le  Ande  e  l'Hual- 
laga. 
Quadro  fisico  del  Perù  interno. 

I  paesi  a  levante  delle  Ande  hanno  due  stagioni  \  una  asciutta 
che  dura  da  giugno  a  dicembre,  piovosa  l'altrn:  durante  la  sta- 
gione delle  piogge  ,  tutte  le  pianure  si  trasformano  in  un  lago 
immenso-,  le  foreste,  gli  arbusti,  le  liane  sembrano  galleggiare, 
i  quadrupedi  si  rifuggono  sulle  eminenze,  e  i  granchi  e  le  ostri- 
che s'attaccano  ai  rami  inferiori  degli  alberi.  Appena  il  vento 
freddo  da  levante  viene  ad  asciugare  l'almosfera  ,  tosto  Tacque 
cominciano  a  diminuire.  L'umidità  estrema  di  quel  clima,  ed  il 
calore  sebbene  temperalo  che  vi  regna  ,  esigerebbero  per  parte 
degli  Europei  qualche  misura  di  prudenza  onde  conservarvi  il 
loro  vigore. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PERÙ'  2,OÌ5 

Minerali. 

Le  colline  a  levante  delle  Ande  racchiudono  miniere  d'oro  : 
vi  si  trovano  anche  filoni  di    sai    gemma.  La  pianura  innondala 
tutti  gli  anni   dal   traboccare    dei    fiumi  ,    promette    una    grande 
fertilità. 
Vegetabili. 

Nel  loro  stato  agreste  tutti  i  paesi  a  levante  della  Coni- 
gliera delle  Ande  sou  coperti  di  boschi.  Sulìe  montagne  trovansi 
molte  qualità  di  legno  incorruttibile;  al  piano  si  passa  tra  i  bo- 
schi di  caccao  e  di  palme.  Le  spezie  più  ricercate  di  cinchina  o 
albero  delle  china-china  ,  trovansi  nelle  valli  di  Huallaga  ,  dalla 
parte  di  Chicoplaya,  e  probabilmente  in  moltri  altri  siti.  L'albero 
che  dà  la  cera  cresce  lungo  la  parte  inferiore  dell'Huallaga.  Parec- 
chi alberi  somministrano  gomme  e  balsami  \  ve  ne  ha  molti  altri, 
i  quali  pei  bei  colori  e  per  l'olezzo  dei  loro  fiori  delizian  gli  oc- 
chi e  l'odorato. 
Insetto  che  fa  la  carta. 

Tra  le  più  singolari  produzioni  di  quei  quasi  sconosciuti  paesi 
distingueremo  l'insetto  che  produce  una  spezie  di  carta.  Ecco  quan- 
to ne  dicono  i  Missionarj.  »  Non  lungi  dalla  città  di  Huanaco  e 
dalle  rive  pittoresche  dell'Huallaga  superiore,  trovasi  nella  valle 
di  Pampantico,  e  probabilmente  in  molte  altre  valli  della  Cordi- 
gliela, un  insetto  cui  gli  Spagnuoli  chiamali  sustillo,  e  che  ras- 
somiglia mollo  al  nostro  baco  da  seta.  Vive  esclusivamente  sull'al- 
bero detto  pacaé,  descritto  sotto  il  nome  di  mimosa  inga  nella 
Flora  Peruviana.  Gli  indigeni  che  lo  trovano  squisito  da  mangiare, 
ne  distruggono  una  grande  quantità  lutti  gli  anni  ,  senza  che 
però  ne  diminuisca  sensibilmente  la  quantità.  I  più  begli  alberi  ne 
sono  interamente  coperti.  Allorché  i  susti  Ili  nel  loro  slato  di  vermo 
sono  sazj  d'alimento,  si  riuniscono  tutti  sulla  parte  inferiore  del 
tronco  dell'  albero,  vi  scelgono  un  sito  opportuno  onde  attaccarvi 
quel  maraviglioso  tessuto,  cui  l'istinto  li  porta  a  fabbricare.  IL 
miglior  ordine  regna  nel  loro  lavoro  ;  essi  osservano  esattamente 
le  leg£Ì  della  simmetria;  e  sebbeue  l'estensione,  la  finezza  ,  la 
flessibilità  de'loro  tessuti  sien  varj  secondo  il  numero  degli  inset- 
ti che  vi  prendon  parte,  e  secondo  la  q  ualità  delle  foglie  di  cui 
si  cibarono  ,  tuttavia  ne  risulta  sempre  una  spezie  di  carta,  che 
per  lucidezza,  consistenza  e  solidità,  rassomiglia  alla  Cinese,   ma 


204  COSTUME 

di  molto  maggior  durata.  II  disotto  di  quella  tenda  aerea  serve 
di  ricovero  al  sustillo  durante  la  sua  metamorfosi  }  s'  attaccano 
essi  al  lato  inferiore  in  linee  orizzontali  e  verticali,  in  modo  da 
formare  un  cubo  perfetto.  In  tale  posizione  ognuno  s'  avviluppa 
nel  suo  bozzolo  di  seta  grossolana,  ed  attende  il  momento  della 
sua  trasformazione  in  ninfa  o  crisalide  ,  e  poscia  in  farfalla. 
Usciti  della  loro  prigione  staccano  essi  medesimi  in  gran  parte  i 
fili  pe' quali  era  sospeso  il  tessuto  che  li  copriva  }  ciò  non  per- 
tanto esso  rimane  sempre  attaccato  ai  rami  dell'albero,  ed  im- 
biancato dall'aria  ,  sventola  in  balìa  del  vento  ,  simile  ad  una 
squarciata  bandiera.  Il  naturalista  Antonio  Pineda  inviò  a  Madrid 
un  pezzo  di  quella  carta  nativa,  lunga  un'auna  e  mezzo.  Si  pos- 
sedè pure  a  Madrid  un  nido  intero  di  suslilli.  Que' nidi,  o  piut- 
tosto quelle  nicchie  aeree  han  sempre  la  forma  ellittica  ».  Il  Padre 
Galancha  Gesuita,  avea  parlato  di  quest'insetto  curioso,  e  posse- 
deva un  pezzo  di  carta  di  sustillo  ,  sul  quale  erasi  scritta  una 
lettera  (i). 

Pianura  di  sale. 

La  relazione  ancora  inedita  del  Padre  Taddeo  Haenke  sta  per 
farci  conoscere  altre  curiosità  del  Perù  interno.  Quel  viaggiatore 
trovò  nella  provincia  di  Chiquilos  un'immensa  pianura  coperta  di 
stagni  salsi,  la  cui  superficie  immobile  e  cristallizzata  offriva  l'im- 
magine del  verno.  Gli  alberi  stessi  ad  una  grande  distanza  eran 
coperti  di  piccioli  cristalli  che  producevano  all'occhio  l'effetto  di 
una   brinata. 


(i)  Histoire  du  Pérou,  I. ,  pag.  66. 


20D 


IL  CHILI,  IL  PARAGUAY 
E  LE   TERRE   MAGELLANICHE. 

DESCRIZIONE    PARTICOLARE    DEL    CHILI. 


-Tassando  per  sterili  montagne,  orribili  precipizj  e  nevi  eter- 
ne si  penetra  dal  Perù  nel  Chili.  La  natura  avea  isolata  dal 
mondo  intero  quella  pittoresca,  fertile  e  salubre  regione^  nondi- 
meno la  possanza  degli  Inca,  siccome  abbiamo  già  sopra  accennato, 
vi  aveva  spinto  iunanzi  l'armi  spagnuole  :  ma  né  l'una  né  l'altra 
poteron  sottomettere  interamente  quella  terra  di  libertà. 

Compendio  storico  del  Chili.   Valdivia  al  Chili. 

Appena  i  Cliiliesi  furonsi  accorti  che  gli  avventurieri  Spagnuoli 
miravano  alla  mina  de'  figliuoli  del  sole  ,  ai  quali  dal  tempo  di 
Jupangui  sino  allora  s'eran  tenuti  devoti,  rivoltaronsi  contra  i 
nuovi  padroni,  e  Pizzarro  che  conosceva  l'importanza  di  quella 
conquista,  dopo  l'assassinio  di  Almagro  vi  avea  spedito  Valdivia 
per  rialzarvi  il  nome  di  Spagna  e  depredarne  le  ricchezze. 

I  Chiliesi  si  armano  contra  Valdivia. 

1  Curachi  confederati  insieme  ,  da  ogni  parte  valorosamente 
contrastarono  palmo  a  palmo  il  terreno}  ma  non  trovavano  modo 
di  resistere  all'impelo  de'cavalli  ,  ai  crudi  assalti  de' mastini  ,  e 
ai  fulmini  dell'artiglieria:  perciò  Valdivia  non  tardò  a  penetrare 
nella  bella  valle  di  Mapocho  dove  fondò  la  città  di  Santiago  e  la 
fortificò  con  un  castello,  che  dovea  difendere  ad  un  tempo  e  la 
nuova  colonia  e  le  vicine  miniere,  intorno  alle  quali  mise  tosto 
gli  indigeni  a  lavorare  pe' nuovi  padroni.  Ma  siccome  i  Chiliesi 
hanno  dalla  natura  alto  animo  e  robustezza  di  complessione,  non 
così  facilmente  soffrirono  l'oppressione  degli  avidi  forestieri.  Per 
la  qual  cosa  deliberarono  di  assaltare  il  castello  eretto  dagli  Spa- 
gnuoli \  ma  essendo  stala  sgraziatamente  scoperta  la  loro  macchi- 
nazione ,  i  capi  della  medesima    vennero    messi  a  morte.  Questo 


206  COSTUME 

tristo  avvenimento  non  fece  che  inasprirli  di  più,  e  mentre  Val- 
divia  tenevasi  sicuro  sì  per  l'esempio  dato,  che  per  aver  gitlato 
nelle  prigioni  del  castello  i  Curachi  sospetti,  i  congiurati  Chiliesi 
assaltarono  quel  luogo  ed  obbligarono  gli  Spagnuoli  ad  abbando- 
nare il  castello  e  mettersi  in  salvo  in  una  vicina  pianura.  Ma 
Valdivia,  avuti  rinforzi  dal  Perù  con  tanta  forza  spinse  la  guerra, 
che  replicatamente  battuti  gli  abitatori  della  valle  di  Mapocho  , 
li  sottomise. 
Miniere  di  Quilotta. 

Fu  prima  sua  cura  allora  di  trar  profitto  quanto  mai  potesse 
dalle  miniere  di  QuiloMa,  ricchissime  d'oro;  e  molli  Ghiliesi 
obbligò  al  lavoro;  e  costruì  presso  le  medesime  un  forte  per  con- 
tenerli nel  duro  lavoro.  Ma  le  gravi  turbolenze  suscitatesi  nel  Perù 
fecero  che  fosse  colà  richiamato  Valdivia,  per  la  qual  cosa  ebbe 
in  sua  vece  il  comando  della  spedizione  del  Chili  Francesco  di 
Villagra. 
Villagra  subentrato  nel  comando  a  Valdivia. 

Non  fu  però  questi  molto  fortunato  nel  comando  da  lui  as- 
sunto; imperciocché  i  Chiliesi  con  animo  intrepido  gli  tennero 
fronte  in  tutti  gli  incontri;  attaccarono  i  presidj  di  Copia  pò  e  di 
Coquimbo;  ne  trucidarono  tutti  gli  Spagnuoli,  demolirono  quelle 
città,  ed  assediarono  Villagra  stesso  in  Santiago. 
Ritorno  di  Valdivia. 

Ma  giungeva  al  Chili  di  bel  nuovo  Valdivia  in  quel  tempo 
per  commissione  di  Gasca,  ed  avea  seco  robusta  gente  e  veterana 
avida  di  compensarsi  colle  ricchezze  del  Chili  di  quello  che  non 
avea  potuto  a  grado  suo  ottenere  nel  Perù.  La  prima  cosa  eh' ei 
fece  fu  di  obbligare  i  Chiliesi  a  levare  l'assedio  di  Santiago; 
indi  li  cacciò  dalle  valli  di  Copiapo  e  Coquimbo;  rifabbricò  quelle 
due  città;  e  con  tanta  insistenza  inseguì  l'esercito  Chiliese,  che 
rotto  questo  e  disperso,  le  provincie  rivoltate  furono  costrette  a 
ritornare  sotto  il  giogo. 
Fonda  le  città  della  Concezione,  V  Imperiale  ec 

Gli  Inchi  aveano  dovuto  confinarsi  alla  sponda  settentrionale 
del  fiume  Mauly  ,  Valdivia  lo  passò;  e  fattosi  padrone  di  un 
gran  tratto  di  paese,  gittò  le  fondamenta  della  Concezione,  città 
che  inghiottita  poscia  dal  mare  per  un  violentissimo  terremoto,  si 
è  veduta  risorgere  nuova  a  qualche  distanza    dal    lido.  Altre  poi 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PERu'  2O7 

ne  edificò  lungo  le  spiagge  delle  province  sottomesse:  sopra  un 
colle  distante  quaranta  leghe  dalla  Concezione  fondò  la  citlà  detta 
Imperiale  :  sedici  leghe  più  oltre  edificò  la  città  di  Villa-Rica  , 
detta  così  per  la  ricchezza  delle  miniere  d'  oro  che  trovaronsi 
ne' suoi  contorni. 

Gli  Araucani  prendono  le  armi  sotto  la  condotta  di  Capo- 
lican. 
Ma  fra  gli  abitatori  del  vasto  paese  che  giace  tra  il  Biobio  e 
il  Calla,  detto  poi  Valdivia,  predominava  la  nazione  degli  Aran- 
cani,  popolo  intrepido  e  risoluto  ,  che  non  poteva  sopportare  la 
schiavitù,  in  cui  Valdivia,  Io  avea  posto.  Approfittando  questi  della 
partenza  dello  Spagnuolo  eh'  erasi  recato  a  cercare  più  oltre  nuove 
miniere,  concertarono  un  assalto  generale,  e  si  elessero  un  capo 
degno  di  condurli,  chiamato  Capolican,  giovine  fornito  di  corag- 
gio e  di  finissimo  intendimento.  Radunò  egli  dunque  quindici  mila 
de'suoi  robusti  compatriotti,  disposti  a  liberare  dagli  oppressori  il 
loro  paese  o  a  morire,  e  dopo  varj  combattimenti  ridusse  gli  Spa- 
gnuoli ad  una  spossatezza  mortale  di  maniera  che  non  seppero 
trovar  salute  che  in  una  precipitosa  fuga. 

Capolican  fa  ammazzare  Valdivia. 

Essi  però  essendo  vigorosamente  inseguiti  vennero  lutti  truci- 
dati, e  Valdivia  che  erasi  sottratto  a  quel  pericolo  cadde  presto 
prigioniere  di  Capolican,  che  il  fece  immantinente  morire  di 
un  colpo  di  mazza.  Si  dice  che  gli  Araucani  di  alcune  ossa  di 
Valdivia  e  d'altri  Spagnuoli  facessero  flauti,  coi  quali  animarsi 
alle  battaglie,  che  ne  conservassero  i  cranj  per  trofeo,  e  che  di 
questa  vittoria  stabilissero  una  festa  anniversaria  .  onde  sostenere 
il  coraggio  della  nazione. 
Villagra  va  per  vendicare  Faldivia  ed  è  sconfitto. 

Non  tardò  molto  a  sapersi  alla  Concezione  la  disfatta  degli 
Spagnuoli  e  la  morte  di  Valdivia  5  e  se  Capolican  fosse  stato  più 
esperto  nell'  arte  della  guerra,  non  è  a  dubitare  che,  marciando 
col  suo  esercito  vittorioso  a  quella  volta,  avrebbe  potuto  distrug- 
gere interamente  gli  Spagnuoli.  Ma  Villagra,  Luogotenente  di 
Valdivia,  ebbe  tempo  di  radunare  quanti  Spagnuoli  erano  nel 
Chili ,  e  di  rinforzarsi  con  molte  migliaja  di  Chiliesi  suoi  devoli 
colla  qual  gente  dipoi  s'  incamminò  nell'  Araucana  per  far  ven- 
detta della  strage  dei  suoi  commilitoni.  Ma  Capolican  seppe  ben 


2.08  COSTUME 

condursi  contro  lui,  ed  assaltandogli  Spagnuoli  e  di  fronte  e  di 
fianco  e  alla  coda  distrusse  il  nerbo  delle  forze  nemiche. 
Gli  Aracuani  distruggono  la  Concezione. 

Il  Chiliese  Loteru  andò  alla  città  della  Concezione  e  la  di- 
strusse da  colmo  a  fondo:  quindi  passò  ad  assediar  l'Imperiale; 
ma  invece  di  perdere  ivi  inutilmente  il  tempo,  seppe  far  miglior 
uso  del  coraggio  de' suoi  e  del  proprio  ingegno,  perciocché  veg- 
gendo  che  gli  Spagnuoli  rifabbricavano  la  Concezione,  ritornò  colà, 
e  fece  un  mucchio  di  cenere  di  tutte  le  opere  che  vi  avevano 
ristabilite;  indi  andò  a  metter  1'  assedio  a  Santiago,  e  già  era  per 
farsene  padrone,  quando  un  colpo  di  freccia  il  lasciò  morto. 
Vien  mandato  Garzia  di  Mendoza. 
Ma  non  per  questo  cessarono  le  ostilità:  duravano  esse  da  die- 
ci anni  ,  per  Io  più  con  perdita  degli  Spagnuoli ,  quando  vi  fu 
mandalo  con  potente  esercito  Garzia  di  Mendoza,  il  quale  dopo 
di  essere  slato  vinto  in  molte  azioni ,  favorito  finalmente  dalla  for- 
tuna, fece  prigioniero  il  valoroso  Capolican.  Il  trionfo  di  Mendoza 
fu  di  mellere  a  morte  sì  valentuomo,  sperando  forse  che  nel 
sangue  di  lui  lutto  si  scemasse  il  valore  degli  Araucani. 
Capolican  prigioniero  viene  ammazzato. 

Ma  questi ,  anche  battuti,  non  perdettero  animo:  fecero  nuove 
leve;  montarono  arditi  i  cavalli  guadagnali  sugli  Spagnuoli:  com- 
batterono per  più  di  cinquant'  anni  continui  per  la  loro  libertà, 
ruinando  quasi  tutle  le  colonie,  né  ancora  cedendo,  tutto  che  si 
mandassero  loro  contro  a  migliaja  ben  disciplinale  truppe. 
Tentativi  degli  Olandesi  e  vane  lusinghe  deW  Inglese  Ca- 
vendish  ec. 

Bolliva  ancora  l'odio  de' Chiliesi  contra  gli  Spagnuoli  nel 
1642.  ,  quando  volendo  gli  Olandesi  approfittarne,  mandarono 
sulle  coste  del  Chili  un'armata  condotta  dall'  Ammiraglio  Brewer. 
Ma  il  fiero  contegno  degli  Araucani  rese  inutili  i  tentativi  degli 
Olandesi,  e  vane  ben  anche  le  lusinghe  dell' Inglese  Cavendisb.  Di 
questa  fierezza,  sostenuta  dall'  aurore  dell'  indipendenza,  gli  Arau- 
cani, i  Gauchi,  i  Gillici  sonosi  conservati  fino  al  giorno  d'oggi.  I 
più  saggi  fra  i  Governatori  del  Chili  sono  stati  quelli  che  con  essi 
hanno  fatto  qualche  trattato,  rinunciando  a  cercare  nelle  montagne 
di  que'  popoli  altre  miniere.  Ma  1'  amministrazione  Spagnola  , 
lungi  dal  presentare  agli  abitatori  della  parte   più    australe    del 


DEGLI    ABITATORI    DEL    CHILI  2O0, 

Chili  alcun  allettamento,  onde  trarli  a  civiltà,  non  ha  fatto  che 
indispettire  le  tribù  slesse  viventi  a  settentrione  del  Biobio,  e  già 
sottomesse.  Anzi  essa  giunse  a  spargere  tale  disgusto  negli  animi 
de'creoli,  che  al  primo  udire  i  rivolgimenti  accaduti  in  altre  co- 
Ionie,  si  sono  messi  con  molto  ardore  in  misura  di  reggersi 
come  un  popolo  non  avente  più  bisogno  di  tutori  lontani ,  il  cui 
solo  interesse  pareva  essere  quello  di  tenerli  in  un' eterna  nullilà. 
Storici  principali  del  Chili. 

Fra  gli  autori  ed  i  viaggiatori  che  scrissero  di  cose  apparte- 
nenli  alla  storia  naturale  e  civile  del  Chili,  noi  faremo  speziale 
menzione  dei  seguenti  (i). 

Prospetto  fisico  del  Chili. 

Noi  descriveremo  qui  tutto  quel  che  s'intende  ordinariamente 
sotto  il  nome  di  regno  del  Chili,  cioè  il  Chili  propriamente  detto, 

(i)  Histoire  du  royaume  de  Chili  ,  par  Jeau  Yanez  (in  Olandese).  Am- 
sterdam ,  1619  ,  in  4«° 
Journal  van  de  Reyse  gedaen  by  Oosten  de  straest  Lemaire  naer  de  hust 

vau  Chili,  onder  het  beleyd  van  Hendrik  Brower.  Amsterdam  ,  i643 

et   1646,  in  4.0 
Historica  Relacion  del  origen  de  Chili,  de  Alonzo  d'  Ovaglie.  Roma  .  1646, 

in  4-°  Trad.  in  Italiano.  Roma ,   1646,  in  4-°  fig.° 
Storia  naturale  e  civile  del  Chili  dell'  Ab.  Filippo  Vidaure,  in  4-° 
Description  historique  du  pays  de  Gondea  dans  le  Chili  eie.  par  Alphouce 

de  Ercilla  (  in  Olandese  ).  Amsterdam,   1649,  in  12.0 
Compendio  della  Istoria  geografica ,  naturale  e  civile  del  regno  di  Chile. 

Bologna,  1776,  in  8.°  Trad.  in  Tedesco.  Hamburgo,  1782,  in  8.0 
Chilidugu  ,  sive  res  Chilenses  ,  vel  Descriptio  status  tam  naturalis,  quam 

moralis  regni  populique  Chileusis  etc.  opera   Bernardi  Havestad.  Mun- 

ster,  1777  ad  1779,  in  8.° 
D.   Pedro   Gonzales   de   Ogeros  ,  Description  historica  de  las  provincias   y 

arcipelago  de  Chiloè  en  el  regno  de  Chili  etc.  Madrid,  1780,  in  4.0 
Istoria   naturale   del  Chili  dell' Ab.  Molina.    Bologna,  1782  in  8.°  e  1810, 

in   4-°   Trad.  in   Francese,  Paris,  1789,  in  8.° 
Neueste   Politische   und  Physikalische  Nachrichten   aus  Chili  (  inserito  nel 

Portafoglio  storico  ,  1786,    Fase.   I.). 
Saggio  della  Istoria  civile  del  Chili  del  signor    Abate  Molina.  Bologna, 
1787,  in   8.°  Nel    voi.    Vili,    delle  Lettere  Edificanti  (prima  edizione  ) 
si   trovano  importanti  notizie  sopra  molte  nazioni  del  Chili,  quali  sono 
i  Moxo  ,  i  Purcha  ed  i  Poya. 
Cosi.  Voi.  III.  dell'America,  i4 


210  COSTUME 

all'  occidente  delle  Ande }  il  Nuovo-Chili  e  le  provincie  di  Cuyo 
all'est  di  quelle  montagne. 

Situazione ,   estensione. 

Il  Chili  propriamente  detto  è  situato  sulla  spiaggia  del  mar 
Pacifico,  fra  il  a3  ed  il  /i5  grado  di  latitudine  australe,  e  fra  il 
3o4  e  3o8  gradi  di  longitudine,  all'est  del  primo  meridiano  del- 
l'isola di  Ferro.  La  sua  longitudine,  dal  settentrione  al  mezzodì, 
è  di  5oo  alle  55o  leghe,  e  la  sua  larghezza  ,  da  levante  a  ponen- 
te, è  di  circa  80 ,  comprendendo  la  catena  dell'Ande.  Ila  per 
limite  all'ouest  il  mar  Pacifico}  al  nord  il  Perù}  all'est  il  Tu- 
cuman,  ed  al  mezzodì  le  terre  Magellaniche.  Le  Ande  lo  separano 
da  tutte  queste  regioni.  La  provincia  di  Cuyo  trovasi  fra  il  Chili 
ed  il  Tucuman  ,  dal  3o  al  35  paralello  di  latitudine.  Il  Nuovo- 
Chili  si  estende  indefinitivamente  al  sud  della  provincia  di  Cuyo, 
verso  i  Paropas  di  Buénos-Ayres  ed  i  deserti  della  Patagonia. 

Clima. 

La  fresca  temperatura  e  le  stagioni  regolari  vi  mantengono  il 
vigore  e  la  salute  nella  natura  animale.  Vi  regna  la  primavera  da 
Settembre  a  Dicembre;  comincia  allora  l'estate  dell'emisfero  au- 
strale. I  venti  spirano  da  tramontana  dalla  metà  di  maggio  alla 
fine  di  settembre,  ed  è  quella  la  stagione  delle  piogge.  Nel  resto 
dell'anno  i  venti  vengono  dal  sud,  sono  asciutti,  e  si  risentono  a 
sessanta  ed  anche  ottanta  leghe  in  distanza  dalla  costa. 

Suolo. 

Quanto  al  suolo  di  questo  paese  sembra  che  la  costa  non 
presenti  che  una  stretta  spiaggia,  dietro  la  quale  sorgono  senza 
gradazione  parecchie  file  di  montagne.  I  fianchi  di  tali  montagne 
han  fertili  pianure  irrigate  da  piccioli  fiumi,  e  ne' siti  coltivati 
sono  coperte  d'orti,  di  vigne  e  di  pascoli.  Le  sommità  delle  Ande, 
ove  ardono  fra  la  neve  quattordici  grandi  vulcani,  fan  corona  a 
quella  interessante  prospettiva.  L'oro  ed  il  rame  abbondano 
ne' monti}  sussistono  nelle  Ande  intiere  montagne  di  calamita.  Le 
rive  sono  coperte  di  una  sabbia  ferrigna}  ma  ad  onta  di  queste 
qualità  metalliche  del  terreno  la  vegetazione  fa  mostra  della  più 
maravigliosa  energia.  Ne'  boschi  vegetano  alberi  enormi,  quali  pre- 
ziosi per  l'incorruttibilità  del  loro  legno,  quali  utili  per  le  loro 
gomme  e  resine.  La  pianura  adorna  di  arbusti  aromatici  e  salini, 
si  presenta  propizia  a  tutti  i  generi  di   coltivazione  Europea.    E 


DEGLI    ABITATORI    DEI,    CHILI  211 

quello  il  solo  paese  del  nuovo  continente  ove  siasi  potuto  far 
vino.  I  lama,  le  vigogne,  i  viscachi  si  moltiplicano  in  libertà.  I 
ci^ni  del  Chili  hanno  la  testa  nera,  ciocché  gli  avvicina  a  quelli 
della  Nuova-Olanda. 

Vegetabili. 

Il  re^no  vegetabile  ed  animale  di  questo  paese  non  è  cono- 
sciuto che  per  le  poche  esalte  descrizioni  di  Molina,  dalle  quali 
però  si  conosce  che  vi  si  trovano  molti  oggetti  nuovi  per  la 
scienza  e  ben  utili  all'industria.  Non  sapremmo  determinare  tutte 
le  spezie  di  legni  odorosi,  resinosi  ed  altri  indicati  da  Molina; 
uè  potrebbe  dirsi  se  il  pino  del  Chili  esser  debba  classificato  tra 
i  nostri  alberi  coniferi  ,  a'quali  rassomiglia,  e  se  i  cedri  delle 
Ande  non  sieno  diversi  da  quelli  del  Libano.  Tutto  ciò  che  sap- 
piamo si  è  che  stan  sull'Ande  immense  foreste  ed  alberi  di  smi- 
surata grandezza.  Due  alberi  simili  al  mirto,  myrtus  luma  e  ma- 
xima, giungon  qui  alla  lunghezza  di  quaranta  piedi.  L'ulivo  ha 
fin  tre  piedi  di  diametro-,  l'erbe  copron  il  bestiame  ne' prati. 
Veg^onsi  poma  grosse  come  una  testa  e  pesche  del  peso  di  sedici 
oncie.  Parecchi  arboscelli  e  piante  abbondano  di  materia  colorante 
di  un  nero  assai  carico.  La  puya  ,  albero  poco  alto  ma  assai 
grosso,  copresi  di  una  spezie  di  scaglia. 

Animali. 

Parecchi  quadrupedi  del  Chili,  sebbene  classificati  nei  sistemi 
de'  naturalisti,  non  conosconsi  che  imperfettamente:  tale  è  il  Castore 
del  Chili,  castor  huidrobius,  che  abita  le  rive  de'laghi,  e  de'fiu- 
roi  ma  che  non  fabbrica  come  il  Castore  comune,  e  che  somministra 
una  pelle  tenuta  ili  gran  conto  ;  tali  sono  anche  la  lontra  o  topo 
acquatico  colla  coda  compressa  alla  sommità;  il  mulo  azzurro,  il 
topo  lanuto,  il  cui  pelo  lunghissimo,  fino  come  la  ragnatela,  ado- 
peravasi  da' Peruviani  in  luogo  della  miglior  lana,  il  mus  mau- 
linus,  e  lo  scojattolo  del  Chili,  che  rassomiglia  al  ghiro. 

Topografia. 

Venendo  da  tramontana  noi  incontriamo  in  primo  luogo  il 
distretto  di  Copiapo,  la  cui  città  principale  è  San  Francesco  de 
la  Selva. 

Copiapo. 

Vi  piove  di  rado  :  il  clima  è  sempre  dolce  :  i  frutti  sono  di 
bonissima  qualità:  ha  molte  miniere  di  rame,  di  solfo  purissimo, 
di  calamita,  lapislazzuli,  oro  ed  argento. 


212  COSTUME 


Coquimbo. 

Il  distretto  di  Coquimbo  è  lungo  80  leghe  e  largo  l\o  da 
levante  a  ponente:  produce  vino,  grani  ed  olio  finissimo}  ha  mol- 
te miniere  d'oro,  d'argento,  di  rame,  di  piombo,  di  mercurio, 
somministra  eccellenti  cavalli  e  pelli  di  vacche,  di  cui  si  fa  gran 
commercio  a  Lima.  La  capitale,  che  porta  lo  stesso  nome  ed  è 
anche  appellata  Serana,  è  distante  un  quarto  di  lega  dal  mare: 
vi  regna  una  primavera  continua,  e  vanta  belle  abitazioni  ornate 
di  giardini  con  superbi  viali  di  mirti.  Presso  Coquimbo  e  Guasco 
sembra  che  la  terra  sia  impregnata  di  sostanze  metalliche.  11  rame 
è  d'ottima  qualità }  se  ne  esportano  annualmente  diecimila  quin- 
tali per  la  Spagna  e  trentamila  per  Lima. 
Quilota. 

Il  distretto  di  Quilota    ha    per   capitale    S.    Martino   de    la 
Coiicha,  ha   miniere  d'oro  e  di   rame:  produce    vino,  biade,   be- 
stiame, e  dà  il  suo  nome  a  grossissime  poma. 
Valparayso. 

Ma  il  porto  principale  del  Chili  è  Valparayso  trenta  leghe 
distante  da  Santiago  capitale  del  Chili.  Se  ne  esportano  per  Lima 
formento,  farina,  una  considerabile  quantità  di  picciolo  cordame, 
pesce  salato  secco,  pere,  mele,  persici  ed  altre  frutta.  Valparayso 
ne  riceve  in  cambio  zucchero,  tabacco,  indaco  e  liquori  spiritosi. 
Il  porto  parve  a  Vancouver  molto  esposto  ai  colpi  di  vento  del 
nord  (1). 
Santiago  capitale  del  regno. 

Santiago,  propriamente  San-Yago,  capitale  di  tutto  il  regno 
del  Chili,  è  situata  al  grado  33  min.  /jo  sec.  n  di  latitudine  sud 
e  a  trenta  leghe  del  porto  di  Valparayso.  »  Questa  città  ,  dice 
Vancouver  tom.  V.  pag.  379  ec,  ha  più  di  una  lega  di  Francia 
di  circonferenza:  le  strade  si  tagliano  ad  angoli  retti,  e  ve  n'ha 
di  lunghe  un  quarto  di  lega,  larghe,  ma  assai  sudicie  »,  La  po- 
polazione è  valutata  3o,5oo  anime.  La  piazza  maggiore  è  deco- 
rata d'una  bella  fontana  }  il  fiume  Mapucho  che  passa  in  mezzo 
alla  città,  e  che  altre  volte  l'indovinava  frequentemente,  è  al  pre- 
sente tenuto  in  freno  da  un  argine  grandioso.  Meritano  d'  essere 
mentovati  alcuni  edifizj  di  Santiago  a  motivo  della  loro  magnifi- 
ci) Vancouver,  Voyage,  tom.  V.  pag.  4*o  etc. 


V 


DEGLI    ABITATORI      DEL    CHILI  2l3 

ccnza  ,  sebbene  non  vi  sieno  sempre  state  osservate  le  regole 
delT architettura.  Si  distingue  il  palazzo  della  zecca  ,  la  nuova 
cattedrale  ed  alcune  altre  chiese}  sonovi  bellissime  case  private, 
consistenti  tulle  in  un  solo  piano  terreno,  ma  vasto  ed  assai  ele- 
vato. Santiago  è  la  residenza  di  un  capitano  generale  ,  che  è  nello 
stesso  tempo  presidente  civile  del  regno  del  Chili}  di  un  Vescovo, 
di  un  ttibunale  supremo:  havvi  una  università,  un  collegio  di  no- 
tili, dodici  conventi  d'uomini  e  selle  di  donne. 
Foggia  di  vestire  degli  abitatori  di  Santiago. 

La  foggia  di  vestire  degli  abitatori  di  Sautiago  non  è  di  sì 
pessimo  gusto  quanto  è  quella  usala  da  que' delle  Concezione,  di 
cui  siamo  per  parlare,  uè  sì  magnifica  quanto  quella  che  vien 
praticata  a  Lima  ,  ma  è  in  tutto  simile  alla  maniera  di  vestire 
degli  abitatori  di  Quito.  Gli  uomini  portano  comunemente  i  ponco 
fuori  però  delle  occasioni  di  cerimonie.  Vedi  la  tavola  26. 
Miniere  a"  oro. 

Le  principali  miniere    d'oro   sono  a  levante  di  Santiago  ,    a 
Petorca  5  ma  come  quelle  del  Perù  sono  rilegale  nelle  regioni  delle 
nevi.  La  montagna  d'Upsallata  è  sì  ricca  dì  minerale  che  produce 
fin  sessanta  marchi  per  quintale. 
Maule.. 

Il  distretto  di  Maule,  il  cui  principal  luogo  chiamasi  Talea, 
abbonda  di   vino,  tabacco,  giani  e  capre.  Esso  ha   molte  miniere 
d'oro,  e  particolarmente  quella  del  monte  Olivato,    famosissima 
per  la  sua  quantità  d'oro  puro. 
Concezione. 

La  provincia  della  Concezione  si  estende  dalla  riva  di  Maule 
a  quella  di  Biobio,  che  è  il  limite  delle  parti  regolarmente  abi- 
tate del  Chili.  Il  clima  è  temperato,  e  vi  si  dislinguon  le  quattro 
stagioni  dell'anno  come  in  Europa  ,  ma  ad  epoche  inverse.  Il 
suolo  è  fertilissimo:  il  grano  dà  il  sessanta  per  uno:  la  vite  pro- 
duce colla  slessa  abbondanza,  e  le  campagne  sono  coperte  di  be- 
stiame. La  città  della  Concezione  essendo  stata  inghiottita  dal  mare 
in  occasione  di  un  terremoto,  se  ne  fabbricò  una  nuova  a  qual- 
che distanza  del  lido:  essa  vien  appellata  indistintamente  la  Mocha 
o  la  nuova  Concezione:  contiene  circa  diecimila  abitatori  ;  è 
la  residenza  di  un  intendente  e  di  un  comandante  militare,  l'au- 
torità de' quali  si  estende  sulla  provincia  della  Concezione  ,   che 


21/^  COSTUME 

abbraccia  il  mezzodì  del  Chili $  ma  noi  non  ne  sapremmo  indi- 
care i  confini  con  precisione.  Talcaguana  ,  picciola  città  sulla 
baja  della  Concezione  ,  è  uno  dei  più  ampj  e  comodi  sili  da 
rinfresco  che  trovinsi  sulla  costa  del  Chili. 

Le  fortezze  d'Araucos,  di  Tucapel  ed  altre  erano  destinate  a 
formare  una  barriera  contra  le  scorrerie  degli  indigeni  ,  oggidì 
sommessi  e  tranquilli. 

De  la-Pérouse  (i)  ci  lasciò  alcune  notizie  sugli  usi  e  sui  co- 
stumi degli  abitatori  della  Concezione.  Il  popolo  ,  egli  dice  ,  é 
ladro  in  sommo  grado  e  le  donne  sono  estremamente  compiacenti, 
ma  gli  abitatori  del  primo  slato,  i  veri  Spagnuoli,  sono  assai  ci- 
vili e  cortesi.  Egli  ci  descrive  l'accoglimento  che  gli  venne  fatto 
in  Talcaguana  dal  comandante  Sabatero,  ed  il  convito  ed  il  ballo 
in  onore  di  lui  coli' invito  delle  principali  signore  della  città. 
Foggia  di  vestire  degli  abitatori  della  Concezione. 

L'abbigliamento  delle  donne,  egli  dice,  consiste  in  una  gonnella 
fatta  a  pieghe,  di  quelle  antiche  stoffe  d'oro  o  d'argento  che  si 
fabbricavano  una  volta  a  Lione:  queste  gonnelle,  che  vengono  però 
riservate  per  le  grandi  congiunture,  possono  essere,  co  me  i  diamanti 
sostituite  nelle  famiglie,  e  passare  dalle  madri  alle  figlie}  altronde 
queste  ricche  vesti  non  sono  usate  che  da  alcune  cittadine  di  alta 
condizione }  le  altre  hanno  appena  di  che  coprirsi.  La  foggia  d'abbi- 
gliarsi di  queste  dame  fu  dipinta  dal  signor  Duché  de  Vancis  ed 
incisa  da  Thomas:  essa  trovasi  rappresentata  nella  Tavola  5  del- 
l'Atlante del  Viaggio  di  La  Pérouse:  noi  ve  la  presentiamo  nella 
Tavola  27.  Una  gonnella  increspata  che  lascia  scoperta  la  metà  della 
gamba,  e  che  è  attaccala  molto  sotto  ia  cintura }  calzette  rigate 
di  rosso,  di  azzurro  e  di  bianco }  scarpe  sì  corte  che  tulte  le  dita 
sono  piegate,  in  guisa  che  il  piede  è  quasi  rotondo;  ecco  l'ab- 
bigliamento delle  dame  del  Chili  :  i  loro  capelli  sono  senza  polve- 
re, quelli  di  dietro  divisi  in  picciole  trecce  che  cadono  sulle  loro 
spalle \  la  loro  giubba  è  ordinariamente  di  stoffa  d'oro  o  d'ar- 
gento: essa  vien  coperta  da  due  raaotellelte,  la  prima  di  musso- 
lina ,  e  la  seconda  ,  posta  sopra  ,  di  lana  a  varj  colori  ,  giallo  , 
azzurro  o  rosa:  queste  mantelletle  di  lana  avviluppano  la  testa 
delle  dame  quando  sono  in  istrada  e  che  fa  freddo  $  ma   quando 

(1)  Voyage,  Tom.  II.  chap.  3  pag.  58  e  seg. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    CHILI  21 5 

elleno  trovatisi  negli  appartamenti  sogliono  porle  sulle  loro  ginoc- 
chia, e  ci  ha  un  certo  giuoco  con  queste  mantellette  di  mussolina, 
mettendole,  levandole  e  rimettendole  con  molta  grazia.  Esse, 
prosegue  La-Pérouse  sono  generalmente  belle,  gentili  e  sì  ama- 
bili, che  certamente  non  ci  ha  alcuna  città  marittima  in  Europa, 
in  cui  i  navigatori  stranieri  possano  esser  ricevuti  con  tanta  ame- 
nità ed  affezione. 

Valdivia. 

La  città  capitale  provincia  di  Valdivia  porta  lo  stesso  nome: 
essa  è  situata  su  di  un'eminenza  ben  fortificata,  ed  è  una  delle 
migliori  piazze  dell1  America:  possedè  un  porto  buono  e  ben  di- 
feso: le  sue  campagne  sono  fertilissime:  il  paese  abbonda  di  mi- 
niere d'oro  e  somministra  ottimo  legname  da  costruzione. 

Isole  del  Chiloe. 

La  grand'isola  di  Chiloe  è  la  principale  dell'arcipelago  di 
Gliouos,  composto  di  ^7  isole,  2,5  delle  quali  popolate  e  coltivate. 
Essa  è  lunga  38  leghe  e  larga  nove:  produce  grano,  orzo,  lino, 
cignali,  con  cui  si  fanno  ottimi  presciutti  \  ha  inoltre  eccellente 
legname  da  costruzione.  E  popolata  da  a5m.  Spagnuoli  ed  indige- 
ni ,  ed  havvi  il  bel  porto  di  S.  Carlos  di  Charcao  e  la  città  di 
S.  Juan  de  Castro.  Gli  indigeni  parlano  un  linguaggio  particolare 
chiamato  veliche.  Il  clima  è  sano,  ma  freddo  e  piovoso.  Un  e- 
norrae  globo  di  fuoco  scoppiò  l'anno  1737  sulle  isole  Guaytecos, 
e  vi  inceneiì  tutti  i  vegetabili  (i).  Ad  una  distanza  di  160  leghe 
in  mare  sorgono  le  due  isole  di  Juan-Fernandez  divenute  celebri 
pel  ricovero  che  la  maggiore  di  esse  presenta  ai  naviganti.  E  da 
mezzo  secolo  in  qua  occupata  da  una  picciola  colonia  di  Spa- 
gnuoli ,  che  vi  costruirono  un  forte  ed  una  borgata.  Gii  abitatori 
vivono  in  pace  all'ombra  delle  loro  ficaje  e  delle  loro  viti  (2). 
Sogliono  i  navigatori  denominare  la  grand'isola  Mas-a-tierra  , 
vale  a  dire  la  più  vicina  al  continente,  e  chiamare  la  minore 
Mas-a-fuero ,  cioè  la  più  esterna.  Crescon  in  quest'isole  il  cedro, 
il  legno  di  sandalo  ed  il  pepe  simile  a  quello  di  Chiapa  al  Mes- 
sico. Le  sole  capre  salvatiche  abitano  i  boschi  pittoreschi  di  que- 
st' ultima  (3). 

(1)  Viajero  Universal.  XV.  pag.  366. 

(2)  Relation  de  M.  Moss ,  Annales  des  Voyages  ,  XVI.,  pag.   169. 

(3)  Quest'  isola  è  famosa  pel  celebre  Robinson-Crusoè.  Sembra  che  un 


2,1 6  COSTUME 

IL  Chili  orientale  o  Cuyo. 

Rientriamo  sul  conliuenle.  Se  dalla  capitale  del  dilli  vogliam 
dirigersi  verso  il  Paraguay  convien  valicare  le  Ande,  ove  bene 
spesso  il  viaggiatore  è  assalito  da  violenti  temporali.  Si  passa  per 
Mendoza  capitale  della  gran  provincia  di  Cuyo,  che  chiamasi  an- 
che Trasmontano  a  motivo  della  sua  posizione  rispetto  al  Chili, 
ed  è  fertile  di  frutta  e  biade.  Se  ne  trasporta  il  vino  a  Baenos- 
Ayres  e  a  Monte-Video,  ma  ha  il  colore  ed  in  parte  anche  il 
sapore  di  una  pozione  di  rabarbaro  e  di  sena.  Gli  dan  forse  un 
tal  gusto  gli  otri  di  becco  incatramati  entro  i  quali  si  trasporta:, 
né  si  beve  quasi  altro  vino  in  tutto  il  Paraguay  (i).  Questa  pro- 
vincia abbonda  d'ogni  sorta  di  bestiame,  vigogne,  guanachi,  vi- 
cachas ,  pernici,  e  di  rhèa  americana  ossia  struzzi  Magellanici: 
la  carne  del  cignale  è  di  eccellente  qualità,  ed  in  generale  i  vi- 
veri vi  si  trovano  per  poco  prezzo.  Gli  abitatori  sono  destri  alla 
caccia  e  particolarmente  a  quella  dello  struzzo,  il  cui  eserci- 
zio li  rende  sì  leggeri,  che  al  dire  d' Alcedo,  seguouo  un  cavallo 
alla  corsa  (a). 

certo  Alessandro  Selkirk,  Scozzese  ,  sia  stato  abbandonato  in  quest'isola 
deserta  dal  suo  capitano,  ove  egli  visse  per  alcuni  anni,  fiuo  a  quando 
venne  scoperto  dal  capitano  Wood  Rogers  nel  1709.  Egli  erasi  quasi  di- 
menticato della  sua  lingua  materna  ,  e  poteva  appena  farsi  intendere  pro- 
nunziando le  parole  a  metà  :  era  coperto  di  pelli  di  capre ,  non  voleva 
bevere  che  acqua  ,  e  duro  fatica  ad  accostumarsi  ai  cibi  del  vascello.  Du- 
rante il  suo  soggiorno  neh'  isola  aveva  ucciso  cinquecento  capre  eh'  ei 
prendeva  al  corso  ,  e  ne  aveva  lasciate  in  libertà  quasi  altrettante  dopo 
di  aver  ad  esse  segnata  1'  orecchia.  Alcune  di  queste  furono  prese  molti 
anni  dopo  dai  marinaj  dell'ammiraglio  Anson.  Allorché  Selkirk  giunse 
in  Inghilterra  venne  consigliato  a  pubblicare  la  relazione  della  sua  vita  e 
della  sua  avventura  nel  suo  picciolo  imperio.  Si  dice  eh'  ei  consegnasse  le 
sue  memorie  a  Daniel  Defoe  affine  di  disporle  per  la  stampa.  Ma  questo 
scrittore  coli'  ajuto  delle  dette  memorie  e  della  fervida  sua  immaginazione, 
trosformò  Alessandro  Selkirk  in  Robinson-Grusoé ,  e  restituì  al  primo  le 
sue  carte  ,  di  maniera  che  non  ne  ebbe  alcun  profitto.  Esse  erano  pro- 
babilmente poco  acconcie  ad  essere  pubblicate,  e  Defoe  non  ne  trasse 
che  poche  idee,  le  quali  però  somministrarono  bastante  materia  alla  com- 
pilazione della  sua  celebre  opera. 

(1)  Don  Pernelty  ,  toni.  I.  pag.   291. 

(a)  Alcedo,  alla  parola  Cuyo. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    CHILI  21  'J 

Costumi  ed  usanze  dei  Chiliesi  indigeni. 

I  Chiliesi  indigeni  sono  generalmente  robusti,  di  buona  for- 
ma, di  spalle  grandi,  petto  alto,  di  membra  bui  disposti ,  agili  , 
snelli,  nerboruti,  valorosi,  audaci,  forti  nel  travaglio  e  assai  soffe- 
renti di  fame,  freddo  e  caldo,  dispregiatori  delle  proprie  como- 
dità e  della  medesima  vita,  quando  è  necessario  rischiarla  per  l'o- 
nore e  per  la  libertà,  senza  desistere  dall'impresa  con  perfìdia  e 
costanza  incredibile. 

Carattere  de"*  Chiliesi. 

y>  Han  fama  gli  Indiani  del  Cile,  così  Alonso  d'Ovaglie  (i), 
per  la  bocca  di  tutti  quei  che  li  conoscono  ,  di  essere  i  più  va- 
lorosi e  più  forti  guerrieri  di  quel  tanto  dilatato  mondo:  piaces- 
se a  Dio  che  non  avessimo  avuto  tanta  esperienza  di  questo,  che 
quel  regno  oggi  sarebbe  de'più  fioriti  e  ricchi  dell'Indie,  di  che 
non  è  picciola  prova  per  lo  stato  nel  quale  oggi  si  trova,  benché 
vi  sia  slato  quel  perpetuo  contrasto  di  guerre  ,  essendo  più  di 
ceuto  anni  che  si  cominciò  a  combattere,  senza  aver  punto  lascia- 
to Tarmi  dalle  mani,  che  è  cosa  maravigliosa  e  degna  di  ponde- 
razione, che  avendo  gli  Spagnuoli  soggettalo  in  breve  spazio  im- 
perii tanto  potenti,  come  furono  quelli  di  Montezuma  nel  Mes- 
sico ,  e  dell' loca  nel  Perù,  non  abbiano  mai  potuto  soggettare 
del  tutto  questi  valorosi  guerrieri  del  Cile,  figli  di  quella  Cordi- 
gliera  ,  che  par  comunichi  a  quelli  la  crudezza  incontrastabile 
delle  sue  inespugnabili  rupi  ed  asprezze  ». 

Antonio  de  Herrera  (2)  assegna  la  ragione  del  non  essersi  as- 
soggettati a  questi  Monarchi,  e  dice  ch'essi  non  potevano  sof- 
frire la  sovranità  colla  quale  venivano  trattali,  essendo  conside- 
rati come  se  fossero  di  un'altra  specie}  che  tal  sorte  di  tirannia 
era  insopportabile  al  loro  generoso  cuore  ed  animo  valoroso  j  e 
che  perciò  resisterono  sempre  alle  armi  di  quelli,  i  quali  avendo 
soggettato  una  gran  parte  dell'America  ,  trovaron  sempre  una 
costante  opposizione  ne' Chiliesi  sebbene  i  più  vicini  ai  confini 
del  Perù. 

Loro  governo. 

Per  questa  medesima  ragione  non  solo  resisterono  alla  signo- 

(1)  Historica  Reralatione  del  regno  del  Cile  ec.  cap.  II. 

(2)  Tom.  III.  Dee.  5  pag.  76. 


2  I  8  COSTUME 

ria  degli  Inca,  ma  non  vollero  mai  ammettere   Re  della  propria 
nazione  né  della  forestiera,  perchè  l'amore  e   la  stima  della  pro- 
pria libertà  prevalsero  sempre    contra   tutte  le  ragioni  di    stato  , 
colle  quali  poteva   la  politica  persuadere  il  contrario. 
Origine  de*  Cacichi. 

Nemmeno  usarono  essi  il  governo  a  modo  di  repubblica,  per- 
chè il  loro  animo  impaziente  e  guerriero  non  potè  accomodarsi 
col  tempo  troppo  necessario  per  1'  accordo  ed  unione  di  molti 
pareri }  e  perciò  ciascuno  o  per  meglio  dire  ogni  famiglia  elesse 
uno  che  la  governasse  ,  agli  ordini  del  quale  gli  altri  obbe- 
divano; e  di  qua  ebbero  origine  i  Cacichi  che  sono  i  Principi 
e  signori  che  dopo  andarono  ereditando  succedendosi  di  padre  in 
figlio. 
Loro  adunanze. 

Benché  però  ognuno  di  questi  Cacichi  governi  la  sua  giuri- 
sdizione senza  nessuna  dipendenza  da  altri,  nulladimeno  quando 
si  presenta  qualche  occasione  dalla  quale  dipende  la  conservazione 
di  tutti  e  delle  loro  terre  ,  si  uniscono  i  Cacichi  alle  persone 
principali,  convocandosi  per  mezzo  d'ambasciatori,  e  risolvono  in 
quelle  ragunanze  ciò  che  par  loro  migliore}  e  se  si  tratta  di  guerra 
difensiva  od  offensiva  eleggono  a  capitan-generale  non  un  Cacico 
od  il  più  nobile  o  più  potente,  ma  il  più  valoroso,  e  a  questi 
tutti  gli  altri  obbediscono,  e  in  sì  fatta  maniera  si  sono  conser- 
vati tanti  anni,  senza  che  nessuna  forza  abbia  potuto  mai  preva- 
lere contro  di  essi.  Le  ragunanze  sono  fatte  nella  più  amena  cam- 
pagna, dove  portano  gran  copia  di  cicia  o  sciscia,  che  è  il  loro 
vino,  ed  animano  col  caldo  di  questo  liquore  il  furore  militare  } 
si  alza  nel  mezzo  di  tutti  quello  a  chi  per  anzianità  o  per  altri 
titoli  spetta  far  il  ragionamento  ,  e  propone  il  fine  della  ragu- 
nanza  ,  e  con  grande  eloquenza  (  in  che  sono  assai  segnalati  ) 
adduco  le  ragioni  più  atte  a  persuadere.  Tutti  sono  obbligati  a 
seguire  la  maggior  parte  de'  voti  ,  e  si  pubblica  poi  a  suon  di 
tamburi  o  di  trombette  la  cosa  determinata,  e  dopo  tre  giorni  di 
esame  non  trovandosi  inconvenienti,  si  passa  a  confermare  il  de- 
creto, e  si  procurano  i  mezzi  che  pajono  più  efficaci  per  conse- 
guire l'intento. 
Nobiltà. 

Antonio  de  Herrera  nel  luogo  cita  ido  de'Chiliesi  dice 


lì  O". 

I 


DEGLI    ABITATORI    DEL    CHILI  2ig 

che  Ira  essi  sono  alcuni  di  miglior  condizione  del  volgo,  i  quali 
nella  stessa  maniera  degli  Europei ,  meritarono  i  titoli  distinti  pel 
valore  con  cui  si  difesero  da' loro  nemici. 
Armi. 

L'armi  che  usano  sono  picche,  lancie,  accette,  mazze  in- 
chiodate, dardi,  archi,  bastoni,  lacci  di  nervi  e  di  forti  vinchi 
con  cui  lanciano  le  pietre.  Guerreggiano  a  cavallo  con  lancia  e 
targa,  l'uso  delle  quali  hanno  appreso  dagli  Spagnuoli ,  dai  quali 
ebbero  pure  i  cavalli  ed  il  ferro,  supplendo  anticamente  a  que- 
st'ultimo con  una  certa  sorte  di  legno  duro,  e  di  tal  qualità  che 
nella  cenere  calda  s'intostisce  e  s'indura,  e  serve  quasi  come  se 
fosse  acciajo.  Usano  forti  e  duri  corsaletti,  bracciali,  armature 
di  capo,  celate  di  diverse  fogge,  e  tutte  queste  cose  fatte  di 
cuojo  crudo  di  toro,  che  dopo  seccato  è  impenetrabile  quasi  come 
l' acciajo,  e  sono  migliori  e  di  facile  maneggio,  perchè  essendo 
più  leggiere  lasciano  il  corpo  libero  per  combattere.  Non  può  chi 
porta  la  picca,  portar  la  frecciarne  chi  usa  la  mazza  aver  altra 
arma ,  e  ciascuno  mena  le  mani  collo  stromento  cui  si  è  assue- 
fatto da  giovane,  e  nel  cui  uso  mostra  forza  ed  agilità. 
Maniera  di  guerreggiare. 

Formano  i  loro  squadroni  ,  e  ciascuna  fila  ha  circa  cento  sol- 
dati :  tra  una  picca  e  l'altra  trovatisi  i  saettatori  che  sono  difesi 
dalle  picche  de'soldati  che  stanno  spalle  con  spalle:  se  il  pri- 
mo squadrone  è  superato  e  sbaraglialo ,  soccorre  subito  il  secondo 
con  tanta  prestezza  ,  che  par  non  abbia  mancato  dal  suo  posto  il 
primo}  e  lo  stesso  fanno  il  terzo  e  quarto,  succedendosi  gli  uni 
agli  altri  come  le  onde  del  mare.  Procurano  aver  sicura  e  nella 
minor  distanza  possibile  la  ritirata  in  pantani  e  lacunt ■•  dove  sono 
più  difesi  che  in  qualsivoglia  forte  castello.  I  soliati  venturieri 
vanno  innanzi  dell'esercito,  e  sono  tanto  coraggiosi  che  sfidano 
l'inimico,  perchè  esca  in  campo  da  solo  a  solo  5  e  anche  oggi 
fanno  lo  stesso  cogli  Spagnuoli.  Marciano  con  grande  orgoglio  e 
bizzarria  ambiziosi  di  onore  al  suono  de'loro  tamburi  e  trombette 
con  l'armi  dipinte  di  vistosi  colori,  e  con  pennacchi  di  piume  as- 
sai galanti  e  belle. 

Fanno  i  loro  trinceramenti ,  quando  loro  importa  ,  di  grandi  e 
grossi  alberi,  de' quali  pure  fanno  gli  steccati ,  lasciando  nel  mez- 
zo la  piazza  d'armi,  e  anticamente  solevano    fare  dentro     questo 


2  20  COSTUME 

un  altro  forte:  ed  all'intorno  fanno  una  fossa  coperta  e  seminata 
di  erbe  e  fiori,  sotto  le  quali  cose  stanno  ficcati  acuti  pali  e  spine 
per  istroppiare  i  cavalli  del  nemico,  e  altre  ne  fanno  anche  più 
profonde  perchè  restino  conficcati. 
Spirito  bellicoso. 

Lo  spirito  bellicoso  di  questa  gente  ha  principio  dal  suo  na- 
turale, poiché  sono  collerici,  impazienti,  furiosi  e  nelle  vendette 
notabilmente  crudeli ,  strappando  inumanamente  il  cuore  ai  loro 
prigionieri ,  facendoli  in  pezzi  e  sollevandoli  colle  picche. 
Maneggio  de"1  cavalli. 

Sono  gran  cavallerizzi \  e  con  un  semplice  fusto  vanno  più 
sicuri  che  altri  su  buone  selle,  e  si  espongono  correndo  per  rupi 
scoscese,  col  corpo  tanto  dritto  e  fermo  sopra  il  cavallo,  come 
se  vi  fosse  inchiodato,  né  sono  imbarazzati  dagli  abiti  perchè  ve- 
stono semplicemente.  Ciascuno  però  in  marcia  porta  seco  il  suo 
mangiare. 
Abitazioni  e  suppellettili. 

Le  loro  abitazioni  non  ebbero  mai  forma  di  città:  i  Cacichì 
vivono  co' loro  vassalli  ripartiti  chi  in  una  valle,  chi  alla  falda 
di  qualche  monte,  chi  sulla  riva  di  un  fiume:  alti  i  all'entrata  di 
un  bosco,  altri  dentro  di  una  montagna,  od  alla  spiaggia  del  mare, 
senza  altro  governo  né  consiglio  che  la  volontà  del  Gacico ,  al 
quale  gli  altri  stanno  soggetti  e  pronti  ad  obbedire.  Le  loro  case 
sono  ordinariamente  di  paglia  ,  picciole  ,  senza  finestre^  né  stanno 
unite  o  continuate  le  une  colle  altre-  ma  ciascuna  da  per  se,  di 
maniera  che,  quando  loro  viene  capriccio  di  mutar  sito,  pigliano 
la  casa  e  la  trasportano  in  dodici  o  venti  uomini,  secondo  la 
maggiore  o  minor  grandezza  della  medesima.  I  loro  addobbi  sono 
di  pochissimo  valore  essendo  gente  dispregiatrice  d'ogni  super- 
fluità: la  dura  terra  sulla  quale  stendono  alcune  povere  pelli,  è 
il  loro  letto  }  hanno  per  guanciale  un  mattone  o  un  pezzo  di  le- 
gno sopra  cui  raddoppiamo  la  coperta  che  il  giorno  serve  loro 
di  mantello:  si  coprono  con  una  o  due  coperte  assai  grosse  tes- 
sute di  un  filo  grosso  quanto  un  dito:  hanno  tre  o  quattro  piatti 
ed  un  cucchiajo  di  legno,  od  una  conchiglia  di  cui  si  servono 
pel  medesimo  uso  j  una  zucca  nella  quale  bevono  ed  il  suolo  od 
un  picciolo  banco  per  tavola. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    CHILI  2*1 

Cibi  e  bevande. 

Semplici  sono  i  loro  cibi:  mangiano  poca  carne:  il  loro  or- 
dinario sostentamento  consiste  in  maiz,  fruite  ed  erbaggi.  Essi 
non  ebbero  notizia  del  Tormento  fino  all'entrata  degli  Spagnuoli 
nel  loro  paese;  quindi  mangiavano  la  mote ,  che  è  il  loro  maiz, 
colta  con  acqua  semplice,  ed  essa  è  stala  sempre  ed  è  il  sosten- 
tamento più  universale  degli  Indiani.  Questo  non  solamente  serve 
loro  di  cibo,  ma  benanche  di  bevanda ,  cui  fauno  con  farina  to- 
sta o  disfatta  semplicemente  in  acqua ,  oppure  cocendola  e  facen- 
do la  cicia  che  è,  come  abbiamo  già  detto ,  il  loro  vino  ordina- 
rio. Il  modo  di  fare  la  farina  consiste  nell'  indurire  il  maiz  ne' lo- 
ro leupez,  che  sono  grandi  barattoli  di  creta  contenenti  arena 
cui  mettono  al  fuoco  e  quando  è  ben  calda  vi  pongono  il  maiz 
sgranato,  il  quale,  mescolato  prestamente  con  un  mazzetto  di  le- 
gne,  s'indurisce^  indi  cavatolo  lo  macinano  sopra  una  pietra  in- 
cavata con  un'altra  della  grandezza  circa  di  un  pane  e  di  figura 
ovale.  Quest'ufficio  è  proprio  delle  donne,  e  sarebbe  una  grande 
ignominia,  che  un  uomo  si  occupasse  in  ciò,  od  in  far  la  cucina 
o  in  altri  simili   ministerj. 

Modo  di  vestire. 

»  Il  modo  di  vestirsi,  così  prosegue  Alonso  d'Ovaglie,  nel 
cap.  IV  della  citata  Relazione,  sebbene  galante  e  di  vistosi  co- 
lori, co'quali  tingono  la  lana,  di  cui  fanno  ì  loro  abiti,  è  as- 
sai semplice  e  leggiero,  perchè  né  meno  usano  fodere  in  nessuna 
parte  del  vestito,  né  mettono  una  cosa  sotto  l'altra. 

débito  degli  uomini. 

I  calzoni  arrivano  fino  al  ginocchio  o  poco  più,  aperti  e 
sciolti  come  calzoni  di  tela,  e  toccano  immediatamente  la  carne, 
perchè  non  usano  camicia:  vestono  il  corpo  con  quella  che  chia- 
miamo camiciola,  e  la  quale  non  consiste  in  altro  che  in  sei  palmi 
di  lanetta  aperta  nel  mezzo  alla  lunga,  tanto  quanto  basta  per 
entrare  in  quella  la  testa  ;  e  cinta  dopo  con  un  funicello  senza 
che  abbia  altra  fattura  né  artifizio,  come  né  meno  l'ha  la  co- 
verta che  corrisponde  al  mantello,  cui  chiamano  Ciogni,  che 
usano  quando  van  fuori  di  casa  ,  e  questa  è  come  una  sopra  ta- 
vola o  coverta  di  letto}  portano  le  braccia  e  le  gambe  nude,  il 
piede  calzato  con  V  oxosa  o  scarpe  di  corde.  Portano  pure  il 
capo  scoperto ,  legato  con  una  cinta  di  lana  a  varj  colori  con  la 


222  COSTUME 

sua  frangia,  circondandolo  a  modo  di  fettuccia,  cui  alzano  o  le- 
vano del  tutto  dalla  testa  in  segno  di  cortesia  ,  come  noi  facciamo 
coi  cappelli  ». 
Ornamenti. 

Nelle  loro  feste,  balli  ed  allegrezze,  benché  non  aggiungano 
altri  vestiti,  migliorano  però  la  qualità  di  quelli,  perchè  conser- 
vano per  queste  occasioni  i  vestiti  di  miglior  colore,  a  liste  va- 
riate e  delle  più  fine  lane.  Si  mettono  al  collo  catene  di  gliancas, 
cui  cavano  da  certi  pesci  del  mare,  e  sono  fra  di  loro  di  gran 
pregio  ;  altri  si  mettono  filze  di  lumache  e  altre  cose  virtuose,  e 
quei  dello  stretto  le  portano  di  gioje  preziose,  lavorate  con  molta 
bizzarria  e  ammirabile  artifizio.  In  queste  occasioni  si  mettono  sul 
capo  alcune  ghirlande  non  di  fiori,  ma  di  lane  di  diversi  colori  assai 
fini,  nelle  quali  di  quando  in  quando  mettono  begli  uccelli  e  al- 
tre curiosità  di  stima  appresso  di  loro  ,  e  all'uno  e  all'altro  lato 
alzano  belli  pennacchi  alti  più  di  due  palmi,  di  piume  bianche, 
rosse,  azzurre,  gialle  e  di  altri  colori. 
Abiti  delle  donne. 

Le  donne  portano  come  gli  uomini  le  braccia  scoperte  e  non 
altra  parte:  non  usano  scarpe,  ma  il  loro  mantello  è  sì  lungo  che 
giugne  a  coprire  fino  i  piedi.  Questo  mantello ,  che  in  alcuni  luo- 
ghi però  è  più  corto,  è  affatto  semplice,  e  lo  portano  immediato 
al  corpo  senza  camicia*  l'attaccano  sulle  spalle  con  punte  di  ar- 
gento, che  chiamano  topos ,  o  d'altra  materia,  donde  lasciandolo 
cadere  fino  ai  piedi  per  raccoglierlo  e  applicarlo  al  corpo  si  strin- 
gono dalla  cinta  fino  al  petto  con  una  fascia  di  lana  assai  forte 
e  galante,  larga  quattro  dita,  e  tanto  lunga  che  con  le  molte 
volle  che  con  quella  si  cingono,  serrano  il  corpo,  lo  rassettano, 
ed  essa  scalda  più  che  un  ben  aggiustato  giubbone,  né  usano  altro 
abito  che  questo  quando  sono  in  casa. 

Le  più  bizzarre  che  s'allevano  nelle  città  degli  Spagnuoli  han 
pigliato  l'uso  di  calzarsi,  di  portare  la  camicia  e  sotto  il  manto 
la  faldiglia:  non  si  potrebbe  però  fare  ad  un'Indiana  maggior 
disonoie  che  metterle  il  velo  sul  capo,  il  manto,  il  collare,  i 
guanti  o  altri  ornamenti  che  usano  le  Spagnuole^e  assai  più  se 
venisse  obbligata  ad  acconciarsi  la  faccia  con  rossetto  j  tanto  ab- 
boniscono le  Indiane,  anche  quelle  nate  tra  le  Spagnuole  ,  mu- 
tare il  costume  de' loro  antenati,  il  quale  consiste    nel  portare  il 


DEGLI    ABITATORI    DEL    CHILI  2  2,3 

napo  co"  suoi  capelli  naturali  intrecciati  sulle  spalle ,  e  dinanzi  ta- 
gliati sino  sopra  le  ciglia,  e  le  ciocche  che  cuoprono  fino  alle 
guancie  ,  sì  che  resta  la  faccia  decentemente  coperta  senza  altro 
ornamento.  Quando  escono  di  casa  aggiungono  al  manto  quella 
che  chiamano  gliquiglia,  cl\e  è  un'altra  mezza  camiciuola  qua- 
drata cui  mettono  sopra  le  spalle  ed  attaccano  dinanzi  al  petto 
col  terzo  topo  o  punta  corrispondente  a  quei  del  manto-  e  così 
escono  di  casa  con  gran  modestia ,  cogli  occhi  fissi  in  terra,  perchè 
naturalmente  sono  oneste  e  vergognose  ». 
Danze. 

Abbiamo  già  veduto  come  sogliono  ornarsi  i  Chiliesi  nelle  loro 
feste  e  balli:  ora  passeremo  ad  osservare,  seguendo  quanto  ci  vien 
riferito  da  Alfonso  d' Ovaglie  in  che  consistano  le  loro  danze.  » 
Il  modo  di  ballare,  egli  dice,  è  a  salti  moderati,  alzandosi  as- 
sai poco  dal  pavimento,  e  senza  nessun  artifizio  de' passi  rotti , 
capriole,  e  rigiri  che  usano  gli  Spagnuoli:  ballano  tutti  insieme 
facendo  una  ruota,  e  girando  gli  uni  cogli  altri  intorno  ad  uno 
stendardo,  cui  nel  mezzo  di  tutti  tiene  un  alfiere  eletto  a  tale 
uffizio:  vedi  la  Tavola  28:  vicino  a  lui  mettonsi  le  brocche  del 
vino  e  della  cicia  d'onde  van  bevendo  mentre  ballano,  facendosi 
brindisi  gli  uni  con  gli  altri  5  perchè  è  costume  tra  questi  In- 
diani di  non  bere  mai  da  se  solo  ciò  che  gli  vien  dato,  ma  di 
beverne  prima  un  poco  facendo  il  brindisi ,  e  poi  passarlo  subito 
all' invitato,  e  questi  senza  finire  di  dare  il  vaso  all'altro  \  e  così 
van  tutti  bevendo,  e  non  lasciano  di  bere  finché  cadono  tutti  sul 
pavimento,  dopo  di  aver  coutinuamente  ballato  e  cantato  al  suono 
de' loro  flauti  e  tamburi.  Le  donne,  come  più  vergognose  non  si 
mescolano  in  questi  balli,  se  non  una  o  due  dopo  che  si  sono 
scaldate  col  vino,  ed  allora  non  entrano  nella  ruota  degli  uomi- 
ni, né  arrivano  a  perdere  tanto  il  giudizio  come  quelli,  affine 
di  poter  attendere  alle  loro  case,  e  custodirei  mariti  che  non  si 
facciano  male. 

I  flauti,  che  si  suonano  in  questi  balli  sono  fatti  di  ossa  d'a- 
nimali. Gli  Indiani  guerrieri  li  fanno  di  ossa  degli  Spagnuoli  od 
altri  nemici  vinti  od  ammazzati  nelle  loro  battaglie,  in  segno  di 
trionfo.  Cantano  tutti  insieme  alzando  la  voce  ad  un  tuono,  senza 
nessuna  differenza  di  bassi,  soprani  o  contralti,  e  terminata  la 
stanza,  sonano  subito  i  loro  flauti  e  alcune  trombette,  e  poi  tor- 


a*4  COSTUME 

nano  a  ripetere  la  stanza  e  subito  dopo  a  suonare.  Cantano  gri- 
dando tanto  alto,  e  sono  tanti  quei  che  si  uniscono  in  questi 
balli,  che  si  fanno  udire  d'assai  lontano  ». 

Giuochi.  Il  giuoco  della  Giueca. 

Mentre  alcuni  ballano  e  cantano.,  altri  soglion  trattenersi  in 
vari  giuochi  fra  i  quali  distinguevi  quello  detto  della  Ciueca^  il 
quale  giuoco  s?  ancorché  si  giuochi,  così  d'0?aglie,  come  mi 
vien  detto  in  alcune  parti  di  Spagna,  non  però  gli  Indiani  l'ap- 
presero dagli  Spagnuoli ,  come  hanno  imparalo  il  giuoco  delle 
carte  ed  altri,  perchè  questo  giuoco  lo  giuocavano  molto  avanti  ». 
La  Tavola  29,  nella  quale  ci  vien  rappresentato  sì  fatto  giuoco, 
ci  manifesta  bastantemente  che  sorta  di  giuoco  esso  sia.  »  An- 
che le  donne,  prosegue  il  detto  storico,  giungono  alla  Ciueca  che 
è  il  giuoco  nel  quale  gli  Indiani  fanno  maggiori  dimostrazioni 
d'agilità  e  leggerezza  ,  per  l'emulazione  colla  quale  ciascuna  par- 
te, che  suol  essere  di  trenta  o  cinquanta  persone,  procura  por- 
tare ai  termine  stabilito  la  palla.  A  tale  effetto  si  ripartono  in 
differenti  posti  per  aver  miglior  agio  d'avanzar  la  loro  parte, 
dando  a  tempo  il  colpo  e  cacciando  al  termine  prefisso  la  palla 
senza  impedimento  del  contrario*  e  quando  succede  che  concor- 
rano tutti  due  insieme,  allora  corrono  dietro  quella  come  daini, 
questa  per  avanzarla  con  un  altro  colpo,  e  quella  per  impedirla 
col  suo  e  drizzarla  alla  parte  contraria ,  che  è  quella  dalla  banda 
loro.  E  cosa  degna  di  vedere  questo  giuoco,  e  vi  concorre  gran 
gente,  e  sogliono  stare  tutta  la  mezza  giornata  per  guadagnare  i 
premj  che  si  mettono  per  i  vincitori,  ed  alcune  volte  non  si  fi- 
nisce ed  è  necessario  terminarlo  in  un  altro  giorno  •>. 

Giuoco  de  los  Porotos. 

Il  giuoco  de  los  Porotos  è  così  detto  perchè  vien  giuocato 
con  cose  chiamate  con  questo  nome  ,  le  quali  sono  una  spezie 
di  fave  bianche  tinte  di  nero  da  una  parte.  Gli  Indiani  ne  pi- 
gliano una  certa  quantità  tra  due  dita,  e  le  lasciano  poi  cadere  in 
terra,  facendole  passare  per  mezzo  di  un  anello  grande  che  sta 
alquanto  alzato  da  terra:  quegli,  le  cui  fave  caddero  in  terra 
colla  parte  dipinta,  fa  maggior  punti  e  guadagna.  Volendo  essi 
giuocare  a  questo  giuoco  si  pongon  a  sedere  in  terra,  spogliandosi 
ciascuno  dalla  cintura  in  su;  e  nel  punto  che  gettano  le  fave 
nell'anello  si  danno  nel  petto  uo  colpo   tanto  fiero  colla    palma 


Amer.  Voi.  Ili 


Tcu/.  SO- 


r////f>r7<      cLe   los    torotos  e  e. 


DEGLI    ABITATOm    DEL    CIIII I  225 

della  mano  che  dopo  di  aver  giuocato  per  buono  spazio  ùi  tempo 
hanno  il  petto    gonfio  e  colorito  di  sangue    come  se  vi    avessero 
appiccate  le  ventose.  Vedi  la  Tavola  3o. 
Giuoco  detto  Queciucague.  >s 

L'altro  gioco  chiamato  Queciucague  consiste  nel  lasciar  ca- 
dere in  terra,  come  si  fa  al  giuoco  della  fava  che  è  un  osso  del 
garretto  dell'animale  detto  comunemente  gobba,  un  legnetto  ta- 
gliato a  forma  di  piramide,  che  cadendo  in  piedi  fa  guadagnare 
cinque  punti,  i  quali  si  vanno  notando  in  un  mezzo  circolo  fatto 
in  terra  con  certo  numero  di  casette  o  divisioni  ,  dove  pongono 
una  picciola  pietra  \  e  queste  casette  sono  parimente  divise  di 
cinque  iu  cinque,  che  in  lingua  Indiana  sono  appellate  Queciu. 
Vedi  la  suddetta  Tavola. 

Chi  desiderasse  di  avere  più  estese  notizie  degli  usi  e  de'co- 
sturoi  de'Chiliesi  potrebbe  consultare  il  libro  terzo  della  sud- 
detta Relazione  di  Alonso  d'  Ovaglie  ,  il  quale  ,  omettendo  i 
racconti  risguardanti  la  religione  ed  i  miracoli  ,  in  cui  questo 
buon  Gesuita  dimostra  troppa  credenza  ,  merita  nelle  altre  cose 
i.ipn  poca  fede. 


TUCUMAN. 


Situazione,  estensione  ec. 

Xl  Tucuman  ,  così  chiamato  da  una  tribù  d'  Indiani  (i)  ,  con- 
fina a  tramontana  parte  con  los  Chicas  nel  Perù  e  parte  con 
Chaco^a  mezzogiorno  con  Cuyo  e  Pampas^  a  levante  col  Para- 
guay e  Rio  della  Piata :,  e  a  ponente  con  Santiago  del  Chili  e 
con  l' estremità  meridionale  di  Chicas/Si  stende  da  Rio  Vermejo 
a  Rio  Quarto,  quasi  dai  gradi  il^  ai  34  di  latitudine  meridiona- 
le, e  da  levante  a  ponente ,  dove  è  più  largo,  dal  fiume  Salado 
alla  catena  della  Cordigliera,  che  lo  separa  dal  Chili. 

(r)  Gazzettiere  Americano  alla  parola  Tucuman, 
Cost.  Voi.  III.  dell"  America,  i5 


226  COSTUME 

Pare  che  questa  provincia  poco  frequentata  e  poco  conosciuta 
abbia  qualche  rassomiglianza  colla  piccola  Bucaria.  Le  Ande  , 
che  stendono  le  loro  diramazioni  a  traverso  la  parte  settentrionale 
vi  rendono  il  clima  alquauto  freddo:  il  rimanente  non  è  che  una 
vasta  pianura,  e  sembra  anzi  che  tutto  il  Tucani  a  n  sia  pieno  di 
veri  altipiani ,  mentre  varj  fiumi  non  trovandovi  sbocco,  vi  for- 
mano laghi  senza  uscita.  I  due  principali  fiumi  del  Tucuman  sono 
il  Rio-Salado  che  si  congiunge  al  fiume  della  Piata,  ed  il  Rio- 
Dolce  che  si  perde  nella  laguna  di  Porongas.  La  valle  di  Palci- 
das,  che  si  estende  fra  due  rami  dell'Ande,  racchiude  un  fiume 
considerabile  che  mette  in  un  lago.  Tutti  i  fiumi  della  provincia 
di  Cordova,  tranne  uno,  si  perdono  fra  le  sabbie. 
Quadro  fisico. 

Il  Tucuman  con  un  inverno  asciutto  e  con  un  caldo  in  estate 
forte  ed  improvviso  è  creduto  un  paese  estremamente  salubre.  Nei 
siti  in  cui  i  fiumi  fecondano  le  campagne  ,  sono  ottimi  pascoli  $ 
i  buoi,  le  pecore  ,  i  cervi  ,  i  piccioni  ,  le  pernici  vi  si  moltipli- 
cano prodigiosamente.  La  melica  ,  la  vite,  il  cotone,  1'  indaco  vi 
sono  coltivati  con  felice  successo.  I  boschi  fra  Rio-Dolce  e  Rio- 
Salado  sono  popolati  da  una  immensa  qualità  di  pecchie.  Una 
spezie  d'insetto  che  sta  sugli  alberi  delti  aromos,  vi  stende  certe 
assai  ampie  reticelle  di  sottilissimi  fili  serici  di  color  d'  argento. 
La  cocciniglia  salvatica  è  di  qualità  piuttosto  buona  (i).  Secondo 
Helm  si  lavorano  nel  Tucuman  due  miniere  d'oro,  una  d'argento, 
due  di  rame  e  due  di  piombo.  Vi  si  fabbricano  molte  stoffe  di 
lana  e  di  cotone  ,  e  vi  si  è  scoperta  una  bellissima  miniera  di 
sale  cristallino. 
Città  principali.  Vulcano  a"1  aria. 

La  città  principale  di  questa  provincia  è  San-Filippo  o  Salta 
di  Tucuman,  residenza  del  Governatore,  collocata  in  una  fertilis- 
sima valle,  e  nella  quale  il  basso  popolo  va  soggetto  ad  una  spe- 
zie di  lebbra  :,  le  donne  d'altronde  bellissime,  hanno  comunemente 
il  gozzo  verso  l'età  di  25  anni:  le  altre  città  sono  Jujui  in  vici- 
nanza di  un  vulcano  che  lancia  torrenti  d'aria  e  di  polvere  (2). 
Rioja,  S.  Jacopo  de  l' Esterro,  San  Miguel,  e  finalmente  Cordova 

(1)  Viajero  Uni  versai,  XX,  126-129. 
(3)  Idem,  ibid.,  i3g. 


DEGLI    ABITATORI    DEE    TUCUMAN  ll'J 

lesidenza  di  un  Vescovo  è  la  migliore  città  del  paese.  I    Gesuiti 
avevano  a  Cordova  una  celebre  università.  Alcune    altre    colonie 
poco  numerose  di  Spagnuoli,  sparse    qua  e  là  nelle  pianure  im- 
mense del  Tucumau  portano  il    nome  di  città.  Può  dare  un'  idea 
di  quella  città  una  lettera  del  Gesuita  Gataneo,  della  quale  ecco 
l'estratto.  »  Il  Padre  provinciale  Taceva   la  visita  delle  varie  case 
della  provincia  di  Tucumau  col  suo  compagno,  e  s'eran  posti  in 
viaggio  per  Rioja  ,  città  dugento  leghe  circa  distante  al  nord-est 
di  Cordova.  La  strada  che  conduce  a  quella  città  è  tanto  deserta 
quanto  quella  da  Buenos-Ayres  a  Cordova,  ma  mollo  più  difficile 
perchè  ineguale  e  sassosa  ,  di  modo  che  convien  percorrerla    sui 
muli  e  andare  assai  adagio.  Dopo  venti    giorni  di  cammino  ,   il 
Padre  compagno  si  trovava  molto  annojato}  volle  andare  un  giorno 
innanzi,  ed  essendo  stanco  assai,  :iè  potendo  più  resistere  al  son- 
no,  smontò  dal  mulo  ,  si  adagiò  all'ombra  di  alcuni  alberi  per 
riposarsi,  e  senza  sapere  ove  fosse  né  quando    giungerebbe    alla 
meta  che  sembrava  fuggirli  dinanzi  ,     ben    presto  s'addormentò. 
Frattanto  arriva  il  Padre  provinciale,  ed  il  mulattiere  che  gli  ser- 
viva di  guida,  vede  l'altro  addormentato  sull'erba}  lo  sveglia  to- 
sto e  gli  chiede  attonito  come  non  si  vergognasse  di  dormire  sulla 
pubblica  piazza.  Di  qual  piazza  mi  parlate  voi  !  disse  il  Padre: 
sono  tre  settimane  che  si  cammina  in  mezzo  a  questo  eterno  de- 
serto, e  Dio  sa  quando  arriveremo  a  Rioja.  Può  darsi  al  mondo 
un  luogo  più  solitario  di  questo?  .  .  .  Siete  già  a  Rioja,  risponde 
il  mulattiere  \  questa  è  la  gran  piazza  della  città  ed  il  collegio  dei 
Gesuiti  sta  dietro  quegli  alberi  ?'. 
Costumi  degli  abitatori. 

Gli  abitatori  del  Tucuman  ricchi  delle  proprie  greggie,  senza 
ambizione,  senza  pensieri,  terminano  le  loro  giornate  in  crocchj 
campestri  ove  all'ombra  di  begli  alberi  ,  sotto  la  presidenza  di 
un  rispettabile  patriarca  delle  capanne,  i  giovani  pastori  e  le  pa- 
storelle improvvisano  al  suono  di  un'agreste  chitarra,  cantano  al- 
ternativamente versi  pieni  d'armonia  e  di  grazia. 


1*8 


IL  PARAGUAY  O  BUENOS-AYRES 


.1  famoso  imperio  Gesuitico  nel  Paraguay ,  in  cui  lo  spirito  di 
partito  o  fa  rivivere  la  prima  età  dell'oro  o  rappresenta  una  per- 
petua scena  d'iniquità,   rese    importantissima    la    storia  di  quelle 
nazioni  Americane  che  coprono  il  vastissimo   paese  bagnato    dal 
gran  Rio  dèlia  Piata  ,    dal  Parana  e  dal  Paraguay.  Noi  procure- 
remo di  esporre  brevemente  e  colla  maggiore  imparzialità  quanto 
appartiene  ai  fatti  e  di  quelle  genti    e    degli    Spagnuoli  che  ne 
conquistarono  il  paese,  e  dei  Gesuiti  che  stabilirono  in  quelle  con- 
trade la  sede  principale  delle  tanto  decantate  loro  missioni. 
Compendio  storico  delle  scoperte  fatte  nel  Paraguay.    Dias 
De-Solis  mandato  alla  scoperta  della  Piata  e  del  Para- 
guay è  ammazzato  dagli  indigeni. 
Gli  stabilimenti  de' Portoghesi  nel  Brasile  eccitarono  la  gelo- 
sia degli  Spagnuoli  che  cercarono  d'occupare  le  vicine  terre  onde 
serrare  d'intorno  un  sì  ardito  e  pericoloso    rivale.    Fu  a  quella 
impresa  mandato  dalla  Corte  Gio.  Diaz  De-Solis  (i)  che  partì  di 
Spagna  con  tie  bastimenti  l'anno    i5i3,  e  giunse  alla  foce  del 
gran  fiume  che  noi  chiamiamo  Plata^  e  vi  si  introdusse,  segnan- 
dolo sulle  carte  col  nome  proprio.  Ma  essendo  sbarcato  sulla  co- 
sta settentrionale  del  fiume,  col  divisamento  di  parlare  ad  alcuni 
Indiani  Charrua  che  si  offrirono  al  suo  sguardo  ,   egli  ed  il  suo 
seguito  furono  dai  medesimi  trucidati.  Atterriti  dal  miserabile  caso 
il  fratello  di  lui  e  Francesco  Torres  suo  cognato  non  che  gli  altri 
compagni  della   spedizione,  diedero  immantinente  alla  vela  verso 
Spagna}  né  si  pensò  più  a  quel  gran  fiume  fino  all'anno  i525, 
nel  quale  la  Corte  spedì  Diego  Garzia,  che  partito  dalla  Corogna 
sul  principio  del  i5:i6,  diede  fondo  nel  Porto  dei  Patos  sotto  il 
17  di  latitudine. 


(1)  V.  Azara,  Viaggi,  trad.  Barbieri,  tomoli,  cap.  18. 


COSTUME    DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2  2f) 

Garzici  è  prevenuto  neW  impresa  da  Cabotto. 

Era  ivi  capitato  alcun  tempo  prima  il  celebre  Cabotto  Vene- 
ziano che  avea  ricevuto  ordine  in  Ispagna  di  recarsi  alle  Indie 
Orientali  per  lo  stretto  Magellanico,  ed  avendovi  trovati  alcuni 
disertori  spagnuoli  dai  quali  udì  che  di  oro  e  di  argento  era 
pieno  il  paese  bagnato  dal  gran  fiume,  concepì  il  pensiero  di  na- 
vigarlo. Mise  egli  dunque  alla  vela,  entrò  nel  fiume  e  gettò  l'an- 
cora in  faccia  a  Buenos-Ayres  \  indi  proseguì  il  suo  viaggio  e 
s'inoltrò  fino  al  così  detto  Salto  delle  acque  ,  luogo  ove  il  Pa- 
rana  è  bassissimo  ^  ed  ivi  trafficò  cogli  indigeni  Guarani,  barat- 
tando picciole  cose  che  avea  con  alcune  laminette  d'oro  e  d'ar- 
gento che  quegli  Indiani  portavano  alle  orecchie.  Ai  28  di  marzo 
del  i5a8  diede  volta  da  questo  suo  viaggio  per  entrare  nel  Para- 
guay, onde  ritrovarvi  certi  Indiani  che  avevano  venduto  agli  Spa- 
gnuoli lamine  d'oro  e  d'argento,  poiché  questi  preziosi  metalli 
erano  il  grande  oggetto  di  tutte  le  spedizioni  di  quel  tempo.  Giun- 
to Cabotto  alla  foce  del  fiume  Vermejo  fece  inoltrare  il  brigantino 
con  trenta  uomini,  i  quali  furono  da  alcuni  Indiani  Agaci  invi- 
tali a  recarsi  alle  loro  abitazioni  per  cangiare  con  altri  oggetti 
l'oro  e  l'argento  che  dissero  di  avere.  Adescati  gli  Spagnuoli  se 
ne  andarono  in  numero  di  quindici,  che  finirono  coli' essere  lutti 
trucidati.  Tale  disastro  e  l'annunzio  dell'arrivo  di  alcuni  basti- 
menti spagnuoli  nel  Rio  della  Piata  determinarono  Cabotto  a  re- 
trocedere. 

Si  accordano  insieme. 

Non  era  egli  ancora  più  di  trenta  leghe  distante  dalla  foce  del 
Paraguay,  quando  incontrò  Garzia,  col  quale  nacque  da  principio 
qualche  contesa ,  ma  poscia  accomodatisi  si  recarono  insieme  a 
Santo-Spirito  per  continuare  d'accordo  la  scoperta.  Ma  la  buona 
intelligenza  finì  presto  ,  e  Garzia  che  non  avea  forze  da  resistere 
a  Cabotto,  prese  il  partilo  di  ritornarsene  in  Ispagna.  Cabotto  si 
affienò  egli  pure  di  spedirvi  Ferdinando  Calderon  e  Rojal  Bario, 
onde  informassero  il  Re  delle  sue  scoperte,  e  gli  presentassero  le 
lamine  d'oro  e  d'argento  avule  dagli  indigeni.  Fu  questo  il  mo- 
tivo per  cui  allora  questo  paese  ottenne  il  nome  di  Piata  (1)  \ 
nome  che  conserva  tuttavia  ad  onta  che  non  siasi  trovato  in  quel 

(1)  Il  vocabolo  Piata   in   lingua  spagauola  significa   argento. 


a3o  COSTUME 

suolo  verun  vestigio  uè  d'oro,  né  d'argento,  né  di  alcun  altro 
metallo.  Il  Re  di  Spagna  si  dichiarò  contento  della  condotta  di 
Cabotto,  gli  ordinò  di  continuare  le  scoperte,  e  gli  furono  pro- 
messi i  soccorsi  che  domandava. 

Si  abbandona  V  impresa  a  Mendoza. 

Ma  siccome  il  tesoro  si  trovava  vuoto  ,  la  Corte  accettò  il  par- 
tito offertole  da  Pietro  di  Mendoza  ricco  gentiluomo,  il  quale  as- 
sumeva di  continuare  l'impresa  a  proprie  spese.  Intanto  che  que- 
sti prendeva  le  sue  misure  pel  viaggio  propostosi,  Cabotto,  lasciato 
Wugno  di  Lara  con  centodieci  uomini  al  forte  di  Santo  Spirito  , 
se  n'imbarcò  per  la  Spagna,  ove  giunse  nel  i53o. 

Guerra  tra  gli  Spagnuoli  e  gli  indigeni. 

Le  dissensioni  insorte  cogli  indigeni  Timbu  (i)  obbligarono 
gli  Spagnuoli  ad  abbandonare  queste  contrade  nel  i532.  Mendoza 
però  vi  giunse  con  molte  forze  nel  1 534  5  fondò  la  colonia  del 
Sacramento  e  la  città  di  Buenos-Ayres ,    che    venne  quasi  subito 

(1)  Il  disastroso  avvenimento  che  intorbidò  la  pace  fra  gli  indigeni  e  gli 
Spagnuoli  potendo  servir  d'argomento  a  qualche  teatrale  rappresentazione, 
noi  lo  riferiremo  volentieri.  Mangaré  capo  degli  Indiani  Timbu  s'innamorò 
di  una  bella  Spagnuola ,  Lucia  Miranda,  moglie  di  Sebastiano  Urtado, 
non  avendo  egli  potuto  ottenere  coi  mezzi  comuni  l'intento  che  la  sua 
passione  si  proponeva ,  risolvè  di  adoperare  la  violenza  ;  quindi  presa  occa- 
sione che  il  comandante  del  forte  Garzia  Mosquera  con  quaranta  uomini 
e  col  marito  di  Lucia  era  andato  sopra  d'un  brigantino  per  comprar  vi- 
veri dagli  Indiani  }  nascosti  molti  de' suoi  fra  salici  che  contornavano  il 
luogo  ,  culi'  imbrunir  della  notte  pi'esentossi  alla  porta  ;  e  poiché  era  avvez- 
zo ad  essere  accolto  come  amico ,  pregò  che  gli  venissero  aperte  le  porte, 
dichiarando  di  portare  viveri.  Al  momento  che  gli  si  aprì,  diede  il  segno 
convenuto,  e  tutti  gli  Indiani  da  lui  posti  iti  agguato  penetrarono  nel  forte, 
ed  improvvisamente  assaltando  gli  Spagouoli  che  di  nulla  sospettavano ,  li 
trucidarono  tutti,  ma  però  restarono  morti  nella  mischia  anche  molti  in- 
digeni fra  i  quali  lo  stesso  Mangare'.  È  inutile  dire  la  sorpresa  e  il  dolore 
degli  Spagnuoli  ritornati  dalla  spedizione.  Ma  più  di  tutti  fu  disperato  Ur- 
tado che  non  trovando  il  cadavere  della  sua  diletta  Lucia,  argomentò 
essere  in  mano  degli  Indiani.  Corse  egli  forsennato  a  rintracciarla  tra  gli 
Indiani  che  lo  volevano  uccidere,  se  non  che  per  alcun  tempo  lo  lasciarono 
in  vita  dietro  le  istanze  di  Miranda  ,  della  quale  erasi  ben  anche  invaghito 
Syripo  fratello  di  Mangaré.  Ma  poi  stanco  questo  Indiano  di  vederla  re- 
sistere alle  sue  voglie  la  fe'abbruciar  viva,  e  legato  ad  un  albero  il  mari- 
to lo  fé' morire  a  colpi  di  freccia. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2,3  f 

distrutta  dai  Guarani  e  dai  Pampa }  nominò  quindi  suo  luogote- 
nente Ayolas,  e  morì  nel  suo  viaggio   per  la  Spagna. 

Spedizione  cf  Ayolas. 

Ayolas  segui  le  tracce  di  Canotto  ,  risalendo  il  fiume  Parana 
e  tratlando  amichevolmente  tutti  gli  indigeni  che  incontrò  nel 
corso  di  tale  navigazione }  entrò  nel  fiume  Paraguay  inoltrandosi 
fino  al  luogo  dello  la  Villetta,  volle  procurarsi  dai  Cariò  i  viveri 
che  incominciavano  a  mancargli,  ma  questi  ricusarono  di  trattare 
cogli  Spagnuoli,  cui  anzi  dichiararono  guerra.  Ciò  determinò  Ayo- 
las ad  uno  sbarco  ,  dopo  il  quale  raggiunti  i  Cariò  alla  valle  di 
Guarnipitan  diede  ad  essi  battaglia',  e  sebbene  perdesse  nel  com- 
battimento sedici  Spagnuoli,  li  obbligò  a  domandar  pace  }  una 
condizione  della  quale  fu  di  somministrargli  viveri  ,  e  l'altra  di 
dare  sette  belle  giovani  a  lui,  e  due  delle  loro  donne  a  ciasche- 
duno de'suoi.  Fu  in  appresso  edificato  sopra  il  campo  di  quella 
battaglia  una  casa  fortificala,  che  fu  la  prima  della  città  dell'  As- 
sunzione ,  così  chiamata  dall'epoca  del  combattimento  accaduto 
nel  i5  agosto  1 536.  Lasciato  ivi  qualche  presidio,  navigò  versn  il 
21  5*  di  latitudine  nel  luogo  da  lui  denominato  Puerto-de-Cande- . 
lariaì  ove  diede  i  suoi  bastimenti  in  cura  a  Domingo-Martinez-dt- 
Yrala  con  ordine  di  aspettarlo  per  sei  mesi }  e  con  dugento  Spa- 
gnuoli si  recò  nell'interno  del  paese  verso  il  nord-ouesf.  Yrala 
avendolo  aspettato  inutilmente,  né  avendone  più  contezza ,  pensò 
meglio  far  ritorno  a  Buenes-Ayres. 

Nel  suo  ritorno  daW  alto  Paraguay  è  ucciso. 

Ayolas  ritornato  al  Puerto-de-Candelaria,  non  avendovi  di- 
sgraziatamente trovato  Yrala  ,  dovette  stabilirsi  sul  territorio  dei 
Payaguà-Scrigué,  i  quali  collegatisi  coi  Mbayà  ,  lo  sorpresero,  e 
trucidarono  lui  e  i  suoi  compagni.  Poco  mancò  che  ad  Yrala  non 
accadesse  la  slessa  fine  ,  ma  egli  fortunatamente  se  la  scampò  ,  e 
venutosi  poscia  alla  nomina  di  un  Governatore,  venne  Yrala  pro- 
clamato a   pieni  voli. 

Yrala  succede  ad  Ayolas.  Fonda  la  città  delV  Assunzione. 
La  prima  occupazione  di  Yrala  fu  di  chiamare  all'Assunzione 
quanti  Spagnuoli  erano  in  Buenos-Ayres  e  ne'dintorni,  e  fattane 
la  rassegna,  trovò  che  di  tremila  e  più  Spagnuoli  non  ne  rima- 
nevano che  seicento^  e  siccome  sarebbe  stato  un  metterli  a  peri- 
colo di  perir  tutti  se  si  fossero  tenuti  dispersi  in  luogo  troppo  tra 


2  3  a  costume 

essi  distanti,  pensò  di  fare  d'essi  uno  stabilimento  centrale}  e  Io 
formò  nel  luogo  che  gli  pareva  più  adattato  in  quello   cioè    del- 
l'Assunzione. La  nazione  de' Guarani  congiurò  inutilmente  contro 
gli  Spagnuoli }  la  loro  cospirazione  fu  scoperta  e  repressa. 
JSugnez-Cabeza-de-  Paca. 

La  Corte  di  Spagna  non  vedendo  alcun  frutto  della  spedizione 
a'iuoghi  della  Piate  e  del  Paraguay,  nominò  un  nuovo  capo  della 
impresa  nella  persona  di  Nugnez-Cabeza-de-Vaca,  il  quale  offiì 
di  proseguire  a  sue  spese  la  scoperta.  Costui  partito  di  Spagna 
sul  principio  di  novembre  del  i54o  giunse  a  Santa  Caterina,  ove 
avendo  perduto  due  navi ,  intraprese  arditamente  il  viaggio  per 
terra  dalla  costa  della  Piata  fino  all'  Assunzione  $  e  agli  1 1  di  mar- 
zo del  i54^,  fece  il  solenne  suo  ingresso  in  quella  città.  Avendo 
egli  avuto  commissione  dalla  corte  di  trovare  una  strada  di  co- 
municazione fra  il  Paraguay,  e  il  Perù,  mandò  Yrala  ad  eseguire 
una  tale  scoperta,  e  le  notizie  avutesi  dal  medesimo  sulla  proba- 
bilità di  questa  comunicazione  lo  fecero  risolvere  a  porsi  egli  me- 
desimo alla  testa  di  un  grosso  distaccamento,  e  compiere  l'opera. 
E  mandato  in  Ispagna  per  essere  giudicato. 

Varj  accidenti  si  opposero  a  questa  impresa,  e  1'  obbligarono 
a  ritornare  all'Assunzione  ,  dove  per  la  sua  durezza  ed  avarizia 
venuto  in  odio  a  tutti  fu  cacciato  prigione  e  poscia  mandato    in 
Ispagna  per  essere  giudicato. 
Yrala  eletto  nuovamente  al  comando. 

Intanto  venne  nuovamente  conferito  il  comando  ad  Yrala,  il 
quale  fino  al  i548,  si  occupò  delle  cose  interne  del  paese  met- 
tendo tra  gli  indigeni  sottomessi  que' migliori  ordini  che  poteva, 
onde  assicurare  i  vantaggi  della  colonia.  Avendo  egli  poi  rivolto 
il  pensiero  ad  aprire  la  tanto  desiderata  ed  importante  comunica- 
zione col  Perù,  partì  nell'  agosto  del  suddetto  anno  con  35o  Spa- 
gnuoli e  con  grosso  numero  di  Guarani,  s'internò  tra  settentrio- 
ne e  ponente  nel  paese,  attraversando  il  Chaco  e  le  terre  dei 
Chiquiti,  fino  al  fiume  Guapai. 
Penetra  fino  ai  confini  del  Perù. 

Essendo  pertanto  sul  lembo  del  Perù,  non  giudicò  di  dovere 
inoltrarsi  entro  i  confini  di  un  governo  appartenente  ad  altri,  ma 
spedì  a  Gasca,  allora  Governatore  nel  Perù,  chiedendogli  che  il 
confermasse  Governatore  delia  Piata.  Avea  Gasca  appunto  in  quel 


DEGLI    ABITATORI   DEL    PARAGUAY  l33 

tempo  dato  il  governo  della  Piata  a  Genteuo,  ma  questi,  mentre 
si  disponeva  a  partire  morì  in  Cuquizacha,  e  liberò  così  Yrala  da 
un  contrasto  che  naturalmente  avrebbe  dovuto  sostenere. 

Ritorna  alV  Assunzione  e  sue  operazioni  importanti. 

Durante  l'assenza  d' Yrala  scoppiò  nell'Assunzione  la  guerra 
civile,  e  trionfava  già  il  partito  a  lui  contrario  ,  ma  giunto  egli 
appena  nelle  vicinanze  della  detta  città  ed  avendo  chiesto  che  gli 
fosse  rimesso  il  comando ,  i  nemici  se  pe  fuggirono  e  lasciarono 
libero  il  posto  al  loro  emulo.  Non  omise  Yrala  alcun  mezzo  onde 
rassodare  ed  ampliare  la  colonia  del  Paraguay.  Ideò  di  piantare 
una  città  sul  fiume  S.  Giovanni  che  sbocca  nel  Rio-della-Plata  in 
faccia  a  Buenos-Ayres,  e  la  città  avea  già  avute  le  prime  forme, 
quando  i  Charrua  sì  ostinatamente  molestarono  quello  stabilimento 
che  fu  forza  abbandonarlo.  Più  fortunata  fu  la  fondazione  della 
città  di  Ontiveros  sulla  riva  orientale  del  Parana.  Questo  buono  e 
valente  uomo  si  meritò  d'essere  dichiarato  dalla  Corte  Governa- 
tore di  tutto  il  paese  e  di  essere  investito  di  molte  straordinarie 
facoltà. 

Muore. 

Mentre  pensava  ad  assicurare  una  strada  di  comunicazione  tra 
il  Paraguy  e  il  Perù,  cadde  ammalato  e  morì  all'  Assunzione  io 
età  di  settantanni,  compianto  da  tutti. 

Gonzalo-de-Mendoza  gli  succede  nel  governo. 

Nominò  egli  per  successore  nel  governo  il  suo  genero  Gonza- 
lo-de-Mendoza ,  del  quale  non  è  rimasta  altra  memoria  ,  se  non 
che  punì  l'arroganza  degli  Agaci  che  inquietavano  i  coloni  Spa- 
gnuoli}  e  di  poi  moiì  nel  i  luglio  del  1 558. 

Poi  Ortiz-de-Vergara. 

Fu  nominato  a  successore  del  medesimo  Francesco  Ortiz-de- 
Vergara,  altro  genero  d'Yrala.  Molestato  questi  da  una  ribellione 
generale  dei  Guarani  già  sottomessi,  ebbe  a  sostenere  molti  com- 
battimenti. Si  sommosselo  pure  gli  Indiani  del  Guayra  ,  ma  il 
tutto  venne  sedate. 

Ortiz-de-Z arate  nuovo  Governatore. 

Accusato  Vergara  presso  il  vice-Rè  di  Lima  di  aver  abban- 
donata la  provincia  senza  alcuna  necessità  venne  dallo  stesso  spo- 
gliato della  carica,  e  Juan-Ortiz-de-Zarale  eletto  Governatore  sotto 
condizione  che  tale  nomina  fosse  approvala  dal  Re.  Z.rate  nomino 


a34  COSTUME 

suo  luogotenente  Caceres,  e  parli  per  le  Spagne  all'oggetto  d'ot- 
tenere la  predetta  conferma.  Durante  tale  assenza  Caceres  ebbe  a 
soffrire  molte  acerbilà  dal  Vescovo,  per  la  qual  cosa  il  paese  fu 
assai  mal  governato.  Martino  Suarez  confidente  principale  del  Ve- 
scovo s'impadronì  del  comando,  e  diede  ordine  a  Juan-de-Guaiay 
di  far  reclutamenti  per  formare  un  nuovo  stabilimento  ,  siccome 
poi  eseguì  fondando  nel  luglio  del  i5^3  ,  la  città  di  Saota-Fè 
de-la-Vera-Cruz  sul  braccio  del  Parana  chiamato  de-los-Quiloaza?. 
Zarate  era  partito  di  Spagna  con  grosso  convoglio  }  ma  perdette 
nella  lunga  sua  navigazione  più  di  3oo  uomini,  ed  ottanta  se  ne 
vide  trucidati  sotto  gli  occhi  dai  Charraa  nella  colonia  del  Sacra- 
mento, ove  erasi  riparato  neli' appressarsi  al  Rio-delIa-Plata. 
Sue  imprese. 

Scrisse  egli  quindi  a  Guaray,  domandandogli  truppe  e  viveri, 
e  confermandolo  ampiamente  nel  comando  della  colonia  nuova  cui 
egli  avea  fondata  in  Santa-Fè.  Non  esitò  Guaray  a  spedirgli  vive- 
ri }  indi  si  portò  in  persona  a  rinforzarlo  con  trenta  soldati  e 
venti  cavalli.  Zarate  era  andato  all'isola  di  Martin-Garzia  ,  ed 
avea  mandata  una  parte  de'suoi  sull' Uraguay  ad  oggetto  di  fon- 
darvi una  città.  Indi  proseguì  il  suo  cammino  fino  a  tanto  che 
trovò  gli  Spagnuoli  ancorati  sul  fiume  di  San  Salvador,  sulla  cui 
sponda  si  fondò  la  città  dello  stesso  Dome;  e  tutto  il  paese  chia- 
mossi  Nuova-Biscaglia.  Guaray  fu  dichiarato  luogo-tenente  generale 
di  Zarate. 
Muore  in  prigione. 

Queste  furono  le  prime  operazioni  di  Zarate,  né  ebbe  tempo 
di  farne  altre,  poiché  giunto  all' Assunzione  e  francamente  disap- 
provando la  condotta  de' nemici  di  Caceres,    fu  da  questi  preso, 
messo  in  prigione,  ove  morì  verso  la  fine  del   1 5^5. 
Guaray  ne  assume  il  comando. 

L'attività  di  Guaray  ,  che  gli  successe  nel  governo  ,  diede 
bella  forma  a  tutto  il  Paraguay:  egli  fondò  varie  colonie,  e  rialzò 
e  fortificò  la  città  di  Buenos-Ayres  che  giaceva  sepolta  sotto  le 
sue  mine.  Guaray  potrebbe  con  ragione  chiamarsi  il  vero  fonda- 
tore di  questa  città  che  doveva  sorgere  a  grande  nome  e  po- 
tenza. 
E  ucciso  dagli  Indigeni. 

Divise  poscia  in  commende  i  Guarany  di  Montegrande,  e  dopo 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  235 

di  aver  date  molte  altre  disposizioni  si  portò  a  Sau-Salvador ,  ne 
fece  uscire  gli  abitatori,  e  risaliva  già  il  fiume  colla  comitiva  per 
ritornarsene  all'Assunzione:  ma  avendo  sbarcato  per  dormire  sotto 
il  grado  'òi  4i'fu  sorpreso  dagli  Indiani  Miuuaui  ed  ucciso  con 
quaranta  de'suoi. 
Vera-y-Aragon  sottentra  al  suddetto. 
In  aspettazione  dell'arrivo  del  Governatore  sottentrò  a  Gua- 
ray-Aìfonso-de- Vera-y-Aragon,  che  per  la  sua  laidezza  ebbe  nomo 
di  Cara-de-Pero ,  faccia  di  cane.    Questi  alla  testa  di  1 35  Spa- 
gnuoli  penetrò   nell'interno  del    Cliaco  fino    alle  live  del    fiume 
Vernitjo  o  Ypità,  e  nel  i5    di  aprile  del    i585,  vi    fondò  una 
ciiià  sotto  il  nome  di  Goncepcion  de-Buona-Esperanza. 
Juan-de-Torres-de-V^eray-Aragon. 

Il  paese  della  Piata  continuò  ad  essere  governato  dai  luogo- 
tenenti del  capo  primario  Juan-de-Torres-de-Veray-Aragon ,  tenuto 
tuttavia  sotto  processo  dal  vice-Rè  del  Perù,  di  modo  che  questi 
non  fu  in  grado  di  recarsi  all'Assunzione  prima  del  i58^.  Nel- 
l'anno successivo  fece  egli  partire  ottanta  Spagnuoli  coudolti  da 
Alfonso-de-Vera  soprannominato el-Tupy  per  distinguerlo  dall'altro 
Cara-de-Pero.  Questo  distaccamento  fondò  la  città  di  Gorrientes, 
e  gli  indigeni  furono  divisi  anche  ivi  in  commende,  e  così  eb- 
bero origine  le  quattro  colonie  dei  Guacarà  ,  Ulaty,  Ohoma  e 
Santa  Lucia. 
Alla  partenza  di  lui  terminano  le  conquiste  nel  Paraguay. 
Dopo  tale  spedizione  il  Governatore  rinunziò  la  carica  e  si 
ritirò  in  Ispagna;  né  d'allora  in  poi  si  ebbero  nuove  scoperte  e 
conquiste  nella  Piata  e  nel  Paraguay^  e  la  storia  in  questo  argo- 
mento non  ha  più  che  a  ricordare  Montevidèo  e  Maldonado  fon- 
dato nel  1624*  Chi  fosse  vago  di  più  ampie  cognizioni  relative 
alle  scoperte  di  queste  importanti  contrade  potrebbe  consultare  i 
sottoindicati  scrittori  (1). 

(1)   Journal  d'  un  voyoge  à  la  riviere  de   la    Piata    (  dans  le  Paraguay  )  pat 
-  Laurent    Bikker    et    Corneille  Hamskerk  (  in  Olandese).    Amsterdam, 
1617  ,   in  4° 
Relation   des   insignes  progrès  de  la  Religion  Chrètienne  faits  au    Paraguay 

^  etc.    par    le    R.    P.    Duran   etc.    Paris,  i638,    in    8.° 
Méinorial  de  Don   Bernard  de  Csrdenas,  evèque   du   Paraguay  (  en  Porlu- 
gais  )  ,    1662  ,   in    i2.° 


^36  COSTUME 

Quadro  fisico  del  Paraguay. 

I  paesi  sulle  rive  del  gran  fiume  della  Piata  sono  ancora  ge- 
neralmente compresi  sotto  il  nome  di  Paraguay,  sebkene  propria- 
mente parlando  un  tal  nome  appartenga  ad  una  sola  provincia.  La 

Historia  provincae  Paraguae,  auctore  P.  Nicolao  Techa.  Leida ,  1763,  in 
f.°  La  stessa  tradotta  in  Inglese.  (V.  la  Raccolta  di  Curchil,  voi.  VI.) 

Les  insignes  Missioness  de  la  Compania  di'  Jesu  en  la  provincia  de  Para- 
guay, escrita  por  Francisco  Xarques.  Pamptona,   1687  1  in  f-° 

Sepp'  s  und  Boehm'  s  Ant.  Reisbeschreibung  aus  Hispanien  nach  Paraqua- 
riam.  Norimberga,  1696,  in  8.°  Trad.  in  Inglese  ed  inserito  nel  voi.  y.° 
della  Raccolta  di  Churchil.  Trad.  in  francese,  Ingolstad ,  1712,  in  24-° 

Relacion  historial  de  las  Missiones  de  los  Indios ,  que  se  laman  Chiquitos, 
en  la  provincia  de  Paraguay.  Madrid  ,  1726,  in  8.°  Trad.  in  latino, 
Augusta,  1773  ,  in  4-° 

Descripcion  corografica  del  terreno,  rios,  arboles  y  animales  de  las  provin- 
cias  de  Gran-Chaco,  Galambar  etc.  por  el  Padre  Pedro  Losauo.  Cor- 
dova ,  1732  ,  in  4-° 

Concise  Histoiy  of  the  Spanish  America,  with  a  Description  of  Paraguy 
etc.  by  Camphel.  London,  iy/^i ,  in  8.° 

Relazioni  relle  Missioni  del  Paraguay  di  Muratori.  Venezia,  1743,  in  4-° 
Trad.  in  Francese.  Paris,  1754,  in  12.0 

Histoire  du  Paraguay  par  le  P.  Charlevoix,  Paris,  1756  ,  3  voi.  in  4-° 
ibid. ,  6  voi.  in  12.0  Trad.  in  Inglese,  London,  1760,2  voi.  in  8.° 

Relacao  abbreviada  da  Republica  que  os  Jesuitas  das  provincias  de  Por- 
tugal  e  Hespanha,  estableceraò  nos  dominios  ultra  marinos  das  duas 
monarchias  ,  in  8.0  La  stessa  in  Portoghese  ed  in  ,  Francese,  in   12. (> 

Juan  de  Escandon's  und  Nusdorfer's  Geschichte  von  Paraguay  Francofor- 
te,  1769  ,  io  8.° 

Descrizione  geografica  ,  politica  e  storica  del  regno  del  Paraguay  fondato 
dai  Gesuiti.  Venezia  ,  Trad.  in  Francese,  Parigi,  1769,  in  8.° 

Historie  du  Paraguay  sous  les  Jesuites  etc.  par  Bernard  Ibannes  de  Gche- 
veri  ,  Amsterdam  ,  1780,  2  voi.  in  8." 

Historia  de  Abiponibus  ,  equestri  bellicosaque  Paraqucriae  natione,  auctore 
Dobritzhoffer.   Vienna  in  Austria  ,   1784^  in  8.° 

Descrizione  di  Buenos-Ayres  (  inserita  nel  Monthly  Magasin,   1802.  ) 

Azara  Felix  d'Essais  sur  1'  histoire  naturelle  des  quadrupedes  du  Paraguay 
etc.  Paris,  1801  ,  voi.   1   in  8.° 

—  Viaggio  nell'America  meridionale  fatto  tra  il  1781  e  il  1801,  Trad. 
dal  Prof.   Gaetano  Barbieri.  Milano,   1817,  voi.  2  in   12. °  fig.° 

Le  lettere  edificanti  contengono  curiose  notizie  su  di  queste  regioni. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  z'ij 

provincia  di  Cliaco ,  ed  in  generale  tutto  il  paese  tra  il  gran  fiu- 
me e  le  Ande,  non  è  che  una  pianura  pregna  di  sale  e  di  nitro 
sovente  inondata  da  sabbie  mobili  o  infetta  di  paludi ,  nelle  quali 
vanno  i  fiumi  a  terminare  per  mancanza  di  un  pendio  che  possa 
condurli  al  mare.  Tutto  cangia  sulla  sponda  orientale  della  Piata. 
Sorgon  colline  tra  quel  fiume  e  l'Uraguay,  e  scoscese  montagne 
separano  quest'ultimo  fiume  dall'Oceano.  Dense  boscaglie  stanno 
in  riva  al  rapido  Uraguay,  fiume  che  sorpassa  il  Reno  in  esten- 
sione: alle  sue  foci  l'occhio  non  può  che  a  grande  stento  scor- 
gerne ad  uu  tempo  ambe  le  rive  :  è  navigabile  fino  a  Salto  Ch'io 
settanta  leghe  dalla  sua  foce.  Presso  Buenos-Ayres  mancano  i  bo- 
schi ,  ma  in  cambio  il  terreno  è  molto  atto  all'agricoltura.  Al  sud 
di  Buenos-Ayres  stendonsi  a  perdita  d'  occhio  le  immense  pianure 
chiamate  Pampas,  ove  regnano  impetuosissimi  venti,  ed  ove  l'oc- 
chio non  fa  che  vagar  tristamente  da  uu  arbusto  bistorto  ad  un 
gruppo  di  piante  saline. 
Abbondanza  di  buoi  e  cavalli. 

La  sorprendente  propagazione  dei  cavalli  e  di  buoi  europei 
sì  domestici  che  fatti  selvaggi ,  è  un  gran  carattere  comune  alla 
storia  naturale  di  questi  paesi.  Azara  ci  ha  fatto  conoscere  in  tulle 
le  sue  parti  la  storia  di  questi  animali  che  dal  1 53o  al  i532,, 
furono  colà  introdotti  d'  Europa.  I  cavalli  salvatici  vanno  a  stormi 
di  più  di  dieci  mila  }  differiscono  pochissimo  dai  domestici  e  do- 
mansi  facilmente,  siccome  pure  i  buoi  salvatici,  che  potrebbero 
diventare  una  sorgente  di  ricchezze  fra  le  mani  di  un  popolo  più 
industrioso. 
Il  Chaco. 

Il  Chaco  è  quasi  tutto  occupato  da  tribù  indigene  più  o  meno 
selvagge. 
Tribù  indigene. 

Ve  ne  ha  che  s'estinguono  o  che  cangiano  di  nome ,  di  modo 
che  non  si  sa    più    trovarle   con    sicurezza.    Tale  è  la    tribù    dei 
Loie. 
/  Guaicurù. 

Azara  ci  dice  che  i  Guaicuiù,  i  più  feroci  di  tutti  gli  indi- 
geni, sonosi  estinti,  tranne  pochi  individui,  per  effetto  del  bar- 
baro loro  costume  di  fare  abortire  le  femmine  e  di  non  alle- 
vare mai  che  un  solo  figlio.  «Questa    è,   così   egli  riferisce ,  una 


2,38  COSTUME 

delle  più  famose  nazioni  nelle  storie  di  queste  contrade.  Essa 
era  ancora  delle  più  numerose,  e,  per  quanto  opino,  superava 
le  altre  nella  grandezza  della  statura  ,  nella  fierezza ,  nella  forza, 
nei  valore  guerriero.  Di  questa  nazione  orgogliosa  e  potente  non 
sussiste  oggi  che  un  solo  individuo  alto  sei  piedi  e  sette  pollici , 
e  dotato  delle  più  belle  proporzioni:  esso  ha  tre  mogli,  e  per  to- 
gliersi al  fastidio  della  solitudine  si  è  unito  ai  Tabuà  ,  de' quali 
ha  adottato  il  vestire  e  l'uso  di  dipingersi.  Il  deplorabile  ester- 
minio di  una  sì  coraggiosa  nazione  non  deriva  solamente  dalla 
guerra  incessante  che  la  medesima  ha  fatto  agli  Spagnuoli  e  agli 
altri  Indiani,  ma  molto  più  dalla  barbara  costumanza  dell'aborto 
adottata  dalle  donne  Guaicurù  al  pari  di  quella  della  nazione 
Mbaya.  » 
I  Lenguà. 

La  nazione    che  da  se    medesima  si    chiama    Juiadgè   venne 
dagli  Sp3gnuoli  indicata  col  nome  di  Lenguà  a  motivo  della  for- 
ma particolare  del  barbotto  (i). 
Forma  particolare  del  loro  barbotto. 

Le  storie  la  confondono  d'ordinario  coi  Guaicuiù  }  ma  essa  è 
diversa  da  tutte  le  altre  genti.  Viveva  questa  errante  nel  Chaco 
e  nelle  vicinanze  dei  Guaicurù.  Fu  una  delle  nazioni  più  rispettate 
e  formidabili:  fiera,  presuntuosa,  feroce,  vendicativa,  implacabile 
e  schiva  d'ogni  fatica  che  non  fosse  di  caccia  e  di  guerra.  Le 
sue  armi,  il  modo  di  cavalcare,  combattere  e  trattare  i  vinti  non 
furono  dissimili  da  quelli  de' Mbaya  ,  de' quali  parleremo  in  se- 
guito. Questa  nazione  è  quasi  moribonda.    Nel    179,4,   non    era 

(1)  Il  distintivo  del  sesso  mascolino  è  fra  essi  il  barbotto,  di  cui  dia- 
mo la  spiegazione.  Poco  dopo  la  nascita  di  un  fanciullo  la  madre  gli  trafo- 
ra da  una  parte  all'altra  il  labbro  inferiore  ,  e  v'  introduce  un  pezzo  di 
legno  lungo  quattro  o  cinque  pollici;  e  che  ha  due  linee  di  diametro, 
cui  si  dà  il  nome  di  barbotto.  Gli  uomini  non  lo  depongono  in  tutta  la 
loro  vita,  nemmeno  per  dormire  ,  e  lo  levano  nel  solo  caso  di  rimetterne 
un  altro,  quando  il  primo  è  rotto.  Ad  assicurarsi  che  esso  non  cada  ,  è 
formato  di  due  pezzi ,  V  uno  che  s'introduce  dalla  parte  interna  del  lab- 
bro ,  e  che  all'estremila  rivolta  verso  la  gengiva  è  largo  e  schiacciato  ,  on- 
de non  possa  entrar  tutto  nel  foro:  l'altra  estremità  che  esce  appena  del 
labbro  ha  un  buco  in  cui  si  conficca  a  viva  forza  dalla  parte  esterna  il 
secondo  pezzo  del  barbotto. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    TADAGUAY  23g 

composta  die  di  quattordici  uomini  e  otto  donne  comprese  tulle 
le  età.  La  loro  statura  media  è  di  cinque  piedi  e  nove  pollici:  le 
loro  proporzioni  sono  le  più  leggiadre.  Si  tagliano  i  capelli  da- 
vanti alla  metà  della  fronte,  ed  i  rimanenti  all'altezza  della  spalla 
senza  annodarli  giammai.  All'atto  del  nascere  si  traforano  ai  baro- 
bini le  orecchie  }  e  vi  si  mettono  successivamente  e  durante  tutta 
la  vita  pezzi  di  legno  ognora  più  considerabili,  dal  che  derivano 
buchi  coiì  grandi  che  nella  vecchiezza  formano  un  circolo,  il  quale 
ha  più  di  due  pollici  di  diametro:  le  orecchie  lor  cadono  quasi 
sulle  spalle  ,  talché  si  dura  fatica  a  credere,  che  le  orecchie  e  i 
fori  delle  medesime  giunger  possano  a  sì  srande  aumento.  Servirà 
a  dare  qualche  idea  di  sì  strane  costumanze  la  qui  annessa  Tavola 
3i,  rappresentante  gli  Indiani  Botocudos  al  Rio-Grande  de  Bei- 
monte,  cavata  esattamente  dal  recente  viaggio  del  Principe  Massi- 
miliano di  Wied-Neuvried.  Il  barbotto  caratteristico  de' maschie 
affatto  singolare  fra  i  Lenguà.  Consiste  questo  in  un  semicircolo 
che  ha  sedici  linee  di  diametro,  e  formalo  di  una  sottile  lama  di 
legno,  che  i  Lenguà  introducono  in  una  fenditura  fatta  al  labbro 
inferiore^  la  suddetta  lama  penetra  sino  alla  radice  dei  denti  ,  e 
al  primo  osservarli  si  direbbe  ch'essi  avessero  due  bocche,  e  che 
la  lingua  uscisse  loro  dalla  bocca  inferiore }  che  tal  genere  di  bar- 
botto  ha  verainenle  forma  di  lingua.  S'intende  ora  il  motivo 
della  denominazione  data  ai  suddetti  popoli.  Non  potendo  mai  es- 
ser ben  adattata  alla  fenditura  questa  lama  di  legno  ,  ne  sgorga 
continuamente  saliva  e  bava,  ciò  che  rende  ributtante  1'  aspetto 
dei  Lenguà.  Picciola  è  la  fenditura  ne' fanciulli,  ma  viene  conti- 
nuamente aumentata  coll'ingrandimento  delle  lame  di  legno,  e 
seguendo  durante  la  vita  lo  stesso  metodo  dei  buchi  delle  orec- 
chie. Quanto  alle  altre  costumanze  essi  rassomigliano  ai  Mbaya 
perfino  nel  loro  abbigliamento:  solamente  non  sussistono  Cacichi 
fra  essi. 
Altre  loro  costumanze. 

Non  conoscono  né  divinila,  né  culto,  né  capi,  né  obbedienza: 
adoperano  scambievolmente  un  formolario  singolare  di  urbanità 
allorché  s'incontrano  tra  loro  dopo  qualche  tempo  che  non  si  sono 
veduti,  ed  è  il  seguente:  i  due  Indiani  versano  alcune  lagrime 
avanti  di  parlarsi:  operare  diversamente  sarebbe  un  oltraggio,  o 
per  lo  meno  una  prova  che  l'uno   non  è  accetto    all'altro.  Ben- 


2.1\0  COSTUME 

,cliè  non  si  dipingano  il  corpo  tanlo  quanto  i  Payaguà  ,  de'quali 
parleremo  in  seguito,  hanno  però  essi  le  medesime  feste',  e  l'e- 
guale gusto  per  l' imbriachezza.  Non  coltivano  la  terra,  ed  hanno 
per  sole  occupazioni  la  guerra,  la  caccia  e  il  ladroneccio,  ch'eser- 
citano sulle  mandrie  degli  Spagnuoli.  Anche  questa  nazione  debbe 
la  sua  distruzione  al  costume  barbaro  degli  aborti  adottato  dalle 
donne  sulle  stesse  norme  delle  Guaicurù. 

Loro  avversione  pei  morti. 

I  Lenguà  non  danno  ai  loro  malati  che  acqua  calda  ,  frutta 
o  qualche  altra  minuzia  ^  e  se  non  vedono  speranza  di  guarigione 
gli  abbandonano  affatto  lasciandoli  perire.  Tanta  è  l'avversione 
che  hanno  pei  morti  ,  che  non  permettono  ad  alcuno  di  morire 
nella  propria  casa,  e  quando  par  loro  che  un  congiunto  sia  vicino 
a  morire,  presolo  per  le  gambe  lo  strascinano  fuori  di  casa  ad 
una  distanza  di  cinquanta  passi  :  lo  stendono  in  i  schieri  a  collocando 
le  natiche  del  malato  in  un  buco  per  le  sue  occorrenze  corporali: 
gli  accendono  da  un  canto  un  po' di  fuoco,  e  dall'altro  lasciano 
un  vaso  d'acqua  per  provvedere  al  caso  di  sete:  non  gli  danno 
altro  conforto  ,  e  non  si  accostano  a  lui  che  per  ispiare  il  mo- 
mento in  cui  avrà  cessato  di  vivere.  Appena  spirato  ,  alcuni  In- 
diani pagali  dai  congiunti  ,  o  qualche  vecchia  ,  Io  avvolgono  in 
una  coperta  di  stoffe  o  di  pelle  unitamente  a' suoi  arnesi,  e  pre- 
solo ai  piedi  lo  trasportano  altrove,  collocandolo  in  una  fossa  e  lo 
coprono.  I  congiunti  lo  piangono  per  tre  giorni}  ma  né  essi  né 
verun  altro  ne  pronunziano  giammai  il  nome,  ove  anche  accada 
di  narrare  qualche  prodezza  della  sua  vita.  La  costumanza  più 
straordinaria  di  queste  genti  si  é  che  allorquando  uno  di  essi 
viene  a  morte  ,  tutti  cangian  di  nome  allineile  la  morte  non  si 
risovvenga  presto  di  loro. 

Machicuy. 

Gli  Spagnuoli  appellano  Machicuy  una  nazione  che  abita  l'inter- 
no del  Cliaco  alle  rive  di  un  ruscello  da  essi  chiamato  Lacta.  Tale 
nazione  si  chiama  da  se  medesima  Cabanataith  ;  é  divisa  in  di- 
ciannove orde  o  colonie,  quattro  delle  quali  composte  di  circa 
dugento  combattenti  non  hanno  cavalli  \  ma  le  altre  da  cui  deri- 
vano presso  8  poco  mille  guerrieri  ne  hanno  gran  numero,  cui  essi 
montano  a  ridosso  al  pari  dei  Lenguà.  Una  di  queste  abita  in 
saverne  sotterranee,    anguste,  sudicie,  che  non  ricevon  luce  che 


DEGLI    ABITATORI    DET,    r-ARAGUAY  nf\  I 

da  un  picciolo  forame.  Le  altre  orde  costruiscono  le  proprie  tende 
o  capanne  portatili  col  mezzo  di  stuoje  egualmente  che  i  Len- 
gua,  ai  quali  non  la  cedono  in  istatura,  forza  ed  eleganza  di  pro- 
porzioni. Somigliano  pure  ai  medesimi  nella  grandezza  delle  orec- 
chie, nel  barbotto,  nel  Don  avere  Cacichi ,  nelle  feste,  nel  gusto 
dell'imbriachezza,  e  singolarmente  nella  più  aborrevole  costumanza 
degli  aborti  che  si  procurano  le  donne.  Le  guerre,  cui  intrapren- 
dono, servono  soltanto  o  alla  propria  difesa  o  ad  isfogare  il  sen- 
timento della  vendetta  non  più  debole  in  essi  che  nel  rimanente 
degli  Indiani.  La  principale  loro  sussistenza  dipende  dalla  caccia 
e  da  alcune  pecore  ch'essi  allevano:  fanno  ancora  qualche  uso 
delle  produzioni  dell'agricoltura,  le  quali  consistono  in  mais,  ma- 
niocco,  fagioli  ed  alcune  frutta. 

Enimagà. 

Sotto  il  nome  di  Enimagà  è  conosciuta  nel  Paraguay  una  na- 
zione di  Indiani  che  da  se  stessa  si  nomina  Cocaboth,  e  che  abi- 
tava la  riva  meridionale  del  fiume  Pilcomayo  nella  parte  più  in- 
terna del  Ghaco.  Negli  abiti,  negli  ornamenti,  nella  forma  e  nella 
maggior  parte  delle  costumanze  sono  eguali  ai  Lenguà  :,  ma  ne 
differiscono  nel  barbotto,  e  nel  non  avere  le  loro  donne  adottata 
l'orribile  pratica  degli  aborti.  La  loro  sussistenza  al  dì  d'oggi 
proviene  dalla  caccia  e  dall'agricoltura,  che  esercitano  alcun  poco 
i  loro  schiavi:  sembrano  più  di  qualsisia  altra  nazione  Indiana 
proclivi  al  divorzio,  ed  Azara  ci  racconta  di  avere  conosciuto  uno, 
il  quale  all'età  di  trent'anni  aveva  ripudiate  sei  mogli  ed  era 
passato  alle  settime  nozze. 

Guentusé. 

La  nazione  dei  Guentusé  abitava  altra  volta  il  Chaco  in  faccia 
agli  Enimagà,  di  cui  furono  e  sono  tuttavia  fedeli  amici.  Essa  è 
divisa  in  due  orde  che  formeranno  in  circa  trecento  combattenti* 
ma  sono  tranquilli  ,  né  fanno  altra  guerra  che  la  difensiva.  Le 
loro  forme  e  costumanze  sono  eguali  a  quelle  de'Lenguà  a  riserva 
che  le  donne  non  si  procurano  aborto.  Il  loro  barbotto  non  è 
diverso  da  quello  degli  altri  Indiani.  Non  conoscono  né  capi,  né 
leggi,  né  religione. 

Loro  coltivazione. 

Vivono  di  caccia  e  delle  produzioni    de'  loro    campi.  Nò    cre- 
dasi già  che  questi  o  gli  altri    Indiani    agricQitori  si  valgano    di 
Cost.  Voi  III  dell'America.  16 


242  costume 

animali  od  aratri*,  per  le  rurali  loro  occupazioni  non  usano  che 
un  bastone  appuntato,  il  quale  serve  loro  per  preparare  i  buchi 
ove  collocare!  semi:  si  può  da  ciò  formarsi  un'idea  dell'agricol- 
tura di  tali  popoli.  I  Guarà  che  sono  i  più  inciviliti  di  quegli 
indigeni,  e  che  nella  coltivazione  superano  tutti  gli  altri,  adope- 
lano  una  zappa  formata  da  un  omopolato  di  cavallo  o  di  bue,  cui 
un  bastone  serve  di  manico.  Siccome  queste  nazioni,  per  quanto 
sieno  coltivatrici  ,  non  cessano  di  essere  erranti  ,  così  hanno  per 
costume  di  seminare  qualche  cosa  per  tutto  ove  passano,  indi  di 
ritornare  sopra  i  luoghi  per  raccogliere. 
Moya. 

I  Moya  fan  la  guerra  a  tuffi*,  si  estirpano  i  peli  delle  soprac- 
ciglia e  delle  palpebre,  e  sussistono  dell'agricoltura  esercitata  dai 
loro  schiavi.  Le  donne,  liberissime  ne' loro  costumi,  han  per  abi- 
tudine l'abortire. 
Mocoby. 

La  nazione  de' Mocoby,  fiera,  superba,  bellicosa  e  formidabile 
altrettanto  che  indomabile  si  divide  in  quattro  orde  principali,  le 
quali  unitamente  formano  circa  duemila  combattenti  abitatori 
delle  rive  del  "Vermejo  o  Ipilà  ,  nelle  parti  interne  del  Chaco. 
Essa  non  conosce  agricoltura  ,  e  sussiste  soltanto  di  caccia  ,  di 
carni  di  porche,  vacche  e  pecore  delle  proprie  mandre,  e  di  ar- 
menti che  frequentemente  invola  agli  Spagnuoli  del  Paraguay.  La 
statura  media  di  questi  Indiani  è  di  cinque  piedi  e  sei  pollici:  le 
loro  proporzioni  sono  belle,  ed  annunziano  robustezza  :  sono  e- 
sperti  nel  cavalcare  sempre  a  ridosso  al  pari  de'  Lenguà  :  hanno 
altresì  le  medesime  armi,  cioè  lancia  e  clava,  e  vanno  armati  di 
frecce  allorché  combattono  a  piedi.  Uccidono  in  guerra  gli  adulti  5 
consetvano  le  donne  e  i  fanciulli.  Somigliano  agli  altri  Indiani 
nel  colore  e  nelle  forme:  non  conoscono  religione,  capi  e  leggi *, 
i  medici  e  le  nozze,  l'inclinazione  all' imbriachezza,  il  barbotto, 
gli  abiti,  il  dipingersi  sono  assolutamente  gli  stessi  che  presso  gli 
altri  \  ma  le  donne  portano  di  più  differenti  segni  sul  seno.  Si  è 
cercato  in  tutti  i  tempi  d'incivilire  e  ridurre  a  colonia  questa  na- 
zione che  è  molto  incomoda  agli  Spagnuoli  a  motivo  del  ladro- 
neggio che  esercita  sulle  mandrie.  Sono  stale  sborsate  in  diverse 

DO 

epoche  somme  immense  a  tal  fine,    e  si  era  riuscito  a    formarne 
colonie;  ma  ben  presto  sonosi  disfatte,  e  non  ne  sussistono  tut- 


DEGLI    ABITATORI    BEL    PARAGUAY  2/J3 

tavia  che  Ire  dalla  parie  di  Santa-Fè  \  ma  niuna  di  esse  è  riè  in- 
civilita né  cristiana. 
Abiponi. 

La  più  celebre  di  tutte  queste  popolazioni  è  la  belligera  tribù 
degli  Abiponi,  che  dagli  antichi  Spagnuoli  vennero  chiamati  Me- 
pones.  Essi  abitavano  verso  il  28.0  nel  Chaco  :  sul  principio  del 
passato  secolo  s'impegnarono  in  una  guerra  crudele  coi  Mocoby, 
ai  quali  non  cedevano  in  orgoglio,  statura  e  forze,  ma  meno  nu- 
merosi di  essi  vidersi  obbligati  ad  implorare  la  mediazione  degli 
Spagnuoli  ,  che  li  formarono  in  colonie,  delle  quali  confidarono 
la  cura  ai  Gesuiti:  di  queste  non  ne  sussiste  più  che  una  sola, 
quella  cioè  di  San-Geronimo  stabilita  nel  1748.  Ma  poiché  è  raro 
che  si  estingua  negli  Indiani  il  sentimento  della  vendetta,  la  guerra 
continuò  sempre  con  più  o  meno  ardore,  e  una  divisione  di  Abi- 
poni spatriò,  e  passò  il  fiume  Parana  per  formare  nel  1770,  la 
colonia  di  Las-Garzas.  Questi  Abiponi  non  sono  diversi  da  quelli 
di  San-Geronimo,  vale  a  dire  né  Cristiani,  né  inciviliti,  e  tenacia 
tutte  le  antiche  loro  costumanze.  Essi  per  la  maggior  parte  si  leva- 
no le  sopracciglia,  ciglia  e  i  peli  \  si  radono  una  striscia  di  capelli 
dalla  fronte  fino  alla  sommità  della  testa  :  le  donne  portano  inde- 
lebilmente impressa  una  picciola  croce  di  braccia  eguali  nel  mezzo 
della  fronte,  e  quattro  linee  orizzontali  e  paralelle  sul  naso  al- 
l'origine del  sopracciglio  ,  e  da  ogni  lato  della  figura  due  linee 
sorgenti  dall'angolo  esterno  dell'occhio.  Gli  Abiponi  sono  pari 
alle  altre  nazioni  per  tutte  le  particolarità  precedentemente  enu- 
merate: inclinazione  all' imbriachezza  ,  crudeltà  delle  loro  feste, 
cura  dei  malati,  ignoranza  di  religione  ,  obblighi  e  doveri  ,  uso 
del  barbotto  ,  costruzione  di  capanne,  niuna  prerogativa  dei  Ca- 
cichi,  ornamenti,  costume  di  dipingersi,  nozze,  trattamenti  degli 
schiavi,  orrore  pei  morti.  Solamente  il  grande  commercio  ch'essi 
hanno  cogli  Spagnuoli  ha  divezzati  molti  dall'uso  del  barbotto, 
benché  lutti  ne  portino  nel  labbro  inferiore  la  fenditura:  così  pure 
molti  hanno  sostituito  ai  mantelli  di  cotone  i  ponco% mantelli  di 
lana,  e  portano  capelli  che  loro  somministrano  gli  Spagnuoli. 
Sonovi  pure  alcune  donne,  le  quali  vestono  al  pari  delle  Spagnuole 
della  classe  indigente,  ed  hanno  cessato  di  radere  i  capelli  e  di 
estirparsi  le  sopracciglia. 


lf\(\  COSTDME 

Jl  Paraguay  propriamente  detto.  I  Payaguà. 

Prima  di  passare  alla  descrizione  del  Paraguay  propriamente 
detlo,  noi  parleremo  della  forte  e  potente  nazione  Payaguà,  la 
quale  diede  il  suo  nome  al  fiume  del  Paraguay  o  fiume  dei  Pa- 
yaguà, nome  che  venne  poi  alteralo  nell' estenderlo  a  tutti  ì  paesi. 
AI  primo  arrivo  degli  Spagnuoli  era  questa  nazione  separata  in  due 
orde,  le  quali  si  dividevano  il  dominio  del  fiume  del  Paraguay, 
senza  permetterne  ad  alcuno  b  navigazione.  La  nazione  intera  por- 
tava il  nome  di  Payaguà  ,  e  per  distinguere  le  orde  ,  esse  stesse 
si  denominavano  cadignè  e  magach:  ma  gli  Spagnuoli  diedero 
esclusivamente  il  nome  di  Payaguà  alla  divisione  più  settentrionale 
e  sfigurarono  quello  dell'altra  chiamandola  Agace.  Dopo  la  morte 
del  Cacico  Magach  ,  l'orda  del  quale  portava  il  suo  nome  ,  gli 
Spagnuoli  avendo  riconosciuto,  che  questi  non  differivano  ne' ca- 
ratteri nazionali  dai  popoli  soprannominali,  soppressero  l'ultima 
denominazione  e  li  chiamarono  tutti  Payaguà. 

Crudeli  nemici  degli  Spagnuoli. 

All'epoca  della  conquista  costoro  sono  stati  i  più  costanti,  ac- 
corti e  i  più  crudeli  nemici  degli  Spagnuoli,  dei  Portoghesi  ,  ed 
anche  di  tulli  gli  Indiani  :  di  modo  che  se  talvolta  hanno  fatta 
la  pace  cogli  uni,  fu  solamente  per  collegarsi  contra  gli  altri  ,  o 
per  ordir  tradimenti,  giacché  fu  sempre  ad  essi  estranea  la  lealtà. 
Basti  il  sapere  che  per  opera  de'suddetti  perirono  molle  migliaja 
di  Spagnuoli,  e  che  poco  mancò  ch'essi  non  operassero  il  generale 
^sterminio  di  tulle  le  colonie  del  Paraguay.  Ma  avendo  poi  que- 
sta nazione  accorta  osservato  che  la  popolazione  degli  Spagnuoli 
si  aumentava  nel  Paraguay,  ove  poteva  ricevere  rinforzi  da  quella 
di  Buenos-Ayres,  e  riflettendo  che  non  aveva  forze  sufficienti  per 
esterminare  tanti  nemici,  vide  che  non  le  rimaneva  altro  scampo 
che  nel  fare  la  pace  ,  ed  anzi  nel  collegarsi  strettamente  cogli 
Spagnuoli. 

Fanno  la  pace,  e  si  collegano  coi  medesimi. 

Questi  Indiani  offersero  dunque  di  formare  coi  medesimi  una 
lega  offensiva  e  difensiva  contra  tutti  gli  altri  popoli.  Era  fra  gli 
articoli  delle  loro  proposte  che  l'orda  Tacumbù  ,  che  sono  gli 
antichi  Agace,  sarebbcsi  stabilita  all'Assunzione,  purché  ivi  po- 
tesse tranquillamente  continuare  nelle  sue  costumanze,  e  purché 
non  le  fosse  probito  di  fare    particolarmente  la  guerra    a    quegli 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  nfó 

Indiani,   che  non  avessero  o  comunicazione  o  trattati  cogli  Spa- 
gnuoli. 

L'orda  Tacumbù  si  stabilisce  alV  Assunzione. 

Di  fatto  l'orda  Tacumbù  nel  174°  s>  stabili  all'Assunzione  5 
e  non  solamente  furono  alleati  fedeli  in  tempo  di  guerra,  ma  u- 
lilissimi  abitatori,  poiché  essi  somministrano  agli  Spagnuoli  pesce, 
salci,  canoe,  foraggio  pei  cavalli ,  canotti ,  remi ,  coperte  ed  altri 
piccioli  oggetti  ,  conservando  però  inlatti  in  tutto  il  rigore  del 
termine  gli  antichi   loro  costumi. 

Forma  e  colore  de'  Payaguà. 

La  statura  media  de' Payaguà  è  di  cinque  piedi  e  quattro  pol- 
lici :  sono  dotati  di  belle  proporzioni,  e  più  agili  e  lesti  di  tutti 
gli  Indiani  e  degli  Spagnuoli:  il  loro  colore  è  meno  oscuro,  la  loro 
fiso  ri  orni  a  meno  cupa  e  più  aperta  che  negli  altri  Indiani.  Somi- 
gliano ai  Guanà  nello  svellersi  le  ciglia,  le  sopracciglia  e  qualsisia 
pelo,  nel  non  conoscere  premj  e  castighi ,  leggi  e  doveri. 

La  dignità  del  Cacico  si  riduce  ad  un  nulla. 

La  dignità  dei  loro  Gacichi  si  riduce  al  nulla.  »  Io,  dice  Azara, 
ho  conosciuto  personalmente  il  Cacico  de'Sarigué  che  aveva  all'iti- 
ci rea  centoventi  anni.  Conservava  tutti  i  suoi  denti  bianchi  e  ben 
disposti}  così  pure  non  mancava  un  capello  alle  sue  chiome,  delle 
quali  una  sola  terza  parte  era  bianca.  La  sua  vista  unicamente  era 
alquanto  affievolita.  Ad  onta  di  ciò  egli  remigava,  pescava,  s'imbiia- 
cava,  agiva  al  pari  de'suoi  compagni.  La  prima  volta  che  io  il  vidi 
era  seduto  per  terra,  affatto  ignudo,  e  durante  la  conversazione,  la- 
sciò, senza  sconcertarsi,  scorrere  la  propria  orina.  Questo  Cacico  al 
par  degli  altri  non  ha  veruna  autorità  né  decorazione  che  lo  distin- 
gua: non  gli  si  presta  da  nessuno  tributo  o  servitù.  La  nazione  è 
governata  dalla  consueta  adunanza  dal  tramonto  del  sole,  impo- 
tente essa  stessa  d'imporre  doveri  a  veruno.  Il  Payaguà  è  asso- 
lutamente libero:  non  conosce  disuguaglianza  di  classi ,  e  quella 
prodotta  dalla  dignità  di  Cacico  si  riduce  ad  un  nulla  ». 

Costumi  ed  usanze. 

Gli  uomini  vanno  affatto  ignudi}  ma  quando  fa  freddo,  o  de- 
vono entrare  nelle  case  della  città  si  gettano  talora  sulle  spalle 
un  mantello  di  cotone  avvolgendosi  nel  medesimo,  quando  è  suf- 
ficiente a  coprire  le  parti  auteriori. 


2/j6  COSTUME 

Vestire  degli  uomini. 

Alcuni  altri  indossano  una  camicetta  senza  collare  e  maniche.* 
e  che  copre  appena  le  parli  distintive  del  sesso.  Ce  ne  ha  di 
quelli  che  sopra  il  corpo  si  dipingono  a  diversi  colori  il  vestito  , 
la  soltovesta,  i  calzoni,  e  con  tale  acconciamento  benché  ignudi 
di  fatto,  se  ne  vanno  per  ogni  dove. 
Ornamenti. 

Il  barbotto  è  il  segno  distintivo  degli  uomini  :    essi    portano 
inoltre  alle  braccia  e  al  collo   de'piedi     monili    variati  e  per  la 
forma  e  per  la   materia.  Alcune  volte  sospendono    ai  polsi    della 
mano  unghie  di  cervo  ,    che    percotendosi  insieme  formano    uno 
scroscio  loro  particolare  :  usano  ancora  pendagli  di  filo  d'argento 
e  di  frammenti  di  conchiglie,    a    cui  sospendono  una  borsa  sì  pic- 
ciola,  che  appena  può  contenere  una  moneta  di  venti  soldi.  Vero 
è  che  non  fanno  uso  veruno  della  suddetta  borsa,  perchè  tengono 
sempre  in  bocca  il  denaro  che  hanno    guadagnato.     Portano    in 
testa  pennacchi  di   piume,  e  coloro  che  hanno    uccisi    nemici    in 
battaglia  hanno  la  prerogativa  di  attaccarli  perpendicolarmente  alla 
cervice.  Si  dipingono  sul  corpo  disegni  di  vaij  colori,  che  non  si 
saprebbero  descrivere,  e  che  non  hanno  altra  norma  fuorché    il 
capriccio  di  chi  se  ne  adorna  :  né  ciò  accade    ogni    giorno  ,   ma 
quando  solamente  ne  prende  ad  essi  la  fantasia.  Radono  auterior- 
menle  ed  all'altezza    dell'occhio  i  capelli  ,     lasciando   ondeggiare 
il  rimanente  della  chioma  che  raccolgono  solamente  all'estremità 
sulla  spalla,  attaccandola  con  una  picciola  stringa  di  pelle  di  sci- 
mia  guernita  del  suo  pelo. 
Le  donne  Payuguà  hanno  un  uso  loro  proprio. 

Le  donne  Payaguà  hanno  un  uso  loro  proprio  :  allorché  sono 
fanciulle  ,  e  il  seno  giugno  al  suo  punto  naturale  di  accresci- 
mento, incominciano  queste  a  comprimerlo  o stringendosi  il  manto, 
o  appostatamele  con  una  stringa  per  dirigerlo  verso  la  cintura: 
in  conseguenza  di  che  allorquando  arrivano  ai  ventiquattro  anni 
ed  anche  prima  questo  pende  loro  a  ffggia  di  borsa.  E  da  no- 
tarsi che  anche  indipendentemente  da  tale  loro  cura  il  seno  dello 
Indiane  è  meno  elastico  di  quello  delle  Europee,  ed  è  natural- 
mente proclive  alla  pendenza  che  gli  danno.  Non  fa  quindi  me- 
raviglia il  vederle  talvolta  allattare  i  loro  bambini  tenendoli  sotto 
il  braccio^  ciò  che  è  agevolato  dalla  pendenza  della  mammella  e 
dalla  grossezza  dei  capezzoli. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2/17 

Loro  vestire. 

Il  vestire  delle  donne  consiste  in  un  mantello  entro  cui  si  av- 
viluppano dallo  stomaco,  e  talvolta  cominciando  dalle  spalle  fino 
alla  noce  del  piede:  portano  inoltre  un  cencio  di  uu  piede  qua- 
drato, che  pende  loro  davanti  alle  pudende. 

Pitture  caratteristiche  delV  adolescenza. 

Allorché  le  figlie  giungono  all'epoca  dei  primi  mestrui,  danno 
parte  di  tale  avvenimento  a  tutti  coloro  in  cui  s'incontrano,  e  si 
applicano  ad  esse  le  pitture  caratteristiche  dell'adolescenza.  Tali 
pitture  si  riducono  ad  una  striscia  o  riga  ,  la  quale  incomincia 
dall'origine  de' capelli,  e  si  prolunga  in  linea  retta  fino  all'estre- 
mità del  mento  lasciando  uno  spazio  non  tinto  nel  labbro  supe- 
riore. Agli  angoli  della  bocca  si  dipingono  due  catene  paralelle 
alla  mascella  inferiore  e  terminanti  a  due  terzi  di  disianza  dallo 
orecchio.  Si  aggiungono  a  tutte  le  indicate  pitture  due  anelli,  che 
escono  dagli  angoli  esteriori  degli  occhi,  e  che  finiscono  all'al- 
tezza della  guancia.  La  tinla  che  adoprasi  è  violacea,  e  nelle  donne 
nou  è  già  superficiale  come  negli  uomini,  ma  permanente,  perchè 
esse  lo  fanno  penetrare  entro  la  cute  col  mezzo  di  punture. 
Alcune  più  galanti  si  dipingono  di  rosso  il  volto  ,  il  seno  e  le 
coscie  :  delineano  inoltre  una  spezie  di  catena  bruna  con  grandi 
anelli  sul  braccio  dai  polsi  alla  spalla}  ma  quest'ultime  tinte  non 
vanno  a  penetrare  la  pelle,  e  le  pitture  rosse  non  presentano  di- 
segno veruno. 

Acconciatura  c?e'  capelli  ec. 

Le  donne  al  pari  degli  uomini  si  radono  anteriormente  i  ca- 
pelli, ma  non  già  sulle  orecchie,  e  lasciano  ondeggiare  il  rimanente 
delle  chiome  senza  nodo  di  sorte  alcuna.  Portano  a  tutte  le  dita 
anelli  di  qualunque  sorte  sian  essi,  ma  non  usano  collane,  monili 
ed  altri  ornamenti  di  sì  fatta  natura. 

Ujjicj  delle  donne. 

Gli  ufficj  delle  donne  consistono  nell' erigere  o  disfare  le  ca- 
panne, fabbricare  stuoje,  mantelli,  vasi  e  piatti  di  terra  coperti  di 
pitture  e  disegni.  Allorquando  vogliono  filare  si  preparano  il  co- 
tone disponendolo  sul  braccio  a  foggia  di  un  lungo  budello  della 
grossezza  di  un  dito,  e  senza   torcerlo:  in  seguito  sedute  per  terra, 

e  colle  gambe  distese  prendono  il  loro  fuso  ,  che  ha  in  circa  due 

piedi  di  lunghezza,  e  cominciano  a  filare  facendo  rotare  lo  slesso 


^48  COSTUME 

fuso  sulla  coscia  ignuda  :  ma  poco  torcono  il  filo  che  raccolgono 
sulla  metà  di  esso.  Filato  tutto  il  cotone  preparato ,  dal  fuso  lo 
avvolgono  intorno  al  braccio  per  torcerlo  la  seconda  volta,  indi 
lo  raccolgono  di  nuovo  alla  parte  inferiore  del  fuso.  Così  dispo- 
sto e  senza  raddoppiarlo  lo  adoperano  a  fabbricare  mantelli  e  co- 
perte, non  già  per  cucire  ,  genere  di  lavoro  ad  esse  sconosciuto. 
Tali  mantelli  si  riducono  ad  una  pezza  di  tela  più  o  meno  grande 
secondo  l'uso  al  quale  son  destinati.  Quelli  onde  ricopronsi  le  donne 
attempate  non  hanno  tutt'al  più  che  la  lunghezza  necessaria  a  co- 
prirle dalle  spalle  fino  alla  polpa  delle  gambe,  e  sono  larghi  quanto 
basta  per  fare  una  volta  e  mezzo  il  giro  del  corpo.  Esse  fabbri- 
cano la  loro  stoffa  senza  tela jo,  disponendo  le  fila  sopra  due  ba- 
stoni allontanati  in  proporzione  della  lunghezza  che  debbe  avere 
P  opera  cui  si  accingono.  Vi  passano  in  seguito  il  filo  per  traverso 
senza  bisogno  di  spola  e  col  semplice  soccorso  delle  proprie  dita  ; 
comprimono  successivamente  la  loro  tessitura  con  una  specie  di 
riga  o  coltello  di  legno.  Tale  è  il  modo  di  filare  e  fare  la  tela, 
onde  si  servono  gli  Indiani  che  fanno  uso  d'abbigliamenti  tessuti, 
se  si  eccettuino  le  donne  della  Corpigliera  del  Chili,  alcune  delle 
quali  per  formare  i  ponco  adoperano  i  telaj. 
Cibi,  maniera  di  mangiare  ec. 

Le  donne  cucinano  i  legumi,  e  talvolta  il  pesce;  ma  di  rado, 
poiché  la  cucinatura  della  carne  e  del  pesce,  ed  il  far  legne  stan- 
no nelle  attribuzioni  de'mariti.  Ogni  cibo  in  generale  è  confacente 
a  questi  Indiani:  ma  le  donne  non  gustano  mai  carne,  persuase 
che  sì  fallo  cibo  sarebbe  loro  di  nocumento.  Ciascuno  individual- 
mente mangia,  allorché  ha  fame  senza  aspettare  la  compagnia  degli 
altri  ,  e  scegliendosi  fra  le  vivande  preparate  ciò  che  meglio  gli 
conviene:  non  parlano,  né  bevono  finché  il  loro  pasto  non  é  ter- 
minato: se  si  ritrovano  mangiando  in  compagnia  tengonsi  ad  una 
certa  distanza  gli  uni  dagli  altri,  inclusi  varaente  al  maiito  e  alla 
moglie,  alla  madre  ed  ai  figli  :  non  usano  forchetta  o  cucchiajo,  e 
per  prendere  il  brodo  o  la  salsa  non  adopei ano  che  P indice  e  il 
medio  ,  e  ciò  non  ostante  non  sono  meno  celeri  che  se  fossero 
forniti  di  cucchiajo:  per  quanto  un  pesce  sia  ripieno  di  spine,  le 
separano  dalla  carne  con  un  movimento  di  lingua,  e  a  guisa  di 
scimie  le  conservano  ai  lati  della  mascella  fino  che  abbiali  finito 
di  mangiare,  dopo  diche  le  rigettano:  abboniscono  il  latte:  non 
si   lavano,  nò  puliscono  quasi  mai  le  proprie  abitazioni. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  1% 

Maniera  di  accendere  il  fuoco. 

Sanno  al  pari  di  tutti  gli  altri  Indiani  accendere  il  fuoco  sen- 
za pietra  focaja.  A  tal  fine  impiantano  per  la  punta  un  pezzo  di 
legno  grosso  un  dito  entro  altro  legno  forato  appostataraente ,  e 
fanno  rotar  colla  mano  il  primo  a  foggia  di  frullo:  dal  ripetuto 
strofinamento  nasce  ,  come  è  noto  ,  una  polve  infiammata  ,  che 
produce  gli  effetti  dell'esca  accesa. 
Capanne. 

Le  capanne  dei  Payaguà  sono  coperte  di  giunchi  non  intrec- 
ciati a  foggia  di  stuoje,  ma  congiunti   insieme  da  fili  in  tutta  la 
loro  lunghezza» 
Divorzio. 

Rari  sono  i  casi  di  divorzio  fra  i  conjugi;  ma  quando  acca- 
dono, la  moglie  va  a  riunirsi  alla  propria  famiglia,  conducendo 
seco  i  suoi  figli,  come  pure  i  materiali  della  capanna,  il  canotto 
e  gli  utensili.  Non  rimangono  al  marito  che  le  armi  ed  i  suoi 
abbigliamenti.  Nel  caso  che  non  sussistano  figli,  ciascuno  de'co- 
njugi  conserva  quello  che  è  di  propria  pertinenza. 
Strana  usanza  ne'  dolori  di  parto. 

Le  Indiane  non  hanno  d'uopo  di  verun  soccorso  per  parto- 
rire: allorquando  le  loro  doglie  durano  lungo  tempo,  accorrono  le 
vicine  con  campanelli  infilzati  alla  mano  ,  e  per  un  istante  gli 
scotono  con  violenza  sopra  la  testa  delle  pazienti  :  indi  se  ne 
vanno  pronte  a  ricominciare  l'operazione,  ove  ad  esse  ne  appaja 
il  bisogno. 
Imbriachezza. 

I  Payaguà  non  conoscono  altro  passatempo  che  l' imbriacarsi, 
il  che  è  per  essi  una  festa.  L'uomo  imbriaco  va  sempre  accom- 
pagnato dalla  mogb*  o  da  un  amico,  i  quali  quando  si  accorgono 
che  non  può  più  règgersi  sulle  proprie  gambe  lo  riconducono  alla 
capanna.  Ogni  avvenimento  più  ordinario,  ed  anche  il  capriccio 
serve  di  pretesto  a  tali  feste  d' imbriachezza. 
Festa  solenne  e  crudele. 

Oltre  a  queste  feste  particolari  hanno  l'uso  di  celebrarne  nel 
mese  di  giugno  una  solenne  e  crudele  nello  stesso  tempo.  Tutta 
la  nazione  vi  prende  parte,  ed  è  celebrata  pur  anche  dai  Guana, 
dai  Mbaya  e  da  altri  popoli  che  descriveremo  in  appresso.  Noi» 
partecipano    della     medesima    che  in  qualità  di  spettatori    coloro 


250  COSTUME 

che  non  sono  capi  di  famiglia,  e  le  donne.  Il  giorno  avanti  i  per- 
sonaggi  della  solennità  si  dipingono  il  corpo  nel  modo  migliore 
che  possono  immaginare,  e  si  adornano  il  capo  di  piume  di  co- 
lori e  forme  così  straordinarie,  ch'egli  è  impossibile  farne  la  de- 
scrizione o  trattenere  la  meraviglia  nel  vederli  così  acconciati. 
Coprono  inseguito  di  pelli  tre  o  quattro  vasi  di  terra  e  lentamente 
li  percotono  con  verghelte  più  picciole  della  più  sottile  penna  da 
scrivere.  Alla  mattina  dell'indomani  bevono  quanta  acquavite  si 
trovano  avere}  e  allorquando  sono  bene  imbriachi  si  stringono 
fortemente  a  vicenda  le  carni  delle  braccia  ,  delle  coscie  e  delle 
gambe,  prendendo  fra  le  dita  quanto  più  possono  di  carne,  e  la 
traforano  da  una  parte  all'altra  con  una  scheggia  di  legno  o  con 
una  spina  di  razza.  Questa  operazione  viene  ripetuta  e  continuata 
per  tutto  il  giorno,  di  modo  che  alla  fine  ognuno  di  essi  si  ri- 
trova trafitto  nel  modo  medesimo  di  pollice  in  pollice  sulle  co- 
scie  ,  sulle  gambe  ,  sulle  braccia  ,  incominciando  dai  polsi  e  an- 
dando fino  alle  spalle.  Celebrandosi  la  detta  festa  nella  città  stessa 
dell'Assunzione  ed  in  pubblico  ,  tutti  corrono  a  vederla.  Né  al 
segno  fin  qui  descritto  si  arrestano  le  ferite  che  costoro  si  fanno: 
si  traforano  ancora  la  lingua  e  il  membro  virile,  ed  è  allora  che 
le  donne  Europee  fuggono  mandando  alte  grida  j  mentre  le  In- 
diane stan  contemplando  a  sangue  freddo  un  sì  crudele  spettacolo. 
Ricevono  essi  sulla  mano  il  sangue  che  cola  dalla  lingua,  e  se  ne 
imbrattano  il  viso:  quanto  a  quello  che  esce  dal  membro  virile 
lo  fanno  entrare  in  un  picciol  buco  prima  preparato  col  dito 
sul  terreno,  e  lasciano  poi  andare  ove  va  il  sangue  che  scorre  da 
tutte  le  altre  parti  del  corpo.  Niuna  ragione  sanno  essi  addurre 
di  una  simile  costumanza,  e  confessano  ingenuamente  di  non  co- 
noscerne altra,  che  la  brama  di  dar  prove  ancoraggio. 
Religione. 

I  Payaguà  non  riconoscono  creatore  ,  non  rendono  a  veruno 
cosa  immaginabile  adorazione  o  culto,  ed  in  sostanza  non  hanno 
religione.  Allorquando  la  burrasca  o  il  vento  rovesciano  le  loro 
capanne,  preso  un  qualche  tizzone  dal  proprio  focolare,  corrono 
essi  a  qualche  distanza  ,  e  minacciano  il  turbine  col  tizzone  me- 
desimo. Altri  credono  di  spaventare  la  tempesta  col  menar  pugni 
all'aria,  cerimonia  pur  da  essi  usata  al  nascere  d'  ogni  luna,  ma 
in  tal  caso  dichiarano ,  non  essere  questo  che   un  semplice  segno 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  a5( 

della  loro  esultanza:,  alcuni  perciò  li  giudicarono  adoratori  della 
Luna. 

Cer  imonie  funebri. 

Appena  un  Pavaguà  è  morto,  alcune  vecchie  lo  involgono  nel 
suo  mantello  o  camicetta  e  co' suoi  arnesi  è  consegnato  ad  un 
uomo  per  ciò  stipendiato,  che  lo  porta  al  cimitero.  Non  è  gran 
tempo  che  i  loro  morti  venivano  seppelliti  seduti,  colla  testa  fuori 
della  fossa  ,  e  coperta  da  grande  campana  o  vaso  di  terra:  ma 
impararono  poi  dagli  Spagnuoli  a  sotterrarli  interamente  e  distesi. 
Hanno  essi  cura  grande  di  tener  ripulita  da  erbe  e  da  altre  im- 
mondizie la  superficie  dei  sepolcri,  di  coprirli  di  capanne,  e  di 
porre  sulla  tomba  di  coloro  cui  amarono  maggiormente  un  grande 
numero  di  campane  o  vasi  di  terra  dipinti,  e  collocati  l'uno  so- 
pra l'altro  coli' orlo  volto  all' ingiù.  Gli  uomini  non  fanno  lutto 
giammai:  quello  delle  donne  si  riduce  a  piangere  per  due  o  lie 
giorni  il  padre  o  il  marito.  Se  questi  furono  uccisi  in  guerra  o 
meritarono  fama  in  qualsisia  modo,  ha  maggiore  durala  il  pianto 
delle  superstiti,  le  quali  corrono  gementi  giorno  e  notte  attorno 
al  paese. 

Medici. 

I  Payaguà,  parlando  generalmente  ,  son  persuasi  o  proclivi  a 
credere,  non  meno  di  tutti  gli  altri  Indiani,  che  il  medico  cono- 
sca e  possa  scacciare  ogni  specie  d'infermità,  e  che  nessuno  mo- 
rirebbe ,  se  così  volessero  i  medici.  Questi  dal  canto  loro  nulla 
trascurano  onde  accreditare  sì  fatta  opinione  per  esser  ben  pagati 
e  tenuti  in  considerazione  nella  società:  ottengono  di  fatto  l'in- 
tento, ed  a  segno  tale,  che  alcuni  assicurano,  che  le  primizie 
delle  vergini  vengano  loro  concedute.  Le  ordinazioni  che  prescri- 
vono questi  medici  consistono  nella  dieta,  nel  non  permettere  ai 
loro  ammalati  che  scarso  cibo  di  legumi  e  di  frutta.  Da  ciò  se- 
gue come  fra  noi  che  la  maggior  parte  degli  inferrai  risana.  Ma 
se  l'ammalato  gode  di  una  riputazione  distinta,  o  ricompensa  be- 
ne i  medici,  questi   hanno  degli  apparati  più  grandi  e  solenni. 

Grandi  apparati  de''  medici  per  guarire    gli    ammalati    ric- 
chi ec. 

II  medico  affatto  ignudo  ,    con    tutto  il  corpo  dipinto  ,     per 
tando  una  grande  cravatta  di  stoppa  o  di    C 'ara guata ,     che    gli 
discende  fino  alla  cintura  accende  una  spezie  di  pipa,  la  quale  è 


2,5a  COSTUME 

formata  di  un  bastone  lungo  un  piede  ,  grosso  quanto  il  pugno 
della  mano  ,  traforato  per  tutta  la  sua  lunghezza,  ed  armato  in 
una  estremità  di  un  rostro  adattato  all'aspirazione  del  fumo.  Pren- 
de poscia  nell'altra  mano  una  zucca  vuota  alta  due  piedi  e  for- 
mata di  due  riunite  nella  loro  lunghezza.  Questa  ha  due  fori 
all'estremità  ,  il  maggiore  de'quali  ha  due  pollici  di  diametro. 
II  medico  vi  soffia  pel  foro  minore  il  fumo  del  tabacco  aspirato, 
indi  bagna  accuratamente  la  zucca,  e  ripete  per  più  volte  l'ope- 
razione medesima.  Ciò  eseguito  applica  l'orlo  del  maggior  foro  al 
labbro  superiore  vicino  al  naso,  e  manda  grida  entro  la  zucca,  la 
quale  rende  suoni  variati  e  straordinarj.  Niuno  ne  intende  il  sen- 
so :  ma  l'operatore  assicura  di  dir  cose  che  recano  spavento  alla 
malattia.  Queste  cerimonie  continuano  talvolta  più  di  due  ore  ,  nel 
quale  intervallo  il  medico  batte  la  terra  col  piede  sinistro  e  in 
cadenza,  fa  contorsioni  a  destra  ed  a  manca,  s'inchina  verso  il 
malato  steso  per  terra  in  ischiena  e  scoperto.  Dopo  di  che  gli 
siede  vicino,  per  qualche  tempo,  gli  strofina  colla  mano  lo  sto- 
maco, e  finalmente  lo  regge  con  una  forza  straordinaria  :  talvolta 
si  sputa  sulla  stessa  sua  mano,  e  fa  vedere  in  mezzo  allo  sputo 
picciole  lische,  pietruzze  ,  goccie  di  sangue  :  oggetti  preparati  an- 
ticipatamente nella  sua  bocca  per  dare  ad  intendere  di  estrarre  la 
malattia  dal  corpo  del  paziente. 

Male  venereo. 

I  Payaguà  al  pari  delle  altre  nazioni  selvaggie  vivono  lungo 
tempo  e  godono  della  più  vigorosa  salute.  »  Non  ho  mai  veduto 
alcuno  di  essi,  così  l'Azara,  attaccato  dal  male  venereo  \  né  mi- 
è  noto  che  veruno  Spagouolo  lo  abbia  contratto  per  commeroio 
avuto  colle  loro  donne.  Tale  malattia  è  rara  pur  anche  fra  i  Gua- 
rany  sottomessi  a' Cristiani:  ma  è  poi  singolare  che  se  gli  Spa- 
gnuoli  si  familiarizzano  colle  donne  di  questi  ,  contraggono  il 
morbo  e  di  una  natura  tale  che  è  ben  difficile  a  guarirlo:  esso 
attacca  principalmente  il  naso,  non  mai  le  glandolo  del  collo  come 
in  Europa.  Tutte  queste  osservazioni  mi  inducono  a  sospettare  che 
il  morbo  venereo  abbia  origine  dalla  comunione  fra  razze  estrema- 
mente differenti  ,  e  che  forse  non  fosse  conosciuto  nemmeno  in 
America  prima  che  vi   giugnessero  gli  Spagnuoli  55. 

Coltivazione^  navigazione  ec. 

La  coltivazione  è  trascurata  dai  Payaguà:  essi   sono   semplici 


DEGLI    ABITATORI    DEL    TARAGUAY  253 

marino j:  i  canotti  che  costruiscono  sono  luoghi  dai  dieci  ai  venti 
piedi,  e  larghi  due  terzi  della  lunghezza:  acutissima  ne  è  la 
prora  e  quasi  altrettanto  la  poppa:  acuta  del  pari  è  l'estremila 
de' remi  lunghi  nove  piedi  ,  e  de' quali  la  punta  forma  la  terza 
parte:  remano  stando  in  piedi  sulla  cima  della  poppa,  e  sedono 
nel  mezzo  del  canotto  quando  pescano  colla  lenza  ,  ed  allora  si 
lasciano  trasportare  dalla  corrente  del  fiume.  Quando  vanno  alla 
guerra  si  pongono  in  piedi  in  numero  di  sei  o  otto  entro  un  ca- 
notto ,  e  remigando  tutti  uniti  lo  fanno  andare  con  una  velo- 
cità incredibile.  Il  loro  remo  può  anche  servire  ad  essi  di  lancia, 
tanto  è  desso  lungo  ed  acuto  ,  ma  hanno  inoltre  archi  di  sette 
piedi  e  frecce  di  quattro  e  mezzo  cui  portano  in  un  fascetto,  non 
usando  turcasso.  Somma  è  1'  agilità  colla  quale  maneggiano  tali 
armi}  ed  allorquando  vogliono  procurarsi  vivo  qualsisia  uccello  od 
animale  ,  pongono  sulla  punta  della  freccia  qualche  materia  che 
ne  affievolisca  il  colpo,  e  gli  lasci  la  sola  forza  bastante  a  sba- 
lordirlo. In  battaglia  non  la  perdonano  agli  adulti  ,  e  si  unifor- 
mano all'uso  degli  altri  Indiani  nel  trattamento  delle  donne  e  dei 
fanciulli.  Tentano  ognora  colpi  di  sorpresa,  ne  si  allontanano  dal 
fiume,  altrimenti  sarebbero  vinti  dalle  nazioni  ,  i  cui  guerrieri 
combattono  a  cavallo.  Dopo  di  aver  descritti  i  costumi  e  le  usanze 
di  questa  nazione  da  cui  venne  denominato  il  Paraguay  propria- 
mente detto  ,  passeremo  a  dare  brevemente  il  quadro  fisico  e  la 
topografia  del  medesimo. 
Quadro  fisico  del  Paraguay  proprio. 

Sebbene  risalendo  verso  le  sorgenti  del  gran  fiume  Paraguay, 
s'incontrino  colline,  non  v'ha  prova  che  le  miniere  del  Brasile  si 
stendano  fino  nel  Paraguay. 
Minerali. 

Una  relazione  manoscritta  al  Ra  di  Spagna  non  cita  che  una 
povera  miniera  d'oro  sull'Uraguay  ,    e    nessuna    ne    indica    nel 
Paraguay,  ciocché  è  conforme  a  qnanto  ci  riferirono  i  Gesuiti. 
Vegetabili. 

Il  Paraguay  produce  ,  secondo  i  Missionarj,  il  famoso  albero 
del  Brasile,  sebbene  sia  molto  più  comune  nel  paese  che  porta  il 
suo  nome^  vi  si  vede  inoltre  quasi  da  per  tutto  un  grandissimo 
numero  di  cotonieri  in  arbusto.  La  cannamele  vi  cresce  incolta 
nei  luoghi  umidi.  Un  albero  che  abbonda  nel  Paraguay  si  è  quello 


a54  COSTUME 

donde  si  trae  il  liquore  detto  sangue  di  drago.  Sonovi  varie  al~ 
tre  resine  utilissime,  e  non  è  cosa  rara  il  trovare  ne'boschi  cannella 
salvatica  che  si  vende  qualche  volta  in  Europa  per  cannella  di 
Ceylan.  Il  rabarbaro,  la  vainiglia,  la  cocciniglia,  son  del  numero 
delle  produzioni  naturali. 

Tè  o  erba  del  Paraguay. 

11  «è  o  erba  del  Paraguay  sì  celebre  nell'America  meridionale, 
è  la  foglia  di  una  spezie  dHlex  della  grandezza  di  un  melo  di 
media  statura.  Essa  è  conosciuta  anche  sotto  i  nomi  di  tè  del  mar 
del  sud,  d'erba  di  S.  Bartolommeo  ec.  :  il  suo  gusto  si  avvicina 
a  quello  della  malva  ,  e  la  sua  figura  a  quella  della  foglia  del 
melarancio.  Il  grande  ricolto  di  quest'erba  si  fa  nelle  vicinanze 
di  Villarica  nuova  che  è  presso  le  montagne  di  Maracayu  a  le- 
vante del  Paraguay  verso  il  2,5.°  26"  di  latitudine  australe.  Si 
vantano  assai  le  innumerabili  viitù  di  questa  spezie  di  tè  tesso  è 
aperitivo  e  diuretico }  le  altre  qualità  che  gli  vengono  attribuite 
sono  almeno  dubbiose.  I  Capetoni  non  ne  fanno  gran  conto,  ma 
i  Creoli  ne  sono  avidi  all'eccesso.  Questi  non  viaggiano  mai  senza 
una  provvisione  d'erba  del  Paraguay  ,  e  non  mancano  mai  di 
prenderne  ogni  giorno  preferendola  ad  ogni  sorta  d'alimento,  e 
non  mangiando  che  dopo  averla  presa.  In  vece  di  beverne  la  tin- 
tura separatamente,  siccome  noi  beviamo  quella  di  tè,  essi  pongon 
l'erba  in  una  coppa  fatta  di  una  zucca  guernita  d'argento  appel- 
lata maté\  vi  aggiungon  zucchero  e  vi  versan  sopra  acqua  calda 
cui  bevon  subito  senza  lasciarla  in  infusione,  perchè  divien  nera 
come  l' inchiostro.  Per  non  bever  1'  erba  che  £alleg£Ìa  ,  assorbi- 
scono  la  tintura  con  un  cannello  d'argento  o  di  cristallo,  che  ha 
nell'estremità  un'ampolletta  tutta  forata  a  piccioli  buchi,  affinchè 
il  liquore  che  si  succhia  dall'altra  estremità  non  sia  mischiato 
col  l'erba  (1). 

Erba  della  vìpera. 

Si  dice  che  gli  abitatori  del  Paraguay  abbiano  un  eccellente 
rimedio  conlra  la  morsicatura  de'serpenti  ,  in  un'erba  detta  per 
lai  ragiono  erba  della  vipera:  la  sua  virtù  è  sì  potente,  che  es- 
sendo macerata ,  mentre  è  ancor  verde  ,  ed  applicata  sulla    parte 

(1)  V.  Pernetty,  Voyage  aux  iles  Molouines,  tom.  I.  pag.  235.  e  seg, 
Fiézier.  Voyage  de  la  mer  du  Sud,  pag"  228. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2 55 

morsicala,  opera  una  pronta  guarigione.  L'  acqua  nella  quale  si 
lascia  in  infusione  quesl'  erba  ,  verde  o  secca,  non  è  meno  salu- 
tare. Ci  duole  che  i  Missionari  non  ci  diano  che  questa  vaga  no- 
tizia di  una  pianta  tanto  preziosa  (i). 

Animali. 

Azara  conta  al  Paraguay  tre  spezie  di  simie,  il  m'inquino,  il 
cay  ed  il  caraya.  Quest'ultima  che  è  la  più  comune  riempie  al- 
l'aurora ed  al  cader  del  giorno  le  cupe  foreste  delle  rauche  e 
triste  sue  grida,  simile  al  cigolìo  di  un  gran  numero  di  ruote  di 
legno  non  unte.  Il  gran  tatù  cava  il  suo  covile  ne' boschi ,  alcune 
altre  specie  vivono  nelle  campagne  e  sugli  orli  delle  foreste.  Il 
tapiro  è  detto  mborebi  dai  Guarani:  lo  stesso  popolo  comprende 
sotto  il  nome  di  guazu,  somigliante  a  quello  di  gazzella,  quattro 
specie  di  cervi  diversi  da  quelli  dell'antico  continente.  Oltre  l'ya- 
guar  ed  il  cuguar  incontra nsi  colà  il  scibiguazu  o  felis  pardalis , 
l' yaguarundi  e  l'evra,,  specie  di  gatti-tigri  sconosciuti  nel  nostro 
continente. 

Città. 

La  provincia  del  Paraguay  non  contiene  che  picciole  città  :  la 
capitale  è  l'Assunzione  ,  sulla  riva  destra  del  Paraguay:  le  vie 
ne  sono  tortuose  e  di  larghezza  ineguale,  su  di  un  terreno  sab- 
bioso: l'aria  è  temperata  e  salubre.  Havvi  un  Vescovo  ed  un  col- 
legio, e  la  popolazione  ammonta  a  sette  mila  anime.  Questa  pro- 
vincia racchiude  altre  colonie*  ma  ad  eccezione  delle  belle  città 
di  Neembucu  e  di  Guruguati  ,  tutto  quello  che  se  ne  avrebbe  a 
dire  consisterebbe  nell'anno  della  loro  fondazione,  nel  numero 
de' loro  abitatori  o  nella  loro  situazione  geografica.  Le  città  degli 
Spagnuoli  e  della  gente  di  colore  sono  disposte  come  in  Ispagna, 
vale  a  dire  che  le  abitazioni  sono  riunite  e  che  tale  unione  è 
quella  che  forma  le  piazze  e  le  vie  }  ma  tutti  i  borghi  e  le  par- 
rocchie hanno  le  loro  case  sparse  nelle  campagne  a  diverse  di- 
stanze, tranne  un  picciol  numero  che  si  trova  presso  alla  chiesa 
o  alla  cappella. 

Abitazioni. 

Le  abitazioni  delle  tribù  Indiane  stabilite  dai  Gesuiti  sono  co- 
perte di  tegole  ,  e  le    mura  sono  di  mattoni.  Quelle  deg4i    altr,i 

(i)  Muratori,  Relazioni  delle  Missioni. 


256  COSTUME 

indigeni  e  della  gente  di  colore  non  sono  che  trabacche  simili  a 
quelle  de' pastori.  La  popolazione  del  Paraguay,   ammontava    nel 
iSo/j,  secondo  una  relazione  ufficiale,  a  più  di  8om.  anime. 
Paese  sulV  Uraguay. 

I  paesi  a  levante  del  gran  fiume  Parana  formano  propria- 
mente tre  piccioli  governi:  1.*  quello  di  Gorrientes  e  delle  mis- 
sioni ,  fra  il  Parana  e  1'  Uraguay  \  2.0  quello  di  Uraguay  tra  il 
fiume  di  questo  nome  ed  il  Rio-Negro }  3."  quello  di  Monte- 
Video  fra  il  Rio-Negro  ed  il  mare.  L'uso  generale  li  comprende 
sotto  il  nome  di  Paraguay.  I  vegetabili  sono  di  grande  importanza 
per  l'economia  politica,  e  consistono  in  legni  da  tintura  e  da 
costruzione  ,  in  piante  che  danno  una  canapa  incorruttibile  ,  in 
ottimo  cotone,  molta  cannamele,  e  generalmente  in  tutte  le 
produzioni  del  Brasile.  La  popolazione  ammonta  a  4ora.  Spa- 
gnuoli,  6om.  indigeni  indipendenti,  e  ad  alcune   migliaja  di  sel- 


Ì3 

vacrgi 


Città. 

La  città  principale  è  Monte- J^ideo  sulle  rive  della  Piata,  venti 
leghe  distante  dalla  sua  foce.  Questa  città  cinta  dall'acqua  da 
tutti  i  lati  fuorché  da  quella  del  forte  ,  possedè  un  porto  poco 
profondo  ed  esposto  a  venti  pericolosi.  Le  vie  di  Monte-Video 
larghe  e  diritte  non  sono  lastricate:  la  popolazione  è  dalle  16 
alle  2om.  anime,  la  cui  metà  circa  abita  fuori  a  qualche  distanza 
dal  recinto.  Di  granito  è  fatto  il  suolo  di  questa  città,  ed  hav- 
vene  probabilmente  in  tutte  le  montagne  vicine.  Maldonado  è 
fabbricata  su  di  un  terreno  eguale  ed  arenoso,  il  porto  è  distante 
una  lega  :,  è  spazioso  ed  ottimo  anche  pei  più  grandi  vascelli. 
Colonia  del  Sacramento  appartenne  un  tempo  ai  Portoghesi  :  il 
suo  porto  è  picciolo  e  mal   difeso. 

Tribù  indigene. 

I  Gharrua,  i  Guarani,  i  Guayana  stendono  in  questa  provin- 
cia  parecchie  delle  numerose  loro  ramificazioni. 

/  Charrua. 

I  Gliarrua  all'epoca  della  conquista  erano  erranti,  abitavano  la 
riva  settentrionale  del  fiume  Piata  da  Maldonado  fino  al  fiume 
Uraguay  ,  e  si  estendevano  tutto  al  più  a  trenta  leghe  verso  il 
nord  paralellamente  alla  predelta  riva. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2$J 

Nazione  assai  bellicosa. 

Questi  Indiani  uccisero  Juan-Diaz-de-Solis  die  primo  scoperse 
il  fiume  Piala.  La  sua  morte  fu  l'epoca  di  una  guerra  sanguinosa 
die  dura  ancora  al  dì  d'oggi.  Essi  non  permisero  mai  che  nes- 
suno si  stabilisse  nel  loro  territorio  ,  sintanto  die  gli  Spagnuoli 
colla  fondazione  della  città  di  Monte-Video  accaduta  nel  1724  1 
non  ebbero  insensibilmente  respinti  verso  il  nord  i  suddetti  sel- 
vaggi allontanandoli  dalla  costa.  Finalmente  gli  Spaguoli  otten- 
nero di  costringere  una  parte  dei  Charrua  ad  incorporarsi  alle  abi- 
tazioni più  meridionali  delle  missioni  dei  Gesuiti  in  riva  all'  Ura- 
guay  :  altri  sono  stati  sforzati  a  stabilire  la  loro  residenza  in 
Buenos-Ayres ,  ed  alcuni  si  ridussero  a  vivere  tranquilli  e  sotto- 
messi a  Cayasta  presso  la  città  di  Santa-Fè  della  Vera-Cruz.  Ma 
sussiste  tuttavia  una  porzione  della  tribù  medesima  ,  la  quale  , 
benché  errante  abita  ordinariamente  l'est  dell' Uraguay  fra  il  3i 
e  il  32  di  latitudine.  Questa  continua  a  far  sanguinosa  guerra 
agli  Spagnuoli,  ricusa  qualsisia  proposizione  di  pace,  e  di  frequente 
attacca  ancora  i  Portoghesi. 
Loro  costituzione  fisica. 

La  statura  dei  Charrua  sorpassa  ordinariamente  di  un  pollice 
quella  degli  Spagnuoli;  sono  agili,  diritti  e  ben  proporzionali,  né 
si  ritrova  uno  solo  fra  essi  che  sia  o  contraffatto,  o  troppo  gras- 
so od  eccessivamente  m3gro:  portano  alta  la  testa  ,  ed  hanno 
fronte  e  fisonomia  aperta,  segni  dell'orgoglio  e  della  naturale  loro 
ferocia:  il  loro  colore  si  accosta  più  al  nero  che  al  bianco,  senza 
veruna  mistura  di  rosso  :  regolari  ne  sono  i  lineamenti  del  viso, 
ma  il  loro  naso  pare  generalmente  picciolo,  ed  affossato  più  del 
dovere  fra  gli  occhi  ,  i  quali  non  sono  grandi  ma  vivacissimi  e 
neri,  e  sempre  un  po'socchiusi  ;  sono  però  di  una  vista  più  acuta 
della  nostra,  e  ci  superano  ancora  nella  finezza  dell'udito.  Hanno 
i  denti  ben  collocali  e  bianchissimi  ,  che  non  cadono  ad  essi 
nemmeno  nell'eia  più  avanzala.  Poco  guernito  è  il  loro  soprac- 
ciglio: sono  sforniti  di  barba  ed  hanno  poco  pelo  sotto  le  ascel- 
le e  al  pube.  1  loro  capelli  sono  folli,  lunghissimi,  splendenti  , 
costantemente  neri  ,  e  loro  non  cadono  mai  al  pari  dei  denti  , 
e  solamente  verso  l'ottantesimo  anno  divengono  grigi,  per  metà. 
Sembra  che  il  seno  delle  loro  donne  sia  meno  ricolmo  di  quel- 
lo di  tutte  le  altre  donne  Indiane.  Questa  nazione  ha  una  lingua 

Cost.  Voi.  Ili  delV  America.  1 1 


2.  58  COSTUME 

particolare  diversa  da  tutle  le  altre,  gutturale  al  segno,  che  non 
varrebbe  il   nostro  alfabeto  a  rendere  il  suono  delle  sue  sillabe. 
Loro  costumanze. 

I  Cliarrua  non  tagliano  giammai  i  capelli:  le  donne  li  lascia- 
no cadere}  ma  gli  uomini  li  raccolgono,  e  gli  adulti  infiggono 
verticalmente  alcune  penne  bianche  nel  nodo  che  li  unisce.  Se 
possono  procurarsi  un  pettine  ne  fanno  uso*,  ma  ordinariamente  si 
valgono  delle  dita.  Sono  essi  carichi  di  pidocchi  ,  cui  le  donne 
ricercano  con  piacere  per  procurarsi  la  soddisfazione  di  tenerli 
per  qualche  tempo  sulla  punta  della  lingua  ,  che  espressamente 
sporgono  in  fuori,  indi  stritolarli  e  mangiarli.  Costume  sì  ribut- 
tante è  generalmente  stabilito  presso  tutte  le  Indiane  ,  ed  anche 
fra  le  donne  mulatte  e  la  ciurmaglia  del  Paraguay. 
Segni  distintivi  de"*  sessi. 

Le  donne  non  portano  sorte  alcuna  di  ornamenti,  uè  gli  uo- 
mini usano  dipingersi  il  corpo.  Nel  giorno  de'piimi  mestrui  delle 
figlie  vengono  dipinte  sulla  loro  figura  tre  righe  azzurre  ,  che 
cadono  verticalmente  sulla  fronte:  parte  l'una  dall'origine  dei 
capelli,  e  segue  il  profilo  del  naso  fino  alla  punta:  le  altre  due 
attraversano  le  tempia.  Tali  righe  vengono  impresse  mediante  la 
perforazione  della  pelle,  e  rimangono  quindi  indelebili  a  segno 
caratteristico  del  sesso  femminile.  Il  distintivo  del  sesso  maseoliuo 
è  il  barbottO)  di  cui  abbiamo  già  data  la  spiegazione. 
abitazioni. 

Le  abitazioni  che  i  Cliarrua  si  fanno  presentemente  non  co- 
stano loro  grande  incomodo  o  fatica.  Al  primo  albero  che  trovano 
tagliano  tre  o  quattro  rami ,  e  li  piegano  per  conficcarne  in  terra 
le  due  estremità:  sopra  i  tre  o  quattro  archi  formali  da  questi 
rami  e  discosti  alquanto  l'uno  dall'altro  essi  distendono  una  pelle 
di  bue,  ed  ecco  formata  una  casa  sufficiente  per  marito  ,  moglie 
e  figliuoli  :  se  è  troppo  picciola  ne  costruiscono  un'altra  vicino 
olla  prima.  Vi  si  sdrajano  sopra  una  pelle  ,  e  dormono  sempre 
sulla  schiena,  ciò  che  è  costume  generale  degli  Indiani.  Vedi  la 
Tavola  3a.  E  superfluo  l'avvertire  ch'essi  non  hanno  né  seggiole, 
né  banchi,  riè  tavole  e  che  le  loro  suppellettili  si  riducono  pres- 
soché a  nulla. 
Loro  vestire  ec. 

Gli   uomini  vanno  interamente  ignudi  :  se  però  in    tempo  di 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2  5o, 

ficiMo  possono  procurarsi  un  ponco  (i)  od  un  cappello  ,  ne 
fanno  uso  volentieri.  Alcuni  altii  per  ripararsi  dal  freddo  si  for- 
mano con  pelli  una  camicetta  strettissima,  senza  collo  né  maniche, 
atla  appena  a  velar  loro  le  parti  vergognose.  Le  donne  egualmente 
si  coprono  di  un  poncho  o  d'una  camicia  di  cotone  senza  mani- 
che, ove  riesca  ai  loro  padri  o  mariti  di  procurarne  o  di  rubarne 
qualcuna.  Vedi  la  suddetta  Tavola.  Non  lavano  mai  né  vestimento, 
né  corpo  fuorché  allorquando  !'  eccessivo  calore  li  obbliga  a  ba- 
gnarsi. Non  coltivano  la  terra,  e  le  donne  non  sanno  che  cosa  sia 
cucire  o  filare. 

Cibi. 

I  Charrua  si  nudriscono  unicamente  della  carne  delle  vacche 
selvagge,  che  abbondano  nel  loro  distretto.  Le  donne  sono  inca- 
ricate della  cucina,  ma  tutte  le  loro  vivande  si  riducono  ad  arrosti 
senza  sale.  Esse  passano  uno  spiede  di  legno  nella  carne  ,  e  ne 
conficcano  in  terra  la  punta:  in  seguito  vi  fanno  fuoco  attorno, 
e  lo  girano  qualche  volta  onde  l'arrosto  sia  cotto  egualmente  da 
tutte  le  parti.  Pongono  al  fuoco  più  spiedi  in  una  volta,  e  quando 
uno  di  essi  è  spogliato  ne  viene  sostituito  un  altro.  A  qualsivo- 
glia ora  chiunque  della  famiglia  ha  volontà  di  mangiare  prende 
uno  di  questi  spiedi,  lo  pianta  per  terra  ,  e  seduto  sulle  proprie 
calcagna  mangia  ciò  che  gli  piace  senza  prevenire  nessuno  e  senza 
proferire  parola. 

Bevande. 

I  capi  di  famiglia  ,  ma  non  già  le  mogli  ed  i  figli  ,  si  im- 
briacano  il  più  sovente  che  possono.  Essendo  carattere  primitivo 
dei  selvaggi  l'indolenza  produttrice  della  noja,  nou  è  sorprendente 
che  in  generale  abbiano  adottato  con  trasporto  quelle  bevande  o 
quei  cibi,  che  imprimendo  un  movimento  rapido  ai  nostri  organi 
estollono  l'immaginazione.  I  liquori  che  inebbriano  i  Charrua  sono 
l'acquavite,  quando  possono  averne  ,  e  la  sciscia  ch'essi  prepa- 
rano stemprando  il  mele  selvatico  nell'acqua,  e  lasciandovelo  fer- 
mentare. 

Altre  loro  costumanze. 

II  loro  contegno  è  grave:  non  conoscono  né  giuochi,  né  dan- 

(i)  Il  poncho,  siccome  abbiamo  già  accennato,  è  un  pezzo  di  stoffa  di 
lana  grossolana,  largo  sette  palmi,  lungo  dodici,  che  ha  un  buco  nel  mezzo 
per  cui  passa  la  testa. 


aGo  COSTUME 

ze,  né  canti,  né  suoni.  Il  loro  riso  si  riduce  ad  aprir  leggermente 
gli  angoli  della  bocca.  Non  sussiste  fra  essi  verun  allo  o  parola 
che  abbia  la  menoma  relazione  a  ciò  che  fra  noi  chiamasi  ri- 
gunrdo,  rispetto  o  urbanità. 

Religione,  leggi. 

Non  adorano  alcuna  Divinità,  e  non  hanno  religione  veruna, 
non  leggi,  né  costumanze  obbligatorie,  né  ricompense,  né  castighi, 
né  capo  che  ad  essi  comandi.  Avevano  altra  volta  i  Cacichi  ,  i 
quali  non  esercitavano  veruna  autorità.  Tulli  sono  eguali  j  niuuo 
è  addetto  al  servizio  dell'altro  a  riserva  di  alcune  vecchie,  le  quali 
non  sapendo  come  vivere  si  uniscono  a  qualche  famiglia ,  o  si 
prendono  l'impiego  di  seppellire  i   morti. 

Offesa  e  difesa. 

I  tapi  delle  famiglie  si  radunano  sul  far  della  notte  per  sce- 
gliere le  persone  che  dehbe  passarla  in  sentinella,  e  sui  posti  da 
occuparsi.  Se  taluuo  ha  formato  qualche  piano  di  offesa  o  di  di- 
fesa ,  lo  comunica  all'adunanza  ,  dalla  approvazione  della  quale 
dipende  1' esecuzione:  i  deliberanti  frattanto  statino  seduti  in  cir- 
colo sulle  loro  calcagna.  Ad  onta  che  un  progetto  venga  appro- 
valo, niuno  è  tenuto  di  concorrerne  all'esecuzione.  I  particolari 
litigj  vengono  accomodati  dalle  parti,  e  nou  convenendo  si  caricano 
a  colpi  di  pugno  finché  uno  dei  due  litiganti  volga  le  spalle 
all'altro. 

Modo  di  cavalcare. 

Essi  hanno  cavalli  e  razze  j  e  la  maggior  parte  possedè  briglie 
guernile  di  ferro  cjie  allorquando  sono  in  pace  coi  Portoghesi 
ottengono  in  cambio  de' cavalli  che  ad  essi  somministrano.  Gli 
nomini  ordinariamente  cavalcano  a  ridosso}  le  donne  fanno  uso  di 
una   spezie  di  gualdrappa  semplicissima. 

slrmi. 

Per  lo  più  non  hanno  altr'armi  che  una  lancia  d'undici  piedi 
guernita  di  un  ferro  lunghissimo  comperato  dai  Portoghesi:  quelli 
che  sono  sforniti  di  lancia  si  servono  di  brevi  frecce,  cui  portano 
in  un  turcasso  sospeso  alla  spalla. 

Guerra. 
Appena  sono  a   portata  d'attaccare  ,  mandano  forti  grida  ,   si 
percotono  a  colpi  raddoppiali   la  bocca  ,    si    slanciano  a  guisa  di 
fulmine  sui  nemici,  e  uccidono  tutti  quelli  che  incontrano  ,  non 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  26 1 

risparmiando  che  le  donne  e  i  fanciulli  al  di  sotto  dei  dodici 
anni.  Conducono  seco  loro  i  prigionieri,  che  godono  fia  e>si  di 
una  piena  libertà*,  la  maggior  parte  contrae  matrimonj,  e  talmente 
si  accostuma  al  nuovo  genere  di  vita,  che  ben  di  rado  abbandona 
gli  Indiani  per  ritornarsene  ai  compatì  ioti  i. 
Matrimonj. 

I  Gharrua  rifuggono  dallo  stato  del  celibato,  e  si  maritano  al 
primo  stimolo  ch'essi  sentono  per  questo  oggetto.  Per  quanto  si 
sa  non  accadono  matrimonj  tra  fratelli  e  sorelle.  Le  cerimonie  loro 
si  riducono  a  domandare  la  figlia  ai  genitori  ,  e  a  condurla  via 
ottenutone  l'assenso.  Il  rifiuto  non  ha  luogo  giammai  per  parte 
della  donna,  la  quale  accetta  il  primo  che  si  presenta,  foss' egli 
ancora  vecchio  e  deforme.  All'atto  in  cui  l'uomo  si  marita  forma 
una  famiglia  a  parte  ,  e  lavora  per  nudi  irla  :  fino  a  quell'epoca 
egli  è  vissuto  a  spese  dei  genitori  senza  far  nulla,  né  andare  alia 
guerra,  né  comparire   alle  adunanze. 

Poligamia. 

La  poligamia  vi  è  permessa  *,  ma  una  sola  donna  non  può  mai 
avere  due  mariti  :  inoltre  se  un  uomo  ha  più  di  una  moglie,  cia- 
scuna di  queste  lo  abbandona  se  trova  altr' uomo  che  consenta  di 
averla  per  unica  consorte.  11  divorzio  è  libero  egualmente  ad  en- 
trambi i  sessi*,  ma  questo  accade  di  rado  dopo  che  sono  nati  i 
figli. 

Adulterio. 

Le  sole  conseguenze  dell'adulterio  sono  alcuni  colpi  di  pugno 
che  la  parte  offesa  sciirica  su  i  complici  nel  solo  caso  ,  in  cui 
vengano  sorpresi  sul  fatto. 

Medici. 

Hanno  questi  Indiani  i  loro  medici  ,  i  quali  però  non  cono- 
scono che  un  rimedio  universale  per  tutte  le  malattie  ,  e  questo 
consiste  nel  succhiare  con  molta  forza  lo  stomaco  del  paziente 
per  estrarre  il  morbo:  essi  hanno  saputo  accreditare  tale  cura  e 
ricevere  rimunerazioni  per  eseguirla. 

Cerimonie  funebri. 

II  Chanua,  appena  mortr*,  vien  trasportato  ad  un  luogo  sta- 
bilito, e  sotterrato  colle  sue  armi,  vestimenta  e  cogli  altri  suoi 
arnesi.  Alcuni  dispongono  prima  di  morire  ,  che  sia  ucciso  sulla 
loro  tomba  il  cavallo  che  amarono  maggiormente*,  e  qualche  amico 
o  congiunto  è  esecutore  di  questa  volontà. 


262  COSTUME 

Lutto  stravagante  e  crudele. 

La  famiglia  e  il  parentado  piangono  pel  motto  ,  e  le  cerimo- 
nie del  loro  lutto  sono  assai  singolari  e  crudeli.  Se  il  morto  è 
padre  o  marito  o  fratello  adulto,  le  figlie,  le  sorelle  adulte  ,  e 
la  moglie  si  recidono  una  delle  articolazioni  o  giunture  delle  dita 
ad  ogni  morte,  e  tale  operazione  incomincia  dal  dito  picciolo.  In 
oltre  s' immergono  nelle  braccia  ,  nel  seno  e  ne' fianchi  dalla  cin- 
tura in  su  il  pugnale  o  la  lancia  del  defunto:  dopo  di  ciò  pas- 
sano due  mesi  ritirate  nelle  loro  capanne,  non  altro  facendo  che 
piangere  e  vivendo  di  scarsissimo  cibo.  Azara  non  conobbe  una 
sola  donna  adulta,  che  avesse  intatte  le  sue  dita  ,  e  che  non  por- 
tasse sul  corpo  cicatrici  di  colpi  di  lancia.  Il  marito  nou  fa  lutto 
per  la  morte  della  moglie,  né  il  padre  per  quella  del  figlio  :  ma 
i  maschi  adulti  alla  morte  del  padre  si  nascondono  per  due  giorni 
interi  nelle  loro  capanne  affatto  ignudi,  senza  prendere  quasi  cibo 
di  sorte  alcuna.  Verso  la  sera  del  secondo  giorno  si  rivolgono  ad 
un  altro  Indiano  che  eseguisce  sovr'essi  la  seguente  operazione.  Pri- 
mieramente egli  pizzica  le  carni  delle  braccia  del  paziente,  poi  per 
tutta  la  loro  estensione  ,  cominciando  dal  pugno  fino  alla  spalla 
inelusivamente,  infilza  distante  un  pollice  fra  loro  scheggie  di  can- 
na lunghe  un  palmo  ,  di  modochè  le  due  estremità  escano  da 
una  parte  e  dall'1  altra.  Queste  schegge  sono  lame  taglienti  lunghe 
fra  le  due  e  le  quattro  linee  e  di  una  grossezza  per  tutto  uni- 
forme. In  questo  miserabile  e  spaventoso  apparecchio  esce  il  Cliar- 
rua,  e  va  solo  e  ignudo  in  un  bosco  o  sopra  qualche  eminenza: 
tiene  in  mano  un  bastone  armato  di  una  punta  di  ferro,  onde  si 
serve  a  scavare  un  pozzo,  in  cui  si  nasconde  fino  al  p^tlo,  e  vi 
passa  in  piedi  tutta  la  notte.  Egli  n'esce  il  mattino  recandosi  ad 
una  picciola  capanna  appositamente  destinata  per  le  persone  in 
Jutlo.  Ivi  toglie  le  schegge  dalle  sua  braccia  ,  e  si  cotica  per 
prendere  riposo,  senza  cibarsi  riè  bere  per  due  giorni.  Ne'giorni 
susseguenti  i  giovanetti  della  nazione  gli  portano  acqua  e  pernici, 
o  uova  di  pernici  in  pochissima  quantità  ;  depongono  il  tutto  a 
pattata  della  sua  mano,  e  fuggono  senza  dirgli  una  parola.  Ciò  con- 
tinua per  dieci  o  dodici  giorni,  terminali  i  quali,  il  paziente  va  a 
riunirsi  agli  altri.  Niuno  ha  l'obbligo  di  sottoporsi  a  queste  barbare 
cerimonie}  eppure  avvici»  di  rado  che  alcuno  se  ne  disinosi  pel 
timore  d'incontrare  la  taccia  di  debole. 


BEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  263 

/  Gua rany. 

La  nazione  de'Guarany  è  una  delle  più  numerose  ed  eslese: 
all'epoca  della  scoperta  dell'  America  essa  occupava  lutti  i  posse- 
dimenti dei  Portoghesi  nel  Brasile,  e  per  quanto  pare  ad  Azara, 
anche  la  Gufano,  senza  però  formare  un  corpo  politico,  e  senza 
riconoscere  l'autorità  di  verun  capo  comune.  Ovunque  trovasi 
la  nazione  Guarany  era  essa  separata  in  tre  picciole  divisioni  o 
orde  indipendenti  1'  una  dall'altra,  e  ognuna  di  queste  portava 
nomi  diversi,  che  assumeva  o  dal  suo  Gacico,  o  dal  luogo  in  cui 
abitava. 

appellati  con  varj  nomi. 

Ecco  l'origine  della  grande  varietà  di  nomi  che  i  conquistatori 
imposero  a  questa  nazione:  essi  li  chiamarono  Blbyua,  Caraca- 
raì  Timbu,  Tapè^  Chiriguani,  Bombola  Corrupaiti,  Curumai  a 
con  altri  nomi  ancora.  Il  declino  de'Guatany  non  è  stato  il  mede- 
simo in  ogni  luogo.  Tutte  le  orde  abitatrici  dell'immenso  paese 
posseduto  dai  Portoghesi  furono  prese  e  vendute  schiave  }  e  poi- 
ché si  mescolarono  co' iNegii  espoitati  dall'Africa,  ne  è  derivato 
che  la  parte  di  tal  rezza  è  quasi  perduta.  Il  contegno  degli  Spa- 
gnuoli  fu  ben  diverso:  essi  non  vendettero  un  solo  Guaiany,  e  li 
conservano  ancora  a  migliaja  uon  solamente  nelle  colonie  Gesui- 
tiche, ma  ancora  moltissime  orde  lasciano  in  istato  di  primitiva 
libertà. 

I  Guaray  liberi  vivevano  ne' contorni  o  sugli  orli  de' boschi, 
o  nelle  picciole  piazze  che  talvolta  si  rinvengono  nell'interno  delle 
f-reste.  E  se  a  caso  si  stabilivano  nelle  campagne  aperte  e  mollo 
estese,  ciò  accadeva  allorquando  non  si  vedevano  in  contatto  d'altre 
nazioni. 

Loro  qualità  fisiche. 

La  loro  media  statura  è  di  due  pollici  inferiore  alla  inedia 
degli  Spaglinoli:  quindi  inferiore  di  gran  lunga  a  quella  degli 
Indiani  già  descritti.  In  proporzione  sono  essi  più  quadrati  e  pol- 
puti, di  non  leggiadre  fattezze  ,  e  di  colore  meno  scuro  degli 
altri ,  e  che  anzi  si  avvicina  alcun  poco  al  rosso:  le  donne  hanno 
molto  seno  ,  mani  e  piedi  piccioli,  natiche  sommamente  grosse  : 
mestrui  imi  copiosi.  Gli  uomini  hanno  talvolta  un  poco  di  barba 
e  di  pelo  sul  corpo,  ciò  che  gli  distingue  dagli  altri  Indiani,  ma 
sono  ben   lungi  sotto  questo  rapporto  di  accostarsi  agli   Europei. 


264  COSTUME 

Simili  agli  altri  Indiani  negli  occhi,  ne' denti,  nella  chioma,  nella 
finezza  della  vista  e  dell'udito  hanno  comune    con   essi  una  sin- 
golarità propria  degli  indigeni  del  nuovo  mondo:  le  parti  naturali 
dell'uomo  sono  di  una  grandezza  ben   mediocre,  e  pare  poi  che 
la   natura  non  abbia  conservata   nessuna  proporzione  a  fronte    di 
tale  particolarità    de'maschi  nella  formazione    delle    femmine:    il 
che  può  render    ragione    della     specie  di    furore  con  cui  esse  si 
diedero  agli  Spagnooli}  ciò  che  contribuì  non   poco  ad  agevolare 
agli  stranieri  la  conquista  della  loro  patria.  La  loro  figura  è  ma- 
linconica ,  cupa  e  avvilita:    parlano    poco  ,   e   sempre  sommessa- 
mente: non  conoscono  le  grida  ,    non  piangono  ,    uè  ridono  con 
impelo  ,    né    si    vedono   sul    loro  volto  le  tracce    d'alcuna    pas- 
sione. 
Religione,  leggi,  caccia,  matrimonj  ec. 

Non  conoscono  Divinità  ,  obblighi  o  leggi,  ne  premj  ,  né  ca- 
stighi. Ogni  divisione  ossia  orda  ha  il  suo  capo  o  Cacico:  tale 
dignità  è  ereditaria  ,  e  gli  altri  hanno  ordinariamente  qualche 
considerazione  per  chi  ne  è  rivestito  ,  senza  saperne  addurre  un 
perchè.  Ma  esso  non  è  poi  riconoscibile  fra  i  suoi  compagni  né 
per  abitazione  ,  né  pel  vestire  ,  né  per  alcun  genere  di  decora- 
zione o  distintivo:  lavora  al  pari  degli  altri,  né  riceve  da  nessu- 
no tributo,  servigio  o  obbedienza.  Ne' matrimonj  ed  amori  de'Gua- 
rany  regna  ancora  maggior  freddezza  che  in  quelli  degli  altri 
Indiani:  le  nozze  non  sono  né  precedute  né  seguile  da  verun 
apparecchio:  ignorano  che  sia  gelosia,  e  ne  diedero  ampia  piova 
colla  facilità  nell' abbandonare  le  proprie  mogli  e  figlie  ai  conqui- 
statori} né  si  guardano  dal  far  questo  anche  al  dì  d'oggi  quelli 
slessi  che  sono  convertiti  al  Cristianesimo.  Le  donne  si  maritane 
assai  di  buon'ora,  più  tardi  gli  uomini  ,  che  all'atto  delle  nozze 
instituiscono  una  famiglia  a  parte. 
Cibi,  vesti. 

Si  nutrono  di  mele  e  frutte  selvagge,  mangiano  pur  anche  le 
scimie  ,  ma  il  principale  loro  sostentamento  consiste  nel  mais  , 
nei  fagiuoli,  nelle  zucche,  nelle  patate,  rei  manioco  e  nel  cami- 
nioco:  pescano  anche  o  a  tiro  di  freccia  o  con  ami  di  le^ni.  Il 
vestire  degli  uomini  altro  non  è  che  una  picciola  borsa  ,  in  cui 
nascondono  le  parti  della  generazione:  le  donne  dal  canto  loro 
usano  dello  stesso  riguordo  servendosi  di  un  pezzo  di  stoffa  o  di 


DEGLI    ABITATO!»!    DEL    PARAGUAY  lG5 

una  pelle:  uel  rimanente  non  vanno  più  coperte  degli  uomini, 
né  si  recidono  i  capelli:  all'epoca  de' primi  mesliui  si  formano 
sulla  pelle  molte  linee  azzurre  indelebili,  le  quali  scorrono  verti- 
calmente dall'origine  delle  chiome  fino  alla  linea  oiizzontale,  ove 
termina  la  parte  inferiore  del  naso. 
Barbotto. 

Presso  alcune  tribù  chiamate  generalmente  Cauygua,  gli  uo- 
mini portano  un  barbotto  della  natura  di  quello  che  fu  prece- 
dentemente descritto,  ma  colle  differenze  seguenti:  questo  è  di 
gomma  trasparente  ,  lungo  cinque  pollici  e  grosso  quattro  linee  , 
e  per  impedire  ch'esso  non  esca  ,  adattano  nella  parte  interna 
della  bocca  una  picciolo  traversa  formata  a  foggia  di  stampella» 
Hanno  inoltre  sulla  testa  una  grande  chierica  simile  a  quella 
de' nostri  preti. 
Diversità  de*  costumi  fra  le  tribù. 

Dalla  separazione  in  cui  si  trovano  le  loro  abitazioni  dovet- 
tero necessariamente  nascere  e  interruzioni  di  comunicazioni  fra 
essi,  e  quindi  diversità  di  costumi.  Di  fatto  alcune  di  queste  tri- 
bù ignorano  l'aite  di  filare  e  di  fabbricar  stoffe  :  alcune  sanno 
unicamente  far  manti  di  cotone  in  cui  si  avviluppano  :  altri  non 
avevano  cimitero  determinato  ,  e  seppellivano  i  morti  in  vasi  di 
terra  cotta,  ciò  che  é  forse  l'uso  generale  di  questa  nazione;  dal 
silenzio  delle  antiche  relazioni  intorno  al  barbotto  si  vede  che 
alcune  di  queste  orde  si  dispensavano  dal  portarlo:  la  tribù  chia- 
mata Timbu  s'incrostava  le  parti  del  naso  di  picciole  stelle  di 
pietre  bianche  e  azzurre:  altre  chiamate  Coronda  e  Chulchachi 
ponevano  tali  incrostature  in  vicinanza  del  naso. 
Sono  poco  guerrieri. 

Tutte  le  altre  nazioni  inspirano  un  terror  panico  alla  nazione 
Guarany,  la  quale  non  move  giammai  loro  guerra ,  né  tratta  con 
esse  nemmeno  per  domandar  la  pace.  Per  quanti  encomj  i  Ge- 
suiti abbiano  dati  alle  qualità  guerriere  di  tali  popoli  ,  non  si 
provano  in  proposito  che  due  o  tre  combattimenti  ben  poco  vivi, 
ch'essi  sostennero  cogli  Spygnuoli  ,  i  quali  li  hanno  soggiogati 
con  grande  facilità.  Le  orde  che  sussistono  tuttavia  in  islato  sel- 
vaggio non  vogliono  avere  né  commercio  né  pace  cogli  Spagnuoli, 
e  se  questi  s'inoltrano  nell'interno  de' paesi  da  queste  abitali  esse 
cercano  di   ucciderli  a   tiri   di  frecce:  e  per    lanciarne  si  nascon- 


2G6  costituì  e 

dono  dietro  gli  alberi  ,    senza  Sasciare  scorgere  il  loro  corpo  ,     e 
senza   aspettare  di  pie  fermo  di  essere  attaccate. 
Loro  armi. 

Le  loro  armi  sono  un  arco  di  sei  piedi,  le  frecce  di  quattro 
e  mezzo,  armale  di  una  dura  punta  di  legno,  ed  un  macana  o 
bastone  lungo  tre  piedi,  e  più  grosso  ad  una  che  all'altra  estre- 
mità. Camminano  sempre  a  piedi,  perchè  non  hanno  né  cavalli  , 
né  altro  animale  domestico.  Le  pitture  e  le  statue  danno  un'idea, 
abbastanza  esatta  delle  frecce  di  queste  nazioni  ,  e  del  modo  di 
lanciarle. 
Archi,  frecce. 

Non  può  dirsi  Io  st<  sso  degli  archi.  Consistono  questi  in  uu 
bastone  durissimo,  poco  flessibile,  liscio,  e  che  nel  mezzo  ha  la 
grossezza  dei  pugno  di  una  mano  ,  diminuendosi  verso  le  due 
estremità  ,  che  sono  acute  a  segno  da  servire  ancora  ad  uso  di 
laticia.  La  curvatura  ne  è  così  poco  sensibile,  che  una  ìiga  appli- 
cata alle  due  estremità  lascia  al  più  due  dita  d'intervallo  fra  se 
e  la  parte  media  dell'are  .  Questo  è  rinforzato  per  tutta  la  sua. 
lunghezza  da  li.sle  di  scorza  di  guembo :  l'arco  non  viene  tes  » 
giammai  prima  di  essere  posto  in  ope»a,  perciò  la  cordu  non  è 
stabilmente  attaccata,  che  ad  una  delle  estremità,  ed  avvolta  at- 
torno al  legno.  Quando  è  il  tempo  di  valersene  questi  Indiani 
attaccano  la  corda  all'altra  estremità,  »  he  conficcano  leggermene 
in  terra  col  piede,  ed  allora  tendono  l'arco  quanto  è  possibile:  è 
nota  l'abilità  loro  nel  prendere  di  mira  a  lanciare.  Essendo  le  loio 
fiecce  lunghissime  nessuna  nazione  fa  uso  di  turcasso,  eccettuati 
i  Charrua  e  i  Mutuane,  le  frecce  e  gli  archi  de' quali  sono  corti 
e  adattati  a  servirsene  a  cavallo. 
Altra  specie  d"1  arco  per  la  caccia  degli  uccelli. 

I  fanciulli  che  si  spassano  alla  caccia  degli  uccelli  e  de'  pic- 
cioli animali,  adoprano  un'altra  spezie  d'arco  ben  diff  Tenie,  es- 
sendo esso  più  debole  ,  d'un  legno  più  flessibile  e  più  elastico, 
molto  più  incurvato,  e  lungo  circa  tre  piedi.  Essi  vi  adattano  due 
corde  che  fanno  stare  paralcllamente  separate  col  mezzo  di  dm? 
bastoncelli  biforcuti  ad  ambe  le  estremila  per  le  quali  passano  le 
stesse  corde.  Verso  il  mezzo  della  lunghezza  loro  sta  attaccala  unq 
picciola  reticella  di  spago  ,  in  cui  si  pone  il  bodoco  ,  pallottola 
d'argilla  colta  al  fuoco,  della  grossezza  di  una  noce.  Hanno  con 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  267 

se  una  borsa  piena  di  questi  bodochi^  e  ne  prendono  tre  o  quattro 
colla  mano  sinistra,  mentre  colla  destra  tengono  l'arco  :  li  pongono 
uno  dopo  l'altro  nella  reticella  ,  e  teso  dappoi  l'arco  lanciano 
tutte  queste  palle  io  un  colpo  contro  gli  uccelli  che  volando  sono 
loro  distanti  circa  quaranta  passi,  e  ne  uccidono  un  grau  numeri . 
Non  si  valgono  questi  popoli  di  tale  arco  né  per  lanciare  frecce, 
né  per  combattere  ,  benché  una  di  esse  bastasse  a  lompere  una 
gamba  nella  distanza  di  trenta  passi.  E  necessaria  la  pratica  per 
dare  all'arco  quella  inclinazione  sufficiente  onde  il  bodoco  nel 
partire  non  colpisca  la  mano  destra.  Eijli  é  per  questo  fine  che 
la  reticella  viene  sempre  posta  qualche  poco  al  di  là  del  mezzo 
delle  corde.  Se  i  nostri  fanciulli  imparassero  questo  esercizio,  ri- 
marrebbero ben  pochi   passeri   fra   noi. 

Guayana. 

La  nazione  Guayana  uon  deve  essere  confusa  colle  diverse  orde 
di  Guarany  selvaggi,  ai  quali  gli  abitatori  del  Paraguay  danno  il 
nome  medesimo.  Essa  abita  in  mezzo  ai  boschi  situati  all'oriente 
dell'Uraguay,  ed  occupa  ancora  i  boschi  posti  all'oriente  del  Paia- 
na,  molto  al  di  sopra  della  colonia  del  Corpus. 

Qualità  fisiche. 

Quest'Indiani  hanno  pure  un  linguaggio  particolare:  la  loro 
voce  è  alla  ,  acuta  e  discordante.  ]\ou  cedono  nella  statura  agli 
Spagnuoli,  benché  alquanto  più  magri.  Essi  differiscono  da  tutti 
gli  altri,  nell'avere  un  colore  visibilmente  più  chiaro:  inoltre  al- 
cuni di  essi  hanno  gli  occhi  azzurri,  e  la  fisonomia  più  fiera  e 
contenta.  Si  lasciano  ciescere  le  sopracciglia,  le  ciglia  ed  il  pelo, 
che  è  per  altro  in  poca  quantità:  non  hanno  barba. 

Costumi  ed  usanze. 

Cogli  stranieu  sono  pacifici  ,  e  di  modi  anzi  carezzanti.  Gli 
uomini  si  circondano  la  fionte  di  una  fascia  tessuta  di  filo  e  co- 
piosamente guernita  di  piume:  le  rosse  sono  le  preferite:  del  ri- 
manente vanno  affatto  ignudi,  e  le  donne  si  limitano  a  coprirsi 
in  cintura  con  un  pezzo  di  stoffa  :  coprono  le  loro  capanne  di 
foglie  di  palma  :  si  nudriscono  di  mais,  manioco,  mele  e  frutta  : 
sono  privi  di  animali  domestici:  vivono  separati  in  molte  picciolu 
orde  indipendenti,  e  non  hanno  a'euna  religione.  Straordinarj  sono 
i  loro  archi,  lunghi  talvolta  sette  piedi  e  mezzo:  le  loio  frecce 
passano  i   cinque.  Poiché  si  ossei  vano    sulle  Lio  gambe  delle  ci- 


268  COSTUME 

caliici  simili  a  quelle  dei  Charrua  e  di  altre  nazioni,  sembra  in- 
dubitabile essere  questa  una  conseguenza  delle  ferite  che  i  mede- 
simi siansi  fatte  in  occasioni  di  lutto.  Vedi  la  Tavola  33. 

Governo  de1  Gesuiti. 

Le  contrade  che  abbiam  percorse  erano  la  sede  principale  delle 
famose  missioni  de'  Gesuiti  }  i  quali  non  si  limitavano  già  alla 
persuasione  ed  alla  predicazione  apostolica  onde  sottomettere  gli 
indigeni,  ma  seppero  altresì  valersi  dei  mezzi  temporali.  La  for- 
mazione delle  tribù  Gesuitiche  lungo  il  Parana  e  l'Uraguay  fu 
anche  dovuta  in  gran  parie  al  tenore  che  la  feroce  tirannide  dei 
Portoghesi   inspirava    agli    indigeni. 

Sottomisero  gV  indigeni  non  colla  sola  predicazione  ma  anche 
co? mezzi  temporali. 
»I  Gesuiti  assicurano,  così  Azaracop.  i3,che  i  loro  mezzi  onde 
ridurre  questi  Indiani  si  ristrinsero  alla  persuasione  ed  alla  predica- 
zione apostolica  }  nondimeno  io  osservo  due  cose  :  la  prima  ch'essi 
formarono  le  prime  loro  diciannove  colonie  nel  breve  spazio  di 
venticinque  anni,  e  che  cessò  ad  un  tratto  il  frutto  di  questo  zelo 
e  di  queste  predicazioni ,  perchè  non  ottennero  ulteriori  successi 
nel  corso  di  i  i  2  anni  consecutivi,  vale  a  dire  dall'anno  1 634  ■> 
epoca  della  fondazione  della  colonia  di  San-Cosmo  fino  al  i^4^5 
in  cui  sottomisero  quella  di  Sau-Gioachino j  e  la  sola  colonia  di 
Jesus  da  essi  formata  in  questo  lungo  intervallo  fu  meno  dovuta  alle 
spirituali  fatiche  che  al  soccorso  dell'antica  colonia  degli  Indiani 
d'Yiapua.  La  seconda  osservazione  è  che  questi  venticinque  anni 
così  fecondi  in  fondazioni  di  colonie  ,  caddero  precisamente  in 
quell'epoca,  nella  quale  i  Portoghesi  inseguivano  con  furore,  e  per 
ogni  dove  gli  Indiani  all'oggetto  di  venderli  come  schiavi:  cosic- 
ché i  predetti  selvaggi  corsero  atterriti  a  ricoverarsi  fra  i  fiumi  del 
Parana  e  dell'  Uraguay  e  ne' boschi  circonvicini,  ove  eia  malage- 
vole a  quegli  accaniti  corsari  di  penetrare }  come  non  vi  penetra- 
rono di  fatto-  Combinando  ora  entrambe  le  osservazioni  ,  si  ha 
qualche  ragione  di  credere,  che  queste  famose  colonie  Gesuitiche 
abbiano  dovuta  la  loro  fondazione  molto  più  ancora  che  ai  talenti 
persuasivi  de' loro  institutori  al  timore  inspirato  dai  Poitoghe- 
si  ec.  w.  Ecco  dunque  in  che  consisteva  il  governo  stabilito  dai  Ge- 
suiti nelle  loro  colonie  Indiane. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  269 

Ogni  colonia  era  governata  da  un  curato  e  da  un  vice-curato. 

Collocarono  essi  in  ciascuna  colonia  due  Gesuiti:  quello  chechia- 
mavasi  curato  era  stato  provinciale  o  rettore  ne' loro  collegi,  o  per 
lo  meno  dovea  essere  uno  de'  soggetti  più  considerati  della  socie- 
tà: non  esercitava  egli  funzioni  di  cura  d'anime,  e  spesse  volle 
non  conosceva  nemmeno  il  linguaggio  de' coloni,  occupato  unica- 
mente dell'amministrazione  temporale  di  tutti  i  beni  dello  stabi- 
limento, ond'era  egli  il  direttore.  La  parte  spirituale  era  affidata 
all'altro  Gesuita  chiamato  compagno  o  vice-curato,  il  quale  di- 
pendeva dal  primo.  I  Gesuiti  di  tutte  le  colonie  erano  vigilati 
dal  superiore  delle  missioni,  il  quale  avea  dal  Pontefice  il  po- 
tere di  amministrare  la  Cresima. 
La  volontà  dei  Gesuiti  era  la  sola  regola  per  dirigere  le 
colonie. 

Non  sussistevano  per  dirigere  le  suddette  colonie  né  leggi  ci- 
vili, né  criminali:  la  sola  regola  era  la  volontà  de' Gesuiti.  Di 
fatto  benché  ciascuna  avesse  un  Indiano  per  corregidor  ,  alcadi 
e  regidori  (uffiziali  municipali),  i  quali  formavano  un  corpo  ci- 
vico come  nelle  colonie  spagnuole,  niuno  d'essi  esercitava  veruna 
sorte  di  giurisdizione,  ed  essi  erano  unicamente  gli  stromenti 
passivi  del  curato  per  fare  eseguire  le  sue  volontà  anche  nella 
parte  criminale:  poiché  gli  Indiani  governati  dai  Gesuiti  non  fu- 
rono citati  giammai  né  avanti  ai  tribunali  regj ,  né  ad  alcun  giu- 
dice ordinario. 
Obbligavano  gli  Indiani  a  lavorare  per  la    comunità  ec 

Essi  obbligavano  gli  Indiani  d'ogni  sesso  ed  età  a  lavorare 
per  la  comunità  senza  permettere  a  nessuno  di  occuparsi  per  se 
stesso.  Tutti  doveano  obbedire  agli  ordini  del  curato,  che  faceva 
versare  ne'magazziui  le  produzioni  de' lavori ,  ed  aveva  l'incarico 
di  nudrire  e  vestire  tutta  la  popolazione.  Da  ciò  si  comprende 
che  i  Gesuiti  erano  i  padroni  assoluti  di  ogni  cosa,  che  potevan 
disporre  dell'eccedente  de'beni  dell'intera  comunità,  mentre  ri- 
guardandosi indistintamente  come  eguali  tutti  gli  Indiani,  ed  in- 
capaci di  qualunque  privata  proprietà,  veniva  tolto  ad  essi  qual 
siasi  motivo  di  emulazione  o  di  stimolo  ad  esercitare  il  proprio 
ingegno,  e  la  propria  ragione}  giacché  il  più  abile  uomo  vir- 
tuoso ed  attivo  non  sarebbe  stato  meglio  nudrito  o  vestito  degli 
altri,  ogni  godimento  della  vita  era  ai  medesimi  sconosciuto.  1  Gè- 


a?o  costume 

suiti  riuscirono  a   far  credere  essere  questo  l'unico    governo  con- 
facentc alla  felicità  degli   Indiani,  i  quali,  dicevano    essi,  simili 
ai  fanciulli  erano  incapaci  di  regolarsi  da  se  stessi. 
Se  tale  governo  merita  lode. 

Tale  sistema  di  governo  sembrò  in  Europa  degno  di  sì  grandi 
pncomj,  che  poco  mancò  non  s'invidiasse  la  bella  sorte  di  que- 
sti Indiani.  Si  fosse  almeno  fatta  la  riflessione  che  i  medesimi 
nello  stato  selvaggio  sapevano  nudrire  le  loro  famiglie,  e  che 
quelli  stessi  i  quali  furono  sottomessi  nel  Paraguay  vivevano  un 
secolo  prima  nnllo  stato  di  libertà  senza  conoscere  questa  felice 
comunanza  di  beni  ,  senza  aver  d'uopo  della  direzione  di  nessu- 
no, o  di  essere  eccitati  o  costretti  alla  fatica,  e  senza  guarda 
magazzini  o  distributori  de' loro  raccolti}  e  che  la  cosa  continuò 
per  tal  modo  anche  quando  dovettero  sopportare  l'aggravio  delle 
commende,  che  gli  spogliava  della  sesta  parte  delle  produzioni 
annue  delle  loro  fatiche.  Sembra  pertanto  evidente  che  non  erano 
issi  tanto  fanciulli ,  quanto  si  volevano  supporre.  Ma  quand'anche 
ciò  fosse  stato  vero,  se  l'esperienza  di  più  di  un  secolo  e  mezzo 
non  era  bastata  a  correggere  sì  fatta   loro  imbecillità  ,  non  doveva 

DO  ' 

forse  dedursi  una  di  queste  due  conseguenze?  o  che  il  governo 
ile'Gesuiti  era  contrario  all'incivilimento  dei  medesimi,  o  che  non 
ci  era  un  proposito  di  tenerli  schiavi  per  liberarli  da  uno  stato 
d'infanzia  inerente  alla  stessa  loro  natura. 
Motivi  che  indussero  i  Gesuiti  a  far  mettere  sul  piede  mede- 
simo le  colonie  antiche. 
Quello  che  si  sa  si  è  questo,  che  considerando  i  Gesuiti  come 
le  colonie  di  Loreto,  Sant-Ignazio-Miù ,  Santa-Maria  di  Fé  San- 
tiago ec.  reggevansi  ancora  in  commende,  e  lesciavasi  una  certa 
libertà  e  il  diritto  di  proprietà  agli  Indiani  che  le  componevano, 
e  più  di  tutto  la  facoltà  del  reclamo  a' Governatori  che  le  visita- 
vano ogni  anno^  temendo  che  il  confronto  rovesciasse  una  volta 
o  l'altra  le  loro  mire  o  ambiziose  od  avare,  deliberarono  di  torle 
•  ii  mezz".  Si  posero  dunque  ad  esagerare  le  scostumatezze  de' com- 
mendatori,  e  li  dipinsero  dappertutto  come  avari  e  crudeli:  fecero 
credere  ch'essi  imponessero  agli  Indiani  fatiche  insopportabili,  e 
soprattutto  che  per  la  raccolta  dell'erba  del  Paraguay  avessero 
«sterminate  centina ja  di  migliai  di  coloni.  Ond'è  che  pel  favore 
che  godevano  alla   Corte ,  a  cui   non  poteva  giugnere  la    voce  dei 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  Zyt 

calunniati  commendatori  (i)  che  erano  modesti  ed  oscuri  abitatori 
del  Paraguay,  e  meno  quella  degli  Indiani,  i  Gesuiti  ottennero  la 
soppressione  delle  commende.  Fu  questo  per  essi  uno  de' maggiori 
trionfi.  Da  quell'epoca,  indipendenti  già  rispetto  ai  Vescovi,  si 
assicurarono  i' indipendenza  anche  rispetto  al  governo  per  mezzo 
di  una  transazione  }  per  la  quale  assumendo  in  se  le  spese,  che 
dianzi  erano  a  carico  del  tesoro,  furono  esenti  dai  tributi  e  dalle 
decime  che  avrebbero  dovuto   pagare  pe' coloni. 

Come  si  rendettero  indipendenti  da  ogni  autorità. 

Aveano  già  troncata  ogni  corrispondenza  tra  questi  e  gli  Spa- 
gnuoli}  poiché  i  loro  coloni  nuli' aveano  di  che  potere  far  traf- 
fico. Di  quanto  le  loro  colonie  producevano  in  cera  ,  tabacco, 
cuoj",  cutoni  greggi  e  filati ,  erba  del  Paraguay  e  in  ogni  altra 
derrata,  facevano  il  commercio  all'ingrosso  essi  soli  mediante  spe- 
dizioni periodiche  a  Buenos-Ayres  sopra  bastimenti  loro  proprie 
di  là  traevano  vasi  ed  ornamenti  per  le  loro  chiese,  ch'erano 
invero  le  più  ricche  e  magnifiche  del  Paraguay,  e  ferro  ed  armi 
e  artiglieria.  Il  di  più  del  valore  de' loro  generi  veniva  messo  a 
disposizione  della  società  sulle  piazze  d'Europa.  Cento  mila  per- 
sone che  lavoravano  per  essi  tutto  l'anno ,  e  il  cui  mantenimento 
miserab  le  non  giungeva  a  costare  il  guadagno  del  travaglio  di 
cinque  mila,  potevano  per  avventura  tener  vivo  pe' Gesuiti  un 
fondo  alto  a  tutte  l'imprese,  che  diedero  loro  e  tanti  seltarj  e 
tanta  potenza. 

Precauzioni  per  sotti-arre  i  loro  coloni  dalla  vista  di  tutti. 
Ma  non  contenti  di  tutte  le  esposte  misure  onde  isolare  le 
loro  colonie  dui  rimanente  del  mondo,  i  Gesuiti  vollero  con 
mezzi  positivi  stabilirne  delle  più  certe.  Fu  allora  che  chiusero 
ogni  adito  alle  loro  colonie  facendo  scavare  ai  confini  profonde 
losse  gitemi  te  di  forti  palizzate,  e  metter  porte  agli  ingressi  di 
necessario  passaggio,  munendoli  di  sbarre  e  catenacci  }  ed  aggiun- 
ger guardie  e  sentinelle,  che  niurio  avessero  a  lasciare  o  entrare 
od  uscire,  se  non  fosse  munito  di  un  ordine  in  iscritto.  Contrad- 
distinsero inoltre  i   limiti   del  teirilono  di   ogni  colonia,   non  già 

(i)  I  motivi  allegati  dai  Gesuiti  erano  positive  calunnie.  Sussisteva,  egli 
è  vero,  nel  Paraguay  molta  licenza  in  fatto  di  donne;  ma  non  vi  fu,  né 
potè  mai  esservi  nessun  altro  dei  vizj  da  essi  imputati  ai  commendatori  ec. 
V.  Azara  Viaggi,  cap.   r5. 


2^2,  COSTUME 

con  segni  posti  ai  confini,  ma  con  altre  fosse,  e  palizzate  e  por- 
te, e  con  guardie  che  invigilassero  perchè  nissuno  degli  Indiani 
potesse  passare  da  una  colonia  air  altra.  Ed  allo  stesso  oggetto 
vietarono  V  andare  a  cavallo  a  tutti  fuorché  a  que'  pochi  Indiani 
ch'erano  incaricati  dei  loro  ordini.  £  portarono  la  finezza  al  se- 
gno di  far  serrare  intorno  perfino  i  pascoli  de' loro  armenti.  Pa- 
droni di  tanti  Indiani  e  dell" opera  de'  medesimi  fu  loro  facile 
l'eseguire  tanti  lavori. 
Sospetti  nati  da  ciò. 

Disposizioni  così  serie  e  così  positive ,  i  cannoni  che  i  Gesuiti 
si  procurarono,  gli  armenti  che  fecero,  dicean  essi,  per  difen- 
dersi dai  selvaggi,  diedero  sospeto  a  taluni,  che  miniere  pre- 
ziose sussistessero  nel  territorio  occupalo  dagli  Indiani:  altri  pen- 
sarono che  i  Gesuiti  aspirassero  a  formare  un  imperio  indipen- 
dente. Aumentarono  i  sospetti  allorquando  non  contenti  di  ricusare 
l'ingresso  della  colonia  agli  Spagnuoli,  perchè,  dicevan  essi,  uè 
temevano  la  corruttela  a  danno  dell'innocenza  de'  loro  neofiti,  te- 
nevano talvolta  la  condotta  medesima  con  alcuni  Governatori,  i 
quali,  a  norma  degli  ordini  ricevuti  dalla  Corte,  ivi  recavausi  per 
rettificare  i  catasti  :  edera  certamente  un'ingiuria  alla  dignità  di 
tal  magistrato-,  ogni  pretesto  ch'essi  allegassero:  ma  ingiuria  poi 
inescusabile  fu  reputata  quella  di  non  voler  aprir  le  porte  al  Ve- 
scovo che  intendesse  visitare  le  loro  chiese.  A  non  rendere  però 
il  rifiuto  troppo  scandaloso  per  la  sua  generalità  eccettuarono  da 
tale  misura  pochi  Governatori,  e  Vescovi  ben  affezionati,  e  delle 
informazioni  favorevoli  de' quali  si  tenevano  sicuri. 
Qual  giudizio  format  ne. 

Per  vero  diie  non  sussistevano  miniere  in  queste  colonie,  e 
Itale  era  la  debolezza  degli  abitatori,  ch'essi  erano  incapaci  di  so- 
stenere la  propria  indipendenza  anche  contro  il  picciolo  numero  di 
Spagnuoli  che  trova  vansi  al  Paraguay",  ma  non  si  sa  se  i  Gesuiti, 
e  quelli  principalmente  dell' Europa  avessero  il  sentimento  di  una 
tale  debolezza,  perchè  in  questo  genere  di  cose  il  coraggio  e  l'a- 
mor poprio  fanno  sovente  illusione.  Per  conseguenza  rimane  tut- 
tavia fra  i  problemi,  se  essi  volessero  rendersi  indipendenti  o  no. 
Poiché  se  da  una  parte  tutte  le  loro  operazioni  tendevano  per 
modo  a  questa  indipendenza  ,  che  non  si  saprebbe  saputo  asse- 
gnare altro  oggetto  alle    medesime,  per   l'altra    poi     la    fralezza 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2^3 

de'  coloni  Indiani  era  in  contracìizione  con  questo  divisamente. 
Ciò  havvi  di  sicuro,  che  i  Gesuiti  nulla  omisero  per  incoraggiare 
ed  agguerrire  questi  loro  subalterni  :  tutte  le  feste  si  riducevano 
a  lezioni  di  scherma,  e  con  tale  riserva  che  non  vi  volevano  nem- 
meno presenti  le  donne. 

Non  tutti  i  Gesuiti  d'Europa  sapevano  quello  che  si  faceva 
dai  loro  confratelli  d'America,  né  d'altronde  tutti  approvarono 
la  condotta  di  questi  ultimi  tenuta  verso  gli  Indiani.  Fra  le  carte 
ritrovate  posteriormente  all' esplusione  de' Gesuiti  trovossi  una  let- 
tera del  Padre  Rabago,  che  diceva  ai  suoi  compagni  »  che  le 
querele  portate  contr'essi  alla  Corte  si  moltiplicavano  tanto  e  di- 
venivano così  gravi  e  sfavorevoli,  ch'era  a  lui  impossibile  di  rat- 
tenerne  l'effetto,  benché  arbitro  interamente  del  cuore  del  Re, 
di  cui  egli  era  il  confessore  ».  Termina  la  lettera  col  persuaderli 
ad  un  accomodamento  qualsiasi,  e  a  qual  si  voglia  costo  colla 
parte  secolare  del  Paraguay,  e  col  dichiararsi  stanco,  e  nell'im- 
possibilità di  proteggerli  per  l'avvenire. 
Sospetti  e  perplessità  della  Corte  di  Spagna. 

Comunque  siasi  la  cosa,  la  Corte  di  Spagna  concepì  violenti 
sospetti  contro  i  Gesuiti,  osservando  sopra  tutti  ch'essi  erano 
nella  maggiorità  Inglesi,  Italiani  e  Tedeschi ,  e  che  lo  scarso  nu- 
mero de' missionarj  Gesuiti  originarj  della  Spagna  non  vi  aveva 
né  potere  né  parte  principale  :  temette  per  altro  la  Corte  di  com- 
promettere le  propria  autorità  col  prendere  un  partito  rigoroso  e 
decisivo,  non  fidandosi  abbastanza  nella  forza  delle  sue  truppe}  o 
non  fidandosi  piuttosto  de' comandanti,  i  quali  potevano  dall'oro 
o  dal  proselitismo  essere  traviati.  Cominciò  quindi  dallo  speri- 
mentare la  via  delle  negoziazioni  ;  rappresentò  ai  Gesuiti,  che  al 
termine  di  un  secolo  e  mezzo  era  finalmente  giunto  il  tempo  di 
dare  la  libertà  agli  Indiani  ,  affinchè  potessero  agire  da  se  mede- 
simi negli  affari  loro,  trattare  e  far  commercio  cogli  Spagnuoli } 
né  essere  più  tempo  di  tenerli  chiusi  come  altrettanti  conigli.  I 
Gesuiti ,  che  vedevano  ove  la  Corte  mirava  ,  si  dolsero  dal  canto 
loro  dell'ingiustizia  degli  Spagnuoli,  né  mancarono  di  ripetere  gli 
antichi  argomenti  dedotti  dall'assoluta  incapacità  degli  Indiani  a 
dirigersi  da  se  medesimi. 
Essa  accetta  un  partito  puramente  illusorio. 

Con  lutto  ciò  sentendo  eglino    pei  primi     l'assurda  e  scaoda- 

Cost.  Voi.  III.  dell'America.  18 


2^4  COSTUME 

Iosa    debolezza  di  tal    pretesto  e  temendo    peggio,    proposero  a 
temperamento  di  avvezzare  i  coloni  a  poco  a  poco  a  conoscere  la 
proprietà  ,  dando  loro  alcuni  piccioli  poderi  da  coltivare  per  due 
giorni  la  settimana,  lasciandone  a  libera   loro  disposizione  quanto 
n'avessero  tratto.  La    Corte  che  non    conosceva  a  fondo  lo  stato 
vero  delle  cose,  e  che  per  ciò  non  vedeva   l'inutilità  di  tal  mi- 
sura, credette  di  aver  messo  un  riparo  agli  inconvenienti  che  l'a- 
veano  colpita  ,  e  di  preparare  con  sicurezza  lo  scioglimento  del  go- 
verno Gesuitico.  Forse  anche  più  facilmente  essa  allora  si  calmò, 
avendo  saputo  che  durante  un   certo  mal  umore  tra  essa  e  quella 
di  Portogallo,  i  coloni  de'  Gesuiti  wSpagnuoli   più  vicini   al  Brasile 
aveano  fatto  una  sorda  guerra  ai  confinanti:    nel  che  le  piacque 
notare  più  l'attaccamento  che  con  ciò  le  mostravano ,  che  la  pro- 
babilità di  vederne  un  giorno  rivolta   la  forza  contro  se  stessa.  Ma 
proseguendo  il  discorso  di  ciò  che  riguarda  lo  stato  degli  Indiani 
Gesuitici   dopo  l'accennalo  partito  preso  a  riguardo  loro,  dobbiamo 
dire  per  nulla  essere  giovato  a  que' miserabili  l'avere  in  proprio 
generi  da  vendere,  dappoiché  non  aveano  chi    li  comprasse.   Non 
mutavano  dunque  di  condizione,  e  i  Gesuiti  chiudevano  ne' ma- 
gazzini anche  ciò,  che  gli  individui  s'erano  procacciato  in   parti- 
colare, senza  renderne  loro  più  alcun  conto  :,   ed  era    questo  un 
guadagno  di  più  che  facevano.  Gli  Indiani  rimasero  in  questa  si- 
tuazione fino  all'epoca,  in  cui  i  Gesuiti  uscirono  dalle  colonie:  il 
che  seguì   nel   1768. 
E  tradita  nel  governo  delle  colonie  anche  da    quelli  che  in 
esse  succedettero  ai  Gesuiti. 
La  corte  di  Spagna  ,  anche  dopo  cacciati  i   Gesuiti  dal  Para- 
guay, ebbe  a  vedersi  tradita  nelle  sue  migliori  speranze.  Due  frati 
Domenicani  o  Francescani  furono  messi  alla  cura   d'ogni  colonia 
per  le  cose  di  religione*,  e  vi     fu    messo  un   amministratore  per 
dirigere  gli  affari  della  comunità",  perciocché  nulla  si   mutò  nella 
sostanza  del  governo  delle  colonie,  il  quale  propriamente  parlando 
non  fece  che  passare  da  una  mano  all'altra',  colla  differenza   per 
altro,  che   i  Gesuiti  usi  a   riguardarle  come    particolari   loro  pro- 
prietà, le  amavano,  e  lungi  dal  distruggerle  ne  cercavano  ogni  mi- 
glioramento: ma  i  capi  ed  amministratori  succeduti  a  questi  religiosi 
non  videro  negli  stabilimenti  medesimi  che  possessi  temporarj,e 
pensarono  a  godere  dell'istante. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2^5 

Effetti  del  reggimeeto  de'' Gesuiti  e  di  quelli  dei  lo/o  suc- 
cessori. 
Perciò  gli  Indiani  (i)  sono  ora  peggio  nudriti  e  vestiti  che  nel 
passsto  ,  e  più  sopraccaricati  di  fatica.  Il  tesoro  regio  nulla  ri- 
scuote, come  nulla  ha  mai  riscosso  né  da  queste  colonie,  né  da 
quelle  formate  dai  Governatori.  Unicamente  non  è  da  dissimularsi 
che  dopo  la  partenza  de' Gesuiti  alcuni  Indiani  hanno  fatto  qual- 
che progresso  nell'  incivilimento  ,  e  godono  di  qualche  maggior 
comodo  della  vita,  dovuto  al  commercio  ,  agli  armenti  e  piccioli 
poderi  che  loro  è  permesso  di  possedere  in  privato:  generalmente 
essi  vestono  ora  alla  Spagnuola  :  ma  poiché  la  cura  della  totalità 
è  più  negletta  di  quello  che  lo  fosse  dai  Gesuiti  ,  la  metà  delle 
colonie  è  deserta  ,  e  gli  Indiani  liberi  si  estendono  da  per  tutto 
frammischiandosi  cogli  Spagnuoli. 

Usanze  degli  Indiani  sotto  i  Gesuiti. 

Noi  non  vogliamo  dar  fine  a  questo  capitolo  senza  dare  qual- 
che relazione  delle  usanze  degli  Indiani  sotto  il  reggimento  de'Ge- 
suil;,  il  che  faremo  brevemente  seguendo  quanto  ci  vien  riferito 
dal  d'Azara  nel  suo  viaggio.  Non  ci  ha  dubbio,  egli  dice,  che  i 
Gesuiti  governassero  arbitrariamente  le  loro  colonie,  e  che  potes- 
seio  disporre  dei  beni  di  tutte  le  comunità  ,  e  dei  lavori  degli 
Indiani  con  quella  libertà,  di  cui  si  prevalgono  presentemente  i 
loro  successori}  ma  i  Gesuiti  seppero  almeno  congiugnere  all'ar- 
bitrio una  certa  moderazione. 

Lavori. 

Non  li  costringevano  a  lavorare  più  della  metà  della  giornata, 
e  lo  stesso  lavoro  aveva  un'apparenza  di  festa,  perchè  quando 
i  lavoratori  si  recavano  ai  campi,  ciò  si  eseguiva  sempre  proecs- 
sionalmenle  con  accompagnamento  di  musica  e  portando  sopra 
una  barella  la  statua  della  Vergine  ,  o  di  un  Santo  Protet- 
tore ,  che  durante  il  lavoro  deposilavasi  devotamente  in  una 
specie  di  cappella  che  vi  si  ergea  con  frasche.  Vedi  la  Ta- 
vola   'il\. 

Manifatture. 

Erano  esclusivamente  incaricali  de' lavori  da  eseguirsi  coll'ogo 
i  musici,  i  sagrestani,  i  coristi:  l'unico  lavoro  delle    donne  con- 

(i)  V.   Azara  cap.  i3. 


2^6  COSTUME 

sisteva  nella  filatura  del  cotone.  Le  tele  fabbricate  dalle  Indiane, 
tranne  quella  parte  che  si  consumava  pel  vestire  della  colonia,  si 
vendevano  nelle  citlà  Spagnuole,  ove  venivano  trasportate  al  pari 
del  cotone,  del  tabacco,  de'legumi  secchi  e  dell'erba  del  Para- 
guay. Il  detto  trasporto  veniva  eseguilo  sui  fiumi ,  mediante  bar- 
che che  appartenevano  ai  Gesuiti:  gli  Indiani  ricevevano  invece 
degeneri  esportati,  mercanzie  delle  quali  aveauo  d'uopo. 

Feste  ec. 

Solevano  poi  i  Gesuiti  ricreare  i  proprj  neofiti  con  balli,  con 
toraci,  con  feste }  e  tanto  agli  attori  per  gli  spettacoli  che  si  da- 
vano, quanto  agli  uffizioli  municipali  per  le  comparse  pubbliche, 
distribuivansi  abiti  de' più  sfarzosi  e  ricchi  che  si  lavorassero  in 
Europa,  d'onde  a  tal  fine  si  facevano  venire.  I  Gesuiti  intende- 
vano ben  l'arte  di  colpire  i  sensi  degli  Indiani.  Il  curalo  o  sia 
rettore  della  colonia  non  facevasi  mai  vedere  che  dai  pochi,  i  quali 
a  motivo  dell'amministrazione  dovevano  trattare  con  lui.  Il  vice- 
curato stesso  non  entrava  mai  per  qualunque  caso  nelle  abitazioni 
degl'Indiani,  e  quando  occorreva  amministrar  sacramenti  a  qual- 
che ammalato,  era  in  vicinanza  del  collegio  un  luogo,  ove  l'am- 
malato trasportavasi  ,  e  il  Gesuita  scendeva  colà  recandovisi  in 
lettiga.  Nella  chiesa  però  si  facevano  entrambi  vedere  con  tutto 
l'apparato  e  possibile  ostentazione,  vestiti  d'abiti  superbi,  e  seguiti 
da  numeroso  accompagnamento  di  sagrestani,  di  coristi,  di  musi- 
ci, tutti  coperti  di  sontuosi  vestiti.  La  chiesa  della  colonia  era 
non  solo  uno  de' più  splendidi  edifizj  del  Paraguay,  ma  era  do- 
viziosa di  magnifici  altari,  di  sculture,  indorature  ed  altri  preziosi 
ornamenti. 

Era  poi  per  dar  maggior  importanza  a  se  stessi,  che  tenevano 
essi  nel  più  basso  stato  di  povertà  e  d'ignoranza  i  loro  coloni? 
Veramente  saremmo  tentati  di  crederlo.  Dopo  che  si  poterono 
conoscere  le  missioni  loro,  s'incominciò  ad  avere  giusta  ragione 
di  pensare  che  i  Gesuiti  avessero  abusato  della  pubblica  confi- 
denza. 

Se  gli  Indiani  facessero  dei  progressi  nelle   scienze  e   nelle 

arti. 

Quanto  ai  progressi  degli  Indiani,  dice  Azara,  da  tutto  quello 

che  ho  osservato  e  verificato  nel  visitare  le  loro  colonie,  si  ridu- 

cevano  questi  a  ben  poca  cosa.  Nissuno  de' loro  Indiani  intendeva 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  277 

la  lingua  Spagnuola:  nissuno  imparava  elemento  alcuno  di  scienza. 
Sapevano  leggere  e  scrivere  que' pochi  soli,  ch'erano  indispensa- 
bili per  tenere  i  libri  de' conti:  e  per  riguardo  alle  arti  non  fab- 
bricavano del  cotone,  di  cui  ricevasi  ampio  ricolto  nelle  colonie, 
che  una  rozzissirna  tela  da  schiavi,  che  serviva  pel  loro  vestito. 
Pareva  che  i  Gesuiti  avessero  timore  d1  insti  un  li  troppo }  percioc- 
ché quantunque  facessero  venire  d'Europa  de' loro  confratelli  ad 
insegnare  le  arti  del  fabbro-ferrajo,  dell'orefice,  e  la  pittura  e 
la  musica,  tenevano  sì  indietro  i  coloni  da  essi  destinati  ad 
apprenderle,  che  non  ne  avevano  mai  che  una  assai  imperfetta 
pratica. 

Loro  vesti  ed  abitazioni. 

Ecco  in  poche  parole  come  i  Gesuiti  vestissero  ed  alloggiassero 
i  loro  Indiani.  L'abito  degli  uomini  consisteva  in  una  camicia,  in 
calzoni,  in  un  poncho  della  grossa  tela  sovra  accennata,  e  in  un 
berretto  di  cotone:  nissuno  andava  calzato.  Le  donne  tutte,  senza 
eccezione,  non  avevano  per  vestito  se  non  una  camicia  senza  ma- 
niche, stretta  ai  fianchi ,  con  una  cintura  poco  atta  a  riparare  che 
non  si  vedesse  come  fossero  fatte.  Gli  uomini  aveano  i  capelli  ta- 
gliati: le  donne  li  aveano  lunghi,  ma  portavano  la  coda  fasciata 
come  quella  de' soldati,  cui  scioglievano  entrando  in  chiesa,  stan- 
dosi del  rimanente  a  testa  scoperta.  Vedi  la  suddetta  Tavola.  Tutti 
abitavano  insieme  entro  un  lungo  camerone,  dove  assai  tardi  si 
era  pensato  a  fare  de 'tra  mezzi  di  tre  in  tre  tese,  e  in  ogni  se- 
parazione dormiva  una  famiglia,  ma  sprovveduta  affatto  di  letti 
e  di  suppellettili. 

Quale  cognizione  avessero  della  religione. 

I  frati  succeduti  ai  Gesuiti  hanno  detto  che  gli  Indiani  avuti 
in  cura  da  questi  per  quasi  due  secoli  poco  assai  conoscevano  di 
religione.  Parecchi  si  sono  sdegnati  di  una  relazione  creduta  ispi- 
rata da  antiche  gare,  e  da  rivalità  di  mestiere.  Quello  ch«  si  sa 
di  certo  e  indipendentemente  dalle  relazioni  di  que'frati ,  è  che 
ogni  colono  era  battezzato,  e  sapeva  l'orazione  domenicale,  e  i 
precelti  del  decalogo}  e  che  i  ragazzi  d'ambi  i  sessi  andavano 
ogni  giorno  insieme  innanzi  alla  porta  della  chiesa  a  lipetere  l'una 
e  gli  altri.  Ma  qual  cognizione  avessero  delle  cose  di  religione  gli 
adulti ,  può  facilmente  congetturarsi  dal  seguente  racconto.  r>  Mi  è 
stato  perfino  assicurato,  così  Azara,  che  al    sopraggiungere  della 


2,^8  COSTUME 

Pasqua,  un  Indiano  chiamato  Moy or ,  andava  dal  vice-curato  un 
giorno  pi  ima,  domandandogli  quanti  Indiani  avesse  intenzione  di 
confessare  il  dì  seguente.  Quando  il  vice-curato  n'avea  indicato  il 
numero,  quell'officiale  raccoglieva  i  primi  Indiani  che  incontrava 
e  li'conduceva  alla  chiesa.  Mentre  uno  di  costoro  confessavasi,  sii 
altri  aspettavano  alla  porta,  e  al  momento  che  usciva  gli  erano 
tutti  addosso  chiedendogli  e  di  quali  peccati  si  fosse  confessato  e 
di  che  umore  fosse  il  padre  in  quel  giorno.  S'egli  diceva  di  es- 
sersi confessato  di  violazione  del  sesto  precetto,  e  il  padre  essere 
andato  in  gran  collera,  si  accordavano  tutti  di  assicurarsi  piuttosto 
di  aver  rubato  una  vacca  o  un  pollo,  giudicando  essi  che  avendo 
il  vice-curato  espressa  tutta  la  sua  collera  sul  primo  peccato,  sa- 
rebbe stato  placido  sugli  altri.  Ad  onta  di  tanta  ignoranza  è  am- 
mirabile la  gravità  e  decenza  del  contegno,  che  i  predetti  coloni 
serbano  stando  in  chiesa }  il  che  è,  cred'io,  attribuibile  al  carat- 
tere nazionale  serio,  taciturno  e  tranquillo  ».  Non  è  del  proposito 
nostro  investigare  se  meglio  abbiano  operato  i  nuovi  pastori,  i  cui 
istituti  non  furono  mai  accagionati  d'aver  fatto  della  religione  uno 
strumeuto  di  politica,  siccome  ne  furono  seriamente  e  in  più 
modi  accagionati  i  Gesuiti.  E  daremo  fine  a  tale  materia  col  ma- 
nifestare le  nostre  maraviglie  nel  vedere  che  Malte-Brun  nella  sua 
Geografia  Universale  lib.  109,  inclini  ad  abbellire  i  suddetti  sta- 
bilimenti Gesuitici,  la  cui  perdita,  egli  dice,  saia  pianta  dalla 
religione,  dalla  storia,  dalla  geografia  :  e  che  se  gli  indigeni  dal- 
l'esplosione de'Gesuiti  inappresso  continuano  a  incivilirsi,  se  godo- 
no di  qualche  agiatezza  ,  se  vestono  alla  Spagnuola  ,  se  acquistano 
qualche  pezzo  di  terra  ,  debbasi  riconoscere  in  questi  fatti  frutto 
di  quell'albero  magnifico  che  una  cieca  politica  svelse  sì  ma  non 
potè  sradicare  del  tutto. 
Buenos- Ayres. 

Il  governo  di  Buenos-Ayres  propriamente  detto  contiene  oltre 
la   picciola  città  di  Santa-Fè,  la  capitale  di   lutto  il  vice-reame. 
Città. 

La  città  di  Buenos-Ayres  residenza  di  un  vice-Re  e  di  un 
Vescovo,  sede  di  un'  udienza  e  di  vaij  pubblici  stabilimenti,  venne 
fondata  l'anno  i535,  in  mezzo  ad  una  pianura,  sulla  spiaggia 
del  fiume  della  Piata  a  70  leghe  dalla  sua  focp.  Le  strade  larghe 
e  dritte  non  sono  tutte  selciate.  Il   porto  è  assai  esposto  ai   venti, 


DEGLI    ABITATORI    DEL     PARAGUAY  2fCk 

p  quindi  le  navi,  onde  non  cadere  sui  banchi  di  sabbia,  fermanti 
a  tre  leghe  di  distanza.  Quelle  di  media  grandezza  entrano  in  un 
picciol  fiume  lungo  e  stretto,  chiamato  Ruscello  di  Buenos- Ayres, 
ove  troyansi  tutta  la  sicurezza  e  tutti  i  comodi  possibili  onde  sca- 
ricare le  merci  e  carenare  anche  i  bastimenti  }  ma  bisogna  che  il 
vento  faccia  montar  l'acqua  oltre  il  livello  ordinario,  perchè  pos- 
sano passare  sopra  alla  sbarra  che  sta  alla  sua  foce.  La  cattedrale 
è  fabbricata  di  recente,  e  vi  sussistono  inoltre  cinque  parrocchie, 
due  conventi  di  monache  ,  quattro  di  religiosi  ,  uno  spedale  per 
gli  uomini,  altro  per  le  donne,  un  ospizio  pe' fanciulli  esposti,  al- 
tro per  le  orfane.  Havvi  un  commissario  dell'inquisizione,  ed  un 
collegio  ove  s'insegnano  le  scienze.  Il  vice-re  risede  in  un  forte 
che  guarda  sul  fiume  e  sulla  città.  Vedi  la  Tavola  35.  Buenos- 
Ayres  è  centro  di  tutto  il  commercio  delle  provincie  del  Perù 
colla  Spagna.  Le  merci  vi  giungono  dall'antico  continente  :  quelle 
destinate  per  l'interno  sono  trasportate  da  carrette  tratte  da  buoi. 
1  conduttori  vanno  in  carovane,  onde  potersi  difendere  contra  gli 
indigeni  indipendenti.  La  popolazione  è  al  dì  d'oggi  valutata  4om. 
anime  secondo  Azara  ,  e  6om.  secondo  Malte-Brun.  Regna  colà 
maggior  libertà  nelle  idee  di  quel  che  nella  maggior  parte  delle 
città  Spagnuole.  I  Creoli  hanno  una  decisa  avversione  per  gli 
Europei  e  pel  governo  Spagnuolo  ,  avversione  però  che  è  meri 
forte  tra  gli  abitatori  della  campagna.  Gli  uomini  sono  in  ge- 
nerale allevati  con  molla  negligenza,  ma  si  vanta  l'amabiltà  delle 
femmine. 

Creoli  di  Buenos-Ayres. 

Più  recente  notizie  sugli  abitatori  di  Buenos-Ayres  abbiamo  in 
un  viaggio  dalla  detta  città  a  Santiago  di  Chili  fatto  nel  1817 
dal  signor  Provost  giudice  degli  Stati-Uniti,  e  loro  commissario 
nell'America   meridionale  (1). 

Loro  moderne  cnstumanze. 

Appena,  dice  il  detto  viaggiatore,  che  io  era  giunto  a  Buenos- 
Ayres  per  soggiornarvi  ,  tutti  i  Creoli  di  distinzione  mi  fecero 
visita  ,  m'invitarono  a  casa  loro  ,  e  mi  colmarono  di  gentilezze, 
essi  mi  parvero  di  carattere  dolce,  amabile,  allegro  ed  inclinato 

(1)  V.  Fouvellcs  Aonales  des  Voyages  etc,  Paris,  1830,  tomo  IV.  part, 
II.  pug.  555. 


280  COSTUME 

ai  divertimenti.  Si  radunano  frequentemente  gli  uni  in  casa  degli 
altri  per  passarvi  la  sera  giuocaudo  alle  carte  ,  ed  a  suonare  e 
ballare. 

Adunanze. 

Dotati  di  uno  spirito  vivo  e  di  un'ardente  immaginazione, 
senza  però  avere  alcun  oggetto  degno  di  eccitarli  e  d'interessarli, 
passano  il  loro  tempo  ne' giuochi  de' dadi  e  delle  carie.  Le  donne 
sono  vivissime  e  ben  fatte,  amano  assai  la  conversazione  e  la  so- 
stengono con  infinita  piacevolezza:  ne  ho  vedute  poche  regolar- 
mente belle  ,  ma  hanno  occhi  neri  e  brillanti  ,  una  fisonomia 
molto  espressiva,  sono  spiritose  ed  animate  dal  desiderio  d'istruirsi: 
hanno  un  gusto  innato  per  la  musica,  suonano  molti  strumenti  , 
cantano  a  meraviglia  e  danzano  con  grazia. 

Divertimenti. 

Regna  nelle  loro  adunanze  dette  tertulias  un'aria  di  giovialità 
e  d'allegria  che  le  rende  estremamente  piacevoli  ,  s'  acconciano 
elegantemente,  e  seguono  la  moda  di  Francia.  Le  loro  danze  che 
sono  graziose  sviluppano  la  loro  persona  con  singolare  vantaggio: 
ballano  a  due  a  due  come  nelle  contraddanze  inglesi:  la  coppia 
si  avanza  formando  colle  sue  braccia  un  gruppo  con  un'  altra 
coppia,  poco  a  presso  come  nell'Alemanda  :  la  misura  è  lenta  e  la 
figura  complicatissima.  Quando  tutti  i  ballerini  sono  così  in  ordine 
formano  gruppi  mobili  ,  le  cui  attitudini  variate  producono  un 
piacevolissimo  effetto.  Amano  altresì  il  minuetto  ,  che  è  ballato 
dalle  persone  d'  ogni  età.  I  principali  rinfreschi  che  si  presentano 
in  queste  adunanze,  consistono  in  confetture,  in  acque  e  mate  ed 
infusione  d'erba  del  Paraguay. 

Carnovale. 

Il  carnovale  era  cominciato,  e  vi  si  celebravano  dei  diverti- 
menti eguali  a  quelli  di  Spagna.  Fui  bagnato  d'acqua  d'odore 
nel  teatro  che  è  picciolo  e  mal  costrutto:  lo  fui  parimente  nel- 
l'andare alla  piazza  ove  si  davano  i  combattimenti  de' tori:  le 
strade  erano  piene  di  donne,  le  une  sulle  porte  od  alle  finestre, 
le  altre  sugli  azoteas  o  tetti  piani,  tutte  armate  di  bacini  pieni 
d'acqua  e  di  globetti  di  cera  pieni  d'acqua  d'odore.  Vedendo 
che  non  ci  era  maniera  d'evitarle,  mi  munii  di  globetti  simili  , 
e  difendendomi  alla  meglio,  passai  queste  linee  peiicolose,  assa- 
lito per  ogni  dove  .  e  giunsi  tutto  molle  all'  Anfiteatro  dei  tori. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  28 1 

Fui  condotto  nel  palco  del  cabildo,  magistrato,  e  rimasi  sorpreso 
alla  magnificenza  di  quella  scena,  che  consisteva  in  un  vasto  re- 
cinto circolare  circondato  da  sedie,  le  une  disposte  sopra  le  altre 
e  guernite  di  spettatori  vestiti  con  molta  eleganza  :  al  di  sopra  di 
queste  sedie  era  un  ordine  di  palchi  destinati  alle  persone  di  alto 
grado:  un  distaccamento  di  soldati  circondava  il  cabildo,  innanzi 
del  quale  stava  un  corpo  di  musica  militare.  Le  frequenti  rappre- 
sentazioni di  questo  sanguinoso  spettacolo  addimesticano  il  popolo 
alla  strage,  e  contribuiscono  ad  accrescere  le  inclinazioni  funeste 
degli  uomini  feroci. 

o 

Governo. 

L'amministrazione  della  giustizia  era  singolarmente  rilassata  a 
Buenos-Ayres.  Commettevasi  ogni  dì  impunemente  atroci  delitti: 
gli  assassinj  erano  frequenti:  tutte  le  mattine  venivano  esposti  da- 
vanti al  palazzo  del  cabildo  i  cadaveri  delle  persone  uccise,  pei- 
chè  potessero  esser  conosciuti  dai  loro  amici,  o  perchè  con  carita- 
tevoli doni  si  potessero  far  le  spese  del  loro  funerale. 
Diffidenza  ed  astuzia  de'' Creoli. 

Benché  io  fossi  continuamente  fra  i  Creoli  ,  pure  ho  dovuto 
accorgermi  ch'era  assai  difficile  e  dirci  quasi  impossibile  l'ottenere 
da  essi  notizie  soddisfacenti  sul  loro  paese }  poiché  temendo  sem- 
pre di  compromettersi  non  davano  mai  risposte  dilette  alle  mie 
domande^  e,  supponendo  essi  qualche  motivo  che  non  potevano 
scoprire,  cercavan  sempre  d'illudermi,  oppure  non  mi  davano 
che  inesatte  relazioni.  Questo  carattere  distintivo  de' Creoli  è  l'ef- 
fetto di  una  lunga  oppressione  ,  ed  è  giustamente  indicato  colla 
parola  Spagnuola  malicia.  I  Creoli  congiungono  ad  uno  spirito 
assai  penetrante  questa  disposizione  che  è  portala  al  più  allo  giado: 
essi  vedono  un  disegno  premeditato  nelle  nazioni  più  semplici:  il 
timore  d'essere  ingannati  dagli  altri  fj  che  s' ingannino  essi  me- 
desimi 5  e  per  un  eccesso  d'artifizio,  tradiscono  continuamente  la 
verità.  Tale  inclinazione  però  ha  ceduto  allo  spirito  di  parte.  Io 
non  ho  potuto  giugnere  a  vincere  una  sola  volta  il  carattere  dei 
Creoli  prima  d'essere  conosciuto  particolarmente  da  Don  *  *  *  , 
uomo  che  non  era  attaccato  ad  alcuna  parte.  E^li  mi  procurò 
con  tutta  la  premura  notizie  esatte  sul  suo  paese,  sull'andamento 
della  rivoluzione  e  sui  diversi  partiti.  Prima  della  rivoluzione  la 
galanteria  e  il  giuoco  occupavano  esclusivamente  Io  spirilo  de'Creo- 


282  COSTUME 

li,  sviluppavano  le  loro  passioni,    eccitavano  la  loro  attività  :  ora 

le  cose  hanno  cangiato  d'assai. 

Popolo  ec. 

La  condizione  del  popolo  è  generalmente  felice  \  il  prezzo 
della  mano  d'opera  è  altissimo  nella  capitale,  e  la  proprietà  è 
molto  divisa  nella  campagna.  La  classe  degli  agricoltori  è  compo- 
sta o  di  piccioli  proprietaij,  o  di  affiltajuoli  che  tengono  le  terre 
a  dolci  condizioni  e  ad  piezzo  modeialo. 

Costume  degli  agricoltori. 

Quasi  tutti  gli  indigeni  convertiti,  più  della  metà  degli  abi- 
tatori del  Paraguay  ,  quelli  delle  rive  del  fiume  Piata  e  del  a 
città  si  occupano  d'agricoltura  }  ma  siccome  è  mestiere  assai  fa- 
ticoso, non  è  seguito  che  da  coloro  i  quali  non  hanno  modi  ba- 
stanti per  esercitare  il  commercio  ed  acquistare  terreni  e  bestiami 
per  farsi  pastori,  come  pure  da  quei  lavoranti  a  giornata  che  non 
possono  trovar  padrone  a  cui  custodire  il  bestime.  Le  abitazioni 
degli  agricoltori  spagnuoli  ,  posti  fra  le  terre  lavorate  e  piuttosto 
lontane  l' una  dall'altra,  non  sono  generalmente  che  trabacche  o 
picciole  capanne  e  basse,  coperte  di  paglia.  Le  mura  son  formale 
con  pali  confitti  in  terra  verticalmente  l'uno  presso  all'altro,  e 
gli  intervalli  sono  pieni  di  calcina  e  di  terra. 

Pastori  Spagnuoli. 

Gli  agricoltori  vincono  di  molto  i  pastori  pel  loro  caratteie 
morale,  per  la  civiltà  e  per  la  foggia  di  vestire.  La  vita  pastorale 
ridusse  quasi  allo  stato  selvaggio  quegli  Spagnuoli  che  l'abbrac- 
ciarono^ e  questi  sono  in  gran  numero,  perciocché  non  si  tratta 
meno  che  della  custodia  di  dodici  milioni  di  vacche  ,  di  tre  mi 
Moni  di  cavalli  e  di  una  grande  quantità  di  pecore:  della  qual 
somma  al  Paraguay  non  appartiene  che  la  sesta  parte,  e  tutto  il 
rimanente  è  proprio  del  paese  della  Piata. 

Animali  domestici  e  selvatici. 

E  qui  parlasi  unicamente  di  armenti  domestici,  perciocché  ci 
hanno  altresì  nel  paese  due  milioni  e  più  di  vacche  selvagge,  e 
vi  s'incontrano  a  migliaja  i  cavalli  selvatici.  Or  quella  quantità 
di  animali  domestici  componesi  di  tante  partite  o  mandre  di  p«i- 
valij  ed  ogni  possidente  d'una  o  di  più  d' esse,  ha  il  suo  pascolo 
proprio.  Quello  di  una  superficie  di  cinque  leghe  quadrate  a  Bue- 
nos-Ayres  liensi  per  poco  considerabile  5  e  al  Paraguay  per  cosa 
ordinaria. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  a83 

Usi  e  costumi  de'  pastori  e  loro  abitazioni. 

Nell'interno  di  questo  spazio  sia  l'abitazione  de' pastori,  abi- 
tazione che  non  ha  né  uscj,  uè  chiusure  di  fineshe,  stendendovi*! 
invece  contro  l'aria  fresca  della  notte  alcune  pelli  di  vacche. 
Il  capo  per  ordinario  ha  moglie}  i  garzoni  sono  celibi  ,  a 
meno  che  non  siano  o  negri  o  mulatti  o  Indiani  Cattolici  diser- 
tati dalle  loro  borgate,  i  quali  comunemente  sono  ammogliati.  Le 
mogli  e  le  figlie  loro  servono  assai  spesso  a  consolare  i  celibi 
poiché  cercare  tra  questa  gente  continenza  e  buon  costume  sarebbe 
cosa  vana. 
Occapazioni. 

Né  costoro  usano  poi,  come  in  Europa,  accompagnare  al  pa- 
scolo i  loro  animali.  Una  volta  sola  per  settimana  escono  a  cavallo 
seguitati  da'cani,  e  a  gran  galoppo  scorrono  urlando  per  l'estensione 
del  pascolo.  A  quegli  urli  le  vacche  spai  se  per  la  pianura  si 
mettono  a  correre,  e  radunansi  tulle  in  un  ampio  sleccato,  ove 
vengono  trattenute  alcun  tempo,  e  poi  di  nuovo  si  rimandano  al 
pascolo.  E  questa  cosa  si  fa  per  non  dar  loro  il  vizio  di  allontanarsi 
dalle  terre  del  padrone.  Lo  slesso  si  fa  coi  cavalli.  Nel  rimanente 
della  settimana  i  pastori  attendono  a  castrare  e  a  domare  gli  ani- 
mali }  e  terminate  queste  cure,  vivono  in  perfetto  ozio. 
Religione* 

Lontane  l'una  dalle  altre  le  loro  abitazioni  le  quattro,  le  dieci, 
e  talora  le  trenta  e  le  quaranta  leghe,  e  rare  essendo  in  quelle 
solitudini  immense  le  chiese,  poche  volte  essi  vanno  alla  messa}  e 
in  quanto  al  battesimo  de' figli  ,  o  li  battezzano  essi  medesimi, 
se  sanno  pur  farlo,  o  indugiano  a  farli  battezzare  il  dì  che  que- 
sti prendono  moglie  ,  giacché  a  cagione  del  matrimonio  vi  sono 
costretti.  Se  alcuna  volta  vanno  a  messa,  vi  assistono  fuori  di  chie- 
sa, e  stando  a  cavallo}  ed  una  parte  più  cospicua  di  loro  religione 
consiste  in  desiderare  ardentemente  d'essere  sepolti  in  terra  santa} 
né  i  parenti  ed  amici  trascurano  mai  di  rendere  questo  pio  officio 
ai  morti.  Ma  siccome  per  lo  più  sono  lontanissimi  dalle  chiese  , 
lasciano  infracidile  ne'  campi  i  cadaveri  ,  coprendogli  di  pietre  o 
di  frasche:  indi  ove  sieno  bene  spolpati  ,  ne  raccolgono  l'  ossa  e 
le  portano  poi  al  prete  onde  le  seppellisca.  Il  più  solenne  mor- 
torio che  possan  fare,  si  è  che  ove  la  chiesa  non  sia  più  lontana 
di  venti  miglia,  vestono    il    cadavere  de*  suoi  abiti,  Io  pongono  a 


284  COSTUME 

cavallo,  sostenendolo  con  due  bastoni  incrociati,  così  che  a  vederlo 
par  vivo}  e  di  tal  modo  lo  portono  alla  chiesa. 

Cibi. 

Essi  non  conoscono  altro  cibo  che  Ja  carne  di  vacca  }  perciò 
i  contorni  delle  loro  abitazioni  sono  pieni  d'ossa:  né  delle  vacche 
mangiano  che  le  coste,  la  parte  di  mezzo  della  coscia  e  la  ven- 
tresca, e  gettano  via  il  rimanente:  onde  poi  tutti  i  luoghi  vicini 
mandano  un  pessimo  odore,  e  una  infinità  d'insetti  d'ogni  sorta 
e  di  uccelli  carnivori  vi  corrono  alla  preda.  Ciò  è  particolare 
spezialmente  nel  paese  della  Piata  ,  ove  gli  armenti  sono  ,  come 
si  è  detto,  assai  copiosi.  Nel  Paraguay  si  fa  più  economia  della 
carne  ,  perciocché  quella  che  non  si  consuma  tosto  ,  tagliasi  in 
tante  strisce  grosse  un  dito,  e  si  fa  seccare  per  mangiarla  dipoi. 
Non  mangiano  altro  che  arrosto  di  carne  e  senza  sale.  Si  nettano 
la  bocca  colla  schiena  del  coltello  ,  e  le  dita  fregandole  sugli 
stivali  o  sulle  gambe  :  bevono  solo  dopo  aver  mangiato:  deridono 
gli  Europei  che  mangiano  legumi  e  insalata,  e  hanno  somma  av- 
versione all'olio. 

Abiti. 

Il  vestito  de' capi-pastori,  che  sono  i  padroni  degli  armenti  , 
consiste  in  una  giubba,  in  una  camiciuola,  in  un  pajo  di  calzoni, 
in  un  pajo  di  mutande  bianche  ,  in  un  pajo  di  calzari  ,  in  un 
cappello  e  in  un  poncho ,  ossia  un  pezzo  di  stoffa  di  lana  o  di 
coione  fabbricato  nella  provincia  di  Tucuman  largo  sette  palmi, 
lungo  dodici  ,  che  ha  un'apertura  nel  mezzo  ,  per  ove  passa  la 
testa  di  chi  lo  vuol  portare.  I  garzoni  non  hanno  che  un  pezzo 
di  pannolano  bpn  grosso,  che  si  attaccano  alle  reni  con  una  rorda  : 
molli  mancano  anche  di  camicia;  ma  tutti  hanno  cappello  ed  un 
poncho^  e  fannosi  una  spezie  di  mezzi  stivaletti  colla  pelle  delle 
zampe  di  poledro.  Ordinariamente  portano  lunghissima  la  barba} 
e  quando  vogliono  tagliarsela  ,  il  fanno  da  se  col  loro  coltello. 
Le  donne  vanno  a  piedi  nudi  ,  coperte  di  una  camicia  senza 
maniche,  e  stretta  ai  lombi  con  una  correggia.  Quelle  che  non 
hanno  da  cambiarla,  vanno  a  lavarla,  la  stendono  al  sole,  ed  a- 
sciulla  che  sia  la  rimettono  e  tornano  a  casa.  Esse  in  generale  né 
filano  né  cuciono:  tutte  le  loro  faccende  consistono  nello  scopare 
la  casa,  nel  preparare  il  foco  per  arrostire  la  carne  ,  e  l'  acqua 
per  mettere  in  infusione  1'  erba  del  Paraguay.  Le  mogli  dei  capi- 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  285 

pastori  sono  vestite  un  po' meglio}  e  i  garzoni  nel  Paraguay  hanno 
di  che  cambiarsi. 

Suppellettili. 

Le  suppellettili  della  casa  di  codesti  pastori  stanno  in  ottima 
proporzione  col  resto,  e  consistono  in  un  secchio  per  trar  acqua, 
in  un  corno  voto  che  serve  per  bicchiere  ,  in  alcuni  spiedi  di 
legno  per  arrostire  la  carne,  in  una  spezie  di  brocca  di  rame  per 
mettere  in  infusione  1'  erba  del  Paraguay.  Mancando  di  questo 
vaso  ed  avendo  bisogno  di  fare  un  brodo  ,  seivonsi  del  comò 
suddetto  in  cui  pieno  d'acqua  mettono  la  carne  tagliata  in  minu- 
tissime fette,  e  lo  circondano  di  brage  perchè  l'acqua  bolla,  e  la 
carne  resti  cotta.  Alcuni  hanno  una  pentola  ,  un  piatto  ,  due 
scranne  ed  un  letto  alzato  sopra  quattro  bastoni  e  coperto  di  una 
pelle  di  vacca.  Altri  per  tutto  il  letto  stendono  una  pelle  di  vacca 
in  terra.  Chi  non  ha  scranne  o  panca  ,  siede  sulle  sue  calcagna  , 
oppure  sopra   il  cranio  di  un  cavallo. 

Altre  costumanze  proprie  del  loro  mestiere. 

Appena  un  bambino  ha  qualche  mese,  il  padre  od  il  fratello 
il  prende  fra  le  braccia,  e  sei  porta  a  cavallo  per  la  campagna, 
e  quando  si  mette  a  piangere  il  riporta  alla  madre  perchè  gli  dia 
a  poppare.  Si  continua  un  tale  esercizio  finché  cresciuto  alquanto 
possa  stare  a  cavallo  da  se  solo,  e  gli  danno  da  principio  cavalli 
vecchi  e  quieti. 

Educazione  ec. 

In  ciò  consiste  tutta  l'educazione  de'  figli.  Non  usi  questi  a 
vedere  che  laghi  ,  fiumi,  deserti,  e  uomini  nudi  ed  erratiti  che 
inseguooo  tori  e  bestie  feroci  ,  privi  d'ogni  altra  idea  ,  si  acco- 
stumano ad  una  selvaggia  indipendenza}  non  conoscono  né  com- 
partimenti, né  calcoli  5  non  sanno  che  cosa  sia  decenza  e  pudore } 
non  sanno  nemmeno  che  sia  ubbidire,  perche  non  hanno  esempio 
sotto  gli  occhi  che  di  gente  la  quale  fa  la  propria  volontà.  E 
come  ogni  giorno  s' ammazzan  animali,  ài  avvezzan  a  spargere  il 
sangue  senza  sdegno,  poiché  nel  deserto  mancando  oggetti  capaci 
di  eccitarlo  ,  questa  passion  è  quasi  sconosciuta.  Codesta  razza 
d'uomini  è  robustissima  e  poco  soggetta  a  malattie}  massime  se 
sono  Meticci}  ma  sliman  poco  la  vita.  Hanno  somma  avversione 
al  servizio  domestico}  ma  niuna  vanità,  che  può  lauto  sugli  Spa- 
gouoli  di  città,  ha  forza  sopra  essi,  che  non    isdegnano  gli    officj 


i86  COSTUME 

servili  ove  trattisi  di  custodire  maudre  ,  ancorché  debban  essere 
in  compagnia  di  Negri  ,  di  Mulatti  ,  d'Indiani}  ed  anche  sotto 
un  capo-pastore  di  queste  classi,  che  dallo  Spagnuolo  sono  alta- 
mente disprezzate.  Abituati  poi  a  vivere  seguendo  il  solo  loro  ca- 
priccio non  prendono  affetto  né  al  padrone  né  al  luogo,  ancorché 
siano  ben  pagali  e  ben  trattati,  e  sovente  l'abbandonano  improvvi<- 
su  mente  anche  senza  salutarlo. 
Loro  ospitalità. 

Non  usi  a  conversare,  non  conoscono  amicizia  :  pure  grande- 
mente esercitano  l'ospitalità:  danno  alloggio  e  cibo  al  viaggiatore 
che  capita  da  essi,  senza  domandargli  punto  né  chi  sia,  né  dove 
vada,  né  quanto  tempo  voglia  fermarsi  presso  loro.  Sono  nondi- 
meno proclivi  assai  alla  diffidenza  e  all'inganno,  e  scorgesi  ciò 
nel  giuoco  colle  carte,  oggetto  della  più  violenta  loro  passione. 
Giuoco. 

Giuocano  seduti  sulle  loro  calcagna  ,  tenendo  fermata  sotto  i 
piedi  la  briglia  del  loro  cavallo,  per  timore  che  loro  non  venga 
rubato,  e  sovente  han  vicino  il  coltello  o  pugnale  fitto  in  terra  per 
essere  pronti  a  scannare  il  compagno,  se  giuocando  usasse  barat- 
teria. Vedi  la  Tavola  36.  Giuocano  in  un  istante  tutto  ciò  che 
posseggono  e  sempre  a  sangue  freddo.  I  denari  che  non  consu- 
mano nel  giuoco,  vengono  consumali  nelle  gozzoviglie  ,  le  quali 
consistono  nel  dare  a  beie  a  loro  spese  acquavite  alla  compagnia, 
che  spesso  si  raduna  nelle  abitazioni  de' capi  pastori,  in  cui  tiensi 
una  specie  di  botteguccìa  di  picciole  bagattelle  e  d'  acquavite. 
L'uso  dunque  è  di  far  empire  un  glosso  fiasco  di  tal  liquore,  e 
mandarlo  in  giro  finché  sia  vuoto,  e  di  farlo  riempire  ancora,  e 
farlo  vuotare  sin  tanto  che  colui,  che  fa  così  il  generoso,  abbia  un 
soldo  in  saccoccia.  La  buona  creanza  poi  vuole,  che  non  si  ricusi 
V  invito,  poiché  tal  cosa  avrebbesi  per  un  affronto. 
Musica. 

A  rendere  più  splendido  il  trattamento  ,  siccome  in  ognuno 
di  questi  luoghi  ci  è  sempre  pronta  una  chitarra  ,  se  vi  ha 
chi  sappia  suonarla  si  mette  alla  prova  ,  e  tra  un  fiasco  all'al- 
Iro  costui  canta  suonando  ,  ed  è  nel  cauto  accompagnalo  anche 
dagli  alili. 
Modo  di  cavalcare. 

Avvezzi  fin  da  fanciulli  ,  siccome  abbiamo  veduto  ,    a  cavai- 


DEGLI    ABITATORI    DEL   PARAGUAY  287 

care,  sono  i  cavalcatori  più  costanti  e  più  svelti,  che  si  cono- 
scano. Sembra  ch'essi  non  sappiano  andare  a  piedi:  perciocché 
non  solamente  non  passerebbero  da  un  lato  all'altro  di  una  strada 
senza  essere  a  cavallo,  ma  a  cavallo  pescano,  tiran  acqua  e 
fanno  conversazione.  In  quanto  poi  alla  sveltezza  loro,  bisogne- 
rebbe per  fai  sene  una  giusta  idea  vederli  maneggiare  un  cavallo, 
sia  esso  anche  indomito  e  selvaggio:  il  che  riesce  anche  più  me- 
raviglioso considtrando  l'incomodila  degli  arnesi  che  usano  ,  e  il 
mal  ragionato  modo  con  cui  tengono  ginocchia  ,  gambe  e  punta 
di  piede. 
Singolarità  speziali. 

Ma  a  tanta  eccellenza  del  cavalcare  costoro  aggiungono  quella 
ancora  di  uno  squisitissimo  senso  in  fatto  di  riconoscere  e  distin- 
guere anche  alla  distanza  di  mezza  lega  un  determinato  numero 
di  cavalli,  che  loro  s'additano,  anche  misti  a  numero  assai  mag- 
giore, sparsi  a  pascolare  in  una  campagna.  E  un'altra  singolare 
qualità  hanno  pur  anche,  la  quale  è  di  conoscere  a  un  solo  colpo 
d'occhio  il  miglior  guado  che  s'abbia  un  fiume.  Così  in  mezzo 
alle  immense  solitudini  perfettamente  orizzontali,  nelle  quali  vi- 
vono ?  senza  incontri  d'alberi,  di  montagne,  di  fiumi  o  di  strade 
e  senza  pure  il  soccorso  della  bussola ,  sanno  trarsi  e  condurre 
altri  a  lontanissimo  luogo  direttamente,  non  essendovi  case  che 
declinino  mai  con  alcun  giro  vizioso.  Tali  sono  i  pastori  spagnuoli 
della  Piata  e  del  Paraguay. 
Altra  razza  di  Spagnuoli  vagabondi  pei  deserti. 

Ma  in  quelle  vaste  pianure  ci  ha  un'altra  razza  d' uomini  che 
pur  vuole  essere  ricordata  non  tanto  per  un  più  singolare  loro 
modo  di  vivere,  quanto  per  essere  dagli  avvenimenti  di  questi 
ultimi  tempi  saliti  al  grado  d'influire  altamente  nella  soite  di  quei 
paesi.  Sono  questi  di  sangue  spagnuolo  anch'essi  non  meno  de'pa- 
stori  ;  ma  da  un  misto  di  vizj  e  fors'  anche  di  calamità,  gittati 
fuori  affatto  dal  conversare  umano,  senza  volontà  di  lavorare  e 
sdegnosi  d'ogni  servizio,  qualunque  compenso  s'offra  loro,  con- 
tenti dell'aspra  vita  che  hanno  scelta,  e  i  più  di  loro  quasi  af- 
fatto ignudi  (1).  Essi  non  vivono  che  di    vacche     selvagge,   che 

(1)  w  Ne  ho  incontrati  diversi,  (così  Azara  op.  cit.  cap.  i5)  ,  e  quando 
ho  domandato  loro  se  volevano  venire  al  mio  servigio  per  aver  cura  dei 


a88  costume 

cacciano  per  que' deserti,  e  rapiscono  anche  le  donne,  cui  con- 
ducono all'estremità  de'  boschi  deserti ,  ed  alloggiano  in  picciole 
capanne  all'uso  de'selvaggi  vivendo  poi  con  esse  nella  più  tenera 
unione  (i).  Quando  la  loro  famiglia  è  sprovveduta  di  vestito  o 
trovasi  in  qualche  urgente  bisogno,  l'uomo  parte  solo,  va  a  ru- 
bare cavalli  ne1  pascoli  spagnuoli ,  e  li  conduce  a  vendere  al  Bra- 
sile, d'onde  ritrae  quanto  gli  occorre. 

Questi  sono  i  soldati  che  il  Generale  Artigas  ha  radunati 
sotto  i  suoi  erranti  vessilli  j  e  questa  è  la  sola  porzione  degli 
Spagnuoli  Americani  che  sembri  chiamata  a  sostenere  con  buon 
esito  il  partito  dell'indipendenza  }  ma  sarà  l'indipendenza  di  una 
orda  Tartara.  Questi  popoli  erranti  hanno  interessi  diversi  da  que- 
gli de' Negozianti  di  Buenos-Ayres,  e  già  regna  la  discordia  fra 
quelle  due  classi  di  rivoltosi.  La  natura  però  assicura  il  trionfo 
ai  primi. 
Produzioni  di  Buenos-Ayres. 

I  vegetabili  e  gli  animali  delle  immense  pianure  che  stanno 
intorno  a  Buenos-Ayres,  differiscono  considerabilmente  da  quelli 
del  Paraguay.  Il  durasno  fruito  simile  al  persico,  e  che  sembra 
essere  non  altro  che  una  varietà  trapiantata  dall'Europa ,  è  molto 
abbondante:  vi  riesce  anche  il  grano  europeo.  L'yaguar  è  colà 
grossissimo}  ma  la  simia,  il  tapiro,  il  caimano  scompajono  o  di- 
vengono estremamente  rari  dopo  il  32,  e  33  grado  di  latitudine. 
Il  gatto  de' Pampa,  il  (juouya ,    nuova  specie    di    cavia,  che  si 

miei  cavalli ,  o  per  qualsisia  altro  oggetto,  mi  hanno  risposto  col  maggior 
sangue  freddo:  Io  pure  vado  in  traccia  di  qualcuno  che  mi  voglia  servire: 
volete  voi  farlo?  —  Hai  tu  da  pagarmi  ?  io  rispondeva  ,  e  l'altro;  nem- 
meno un  quattrino  ;  ma  voleva  io  vedere  se  per  sorte  aveste  avuto  genio 
di  servirmi  gratuitamente  ». 

(i)  »  Mi  è  occorso  (idem,  ibid.  )  di  scoprire  ed  arrestare  molti  di 
questi  Indiani,  e  di  trovare  ancorale  donne  da  essi  rapite.  Una  di  que- 
ste Spagnuole,  giovane  e  beila,  e  che  da  dieci  anni  conveniva  con  tale 
specie  di  gente,  non  voleva  ritornarsene  ai  parenti ,  ed  era  afflitta,  ch'io 
ve  la  costringessi.  Mi  raccontò  essa  che  il  suo  rapitore  si  chiamava  Cuen- 
cay  ucciso  pocia  da  un  altro;  che  il  secondo  provò  lo  stesso  trattamento 
da  un  terzo,  e  il  terzo  da  un  quarto,  il  quale  fu  l'ultimo  suo  marito. 
La  medesima  non  pronunziava  mai  il  nome  del  primo  Cuenca,  senza  pian- 
gere e  dirmi  che  quegli  era  il  primo  uomo  della  terra,  e  che  sua  madre  do- 
veva essere  morta  nel  partorirlo,  onde  non  ne  nascessero  altri  simili  ». 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  289 

vede  anche  nel  Tucuman  \  la  lepre  vizcascia  che  abita  a  stuoli 
numerosi  nelle  tane}  la  lepre  de' Pampa  ,  il  cui  pelo  serve  a 
fabbricare  morbidi  tappeti  *,  lo  struzzo  Magellanico  che  ama 
le  piante  saline  e  le  pianure  battute  dal  vento  ,  sono  i  prin- 
cipali animali  della  regione  di  Buenos-Ayres.  Vi  sì  trovano  , 
oltre  i  buoi  ed  i  cavalli  ,  cani  d'  Europa  divenuti  salvatici  , 
ed  i  cui  stormi  innumerabili  son  temuti  dagli  abitatori  della 
campagna. 
Regioni  non  occupate. 

Al  sud  di  Valdivia  e  di  Bueoos-Ayres  sono  vasti  paesi  abi- 
tati da  picciole  tribù  d'iudigeui  la  maggior  parte  indipendenti  di 
fatto}  ma  secondo  il  diritto  pubblico  d' Europa  s  e  secondo  tutti 
i  trattati  la  Spagna  ne  possedè  la  sovranità.  Gli  Spagnuoli  dopo 
avere  scoperti  que'  paesi  compresero  le  coste  occidentali  fino  allo 
stretto  di  Magellano  ,  sotto  il  regno  di  Chili  :  le  coste  orientali 
sono  considerate  pai  le  del  vice-reame  della  Piata.  I  geografi  In- 
glesi protestano  contro  queste  divisioni  ,  dicendo  che  que1  paesi 
sono  indipendenti  ,  e  che  è  permesso  a  tutte  le  nazioni  di  for- 
marvi stabilimenti. 
Araucania. 

Abbiamo    già    parlato     dell'isole  di  Chiloe  e  dell'  arcipelago 
vulcanizzato  delle  isole  Ghonos.  Più  al  sud  viene  la  grande  peni- 
sola delle  tre  montagne  e  quinci  il  golfo  di  Pennas. 
Tribù  diverse. 

Sembra   che  i   popoli   indigeni  di  quella     costa    appartengano 
tutti  alla   razza  de' Molusci,    alla    quale  gli  Spagnuoli  diedero    il 
nome  di  Araucanos,  nome  consacrato  dalla  poesia. 
Molusci. 

I  Molusci  propij  abitano  il  fertile  e  ridente  paese  tra  il  fiume 
di  Biobio  e  quello  di  Valdivia.  La  ubertosa  qualità  del  terreno, 
le  acque  abbondanti  e  salubri  ,  un  clima  temperato  corrono  a 
rendere  queila  regione  almeno  eguale  alle  più  belle  parti  del 
Chili  propriamente  detto. 
Cunsci,  Huilisci. 

I    Cunsci    dimorano    da    Valdivia  al  golfo  di  Guayateca.    Gli 

Huilisci  abitano  dall'arcipelago    di   Chonos  fin  verso  il   golfo   di 

rennas:  secondo  qualche  relazione  spingono   le  loro  scorrerie  fin 

\erso  l'ingresso  dello  stretto  di  Magellano.  Queste  due  tribù  sono 

Cost.  Voi,   III.  deW  America.  i£ 


29°  COSTUME 

alleate  de' Molusci  proprj.  La  statura  di  que' popoli  è  grande  nella 
parte  montuosa,  e  media  verso  le  coste:  i  loro  lineamenti  sono  piutto- 
sto regolari ,  e  non  molto  bruna  la  loro  tinta}  si  frammischiarono 
molto  cogli  Spagnuoli ,  che  non  isdegnano  di  comperare  da  essi 
alcune  delle  loro  donne.  Questi  popoli  esercitano  un  po' d'agricol- 
tura ,  raccolgono  alcune  frutte  e  fanno  una  specie  di  sidro}  ma  le 
loro  ricchezze  consistono  nel  bestiame:  possedono  una  quantità  di 
cavalli,  buoi,  guanachi  e  vigogne.  I  buoi  ed  i  guanachi  sommini- 
stra»! loro  un  abbondante  sostentamento,  e  la  lana  della  vigogna 
serve  a  fabbricare  i  ponchi  o  mantelli.  I  cavalli  ,  che  discendono 
dai  cavalli  Spagnuoli  trasformano  questi  indigeni  in  veri  Tar- 
tari (i) }  si  riuniscono  in  un  subito,  fan  viaggi  di  due  o  tre- 
cento leghe,  devastano  il  paese  nemico  e  si  ritirano  col  bottino. 
Ma  per  effetto  della  savia  condotta  di  Don  Higgins  di  Vallenar, 
presidente  del  Chili,  questa  bellicosa  nazione,  che  conta  iom. 
uomini  in  istato  di  portar  l'armi,  riconobbe  trentanni  fa  la 
protezione  della  Spagna,  e  comincia  a  gustare  la  tranquillità  (2). 
Il  commercio  degli  Spagnuoli  cogli  Araucani  si  fa  sotto  l'ispezione 
dei  due  Indiani  che  mantengono  l'ordine.  Parecchi  di  essi  vanno 
a  lavorare  come  giornalieri  nelle  possessioni  spagnuole.  Anche 
qualche  Spagnuolo  si  stabilisce  fra  gli  Araucani  ,  né  sono  rari  ì 
maritaci  fra  le  due  nazioni.  Le  missioni  un  tempo  dirette  da'Ge- 
suiti,  sono  state  riprese  da' Francescani. 
Costituzione  fisica  degli  Araucani. 

Ma  assai  più  estese  relazioni  di  questi  popoli  abbiamo  nel  più 
volte  citato  T^iagero  Universal  (3)  dal  quale  noi  estrarremo  colla 
maggior  possibile  brevità  quelle  notizie  che  bastano  a  farci  cono- 
scere lo  stato  civile  e  morale  de'medesimi.  Gli  Araucani  sono 
generalmente  robusti,  ben  proporzionati,  ed  hanno  un'aria  mar- 
ziale, benché  non  abbiano  una  statura  superiore  all'ordinaria  della 
specie  umana.  Il  loro  colore  è  di  un  bruno-rosso  e  più  chiaro  di 
quello  degli  altri  Americani:  quelli  delle  tribù  de' Boroani  sono 
bianchi  e  biondi ,  hanno  le  forme  rotonde,  gli  occhi  un  po' pic- 
cioli,  ma  vivi  e  pieni  di  espressione,  il   naso  un    po'camuso,  la 

(1)  La-Pèrouse,  tom   II.  pag.  67,  e  tono.    IV.    pag.  96  e  seg, 

(2)  Vancouver,    tom.    V.    pag.   402. 

(5)  V.  Tableau  civil  et  moral  des  Arauean?,  traduit  de  1' Espagnol  du 
T  lacero  wiiversal.   Amialcs  des  Voyages  eie.  Iona.  XVI.  pag.  67  e  seg. 


DEGÙ    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2Cjl 

Locca  ben  fatta,  i  denti  eguali  e  bianchi  ,  le  gambe  forti  e  ben 
formale,  i  piedi  piccioli  e  piatti:  hanno  generalmente  poca  barba, 
come  i  Tartari  ,  riè  si  vede  mai  pelo  sul  loro  corpo ,  attesa  la 
grandissima  cura  che  si  danno  di  svellerli.  Non  così  de' loro  ne- 
ri capelli,  de'quali  è  ricca  la  loro  testa:  il  più  grande  affronto 
che  loro  si  potesse  fare,  sarebbe  quello  di  tagliarli.  I  lineamenti 
delle  loro  donne  sono  più  delicati,  e  per  la  maggior  parte  hanno 
una  bella  apparenza.  Libere  dalle  occupazioni  penose  de' popoli 
inciviliti  ,  non  provano  le  infermità  della  vecchiaja  che  in  età 
avanzata:  non  hanno  capelli  grigi  che  a  sessanta  o  settantanni, 
e  non  divengon  rugose  e  calve  che  ad  ottanta.  Conservano  la  vi- 
sta forte  ,  i  denti  belli,  e  una  buona  memoria  lino  all'  età  più 
avanzata. 
Qualità  morali. 

Le  qualità  morali  corrispondono  alla  vantaggiosa  costituzione 
del  loro  fisico;  sono  intrepidi,  coraggiosi,  arditi,  prodighi  della 
loro  vita,  quando  si  tratta  del  benedetta  loro  patria:  amano  ec- 
cessivamente la  libertà  ,  e  1-  apprezzano  più  di  qualunque  cosa  : 
sono  gelosi  del  loro  onore,  provvidi,  ospitali,  riconoscenti,  fedeli 
ai  trattali,  generosi  ed  umani  verso  i  vinti.  Ma  queste  belle  qua- 
lità vengon  oscurate  dai  vizj  inseparabili  della  vita  quasi  selvag- 
gia, in  cui  si  mantengono  per  mancanza  di  coltura:  tali  sono  Tira- 
briachezza,  l'infingardaggine,  la  presunzione  e  l'alto  disprezzo  che 
dimostrano  per  tutte  le  allre  nazioni* 
Abiti  ed  ornamenti  degli  uomini. 

Gli  Araucani  portano  abiti  corti,  siccome  più  acconci  allo  slato 
militare  che  professano.  Questi  abili  sono  di  lana  e  consistono  in 
una  camicia,  in  una  giubba,  ed  in  calzoni  stretti  e  corti  con  un 
mantello  in  forma  di  scapulare  detto  ponco  ,  aperto  nel,  mezzo 
per  lasciar  entrare  la  testa,  lungo  e  largo  bastantemente  per  co- 
prire le  roani  e  lasciar  libere  le  braccia.  La  camicia  ,  la  giubba 
ed  i  calzoni  sono  sempre  di  color  azzurro  turchino,  che  è  il  co- 
lor favorito  della  nazione  ,  siccome  lo  è  il  rosso  pei  Tartari.  I 
ricchi  però  ne  hanno  de' rossi  ,  de' bianchi  ,  degli  azzurri  ,  con 
righe  larghe  tessute  con  molto  artifizio  ,  in  cui  sono  vagamente 
ricamate  figure  di  fiori  e  di  animali  d'ogni  colore:  i  lembi  sono 
ornali  da  una  bella  frangia.  Essi  non  usano  né  turbanti  né  cap- 
ptlli,  ma  pollano  intorno  alla    tcsla    una  fascia  di  lana  ricamala 


20,2,  COSTUME 

come  i  diademi  degli  anliclii  Sovrani }  e  sogliono,  allorché  salu- 
tano, alzarla  un  poco,  come  in  segno  di  rispetto.  Portauo  altresì 
una  cintura  di  lana  più  larga  ed  egualmente  ben  ornata.  Le  per- 
sone di  un  grado  distinto  portano  stivali  di  lana  e  pantofole  di 
cuoio,  chiamate  s celle  :  il  popolo  va  sempre  a  piedi  nudi. 

Delle  donne. 

Le  donne  si  vestono  con  molta  grazia  e  decenza  :  il  loro  abito 
lutto  di  lana,  e  di  colore  azzurro  turchino,  secondo  il  gusto  della 
nazione  ,  consiste  in  una  tunica,  in  una  banda  ed  in  una  corta 
mantelletta,  appellata  i  scelle,  ch'esse  uniscono  davanti  con  una 
fibbia  d'argento.  Questo  vestito,  consacrato  dall'uso,  non  varia 
giammai:  ciò  non  ostante  per  soddisfare  al  desiderio  d'abbigliarsi 
più  che  sia  possibile  ,  esse  sogliono  ornarlo  con  tutte  quelle  ba- 
gattelle che  il  capriccio  o  la  vanità  può  loro  suggerire  :  esse  divi- 
dono i  loro  capelli  in  molte  trecce  cui  lasciano  cadere  con  grazia 
sulle  loro  spalle,  ornansi  la  testa  con  smeraldi  falsi  da  esse  assai 
apprezzali:  portano  collane  e  braccialetti  di  globelti  di  vetro,  ed 
orecchini  d'argento  di  forma  quadro}  tutti  i  diti  delle  mani  sono 
ornati  d'anelli,  che  per  la  maggior  parte  sono  d'argento.  Vedi 
la  Tavola  3y. 

Gli  Araucani  hanno  molte  mogli  e  costruiscono  una  casa  per 
ciascuna.  Nella  scelta  delle  suppellettili  non  hanno  riguardo  che 
ai  bisogni  di  prima  necessità  :  la  magnificenza  ed  i  comodi  vi 
sono  sconosciuti.  Queste  capanne  non  compongono  villaggi  rego- 
lati, ma  casali  posti  lungo  i  fiumi  o  nelle  campagne.  Ogni  fami- 
glia abita  in  quella  porzione  di  terra  che  ereditò  da'suoi  antenati, 
e  la  cui  coltivazione  le  somministra  la  necessaria  sussistenza. 
Questo  popolo  nemico  della  schiavitù  non  potrebbe  avvezzarsi 
a  vivere  nelle  città  murate  ,  eh'  esso  considera  come  altrettante 
prigioni. 

Divisioni  politiche,  governo,  leggi. 

L' intelligenza  di  questa  nazione  appare  chiaramente  nella  re- 
golarità delle  divisioni  politiche  del  suo  territorio,  il  quale  è  par- 
tito dal  nord  al  sud  in  quattro  Butal-mapu  o  principati  di  un'e- 
stensione presso  a  poco  eguale,  chiamati  Languen-mapu  o  paese 
maritti mo}  Telbun-mapu,  paese  della  pianura  \  Inapire-mapu  , 
paese  sotto  le  Ande  \  e  Pire-mapu,  paese  nelle  Ande.  Ogni  Bu- 
tal-mapu è  suddiviso  in  cinque  aillaregue  o   province  ,  ed  ogni 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2Cj3 

nillaregue  in  nove  regue  o  contee.  Tale  divisione,  che  suppone 
un  ctrlo  grado  di  raffinamento  nell'amministrazione  politica,  è  an- 
teriore all'epoca  dell'arrivo  degli  Spaglinoli,  e  serve  di  base  al 
governo  civile  degli  Araucani,  che  forma  una  specie  di  repubblica 
aristocratica.  Ilanvi  tie  ordini  di  rappresentanti  o  magistrati  subor- 
dinati gli  uni  agli  allri  ,  cioè:  i  Toqui ,  gli  Api-Ulmeni  e  gli 
Ulmeni.  I  Toqui  governano  i  principati  o  Butal-mapu:  sono  in- 
dipendenti fra  di  loro  ,  ma  confederati  pel  bene  pubblico.  Gli 
Apo-TJlmeni  governano  le  province  sotto  i  loro  proprj  Toqui  : 
gli  Ulmeni  che  sono  i  capi  delle  contee  dipendono  dagli  Apo- 
Ulmeni\  la  loro  dipendenza  però  non  si  estende  al  di  là  degli 
affari  militari. 
Segni  distintivi  de"  magistrati. 

11  segno  distintivo  del  Toqui  è  un'accetta  di  porfido  o  di 
marmo:  gli  Apo-TJlmeni  portano  un  bastone  con  un  pomo  d'ar- 
gento, e  vi  aggiungono  nel  mezzo  un  anello  dello  stesso  metallo. 
Tutte  queste  dignità  sono  ereditarie  nella  linea  mascolina.  Que- 
sto governo  che  ha  l'apparenza  del  sistema  feudale,  ne  ha  altresì 
tutti  i  difetti:  i  Toqui  non  hanno  che  l' ombra  della  sovranità: 
il  potere  risiede  nel  corpo  intero  de' capi  i  quali  decidono  gli  af- 
fari d'importanza  in  una  dieta  generale  appellata  butacoyag  o 
auca-coyag,  cioè  gran  consiglio  o  consiglio  degli  Araucani.  Que- 
sti consigli  sono  tenuti  ordinariamente  in  una  vasta  prateria,  ove 
si  delibera  sui  pubblici  affari  in  mezzo  all'allegria  del  banchetto. 
77  loro  codice. 

Il  loro  codice  è  chiamato  admapu,  cioè  costumanze  del  pae- 
se. E  di  fatto  queste  leggi  altro  non  sono  che  le  loro  antiche  co- 
stumanze o  tacite  convenzioni  stabilite  fra  di  loro,  siccome  lo  fu 
dapprincipio  il  codice  delle  leggi  di  quasi  tutte  le  nazioni.  Fia 
le  leggi  politiche  e  fondamentali  le  più  chiare  sono  quelle  che 
regolano  i  limiti  di  ciascun  principato  ,  la  successione  fra  le  fa- 
miglie dei  Toqui  e  degli  Ulmeni,  la  confederazione,  1'  elezione 
ed  il  potere  dei  Generali  in  tempo  di  guerra,  il  diritto  di  con- 
vocare le  diete  generali,  il  quale  appartiene  ai  Loqui ,  e  in  ge- 
nerale tutto  ciò  che  concerne  la  conservazione  della  libertà. 

I  vassalli  non  sono  soggetti  ad  alcun  genere  di  servizio  per- 
sonale, fuorché  nel  tempo  di  guerra*,  né  sono  obbligati  a  pagare 
tributi  ai  loro  signori,  i  quali  devon    vivere  de' loro  proprj  beni: 


20/4  COSTtJME 

essi  li  rispettano  come  i  primi  fra  gli  eguali,  non  s'allontanano 
dalle  loro  decisioni  ,  e  fan  loro  corteggio  quand'  escono  dai   loro 
Stati. 
Leggi. 

Una  socielà  i  cui  costumi  sono  semplici,  e  gli  interessi  poco 
complicati,  non  può  avere  molle  leggi  :  quelle  degli  Araucani  ba- 
sterebbero loro,  se  fossero  migliori  e  meno  arbitrarie.  Il  sistema 
della  loro  giurisprudenza  è  assai  imperfetto:  i  delitti  che  vengon 
puniti  di  pena  capitale,  sono  l'alto  tradimento,  l'assassinio,  l'a- 
dulterio ,  il  furto  e  la  stregoneria:  ciò  non  ostante  un  omicida 
può  evitare  la  pena  capitale  con  un  accomodamento  coi  parenti 
deli' ucciso.  I  padri  di  famiglia  non  vanno  soggetti  ad  alcuna  pe- 
na, quando  uccidono  i  proptj  figli  e  le  proprie  mogli.  I  pretesi 
stregoni  sono  tormentati  col  fuoco  finché  abbiano  scoperti  i  loro 
complici,  e  vengon  poscia  uccisi  a  colpi  di  pugnale.  Agli  altri 
delitti  viene  applicata  la  pena   del  taglione  detta  thaulonca. 

Gli  Ulmeni  sono  i  giudici  legittimi  de' loro  sudditi,  ma  la 
loro  autorità  è  precaria  \  la  saggia  gravità  della  vendetta  pubblica 
non  si  concilia  colle  idee  vaghe  e  grossolane  degli  Araucani  sui 
principj  dell'  unione  politica  ,  per  la  qual  cosa  la  giustizia  di- 
stributiva è  mal  amministrata,  e  spesse  volte  abbandonata  al  ca- 
priccio de' privati:  le  famiglie  che  sono  state  offese  usurpano  so- 
vente il  ci i « i 1 1 o  di  perseguitare  gli  aggressori  o  i  loro  parenti. 
Governo  militare. 

Il  governo  militare  degli  Araucani  non  solamente  è  più  ragio- 
nevole e  più  regolare  del  loro  governo  civile  ,  ma  supera  ben 
anche  per  quanto  sembra  l'intelligenza  di  una  nazione  barbara. 
Appena  che  il  gran  consiglio  determinò  di  fare  la  guerra  ,  si  passa 
all'elezione  del  generalissimo  che  deve  esser  scelto  fra  i  quattro 
Toqui  :  se  nessuno  di  essi  è  giudicato  degno  di  una  tal  carica  , 
si  conferisce  il  grado  generale  al  più  abile  fra  gli  Ulmeni,  e  l'e- 
letto assume  il  titolo  di  Toqui,  riceve  l'accetta  di  pietra,  e  tutti 
gli  altri  Toqui  devono  deporla,  non  essendo  loro  permesso  il  por- 
tarla durante  il  governo  dittatoriale.  Prima  di  dar  principio  alle 
ostilità  ,  il  consiglio  di  guerra  manda  degli  ambasciatori  ,  delti 
Guerqueni  ,  alle  tribù  confederate,  per  informarle  della  guerra 
imminente,  ed  agli  Indiani  stabiliti  fra  gli  Spagnuoli,  per  solle- 
citarli a  seguire  le  parli  de' loro  compatriota.  Le  lettere  credenziali 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  2Cj5 

di  questi  ambasciatori  consistono  in  picciole  frecce  legale  con  un 
fil  rosso,  simbolo  del  sangue.  Quando  le  ostilità  han  di  già  avuto 
principio,  si  aggiugne  alle  frecce  un  dito  di  qualche  nemico  uc- 
ciso. Questa  missione  appellata  pulquitim  ,  viene  eseguita  ne' paesi 
spagnuoli  con  tanta  precauzione,  che  di  rado  si  giugoe  a  scoprirla. 
Il  Toqui  prescrive  ai  capi  delle  province  il  numero  de'  soldati 
che  ciascuno  d'  essi  deve  mandare  dal  suo  distretto.  O^ni  Arau- 
cano  nasce  soldato:  tutti  si  presentano  a  gara  per  andare  alla 
guerra  \  la  nazione  raduna  in  breve  tempo  cinque  o  sei  mila  uo- 
mini, senza  il  corpo  di  riserva  pronto  sempre  a  marciare  quando 
lo  richieda  il  bisogno. 
Soldati. 

Il  loro  esercito  è  composto  di  cavalleria  e  di  fanteria  :  non 
hanno  cominciato  a  far  uso  della  cavalleria  che  dopo  averne  e- 
sperimentati  i  vantaggi  nelle  prime  battaglie  date  agli  Spagnuoli. 
Fin  dal  1 568,  cioè  17  anni  dopo  di  essersi  opposti  all'invasione 
degli  Spagnuoli  ,  avevano  già  molti  squadroni  di  cavalleria  nei 
loro  esercito.  La  fanteria  è  divisa  in  reggimenti  ed  in  compagine, 
1  primi  composti  di  mille^ uomini  e  le  seconde  di  cento.  Ciascun 
corpo  ha  la  sua  bandiera  seguala  di  una  stella  ,  che  è  lo  scudo 
della  nazione. 
Loro  armi. 

I  soldati  non  hanno  uniforme,  ma  portano  sotto  i  loro  abiti 
ordinarj  corazze  di  cuojo  durissimo:  i  loro  elmi  sono  della  stessa 
materia.  La  cavalleria  è  armala  di  lance  e  di  spade,  la  fanteria 
di  picche  o  di  clave  armate  di  punte  di  ferro.  Vedi  la  suddetta 
favola.  Anticamente  usavano  frombole  o  frecce  che  sapevano  sca- 
gliare con  grandissima  destrezza  ,  ma  [quasi  tutti  presentemente 
abbandonarono  queste  armi.  L'esercito  si  pone  in  marcia  al  suono 
de  tamburi:  la  fanteria  va  ancora  a  cavallo}  ma  quando  deve  ve- 
nire alle  mani,  discende  da  cavallo  e  si  ferma  in  battaglioni.  O- 
gni  soldato  è  obbligato  portare  da  casa  sua  le  armi  ed  il  vitto 
secondo  l'usanza  degli  antichi  Romani.  I  viveri  di  ciascun  soldato 
consistono  in  un  sacco  di  farina  di  segale  arrostita,  die  si  discio- 
glie nell'acqua,  e  di  cui  si  ciba  fin  a  lauto  che  possa  vivere  alle 
spese  del  nemico. 
Divisioni  del  bottino ,  prigionieri  ec. 

Le  spoglie  del  nemico  appartengono  a  chi  se  ne  impadronisce: 


296  COSTUME 

gli  ufficiali  ed  i  Toqui  non  godono  alcuna  preferenza  :  i  prigio- 
nieri di  guena  divengono  schiavi  finché  non  sieno  riscattati.  L"W- 
mapu  ossia  il  codice  ordina  che  uno  di  questi  infelici  vmga 
immolalo  alle  anime  de'  soldati  morti  sul  campo  :  ma  sì  crudel 
legge  non  fu  eseguita  che  una  o  due  volte  in  duecento  anni.  Il 
sacrifizio  viene  eseguilo  nella  seguente  maniera. 
Sacrifizio  di  uno  di  essi. 

Gli  uffiziali  ed  i  soldati  formano  un  circolo  nel  cui  centro  si 
pianta  1' accetta,  il  distintivo  onorifico  de'  Toqui ,  iti  mezzo  a  quat- 
tro pugnali,  che  rappresentano  i  quattro  Butal-mapu.  Questo  di- 
sgraziato prigioniere  ,  poslo  per  dispetto  su  di  un  cavallo  senza 
oieccliie  e  senza  coda  è  collocalo  vicino  all'accetta  ,  colla  testa 
rivolta  verso  il  suo  paese.  Gli  si  mette  poscia  nelle  mani  un  fu- 
scello di  bacchette  ed  un  acuto  bastone  con  cui  viene  obbligato 
a  scavare  un  fosso  nel  quale  deve  tonfi-care  le  dette  bacchette 
1' una  dopo  l'altra  pronunziando  nello  stesso  tempo  i  nomi  de'più 
valorosi  gueriieri  della  sua  nazione.  I  soldati  Araucani  rispondono 
a  ciascun  nome  con  orribili  imprecazioni  ,  e  poi  gli  comandano 
di  coprire  la  fossa  ,  come  se  volessero  seppellire  la  gloria  ed  il 
valore  de'nemici  nominati  dal  prigioniere.  Subito  dopo  il  Toqui 
od  alcuno  de' suoi  coraggiosi  campioni  ,  a  cui  venne  accordato 
l'onore  di  quella  funzione,  gli  spacca  la  testa  con  un  colpo  di 
clava,  e  due  ministri  gli  strappano  il  cuor  palpitante  cui  presen- 
tano al  Generale  che  ne  succhia  il  sangue  e  poi  lo  consegna  agli 
uffiziali  perchè  facciano  lo  stesso.  I  soldati  formano  flauti  delle 
ossa  scarnale  del  cadavere,  e  ne  portano  la  testa  su  di  una  picca 
fra  le  acclamazioni  del  popolo,  che  battendo  la  terra  co' piedi  in- 
tona un'orribile  canzone  marziale  accompagnata  dal  suono  lugubre 
di  questi  orridi  flauti.  Si  dà  fine  a  questa  barbara  festa  col  porre 
al  corpo  tagliuzzato  una  testa  di  montone,  e  coll'imbriacarsi  alla 
vista  di  sì  orrendo  spettacolo.  Se  ,  malgrado  dei  colpi  di  clava  , 
il  cianio  non  è  totalmente  infranto,  essi  ne  formano  una  coppa 
della  quale,  secondo  l'usanza  degli  Sciti  ,  si  servono  per  bere 
ne' loro  banchetti. 
Gongresso  per  la  pace. 

Quando  la  guerra  fra  le  due  nazioni  è  terminata  ,  si  tiene  in 
una  bella  pianura  un  congresso  appellalo  huyna-coyag  dagli  A- 
roucfcrff.  Il  Presidente  dog'i  S^ognuoli  ed   il    Toqui   vi    si   recano 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  297 

colla  scorta  stabilita  negli  articoli  preliminari.  I  quattro  Butal- 
mapu  vi  mandano  quattro  deputati:  il  loro  unanime  consenso  è 
necessario  per  la  conclusione  della  pace.  Centotrenta  Ulmeni  col 
loro  relativo  seguito  che  ascendeva  a  due  mila  uomini  assisterono 
al  parlamento  tenuto  dopo  la  guerra  del  1723.  Le  due  parli  con- 
traenti alloggiano  due  miglia  distanti  1' una  dall'altra.  Le  confe- 
renze cominciano  con  molle  cerimonie  d'ambe  le  parti.  Insegno 
della  loro  futura  amicizia  legano  in  un  fascio  nel  mezzo  dell' as- 
semblea  i  due  bastoni  degli  Ulmeni  e  quello  del  Presidente  spa- 
gnuolo. Un  oratore  araucano,  presentando  un  ramo  dell'albero 
della  cannella,  che  appresso  di  essi  è  simbolo  di  pace,  e  met- 
tendo la  mano  sinistra  sul  fascio,  pronunzia  un  discorso  sui  mezzi 
più  atti  a  ristabilire  la  buona  armonia  fra  i  due  popoli,  il  Presi- 
dente spagnuolo  gli  risponde  con  un  altro  discorso  conforme  alle 
circostanze,  e  si  stabiliscono  poscia  gli  articoli  della  pace  che  ven- 
gono ratificati  col  sacrifizio  di  multi  chilihuequi  o  cammelli  Gli i— 
lenesi  (1),  poscia  il  Presidente  si  pone  a  mensa  coi  Toqui  e  cogli 
Ulmeni,  ed  in  nome  del  suo  Sovrano  fa  loro  i  soliti  doni.  Que- 
sta cerimonia  è  rinnovata  ogni  volta  che  si  manda  a  Ghile  un 
nuovo  presidente  spagnuolo. 
Religione. 

Il  sistema  religioso  degli  Araucani  è  semplice  e  conforme  alla 
loro  libera  maniera  di  vivere.  Riconoscono  un  Essere  Supremo 
autore  d'ogni  cosa,  detto  Pillan.  Il  governo  dell'universo  è  mo- 
dellato sulla  polizia  araucana  :  dicono  che  l'Eìsere  Supremo  è 
il  Gran-Toqui  del  mondo  invisibile,  ed  in  questa  qualità  egli  ha 
i  suoi  Apa-Ulmeni  ed  i  suoi  Ulmeni  ai  quali  affiJa  l'ainniini- 
stiazione  di  questo  mondo.  Alla  prima  classe  delle  Divinità  subal- 
terne appartengono  l' Epunanum  che  è  il  Marte  della  loro  na- 
zione, il  Meoulen  od  il  Dio  della  beneficenza,  e  V  amico  del 
genere  umano,  il  Guecubu,  essere  malefico,  autore  delle  malattie 
e  di  tulli  gli  altri  mali.  Gli  Ulmeni  della  gerarchia  celeste  degli 
Araucani  sono  i  Geni  che  presedono  particolarmente  alle  cose 
create,  e  che,  d'accordo  col  buon  Dio  Meoulen,  procurano  di 
bilanciare  l'enorme  potenza  di  Guecubu.  Hanvi  Divinità  maschi 
e  femmine:  queste  sono  sempre  vergini,  poiché  la  generazione  non 

(1)  Vaiìelà  di  Lama,  o,  secondo  altri,  della  vigogna. 


ao,8  costume 

ha  luogo  nel  mondo  intellettuale:  gli  Dei  maschi  sono  chiamati 
Gerii  ossia  signori:  le  femmine  vengoo  appellate  Amey-malghen 
cioè  ninfe  spirituali  *  ed  esercitano  presso  gli  uomini  l'uffizio  di 
spiriti  famigliari:  non  v'ha  un  solo  Araucano  che  non  si  glorii 
di  averne  una  al  suo  servizio,  e  quando  essi  riescono  in  qualche 
affare,  sogliono  dire:  ho  la  mia  ninfa. 

Non  hanno  templi  e  sacerdoti. 

Gli  Araucani  non  hanno  né  templi  né  sacerdoti,  e  non  fanno 
sacrifizj  che  nel  caso  di  una  grave  malattia ,  od  in  occasione  di 
un  trattato  di  pace.  Allora  essi  immolano  animali,  ed  abbruciano 
tabacco,  credendo  che  sia  l'incenso  più  aggradevole  ai  loro  Dei 5 
né  lasciano  in  altri  casi  urgenti  d'invocarli,  indirizzandosi  ordi- 
nariamente a  Pillan  ed  a  Meoulen. 

Sono  superstiziosi  ali*  eccesso* 

Se  dall'uri  canto  gli  Araucani  si  dan  poca  cura  delle  loro 
Divinila,  sono  dall'altro  superstiziosi  all'eccesso  sopra  cosa  di 
minore  importanza.  Intimamente  persuasi  della  veracità  de'loro 
pronostici  fanno  molta  attenzione  ai  segni  fausti  od  infausti  che 
l'immaginazione  ha  loro  suggeriti.  Le  vane  loro  osservazioni  s'ag- 
girano sui  sogni,  sul  canto  e  sul  volo  degli  uccelli.  L' Araucano 
intrepido  che  combalte  coraggiosamente  l'inimico,  trema  alla  vista 
di  un  allocco.  Ne' loro  affari  d'importanza  consultano  gli  stregoni 
ed  i  ciarlatani  che  si  vantano  di  far  piovere,  d'impedire  le  ma- 
lattie, e  di  distruggere  i  bruchi  delle  biade.  Temono  assai  i 
Calca  ,  che  sono  i  pretesi  incantatori ,  i  quali ,  secondo  credono, 
abitano  di  giorno  le  caverne  insieme  coi  loro  discepoli  appellati 
Ivunchi  uomini  animali,  e  di  notte  si  trasformano  in  passeri, 
si  spandono  nell'aria  e  scoccano  frecce  invisibili  coutra  i  loro 
nemici.  La  loro  credulità  si  scorge  particolarmente  ne'serj  racconti 
che  essi  fanno  intorno  le  apparizioni  di  questi  fantasmi  e  degli  spi- 
riti  folletti  dei  quali  raccontano  moltissime  favole. 

Immortalità  dell'anima. 
Tutti  gli  Araucani  sono  di  uno  stesso  sentimento  sull'  immor- 
talità dell'anima.  Credono  che  l'uomo  sia  composto  di  due  so- 
stanze essenzialmente  diverse}  cioè  del  corpo  che  è  corruttibile,  e 
dell'anima  cui  essi  appellano  auc  o  pulii,  che  è  immortale.  Nju 
sono  però  d'accordo  sul  destino  dell'anime  nell'altro  mondo.  Con- 
tengono cogli  altri  Americani,  che  le  anime,  dopo  la  morte,  se 


DEGLI    ABIT Af ORI    DEt    PARAGUAY  2gg 

ne  vanno  dall'altra  parte  del  mare,  verso  1' occidente,  in  un  certo 
luogo  detto  Guelcheman,  cioè,  soggiorno  degli  uomini  oltremon- 
tani. Ma  sonovi  alcuni  che  credono  che  questa  regione  sia  divisa 
in  due  parti,  l' una  piena  di  delizie,  pei  buoni,  l'altra  priva  di 
tutto  pei  cattivi.  Altri  al  contrario  pretendono  che  tulli  gli  uo- 
mini dopo  la  loro  morte,  godano  piaceri  eterni  ,  e  che  le  azioni 
di  questo  mondo  non  abbiano  alcuna  influenza  sullo  stato  futuro. 
Cerimonie  funebri. 

Le  loro  idee  sulla  spiritualità  dell'  anima  non  sembrano  molto 
pure,  come  si  può  scorgere  dalle  cerimonie  usate  ne'  loro  fune- 
rali. Appena  che  un  uomo  passa  da  questa  vita  ,  i  suoi  parenti 
ed  i  suoi  amici,  seduti  in  terra  intorno  al  cadavere,  piangono  per 
qualche  tempo,  e  poscia  abbigliatolo  delle  sue  più  belle  vesti  l'e- 
spongono su  di  un  alto  cataletto  ,  e  passano  tutta  la  notte  ora 
piangendo  e  ora  bevendo  cogli  amici  che  se  ne  vanno  a  conso- 
larli. Questa  assemblea  è  appellata  curicahuin,  cioè  invito  nero\ 
poiché  il  colore  nero  è  appresso  di  essi  il  simbolo  del  lutto.  Nel 
giorno  seguente,  ed  alcune  volte  nel  secondo  o  nel  terzo,  portano 
il  cadavere  in  processione  al  cimitero  della  famiglia,  il  quale  or- 
dinariamente è  posto  in  un  bosco  o  su  di  un  colle.  Due  giovani 
a  cavallo,  correndo  a  briglia  sciolta,  precedono  il  convoglio  <,  i  più 
vicini  parenti  portano  il  feretro  circondato  da  molte  donne  che 
piangono.  Un'altra  donna  spande  dietro  la  bara  calde  ceneri,  af- 
finchè l'anima  del  morto  non  possa  più  ritornare  alla  casa.  Giunti 
alla  sepoltura  depongono  il  cadavere  a  terra,  e  lo  circondano,  a 
seconda  del  suo  sesso,  di  armi  o  d' istrumenti  del  suo  lavoro, 
di  una  grande  quantità  di  viveri  e  di  vasi  pieni  di  vino  o  di 
una  bevanda  di  mais,  tutte  cose  ,  che  secondo  essi,  gli  sono  ne- 
cessarie per  fare  il  suo  viaggio  all'altro  mondo.  Alcuni  usano  ben 
anche  uccidere  un  cavallo  e  sotterrarlo  nella  stessa  tomba.  Dopo 
di  ciò  piangendo  prendono  congedo  dal  morto  ,  gli  augurano 
un  felice  viaggio,  lo  coprono  di  terra  e  di  pietre  sovrapposte  le 
une  alle  altre  io  forma  piramidale,  e  vi  versano  sopra  la  bevanda 
di   mais. 

Il  defunto,  appena  abbandonato  dai  parenti,  vien  trasportato 
all'altro  mondo  da  una  vecchia  trasformata  in  balena  }  ma  prima 
d  arrivarvi,  esso  deve  pagare  il  passaggio  ad  una  cattiva  vecchia 
posta   in  una   stretto,   e   che  cava   un   occhio   a    lutti  i    passeggieii 


300  COSTUME 

che  non  pagano  puntualmente.  Le  anime,  separale  dai  loro  corpi, 
esercitano  le  stesse  funzioni ,  e  come  in  questo  mondo  gli  uomini 
ammogliati  conservano  le  loro  mogli, ma  senza  coabitare  colle  mede- 
sime. Siccome  le  anime  non  si  spogliano  delle  loro  passioni  ter- 
restri, così  esse,  quando  ritornano  a  visitare  la  terra,  combattono 
colle  anime  de' loro  nemici  ,  tutte  le  volte  clie  s'  incontrano  in 
aria.  Da  questi  combattimenti  nascono  le  tempeste,  i  tuoni,  i  ful- 
mini. Conservano  la  memoria  di  un  gran  diluvio,  dal  quale  si 
salvò  poca  gente  che  si  radunò  su  di  un  monte  diviso  in  tre 
punti,  appellato  Thegtheg,  cioè  tonante  o  fulminante,  monte  che 
aveva  la  virtù  di  galleggiare.  Si  presume  che  tal  diluvio  sia  stalo 
la  conseguenza  di  un'eruzione  vulcanica  accompagnala  da  un  gran- 
dissimo terremoto. 

Gli  Araucani  dividono  il  tempo  come  noi  in  anni,  in  giorni, 
in  mesi  e  in  ore  ,  ma  con  un  metodo  diverso.  Il  loro  anno  so- 
lare comincia  il  2.2  dicembre  ,  cioè  immediatamente  dopo  il  sol- 
stizio d'estate,  cui  danno  il  nome  di  Haumathi-pantu,  cioè  prin- 
cipio e  fine  dell'anno.  Chiamano  il  solstizio  di  giugno  Udantl- 
pantu  ,  cioè  divisore  dell'anno  ,  perchè  lo  divide  in  due  parti 
eguali,  e  sanno  determinare  questi  due  punti  importanti  con  molta 
intelligenza  ,  col  mezzo  delle  ombre  solstiziali.  L'anno  è  diviso 
in  dodici  mesi  di  trenta  giorni  ,  di  maniera  che  per  compiere 
l'anno  tropico,  abbisognano  cinque  giorni  di  più,  che  probabil- 
mente aggiungono  all'ultimo  mese.  Dividono  il  giorno  in  dodici 
parli,  sei  di  giorno  e  sci  di  notle  :  ciascun' ora  corrisponde  a  due 
delle  nostre. 
Divisioni  del  tempo,  nozioni  astronomiche. 

Essi  danno  in  generale  alle  stelle  il  nome  di  Uaugeln,  e  le 
dividono  in  molte  costellazioni  ,  che  prendono  i  loro  nomi  dal 
numero  delle  stelle  principali  che  le  compongono.  Le  plejadi  sono 
appellate  Cosublas,  cioè  costellazione  di  sei  stelle  ,  la  croce  an- 
tartica Meliritho,  costellazione  di  quattro  stelle  \  la  via  lattea  è 
chiamata  Rupue-peca  ,  cammino  della  tavola,  in  conseguenza  di 
una  loro  tradizione  popolare,  cui  l'autore  di  questo  viaggio,  con 
nostro  dispiacere  non  ha  riferito.  Sanno  altresì  distinguere  i  pia- 
neti, e  vi  ha  ben  anche  taluno  che  crede  che  questi  pianeti  sieno 
altrettante  lene  abitate  siccome  la  nostra. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  3oi 

Lingua,  retorica. 

La  lingua  Moluscia  o  Araucana  è  dolce  ,  ricca  ed  elegante. 
Essi  coltivano  la  retorica,  la  poesia  e  la  medicina,  ed  hanno  fallo 
in  queste  arti  que'  progressi  che  si  possono  ottenere  senza  libri; 
poiché  fino  al  presente  essi  non  sanno  né  leggere  né  scrivere,  né 
procurano  d'  inslruirsi  o  per  la  naturale  infingardia  comune  a 
lutti  i  selvaggi,  o  per  la  grande  avversione  a  tutte  le  costumanze 
europee.  Essi  fanno  gran  conto  della  retorica  perchè  tale  scienza 
conduce  agli  onori  politici.  Se  il  primogenito  di  un  Ulmeno  non 
sa  ben  aringare  ,  è  escluso  dalla  successione  a  suo  padre  ,  e  ad 
esso  si  sostituisce  quel  fratello  e  quel  più  congiunto  parente  che 
sa  meglio  parlare.  I  discorsi  de' loro  oratori  non  differiscono  da 
quelli  di  tutti  i  popoli  barbari:  lo  stile  è  estremamente  figurato, 
allegorico  ed  ornato  di  frasi  particolari:  in  questa  spezie  di  com- 
posizione impiegano  molti  apologhi  e  molte  parabole  che  sono  il 
fondamento  di  tutto  il  discorso. 

Poesia. 

I  loro  poeti  sono  appellati  gempir  ,  cioè  maestri  di  lingua. 
Questo  nome  espressivo  conviene  perfettamente  ai  medesimi*  poi- 
ché eccitati  da  quell'entusiasmo  che  loro  inspirano  le  passioni  non 
affievolite  dal  raffinamento  della  vita  civile,  non  seguono  altre  re- 
gole ne' loro  discorsi  che  l'impulso  della  loro  immaginazione;  e 
per  conseguenza  la  lor  poesia  non  è  che  un  complesso  di  forti  e 
vive  immagini,  di  figure  ardite,  di  frequenti  allusioni  e  di  escla- 
mazioni patetiche.  Tutto  è  metaforico  ed  animato.  Le  azioni 
de' loro  eroi  sono  ordinariamente  l'argomento  delle  canzoni  degli 
Araucani. 

Medicina. 

Essi  hanno  tre  classi  di  medici,  gli  Arnfibi^x  Vilchi  ed  i  Ma- 
sci  :  i  primi  che  equivalgono  ai  nostri  empirici  sono  i  migliori  di 
tutti,  curano  gli  ammalati  coi  soli  semplici,  e  conoscono  bene  il 
polso.  I  Vilchi  corrispondono  ai  nostri  medici  metodici  :  il  loro 
sistema  principale  si  è  che  tutte  le  malatlie  contagiose  provengono 
dagli  insetti;  e  perciò  le  epidemie  sono  da  essi  chiamate  malattie 
vermiculari.  I  Masci  sono  medici  superstiziosi:  dicono  che  tutte 
le  malattie  gravi  provengono  dai  roalefuj,  e  perciò  questi  vengono 
consultati  ne' casi  estremi,  ne' quali,  siccome  essi  pretendono,  impie- 
gano mezzi  soprannaturali,  cui  pongono  in  pratica  soltanto  di  notte. 


302  COSTUME 

Mezzi  praticati  dai  Masci  onde  guarire  V ammalato. 

Si  illumina  la  camera  dell'  ammalato  ,  e  si  colloca  in  un  an- 
golo fra  molti  rami  d'  alloro  un  grosso  ramo  dell1  albero  della 
cannella,  a  cui  si  sospende  un  tamburo  magico:  vi  ri  aggiugne 
un  montone  pel  sacrifizio.  Il  Masci  comanda  alle  donne  che  tro- 
vansi  presenti  d'intonare  una  canzone  lugubre  al  suono  del  tam- 
burino sul  quale  battono  tutte  nell'  e  guai  tempo.  Frattanto  egli 
con  fumo  di  tabacco  profuma  per  ben  tre  volte  il  ramo  dell'al- 
bero della  cannella,  il  montone  e  l'ammalato}  poscia  si  avvicina 
all'infermo  e  finge  di  aprirgli  il  ventre  per  sapere  ove  trovasi  il 
veleno  che  i  pretesi  stregoni  gli  hanno  dato  :  in  seguito  prende 
il  tamburo  magico,  passeggia  cantando  colle  donne,  e  poi  in  un 
subito  come  fosse  invaso  da  un  potere  soprannaturale  si  getta  a 
terra  facendo  gesti  e  contorsioni  spaventevoli}  apre  e  chiude  gli 
occhi,  e  fa  tutte  le  smorfie  di  un  energumeno.  Durante  questa 
ridicola  convulsione,  i  parenti  del  inalalo  gli  fanno  mille  domande 
sull'origine  e  sui  progressi  della  malattia  :  l'impostore  fanatico 
risponde  a  suo  capriccio,  e  nomina  quali  autori  del  male  quelli 
di  cui  vuol  vendicarsi,  oppure  dà  ambigue  risposte.  Per  tal  ma- 
niera questi  diabolici  impostori  sono  spesse  volle  la  causa  di  or- 
ribili uccisioni}  poiché  i  parenti  degli  ammalati  credendo  alle 
loro  imputazioni  uccidono  senza  pietà  le  persone  calunniate. 
Costumi  ed  usanze. 

Uadmapu,  od  il  codice  nazionale,  permettendo  agli  Araucani 
la  poligamia,  prendono  tante  donne  quante  ne  possono  dotare    o 
comperare}  poiché  per  ammogliarsi  bisogna  ch'essi  diano  al  padre 
della  sposa   una  certa  quanlità  di  beni. 
Poligamia. 

Sogliono  evitare   i    gradi  immediati  di  parentela  :  il  celibato  è 
tenuto  in  dispregio,  chiamano  per  ironia  i  vecchi  celibatarj    vu- 
chiapra,  cioè  vecchi  inutili  ec. 
Cerimonie  nuziali  e  e. 

Le  cerimonie  nuziali  non  sono  molte,  o  per  dir  meglio,  esse 
non  consistono  che  nel  ratto  della  sposa  ,  che  vien  risguardata  , 
siccome  fra  i  Negri  dell'Africa,  come  una  condizione  necessaria. 
Lo  sposo  ,  d'accordo  col  suocero  ,  si  nasconde  in  compagnia  di 
molli  amici  nelle  vicinanze  del  luogo  ,  per  dove  la  sposa  deve 
passare.  Questa  appena   giunta  ,    viene    presa  e  posta  sul  cavallo 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  3o3 

del  suo  marito,  e  legata  fortemente,  malgrado  delle  sue  grida, 
die  souo  di  pura  cerimonia.  In  questa  guisa  ella  è  condotta  con 
molto  rumore  a  casa  dello  sposo,  ove  trovansi  adunati  i  parenti 
di  lui ,  e  dove  si  ricevono  dopo  il  banchetto  nuziale  i  doni  con- 
Tenuti.  Le  spese  delle  nozze  araucane  devono  essere  assai  consi- 
derabili, e  non  ci  sono  che  i  ricchi  che  possano  avere  un  gran 
numero  di  mogli  :  i  poveri  non  ne  hanno  che  una  o  due  tutt'al 
più.  In  questo  paese ,  come  in  tutti  quelli  ne' quali  regna  la  poli- 
gamia, il  numero  delle  donne  supera  quello  degli  uomini.  La  prima 
moglie  appellata  unemdomo  è  sempre  rispettata  come  vera  e  le- 
gittima sposa  da  tutte  le  altre,  ch'essi  chiamano  inandomo  o 
seconde  mogli.  La  prima  presede  ai  lavori  domestici ,  e  governa 
l'interno  della  casa.  Il  marito  indica  all'ora  del  pranzo  quella 
colla  quale  vuol  passare  tutta  la  notte,  comandandole  d'assettare 
il  letto:  le  altre  dormono  nella  stesssa  camera,  ma  non  è  loro  per- 
messo d'avvicinarsi. 
Occupazioni  delle  mogli. 

Oltre  i  lavori  ordinar]  del  sesso,  le  Araucane  sono  obbligate 
ad  occuparsi  di  molli  altri  che  ne' paesi  inciviliti  d'Europa  sono 
riservati  agli  uomini,  e  ciò  a  seconda  della  massima  stabilità  fra 
le  nazioni  barbare,  che  il  sesso  debole  è  nato  pel  lavoro,  ed  il 
forte  per  la  guerra  e  pel  comando.  Ciascuna  deve  ogni  giorno 
presentare  a  suo  marito  una  pietanza  preparata  colle  proprie  mani 
nella  sua  cucina  o  nel  suo  particolar  focolare}  e  per  questa  ragione 
trovansi  nelle  case  degli  Araucani  tanti  focolari  quante  sono  le 
mogli  che  le  abitano  }  e  per  la  stessa  ragione,  quando  si  vuol  do- 
mandare ad  un  Araucano  quante  mogli  egli  abbia,  si  suol  dite 
più  civilmente.  *  Quanti  focolari  avete?  »  Ciascuna  moglie  è  ob- 
bligata ogni  anno  a  donare  al  suo  marito,  oltre  un  abito  finito, 
una  di  quelle  coperte,  appellate  poncho  che  soglion  formare  uno 
de' rami  principali  del  commercio  degli  Araucani. 
Cibi  e  bevande. 

Il  pranzo  ordinario  degli  Araucani  è  assai  frugale:  vivono 
regolarmente  di  formento  e  di  legumi  che  condiscono  in  varie 
maniere:  fan  molto  uso  del  mais  e  de' pomi  di  terra:  benché 
abbiano  in  abbondanza  pollame  e  grossi  piccioli  animali,  pure 
mangiano  poca  carne  semplicemente  cotta  ed  arrostita.  La  loro 
ordinaria  bevanda  consiste  in  birra  di  varie  specie,  od  in  sidro  che 


3  (>4  COSTUME 

preparono  col  mais,  col  mele  e  fratta  del  paese.  Amano  però  as- 
sai il  vino,  cui  comprano  dagli  Spagnuoli.  Il  padrone  di  casa 
mangia  con  tutta  la  sua  famiglia  alla  medesima  tavola,  sulla  quale 
non  si  metton  né  tovaglia  né  salviette  :  i  tondi  sono  di  creta ,  ed 
i  cucchiaj  di  corno  o  di  legno.  Gli  Ulmeni  ne  hanno  d'argento 
ma  non  se  ne  servono  che  per  far  onore  ai  forestieri  di  un  grado 
distinto.  Nell'estate  mangiano  all'ombra  degli  alberi,  che  a  tale 
oggetto  soglion  piantare  intorno  alle  loro  case.  Non  usano  fucile 
per  accendere  il  fuoco :,  ma  come  le  altre  nazioni  selvagge  d'A- 
merica si  servono  di  due  pezzi  di  legno  secco  che  fregano  l'uno 
conlra  l'altro  colle  due  mani  finché  si  accendono.  Da  una  tale 
domestica  frugalità  essi  però  s'allontanano  ne' banchetti  nuziali  e 
funebri  ed  in  altre  straordinarie  occasioni.  Ai  detti  banchetti  con- 
corrono ordinariamente  trecento  persone,  e  si  consuma  più  carne, 
formtnto  e  liquori  di  quel  che  si  consumerebbe  da  un'intera  fa- 
miglia in  due  anni.  Le  bevande  fermentate  sono  l'oggetto  princi- 
pale di   questi   pranzi. 

Musica^  ballo ,  giuoco. 

La  musica,  il  ballo,  il  giuoco  sono  i  loro  ordinarj  divertimenti: 
la  musica  però  merita  appena  tal  nome  sì  per  l'imperfezione  de- 
gli strumenti,  che  sono  flauti  e  tamburi ,  sì  pel  loro  canto  che  è 
assai  sgraziato.  Le  loro  danze,  che  sono  di  diverse  spezie,  sono 
allegre,  ordinarie  e  varie.  Di  rado  le  donne  sono  ammesse  ai  balli 
degli  uomini:  esse  danzano  separatamente.  S'egli  è  vero,  siccome 
dice  il  celebre  Leibnitz,  che  gli  uomini  non  hanno  dimostrato  in 
alcuna  cosa  tanto  spirito  quanto  nell'invenzione  de' loro  giuochi, 
gli  Araucani  possono  lusingarsi  di  non  essere  in  ciò  inferiori  alle 
altre  nazioni.  I  loro  giuochi  dividonsi  in  sedentarj  ed  in  ginna- 
stici :  questi  sono  in  gran  numero  e  per  la  maggior  parte  ingegnosi. 
Fra  i  primi  il  più  singolare  è  il  giuoco  della  corda  da  essi  appel- 
lato comican.  1  giovani  si  esercitano  ordinatiamente  nella  lotta  e 
nella  corsa:  amano  assai  il  giuoco  della  palla  cui  formano  con 
una  specie  di  giunco. 

Giuoco  detto  pacco. 

I  giuochi  detti  pacco  e  pulican  sono  fra  i  giuochi  ginnastici 
i  più  prediletti*,  perchè  servono  come  di  preludio  alla  guerra:  il 
primo  che  rappresenta  l'assedio  di  una  fortezza  viene  eseguito 
nella  maniera  seguente.  Dodici  persone  almeno  tenendosi  per  la 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  3o5 

mano  formano  un  circolo  nel  cui  centro  sta  un  fanciullo  in  pie- 
di }  gli  avversarj  ,  per  lo  più  in  numero  eguale,  tentano  o  col- 
V inganno  o  colla  forza  di  rompere  il  circolo  e  d'impadronirsi  del 
fanciullo,  nel  che  consiste  la  vittoria.  I  difensori  fanno  incredi- 
bili sforzi  per  tenersi  strettamente  legati  :  i  più  robusti  assedia- 
tori  sono  spesse  volte  obbligati  per  istanchezza  ad  abbandonare 
r  impresa. 
Giuoco  detto  pulican. 

Il  giuoco  detto  pulican  ù  del  bastone  curvo  rassomiglia  alla 
sferomachia  dei  Greci.  Questo  giuoco  che  ha  tutta  l'apparenza 
di  una  battaglia  ordinata,  si  eseguisce  con  una  palla  di  legno  in 
una  pianura  di  un  mezzo  miglio  circa,  i  cui  limiti  sono  indicati 
da  alcuni  rami  d'alberi.  I  giuocatori  in  numero  di  trenta  ,  ar- 
mati di  bastoni  curvi  fino  alla  punta  ,  si  dividono  in  due  linee 
disposti  in  guisa  che  ciascuno  di  essi  ha  davanti  a  se  il  suo  av- 
versario. Allorquando  gli  arbitri  destinati  a  ciò  danno  il  segno,  i 
due  avversarj  che  trovansi  nell'ottavo  posto,  tirano  col  loro  ba- 
stone la  palla  da  un  fosso  cavato  nella  terra  ,  e  tentano  di  lan- 
ciarla fino  alla  metà  di  quei  del  loro  partito.  Gli  altri  la  re- 
spingono secondo  la  direzione  favorevole  o  contraria  eh'  essa 
prende,  e  la  vittoria  consiste  a  farla  giugnere  al  termine  della 
banda. 

Tutto  quel,  che  abbiano  finora  riferito  degli  Arauca  ni  ,  deve 
essere  applicato  con  qualche  modificazione  ai  Puelsci  od  abitatori 
del  quarto  Uthan-mapu  situato  nella  Gordigliera,  i quali,  benché 
procurino  di  conformarsi  alle  costumanze  degli  Araucani,  hanno 
nondimeno  maniere  più  rustiche  e  più  selvagge. 
Il  paese  Tuyu. 

Passiamo  le  Ande,  ed  osserviamo  le  regioni  al  sud  di  Bue- 
nos Ayrcs.  Il  paese  chiamato  Tuyu,  posto  tra  il  fiume  Saladillo 
ed  il  fiume  Hucuque  ,  è  sparso  di  piccioli  laghi  e  di  stagni.  Il 
monte  Gasuhati  ,  sebben  lontano  dal  mare  ,  si  scorge  ancora  a 
venti  leghe  da  terra,  ma  son  poco  elevati  i  promontorj.  Il  paese 
contiene  molti  buoi.  Gli  Spagnuoli  hanno  dei  posti  sul  fiume 
Saladillo. 
Le  Pampa  o  pianure. 

Le  Pampa  o  pianure  d'arena,  vere  steppe  d'America  ,  sten- 
donsi  probabilmente  dal  Tucuman  fino  al  4°  grado  di  latitudine. 

Cosi.  Voi.  Ili  delV  America.  20 


3o6  COSTUME 

I  due  fiumi  detti  Colorado  e  Negro  scorrono  per  quelle  vaste  e 
quasi  sconosciute  pianure  :  hanno  ambedue  origine  alle  radici 
delle  Ande  nel  Chili.  Nella  regione  delle  loro  sorgenti  una  serie 
di  laghi  e  di  piccioli  canali  stendasi  paralellamente  alle  Ande,  e 
fa  comunicare  insieme  i  due  fiumi. 

Indiani  della  Pampa  e  Puelsci  ec. 

Gli  Spagnuoli  hanno  dato  il  nome  di  Pampa  ad  una  nazione 
d'Indiani,  la  quale  vive  errante  nella  suddette  immense  pianure.  I 
primi  conquistatori  li  conobbero  sotto  il  nome  di  Querandi,  e  og- 
gidì questi  selvaggi  si  danno  ora  il  nome  di  Puelsci  ,  ora  altri 
nomi,  secondo  le  diverse  divisioni  della  nazione.  Al  primo  giù- 
gnere  degli  Spagnuoli  andavano  essi  errando  verso  la  riva  meri- 
dionale del  fiume  Piata  in  faccia  ai  Charrua  senza  avere  comu- 
nicazione gli  uni  cogli  altri  perchè  privi  di  barche  e  di  canotti. 
Dalla  parte  dell'occidente  confinavano  coi  Guarany  di  Monte- 
Grande,  e  dalla  valle  di  Santiago  ,  coi  luoghi  chiamati  oggidì  S. 
Isidoro  e  las  Gonghas}  dalle  altre  parti  non  avevano  vicini. 

Storia  di  questa  nazione. 

Questa  nazione  ,  siccome  abbiam  di  già  veduto  ,  disputò  il 
terreno  ai  fondatori  di  Buenos-Ayres  con  vigore,  costanza  e  valore 
degni  d'ammirazione}  ma  non  potendo  finalmente  resistere  alla 
cavalleria  nemica,  si  ritirò  al  sud  nel  luogo  in  cui  sussiste  pre- 
sentemente. I  Pampa  vissero  per  lo  passato  della  caccia  di  tatù, 
lepri,  struzzi  abbondantissimi  nelle  loro  campagne:  ma  essendosi 
fra  i  medesimi  moltiplicati  a  dismisura  i  cavalli  marrani,  si  ag- 
giunsero questi  agli  oggetti  di  loro  caccia  e  cibo  ordinario.  Dopo 
i  cavalli  si  moltiplicarono  nelle  stesse  contrade  i  buoi  selvaggi  \ 
ma  poiché  erano  superflui  al  vitto  dei  Pampa  già  ampiamente 
provveduti,  questi  non  pensarono  più  a  nudrirsene  \  e  perciò  que- 
sto armento  non  trovando  verun  ostacolo  alla  sua  moltiplicazione, 
si  estese  fino  al  fiume  Nero  verso  il  /ii  grado,  e  a  proporzione 
verso  occidente  fino  ai  confini  di  Medonza  e  alle  creste  della  Cor- 
digliera  del  Chili.  Gli  Indiani  di  questi  cantoni  vedendo  buoi 
ne'loro  paesi,  incominciarono  a  cibarsene,  ed  avendone  in  copia, 
vendettero  il  superfluo  agli  Araucani  e  ad  altri  Indiani.  Così  il 
numero  di  questi  animali  si  diminuì  nelle  contrade  occidentali, e 
quelli  che  rimasero  si  rifuggirono  nel  paese  dei  Pampa.  Da  ciò 
derivò  che  molte  nazioni  Indiane  abitatrici  nella  parte  orientale 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PAI1AGUAY  307 

di  questa  grande  Cordigliere,  ed  altre  dalla  parte  dei  Patagoni, 
andarono  a  stabilirsi  ne' cantoni,  ov'era  bestiame;  si  collegarono 
coi  Pampa,  che  avevano  già  avvezzato  un  gran  numero  di  cavalli 
da  sella,  estrassero  copia  di  questi  animali  non  che  di  buoi,  e 
corsero  a  venderli  alle  altre  nazioni  della  Gordigliera  e  agli  Spa- 
gnuoli  del  Chili.  Così  finì  ivi  di  distruggersi  la  razza  de'  buoi 
selvaggi.  I  Pampa  e  le  altre  nazioni  confederale  ridotte  per  tutti 
i  sovra  esposti  motivi  a  mancare  di  quel  bestiame,  ch'era  dive- 
nuto necessario  alla  loro  sussistenza ,  incominciarono  poco  prima 
della  metà  dello  scorso  secolo  a  rubare  il  bestiame  domestico  , 
che  gli  abitatori  del  distretto  di  Buenos-Ayres  possedevano  ne'pro- 
prj  pascoli.  Da  qui  ebbe  origine  una  guerra  sanguinosa;  poiché  gli 
Indiani  non  si  contentavano  d'involare  gli  armenti,  ma  ne  uc- 
cidevano i  padroni  ed  i  custodi  ,  quando  erano  adulti  ,  conser- 
vando e  traendo  con  se  le  donne  e  i  fanciulli,  valendosi  di  que- 
sti come  di  schiavi,  finché  giugnessero  all'età  di  contrar  nozze  , 
dopo  di  che  li  rendevano  eguali  a  se  medesimi  nelle  prerogative 
nazionali. 

Nel  corso  di  questa  guerra  i  Pampa  hanno  abbruciato  molte 
case  di  campagna  ,  e  ucciso  migliaja  di  Spagnuoli.  Egli  è  certo 
che  questi  Indiani  erano  collegati  con  altre  nazioni,  ma  essi,  do- 
tati d'incredibile  coraggio,  vi  hanno  sempre  sostenuta  la  parte 
principale.  I  Gesuiti  tentarono  di  formare  dei  Pampa  due  colonie, 
ma  furono  infruttuosi  i  loro  tentativi.  Saranno  incirca  i3  anni, 
così  Azara,  che  i  Pampa  fecero  la  pace  cogli  Spagnuoli,  ciò  non- 
dimeno sono  essi  così  sospettosi,  che  allorquando  io  percorsi  il 
loro  territorio,  spiarono  scrupolosamente  tutti  i  miei  passi,  senza 
inai  presentai  misi  in  faccia  ,  né  lasciarsi  vedere  da  me,  e  ciò  in 
forza  della  buona  scorta  che  mi  accompagnava.  Conseguentemente 
quanto  di  essi  ho  narrato  dipende  dalle  informazioni  che  ho  po- 
tuto istituire  sopra   i  Pampa  da  me  veduti  a  Buenos-Ayres. 

Hanno  questi  Indiani  copia  grande  di  eccellenti  cavalli,  e  li 
cavalcano  al  pari  dei  <5barrua,  Comprano  dagli  altri  Indiani  che 
sono  al  sud  del  loro  paese,  e  da  quelli  della  costa  dei  Patagoni 
i  loro  abiti  di  pelle  e  le  penne  di  struzzo  ;  e  ottengono  dagli  In- 
diani della  Cordigliera  del  Chili  le  coltri  e  i  poncho.  A  queste 
merci  uniscono  altri  oggetti  particolari,  come  fermagli,  stringhe, 
redini  di  cavallo,  sale    ec,  e  vanno  ad  esitarli  a  Buenos-Ayres, 


3o8  COSTUME 

donde  estraggono  in  cambio  acquavite,  erba  del  Paraguay,  zuc- 
chero, confetture,  uva  e  fichi  secchi,  speroni,  morsi,  coltelli  ec. 
Sono  accompagnati  sovente  da  Indiani  della  costa  de' Patagoni  e 
della  Gordigliera  del  Chili }  e  di  quando  in  quando  i  Gacichi  fanno 
una  visita  al  vice-re,  onde  ottenerne  donativi. 

Loro  qualità  fisiche. 

Si  crede  che  questa  nazione  non  conti  più  di  quattrocento 
combattenti.  Il  suo  idioma  è  diverso  da  quello  di  tutti  gli  altri: 
non  ha  verun  suono  nasale  o  gutturale.  La  loro  statura  non  è 
inferiore  alla  Spagnuola  \  ma  in  generale  hanno  più  forti  le  mem- 
bra, più  rotonda  e  grossa  la  testa,  più  brevi  le  braccia,  la  faccia 
più  larga  e  più  severa  degli  altri  Indiani  ,  il  colore  meno  cupo. 

Acconciatura  de1  capelli. 

Non  usano  dipingersi  il  corpo,  o  tagliarsi  i  capelli:  gli  uomini 
ne  sollevano  in  allo  tutte  le  punte  e  le  annodano  con  una  stringa, 
di  cui  si  cingono  il  capo  sopì  a  la  fronte:  le  donne  separano  in 
due  parti  eguali  le  loro  chiome  ,  e  formano  di  esse  due  code 
grosse  ,  lunghe  e  fasciate  come  quelle  de' soldati  ,  le  quali  non 
cadono  giù  loro  sulla  schiena  ,  ma  per  le  orecchie  a  foggia  di 
lunghe  corna  ,  che  ad  esse  discendono  sulle  spalle  e  lungo  le 
braccia.  Sono  queste  le  più  pulite  fra  le  donne  Indiane,  ma  son 
fors' anche  più  vane,  orgogliose  e  severe. 

Barbotto,  abiti)  ornamenti. 

Gli  uomini  non  usano  il  barbotto,  né  si  coprono  con  alcun 
abito,  sia  allorquando  vanno  alla  guerra  o  alla  caccia  ,  sia  stan- 
dosi in  casa  loro,  a  meno  che  il  freddo  non  ve  li  costringa  : 
quando  però  si  recano  a  Buenos-Ayres  vestono  il  poncho.  I  più 
ricchi  portano  un  cappello,  una  sottana  e  qualche  stoffa  che  loro 
copre  i  lombi.  I  capitani  o  Cacichi  hanno  un  abito  e  una  sottana, 
dono  del  vice-re  ,  ed  una  cintura  di  stoffa  di  bautta.  Niuno  di 
essi  porla  camicia  o  calzoni,  e  avvisano  anzi  che  non  se  ne  diano 
loro,  perchè  troverebbero  incomodo  il  servirsene.  Le  donne  non 
si  dipingono  il  corpo,  e  fanno  uso  di  pendenti,  collari  e  monili 
di  poco  valore.  Le  medesime  si  avviluppano  in  un  poncho  ,  che 
ne  copre  interamente  il  seno  ,  né  lascia  vedere  del  loro  corpo 
altro  che  le  mani  e  la  faccia.  Forse  in  casa  propria  andranno 
meno  coperte.  Le  mogli  e  le  figlie  de' più  agiati  Indiani  pon- 
gono maggior  cura  nel  loro  abbigliamento  :    esse   inseriscono  nel 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  3oQ, 

loro  poncho  una  dozzina  di  piastre  di  rame  sottili  e  rotonde,  die 
hanno  un  diametro  fra  i  tre  ed  i  sei  pollici ,  egualmente  distan- 
ti l'una  dall'alt™.  Portano  inoltre  stivali  di  pelle  o  cuojo  sot- 
tile copiosamente  guerniti  di  chiodi  di  rame,  de' quali  carica  è 
la  testa  e  la  base  larga  di  sei  linee.  Le  briglie  e  gli  speroni  sì  di 
esse  che  dei  loro  mariti  sono  carichi  di  piastre  d'argento.  Non  si 
è  mai  trovata  fra  altre  nazioni  Indiane  tanta  disuguaglianza  di 
ricchezze  nel  vestito  e  nel l'  abbigliamento, 

Loro  capi  o  Cacichi. 

Essi  hanno  de' capi  o  Carichi^  i  quali  privi  del  diritto  di  co- 
mandare, di  punire,  di  esigere  cosa  veruna,  sono  ciò  nulla  ostante 
molto  reputati  dagli  altri,  i  quali  adottano  ordinariamente  tutte 
le  proposizioni  dei  primi ,  perchè  li  suppongono  maggiormente 
dotati  d'ingegno,  accortezza  e  valore.  Ogni  capo  abita  un  di- 
stretto separato,  unitamente  a  quelli  della  sua  orda  \  si  radunano 
tutti  allorquando  si  tratta  di  fare  la  guerra ,  o  che  l' interesse  co- 
mune il  richiede.  Del  rimanente  essi  non  coltivano  la  terra  ove 
lavorano:  l'arte  di  cucire  e  fabbricare  stoffe  è  loro  ignoto.  Non 
conoscono  religione ,  sommissione,  leggi  ed  obbligazioni,  premj  o 
castighi,  suoni  e  danze:  s'imbriacano    solo  di  frequente. 

Altre  loro  costumanze. 

Alcuni  di  essi  sono  forniti  d'alcun  poco  di  barba  ,  e  ciò  de- 
riva dalla  mescolanza  della  loro  razza  coi  fanciulli  ,  e  colle  donne 
che  si  tolsero  nella  cessata  guerra.  Sembra  ad  Azara  che  l'ami- 
cizia conjugale  sia  più  fotte  fra  i  Pampa  che  presso  ogni  altro 
Indiano}  che  rari  vi  sieno  la  poligamia  ed  il  divorzio  $  e  che  più 
di  tutti  gli  altri  selvaggi  dimostrino  tenerezza  ai  proprj  figli ,  ad 
onta  che  non  diano  ai  medesimi  alcuna  istruzione. 

Abitazioni. 

Le  loro  tende  o  case  portatili  sono  ben  presto  costrutte.  Es- 
si conficcano  in  terra  tre  piuoli  della  grossezza  di  un  pugno, 
quattro  piedi  in  circa  distanti  l'uno  dall'altro:  quello  di  mezzo 
è  più  lungo  dei  laterali*,  tutti  terminano  all'alto  in  forma  bifor- 
cuta. A  due  tese  incirca  da  questi  ne  dispongono  altri  tre  simili 
ai  pi  imi  e  coll'ordine  medesimo:  e  poi  sulle  sommità  biforcute 
dei  piuoli  che  si  corrispondono  collocano  orizzontalmente  tre  ba- 
stoni o  canne ,  sopra  cui  stendono  pelli  di  cavallo.  Quesl'è  la 
tenda  inalzata  per  tutta    una  famiglia,  che  vi    sta  sotto  coricata 


3  IO  COSTUME 

sopra  pelli  ,  e  dormendo  sempre  stese  sul  dorso.  Se   il  freddo  è 
molesto,  le  parti  laterali  della  tenda  vengono  riparate  cou  altre 
pelli  poste  verticalmente.  Contraggono  nozze  seguendo  1'  uso  me- 
desimo de'Charrua. 
Armi. 

I  Pampa  non  conoscono  né  archi  ,  né  frecce.  Azara  è  d'opi- 
nione che  questi  Indiani  non  ne  abbiano  fatto  uso  giammai ,  e 
crede,  che  quanto  si  dice  nelle  antiche  relazioni,  le  quali  attri- 
buiscono le  frecce  a  questo  popolo  sia  effetto  di  equivoco  fatto 
fra  esse  e  quello  de'  Guarany  suoi  alleati  nella  guerra  contro  la 
Spagna.  Niun  popolo  è  più  tenace  delle  sue  antiche  costumanze 
quanto  il  selvaggio,  simile  in  questo  ai  quadrupedi  delle  sue 
contrade:  quelli  pertanto  che  usavano  frecce,  non  vi  hanno  ri- 
nunziato giammai ,  nemmeno  dopo  l'arrivo  degli  Spagnuoli,  nella 
quali' epoca  si  sono  limitati  ad  aggiungere  alle  prime  armi  loro 
quelle  di  nuova  scoperta.  I  Pampa  usavano  anticamente  di  un 
dardo  o  bastone  armato  di  punta  .;  che  maneggiavano  vicino  al 
nemico  ,  e  lo  lanciavano  se  ne  erano  distanti:  lo  hanno  essi  pro- 
lungato e  trasformato  in  una  lunga  lancia,  la  quale  è  loro  quasi 
inutile  quando  combattono  a  cavallo.  Conservano  le  antiche  loro 
palle,  le  quali  sono  di  due  spezie:  1'  una  è  composta  di  tre  pie- 
tre rotonde  grosse  quanto  il  pugno  della  mano,  coperte  di  pelle 
di  bue  o  di  cavallo,  pel  centro  delle  quali  passano  cordoni  di 
cuojo  della  grossezza  di  un  dito,  e  lunghi  tre  piedi.  Prendono 
in  mano  la  più  picciola  di  queste,  e  dopo  aver  fatto  girar  con 
violenza  le  altre  al  disopra  delle  loro  teste,  le  scagliano  ad  una 
distanza  di  cento  passi  :  il  moto  di  rotazione  impresso  a  tali  mac- 
chine fa  che  s'avvolgono  coi  loro  cordoni  attorno  alle  gambe  o 
al  collo  dell'uomo  od  animale  preso  di  mira,  in  modo  che  que- 
sti non  se  ne  possa  sciogliere  io  tempo.  L'altra  arme  di  questa 
natura  si  riduce  ad  una  sola  pietra  chiamata  palla  perduta.  Essa 
è  grossa  quanto  l'altre,  e  più  picciola  soltanto  se  la  materia 
ond'è  formata  sia,  come  accade  talvolta  ,  ottone  o  piombo.  Cj- 
perta  di  cuojo  sta  la  medesima  raccomandata  ad  una  coreggia 
lunga  incirca  tre  piedi.  Se  ne  servono  i  Pampa  aduso  di  fionda, 
allorquando  i  loro  cavalli  corrono  a  briglia  sciolta,  e  lanciata 
porta  colpi  terribili  alla  disianza  di  i5o  possi,  ed  anche  al  di  là. 
In  vicinanza  dell'oggetto  i  Pampa  vibrano  il  colpo  seuza   lanciarla. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    PARAGUAY  3 1  I 

Somma  è  la  perizia  dei  medesimi  nel  trattare  queste  due  specie 
di  armi  utilissime  loro  nella  caccia  de' cavalli  selvaggi  e  d'altri 
animali,  e  di  cui  fanno  abbondante  provvisione  in  occasione  di 
guerra.  All'epoca  della  conquista  Spagnuola  fu  con  queste  armi 
ch'essi  avvilupparono  e  fecero  perire  in  battaglia  Don  Diego  de 
Mendoza  fratello  del  fondatore  di  Buenos- Ayres,  e  nove  altri  dei 
primi  capitani,  e  gran  numero  di  Spagnuoli  che  ascesi  a  cavallo 
loro  si  fecero  incontro.  Coli' attaccare  della  paglia  accesa  alle  co- 
reggie  delle  palle  perdute  pervennero  essi  ad  incendiare  molte  case 
di  Buenos-Ayres,  e  perfino  alcuni  bastimenti.  La  loro  maniera  di 
guerreggiare  è  simile  a  quella  dei  Cliarrua  :,  ma  essendo  il  loro 
paese  piano  e  privo  di  fiumi  o  di  boschi,  sono  per  conseguenza 
meno  esercitati  alle  imboscate:  suppliscono  però  a  tale  imperfezione 
colla  sagacilà  e  col  coraggio  spinti  all'ultimo  grado,  non  che  colla 
superiorità  dei  loro  cavalli,  e  coli' arie  loro  nel  maneggiarli. 
Comarca  desierta. 

Più  al  sud  delle  suddette  pianure  de' Pampa  ,  la  carte  Spa- 
gnuole  pongono  la  Comarca  desierta,  vale  a  dire  provincia  de- 
serta, che  si  stende  dal  4°  e  4^  grado  di  latitudine.  La  sola  co- 
sta è  stata  esaminata  paratamente.  Le  baje  Anegada,  Camarones, 
San-Giorgio  ed  altre  sono  comode,  ma  non  vi  si  troverebbe  da 
far  legna  ,  da  far  acqua,  né  abitatori:  gli  uccelli  acquatici  ed  i 
lupi  marini  regnano  senza  rivali  su  quelle  triste  spiagge. 
La  tribù  degli  Argueli  o  dei  Cesari. 

Presso  al  Capo-Bianco  la  terra  si  copre  di  qualche  cespuglio, 
e  sonovi  immense  pianure  coperte  di  sale.  Verso  le  sorgenti  del 
fiume  di  Camarones,  e  probabilmente  a  poca  distanza  da  quelle 
del  Gallego,  fra  il  (\ò  e  44  grado  di  latitudine,  dee  rintracciarsi 
la  dimora  della  nazione  detta  degli  Argueli  o  dei  Cesari.  »  Quel 
paese,  dice  il  Padre  Feuillée  (i),  è  estremamente  fertile  ed  ameno, 
e  cinto  a  ponente  da  un  grande  e  rapido  fiutne  ,  che  sembra  lo 
separi  dagli  Araucani.  Le  cordigliere  che  accerchiano  questo  paese 
ne  rendono  parimente  difficile  l'accesso.  I  Cesari  sono,  almeno  in 
gran  parte  discendenti  dagli  equipaggi  di  tre  vascelli  Spagnuoli, 
che  annojiti  dagli  steuti  di  un  lungo  viaggio  si  ribellarono  prò- 

(i)  Seguendo  le  relazioni  fattegli  dagli  Spagnuoli  del  Chili.  Observatio- 
nes ,  tom.  I  pag.   2g5. 


3l2  COSTUME 

Labilmente  e  si  rifuggirono  in  quella  valle  isolata.  Non  permet- 
tono essi  a  chicchessia  d'entrare  nel  loro  paese  ».  Certamente 
sarebbe  bello  il  vedere  (i)  il  miscuglio  d'ogni  cosa  che  debbesi 
esser  fatto  presso  costoro  per  la  convivenza  di  donne  americane 
selvagge  con  que' rozzi  marina  j ,  che  pure  in  paragone  qualche 
seme  di  coltura  doveano  aver  tratto  dalla  prima  educazione*  e 
l'osservare  come  ,  mancata  ogni  comunicazione  col  paese  nativo  , 
e  finiti  gli  scarsi  mezzi  di  industria  che  poterono  aver  recato  seco 
in  quel  loro  stabilimento  ,  seppero  supplire  ai  medesimi  \  e  che 
bizzarra  confusione  sia  nata  dai  pochi  lumi  di  religione  e  di  ci- 
viltà di  quei  marina]  colla  barbarie  di  quelle  donne  *,  e  simil- 
mente de' corrotti  costumi  de'primi  coi  costumi  semplici  e  schiet- 
ti delle  seconde:  cose  tutte  le  quali  naturalmente  dovettero  di 
buon'ora  trasfondersi  nella  figliolanza  sopraggiunta.  E  a  tutte  esse 
forza  è  aggiugnere  in  contrapposto  l'influenza  di  una  parte  della 
comunicazione,  forse  anche  fortuita  solamente  con  qualche  orda 
selvaggia,  e  dall'altra  parte  quella  delle  reminiscenze  e  tradizioni 
de' padri.  Meritava  questo  fatto  d'essere  accennato,  poiché  consi- 
deralo in  tutte  le  sue  circostanze  può  forse  riguardarsi  come  u- 
nico,  o  per  lo  meno  meraviglioso.  £  quando  fia  ,  in  qualunque 
tempo  ciò  poi  avvenga,  che  colà  si  penetri,  le  cose  che  di  quel 
paese  saranno  riferite,  non  di  molto  varieranno  del  carattere  che 
del  singolare  avvenimento  ci  siamo  formati. 
I  Tehueli. 

I  Tehueli  dimorano  nell'interno  fra  la  Comarca  deserta  e  le 
Ande.  Si  dice  che  questi  Indiani  sieno  uomini  pacifici  d'indole 
e  di  umani  costumi ,  aventi  l'alta  statura  de'Puelci,  e  da  taluni 
creduti  un'orda  de' medesimi:  forse  per  questo  vedesi  in  alcune 
carte  notato  questo  nome  tra  il  Rio-Colorado  e  il  Rio-Negro  circa 
il  4°  grado.  Essi  non  conoscono  né  religione,  né  agricoltura,  e 
vivono  di  cacciagione  che  somministra  loro  alimento  e  vestito. 
Delle  pelli  delle  varie  fiere  fanno  certi  mantelli  quadrati,  che  ven- 
dono ai  Pampa  in  ricambio  di  acquavite,  d'erba  del  Paraguay, 
di  coltelli  ed  altre  cose  che  i  Pampa  traggono  da  Buenos-Ayresj. 
Pare  che  l'acquisto    dei    cavalli    abbia    fatto    ad    essi    aggiungere 

(i)  Così  1'  autore  della  storia  dell'  America  pubblicata  in   Milano  nel 
i8af  ,  in  continuazione  alla  Storia  Universale  di  Segur,  toni.  XII.  cap.  IV. 


DEGLI   ABITATORI   DEL    PARAGUAY  3l3 

qualche  rito  nel  tumulare  i  loro  morti  ,  che  certamente  i  loro 
maggiori  non  aveano:  imperocché  sappiamo,  che  quando  credono 
che  il  cadavere  sotterrato  abbia  perduto  le  sue  carni  ,  vanno  a 
disseppellirne  lo  scheletro,  e  a  mondarlo;  indilo  portano  o  sul- 
l'arida spiaggia  del  mare,  o  nel  deserto,  ed  ivi  il  pongono  entro 
una  picciola  capanna  in  mezzo  agli  scheletri  de'loro  cavalli.  Fai- 
liuer,  che  ci  ha  parlato  de'Tehueli,  considerata  l'alta  loro  sta- 
tura e  la  vita  vagabonda  che  menano  ,  non  ha  esitato  a  confon- 
derli coi  Paragoni,  dicendo  essere  essi  appunto  gli  uomini  singo- 
lari, che  parecchi  navigatori  hanno  veduto  sulla  costa  dello  stretto 
di  Magellano,  non  dubitando  punto  che  fin  là  sovente  i  Tehueli 
non  ispingano  le  loro  corse  ,  siccome  frequentano  altresì  unita- 
mente ad  altre  orde  le  steppe  di  Buenos-Ayres.  Ma  se  dovessimo 
prestar  fede  ad  Hawkin's,  il  quale  dice  che  i  Patagoni  sono  per- 
fidi e  crudeli,  questi  non  sarebbero  al  certo  i  placidi  Tehueli  di 
Fulker.  Oltre  a  che  facile  è  intendere  come  possano  i  Tehueli 
comprendersi  tra  le  orde  che  frequentano  le  steppe  di  Buenos- 
Ayres  ,  di  nulla  più  che  di  due  gradi  distanti  dal  paese  in  cui 
soglionsi  porre}  ma  è  difficilissimo  concepire  come  e  perchè  pos- 
sauo  correre  fino  allo  stretto,  non  distante  dall'ordinaria  loro  di- 
mora meno  di  dodici  in  quindici  gradi.  Ben  sembra  potersi  dirp, 
che  nella  vasta  estensione  del  paese  da  noi  circoscritto  abitino 
orde  selvagge  cavalcatrici ,  ed  alcune  di  statura  straordinaria  ,  le 
quali  talora  sì  spargono  verso  le  coste  confinanti  collo  stretto  , 
qualunque  sia  la  più  o  meno  lunga  linea  che  così  facendo  per- 
corrano, e  l'oggetto  che  a  ciò  le  guidi:  sicché  poi  quantunque 
sieno  di  generazione  diversa,  dai  navigatori  possono  essere  stale 
prese  1' una  per  l'altra,  massimamente  infino  a  che  ciascuna  d'esse 
non  sia  stata  ben  esaminata  da  vicino,  e  non  ne  sia  stato  notato 
quanto  può  farla  con  giusta  ragione  o  confondere  insieme,  o  di- 
stinguere. Lo  stesso  accuratissimo  Azara  non  ci  ha  su  questo  ar- 
gomento somministrali  lumi  maggiori  di  quelli  che  avevamo  in- 
nanzi di  lui  (i). 


(i)  Azara,  viaggio  nell'America  meridionale,  cap.  X. 


3i4 


TERRE    MAGELLANICHE. 


LA  PATAGONIA. 


E 


ccoci  giunti  in  quell'estremità  dell'America  meridionale  de- 
nominata Patagonia  da  quel  popolo  d'alta  statura,  che  probabil- 
mente ne  occupa  l'interno,  da  que'giganti  che  eccitaron  sì  a  lungo 
la  curiosità  de' viaggiatori,  de' geografi  e  de' naturalisti.  Le  repli- 
cate relazioni  avute  intorno  a  questi  popoli  ,  purgate  da  ogni 
preoccupazione  od  esagerazione,  non  permettono  più  di  dubitate 
ch'essi  non  sieno  veramente  una  speziale  razza  d'  uomini,  comun- 
que per  certi  aspetti,  sia  stato  facile  a  taluno  confonderli  con 
altra  gente  frequentatrice  delle  coste  sulle  quali  essi  sono  stati 
veduti.  Nel  tempo  stesso  le  medesime  relazioni  mettono  la  storia 
d'America  in  diritto  di  dire  quanto  oggi  è  palese  (i)  sì  intorno 
alla  contrada  da  essi  abitata,  come  intorno  si  carattere  e  ai  co- 
stumi che  se  ne  sono  notati. 

(i)  Eccole  principali  relazioni  sulle  Terre  Magellaniche. 

Bernhardi  Jansz  vera  et  accurata  Descriptio  cladium  omnium  ,  quae  acci- 
derunt  quinque  navihus  anno  1698,  Amstaelodamo  expeditis ,  et  per 
fretutn  Magellanium  ad  Moluccanas  perrecturis  etc.  V.  la  IX.  parte 
della  collezione  de' Grandi  Viaggi  di  Teodoro  de  Bry,  pag.  56. 

Reyse  gedaen  in  de  Jahren  1615-16-17,  door  de  straet  Magellunes ,  door 
Vili.  Corri.  Schouten.  Amsterd.  ,   1617,  in  4-° 

Découverte  du  détroit  de  Lamaire  (in  Olandese).  Amsterd.  ,  1618,  in 
4-°  in  Francese,  ibid.,  1618,  in  4-°  ni  Tedesco,  ibid.,  1168,  in  4-° 
Lo  stesso  in  Latino  col  titolo  seguente  :  Novi  freti  in  parte  meridio- 
nali freti  Magellani  in  magiium  mare  Australe  detectio  facta  a  GuilL, 
Corn.  Schouten  etc.  Amsterd.,  1618  ,  in  4-°  Lo  slesso  ancora  in  La- 
tino, ornata  di  7  stampe.  Amsterd. ,  1620,  ibid.,  1621,  in  4-°  Lo  stesso 
ancora  in  Latino  sotto  il  1  itolo:  Diarium,  vel  Descriptio  laboriosissimi 
ac  molestissimi  itineiis  etc.  Amsterd. ,  1648,  in  4>°  in  Francese,  Pa- 
rigi,  1619  e   i63o  in  4-° 

La  navigazione  di  Lemaire  senza  quella  di  Schouten  venne  per  la  prima 
volta  pubblicala  in  Latino  col  titolo  seguente: 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    TERRE     MAGELLANICHE  3 1  5 

Situazione  della  Patagonia. 

Mentelle  e  Malte-Brun  limitano  la  Patagonia  a  quella  regione 
che  trovasi  al  sud  del  /16  o  q7  grado  di  latitudine.  Questa  estre- 
mità del  continente  Americano,  che  è  il  terreno  continentale  più 

Speculum  orientalis  occidentalisque  navigationis  quarum  una  Georgii  a 
Spilbergen  ,  altera  Jacobi  Lemaire  auspiciis  imperioque  directa.  Leida, 
161-9,  in  4»°  obi.  Trad.  in  Francese:  Miroir  Oest.  et  West-Indical  , 
auquel  son  descriptes  les  deux  deruieres  navigations  etc.  Amsterd  .  , 
1621  iu  4-°  obi.  fig.° 

Novus  Orbis  sive  Descriptiolndiae  Orientalis,  auctore  Antonio  de  Herrera. 
Metaphrasti  Barlaei  accesserunt  Navigationis  nuper  australis  Jacobi  Le- 
maire Historiae.  Amsterd.  ,  1623,  in  f.° 

Relazion  de  deux  caravelles  que  le  Roi  d' Espagne  envoye  de  Lisbonne. 
1' au  161 8  sous  la  conduite  du  capitarne  don  Jean  de  More,  pur  vi- 
siter  le  passage  de  Lemaire  etc.  Si  trova  ne'  cataloghi  la  notizia  di 
questa  relazione    senza  data. 

Recueil  et  Abrégé  de  tous  les  voyages  qui  ont  été  faits  devers  le  détroit 
de  Magellan.  V.  Bibliothèque  des  Voyages  de  de-la-Richurderies,  Part. 
V.  sect.  1. 

Relacion  del  Viage  que  por  orden  de  Su  Majestad  hisieron  los  capitanes 
Bartholomeo  Garcias  y  Gonzales  deNodal,  descubi  indento  del  estrecho 
nuevo  de  San-Vincente  y  reconocimiento  del  de  Magellanes  Madrid, 
1621  ,  in  4«° 

Descripcion  geografica  de  la  Region  Austral  y  Magellanica,  por  Seyxas 
de  Louero.  Madrid.    1690,  in  4-° 

Johu  Narborough's  Voyage  to  the  streights  of  Magellan  ,  account  of  Se- 
veral  late  voyages  to  the  south  and  north,  London ,  i6g4,  in  8.°  ibid. , 
1711  ,  in  8.°  Trad.  in  Francese,  Parigi,   1722,  in   12.0 

Voyages  aux  Terres  Magellaniques,  par  Cowley.  Trad.  dall'  Inglese  Rouen, 
1711,  in  12.0 

Voyage  aux  Terres  Magellaniques,  par  Jean  Wood.  Trad.  dall'Inglese. 
Amsterd.,  171 2,  in  12.0 

Essai  sur  les  Patagous,  par  1' Abbè  Coyer.  Paris,   1767,  in  8° 

Viage  à  1'  estrecho  de  Magellanes,  por  el  cap  Pedro  Sarmiento  de  Gam- 
boa,  en  los  annos   1699  y    1600  etc.  Madrid,  1768,  in  4-° 

Journal  historique  d'un  voyage  aux  iles  Malouines  fait  en  1766  et  1764? 
et  de  deux  voyages  au  détroit  de  Magellan  etc.  par  Antoi ne- Joseph 
Pernetty.  Berlin,  1769,  2  voi.  in  8.°  Lo  stesso,  Paris ,  1770,  2  voi 
in  8.°  fig.°  Trad.  in  Inglese.  Londra,  1770,  in  4-°  e  ibid,  1794,111  4-° 

Description  of  Patagonia  and  the  adjoining  parts  of  Soulh-Amevica,  and 
some    particulais  relati ng  to  Falkland    islands,  by  Thomas   Falkaer. 


3l6  COSTUME 

australe  che  siavi  sul  globo  ,    merita   senza    dubbio    il    nome    di 
paese  freddo,  sterile  e  selvaggio. 

Clima. 

Ma  i  venti  impetuosi  ed  i  subitanei  cangiamenti  di  tempera- 
tura non  sono  incomodi  particolari  alla  Patagonia,  ma  bensì  ca- 
ratteri inerenti  ai  climi  de' proraontorj  o  delle  estremità  di  un 
continente  qualunque.  Nella  Patagonia  però  tutte  le  circostanze 
che  possono  contribuirvi,  trovami  riunite  al  più  alto  grado.  Tre 
vasti  oceani  separano  quella  terra  da  tutto  l'universo:  venti  e 
correnti  opposte  vi  si  incontrano  in  quasi  tutte  le  stagioni:  un'alta 
e  larga  catena  di  montagne  la  percorre  e  la  riempie  a  metà:  non 
ha  vicina  alcuna  terra  temperala  o  coltivata. 

Pianure  e  monti. 

Si  è  di  recente  osservato  che  la  pianura  o  la  parte  orientale 
differiva  essenzialmente  dalle  montagne  che  formano  la  parte  oc- 
cidentale. La  prima  arida,  nuda,  arenosa,  priva  affatto  d'alberi; 
gode  di  un'aria  asciutta  e  serena}  il  calore  dell'estate  è  dai  5 
ai  9  gradi  di  Réaumur.  La  seconda  formata  di  rocce  primitive, 
bagnata  di  fiumi  e  cascate,  coperta  di  boschi,  va  soggetta  a  quasi 
perpetue  pioggie.  Il  caldo  non  è  che  dai  tre  ai  sette  gradi. 

Vegetabili. 

Tra  gli  alberi  comuni  sulla  costa  elevata  una  spezie  di  be- 
tulla ,  betula  antartica^  acquista  talvolta  la  circonferenza  di  35 
piedi  ,  e  somministra  oliimo  legname.  Una  specie  di  palma  o  di 
felce  arborescente  si  diffuse  fino  allo  stretto  di  Magellano. 


'CT 


London,   1774?  in  4-°    Trad.    in    Francese.    Genève,     1787,     2  voi 

in   24.0 
Bernard   Penrose's,    Account  of  the  List    expedition  to  port     Egmond  in 

Falkland  islands,  in  the  year  1772  etc.  London,   177^,  in  8.° 
The  Narrative  of  the  honouiable  John  Byron    containing  an    account  of 

the  great  distresses  sufferend  by  himself  and  his  companions  on  the 

coast  of  Patpgooia  ,  from  the  years   1740  etc.  London,  1780,  in  ia.° 

Trad.  in  Francese.  Paris,   1766,  in  8.' 
Relacion  del  ultimo  Yiage  al  estrecho  de  Magellanes  de  la  fregata  de  S. 

M.   Santa  Maria  de  la  Cabeza,  en  los  annos  de   1785  y    1785  etc. 

Madrid,    1788,  in   4-°  fig.° 
W.  Clayton's,  Account  of  Falkland  islands.  V.  le  Transazioni  filosofiche 

voi.  66,  parti  If. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE     TERRE    MAGELLANICHE  3l^ 

animali. 

I  guanaco,  una  spezie  di  perrocclietto  verde,  la  lepre-pampa, 
il  vizcace  e  molti  altri  animali  del  Perù  e  di  Buenos-Ayres  mol- 
tiplicarono nella  Patagonia.  Intorno  al  Porto-Desiderato,  baja  sicura 
e  profonda  ,  le  rocce  sono  composte  di  marmi  venati  di  nero, 
di  bianco  e  di  verde  ,  di  pietre  focnje  e  di  talco  sì  lucente  che 
pare  cristallo.  Pochi  sono  i  vegetabili  \  Narboroug  ^ide  nondimeno 
stormi  di  tori  selvatici  nell'interno.  Le  conchiglie  fossili  formano 
in  quelle  coste  grandissimi  banchi  e  sono  di  rara  bellezza.  Presso 
ai  porto  San-Giuliano  si  videro  animali  simili  alila  tigre,  sien  essi 
yaguan ,  gangliari  od  armadillos.  Sonovi  grandi  lagune  salse. 

Stretto  di  Magellano. 

Lo  stretto  di  Magellano  ha  perduto  la  sua  importanza  nautica 
dopo  che  la  scoperta  del  Capo-Horn  aperse  ai  naviganti  un  più 
facile  accesso  nell'Oceano  Pacifico  (i).  Il  celebre  Magalhaens  vi 
passò  l'anno  i5ig,  e  poscia  la  maggior  parte  degli  antichi  viag- 
giatori intorno  al  globo  ebbero  ad  esercitarvi  la  loro  pazienza  ed 
il  loro  coraggio.  Gran  numero  di  correnti  e  molte  sinuosità  ne 
rendono  difficile  la  navigazione:  è  lungo  cento  ottanta  leghe,  e  la 
larghezza  è  talora  più  di  quindici,  talora  meno  di  due.  A  levante 
due  strette  bocche  ristringono  il  canale  :  le  rupi  molto  scoscese 
sembran  calcane.  Nel  centro  si  presenta  un  vasto  bacino  col  porto 
della  Fame,  ove  gli  Spagnuoli  avevano  fabbricato  e  fondato  una 
colonia  sotto  il  nome  di  Ciudad  real  de  Felipe:  improvide  mi- 
sure vi  fecero  perir  di  fame  i  coloni.  Il  paese  che  sta  intorno  al 
porto  della  Fame  meriterebbe  di  portare  un  nome  meno  terribile. 
Yi  si  veggono  in  abbondanza  pappagalli,  pivieri,  beccaccine,  o- 
che,  anitre}  vi  si  liova  il  pepe,  la  scorza  di  winter  ed  il  ribes. 
A  qualche  distanza  nel  Freshwater-baye  Narboroug  trovò  faggi 
e  betulle  assai  grosse.  Le  estremila  delle  Ande  presso  al  Gapo- 
Froward  son  coperte  di  neve}  ma  sui  loro  fianchi  si  veggono  al- 
beri e  foreste.  Il  Rio  Gallego  ed  altri  fiumi  trasportano  al  mare 
o  verso  lo  strettto  glossi  alberi. 

(i)  Od  almeno  il  signor  di  Fleurieu  risguarda  questa  via  come  sempre 
preferibile,  ad  eccezione  del  tempo  degli  equinozj.  Voyage  de  Marchand; 
tom.  I.  pag.  17.  Egli  prova  altresì  che  gli  Spagnuoli,  lungo  tempo  prima 
degli  Inglesi ,  avevano  mostrato  che  si  poteva  traversare  questo  stretto 
da  ponente  a  levante.  Ibid.  tom.  111.  pagi  261. 


3l8  COSTUME 

La  costa  che  circonda  al  nord-est  1'  uscita  occiddenlale  dello 
stretto,  è  stato  da  poco  tempo  riconosciuta  dagli  Spagnuoli  ^  e  si 
è  veduto  che  in  luogo  di  far  parte  del  continente  forma  un  arci- 
pelago assai  considerabile.  Più  al  nord  sta  1' arcipelago  di  Toledo 
o  della  Santa-Trinilà.  La  grand'  isola  della  Madre  de  Dios  ne 
fa  parte.  Gli  Spagnuoli  hanno  un  porto  sull'isola  di  S.  Martino, 
e   fattorie  in   parecchi  punti   della  costa   occidentale. 

Premessa  questa  breve  descrizione  della  Patagonia,  noi  passe- 
seremo  a  parlare  de' famosi  suoi  abitatori,  riportando  le  principali 
testimooianze  di  chi  scrisse  tanto  in  favore  quanto  centra  la  sus- 
sistenza di  questa  razza  straordinaria  d'uomini,  non  essendo  scu- 
sabil  cosa  in  noi  l'osservare  superficialmente  sì  fatti  popoli  di  cui 
è  stato  detto  tanto  a  loro  riguardo. 
Relazione  di  Garcilasso. 

L'antica  tradizione  de' Peruviani  colloca  nel  sud  dell'America 
un  popolo  di  giganti.  Le  esagerazioni  manifeste  che  trovausi  nella 
relazione  di  Garcilasso  (i)  potrebbero  meritare  qualche  scusa:  ma 
la  ragione  principale  per  escludere  una  tale  testimonianza  ,  è  il 
dubbio  ben  fondato  se  Garcilasso  in  generale  ha  riferito  le  tradi- 
zioni reali  della  sua  nazione  ,  oppure  s'egli  ha  abbelliti ,  come  si 
può  presumere,  i  frammenti  della  mitologia  classica  e  della  storia 
Greca-Romana. 

di  Magellano. 

Magellano,  il  primo  marinajo  che  abbia  navigato  sulle  coste 
di  Patagonia,  vide  coi  suoi  propij  occhi  alcuni  di  que' giganti  sì 
formidabili  nel  nuovo  continente}  e  gli  sembrò  che  avessero  dieci 
palmi  d'altezza,  cioè  sei  piedi  e  mezzo,  antica  misura  francese. 
Uno  di  essi  era  più  grande  degli  altri,  e  gli  Spagnuoli  non  gli  ar- 
rivavano che  alla  cintura.  Sei  di  que' Palagoni  mangiavano  come 
venti  Spagnuoli,  tna  a  quell'epoca  non  avevano  ancora  cavalli,  e 
montavano  sopra  animali  simili  all'asino,  probabilmente  i  guemuli 
di  Molina.  Ma  allora  come  adesso  eran  vaganti  e  pastori. 
di  Piga  fetta. 

»  Essi  non  hanno,  dice  Pigafetta,  case  stabili:  fanno  capanne  di 
pelli,  cui  trasportano  a  loro  voglia  da  un  luogo  all'altro.  Vivono  di 
carne  cruda  e  di  una    radice  appellala    capas  nella  loro    lingua. 

(i)  Storia  degli  loca,  lib.  IX.  cap.  9. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    TERRE    MAGELLANICHE  3lQ, 

Hanno  i  capelli  tagliati  in  circolo  come  i  frati ,  e  la   testa  legata 
con  una  corda  di  cotone,  nella  quale  collocano  le   loro  frecce. 
Relazione  di  Cavendish. 

Verso  l'anno  1592,  il  cavaliere  Cavendish  passò  per  mezzo 
lo  stretto  di  Magellano  .  ed  attestò  di  aver  veduto  sulla  costa  d'A- 
merica due  cadaveri  di  Patagoni  che  avevano  quattordici  palmi 
di  lunghezza.  Misurò  sul  lido  l'orma  di  un  piede  d'uno  di  quei 
selvaggi,  e  la  trovò  quattro  volle  più  lunga  d'una  delle  sue:  fi- 
nalmente poco  mancò  che  tre  suoi  marinaj  non  fossero  uccisi  in 
mare  dai  pezzi  di  rupe  che  lanciò  contro  di  essi  uno  di  quei  gi- 
ganti (1).  E:co  il  Polifemo  dell'Odissea,  ed  ecco  la  favola  che 
viene  a  sfigurare  i  fatti  storici. 
di  Sarmi ento. 

Tutti  i  viaggiatori  che  nel  XIV  secolo  percorsero  il  mare  del 
sud,  parlano  della  sussistenza  de'giganti  nel  circolo  antartico 
come  di  una  verità  già  nota.  Il  corsaro  Spagnuolo  Sarmiento  (2) 
viveva  nel  secolo  della  cavalleria,  eppure  la  sua  relazione  dei  Pa- 
tagoni è  meno  esagerata  di  quella  di  Cavendish.  »  L'indigeno 
preso  dai  nostri  era  gigante  fra  gli  altri  giganti,  e  rossomigliava 
ad  un  Ciclope.  I  suoi  compagni  eran  alti  tre  vara  (3),  grossi  e 
forti  in  prporzione  ...  Si  fece  qualche  giorno  dopo  un  altro 
sbarco }  ma  1'  artiglieria  spaventò  i  giganti ,  che  fuggirono  con 
grande  sveltezza,  e  parevano  correr  rapidi  quanto  una  palla  di 
schioppo. 

di  HawkirCs. 

Anche  1'  Inglese  Hawlun's  parla  in  una  maniera  assai  mode- 
rala. 55  Convien  diffidare  degli  abitatori  della  costa  di  Magellano  $ 
chiamatisi   Patagoni  \  sono  perfidi  e  crudeli,  e  di  sì  alta  statura  che 
parecchi   viaggiatori  dan   loro  il  titolo  di  giganti  (J\). 
di  Oliviero ,  di  Noort  ec. 

L'ammiraglio  Olandese  Oliviero  di  Noort  uon  gli  ha  veduti, 

e  solo  inlese  dire  esserci  nell'interno  della  Patagonia  una  nazione 

o 

(1)  V.  la  relazione  di  Antonio  Ruivet,  nella  collezione  di  Purchass, 
toni  IV.  lib.  VI. 

(2)  Storia  delle  conquista  delle  Molucche,  di  Argensola  ,  lib.  III. 

(3)  Vara.  Ora  questa  misura  varia  molto  in  Ispagua  ;  e  le  tra  vare 
possono  essere    ridotte  a  meno  di   sette  piedi  e  mezzo. 

(4)  Purchass.  Collezione  ec.  tona.  IV.  lib.  VII.  cap.  5. 


m 


320  COSTUME 

delta  Tiremenen  ,  i  cui  individui  lian  dieci  e  fin  dodidici  piedi 
d'altezza  }  vengono  a  far  la  guerra  ai  popoli  vicini ,  perchè  sono 
mangiatori  di  struzzi  (i).  »  Il  vice-ammiraglio  Sebald  de  Veert 
pretende  averne  veduti  presso  alla  baja  Verde,  che  avevano  dieci 
o  undici  piedi  d'altezza  ».  Ma  siccome  70  piedi  d'Amsterdam 
non  fanno  che  61  piedi  di  Francia,  riduconsi  i  dieci  o  undici 
ad  otto  o  nove  5  d'altronde  una  tale  misura  non  sembra  fondata 
che  su  di  un   vago  calcolo  (2). 

Dubbj  sulla  loro  sussistenza. 

Alcuni  naviganti  del  decime-settimo  secolo  non  videro  allo 
stretto  di  Magellano  che  uomini  di  picciola  statura.  Vood  e  Nar- 
boroug  vengono  spezialmente  citati  per  ismentire  le  asserzioni  de- 
gli antichi  navigatori.  Ma  tali  viaggiatori  posson  ben  dire  il  vero 
anch'essi,  senza  che  Pigafetta,  Hawkin's  e  Knivet  sieno  impo- 
stori: non  è  mai  stato  sostenuto  che  tutti  i  popoli  della  punta 
dell'America  meridionale  avessero  una  statura  colossale.  Che  mai 
si  direbbe  di  uno  storico ,  il  quale  non  vedendo  in  Laponia  che 
Svedesi,  Norvegi  e  Russi,  trattasse  da  visionai j  quei  viaggiatori  i 
quali  assicurano  che  i  Laponi  sono  i  pigmei  della  specie  umana? 
L'argomento  è  reciproco. 

Nuove  relazioni. 

Il  secolo  decimottavo  somministrò  nuove  testimonianze  della 
statura  colossale  dei  Patagoni.  Del  1704  Harington  e  Cannai)  ca- 
pitani di  due  vascelli  Francesi  videro  una  volta  sette  giganti  in 
una  baja  dello  stretto  di  Magellano,  una  seconda  volta  sei,  ed 
una  terza  uno  stuolo  di  dugento  persone  miste  di  giganti  e  di 
altre  persone  di  statura  ordinaria:  i  Francesi  s'abboccarono  in 
tutta   pace  con   essi  (3). 

Relazione  di  Frezier. 

Il  giudizioso  Frezier  che  fece  nel  1712  il  viaggio  del  mare 
del  sud,  riferisce,  per  confermare  questo  fatto,  la  testimonianza 
di  una  moltitudine  di  antichi  navigatori,  e  termina  le  sue  cita- 
zioni con  questa  semplice  e  naturale  riflessione.  »  Si  può  credere 

(1)  Purchass.  tom.  I  lib.  II.  cap.  5. 

(2)  Recueil  des  voyages  de  la  Compagnie  des  Indes,  tom.  II. 

(3)  V.  Histoire  des  Navigations  aux  Terres  Australes  du  president  de 
Biusess.  tom.  II.  pag.  329. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    TERRE    MAGELLANICHE  321 

solita  leggerezza  che  ci  ha  in  questa  parte  d'America  una  nazione 
d'uomini  di  statura  molto  superiore  alla  nostra:  le  particolarità 
de' tempi  e  de'luoghi ,  e  tutte  le  circostanze  che  accompagnano  ciò 
che  se  ne  disse,  sembrano  avere  un  carattere  di  verità  bastanle 
per  vincere  la  prevenzione  naturale  che  si  ha  pel  contrario:  la 
rarità  dello  spettacolo  ha  forse  prodotto  qualche  esagerazione  nelle 
misure  della  loro  statura }  ma  se  si  riflette  che  tali  misure  furono 
prese  più  per  approssimazione  che  con  rigore,  si  vedrà  ch'esse 
differiscono  di  poco  (i). 
di   Byron. 

Senza  parlare  di  Shelvock  e  di  alcuni  altri  capitani  meno  noli, 
diremo  che  anche  il  celebre  ammiraglio  Bjron  ha  veduto  i  Pata- 
goni.  »  Questo  celebre  ammiraglio,  così  Mentelle  e  Malte-Brun  , 
era  d'un  carattere  grave  e  tutt' altro  che  credulo:  tale  ritratto  ci 
venne  fatto  da  un  vecchio  ufficiale  della  marina  Danese,  che  ha 
servito  sotto  Byron  in  un'altra  campagna.  Per  la  qual  cosa  noi 
citiamo  con  molta  confidenza  la  sua  testimonianza ,  la  quale  porta 
il  carattere  della  sincerità  ».  La  relazione  però  del  suo  viaggio 
non   fu  scritta  da  lui  medesimo. 

»  Nell'avvicinarsi  alla  costa,  segni  sensibili  di  spavento  si 
manifestarono  sul  viso  di  quelli  che  erano  nel  conoè  al  vedere 
alcuni  uomini  di  prodigiosa  statura.  Alcuni  de' nostri  per  incorag- 
giare forse  gli  altri  osservarono  che  quegli  uomini  giganteschi 
sembravano  anch'essi  spaventati  alla  vista  de' nostri  moschetti, 
siccome  noi  l'eravamo  della  loro  statura.  Il  comodoro  scese  a 
terra  con  intrepidezza,  fece  sedere  que' selvaggi  e  distribuì  loro 
qualche  cianfrusaglia.  Erano  di  sì  straordinaria  grandezza,  che  se- 
duli eran  quasi  alti  come  l'ammiraglio  in  piedi  .  .  .  Parve  che 
la  loro  statura  media  fosse  di  otto  piedi ,  e  la  maggiore  di  nove 

piedi  e  più  (2) Ma  immediatamente  dopo  ci    vien    detto 

che  i  loro    cavalli    avevano    sedici  palmi    d'altezza  (3),    ciocche 

(r)  Voyage  de  Frézier,  ediz.  del   1732,  pag.  76.  e  seg. 

(2)  Si  tratta  di  piedi  inglesi ,  che,  secondo  1'  accademia  delle  Scienze, 
hanno  i35  line  16  cent.,  ma  secondo  le  Metrologie  di  Rruse,  di  Ge- 
rhard ec.  di  piedi  inglesi  che  avevano  servito  ne'  cantieri  reali  non  ave- 
vano che  i35  linee.  Dunque  otto  piedi  inglesi  non  na  farebbero  che 
sette  e  mezzo. 

(3)  Quattro  palmi  sopra  un  piede  inglese. 

Cost.  Voi.  III.  deW  America.  21 


32  2  COSTUME 

è  «  vidtiiteineute  fuori  d'ogni   proporzione  con    chi  doveva  caval- 
carli   5J. 

Altra  relazione  più  degna  di  fede. 

La  relazione  più  precisa  e  minuta  e  degna  di  fede  è  quella 
che  trovasi  inseguito  al  viaggio  all' isole  Maluiue.  Il  luogoteuente 
di  fregata  Duclos  Guyot,  ed  il  comandante  di  un  bastimento  di 
trasporto  la  Giraudais,  non  solamente  rividero  ancora  Tanno 
1766  que?  giganti,  ma  soggiornarono  tanto  tempo  fra  di  essi  da 
poterci  somministrare  le  più  curiose  particolarità  sui  loro  costumi 
e  sulla   loro  maniera  di  vivere. 

Ricevettero  i  Francesi  con  cauti  o  discorsi  solenni,  come  gli 
isolani  del  mare  del  sud:  dopo  di  avere  così  manifestata  quella 
ospitalità  che  è  propria  dell'uomo  della  natura,  condussero  quegli 
stranieri   presso  al  loro  fuoco  (1). 

Costituzione  fisica  de'  Pat agoni. 

Avendo  i  Francesi  esaminati  i  Palagoni  con  tutto  il  comodo, 
li  trovarono  della  più  alta  statura ^  il  più  picciolo  avea  cinque 
piedi  e  sette  pollici  d'altezza,  la  larghezza  delle  loro  spalle  eia 
a  proporzione  ancora  più  enorme,  ciocché  faceva  parere  raen 
gigantesca  la  loro  statura.  Han  le  membra  grosse  e  nervose,  la  fac- 
cia larga,  la  tinta  assai  bruna,  fronte  grossa,  naso  stiacciato, 
guance  larghe,  bocca  grande,  dentatura  bianca  e  ben  compita, 
capelli  neri,  e  son  più  robusti  de' nostri  Europei  di  eguale 
statura. 

Loro  abiti,  costumanze  ec. 

Veston  pelli  di  guanaco,  di  vigogna  ed  altre,  insieme  cucite 
a  guisa  di  cappa,  scendente  fino  alla  caviglia  del  piede.  Son 
dipinte  sopra  que' mantelli,  dalta  parte  opposta  alla  lana,  figure 
azzurre  e  rosse,  che  rassomigliano  alquanto  ai  caratteri  Cinesi, 
ma  quasi  tutte  simili ,  e  separate  con  linee  rette  formano  quadrati 
e  rombi:  hanno  altresì  una  spezie  di  uose  o  stivaletti  delle  me- 
desime pelli  col  pelo  di  dentro  (2).  Portano  berrettoni    di  cuojo 

(1)  Voyage  de  Don  Pernetty ,  toni.  II.  pag.   124. 

(2)  Il  signor  de  la  Graudais  ricevette  in  dono  da  questi  Patagoni  , 
allorché  li  visitò  ritornando  alle  isole  Maluine  ,  molti  di  questi  mantelli, 
alcune  delle  loro  clave,  alcuni  archi  armati  di  pietra,  e  collane  di  con- 
chiglie delle  loro  donne,   w  Egli  portò  questi  doni  a    Parigi,    così    dice 

Pernetty  ,  io  li  ho  esaminati  con  comodo  ;  e  benché  io  sia  grande  cinque 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    TERRE    MAGELLANICHE  323 

adorni  di  piume  in  forma  de'nostri  pennacchi.  Vedi  la  Tavola  38. 
Pronunciarono  qualche  vocabolo  spagnuolo  o  somigliante  a  questa 
lingua.  Nell'indicare  colui  che  pareva  essere  il  loro  duce  lo  ehia- 
maroii  capitano. 

Parecchi  Francesi  andarono  a  caccia  un  po' lungi,  uccisero 
alcune  pernici  e  videro  carcami  di  vigogne,  ed  un  paese  incolto, 
sterile  e  coperto  d'erica.  I  cavalli  de' selvaggi  sembrano  assai  de- 
boli }  ma  li  maneggiano  con  molta  destrezza.  I  Patagoni  fecero 
alcuni  doni  ai  Francesi  che  erano  andati  a  caccia  :  essi  consiste- 
vano in  pietre  rotonde  della  grossezza  di  una  palla  di  cannone 
di  due  libbre  ,  aggiustate  in  una  fascia  di  cuojo  attaccata  e  cu- 
cita all'estremità  di  un  cordoncello  di  budella  intrecciate  a  guisa 
di  una  cordella  di  pendolo.  E  un  laccio  od  una  spezie  di  from- 
bola di  cui  i  Patagoni  si  servono  con  molla  destrezza  per  ucci- 
dere gli  animali  alla  caccia.  All'estremità  opposta  a  quella  in  cui 
è  posta  la  pietra  rotonda  havvi  un'  altra  pietra  più  picciola  della 
mela  dell'altra,  e  ben  coperta  da  una  spezie  di  vescica  :  essi  ten- 
gono questa  picciola  pietra  in  mano,  dopo  di  aver  passala  la  corda 
fra  i  diti;  ed  avendo  fatto  il  movimento  del  braccio,  come  per 
la  frombola  ,  colpiscono  ed  uccidono  gli  animali  fino  a  quattro- 
cento passi  di  distanza. 

Le  donne  sono  molto  men  brune,  anzi  piuttosto  bianche,  di 
statura  proporzionata  a  quella  degli  uomini  ,  coperte  del  pari 
d'una  cappa,  di  stivaletti  e  di  una  spezie  di  grembiule,  che  giu- 
gne  solo  alla  metà  della  coscia.  E  certo  che  sogliono  strapparsi 
le  sopracciglia,  mentre  ne  mancano  affatto.  I  capelli  sono  accon- 
ciali sul  viso,  e  non   portano  berretti. 

Questi  Patagoni  non  conoscono  la  passione  della  gelosia  ,  ciò 
che  si  desume  dalla  loro  condotta,  mentre  incoraggiavano  i  Fran- 
cesi a  palpare  il  seno  delle  loro  mogli  e  figlie,  e  li  facevano 
dormire  alla  rinfusa  con  se  e  con  esse  (i).  I  Patagoni  mette- 
vansi  sovente  in  tre  o  quattro  addosso  ai  loro  ospiti  |onde  pre- 
servarli dal  freddo,  galanteria  che  parve  sospetla  ai  Francesi,  ed 
inspirò  loro  un  momento  d'ingiusta  diffidenza. 

piedi,  sette  pollici,  ed  alcune  linee;  uno  di  questi  mantelli  posto  sulle 
mie  spalle,  alla  stessa  maniera  usata  dai  Patagoni  strascinava  a  terra  almeno 
un  piede  e  mezzo. 

(i)  Pernetty,  pag.   109. 


3^4  COSTUME 

Presso  una  tribù  o  famiglia  vicina  ,  le  donne  parvero  assai 
modeste  ,  ma  sforzale  dalla  presenza  degli  uomini  ,  die  sembra- 
vano gelosi  all'eccesso.  Il  signor  Duclos  interrogò  il  capo  di  que- 
sta tribù,  come  polè  ,  sulla  religione.  Questo  selvaggio  diede  a 
conoscere,  ch'egli  non  adorava  né  il  Sole  ,  né  la  Luna  ,  né  gli 
uomini,  né  gli  animali,  ma  solamente  il  cielo  e  l'universo  intero: 
ciò  eh'  egli  ripetè  molte  volte  ,  alzando  sempre  le  mani  giunte 
sulla  sua   testa. 

Questo  capo  è  distinto  dagli  altri  per  un  berretto  di  pelli 
d' uccelli  colle  loro  penne  \  cui  pone  in  capo  quando  riceve  vi- 
site, per  dimostrare  senza  dubbio  1'  alta  sua  dignità.  Il  signor 
Oiraudais  ha  voluto  donare  a'suoi  ospiti  alcuni  berretti  di  lana 
rossa:  ma  nessuno  di  essi  ha  potuto  farvi  entrare  la  propria  te- 
sta, essendo  troppo  piccioli  pei  medesimi.  Si  donaron  loro  altresì 
alcune  coperte  di  letto,  accette,  caldaje  ed  altri  utensili.  I  Pata- 
goni diedero  in  cambio  archi,  frecce  poco  pericolose  e  collane  di 
conchiglie. 

Un  viaggio  alquanto  recente  degli  Spagnuoli  allo  stretto  di 
Magellano  ha  confermate  queste  particolarità.  I  più  grandi  fra  i 
Patagoni  trovaronsi  alti  sette  piedi  ed  un  pollice  ,  e  di  più  di 
quattro  piedi  di  circonferenza  al  petto.  La  statura  media  era  di 
sei  piedi  e  mezzo.  I  piedi  e  le  mani  eran  troppo  piccioli  a  pro- 
porzione. La  forma  del  volto  e  la  poca  barba  provavano  la  loro 
origine  Americana  (i). 
Relazione  degli  Spagnuoli. 

Ne' nuovi  Annali  de' Viaggi  (2)  leggonsi  ancora  altre  più  re- 
centi particolarità  sulla  Patagonia.  Un  vascello  di  Liverpool    che 
trafficava  lungo  la  costa  di  Patagonia,  vi  fece  non  ha  guari  nau- 
fragio. 
Altre  più  recenti  notizie  sui  Patagoni. 

Era  il  solo  Inglese  che  vi  si  era  veduto  \  benché  ogni  anno 
vi  giunga  una  ventina  di  bastimenti  per  la  maggior  parte  Ame- 
ricani. L'equipaggio  del  vascello  Inglese  e  spezialmente  un  luo- 
gotenente della  marina  Inglese  sono  ritornati  ,   e   ci    hanno  date 

(1)  Viage  al  estrecho  de  Magalhaens.    Madrid.   1788.  —    Il  piede 
Spagnuolo  è  più  lungo  di  un  pollice  e  mezzo  di  quello  di  Parigi. 

(2)  Nouvelles  Annales  des  Yoyage  etc.  par  Eyrie's  et  Malte-Brun.  Paris 
1819,  tom.  III.  pag.  445- 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    TERRE    MAGELLAN1CHB  3  2  5* 

sulla  Patagonia  alcune  relazioni  che  confermano  le  già  accennata. 
Gli  indigeni  consistono  in  due  ben  distinte  tribù  :  1'  una  di 
statura  gigantesca  ,  sì  soventa  citata  dai  viaggiatori  ,  si  estende 
dalla  costa  della  Piata  fino  allo  stretto  di  Magellano.  Il  dello  luo- 
gotenente vide  due  capi  o  Gacichi  che  avevano  certamente  otto 
piedi  Inglesi  di  altezza:  erano  qualche  volta  accompagnati  da  un 
giovane  di  quindici  anni,  la  cui  statura  era  almeno  di  sei  piedi 
e  due  pollici,  (misura  d'Inghilterra).  Quella  delle  donne  è  in 
proporzione.  Tutta  questa  tribù  ha  bellissimi  lineamenti  ed  è  be- 
nissimo fatta }  vive  unicamente  di  cacciagione }  e  se  gli  Europei 
formassero  in  quel  paese  un  mercato  centrale,  esso  vi  recherebbe 
una  gran  quantità  di  pelli  preziose,  in  ispezie  di  guanachi  ,  la 
cui  lana  sarebbe  di  grandissimo  vantaggio  per  la  manifattura  die- 
gli  sciai  e  de'panni  fini.  Il  luogotenente  ne  trasportò  qualche 
poco  in  Inghilterra,  e  venne  stimata  dai  i5  ai  16  scellini  la  lib- 
bra. I  Patagoni  riceverebbero  volentieri  in  cambio  liquori  spiri- 
tosi ,  tabacco  del  Brasile  ,  grossi  panni  rossi  od  azzurri  ,  grandi 
speroni  di  ferro  ,  lunghi  coltelli  ,  lancie,  chincaglie  di  vetro  ed 
altre  simili  mercanzie.  Non  usano  argento  monetato  né  armi  a 
fuoco.  L'altra  tribù  le  s'assomiglia  a  questo  riguardo.  La  loro 
condotta  fu  assai  pacifica  verso  l'equipaggio  del  vascello  Inglese. 
Allorché  si  entra  nello  stabilimento  di  Rio-Negro  ,  essi  depou- 
gon  sempre  le  loro  armi,  e  non  le  riprendono,  se  non  dopo  la 
partenza. 

L'altra  tribù  è  composta  d'Indiani  Pampas  ,  picciora  razza 
che  ha  abitudine  sedentaria,  e  che  soggiorna  lun^i  all'ouest  del 
Rio-Negro:  sono  agricoltori  e  pastori,  né  trascurano  di  occuparsi 
in  alcune  manifatture.  Recano  alla  costa  bestiame,  panni  grosso- 
lani, carne  secca  ec.  e  ricevono  in  cambio  liquoii  spiriìosi  e  ta- 
bacco. I  viaggiatori  ne  parlano,  siccome  di  una  tribù  numerosa  e 
tranquillo. 

Tutto  il  paese  del  Rio  de  la  Piata  fino  allo  stretto  di  Ma- 
gellano è  stato  abbandonato  dagli  Spagnuoli  ,  ad  eccezione  del 
Rio-Negro,  ove  sussistono  tuttavia  gli  avanzi  di  uno  stabilimento, 
cui  gli  abitatori  vanno  ogni  anno  abbandonando.  Il  governo  di 
Bmnos-Ayres  ha  solamente  preso  possesso  di  una  parte,  e  posto 
semplicemente  un  comandante  a  Rio-Negro  ,  senza  un  solo  sol- 
dato sotto  i  suoi  ordini.  Sul  principio  vi  si  erau  mandati  de'Ne- 


32,6  COSTUME 

gri,  ma  questi  tormentavan  gli  abitatori  in  tutte  le    maniere,  ed 
uccidevano  il  loro  bestiame,  di  cui  abbondavano  prima    della    ri- 
voluzione. 
Conclusione. 

Sembra  dunque  provato  che  i  Patagoni ,  da  tre  secoli  in  qua , 
conservino  una  statura  considerabilmente  maggiore  di  quella  d'al- 
cun'altra  specie  d'uomini.  Se  il  più  picciolo  di  essi  ha  più  di 
cinque  piedi  e  mozzo  d'altezza  ,  la  loro  statura  mezzana  deve 
accostarsi  ai  sette  piedi,  od  almeno  ai  sei  piedi  e  mezzo,  né  v'ha 
inverisimiglianza  alcuna  ne' racconti  di  chi  ci  rappresenta  taluno  di 
quegli  individui  alto  otto  piedi.  Altre  parti  del  mondo  furono 
forse  anticamente  abitate  da  tribù  di  non  men  alta  statura.  L'in- 
civilimento ed  il  lusso  gli  avrà  fatti  degenerare,  mentre  i  Patagoni 
isolali  in  mezzo  al  paese  più  isolato  del  mondo,  conservarono  i 
semplici  loro  costumi,  il  grossolano  loro  cibo  e  quindi  l'immensa 
loro  statura. 

TERRA    DEL    FUOCO. 


ISOLE    MALUINE. 


G; 


"iunlì  all'estremità  del  continente  faremo  una  picciola  corsa  ma- 
rittima onde  prendere  un'  idea  delle  isole  vicine  ,  alcune  delle 
quali  a  dir  vero  non  ebbero  comunicazione  coli' America  ,  ma 
che  nulladimeno  sono  men  lontane  da  quel  continente  che  da  al- 
cun altro. 

Immediatamente  al  sud  della  Patagonia  giace  un  ammasso 
d'isole  montuose,  fredde,  sterili,  ove  le  fiamme  di  più  vulcani 
non  fanno  che  illuminare  le  nevi  perpetue  senza  liquefarle.  Il 
mare  vi  penetra  per  canali  innumerabili }  ma  sono  sì  stretti  i 
passaggi,  sì  violente  le  correnti,  i  venti  sì  impetuosi,  che  il  na- 
vigante non  osa  avventurarsi  in  quel  labirinto  di  desolazione:  nulla 
d'altronde  ve  lo  attrae}  lave,  graniti,  basalti  senz'ordine  for- 
mano rupi  enormi  sospese  sui  muggenti  flutti.  Qualche  volta  una 
magnifica  cascata  interrompe  il  silenzio  del  deserto*,  foche  di  tulle 


Amkr.  Voi.  Ili 


T'T     3j. 


DEGLI  ABITATORI  BELLA  TERRA  DEL  FUOCO       3 2 7 

!e  forme  si  trastullano  nelle  baje  ove  riposano  le  gravi  loro  mem- 
bra sul  li-Io  ^  il  pinguino,  la  dimodea    ed    altri    uccelli    dell'O- 
ceano Antartico  vi  inseguono  la  loro  preda.  Il  navigatore  vi  trova 
pia. ite  antiscorbutiche,  appio  e  crescione. 
Porto  di  Christmass. 

Tale  è  la  costa  meridionale  ed  occidentale  dell'arcipelago  chia- 
mato Terra  del  Fuoco.  Il  capitano  Cook  vi   scoperse  il  porto    di 
Christmass  ,    porto  di  grande  utilità  per  chi  oltrepassa    il    Capo- 
Horn. 
Capo-Horn. 

Questo  capo  è  stato  scoperto  e  oltrepassato  per  la  prima  volta 
dall'Olandese  Lemaire,  dopo  ch'egli  ebbe  passato  lo  stretto  ap- 
pellato col  suo  nome.  De-Fleurieu  però  pensa  che  Drahe,  il  ce- 
lebre navigatore  Inglese,  l'abbia  scoperto  venendo  da  ponente:  le 
isole  Elisabetide,  verso  le  quali  una  tempesta  porlo  questo  viag- 
giatore, dopo  di  aver  passato  lo  stretto  di  Magellano,  altro  non 
sono,  secondo  De-Fleurieu,  che  la  parte  occidentale  e  meridionale 
della  Terra  del  Fuoco  (i). 
Terra  degli  Stati. 

La  Terra  degli  Stati  scoperta  da  Lemaire  è  un'isola  staccata 
che  deve  esser  considerata  qual  parte  dell'arcipelago  della  T^rra 
del  Fuoco.  Dovrebbonsi  nominare  tutte  quelle  isole  Arcipelago 
Magellanico. 

Le  coste  settentrionali  ed  orientali  ebbero  la  natura   meno  ma- 
trigna :  le  montagne  hanno  un  più  dolce  pendio    verso  l'Oceano 
Atlantico^  le  valli  mostrano  un  bel  verde,  e  vi  si  trovano  legna- 
me, pascoli,  lepri,  volpi  ed  anche  cavalli. 
/  Pesciere. 

I  Pesciere  abitatori  indigeni  di  quell'arcipelago,  ed  il  cui  vero 
nome  sembra  esser  quello  d'  Yacanacus  ,  son  di  media  statura, 
con  larghe  facce  ,  gote  rilevate  e  naso  stiacciato.  Sono  sì  sudici 
che  non  si  discerne  il  colore  della  loro  pelle  ;  si  vestono  con  pelli 
di  vitello  marino:  le  miserabili  loro  capanne  in  forma  di  cono  , 
sono  sempre  piene  di  esalazioni  soffocanti  e  vivono  di  pesce  e  di 
conchiglie. 


(1)  Voyaga  de  Marchand  ,  tom.  HI.  pag.  245  e  266. 


328  COSTUME 

Come  sono  descritti  ne"1  viaggi  di  Cooh. 

Ecco  quanto  trovasi  più  distintamente  riferito  nella  storia  dei 
viaggi  del  capitano  Cook  relativamente  agli  Indiani  appellati  da 
Bougainville  col  nome  di  selvaggi  Pesciere  ,  dal  vocabolo  stesso 
solito  a  pronunciarsi  ogni  momento  da  questa  genie.  Erano  essi 
piccioli,  brutti,  magrissimi,  ed  avevano  occhi  mescliinissimi,  senza 
veruna  espressione,  i  capelli  neri  e  distesi,  disordinati  ed  unti  di 
olio  fetente. 
Loro  qualità  fisiche. 

Sul  mento  non  avevano  che  qualche  pelo  sparso  qua  e  là,  e  dal 
naso  loro  colava  continuamente  nella  loro  bocca  sempre  aperta  una 
sporca  mucosità  ,  talché  in  tutta  la  loro  figura  leggevasi  espressa 
la  miseria  e  la  sporcizia.  Uno  di  questi  selvaggi  fu  disegnato  con 
gran  verità  dal  solito  pittore  di  Cook  ed  il  ritratto  di  costui  tro- 
vasi nella  raccolta  de' rami  che  sogliono  onorare  le  varie  edizioni 
della  storia  de'Viaggi  del  suddetto  capitano.  Noi  ne  presentiamo 
la  figura  nella  Tavola  3g.  Largo  ed  ossuto  si  è  Io  stomaco  di 
costoro;  ma  il  rimanente  del  corpo  così  gracile  e  sottile,  che  ve- 
dendo separatamente  queste  diverse  parti,  non  potrebbesi  credere 
che  appartenessero  alla  persona  medesima.  Tutti  avevano  le  gambe 
storte,  le  ginocchia  di  una  sproporzionata  larghezza,  e  ve  n'  era 
un  solo  di  alta  statura.  Il  loro  colore  naturale  sembra  bruno  oli- 
vastro, lucido  come  il  rame  ,  e  dee  notarsi  che  il  viso  di  molti 
era  screziato  di  strisce  di  pittura  rossa,  e  qualche  volta  ancora 
di  bianco. 
Abiti. 

Erano  essi  inoltre  quasi  tutti  nudi;  poiché  taluni  non  ave- 
vano altro  vestilo  che  una  pelle  di  vitello  marino,  alcuni  ne  por- 
tavano due  o  tre  cucite  insieme  in  modo  da  formare  una  specie 
di  mantello  fino  al  ginocchio;  ma  la  maggior  parte  ne  aveva  ap- 
pena una  sola,  larga  quanto  bastava  per  coprire  in  qualche  modo 
le  spalle  ,  rimanendo  affatto  scoperte  tutte  le  parti  inferiori  del 
corpo.  Fu  detto  in  quella  occasione  che  le  donne  si  nascondono 
il  mezzo  del  corpo  con  un  pezzo  di  pelle  dello  stesso  vitello  ma- 
rino,  e  che  in  tutto  il  rimanente  vestono  interamente  come  gli 
uomini;  ma  siccome  esse  rimasero  nelle  piroghe  insieme  co' fan- 
ciulli ,  non  fu  possibile  allora  di  poterle  vedere  assai  da  vicino. 
Forster  per  altro  notò  che  queste  donne  tenevano  attorno  al  collo 


DEGLI   ABITATORI    DELLA   TERRA   DEL   FUOCO  320, 

un  gran  numero  di  conchiglie  sospese  ad  una  striscia  di  cuojo ,  e 
che  la  testa  loro  era  coperta  di  una  specie  di  berretto  composto  di 
grosse  piume  di  oche  bianche,  poste  tutte  per  diritto.  Tra  que- 
sta gente  però  videsi  appena  una  sola  persona  ,  che  avesse  avuto 
la  grande  accortezza  di  cucire  alla  sua  pelle  di  vitello  marino  una 
squarcio  di  pelle  di  guanaco, ,  ad  oggetto  di  allungare  un  poco 
più  un  abito  così  miserabile.  Si  videro  poco  dopo  due  fanciulli 
che  prendevano  il  latte,  affatto  nudi,  onde  non  dee  reqar  tanta 
meraviglia  la  miseria  e  la  durezza  della  vita  di  questi  indiani, 
quando  vengono  così  dall'infanzia  induriti  a  tutte  le  inclemenze 
di  quell'orrido  clima.  I  ragazzi  poi  non  pronunciavano  ordinaria- 
mente altro  che  la  parola  Pesciere:  vocabolo  che  fu  dagli  Inglesi 
preso  talora  per  un  termine  di  tenerezza  ,  e  qualche  volta  ancora 
per  un'espressione  di  gemito  e  di  dolore. 

Armi. 
Tenevano  questi  selvaggi  varie  armi,  e  spezialmente  archi, 
frecce  e  dardi  o  piuttosto  fiocine  di  osso,  poste  in  cima  di  un 
bastone }  credesi  che  con  questi  stromenti  essi  uccidano  vitelli 
marini  ed  altri  pesci.  I  manichi  poi  di  tali  fiocine  sono  lunghi 
circa  sei  piedi,  ed  hanno  per  tutto  eguale  grossezza }  ma  sono 
angolari  e  non  tondi }  e  l'osso  acuto,  che  ha  da  una  parte  una 
sola  dentatura,  vi  è  attaccato  in  caso  di  bisogno. 

Cibo. 

Volle  il  capitano  Cook  dare  a  questa  gente  un  poco  di  bi- 
scotto} ma  osservò  ch'essi  non  lo  amavano  tanto  com' erasi  da 
altri  riferito,  talché  sembrava  veramente  che  questo  alimento  non 
fosse  per  loro  sì  buono  quanto  la  fetida  marcita  carne  di  vitello 
marino.  Le  medaglie,  i  coltelli  ed  altri  simili  lavori  erano  per 
altro  assai  graditi  da  questi  selvaggi. 

Piroghe. 

In  ciascheduna  delle  loro  piroghe  era  un  fuoco,  intorno  a  cui 
slavano  ristrette  riscaldandosi  le  donne  ed  i  fanciulli.  Non  sembra 
però  ch'essi  portino  ne' battelli  del  fuoco  unicamente  per  questo 
fine,  ma  piuttosto  ad  effetto  di  essere  sempre  pronti  ad  accen- 
derne a  terra  dappertutto  dove  sbarcano  5  poiché  qualunque  siasi 
il  metodo  loro  di  procacciarsene  quando  nou  ne  banno,  eglino 
non  sono  sempre  sicuri  di  trovare  legne  secche  che  s'infiammino 
al/a  prima  scintilla.  In  queste  stesse  piroghe  sono  eziandio  grandi 


33o  COSTUME 

pelli  di  vitello  marino  ,  destinate  probabilmente  a  porre  al  coperto 
i  selvaggi  quando  stanno  in  mare,  ed  a  coprire  le  loro  capanne 
quando  si  trovano  in  terra.  Vero  si  è  per  altro  che  queste  stesse 
pelli  vengono  da  loro  usate  talora  anche  a  guisa  di  vela.  Erano 
queste  piroghe  rozzissime,  fatte  di  scorza  d'albero}  e  certi  pic- 
cioli bastoni  servivano  a  manteoere  le  piegature  della  scorza  me- 
desima. Pessimi  erano  i  remi  e  venivano  maneggiati  assai  lenta- 
mente, sebbene  ogni  battello  contenesse  fino  ad  otto  persone, 
compresi  i  fanciulli. 
Stupidezza  ed  indolenza  de"1  Pesciere. 

E  cosa  però  degna  di  osservazione  il  sapere  che  ,  al  contrario 
di  tutti  gli  isolani  del  mare  australe ,  accostandosi  questi  Indiani 
al  vascello,  se  ne  stavano  costantemente  in  un  profondo  silenzio. 
Quegli  stessi  che  salirono  a  bordo,  non  mostravano  la  minima 
curiosità,  né  parevano  sorpresi  di  niente;  accettando  soltanto  al- 
cuni regalucci  di  vetro  senza  dare  al  dono  il  minimo  volore,  e 
senza  dimostrare  la  più  picciola  riconoscenza  al  donatore.  Colla 
stessa  indifferenza  abbandonavano  essi  in  mano  dei  forestieri  le 
loro  armi  e  le  lacere  pelli  di  vitello  marino ;  e  non  osservando 
nemmeno  la  superiorità  degli  Europei  al  confronto  loro,  non  fe- 
cero mai  trasparire  negli  sguardi  e  ne' gesti  il  minimo  vestigio  di 
ammirazione,  di  piacere,  di  sorpresa  alla  vista  di  tanti  oggetti 
meravigliosi  quali  doveva  presentarli  agli  occhi  loro  un  vascello  ; 
onde  il  verissimo  carattere  di  questi  selvaggi  era  quello  della  somma 
stupidezza  e  dell'estrema  indolenza. 

Gli  Indiani  veduti  da  Gook  presso  la  baja  di  Buon-Successo 
godono  di  una  sorte  alquanto  migliore:  la  loro  statura  è  più  alta; 
i  piedi   loro  sono  custoditi  con  una  spezie  di  stivaletto:  sono  più 
comunicativi  ed    hanno  perfino  qualche  idea  di  civiltà. 
Isole   Mauline. 

Le  isole  Maluine  appellate  dagli  Inglesi  isole  di  Falkland  ed 
anche  Hawkin  Maidenland  trovansi  settantasei  leghe  al  nord  est 
della  Terra  degli  Stati,  e  no  leghe  all'est  dello  stretto  di  Ma- 
gellano. Quest'è  un  arcipelago  composto  di  due  grandi,  e  molte 
picciole  isole.  Le  due  grandi  sono  separate  da  un  largo  canale,  al 
quale  gli  Spagnuoli,  possessori  di  quelle  terre,  diedero  il  nome 
di  Stretto  di  San-Carlos. 


DEGLI  ABITATORI  DELLA  TERRA  DEL  FUOCO       33 1 

Quando  furono  scoperte. 

Mi  pare  ,  dice  Bougainville  nella  sua  relazione  dello  stabili- 
mento da  lui  fondato  iu  queste  isole,  che  la  prima  scoperta  delle 
Maluine  possa  essere  attribuita  al  celebre  Americano  Vespuccio,  il 
quale  nel  suo  terzo  viaggio  per  la  scoperta  dell' America  ,  percorse 
la  costa  settentrionale  nel  i5o2. 
Amerigo  Vespuccio  ne  fa   la  scoperta. 

Egli  ignorava  a  dir  vero,  se  questa  apparteneva  ad  un'isola, 
o  se  faceva  parte  del  continente  }  ma  è  facile  conchiudere  dalla 
via  ch'ei  tenne,  dalla  latitudine  alla  quale  era  giunto,  dalla  de- 
scrizione stessa  che  ne  dà  ch'essa  era  la  costa  delle  Maluine. 
Assicurò  con  non  minor  fondamento  che  Beauchesne  Gouin  ritor- 
nando dal  mare  del  sud  nel  1700,  diede  fondo  nella  parte  orien- 
tate delle  Maluine,  credendo  di  essere  alle  Sebalde. 
Navigatori  Inglesi  e  Francesi  ne  hanno  dopo  lui  cognizione. 

Gli  Inglesi  pretendono  che  il  loro  compatriotta  Hawkiu  abbia 
scoperto  queste  isole  nel  i5o,3  dando  alle  medesime  il  nome  di 
Maidenland,  cioè  Terra  della  Vergine,  io  onore  della  celebre 
Regina  Elisabetta,  la  cui  verginità  poco  rispettata  dalla  storia  ,  è 
stata  consacrata  nella  geografia.  Ma  questo  Maidenland  di  Haw- 
hin  è  indicato  assai  vagamente  all'est  della  costa  deserta  (della 
Patagonia)  ed  al  5o  grado  di  latitudine.  Le  isole  Maluine  sono 
invece  fra  il  5i  e  52  grado  di  latitudine:  è  dunque  possibilissimo 
che  la  terra  veduta  da  Hawkin  differisca  da  queste  isole.  Vi  ha 
un  capo  di  Terre  australi  indicato  sotto  il  49~^°  grado  di  lati- 
tudine sopra  tutte  le  antiche  carte. 

Gli  Inglesi  aggiungono  che  il  capitano  Straghan,  nel  1639, 
scoperse  il  canale  che  separa  le  due  grandi  isole,  e  lo  chiamò 
canale  di  Filkland,  nome  che  poscia  passò  alle  isole  medesima. 
Ma  questo  viaggio  del  capitano  Straghan  è  involto  nell'oscurità. 

Dom  Pernetty  è  di  parere  che  queste  isole  non  sieno  stale 
scoperte  che  tra  il  1700  ed  il  1708  da  parecchie  navi  di  S.  Ma- 
lo (1).  M.  Frezier  nella  relazione  del  suo  viaggio  al  mare  del 
sud,  e  Fleurieu  in  un  viaggio,  nel  quale  confutò  vittoriosamente 
tante  pretensioni  inglesi  non  insistono  su  di  questa  (2). 

(1)  Voyage  aux  iles  Malovines.  tora.  I.  pag.  g-i/J- 
(a)  Voyage  de  Marchand ,  tom.  III.  pag.  281. 


332  COSTUME 

I  Francesi  e  gli  Inglesi  hanno  tentato  di  formarvi  alcuni  sta- 
bilimenti 5  la  Spagna  si  mise  ili  allarme  }  ma  siccome  non  si  trovò 
che  tale  possesso  fosse  di  tanta  importanza  da  meditare  una  seria 
contesa,  così  la  Spagna  ottenne  dalle  altre  due  potenze  la  cessione 
de' loro  diritti,  ed  i  Francesi  e  gli  Inglesi  abbandonarono  queste 
isole  agli  Spagnuoli ,  i  quali  però  non  vi  hanno  che  un  picciolo 
stabilimento. 
Quadro  Jisico. 

Le  montagne  sono  poco  elevate.  Il  terreno  sulle  eminenze  vi- 
cine al  mare,  è  un  terriccio  nero  formato  di  vegetabili  decompo- 
sti }  in  molti  altri  siti  trovasi  una  buona  torba.  Scavando  un  po' la 
terra  si  trovò  quarzo,  piriti  rame,  ocra  gialla  e  rossa.  Don  Per- 
netty  descrive  una  spezie  d'  anfiteatro  naturale  formato  di  filari 
regolari  d'  una  pietra  bigia  porjidica.  Non  vi  sono  alberi  *,  gli 
Spagnuoli  ne  piantarono  e  trasportarono  perfino  la  terra  di  Bue- 
nos-A yres  :  tutto  fu  vano }  i  teneri  arboscelli  vi  perivano  nel  pri- 
mo anno. 
Vegetazione. 

Da  per  tutto  nascono  ghiaggiuoli  che  in  distanza  presentano 
1'  immagine  illusoria  di  boschetti  verdeggianti.  Ogni  pianta  di  giag- 
giuolo forma  un  gruppo  alto  due  piedi  e  mezzo  circa,  d'onde 
sorge  un  cespuglio  di  foglie  verdi  ad  un'altezza  quasi  eguale. 
L'erba  abbonda  in  quell'isole,  e  vi  salea  grande  altezza.  Vi  si 
trovò  l'appio,  il  crescione  e  due  o  tre  piante  d'Europa.  Gli  altri 
vegetabili  offrono  qualche  rassomiglianza  con  quelli  del  Canada , 
Ma  gli  epipacti,  gli  azederach ,  i  thitymali  resinosi  che  formano 
gruppi  assai  elevati  ed  arboscelli  simili  al  rosmarino  ,  s'accostano 
alla  vegetazione  del  Chili  (i). 
Animali. 

Non  vi  si  trovò  che  una  sola  spezie  di  quadrupede,  e  questo 
era  un  animale  simile  ad  un  cane  selvatico:  non  vi  era  alcun 
rettile  e  vi  si  videro  pochissimi  insetti.  Fra  gli  uccelli  il  què- 
branta-huessos  o  l'uccello  montone  è  uno  de' più  grandi  5  la  sua 
testa  assomiglia  un  poco  a  quello  del  montone.  Le  oche,  le  ot- 
tarde,  le  arzavole  e  le  anitre  vi  abbondano  talmente  che  la  co- 
lonia   francese    trasse   quasi  unicamenta   la  sua    sussistenza   dalla 

(1)  Pernelty,  toni.  IL  pag.  62. 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    TERRA    DEL    FUOCO  333 

cuccia  di  questi  volatili.  Tutte  le  spezie  di  fuche  alle  quali  il  volgo 
dà  il  nome  di  leone,  di  vitello  e  di  lupo  marino,  vanno  a  ripo- 
sarsi fra  i  gliiaggiuoli  clie  coprono  quell'isole.  Il  pinguino  s'aggira 
in  mezzo  a  quegli  anfìbj  innocui  e  corpulenti.  Gli  Spagnuoli, 
secondo  d'Azara,  nel  1780,  trasportarono  all'isole  Maluine  800 
capi  di  bestiame,  buoi  e  vacche,  e  vi  moltiplicarono  talmente  che 
nel  1795  il  loro  numero  oltrepassava  gli  otto  mila  :  non  si  dà 
loro  ricovero  né  cibo$  il  verno  è  mite  abbastanza  perchè  possono 
passarlo  a  cielo  scoperto,  ed  appresero  a  cavare  la  neve  onde  pa- 
scersi dell'erba  che  sta  sotto. 
Isola  di  Sari-Pietro  o  Giorgia. 

Sebbene  l'isola  San-Pietro  detta  Giorgia  dagli  Inglesi  non  appar- 
tenga ad  alcuno,  la  nomineremo  qui  a  motivo  della  sua  vicinanza 
coli' isole  Maluine.  Essa  venne  scoperta  da  la  Roche  nel  i6^5 ^ 
il  capitano  Gooh  nel  i8?5  non  fece  che  visitarla  una  seconda 
volta,  ed  avrebbe  potuto  astenersi  dall' imporle  un  nome  Inglese. 
Quest'isola  (\io  leghe  a  levante  del  capo  Horn  è  un  ammasso 
di  rupi  coperte  di  ghiacci  e  composte,  secondo  Forster  di  lava- 
gne nere  che  s'acostano  all'  anfibolio  a  strati  orizzontali.  Si  scorge 
qualche  cespo  d' un'erba  dura,  della  pimpinella  e  de' licheni.  Il 
solo  uccello  di  terra  è  la  lodola  :  i  pinguini  e  le  foche  o  vitelli 
marini  dividonsi  in  pace  l'impero  di  quel  deserto. 
Terre  Sandwich  o  Tuie  australe. 

Le  terre  coperte  d'una  massa  di  ghiacci  scoperte  dal  capitano 
Cook  i5o  leghe  al  sud-est  dell'isola  San-Pietro,  a  5o,  gradi  di 
latitudine,  sembran  formare  un  arcipelago.  Ei  le  denominò  Terre- 
Sandwich  o  Tuie  Australe.  Ma  altre  catene  d'isole  stendonsi  forse 
verso  il  polo  australe,  e  danno  origine  a  quel  variar  di  correnti 
e  di  diacci  galleggianti  che  bene  spesso  fanno  smarrire  l'audace 
navigatore  che  s'  avventura  in  un   mare  sì  formidabile. 


FINE    DEL    TERZO    VOLUME    DELL 'AMERICA, 


INDICE 


delle  materie   contenute  in    questo 
terzo  volume  dell'America. 


D 


escrizione  fisica  generale  delV  America  Meridio- 
nale  pag.       7 

Descrizione  particolare  di  Caracas,  della  Nuova-Gra- 
nata e  di  Quito 27 

Descrizione  particolare  del  Perà  entro  gli  antichi  suoi 

limiti 90 

Indice  de"1  principali  piaggiatori  ed  Autori  che   hanno 

scritto  la  storia  del  Perù 97 

Descrizione  del  Perù 99 

Governo  ,  religione ,  usanze    e  costumi    degli    antichi 

Peruviani 119 

Il  Chili,  Il  Paraguay  e    le  terre  Magellaniche.  De- 
scrizione   particolare  del  Chili ao5 

Tucuman 2a5 

Il  Paraguay  o  Buenos- Ayres 228 

Terre  Magellaniche.  La  Patagonia 3i4 

DESCRIZIONE  DELLE  TAVOLE. 

Carta  Geografica    deW  America    Meridionale  di  Ar- 

rowsmith 1 

Tav.  I.  Passaggio  della  montagna  di  Quindiu.  ...  i3 

II.  Scimie  della  Guajana  Spagnuola 23 

III.  Scimia  leonina,  il  Condor  ec 2 5 

IV.  Cateratta  di  Tequendama 54 

V.  Ponti  naturali  cT  Icononza 57 


335 

VI.  Cascata  di  Rio  Vinagre pag.     58 

VII.   Vulcano  diaria  di  Turbaco 62 

Vili.  Abitatori  di  Quito 71 

IX.  Balza  o  Zattera  di  Guayaquil 80 

X.  Vulcani  di  Quito^  il  Pichincha  ec 83 

XI.  Atabalipa  fatto  prigioniero  da  Pizzarro.  .  .     92 

XII-  Il  lama,  V  alpaco,  la  vigogna io3 

XIII.  Veduta  della  città.)  e  montagna  del  Potosi  .   no 

XIV.  Abitatori  di  Lima 117 

XV.  Sacrifizi  degli  antichi  Peruviani  . 1 2 1 

XVI.  Manco -Capac  e  la  regina  Coya-Mama-Oello.  12» 

XVII.  Cerimonie  degli  Inca i33 

XVIII.  Clemenza  di  Mayta  Capac i3/j. 

XIX.  Desolazione  de"1  Peruviani    durante  V  eclisse 

della  Luna i5o 

XX.  Roccia  oV  IntUGuaicii  ed  il  burrone  del  Sole.  i54 

XXI.  Matrimonio  dè'principi  del  sangue  degVInca.  166 

XXII.  Utensili  degli  antichi  Peruviani 170 

XXIII.  Palazzo  degV  Inca  appellato  Callo 175 

XXI V.  Palazzo  o  Fortezza  degV  Inca  vicino  al  vil- 

laggio del  Canar 176 

XXV.  Fortezza  del  Canar 178 

XXVI.  Abitatori  di  Santiago 2i3 

XXVII.  Abitatori  della  Concezione 21/f 

XXVIII.  Danza  de'Chiliesi 222 

XXIX.  Giuoco  della  Ciueca 22/j. 

XXX.  Giuoco  de  los  Porotos  ec 225 

XXXI.  Il  Barbotto 239 

XXXII.  /  Charrua 258 

XXXIII.  /  Guayana 268 

XXXIV.  Indiani  Gesuitici 275 

XXXV.  Prospetto  di  Buenos-Ayres. 279 

XXXVI.  Pastori  Spagnuoli  del  Paraguay 286 

XXXVII.  Gli  Araucani -  .  , 289 

XXXVIII.  I  Patagoni 323 

XXXIX.  /  Pesciere 327 


IL  COSTUME 

ANTICO    E    MODERNO 


DI 

TUTTI  I  POPOLI. 


IL  COSTUME 

o 
STORIA 

DLL  GOVERNO,  DELLA  MILIZIA,  DELLA  RELIGIONE,  DELLE  ARTI, 
SCIENZE  ED  USANZE  DI  TUTTI  I  POPOLI  ANTICHI  E  MODERNI 

PROVATA      COI      MONO  MENTI      DEL  i/    ANTICHITÀ 
E    RAPPRESENTATA    COGLI    ANALOGHI    DISEGNI 

DAL  DOTTORE 
GIULIO  FERRARIO. 

AMERICA 

Volume    Quarto. 


FIRENZE 

PER  V.  BATELLI  e  COMPAGNI 
184-2. 


IL  BRASILE 

O 

L'AMERICA  PORTOGHESE. 


Nome,  situazione,  estensione  del  Brasile, 


I 


I  nome  di  Brasile  (i)  non  è  stato  dato  sulle  antiche  carte  che 
alle  coste  marittime  del  Para  sino  al  gran  fiume  S.  Pedro.  I 
paesi  posti  sui  fiumi  delle  Amazoni,  di  Madera,  di  Xingu  ,  por- 
tavano nelle  prime  relazioni  il  nome  di  paese  delle  Amazoni: 
essi  sono  al  presente  compresi  per  la  maggior  parte  nel  governo 
di  Para.  La  denominazione  di  Paraguay,  anche  nelle  carte  della 
fine  dell'ultimo  secolo ,  si  estende  sulla  maggior  parte  del  governo 
di  Matogrosso,  e  sulla  parte  occidentale  di  quello  di  S.  Paolo } 
l'uso  moderno  ed  una  disposizione  sovrana  consacrarono  in  fine 
il  nome  di  regno  del  Brasile  per  tutti  i  possedimenti  portoghesi 
nell'America  meridionale.  Questa  vasta  contrada  che  si  estende 
dal  2.0  paralello  di  latitudine  nord  fino  al  3a.°  e  mezzo  latitu- 
dine sud,  e  dal  3^  grado  al  71  di  longitudine  ouest  di  Parigi, 
racchiude  probabilmente  ,  con  poca  diversità,  i  due  quinti  della 
superficie  dell'America  meridionale,  o  più  di  dieci  volte  l'esten- 
sione della  Francia.  Ma  la  popolazione  ,  che  non  è  un  po' con- 
centrata che  sulle  coste  e  nei  distretti  delle  miniere  ,  giugne 
tutto  al  più  a  quattro  milioni,  un  quarto  appena  dei  quali  è  di 
sangue  europeo. 

(1)  Vespuccio  nel  ritorno  del  suo  secondo  viaggio  intrapreso  per  esa- 
minare questo  paese  caricò  i  suoi  vascelli  di  un  legno  rosso  atto  alla  tin- 
tura ,  cui  diede  il  nome  di  verzino.  Tal  legno  divenne  il  principal  oggetto 
di  commercio;  il  nome  di  brasil ,  bresil  o  breselje  col  quale  era  chia- 
mato in  Europa,  e  che  deriva  dalla  parola  brasa,  bragia  indicante  il 
vivissimo  suo  rosso  colore,  venne  in  seguito  dato  allo  stesso  paese  che  lo> 
produce. 


6  COSTUME 

Scoperta  del  Brasile. 

La  corte  di  Spagna  risguardava  Americo  Vespucci  ed  in  ispe- 
zie  Vincenzo  Finson  come  i  veri  scopritori  del  Brasile.  E  di  fatto 
ci  ha  luo»o  a  credere  che  Pinson  nel  i499  avesse  visitalo  la 
contrada  vicina  alla  foce  dell'  Amazone  od  almeno  le  coste  del- 
l'isola Maranjo.  Che  che  ne  sia  di  ciò  è  cosa  incontrastabile  che 
Pietro  Alvarez  Cabrai  fu  il  primo  Europeo  che  abbia  estesamente 
conosciuto  la  costa  orientale  del  Brasile. 

Pinson. 

Il  viaggio  lucroso  di  Pinson  e  di  altri  avventurieri  fece  deter- 
minare il  re  di  Portogallo  ad  allestire  nell'anno  i5oo,  una  po- 
derosa flotta  che  atta  fosse  non  solo  a  promuovere  il  traffico,  ma 
anche  a  tentare  la  conquista  :  egli  ne  diede  il  comando  a  Cabrai, 
che  direttosi  a  ponente,  con  sua  meraviglia  si  trovò  sulla  spiag- 
gia di  uno  sconosciuto  paese  situato  nei  dieci  gradi  di  là  della 
linea. 

Cabrai. 

Cabrai  s'immaginò  da  principio  che  fosse  un'isola  nell'O- 
ceano Atlantico  uon  conosciuta}  ma  procedendo  lungo  la  sua  co- 
sta per  alcuni  giorni  ,  fu  di  grado  in  grado  condotto  a  .credere 
che  un  paese  sì  grande  formasse  una  parte  del  continente.  Que- 
st'ultimo pensamento  fu  benissimo  fondato.  [I  paese,  in  coi  venite 
a  dare  ,  apparliene  a  quella  provincia  dell'  America  meridionale 
presentemente  chiamata  Brasile.  Ei  prese  terra  \  ed  essendosi  for- 
mato un'alta  idea  della  fertilità  del  suolo  e  della  piacevolezza  del 
clima  ,  ne  prese  possesso  per  la  Corona  di  Portogallo  ,  e  spedì 
una  nave  a  Lisbona  con  la  notizia  di  questo  evento,  non  meno 
utile  che  improvviso. 

Noi  vedremo  in  seguito  nel  parlare  degli  stabilimenti  Europei 
nel  Brasile  i  vani  tentativi  fatti  dai  Francesi  sotto  la  condotta  di 
Villegagnon  per  istabilirsi  in  questo  paese  (i),  ed  i  replicati  sforzi 
degli  Olandesi  per  impadronirsene  (2).  Ma  salvare  il  Brasile  fu  una 
delle  più  segnalate  operazioni  della  dinastia  di  Bra?anza  ch'era 
ascesa  sul  trono  degli  Emanuelli  e  de' Sebastiani.  Da  quell'epoca 

(1)  V.  Voyage  de  Jean  de  Lery. 

(2)  Voyages  et  etablissement  des  Hollandois  au  Bresil.  V.  Hisl.  Gèné- 
rales  des  Voyages,  Amsterd-,  1773,  tom.  XX.  pag.  461. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  ") 

in  poi  il  Portogallo  fu  quasi  sempre  tranquillo  possessore  di  quella 
vasta  e  ricca  contrada. 
Relazioni. 

Molte  sono  le  relazioni  che  abbiamo  di  questa  si  importante 
porzione  del  nuovo  continente,  siccome  si  scorge  dal  qui  annesso 
elenco  (i).    L'  esattezza  però  delle  notizie  che  in  esse  si  conten- 

(t)  Descrizioni  del  Brasile. 

Staden's  (Hans)  Wahrhaftige  Historia  und  Besehreibung  einer  Lan- 
dschaft  der  "VVilden ,  nacketen  ,  griuimigen,  Menschenfressrer  in  der 
neuen  Welt ,  America ,  gelegen  (  Brasilien  ) ,  durch  eigene  Erfahrung 
erkannt.  Fiancfurt ,  i556,  in  4-°  Trad.  in  Latino  col  titolo — Stadii 
Navigatio  in  Brasiliani.  Francf.  De  Bry ,   i5a2  ,  in  f.° 

Histoire  d' un  voyage  fait  en  la  terre  du  Brésil ,  contenant  les  naviga- 
tions  et  choses  remarquables  vues  sur  mer  etc.,les  moeurs  et  facons 
de  vivre  étranges  des  Sauvages  Américains ,  la  description  d«  plusie- 
urs  animaux  ,  arbres  etc.  par  Jean  de  Lery,  1678,  in  8.°  fig.°  La 
stessa,  i58o,  in  8.°  fig.°  La  stessa,  Genève,  i58o;ibid.,  i585  ibid., 
i5o,4,  in  8.°  La  stessa  trad.  in  Latino,  Genève ,   i5g4,  in  4'.° 

Copie  de  quelques  lettres  sur  la  navigation  du  chevalier  de  Villegagnon 
ès  terres  de  l'Amèrique,  oultre  l' AEquinoxial  jusque  soulz  le  tropi- 
que  de  Capricorne  (  le  Bresil  )  etc.  Paris  ,  i55y  ,  in  ia.° 

Histoire  de  la  mission  des  Péres  Capucins  en  l' Ile  de  Maragnan  (au  Bré- 
sil ) ,  et  terres  circonvoisines  etc.  par  le  R.  P.  Claude  d' Abbeville. 
Paris,   1614  ■>  in  8.° 

Jornada  dos  vassalos  de  corca  de  Portugal ,  per  a  se  recuperar  a  cidade 
de  S.  Salvador  a  bahyra  de  Todos  os  Santos  etc.  feita  pollo  Padre 
Bartolomeo  Guerreiro.  Lisbona,  1625,  in  4-° 

Restauracion  de  la  ciudad  del  Salvator  en  la  baya  de  Todos  Santos,  por 
D.   Thomas  de  Yargas.  Madrid,  1626,  in  4-° 

Joh.  Greg.  Aldenburg's  Westindianische  Reise  und  Besehreibung  der  Ero- 
berung  von  S.  Salvador  in  Brasilien,  anno  161 5  bis  1626.  Coburg , 
1627,  in  4-° 

Casparis  Barlaci  Rerum  per  octennium  in  Brasilia  et  alibi  nuper  gestarum 
Historia.  Amsterdam,  1648,  in  f.°  fig.°  La  stessa  in  tedesco,  i65o, 
in  8.°  Altra  edizione  in  Latino.  Cléves ,   1660,  in  8.° 

Historia  naturalis  Brasiliae ,  in  qua  non  solum  plantae  et  ammalia  sed  et 
indigenarum  morbi,  ingenia  et  mores  desciibunlur  et  iconibus  supra 
quingenta  illustrantur  (autore  Gnill.  Pisone  ).  Leida,  1648,  in  i> 
La  stessa  ristampata  nell'opera  intitolata  :  De  Indiae  utriusque  re  Na- 
turali et  Medica.  Amsterd.,   i65r  ,  in  f.° 

Historia  Brasiliae  (autore  C.  Margraff  de  Liebstad.  )  Leida,  1648,  in £."" 


8  COSTUME 

gono  è  sempre  relativa  ai  tempi  ne1  quali  furooo  scritte.  I  Por- 
toghesi hanno  generalmente  pubblicato  poche  cose  sui  paesi  ch'essi 
possedevano  fuori  dell'Europa:  i  loro  storici  hanno  riferite  le  va- 
lorose imprese  degli   uomini  che  si  resero  illustri  colle  loro  con- 

Cronica  da  Compania  de  Jesu  do  estado  do  Brasil,  por  lo  Padre  Simao 
de  Vasconcellos.  Lisbona,  1648;  ibid.,   1662;  ibid.,  1668,  in  4>° 

Relacao  da  viage  que  fez  a  estado  do  Brasilo  a  armeda ,  da  Campanhia 
no  anno  i655,  a  cargo  do  general  de  Britto-Freyre.  Lisbona,  1657, 
in  12.0 

Nova  Lusitania  o  Historia  da  guerra  Brasilica  ,  desde  1624  hato  i658, 
por  Fr.  Britto-Freyre.  IAsbona,  i6^5  ,  in  f.° 

Brasilianische  und  Indische  Reise-Beschreibung,  von  Amb.  Richshoffer 
Strasburg ,   1677,  in  8.° 

Gedenkweerdige  Brasiliensche  zee  en  land-Reise,  door  Joh.  Nieuhof. 
Amsterd.,   1682,  in  f.°  fig.° 

Descriptio  totius  Brasiliae ,  in  qua  agitur  de  natura  et  indole  regionis  et 
incolarum  etc.  Clèves,   1698,  in  f.° 

Si  possono  avere  molte  altre  cognizioni  sugli  stessi  oggetti  nelle  seguenti 
relazioui  raccolte  da  Hackluyt  nella  sua  collezione ,  voi.  II.  parte 
prima. 

Voyage  de  Guillaume  Hawkins  au  Bresil ,  en  i53o  et  32.  —  Voyage  de 
Robert  Reniger  et  Thomas  Forét  au  Brésil,  en  i54o.  —  Voyage  de 
Pudsey  dans  la  baie  du  Brésil,  en  1542.  —  Voyage  de  Hare  au 
Brésil,  en  i58o;  —  Voyage  de  Jean  Lancaster  au-dessous  et  dans  les 
environs  de  Pernanbuc  au  Brésil ,  en  1694.  —*  Finalmente  Le-Routier 
expositif  des  còtes  du  Brésil ,  de  l' isle  Sainte-Catherine  et  de  la  rivière 
de-la  Piata. 

Isloria  delle  guerre  del  regno  del  Brasile  accadute  tra  la  corona  di  Por- 
togallo e  la  repubblica  di  Olanda,  con  le  carte  e  piani,  del  Padre  Gio. 
Giuseppe  di  Santa  Teresa,   1700,  in  f.o 

Relation  de  la  mission  du  p.  Martin  (de  Nantes)  dans  le  Brésil,  parmi 
les  Indiens  appelès  Carivis.  Quimper ,   1706,  in   12.0 

Historia  da  America  Portuguesa ,  de  anno  i5oo  de  su  descobrimento  are 

o  de   1724  por  Bocha-Pitta.   Iyisbona.   1730,  in  f.° 
Beschreibting  des  Portugiesischen  Amerika ,  spanisch  und    teutsch  ,    mit 
Anmerkungen  von  Chr.  Leiste  Brunswick,  1780,  in  8.°  Trad  in  Fran- 
cese da  Tomaso  Lindley.  Paris  ,   1806,  in  8.° 
Questa  descrizione  del  Brasile  in  un'estensione  di  io38  miglia,  scoperta  da 
Maragnon  ec.  fu  scritta  iu  ispagnuolo  nel  1 634  da  Pietro  Cudena. e  il  MSS. 
venne  scoperto  da  Lessing  nella  Biblioteca  di  Wolfenbuttel  nel  1780. 
Non  poche  cognizioni  sullo  stalo  attuale  del  Brasile  si  possono  avere  nella 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  g 

quiste-,  gli  ecclesiastici  ed  i  monaci  ci  descrissero  le  fatiche  dei 
Missionarj  che  guadagnavano  le  anime  al  cielo-  ma  si  cerca  inu- 
tilmente in  sì  fatti  libri  un"  esalta  descrizione  di  queste  contrade, 
ed  essi  non  si  estendono  tutt'al  più  che  sulle  costumanze  degli 
indigeni,  soggetto  curioso,  ma  che  non  basta  alla  nostra  istru- 
zione. Si  aggiunga  poi  a  ciò  che  la  maggior  parte  de'  libri  porto- 
ghesi non  sono  conosciuti  fuori  del  loro  paese,  di  modo  che  pos- 
siamo asserire  con  franchezza  che  noi  non  siamo  debitori  a  questa 
nazione  delle  più  importanti  cognizioni  che  abbiamo  sul  Brasile. 
Opere  di  V~asconcellos  e  di  Rocha-Pitta. 

Simone  di  Vasconcellos  e  Sebastiano  di  Rocha-Pitta  che  pub- 
blicarono in  Lisbona  le  loro  relazioni  sul  Brasile ,  il  primo  nel 
1668  ed  il  secondo  nel  1730,  sono  i  due  scrittori  più  conosciuti 
fuori  del  Portogallo.  Queste  produzioni  però  sono  ben  lungi  dal 
soddisfare  la  nostia  curiosità,  ed  il  secondo  ha  di  più  uno  stile 
ributtante  per  esser  troppo  ampolloso  (1).  Né  dobbiamo  essere 
sorpresi  se  poche  cognizioni  possono  aversi  da  questi  due  autori: 
poiché  quando  il  governo  pensa  che  sia  del  proprio  interesse  il 
proibire  la  pubblicazione  delle  notizie  spettanti  certi  oggetti  ch'egli 

relazione  dell'ambasceria  di  Lord  Macartney   alla    Cina  e  nell'eccel- 
lente Memoria  sul  Brasile  di  M.  Malte-Brun  inserita  nella  sua  tradu- 
zione del  viaggio  di  M.  Barrow  alla  Cocincina.  Ma  le  notizie  esatte  e 
recentissime  si  hanno  nelle  seguenti  opere. 
The  History  of  Brazil  by  Robert  Soutey ,  voi.  2,  in  4-° 
Travels  in  Brazil  by  Henry  Roster.  London,  1816,  in  4-°  fig-°  trad.  in 

Francese.  Parigi,  18 18,  2  voi.  in  8.°  fig.° 

Mawe  Jean,  Voyages  dans  l'intèrieur  du  Brèsil   faits  en   1809  et     1810. 

Traduits  de  l'Anglais  par  J.  B-B  Eyriès.  Paris ,  1816,  voi.  2  in  8.°  fig.o 

Reise  nach  Brasilien  in  den  Jahren  i8i5,  bis  1817  von  Maximilian  Prinz 

zu  Wied-Neuwied.  Frankfurt ,  1820-1821 ,  2  voi.  in  4-°  con  Atl.  in  f.° 

Brasilien  in  seiner  Etwickelung  seit  der  Entdeckung  bis  auf  unsere  zeit 

von  Joh.  V.  Spix.  Mùnchèu  ,  181 1. 

(1)  »  Quest'  opera  di  un  dotto  Brasiliano  ,  membro  dell'accademia  reale 
di  storia  di  Lisbona  ,  contiene  molte  notizie  sulla  fondazione  della  colonia, 
sui  suoi  successivi  governi  e  sopra  i  suoi  stabilimenti  ecclesiastici  ,  ma  è 
assai  mancante  di  tutto  ciò  che  spetta  alla  storia  naturale,  al  commercio, 
e  in  una  parola,  ad  ogni  utile  cognizione:  di  più  essa  è  scritta  con  imo 
stile  molto  ampolloso  ».  Tale  è  il  giudizio  che  ne  dà  Lindley  nella  pre- 
fazione del  suo  viaggio  al  Brasile. 


IO  COSTUME 

vuol  tenere  occulti  (i),  è  assai  difficile  l'imparare  qualche  cosa. 
Questo  è  ciò  che  per  sì  lungo  tempo  ha  tenuto  le  nazioni  Euro- 
pee in  una  grande  ignoranza  di  quello  che  concerne  i  possedi- 
menti degli  Spagnuoli  e  de' Portoghesi,  mentre  che  l'Inghilterra, 
la  Francia  e  le  altre  potenze  non  si  opponevano  alla  pubblica- 
zione di  tutto  quel  che  apparteneva  alle  loro  colonie.  Quindi  a 
ragione  Lessing,  celebre  scrittore  tedesco,  disse  che  il  mondo 
non  dovrebbe  essere  posseduto  che  dalle  nazioni  che  Io  fan  co- 
noscere }  e  fece  tal  osservazione  in  occasione  di  aver  dissotterrato 
nella  biblioteca  di  Wolfenbuttel  un  vecchio  libro  dimenticatovi 
giada  lungo  tempo.  Questo  libro  originalmente  scritto  in  ispagnuolo 
era  stato  tradotto  in  Tedesco  e  portava  per  titolo:  Descrizione  del 
Brasile  in  uri  estensione  di  io38  miglia  scoperta  da  Mara- 
tone ec. 

Relazione  di  Pietro  Cudena. 

Tale  relazione  è  di  Pietro  Cudena  viaggiatore  spagnuolo  che 
la  scrisse  nel  i63/j  dopo  di  esser  ritornalo  dal  Brasile.  Sembra 
eh' ci  la  componesse  pel  Duca  d'Olivarez  ,  cui  la  dedicò,  e  che 
volesse  far  conoscere  a  quel  ministro  il  danno  che  avrebbe  cagionato 
alla  Spagna  la  perdita  del  Brasile ,  del  quale  gli  Olandesi  avevano 
in  allora  conquistala  una  parte.  Questo  libretto  trovato  nel  1780 
contiene  succinte  ma  preziose  notizie  sul  Brasile}  ed  allorché 
Lessing  indusse  il  suo  compatriota  Leiste  a  pubblicare  una  nuova 
edizione  della  traduzione  Tedesca  col  testo  Spagnuolo,  rese  un 
vero  vantaggio  alia  scienza  geografica 5  ma  esso  è  quasi  scono- 
sciuto in  Francia  ,  e  la  sua  utilità  scemerà  sempre  a  misura  che 
si  vanno  acquistando  più   recenti  uotizie  su  di  questo  paese. 

di  Giuseppe  d? Acunha  ec. 

In  questi  ultimi  tempi  il  governo  Portoghese  rinunziando  alla 
stretta  politica  che  aveva  seguito  per  sì  lungo  tempo,  permise  la  pub- 
blicazione delle  opere  concernenti  le  sue  colonie,  e  uoi  abbiamo 
presentemente  un  eccellente  Saggio  sul  commercio  del  Porto- 
gallo e  delle  sue  colonie  dì  Giuseppe  d' Acunha,  Vescovo  di 
(1)  Il  suddetto  Lindley  nel  luogo  citato  proseguendo  a  parlare  della 
storia  di  Rocha-Pitta  aggiugne,  che  il  governo  Portoghese  alcuni  anni 
dopo  la  pubblicazione  di  quest'opera  ,  ne  proibì  pubblicamente  la  lettura 
sotto  severissime  pene ,  e  che  a1  suoi  tempi  non  si  trovava  più  che  nei 
gubinetti  de' curiosi  e  scrupolosamente  nascosta. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BBASlLE  I  i 

Pernambuco,e  molte  altre  relazioni  assai  instruttive  nelle  Memorie 
economiche  dell'  accademia  di  Lisbona. 
Relazione  di  Gio.  de-Lery. 

I  tentativi  de'Francesi  e  degli  Olandesi  per  istabilirsi  nel 
Erasile  hanno  prodotto  molti  libri  che  ci  som ministraron  non  po- 
che cognizioni  di  questa  vasta  contrada.  La  relazione  di  Gio.  De- 
Lery  che  andò  al  Brasile  nel  1 556  e  ritornò  nel  1 558  ci  fece 
conoscere  il  clima,  alcune  produzioni  naturali  del  paese,  ed  i  co- 
stumi di  qualche  indigena  nazione.  Appena  però  noi  potremmo 
presentemente  ravvisare  i  luoghi  descritti  da  questo  viaggiatore  , 
poiché  la  presenza  degli  Europei  li  sottopose  ai  più  grandi  can- 
giamenti. 

del  P.  Claudio  aV  Abbeville. 

II  Padre  Claudio  d' Abbeville  cappuccino,  che  nel  1612  si 
recò  in  qualità  di  capo  di  una  missione  a  S.  Luigi  di  Maragnan, 
La  voluto  farci  conoscere  tutti  i  tentativi  da  lui  fatti  per  istabi- 
lire  la  fede  in  questi  lontani  paesi,  ed  al  suo  ritorno  in  Francia 
ne  pubblicò  la  relazione.  Egli  vi  si  dimostra  un  po'troppo  credulo, 
ciò  nonostante  si  scorge  in  lui  un  uomo  di  molto  ingegno  ,  che 
consacrò  una  gran  parte  della  sua  opera  a  descrivere  il  clima  del- 
l'isola di  Masagnan  e  du' luoghi  circonvicini,  gli  animali  che  vi 
abitano,  le  produzioni  naturali  ,  la  costituzione  fisica  e  le  costu- 
manze degli   indigeni  cui  dà  il  nome  di  Topinambas. 

di  Piso  e  Margraf. 

Il  conte  di  Nassau,  durante  la  sua  amministrazione,  favoiì  le 
arti  della  pace;  ed  in  tale  occasione  i  naturalisti  Piso  e  Margraf 
vistarono  il  Brasile  e  ne  esaminarono  le  ricchezze  del  suolo.  Le 
loro  osservazioni  ci  hanno  procurate  impoi tantissime  notizie  sulla 
storia  naturale  e  sulla  geografia  tìsica  di  questa  regione.  Il  clima 
del  Brasile  è  in  ispecie  descritto  da  Piso  con  una  precisione  sì 
filosofica,  che  al  dire  di  Robertson,  si  desidereiebbe  di  trovarne 
sempre  uu' eguale  nelle  relazioni  delle  altre  province  dell'A- 
merica. 
di  Gaspare  Baerle. 

Gaspare  Baerle,  più  noto  sotto  il  nome  latino  di  Barlaeus  , 
scrisse  la  storia  di  ciò  che  gli  Olandesi  suoi  compatriot  ti  avevano 
fatto  nel  Brasile  sotto  il  comando  del  Conte  di  Nassau.  QipsIo 
libro  ornato  di   un  gran   numero  di  figure,  offre  molte  pailico'a- 


1 2  COSTUME 

rità  relative  alla  geografia,  alla  storia  naturale  ed  ai  costumi  degli 
indigeni  $  né  mancarono  mezzi  all'autore  di  farlo  con  qualche 
esattezza,  poiché  il  Conte  di  Nassau  mandava  a  quando  a  quando 
delle  spedizioni  nell'interno  del  paese  per  conoscerlo  meglio  che 
gli  fosse  possibile. 
Relazione  di  Herhmann ,  Nieuhoff  ec. 

Degne  di  particolar  menzione  sono  poi  fra  le  altre  la  relazione 
del  viaggio  di  Elia  Herkmann,  quella  di  Nieuhoff  e  la  storia  delle 
Indie  di  Laet  ,  nelle  quali  opere  si  trovano  sparse  le  cognizioni 
che  gli  Olandesi  avevano  acquistato  sul  Brasile  fino  a  que'tempi. 
Nella  raccolta  di  Debry  trovansi  le  avventure  di  Gio.  Stade  che 
passò  molti  anni  fra  gli  indigeni  del  Brasile  ,  e  nella  collezione 
di  Hackluyt  molte  altre  relazioni  di  viaggiatori  inglesi  in  queste 
contrade.  Finalmente  Morisot  ci  diede  la  storia  della  guerra  del 
Brasile  fra  i  Portoghesi  e  gli  Olandesi,  ed  il  viaggio  di  Roulox 
Baro  fra  i  Tapuyas. 

Tutti  questi  libri  non  contengono,  come  abbiamo  veduto,  che 
notizie  concernenti  lo  stato  aulico  del  paese.  Molti  viaggiatori  dopo 
la  fine  del  secolo  decimosettimo,  scorrendo  il  mar  delle  Indie  o 
il  grande  Oceano  nel  loro  ritorno  ,  hanno  approdato  a  diversi 
porti  del  Brasile,  e  spezialmente  a  Rio-Janeiro  e  San-Salvador. 
Le  loro  relazioni  danno  le  descrizioni  de'luoghi  veduti }  ed  alcune 
contengono  altresì  varie  notizie  generali  su  tutto  il  paese.  Si  pos- 
son  ben  ache  consultare  con  molto  vantaggio  La-Condamine  , 
Froger,  Frezier,  Bougainville,  Cook,  La-Perouse,  Staunton,  Bai- 
row,  Knisenstern  e  molti  altri. 
di  Southey. 

Southey  ci  diede  in  Inglese  una  storia  del  Brasile  per  compi- 
lare la  quale  ei  consultò  in  Portogallo  un  gran  numero  di  docu- 
menti affatto  sconosciuti  prima  della  pubblicazione  della  mede- 
sima. Si  può  rimproverare  a  quest'opera  una  prolissità  che  op- 
prime. L'autore  si  eslese  nel  riferire  una  moltitudine  di  partico- 
larità di  poco  o  nessun  interesse:  egli  vi  inserì  alcuni  interi 
estratti  di  antiche  relazioni,  dimenticandone  altre  che  hanno  al- 
meno un'eguale  importanza.  Il  signor  De-Beaucharop  pubblicò  Una 
storia  del  Brasile  che  può  essere  considerata  come  un  compendio 
di  quella  di  Southey,  introducendovi  soltanto  alcuni  estratti  del 
viaggio  di   Mawe. 


DEGLI    AIUTATORI    DEL    BRASILE  l3 

Relazione   di  Koster. 

Di  non  molta  importanza  ci  parvero  pure  i  viaggi  nella  parte 
settentrionale  del  Brasile  fatti  rial  1809  al  181 5  da  Enrico  Koster 
cui  pubblicò  a  Londra,  senza  che  avesse  alcuna  intenzione,  du- 
rante il  suo  soggiorno  in  que'paesi,  di  far  conoscere  colle  stampe 
ciò  che  aveva  veduto  o  inteso  raccontare.  Egli  si  confessa  debi- 
tore di  questa  sua  relazione  alle  cognizioni  ed  allo  vasta  biblioteca 
del  suddetto  signor  Southey.  Vi  si  trovan  però  delle  estese  ed 
esatte  notizie  sul  commercio,  sull'agricoltura,  sull'industria  e  sulle 
costumanze  della  provincia  di  Fernambuco.  Buona  parte  poi  di 
tal' opera  serve  a  provare  l'infamia  e  la  crudeltà  del  commercio 
degli  schiavi,  nel  riferire  i  trattati  d'alleanza,  di  commercio  e 
di  navigazione  fra  l'Inghilterra  e  il  Portogallo  firmati  a  Rio-Ja- 
neiro il  19  febbrajo  1810,  e  nel  riportare  due  dissertazioni  del 
Dott.  Àrruda  da  Carrara,  l'una  sulle  piante  del  Brasile,  dalle 
quali  si  possouo  ottenere  sostanze  fibrose  atte  a'varj  usi  della 
società;  l'altra  sull'utilità  di  stabilire  de' giardini  nelle  principali 
Provincie  del  Brasile  per  la  coltivazione  delle  piante  recentemente 
scoperte. 

di  Hawe. 

Il  signor  Hawe  dotto  mineralogista  ottenne  dal  Principe  reg- 
gente oggi  Re  di  Portogallo  la  permissione  di  visitare  l'interno 
del  Brasile  (1),  e  così  ebbe  campo  di   comunicarcene  colla  rela- 

(1)  Da  non  molto  però,  sonosi  cangiate  in  meglio  le  circostanze  (così 
il  Principe  Massimiliano  di  Wied  Neuwierl  nell'introduzione  al  suo  viag- 
gio nel  Brasile)  che  rendevan  difficile  l'esplorazione  del  Brasile.  Dac- 
ché il  Monarca  si  recò  presso  quella  fonte  sì  bella ,  e  da  esso  non  mai 
veduta  delle  sue  ricchezze,  fu  subito  tolto  il  sistema  della  più  misteriosa 
clausura;  la  fiducia  sua  cedette  alla  diffidenza,  ed  i  viaggiatori  stranieri 
ottennero  l'accesso  a  quel  campo  di  nuove  scoperte;  la  magnanimità  di 
un  savio  Monarca,  secondato  da  un  illuminato  ministero  ,  non  si  contentò 
già  di  concedere  agli  esteri  il  solo  accesso,  ma  ne  promosse  anche  nei 
modi  più  generosi  le  indagini.  Quindi  ottenne  l'Inglese  Mawe  di  poter 
visitare  quelle  ricche  cave  di  diamanti  ec.  Dopo  tal  epoca  qualche  altro 
viaggiatore  percorse  quella  provincia  ....  Baccomandati  al  B e  dal  pro- 
motore degli  scientifici  studj  ministro  Conde  de  Barca  ,  ottennero  la  facoltà 
non  solo  di  aggirarsi  senza  impedimento  pei  varj  capitanati  della  monar- 
chia,  ma  furono  anche  generosamente  assistiti  coll'assegnamenio  di  un'an- 
nua somma  ec.  Quanto  addietro  da  sì  illuminata  e  liberale  condotta  del- 


l4  COSTUME 

zione  de' suoi  viaggi  molte  estese  ed  esatte  cognizioni.  Si  deve 
render  giustizia  a  Mawe  col  confessare  eh'  ei  non  parlò  se  non 
che  di  cose  vedute  da  lui  stesso,  o  sulle  quali  potè  avere  sicure 
notizie,  e  che  non  ha  voluto  accrescere  il  suo  libro  col  riprodurre 
alcune  già  note  particolarità  della  storia  del  Brasile.  Ci  duole 
ch'ei  nulla  ci  dica  relativamente  alle  produzioni  generali  delle 
miniere  d'oro ,  ma  fortunatamente  si  trovano  già  nel  saggio  sulla 
Nuova-Spagna  del  signor  De-Humholdt  tutte  quelle  notizie  che 
possono  supplire  al  suo  silenzio  su  di  questo  oggetto. 
Relazione  del  Principe  Massimiliano  di  Wied-Neuwed. 

Finalmente  il  Principe  Massimiliano  di  Wied-Neuwed  sparse 
una  nuova  ed  ampia  luce  sulla  storia  di  questo  vasto  ed  impor- 
tantissimo paese  colla  recentissima  pubblicazione  del  suo  viaggio 
nel  Brasile. 

Gli  sguardi  del  naturalista,  (egli  ci  dice  nell'introduzione 
alla  sua  opera)  furono  lungamente  rivolti  al  Brasile  a  preferenza 
d'ogni  altro  paese.  Ma  sebben  collocato  nella  più  felice  situazione, 
e  sebben  promettesse  una  assai  ricca  messe  di  cognizioni  ,  si  era 
non  pertanto  chiuso  scrupolosamente  l'accesso  allo  studioso  inda- 
gatore della  natura.  Le  vecchie  informazioni  di  qualche  viaggia- 
tore, le  informazioni  date  dai  navigatori  Spagnuoli  e  Portoghesi, 
e  quelle  in  fine  più  (ondate  dateci  dai  Gesuiti,  unite  alle  osserva- 
zioni di  Margraf  e  di  Piso  componevano  la  misera  letteratura 
intorno  a  quelle  sì  importanti  contrade  e  da  tanto  tempo  scoperte. 
Dacché  però,  come  abbiain  già  osservato,  sonosi  cangiate  le  cir- 
costanze, i  viaggiatori  ottennero  l'accesso  a  quel  campo  di  nuove 
scoperte.  Il  tenente  collonnello  d' Eschwege ,  il  quale  ha  soggior- 
nato più  anni  nel  Brasile,  ha  già  dato  alla  luce  alcune  impor- 
tanti memorie.  Altri  Tedeschi  ancora  animati  da  simile  ardore 
vi  si  recarono  di  già ^  né  mancherà  certamente  ad  essi  pure  una 
ricca  messe  di   osservazioni. 

Ninas-Geraes  essendo  ora  già  slata  visitala  da  Mawe  e  da 
Eschwege  è  già  conosciuta  se  non  del  tutto  almeno  per  la  maggior 

l'attuale  governo  non  rimane  l'antico  sistema,  secondo  il  quale  il  viag- 
giatore al  suo  arrivo  al  Brasile  veniva  attorniato  e  scrupolosamente  guar- 
dalo dai  soldati  !  Sia  qui  pubblicamente  e  scrupolosamente  consegnata  a 
questi  fogli  l'espressione  di  que'  sentimenti  di  riconoscenza,  de' quali  io 
mi  sento  penetrato  verso  un  Monarca,  che  diramò  ordini  sì  liberali  >:. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  l5 

parte.  Il  Principe  Massimiliano  trovò  du  nque  al  suo  arrivo  al 
Brasile  cosa  più  confacente  allo  scopo  ,  quella  di  prescegliere  la 
costa  orientale  sconosciuta  ancora  del  tutto,  vale  a  dire  non  an- 
cora descritta.  Vivono  colà  parecchie  tribù  di  indigeni  in  tutta  la 
loro  originalità,  e  non  molestati  ancora  dagli  Europei  cbe  a  poco 
a  poco  vanno  estendendosi  da  per  tutto.  Gli  elevati  e  nudi  dossi 
centrali  del  Brasile  son  divisi  dalla  costa  orientale  per  mezzo  di 
un'ampia  lista  di  foieste  primitive  che  stendonsi  da  Rio-de-Ja- 
neiro  fin  presso  Bahia  de  Todos  os  Santos,  per  un  tratto  di  undici 
gradi  circa  di  latitudine.  In  quelle  foreste,  ove  finora  trovaron 
sicuro  ricovero  i  Brasiliesi  indigeni  da  per  tutto  respinti  addietro, 
posson  essi  vedersi  ancora  nel  loro  stato  originario.  Questa  fu  la 
parte  che  più  dell'altra  allettar  dovea  il  nostro  viaggiatore,  cono- 
scendosi poco  o  nulla  quegli  indigeni  che  vivono  ancora  nello 
stato  di  natura  ,  non  che  la  storia  naturale  di  quelle  parti.  Egli 
effettuò  una  parte  del  suo  viaggio  in  compagnia  di  due  dotti 
Tedeschi  il  signor  Freyreiss  ed  il  signor  Sellow  ,  e  confessa  in- 
genuamente di  aver  avute  spezialmente  dal  primo  parecchie  im- 
portanti notizie  pubblicate  nel  suo  Piaggio  al  Brasile.  Gli  ama- 
tori della  storia  naturale,  della  geografia  e  della  storia  de' popoli 
troveranno  in  questa  eruditissima  relazione  molle  cose  utilissime 
all'  incremento  di  quelle  scienze 


DESCRIZIONE  DEL  BRASILE. 


JL  rima  di  passare  a  descrivere  il  costume  degli  abitatori  di  que- 
sto sì  importante  paese  ,    ragion  vuole  che  noi  ci  formiamo  una 
certa  idea  della  giacitura  e  configurazione    del    medesimo  e  delle 
principali  sue  parti. 
Montagne. 

Al  settentrione  di  Rio-Janeiro  s'  alza  la  massa  principale  delle 
montagne  del  Brasile  ,  verso  le  sorgenti  del  fiume  S.  Francesco. 
Dipartendosi  da  quel  punto,  si  stende  una  catena  paralellamente 
alla  costa  settentrionale,  sotto  il  nome  di  Cerro-das-Esmeraldasi 


COSTUME 

Cerro-do-Frio  ed  altri  :  una  seconda  catena  o  piuttosto  la  mede- 
sima segue  una  simile  direzione  a  mezzodì,  prende  fra  gli  altri 
nomi  quello  di  Parapanema  ,  e  non  termina  che  alle  foci  del 
fiume  Parana  o  della  Piata.  Essa  è  assai  scoscesa  e  pittoresca  dalla 
parte  dell'Oceano,  ma  non  sembra  che  giunga  da  nessuna  parte 
ad  una  elevazione  che  oltrepassi  le  mille  tese  :  si  perde  verso 
l'interno  in  un  grande  altipiano  chiamato  dai  Portoghesi  Cam- 
pos-Geraes.  Questa  parte  marittima  del  Brasile  è  tutta  granitosa 
e  fu  osservata  da  Mawe  che  ce  ne  lasciò  un'esatta  descrizione  (i). 

La  costa  settentrionale  fra  Maranhao  ed  Olinda  contiene  una 
catena  particolare  chiamata  la  catena  d* Itiapaba\  è  una  delle  più 
considerabili  del  Brasile,  e  sembra  granitosa.  Le  rive  dell'  Ama 
zone  non  offrono  da  tutte  le  parli  che  una  immensa  pianura  ove 
trova  nsi  frammenti  di  granito. 
Catena  delV  interno. 

La  catena  di  Marcella  lega  le  Cordigliere  marittime  con 
quelle  dell'interno;  sembra  che  il  nucleo  di  queste  ultime  occu- 
pi la  regione  ove  sorgono  il  Parana  ,  il  Tocantino  e  l'Uraguay. 
Pare  che  la  Sierra-Martha  ne  formi  la  parte  più  alta,  sebbene 
un  altro  ramo  lungo  l'Uraguay  abbia  preso  il  nome  di  Grande- 
Cordigliera. 
Altipiano  centrale. 

Nel  centro  dell'America  meridonale  stendesi  V altipiano  dei 
Parexis  formato  di  una  lunga  serie  di  colline  di  sabbia  e  di 
terra  leggiera,  che  presentansi  in  distanza  a  guisa  di  grosse  onde 
di  mare  agitato.  Escon  da  quello  verso  ponente  l'erte  colline  dello 
stesso  nome  che  dopo  essersi  prolungate  dugento  leghe  verso  il 
nord  nord-ouest  terminano  a  i5o  20  leghe  da  Guapure.  Un'altra 
catena  di  montagne,  che  n'esce  verso  il  mezzodì,  va  lungo  la  riva 
orientale  del  Paraguay. 
Influenti  delV  Amazone. 

Da  quell'arido  altipiano  scendono  in  direzioni  diverse  il  Ma- 
deira, il  Topayos,  il  Xingu  (Scingu)  influenti  dell'  Amazone  }  ed 
il  Paraguay  col  Jaura,  il  Sypotuba  ed  il  Cujaba  ,  suoi  influenti 
superiori.  Quegli  influenti  sono  per  la  maggior  parte  auriferi,  e 
la  sorgente  del  Paraguay  bagna  un  sito  di  diamanti, 

(1)  Mawe,  travels  in  Bresil,  pag.   149,  pag.  122,  pag.  8g,  pag.  $6. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  17 

Lago  sul  Xacurutina. 

L'i»  lago  situato  sul  Xacurutina  ,  die  produce  tutti  gli  anni 
una  grande  quantità  di  sale,  è  continuo  soggetto  di  gueira  fra 
gli  indigeni.  Presso  Salina-de-Almeida  sul  Jaura  sono  pozzi 
salsi  che  somministraron  saie  a  Mato-Grosso  sin  dalla  fondazione 
della  colonia. 
Picciole  montagne  deW  altipiano. 

La  catena  di  montagne,  che  sin  dalle  sorgenti  del  Paraguay 
ne  segue  la  sponda  orientale,  termina  sette  leghe  al  di  sotto  della 
foce  del  Jaura  ,  pel  Morro-Excavado.  A  levante  in  quel  punto 
lutto  è  palude  fino  a  Rio-Nuovo,  torrente  profondo,  ma  ingombro 
di  piante  acquatiche,  e  che  si  getta  nel  Paraguay  nove  leghe  più 
sotto.  A  17.*  25'  di  latitudine  ,  le  rive  occidentali  del  fiume  di- 
vengono montuose  alla  testa  di  Serra-da- Insita.  Superiormente 
alla  foce  del  Porrudo  ,  quelle  montagne  prendono  il  nome  di 
Serra-das-Pedras-de- Amolar,  per  lu  schisto  novaculare  che  ne 
costituisce  la  massa.  Quella  piccioli)  catena  è  terminata  da  quella 
dei  Durados,  inferiormente  alla  quale  un  canale  conduce  al  lago 
di  Mendiuri,  lungo  sei  leghe?  ed  il  maggiore  di  quelli  vicini  al 
Paraguay.  Più  sotto  quel  fiume  bagna  le  Serras  dy  Albuquerque 
che  formano  un  quadralo  di  dieci  leghe  e  contengono  molte 
pietre  calcarie.  Dopo  sei  leghe  incomincia  la  Serra- do-Rabicho 
ed  il  fiume  riprende  la  sua  direzione  meridionale  fino  alla  foce 
del  Taquari,  bel  fiume  frequentato  lutti  gli  anni  da  flottiglie  che 
vengono  da  Sau-Paolo  per  andare  a  Cujaba.  Nel  sito  ove  il  JUbo- 
tetey  ,  ora  chiamato  Mondego  ,  mette  nel  Paraguay ,  due  alle 
colline  isolale  stanno  l' una  riinpetto  all'altra  sulle  due  rive  di 
quest'ultimo  fiume.  Il  posto  di  Nuova-Coimbra  occupa  l'estre- 
mità meridionale  d'un' altura  che  costeggia  il  fiume  a  ponente. 
Undici  leghe  al  mezzodì  di  Coimbra  verso  ponente  havvi  la  foce 
di  Bahia-Negro,  gran  nappo  d'acqua  di  cinque  leghe  dal  nord 
al  sud,  e  di  sei  leghe  di  estensioni  ove  colano  tutte  l'acque  dei 
vasti  terreni  sommersi  al  mezzodì  ed  a  ponente  de' monti  Albu- 
querque. A  quella  baja  terminano  i  possedimenti  Portoghesi  at- 
tuali sulle  due  rive  del  fiume. 
Lago  temporaneo  di  Xarayes. 

Dalla  fuce  del  Jaura  fino  a   ai.*  22*  ove  alfe  montagne  slen- 
donsi  a  ponente  e  più  ancora  a   levante,  l'intero  paese  è  regolai- 

Cost.   Voi.   1 V  dell'  America.  2 


1 8  COSTUME 

niente  inondato  tutti  gli  anni,  di  modo  che  entro  uno  spazio  di 
cento  leghe  di  lunghezza  sopra  quaranta  di  larghezza  ,  1'  acque 
traripate  del  fiume  non  offrono  più  che  un  immenso  lago  dai  geo- 
grafi chiamato  lago  di  Xarayes.  Durante  tale  inondazione  ,  le 
montagne  ed  i  terreni  elevati  pajono  all'  occhio  estatico  altret- 
tante isole  incantate  divise  da  un  labirinto  di  canali,  di  baje,  di 
seni  e  di  bacini,  parecchi  dei  quali  sussistono  anche  dopo  che  le 
acque  si  sono  abbassate.  A  tal  epoca  i  venti  da  ponente  si  fanno 
malsani  al  Brasile. 

Le  sette  cascate. 

Fra  il  Paraguay  ed  il  Parana  stendesi  dal  nord  al  sud  una 
catena  considerabile  di  montagne  chiamata  Amarbay  che  va  a 
terminare  al  sud  al  fiume  Igoatimy  per  una  diramazione  che  va 
da  levante  a  ponente  e  che  chiamasi  Maracayer.  Da  quelle  mon- 
tagne nascono  tutti  i  fiumi  che  sgorgano  nel  Paraguay  al  sud  del 
Taquari  :  non  che  molti  altri  che  prendendo  una  direzione  oppo- 
sta, sboccano  nel  Paratia  ed  il  più  meridionale  de'  quali  è  1'  I- 
goatimy  che  ha  la  sua  foce  alquanto  superiore  alle  sette  cascate. 
Quella  maravigliosa  cateratta  presenta  uno  de'  più  sublimi  spet- 
tacoli :  vi  brillano  sei  arcobaleni,  uno  sopra  l'altro  nelle  nubi  di 
vapori  che  alzandosi  costantemente  dall'acqua  ridotta  in  polvere 
dalla  violenza  dell'urto  tutto  avvolgono  l'orizzonte. 

Roccie. 

Le  coste  settentrionali  del  Brasile  sono  circondate  da  roccie 
contro  le  quali  vanno  ad  infrangersi  l'onde  dell'Oceano.  Le  roc- 
cie sono  coralline,  e  gli  abitatori  di  Oliuda  e  di  Parayba  se  ne 
servono  per  fabbricare   le  loro  case. 

Terre  sommerse. 
Tutte  le  coste  vicine  alla  foce  dell'Amazone  ed  al  Tocantino 
sono  terre  basse  ,  paludose  o  fangose  ,  formate  da  alluvioni  riu- 
nite del  mare  e  de'fiumi.  Nessuno  scoglio  s'  oppone  colà  alla 
violenza  delle  maree  e  del  mare:  banchi  di  sabbia  ,  isole  basse 
ed  anche  a  metà  sommerse  stringono  però  le  imboccature.  Il  con- 
corso di  tanti  gran  fiumi,  che  scorrono  in  direzione  contraria  al- 
l'andamento generale  delle  correnti  e  delle  maree  (da  levante  a 
ponente  ),  produce  colà  una  specie  di  marea  straordinaria  di  si- 
mili alla  quale  se  ne  veggono  pochissime  al  mond-. 


DEGLI    ABITATOMI    DEL    BRASILE  IO, 

Torrenti. 

È  cosa  notabile  che  la  costa  da  Para  sino  a  Pernambuco  non 
offre  alcun  fiume  di  lungo  corso  -,  eppure  il  3Iaraiihao,  il  Rio- 
Grande  ed  il  Parayba  lian  larghe  Lei  in  un  terreno  mobile: 
nella  stagione  piovosa  sono  torrenti  che  inondano  tutto  il  paese, 
e  nella  stagione  asciutta  hanno  appena  un  rigagnolo  d'acqua,  come 
se  il  terreno  delle  montagne  interne  se  l'assorbisse  tutta;  anzi 
quegli  alvei  rimasti  asciutti  del  lutto  servono  sovente  di  sentiero 
agli  indigeni.  Dal  Capo  Frio  fino  al  trentesimo  paralello  di  lati- 
tudine sud  l'elevatissima  costa  non  veisa  nell'Oceano  alcun  fiume 
di  qualche  considerazione.  Tolte  l'acque  diiigonsi  verso  l'interno 
e  vanno  a  terminare  nel  Parana  o  nell'Uraguay  che  hanno  am- 
bidue  le  sorgenti  in  quelle  montagne.  Il  Rio-Grande  di  San-Pedro 
non  ha  un  lungo  corso,  ma  una  lunghissima  foce  su  di  una  costa 
bassa  e  fiancheggiata  di  duncv 
Clima. 

L'estensione  del  Brasile  essendo  vastissima  ne  viene  per  con- 
seguenza che  il  clima  e  le  stagioni  esser  non  possono  dovunque 
le  medtsime.  L'umidità  continua  che  legna  sulle  rive  pantanose 
dell' Amazone  vi  rende  il  caldo  meno  intenso;  e  le  burrasche  su 
quel  fiume  sono  tonto  pericolose  quanto  sul  mare.  Risalendo  la 
Madera,  il  Xingu,  il  Tocantino,  il  San-Francesco  trovansi  piani 
elevati  o  montagne,  e  la  temperatura  è  colà  più  fresca.  Il  clima 
dei  dintorni  di  San-Paolo  permette  alle  piante  fruttifere  d'Europa 
di  crescervi,  tra  le  quali  la  più  che  abbonda  è  il  ciriegio.  Quel 
punto  sembra  nel  miglior  clima  di  tutto  il  Brasile.  Piso  dice  che 
il  vento  di  ponente  é  malsano  nelle  parti  interne  del  Brasile  , 
perchè  passa  sopra  vaste  boscaglie  pantanose  (i).  Pare  che  la  co- 
sta marittima  ,  da  Para  fino  ad  Olinda  ,  goda  di  un  clima  ana- 
logo a  quello  della  Gujano,  ma  un  poco  men  umido.  La  stagione 
piovosa  ad  Olinda  di  Pernambuco,  comincia  di  marzo  ,  qualche 
volta  di  febbrajo  e  termina  in  agosto.  Le  osservazioni  di  Margraf 
provano  che  i  venti  spiranti  dal  sud-est  dominano  non  solamenle 
per  tutta  la  stagione  piovosa,  ma  anche  un  poco  prima  e  un  poco 
dopo  (2).  I  venti  del  nord  soffiano  con  qualche  interruzione  du~ 

(1)  Piso,  Med.  Bras.  lib.  I.  p;ig.   1. 

(2)  Margraf.  Hist.  Natur.   Bras.  lil).   VII.  cap.  *. 


20  COSTUME 

ranle  la   stagione  asciutta  \  allora  le  colline  non  presentano  che  un 

terreno  arso  ove  tutti  i  vegetabili    muojono  o  per  lo  meno    lan- 

guono.  Le  notti  in  quella  stagione  sono  freddissime.  Per  tutto  il 

lesto  dell'anno  il  caldo    estremo    del  clima     vi  è  temperato   dai 

venti   freschi  dì   mare,  e  la   natura  è  colà  in  una  continua  attività. 

O^ni   mattina  all'alzarsi  del  sole  spira  un  venticello,    che  conti- 
ti ?  „  » 

nua  per  una  parte  della  notte \  ma  un  poco  prima  del  mattino 
gli  effetti  della  rugiada  son  tanto  incomodi  quanto  nelle  Antille 
ed  alla  Gujana.  Rispetto  al  clima  di  Rio-Janeiro  si  possono  vedere 
le  osservazioni  del  signor  Dorta  accademico  di  Lisbona,  le  quali 
coincidono  con  quelle  di  Don  Pernetty  sull'isola  di  Santa  Catte- 
rina  ov'ebbe  a  sopportare  grandi  nebbie. 
Produzioni  del  Brasile. 

Una  delle  più    preziose  produzioni  del  Brasile  è  il  diamante. 
L'inviluppo  o  cascalchao  di  quelle  pietre  tanto  appezzale  è  una 
tetra  fei rugginosa  mista  di  ciottoli  conglutinali.  Tiovansi  general- 
mente allo  scoperto  nel  letto  de' fiumi  e  lungo  le  loro  rive. 
.Diamanti  e  Minerali. 

Le  roccie  che  accompagnano  i  diamanti  e  che  indicano  la 
presenza,  sono  il  più  sovente  minerali  di  ferro,  risplendenti  ed  in 
forma  di  piselli,  lavagne  di  fina  tessitura,  e  che  s'accostano  alla 
pietra  lidia,  ferro  ossidulato  nero  in  grande  quantità,  frammenti 
rotolati  di  quarzo  azzurro,  cristallo  giallo  ed  altre  materie  affatto 
diverse  da  tutte  le  parti  costitutive  e  conosciute  delle  montagne 
aggiacenli.  Né  i  diamanti  trovansi  esclusivamente  nel  loto  de'fiu- 
mi  o  ne' profondi  burroni}  se  ne  rinvenne  scavando,  ed  entro 
correnti  d'acqua  sulle  sommità  delle  più  alte  montagne. 
Territorio  dei  diamanti. 

Il  Cerro-do-Frio  è  un'unione  di  montagne  scoscese,  in  dire-» 
zione  sud  e  nord,  che  son  credute  le  più  alle  del  Brasile.  Il  ter- 
ritorio de'diamanti  propriamente  detto,  si  stende  circa  sedici  leghe 
dal  sud  a!  nord  ed  otto  da  levante  a  ponente.  Fu  in  origine  e- 
splorato  da  alcuni  minatori,  intraprendenti  di  Villa-do-Princ.ipe,  i 
quali  unicamente  occupati  dell'oro,  sdegnarono  per  lungo  tempo 
i  diamanti  come  cristalli  senza  valore.  Finalmente  se  ne  presentò 
una  quantità  al  Governatore  di  Villa-do-Principe ,  il  qual  pure 
non  conoscendoli  se  ne  servi  come  di  segni  da  giuocare.  Recali 
per  caso  a   Lisbona  >    se  ne  consegnarono  alcuni  all'ambasciatore 


DEtitl    ABITATORI    DEL    KHASlLt  2t 

d'Olanda,  Bmucliè  li  facesse  esaminare  nel  suo  paese  clie  eia 
allora  il  principale  mercato  di  pielre  preziose.  I  lapidai]  d' Am- 
sterdam li  conobbero  per  bei  diamanti.  L'ambasciatore  nell'in- 
formare  il  governo  Portoghese  della  scoperta  ,  concliiuse  nel 
tempo  stesso  un  trattato  pel  commercio  di  quelle  pietre,  e  Cerro- 
do-Frio  divenne  un  distretto  a  parte.  L' immensa  quantità  di  dia- 
manti esportati  ne'  primi  venti  auni ,  e  che  dicesi  avere  ecceduto 
le  mille  oncie,  ne  diminuì  tosto  il  valore  in  Europa,  e  si  invia* 
rono  in  appresso  alle  Indie,  ove  avevano  un  maggior  valore,  e 
donde  provenivano  esclusivamente  per  lo  addietro. 
Produzione  annuale. 

Le  miniere  di  CerroKjo-Fcio  fruttano  al  governo  da  venti  a 
venticinquemila  carati  all'anno.  Dal  1801  al  1806  le  spese  per 
la  ricerca  de'diamanti  ammontarono  a  204000  lire  sterline,  non 
comprese  i^m.  lire  sterline  provenute  dall'oro  ritrovato  nello 
slesso  periodo.  I  diamanti  inviati  al  tesoro  di  Rio  Janeiro  pesano 
11 5,6^5  carati  ,  di  modo  che  costano  al  governo  33  scellini  8 
denari,  circa  42  franchi  al  carato',  ma  quegli  anni  furono  anni  di 
abbondanza.  Si  può  poi  contare  esservene  sempre  molti  sottratti  per 
frode,  ad  onta  della  più  rigorosa  vigilanza  ,  e  del  severo  castigo 
de'contrabbandieri.  La  difficoltà  dell'esportazione  li  ritiene  nel 
distretto,  ove  circolano  in  luogo  di  numerario  (1).  Trovatisi  an- 
che miniere  ,  o  per  dir  meglio  lavacri  di  diamanti  nel  fiume 
Ti  Ligi ,  che  bagna  le  pianure  di  Corritiva  }  ve  ne  ha  nelle  pia- 
nure di  Coyaba  ,  ed  anche  in  molli  altri  sili  scoi;  osci  ut  i  al  go- 
verno. 
Lavacro  de"1  diamanti  a  Mandanga  nel   Brasile. 

Ecco  in  qual  maniera  ,  secondo  la  descrizione  di  Mawe  ,  si 
procede  nel  lavacro  de'diamanti  a  M^ndanga.  S'innalza  una  tet- 
loja,  vedi  la  Tavola  4°  ->  di  forma  bislunga  larga  circa  4^  piedi 
e  lunga  120:  essa  consiste  in  pinoli  verticali  che  sostengono  un 
telto  coperto  da  lunghe  erbe.  Nel  mezzo  di  questo  edilizio  »i  fa 
passare  un  canale  d'acqua  coperto  di  forti  tavole  sulle  quali  si 
pone  del  castaìhao  all'altezza  di  due  o  tre  piedi.  A  lato  ed  al 
disotto  del  canale  un  impalamento  lungo  dai  12  ai  i5  piedi  e 
ben  fermo  nell'argilla  si  estende  in  tutta  la  lunghezza   della   tetto ja, 

(1)  Mawe,  travels,  pag.   258.  pag.  2^9,  pag.  255. 


2  2  f'OSTfJitfE 

ed  ha  il  pendio  di  un  pollice  per  piede.  Questo  impalcamenlo  è 
diviso  nella  sua  lunghezza  da  tavole  poste  in  venti  spartimenti 
ciascuno  de' quali  ha  tre  piedi  di  larghezza.  La  parte  superiore 
di  tali  spaitimenti  cui  si  dà  il  nome  di  casse  ,  comunica  col  ca- 
nale ,  ed  è  disposto  in  maniera  che  l'acqua  vi  è  introdotta  fra 
due  tavole  paralelle  fra  esse  e  l'orizzonte,  e  distanti  l' una  dall'al- 
tra circa  un  pollice.  L'acqua  cade  da  questa  apertura,  di  circa 
sei  pollici  d'altezza,  nello  smaltimento  \  e  si  può  dirigerla  in  qua- 
lunque  siasi  parte,  o  fermarla  a  piacimento  col  mezzo  di  un  po'di 
creta.  Un  picciolo  condotto  cavalo  nell'estremità  inferiore  dello 
spartimento,  serve  allo  scolo  dell'acqua.  Al  disopra  del  mucchio 
di  cascalhao  stanno  gì'  inspeltori.  Allorché  questi  sono  seduti  (i), 
i  negri  entrana  negli  spartimenli  :  ognuno  tien  nelle  mani  un  ra- 
sf elio  di  corto  manico  ,  e  con  esso  fa  cader  nello  spartimento 
dalle  5o  alle  80  libbre  di  cascalhao*,  poscia  introducendovi  l'acqua 
dimena  ed  agita  continuamente  tal  materia  ,  spingendola  sempre 
nell'alto  dello  spartimento.  Questa  operazione  dura  circa  un  quarto 
d'ora,  dopo  il  quale  l'acqua  che  cade  nel  condotto  inferiore,  co- 
mincia a  divenir  chiara.  Trasportale  per  tal  modo  tutte  le  parti- 
celle terree,  la  ghiaja  che  rimane  viene  spinta  verso  l'estremità 
superiore  dello  spartimento^  e  quando  l'acqua  è  perfettamente  lim- 
pida ,  si  comincia  dal  gettar  fuori  la  ghiaja  più  grossa  ,  poi  la 
meno,  e  si  esamina  la  rimanente  con  molta  attenzione  periscoprire 
i  diamanti.  Il  negro  che  ne  ha  trovato  uno  si  drizza,  batte  le 
mani  ,  le  apre  tenendo  la  pietra  fra  l'indice  ed  il  pollice  }  un 
inspeltore  la  riceve  e  la  depone  in  una  gavetta  sospesa  ned  mezzo 
della  tettoja,  nella  quale  si  pongon  tutti  i  diamanti  che  a  mano 
a  mano  si  trovano  durante  la  giornata:  alla  sera  si  trasporta  la 
gavetta  e  viene  consegnata  al  primo  offiziale  ,  che  pesa  le  pietre 
e  le  descrive  paratamente  nel  registro. 
/oltane  ed  altre  qualità  de'  diamanti  del  Brasile* 

Il  volume  dei  diamanti  è  assai  vario }  alcuni  sono  sì  piccioli 
che  ne  occorron  quattro  o  cinque  onde  formare  il  peso  di  un 
grano,  e  quindi  sedici  o  venti  per  un  carato.  Ben  di  rado  se  ne 
trova   nel  corso  di  un  anno  più  di  due  o  tre    dai     diciasselte    ai 


(1)  I  sedili  non  hanno  né  braccia    riè    spalliera  per  rendere  gì  inspet* 
tori  sempre  più  vigilanti. 


. 


ter   Voi.  Il" 


'/,',,■  ■;<> 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  23 

venti  carati,  e  possono  passare  due  anni  senza  die  se  ne  incontri 
uno  che  giunga  ai  Ironia.  Allorché  uno  de'lavoranti  negri  impie- 
gali nel  lavacro  ,  Liova  un  diamante  di  un  octavo  o  di  dicias- 
sette carati  e  mezzo,  è  coronato  di  fiori  e  condotto  in  processione 
presso  1'  amministratore  che  lo  veste  di  nuovo  e  gli  compra  la 
libertà. 

Sir  Staunton  parlando  delle  miniere  di  diamanti  del  Brasile 
riferisce  che  ultimamente  era  stato  trovato  in  una  di  quelle  mi- 
niere un  diamante  più  grosso  e  più  prezioso  di  quelli  che  furon 
comperati  dall'Imperatrice  delle  Russie,  ed  anche  di  ogni  altro 
fin  ad  ora  scoperto. 
Diamante  del  re  di  Portogallo. 

Il  re  di  Portogallo  possedè  un  diamante  del  Brasile  che  pesa 
1680  carati  (i). 

Si  prelese  che  i  diamanti  del  Brasile  avessero  minor  durata 
di  quelli  dell'Indie  orientali;  si  è  anche  creduto  che  il  diamante 
d'oriente  tendesse  di  più  alla  forma  otlaedra,  e  quello  del  Bra- 
sile alla  dodecaedro.  Ma  il  celebre  Haùy  non  crede  provate  tali 
diversità.  E  opinione  generale  fra  i  lapidar]  che  i  diamanti  del 
Brasile  abbiati  l'acqua  meo  bella. 
Topazj. 

Pare  che  i  topazj  del  Brasile  sieno  di  varie  qualità  }  ma  forse 
■vennero  confuse  sotto  questo  nome  pietre  di  diverse  specie.  Il 
loro  colore  ordinario  è  il  giallo.  Ne' ruscelli  di  Minas-Movas  al 
nord-est  di  Tejuco,  tiovansi  topazj  bianchi,  azzurri  ed  acque  ma- 
line.  Tra  i  topazj  azzurri  s'incontra  qualche  volta  una  varietà 
particolare  con  un  lato  azzurro  e  l'altro  chiaro  limpido.  I  topazj 
di  Capor  non  hanno  mai  che  una  soia  piramide,  anche  allorché 
trovansi  inseriti  ne'cristalli  di  quarzo,  che  sembrano  egualmente; 
fratturati  e  cangiali  di  posto.  Mawe  ricusò  di  credere  all'esistenza 
dei  topazj  verdi  ,  che  gli  fu  asserita  ^  ma  perchè  non  ve  ne  po- 
trai! essere  di  verdi,  se  ve  n'ha  di  un  azzurro  verdognolo.  Q.»el 
mineralista  lasciò  indecisa  un'  altra  curiosa  quislione.  Si  pretese 
che  la  maggior  parte  delle  pietre  che  si  spacciano  sotto  il  nome 
di  rubini  del  Brasile  ,    altro   non    fossero  che  topazj,    dello  slessa 

(i)  Actes  de  la  Sociètè  d' Listone  naturelle  de  Finis,  et  de  Mineralogie 
de  M.  Hauy. 


2.  \  CHSTTMr 

paese  siali  esposti  al  Fuoco  onde  far  succedere  un  più  pialo  co- 
lore al  giallo  rossigno  clic  è  la  loro  tinta  naturale.  E  certo  die  un 
topazio  del  Brasile,  posto  entro  un  crogiuolo ,  ed  esposto  ad  un 
fuoco  capace  di  fare  arrossire  il  crogiuolo  ,  prende  un  bel  co- 
lor di  rosa  (i).  II  crisoberillo  che  tra  le  mani  de1  lapidar]  prende 
il  Ih  1  lucido  ,  è  molto  stimalo  al  Brasile  ,  ma  non  potè  amora 
diffondersi  in   Europa. 

Miniere  d'oro. 

Sembra  che  tulio  l'altipiano  centrale,  dai  contorni  di  San- 
Paolo  e  di  Villarica  sino  in  1  iva  al  fiume  Itene,  contenga  miniere 
d'oro  ma  non  se  ne  lavora  alcuna  :  esse  sono  ancor  intatte;  e  tutto 
Poro  che  venne  dal  Brasile  in  Europa  derivò  dai  lavacri  stabiliti 
lungo  i  fiumi  ch'escono  da  quelle  montagne.  Cinque  leghe  circa 
al  sud-ouest  di  San-Paolo  sono  gli  antichi  lavacri  di  Jaiagua,  fa- 
mosi già  da  due  secoli,  e  che  vantava  risi  allora  come  il  Peiù  del 
Brasile.  L'oro  trovasi  per  lo  più  immediatamente  al  di  sopra  del 
macigno,  entro  uri  letto  di  ciottoli  e  grossa  arena  della  cascalhao. 
I  buchi  dai  quali  fu  cavato  pel  lavacro  sono  larghi  dai  cinquanta 
ai  cento  piedi  e  profondi  diciotto  o  venli:  sovente  il  metallo  tocca 
le  radici  dell'erbe.  L'oro  varia  assai  nel  volume  de' suoi  grani: 
talvolta  le  sue  particelle  sono  sì  minute  che  nuotano  nel!'  acqua 
.'tritata.  Il  liravo  delle  miniere  d1  riro  ammonta  ,  secondo  alcuni 
ài  valore  di  cinque  milioni  e  mezzo  di  piastre.  Humboldt  peiò  lo 
valuta   un  quinto   meno. 

Miniere  di  ferro  ec.  x 

Anche  il  ferro  abbonda  nel  Brasile,  ma  è  vielato  V  estrarlo. 
Link  vide  a  Lisbona  nel  gabinetto  d' Ajuda  un  pezzo  di  miniera 
di  rame  vergine  ,  che  fu  trovalo  in  una  valle  a  due  leghe  Porto- 
ghesi di  distanza  da  Cichoeira  ed  a  qualloidici  da  Baja. 

Sale. 

Ma  questo  reguo  ricco  d' oro  e  di  diamanti  è  mancante  di  sale, 
<d  il  caio  prezzo  di  sì  necessaria  derrata  impedisce  agli  abitatori 
di  salare  le  carni  di  una  quantità  innumerabile  di  animali  che 
nccidonsi  onde  averne  la  pelle,  e  che  divengono  por  lo  più  preda 
uVUe  bestie  feroci.  Il  sale  necessario  all' opei azione  costerebbe  tre 
volle   di   piò  delle  caini.  Non  già  che  la  natura    non    produca  al 

(i)  Enciclopédie  ir.èthod.,  art*  el  metiers,  toni.  II.  e  art.  I,  pàg.  46- 


DICGLl     ABITATOMI    DEL    BRASILE  a5 

Brasile  molto  sale  marino,  ma  il  commercio  dei  sali  è  vietato  ai 
privati  ed  appallato  per  4&  milioni  di  rey  (i).  L'appaltatore  ne 
ricava  più  di  96,  e  dopo  di  averne  pagato  48  al  tesoro  reale  ri- 
mane padrone  de' rimanenti.  Per  tal  guisa  si  arricchisce  un  sol 
uomo  a  danno  di  tutti  gli  abitatori  del  Brasile. 
Pietre  calcarle. 

Il  sale  non  è  la  sola  cosa  rara  in  questi  paesi  :  un  autore  in- 
digeno (2)  assicura  die  al  Brasile  non  trovatisi  pietre  calcane,  o 
che  tutta  la  calce  fatta  con  conchiglie  è  per  l'ordinai  io  di  cattiva 
qualità.  Ma  tale  asserzione  sembra  un  po' troppo  generale*,  poiché 
Mawe  (3)  racconta  dì  aver  trovate  belle  pietre  calcane  nel  terri- 
torio di  Gorosuara  ,  di  averne  scoperte  di  assai  grosse  al  nord  di 
Rio-Janeiro  ed  in  altri  luoghi. 
Vegetazione  del  Brasile. 

Le  coste  marittime  sono  coperte  di  paletuvieri  rossi ,  ed  a  poca 
distanza  incominciano  le  numerose  specie  delle  palme,  fra  le  quali 
si  distingue  il  cocco  del  Brasile,  più  grosso  ed  alto  di  queilo 
delle  Indie  (4),  dal  cui  frutto  s' estrae  un  ottimo  burro,  sebbene 
I'  operazione  non  possa  farsi  con  buona  riuscita  che  in  quanto  il 
colore  dell'aria  sia  minore  dei  20  gradi  di  Réaumur  :  >e  ascende 
ai  23  il  burro  diventa  un  olio  liquidissitno. 
liberi  principali    delle  foreste. 

I  crotoni  compongono  quasi  tutti   i   boschi  cedui  che  coprono 
le  montagne   pittoresche  onde  è  cinta   la   b>ja    di   Rio-Janeiro.  Il 
mirto  Brasilese  brilla  per  l'  argentea  sua  corteccia.  La  bigonia  Iett- 
ai) Un  rey  equivale  ad  una  lira  e  nove  soldi  della  moneta  d'Italia. 

(2)  Da  Acunha  de  Coutinho,  IX.  ,  7. 

(5)  Mawe,  travels,  pag.  92,   126,  224. 

{\)  Cocos  butìracea ,  Linn.  Pindova  è  il  nome  Brasiliano,  secondo 
Piso,  tom.  II,  cap.  io.  V.  Casti^lioni  storia  delle  piante  forestiere  ec.  tom. 
II.  »  Evvi  nel  Brasile  e  in  altre  parti  dell'America  meridionale  una  bel- 
lissima pianta  di  cocco  di  una  specie  differente  dal  comune,  chiamata  da 
Linneo  il  figlio  cocos  butìracea  per  l'olio  denso  che  quegli  abitanti  ne 
cavano,  schiacciando  il  guscio  cartilaginoso  del  frutto  colla  sua  polpa  o 
mandorla,  e  mettendo  ogni  cosa  nell' acqua:  onde  senza  l'  ajuto  del  fuoco, 
e  senza  espressione  l'olio  viene  a  nuoto,  mentre  le  altre  parti  precipitano 
sul  fondo.  In  questa  guisa,  e  per  mezzo  di  una  triplice  lavatura  se  ne 
ottiene  tutto  il  butirro  possibile,  purché  il  termometro  di  Réaumur  non 
oltrepassi  li  gradi  ?S  sopra  la  congelazione  ec.  ». 


2,6  COSTUME 

coxylon  ,  chiamala  in  paese  guirapdriba  fiorisce    parecchie  volte 
ranno,  ed  il  suo  fiorire  è  per  lo  più  foriero  di  pioggie,  quest'al- 
bero tutto  coperto    di  bei  fiori    gialli,  non  forma     allora  che  un 
mazzo  e  dà  nell'occhio  a  grandissima  distanza.  L' idea  eptaphyl- 
la,  la  copayjera  ofjicinalis  e  parecchie  altre  somministrano  resine 
preziose.  Ma  i  frutti  degli  alberi   indigeni  come  i  jacas,  i  jaboti- 
caba^  gormichama^  sebben  mangiati  dagli  abitatori  di  Rio-Janeiro, 
hanno  un  gusto    ingrato^  un    po' amaro  e  resinoso.     Tutti  questi 
alberi  appartengono  alla  famiglia  delle  mirtee  (i).  11  curupitò  della 
Gujana ,  chiamato  pehia  al  Brasile,  direbbesi    produrre  piuttosto 
palle  da  cannone  che  frutti,  poiché  questi    sono  sì  grossi  e  duri 
che  rassomigliano  realmente  per  la  forma  e  la  grandezza  ad  una 
palla  da  36,  ed  è  cosa   pericolosa   l' esporsi  a  riceverne  una  contu- 
sione  allorché    cadono  a  terra.    E     mirabile    quest'albero    allora 
quando   essendo  in  fiore   si  osservano  gli    enormi   suoi  calici  e  i 
suoi    larghi   petali  si    atzano   in  forma  dì    alte    piramidi   fiorile  e 
tinte  dai  più  vai j  e  brillanti    colori.  Le  foreste    del  Brasile  sono 
ingombre  di  cespugli  ed  arboscelli ,  e  fra  questi  di  una  specie  di 
aloè  spinoso}  e  sono  incerto   modo  soffocati  da   arbusti  sarmenlosi 
e  da  liane  che  salgono  fino  alla  cima  degli  alberi  più  elevati.  Al- 
cune di  queste  liane,  come  la  passijlora-laurifolia^  fan  pompa  di 
magnifici  fiori. 

Il  Portoghese  da  Acunlia  (2)  pretende  che  nessun  altro  paese 
produca  legni  sì  preziosi  da  fabbrica  come  il  Brasile.  »  Tutti  i 
nostri  ingegneri,  ei  dicv,  conoscono  la  qualità  superiore  del  tapin- 
Jjoam,  della  peroba,  del  pino  del  Brasile  ,  del  ciliegio,  del  cedro, 
del  caonelliere  salvatico,  della  guerrama,  della  jequeliba  ec.  Alcuni 
di  questi  legni  resiston  meglio  all'azione  dell'acqua, altri  a  quella 
dell  aria.  L'ulivo  ed  il  pino  del  Brasile  sono  particolarmente  alti 
all'alberatura  •>•>.  Noi  ricorderemo  altresì  che  il  Brasile  è  il  paese 
in  cui  si  ammirano  quegli  alberi  giganteschi  che  oltrepassati  spesso 
1  cinquanta  palmi    d'altezza  (3):    essi  sono  però    esposti  a  mille 

(1)  Lettere  de  M.  Auguste  de  Saint-Hilaire. 

(2)  Da  Acunha  de  Coutinho.  Essai  sur  le  commerce  du  Portugal,  pag. 
1  ,  cap.  8. 

(5)  La  Condamine  (  Voyages  à  la  la  rivière  des  Amazones,  pag.  91) 
parlando  dei  canot ,  di  cui  si  servivano  i  Carmelitani  inviati  dai  Portoghe- 
si, come  Missionari  sul  fiume  delle  Amazoui,  dice  di  averne  montato  uno 


DEGLI    ABITATORI     DEL    BRASILE  27 

perico'i;  le  loro  radici  poco  profonde  stcndonsi  molto  sulla  super- 
ficie della  terra  $  ogni  colpo  di   vento  che  scuota  i  loro  rami  più 
forti,  gli  atterra  e  per  colmo  di   male,  quelli  che  cadono  ne  tra- 
scinano altri  ancora  nella   loro  caduta. 
Legni  da  tintura. 

I  legni  da  tintura  del  Brasile  sono  notissimi  ,  quello  spezial- 
mente che  porta  il  nome  del  paese  presso  alcune  nazioni  Euro- 
pee ,  e  di  legno  di  Pernambueo  presso  altre.  Quest'  albero,  caesal- 
pina  echinata,  è  dell'  altezza  delle  nostre  quercie,  alligna  fra  le 
rupi  e  ne'terreni  aridi,  non  molto  bello  comparisce  all'aspetto, 
poiché,  quantunque  carico  di  rami,  è  generalmente  storlo  e  no- 
doso*, i  fiori  molto  rassomiglianti  per  la  forma  a  quelli  del  mu- 
ghetto sono  di  un  bel  color  rosso:  la  foglia  è  simile  a  quella  del 
bosso,  e  la  corteccia   è  assai  grossa. 

Piante  alimentari. 

II  manioco  è  colà  come  in  tutta  l'America,  il  principale  ali- 
mento dell'uomo:  gli  ignami,il  riso,  il  mais^  e  dal  1770  anche 
il  forinento  ,  sono  coltivati  con  diligenza.  Il  pistacchio  di  terra  (1) 
sembia  indigeno,  e  se  ne  ricava  in  ispezie  olio  eccellente.  Il  po- 
pone, la  zucca  ,  la  banana  abbondano  in  tutte  le  parti  basse.  Il 
limone,  la  pampelimosa  ,  l' aiancio  ,  il  gojavo  sono  comuni  sulla 
costa.  Il  fico  di  Surioam,  cecropia  peltata ,  cresce  principalmente 
fra  i  rovi  un' campi  abbandonali.  L'albero  mangana  cresce  sol- 
tanto ne'dinlorni  di  Bahia  ^  si  estiae  una  specie  di  vino  dal  frut- 
to. Le  pine  abbondano  spezialmente  sulle  coste  della  provincia  di 
S.  Vincenzo  e  nell'  interno,  verso  le  frontiere  del  Paraguay.  L'ibi- 
pitanga  (2)  dà  un  frullo  che  rassomiglia  alle  ciriege.  La  provincia 
di  Rio-Grande  produce  tutte  le  frutta  Europee  in  buona  qualità 
ed  abbondanza.  Vuoisi  che  i  legumi  d'  Europa  abbiano  degene- 
rato ne'conlorni  di  Rio-Janeiro,  tranne  i  fagiuoli ,  de' quali  vene 
ha  di   moltissime  qualità. 

fatto  di  un  solo  albero,  lungo  90  palmi,  largo  ed  alto  dieci  e  mezzo. 
Roccha-Pitta  (America  Portugueza  ,  lib.  I.  N.°  58,  5g  )  parla  di  questi 
canot  fatti  di  un  sol  tronco,  il  coi  diametro  era  dai  sedici  ai  venti  pal- 
mi, cou  venti  o  ventiquattro  remiganti  da  ciaschedun  lato  e  carichi  di 
cinque  o  seicento  tonnellate  di  zucchero  ognuno  di  4°  arobe. 

(1)  I  Brasiliani  lo  chiamano  mandubi  Margraf,    Hist.   nat.   I.  e.    17. 

(2)  E  una  plinia  ,  secondo  Jussieu  a  Correa  di  Serra;  nell'Enciclop. 
met.  vien  ìiguardata  come  una  eugenia. 


28  COSTUME 

Coltivazioni  coloniali. 

La  coltivazione  dello  zucchero,  del  caff.-,  del  coione,  dell'in- 
daco divenne  sempre  più  considerabile.  Il  famoso  tabacco  del  Bra^ 
sile  non  è  coltivato  che  nel  vasto  distretto  di  Cachoeira  quindici 
leghe  distante  la  Bahia  :  tale  coltivazione  è  assai  lucrosa }  ma 
quella  del  cotone  lo  è  ancor  più  (i).  Il  cacao  forma  boschi  im- 
mensi nel  governo  di  Para,  lungo  la  Mederà,  il  Xingu  ed  il  To- 
cantino.  In  questi  boschi  medesimi  la  vaniglia  s'attacca  co' suoi  vi- 
ticcj  al  tronco  degli   alberi. 

Piante  aromatiche  ec. 

Il  Brasile  produce  altresì  parecchie  specie  di  pepe,  e  fra  le 
altre  il  capsicum  frutescens,  L. ,  il  cannelliere  salvatico  e  la  os- 
sia del  Brasile.  Il  caopia  de'Brasiliesi  è  V hypericum  guyanense 
che  dà  per  incisione  una  resina  simile  alla  gomma-gotta.  Fra  le 
piante  medicinali  si  nota  il  caaccica  o  erba  serpentina  cioè  l'ea- 
phorbia  capitata,  L. ,  larapabaca  o  spigelia  anthelmiae,  L.  ,  la 
salutare  ipecacuanha,  la  scialappj,  il  gajaco  e  la  specie  d'amv"- 
ris ,  che  produce  la  gomma  elerui.  Il  conami  serve  ai  pescatori 
ad  assopire  il   pesce. 

Animali. 

La  maggior  parte  degli  animali  del  Perù  ,  della  Gujana  e  del 
Paraguay  trovansi  anche  al  Brasile}  tali  sono  i  jaguari ,  i  cugnari, 
i  tapiri,  i  pecari  ed  i  coati.  Ma  questo  paese  ha  poi  anche  le 
sue  particolarità.  I  buoi  ed  i  cavalli  non  prosperano  nella  mag- 
gior parte  del  Brasile,  ma  vi  restano  generalmente  deboli.  Li 
pelle  de'buoi  salvatici  viene  impiegata  nella  costruzione  de1  bat- 
telli (2).  Gli  animali  particolari  al  Brasile  appartengono  per  la 
maggior  parte  al  genere  delle  simie,  o  a  generi  che  vi  si  acco- 
stano. Tale  è  la  Minia  marikina  di  Buffon,  detta  simia  rosalia 
da  Linneo,  che  sembra  confusa  da  Azara ,  per  quanto  osserva 
Walckenaer  ,  col  suo  miriquoina  o  simia  pithecia  ,  che  è  una 
specie  molto  diversa.  Questa  simia  viene  appellata  dai  viaggiatori 
simia  leone,  perchè  ha  intorno  al  collo  lunghi  peli  che  formano 
una  spezie  di  giubba*,  quest' è  la  sola  somiglianza  che  trovasi  fra  il 
dello  picciolo  animale  ed  il  leone.  La  figura   1   della  Tavola  l\\  , 

(1)  Note  di  Correa.  Viaggio  di  Koster.  Londra,   1816. 

(2)  Langsledl,  viaggio  al  Brasile  ed  alle  Indie  orientali,  pag.  64. 


Voi  lì' 


T"r .;./. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  '  2<J 

tip  presenta  un'esattissima  immagine.  Il  titi  o  uistiti  ,  di  Buffon 
simia  jaachus  di  Linneo,  è  particolare  al  Brasile,  ed  Azara  non 
la  incontrò  mai  al  Paraguay  (i).  L' uistiti  è  il  più  Lello  de'sa- 
guiui.  Vedi  la  figura  2,  della  Tavola  suddetta.  Essi  vivono  in  società 
sugli  alberi,  i  frutti  sono  il  loro  principale  nutrimento,  ed  i  loro 
figli  se  ne  stanno  attaccati  al  dosso  della  madre.  L'altre  simie 
sono  il  saju  di  Buffon,  simia  apella  di  Linneo,  ed  il  pinche  di 
Buffon,  simia  aedipus  di  Linneo,  ancor  più  picciola  dei  titi.  La 
prima  è  fra  tutte  le  simie  dell'America  quella  che  vien  più  so- 
vente trasportata  in  Europa  ove  è  ricercata  per  la  sua  docilità  e 
gentilezza  }  essa,  se  non  a  stento  può  sopportare  il  rigore  dei  no- 
stri climi  ,  nondimeno  però  colla  cura  e  col  tenerla  al  caldo  si 
giugne  a  conservarla  viva  ,  e  qualche  volta  anche  a  farla  molti- 
plicare. Buffon  ne  cita  qualche  esempio  ,  vedi  la  figura  3  della 
Tavola  citata.  Il  pinche  poi  è  un  bell'animale  che  trovasi  di  rado 
nelle  collezioni,  anzi  sembra  che  la  specie  non  sia  molto  nume- 
rosa nell'America  meridionale:  ignote  ci  sono  le  sue  costumanze, 
ed  il  silenzio  de' viaggiatori  a  tal  riguardo  prova  che  o  le  occa- 
sioni di  osservarlo  sono  rare,  o  che  la  sua  maniera  di  vivere  non 
differisce  da  quella  delle  altre  simie  del  suo  genere.  Audebert  ce 
ne  presentò  la  figura  (Fam.  VI.  sez.  II.  fig.  L).  Assai  più  rara 
del  pinche  è  un'altra  bellissima  simia  del  Brasile  detta  mico  da 
Buffon  e  simia  argentata  da  Linneo.  Non  se  ne  conosce  che  una 
sola,  ed  è  quella  medesima  che  venne  trasportata  in  Europa  da 
M.r  de  la  Condamine:  vedi  la  figura  4  della  Tavola  suddetta  : 
pare  anche  eh'  essa  sia  rara  nelle  foreste  vicine  al  Para  sulle  rive 
dell' Amazone,  poiché  secondo  M.r  de  la  Cundamine  questa  era 
l'unica  della  sua  specie  veduta  nel  paese.  Assai  rimarcabile  è 
questo  bell'animale  pel  colore  della  sua  faccia  e  delle  sue  orecchie 
che  sono  di  un  rosso  estremamente  vivace,  e  tanto  più  brillante, 
quanto  che  tutto  il  pelo  del  mico  è  bianco. 

Fanno  schifo  all'Europeo  i  pipistrelli  che  sono  grandissimi  e 
assai  numerosi}  vi  si  distingue  il  vampiro  ed  il  pipistrello  detto 
col  muso  lungo  ,  vespertilio  soricinus.  Due  spezie  di  pigro  si 
trascinano  sugli  alberi  del  Brasile,  Vai  e  V urtai,  hradypus  tri- 
dactylus  et  didaetylus.  Linneo  si  è  probabilmente  ingannalo  nel- 

(r)  Aj,ara}  quadrupedi  del  Paraguay,  Ioni.  II.  pag.  200. 


3o  COSTUME 

l'attribuire  quest'ultima  specie  anche  alle  Indie  o  a  Ceylan  j  ed 
ebbe  ragione  Buffon  nel  credere  che  questi  animali  fossero  parti- 
colari al  Messico  ed  all'America  meridionale  (i).  Trovatisi  anche 
al  Brasile  formichieri  e  tatù  ,  come  nelle  altre  parli  d'America. 
Il  tatù-bolla  sembra  essere  una  specie  di  riccio  (2,)  }  ma  se  lo 
storico  Beauchamp  visitasse  un  giorno  il  Brasile,  temerebbe  a  tor- 
lo »  che  i  ricchi  gli  avventassero  contro  le  loro  punte  «.  La  mar- 
niosa  ,  didelphis  murina  ,  la  cavia  pace  ed  aperea  ,  sono  par- 
ticolari al  Brasile  ed  alla  Gujana  non  che  lo  sciarus  aestuens^ 
che  porta  il  nome  distintivo  di  scojaltolo  del  Brasile.  11  lapeti  o 
la  lepre  del  Brasile  non  ha  coda. 

Uccelli. 

Gli  uccelli  del  Brasile  sono  quella  che  forse  più  si  distinguono 
pe'  bei  colori  di  cui  natura  ne  tinse  le  piume.  I  pappagalli  del  Bra- 
sile superano  tutti  gli  altri  per  la  varietà  e  per  la  vivacità  de'loro 
colori.  Pemetty  asserisce  non  pertanto  che  il  color  rosso  di  alcuni 
pappagalli  è    dovuto  a  operazioni  artificiali. 

77  tucan. 

Il  lucan  anser  americanus  è  ricercatissimo  a  motivo  delle  sue 
belle  penne  ,  che  sono  in  parte  di  color  cedrato,  in  parte  di  un 
rosso  di  carne  ,  ed  in  parte  nere  a  strisce  trasversali  da  un'  ala 
all'altra.  Noi  vi  presentiamo  al  num.  1  della  Tavola  42?  1<*  figura 
di  un  tucano  che  abbiamo  cavato  esaltamente  dalla  storia  naturale 
di  questi  uccelli  (3)  ,  in  cui  se  ne  contengono  molte  varietà.  In 
essa  l'autore  seguì  l'ordine  stabilito  dalla  slessa  natura,  formando 
del  genere  intero  di  questi  volatili  due  famiglie  distinte:  quindi 
egli  divise  la  sua  storia  in  due  sezioni,  la  prima  delle  quali  con- 
tiene i  tucani  propriamente  detti  ,  e  la  seconda  gli  aracari  che 
appartengono  anch'essi  al  genere  de' tucumani,  ma  che  hanno  alcuni 
particolari  attribuii  che  li  distinguono  dai  suddetti.  Tra  i  lucani 
del  Brasile  m  i labilmente  dipinti  in  quest'opera  distinguonsi  il  tu- 
cano col  collare  giallo  num.  4?  '1  tucano  colla  gola  di  color 
arancio  num.  5  ed  il  picciolo  lucan  col  ventre  rosso  num.  8,  cui 
noi  abbiamo  fedelmente  ritratto  nella  qui  annessa  Tavola.  Fra  gli 

(1)  Buffon,  ediz.  in  12.0  tom.  II.  pag.  89. 

(2)  Lindley,  viaggio  al  Brasile,  pag.   iy5,  trad.  Francese. 

(3)  Histoire  nalurelle  des  toucans,  in  f.°  fig.° 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  3l 

eroca ri  merita  special  menzione  il  luilik  maschio  del  Brasile  rap- 
presentato nella  suddetta  storia  sotto  il  num.   i5. 
Il  guranthé  erigerà  o  teitei. 

Uno  dei  più  belli  uccelli  del  Brasile  è  quello  che  chiamasi 
colà  guranthé  erigerà,  cioè  fiore  alalo,  e  che  viene  altresì  ap- 
pellalo teitei:  è  grande  quanto  un  canarino}  ha  le  ali  ,  il  collo 
e  la  coda  di  color  azzurro  ,  alcune  macchie  bianche  nel  mezzo 
delle  grandi  penne  delle  ali  e  della  coda}  ciò  che  lo  rende  al- 
quanto somigliante  al  cardellino}  le  penne  del  petto  cominciando 
dal  becco  inferiore  fin  sotto  la  coda  sono  di  un  bel  giallo  dorato} 
esso  imita  il  canto  degli  altri  uccelli. 
77  colibrì. 

Il  bel  colibri  coperto  di  penne  dei  colori  dell'iride  splende 
ne' siti  coperti  dai  fiori,  nel  cui  calice  spesso  si  nasconde  come  per 
succiarne  più  sicuramente  il  nettare.  Egli  sarebbe  il  più  caro  de- 
gli uccelli  Brasiliani  ,  se  non  fosse  superato  dall'  uccello  mosca  , 
la  cui  bellezza  i  Brasiliani  non  potevano  meglio  esprimere  che 
col  chiamarlo  ,  siccome  hanno  fatto  ,  raggio  del  sole.  Essi  ne 
posseggono  ventiquattro  varietà:  le  sue  penne  rappresentano  i  co- 
lori delle  pietre  preziose  :  il  più  picciolo  di  questi  uccelli  non  ar- 
riva ad  avere  quindici  linee  di  lunghezza}  gli  altri  non  diversifi- 
cano che  di  poco.  Fra  i  colibri  del  Brasile  noi  vi  presentiamo  al 
num.  i  della  Tavola  suddetta,  il  giovine  colibri  co"1  piedi  vestiti 
che  è  il  colibri  del  Brasile  di  Brisson,  ed  al  num^i  il  brin-blanc 
o  trochilus  thaumantias  di  Linneo,  che  ha  la  parte  superiore  del 
corpo  di  un  verde-oliva  dorato,  la  coda  dello  sfesso  colore  ad  ec- 
cezione di  due  penne  bianche  nell' estremila  e  che  oltrepassano  le 
altre,  tutta  la  parte  inferiore  del  corpo  è  di  un  giallo-grigio:  i 
piedi  sono  bianchi.  Fra  gli  uccelli-mosca  vedesi  al  num.  3,  il  gran 
rubino,  trochilus  rubineus  major  di  Linneo,  abitatore  del  Brasile 
e  della  Gujana,  che  ha  la  gola  e  la  coda  rossa  ,  il  ventre  azzurro 
carico  e  i  piedi  neri.  Nelle  stesse  contrade  trovansi  pure  l'uccel- 
lo mosca  bruno-grigio,  trochilus  obscurus,  num.  4,  posto  da  Au- 
debert  subito  dopo  l'antecedente,  perchè  gli  parve  che  si  avvici- 
nasse assai  alla  sua  specie}  ed  il  rubino-topazzo  maschio,  trochilus 
moschi tus  Gmelin  num.  5,  uno  de' più  belli  uccelli-mosca  la  cui 
specie  è  assai  numerosa,  benché  non  se  ne  conosca  bastantemente 
la  femmina,  non  essendo  d'accordo  gli  autori  sul  colore  delle  sue 


32  COSTUME 

penne;,  l'uccello-mosca  violetto  colla  coda  biforcuta  ,  trochilus 
furcatus  ,  Gmelin  ,  num.  6  ,  specie  comune  nelle  collezioni  ,  è 
sparso  io  una  gran  parte  dell'America  meridionale  ,  ma  non  se 
ne  conoscon  abbastanza  le  abitudini  e  la  differenza  de'sessi.  Chi 
fosse  vago  d'osservare  altre  specie  d'uccelli  che  popolano  il  Bra- 
sile potrebbe  consultare  la  già  citata  bellissima  opera  di  Aude- 
bert  (i).  I  boschi  sono  popolati  da  più  di  dieci  specie  d'api,  alcune 
delle  quali  ricoveransi  sotto  terra,  altre  negli  alberi:  sono  per  la 
maggior  parte  nemiche  della  vita  sociale,  parecchie  però  compon- 
gono un  mele  aromatico  (2). 

Dopo  di  aver  conosciuto  l'estensione  e  la  forma  della  super- 
ficie del  Brasile,  le  varietà  delle  sue  produzioni  e  quanto  di  più 
distinto  ivi  la  benefica  natura  ha  voluto  creare,  ragion  vuole  che 
si  conoscan  per  la  prima  cosa  le  diverse  generazioni  e  l'indole  e 
i  costumi  degli  uomini  che  erano  in  questo  vasto  paese  quando 
gli  Europei  lo  invasero. 
Tribù  indigene. 

Selvaggi  intrepidi  e  feroci,  diversi  di  lingua  e  d'origine,  oc- 
cupavano allora  o  disputavano  l'immensa  estensione  di  terra  che 
dal  fiume  delle  Amazoni  corre  fino  al  Rio-della-Plata.  Alcune  loro 
razze  sono  forse  oggi  sparite  affatto;  alcune  hanno  cambiato  nome; 
alcune  sono  ite  in  più  remote  contrade.  Ma  di  parecchie  di  que- 
ste rimangono  ancora  tradizioni  non  inutili  per  la  storia  ;  ed  un 
gran  numero  poi  sussiste  di  altre,  le  quali  hanno  un  pieno  diritto 
alla  nostra  considerazione,  essendo  esse  le  vere  e  le  più  legittime 
propiietarie  del  Brasile,  se  proprietà  di  un  paese  dona  natura  agli 
uomini  che  in  esso  fa  nascere. 

Narrasi  che  per  tutta  la  costa  ,  od  almeno  nelP  interno  per 
l'intera  linea  paralella  alla  costa  che  si  stende  dal  fiume  San- 
Francisco  fino  al  Capo-Frio ,  abitasse  alquanto  prima  dell'arrivo 
de' Portoghesi  nel  Brasile  il  popolo  dei  Tupuyas  ,  e  che  ne  fu 
cacciato  dall'altro  chiamato  dei  Tupy. 

(1)  Histoire  naturelle  et  generale  des  colibris,  oiseaux-mouches  etc.  etc. 
par  J.  B.  Audebert  et  L.  Vieillot.  Paris  ,  Desray  ,  1802,  3  voi.  in 
f.o  fig.  • 

(2)  Coelho  de  Scabra  ,  memoria  dell'  Accademia  di  Lisbona  ,  II. 
pag.  59. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  33 

Varie  orde  di  selvaggi. 

Quello  che  è  certo  si  è  che  i  Tupy  possedevano  la  cosla  ma- 
rittima quando  vi  giunse  Cabrai.  Bisogna  dire  che  questa  nazione 
fosse  negli  antichi  tempi  passata  per  grandi  e  diverse  rivoluzioni: 
essa  si  divise  in  sedici  orde,  ciascheduna  delle  quali  volle  distin- 
guersi con  un  particolar  nome:  le  seguenti  sono  quelle  colle  quali 
i  Portoghesi  furono  più  sovente  o  in  relazioni  amichevoli  ,  o  in 
guerra.  I  Cariò  abitavano  all' austro  di  San-Vincenzo,  e  tenevano 
l'isola  di  Santa-Caterina.  I  Temoi  stavano  ne* contorni  di  Rio- Ja- 
neiro, stendevansi  6no  a  San-Vincenzo,  e  non  conoscevano   altri 
alleati  che  i  Tupinambi  loro  vicini  ,   coi    quali    avevano   comuni 
molte  costumanze.  I  Tupinichini  possedevano  il  paese   di    Porto- 
Seuro  e  la  costa  delta  d'  Os-llhèos   dal    6ume    Caoiaum    fino   al 
Circaru  per  un'estensione  di  circa  cinque  gradi.  Questi  erano  sel- 
vaggi più  trattabili  per  certa  loro    buona  indole,    più  fedeli  alla 
loro  parola  e  più  valorosi.  I  Tupinai  abitavano  vicino  a  quelli, 
ed  aveano  con  essi  qualche  conformità  d'indole  e  di  maniere.  Il 
paese  noto  sotto  il  nome  di  Bahia,  e  tutto  il  lido  all'intorno  era 
tenuto  dai  Tupinambi,  la  più  numerosa  e  guerriera  delle  nazioni 
Tupy.  La  costa  di  Pernambuco  era  per  la  massima  parte  abitata 
dai  Cahéti,    tribù  sopra  molte  altre  ferocissima}  e    il    rimanente 
d'essa  costa  era  posseduta  dai  Tabajari,  selvaggi  della  stessa  razza 
dei  Cahéti,  ma  più*  inclinati  a  sensi  umani.  Finalmente  abitavano 
la  contrada  della  Paraiba  settentrionale  fino  al  Rio-Grande  i  Pita- 
goari,  che  di  tutta  la  razza  dei  Tupy  erano  i  più  crudeli.  Tutte 
queste  orde  aveano  1' orribil  costume  di  divorare   con   gran  festa  i 
prigionieri  di  guerra. 

Costumanze  de''  Tupy. 

I  Tupy  eanno  nudi}  si  levano  tutti  i  peli,  s'impiastrano  ec- 
cettuata la  faccia,  il  corpo  intero  con  un  color  rossiccio  ,  sul 
quale  stendono  strisce  di  altri  colori}  e  portano  il  barbotto  (i)  , 
in  cui  mettono  un  pezzetto  di  diaspro  verde.  Credono  che  il 
naso  schiacciato  sia  un'altra  bellezza}  e  fin  dai  primi  momenti 
della  vita  le  madri  con  diversi  artifizj  procurano  loro  questo  vezzo. 

Loro  ornamenti. 

Quando  vanno  alla  guerr?,  o  quando  solennizzano  alcuna  fe- 

(i)  Vedi  pag.  a38,  Tavola  3i.  Voi.  III. 
Cost.  Voi.  IV  delV  America.  3 


34  COSTUME 

sta,  si  attaccano  sulla  fronte,  sulle  gote  e  sulle  braccia  con  una 
gomma,  o  con  mele  selvatico,  varie  penne  di  diversi  colori ,  e  ne 
coprono  pure  le  loro  clave.  I  loro  capi  hanno  per  decorazione 
una  grande  collana  composta  di  conchiglie.  Le  donne  non  hanno 
il  barbolto}  ma  non  mancano  di  d  informarsi  con  larghi  buchi 
«elle  orecchie  ,  alle  quali  sospendono  lunghe  filze  di  piccioli 
ossi  bianchi  e  di  pietre  colorate  ,  che  vengon  loro  giù  sino  alle 
spalle. 
Matrimonj. 

0°ni  uomo  si  prende  quante  donne  vuole,  e  le  rimanda  quan- 
do più  non  gli  vanno  esse  a  genio.  Condizione  al  matrimonio 
rispetto  alla  donna  è  che  abbia  avuto  i  segni  di  essere  ^giunta 
all'età  nubile*  rispetto  all'uomo,  che  abbia  preso  od  ammazzato 
qualche  nemico.  Le  donne  prima  di  andare  a  marito  si  abbando- 
nano senza  vergogna  a  qualunque  uomo  non  ammoglialo",  i  geni- 
tori slessi  le  offiono  a  chiunque  venga  da  essi,  ma  andate  a  ma- 
rito non  mancano  d'essere  fedeli  :  i  Brasiliani  riguardano  l'adul- 
terio con  orrore.  Miseia  è  intanto  la  condizione  delle  mogli,  poi- 
ché sono  vere  schiave  del  marito,  e  quando  egli  va  alla  guerra 
gli  servono  da  bagaglioni.  In  luti'  altro  tempo  le  donne  filano  il 
cotone  per  fare  le  reti  in  cui  i  Brasiliani  dormono,  fanno  corde 
e  fabbricano  vasi  di  terra. 
Cibi. 

Il  manioco  ed  altre  radiche  messe  in  farina  formano    il  loro 
alimento  principale:  la  caccia  e  la    pesca  danno  loro  altre  prov- 
vigioni. 
Malattie. 

La  dieta  è  il  rimedio  generale  che  usano  nelle  malattie  :  vi 
aggiungono  talora  qualche  semplice  ,  la  cui  efficacia  è  stata  loro 
dimostrata  dalla  esperienza.  Se  la  malattia  si  dichiara  incurabile 
spezzano  la  lesta  all'infermo,  poiché  sono  d'avviso  che  vai  meglio 
morire  presto  che  soffrir  lungamente. 
Cerimonie  funebri 

Piangono  i  morti,  e  ne  canlono  le  lodi:  se  trattasi  di  un  capo 
di  famiglia,  seppelliscono  con  essolui  le  sue  armi,  le  sue  piume,  le 
sue  collane.  Mettono  i  loro  morti  nella  fossa  litti  in  piedi,  e  v'alzan 
sopra  un  mucchio  di  pietre  con  una  pianta  nel  mezzo  che  secca  si 
conserva  lungamente',  uè  passano  presso  a  tali  tombe  senza  piangere. 


ULi.Ll    ABITATORI    DLL    BUAS1LE  35 

Guerre. 

Essi  non  conoscono  die  1'  autorità  de' vecchi ,  il  cui  incarico 
piincipale  è  di  eccitare  coi  loro  discorsi  i  giovani  a  prender  le 
anni  quando  occorre  di  dover  far  la  guerra,  nella  quale  singolar- 
mente dimostrano  e  l'attività  e  la  fierezza  di  che  sono  cupaci.  Il 
solo  motivo  delle  loro  guerre  è  la  vendetta:,  e  ciò  spiega  come  vi 
si  poitino  ferocemente.  L'arma  principale  che  usano  è  una  clava 
di  legno  durissimo  e  pesante,  lunga  sei  piedi  e  larga  uno,  la  quale 
ha  due  coste  acute  attissime  a  fendere:  hanno  anche  un  arco  pa- 
rimente di  legno  ,  la  cui  corda  è  di  cotone:  le  frecce  sono  di 
canna,  armate  di  lunghe  spine  o  di  denti  di  pesce.  Servonsi  della 
clava  con  massima  forza  ,  e  con  somma  destrezza  dell'  arco.  Le 
ossa  delle  coscie  e  delle  gambe  de' loro  nemici  servono  loro  per 
far  i  pifferi  che  sono  i  principali  strumenti  della  loro  musica 
guerriera*,  usano  anche  il  corno.  Essi  d'ordinario  non  attaccano  i 
loro  nemici  alla  scopeita,  e  aspettano  la  notte  per  penetrare  nella 
borgata  e  mettervi  il  fuoco.  Nella  prima  confusione  che  il  loro 
improvviso  assalto  produce,  commettono  ogni  sorta  di  crudeltà  *, 
ina  la  principale  loro  cura  è  quella  di  fare  de' prigionieri.  Se  le 
circostanze  gli  obbligano  a  combattere  in  aperta  campagna  ,  si 
serrano  in  battaglione  e  marciano  in  cadenza,  talora  fermandosi 
per  ascoltare  aringhe  focose  che  li  mettono  in  un  incredibil  fu- 
rore. Danno  fiato  ai  loro  corni,  stendono  le  braccia,  agitano  le 
armi,  e  sì  provocano  reciprocamente  con  grida  e  con  urli  spaven- 
tevoli,  mostrandosi   le  ossa  de'  prigionieri  che  hanno  divorati. 

Divorano  i  loro  prigionieri. 

Terminatala  battaglia,  i  vincitori  legano  i  prigionieri,  e  col- 
V  agitar  delle  clave  e  col  mostrare  i  denti  annunziano  loro  il  fiue 
che  gli  aspetta.  L'arrivo  alla  loro  borgata  è  un  trionfo  in  cui 
pretidon  parte  anche  le  donne  de' vincitori.  Intanto  i  prigionieri 
sono  ben  pasciuti  ,  e  trattali  sì  bene,  che  ninna  strettezza  soffrono 
se  non  quella  che  basta  ad  impedirne  la  fuga,  e  vien  loro  accor- 
data anche  la  compagnia  delle  donne  (i).  Ma  quando  sono  in- 
grassati si  stabilisce  il  giorno  della  loro  morte.  Le  donne  prepa- 
rano i  vasi  di  terra  che  debbono  servire  alla  cucina  e  al  pasto  ^ 
fanno  il  liquore  da  bersi  in    quel  dì,  e  fabbricano     la  cohJa  di 

(i)  Hist.  Gèn.  des  Voyages,  tona.  XX.  pag.  552  ediz.  d'Arnsl.  177^. 


36  COSTO  ME 

cotone  colla  quale  si  dee  legare  la  vittima.  I  capi,  coperto  il  pro- 
prio corpo  di  picciole  piume  a  vai  j  colori,  ornano  di  altre  simili 
la   terribile  mazza  dell'eccidio.  Due  interi  giorni   vengono  prima 
impiegati  a  ballare  e  a  bere  col    prigioniero,  che  spiega  tutta    la 
sua   virlù  in  distinguersi  sopra  gli  alt t i  nella  vivacità  del  tripudio. 
Le  donne  infine  recano  la   funesta  corda,   la  gettano  a' piedi  del 
prigioniero,  la   più  vecchia  incomincia  la  canzone  di     morte,  gli 
uomini  mettono  al  collo   del  prigioniero   il  fatai  laccio,  altri    lo 
legano  a  mezzo  il  corpo  e  lo   conducono  in    trionfo  per  la  bor- 
gata. Questi  guardano  con  fierezza  quanti  accorrono}  e  dice  loro 
le  belle  sue  imprese,  e  come  ha  ammazzato  il  padre  dell'uno  ,  e 
come  ha   divorato  il  figliuolo  dell'altro.  Giunta   finalmente  l'ora, 
una  donna  cantando  porta  la  mazza  funesta  e  la  consegna  all'ese- 
cutore accompagnato  da  quindici  amici,  ornati  anch'essi  di  piu- 
me. Questi  la   presenta  al  primo  personaggio  della  festa  che  se  la 
fa   più  volte  passar  tra  le  gambe,  indi  restituisce  all'esecutore,  il 
quale  con  un  colpo  solo    fracassa   la  testa  al    prigioniero.  Alcune 
donne  gettansi  in  folla  addosso  al  cadavere,  e  coi  loro    ben  affi- 
lati coltelli  di  pietre  lo  mettono  in  biani,  bagnando  col    sangue 
di   lui  i  foro  figliuolini.  Altre  più  attempate  ne  nettano  le  viscere, 
che  insieme  colle  carni  in  un  attimo  sono  arrostite  e  divorate.   Du- 
rante questo  banchetto  i  vecchi  predicano  ai  giovani  di  cercare  colle 
loro  guerriere  imprese  di  avere  spesso  pasti  di  si  in  i  I  sorte.    Un  sì 
orribil  gusto  di  carne  umana  non  si  estende  però  che  sopra  i  prigio- 
nieri di  guerra:  i  nemici  caduti  sul  campo  di  battaglia  restano  intatti. 
Le  teste  de*prigionieri  mangiati  vengono  ammonticchiate  in  mo- 
numento di  vendetta  soddisfatta,  e  si  tieu  conto  anche  delle  loro 
maggiori  essa  per  fabbricar^  de' pifferi,  e  dei  loro  denti  per  farne 
collane. 

Tali  sono  in  generale  i  costumi  di  questi  ferocissimi  selvaggi 
che  Irovansi  ora  ridotti  ad  alcuni  stuoli  erranti  sui  confini  delle 
Provincie  spagnuole  dell' Uraguay.  Essi  parlano  un  dialetto  della 
lingua  Guarani ,  diffusa  in  tutte  le  parti  interne  e  meridionali  del 
Brasile. 
Carigai,  Petivari,  Mologagos,  ec. 

I  Garigai,  che  sono  i  più  pacifici  fra  gli  indigeni,  dimorano  al 
sud  dei  Tupy.  Alcuni  viaggiatori  danno  il  nome  di  Topinambu 
a  certe  tribù  erranti  e  ferocissime  che  abitano  lungo  il  fiume  To- 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  3 7 

cantino.  I  Petivari  al  nord-est  del  Brasile  sono  ospitali  e  coltiva- 
tori. I  Mologago*  sul  6ume  Parayba  del  nord  rassomigliano  agli 
Alemanni  per  l'alta  loro  statura.  I  Guainazi  e  Guaizacari ,  elio  al 
tempo  della  scoperta  possedevano  le  pianure  di  Piratininga  e  i 
contorni  di  San-Vincenzo  non  erano  antropofago  Così  pure  diffe- 
rivano dai  Tupy  i  Maracchi ,  popolo  abitatore  delle  terre  interne 
circa  otto  o  dieci  leghe  lungi  da  Bahia:  ben  è  vero  che  gli  uo- 
mini andavano  nudi  ,  ma  le  loro  donne  coprivansi  intorno  alle 
anche  con  una  specie  di  grembiule.  Essi  di  più  pescavano  con 
una  rete  che  ingpgnosaroente  costruivansi  con  lunghe  filameuta  di 
una  scorza  arrendevole,  e  sapevano  anche  coltivare  la  terra. 

/  Barbados. 

I  Barbados  stabiliti  in  riva  al  Sipotuba,  primo  influente  occi- 
dentale del  Paraguay  ,  dislinguonsi  dagli  altri  nativi  del  nuovo 
continente  per  la  grande  loro  barba  }  per  la  qual  cosa  furono  da- 
gli Spagnuoli  e  dai  Portoghesi  indicati  sotto  la  detta  denomina- 
7Ìone. 

I  Tapuyas. 

I  Tapuyas,  stati  in  addietro  dominatori  del  Brasile,  furono 
in  fine  rilegati  nell'ultima  parte  settentrionale  del  medesimo.  Di- 
stinguevansi  dagli  altri  indigeni  per  l'alta  statura  ,  pei  lunghi  e  ne- 
rissimi  capelli,  per  la  tinta  di  un  bruno  assai  cupo,  per  una  forza 
prodigiosa  e  pel  loro  coraggio  e  valore  (i). 

(1)  Un  popolo  intrattabile  e  feroce  (V.  J.  Stadius ,  Hist.  BrasiL  p.  I 
eap.  19  e  42  )  andava  errando  sotto  il  sole  ardente  del  Brasile.  Ad  onta 
della  grande  ineguaglianza  dell'armi  i  Brasiliesi  non  retrocedettero  giammai. 
fton  si  lasciarono  giammai  vincere  da  un  nemico  debole  e  senza  coraggio; 
e  fu  cosa  facile  riportar  vittoria  sopra  di  essi ,  solo  perchè  non  avevano 
cognizione  alcuna  di  un  modo  di  far  la  guerra  affatto  nuovo  per  essi,  e 
colla  discordia  che  erasi  appositamente  fatta  nascere  in  mezzo  a  loro.  >/  La 
conquista  della  provincia  di  San-Vincenzo  nel  Brasile,  dicono  gli  autori 
portoghesi,  noi  la  dobbiamo  al  solo  famoso  Tebireza  ;  quella  di  Baja  al 
valoroso  Taebira  (  F'asconcellos ,  storia  del  Brasile,  lib.  III.  );  quella  di 
Pernambuco  al  coraggioso  Stagiba ,  il  cui  nome  in  lingua  degli  indigeni 
significa  braccio  di  ferro.  La  conquista  di  Para  e  Maranhao  è  dovuta  al 
famoso  Tomagia  (  Berrid.  ann.  hist.  do  Estado  do  Maranhao,  lib.  VI.  N. 
534)5  e  ad  altri  che  servivano  nell'esercito  portoghese  contra  gli  Olandesi, 
non  che  all'  invincibile  Camarao  che  si  è  immortalato  nella  impresa  di  Per- 
nambuco nella  guerra  contro  gli  Olandesi  n  (  Rafal  de  Jesus,  nel  suo  Ca- 


38  COSTUME 

Dicesi  da  taluno  (i)  che  fra  tutti  i  selvaggi  del  Bramile  essi 
sieuo  i  meno  crudeli}  perciocché  non  mettono  a  morte  i  loro  pri- 
gionieri }  e  molto  meno  pasconsi  delle  carni  de'loro  nemici.  Tale 
asserzione  però  è  smentita  da  altri  che  riferiscono  il  contrario  (2)} 
ne  sì  facilmente  possiamo  prestar  fede  a  quanto  ci  vien  in  seguito 
raccontato  delle  costumanze  de'detti  popoli,  cioè  che  la  domestica 
pietà  li  conduca  ad  un  rito  troppo  lontano  dalle  nostre  abitudini. 
Essi  credono,  così  nella  citata  storia  dell'America,  non  poter  dare 
ai  loro  moiti  miglior  sepoltura  che  dentro  le  proprie  viscere }  per 
il  che  al  morir  di  un  fanciullo  i  suoi  genitori  sei  mangiano  r,  e 
se  il  morto  è  un  adullo.  tutta  la  famiglia  si  raduna  e  ne  fa  ban- 
chetto.  I  Tapuyas  cambiano  di  soggiorno  ad  ogni  stagione,  quan- 
tunque però  no»  escano  dai  confini  del  paese  che  riguardano 
come  loro  proprio.  Hanno  de' capi  che  distinguonsi  pel  taglio  a 
corona  de'loro  capelli  e  per  l'unghia  del  pollice  che  portano  ec- 
cessivamente lunga.  Essi  adornansi  anche  di  un  mantello  di  co- 
tooe  lavojato  a  re'e,  e  ricamato  con  piume  di  diverse  specie  di 
uccelli,  al  quale  è  attaccato  un  cappuccio  per  coprirsi  la  testa*,  ma 
di  questo  maestoso  vestimento  essi  fanno  uso  ne' soli  giorni  di 
grande  festività. 
Orde  appartenenti  ai   Tapuyas. 

I  Tapuyas  sono  ora  divisi  in  un  gran  numero  di  orde  quasi 
tutte  sparse  sotto  nomi  particolari  verso  la  Paraiba  settentrionale, 
la  Serra  e  Rio-Grande  rj  noi  non  ometteremo  d'indicarne  le  più 
distinte.   Appartengono  ad  essi  i  Tucanuco  che  abitano  le  pianure 

striot  Lusitan.,  p.  I  lib.  Ili  ).  Gli  indigeni  del  Brasile  valutano  principal- 
mente la  forza  del  corpo  e  la  fei'ocia.  Al  momento  d'essere  scannati  e  di- 
vorati dai  loro  nemici ,  gì' insultano  ed  esprimon  loro  il  proprio  disprezzo, 
e  voglion  provare  con  ciò  che  si  può  ben  privarli  della  vita,  ma  non  del 
coraggio.  {Stadius,  p.  II.  cap.  29).  È  necessario  ben  anche  di  notare  che 
una  parte  della  colpa  della  salvatichezza  e  cattivo  carattere  di  quegli  in- 
digeni risede  nell'oppressione  e  mal  inteso  trattamento  cui  dovettero  sog- 
giacere per  lo  addietro  per  parte  degli  Europei  che  appena  riconoscerli 
volevan  per  uomini ,  e  collegavano  al  vocabolo  di  caboclos  o  tapuyas 
1'  idea  di  creature  destinate  soltanto  ad  essere  da  essi  tiranneggiate  e  mal- 
trattate. 

(1)  V.  storia  dell'America  in  continuazione  della  storia  universale  di 
Segnr.   Milano,    1821,   tom.   XIV.    pag.   49- 

(2)  V.   Hist.  Géy.   des  Voynges,   tom.   XX.   pag.   5  19,  ediz.  sudd. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  3'0, 

di  Caatinga  verso  Rio-Grande,  gli  Oquigtaiuba  ed  i  Pahi  che  co- 
proosi  con  una  tunica  di  canape  senza  maniche  ,  i  Mandevi  ,  i 
Macutuo  ed  i  Napora  che  esercitano  l'agricoltura  $  gli  Anhelimé, 
gli  Aracuito  ed  i  Camarè  che  alloggiano  nelle  caverne }  i  Canu- 
cuiarè  le  cui  donne  hanno  le  mammelle  pendenti  fino  alle  coscie. 
Si  dice  che  tutti  questi  selvaggi  sieno  antropofagi  \  ma  in  mezzo 
ad  essi  trovatisi  i  Cumpeha,  quasi  i  soli  che  si  astengano  dal  man- 
giar  carne  umana,  contenti  di  tagliare  ai  loro  nemici  la  testa  e  di 
portarla  attaccata  alla  loro  cintura. 
Pelivarè. 

I  Petivarè,  i  quali,  secondo  la  relazione  di  Knivet  (i),  abitano 
un  vastissimo  paese  nella  parte  settentrionale  del  Brasile,  sono, 
egli  dice,  meno  barbari  degli  altri  selvaggi  di  queste  province} 
trattano  con  molta  ospitalità  i  forestieri,  e  non  lasciano  di  essere 
assai  valorosi  in  guerra.  Sono  di  mediocre  statura  ;  nell'  infanzia 
si  fa  loro  un  foro  nelle  labbra  colla  punta  di  un  corno  di  capra, 
e  quando  sono  adulti  vi  introducon  una  picciola  pietra  verde  ? 
della  qual  cosa  si  vantan  tanto  che  disprezzano  tutte  le  nazioni 
prive  di  sì  fatto  ornamento.  Hanno  tante  donne  quante  ne  pos- 
sono mantenere \  ma  alle  donne  non  è  permesso  che  il  commercio' 
di  un  un  solo  uomo. 
Moroquité. 

Sulla  costa  tra  Fernambuco  e  la  baja  di  tutti  i  Santi  colloca1 
il  suddetto  viaggiatore  i  Moroquilé  abitatori  de'boschi ,  i  quali 
di  rado  attaccano  alla  scoperta  i  loro  nemici,  impiegando  con  più 
felice  riuscita  le  imboscate  e  le  astuzie.  Le  loro  donne  ,  benché 
di  avvenente  figura ,  sono  guerriere  al  par  degli  uomini.  Nella 
Gapitania  dello  Spirilo  Santo  Rnivet  annovera  una  nazione  fero-^ 
cissima  cui  dà  il  nome  di  Tomoroymi,  e  con  Ira  la  quale  guerreg-^ 
giò  spesse  volte  al  servizio  de' Portoghesi. 
Ovetaguasè. 

Nelle  vicinanze  di  Capo-Frio  abitano  gli  Ovetaguasè,  appel- 
lati dagli  indigeni  Jocooc,  popolo  d'alta  statura  ,  che  si  lasciano 
crescere  i  capelli,  che  non  dormono  come  gli  altri  nelle  amache 
ma  stesi  in  terra  su  poco  musco  innanzi  ai  loro  focolari  ,  e  che 
hanno  accostumate  le  donne  a  far  la  guerra.  Essi  sono  mortali 
nemici  di   tutti  i   loro  vicini. 

(i)  Hist.  Géu,  des  Yoyages,  tom.  cit.  pt>g.  52r. 


^O  COSTUME 

Ueyanessè. 

L'  Isola-Grande  situala  a  diciotto  leghe  dalla  foce  di  Rio-Ja- 
neiro è  abitata  dagli  Ueyanessè  di  picciola  statura  con  pancia 
grossa,  deboli  e  vili  in  mezzo  a  tante  nazioni  piene  di  forza  e  di 
coraggio.  Belli  sono  i  lineamenti  del  volto  delle  loro  donne,  che 
hanno  poi  il  rimanente  del  corpo  deforrnissimo,  benché  cerchino 
di  farsi  belle  pingendosi  diligentemente  di  color  rosso.  Sì  gli  uni 
che  le  altre  gelosissimi  della  loro  cappellatura,  la  portano  lunghis- 
sima con  una  tonsura  sulla  testa  in  forma  di  corona. 
Poriè. 

Non  differiscon  dai  suddetti  nella  statura  e  nelle  usanze  i  Po- 
riè che  vivon  lungi  dal  mare.  Gli  uomini  copronsi  il  corpo,  ma 
le  donne  vanno  nude  e  dipingonsi  a  varj  colori:  essi  non  hanno 
sbitazione  veruna;  le  loro  amache  di  scorza  d'albero  sono  sospese 
agli  alberi,  e  guarenlisconsi  dalle  ingiurie  dell'aria  coprendole 
con  un  picciol  tetto  intreccialo  di  rami  e  di  foglie.  Pare  che  a 
tale  modo  di  vivere  sieno  stali  indolti  dalla  necessità  di  salvarsi 
dalle  bestie  feroci  delle  quali  abbonda  il  loro  paese. 
Molopagui. 

Al  di  là  della  Paraiba  australe  vivono  in  paese  vastissimo  i 
Molopagui, nazione  tra  le  Brasiliane  di  alquanto  dolci  costumi, quan- 
tunque non  abbiano  rinunziato  all'uso  di  mangiare  i  prigionieri 
di  guerra.  Essi  vivono  in  grosse  borgate,  e  posseggono  un  territo- 
rio ricco  di  miniere  d'oro,  cui  non  si  danno  briga  alcuna  di  sca- 
vare, conlenti  soltanto  di  raccogliere  ne'  torrenti  e  ne'  ruscelli  le 
pagliette  di  quel  metallo  le  quali  trovatisi  spezialmente  a  piedi 
delle  montagne  dopo  le  piogge.  Questi  indigeni  sono  del  picciol 
numero  di  quelli  che  si  lasciano  crescere  la  barba  :  essi  copronsi 
altresì  con  molta  decenza  :  non  sono  poligami  ,  quantunque  le 
loro  donne  sieno  belle  e  spiritose.  Il  loro  capo  soltanto  da  essi 
chiamato  Moroshova  ha  il  privilegio  di  avere  più  spose. 
Motayè. 

I  Motayè,  quantunque  vicini  ai  Molopagui,  pure  hanno  tutta 
la  barbarie  degli  altri  selvaggi }  sono  di  picciola  statura  e  vanno 
nudi  \  tagliansi  i  capelli  fino  alle  orecchie,  e  si  strappano  tutti  i 
peli  del  corpo  senza  eccettuarne  le  ciglia.  Knivet  continua  a  riferire 
i  nomi  di  varj  altri  indigeni  Brasiliani  che  ci  furon  anche  de- 
scritti nella  citata  storia  generale  dei  Viaggi. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  /j  [ 

Le  notizie  che  noi  abbiamo  finora  date  delle  non  poche  tribù 
d'indigeni  Brasiliesi  sono  appoggiate  alle  relazioni  lasciateci  dai 
Gesuiti  e  da  parecchi  altri  viaggiatori,  relazioni  che  al  dire  del 
Principe  Massimiliano  di  Wied-Neuwied  5  sooo  affatto  imperfette  e 
miste  di  favole  (i).  Noi  quindi  approfittando  delle  esatte  osserva- 
zioni fatte  in  questi  ultimi  anni  sulle  costumanze  di  parecchie  tribù 
di  indigeni  che  nelle  primitive  foreste  della  costa  orientale  vivono 
ancora  in  tutia  la  loro  originalità,  non  faremo  che  riprodurre  le 
importanti  scoperte  già  pubblicate  da  quesl'  illustre  viaggiatore, 
sebbene  esse  non  debbansi  considerare,  siccome  egli  si  esprime,  che 
quali  foriere  di  quelle  più  estese  notizie  che  mercè  le  ulteriori  ri- 
cerche e  ripetute  osservazioni  del  signor  P'reyreis  gli  verranno  in 
seguito  comunicale  pei  riempire  la  lacuna  che  trovasi  in  questa 
sua  relazione. 
Ind^eni  Goaytaca. 

Il  Principe  Massimiliano  nel  suo  viaggio  di  Rio-Janeiro  e  Ca- 
po-Frio  ci  descrive  S.  Pedro  dos  Indos,  villaggio    di     indigeni, 

Aidea ,  che  deve  essere  stato  formato  orioioariamente  dai  Gesuiti 

o 

con  indigeni  Goaytaca  (2).  Ivi  trovasi  a  dir  vero  una  chiesa  rag- 
guardevole, e  molle  vie  dividono  il  paese,  ma  le  case  non  sono 
che  capanne  di  terra,  tulle  abitate  da  indigeni,  come  la  maggior 
parte  delle  case  coloniche  di  que' contorni ,    e    questi    conservan 

(1)  Reisa  nach  Brasilien  etc.  tom.  I  Einleitung,  pag.  5.  Perfino  i  no- 
mi di  quelle  tribù  d'indigeni  onde  son  popolate  quelle  solitudini  son  cosa 
sconosciuta  in  Europa,  eccettuato  forse  il  Portogallo.  I  Gesuiti  e  Vascon- 
cellos  tra  essi  nelle  sue  Noticias  curiosas  do  Brazil,  divisero  in  due  clas- 
si tutte  le  tribù  di  selvaggi  che  abitavano  la  costa ,  e  quella  fila  di  anti- 
che boscaglie.  Chiamavano  Indios  Mansos  quelli  della  costa  e  che  dai  Por- 
toghesi ,  e  piiacipalmente  dai  Gesuiti ,  erano  stati  fatti  alcun  poco  partecipi 
della  civiltà  Europea;  e  Tapuyas  quelli  altri  che  anche  a'dì  nostri  vivono 
nel  rozzo  stato  di  natura,  e  meritano  d'essere  conosciuti  più  davvicino, 
e  che  sin  d' allora  rimanevan  ne'boschi  e  nelle  solitudini  sconosciuti  e 
ritrosi. 

(2)  La  corografia  Brasilica  tom.  II.  pag.  45  ,  dà  la  seguente  notizia 
dell'origine  di  quel  villaggio  d'Americani.  —  Furono  investiti  Salvador 
Correa  de  Sa  ,  i  tre  fratelli  Cotreas  Gonsalo ,  Manuele  Duarte,  il  capitano 
Miguel  Ayres  Maldonado  e  parecchi  altri  in  aprile  1629  d'un  grosso  pezzo 
di  paese  in  queste  parti,  ricuperato  dagli  indigeni  Gojytacases,  che  lo 
avevano  ricevuto  in  dono  in  agosto   i535  — . 


t\  2  COSTUME 

tuttavia  in  gran  parte  la  pura  loro  fisonomia  americana.  II  toro 
vestimento  e  la  loro  lingua  è  quella  delle  infime  classi  tra  i  Por- 
toghesi,  e  alcuni  solamente  conoscon  ancora  l'antica  loro  lingua. 
Hanno  la  vanilà  di  voler  esser  Portoghesi  e  guardano  con  disprezzo 
i  loro  fratelli  ancora  rozzi  abitatori  de'  boschi ,  cui  chiamano  Ca- 
boclos  o  Tapuyas.  Le  loro  donne  si  legano  i  lunghi  e  nerissiroi 
loro  capelli  io  un  gruppo  sull'alto  della  testa  alla  foggia  delle 
Portoghesi.  Negli  angoli  della  loro  capanna  trovansi  pendenti  le 
brande  ove  dorme  la  famiglia  y  gli  uomini  sono  per  la  maggior 
parte  buoni  cacciatori ,  ed  esercitati  a  tirar  d'archibugio,  ed  i  ra- 
gazzi colpiscono  ottimamente  col  piceni  arco  di  legno  airi  detto 
bodoc.  Gli  aichi  han  due  corde  tenute  l' una  distante  dall'altra 
da  un  pajo  di  piccioli  pezzetti  di  legno }  nel  mezzo  si  trova  un 
punto  ove  le  due  cordicelle  son  riunite  da  una  spezie  di  reticella, 
onde  apporvi  la  pallottola  di  creta,  o  la  picciola  pietra  rofwida 
delta  pelotta.  Quindi  si  tira  colle  dita  della  mano  destra  la  corda 
e  la  palla  ad  un  tempo,  lasciandola  poi  ad  un  tratto  in  li- 
bertà, ciocché  le  imprime  molta  velocità.  Anche  il  Consiglier 
Aulico  Langsdoif  fa  menzione  di  un  colai  arco  da  essolui  veduto 
a  Santa  Caterina  ,  che  è  il  più  usato  in  quella  costa  ,  ed  anzi  gli 
stessi  uomini  già  adulti  ne  fann'uso  a  Rio-Doce  per  loro  difesa 
contra  i  B  ■tocudi  ,  allorché  mancano  d'armi  da  fuoco.  Hanno 
molta  pratica  di  quell'arma,  ed  uccidono  un  piccolo  uccello  a 
considerabile  distanza,  ed  anche  le  farfalle  sui  fiori ,  come  narra 
il  signor  Langsdorf.  Azara  nella  sua  descrizione  del  Paraguay,  dice 
che  quivi  si  lanciano  molte  palle  ad  un  tempo  con  quella  specie 
d'archi.  Vedi  la  fig.  i  della  Tavola  /j.3. 
Coroados  e  Coropos. 

Una  missione  od  un  villaggio  di  indigeni  Coroados  e  Coropos 
sussiste  pure  a  S.  Fidelis  sulle  belle  rive  del  Paraiba,  e  fu  fondata 
circa  3o  anni  fa  da  alcuni  frati  cappuccini  italiani.  Minas  Geraès 
è  propriamente  la  sede  di  quelle  due  tribù,  sebbene  stendansi  colà 
fino  al  Paraiba  ed  alla  costa  del  mare  \  sulla  riva  destra  o  setten- 
trionale del  fiume  abitano  i  Coroados,  ed  a  S.  Fidelis  anche  alcuni 
C>ropos,  i  quali  ora  son  tutti  inciviliti  o  per  meglio  dire  stabiliti. 
Il  loro  cantone  si  stende  lungo  la  riva  settentrionale  del  fiume 
Paraiba  fino  a  Rio-Pomba  *,  ivi  sulla  riva  sinistra  di  quest'ultimo 
fiume,  5'  no  per  vero  dire  ancora  in  uno  stato  di  rozza  natura  ,  ina 


DEGLI    ABITATORI    PEL    BRASILE  /|3 

fabbricali  ciò  nondimeno  più  belle  capanne  che  quelle  dei  Puri*, 
coi  quali  vivono  in  guerra  ,  e  dai  quali  devon  esser  temuti  (1). 
Cominciano  appena  adesso  a  tralasciare  i  grossolani  ed  aspri  loro 
usi:  coltivano  maniocca,  mais,  patate,  zucche  e  simili}  sono  cac- 
ciatori nati,  e  sanno  servirsi  ottimamente  dei  forti  loro  archi  e 
delle  loro  frecce. 

Loro  capanne. 

Appena  spuntato  il  giorno,  il  nostro  viaggiatore  si  cacciò  per 
entro  alle  capanne  fabbricate  dai  Missionari  ai  Coroados  e  Coro- 
pos.  Trovò  quella  gente  ancoja  assai  originale,  bruni  di  pelle,  di 
una  fisonomia  affatto  nazionale,  con  lineamenti  assai  spiegati  e  ca- 
pelli nerissimi.  Le  loro  abitazioni  sono  buone  e  spaziose,  fabbri- 
cale con  legno  e  terra  ,  e  coperte  di  canne  e  foglie  di  cocco  come 
quelle  de'  Poitoghesi.  Vi  si  veggono  le  loro  brande  attaccate,  »>d 
in  un  angolo  gli  3rchi  e  le  frecce  }  il  resto  delle  loro  semplici 
suppellettili  consiste  in  pentole  da  essi  medesimi  fabbricate  ,  in 
pialli  o  coppe  di  cuia's  o  zucche  o  dell'  albero  da  calebasse 
(crescentia  cuiete,  Linn.),  corde  da  trasporto,  panacum  di  foglie 
di  cocco  intrecciate,  e  pochi  altri  oggetti. 

Abiti. 

Il  loro  vestire  consiste  in  bianche  camicie  e  pantaloni  di  stoffa  di 
cotone  :,  la  domenica  però  vestono  meglio,  e  non  distinguonsi  allora 
dalla  povera  classe  de' Portoghesi.  Anche  in  que' giorni  però  vanno 
gli  uomini  colla  testa  scoperta  e  co' piedi  nudi }  le  donne  per  lo 
contrario  sono  eleganti,  portano  bene  spesso  un  velo  e  si  ador- 
nano volentieri. 

Lingua. 

Tutti  parlano  Portoghese,  fra  di  loro  però  la  propria  lingua 
natia.  Le  lingue  dei  Coroados  e  dei  Coropos  sono  mollo  affini,  ed 
anzi  amendue  i   popoli  comprendono  aoche  il  Puris. 

Armi. 

Le  armi,  delle  quali  i  Coroados  fanno  tuttavia  mollo  uso  , 
sono  l'arco  eia  freccia*,  che  differiscono  solo  in  qualche  picciola 
parte  da  quelle  dei  Puris,  di  cui  siamo  per  parlare.  Le  piume  di 
quei  dardi  sono  per  la  maggior  parte  prese  dal  beli' araos  rosso, 
psittacus  macao  di   Linn.,   che  trovasi  sull'allo  Paraiba    presso 

(i)  Di  questi  indigeni  parleremo   in  seguilo. 


44  COSTUME 

Aidea  da  Vedrà.  Sono  essi  molto  esercitati  in  quelle  armi,  co- 
me tutte  le  tribù  loro  affini,  e  si  occupano  sovente  della  caccia 
ne*  vasti  boschi  a'quali  sono  attigue  le  loro  stesse  capanne.  Nella 
Corografìa  Brasilica  (i)  si  dice  che  parecchie  famiglie  di  Co- 
roados  abitano  entro  una  sola  casa,  ma  Wied-Neuwied  le  ristringe 
a   due  sole. 

Modo  di  sotterrare  i  morti. 

Altre  volte  questo  popolo  sotterrava  i  suoi  padri  entro  un  vaso 
di  terra  bislungo,  che  chiamavasi  Camucis,  ed  in  posizione  di 
sedere  $  ma  quest'uso  ed  altri  molti,  siccome  quello  di  bagnarsi 
allo  spuntare  del  giorno,  furono  da  essi  abbandonati. 

Il  Principe  non  tralasciò  nel  giorno  susseguente  di  visitare  il 
chiostro,  la  chiesa  della  missione  di  S.  Fidelis  e  l1  amena  valle  in 
cui  trova r.si  ,  rappresentandocene  altresì  una  bella  veduta  nella 
Tavola  44- 

Ma  la  mira  sua  più  importante  era  quella  di  far  conoscenza 
de'  Puris  selvaggi  nelle  loro  foreste  (2).  A  tale  oggetto  si  trasferì 
sull'altra  sponda  del  Paraiba,  ove  trovò  la  migliore  accoglienza 
nella   Fazenda  di  certo  dignor  Furriel  o  Furier. 

Puris. 

Il  padrone  di  casa  spedì  anzi  suo  fratello  ne' boschi  a  dire  ai 
Puris,  che  erano  arrivali  forestieri  i  quali  bramavano  di  vederli. 
A  tale  invito  ecco  uscire  i  selvaggi  da  una  valle  e  venire  a  noi. 
Erano  i  primi  uomini  di  quella  specie  che  noi  vedemmo  ^  e  la 
gioja  da  noi  provata  non  poteva  paragonarsi  che  alla  nostra  cu- 
riosità. 

Loro  costumanze. 

Corseci  incontro:  noi  pure  ci  avvicinammo  a  loro  e  maravi- 
gliati della  novità  della  cosa  ci  soffermammo  a  guardargli.  Eran 
Lutti  non  più  alti  di  cinque  piedi  e  cinque  pollici  ,  td  i  più  di 
essi  ,  comprese  le  donne  eran  larghi  e  grossi.  Ad  eccezione  di 
qualcheduuo  che  portava  cinti  di  panni  i  lombi  e  corti  calzoni 
avuti  dai  Portoghesi ,  essi  eraoo  affatto  nudi.  Chi  aveva  tutto  il 
capo  raso  ,  chi  portava  i  capelli  naturalmeute  nerissimi  e  folti  , 
tagliati  verso  gli  occhi  soltanto,  e  cadenti  sul  dorso. 

(1)  Tom.  IF.  pag.   54. 

(2)  Rase  ntch  Brasilien  etc.  voi.  I.  cap.  V. 


ÉT7 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  4 5 

Barba. 

Alcuni  di  essi  avevan  rasa  la  barba  e  le  sopracciglia  :  io  gc- 
neiale  hanno  poca  barba,  ed  anzi  presso  la  maggior  parte  non 
forma  quella  che  una  leggiera  corona  intorno  alla  bocca  e  cade 
solo  circa  tre  pollici  sotto  il  mento.  Ciò  prova  ,  dice  il  detto 
Principe  ,  quanto  siensi  ingannali  quegli  scrittori  che  asserirono 
tutti  gli  Americani  essere  senza  barba  ,  sebbene  la  lor  barba  sia 
ordinariamente  molto  sottile  e  leggiera. 

OD 

Ornamenti. 

Alcuni  de' nostri  Puris  s' eran  dipinti  la  fi  onte  e  il  dorso  lutto 
air  intorno  con  macchie  rosse  di  urucù  (bixa  orellana  di  Lino.)} 
sul  petto  o  sulle  braccia  per  lo  contrario  avevan    tutti  striscie  di 
un  azzurro  bruno,  formato  col  sugo   del  frutto    del  genipaba  (ge- 
nipa  Americana  di  Lino);  son  questi  i  due  colori  de'quali  fan- 
n'uso  tutti  i  Tapuyas.  Intorno  al  collo  o  sul  petto  o  sopra    una 
spalla  porlavan  collari  di  dure  e  nere  bacche   infilzate  ,   nel   cui 
mezzo  sul  dinanzi  stavano  denti  mascellari  di  simia,  di  pantera, 
di  gatto  e  d'altre  bestie  di  rapina  ,   vedi  la  fig.  5  della    Tavola 
45,  alcuni  poi  pollavano  i  suoi  collari  senza  i  denti,  vedi  la  fig.  6 
Tavola  suddetta.  Altri  ancora  portavano  una  specie  di  simile  or- 
namento composto  di  corteccia  dei  germogli  di  una  certa  pianta, 
probabilmente  le  spine  di  qualche  arbusto.  Questo  ornamento  con- 
siste in  corpicciuoli  bislunghi,  incavati  e  di  color  bruno,  che  ras- 
somigliano perfettamente  Della  forma  ad  un  dentaliumì  e  che  si 
reputati  quindi  oggetti  d'origine  animale  fìncliè  un  più  esatto  esa- 
me faccia  conoscere  che  sono  di  corteccia  ,    e  indubitatamente  la 
paite  esteriore  di  certa  qualità  di  spine. 
Accoglienza  amichevole. 

Gli  uomini  portavano  in  mano  i  lunghi  loro  archi  e  le  frec- 
ce, cui  tosto  tramutatoli  con  tutto  ciò  che  possedevano  per  al- 
cune nostre  cianfrusaglie  che  abbiam  loro  offerte.  Quegli  uomini 
per  verità  singolari  furon  da  noi  accolli  con  molta  coitesia.  Due 
di  essi  erano  stali  allevati  da  fanciulli  tra' Portoghesi  e  ne  parla- 
vano quindi  un  poco  la  lingua.  Si  regalaron  loro  coltelli  ,  ra- 
soi, specchietti  od  altro,  e  dividemmo  pure  con  essi  loro  alcuni  fia- 
schi d'acquavite  ciocché  ce  li  rese  ancor  più  amici  e  confidenti. 
Puris  nelle  foreste. 

Allora  gli  avvertimmo  che  la   mattina    susseguente    avremmo 


46  COSTUME  ' 

fatto  loro  visita  nelle  foreste.  Giunto  il  mattino ,  ed  abbandonala 
appena  la  casa,  scorgemmo  gli  indigeni  che  venivano  dalle  loro 
valli  di  mezzo  ai  boschi.  Vedi  la  Tavola  46.  Oltrepassata  la  fab- 
brica di  zucchero  della  Fazenda,  trovammo  colà  tutta  l'orda 
dei  Puris  seduta  sull'  erba.  La  bruna  comitiva  di  costoro  formava 
un  interessantissimo  spettacolo.  Uomini,  donne  e  fanciulli  eran 
lutti  affollali  e  frammisti,  e  ci  osservavano  con  curiosità  e  con 
un  ceito  ritegno.  Si  eran  lutti  fregiati  di  ornamenti  per  quanto 
lo  compoilava  il  loro  stato*,  alcune  poche  donne  portavano  un 
pannilino  intorno  ai  lombi  e  dinanzi  al  petto  5  le  altre  erano  in- 
teramente scoperte.  Alcuni  nomini  si  erano  ornati  con  un  pezzo 
di  pelle  di  simia  detto  momo  (ateles),  attaccalo  alla  fionte,  e  due 
uomini  furono  anche  da  noi  osservati,  i  quali  avevano  rasi  i  capelli 
quasi  per  intero.  Le  donne  portavano  i  loro  bamboli  parte  con 
legacci  di  corteccia  d'albero  attaccati  alla  spalla  dritta,  e  parte 
sulle  spalle  col  mezzo  di  una  larga  bindella  sostenuta  alla  loro 
fronte*,  e  quest'ultima  è  la  maniera  con  cui  portano  per  lo  più 
le  loro  gerle  per  le  vittuaglie,  allorché  viaggiano.  Alcuni  uomini 
ed  alcune  ragazze  avtvau  la  fronte  ed  il  dorso  punteggiati  di 
rosso,  ed  altri  anche  rosse  strisce  sulla  faccia,  e  strisce  nere 
perpendicolari  o  traversali  pel  loro  corpo,  ed  alcuni  fanciulli 
erano  tutti  tigrati  con  piccioli  punti  neri.  Sembra  che  quel  dipin- 
gersi sia  cosa  arbitraria  e  di  semplice  gusto.  Alcune  donzelle 
avevano  bende  al  capo,  ma  in  generale  portavano  legacci  di 
corteccia  o  d'altro  intorno  ai  polsi  ed  al  collo  del  piede,  onde 
essere  in  quelle  parti  più  snelle  ed  adorne,  come  dicono  elleno 
stesse. 
Loro  qualità  fisiche. 

Gli  uomini  sono  per  l'ordinario  forti,  piccioli  di  statura  e 
spesso  carnosi  *,  hanno  la  testa  grossa  e  rotonda,  larga  la  faccia  e 
spesso  colle  ossa  delle  guance  sporgenti  j  occhi  piccioli  e  neri  e 
spesso  obliqui*,  naso  corto  e  largo,  bianchissimi  i  denti:  alcuni 
però  distinguevansi  pel  picciol  naso  arcuato,  e  pei  vivissimi  oc- 
chi, che  in  alcuni  pochi  spiran  piacevolezza,  ma  che  nella  mag- 
gior parte  sono  cupi  ,  ser  j  e  profondali  sotto  la  fronte  assai  pro- 
minente. Uno  di  coloro  era  affatto  diverso  dagli  altri  per  la 
fisonomia  calmucca:  aveva  una  testa  grossa  e  rotonda,  coi  ca- 
pelli tutti  tagliati    fino  alla   lunghezza  di  un  pollice*,  corpo     rnu- 


DEGLI    ABITATORI     DEL    BRASILE  (\<J 

scoloso  e  stiacciato,  collo  torto  e  largo,  faccia  grossa  e  piana  \ 
gli  occhi  posti  obliquamente,  un  po' più  grossi  ch'esser  non  so- 
gliono que'de'Calmucchi ,  nei  issimi  ma  severi}  le  sopracciglia 
folte  e  nere,  molto  arcuate,  picciolo  naso  con  larghe  natici,  boc- 
ca grossa.  Questa  persona,  cui  i  nostri  conduttori  asserivano  non 
aver  prima  d'allora  giammai  veduto  in  quelle  parti,  ci  parve  sì 
terribile,  che  non  avremmo  voluto  al  certo  ritrovarci  con  essolui 
in  parte  solitaria  e  disarmati.  Il  signor  d'  Eschwege  dà  pel  carat- 
tere distintivo  dei  Puris  la  piccolezza  delle  parti  genitali  negli 
uomini:  io  però,  così  il  Principe  Massimiliano,  debbo  confessare 
di  non  aver  conosciuta  differenza  alcuna  fra  essi  e  le  altre  tribù: 
ì  Puris  sono  in  generale  assai  piccioli,  e  tutte  le  tribù  brasiliane 
la  cedono  in  grandezza  agli  Europei  ed  ancor  più  ai  Negri.  ,  - 
Armi. 

Tutti  gli  uomini  che  trovavansi  colà  ,  portavano  le  solite  loro 
armi  ,  cioè  lunghi  archi  e  frecce.  Alcuni  popoli  dell'America  me- 
ridionale, que' principalmente  che  stanno  sul  Maranhara  ,  portano 
corte  lamie  di  duro  legno  ornate  di  piume,  altri,  come  quelli 
del  Paraguay,  di  Malogrosso,  di  Cuyaba  e  Guyana ,  come  anche 
la  tribù  de'Tubi  sulla  costa  orientale  del  Brasile  ,  erano  armati 
di  corte  mazze  di  duro  legno,  che  sono  tutt' ora  in  uso,  ma  tutti 
que'  popoli  indigeni  d'America,  hanno  per  arma  principale  un 
iorte  arco  ed  una  lunga  freccia.  Solo  alcune  poche  tribù  che 
abitano  le  pianure  dell'America  settentrionale,  le  Pampas  di  Bue- 
nos-Ayres  ed  alcune  parti  del  Paraguay,  perchè  vanno  per  lo  più 
a  cavallo,  e  portano  qual  arma  principale  una  lunga  lancia,  han- 
no, come  la  maggior  parte  de' popoli  indigeni  dell'Africa,  arco 
e  cortissime  frecce  (i).  Non  così  i  Tapuyas  della  costa  orientale: 
l'uniche  loro  armi  sono  un  arco  colossale,  e  le  frecce,  cui,  a 
guisa  de'Payaguas  de!  Paraguay,  non  portai)  già  entro  il  turcasso, 
ma  nelle  mani  a  motivo  della  loro  estrema  lunghezza  (2).  L'ar- 
co dei  Puris  e  dei  Coroados  è  lungo  sei  piedi  e  mezzo  e  talvolta 
di  più.  Vedi  la  fig.  1  della  Tavola  l\^:  è  liscio  e  di  un  duro  le- 
gno di  palma  detta  airi,  di  color  bruno}  e  la  corda  che  vi  è 
lesa  è  di  grawatha  (bromelia).   Le  frecce  dei    Puris  sono    bene 

(1)  Azara  ,  viaggi  ec.  voi.  II. 

(2)  Ibid.  pag.   i45. 


48  COSTUME 

spesso  lunghe  più  di  sei  piedi  e  fatte  di  uoa  canna  forte  e  node- 
rosa delta  taquara  ed  hanno  all'estremila  belle  penne  rosse  o  az- 
zurre,  o  quelle  del  mutuai,  crax  alector  di  Linn. ,  o  del  jacu- 
tinga,  penelope,  leucoptera;  quelle  de' Goroados  sono  fatte  di  una 
altra  canna  senza  nodi.  Le  frecce  di  tulte  queste  tribù  sono  di 
tre  specie,  e  distinguonsi  per  la  qualità  delle  loro  punte.  La  pri- 
ma (fig.  2  Tavola  suddetta)  è  la  freccia  propriamente  di  guerra 
ed  ha  una  punta  larga,  frastagliata  agli  orli  ed  appuntata  assai 
all'estremità  della  canna,  delta  taquarussù,  fosse  la  bambusa. 
La  seconda  specie  (  6g.  3  della  detta  Tavola)  ha  una  lunga  pun- 
ta di  legno  diri  con  molti  uncinetti  o  barbe  da  una  parte.  La 
terza  specie  (fig.  l\.  Tavola  suddetta)  che  ha  una  punta  ottusa  ed 
è, sparsa  di  qualche  nodo,  vien  lanciata  contea  i  piccioli  animali, 
ed  è  generalmente  usata  dai  Tapuyas  della  costa  orientale.  Tulte 
le  tribù  visitale  dal  Principe  Massimiliano  su  quella  costa  ignorano 
l'uso  di  avvelenare  le  loro  frecce. 
Guari  ossia  capanne  de''  Puris. 

Soddisfatte  da' nostri  viaggiatori  queste  prime  curiosità,  essi 
pregarono  que' selvaggi  di  condurli  alle  loro  capanne,  e  questi  bea 
volentieri  condiscesero  ai  loro  desiderj.  Sono  queste  capanne,  dette 
cuari  nel  linguaggio  de' Puris,  le  più  semplici  che  veder  si  pos- 
sano. Vedi  la  Tavola  ^y.  La  rete  o  branda  americana  che  fanno 
coli'  embira  (corteccia  di  una  spezie  di  cecropia),  è  attaccata  a 
due  tronchi  d'albero,  sui  quali  sta  più  in  su  una  pertica  trasver- 
sale assicurata  con  un  arbusto  rampicante,  cipo,  contra  la  quale 
essi  appoggiano  grosse  foglie  di  cocco  in  direzione  obliqua  e  dalla 
parte  donde  soffia  il  vento j  e  queste  poi  sono  rivestite  nell'inter- 
no con  foglie  di  eliconia  o  di  pattioba,  ed  in  vicinanza  alle 
piantagioni  con  foglie  di  banano.  Per  terra  ,  e  presso  un  picciol 
fuoco  stavano  alcuni  fiaschi  formati  col  frutto  della  crescentia 
cajete,  ovvero  qualche  guscio  di  zucca,  un  po' di  cera,  varie 
coserelle  da  ornamenti,  canne  per  le  frecce,  e  per  punte  di  frec- 
ce, non  che  alcune  penne,  e  qualche  cosa  da  mangiare,  come 
banane  ed  altre  frutta}  gli  archi  e  le  frecce  del  padre  di  famiglia 
stanno  attaccate  ad  uno  dei  due  tronchi,  e  magri  cani  assalgono 
con  forti  latrali  il  forestiere  che  s'accosta  a  quella  solitudine.  Le 
capanne  sono  picciole  e  talmente  esposte  da  tutte  le  parti  al  mal 
tempo  che  in  caso   di  temporale    v^ggonsi  i  bruni  loro  abitatori 


A»i<r.  VdJi: 


Tav.  -//. 


Jltr/'/f//'riri-r   i/ir  . 


'(////■//////'       '• 


V"     -    ////'A/ 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  49 

ammucchiati  l'uno  addosso  all'altro  presso  al  fuoco  e  seduti  sul- 
la cenere,  onde  stare  al  coperto,  altrimenti  l'uomo  sta  negligen- 
temente disteso  nella  sua  branda,  mentre  la  sua  donna  mantiene 
il  fuoco  e  fa  arrostire  un  po' di  carne  infilzata  su  di  uno  spiedo 
di  legno  appuntato.  Il  fuoco  detto  potè  dai  Puris  è  un  oggetto 
di  prima  necessità  presso  tutte  le  tribù  del  Brasile:  non  lo  la- 
sciano mai  spegnersi  ,  poiché  essendo  senza  vesti ,  gelerebbero  \ 
oltre  di  che  esso  procura  loro  il  vantaggio  di  allontanare  le  fiere 
dalle  loro  capanne.  Simili  abitazioni  sono  abbandonate  da  que'sel- 
vaggi  senza  rincrescimento  alcuno ,  allorché  il  paese  più  non  som- 
ministra loro  abbastanza  da  vivere  ',  quindi  si  trasferiscono  in  altra 
parte,  ove  posson  trovare  simie,  majali  ,  capriuoli  ,  pacas,  agutis 
ed  altro  selvaggiume  in  maggior  quantità.  Dove  stavano  allora  i 
Puris  avevano  uccise  molte  simie  muggenti  o  barbados,  Mycetes 
ìlligeri)  ce  ne  offerivano  varj  pezzi  arrostiti  da  comperare:  orrida 
e  nauseosa  cosa  a  vedersi,  spezialmente  per  l'uso  loro  di  lasciar 
sempre  la  pelle  agli  animali  che  fan  cuocere,  la  quale  si  presen- 
ta quindi  nera  ed  abbrustolita.  Sì  ghiotti  bocconi ,  duri  e  intrisi 
di  sangue  vengono  da  essi  squarciati  co'  bianchi  loro  denti  •,  ma 
che  divorino  i  proprj  loro  morti,  onde  dare  ai  medesimi  più  ono- 
rata sepoltura,  come  antichi  scrittori  ci  tramandarono,  ella  è  cosa 
questa  di  cui  ora  non  sussiste  più  traccia  presso  i  Tapuyas  della 
costa  orientale.  I  Portoghesi  delle  vicinanze  di  Paraiba  sostengono 
generalmente  che  i  Puris  mangiano  le  carni  de'  loro  nemici  ucci- 
si, e  sembra  che  ciò  sia  vero  in  parte,  siccome  vedremo  in  seguito; 
alle  interrogazioni  però  date  loro  in  proposito  ,  risposero  che  i 
Botocudos  non  ebbero  mai  un  tal  uso. 

I  nostri  viaggiatori  appena  giunti  alle  capanne,  stabilirono  un 
mercato  di  permute  :  essi  regalarono  rosarj  alle  donne  ,  cosa  che 
amano  assai;  ma  ne  strapparono  la  croce  deridendo  quel  segno: 
piacevan  loro  particolarmente  le  berrette  rosse  di  lana,  i  coltelli , 
i  fazzoletti  e  davano  in  cambio  volentieri  i  loro  archi  ,  e  le  lo- 
ro frecce  :  gli  specchi  divertivano  molto  le  donne.  Ricevemmo 
in  cambio  da  essi  una  quantità  d'  archi,  di  frecce  e  parecchie 
ceste  da  trasporto.  Sono  queste  di  verdi  foglie  di  cocco  in- 
trecciato, ed  ai  lati  hanno  un'  orlatura  intrecciata  del  pari  :  su- 
periormente però  son  quasi  tutte  aperte  ,  e  vi  sono  tesi  cordoni 
di  filo  o  di  corteccia.    Le   portano  ,  siccome    portati    pure  i  loro 

Cost.   Voi.  IV  dell'  America  4 


f)0  COSTUME 

figli  ,  assicurate  col  mezzo  di  una  bindella  alla  fronte,  ma  tal- 
volta anche  con  un  legaccio  alle  spalle.  Vedi  la  fig.  al  num.  y. 
della  Tavola  4$.  Portano  a  vendere  quei  selvaggi  molte  e  grosse 
palle  di  cera,  che  raccolgono  tra'  boschi,  cavandola  dagli  alveari 
delle  api  salvatiche*,  di  questa  cera  fanno  candele  che  ardon  be- 
llissimo, e  che  vendono  ai  Portoghesi.  Attaccano  un  gran  prezzo 
ai  loro  coltelli  che  appesi  ad  una  cordicella  lasciau  pendere  dietro 
le  spalle  :  consistono  questi  talvolta  in  un  pezzetto  di  ferro,  che 
va n  però  sempre  arruotando  sulla  pietra  ,  rendendolo  per  tal 
modo  estremamente  tagliente.  Se  si  regala  loro  un  coltello  ne 
tolgono  ordinariamente  il  manico,  e  se  ne  fanno  uno  nuovo  se- 
condo il  proprio  loro  gusto ,  collocando  la  lamina  fra  due  pezzi 
di  legno,  che  stringono  fortemente  con  una  cordicella. 

Terminato  un  tale  traffico  di  permuta  il  Principe  Massimiliano 
si  diresse  ad  altre  capanne  più  internate  nella  foresta,  e  ne  vide 
altre  abitate  da  molti  selvaggi,  dove  trovò  una  quantità  di  cani 
magri.  I  Puris  devono  aver  ricevuto  dagli  Europei  quel  domestico 
animale  ,  cui  chiamano  joare  :  il  detto  viaggiatore  1'  ha  trovato 
presso  tutte  le  Tribù  d'indigeni  della  costa  orientale. Entro  queste 
capanne  stavano  principalmente  molte  donne  e  fanciulli,  ed  anche 
in  alcune  parecchie  brande  o  reti  da  riposo  }  sebbene  nella  maggior 
parte  non  se  ne  trovasse  che  una.  Vedi  la  fig.  7  della  Tavola  43. 
Un  Puris  distaccò  tosto  la  sua  branda  e  la  permutò  con  un  col- 
tello^ altri  diedero  in  cambio  i  loro  legacci  della  fronte  di  pelle 
di  simia,  le  loro  collane  e  simili. 

Idioma. 

L'idioma  de' Puris  è  diverso  da  quello  della  maggior  parte 
dell'altre  tribù,  ma  ha  qualche  affinità  con  quello  de'Coroadose 
de'  Coropos. 

Religione. 

Alcuni  scrittori  e  fra  gli  altri  Azara  ,  vollero  ricusare  ogni 
idea  religiosa  a  quelle  tribù} ma  questa  opinione  sembra  tanto  meno 
fondata  ,  quantochè  quello  stesso  scrittore  ci  comunica  opinioni 
tali  e  ammesse  da  taluno  de' suoi  indigeni  del  Paraguay,  che  cer- 
tamente traggono  origine  da  qualche  religione  ancora  informe. 
Walkenaer,  traduttore  di  quella  relazione  fa  in  varj  passi  di  essa 
la  stessa  giusta  osservazione,  ed  il  suddetto  Principe  ha  pure  tro- 
valo presso  tutte  le  tribù  de'Tapuyas  chiarissime  prova  di  qual- 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  DI 

che  religiosa  credenza;  e  quindi  egli  ritiene  per  una  verità  incon- 
cussa che  non  sussista  popolo  sulla  terra  il  quale  non  abbia  qual- 
che idea  di  religione.  I  selvaggi  del  Brasile  credono  l'esistenza  di 
vai)  esseri  potenti,  de' quali  il  più  forte  è  da  essi  riconosciuto  nel 
tuono  sotto  il  nome  di  Tupà  o  Tupan.  Combinano  nella  deno- 
minazione di  questo  essere  parecchie  tribù ,  ed  anche  alcuni  Ta- 
puyas  colle  tribù  de' Tupi  o  degli  indigeni  della  lingua  geral.  I 
Puris  lo  chiamano  Tupan  ,  ed  Azara  deriva  questo  nome  dalla 
lingua  dei  Guarani ,  prova  novella  dell'  affinità  di  quella  nazione 
colle  tribù  della  costa  orientale.  Non  veggonsi  idoli  fra  i  Tapuyas, 
e  nemmeno  Maracas^  ossiano  i  preservativi  magici  de'  Tupinam- 
bas.  Solo  sul  fiume  delle  Amazzoni,  per  quanto  ci  si  racconta,  si 
sono  ritrovate  certe  immagini  che  parvero  relative  alla  credenza 
religiosa  degli  abitatori.  Gli  indigeni  dell'  America  meridionale 
hanno  pure  per  la  maggior  parte  una  oscura  idea  di  un  diluvio 
universale  ,  e  diverse  tradizioni  che  trovansi  annoverate  spezial- 
mente nelle  notices  curiosas  do  Brasil  di  Simiam  de  Vascon- 
ceilos. 

Botocudos. 

Gli  indigeni  Botocudos  (così  chiamati  dagli  Europei)  (1) 
vanno  vagando  sempre  ne'  boschi  sulle  rive  del  Rio-Doce  ,  e  si 
estendono  fino  all'origine  di  questo  fiume  nella  Capitania  di  Minas 
Geraes.  Essi  si  distinguono  per  loro  spirito  militare,  pel  costume 
di  mangiare  carne  umana  }  e  per  la  loro  continua  resistenza  ai 
Portoghesi. 

Guerre  dei  Botocudos  di  Rio-Docc  coi  Portoghesi. 

Se  questi  indigeni  si  presentano  in  un  luogo  con  sentimenti 
di  pace,  commettono  in  un  altro  le  più  fiere  ostilità,  e  con  essi 
non  ci  ha  mai  luogo  a  durevol  amicizia.  Da  principio  era  stato 
posto,  nel  luogo  ove  ora  si  è  fabbricato  il  Provoacao  di  Lin- 
hares.,  un  distaccamento  di  sette  soldati  con  un  cannone  per  ispa- 
ven tarli  ,  ma  il  loro  timore  andava  sempre  scemandosi  a  misura 
che  si  rendevano  familiari  colle  nostre  armi.  Un  giorno-essi  as- 
salirono il  corpo  di  guardia,  uccisero  un  soldato,  ed  avrebbe  rag- 

(i)  Essi  furoa  chiamati  Botocudos  pei  cannoncini  di  legno  che  por- 
tano nelle  orecchie  e  nel  labbro  inferiore  :  poiché  Botoquc  in  lingua  Por- 
toghese siguifica  turacciolo  di  botte:  essi  appellami  tra  di  loro  Engeracck* 
mungf  e  soffrono  di  mal  animo  il  nome  di  Botocudos. 


02  COSTUME 

giunti  ed  uccisi  anche  gli  altri,  se  non  si  fossero  gettati  a  nuoto 
nel  vicino  fiume ,  e  salvati  poscia  in  un  battello  di  altri  soldati 
che  andavano  a  cambiar  la  guardia.  Non  avendo  potuto  i  selvaggi 
lasfofiugnerli  si  accontentarono  di  chiudere  la  bocca  del  cannone 
con  pietre  e  rifuggironsi  di  nuovo  ne' boschi.  Il  ministro  di  Stato 
Conte  di  Linhares  morto  poc'  anzi  dichiarò  loro  formalmente  la 
guerra;  fece  rinforzare  i  posti  militari  sopra  Rio-Doce  affine  di 
assicurare  i  domicilj  degli  Europei  ed  il  commercio  con  Minas 
sul  fiume.  Da  quel  tempo  in  poi  non  si  risparmiaron  più  i  Boto- 
cudos ,  e  senza  distinzione  alcuna  di  età  e  di  sesso  furono  ster- 
minati ovunque  se  ne  trovarono:  e  soltanto  in  particolari  circo- 
stanze si  sono  conservati  e  poscia  educati  alcuni  fanciulli  non  ancora 
giunti  all'età  maggiore.  La  guerra  che  li  distrusse  era  fatta  con 
tanto  maggiore  accanimento  in  quanto  che  si  sapeva  che  i  Por- 
toghesi caduti  nelle  loro  mani  venivano  uccisi  e  mangiati. 
/  Botocudos  di  Rio-Grande  di  Belmonte. 

Queste  continue  guerre  rendevano  assai  difficile  il  conoscere 
perfettamente  le  costumanze  de'  fieri  Botocudos  di  Rio-Doce.  Il 
Principe  però  trovò  minor  difficoltà  neh"  osservare  quelle  de'Boto- 
cudos  al  nord  di  Rio-Grande  di  Belmonte,  nel  Quartel  dos  Ar- 
cos  perchè  vivendo  in  pace  con  essi  li  poteva  osservare  senza 
verùn  pericolo:  quindi  egli  passa  a  farne  la  seguente  descrizione. 
I  Botocudos ,  vanno  nudi ,  sono  di  color  bruno  ,  e  portano  can- 
noncini o  tavolette  di  legno  bianco  nelle  orecchie  e  nel  labbro 
inferiore  ,  nelle  mani  tengono  archi  e  freccie.  Io  ne  incontrai 
alcuni  ,  i  quali  se  avessero  avuto  sentimenti  poco  amichevoli  mi 
avrebbero  trapassato  colle  loro  frecce  prima  di  trovarmi  ad  essi  vi- 
cino. Io  mi  accostai  arditamente,  e  dissi  loro  ciò  che  sapeva  nella 
loro  lingua.  Essi  mi  strinsero  al  seno,  secondo  il  costume  dei 
Portoghesi  ,  mi  batterono  sopra  le  spalle  mandando  fuori  dalle 
loro  fauci  rauchi  suoni;  ed  allorché  videro  il  mio  fucile  a  due 
canne  gridarono  ripetutamente  queste  parole:  Pun  U rullìi  (molti 
fucili  ).  ..Alcune  donne  cariche  di  pesanti  sacchi  s'accostarono  a 
me:  e  mi  guardarono  con  egual  curiosità,  comunicandosi  recipro- 
camente le  loro  osservazioni.  Uomini  e  donne  erano  interamente 
ignudi  ;  i  primi  di  una  mediocre  grandezza,  forti,  muscolosi,  ben 
formati  e  snelli  (i)#,  ma  i  cannoncini  di  legno  nelle  orecchie  e 
(i)  Nel  secondo  tomo  del  viaggio  al  Brasile  or  ora  pubblicato,  il  P;in- 


BEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  53 

nel  labbro  inferiore  li  rendevano  assai  deformi.  Essi  portavano 
fasci  di  ardii  e  di  frecce  sotto  il  braccio,  ed  alcuni  anche  vasi 
per  l'acqua  fatti  di  Taquarassù.  Vedi  la  Tavola  48,  nella  quale 

cipe  Massimiliano  ci  dà   una  più  esatta  descrizione  della  costituzioue  fisica 
de' Bolocudos.  La  natura,  egli  dice,  ha  dato  a  questi  indigeni  una  bella 
forma  di  corpo:  essi  sono  la  maggior  parte  di  mediocre  statura,  robusti  , 
larghi  di  petto  e  di  spalle,  carnacciuti,  musculosi,  ma  proporzionati  ed 
hanno  i  piedi  e  le  mani  ben  fatte.  La  faccia  ha,  come  quella  degli  altri 
indigeni,  lineamenti  ben  distinti,  e  ordinariamente  larghe  guance  e  qual- 
che volta  un   po' piatte:  i  loro  occhi    sono  generalmente  neri  e  vivaci  ,  e 
la  bocca   un  po' gonfia:  i  nasi  sono  grossi ,  ma  per  la  maggior  parte  dritti 
o  dolcemente  piegati ,  corti ,  e  in  alcuni  anche  con  larghe  narici.  Il  loro 
colore  è  un  bruno  rossiccio  che  varia  coli' essere  o  un  po' più    chiaro    o 
un  po' più  oscuro:  alcuni  dipingonsi  interamente  le  guancie   di  bianco  e 
di  rosso.  Il  Principe  non  ha  mai  trovato  questi  indigeni  di  sì  oscura  pelle 
siccome  alcuni  scrittori  ci  hanno  voluto  far  credere,  anzi  qualche    volta 
gli  ha  veduti  all'incontro  di  un  color  giallo-bruno.  I  loro  capelli  sono  fol- 
ti,duri  e  neri  come  il  carbone:  i  peli  nel  rimanente  del  corpo  sono  sottili  e  tesi: 
molti  si  strappano  le  ciglia  e  la  barba  ,  altri  la  lasciano  crescere  o  soltanto  se  la 
tagliano.  Le  donne  non  soffrono  peli  sul  loro  corpo:  i  loro  denti  sono  bianchi 
e  ben  formati.  Essi  bucano  le  orecchie  e  il  labbro  inferiore  e  ne  allargano  le 
aperture  con  pezzi  di  legnoleggiere  di  forma  cilindrica;  la  sola  volontà  del  pa- 
dre regola  il  tempo  di  una  tale  operazione,  la  quale  ordinariamente  viene  ese- 
guita fra  il  settimoel'ottavoanno.  Distendono  a  tal  fine  il  lobo  delle  orecchie 
ed  il  labbro  inferiore,  e  con  un  pezzo  di  legno  duro  ed  acuto  vi  fanno  de'fori 
entro  cui   ficcano  da  principio  piccioli  pezzi  di  legno,  indi  progressivamente 
altri  più  grossi,  i  quali  van  sempre  più  dilatando  le  aperture.  Quanto  orri- 
bilmente un   tal  costume  debba  sfigurare  le  orecchie,  il  labbro  e  tutta  la 
faccia  si  può  facilmente  dedurre  nell' osservare  sotto  il  num.  4  della  Ta- 
vola 43,  la  grandezza  del  cannoncino  ivi  rappresentato  al  naturale,  e  più 
ancora  nel  vedere  le  diverse  fisonomie  de' Botocudos  disegnate  nella  Tavo- 
la 5o.  Servonsi  questi  indigeni  per  formare  i  loro    cannoncini   del   legno 
dell'albero  Barrigudo  ,  legno  assai  bianco  e  leggiero  quanto  il  sugbero,  e 
possono  levarli  dai  fori  a  loro  piacimento.  Coli'  andar  però  degli  anni  si 
fatti  buchi  divengono  tanto  grandi, ebe  la  pelle  si  rompe  ed  allora  ne  uni- 
scono le  estremità  con  Cipo.  Le  persone  avanzate  in  età  hanno  general- 
mente i  lobi  delle  orecchie  rotti;  e  poiché  il  cannoncino  posto  nel  labbro 
inferiore  urta  continuamente  i  denti  di  mezzo  della  mascella    inferiore,  cosi 
questi  o  prendono  uua  cattiva  figura  per  esser   continuamente   spinti  in 
dentro,  o  cadono  mentre  non  son  essi  ancor  giunti  all'  età  di  20   o    3o 
anni.  Il  botoque  portato  dalle  donne  è   un   po'più  piccolo  e  gentile  come 
si  può  vedere  sotto  il  num.  5  della  Tavola  45. 


54  COSTUME 

venne  rappresentalo  Kcrengnatnuch  capo  dei  Botocudi  colla  sua 
famiglia.  I  loro  capelli  erano  tagliati  in  guisa  da  formare  uua  pir- 
ciola  corona  in  cima  al  capo  (i):  tali  eran  pur  quelli  de1  fanciulli 
portati  dalle  loro  madri  sulle  spalle,  le  quali  ne  conducevano  non 
pochi  a  mano.  Il  condottiere  di  questi  Botocudos  era  un  certo 
Capitani  Jane  uomo  di  truce  aspetto,  ma  di  buone  maniere.  Egli 
mi  salutò  cortesemente  ,  ma  la  faccia  di  lui  mi  sorprese  più  di 
quella  degli  altri  indigeni  :  poiché  egli  portava  nelle  orecchie  e  nel 
labbro  inferiore  cannoncini  di  legno  del  diametro  di  quattro  pol- 
lici e  quattro  linee  misura  inglese. 
Loro  avidità  di  mangiare. 

Allorquando  ritornai  al  Quariel  trovai  una  quantità  di  Boto- 
cudos che  si  erano  adagiati  secondo  loro  tornava  più  a  comodo. 
Alcuni  si  erano  posti  al  fuoco  ed  arrostivano  frutte  ancora  acerbe 
di  mammào  ,*  altri  mangiavano  della  farina  che  avevano  ricevuta 
dal  comandante.  Essi  si  maravigliarono  nel  vedere  la  bianca  pelle, 
i  capelli  biondi  e  gli  occhi  azzurri  della  mia  gente  :  visitarono  o- 
gni  angolo  della  casa  onde  trovare  de' commestibili ,  ed  in  ogui 
loro  azione  dimostravano  sempre  il  desiderio  di  mangiare:,  sali- 
rono su  tutti  i  tronchi  di  mammào  e  dove  trovarono  qualche 
frutto  che  appena  incominciasse  a  maturare,  lo  coglievano}  ne 
mangiavano  molti  affatto  acerbi,  e  ne  facevano  arrossire  alcuni 
sulla  brace  ed  altri  cuocere  nell'  acqua.  Io  cambiai  con  essi  col-, 
telli,  fazzoletti  rossi ,  vetri  ed  altre  cianfrusaglie  con  armi,  sacchi 
ed  altri  utensili:  amavano  soprattutto  cose  di  ferro,  ed  attacca- 
vano subito  ad  una  cordicella,  cui  soglion  portare  al  collo  se- 
condo il  costume  di  tutti  i  Tapuyas ,  i  coltelli  che  avevano  acqui- 
stati. Alcuni,  fra  i  quali  Sellow,  pretendono  che  i  Botocudos  per 
darsi  il  benvenuto,  si  fiutano  reciprocamente  alle  articolazioni  della 
mano:  io  però  non  vidi  mai  una  simile  cerimonia.  Le  scuri  e  i 
coltelli  sono  da  essi  tenuti  in  gran  pregio  :  si  servono  delle  prime 

(i)  I  Botocudos  per  tagliare  i  capelli  si  servi vanoodi  un  pezzo  di  canna 
spaccata  ,  cui  essi  vendevano  assai  tagliente  da  una  parte;  ora  peiòusan 
generalmente  coltelli  di  ferro.  E  falso,  dice  il  Principe  suddetto,  che  gli 
Americani  sieno  senza  barba,  imperciocché  ce  n'ha  moltissimi  che  hanno 
una  folta  barba  ,  quantunque  la  maggior  parte  non  abbia  ricevuto  dalla 
natura  che  una  corona  di  sottili  peli  intorno  alla  bocca.  Trovatisi  per  fino 
fra  i  Botocudos  alcuni  ragazzi  che  hanno  de'pcli  sulle  braccia  ;  essi  pero 
si  danno  tutta  la  cura  di  strapparseli. 


DEGLI    ABITATORI    DEI.    BRASILE  5  f) 

per  ispaccare  un  legno  tenace,  bignomia,  di  cui  formano  i  loro 
archi,  ma  tanta  è  la  loro  avidità  di  mangiare,  che  cambiano  su- 
bito queste  armi  per  un  po'  di  farina.  Questi  selvaggi  usano  an- 
che dipingersi  il  corpo  in  istrane  maniere:,  alcuni  cioè  si  dipingono 
la  faccia  fino  alla  bocca  di  un  color  rosso  assai  vivo}  lasciando 
il  rimanente  del  corpo  di  color  naturale ,  altri  l' interno  corpo  di 
nero  ad  eccezione  delle  mani ,  de'  piedi  e  del  volto. 
Viarie  maniere  di  dipingersi  il   corpo. 

I  colori ,  di  cui  i  Botocudos  si  servono  per  dipingersi  il  corpo, 
cosi  in  un  altro  luogo  il  Principe  Massimiliano,  vengon  loro  som- 
ministrati dall'albero  detto  arucù  e  dal  frutto  di  genipaba:  il  primo 
dà  un  rosso  gialliccio  assai  vivo ,  ed  è  cavato  dalla  scorza  che 
copre  i  semi}  dall'altro  si  ottiene  un  nero  azzurro  sì  durevole  che 
rimane  sulla  pelle  circa  quattordici  giorni.  Gol  primo ,  che  facil- 
mente svanisce  col  lavarsi,  si  dipingono  la  faccia  e  la  bocca ,  ed 
acquistano  così  un  aspetto  selvaggio  ed  infuocato}  col  secondo 
anneriscono  il  colpo,  i  cubiti,  i  piedi  e  le  gambe  dalla  polpa  in 
giù  ,  separando  sempre  le  parti  dipinte  dalle  non  dipinte  con  una 
striscia  di  color  rosso.  Altri  col  colore  dividonsi  per  il  lungo  il 
corpo  in  due  parti  eguali ,  lasciando  la  metà  nello  stato  naturale, 
e  tingendo  V  altra  di  nero,  di  modo  che  s' assomigliano  a  quelle 
maschere  che  si  appellano  giorno  e  notte.  Altri  finalmente  non 
dipingonsi  che  la  faccia  di  rosso  vivissimo,  ed  alcuni  sogliono  ag- 
giugnere  una  striscia  nera,  che,  simile  alle  basette,  passando 
sotto  il  naso  va  da  un'  orecchia  all'  altra. 
Ornamenti. 

Al  Botocudos  così  dipinto  non  sembra  tuttavia  d' essere  giunto 
alla  vera  idea  del  bello,  se  non  si  adorna  con  una  collana  com- 
posta di  noccioli  di  frutte,  o  di  nere  coccole  infilzate  con  filo  di 
refe,  frammischiate  a  denti  di  simia  o  di  fiere,*  ornamento  usato 
altresì  dai  Puris  e  da  altri  indigeni  Brasiliani  che  se  ne  cingon 
pur  anche  la  fronte.  Le  donne  poi  in  ispezie  ed  i  fanciulli  amano 
assai  di  portare  simili  collane.  I  Botocudos  hanno  pure  il  costume 
di  nascondere  il  membro  genitale  in  una  specie  di  guaina  fatta 
di  foglie  seccche  d'  issara  ,  copertura  cui  essi  chiamano  gincana 
ed  i  Portoghesi  tacanhoba  o  tacanìoba,  e  che  noi  rappresentiamo 
nella  figura  4  della  Tavola  49-  Ma  la  cosa  più  preziosa  che  gli 
uomini  sogliono  portare  ai  collo  è  un  coltello  che  ordinariamente 


56  COSTUME 

consiste  in  una  lama  di  ferro  assai  tagliente,  che  pel  grand' uso 
che  ne  fanno  è  sovente  ridotta  ad  un  piccolo  pezzo.  Tale  col- 
tello ch'essi  conservano  sempre  ben  affilato  è  rappresentato  nella 
fìg.  6  della  suddetta  Tavola.  I  loro  condottieri  per  lo  più  si  di- 
stinguono col  portar  sul  capo  o  sopra  qualche  altra  parie  del  corpo 
alcune  penne  d'  uccelli.  Una  volta  usavano ,  ben  anche  ornare  il 
capo  con  una  specie  di  ventaglio  composto  di  12  o  i5  penne  gialle 
della  coda  del  tapù,  cassicus  cristatus,  cui  essi  univano  con  cera 
ed  attaccavano  alla  sommità  della  testa.  Questo  ventaglio  chiamato 
dai  medesimi  nucancann  o  takeraiunn-ioka  è  rappresentato  sotto 
la  fig.  6.  della  Tavola  43  :  la  moda  però  lo  ha  da  lungo  tempo 
abolito ,  ed  ora  non  se  ne  vede  che  in  qualche  capanna.  Alcuni 
condottieri  usano  attaccare  alla  loro  fronte  col  mezzo  di  una  cor- 
della un  pajo  di  penne  d'uccelli  che  ordinariamente  sono  di  pap- 
pagalli I  condottieri  però  de'Botocudos  portano  di  rado  penne 
d'  uccelli ,  perchè  vanno  anch'  essi  per  la  maggior  parte  affatto 
iguudi  e  si  dipingono  il  corpo.  Le  donne  amano  assai  gli  orna- 
menti, ed  apprezzano  moltissimo  le  corone,  i  fazzoletti  di  naso 
di  color  rosso,  ed  i  piccioli  specchi}  gli  uomini  al  contrario  pre- 
feriscono le  scuri ,  i  coltelli  ed  altri  utensili  di  ferro. 

Infingardaggine. 

L'infingardaggine  è  uno  de' principali  caratteri  di  questi  indi- 
geni. Sopito  da  una  naturale  indolenza  riposa  il  Botocudos  inope- 
roso nella  sua  capanna  finché  la  necessità  del  nutrimento  non  lo 
spinge  a  procacciarselo }  anzi  non  tralascia  in  simile  occasione  di 
far  uso  dei  diritti  del  più  forte,  obbligando  al  lavoro  la  moglie 
e  i  figli.  Le  mogli  obbediscono  come  schiave  ai  mariti ,  e  le  cica- 
trici di  cui  sono  coperti  i  loro  corpi,  fanno  testimonianza  della 
rabbia  e  della  crudeltà  de'  medesimi. 

Maniera  d?  ottenere  il  fuoco. 

I  Botocudos  si  procacciano  il  fuoco  nella  seguente  maniera  *, 
prendono  un  lungo  pezzo  di  legno,  e  ficcano  in  un  foro  dello  stesso 
un  altro  legno  perpendicolare  cui  superiormente  attaccano  un  pezzo 
di  canna ,  onde  poterlo  tener  sicuro  nelle  mani  e  girarlo  in  fret- 
ta. Nel  legno  orizzontale  dove  aggirasi  la  punta  del  bastone  pon- 
gono un  po' di  bast  (estopa)  delle  piante  chiamate  dai  Porto- 
ghesi pao  d"  estopa  (lecythis J:  i  pezzetti  di  legno  che  si  di- 
staccano per  la  confricazione  prendon   fuoco  e  accendono  i  fili  del 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  ^7 

bast.  L'effetto  di  questo  accendi  fuoco  detto  dai  Botocudos  nom- 
77ymz,  e  rappresentato  nella  fig.  a  della  Tavola  (\§\  è  sicuro,  ma 
costa  assai  fatica  e  tempo",  onde  ottenerlo  si  servono  di  due  qua- 
lità di  legno,  1'  una  di  garnelera  (fìcus),  e  1"  altra  di  imbabùa 
baum  (  cecropia  ). 
Loro  capanne. 

Le  capanne  dei  Botocudos  sono  fatte  di  sole  palme  di  cocco, 
piantate  in  terra  in  figura  ovale,  di  modo  che  le  punte  mentre 
si  piegano  le  une  sopra  le  altre  formano  una  specie  di  volta,  lo 
non  trovai  nelle  loro  capanne  alcuno  stromento,  tranne  alcune 
grosse  pietre,  colle  quali  rompono  le  noci  di  una  certa  specie  di 
cocco  selvatico  da  essi  chiamato  ororo. 
Utensili. 

In  altro  luogo  però  ci  riferisce  di  aver  veduti  nelle  loro  ca- 
panne altri  utensili  sparsi  qua  e  là  per  terra ,  e  fra  questi  anno- 
vera alcune  pignatte  fatte  di  terra  grigia  cotta  al  fuoco }  vasi  da 
bere  e  da  conservare  acqua  per  la  maggior  parte  di  scorza  di 
zucche ,  e  pezzi  di  canna  lunghi  dai  tre  ai  quattro  piedi ,  che 
ordinariamente  servono  di  recipienti  d'acqua  quando  sono  ne1  bo- 
schi :  tale  stromento  da  essi  chiamato  kdkroch  è  rappresentato 
sotto  la  figura  8  della  Tavola  49  :  esso  si  spacca  facilmente,  ma 
ne  chiudono  tosto  le  fessure  con  cera. 

Essi  hanno  un  altro  stromento  rappresentato  dalla  fig.  j  Ta- 
vola 49  di  cui  si  servono  per  levare  del  cocco  il  nocciuolo ,  e  lo 
fabbricano  ordinariamente  colle  ossa  dell'  unze  o  di  grossi  gatti , 
tagliandole  obliquamente  ed  appuntandole  a  guisa  di  un  cavo 
scalpello.  Quantunque  ogni  orda  di  Botocudos  posseda  al  presente 
una  scure  di  ferro,  ciononostante  alcuni  si  servono  qualche  volta 
di  una  dura,  verde  o  grigia  pietra  nephrit ,  (caratu  nella  loro 
lingua  )  cui  aguzzano  alquanto ,  e  ne  fan  uso  per  tagliar  piante  ec. 

Allorché  una  truppa  di  Botocudos  si  pone  in  viaggio,  le  donne 
pongono  le  loro  minuterie  in  piccioli  sacchi  di  spago,  vedi  la 
fig.  3  della  Tavola  suddetta  ,  cui  portano  sulle  spalle  per  mezzo 
di  una  corda  che  passa  sulla  fronte.  Questi  sacchi  contengono  or- 
dinariamente pezzi  di  taquara  per  far  punte  di  frecce ,  scorze  di 
tatù;  urucà  per  colorire,  una  forte  pietra  per  rompere  i  cocco: 
corde  di  grawatha  o  tucum:  cera  in  grosse  palle,  collane,  le- 
gno per  formare  i  cannoncini  che  portano  nelle  oreccchie  e  Belle 
labbra  ec. 


58  COSTUME 

Matrimon]. 

Un  Botocudos  ha  tante  mogli  quante  ne  può  mantenere ,  e 
ordinariamente  il  numero  di  queste  ascende  fino  a  12.  Il  Prin- 
cipe Massimiliano  però  confessa  di  non  averne  mai  trovato  alcuno 
che  ne  avesse  più  di  due  o  tre.  I  matrimonj  si  conchiudono  sen- 
za tante  cerimonie  ,  dipendendo  soltanto  dalla  volontà  de'  con- 
traenti e  da  quella  dei  parenti",  essi  però  si  sciolgono  con  eguaio 
facilità. 
Sepolcri. 

Non  lungi  da  una  delle  suddette  capanne  vidi ,  dice  il  Prin- 
cipe, il  sepulcro  di  un  uomo  cui  volli  esaminare:  esso  era  in 
un  luogo  all'  aperta  fra  alti  tronchi  e  coperto  di  molti  pezzetti 
di  legno,  cui  dopo  levati,  trovai  la  sepoltura  piena  di  terra, 
nella  quale  si  scorgevano  qua  e  là  delle  ossa.  Il  giovane  Botucu- 
dos  per  nome  Burnetta  che  mi  aveva  colà  condotto,  dimostrò 
gran  dispiacere  nel  veder  toccare  le  ossa,  ond' io  tralasciai  di  sca- 
vare, e  me  ne  ritornai  a  casa. 
Disfida  di  alcuni  Botocudos. 

In  altro  luogo  il  principe  Massimiliano  (1)  ci  descrive  una 
singoiar  disfida  di  alcuni  Botocudos.  Strada  facendo,  egli  dice, 
incontrai  una  mano  di  Botocudos  seduti  intorno  al  fuoco:  erano 
persone  appartenenti  al  Capitani  Gipakeiu  che  avevano  passato 
a  guado  il  fiume.  Molti  giovani  balzarono  nei  nostri  cannotti  per 
fare  il  viaggio  con  noi  fino  al  distaccamento.  Appena  colà  arri- 
vati trovammo  un'  altra  banda  di  selvaggi:  quest'era  la  truppa 
del  Capitani  Separali.  Bello  era  il  vedere  tutta  questa  gente 
bruna  passare  a  guado  il  fiume,  tenendo  in  alto  archi  e  frecci  e  : 
tutti  portavano  sopra  le  spalle  mazzi  di  bastoni  lunghi  sei  in  otto 
piedi  per  battersi  coi  Capitam  Jane  e  Gipakeiu^  ma  l1  ultimo 
erasi  di  già  molto  innoltrato  nel  bosco,  e  Jane  col  suo  corpo 
trova  vasi  tuttora  assente  dal  Quartel.  Solleciti  correvano  i  selvaggi 
in  tutte  le  camere  delle  case  per  cercare  i  loro  avversar]  ma  non 
avendo  trovato  alcuno,  ivi  deposero  i  loro  bastoni  ,  quai  segni  di 
provocazione  ^  e  verso  sera  si  ritirarono.  Giunse  il  Capitani  Jepa- 
rak  colla  sua  gente  che  portavano  anch'  essi  lunghi  bastoni  da 
guerra  e  dimandarono  conto,  ma  inutilmente,  del  Capitani   Gipa- 

(1)  Tom.   I.  cap.  XI. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILIE  f>q 

keiu.-  Siccome  però  essi  non  erano  distanti,  cosi  trovarono  facil- 
mente occasione  di  saziare  la    loro  smania  di  battersi.  11  Capitani 
June  con  tre  suoi  figli  e  coir  altra  sua  gente  aveva    accettala    la 
disfida  e  seguiva  la  parte  del   Capitani   Gipakeiu.  Nel  giorno  se- 
guente si  videro  tutti  i  Botocudos  del  Quartel  dipinti  in    faccia 
alcuni  di  nero  ed  altri  di  rosso,  marciare  improvvisamente  e  pas- 
sar a  guado  all'altra  riva  portando  sulle  spalle    fasci    di    bastoni. 
Dopo  breve  tempo  usci  dal  bosco  dove,  in  alcune  capanne  eransi 
rifuggite  molte  donne  e  fanciulli,  il  Capitani  June  colle  sue  genti. 
Sparsa  appena  la  voce  al  Quartel  dell'imminente  zuffa,  una  quan- 
tità   di    curiosi,  fra  i  quali  altri  forestieri  ed  io,  ci  affrettammo 
al  campo  di  battaglia.  Ognuno    di    noi    prese    per  maggior    sicu- 
rezza una  pistola  ed  un  coltello  nel  caso  che    alcuno   si   volgesse 
contro  di  noi.   Appena  colà  arrivati   trovammo  tutti  i  selvaggi  af- 
follati in  un  mucchio:  la  zuffa  incominciava  in  quel  punto.    Da 
principio  i  guerrieri  d'ambe  le  parti  mandaron  grida  di  sfida,  e 
poscia  girando  intorno  l'uno  all'altro  come  fieri    cani   mettevano 
in  ordine  i   loro  bastoni.  Quindi  comparì  il  Capitani  Jeparalc,  si 
frammischiò  ai  guerrieri,  guardò  con  occhi  spalancati  e  torvi  ora 
gli   uni  oia  gli  altri,  e  poi  cantò  con  voce    tremolante  una  lunga 
canzone,  che  probabilmente  aggiravasi  sull'offesa  che  gli  era  stata 
fatta.   In  tal  maniera  aizzandosi  sempre  più  ,   due  di  essi  si  urta- 
rono scambievolmente  col  braccio  sul  petto  e  con  sì  grand' impeto 
che  ambidue  traballarono.  Quindi  diedero  di  piglio  ai  bastoni,  e 
l'uno  battè  con  tutta  la  foza  l'altro  senza  osservar  dove  cadesse 
il  colpo:  l'avversario  sostenne  intrepido  e  costante  il  primo  assal- 
to, poi  cominciò  anch' egli  a  battere,  e  così  proseguì  l'uno  contra 
P  altro  con  sì  potenti  colpi  che  i  loro  nudi  corpi  eran  pieni   di 
lividure  e  di  vesciche  e  taluno    grondava    pur   anche    di  sangue. 
Quando  due  combattenti  eransi  coraggiosamente  percorsi,  compa- 
rivano altri  due,  e  sovente  vedevansi  nello  stesso  tempo  varie  cop- 
pie in  combattimento,  senza  però  mai  toccarsi   colle    mani.    Ter- 
minati i  duelli,  si  mettevano   nuovamente  a   girar    pensieriosi  per 
qualche  tempo  mandando  sempre  grida  di  disfida  fin  a  tanto  che 
una  nova  eroica  inspirazione  s'impadronisse  di    loro,    e    ponesse 
in  moto  i  loro  bastoni.   Intanto  anche  le  donne  combattevano  co- 
raggiosamente, e  fra  il   pianto  e  gli  urli  si   prendevano  l'una  l'al- 
tra pei  capelli,  si  strappavano  a  vicenda  i    cannoncini  di    legno 


60  COSTUME 

dalle  labbra  e  dalle  orecchie,  che  quasi  trofei  vedevansì  qua  e  là 
sparsi  sul  campo  di  battaglia,  si  percuotevano  con  pugni  e  si 
graffiavano  colle  unghie.  Se  una  gettava  un'altra  a  terra  ,  era  vi 
una  terza  dietro  la  prima  che  la  prendeva  pei  piedi  e  la  capo- 
volgeva. Gli  uomini  non  avvilivansi  col  battere  le  donne  del  par- 
tito contrario ,  ma  soltanto  le  spingevano  lontano  colla  punta  dei 
loro  bastoni,  e  co' piedi  urtandone  nei  fianchi  le  facevano  rotolare. 
Anche  le  vicine  capanne  risonavano  de'  lamenti  e  delle  strida 
femminili  e  del  pianto  de' fanciulli,  ciò  che  accresceva  la  singola- 
rità di  questo  spettacolo,  che  durò  forse  un'ora.  Il  Capii atn  Je- 
parack,  il  cui  ritratto  vien  rappresentato  nella  figura  i  della  l'a- 
vola 5o,  essendo  la  principal  persona  della  parte  offesa  resistette 
fino  alla  fine:  tutti  sembravano  stanchi,  ma  egli  non  si  dimostrava 
tuttavia  disposto  a  conchiudere  la  pace,  e  continuava  con  voce 
tremolante  il  suo  canto  e  incoraggiava  le  sue  genti  ad  una  nuova 
zuffa.  Finalmente,  prosegue  il  Principe  Massimiliano,  noi  ci  acco- 
stammo a  lui,  gli  ponemmo  le  mani  sulle  spalle,  dicendogli  esser 
lui  un  valente  guerriero,  ma  essere  anche  tempo  di  far  la  pace} 
dopo  di  che  egli  ali"  improvviso  abbandonò  il  campo  di  battaglia 
e  se  ne  andò  verso  il  Quartel.  Il  Capitani  June^  essendo  vecchio 
si  tenne  sempre  indietro  senza  combattere.  Noi  abbandonammo  il 
campo  coperto  di  cannoncini  e  di  bastoni  rotti,  ci  siamo  recati  al 
Quartel  ove  trovammo  Jukerócke,  Medcann,  Aho  ed  altri  copiti 
di  lividure  e  di  vesciche,  che  senza  mostrare  di  darsi  il  più  pic- 
ciolo pensiero  per  le  parli  del  loro  corpo  offese,  s'  assisero  sulle 
loro  ferite,  e  mangiarono  con  appetito  la  farina  che  il  coman- 
dante fece  loro  distribuire.  Durante  il  combattimento  gli  archi  e 
le  frecce  di  lutti  questi  selvaggi  stavan  appoggiate  agli  alberi ,  nò 
mai  venne  ad  alcuno  il  pensiere  di  farne  uso:  tuttavia  si  crede 
che  qualche  volta  anche  in  simili  occasioni  sieno  passati  dai  ba- 
stoni alle  armi ,  poiché  i  Portoghesi  temono  di  veder  da  vicino 
tali  disfide. 

Il  motivo  che  mosse  questi  indigeni  al  descritto  combattimento 
fu  il  seguente.  Il  Capitani  fune  co'  suoi  seguaci  sulla  sponda 
meridionale  del  fiume  aveva  uccisi  alcuni  cignali  ne' luoghi  ri- 
servati alla  caccia  di  Jeparaok:  questi  risguardò  tal  fatto  come 
una  grave  ingiuria  alla  sua  persona :,  poiché  i  Botocudos  non  so- 
gliono oltrepassare  i  confini  stabiliti  ne' loro  luoghi  di  caccia.  Si- 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  6l 

mili  offese  sono  ordinariamente  la  causa  delle  loro  zuffe.  Nelle 
vicinanze  del  Destacaments  dos  Arcos  pel  passato  non  era  acca- 
duto che  un  solo  combattimento  simile  a  questo,  quindi  riesce 
difficile  ai  viaggiatori  il  poter  essere  spettatori  di  una  scena  tanto 
singolare  quanto  importante  per  avere  una  più  esatta  cognizione 
de'  Botocudos  e  del  loro  originale  carattere.  Il  principe  Massimi- 
liano ci  rappresentò  un  tale  spettacolo  nella  Tavola  5i. 

Loro  frecce. 

Le  frecce  che  durante  il  detto  combattimento  stavan  appese 
alle  piante  erano  di  tre  specie  \  ad  ognuna  di  esse  danno  i  Boto- 
cudos un  nome  diverso  secondo  la  diversità  delle  loro  punte.  La 
freccia  di  guerra  chiamato  uagicke  komm  ha  un'acuta  e  lunga 
punla  fatta  di  canna  di  taquarussìi  abbrustolita  per  renderla  più 
forte,  ed  è  raschiata  in  modo  da  divenir  tagliente  come  un  col- 
tello ed  acuta  come  un  ago:  queste  frecce  fanno  grandissime  fe- 
rite, e  sono  usate  per  conseguenza  in  guerra  e  nella  caccia  delle 
più  grosse  fiere.  La  freccia  cogli  uncini  uagicke  nigmeran  ha  la 
punta  lunga  circa  un  piede  e  mezzo,  ed  è  fatta,  come  pure  è 
l'arco,  o  di  airi  o  di  pao  d'arco',  è  sottile ,  acutissima,  ha  da 
un  lato  otto  o  dodici  tagliuzzi  che  formano  altretanti  uncinetti , 
e  se  ne  fa  uso  e  per  la  guerra,  e  per  la  caccia  di  grandi  e  pic- 
cioli animali.  La  terza  uagicke  bacannumock ,  che  serve  soltanto 
per  la  caccia  delle  picciole  bestie,  invece  di  essere  acuta  ha  nel- 
l'estremità un  gruppo  di  cinque  o  sei  nodi.  La  tavola  45  ci  rap- 
presenta sotto  i  num.  2,  3  l\,  queste  tre  qualità  di  frecce  delle 
quali,  siccome  abbiam  di  già  osservato,  fanno  uso  i  Puris  ed  i 
Votocudos,  colla  differenza  che  1' asta  di  quelle  de' Botocudos  nou 
Iia  nodi. 

/  Patachos. 

Il  principe  Massimiliano,  mentre  aveva  quasi  deposta  ogni 
speranza  di  conoscere  i  Patachos}  s'abbattè  in  una  truppa  di 
questi  selvaggi,  che  tutti  nudi  colle  loro  armi  in  mano  portavano 
a  vendere  grosse  palle  di  cera  nera  \  ei  diede  loro  de'  coltelli  e 
fazzoletti  rossi  da  naso  per  avere  in  cambio  una  quantità  d'archi 
e  di  frecce.  Essi  nulla  aveano  di  particolare  }  non  erano  né  di- 
pinti, né  trasformati^  alcuni  eran  piccioli,  gli  altri  di  mediocre 
statura ,  ma  tutti  di  corpo  sciolto  e  svelto ,  con  faccia  grande 
e  lineamenti  grossolani.  11  loro   condottiero    (chiamato    Capitani 


C %  COSTUME 

dai  Portoghesi  )  portava  una  berretta  di  lana  rossa  e  calzoni  az- 
zurri, che  gli  furou  regalati:  si  diede  loro  da  mangiare  farina  e 
cocchi  cui  aprivano  con  una  scure,  e  faceva  meraviglia  l'avidità 
colla  quale  ne  divoravano  il  bianco  midollo.  Nella  Tavola  52, 
vedesi  il  Capitani  intento  ad  aprire  un  cocco. 

Anzioso  il  detto  Principe  di  conoscere  i  Patachos  un  po' più 
da  vicino,  navigando  sul  fiume  Prado  si  recò  fin  sulle  rive  del 
Sucurucù  dove  trovò  molti  Patachos  e  Machacans.  Questi  ultimi 
sono  sempre  stati  più  inclinati  alla  pace  cogli  Europei,  che  i 
primi  \  coi  quali  soltanto  da  tre  anni  si  è  potuto  stabilire  un'  ami- 
chevole corrispondenza.  I  Patachos  s' assomigliano  molto  nell'  e- 
sterno  ai  Puris  }  sono  però  un  po' più  grandi,  ed  eguali  ai  Puris 
ed  ai  Machacaris  non  deformano  coi  colori  i  loro  volti  ed  il  loro 
corpo,  e  portano  i  capelli  pendenti  e  tagliati  soltanto  al  di  sopra 
degli  occhi.  Alcuni  però  si  radono  del  tutto  il  capo,  e  lasciano 
solamente  davanti  e  di  dietro  una  piccola  ciocca,  ed  usano  fora- 
re le  orecchie  ed  il  labbro  inferiore  ficcando  nelle  picciole  aper- 
ture un  corto  e  sottile  pezzetto  di  canna.  Gli  uomini  portavano  al 
collo,  siccome  pure  tutte  le  altre  tribù  della  costa  orientale,  il 
coltello  appeso  ad  una  cordella,  e  le  corone  che  loro  furono  re- 
galate. Assai  singolare  e  soprendente  è  il  loro  costume  di  allac- 
ciare il  prepuzio  col  viburno,  per  la  quale  operazione  esso  prende 
una  figura  singolare.  Le  loro  armi  non  differiscono  gran  fatto  da 
quelle  degli  altri  selvaggi:  gli  archi  fatti  di  legno  di  airi  o  pao 
(V  arco  (bignonia)  sono  un  po'1  più  grandi  di  quelli  dei  Tapuyas  : 
le  frecce,  di  cui  si  servono  comunemente  per  la  caccia,  sono  corte, 
e  lunghe  quelle  per  la  guerra.  Presso  nessuna  tribù  si  trovò  la 
corda  dell'arco  fatta  di  budello  o  di  tendine  di  qualche  animale, 
come  venne  falsamente  asserito  dal  signor  Lindley.  Ognuno  porta 
sulle  spalle  una  borsa  o  sacco  di  embira  (corteccia)  attaccato  al 
collo,  od  anche  diverse  corde  intrecciate,  dentro  le  quali  pongono 
varie  cianfrusaglie.  Anche  le  loro  donne  non  sono  dipinte,  e  van- 
no interamente  nude.  1  Patachos  si  discostano  pure  nella  costru- 
zione delle  loro  capanne  da  quella  poc'anzi  descritta  dei  Puris: 
esse  sono  assai  semplici  ed  umili  :  e  consistono  in  alcuni  rami  fic- 
cati nella  terra,  piegati  in  cima  e  legati  insieme  o  coperti  di 
foglie  di  pdttioba  odi  coco:  vedi  la  Tavola  suddetta:  vicino  a 
ciascuna  di  esse  vedesi  una  spezie  di  graticola  consistente  in  quat- 


/lliWil    i;  ^ 


DEGLI    ABITATORI    DEL    ERASILE  63 

irò  pali  forcuti  piantati  in  terra,  i  quali  sostengono  altri  quattro 
legni,  su  cui  son  ordinati  altri  bastoni  l'uno  vicino  all'altro  onde 
sostenere  gli  animali  uccisi  che  vi  si  soprappongono  per  farli  ar- 
rostire. I  Patachos  ed  i  Machacaris,  o  Machacalis,  i  cui  linguaggi 
hanno  tra  essi  qualche  somiglianza,  fanno  lega  contra  i  Botocu- 
dos,  e  sembra  che  trattino  i  loro  prigionieri  come  schiavi ,  poiché 
non  ha  guari  offrirono  di  vendere  agli  abitatori  della  Villa-de-Prado 
una  giovane  Botocuda^  ma  non  si  è  mai  avuto  fondamento  da 
credere,  che  i  Patachos  mangino  i  loro  prigionieri.  Questi  sel- 
vaggi più  sospettosi  e  ritenuti  degli  altri  vanno  errando  nelle  fo- 
reste, e  compariscono  ora  ad  Alcobaba,  ora  a  Prado,  a  Come- 
chatiba  e  Trancozo,  e  si  dà  loro  in  occasione  di  tali  viste  qual- 
che cosa  da  mangiare  ed  alcune  bagattelle  onde  avere  in  cambio 
cera  ed  altre  produzioni  de'  loro  boschi. 
I  Camacan. 

I  Camacan  nella  configurazione  del  loro  corpo  poco  o  nulla 
differiscono  dagli  altri  Indiani  della  costa  orientale:  sono  ben  for- 
mati, grandi,  forti,  larghi  di  spalle,  lineamenti  bene  spiegati,*? 
si  conoscon  da  lontano,  poiché  sì  gli  uomini  che  le  donne  lascian 
cadere  sulle  spolle  i  lunghi  loro  capelli. 
Loro  qualità  fisiche. 

Hanno  la  pelle  di  color  oscuro,  qualche  volta  gialliccio  od 
anche  rossigno:  vanno  quasi  del  tutto  nudi:  gli  uomini  portano 
la  tacanhoba ,  cui  parlando  dei  Botocudos,  abbiamo  rappresentalo 
nella  Tavola  /jo,  lig.  [\ ,  e  che  dai  Camacan  vien  chiamata  hyra- 
nayka  :  si  strappano  o  si  tagliano  i  peli  delle  ciglia  e  delle  altre 
parti  del  corpo,  e  fanno  talvolta  nelle  orecchie  un'apertura  della 
grandezza  di  un  pisello.  Essi  sogliono  cangiare  il  colore  delle 
loro  pelli  coi  sughi  dell'  urucù,  del  genipaba  o  con  altro  color 
rossigno  appellato  catua. 

Erano  pel  passalo  i  Camacan  una  nazione  inquieta ,  guerriera 
ed  amante  della  libertà:  non  si  recano  che  mal  volentieri  ne'din- 
torni  delle  abitazioni  Europee,  e  fan  presto  ritorno  ai  loro  folti 
boschi  ove  hanno  le  loro  capanne  di  legno,  coperte  di  scorza 
d'alberi,  e  vivono  di  caccia  senza  però  trascurare  la  coltivazione. 
Vedi  la  Tavola  53. 
Capanne. 

Essi  piantano  intorno  ai  loro  abitacoli    molte    banane,    grano 


DEGLI    AIUTATORI    DEL    BRASILE  65 

spezie  di  secchio  alto  due  o  Uè  piedi,  e  io  collocano  ifi  un  luogo 
piano  vicino  alle  loro  capanne.  Mentre  gli  uomini  si  occupano  di 
ciò,  le  donne  fanno  caiil  di  grano  turco  e  manioca.  Dodici  ore 
prima  masticano  esse  grani  ed  Miche  palale,  e  le  sputano  in  un 
secchio  d'acqua  ca-lda  in  cui  ne  succede  la  fermentazione}  quindi 
volano  sì  fatta  materia  nel  descritto  tronco  sotto  del  quale  facendo 
fuoco  continua  a  fermentare.  Intanto  tutti  i  ballerini  si  adornano} 
gir  uomini  dipingonsi  a  strisce",  e  le  donne  si  dipingon  le  mammelle 
a  tanti  mezzi  circoli  concentrici  ^  e  tirano  anche  alcune  linee  sulla 
faccia:  alcuni  coprousi  la  lesta  coi  loro  berretti  di  penne}  altri  cac- 
ciano penne  colorite  nelle  orecchie.  Uno  di  loro  tiene  in  mano 
uno  stromenlo  composto  di  molte  unghie  d'  anta  divise  in  due 
fascetti  ed  assicurale  a  molte  cordelle.  Esso  è  chiamato  nella  loro 
lingua  herenehedioca,  e  sa  ne  servono  per  far  la  battuta,  dando, 
quando  è  scosso,  un  suono  crocchiante,  vedi  la  6g.  8  della  Ta- 
vola 54.  Qualche  volta  usano  anche  uno  slromento  più.  picciolo 
chiamato  da  essi  hechiech^  vedi  la  fig.  y  della  Tavola  suddetta,  il 
quale  consiste  in  una  zucca  attaccata  ad  un  manico  di  legno,  in 
cui  si  son  poste  alcune  pietruzze,  e  che  quando  è  scossa  fa  pure 
un  cupo  rumore.  Quattro  uonwiii  danno  principio  alla  danza  por- 
tandosi innanzi  alquanto  piegati,  e  con  misurati  passi  si  seguon 
l'un  l'altro  in  circolo  cantando  quasi  sempre  con  egual  modula- 
zione hoy  !  hoy  !  he!  he!  he!  ed  uno  di  essi  suona  questo  slro- 
mento ora  forte,  ora  piano  come  a  lui  pare  più  conveniente.  Quin- 
di le  donne  si  frammischian  anch'esse  agli  uomini  prendendosi 
due  a  due,  pongono  la  mano  sinistra  alla  guancia,  e  tutti  in- 
sieme se  ne  vanno  al  suono  de' suddetti  stromenti  intorno  al  fa- 
vorito loro  secchio.  Dan  essi  principio  alla  loro  danza  verso  il 
mezzodì  e  nella  stagione  più  calda,  di  modo  che  il  sudore  scorre 
in  gran  quantità  dai  loro  corpi  :  e  quindi  1'  un  dopo  l'alro  se  ne 
vanno  al  secchio  a  bevere  caia.  Le  donne  accompagnano  il  loro 
canto  con  alle  grida  senza  alcuna  modulazione}  e  se  ne  vanno  con 
piegala  la  testa  e  la  parte  superiore  del  corpo  ,  né  si  stancano  di 
ballare  finché  rimane  qualche  stilla  di  caiii  nel  secchio.  Un  si- 
mile ballo  viene  rappresentato  nella  già  citala  Tavola  55.  Qual- 
che volta  dispongonsi  i  ballerini  in  due  file  l'una  di  contro  al- 
l'altra ,  e  una  linea  lenta  sempre  di  spinger  l'altra  indietro. 
Cost.   Voi   IV  deW  Ameriea.  5 


66  COSTUME 

Altro  divertimento. 

In  occasioue  di  simili  feste  dopo  di  aver  ballato  lutto  il  giorno 
e  tutta  la  notte  ha  luogo  qualche  volta  un  altro  divertimento.  I 
giovani  a  Gne  di  dar  prova  della  loro  forza  se  ne  corrono  al  bo- 
sco e  colà  giunti  tagliano  un  pesante  pezzo  di  un  ramo  di  bar- 
riglielo in  forma  cilindrica,  e  ficcano  in  mezzo  ad  ogni  pezzo 
tagliato  un  bastone  onde  poterlo  sollevare  con  maggior  facilità. 
Uno  di  essi  pel  primo  comincia  dal  prendere  sì  fatto  tronco,  lo 
pone  sulle  spalle  e  se  ne  corre  a  casa:  lutti  gli  altri  lo  inseguono 
in  fretta  e  tentano  di  levargli  il  peso.  In  questo  modo  van  gareg- 
giando fino  al  luogo  dove  trovansi  radunate  le  loro  belle,  le  quali 
dimostrano  il  loro  aggradimento  a  chi  ne  riman  vittorioso.  Appena 
colà  anivati  tutti  grondanti  di  sudore,  sogliono  tuffarsi  nel  fiume 
per  rinfrescarsi}  ciò  che  spesse  volte  cagiona  loro  la  morte. 
Altre  costumanze. 

Se  un  Gamacan  si  ammala,  si   lascia  quietamente  riposare:  se 
può  reggersi  in  piedi,  ei  si  procura  da  sé  i  mezzi  di  sussistenza} 
in  caso  contrario  rimane  senza  alcun  soccorso. 
Cura  degli  ammalati. 

Molti  scrittori  fanno  fede  di  questa  indifferenza  per  gli  am- 
malati. Si  sa  peiò  che  uno  de'loro  rimedj  usati  in  occasione  di 
grave  malattia,  e  considerato  come  efficacissimo,  consiste  nel  sof- 
fiar fumo  di  tabacco  sopra  l'ammalato,  il  qual  soffre  pazientemente 
tale  operazione,  mentre  il  medico  sta  boi  bollando  alcune  parole. 
Cerimonie  funebri. 

S'egli  muore,  i  parenti  e  gli  amici  si  uniscono  intorno  al  suo 
cadavere}  piegano  il  capo  sopra  del  medesimo,  e  si  pongono  a 
gridar  fortemente  per  alcuni  giorni  interi,  dandosi  reciprocamente 
il  cambio  per  prender  qualche  riposo.  Il  morto  rimane  alcune 
volte  per  molto  tempo  insepolto}  poiché  quando  si  crede  che  tal 
funebre  cerimonia  sia  giunta  al  suo  termine  vedesi  incominciare 
di  nuovo.  Essi  risguardano  le  anime  de'trapassati  come  altrettante 
Divinità,  le  adorano,  attribuiscono  ad  esse  i  temporali,  e  sono 
d'opinione  che  se  i  motti  durante  la  loro  vita  sono  stati  trattati 
malamente,  ritornano  in  questo  mondo  in  forma  di  lonze  per  recar 
danno  ai  loro  nemici.  Essi  li  seppelliscono  nudi  e  seduti,  e  pongo- 
no ne' loro  sepolcri  una  caiii,  una  pignatta,  un  poco  di  caiiiy  un 
arco  con  alcune  frecce,  quindi  empiono  la  fossa  di  terra  e  vi  ac- 
cendon  sopra  un  grati  fuoco. 


<7 

STABILIMENTI   EUROPEI 
iSEL  BRASILE. 


F, 


inoia  non  abbiamo  fallo  menzione  che  delle  tribù  indigene 
del  Brasile  senza  parlare  degli  sta  bili  menti  porlogliesi.  Ma  per 
intender  bene  la  serie  dei  fatti  die  siamo  per  esporre  ,  era  ne- 
cessario averli  prima  conosciuti  ,  dappoiché  essi  vi  hanno  gran 
parte. 

Primi   stabilimenti  portoghesi. 

Benché  le  terre  del  Biasile  non  sembrassero  al  governo  por- 
toghese rè  meno  belle  né  meno  fertili  di  quello  eh' era  il  state  de- 
scritte da  Cabrai,  pure  non  offrendo  esse  in  abbondanza  né  in 
un  subito  il  metallo  prezioso  che  dirigi  va  tutte  le  imprese  degli 
Europei  in  America,  se  ne  riguardò  da  principio  il  possedimento 
come  cosa  di  poca  importanza  }  e  la  coite  di  Lisbona  teneva  il 
Brasile  come  un  luogo  d'esilio,  in  cui  faceva  trasportare  i  delin- 
quenti cui   voleva  salvare  la   vita. 

Difficoltà  di  formarli. 

Ben  lungi  però  dall' oltenere  un  tale  intento  essa  gli  esponeva 
in  vece  a  perderla  ad  ogni  istante,  poiché  gli  indigeni,  uomini 
naturalmente  feroci  e  indomabili  non  potendo  tollerare  lo  stabili- 
mento degli  stranieri  alle  loro  terre,  facevano  agli  Europei  una 
guerra  sì  crudele  ,  che  non  lasciava  alcuna  speranza  di  vita  ai 
vinti  o  sorpresi. 

Grandi  concessioni  di  terra  ai  coloni. 

La  Corte  non  si  faceva  molto  pregare  per  concedere  immense 
terre  a  tutti  quelli  che  offrivano  di  formare  degli  stabilimenti}  e 
passò  perfino  ad  assegnare  a  non  pochi  signori  intere  province  , 
nella  speranza  ch'essi  fossero  per  radunarvi  molti  abitatori.  Mal- 
grado di  tante  condiscendenze  questi  nuovi  possedimenti  non  pro- 
speravano né  venivano  popolali  da  molli  coloni,  e  per  la  neces- 
sità in  cui  tiovavansi  continuamente  di  difendersi  e  per  quella  di 


68  COSTUME 

lavorare  con  un' assitlna  fatica  terre,  le  quali  benché  fertilissime, 
esigevano  una  assai  diligente  coltivazione  per  supplire  ai  bisogni 
de'loro  possessori.  Intanto  si  mandavan  nel  Portogallo  simie,  pap- 
pagalli e  legno  di  tintura,  tutti  oggetti  che  non  costavan  che  la 
pena  di  raccoglierli ,  e  che  in  Europa  eran  venduti  a  caro  prezzo. 
Intanto  la  necessità  rendeva  i  coloni  industriosi }  il  frutto  che 
ricavavano  dalle  loro  fatiche  allettò  altri  Europei  a  seguirli  } 
l'agricoltura  fece  grandi  progressi}  la  guerra  ch'essi  dovevano 
continuamente  sostenere  contra  le  tribù  indicene  gli  obbligò  a 
dividersi  in  Capitanati  ,  e  questo  fu  il  principio  dell'organizza- 
zione politica. 

Principio  della  organizzazione  politica. 

Nello  spazio  di  cinquantanni  si  vider  nascere  lungo  la  costa 
■varie  borgate,  fra  le  quali  dislinguevansi  Tamaraca,  Pernambuco, 
llheos,  Porio-Seguro  e  San  Vincenzo.  I  vantaggi  di  queste  nuove 
colonie  fecero  finalmente  aprir  eli  occhi  alla  Corte  di  Portogallo} 
conobbe  il  torlo  eh'  essa  si  fece  accordando  tante  illimitate  con- 
cessioni, e  si  pose  all'impresa   di   rimediarvi. 

De-Souza  Governator  del  Brasile  nel  i549- 

Quindi  il  re  cominciò  dal  rivocare  tutti  i  privilegi  accordati 
ai  capi  delle  Capitanerie}  e  durante  l'anno  i54q,  mandò  Tom- 
maso de-Souza  al  Brasile  col  titolo  di  Governator  generale.  Souza 
aveva  ricevuto  l'ordine  non  solo  di  stabilire  una  nuova  ammini- 
strazione, della  quale  portava  il  piano,  ma  di  fabbricare  ancora 
una  città  nella  baja  di  Tutti  i  Santi.  Giunse  nel  Brasile  accom- 
pagnato da  truppe  e  da  Missionaij ,  e  fondò  la  città  di  San-Sal- 
■vador,  la  quale  fino  alla  metà  del  secolo  decimo  ottavo  fu  la  ca- 
pitale del  paese.  Souza  ebbe  a  sostenere  lunghe  e  sanguinose 
guerre  contra  gli  indigeni  ;  ma  ciò  non  impedì  che  le  città  sì 
moltiplicassero.  Le  prime  non  ebbero  che  semplicissime  fortifica- 
zioni, le  quali  bastavano  a  guarentirle  dalle  sorprese  de'selvaggi* 
ma  l'apparizione  di  diverse  nazioni  europee  ne' mari  vicini  fece 
pensare  a  più  valevoli  mezzi   di  difesa. 

Stabilimento  francese  nel  Brasile  nel  1 555. 

Erano  appena  cinque  anni  che  Souza  governava  il  Brasile  , 
quando  i  Francesi  intrapresero  di  formarvi  uno  stabilimento.  Nel 
1 555  Villegagnon  Cavaliere  di  Malta  che  aveva  abbracciata  la  ri- 
forma di  Calvino,  concepì  il  progetto  di  formare  in  America  una 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  6<J 

colonia  di  Protestanti:  lo  presentò  alla  Corte  sotto  la  semplice 
vista  di  fare  uno  stabilimento  francese  nel  Nuovo-Mondo  ,  al- 
l'esempio de' Portoghesi  e  degli  Spaglinoli,  ed  ottenne  da  Eurico 
II  tre  vascelli  sui  quali  giunse  al  Brasile,  e  si  stabilì  in  un  luogo 
detto  Guanabara  nelle  vicinanze  di  Rio-Janeiro. 
Abbandonato  nel  1 558. 

La  discordia  nacque  fra  i  coloni  ;  i  Cattolici  e  i  Protestanti 
dimenticandosi  della  carità  cristiana  ,  si  posero  a  quistionare  sul 
dogma,  invece  di  vivere  in  pace  per  consolidare  lo  stabilimento  : 
gli  attacchi  dei  Portoghesi,  la  carestia,  le  scorrerie  degli  indigeni 
terminarono  di  rovinare  la  colonia,  e  bisognò  abbandonarla  nel 
i658. 
Miniere  d'oro  scoperte  nel  1 5^^. 

I  Portoghesi  all'incontro  si  estendevano  sempre  più  nel  paese } 
ed  i  Missionarj  facevano  pacifiche  conquiste  fra  le  nazioni  indi- 
gene. Penetrando  sempre  più  nell'interno  giunsero  finalmente  a 
scoprir  dell'oro,  oggetto  continuo  de' loro  voti:  le  prime  miniere 
furou  trovate  nel   i5^^. 

La  catastrofe  che  nel   i58i    fece  passare  il  Portogallo  sotto  il 
dominio  di  Filippo  II  re  di  Spagna,    cagionò  la   perdita   de' suoi 
possedimenti  nelle  Indie  Orientali,  e  quasi  quasi  era  per  toglier- 
gli anche  il  Brasile. 
Gli  Olandesi  sulle  coste  del  Brasile. 

Gli  Olandesi ,  dopo  di  essersi  sottratti  al  giogo  del  Monarca 
spagnuolo,  cercarono  di  nuocergli  in  tutti  i  paesi  sottoposti  al 
di  lui  dominio.  I  loro  vascelli  incominciarono  dal  far  delle  incur- 
sioni sulle  coste  del  Brasile:  essi  conoscevano  perfettamente  la 
ricchezza  e  la  fertilità  di  quella  vasta  contrada  :  le  grandi  famiglie 
poitoghesi  vi  possedevano  per  la  maggior  parte  delle  terre  ,  vi 
avevano  introdotta  la  cannamele,  cui  avevano  trasportata  dall'iso- 
la di  Madera,  e  facevano  coltivarla  dai  Negri  condottivi  dalla  co- 
sta d'Angola.  L'importanza  del  Brasile  cominciava  ad  esser  meglio 
conosciuta',  e  questo  paese  prendendo  poca  parte  nelle  dissensioni 
che  agitavano  l'Europa,  godeva  d'una  profonda  pace:  i  gover- 
natori non  si  occupavano  che  del  commercio,  e  gli  slessi  soldati 
erano  divenuti  neg<  zianti.  In  tal  epoca  gli  indigeni  abitavano 
tuttavia  una  patte  delle  coste,  ed  i  negozianti  olandesi  che  vi  si 
erano  recali  per  trattare  coi  medesimi,  ne  furono  benissimo  accolli. 


<]G  COSTUME 

perchè  vendendo  loro  le  mercanzie  a  buon  mercato  ,  Irovaron 
maggior  profitto  a  comperare  di  questi  che  dai  Portoghesi.  Que- 
sto commercio  clandestino  aveva  già  disposto  gli  indigeni  in  favore 
degli  Olandesi. 
\j  ammiraglio  olandese  Wilkens  s'impadronisce  della  capi- 
tale nel  162,5. 

Tale  era  la  situazione  delle  cose  quando  la  loro  flotta  coman- 
data da  Wilhens  si  «rostro  davanti  a  San-Salvador  nel  1625.  I 
Portoghesi  pensaron  meno  a  difendersi  che  a  porre  in  salvo  le 
loro  ricchezze.  L'  ammiraglio  olandese  s'  impadronì  della  capitale. 
Il  Governatore  non  ebbe  né  il  coraggio  di  difendersi  ,  né  la  pru- 
denza di  salvarsi.  Il  solo  Arcivescovo  Don  Michele  di  Texeira 
intraprese  a  sostenere  l'onore  della  propria  nazione  col  ratificarsi 
in  un  borgo  vicino,  e  col  cagionar  poscia  non  pochi  imbarazzi  ai 
conquistatori}  ma  questi  intanto  fecero  un  immenso  bollino  ,  e 
in  pochi  giorni  s'impadronirono  della  maggior  parte  della  Capi- 
tananza. 

Questa  nuova  sparse  nel  Portogallo  la  costernazione  che  on- 
dava sempre  più  aumentandosi  dilla  generale  opinione  ,  che  il 
governo  spagnuolo  vedesse  con  indifferenza  perdersi  dai  Portoghesi 
un  sì  bel  paese,  nella  speranza  che  non  avendo  essi  più  tale  vm- 
laggio,  diverrebbero  più  docili  ed  ubbidienti:  ma  il  Re  di  Spagna 
c\u'  pensava  assai  diversamente,  scrisse  di  proprio  pugno  ai  Gran- 
ili del  Portogallo,  esortandoli  a  fare  tulli  gli  sforzi  possibili  onde 
ricuperare  i  paesi  perduti,  e  nello  stesso  tempo  spedì  una  flotta 
di  ventisei  vascelli,  che  appena  approdala  al  Brasile  obbligò  gli 
Olandesi  a  capitolare. 
Gli  Olandesi  abbandonano  il  Brasile^  ritornano  ad  imposses- 
sarsene ed  a  perderlo  di  nuovo. 

Essi  però  non  perdettero  la  speranza  di  riuscir  più  felicemente 
in  un  nuovo  tentativo  per  riacquistare  questo  ricco  paese,  di  cui 
bramavano  ardentemente  il  dominio.  Quindi  vi  ritornarono  nel 
i63o}  s1  impadronirono  di  Fernambuco  e  de'  paesi  circonvicini }  e, 
malgrado  degli  ostacoli  che  loro  opposero  le  truppe  spaguuole  , 
riuscirono  nel  1 636,  ad  impadronirsi  di  tre  Capitanarle.  Dopo  ciò 
fecero  ogni  sforzo  per  conquistare  tutto  il  Brasile:  scelsero  per 
generate  il  conte  di  INassau  che  giunse  alla  testa  di  un  corpo  di 
truppe,  le  quali  unite  alle  abre  che    Irovavinsi    ne'  possedimenti 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  71 

olandesi  tarmarono  un  esercito  considerabile.  Il  Conte  riporlo 
molte  vittorie,  ed  estese  i  limili  del  Brasile  olandese  fino  a  Ser- 
gipe  nel  sud,  ed  a  Scara  nel  nord-  mala  compagnia  delle  Indie 
Occidentali  non  seppe  apprezzare  il  merito  di  questo  valente  ca- 
pitano, poiché  dopo  di  avergli  cagionati  mille  dispiaceri,  cessò 
dal  sostenerlo  con  forze  bastanti,  e  finì  col  sostituirli  nel  comando 
degli  uomini ,  i  quali  essendosi  fin  allora  occupati  soltanto  nel 
commercio,  sollevarono  colle  loro  concussioni  i  coloni  portoghesi 
e  gli  indigeni}  per  tal  modo  agevolarono  ai  Portoghesi  l'intera 
riconquista  di  sì  importante  possedimento.  La  rivoluzione  che 
aveva  tolto  il  Portogallo  alla  Spagna ,  aveva  altresì  restituita  ai 
Portoghesi  tutta  la  loro  energia ;  ma  il  Conte  di  Nassau  difende- 
vasi  tuttavia  nel  Brasile.  Un  trattato  firmato  il  iZ  giugno  1641» 
conservò  a  ciascuno  il  possedimento  di  ciò  che  avrebbe  occupalo 
nel  giorno  della  pubblicazione,  ed  i  ministri  dei  due  Stati  do- 
vevano adunarsi  a  La-Haye  per  istabilire  una  pace  generale.  Al- 
cune difficoltà  impedirono  l'esecuzione  di  questi  trattati  prelimi- 
nari; finalmente  la  cattiva  amministrazione  dei  nuovi  Governatori 
olandesi  cagionò  nel  i654,  la  rovina  totale  del  dominio  della 
loro  nazione  nel  Brasile  (1). 
//  Portogallo  tranquillo  possessore  del  Brasile. 

Dopo  l'espulsione  degli  Olandesi  il  Portogallo  rimase  tran- 
quillo possessore  del  Brasile;  sebbene,  a  dir  vero,  Duguay-Trouin 
s'impadronisse,  nel  171 1,  di  Bio-Janeiro;  ma  tale  spedizione 
non  cagionò  che  un  torto  passeggiero  a  questa  colonia  ,  e  rese  i 
Portoghesi  un  po' più  diffidenti  verso  i  bastimenti  delle  altre  na- 
zioni   europee  che  andavano  ad  approdare  ne'loro  porti. 

La  scoperta  delle  molte  miniere  d'oro  nella  provincia  di  Mi- 
nas-Geraes   verso  la  fine  del  secolo  decimosettimo,  e  quella  delle 

(1)  I  Francesi,  nel  1 612  ,  avevano  fatti  nuovi  sforzi  per  formare  uno 
stabilimento  in  questo  paese:  scelsero  il  luogo  della  loro  nuova  colonia, 
nella  parte  settentrionale  ;  vi  fabbricarono  la  città  di  S.  Luigi  nell'isola 
di  Maragnan;  ma  il  progetto  fu  malamente  concepito:  la  Erancia  poco 
tranquilla  nelP  interno  non  poteva  occuparsi  de' possedimenti  lontani:  que- 
sti suoi  coloni  furono  costretti  ad  abbandonare  il  paese  tre  anni  dopo. 
Anche  gli  Inglesi  avevano  voluto  stabilirsi  in  questa  contrada  :  Hawkins 
nel  i53o,  vi  era  approdato;  ma  questa  impresa  non  ebbe  alcuna  con- 
seguenza. 


72  COSTUMA 

miniere  di  diamanti  ne'  primi  anni  del  decimo  ottavo,  sono  i  due 
avvenimenti  più  importanti  nella  storia  del  Brasile,  la  quale  or* 
dinanamente  non  contiene  che  relazioni  di  alcune  intestine  dis- 
sensioni e  di  guerre  conlra  gli  indigeni.  Nel  1777,  una  discordia 
insorta  fra  le  Corti  di  Lisbona  e  di  Madrid  minacciò  di  rendere 
le  frontiere  del  Brasile  un  teatro  di  sanguinose  scene  \  ma  fortu- 
natamente non  ci  furono  che  poche  ostilità  che  ebbero  un  pronto 
termine. 
La  casa  di  Braganza  si  stabilisce  a  Rio-Janeiro  nel  1807. 
Si  sa  che  verso  la  fine  del  1807  ,  la  casa  di  Braganza  per 
evitare  il  pericolo  di  esseie  cancellata,  almeno  momentaneamente, 
dal  numero  delle  dinastie  regnanti  in  Europa,  abbondonò  Lisbona 
per  andare  a  stabilirsi  a  Rio-Janeiro.  Questo  avvenimento,  nel 
trasportare  la  sede  del  governo  portoghese  al  Brasile  ,  deve  far 
interamente  cangiar  di  faccia  a  questo  paese:  esso  non  contiene 
più  una  colonia  che  obbedisce  agli  ordini  di  una  metropoli  ,  e 
che  quantunque  florida  ,  mercè  la  dolcezza  degli  agenti  ,  trovasi 
però  sempre  in  una  spiacevole  dipendenza.  Oggi  il  Brasile  è  un 
vasto  impero  che  possedè  il  proprio  monarca  nel  suo  seno  ,  e  che, 
posto  immediatamente  sotto  gli  occhi  di  lui,  non  può  che  giugnere 
iti  più  alto  grado  di   prosperità. 


GOVERNO  PORTOGHESE  NEL  BRASILE. 


Divisioni  politiche. 

J.  1  Brasile  è  diviso  in  nove  grandi  governi,  l'uno  indipendente 
dall'altro  ,  de'quali  pprò  quello  di  Rio-Janeiro  era  reputato  il 
primo,  e  portava  il  titolo  «li  vice-reame,  che  rimase  poi  soppres- 
so allorché  la  Corte  di  Lisbona  andò  a  stabilirsi  a  Rio-Janeiro. 
L'aumento  della  popolazione  e  della  coltura  diede  origine  alla 
creazione  di  dieci  governi  di  secondo  ordine,  ciascheduno  de' quali 
è  subordinato  ad  uno  de'piimi}  anzi  alcuni  di  quelli,  ne' quali  la 
popolazione  si  è  aumentala  di  molto,  dovettero  recentemente  es- 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BUASILE  ^3 

sere  dichiarati  indipendenti-.  Eccone  il  prospetto.  I  governi  di  pri- 
mo ordine  sono:    Rio-Janeiro;   Para    sull'  Arnazone;    Maranhao  , 
Fernambuco,  Buina  suila  costa  orientale;  San-Paolo,  Matogrosso, 
Goyaz,  Minas-Geraes  nell'  interno. 
Divisioni  eielesiastiche. 

I  governi  di  secondo  ordine  sono:  Rio-Grande  e  Sanla-Catha- 
rino  subordinali  a  Rio-Janeiro;  Espirifu-Santo  e  Sergipe  a  Bahia; 
Saara  e  Paraiba  a  Pernambuco,  indipendenti  però  quanto  al  civi- 
le; Piaulii  subordinalo  a  Maranhao;  Rio-Negro,  Maeapa  e  Rio- 
Grande  do  Nort  subordinati  a  Para,  il  primo  però  indipendente 
quanto  al  militare.  I  governi  prendono  in  portoghese  il  nome  di 
Capitaneria  o  Capitanato. 

Havvi  un  Arcivescovo  primate  del  Brasile  a  Bahia  e  sei  Ve- 
scovati: Belem  nel  Para  ,  Maranhao  ,  Olinda  nel  Pernambuco  ; 
Rio-Janeiro,  Can-Paulo,  Mariana  in  Minas  Geraes.  Senovi  inoltre 
due  diocesi  senza  capitolo  che  chiamatisi  Prelacias,  amministrate 
da  Vescovi  in  partibus  ,  cioè  Goyazes  e  Cuyaba.  I  parrochi  non 
sono  gran  fatto  numerosi  ,  ma  al  piccini  loro  numero  supplisce 
una   moltitudine  di   succursali  mantenuti  dai  privati. 

Giudiziarie. 

Quanto  alla  giustizia,  sonovi  due  corti  sovrane,  Relacoés  ,  una 
a  Bahia,  l'altra  a  Rio-Janeiro.  Para,  Maianhao,  Pernambuco, 
Goy;zes,  Bahia  dipendono  dalla  prima;  Rio-Janeiro,  Minas-Geraes, 
Matogrosso  e  San-Paulo  dalla  seconda.  I  Governatori  di  Bahia  e 
Rio-Janeiro  ne  sono  presidenti  nati . 

Comarcas. 

II  Brasile  è  oltre  di  ciò  diviso  in  Comaj'vas,  corno  il  Porto- 
gallo, in  ciascheduna  delle  quali  havvi  un  ouvidor  ,  giudice  in  se- 
conda istanza,  dal  quale  si  appella  alle  corti  sovrane.  Queste  Co- 
mascas,  sono  ventiquattro:  Alagoas,  Bahia,  Ceara,  Espiritu-San- 
to,  Goyazes  ,  Jjcobina  ,  lllieos  ,  Maranhao  ,  Matogrosso  ,  Para  , 
Paraiba,  Pernagua,  Pernambuco,  Piauhy,  Porto-Seguro  ,  Sio  dos 
Mortes,  Rio-Janeiro,  Rio-Negro,  Sahara,  Santa-Calharina  ,  San- 
Paulo,  Serro  do  Frio,  Sergipe  del  Rcy,  Villarica. 

Capitanato  di  Rio-Janeiro. 

Cominceremo  la  nostra  descrizione  dal  governo  di  Rio-Janeiro 
che  comprende  la  capitale  delio  stesso  nome»  La  fortezza  fabbri- 
cata su  di  una  lingua  di  terra  ,  chi  tmasi  S.  Sebastiano,  nome  che 


^4  COSTUME 

parecchi  autori  rendon  comune  a  tutta  la  città  (i).  Le  colline  e 
le  rupi  sono  a  grande  distanza  coperte  di  abitazioni,  di  conventi 
e  di  chiese.  Il  porto  vasto  ed  eccellente  è  difeso  dal  castello  di 
Santa-Cruz,  fabbricato  su  di  una  roccia  di  granito.  L' ingresso  del 
golfo  che  forma  il  porto,  è  chiuso  da  parecchie  isolette  e  da  sco- 
gli di  granito  che  producono  un  bellissimo  effetto}  su  quell'  isole 
son  anche  fabbricati  alcuni  magazzini  e  cantieri.  Pochi  siti  al 
mondo  pareggiano  la  vaghezza  di  quel  vasto  bacino,  le  cui  acque 
tranquille  riflettono  per  ogni  dove  un  misto  di  rupi  appuntate,  di 
densi  boschi ,  di  case  e  di  tempj  (2). 
Descrizione  della  capitale  secondo  la  relazione  di  Barrow. 
Fra  gli  scrittori  che  ci  diedero  la  descrizione  di  questa  capi- 
tale, noi  seguiremo  spezialmente  Barrow,  il  quale  ce  ne  lasciò 
un1  idea  abbastanza  chiara.  Questa  città,  egli  dice,  è  posta  in 
un'amena  situazione,  su  di  un  promontorio  quadrato  di  superficie 
irregolare:  tre  lati  son  rivolti  al  porto,  ed  il  quarto  circondato 
da  alte  montagne  coperte  di  boschi  lo  difende  dai  burrascosi  venti 
di  ponente.  Appena  approdato,  il  primo  luogo  che  attrae  la  no- 
stra attenzione  è  una  bella  piazza  quadrata  circondata  a  tre  lati 
da  case }  il  quarto  riguarda  il  mare.  Lungo  quest'ultimo  lato  ve- 
desi  una  superba  strada  lastricata  di  pietre  con  larghe  scale  alle 
due  estremità  ed  una  nel  mezzo  ove  ordinariamente  si  sbarca.  In 
poca  distanza  dalla  scaladi  mezzo  s' innalza  un  obelisco  quadran- 
golare che  dai  quattro  lati  getta  continuamente  un  torrente  d'ac- 
qua limpidissima  a  comodo  della  parte  bassa  della  città  e  de' va- 
scelli del  porlo.  La  parte  più  elevata  della  piazza  in  faccia  al 
porto  è  occupata  dal  palazzo  reale,  odi  tìzio  semplicissimo,  senza 
eleganza  d'architettura  e  regolarità  di  proporzioni.  Il  palazzo, 
l'obelisco  e  la  diga  sono  fabbricate  di  un  ben  lavorato  granito',  e 
siccome  questo  granito  contiene  una  grande  quantità  di  arena  bril- 
lante, così  è  assai  nocivo  all'occhio,  il  quale  appena  può  soppor- 
tare i  raggi  del  sole  ripercossi  durante  tutto  il  giorno  o  nell1  uno 
e   nell'altro  lato  di  questa  gran  piazza. 

Neil' eseguire  un   piano     per  condurre    agevolmente  in  lutti  i 

(1)  La  città  di  Rio  (dice  Barrow,  Voyage  à  la  Cochinchine,  toni.  I. 
Pao-  97-  traduzione  Francese  )  o  per  parlare  con  quella  dignità  che  con- 
viene alla  capitale  del  Brasile,  la  città  di  S.  Sebastiano  ec. 

(  2)  Mawe. ,  travets,  pag.  97  e  seg. 


DEGLI    ABITATO»!    DEL    «RASILE  ^5 

quartieri  di-Ila  cillà  una  gran  quantità  d'acqua,  oggetto  di  som- 
ma necessità  ,  spezialmente  in  un  sì  caldo  clima  ,  il  governo 
dimostrò  una  lodevolissirna  premura  }  ed  il  nome  del  vice-re 
Vasconcellos,  sotto  la  cui  amministrazione  venne  eseguita  1'  opera, 
è  giustamente  collocato  Dell'iscrizione  latina  scolpila  a  tale  og- 
getto su  di  un  lato  dell'obelisco  che  serve  d'ornamento  alla  gran 
piazza. 
Acquidotto. 

Tutte  le  fontane  ricevono  le  loro  acque  da  un  gran  serbatojo 
scavato  sulla  sommità  di  un  monte  p^co  distante  cibila  città:  tal 
serbatojo  è  mantenuto  per  mezzo  di  un  acquidotto  innalzato  so- 
pra molli  archi  che  attraversano  una  profonda  valle  ,  e  riceve 
dall'altra  parte  l'acqua  condottavi  per  mezzo  di  canali  di  pietra 
coperti  di  volte  di  mattoni  che  si  estendono  fino  alle  prime  sor- 
genti nelle  montagne.  Li  parte  di  questo  grande  edifizio  che  at- 
traversa la  valle  per  comunicare  immediatamente  col  serbatojo  è 
opera  assai  dispendiosa  j  poiché  l' acquidotto  è  sostenuto  da  un 
doppio  ordine  di  altissimi  ari  hi  ,  ciascuno  dei  quali  è  composto 
almeno  di  quaranta,  e  tale  grandioso  ediGzio  serve  altresì  di  non 
picciolo  ornamento  -alla  città  ,  come  si  può  giudicare  dalla  qui 
annessa  Tavola  56. 
Giardino  pubblico. 

Alti' utile  opera  che  ha  prr  oggetto  la  salute  ed  il  diverti- 
mento del  pubblico,  è  il  passao  pubblico  o  giardino  pubblico 
formato  di  boschetti  ,  di  viali  e  di  parterre.  Un  gran  terrazzo 
nella  parte  bassa  del  giardino  che  domina  il  poilo,  rflYe  un'ame- 
nissima  veduta  delle  sue  ripe,  che  innalzandosi  a  giadi  a  gradi 
sono  coperte  di  bcl'issime  piante:  alle  due  estremità  del  terrazzo 
trovasi  un  padiglione  quadrato  Lenissimo  fabbricalo  ,  le  cui  in- 
terne mura  sono  coperte  di  pitture  rappresentanti  le  \edute  delle 
miniere  d'oro  e  de1  diamanti,  vai]  generi  di  coltivazione  ed  altri 
importanti   oggetti. 

Molle  case  di  S.  Sabasliano  sono  ben  fabbricate,  ed  hanno 
per  la  maggior  parte  due  piani,  ma  sono  sfigurate  da  balconi  di 
legno  che  si  estendono  lungo  la  facciata  ne'  piani  superiori  con 
graticciale.  Vedi  la  Tavola  67.  Le  principali  strade  sono  larghe, 
ed  hanno  marciapiedi  lastricali  di  granito.  La  cillà  è  grande  , 
e  contiene,   per    quanto  si  dice,  sessanta  mila    abitatóri  compresi 


^  6  COSTUME 

gli  schiavi.  Il  palazzo  del  Re ,  la   zecci ,  il  teatro,  le  carceri,  le 
scuderie  reali  sono  i  principali  edifizj,  ai  quali  si  possono  aggiu* 
gnere  alcuni  vasti    conventi  posti  in    superbe  situazioni,  e  molte 
chiese  cariche  d'oro,  d'argento  e  di  pietre  preziose. 
Costumanze. 

Le  donne  di  un  grado  distinto  portano  mantelli  rossi  (i)} 
quelle  di  colore  o  le  Negre  non  possono  portarne  che  di  neri, 
con  gonnellini  azzurri.  1  diamanti  con  cui  si  caricano  la  testa  e 
le  braccia,  le  perle  ed  i  coralli,  e  qualche  volta  gli  amuleti  pre- 
ziosi fanno  parte  dell'abbigliamento  femminile. 

Gli  abitatori  di  mediocre  fortuna  escono  in  mezze-seggiole  ti- 
rate da  muli  j  quelli  di  un  grado  superiore  si  fan  portare  dai  loro 
Negri  in  un  Ietto  di  tela  di  cotone,  sospeso  ad  un  bambù  di  ia 
o  14  piedi.  Questi  letti  sono  ornati  con  molto  lusso,  di  frangie 
e  di  ricami}  le  cortine  permettono,  a  chi  vi  si  trova  coricato,  di 
passare  senza  farsi  conoscere,  o  di  salutare  i  suoi  amici,  ed  anche 
di  conversare  per  qualche  tempo  senza  mai  uscire  del  letto.  So- 
nosi  poscia  (2)  introdotte  anche  qui  le  lettighe  che  si  usano  a 
Bahia.  Vedi  la  Tavola  suddetta. 

I  Portoghesi,  dice  Langstedt,  sono  stati  calunniati  a  torto  (3), 
e  ci  vennero  descritti  come  persone  corrotte,  vili,  indolenti  e 
nello  stesso  tempo  vendicative,  ipocrite  e  barbare  :  niente  di  tutto 
ciò.  Essi  hanno  i  vizj  degli  altri  popoli  meridionali  \  la  plebaglia 
porta  le  sue  passioni  all'eccesso,  fra  le  quali  però  predomina  il 
gusto  delle  feste,  del  lusso  e  dell'ozio.  Nelle  classi  superiori  tro- 
vansi  oneste  persone  come  in  ogni  altro  luogo.  I  Portoghesi  si 
sacrificano  per  gli  interessi  di  quelli  cui  portano  affezione.  11  clero 
è  assai  j  tollerante:  è  ad  esso  proibito  il  fare  de'proseliti ,  e  di 
pai lare^ben  anche  con  calore  coni  1  a  le  altre  sette  religiose.  L'in- 
quisizione non  ha  più  alcuna  influenza.  Le  feste  religiose  formano 
una   parte  essenziale  dei  pubblici    divertimenti. 

(1)  Reise  nach  Sud-Amerika  etc.  von.  F.  L.  Langstedt  etc. 

(2)  Lindley,  viaggio  al  Brasile ,  pag.    192. 

(5)  E  soprattutto  dagli  Inglesi  diesi  dicono  loro  alleati.  Si  sa  che  gli 
Inglesi  dividono  il  genere  umano  in  due  classi,  1' una  composta  di  persone 
eli' essi  odiano,  l'altra  di  quelle  che  disprezzano.  Le  nazioni  dell'Europa 
non  hanno  che  la  scelta. 


'-. 


- 

< 
- 

3 
h 
»2 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  JJ 

Vivacità  delle  dame  di  Hio. 

La  dimestichezza  ,  colla  quale  le  signore  di  Rio  trattano    gli 
stranieri,  non  s'accorda  forse  interamente    colle     nostre    nozioni 
sulla   modestia  del  sesso  :  Barrow  però  si  dimostra   ben   lungi  dal 
pensare,  ch'essa  sia  tanto  colpevole,  quanto  1'  ha    voluto  far  cre- 
dere il  capitano  Cook  nella   relazione    de' suoi   viaggi  ,    ove   dice: 
che  il   mezzo  ordinario  usato  dalle  dame    di    Rio    per   assegnare 
un  appuntamento  ai  forestieri    consiste    nel    gettar  sul  loro   capo 
de  fiori  allorché  passano  nelle  strade.  Non  si  può  negare  che  una 
tale  costumanza  non  sia  generalmente  adottata  dalle  dame  di  Rio} 
Barrow  però  si  dichiara  d'opinione  contraria  a  quella  di  Cook  , 
e  dopo  di  aver  dimostrato    che  tal    uso  deriva     piuttosto  da    una 
consuetudine  presa  ne' conventi    fino  dalla    loro   infanzia   che   da 
alcuna   immortalità,  passa  a  dire  che,  malgrado    delle  forti    pre- 
sunzioni promosse  contro  delle  medesime,   ei    non    ha    giammai 
potuto  scoprire   nella  loro   condotta    cosa    alcuna    che    lo    potesse 
confermare  nell'opinione,  eh' elleno  fossero  più  galanti  o  più  ira- 
morali  delle  donne  degli  altri  paesi.  Sulle  prime  forse,  ei  prose- 
gue, ci  potrebbe  fare  qualche    impressione    1'  allegro  e    festevole 
umore  ch'esse  sogliono  manifestare  col  loro    sorridere,    co' segni 
della   testa,  e  co'fiori    gettali    dai   Ioio    balconi  sui  forestieri    che 
passano  per  le  strade }  ma  dopo  di  averle  vedute  cento  volte  far 
la  stessa  cosa   a' fianchi  dei  loro  padri   e  de' loro    mariti ,    si    può 
mai     ragionevolmente    suppone  che  tai   segni    vogliano    indicare 
qualche  galante  appuntamento?    Barrow    però    dopo  di   aver    ri- 
ferite queste  e   molle  altre   ragioni  ,    onde    difendere   le  dame   di 
Rio  dalle  imputazioni  di    Codi,  termina  il  suo  capitolo  col  confes- 
sare ,  ch'esse    hanno  un'estrema   vivacità  e  che  sono  anche  poco 
oneste. 
/>'  aspetto  di  questa  capitale  ora  è  cangiato. 
Ora  però,  dice  il   principe  di   Wied-Neuwied  (i),  l'aspetto  di 
questa  capitale  si  è  cangialo     affatto:    essa    si  è   ora    sollevata    al 
grado  di  una  delle  prime  città  del   nuovo    continente.  Dopo    che 
circa  2,0,000  Europei  vi  migraron  dal  Portogallo    insieme  col   re, 
gli  usi  Brasiliesi  creder  dovettero  il   luogo  a  quei  di  Europa.  Mi- 
glioramenti d'ogni  specie  furono  intrapresi  nella  capitale,  la  quale 

(i)Reise  niich   Bnvsilien  eie.  Tom.   I.  cap.  H. 


j8  COSTUME 

perdette  molto  della  sua  originalità,  e  direnne  quindi  molto  più 
simile  alle  città  d'Europa.  Il  viaggiatore  appena    giunto    risente 
però  una   prima  sorpresa   nel  vedere  tra   la   moltitudine  che  si   ri- 
sospinge per  le  vie,   la   maggior  parte  delle  persone  di  color  nero 
o  di  un  giallo  bruno.  Rio  contiene  fra   la  sua  considerabile  popo- 
lazione più  ieiiegente  di  colore  che  bianchi.   Il  commercio  riu- 
nisce colà  persone  di  tutte  le  nazioni,  e  dalla  loro  unione  nacquero 
sempre  nuove  specie  di  bastardi. 
Grandissima   varietà  di  abitatori    secondo  la    relazione    di 
JVied-  Neuwied. 
La  porzione  più  distinta  di  tutte  re  città  del  Brasile  è  formata 
di  Portoghesi,  veri  nativi  d'  Europa  detti  Portuguezes  o  Filhos 
do  reino\  sonovi   poi  i  Brasileiros  o  Brasiliani,  cicè  Portoghesi 
nati  al  Brasile  di   più  o  meno    pura    provenienza  :  i   Mulatos   o 
Mulatti,  cioè  i  figli  di  un  Bianco  e  di  una  Negra  ,  i  Mamaluccos 
o  Mamalucchi  detti  anche  mesticj  o  metici  cioè  figli  di  un  Bianco 
e  di  una  Americana  indigena*,  Negras  o  veri  Negri  d1  Africa  delti 
anche  Muleccos ;  Creolos  o  Creoli,    nati   da  Negri  nel  Brasile*, 
Caribocos,  nati  da  Negri  ed  Americani  indigeni  *,  Indios  o  puri 
Americani,  cioè  indigeni   primitivi  del  Brasile,  fra  i  quali  distin- 
guonsi  i  Coblocos  inciviliti,  e  quelli  che  vivono  ancora  nel  rozzo 
loro  stato  originario  conosciuti  sotto  i  nomi  di  Fentios   Tapuyas 
o  Bugres. 

Tutta  questa  strana  mescolanza  si  muove  per  le  strade  della 
città  di  Rio  variamente  occupata  ,  e  veg^ovinsi  tutte  le  nazioni 
d'Europa  presso  di  essa.  Gli  Inglesi  specialmente  sou  colà  in  gran 
numero*,  gli  Spagnuoli,  gli  Italiani  e  i  Francesi  vi  migrano  ades- 
so in  gran  quantità  dalla  loro  patria  r,  Tedeschi,  Olandesi,  Sve- 
desi ,  Danesi  e  Russi  sono  i  meno  numerosi.  I  Negri  in  gran 
pai  te  nudi  a  metà  portano  grossi  pesi,  e  quell'utile  classe  d'abi- 
tatori serve  a  trasportare  tutto  ciò  che  appartiene  ai  negozianti 
dal  porlo  in  città*,  portano  sì  fatti  pesi  sopra  grosse  stanghe,  riu- 
niti a  dieci  o  a  dodici,  cantando  o  piuttosto  spillando  in  caden- 
za. Non  si  fa  mai  uso  dei  carri  pel  trasporto  delle  merci  *,  veg- 
gousi  però  carrozze  ed  altre  vetture  tirate  da  muli,  che  s'incro- 
ciano per  le  vie  in  generale  mal  lastricate  ,  ma  munite  di 
marciapiedi  :  son  quasi  tutte  ad  angolo  retto  e  le  case  per  la 
maggior  parte  basse  di  non  più  d'uno  o  due  piani.  Havvi  però  in 


DEGLI    ABITATORI    DEL    MUSILE  nn 

alcune  parli   della  citlà  considerabili  edifizj  :,  spezialmente    vicino 
al  porlo  a   Rua  di    reità  e  vicino  al  palazzo  reale.    Rio  possedè 
altresì  un   teatro  d'opera  di  una  certa    importanza    con    ballerini 
Francesi. 
Miglioramenti  dopo  la  residenza  del  re. 

Fra  i  molti  miglioramenti  che  Rio  ebbe  dopo  la  presenza  del 
re,  occupano  il  primo  luogo  le  disposizioni  tendenti  a  proraovere 
un  attivo  commercio,  sul  quale  peiò  la  Gran-Brettagna  gode  di 
troppo  grande  influenza  a  danno  dei  sudditi  stessi  :  basti  il  dire 
che  perfino  i  bastimenti  portoghesi  pagano  maggiori  gabelle  degli 
Inglesi.  Il  gran  corso  però  del  danaro  ha  aumentato  di  molto  il 
ben  essere  della  città,  al  che  contribuisce  non  poco  il  soggiorno 
della  Corte }  essa  medesima  dà  da  vivere  a  molta  gente }  oltre  di 
che  gli  inviati  delle  corti  d'Europa  ed  altri  stranieri  tratti  colà 
da  tal  circostanza  ,  diffusero  un  grado  non  indifferente  di  lusso 
fra  le  diverse  classi  degli  abitatori.  Le  foggie  e  le  mode  sono  as- 
solutamente quelle  delle  nostre  città  d' Europa  •,  e  vi  si  trovan  già 
tanti  artefici  ed  opera j  di  ogni  specie  e  di  tutti  i  paesi  che  tra 
pochi  anni  non  mancherà  più  cosa  alcuna  di  ciò  che  appartiene 
alla  piacevolezza  della  vita.  S'aggiunga  a  ciò  la  quantità  di  frutta 
e  di  altre  produzioni  d'ogni  spezie  ,  di  cui  abbonda  un  sì  bel 
clima  ,  e  dai  quali  la  cura  ,  la  coltivazione  ed  il  miglioramento 
dell'uomo  sanno  trarre  un  miglior  prefitto.  Una  numerosa  milizia 
serve  pur  essa  al  sostentamento  di  molti.  E  assai  notabile  la 
differenza  fra  le  truppe  colà  trasportate  dal  Portogallo  e  che  mi- 
litarono sotto  Wellington  in  Ispogna,  e  quelle  formate  al  Brasile. 
Distinguonsi  le  prime  per  un  marziale  contegno*  rna  le  altre  lian 
la  debolezza  e  la  poltroneria  che  imprime  loro  il  caldo  clima  , 
e  si  fan  portare  a  casa  il  fucile  dai  Negri  dopo  fatti  gli  esercizj 
sulla  piazza. 

Ciò  che  abbiamo  finora  riferito  sui  miglioramenti  di  Rio-Janeiro 
dopo  la   residenza  del  re  ,    è  tratto  ,    siccome  abbiam  accennato  , 

dalla  relazione  di  Wied-Neuwied.  Da  un  viaggiatore  che    si   trai- 
no 

tenne  per  poco  in  quella  città,  non  si  può  esigere  una  esatta  de- 
scrizione di  essa  e  de' suoi  abitatori.  Dobbiamo  però  aspellare  fra 
breve  tempo  importanti  notizie  di  quella  capitale  dai  molli  Europei 
che  vi  si  sono  stabiliti. 


80  COSTUME 

Rio-Grand?.  Notizie  storiche. 

Al  fiume  appellato  dai  Portoghesi  Rio-Grande  vien  dato  dagli 
indigeni  il  nome  di  Poteingi.  I  Francesi  avevano  intrapreso  di 
stabilirmi  dopo  di  aver  abbandonato  Rio-Janeiro,  e  vi  si  erano 
fortificali  col  mezzo  di  un'alleanza  coll'indigeni  Petivarè}  ma  il 
re  di  Spagna  che  in  allora  teneva  il  dominio  del  Portogallo,  non 
soffrì  lungo  tempo  un  sì  pericoloso  vicino.  Feliciano  Cuello  de 
Cervallio,  Governatore  di  Paraiba,  ricevè  l'ordine  di  scacciarli  ; 
ed  in  una  lettera  del  i5o,7  ei  si  vantava  di  aver  respinti  quelli 
che  tentarono  di  sorprendere  il  forte  di  Capo-Delo,  domandando 
nello  stesso  tempo  de' soccorsi  onde  poterli  scacciare  da  Rio-Grande. 
Knivet  racconta  che  nel  1601  ,  partì  da  Rio-Janeiro  per  recarsi 
a  Pernambuco  ,  da  dove  il  governatore  Mascarenhas  condusse 
quattrocento  Portoghesi  e  tremila  indigeni  in  soccorso  di  Feli- 
ciano Cuello  che  trovavasi  in  allora  incalzato  da  una  moltitudine 
di  barbari  alleali  dei  Francesi*  e  che  avendo  egli  con  tal  mezzo 
disfatti  i  nemici  del  Portogallo,  li  costrinse  ad  accettare  la  pace 
sotto  certe  condizioni  *,  che  poscia  fece  costruire  una  fortezza  sulla 
riva  del  fiume  ,  e  che  questo  paese  divenne  un  nuovo  governo 
Portoghese  oggi  detta  Capitaneria  di  Rio-Grande. 
Descrizione  della  Capitaneria  di  Rio-Grande. 

Questo  Capitanato,  più  meridionale  di  tutti,  è  irrigato  da  pa- 
recchi fiumi  ,  le  cui  rive  trovansi  ben  munite  d'alberi  ,  e  sulle 
quali  si  è  di  recente  intrapreso  di  stabilire  lavacri  d'  oro.  Presso 
al  capo-luogo  si  cava  carbone  di  terra,  e  si  è  trovalo  anche  man- 
ganese che  sembra  annunciare  dello  stagno.  Stuoli  numerosi  di 
struzzi,  di  una  varietà  bruna,  vanno  errando  per  le  pianure,  ed 
uccelli  e  quadrupedi  abbondano  nelle  folte  selve.  Il  terreno  è  sì 
ferace  sotto  quel  cielo  temperato  che  potrebbesi  chiamar  Rio- 
Grande  il  granajo  del  Rrasile  :  se  ne  esporta  per  tutte  le  parti 
della  costa  formento  imballato  nelle  pelli,  ove  spesse  volte  fer- 
menta innanzi  giugnere  alla  sua  destinazione.  La  coltivazione  della 
canapa  tentata  con  buon  esito  per  ordine  del  governo,  fu  abban- 
donata come  troppo  faticosa.  Le  uve  assai  buone  vi  provederanno 
il  vino,  ora  che  le  leggi  esclusive  in  favore  della  metropoli  sono 
state  abolite.  Il  grosso  bestiame,  la  cui  razza  è  colà  assai  bella  , 
forma  la  principale  occupazione  degli  abitatori:,  i  cavalli  spezial- 
mente sono  ottimi.  La  vendita  del  sevo,  della  carne  salata  e  delle 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  8l 

pelli  ,   delle    quali  si  esportano  circa  3oom.  fanno  ,  è  una  gian 
fonte  di  ricchezze  pel  paese. 

Città  dello  stesso  nome. 

La  capitale  che  porta  Io  stesso  nome,  è  difesa  da  parecchi 
forti,  alcuni  de'quali  sono  fabbricati  sopra  isolette.  Molti  scogli 
e  banchi  di  sabbia,  soggetti  ad  essere  smossi  dalla  violenza  delle 
correnti,  rendono  pericoloso  l'ingresso  del  porto  alle  navi  che  pe- 
scano più  di  dieci  piedi ;  ma  nell' interno  della  baja  trovano  un'ac- 
qua tranquilla  e  profonda. 

Le  rive  del  fiume  detto  Rio-Grande  sono  infinitamente  popo- 
lose, e  si  calcola  che  sienvi  centomila  abitatori  entro  una  circon- 
ferenza di  venti  leghe ;  ma  le  vicinanze  immediale  della  capitale 
nulla  han  di  bello.  11  terreno  non  consiste  che  in  colline  di  sab- 
bia irregolarmente  accumulata  dai  venti,  che  sovente  la  smuovono, 
la  portati  via  facendola  volare  per  la  città,  ove  la  polvere  penetra 
allora  in  tutti  gli  angoli  delle  case. 

Isola  di  Santa-Cattarina. 

L'isola  di  Santa-Cattarina  ci  vien  descritta  esattamente  da  Ma- 
\ve,  il  quale  da  circostanze  imprevedute  fu  obbligato  a  traltener- 
visi  più  di  quel  che  avrebbe  voluto.  Il  29  settembre  del  1807  ei 
vide  le  rupi  coniche  dell'isola  che  sorgon  dritte  dal  fondo  del 
mare,  e  che  formano  una  veduta  pittoresca  colle  alle  montagne 
del  vicino  continente }  le  sommità  delle  quali  coronate  di  boschi 
confondonsi  coli' orizzonte  azzurro  de' cieli.  Quest'isola  situata  al 
grado  27  19'  di  latitudine  australe  è  separata  dal  continente  da 
uno  stretto,  che  in  alcuni  luoghi  non  è  largo  più  di  una  mezza 
lega. 

Porto^  città. 

Entrando  nel  porto  dalla  parte  settentrionale  si  passano  molte 
isole,  sopra  l'una  delle  quali  è  situato  il  forte  Santa-Gruz,  e  dopo 
di  aver  fatto  qualche  miglio  si  penetra  in  uno  stretto  passaggio 
dominato  da  due  forti,  e  che  forma  il  porto.  La  città  ci  presenta 
un  bell'aspetto,  coronato  dalla  chiesa  cattedrale.  Le  case  hanno 
due  piani,  sono  ben  fabbricate,  e  ciascuna  ha  un  ameno  giardi- 
no: essa  è  popolata  da  circa  seimila  anime  r  ed  è  un  soggiorno 
prediletto  da  quei  negozianti  ed  ufficiali  di  nave  mercantile  che 
guadagnarono  bastantemente  per  poter  vivere  in  un  onoralo  riposo. 
Gli  abitatori  sono  in  geneiale  affabili  cortesi  cogli  stranieri;  le 
Cost.  Voi.  IV  deW  America.  6 


0  2,  COSTUME 

donne  sono  belle  e  assai  vivaci}  la  loro  principale  occupazione 
consiste  nel  far  merletti,  e  in  ciò  si  distinguono  per  la  loro  spedi- 
tezza e  pel  loro  buon  gusto. 

Clima^  produzioni  ec. 

Il  caldo  de'  solstizj  è  colà  costantemente  temperalo  da  piace- 
voli venticelli  spiranti  dal  sud-ouest  e  dal  nord-est  •  i  secondi  re- 
gnano dal  mese  di  settembre  fino  in  marzo,  e  gli  altri  da  aprile 
fino  in  agosto.  I  boschi  che  ne  occuparono  un  tempo  in  gran  parte 
la  superficie  furono  considerabilroeote  diminuiti  negli  ultimi  anni. 
Tutte  le  rocce  della  costa  e  dell'interno  sono  di  granito  primi- 
tivo. Vicino  al  porto  si  mostra  una  vena  di  grunslein  in  diversi 
stati  di  decomposizione  e  che  passa  finalmente  in  una  specie  d'ar- 
gilla, di  cui  si  fa  uso  per  fabbricare  buon  vasellame.  L' umidità 
naturale  del  terreno  mantiene  nell'interno  dell'isola  una  splendida 
vegetazione  di  palme,  di  mirti,  di  fiori  di  possèon,  di  rosaj  ,  di 
garofani,  di  gelsomini,  di  rosmarino  e  di  una  quantità  di  piante 
aromatiche  ,  il  cui  soave  odore  si  fa  sentire  tre  o  quattro  leghe 
in  mare  allorché  spira  vento  da  terra  (i).  Le  principali  produ- 
zioni dell'  isola  sono  riso,  mais,  manioca,  caffè  di  eccellente  qua- 
lità ,  aranci  ,  forse  i  migliori  del  mondo  ,  ed  una  gran  varietà 
d'altri  frutti:  vi  si  raccoglie  altresì  zucchero  ed  indaco,  ma  in 
picciola  quantità. 

Costa  vicina. 
Riropelto  alla  città  sul  continente,  alte  montagne  coperte  d'al- 
beri d'ogni  specie  formano  una  barriera  quasi  impenetrabile.  Sono 
belli  a  vedersi  il  picciolo  porto  di  Peripi  abbondante  di  pesce,  e 
l'amena  valle  di  Picada,  tutta  piena  di  casucce  bianche  ascose 
a  metà  fra  i  boschetti  d'aranci  e  le  piantagioni  di  caffè.  Più  al- 
l'occidente dimorano  certi  selvaggi  chiamati  Bugueres^  clie  tur- 
bano talvolta  la  pace  degli  abitatori  delle  più  rimote  case.  Conti- 
nuando a  seguire  la  costa  verso  il  nord-est  ,  sparsa  da  per  tutto 
di  abitazioni  fra  boschetti  e  piantagioni ,  si  giunge  al  porto  di 
S.  Francesco ,  posto  in  una  baja  dello  stesso  nome  ,  difesa  da 
forti. 

(i)  Questa  circostanza  contraria  olle  osservazioni  di  S.  Hilaire  sulla 
Flora  di  Rio-Janeiro,  ci  fe'credere  che  la  vegetazione  del  Brasile  meri- 
dionale abbia  un  carattere  suo  proprio. 


i 


DEGLI    ABITATIMI    »*L    BRASILE  8i5 

Costruzione  delle  navi. 

La  costruzione  delle  navi  forma  la  principale  industria  degli 
abitatori.  Le  navi  che -vi  si  lanciano  in  mare  sono  preferite  dagli 
Spagnuoli  e  dai  Portoghesi  a  quelle  dei  cantieri  d'Europa:  il  le- 
gno ha  principalmente  il  vantaggio  di  ben  ritenere  i  chiodi,  e  di 
non  corrodere  il  ferro  come  fa  la  nostra  quercia.  Lo  stesso  dicasi 
del  legname  di  Bahia.  Il  suolo  è  quasi  tutto  pianura  intorno  a  S. 
Francesco  posto  a  qualche  distanza  dalla  costa,  ed  i  fiumi  che 
vi  passano  in  mezzo  sono  navigabili  ai  canotti  sino  alle  falde  della 
grande  catena  di  montagne  alta  più  di  quattromila  piedi  oltre  il 
livello  del  mare,  ed  intersecata  da  una  strada  formata  con  pro- 
digioso travaglio,  e  che  divenà  al  certo  iuv  breve  uno  de' più  bei 
monumenti  del  Brasile. 
Pianura  di  Corritiva* 

Una  salita  regolare  di  venti  leghe  conduce  alla  superba  pia- 
nura di  Corritwa,  ove  pescola  un'immensa  quantità  di  bestiame 
destinato  a  provvedere  Rio-Janeiro,  S.  Paolo  ed  altre  piazze,  e 
vi  si  allevano  anche  moltissimi  muli.  I  cavalli  di  Corritiva  sono 
generalmente  più  belli  di  quelli  dell'America  Spagnuola. 
Città  e  distretto  di  Santos. 

Il  porto  di  Santos  chiuso  dall'isola  di  S.  Vincenzo  è  sieuris 
cvimo:  ha  uà  buon,  ingresso  ed  un'eccellente  piaggia }  alcune  volte 
però  le  con  enti  e  le  maree  cagionano  alcuni  inconvenienti,  eia 
grande  elevazione  della  costa  produce  molte  variazioni  ne' venti  che 
recano  non  poco  imbarazzo  ai  marinar j.  La  parte  più  stretta  è 
difesa  da  due  forti,  passati  i  quali  si  trova  una  specie  di  laguna, 
lunga  circa  quattro  leghe  e  quasi  interamente  coperta  da  roanglieri. 
All'estremità  è  situata  la  città  di  Santos,  uno  de' più  antichi 
stabilimenti  Europei  nel  Brasile,  e  che  deve  la  sua  origine,  co- 
me la  città  di  S.  Paolo,  al  primo  vascello  che  naufragò  sull'isola 
di  S.  Vincenzo.  Santos  popolata  da  circa  settemila  abitatori  è 
una  piazza  di  gran  commercio,  e  deposito  di  tutte  le  produzioni 
della  Capitaneria  di  S.  Paolo.  La  sua  situazione  è  malsana  ,  poi- 
ché il  terreno  circonvicino  essendo  basso ,  è  spesse  volte  inondalo 
dalle  acque  :  molli  piccioli  fiumi  che  discendono  dai  vicini  monti, 
tagliano  il  paese  in  ogni  direzione,  e  si  uniscono  poi  per  formare 
un  gran  fiume  un  poco  al  di  sotto  della  città  di  Santos.  Il  riso 
di  questo  distretto,  che  ne  somministra  in.  molta  quantità  passa 
pel  migliore  del  Brasile. 


84  COSTUME 

Strada  di\S.  Paolo. 

I  possedimenti  Spagnuoli  e  Rio-Grande  ricevono  dal  porto  di 
Santos  zucchero,  caffè,  rhum,  riso,  manioca  ed  indaco.  La  strada 
selciata  che  monta  a  serpeggiamenti  sulla  montagna,  conduce  alla 
città  di  S.  Paolo  (i):  essa,  scavata  talvolta  nel  vivo  macigno, 
tal'altra  sui  fianchi  di  montagne  perpendicolari,  guida  sovente  il 
pass^ggiero  su  per  coniche  rupi,  o  lungo  spaventevoli  precipizj 
difesi  da  parapetti.  Qualche  vena  d'acqua  che  scende  in  cascate 
pittoresche,  s'apre  il  passo  intorno  alle  rocce:  ivi  può  esplorarsi 
la  natura  del  monte,  che  sembra  composto  di  granito,  ed  in  parte 
anche  di  pietra  bigia  ferruginosa.  Tutto  il  rimanente  è  coperto  di 
sì  folle  boscaglie,  che  sovente  i  rami  di  un  albero  intrecciandosi 
con  quelli  di  un  altro  ,  formano  degli  archi  sul  capo  del  vian- 
dante. A  mela  strada  trovasi  un  silo  di  fermata,  che  è  più  alto 
della  regione  delle  nubi,  e  dopo  tre  altre  or»-  di  strada,  si  giunge 
alla  sommità  alla  seimila  piedi  per  lo  meno.  Consiste  in  un  alti- 
piano di  una  certa  estensione,  e  principalmente  composto  di  quarzo 
coperto  di  sabbia.  Da  quel  punto  l'occhio  crede  vedere  il  mare 
che  lambisca  le  radici  del  monte,  quando  invece  ne  è  lontano  sette 
leghe  :  non  si  vede  né  il  porlo  di  Santos,  né  la  costa.  Mezza  lega 
più  avanti  veggonsi  giù  correre  i  fiumicelli  che  dirigendosi  a  po- 
nente, formano  riuniti  il  gran  fiume  Corrientes ,  che  va  io  quello 
della  Piata.  Questa  circostanza  serve  ad  indicare  che  il  declivio 
del  fianco  interno  della  catena  de' monti  che  seguono  tutta  la  co- 
sta del  Brasile,  è  meno  elevato  e  più  dolce. 

Città  di  S.  Paolo. 

La  città  di  S.  Paolo  è  posta  su  di  un  colle  ameno  (2),  cinto 
da  tre  lati  da  basse  praterie  e  bagnato  da  piccioli  limpidissimi 
ruscelli  che  ne  formano  quasi  un'isola  nella  stagione  piovosa,  e 
vanno  ad  unirsi  col  bel  fiume  Tietis.  Essa  venne  fondata  dai 
Gesuiti,  sedotti  probabilmente  più  dalle  miniere  d'oro  delle  vi- 
cinanze, che  dalla  salubrità  della  sua  posizione,  essendo  il  clima 
uno  de' più  sani  di  tutta  l'America  meridionale,  mentre  non  vi  si 
conoscon  malattie  endemiche.  La  temperatura  media  si  mantiene 
dai  5o  agli  80  gradi  Far.  Le  case  alte  hanno   generalmente  due 

(1)  Mawe,  Tom.  I.  pag.  104.  Traduzione  Francese. 

(2)  J/oì.vp,  Tom.  I  oap,  V  pag.  112.  Traduzione  Francese. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  85 

piani,  e  son  ben  dipinte  a  fresco}  le  strade  sono  ben  tenute  e 
selciate  di  schisto  lamellato,  legato  con  un  cemento  d'ossido  di 
ferro,  che  racchiude  grossi  ciottoli  di  quarzo  rotondato}  e  sono 
pietre  d'alluvione  che  contengono  oro,  di  cui  trovansi  picciole 
particelle  nei  buchi  e  nelle  fenditure,  ove  gli  abitatori  poveri  Le 
vanno  a  cercare  dopo  le  forti  piogge.  La  popolazione  oltrepassa 
le  i5tn.  anime,  e  forse  giogne  alle  2010.  Un  secolo  fa  questo 
distretto  abbondava  d'oro}  solo  dopo  avernelo  spogliato  coi  loro 
famosi  lavacri,  gli  abitatori  si  diedero  all'agricoltura  }  ma  siccome 
una  tale  occupazione  fu  l'effetto  più  della  necessità  che  della  loro 
scelta  ,  così  non  segui  roti  che  a  lenti  passi  i  miglioramenti  fatti 
dalle  altre  nazioni  in  quest'arte  sì  utile.  I  giardini  di  questa  città 
sono  tuttavia  disposti  con  molto  gusto,  e  sovente  con  particolare 
eleganza.  Havvi  molto  lusso  e  mollezza  in  S.  Paolo}  la  civiltà  è 
più  inoltrata  e  diffusa  che  nelle  altre  città:  le  signore  sono  cele- 
bri in  tutto  il  Brasile  per  la  loro  bellezza,  amabilità  e  nobiltà  di 
maniere. 
Costumanze. 

Quando  le  signore,  dice  Mawe,  escon  di  casa  ,  e  spezialmente 
per  recarsi  alla  chiesa,  vanno  vestite  di  seta  nera,  con  un  velo 
di  egual  stoffa ,  gueroito  di  un  largo  merletto:  durante  l'inverno 
usano  vestirsi  di  casimir  nero:  esse  si  mostrano  quasi  sempre  nelle 
strade  coperte  di  velo}  questo  però  venne  in  parte  rimpiazzato 
da  una  lunga  gonna  di  lana  grossolana  orlata  di  velluto,  di  gal- 
lon  d'oro,  di  frustagno  o  di  peluzzo  secondo  il  grado  di  chi  la 
porla.  Questa  gonna  è  una  specie  d'abito  succinto  usato  in  casa, 
alle  passeggiate  vespertine,  ed  in  viaggio,  e  quand'esse  lo  por- 
tano han  sempre  un  cappello  rotondo.  11  loro  esercizio  favorito  è 
la  danza,  nella  quale  dimostrano  molta  grazia  e  vivacità.  Allor- 
ché esse  intervengono  ai  balli  ed  agli  altri  pubblici  divertimenti 
vanno  generalmente  vestite  di  bianco  e  con  molta  eleganza,  usan- 
do ornare  il  seno  con  una  profusione  di  catena  d'oro,  d'assettare 
i  capelli  con  assai  buon  gusto  }  e  la  loro  conversazione  sempre 
allegra  sembra  acquistare  ancora  maggior  vivacità  nella  musica. 
Gli  uomini  ed  in  ispecie  quelli  di  un  grado  distinto  vestono  ric- 
camente. Nella  società  si  dimostrano  civili ,  attenti,  officiosi  }  sono 
gran  parlatori  ed  amici  de' piaceri  della  mensa.  Le  persone  delle 
classi  inferiori  sono  molto  più  inciviliti  di  quelle  delle  altre  città 


86  cesTinviE 

•Mi' America.  Smovi  molli  botteg.tj ,  molti  artigiani,  mn  poche 
manifatture  di  qualche  importanza:  si  fila  3  mano  cotone  grosso* 
lano,  si  fabbricano  tele  per  gli  abiti  ,  e  belle  reticelle  per  le 
amache  che  sono  orlate  elegantemente  di  merletti ,  nel  fare  i  quali 
alcune  donne  riescono  eccellentemente.  Gli  abitatori,  per  la  mag- 
gior parte,  sono  affittajuoli ,  agricoltori,  giardinieri ,  o  persone  oc- 
cupate a  mantenere  e  ad  ingrassare  il  bestiame,  ed  in  particolare 
majili  e  pollame.  Vi  si  trova  una  specie  singolare  di  galli,  simili 
a  que' d'Europa  nella  forma  e  nelle  penne,  ma  che  distinguonsi 
pijr  un  fortissimo  grido,  la  cui  ultima  nota  è  da  essi  prolungata 
uno  o  due  minuti:  allorquando  la  loro  voce  è  bella,  sono  molto 
apprezzati,  e  vengon  cercati  quale  oggetto  di  curiosità  in  tutto  il 
Brasile. 

Tj3  situazione  di  S.  Paolo,  che  è  fuor  dì  mano,  e  le  difficoltà 
che  il  governo  ha  per  lungo  tempo  frapposte  ai  viaggi  nell'in- 
terno, sono  le  cause  per  cui  quella  città  è  poco  frequentata  da*- 
gli  stranieri,  la  cui  apparizione  vi  è  anzi  considerata  quale  straor- 
dinario avvenimento,  lo,  ed  i  miei  compagni,  dice  Mawe, 
fummo  obbligati  rrell'andaic  a  S.  Paolo,  a  far  vedere  per  ben 
tre  voke  la  permissione  dataci  dal  Governatore  di  Santos.  La 
nostra  presenza  eccitò  una  prodigiosa  curiosità  in  tutte  le  classi 
degli  abitatori,  come  se  non  avessero  mai  veduto  un  Inglese  ec» 
Origine  de*  P aolisti. 

Da  ciò  provengono  senza  dubbio,  i  favolosi  racconti  su'l' igno- 
bile origine  dei  Paolisti ,  e  sul  loro  carattere  selvatico,  raccolti  e 
pubblicati  ben  anche  da  alcuni  moderni  geografi:,  sulle  relazioni 
sparse  dei  Gesuiti  del  Paraguay,  contrarie  a  quelle  dei  migliori 
storici  portoghesi,  e  confutate  pienamente  a'  dì  nostri  da  Fri  Ga- 
spar  de  Madie  de  Dios,  membro  dell'Accademia  delle  scienze  di 
Lisbona.  Dopo  aver  fatto  vedere  la  poca  fede  che  meritano  Vais- 
sette  e  Ciiarlevoix,  allorché  attribuiscono  l'origine  della  città  di 
S.  Paolo  ad  una  banda  di  avventurieri  Spagnuoli,  Portoghesi^ 
Meticci,  Mulatti,  fuggitivi  da  varie  parti  del  Brasile  onde  for- 
mare colà  una  repubblica  di  masnadieri,  ei  dimostra  nel  modo 
più  veritiero  che  alcuni  indigeni  di  Piraliuinga,  ed  alcuni  Gesuiti 
vi  si  stabilirono  pei  primi,  e  che  fin  dalla  sua  fondazione  non 
conobbe  la  citlà  altro  sovrano  che  il  Re  di  Portogallo.  La  verità 
dell'esposto  liceve    un  >va  conferma    dall'elevazione     del  carattere 


DEGLI    ABITATORI     DEL    BRASILE  87 

de'Paolisti,  dalla    delicatezza  de' loro   sentimenti,    dal    loro  punto 
d'onore,  dalla  probità,  dall'industria  loro  e  dallo  spirito  pubblico 
da  cui  sono  animati,  che  esser  non  potrebbe  un  retaggio  ad  essi 
trasmesso  da  un  branco  di  vagabondi  (i). 
Loro  imprese. 

I  Paolisli  fra  tulli  i  coloni  del  Brasile,  prosegue  Mawe,  sonosi 
spezialmente  segnalati  per  Io  spirito  loro  intraprendente,  audace, 
infaticabile,  e  per  quell'ardore  per  le  scoperte,  che  distinse  un 
tempo  i  Portoghesi  fra  le  nazioni  d'Europa.  Iu  luogo  di  coltivare 
pacificamente  il  loro  bel  territorio,  percorsero  essi  il  Brasile  in 
tutte  le  direzioni-,  si  aprirono  nuove  strade  a  traverso  impenetra- 
bili foreste,  portando  seco  di  che  vivere}  non  le  montagne,  non 
i  fiumi  poterono  arrestarli ,  non  i  deserti,  non  gli  indigeni  antro- 
pofagi ,  che  contendevan  loro  dovunque  il  terreno.  Ad  essi  spe- 
cialmente è  dovuta  la  scoperta  di  tutte  le  più  ricche  miniere,  che 
si  Iasciaron  levare  dal  governo  ben  di  mal  animo,  e  non  sempre 
senza  opporre  qualche  resistenza.  Anche  al  dì  d'oggi  la  loro  ener- 
gia guarentisce  la  sicurezza  del  Brasile  occidentale,  ed  è  noto  che 
le  truppe  portoghesi  avrebbero  fatto  una  ben  trista  figura  nella 
guerra  coloniale  del  1770,  se  non  fossero  slate  secondate  dalla 
cavalleria  de'Paolisti,  che  sparse  il  terrore  del  suo  nome  dal  Pa- 
raguay al  Perù. 
Città  di  Porto-Seguro. 

I  tre  piccioli  governi  d"9  Espirito-Santo ,  di  Porto  Seguro  e 
d'Ilheos  poco  contengono  di  singolare.  Il  primo  è  vantalo  come 
uno  dei  più  fertili  del  Brasile.  Porto-Seguro  conserva  tuttavia  il 
nome  ricevuto  da  Cabrai,  allorché  discese  pel  primo  sudi  quella 
costa  :  la  città  è  fabbricata  sulla  sommità  di  uno  scoglio  alla  foce 
di  un  fiume,  e  venne  così  denominati  a  motivo  dell'ottimo  suo 
porto,   difeso  da  scogli  di  corallo  che  sorgono  perpendicolari  (2). 

(r)  Mawe,  luogo  citato  pag.  i4°o  P0I'ta  un  esempio  della  nobile  fie- 
rezza ch'essi  manifestano  nelle  ingiurie  fatte  ai  privati,  e  dello  spirito 
pubblico  con  cui  assumono  la  difesa  degli  oppressi.  Sono  circa  sessanl' an- 
ni,  egli  dice,  che  un  loro  Governatore,  nobile  di  nascita,  aveva  avuto 
un'avventura  colla  figlia  di  un  artigiano;  la  città  intera  abbracciò  la 
causa  della  donzella ,  ed  obbligò  il  Governatore ,  col  pericolo  della  sua 
vita  a  sposarla. 

(2)  LindUy,  pag.  i55,  i5o.  Traduzione  Francese.  Wied-Neinvied  ce 
ne  presentò  la  veduta  nella  tavola  iG. 


83  COSTUME 

In  poca  distanza  ila  questa  costa  cominciano  i  famosi  scogli  detti 
Abrolkos  che  si  estendono  assai  in  mare,  senza  che  siasi  finora 
potuto  stabilirne  i  confini  :  essi  sono  il  terrore  de' piloti,  soprat- 
tutto nelle  navigazioni  alle  Indie  Orientali  :  vi  si  sono  però  sco- 
perti molti  canali  ,  pei  quali  si  apre  un  passaggio  ,  ma  sempre 
pericoloso,  e  che  esige  perciò  grandissime  precauzioni.  Ilheos  è 
cosi  denominato  da  molte  isole  che  coprono  l'ingresso  di  una  baja, 
in  cui  è  situata  la  sua  principale  citta.  Eccone  nella  Tavola  58 
la   veduta  che  ci  diede  Wiedde-lNfeuwied. 

Governo  di  Minas-Geraes. 

La  Capitaneria  di  Minas-Geraes,  di  cui  abbiam  già  fatto  co- 
noscere le  ricchezze  metalliche  ,  ci  fu  ultimamente  descritta  da 
Mavve  ne1  suoi  viaggi  nell'interno  del  Brasile  (i),  quindi  noi  se- 
guiremo questo  esatto  viaggiatore  a  preferenza  di  ogni  altro. 

Popolazione. 

m  Si  crede,  egli  dice,  che  questa  importante  provincia  contenga 
36om.  abitatori,  dugentomila  dei  quali  sono  Negri  o  discendenti 
immediali  di  questa  razza  d'uomini.  Gli  indigeni  non  sono  com- 
presi in  tal  conto  :  il  loro  numero  però  non  può  essere  molto 
considerabile,  poiché  essi  non  si  oppongono  mai  ad  una  benché 
debole  forza  armata. 

Milizia . 

La  milizia  della  Capitaneria  consiste  in  i/joo  uomini  di  ca- 
valleria, numero  prescritto  dalla  legge,  e  che  non  può  essere  au- 
mentato. Il  posto  principaleèa  Villa-Rica  dove  risiede  il  Generale, 
il  quale  unitamente  al  Governatore  dà  gli  ordini  relativi  al  servizio. 
Indipendentemente  da  questa  truppa  ci  ha  la  milizia  composta  di 
lutti  gli  abitatori  maschi  della  Capitaneria  ,  e  chiamata  a  recarsi 
dove  il  bisogno  lo  esige.  La  politica  de' ministri  consiste  nel  de- 
stare ne'Cieoli  il  gusto  di  una  vita  attiva,  obbligandoli  alla  col- 
tivazione delle  loro  terre,  ad  arrolarsi  e  a  divenir  militari.  La  Ca- 
pitaneria è  divisa  in  quattro  distretti,  San-Jaao-del-Rey,  Villa-Rica, 
Sahara  e  Cerro-do-Frio. 

Quadro  Jisico. 

La  coltivazione  e  l'industria  non  fecero  finora  molli  progressi. 
Una   lega  distante  dal  sito  ove  trovasi  la  più  fina  terra  da    por- 

(i)  Tom.  II.  cnp.  V.  pag.  1^5.  Traduzione  Francese. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  89 

ccllana,  non  v'ha  die  una  cattiva  fabbrica  di  stoviglie.  Tutti  i 
frutti  e  i  grani  d'Europa,  la  cauapa  e  il  lino  vi  allignano,  ma 
se  ne  trascura  la  coltivazione }  la  vite  vi  dà  dell'ottimo  vino,  ma 
si  preferisce  bever  acqua  in  vicinanza  alle  più  ricche  miniere 
d'oro  e  di  diamanti,  piuttosto  che  coltivare  la  vite  con  quella 
cura  che  le  si  deve.  Gli  animali  cornuti,  obbligati  a  cercarsi  da 
loro  l'alimento  nelle  campagne,  vi  muojono  sovente  di  fame  o  di 
caldo:  appena  si  sa  mugnere  le  vacche.  Alcune  cortecce  d'albero 
servono  a  tingere  giallo,  rosso,  nero,  o  a  conciare  e  preparare  i 
cuoi  e  le  pelli;  ma  gli  abitatori  non  amano  d'occuparsene.  Una 
specie  di  lichene  che  cresce  sui  vecchi  tronchi  d'albero,  dà  un 
superbo  colore  cremisino.  La  gomma  dragante  vi  si  trova  in  grande 
abbondanza  e  d'eccellente  qualità.  La  cannamele  vi  si  alza  so- 
vente fino  ai  3o  piedi,  e  forma  archi  sulle  pubbliche  strade.  Il 
distretto  di  San  Jaao-del-Rey  è  il  meglio  coltivato ,  e  vien  chia- 
mato il  grana jo  del  paese.  Lo  stato  presente  di  Villa-Rica  ,  capi- 
tale della  provincia,  smentisce  il  fastoso  suo  nome,  poiché  ne  sono 
incolti  i  contorni.  Essa  è  fabbiicata  sul  fianco  di  un'alta  monta- 
gna} ha  le  vie  scoscese  e  mal  selciate,  sebben  rendute  amene  da 
bei  giardini  e  terrazzi,  e  siano  adorne  di  belle  fontane  che  con- 
ducon  l'acqua  in  quasi  tutte  le  abitazioni.  Il  clima  è  dolcissimo 
attesa  la  sua  situazione  elevata.  Vi  si  contengono  circa  2,000  case 
e  soni,  abitatori,  fra  i  quali  sono  più  i  bianchi  che  i  neri.  Vi  è 
proibita  1'  orificeria  onde  prevenire  la  frode  ed  obbligare  i  mina- 
tori a  recare  e  a  far  fondere  il  loro  oro  alla  zecca,  affinchè  il 
governo  possa  dedurre  il  suo  quinto.  Tre  leghe  distante  da  Villa- 
Rica  ,  in  riva  a  Rio-del-Carmen  è  Mariana ,  picciola  e  bella 
città  vescovile  con  circa  sette  mila  abitatori  per  la  maggior  parte 
minatori.  La  V^illa-do- Principe  sui  confini  del  Cerro-do-Frio 
o  distretto  dei  diamanti  ,  possedè  pur  essa  una  zecca  o  fouderia 
regia  per  l'oro,  ed  ha  una  popolazione  di  cinque  mila  abitatori. 
Severità  coi  contrabbandieri. 

Nessuno  vi  passa  senz'essere  assoggettato  ad  un  rigoroso  esa- 
me.  Mawe  cosi  ce  ne  informa  :  un  mulattiere  diretto  eoo  mer- 
canzie per  Rio-Janeiro,  è  arrestalo  da  due  uomini  a  cavallo  che 
gli  chiedono  il  suo  fucile  da  caccia }  ei  lo  consegna.  Que' due 
conficcano  un  succhiello  nel  calcio,  Io  trovano  voto,  ne  strappano 
le  ferramenta,  e  ne  estraggono  trecento  carati  di  diamanti.  Il  pò- 


90  COSTUME 

vero  mulattiere  protosta  invano  la  sua  innocenza}  è  arrestalo  e 
condotto  in  prigione  onde  rimanervi  pel  rimanente  dei  suoi  gior- 
ni, od  essere  deportato  entro  un  forte  della  costa  d'Africa.  Era 
stato  tradito  da  un  amico. 

Abitatori  di  Tejuco. 

Gli  estremi  si  toccano  a  Tejuco  ,  residenza  dell'  intendente 
generale  delle  miniere  dei  diamanti.  Gli  abitatori  di  quella  città 
posta  in  un  arido  terreno  sono  obbligati  a  far  venire  da  lontano 
i  loro  viveri.  Languono  per  la  maggior  parte  in  una  vergognosa 
miseria,  e  vivono  di  carità  pubblica.  Le  botteghe  per  lo  contrario 
fan  mostra  delle  più  belle  mercanzie  inglesi }  Toro  e  i  diamanti 
trovati  ne' vaij  scavi  del  distretto  si  accumulano  lutti  i  mesi  nel 
tesoro  dell'Intendenza  ,  e  gli  impiegati  del  governo  riccamente 
stipendiati,  formano  la  più  brillante  società  del  Brasile  (i)« 

Governo  di  Goyazes. 

A  ponente  di  Minas-Geraes  giace  il  governo  di  Goyazes ,  il 
più  centrale  di  tutto  il  Brasile }  confina  esso  al  nord  con  quello 
di  Para,  ed  a  ponente  con  quello  di  Matogrosso.  E  un  bel  paese 
bagnato  da  un  gran  numero  di  fiumi  abbondanti  di  pesce  ,  che 
scorrono  per  boschi  pieni  di  superbi  uccelli,  ma  esso  è  mal  co- 
nosciuto e  mal  popolato.  Sonovi  parecchie  miniere  d'oro,  diamanti 
grossi  e  brillantissimi,  ma  non  sempre  di  un'acqua  pura ,-  e  presso 
alle  frontiere,  alcune  piantagioni  di  cotone,  che  viene  poi  espor- 
tato a  Rio-Janeiro  con  altri  generi  di  minore  importanza.  Quel 
Capitanalo  comunica  anche  con  S.  Paolo,  Matogrosso  e  Para  col 
mezzo  di  fiumi  navigabili,  sebbene  di  frequente  interrotti  da  ca- 
scate. Villa-Boa  capo-luogo  e  sede  del  governo  ha  un  ufficio  di 
assaggio  per  tolto  1'  oro  della  provincia. 

G  ove  imo  di  Bahia. 

Il  Capitanalo  di  Bahia  situato  a  settentrione  di  Minas-Geraes 
occupa  una  lunga  estensione  di  coste:  ha  per  limite  al  nord  il 
gran  fiun>e  di  San  Francisco  che  mette  foce  nel  mare  all'i  i  grado 
rli  latitudine  australe,  ed  al  sud  il  fiume  di  Contas  che  sotto  il 
i4  lo  separa  dal  distretto  d'Ilheo.  Questa  provincia  venne  così 
chiamata  dalla  vasta  baja  de-todos-os-Santos ,  sulla  quale  è  posta 
la  città  di  San-Salvador  appellala   ben  anche  Ciudade-de-Bahia , 

(i)  Mawe,  Tom.  II.  pag,  5~>,  5?,  56,  90,  ec. 


DEGLI  ABITATORI  DEL  BRASILE  gì 

the  ne  v  la    capitale,  e  che  era     per  Io  passato     la  sede  «lei  go- 
verno generale  del  Brasile  (i). 
Clima ,  produzioni  ec. 

Il  clima  che  vi  è  naturalmente  caldo,  è  temperato  da  venti 
regolari  di  mare ,  e  dalla  lunghezza  delle  notti  quasi  sempre 
eguale  in  tutto  il  corso  dell'anno:  esso  è  più  ardente,  ma  vicn 
giudicato  più  sano  di  quello  di  Rio-Janeiro,  perchè  l'aria  vi  è 
più  viva,  e  l'acqua  più  abbondante.  Il  terreno  consistente  in  un 
terriccio  vegetabile  e  bagnato  da  parecchie  correnti  d'acqua,  è 
spezialmente  adattato  alla  coltivazione  della  cannamele.  E  di  fatto 
il  solo  porto  di  Bahia  manda  all'estero  maggior  quantità  di  zuc- 
chero che  tutto  il  Brasile,  ed  è  in  generale  di  bonissima  qualità. 
Una  seconda  produzione  particolare  di  quelle  provincie  è  il  ta- 
bacco, ricercato  non  solamente  nel  Portogallo,  ma  in  lspagna 
ancora  ed  in  tutta  la  Barbarla:  esso  forma  una  parte  essenziale 
del  carico  delle  navi  che  voglion  far  tratta  d'oro,  d'avorio,  di 
gomma,  d'olio  a  parecchie  piazze  della  Guinea  e  dell'Africa  in 
generale.  Il  cotone  di  Bahia,  la  cui  coltivazione  aumenta  ogni 
anno,  entra  già  in  concorrenza  con  quello  di  Pernambuco.  Le 
altre  sue  produzioni  sono  il  caffè,  meno  stimato  di  quello  di 
Rio-Janeiro*,  il  riso  è  di  ottima  qualità,  ma  difficile  a  perdere 
la  scorza  ,  ed  il  legno  da  tintura  ,  conosciuto  in  commercio  sotto 
il  nome  di  Brasile  ,  è  eguale  a  quello  di  Pernambuco.  L'indaco 
di  quella  provincia  non  sostiene  il  confronto  con  quello  dell'In- 
dia: sembra  anziché  la  pianta  da  cui  si  estrae ,  possegga  qualità 
velenose,  perchè  i  Negri  che  ne  preparano  le  foglie,  cadon  fa- 
cilmente malati. 
Città  di  San-Salvador  o  di  Bahia. 

La  città  di  San-Salvador,  conosciuta  generalmente  sotto  il  no- 
me di  Bahia,  è  divisa  in  due  parti  -,  l'una  fabbricata  su  d'un 
terreno  basso  lungo  il   lido  è  abitata  dai   negozianti,  dagli  oporaj 

(i)  Allorché  il  Principe  reggente  si  trattenne  per  alcuni  giorni  a  B.iliia 
prima  di  recarsi  a  Rio-Janeiro,  gli  abitatori  gli  manifestarono  il  più  affet- 
tuoso attaccamento  colle  più  grandi  testimonianze  di  pubblica  gioja  e  ma- 
gnificenza; e  per  dargli  una  prova  più  reale  del  loro  amore  e  del  pro- 
fondo loto  rispetto;,  stabilirono  unanimemente  una  somma  corrispondente 
a  dolici  milioni  di  franchi  per  la  costruzione  di  un  palazzo ,  se  il  Prin- 
cipe consentiva  di  risedere  nella  loro  città. 


0,2  COSTUME 

e  dai  marinari:,  l' altra  posta  su  di  un'eminenza  alta  seicento  piedi 
sopra  il  livello  del  mare  è  la  dimora  di  tutte  le  persone  agiate, 
ed  è  risguardata  come  la  parte  più  salubre.  Li  popolazione  vien 
valutata  da  Mawe  yom.  anime.  Le  case  nou  differiscon  da  quelle 
di  Rio-Janeiro:  le  chiese  ed  i  pubblici  edifizj  si  distinguono  per 
uno  stile  d'architettura  grandiosa.  Il  porto  è  difeso  piuttosto  be- 
ne: un  arsenale  e  numerosi  magazzini  stan  lungo  il  lido  (i):  le 
navi  che  vi  si  lanciano  dai  cantieri  sono  ben  fabbricate  e  di  un 
legno  più  solido  della  nostra  quercia.  La  città  è  governata  da  un 
vice-re  o  Governatore  nominato  dalla  Corte  per  tre  anni.  I  giu- 
dizj  de'magistiati  sono  in  certi  casi  portati  per  appellazione  in- 
nanzi la  Corte  suprema  di  Rio-Janeiro. 

Costumanze. 

Benché  le  costumanze  degli  abitatori  di  Bahia  sieno  poco  di- 
verse da  quelle  di  Rio-Janeiro,  nulladimeno  si  dice  che  in  quelle 
società  regni  più  civiltà  e  maggiore  giovialità,  e  le  classi  distinte 
sieno  più  sociabili.  Vi  si  coltiva  generalmente  la  musica:  le  dame  nel 
loro  vestire  seguono  la  foggia  inglese:  portano  molte  catene  d'oro 
e  pochi  diamanti,  elleno  preferiscono  i  grisoliti  ^  in  casa  sogliono 
coprirsi  con  una  molle  e  morbida  veste ,  e  si  gettano  intorno  un 
velo  quando  entra  un  forestiere:  si  crede  eh' esse  sieno  meno  ope- 
rose delle  donne  delle  provincie  più  meridionali.  Gli  uomini  men- 
tre stanno  in  casa  portano  una  giubba  e  pantaloni  di  pastosa  tela 
di  cotone  stampata. 

Sergippe. 

La  città  di  Sergippe  capo  luogo  di  una  provincia  popolata 
di  novemila  abitatori ,  portava  originariamente  il  nome  di  Serijé. 
Oliveira  l'onorò  col  titolo  di  Capitaneria,  e  l'appellò  Sergippe- 
del-Rey. 

Governo  di  Pernambuco. 

Nessuno  meglio  di  Koster  ci  descrisse  i  costumi,  il  commercio, 
l'agricoltura  e  l'industria  degli  abitatori  dell'importante  provincia 
di  Pernambuco  (Fernambuco),  e  chi  fosse  vago  di  conoscerne 
alcune  minute  particolarità  potrebbe  consultare  spezialmente  il 
primo  volume  de' suoi  viaggi,  nel  quale  troverà  altresì  una  pianta 

(t)  La  veduta  e  la  pianta  di  questa  città  trovami  rappresentate  ialina 
tavola  del  voi.  XX.  Hist.  Generale  des  Voyages  de  M.  Prevost.  Ediz. 
(V  Amst.   1773. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  g3 

esatta  del  porlo  di  quella  città.  A  noi  basterà  il  notare  ciò  clie 
principalmente  la  distingue  dalle  altre  province  del  Brasile.  Il 
Fernambuco  produce  ottimo  legno  di  tintura,  vaniglia,  caccao , 
riso  ed  una  quantità  considerabile  di  zucchero}  ma  il  cotone 
forma  l'oggetto  più  importante  del  suo  commercio ,  sebbene  ab- 
bia di  recente  perduta  una  parte  della  sua  riputazione  per  la  ne- 
gligenza degli  agricoltori  nel  purgarlo:  altre  volte  era  stimalo  il  mi- 
gliore del  mondo  (i).  La  capitale  è  in  certo  modo  una  città  doppia: 
il  porto  e  la  città  bassa,  situati  in  due  isole,  portano  in  particolare 
il  nome  di  Récif  o  di  Pernamburo.  A  tre  miglia  inglesi  di  di- 
stanza sopra  amene  colline  sorge  la  città  propriamente  detta,  ed 
alla  quale  sola  appartiene  il  dolce  nome  d'Olindo,  che  in  Porto- 
ghese significa  Oh  bella  ! 

La  città  d'  Olinda. 

La  città  d' Olinda,  dice  Roster,  è  su  di  una  collina:  osser- 
vata dal  mare  fa  di  sé  bellissima  comparsa:  le  sue  chiese,  i  suoi 
conventi  che  s'innalzano  sulle  sommità  e  sui  fianchi  del  colle,  i 
suoi  giardini  ed  i  suoi  alberi  posti  qua  e  là  fra  le  case  danno  la 
più  alta  idea  della  sua  estensione  e  della  sua  bellezza.  Allorché 
però  si  entra  in  città,  si  trova  che  le  strade  sono  mal  conservate, 
le  case,  per  la  maggior  parte  picciole  ,  basse  e  trascurate  ,  ed  i 
giardini  pochissimo  coltivati  (2).  Gli  abitatori  delle  due  città  am- 
montano a  6om.  ,  ed  in  proporzione  della  popolazione  trovasi 
maggior  numero  di  negozianti  ricchi  che  in  alcun'altra  parte  del 
Brasile. 

Parayba. 

Parayba,  capo-luogo  di  un  governo  di  second' ordine,  venne 
dagli  Olandesi  denominata  Fredéricstad.  Difficile  è  l'ingresso  della 
baja  che  vi  serve  di  rada.  La  città  ,  secondo  Koster  ,  contiene 
circa  tremila  abitatori:  è  facile  il  vedere  che  una  volta  fu  molto 
più  importante  di  quello  che  non  lo  è  presentemente.  Si  cerca 
però  d'abbellirla  a  spese  del  governo,  o  per  meglio  dire  ,  è  lo 
stesso  Governatore  che  desidera  in  ciò  di  lasciare  qualche  memo- 
ria della  sua  amministrazione.  La  principale  strada  è  larga  e  la- 
stricata di  grosse  pietre^  le  case  non  hanno  generalmente  che  un 

(1)  Mawe,  ediz.  cit.    Tom.  II.  pag.   167. 

(2)  Koster,  Tom.  I.  pag.  5  e  25.  Traduzione  Francese. 


0,4  COSTUME 

solo  piano:  il  convento  de'Gesuiti  serve  di  palazzo  al  Governato- 
re :  le  fontane  pubbliche  sono  le  sole  opere  di  questo  genere  da 
lui  vedute  lungo  questa  costa  (i).  Il  paese  è  ricco  di  legno  da 
tintura  ,  e  dicesi ,  che  esistano  miniere  d'  argento  in  un  luogo  detto 
Tayciba.  Trovasi  cristallo  di  rocca  pei  contorni  di  Céara  detta 
propriamente  San-Josè-de-Ribamar.  Dietro  la  provincia  di  questo 
nome  stendesi  il  montuoso  paese  di  P<iauhi\  paese  visitato  da 
una  spedizione  Olandese  sotto  gli  ordini  di  Elias  He  ritma  un  ,  la 
cui  relazione,  siccome  riferisce  Mawe,  non  è  conosciuta  che  in 
via  d'estratto. 

Governo  di  Maranham. 

L'isola  di  Maranham  forma  la  costa  sud-est  della  baja  di  San 
Marcos,  e  per  conseguenza  questa  baja  trovasi  all' occideute  del- 
l' isola  •  all'oriente  è  la  baja  di  Sau-Jozè. 

Città  di  S.  Luigi. 

La  città  di  S.  Luigi  fondata  dai  Francesi  in  quest'isola  nel- 
l'anno 1612  è  la  capitale  dell'  Estado-do-Maranham ,  ed  è  la 
residenza  di  un  capitano  generale  ,  e  la  sede  di  un  Vescovo.  Essa 
fu  fabbricata  su  di  un  terreno  molto  ineguale,  e  si  estende  dalla 
riva  del  mare  fino  circa  un  miglio  e  mezzo  nella  direzione  del 
nord-est.  Lo  spazio  occupato  da  questa  città  potrebbe  contenere 
un  maggior  numero  di  abitatori ,  ma  le  case  sono  assai  lontane 
le  une  dalle  altre,  e  le  strade  sono  larghissime  e  assai  vaste  le 
piazze.  Secondo  Malte-Brun  essa  contiene  venti  mila  anime,  se- 
condo Roster  non  ne  contiene  che  circa  dodici  mila,  compresi  i 
Negri  che  in  proporzione  souo  in  maggior  numero  che  a  Fernam- 
buco. L'aria  non  vi  è  malsana  ad  onta  della  sua  posizione  vicina 
all'equatore}  l'ombra  delle  foreste  ed  il  vento  marino  ne  miti- 
gano il  caldo.  Maranham  ad  onta  della  poca  estensione  del  suo 
territorio  si  è  renduta  importante  in  questi  ultimi  tempi  per  le 
sue  produzioni ,  e  spezialmente  per  la  bontà  e  quantità  del  coto- 
ne, del  quale  si  esportano  parecchi  carichi  tutti  gli  anni  :  assai 
considerabile  è  pure  la  quantità  del  riso  che  vi  si  raccoglie.  Vi 
è  comunissimo  l'albero  che  produce  Vannatto.  II  capiscimi,  il 
pepe,  il  zenzero  ed  ogni  spezie  di  frutta  vi  si  trovano  in  grande 
abbondanza.  Parecchi  fiumi,  le  cui  rive  son  ben  popolate,  sboc- 
cano nella  baja  ed  offrono  facilità  al  commercio. 
(0  Kosler,  Tom.  I.  pag.  85.  e  86.  Trad.  cit. 


DEGLI    ABITATORI    DEL    BRASILE  0,5 

Capitanato  di  Gran-Para. 

Il  Capitanato  di  Gran-Para  è  il  più  grande  del  Brasile,  se  vi 
si  comprenda  quello  di  Rio-Negro,  che  ne  deve  dipendere  mili- 
tarmente*, ma  le  carte  recenti  d'Arrowsmilh  lo  dividono  in  pro- 
vince. Il  Gran-Para  comprende  la  parte  inferiore  del  bacino  del- 
l' Amazone,  sulla  destra  \  paese  pantanoso,  coperto  d'impenetrabili 
foreste  ove  le  abitazioni  sparse  dell'uomo  son  come  isolette  io 
mezzo  all'  Oceano. 

Città  di  Para. 

Fra  i  posti  stabiliti  dai  Portoghesi  lungo  il  fiume  ,  parecchi 
s'innalzano  già  al  grado  di  città*,  ma  non  si  conosce  bene  che  la 
capitale  denominata  Gran-Para,  sotto  l'invocazione  della  Madonna 
di  Belem.  Questo  doppio  nome  uno  civile  e  1'  altro  ecclesiastico 
diede  motivo  ad  un  singolare  errore  del  dotto  viaggiatore  Ma- 
we  (1),  che  distingue  la  città  di  Para  da  quella  di  Belem.  Questa 
città  è  posta  in  un  terreno  basso  e  malsano.  La  foce  del  fiume 
Tocantin  o  Para  che  ne  forma  il  porto  è  ingombra  di  scogli,  di 
bassifondi  e  di  con  enti  contrarie;  la  costa  è  pericolosa  ed  il  mate 
continuamente  agitato.  La  città  contiene  dica  diecimila  abitatori, 
alquanto  poveri  per  mancanza  di  commercio.  Non  se  ne  esporta 
che  un  po' di  riso  e  di  caccao ,  con  alcune  droghe  medicinali  , 
per  Ma ra nha m  ,  ove  quelle  derrate  sono  poscia  imbarcate  per 
l'Europa.  Ardente  è  il  clima:,  ma  dopo  mezzogiorno  sorgono 
d'  ordinario  temporali  con  pioggia  i  quali  rinfrescano  molto 
l'aria. 

Governo  di  Rio-Negro. 

Il  governo  di  Rio-Negro,  che  confina  colla  Gujana  Francese 
e  Spagnuola  ,  colla  Nuova-Granata  ,  con  Quito  e  col  Perù  pre- 
senta una  solitudine  ancor  più  selvaggia  di  quella  del  Gran-Para. 
Nessuno  dei  posti  che  vi  si  trovano  offre  l'immagine  di  regolare 
città. 

Governo  di  Matogrosso. 

La  provincia  di  Matogrosso  (2)  contiene  le  sorgenti  de' prin- 
cipali influenti  che  versano    1'  acqua  loro  da    una  parte  nel    Pa- 

(1)  Mavve^  Tom.  II.  pag.  i58  e  i5g,  ediz.  cit. 

(2)  Mawe  ci  lasciò  nel  cap.  VII.  del  voi.  II.  molte  circostanziate  notizia 
«opra  questa  sì  estesa  porzione  del  Brasile. 


o,6  COSTUME 

rana  ,  dall'altra  nell'Amazone.  Noi  ne  abbiamo  già  data  la  de- 
scrizione fisica  parlaudo  della  costituzione  generale  del  Brasile. 
Le  rive  dei  fiumi  copronsi  spontaneamente  di  boschi  di  caccao  e 
di  altri  alberi  comuni  nella  region  bassa  del  Brasile  :  le  emi- 
nenze composte  di  sabbia  non  copronsi  clie  di  un'  erba  dura  e 
salvatica.  I  fiumi  menano  pagliuole  d'oro,  e  lo  stesso  metallo 
abbonda  in  parecchie  valli,  temute  a  motivo  dell'estrema  loro 
insalubrità.  Sonovi  anche  cave  di  diamanti.  La  città  di  Guiaba 
posta  presso  alla  riva  orientale  dello  stesso  nome  a  96  leghe  dal 
suo  confluente  col  Paraguay,  ed  altrettante  dallo  Stato  di  Villa- 
bella,  contiene  colle  sue  dipendenze  circa  trentamila  anime.  Le 
carni  ,  il  pesce  ,  le  fruita  ed  ogni  specie  di  vegetabili  vi  abbon- 
dano. Il  territorio  aggiacente  è  assai  acconcio  alla  coltivazione  y 
e  contiene  ricche  miniere  d'oro  scoperte  l'anno  1718  ,  la  cui 
annua  produzione  è  valutata  più  di  venti  arobe  di  82  libbre  di 
peso  ciascheduna.  Lo  stabilimento  di  San-Pedro  del  Rey  conta 
già  duemila  abitatori. 
Stato  politico  deW  impero  Brasilese. 

Noi  avremmo  voluto  chiudere  questa  descrizione  rapida  ed 
imperfetta  di  un  paese  non  ancora  ben  conosciuto  con  qualche 
nozione  certa  sulle  forze  politiche  del  nuovo  impero,  ove  ora  è 
la  sede  del  re*  ma  mancano  tuttavia  i  materiali  autentici.  Il 
governo  Portoghese,  quasi  dispotico  in  Europa,  lo  divenne  total- 
mente al  Brasile  •,  nessuna  autorità  fa  equilibrio  a  quella  dei  mi- 
nistri che  governano  in  nome  del  re ,  ed  in  conseguenza  non 
sussiste  alcuna  pubblicità.  Si  crede  generalmente  che  il  Brasile 
racchiuda  3,8oo,ooo  abitatori  ,  de' quali  un  milione  sono  i  Por- 
toghesi *,  ma  questa  popolazione  trovasi  incagliata  dall'influenza  di 
una  nobiltà  feudale  e  di  un  clero  poco  illuminato.  I  negozianti^ 
legali  co' forestieri  ,  partecipano  dei  lumi  del  secolo,  e  godono 
della  protezione  di  un  governo  destro  abbastanza  per  non  opprimere 
chi  lo  arricchisce. 
Spirito  della  corte. 

La  Corte  priva  dei  godimenti  d'un'antica  civiltà,  di  gran- 
diosi palagi,  di  splendidi  teatri,  male  alloggiata  entro  conventi  o 
in  case  di  campagna,  non  fa  che  sospirare  le  amene  rive  del  Ta- 
go:  ne  è  infiammata  da  quelle  grandi  idee  di  un  nuovo  impero  da 
fondare,  di  un  emisfero  da  incivilire  o  da  dominare.  Il  governo 


DEC.LI    ABITATORI    DEE    BRASILE  qj 

brama  che  il  Brasile  prosperi  onde  aumentino  le  rendite ,  e  que- 
ste mire  d'  interesse  1'  indussero  a  proclamare  i  principj  di  tol- 
leranza religiosa  ,  ed  a  prometter  favore  a  quegli  stranieri  che 
andassero  a  stabilirsi  al  Brasile.  Ma  gli  istruiti  Europei  non  vi 
trovarono  quello  spirito  d"  incivilimento  che  anima  e  consola  la 
nostra  Europa.  Le  scienze,  le  lettere,  le  belle  arti  han  pochi  a- 
mici  in  un  paese  ove  il  commercio  e  V  agricoltura  aprono  soli  la 
strada  alla  fortuna.  La  legislazione  civile  e  criminale  molto  im- 
perfetta e  complicatissima  cede  sovente  alla  possa  de'  Grandi. 
La  nobiltà  gode  molte  esenzioni  quanto  alle  imposte  prediali. 

Rendite. 

La  rendila  della  monarchia  Brasiliese  somma  a  quasi  t\ 5  mi- 
lioni di  franchi:  il  quinto  sull'oro,  la  decima  su  le  produzioni 
della  terra,  ed  il  dazio  d'  entrata  del  i5  per  cento  ne  sono  le 
fonti  principali. 

Mulatti  e  Negri, 

I  Mulatti  godono  di  gran  favore  ,  e  vi  ottengono  impieghi 
civili  ed  ecclesiastici}  quella  razza  vede  tutti  i  giorni  crescere  il 
suo  numero  e  la  sua  influenza.  La  schiavitù  dei  Negri  è  molto 
mitigata \  ma  il  numero  degli  schiavi,  che  va  estremamente  cre- 
scendo, non  aumenta  la  forza  politica  della  monarchia,  e  può 
far  nascere  grandi  pericoli. 

Marina  ed  esercito. 

La  marina  mercantile ,  attiva  e  numerosa ,  è  protetta  da  una 
flotta  di  dieci  o  dodici  vascelli  di  linea  ,  e  da  una  trentina  di 
fregate  e  brigantini  :  circa  trenta  mila  uomini  occupano  a  grandi 
distanze  le  immense  frontiere  terrestri  e  marittime  del  Brasile. 
Questa  monarchia  è  però  sempre  importantissima,  sì  per  la  sua 
posizione  che  domina  le  vie  dell'  Oceano  Indiano  e  del  grande 
Oceano  Pacifico,  ed  in  parte  quelle  del  mare  Atlantico,  sì  per 
1'  estensione  di  un  superbo  territorio  suscettivo  di  veder  raddop- 
piarsi in  pochi  anni  la  propria  popolazione. 


Cast.  Fai.  IF  dell'America 


98 

LA     GUJANA 
FRANCESE,  OLANDESE  ED    INGLESE. 


Nome,  estensione  ec.  della  Gujana. 

•Sembra  che  il  nome  di  Gujana  o  Gujana  derivi  dal  picciolo 
fiume  Guiare  tributario  dell'  Orenoco  ;  e  che  sia  stato  dato  per 
ampliazione  a  quella  parte  di  terraferma  dell'  America  meridio- 
nale, o  più  esattamente  parlando,  a  quella  specie  d'isola,  che  è 
circondata  al  sud,  all'puest  ed  al  nord  dalle  acque  del  fiume  delle 
Amazoni,  del  Rio-Negro,  del  Casiquiari  e  dell' Orenoco ,  e  ba- 
gnata al  nord  ed  al  nord-ouest  dall'Oceano  Atlantico}  dal  che 
risulta  un'  estensione  di  costa ,  maggior  di  200  leghe  ,  ed  una 
larghezza  corrispondente  a  quella  della  Francia.  Questa  contrada 
fu  chiamata  ben  anche  Nuova- Andalusia. 

Quando  scoperta. 

Cristoforo  Colombo  avanzatosi  nel  1 4^4  ?  verso  il  mezzogior- 
no delle  Antille,  scoprì  ai  io  d'  agosto  l'isola  della  Trinità,  e  il 
giorno  dopo  vide  il  continente  vicino,  da  esso  lui  chiamato  Terra 
di  Paria  \  tale  essendo  il  nome,  che  a  quella  parte  d'America 
davano  gli  Indiani  della  costa. 

Cristoforo  Colombo. 

In  quel  viaggio  medesimo  conobbe  una  delle  bocche  dell'  O- 
renoco ,  da  lui  detta  bocca  del  Drago,  a  cagione  de'  pericoli , 
ch'ebbe  ad  incontrarvi  la  sua  nave-,  ma  di  là  essendosi  egli  por- 
tato verso  ponente,  non  vide  né  F  Orenoco  né  la  Gujana. 

Alfoneo  Ojeda ,  Americo   Vespucci  ec. 

Il  primo  pertanto  (1)  che  veramente  toccò  questo  paese  fu  lo 

(1)  La  scoperta  della  Gujana  (così  Sfedman  cap.  II.  )  da  taluni  chia- 
mata la  Costa  selvaggia,  fu  per  lungo  tempo  ,  sebbene  con  poca  cer- 
tezza ,  attribuita  al  comandante  Spagnolo  Vasco  Nunes  ,  il  quale  nel- 
r  anno  i5o4  dopo  aver  riconosciuto  che  Cuba  era  un'isola,  approdò  al 
con  li  oente  dell*  America  meridionale,  penetrò  fino  all' Orenoco  ed  al  fiu- 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJANA  99 

Spagnuolo  Alfonso  Ojeda ,  il  quale  accompagnato  da  Americo 
Vespucci  e  da  Giovanni  della  Cosa  ,  il  più  valente  piloto  ,  che 
allora  avesse  la  Spagna  ,  approdò  al  continente  d'  America  4u- 
gento  leghe  circa  al  levante  deirOrenoco,  e  scorse  lungo  tutta  la 
costa  spingendosi  verso  ponente.  Giusto  è  dire  però,  che  nemme- 
no questo  viaggio  fece  conoscere  la  Gujana  gran  fatto,  comunque 
ne  venisse  in  certo  modo  ad  aprire  1'  adito  agli  altri. 

Diego  di  Ordaz  ec. 

Fu  soltanto  nell'  1 535,  che  Diego  di  Ordaz  ,  Spagnuolo  anche 
egli  come  Giovanni  della  Cosa  e  Alfonso  Ojeda,  tentò  d'entrare 
nelle  foci  dell'  Orenoco,  e  navigò  quell1  immenso  fiume  per  più 
ili  4o°  leghe  :  la  quale  impresa,  costatagli  navi  e  uomini  e  fati- 
che incredibili ,  non  altro  gli  fruttò  ,  che  1'  apprendere  quanto 
potevasi  internare  entro  terra. 

EUDorado. 

Forse  questa  fu  la  circostanza,  che  più  di  ogni  ajira  contri- 
buì alla  voce  allora  sparsasi,  che  nell'interno  di  sì  vaste  terre 
fosse  una  contrada,  la  quale  dicevasi  El-Dorado,  contenente  im- 
mense ricchezze  in  oro  e  in  pietre  preziose.  Raccoutavasi  spezial- 
mente di  un  lago  grande  quanto  un  mare,  chiamato  il  Lago  di 
P  arima ,  le  cui  sponde  supponevansi  piene  di  polveri  e  di  grani 
d'  oro. 

Gonzale  Pizarro  ec. 

Ond'è  che  tre  capitani  Spagnuoli,  i  quali  furono  Gonzale  Pi- 
zarro, fratello  di  colui  che  conquistò  il  Perù,  Pietro  di  Ordaz,  e 
Gonzale  Ximenes  di  Quezeda,  si  posero  arditamente  in  cerca  di 
tante  ricchezze. 

Questo  El-Dorado  però  non  fu  che  una  chimera }  né  si  è 
trovato  infine  che  ne' romanzi  di  Voltaire  (i).  Ma  se  non  si  trovò 

me  delle  Amazoni  ,  e  comprese  qqesta  regione  nell'  immenso  spazio  di 
tena,  cui,  in  opposizione  alle  isole  aggiacenti  ed  a  quella  di  Cuba^  diede 
il  nome  di   Terraferma. 

(i)  Secondo  le  relazioni  degli  avventurieri  spagnuoli  ed  inglesi  questo 
paese  nell'intorno  della  Gujana,  abbondante  d'oro,  e  detto  El-Dorado 
aveva  per  capitale  Manoe  che  racchiudeva  tempj  e  palagi  coperti  di  quel 
prezioso  metallo.  Questo  scopo  famoso  di  tante  spedizioni  è  stato  anche 
quasi  raggiunto  per  quanto  si  legge  in  autentiche  relazioni.  Un  Cavaliere 
tedesco,  Filippo  di  Hutteu  ,  il  cui  nome  è  stato  sfiguralo  in  Une,  con- 


I OO  COSTUME 

T  El-dorado ,  meglio  intanto  si  conobbero  le  rive  dell'  Orenoco , 
e  si  fondò  sulla  sponda  orientale  di  questo  fiume  una  città  chia- 
mata S.  Tommaso  della  Gujana. 

/  Francesi  in  Cajenna. 

I  Francesi  in  progresso  di  tempo  si  erano  stabiliti  nella  pic- 
ciola  isola  di  Cajenna,  che  sta  in  faccia  alla  Gujana}  e  non  man- 
carono anch'  essi  di  spargere  maraviglie  intorno  ad  un  paese  sì 
poco  ancora  conosciuto. 

Ij   Inglese  Raleigh  nella  Gujana. 

Tutte  queste  prevenzioni  mossero  gli  Inglesi  a  voler  aver  parte 
essi  pure  a  tanta  fortuna }  e  Raleigh,  uno  de' loro  distinti  navi- 
gatori, fu  il  primo  della  loro  nazione,  che  si  mosse  nel  i5g5  , 
verso  quei  ricchi  paesi,  che  così  chiamavansi  in  Europa  allora 
1' Orenoco  eia  Gujana.  Raleigh  era  tanto  persuaso  di  queste  ric- 
chezze ,  che  non  dubitò  di  dire  nella  sua  relazione ,  che  »  colui 
il  quale  conquistasse  la  Gujana  ,  possederebbe  più  oro  e  regne- 
rebbe sopra  più  popoli  di  quello,  che  potesse  dirsi  del  re  di 
Spagna  e  dell'  imperatore  dei  Turchi  »:. 

Relazioni. 

Bisogna  intanto  confessare,  che  né  queste  poche    notizie,    né 

dusse  nel  1 54 1  al  1 545  una  piccola  truppa  di  Spagnuoli  da  Coro  sulla 
costa  di  Caracas,  fino  a  vista  di  una  città  abitata  dagli  Qmegas ,  piena 
d'abitazioni,  i  cui  tetti  brillavano  come  se  fossero  d'oro,  ma  circondato 
da  un  territorio  poco  coltivato.  Questo  ardito  capitano  respinto  dagli  O- 
uiegas,  si  proponeva  di  ritornarvi  con  forze  più  considerabili,  allorché  un 
assassinio  terminò  i  suoi  giorni.  (Oviedo  ed  i  comm.  di  Ehrmann  e  di 
Mcnsel  nelle  Effemeridi  geografiche  di  Bertuch.  voi.  XXV.  pag.  i36  e 
486).  I  tetti  d'oro  possono  essere  una  favola  od  un'illusione  ottica,  pro- 
dotta da  rupi  di  talco;  il  nome  degli  Omegas  sembra  identico  con  qnello 
degli  Omaguas  nazione  alquanto  incivilita,  intraprendente  e  sparsa  sulle 
due  rive  dell'  Aniazone.  Una  picciola  città  chiamata  Manoa  ,  è  stata  vi- 
sitata da' missionarj  Peruviani  in  riva  all'Ucayal.  Ma  Filippo  di  Utten  ha 
egli  realmente  veduto  una  città  di  Omagual  Un'altra  spiegazione  può 
darsi  anche  indipendentemente  dalla  storia  di  questa  spedizione.  Gli  indi- 
geni della  Gujana  poterono  avere  un'  idea  oscura  dell'  impero  degli  luca 
dei  tempj  e  P;)lazzi  di  Cuzco ,  coperti  in  parte  d'oro,  siccome  pur  anche 
<lel  gran  lago  Titicaca.  I  loro  racconti  non  sarebbero  in  allora  che  un 
po'  esagerati  ,  e  gli  Spaguuoli  avran  cercato  ciò  che  possedevano  di  già. 
In  tutti  casi  seuibru  che  1'  El-Dorado  non  possa  trovarsi  che  sugli  alti- 
piani di  granito  e  pochissimo  metallico  della  Gujana. 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GTJJANA  IOI 

tulio  ciò  che  fu  delto  prima  del  viaggio  di  Sledman  intorno  alla 
Gujana  ,  divisa  poscia  tra  Olandesi,  Francesi,  Portoghesi  e  Spa- 
gli uoli  hanno  potuto  somministrarci  che  scarse  cognizioni  intorno 
alla    coltura  ,   amministrazione   e   topografia  della   medesima    (i). 

(i)  Eccone  le  principali  relazioni: 

Brevis  et  admiranda  Descriptio  regni  Gujanae,  auri  abundanl issimi,  in  A- 
merica ,  Seu  Novo  Orbe,  sub  linea  aequinoctialia  siti,  quod  rraper 
admodum  annis  nimirum  i5o,4,  i5g5  et  i5o,6  per  Waltberum  Ralegh 
equitem  Anglum  deteclum  est  eie.  Norimbergae,  1699,  in  4-°  In  in- 
glese, Londra,  i5g9;  ibid.,  1602,  in  4-°  Trad.  in  francese  nel  se- 
condo volume  de'  viaggi  di  Corréal.  Part.  V. 

Robert  Harcourt's  Relation  of  voyage  to  Guyana,  with  a  descrition  of  tbe 
country.  London  ,  i6i3  ,  in  4-°  Trad.  in  olandese.  Leyda  ,  1707  , 
in  8.° 

Relation  d'  un  voyage  des  Francais  au  Gip-Nord  de  1'  Amèrique  (  dans  la 
Guyane)  par  Jean  de  Leon.   Paris,   i654,  in  8.° 

Voyage  de  la  France  èquinoxiale,  en  l' ile  de  Cayenne,  entrepris  par  les 
Francais  en   i652  etc.  par  Antoine  Biet.  Paris,  1664,  in  4-° 

Nouvelle  Relation  de  la  France  èquinoxiale,  appelée  Guyane",  et  par  les 
Espagnoles,  El-Dorado,  nouvellement  mise  sous  l' obèissance  du  Roi, 
par  Fevre  de  la  Barre.  Paris,   1666,  in  4-° 

Description  de  la  France  èquinoxiale  par  le  Fevre  de  la  Barre.  Paris, 
1666,  in  4.0 

Relation  de  ce  qui  s'est  passe  dans  les  ìles  et  terre  ferme  de  1'  Amèri- 
que; pendant  la  dernière  guerre  avec  l' Angleterre  etc.  avec  un  Jour- 
nal du  dernier  voyage  du  Sieur  de  la  Barre  ,  en  la  terre  ferme  et 
coté  de  Cayenne  etc.   Paris,   1671,  2  voi.  in-8.° 

Journal  du  voyage  des  P.  P.  Joan  Grillet  et  Francais  Bechemel  à  la  Gu- 
yane ,  en    1674.  (Vedi  il  terzo  voi.  del  viaggio  di  Wood  Roger). 

Bescheyving  van  Guyana,  geleegend  an  het  vaste  kust  van  àmerika.  Am- 
sterdam,  1676,  in-4.0 

Bescbryving  van  de  rivier  end  colonie  van  Berbice.  Amsterdam,  in  \.° 

Le  Yoyage  du  capitarne  Leig  dans  la  Guyane  (  in  Olandese  ).  Leyde  , 
1706,  in  8.° 

Beschryving  van  de  volk  ptantinge  Zurinam  ,  vertoonende  het  opkomst 
derselven  Colonie  etc.  door  J.  D.  IL  L.  Leuwarden,  1717-  La-ffuye, 
1727,  in  4-° 

Reise-Bescbryving  naar  Gujana,  door  Jan-Sladen.  Amsterdam,  1724^ in  4-° 

Dissertation  sur  la  generation  et  les  trasformations  des  insectes  de  Suri- 

nam  par  Sibille  Merian.  A  La-Haye,  1   voi.  in  f.° 
Nouveau  voyage  de  Guyane,  iles  voisiones  et  Cayenne.  Amsterdam,  ij5i 
2   voi.   in  8.° 


102  COSTUME 

Sarebbe  però  un*  ingratitudine  la  nostra  il  non  rammentare  quan- 
to dobbiamo  a  Biet  per  le  notizie  dateci  sugli  indigeni  della 
Gujàna. 

Nouvelle  description  de  la  France  é  [uinoxiale  ,  contenante  la  description 
de  la  còte  de  la  Guyane  etc.  par  Pierre  Barrare.  Paris,  1 74 3, in  n.°  fìg.° 
Essai  sur  V  Histoire  naturelle  de  la  France  èquinoxiale ,  par  Pierre  Bar- 

rère  Paris  ,   1749^   1  voi.  in-8.° 
Description  de  Surinam  ,  par  Thomas  Pistorius  (in  Olandese).  Amster- 
dam,  1763,  in-8.° 
Description  gèographique  de  la  Guyane,  contenante  les  possessions  et  les 
établissemens  des  Francais,  des  Espagnols,  des  Portugais  et  des  Hol- 
hndois  dans  ces    vastes  pays  etc.  par  lo  sieur  Bellin.  Paris  ,   iy6Z  , 
in  4>6 
Histoire  naturelle  de  la  Hollande  èquinoxiale  par  Philippe  Fermili.  Am- 
sterdam,  1765,  in  8.° 
Description  generale,  historique,  gèohraphique  et  physique  de  la  colonie 
de  Surinam  etc.  par  Philippe  Fermin.  Amsterdam,  T766,  1  voi.  in  8.° 
Ed.  Brankroft.  Essay  of  the  Nutural  History  of  Guyana  in  South-Aroe- 

rica  etc.  London,  1769,  in  8.° 
Beschryving    van  Guyana  ,  of  de  Wildekust  in  Zuid  America    etc.    van 

Jan.  Jac.   Hartsink.  Amsterdam,   1770,  in  4-° 
Tableau   historique  et  politique  de  l'e'tat  ancien  et  actuel  de  la  Colonie 

de  Surinam  etc.  par  Philippe  Fermin,   1778,  in  8.° 
An  historical  and    politicai    View    of  the    present    state  of  Surinam  in 

Sòuth-America.   London,  178 1,  in   8.0 
Beschryvingé  van  Guyana  gelegen  van  het  vaste  kust  van  America.  Am- 
sterdam,  178  1,  in  8.° 
Brieven  over  het  bestaand  der  Colonien  Essequebo  end  Demerary.  Am- 
sterdam,  1788,  in  8.0 
Neueste  Nachrichten  von  Surinam,  von  J.  F.   Ludwig,  herausgegeben  mit 

Ammerkungen  von  Ph.  F.   Binder.  Jena,   1788,  in  8.° 
Eine  besonders  merkwurdige  Beise  von  Amsterdam  mach  Surinam,  und 
zuriìck  nack  Bremen  in  den  Jahren   1783  und   1784,  von  B.  M*  Pe- 
ters.  Brema,   1788,  in  8.° 
"Voyage  à  la   Guyane  et  à  Cayenne,  fait  en   1789  etc.  par  L.  M.  B.  Ar- 

mateur,  avec  des  cartes  et  des  figures.  Paris,   1789,  in-8.° 
Beschruibung  seiner  Beise   nach  Bio  de  Berbice  und  Surinam.  Memmin- 

gen,   1789,  in-8.° 
Beschryvingé  van  de  rivier  en  colonie  van  Berbice.  Amsterdam,  in  4-u 
Neue  Beise  nach  Cayenne  eie.  von  G.  Leipùc,  1795,  in-8.° 
Voyage  à  Surinam  et  dans  l'intèrieur  de  la  Guyane  etc  avec  des  dètails 


DEGLI    ABITATOMI    TÌT.IA.L    fiUJAfti  Io3 

Relazione  di  Biet. 

Egli  ce  li  dipinse  in  tutta  la  loro  primitiva  semplicità  nella 
relazione  del  suo  viaggio,  il  cui  titolo  ci  annunzia  che  allo  sta- 
bilimento Francese  nella  picciola  isola  di  Cajenna  si  dava  da 
principio  il  pomposo  e  ridicolo  nome  di  Francia  equinoziale. 

Relazione  di  Barrare. 

Dobbiamo  pur  essere  obbligati  a  Barrère  non  solo  per  le  sue 
osservazioni  sulla  storia  naturale  di  queste  contrade,  ma  ben  an- 
che per  le  esalte  descrizioni  degli  stromenti  degli  indigeni,  delle 
loro  armi ,  de'  loro  costumi ,  e  delle  loro  opinioni  religiose. 

Relazione  di  Fermin. 

Anche  la  storia  naturale  dell"  Olanda  equinoziale  fa  trattata 
con  molta  estensione  ed  intelligenza  uell' opera  di  Fermin,  il  quale 
però  si  restrinse  di  troppo,  e  mostrò  molta  circospezione  in  tutto 
ciò  che  risguarda  il  governo  civile  e  politico  della  colonia.  Egli 
dimostrò  altresì  ben  poca  filosofia  nella  sua  disamina  sulla  schia- 
vitù de' Negri,  sforzandosi  coli'  appoggio  della  Sacra  Scrittura  di 

sur  les  Indiens  de  la  Guyaue  et  sur  les  Nègres  ,  par    le  capitarne  J. 
G.  Stedman,  traduit  de  1' Anglais  par  P.  F.  Henri  etc.  Paris,  1799, 

5  voi.  iu  8.° 
Oollection  de  44  planches  gravèes  en  tuille-douce  par  Tardieu  l'ainè,  con- 

tenante  des  vues,  des  marines ,  des  cartes  gèographiques,  des   plans , 

des  portraits,  des  costumes  etc.  dessinèes  sur  les  lieux  par  1'  auleur. 

Ibid.  gr.  in  4-°  Trad.  in  Italiano  dal  C.ivalier  Borghi  ec.  Milano,  1818, 

4  voi.  in   12. 
Description  abrègèe  de  la  Guyane  Francaise,  par  M.  Leblond ,  correspon- 

dant  de  1'  Institut  avec  urie  carte  dressèe  pai  M.  Poirson. 
Tableau  de  Cayenne  ou  de  la  Guyane    Francaise ,    contenat    des    rensei- 

gnemens  et  acts  sur  son  climat,  ses  productions*,  les  naturels  du  peys, 

les  diffèrentes  ressources  que  l'on  y  trouve  etc.  Paris ,  1799^  iu  8.° 
La  France  èquinoxìale,  ou  Exposé  souimaire    des    possessions    de    la   Rè- 

publique  Francaise  sous  l'èquateur,  par  Mongrolle.  Paris,  1800,  in  8.° 
Voyage  des  Missionnaires  à  Surinam  et  là  Berbice ,  chez  une  nation    de 

Nègres  libres  sur  les  bords  du  Surinam,  par  j.  M.  Riaerier  (in  Tede- 
sco) Zittau,  i8o5,  in  8.° 
"Voyage  dans  le  forèts  et  les  rivieres,  de  la  Guyane  ,  per  Mons.  Malouet, 

(Iuserito  nelle  Memorie  sulle  Colonie  pubblicate  dallo  stesso  autore) 

Paris,  i8o3,  Tom.  III.,  in  8.° 
Voyage  à  Giyenne,  dans  le  deux  Amèriques  et  cbez  les    anthropophages 

conteriant  la  liste  generate  des  dèp'ortès  etc.  etc.  par  Louis-Ange  Pitou 

eie.   Paris,    i8o5,   2   voi.   in  8.° 


104  COSTUME 

provarne  la  legittimità.  Questo  errore  però  del  suo  giudizio  me- 
rita più  scusa  che  la  sua  dissimulazione  sul  governo  tirànnico  dei 
coloni  Olandesi  verso  i  loro  schiavi  ;  ma  1'  umanità  offesa  da  que- 
sto colpevole  silenzio  fu  ben  vendicala  nella  relazione  di  Sted- 
man.  Nessuno  può  negare  che  rabolizioue  della  tratta  dei  Negri 
sostituita  dalla  cupidigia  europea  ai  distretti  indigeni  dell'  Ame- 
rica non  sia  P  atto  forse  più  notabile  che  comprendasi  nelle  tran- 
sazioni politiche  del  secolo  XIX.  ,  perciocché  esso  toglie  final- 
mente di  mezzo  il  più  barbaro  abuso,  di  che  l'avarizia  e  la  vio- 
lenza avessero  mai  dato  spettacolo  al  mondo. 
Relazione  di  Stedman. 

Or  nel  viaggio  del  capitan  Stedman  si  dimostra  con  lunga  se- 
rie di  fatti ,  cpianto  P  atto ,  di  cui  parliamo ,  sia  giusto  ed  op- 
portuno. Nessuna  pagina  dell1  antica  storia  presenta,  in  proposito 
di  schiavitù  e  di  schiavi ,  le  atrocità  inumane ,  che  popoli  fra 
moderni  vantati  de'  più  colti  si  sono  permesse  per  tre  secoli  con- 
tro una  infinita  massa  d'  innocenti ,  nei  quali  era  delitto  il  ricor- 
dare d'  essere  uomini.  11  quadro  che  di  queste  atrocità  ci  offre  il 
capitano  Stedman  guiderà  chiunque  abbia  sensibilità  d'  uomo  a 
benedire  codesta  deliberazione,  che  va  a  formare  una  delle  più 
grandi  epoche  negli  annali  del  genere  umano.  E  fra  quanti  scrit- 
tori in  diversi  tempi  alzarono  la  voce  contra  la  iniquità  della 
tratta  dei  Negri ,  dee  considerarsi  il  capitano  Stedman  per  uno 
dei  più  benemeriti}  perciocché  i  fatti  creano  persuasione  più  d'ogni 
perorazione  qualunque.  E  sulle  intenzioni  di  lui  rispetto  a  quanto 
narra  intorno  alla  condizione  de'  Negri  nella  Gujana  ,  come  sul 
carattere  della  descrizione  che  ha  fatto  di  questo  gran  paese  , 
udiremo  ciò  che  a  questo  proposito  lo  stesso  capitano  Stedman  ha  di- 
chiarato annunciando  il  suo  viaggio.  »  Io,  dice  egli,  mi  sono  inge- 
gnato di  disporre  le  diverse  parli  di  quest'opera  in  modo  da  procu- 
rar piacere  ed  istruzione  insieme.  Né  ho  aggiunto  cosa  del  mio: 
che  la  sola  verità  mi  è  bastante  all'  uopo.  Tracciando  i  vatj  ca- 
ratteri di  Ispettore ,  di  un  Negro  marone ,  di  un  piantatore  e 
di  uno  schiavo  ho  voluto  dimostrare  la  benevolenza  e  l'umanità 
da  un  lato,  e  svelare  dall'altro  la  tirannia.  Lo  storico,  lo  studioso 
della  natura,  il  guerriero,  il  negoziante  troveranno  forse  piacere 
scorrendo  l'opera  mia.  Io  non  presento  al  lettore  che  un  semplice 
racconto,  produzione  di  un  uffiziale  che  si  servì  della  sua  spada, 


DEGLI    ABITATORI    DELLA   GDJARA  Io5 

che  impiegò  la  sua  penna  e  la  sua  matita  sui  luoghi  stessi  dVquali 
parla  :  circostanza  forse  delle  più  rare.  In   quanto    alle    inaudite 
crudeltà,  di  cui  fo  più  d'una    volta    memoria   dolentissima,    ba- 
sterammi  il  dire,  che  pubblicandole  non  ho  avuto  altro    motivo, 
che  di  lare  che  in  avvenire  non  ne  succedano  ec.  »>  I  doveri  però 
del  capitano  Stedman  ,  così  1'  eruditissimo  signor  Cavaliere  Borghi 
che  tradusse  in   Italiano  il  detto  viaggio,  non  gli  hanno  permesso 
di  vedere  della  Gujana  che  una  sola  ed  assai    limitata    frazione} 
la  colonia  Olandese  del  Surinam.  Egli  ha  osservato  con  criterio, 
ha  descritto  con  fedeltà  ed  ha  parlato  di    ogni    cosa  ,   compresovi 
lui  medesimo,  con  prineipj  e  con  intenzioni  che  suppongono  un 
raro  concorso  di  sensibilità,  d'istruzione  e  di  franchezza    di    ca- 
rattere. La  relazione  del  giovane  viaggiatore  e  militare  è    di    un 
genere  tale  da  soddisfare  a  tutte  le  viste  del  fisico ,  del  naturali- 
sta, del  politico. 
Supplimento  del  Cavalier  Borghi  al  viaggio  di  Stedman. 
Il  solo   desiderio,    e   non    irragionevole,    che  potrebbe  risve- 
gliarsi nel  lettore,  sarebbe  quello,  che  dopo  di  essere  stato  trat- 
tenuto lungamente  sopra  un  punto  solo  di  un    vastissimo   paese, 
gli  si  porgesse  qualche  rapido  cenno  anche  delle  altre  parti.   Una 
si  ovvia  considerazione  ha   dato  luogo    all'  eccellente    supplimento 
del  suddetto  traduttore,  sulle  altre  parti  della  Gujana  né  visitate 
né  descritte  da  Stedman.  Essa  versa    i.°  sugli  altri    possedimenti 
Olandesi  della  Gujana}  2,.0  sulle  altre  parti    meno    frequentate    e 
conosciute  della  medesima  contrada,  cioè  la  Gujana   Spagnuola  e 
Portoghese^  3.°  sulla  Gujana  Francese}  4-°  finalmente   sulla    let- 
teratura e  sulT  industria  dei  Negri.  I  materiali  di    questo  lavoro 
sono  trattati  dalle  più  sicure  fonti ,  e  raccolti  e  disposti  con  quella 
critica  e  con  queir  ordine  che    sogliono    distinguere   i  più  dotti 
scrittori. 
Relazione  anonima  intitolata  :  Il  Quadro  di  Ca Jenna  ec. 

Dopo  il  viaggio  di  Stedman  merita  speziai  menzione  l'opera 
anonima  intitolata:  77  Quadro  di  Cajenna  o  della  Gujana  Fran- 
cese ,  in  cui  l'autore  dopo  di  aver  dato  un'idea  generale  della 
Gujana  passa  alla  particolare  descrizione  della  Gujana  Francese 
dando  esatte  notizie  del  clima,  della  coltivazione,  delle  produ- 
zioni, e  della  storia  naturale  del  paese.  Il  suo  pennello  venne  al- 
tresì impiegato  nel  rappresentarvi  le  usanze  particolari  de'  coloni, 


106  COSTUME 

la  condizione  dei  Negri  elle  vi  furon  trasportati,  e  i  costumi  de- 
gli indigeni.  Questo  quadro  dell'  isola  di  Gajenna  è  una  produ- 
zione tanto  più  da  apprezzarsi  in  quanto  che  l' autore  trattando 
un  soggetto,  di  cui  si  era  già  tanie  volte  parlato,  ha  saputo  in 
certa  qnal  maniera  ringiovanirlo  con  un  gran  numero  di  nuove  ed 
importanti  osservazioni. 

Viario  di  Malouet. 

II  viaggio  nelle  foreste  e  sui  fiumi  della  Gujana  di  M.  Mà- 
iouet  è  un  picciol  volume  che  più  di  molte  altre  estese  relazioni 
ci  dà  esalte  notizie  della  Gujana  ed  in  ìspezie  dei  popoli  indigeni 
di  questa  vasta  contrada  appellata  Galibi.  Esso  è,  per  così  dire, 
un  rapido  ma  penetrante  colpo  d'Occhio  di  un  amministratore  il- 
luminato, di  un  diligente  osservatore  ,  di  un  filosofo  imparziale. 
Questa  relazione  è  scritta  con  uno  stile  in  cui  la  concisione  e  la 
profondità  non  vanno  disgiunte  da  una  grande  sensibilità. 

piaggio  a  Pitou. 

Finalmente  le  poche  notizie  sulla  Gujana  dateci  da  Pitou  nel 
suo  viaggio  a  Gajenna  oltre  il  contenere  quasi  nulla  di  nuovo  > 
sono  ben  anche  affogate  in  un  caos  di  poco  importanti  avven- 
ture ,  e  scritte  altresì  con  molta  negligenza.  Trovatisi  cionono- 
stante in  tale  relazione  alcuni  aneddoti  curiosi  sui  deportati^ 
che  possono  avere  qualche  interesse  nella  storia  della  rivoluzione 
Francese* 


DESCRIZIONE  GENERALE  DELLA  GUJANA 


Situazione  e  confini  della  Gujana. 

JLia  Gujana,  dice  Sledman  cap.  II.  ,  lunga  circa  1226  miglia 
geografiche  e  larga  680  ,  è  situata  fra  8  gradi  ,  20  minuti  di 
longitudine  nord  ,  e  3  gradi  di  latitudine  sud  ,  e  fra  5o  e  70 
gradi  di  longitudine  ouest  dal  meridiano  di  Londra  nella  parte 
nord  est  del  sud  dell'America.  I  suoi  limiti  sono  il  Viapary  od 
Orenoco  al  nord-ouesti,  ed  il  Maranone,  ossia  il  fiume  delle  Ama- 
zoni  al  sud-est.  Il  nord  est  è  bagnato  dall'Oceano  Atlantico:  il 
Negro  ossia  il  fiume  Nero  contermina  la  sua  estensione  al  sud- 
ouest:  configurazione  topografica,  la  quale  forma  una  specie  d'i- 
sola e  separa  la  Gujana  dalla  Nuova-Granata ,  dal  Perù  e  dal 
Brasile. 

Coste. 

Le  coste  sono  per  ogni  dove  poco  elevate  ed  anche  per  la 
maggior  parte  sì  basse  che  il  flusso  le  cuopre  per  un'estensione 
di  più  leghe.  Non  si  scorgono  che  a  poca  distanza  i  capi  o  pro- 
ruontorj}  ciò  nondimeno  le  navi  vi  si  accostano  senza  pericolo,  poi- 
ché una  profondità  soggetta  ad  una  certa  regolarità  indica  in  modo 
quasi  uniforme  la  vicinanza  della  costa.  Le  acque  del  mare  fino  alla 
distanza  di  dieci  a  dodici  leghe  sono  torbide  a  motivo  della  gran 
belletta  che  vi  recano  i  fiumi. 

Terre  basse. 

Fra  le  terre  batse  quelle,  nelle  quali  le  acque  del  mare  ri- 
mangono stagnanti,  copronsi  di  paletuvjeri*  l'altre  inondate  sol- 
tanto dalle  acque  dolci  ,  producono  giunchi  e  servon  d'  asilo  ai 
caimani,  ai  pesci  ed  agli  augelli  palustri.  Queste  ultime  sono  ap- 
pellate savane  allagate}  le  savane  asciutte  producono  ottime  erbe 
da  pascolo  (1).  Sembra  che  quel  terreno  ,  composto  d'arena  ,  di 

(1)  Bajon  ,  Mémoires  sur  Cayenne,  IL  ,  pag.  7.  Pihard  ,  Notes  oa 
West  India,  Tom.  III.  pag.  388.  etc.  Leblond>  Description  abiégée  de  la 
Guyane  Francasse,  pag.   18. 


108  COSTUME 

fango,  di  conchiglie ,  sia  in  parte  prodotto  dal  mare,  che  in  ogni 
inondazione  vi  lascia  un  deposito,  e  che  formando  qua  e  là  muc- 
chi di  sabbia  va  inalzando  lentamente  quella  barriera  che  deve 
arrestarne  un  giorno  il  furore  (i). 

Terre  alte. 

Pare  che  alcuni  poggi  isolati  che  sorgono  di  mezzo  alle  terre 
basse  sieno  stati  isole  anticamente  j  le  successive  alluvioni  gli  av- 
volsero e  gli  unirono  al  continente. 
Montagne. 

Ma  a  quattro  e  più  ancora  a  dieci  leghe  dal  mare ,  incontratisi 
montagne  primitive  ,  quasi  tutte  grani  tose,  quarzose  o  sclxi stose  : 
le  rocce  calcarie  sono  sconosciute  alla  Gujana.  Le  piccole  mon- 
tagne sulla  costa,  distanti  d'ordinario  una  o  due  leghe  ,  hanno 
generalmente  la  loro  direzione  paralella  a  quella  della  costa  me- 
desima \  mentre  nell'  interno  non  trovami  che  montagne  isolate , 
le  quali  generalmente  si  presentano  a  guisa  di  piramidi  o  di  col- 
li (2).  Le  prime  intersecano  il  corso  ai  fiumi,  e  danno  origine  ad 
un  infinito  numero  di  cascale  d'acqua,  la  cui  elevatezza  è  varia 
dai  venti  ai  cinquanta  piedi.  Le  montagne  nel  l' interno  non  hanno 
ne' loro  più  alti  vertici  più  di  trecento  tese  d' altezza  sopra  il  li- 
vello del  mare  (3). 
Fiumi. 

I  fiumi  principali,  come  l'Oyapock,  il  Maroni ,  il  Surinam  e 
l'Essequibo  hanno  la  foce  larghissima  e  poco  profonda,  siccome 
avviene  ordinariamente  in  un  terreno  mobile  e  basso.  Le  loro  ca- 
teratte presentano  ben  di  rado  un  maestoso  aspetto.  L'  Oyapock 
ne  conta  otto  nello  spazio  di  venti  leghe }  il  Maroni  le  ha  meno 
numerose  ma  più  grandi}  l'Essequibo  non  ne  ha  meno  di  tren- 
tanove entro  un  piccolissimo  spazio.  Gli  stessi  caratteri  hanno  pure 
gli  altri  fiumi  che  sono  il  Demerari ,  il  Berbice ,  il  largo  Co  re  ri- 
tino, il  Sinamari,  l' Apruague  e  l'Aruari,  confine  per  alcuni  an- 
ni tra  i  Francesi  ed  i  Portoghesi.  Stedman  riferisce  che  nel  Maroni 
si  trova  spesso  un  curioso  sassolino,  conosciuto  sotto  il  nome  di 
Diamante  del  Maroni ,  il  quale  pulito    che  sia  rassomiglia  molto 

(1)  Leborde,  Journal  de  Physique,   1773  ,  Tom.  I.  pag.   4^4  e  te. 

(2)  Bajon,  Mémoires,  Tom.   I.   p.ig.    1  1. 

(3)  Leblond,  Descript ion  abregée,  pag.  55  etc. 


DEGLI    ABITATORI    DFXLA    GUINEA  IO9 

ad  un  vero   diamante  ,  e   quindi  se  ne  fanno  anelli  ed  altri  or- 
namenti. 

Clima. 

II  caldo  della  Gujana,  benché  posta  sotto  la  zona-torrida  al 
pari  della  Guinea,  è  però  più  terribile  di  quello  che  lo  sia  in 
detta  parte  della  costa  d'Africa.  I  raggi  cocenti  del  sole  sono  ivi 
temperati  ogni  giorno  da  venti  freschi  di  mare ,  laddove  nella 
Guinea  l' intensità  del  calore  è  aumentata  dal  vento  che  soffia 
continuamente  da  terra,  e  che  nel  suo  passaggio  attraversa  nu- 
merosi deserti  d'arena.  I  venti  d'est  ossieno  alisei,  che  dominano 
generalmente  fra  i  tropici  ,  sono  freschissimi  snlla  costa  della 
Gujana  fra  le  8  o  io  antimeridiane  e  le  6  della  sera }  punto  in 
cui  cessano,  e  dopo  appena  sentesi  il  soffio  del  più  lieve  zeffiro. 
Cotesti  venti  sono  susseguiti  da  folte  nebbie  e  da  vapori  esa- 
lanti dalla  terra  :  il  che  rende  le  notti  di  detto  paese  non  sol- 
tanto freddissime ,  ma  umide  altresì  ed  insalubri  (i).  Alla  Guja- 
na il  dì  non  varia  mai  più  di  [\o  minuti:  il  sole  spunta  sem- 
pre verso  le  6  antimeridiane ,  e  tramonta  all'  ora  medesima  di 
sera. 

Stagioni. 

L'anno  è  diviso  dalle  stagioni  del  bel  tempo  e  delle  piogge , 
le  quali  possono  chiamarsi  la  state  e  1'  inverno  ,  siccome  quelle 
del  caldo  e  del  freddo  in  Europa.  Havvi  però  una  notabile  diffe- 
renza ,  e  si  è  che  la  Gujana  ha  tutti  gli  anni  due  state  e  due 
inverni  distinti  l'uno  dall'altro  colla  denominazione  di  grande  e 
picciolo^  non  perchè  il  caldo  sia  meno  sensibile,  o  che  le  piogge 
sieno  meno  violente  in  questi  ultimi ,  ma  perchè  si  suppone  che 
la  durata  loro  sia  minore  della  metà.  Tuttavia  questa  distinzione 
sembra  più  immaginaria  che  reale  rispetto  alle  stagioni  delle  piog- 
ge, perciocché  non  ricorrendo  se  non  se  quando  il  sole  è  verti- 
cale, circostanza  ,  la  quale  in  vicinanza  alla  linea  ha  luogo  due 
volte  all'anno,  e  per  un  tratto  di  tempo  uguale  }  è  probabile, 
che    la  loro   durata  debba   essere  identica  nelle  due  stagioni.  La 

(i)  Il  termometro  di  Reaumur  a  djenna,  secondo  Baion,  Tom.  I  pag. 
6,  sale  a  28  nella  stagione  asciutta,  ed  a  24  nella  piovosa.  Il  signor  Cotta 
(Memoires  de  Meteorologie,  Tom.  II)  indica  per  Surinam  termini  che 
sembrano  ancora  più  bassi  cioè:  25  gradi  8  minuti  p^l  nusiumin  medio 
del  caldo,  e  20  pel  caldo  medio  dell'anno. 


HO  COSTUME 

differenza  fra  le  due  stagioni  del  bel  tempo  consiste  in  questo, 
che  la  grande  comincia  al  Surinam  spesso  in  ottobre,  al  momento 
in  cui  il  sole  attraversa  l'equatore  per  passare  al  tropico  del  ca- 
pricorno, ed  allora  un  caldo  opprimente,  accompagnato  da  una 
continua  siccità,  domina  sino  al  ritorno  di  quest'  astro  in  marzo. 
Cadono  indi  piogge  copiose  e  non  interrotte  sino  al  mese  di  giu- 
gno, in  cui  il  sole  si  è  inoltrato  verso  il  tropico  del  cancro;  suc- 
cede poscia  una  breve  stagione  di  calore,  la  quale  dura  sino  al 
mese  di  luglio  ,  seguita  nuovamente  da  piogge  sino  al  mese  di 
ottobre,  ed  in  siffatto  modo  compiesi  la  rivoluzione  annuale  delle 
stagioni.  Noi  abbiamo  indicate  alcune  epoche  nella  mutazione  delle 
stagioni  alla  Gujana;  è  però  necessario  riflettere  ch'esse  non  sono 
assolutamente  periodiche,  e  che  variano  come  in  Europa.  Queste 
variazioni  sono  sempre  annunziate  da  lampi  e  tuoni  violentissimi 
che  durano  per  più  settimane,  e  che  bene  spesso  riescono  funesti 
al  bestiame  ed  anco  agli  abitatori. 

Malattie. 

Si  è  troppo  detratto  di  quel  clima  quanto  alla  sua  salubrità. 
Esso  ha  i  doppj  inconvenienti  proprj  di  tutti  i  paesi  incolti,  co- 
perti di  boschi  o  di  pantani,  e  di  tutti  i  paesi  umidi  e  caldi  (i). 
Le  malattie  che  assalgono  gli  Europei  che  vi  giungono  per  la 
prima  volta,  sono  febbri  continue:  il  taglio  delle  piante  ultima- 
mente fatto  è  quello  che  più  espone  la  salute  de' nuovi  coloni.  11 
sole  sviluppa  così  i  miasmi  esalati  da  un  terreno  formato  di  avanzi 
di  vegetabili  accumulati  da  secoli;  ma  non  ci  ha  questo  pericolo 
che  ne'  primi  anni.  Le  terzane,  e  doppie  terzane  che  regnano  abi- 
tualmente nel  paese  sono  incomode,  ma  poco  pericolose.  Le  epi- 
demie sono  rarissime,  e  vi  fu  estirpato  il  vajuolo. 

Inondazioni. 

Le  inondazioni  della  Gujana  presentano  al  viaggiatore  un 
aspetto  curioso  :  tutti  i  fiumi  gonfi  per  continue  piogge  traripano; 
tutti  i  boschi  cogli  immensi  loro  tronchi,  coi  loro  labirinti  di  ar- 
busti, colle  loro  ghirlande  di  liane,  ondeggiali  sull'  acqua.  Il  mare 
congiugne  i  salsi  suoi  flutti  alle  acque  correnti  che  vi  recano  un 
fango  giallo;  i  pesci  di  mare,  gli  uccelli  acquatici,  i  caimani  si 
spandono  da  per  tutto  ;  i  quadrupedi   sono    obbligati  a  rifuggirsi 

(i)  Lcblondf  Traitédela  fievre  iaune,  pag.  221  etc. 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJAKA  I  I  I 

altrove*,  e  sull'  alto  degli  alberi  a  canto  alle  simie  che  van  facendo 
le  loro  capriuole,  veggonsi  correre  enormi  lucertole^,  gli  aguti,  i 
pecari  usciti  dai  loro  inondati  covili.  L'indigeno  che  nel  suo  bat- 
tello scorre  in  mezzo  a  quel  nuovo  caos  non  trova  che  a  stento 
un  angolo  ove  riposare. 
Vegetazione,  alberi  da  frutto. 

In  tutto  V  anno  si  han  sempre  diversi  ricolti  di  frutta*,  ma 
gli  alberi  che  ne  producono  continuamente  ne  danno  in  abbon- 
danza solamente  in  certi  dati  tempi  che  sembrano  essere  1"  epoche 
destinate  al  ricolto:  tali  sono  gli  aranci,  i  limoni,  i  peri,  laurus 
persea  (i),  la  saputiglia,  il  popone  corossol,  e  parecchie  altre 
specie  che  non  producono  se  non  coltivate.  Gli  alberi  che  cre- 
scono spontanei  nelle  foreste  non  producono  che  una  volta  l'an- 
no, e  per  la  maggior  parte  in  quei  mesi  che  corrispondono  alla 
primavera  d'Europa*,  tali  sono  il  fruito  della  palma,  quello  del 
mari-tembur ,  del  prugno  mombain  ed  altri.  Fra  gli  alberi  da 
frutto  trasportati  d'  Europa,  solo  tre  riuscirono  generalmente,  cioO: 
la  vite,  sebbene  le  uve  marciscano  in  tempo  delle  pioggie  e  sieno 
divorate  nell'estate  da^li  insetti,  il  melagrano  e  più  di  tutti  il  fico. 
Gli  alberi  da  frutto  delle  Indie  Orientali,  come  il  mangliere  ed  il 
giambosiere  vi  allignano  assai  meglio. 
Alberi  da  droghe. 

Innanzi  V  arrivo  degli  Europei  la  Gujana  possedeva  tre  specie 
di  caffé,  la  coffèa  Gujanensis  ,*  la  paniculata  e  V  occidentale \ 
ma  vi  si  introdusse  il  caffè  d'  Arabia.  Vi  si  trasportò  anche  con 
ottima  riuscita  la  cannella,  il  garofano  e  la  noce  moscata:  sonovi 
varie  specie  di  pepe  (2),  ed  il  caccao  nasce  spontaneo  a  le- 
vante dell' Oyapok.  Vi  sono  indigeni  l'indaco  e  la  vainiglia-,  e  fra 

(r)  La  pera  del  lauras  persea,  cosi  Stedman.  Tom.  II  pag  74.  Tra- 
duzione Italiana  ,  è  grossa,  ed  è  a  parer  mio  il  frutto  più  saporito  di  tutti 
quelli  che  sono  conosciuti  nella  colonia,  e  forse  nel  mondo.  Giallo  ne  è 
l'interno,  e  la  mandorla  è  inviluppata  in  una  specie  di  pelle,  rome  lo 
è  la  castagna.  La  sua  polpa  è  sì  nutriente  e  salubre,  che  taluni  la  chia- 
mano midollo  vegetale  ,  e  si  mangia  spesso  con  pepe  e  sale.  Io  crederei  di 
doverla  paragonare  alla  pesca,  al  pari  di  questo  frutto  si  scioglie  es'-a  in 
bocca;  è  meno  dolce,  ma  senzaparagonepiusquisita.il  laurus  suddetto 
è  una  pianta  alta  più  di  4°  piedi  che  rassomiglia  molto  al  noce. 
(2)  dublet,  Plantcs  de  la  Guy  ano,  Tom.  I  pag.  21. 


112  COSTUME 

le  piante  alimentari  del    paese    il    manioco    amaro    ed    il    ca-ma- 
nioco  (i)  tengono  il  primo  posto:  gli  ignami,    le    patate,    le    ta- 
yove,  due  specie  di   miglio  somministrano  un    altro   abbondante 
alimento. 
Piante  medicinali. 

La  Gujana  ha  dato  alla  medicina  la  preziosa  quassia,  radice 
di  un  arboscello  riguardata  come  efficacissima  per  corroborare  lo 
stomaco  e  ridonare  l1  appetito  ,  e  che  a  detta  qualità  unisce  pur 
quella  di  essere  un  esimio  febbrifugo  (2).  L' eruditissimo  signor 
Conte  Castiglioni  nella  sua  Sfuria  delle  piante  forestiere  più  im- 
portanti ci  lasciò  uu'  esatta  descrizione  di  questo  arbusto ,  per  la 
moltiplicità  de'  suoi  fiori  e  pel  vario  colore  delle  sue  foglie  bel- 
lissimo a  vedersi,  e  che  potrebb'  essere  di  grande  ornamento 
ne' giardini  (3).  Stedman  ebbe  il  piacere  di  conoscere  il  famoso 
Graman-Quacy  che  nel  1780  scoprì  la  detta  preziosa  radice,  la 
quale  prese  poi  il  nome  del  medesimo  (legno  di  quassia ,  o  qua- 
cy).  Codesto  Africano  (egli  era  nativo  della  costa  di  Guinea)  si 
presentò  a  Stedman  col  beli' abito  e  colla  medaglia  d'oro  di  cui 
il  principe  d'Orange  gli  aveva  fatto  dono:  egli  disegnò  il  ritratto 
di  quest'uomo  colla  sua  testa  canuta  e  col  suo  vestito  scarlatto  e 
turchino,  gallonato  d'oro,  e  noi  ve  lo  presentiamo  nella  Tavola 
58  ,  unitamente  alla  figura  del  dello  arbusto  quale  trovasi  dise- 
gnata nella  citata  storia  del  signor  Conte  Castiglioni.  Molti  altri 
vegetabili  producono  sughi  amari  ed  astringenti  di  grande  utilità 
medica ,  come  il  dolichos  pruriens ,  la  mammola  ytonbu  specie 
d'  ipecacuana ,  la  noce  d'  olio  di  castoro ,  il  costus  arabico ,  la 
polalea  amara:  se  ne  troveranno  i  nomi  nella  Memoria  de' signori 
liajon  e  Aublet.  Fra  le  gomme  e  resine  merita  menzione   la  gom- 

(1)  Bajon,  Voi.  I  Memoire  XV  ;  ma  Aublet ,  Tom.  II  Memorie  III  di- 
stingue cinque  sotto-specie  di  manioco  proprio  o  velenoso. 

(2)  Schlegel- ,  Tromsdoiff,  Paarmann  o  Murray  hanno  parlato  dell'ef- 
ficacia medicinale  della  quassia,  ed  i  primi  tre  in  particolare  ne  hanno 
fatto  1'  analisi  chimica.  Tutte  le  sue  parli  ;  cioè  corteccia  ,  legno,  foglie , 
fiori  ec,  sono  di  un'amarezza  energica,  ed  alla  quale  non  si  accosta  quasi 
nessuna  delle  droghe  finora  conosciute.  Ma  la  scorza  della  radice,  i  fiori 
ed  i  semi  sono  le  parli ,  in  cui  1'  amarezza  delle  piante  risiede  per  ec- 
cellenza. 

(3)  Vedi  il  tom.  Ili  pag.  181  ,  ed  il  dolt.  Fermili  nella  descrizione 
storica  e  geografica  del  Surinum. 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJAflA  Il3 

ma  capahu  o  capivi.  Il  laborioso  medico  Leblond  vi  cercò  in 
vano  la  chinachina  perfino  sulle  montagne  dell'  interno.  Quel  ve- 
getabile non  potè  passare  a  traverso  le  basse  pianure  che  circon- 
dano ed  isolano  l'altipiano  della  Gujana, 

Seleni. 

Ma  presso  a  quegli  arbusti  salutari  le  selve  della  Gujana  ce- 
lano i  più  terribili  veleni.  La  duncana  è  un  arboscello  che  dà 
immantinente  la  morte  a  quell'animale  che  ne  mangia  ,  e  vuoisi 
che  l'istinto  non  insegni  agli  animali  ad  astenersi  da  quella  pianta 
fatale  (i).  Gli  effetti  del  veleno  vegetale  detto  wurara  sono  tali, 
secondo  Stedman,  che  un  bambino  morì  subitamente  per  avere 
succhiato  il  latte  della  madre  un  istante  dopo  che  era  stata  col- 
pila  da  una  freccia  avvelenata. 

Alberi  delle  foreste. 

Fra  gli  alberi  delle  foreste  della  Gujana,  alcuni  molli  e  spu- 
gnosi, come  il  banano  ed  il  paletuviere ,  non  servono  che  ad  ac- 
cendere il  fuoco}  altri  estremamente  duri ,  incorruttibili  e  suscet- 
tivi del  più  bel  lucido,  han  l' inconveniente  di  resistere  alla  sega 
e  agli  altri  stromenti  ;  tali  sono  l'ualapa,  il  balata  e  l'angelin. 
Qualche  altra  specie  che  s'accosta  a  questi  dà  maggior  presa  agli 
stromenti:  disti nguonsi  il  ferolo  chiamato  anche  legno  serico}  la 
Vicaria  che  tenera  ancora  ,  porta  il  nome  volgare  di  legno  di 
rosa  ,  e  vecchia  è  falsamente  chiamata  dai  coloni,  come  se  fosse 
un  albero  diverso,  col  nome  di  sassafrasso  (2)}  due  specie  (Pirica, 
che  onoransi  del  titolo  di  cedro  nero  e  bianco j  il  bagassiere,  il 
tui-mari  e  l'acaju.  Le  selve  della  Gujana  presentano  un  aspetto 
importante  e  vario:  il  maestoso  panax  monototoni,  la  bignonia 
copaia,  il  norante  giungono  fino  ad  ottanta  e  cento  piedi  d'altezza: 

(1)  La  massima  parte  dei  montoni  (così  Stedman,  Tom.  II.  pag.  106 
traduzione  italiana  )  furono  sgraziatamente  avvelenati  nel  mangiare  di  una 
pianta,  dai  Negri  appellata  duncana.  Duolmi  di  non  aver  osservato  più 
attentamente  codesta  pianta.  Ecco  tutto  ciò  che  dir  ne  posso.  Essa  è  un 
arbusto  di  larghe  foglie  verdi:  cresce  spontaneamente  ne' luoghi  bassi  e  pa- 
ludosi, e  produce  sul  fatto  la  morte  di  ogni  animale  che  ne  mangia. 
Quindi  gli  schiavi  hanno  una  particolare  cura  di  svellerla  dai  pascoli, 
perciocché  pretendesi  che  i  buoi  ed  i  castrati  ne  siano  ghiotti,  non  ostante 
che  l' arbusto  in  questione  sia  loro  nocivo  ec. 

(2)  Aublet ,  Tom.  II,  all'articolo  Vicaria. 

Cost.  Voi.   IV  deW  America.  8- 


Il4  COSTUME 

il   faramiere,  l'urrata,  il  mayepo  spandono  un  odore  balsamico  a 
grande  distanza. 

Liane  ec. 

Le  liane  e  gli  arboscelli  rampicanti  abbelliscono  i  boschi,  ma 
li  rendono  sovente  impenetrabili;  il  murucu  od  il  raalaui  coi  loro 
rami  sermentosi  s'avviticchiano  ai  tronchi  ed  ai  rami  degli  albe- 
ri,  e  1'  unipari  ed  il  ruharaon  ,  uno  colle  sue  spine  adunche  , 
T  altro  co' suoi  viticej,  salgono  fino  alle  cime  degli  alberi  più  al- 
ti. Veggonsi  grappoli  di  fiori  pendere  da  tutte  le  parti  di  qualche 
albero  le  cui  proprie  foglie  scompajono  quasi  del  tutto  sotto  quegli 
estranei  ornamenti  (i).  Potremmo  ancora  annoverare  una  molti- 
tudine d'altri  alberi  utili  e  curiosi,  come  la  simia,  che  dà  una 
bella  tintura  rossa;  il  cotone  selvatico  che  ha  talvolta  dodici  piedi 
di  circonferenza,  e  del  quale  si  fabbricano  grandissimi  canotti  ;  il 
patavua  che  forma  un  grande  ombrello,  ed  un  solo  dei  quali  serve 
di  tetto  ad  una  capanna  per  venticinque  persone;  il  vuay  le  cui 
grandi  foglie  servono  a  coprire  le  abitazioni,  e  resistono  per  molti 
anni  alle  ingiurie  del  tempo. 

Quadrupedi. 

I  quadrupedi  della  Gujana  non  differiscon  da  quelli  del  Pa- 
raguay e  del  Brasile. 

L?  jaguar. 

L'jaguar,  dice  Stedman  (2),  che  da  alcuni  autori  venne  rap- 
presentato come  debole,  dispregevole  e  della  grossezza  di  un  le- 
vriere è  all'oppòsto  vigorosissimo,  e  assai  pericoloso  e  feroce: 
la  sua  lunghezza  presa  dal  muso  all'origine  della  coda  è  talvolta 
di  sei  piedi,  è  di  un  colore  arancio-cupo  ed  ha  il  ventre  bianco 
e  la  schiena  segnata  da  strisce  nere  longitudinali:  la  sua  forma 
rassomiglia  in  tutte  le  parti  a  quella  della  tigre  africana  :  divora 
un  montone  o  una  capra  colla  facilità  stessa  ,  con  cui  il  gatto 
uccide  un  sorcio.  Nemmeno  le  vacche  e  i  cavalli ,  malgrado  del 
loro  volume,  sono  al  sicuro  del  suo  furore  :  spesso  gli  assale  nelle 
piantagioni,  e  benché  pel  loro  peso  non  possa  strascinarli  nelle 
foreste,  gli  strazia,  crudelmente  e  li  fa  in  brani,  unicamente  per 
succhiarne  il  sangue  di  cui  è  sempre  sitibondo. 

(1)  Aublet,  Tom.  I  pag.  172. 

(2)  Tom.  II  p;ig.  265,  traduzione  italiana. 


DEGLI     ABITATORI    DELLA    GUJANA  ll5 

Il  cuguar. 

Il  secondo  animale  dell1  identico  genere  è  il  cuguar,  chiamato 
si  Surinam  la  tigre-rossa:  esso  è  meo  grosso  del  jaguar,  ne  è 
più  agile  ed  ha  l'eguale  ferocia  :  la  sua  pelle  è  di  un  rosso-bruno; 
il  petlo  e  la  pancia  sono  di  un  bianco-smorto;  ha  il  pelo  lungo 
e  non  macchiato;  la  sua  testa  è  picciola  con  due  occhi  sporgenti 
e  sfavillanti:  ha  i  denti  assai  larghi,  il  corpo  sottile  e  le  gambe 
lunghe  armate  di  orribili  artigli  biancastri.. 
Gatto-tigre  ec. 

Un  terzo   animale    dello   stesso   genere,   ma    bellissimo,  è  il 
gatto-tigre  che  quivi  è  grosso  come  un  gran  gatto:  il  suo  colore 
è  di  un  bel  giallo  macchiato  di  piccioli  nei  col  contorno  nero,  il 
pelo  è  finissimo  e  si  fa  mollo  conto  della  sua  pelle:   nel   resto  è 
tanto  feroce  e  sitibondo  di  sangue  quanto  i  precedenti.   Secondo 
Stedrnan   il  jaguaretto  di  un  color  nerastro  con  macchie  più  nere 
sarebbe  un  quarto  animale  della  suddetta  specie;    ma  ciò  è  con- 
trario all' opinione  oggidì  invalsa,  che  fa  che  i  naturalisti  riguar- 
dano jaguar  e  jaguaretto  come  sinonimi.  Gli  orsi  formichieri  sono 
giudicati,  dopo  il  tapiro,  i  più  grandi  quadrupedi:    le  due  specie 
meglio  conosciute  sono  il  tamuanda  ed  il  tamanoir\   questo  ha 
qualche  volta  otto  piedi  di   lunghezza  dalla  testa  alla  coda  ,  si  di- 
fende colla  sue  branche  contra  il  jaguar,  e  se    riesce  a  stringere 
quel  suo  nemico  fra    le  zampe  non    l'abbandona    che    ucciso.  Il 
cane  grachivoro  non  vive  che  sulla  spiaggia   del  mare,  e  fa  uso 
delle  zampe,  quasi  come  l'uomo  delle  mani,  per  eslrarre  i  gran- 
chi dal  loro  buco. 
Simie  ec* 

Fra  le  numerosissime  famiglie  delle  simie,  si  distingue  il  co- 
pta ,  che  s'attacca  ai  rami  colla  sua  lunga  coda  attorcigliata  a 
spirale,  il  picciolo  e  bel  saki-winski ,  appellato  tamarin  da  al- 
cuni Francesi;  il  dolce  ed  amabile  kisi-hisi,  e  molti  altri  cui 
sarebbe  troppo  lunga  cosa  l'annoverare.  Alcuni  naturalisti  dicono 
clre  trovisi  nella  Gujana  V  urang-urang,  ma  non  si  può  asserir 
ciò  con  sicurezza.  Delle  tre  specie  di  cervi  il  cariacu  s'accosta 
per  forma  e  grandezza  al  capriuolo  d'Europa.  L'aguti  è  il  mi- 
gliore e  più  comune  salvatico,  sebbene  si  preferisca  tuttavia  la 
carne  del  paca:  il  cabiai  (i)  soggiorna  in  riva  ai  fiumi  ed  ai  la- 
(i)  Stedrnan,  Tom,  III.   pag.  97,  traduzione  Italiana. 


Il6  COSTUME 

gin,  e  per  le  setole  e  le  sanne  è  simile  al  majale}  ma  è,  come 
1*  aguti  ed  il  paca,  del  genere  cavia.  Il  tajasu  o  porco  di  bosco, 
animale  assai  diverso  dal  nostro  ruajale,  va  in  grandi  frotte.  Passa 
senili  scomporsi  attraverso  i  giardini  e  le  corti  ed  anche  attraverso 
le  file  di  un  esercito. 

Scojattoli  ec. 

Sembra  che  gli  scojattoli  mentovati  da  Bancroft  non  differi- 
scano sensibilmente  dalle  specie  conosciute  in  Europa.  Le  viverre 
sono  in  gran  numero  ed  assai  incomode.  II  coati ,  lungo  qualche 
volta  due  piedi ,  porta  via  con  tutta  facilità  le  oche  ed  i  polli 
d'India,'  il  grisone,  viverra  vittata,  detta  crabbodago  a  Suri- 
nam,  è  di  sì  feroce  carattere  che  senza  essere  stimolato  dalla  fa- 
me, mette  a  morte  qualunque  animale  in  cui  s'abbatta  e  che 
possa  abbrancare.  La  Gujana  possedè  parecchie  specie  di  tatù  e 
di  didelfi.  Stedman  nega  la  sussistenza  del  famoso  didelphus  ae- 
neas  che  in  caso  di  pericolo  porta  per  quanto  si  dice,  i  suoi 
piccini  sul  dosso.  Temesi  fra  i  pipistrelli  il  vampiro  della  Guja- 
na,  il  quale  ha  talvolta  due  o  tre  piedi  da  un'estremità  all'al- 
tra delle  ali  \  il  vespertilio  lepturus ,  descritto  e  figurato  da 
Schréber  non  è  stato  finora  trovato  che  nei  contorni  di  Surinam. 

Rettili.  Il  boa  o  aboma. 

Il  serpente  boa  di  Linneo  chiamato  aboma  al  Surinam,  così 
Stedman  (i),  allorché  è  giunto  all'intero  suo  sviluppo  ed  incre- 
mento, è  di  4°  piedi,  e  la  sua  circonferenza  di  oltre  l\:  esso  è 
interamente  coperto  di  squame  ,  alcune  delle  quali  hanno  la  forma 
di  uno  scellino.  Sotto  la  pancia  è  armato  di  acute  branche  ras- 
somigliantesi  agli  speroni  di  un  gallo,  le  quali  lo  ajutano  ad  af- 
ferrare la  sua  preda.  Esso  è  anfibio  ed  ama  le  terre  basse  e  pa- 
lustri ,  ove  appiattasi,  ravvolgendosi  circolarmente  a  guisa  di  un 
rotolo  di  corda  ,  sotto  i  frantumi  delle  piante  ,  sotto  foglie  ed  i 
licheni:  si  cela  così,  onde  prendere  il  suo  nemico  per  sorpresa, 
r>on  potendo  inseguirlo  a  motivo  del  suo  enorme  volume.  Quando 
è  affamato,  divora  qualunquesisia  animale  che  può  ghermire,  sia 
esso  un  cignale,  un  cervo  od  una  tigre:  si  avviticchia  intorno 
alla  sua  preda  in  modo  che  non  può  più  sfuggirli}  rompe  con 
una  forza  irresistibile  le  ossa  dell'animale  che  gli  serve  di  pasco- 

(\)  Idem.  Voi.  I.  png.  202,  ediz.  cit. 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJANA  li? 

lo,  e  per  rendere  ogni  brano  più  scorrevole,  lo  spalma  di  una 
bava  o  di  un  moccio  che  trae  dalla  sua  bocca,  e  finalmente  vi 
fa  entrare  tutta  la  preda.  L' aboma  allora  non  può  mutar  situa- 
zione. L'animale  ingojato  gonfia  eccessivamente  la  parte  del  suo 
corpo  destinata  alla  digestione  e  gli  impedisce  di  muoversi.  Al- 
cuni Negri  ne  sono  stati  divorati  :  si  dice  però  che  il  suo  morso 
non  sia  velenoso,  anzi  si  crede  che  non  morda,  se  non  stimolato 
dalla  fame.  Stedman  insieme  con  alcuni  Negri  ferì  mortalmente 
un  giovane  aboma  della  lunghezza  di  circa  22  piedi  :  mentre  il 
serpente  continuava  a  contorcersi  ed  a  ripiegarsi  in  mille  maniere, 
un  Negro  presa  una  fune  e,  fatto  un  cappio,  glielo  gettò  al  collo 
con  molta  destrezza,  e  tenendo  nelle  mani  un  capo  della  fune 
salì  sopra  una  pianta,  pose  la  corda  tra  due  rami,  e  gli  altri 
Negri  alzarono  il  serpente  in  modo  che  rimase  sospeso.  Fatto  ciò 
il  Negro  discese,  e  con  un  acuto  coltello  fra  i  denti  slanciossi  sul 
mostro  che  diraenavasi  sempre:  cominciò  egli  l'operazione  dallo 
spaccargli  la  pelle  presso  il  collo j  in  seguito  gliela  levò,  conti- 
nuando così  e  discendendo  fino  all'estremità.  Vedi  la  Tavola 
suddetta.  Questa  operazione  ebbe  i  suoi  vantaggi,  perciocché, 
oltre  la  pelle,  si  estrassero  più  di  16  pinle  di  un  grasso,  o  piut- 
tosto olio  fino  e  chiarissimo,  sebbene  se  ne  fosse  perduta  forse 
una  quantità  maggiore.  Stedman  consegnò  quest'olio  ai  chirurghi 
di  Devils-Harwar  pei  feriti,  e  ne  ricevè  i  loro  ringraziamenti, 
essendo  esso  un  ottimo  rimedio,  segnatamente  per  le  contusioni. 
L  animale  ,  benché  spogliato  de'suoi  intestini  e  della  sua  pelle, 
continuava  a  dimenarsi:  i  Negri  Io  tagliarono  in  pezzi  per  pre- 
pararlo e  convitarsi  :  dichiararono  tutti  ch'esso  era  squisito  e 
sanisssimo,  ma  con  loro  grave  dispiacere  Stedman  ricusò  di  as- 
saggiarlo. 
Il  crotalo  od  il  grage. 

I  due  serpenti  velenosi  più  conosciuti  sono  il  crotalo  o  ser- 
pente a  sonagli  e  l'altro  detto  grage:  il  crotalo  della  Gujana  è 
lungo  otto  in  nove  piedi:  esso  è  assai  grosso  verso  la  mela  del 
corpo,  ed  assottigliasi  verso  il  collo  e  la  coda:  la  sua  testa  larga 
e  schiacciata  è  orribilmente  deforme:  gli  si  scorgono  vicine  alla 
gola  due  narici  spalancate,  e  una  protuberanza  superiormente  agli 
Occhi  di  un  nero  lucidissimo:  all'estremila  della  coda  spuntano 
diverse  squame  di  una  specie  di  corno  sottile  ,  durissime  e  com- 


I  1 8  COSTUME 

messe  insieme,  cui  l'animale  agita  allorché  è  irritato,  e  die  ren- 
dono un  suono  simile  a  quello  di  un  campanello,  donde  tragge 
esso  la  sua  denominazione.  11  suo  colore  è  un  rancio  cupo,  misto 
ad  un  bruno  oscuro  con  istrisce  nere  ,  le  quali  sono  altresì  visi- 
bilissime sul  capo:  il  ventre  è  di  eolor  di  cenere  con  isquame 
traversali:  il  suo  veleno  è  reputato  mortale  o  pericolosissimo, 
almeno  in  tutta  l'America.  Il  serpente  detto  grage  abita  le  selve 
dell'  interno  ed  è  il  più  nocivo:  il  suo  veleno  non  è  si  attivo,  ma 
la  curvatura  e  la  particolare  disposizione  de' suoi  denti  incisori  ne 
rendono  terribile  il  moiso  (i). 
Uccelli. 

Nella  Gujana  vive  la  maggior  parte  degli  uccelli  indigeni  e 
particolari  del  nuovo  continente.  Tre  uccelli  della  Gujma  rasso- 
migliano esteriormente  al  fagiano }  uno  di  essi,  il  paragua  ha  il 
grido  assai  forte.  Questo  paese  abbonda  di  rospi,  di  lucertole  e 
di  caimani.  Fra  i  pesci  d'acqua  dolce  il  pacu  e  V aymara  offro- 
no al  viaggiatore  un  cibo  delizioso  (2).  Il  warapper  vien  preso 
fra  gli  alberi  ove  va  ad  ingrassarsi  in  tempo  dell'inondazione, 
<?d  ove  resta  intricato  fra  i  rami  allorché  si  abbassan  le  acque  (3). 
aborigeni.  Loro    qualità  fisiche. 

Gli  aborigeni  della  Gujana  i  più  conosciuti  vengono  da  Sted- 
ni.m  divisi  nelle  seguenti  caste  o  tribù:  i  Ciraibi,  gli  Accawaus, 
i  Worrows,  gli  Airowuks,  i  Tairras  ed  i  Piannacotaus.  In  gene- 
rale tulle  le  anzidette  tribù  hanno  un  color  di  bronzo.  Vedi  la 
Tavola  60.  Non  sono  né  ahi,  uè  vigorosi,  né  nerboruli  ,  ma  il 
loro  corpo  è  diritto  ,  e  godono  ordinariamente  di  una  buona  sa- 
lute. Il  loro  volto  non  ha  altra  espressione  se  non  se  quella  della 
bontà  e  della  contentezza.  Hanno  egli  lineamenti  regolari  e  belli, 
labbra  sottili,  denti  bianchi,  occhi  neri,  ma  piccioli.  Sono  ge- 
neralmente pulitissimi}  bagnami  due  o  tre  volle  al  giorno  nel 
fiume  o  nel  mare.  Sì  gli  uomini  che  le  donne  si  radono  intera- 
mente ,  a  riserva  della  testa.  La  loro  cappellalura  è  folta  ,  di  un 
neio  luccicante  e  non  incanutisce  giammai,  gli  uomini  non  diven- 
tano mai  calvi,  e  portano  i  capelli  corti,  le  donne  però  se  li  la- 
sciano crescere  fino  alia  metà  della  schiena. 

(r)  Bajon,  Mémoires,  Tom.  I.  pag.  345. 

(2)   Leblond,  Description  abregèe,  pa:*,  55. 

(5)  Albert  de  Sack ,  Narrative  ola  voyage  lo  Sminarci.  London,  1808. 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJAKA  I  I  9 

Si  dipingono  il  corpo. 

Tutti  più  o  meno  sfigurami  coll'uso  dell' arnotta  o  del  rucu, 
cui  danno  il  nome  di  cossowy,  e  gli  Olandesi  quello  di  Orleans. 
I  semi  dell'  arnotta  macerati  bene  nel  sugo  di  limone  e  mesco- 
lati con  acqua  e  gomma  dell'albero  mawna  ,  o  con  olio  di  ca- 
storo, compongono  una  tintura  di  un  colore  scarlatto,  colla  quale 
tutti  gli  Indiani  si  dipingono  il  corpo  (e  gli  uomini  anche  i  loro 
capelli) }  il  che  imprime  alla  pelle  il  colore  di  un  granchio  di 
mare  bollito.  Sogliono  inoltre  stropicciarsi  con  caraba  ,  od  olio 
di  granchio  di  mare  \  e  devesi  convenire,  che  siffatto  uso  è  uti- 
lissimo per  individui,  che  sono  quasi  nudi  in  un  clima  ardente; 
poiché  rammorbidisce  la  pelle,  previene  una  traspirazione  di  so- 
verchio copiosa,  e  preserva  in  parte  dalle  morsicature  degli  inselli 
che  li  tormentano.  Questi  indigeni  servonsi  allo  stesso  fine  di  un 
azzurro  porporino  assai  carico,  cui  appellano  tapowripa,  ma  uni- 
camente in  circostanze  nelle  quali  vogliono  dipingersi  elegantemen- 
te, e  tale  sostanza  rimane  nove  giorni  sulla  pelle.  Eglino  la  spre- 
mono dal  sugo  di  un  picciolo  frutto  rassomigliante  ad  un  pomo 
che  cresce  sull'albero  da  essi  chiamato  tawna  e  che  fanno  mace- 
rare nell'acqua:  se  ne  servono  per  disegnare  su  tutto  il  loro  corpo, 
non  escluso  il  viso,  alcuni  geroglifici,  vedi  la  suddetta  Tavola,  e 
codesta  tintura  s'attacca  talmente  alla  pelle  che  non  isvanisce  se  non 
dopo  otto  giorni. 

Il  loro  vestire. 

11  solo  vestito  the  abbiano  gli  indigeni  consisle  in  una  fascia 
di  tela  di  cotone  nera  o  celeste,  che  gli  uomini  portano  alla  cin- 
tura :  essi  l'annodano  ai  reni,  la  fanno  passare  fra  le  cosce,  ed 
essendo  lunghissima  ne  gettano  l'estremità  sulle  spalle,  o  la  la- 
sciano strascinare  per  terra.  Le  donne  invece  di  questa  fascia  hanno 
una  specie  di  grembiule  di  tela  ugualmente  di  cotone,  ornato  di 
grani  di  vetro  da  essi  chiamati  queiou.  Detto  grembiule  è  largo 
un  piede  e  luogo  otto  pollici  }  è  guernito  di  frangie  e  legato  con 
cordoncini  di  filo  di  bambagia.  Queste  picciole  dimensioni,  ben- 
ché pesanti,  lo  rendono  poco  atto  all'oggetto  cui  è  destinato. 
Parecchie  donne  portano  pure  un  cinto  di  capelli,  a  cui  elleno 
attaccano  di  dietro  e  davanti  una  larga  lista  quadrata  di  tela  nera 
di  cotone:,  ma  più  leggiera  e  senza  strascico. 


120  COSTUME 

O  manieriti  delle  donne. 

Nell'interno  del  paese  non  pochi  Indiani  d'ambo  i  sessi  ranno 
affatto  ignudi.  La  sola  ricercatezza  delle  donne  è  di  farsi  passare 
in  alcuni  piccioli  fori  che  si  fanno  al  labbro  inferiore,  delle  spi- 
ne, ed  anco  le  spille  che  possono  raccogliere,  le  punte  delle  quali 
pendono  loro  sul  mento.  Nello  stesso  modo  si  ficcano  nelle  orec- 
chie pezzetti  di  sughero  ,  o  di  un  altro  legno  leggiero.  Alcune 
altre  si  traforano  le  guancie  ed  il  naso  per  introdurvi  delle  penne. 
Uu  ornamento  assai  bizzarro  è  pur  quello  delle  ragazze  in  età 
di  io  in  12  anni,  il  quale  consiste  in  una  specie  di  legaccio  di  co- 
tone con  cui  stringono  il  malleolo  e  la  parte  inferiore  al  ginoc- 
chio, e  che  non  levandosi  mai,  all'epoca  della  pubertà  ingrossa 
loro  smisuratamente  il  polpaccio  delle  gambe  e  dà  loro  un  aspetto 
grottesco.  Esse  poi  portano  generalmente  cinti  ,  braccialetti  di 
coccole  di  varj  colori,  conchiglie,  denti  di  pesce,  al  collo, 
alle  braccia,  sugli  omeri,  e  bene  spesso  anche  inferiormente  al 
gomito. 

Ornamenti  degli  uomini. 

Gli  ornamenti  degli  uomini  consistono  in  ghirlande  di  penne 
di  vaij  colori,  o  in  una  sorta  di  bandoliera  fatta  di  denti  di  ti- 
gre o  di  cinghiale  ,  che  portano  come  indizio  di  valore  e  d'in- 
trepidezza. Talvolta  i  capi  di  famiglia  copronsi  della  pelle  del 
primo  dei  detti  animali,  appesa  con  una  lastra  d'argento  in  forma 
di  mezzaluna.  Frequentemente  s'infilzano  nella  cartilagine  del  naso 
de'  pezzetti  di  questo  stesso  metallo  ,  e  talvolta  una  pietra  di 
color  verde  o  giallo. 

abitazioni. 

Tutte  queste  nazioni  vivono  nelle  foreste,  presso  i  fiumi, 
lungo  le  spiagge  del  mare,  ed  abitano  o  in  capanne  qua  e  là 
sparse,  o  in  piccioli  villaggi.  Queste  loro  case  che  chiamano  car- 
bets  sono  coperte  di  foglie  di  rattans,  ovvero  di  \imini  ,  deno- 
minati nella  colonia  tas  ,  e  che  cresccno  a  ciocche  nei  luoghi 
paludosi.  Più  comunemente  ancora  adoperano  a  quest'uso  delle  trou- 
lie,  rpecie  di  foglie  che  sono  divergenti  immediatamente  alla  ra- 
dice della  pianta,  che  hanno  una  lunghezza  non  minore  di  20  in 
24  piedi  sopra  due  o  tre  di  larghezza  ,  e  che  guarentiscono  efficace- 
mente dalle  intemperie  dell'  aria  pel  corso  di  più  anni. 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJAHA  121 

Utensili. 

Semplicissimi  sono  gli  utensili  di  questi  indigeni  ,  ma  bastano 
ai  loro  bisogni  :  essi  consistono  in  istoviglie  di  una  terra  nera  che 
fabbricano  essi  medesimi,  in  alcuni  panieri,  in  una  pietra  per 
macinare,  denominata  matta ,  ed  in  un'altra  per  far  cuocere  il 
loro  pane  di  cassava ,  in  una  specie  di  ventaglio  per  avvivare  il 
fuoco, in  una  seggiola  di  legno ,  in  un  vaglio,  in  un  torchio  che 
serve  ad  estrarle  la  parte  acquosa  della  cassava,  e  finalmente  in 
un  letto  pensile,  ossia  rete,  nella  quale  si  coricano.  Vedi  le  se- 
guenti Tavole  67,  68  e  69.  Ora  acquistano  eglino  dagli  Emopei 
scuri  e  coltelli  cui  portano  in  cintura.  Ogni  famiglia  è  altresì 
provveduta  di  una  barca ,  colla  quale  trasporta  tutto  ciò  che  pos- 
sedè allorché  viaggia  per  acqua. 
Coltivazione,  Manioco. 

I  soli  vegetabili  coltivati  da  questi  popoli  sono  la  dioscorea 
satina,  la  palma  minore,  il  Jico  cP  Adamo ,  e  specialmente  il 
manioco,  d'onde  traggono  la  cassava.  Quest'ultima  pianta  è  un 
arbusto  nodoso  e  di  un  colore  tendente  al  grigio-cupo  che  cresce 
all'altezza  di  circa  tre  piedi.  Di  due  specie  sono  questi  arbusti, 
distinti  l'uno  dall'altro  colla  denominazione  di  dolce  ed  amaro. 
Le  radici  sole  sono  buone,  poiché  hanno  una  qualità  farinacea 
ed  un  sapore  dolcissimo:  pel  colore  poi  7  per  la  forma  e  per  la 
grossezza  rassomigliano  molto  alla  pastinaca  d'Europa.  Il  manioco 
dolce,  colto  sotto  ceneri  calle  a  guisa  delle  piantagioni  verdi, 
e  mangiato  con  burro,  è  un  alimento  sano  e  grato,  avente  il  sa- 
pore della  castagna.  Ma  il  manioco  amaro  ,  quando  è  crudo,  è 
un  veleno  fatalissimo  sì  per  gli  uomini,  come  per  gli  animali} 
tuttavia  per  quanto  ciò  possa  sembrare  strano,  ove  sia  stato  sot- 
toposto all'azione  del  fuoco,  diviene  un  cibo  sanissimo  e  serve 
di  pane  tanto  agli  indigeni  quanto  agli  Europei  ed  ai  Negri. 
Modo  di  preparare  la  cassava. 

Ecco  il  modo  usato  dai  primi  nel  preparare  la  cassava.  Co- 
minciano essi  dal  raschiare  o  stritolare  le  radici  sulla  matta-, 
ripongono  la  delta  raschiatura  sotto  uno  strettojo  per  separare  il 
sugo  dalla  sostanza  farinacea.  Il  torchio  è  una  specie  di  tubo  fatto 
di  warimboy  o  vimini  intrecciati.  Dopo  averlo  empito  della  so- 
stanza della  cassava ,  si  sospende  ad  un  albero ,  attaccandovi  in- 
feriormente un  grosso  pezzo  di  legno,  il  cui  peso  allunga ,  e  così 


122  COSTUME 

la  compressione  progressiva  di  detto  tubo  fa  stillare  la  parte  li- 
quida dai  fori  del  tessuto  di  giunchi.  Vedi  la  seguente  ^Tavola 
69.  Terminata  questa  operazione  si  dà  alla  parte  farinacea  la  for- 
ma di  una  focaccia  che  si  fa  cuocere  sopra  una  pietra  calda  fino 
a  che  essa  si  annerisca  e  faccia  crosta:,  allora  si  ha  un  cibo  ec- 
cellente benché  un  po' insipido  e  che  può  essere  conservato  per 
lo  spazio  di  sei  mesi.  Se  nelle  piantagioni  gli  schiavi  non  aves- 
sero l'avvertenza  di  gettare  via  l'acqua  estratta  da  dette  radici, 
la  si  berrebbe  dal  bestiame  e  dal  pollame;  il  che  li  farebbe  sul- 
l'istante gon6are  e  perire  in  mezzo  alle  più  atroci  convulsioni. 
Eppure  l'acqua  stessa  bollita  con  carne  e  pepe  serve  a  fare  una 
buona  zuppa. 
Altri  cibi. 

Questi  indigeni  nutronsi  anco  di  noce  di  acaju,  le  cui  man- 
dorle, che  rassomigliano  agli  arnioni  d'agnello,  sono  soramaraente 
delicate,  e  fanno  altresì  uso  delle  testuggini  di  terra  e  di  mare 
e  di  granchi  di  mare  che  trovansi  in  copia  nel  limo  durante  il 
riflusso  del  mare  lungo  le  spiagge  della  Gujaoa.  Ma  il  cibo,  di 
cui  sono  più  ghiotti,  è  /' iguana  ossia  la  lucertola  wayamaca.  Tutto 
ciò  ch'eglino  mangiano  è  talmente  condito  con  pepe  di  Gajenna  , 
«he  un  Europeo,  il  quale  ne  gustasse,  si  abbrucierebbe  la  bocca. 
Fanno  scarsissimo  uso  di  sale,  e  fan  seccare  il  loro  selvaggiume 
al  fumo;  operazione  che  impedisce  la  putrefazione. 
Bevande. 

Essi  hanno  più  specie  di  bevande,  e  fra  le  altre  il  sugo  del 
frutto  che  chiamano  comù'^  frutto  di  una  piccolissima  palma  i 
cui  semi  sono  contenuti  in  bacche  di  un  azzurro-porporino,  che 
rassomigliano  a  grappoli  d'uva,  e  la  cui  polpa  aderisce  leggier- 
mente ad  un  nocciolo  duro  e  rotondo.  Si  fanno  sciogliere  e  ma- 
cerare dette  bacche  nell'acqua  bollente  :  le  persone  agiate  fanno 
infondere  in  quest'acqua  zucchero  e  cannella;  e  tale  bevanda  ha 
tulio  il  sapore  della  cioccolata.  Un'altra  bevanda,  dagli  indigeni 
appellata  pivorry  ,  è  una  mistura  di  pane  di  cassava  masticato 
dalle  donne  e  fermentalo  nell'acqua:  essa  ha  il  gusto  della  birra 
dolce  e  può  ubbriacare.  Anche  il  pane  di  grano-turco  serve  loro 
per  comporre  un  altro  liquore:  vi  levano  la  mollica  e  lo  fanno 
macerare  nell'acqua,  fiuo  a  tanto  che  questa  mescolanza  fermenti 
come  la  precedente  e  la  chiamano    chiaccar.    Hanno    altresì   un 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJAA'A  12.1 

altro  liquore  detto  cassiryy  di  cui  fanno  grandissimo  uso  ,  ed 
esso  è  composto  degnami,  cassava,  aranci  acidi,  zucchero,  ben 
macerati  e  fermentati  nell'acqua.  Aggiungeremo  che  tutte  le  ac- 
cennate bevande  imbriacano  ove  se  ne  abusi  ,  come  accade  fre- 
quentemente. 
Occupazioni  degli  uomini. 

Le  principali  occupazioni  degli  uomini  consistono  nella  caccia 
e  nella  pesca  ,   ed  in  ognuno  di  questi  esercizj  la  loro    abilità    è 
grandissima. 
Caccia. 

Servonsi  essi  per  la  caccia  di  archi  e  di  frecce  ,  opera  delle 
loro  mani  ,  e  ne  hanno  di  varie  sorta  ,  adatte  ai  varj  generi  di 
cacciare.  I  loro  archi  ,  di  un  legno  compattissimo  e  durissimo  , 
sono  lunghi  cinque  o  sei  piedi  all'incirca,  e  lisciati  perfettamente 
con  una  pietra.  Questi  archi  sono  tesi  con  corde,  ossia  fibre  di 
piante  seiose,  e  l'impugnatura  è  coperta  di  cotone. 
Loro  frecce. 

Le  loro  frecce  generalmente  sono  fatte  con  una  specie  di 
giunco  assai  forte  e  diritto  ,  all'  estremità  del  quale  si  fissa  un 
pendolino  della  lunghezza  di  un  piede  onde  equilibrarle  \  e  sono 
armate  di  una  punta  d'acciajo  o  di  esso  di  pesce  ,  sempre  den- 
tata. La  lunghezza  di  dette  frecce  è  generalmente  di  quattro  pie- 
di. Molte  di  esse  invece  di  essere  acuminate  finiscono  con  un 
nocchio  rotondo  della  grossezza  di  una  castagna.  Questi  indigeni 
ne  fanno  uso  per  isbalordire  e  fur  cadere  i  pappagalli  e  le  pic- 
ciole  scimie,  che  non  tardano  a  riaversi,  e  si  mandano  allora  vivi 
a  Parmaribo.  Alcune  delle  accennate  frecce  destinale  ad  uccidere 
i  pesci,  hanno  la  forma  di  un  tridente,  e  sono  munite  di  tre  , 
ed  anco  di  cinque  punte.  Essi  ne  intingono  pure  un  picciol  nu- 
mero nel  veleno  appellato  wurara  (i),  l'effetto  del  quale  è  ter- 
ribile e  pronto}  ma  allorché  temono  che  il  colpo  vada  fallilo  , 
usano  un'  altra  specie  di  frecce,  le  quali  non  sono  più  lunghe  di 
io  in  12  pollici,  sottilissime  e  fatte  di  corteccia  di  palma  duris- 
sima. In  vece  di  penne  sono  guernite  di  un  fiocco  di  bambagia, 
sufficiente  per  empiere  uu  tubo  voto  di  giunco,  e  lungo  sei  pie- 

(i)  Intorno  a  codesto  veleno  veggansi  le  opere  di  La-C 'ondami ne ,  del 
Dolt.  Brancfort,  e  sopra  tutto  di  Felice  Fontana. 


I  24  COSTUME 

di  ,  nel  qual  tubo  gli  Indiani  soffiano  col  loro  fiato  .  e  vibrano 
questi  stromenti  di  morte  alla  distanza  di  4°  passi  ,  ed  in  un 
modo  sì  sicuro,  che  1'  animale  cui  mirano  non  può  loro  sfuggire. 

Mazze. 

Non  dobbiamo  altresì  omettere  d'avvertire,  che  ogni  Indiano 
porta  a  sua  difesa  una  mazza  detta  aputu,  fatta  di  legno  pesan- 
tissimo: essa  è  lunga  iS  pollici,  piatta  e  quadrata  alle  due  estre- 
mità; ma  assai  più  pesante  da  una  parte  che  dall'  altra.  La  parte 
media  è  più  sottile,  ed  inviluppata  in  fortissimi  fili  di  cotone  che 
ne  agevolano  il  maneggio  ;  di  più  è  coperta  di  una  specie  di 
guardia  che  guarentisce  l'impugnatura.  Un  colpo  solo  di  detta 
clava,  nella  quale  d'ordinario  si  conficca  un  sasso  acuminato, 
rompe  il  cranio.  Spesso  gli  Indiani  della  Gujana  incidono  sopra 
il  loro  aputu  figure  emblematiche  ed  il  numero  dei  nemici  che 
hanno  ammazzati.  Per  rinfrancare  il  sasso  nella  mazza  ,  si  usa 
d'incastrarlo  nell'albero  stesso  che  somministrar  deve  la  maleria, 
intanto  che  cresce.  La  pietra  vi  aderisce  sì  fattamente,  che  non 
è  più  possibile  di  smoverla;  tagliasi  indi  il  legno  per  lavorarlo. 

Pesca. 

II  loro  modo  di  pescare  consiste  nel  formare  dei  recinti  e 
delle  palizzate  all'ingresso  di  piccioli  seni  di  mare,  o  là  dove  le 
acque  sono  basse;  uccidono  il  pesce  colle  loro  frecce  a  tre  pun- 
te, ovvero  attossicano  l'acqua,  gittandovi  entro  radici  di  hiary, 
appellato  al  Surinam  tringy-vuao  od  anche  konamy.  Questa  ra- 
dice intorpidisce  il  pesce,  ed  in  tale  stato  esso  galleggia  a  fior 
d'acqua,  e  si  può  pigliarlo  colle  mani. 

Guerra. 

Quantunque  questi  Indiani  sieno  pacifici,  tuttavia  si  fanno  la 
guerra,  ed  unicamente  per  avere  de' prigionieri.  Ma  sono  gli  Eu- 
ropei che  troppo  spesso  li  provocano  coll'intenzione  di  farli  schia- 
vi; schiavi  però  per  breve  tempo,  poiché  ricusano  di  lavorare,  e 
se  vengono  maltrattati  ,  ricusano  ogni  sorta  di  alimenti  ,  fino  a 
che  muojono  di  languore  e  di  cordoglio.  Essi  eseguiscono  sempre 
i  loro  attacchi  nel  cuor  della  notte;  e  le  loro  operazioni  guei- 
resche  consistono  nel  circondare  i  villaggi  nemici  nel  tempo  in  cui 
gli  abitatori  sono  sepolti  nel  sonno,  a  far  prigioniere  le  donne 
ed  i  ragazzi  d'ambidue  i  sessi,  ad  uccidere  gli  uomini  colle  loro 
frecce  avvelenale  ,   ed  a  spaccar    loro  il  cranio   colle  loro   clave. 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GDJANA  liJ 

Spogliano  pure  gli  uomini  della  loro  capellatura  ,  e  la  portano 
in  trionfo  a  casa  loro.  Le  frecce  dentate  sono  le  loro  principali 
anni  offensive,  e  colpiscono  ed  uccidono  il  nemico  alla  distanza 
di  oltre  60  passi.  Quando  entrano  in  guerra,  si  scelgono  un  Ge- 
nerale, che  intitolano  ouill. 

Occupazioni  delle  donne. 

Le  donne  si  occupaoo  in  piantare  manioco,  banani,  ignami 
ed  altre  radici.  Preparano  le  vivande  ,  fabbricano  stoviglie,  letti 
pensili,  braccialetti  e  canestri.  Questi  ultimi  sono  costrutti  in  un 
modo  ingegnosissimo,  sia  pel  doppio  tessuto  di  vimini ,  sta  perla 
varietà  dei  colori  che  si  danno  loro,  sia  infine  perchè  sanno  fo- 
derarli al  segno  di  preservarli  dall'umido.  I  letti  pensili  sono  tes- 
suti, e  tale  lavoro  esige  inGnito  tempo  e  pena,  non  essendo  esso 
dissimile  da  quello  di  una  calza  fatta  a  telajo  •,  e  siffatti  Ietti, 
quando  sono  allestiti  vengon  tinti  di  quel  colore  che  più  loro  va 
a   genio. 

Religione  e  governo. 

»  Mi  sia  permesso,  dice  Stedman  (1),  di  chiamare  felici  que- 
sti Indiani  della  Gujana,  la  cui  morale  e  tranquillità  non  furono 
punto  turbate  dai  vizj  degli  Europei ,  i  cui  errori  sono  quelli 
semplicemente  della  primitiva  ignoranza  ,  e  non  derivano  da  uno 
stato  di  preteso  incivilimento,  o  da  una  religione,  che  si  è  tanto 
scostata  dai  suoi  veri  principj.  Per  verità  non  ci  sarebbe  divisa- 
mento  più  plausibile  di  quello  Hi  accingersi  a  comunicare  mas- 
sime emanate  dalla  Divinità  stessa  a  uomini  di  una  mente  sì  pura, 
e  che  merita  cotanto  di  essere  illuminata;  ma  temerei,  e  non 
senza  ragione,  che  gli  sforzi  di  un  rispettabile  apostolo  possano 
aver  gran  successo  fino  a  tanto  che  il  contegno  dei  Missionarj  e 
dei  fratelli  Moravi  stabiliti  fra  gli  Indiani  delle  rive  della  Sara- 
meca  ,  ove  attendono  alla  conversazione  degli  Indiani  medesimi  e 
dei  Negri,  sarà  in  opposizione  diretta  coi  loro  precetti  (2)  ». 

(1)  Tom.  II.  cap.  XVI,  pag   176  ec.  edizione  Italiana. 

(2)  Tali  riflessioni  hanno  fatto  risovvenire  a  Stedman  la  risposta  di  uà 
Indiano  ad  un  sermone  di  un  predicatore  Svedese  detto  in  occasione  di  uu 
trattato  di  pace  conchiuso  a  Covestogno.  Eccone  la  sostanza  :  n  E  che  ? 
credete  voi  seriamente  che  i  nostri  autetiati  e  noi  siamo  tutti,  siccome  voi 
asserite  ,  condannati  a  soffrire  eternamente  in  un  altro  mondo,  perchè  noi 
non  siamo  stali   ammaestrati  nelle  vostre   misteriose  novità?    Non  siamo 


126  COSTUME 

Loro  Dio. 

Tutti  gli  Indiani  della  Gujana  credono  in  un  Dio,  qual  su- 
premo autore  d'ogni  bene,  e  che  non  ha  mai  l'intenzione  di  ar- 
recar loro  il  menomo  nocumento}  ma  adorano  il  Dio  malefico  al- 
l' oggetto  di  rimovere  i  mali,  con  cui  può  esso  tormentarli  :  eglino 
lo  chiamano  yawahu,  gli  attribuiscono  il  dolore,  le  infermità, 
le  ferite  e  la  morte,  e  dappertutto  ove  muore  un  Indiano,  l'in- 
tera sua  famiglia,  onde  evitare  in  avvenire  l'influsso  della  fatalità, 
cambia  tosto  soggiorno. 
Governa  dei  vecchi  capi  di  famiglia. 

Questi  Indiani  sono  popoli  perfettamente  liberi 5  che  è  quanto 
dire  non  conoscono  divisione  alcuna  di  terre ,  e  non  hanno  altro 
governo ,  eccetto  quello  dei  vecchi ,  i  quali  nel  seno  delle  loro 
proprie  famiglie  esercitano  le  funzioni  di  capitani,  sacerdoti  e  me- 
dici. Si  professa  loro  una  rispettosa  ubbidienza  :  sono  appellati 
peii  od  anco  pagayers ,  e  come  praticasi  da  diverse  colte  nazio- 
ni, godono  eglino  di  maggiori  vantaggi  sul  rimanente  de' loro 
compatriotti. 
Matrixnonj  ec. 

Codesti  popoli  ammettono  la  poligamia ,  ed  ogni  uomo  ha  la 
libertà  di  sposare  tante  mogli  ,  quante  ne  può  mantenere,  sebbene 
generalmente  se  ne  sposi  una  sola,  della  quale  il  marito  è  geloso 
eccessivamente,  e  ch'egli  uccide  sul  fatto  alla  prima  certa  prova 
di  sua  infedeltà.  La  pubertà  delle  Indiane  previene  i  dodici  anni, 
e  talvolta  è  anche  più  precoce.  A  quest'epoca  esse  maritansi.  Ri- 
spetto allo  sposo  tutto  il  cerimoniale  sta  nel  presentare  alla  gio- 
vane una  certa  quantità  di  selvatici  e  di  pesci,  fruito  della  sua 
propria  caccia  e  pesca  \  e  se  ella  accetta  1'  offerta  ,  il  pretendente 
le  domanda  se  vuol  esser  sua  moglie.  Se  ella  risponde  affermati- 
vamente, tutti  i  concerti  sono  presi,  e  quando  è  allestita  la  casa, 
si  celebrano  le  nozze  in  un  festino  ove  ciascuno  finisce    colì'im- 

noi  dunque  l'opera  di  Dio?  E  questo  Dìo  sommo  non  può  egli  rivelarci 
i  suoi  voleri  senza  il  sussidio  di  un  libro?  Se  ciò  è  vero,  e  se  Dio  è 
giusto,  come  conciliare  colla  sua  giustizia  il  collocarci  quaggiù  senza  il 
nostro  assenso ,  e  poscia  dannarci  a  pene  eterne,  perchè  noi  non  andiamo 
d'accordo  con  voi?  No,  no  certamente.  Noi  saremo  convinti,  che  gli 
Europei  hanno  una  morale  più  depravata  di  quella  degli  Indiani  se  vo- 
gliam  giudicare  la  loro  dottrina  dalla  loro  condotta  v. 
- 


DEGLI    AE1TAT0RI    DELLA    GUJAXA  12? 

briaca r si •  Le  donne  incinte  sgravansi  senz'assistenza  e  con  pochis- 
simo disturbo:  esse  nel  giorno  medesimo  del  loro  parto  sbrigano 
tutte  le  solite  faccende  domestiche  e  servono  i  loro  mariti.  Per 
quanto  ridicola  ed  inverisimile  sembrar  possa  l'usanza  seguente, 
è  però  un  fatto  positivo-  cioè  che  in  questa  circostanza  ogni  sposo 
se  ne  sta  oltre  un  mese  sdrajato  nel  suo  letto,  ove  si  duole  e  so- 
spira ,  quasiché  fossero  toccate  a  lui  le  doglie  del  parto  5  e  du- 
rante tutto  questo  tempo  sua  moglie  deve  prendersene  le  maggiori 
cure,  ed  allestirgli  le  migliori  vivande.  Ciò  chiamasi  dagli  In- 
diani godere  di  se  stessi  ,  e  ristorarsi  delle  proprie  fatiche.  Molti 
di  questi  popoli  hanno  in  conto  di  una  singoiar  bellezza  una  fronte 
schiacciata,  e  subito  dopo  la  nascita  di  un  bambino  gliela  com- 
primono, siccome  abbiam  già  veduto  praticarsi  da  alcuni  selvaggi 
dell'America  settentrionale. 

Cerimonie  funebri. 

Allorché  taluno  di  essi  è  agli  astrerai  di  sua  vita  o  per  ma- 
lattia o  per  vecchiaj.i ,  il  peii  ossia  sacerdote,  esorcizza  il  yawa- 
hon  o  spirito  malefico  al  punto  della  mezzanotte,  agitando  un 
vaso  pieno  di  ciottoli,  di  legumi,  e  di  granellini  di  vetro,  du- 
rante la  quale  operazione  improvvisa  un  lungo  sermone.  L'uffizio  di 
peii  è  presso  questi  popoli  ereditario,  e  chi  lo  esercita,  ottiene 
le  primizie  d'ogni  sorta  d'alimenti  e  bevande,  e  conduce  anche 
una  vita  più  comoda.  Quando  un  Indiano  è  morto,  viene  lavato, 
strofinato  d'olio  e  posto  in  un  sacco  di  cotone  nuovo,  in  attitu- 
dine di  sedere  coi  gomiti  sulle  ginocchia  ,  e  col  viso  coperto  da 
ambe  le  mani}  e  presso  di  lui  sono  pure  collocati  tutti  i  suoi 
attrezzi  di  guerra  e  di  caccia.  Durante  siffatta  cerimonia  i  suoi 
parenti,  amici  e  vicini  assordano  l'aria  di  lugubri  grida,  ma  indi 
a  poco  s'imbriacano  con  bevande  spiritose,  e  seppelliscono  così 
il  loro  dolore  per  non  rinnovarlo  più  se  non  l'anno  susseguente. 
In  capo  all'anno  si  dissotterra  il  cadavere }  e  distribuiscono  le  ossa 
fra  i  congiunti  e  gli  amici,  osservando  i  riti  medesimi  della  prima 
volta.  Alcune  tribù  osservano  talvolta  un  altro  uso.  Dopo  di  aver 
collocato  il  corpo  de' loro  parenti  ed  amici  estinti  nell'altitudine 
or  ora  descritta  lo  calano  nell'acqua  e  ve  lo  lasciano  per  parec- 
chi giorni.  I  pesci  ne  dimorano  le  carni,  ed  allorché  non  ne  ri- 
mane più,  ritirasi  lo  scheletro  che  si  fa  seccare  al  sole,  e  che 
dappoi  sospendevi  al  tetto  delle  capanne.  Questa  è  la  prova  ma"- 


1 2,8  COSTUME 

gioie  di  stima  e  di  tenerezza  che  presso  tali  popolazioni  tributar 
si  possa  ai   moiti 
Caraibi. 

Fra  tutte  le  nazioni  Indiane  i  Caraibi  distinguersi  per  nu- 
mero, attivila  e  valore.  Essi  abitano  per  la  maggior  parte  verso 
gli  stabilimenti  spagnuoli  ,  cui  inquietano  spesso  per  ispirilo  di 
vendetta  delle  crudeltà  commesse  da  questi  Europei  sui  popoli  del 
Messico  e  del  Perù,  che  i  Caraibi  riguardano  come  loro  antenati. 
Hanno  eglino  un  duce  che  li  guida,  e  radunansi  al  suono  di  una 
conchiglia  di  mare,  e  sogliono  mangiare  i  loro  prigionieri. 
Accawaus. 

Gli  Accawaus  sono  poco  numerosi  ,  e  più  lontani  de'  primi 
dalle  spiagge  del  mare.  Vivono  in  buona  armonia  cogli  Euro- 
pei ,  ma  sono  traditori  ,  e  sanno  preparare  un  lento  veleno  ,  che 
nascondono  solo  le  loro  ugne.  Le  loro  capanne  sono  cinte  da 
pali,  le  cui  punte  sono  parimente  avvelenate. 
IVorrows. 

I  Worrows,  se  non  sono  i  più  inumani,  possono  credersi  al- 
meno i  più  spregevoli  di  tutti  quelli  della  Gujana.  Sono  eglino 
stabiliti  lungo  l'Orenoco  fino  alla  colonia  del  Surioam  :  il  loro 
colore  è  tetro  e  disaggradevole;  sebbene  robusti,  sono  pusillani- 
mi: a  tanto  giugne  la  loro  inerzia  naturale  e  la  loro  miseria  che 
non  si  procacciano  di  che  coprirsi,  vivono  per  la  maggior  parte 
del  tempo  di  soli  frutti  selvatici,  e  bevono  acqua  sola. 
Taiiras. 

I  Taiiras  sono  pure  stabiliti  lungo  la  costa  del  mare  fra  la 
colonia  del  Surinam  ed  il  fiume  delle  Amazoni.  Il  numero  loro  è 
notabilissimo,  e  si  fa  ascendere  in  questo  solo  stabilimento  a  quasi 
2.0U1.  Codesti  Indiani  sono  pacifici,  ma  indolentissimi  ,  e  non  dif- 
feriscono gran  fatto. 
Pinnacotaus. 

I  Pinnacotaus  vivono  ne' luoghi  più  interni  del  paese,  e  sono 
nemici  dichiarati  degli  Europei ,  coi  quali    ricusano  di  avere    la 
più  picciola  relazione}  essi    scannerebbero    tutti   i  Cristiani    della 
Gujana,  se  ne  avessero  il   modo. 
Arrowukas. 

Gli  Arrowukas  differiscono  notabilmente  dagli    altri  Indiani: 
essi  nou  solo  vivono  in  pace  colla  maggior    parte  delle  altie   na- 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJANA  1 2CJ 

sioni  Indiane,  ma  amano  eziandio  ed  in  un  modo  speciale  gli 
Europei,  i  quali  dal  canto  loro  non  lasciano  di  stimarli.  Entrano 
però  in  guerra  ove  sieno  provocati:  le  armi  loro  sono  l'arco,  le 
frecce  ed  una  clava  cui  appellano  abowtu,  ma  non  divorano  ì 
loro  prigionieri.  Stedman  ebbe  il  piacere  di  esaminare  le  forme 
di  una  giovane  Arrowukas  che  usciva  da  un  fiume  nel  quale  erasì 
tuffata  per  rinfrescarsi.  »  Osservai,  egli  dice,  che  la  pelle  di 
questa  fanciulla  all'uscir  dall'acqua  non  essendo  più  dipinta  di 
semi  di  Oriana  mi  parve  molto  più  bella  di  quella  di  color  di 
rame  delle  Indiane  delle  altre  nazioni.  Le  sue  membra  non  erano 
sformate  da  anelli  angusti  o  da  fasce  di  cotone.  Le  sue  chiome 
non  cadevano  sparse ,  ma  erano  intrecciate  e  fermate  alila  som- 
mità del  capo  per  mezzo  di  una  lunga  piastra  d'argento.  Il  suo 
unico  vestito  che  conservò  nel  bagno  era  un  picciolo  grembiule. 
Ella  era  adunque  perfettamente  nuda  rispello  al  rimanente  del 
corpo.  Il  suo  volto  era  seducente  oltre  ogni  credere  :  il  suo  corpo 
snello,  la  sua  forza,  la  sua  gioventù,  la  sua  vivacità,  tutti  gli  indizj 
felici  della  sanità  mi  convinsero  di  questa  verità,  che  allorquando  il 
fisico  di  una  persona  scopresi  interamente  ai  nostri  sguardi  (  il  che 
senza  dubbio  prescritto  era  dalla  natura)  si  bada  poco  alla  bel- 
lezza del  viso.  La  di  lei  fisonomia  annunziava  quell'amabile  sem- 
plicità, quella  schietta  innocenza,  la  quale  esclude  un  oltraggio 
solo  al  pudore ,  e  la  quale  non  può  essere  il  dono  di  chi  sentest 
conscio  del  fallo  più  lieve.  Una  carnagione  color  d'ulivo  non  è 
incompatibile  coli' avvenenza.  Vedi  la  Tavola  60.  Questa  leggia- 
drissima  giovinetta  sembrava  altresì  pieuaiueule  felice.  Incontrasi 
più  spesso  la  felicità  nello  stato  di  pura  natura,  che  in  quello 
del  più  raffinato  incivilimento.  Egli  è  certo  che  un'Europea  ar- 
rossirebbe dalla  testa  ai  piedi,  all'idea  sola  di  presentarsi  nuda  $ 
ma  tutto  deriva  dall'educazione  e  dai  pregiudizi,  poiché  egli  è 
una  assioma  inconcusso,  che  ove  non  si  abbia  lo  stimolo  di  ri- 
morsi interni ,  non  si  può  certamente  aver  l' idea  della  vergogna. 
Teneva  ella  nelle  mani  un  pappagallo  vivo,  che  aveva  fatto  ca- 
dere da  un  albero  con  uno  strale  a  punta  rotonda,  e  die  io  mi 
feci  cedere  dandole  un  coltello  a  doppia  lamina.  Gli  Arrowukas 
sono  sì  abili  in  questo  genere  di  caccia  ,  clie  non  di  rado  colpi- 
scono essi  un  roacaw  in  tutta  la  forza  del  suo  volo  ». 

Cosi,  Voi.  IV  deW  America.  9 


1 3o  COSTUME 

Altre  tribù. 

I  Galibi  sono  la  tribù  principale  e  più  numerosa  della  Gujana 
Francese:  coloro  che  dimorano  presso  Cajenna  sono  affastellati 
nelle  loro  capanne  alla  foggia  degli  animali  :  ce  ne  ha  dove  con- 
tami talvolta  fin  venti  o  trenta  famiglie.  I  Galibi  hanno  un  idio- 
ma dolce,  grato ,  copioso  di  vocaboli  e  sinonimi,  e  regolare  nella 
sua  sintassi,  Si  distinguono  in  oltre  per  una  serie  di  altre  felici 
combinazioni.  Hanno  eglino  una  specie  di  governo  patriarcale,  e 
sono  scrupolosi  osservatori  delle  consuetudini  de'Ioro  antenati.  Sono 
molto  ospitali  e  rispettosi  verso  i  Missionari  Europei,  Non  posse- 
dendo questi  popoli  proprietà,  non  possono  avere  conlese  fra  lo- 
ro, e  quindi  nessun  bisogno  di  leggi.  La  pace  o  la  guerra,  un' al- 
leanza, un  cangiamento  di  stagione}  ecco  a  un  di  presso  tutte 
]e  deliberazioni  del  loro  consiglio,  che  il  loro  capo  dirige  ed  ese- 
guisce. 1  Riricotso  ed  i  Parabuyani,  sull'alto  Marony  sono  tribù 
possenti  pur  esse.  Distinguonsi  anche  i  Palicuri  e  dieci  o  dodici 
altre  tribù  che  abitavano  le  terre  inondate  ed  i  ricchi  pascoli 
fra  TOyapok  e  l' Aruary;  ma  siamo  assicurati  che  i  Portoghesi, 
a' quali  fu  ceduto  quel  territorio  col  trattato  di  Vienna,  ne  con- 
dussero via  tutti  gli  abitatori  onde  far  si  che  un  deserto  as- 
soluto copra  la  frontiera  settentrionale  del  loro  impero  nel  Bra- 
sile (i). 

Ma  è  tempo  di  passare  alla  descrizione  particolare  delle  colo- 
nie Europee. 
Colonie  Europee^  Gujana  Olandese  ora  Inglese.  Essequibo. 
Le  colonie  un  tempo  Olandesi  di  Essequibo,  Demerary  e  Ber- 
bice,  formano  oggidì  la  Gujana  Inglese,  popolata  da  9,000  Bian- 
chi e  da  8om.  Negri.  Lo  stabilimento  d' Essequibo  assume  questo 
nome  da  un  fiume  distante  20  leghe  dal  Berbice.  Gli  Olandesi, 
i  quali  ad  imitazione  di  altri  Europei  sul  declinare  del  secolo 
XVI  portavano  le  loro  devastazioni  nella  Gujana,  accecati  dalla 
speranza  di  trovar  oro,  furono  i  primi  a  stabilirvisi.  Non  è  ben 
certa  l'epoca  di  questa  prima  occupazione,  come  è  certo  all' op- 
posto, che  ne  furono  cacciati  nel  i5g5  dagli  Spagnuoli.  Nel  1666 
gli  Olandesi  ricuperarono  Essequibo  per  esserne  poi  cacciati  dagli 

(1)  Chi  desidera  altre  notizie  sugli  indigeni  della  Gujana  può  consul- 
tare il  suppUinento  citato  dall'  erudito  traduttore  di  Stedman. 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJANi  l3l 

Inglesi,  c  questi  dal  canto  loro  non  avendolo  potuto  conservare 
un  anno  intero,  lo  stabilimento  ritornò  in  potere  dei  primi  oc- 
cupanti. Ma  la  colonia  ch'era  sempre  stata  di  p^ca  importanza  , 
divenne  un  nulla  dopo  la  sua  rioccupazione.  Nel  1740  tutte  le 
sue  produzioni  non  giungevano  a  formare  il  carico  di  un  solo 
bastimento. 

Il  borgo  e  porto  d' Essequibo,  benché  vantaggiosamente  si- 
tualo sul  confluente  di  due  ampj  fiumi  ,  Curna  ed  Efisequibo  , 
non  è  mai  stato  giudicato  importante.  I  pochi  abitatori  soggior- 
nano per  la  maggior  parte  nelle  loro  piantagioni  poste  lungo  i 
detti  fiumi.  Essendovisi  tagliati  i  boschi  liavvi  più  libera  circola- 
zione d'aria,  ed  il  clima  è  quindi  più  temperato  e  più  salubre 
di  quello  del  Surinam.  Si  credette  già  tempo  fa  che  si  fossero 
rinvenute  alcune  miniere  verso  le  sorgenti  d' Essequibo,  e  d'or- 
dinario le  carte  geografiche  più  reputate  segnano  spezialmente  una 
cava  di  cristallo  ,  ma  i  tentativi  del  Baiavo  indefesso  per  isco- 
prira  codesti  tesori  rimasero  infruttuosi.  I  deboli  stabilimenti  di 
Middelborgo  e  di  Zelaudia  situati  sul  Pumarone  dipendono  da 
Essequibo. 

Bancroft  nella  sua  storia  naturale  della  Gujana  e  Robertson 
hanno  osservato  che  gli  Olandesi  sulle  sponde  dell'Essequibo  hanno 
ottenuto  trenta  ricolte  di  zucchero  ,  una  dopo  l'altro  ,  mentre 
nelle  isole  delle  Indie  Occidentali  non  se  ne  aspettano  mai  più 
di  due. 
Demerary. 

Alcuni  coloni  d' Essequibo  gettando  gli  occhi  sul  vicino  fiume 
Demerary,  e  ravvisandone  le  sponde  assai  fertili  ,  vi  fondarono 
uno  stabilimento:  e  questa  scoperta  ebbe  i  più  favorevoli  risul- 
tamene. Demerary  è  la  più  florida  di  quelle  colonie.  Stabroek 
che  ne  è  la  capitale  ,  conta  circa  diecimila  abitatori,  che  con- 
giungono oggidì  il  lusso  Inglese  alle  maniere  Olandesi  (1).  Le 
grandi  ricchezze  dei  coloni  vi  fecero  salire  tutte  le  derrate  estra- 
uie  a  prezzi  esorbitanti:  non  ha  guari  una  libbra  di  tè  costava 
una  ghinea.  Fin  dal  1769  si  contavano  i3o  abitazioni,  e  prospe- 
rava singolarmente  la  coltivazione  dello  zucchero,  del  cafre  e  del 
cotone.  Né  ad  Essequibo  né    a    Demerary  ossei vansi    que'  banchi 

(i)  H.  Bolingbrok,  a  voyagé  lo  Demerary. 


i3a  COSTUME 

di  conchiglie  ,  i  quali  sono  pure  sì  frequenti  su  lulta  la  costa 
della  Gujana.  Siffatti  depositi  marini  cominciano  solo  a  Berbice. 
Il  terreno  di  Essequibo  e  di  Demerary  è  una  belletta  talora  az- 
zurrognola e  talora  grigia  che  spesso  non  è  più  consistente  del 
fango. 
Berhice. 

La  colonia  di  Berbice,  circoscritta  a  levante  dal  fiume  Coren- 
tino  ed  a  ponente  dal  territorio  di  Demerary  ,   comprende   dieci 
leghe  di  costa  marittima.  Prende  essa  il  suo  nome  da  un   fiume 
che  è  navigabile  per  36  leghe  dal  mare*,  il  qual  punto  è  altresì 
il  termine  delle  più  lontane  piantagioni.  Un'  epoca  di  floridezza 
di  Berbice  fu  Tanno   17.^6;  ma  i  Bianchi  furono  assaliti  da  un 
epidemia  che  durò  sette  anni.  Lo  stato  di  debolezza  ,    a  cui    fu 
ridotta  la  colonia  da  questo  infortunio  ,  incoraggiò  i  Negri  a  ri- 
bellarsi nel  1763.  Fu  essa  soccorsa,  ma  tardi  ed  insufficientemente. 
1  coloni  poterono  ritornare  alle  loro  piantagioni,  ed  anche  repri- 
mere i  Negri,  ma  unicamente  per  regnare   sopra    rovine  e  cada- 
veri. La  colonia  nel   1774  contava  appena  104  piantagioni  ,  per 
la  maggior  parte  di  poca  importanza,  e  sparse  a  grandi  distanze 
lungo  le  rive  del  Berbice  e  del  Ganjé,  che  confluisce  nel  primo, 
alla  distanza  di  tre  leghe  dal  mare.  Si  contavano  settemila  schiavi 
d'ogni  età  e  sesso*,  a5o  Bianchi,  oltre  il  presidio.  Il  ricolto  an- 
nuo e  generale  di  caffè ,  zucchero  e  cotone  formava  il  carico   di 
4  in  5  navi  della  metropoli,  e  poteva  essere  venduto  un  milione 
od  anche  un  milione  e  dugentomila    franchi.    Nella     colonia    di 
Berbice  il  luogo  principale  è  la  Nuova-Amsterdam  sul  fiume  Ber- 
bice, il  quale  non  ha  cascate,  come  generalmente  hanno  tutti  gli 
altri  fiumi  della  Gujana.  Le  terre  basse  stendonsi  colà  senza    in- 
terruzione due,  tre  e  quattro  leghe  nell'  interno.  Ivi  si  coltiva  più 
il  caccao  ed  il  caffè  ,    che    lo  zucchero.   Il  forte  Nassau  protegge 
la  colonia  dalla  parte  del  mare.  Un'anagrafe  autentica,  compilata 
nel  i8i5,  presentava  intorno  alla  popolazione   di  Demerary  e  di 
Berbice  i  seguenti  risultamene:  Bianchi   3,4ax  *,  gente  di  colore 
3.220:,  schiavi  96,349. 
Gujana  Olandese.  Surinam.  Limiti. 

La  superba  colonia  di  Surinam  rimane  agli  Olandesi,  ed  è  forse 
il  capo  lavoro  di  questo  genere  d' industria  umana.  Nessuna  delle 
Anlille  presenta  una  coltivazione  sì  estesa  e  lucrosa.  Gli  Olandesi 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJAJU  l3.'> 

assegnano  alle  loro  amene  e  floride  colonie  di  Sur/inani  tulio  il 
territorio  all'ouest  dal  fiume  kuruk,  distante  circa  4°  miglia  dal 
fiume  Gorentino,  all'est  del  fiume  Sinamari:  ma  tali  limiti  sono 
loro  contesi  dai  Francesi,  i  quali  li  ristringono  alle  rive  del  Ma- 
ioni,  su  cui  hanno  un  posto  militare. 

Fiumi, 
I  fiumi  principali  di  questo  stabilimento  sono:  quello  di  Su- 
rinam, donde  assume  il  nome  la  colonia:,  il  Corenlino,  il  Cope- 
nama,  il  Sararaeca  ed  il  Maroni.  Il  primo  soltanto  è  navigabile} 
gli  altri  ,  non  escluso  il  Maroni  ,  benché  assai  lunghi  ed  ampj  , 
sono  sì  bassi  e  sì  sparsi  di  scogli  e  d'  isolette  ,  che  divengon  di 
poca  importanza  per  gli  Europei  :  anche  le  loro  sponde  sono  ap- 
pena abitate  da  pochi  indigeni. 

Fortezze  per  la  difesa  dei  detti  fiumi. 

AlP  est  delle  foci  del  Surinam  havvi  un  picciolo  promontorio 
chiamato  Punta-Braam,  il  quale  forse  originariamente  portava  il 
nome  di  Punta-Pram  ossia  Parham  da  quello  di  Lord  Francesco 
Villagh  by  di  Parham,  a  cui  fu  concesso  questo  stabilimento  da 
Carlo  II  nel  1662.  Si  suppone,  che  ivi  abbia  preso  terra  il  sud- 
detto Lord  per  la  prima  volta,  dieci  anni  addietro.  Questa  parte 
non  è  fortificata,  ma  superiormente,  alla  distanza  di  circa  8  mi- 
glia su  amendue  le  sponde  havvi  due  ridotti  *,  uno  chiamato  Leida 
e  l'altro  Pormerent.  Alquanto  più  in  su  incontrasi  la  nuova  for- 
tezza d'Amsterdam,  fabbricata  sopra  una  lingua  di  terra  che  di- 
vide i  due  fiumi  di  Surinam  e  Comewiua.  In  vicinanza  delia  citlà 
di  Paramaribo,  a  6  o  7  miglia  dal  forte  Amsterdam  ,  havvi  un 
altro  forte  che  porta  il  nome  di  forte  Zelanda,  e  che  protegge  la 
città  e  tutti  i  vascelli  di  rada.  A  16  miglia  circa  dal  primo,  sul 
Comewina  si  trova  un  altro  forte,  chiamato  Somalsdyk  che  do- 
mina le  due  opposte  sponde  }  ossia  quella  del  Comewina  e  del 
Cottica.  Inoltre  sonvi  diversi  posti  militari  sul  Corenlino,  sul 
Saramcca  e  sul  Maroni.  Dopo  questi  s'incontra  un  forte  corpo  di 
guardia  allo  sbocco  del  Motta-Cricca  ,  alla  distanza  di  circa  5o 
miglia  dal  fiume  Surinam.  Ivi  si  è  eretto  un  faro  per  avvisare 
le  navi  che  vogliono  entrare  nel  fiume,  che  hanno  passato  le  foci 
del  pericoloso  Maroni.  Lungo  le  rive  superiori  del  Surinam,  del 
Comewina  e  del  Cottica  si  sono  stabilite  alcune  guardie  avanzate 
per  proteggere  gli  abitatori  contra  le  invasioni  degli  Indiani  o  dei 


1 34  COSTUME 

Negri  fuggitivi  dall' intorno.  II  sistema   principale  di  difesa  consi- 
ste in  tutte  le  rammentate  fortificazioni.  Chi  desiderasse  di  avere 
esatte  notizie  sulle    rivoluzioni  più  importanti  di  questa    poleote 
colonia  legga  il  villaggio  del  capitano  Stedman. 
Città  di  Paramaribo. 

La  principale  o  per  meglio  dire  la  sola  città  del  Surinam  è 
Paramaribo,  della  quale  il  suddetto  viaggiatore  ci  diede  un'inte- 
ressante descrizione.  Questa  amenissima  città  è  situata  in  riva  al 
maestoso  fiume  di  Surinam  alla  distanza  di  circa  18  miglia  dalle 
sue  foci.  Vedi  la  Tavola  61.  E  fabbricata  sopra  una  specie  di 
frantumi  di  roccia,  a  livello  coi  contorni  ,  e  forma  un  quadrato 
lungo  un  miglio  e  mezzo  e  largo  meno  di  mezzo  miglio.  Tutte 
le  contrade  sino  dritte  e  ornate  d'aranci  ,  di  palme  ,  di  tama- 
rindi e  cedri  sempre  fioriti.  Il  selciato  è  di  ciottoli,  che  non  sono 
inferiori  a  quelli  de'più  eleganti  giardini  Europei,  ed  ai  quali  si 
dà  ancora  un  maggior  risalto,  frarnischiandovi  conchiglie  marine. 
Le  case,  che  per  la  massima  parte  hanno  due  ,  e  talvolta  anche 
quattro  piani,  sono  costrutte  di  un  bellissimo  legno.  Quasi  tulli 
i  fondamenti  sono  di  mattoni  ,  ed  i  tetti  sono  coperti ,  in  luogo 
di  tegole  o  di  lavagne,  di  alcune  picciole  tavole  spaccale.  Sono 
rare  le  finestre  con  invetriate}  poiché  il  vetro  vi  cagiona  un  so- 
verchio calore,  e  vi  si  sostituiscono  delle  graticce.  Non  ci  ha  un 
cammino  solo  in  tutta  la  colonia  ,  e  non  si  fa  fuoco  se  non  se 
nella  cucina,  la  quale  è  sempre  lontana  dal  corpo  principale  della 
casa  }  si  accende  in  terra,  ed  il  fumo  esce  da  un  pertugio  prati- 
cato nel  mezzo  del  tetto.  In  tutta  la  città  non  trovasi  una  sor- 
gente d'  acqua  :  ogni  casa  ha  un  pozzo  scavato  nella  roccia  ,  il 
quale  somministra  un'acqua  salsa,  e  che  serve  soltanto  pei  Negri 
e  pel  bestiame.  Gli  Europei  hanno  alcuni  serbatoj  ed  alcune  ci- 
sterne, nelle  quali  conservano  l'acqua  piovana  per  loro  uso.  Tutti 
gli  abitatori  dormono  in  letti  pensili,  tranne  i  Negri,  che  per  la 
maggior  parte  dormono  sul  suolo.  I  letti  de' signori  sono  di  tela 
di  cotone,  gtrerniti  di  frangie  ricchissime  fatte  dagli  Indiani,  che 
le  vendono  a  caro  prezzo.  Sono  inutili  le  coltri ,  e  bastano  alcune 
cortine  onde  preservarsi  dalle  zanzare.  Taluni  hanno  de' letti  cir- 
condati da  tende  di  velo,  che  guarentiscono  dal  più  picciolo  in- 
setto senza  impedire  la  circolazione  dell'  aria.  In  generale  le  case 
di  Paramaribo  sono  elegantemente  fregiate  di  dipinture,  di    spec- 


s 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJANA  l3f) 

chi,  di  dorature,  di  lumiere  e  vasi  di  .porcellana.  Le  pareti  delle 
stanze  non  sono  mai  intonacate  di  stucco,  né  tappezzate  di  carta 
ma  commesse  bensì  di  magnifiche  e  preziose  intarsiature.  Il  prin- 
cipale palazzo  è  quello  del  Governatore,  il  quale  mediante  un 
accesso  Lei  giardino  comunica  col  forte  Zelandia.  Codesto  palazzo 
e  quello  del  comandante  del  forte  non  ha  guari  consunti  dalle 
fiamme  ,  erano  i  soli  edifizj  in  mattoni  che  contasse  la  colonia. 
Il  palazzo  di  città  è  un  edifizio  elegante  e  nuovo  con  tetto  di  te- 
gole. Ivi  risiedono  le  varie  corti  di  giustizia  ,  e  trovansi  le  car- 
ceri per  gli  Europei.  Nella  chiesa  dei  Protestanti  si  uiHzia  in 
Olandese  ed  in  Francese:  i  Luterani  hanno  essi  pure  la  loro,  e 
gli  Ebrei  posseggono  due  sinagoghe  ,  una  Portoghese  ,  1'  altra 
Tedesca. 

Forte  Zelandia. 

La  città  di  Paramaribo  ha  una  grandiosa  rada,  ove  spesso  ad 
un  tiro  di  pistola  sono  ancorate  più  di  cento  navi  mercantili.  Il 
forte  Zelandia  non  è  separato  dalla  città  se  non  se  per  un'estesa 
spianata ,  ove  le  truppe  vanno  a  quando  a  quando  a  fare  la  pa- 
rata. Esso  forma  un  regolare  pentagono,  ed  ha  una  sola  porta  , 
situata  dalla  parte  della  città:  due  de' suoi  bastioni  dominano  il 
fiume.  Questa  fortezza  è  picciolissima  ,  ma  capace  di  valida  di- 
fesa ,  essendo  costrutta  di  pietre,  e  cinta  da  un  largo  fosso  ab- 
bondante d'acqua. 

Abitatore  e  loro  costumanze. 

Paramaribo  è  popolatissima }  in  pressoché  tutte  le  vie  s'incon- 
tra una  moltitudine  di  piantatori  ,  di  marina)  ,  soldati  ,  Ebrei  , 
Indiani  e  Negri.  Il  fiume  è  sempre  seminato  di  barche  e  battelli 
che  portano  spesso  bande  di  sonatori.  I  vascelli  in  rada  ornati 
delle  loro  fiamme  abbelliscono  il  punto  di  vista,  e  ad  animarlo 
vieppiù  contribuiscono  diversi  gruppi  di  giovinetti  e  di  fanciulli 
che  folleggiano  nell'acqua.  Il  numero  degli  Europei  ossia  de'Bian- 
chi  giugne  secondo  Stedman  in  tutta  la  colonia  a  cinquemila  , 
esclusa  la  guarnigione:  essi  dimorano  principalmente  nella  capi- 
tale }  ma  i  Negri  schiavi  sono  a  un  dipresso  ^5m.  Il  quadro 
della  popolazione  di  Surinara  pubblicato  per  ordine  del  governo 
nel  i8i5  monta  a  2029  Bianchi  ,  30^5  Mulatti  e  Negri  liberi  , 
51,9,37  schiavi.  Due  volte  al  giorno  alle  sei  ore  il  vascello  co- 
mandante fa  una  scarica  della    sua    artiglieria  nel  porlo.  Al   se- 


/ 


l36  COSTUME 

gnale  della  sera,  le  campine  suonano 5  i  tamburi  ed  i  pifferi  scor- 
rono la  città.  Nessuno  schiavo  dell'uno  e  l'altro  sesso  può  allora 
comparire  nelle  vie,  o  sul  porto  senza  la  permissione  del  suo  pa- 
drone. Il  trasgressore  è  arrestato  ed  immancabilmente  frustalo 
alla  manina  vegnente.  Nulla  havvi  che  più  annunci  il  lusso  dei  co- 
loni del  Surinam  ,  quanto  il  numero  degli  schiavi  che  manten- 
gono al  loro  servizio,  e  che  in  parecchie  famiglie  è  maggiore  di 
20  e  di  3o.  Di  rado  incontra  usi  domestici  Bianchi  nella  colonia. 
Gli  abiti  ed  i  cocchj  de' principali  abitatori  sono  veramente  son- 
tuosi: ogni  giorno  evvi  sfoggio  divelluti  di  Genova,  di  trine  di 
oro  e  d'argento,  di  diamanti,  e  fino  i  padroni  delle  navi  mer- 
cantili portano  fibbie  e  bottoni  d'oro  massiccio.  La  mensa  non  è 
meno  ricercala:  vi  si  appiestano  le  vivande  più  squisite  in  vasel- 
lame d'argento  e  in  porcellana  la  più  moderna  e  di  un  lavoro 
finissimo.  Le  signore  nelle  loro  conversazioni  fanno  servire  di  ge- 
lali e  di  sangary ,  che  è  un  miscuglio  d'  acqua,  di  vino  di  Ma- 
dera, di  noce  inoscada  e  di  zucche:  esse  vi  tengono  discorsi  i 
meno  equivoci  tanto  sul  conto  dei  loro  mariti ,  quanto  di  loro 
stesse:  spesso  hanno  seco  le  loro  giovani  schiave,  e  le  propon- 
gono agli  uomini  a  condizioni  venali  e  per  lo  spazio  di  una  set- 
timana. Ogni  paese  ha  le  sue  consuetudini  ,  e  dappertutto  havvi 
luogo  ad  eccezione.  Si  sono  conosciute  non  poche  signore  al  Su- 
1  inani,  le  quali  coi  loro  modi  avrebbero  formato  la  delizia  delle 
società  più  amabili  d'Europa.  Gli  abitatori  di  Paramaribo,  oltre 
i  piaceri  della  tavola,  delle  passeggiate  in  cocchio,  della  danza, 
del  giuoco,  hanno  un  teatrino  sul  quale  rappresentano  commedie 
per  loro  trattenimento  e  dei  loro  amici.  Tale  è  la  capitale,  e  tali 
sono  gli  abitatori,  il  cui  carattere  si  è  quello  di  tutti  gli  Olan- 
desi degli  stabilimenti  delle  Indie  Occidentali. 
Piantatori  di  Surinam. 

Avendoci  Stedman  rappresentate  qua  e  là  per  entro  la  rela- 
zione del  suo  viaggio  le  costumanze  de' piantatori  ,  e  degli  schiavi 
dei  Surinam,  noi  non  ometteremo  di  darne  brevemente  un'idea. 
Un  piantatore,  egli  dice,  allorché  vive  nel  suo  stabilimento  (caso 
raro,  preferendo  egli  d'ordinario  il  soggiorno  di  Paramaribo)  le- 
vasi alle  sei  del  mattino.  Recasi  indi  al  portico  si  luato  in  faccia 
alla  sua  casa  ,  ove  trova  il  suo  caffè  e  la  stia  pipa.  Una  mezza 
dozzina  di  schiavi  sì  maschi  che  femmine,  lo   attendono  ivi  per 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJAISA  1 3j 

servirlo.  Il  suo  soprantendente  gli  si  accosta ,  dopo  di  avergli  fatto 
in  distanza  molti  rispettosi  inchini,  gli  rende  conto  sommessa- 
mente del  lavoro  del  dì  precedente  ,  del  numero  dei  Negri  che 
sono  fuggiti,  degli  ammalati,  de'  morti ,  dei  convalescenti,  di  co- 
loro che  si  sono  comperati,  dei  neonati,  ma  soprattutto  del  nome 
degli  schiavi  che  hanno  trascurato  il  loro  dovere,  che  hanno  si- 
mulata un'indisposizione,  che  si  sono  imbriacati,  e  che  si  sono 
allontanati. 
Crudeltà  de"1  medesimi  verso  i  loro  schiavi. 

Per  lo  più  i  prigionieri  accusali  sono  presenti  a  questa  rela- 
zione che  si  fa  sotto  la  custodia  dei  carnefici  Negri,  i  quali  al 
menomo  cenno  li  legano  o  ai  pilastri  del  portico  od  a  qualche 
albero,  senzachè  spesso  il  padrone  degnisi  di  ascoltare  le  loro 
discolpe.  Appena  legati,  i  colpi  di  frusta  piovono  sovra  di  essi, 
indistintamente  sieno  uomini  ,  donne,  ragazzi.  Vedi  la  Tavola  62. 
Questi  stromenti  di  servizio  sono  lunghe  funi  di  canapa  le  quali 
ad  ogui  battitura  strazian  le  carni:  nell'atto  della  flagellazione 
gli  sventurati  ripetono:  »  danky  massera,  grazia,  signore  »  e 
il  piantatore  passeggia  innanzi  e  indietro  col  suo  ispettore  senza 
badar  punto  alle  loro  grida.  Dopo  ch'essi  sono  stali  crudel- 
mente battuti,  vengono  sciolti,  e  si  ordina  loro  di  riprender  to- 
sto i  loro  lavori. 
Loro  foggia  di  vestire  ec. 

Passata  l'ora  delle  correzioni  il  piantatore  fa  il  suo  passeggio 
in  abito  di  mattina,  che  consiste  in  pantaloni  di  tela  d'  Olanda 
la  più  fina,  in  calze  di  seta  bianche  ed  in  pianelle  di  marroc- 
chino  giallo  e  rosso 5  tiene  il  collo  della  camicia  aperto,  e  le  so- 
vrappone una  veste  svolazzante  di  bella  tela  delle  I  ndie.  Il  suo 
capo  è  coperto  di  un  berretto  di  cotone  di  rara  finezza  e  di  un 
enorme  cappello  di  castoro  che  difende  dai  raggi  del  scie  il  suo 
tetro  volto.  Vedi  la  suddetta  Tavola,  nella  quale  il  piantatore  è 
rappresentato  nel  momento,  in  cui  colla  sua  pipa  in  bocca  riceve 
dalle  mani  di  una  schiava  Quarterona  un  bicchiere  di  vino  di  Ma- 
dera che  beve  per  rifocillarsi  nel  suo  passeggio.  Dopo  di  aver  vagato 
lentamente  intorno  alla  casa,  o  di  esser  montato  a  cavallo  per 
visitare  i  suoi  campi  ritorna  a  casa  per  vestirsi  se  ha  intenzione 
di  fare  qualche  visita  5  diversamente  resta  vestito  come  si  trovi». 
Nel  primo  caso  sostituisce  ai  pantaloni  un  pajo  di  calzoni  di  tela 


l38  COSTUME 

sottile  o  di  seta  }  indi  s'asside  e  porge  le  gambe  ad  un  giovane 
Negro  che  lo  calza,  mentre  un  secondo  lo  pettina  e  lo  sbarba, 
ed  un  terzo  si  occupa  a  cacciare  da  lui  le  zanzare.  Terminata 
questa  toletta ,  si  mette  egli  un'altra  camicia,  una  giubba  ed 
un  vestito  sempre  di  tela  bianca.  Allora  sotto  un  largo  ombrello 
portato  da  un  giovane  Negro  è  condotto  alla  sua  barca,  cui  il 
suo  ispettore  ha  avuto  cura  di  provvedere  di  frutta ,  vino ,  acqua 
e  tabacco.  Se  il  piantatore  non  esce  della  sua  casa ,  fa  colezione 
a  dieci  ore.  Va  perciò  a  sedersi  ad  una  tavola  situata  in  un'am- 
pia sala,  e  coperta  di  presciutti  ,  di  lingue  fumicate,  di  polli, 
piccioni,  di  piantaggini,  di  cassava  dolce,  di  pane,  burro,  ca- 
cio ec.  Beve  birra  o  vino  di  Madera  ,  di  Sciampagna  o  della  Me- 
scila. Il  suo  ispettore  gli  fa  compagnia}  ma  situato  ad  una  certa 
distanza  ,  ed  entrambi  sono  serviti  dagli  schiavi  più  belli  e  più 
ben  conformati  di  corpo.  Dopo  ciò  prende  un  libro}  giuoca  agli 
scacchi  od  al  bigliardo,  o  sona  fino  a  che  sia  costretto  dal  ca- 
lore della  giornata  a  rimettersi  nel  suo  letto  pensile  per  passarvi 
il  meriggio  :  durante  il  sonno  due  Negri  gli  fan  vento  e  lo  rin- 
frescano. Si  risveglia  sulle  tre  pomeridiane}  il  desinare  è  servito 
nella  guisa  stessa  e  dagli  stessi  schiavi  della  colezione  ,  e  il  pranzo 
termina  con  una  copiosa  lazza  di  fortissimo  caffè  e  con  alcuni 
bicchieri  di  liquore.  Alle  sei  ricompare  l'ispettore  col  corteggio 
dei  manigoldi  e  dei  delinquenti,  ricominciano  i  castighi ,  e  dopo 
che  il  padrone  ha  dato  i  suoi  ordini  pei  lavori  del  dì  vegnente, 
congeda  la  radunanza,  e  passa  la  serata  bevendo  punch,  san- 
gary  ,  giuocando  alle  carte  o  pipando.  Quando  comincia  a  sen- 
tire i  forieri  del  sonno  si  fa  spogliare  dai  suoi  schiavi}  indi  si 
corica  gettando  il  fazzoletto  bianco  a  questa  o  a  quella  delle  sue 
favorite.  Egli  è  in  una  parola  un  picciolo  despota,  ma  altero  e 
spregevole  quanto  altri  mai.  Qui  però  giova  ricordare  che  in  tutto 
e  dappertutto  ci  sono  le  sue  eccezioni.  Si  conoscono  nel  Surinam 
piantatori  veramente  rispettabili  per  loro  probità:  anzi  non  omet- 
teremo di  dire  che  in  nessun  paese  del  mondo  come  in  questo 
l'ospitalità  è  esercitata  più  nobilmente  e  gentilmente.  Uno  stra- 
niero si  trova  dappertutto  come  in  casa  propria:  in  ogni  pianta- 
gione egli  è  fornito  di  tavola  ed  alloggio,  ed  in  un  modo  il  più 
grazioso:  vantaggio  tanto  più  importante,  in  quanto  che  non  si 
sa  che  cosa  sia  un  albergo  nelle  vicinanze  di  tutti  i  tlumi  della 
colonia  del  Surinam. 


DEGLI  ABIfATORl  DELLA  GUJANA  l3o, 

Schiavi. 

Nella  colonia  molti  padroni  obbligano  i  loro  schiavi  ad  al> 
bracciare  qualche  mestiere,  esigendone  una  determinata  retribu- 
zione ogni  settimana.  Se  sono  attivi,  in  breve  lucrano  assai  per 
proprio  conto,  e  alcuni  anche  si  arricchiscono.  Ma  se  all'opposto 
sono  eglino  infingardi,  e  se  non  adempiono  i  loro  impieghi ,  sono 
certi  di  essere  severamente  puniti.  Si  conoscono  al  Surinam  alcuni 
schiavi,  i  quali  giovandosi  del  detto  uso  ne  compravano  altri  per 
proprio  conto.  Parecchi  di  loro  si  riscattano  dai  loro  padroni j  al- 
tri preferiscono  di  conservare  il  loro  danaro  allorché  i  padroni 
sono  umani  e  giusti  :  imperciocché  lo  stato  di  servitù  gli  esenta 
dalle  gravezze  pubbliche,  laddove  emancipati  vi  souo  soggetti. 
Bisogna  però  convenire  che  siffatti  esempj  sono  rari ,  perciocché 
se  alcuni  schiavi  sono  ben  trattati  in  Paramaribo,  ciò  non  toglie 
che  la  massima  parte  non  vi  meni  una  vita  meschinissirna,  e  co- 
loro specialmente  che  dipendono  da  doone,  più  gelose  di  fare  una 
vana  pompa  di  opulenza  che  di  umanità. 
Quarte roni ,  Mulatti  ec. 

La  classe  più  considerata  degli  schiavi  è  quella  dei  Quarte- 
roni,  per  la  loro  affinità  cogli  Europei.  E  nolo  ch'eglino  sono 
generali  da  un  Bianco  e  da  una  Mulatta.  In  codesta  colonia  il 
loro  numero  è  considerabilissimo.  D'ordinario  i  ragazzi  di  que- 
sto colore  sono  istruiti  nelle  professioni  di  ebanista,  orefice,  gio- 
ielliere. Le  ragazze  sono  destinate  all'ufficio  di  cameriere.  Inse- 
gnasi loro  a  cucire,  a  far  calze,  a  ricamare,  nelle  quali  cose  rie- 
scono esse  alla  perfezione.  Generalmente  sono  assai  leggiadre  e  si 
vestono  con  decenza  ed  eleganza.  La  maggior  parte  di  una  sta- 
tura alta,  svelta  e  regolare,  sono  più  disinvolte  delle  Mulatte,  e 
non  si  mostrano  mai  ignude  al  di  sopra  della  cintura  come  que- 
ste ultime.  Vedi  la  Tavola  suddetta. 
Loro  vestire. 

Il  loro  vestilo  usuale  consiste  in  una  gonnellina  di  raso  con 
falbalà  di  velo  a  fiori.  Esse  portano  un  farsetto  corto  e  stretto 
di  tela  delle  Indie  o  di  seta  ,  annodato  davanti  che  lascia  vedere 
alla  pirte  superiore  della  sottana  una  camicia  di  finissimo  mus- 
solo.  Di  scarpe  e  di  calze  gli  schiavi  non  fanno  uso  al  Surinam. 
La  testa  di  queste  giovani  è  ornata  di  belle  chiome  nere  che  fi- 
niscono in  piccioli  ricci    naturali.  Allorché   escono  di  casa  si  co- 


l4<3  COSTUME 

prono  con  un  cappello  di  feltro  nero  o  bianco,  con  bottone  e 
nastro  d'  oro}  hanno  il  collo,  le  braccia  ed  il  malleolo  ornati  di 
catene,  monili  ed  altre  galanterie.  Gli  Europei  non  veggono  con 
indifferenza  queste  avvenenti  Quarterone^  il  che  umilia  assai  le 
Creole.  Tuttavia  se  si  venisse  a  sapere  che  un'Europea  avesse 
una  pratica  con  uno  schiavo  qualunque,  essa  sarebbe  detestala 
da' Bianchi,  e  1' amante  sarebbe  inesorabilmente  condannato  a 
morte.  A  tanto  giunge  nella  Gujana  Olandese  il  dispotismo  degli 
uomini  contra  il  bel  sesso.  La  Mulatta  da  noi  rappresentata  nella 
suddetta  Tavola  62 ,  è  la  leggiadra  giovane  di  nome  Giovanna 
tanfo  da  Stedman  decantata  nella  relazione  del  suo  viaggio.  Que- 
sta amabile  persona,  egli  dice,  non  poteva  avere  più  di  quindici 
anni.  Di  una  statura  piuttosto  alta,  le  sue  fattezze  avevano  tutta 
l'eleganza  e  la  perfezione  possibile.  I  suoi  grandi  occhi  neri  e 
pieni  di  espressione  annunziavano  la  bontà  del  suo  cuore.  Mal- 
grado del  colore  oscuro  della  sua  carnagione,  un  amabile  rossore 
copriva  le  sue  gote  quando  era  osservata  con  qualche  attenzione. 
I  suoi  capelli  di  un  bruno  pressoché  nero  formavano  un  numero 
infinito  di  ricci  naturali,  ornati  di  spille  d'oro  e  di  fiori.  Essa  por- 
tava al  collo,  alle  mani,  al  malleolo  degli  anelli  pure  d'oro  con 
ciondoli  dello  stesso  metallo.  Uno  sciallo  di  mossolo  delle  Indie 
negligentemente  gettato  sugli  omeri  copriva  con  garbo  una  parte 
del  suo  bel  seno 5  finalmente  una  sola  gonnella  di  una  finissima 
tela  e  dipinta  a  colori  vivacissimi  compiva  il  suo  abbigliamento. 
Gol  capo  e  co' piedi  nudi,  ella  presentava  anche  maggiori  vezzi 
segnatamente  quando  portava  in  mano  un  cappello  di  feltro,  or- 
nato di  un  nastro  d'argento. 

Negri. 

Noi  parlando  del  costume  degli  Africani  avendo  già  bastante- 
mente osservate  le  fìsiche  e  morali  facoltà  dei  Negri,  ora  non 
altro  faremo  che  considerarli  nello  stato  di  schiavitù. 

Come  trattati  sotto  di  un  padrone  tiranno. 

Giungono  questi  infelici  dalla  costa  di  Guinea  nel  Surinam 
in  uno  stato  di  estenuazione  e  di  miseria  }  ma  in  breve  ricupe- 
rano essi  il  loro  buon  aspetto,  e  sono  affidati  olle  cure  di  un 
vecchio  schiavo,  il  quale  gl'istruisce  nella  lingua  della  colonia. 
Pervenuti  a  questo  punto,  sono  eglino  mandati  a  lavorare  in  cam- 
pagna }  al  che  si  assoggettano  di  buon  grado,  benché  si  sieuo  ve- 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJANA  l4l 

liuti  alcuni,  i  quali  vi  si  ricusarono  non  ostante  le  promesse,  le 
preghiere,  le  minacce  e  le  battiture  cui  si  ebbe  ricorso  per  co- 
stringerveli; ma  trai tavasi  di  Principi  o  personaggi  di  un  grado 
distinto  nel  loro  paese,  i  quali  per  le  vicende  della  guerra  ca- 
duti erano  nella  schiavitù,  ed  i  cui  elevati  sentimenti  facevano 
loro  anteporre  la  morte  all'  abbjezione  ed  ai  guai  di  detto  stalo. 

Dacché  questi  infelici  cominciano  a  rallentarsi  nel  lavoro-, 
fruste,  nervi  di  bue,  bambù,  funi,  ferri  e  catene ;  tutto,  siccome 
abbiamo  già  io  parte  osservalo,  è  posto  in  opera  per  costringer- 
veli. Havvi  alcuni  padroni  che  li  tengono  occupati  giorno  e  notte, 
non  eccettuata  pure  la  domenica.  Ci  racconta  Stedraan  che  un 
Negro  giovane  ed  assai  robusto,  per  nome  Marchese ,  il  quale 
aveva  moglie  e  figli ,  impiegava  tanta  attività  nel  suo  lavoro,  che 
alle  quattro  pomeridiane  aveva  finito  di  scavare  una  fossa  lunga 
5oo  piedi,  e  ciò  per  avere  il  tempo  di  coltivare  il  suo  orticello, 
o  di  andare  alla  pesca  od  alla  caccia  pel  mantenimento  della  sua 
adorata  famiglia.  Il  suo  padrone  essendone  informato,  gli  provò, 
che  se  per  le  quattro  ore  poteva  scavare  5oo  piedi  di  terra,  ne 
avrebbe  sicuramente  terminali  600  prima  del  tramonto  del  sole. 
D'allora  in  poi  lo  sventurato  fu  condannato  ad  eseguire  ogni 
giorno  questa  misura  di   lavoro. 

AI  Surinam  gli  schiavi  vanno  pressoché  ignudi,  ed  il  loro 
cibo  quotidiano  consiste  in  pochi  iguami  ed  alcune  piantaggini. 
Forse  due  volte  all'anno  ricevono  essi  una  moderata  porzione  di 
pesce  salato  ed  alcune  foglie  di  tabacco  che  chiamano  sweety- 
muffo:  ecco  tutto.  Ma  il  tratto  più  crudele  per  essi  si  è  che  mal- 
grado della  tenerezza  che  un  Negro  e  sua  moglie  possono  pro- 
fessarsi a  vicenda,  se  quest'ultima  è  avvenente,  deve  soffrire  gli 
oltraggi  di  uno  scostumato  ed  adultero  ispettore,  o  ritrosa,  ve- 
dere il  proprio  marito  trucidato.  Tale  indegnità  gli  ha  frequente- 
mente spinti  ad  atti  i  più  violenti  e  disperati ,  ed  ha  cagionalo  un 
gran  numero  di  omicidj. 

Un  concorso  di  tanti  mali  riuniti  insieme  rende  familiare  il 
suicidio;  e  li  determina  a  fuggire  nelle  foreste  per  associarsi  ai 
loro  compatriotti  ribelli,  de' quali  parleremo  in  seguito:  ovvero  se 
non  fuggono,  cadono  in  una  cupa  melanconia,  e  divengono  vit- 
time di  infermità,  le  quali  sono  la  conseguenza  de' mali  tratta- 
menti che  soffrono.   Dal  complesso  di  tulle  queste  sciagure    viene 


1^2,  COSTUME 

che  un  gran  numero  di  schiavi  è  ridotto  all'incapacità  di  lavo- 
rare}  alcuni  per  la  totale  e  repentina  prostrazione  delle  loro  for- 
ze $  alcuni  altri  per  una  precoce  vecchiaja}  ma  i!  despota  di  una 
piantagione  trova  ai  loro  guai  un  rimedio  col  farli  morire  senza 
strepito  ,  e  nessun  Negro  può  deporre  in  giudizio  contro  di  esso. 
Che  se  talvolta  accadesse  ad  un  Europeo  di  provare  l'omicidio, 
il  reo  sarebbe  assolto  con  una  multa  di  3o  lire  sterline,  o  con 
un  risarcimento  verso  il  proprietario,  ove  questi  lo  esigesse.  Gol 
favore  di  questa  tariffa  di  sangue  umano  è  in  sua  facoltà  di 
sacrificare  ogni  schiavo  dipendente  dalla  sua  ispezione,  il  quale 
abbia  avuto  la  sfortuna  di  eccitare  la  sua  collera.  A  fronte  di  tale 
conlegno  come  potremo  noi  maravigliarci ,  se  eserciti  di  schiavi 
ragunansi  nelle  foreste  e  cercano  tutte  le  occasioni  di  soddisfare 
la  loro  vendetta  ? 

Noi  chiuderemo  questo  ingrato  racconto  con  una  considera- 
zione generale,  che  dimostrerà  fino  a  qu3l  grado  tante  crudeltà 
influiscano  sulla  popolazione.  Abbiamo  già  notato  sopra  che  si 
contano  al  Surinam  circa  ftm.  Negri  schiavi.  Se  si  dibatte  il 
numero  de' vecchi  dei  due  sessi  e  dei  bambini,  rimarranno  soli 
5om.  atti  al  lavoro.  E  calcolato  da  6  a  12  il  numero  delle  navi 
che  annualmente  importano  a5o  in  3oo  Negri  per  ciascuna.  Si 
può  quindi  ragguagliare  la  totale  annua  importazione  a  a5oo 
schiavi  che  sono  necessarj  per  compiere  gli  anzidetti  5o,ooo.  Per 
conseguenza  il  numero  de'  morti  eccede  ogni  annuo  di  a5oo  quello 
delle  nascite  (non  ostante  che  ciascun  Negro  abbia  una  moglie, 
ed  anche  due,  se  ciò  gli  aggrada)',  il  che  sulla  totalità  forma 
precisamente  il  5  per  100,  e  prova  perciò,  che  un'intera  gene- 
razione è  onninamente  estinta  nel  periodo  di  venti  anni.  La  ve- 
rità però  ci  obbliga  a  dichiarare  che  le  crudeltà  che  producono 
un  tale  risultamento ,  non  sono  generali  5  poiché,  siccome  abbiam 
già  accennato,  in  alcune  piantagioni  gli  schiavi  sono  trattati  come 
a  uomini  si  addice.  Sì  fatta  condotta  sarebbe  anche  più  generale, 
se  le  leggi  non  concedessero  sovra  di  essi  un  potere  assoluto,  di 
cui  è  impossibile  che  non  si  abusi. 
Negri  sotto  di  un  buon  padrone. 

Noi  cominceremo  dal  presentarvi  una  famiglia  di  Negri  in 
quello  stato  di  calma  o  di  felicità  ch'eglino  godono  sotto  di  un 
buon  padrone.  Nella  Tavola  63,   veggonsi  alcune    persone  della 


.  ■;.!;. 


DEGLI    ABITATOni    DELLA    GUJANA  1 /| 3 

nazione  o  tribù  di  Loango  ai  segni  delineati  sul  corpo  dell'uo- 
mo (i),  che  porta  pure  sul  petto  una  cifra  formata  dalle  iniziali 
I,  G,  S,  per  mezzo  della  quale  il  padrone  può  provare  che  lo 
schiavo  gli  appartiene.  Questo  Negro  tiene  sulla  testa  una  rete 
ed  un  paniere  colmo  di  pesci ,  produzione  della  sua  caccia.  Sua 
moglie  reca  frutta  di  varie  specie,  filando  bambagia ,  e  fumando 
tranquillamente  la  sua  pipa  :  ella  porta  un  bambino  dietro  le  spalle 
ed  un  altro  le  corre  d'appresso.  In  siffatta  guisa  sotto  un  padro- 
ne umano  il  lavoro  di  un  Negro  è  un  salutare  esercizio  che  fini- 
sce sul  tramontar  del  sole  e  che  gli  permette  d'impiegare  il  su- 
perfluo del  suo  tempo  nel  cacciare,  pescare,  coltivare  il  suo  pic- 
ciolo giardino,  o  nel  tessere  panieri  e  nasse  pel  mercato.  Col 
prezzo  ch'ei  ricava  da  questi  oggetti  compera  qualche  porco,  al- 
cune anitre  ed  altri  volatili,  che  mantiene  senza  dispendio  sopra 
un  suolo  che  produce  spontaneamente  di  che  alimentarli.  In  tale 
situazione  scevro  di  amarezze,  non  soggetto  a  tasse,  suol  risguar- 
dare  il  suo  padrone  come  il  suo  protettore.  Il  clima  che  abita  è 
analogo  al  suo,  e  lo  dispensa  dall'uso  degli  abiti:  cosa  che  trova 
più  comoda  e  più  salubre.  Ei  può  fabbricarsi  la  sua  abitazione 
come  gli  aggrada  ^  e  la  foresta  gli  somministra  i  materiali  neces- 
sarj.  Il  suo  letto  è  un'amaca  o  stuoja  denominata  papaya.  Si  fab- 
brica pure  da  se  stesso  le  sue  stoviglie,  e  le  zucche  che  gli  ten- 
gon  luogo  di  piatti,  crescono  uel  suo  orto.  Egli  non  si  condanna 
mai  a  vivere  con  una  donna  che  non  ama  ,  ed  allorché  due  co- 
njugi  sono  reciprocamente  anuojati,  si  lasciano  d'accordo.  Oltre 
gli  alimenti  ch'ei  riceve  ogni  settimana  dal  suo  padrone,  la  sua 
compagna  sa  preparargli  molte  squisite  vivande,  quali  sono  il 
hrajl  manicaretto  composto  di  piantaggini  e  d'ignami  bolliti  in- 

(i)  I  Negri  sono  divisi  in  varie  tribù  che  si  distinguono  dai  varj  se- 
gni che  gli  individui  singoli  si  fanno  sul  corpo.  A  cagion  di  esempio  i 
Negri  del  Coromantyn  ,  che  sono  i  più  pregiati,  hanno  tre  o  quattro  sfregi 
sopra  ciascuna  guancia  ,  siccome  si  può  conoscere  nell'  effigie  del  Negro 
armato  coi  calzoni  e  berretto  rosso  della  Tavola  65.  I  Negri  di  Loango  , 
che  sono  i  meno  stimati  si  distinguono  col  delinearsi  sulle  braccia  ,  sui 
fianchi  e  sulle  coscie  alcune  figure  quadrate  ,  molto  somiglianti  ad  un  da- 
do. Eglino  si  aguzzano  i  loro  denti  anteriori ,  il  che  imprime  loro  un  non 
so  che  di  ferocia.  I  loro  figliuoli  sono  circoncisi  a  un  dipresso  nella  guisa 
medesima  degli   Israeliti. 


l44  COSTUME 

sicme  con  carne  salata,  pesce  fumicato  e  pepe  di  Cajenna  ;  ti  tom- 
torri)  specie  di  puddinga  fatto  con  farina  di  melica,  polli,  pesce, 
pepe  di  Cajenna,  e  teneri  baccelli  di  altea  ec.  La    bevanda  or- 
dinaria del  Negro  si  è  acqua  schietta,  corretta    alcune  volte  con 
un  poco  di  rhum.    Se  ammalasi,  o  se  si  ferisce,    egli  è  assistilo 
gratuitamente,  ma  ben  di  rado  ricorre  al  chirurgo,    avendo  una 
sufficiente  cognizione  delle  erbe  medicinali  ;  altronde  si  fa  da    se 
medesimo  delle  scarnificazioni ,  che  suppliscono    al  salasso.  Ei  si 
conserva  la  testa  monda,  spargendo    sovra  i  suoi  capelli    dell'ar- 
gilla umida,  che  poscia  si  leva  con  acqua  e  sapone.    Per  mante- 
nere i  suoi  denti  bianchi  come  l'avorio,  si  serve  di  un  pezzo  di 
legno  d'arancio,  avente  le  fibre  assottigliate  all'estremità,  e  non 
havvi  uomo  o  donna  che  non  sia  munita  di  questo  picciolo  arredo 
il  quale  ha  di  più  la  proprietà  di  raddolcire  1'  alito. 
Loro  divertimenti.  Nuoto. 
Il  loro  più  favorito  divertimento  si  è  quello  di  nuotare;  eser- 
cizio che  gli  occupa  due  o  tre  volle  al  giorno,  alla  rinfusa  ed  in 
gruppi  di  giovani  e  giovinette,  come  gli  Indiani ,  ed  ì  due  sessi 
si  fanno  un  pregio  di  distinguersi  per  coraggio  ,   per  forza  e  per 
destrezza. 
Danza. 
Hanno  una  danza  che  appellano  soesa ,  la  quale  consiste  nel 
saltare  davanti  al  suo  ballerino  od  alla  sua  ballerina ,  battendole 
roani  sui  fianchi  per  andar  con  misura.    Eglino  hanno    tale  pas- 
sione per  codesto  esercizio,  che  spesso  viene  eseguito  da  sette  od 
otto  gruppi  ad  un  tempo;  e  con  tale  impeto  da  cagionar  talvolta 
la  morte;   motivo  pel  quale  esso  venne  proibito  dalle  autorità  di 
Fararaaribo.  Alle  altre  danze  che  usano  gli  schiavi  si  presentano 
essi  nella  massima  attillatura;  le  donne  colle  loro  più  vaghe  gon- 
nelle di  tela  delle  Indie  e  gli  uomini  con  pantaloni  di  finissima 
tela  d'Olanda.  E  tale   il  piacer    loro  pel    ballo,  che   talvolta  si 
odono  i  loto  tamburi  dal  sabato  sera  fino  alle  sei  ore  del  lunedì 
mattina,  avendo  eglino  passale  36  ore  a  ballare,  cantare,  gridare 
e  batter  le  palme.  I  Negri  danzano  sempre  due  a  due,  gli  uomini 
fanno  le    figure  e  segnano   i   passi;  le    donne  girano    tenendo  la 
loro  gonnella  spiegata  a  foggia  di  ombrello.  Essi  appellano  code- 
sta danza   waey-cotto.  I  giovani  che  si  riposano  versano  da  bere; 
le  ragazze  incoraggiano  i  ballerini ,  ed  asciugano  la  fronte  ai  loro 
indefessi  sonatori. 


DEGLI  ABITATORI  DELLA  GUJAXA  1 4^ 

(Vni  sera  di  sabato  gli  schiavi  che  sono  bea  trattati  cliiu- 
dono  la  settimana  con  una  ricreazione  di  questo  genere,  e  d'  or- 
dinario ogni  tre  mesi  si  dà  loro  una  gran  festa,  alla  quale  sono 
invitati  anche  i  loro  colleghi  del  vicinato.  Spesso  il  padrone  ab- 
bellisce la  festa  colla  sua  presenza,  o  per  lo  meno  invia  del  rhuru 
ai  ballerini. 
Loro  st vomenti  di  musica. 

I  loro  stromenli  musicali ,  ingegnosissimi  e  fabbricati  da  loro 
medesimi,  si  riducono  a  18  principalmente.  Vedi  la  Tavola  64, 
1  ,  il  (jiia-qua,  asse  di  un  legno  duro  e  sonoro,  che  si  percuote 
a  guisa  di  un  tamburo  con  due  bacchette  di  ferro  o  due  ossa: 
2,  il  kiemba-toetoe ,  giunco  concavo,  nel  quale  i  Negri  soffiano 
col  naso,  come  praticano  gli  isolani  di  Tai'ti  :  3,  /' ansoko-baina, 
una  spezie  di  gran  timpano:  4)  il  gran  tamburo  Creolo,  fatto 
col  tronco  di  un  albero  scavato ,  e  coperto  di  una  pelle  di  mon- 
tone: 5,  il  gran  tamburo  di  Loango,  coperto  alle  due  estremità, 
e  che  produce  il  medesimo  effetto  di  un  timballo:  6,  il  picciolo 
tamburo,  detto  papa-drum:  7  ,  il  picciolo  tamburo  di  Loango: 
8,  il  picciolo  tamburo  Creolo  r  9,  il  coeroema,  tazza  ingegnosa- 
mente lavorata,  e  coperta  di  pelle  d'  agnello  che  si  batte  alla 
maniera  stessa  del  qua-qua:  io ,  il  Loango-bonia :  11,  un'ampia 
zucca  vota,  che  serve  a  gonfiare  il  Loango  suddetto,  le  cui  canne 
sono  alzate  colle  dita,  a  un  di  presso  come  i  tasti  di  un  piano- 
forte, e  questi  suoni  sono  aggradevoli  e  delicati:  12»,  il  saka- 
saJca,  ossia  zucca  forata  con  un  bastone,  e  non  dissimile  dalla 
conchiglia  magica  degli  Indiani:  1 3,  la  conchiglia  di  mare,  nella 
quale  i  Negri  soffiano  tanto  per  diporto ,  quanto  per  dare  l'allar- 
me, ma  che  non  serve  mai  d'accompagnamento  per  la  danza: 
i/j,  il  beuta  ,  ramo  teso  a  guisa  di  arco,  che  si  tiene  coi  denti, 
e  che  girato  a  destra  ed  a  manca  e  percosso  da  un  corto  bastone, 
produce  un  suono  quasi  somigliante  a  quello  di  una  tromba:  i5, 
il  creolo-bania ,  è  una  specie  di  chitarra:  16,  la  tromba  guer- 
riera, destinata  a  comandare  l'avanzarsi,  o  il  ritirarsi,  e  delta  dai 
Negri  tu-tu:  ij  y  il  corno  destinato  a  chiamare  gli  schiavi  dalle 
abitazioni  al  lavoro:  18,  il  Loango-tu-tu ,  flauto  che  i  Negri  so- 
nano come  gli  Europei.  Questi  sono  gli  stromenti  di  musica  dei 
Negri,  coi  quali  essi  danzano  con  maggior  brio  che  non  si  fa  in 
Europa  colle  migliori  orchestre.  Riflet'.ereino  però  che  questa  loro 

Cost.  Voi.  IV  dell"  America  io 


1^6  COSTUME 

musica  è  assai  monotona ,  e  che  battono  solamente  un  tempo  ed 
un  mezzo  tempo,  e  non  mai  tre. 

Cerimonie  funebri. 

Quando  un  Negro  ha  cessato  di  vivere,  i  suoi  parenti  ed 
amici  lo  portano  in  un  boschetto  d'aranci,  ove  gli  danno  sepol- 
tura ,  non  senza  qualche  spesa ,  poiché  generalmente  il  collocano 
essi  in  una  bara  di  un  bel  legno ,  ben  lavorata ,  e  al  tempo  stesso 
Y  aria  echeggia  di  funebri  canti ,  di  gemiti  e  dì  grida.  Colmata 
la  fossa  e  coperta  di  un  verde  tappeto  d'  erba  ,  gli  si  pongono 
accanto  due  ampj  vasi ,  uno  pieno  d'  acqua ,  V  altro  di  varie 
specie  di  carne  bollita  e  di  cassava;  il  che  si  fa  non  già  perchè 
da  essisi  creda  che  il  trapassato  possa  averne  bisogno,  ma  bensì 
come  un  attestato  di  rispetto  che  si  tributa  alla  sua  memoria:  tal- 
volta eziandio  si  trasportano  le  poche  suppellettili  che  può  aver 
lasciati,  e  si  spezzano  sulla  sua  tomba.  Compiute  queste  cerimo- 
nie, tutti  gli  astanti  gli  dicono  addio  5  gli  parlano  come  s'ei  do- 
vesse intenderli 5  lo  assicurano  del  rammarico  che  provano  nella 
loro  separazione,  gli  dicono  per  ultimo,  ch'eglino  sperano  nel 
rivederlo  nel  luogo  beato,  ov'ei  gode  ora  della  presenza  de'suoi 
antenati,  de'suoi  congiunti,  de'suoi  amici.  Altre  strida  di  dolore 
chiudono  questi  funerali,  e  la  comitiva  se  ne  ritorna  a  casa.  AU 
l' indimani  si  ammazza  un  grosso  majale,  con  anitre ,  pollami  ec. 
ed  i  parenti  danno  agli  altri  Negri  una  festa,  la  quale  si  protrae 
iìno  al  giorno  successivo.  In  segno  di  lutto  uomini  e  donne  si 
radono  il  capo,  e  vi  ravvolgono  attorno  un  fazzoletto  turchino  cui 
portano  per  un  anno  intero.  Allo  spirar  del  medesimo,  eglino  ri- 
tornano al  sepolcro,  vi  depongono  le  ultime  offerte-,  dicono  un 
nuovo  addio  al  defunto  5  poscia  danno  in  casa  una  nuova  festa,  che 
termina  con  danze  festive  e  con  canti  in  lode  del  congiunto  e 
dell'  amico  che  gli  ha  lasciati. 

Negri  ribelli  e  indipendenti. 

I  Negri  che  si  sottrassero  alla  dipendenza  fondarono  parecchie 
repubblichetle  nelP  interno,  vanno  nudi  e  vivono  nell'  abbondanza. 
Fanno  ottimo  burro  col  grasso  chiarificato  dei  bachi-palmisti,  ed 
estraggono  ottimo  olio  dai  pistacchi  di  terra.  Col  mezzo  d'inge- 
gnosi trabocchetti  e  profittando  del  flusso  prendono  selvaggina  e 
pesce  che  seccano  fumicandolo  onde  conservarlo.  Le  loro  campa- 
gne sono  coperte  di  riso,  di  manioco,   d"  iguarai,  e    ricavano  11 


►is. 


tei 


1^ 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJATVA  1^7 

sale  dalle  ceneri  della  palma,  come  fanno  gli  Indù,  e  vi  suppli- 
scono bene  spesso  col  pepe  rosso.  Han  sempre  vino  di  palma  in 
abbondanza,  cui  si  procurano  col  mezzo  di  un'incisione  di  un 
piede  quadrato  nel  tronco,  donde  ricevono  il  sugo  entro  un  vaso. 
Il  latano  somministra  loro  tutti  i  materiali  necessarj  alla  costru- 
zione delle  loro  case.  Del  calebasso  fan  vasi  e -coppe,  e  dei  fila- 
menti della  mauricia  fanno  le  loro  brande.  Crescono  anche  sulle 
palme  certe  specie  di  berretti  di  un  tessuto  naturale,  come  il 
sustillo  del  Perù.  Le  liane  d'  ogni  specie  servon  loro  di  corde } 
accendono  il  fuoco  confricando  insieme  due  pezzi  di  legno  che 
chiamano  by-by ,  e  siccome  quel  legno  è  pur  anche  elastico,  ne 
fanno  ottimi  turaccioli.  Colla  grascia  e  coli' olio  di  cui  abbondano 
possono  far  candele  o  accendere  lampade  :  le  api  selvatiche  dan 
loro  cera  ed  ottimo  mele. 

Noi    vi  offriamo  nella  Tavola  65 ,  uno  di  questi  Negri  ribelli, 
contra  i  quali  il  capitano  Stedman  stava  per  azzuffarsi:  questi   ci 
presentò  uno  di  essi ,  che  fa  sentinella  e  che  mostrasi  spaventato 
dal  romore  che  ode. 
Cacciatori  Negri  emancipati  che  inseguono  i  ribelli. 

Alcuni  volontarj  di  un  corpo  di  cacciatori  Negri  emancipati 
stanno  in  agguato  per  sorprenderlo.  Questo  Negro  è  armato  di 
un  fucile  e  d'  una  scure.  I  suoi  capelli ,  benché  lanuti ,  sono  in- 
trecciati presso  il  capo.  Era  questo  un  segnale,  per  mezzo  del 
quale  i  ribelli  distinguevansi  dai  suddetti  cacciatori.  La  sua  barba 
è  recisa  in  punta ,  come  la  portano  tutti ,  quando  non  hanno  il 
comodo  di  radersi.  Il  suo  vestito  principale  consiste  in  una  fascia 
di  tela  di  cotone,  negligentemente  gettala  dietro  le  spalle,  1a 
quale  lo  guarentisce  ad  un  tempo  dalle  intemperie  dell'  aria ,  e 
gli  serve  per  coricarsi  sopra }  ciò  che  ognuno  di  loro  fa  sempre 
aL  coperto  e  nei  luoghi  più  cupi  che  può  rinvenire,  allorché  è 
disgiunto  da'  suoi  compagni.  Lo  stesso  Negro  porta  una  camicia 
legata  attraverso  il  corpo  a  foggia  di  un  fazzoletto.  Il  suo  car- 
niere è  fatto  di  pelle  :  e  gli  pende  dal  collo  un  amuleto  supersti- 
zioso ,  nel  quale  ripone  tutta  la  sua  fiducia.  I  cacciatori  che  stanno 
per  inseguirlo  appartengono  ad  un  corpo  di  schiavi  Negri  eman- 
cipati che,  al  tempo  di  Stedman,  ascendeva  a  3oo  uomini,  e 
che  fu  più  utile  alla  colonia  di  qualunque  altro  corpo.  Questi 
Negri  erau  lutti  volonlarj ,  ed  in  generale  giovani  e  robusti.  Erano 


l4&  COSTUME 

stali  scelti  da  diverse  piantagioni ,  ed  i  loro  padroni  ne  avevano 
ricevuto  il  prezzo  in  danaro.  Non  vi  si  ammise  alcuno,  che  non 
fosse  di  un  carattere  irreprensibile.  Stedman  fu  testimonio  oculare 
delle  prove  sorprendenti  di  fedeltà  di  questi  schiavi  emancipali 
relativamente  agli  Europei,  e  del  loro  valore  contra  i  Negri  ri- 
belli. I  loro  capi  principali  sono  tre  o  quattro  Bianchi ,  chiamati 
condottieri,  ai  quali  eglino  professano  la  più  stretta  obbedienza. 
Codesti  emancipati  sono  sempre  accompagnati  da  uno  o  due  di 
tali  Bianchi ,  allorché  vanno  a  qualche  impresa  importante.  Ogni 
compagnia  è  composta  di  io  volontarj  soltanto}  ha  un  capitano 
che  la  comanda  nella  foresta  con  suoni  variati  di  corno,  come  è 
comandata  in  Europa  la  cavalleria  col  suono  delle  trombe.  Con 
questo  mezzo  i  volontarj  s'avanzano,  attaccano  e  si  ritirano.  Le 
loro  armi  sono  la  sciabola  ed  il  fucile  :  se  ne  servono  con  pari 
forza  che  destrezza,  preferiscono  di  camminar  nudi  nei  boschi, 
a  riserva  di  un  pantalone  e  di  un  berretto  scarlatto,  emblema 
della  loro  libertà,  sul  quale  è  i  loro  numero,  e  che  unito  al 
loro  grido  d'  unione  Orange  previene  ogni  equivoco  nella  mischia 
e  li  distingue  dai  Negri  ribelli.  Negli  ultimi  anni  si  è  dato  loro 
una  divisa  verde.  Qui  giova  osservare,  che  i  ribelli  più  volte  impa- 
dronironsi  di  questi  segni  distintivi,  e  che  avendone  fatto  uso  nel 
tempo  dell'  azione  non  solamente  salvarono  eglino  la  propria  vita, 
ma  poterono  ancora  immolare  più  facilmente  i  loro  avversarj. 
Hanno  spesso  impiegato  un  altro  strattagemma.  Essendo  rare  tra 
loro  le  armi  da  fuoco,  molti  di  essi  mescolavansi  nelle  proprie 
file  ,  portando  sulle  spalle  un  pezzo  di  legno  lavorato  a  guisa  di 
facile.  Simile  astuzia  trattenne  non  di  rado  gli  schiavi  addetti 
alle  piantagioni  dal  difenderle,  allorché  i  ribelli  si  sono  presen- 
tati per  metterle  a  sacco,  e  talvolta  ha  incusso  loro  tanto  timore 
da  lasciar  tranquillamente  appiccar  il  fuoco  ai  loro  antichi  stabi- 
limenti, dopo  di  aver  condotto  via  le  loro  famiglie. 
Gujana  Francese.  Cajenna. 

La  colonia  Francese  è  sempre  rimasta  in  uno  stato  di  languore. 
Cajenna  ne  è  il  capo  luogo.  Questa  città  ben  fortificata  dalla 
parte  del  mare ,  è  quasi  inaccessibile  da  quella  terra ,  ove  boschi 
e  paludi  empiono  1'  isola  nella  quale  è  situata  (i).  La  città  e 
fortezza  di  Cajenna  sono  situate  sulla  punta  settentrionale  dell'i- 

(i)  R'ipport  officiai  nel  Moniteur   1809,  N.8   556. 


DEGLI    ABITATORI    DEI-LA    GUJANA  l/|9 

Sola ,  la  quale  ò  formata  all'  ouest  dal  fiume  dello  stesso  nome  rj 
all'est  dal  Mabury:,  al  sud  da  un  braccio  di  fiume  in  cui  Tanno 
ad  unirsi  i  due  detti  fiumi ,  e  al  nord  dal  mare.  La  città  fa  una 
spezie  d'  esagono  irregolare,  circondato  da  mura  con  cinque  ba- 
stioni,  da  alcune  mezze  lune  e  da  un  fosso.  In  questo  ricinto  e 
su  di  un'  altura  alla  riva  del  mare  è  situata  la  fortezza  chiamata 
una  volta  Forte-Luigi  di  Cajenna  ,  che  domina  la  città  ed  il 
porto.  Le  case  per  la  maggior  parte  sono  di  legno j  le  altre  di 
terra  e  poscia  imbiancate  :  ora  tutte  sono  coperte  d'  assicelle  :  pel 
passato  lo  erano  di  foglie  di  palma  ,  ma  gli  incendj  che  spesso 
accadevano  hanno  indotto  gli  abitatori  a  preferire  l'altra  maniera. 
Non  se  ne  annoverano  più  di  dugento  delle  quali  alcune  hann,o 
due  piani.  La  popolazione  di  Cajenna  è  di  circa  tre  mila  anime} 
quella  di  tutta  la  colonia  senza  gli  indigeni  è  di  i8m.  abitatori, 
dei  quali  due  mila  solamente  sono  Bianchi  (i).  I  confini  attuali 
sono  1'  Oyapok  (2)  a  levante  ed  il  Marony  a  ponente*,  ma  le  abi- 
tazioni Europee,  nella  parte  occidentale,  non  si  stendono  che 
fino  in  riva  al  Guron.  Tra  le  produzioni  quella  del  garofano  ha 
dato  fin  no  milioni  di  libbre.  L' Oriana  e  l'indaco  riescono  per- 
fettamente. Il  valore  delle  esportazioni  si  è  per  lo  meno  triplicato 
dall'anno  1789,  nel  quale  non  oltrepassavano  di  molto  il  mezzo 
milione  (3).  La  natura  non  trattò  Cajenna  men  favorevolmente  di 

(1)  Secondo  l'enumerazione  fatta  nel  1788  erano  nella  colonia  1,007 
Bianchi,  394  Mulatti,  o  Negri  emancipati,  10,748  Negri  schiavi;  in  tutto 
12  ,  449  abitatori. 

(2)  Il  fiume  Oyapok  è  uno  de' più  considerabili  di  questo  continente: 
la  sua  foce  è  nel  mezzo  di  una  specie  di  baja  larga  quattro  leghe,  nella 
quale  si  scaricano  due  altri  fiumi  il  Cinipi  a  levante  e  l'Uanari  a  ponente. 
L'  Oyapok  è  largo  due  leghe  alla  sua  foce  :  dopo  di  averlo  rimontato 
circa  sei  leghe  trovasi  un  bel  porto,  ove  nel  1726  si  edificò  un  nuovo 
forte  ed  un  borgo.  Molte  nazioni  Indiane  si  sono  stabdite  nelle  vicinanze; 
e  nel  1735  si  fondò  in  poca  distanza  dal  fotte  la  missione  di  S.  Paolo. 

(3)  Le  esportazioni  nel  1788  erano  come  segue: 

Zucchero 20  Quintali  prezzo       1000  franchi. 

Caffè i5q, 2r,ooo 

Ciccao 210 1 3,ooo 

Cotone g25 i85,ooo 

Indaco 5o 45-<'(>o 

Diversi  articoli.  .       o 274^000 

Valore  totale     5 39,000 
V.  Ge'ographie  Universelle  publièe  par  Mantelle  etc.  Tom.  XV.  pag  35o. 


1  ÌJO  COSTUME    DEGLI    ABITATORI    DELLA    GUJAiVA 

Surinam  ,  ma  l'ignoranza  sì  comune  fra  gli  uomini  di  stato  Fran- 
cesi, la  presunzione  compagna  dell'ignoranza,  la  forza  infine  com- 
binata dall'abitudine  e  dal  raggiro,  incatenaron  sempre  quegli 
uomini  illuminati  ed  intraprendenti  che  proposero  i  veri  mezzi 
onde  far  uscire  quella  colonia  dalla  sua  troppo  lunga  infanzia.  Un 
bravo  medico  il  signor  Leblond  che  dimorò  lnngamente  a  Cajen- 
na,  propose  ultimamente  d'incivilire  le  due  tribù  indigene  de'Ru- 
cujeni  e  de'Purpurui,  le  quali  non  chiedono  che  l'istruzione  onde 
potersi  dare  all'  agricoltura.  Oltre  1'  indaco  ,  il  cotone  ,  il  caffè 
che  quegli  indigeni  coltiverebbero,  potrebbero  somministrare  tutti 
i  viveri  uecessarj  ad  una  grande  popolazione  di  Negri.  Se  all'e- 
secuzione di  questo  progetto  andasse  unita  qualche  misura  onde 
stabilire  a  Cajenna  gli  esperti  coloni  della  parte  Francese  di  San- 
Domingo,  scacciati  dai  Negri  indipendenti,  e  trasportare  colà  sotto 
la  vigilanza  della  pubblica  autorità  alcune  migliaja  d'  Africani  , 
vedrebbesi  iu  breve  sorgere  un  nuovo  Surinam,  che,  grazie  allo 
stabilimento  indicato  dal  signor  Leblond ,  non  avrebbe  a  temere 
la  fuga  de'  Negri. 


DESCRIZIONE  DELL'ARCIPELAGO 
DI    COLOMBO 


OSSIA 


DELLE  GRANDI  E  PICCOLE  ANTILLE. 


F, 


ra  i  due  continenti  d'  America,  de' quali  abbiamo  compiuta  la 
descrizione,  stendesi  in  forma  di  un  arco  una  catena  d'isole,  cui 
si  diede  il  nome  insignificante  d'  Antille  (i),  e  quello  inesatto 
d'  Indie  Occidentali ,  che  si  estende  ben  anche  a  tutta  l' Ameri- 
ca (2),  ma  che  la  ragione  e  la  riconoscenza  chiamar  devono  Ar- 
cipelago di  Colombo  ,  il  quale  traversando  V  Oceano  Atlantico  lo 
scoprì  dal  i492  al  x49^5  anno  in  cui  penetrando  fino  alle  coste 
della  Terra-Ferma  ed  alle  foci  dell' Orenoco ,  s'accorse  di  aver 
scoperto  altresì  quel  nuovo  continente,  chiamato  ancora  America 
dai  posteri  ingrati.  L'  estremità  meridionale  di  quell'  Arcipelago 
corrisponde  al  capo  Paria  nell'America  meridionale }  mentre  la 
sua  estremità  settentrionale  si  lega  alla  Florida  per  le  isole  Ba- 
hama  ,  e  la  punta  occidentale  di  Cuba  corrisponde  in  qualehe 
modo  alla  parte  più  sporgente  delPYucatan.  Per  tal  modo  le  An- 
tille attengonsi  doppiamente  al  continente  dell'  America  setten-* 
trionale. 

(1)  Secondo  la  più  comune  opinione  il  nome  di  Antille  fu  dato  a  que- 
ste isole  dai  primi  navigatori  per  indicare  ch'esse  erano  situate  innanzi 
al  novo  continente ,  ante-insulac  Alcuni  credono  che  questo  sia  il  nome 
dell1  isola  immaginaria  d'  Antilia  applicato  alle  scoperte  di  Colombo.  Gli 
Inglesi ,  i  Francesi  e  gli  Spagnuoli  sogliono  chiamarle  isole  del  Vento  o 
di  Barlovento  o  con  più  appropriata  espressione  di  sopravvento,  ed  in 
isole  di  sottovento.  Ma  siccome  il  senso  di  questa  espressione  di  marina 
dipende  dalla  posizione  del  vascello,  e  dalla  via  che  si  ha  intenzione  di 
seguire,  così  pare  cosa  affatto  assurda  1'  impiegare  in  geografia  una  sì 
vaga  denominazione. 

(2)  Bryan  Edwards  nella  sua  storia  delle  Indie  Occidentali  ha  indicato 
V  origine  di  questa  abusiva  espressione. 


i5a  COSTUME 

Descrizioni  generali  delle   4 Mille. 

Molte  sono  le  descrizioni  generali  di  queste  isole,  molte  le 
particolari  alle  grandi  e  picciole  Antille,  come  sono  generalmente 
divise  dai  geografi:  noi  ne  presentiamo  al  solito  la    lista    (i)    fa- 

(i)  Descrizioni  generali  e  particolari  delle  Antille: 
Henri  May's    Navigation  to  East-Indias,   i5o,i   and   ^92  ,  in  his  return 

wilh  M.   Lancaster  by  the  isles  of  Trinidad  ,  Mona  ,  Hispaniola  eie. 

(Vedi  il  tom.   III.   della  Collezione  di  Hakluit). 
Chiist.  Newport's  Voyage  to  Dominica,  Portorico,  Hispaniola  and  to  the 

bay  of  Honduras,   1693   (ivi). 
Robert  Dudley's    Veyage  to  the  osle  of  Trinidad  etc.  (ivi). 
Histoire  naturelle  et  morale  des  Antilles  etc.  par  Rochefort.  Rotterdam  , 

1660  ,   in  4.0  fig.°  La  stessa  accresciuta    ec.    Ibid ,    i665,    in    4-°  fig* 

Tradolta   in   Inglese.    Londra,   16B6,  io  f.°  In  Olandese,  1662,  in  4-° 
Histoire  generale  des   Antilles,  habitées  par  les  Francaise  etc.  par  le  P.  Du- 

Tértre.  Paris,  1667-1671,  4  v°l'   'n  4-°  "5-° 
Histoire  de  la  compagnie  des  iles  d' Amérique  par  G.  D.  T.  (Gonnelier  du 

Tronchili)  eie.   Troyes,   1709,  in    12. 
Voynges  et  aventures  du  Chevalier  de***  ,  en  1728  et  1 634  contenants  les 

voyages  de  1'  auteur  dans  les  ìles  Antilles  Francaise    de    1'  Amérique 

seplent rionale,   y  compris  les  ìles  Cara'ibes  de  Saint-Vincent,  etc.  Pa- 

77's,   1749^  hi    12. 
Geschichte  und  Handlnng  der  Enropaeischen  Pflanzstade  auf  den  Antilli- 

schen  Inselli.  Stutgard,  1760,  in  8.° 
Histoire  et  commerce  des  Antilles  Anglaises  etc.  1758,  in  12  T rad.  in  Te- 
desco.  Lcipsic,   17S6,  in  8.° 
Voyages  d'  un  Scusse  dans  differente*  colonies  de  l' Amérique,  pendant  la 

dernière  guerre,  avec  une  table  d'observations  mineralogiques  faites  a 

Saint-Dominigue.  Neuschdtel ,    1780,  in  8.° 
Geographische  ,  Historische,  Statistische  Belustigungen  (von  den  Ameri- 

kanischen  Inselli  (  von   Bonne.   Leipsic  ,   1785,  in   8.° 
Versuch  Beschreibung  und  Geschichte  der  Antillischen  Inseln.  (Inserito 

nei  piccoli  vi  iggi  di   Bernoulli,  Tom.   I,  II,  III   e  VIII). 
Hislory  civil  and  commercial  of  the  West-ladies  ,    by    Bryan    Edward*. 

London,   1801,  5   voi.  in  4-°  Trad.  in  Francese  per  estratto  sotto  il  se- 

gueute   titolo. 
Histoire  civile  et  commerciale  des  Indes  Occidentales,  depuis  leur  dècou- 

ver^e  par  Cliristophe  Colomb  jusqu*  à  nos  jours;  suivi    d'un    tableau 

hìslorique  el  poTitique  de  l'ile  Saint-Dominigue  etc.  Paris,  1802,  in 

8.°  La  stessa,  Ibid.,    1804,   8.° 
Histoire  de  Pisi  e    Espignuole  on  de  Saint-Dominique,  ècrite  particulière- 

nient  sur  Ics  Wèmoires  MSS.  du  P.  J.  B.  Pers,  et  sur  les  pièces  origi- 


DEGLI    AIUTATORI    DEIXE    ANTIELE  1 53 

cencio  nel  tempo  stesso  speziai  menzione  di  quelle  che  meritano 
d''  essere  distinte  per  la  maggiore  loro  importanza. 
Storia  del  P.  Du-Tertre. 

Fra  le  relazioni  comuni  a  tutte  le  Antille  la  parte  storica  del- 
l' opera  del  P.  Du-Tertre  viene  stimata  per  la  grande  sua    esat- 

nales  qui  se  conservent  au  dépùt  de  la  marine,  par  le  P.  Charlevoix 

etc.  Paris,   1722,  2   voi.  in  4-°  fig«°  ^a  stessa.  Amsterdam  ,    1  ^35  , 

4   voi.  in   ia. 
Essai    sur    1' Histoire  naturelle  de  Saint-Dominigue  (par  le  P.  Nicolson  ) 

Paris,   1776,  in  8.° 
Loix  et  constitutions  des  Colonies  Francaises    Sous-le-Vent    etc.    Paris, 

1784-1785,  4  voi.  in  4-° 
Voyage  a  Saint-Dominigue,  dans  les  années   1788-89-90,  par  le  Baron  du 

AVimpffen.    Paris,    17905    2    voi.  in  8.°  Trad.  in  Inglese.   London, 

1794,  in  8.0 
Description  topographique  et  politiqne  de  la  partie  Espagnole  de  l'ile  de 

Saint-Dominigue,    par    M.    Moreau   de  Saint-Méry ,  en  Anglais  et  en 

Francais.  Philadelphie,  1797,  2  voi.  in  4-° 
—  Description  de  la  partie  Francaise  de    1'  ile    de   Saint-Dominigue ,  en 

Angliis  et  en  Francais.  Philadelphie,   1797,  2  voi.  in  8.° 
Historical  Survey  of  the  Frane  Colony  of  Saint-Domingo,  hy  Bryan  Ed- 

wards.  London,   1797,  in  4-° 
Histoire  de  l'ile  de  Saint-Dominigue,  esl  mite  de  1' Histoire  civile  et  com- 
merciale des  Anlilles,  de  M.  Bryan  Edwards,  et  continuée  par  J.  B.  J. 

Bieton.  Paris ,   i8o3,  in   12. 
Histoire  des  aventuriers  Flibustiers  par  Alexandre  Olivier  Oexmelin,  1700, 

venne  trad.  in  Inglese  dal  capitano  Thomson. 
Storia  dei  Flibustieri  del  signor  n'Archenhultz  Traduz.  di  G.  B.  Margaroli 

ec.   Milano,   1820,  in  12. 
Description  of  the  island  of  Jamaica.  London,   1672,  2  voi.  in  8.° 
Diseourseupon  ihe  modem  state  of  Jama'ica,  by.  Thom.  Tropham.  London, 

1679,  in  8.° 
Jama'ica  Wieved,  with  ali  the  ports  and  Settlements  thereunto  belenging, 

etc.  London,   ijo5,  in  f.°  Terza  edizione. 
Some  modem  observations  upon  Jamaica,  and  to  its  naturai  liistory,  im- 

provement,  in  tonde,  manuer  of  living.  London,   1727,  in   8.° 
History  of  Jama'ica.  London,  iy5o,  in  4°  Trad. in  Francese  col  titolo  seguente. 
Histoire  de  la  Jamaique,  traduite  de  1'  Anglais  par  M.  ***  Londres,  iySi, 

in   12  fig.o 
P.  Brown  the  civil  and  Naturai  History  of  Jamaica.  London,  iy53,  in  f." 
The  History  of  Jamaica,  or  generale  Survev  of  the  ancient  and  modem 

state  of  (hai   island  eie.   London,   177^.-  2  voi.  in  8;° 


1 54  COSTUME 

tezza,  la  quale  pero  condusse  l'autore  ad  essere  troppo  prolisso. 
Egli  trattò  i  differenti  rami  di  storia  naturale  con  tanta  sagacità 
nelle  sue  ricerche,  che  tutto  ciò  che  ne  scrisse  fa  autorità  :  ma 
non  contento  Du-Tertre  di  avere  descritti  gli  animali  ed  i  vege- 

An  Inquiry  concerning  the  trade  and  policy  of  Jaina'ica.  London,  1777,  in  4° 
Description  pe  l'ile  de  la  Jama'ique,  traduite  de  l'anglais  par  Pingeron. 

Paris,   1782,  in  12. 
Picturesque  Views  of  Jamaica,  by  Beckfort.  London,  1790,  in  8.°  Trad.  in 

francese.  Lausanne,  1793,  2  voi.  in   12. 
Histoire    des    Nègies    marrons    à    la    Jama'ique,  par  Dallas  (in  Inglese): 

Londres,  in  8.°  Se  ne  trova  la  traduzione  in  Tedesco  nel  22  voi.  della 

Biblioteca  de' Viaggi  Moderai  di  Sprengel  e  di  Ehrmann. 
Relation  de  l' établissement  des  Francais,  depuis  fan   i655,  en  l'ile   de 

la  Martinique,  1' une  des  Anlilles  de  1' Auierique  etc.  par  le  P.  Jacques 

Bouton.  Paris,   1640^  in  8.° 
Relation  de  l' établissement  d'une  Colonie  Francaise  dans  leGuadeloupe 

etc.  par  Francois  Dupuis.   Caen,   16^2,  in  8.° 
Histoire  generale  des  iles  de  Saint-  Christophe,  de  la  Guadeloupe,  de  la 

Martinique  etc.  parie  R.  P.  Jean-Baptiste.  Du-Tertre  Paris,  i654>  in  4-° 
Relation  de  l'ile  de  Tabago  ou  de  la  Nouvelle-Ovalcre  etc.   par  Rochefort. 

Paris,  1666,  in  18. 
The  History  of  the  Caraby  Islands  ,  vie  Barbades  etc.  to  John  Daviez. 

London,  1666,  in  f.° 
The  present  State  of  the  island  of  Tabago.  London,  i683,  in  4-° 
History  of  Barbadoes,   by  Richard  Ligon.  London,  1695,  in  8.° 
Nouveau  Voyage  aux   iles  de  l'Amérique,    contenant  l' histoire  naturelle 

de    ces    pays,    l'origine,    le    moeurs,    la  religion  (par  le  P.  Labat ) 

etc.   Paris  ,    ijia  ,  6  voi.  in   12  fig.°  Lo  stesso,  La-Haye ,    1724  > 

1  voi.  in  4-°  e  6  voi.  in  12  fig.°  Lo  stesso  ,  Parigi  ,   \7l\i  ,  8    voi. 

in  12  fig.° 
Relation  of  the  late  intended  Settlement  of  the  islands  of  Ste-Lucia  and 

St.-Vincent  in  America,   in  the  year  1722.  London.   iji5,  in   12. 
The    Naturai    History    of   the  island  of  Barbadoes  ,  by  Grifhth  Hugues. 

London,  lySS;  Ibid. ,  1793,  ia  f.» 
Beskrivelse  over  Eyland  of    Ste.-Croix  i  Amerika  i  West-Indien.   Kiob, 

1758,  in  4° 
Historisch  Geographische  Beschreibung  der  voti  den  Englandern  eroberten 

Franzusischen  Antillischen  Inseln  ,  besonders  Guadeloupe  und  Martini- 
que. Stutgard,  1762,  in  8.° 
An  Account  of  the  expedition  to  the  Wes-Indies,  agaiust  Martinico  etc. 

by  capitain  Gardiner.  Birmingham,  1762,  in  4-° 
Voyage  a  la  Martinique  etc.  par  Chanvalon.  Paris,   1765,  in  4-° 


DEGLI    ABITATORI    DELLE   ANTILLE  1 55 

labili,  passò  a  delinearci  un  quadro  fedele  del  picciolo  numero 
degli  indigeni ,  degli  Europei  che  si  sono  stabiliti  in  quell'isola  e 
che  hanno  preso  il  nome  di  Creoli ,  e  degli  Africani  in  fine  che 
vi  furono  successivamente  trasportati ,  e  che  vi  formarono  una 
nuova  e  numerosissima  popolazione. 

Short  History  of  Barbados.  London,  1768,  in  i.° 
The  present  State  of  the  island  of  Tabago.  London  ,  1768,  in  8.° 
Descriptiou  of  the  islande  Nevis  etc.  by  James  Rymer.  London,  1776,  in  8.° 
Etat  des  ìsles  Danoises  aux  Indes  Occidentales  par  Oxholm  (in  Danese). 

Copenhague  ,  1772.  in  8.°  e  trad.  in  Francese,  Parigi,  1799,  in  8.° 
Geschichte  der  Mission  der  Evangelischen  Briider  auf  den  Caraibischen  In- 

seln  etc.  von  G.  G.  A.  Oldendorp.  Barhy  ,   1777,  2  voi.  in  8.° 
Beschryvinge  van   het  Eyland  Curacao  end  de  aronder  jerende  Eylande. 

Amsterdam,   1781,  in  8.° 
Historical  Account  of  the  Viigin-Islands,  by  George  Stuklins.  London, 

1782,  in  8.° 
Beskiifning  om  S.  Barthelemi  etc.  fòrfattad  af  S.  Dahlmen.  Stockholm , 

1786,  in  8.0 
History  of  the  island  of  Domi  ni  ga  etc.  by  Atwood.  London,  1791,  in  8.° 

Trad.  in  Tedesco,  Gottingue,   1795,  in  8.° 
Efterretningerr  om    den    a  S.  Thomas  etc.  ved  G.  Hoest.  Copenhague, 

1791,  in  8.° 
Beretning  om  det  Danske  eiland  S.  Croix  etc.  af  H.  West.  Inserito  nel 

Giornale  Iris,  1791. 
Voyage  a  Saint-Barthelemi,  fait  aux  frais  de  1'  Académie  des  sciences  de 

Stockholm,  par  Eupbrasen.  Trad.  dallo  Svedese  in  Tedesco,  1798,  in8.° 
Bidrag    til    Beskrivelse   over    Ste-Croix    etc.    af  H.  West.  Copenhague , 

1801,  in  8.0 
Voyage  à  la  Martinique  etc.  par  J.  R,  *** ,  General  de  brigade.  Paris  , 

1804,  in  8.° 
Travels  in  Trinitad  etc.  by  F.  M.  Cullum.  London,   i8o5,  in  8.° 
Nachrichten  aus  den  Bahamischen  Insel,  von  Franz.  Joh.  Miirter  (Inserito 

nella  collezione  fisica  degli  Amici  della  Concordia  a  Vienna ,  secondo 

anno  primo  trimestre). 
Reise  ....  nach  Ost-Florida  und  den  Bahama  Inseln  etc.  von  J.  D.  Schop, 

1788,  2  voi.  in  8.° 
A  Tour  throngh  the  British  West-Indies  etc.  by  Daniel  Mackinnen.  Lon- 
don, 1804  in  8.°  Trad.  in  Tedesco  nel  22  voi.  de'Viaggi  moderni  di 

Sprengel  ad  Ehrman. 
Voyage  aux  Antilles  et  dans  1'  Amérirme  Meridionale:  par  M.    Leblond  , 

Mcdecin  naturaliste  etc.  V.  Annales  des  froyages,  1812,  Tom.  XVIII 


I 56  COSTUME 

Storia  di  Bryan  Edward*. 

Bryan  Edwards  coli'  intitolare  la  sua  opera  Storia  delle  la- 
die  Occidentali  ec.  indusse  in  errore  il  pubblico  il  quale  si  a- 
spettava  di  trovare  in  essa  la  storia  di  tutta  l'America  nota  sotto 
1'  impropria  denominazione  d'' Indie  Occidentali,  giacché  avendo 
anch'  egli  voluto  conformarsi  a  questo  abuso  doveva  darle  per 
titolo  Storia  delle  isole  nelle  indie  Occidentali,  non  compren- 
dendo esse  che  la  descrizione  di  alcune  Antille.  Questo  scrittore  si 
occupa  da  principio  nell'  indagare  l'origine  de'Caribi,  popolazione 
sparsa  nelle  picciole  Antille,  e  che  sì  nel  fisico  che  nel  morale 
non  ha,  per  quanto  egli  dimostra ,  niente  di  comune  cogli  abi- 
tatori delle  grandi  Antille.  Alle  nozioni  sugli  antichi  abitatori  di 
quest'  isole  Bryan  Edwards  fa  succedere  la  storia  della  scoperta 
della  Giamaica  e  de'  successivi  stabilimenti  degli  Spagnuoli  e  de- 
gli Inglesi  nella  medesima,  e  passa  in  seguito  a  darci  un  quadro 
delle  isole  della  Granata,  della  Barbada,jii  S.  Vincenzo,  della 
Dominìca,  di  S.  Cristoforo  e  di  Nevis ,  sull'ultimo  stato  delle 
quali  noi  non  abbiamo  nozioni  più  esatte  di  quelle  eh'  ei  ci  ha 
procurato.  Dopo  queste  descrizioni  egli  passa  a  delinearci  il  ca- 
rattere degli  Europei  stabiliti  nelle  Antille  Inglesi,  quello  dei 
Creoli,  dei  Negri  e  dei  Mulatti,  e  fa  alcune  osservazioni  sugli 
effetti  del  clima  sui  medesimi.  Nel  quinto  libro  di  quest'opera  ci 
dà  T  autore  un  prospetto  della  coltivazione  delle  Antille  \  nel  se- 
sto ci  descrive  la  forma  del  governo  degli  stabilimenti  Inglesi,  e 
i  diversi  generi  di  commercio ,  dimostrando  in  questa  parte  pro- 
fonde cognizioni  e  molta  sagacità.  Pone  poi  fine  alla  sua  storia 
con  un  quadro  rapido  dello  stato  politico  della  colonia  di  San- 
Domingo  prima  del  1786,  e  colla  relazione  degl'infelici  avveni- 
menti di  questa  colonia  fino  alla  fine  del  1794-  H  traduttore 
Francese  la  continuò  fino  all'epoca  della  morte  del  capitan-gene- 
rale Le-Clerc. 

Descrizioni  delle  grandi  Antille. 

1/ isola  di  Cuba,  la  più  considerabile  delle  grandi  Antille  se 
non  per  la  coltura,  almeno  per  la  sua  estensione,  non  ha  una 
descrizione  particolare  \  ma  essendo  essa  un  luogo  in  cui  dan 
fondo  le  flotte  Spagnuole  e  molti  vascelli  delle  altre  nazioni  nel- 
V  andare  alle  Indie  Occidentali  o  nel  loro  ritorno ,  trovansi  delle 
relazioni  in  molti  viaggi  ed  in  ispezie  nelle  Memorie  di  Fischer. 


DEGLT    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  l5j 


San- Domingo. 


Lo  stesso  può  dirsi  dell'isola  di  Porto-Rico ,  una  anch'essa 
delle  grandi  Antille  ,  sulla  quale  non  trovatisi  notizie  che  nelle 
relazioni  comuni  ad  altri  paesi.  Non  cosi  dell'  isola  di  San  Do- 
mingo e  della  Giamaica. 

Charlevoix. 
Charlevoix  ci  diede  una  storia  della  prima  ,  compilata  in  gran 
parte  sulle  Memorie  del  Missionario  Pers,  troncando  giudiziosa- 
mente le  particolarità  relative  soltanto  alle  laboriose  operazioni 
de'  Missionarj  per  occuparsi  con  maggior  diligenza  ed  esattezza 
nella  storia  politica ,  militare  e  morale  dell'  isola  ^  e  questa  è 
forse  la  miglior  opera  del  detto  scrittore,  il  quale  la  divise  in 
dodici  libri,  descrivendo  nel  duodecimo  le  due  parti  dell1  isola 
sottoposte  al  dominio  della  Spagna  e  della  Francia. 

Moreau  de  Sant-Mèry  ec. 

La  parte  Spagnuola  spezialmente  non  ci  era  nota  che  per  la 
sua  relazione  prima  che  venisse  pubblicata  quella  assai  più  cir- 
costanziata di  Moreau  de  Saint-Mèrv.  Charlevoix  descrisse  altresì , 
ma  rapidamente  gli  animali  ed  i  vegetabili  dell'  isola  ,  ci  dipinse 
il  carattere  de'  coloni  e  terminò  il  suo  quadro  con  osservazioni 
assai  giudiziose  sui  Negri.  Il  P.  Wicolson  col  suo  saggio  sulla 
storia  naturale  di  San-Domingo  presentò  poscia  al  pubblico  un 
utilissimo  supplimento  a  quanto  laciava  desiderare  su  tale  ma- 
teria 1'  opera  di  Charlevoix.  Della  descrizione  topografica  e  politica 
di  San-Domingo  dataci  da  Moreau  de  Saint-M èry  possiamo  rica- 
vare  notize  certe  sull'ultimo  stato  della  colonia  Francese  prima 
della  funesta  ribellione  che  coperse  quest'  isola  di  rovine  e  di 
sangue.  Ma  la  descrizione  di  questa  colonia  tale  quale  esisteva 
prima  del  1789  non  appartiene  più  che  alla  storia.  Quella  parte 
dell'  opera  sopraccitata  di  Bryen  Edwards  che  risguarda  la  colo- 
nia Francese  di  San-Domingo  venne  pubblicata  separatamente  e 
continuata  da  J.  B.  J.  Breton  che  descrisse  minutamente  gli  ul- 
timi avvenimenti  durante  la  rivoluzione  in  questa  importante  co- 
lonia. 
La  Giamaica. 

La  storia  della  Giamaica  pubblicata  in  Londra  nel  1730,  e 
scritta  da  un  anonimo  Inglese  è  il  fruito  di  un  lungo  soggiorno 
fattovi  dall'  autore.  Esso  dopo  di  averci  data  una  descrizione  del- 


1 58  COSTUME 

1'  isola  passa  alla  storia  dell'  occupazione  fattane  dagli  Spagnuoli, 
delle  posteriori  conquiste  degli  Inglesi,  e  degli  stabilimenti  che  i 
medesimi  vi  formarono.  Questa  relazione  contiene  molte  impor- 
tanti nozioni  sulla  forma  del  governo  della  Giamaica  che  ha 
molta  analogia  con  quello  delle  colonie  Inglesi  del  continente 
dell'  America  settentrionale ,  prima  però  della  loro  separazione 
della  metropoli.  Ma  assai  più  circostanziate  notizie  della  mede- 
sima colonia  si  trovano  nella  storia  naturale  e  civile  della  Gia- 
maica di  P.  Brown  j  opera  preziosa  spezialmente  pei  naturalisti. 
Brown,  Beckfort. 

Non  meno  pregiabile  è  1'  opera  di  Beckfort,  nella  quale  l'au- 
tore oltre  le  preziose  cognizioni  che  ci  dà  sulle  produzioni,  sulla 
coltivazione  e  sulle  costumanze  degli  agricoltori   ci    descrive    con 
uno  stile  assai  animato  le  più  belle  situazioni  delle  Giamaica. 
Descrizione  delle  picciole  Antille.  Relazioni  di  Bouton. 

La  relazione  dello  stabilimento  de'  Francesi  nella  Martinica 
del  P.  Gesuita  Bouton  è  stimata  principalmente  per  le  cognizioni 
ch'egli  ci  dà  sui  Caribi  innanzi  che  i  loro  costumi  fossero  alte- 
rati dalle  frequenti  comunicazioni  cogli  Europei,  e  prima  che  la 
fisica  costituzione  fosse  indebolita  dall'  uso  funesto  de'  liquori 
spiritosi.  Sarebbe  da  desiderarsi  che  il  P.  Bouton  non  avesse  di- 
mostrato in  materia  di  religione  una  troppo  semplice  credulità. 
Questo  quadro  della  nazione  Cariba  non  differisce  di  molto  da 
quello  fattone  da  Bryan  Edwards^  anzi  sembra  che  questi  ne  ab- 
bia cavati  i  tratti  principali  per  rappresentarcela. 
di  Du-Tertre,  di  Rochefort. 

Nuove  cognizioni  sugli  stessi  indigeni  trovansi  nell'  opera  di 
Du-Tertre  divenuta  rara  e  che  merita  d'  essere  consultata  anche 
per  la  parte  che  risguarda  la  storia  naturale,  che  è  trattala  mi- 
nutamente ed  anche  con  molta  intelligenza  rispetto  ai  tempi  in 
cui  V  autore  scriveva.  La  relazione  dell'  isola  di  Tabago  di  Ro- 
chefort non  è  letta  che  per  le  notizie  ch'ei  ci  diede  sulle  costu- 
manze degli  indigeni. 
di  Labat. 

Fra  tutte  le  opere  del  P.  Labat  il  suo  Nuovo  Viaggio  alle 
isole  dell'  America  è  la  più  apprezzata.  Le  cognizioni  che  ci  la- 
sciò sui  varj  metodi  d'  operare  nelle  manifatture,  le  descrizioni 
degli  animali  e  de' vegetabili  dimostrano  molla   intelligenza   nelle 


DEOLI      ABITATORI    DELLE    AST1I.LE  I  5g 

arti  meccaniche  e  nella  storia  della  natura.  Spiace  soltanto  che 
egli  abbia  ingrossata  la  sua  relazione  con  una  quantità  di  piccoli 
aneddoti,  per  la  maggior  parte  maligni,  sulle  famiglie  del  paese, 
e  che  di  una  mediocre  importanza  in  allora ,  non  ne  hanno  al- 
cuna a'  nostri  tempi. 
di  Charwalon* 

In  gran  pregio  è  tenuto  il  Viaggio  alla  Martinica  di  Chanva- 
lon,  che  nella  prima  parte  notò  le  osservazioni  meteorologiche  da 
lui  fatte  ne' sei  ultimi  mesi  del  1751}  nella  seconda  descrisse  la 
storia  naturale  della  Martinica ,  e  nella  terza  con  molta  imparzia- 
lità e  con  uno  spirito  assai  filosofico  i  costumi  e  le  usanze  dei 
coloni.  Ma  la  parte  più  bella  di  questa  relazione  si  è  quella  iu 
cui  ragiona  dei  Negri  e  dei  Caribi,  de' quali  sussistevano  ancora 
alcune  famiglie  quando  l'autore  visitava  la  Martinica.  Le  isole  di 
Santa-Groce  ,  di  S.  Tommaso ,  di  S.  Giovanni ,  Tortola  ec. ,  ci 
furono  descritte  dal  Danese  West  in  alcune  sue  Memorie ,  delle 
quali  ci  diede  un  estratto  il  compilatore  del  Giornale  della  lette- 
ratura straniera  (1). 
di  West  ec* 

L'opera  è  divisa  in  tre  sessioni,  delle  quali  la  prima  tratta 
del  clima,  degli  abitatori  Bianchi  e  de' Negri }  la  seconda  della 
maniera  di  vivere  e  dell'  economia  pubblica }  la  terza  della  sto- 
ria, della  situazione  e  delle  produzioni  di  Santa-Croce  ec.  Sa- 
rebbe a  desiderarsi,  osserva  1' autore  dell'accennato  estratto,  ch& 
noi  avessimo  delle  notizie  così  istruttive  e  così  autentiche  sulle 
altre  isole  delle  Indie  Occidentali ,  e  raccolte  da  testiraonj  di  ve- 
duta. Il  viaggio  alla  Martinica  di  un  anonimo  generale  di  brigata 
sarebbe  affatto  inutile  dopo  quello  del  suddetto  Chanvalon  che 
lasciava  nulla  a  desiderare  sullo  stato  di  quest'  isola  prima  della 
rivoluzione.  Non  dovevasi  dunque  sperare  di  dar  qualche  impor- 
tanza ad  una  nuova  relazione  della  Martinica  se  non  col  presen- 
tarci un  quadro  dello  stato  presente  della  medesima  *,  e  questo  è 
ciò  che  venne  giudiziosamente  eseguito  dall'autore  durante  il  suo 
soggiorno  alla  Martinica  ove  fu  chiamalo  per  adempire  un  ser- 
vizio militare.  Finalmente  l'isola  della  Trinità,  la  più  considera- 
bile delle   picciole   Antille,   almeno  per    la    sua    estensione,   fu 

(1)  Secondo  anno,  sesto  fascicolo,  pag.  237. 


l6o  COSTUME 

troppo  trascurata  dagli  Spagnuoli,  che  ne  furori  per  lungo  tempo 
i  padroni.  Gli  Inglesi ,  ai  quali  fu  essa  ceduta  in  conseguenza  del 
trattato  d'Amiens,  l'hanno  considerata  di  grande  importanza ,  sic- 
come atta,  per  la  sua  situazione  e  per  la  sua  rada,  a  proteggere 
i  loro  stabilimenti  nelle  Antille.  Questo  è  ciò  che  fece  osservare 
Cullum  nel  suo  viaggio  alla  Trinità  fatto  nel  i8o3.  Il  viaggio  di 
Danele  Mackinnen  fatto  negli  anni  1^02,  e  i8o3,può  servire  di 
supplimento  all'  opera  di  Bivan  Edwards  particolarmente  in  ciò 
che  risguarda  le  isole  di  Bahama. 


DESCRIZIONE  DELLE  ANTILLE. 


Vanesie  isole  sono  divise,  come  abbiamo  accennato,  in  grandi 
ed  in  piccole  Antille.  Le  glandi  sono:  Cuba ,  la  Giamaica,  San- 
Domingo  e  Porto-Rico. 
31  are  de'  Caribi, 
Il  mare  che  trovasi  fra  le  Antille,  l'America  meridionale  e 
le  coste  di  Mosquitos,  di  Costarica  e  di  Darien ,  chiamasi  oggidì 
mare  de'  Caribi ,  perciocché  molte  di  codeste  isole  erano  abitate 
dagli  indigeni  di  tal  nome.  Questo  mare  uno  de'  più  frequentati 
del  globo  ci  offre  parecchi  fenomeni  che  furono  esattamente  de- 
scritti da  Malte-Brun  (i),  e  che  interessano  spezialmente  i  navi- 


gatori. 


Montagne  e  rupi. 

Tutte  le  isole  un  poco  considerabili  di  quell'  Are' pelago  rac- 
chiudono alte  montagne  :  le  più  elevate  Irovansi  nella  parte  occi- 
dentale di  San-Domingo,  a  levante  di  Cuba  ed  al  nord  della  Gia- 
maica ,  precisamente  nei  siti  ove  quelle  grandi  isole  son  tra  loro 
più  vicine.  Sembra  che  la  direzione  di  queste  montagne  ,  consi- 
derandola in  massa,  sia  dal  nord-ouest  al  sud-est}  ma  esaminando 
attentamente  le  migliori  carte  di  ciascun'  isola,  scopresi  nella  mag- 
gior parte  un  punto  centrale  d'  onde  scendono  i  fiumi  ed  ove  i 

(i)  V.  Piecis  de  la  Gèographie  Universelte ,  Tom.  V.  pag.   724 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  l6l 

varj  rami  di  montagne  sembrano  unirsi  come  ad  un  nocciolo  co- 
mune. In  qualche  isola  ,  come  alla  Guadalupa  questo  nocciolo 
racchiude  vulcani  :  sembra  esso  più  generalmente  formato  di  gra- 
nito nelle  picciole  isole  e  di  rocce  calcari  nelle  grandi.  Ma  la 
geologia  delle  Antille  non  è  ancora  stata  esaminata  colla  mira  di 
conoscerne  l'insieme.  Si  è  osservato  a  ragione  che  nelle  picciole 
Antille  le  pianure  più  estese  trovatisi  sulla  costa  orientale  (i);  ma 
questo  fatto  cessa  d1  aver  luogo  nelle  isole  Vergini  e  nelle  grandi 
Antille.  Trovasi  soltanto  qualche  uniformità  nei  rapidi  scoscendi- 
menti, che  nella  maggior  parte  delle  isole  separano  le  terre  alle 
dalle  basse  ,  e  sono  specialmente  notabili  a  San-Domingo  ,  ove 
chiamatisi  Morne. 

Scogli  di  corallo. 

Gli  scogli  di  corallo  o  di  madrepore  sono  tanto  comuni 
quanto  le  pietre  pomicile  più  diligenti  indagini  dimostraron  forse 
che  questa  sostanza  ebbe  una  parte  tanto  importante  nella  forma- 
zione di  quell'Arcipelago,  quanto  n'ebbe  in  quella  degli  Arci- 
pelaghi del  Grande-Oceano.  L'isole  di  Cuba  e  le  isole  di  Bahama 
sono  circondate  da  immensi  labirinti  di  scogli  che  sorgono  a  li- 
vello del  mare,  e  che  copronsi  di  palme  :  queste  sono  precisa- 
mente le  isole  basse  dell'Oceano  orientale. 

Clima  e  stagioni. 

Tutte  le  Antille  han  presso  a  poco  lo  slesso  clima.  In  tempo 
della  siccità  che  dura  ordinariamente  dal  cominciar  di  gennajo 
alla  fine  di  maggio,  il  caldo  sarebbe  insopportabile  di  giorno,  se 
non  sorgessero  i  venticelli  di  mare  a  misura  che  il  sole  prende 
forza.  Le  piogge  che  caratterizzano  la  stagione  dell'  estate,  e  che 
dalla  metà  di  luglio  alla  metà  di  ottobre  cadono  a  torrenti,  sono 
veri  diluvj:  i  fiumi  si  gonfiano  in  un  istante  e  lutta  la  pianura  è 
inondata.  L'aria  pregna  di  grande  umidità  diventa  un  inevita- 
bile principio  di  corruzione  singolarmente  per  tutto  ciò  che  serve 
al  vitto,  e  copre  di  ruggine  tutti  i  metalli  soggetti  ad  ossidarsi. 
L'umidità  continua  sotto  un  cielo  in  fiamme,  che  fa  in  certo 
modo  vivere  gli  abitatori  come  in  un  bagno  a  vapori,  e  non  con- 
tribuisce poco  a  rendere  il  soggiorno,  nella  parte  bassa  di  quel- 
l' isole,    disgustoso,    malsano  ed  anche  pericoloso  per  un   Euro- 

(i)  Leblond  ,  Voyage  aux  Anlilles  ,  I.   i4i-32u. 
Cost.  Voi.  IV  ddV  America,  n 


162  COSTUME 

peo  (1).  Il  successivo  rilassamento  delle  fibre  turba  e  interrompe 
1'  attivila  delle  funzioni  vitali  ,  e  produce  alla  lunga  un'  atonia 
generale. 

Malattie  endemiche. 

La  mancanza  abituale  d'elettricità  sembra  contribuire  a  can- 
cellare quelle  tinte  animate  che  distinguono  l'Europeo.  I  mia- 
smi sparsi  dall'acque  del  mare  stagnanti  e  da  bellette  infracidate 
divengono  ,  specialmente  per  le  persone  nate  in  paesi  freddi  ,  i 
germi  della  terribile  febbre  gialla.  La  natura  ha  indicato  un 
mezzo  di  salute,  ed  è  quello  di  cercare  un'aria  più  fresca  sulle 
montagne. 

Tremuoti. 

Ma  se  a  molti  di  questi  incomodi  recati  dalle  piogge  proprie 
del  clima  delle  Antille  può  la  previdenza  dell'uomo  procacciare 
un  riparo,  non  così  a'tremuoti  assai  frequenti  in  queste  isole,  e 
qualche  volta  terribilissimi  5  i  quali  per  ordinario  si  fanno  sentire 
durante  la  stagione  delle  piogge  ,  o  poco  avanti  le  medesime,  o 
verso  il  loro  fine,  e  nel  tempo  delle  grandi  maree. 

Razzo  di  mare. 

Tremendo  poi  è  quello  che  chiamasi  razzo  di  mare  ,  e  che 
infallibilmente  succede  una  o  due  ,  e  talora  anche  tre  volte  tra 
luglio  e  ottobre.  Vi  sono  esposte  le  coste  occidentali,  essendone 
come  conduttori  i  venti  di  ponente  e  di  mezzodì.  S' appressan  al- 
lora i  marosi  alla  spiaggia  tranquilli  così,  che  niun  direbbe  mai  po- 
ter essi  recare  il  minimo  incomodo.  Ma  giunti  alla  distanza  di  circa 
5oo  passi,  improvvisamente  s'alzano  sulla  sponda  e  vanno  a  rom- 
pere con  tanta  violenza,  che  i  vascelli  i  quali  allora  trovansi  alla 
costa  o  nelle  rade  esterne,  non  potendo  né  guadagnare  il  largo, 
uè  sostenersi  sulle  ancore  ,  vanno  a  spezzarsi  contro  terra  senza 
alcun  mezzo  di  scampo. 

Uragano. 

Ma  qual  turbamento  repeulino  agita  quella  moltitudine  di 
uccelli  e  quadrupedi  che  ceicano  un  asilo  coli' inquietudine  in 
tutti  i  loro  moti?  Que' sinistri  presentimenti  sono  forieri  d'un  im- 
minente uragano.  L'atmosfera  si    fa  di  un   peso    insopportabile  $ 

(1)  Mèuioiie  du  Doct.  Cassan^  inserita  nelle  Mémoires  de  la  Sociétè 
Medicale  d' emulation.  Tom.  IV.  Mémoires  de  W.  Moreau  de  Jonnes. 


DEGLI    ABITATOSI    DELLE    ANTILLE  l63 

s'alza  straordinariamente  il  termometro }  cresce  ognor  più  I"  oscu- 
rità, cessa  affatto  il  vento,  e  tutta  la  natura  sembra  immersa  nel 
silenzio.  Ben  presto  è  questo  interrotto  dal  sordo  romoreggiar  del 
tuono,  e  s'apre  la  scena  con  un  lampeggiar  che  va  ognor  più 
crescendo }  i  venti  scatenati  sofEan  già  orribilmente  ,  e  lor  ri- 
sponde il  mare  mugghiando^  boschi,  foreste  vi  uniscono  il  lor 
mormorio  ed  il  fischiar  lamentevole  delle  loro  (rondi:  cade  di- 
rottissima pioggia,  precipitano  con  immenso  fracasso  i  torrenti  dal 
monte  e  dal  colle,  goufiansi  i  fiumi,  e  già  l'onde  loro  traripano 
e  sommergono  il  piano.  Non  è  già  più  un  cozzare  di  venti  infu- 
riati, più  non  è  già  il  mare  mugghiante  che  scuote  la  terra,  ma 
bensì  il  disordine  di  tutti  gli  elementi  che  confondonsi  e  distrug- 
gonsi  a  vicenda.  Il  fuoco  si  mischia  coli' acqua,  e  più  non  sussi- 
ste l'equilibrio  dell'atmosfera,  vincolo  generale  della  natura.  Tutto 
fa  quasi  ritorno  all'antico  caos.  Quali  scene  d'orrore  verranno  ad 
illuminare  il  nuovo  giorno!  Gli  alberi  schiantati  e  divelti  e  le 
abitazioni  rovesciate  coprono  tutto  il  paese.  Il  proprietario  si  smar- 
risce nel  voler  rinvenire  i  suoi  possedimenti.  Giacion  per  ogni 
dove  i  cadaveri  degli  uomini  e  degli  animali  domestici  e  selvaggi 
travolti  insieme  in  vortici  di  sabbia,  di  sassi  e  di  rottami  d'ogni 
specie}  ed  enormi  pesci  vomitati  sulla  terra  spaventano  il  passeg- 
gilo the  gli  incontra  dibattersi  tuttavia  tra  le  macerie  (i). 
Un  mattino  delle  Antille. 

Ma  si  riposi  in  braccio  alla  tranquilla  e  ridente  natura  lo 
spirito  stanco  dallo  spettacolo  di  tante  sciagure.  Contempliamo  un 
mattino  delle  Antille  nella  stagione  delle  forti  rugiade  (z)\  e  per 
godere  pienamente,  cogliam  l'istante  in  cui  il  sole  comparisce  in 
tutta  la  sua  luce  in  un  cielo  tranquillo  e  puro,  e  co' suoi  primi 
raggi  indora  la  cima  del  monte.  Sotto  i  sottilissimi  reticini  di  luce, 
che  velano  delicatamente  tutte  le  varie  foglie,  esse  prendono  l'ap- 
parenza di  un  tessuto  di  fina  seta  traspareutissima^  le  goccie  della 
rugiada  ci  si  presentano  come  altrettante  perle  dal  sole  tinte  di 
mille  colori,  e  dal  centro  di  ogni  gruppo  di  foglie  scintilla  l'in- 
setto che  nuota  in  quelle   goccie    d'acqua.  I  prati    non    appajono 

(i)  Vedi  la  spiegazione  degli  uragani  nel  primo    volume    della    Geo- 
grafia Universale  di  Mentelle  ec.  §.  534- 

(2)  Vedi  Malte-Brun,  Prècis  de  la  Geographie  etc.  Tom.  V.  pag.  760. 


1 64  COSTUME 

in  meno  seducente  aspetto }  e  tutta  la  superficie  della  terra  non 
è  che  una   pianura  di  cristallo  e  di  diamante.  Quando  i  raggi  del 
sole  hanno  dissipate  le  nubi  che  coprivano  il  vasto  specchio  del- 
l'Oceano, sovente  accade  che  un'illusione  ottica  venga  a  raddop- 
piarne i  flutti  e  le  sponde  vicine.  Talora    par    di  vedere  un  im- 
menso strato  di  sabbia  ove  dianzi  vedeasi    il    mare}    talora  lon- 
tane barchette  sembrano  perdute  entro  un  vapore  infiammato,  o 
sollevate  più  alte  dell'Oceano  ondeggiare  io  un  mare  d'  aria,  nel 
tempo  che  se  ne  vede  l1  ombra  riflettuta  esattamente  sull'  acqua. 
Questi  effetti  del  così  detto   miraggio    sono    frequenti    ne'  climi 
equatoriali.  La  dolce  temperatura  del  mattino  permette  al  cupido 
osservatore  della    natura  di  ammirare  i  ricchi    paesaggi    di    quel- 
l'Arcipelago. Alcune  montagne  nude  e  rovesciale  le  une  sopra  le 
altre  dominano  colle  superbe  loro  alture  tutta  la  scena  inferiore. 
Alle  loro  radici  prolungansi  monti  più  bassi  vestiti  di  folte  bo- 
scaglie, e  le  colline  formano  il  terzo  gradino  di  quel  maestoso  an- 
fiteatro, dalla  loro  cima  fino  alla  sponda  del  mare  coperte  d'alberi 
e  d'arbusti  della  più  bella  e  variata  struttura.  Ad  ogni  passo  s'in- 
contrano mulini,  piantagioni,  case,  capanne  che  in  parte   appari- 
scono, in  parte  sono  nascoste  all'ombra  della  foresta.  Le  pianure 
presentano  i  più  nuovi  e  variati  aspetti  \  ed  onde  formarsene  una 
idea  ,  riuniscansi  col  pensiero  tutti  quegli  alberi  ed  arbusti  ,    la 
cui  magnifica  vegetazione  forma  1'  ornamento  dei  nostri  giardini 
botanici.  L'Oceano  stesso  presenta  colà  nel   mattino    un    aspetto 
ben  raro  in  altre  parti.  Non  un  alito  di  vento  ne  increspa  la  su- 
perficie ,  e  la  sua  trasparenza  è  tale    che    vi    si    distingue    entro 
ogni  cosa  alla  profondila  d'oltre  sessanta  braccia  sopra    un    letto 
bianchissimo  di  arena  che  ti  par  toccare  col  dito.  Sembra  che  il 
bastimento  sia  sostenuto  dall'aria,  e  il  navigante  è  preso  da  una 
specie  di  vertigine  mentre  fissa  l'occhio  attraverso  del  fluido  cri- 
stallino, che    gli  presenta  giardini  ,    in    cui    coralli    e   conchiglie 
di  brillanti  colori  ,    e    pesci    dorati  si  avvolgono  fra  i  gruppi   di 
fuco  e  boschetti  d'alghe.  Ma   passiamo  oramai    a   dare    una    più 
particolare   descrizione    de'  vegetabili  e  degli    animali    di    queste 
isole. 
Vegetabili. 

Quando  gli    Europei  approdarono  alle  Antille,  essi  le  trova- 
rono coperte  di  grandi  alberi ,  legati  lutti  insieme  da  piante,  che 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  1 65 

a  modo  cieli'  edera  si  attaccano  al  tronco  ed  ai  rami  ,  ma  che 
poi  di  là  scendendo  a  terra  ,  e  sorgendo  ancora,  s'alzano  di  bel 
nuovo,  e  si  abbarbicano  tigli  alberi  che  incontrano.  Sono  esse  que- 
ste piante  parassite  che  chiamansi  liane,  le  quali  in  quegli  anti- 
chissimi boschi  formata  aveano  tale  incrociatura  e  rete  ,  che  li 
rendevano  impenetrabili. 

Alberi  da  bosco. 

Di  mille  generazioni  sono  ivi  gli  alberi  ,  e  direbbonsi  nelle 
Antille  poco  meno  che  sovranamente  privilegiati  dalla  natura  j 
perciocché  quantunque  in  altre  parti  dell'  America  se  ne  trovino 
di  singolare  altezza  e  grossezza  ,  in  queste  isole  in  più  numero 
s1  incontrano  e  drittissimi  di  fusto  e  senza  difetto  alcuno.  Ivi  il 
banano,  che  debole  dapprima,  cerca  l'appoggio  di  un  albero  vi- 
cino, forma  solo  cogli  anni  un  boschetto}  il  cavo  tronco  del  co- 
tone salvatico  ,  bombax  ceibe  ,  forma  solo  un  canotto  capace  di 
contenere  cento  uomini  \  una  foglia  di  palma-ventaglio  basta  a  di- 
fendere otto  persone  dal  sole  e  dalla  pioggia }  il  così  detto  ca- 
volo-palmizio alza  la  verdeggiante  sua  cima  sopra  una  colonna 
alta  qualche  volta  dugentotrenta  piedi.  Filari  d'alberi  di  campeg- 
gio e  di  brasile  stanno  intorno  alle  piantagioni.  La  fibrosa  cortec- 
cia della  gran  cecropia  somministra  solide  corde.  L'elegante  ta- 
marindo ,  il  legno  di  ferro  ,  il  cedro,  ed  una  specie  di  cordia 
chiamata  nelle  isole  Inglesi  olmo  di  Spagna,  sono  stimatissimi 
per  le  costruzioni  solide  e  durevoli.  Incalcolabile  è  l'utilità  dell'al- 
bero a  ruota,  laurus  chloroxylon,  ottimo  per  fabbricare  mulini. 

Alberi  da  frutto. 

L'arancio,  il  limone,  il  fico,  il  melagrano,  piantati  intorno 
alle  abitazioni,  empiono  l'aria  del  delizioso  loro  olezzare,  e  danno 
frutta  squisite.  Il  melo,  il  pesco,  la  vite  non  maturano  che  nelle 
parti  montuose,  mentre  le  pianure  ove  nulla  modera  gli  ardori 
del  sole  si  adornano  di  produzioni  indigene,  come  V anacardium 
occidentale,  V  achras  mammosa,  V  achras  sapotilla ,  il  laurus 
persea  ,  la  mammaea  Americana  con  parecchie  frutta  delle 
Indie  Orientali  ,  come  il  pomo  rosa  o  eugenia  jambos  ,  la  go- 
yava  o  psidium  pyriferum,  la  mangu ,  o  volkameria  aculeata, 
e  qualche  specie  di  spondias  e  d'annona. 

Arbusti,  fiori. 

Tra  i  fiori  che  smaltano  le  vaste  savane  si  distingue  il  serpi- 


1 66  COSTUME 

dium  di  Virginia  ,  /'  ocymum  Americanum  ,  il  cleomene  da 
cinque  foglie,  la  fumerà  pumicea.  Fra  gli  altri  vegetabili,  i  più 
curiosi  sono  l'elei  arborescenti,  piante  vivaci  che  acquistano  un 
grande  incremento  tanto  costà  come  in  tutta  la  zona  torrida.  Il 
polypodium  arborerum  in  particolare,  mette  un  tronco  alto  più 
di  venti  piedi,  ed  è  coronato  di  larghe  foglie  dentellate  che  lo 
fan  parere  una  palma. 
Vegetabili  di  traffico. 

La  maggior  parte  delle  produzioni  che  formano  ora  la  ric- 
chezza mercantile  delle  Antille  proviene  dai  vegetabili  ivi  tra- 
sportati e  mantenutivi  per  mezzo  della  coltivazione.  Trovasi  però 
la  vaniglia  salvatica  ne' boschi  della  Giamaica  e  di  San-Domingo} 
r  aloes  coltivato  alla  Barbada  cresce  spontaneo  sul  terreno  pie- 
troso di  Cuba,  delle  Lucaje  e  di  parecchie  altre  isole. 
Indigeni. 

La  bixa  orellana  d'onde  s' estrae  1' Oriana,  è  comune  colà 
come  in  tutti  i  paesi  caldi  d'America.  Il  pepe  lungo  è  non  so- 
lamente indigeno,  ma  ricusa  di  moltiplicare  il  coltivato.  Il  myr- 
tus-pimenta  alligna  particolarmente  sui  fianchi  delle  montagne  che 
guardano  il  mare. 
Piante  alimentari. 

L'ignamo  e  la  patata,  egualmente  indigene,  formano  il  prin- 
cipale alimento  dei  Negri.  L*  Africa  diede  alle  Indie  Occidentali 
il  manioco  e  l'arboscello  dei  piselli  d'Angola.  Ma  le  coltivazioni 
che  servono  al  lusso  ed  alle  fabbriche  d'  Europa  assorbono  tutta 
l'attenzione  di  un  colono  delle  Antille }  e  senza  l'immensa  quan- 
tità di  grano  che  giugne  dal  Canada  e  dagli  Stati-Uniti  d'  A- 
merica,  la  fame  affliggerebbe  bene  spesso  quelle  magnifiche  con- 
trade. 
Cannamele. 

Il  genere  principale  d'esportazione  delle  Indie  Occidentali  è 
lo  zucchero.  Pare  difficile  il  non  credere  indigena  d'America  la 
cannamele*,  eppure  si  vuole  che  la  specie  coltivata  vi  si  recasse 
dall'India  o  dalla  costa  d'  Africa.  Dicesi  che  fu  trasportata  l'an- 
no 1606  dalle  Canarie  a  San-Domingo  da  un  certo  A^uillar  a- 
bilatore  della  Concezione-de-la-Vega ,  e  che  il  primo  mulino  da 
zucchero  fu  fubbiicato  da  un  chirurgo  di  Sjn-Domingo  detto 
Vellosa.  Ma  questo  fatto  non  servirebbe  a  provaie  che  una  filtro- 


BEGLI    ABITATORI    DELLE    ATT1LLE  1G7 

duzione  locale,  senza  decidere  la  base  della  quistione.  Da  venti 
anni  in  qua  la  canna  d' Otaiti  è  generalmente  introdotta  alle  An- 
tille,  e  somministra  maggior  quantità  di  sugo  della  canna  ordi- 
naria o  creola. 

Aspetto  di  un  campo  di  cannamele. 

Un  campo  di  cannamele  nel  mese  di  novembre  ,  epoca  del 
loro  fiorire,  presenta  un  colpo  d'occhio  de' più  incantatori  che  pos- 
san  descriversi  colla  penna  e  imitar  col  pennello.  L'altezza  degli 
steli  che  varia  dai  tre  agli  otto  piedi  e  più,  è  il  gran  distintivo 
della  varia  qualità  di  terreno  e  di  coltivazione.  Nel  momento  della 
maturazione,  il  campo  spiega  un  vasto  tappeto  d'oro,  che  i  raggi 
solari  interrompono  producendo  larghe  strisce  porporine.  La  som- 
mità degli  steli  è  di  un  verde  cupo,  ma  a  mano  a  mano  ch'essi 
seccano  ,  per  maturazione  o  per  effetto  del  gran  caldo  ,  cangian 
di  colore  e  divengon  di  un  giallo-rosso }  foglie  alte  lunghe  e 
strette  pendono  dall'  alto  dei  fusti,  e  sembrano  dividersi  per  la- 
sciar luogo  ad  una  bacchetta  argentina,  la  cui  lunghezza  è  varia 
da  due  a  sei  piedi,  e  sulla  cui  sommità  ondeggia  mollemente  un 
pennacchio  bianco  che  termina  con  una  frangia  dilicata  del  più 
bM  colore  gridellino. 

Cotone  e  caffè. 

L'arboscello,  che  ci  dà  il  cotone,  trova  sovente  in  quelle  i- 
sole  il  terreno  asciutto  e  sassoso  che  gli  è  confacente}  ma  il  ri- 
collo che  richiede  il  bel  tempo  non  è  sicuro.  Il  caffè  originario 
dell'Arabia  Felice  fu  per  molto  tempo  una  invidiata  proprietà.  I 
semi  troppo  vecchi  non  vollero  mai  germinare  in  altri  paesi,  quindi 
si  trasporlo  la  pianta  slessa  a  Batavia  }  indi  per  moltiplicazione 
in  Amsterdam  ed  a  Surinam,  a  Parigi  ed  alla  Martinica.  Talora 
quest'albero  ricompensa  le  cure  del  coltivatore  il  terz'anno}  ta- 
lora solo  il  quinto  o  il  sesto}  qualche  volta  non  produce  una 
libbra  di  caffé  ,  qualche  altra  fin  tre  o  quattro}  dove  dura  solo 
doilici  o  quindici  anni,  dove  venticinque  o  trenta. 

Animali. 

Non  si  trovano  nelle  Antille  che  i  più  piccioli  quadrupedi  sal- 
vatici ,  come  il  pipistrello-ferro-di-lancia,  il  vespertilio  molussus^ 
il  kinknjn  o  viverra  caudivolvula ,  il  mus  pilorides :  son  comu- 
nissimi la  lucertola,  gli  scorpioni  e  le  serpi}  ma  fra  le  picciole 
Antille,  la  Martinica  e  Santa -Lucia  souo  le  sole  che  racchiudono 


1 68  COSTUME 

la  vera  vipera  e  gli  scorpioni  velenosi.  Lo  scorpione  sussiste  a 
Porto-Rico  e  probabilmente  in  tutte  le  grandi  Antille.  Il  vorace 
caimano  abita  Tacque  stagnanti  ,  e  qualche  volta  i  Negri  stessi 
non  possono  sottrarsi  al  suo  dente  micidiale.  Le  testuggini  più 
delicate  si  prendono  sulle  spiagge  vicine  alla  Giamaica.  I  perroc- 
chelti  ed  i  colibrì  abbelliscono  la  foresta,  e  stormi  innumerabili 
di  uccelli  acquatici  ravvivano  i  lidi  e  le  sponde. 
Uccello  mosca  o  uccello  mormorio. 

Vi  si  ammira  l'uccello  mosca  ,  che  chiamasi    anche    uccello- 
mormorio,  a  motivo  del  ronzio  prodotto  dal  moto  continuo  delle 
sue  ali. 
Sue  bellissime  penne. 

Lancia  esso  il  suo  becco  affilalo  negli  olezzanti  fiori  dell'aran- 
cio e  del  limone,  onde  spremerne  il  sugo  e  l'essenza  \  altrove  in 
vederlo  librarsi  in  aria  sui  campeggi  in  fiore  direbbesi  ebbro 
de' profumi  che  ne  esalano }  si  vede  poi  tosto  scomparire  colla 
rapidità  del  lampo  per  ritornar  pochi  momenti  dopo  ad  assapo- 
rare di  bel  nuovo  quei  deliziosi  odori  ,  e  spiegar  sempre  bellis- 
simi colori  nelle  magnifiche  sue  penne,  ove  dominano  le  più  belle 
gradazioni  di  porpora  e  d' oio,  d'azzurro  e  di  smeraldo. 

Ora  ci  rimane  d'aggiugnere  a  questo    quadro    generale  delle 
Antille  tutte  quelle  -notizie  che  ci  possono  far  conoscere  gli  abi- 
tatori indigeni  delle  medesime  ora  quasi  interamente  distrutti  da- 
gli Europei. 
/  Caribi  nazione  assai  estesa. 

Abbiam  già  veduto  come  la  generazione  Cariba  s' estende  an- 
che oggi  nelle  terre  della  Gujana.  Potente  in  addietro  colà,  e  do- 
minatrice inoltre  in  molte  terre  del  continente  posto  al  setten- 
trione dell' Orenoco,  fu  veduta  dai  primi  scopritori  delle  Antille 
tenere  anche  molte  di  queste  isole.  Come  mai  sì  numerosa  ?  Come 
sì  dispersa?  Alcuni  hanno  creduto  d' averne  trovate  delle  orde  al 
di  là  degli  Apalasci.  Rozzi,  silvestri  e  fieri  come  tante  alti  e  na- 
zioni selvagge,  i  Caribi  più  delle  altre  presentano  in  questa  loro 
ampiezza  una  prova  d'essere  slati  assai  grandi  in  tempi  a  noi 
sconosciuti  5  e  la  bella  loro  lingua  dolce,  armoniosa,  copiosissima 
può  sostenere  anche  la  congettura,  che  anticamente  sieuo  stati  un 
popolo  incivilito.  Come  mai  in  mezzo  alla  vita  vagabonda  e  povera 
uomini  non  giunti  che  a  poche  e  imperfettissime  arti  ,   e  le  più 


<? 


*s 


fei 


^ 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  1 69 

necessarie  per  sussistere  ,  possono    giugnere  a  portare  alla    perfe- 
zione il  linguaggio? 

I  Caribi  delle  Autille  hanno  in  sostanza  i  costumi,  le  usanze, 
il  carattere  di  quelli  della  Grujana }  ma  s'ingannerebbe  ehiunque 
non  volesse  ravvisare  certe  notabili  differenze  tra  gli  uni  e  gli 
altri.  E  quantunque  la  Gujuia  per  le  particolari  circostanze  di 
clima,  di  suolo,  d'acqua  e  di  meteore  sia  fra  tutti  i  paesi  con- 
tinentali quello  che  più  si  assomiglia  alle  terre  circondate  dal 
mare,  e  perciò  abbia  impresso  ne' suoi  abitatori  primitivi  ceiti 
segni,  pe'quali  essi  s'avvicinano  agli  isolani,  dobbiamo  però  co- 
noscere che  i  Caribi  delle  Antille  più  manifestamente  sentono 
l'influenza  de'grandi  agitamenti  delle  acque  e  dell'aria  in  mezzo 
a  cui  vivono,  e  di  quella  irresistibile  forza  che  per  le  improv- 
vise e  somme  loro  commozioni  quei  due  elementi  patiscono  a 
certe  riprese,  intanto  che  nel  resto  ricopiano  ancora  quello  stalo 
tranquillo  de' medesimi,  che  rende  sì  belli  il  clima  e  il  suolo 
delle  Antille. 
Loro  nome  ec. 

Alcuni  scrittori  vogliono  che  il  nome  di  Caribo  significhi  nel- 
l'antico linguaggio  di  questi  popoli,  valoroso  guerriero  ,  e  ch'essi 
preferiscano  d'essere  chiamati  con  tale  denominazione.  Alcuni 
viaggiatori  li  fanno  discendere  dai  Galibi  ,  popoli  della  Gujana  , 
e  raccontano,  appoggiati  ad  antiche  testimonianze,  che  i  loro 
antenati  essendosi  rivolti  contro  i  loro  capi,  si  videro  sforzati  a 
cercare  un  rifugio  nelle  Antille.  Du-Tertre  abbraccia  l'opinione 
del  P.  Raimondo,  uno  de' primi  Missionarj,  che  era  vissuto  con 
questi  popoli,  il  quale  ci  lasciò  scritto  in  questo  proposito  che  il 
nome  di  Galibi  e  di  Caribi  era  stato  dato  loro  dagli  Europei  per 
una  erronea  applicazione,  e  che  l'originale  loro  denominazione 
era  quella  di  Gallinagoj  e  che  si  distinguevano  in  Ubaulennum 
e  Baulebanum.)  cioè  in  abitatori  delle  isole  o  del  continente.  Ag- 
giugne  il  detto  Missionario  che  gli  isolani  erano  Gallinaghi  de! 
continente,  cui  essi  in  gran  numero  abbandonarono  per  recarsi 
alla  conquista  delle  isole  sotto  la  condotta  di  un  capitano,  uomo 
di  picciola  statura,  ma  di  un  gran  coraggio,  che  mangiava  poco  e 
beveva  anche  meno,  che  esterminò  gli  antichi  abitatori  delle  iso- 
le ,  salvo  le  donne,  le  quali  hanno  sempre  conservalo  qualche 
tosa    dell'antica  loro  lingua,  e  che  per  non  perder    la    memoria 


1^0  COSTUME 

delle  sue  conquiste  aveva  fatto  radunare  tutte  le  teste  de' nemici 
negli  antri  delle  rocce  che  circondano  il   mare. 
Loro  qualità  fisiche.  Ornamenti  ec. 

Malgrado  della  differenza  d'opinione  sull'origine  de' Caribi, 
tulli  sono  d'accordo  nell' assegnarne  loro  una  comune,  da  qualun- 
que parte  dell' America  e  da  qualunque  nazione  essi  possano  trar- 
la \  e  si  appoggiano  alla  somiglianza  della  figura  e  delle  costu- 
manze dei  Caiibi  in  tutte  le  isole  abitate  dai  medesimi.  E  di 
fatto  essi  sono  generalmente  d'alta  statura  ed  in  ogni  parte  di 
loro  persona  eccellentemente  proporzionati:  non  se  ne  trova  uno 
deforme:  i  loro  capelli  sono  neri ,  ed  eguale  in  tutti  è  la  premura 
di  pettinarli  pulitamente:  si  strappano  la  barba  a  misura  che  cre- 
sce: anche  dopo  la  loro  comunicazione  cogli  Europei,  i  due  sessi 
vanno  interamente  nuii,  il  corpo  è  tinto  di  rosso:  portano  la 
testa  coperta  da  una  specie  di  berretto,  vedi  Tavola  66,  e  qual- 
che volta  cinta  soltanto  da  una  corona  di  penne:  si  fanno  nelle 
labbia  molti  buchi  ne' quali  introducono  spille  di  osso:  le  narici, 
anch'esse  forate,  sono  ornate  di  granelli  di  vetro  o  di  pietruzze 
colorate.  Gli  uomini  portano  armille  alla  paite  carnosa  del  brac- 
cio, e  le  donne  ai  polsi  della  mano  e  sopia  del  cubito:  esse  so- 
gliono portare  collane  di  granelli  di  vetro  a  varj  colori  non  solo 
al  collo  ,  ma  ben  anche  al  di  sotto  della  polpa  delle  gambe  ove 
facendo  più  giri  formano  una  spec.e  di  stivaletto.  Copronsi  le  pai  ti 
davanti  con  un  picciolo  pezzo  di  stoffa  sostenuto  da  una  cintura. 
Quegli  uomini  che  non  hanno  alcuu  commercio  cogli  Europei  por- 
tano intorno  al  collo  de' zufoli  fatti,  per  quanto  si  ere  le,  di 
ossa  de' loro  nemici.  Ma  i  più  ricchi  loro  ornamenti  consistono 
in  larghi  pezzi  di  un  finissimo  e  liscio  rame,  fatto  in  forma  di 
mezza  luna  ed  incassato  in  legno  prezioso.  Tale  ornamento  è  chia- 
malo caracolli  ed  è  il  simbolo  d'onore  che  distingue  i  capitani 
ed  i  loro  figliuoli  dalle  persone  comuni. 

Benché  questa   descrizione  de' Caribi ,  tratta  dai  viaggiatori  In- 
glesi ,  non  sia  estesa  quanto  quella  che  siamo  per  dare,  pure  trove- 
remo una  grande  somiglianza  fra  l' una   l'altra}  e  malgrado  della 
differenza  delle  isole  noi  vi  ravviseremo  facilmente  la  stessa  nazione. 
Qualità  fisiche  de'  Caribi  secondo  Labat. 

La  statura    ordinaria  de' Caribi  (così    Labat  (i),   che  trovan- 

(i)  Tono.  II.   pag.  72  e  seg. 


A/tir/',  vói.  n . 


Thi:  It'y. 


_^Sr/Yi>  //?//,///<■  ? 


DEGLI    ABITATOM    DELLE    AXflLLE  I^I 

dosi  alla  Martinica  ebbe  occasione  di  conversare  lungamente  con 
molli  Caribi  di  San-Domingo),  supera  la  mediocre:  sono  tulli 
ben  fatti  e  proporzionati}  piacevoli  sono  i  lineamenti  del  loro  Tolto, 
e  assai  più  belli  apparirebbero  se  fin  da  piccioli  non  venisse  loro 
alquanto  compressa  con  artifizio  dalle  loro  madri  la  fronte}  ciò 
clie  esse  eseguiscono  col  mezzo  di  una  tavoletta  legata  fortemente 
di  dietro  della  testa,  e  che  vi  lasciano  finché  la  fronte  abbia  a- 
cquistato  consistenza,  e  rimanga  talmente  appianata,  che  senza  al- 
zare la  testa,  possano  vedere  quasi  perpendicolarmente  gli  oggetti 
che  stan  sopra  di  loro.  Tutti  hanno  occhi  neri  e  piccioli,  denti 
bianchi  e  ben  disposti,  capelli  neri,  lunghi  e  lucenti  per  esser 
unti  d'olio.  Vuoisi  ancora  che  il  color  naturale  della  loro  carna- 
gione sia  meno  tinto  di  quello  che  lo  sia  la  carnagione  di  mol- 
tissime razze  Americane  abitatrici  sotto  i  tropici  \  ma  non  è  age- 
vole cosa  di  farne  retto  giudizio  ,  dappoiché  vanno  continuamente 
coperti  di  oriaua  impastala  con  olio  di  caropat  o  di  palma  Chrì- 
sti  che  li  fa  somigliare  ai  gamberi  cotti.  Vedine  la  figura  2  nella 
Tavola  67  e  68.  Di  questa  pittura  fanno  pur  uso  onde  coprire 
anche  i  ragazzi,  il  che  dimostra  ch'essi  seguono  una  tale  costu- 
manza per  salvare  la  pelle  dai  morsi  degl'insetti  de' quali  i  loro 
boschi,  per  Io  più  umidissimi,  sono  pieni,  o  dalle  cotture  che 
gli  ardenti  raggi  del  sole  cagionerebbonle}  piuttosto  che  per  sup- 
plire al  vestito,  o  per  una  vana  appariscenza,  quantunque  invero 
queste  cose  pur  entrino  nella  loro  intenzione.  Quando  vanno  ella 
guerra  o  che  vogliono  far  pompa  dulia  loro  persona,  le  donne 
col  sugo  di  genipa  fan  loro  delle  basette  e  molte  linee  nere  sul 
viso  e  sul  corpo,  e  questi  segni  distintivi  durai]  circa  nove  gior- 
ni. Tutti  gli  uomini  veduti  da  Labat  avevano  intorno  alle  reni 
una  cordella,  che  serviva  a  sostenere  un  nudo  coltello  cui  passano 
fra  la  corda  e  la  coscia  ,  e  dalla  quale  pende  un  pezzo  di  tela 
larga  cinque  o  sei  pollici,  che  copre  una  parte  della  loro  nudità. 
Carattere  morale. 

La  loro  fisonomia  sembra  melanconica,  ma  per  indole  natu- 
rale sono  affettuosi,  leali  e  di  animo  generoso.  Amatisi  a  segno 
tra  loro  i  conjugi,  che  la  disgrazia  dell'uno  fa  sovente  morir  di 
tristezza  l'altro.  Non  mancano  alla  fede  data  anche  con  istranieri, 
ed  odiano  l'avarizia.  Rifuggono  lo  stato  servile,  si  adontano  della 
più  picciola  ingiuria  immeritata,  corrono  alla  vendetta  colla  pre- 


lyz  COSTUME 

cipituzioue  con  cui  i  venti  e  le  onde  nelle  grandi  procelle  spin- 
gonsi  sopra  le  loro  isole,  e  guardano  i  loro  nemici  con  un  odio 
succhialo  col  latte  I  primi  navigatori  alle  Antille  dissero  che  i 
Caribi  mangiavano  le  carni  de1  loro  nemici,  e  dissero  vero }  né 
se  ne  sono  scolpati  mai,  rispondendo  francamente  a  chi  loro  fa 
rimprovero  di  ciò,  nou  essere  vergogna  il  vendicarsi.  Così  pen- 
sando di  codesto  loro  uso,  non  è  maraviglia,  se  sdegnatisi  con- 
tra  chi  la  chiama  canibali  e  selvaggi}  poiché  a  tali  vocaboli  ag- 
giungono essi  nel  loro  concetto  un  senso  di  viltà  che  non  credono 
convenir  loro. 
Fattezze ,  abiti,  ornamenti  delle  donne. 

Le  donne  sono  più  picciole  degli  uomini,  assai   ben  fatte,  ma 
un  po' troppo  grasse,  vedi  la  Tavola  67:  hanno,  come  gli  uomi- 
ni,  occhi  e  capelli    neri}    faccia    rotonda,    bocca    picciola,   denti 
bianchissimi,  e  fisonomia    più    aperta,    più  gioviale  e  ridente    di 
quella  degli  uomini  *,  ciò  che  però  toglie  nulla  alla  loro  modestia: 
si  dipingon  anch'esse  di  rosso,  ma  non  si  fanno  mustacchi  e  li- 
nee nere:  i  loro  capelli  sono  legati  dietro  la    testa  con  una  cor- 
della. Il  perizoma  ondato  di    piccioli   grani     di   vetro  di   varj    co- 
lori, e  guernilo  al   basso  di  una  frangia  parimenti  di   granelli  di 
vetro  copre  la  loro  nudità.  Questo    camisa,  nome    ch'elleno  gli 
danno  non  è  più  largo  di  otto  o  dieci  pollici ,  né  lungo  più  di 
quattro  o  cinque  senza  comprendere  l'altezza  della  frangia,  ed  ai 
due  lati,  una  cordella  di  cotone  lo    tiene  legato  sulle    reni.   Por- 
tano generalmente  al  collo  molte  collane    di  granelli  di  vetro  di 
diverse  grossezze  che  pendono  sul    seno,  e  maniglie     della  stessa 
materia    ai    polsi    delle    mani  ed    al  di    sopra  del    cubito,  e  pie- 
truzze  azzurre  o  grani    di  vetro    infilati  pendenti     dalle  orecchie. 
I  fanciulli  dell'uno  e  dell'altro  sesso  dalla  mammella   fino  all'età 
di  otto  o  dieci  anni    portsn  braccialetti   ed  un  cinto  di    grani  di 
vetro  intorno  le  reni.  Un  ornamento  riservato  alle    donne  è  una 
specie  di  stivaletto  di  cotone    che  loro  serra     la  gamba  un  po' al 
di  sopra  della  noce  del  piede,  e  che  ha  quattro  o  cinque  pollici 
d'altezza.  Vedi   la  Tavola   68.  Verso  l'età  di  dodici  anni  si  dà  il 
camisa  alle   ragazze  invece  del  cinto  di  grani  di  vetro  ,  cui  elleno 
portarono  fino  a  questa   età,  e   la  madre  o  qualche  parente  mette 
loro  gli  stivaletti  alle  gambe,  che  non    si  levano    giammai,  am- 
meno  che  non  sieno  consunti  o  stracciati  per  qualche   accidente: 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  1^3 

anzi  sarebbe  quasi  impossibile  il  levargli,  poiché  essendo  lavorati 
sulle  loro  gambe  sono  così  stretti  clie  non  possono  né  ascendere 
uè  discendere  5  e  le  gambe  strette  per  così  fatta  maniera  ,  noo  es- 
sendo ancor  giunte  in  quell'età  a  tutta  la  loro  grossezza,  non 
posson  crescere  cogli  anni,  e  la  noce  del  piede  divien  più  grossa 
e  più  dura  di  quello  che  sarebbe  stata  naturalmente.  Questi  sti- 
valetti, oltre  la  grossezza  del  tessuto  hanno  un  orlo  alla  loro  e- 
slremità  ,  largo  un  mezzo  pollice  al  basso,  e  il  doppio  ali1  alto, 
ornamento  che  non  è  senza  grazia  alle  gambe  di  una  donna  \  ma 
bisogna  ch'esse  lo  conservino  per  tutta  la  loro  vita ,  e  che  lo  por- 
tino con  se  anche  nella  tomba. 
Matrimonj . 

Una  ragazza  dacché  ha  ricevuto  il  camisa  e  gli  stivaletti,  non 
conversa  più  coi  fanciulli,  ma  si  ritira  presso  la  madre,  né  più 
se  ne  allontana.  E  però  cosa  rara  che  in  tale  età  non  sia  già  stata 
chiesta  da  qualche  giovane,  che  la  considera  allora  come  sua  mo- 
glie, aspettando  ch'ella  possa  divenirla  realmente.  Questa  scelta 
vien  fatta  anche  in  eia  di  quattro  o  cinque  anni,  e  quasi  sempre 
nella  famiglia.  Per  c'ò  che  spetta  ai  gradi  di  consanguinità  od 
alla  pluralità  delle  mogli  è  libero  ad  ognuno  ,  ad  eccezione  però 
de1  fratelli  e  delle  sorelle,  il  prendere  tre  o  quattro  sorelle  che 
sieno  sue  nipoti ,  o  sue  più  strette  cugine.  Essi  hanno  per  prin- 
cipio che  le  fanciulle  allevale  insieme  si  ameranno  di  più,  vi- 
vranno insieme  con  buona  armonia  ,  si  faranno  più  volentieri  re- 
ciproci servigj  e  serviranno  meglio  il  loro  parente  e  marito. 
Ornamenti  degli  uomini. 

Se  le  collane,  i  braccialetti,  il  camisa  o  gli  stivaletti  for- 
mano l'abbigliamento  delle  donne,  anche  gli  uomini  hanno  i  loro 
ornamenti  particolari,  che  consistono  ne'caracoli  e  nelle  piume. 
Si  crede  che  il  caracoli  sia  una  mescolanza  d'argento,  di  rame  e 
d'oro:  egli  è  certo  che  il  suo  colore  non  si  appanna  giammai  né 
nella  terra  né  nell'acqua.  Gli  orefici  Francesi  ed  Inglesi  hanno 
fatto  molti  tentativi  per  imitarlo,  ma  la  composizione  che  ne  ri- 
sultò è  di  molto  inferiore  in  bellezza  al  caracoli  de'Ciiibi,  che 
sembra  argento  indorato  con  un  so  che  d'infiammato  nel  suo 
splendore.  Le  figure  che  ne  fanno  sono  mezze  lune  di  varie  gran- 
dezze, secondo  l'uso  cui  le  destinano:  vedi  (a  Tavola  68:  ne  por- 
tono  una  pendente  a  ciascun  orecchio  attaccala  ordinariamente  ad 


I  74  COSTUME 

una  catenella,  e  la  distanza  di  un  corno  ali  altro  è  di  circa  un 
pollice  e  mezzo }  in  mancanza  di  catenella  gli  attaccano  con  un 
fil  di  cotone  passato  nel  centro  della  mezza  luna  :  portano  un 
altro  caracoli  della  stessa  grandezza  appeso  alla  cartilagine  nel 
mezzo  delle  narici  e  che  batte  sulla  bocca  :  anche  il  labbro  in- 
feriore è  forato  e  sostiene  un  quarto  caracoli  più  grande  di  un 
terzo  degli  antecedenti  e  che  passa  per  metà  il  mento:  fi- 
nalmente ne  hanno  un  quinto  aperto  circa  sei  pollici  che  vieu 
attaccato  al  collo  con  una  cordella,  e  che  pende  sul  petto.  Quando 
non  portano  i  caracoli  empiono  i  buchi  delle  orecchie,  dal  naso 
e  dal  labbro  per  impedire  che  si  otturino  da  se.  Alcune  volte 
portano  delle  pietruzze  verdi  nelle  orecchie  e  nel  labbro,  e  se 
non  hanno  né  pietre  né  caracoli  vi  mettono  delle  penne  di  pap- 
pagallo. I  loro  figliuoli  portano  ne' capelli  una  quantità  di  penne 
di  varj  colori ,  e  attaccate  in  guisa  di  star  ritte  sul  capo. 
Abitazioni. 

Le  loro  case  da  esse  chiamate  carbet  hanno  una  forma  singo- 
lare. Labat  che  ebbe  occasione  di  vederne  una  delle  più  belle, 
aggiugne  alla  descrizione  che  ce  ne  fa,  una  esatta  e  piacevole 
pittura  di  alcune  usanze  della  nazione.  Noi  trovammo,  dice,  una 
grande  compagnia  in  questo  carbet:  erano  circa  trenta  Caribi 
che  ci  si  erano  radunati  per  una  cerimonia  che  non  abbiam  po- 
tuto prevedere,  e  che  descriveremo  quanto  prima.  La  casa  od  il 
carbet  era  lungo  circa  sessanta  piedi  e  larga  circa  otlantacinque: 
i  piccioli  pali  s'innalzavano  nove  piedi  fuor  di  terra  ed  i  grandi 
in  proporzione:  i  travicelli  toccavano  terra  dai  due  lati  j  i  cor- 
renti erano  di  canne,  ed  il  coperto  che  scendeva  basso  fino  a  terra 
era  di  foglie  di  palma.  Un  braccio  dell' edifizio  era  interamente 
chiuso  di  canne  e  coperto  di  foglie ,  eccettuata  un'apertura  che 
guidava  alla  cucina:  l'altro  lato  era  quasi  interamente  aperto. 
Dieci  passi  lontano  da  quest'edifizio  ce  n'era  uu  altro  della  metà 
di  grandezza  e  diviso  in  due  da  un  palizzato  di  canne.  Noi  vi  en- 
trammo^ nella  prima  camera  ad  uso  di  cucina  alcune  donne  oc- 
cupavansi  a  far  la  cassava.  La  seconda  divisione  serviva  di  camera 
da  letto  per  tutte  queste  donne  e  pei  fanciulli  che  non  erano 
ancora  ammessi  nel  grande  edilìzio:  non  vi  si  videro  altre  sup- 
pellettili che  ceste  ed  amache.  Queste  parimenti  erano  le  uniche 
suppellettili  dtd  gran  carbet.    Il  padrone  ed  i  suoi   quattro  figli- 


DEGLI    ABITATORI    DELLA    C.UJANA  1^5 

uoli  avevano  vicino  alle  loro  amache  un  cofano,  un  fucile,  una 
pistola,  una  sciabola  ed  un  cerniere.  Alcuni  Caribi  erano  occu- 
pali a  far  ceste,  e  due  donne  a  fare  un'amaca.  Gli  archi,  le  freccp, 
le  clave  pendevano  in  gian  numero  dai  travicelli.  Il  pavimento 
era  di  terra  battuta  ,  assai  liscio  e  pulito:  eravi  un  fuoco  vivo 
verso  la  metà  del  carbet  ,  intorno  al  quale  neve  Caribi  seduti 
sulle  calcagna,  fumavauo,  aspettando  che  il  loro  pesce  posto  sulla 
bragia  fosse  colto. 
Alcune  notizie  sulle  loro  cerimonie  funebri. 

Essendo  giunta  anche  per  noi  l'ora  del  pranzo  ,  così  prose- 
gue Labat ,  ordinai  ai  nostri  Negri  di  preparale  una  tovaglia,  e 
vedendo  in  un  angolo  del  carbet  stesa  una  bella  stuoja  ,  pen- 
sai che  noi  potessimo  servircene.  Ivi  dunque  feci  portare  pane, 
sale  e  carne  fredda,  mi  sedei  co' miei  due  compagni  di  viaggio  , 
e  mentre  cominciavamo  a  mangiare  vidi  i  Caribi  guardarci  di  mal 
ocebio  e  parlare  al  padrone  con  qualche  alterazione}  gliene  do- 
mandai la  ragione*  ei  mi  rispose  freddamente  che  sotto  la  stuoja, 
sulla  quale  eravamo  seduti,  giaceva  un  Caribo  morto,  e  che  ciò 
dispiaceva  assai  a' suoi  parenti.  Al  momento  ci  siamo  alzati,  ed 
abbiam  tosto  fatto  trasportar  altrove  le  nostre  provvigioni,  e,  con- 
tinuando il  nostro  pranzo  ,  il  padrone  ci  raccontò  che  tutti  quei 
Caribi  eransi  radunati  in  casa  sua  per  celebrare  le  esequie  di  un 
loro  parente,  e  che  ne  aspettavano  ancora  alcuni  altri  per  com- 
piere la  cerimonie.  Egli  è  necessario  ,  secondo  le  loro  costuman- 
ze, che  tutti  i  parenti  di  un  Caribo  morto  abbiano  dopo  la  sua 
morte  a  vederlo  per  assicurarsi  ch'essa  fu  naturale.  Se  uno  solo 
non  giugnesse  ad  esaminarlo,  la  testimonianza  di  tutti  gli  altri 
non  basterebbe  a  persuaderlo}  giudicando  al  conlrario,  che  tutti 
abbiano  potuto  contribuire  alla  sua  morte,  si  troverebbe  in  dovere 
di  ucciderne  alcuno  per  vendicarla.  Noi  osservammo  che  il  nostro 
albergatore  avrebbe  desiderato  che  questo  Caribo  non  gli  avesse 
fatto  l'onore  di  scegliere  il  suo  carbet  per  morire.  Gli  doman- 
dai, s'egli,  come  loro  amico  ,  poteva  farci  ottenere  la  grazia  di 
vedere  il  morto}  venni  assicurato  che  tutti  avrebbero  acconsen- 
tito con  piacere  purché  avessi  fatto  dar  loro  da  bere.  La  stuoja 
e  le  tavole  che  coprivano  la  fossa  furon  levate  sull'istante:  essa 
aveva  la  forma  di  un  pozzo  di  circa  quattro  piedi  di  diametro  , 
e  di  sei  a  sette  di  profondità.    Il  corpo    era    posto    coccoloni:   i 


/ 


1 76  COSTUME 

suoi  gomiti  stavano  sulle  ginocchia,  e  le  palme  delle  mani  soste- 
nevano le  sue  guancie:  era  lutto  dipinto  di  tosso,  colle  basette 
e  colle  righe  nere:  i  suoi  capelli  erano  legati  dietro  la  testa:  il 
suo  arco,  le  sue  frecce,  la  sua  clava  ed  il  suo  coltello  erano  col- 
locati al  suo  fianco.  Domandai  se  mi  fosse  permesso  il  toccarlo  , 
né  mi  si  negò  tal  grazia}  gli  toccai  le  mani,  la  faccia,  il  dorso, 
e  trovai  lutto  secco  e  senza  alcun  cattivo  odore,  benché  appena 
spirato  non  avessero  preso  altra  precauzione  che  quella  di  tignerlo 
d' oriana.  I  parenti  che  trovavansi  presenti  lo  visitarono  attenta- 
mente, e  si  stava  in  aspettazione  che  giugnessero  tutti  gli  altri 
per  la  stessa  cerimonia  ,  e  per  empiere  poi  la  fossa  di  sabbia  e 
chiuderla  per  l'ultima  volta. 
Loro  cibi  e  maniera  di  prepararli  e  di  mangiarli. 

Appena  che  i  loro  pesci  furon  cotti  ,  le  donne  recarono  tre 
cesie  quadre,  seuza  coperchio,  sostenute  da  quattro  piedi,  che  ser- 
vono di  tavola  e  di  piatto  ai  Caribi  che  le  chiamano  matatu  , 
vedi  la  Tavola  69.  Queste  erano  piene  di  cassava  fresca  :  esse 
portarono  unitamente  due  gran  coiti,  l'uno  pieno  di  Taumali  di 
granchi  di  mare  (1)  e  l'altro  di  Pimentada  (2),  accompagnati  da 
un  gran  paniere  di  granchi  bollili,  di  pesci  cotti  sulla  brace.  I 
Caribi,  ad  eccezione  de' granchi,  non  mangiano  mai  cosa  alcuna 
bollila  nell'  acqua,  e  contenti  delle  loro  salse  non  fanno  mai  uso 
di  sale.  Tutte  le  loro  vivande  sono  colte  arrosto  o  fornicate.  La  loro 
maniera  d'arrostire  consiste  nell' infilzare  la  carne  divisa  in  tanti 
pezzuoli  in  una  spranghetta  di  legno  che  piantano  nella  terra 
d'innanzi  al  fuoco,  e  quand'essa  è  cotta  da  un  lato,  la  rivol- 
gono dall'altro.  Se  si  tratta  poi  di  un  pollo  o  di  un  uccello  piut- 
tosto grosso  ,  essi  sogliono  gettarlo  nel  fuoco  senza  sventrarlo  e 
spiumarlo,  ed  arrostite  appena  le  penne,  lo  coprono  di  cenere  e 
di  carboni  per  lasciarlo  cuocere  in  tale  stato.  Poscia  lo  levano  , 
ne  tolgono  facilmente  la  crosta  cui  le  penne  e  la  pelle  formarono 
sulla  carne,  ne  estraggono  le  interiora,  e  mangiano  il  rimanente 

(1)  E  la  sostanza  verdiccia  de' granchi  di  mare,  che  stemperata  eoa 
grascia,  acqua,  sugo  di  cedro,  sale  e  pimento  ,  compone  una  salsa  attis- 
sima ad  aguzzare  l'appetito. 

(»)  La  Fimentada  è  composta  di  sugo  di  manioca  bollito  con  sugo  di 
cedro  in  cui  mettono  molto  pimento  pesto. 


DEGLI    AE1TAT0KI    DELLE    ANT1LLE  I  77 

siili' .litro  preparazione.  Il  loro  esempio,  dice  Labat,  m'indusse 
a  mangiar  più  volte  di  questo  arrosto  ,  e  l'ho  sempre  trovato  as- 
sai sugoso,  tenero  e  di   un1  annuii  abile  delicatezza. 

Eia  uno  spettacolo  piacevolissimo  il  vedere  questa  banda  di 
Caribi  posti  coccoloni  come  laute  simie,  mangiare  con  glande 
appetito  senza  pronunziare  una  sola  parola,  e  sbucchiare  con  poli- 
tezza e  prestamente  le  più  picciole  zampe  de' granchi.  Appena 
terminato  di  mangiare,  alcuni  andarono  a  ber  dell'acqua,  altri 
si  posero  a  pipare,  altri  si  gettarono  nelle  amache,  ed  alcuni  si 
misero  a  far  conversazione.  Le  donne  trasportarono  i  matatu  ed 
i  cou.i\  le  ragazze  pulirono  il  luogo  in  cui  si  mangiò,  e  tulle 
insieme  coi  fanciulli  andarono  in  cucina  e  postesi  nell'egual  po- 
situra degli  uomini  mangiarono  con  buon  appetito.  L'uso  di 
questi  popoli  porta  che  le  doline  non  abbiano  a  mangiate  co' loro 
mariti. 

Amache. 

Le  amache  de' Caribi  sono  e  per  la  forma  e  per  la  bellezza 
del  lavoro  superiori  a  quelle  degli  altri  indiani.  Esse  consisto- 
no in  un  pezzo  di  grossa  tela  di  cotone  lunga  circa  sette 
piedi  e  larga  quattordici  avente  le  estremità  divise  in  5o  o  55 
parti,  infilate  in  cordelle  appellate  ruban.  Vedi  la  Tavola  6j* 
Queste  cordelle  per  lo  più  di  cotone  ben  filato  e  ben  torto  sono 
lunghe  circa  tre  piedi,  e  si  uniscono  insieme  nelle  estremità  per 
formare  un  anello  per  cui  passa  una  più  grossa  corda  che  serve 
a  sospendere  l'amaca  a  due  alberi  o  a  due  muri.  Le  amache 
dei  Caribi  sono  d'ordinario  tinte  d'oriana  non  solo  perchè  essi 
danno  alle  medesime  tal  colore  prima  di  usarne,  ma  ancora 
perchè  ,  avendo  essi  il  corpo  tulto  tinto  di  rosso,  non  pos- 
sono coricarvisi  senza  lasciarvi  in  parte  la  loro  tintura.  Vi  di- 
segnano altresì  tanti  spartimenli  di  nero,  e  con  tanta  precisione 
che  sembrano  eseguiti  col  compasso.  Sì  fatto  lavoro  spetta  alle 
donne:  un  Caribo  sarebbe  disonorato  se  impiegasse  il  suo  tempo 
a  filare  o  tessere  cotone  od  a  dipingere  un'amaca,  quindi  essi 
He  lasciano  la  cura  alle  donne,  cui  fa  d'uopo  molla  industria  e 
molta  fatica   per  fare  una  tela  sì  larga. 

Maniera  d'usarne. 

Lia  maniera  Cariba  di  attaccare  o  di  stendere  un'amaca  è  di 
allontanare  le  due  estremila  Puna  dall'altra  in  maniera  che  colle 
Cvst.  Voi.  IV  deW  America.  1  2, 


I?8  GOSTUME 

sue  corde  faccia  un  mezzo  cerchio,  la  cui  distanza  dall' un  al- 
l'altro capo  sia  il  diametro.  S'innalza  da  terra  tanto  quanto  bi- 
sogna per  sedervisi  come  su  di  una  seggiola.  Si  deve  osservare 
nel  coricaryisi  di  stendere  una  mano  per  aprirla  ,  altrimenti  si 
farebbe  un  capitombolo.  Non  bisogna  stendervisi  in  tutta  la  sua 
lunghezza  ,  di  maniera  che  la  testa  ed  i  piedi  sieno  in  linea  di- 
ritta che  segna  la  lunghezza  dell'amaca:  tale  situazione  riuscì-? 
rebbe  incomoda  alle  reni:  ma  vi  si  corica  diagonalmente,  lenendo 
ì  piedi  verso  un  lato,  e  la  testa  verso  il  lato  opposto.  Allora 
l'amaca  fa  le  veci  di  un  buon  materasso;  si  può  moversi  a 
piacimento,  stendersi  quanto  si  vuole,  e  coprirsi  ben  anche  colla 
metà  dell'Amaca.  Se  si  vuol  voltarsi  da  un  lato  all'altro,  bisogna 
cominciar  sempre  dal  porre  i  piedi  dall'altro  lato,  e  voltando 
il  corpo,  si  passa  sull' altro  diagonale.  La  comodità  di  questi  letti 
consiste  nel  poterli  facilmente  portare  con  sé  ;  nel  dormirvi  più 
al  fresco;  nel  non  aver  bisogno  né  di  coperta,  né  di  lenzuola, 
né  di  guanciali,  e  nel  non  recare  imbarazzo  in  una  camera, 
poiché  appena  cessato  il  bisogno,  si  può  piegarli,  due  ramponi 
di  ferro  bastano  per  tenerlo  disteso.  Labat  ne  ottenne  uno  da  un 
Caribo,  e  dopo  di  essersene  servito  per  dieci  anni  continui  e  di 
averlo  fatto  passare  infinite  volte  al  ranno  sembrava  tuttavia  nuovo. 
Egli  si  fa  stupore  che  non  se  ne  sia  introdotto  l'uso  negli  eserciti. 
Canestri  ec. 

Si  vantano  altresì  i  canestri  che  sono  lavori  degli  uomini  di 
questa  nazioue,  e  che  gli  Europei  resero  celebri  sotto  il  nome 
di  panieri  Caribi.  Labat  ne  studiò  la  fabbricazione  a  vantaggio 
de'nostri  artigiani.  I  Caribi  ne  fanno  di  varie  dimensioni  e  figu- 
re: alcuni  sono  lunghi  tre  piedi  e  larghi  circa  venti  pollici;  al- 
tri lunghi  otto  o  dieci  pollici  e  larghi  a  proporzione  :  l'altezza 
ne' più  grandi  non  oltrepassa  d'ordinario  i  dieci  pollici;  ma  que- 
sta dipende  dall'uso  cui  vengon  destinati:  il  fondo  è  di  forma 
pjana ,  i  Iati  sono  diritti  e  perpendicolari  al  fondo:  il  coperchio 
è  dell' egual  figura  del  rimanente,  ma  l'altezza  ne  è  minore  di 
un  terzo.  In  queste  ceste  i  Caribi  ripongono  i  loro  piccioli  uten- 
sili ed  ornamenti.  Essi  adoperano  canne  o  corteccie  di  lataniere 
per  fabbricar  panieri,  matatu,  gerle  appellate  catoli  ed  altre 
suppellettili  di  simil  genere.  Il  catoli  che  vedesi  nella  Tavola  69, 
£  una  spezie  di  gerla    della  quale    servonsi  le  donne  per    portar 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  I  JCk 

al  carbet  manioca  ,  banane  ,  pesci  ec.  Ce  ne  ha  di  due  spezie  ; 
gli  uni  lavorati  eli  straforo,  gli  altri  perfettamente  uniti,  ina  tutti 
sono  senza  dossiere;  il  loro  fondo  è  piano,  il  rimanente  è  di  fi- 
gura piramidale  con  molti  lati }  sono  leggieri,  puliti  e  bene  or- 
nati. Le  canne  o  la  corteccia  di  litanie  re  di  cui  si  fabbricano, 
sono  tinte  a  varj  colori  e  messe  ia  opera  a  diversi  spartimenli  a 
straforo:  i  catoli  che  sono  interamente  uniti  possono  contenere 
dell'acqua  senza  che  u' esca  una  sola  goccia:  vien  portato  sulle 
spalle  per  mezzo  di  due  galloni  di  cotone  larghi  due  pollici  ed 
assai  fitti.  Il  catoli  non  è  usato  che  dalle  donne,  ed  un  Caribo 
che  Io  portasse  sarebbe  riguardato  come  un  infame.  Essi  fanno 
molli  di  questi  lavori  non  solo  pel  loro  uso  domestico,  ma  ben 
.-indie  per  venderli  e  per  acquistare  in  cambio  coltelli,  accette, 
grani  di  vetro,  tela  d'Europa  e  soprattutto  acquavite. 
Religione  de"1  Caribi* 

Multo  hanno  affaticato  i  Missionarj  Europei  per  farne  de' Cri- 
stiani e  sempre  inutilmente.  Non  è  già  che  parecchi  Gai  ibi  non 
si  sieno  fatti  battezzare  }  a  tal  cosa  facilmente  si  sottomettevano 
di  buon  animo  ^  ma  troppo  erano  attaccati  alla  loro  maniera  di 
vivere,  né  sapevano  intendere  alcun  punto  della  dottrina  reli- 
giosa che  loro  si  predicava.  Per  ciò  colla  stessa  indifferenza  si 
facevano  battezzare  più  volle ,  se  l'occasione  loro  si  offriva  dì 
compiacere  altrui,  o  di  ricevere  qualche  bicchier  d'acquavite,  poi 
perdevauo  ogni  memoria  del  battesimo  avuto.  Non  dirassi  però  per 
questo  che  affetto  ad  altra  religione  in  essi  prevalga.  Essi  por- 
tano un  certo  qual  rispetto  al  sole  ed  alla  luna  ,  ma  senza  ado- 
razione e  senza  culto,  e  non  hanno  né  templi  né  altari.  Se  hanno 
qualche  idea  di  un  Essere  Supremp,  lo  credono  tranquillo  nel 
godimento  della  sua  facilità,  e  sì  poco  attento  alle  azioni  degli 
uomini,  che  non  pensa  neppure  a  vendicarsi  di  quelli  che  l'of- 
fendono. Riconoscono  però,  dice  Labat,  due  sorta  di  spiriti,  gli 
uni  benefici  che  stanno  in  cielo,  e  de' quali  ogni  uomo  ha  il  suo 
per  custode  :,  gli  altri  di  maligna  natura,  che,  durante  la  notte 
se  ne  van  girando  per  l'aria,  non  hanno  alcuna  slabile  dimora, 
e  non  si  occupano  che  di  recare  altrui  nocumento.  Questo  senti- 
mento di  un  potere  superiore  è  mischiato  a  tante  stravaganze  che 
fan  torto  ali?  umana  ragione.  Sogliono  offrire  agli  spiriti  benefici 
della  cassava  e  del    fumo  di  tabacco:  gli  invocino   per   ottenere 


1 80  COSTUME 

la  guarigione  delle  loro  malattie,  pel  buon  esito  delle  loro  im- 
prese, e   per  poter  condurre  al  desiderato    fine  le  loro    vendette. 

I  loro  sacerdoti  ,  o  per  meglio  dire  ,  i  loro  medici  e  indovini  , 
appellati  Boye^  hanno  le  loro  particolari  Divinità,  di  cui  vantano 
il  potere  e  ne  permettono  l'assistenza,  in  ispezie  contra  la  mali- 
gnità de' Maboya  che  sono  gli  spiriti  malefici  (i).  1  Caribi  danno 
ai  Maboya  un'origine  che  rinchiude  la  loro  opinione  sulla  na- 
ima  dell'anima.  Ogni  uomo  ,  dicono  essi  ,  ha  nel  corpo  tante 
anime  quante  sono  i  luoghi  delle  pulsazioni  delle  arterie:  la  prin- 
cipale sta  nel  cuore,  da  dove  dopo  morte  se  ne  va  al  cielo  sotto 
la  condotta  del  genio  bene6co  ,  che  durante  la  vita  gli  servì  di 
guida,  e  colà  essa  gode  una  felicità,  cui  paragonano  alla  più  fe- 
lice vita  che  si  possa  condurre  sulla  terra.  Le  altre  anime  che  non 
riseggono  nel  cuore,  si  spandono  nel!'  aria}  le  une  sopra  il  mare 
ove  cagionano  le  procelle  ed  i  naufragi ,  le  altre  sopra  le  terre 
e  le  foreste  ove  fanno  tutto  il  male  possibile.  Le  idee  de'Caribi 
non  si  estendono  più  oltre}  ma  si  crede  di  scorgervi,  ch'essi  ri- 
guardino 1' anima  del  cuore  come  il  principio  di  lutto  il  bene  che 
vien  operato  dall'  uomo,  e  le  altre  anime  come  sorgenti  dei  viz] 
e  dei  delitti. 

Loro  governo. 

Il  governo  de'Caribi  non  è  meno  barbaro  della  loro  religione 
e  delle  loro  costumanze  :  essi  hanno  in  ciascun'  isola  molti  capi- 
tani che  sono  ordinariamente  i  capi  delle  più  numerose  famiglie 
e  la  cui  autorità  non  è  riconosciuta  che  in  tempo  di  guerra.    Il 

(i)  Essi  hanno,  dice  Du-Tertre,  certe  figurine  grottesche  di  cotone, 
per  la  cui  bocca ,  siccome  asseriscono  ì  Maboya  ,  loro  parlano.  Lo  stesso 
Du-Tertre  aggiugne.  »  Il  signor  di  Parquet  ,  Luogotenente-generale  di 
S.  M.  nella  Martinica ,  mi  assicurò  che  i  Caribi  di  quest'  isola  avevano 
trovato  entro  caverne  certi  idoli  di  cotone,  in  forma  d'uomini  ,  (  vedi  la 
Tavola  70)  cui  essi  dicevano  essere  gli  Dei  degli  Igneri,  antichi  abitatori 
del  paese,  e  che  nessuno  de'  Caribi    ardiva    entrare   in   quelle   caverne   ec. 

II  signor  di  Parquet  trasportò  questi  idoli  ,  che  furono  poi  causa  di  uno 
spiacevole  avvenimento;  poiché  avendoli  posti  in  una  cassa  eh*  ei  diede 
ad  un  capitano  di  S.  Malo  con  ordine  di  portarli  al  duca  d'  Orléans  }  que- 
sto disgrazialo  capitano  fu  preso  da  una  fregata  di  S.  Sebastiano  e  con- 
dotto in  Ispagna  ove  a  cagione  di  quelle  figure  tenute  per  idoli  fu  messo 
nelle  carceri  dell'  inquisizione,  e  sarebbe  stato,  qual  fattucchiero,  rigorosa- 
mente punito,  se  le  lettere  di  quel  governatore  al  Duca  non  avessero 
scoperta  la  sua  innocenza. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    AKTILLE  1 8  I 

nome  di  Cacico  che  i  primi  Spagnuoli  presero  dai  Caribi,  e  die 
Inumo  portato  in  tutte  le  loro  colonie,  non  è  più  che  un  vano 
titolo,  al  quale  non  sta  annesso  né  potere  ne  prerogativa  di  sorta 
alcuna.  Ciononostante  ogni  isola  ne  ha  alcuni ,  rare  volte  però 
più  di  due.  Il  capitano  generale  viene  scelto  all'avvicinarsi  di  una 
guerra  ',  durante  la  pace  un  Cacico  non  è  distinto  dagli  altri  ca- 
pitani che  pel  suo  titolo,  e  per  una  certa  qual  considerazione  che 
segue  naturalmente  il  merito  che  si  suppone  in  lui:  è  necessario 
per  divenir  Cacico  essersi  distinto  più  volte  in  guerra:  aver  su- 
perato tutti  i  suoi  competitori  alla  corsa  ed  al  nuoto  }  aver  por- 
tato più  gravi  pesi  ,  e  soprattutto  aver  dimostrato  maggior  pa- 
zienza nel  soffrire  vaij  generi  di  patimenti.  Il  Cacico  che  in 
occasione  di  guerra  divien  capitano  generale,  ne  ordina  i  prepa- 
rativi, raduna  il  consiglio,  ed  occupa  sempre  il  primo  grado.  Ma 
in  una  nazione  senza  leggi  ,  e  senza  un  certo  qual  potere  pel 
mantenimento  delle  usanze,  ogni  cosa  è  soggetta  a  variare  a  se- 
conda de'tempi  e  delle  circostanze. 
Armi. 

Le  armi  de' Caribi  sono  gli  archi,  le  frecce,  la  clava  da  essi 
appellata  buton  (i)  ,  ed  il  coltello  cui  portano  nella  cintura  ,  e 
più  soveute  in  mano.  Vedi  le  Tavole  67  e  70.  La  loro  allegrez- 
za è  estrema  quando  possono  procurarsi  uno  schioppo.  I  loro  ar- 
chi sodo  lunghi  circa  sei  piedi ,  hanno  le  due  estremila  rotonde 
perfettamente  con  due  tacche  per  tener  ferma  la  corda.  La  gros- 
sezza aumenta  egualmente  dalle  due  estremità  andando  verso  il 
mezzo  che  è  di  figura  ovale  nel  di  fuori  e  piatto  nel  di  dentro  f, 
di  maniera  che  il  luogo  che  sostiene  la  freccia  ha  un  pollice  e 
mezzo  di  diametro.  L'arco  è  ordinariamente  di  legno  verde  o  di 
uno  spazio  di  legno  di  lettre  ,  il  cui  colore  assai  bruno  è  mi- 
schiato di  alcune  onde  di  un  rosso  carico.  Questo  legno  è  com- 
patto e  pesante  ,  e  vien  da  essi  lavorato  con  eleganza  ,  spezial- 
mente dopo  che  il  commercio  cogli  Europei  procura  loro  stro- 
menti  di  ferro  invece  di  pietre  taglienti  ch'essi  adoperavamo  prima 
per  intagliarlo.  La  corda  sempre  tesa  lungo  dell1  arco  ha  due  o 
Ire  linee  di  diametro.  Le  frecce  sono  composte  dello  stelo  che  le 

(1)  Secondo  Du-Terlre  Butu  ,  dalla  quale  paiolo  gli  Europei    fecero 
Buton. 


182.  COSTUME 

canne  mettono  per  fiorire:  sono  lunghe  circa  Ire  piedi  e  mezzo, 
compresa  la  punta  ,  che  fa  parte  separata  ,  ma  innestata  e  forte- 
mente legata  con  filo  di  cotone.  Questa  terribile  punta  è  di  legno 
verde  lunga  circa  otto  pollici,  e  grossa  quanto  la  canna  nel  luogo 
della  loro  unione,  dopo  che  diminuisce  insensibilmente  fino  al- 
l'estremila che  è  assai  acuta  e  tagliuzzata  in  picciole  tacche,  le 
quali  senza  impedire  alla  freccia  di  entrare  in  un  corpo  ,  non 
permettono  di  cavamela  senza  allargare  di  molto  la  ferita.  Ben- 
ché tal  legno  sia  naturalmente  durissimo  ,  pure  per  accrescerne 
la  durezza  lo  mettono  nella  cenere  calda  ,  la  quale  consumando 
a  poco  a  poco  l'umidità,  termina  col  chiuderne  i  suoi  pori.  E 
cosa  rara  che  i  Caribi  ornino  le  loro  frecce  di  penne  :  non  si 
dimenticano  però  d'avvelenare  quelle  di  guerra.  Le  frecce  usate 
dai  Caribi  per  la  caccia  de'grossi  uccelli  hanno  la  punta  liscia 
né  sono  mai  avvelenate:  quelle  di  cui  si  servono  pei  piccioli  uc- 
celli hanno  l'estremità  rotonda  che  gli  uccide  senza  ferirli  e  senza 
guastar  loro  le  penne. 

La  clava  delta  buton  è  lunga  circa  tre  piedi  e  mezzo,  piatta , 
grossa  due  pollici  in  tutta  la  sua  lunghezza,  eccettualo  il  manico 
che  diminuisce  alquanto:  è  larga  due  pollici  all'impugnatura  e 
di  circa  cinque  all'altra  estremità:  è  fatta  di  un  legno  pesantis- 
simo: incidono  vaij  ornamenti  sui  Iati  più  larghi,  ed  empiono  i 
tagli  di  molti  colori.  Vedi  le  Tavole  69  e  70.  Un  colpo  di  bu- 
ton spezza  un  braccio,  una  gamba,  spacca  la  testa  in  due  parti, 
ed  i  Caribi  servonsi  di  quest'arma  con  molta  forza  e  destrezza.  I 
fanciulli  dei  Caribi  hanno  archi  e  buton  proporzionati  alla  loro  sta- 
tura ed  alla  loro  forza:  si  esercitano  per  tempo  a  trar  d'arco, 
e  dalla  prima  loro  gioventù  vanno  a  caccia  degli  uccelletti  senza 
quasi  mai  sbagliare  il  colpo. 
Loro  destrezza  al  nuoto. 

I  Caribi  destri  in  ogni  cosa  Io  sono  spezialmente  al  nuoto  : 
sembra  che  sieno  nati  nell' acqua  e  per  l1  acqua.  Se  vuoisi  sopere 
fin  dove  giunga  la  loro  sveltezza  ed  il  loro  coraggio,  basta  con- 
siderale come  assaltano  uno  de'  più  grossi  e  de' più  voraci  pesci 
del   loro  mare,  e  ne  facciano    loro   preda    (1).    Chiamasi    questo 

(1)  V.  Prevosti  Hist.  des  Voyoges,  Tom.  XXIII.  pog.  i/,4,  edit.  d'Am- 
sterdam ,  1777. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  l83 

pdsee  zigena ,  lungo  talora  venti  piedi,  e  grosso    quanto  un  ca- 
vallo,  simile  di     forma  dal    collo  alla     coda  al  pesce    cane,  ma 
colla   testa   in  proporzione  più  grossa  assai,  più     larga  e  quasi  a 
figura  di  un   mantello  ,  con  due  occhi  piantati  alle  due  estremità^ 
tondi  e  grossi  molto,  e  spaventosissimi   pel    fiero  movimento  con 
cui  li    volge.     Larghissimo  è  la  sua    gola  armata    di  due   fila  di 
denti  acutissimi  e  lunghi.  Oltre  ciò,  questo  terribil   mostro  è  agi- 
lissimo nelle  sue  mosse  e  furioso  quanto  ferie.  Ora  il  Caribo  ar- 
disce affrontarlo  cacciandosi  a  nuoto   ove  il  discopra  }  e  armato  di 
due  bajonette,  una  per  mano,  tosto  che  il  vede  muoverglisi  con 
impeto  contro,  s'approfonda    sott'acqua  e  va  a  ferirlo    nel  ven- 
tre. Il  dolore  accresce  la     ferocia  naturale    del  mostro  che,    agi- 
tando   orribilmente    l'acqua  d'intorno,    cerca   il     nemico,  e  spa- 
lanca l'immensa  gola    per  divorarlo.  Il  Caribo  si    approfonda  di 
nuovo  sott'acqua,  e  va  di    nuovo  a  ferire  il  suo  nemico  in  qua- 
lunque parte  possa  colpirlo.  Il  mare  intanto  rosseggia  di  sangue^ 
e  forma   tanti  vortici ,  quanti  fa  giri   la  zigena    per  giugnere  al 
suo  assalitore.  Ma  dopo  una  mezz'ora  di   lotta  ,  perdute  le  forze^ 
vedesi  venire  a  galla  supina:  il  Caribo  che  le     ha  attaccata  una 
corda  alla  coda ,  con  essa  incomincia  a  strascinarla  verso  terra.  Gli 
spettatori  di  questo  combattimento    accorrono  coi    loro  canotti  a 
celebrare  con  festa  il  trionfo  del  valoroso. 
Descrizione  delle  piroghe  e  delle  bacassa. 

Le  piroghe  e  le  bacassa  sono  i  loro  legni  di  mare:  Labat  ce 
ne  diede  una  lunga  ed  esatta  descrizione.  Le  piroghe  Caribe, 
egli  dice,  sono  assai  meno  grandi  delle  bacassa,  quelle  che  ei 
Vide  erano  lunghe  29  piedi  e  larghe  circa  cinque  piedi  nel  mezzo: 
le  due  estremità  terminavano  in  punta,  ed  eran  più  alle  del 
mezzo  dai  i5  ai  20  pollici:  erano  divise  da  nove  banchi  o  ta- 
vole, e  di  dietro  a  ciascuna,  in  distanza  di  circa  otto  pollici,  e 
un  po' più  alto  della  tavula  erano  de' bastoni  grossi  un  braccio, 
le  due  estremità  ficcate  nei  lati  della  piroga  servivan  alle  mede- 
sime di  sostegno,  lenendole  sempre  in  eguale  distanza  e  servivan 
d'appoggio  a  quelli  che  seggono  sulle  tavole:  gli  orli  in  alto  erano 
forniti  di  molti  buchi  guernili  di  corde  per  sostenere  le  baga- 
glie.  Le  bacassa  sono  lunghe  circa  l\i  pieJi  e  larghe  sette:  il 
davanti  è  aito  ed  acuto  poco  a  presso  come  quello  delle  piroghe  5. 
ma     il  di    dietro  è  piatto,  e  taglialo    in    poppa,    con  uua    testai 


1 84  COSTUME 

d'uomo  in  rilievo ,;  ordinariamente  malissimo  eseguita,  ma  di- 
pinta di  bianco^  di  nero  e  di  rosso:  i  bandii  non  differiscono  da 
duétti  delle  piroghe:  ma  gli  orli  delle  bacassa  hanno  un'eleva- 
zione di  tavole  di  circa  i5  pollici  che  accresce  di  molto  la  gran- 
dezza della  nave.  Tanto  le  piroghe  quanto  le  bacassa  sono  senza 
timone:  il  Caribo  che  le  governa,  sta  seduto  od  in  piedi  alla 
poppa  e  le  dirige  col  pagallo  (i)  più  grande  di  un  terzo  di 
quelli  ch'essi  adoperano  per  vogare.  Le  piroghe  hanno  ordinaria- 
mente due  alberi  e  due  vele  quadre:  le  bacassa  hanno  tre  al- 
beri ,  e  sovente  vi  si  metton  picciole  vele  di  gabbia.  Grandissima  è 
l1  abilità  de'  Cu  ibi  in  mare,  e  Labat  ne  porta  qualche  esempio. 
Le  nozze,  funerali,  le  danze  e  le  feste  de' Caribi  non  dif- 
feriscono tanto  dalle  usanze  degli  altri  Indiani,  da  meritare  par- 
ticolari osservazioni.  Devesi  però  notare,  in  onore  della  loro  na- 
zione, che  essi  non  mangiano  i  loro  nemici  in  guerra  che  nel 
trasporto  del  trionfo  e  sul  campo  stesso  della  vittoria  (2),  che 
trattano  con  umanità  non  solo  i  forestieri  che  vanno  nelle  loro 
isole,  ina  ben  anche  i  prigionieri  fatti  senza  resistenza,  e  che 
dimostrano  spezialmente  molla  compassione  per  le  donne  e  pei 
fanciulli.  Il  timore  che  hanno  di  essere  sorpresi  dagli  Europei  e 
cacciati  dalle  isole  che  tuttavia  rimangono  in  loro  potere,  gì' in- 
duce a  tenere  sulle  loro  coste  alcun  corpi  di  guardia  per  isco- 
prire  i  legni  stranieri  che  se  ne  avvicinano.  Se  li  credono  loro 
nemici  si  radunano  per  difendere  i  loro  possedimenti,  non  mai 
con  forza  aperta  e  con  truppe  regolari,  ma  con  imboscate,  fa- 
cendo da  prima  cadere  sui  medesimi  una  tempesta  di  frecce,  ed 
impiegando  poscia  i  loro  buton  con  tutta  la  furia  immaginabile. 
Se  trovano  una  resistenza  che  li  metta  in  forse  dell'esito ,  se  ne 
fuggon  tosto  ne' loro  boschi  e  nelle  loro  rocce,  aspettando  una 
più  favorevole  occasione  per  sorprenderli  e  indurli  a  lasciar  loro 
libero  il  possedimento  dell'isole. 

(1)  Sorta  di  remo  corto  e  largo  assai  di  cui  servonsi  gli  Americani  per 
le  loro  piroghe. 

(2)  Essi  si  saranno  in  oltre  ben  guardati  dal  mangiare  de'frati ,  sep- 
pure è  vero  il  fatto  che  ci  vien  narrato  dal  P.  Du-Tertre.  »  I  Caribi,  egli 
dice  ,  fecero  una  discesa  in  Portorico  ove  uccisero  un  religioso  del  mio 
ordine;  quo' che  lo  avevano  mangiato  morirono  per  la  maggior  parte,  e 
que' pochi  che  sopravvissero  furono  poscia  toi mentati  da  gravissime  iiia- 
1  ittie   ». 


DEGLI    ABITATOni    DELLE    ANTILLE  1 85 

Descrizione  topografica  delle  Antille. 

Dopo  di  aver  brevemente  esposto  tutto  quanto  abbiam  potuto 
raccogliere  sull'origine,  sul  carattere,  sulle  costumanze   de'Caribi, 
noi  daremo  principio  alla  descrizione  topografica  delle  Antille  col 
cominciare  dalla  più  grande  e  più  occidentale  di  quelle  isule. 
L?  isola  di  Cuba. 

Cuba,  che  per  la  sua  estensione  è  la  più  considerabile  fra  le 
grandi  Antille,  si  estende  da  ponente  a  levante,  ed  ha  la  Florida 
e  le  Lucaje  a  tramontana,  l' Ispaniola  a  ponente,  la  Giarnaica  e 
il  continente  meridionale  a  mezzodì  ,  ed  il  golfo  del  Messico  a 
levante.  E  situata  fra  il  19  ,  3o  e  i  23  gradi  di  latitudine  set- 
tentrionale, e  fra  i  70'  20'  e  gli  87  di  longitudine  occidentale. 
Herrera  dice  ,  che  è  lunga  23o  leghe  ,  4°  nella  sua  parte  più 
larga  e  12  dove  è  più  stretta.  Malte-Brun  che  la  dice  vasta  quasi 
come  la  Gran-Bietagna  le  assegna  280  leghe  di  lunghezza  e  dalle 
20  alle  /io  di  larghezza.  Quest'isola  fu  scoperta  dal  famoso  Co- 
lombo che  non  la  esaminò  che  superficialmente  ,  ma  la  sua  di- 
mora ,  benché  breve  ,  fu  fatale  agli  indigeni  ,  poiché  essendogli 
stato  presentato  dell'oro,  ne  furono  portati  alcuni  pezzi  in  lspa- 
gna,  e  ciò  diede  motivo  ad  un'immediata  risoluzione  di  stabilir- 
visi:  ciò  che  venne  eseguilo  nel  1 5 z  1  da  Gio.  Velasquez,  il  quale 
vi  trasportò  circa  5oo  fanti  ed  80  cavalli.  Questi  era  un  uomo 
altiero  ,  crudele  ,  inesorabile:  il  degno  Vescovo  di  Chiapa  ,  che 
fu  testimonio  oculare  della  sua  barbarie  ,  fece  palese  al  mondo 
le  inaudite  crudeltà  degli  Spaguuoli  ed  il  gran  numero  d'inno- 
centi sagrificali  alla  loro  avidità  d'impossessarsi  di  tutta  l'isola  e 
di  tutte  le  sue  reali  o  supposte  ricchezze. 

Coloro  che  ora  le  accordarono  maggior  popolazione,  non  le 
diedero  più  di  72210.  abitatori,  iByw.  de' quali  Bianchi  e  per- 
soue  di  colore  libere,  e  /j65m.  schiavi  (r).  Se  questa  valutazione 
era  giusta  nel  1794?  l'isola,  parte  in  grazia  del  gran  numero  di 
coloni  e  di  schiavi  novelli  che  ha  ricevuti  ,  deve  al  presente 
racchiudere  un  milione  di  abitatori.  Una  catena  di  montagne 
traversa  l'isola  da  levante  a  ponente}  ma  le  terre  presso  al  mare 
sono  in  generale  basse  ed  inondate  nelle  stagioni  delle  pioggie. 
Questa  superba   isola  ha  fama    di    essere    la    più    ferace   di    tutte 

(1)  Communications  concernine  Cuba  etc.   London. 


1 86  COSTUME 

le  Antille}  il  suo  clima  è  caldo  ed  asciutto,  ma  più  temperato 
di  quello  di  San-Domingo,  per  cagione  delle  pioggie  e  dei  venti 
settentrionali  ed  orientali  che  lo  rinfrescano.  Conviene  eccettuarne 
alcune  valli  esposte  al  mezzodì  ed  arse  dalla  riverberazione  delle 
rupi. 
Minerali. 

Gli  antichi  storici  vantano  Toro  6no  di  quell' isola,  ed  havvi 
tradizione  che  i  cannoni  del  forte  El-Morro  sieno  stati  fatti  di 
rame  indigeno  (i).  Una  maniera  cavata  a' dì  nostri  ne'  contorni 
di  San-Yago-dc-Cuba,  diede  argento  grigio,  calamita,  malachiti 
seriche  e  cristalli  di  rocca  color  di  topazio  (2).  Nella  giurisdi- 
zione dell'America  si  è  scoperta  da  poco  una  miniera  di  ferro 
d'ottima  qualità.  Vi  si  trovano  molte  acque  calde  minerali  ed 
abbondanti  saline. 
Vegetabili. 

Ma  le  ricchezze  attuali  dell'isola  sono  le  sue  eccellenti  e 
numerose  zuccheriere  ,  che  danno  da  due  a  tre  milioni  cT  ar- 
robas  di  zucchero  finissimo.  Esso  abbonda  ancora  di  manioco, 
mais  ,  anice  ,  cotone  ,  caccao ,  caffè  e  tabacco  preferibile  ad 
ogni  altro  d'America.  Vi  si  veggono  tutti  gli  alberi  e  vegeta- 
bili delle  Antille,  particolarmente  la  bella  palma  reale.  L'isola 
somministra  ai  cantieri  di  Spagna  magnifico  legname  da  costru- 
zione. Da  mezzo  secolo  in  poi  vi  furono  introdotte  le  api  dagli 
emigrati  della  Florida  ,  ed  ora  se  ne  esporta  già  una  quantità 
considerabile  della  più  bella  cera  bianca.  Fra  le  fruita  è  assai 
nominato  1'  ananas.  (3).  Non  si  trova  in  tutta  1'  isola  un  solo 
animale  velenoso  e  feroce. 
Abitatori  antichi. 

I  primi  abitatori  erano  pacifici,  timidi,  non  conoscevano  l'ab- 
bominevole  costume  di  mangiar  carne  umana  ,  e  detestavano  il 
furto  e  la  lussuria.  Herrera  ci  dice,  che  erano  un'ottima  razza 
di  gente  ed  inclinata  al  bene.  Avevano,  egli  prosegue,  i  loro 
Principi  e  città  di  due  o  trecento  case,  con  diverse  famiglie  in 
ciascuna  di  esse.  Non  avevano  ne  templi,  né  idoli,  né  sacriti? j  j 

(i)  D.  Ferrèr,  nel  Yiajero  universal,  XX.  pag.  90. 

(2)  fiescourtils,  Voyage  d'  un  naturaliste,  I.  pag.   339. 

(3)  Viajero  universal,  pag.  98  e  100. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  l$j 

ma  solo  medici  o  sieno  sacerdoti  scongiuratori  ,  i  quali  ,  come 
credevano  ,  comunicavano  collo  spirito  malefico  che  rispondeva 
alle  loro  domande.  Questi  scongiuratori,  detti  Behiques  ,  induce- 
vano i  popoli  in  mille  superstizioni  e  stoltezze,  curando  i  Mulatti 
col  respirar  sopra  loro,  e  col  borbottare  alcune  parole  fra  i  denti;, 
o  col  fare  altre  tali  esterne  operazioni  (i). 
Abitatori  moderni. 

Oggidì  i  coloni  di  Cuba  sono  i  più  industriosi  ed  attivi  di 
lutti  gli  altri  dell'isole  Spagnuole.  Le  donne  sono  affabili  e  vivaci, 
quelle  delle  classi  inferiori  vanno  pochissimo  coperte  }  anzi  le 
dame  pur  esse  nell'interno  delle  loro  abitazioni  non  sono  vestite 
che  di  leggieri  veli.  Nelle  campagne  l'ospitalità  degli  abitatori 
obbliga  il  viaggiatore  a  sedere  alla  tavola  di  famiglia,  e  sonovi 
sempre  posti  riservati  per  chi  passa. 
Città  principali. 

La  città  d'Avana  è  popolata  dì  jora.  abitatori  ,  ed  è  resi- 
denza del  Governatore,  di  una  università  e  di  un  dipartimento 
della  marina:  il  suo  porto  che  è  il  migliore  dell'America,  può 
contenere  mille  vascelli,  e  domina  la  via  della  Nuova-Spagna  per 
mare,  a  levante,  ove  appunto  non  ci  ha  stabilimento  marittimo. 
Ristretto  e  difficile  ne  è  l'ingresso  guernito  di  fortini,  il  princi- 
pale de'quali  è  quello  di  Morrò.  Puerto-del-Principe,  verso  la 
metà  della  costa  settentrionale,  contava  vent'anni  sono  trentamila 
abitatori,  e  promette  di  crescere  tutti  i  giorni.  Sart-Yago-de-Cu- 
ba,  capitale  ecclesiastica  dell'isola,  è  fabbricata  sulla  costa  me- 
ridionale in  fondo  ad  una  bella  baja,  sopra  un  porto  comodo  e 
sicuro.  E  popolata  da  circa  ventimila  anime,  e  dà  al  commercio 
zucchero  e  tabacco  che  sono  famosi.  La  città  di  Bayamo  ,  che 
è  la  quarta  dpll'  isola,  conta  dodicimila  abitatori.  Matanzas  ,  la 
Vega,  Trinidad,  e  quattro  o  cinque  altre  città  posseggono  cia- 
scheduna la  mela  di  questa  popolazione. 
La  Giamaica.  Nome. 

L'isola  della  Giamaica  per  la  sua  estensione  e  la  terza  dello 
Arcipelago  delle  Anlille.  Essendo  essa  stata  scoperta  da  Colombo 
nel  1 494?  nel  suo  secondo  viaggio  dalla  Spagna  a  questa  parte 
di  mondo,  le  cangiò  il  nome  di  Jamaica  in  quello  di  S.  Jago, 

(i)  V.  Gazzettiere  Americano.  Art.   Guba. 


1 88  COSTUME 

che  ritenne  finché  fu  nelle  mani  degli  Spagnuoli,  cioè  a  dire  i5o 
anni.  Ma  dopo  che  ne  furono  spogliati  nel  i656  dagli  Inglesi  , 
durante  l'usurpazione  di  Crornwell,  con  una  flotta,  che  era  piin- 
cipalmente  destinata  per  la  riduzione  della  Spagnuola  ,  sotto  il 
coniando  di  Penn  e  Venables  ,  riprese  la  sua  antica  denomi  Da- 
zione (i).  Dopo  di  questo  gli  Spagnuoli  cedettero  1'  isola  alla 
Corte  Britannica,  e  1'  industria  Inglese  la  rese  delle  più  floride, 
ma   non  pareggiò  mai   la  fertile  Sao-Domingo. 

Situazione ,  estensione. 

Essa  è  situata  fra  il  grado  78  20'  ed  il  80  4&'  di  longitu- 
dine occidentale,  e  fra  il  17  e  19'  di  latitudine  settentrionale  da 
levante  a  ponente  :  è  lunga  circa  46  leghe  ed  è  larga  nel  mezzo 
circa  venti  diminuendo  a  poco  a  poco  verso  le  estremità  quasi  a 
guisa  d' uovo. 

Montagne. 

Una  catena  di  scoscese  montagne  composte  di  rupi  rovesciate 
l'una  sull'altra  da  frequenti  tremuoti,  la  traversa  in  tutta  la  sua 
lunghezza.  Fra  i  nudi  macigni  che  stanno  sulla  superBcie  sorge 
una  grande  quantità  d'alberi  superbi  che  presentano  l'aspetto  di 
una  primavesa  perpetua,  ed  alle  loro  falde  zampillano  moltissimi 
ruscelli  lìmpidi  e  chiari  ,  le  cui  numerose  cascate  scorrenti  fra 
le  verzure,  formano,  colle  eminenze  che  le  attorniano,  il  più  bel 
paesetto  che  mai  si  possa  immaginare.  La  grande  catena  di  mon- 
tagne è  appoggiata  ad  altre  che  diminuiscono  gradatamente  *,  i 
colli  inferiori  sono  pieni  di  rigogliose  piante  di  caffè,  e  più  sotto 
ricchissime  piantagioni  di  zucchero  stendonsi  a  perdita  d'  occhio 
nella  pienura.  Le  savane,  il  cui  fondo  consiste  in  creta  argillosa, 
producono  un'erba  folta  e  bella,  che,  secondo  il  signor  B>?ckfort, 
ricorda  le  praterie  d'Inghilterra.  Ciò  che  si  chiama  terra  da  pie- 
tra cotta  è  un  misto  d'argilla  e  di  sabbia  grigiastra}  quel  terreno 


(1)  Gl'Inglesi  osservano  (così  nell'  Ilist.  Generale  des  Voyages,  tom. 
XXIII.  edit.  cit.)  essere  un  errore  comune  alla  maggior  parte  dei  Geografi 
il  prendere  il  nome  Jamaica  per  l' antico  nome  Indiano  di  quest'  isola. 
Ognuno  sa ,  dicon  essi ,  eh'  essa  venne  chiamata  da  Colombo  Sant-Jago, 
vale  a  dire  S.  Giacomo;  e  di  James  che  significa  Giacomo  o  Jago,  nella 
loro  lingua,  essi  hanno  l'alto  Jamaica  ,  nome  ammesso  poscia  da  tutte  Le 
altre  nazioni. 


DEGLI    IBITATOIII    DELLE    ANTILLE  189 

è    spezialmente    adallato    alla    coltivazione    della     cannamele    (i). 
Nelle  montagne  vicine  a   Spauish-Town  sono  acque  termali  rino- 
male }  nelle  praterie  trovami  parecchie  sorgenti  di  sale  \  il  piombo 
è  fino  ad  ora  il  solo  metallo  che  sia  slato  scoperto. 
Clima. 

Il  clima  della  Giamaica  è  più  temperato  che  nelle  altre  isole 
Caribi}  uè  vi  è  paese  fra  i  tropici,  dove  il  caldo  sia  meno  inco- 
modo essendo  l'aria  continuamente  rinfrescata  dai  venticelli  di 
levante,  da  frequenti  piogge  e  dalle  rugiade  notturne.  Si  osservò 
già  da  lungo  tempo  che  le  parti  orientali  e  occidentali  dell'isola 
sono  più  soggette  ai  venti  ed  alle  piogge.  L'aria  nelle  parti  mon- 
tuose è  assai  più  fresca,  e  sovente  le  mattine  uon  vanno  esenti 
da  brine.  Quantunque  piova  frequentemente  di  gennajo,  non  o- 
stanle  il  maggio,  l'ottobre  e  il  novembre  sono  i  mesi  che  si  di- 
stinguono col  nome  d'inverno,  per  ragione  delle  piogge  e  dei 
tuoni  che  sono  più  violenti  in  un  tempo  che  in  un  altro.  Du- 
rante tutto  l'anno  di  mattina  fa  un  caldo  eccessivo  fino  verso  le 
otto  ore  quando  cominciano  a  spirare  i  venti  di  levante,  i  quali 
crescono  gradatamente  fino  alle  ore  dodici  circa,  e  durano  cosi 
fino  alle  due  o  alle  tre,  cominciando  dopo  a  mancare  fino  alle 
cinque  circa,  finché  cessano  interamente,  e  non  tornano  più  fino 
alla  mattina  seguente  (2).  Le  tramontane  gagliarde  portano  lem- 
peste  con  grandini  grossissime}  lampeggia  quasi  ogni  notte,  ma 
senza  molti  tuoni}  e  questi  quando  cominciano  fanno  un  rumore 
terribile.  I  terremoti  non  son  qui  comuni  come  nella  Spagnuo- 
la,  però  quando  accadono,  vi  arrecano  guasti  orrendi  ,  come  fe- 
cero particolarmente  nel  1692.  Un  avvenimento  tanto  singolare 
merita  d'essere  riferito  con  una  parte  delle  sue  circostanze  (3). 
V vacano  del  1692. 

Un  tremendo  uracauo  accompagnato  da  tremuoto  orribile  venne 
in  tal  anno  a  conquassar  quest'isola  per  modo  che  sarebbe  dif- 
ficile trovar  nella    storia  più  disastroso   avvenimento.     Non    sola- 

(1)  Bryan  Edward*,  History  of  the  West-Indias,  II.,  2o5. 

(2)  Vedi  sul  clima  di  quest'isola  le  curiose  osservazioni  del  Dottore 
Stubbs  comunicate  alla  società  Reale  di  Londra.  Se  ne  trova  un  estratto 
nel  tom.  XXIII.  6opraccit.  della  Storia  Generale  de' Viaggi. 

(3)  Le  particolarità  di  questo  avvenimento  liovansi  nelle  Transazioni 
filosofiche,  toni.  II,  pag.  411  e  412, 


I QO  COSTUME 

mente  le  onde  del  mare  sì  rovesciarono  sulla  costa  ,  e  seppelli- 
rono entro  i  loro  vortici  campi,  abitazioni,  piantagioni  e  quanto 
eltro  incontrarono}  ma  caddero  le  montagne  stesse,  alcune  sfa- 
sciate, altre  inghiottite  nelle  viscere  della  terra}  altre  dianzi  di- 
stanti tra  loro  si  congiunsero}  e  dove  i  fiumi  restarono  asciutti, 
e  dove  ebbero  colmati  i  letti,  obbligati  ad  arrestare  il  corso  delle 
loro  acque  che,  alzatesi  perciò,  produssero  non  meno  ruinosi  al- 
lagamenti. E  il  suolo  stesso  in  molte  parti  si  aprì  ,  mandando 
colonne  d'acqua,  che  all'ampiezza  di  un  fiume  alzavansi  in  aria 
ammorbando  tutto  di  un  odor  fetidissimo}  e  qua  e  là  spaiarono 
in  un  momento  piantagioni  di  diecimila  e  più  acri  }  e  dove  si 
ebbero  laghi  che  prima  non  erano,  dove  s'ebbero  orrendi  abissi. 
Per  più  di  due  mesi  durarono  ,  ripetendosi  le  tremende  scosse. 
Si  contavano  perite  tredicimila  persone  senza  dire  altre  migli.ja 
d'infelici  morti  di  malattie  contratte  e  da  vapori  pestiferi,  e  dal 
dolore  di  tanto  infortunio.  E  mentre  sulla  terra  le  città  rove- 
sciavansi ,  i  vascelli  ancorati  ne'porli  ,  o  furono  spezzati  violen- 
temente, o  cacciati  in  terra,  alcuni  sulle  case  che  minavano  }  al- 
tri meno  sfortunati  ,  ricondotti  in  alto  mare  ,  nella  convulsione 
medesima  da  cui  le  acque  erano  comprese,  trovarono  scampo  }  e 
il  mare  intanto  videsi  all'  intorno  dell'isola  coperto  di  milioni 
d'alberi,  non  si  sa  se  spinti  dai  venti,  o  balzati  diille  agitazioni 
della  terra. 
Vegetabili. 

Ma  l'umana  industria  ha  saputo  risarcire  l'isola  di  tutti  i 
danni  sofferti  }  ed  essa  è  risorta  più  bella  e  più  ricca  di  prima. 
Dà  la  Giamaica  zucchero  più  lucido  e  fino  di  quello  della  Bar- 
bada,  ed  è  la  più  vantaggiosa  produzione  dell'isola.  Molte  volte 
abbiam  parlato  di  questo  importante  vegetabile,  ma  non  ci  siani 
mai  trattenuti  nel  descriverne  la  coltivazione  ,  e  le  varie  opera- 
zioni ch'esso  richiede  onde  ottenere  quel  dolce  sugo  che  vien  poi 
convertito  in  zucchero}  per  la  qual  cosa  trattandosi  qui,  come  si 
disse  ,  della  più  vantaggiosa  produzione  di  quest'  isola  noi  non 
vogliamo  por  fine  al  costume  dell'  America  senza  dare  un  esatto 
ragguaglio  anche  di  questa  fabbricazione}  ciò  che  noi  eseguiremo 
senza  dipartirci  da  quanto  ci  vien  riferito  dal  più  volte  lodalo, 
signor  Conte  Casliglioni. 

Una  specie  di  canna    poco   dissimile    da    quella    delle    nostre 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  10,1 

paludi  è  la  pianta  die  produce  il  vero  zucchero,  alla  quale  Lin-« 
neo  diede  il  nome  di  saccharum  officinarum  (i).  Non  è  bvn 
deciso  ,  se  fosse  conosciuta  dagli  antichi  questa  sostanza  da  noi 
così  comunemente  usala. 

Epoca  della  introduzione  della  pianta  cannamele- 

L'epoca  della  prima  introduzione  è  affatto  oscura  \  alcuni  però 
credono  che  lo  zucchero  sia  stato  la  prima  volta  scoperto  nelle 
isole  Canarie,  dove  cresce  spontaneamente,  dagli  Spagnuoli  e  dai 
Portoghesi,  quando  incominciarono  a  negoziare  lungo  le  coste 
dell'  Africa,  e  che  questi  ne  trasportassero  le  piante  nella  Spagna 
e  nel  Portogallo.  La  coltivazione  di  questa  utile  canna  era  assai 
ristretta  infino  alla  scoperta  d'America,  da  quel  tempo  in  poi  le 
piantagioni  di  zucchero  crebbero  a  dismisura,  È  spontanea  questa 
pianta  nell'Africa,  nelle  Indie  Orientali  e  nell'Arabia  felice,  come 
pure,  secondo  alcuni  botanici,  nelle  parti  meridionali  dell'Ame- 
rica. Nella  Nuova-Spagna  ,  nel  Brasile  ,  e  in  quasi  tutte  le  An- 
tille  è  al  dì  d'oggi  coltivata  in  grandissima  abbondanza,  formando 
la   maggiore  e  più  ricca  produzione  di  quelle  parti. 

Descrizione  della  detta  pianta  ec. 

La  pianta  dello  zucchero  caccia  dal  piede  molte  canne  di 
quattro  a  sei  braccia  in  altezza,  liscie,  lucide  e  piene  di  un  mi- 
dollo sugoso  e  biancastro  di  sapor  dolce.  Le;  sue  foglie  sono  lun- 
ghe e  strette  a  guisa  di  quelle  della  canna  palustre,  disposte  al-, 
ternativamente  a  nodi  ,  colla  punta  hiuga  ed  acuta.  Vedi  la  Ta- 
vola ji.  Quando  essa  fiorisce,  il  che  succede  dopo  undici  o  do- 
dici mesi  ,  getta  dalla  sommità  una  pannocchia  di  fiori  color 
d'argento.  Si  propaga  coi  colmi  snudati  dalle  loro  foglie,  i  quali 
si  tagliano  in  pezzi  lunghi  dai  quindici  ai  diciolto  pollici,  pian- 
tandoli alla  distanza  di  qualche  piede  ed  alla  profondità  di  sei 
a  sette  pollici.  Il  terreno  deve  esser  molle,  leggiero  ed  umido  •, 
vi  si  fanno  dei  solchi  ,  e  si  piantano  i  pezzi  suddetti  obliqua- 
mente, perchè  dalle  gemme  dei  nodi  possono  uscire  i  nuovi  getti. 
Nel  termine  di  14  a  18  mesi  prendono  il  color  giallo,  segno 
della  loro  maturanza  ,  ed  allora  si  tagliano-  giacché  lasciandoli 
più  lungo  tempo,  s'  induriscono,  ed  il  loro  sugo  diventa  di  qua- 

(i)   Vedi  la  Storia  delle  piante  forestiere  (del  signor  Conte  D.    Luigi 
Cusliglioui  Presidente  delPlmp.  li.  Accademia  di  Belle  Arti  iu  Milano  Ju 


192  COSTUME 

lità  inferiore.  Bisogna  ben  osservare  die    non    s'  introduca    nelle 
piantagioni  di  zucchero  alcuno  di  quegli  insetti  che  ne  guastano 
re   piante,  e  procurarne  sollecitamente  la  distruzione  (1). 
Coltivazione. 

Le  campagne,  dove  si  pianta  lo  zucchero,  sono  generalmente 
di  cento  passi  in  quadro,  e  fra  l'una  e  l'altra  si  lascia  un  co- 
modo sentiero  pel  passaggio  delle  carrette  ,  che  devono  traspor- 
tare le  canne  al  mulino.  La  casa  del  padrone  è  d*  ordinario  si- 
tuata su  di  un'altura,  vedi  la  suddetta  Tavola,  che  domina  la 
campagna,  e  si  preferisce  una  situazione  vicina  a  qualche  fiume, 
o  grosso  ruscello  per  costruirvi  il  molino  e  gli  altri  luoghi  ne- 
cessari alla  manifattura.  Le  capanne  dei  Negri  sono  distribuite  in 
linea,  ed  alquanto  lontane  fra  loro  per  impedire  quanto  è  possi- 
bile gì' incendj:  la  coltivazione  di  una  piantagione  mediocre,  cioè 
di  \[\o  e  i5o  campagne  di  canne  ,  esige  cento  e  centoventi  Ne- 
gri disposti  in  tre  classi,  la  prima  delle  quali  comprende  i  fah- 
bricatori,  e  raffinatori  dello  zucchero,  la  seconda  gli  artigiani,  e 
la  terza  i  coltivatori,  che  sono  divisi  in  truppe  dirette  da  un  Ne- 
gro col  nome  di  Comandante.  La  situazione  del  terreno,  la  sta- 
gione, le  malattie  dei  Negri  ne  fanno  variare  la  rendita.  Si  può 
però  calcolare  che  una  piantagione  di  i5o  campagne  con  cinque 
caldaje  per  purgare  lo  zucchero,  e  120  schiavi,  può  rendere  un 
anno  per  l'altro  4^  a  5om.  lire  d'Italia. 
Maniera  di  estrarre  il  sugo  dalla  cannamele. 

Tagliate  le  canne  vicino  alla  radice,  si  spogliano  delle  foglie 
e  della  pannocchia  ,  e  quindi  si  legano  in  fascetli  per  traspor- 
tarle al  mulino  ,  avendo  attenzione  ,  che  i  pezzi  di  canna  siano 
da  un  braccio  e  mezzo  a  due  braccia  in  lunghezza,  e  che  se  ne 
tolga  appena  quella  quantità,  che  possa  occupare  il  mulino  per  lo 
spazio  di  24  ore}  poiché  altrimenti  le  canne  rimaste  fermentano, 
e  divengono  acide. 
Mulini. 

Si  fa  girare  il  mulino  per  mezzo  dell'acqua  ,    vedi  la  fig.    1 
della  Tavola  72  ,   o  del  vento  ,  vedi  la  fig.  2  della  Tavola  sud- 

(1)  La  formica,  fra  gli  altri  insetti,  detta  da  Linneo  saccharhora  fa 
grande  strage  delle  piantagioni  di  zucchero  passando  da  un  terreno  all'al- 
1 10  e  formando  i  suoi  nidi  nelle  canne  medesime  col  distruggerne  il  mi- 
dollo ,  e  farle  marcire. 


V 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  I  Cj3 

detta,  ovvero  anche  coi  cavalli  e  co' buoi  ,  vedi  la  Tavola  ^3, 
ed  è  composto  di  tre  cilindri  di  legno  coperti  di  grosse  lamine 
di  ferro  posti  verticalmente,  e  messi  in  moto  da  una  ruota,  la 
quale  facendo  girare  il  cilindro  di  mezzo,  che  è  il  più  alto  e  il 
più  grosso,  fa  rivolgere  gli  altri  due  in  senso  contrario.  Un  Ne- 
gro situato  alla  parte  anteriore  del  molino  introduce  le  canne  fra 
il  cilindro  di  mezzo  ed  uno  dei  laterali,  dove  si  schiacciano,  e 
si  ricevono  da  un  altro  Negro,  che  le  piega,  e  le  fa  ripassare 
framezzo  al  cilindro  opposto,  In  tale  modo  se  ne  ottiene  tutto 
il  sugo,  e  la  canna  schiacciata  allora  detta  bagassa ,  vien  posta 
in  un  luogo  coperto,  perchè  si  secchi,  e  si  serva  per  accendere 
i  fornelli.  Il  sugo  spremuto  dalle  canne,  discende  per  mezzo  di 
un  canaletto  in  un  recipiente  o  caldaja,  da  dove  si  toglie  per 
purificarlo  col  fuoco.  Questo  sugo  chiamasi  vino  di  canna  ,  e 
più  comunemente  vesou:  esso  è  un  liquore  molto  gustoso ,  e  che 
si  crede  salubre.  Dipende  dalla  maturità  delle  canne  e  dal  ter- 
reno in  cui  crescono,  che  sia  diversa  la  qualità  del  vesou ,  il 
quale  ha  perciò  bisogno  d'essere  più  o  meno  chiarificato  e  di- 
grasssato  per  mezzo  della  cottura,  perchè  il  sale  essenziale  si  possa 
separare  dallo  sciloppo  e  cristallizzarsi.  Si  noti  che  di  tempo  in 
tempo  conviene  lavare  i  cilindri,  giacché  il  vesou  è  soggetto  a 
fermentare  ed  inacidire}  per  la  qual  cosa  non  si  deve  lasciarlo 
riposare  lungo  tempo  senza  cuocerlo. 
Maniera  di  purgarlo. 

Quest'operazione  si  fa  nel  modo  seguente.  Sonovi  sei  caldaje 
appoggiate  sopra  altrettanti  fornelli,  la  prima  delle  quali  è  la 
più  grande,  e  le  altre  vanno  a  mano  a  mano  diminuendo  così  in 
grandezza  come  in  profondità.  La  caldaja  detta  la  grande^  serve 
alla  prima  purificazione  del  vesou  ^  che  vi  si  ripone  all'uscire 
che  fa  dal  mulino,  aggiugnendovi  calce  e  cenere  in  quantità  suf- 
ficiente. Si  fa  bollire  il  tutto  leggermente,  si  schiuma  il  liquore 
e  facendolo  passare  da  un  panno,  s'infonde  nella  seconda  cal- 
daja chiamata  la  propre ,  dove  collo  slesso  metodo  maggiormente 
si  purifica.  La  terza  dicesi  la  lessive,  perchè  vi  si  aggiugne  una 
forte  lisciva,  che  genera  una  maggiore  quantità  di  schiuma,  e 
rende  il  liquore  più  puro.  Flambeau  è  il  nome  della  quarta  cal- 
daja ,  dove  il  liquore  esposto  ad  un  fuoco  più  vivo  forma  delle 
bolle  chiare  e  trasparenti  con  poca  schiuma.  La  quinta  caldaja 
Cost.  Voi.  IV  deW  America.  1 3 


1Q^  COSTUME 

chiamasi  la  siropì  perchè  ivi  il  vesou  prende  la  consistenza  dello 
sciloppo:  e  l'ultima   detta  la    batterie  serve  a  perfezionarne    la 
cottura  ed  a  purgarlo  per    mezzo  della   lisciva  ed    acqua  di  calce 
che  vi  si  getta ,  da  quelle  impurità  che  vi  potevano  essere  rimaste. 
In  quest'ultima  il  fuoco  è  assai    violento,  e  la  ebollizione  si  in- 
nalza considerabilmente:,  onde    perchè  lo  sciloppo  non  si    perda, 
vi  getlan  dentro  a  quando  a  quando  piccioli    pezzi  di    burro,  o 
altra    materia  grassa.   Questa  operazione  ripetuta    fa    abbassare  il 
liquore,  e  dà  tempo  di   levarne  tutta  la  schiuma.    Se  il  vesou  è 
ben  cotto  e  ben  purgato  ,  forma  alla  superficie  una  grossa  crosta 
di  zucchero,    la  quale    si  rompe,  e  si  trasporta    unitamente   allo 
sciloppo  ancor  caldo  in  alcuni  recipienti  di    un    solo  pezzo  detti 
canots ,    dove  si    lascia  raffreddare.    Allorché  sia    ridotto  a  segno 
che  vi  si  possa  tener  dentro  un  dito,  si  versa   nei  barili,  i  quali 
sono   collocati    perpendicolarmente  sopra  di  un  cisterna  ,  in  modo 
che  vi  si  raccolga  il  liquore  che  da  essi    ne  scola.    Questi  barili 
sono  aperti  nella  parte  superiore  ,  ed  hanno  sul  fondo  due  o  tre 
buchi,  nei  quali  s'indroducono    alcune  canne    sottili,  perchè    lo 
sciloppo  possa  colare  senza    portar    seco    i  grani    dello  zucchero: 
separandosi  Io  sciloppo  rimane  ne' barili  un    sai  essenziale  di  co- 
lore più  o  meno    oscuro,  che    chiamasi  zucchero    brutto  o  mo- 
scovade.  A  questo   si  aggiugne   altro  zucchero   brutto  per   riem- 
piere i  vacui  lasciati   dallo  scolo  dello   sciloppo,  e  si  chiudono  i 
barili. 
Zucchero  moscovade. 

Lo  zucchero  brutto  o  moscovade  di  miglior  qualità  deve  es- 
ser   composto  di  grani    grossi ,  bianchicci ,    ben  spogliati    di    sci- 
loppo, e  senza   alcun    odore    empireumatico.    Dallo    zucchero    di 
questa  qualità  si  possono  ottenere  due  terzi  di  zucchero  bianco. 
Cassonade  grise  e  bianche. 

Lo  zucchero  purgato  delle  Anlille  dislinguesi  sotto  ì  nomi  di 
sacre  passe  o  cassonade  grise ,  e  sacre  terre  o  cassonade  bian- 
che. Il  primo  si  forma  col  ripurgare  di  nuovo  la  moscovade  e 
filtrarla  attraverso  di  un  panno  di  lana ,  per  mezzo  della  quale 
operazione  lo  zucchero  prende  un  color  grigio.  La  cassonade 
bianche  si  ottiene  facendo  passare  lo  zucchero  ben  purgalo  dal 
recipiente  dove  si  raffredda  nelle  forme  di  creta  a  ciò  destinate. 
Queste  si  collocano  in  una  stanza  chiusa  disposte  in  ordine,  ap- 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ARTILt.E  IO,5 

poggiandole  ciascuna  sopra  di  un  vaso.  Si  fa  un  buco  all'estre- 
mila della  forma,  che  si  riempie  di  zucchero,  e  della  parte  op- 
posta si  copre  di  una  sorte  d'argilla  bianca,  magra,  bagnata 
nell'acqua.  L'umido  contenuto  nell'argilla  a  poco  a  poco  si  fel- 
tra attraverso  alla  massa  dello  zucchero,  e  trasporta  seco  il  re- 
siduo dello  sciloppo  e  le  parti  impure.  La  stessa  operazione  si 
ripete  con  altra  argilla  quando  la  prima  sia  asciutta  e  questa  se- 
conda finisce  di  precipitare  il  resto  della  sostanza  colorante,  della 
quale  potrebbe  ancora  esseie  impregnata  la  punta  del  pane  di 
zucchero.  Ottenuto  che  abbiasi  l'effetto,  si  cava  dalle  forme,  e 
si  pone  nella  stufa  per  farlo  seccare,  dopo  di  che  si  riduce  in 
una  polvere  bianca  ,  e  se  ne  riempiono  i  barili.  Lo  zucchero  in 
polvere,  che  noi  comunemente  adoperiamo,  è  di  questa  specie, 
ed  ebbe  iti  America  il  nome  di  cassonade^  perchè  gli  Spa- 
gnuoli  ed  i  Portoghesi,  che  furono  i  primi  a  farne  commercio, 
lo  spedivano  riposto  nelle  casse. 

Zucchero  in  pane. 

Così  in  America  come  in  Europa  si  raffina  lo  zucchero  fa- 
cendolo cuocere  di  nuovo  con  acqua  di  calce,  e  chiarificandolo 
col  sangue  di  bue.  Quando  sia  ridotto  a  perfetta  cottura  si  versa 
nelle  forme  di  creta  ,  e  sovrapponendovi  argilla  bagnata  (come 
abbiamo  già  spiegato  di  sopra  ) ,  si  rende  affatto  puro ,  ed  è  quello 
che  chiamasi  zucchero  in  pane,  e  si  vende  involto  in  carta  az- 
zurra. Se  è  del  più  puro,  chiamasi  anche  zucchero  reale,  o  zuc- 
chero di  Canarie,  che  è  quasi   lo  stesso. 

Melasse  delle  quali  si  ottiene  il  rhum  ec. 

Lo  sciloppo  ch'esce  dai  barili,  e  si  raduna  nelle  cisterne, 
quando  si  fa  la  moscovadè  o  la  cassonade ,  come  pure  le  schiu- 
me che  si  levano  dalle  caldaje  sono  di  color  bruno,  ed  hanno 
quasi  la  consistenza  e  la  dolcezza  del  mele,  onde  chiamansi  me- 
lasse. Di  queste  si  fa  gran  commercio  cogli  Stati-Uniti  d'Ame- 
rica e  col  Canada  ,  servendo  esse  non  tanto  pel  condimento  di 
varj  cibi ,  come  anche  per  formarne  una  sorta  di  birra  ,  mischian- 
dole colla  decozione  dei  rami  e  foglie  di  una  specie  di  pino  , 
distinta  dagli  Inglesi  sotto  il  nome  di  spruce.  Colla  distillazione 
poi  si  ottiene  dalla  melassa  un'acquavite  assai  forte  detta  tajjlà 
dai  Francesi  delle  isole  Antille  ,  e  rhum  dagli  Inglesi,  al  qual 
oggetto    si  fa    fermentare    coli' acqua,   e   si  distilla.    Il    migliore 


ig6  COSTUME 

rhum  è  quello  della  Giamaica.  del  quale  fanno  moltissimo  uso 
gli  Inglesi  per  preparare  il  punch  ,  bevanda  ad  essi  gratissima. 
L'  uso  dello  zucchero  nella  domestica  economia  è  tanto  noto,  che 
sarebbe  superfluo  farne  parola. 

Altre  volte  si  coltivava  nella  Giamaica  molto  caccao,  ma  da 
dieci  anni  le  piantagioni  di  caffè  furono  assai  ampliate  in  questa 
isola  ,  di  modo  che  sembra  eh'  essa  produca  attualmente  più  di 
3//^  del  cant^  e  P'u  della  metà  dello  zucchero  che  V  Inghilterra 
ritrae  dalle  sue  colonie.  I  ricolti  nella  Giamaica  sono  più  sicuri 
ed  eguali  di  quelli  dell'isole  del  vento  e  sottovento*,  poiché  que- 
ste sono  più  soggette  agli  accidenti  della  siccità  e  degli  uragani. 
Antigoa  per  esempio  produsse  qualche  anno  quasi  ventimila  ox- 
hqfts  di  zucchero  ,  e  qualche  altro  meno  di  mille  (i).  La  Gia- 
maica produce  anche  zenzero  e  pepe  lungo.  Il  mogano  ,  del 
quale  si  fa  grand' uso  per  le  suppellettili  vi  è  della  migliore 
qualità,  ma  ora  incomincia  a  mancare.  Tra  gli  altri  legni  di  cui 
abbonda,  accenneremo  il  saponiere,  il  cui  seme  ha  tutta  la  qua- 
lità del  sapone*,  il  mangrove  e  l'ulivo,  le  cui  cortecce  sono  uti- 
lissime ai  conciapelli  •,  il  fustic  ed  il  legno  rosso  impiegati  per 
tignere*,  finalmente  il  campeggio.  Eravi  altre  volte  coltivatissimo 
l'indaco,  e  lo  è  ancora  il  cotone  *,  l'albero  a  pane  vi  fu  tra- 
sportalo da  Otaiti  dall'illustre  botanico  Giuseppe  Banks.  Vi  si 
raccoglie  una  grande  quantità  di  frutta  di  tutte  le  specie  cono- 
sciute alle  Antille  (2).  La  Giamaica  somministra  anche  allo  spe- 
ziale il  guajaco ,  la  salsapariglia,  la  chiua ,  la  cassia  ed  il  tama- 
rindo. 
Animali. 

Secondo  Blome  (3)  abbondano  nella  Giamaica  i  cavalli  ,  gli 
asini  ed  i  muli  :  e  quando  vi  andarono  gli  Inglesi  non  ci  era 
forse  isola  od  altra  loro  colonia  che  avesse  tanto  bestiame.  Grandi 
vi  sono  i  buoi  e  le  vacche \  ma  la  loro  razza  è  negletta:  il  porco 
è  migliore  che  in  Europa  *,  eccellente  il  castrato  ,  ma  di  lana 
cattiva  *,  trovansi  capre  e  conigli  in  quantità,  ma  né  cervi  né  le- 
pri. Vi  ha  ogni    sorta  di  volatili    domestici  e  salvatici  ,  e   parti- 


fi)  Edward  Young ,  West-India  conimonplace-book. 
(2)  Bryan  Edwards ,  I.,  214. 
(5)  Blomeì  cap.  I.  pag.  ai. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  IO* 

colarmcnte  anitre,  oche,  gallinacci,  piccioni,  galline  di  Guinea, 
beccaccini,  pappagalli  e  pellicani.  L' humming  hrid  è  una  spe- 
zie di  cantaridi  o  lucciole  volanti,  che  si  trova  nei  boschi;  come 
anche  nelle  cale,  sulle  spiagge  e  ne' fiumi  la  testuggine  marina. 
A' tempi  che  Blorae  scriveva,  vi  andavano  dalle  Caribe  vascelli  a 
far  provvigione  di  queste  tartarughe.  Il  coccodrillo  infesta  i  fiu- 
mi e  gli  slagni  di  Giamaica:  il  forte  odor  di  muschio  che  ha  il 
fa  conoscere  agli  uomini  ed  agli  animali  per  fuggirlo.  I  Negri 
sanno  aramazzarlo  investendolo  di  fianco  con  bastoni,  o  ficcan- 
dogli in  gola  un  ferro  per  impedirgli  di  mordere.  Fra  gl'insetti 
reca  gran  molestia  ai  Negri  e  talvolta  anche  ai  Bianchi  il  pelli- 
cello,  chegos ,  che  penetra  sovente  nella  carne:  esso  entra  in 
tutte  le  parti  del  corpo,  ma  particolarmente  ne' piedi  e  nelle 
gambe,  ove  si  moltiplica  assai  e  si  rinchiude  in  un  guscio.  Ap- 
pena alcun  lo  sente  ,  ciò  che  non  accade  forse  che  otto  giorni 
dopo  ch'esso  si  è  introdotto  nella  carne,  bisogna  che  lo  tolga  con 
un  ago  o  colla  punta  di  un  temperino  ,  o  che  si  dia  ogni  pre- 
mura per  distruggere  interamente  il  guscio  per  non  lasciarvi  alcun 
uovo.  Esso  penetra  qualche  volta  nel  dito  grosso  del  piede  e  ne 
lo  rode  fino  all'osso. 

Stato  politico. 

L'isola  è  divisa  in  tre  contee,  e  soggetta  ad  un  governo  rap- 
presentativo. Il  potere  legislativo  è  composto  da  un  Governatore 
o  capitano  generale,  da  un  consiglio  di  dodici  persone  nominate 
dal  re  ,  o  da  una  camera  di  quarantatre  rappresentanti  eletti 
dai  possidenti.  Le  tre  principali  città,  cioè  Kingston,  Santiago  e 
Porto-Reale  vi  spediscono  tre  membri  ,  le  altre  parrocchie  due 
ciascheduna. 

Città. 

Porto-Reale,  altre  volte  capitale  della  Giamaica,  era  situato 
sulla  punta  di  una  stretta  lingua  di  terra  arenosa  ed  arida,  che 
verso  il  mare  formava  parte  della  scogliera  di  un  superbo  porto 
capace  di  contenere  mille  grossi  bastimenti  ,  e  sì  profondo  che 
potevano  scaricarvi  e  caricarvi  colla  più  grande  facilità.  I  tre- 
muoti  resero  deserto  quel  sito.  Kingston  capitale  attuale  è  com- 
posta di  duemila  case  ,  parecchie  delle  quali  sono  eleganti  ,  ad 
un  solo  piano  con  porticati.  Vi  si  contano  3om.  abitatori.  A  qual- 
che disianza  da  Kingston  trovasi  San  lago-de-la-Vega,  antica 


ig8  COSTUME 

capitale  al  tempo  degli  Spaglinoli,  e  sede  tuttora  del  governo    e 
delle  corti  di  giustizia  }  ha  seimila  abitatori. 
Popolazione. 

Nel  1787  erano  nell'isola  della  Giamaica  a3m.  Bianchi,  4°9^ 
persone  di  colore,  libere  ,  e  2,56m.  schiavi  \  di  modo  che  ave- 
vasi  oltre  undici  Negri  per  un  Europeo,  e  presso  a  poco  nove 
schiavi  e  mezzo  per  ogni  persona  libera.  Nel  i8o5  eranvi  2801. 
Bianchi  ,  9000  di  colore  e  28om.  schiavi  ,  di  modo  che  conta- 
vansi  dieci  Negri  per  ogni  Bianco,  e  circa  sette  schiavi  e  mezzo 
per  ogni  persona  libera.  Nel  susseguente  intervallo  di  tempo  creb- 
bero meno  gli  Europei  delle  persone  di  colore,  il  cui  numero  si 
è  più  che  raddoppiato.  Ma  sul  totale  la  popolazione  della  classe 
libera  cresce  più  di  quella  degli  schiavi.  Secondo  i  regislri  pre- 
sentati all'adunanza  coloniale  il  numero  degli  schiavi  che  1'  anno 
181 1  ammontava  a  3a6m.  non  era  più  del  i8i5  attesa  l'aboli- 
zione della  tratta,  che  si  è  fatta  di  3i5ra.  (1).  La  popolazione 
Bianca  è  di  3om.  persone  ,  e  quella  dei  Mulatti  di  i5m.  ,  totale 
36om.  abitatori.  L'esportazione  e  la  coltivazione  diminuirono  dal 
1806  in  poi;  l'isola  però  aveva  ancora  esportato  dal  i8i5,  noni. 
hogsheads  di  zucchero,  53m.  puncheons  di  rhum,  e  27  milioni 
56om.  libbre  di  caffè. 
San-Domingo. 

La  più  grande  delle  Antille  dopo  Cuba  ,  è  1'  isola  ora  detta 
di  San-Domingo,  e  la  regina  delle  colonie  :,  ma  è  una  regina  in 
gramaglie,  dal  cui  lacero  seno  sgorga  il  sangue  de'suoi  figliuoli. 
Gli  indigeni  non  comprendevano  sotto  alcuna  denominazione 
generale  i  piccioli  stati  che  vi  si  erano  formati. 
Denominazione. 

Haiti  ed  Eyana  non  sono  che  nomi  di  particolari  distretti. 
Gli  Spagnuoli,  quando  Ciistoforo  Colombo  la  scoperse  nel  1492. 
la  chiamarono  Hispaniola  o  picciola  Spagna.  Siccome  poi  Bar- 
tolomeo Colombo  fratello  del  suddetto  vi  fondò  sulle  rive  orien- 
tali deirOzama  nel  1 494  una  clll3i  CUI  diede  il  nome  di  San- 
Domingo  in  onore  di  suo  padre  Domenico,  co^i  se  ne  estese  il 
nome,  prima  a  quella  parte  dell'isola,  ed  in^  progresso  di  tempo 
all'  isola  tutta  }  talmente  che  ora  chiamasi  comunemente  Sau- 
Domingo. 

(1)  Colonial  Journal,  I.,  pag.   245.  London,   181 6. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  1 99 

Situazione,  estensione. 

Essa  si  estende  dal  7  i  al  77  grado  longitudine  ouest  di  Pa- 
rigi, e  dal  18  al  20  parale  Ilo  di  latitudine.  Secondo  l'ultima  carta 
di  San-Domingo,  pubblicata  per  ordine  del  ministro  della  marina 
Francese  nell'anno  XI.  i8o3  e  disegnata  dietro  le  più  autenti- 
che ed  esatte  osservazioni  ,  essa  ha  160  leghe  di  lunghezza  da 
levante  a  ponente,  e  ne  ha  3o  nella  sua  mezzana  larghezza.  La 
sua  circonferenza  è  di  600  leghe  facendo  il  giro  delle  cale. 

Montagne. 

Dal  centro  dell'isola  sorge  il  Cibao ,  gruppo  di  montagne, 
che  dividesi  in  tre  principali  catene,  delle  quali  la  più  lunga  si 
estende  verso  levante. 

Fiumi. 

I  fiumi  principali  dell'isola  sono  al  mezzodì  l'Ozama,  la  cui 
foce  forma  il  porto  di  San-Domingo,  e  la  Ney va  }  la  Jaga,  o  fiume 
di  Monte-Cristo,  al  settentrione}  la  Juna,  a  levante,  che  si  scarica 
nella  baja  di  Samoca:  e  l' Artibonita  a  ponente.  Gli  altri  non 
sono  che  torrenti  e  ruscelli,  e  fra  tutti  quelli  che  abbiam  nominati 
non  ce  ne  ha  uno  solo  che  sia  navigabile  più  di  quattro  leghe 
dalla  sua  foce.  Le  montagne  atte  in  gran  parte  alla  coltivazione 
fino  alla  sommità  ,  producono  una  varietà  di  esposizioni  e 
di  climi,  sovente  diametralmente  opposti,  sebbene  in  picciole  di- 
stanze. 

Clima. 

II  clima  che  è  sanissimo  sulle  eminenze,  al  piano  snerva  pre- 
stamente gli  Europei  ,  e  loto  cagiona  micidiali  malattie  (1).  A 
levante  ed  al  mezzodì  dell'isola  non  si  conosce  autunno  né  pri- 
mavera. La  stagione  delle  piogge,  che  chiamasi  inverno,  vi  dura 
da  aprile  fino  in  novembre.  Nel  settentrione  l'inverno  comincia  in 
agosto,  e  termina  il  mese  d'aprile.  Soffiano  in  allora  i  venti  set- 
tentrionali, accompagnati  da  un  tempo  fosco  e  piovoso,  e  durano 
tre  o  quattro  giorni  di  seguito,  e  ritornano  due  o  tre  al  mese} 
in  allora  le  notti  e  lo  mattine  sono  fresche  ed  anche  un  po'fred- 
d>v,  le  piante  hanno  poca  vegetazione  benché  in  mezzo  alle  piog- 
ge :    compare    la    primavera  e  continua  fin  verso  la  fine  di  inag- 

(1)  Moreau  de  Saint-M 'ery ,  Descriplion  de  la  partie  Francaise  de 
Saint-Domingue,  I.,  pag.  529. 


2,00  COSTUME 

gio ,  i  vegetabili  sono  coperti  di  fiori  e  di  fruiti j  l'aria  è  imbal-* 
samata,  Giugno  conduce  un'aria  infiammata  ,  grande  siccità  e 
■venti  meridionali  che  soffocano.  Quest'è  la  state  della  zona  tor- 
rida che  dura  6no  in  ottobre,  in  cui  dominano  i  temporali,  sta- 
gione dell'  autuuno  che  termina  in  novembre.  Quest'  è  V  epoca 
delle  malattie  ed  in  ispecie  deUe  febbri. 

Suolo. 

Il  suolo  ,  generalmente  poco  profondo  ,  ed  in  parte  formato 
di  un  unico  e  leggiero  strato  di  terra  vegetale  su  di  un  letto 
d'argilla  ,  di  tufo  e  di  sabbia  ,  presenta  ciò  nondimeno  grandi 
modificazioni  che  lo  rendono  atto  ad  ogni  genere  di  coltivazione. 

31 ine r ali. 

Si  è  voluto  porre  tra  le  favole  ciò  che  lasciarono  scritto  an- 
tichi autori  relativamente  alle  miniere  ed  ai  metalli  delle  mon- 
tagne di  San-Domingo,  che  sianvi,  cioè,  miniere  d'oro,  d'ar- 
gento, di  rame,  di  stagno  ,  di  ferro  e  di  calamita,  e  vi  si  tro- 
vino pur  anche  cristallo  di  rocca,  solfo,  carbon  di  terra,  marmo, 
diaspro  e  porfido  della  più  gran  bellezza.  Ma  un  mineralista  Spa- 
gnuolo  verificò  a' dì  nostri  la  sussistenza  di  queste  ricchezze  me- 
talliche che  potrebbero  ancora  cavarsi  in  parte  con  profitto  (i). 
Herrera  dice  che  le  miniere  di  la  Vega  e  Bonaventura  produce- 
vano 46om.  marchi  d'oro  all'anno.  Nella  seconda  si  trovò  un 
pezzo  d'oro  del  peso  di  200  once.  Anche  al  dì  d'  oggi  i  Negri 
marroni  di  Giraba  esportano  una  certa  quantità  d'  oro  in  pol- 
vere (2). 

Vegetabili,  animali. 

Si  vuole  che  quesl'  isola  sia  la  più  fruttifera  e  la  la  più  deli- 
ziosa delle  Indie  Occidentali  (3).  Ivi  trovaosi  ampie  foreste  di 
alberi  di  , cavolo  (4),  di  palme,  d'olmi,  di  querce,  di  pini,   ge- 

(1)  D.  ISìeto,  relazione  al  ve  di  Spagaa  ,  inserita  nel  Dorvo-Soulastre, 
viaggio  al  capo  Francese,  pag.  90. 

(a)  tValton,  state  of  the  Spanish  colonies,  I.,  pag.  117. 

(3)  T.  Gazzettiere  Americano.  Art.  San-Domingo. 

(4)  Quest'albero  chiamato  dagli  Inglesi  Cabbage  Tree  e  dai  Francesi 
Palmiste,  non  ha  altra  somiglianza  col  cavolo,  se  non  nel  gusto  e  nella 
delicatezza  di  certe  foglie  non  ancora  sviluppate ,  che  si  trovano  nel  cuoi- 
delia  pianta,  dopo  che  è  stata  sfrondata.  L'albero  è  grossissimo,  e  si  sol- 
leva ad  una  grande  altezza  e  non  ha  foglie  che  ;dla  cima.  Nel   cuor  della 


DEGLI    ABITATOni    DELLE    ANTlLLE  201 

nipa,  acaiù  e  di  alti i  alberi  più  alti  ancora  e  più  grossi}  fruiti 
molto  più  piacevoli  all'  occhio  e  di  miglior  sapore  che  nelle  altre 
isole,  particolarmente  gli  ananas,  i  banana,  gli  aranci,  e  cedri, 
i  limoni,  i  datteri  ec.  Quivi  sono  tutti  gli  uccelli  comuni  alle 
Indie  Occidentali.  Ne'prati  trovansi  innumerevoli  mandre  di  be- 
stiame: nella  parte  Francese  dell'isola  è  una  quantità  di  cavalli 
sufficiente  per  provvedere  tutte  le  colonie  confinanti  ,  oltre  i  ca- 
valli salvatici,  e  i  porci  parimenti  salvatici  della  razza  portatavi 
la  prima  volta  dagli  Spagnuoli. 
La  colonia  Spagnuola  San- Domingo  dopo  breve  splendore 
decade. 
L'isola  di  San-Domingo  erasi  alzata  ben  presto  a  grande 
splendore,  e  nel  i528  la  sua  capitale  avea  preso  tale  aspetto  di 
magnificenza  e  di  ricchezza,  che  poche  città  della  Spagna  ornai 
più  la  superavano.  Nou  durò  però  molto  sì  brillante  fortuna.  Un 
tremuoto  orribile  rovesciò  ivi  parecchie  città',  indi  regnando  in 
Inghilterra  Elisabetta,  nemica,  piuccliè  della  potenza  di  Spagna, 
del  perverso  Re  che  la  tiranmggiava  ,  mandò  il  famoso  Drake 
alle  Indie  Occidentali ,  il  quale  dopo  di  avere  depredali  i  ricchi 
convogli  degli  Spagnuoli ,  rotte  le  loro  forze  navali  ,  e  saccheggiale 
con  altre  piazze  San-Jago  e  Cartagena,  s'impossessò  di  San-Do- 
mingo, vi  regnò  per  un  mese  da  sterminatore:  e  quando  ebbe 
ruinata  una  terza  parte  della  città,  si  fece  pagare  un'enorme 
somma  per  non  demolirla  tutta.  Ma  questi  disastri ,  quantunque 
assai  gravi,  sarebbero  stati  riparati  senza  altri  avvenimenti  che 
tutti  concorsero  ai  danni  di  quella  superba  colonia.  La  razza  de- 
gli   antichi  abitatori     era     perita  (i)}   né    potevasi  supplire     alla 

pianta,  quando  è  tagliata,  si  generano  dei  bachi  di  un  color  biancastro, 
grossi  un  dito,  e  lunghi  due  pollici ,  che  furon  presentati  per  vivanda  al 
P.  Labat,  il  quale  asserisce  esser  essi  considerati  un  cibo  squisito  in  quei 
luoghi,  e  tali  essere  di  fatto,  vinta  che  sia  la  repugnanza  che  si  concepisce 
a  vederli. 

(i)  Gli  Spagnuoli  dopo  di  avere  a  poco  a  poco  conquistato  il  loro 
paese,  distrussero  in  battaglia  e  a  sangue  freddo  niente  meno  di  tre  mi- 
lioni di  uomini,  donne  e  fanciulli.  Mentre  gl'indigeni  erano  in  possesso 
dei  loro  effetti ,  coltivarono  le  loro  tene  per  gli  Spagnuoli  ,  provvedendoli 
di  pesce,  o  di  qualche  quantità  di  oro,  e  durante  tal  tempo  gli  Spagnuoli 
vissero  assai  più  felicemente  che  non  hanno  fatto  dopo  ec.  V.  Gazzettiere 
Americano.  Art.  citato. 


202  COSTUME 

loro  perdila  che  procacciando  a  troppo  costo  braccia  che  lavo- 
rassero nelle  miniere  e  nelle  piantagioni.  I  capitali  dai  primi  av- 
venturieri accumulati  erano  stati  consunti  dai  figli  troppo  avidi 
di  godete:  il  Messico,  il  Perù,  il  nuovo  regno  di  Granata  chia- 
mavano con  isperanza  di  più  pronla  e  miglior  fortuna  gli  specu- 
latori 5  e  quelli  che  restarono  nell'isola,  generazione  di  tutti  i 
colori  e  di  lui  ti  i  vizj ,  abbandonati  i  lavori  delle  miniere,  e 
quelli  delle  terre,  si  diedero  infamemente  a  corseggiare  e  al 
trafficare  di  contrabbando.  A  tale  estremità  furono  principalmente 
condotti  dagli  errori  del  governo,  il  quale  tra  le  altre  pessime 
misure  quella  adottò  di  proibire  ogni  commercio  cogli  stranieri. 
Invece  poi  di  riparare  ai  mali  con  buone  ^istituzioni ,  si  lasciò 
trasportare  dalla  collera,  e  demolì  i  porti  migliori  dell'isola^  e 
allora  fu  che  si  videro  abbandonate  dai  loro  abitatori  le  città  di 
Salvaterra,  di  Savano,  di  Puerto-Real  ed  altre  dianzi  assai  flori- 
de. Ritiratisi  gli  abitatori  d'esse  nell'interno  del  paese,  non  fu- 
rono più  che  una  massa  di  gente  sciagurata  e  mendica.  Nel  prin- 
cipio del  secolo  XVII  tutta  l'isola  non  contava  più  di  i4ni.  od 
Eutopei  o  Creoli  d'ogni  condizione}  e  mille  dugento  Negri  fug- 
giaschi eransi  trincerati  in  una  montagna  inaccessibile,  da  dove 
facevano  tremare  i  loro  padroni  incapaci  ornai   di  sottometterli. 

/  Francesi  e  gli  Inglesi  nemici  degli  Spagnuoli  si  stabiliscono 
in  San-Cristojbro. 
Tale  era  lo  stalo  del  più  antico  stabilimento  Spagnuolo,  quan- 
do nel  1625  accadde  che  mentre  Inglesi  e  Francesi,  nemici  del 
pari  degli  Spagnuoli,  frequentando  il  mar  delle  Anlille  attende- 
vano sia  a  far  bottino,  sia  a  piantare  stabilimenti  delle  loro  na- 
zioni in  quelle  isole,  due  vascelli  delle  medesime,  uno  da  una 
parie,  l'altro  dall'altra,  nel  giorno  stesso  approdarono  all' isola  di 
San-Gristoforo.  1  Caribi  che  abitavano  quell'  isola,  al  giugoere  di 
questi  stranieri  si  ritirarono,  dicendo  loro  che  doveano  benessere 
nel  loro  paese  scarsi  di  terre  se  venivano  a  cercarne  in  tanta  di- 
stanza }  e  gli  avventurieri  colà  capitati  se  ne  divisero  amichevol- 
mente il  suolo.  Erano  cinque  anni  da  che  sussisteva  un  tale  sta- 
bilimento, ed  incominciava  già  a  prendere  una  certa  forma  di 
colonia,  quando  comparve  in  quelle  acque  un'armata  Spagnuola 
condotta  da   D>ii   Federico  di  Toledo  ,   il  quale  spedito  dalla  sua 

Corte  contra  gli  Olandesi,  occupitori  di  una  porzione  del  Brasile, 


DEGLI    ABITATOM    DELLE    ACHILLE  203 

avea  avuto  ordine  di  esterminare  nel  suo  passaggio  quanti  stabi- 
limenti avesse  trovati  di  nazione  straniera  nelle  Antille.  Toledo 
con  tanta  forza  non  ebbe  difficoltà  a  distruggere  i  coloni  di  San- 
Cristoforo,  i  quali  non  potevano  resistergli.  Parte  dunque  di  loro 
fu  trucidata  ,  parie  fatta  prigioniera  ^  e  il  rimanente  si  disperse 
fuggendo  in  altre  isole.  Ma  appena  Tarmata  di  Toledo  fu  par- 
tita, il  maggior  numero  di  que' fuggiaschi  ritornò  al  primo  loro 
stabilimento.  Due  avvenimenti  importanti  ebbero  origine  da  que- 
sto fatto. 
Origine  de Flibustieri  e  stabilimento  de"* Francesi  in  San-Do- 
mingo. 
Uno  fu  il  nascimento  di  quella  singoiar  razza  d'  uomini  noti 
poscia  sotto  il  nome  di  Flibustieri  che  fra  tanti  ladroni  di  mare 
slati  in  ogni  tempo,  sopra  tutti  hanno  tratta  a  sé  l'ammirazione 
del  mondo}  l'altro  il  principio  della  dominazione  de' Francesi  in 
San-Domingo,  la  quale  ai  nostri  giorni  ha  poi  dato  luogo  a  quella 
de' Negri  per  tre  secoli  stati  miseramente  gli  schiavi  di  padroni 
ingordi  e  crudeli. 

Noi  prima  di  passare  a  descrivere  lo  stato  attuale  della  parte 
Spagnuola  che  comprende  il   mezzo  e  la  parte  oiientale  di  San- 
Domingo,  e  quello    pure    dell'antica   parte    Francese,  the  è    la 
parte  occidentale  della  medesima,  crediamo  necessario  il  far  cono- 
scere le   costumanze  di  que'  singolarissimi  uomini  che  hanno  em- 
pito l'universo  del  loro  nome. 
Francesi  rifuggiti  alla  Tortue  e  sulla  costa  settentrionale  di 
San-Domingo. 
I  fuggiaschi  di  San-Cristoforo  di  cui  abbiamo  j;oc'  anzi  fatto 
menzione,  cercando  di  salvarsi  dall'  assalto  di  Toledo,  capitarono 
in  una  picciola  isola  deserta   situata  al   settentriune    di    San-Do- 
mingo ,  e  poche  leghe    distante    dalla  medesima  ,    detta    Tortue, 
Tartaruga.  Ivi    fermatisi   perchè  il   luogo  era   ameno,  e  fertile    il 
suolo,  alcuni   si  diedero  alla  coltivazione,  ed   in   ispezie  a   quella 
del   tabacco  che  riusciva  di  qualità    eccellente }  altri  a  corseggiare 
a  danno  degli  Spagnuoli  }    altri    passarono  sulla   vicina    costa    di 
San-Domingo,  aspra  invero  e  deserta,  poiché  gli  Spagnuoli    non 
ne  avevano  fino  allora  fatto  caso}   ma  entro  i  suoi  boschi  vagando 
ai  menti  di  buoi  e  di  majali,  che  moltiplicativi  all'eccesso   erano 
divenuti  selvatici,  que' fuggiaschi  potevano  colla  caccia  de' mede- 


204  COSTUME  , 

sitni  piocurarsi  un  opportuno  sussidio.  L' isoletta  della  Tortile 
divenne  presto  il  centro  di  tutto  ciò  che  questo  miscuglio  di 
disperali  poteva  accumulare  e  colla  coltivazione  e  colle  prede 
fatte  al  corso  e  colla  caccia  che  somministrava  gran  copia  di 
carni  e  pelli  ,  e  pare  che  gli  Olandesi  fossero  i  primi  ad  accor- 
rervi per  fare  traffico  con  essi.  La  Tortue  cominciò  quindi  a 
prendere  un  certo  stalo  di  fortuna,  molto  più,  che,  da  San-Cri- 
sloforo  prima  ,  poi  da  altre  parli ,  altri  Francesi  e  Inglesi  vi  si 
aggiunsero. 
Divengono  i  famosi  Bocanieri. 

Non  andò  guari  che  gli  Spaguuoli ,  gelosi  di  uno  stabilimento 
sì  prossimo  a  San-Domingo,  e  più  d'esso  di  quello  che  i  così 
delti  Bocanieri  potevano  fondare  nella  stessa  San-Domingo,  deli- 
beraiouo  di  eslerminare  quanti  stranieri  trovavansi  nell'uua  e  nel- 
l'altra. Gjlto  pertanto  il  momento  in  cui  era  assente  dalla  Tor- 
tue il  maggior  numero  degli  abitatori ,  andarono  con  grandi  forze 
ad  assaltare  disoleila,  e  trucidarono  que' pochi  che  loro  si  opp<- 
sero  ,  e  impiccarono  quelli  che  volontariamente  si  arresero.  In 
quanto  poi  ai  Bocanieri  della  costa  istituirono  vaiie  partite  di 
cinquanta  uomini  ciascuna  ,  e  le  mandarono  a  fare  una  caccia  ge- 
nerale di  que1  miserabili ,  trattandoli  come  bestie  feroci. 

Alla  nuova  della  crudele  condotta  dagli  Spagnuoli  tenuta  nel- 
l' isola  della  Tortue  da  ogni  parte  si  unirono  agli  abitatori  della 
medesima,  e  quelli  ch'erano  assenti  quando  fu  invasa,  ed  altri 
che  disperali  cercavano  o  fortuna  od  asilo,  e  sotto  la  condotta  di 
uomini  pieni  d'ingegno  e  di  ardimento  riconquistarono  la  Tor- 
tue ,  e  messa  in  buono  stato  di  difesa  ,  crebbe  di  popolazione  in 
modo  che  si  pensò  di  mandare  una  parte  degli  abitatori  a  for- 
mare un  nuovo  stabilimento  a  San-Domingo  ;  e  fu  questo  il  prin- 
cipio dei  luoghi  Francesi  all'occidente  di  quest'isola.  Non  man- 
carono gli  Spagnuoli  di  assalire  le  nuove  abitazioni }  e  i  Bocanieri 
ch'erano  con  essi  in  aperta  e  continua  guerra  ,  salvarono  que  nuovi 
coloni,  sostenuti  dai  corsari  della  Toitue.  Ciò  mosse  gli  Spagnuoli 
a  pensare  ad  una  nuova  spedizione  contra  la  Tortue ,  come  quella 
che  era  il  ricettacolo  di  una  turba  ognora  crescente  di  corsari, 
che  da  ogni  parte  spiando  i  loro  legni  arditamente  gli  assaltavano 
e  nel  circuito  di  San-Domingo  e  io  tutti  i  mari  vicini.  E  tanto 
eia  il    proulto  che    da    questo    corseggiare    traevasi ,   che  per    la 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  205 

maggior  porte  gli  abitatori  della  Tortue  abbandonavano  la  colti- 
vazione per  cercare  più  pronti  guadagni  sul  mare}  per  lo  che 
poi  accadeva  che  spesso  quell'isola  rimanesse  senza  gente.  Or  col- 
sero gli  Spagnuoli  uno  di  questi  contrattempi }  e  presero  sì  bene 
le  loro  misure,  che  potrebbero  sorprendere  il  picciol  forte  che  lo 
guardava  ,  ed  obbligare  il  presidio  ad  arrendersi.  Ma  è  tempo 
ornai  che  diciamo  quanto  al   loro  costume    appartiene. 

Costume  de* B 'oc artieri  e  de'' Flibustieri. 

Erano  di  già  scorsi  molti  anni  da  che  i  nomi  di  Bocanieri  e 
Flibustieri  si  conoscevano  in  Europa,  ma  non  si  distingueva  in 
essi  che  una  corporazione  di  uomini  selvaggi ,  che  un  ammasso 
di  masnadieri  di  varie  nazioni.  Per  lungo  tempo  le  loro  imprese, 
macchiate  da  rapine  e  da  assassinj ,  nulla  offrirono  di  segnalato  , 
ed  i  più  potenti  non  avevano  per  grido  di  unione  che  l' estermi- 
nio. Non  erano  costoro  riguardati  che  quali  ordinai]  pirati:  per- 
ciò l'Europa  sdegnò  di  rivolgere  sui  medesimi  la  sua  atttnzione, 
finché  colla  bizzarra  loro  organizzazione,  colla  specie  di  costitu- 
zione, e  con  molte  altre  singolarità,  destarono  lo  sdegno  generale, 
che  vie  più  s'accrebbe  con  fatti  che  uscivano  dall'  ordine  comune. 
La  narrazione  di  tali  avvenimenti  ci  rappresenta  uomini  che  con 
mezzi  assai  limitati  produssero  dei  risultamenti  straordinari ,  spie- 
gando forze  incredibili^  uomini,  che  pel  loro  spirito,  che  pel 
loro  indomabile  coraggio,  per  la  loro  pazienza  ed  attività,  sprez- 
zando le  pene,  superando  le  privazioni  ed  affrontando  con  indif- 
ferenza i  pericoli  più  evidenti  e  la  morte  medesima,  seppero  me- 
ritare la  nostra  ammirazione,  nel  tempo  stesso  che  ci  fecero  rac- 
capricciare d'orrore  pei  loro  vizj,  pei  loro  delitti  e  per  le  loro 
crudeltà  d'ogni  genere. 

Bocanieri. 

Le  prime  tracce  di  questi  pirati  di  nuova  specie  furono  im- 
presse dai  cacciatori  di  tori  salvatici  dell'isole  Spagnuole.  Erano 
costoro  distinti  colla  denominazione  di  Bocanieri ,  nome  che  si 
estese  pure  ai  cacciatori  degli  orsi  e  dei  cignali  i  quali  fecero  in 
seguito  causa  comune.  Questi  uomini  passavano  interi  messi  nelle 
foreste,  lungi  dalle  loro  abitazioni.  Allorché  ne  uscivano  si  divi- 
devano la  produzione  delle  loro  cacce,  e  solcavano  ben  tosto  per 
l'isola  delle  Tortue,  ove  tenevano  il  loro  mercato,  e  vendevano 
ai  coloni  le  pelli  e  le  carni  salate  e  fumicate.  AH'  incontro  vi  si 


206  COSTUME 

provvedevano  di  nuove  armi,  di  polvere,  di  piombo   e   di  molti 
altri  oggetti   neccessari  al  proprio    mesliero.   Noi  ne  descriveremo 
brevemente  il  loro    genere    di     vita  ,    i    costumi  e  le  principali 
azioni  lorn. 
Perchè  così  appellati. 

I  Bocanieri  elio  avevano  stabiliti  i  loro  covili  nelle  Antille  e 
precipuamente  nell'isola  di  San-Domingo,  presero  la  propria  de- 
nominazione dai  luoghi  ove  avevano  le  baracche  ,  i  loro  campi  , 
ed  ove  fumicavano  e  salavano  le  carni.  Tal  sito  chiamavasi  nella 
loro  lingua,  o  sia  in  quella  della  loro  professione  bocan.  Le  ba- 
racche, che  consistevano  in  grandi  capanne  ,  coperte  al  di  sopra 
ed  aperte  lateralmente,  li  riparavano  dal  sole  e  dall'acqua  ,  ma 
lasciavanli  esposti  ai  venti  da  qualunque  parte  soffiassero. 
Se  la  maggior  parte  Normanni. 

Questa  società  era  composta  dai  coloni  venuti  dalla  Francia 
e  da  altri  paesi,  o  da  Europei  spinti  dai  capricci  della  sorte  a 
spatriare}  la  maggior  quantità  però  era  formata  da  Francesi  della 
Normandia;  oltre  questi  si  debbono  aggiugnere  i  discendenti  dei 
coloni  già  Bocanieri.  Siccome,  finché  erano  Bocanieri  ,  non  ave- 
vano né  donne  né  figliuoli  ,  così  ci  aveva  una  certa  comunanza 
di  beni. 
Loro  costumanze. 

Si  accoppiavano  a  due  a  due  per  sjutarsi   reciprocamente  nei 
proprj  bisogni,  prestandosi  quei  servigi  che  si  ricevono  in    fami- 
glia e  dividendosi   le  fatiche  ed   i  profitti. 
Costumanza  di  beni. 

Quello  dei  due  che  sopravviveva  all'altro,  era  l'erede  neces- 
sario; e  tale  unione  era  da  essi  chiamata  matelotage.  Oltre  a 
questa  comunanza  particolare,  sussisteva  pure  la  generale,  in  for- 
za della  quale  ciascun  Bocaniere  doveva  somministrare  all'  altro 
quanto  gli  abbisognava.  Non  ci  erano  quindi  serrature  ,  né  na- 
scondigli: ciò  sarebbe  stato  risguardato  qual  delitto  di  lesa  società 
e  quindi  punito.  Il  mio  ed  il  tuo  etano  due  parole  vote  di  senso 
in  questa  specie  di  repubblica. 
Liti. 

Le  liti  vi  erano  perciò  assai  raie.  Allorché  ne  sorgeva  «I- 
cuna  era  subito  pacificata  colla  intermissione  di  comuni  amici.  Se 
poi  le  parti  erano  ostinate,  si  passava  a  decidere  la  questione   a 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANT1LLE  2  0 J 

colpi  di  fucile.  Allorché  la  palla  colpiva  al  di  dietro  o  nei  fian- 
chi si   giudicava  esservi  stata  perfidia,  e  si  schiacciava   la  testa  al 
traditore. 
Codice. 

Il  loro  codice  si  riduceva  quasi  a  nulla,  giacché  essi  non  co- 
noscevano che  alcune  convenzioni  conchiuse  fra  di  essi  :  quando 
alcuno  proponeva  dei  cambiamenti,  gli  si  rispondeva  che  ciò  non 
era  in  uso  sulla  costa.  Le  antiche  loro  idee  di  sommissione  e 
di  religione  facevano  che  essi  riconoscessero  il  Governatore  della 
Tortue  come  capo,  e  che  si  chiamassero  Cristiani,  senza  unifor- 
marsi per  niente  alle  regole  del  Cristianesimo.  Qualunque  persona 
bramasse  di  essere  ascritta  ai  Bocanieri  doveva  rinunziare  a  lutti 
gli  altri  usi  sociali  e  persino  al  nome  stesso  di  famiglia.  Per  di- 
stinguere poi  vaij  membri  della  loro  società,  a  ciascuno  s'  impo- 
neva od  un  nuovo  nome  od  un  soprannome,  che  si  trasfondeva 
sovente  nei  loro  discendenti.  Solamente  quando  passavano  a  nozze 
dichiaravano  il  loro  primitivo  nome  di  famiglia.  Da  ciò  appunto 
nacque  il  proverbio,  che  tuttora  sussiste  nelle  Antille  »  che  non 
si  conoscono  le  persone  se  non  quando  passano  alle  nozze  ».  Il 
matrimonio  poneva  immediatamente  un  termine  alla  loro  maniera 
di  vivere:  maritati  non  avevano  più  nulla  di  comune  colla  so- 
cietà: cessando  da  quel  punto  di  essere  Bocanieri  ,  divenivano 
coloni.  In  allora  sotto  la  denominazione  di  abitatori  erano  formal- 
mente sommessi  alle  leggi  ed  alle  ordinanze  del  Governatore  della 
Tortue. 

Vesti. 

Il  vestimento  dei  Bocanieri  consisteva  in  una  lunga  camicia  di 
grossa  tela  tinta  nel  sangue  degli  animali  da  loro  uccisi ,  e  rare 
volte  un  pantalone  simile.  Il  loro  calzamento  era  di  pelle  di  por- 
co, ma  senza  scarpa.  Una  lesta  di  cappello  con  uno  sporgimento 
nel  solo  davanti  copriva  il  loro  capo.  Un  cinto  di  pelle  non  pre- 
parata serviva  di  fascia  sulla  quale  sospendevano  una  sciabola 
assai  corta  ed  alcuni  coltelli. 

Armi. 

Il  loro  equipaggio  veniva  formato  da  una  sola  tenda  di  tela 
sottile,  che  si  attortigliavano  al  corpo  in  guisa  di  bandoliera.  L'ar- 
mamento si  riduceva  ad  un  fucile  di  una  canna  lunga  per  lo 
meno  quattro  piedi  ,  e  montato  diversamente  dagli   ordinai j   cui 


2,o8  COSTUME 

caricavano  con  doppia    palla    d'oncia.   Vedi    la    Tavola   yl\.   Cia- 
scuno a  proprio  piacimento  teneva  uno  o  più  servi,  e  da  venti  a 
trenta  cani  che  lo  seguivano  alla  caccia. 
Occupazioni  e  maniere  di  vivere. 

Quella  dei  tori  costituiva  la  principale  loro  occupazione:  l'al- 
tra dei  cignali  serviva  di  passatempo  e  di  riposo  \  quantunque  ci 
fossero  però  alcuni  Bocanieri  che  a  quest'  ultima  si  dedicavano 
esclusivamente.  La  carne  di  questi  animali  somministrava  ad  essi 
nutrimento  ,  ed  il  midollo  delle  ossa  era  pei  medesimi  un  pasto 
assai  prelibato.  11  pane  non  era  da  essi  usalo:  vivevano  nella  più 
disgustosa  sporcheria  :  non  avevano  né  tavole  né  banchi  e  dor- 
mivano sulla  nuda  terra:  alcuni  tronchi  al  più  o  radici  servi- 
vano di  tavolino  o  di  origliere.  Questo  metodo  di  vivere  era 
loro  piacevole  ,  e  se  ne  dimostravano  assai  contenti:  godevano 
buona  salute  e  campavano  lunghi  giorni  in  mezzo  a  gravissime 
fatiche. 
Loro  ricoveri  o  bocani. 

I  loro  ricoveri  o  bocani  erano  nella  penisola  della  Savana 
sulla  costa  settentrionale  di  San-Domingo,  in  un' isoletta  della 
baja  di  Bayaha  (o  del  forte  Delfino)  ,  in  altri  siti  del  nord  di 
San-Domingo  $  al  porto  Margot,  nella  Tori  uè,  nella  Savana  Bru- 
ciala, nel  Mirbaluis,  e  nell'isola  del  sud  di  San-Domingo,  ap- 
pellata dai  Francesi  Avache.  In  questi  luoghi  conducevano  i  Bo- 
canieri !a  libera  e  pacifica  loro  vita.  Gli  Spagnuoli  s'ingelosirono 
dappoi  dei  loro  vicini  \  e  senza  considerare  che  il  traffico  inno- 
cente di  questi  tranquilli  stranieri  era  vantaggioso  alla  loro  na- 
zione, s'  immaginarono  di  cacciarli  da  San-Domingo,  ed  anzi  co- 
spirarono perfino  alla  totale  loro  distruzione. 
Gli  Spagnuoli  cospirano  alla  totale  loro  distruzione. 

Dopo  varj  sanguinosi  combattioienti  ora  favorevoli  agli  uni  ed 
ora  agli  altri,  convenuti  gli  Spagnuoli  dell'  impossibilità  di  ester- 
ininare  i  Bocanieri,  e  meno  poi  di  tenerli  lontani  da  San-Domingo 
colla  forza,  si  determinarono  a  tagliare  il  male  dalla  sua  radice, 
togliendo  a  costoro  l'unico  mezzo  di  sussistenza.  Ordinarono  per- 
tanto una  caccia  generale  di  tori  in  tutta  l'isola,  e  la  seguitarono 
con  tale  ardore  e  costanza,  che  in  breve  tempo  tutta  la  razza  di 
questi  animali  venne  distrutta. 

I  Bocanieri  si  trovarono  così  ridotti  senza  occupazione,  senza 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  2(>f) 

mezzi,  per  le  quali  cose  furono  forzati  a  scegliere  un  altro  si- 
stema di  vivere.  Alcuni  si  stabilirono  come  coloni  al  Bay  a  ha  ,  alla 
Tortue  e  nelle  altre  iso'e.  La  maggior  parte  però ,  accostumati  ai 
pericoli  e  ad  una  vila  indipendente,  sdegnando  una  sussistenza 
pacifica  e  soggetta  alle  leggi,  e  risguardando  la  coltura  de' campi 
come  cosa  disonorevole,  altro  non  sentirono  che  la  passione,  in- 
spirata loro  dagli  ultimi  avvenimenti,  di  vendicarsi  degli  Spa- 
gnuoli  eterni  loto  nemici. 
/  Bocanieri  s^  associano  coi  Flibustieri. 

Per  condurre  a  termine  il  proprio  divisamente,  s'associarono 
coi  Flibustieri  già  loro  amici  ,  i  quali  principiavano  a  farsi  un  no- 
me 5  ma  che  divennero  realmente  formidabili  soltanto  dopo  la  loro 
intima  associazione  coi  Bocanieri. 

L'isola  di  San-Doniingo  fu  il  luogo  principale  di  unione  di 
questi  pirati  che  si  chiamavano  col  nome  di  fratelli  della  costa , 
Fréres  de  la  còte,  ed  erano  uomini  presso  che  selvaggi,  che 
aspiravano  ad  una  perfetta  indipendenza.  Questi,  avvicinati  dai 
reciproci  bisogni,  si  risguardavano  come  amici,  e  la  loro  eguale 
animosità  contra  gli  Spagnuoli  ne  aveva  formati  dei  veri  alleati. 
A  bel  principio  la  necessità  gettò  le  fondamenta  di  questa  so- 
cietà. Siccome  molti  oggetti  che  richiedeva  la  loro  professione  e 
]a  loro  sussistenza  giungevano  soltanto  al  di  fuori  del  loro  cir- 
condario ed  il  metodo  di  provvedersi  traeva  con  se  molti  incon- 
venienti ,  così  per  toglierli,  quei  Bocanieri,  ai  quali  non  andava 
a  grado  la  vita  di  cacciatore,  si  appigliarono  alla  navigazione. 
Poterono  in  tal  guisa  per  mezzo- de' loro  navigli  procurarsi  quelle 
cose  delle  quali  abbisognavano.  A  prima  giunta  se  la  procuravano 
per  mezzo  di  cambi  \  ma  siccome  sovente  non  trovavano  nulla 
da  cambiare  e  meno  ancora  da  comperare  ed  anzi  non  era  nep- 
pure loro  dato  di  rinvenire  compratori  delle  loro  pelli ,  furono 
costretti  ricorrere  alla  forza,  che  di  passo  in  passo  li  strascinò 
in  una  pirateria,  dapprima  circoscritta  e  moderata,  ed  in  ap- 
presso tanto  estesa  da  ridursi,  per  modo  di  dire,  ad  un  vero 
sistema,  così  che  forni  ossi  da  chi  la  esercitava  una  formidabile 
unione. 

Questi  Fratelli  della  costa  che  vivevano  nella  più  grande  ar- 
mouia  ,  si  dividevano  in  tre  classi  j  in  Bocanieri  che  cacciavano 
1  tori;    in  Abitatori,   che  si    chiamavano  quei    pochi  i  quali    si 

Cost.  Voi.  IV dell'  America.  i4 


2  I  O  COSTUME 

occupavano  dilla  coltivazione  delle  terre,  in  Flibustierì  die  era- 
no propriamente  detti  coloro  i  quali  esercitavano  unicamente  la 
pirateria. 

Etimologia  del  nome  Flibustiere. 

Il  nome  Franoese  di  Flibustier  che  proviene  dalla  corruzione 
della  parola  Inglese  Free  Booter  (i)  ,  quantunque  richiamasse 
alla  memoria  il  loro  mestiere  di  pirata  o  di  ladro  marittimo,  fa- 
ceva sì  che  ne  andassero  fastosi,  e  lo  preferissero  al  loro  primi- 
tivo di  JBocaniere  \  poiché  risvegliava  l'idea  di  una  professione  più 
onorevole.  Nulladimeno  eglino  amavano  maggiormente  di  essere 
chiamati  fratelli  della  costa,  Frères  de  la  còte. 

La  classe  de"1  Flibustieri  composta  da  varie  nazioni  Europee. 
La  classe  de'  Flibustierì  s'  accrebbe  subitamente  ,  giacche  il 
profitto  che  costoro  traevano  dalla  pirateria  era  una  grand' esca 
per  tutti  quelli  che  senza  beni  di  fortuna  avevano  il  mare  per 
elemento  favorito.  Ben  tosto  una  folla  di  marina]  sì  de' legni  da 
guerra  come  de' mercantili  ,  coloni  caduti  in  rovina,  ed  altri  av- 
venturieri, senza  distinzione  né  di  nazione  né  di  religione  né  di 
lingua  ,  si  congiunsero  ai  Flibustieri  e  finirono  per  formare  uà 
miscuglio  di  Francesi,  Inglesi,  Olandesi,  Poitoghesi  ed  altri  po- 
poli di  Europa  uniti  per  un  unico  e  comune  interesse  ,  cioè 
quello  della  rapina.  I  soli  Spagnuoli,  i  cui  tesori  formavano  1'  og- 
getto primario  della  generale  cupidigia  ,  furono  esclusi  dal  fa- 
vore di  essere  ammessi  in  questa  socielà  armala.  E  di  fatto  come 
avrebbero  mai  potuto  esserlo  ,  se  sino  dal  cominciamento  del- 
l'associazione de' Flibustieri  furono  considerati  per  loro  mortali 
nemici  ? 

Si  stabiliscono  nella  Tortue  e  sulle  coste  di  San-Domingo. 
Questa  ripartizione  d'impiego  nei  Flibustieri  principiò  sol- 
tanto ad  effettuarsi  alla  Tortue  e  sulle  coste  di  San-Domingo.  Im- 
perciocché allorquando  eransi  stabiliti  nell'isola  Francese  di  San- 
Gristoforo,  le  luro  corse  si  eseguivano  sopia  picciole  barcacce,  ed 
erano  di  poca  impoitanza,  non  avendo  fino  a  quel  momento  se 
non  che  una   poco  solida  consistenza.    Gettarono    essi    in    seguito 

(i)  Che  significa  propriamente  pirata,  ladro  di  mare.  Questo  nome  se 
seguiamo  i  diz "onarj  della  Crusca  e  dell'Antonini ,  si  traduce  Flibustiero 
in  Italiano;  quantunque  molti  abbiano  usato  di  dire  Filibustiere. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  211 

gli  occhi  sulla  Tortue  che  tolsero  agli  Spagnuoli  nel  i632,eche 
divenne  poi  la  loro  ordinaria  residenza.  Questo  cambiamento  di 
luogo  fece  loro  acquistare  una  reale  esistenza  ,  e  facilitò  di  molto 
quelle  grandi  imprese  che  tanto  servirono  a  segnalarli.  Chi  fosse 
vago  di  porsi  al  fatto  delle  loro  sorprendenti  avventure  ,  ed  in 
ìspezie  delia  loro  audace  ed  inaudita  spedizione  nel  mare  del  sud, 
Ja  quale  basterebbe  sola  ad  immortalare  il  nome  di  questa  nuova 
spezie  di  uomini,  potrebbe  consultare  la  storia  che  ne  scrisse  con 
esattezza  il  signor  d' Archenholtz.  Noi  limitandoci  a  que' confini 
che  ci  siamo  prescritti  per  la  nostr' opera,  faremo  un  cenno  sui 
loro  costumi,  sulla  loro  maniera  di  vivere,  e  sui  principj  che  di- 
rigevano questa  straordinaria  società. 
Regole  dei  Flibustierì. 

Le  regole  de'  Flibustierì  si  circoscrivevano  per  lo  più  a  trat- 
tati, limitati  d'assai  nella  loro  durata,  e  qualche  volta  riguar- 
danti solamente  tale  o  tal'  altra  spedizione^  violati  spesso  dai  co- 
mandanti ,  ma  osservati    religiosamente  dai  soldati. 

Gli  uomini  avevano  un'alta  idea  della  loro  indipendenza. 
Fuori  di  servigio  ciascuno  di  essi  seguiva  i  proprj  capricci,  senza 
menomamente  imbarazzarsi  dell'approvazione  altrui.  Tenevano 
egualmente  questa  condotta  a  bordo  dei  loro  legni,  ove  alcuni, 
quando  il  loro  capriccio  lo  richiedeva  ,  si  ponevano  a  cantare  e 
ridere,  a  rischio  d'intorbidare  il  sonno  dei  loro  compagni,  i  quali 
con  tuttociò  non  avrebbero  mai  osato  di  lagnarsi.  Perocché  tutte 
queste  contrarietà,  lo  scopo  delle  quali  era  di  eccitare  il  corag- 
gio, di  mettere  a  prova  la  pazienza,  di  abituarli  alle  privazioni, 
di  esercitarne  la  forza,  dovevano  essere  sopportale  senza  lagnanze. 
Questa  rassegnazione  formava  una  parte  essenziale  dei  loro  prin- 
cipj. Erano  similmente  legati  con  una  costante  fedeltà,  gli  uni 
cogli  altri.  Colui  che  avesse  osato  defraudare  qualunque  dei  suoi 
compagni  della  abbenchè  menoma  porzione  dei  loro  profitti,  do- 
veva aspettarsi  le  più  severe  punizioni.  Veniva  dichiarato  indegno 
e  decaduto  dal  nome  di  Flibustiere,  privato  delle  sue  proprietà, 
sbarcato  senza  viveri  e  senza  vestimenta  in  un'isola  deserta,  ed 
abbandonato  senza  alcuna  pietà  in  braccio  al  suo  infelice  destinò. 
La  l'io  pazienza  era  incredibile,  essi  soffrivano  la  fame,  la  sete 
e  le  più  grandi  fatiche,  con  una  serenità  sempre  uguale,  e  senza 
permettersi  la    più  lieve    lagnanza.  Per  questo    motivo  appunto 


212.  COFTUME 

prima  di  essere  ricevuto  Flibustiere  bisognava  sottomettersi  alle 
più  cruJeli  ed  inau  lite  prove  di  coraggio  e  di  pazienza.  Alcuni 
persino  venivano  sopra  false  accuse  tradotti  a  morte,  e  la  loro 
intrepidezza  in  tale  terribile  incontro  decideva  della  loro  accetta- 
zione o  ripulsa  da  così  formidabile  società. 

Le  determinazioni  di  questi  uomini  straordinarj  erano  per  lo 
più  invariabili.  Quando  avevano  data  la  loro  parola  ,  si  tenevano 
irrevocabilmente  legati.  Non  era  che  dopo  di  aver  concepita  ed 
ammessa  una  proposizione  che  deliberavano,  non  mai  sulla  veri- 
simiglianza  o  inverisimiglianza  del  successo,  ma  bensì  unicamente 
sui  mezzi  per  condurla  al  suo  termine. 
Loro  barche ,  schifi  ec. 

Nei  loro  primordi  non  possedevano  che  pochi  legni  senza  pon- 
te, barcacce,  schifi  ed  anche  scialuppe,  ove  si  giacevano  am- 
monlicati  gli  uni  sugli  altri,  ed  ove  esposti  a  tutte  le  intemperie 
dell'aria  e  a  tutti  i  pericoli  del  mare  che  si  moltiplicavano  in  uno 
spazio  così  ristretto,  trovavano  appena  di  che  nutrirsi.  Queste 
privazioni  servivano  loro  di  stimolo  per  ispiegare  tutte  le  proprie 
facoltà,  e  per  eccitarli  a  migliorare  la  loro  situazione  con  qual- 
che ricca  preda.  Tormentati  dalla  fame,  se,  nel  mentre  che  vo- 
gavano, si  presentava  loro  qualche  legno,  non  calcolavano  né  il 
numero  de' cannoni,  né  la  forza  dell'equipaggio,  né  l'estensione 
de' pericoli  che  dovevano  superare.  Essi  volevano  la  vittoria:  ne 
avevano  uecessilà  e  l'ottenevano,  sempre  coli' abbordare  il  legno. 
Questo  genere  di  attacco  era  totalmente  proprio  a  questa  gente. 
Sapevano  arrampicarsi  da  tutte  le  parli  e  giugnere  a  boido  del 
vascello,  il  quale,  essendo  preso  all' improvvista ,  poiché  all'ap- 
parire di  un  picciolo  schifo  scoperto  uon  si  poteva  sospettare  né 
scorgere  alcuna  apparenza  di  pericolo.  Tosto  che  giugnevano  a 
porre  piede  sul  ponte  il  bastimento  era  conquistato.  Se  i  loro 
nemici  avessero  avuto  il  tempo  di  prepararsi,  era  certo  che  un 
solo  colpo  di  cannone  avrebbe  bastato  per  affondare  il  loro  fra- 
gile legrio,  ma  essi  sapevano  dirigerlo  in  maniera  da  rendere  im- 
possibile questa  operazione.  Non  si  presentavano  giammai  ai  fian- 
chi della  nave,  e  si  avanzavano  sempre  con  una  delle  estremità 
dello  schifo.  D'altronde  alcuni  dei  loro  abili  cacciatori  si  tenevano 
preparali  ed  erano  sicuri  di  colpire  qualche  cannoniere:  ciò  che 
portava  il  disordine    sul  ponte.    La  certezza  poi  che  aveva    l'av- 


DEGLI    ABITATOTI!   DELLE    ANTILLE  21  3 

versarlo  di  battersi  con  uomini  determinati,  coraggiosi,  che  non 
conoscevano  ostacoli,  e  che  ad  ogni  costo  volevano  vincere,  inca- 
gliava ogni  mezzo  di  difesa.  Ordinariamente  non  cercavano  che 
dì  eccitare  la  loro  compassione  col  darsi  vinti  al  più  presto,  giac- 
ché irritandoli  con  un'ostinata  resistenza,  erano  certi  di  vedersi 
gettati  in  mare. 

Loro  religione. 

Chi  potrebbe  mai  credere  che  questi  briganti,  la  cui  vita  era 
un  miscuglio  di  vizj  e  di  delitti  ,  si  mostrassero  assai  attaccati 
alle  pratiche  esteiiori  di  religione.  Avanti  di  combattere  si  tratte- 
nevano in  divozioni  5  pregavano  con  fervore  e  si  battevano  aspra- 
mente il  petto.  Nel  seguito  si  riconciliavano  fra  di  loro,  si  chie- 
devano reciprocamente  perdono  delle  loro  offese,  e  si  abbraccia- 
vano in  segno  di  concordia.  Essi  non  davano  giammai  principio 
ai  loro  pasti  senza  avere  recitata  la  loro  preghiera.  1  Cattolici  re- 
citavano il  Magnificat  od  il  Miserere,  ed  i  Protestanti  leggevano 
un  capitolo  della  Bibbia  o  recitavano  un  salmo. 

Accostumati  a  vivere  nei  boschi,  e  dati  meno  al  ladroneggio , 
i  Bocanieri  erano  migliori  de'Flibustieri.  Differivano  però  da  que- 
sti ultimi  ,  che  avevano  grandi  sentimenti  di  religione  e  molte 
religiose  cerimonie}  invece  essi,  quantunque  meno  viziosi,  face- 
vano niun  conto  dei  dogmi  e  dei  precetti  di  religione.  Col  con- 
vivere insieme  spaiì  nel  seguilo  una  tale  distinzione.  Gli  scrittori 
contemporanei,  che  hanno  vissuto  seco  loro,  s'accordano  in  di- 
pingere questi  uomini  più  cattivi  delle  orde  più  selvagge  d'Ame- 
rica e  più  rinomate  per  la  loro  barbarie  •,  ma  tutti  si  uniformano 
pure  a  dirci,  che  con  tutto  questo  si  piccavano  di  una  inaudita  fe- 
deltà fra  loro,  e  che  si  astenevano  dalla  carne  umana  :  nel  resto 
si  distinguevano  per  nulla  dai  canibali  i  più  feroci.  Questo  qua- 
dro però  è  un  poco  esagerato  ,  come  ognuno  può  scorgere  nello 
scorrere  la  storia  dei  Flibustieri. 

Codice. 

ILa  pirateria  era  di  troppo  profitto  e  troppo  conforme  ai  co- 
stumi di  questi  uomini  semi-selvaggi,  perchè  non  vi  si  abbando- 
nassero con  grande  passione.  Non  pertanto  conobbero  bene  che 
per  consolidare  la  loro  società  ,  per  meglio  assicurare  il  fruito 
delle  loro  rapine,  e  per  godere  della  vita  secondo  il  loro  pensa- 
mento ,  non  potevano  astenersi  dallo  stabilire  un  certo  accordo 
fra  loro. 


2,1 4  COSTUME 

Giuramento. 

Tale  fu  l'  origine  del  regolamento  e  della  spezie  di  codice  die 
giuravano  di  osservare  al  loro  entrare  in  società.  Siccome  per  la 
maggior  parie  non  sapevano  scrivere,  così  vi  supplivano  firmando 
il  loro  giuramento  con  una  croce.  Questo  regolamento,  che  for- 
mato era  da  varie  leggi  assai  ristrette,  fu  ricevuto  da  tutte  queste 
picciole  repubbliche  galleggianti  con  leggieri  differenze.  Alcuni  ar- 
ticoli del  medesimo  meritano  di  essere  menzionati.  Principiava 
esso  dallo  stabilire  il  dogma  di  una  perfetta  uguaglianza  di  di- 
ritti che  provenivano  dalla  loro  società.  Ordinava  che  nelle  cir- 
costanze importanti ,  ciascun  fratello  della  costa  dovesse  dare  il 
suo  voto. 
Distribuzione  dei  viveri  depredati. 

Ognuno  aveva  diritto  ad  una  eguale  distribuzione  dei  viveri 
freschi  e  delle  bevande  forti  che  fossero  predate,  e  poteva  fare 
della  sua  porzione  quell'uso  che  gli  andava  più  a  grado,  a  meno 
che  la  mancanza  della  sussistenza  e  l'interesse  della  comunità  non 
prescrivessero  un  sacrificio,  che,  in  questo  caso,  doveva  decidersi 
colla  pluralità  de' voti. 
Regolamento  riguardo  alle  donne. 

Per  togliere  ogni  soggetto  di  gelosia  e  di  discordia ,  nessuna 
femmina  era  tollerata  a  bordo  de' bastimenti.  Se  alcuno  avesse 
osato  introdurre  una  donna  travestila  veniva  punito  colla  morte. 
Quello  che  disertava  o  che  abbandonava  il  suo  posto  durante  il 
combattimento  incorreva  nella  slessa  pena. 
Furto  come  punito. 

Il  furto  fra  di  loro  era  punito  colla  massima  severità.  Al- 
cune di  queste  picciole  repubbliche  avevano  alquanto  mitiga- 
to il  rigore  di  queste  leggi,  ma  alcune  altre,  e  particolarmente 
le  Francesi,  ve  ne  aggiunsero  altre  più  rigorose.  Presso  quest'ul- 
time quando  un  compagno  rubava  ad  un  altro,  gli  si  tagliava  il 
naso  e  le  orecchie,  e  si  trasportava  sopra  qualche  spiaggia  ,  ove 
\ì  sua  sorte  non  poteva  riuscirgli  che  fatale  e  deplorabile.  Se 
poi  avesse  defraudato  qualche  cosa  anco  di  poco  valore  appar- 
tenente alla  società,  era,  come  nella  loro  lingua  dicevano,  ma- 
ronnè  ,  vale  a  dire  ,  si  esponeva  sopra  la  costa  di  un  qualche 
capo  deserto  ,  lasciandogli  per  sua  provvigione  un  fucile  ,  un 
poco  di  piombo ,  un  fiaschetta  di  polvere  ed  una  bottiglia  piena 
d'acquo. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  21 5 

Loro  armi. 
Ogni  Flibuslierc  ora  obbligato  di  mantenere  le  sue  armi,  il 
suo  fucile  ,  le  sue  pistole  nel  migliore  stato.  Le  armi  erano  un 
vero  oggetto  di  lusso  e  di  emulazione.  Essi  davano  da  trenta  a 
quaranta  lire  sterline  per  un  pojo  di  pistole,  che  portavano  so- 
spese alla  spalla,  attaccate  a  bandoliere  di  seta  di  diversi  colori. 
A  norma  de'  regolamenti  il  fuoco  ed  i  lumi  dovevano  essere 
estinti  alle  ore  otto  di  sera  a  bordo  di  tutti  i  legni,  e,  passata 
quest'ora,  tutti  i  bevitori  dovevano  votare  sul  punto  le  bottiglie 
ed  i  vasi.  Un'altra  legge  vietava  loro  di  giocare  danaro  alle  carte 
ed  ai  dadi.  Non  pertanto  queste  due  leggi  fatte  per  mantenere  il 
buon  ordine  venivano  quasi  sempre  violate. 

Metodo  nelle  divisioni  del  bottino  ec. 

Ciascuna  società  stabiliva  particolarmente  il  metodo  da  seguirsi 
nelle  divisioni  del  bottino.  Ciascun  Flibustiere  faceva  col  suo  capo 
un  accordo,  nel  quale  gli  prometteva  d'ubbidirlo  sotto  pena  di 
essere  privato  alla  fine  della  crociera  della  sua  porzione  di  bot- 
tino ,  ed  era  obbligato  di  legarsi  a  questa  convenzione  con  un 
giuramento  solenne.  In  generale  questi  pirati  non  erano  avari  di 
giuramenti.  I  capi  facevano  giurare  alla  fine  della  spedizione  che 
nulla  avevano  distolto  dalla  preda  per  un  parziale  profitto.  Erano 
tutti  obbligali  di  partecipare  a  questi  contratti  che  dovevano  fir- 
marsi da  chi  sapeva  scrivere.  Si  determinava  il  trattamento  del 
comandante  che  d'ordinario  avanzava  le  somme  necessarie  pei 
preparativi  della  spedizione,  e  ne  veniva  rimborsato  sulle  produ- 
zioni delle  prede.  Ce  ne  era  uno  pure  per  il  chirurgo  e  per  gli 
altri  impiegati  a  bordo.  I  feriti  ricevevano  un  risarcimento  per  la 
perdita  de' loro  membri:  per  il  braccio  diritto  avevano  seicento 
piastre  o  sei  schiavi  'v  pel  braccio  sinistro  o  la  gamba  diritta  cin- 
quecento piastre  o  cinque  schiavi}  per  la  gamba  sinistra  quattro- 
cento j  per  un  occhio  e  per  un  dito,  cento  piastre  od  uno  schiavo. 
Tutti  questi  risarcimenti  de' danni  erano  difalcati  dalle  prede  pri- 
ma di  farne  la  divisione.  Il  capitano  ne  aveva  sei  porzioni  $  gli 
altri  ufficiali  tre  }  ed  alcuni  soltanto  due  ed  in  generale  una  sola. 
I  novizj  del  vascello  al  di  là  di  un  moderato  salario  ricevevano 
una  mezza  porzione. 

Ricompense  per  le  azioni  di  valore. 

ludependentemenle  da  questa  ripartizione  di  prede  ci   erano 


a  I  6  COSTUME 

alcune  ricompense  per  le  azioni  di  valore.  Quello  che  toglieva  la 
bandiera  di  un  vascello  ,  inalberandovi  a  suo  luogo  quella  dei 
Flibustieri,  (o  quella  di  Francia  o  quella  d'Inghilterra,  poiché 
navigavano  per  lo  più  sotto  una  di  queste  due,  secondo  le  circo- 
stanze e  secondo  l' attaccamento  del  maggior  numero)  riceveva 
un  premio  di  cinquanta  piastre.  Allorché  nelle  critiche  congiun- 
ture erano  senza  notizia  dell'  inimico,  chi  giugneva  a  condurre  un 
prigioniere  otteneva  una  regalia  di  cento  piastre,  e  si  davano  cin- 
que piastre  per  ogni  granata  che  si  gettava  al  di  là  delle  mura- 
glie di  un  forte  assediato. 
Provvigioni. 

Allorché  si  equipaggiava  il  bastimento,  chiunque  avesse  parte 
nella  spedizione  ,  doveva  ,  andando  a  bordo  ,  portar  seco  una 
quantità  determinata  di  polvere  e  di  piombo.  Le  loro  provvigioni 
consistevano  in  carne  salata  di  majale  e  di  tartaruga  marittima  , 
che  solevano  procurarsi  in  una  maniera  assai  speditiva  cioè  col 
rapire  quanto  loro  fosse  bisognevole  :  sovente  ciò  accadeva  nel- 
l'isola stessa  ove  trova  vano  protezione,  ed  ove  si  dispensavano  di 
pagare  gli  oggetti  che  loro  si  somministravano. Cercavano  durante 
la  notte  ,  luoghi  che  contenessero  dei  majali  ,  ed  obbligavano  il 
guardiano  a  darne  loro  un  certo  qual  numero.  La  menoma  resi- 
stenza si  espiava  con  una  morte  pronta.  Il  terrore  che  inspiiavano 
questi  assassini ,  preveniva  ogni  doglianza ,  e  gli  assicurava  della 
impunità. 
Disposizioni  testamentarie. 

Prima  di  dare  alle  vele  ,  ordinariamente  facevano  il  loro  te- 
stamento. L'uso  era  di  scegliersi  per  ciascuno  di  essi  un  compa- 
gno, col  quale  dividevano  quello  che  già  possedevano  ,  non  che 
le  produzioni  delle  loro  crociere  ,  e  quindi  anche  le  pene  ,  le 
fatiche  ed  i  pericoli.  Coloro  che  avevano  moglie  e  figli  non  dispo- 
nevano in  favore  del  suo  compagno  che  una  parte  delle  loro  pro- 
prietà :  il  rimanente  restava  alla  famiglia. 
Come  trattate  le  donne  che  cadevano  in  loro  potere. 

Tutte  le  donne  giovani  e  di  forme  piacevoli  che  avevano  la 
disgrazia  di  cader  preda  di  questi  mostri,  venivano  trattate  come 
bestie  da  soma.  Non  era  che  col  darsi  la  morte  che  queste  sven- 
turate giugnevano  a  sfuggire  dalla  loro  crudele  dominazione. 
Ben  di  rado  l'innocenza  e  la  modestia    trovavano    grazia   presso 


DEGLI  ABITATORI  DELLE  ANTILLE  21 7 

costoro.  Allorché  molti  in  una  volta  possedevano  qualche  donna  , 
frutto  delle  loro  prede ,  per  evitare  qualunque  contestazione  la 
tiravano  a  sorte.  Il  vincitore  la  prendeva  con  se  e  la  denomina- 
va sua  moglie,  ma  nullameno  essa  restava  in  comunione,  in 
quanto  allo  sfogo  delle  loro  brutali  voluttà,  e  la  gelosia  non  di- 
sturbava giammai  la  loro  concordia.  Siccome  usavano  i  Bocanieri, 
chiamavano  questa  specie  di  fraternità  malelotage  marinaresca. 

I  Flibustieri  si  mostravano    sempre  curiosi  di   divorare  e  di- 
struggere rapidamente  le  produzioni  delle  piraterie.  Giuuti  a  terra 
si  davano  in  braccio  ai  più  stravaganti  capricci. 
Loro  vestire ,  modo  di  nutrirsi  ec. 

Vestivano  abiti  i  più  ricchi,  sopraccaricati  d' oro  e  di  argento } 
ostentavano  un  lusso  il  più  ricercato,  le  stoffe  più  preziose  servi- 
vano al  loro  ornamento,  i  magazzini  delle  Tortue  e  della  Giamai- 
ca ,  quantunque  ben  forniti,  non  bastavano  a  soddisfare  le  loro 
voglie.  Nelle  orgie  rompevano  tutti  gli  oggetti  che  passavano  per 
le  loro  mani,  sì  di  vasellame,  bottiglie,  bicchieri  ec.  Quando  si 
rimproverava  la  loro  pazzia  nello  scialacquare  quelle  ricchezze  che 
avevano  acquistate  con  tanti  pericoli  e  fatiche,  lispondevano  :  » 
La  nostra  sorte  in  mezzo  ai  rischi  che  ci  circondano  in  ogni  istante 
è  ben  diversa  da  quella  degli  altri  uomini.  Noi  viviamo  oggi ,  e 
domani  saremo  morti.  Perchè  dunque  risparmiare?  Noi  contiamo 
la  nostra  esistenza  soltanto  in  que' giorni  che  ci  è  dato  di  vivere 
nella  gioja  ^  e  non  pensiamo  giammai  a  giorni  futuri  ed  incerti. 
Amiamo  meglio  godere  della  vita  p.  esente,  che  cercare  di  pro- 
lungarla con  de1  risparmi  e  delle  privazioni.  ». 

Ognuno  ben  vede  che  con  tali  principi  i  loro  eccessi  non  ave- 
vano limiti.  Non  sussisteva  godimento  brutale  che  non  si  gustasse 
da  costoro.  LY ubriachezza  non  era  risparmiata.  Il  loro  cibo  più 
favorito,  massime  quando  si  trovavano  a  terra,  era  la  carne  di 
tartaruga,  che  riesce  di  buongusto  ed  assai  nutritiva.  Essi  la  sti- 
mavano atta  a  dissipare  i  cattivi  umori,  a  promover  l'appetito  ed 
anche  un  rimedio  nelle  loro  malattie.  Anzi  si  vuole  che  qualcuno, 
colpito  dal  male  venereo,  usando  di  questo  cibo,  dopo  una  espul- 
sione sulla  cute,  si  risanasse. 

Tale  era  il  sistema  di  vivere  di  questi  uomini  straordinarj.  Ag- 
gìugneremo  la  seguente  osservazione,  onde  dimostrate  i  motivi 
dell' origine  e  della  durala  di  questa  società. 


2, 1  8  COSTCME 

Osservazioni  sulV  origine  e  durata  di  tale  società. 

Gli  Spagnuoli  avevano  svegliati  tutti  i  sentimenti  astiosi  delle 
altre  nazioni.  S'invidiavano  le  miniere  d'oro  e  d'argento  delle 
loro  colonie.  La  loro  condotta  tenuta  in  America  verso  que' popoli 
innocenti  e  senza  difesa  aveva  inspirato  un  orrore,  che  non  erasi 
per  anco  infievolito  in  Europa.  La  loro  ributtante  arroganza,  la 
rimembranza  delle  loro  guerre  devastatrici ,  di  quella,  sopra  ogni 
altro,  sostenuta  nei  Paesi  Bassi  sotto  il  manto  della  religione, 
concorrevano  a  rendere  costoro  l'oggetto  dell'universale  animosità. 
Quegli  che  armavansi  contro  degli  Spagnuoli  erano  difensori  di 
una  causa  comune  a  tutte  le  nazioni  ,  come  i  vendicatori  dell'u- 
manità oltraggiata,  come  i  distruggitori  di  una  ignorante  super- 
stizione armata.  Per  ciò  si  videro  non  solo  giovani,  ma  uomini 
assennati,  non  già  mossi  dal  libertinaggio,  dalla  povertà  e  dal- 
l'amore del  saccheggio,  ma  penetrati  da  un  violento  risentimento 
contra  gli  Spagnuoli ,  unirsi  ai  Flibustieri  per  far  loro  la  guerra. 
Uu  simil  caso  avvenne  in  un  nobil  giovane  di  Linguadoca,  nomi- 
nato Monbars  che  ancora  scolaro,  si  eia  riscaldata  la  immagina- 
zione sui  fatti  che  si  narravano  delle  atrocità  commesse  dagli 
Spagnuoli  in  America,  ed  aveva  loro  giurato  un  odio  irreconci- 
liabile. Erasi  fissato  in  mente  che  subito  ch'egli  fosse  libero, 
avrebbe  fatto  espiare  a  costoro  l'innocente  sangue  di  tanti  milioni 
d'Indiani  uccisi  per  ingordigia  di  ricchezze,  per  superstizione  e 
per  indomabile  arroganza.  Di  fatto  appena  potè  egli  disporre  delle 
sue  sostanze,  tutte  le  consaciò  all'armamento  di  un  vascello,  col 
quale  si  unì  a' Flibustieri.  Si  distinse  tanto  in  mare  quanto  in 
terra  fra  i  loro  capi  più  audaci  e  più  abili.  Il  bottino  e  la  licen- 
ziosità non  avevano  per  costui  alcun  allettamento.  Risparmiava  gli 
uomini  disarmati,  ma  uno  Spagnuolo  in  armi  non  poteva  sicura- 
mente sfuggire  ai  colpi  della  sua  spada,  per  cui  veniva  denomi- 
nato lo  sterminatore. 

Molti  Flibustieri  professavano  questi  principi-  Non  volevano 
convenire  che  la  cupidità  delle  prede  fosse  il  motore  delle  loro 
guerre  contro  degli  Spagnuoli.  Essi  fondavano  i  loro  diritti  di 
muover  guerra  all'  avidità  di  questa  nazione,  che  ad  essi  negava 
di  cacciare  nelle  loro  isole  e  di  pescare  lungo  le  sue  coste  ,  seb- 
bene immensi  fossero  i  suoi  possedimenti.  Secondo  costoro  questa 
sola  circostanza  bastava  per  legiltimare  tali  ostilità  contra  gli   Spa- 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    A^JTILLE  2IQ, 

gnuoli.  Velavano  la  propria  passione  per  il  bottino  sotto  questo 
specioso  pretesto,  ed  in  qualunque  impresa  erano  ben  anche  ec- 
citati ,  alle  volte  apertamente  ed  alle  volte  segretamente  ,  dalle 
altre  nazioni,  che  invidiavano  la  fortuna  della  Spagna. 

Ma  riuscì  Gnalmente  agli  Spagnuoli  di  scacciare  dal  mar  Pa- 
cifico questi  tremendi  loro  nemici,  e  di  sterminarli  interamente. 
Finì  la  razza  di  questi  uomini  singolari  e  formidabili }  né  fuvvi 
più  congrega  di  Fratello  della  Costa,  né  più  Flibustieri,  sebbene 
per  molti  anni  ancora  s'udissero  ne1  mari  d'America  pirati  che 
qualche  volta  n'emularono  l'arditezza  e  ne  usurparono  il  nome. 
Questi  ultimi  s'erano  procurato  un  rifugio  nell'isola  della  Prov- 
videnza, che  è  una  delle  Bermude^edue  donne  fra  essi  si  ren- 
dettero celebii  diviso  avendo  con  loro  i  pericoli  e  le  fatiche,  per 
solo  amor  di  bottino.  Furono  entrambi  Inglesi.  Vestivano  gli  abiti 
del  loro  sesso,  unendovi  i  lunghi  calzoni  da  marinajo  ^  portavano 
sparsi  e  lunghi  i  capelli  ,  al  fianco  una  sciabola  ,  sotto  il  petto 
due  pistole,  e  in  mano  un'asta  della  forma  stessa  che  usata  avea- 
no  in  guerra  gli  Inglesi  dei  tempi  di  mezzo.  Vedi  le  figure  della 
Tavola  ^4-  I  l°ro  nom'  furono  Maiia  Read  e  Anna  Bonay.  La 
storia  che  ha  conservate  queste  particolarità  intorno  ad  esse,  ag- 
giugne  ch'elleno,  fosse  fierezza  d'  animo,  fosse  vanità,  non  pie- 
ga ronsi  mai  a  desiderj  d'uomo. 
Stato  attuale  della  parte  Spagnuola. 

La  parte  Spagnuola  racchiude  presentemente  centomila  abi- 
tatori, sui  quali  non  ci  sono  che  trentamila  schiavi.  Il  manteni- 
mento del  bestiame  ,  il  taglio  delle  legne  ,  qualche  piantagione 
di  caccao,  un  piccini  numero  di  zuccheriere  occupano  quella  poco 
industre  popolazione. 
Produzioni. 

Nel  1808  il  numero  delle  bestie  cornute  ammontava  a  20om. 
Si  esportavano  ^om.  pezzi  di  legno  di  mogano  pel  valore  di 
3,36om.  franchi.  Il  caccao  indigeno  di  quest'isola,  secondo  Val- 
verde  ,  è  rinomato  per  la  delicatezza  del  suo  gusto  ;  nel  secolo 
sedicesimo,  l'isola  ne  somministrava  a  tutta  la  Spagna. 
Città. 

San-Domingo  conta  25m.  abitatori.  Si  vuole  che  nella  sua 
cattedrale  riposino  entro  due  casse  di  piombo  le  ossa  di  Cristo- 
foro Colombo  ,    e    quelle  di  Don  Luigi    suo    fratello  :    quelle   di 


22,0  COSTUME 

Cristoforo  vi  furono  trasportate  da  Siviglia,  ove  erano  slate  de- 
poste nel  Panteon  de'Duehi  d'Alcalà,  dopo  esservi  state  trasfe- 
rite da  Valladolid.  Quésta  città  era  magnifica,  ricca  e  popolosa 
sotto  Carlo  Quinto:  ma  perdette  moltissimo  del  suo  splendore. 
Tuttavia  sarà  sempre  celebre,  per  essere  stata  il  luogo,  ove  i 
conquistatori  del  Messico,  del  Perù,  del  Chili  formarono  i  vasti 
loro  progetti ,  e  trovarono  i  mezzi  di  eseguirli. 
.Descrizione  della  città   di  San-Domingo. 

Ecco    in   breve    la  descrizione    che  di    questa  celebre   città  ci 
diede  Oviedo  nella  sua  storia  di    San-Domingo.  Dopo  che  la  ca- 
pitale di   San-Domingo  venne  atterrata  dall'  Dragano,  Ovando  Go- 
vernatore generale  ne  cangiò  la  sua  situazione  che  era  a  levante 
del  fiume  d'Ozama,  e  la  trasportò  sull'altra  riva   perla  sola  ra- 
gione che  vi  si  trovavano  già  alcune  abitazioni  Spagnuole.  Quelli 
che  hanno  veduto    la  capitale    di  San-Domingo    in  tutto    il  suo 
splendore    ci    assicurano    ch'essa     era    una    delle    più  belle   città 
del   mondo:  è  situata  su    di  un    terreno  perfettamente    piano }  si 
estende  da  settentrione  a   mezzodì  lungo  il  fiume    sulle   cui    rive 
si  coltivano  amenissimi  giardini  :   ha  il  mare  a   mezzogiorno  ed  il 
fiume  a   levante,  e  questi  due  lati  occupano  più  della   metà  del- 
l'orizzonte, perchè    il  fiume  si  rivolge    alquanto  a  ponente.    La 
campagna  da  questi    due  lati  è  di   una  amenità    singolare.   L'in- 
torno della  città  corrispondeva   perfettamente  alla  bellezza  dell'e- 
sterno. Le  strade  erano  larghe,  le  case  di  gusto  Spagnuolo  erano 
disposte  a   linea  retta,  e  per  la   maggior  parte  fabbricale  di   una 
spezie  di   marmo  che  trovasi  in  vicinanza:  le  altre  erano  di  una 
certa  qualità  di  terra  estremamente  tenace,  che  s'iudnrisce  all'a- 
ria e  che    prende  quasi  la  consistenza    del  mattone.    Ovando    in- 
nalzò una  fortezza  che  si    conservò  fino  al  dì  d'oggi:    il  palazzo 
che  fece  edificare  per  se  era  assai  magnifico:   fondò  un  convento 
pei  Padri  di  S.  Francesco  ed  un  ospitale  sotto   il   titolo  di  S.  Ni- 
cola di   cui    portava  il   nome.  Alcuni  anni  dopo  vi  si  stabilirono  i 
Domenicani  ed  i  Mendicanti }  ed  il  tesoriere   Passsamonte  fondò  un 
secondo  ospitale  sotto  il    nome  di  S.  Michele.    Vi  si    innalzarono 
mia   superba  cattedrale,  molte  belle  chiese  ed  altri    pubblici  edi- 
li'j.   Alcuni   ricchi  privali  si  recavano  ad  onore  di  fabbricare  in- 
lere  contrade.  Giammai  città  pervenne  si  prontamente  al   più  suo 
allo  giado  di  splendore.  In  una   parola  San-Domingo  divenne  una 


DEGLI    AGITATORI    DELLE    ASTILLE  221 

sì  grande  e  bella  citlà  che  Oviedo  non  ebbe  Umore  di  dire  al- 
T  Imperatore  Curio  Quinto  ,  die  la  Spagna  non  ne  aveva  una 
sola  che  le  si  potesse  preferire  ,  e  che  S.  M.  Imperiale  abitava 
sovente  de' palazzi  che  non  avevano  né  la  comodità,  uè  l'esten- 
sione, né  le  ricchezze  di  alcune  case  della  capitale  delle  Indie 
Spagnuole  (i).  Ma  questo  suo  splendore  nou  fu  di  lunga  durata: 
più  brillanti  conquiste  fecer  scegliere  alla  Spagna  un'  altra  sede 
delle  sue  forze  e  della  sua   grandezza   (2). 

San-Yago  e  la  Vega  sono  le  due  principali  città  dell'interno, 
ove  sovente  il  viaggiatore  può  andar  vagando  le  intere  giornate 
per  superbe  praterie,  senza  trovare  altre  tracce  di  popolazione 
oltre  le  capanne  de'  pastori.  Le  eminenze  son  coronate  di  gran- 
diose boscaglie,  e  vi  si  veggon  sovente  lave  nericcie,  o  forse  ba- 
salti ridotti  in  piccioli  frammenti  (3).  La  baja  di  Samana,  difesa 
da  parecchi  scogli  ed  isolette,  presenta  il  più  bel  porto  dell'iso- 
la, ma  le  rive  di  quel  vasto  bacino  diconsi  insalubri.  Qualche 
nuovo  colono,  fra  i  quali  alcuni  Francesi  procurarono  di  ridurre 
quel  distretto  a  cultura  (4).  L'  Yuna,  che  mette  in  quella  baja, 
può  rendersi  navigabile  per  lo  spazio  di  20  leghe.  Tutto  indica 
colà  il  sito  ove  naturalmente  star  dovrebbe  la  capitale. 
Parte  francese. 

L'antica  parte  Francese,  che  è  la  parte  occidentale  dell' isola, 
è  valutata  1700  leghe  quadrate  da  a5  al  grado  ,  ciocché  dà 
5,207,524  tese  quadrate,  o  2,601,000  quadrati  da  35o  piedi  per 
ciascun  lato.  Eranvi  solamente  771,275  quadrati  occupati,  ed  i 
sette  decimi  di  quella  parte  dell'  isola  che  sono  montagne  erano 
coperti  di  boschi  (5).  Non  si  può  a  meno  d'ammirare,  o  di  stu- 
pirsi al  meno,  allorché  si  vede  a  San-Domingo  che  uno  spazio  di 
186,14^    quadrati,   eguali  a   121     leghe  ed  un  duodecimo    qua- 

(1)  Oviedo.  Storia  di  San-Domingo,  lib.  III.  pag.  292. 

(2)  Chi  desiderasse  di  vedere  una  pianta  di  San-Domingo ,  potrebbe 
osservare  il  voi.  XVIII.  della  Storia  Generale  de'Viaggi,  ediz.  delVAja, 
1762,  e  Charlevoix,  tom.  I.  pag.  225,  il  quale  ci  rappresentò  altresì  nello 
stesso  volume  le  cerimonie  l'eligiose  degli  indigeni  di  San-Domingo. 

(3)  Dorvo-Soulastre ,  Voyage  au  Cup  Francais ,  pag.  5o,  etc. 

(4)  Guillermin  ,  Précis  des  événemens  de  St.-Domingue,  pag.  22,  4°7 
e  seg. 

(5)  Moreau  de  St-Mèry-,  Description  de  St.-Domingue.  I .,  pag.  5. 


222  COSTUME 

Orato  di  superficie,  producono  in  zucchero,  caffè,  cotone,  indaco 
e  caccao,  una  quantità  di  derrate  d'esportazione  stimata  modera- 
tamente al  loro  arrivo  in  Francia  169,667,000  franchi,  prodotti 
da  452m.  Negri  ,  ciocché  dà  una  produzione  di  398  franchi  per 
Negro  (1). 

Regno  e  repubblica  oV Haiti. 

11  Capo-Francese,  città  un  tempo  sì  florida  e  capitale  di  quella 
bella  colonia  ,  venne  non  ha  guari  chiamato  Capo-Enrico  ,  dal 
nome  del  Negro  Cristoforo  ,  che  si  era  proclamato  re  d'  Haiti  , 
sotto  il  nome  d1  Enrico  L,  capo  di  un  esercito  ben  disciplinato, 
e  di  una  popolazione  risoluta  a  non  più  sottomettersi  ai  Bianchi. 

Carattere  di  Cristoforo  proclamato  poi  re  cV  Haiti. 

Dicesi  che  Cristoforo  nascesse  alla  Granata  e  che  fosse  schiavo 
in  San-Domingo  nel  1790.  Egli  era  umanissimo,  buon  marito  , 
buon  padre,  portato  quanto  mai  all'ospitalità}  generoso  e  magni- 
fico, scioltissimo  nelle  maniere,  e  pieno  di  una  cert'  aria  di  no- 
biltà, che  faceva  stupore  in  un  uomo  il  quale  non  aveva  avuta 
nessuna  educazione.  Cristoforo  possedeva  grandi  talenti  naturali  , 
parlava  con  molta  forza  ed  anche  con  eloquenza  ,  e  sapeva  la 
lingua  Inglese  che  parlava  con  molta  facilità.  Tale  è  il  ritratto 
che  di  lui  ha  delineato  chi  l'ha  veduto  con  occhio  imparziale: 
gli  uomini  prevenuti  da  particolari  interessi  ne  hanno  fatto  poco 
meno  che  un  mostro.  Egli  ricusò  il  pomposo  titolo  d'imperatore 
e  si  contentò  di  quello  di  capo  del  governo  d'Haiti }  ma  appena 
aveva  egli  incominciato  ad  occuparsi  della  prosperità  del  paese 
di  cui  è  un  bel  monumento  un  proclama  da  lui  indirizzalo  sotto 
il  24  d'ottobre  del  1806  alle  potenze  neutrali,  si  vide  sorgere 
incontro  un  rivale }  e  fu  Petion. 

Trova  un  rivale  in  Petion. 
Era  questi  un  Mulatto  ,  che  da  giovine  aveva  fatto  i  suoi 
studj  alla  scuola  militare  di  Parigi,  di  dolce  carattere  e  di  obbli- 
gantissime maniere,  colto  in  letteratura,  il  più  chiaro  fra  gli  in- 
gegneri Negri,  ed  istruttissimo  ancora  nell'arte  militare.  Ambiziosi 
entrambi,  Cristoforo,  ed  egli  vollero  sostenere  le  loro  pretensioni 
colle  armi  ,  e  il  dì  primo  del  1807  si  diedero  battaglia  ,  in  cui 
Petion  fu  disfatto  ,    ed    obbligalo  a  rifuggirsi  in  Porto-Principe  , 

(1)  Page,  Traité  du  commerce  des  colonies. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  22  3 

ove  Cristoforo  lo  assediò.  Ma  come  pareva  clic  nelle  province 
settentrionali  fermentasse  qualche  malcontento,  e  d'  altronde  Pe- 
tion  non  era  in  istato  di  ricomparire  presto  con  molta  forza,  Cri- 
stoforo abbandonò  l'assedio  e  si  trasse  al  Capo-Francese. 

Costituzione. 

Ivi  si  radunò  un'assemblea  composta  di  Generali  e  dei  prin- 
cipali cittadini  e  si  fece  una  costituzione ,  che  dichiara  va  libere 
tutte  le  persone  residenti  sul  territorio  d'Haiti  ^  abolita  per  sem- 
pre la  schiavitù}  il  governo  dato  ad  un  magistrato  supremo  che 
aveva  il  titolo  di  Presidente  e  Generalissimo  delle  forze  di  terra 
e  di  mare,  non  ereditario,  ma  avente  il  diritto  di  scegliere  il 
successore  tra  i  Generali.  Il  Presidente  avea  il  potere  di  fare  la 
guerra  e  la  pace,  e  trattati  colle  potenze  straniere  j  e  quello  pure 
di  nominare  i  membri  del  consiglio  di  Stato  ,  il  quale  era  un 
corpo  deliberante.  Per  le  quali  cose  il  governo  partecipava  della 
monarchia  e  della  oligarchia  insieme.  E  lasciando  le  altre  dispo- 
sizioni per  ciò  che  risguardava  ministri,  tribunali,  religione  ed 
educazione  pubblica,  era  molto  opportuna  la  dichiarazione  che  il 
governo  non  avrebbe  mai  cercato  di  turbare  le  colonie  delle  al- 
tre nazioni,  né  tentato  conquiste  fuori  dell'isola. 

Guerra  con  Petion. 
Cristoforo  non  lasciò  di  animare  il  commercio  del  paese  che 
egli  governava  ,  ma  durò  per  alcuni  anni  la  guerra  tra  lui  e  Pe- 
tion con  varia  fortuna  e  con  danno  comune.  Nel  1810  egli  in- 
vestì il  Molo  di  San-Nicola,  lo  prese,  unì  all'esercito  suo  la  guar- 
nigione del  medesimo  ,  e  licenziata  la  maggior  parte  delle  sue 
genti,  ritornò  al  Capo-Francese.  Avea  cercato  di  farsi  amici  gli 
Spagnuoli  di  San-Domingo^  concluse  con  essi  un  trattato  d'al- 
leanza e  di  commercio,  e  loro  somministrò  armi  e  munizioni  con- 
tro i  Francesi,  che  tenevano  ancora  due  piazze  nella  parte  orien- 
tale dell'isola.  Gli  Inglesi  poi  ricuperarono  quelle  due  piazze,  le 
quali  erano  Saroana  e  San-Domingo. 

Cristoforo  Incoronato  Re  nel  181 1. 

Nel  181 1  Cristoforo  fu  incoronato  re  di  Haiti  per  una  riforma 
dell'antecedente  costituzione  fatta  dal  consiglio  di  Stato}  riforma 
che  introdusse  nel  regno  de'  Negri  le  principali  istituzioni  delle 
monarchie  d'Europa,  e  quelle  in  ispecie  della  Francia.  L'epoca 
della  esaltazione  alla  regia   dignità    di    Cristoforo,    che    prese   il 


2,2,4  COSTUME 

nome  di  Enrico,  è  quella  ancora  di  una  tale  sospensione  «l'armi 
fra  lui  e  Petion  che  senza  stipulazione  veruna  ha  per  tutta  la  vita 
d'entrambi  fatto  in  Haiti  le  veci  di  una  pace  stipulata  con  tutte 
le  formalità  diplomatiche.  »  Noi  sappiamo,  diceva  uno  scrittore 
di  Haiti,  che  i  partigiani  della  schiavitù  godono  delle  nostre 
dissensioni-,  che  meditano  di  distruggerci:  e  pare  che  facciamo 
dal  canto  nostro  ogni  sforzo  per  secondare  a  gara  i  loro  disegni, 
scannandoci  gli  uni  gli  altri  !  ». 

Petion  fatto  Presidente. 

Il  re  Enrico  dunque  e  Petion  penetrati  da  questa  considera- 
zione, dal  1811  in  poi  si  applicarono  con  egual  fervore  ad  in- 
coraggiare P industria,  la  morale,  le  scienze*,  e  a  cercar  di  con- 
solidare l' indipendenza  del  paese  e  la  libertà  degli  abitatori ,  me- 
dianti  buoni  ordini  di  amministrazione  e  di  militar  disciplina. 

Loro  condotta  alV  arrivo  a  San-Domingq  dei  commissari  di 
Luigi  XVUI. 
Finché  regnò  Napoleone,  la  guerra  riaccesasi,  e  la  prepon- 
deranza marittima  dell'  Inghilterra ,  non  permisero  che  i  Francesi 
rinnovassero  tentativi  contra  San-Domingo.  Ma  quando  Luigi 
XVIII  montò  sul  trono  de' Borboni,  s'incominciarono  le  antiche 
macchinazioni,  sostenute  dagli  interessi  medesimi  e  da  nuove  pas- 
sioni. Le  prime  aperture  che  furono  fatte  alla  Corte  del  Re  En- 
rico ebbero  per  risultamene  la  dichiarazione  che  i  bastimenti 
Francesi  erano  liberi  di  entrare  nei  porti  d'Haiti  come  quelli 
delle  altre  nazioni:  che  il  Re  Enrico  desiderava  d'essere  in  buona 
intelligenza  col  Re  di  Francia*,  ma  che  non  tratterebbe  colla 
Francia  se  non  da  pari  a  pari.  Lo  stesso  spirito  si  vide  animare 
il  paese  governato  da  Petion.  Poco  dopo  furono  mandati  tre  com- 
missari ,  fra  quali  un  certo  Lavaysse ,  il  quale  dalla  Giamaica 
scrisse  a  Petion  per  impiegarlo  a  riconoscere  l'autorità  di  Luigi 
XVIII.,  e  scrisse  parimente  a  Cristoforo  minacciandolo  di  tutte  le 
forze  combinate  dell'Europa  se  ricusasse  di  sottomettersi  alla 
Francia.  Enrico  convocò  un' assemblea  straordinaria  de' rappresen- 
tanti del  paese  *,  comunicò  loro  quella  lettera  \  e  la  conclusione  fu 
che  l'assemblea  offrì  a  lui  beni,  persone  e  vita  per  la  difesa  del 
Re,  della  patria  e  della  libertà.  Petion  avea  invitato  Lavaysse  a 
recarsi  a  Porto-Principe.  Costui  propose  che  il  Presidente  ricono- 
scesse la  sovrauità  del  Re  di  Francia,  e  inalberasse   la  bandiera 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLR  2  2 5 

I)i;mca.  Fu  convocata  a  Porto-Principe  un1  assemblea  delle  prin- 
cipali autorità,  e  queste  rigettarono  la  proposta.  Luigi  XVIII 
sapute  queste  cose,  dichiarò  autenticamente  che  Lavaysse  non 
avea  avuta  altra  incombenza  che  d'informarsi  dello  stato  di  San 
Domingo  per  tutte  quelle  delibenzioni  che  il  governo  Francese 
avesse  dovuto  prendere.  Dicesi  che  gli  intrighi  de' coloni  avessero 
fatto  risolvere  la  Corte  ad  armare  una  flotta;  l' esecuzione  del 
qua!  pensiere  fu  sospesa  pel  ritorno  di  Napoleone  in  Francia. 
Quello  che  di  più  certo  si  sa,  che  tre  commissari  ,  scelti  fra  gli 
antichi  coloni  nel  1816,  i  quali  dovevano  essere  incaricati  del- 
l'amministrazione di  tutti  gli  affari  civili  e  militari  di  San-Do- 
rningo,  costeggiando  l'isola  sopra  un  vascello  Americano,  spedi- 
rono a  terra  lettere  con  soprascritta  al  signor  Generale  Cristoforo, 
le  quali  furono  rimandate  senza  che  fossero  aperte,  e  che  essi 
poi  con  sopra  coperta  indirizzarono  al  Comandante  del  porto  di 
Gonaives.  Esse  non  servirono  che  ad  infiammare  la  collera  degli 
abitatori  di  Haiti.  D'allora  in  poi  nulla  si  è  più  tentato  contro 
di  essi. 

Alla  morte  di  Cristoforo  è  abolita  in  Haiti  la  monarchia. 
La  morte  tragica  del  re  Enrico  ha  fatto  abolire  nella  parte 
settentrionale  di  San-Domingo  il  governo  monarchico;  e  il  Gene- 
rile Buyer  ,  successore  di  Petion  nella  presidenza  del  governo 
della  parte  meridionale,  sembra  destinato  ad  unire  sotto  un'am- 
ministrazione sola  il  paese  ,  in  cui  per  lo  zelo  di  quei  due  va- 
lenti uomini  la  civiltà  ha  già  fatti  progressi  che  non  sono  ammi- 
rali in  Europa  soltanto  perchè  grandi  avvenimenti  più  importanti 
per  essa  hanno  in  questi  ultimi  tempi  occupata  la  sua  atten- 
zione ,  e  perchè  tutto  è  stato  dissimulato,  od  alterato  da  parti- 
colari passioni. 

Isola  di  Porto-Ricco- 

L'isola  di  Porto-Ricco  è  situata  fra  i  graJi  67  /io'  e  68  4°' 
di  longitudine  occidentale,  ed  al  grado  18  di  latitudine  setten- 
trionali', fra  Sau-Domingo  e  San-Cristoforo  :  è  lunga  34  leghe  e 
larga  14. 

Situazione ,  estensione  ec. 

Pare  ch'essa  sia  una  continuazione  della  grande  catena  delle 
Antille  ;  ma   le  sue  montagne  che  sembrano  stendersi  da  levante 
a   ponente  con  una  curva   verso  il  mezzodì  ,  sono    meno    alle    di 
Cost.  Voi.  1 V delV  America.  i5 


22l6  COSTUME 

quelle  di  Sari-Domingo,  il  Layvonito  domina  la  parte  orientale, 
ed  il  Lopello  quella  di  mezzogiorno:  trovansi  vaste  savane  nell'in- 
terno e  sulla  costa  settentrionale.  Le  montagne  dell'interno, 
adorne  di  cascate  pittoresche,  racchiudono  saluberrime  valli  \  ma 
nelle  pianure  basse  l'aria  è  qualche  volta  malsana  nella  stagione 
delle  piogge.  Il  terreno  generalmente  fertile  e  profondo  ,  è  ba- 
gnato da  un  numero  considerabile  di  correnti  d'acqua  purissima, 
L'  oro,  la  cui  abbondanza  aveva  tratti  dapprima  gli  Spagnuoli  a 
stabilitisi,  è  divenuto  raro}  essa  però  produce  buon  legname  da 
costruzione,  zucchero,  zenzero,  caffè,  incenso,  cotone,  lino  e  cuoj. 
Le  mule  di  Porto-Ricco  sono  assai  apprezzate  nelle  isole  di  San-! 
Domingo,  Giamaica  e  Santa-Cruz.  Rende  anche  cassia  ,  tabacco, 
riso,  melica,  aranci,  limoni,  poponi   e  buon  sale. 

Descrizione  della  città  di  S.  Giovanni  di  Porto-Ricco. 

Quest'isola  fu  scoperta  da  Colombo  nell'anno  i4°/3,  ma  co^ 
sto  molto  agli  Spagnuoli  il  sottometterla,  essendo  i  suoi  abitatori 
un  popolo  fiero,  valoroso  e  amante  estremamente  della  libertà; 
ma  alla  fine  vi  riuscirono,  e  non  solamente  la  conquistarono,  ma 
ne  distrussero  affatto  gl'indigeni,  S.  Giovanni  di  Porto-Ricco  è  la 
capitale  dell'isola*,  essa  è  situata  in  un' isoletta  della  costa  setten- 
trionale ,  unita  alla  terra  per  mezzo  di  una  diga  ,  e  che  forma 
un  porto  eccellente.  Essa  è  grande,  ben  fabbricata  e  più  popo- 
lata della  maggior  parte  delle  città  Spagnuole.  Nella  parte  a  Li- 
beccio della  città  è  una  fortissima  cittadella,  che  la  domina  a  un 
tempo  e  la  difende  j  la  bocca  del  porto  è  proletta  da  un  ben 
fortificato  castello. 

Drake  e  Cumberland  a  Porto-Ricco. 

Nell'anno  i5g5  il  cavaliere  Francesco  Drake  bruciò  tutti  i 
bastimenti  ch'erano  nel  porto}  ma  vedendo  impossibile  il  conser- 
tare il  posto,  non  fece  tentativo  alcuno  per  impadronirsene.  Tre 
anni  dopo  il  conte  di  Cumberland  prese  l'isola  ,  ed  ebbe  qual- 
che intenzione  di  ritenerla,  ma  avendo  perduto  in  un  mese  4°° 
de'suoi  per  una  malattia  contagiosa  ,  si  determinò  d'andarsene  , 
portando  seco  70  pezzi  di  cannone  e  un  immenso  bottino  in  ar- 
gento. Nel  1 61 5  gli  Olandesi  mandarono  una  grossa  flotta  con- 
tra  Porto-Rico  ,  ma  con  poco  profitto  |  poiché  presero  sola- 
mente e  saccheggiarono  la  città,  ma  non  polerouo  sottomettere  il 
castello. 


nnGLI    ABITATORI    BELLE    AHTILLB  2Z.J 

Sto  stato  dal  1^65  al    1808. 

Nel  1^65  la  Corte  di  Madrid  porlo  la  sua  attenzione  sopra 
S.  Giovanni  ,  e  trovando  i!  suo  porto  di  tal  capacità  da  poter 
contenere  i  più  grossi  bastimenti  colla  massima  sicurezza,  cir- 
condò di  fortitìcazioni  la  città  che  lo  domina.  I  lavori  furono 
lutti  moltiplicati  veiso  una  lingua  dritta  e  pantanosa,  il  solo  luogo 
ove  la  piazza  poteva  essere  attaccata  dalla  patte  di  terra.  In  que- 
sl' epoca  una  possessione,  che  non  aveva  ricevuto  annualmente 
dal  fisco  che  878,000  lire,  gliene  costò  2,6^4^4^^  c',e  arrivarono 
regolarmente  dal  Messico.  Questo  numerario  eccitò  ad  intrapren- 
dere alcuni  lavori.  Nello  stesso  tempo  1'  isola  che  era  stata  fin 
allora  ne'  legami  del  monopolio,  potè  ricevere  tutti  i  navigatori 
Spagnuoli.  Questi  due  mezzi  uniti  tolsero  Porto-Rico  dal  suo 
stato  di  nullità.  La  sua  decima,  che  prima  del  1765  non  rendeva 
che  81,000  lire  giunse  alle  23o,4i8.  Nel  geonajo  del  1778  Poi- 
lo-Ricco  contava  80,660  abitatori,  dei  quali  653o  solamente  erano 
schiavi.  Noi,  dice  Menlelle  (1),  non  conosciamo  paratamente  i 
progressi  di  questa  colonia  dopo  il  1  778,  cioè,  dopo  lo  stabili- 
mento del  commercio  libero  fra  la  Spagna  e  le  sue  colonie. 

Ma  nella  Geografia  Universale  di  MallerBrun  (2)  troviamo 
che  la  popolazione  di  Porto-Rico  montava  dieci  anni  fa  a  i36m. 
persone,  delle  quali  soJe  1701.  erano  Negri.  Siccome  quest'  isola, 
egli  prosegue,  grazie  ad  alcuni  destri  governanti,  rimase,  intatta 
dal  contagio  rivoluzionario,  così  è  divenuta  1'  asilo  di  parecchie  mi- 
gliaja  di  coloui  fedeli.  La  rendita  vien  ora  valutata  4'3,ooo  frau- 
chi ,  e  la  spesa  1,48/1,000,  anzi  talvolta  la  spesa  oltrepassò  i  due. 
milioni  (3). 
féltri  luoghi  rimarcabili  dell'isola* 

Gli  altri  oggetti  topografici  di  quest'  isola  che  meritano  menzio- 
ne sono  :  1'  Aguadilla,  con  un  porto  aperto  nella  parte  nord-ovest, 
pregevole  per  la  sua  salubrità}  San-Germano  ,  borgo  considera- 
bile abitato  dalle  più  antiche  famiglie  dell'  isola  ,  la  baia  di  Gua- 
t>ica  e  quella  di  Guayauilla,  posta  sulla  costa  meridionale  ,  ed 
opportuna  a  grandi  stabilimenti,  e  Fexardo  borgo  aiuenissimo  sulla 
costa  oiientale. 

(1)  Gèographie  Universelle ,  tom.  XV.,  pag.  5i   etc 

(a)  Tom.  V.  pag.  745. 

(ì>)  Ledili,  Voyage  au  Ténériffe,  PortoRico  eie  pag.  iSj. 


2.U.S  COSTUME 

Isola  di  Biequen. 

A  cinque  leghe  dal  Gapo-Pinero  che  è  la  punta  orientale  del- 
l'isola ,  si  scorgono  le  alture  verdeggianti  e  beue  boscate  dell'  isola 
di  Biequen  disabitata,  ma  sulla  quale  pretende  d'  aver  diritto  la 
Spagna. 
Isole  Bahama  o  Lucaje. 

Premetteremo  alla  descrizione  delle  picciole  Antille  quella 
delle  isole  Bahama  o  Lucaje,  che  stendonsi  nel  sud-est  della  Fio- 
nda, dalla  quale  sono  separate  da  una  rapida  e  larga  corrente  di 
mare,  che  chiamasi  golfo  di  Florida,  o  nuovo  canale  di  Bahama. 
Il  vecchio  canale  di  Bahama  la  separa  dall'isola  di  Cuba.  Ve  ne 
lia  circa  5oo  ,  alcune  delle  quali  non  sono  che  nudo  sasso  ;  ma 
dodici  in  particolare  sono  grandi  e  fertili,  ed  il  loro  terreno  non 
differisce  da  quello  della  Carolina. 
Lucaje  divise  in  tre  classi. 

Quantunque  tutte  queste  isole  che  guidarono  Colombo  alla  sco- 
perta dell'  America  sieno  state  comprese  sotto  la  generale  deno- 
minazione di  Lucaje  ,  sono  però  state  distinte  in  tre  classi.  La 
prima  contiene  quella  che  stendesi  al  levante  dell'isola  di  Ba- 
hama e  dal  canale  che  da  questa  ha  nome;  la  seconda  contiene 
quelle  che  ordinariamente  vengono  chiamale  gli  Organi,  i  Martiri 
e  le  Caje  o  Cajiche  ,  e  sono  tanti  scogli  pericolosissimi  ai  navi- 
ganti; la  terza  contiene  quelle  che  diconsi  Tartarughe,  Tortaes. 
Herrera  e  Laet  hanno  notale  non  poche  particolarità  riguardanti 
quest'isole,  e  noi  non  ometteremo  di  riferire  almeno  quelle  che 
riguardano  le  principali. 
Alcune  particolarità  riguardanti  le  principali. 

Abacoa,  posta  in  mezzo  alle  sabbie  e  agli  scogli  di  Binimi,  è 
lunga  dodici  leghe  e  larga  sei.  Al  levante  d'essa  è  Athacambey  , 
della  quale  s'  ignora  la  precisa  estensione.  Bahama  è  lunga 
tredici  leghe  e  larga  otto  :  il  canale  cui  essa  diede  il  suo  nome 
è  largo  sedici  leghe  e  lungo  quarantacinque  fino  al  capo  della 
Florida.  Bimini,  lunga  cinque  leghe,  e  cinta  di  sabbie  e  di  sco- 
gli che  da  essa  han  nome,  è  quella  di  cui  Giovanni  Ponce  andò 
in  traccia  per  cercarvi  la  famosa  fortuna,  le  cui  acque  ,  siccome 
egli  supponeva,  avevano  la  virtù  di  far  ringiovanire  i  vecchi.  Al- 
l'estremità degli  scogli  di  Bimini  è  Mimbras,  peri  colosissima  per 
chi  passa  il  canale  di  Bahama.  Le  Caje  o  Cajiche  sono  parecchie 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  22C) 

ìsole  situate  in  cerchio  ,  e  divise  le  une  dalle  altre  da  molti  ca- 
nali ,  e  al  levante  da  sabbie  assai  estese.  Lucajonecca  è  la  più 
grande  e  l'ultima  delle  Lucaje  dalla  parte  di  tramontana.  Gua- 
nahani  è  la  pinna  isola  del  Nuovo-Mondo  ,  che  Colombo  scopiì 
e  chiamò  San-Salvadore.  Guanima,  che  ne  è  sette  leghe  dislaute, 
fu  da  Colombo  chiamata  Santa-Maria  della  Concezione}  è  assai 
pericoloso  1'  accostarvisi  a  cagione  degli  scogli  e  de'  banchi  di 
sabbia:  ma  1' interno  suo,  abbondante  d'acqua  viva,  è  bello  ed 
è  fertile. 

Sotto  la  denominazione  de'  Martiri  ,  s?  intende  un  ammasso 
d'isolette  o  di  scogli,  che  si  stendono  tra  levante  e  ponente  innanzi 
alla  punta  meridionale  della  Florida -,  ed  hanno  tratto  il  nome 
dall'apparenza  che  preodono  a  chi  comincia  a  vederli,  che  è 
quella  di  tanti  uomini  attaccati  al  patibolo.  Ma  più  che  per  que- 
sto, sono  famosi  pei  naufragj  infiniti  che  vi  succedono.  Mira-por- 
vos  ,  che  è  lo  stesso  che  dire  Guardati  ,  è  il  nome  dato  dagli 
Spagnuoli  a  tre  ìsole  poste  in  triangolo,  fra  sabbie  e  scogli,  poco 
distanti  da  Yameto  ,  isola  che  è  precisamente  sotto  il  tropico , 
lunga  circa  i5  leghe  al  mezzodì  di  Yuma.  Yuma  vicinissima  a 
Guanima  ha  20  leghe  di  lunghezza  e  otto  di  larghezza.  Saomoto 
è  la  quarta  delle  isole  scoperte  da  Colombo  ,  dal  medesimo  no- 
minata Isabella. 

Le  Tartarughe  sono  sette  0  otto  piantate  in  cerchio  al  ponente 
dell' ultima  punta  della  Florida  ,  e  distanti  per  retta  linea  36  le- 
ghe dal  Porto  dell'Avana.  Veja  è  un'ammasso  d' isolette  vicinis- 
sime le  une  alle  altre,  e  poste  tra  scogli  e  sabbie.  Gli  Spagnuoli 
le  hanno  chiamate  Los-baixos-de-Babucca. 

Quando  Colombo  capitò  nel  mar  delle  Antille,  le  Lucaje  era- 
no, almeno  in  parte,  piene  di  abitatori*  ma  essi  sparirono,  morti 
o  sotto  il  ferro  o  sotto  la  schiavitù  degli  Spagnuoli  ,  i  quali  a 
mano  a  mano  che  colle  loro  crudeltà  spopolavano  Haiti  ,  andavano 
cercando  nelle  Lucaje  vittime  da  sostituire.  Erano  dunque  da  lun- 
go tempo  tutte  le  Lucaje  senza  abitatori  •,  né  molto  adescavano  la 
curiosità  de' navigatori  a  cagione  de' troppi  pericoli,  che,  volen- 
dosi approssimate  alle  medesime  ,  s'  incontravano  ,  quando  una 
tempesta  gittò  sulla  principale  tra  quelle  che  stanno  nel  canale  di 
Ballatila  nn  vascello  Inglese.  Veleggiava  questo  verso  la  Carolina, 
ed  era  condotto  da  un  capitano  chiamato  Guglielmo    Sayle.    Es- 


•2,3o  COSTUME 

sendosi  ivi  riparalo  dal  disastro  sofferto,  non  mancò  di  prenderne 
cognizione,  e  le  diede  il  suo  nome. 

Isola  della  Provvidenza. 

Pare  però  che  nel  ritorno  soffrisse  presso  la  medesima  un  ntvo» 
vo  naufragio,  e  che  in  essa  trovasse  salute:  ond'  è  che  d'allora 
in  poi  la  chiamò  l'isola  della  Provvidenza,  e  l'annunciò  sotto  Ini 
nome  appena  giunto  in  Inghilterra.  La  Compagnia  de' Signori  di- 
venne poi  proprietaria  dell'isola  e  delle  altre  del  contorno  ,  ma 
gli  Spagnuoli  che  da  treni'  anni  erano  furenti  veggendo  gli  In* 
glesi  stabilirsi  verso  il  mezzodì,  assaltarono  l'isola  della  Provvi- 
denza ,  vi  distrussero  tutte  le  provvigioni  che  non  poterono  portar 
via,  abbruciarono  le  abitazioni,  e,  caricato  avendo  il  Governatore 
di  catene  ,  finirono  col  'trucidarlo.  Gli  abitatori  dell'  isola  si  di- 
spersero per  le  altre  colonie  Inglesi ,  ed  essa  seguitò  a  rimanere 
deserta  sino  ai  tempi  procellosi  della  rivoluzione  d'  Inghilterra-, 
nella  quale  occasione  molti  malcontenti  andarono  a  rifuggirsi  nel- 
1'  isola  della  Provvidenza.  Per  la  qnal  cosa  alzandosi  a  nuove 
speranze  la  Compagnia  di  quelli  che  l'aveano  dianzi  acquistata, 
mandò  certo  Jones  affinchè  desse  buon  ordine  alla  colonia.  Jones 
giunto  colà  nel  1690  vi  fu  ricevuto  senza  resistenza,  ma  costui, 
tendendo  a  governare  il  paese,  secondo  il  suo  solito  arbitrio-,  sì 
attribuì  tutte  le  prerogative  reali ,  e  per  procacciarsi  un  appoggio, 
invitò  i  corsari  a  farsi  del  porto  dell'  isola  un  luogo  di  lor  riti- 
rata. Ma  le  gravi  ingiustizie  e  violenze  ch'egli  commetteva  non 
potevano  sostenersi  più  a  lungo }  onde  gli  abitatori  dell'isola  s'al- 
zarono finalmente  a  tumulto  e  Io  cacciarono  in  una  stretta  pri- 
gione. I  corsari  però  e  la  mala  gente  da  lui  protetta  entrarono  a 
mano  armata  nell'isola  e  scarceratolo,  il  ristabilirono  Dell'  eserii- 
tio  della  sua  carica.  In  questo  mezzo  venne  un  certo  Trott  da 
Londra,  fatto  nuovo  Governatore  dell'isola}  il  quale  col  mezzo 
delle  forze  che  si  recò  seco  si  fece  tosto  riconoscere  e  temere. 
Ma  checché  fosse  del  carattere  di  Trott ,  il  primo  atto  di  autorità 
ch'egli  esercitò  fu  di  accoidare  a  Jones  la  impunità  e  la  libertà 
di    partirsi  dall'isola. 

Nassau  città  della  suddetta. 

Ad  onta  di  tanti  sconcerti  la  colonia  avea  non  mediocremente 
prosperalo^  ed  era  sorta  la  principale  borgnta  sua  sotto  il  nome 
di    Nassau  come    una    nuova    città   avente    fin  d'  allora    i5o    case. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    A\TILLE  2.)l 

Trott  vi  ediGcò  un  forte.  Accadde  ancora  che  la  città  di  Nassau 
fu  rinforzata  di  popolo  pel  naufragio  che  nel  1695  sofffi  un  va- 
scello reale,  il  quale  ritornando  dalla  Giamaica  si  era  rotto  con- 
tro le  isole  dei  Martiri,  e  la  gente  che  se  ne  salvò  stabilì  appunto 
ivi  la  sua  dimora.  Ma  gli  abitatori,  abituatisi  nel  commercio 
de'  Flibustieri ,  contrassero  il  gusto  di  cercare  la  ricchezza  nella 
pirateria:  quindi  i  Francesi  e  gli  Spagnuoli  hanno  riguardata  Pi- 
sola della  Provvidenza  come  nemica  del  loro  commercio.  Essa 
nel  17 13  fu  saccheggiata  da  una  squadra,  la  quale  abbruciò  la 
città  di  Nassau,  imprigionò  il  Governatore,  e  trasportò  altrove 
una  parte  de' Negri  introdotti  per  ampliare  varj  rami  di  coltiva- 
zione. Né  quella  fu  la  sola  volta  che  venne  orribilmente  guastata. 

Quando  nel  1719  vi  fu  mandato  Governatore  il  capitano 
Wodes  Rogers ,  il  quale  incominciò  dal  cacciarne  tutti  i  corsari} 
e  in  pochi  anni  rimise  in  buono  stato  la  città  di  Nassau,  che 
presto  giunse  ad  avere  quasi  4oo  case.  D'allora  in  poi  l'isola  della 
Provvidenza  ebbe  coltivazione  e  commercio,  e  alcune  altre  creb- 
bero anch'esse  di  popolo  e  d'industria.  Le  Lucaje  guadagnarono 
tanto  nella  perdita  che  la  Gran-Brettagna  fece  delle  sue  colonie 
del  continente  settentrionale,  quanto  nella  grande  estensione  presa 
dal  suo  commercio 
Abitatori. 

La  popolazione  delle  Lucaje  ora  ammonta,  secondo  Malte- 
Brun  ,  a  circa  dodicimila  persone.  1  Lealisti  degli  Stati-Unitivi 
si  stabilirono  in  gran  numero.  I  Negri  sono  colà  ben  trattati  dai 
loro  padroni  che  li  sopravvegghiano  in  persona}  non  vi  sono  in- 
spettori, e  per  naturale  conseguenza  non  vi  si  ode  sì  sovente  lo 
scoppiettare  della  frusta  insanguinata.  Si  assegna  ai  Negri  un  la- 
voro proporzionato  alle  loro  forze,  e  la  buona  loro  condotta  prova 
che  sono  degui  di  un  sì  umano  trattamento  (1). 
Produzioni. 

Si  esporta  da  quest'isole  un  po'di  cotone,  d'indaco  e  di  ta- 
marindo, molte  frutta  ,  specialmente  limoni,  aranci,  ananas ,  ba- 
nane, uova  di    testuggine,    ambra-grigia,    mogano,   campeggio   e 

(r)  Mac-Kinnen,  Toyage  aux  iles  du  Vent  et  aux  ìles  Bahama.  Lon- 
don, 1804.  "Vedi  altresì  il  Tableau  des  positions  géographiques  de  V Ame- 
rique}  in  seguito  al  detto  libro. 


2,32  COSTUME 

fernambuco.  In  tempo  di  guerra  gli  abitatori  guadagnano  conside- 
labilmente  pel  numero  di  prede  che  vengono  in  esse  condotte,  e 
sempre  poi  pei  naufragi  che  son  frequenti  in  quel  labirinto  di 
sirli  e  di  scogli. 

Le  isole  Turche  o  Calche,  all'uscita  di  San-Domingo,  sono 
occupate  dagli  Inglesi,  ed  anche  fortificate.  Ritorniamo  alle  Au- 
tille  propriamente  dette. 

Isole  delle  Vergini. 

Anegada,  Virgin-Gorda  e  Tortola  ,  sono  le  principali  isole 
possedute  dagli  Inglesi  nell1  Arcipelago  delle  vergini,  a  levante 
di  Porto-Rico.  Il  terreno  è  poco  fertile  ,  ma  il  commercio  di 
contrabbando  con  Porto-Rico  è  di  grande  importanza.  QuelP  i- 
sole,  nel  1788,  non  avevano  che  1200  abitatori  Bianchi  e  gooo 
Negri. 

Antille  Danesi. 

I  Danesi  non  sono  entrati  nella  carriera  del  commercio  che 
dopo  gli  Spagnuoli,  i  Francesi,  gli  Inglesi  e  gli  Olandesi.  Tro- 
varon  quindi  il  Nuovo-Mondo  già  diviso  fra  le  altre  potenze,  né 
poterono  ottenere  che  a  slento  alcune  picciolo  porzioni  di  quel 
ricco  bollino^  ma  nulla  fu  da  essi  trascurato  per  dare  a  qne1  pic- 
cioli possedimenti  ,  lulto  il  valore  di  cui  potevano  essere  su- 
scettibili. 

Isola  di  Santa-Croce. 

In  conseguenza  le  Indie  Occidentali  non  posseggono  un  pezzo 
di  terra,  tranne  Antigoa  e  la  Barbaba  che  sia  meglio  coltivata  e 
che  proporzionatamente  produca  più  dell'  isola  Danese  di  Santa- 
Croce.  Presenta  poi  anche  da  una  quindicina  d'anni,  il  modello 
di  un1  ottima  polizia,  e  lo  stato  dei  Negri  fu  colà  riformato  nel 
più  savio  modo.  Christianstad,  vicino  alla  punta  orientale  dell'isola, 
è  la  capitale. 

Isola  di  S.   Tommaso. 

L'isola  di  S.  Tommaso  è  piuttosto  un  posto  di  commercio.  La 
superficie  di  quest'  isole  e  delle  isolette  che  ne  dipendono,  non  è 
che  dalle  36  alle  4°  leghe  quadrate:  la  popolazione  è  di  circa 
mille  anime  per  lega  quadrata,  e  la  rendita  netta  versata  nella 
cassa  del  Re,  è  di  di  ioom.  risdalleri  (400nì"  franchi)  secondo  la 
statistica  del  signor  Thaarup.  Lo  zucchero  di  Santa-Croce  è  con- 
siderato della  miglior  qualità,  ed  il  rhum  è  pari  a  quello  della 


DEGLI    ABITATORI    DELLE     AlN'TILLE  l33 

Giamaica.  L'isola  di  Sanla-Croce  è  stala  comperala  dalla  Francia 
per  i6om.  risdalleri  (720,000  franchi)}  al  dì  d'oggi  trovansi 
parecchie  piantagioni  che  vendonsi  il  doppio  prezzo.  S.  Tommaso 
ha  un  ottimo  porto  capace  di  cento  navi  di  linea.  Vasti  magaz- 
zini ricevono  colà  giornalmente  le  meYci  dell'  Europa  e  degli 
Stati-Uniti. 
Isola  di  S.  Giovanni. 

La  picciola  isola  di  S.  Giovanni  ha  bollissimo  il  clima  ed  il 
terreno^  ma  la  coltivazione  non  vi  fece  ancora  grandi  progressi: 
la  rada  è  buona  e  fu  anche  chiamata  porto  da  qualche  autore. 
Secondo  Oxholm  ,  la  totalità  del  terreno  dell'  isole  Danesi,  è  di 
7i,453  acri  Inglesi^  32,oi4  dei  quali  sono  piantati  di  cannamele 
e  i358  di  cotone  ,  che  sono  i  due  generi  principali  di  coltiva- 
zione (1). 
Isola  delV  Anguilla. 

L'isola  Inglese  dell'Anguilla  è  tutta  piana  :  essa  venne  così 
chiamala  dalla  forma  di  una  lingua  di  terra  lunga,  stretta  e  pie- 
gata in  più  sensi  :  i  suoi  poco  numerosi  abitatori  si  occupano  d'al- 
levarne il  bestiame  e  di  collivore  le  campagne  che  danno  eccellente 
tabacco. 
Isola  di  S.  Martino. 

S.  Martino  racchiude  meri  terreno  di  quello  che  promette  la 
sua  dimensione,  perchè  le  coste  sono  frastagliate  di  baje  e  slagni. 
L'interno  è  montuoso,  il  terreno  leggiero,  pietroso  e  soggetto  a 
frequenti  siccità.  Una  palude  salsa  dà  un  utile  annuo  che  vieti 
valutato  ioom.  scudi.  Gli  abitatori  sono  quosi  tutti  d'origine  In- 
glese, ma  la  Francia  ne  possedè  la  metà  e  l'altra  metà  l'Olanda. 
Quest'  isola,  quantunque  senza  porti  e  senza  fiumi,  e  col  soccorso 
solo  di  cisterne  e  di  pozze  salmastie  ,  era  stala  messa  a  coltura 
dagli  Spagnuoli,  i  quali  vi  1  ai  coglievano  Oriana,  tabacco,  indaco, 
piselli  e  manioco.  Non  si  sa  perchè  gli  Spagnuoli  nel  1648  si 
risolvessero  di  abbandonarla. 

Gustavo  III  avendo  osservato  i  vantaggi  mercantili  che  ritraeva 
la  Danimarca  dalle  sue  isole,  volle  procurare  alla  Svizia  un  pos- 
sedimento nelle  Indie  Occidentali. 

(1)  Oxholm,  Etat  des  Antilles  Danoises.  Copenhague,  1798,  West, 
Méaioires  sur  les  ìles  de  Sjnl-Croix  etc.  Copcnhague,   1801. 


2,34  CO«TUtóÈ 

Isola,  di  S.  Bartolommeo. 

In  conseguenza  ottenne  dalla  Francia  Tanno  1784  l'isola  di 
S.  Bartolommeo,  situata  fra  le  isole  Inglesi  di  San  Cristoforo  e  del- 
l'Anguilla^ e  l'isola  Olandese  di  S.  Eustachio.  Questa  posizione  fa- 
cilita il  commercio  di  contrabbando.  Il  terreno  sebben  montuoso, 
manca  assolutamente  d'acqua:  vi  riesce  assai  bene  il  coione.  Se 
ne  esportano  anche  cassia,  tamarindo  e  legno  di  sassafrasso.  La 
vegetazione  è  in  generale  molto  più  ricca ,  e  mollo  più  varia 
che  non  parrebbe  permetterlo  la  grande  siccità  del  suolo.  Que- 
st'isola è  battuta  da  violentissimi  colpi  di  vento.  Gustavia  ,  ca- 
pitale ed  unica  città  dell'isola,  è  fabbricata  sul  porto  detto  il 
Carenaggio,  e  quantunque  non  sia  accessibile  a  bastimenti  che 
peschino  più  di  nove  piedi,  esso  però  può  contenerne   cento  (1). 

Antille  Olandesi. 

Gli  Olandesi  considerano  le  loro  isole  come  depositi  di  com- 
mercio, e  soprattutto  di  commercio  di  contrabbando  coi  sudditi 
delle  altre  potenze  ;  nella  Gujana  avevano  essi  concentrati  tulli  i 
loro  stabilimenti  di    coltivazione» 

Isola  di  S.  Eustachio. 

L'isola  di  S.  Eustachio,  la  quale  non  ha  che  due  leghe  di 
lunghezza  ed  una  di  larghezza,  è  formata  di  due  montagne  che 
lasciano  fra  l' una  e  l'altra  una  strettissima  valle.  La  sommità 
orientale  è  un  antico  cratere  di  vulcano  senza  lava,  e  circondato 
solamente  di  pietra  pomice  pesante  e  di  rocce  di  gneiss  (2). 
Sebbene  l'isola  manchi  di  fiumi  e  di  sorgenti,  vi  si  coltiva  ta- 
bacco e  un  po' di  zucchero.  Dicesi  che  gli  abitatori  ammontino 
a  5ooo  Bianchi,  600  uomini  di  colore  ed  800  schiavi. 

Come  divenne  proprietà  degli  Olandesi. 

Alcuni  Francesi  cacciati  da  San-Gristoforo  andarono  nel  1626 
a  stabilirsi  in  quest'isola^  ma  scelsero  imprudentemente  un  silo 
sì  cattivo  per  ogni  rispetto^  che  dovettero  abbandonarla.  Nel 
i63g  v'erano  Olandesi,  i  quali  non  è  noto  come  è  quando  vi 
frustro  andati.  E  noto  solamente  che  gli  Inglesi  ne  li  cacciarono  } 
che     Luigi    XIV    cacciò    questi}  e  che  nei    negoziati    di    Breda , 

(1)  Euphrasen,  Voyage  à  Saint -Barthelemy,  fait  aux  fiais  de  l'Acadé- 
line  de  Stokolrn  ,  1798. 

(a)  lsert }  Yoyage  à  la  Guinee,  pag.  320. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTlLLE  235 

quantunque  gli  Olandesi,  allora  alleati  di  quel  re,  facessero  ogni 
sorta  d'uffi'j  perchè  l'isola  di  S.  Eustachio  fosse  loio  restituita, 
il  Monarca  Francese  volle  però  conservarla  come  sua  conquista  , 
e  ,  con  chi  usa  la  pace,  ne  fece  dono  agli  Olandesi  senza  conside- 
rare ch'essa  era  un  antemurale  sicuro  per  conservare  San-Gii- 
stoforo. 
Isola  di  Saba. 

Più  picciola  di  S.  Eustachio  è  l'isola  di  Saba,  che  le  è  assai 
vicina  ,  e  a  cui  deve  i  suoi  primi  coloni.  Essa  seni  hi  a  a  prima 
vista  un  nudo  scoglio,  ha  circa  cinque  leghe  di  circonferenza,  ed 
è  circondala  da  un  mar  basso  che  non  permette  ch>'  alle  scia- 
luppe di  accostatisi.  Dopo  essere  sbarcato  sulla  spiaggia  convien 
rampicarsi  in  mezzo  ai  precipizj  Giunti  sull'alto  trovasi  una 
bella  valle  ove  frequenti  piogge  fanno  lussureggiare  la  vegeta- 
zione. In  nessuna  parte  delle  Antille  v'ha  erbaggi  e  frutta  di 
miglior  sapore  che  in  questa  isoletta.  Un'aria  purissima  vi  man- 
tiene la  salute  e  le  donne  vi  conservano  quel  fresco  colorito  che 
si  desidera,  e  che  si  cerca  invano  nelle  altre  Antille.  Semplici  ed 
eleganti  abitazioni  sono  altrettanti  tempj  sacri  alla  felicità  dome- 
stica. Gli  abitatori  coltivano  un  poco  d'  indaco  e  di  cotone  che 
filano:  essi,  come  riferisce  il  P.  Labat,  si  procacciano  un  agevole 
mantenimento  facendo  scarne,  nelle  quali  consiste  il  loro  traffico 
principale. 
Isole  Inglesi  Sottovento. 

Quivi   la  catana  delle  Antille  diventa  doppia}    la    B.irbada    e 
l'Antigua   ne  formano  1'aue'lo  orientale. 
Antigua  o  Antigoa. 

Antigua  o  Antigoa  è  situata  al  grado  64  ?'  di  longitudine  oc- 
cidentale, ed  al  17  di  latitudine  settentrionale.  Essa  è  cinta  dap- 
pertutto di  scogli  che  ne  rendono  l'accesso  difficile}  ha  una  forma 
circolare  e  quasi  selle  leghe  di  estensione  in  tutte  le  direzioni. 
Quest'isola  ,  che  riguardavasi  un  tempo  come  inutile,  è  al  pre- 
sente una  delle  più  importanti.  Fu  scopetta  dal  Cavaliere  Tom- 
maso Warner  nel  1623  quasi  nello  stesso  tempo  che  quella  di 
San-Csistoforo-  e  nel  i636  vi  si  stabilirono  alcune  famiglie  In- 
glesi; e  furono  esse  il  fondo  su  cui  calcolò  Lord  Willoughby  di 
Farham  ,  quando  nel  i663  avutane  l'investitura  da  Carlo  II, 
prese  a  voli-rvi  stabilite  nel   1666  una  colonia  di  qualche  iinpor- 


a  36  costume 

tanza.  Antìgoa  si  andò  popolando  a  poco  a  poco,  e  deve  il  suo 
splendore  al  Colonnello  Codringlon,  il  quale  ne!  1680 ,  divenuto 
Governator  generale  dell*  isole  di  Sottovento,  la  scelse  per  resi- 
denza. Il  figliuolo  di  Coirington  non  contribuì  meno  del  padre 
alla  prosperità  della  colonia  }  ma  succedettero  a  lui  nel  governo 
della  medesima  altri  che,  abusando  dell'  autorità  ,  turbarono  le 
cose }  e  poco  mancò  che  la  colonia  non  andasse  in  rovina.  Ciò  fu 
singolarmente  nel  ijio  essendo  Governatore  un  certo  Park,  uomo 
che  non  ebbe  misura  nelle  sue  ingiustizie  e  violenze,  tanto  per 
accumulare  somme  ricchezze,  quanto  per  snziare  la  sua  libidine. 
Seduttore  di  tutte  le  donne  dell'isola ,  crudelmente  imprigionando 
mariti  e  padri  se  osavano  alzare  un  lamento,  una  ne  avea  ra- 
pita a  forza,  e  pubblicamente  viveva  con  essa  sotto  gli  occhi  dello 
sposo.  Sì  turpe  sfacciataggine  eccitò  la  sollevazione  \  per  la  qual 
cosa  in  pieno  giorno,  assaltalo  da  una  mano  di  abitatori,  fu 
trucidato ,  e  cacciato  nudo  cadavere  sulla  strada,  ove  quelli,  le 
cui  spose  e  figliuole  avea  disonorato,  il  misero  rabbiosamente  in 
pezzi. 

Il  porto  d'  Antigoa  chiamato  English-Harbour^  è  il  cantiere 
più  atto  e  sicuro  pel  trattamento  della  marina  reale  iu  quei  mari. 
Dicesi  che  da  sei  anni  il  numero  degli  schiavi  siasi  ridotto  da 
38m.  a  36m.  mentre  invece  la  popolazione  libera  aumentò  da 
2590  a  3ooo  (i)"  S.  Giovanni  residenza  ordinaria  del  Governa- 
tore dell'isole  Inglesi,  dette  Sottovento,  è  il  porto  che  fa  mag- 
gior commercio. 

In  Antigoa  hanno  prosperato  più,  che  in  ogni  altra  isola  In- 
glese di  quelle  di  Sottovento,  i  bestiami.  Ivi  s'  incominciò  dal 
coltivare  lo  zucchero,  l'indaco,  lo  zenzero  e  il  tabacco.  Lo  zen- 
zero e  1'  indaco  fuiono  poscia  trascurati  per  dare  ogni  cura  al 
tabacco  e  allo  zucchero}  e  quest'  ultimo  che  da  prima  era  di  bas- 
sissima qualità,  per  le  cure  usatevi,  oggi  è  buono  quanto  quello 
della  Barbada. 
La  JBarbuda  o  Barbuthas. 

La  Barbuda  35  miglia  a  tramontana  d'  Antigoa,  è  lunga  sette 
leghe  e  larga  altrettante.  Essa  é  fertile  ed  abbonda  di  bestiami, 
capretti,  majali  e  fruita }  le  noci  di  cocco  vi  sono  eccellenti.  Pro- 

(1)  Edward  Young,  West-India  commonplace-book 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  23? 

duce  inoltre  cotone,    pepe,  tabacco,  anici,   zenzero  e  cannamele. 
Il  numero  degli  abitatori    ammonta  a   i5oo.    Btrbuda  è  sottopo- 
sta alla  famiglia  Codrington  che  vi  mantiene  un  gran  numero  di 
Negri. 
San-C risto foro. 

L'  isola  di  San-Crisloforo ,  distante  circa  \l\  leghe  da  Antigoa, 
è  lunga  sette  leghe,  e  larga  due.  Gli  indigeni  la  chiamavano  Liam- 
niga  ,  e  il  famoso  Cristoforo  Colombo  che  la  scoperse  per  gli  Spa- 
gnuoli ,  le  diede  il  suo  nome.  Questi  P  abbandona™  no  poscia  come 
indegna  della  loro  attenzione;  e  nel  1626  alcuni  avventurieri 
Francesi  e  Inglesi  se  ne  divisero  amichevolmente  il  possesso  e  vi 
fondarono  alcuni  stabilimenti.  Nella  pace  d'  Utrecht  seguita  nel 
171 2  Pisola  fu  ceduta  interamente  agli  Inglesi. 
Coltivazione. 

Da  principio  il  tabacco  fu  il  genere  di  coltivazione  che  so- 
stenne i  coloni  e  li  mise  in  qualche  agiatezza.  Ma  siccome  la 
quantità  ne  fece  abbassare  il  prezzo ,  così  si  formarono  piantagioni 
di  zucchero,  di  zenzero,  indaco  e  di  cotoue.  Con  questi  mezzi, 
essendo  propizj  e  suolo  e  cielo,  presto  la  colonia  sarebbesi  al- 
zata a  grande  fortuna  se  non  fosse  venuta  la  guerra  a  rovinarla. 
Vuoisi  che  la  particolarità  dell'aria,  delle  fratta  e  d'ogni  ali- 
mento proprio  di  quell'isola  abbia  influito  a  dare  ai  costumi  dei 
Francesi  di  San-Cristoforo  una  certa  pulitezza  di  moJi,un  certo 
contegno  temperato  di  cortesia  e  di  gravità  ,  per  cui  nelle  An- 
tille  distinguevansi ,  passando  per  proverbio  la  nobiltà  di  San- 
Crisloforo,  come  passarono  per  proverbio  i  borghigiani  della  Gua- 
dalupa,  i  soldati  della  Martinica  e  i  villani  della  Grauada. 
Abitatori  ec. 

Ivi  poi  tutti  gli  abitatori  di  sangue  Francese  e  Inglese  sono 
generalmente  ben  formati.  Le  donne  hanno  un  colorito  mirabile, 
e  regolari  e  belle  fattezze,  e  lo  spirito  e  la  vivacità  sono  qualità 
comuni  ad  ambi  i  sessi,  non  meno  che  lo  è  un  certo  squisito 
gusto  che  scorgesi  perfino  nella  coltivazione  de' terreni  e  dell'or- 
dinamento delle  loro  abitazioni.  Ma  sì  bel  paese  è  spesso  fune- 
stato dagli  uragani. 

Porta  quest'isola  fra  gli  Inglesi  il  nome  di  Saint  Ritls  (1):  la 

(1)  Multe-Brun ,  Geugi'.  Unlvers.,  lom.  V.,  pag.  75o. 


a38>  costume 

sua  popolazione  nel    1788    non    era    che    4?000    Bianchi,    3o3 
Mulatti  e   2,6,000  Negri.  Si  esportò  nel   detto  anno  in  zucchero, 
rhum   e  cotone  pel  valore  di  dodici   milioni  di  franchi. 
Nevis  e  Montserrat. 

Le  due  picciole  isole  di  Nevis  e  Montserrat,  fra  San  Cristo- 
foro e  la  Guadalupa  ,  hanno  il  terreno  arenoso  e  leggiero,  ma 
assai  fertile  di  cotone,  tabacco  e  zucchero.  Appartengono  come 
le  tre  precedenti  agli  Inglesi.  Warner  fondatore  della  colonia  di 
San-Crisloforo ,  lo  fu  anche  dell'  isola  di  Montserrat.  Essa  era  slata 
deserta  6110  al  16^2,  e  per  lungo  tempo  stelle  sotto  i  Governa- 
tori di  San-Cristoforo.  E  stalo  osservato  che  dal  momento  che 
Anligoa  cadde  nelle  mani  di  Lord  Willoughby,  Montserrat  co- 
minciò ad  alzarsi,  come  per  emulazione,  superando  l'altra  nei 
suoi  progressi.  Allora  non  aveva  che  700  abitatori ,  e  alla  fine 
del  settecento  non  ne  conlava  meno  di  4i000  Inglesi,  Scozzesi, 
Irlandesi.  Esso  ebbe  spesse  volle  a  dolersi  degli  uragani.  Mont- 
serrat tia  nove  lege  di  circuito  $  1'  isola  di  Ni  vis  non  ne  ha,  che 
sci.  Warner  mandò  nel  1628  a  popolarla  alcuni  pochi  Inglesi,  i 
quali  lasciati  in  pace,  perchè  non  destavano  gelosia  ad  alcuno, 
in  venti  anni  formarono  una  colonia  di  quasi  l\,ooo  anime.  Sotto 
Carlo  II  era  giunta  ad  avere  10,000  uomini  liberi  e  2,0.000  Ne- 
gri \  popolazione  che,  stante  la  tenuità  del  suo  territorio,  par- 
rebbe incredi hile  se  non  si  dovesse  aggiugnere  che  oltre  al  zuc- 
chero, Nevis  faceva  traffico  di  Negri.  Una  squadra  Francese  co- 
mandata da  d'  Iberville^  le  diede  nel  1706  un  gran  gasto  ,  e 
nell'anno  susseguente  venne  rovinata  da  uno  de'  più  terribili 
uragani. 
La  Guadalupa.. 

La  Guadalupa,  chiamata  dagli  indigeni  Karuvera  o  Carric- 
cura,  ebbe  il  suo  nome  dagli  Spagnuoli  i  quali  allorché  la  sco- 
persero ,  la  denominarono  così  per  una  certa  somiglianza  delle 
sue  montagne  con  quelle  della  Guadalupa  di  Spagna.  Alcuni  vo- 
gliono che  il  nome  di  Guadalupa  sia  una  corruzione  di  Àgua  de 
Lopez  con  cui  gli  Spagnuoli  vollero  indicare  1'  eccellenza  delle 
acque  di  quest'  isola.  E-.sa  è  composta  di  due  isole  separate  da 
uno  strettissimo  canal  di  mare.  La  più  orientale  chiamata  Terra 
Grande,  è  lunga  i/j  leghe  e  larga  sei,  l'altra  detta  Terra-Bassa 
ha    i5   leghe  di  lunghezza  e  sette  di  larghezza.   Si     dislingue     la 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  3.3$ 

Terra-Bassa  propria  dalla  sua   parie  più  alta  delta  Cabesterre.  La 
picriola  isola  Desiderade  a   levante,  quella  di  Maria-Galante  al 
sud-est,  ed  il  gruppo  detto  delle  Sante  al  sud   dipendono   dalla 
Guadalupa,  e  fan  parte  del  governo  di  questo  nome. 
Popolazione. 

Se  ne  valuta  la  superficie  20^  o85  ettari  ,  e  la  popolazione 
159,520  anime  (1).  L'anagrafe  del  1788  non  la  faceva  ascendere 
che  a  i3,466  Bianchi,  3,0^4  persone  di  colore,  libere,  85/171 
schiavi  Negri:  in  tutto  101,971  anime,  Sembra  che  l'aumento 
della  popolazione  provenga  dalle  migrazioni  di  San-Domingo. 
Vulcani. 

La  Terra-Bassa  racchiude  parecchi  indi» j  di  fuoco  sotterraneo 
ed  alcune  montagne  vulcaniche,  una  delle  quali  getta  ancora  fu- 
mo, ma  non  fa  più  esplosioni:  chiamansi  la  Solfaneria.  Tro- 
vansi  intorno  tutte  le  produzioni  ordinarie  de' vulcani,  spezial- 
mente la  pirite  solforica  e  la  pietra  pomice.  Presso  Goyave  il 
mare  gorgoglia,  ed  il  Padre  Labat  asserisce  che  vi  si  posson  cuo- 
cere le  uova.  Del  resto  la  Bassa-Terra  presenta  quasi  per  tutto 
un  terreno  gradevolmente  variato  di  colline  ,  boschi  ,  recinti  e 
giardini.  La  Terra-Grande  ha  in  più  siti  il  fondo  sterile  e  pa- 
ludoso. Tutte  le  montagne  vicine  al  mare  sono  composte  di  ma- 
drepore petriBcate  ,  che  hanno  acquistato  la  durezza  della  pietra 
da  fabbrica.  L' isola  Cochon  consiste  interamente  in  madri  pore 
petrificale,  ed  in  avanzi  di  conchiglie  (2). 
Produzioni. 

Nei  recinti  delle  abitazioni  vcggonsi  il  limone  selvatico,  l'al- 
bero che  produce  il  galbanum  (3),  ed  il  campeggio  ,  qualche 
volta  la  poinciana,  la  erythrina-corallodendrum ,  e  la  volkameria 
spinosa  (4).  La  cannamele  viene  assai  alta  e  forte  ,  ma  di  so- 
stanza qualche  volta  troppo  acquea.  Il  caffè  dell'isola  è  meno 
slimato  di  quello  della  Martinica.  Le  api  sono  nere,  e  fanno  un 
mele  assai  liquido  e  porporino  (5). 

(1)  Statistique  generale  de  la  France. 

(2)  Isert,  Voyage  à  la  Guinee  et  aux  ìles  Caraibes,  pag.  328. 

(3)  Calophilum  palaba. 

(4)  Isert ,  pag.  324. 

(5)  Ecco  quanto  ne  riferisce  il  P.  Labat.  »  Le  api  in  questo  luogo 
sono  più  nere  e  più  tonde  delle  nostre  d'Europa,  ma  più  piccole  la  metà, 


^4°  COSTUME 

Città. 

La  città  di  Bassa-Terra  ha  le  slrade  regolari,  ed  ornale  di 
varie  belle  fabbriche.  Passeggiate,  siepi,  giardini,  fontane  contri- 
buiscono ad  abbellirla.  Il  forte  che  la  difende  ,  la  fa  tenere  per 
una  buona  fortezza  anche  in  Europa:,  esso  domina  una  rada  a- 
perta  poiché  la  città  non  ha  altro  poito.  Pointe-à-Pitre  è  il 
capo  luogo  della  Terra-Grande ,  città  ben  fabbricata  e  regolare, 
ma  alcune  paludi  vicine  pregiudicano  alla  salubrità  dell'alia.  Il 
suo  porto  è  spazioso  ed  uno  de1  migliori  d'  America  (i).  Recen- 
temente si  rimproverò  agli  abitatori  una  certa  inclinazione  all'a- 
narchia, quale  avanzo  delle   loro  abitudini  di  corsari. 

La  Desiderada   produce  ottimo  cotone,  ed  a  Maria-Galante  si 
coltiva  in  un  terreno  montuoso  una  buona  quantità  di  zucchero  e 
di  caffè. 
Stabilimento  de'  Francesi  nella  Guadalupa. 

Non  ometteremo  di  dare  qualche  ragguaglio  dello  stabili- 
mento de' Francesi  nella  Guadalupa.  Il  signor  De-Olive,  o  secondo 
il  P.  Labat,  il  signor  De-Loline  loro  luogotenente  a  San-Cristo- 
fnro,  ed  il  signor  Du-Plessis  ,  avendo  fatto  un  contratto  con  al- 
cuni mercanti  di  Dieppe  ,  giunsero  in  quest'isola  nel  i635  con 
una  commissione  della  Compagnia  Generale  delle  isole  d'  Ame- 
rica in  Parigi,  di  dover  fondare  colonie  ed  essere  Governatori  o 
di  questa,  o  della   Domiuica  e  della   Martinica. 

ne  pare  che  abbiano  alcun  pungiglione,  o  seppure  lo  hanno,  è  troppo  de- 
bole per  forar  la  pelle.  Non  hanno  alveari  se  non  nelle  cavità  degli  al- 
beri; la  loro  cera  è  nera,  o  di  un  color  di  porpora  molto  cupo,  e  quegli 
agricoltori  con  tutta  la  loro  arte  non  hanno  potuto  riuscire  a  darle  un 
color  bianco  o  giallo:  e  troppo  tenera  per  farne  candele,  onde  non  viene 
adoperata  che  per  tappare  i  sugheri  delle  bottiglie,  dopo  che  è  stata  ben 
raffinata  ec.  ec. 

In  quest'  isola,  prosegue  il  P.  Labat,  trovasi  un'altra  sorte  di  mosche 
affatto  straordinarie  in  grandezza  e  figura  :  il  signor  Rochefort  le  ha 
scambiate  colle  falangi ,  ed  il  capitano  Dampier  coi  ragni.  Vi  sono  vera- 
mente dei  ragni ,  e  alcuni  forse  tanto  grossi  quanto  il  pugno  della  mano, 
ma  non  velenosi,  ed  i  Francesi  si  guarderanno  bene  dal  distruggerne  la 
specie,  poiché  questi  mangiano  un  insetto  puzzolente  chiamato  ravets  della 
grandezza  e  presso  a  poco  della  figura  di  un  bruco,  ma  un  poco  più  piatto 
e  più  tenero,  che  rode  carta,  pitture  ed  altre  suppellettili ,  e  sporca  do- 
vunque si  posa  con  i  suoi  escrementi  ec.  ec. 

(i)  Labat  ci  presentò  nel  tona.  II.,  pag.  397,  la  pianta  del  forte  e  di 
una  parte  del  borgo  della  Guadalupa. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    AVflLLE  a/jl 

Primi  coloni. 

Essi  sbarcarono  alla  Guadalupa  con  circa  5oo  Francesi.  Erano 
scorsi  appena   pochi  giorni  da   die  vi  cnnn  giunti. 
Ospitalità  generosa   avuta   dagli   indigeni  e  retribuzione  in- 
fame. 
I   Francesi  credettero  di  fare  un  gran   guadagno  cacciando  dai 

o  D  D 

loro  terreni  e  dalle  loro  abitazioni  gli  infelici  die  gli  avevano  sì 
liberalmente  accolti  ,  e  riuscirono  nel  loro  iniquo  disegno  }  ma 
irebbero  in  parte  la  meritata  pena  }  imperciocché  non  restò  loro 
che  un  suolo  devastalo,  abbruciato,  immondo  del  sangue  di  un 
gran  numero  de' loro  compagni.  Coloro  che  sopravvissero  furono 
ìidotli  a  cibarsi  di  cani  ,  topi  e  per  fino  degli  stessi  cadaveri  , 
scontarono  la  perfìdia  e  l' ingratitudine  di  cui  si  eran  rcnduti  col- 
pevoli, e  sarebbero  periti  (ulti  se  non  fosse  giunto  in  loro  ajuto 
nel  1640  il  signor  Augert,  che  riuscì  di  mettere  in  pace  con  essi 
gli  indigeni. 

Le  sofferte  disgrazie  condussero  quei  primi  coloni  a  darsi  alla 
coltivazione  de'  generi  di  prima  necessità  ,  dopo  la  quale  venne 
poi  quella  di  lusso  per  farne  utile  (radico  colla  metropoli.  Il 
buon  esilo  ch'ebbero  le  prime  fatiche  chiamò  alla  Guadalupa 
molti  coloni  di  San-Cristoforo  e  molti  Europei  avidi  di  fortuna. 
E  notabile  spezialmente  la  quantità  di  Olandesi  che  vi  trovarono 
rifugio,  quando  furono  obbligati  a  sgombrare  il  Brasile. 
Come  la  popolazione  vi  crescesse. 
I  Gesuiti  impedirono  che  Du-Parquel  gli  accogliesse  alia  Mar- 
tinica per  la  ragione  ch'essi  erano  eretici:  Uowel  che  governava 
la  Guadalupa,  e  n'era  il  proprietario,.non  ebbe  questo  scrupolo.  Vi 
capitarono  in  pochi  giorni  quasi  mille  persone  tutte  cariche  d'  o- 
ro^  di  argento  e  di  pietre  preziose,  ed  esse  incominciarono  a  di- 
sfarsi di  quelle  ricchezze  per  comperare  quanto  loro  occorreva. 
Per  tutti  questi  mezzi  la  Guadalupa  poteva  lusingarsi  di  presto 
salire  ad  una  sicura  prosperila,  ma  vi  si  opposero  gli  ostacoli 
nascenti  dalla  sua  situazione. 
Cagioni  che  si  opposero  alla  sua  prosperità. 

Esposta  troppo  alle  incursioni  d'avidi  vicini,  che  dominavano 
le  acque  de' contorni,  assai    spesso  si   vide   spogliata    de'  suoi   be- 
stiami, de' suoi   schiavi,  de'suoi   ricolti.  Interne  discordie    inoltre, 
Suscitate  dalla  gelosia  d'  autorità  ,    spinsero  i  coloni    a    trucidarsi 
Cost.  Voi.  //'  deW  America.  16 


1^1  COSTUME 

tra  loro.  Gli  avventurieri  che  passavano  alle  isole,  sdegnando  una 
terra  più  favorevole  all'  agricoltura  che  agli  armamenti  di  mare, 
declinarono  più  volentieri  alla  Martinica  in  grazia  delle  numerose 
e  comode  sue  rade.  Sul  principio  del  passato  secolo  la  Guada- 
ìupa  non  contava  di  popolazione  che  3821  Bianchi,  325  tra  sel- 
vaggi, Negri  e  Mulatti  liberi,  e  6725  schiavi,  per  la  più  parte 
Caribi.  Cinquant'  anni  dopo  però  essa  avea  triplicato  il  numero 
de' Bianchi,  e  contava  4I?I4°  schiavi.  Lo  zucchero,  l'indaco,  il 
caccao  ,  il  tabacco,  il  cotone,  il  caffè  vi  prosperavano  mirabil- 
mente. 

Sue  vicende  posteriori. 

La  guerra  del  x^56  clie  nata  tra  l'Inghilterra  e  la  Francia 
per  la  gelosia  che  eccitavano  nella  prima  i  progressi  delle  Au- 
tille  Francesi,  fece  cadere  la  Guadalupa  nelle  mani  degli  In- 
glesi ,  fu  un  doloroso  colpo  per  la  nazione  che  perdeva  sì  bello 
stabilimento.  Durante  un  assedio  di  tre  mesi  la  Guadalupa  avea 
vedute  distrutte  le  sue  piantagioni,  abbruciati  i  suoi  edifizj,  tra- 
sportali in  gran  numero  i  suoi  schiavi}  e  se  fosse  stata  abban- 
donata dal  nemico,  non  avrebbe  avuto  più  forza  di  risorgere  : 
imperciocché  la  metropoli  non  era  iu  caso  di  soccorrerla.  Fortu- 
natamente per  essa  i  conquistatori ,  pensando  ai  grandi  vantaggi 
che  la  Francia  traeva  dalle  sue  colonie,  si  fecero  solleciti  di  spe- 
dire alla  Guadalupa  vascelli  carichi  di  tante  merci ,  che  queste 
per  la  sovrabbondanza  caddero  a  bassissimo  prezzo,  e  i  coloni 
le  ottennero  inoltre  a  lunghi  termini  di  pagamento.  Era  per  tale 
circostanza  nei  trafficanti  Inglesi  necessità  di  formare  siffatto  cre- 
dito, e  ne  aggiunsero  un  altio  per  ispeculazione  \  e    la    colonia 

ebbe  Negri  per  accelerare  e  moltiplicare  le  produzioni  della  sua 
agricoltura.  Gli  Inglesi  avevano  fondate  grandi  speranze  su  questa 
nuova  conquista  }  ma  infine  il  vantaggio  fu  dei  Guadalupesi,  la 
cui   isola  venne  loro  restituita. 

Bisogna  dire  che  un  gran  vigore  abbiano  ed  essi  ed  il  suolo 
che  lavoravano}  perciocché  quattro  anni  dopo  la  pace,  la  popola- 
zione si  trovò  superiore  a  quella  del  1^55,  e  nel  1768  1'  isola 
riandò  in  ^rancia  generi  per  la  somma  di  quasi  otto  milioni, 
senza  parlare  degli  usciti  di  contrabbando,  e  non  ne  ricevette  che 
per  quattro  e  mezzo.  Gli  effetti  delle  novità  che  il  governo  di 
Francia   introdusse  di  poi  nella  Guadalupa,  dtbbuu  essersi  confusi 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    AflTILLE  2^3 

coi  liisli  avvenimenti    della    rivoluzione  ,   per   la    quale     lulte    le 
Antille  Francesi  abbandonale  a  se  stesse    caddero  o  negli    orrori 
dell'-anarchia  e  della  guerra   interna,  o  nelle  mani  dell'eterna  ne- 
mica d'ogni   loro  proprietà. 
La  Dominica, 

La  Duminica  posta  fra  la  Guadalupa  e  la  Martinica  ,  venne 
cosi  denominata  dall' esserne  stata  fatta  la  scoperta  in  giorno  di 
domenica.  Essa  è  lunga  circa  nove  leghe  e  larga  quadro:  ha  il 
suolo  magro  e  più  adattato  a  coltivarvi  il  caffè  che  lo  zucche- 
ro (i).  Sonovi  nondimeno  parecchi  ruscelli  di  buon'acqua  ,  nei 
quali  si  prende  ottimo  pesce,  ed  i  poggi,  da  cui  scendono,  pro- 
ducono i  più  begli  alberi  dell'Indie  Occidentali.  Avvi  anche  una 
miniera  di  solfo  ,  e  secondo  alcuni  autori  ,  vi  si  trovarono  scor- 
p  oni  velenosi  ,  serpenti  e  biscie  di  enorme  grandezza.  Produce 
melica,  un  po'di  cotone,  anici,  tabacco,  pernici,  piccioni,  rolli 
e  mujìli.  La  baja  del  Principe  Ruperto  è  una  delle  più  grandi 
delle  Antille.  Quest'  isola  Inglese  forma  un  governo  a  parte.  La 
popolazione  della  Dominica  nel  1811  ,  secondo  le  relazioni  del 
Governatore  Baines,  era  popolata  come  segue:  da  Bianchi  325  , 
da  persone  di  colore  libere  2980}  da  schiavi  21,728,  in  tulio 
a5,o33. 
Caribi  della  Dominica. 

I  Caribi  della  Dominila  secondo  asilo  che  dopo  San-Vincenzo 
rimane  loro,  non  ascendono  forse  a  più  di  mille.  Il  Padre  Labat 
calcolò  che  nel  1700  non  sommassero  più  di  2000  ,  inclusevi  le 
donne  ed  i  fanciulli:  ma  da  quel  tempo  in  poi  sono  sempre  più 
diminuiti.  Avendo  i  Francesi  frequentata  l' isola  più  degli  Inglesi, 
sono  meglio  visti  dagli  indigeni  ,    ma    con    lutto  ciò  non  hanno 

(1)  La  Dominica,  in  cui.  la  natura  ha  profusi  tutti  i.  doni  che  ha  fatti 
alle  Antille,  sembra  avere  in  sua  spezialità  una  pianta  che  meriterebbe,  di 
essere  meglio  conosciuta  per  la  virtù  della  sua  radice  o  del  suo  sugo;  ed 
è  quella  di  togliere  a  un  tratto  il  dolore  dei  denti  applicando  P  una  o 
l'altro  alla  parte  afflitta.  I  Caribi  la  conoscono  perfettamente.  Questa  ra- 
dice è  picciola,  un  poco  nodosa,  all'esterno  di  color  grigio,  e  nell'interno 
bruna  ;  quando  è  fresca  è  piena  di  sugo  di  un  grato  odore  come  quello 
della  mammola  ,  e  di  un  gusto  simile  a  quello  della  liquirizia  ;  ma  un  poco 
più  astringente.  Il  P.  Labat  è  quegli  che  l'annunziò,  ma  egli  ne  avea  di- 
menticato il  nome,  e  non  ne  vide  le  foglie. 


2^4  COSTUME 

ardito  per  radilo  tempo  di  farvi  alcuno  stabilimento.  I  Caribi  nel 
1640  conchiusero  un  trattato  coi  Francesi,  ma  non  l'hanno  mai 
fatto  cogli  Inglesi  cui  odiano  più  di  qualunque  altra  nazione,  per- 
chè anticamente  alcuni  di  questi  fecero  andare  a  bordo  dei  loro 
bastimenti  un  gran  numero  di  Caribi  sotto  pretesto  d'amicizia,  e 
li  trasportarono  schiavi  5  del  che  i  Caribi  hanno  dappoi  presa 
ogni  opportunità  di  vendicarsene.  Molte  volte  gli  Inglesi  tentarono 
di  stabilirsi  nella  Dominica  ,  ma  i  Francesi  sempre  vi  si  oppo- 
sero. Essi  vi  aveano  occupato  un  pezzo  di  tei  reno  abbandonato 
dagli  indigeni  ,  ove  nel  1772  non  erano  che  circa  4°°  con  2^ 
Mulatti  e  338  schiavi. 

Occupazioni  degli   Inglesi. 

Da  principio  si  misero  ad  allevar  polli  e  a  coltivare  comme- 
stibili che  vendevano  alla  Martinica.  Avevano  anche  alcune  pian- 
tagioni di  cotone:  poscia  si  applicarono  a  coltivare  il  cane,'  e  la 
picciola  colonia  faceva  già  qualche  progresso  quando  V  isola  fu 
abbandonata  agli  Inglesi,  L'Inghilterra  ha  voluto  essere  padrona 
della  Dominica,  perchè  la  sua  situazione  le  dava  comodità  di  at- 
tirarvi le  derrate  delle  isole  Francesi  per  farne  essa  il  traffico.  E 
un  altro  vantaggio  pur  ne  trae}  ed  è  che  le  rade  della  Dominica 
mettono  le  squadre  Britanniche  comodamente  in  istato  d'intercet- 
tare la  navigazione  de' Francesi  alle  loro  colonie,  e  la  comunica- 
zione di  esse  tra   loro. 

La  Martinica.  Nome,  estensione  ec. 

La  Martinica  che  gl'indigeni  chiamavano  Madanina,  situala 
al  mezzodì  della  Dominica ,  è  lunga  circa  20  leghe  e  larga  al- 
trettante: la  sua  superficie  è  di  127,285  ettari  ,  ed  è  sparsa  di 
erte  montagne,  dirupate  ed  in  parte  altissime.  Si  valuta  l'altezza 
della  punta  di  Carbet  mille  tese  dalla  sua  base,  che  è  poi  circa 
trecento  tese  più  alta  del  livello  del  mare  (1).  Questa  montagna 
calcaria  ha  la  forma  conica  ed  appuntata,  è  bene  spesso  coronata 
di  nubi,  e  la  pioggia  che  scorre  sui  suoi  fianchi,  ne  rende  diffi- 
cile l'accesso.  La  palma  azere  che  cresce  in  quel  monte  si  fa  più 
grossa  e  divien  più  numerosa  quanto  si  va  più  in  alto. 

Produzioni. 

La  Martinica  è  meglio  irrigata  e  meno  soggetta  agli  uragani 

(1)  lscrt }  Voyage,  rag.  53 1. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    AINTILLE  2,/j^ 

della  Guadalupa,  e  dà  le  medesime  produzioni.  Essa  aveva  i  suoi 
abitatori  indigeni  come  le  altre  isole :,  e  i  Francesi  in  parte  gli 
esterminarono,  in  parte  gli  obbligarono  a  cedere  loro  il  luogo. 
Rendutisi  tranquilli  padroni  dell'  isola  ,  incominciarono  a  colti- 
varvi cotone  e  tabacco,  indi  Oriana  ed  indaco.  Solamente  nel  i65o 
vi  furon  fatte  piantagioni  di  cannemele.  Ala  la  produzione  che 
riuscì  vantaggiosa  sommamente  ai  coloni  delia  Martinica  ,  fu  quella 
del  caccao:,  ed  essi  la  dovettero  all'  industria  di  un  Ebreo  ,  Be- 
niamino d' Acosta.  Per  ventiquattro  anni  da  pochi  o  da  nessuno 
fu  seguito  il  suo  esempio*,  ma  poscia,  essendo  salito  in  voga  nella 
metropoli  l'uso  della  cioccolata  ,  il  caccao  diventò  il  soggetto  delle 
cure  di  tutti  i  coloni ,  i  quali  non  avevano  capitali  bastanti  per 
intraprendere  e  sostenere  le  fabbriche  di  zucchero.  Nel  171 8  tutte 
le  piante  di  caccao  perirono  per  avversa  stagione  ,  e  la  desolazione 
per  tanto  disastro  fu  universale. 
Caffè. 

Se  non  che  la  buona  fortuna  diede  ai  coloni  il  caffè  ,  giunto 
poscia  in  tanta  rinomanza.  Nel  in\'ò  ne  fu  mandata  in  dono  al 
Re  Luigi  XIV  una  pianta,  la  quale  fu  descritta  dal  signor  Jus- 
sieu  negli  atti  dell'  Accademia  delle  scienze  di  Parigi  (1).  Gli 
Olandesi  però  furono  i  primi  che  pensarono  a  ricavarne  profitto 
facendone  piantagioni  nel  Surinam  j  dove  l'anno  1*718  avevano 
trasportati  i  semi  da  Batavia,  e  a  loro  esempio  i  Francesi  nel  1*720 
con  una  sola  pianticella  trasmessa  ad  istanza  del  medico  Cltirac 
nella  Martinica,  moltiplicarono  in  tutta  l'isola  il  caffè  che  fu  an- 
che in  seguito  coltivato  in  San-Domingo  ,  nella  Guadalupa  e  in 
altre  isole  adjacenti.  Per  tal  modo  crebbe  poco  a  poco  in  Ame- 
rica ,  ne' luoghi  situati  fra  i  tropici  con  sommo  vantaggio  di  quei 
coloni,  e  principalmente  dei  Francesi,  che  molto  si  applicarono 
a  questo  ramo  di  coltivazione  (2). 

(1)  Jussicu,  Ménti,  de  l'Acad.  des  Sciences  an   1725. 

(2)  Gioverà  qui  osservare  che  il  caffè  della  Martinica  e  delle  altre  isole 
d'America  è  inferiore  in  bontà  a  quello  di  levante.  Il  migliore  caffè , 
così  il  più  volte  citato  signor  Conte  Castiglioni,  è  senza  dubbio  quello  di 
Moka,  il  quale  ha  i  grani  di  color  giallo  e  di  buon  odore.  Se  ne  distin- 
guono nel  paese  tre  qualità,  €la  migliore  delle  quali  detta  bauri  è  riser- 
vata pel  Gran  Signore,  e  le  altre  due,  chiamate  salci  e  salahi ,  si  ven- 
dono promiscuamente  nel  levante  ed  in  Europa.  Più  piccolo  del   prece- 


ì46  COSTUME 

Anche  il  cotone  che  si  coltiva  con  molto  profitto  in  quasi  tutle 
l'isole  d'  America,  è  quivi  in  ispecie  una  merce  di  molta  conside- 
razione. Si  ottiene  il  cotone  da  varie  specie  di  quel  genere  di 
piante  detto  gossipìum  dai  Latini  e  ocylon  dai  Greci  ,  le  quali 
specie  differiscono  principalmente  nell'  essere  alcune  resistenti  e 
vivaci,  mentre  altre  periscono  annualmente.  La  più  comune,  e  cer- 
tamente la  più  usitata  si  è  quella  del  cotone  detto  erbaceo,  gos- 
sipìum herbaceuhi,  di  Linneo.  Cresce  questo  nelle  isole  dell'Ar- 
cipelago, e  sul  continente  fra  Gerusalemme  e  Damasco  ,  e  -si  col- 
tiva pure  a  Malta,  in  Sicilia  e  nella  Spugna.  Il  cotone  arboreo, 
gossipium  arboreumì  di  Linneo,  nasce  nell'Egitto,  nell'Arabia, 
nell'India  propriamente  delta,  e  fino  nell'isola  di  Gelebes  o  di 
Macassar,  dove  forma  un  aiboscello  di  quattro  fino  a  sei  braccia 
di  altezza.  Il  cotone  di  Barbados  e  quello  del  Surinam  s'innal- 
zano anch'essi  spesse  volte  in  albero.  Molte  altre  specie  si  distin- 
guono ^  e  fra  queste  il  cotone  detto  di  Siam  ,  che  forma  la  lana 
di  color  giallo  carico  ,  e  forse  è  lo  stesso  di  quello  della  Gina  , 
col  quale  si  dice  che  sieno  fabbricati  i  così  delti  nankins. 
Modv  di  preparare  il  cotone. 

Non  molto  diverso  è  il  metodo  che  s'usa  nel  coltivare,  rac- 
cogliere e  preparare  il  cotone  arboreo,  così  nelle  Indie  Orientali 
e  nell'Egitto,  come  nell'America  meridionale  e  nelle  Antille. 
Siccome  questo  è  durevole,  oltre  al  comune  ricolto  nel  settembre, 
se  ne 'fa  un  altro  nel  marzo  \  benché  il  cotone  che  s'otliene  in 
quest'  ultimo  mese  ,  non  riesca  alle  Antille  di  qualità  troppo 
buona  a  motivo  delle  frequenti  piogge  che  lo  guastano.  In  alcuni 
luoghi  delle  Antille  si  costuma  di  tagliare  quest'  arboscello  dal 
piede  ogni  due  o  tre  anni  ,  scegliendo  la  stagione  piovosa,  aftin- 
ché la  radice   produca  più  facilmente  dei  nuovi  getti.  Raccolto  che 

dente  e  di  color  giallo  verdastro  è  il  caffè  che  si  trasporta  al  Cairo  dalle 
carovane  della  Mècca,  eguale  al  primo  in  bontà,  e  da  alcuni  anzi  creduto 
più  saporito  e  più  facile  a  conservarsi/Quello  dell*  isola  di  Borbone  è  bian- 
castro, bislungo  e  senza  odore;  quello  di  Java  un  po' gialliccio  ,  e  quello 
delle  isole  d'America  di  colore  tendente  al  verde,  e  d'odore  e  sapore  er- 
baceo. Siccome  il  caffè  d'Arabia  è  molto  più  caro  di  quello  d'America, 
s'usa  la  frode  di  mischiare  il  primo  con  q,uest'  ultimo  nell'Arabia  stessa, 
dove  vien  trasportato  furtivamente;  onde  assai  difficile  riesce  il  poterlo 
avere  di  perfètta  Grufolila. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTlLLE  2/f? 

sia  dai  Negri  il  cotone,  si  espone  per  due  o  tre  giorni  al  sole  , 
e  quindi  si  passa  al  molino  che  serve  a  separarlo  dai  semi.  È 
composto  il  mulino  ,  vedi  la  Tavola  ^5,  di  due  cilindri  scanalali, 
posti  orizzontalmente,  i  quali  girano  per  mezzo  di  alcune  cordo 
attaccate  ad  un  travicello  che  si  fa  andare  col  piede.  L'opero]  > 
seduto  sulla  parte  anteriore  della  macchina  mette  il  coione  al 
luogo  dei  cilindri  ,  i  quali  girando  lo  tirano  a  se  ,  ed  obbligano 
i  semi  a  staccarsi  ,  per  non  poter  questi  passare  fra  mezzo  alle 
scanalature.  I  semi  quindi  cadono  ai  piedi  dell'  opera  jo,  mentre  il 
cotone  si  raccoglie  in  un  sacco  collocato  dall'altra  parte  della  mac- 
china stessa.  Quando  è  ben  netto,  vien  riposto  in  grandi  sacchi  di 
tela  forte,  comprimendolo  nel  modo  seguente.  Il  sacco  voto  e  ben 
umettato  è  sospeso  agli  alberi:  in  esso  entra  un  Negro ,  il  quale 
calca  il  cotone  co'piedi  a  mano  a  mano  che  vi  è  gettato  dentro  j 
mentre  un  altro  Negro  bagna  il  sacco  al  di  fuori  ,  affinchè  il  co- 
tone vi  si  attacchi ,  e  possa  essere  meglio  compresso.  Empiuto  il 
sacco  vien  cucito  formando  ai  quattro  angoli  le  impugnature,  on- 
de possa  facilmente  esser  trasportato.  Il  tempo  più  proprio  per 
imballare  il  cotone  è  1'  umido  e  il  piovoso  ,  purché  tale  opera- 
zione sia  eseguita  al  coperto.  Una  balla  ben  fatta  secondo  questo 
metodo  potrà  contenere  3oo  o  320  libbre  di  cotone. 

I  semi  spogliali  della  loro  lana  servono  alle  Anlille  di  cibo 
alle  bestie  bovine,  essendo  il  nocciolo  assai  mucillagginoso  e  di 
sapor  dolce:  anzi  gli  abitatori  del  Macassar  ne  preparano  una  vi- 
vanda assai  delicata.  Essi  mettono  i  nocciuoli  a  macerare  per  due 
o  Ire  giorni  nell'acqua  tiepida,  finché  cominciano  a  screpolare  e 
spogliati  che  siano  della  loro  corteccia  li  mangiano  a  guisa  d'in- 
salata. I  Brasiliani  li  fanno  pure  macerare,  e  colla  farina  formano 
quella  polla  da  essi  chiamata  mangauw. 

I    più    bei    fili    di    cotone    sono  quelli  di  Damasco,  detti  dai 
Francesi  coton  (P once  ^  quelli  di  Gerusalemme    delti    bazas  ,    e 
quelli   delle  Anlille. 
Città. 

Quest'isola  ha  parecchi  comodi  porti  e  parecchie  haje  tra  le 
quali  si  dislingue  specialmente  il  così  detto  Cul-de-sac-Royal , 
sul  quale  è  fabbricalo  il  Forte-Reale  colla  città  dello  stesso  no- 
me. Ma  il  suo  porlo,  sebben  buono  e  sicuro  è  meno  grande  di 
quello  di  Pointe-à-Pitre   nella  Guadalupa.  La  città    di    S.    Pie- 


24^  COSTUME 

tro  con  una    rada    è   la    piazza    più  mercantile   di    tutte    le    An- 
tille  (i). 
Popolazione. 

Iserl  le  dà  2080  case  e  3om.  abitatori.  La  popolazione  della 
Martinica  era  stata  valutala  nom.  persone,  ma  l'anagrafe  del 
i8i5  ne  diede  sole  o,5,4t3  cioè  9206  Bianchi,  863o  di  colore, 
e  77)^77  sdii  a  vi.  Ora  passeremo  a  riferir  brevemente  le  vane  vi- 
cende che  hanno  portato  la  Martinica  a  quello  stato  di  eminenza 
in  cui  trovasi  presentemente. 
Prima  colonia  della  Martinica. 

Nel  1637  il  signor  d'  Euanbue  ,  famoso  colonista  Francese  , 
portò  da  San-Gristoforo,  che  in  allora  era  sotto  la  Francia,  alla 
Martinica  cento  soldati  ben  provveduti  di  tutto  il  bisognevole  a 
fondarvi  una  colonia:  approdò  a  Basse-Terre,  eri  i  Francesi  di- 
cono che  gli  isolani  gli  cedessero  tutta  quella  costa  ,  dove  egli 
fabbricò  il  forte  5.  Pierre  alla  bocca  di  un  fiume  dello  slesso 
nome,  benché  da  alcuni  detto  Royal-Anne.  Ritiratisi  gli  indi- 
geni a  Capesterre  ,  si  diedero  i  nuovi  coloni  a  provare  il  ter- 
reno con  manioca  ,  pomi  di  terra  ,  cotone  e  tabacco  ed  altro  , 
fuorché  zucchero  ,  la  cui  coltivazione  era  allora  poco  nota  ai 
Francesi.  Continue  furon  le  baruffe  cogli  indigeni  che  vole- 
vano ricuperar  le  loro  terre:  i  coloni  non  davano  quartiere  . 
gli  altri  chiesero  ajuto  ai  Cariai  dell'alti' isole ,  e  questi  in  nu- 
mero di  iòoo  accorsero  nelle  loro  canoe  e  sbarcarono  sotto  il 
forte }  ma  i  Francesi  ne  uccisero  la  metà,  ed  il  resto  se  ne  fuggì. 
Una  tal  vittoria  assicurò  per  qualche  tempo  ai  coloni  il  pacifico 
possedimento  de' loro  poderi:  indi  essendovi  giunta  altra  gente  da 
San  Cristoforo,  gli  estesero,  e  gli  indigeni  furon  costretti  a  di- 
mandar la   pace. 

Allora  i  Francesi  divisero  la  colonia  in  quartieri  e  parrocchie. 
Il  Governatore  andò  ad  abitare  nella  parrocchia  di  S.  Pierre  , 
dove  era  il  forte,  e  regalò  ai  Gesuiti  alcune  delle  migliori  case. 
Coli' andar  del  tempo  appresero  i  coloni  l'arte  di  coltivar  le  canne 
da  zucchero}  ed  allora  mantenevano  800  uomini  sull'armi. 


(1)  Labàt  ci  rappresentò  nel  toni.  T.   pag.   25  la  pianta  del  forte    S. 
Pietro;  ed  ivi  pag.  68  h  piatila  della  cilt;*  e  del   Forte-Reale. 


DE6L1    ABITATORI   DELLE    ANTILLE  2/^9 

Turbolenze  e  vicende  dal  1646  al  1700. 

Circa  Panno  1646  molti  ricusarono  di  pagar  tasse  alla  Com- 
pagnia delle  Indie  Occidentali  ,  nella  cui  patente  era  compresa 
anche  la  Martinica.  Nacque  pertanto  una  sollevazione  nell'isola, 
che  venne  sedata  colla  morte  de' principali  sediziosi.  Insorta  poi 
una  generale  ribellione  de'Caribi  eccitata  dalla  dissolutezza  de'Fran- 
cesi,  tutto  andava  a  fuoco  e  a  sangue:  lo  stesso  Governatore  Par- 
quel  assediato  nella  propria  casa  era  sul  punto  di  perire  ,  quando 
il  salvò  l' arrivo  di  alcuni  vascelli  Olandesi  ,  che  veggendo  in 
fiamme  varie  parti  dell'isola,  sbarcarono  3oo  uomini  che  misero 
in  fuga  i  Caribi.  Parquet  esce  dalla  propria  abitazione,  insegue  i 
ribelli,  e  costringe  quei  che  sopravanzano  al  macello  a  rifuggirsi 
nelle  isole  della  Dominica  e  di  S.  Vincenzo.  Per  sì  fatto  modo  i 
Francesi  rimasero  padroni  di  Capesterre  e  finalmente  di  tutta  l'i- 
sola avendo  conchiusa  la  pace  co' circonvicini  Caribi.  Nel  i65o 
permise  il  Re  alla  vecchia  Compagnia  delle  Indie  Occidentali  di 
vendere  a  Parquet,   la   Martinica,  Santa   Lucia  ec. 

Sotto  Parquet,  divenuto  proprietario  ,  negoziavano  gli  abita- 
tori della  Martinica  cogli  Inglesi, Olandesi  ed  altri  Europei  con  poco 
profitto  della  Francia:  ma  alla  fine  il  Re  Luigi  XIV  nel  1664 
ricuperò  dai  proprietarj  l'isola  per  darla  alla  nuova  Compagnia 
delle  Indie  Occidentali.  L'  anno  seguente  questa  compagnia  unita 
a  quella  di  Cacone  comprò  tutte  l'  isole  Caribe  Francesi  e  vi 
mandò  Governatori.  Questo  cambiamento  di  proprietà  non  cangiò 
gli  affari  della  Martinica  dove  continuarono  gli  stessi  abusi  e  lo 
stesso  traffico  illecito  come  prima  a  gran  pregiudizio  delle  regie 
rendite.  Finalmente  nel  1674  ^  >1  Re  di  Francia  soppressa  quella 
nuova  compagnia,  si  appropriò  tutte  le  suddette  isole.  Invano  Ruy- 
ter,  Ammiraglio  Olandese  attaccò  la  Martinica:,  e  vane  pur  fu- 
rono le  spedizioni  fattevi  dagli  Inglesi,  quantunque  con  gran  dan- 
no della  Francia  ,  perchè  allora  i  principali  coloni  usciron  del- 
l'isola co'  loro  effetti  per  istanziarsi  in  altri  paesi.  Labat  ,  che 
v'era  in  quel  tempo,  attribuisce  le  calamità  dell'isola  ad  una  fre- 
nesia epidemica,  per  la  quale  molti  abitatori  impazzavano  ed  an- 
che si  datan  la  morte. 
Stato  florido  nel  1700. 

Nell'anno   1  ;op  eranvi   in    Martinica    t5oo    Francesi,    oltre  i 
servi   Negri  ed  una  quantità  di  Giribi  riammessi   nell'isola  a  la- 


2.50  COSTUME 

vorare  da  schiavi,  ma  dispersi  in  modo  a  non  poter  macchinar 
congiure.  Il  29  ottobre  1727  vi  fu  un  tremuoto  che  con  brevis- 
simi intervalli  durò  undici  ore,  e  gettò  a  terra  il  forte  S.  Pierre: 
molti  perirono,  ed  andarono  in  rovina  chiese,  conventi,  pubblici 
edifizj  e  più  di  200  case  da  zucchero.  In  pochi  anni  Pisola  si  rifece 
e  fiorì  nuovamente}  passando  per  mano  de'  Martinichesi,  favoriti 
dalla  patria,  anche  il  zucchero  della  Guadalupa.  Allorché  gli  In- 
glesi nel  1*761  s' impadronirono  dell'isola,  poteva  il  Governatore 
Francese  levar  10,000  Bianchi  alti  a  combattere  e  più  di  4°j°°o 
Negri  o  schiavi  \  oltre  le  solite  compagnie  di  truppa  regolata  per 
la  guernigione  di  varj  luoghi. 
Governo. 

Nella  Martinica  già  capitale  di  tutte  le  Antille  Francesi  rise- 
devano il  Governatore  generale,  l'intendente,  ed  il  consiglio  So- 
vrano che  stendeva  la  sua  sopranlendenza  fino  alle  colonie  di 
San-Domingo  e  Tortue.  Questo  consiglio  era  composto  del  Gover- 
natore generale  ,  dell'intendente  del  Governatore  dell'  isola  ,  di 
un  procuratore  generale,  di  un  tenente-governatore  per  la  Corona 
e  di  12  consiglieri.  Vi  si  giudicava  ogni  causa  d'appello.  Il  Go- 
vernatore generale  era  una  persona  di  qualità*,  e  tanto  egli,  che 
l' intendente,  ed  il  tenente  governatore  erano  pagati  dalle  finanze 
di  Francia.  I  Governatori  di  Martinica  e  di  Guadalupa  erano 
pagati  in  zucchero,  e  così  pure  tutti  gli  officiali  dell'isola  \  eccetto 
alcune  piccinle  somme  di  danaro  che  uscivano  dall' erario  del  Re. 
Stato  della  Martinica  dopo  il  ifio. 

Prima  delle  guerre  del  1750  e  del  i^56  la  Martinica  era  la 
principale  isola  Francese  •,  ivi  accumulavansi  tutte  le  merci  d'Eu- 
ropa e  dell'Indie  •,  i5o  vascelli  andavano  e  venivano  da' suoi  porti, 
e  stendeva  il  suo  commercio  diretto  alla  Luigiana  ed  al  Canada. 
Ma  la  perdila  di  queste  colonie,  e  la  prosperità  ognor  crescente 
di  San  Domingo  ,  ridussero  la  Martinica  in  una  situazione  meri 
brillante,  sebben  sempre  assai  eminente. 

Questa  colonia   ha   veduto  nascere  nel  suo  seno  l' Imperatrice 
che  sedeva  a  lato  di  Napoleone  sul  trono  di  Francia. 
Isola  di  Santa-Lucia.  • 

L' isola  di  Santa  Lucia  ,  oggidì  Inglese,  è  lunga  otto  leghe  e 
larga  quattro.  Ottimo  ne  è  il  teneno  ,  e  sembra  che  le  montagne 
che  ne  occupano  la  parte  orientale  della  Capesterre  ,  sieno  stale 


DEGÙ    ABITATORI    DELLE    ANTiLLE  25  I 

vulcaniche.  La  solfaneria  è  il  cratere  rovinato  d'un  vulcano  estin- 
to, presso  al  quale  si  alzano  due  punte  simili  ad  obelischi  ver- 
deggianti (i).  L'aria  vi  è  estremamente  calda  e  malsana  ,  e  vi 
abbondano  i  rettili  velenosi  (2).  Le  coltivazioni,  rimaste  indietro 
per  effetto  della  guerra ,  consistono  in  zucchero  e  cotone.  Vi  si 
trova  anche  legname  da  costruzione,  e  la  popolazione  non  ammonta 
oltre  le  201D.  anime. 

Il  Carenaggio  al  nord-ouest  ,   è  un  buon  porte,  ove    possono 
ricovi  rarsi  trentadue  navi  di  linea.  Se  n'esce  con  qualunque  ven- 
to, ma  non  si  può  entrarvi  che  a  vascello  per  vascello.  E  quello 
uno  de'  soggiorni  più  pericolosi  per  la  salute  degli  Europei. 
Quistioni  sui  primi  possessori  di  Santa-Lucia. 

Santa-Lucia  fu  per  gran  tempo  soggetto  di  liti  tra  V  Inghil- 
terra e  la  Francia  ,  e  non  ci  ha  forse  luogo  in  America  ,  sul 
quale  siasi  disputato  tanto  per  determinare  chi  fosse  stato  il  pri- 
mo a  procacciarsene  un  titolo  di  possesso,  quanto  quest'isola. 
Gli  Inglesi  e  i  Francesi  hanno  scritto  in  tale  proposito  forse  più 
di  quello  che  abbiano  combattuto.  Quello  che  è  certo  si  è  che 
nella  convenzione  stipulata  tra  gli  Inglesi  e  i  Francesi  di  San- 
Gristoforo  nel  1626,  essa  fu  compresa  nelle  ragioni  assegnate  a 
Don  Enabouc.  Colombo  era  stato  il  discopritore  di  tutte  le  An- 
tille  e  fu  fallace  il  titolo  che  della  scoperta  di  Santa-Lucia  si 
attribuì  al  Conte  di  Curoberland,  poiché  Carlo  I  che  diede  l'in- 
vestitura di  quest'isola  al  conte  di  Gallile  nel  1627,  attribuisce 
a  questo  l'onore  d'avere  scoperte  le  Caribi:  il  che  poi,  siccome 
è  falso  ,  ha  fatto  cadere  anche  il  diritto  di  quella  investitura. 
Ben  si  sa  che  prima  del  i638  nessuno  de' due  popoli  erasi  sta- 
bilito in  Santa-Lucia  :  gli  uni  e  gli  altri  andandovi  secondo  il 
bisogno,  per  trarne  o  legname  onde  far  canotti,  o  testuggini  ivi 
abbondanti. 
Sue  vicende. 

Quest'isola  dunque,  dopo  di  essere  stata  più  di  una  volta 
posseduta  ed  abbandonala  alternativamente  dagli  Inglesi  e  dai 
Francesi,  si  convenne  finalmente  nel   1772    dalle    Corti    d'ambe 

(1)  Leblond ,  Voyage  aux  Antilles,  voi.  I.  pag.   i3o,  Tav.  I. 

(2)  V.  Cassati ,  Mémoire  sor  le  climat  des  Antilles,  e  Berlin,  Topo- 
graphie  medicai  des  ìles. 


a5a  costume 

le  nazioni,  die  Santa-Lucia   insieme  con  S.  Vincenzo  e  la   Dotni- 
nica   fossero  evacuale  fino  che  il  loro  diritto    sopra  di    esse    non 
venisse  amichevolmente  determinato.  Fu  in  seguito  provato    do- 
ver essa  appartenere  agli  Inglesi  \  in    conseguenza  di  che  il    Re 
Giorgio  I  guarentì  Santa-Lucia  e  S.  Vincenzo  al  Duca  di  Montaigu, 
che  con  una  spesa   immensa  vi  mandò  il  Capitano  Uring,  deputato 
suo  Governatore,  con  truppe  e  piantatori  a  mettersi  in  possesso 
delle  medesime.  Poco  dopo  il  Governatore  delle    isole    Francesi 
andò  a  cacciarne  gli  assalitori,  ma   i  mercanti  Inglesi  vi  ritorna- 
rono ben  presto  ,  e  vi   intrapresero  un  traffico    di     contrabbando 
colla  Mailinica.  Nuove  quistioni  nacquero  allora  tra   le  due  Corti, 
le  quali   per  un  temperamento  vennero  nuovamente  all'  accordo  di 
f>re  uscire  ciascuna  dall'  isola  i  suoi.  Ma  gli  Inglesi  non  cessarono 
per  questo  di  continuare  il  contrabbando,  in  cui  trovavano  troppi 
vantaggi}  e  finirono  con  inalberarvi  nel   1^4°  ^  l°ro  stendardo, 
lasciando  che  i   Francesi  facessero  la  slessa  cosa,  poiché  gli  uni  e 
gli  altri  intendevano  di   mantenere  gli  antichi  loro  diritti.   Nella 
guerra  che  poi  sopraggiunse,  la  Francia   mandò  una   forte    guar- 
nigione a  Santa-Lucia  }  né  1?  Inghilterra   inquietò  quell'  isola.    II 
trattato  d*  Acquisgrana   non   parlò  punto  di  essa  }  ma   poco  dopo 
gli  Inglesi  incominciarono  a  domandare  che    1'  isola     fosse  sgom- 
brata.  Il  governo  Francese,  fosse  per    debolezza,  fosse    per    mo- 
derazione, aderì,  contento  di  dichiarare    che    con  ciò   non  inten- 
deva nuocere  alle  sue  ragioni  j  e  furono  nominati  commissarj  che 
esaminassero  le  pretensioni  d'  ambe   le   Corti.*  La    sola     pace  del 
1^63  assicurò  il  dominio  di  Cauta-Lucia   alla  Francia. 

Tali  vicende  dovevano  mettere  grandi  ostacoli  alla  prosperità 
di  questa  colonia.  Solamente  dopo  il  1^63  il  ministero  di  Fian- 
cia  cercò  di  animare  in  essa  la  coltivazione }  ma  vi  perdette  uo- 
mini e  spese,  perciocché  circa  ottocento  persone  ivi  mandate,  in 
breve  tempo  perirono.  Vi  andarono  poscia  molti  coloni  della 
Granada,  di  S.  Vincenzo  e  della  Martinica }  onde  nel  1772  essa 
contava  2018  Bianchi,  663  Negri  liberi,  11,795  shiavi  \  e  pro- 
duceva in  zucchero,  cotone,  caffè  e  caccao  più  di  quattro  mi- 
lioni }  e  tutto  era  in  vigoroso  accrescimento,  quando  per  altre 
stipulazioni  fu  poi  abbandonata  agli  Inglesi. 
Isola  di  S.  Vincenzo. 

L'isola  di  S.  Vincenzo,    al  mezzodì    di    Sanla-Lucia ,  lunga 


DEGLI    ABITATORI   DELLE     ANT1LLE  2 53 

circa  sei  leghe  e  larga  quattro,  è  estremamente  fertile.  Il  suo 
suolo  è  un  terriccio  nero  sopra  una  forte  creta ,  assai  opportuna 
per  la  coltivazione  della  cannamele  e  dell'indaco  che  vi  prospera 
in  sommo  grado.  La  costa  orientale  è  popolata  d'  una  stirpe  mi- 
sta di  Zambos,  discendenti  da  Caribi  e  di  Negri  fuggitivi  della 
Barbada  e  di  altre  isole,  e  chiamatisi  Caribi-Negri  (i).  Ecco  in 
breve  ciò  che  diede  origine  a  si  fatta  stirpe. 
Caribi-Neri. 

I  Caribi,  siccome  abbiamo  già  indicato,  errino  stali  confinati 
in  S.  Vincenzo  e  nella  Dominica.  Sul  principio  del  passato  se- 
colo essi  in  S.  Vincenzo  non  erano  meno  di  otto  in  nove  mila  } 
ma  hanno  dovuto  vedere  a  poco  a  poco  moltiplicarsi  accanto  a 
loro  la  razza  de' Negri,  rifuggitisi  colà  sottraendosi  spezialmente 
dalla  vicina  Barbada.  In  addietro  i  Caribi  aveano  in  uso  di  ri- 
condurre quegli  schiavi  ai  loro  padroni ,  almeno  quando  erano  in 
pace  cogli  Inglesi  delle  isole }  oppure  di  venderli  indifferente- 
mente a' coloni  di  qualunque  nazione.  Un  senso  d' umanità  per- 
suase ai  Caribi  di  lasciare  ai  Negri  la  libertà ,  dappoiché  essi 
tanto  apprezzano  la  propria.  Ma  sentimento  sì  generoso  li  ha  po~ 
sti  in  grave  pericolo  :  i  Negri  li  hanno  obbligati  a  dividere  seco 
il  territorio  ^  e  sono  già  padroni  di  una  grande  estensione  del- 
l'isola. Ne  sta  qui  tutto  il  male:  i  Negri,  bisognosi  di  donne, 
spesso  portano  via  le  mogli  e  le  figliuole  dei  Caribi  \  e  come  sono 
più  robusti  e  più  valorosi  di  questi ,  qual  mezzo  vi  ha  mai  di 
ritoglierle  dalle  mani  di  sì  rapaci  uomini  ,  che  di  più  li  minac- 
ciano di  cacciarli  affatto  dall'  isola  ?  Dopo  avere  alzate  querele 
contra  l'ingratitudine  de'Negri  ,  si  sono  rivolti  ai  Francesi  ed 
agli  Inglesi  per  essere  liberati  da  sì  odiosi  tiranni.  Nel  1716  il 
Cavaliere  di  Feuquieres ,  Governatore  delle  isole  Francesi,  pensò 
di  render  loro  questo  servigio,  coniando  di  vendete  i  Negri  che 
avesse  fatti  prigionieri  agli  Spagnuoli  per  farli  lavorare  nelle  mi- 
niere} e  mandò  5oo  uomini  all'impresa,  ai  quali  doveano  fare 
spalla,  con  una  diversione,  i  Caribi.  Ma  questi  si  restarono  indo- 
lenti spettatori  ;  e  ciò  che  accadde  fu  che  i  Negri  si  concentrarono 
nelle  montagne,  d'onde  poi  uscendo  la  notte  diedero  violentis- 
simi assalti  ai   Francesi  ,    molti    de'  quali    vi    perdettero    la    vita. 

(1)  Goldsmith)-*  Giammar  of  british  geograpby,  pag,  1 58.  London,  181 6, 


254     ,  COSTUME 

Quattro  anni  dopo  gli  Inglesi,  avidi  di  conquistare  S.  Vincenzo, 
approfittando  de'  mali  umori  de'  Negri  ,  cercarono  di  adescarli 
con  buone  maniere.  Erasi  fatto  investire  delle  isole  di  Santa  Lu- 
cia ,  di  S.  Vincenzo  e  della  Dominica  il  Duca  di  Montaigu  \  e 
questi  mandò  sul  luogo,  con  buona  partita  di  truppe  un  valente 
uffiziale,  che  incomincò  ad  intavolare  un  accordo  tanto  coi  Ne- 
gri ,  quanto  coi  Caribi  ,  con  che  a  certe  vantaggiose  condizioni 
avessero  dovuto  riconoscere  per  padrone  dell'isola  il  Duca.  Né  i 
Negri  né  i  Gtribi  poterono  mai  giugnere  a  concepire  come  un 
re  d1  Europa  avesse  dato  altrui  uà'  autorità  sopra  loro  eh'  egli 
non  aveva  ;  e  questi  ultimi  in  particolare  dissero  avere  coi  Fran- 
cesi un  accordo,  o  di  essere  sotto  la  loro  protezione,  o  che  se 
questi  concepissero  mai  il  disegno  di  attentare  contro  la  loro  li- 
bertà, avrebbe  cercato  di  difenderla  a  costo  della   vita. 

I  Francesi  si  erano  stabiliti  in  S.  Vincenzo3  e  vi  coltivavano 
con  buona  riuscita  legumi,  manioco,  mais  ,  tabacco  ,  che  poi  an- 
davano a  vendere  alla  Martinica.  Essi  vi  erano  in  ottocento  ,  e 
possedevano  tre  mila  Negri,  quando  per  la  pace  del  1^63  l'isola 
passò  all'Inghilterra.  Que'Frpncesi  furono  profondamente  offlitli 
di  tale  disgrazia}  ma  più  dolorosa  fu  l'altra  provenula  dalla  di- 
chiarazione falla  dall'Inghilterra,  che  non  avendo  accordi  né  con 
essi  n*è  coi  Caribi  ,  incamerava  a  prò  dell'  erario  suo  tutti  i  ter- 
reni dell'1  isola,  e  que' medesimi  che  i  laboriosi  coltivatori  avevano 
dissodati  col  loro  sudore ^  e  questi  ne  sarebbero  immantinente  cac- 
ciati, se  non  li  avessero  pagati.  Gridarono  contro  sì  inaudito 
procedere,  ma  senza  frutto:  i  capi  mandati  a  reggere  la  colonia 
non  ardirono  sospendere  ordini  che  erano  positivi  \  e  il  Parla- 
mento della  Gran-Brettagna  ,  cui  1'  egoismo  ha  tante  volte  di- 
strailo dalla  via  dell'onore,  della  giustizia  e  dell'umanità ,  diede 
al  mondo  anche  lo  spettacolo  di  questo  spoglio  crudele.  Per  tale 
misura  venne  ad  assiderarsi  lo  spirito  de'  coloni,  i  quali  avevano 
ornai  condotto  ad  uno  stato  florido  i  loro  stabilimenti.  I  Fran- 
cesi,  sì  maltrattati  dal  nuovo  Sovrano,  per  la  più  parte  passa- 
rono in  altre  isole,  e  il  maggior  numero  d'essi  andò  a  Santa- 
Lucia  ,  che  allora  incominciavasi  a  popolare.  Prima  che  S.  Vin- 
cenzo divenisse  possedimento  Inglese  dava  tre  milioni  di  libbre 
di  caffè,  e  ne  avrebbe  dato  molto  di  più  se  gli  Inglesi  non  aves- 
sero rivolte  le  loro  cure  alla  coltivozione  dello  zucchero.   L'isola 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  a55 

era  pur  favorevole  a  quella  dell'  Oriana  e  del  caccao  ,  mentre 
poco  pareva  alto  a  prosperarvi  il  cotone.  Appena  gli  Inglesi  ebbero 
incomincialo  a  stabilirsi  ih  S.  Vincenzo,  si  accorsero  che  aveano 
scelta  la  parte  di  quell'isola  meno  propizia  alle  loro  mire,  e  vol- 
lero trarsi  alle  pianure,  nelle  quali  i  Caribi  erano  rifuggiti,  e  che 
presero  a  difendere  armata  mano.  Così  i  nuovi  dominatori  hanno 
avuto  a  combattere  fra  que'due  nemici  interni,  i  Caribi  e  i  Ne- 
gri. I  Caribi  saranno  forse  i  primi  a  perire  j  ciò  è  perfettamente 
conforme  a  quanto  in  America  la  catena  degli  avvenimenti  com- 
porta :,  ma  non  è  fuori  delle  umane  probabilità  che  presto  o  lardi 
i  Negri  abbiano  a   vendicarli. 

Il  governo  di  S.  Vincenzo  comprende  le  piociole  isole  di  Be- 
quia,  di  Picciola-Martinica  ed  altre,  alcune  delle  quali  sono  abitate 
da  un  leggiero  numero  di  famiglie  poco  agiate.  Il  capo-luogo 
chiamasi  Kingston:  la  sua  popolazione  è  di  a3,4°/3  ,  dei  quali 
undici  duodecimi  sono  schiavi  (i). 

Le  Grénadilles.      * 

Le  isolette  denominate  le  Grénadilles  stanno  sulla  stessa  li- 
nea ,  e  Cariacu  si  è  la  principale.  Quelle  iso'elte  sono  unite  da 
banchi  di  rocce  calcarle  formate  da  polipi,  e  che,  secondo  la 
descrizione  di  un  naturalista  assai  instrutto,  sembrano  esattamente 
simili  agli  scogli  di  corallo  del  mare  del  sud  (i). 

La  Granata. 

Questa  catena  d'isoletle  termina  colla  fertile  isola  Inglese  della 
Granata  situata  a  mezzodì  di  S.  Vincenzo:  essa  si  estende  dal 
nord  al  sud  in  forma  di  mezzaluna,  ed  è  lunga  circa  9  leghe  e 
larga  5. 

Situazione^  estensione  ec. 

Il  P.  Tertre  vuol  eh'  essa  sia  due  volte  più  grande  di  San- 
Cristoforo  ,  e  abbia  2,4  leghe  circa  di  circonferenza  5  ina  il  P. 
Labat  dice  che  quelli  che  l'hanno  girata  tutta  fanno  il  suo  cir- 
cuito di  leghe  2.2  al  più.  Quest'isola,  secondo  i  suddetti  PP.  , 
gode  un'aria  eccellente,  ed  ha  un  terreno  così  fertile  che  tutti 
gli  alberi  tanto  da  frutto,  quanto  da  costruzione  vi  sono  miglio- 
ri, più  alti,  più  diritti  ,  e  più  grossi,  che  quelli  delle    isole    vi- 

(1)  Recensement  officiel  de   181 5. 

(2)  Leblond,  Voyage  aux  Antillcs,  I.,  pag.  275. 


a56  COSTUME 

cine,  alla  riserva  dell' albero  del  cocco,  che  qui  non    cresce  tanlo, 
quanto  nelle  altre. 

Produzioni  ec. 

L'albero  lataniere  è  il  più  notabile  di  quest'isola:  ha  il  fu- 
sto alto,  ed  invece  di  rami  porta  foglie  grandi  come  ventagli  in 
lunghi  gambi  ,  che  uscendo  a  mazzetti  servono  per  tetti  delle 
case-  Vi  sono  alcune  saline  ,  e  quantità  di  armadillos  ,  la  car- 
ne de'quali  è  buona  quanto  quella  del  castrato,  ed  è  il  princi- 
pili cibo  degli  abitatori,  che  hanno  inoltre  in  gran  copia  tarla- 
luche  e  lamantini.  Il  suolo  ,  assai  favorevole  alla  coltura  dello 
zucchero,  del  caffè,  del  tabacco  e  dell'indaco,  è  innaffiato  da  una 
moltitudine  di  ruscelli  che  hanno  la  loro  sorgente  in  un  lago  che 
trovasi  nelle  sommità  di  un'alta  montagna  nel  mezzo  dell'isola, 
e  che  la  fecondano  e  la  rendono  amena  ad  un  tempo.  Sonovi 
intorno  all'isole  parecchie  baje  e  porti,  alcuni  de'quali  possono 
essere  fortificati  con  molli  vantaggi:  ha  in  oltre  la  fortuna  di  non 
andar  soggetta  ad  uragani.  » 

/  Francesi  si  stabiliscono  nella  Granata. 

I  Fiancesi  Caribi  suoi  primi  abitatori  furono  allettati  dalla  sua 
fertilità  e  dall'abbondanza  della  caccia  e  pesca  a  fermarvisi  in 
maggior  numero.  I  Francesi  nel  i638  e  nel  i645  tentarono,  ma 
inutilmente  ,  di  stabilirsi  in  quest'isola.  L'onore  di  uno  stabili- 
mento nella  Granata  era  riservato,  dice  il  P.  Labat,  al  signor 
Paiquet  proprietario  e  Governatore  della  Martinica  che  lo  intra- 
prese a  sue  spese.  Egli  vi  giunse  nel  giugno  i65o,  vi  fu  ricevuto 
con  gran  festa  da  Cajeruano  capo  de'  Caribi  ,  e  diede  un  bel- 
l'esempio di  giustizia,  uon  ripetuto  che  dal  solo  Peno  ;  compran- 
do l' isola  dai  selvaggi,  che  gliela  cedettero  per  una  certa  quantità 
di  merci  e  d'acquavite,  riserbandosi  però  la  proprietà  delle  abi- 
tazioni. 

Varie  vicende. 

Ma  quando  i  Caribi  videro  che  i  Francesi  col  comprar  l'isola 
intendevano  d'essere  divenuti  padroni  di  quelli  che  vi  abitavano, 
si  posero  ad  aramazzarne  quanti  trovavano  dispersi.  Treceoto  uo- 
mini ben  armati,  spediti  dalla  Martinica  decisero  del  diritto,  di- 
strussero un  gran  numero  di  Caribi,  e  forzarono  gli  altri  alla  fu- 
ga. Nacquero  poi  discordie  tali  tra  i  coloni  che  ritardarono  la 
prosperità  dello  stabilimento}  se  non    che  la  prudenza  di  un  sa- 


DEGLI    ABITATORI    DELLL    ANTILLB  23 7 

vio  uomo ,  chiamato  Yalminicr,  che  vi  fu  mandalo  per  Gover- 
natore, calmò  gli  animi,  e  li  rivolse  alle  cure  che  non  avrebbero 
dovuto  mai  essere  abbandonate.  Oltre  abbondanti  viveri,  l'isola 
dava  tabacco  sì  eccellente  che  vendcvasi  tre  volle  più  caro  di 
qualunque  altro  delle  isole.  Nel  1657  Dui-Parquet  vendette  la 
Granala  per  ottantamila  lire  al  Conte  di  Cerillac,  il  quale  mandò 
a  prenderne  possesso  un  ufliziale  di  sì  duri  modi ,  che  la  maggior 
parte  de' coloni,  inaspriti  della  sua  tirannide,  abbandonarono  l'isola 
trasferendosi  alla  Martinica.  Un  tal  frullo  avrebbe  dovuto  essergli 
di  util  lezione  5  ma  egli  infierì  di  più  contro  quelli  ch'erano  ri- 
masti \  di  maniera  che  per  salvarsi  dal  suo  furore  si  videro  co- 
stretti ad  impiccarlo.  Cerillac  non  potendo  cavar  alcun  profitto 
dall'isola,  la  vendette  alla  Compagnia  formatasi  nel  1664,  e  que- 
sta dieci  anni  dopo  la  restituì  al  Re.  Tutto  era  in  essa  sì  srego- 
lato, che  al  principio  dello  scorso  secolo  non  aveva  ancora  preso 
l'aspetto  di  prosperità,  a  cui  pur  la  chiamavano  l'amenità  sua  è 
la  fecoudità  delle  sue  terre.  Alla  mela  però  di  quel  secolo  essa 
avea  incominciato  a  far  alcuni  progressi:  coniava  allora  1262  Bian- 
chi, i^5  Negri  liberi,  11,991  schiavi,  e  tutto  faceva  sperare  un 
felice  avvenire  ,  quando  l'imprudente  ingordigia  di  anticipare  il 
godimento  di  vantaggi  che  al  solo  tempo  è  riserbato,  per  le  pre- 
cipitate distribuzioni  de' boschi,  la  salute  de' coloni  sofferse  molto, 
e  febbri  ostinate  e  idropisie  per  trent'anni  continui  consumarono 
la  vita  de' coltivatori. 
Passa  sotto  il  dominio  degli  Inglesi. 

La  Granata  passò  in  forza  della  pace  del  1763  in  dominio 
degli  Inglesi  ,.  i  quali  si  erano  ripromessi  grandi  lucri  dal  nuovo 
acquistamene ,  e  non  ne  trassero  che  gravi  perdite.  Il  soverchio 
numero  di  quelli  che  vi  accorsero  fece  salire  a  prezzo  esorbitante 
le  abitazioni.  Si  lasciarono  partire  gli  antichi  abitatori,  assuefatti 
al  clima  ,  e  bisognò  supplirvi  con  enormi  spese.  Si  volle  cambiare 
il  tenor  di  vivere  dei  Negri ,  e  i  Negri  irritati  si  rivoltarono  :  fu 
d'uopo  far  marciare  truppe  e  versar  sangue:  tutto  fu  pieno  di 
sospetti  e  di  terrore}  e  malgrado  di  una  profusione  di  capitali, 
la  Granata  in  mano  degli  Inglesi,  fino  agli  ultimi  anni  del  pas- 
sato secolo,  non  avea  potuto  alzare  le  sue  produzioni  più  dei- 
triplo  di  quelle  che  nel  tristo  governo  fattone  dai  Francesi,  avea 
potuto  dare,  quantunque  il  numero  degli  schiavi  fosse  stato  au- 
Cost.  Voi.  IV delV  America.  17 


2  58  COSTUME 

mentalo  di  mollo.  La  popolazione  della  Granata  consisteva  nel 
1788  in  1000  Bianchi,  1218  Mulattli ,  23,926  Negri,  in  tutto 
26,144  persone:  ora,  secondo  le  più  recenti  relazioni  (1)  que- 
st'isola è  popolata  di  3 1,272  abitatori,  29,381  de' quali  sono 
schiavi  (2). 

Qui  termina  la  catena  delle  Antille  propriamente   detta.    La 
Barbada  ,  Tabago  e  la  Trinila,  tulle  e  tre  Inglesi ,  formano  una 
cateua  particolare. 
La  Barbada. 

La  Barbada  la  più  occidentale  delle  Antille,  è  situata  al 
grado  62,  2' di  longitudine  occidentale,  ed  al  i3  5' di  latitu- 
dine settentrionale:  è  lunga  sette  leghe  e  larga  cinque.  Gli  Inglesi 
quando  vi  sbarcarono  per  la  prima  volta  nel  1625  (3),  la  trova- 
rono affatto  selvaggia,  e  senza  alcuna  apparenza  d'essere  stata 
abitata  nemmeno  dai  più  barbari  Indiani.  Non  vi  era  sorta  alcuna 
d'animali,  non  frutti,  non  erbe,  né  radici  che  potessero  sommi- 
nistrare alimento  all'uomo:  ma  siccome  il  clima  era  buono,  e 
fertile  sembrava  il  terreno ,  alcuni  gentiluomini  Inglesi  di  picciola 
fortuna  tentarono  di  stabilirvisi  per  procurarsene  uua.  Essi  però 
trovarono  poche  difficoltà  nel  tagliare  i  folti  boschi  e  le  quasi 
impenetrabili  foreste  che  loro  si  frapponevano  per  via,  ma  a  grado 
agrado  colla  pazienza  e  colla  perseveranza  giunsero  a  dissodarne 
il  terreno ,  ed  a  trarne  il  necessario  alla  loro  sussistenza.  Non 
cominciò  la  colonia  a  prendere  una  certa  regolata  forma  che  quan- 
do ne  fu  investilo  il  Conte  di  Carlisse ,  uno  dei  favoriti  di  Carlo 
J.  L'amenità  del  paese  e  la  saggia  distribuzione  dei  terreni  chia- 
marono buon  numero  di  gente  ad  abitarvi;  né  colonia  alcuna 
nelle  Antille  sì  presto  diventò  florida  come  la  Barbada ,  la  quale 
nel  i65o  contava,  seppure  un  tal  numero  non  è  esagerato,  5o,ooo 
Bianchi,  e  un  numero  molto  maggiore  di  Negri  e  di  schiavi  In- 
diani. Si  cominciò  dalla  coltivazione  del  tabacco,  poi  dell'indaco 
che  vi  prosperò,  e  dello  zucchero  che  sopra  tutto  vi  riuscì  eccel- 

(r)  Recenfement  officiai  de  i8i5. 

(2)  Labat ,  nel  tom.  II.  pag.  140  ci  rappresentò  la  pianta  del  forte,  del 
porto  e  del  borgo  della  Granata. 

(3)  Vuoisi  da  alcuni  che  i  primi  ad  approdarvi  fossero  i  Portoghesi  ;  e 
dicesi  che  il  nome  suo ,  poscia  corrotto,  le  venisse  dai  Portoghesi,  i  quali 
vollero  dirla  Barbada  perchè  coperta  tutta  di  l'ultissimi  boschi. 


DEGLI    ABITATORI   DELLE    A  STILLE  25©, 

lente.  Le  discordie  civili  dell* Inghilterra  «  he  era  allora  nelle  mani 
di  Gromwell ,  v'accrebbero  i  coloni,  e  il  movimento  degli  affari 
fu  tale,  che  molti  in  breve  tempo  guadagnarono  una  rendita  di 
diecimila  lire  sterline. 
Bridge-Town  capitale. 
Quindi  non  è  maraviglia  se  vi  si  eressero  forti ,  e  se  vi  si  fondò 
la  bella  città  di  Bridge-Town  ove  risede  il  Governatore,  ed  è 
quello  il  porto  delle  Antille  più  vicino  ali' antico  continente.  Le 
braccia,  colle  quali  i  coloni  procaccia vansi  fortuna,  erano  quelle 
di  operaj  fatti  venire  dalPInghiltera  ,  di  Negri  tratti  dall'Africa, 
e  di  Caribi  rubati  sul  continente  Americano  o  nelle  isole.  Gli  In- 
glesi li  trattavano  con  estrema  durezza ,  ed  essi  stessi  hanno  con- 
fessato ch'erano  in  tanto  orrore  a  questi  miserabili,  che  la  vio- 
lenza sola  poteva  costringerli  a  servirli.  Quindi  i  Negri  ch'erano 
più  numerosi  de'loro  padroni  tentarono  più  volte  di  ribellarsi;  ed 
i  Caribi  non  mancavano  di  trucidare,  quando  potevano,  gli  In- 
glesi che  cercavano  di  farli  schiavi  (i). 

Il  commercio  della  Darbada,  che  avea  presa  una  grande  esten- 
sione, soggiacque  in  varj  tempi,  più  che  quello  d'ogni  altra  co- 
lonia Inglese,  ad  enormi  danni.  Ad  onta  però  delle  sue  perdite, 
od  onta  delle  molestie  gravissime  sofferte  per  le  replicate  revolu- 
zioni  dei  Negri,  e  del  famoso  uragano  che  nel  1780  la  rovinò 
in  una  maniera  orribile  ,  la  Barbada  è  tuttavia  uno  de' più  ricchi 
stabilimenti  degli  Inglesi, 

(1)  La  giustizia  vuole  che  non  si  taccia  l'infamia  di  che  si  è  nelle 
isole  coperto  il  nome  Inglese  anche  fuori  di  questo  barbaro  uso  di  predar 
uomini  come  farebbesi  delle  bestie.  Una  mano  d'Inglesi  ita  sul  conti- 
nente per  rubar  uomini  è  sorpresa  dagli  indigeni ,  che  piombando  sui  la- 
droni, una  parte  ne  uccide,  l'altra  mette  in  fuga.  Uno  di  costoro  correa 
a  nascondersi  ne' boschi  per  involarsi  a  quelli  che  lo  inseguivano,  e  trova 
una  giovinetta  Indiana  per  nome  Jarico-,  che  concependone  pietà  ed'  af- 
fetto, il  mette  in  sicuro,  e  nascostamente  per  alcuni  giorni  lo  sostenta 
finché  può  condurlo  verso  il  mare  per  procurargli  la  fuga.  E  di  fatto  Io 
guida  ove  si  era  ancorato  il  vascello  di  quelli  ch'erano  venuti  cou.  lui 
alla  caccia  d'uomini,  ed  affida  sé  e  il  suo  amore  all'uomo  che  le  deve 
la  vita.  Chi  crederebbe  che  la  prima  cosa  fatta  da  costui ,  giunto  alla  Bar- 
bada,  fosse  quella  di  vendere  schiava  quella  infelice?  Il  nome  di  Jarico 
dee  rimanere  nella  storia  perchè  si  detesti  in  eterno  la  memoria  di  quel 
mostro. 


260  COSTUME 

Il  paese  della  Barbada  ha  un  aspeltto  floridissimo  ed  ameno, 
sollevandosi  qua  e  là  in  collinette  di  un  agevole  pendio,  che  col 
verde  delle  canne  di  zucchero  ,  col  fiore,  colla  fraganza  degli  aran- 
ci, dei  limoni  e  dei  cedri,  con  un  numero  grandissimo  di  palme, 
tamarindi,  banane,  cocco  e  di  altre  leggiadre  ed  utili  piante,  e 
con  le  molte  case  dei  coltivatori  sparse  per  tutta  la  campagna  , 
formano  una  scena  deliziosissima. 

Isola  di  Tabago. 

L'isola  di  Tabago  al  nord-est  di  quella  della  Trinità,  al  grado 
li  36' di  latituvine  settentrionale,  e  5g  io* di  longitudine  occi- 
dentale, è  lunga  circa  5a  miglia  e  larga  12  (1).  Essa  consiste  in 
montagne  schistose  mancanti  di  qualunque  roccia  granitosa,  e 
sembra  essere  una  continuazione  delle  catene  di  Gumana  ,  sul 
continente  dell'America  meridionale  (2).  Questa  catena  differisce 
interamente  da  quella  delle  Antille.  La  posizione  di  Tabago  di- 
nanzi lo  stretto  che  separa  le  Antille  dell'America,  gli  dà  una 
grande  importanza  in  tempo  di  guerra.  Il  suo  terreno  ricco  ed 
ancora  intatto  è  assai  opportuno  alla  coltivazione  dello  zucchero , 
e  più  ancora  a  quella  del  cotone',  ne  sono  squisiti  i  fichi  ed  i 
giojavi,  e  vi  riescono  tutte  le  altre  frutta  del  tropico.  Assicurasi 
che  il  cannaliere  ed  il  vero  albero  che  produce  la  noce  mosca- 
da  ,  si  trovino  nelP  isola  ,  ma  è  ancor  più  sicuro  che  vi  alligna 
quello  che  dà  la  gomma  copale,  e  che  vi  nascono  cinque  specie 
di  pepe.  Sonovi  parecchie  baje  e  porti,  principalmente  sulle  co- 
ste settentrionali  ed  occidentali.  La  popolazione,  secondo  le  ul- 
time relazioni,  è  di  i8m.  persone,  sei  settimi  delle  quali  sono 
Wegri. 

Isola  di  Trinidad.  Situazione ,  estensione  ec. 

L'isola  di  Trinidad  o  della  Trinità  situata  al  grado  63  20* di 
longitudine  occidentale,  ed  al  io  di  latitudine  settentrionale,  tro- 
vasi fra  l' isola  di  Tabago  ed  il  continente  dell'America  Spagnuo- 
la,  da  cui  è  separato  dal  golfo  di  Paria  e  dai  due  stretti  della 
Bocca-del-Drago,  e  della  Bocca-del-Serpente.  Ha  circa  3o  leghe 
di  lunghezza  dal  sud-ouest  al  nord-est,  e  diciannove  di  larghezza. 
Era  stata  giudicata  malsana,  ma  Raynal  confutò  pel  primo  questo 
errore. 

(1)  V.  Gazzettiere  Americano  Art.  Tobago  o  Tabago. 

(2)  Dauxion  Lavasse  ,  Voyage  à  la  Trinidad ,  L,  pag.  4&  etc. 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANTILLE  26 1 

Lago  di  bitume-asfalto. 

Essa  è  montuosa  verso  settentrione,  e  non  offre  nel  centro  e 
nel  mezzogiorno  che  pianure  e  colline:  abbonda  di  palme  e  di 
cocco,  cbe  vi  crescono  senz'essere  coltivate,  e  produce  zucchero, 
caffè,  buon  tabacco,  indaco,  zenzero,  anici,  belle  frutta,  come 
limoni  ed  aranci ,  mais,  cotone  e  legno  di  cedro  :  fra  molte  cu- 
riosità naturali  ,  racchiude  un  lago  o  piuttosto  un  gran  pantano 
pieno  di  bitume-asfalto.  La  superficie  di  quel  lago  cangia  soveu- 
te;  le  rive,  le  isolette  vi  rimangono  da  un  giorno  all'altro  in- 
ghiottite. 

La  corte  di  Madrid  aperse  la  Trinidad  a  tutti  coloro  che  vo- 
levano stabilirvisi ,  e  quindi  molti  Francesi  della  Granata  vi  si 
rifuggirono.  Colla  pace  del  1800  fra  l'Inghilterra  e  la  Francia 
essa  ottenne  la  cessione  di  quest'isola  importante  per  la  sua  fer- 
tilità, per  la  sua  estensione,  e  più  ancora  per  la  sua  posizione, 
che  domina  l'Orenoco  e  la  famosa  Bocca-del-Dra^o. 
Città  e  porti. 

S.  Giuseppe  d'Oruna,  citta  principale,  è  al  nord-ouest ,  ed 
ivi  appresso  il  porto  di  Spagna ,  che  è  la  piaggia  più  frequentata 
dell'isola  (1).  Il  porto  migliore  è  quello  di  Ghagacamus:  la  po- 
polazione dell'isola  è  calcolata  a  2801.  anime  (2). 

La  Trinidad,  attesa  la  sua  estensione  e  la  mirabile  fertilità 
del  suolo,  potrebbe  produrre  tanto  zucchero  quanto  ne  danno  tutte 
le  isole  del  vento  insieme  comprese,  aDzi  ne  somministra  già  i2m. 
oxhqfts.  Tabago  dà  rispettivamente  ancore  maggiori  speranze. 
Queste  due  isole  però  godono  del  prezioso  vantaggio  di  essere 
fuori  dell'ordinaria  periferia  degli  uragani,  e  di  presentare  in  con- 
seguenza un  ricovero  ove  le  flotte  non  sono  esposte  a  quei  terri- 
bili colpi  di  vento  che  spesse  volte  le  fanno  in  pezzi  nei  porti 
dell'isole  situate  più  a  settentrione  (3). 
Isole  sottovento. 

Abbiamo  già  parlato  dell'isola  Margarita,  dipendente  dal  ca- 
pitanato generale  di   Caracas;  non  ci    resta  dunque   a    descrivere 

(1)  Bourgoing ,  Tableau  de  l'Espague,  seconda  edizione,  tom.  II. 

(2)  Mac  Cullimi  da  28,000  per  l'anno  1804,  Dauxion  .  5r,ooo  pel 
1807,  Goldsmith,  26,000  pel  18 16. 

(3)  Edward  Young ,  West-India  commonplace-book. 


262  costume 

fra  l'isole  situale  sulla  costa  Spagnuola  del  continente,  che  le  (re 
possedute  dall'Olanda. 

Curacao. 

Curacao  (i),  che  ne  è  la  più  importante,  è  situata  in  quella 
catena  d'isole  che  circondano  il  continente  dell'America,  e  della 
quale  la  Margarita  e  la  Gubaga  fanno  parte:  essa  è  lunga  dieci 
leghe  e  larga  tre  :  arida  e  bisoguosa  delle  pioggie  onde  avere  un 
po' d'acqua,  pareva  condannata  da  una  sterilità  perpetua.  L'  acqua 
die  si  cava  da  un  solo  pozzo  vi  si  vende  a  peso  d'oro.  L'indu- 
stria Olandese  vi  fa  crescere  in  un  terreno  leggiero  e  sassoso  , 
tabacco  e  zucchero  in  quantità.  Le  saline  danno  una  rendita  an- 
cor più  considerabile;  ma  l'isola  va  debitrice  del  suo  florido  stato 
al  commercio  di  contrabbando. 

Commercio  di  contrabbando. 

Questo  commercio  vien  fatto  in  due  maniere:  magazzini  di 
Curacao  sono  sempre  ben  provvisti  di  mercanzie  d'Europa  e  delle 
Indie  Orientali  :  ivi  trovatisi  ammucchiate  le  tele,  le  stoffe,  i  mer- 
letti, le  acquavite  e  finalmente  tutte  le  merci  che  non  si  possono 
vendere  in  alcun'altra  piazza;  ma  che  si  vendono  benissimo  qui, 
agli  Spagnuoli  in  ispezie  che  ne  vanno  io  cerca.  La  stessa  nazione 
vi  compera  una  quantità  di  Negri,  ed  ogni  cosa  vien  pagala  con 
verghe  d'oro  o  d'argento,  e  in  caccao,  vaniglia,  chinachina  e  coc- 
ciniglia. Gli  Olandesi  vendono  altresì  una  quantità  enorme  di 
munizioni  da  guerra. 

In  tempo  di  pace,  i  vascelli  di  Curacao  portano  sempre  sì 
falle  mercanzie  sulle  vaste  coste  dell'  America  Spagnuola  ,  senza 
rhe  sia  possibile  alle  guatdie  l' impedire  tali  illecite  introduzioni. 
Gli  Olandesi  sogliono  opporre  alla  fedeltà  dei  doganieri  Spagnuoli 
ora  la  forza  ed  ora  l'oro. 

ffilìemstadt  capitale. 

Willemsladt,  capitale  dell'isola,  è  una  delle  più  belle  città 
delle  Indie  Occidentali.  Gli  edifizj  pubblici  hanno  colà  maggiore 
magnificenza  ,  le  strade  maggior  decenza  ,  le  case  una  distribu- 
zione più  comoda,  ed  i  magazzini  maggior  estensione  che  in  qua- 
lunque altro  luogo.  Il   porto  di  Curacao,  protetto  dal  forte  d'  Am- 

(i)  Curacas  ,  Curassow ,  e  secondo  Dampier,  Querisao.  Gazzettiere 
Americano. 


DEGLI1   ABITATORI    DELLE    ANTILLE  2  63 

sterdam,  è  spazioso  e  sicuro,  e  ne  è  stretto  l'ingresso.  La  popo- 
lazione dell'isola  era  composta  l'anno  1 8 1 5  di  2781  Bianchi, 
2,161  persone  di  colore  libere,  1872  Negri  liberi,  690  schiavi  di 
colore,  5336  schiavi  Neri.  Totale   12,840. 

Bonaix  e  Aruba,  isolette  vicine,  servono  ad  allevarvi  il  be- 
stiame. 

Delta  ricchezza  delle  Antille.  , 

Noi  porremo  fine  alla  descrizione  delle  Antille  colle  giudi- 
ziose osservazioni  di  Malte-Brun.  L'Arcipelago  che  abbiamo  ora 
esaminato  (1)  è  uno  dei  principali  teatri  dell'industria  e  del  com- 
mercio degli  Europei.  Le  ricchezze  che  l'Olanda,  la  Francia  ,  e 
l'Inghilterra  ne  ricavarono,  contribuirono  alla  prosperità  delle 
metropoli  più  di  tutto  l'oro,  l'argento  ed  i  diamanti  del  conti- 
nente Americano. 

Aumento  di  popolazione. 

La  sola  Inghilterra  continua  a  ritirarne  un  immenso  lucro.  Se 
si  considerino  tutte  l'isole  Britanniche  nelle  Indie  Occidentali,  si 
trova  che  il  numero  dei  Bianchi  aumentò  da  49,762  a  58,9555  ;  i. 
Mulatti  o  persone  di  colore,  da  10,569  a  2I59^7?  e  g^  schiavi  da 
465,276  a  524,2o5.  Per  tal  modo  la  popolazione  Mulatta  si  è  in 
generale  raddoppiata  o  per  naturale  accrescimento,  o  per  effetto 
dei  rifuggiti  da  San-Domingo.  Del  1788  s'introdussero  in  tutto 
24,49^  scu>avij  e  se  ne  espoitarooo  n,o58.  Nel  i8o3  s'introdus- 
sero 19,960  schiavi  e  se  ne  esportarono  5232.  Gli  stabilimenti 
Britannici  recavano  alle  colonie  straniere  circa  4om.  schiavi  l'anno. 

Dazj. 

I  dazj  imposti  sullo  zucchero  produssero  al  governo: 
L'anno  1773  a  ragione  di   6  scell.  e  6  pene  468,9^7  lir.    steri. 

1787 12    .  .  .  .    4   .  .  .  954,364 

1804 27    .  .  .  .    o  .  .  .2,422,669 

Esportazioni. 

II  valore  dello  zucchero  importato  in  Inghilterra  ammonta 
annualmente  a  7,063,266  lire  sterline.  Nelle  isole  Britanniche  si 
preparano  eira  12001.  puncheons  di  rhum,  che  entran  nel  con- 
sumo nel  modo  segue  : 


(1)  Précis  de  la  Géographie  Universelle ,  tom.  V.  pag.  ?56  eie. 


i64  COSTUME 

Stati-Uniti  d'America 37,000 

Colonie  Inglesi  dell'America    settentrionale     6,25o 

Vascelli  che  navigano  alle  Antille 10,000 

Guarnigioni  ed  abitatori  dell'  isola 3o,^5o 

Regni  Uniti  della  Gran  Bretagna 36,ooo 

La  Gran-Bretagna  ritrasse  dalle  Antille: 

L'anno  1793 9,164,893  libbre  di  cotone. 

1804 20,529,878 

Stato  dei  Negri. 

Tutte  queste  ricchezze  costaron  caro  all'umanità  ed  alla  pub- 
blica morale  ,  perchè  acquistate  a  prezzo  del  sangue  e  delle  la- 
grime di  parecchie  cenlinaja  di  migliap  d'  uomini  ridotti  in  uno 
stato  centrano  ai  principj  dei  diritto  naturale  ed  a  quelli  della 
religione  Cristiana.  Sebbene  i  coloni  sieno  in  gran  patte  buoni, 
umani  e  compassionevoli  padroni :,  sebbene  le  assemblee  coloniali 
abbian  date  parecchie  disposizioni  legislative  onde  porre  un  freno 
ai  capricci  ed  alle  crudeltà,  pure  la  condizione  dei  Negri  schiavi 
è  veramente  degna  di  pietà.  Questa  dolorosa  verità  è  dimostrata 
all'  evidenza  dalla  troppo  grande  mortalità  loro ,  che  non  può 
provenire  dal  clima  ,  mentre  nel  loro  paese  natio  ,  sono  avvezzi 
allo  stesso  caldo  accompagnato  d'umidità.  Ad  onta  di  tutte  le 
cure  interessate  de' coloni  onde  ottenere  Negri  Creoli,  la  propa- 
gazione di  questa  specie  non  riesce  che  assai  mediocremente.  I 
dispiaceri,  i  patimenti,  i  tormenti  d'ogni  specie  a  cui  soggiacciono 
i  Negri  schiavi  ,  ne  accorciano  talmente  la  vita  che  in  luogo  di 
moltiplicare  secondo  le  regole  della  natura  ,  conviene  in  parec- 
chie colonie  introdurne  d'  anno  in  anno  onde  rimpiazzare  quelli 
che  caddero  sotto  il  peso  dei  mali  trattamenti.  Alla  Martinica  , 
nel  1810,  non  furonvi  di  77,500  schiavi,  che  i25o  nascite,  od 
una  sopra  €6  persone.  Diconsi  ostinati,  duri,  intrattabili*,  vuoisi 
che  esigano  a  forza  d'essere  trattati  con  virgo, ferrea.  Sonovi 
certamente  alcuni  insensibili  ai  beneficj  e  che  non  meditano  che 
tradimento  e  disordine:  e  sono  quelli  che  erano  in  Africa  medici, 
sacerdoti  o  stregoni  *,  ma  se  si  eccettuino  tali  persone,  il  cui  nu- 
mero è  assai  circoscritto  ,  i  Negri  sono  esseri  grossolani,  ma  do- 
cili e  buoni  \  né  meritano  d'essere  riguardati  come  una  specie  di 
bestie  da  soma,  senz'anima,  come  fanno  alcuni  de' loro  padroni 
e  deMoro   ispettori,  sebbene  assai  spesso  que' tiranni   sieno  eglino 


DEGLI    ABITATORI    DELLE    ANT1LLE  a65 

medesimi  la  feccia  d'Europa.  Dopo  aver  detto  lutto  ciò,  è  forza 
convenire  che  il  clima  ardente  delie  regioni  sotto  l'equatore,  delle 
regioni  atte  alla  coltivazione  dello  zucchero  ,  non  ammette  altri 
coltivatori  che  i  Negri:  questa  stirpe  d'uomini  è  dunque  neces- 
saria alle  colonie. 
Mezzi  d'incivilire  i  Negri. 

Affine  di  condurre  quegl' importanti  stabilimenti  ad  uno  stato 
florido  e  tranquillo,  ella  è  cosa  indispensabile  l'accelerare  prima 
d'ogni  altra  cosa  la  propagazione  de' Negri  nelle  isole  stesse,  col 
mezzo  di  una  polizia  severa,  atta  a  reprimere  gli  eccessi  ai  quali 
dall'abitudine  dell'esercizio  di  un  potere  tirannico  non  sono  che 
troppo  di  frequente  indotti  e  gli  ispettori  ed  i  padroni.  Dopo  di 
aver  assicurato  contra  la  loro  violenza  la  vita  e  la  salute  de'  mi- 
seri schiavi,  converrà  passare  a  procurar  loro  piccioli  possedi- 
menti ,  la  cui  proprietà  possa  farli  affezionati  ad  un  paese  che 
bagnano  coi  sudori  della  loro  fronte.  Rendere  più  sacro  il  nodo 
conjugale  e  più  stabile}  provvedere  all'educazione  dei  fanciulli 
Negri  *,  reprimere  la  scostumatezza  ed  il  libertinaggio,  sono  altre 
misure  essenziali  con  cui  migliorare  la  condizione  de'Negri.  Met- 
tendogli a  poco  a  poco  a  parte  dei  beni  della  ragione  e  delle 
consolazioni  della  religione  Cristiana,  la  successiva  libertà,  ed  il 
passaggio  dallo  stato  di  schiavi  a  quello  di  fitta juoli  ,  possono 
operarsi  senza  pericolo  ,  senza  scossa  ,  e  col  più  gran  vantaggio 
de' coloni. 

Ma  delle  Antille  basti  il  detto  fin  qui.  Le  poche  altre,  delle 
quali  non  abbiamo  fatto  menzione,  non  somministrano  alla  storia 
del  costume  materia  di  qualche  importanza.  Colla  descrizione  di 
questo  Arcipelago  avendo  noi  posto  fine  al  costume  di  lutti  gli 
Bbitatori  del  Nuovo-Continente,  passeremo  a  veder  l'Europa,  sola 
parte  del  moado  che  ci  rimanga  ancora  da  descrivere. 


AGGIUNTA    AL    COSTUME 

DEGLI    ABITATORI 

DI  BUENOS-AYRES,  DI  MONTE-VIDEO 

E    DEI    LORO    DINTORNI 


*  Je  Illustrazioni  Pittoresche  di  Buenos- Ayres  e  di  Monte- 
Video  teslè  pubblicate  in  Londra  da  E.  E.  Vidal  (i),  ci  giunsero 
per  alcune  sfavorevoli  circostanze  dopo  la  pubblicazione  del  co- 
stume degli  abitatori  del  Chili  e  del  Paraguay.  Per  la  qual  cosa 
non  avendo  noi  potuto  approfittare  in  tempo  delle  nuove  cogni- 
zioni che  trovatisi  sparse  nella  detta  opera  crediamo  nostro  dovere 
di  supplire  in  qualche  modo  alle  involontarie  mancanze  coli' ag- 
giugnere  alcune  importanti  Tavole  delle  quali  è  doviziosa  l'opera 
di  Vidal,  non  che  le  opportune  descrizioni  de'luoghi  e  delle  per- 
sone, il  cui  costume  venne  esattamente  rappresentato  nelle  stam- 
pe colorale  che  formano  il  principale  ornamento  di  queste  Illustra- 
zioni Pittoriche.  Dobbiamo  però  avvertire  di  aver  noi  procurato 
di  migliorare  il  disegno  delle  medesime,  essendo  stato  alquanto 
trascurato  dal  pittore  Inglese, e  che  abbiamo  arricchite  le  seguenti 
Tavole  coli' aggiunta  di  alcune  figure  cavate  dalle  altre  Tavole 
da   noi  ouimesse. 

Tavola  i. 

Piazza  del  mercato  di  Buenos-Ayres. 

Questa  veduta  fu  presa  dall' angolo  settentrionale  del  quadrato 
della  piazza  del  mercato  ,  avente  il  corpo  di  guardia  alla  destra 
ed  il  forte  alla  sinistra  vicino  al  fiume.  Il  Recova,  in  faccia  ,   è 

(i)  Picturesque  illustrations  of  Buenos-Ayres  and  Moote-Yideo,  con- 
sisting  of  twenty-four  views  accorapanied  with  descriplions  of  the  scenary 
aud  of  the  costumes,  mamiers  etc.  of  the  iohabitants  of  those  cities  and 
their  environs,  by  E.  E.  Vidal,  Esq.  London,  1820,  in  4-°  Sr»  **§■ 


n. 

>: 


« 


DEGLI    ABITATORI    DI    BUENOS-AYRES  a6^ 

un  fabbricalo  di  mattoni  cui  sono  miste  alcune  pietre  :  la  sua 
lunghezza  è  di  i5o  yards  e  la  sua  larghezza  di  2.1  }  di  dietro 
alla  sinistra  vedasi  il  collegio  colla  chiesa  altre  volle  de'Gesuili. 
La  facciata  meridionale  è  occupata  da  un'  officina  che  serve  alla 
distillazione  de1  liquori  ,  e  Terso  l'estremità  orientale  trovasi  il 
mercato  de' buoi.  Tra  il  detto  mercato  ed  il  Forte  vedonsi  i  carri 
che  conducono  il  pesce:  una  doppia  linea  dall'angolo  settentrionale 
al  meridionale  viene  formata  dai  venditori  di  polli,  di  uova  ec.  ec. 
Sul  davanti  noi  abbiamo  aggiunte  alcune  figure  tratte  da  altre 
tavole  della  stessa  opeia  onde  far  meglio  conoscere  la  foggia  di 
vestire  degli  abitatori  di  Buenos-Ayres. 

Tavola  2. 

La  gran  piazza  di  Buenos-Ayres. 

La  presente  veduta  fu  presa  stando  sotto  l'arco  di  mezzo  del 
Recova^  il  quale  forma  il  fianco  orientale  della  piazza.  A  setten- 
trione sono  alcune  case  private  e  la  chiesa  cattedrale.  Il  Cabildo, 
ossia  palazzo  della  città,  occupa  il  fianco  occidentale,  ed  al  mez- 
zogiorno sono  picciole  botteghe  con  un  largo  lastricato  sul  davanti, 
ove  stanno  i  rivenditori  d'ogni  genere  di  chincaglieria  d'Europa. 
Il  Cabildo  serve  anche  di  prigione:  al  primo  piano  però  sono 
alcune  stanze  nelle  quali  recasi  l'uffizial  municipale  ,  e  dal  bal- 
cone di  mezzo  egli  parla  ai  cittadini  nelle  pubbliche  adunanze  : 
sullo  stesso  balcone  spiegansi  gli  stendardi  e  s'innalzano  i  trofei 
tolti  ai  nemici. 

Nel  centro  della  piazza  vedesi  un  piccolo  obelisco  innalzato 
in  commemorazione  della  dichiarata  indipendenza  di  Buenos-Ajres 
e  delle  provincie  unite:  esso  è  conosciuto  sotto  il  nome  di  Altare 
della  libertà. 

In  questa  piazza  si  fanno  le  pubbliche  processioni,  gl'incanti 
pubblici,  e  ne'giorni  d'allegrezza  serve  per  le  danze,  pei  fuochi 
d'artifizio,  e  per  le  illuminazioni  ec.  In  occasione  di  feste  religiose 
vengono  qui  esposte  vaghe  suppellettili  d'oro  e  d'argento  ornate 
di  pietre  preziose,  reliquie  d'ogni  sorta,  e  preziosissimi  arredi, 
la  cui  ricchezza  eccede  qualunque  altra  esposizione  possa  farsi 
negli  Siali  Cattolici  d'Euiopa. 


268  AGGIUSTA    AL    COSTUME 

Veggonsi  in  questa  Tavola  i  Quinteros,  contadini,  che  arri= 
vano  al  mercato  portando  polli  ed  altri  animali  vivi  attaccati  per 
le  gambe  e  gettati  a  traverso  del  dorso  del  loro  caTallo  5  ed  ivi 
vicino  scorgesi  uno  schiavo-Negro  che  vende  il  pane.  I  panattieri 
di  Buenos-Ayres  hanno  comunemente  al  loro  servizio  molti  schiavi; 
poiché  non  avendo  mulini  né  a  vento  né  ad  acqua  (eccettuatone 
uno  solo  fatto  recentemente  costruire  dagli  Inglesi)  fanno  maci- 
nare il  grano  a  forza  di  braccia  ,  oppure  col  mezzo  dei  muli. 
Questi  panattieri  sono  assai  ricchi  :  le  ceste  ,  nelle  quali  vien 
portato  il  pane,  sono  di  pelle. 

Vedesi  finalmente  da  un  lato  un  venditore  d'aranci  collocati 
per  terra  ;  questi  durante  l'autunno  vengono  portati  in  gran  quan- 
tità dal  Paraguay,  ma  non  sono  però  di  buona  qualità  :  eccellenti 
invece  sono  i  limoni  ed  anche  gli  aranci  coltivali  nei  giardini  di 
Buenos-Ayres-,  ma  di  questi  non  si  fa  mercato. 

Tavola  3. 

Indiani  Pampa. 

I  due  Indiani  Pampa  sono  in  questa  Tavola  rappresentati 
sulla  porta  di  un  magazzino  nel  mercato  chiamato  Indiano,  che 
trovansi  al  confine  sud-ouest  del  Callè-de-los-Torres,  strada  cen- 
trale di  Buenos-Ayres  ,  ove  vedesi  un  quadrato  tutto  circondato 
da  botteghe  che  servono  pel  commercio  delle  loro  principali  m;>- 
ni fatture  che  sono  le  seguenti.  II  poncho  ossia  l'abito  esterno  por- 
tato da  tutti  i  contadini  di  questa  provincia:  esso  è  composto  di 
due  pezzi  di  tela  lunghi  sette  piedi  e  larghi  due,  uniti  insieme 
nella  loro  lunghezza,  lasciando  soltanto  nel  mezzo  uno  spazio  che 
basta  per  passarvi  la  testa.  2.0  Ogni  sorta  di  lavori  in  pelli  , 
cioè  panieri  ,  sferze  pei  cavalli  ,  briglie  ,  cinghie  ec.  3."  Staffe 
assortite,  fatte  di  un  pezzo  di  legno  piegato  a  triangolo  e  legato 
ad  una  striscia  di  cuojo^  non  che  altri  lavori  di  legno  scolpito. 
4-*  Plumeros,  ossiano  scope  composte  di  penne  di  struzzo,  l'uso 
delle  quali  è  comune  in  tutte  le  case  di  Buenos-Ayres.  5.°  Sti- 
vali della  qualità  usata  generalmente  dalla  bassa  classe  del  popolo, 
fatti  di  pelle  di  cavallo  ec. 


Au>rr     VolJl 


leu  '. 


>  /////Y////S  'Sff /////> 


DLGLI    ABITATORI    DI    EUENOS-AYflES  269 

Tavola  l\. 
I  Gauchos  di  Tucuman. 

Tutti  i  contadini  di  Tucuman  sono  appellati  Gauchos  dagli 
abitatori  di  Buenos-Ayres}  parola,  che  secondo  Vidal,  deriva  dal- 
l'antico vocabolo  Inglese  gawk  gawhey ,  usato  per  esprimere  le 
goffe  e  rozze  maniere  di  questi  contadini. 

Le  due  figure  di  questa  Tavola  rappresentano  i  contadini  di 
Tucuman,  provincia  centrale  di  Rio  della  Piata,  i  quali  hanno 
alcune  particolarità  di  abito  e  di  fisonomia  che  li  distinguono  da- 
gli altri  indigeni  di  questa  contrada.  I  loro  abiti  sono  di  una 
stoffa  e  di  un  taglio  singolare  ,  e  di  una  manifattura  tutta  loro 
propria.  Portano  un  cappello  di  pelo  puntato,  conservano  i  loro 
capelli  lunghi  e  distesi:  nel  resto  rassomigliano  agli  altri  conta- 
dini, particolarmente  poi  nella  immondezza. 

Questa  Tavola  rappresenta  alcuni  contadini  di  quella  regione 
che  avendo  portato  e  scaricato  sul  lido  pelli  conciale  ,  stanno  a- 
spettando  i  carri  dalla  città  per  coodurvele.  Alcuni  di  essi  sono 
raccolti  per  pranzare,  siccome  è  loro  costume,  all'aria  aperta,  e 
sul  lido  distante  circa  un  mezzo  miglio  dalla  città.  Acceso  è  il 
fuoco,  un  pezzo  di  carne  di  bue  passato  a  traverso  di  un  palo  a 
foggia  di  spiedo,  è  posto  vicino  al  fuoco  per  arrostire:  il  palo  è 
ficcato  in  terra  contro  vento  ed  inclinato  sul  fuoco:  due  o  tre 
pezzi  vengono  successivamente  preparati  per  lo  stesso  oggetto. 

Tavola  5. 

Soldati  della  spiaggia  orientale  della  Piata. 

La  lunga  guerra  sostenuta  da  questi  soldati  contra  le  truppe 
di  Buenos-Ayres  unite  ai  Portoghesi,  rende  il  soggetto  di  questa 
Tavola  assai  importante.  Essi  sono  gli  stessi  Gauchos  sopradde- 
scritti,  ma  coperti  da  un  abito  diverso,  ed  armati  di  carabina  e 
di  sciabola.  Stanno  questi  soldati  abitualmente  in  campo  aperto, 
non  mangiano  che  carne  di  bue  ,  e  dormono  frammischiati  ai 
loro  cavalli.  La  loro  vita  militare  è  assai  vaga  $    e  mentre  sfu"- 


2JO  AGGIUNTA    AL    COSTUME    DI   BUEKOS-AYBES 

gono  l'incontro  del  nemico  di  fronte  ,  lo  attaccano  di  sorpresa 
quando  meno  se  lo  attende.  Incapaci  di  agire  in  corpo  serrato 
non  si  presentano  mai  in  ordine  innanzi  al  nemico,  cui  tengono 
però  sempre  in  guardia  colle  loro  scorrerie  e  con  frequenti  attac- 
chi. Per  questo  motivo  essi  vengono  chiamati  i  Cosacchi  di  Ame- 
rica. Montano  cavalli  della  più  trista  apparenza  e  con  un  orecchio 
tagliato,  il  che  indica  che  servono  soltanto  per  sella.  Fanno 
lunghissimi  viaggi  in  un  giorno  col  medesimo  cavallo  che  ,  du- 
rante il  cammino,  non  mangia  che  erba,  e  a  quando  a  quando 
un  po' d'orzo,  non  crescendo  vena  sulla  sponda  orientale  della 
Piata. 

I  soldati  rappresentanti  in  questa  Tavola  sono  fermati  alla 
porta  di  una  Pulperia  a  Monte-Video  (i) ,  ed  uno  di  essi  sta 
succiando  il  matte  (2). 

(1)  Chiamasi  Pulperia  una  miserabile  e  sporca  capanna  in  cui  si  vende 
spirito  estratto  dalle  canne  di  zucchero,  sale,  cipolle  e  pane. 

(2)  Questa  bevanda  formasi  come  segue.  Prendonsi  le  foglie  ed  i  pic- 
cioli germogli  di  un  arbusto  del  Paraguay  detto  matte,  si  fanno  seccare, 
iudi  si  polverizzano.  Mettesi  poscia  una  picciola  dose  di  questa  polvere  in 
un  vaso ,  e  vi  si  versa  sopra  acqua  calda.  Sì  fatta  bevanda  assomiglia  al 
thè  ,  e  viene  succiata  con  un  piccolo  tubo.  Usasi  giornalmente  in  ogni 
casa  ,  ed  è  cosa  comune  in  questa  provincia  l'offrire  un  vaso  di  matte 
alle  persone  che  vanno  a  far  visita  ;  lo  stesso  vaso  però  e  lo  stesso  tubo 
mandato  in  giro  servono  per  tutti.  I  più  ricchi  sogliono  aggiungere  al  matte 
zucchero  ,  cannella  ed  altre  droghe  ,  ed  allora  questa  bevanda  diviene  gra- 
ditissima -,  hanno  essi  altresì  vasi  e  tubi  ornati  elegantemente  d'argento  o 
d' oro  j  ma  per  lo  più  sono  di  legno. 


FINE    DEL    VOLUME    IV.    ED    ULTIMO    DELL    AMERICA. 


Afnen  !»/./! 


'/„//>//,///„    y^y,,,,,.    „/Vr///rr/    ,/,./'/„     /,/sr/s 


INDICE 

delle  materie  contenute  in  questo 
quarto  volume  dell'  America. 


JLl  Brasile  o  V  America  Portoghese pag.  3 

Descrizione  del  Brasile i5 

Stabilimenti  Europei  nel  Brasile 67 

Governo  Portoghese  nel  Brasile 72 

La  Gu/ana  Francese,  Olandese  ed  Inglese 98 

Descrizione  generale  della  Gujana 107 

Descrizione  delV  Arcipelago   di  Colombo  ,  ossia  delle 

grandi  e  piccole  Antille i5i 

Descrizione  delle  Antille 160 

Aggiunta  al  Costume    degli  abitatori  di  Buenos -Ayres, 

di  Monte-Video  e  dei  loro  dintorni 266 

DESCRIZIONE  DELLE  TAVOLE. 

iv.  XL.  Lavacro  de'  diamanti  a  Mandar pag.  22 

XLI.  Simie 28 

XLII.   Uccelli  del  Brasile 3o 

XLIII.   Utensili  de'  Coroados  ec 42 

LXIV.  Veduta  della  missione  di  S.  Fidelis 44 

XLV.  Armi  ed  altri  utensili  de'Puris,  Coroados  ec.  .  ^S 

XLVI.  Puris  nelle  loro  foreste 4^ 

£LVII.  Capanna  de' Puris 48 

XVIII.  Capo  de'  Botocudos  .  .  .  • 53 

XLIX.   Utensili  de'  Botocudos 55 

L.  Fisonomia  di  alcuni  Botocudos 60 

LI.  Disfida  de'  Botocudos 61 

LII.  I  Patachos 62 


LUI.  /  Camacan  nel  bosco pag.     63 

LIV.   Utensili  de"1  Camacan 6/1 

LV.  Festa  da  ballo  de"* Camacani 65 

LVI.  Acquidotto  di  Rio  Janeiro 7  5 

LVII.  Lettighe 76 

LVIII.  Ilheos • 88 

LIX.  Graman-Quacy  ec 11 3 

LX.  Aborigeni  della  Gujana 1 1  q 

LXI.  Città  di  Paramaribo i34 

LXII.  Piantatori  di  Surinam i36 

LXIII.  Negri  sotto  di  un  buon  padrone i^a 

LXIV.  Stromenti  di  musica  de1  Negri i^5 

LXV.  Negri  ribelli 1/^7 

LXVI.  /  Caribi 168 

LXVII.  A.   Utensili  de"*  Caribi 171 

LXVII.  Letto  pensile ivi 

LXVIII.   i   n 

TXVTIT    1    ornamenti 177 

FXIX     1    Utensiti  ec '78 

rXX     (    ^°^'  de"1  Caribi 182 

LXXI.  Piantagioni 191 

t  yyji 

T  XX  IT    \    Mulino  per  estrarre  il  sugo  dalla  cannamele  .  192 

LXXI II.    1    Altro   mulino    per   estrarre   il     sugo    dalla 

LXXIII.    (        cannamele ig4 

LXXIV.  Flibustieri 208 

LXXV.  Modo  di  preparare  il  cotone 247 

I.  Sup.  Gran  piazza  di  Buenos-Ayres 266 

II.  Sup.  La  gran  piazza  del  mercato  di  Buenos-Ayres  267 

III.  Sup.  Indiani  Pampa 268 

VI.  Sup.  /  Gauchos  di  Tucuman 269 

V.  Sup.  Soldati  della  spiaggia  orientale  della  Piata  .  .  270 


3  3125  00060  7370