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Full text of "Il costume antico e moderno, o, storia del governo, della milizia, della religione, delle arti, scienze ed usanze di tutti i popoli antichi e moderni, provata coi monumenti dell'antichità e rappresentata cogli analoghi disegni dal dottor Giulio Ferrario : Europa"

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THE  UNIVERSITY 

OF  ILLINOIS 

LIBRARY 


391 
F412c2 

V.25' 


IL  COSTUME 

ANTICO   E   MODERNO 


TUTTI   I    POPOLI, 


IL  COSTUME 

ANTICO  E  MODERNO 
o 

STORIA 

DEL  GOVERNO,  DELLA.  MILIZIA,  DELLA  RELIGIONE,  DELLE  ARTI, 
SCIENZE  ED  USANZE  DI  TUTTI  I  POPOLI  ANTICHI  E  MODERNI 

PROVATA  COI  MONUMENTI  DELL*  ANTICHITÀ* 
E    RAPPRESENTATA     COGLI     ANALOGHI    DISEGNI 

DAL 

DOTTOR  GIULIO  FERRARIO. 


tDIZIOXE    SECOyDA    RISEDUTA    ED    ACCRESCICT A 


EUROPA 


VOLUME     NODO. 


FIRENZE 

PER    VINCENZO    EA.TELLI 
MDCCCXXV1U. 


3*1 

p4  lice- 


IL  COSTUME 

ANTICO  E  MODERNO 

DEGLI    ELVEZJ 

o 

DEGLI     SVIZZERI 

DESCRITTO 

DAL    PROFESSORE  AMBROGIO  LEVATI. 


605627 


PREFAZIONE. 


X_J  amico  dell'umanità  dopo  aver  percorsi  gli  annali  di  tanti  po- 
poli guerrieri  ,  e  struggitori  di  intere  generazioni  cerca  di  ricreare 
la  mente  stanca  di  tanti  disastri,  e  spaventata  da  sì  grandi  or- 
rori col  fissare  i  suoi  sguardi  sopra  di  un  popolo  di  pastori  che 
afì'ezionatissimo  all'alpestre  sua  patria,  semplice,  benefico,  prode, 
nemico  del  fasto  ,  amatore  della  fatica  ,  non  cerca  di  assoggettare 
altrui,  e  nello  stesso  tempo  che  non  vuol  servi,  ricusa  di  aver 
signori.  Tale  e  la  Svizzera  nazione ,  che  non  per  conquiste  ,  non 
per  menati  trionfi  ,  non  per  leggi  dettate  agli  altri  popoli  divenne 
famosa  fra  le  generazioni  dell'universo,  ma  solo  per  la  sempli- 
cità de' suoi  costumi,  per  la  intensissima  carila  della  patria,  e  pel 
sacro  e  glorioso  deposito  di  tutte  le  virtù  ereditate  dagli  avi,  che 
seppe   conservare   intemerato  per  lungo  volgere  dì  secoli. 

La  concordia  sembra  quasi  avere  scelta  per  suo  seggio  la 
Svizzera;  giacché  la  Elvetica  Confederazione  formò  di  venti  po- 
poli diversi  una  sola  nazione  ;  nazione  per  lunga  età  poderosa, 
illustre  ed  indipendente  (i).  Ne  certo  v'ha  alcun  paese  nell'  Eu- 
ropa ,  che  proporzionatamente  alla  sua  ampiezza  comprenda  tante 
repubbliche,  ed  una  si  grande  varietà  di  governi,  quanti  se  ne 
trovano  in  questa  singolare  e  deliziosa  contrada:  eppure  la  El- 
vetica Confederazione  venne  formata  con  tanta  sapienza  e  con  si 
raro  senno  ,  e  gli  Svizzeri  in  queste  ultime  età  si  lasciarono  sì 
poco  aggirare  dalla  brama  di  conquiste,  che  dopo  lo  stabilimento 
fermo  della  loro  unione  ,  essi  dovettero  rade  volte  usar  delle  loro 
forze    contro  un  nemico  straniero  ;  uè  infra  di  essi  nacque  alcuna 

Ci)  Mail  et.  Flist.  des  Suis.  Pref. 


8  PREFAZIONE 

grave  contesa,  che  non    fosse    subito  e  prestamente  e  felicemente 
terminata.  Forse  la  storia  antica  e  moderna  non  presentano  un  so- 
migliante esempio  di  tante  picciole  repubbliche  indipendenti,  che 
confinano  le  une  colle  altre  ,  e  per  conseguenza    debbono    trattar 
del  continuo  interessi  comuni ,  le  quali  sieno  rimaste  per  sì  lunga 
pezza  in  uno  stato  di  pace  e    di    tranquillità  ,  che    non  fu  quasi 
mai  interrotta    (i).  In  tal    guisa  lo    Svizzero    mirò  da' suoi  scoglj 
come  da  un  sicuro  porto  le  tempeste  ed  i  naufragi   de' vicini  re- 
gni. Ben  è  vero  che  le  guerre  di  religione,  le  quali  fecero  scor- 
rere fiumi   di  sangue  nella  Germania  e    nella    Francia  ,    insangui- 
narono anche  la  Svizzera:  ma  esse  non  furono    né    diuturne,  né 
stetfggitrici  ;  e  la  storia  notò  l'esempio  dei  Cantoni,  i  quali  ,  av- 
vegnaché diversi  tra  loro  di  religione,  essendo  gli   uni    Cattolici, 
gli  altri  Protestanti,  pure  e    concordi  vissero  fra  di  loro,  e  terri- 
bili si   mostrarono  alle  straniere  nazioni. 

Né  la  felicità  della  Svizzera  consiste  solo  nell'  essere  scevra 
dal  peso  e  dalle  miserie  della  guerra  j  ma  nessun  altro  paese  si 
vanta  al  par  di  essa  di  una  semplice  agiatezza ,  e  di  un  contento 
universale,  che  regna  fra  i  suoi  abitanti,  i  quali  come  scrisse 
Oliviero  Goldsmith  ce  amano  l'umile  tetto,  che  tiene  dolce  sim- 
patia col  loro  cuore  ;  amano  l'accigliata  rupe,  che  gli  innalza 
sino  al  soggiorno  delle  tempeste.  Il  fragor  decorrenti,  ed  il  mug- 
gito delle  procelle  non  fanno  che  affezionare  il  montanaro  Sviz- 
zero all'  alpestre  sua  patria  (2)  ». 

La  Baronessa  di  Stael  affermò  che  gli  Svizzeri  non  formano 
una  poetica  nazione  (3);  perchè  forse  non  sono  forniti  di  quel 
brio  ,  che  distingue  alcuni  altri  popoli ,  e  non  hanno  assordato 
l'universo  colle  rovine  di  città,  e  di  provincie  straniere  o  coll'al- 
to  grido  di  sterminate  conquiste.  Ella  però  confessa  che  V  amor 
della  patria,  l'energia,  la  concordia  fra  le  opinioni  ed  i 
sentimenti,  brillano  più  vivaci  nella  Svizzera  che  neW  Alle- 
magna.  Né  sì  facilmente  si  concederà  a  quest'erudita  donna;  che 
l'angustia  degli  Stati  Svizzeri ,  e  la  povertà  del  paese  non  vi 
animano  in  alcun  modo  gl'ingegni;  e  che  i  dotti  ed  i  pensa- 
ti) Coxe.  Essai  sur  VÈtat  prèsent  ;  naturel  civil ,  et  polilique  de  la 
Suisse  ou  Letters  adressées  à  Guil.  Melmoth  par  Guil.  Coxe.  Lett.  XLIV. 

(2)  //  Viaggiatore  Poem.dì  Oliviero  Goldsmith. 

(3)  L'Alemagne.  Part.  I.  chap.  20.. 


PREFAZIONE  f) 

tori  vi  sono  ben  pia  rari  che  nel  settentrione  della  Germania. 
Scrittori  d'ogni  maniera  onorarono  la  Svizzera  ;  e  T  uomo  dotto 
che  va  in  essa  pellegrinando  trova  ad  ogni  pie  sospinto  con  che 
soddisfare  alla  sua  curiosità,  ed  accrescere  le  sue  cognizioni.  Il 
fisico  poi  rinviene  in  essa  una  sorgente  perenne  di  trattenimento 
e  d'istruzione,  sia  per  la  grande  varietà  degli  oggetti  di  Storia 
Naturale,  di  cui  tutto  il  paese  abbonda  ;  sia  pel  numero  conside- 
rabile dogli  uomini  dotti  in  questa  scienza,  ne' quali  egli  si  scon- 
trerà a  ciascun  passo  ^  giacché  è  certo  non  esservi  una  sola  città, 
e  ben  pochi  villaggi  ,  in  cui  il  viaggiatore  non  trovi  collezioni 
preziose   e  degnissimo  della  sua  attenzione  (i). 

Quantunque  gli  Svizzeri  non  si  sieno  proposti  di  far  conqui- 
ste, e  di  assaltare  gli  altri  popoli  por  soggiogarli,  pure  essi  col- 
sero immortali  allori  noi  difendere  la  loro  patria:  nò  le  dolcezze 
della  pace  ammollirono  il  coraggio ,  o  snervarono  le  braccia  della 
robusta  loro  gioventù.  Nella  lunga  guerra  che  essi  sostennoro  per 
piantare  le  fondamenta  della  loro  Confederazione ,  diedero  prove 
di  straordinario  coraggio,  e  d'amore  patrio,  reputando  lieve  o- 
gni  più  grande  sacrificio.  Pochi  montanari  ruppero  numerose  schiere 
a  Morgarton  ed  a  Sempach  :  il  tremendo  Carlo  di  Borgogna  fu 
sconfitto  j  e  gli  Svizzeri  scrissero  sulla  cappella  eretta  colle  ossa 
de'  Borgognoni ,  come  trofeo  della  loro  vittoria ,  la  seguente  epi- 
grafe :  questo  monumento  lasciò  di  se  Carlo  di  Borgogna  l'an- 
no 1476.  Essi  combatterono  con  tanta  ferocia  contro  i  Francesi 
a  Melegnano  ,  che  il  Trivulzio  dovette  sclamare  :  questa  essere 
stata  battaglia  non  d'uomini,  ma  di  giganti;  e  che  diciatto 
battaglie  alle  quali  era  intervenuto ,  erano  state ,  a  compara- 
zione di  questa,  battaglie  fanciullesche  (2).  Finalmente  tanta 
fu  la  rinomanza  delle  armi  Svizzere  ,  che  in  quasi  tutte  le  prin- 
cipali guerre  osse  furono  adoperate  dai  varj  popoli  belligeranti:  e 
la  fedeltà  degli  Elvetici  guerrieri  si  mostrò  si  luminosa  che  al- 
cuni Principi  affidarono  ad  essi  la  sicurezza  delle  loro  persone  ; 
onde!  in  Versailles,  nell'  Escuriale,  nel  Vaticano,  in  Torino  si 
videro  del  continuo  le  Svizzere  scorte  vegliare  alla  difesa  dei 
Principi,  che  in  que' palazzi  stanziavano. 

(1)  Coxe,  Lett.  XLIV.  Bernoulli,  Lcllr.  sur  dijferents  sujcts. 
(a,   Onice  ardiui,  Storia  il'  Italia,  Iih.  XII. 


I  U  PREFAZIONE 

Mailer. 

Un  popolo  si  celebre  vanta  i  suoi  storici  e  contrappone  a 
Tito  Livio  il  suo  Muller.  Ma  la  storia  di  questo  scrittore  che  era 
fornito  di  una  porteutosa  memoria  ed  erudizione  non  giunge  che 
al  secolo  XV.,  ed  è  ripiena  di  minute  notizie  intorno  ad  alcune 
illustri  famiglie,  a  particolari  comuni,  a  fatti,  che  non  sono  di 
gran  momento ,  se  non  per  alcuni  pochi  nazionali. 

Mallet. 

II  Mallet,  che  pel  suo  sapere  meritò  di  essere  prescelto  dal- 
l'immortale Caterina  II.  a  precettore  di  Paolo  I.,  giovandosi  dei 
materiali  preparati  dal  Muller  e  dall'  Haller  nella  sua  Biblioteca 
dell'istoria  della  Svizzera,  e  di  tatto  ciò  chele  appartiene, 
ha  potuto  tessere  una  storia  compiuta  degli  Elvezj ,  conducendola 
iìno  a"  nostri  giorni,  et  La  rinomanza  della  storia  del  Muller,  dice 
questo  scrittore,  già  da  lungo  tempo  sì  vantaggiosamente  cono- 
sciuta, s'andrà  pure  senza  alcun  dubbio  accrescendo  ,  quand'  essa 
Venga  compiuta  e  limitata  più  che  non  sia  ai  soli  antichi  tempi. 
Nella  Francese  traduzione  che  si  pubblicò  ^  essa  comprende  già 
nove  volumi ,  sebbene  non  giunga  che  verso  la  metà  del  quindi- 
cesimo secolo.  La  nostra  contiene  in  un  volume  solo,  tutti  i  fatti 
che  hanno  relazione  a  si  lungo  periodo  di  tempo  perchè  noi  ab- 
biamo scritto  guidati  da  altro  principio  ,  e  per  lettori  diversi  da 
quelli  del  signor  Muller  :  ciò  nullameno  sommamente  ci  giovam- 
mo di  non  poche  importanti  notizie  contenute  in  que'nove  vo- 
lumi »  (i).  Il  Sismondi  poi,  che  sì  bene  dipinse  la  Inghilterra, 
diede  un  sunto  assai  pregevole  di  questa  nobile  istoria  (2):  onde 
la  Svizzera  vanta  al  par  delle  altre  nazioni  annali  pieni  di  minute 
notizie ,  e  storie  compendiose  ,  che  dipiugono  con  rapidità  la  serie 
degli  eventi ,  che  la  illustrarono. 

Zurlauben. 

Troppo  lungo  sarebbe  il  parlare  de' principali  scrittori  che  di- 
pinsero la  Svizzera,  la  quale  presenta  tante  bellezze  della  natura  ri- 
mirata nella  sua  semplicità,  quante  non  ne  offre  alcun  altro  paese.  Il 


(1)  Mallet,  Hist.  des  Suis.  Pref. 

(1)  Vedi  la  Prefazione  alla  Storia  della  Svizzera    pubblicata  per   cura 
di  D.  Bertolotti  in  continuazione  al  Compendio  di  Scgur. 


PREFAZIONE  !  I 

Barone  di  Zurlauhcft  nel  suo  Viaggio  Pittoresco  della  Svizzera  (i) 
le  descrive  pressoché  tutte,  e  la  sua  opera  divisa  in  dodici  volumi, 
e  corredata  di  un  beli'  Atlante  ci  servirà  di  scorta  nel  visitare 
le  città,  i  villaggi,  i  monti,  le  valli  ,  i  laghi,  i  fiumi  dell'El- 
vezia. 
Coxe. 

Più  brevi ,  ma  più  eloquenti  e  vivaci  sono  le  descrizioni  ,  rhe 
Coxe  ci  diede  nelle  sue  Lettere  sulla  Svizzera  )  le  quali  annun- 
ciano un'  anima  assai  sensibile  alle  bellezze  naturali.  L'immagi- 
nazione dell'autore,  sollevata  dalla  grandezza  degli  oggetti,  gli 
esprime  con  energia  e  con  entusiasmo  :  egli  dipinge  da  poeta  ,  e 
descrive  da  filosofo:  ora  sale  sui  monti,  e  cammina  sulle  nevi  , 
sui  ghiacci  e  sugli  scogli;  ora  egli  entra  nelle  case  de' contadini, 
e  s' introduce  ne'  pubblici  cdificj.  Il  traduttore  Francese  di  que- 
ste lettere  -visitò  paesi,  che  nelle  medesime  vengono  descritti  col- 
lo stesso  spirito  e  cogli  stessi  occhi  :  egli  conferma  od  accresce  le 
osservazioni  dell'autore  Inglese,  e  sembra  «versato  nello  studio 
della  storia  e  dell'  antichità,  e  principalmente  in  quello  dei  dif- 
ferenti rami  della  storia  naturale  (2).  Quantunque  tutto  ciò  che 
riguarda  le  forme  si  varie  del  governo  nei  Cantoni  Svizzeri ,  e 
presso  i  loro  alleati  sia  stato  da  Coxe  trattato  con  molta  sapienza 
e  profondità;  pure  i  grandi  mutamenti  di  fresco  avvenuti  nel 
loro  governo  federale  han  fatto  sì  che  questa  parte  delle  sue 
lettere  non  appartenga  oramai  che  alla  storia.  Il  viaggiatore  però, 
il  quale  vorrà  visitare  la  Svizzera  ,  e  procurarsi ,  prima  di  per- 
correrla ,  utili  notizie  intorno  a  tutti  gli  oggetti  stranieri  alla  for- 
ma del  governamento  ,  troverà  ancora  con  che  istruirsi  nel  viag- 
gio di  Coxe;  principalmente  in  ciò  che  riguarda  il  suolo  e  1  a- 
gricoltura,  la  storia  naturale,  1'  industria,  il  commercio,  le  arti 
e  le  antichità  del  paese  :  sotto  i  quali  aspetti  la  relazione  di  Coxe 
ò  ancora  una  delle  migliori ,  che  noi  abbiamo  della  Svizzera  (3). 

(1)  Tableau*  de  la  Suisse  ,  ou  Vovage  Pittoresque  fait  dans  le  XIH. 
Cantons  du  Corps  Helvetiqne  rrprescntants  Ics  diverses  pbénomcnes  ,  »|ue 
la  Nature  y  rassemble  ,  et  les  beautés  doni  l'Art  les  a  enriebis.  Seconde 
èdition  orné  de  ^18  planches  dessinées,  et  grayées  par  les  mcilleurs  arlislcs 
de  la  capitale.  Voi.  12,  Paris  ,   1784- 

(a)  La-Harpe,  Correspondance  Zittir.  Tom.  III. 

(3J  Bibliot.des  Koyages,  Tom.  II.  pag.  ^27., 


1 2  PREFAZIONE 

Gli  abiti  poi  e  gli  usi  degli  abitanti  di  questo  paese  furono  de- 
scritti in  due  opere,  una  delle  quali  è  stampata  in  Zurigo,  e 
V  altra  in  Basilea.  La  prima  è  intitolata  :  Scene  tratte  dalla 
Storia  degli  Svizzeri  ed  incise  sui  disegni  di  L.  Lips  F.  Le- 
gi  (i).  Il  titolo  dell'altra  è  il  seguente  :  Raccolta  dei  Costumi 
Svizzeri  dei  XXII.  Cantoni  dipinti  da  G.  Reincard  di  Lu- 
cerna ,  e  pubblicati  da  Birmann  ed  Huber  (2). 

Il  lettore  troverà  qui  sotto  il  catalogo  delle  altre  opere  ,  che 
hanno  illustrato  tutto  ciò  che  appartiene  allo  stato  naturale, 
al  governo  ,  alle  leggi  ,  alla  religione  ,  allo  stato  delle  arti  e 
delle  .scienze  ,  ed  ai  costumi  della  Svizzera.  I  tanti  dotti  ingegni, 
che  trattarono  questa  materia  lo  chiariranno  della  importanza  del- 
la medesima.  Per  ciò  poi  che  riguarda  la  geografia,  noi  abbiamo 
preso  per  guida  1'  esatto  ed  erudito  Busching  ,  cui  abbiamo  ag- 
giunte le  importanti  notizie  di  Goxe ,  di  Ramond  ,  del  Fabri  e 
dell'  Hammerdorfer ,  principalmente  ;  posciachè  la  descrizione 
della  moderna  Svizzera  compilata  da  quest'  ultimo  venne  molto 
encomiata  dall' Haller,  e  servi  di  scorta  ai  geografi  Francesi,  le 
cui  pregevolissime  ricerche  furono  pubblicate  da  Mantelle  e  da 
Malte-Brun  (3). 


Ci)  Scénes  tirées  de  l'Hist.  des  Suisses    gravées  d'aprés  les  desseius  de 
ti.  Lips,  F.  Legi-  Zurich  chez  Fuessli,  1812. 

(2)  Collection  des  Costuines    Suisses  des  XXII.  Cantons    peints  par  J. 
Reinhard  de  Lucerne;  et  publiées  par  Birmann  et  Huber.  A  Baie,  1819. 

(3)  Géograph,  Univ.  Anc.  et  Mocl.  Tom.  Vili.  Suisse. 


CATALOGO 

DELLE 

PRINCIPALI  OPERE- 
che  TRATTANO 
DELLA  SVIZZERA  E  DE' SUOI  ABITANTI. 


Viaggio  sul  monte  Pilato  nel  i5i8  di  Vadiano  di  De-Walt.  Si  trova  rid- 
i' opera  intitolata  :  Commentarius  J.  Vadiani  ,  in  III.  Lib.  Pompouii 
Melae  de  situ  orbis.  Pierina,   i5i8.  in  4-° 

Aegidii  Tschudi  Descriplio  Rbaetiae  Alpinne.  Basilea.  i538,  in  4.0 

Voyage  sur  le  mont  Stokborn,  fait  en  i536,  par  Bellicauus.  Zurich,  i555, 
in  /|.° 

Conradi  Gesneri  Descriptio  montis  Pilati,   1 555,  in  4- ° 

Bened.  Aretius  Descriptio  etc.  Strasbourg.    i56i,  in  4«" 

Description  de  la  Suisse  ,  par  Marsus  ,  ambassadeur  de  l'Empcreur  et  Roi 
d'Espagne  auprès  des  Suisses,  pendant  les  années  i555  à  i55c),  in  4-° 

Josiae  Simleri  Valesiae  Descriptio  libri  IL  ,  et  de  Alpilms  Commeutariusj 
et  Celleni  liber  de  therrais  et  fontibus  medicatis  Valesianorura.  Turgaw, 
1574.  in   8.° 

De  Helvetiorum  Républicà,  autore  Josia  Simlero.  Elzevir,   1624,  in  24.0 

La  République  des  Suisses,  comprise  en  dcux  livres,  contenant  le  gouver- 
nernent  de  Suisse',  1'  état  des  treize  cantons  et  de  leurs  confcdcrés  en 
general  et  en  particulier,  leurs  bailliages  et  juridictions  etc.  ...décrite 
en  Latin  par  Josias  Simlcr  de  Zuricb,  et  nouvcllement  mise  cn  Fran- 
cais,  avec  le  pourtrait  des  villes  des  treize  cantons.  Paris,  Dupuys, 
i5;8  ,  iu  8.° 

Tableau  de  la   Suisse,  par   Lescarbot.    Paris,  1618,  in   .\. 

Helvetia  profana  et  sacra,  autore  Ranucio  Scolti.  Macerata.  1G42,  in  \. 

Relation  du  Voyage  de  Henri  IL  d'Orlcans-Longucyille  ,  dans  sa  piinci- 
pauté  de  Neuchitel  et  Yalcngin,  en  i65y.  Inserito  nel  Journal  llclvcti- 
que,  1782}  e  iteli'  Esprit  des  Jouru.au x,  dello  stesso  anno.. 


l4  CATALOGO    PELLE    PRINCIPALI    OPBWE 

BcBchreibuog  des  Lucerner-oder  Vicr-Waldstetten-sces.  Lucerne,  1661,  in  ^.° 
Auszug  aus   der    Brukner-schen    Reisebeschreibung    nach  Genf  ,    ira    Jahr 

1668.    Inserito  nel  Magazzino  Geografico  del  Fabri  ,  3   voi.   iu   8.0 
Bescbreibung  des  Ziircbersees,  von  J.  Ebr.  Escber.  Zurich,   1693,  in  8.0 
Mercuri us  Helvelicus ,    fiirstellend   die    denk-und    schauwurdigsten    Sachea 
und  Selteubeiten    der    Eindgenossen  scbal't ,  von  J.  J.  Wagner.  Zurich, 
1701,  iu   12. 
Arminio  Donnebuchi  Relatione  del  paese  de' Svizzeri  e  loro  alleati.  Venezia, 

1708,  in  8.° 
L'etat  et  les  Délices  de  la  Suisse,  en  forme  de  ralation  critique  ,  par  plu- 
sieurs  auteurs  célèbres  :  Staniaii,  Keisler  et  Ruchat  de  Lausanne}  enri- 
chi  de  figures  en  taille-douce,  dessinces  sur  les  lieux  meine,  et  de  car- 
tes  gèographiques  très-exactes.  Amsterdam  ,  IVet Stein  et  Smith,  17  14» 
ibid.  ,  i73o;  ibid. ,  1740.  Bàie  1760,  4  voi.  in  12.0 
—  Le  méme,  considérablement  augmenté  ,    avec  cartes  et  figures.  Neuchd-* 

tei,  Fatiche,   1765.,    a  voi.  in   4-° 
Joannis  Jacobi    Scbeucbzer    per    Helvetiae    Alpinae    regiones  Itinerarium. 

Leyda,   1723,  4  part.  en  2   voi.    in   4-a 
Natur-Geschicbte  etc.  . . . .  von  Scbeuchzer.  Zurioh,   1748,  2  voi.  in  4.0 
Iter  Helveèicum    anno    1738,  et  Iter  Hercynium    anno    i^Sg.  Goettingue, 

1740.  Leipsic,  ibid.,  in  8.» 
Bescbreibung  der  Merkwiirdigkeiteo,  die  in  eitier  1742,  gemachten  Reise  , 
durch  einige  Oerter  des  Schweizerlandes  beobachtet  hat  3.  G.  Sulzer. 
Zurich,  1743,  in  4° 
Versucb  einer  historischen  und  physikalischen  Bescbreibung  der  Helveti- 
sclieu  Eisberge  (bei  Gelegenheit  einer  dahiu  gelhanen  Reise),  yon 
Job.  Georg.  Altmann.    Zurich,  i75i  ;  ibid.,   \"]53,   in  8.° 

Bescbreibung  etc von  Dan.  Lan-glians.  Zurich,  1753,  in  8.° 

F.   M.  Nerini  Iter    Subalpinum  ,    cura  J.  C.  Fischer    editum.    Francjort  et 

Leipsic,   1753,  in  8.0 
Reise  nach    der  Birsquelle  (  im  Stift  (  Canlon  )  Basel  )  von  Aug.  Jac.  Bu- 

xtorf.  Genève,   1756,  in  8.° 
Account  of  the  Svvitzerlaud  written,  in  the  year  1 7  1 4  ,  by  Abraham  Sta- 

nian.  Edimbourg,   175G,  in  8.° 
Elat  de  la  Sdisse,   par  Slanian  ,    ambassadeur  td'  Angleterre.   Amsterdam, 

1764.  in  8.° 
Plantini  Helvetia  antiqua  et  nova.  Berne,  1756.  in  8.0 
Essai  d'une  description  des  curiosités  bistoriques  et  nalurelles  du  pays  de 

Bàie,  avec  uu  Voyage  à  la  source  de  Birse.  Baie,  1759,  in  8.° 
Eisberge  des  Schweitzerlandes  ,  von    Gottlieb  Siegmund    Gruner.  1760,  3 

voi.  in  8.° 
Hislcire  naturelle  des  glaciers  de  Suisse,  traduction  libre  de  l'Allemand  de 
M.  Gruner,  par  M.  de  Heralio,  curichie  de  plauches.  Paris,  Panckoueke, 
1770,  in  4.0 


CHE   TRATTANO   DELLA   SVIZZERA   E  UE    SI  01  ABITAMI  l5 

A  short  account  of  the  aucient  History  ,  prese nt  Govcrumeut  and  Ljvys 
of  the  republic  of  Genève,  by  G.  Kei\lc.  ^otulon,  1761,  in  8.° 

Naturgeschicbte  Helvetiens  in  der  alten  Welt.   17G4,  in  8.0 

Ilistoire  naturelle  de  la  Suisse  dans  1"  ancien  Monde  ,  par  Gotllicb-Sigi- 
smond  Gruner.  Neuc/idtel,    1776,  in   8.° 

Description  des  monlagnes  et  des  vallècs  qui  font  une  partie  de  la  princi- 
pale de  Neuchàtel  et  de  Vallengin,  par  Fédéric  Oslerwald.  Neuc/iutel, 
1764.  —  seconda  L'Unione,  considtr  abilmente  accreiriuta,  ibid.  176G, 
in  8.° 

Description   des  moutagoes  de  la  principaulc  de  Neuchàtel ,   17G6.  in  8.° 

Tableau  historique  et  politiquc  de  la  Suisse  ,  où  sont  décrits  sa  situaliou, 
son  état  ancien  et  moderne,  sa  division  en  can.'ons  ,  les  dictcs  et  l'  u- 
nion  Helvétique,  où  l'on  voit  l'origine,  la  naissance  ,  l'établisscment  et 
les  progrés  de  la  République  ,  les  mocurs  ,  la  religion  et  le  gouvernc- 
ment  de  ses  peuples,  avec  un  état  de  son  commerce,  de  ses  revenus  , 
de  sa  milice,  et  une  appendice  contcuaute  un  détail  de  ses  allicsj  tra- 
duit  de  l'Anglais.  Paris,  Lottin,    17G6,   in   ia.° 

Antonii    Capellarii    Historia  montis  Pilati.  Baie,   1767   in   4.0 

Briefe  iiber  die  vornehmsteu  Merkwurdigkeiten  der  Schweitz.  Leipsic;  1  ^Gy, 
in  8.° 

Lettres  sur  la  Suis5c,  par  Bouflers.  Paris.   1772,  in  8.° 

Reise  durch  die  Waet,  ira  Jahr  1771.  (Inserito  nel  Museo  Svizzero  secondo 
anno  Vili,  fascicolo  ). 

Dictionnaire  de  la  Suisse,   par  J.  Renard.  Paris,   1775,   3  voi.  in  8.° 

Description  d'un  Voyage  fait  en  177»,  par  une  parlie  dea  Alpes  Bernoiscs, 
par  S.  J.  Coggenbach  ,  avec  planches  :  Berne,  primo  fascicolo ,  1776, 
in  fol.° 

Briefe  aus  der  Schweitz,  etc.  . . .  von  Andreae.  Zurich  et  Vinterthur,  1776, 
in  4.0 

Relation  de  diflercns  Vovagcs  dans  les  Alpes  du  Faucigny,  par  messieurs 
D.  et  D.  Maestricht ,  Dufour  et  Roux,   1776,  1   voi.  in   12.0 

Lettres  sur  la  Suisse,  per  L.  M.  L.  C.  Altoua,  1777  ,  1  voi.  in  8.° 

Dictionnaire  gèographique  ,  historique  et  politiquc  de  la  Suisse,  par  Fran- 
cois Gallct.  Yverdun  et  Genève,   1777,  2  voi.  in  8.° 

Essai  sur  les  raontagnes  Salifcres  du  gouvernement  d'  Aigle  ,  situées  sur 
les  confras  de  Beval  ;  par  Francois-Samuel  Wild,  capitarne  des  miucs 
de  1' ctat  de  Berne,  avec  cartes  et  planches.  Genève t  Barde-Mangct , 
1778,  in   4.0 

Vues  remarquables  des  montagnes  de  la  Suisse  ,  avec  leur  description  , 
cnricliie  de  beaucoup  de  planches;  premiere  partie.  Revel,  1778,  in  fol." 

Voyage  dans  Ics  Alpes,  precede  d'un  Essai  sur  1'  histoirc  naturelle  des 
envirous  de  Genève  j  par  Horace-Benedict  de  Saussure  ,  curichi  de 
beaucoup  de  gravurcs.  T\  euclidici ,   1778-179G,  4«  voi.  in  4-° 

—  Le  mème,  avec  figures.  Genève ,  1.7S7-179G,  8  voi.  in  8.° 


l6  CATALOGO    DELLE    PRINCIPALI    OPEIUi 

lvlciue  Ileisen  durcb  einige  Schweizer-Cantons.  Beile,   1780,  in   8.° 
Tableaux  topographiques,  pifc^presques,  pysiques,  historiques,  moraux  ,  po- 
litiques  et  littéraires  de*  la  Suisse  ,    publiés  par  La   Borde  ,  enriebis  de 
278  piane.  Paris,  Clousier,  Lamy,   1780,    4   yoi.  gr.  in  fo).° 

—  Le  meme,  avec  4°°  figures.   lbid.,   12  voi  in  4-° 

—  Le  nième,  sans  figures.  lbid. ,  6  voi.  in  4-° 

Voyage  historique   et  littéraire  de  la  Suisse    occidentale,  par  J.  R.  Sinner. 

Neuchdtel,  de  l'imprimane  de  la  Società  Tjpographique,  1781,  2  voi. 

in  8.0 
Fragment  aus  dera  Tagebuch  einer  Reise  \on  Nuruberg  bis  Constanz,  im 

Jahr   1781.  Inserito  nel  Museo  Alemanno,  anno  1786:  decimo  fascicolo. 
Sketch  of  the  naturai ,    civil    and    politicai  State  of  Swizzerland  ,  in  a  se- 

ries  of  letters,  by  William  Coxe  lo  William  Mebnoth.  London,   1780, 

in  8.° 
Lettres  de  M.  William  Coxe  a  M.  W.  Melmoth,  sur  l'état  politique  ,  civil 

et  naturel  de  la  Suisse ,  traduites  de  l'Anglais,  et  augumenlée  d'obser- 

vations  faites   daus  le  roème  pays  par  le  traducteur  M«  Ramond.  Paris, 

Belin,  1782,  2  voi.  in  8.° 
Esquisse  de  l'état  naturel,  civil  et  moral  de  la  suisse  ,  coutenue  dans  une 

suite  de  lettres  de  Guillaume    Coxe  ,  adressées  à  Guillaume    Melmoth  : 

avec  les  Observations    de    Ramond.    orné  de    douze    figures    au  bistre 

par  Birman  :    in    Inglese  ;    Sketch  of  the    naturai  ,    civil  and    politicai 

State  of  Swizzerland,  in  a  series  of  letlers  by    William    Coxe  to  Wil- 
liam Melmoth;  with  remarks  of  Ramond  etc. ...  London ,  i8o3,  2  voi. 

in  8.° 
Travels  tbrougb  the  Rhetian  Alps   etc. . . .  by  Albanis   Beaumont.  London, 

1782,  in  fai.0 
Lettres  sur  une  contrée  pastorale  de  la  Suisse,  par  M.  Bonstetten. . .  .Baie, 

1782.  Zurich,   1792,  in  8.° 
Itinéraire  de  la  ville  de  Bàie,  de  ses  environs  et  de  ses  cantons,  à  l'usage 

des  voyageurs.  Baie,   1782  in   12.0 
Dissertationes  IL  physicae  de  itineribus  per  Hclvetiam  cum  fructu  facien- 

dis.  Zurich,  1782  et  1783,  in  4° 
Collection  de  Jean  Bernoulli  ;  premier  volume  supplémentaire  ,    contenant 

la  descriptiou  de  la  principauté  de    Neuchàtel  et  du    comté  de  Yalen- 

gin.  Berlin,  1783,  in  8.° 
Description  de  quelques  montagnes  de  la  vallèe  d'Eutlibouch,  par  Schny- 

der,  avec  une  carte.  Lucerne,   1783,  in  8.0 
Beschreibung  des   Bodenseess  ,  nach   seinen   verschiedenen    Zustaenden  in 

alten  und  neuen  Zeiten.   JJlm,   1783,  in  8.° 
Voyage  dans  quelques    parties  de  la  Suisse,  par  Bernoulli.  Berlin,  1783, 

in  8.0 
Lettres  sur  la  Suisse  ,  adressées  à  madame   de  ***  par  un  Voyageur    Fran- 

cais,  La-Borde,  en  1781  :  on  y  a  joint   une  carte  generale  de  la  Suisse 

et  des  glaciers  de  Faucigny,  la  plus   exacte  qui  ait  encore  paru,  aiusi 


CHE   TRATTINO   DELLA    SVIZZERA    E   DE*   SUOI    ABITANTI.  1J 

qu'un  plau  de  Versoy  ,  et  uà  pian  (Ics   souterrains    des  salincs  de  Ba- 

\ieux.   Genève,  Paris,  Jombert  ,   i   voi.  gr.  in   8.° 
Voyage  minéralogique  en    Suisse  ,  par  le  comte    Grégoire    Razoumowskj. 

Lausanne,   1 7 S3  et  1 7841  in   8.'' 
Voyage  minéralogique    dans  le  gouvcrncmcnt  de   l'Aigle    et  une   partie  du 

Valais,  Baivi  d'une  excursion  sur  le  lac  de  Lucerne,  par  Beboumwisky, 

avec  planches.   Lausanne,   1783,  in   8.° 
Voyage  dans  les  niontagnes  les  plus  remarquablos  de  la  Suisse,  par  Wyt- 

tenbacb.  Berne ,    1783,  in  8.° 
Voyage  par  quelques  cantons  de  la  Suisse,  d'UIm   à  Saint-Gali,   Appenzel, 

Glarus,  Uri  ,  Schwitz  ,  Zug  et  de  Zurich  à  Costance  ,  par  Jean-Michel 

Afsprung.   Leipsig.   1784,  in  8.°  • 
Pbysikalisch-poliliscbue   Reisen  aus  den  Dinarischcn    durch  die  Julischen  , 

Carothischeo  und  Rhaetischen  in  die  Norischen  Alpen  ,  in  den  Jahrcn 
1781    und   1783.  Leipsig;   1784,  in  8.° 
Briefe  iiber  die  Scbweilz,  von  Christ.  Mcincrs.  Berlin,   1784  und   1785  ,  a. 

voi.   in  8.°  Ib'ul.  ,   1789   und    1790,   4  voi.   in   8.° 
Mcmoircs   pour   servir  à   la  connoissance  de  la  Suisse,  resulta  t  d'observations 

pendant  ses  voyages,  par    Jeao-Rodolphe    Sdùnlz.  Zurich  ,    1784  1787, 

in    8.° 
Nuuvelles  Lettres  sur  la  Suisse,  premier  Cahier,  coulcnant  Ics  cantons  de 

Bàie,  Solerne  et  Berne,  par  Hirscbfcld.  Kiel ,    1785,   in   8.° 
Rbuvelle   Descriplion   generale  et    parliculiere  des  glaciòres,  Vallées  de  gla- 

ces  et  glacicrs  ,  qui   forment  la  grande    chaìne  des  Alpes  de  la  Suisse, 

de  l'Italie  et  de   la   Savoie,   par  M.  Bourrit,  nouvclle  édition,  enrichic  de 

beaucoup  de   planches.   Genève,   Paul  Baule,   178:"),  3  voi.  in   8.° 
Lettres  sur  quelques   parties  de   la   Suisse,  adrcssées  à   la   Reine  de  la  Gran- 

de-Brctagne   par  J.  A.  De-Luc.  Paris,  Ducitene,    1783,  in  8.° 
Briefe  eines  Sacbsen   aus  der  Scbweitz  an  seinen   Frcuud  io  Leipzig.   Lcip- 

sig,   1785-1786,  3  voi.  in  8.0 
Voyage  dans  les   Alpes,  fall  en   1781  ,  par   Gotilicb-Conrad-Cbarles  Slorr, 

avec  planches Leipsic,  i78:'-i78(>,  2  voi.  in  4.0 
Fragmeot  aus  dem  Tagebuch  eincr  Rcise   von  PuirnbeFg  bis  Constanz,im 

Jahr    178J.  Inserito  nel  Museo  alemanno   anno    178(1. 
Voyage  par  le  pays  des  Grisons,   fait  en    1784.  Inserito  nel  Musco  Svizzero 

anno  secondo,  settimo  fascicolo. 
Fragmens  d'un  Voyage   par  le  pajra  des  Giisons.    Inserito  nel    Museo  Ala- 
manno  1786   undecimo  j ascicelo. 
Fragmens  d'un  Voyage    sur  le    mont    Julien  ,  ebr-z  les  Grisons,  parli.  L. 

LehinanD.  Inserito  nel  Museo  Svizzero,  terzo  anno,  nono  fascicolo. 
Essai  d'une  descriplion  de  la   vallèe   de  GrindeUvald.    Inserito  nel  Magaz- 
zino Elvetico  di  storia  naturale  toni.  I. 
Manuel   pour  Ics    savana  et  les   curieux    qui  voyagrnt  en    Suisse,  par  Bea- 

son,  augmenté  par  Jacques  Samuel  Wytttubach;  nouvclle  édition.  Berne, 

1786,  a  voi.  in  8.° 

Cost,  dell'Europa  Voi   IX-  2 


l8  CATALOGO   DELLE  PRINCIPALI  OrEUE 

Manuel  le  meme,  cJition  augurnentéc.    Zurich  Fuessh  et  Camp, ,  1799,  in  S.« 
Obseryations  faites  pendant  un  Voyage  de  Strasbourg  à  Schafhouse.    Inse- 
rito nel  Museo  Alemanno,   1786  unclecinio  fascicolo. 
"Vovce  de  M.  de  Mayer  en  Suisse,  en   1784,  ou  Tableau  bistorique,  civil, 
poliliquc  et  pbysique  de  la  Suisse.  Amsterdam,  Paris,  Leroi,  j  7 Sf>,   2 
voi.  in  8. 
Lettrcs  d'une  Dame,  Madame  Dc-Krok,  écrites  pendant  un  voyage  en  Suisse. 

Francfort  et  Leipsic,   1786,  in  8.° 
Ta«ebucb  einer  Reise  durch  die  Scluvcilz,  von  Sopbie  La-Roche.  Altenburg 

1787,  in  8.0 
Excursion  dans  Ics  mines  da  Haut-Fauciguy  etc.  . . .  par  L.  P.  Berthout  van 

Bcrcbcm.  Lausanne,   17S7,  in  8.° 
Voya«e  de  Zurich  à  Pfcflers ,   par  H.  C.  Hirzel.  Inserito  nel  terzo  volume 

elei  Magazzino  Elvetico  di  storia  naturale. 
Description   d'un  Voyage  par  le   mont  Pvigi   et  les  quatre    villes  forestières, 
par  Orell.  Inserito  nel  Museo  Svizzero,  terzo  volume  secondo  fascicolo. 
Quelques  Obscrvations  isolées,  recuellics  pendant   un   voyage   en   Suisse,  par 

J.  L.    Boekmaira.  Inserito  nel  Magazzino  Scientifico  di  Posselt. 
Fragmcnt  d'uu  Vo^-nge  en  Suisse.  Ibid. 
Lettrcs  écrites  de   la  Suisse.  Inserito  nel  Journal    pbilosopbique  et  Iillérai- 

re,   1787,  tomo  primo. 
Voyage  de  J.  M.  Plielippon  Roland,  femme  da  Ministre  de  l'inlérieur,  fait 
en  Suisse   dans  l'apnèe   17S7.    Inserito  nel  volume    terzo  du   recueil  de 
scs  OEuvres,  par  Cbampagueux.  Paris,  Bidaut ,   1800  —  an  Vili.,  3 
voi.  in   8.° 
Verfraulicbc  Erzacblungcn  einer  Scbvyeizer-Reise  ini  Jahr   178G,  von   W.  G. 

Ploucquet.   Tubiti gen,    1787,  in   8.° 
Sur  quelques  objcts  en  Suisse.   Tubii/gue,  «789,  in   8.° 
Travels  ibrougb  Alpcs  Pcnnincs,  by  Albanis  Bc.au mont,  avec  plancbcs  colo- 

riées.   Genève,  Cardi//,   178S,  piccolo  in  fol.° 
Travels  io   Swilzcrlainì   and  country   of  the  Grismis,  in   a  series  of  letters, 
by  William  Coxe   lo  William  Mclmotb  esquirc.  London,    1788,   3   voi. 
in   8.0 
Voyage  en  Suisse  ,  ebez  les  Grisons   et  dans  li  Vagelline,  par  M.  William 
Coxe  ,   tra  dui  t  de   l'Anglais  par  Lcbas  ,   avec  carles  et  figurcs.  Genève, 
1790,   3   voi.   in   8.° 
Lettrcs  d'uu  Vo3'a^cur,  écrites  de  la  Suisse.  Inserite  nel  Giornale  di  Ber- 
lino,  17G9  sesto  fascicolo. 
Obscrvations  géoérales  sur  la  Suisse,  écrites  en   17 SS.  Inserite  nel  3Iagaz- 

zino  di  Gottinga,  settimo  volume  te.  zo  fascicolo. 
\oyage  dans  les  treize  Caulons  Suisses,  les  Grisons,  le  Valais  et  autres  pays 

et  états  allics  de.   la  Suisse,   par   Robert.   Paris,    17S9,  2   voi.  in   S.o 
Course  de  Bàie  a  Bienne     par  les  vallées    du    Jura  ,    par  Bridel  ,  avec  une 

carte.  Bàie,   1789,  in    8.° 
Histoire  naturelle  du  Tura  et  de  scs    environsj  et  celle  des    trois  lacs  dq 


CHE  ^BATTANO   DELLA  SVIZZERA.   E  DE     SUOI  ABITANTI.  19 

Neuchàtel  ,  Morat  et  Bienne  ,  précédées  d'un  Essai  sur  le  clima!  ,  Ics 
productions,  le  commerce  ,  Ics  animaux  de  la  partie  da  pnvs  de  Vaud 
ou  de  la  Suisse  romando,  qui  entre  dans  le  pian  de  L'ouvrage,  par  M, 
le  Comte  De-Razoumowosky,  eurichies  de  six  plauclies  en  taillc-douce. 
Lausanne  Jean  Meurer,  1789,  2  voi.  in  S.° 
Reise  durch  einige  Cautous  der  Slivveilz,  im  Jahr  1789,  von  J.  G.  Moller. 

Zilrich,   1790,  in  8.0 
Voyage  fait  eu  Suisse,  par  Charles  Spazier.  Gollta   1790,  in  8.° 
Guide  du  Voyageur  eu  Suisse,  traduit  de  l'Anglais.  Paris,  1790,  in   12.0 
Le  guide  dei  Vovageurs  eu  Suisse.  Paris,    1790,   in    u.° 
Petit  Voyage  en  Suisse,  par  R  ***  ,  dans  l'annue    1 7 S9.  Zurich,  1790,  in  8.° 
Manuel  du  Voyageur  qui  voyage  en  Suisse,  traduit  de  l'Allemand.  Zuricht 

1790,  a  voi.  in    12.0 

Tableau    piltoresque  de  la  Suisse,  par  le  Marquis  De-Langles.  Paris  et  Lio- 

gè,   1790,  in   ta.« 
Iliuéraiie    de  la  vallèe  de  Chamouny,  d'une  partie  du  Valais,  et  des  mon- 

tagnes  avoisinantes,  avec   une  carte  et  ime  vue,  par  J.  P.  Bcrtliout  van 

Berchcm.   Lausanne,   1790,    in    12  ° 
Itinérairc  de  Genève,  Lausanne  et  Chamouny,    par  Bourrit.  Genève,   1791, 

in    12.0 
Fragment  du  Journal  de  mon  Voyage  en  Suisse,  par  le  Comte  De-Mollke. 

Inserito  nel  quarto  volume  del  magazzino  Alemanno,    1  79  1 . 
La  Suisse,  par  Charles  Marquis  De-Giosse  Halle,   '792,  4  voi.  in  8.° 
Supplumcnl  au  Manuel  de  l' Elranger.  Zurich,    1792,  in    12.0 
Kolcs  d'un  Yoyageur  sur  Genève,  cu   1792  et   1793.  Magazzino  di  Brùnn, 

secondo  volume. 
Promenade  en  Suisse  :  in  Tedesco;  Promenadc  durch  die  Schweitz,   1793, 

in   8.° 
Voyage   de  Lausanne,  par  Yverdnn,  Ncuchàtel  eie.  ...et  a  Berne.  Inserito 

nel  Magazzino  Alemanno,    1793,   voi.    iG. 
Promenadcs  dans  la  Suisse,  per  Bramiseli weig^r.  Hamhourg,    1793:   iu   8.° 
Coup-d'oed  sur  la  Suisse,  par  A.  W.  IffLand.  Leipsic,    1793,  io   8.° 
Souvenirs  de   mot)  troisième  Voyage  cu  Suisse,  par  Sophie   La -Roche. 0//t'/:- 

bach,    1  -93,  in  8.° 
Malerische  Reise   in    die    Italiànischc    Schweitz  ,    vou  J.  II.  Maycr.     Zurich, 

1793,  in   8.° 
Mes  Tournée!  par  la  Suisse  romande  ,  le  Bas-Valais  et  la  Savoie,  cu  l'.iti. 

1791.  Tubinone,   1793,  in  S.° 

Yovage  de  Genève  à  Berne,  Chamouni,  Mciringen,  Lacerne,  Zuricli,  Ilcri- 
sau  ,  Saint-Gali  et  Costauce  ,  par  madame  Frédériqae  Bron.  litòcritu 
nel  Magazzino  Alemanno  degli  ai. in    171JJ.    1  7;; ,    e    179"». 

De  Genève  et  des  envirous  de  Genève,  par  M.  Fischer.  Deilin,  179'), 
in  8.° 

Petits  Voyages  dans  la  Suisse,  par  H.P. Maurer:  in  Tedesco;  Kleiue  Rei- 
?en  im  Schweirei  lande,  von  H.  P.  Maurer.  Zurick,   1794,  in  8.  ° 


20  catalogo  .dell;:  principali  opere 

Voyage  de  Lyon  a  Genève,  en  mars   1791,  par  madame  Frédérique  Bruii, 
uée  Munter.  Inserito  nel  Magazzino  Alemanno  179/i,  fascicolo  d'agosto, 
Lettres  Suisses,  écrites  à  Cecilia  pendant  l'été  de   1794»  par  Francois  Bou- 

terwek.  Bei  Un,  1796,  in  8.° 
De  la   Suisse  et  de  ses  h;ibitans,  par  Lang.  Berlin.   1795,   in   8° 
Observations  faites  pendant  un  voyage    de     Strasbourg  à  Schaihousc  Ma- 
gazzino di  Bi'ùnn. 
Briefe  iiber  Graubiindten,  von  J.  H.  Heigelin.  Stutgard  ,   1795,   in   8.° 
Iustruction   pour  un    Voyageur  qui  se  propose    de  parcourir  la   Suisse  ,  de 
la  maniere  la  plus    propre  à  lui  procurer    toutes     les    jouissanc.;;  dont 
cette  contrée  abonde  ,  traduite  de  l'Allemand  du  docteur  S.  G.    Elici  , 
par  le   traducteur  du  Socrate  rustique,  avec   un   grand  nnmbre  de   tor- 
rectious  et  d'addilions  importantes,  enrichie  de   figures  Bàie  Tourney  sen, 
1795,   2   voi.  in    12.0 
Sur  la   Suisse  et  ses  habitans  etc.  ...  Berlin,   1795,  2  voi.  in  8,° 
Voyage  en  Suisse,  par  Rebman,   in  8.° 
Probi  d'un   Voyage    de    Zuricb  au  mont    Saint-Gothard  ,  par  J.  C.  Escher, 

avec  cartes.  .... 
Itinéraire  du   Saint-Gothard,  d'une  partie  du  Valais,  et  des  contrées   de    la 
Suisse  qu'on  traverse  ordinairemeut  pour  se   rendre   au  mont  Samt-G"- 
tbard  ,  accompagno  d'une  carte  lithographique     des    environs  de    celle 
montagne,  publié   par  Ch.  De  Mecbel.  Baie,    1793,   in   8.° 
Lettres  sur  la  Suisse,  par  P.  L.  C.  Curii  :  premier  volume.  ^Altona  ,    1797, 

in   4.0 
Lettres  écrites  pendant  plusieurs  VWages  en  Suisse,  par  Charles  De-Bon- 

stetten  etc.  Vedi  il  3Iagazzino    Germanico  di  M.  Eggers. 
Voyage   pittoresque  de  Baie   à  Bienne,  par  les   vallées  de  Mottier  ,  corichi 
de  planches  dessioées   par  Birmann  ,  accompagnées  d'un   texte  par   Bri- 
dei,  auteur  de  la  Course  de  Bàie   à  Bienne.   Bàie,  P.  Birmann,  Decker 
et  Schoell,  gr.  in   fol.° 
Nouveau  Voyage  en   Suisse,  contenant  la  peinture  de  ce  pays,  de  ses  moe- 
urs   et  des  gouvernemens  actuels,  avec    quelques   traits  de  comparaison 
entre   les  usages  de  la    Suisse  et  ceux  de  Paris    moderne  ,  par  Hclène- 
Marie  Williams,  traduit  de   l'Anglais  par  J.  B.   Say.  Paris  Pougens  an. 
VI—  1798,  2  voi.  in  8.° 
Travels  through  the  Lepontine  Alps,  by  Albanis  Beaumont.  London,   1800, 

in  fol.° 
Account  of  the  republica  of  Genève.    Londres,   1800,  in   12.0 
Le  mont  Saint-Bernard.  Varis,   1S01,  in   12.0 

Journal  d'un  Voyage  daus  la  Suisse    orientale  ,     meridionale     et  Ilalienne, 
pendant  les   anuées   1798  et   1799,  par  madame  Frcdérique  Bruu,  avec 
planches.   Copenhagne  Brummer,    iSor,   in    8.° 
Tableau   des  Peuples  des    montagnes  de  la  Suisse,  par  J.  G.  Ebel.  leipsic, 

1798-1802,  2  voi.  in   8.° 
Voyage  d'une  Francaise  en  Suisse  en  Franche-Comté,  depuis  la  revolution. 
Paris,  Debraj  an,  X. —  1802,  in   8.° 


CHE  TRATTANO  DELLA  SVIZZERA  E  UE  SUOI  ABITANTI     %Ì 

Aichives  de  petits  Vovage  Jans  dillerentcs  contrécs  <lc  la  Suìsse ,  p.u- 
Ambruster  et   Furtuiann.  Saint  Gali,  Httber,  1S02  et    180 j,  3   voi-  in  S.° 

Desciiptiou  des  cols  011  passages  des  Alpcs>  par  Bourrit  ,  emicbie  de  pia» 
sieurs  vues.    Genere  Manget   an.  XI. —  i8o3, 2   voi.  iu   8.° 

Journal  du  dernier  Voyagfl  de  Dolomiea  dans  Ics  Alpes,  par  T.  C.  Bruuu- 
Neergard.  Paris,  Solvet  ,   i8o3,  in  8.° 

Ilinéraire  d'un  Voyage  fait  en  Suisse  ,  en  i8o3  par  B.  Gerard.  Bruxelles i 
Jì'eissciibruch,    1804,  in   12.0 

Mon  Vovnge  par  le  Saint-Gotliard  aux  ile5  Borromees  et  à  Milan  ,  et  re- 
tour  par  la  vallee  de  Formazza ,  le  Grimsel  et  le  Haut-Pays,  fait  pen- 
dant I'été  de  1801;  et  quelques  fragmens  sur  la  Suisse.  Stutgard , 
Steinkojif,   1804,   2   voi.  in   8.° 

Petits  Voyages  a  pied  dans  la  Suisse  ,  par  Ics  frères  Bridel  ,  traduits  de 
l'Allemand.  Zurich  Gessner,    1804,  2  voi.  in   8.° 

Instructiou  sur  l'art  de  parcourir  avec  fruit  et  de  bien  observer  la  Suisse, 
pubbée  par  J.  G.  Ebel,  avec  plancbes  et  cartes.  Seconde  èdition ,  revué 
et  augumtntée.  Zuiic/i,  Ordì,   1804   et   i8o5  ,  4  voi.   in  8.° 

Manuel  du  Voyageur  en  Suisse  ,  ouvragc  où  l'on  trouve  les  directions  né- 
cessaire s  pour  rerueillir  toute  le  fruit  et  toutes  les  jouissances  que  pcut 
se  prommettre  un  étrauger  qui  parconrt  ce  pays-là  ;  par  M.  J.  G.  Ebel, 
avec  figures  ;  traduit  pour  la  seconde  fois  de  l'Allemand  sur  la  seconde 
èdition  eutièrement  refondue  et  considérablemeut  augmentée  par  l'au- 
teur.   Zurich,   Or  eli,  Fuessli  et  Cornp.  ,  4  voi.  io   8.° 

Vov  age  d'un  Observateur  de  la  nature  et  de  ritornine  dans  les  montagnes 
du  canton  de  Fribourg,  et  daDS  diverses  parties  du  pays  de  Vaud,  en 
1793,  par  L.  M.  P.  De-Laveroe.  Paris,  1804,  Levrault,  Schoell  et  Camp., 
in  8.0 

Journal  d'une  petite  Excursion  dans  les  contrécs  de  la  Suisse  ,  faite  pen- 
dant l'été  de  1794  ,  contenant  la  description  des  beautés  pittoresques , 
et  celle  des  moeurs  et  coutumes  des  babitans.  Seconde  èdition:  in  Inglese} 
A  Journal  of  a  sbort  Ecursion  ainoug  tbe  Svmzcrlands.  etc.  London  > 
Murray,    i8o5,  in   120. 

Schweitzer  Baise  etc Copenhague  Gyldendal ,   i8o5,  in  8.° 

Vojage  pittoresque  dans  une  grande  partie  de  la  Suisse,  avant  et  après  la 
revolution,  public  par  Reicbard,  enriebi  de  56  plancbes  et  vues.  Jena, 
Seidler  ,  in   8.° 

Lettre  sur  le  Valais  et  les  moeurs  de  ses  babitans,  avec  les  Tableau  x  pit- 
toresques dece  pays,  et  une  ]N*otice  des  productions  natnrelles  les  plus 
remarquables  qu'il  rcuferme  ,  par  M.  Escbassériaux.  Paris;  Maradun  , 
1806  ,   in   S.° 

Helvetiscber  Abnanacb  fiirs  Jahr  1806-  Zurich,  Orell ,  Fuessli,  voi.  in  iG.°, 
con  carte  e  turni, 

Tableaux  de  la  Suisse  ou  Vovnge  pittoresque  fait  dans  les  XIH.  Cantons 
du  Corps  Qelvétique  nprésentant  Ics  divers  pbénomènes  que  la  nature 
y  rasscmble  ,  et  les  beautés  doni  l'Art  les  a  enriebis.  Seconde  èdition 


52  CATALOGO    DELLE    PRINCIPALI    OPERE 

ornée  de  4^8  planches  dessinees  et  gravées  par  les  meìlleurs   Artistes 

de  la  capitale ,  voi.  12,  in  4«°  Paris,   1784.  Opera  del  Barone   di  Zur- 

lauben  accresciuta  dal  signor  Quétant. 
Muller  Hist.  des  Suisses,  traditile  de  l'Allemand  par  Labaume.  Lausanne, 

1 790-1803  ,   12  voi.  in  8.°  V  originale  Tedesco  fu  stampato   in  Lipsia, 

5  voi.  io  8. 
Mallet  Hist.  des  Suisses  ou  Helveliens.  Genève  ,  i8o3,  4  voi.  in  8.° 
Histoire  de  Genève  par  .7.  Picot.   Genève  ,   1811  ,  voi.   3  in   8.° 
Descriplion  iles  Alpes  Grecques  et  Cotieunes,  par  Beaumont.  Paris,   1806, 

voi.  4- 
Scènes  tirées  de    l'bistoire  des  Suisses    gravées  d'aprés  les    desse  ins  de  L. 

Lips  j  F.  Legi.  Zurich  chez  Fuessli ,   181 2. 
Collection  de  Costumes  Suisses  des  XXII.  Cantons    peintes  par  J.  Reinhard 

de  Lucerne  et  publiées  par  Birmann  et  Huber.  Bàie ,   1819. 


DESCRIZIONE  GEOGRAFICA 
DELLA   SVIZZERA. 


Uo  mai  v'ha  paese  che  meriti  un'esatta  geografica  descrizione) 
esso  è  certamente  quello  degli  Svizzeri  :  giacché  pochi  sono  i  luo- 
ghi ,  che  non  offrano  al  viaggiatore  curiosità  naturali  ,  o  forniate 
dall'arte.  Talora  si  vede  Ja  natura  in  tutta  la  sua  orrida  sempli- 
cità ,  offrire  una  prospettiva  maestosa  e  selvaggia  di  monti  e  di 
burroni  coperti  da  perpetua  neve  ;  e  talora  essa  è  allegrata  ed  ab- 
bellita da  città,  e  da  borgate  che  sorgono  in  riva  ad  amenissimi 
laghi  ed  a  maestosi  fiumi. 

Con  fini. 

La  regione  conosc  iuta  anticamente  sotto  il  nome  di  Elvezia  , 
e  ne'  moderni  tempi  sotto  quello  di  Svizzera  è  divisa  dall'  Vleina- 
gna  per  mezzo  del  Reno ,  dall'  Italia  per  le  Alpi  e  pel  Rodano , 
dalla  Francia  per  la  catena  del  Monte  Giura  (1).  Oucsla  divisione 
però  che  è  la  più  generale,  e  segue  i  contini  sì  evidentemente 
contrassegnati  dalla  natura  ,  è  stala  dai  geografi  moderni  modifi- 
cala seconde-  lo  slato  politico  del  paese;  ond' essi  stabilirono  ,  che 
la  Svizzera  è  quel  paese,  che  confina  al  settentrione  coi  diparti' 
memi  dell'Alto  e  Basso  Reno  e  colla  Svevia,  provincia  della  Ger- 
mania; all'oriente  termina  col  lago  di  Costanza,  ed  ò  limitrofo  al 
Tirolo  ed  al  Trentino;  al  mezzodì  confina  collilalia  ,  ed  all'oc- 
cidente colla  Francia. 

Divisione, 

Prima  della  rivoluzione,  che  unì  le  differenti  parti  della  Sviz- 
zei  a  sotto  un  solo  governo  ,   essa  era  divisa  in  tredici  Cantoni ,  i 

(i.v  Mallet ,  chap.i. 


^4  DESCKIZIOJJIL  GEOGRAFICI 

quali  aveanó  fermato  di  mantenere  il  seguente  ordine  di  premi- 
nenza :  primo  Zurigo  ;  secondo  Berna  ;  terzo  Lucerna  ;  quarto  Uri; 
quinto  Svvitz;  sesto  Undenvald  ;  settimo  Zug  ;  ottavo  Glaris;  nono 
Basilea  ;  decimo  Friburgo  ;  undecimo  Soletta  ;  duodecimo  Sciaf- 
iusa;  decimoterzo  Appenzel.  Questi  Cantoni  aveano  varj  sudditi 
ed  associati;  i  primi  erano  piccioli  distretti  limitrofi  alle  loro 
frontiere  ,  che  essi  facevano  governare  in  loro  nome  ;  quali  erano 
i  sette  baliaggi  o  prefetture  dell'Italia,  la  Contea  di  Baden,  ed 
altri  distretti,  la  cui  sovranità  od  apparteneva  a  tutti  i  Cantoni  , 
od  a  varj  di  essi ,  od  anche  ad  un  solo.  Fra  gli  associati  della 
Svizzera  Confederazione  si  comprendevano:  la  repubblica  à.e' Gri- 
gio ni  divisa  in  tre  leghe,  e  signora  della  Valtellina,  di  Bormio 
e  di  Chiavenna  ;  la  repubblica  del  Vallese  ;  quella  di  Ginevra  ; 
il  Principato  di  Neufchatel ,  che  però  era  sottoposto  al  Re  di 
Prussia;  la  badia  e  la  città  di  San- Gallo ,  le  città  di  Bienne  e  di 
Muhlhause ,  ed  una  parte  del  Vescovato  di  Basilea.  La  repub- 
blica Cisalpina  od  Italiana  s' impadronì  della  Valtellina  ,  di  Bor- 
mio e  di  Chiavenna:  le  città  di  Ginevra  ,  di  Bienne,  di  Muhlhau- 
se, e  la  parte  Elvetica  del  Vescovato  di  Basilea  furono  aggregate 
alla  vasta  massa  della  Francese  repubblica.  Dopo  la  caduta  del- 
l'impero  Francese  le  cose  tornarono  al  primiero  stato,  se  se  ne 
eccettuino  pochi  cangiamenti. 
Cantone  di  Zurigo. 

Zurigo  giace  all'  altezza  di  1279  piedi  sopra  il  livello  del 
mare;  ed  in  essa  il  termometro  di  Reaumur  scende  nell'inverno 
a  ventidue  gradi  ,  e  ad  altrettanti  sale  sopra  il  gelo  nell'estate,  e 
qualche  volta  più  in  alto  ancora  :  e  la  elevazione  media  del  baro- 
metro è  di  ventisei  gradi  e  nove  linee.  Piacevole  è  1'  aspetto  di 
questa  città  circondata  da  chiarissime  acque  correnti ,  e  partita 
dal  Limmat  nel  luogo  in  cui  esce  dal  lago.  Questo  lago  ha  dieci 
leghe  circa  di  lunghezza  ed  una  di  larghezza;  le  rive  sono  popo- 
late da  molte  ville  e  borgate,  e  di  mano  in  mano  che  il  viaggia- 
tore si  approssima  alla  città  ,  tutti  i  dintorni  del  lago  sono  occu- 
pati da  una  serie  non  interrotta  di  amene  ville  cinte  da  vigneti 
e  da  praterie,  che  formano  un'ammirabile  scena.  La  campagna  è 
ben  coltivata;  e  la  prospettiva  ne  è  all'intutto  pittoresca,  dilette- 
vole e  variata  (1). 

(0  Coxe.  Leti.  Vili. 


OF  Hit 

uwv&iirc  of  riimois 


DELLA  SVIZZERA.  25 

Monumento  di  Gessner. 

Zurigo  è  la  culla  del  Teocrito  dell'  Elvezia,  del  famoso  Ges- 
sner cantore  dell'innocenza  e  della  virtù.  I  suoi  concittadini  gli 
eressero  un  monumento  nel  Platz  luogo  di  diporto,  e  mirabile 
per  la  sua  vaghezza.  Il  monumento  è  formato  di  un  cippo  di  mar- 
mo nero  che  sostiene  un'  urna  di  marmo  grigio  :  si  vede  in  una 
parte  del  piedistallo  il  busto  del  poeta  in  bronzo,  dall'altra  si 
legge  quest'epigrafe  in  lettere  d'oro:  Alla  memoria  di  Salomone 
Gessner  i  suoi  concittadini  (i). 
Edific]  e  prospetto  di  Zurigo. 

Alcuni  osservabili  ediflcj  presenta  Zurigo  al  viaggiatore,  e  tali 
sono  la  casa  degli  Orfani ,  il  tempio  nomato  Gross-Munstcr ,  e 
1'  arsenale,  uno  de' più  belli  della  Svizzera,  ed  anco  della  Ger- 
mania ,  che  conteneva  armi  per  più  di  trentamila  uomini  ,  e  con- 
servava le  pesanti  armature  degli  antichi  Svizzeri,  e  l'arco  di  cui 
si  servì  Guglielmo  Teli  per  colpire  il  pomo  posto  in  sulla  testa 
del  figliuolo.  Un  moderno  viaggiatore  aggiunge:  «  che  l'elegante 
semplicità  del  Casino  otterrebbe  lode  anche  in  Italia.  Il  bellissi- 
mo lago  era  coperto  di  barche,  le  cui  vele,  enfiate  dal  vento 
conferivano  vivace  aspetto  alla  superficie  dell'* acqua:  è  desso  il 
primo  lago  della  Svizzera  ,  che  siasi  da  uoi  veduto  popolato  da 
barche  "  (2).  Nella  Tavola  1,  presentiamo  la  vista  interna  della 
città,  e  del  fondo  del  lago  di  Zurigo. 
Altre  città  di  questo  Cantone. 

Al  Cantone  Zurighese  appartengono  Tf'interthur  ,  città  situala 
in  un'amena  pianura,  che  ha  due  bagni  di  acque  minerali;  JÌ6- 
gensberg  posta  su  di  una  collina ,  che  andò  soggetta  a  molli  in- 
cendi ,  ed  ha  un  castello  ben  fortificato ,  ed  un  pozzo  scavato 
nello  scoglio  alla  profondità  di  116  piedi  ;  Stein,  che  è  posta 
sul  Reno  nel  luogo  in  cui  esce  dal  lago  di  Zelle,  e  che  è  vicina 
alle  rovine  di  una  fortezza,  che  i  Romani  aveano  innalzato;  e  fi- 
nalmente Eglisau,  picciola  città  assai  bene  edificata. 
Cantone  di  Beni  a. 

lì  Cantone   di  Berna  è  considerato  come  il  più  ampio  de'trc- 


(1)  Vedi  il  Viaggio  di  D.  B.  per  la    Svizzera.  Da  Soletta   a  Zurigo;  e 
V  Itinerario  di  Ebel. 

e»;  ind. 


iG  CATALOGO  DELLE  PRINCIPALI  OPERE 

dici.  Berna,    che   ad    esso  dà  il    nome  è  una  delle    più  vaghe    e 
popolose  città  della  Svizzera.  «  Io  nell'  entrare  in  Berna  ,  dice  il 
Coxe,  fui  colpito  dalla  eleganza  e  dalla    pulitezza   che  vi  regna} 
nò  mi  sovviene  d' aver  veduta  altra  città  (  se  si  eccettui  Bath  ) , 
il  cui  primo  aspetto  produca  una  sì  gradevole  sensazione.  La  prin- 
cipale   contrada    è    lunga    e    larga  ;    le    case  sono  per  la  maggior 
parte  uniformi ,  edificate  con  una  specie  di  pietra    grigia  ,  hanno 
degli  archi  ed  il  loro  pavimento  è  assai  vago.  Un  ruscello  di  lim- 
pid'  acqua  scorre  in  mezzo    alla    contrada    in  un  canale  ,  che  ad 
esso  si  aprì:  Berna  abbonda  altresì    di    fontane,  che    nel  mentre 
l'abbelliscono,  riescono  di  grande  comodità  al  suoi  abitanti.  L'Aar 
scorre  vicinissimo  alla  città,  e  la  circonda  quasi  interamente;  esso 
serpeggia  su  di  un  letto  petroso,  molto  superiore  al   livello  delle 
contrade,  e  forma  per  un  lunghissimo  spazio,  lungo  le  sue  rive, 
che  sono  aspre  e  scoscese,  una  specie  di  baluardo  naturale (x)  », 
Si  crede  che  questa  città  abbia  tratto  il  suo  nome  da  Bear  ,  che 
significa  Orso,  perchè    Bertoldo    V.,  che    la   fondò    nel   1191   vi 
uccise  uno  di  questi  animali  allorquando  aveva  cominciato  a  get- 
tarne le  fondamenta;  ed  è  per   ciò,  come  si    crede,  che  essa  ha 
per  suo  stemma  un  orso,   e  che  i  suoi  cittadini   nutrivano  un  tempo 
varj  di   questi  animali.  Noi  vedremo  a  suo  luogo  la  magnificenza 
della   sua  cattedrale  (2). 
Dintorni  di  Berna. 

Sulla  riva  destra  dell'  Aar  il  viaggiatore  scorge  Arcai  Aal- 
bourg,  che  serve  di  frontiera  tra  il  Cantone  di  Lucerna  e  quello  di 
Soletta;  e  Bruck  ,  ehe  ha  un  bel  ponte  sul  fiume  medesimo.  Su 
di  un  vicino  monte  è  situata  Lenlzbourg  ;  e  sulle  sponde  del 
Wiger,  e  del  Laogenthan  giacciono  Zofjingen  e  Langenilial  ;  ed 
sérberg ,  che  uno  si  è  de' più  frequenti  passi  della  Svizzera,  è 
fabbricata  in  unJ  isola  fra  i  due  l'ami  dell'  Aar,  Tluui  ed  il  suo 
castello  ,    che  offrono  una  delle  più  belle  prospettive  che  sorgano 

(1)  Coxe  Lelt.  XXXXIV  iNoi  citeremo  quasi  sempre  il  Coxe  come 
quello  clie  ha  dato  maggiore  vivacità  alle  descrizioni  Geografiche  della  Sviz- 
zera; non  abbiamo  però  tralasciato  di  consultare  le  seguenti  opere,  Tscliar- 
ner  Dici.  Géogr.  Hist.  et  Politiq.  de  la  Suisse  •.JFaesi  Descript.  Topogr. 
de  la  Suisse  :  Fueslin   Descript  Topogr.  de  la  Stesse. 

(2)  Non  sidee  qui  tralasciare  un  proverhio  Italiano,  che  indicala  ferti- 
lità e  l'ampiezza  del  Cantone  di  Berna:  Berna  ed  il  Bernese  vale  Milano 
ed  il  Milanése,  Tableau*  de  la  Suis.  Voi.  IX.  pag   GG. 


DELLA  SVIZZERA.  1J 

presso  ,1cl  lago  ,  che  in  questa  città  prese  il  nome.  IUndilhank 
parrocchia  del  baliaggio  Zollikofcn  e  spesso  visitalo  dai  viaggia- 
tori pel  monumento  che  vi  eresse  lo  scultore  Nahl  alla  sua  spo- 
sa. Finalmente  più  di  Burgdorff,  sihelhoden ,  di  Fvuiìgen  e  di 
Nat  ville  ì'  celebre  il  villaggio  di  Grindvlwald  pel  suo  ghiac- 
cia jo  (i). 
Ghiacciaj   e  loro   origine. 

Col  nome  di  ghiaccia]  dell.»  Svizzera  e  delle  Alpi  si  vogliono 
denotare  que* grandi  ammassi  di  ghiacci  perpetui,  che  vi  s'incon- 
trano, ed  annoveransi  fra  i  più  curiosi  fenomeni,  di  cui  le  Alpi 
sono  ricche.  Essi  traggono  origine  dalle  nevi ,  che  spinte  dalla  vio- 
lenza de' venti,  o  dalla  caduta  delle  valanghe ,  si  ammucchiano 
in  fessure  ed  in  cavi  ,  ove  o  non  penetrano,  o  per  pochi  istanti 
si  fermano  i  rnggi  del  sole.  La  neve  sciolta  nel  giorno  sulla  su- 
perficie da  quevSli  raggi,  ed  ammolita  nelle  parli  laterali  ed  infe- 
riori del  calore  della  terra,  viene  poi  nella  notte  congelala  dal 
freddo ,  e  diventa  sempre  più  soda  5  poscia  nel  seguente  inverno 
la  neve  del  passato  anno  indurisce  e  converte  in  ghiaccio  buona 
parte  dell'altra  receutemente  caduta,  ed  in  tal  guisa  il  ghiac- 
ciajo  si  accresce  ;  il  che  suole  avvenire  in  primavera.  Riposando 
<T  ordinario  i  ghiacciaj  sopra  piani  inclinali  (  così  V  autore  della 
Guida  da  Milano  a  Ginevra  (*>,)  )  ,  e  lo  scioglimento  dei  ghiac- 
ci,  che  avviene  nella  stagion  calda  ,  essendo  assai  più  abbondante 
agli  orli  inferiori  ,  la  pressione  continua  delle  parti  superiori  adi- 
sce sopra  tutta  la  massa  :  odesi  allora  un  fracasso  orribile  somi- 
gliante a  quello  del  tuono  ;  Y  acqua  sgorga  impetuosa  da  incredi- 
bili altezze,  le  antiche  fenditure  si  chiudono;  altre  se  ne  aprono 
enormi  roccie  distaccate  dall'  impeto  delle  acque  rovinano  nelle 
valli,  e  in  pochi  minuti  il  ghiacciaio  è  visibilmente  disceso  e  fatto 
più  ampio.  Si  dà  anche  talora  il  caso  d'un  movimento  contrario, 
e  i  ghiacciaj  si  ristringono;  ma  questo  succede  assai  più  di  rado, 

(1)  L'  uso  di  alcuni  recenti  scrittori  Italiani  ci  ha  indotti  ad  usare  il 
vocabolo  ghiacciajo  invece  del  femminile  ghiaccia ja ,  clic  significa  il  Luogo 
dove  si  mette  il  ghiaccio  ncll*  inverno  ,  per  potersene  servire  ncll'  estate. 
Anche  i  Francesi  usano  glaciale  per  ghiacciaja  e  glacìer  per  ammasso  dì 
ghiaccio.  Vedi  le  Peregr.  di  D.  Bertolollij,  voi.  I.   pag.    128. 

(2)  Guida  da  Milano  a  Ginevra  pel  Sempiune  con  3o  vedute  ed  uua 
carta  geografica.  Milano,  F.   Artaria  ,   1822. 


28  DESCRIZIONI*  GEOGRAFICA 

e  dipende  sempre  da    circostanze    locali.    Spesso  con    una    mano 
toccansi  i  ghiaccia] ,  e  coli'  altra   colgonsi    vaghissimi    fiori  su  bel 
tappeto  di  piacevole  verdura .  Se  nuocer  sembrano  i  ghiacciaj  col- 
l' invadere  un  utile  terreno   e  coli'  aumentare  il  freddo  delle  valli 
elevate,  sono  però  inesauribili    sorgenti  di  fiumi  che  rendono  fer- 
tili le  terre.  I  loro  ghiacci  estremamente  duri  e  compatti,  e  spesso 
di  colore  azzurrognolo  o  verde  ,  e  talora  simili  ad  immensi  sme- 
raldi ,  sono  foggiati  a  mille  forme  diverse.   Qui  la  superficie  è  o- 
rizzontale,  o  leggermente  inclinata   e  solcata  di   molte    fenditure; 
là  i  ghiacci  s' innalzauo  a  guisa  di  piramidi    irregolari    e  irte    di 
acute  punte:  altrove  a  modo  d'immense  colonne,  sulle  quali  pog- 
giano grandi  massi  di  pietre.  Frequentemente  in  mezzi  ai   ghiacci 
vedousi  nude  roccie  che  pajono  isolate  ;  e  sempre  vi  si  osservano 
certe  striscie   paralelle  di  sabbia  o  di  ciottoli ,  che  segnano  il  con- 
fine delle  nevi,  che  sono  cadute  durante  l'inverno.  L'inferior  parte 
de' ghiacciaj   da  cui  escon  le  acque,  non  serba  lungo  tempo  il  me- 
desimo aspetto,  spesso  al  principio  dell'estate  altro  non  vi  si  scorge 
che  una  buca  oscura  e  bassa;  ma  presto  questa  buca  s'allarga,    e 
vedesi  invece  un'  immenso  porticato  somigliante  all'  ingresso  di  uk 
palazzo  di  cristallo.    Acque  di  colore    azzuro  biancastro  sgorgano 
da  quelle  volte  magnifiche  con  muggiti  simili  a  quelli  di  un  tuono 
continuato  ,  e  formando  bellissime  cascate,   talora  colano  fuori  len- 
tamente di  mezzo  ai  ghiacci,  o  precipitano  spumanti,  lottando  im- 
petuosamente contro  i  ghiacci  e  i  massi  che  loro    impediscono  il 
passo.  Secondo  il  Dottore  Ebel,  dal  Monte  Bianco  fino  al  Tirolo 
esistono  nell'  Alpi  zfoo  ghiacciaj  ,  i  più    de'  quali    hanno  fin  sei  o 
sette  leghe  di  lunghezza. 
Ghiacciajo  di  Grindeiwaìd. 

Fra  sì  numerosi  ghiacciaj  noi  presentiamo  quello  di  Giindel- 
vvald  ,  cui  il  Barone  di  Zurlauben  consacrò  tre  tavole  (i),  e  che 
venne  descritto  con  molta  vivezza  dal  Coxe.  ce  ISoi,  dice  egli, 
abbiamo  questa  mane  date  le  spalle  a  Meyningenj  abbiali!  passato 
1'  Aar ,  e  salito  lo  Scheideck ,  a  traverso  di  una  maestosa  foresta 
di  pioppi ,  di  faggi ,  di  frassini  e  di  abeti  :  ci  siamo  avvicinati  a 
Jieiciwnbach,  torrente  celebre  per  la  bellezza  e  per  l'impeto  della 
sua  caduta  ;  esso  scorre  per    qualche   tempo    lungo  le  falde  della 

(i)  Zurlauben.  Alias  3NT.°  n8,   i35   172. 


IHc  I ilfHAflY 

OF  IME 

uiraimr  of  niuojs 


DELLA   SVIZZERA  ^<) 

montagna,  e  si  precipita  poi  in  linea  diretta  e    perpendicolare  in 

un  abisso  profondo,  che  da  se  medesimo  si  fece  in  una  cava  di 
marmo  nero;  da  cui,  dopo  aver  formate  molte  minori  cascate, va 
a  congiungersi  coll'Aar.  Dopo  aver  salito  per  lo  spazio  di  tre  ore 
circa  ,  ci  siamo  riposali  in  un'  amena  valle  tutta  coperta  di  ca- 
panne,  terminata  da  una  patte  da  un  verdeggiante  poggio  ,  e  dal- 
l'altra da  immensi  seogli  ,  che  minacciando  le  nostre  teste  si  sol- 
levavano fino  alle  nubi.  Ci  sorgeva  innanzi  un  maestoso  monte  di 
forma  piramidale,  la  cui  cima  era  coperta  di  neve.  La  discesa  da 
questo  luogo  a  Grindelwald  fu  lunga  e  nojosa:  questo  villaggio 
composto  da  un  gran  numero  di  capanne  sparse  nel  piano  e  sui 
vicini  colli  presenta  un  vaghissimo  prospetto  veramente  pittoresco 
renduto  anche  più  piacevole  dalla  vista  del  ghiacciajo.  Quest'ul- 
timo si  estende  dalla  cima  della  montagna  fino  all'  estremità  della 
pianura  formando  una  linea  curva  ,  e  cinto  maestosamente  d'alberi 
da  amendue  i  lati:  ad  alcuni  passi  di  distanza  si  trovano  campa- 
gne seminate  d'orzo  e  di  frumento,  e  pingui  praterie.  Partimmo 
la  mattina  seguente  im pazientissimi,  ed  aspettando  di  vedere  le 
cose  più  straordinarie,  giugnemmo  ai  piedi  del  ghiacciajo,  che 
forma  una  volta  maestosa  di  ghiaccio,  da  cui  sbocca  un  torrente 
romoroso,  e  rapido  composto  di  nevi  ,  appena  liquefatte.  Questo 
ghiacciajo  presenta  un  numero  infinito  di  piramidi,  che  sorgono 
dal  letto  dei  ghiacci  che  è  mollo  più  elevato  dalla  parte  della 
pianura;  ha  4°  m  60  piedi  di  altezza,  e  diminuisce  in  larghezza 
a  misura  che  si  sale,  finché  termina,  con  una  superficie  molto 
estesa  che  si  di\ide  in  molte  fessure  larghe  e  profonde.  iSoi  occu- 
pammo più  di  due  ore  nel  salire  su  di  un  assai  arduo  sentiero, 
posto  nei  dintorni  della  parte  agghiacciata,  accavalcando  spesso  i 
luoghi  aspri  e  gli  scogli  quasi  tagliali  a  piceo  ,  da  cui  cinto  era 
il  burrone  :  fremo  ancora  nel  pensare  al  pericolo  che  abbiamo 
corso.  Un  siffatto  ghiacciajo,  come  fummo  assicurati,  è  contiguo 
ad  una  valle  di  ghiaccio  estesissima  ,  che  ha  dodici  leghe  enea 
di  lunghezza  ,  ed  è  situata  fra  le  due  catene  delle  più  alte 
Alpi.  Quivi  giunti,  fummo  arrestati  da  monti  pressoché  inacces- 
sibili, e  da  un  poggio  di  ghiaccio;  la  nostra  guida  (che  non  po- 
tea  essere  più  stupida,  e  meno  istruita  dei  luoghi;  e  ciò  sia  detto 
ìn  passando  )  ci  assicurò  nello  stesso  terupo  cssvvc  impossibile  1  an- 
dar più  oltre.  Noi  non  eravamo  per  nulla  convinti  della  verità  di 


■I /■  DESCRIZIONE   GEOGRAFICA 

questa  asserzione;  ma  non  avendo  alcuno  che  ci  potesse  indicar 
la  via  ,  e  non  osando  esporci  soli  a  quelle  squallide  regioni,  siam. 
discesi  con  grave  dispiacere;  osservando  die  ciò  che  noi  avevamo 
veduto  (  quantunque  fosse  "veramente  sublime  e  singolare  )  non 
potea  paragonarsi  a  ciò  che  ci  si  era  assicurato  di  poterci  ripromet- 
tere. Ma  avendoci  gli  abitatori  non  meno  che  la  nostra  guida  af- 
fermato, che  nessun  viaggiatore  era  peuetralo  più  oltre, fu  d'uopo 
sottometterci  (i)  «5  Vedi  la  Tavola  2. 
Valanghe. 

Non  si  può  ragionare  dei  ghiaccia]  della  Svizzera  senza  far 
motto  delle  così  dette  valanghe  ,  ossia  di  quegli  enormi  ammassi 
di  neve,  che  distaccandosi  dalla  cima  di  mi  moute  precipitano  al 
basso  con  sonante  rovina,  e  seppelliscono  gli  interi  villaggi.  Quando 
Cos.e  si  riposò  nella  valle  testò  descritta  fu  spaventato  ali  improv- 
viso da  un  rumore  somigliantissimo  a  quello  del  tuono  ,  ma  ben- 
tosto conobbe,  che  esso  era  prodotto  dalla  caduta  di  una  valciìiga 
che  nel  rapido  suo  corso  era  simile  ad  un  gonfio  torrente.  Que- 
sti ammassi  di  neve  hanno  talvolta  le  più  funeste  conseguenze  : 
giacché  trascinali  seco  tutto  ciò  che  incontrano  nel  precipitarsi  al 
basso  ,  e  spesso  hanno  coperti  interi  villaggi  dopo  averne  rove- 
sciate le  case.  Il  miglior  preservativo  contro  i  guasti  delle  valan- 
ghe sono  le  foreste  sì  numerose  nelle  Alpi  della  Svizzera  ,  che 
appena  si  trova  un  sol  villaggio  situato  alle  falde  di  una  mon- 
tagna che  non  abbia  a]  di  sopra  qualche  foresta  ,  sotto  cui  in 
certo  modo  sembra  ricoverarsi.  Gli  abitanti  ne  hanno  grandissima 
cura  ,  uè  permettono ,  che  sitìalti  boschi  vengano  atterrati  (2). 
Cantone  di  Lacerna. 

Il  Cantone  di  Lucerna  è  il  primo  ed  il  più  possente  dei  Can- 
toni Cattolici  ;  e  la  città  che  porta  questo  nome  offre  un  bellissi- 
mo spettacolo  ,  onde  per  la  sua  situazione  e  pel  suo  prospetto  parve 
a  Coxe  da  doversi  preferire  alla  stessa  Zurigo  (3).  Giace  Lucerna 
all'  estremità  settentrionale  del  lago  dei  quattro  Cantoni  nel  luogo 
in  cui  esce  la  Reuss,  che  la  divide  in  due  parti.  Questa  città  è 
vicina  a  Scmpach ,  celebre  per  l'eroismo  di  Arnoldo  Winkelried, 
che  procurò  agli  Svizzeri  la  vittoria;  ed  al    monte   Pilato,  detta 

CO  Cove.  Leti.  XVI. 

(■>.)  Ibid. 

(3)  Coxe.  Leti.  X. 


m  iiiMAflY 

OF  THE 
UifìfEBilTY  OF  2U1I01S 


■  ■•'  Il 


DELLA   STIZZÌ)    A.  -J  I 

altre  Adito  Alons   Pilcatus  dal  vocabolo  Latino  Pila;    perchè  la 
sua  cima  era  sempre    coperta   dalla    neve  0  dalle  nubi,  come  da 
un  berretto.  La  voce    di    Pìleaiiu    venne   corrotta  «•  canglossi  in 
quella  di  Pilutus,  clic  diede  origine  a  ridicole  favole. 
Uri. 

All'intorno  del  lago,  sulle  cui  rive  sorge  Lucerna  il  viaggia- 
tore scorge  i  tre  Cantoni,  che  gettarono  le  fondamenta  deli  El- 
vetica Confederazione  j  cioè,  Uri,  Schwitz  ed  Underwalden  (i). 
11  Cantone  d  l  ri  è  formalo  da  altissime  montagne  sempre  coperte 
di  neve  e  di  ghiaccio,  fralle  quali  altissimo  si  estolle  il  San  Got- 
tardo: esso  ha  per  capo  luogo  Altorf ,  e  comprende  Ilopiial  ed 
Onera»  All'estremità  del  Cantone  di  Uri  comincia  una  vallata, 
che  apre  la  comunicazione  tra  la  Germania  e  l'Italia,  comunica- 
zione la  quale  benché  di  difficile  accesso,  è  tra  le  più  sicure  e 
più  frequentate  di  (piante  uniscono  queste  due  regioni.  Quivi  si 
trova  il  famoso  monte  San  Gottardo  ;  die  forma  in  un  coi  monti 
vicini  quell'  enorme  altissimo  masso,  da  cui  escono  a  ponente  il 
Rodano,  a  settentrione  l'Aar  e  la  Heuss,  ed  a  mezzogiorno  il 
Ticino  (2).  Partendo  da  Altorf,  capo-luogo  del  Cantone  di  Uri  , 
si  ascende  lungo  la  Heuss,  che  s'apre  con  violenza  il  passo  tra  i 
più  scoscesi  burroni  privi  affatto  d'ogni  vegetazione.  Colà  con 
maravigliosi  sforzi  fu  dall'industria  umana  aperta  una  sicurissima 
Strada,  lunga  più  di  quattordici  leghe,  da  \liorf  che  giace  al  set- 
tentrione, fino  ad  Airolo,  che  forma  l'estremità  meridionale  della 
valle.  E  questa  strada  divisa  in  due  parti  dalla  valle  d' Orsera  ; 
la  prima,  cioè,  quella  d' Altorf,  è  la  più  marivigliosa ,  e  gli  a- 
bitanti  per  formarla  dovettero  superare  ostacoli,  che  sembravano 
insormontabili.  La  strada  sospesa  in  alto  sui  più  orridi  precipizj 
è  aperta  all' infuori,  e  basata  sopra  volte,  là  dove  le  roccie  per- 
pendicolari ne  impediva  no  la  continuazione.  Spesse  Hate  questa 
strada  attraversa  profondissimi  abissi  coli' opera  dei  più  leggieri  ed 
arditi  ponti  ,  the  giammai  si  sieno  costruiti,  e  guida  lo  stupefatto 

(ì)  Questi  Cintemi  si  chiamano  In  lingua  «lei  parse  Valdsloettt,  parola 
che  può  equivalere  a  Cantoni  Forestieri.  M.illet-  Jlist.  iL-s  Sua.  Parti  I. 
clmn.    Vili. 

(•2)  Abbiano  tolta  la  descrizione  «Iella  strada  del  Caotoue  dì  Uri  ,  del 
Ponte  ilei  Diavolo,  e  della  valle  d'Orsera  dal  Itallet ,  che  in  descriveodu 
questi  luoghi  ha  superati  i  migliori  gcogruli.  Ilat.  des  Suij.  Pari.  I.  chap.  IX. 


32  DESCRIZiONK  GEOGRAFICA 

passeggiero  nelle  viscere  di  una  montagna ,  forata  per  ottanta  passi 
circa  a  punta  di  scalpello,  e  che  sembrava  dovesse  opporre  al- 
l'uomo una  insuperabile  barriera.  Il  più  ardito  di  questi  ponti  si 
presenta  dopo ,  ed  è  quello  che  offre  la  massima  altezza  dal  sot- 
toposto precipizio. 

Ponte  del  Diavolo. 

E  chiamato  il  Ponte  del  Diavolo  ,  tanto  la  sua  costruzione 
apparve  superiore  alle  umane  forze;  esso  è  formato  da  un  solo 
arco  gettato  da  una  montagna  all'  altra  e  che  sembra  sospeso  in 
aria  per  magico  potere,  al  di  sopra  di  un  immenso  voraginoso 
precipizio ,  nel  cui  fondo  scorre  il  torrente  rapidissimo  sollevando 
le  bianche  sue  spume  :  è  difficile  il  comprendere  come  si  sieno 
potute  costruir  le  armature  di  questo  ponte,  e  le  centinature.  Vedi 
la  Tavola  3. 

Valle  di  Or  sera. 

Dopo  di  aver  per  lungo  tempo  avuto  solt' occhio  questi  og- 
getti selvaggi  insieme  ed  ammirandi,  il  viaggiatore  discopre  a  un 
tratto  la  valle  d'Orsera,  la  quale,  a  malgrado  della  sua  eleva- 
zione ,  mostrasi  rideute  ,  fertile  e  coperta  di  ubertosissimi  pascoli. 
Quivi  la  Reuss,  perdendo  il  precipitoso  corso,  si  estende  a  guisa 
di  placidissimo  fiume.  Il  commercio  dei  bestiami  e  dei  formaggi, 
ed  il  passaggio  del  San  Gottardo  rendono  gli  abitanti  di  questa 
valle  assai  facoltosi;  eglino  d'altronde  vengono  encomiati  per  dol- 
cezza di  carattere ,  per  onestà ,  per  ospitalità ,  per  beneficenza  ,  e 
sebbene  dependenti  dal  Cantone  di  Uri,  pure  godettero  sempre 
di  grandi  privilegi- 

Cappella  di  Teli. 

Il  Cantone  di  Uri  desta  nello  Svizzero  soavissime  ed  alte  re- 
miniscenze. Quivi  in  riva  al  lago  sorge  la  cappella  di  Guglielmo 
Teli  in  su  quello  stesso  scoglio  sul  quale  si  lanciò  l'eroe  della 
S\izzera.  Costui  era  stato  chiuso  in  prigione  per  ordine  di  Gessler, 
che  governava  Uri  in  nome  di  Alberto  I.  :  ma  temendo  il  Governa^ 
tore  che  gli  amici  di  Teli  lo  potessero  liberare  iu  Altorf,  volle  egli 
stesso  condurlo  nel  suo  castello  di  Kusnacht  siili'  altra  sponda  del 
lago.  Fattolo  perciò  caricar  di  catene  entrò  seco  lui  in  barca ,  la 
quale  dicontro  alla  pianura  di  Gruthli  fu  agitata  da  violentissimi 
venti  che  turbano  sì  spesso  la  navigazione  di  quel  lago  burrasco- 
so. Gessler  fu   costretto   ad    affidare  la  sua    vita  a  colui,  al  quale 


THè  MBRAHY 

OF  THE 

UWEJUiTY  OF  BJJIOIS 


DELLA  SVIZZERA.  33 

©gli  aveva  divisato  di    toglierla  ;  e  conoscendo    tutta  la  forzi  e  la 
destrezza  di  Teli  fece  ad  esso  sciogliere  i  ferri. 
Salto  di  Teli. 

Allora  quest'intrepido  Svizzero,  a  malgrado  dei  tempestosissimi 
flutti  giunse  a  volgere  il  battello  in  Vicinanza  di  un  luogo  ove  sor' 
geva  un  rialzo  di  terreno  ,  chiamato  anche  oggidì  Sullo  di  Teli, 
e  quivi  repente  slaneiatosi  sulla  sponda ,  potè  mettersi  in  salvo 
mentre  col  violento  urto  di  un  piede  respingeva  la  barca  fra  l'on- 
de lasciando  cosi  il  suo  nemico  in  preda  al  più  grave  pericolo. 
Lo  scoglio  su  cui  Guglielmo  lanciossi  fu  nel  i358  consacrato  con 
una  eappella,  che  l'Assemblea  generale  del  Cantone  ordinò,  che 
ivi  fosse  edificata.  Viveano  ancora  molte  persone,  elio  aveano  co- 
nosciuto Teli;  ciò,  dice  il  Mallet,  che  senza  altre  prove  basterebbe 
per  dissipare  tutti  i  dubbj  suscitati  intorno  alle  vicende  di  questo 
personaggio.  Lo  scoglio  s'innalza  lungo  la  montagna  chiamala  Axcm- 
berg  ,  ed  è  per  un  lungo  tratto  di  riva  il  solo  punto  ,  cui  possa 
un  battello  approdare.  La  cappella  ò  picciola,  si  apre  verso  il  lago 
ed  è  circondata  da  un  cancello:  nell'interno  di  essa  sono  dipinte 
a  fresco,  ed  in  modo  assai  grossolano  le  imprese  di  Teli.  In  ciascun 
anno,  e  nel  primo  venerdì  dopo  l'Ascensione,  molti  abitanti  di 
Uri  ,  di  Schwitz  e  di  Underwald  vanno  quasi  in  pellegrinaggio  a 
visitare  questo  monumento  che  ù  venerando  nella  sua  semplici- 
tà (i).  Vedi  la  Tavola  4. 
Schwitz. 

Questo    Cantone  al  par    di    quello  di    Uri  ò  tutto    coperto  da 
altissime  montagne  -,  il  principal   borgo  che    porta  lo  stesso  nome 
è  situato  dentro  le  terre  ai   piedi  di  due  scogli  altissimi,  acuti  e 
scoscesi.   Einsidlcn,  od  il  romitaggio,  che  a  Schwitz  giace  vicino, 
è  celebre  per  un  ricchissimo  monastero  di  Benedettini,   e  pel  pel- 
legrinaggio che  vi  si  fa  da  tutti  i  dintorni    ad  una  cappella  della 
Beata  Vergine.    Ma  la  maggior  celebrità  di  Schwitz    viene  dall'a- 
ver  dato  il  suo  uome  a  tutta  la   Svizzera;  sia  perdio  si  fosse    più 
degli  altri  distinto  nel    sostenere    colle    armi  la    Confederazione ', 
sia  che  gli  stranieri  dessero  indistinta  mente  il  nome  di  Svizzeri  a 
tutti  gli  abitatori   delle  montuose   regioni  (a), 

(0  Mallet.  Ilist.  des  Suis.  Pari.  I.  chap.  VIIL  Coxe.  Lelt.  XII. 
(2)  Cove.  Lett.   XII. 
Cost.  dell'  Europa  Voi.  /X.  3 


34  DESCRIZIONE  GEOGRAFICA 

Unde.rwald. 

Il  Cantone  di  Underwald  è  poco  esteso;  ma  è  ricco  ili  bestia- 
mi ,  clie  trovano  buoni  pascoli  sui  monti ,  e  nelle  belle  praterie 
delle  valli.  Il  borgo  più  considerabile  di  questo  villaggio  è  Stantz, 
nelle  cui  vicinanze  si  cava  gran  copia  di  marmo  aero  con  vene 
bianche  ;  vi  si  trova  una  terra  vitriolica  ,  pietre  lavagne  piene  di 
vitriolo  e  piccoli  cristalli  nomati  Diamanti  Svizzeri. 

Zug. 

Zug  capitale  del  Cantone  dello  stesso  nome  è  deliziosamente 
situata  sulle  rive  di  un  ameno  Jago  ,  ed  in  una  fertile  valle  che 
abbonda  di  pascoli,  di  biade  e  di  frutta.  Il  lago  di  Zug  è  lungo 
quattro  leghe  circa,  ma  assai  stretto;  esso  abbonda  di  pesce.  3for- 
garten  è  un  posto  importante  che  signoreggia  una  stretta  gola 
nel  paese  di  Zug  :  un  angusto  sentiero  conduce  a  questa  gola;  da 
una  parte  esso  è  difeso  dalle  alte  rupi  ,  dall'altra  è  bagnato  dal 
lago.  Queste  sono  le  Termopili  Svizzere  ove  mila  e  trecento  pa- 
stori sconfissero  ventimila  guerrieri  (i). 
Glaris» 

Il    Cantone  di  Glaris  è    interamente    chiuso    dalle  Alpi,  se  si 
eccettui  la  parte    settentrionale;  né  si  può  in  esso  euirare  che  da 
questo  lato,  che  giace  fra  il  lago  di   Wallenstadt ,  e  le  montagne 
che  separano  il    Cantone  di  Glaris  da    quello  di    Schwitz.   Ben  si 
possono    varcare  a    piedi    queste  Alpi  e    passar  da  una    parte  nei 
Grigioni  ,  e  dall'altra  in.  Uri;  ma  questi    sentieri,  che  nell'estate 
sono  appena  praticabili,  noi  sono  assolutamente  nel  verno.  Il  Can- 
tone si   estende  dalle  rive  del  Linth  fino  all'  estremità  più  remota 
dell'Alpi,  che  portano  il  suo  nome,  e  comprende  uno  spazio  di 
quasi  treuta    miglia  che  forma  una  valle  ,  la  quale  a    misura  che 
si  avanza  diviene  più  stretta,  e  dove  è  situato  il  borgo   di  Glaris 
non  ha  larghezza  maggiore  di  più  della  gittata  di  un   moschetto. 
In  appresso  si  apre  gradatamente,  ed  in  distanza  di  una  lega  cir- 
ca dal  borgo  è  separata  dalle    montagne  di  Freyberg  ;  e  precisa- 
mente nel  luogo  di  questa  separazione  si    congiuugono  i  due  fiu- 
mi Lini  ma  t  e  Sernft.  Le  catene  sorprendenti  degli  scogli ,  che  cir- 
condano la    valle   sono    perpendicolari ,  e  si    vicine  ed    alle ,  che 
ben  si  può  dire  che  il  sole  vi  tramonta  anche  nell'  estate  a  quat- 
ti; Millet.  Pari.  I,  chap.  IX. 


DELLA   SVIZZERA  35 

tr'ore  dopo  il  mezzodì.  Si  scorgono  da  ambo  lo  parti  molte  ca- 
scate d'  acqua  ;  ed  una  specialmente  nelle  vicinanze  di  Ruti  spu- 
meggia precipitandosi  da  un'alta  montagna.  Presso  di  Leugelbach 
due  torrenti  sgorgano  allo  falde  di  un  monte,  e  formano  ad  un 
tratto  una  grossa  corrente  ,  che  dopo  un  breve  corso  metto  foce 
e  si  perde  nel  Limmat.  Si  scorgono  molte  altre  picciolo  sorgenti 
scaturire  dagli  scogli  ;  la  limpidezza  delle  loro  acque,  la  loro  ra- 
pidità ,  il  lor  gradevole  mormorio  ,  gli  albori  che  ombreggiano  ì 
luoghi  da  cui  scaturiscono  ,  le  rupi  scoscese  che  sovrastano  alle 
ridenti  praterie,  e  le  capanne  sparse  noi  dintorni,  formano  un 
tutto  ben  più  incantatore  e  maraviglioso  di  quello ,  che  abbia  po- 
tuto presentare  una  mano  esperta  nel  ritirar  paesaggi  (i). 
Fiumi'.  Limmat  e  sua  Valle. 

Noi ,  dice  Coxe ,  abbiamo  più  volte  attraversato  il  Limmat , 
che  bagna  la  valle  ,  e  la  scorre  con  tutta  la  rapidità  di  un  tor- 
rente ,  e  siamo  finalmente  arrivati  ad  una  specie  di  anfiteatro  for- 
mato da  monti ,  ove  termina  la  vallo.  A  destra  discoprimmo  una 
cateratta  molto  più  considerabile  di  tutte  quelle  che  avevamo  fin 
allora  vedute  ,  la  quale  si  precipita  in  linea  perpendicolare  da  un 
nudo  scoglio  ,  e  si  congiunge  ad  altre  acque.  Ai  due  lati  le  Alpi 
coronate  da  foreste  inaccessibili  e  coperte  d'eterne  novi,  ed  in 
cospetto  un  monte  piramidale  nudo  e  scosceso,  ed  i  ghiacciaj  di 
Glarifl  terminavano  la  prospettiva.  Qui  finisce  la  valle  e  la  parte 
abitata  del  Cantone:  un  aspro  sentiero  conduco  al  ponto  di  Panten 
(  Pantenbrock  ) ,  che  attraversa  la  cateratta  formata  dal  Limmat, 
detta  Sand-Back:  essa  muggo  all'uscire  dai  ghiacciaj,  e  si  pre- 
cipita dall'alto  della  scoscesa  montagna  in  linea  dirotta,  e  prima 
di  giugnerc  al  ponte  si  apio  un  passaggio  sotterraneo  a  traverso 
dello  seogllo,  ove  all'istante  sparisce  per  mostrarsi  in  appresso  con 
novello  vigore,  e  con  una  più  grande  rapidità.  Il  ponte  è  for- 
mato da  un  solo  arco  di  pietra  ,  ha  sol  Lauta  piedi  in  circa  di  luu- 
ghezaa  ,  ed  ò  costruito  sopra  di  un  precipizio  profondo  più  di  tre- 
cento piedi.  Serve  di  comunicazione  colle  Alpi  superiori  così  come 
di  passaggio  ai  bestiami  che  vi  pascolano  nei  mesi  fieli  estate.  Que- 
sti monti  sono  coperti  di  una  varietà  singoiar»!  di  pianti;  rare  ,  e 
di  bei  fiori  che  dolcemente  olezzano.  Lo  scoglio  dalla  cui  cima  si 

(0  Coxe.  Leu.  VII. 


36  DESCRIZIONE   GEOGRAFICA 

precipita  il  Sand-Bach  è  composto  di  pietra  lavagna ,  cbc  ò  as- 
sai comune  in  questo  Cantone}  la  principal  cava  è  nella  valle  di 
Seraft,  da  cui  si  traggono  larghe  lastre  con  cui  si  formano  molte 
tavole,  delle  quali  si  fa  un  notabile  commercio  di  esportazione  (i). 

Prodotti  e  case. 

Siccome  questo  Cantone  contiene  molte  belle  praterie}  così  il 
latte  ed  il  burro  vi  abbondano  e  sono  eccellenti;  squisito  pure  è 
il  mele  di  queste  contrade.  Nulla  poi  è  acconcio  a  destare  mag- 
gior maraviglia  dell'  interno  delle  case  degli  abitatori  di  queste 
montuose  regioni  ;  esse  sono  pulite  ,  comode  ,  semplici  ,  ed  ispi- 
rano ad  un  assennato  osservatore  la  più  alta  idea  della  felicità, 
di  cui  godono  i  proprietarj.  Le  case  del  Cantone  di  Glaris  non 
men  che  quelle  di  Appenzel  sono  di  legno,  larghe,  solide  ed 
hanno  un  tavolato  ,  che  pende  fino  al  basso  ,  e  sporge  in  fuori. 
Una  siffatta  maniera  di  edificare  è  acconcia  a  tener  lontana  la  ne- 
ve dalla  superficie  che  circonda  la  casa  e  corrisponde  colla  sua  sin- 
golarità all'aspetto  selvaggio  del  paese.  Le  abitazioni  de' più  agiati 
poste  nei  principali  borghi  sono  costruite  nello  stesso  modo,  e  non 
deferiscono  che  nella  maggiore  ampiezza. 

Basilea. 

Il  Cantone  di  Basilea  è  nella  parte  superi  ore  montuoso  ;  ma 
nell'  avvicinarsi  alla  città  che  porta  lo  stesso  nome  si  scorge  una 
campagna  assai  ben  coltivata.  E  Basilea  deliziosamente  posta  sulla 
riva  del  Reno  presso  al  luogo  in  cui  questo  fiume  ,  divenuto  lar* 
go  ,  profondo  e  rapido  ,  dopo  aver  corso  per  qualche  tempo  da 
levante  a  ponente  cangia  all' improvviso  direzione,  e  volge  il  suo 
corso  alle  parti  settentrionali.  Essa  è  divisa  in  due  città  unite  da 
un  bel  ponte  fabbricato  su  grandi  pilastri  di  pietra  ;  la  maggiore 
giace  dal  lato  della  Svizzera  ,  e  la  minore  da  quello  della  Ger- 
mania. La  sua  posizione  non  può  essere  più  avventurosa  pel  com- 
mercio ;  ma  la  sua  popolazione  lungi  dall'  acci'escersi  si  è  sensi- 
bilmente diminuita}  giacché  ai  tempi  del  famoso  Concilio  tenutovi 
dal  t/p1  a^  I4^4  essa  comprendeva  quarantamila  abitanti,  ed  al 
presente  non  ne  annovera  più  di  quindici  mila:  è  però  la  più  ricca 
città  di  tutta  la  Svizzera  (2). 

(i)  Cose.  Lett.   VI. 

(■■1)  Vedi  l*  Ebel  Manuel  de  Vovagcur  en   Suisse.  Paris,  1S18. 


DELLA  SVIZZERA.  3 J 

Singolarità  degli  orologi  di  Basilea 
Gli  orologi  di  Basilea  avanzano  sempre  gli  altri  dell'Europa 
di  un'ora,  in  guisa  che  mentre  negli  altri  luoghi  sona  il  mezzo- 
giorno;, a  Basilea  si  vede  segnata  un'ora  pomeridiana.  Si  spiega 
in  differenti  guise  un  siffatto  fenomeno  ;  gli  uni  affermano  eln-  ciò 
venne  praticato  durante  il  Concilio  di  Basilea  ,  onde  i  Prelati  lenti 
e  pigri  si  ragunassero  più  presto:  affermano  altri,  che  avendo  al- 
cuni ordita  una  trama  contro  la  città  ,  iu  cui  volevano  introdursi 
a  mezzanotte  precisa  per  trucidare  i  magistrati  ,  ed  essendone  stalo 
avvertito  uno  dei  Borgomastri,  fece  avanzar  gli  orologi  di  un'ora; 
onde  i  congiurati  credendo  di  aver  lasciato  passare  il  momento 
convenuto  si  ritirarono  ;  e  clic  d'  allora  in  poi  si  continuò  sempre 
a  spinger  gli  orologi  oltre  il  consueto  ;  onde  tenesser  viva  la  me- 
moria di  questa  felice  avventura.  Si  dà  finalmente  una  terza  ra- 
gione di  quest'uso  singolare;  e  questa,  diee  il  Coxe,  mi  semina 
la  più  verisimile.  Ognun  sa  che  i  cori  delle  chiese  Cattedrali  sono 
rivolti  all'  oriente  ;  quello  di  Pasilea  si  allontana  un  poco  da  sif- 
fatta direzione  ,  ed  il  quadrante  solare  posto  al  di  fuori  del  coro, 
che  regola  tutti  gli  orologi  della  città  ,  partecipa  di  questa  decli- 
nazione ;  circostanza  che  secondo  il  celebre  Bernoulli  produce  una 
variazione  di  quarantacinque  minuti.  Checché  ne  sia  dell'  origine 
di  questa  costumanza  ,  gli  abitanti  di  Basilea  vi  sono  si  fortemente 
attaccati ,  che  ogni  volta  che  si  propose  nel  supremo  consiglio  di 
regolar  gli  orologi  come  lo  dovrebbero  essere  ,  la  proposizione  fu 
sempre  rigettata  ;  perchè  in  questo  caso  il  popolo  crederebbe  che 
si  attentasse  alla  sua  liberta  ed  a' suoi  privilegi-  Dopo  la  metà 
dello  scorso  secolo  i  primarj  magistrali  convennero  segretamente 
di  dar  indietro  ogni  giorno  un  sol  minuto  al  quadrante  solare  j 
finché  l'ombra  giungesse  impercettibilmente  ad  indicare  la  verace 
ora.  Posto  in  opera  quest'espediente,  l'orologio  della  città  avea 
perduto  quasi  tre  quarti  d'ora,  quando  un  caso  rivelò  la  trama, 
ed  i  magistrati  furono  costretti  a  rimettere  il  quadrante  solare 
nello  stato  primiero,  ed  a  regoline  sulla  sua  norma  gli  orologi  (i): 
tanto  è  difficile  lo  sterpare  i  pregiudizi  radicati  nelle  menti  popolari. 

Friburgo. 

Friburgo,  capitale   del  Cantone  di  questo  nome  venne  fondata 

M  Core.  LcU.   XLI. 


38  DESCRIZIONE  GEOGRÀFICA 

nel  1179  ^a  Bertoldo  IV.  Duca  di  Zeringen.  Essa  comprende  sei 
mila  abitatori  in  circa  ;  quantunque  il  numero  delle  case  sia  in 
proporzione  assai  maggioro.  Dalla  torre  che  serve  di  campanile 
alla  Cattedrale ,  e  che  ha  365  scalini ,  si  scorge  la  Sane  o  Sa- 
vina uscire  dai  dirupati  fianchi  del  monte  ,  e  scorrere  intorno  ai 
bastioni.  Questa  città  è  ingombra  di  frati  e  di  monache,  ed  i  soli 
Gesuiti  vi  posseggono  un'entrata  di  quarantamila  lire.  Ad  una  lega 
di  distanza  giace  un  romitaggio  singolare  per  la  sua  costruzione  : 
esso  è  scavato  nello  scoglio  ;  e  ciò  che  è  più  singolare  è  opera 
di  due  soli  uomini.  Nel  secolo  XVII  un  eremita  scavò  un  buco 
nello  scoglio ,  che  non  era  profondo  se  non  quanto  era  d'  uopo 
per  potervisi  coricare;  avendo  il  suo  successore  desiderato  di 
starvi  con  maggior  agio  lo  ingrandì  e  continuando  a  lavorare 
vi  costruì  una  cappella,  una  scala  ed  alcune  stanze,  una  delle 
quali  ha  novanta  piedi  di  lunghezza  ,  e  venti  di  larghezza. 
Amena  è  la  situazione  di  questo  romitaggio  :  lo  scoglio  nel  quale 
è  scavato  sorge  sulla  ri\a  della  Sariua  ,  che  serpeggiando  bagna 
lotta  la  sottoposta  valle  (1). 

Soletta. 

Il  Cantone  di  Soletta  ha  dodici  leghe  circa  di  lunghezza  ,  e 
sette  di  maggiore  larghezza  ,  e  si  estende  da  una  parte  nella  valle 
fertile  e  coltivata  tra  le  montagne  del  Jura ,  e  dall'altra  lungo  la 
catena  di  questi  stessi  monti.  La  città  di  Soletta  è  piacevolmente 
situata  sull'Aar,  le  cui  rive  sono  quivi  più  larghe,  e  formano 
un  grosso  fiume  che  scorre  alle  falde  di  alti  poggi  ;  i  dintorni 
sono  deliziosi  del  pari  che  variati.  Da  un  gran  numero  di  iscri- 
zioni, di  medaglie  e  d'altre  antichità  trovate  in  questo  Cantone 
si  deduce  che  esso  fu  un  tempo  popolato  da  una  colonia  Roma- 
na; e  certo  ò  che  Soletta  era  una  delle  fortezze  eretta  dal  popolo 
conquistatore,  come  certamente  lo  prova  l'antica  sua  denomina- 
zione di  Castram  Sulodurense.  In  Soletta  risedevano  gli  amba- 
sciatori della   Francia  pi'esso  il  Corpo  Elvetico  (2). 

Sciaffusa. 

Il  Cantone  di  Sciaffusa  è  il  più  settentrionale,  e  confina  colla 
Svevia  ,  che  quasi  interamente  lo  circonda.  Sciaffusa    che  ne  ù  la 

(1)  Coxe.  Lett.  XXXII. 
{■i/  Coxe.  Left.   XL. 


DELLA.   SVIZZERA  3g 

capitale  giace  sulla  riva  settentrionale  ilei  Reno;  nel  luogo  in  cui 
essa  sorge,  era  anticamente  un  comodo  passaggio;  onde  si  co- 
minciarono a  fabbricare  alcune  case,  che  dal  nome  delle  barche 
da  trasporto  (  scapha  )  furono  appellate  scaphlaenser  ;  da  cui 
ebbe  origine  il  nome  di  Scia  (Fusa.  Nell'architettura  ragioneremo 
del  famoso  ponte  di  legno  gittato  sul  Reno  in  questa  ritta  ,  che 
giustamente  è  ammirato  per  la  sua  bellezza  e  singolarità. 
Caduta  del  Reno  a   Laujen. 

In  distanza  di  una  lega  da  Sciaftusa  si  scorge  la  famosa  caduta 
del  Reno  che  è  chiamata  di  Laufen  ,  perchè  vicina  ad  un  antico 
castello  che  porta  questo  nome.  Il  Reno  che  nasce  nelle  Alpi  Rc- 
tiche ,  ed  attraversa  il  lago  di  Costanza  incontra  nelle  vicinanze 
di  SciafTusa  alcuni  dirupi  piantati  in  mezzo  al  suo  corso,  e  giù 
precipita  con  incredibile  impeto  ,  e  si  frange  ,  e  spumeggiando 
conserva  per  qualche  tempo  il  colore  bianchiccio.  Ecco'  come  il 
Coxe  ha  descritta  questa  magnifica  scena  della  natura  ,  che  desta 
la  più  grande  maraviglia  nell'animo  del  viaggiatore.  Avanzandoci 
fino  all'  orlo  del  precipizio  ci  trovammo  perpendicolarmente  so- 
pra la  cateratta ,  ed  abbiam  veduti  i  flutti  precipitarsi  dai  due 
lati  dello  scoglio  con  una  violenza  e  rapidità  sorprendenti:  scen- 
demmo in  appresso  finché  giungemmo  un  pò  ni  disotto  del  letto 
superiore  del  fiume,  e  ci  trovammo  si  vicini  alla  cascata,  che  a- 
vremmo  potuto  toccarla  colla  mano.  Nel  centro  della  spaventosa 
cateratta  si  eresse  una  specie  di  ponte  nel  luogo  in  cui  essa  è  più 
terribile:  i  flutti  spumanti,  die  scorrono  furiosi,  la  nube  conti- 
nua formata  dall'acqua  (he  si  frange,  si  solleva  in  alto,  e  molto 
si  estende;  finalmente  la  maestà  di  un  somigliante  spettacolo  ha 
super/ito  di  mollo  l'idea,  che  noi  ci  eravamo  formata,  e  non  si 
può  in  nessun  modo  descrivere;  in  distanza  di  cento  prissi  circa 
dal  suddetto  ponte  .sorgono  due  scogli  in  mezzo  alla  caduta  ,  che 
impediscono  di  vederne  da  quel  lato  tutta  la  larghezza  ;  il  più 
vicino  sembrava  incavato  dall'azione  continua  dell' acqua ,  che  si 
apriva  a  traverso  un  obbliquo  passaggio,  da  cui  usciva  con  sordo 
strepito,  e  con  una  inesprimibile  violenza.  Dopo  di  esserci  fer- 
mati per  qualche  tempo  a  contemplare  con  maraviglia;  e  nel  più 
profondo  silenzio  la  sublimità  maestosa  di  questo  spettacolo  siamo 
discesi,  e  giunti  al  disotto  della  cascala  attraversammo  il  fiume 
assai  agitato.   Fin  allora  io  non  aveva  veduta  la  cateratta  ,  che  da 


4o  DESCRIZIONE  GEOGRAFICA 

una  parte;  ma  qui  essa  si  aprì  gradatamente  ,  e  presentò  una  no*» 
velia  prospettiva  in  cui  questi  furono  gli  oggetti,  che  piò  colpi- 
rono la  immaginazione.  Si  scorgeva  sulla  riva  opposta  un  castello 
situato  sulT  orlo  del  precipizio ,  e  sporgentesi  sopra  il  fiume , 
presso  del  quale  sorgeva  una  chiesa  con  alcune  capanne  ;  su  quella 
riva ,  su  cui  eravamo  assisi  ,  giacevano  alcune  capanne  vicinissime 
alla  caduta ,  e  nel  fondo  si  estollevano  alcuni  colli  popolati  da 
viti,  o  coperti  da  foreste,  sulla  cui  cima  si  scorgeva  un  piccolo 
borgo  cinto  da  alberi:  il  grosso  volume  dell'acqua  sembrava  scor- 
rere dal  fondo  di  questi  poggi  ;  i  due  scogli  sopra  mentovali  a- 
vanzavano  arditamente  le  loro  cime  fino  nel  mezzo  della  cascala, 
e  precisamente  nel  luogo  in  cui  essa  è  più  pericolosa  ,  e  divide- 
vano la  cateratta  in  tre  rami  principali.  Il  colore  dell'  aqua  del 
Reno  è  sommamente  gradevole  ,  essendo  un  chiaro  verde  di  mare, 
che  dolcemente  contrasta  colla  bianchezza  delle  spume.  Ammira- 
bile è  la  veduta  di  una  fucina  ,  ove  si  fonde  il  ferro,  vicina  al 
fiume  ,  che  quivi  è  rattenuto  da  un  argine  per  impedire  che  seco 
non  trascini  le  opere  e  le  capanne  del  vicinato.  Col  mezzo  di  que- 
st'  argine  una  piccola  parte  del  fiume  entra  in  un  canale,  fa  girare 
un  mulino,  e  forma  un  ameno  ruscello  argenteo  staccato  dalla 
principale  cateratta  ,  che  scorre  lungo  lo  scoglio.  Al  disotto  della 
cascata  il  fiume  si  allarga  considerabilmente,  e  forma  un  alveo 
molto  più  esteso  :  in  mezzo  alla  cascata  (  per  quanto  mi  fu  pos- 
sibile di  giudicarne  )  la  larghezza  parve  di  duecentocinquanta  pie- 
di. Quanto  all:  altezza  perpendicolare  i  viaggiatori  variano  d'assai; 
quelli  die  amano  di  esagerare,  pretendono,  che  essa  sia  di  cento 
piedi;  ma  pare  che  cinquanta  si  approssimino  di  più  alla  realtà  (i). 
Vedi  la  Tavola  5. 
Ce/mera  ottica  e  galleria. 

Questa  magnifica  caduta  si  contempla  anche  in  una  camera 
ottica,  che  si  formò  ad  essa  vicina,  e  che  presenta  un  quadro, 
il  quale  oltre  il  merito  dell'esatta  verità,  ha  anche  quello  del 
moto  offerto  dalle  onde  cadenti.  Nel  basso  poi  della  grande  ca- 
scata si  costruì  una  galleria  che  chiamasi  Fischets,  e  nella  quale 
lo  spettatore  scorge  la  spaventevole    cateratta    rovinare  disopra  al 

i  O-ixe  .  Lett.  II.  Uu  arguto  spirito  disse  che  la  cascata  dì  Laufen  era 
uu  Inferno  d'  acqua  (un  ehfer  d*eati),  eri  il  Bertela  nm  seutissi  da  tanto 
di  poterla  ben  descrivere.  Vedi  il  suo  Viaggio  sul  Rena.  Leti.  111. 


S 


THt  IIBRABK 
OF  THE 


fitLLA  SVrZZEKA  f\l 

SUO  capo  con  un  fragore  simile  a  quello  del  tuono.  c<  Io  non  sa- 
prei .  dice  un  moderno  scrittore,  meglio  ritrarre  l'immagine  della 
grandi;  cateratta  ,  veduta  da  questa  galleria,  clie  paragonandola 
ad  uno  de' più  snidimi  ghiaccia]  delle  Alpi  elevate,  ed  aggiun- 
gendovi il  furore  ed  il  rimbombo  della  rovina.  La  rupe  del  lido 
trema  sotto  i  piedi  del  viaggiatore,  il  (male  erede  di  assistere  alla 
distruzione  dell'universo.  Gli  scogli  del  mezzo  che  non  sembrano 
molto  grandi  riguardati  dall'alto  ,  rassomigliano  di  quinci  a  due 
torri  innalzate  nel  grembo  del  caos.  Dalla  galleria  si  distingue  la 
seconda  cascata  a  traverso  il  fumo  della  prima,  e  opera  delle  fate 
ne  diresti  1'  aspetto  ',  ma  la  terza  cateratta  non  è  ormai  più  visi- 
bile in  mezzo  ali  immensa  acquosa  polvere,  che  si  solleva  dall'u- 
nito  lor  turbinio  (i)  ". 
uàppenzel. 

L'ultimo  dei  tredici  Cantoni  Elvetici  è  quello  di  Appenzcl , 
elio  essendo  abitato  da  Protestanti  e  da  Cattolici  ,  venne  diviso  in 
due  parli  ,  una  delle  quali,  che  appartiene  a  questi  ultimi,  ha  per 
capo-luogo  il  borgo  di  Appenzel ,  e  l'altra  Herisau  .  che  spetta  ai 
Protestanti.  Nessuna  citta  cinta  di  mura  si  trova  in  questo  Canto- 
ne ,  ehe  forma  quasi  un  villaggio  continuo ,  essendo  coperto  da 
comode  case ,  che  presentano  un  bel  prospetto.  La  catena  non 
inai  interrotta  de'  suoi  monti  con  gran  cura  coltivati .  coperti  di 
foreste,  e  popolati  da  borghi,  posti  nelle  situazioni,  in  cui  po- 
tevano far  bella  mostra  ,  olire  all'  occhio  il  paesaggio  più  grade- 
vole,  ehe  si  possa  immaginare.  Si  sarebbe  detto  che  quelle  abi- 
tazioni appartenevano  a  differenti  tribù  indipendenti  le  une  dalle 
altre:  ma  unite  dai  vincoli  della  società,  dalle  leggi  e  dal  go- 
verno (2). 
Turgovia. 

Dopo  aver  descritti  i  tredici  Cantoni,  ci  rimane  di  descrivere 
i  paesi  o  sudditi,  od  (illeciti  de'quali  abbiamo  fatta  menzione  nella 
generale  divisione  della  Svizzera.  Fra  i  sudditi  primo  ci  si  pre- 
senta il  paese  detto  Turgovia,  di  cui  è  capitale  Fruiteli fcld ,  e 
che  dipendeva  dai  primi  otto  Cantoni. 

(1)  Vedili   Viaggio  di  D.  B.  perla  Svizzera,  Caduta  del  Reno.  Ricogl. 
N.°  63. 

(2)  Coxe  Lett.  IV. 


42  DESCRIZIONE  GEOGRAFICA 

Rheintthall  e  Sargans. 

Segue  il  Rheintthall ,  o  la  valle    del    Reno   soggetta   ad   Ap- 
penzel  ed  agli  slessi  or   mentovati    Cantoni  _,  che  vi  spedivano  un 
Balio;  indi  il  paese  di  Sargans,  che  forma  anch'esso  un  baliaggio. 
fialidi  stadt. 

Vallenstadt ,  piccola   città  posta  a  breve  distanza  dal  lago  dello 
stesso  nome  ,   giace  sulla  strada  ,  che  dalla  Svizzera  e  dalla    Ger- 
mania conduce  nel  paese  dei    Grigioni.  Il  lago    di    Vallenstadt  è 
cinto  da  montagne  scoscese  ,  ed  agitato  da  impetuosi  venti. 
Happer schwyl. 

La  città  di  Rapperschwyl  soggetta  a  Zurigo  ed  a  Berna  è  po- 
sta sovra  un'  amena  lingua  di    terra  ,  che  si    avanza  nel    lago  di 
Zurigo. 
Bade. 

Bade,  celebre  pe' suoi    bagni,  e    nomata  Aqnae    Elvetiae   uai 
Romani,   giace  sulle  rive  del  Limmat. 
Provincie  libere. 

Le  così  dette  provincie  libere  ,  la  cui  parte  settentrionale  ap- 
parteneva ai  sette  Cantoni  ,  e  la  meridionale  obbediva  a  quelli  di 
Berna  ,  di  Zurigo  ,  e  di  Glaris  ,  erano  formate  da  Brcingarten  , 
da  MelUngen  ,  da  Muri ,  e  dai  baliaggi  di  Schwarzenbourg  ,  di 
Morat ,  di  Grandson,  d'Orbe  e  da  Achallen.  Il  castello  di  Gran- 
dson  è  celebre  per  la  strage  del  suo  presidio,  avvenuta  alcuni 
giorni  prima  della  battaglia  di  questo  nome,  nella  quale  Carlo  il 
Temerario  soffrì  la  prima  delle  tre  grandi  sconfìtte,  che  gli  ra- 
pirono il  regno  e  la  vita.  Morat  giace  sulla  riva  di  un  lago  lungo 
sei  miglia  circa  ,  e  largo  due,  in  mezzo  ad  un  paese  fertile  e  ben 
coltivato.  I  laghi  di  Morat  e  di  Ncuchatel  sono  posti  su  una  li- 
nea paralella ,  e  non  separati  che  da  un  piccolo  colle. 
Castello   di  Apshurgo. 

La  Svizzera  è  la  culla  dei  Monarchi  Austriaci  ,  ed  è  ben  d'uo- 
po  che  noi  descriviamo  il  castello  ,  da  cui  il  magnanimo  Rodolfo 
passò  al  trono  imperiale,  in  un'opera,  che  si  pubblica  sotto  gli 
auspicj  dell'  Augusto  Francesco  I.  Siede  il  castello  di  Apsburgo 
(  ffapsbourg  )  sopra  di  un  colle  alto  cinquanta  tese  circa,  e  posto 
in  mezzo  alla  pianura.  Non  rimane  di  esso  che  una  torre  qua- 
drangolare alta  circa  settant»  piedi  e  fabbricata  con  grosse  pietre 
ben  fra  loro  commesse  :  la  torre  ha  trenti  piedi  quadrati  circa  al 
di  fuori,  e  diciotto  al  di  deotro.  "Vedi  la  Tavola  6. 


the  imm 

OF  IHfe 


DELLA   SVIZZERA  4^ 

Kon  tgsfeldcn . 

Da  questo  castello  si  scorge  la  badia  di  Konigsfelden  fondata 
dalla  Principessa  Agnese  presso  il  luogo  ove  la  Heuss  si  congiunge 
all'  Àar. 

Fin  doni ssa. 

Nello  spazio  che  giace  tra  il  castello  di  Apshurgo  e  Konigs- 
felden era  situata  l'antica  Vindonissa ,  presso  la  quale  i  Romani 
aveano  fortificnto  un  campo.  Rimangono  ancora  aldine  vestigia 
degli  ncquidolti,  dell'anfiteatro  e  dei  tempj  di  questa  città,  e 
molte  medaglie  ,  che  si  scorgono  raccolte  in  Berna  ,  ne  attestano 
il  prisco  splendore. 

Bali  aggi  Italiani. 

I  baliaggi  Italiani  sono  posti  al  di  qua  del  San  Gottardo,  e 
sono  in  numero  di  sette.  Ai  tre  Cantoni  di  Uri,  di  Schwitz  e 
di  Undervald  appartenevano  i  baliaggi  di  Bellinzona ,  di  Riviera 
e  di  Val-Brouma ,  nelle  cui  valli  scorre  il  Ticino.  Seguono  gli 
altri  baliaggi  di  Lugano  posto  su  di  un  lago  dello  stesso  nome  , 
e  celebre  per  la  sua  fiera  ;  di  Loearno  ,  di  Mendrisio  e  di  Val- 
magia  (i). 

Principato  di   Neuchatcl. 

Gli  stranieri,  dice  Coxe  ,  confondono  sotta  la  denominazione 
generale  della  Svizzera  il  Principato  di  Neuehatel  e  di  Vallati- 
gli ,  i  Grigioni  ,  il  Valese ,  e  la  repubblica  di  Ginevra;  ma  per 
parlare  esattamente  non  sono  essi  che  alleati  degli  Svizzeri,  e  non 
formano  alcuna  parte  del  distretto  ,  cui  i  nativi  danno  questo  no- 
me (2).  La  città  di  Neuehatel  capitale  del  Principato  di  questo 
nome  giace  in  una  poco  ampia  pianura  che  si  apre  fra  il  lago 
detto  di  Neuehatel  ,  ed  il  monte  Giura.  Noi  vedremo  le  varie  vi- 
cende politiche  di  questo  Principato,  allorquando  terremo  discorso 
dei  governi  della  Svizzera.  Chaux-le-Fond  e  Lode  sono  due  bor- 
ghi di  questo  Principato  popolatissimi  e  celebri  per  le  fabbriche 
degli  orologi. 

(1)  Nel  descrivere  gli  stali  sudditi  ed  alleati  dei  Cantoni  Svizzeri  ali- 
bi .ino  seguito  1'  ordine  dei  geografi  Francesi.  Géogr  Unix',  par  une  Socie- 
tà de  Savans  publue  par  Mentclle  e  Malte  Bruii.  Tom.  \  III.  dalla  pag. 
38   alla    ".1. 

(»)  Coxe.  Lctt.  XXVI. 


44  DESCRIZIONE  GEOGRAFICA. 

Paese  di  Vaucl. 

Il  paese  di  Vaud  è  una  regione  di  cui  tutti  gli  storici,  e  tutti 
1  viaggiatori,  che  ne  fecero  menzione,  parlarono  con  entusiasmo, 
principalmente  della  parte  che  confina  col  lago  di  Ginevra.  Sareb- 
be certo  difficile,  dice  il  Coxe,  l'immaginarne  uno  più  gradevole: 
lungo  il  lago  un  terreno  si  solleva  gradatamente  con  dolce  pendio 
e  presenta  allo  sguardo  del  viaggiatore  vigne,  campi  ed  eccellenti 
praterie  variate  da  molti  borghi  e  città  ;  le  rive  del  lago  sono  in 
generale  coperte  da  una  bella  arena  ,  e  1'  acqua  ne  è  sì  traspa- 
rente, che  se  ne  distingue  il  fondo  ad  una  grande  altezzza  (i). 

Losanna. 

La  città  di  Losanna  è  posta  su  tre  colli  ,  400  piedi  sopita  il 
livello  del  lagoj  ed  una  tale  posizione  fa  sì  che  disagioso  riesca  il 
camminare  per  le  sue  contrade  dovendosi  ognora  discendere  e 
salire.  Pretendono  alcuni  che  essa  derivi  il  nome  dalla  devozione 
verso  Sant'Anna  (Laus  slnnae}  di  cui  un  tempo  v'  avea  in  essa 
un'immagine  creduta  miracolosa;  altri  più  ragionevolmente  dedu- 
cono il  suo  nome  dall'  antico  Lausoniwn  ,  che  sorgeva  ad  essa 
vicino.  La  più  bella  vista  che  si  gode  in  questa  capitale  del  paese 
di  Vaud  è  quella  del  lago  di  Ginevra  ,  che  ha  la  forma  di  un 
arco,  di  cui  il  ridetto  paese  è  il  semicircolo,  e  la  costa  del  Cia- 
blese  la  eorda.  Da  Ginevra  a  ViUineuve  (  che  sono  le  due  estre- 
mità di  questo  lago  )  v'  ha  una  distanza  di  quaranta  miglia  cir- 
ca (2). 

f^evey. 

Vevey  giace  sul  lago  di  Ginevra  in  distanza  di  quattro  leghe 
da  Losanna  ;  ed  ha  dintorni  sì  ameni  ,  che  Rousseau  vi  pose  la 
scena  della  sua  Eloisa.  «  Mi  nacque  ,  dice  questo  filosofo  nelle 
sue  confessioni,  per  Vevey  un  amore,  che  m'  ha  seguitato  in  tutti 
i  miei  viaggi,  e  mi  ha  fatto  stabilire  in  essa  1'  eroe  del  mio  Ro- 
manzo. Io  direi  volentieri  a  quelli  che  han  buono  il  gusto  ed  il 
cuore  affettuoso:  andate  a  Vevey,  visitate  il  paese,  esaminale  i  siti, 
diportatevi  sul  lago ,  e  dite  se  la  natura  non  ha  fatto  questo  bel 
paese  per  una  Giulia,  per  una  Chiara,  e  per  un  Saint-Preuxj  ma 
non  vi  cada  in  pensiero  di  ricercarli  ». 

(1)  Coxe.   Leti.   XXLV. 

(2)  Muttìdsoii  compose  un  poemetto  Tedesco  sul  Lemano  ,  o  Iago  di 
Ginevra  col!5  epigrafe.  Me  ieri arutn  mihi  proeter  omnes  Angulus  ridet.Hor. 


DELLA  SVIZZERA  4$ 

Rollc  e  Nyon. 

Halle  è  piccola  ,  ma  leggiadra  città  cinta  da  un  anfiteatro  di 
colli.  Nyon,  che  anticamente  si  appellava  Colonia  equestris  No- 
vidunumt  è  circondata  da  bei  passeggi,  e  gode  di  un'amena  vista 
sul  lago.  «  Mentre  il  signor  di  Bonstctten,  dice  l5  Ebel,  era  Balio, 
o  Baglivo  di  Nyon  ,  la  villa  di  questo  letterato  non  meno  inge- 
gnoso ,  clic  onorando  ,  fu  del  contìnuo  il  soggiorno  delle  Muse  e 
dell'amicizia:  qui  visse  per  qualche  tempo  l'illustre  Muller,  il 
migliore  storico  che  la  Germania  vanti:  qui  Matthison,  Salis  e 
Federico  Bruii,  inspirati  dalla  natura  e  dalla  letizia,  composero 
alcuni  de'lor  canti  migliori  »*  Lungo  da  Ginevra  due  leghe  e 
mezzo  si  scorge  Coppet,  ove  Necker  si  ritirò  per  essere  spettatore 
tranquillo  della  rivoluzione  Francese;  ed  ove  visse  per  molto 
tempo  la  celebre  sua  figliuola,  la  Baronessa  di  Staci. 
Iverdun. 

Si  debbono  aggiungere  al  paese  di  Naud  e  Morges ,  e  San- 
Suf orili  ,  e  Moudon  ,  ed  Aubonne  ,  ed  Aìgle ,  e  Payerne ,  ed 
Avenchcs,  celebre  per  le  sue  antichità,  e  finalmente  Iva  clan  po- 
sta presso  al  lago  di  jNeuchatel  in  cui  mette  foce  il  fiume  di 
Orbe. 
Valle  del  lago  di  Joux. 

La  catena  de' monti,  che  si  nomina  Giura,  separa  il  paese  di 
"\  aud  dalla  Franca  Contea  e  dalla  Borgogna,  e  va  a  terminare  al 
di  là  delle  frontiere  del  Ginevrino  fino  al  Rodano.  Essa  forma 
varie  valli  nel  paese  di  cui  parliamo  :  e  ira  di  esse  la  più  cele- 
bre è  quella  del  lago  di  Joux,  la  (piale  rinchiude  molti  \illaggi 
popolati  assai  ed  è  renduta  varia  da  belle  foreste,  da  praterie,  e 
da  alcuni  campi  che  producono  orzo  ed  avena  (i). 
Ginevra. 

Ginevra  è  posta  sulla  parte  più  stretta  dell'estremità  del  lago, 
ove  esce  il  Rodano  ed  e  costruita  con  poca  regolarità.  Le  sue 
case  sono  alte  ,  e  molte  di  quelle  che  si  trovano  nel  quartier 
mercantile  hanno  alcuni  archi  di  legno,  che  posando  su  pilastri  o 
colonne  rendono  strette  le  contrade,  e  danno  ad  esse  un'  aria  tri- 
sta, mentre  porgono  grato  ricovero  dal  sole  e  dalla  pioggia.  La 
città   di  Ginevra   è  senza  alcun   dubbio  la  più   popolata  della  Sviz- 

(0  Coxe.   Lett.  XXV. 


46  DESCRIZIONE  GEOGRÀFICA 

zera;  giacché  Zurigo,  che  nella  popolazione  ad  essa  più  che  ogni 
altra  s'accosta,  comprende  appena  tredici  mila  anime,  mentre  Gi- 
nevra ne  vanta  ventiqualtromila.  Una  siffatta  superiorità  è  dovuta 
senza  alcun  dubbio  all'industria  ed  all'attività  de'suoi  abitanti,  al 
suo  commercio  più  esteso  ,  alla  facilità  di  acquistare  la  cittadi- 
nanza, e  di  procurarsi  il  godimento  delle  immunità  concedute  dal 
governo  agli  stranieri  che  vi  si  stabiliscono.  Si  distinguono  adun- 
que i  differenti  individui  di  questa  città  in  cittadini,  borghesi,  na- 
tivi ed  abitanti  (  i). 
Vallese. 

Il  Vallese  è  una  gran  valle  ,  che  si  estende  da  levante  a  po- 
nente ed  è  chiusa  al  settentrione  ed  al  mezzodì  fra  alti  monti; 
esso  si  divide  in  alto  e  basso  :  il  primo  si  estende  dalla  sua  estre- 
mità orientale  fino  al  fiume  di  Morge  al  disopra  di  Sion  ,  ed  il 
secondo  infino  a  San  Gingon  posto  sulle  rive  del  lago  di  Gine- 
vra :  sì  l' uno  che  F  altro  comprendono  centomila  abitanti  circa 
tutti  Cattolici.  Da  Bex,  presso  cui  vi  sono  le  saline,  che  in  lingua 
Romanza  si  ctria mano  fontane  salane,  il  viaggiatore  si  trasferisce 
a  Martignl  passando  il  Rodano  sopra  un  bel  ponte  di  pietra  lungo 
circa  220  piedi  e  di  un  arco  solo,  che  si  e  credulo  di  costruzione 
Romana.  Tra  S.  Maurizio  e  Martignl  sterile  è  il  paese  abbellito 
da  una  famosa  cascata,  che  chiamasi  Pisse-vache  ,  ed  e  formata 
dal  torrente  Salanca  ,  che  giù  si  precipita  da  un'  altezza  di  forse 
trecento  piedi.  Dall'antica  rocca  di  Martignl  si  scopre  il  lungo 
serpeggiare  del  Rodano  pei  campi  del  Vallese,  e  la  Drancia  che 
in  esso  mette  foce  Sulle  rupi  che  sovrastano  perpendicolarmente 
alla  città  di  S.  Maurizio  si  vede  una  chiesa  ed  una  piccola  casa  abi- 
tata da  un  eremita  il  quale  coltiva  un  giardinetto  di  alcune  tese 
situato  sopra  la  rupe  che  sporge  in  fuori  accanto  alla  sua  dimo- 
ra. Questo  ritiro  ci  rammenta  gli  Anacoreti  della  Tebaide,  i  quali 
separati  dal  mondo  passavano  la  vita  nella  meditazione  e  uella 
preghiera  (2). 
Saline  di  Bex. 

Le  Saline  delle  vicinanze  di  Bex,   di  cui  abbiamo  fatta  men- 
zione, furono  scoperte  nel   1 554,  e  sono  le  uniche  possedute  dalla 

(il  Cove.  Lett.   XXXVII. 

(aj  Malici.   Lvtlres  sur  la  Route  de  Genève  a  Milan.  Genève,    1816. 


DELLA  SVIZZERA.  4  7 

Svizzera.  Il  Coxc  le  visitò  e  le  descrisse  assai  bene  (i).  Prima  di 
entrare  nel  sotterraneo  il  viaggiatore  indossa  una  grossolana  veste 
di  tela  bigia  da  scavatore  ,  onde  non  si  insudici  gli  abiti  contro 
le  stillanti  pareti  della  galleria.  «  Io  discesi,  dice  il  Coxe ,  tre 
mila  piedi  circa  nell'interno  della  montagna  e  quasi  sempre  per- 
pendicolarmente. La  galleria  che  vi  conduce  ha  otto  piedi  circa 
di  altezza  e  sei  di  larghezza  ,  ed  ò  sì  bene  scavata  come  se  si 
fosse  adoperato  lo  scalpello:  esso  è  senza  alcun  dubbio  il  passo 
sotterraneo  più  comodo  in  cui  io  sia  giammai  entrato  «.  S'incon- 
tra una  ruota  di  36  piedi  di  diametro  che  leva  in  allo  le  acque; 
indi  tre  pozzi,  in  cui  gli  operaj  attendono  a  scavare.  Le  fonti  non 
sono  tutte  ugualmente  impregnate  di  sale;  da  ioo  libbre  d'acqua 
di  una  sorgente  si  traggono  22  libbre  di  sale  ,  mentre  la  stessa 
quantità  d'acqua  di  un'altra  non  ne  dà  che  una  sola. 
Ospizio    del  Sdii    Bernardo. 

Il  viaggiatore  ascendendo  al  grande  San  Bernardo  dal  lato  del 
A  allese  segue  il  corso  della  Dianoia.  Questo  monte  chiamalo  da- 
gli antichi  Pennino,  che  diede  i]  nome  alle  Alpi  Pennino,  per  la 
conformità  di  questo  vocabolo  con  Peni  (  Cartaginesi  )  fece  cre- 
dere che  da  esso  fosse  passato  Anni!). de  nel  discendere  nell'Italia. 
Ma  il  Di  lue  nella  sua  storia  del  Passaggio  di  yiimibtde  dimo- 
strò ,  che'  il  passo  delle  Alpi  Pennino  non  fu  conosciuto  dai  Ro- 
mani  ,  che  sotto  il  regno  dì  Augusto  ;  ed  altri  valenti  scrittori , 
in  commentando  Polibio  ,  dimostrarono  che  il  capitano  Cartagi- 
nese valicò  le  Alpi  Graje  ,  ora  dette  il  piccolo  San  Bernardo. 
Molto  più  pericoloso  è  il  viaggiare  sul  gran  San  Bernardo,  ove 
cade  una  grandissima  copia  di  neve,  che  in  grandi  masse  giù  ro- 
vina  nel  marzo  principalmente  ;  e  talvolta  è  levata  in  alto  dai 
venti,  che  cancellano  le  orme  della  strada,  e  conducono  fra  i  pre- 
cipizi l'infelice  viandante.  Allora  i  religiosi  dell'ospizio,  che  sono 
i  veri  amici  del  genere  umano,  fanno  le  scolte  in  vetta  delle  ru- 
pi per  soccorrere  coloro  che  sono  in  pericolo  ,  e  trovatili  li  con- 
ducono all'ospitale  loro  albergo.  E  questo  un  edilizio  quadrilungo 
fabbricato  di  pietra  bigia;  che"  al  basso  comprende  la  chiesa,  il 
refettorio,  e  le  stanze  ove  alloggiano  i  poveri,  e  di  sopra  le  ca- 

(1}  Lett.  XX.  Queste  saline  si  trovano  ben  descritte  anche  nelle  Pere- 
grinazioni di  D.  BcrlolotU.   Tom.  I.   pag:   -2   e   7 3. 


48  DESCRIZIONE  GEOGRAFICA 

moro  de'  monaci ,  e  quelle  degli  agiati  passeggieri.  Vedi  la  Tavola 
7.  I  religiosi ,  che  esercitano  una  si  rara  ospitalità  sono  canonici 
regolari  di  Sant'  Agostino  ;  posseggono  molti  terreni  di  là  e  di  qua 
delle  Alpi,  e  raccolgono  molte  elemosine.  Essi  nutrono  molti  cani 
che  riconducono  a  casa  i  religiosi  ed  i  loro  famigli  quando  van- 
no in  traccia  degli  smarriti  viandanti  :  questi  animali  sperimentali 
sempre  rinvengono  la  strada  del  monastero  partendo  da  qualun- 
que luogo.  Alcuni  anni  sono  essi  rimasero  tutti  sepolti  sotto  una 
frana  di  neve  ,  ma  subito  se  ne  fecero  venire  altri  dalla  Sviz- 
zera (1). 

La  parte  più  elevata  del  passo  di  quest'  Alpe  è  una  stretta  e 
lunga  vallea,  il  cui  fondo  è  occupato  da  un  lago.  L'esercito  del 
primo  Console  Francese  passò  il  gran  San  Bernardo  nel  1800 
coli' artiglieria  e  co"  bagagli:  ed  ogni  soldato  ebbe  ristoro  di  un 
bicchier  di  vino  all'ospizio:  si  eresse  una  colonna  per  conservar  la 
memoria,  di  questo  passaggio. 

Si07l . 

Sion  era  la  capitale  di  tutto  il  Vallese  ,  ed  ai  tempi  di  Giulio 
Cesare  lo  era  del  paese  dei  Sedimi  abitatori  di  questa  regione. 
Essa  è  situata  vicino  al  Rodano  ,  e  comprende  tre  castella  l' uno 
superiore  all'altro,  sei  chiese  ed  alcuni  conventi.  Leuk  borgo  del 
Vallese  è  celebre  pe' suoi  bagni  caldi  e  sulfurei  ;  e  pei  vicini  ba- 
gni ,  è  pur  famoso  Brig  ,  ove  si  comincia  a  salire  quando  si  vuol 
passare  dal  Sempione  nell'  Italia. 
Strada  del  Sciupio  ne. 

La  magnifica  strada  del  Sempione.  e  le  sue  gallerie  richiama- 
no le  più  belle  opere  Romane.  Dalla  parte  del  Vallese  i  lavori 
furono  eseguiti  dagli  ingegneri  della  Francia  ,  dalla  parte  opposta 
da  quelli  dell'  Italia  (2).  Ma  quanto  la  parte  Italiana  superi  in 
solidità  e  magnificenza  la  Francese  si  può  dedurre  dalle  relazioni 

(1)  Vedi  la  descrizione  del  moute  e  dell'  ospizio  nelle  Peregrinazioni 
di  D.  Bertolotti.  Voi.  I.  Lctt.   XI. 

(2)  Fra  questi  merita  particolar  menzione  il  signor  Ingegnere  Giaaella 
Milanese.  L'amministrazione  di  questa  grami' opera  che  costò  somme  ira- 
mense  fu  affiJata  per  più  anni  al  signor  Vincenzo  Ferrarlo  fratello  dell'e- 
ditore di  quest'  opera.  Intorno  alla  strada  del  Sempione  si  può  consultare 
hu'  importante  opera  del  Conte  Giovauni  Paradisi  che  ha  per  titolo  :  De- 
$crimant  della  strada  del  Sempione  da  Arona  sino  al  Gabio. 


THE  IIUUH 
OF  THE 


degli  stranieri    medesimi  (i).   Le  gallerie  sono  onore  da  far  mu- 
oia alle  più    famose  di    Roma  e  dell'Egitto:  quella  di    Guado  è 
tagliata   per  lo  spazio  di  dugeoto  metri   nel   vivo  granito. 
I  . i         no. 

La  T.;ì!e  del  Rodano  è  la  più  grande  di  tutta  la  Svizzera  per- 
di •  e  ode  tutto  l'alto  e  basso  Valiese ,  ed  è  lunga  36  leghe. 
Itì  essa  si  scorge  an  portentoso  miscuglio  della  natura  selvaggia 
e  della  incivilita;  che  fu  egregiamente  dipinta  da  Gian-Giacomo. 
«  io  mi  arrampicava,  dice  egli,  lentamente  ed  a  piedi  per  aspri 
sentieri:  voleva  meditare,  e  n'era  sempre  distolto  da  qualche  im- 
provviso sj  icnse  roccie  pendevano  rovinose  sul 
mio  Ite  e  rumorose  eascate  mi  bagnavano  eoi  loro  in- 
<  anti  spruzzi;  I  altre  volti»  uno  iato  torrente  apriva 
a'  miei  (lui.  i ,  la  cui  profondità  non  si  osava  misi 
dallo  Sguardo.  Ti  i  .  entro  follo  boscose  sovente 
sbucand  >  da  a  ti  Leliziosa  prateria  rallegrava  ali  im- 
pro\  .  >3 
D    ormila  ,                         'esani. 

lei    Valiese,   altrettanto  de- 
formi  di  una   parti»  di   esso,  i   quali   S  m  i       • 

e  stupidi.  '  I  :una    famiglia    ci    ha   un    idiota  ,  che 

termine  del  ;  si   chia    .     Cretw  :   è  per  lo  più  sordo  e   m 

e   reso    bruttò  da   un    grosso    gozzo;    non  è    però   né    furioso 
malefico;  quanti  in   tratto  con  violenza     a  soddisfare    a' suoi 

Osici    bisogni,   •  ni  ai  piaceri  de' sensi  senza  alcun 

tto  di  colpa  e  di  indecenza.  I  Vallesani  riguardano  questi  idio- 
ti1, come  gli  an  lari  delle  famiglie,  eli  appellano   Pr 
stinaii:  onde  li  curano  assiduamente,  nulla  obbliano  per  interte- 
nerli:  uè  i  fanciulli  rli ,  ed  i  vecchi  li  rispettano.  Que- 
st'infelici hanno  la  pelle  assai  livida,  icono  idioti,  ciot 
pidi  e    semplici  al                      si-!iu;  né  gli  anni    possono    ; 
dallo    stato     sor,                  a    crucilo   dei   bruti  j  né  si    conosce    alcun 

(i)  Vedi   .  I    I    MI  Ile».   I.  Urei  sur  In  Roule  de  Genève  a 

Vogliamo  qui  av,  i         il  èsser  falso  ciò  che  scrisse  l*  Ebel   u 

Mainiti  du  i  <lie  il  He  di  Sardegna   nel    181^   abbia  falli 

attei  mentre  lutti    , 

\i  passano,  fauoo  testimonianza  clie  essa  è  meglio  tenuta  nel  Picmoolc  che 
nel  Valiese. 

Cose.  :    .  IX.  4 


5o  DESCMZIONE  GEOGRAFICA 

rimedio  atto  a  trarli  da  tal  sopimento  della  ragione,  e  da  una  sif- 
fatta debolezza  di  corpo  e  di  spirito.  Si  attribuì  questo  fenomeno 
alla  poca  pulitezza ,  alla  cattiva  educazione ,  ai  colori  eccessivi 
delle  valli,  alle  acque  ,  ed  ai  gozzi,  che  sono  comuni  a  quasi  tutti 
i  fanciulli  del  paese.  Le  cautele  prese  dai  magistrati  di  Sion  mo- 
strano quali  sicno  le  vere  cagioni  di  questo  fenomeno.  «  Io  riseppi 
in  Sion  ,  dice  il  Coxe ,  che  il  numero  delle  persone  deformate  dal 
gozzo  e  degli  idioti,  era  già  da  alcuni  anni  considerabilmente  di- 
minuito per  due  ragioni  $  primo  per  la  cura  lodevolissima ,  e  sug- 
gerita da  una  vera  carità  di  patria  ai  magistrati  di  far  disseccare 
le  vicine  paludi ,  secondo  pel  costume  generalmente  adottato  di 
mandare  i  figliuoli  sulle  montagne  ,  onde  sottrarli  ai  pericolosi  ef- 
fetti delle  cttive  acque,  e  dell'aria  insalubre  (i)». 
S.  Gali. 

S.  Gali  altro  alleato  degli  Svizzeri  obbediva  un  tempo  al  suo 
Abate,  che  era  Principe   titolare    dell'impero:  ma  gli    abitanti  si 
sottrassero  al  suo  dominio ,  ed  unitisi  ai  Cantoni  ottennero  il  pri- 
vilegio di    mandare   i  lor  deputati  alla  generale  dieta.  La  badia  ó 
nel  recinto  medesimo  della  città,  da  cui  non  è    separata    che  da 
un  muro:  l'Abate  è  eletto  da  settanta    Dominicaui    mouaci   della 
badia,  e  tratto  dal  lor  corpo  ;  i  suoi  sudditi  sono  quasi   tutti  Cat- 
tolici, ed  il  suo  potere  è  assoluto:  mentre  la  città  è  Protestante, 
ed  il  suo  governo  Aristo -Democratico  (2).  Ricca  e  ben  conser- 
vata è  la    biblioteca  dell'  Abate ,   e    contiene  un    gran    numero  di 
manoscritti  del  XII.  e  XIII.  secolo:  in  essa  si  rinvennero  nel  i4i3 
Petronio    Arbitro ,  Silio  Italico ,  e    Valerio    Fiacco.  La  contea 
di  Tockcnbourg  era  soggetta  all'Abate  che  la  cedette  in  un  trat- 
tato conchiuso  nel   17 18,  nel  quale  ricouobbe  la  sua  indipenden- 
za ,  ed  unione  ai  Cantoni.   Rosbach  che    appartiene  a  S.  Gali  ,  è 
un  borgo  assai  ben    edificato,  e    posto  sulle  rive  del  lago  di  Co- 
stanza. 
Costanza  e  suo  lago. 
La  città^di  Costanza  si  era  alleata  coi  Cantoni  Protestanti;  ma 

(1)  Coxe.  Lett.  XXI.  Questa  materia  venne  assai  ben  trattata  dal  si- 
gnor Maugiron  nella  sua  opera  Recherches  Philos.  sur  la  Americains  ,  ove 
istituisce  il  paragone  tra  i  Blajards  dell'istmo  Darien  ,  eil  i  Cràlins  del 
Yidlese. 

(a>  Coxe.  Leu.  IY, 


DF.I  I  \    SVIZZERA  5t 

essendo  questi  stali  sconfìtti  nel  i35i  ,  e  la  lega  ili  Smalcalde , 
della  quale  Gostanza  era  un  membro,  battuta  da  (lai-Io  V.,  essa 
fu  costretta  a  tornare  sotto  1'  obbedienza  dell  Imperatore  ed  a  rien- 
trare nel  seno  della  chiesa  Cattolica.  Il  suo  lago  è  diviso  in  su- 
periore ed  inferiore  :  il  primo  chiamato  dai  nativi  il  Bodensee  ha 
quindici  leghe  circa  di  lunghezza  ,  e  sei  di  maggiore  larghezza  ; 
e  forma  uno  de'più  notevoli  conGni,  che  separano  la  Svizzera  dalla 
Germania.  A  manca  si  vede  la  Svevia  ,  alla  dritta  la  Turgovia 
con  differenti  città,  villaggi,  e  monisteri  sparsi  nei  dintorni  seu- 
z'  ordine  e  simmetria.  Il  Reno  si  allarga  considerabilmeute  un 
po' al  disotto  di  Stien,  e  forma  il  lago  inferiore  di  Costanza,  chia- 
mato anche  lago  di  Zelle.  Il  Coxe  s'  imbarcò  su  di  esso,  e  si  fer- 
mò all'isola  di  Reichenau  per  visitare  la  ricca  badia  dei  Benedet- 
tini,  ed  il  preteso  smeraldo,  che  si  crede  donato  al  monistero  da 
Carlomagno  ,  che  è  di  una  grossezza  straordinaria  ,  e  pesa  venti- 
nove libbre  (i).  Proseguendo  la  navigazione  egli  giunse  verso  sera 
a  Costanza.  «  Rimasi  attonito  nel  vedere  spopolala  e  solitaria  una 
città ,  che  fu  un  tempo  sì  florida  pel  suo  commercio ,  e  sì  celebre 
negli  annali  della  storia:  vi  regnava  il  più  grande  silenzio;  cre- 
sceva l'erba  nelle  principali  contrade;  in  una  parola  essa  offriva 
un  aspetto  deserto  ;  e  dopo  alcune  esatte  informazioni  mi  chiarii 
che  essa  conteneva  appena  tremila  abitanti.  Noi  visitammo  la  sala, 
ove  adunossi  il  Concilio  di  Costanza  nel  i4i5,  ed  io  ebbi  l'ono- 
re di  sedermi  sulle  due  sedie,  occupate  allora  da  Giovanni  XXIII., 
e  dall'  Imperatore  Sigismondo  (2)  »  . 
Grigioni. 

Resta  ora  a  parlare  di  uno  de'  principali  alleati  degli  Svizzeri 
cioè  dei  Grigioni,  i  quali  abitano  quel  paese  che  gli  antichi  no- 
minavano llezia ,  e  che  confina  al  settentrione  col  Cantone  di  Gla- 
ris ,  e  colla  contea  di  Sargans,  al  mezzodì  colla  Lombardia  :  al- 
l'oriente col  Tirolo.  I  Grigioni  formano  tre  repubbliche  appellate 
la  Lega  Grigia,  la  Lega  della  casa  di  Dio  e  la  Lega  il  clic, 
dicci  Diritture  ;  esse  fermarono  un'alleanza  perpetua  nell'anno 
1471,0  si  confederarono  cogli  Svizzeri  nel   l497*   L-'oira,   capitale 

fi)  Il   Coxe  è  di  parere  che  questo    non    sia    altrimenti   uno  smeraldo, 
ma   uua   specie  di   spalli jlour  verde,  trasparente   e  di   poco   valore. 
(a)  Coxe.  Leti.  111. 


52  DESCRIZIONE   GEOGRAFICA 

dell'intera  repubblica,  è  situata  sul  fiume  Plessura  ,  e  contiene 
varj  tempj  ,  un  arsenale  ,  un  palazzo  ,  in  cui  si  assembravano  i 
membri  della  dieta  generale  ,  ed  una  dogana  ,  cbe  era  l' emporio 
di  tutte  le  merci,  che  passavano  dalla  Germania  nell'Italia,  e 
dall'Italia  nella  Germania.  Ilantz  ù  il  capo  luogo  della  lega  Gri- 
gia, e  Meyenfeld ,  o  Me  re  a  ih  e  re;  di  quella  delle  dieci  Dirit- 
ture (i).  La  Valtellina  e  le  contee  di  Chiavenna  e  di  Bormio 
erano  dependenli  dalla  lega  dei  Grigionij  ma  furono  poi  aggre- 
gate alla  repubblica  Cisalpina,  indi  al  regno  d'Italia,  e  finalmente 
al  regno  Lombardo. 
Alpi. 

Dovendo  noi  parlare  delle  Alpi  non  solo  nella  parte  che  ri- 
guarda la  Svizzera ,  ma  anche  in  quella  che  ha  relazione  alla 
Francia ,  alla  Germania  ed  all'  Italia  ,  crediamo  opportuno  di  dar 
qui  una  generale  idea  di  questi  monti  sì  celebri  ,  che  in  se  rac- 
chiudono tutto  ciò  che  la  natura  ha  di  più  pacato  e  di  più  tu- 
multuoso, di  più  elegante  e  di  più  gigantesco,  di  più  selvaggio  e 
di  più  maestoso  (2).  Ramond  è  d'avviso  che  la  parola  Alp,  o  Alò 
significhi  in  lingua  Celtica  Elevato  ;  ma  gli  attuali  Svizzeri  ap- 
pellano Alb  la  parte  media  delle  montagne  ove  si  trovano  i  pa- 
scoli. Checché  ne  sia  dell'etimologia  del  vocabolo  Alpi,  è  certo, 
che  esso  si  applica  comunemente  a  quel  grande  secuicircolo  di 
montagne,  che  si  estende  al  settentrione  dell'Italia  dal  Mediter- 
raneo fino  al  fondo  del  mare  Adriatico.  Le  Alpi  sono  la  culla 
del  Rodano  ,  del  Reno  ,  del  Pò  ,  dell'  Adige,  il  Ticino  e  1'  Adda 
e  di  altri  minori  fiumi,  ond'  esse  vennero  chiamate  la  cresta  più 
elevata  della  grande  penisola  Europea. 
Alpi  marittime. 

Tra  Ceva  e  Vado,  e  non  tra  Nizza  ed  Onegiia  ,  le  Alpi  si 
dividono  dagli  Apennini,  e  quelle  che  si  estendono  verso  le  sorgen- 
ti del  fannro  si  chiamano  marittime.  Ad  esse  appartengono  \\JMon~ 
ginevra  ;  Monviso}  il  Moncenis,  che  corrispondono  alle  Alpi  Co- 
zie  degli  antichi,-  il  piccolo  San  Bernardo  appellato  ì'Alpis  Graja, 
ed  il   gran  San  Bernardo  o  YAlpis  Penni/ia. 

(1)  Géogr.  Ùnh.  Anlic.  et  Mod.    Tom.  Vili.  pag.  49  e  5o. 
(2)  Ragionando  delie      ;  si    può    seguire     una   miglior    guida  di 

quella  del  Malte  Brun.   Li  ■  ie   Phjsìque,  Geologique. 


DILLA   SVIZZERA  53 

Monte    Bianco. 

11  monie  Bianco  diverge  dalla  direzione  generale  di  questa 
catena,  ed  è  la  più  alta  montagna  delle  Alpi  e  dell'intera  Eu- 
ropa. Due  altre  giogaje  sommamente  alte  e  larghe  abbracciano  la 
valle  in  cui  nasce  il  Rodano,  s'appoggiano  al  monte  San  Got- 
tardo come  ad  un  centro  comune  e  comprendono  il  Sempione,  il 
monte  Rosa  ,  ed  il  San  Gottardo  istesso. 

San  Gottardo. 

I  picchi  pin  elevati  sono  il  Fu  rea  ;  il  JT'eiterliorn  ;  ossia  il 
picco  delle  tempeste  ;  il  Sung  Frauìiorn  ;  che  letteralmente  signi- 
fica Picco  tergine  :  lo  Schreckorn,  o  Picco  del  terrore;  il  Fin- 
stearaar-horn ',  il  Seishorn,  il  Blumlis,  ed  il  Sancir..  I  Romani 
che  si  videro  arrestati  nel  corso  delle  loro  vittorie  da  questo  tasto 
ammasso  di  montagne,  diedero  ad  esse  il  nome  di  Summae  Alpes 
cioè  alte  Alpi;  chiamando  Lepontiae  Alpes  i  pendii  meridionali  del 
San  Gottardo.  All'oriente  di  quest'alta  montagna  si  trova  il  mons 
Adula  degli  antichi  da  cui  sgorgano  le  triplici  sorgenti  del  Reno. 
La  catena  ergesi  di  nuovo  col  monte  San  Bernardino  ,  e  collo 
Splugen  renduto  celebre  dal  passaggio  di  un  esercito  Francese. 
Alpi   Elezi  e. 

Le  altre  stipi  Rezie  si  estendono  fra  le  sorgenti  dell'Imi  e 
quelle  dell'Adige;  ed  i  monti  Orlcllos ,  dominatore  delle  Alpi  del 
Tirolo,  il  Brenner ,  il  Klockner,  ed  altre  enormi  masse  separano 
le  vaili  di    (juesti  due  fiumi. 

Alpi  No  ri  eh  e. 

Dopo  il  Klockner  la   catena  dell'Alpi  diventa    hi  forcuta  ,  e  si 
estende  sotto  il  nome  di   Alpi  Noriclic  fino  ai    condili    della  Sti- 
ria  e  dell'  Austria. 
Alpi  Gamiche  e   Giulie. 

L'altra  catena,  che  si  denomina  Alpi  Comiche  e  Giulie  ò 
generalmente  meno  alta  di  quella  delle  Alpi  Nonché,  e  separa  le 

valli  della   Drava  e  ch'Ila   Sava   dal  cratere  del   mare  Adriatico.  E 

tra  Frume  e  Carlstadt ,  sui  confini  della  Croazia,  che  questa  parte 

delle    Alpi  si  congiunge  ai   monti  della    Dalmazia  e  della  Grecia; 

del  quale  congiungimento  fece  motto  Strabone  (i). 


(i)  Slrab.  Geogr.  Lib.  VII.  pag.  217, 


54  DESCRIZIONE  GEOGRAFICA. 

Elevazione  delle  Alpi. 

Tale  è  la  serie  delle  montagne  ,  o  piuttosto  degli  anelli  di 
esse  ,  che  nota  la  divisione  delle  acque  ,  e  per  conseguenza  forma 
la  cosi  detta  cresta  dell'  intero  sistema  delle  Alpi.  Da  queste  al- 
ture si  scorgono  i  terreni  dell'  Europa  centrale  abbassarsi  da  una 
parte  verso  il  Mediterraneo  e  l'Adriatico,  dall'  altra  verso  l'Ocea- 
no, il  mare  del  settentrione  ed  il  Baltico:  onde  si  trova  la  mag- 
gior parte  dei  rami  secondarj  della  catena  Alpina  sul  suo  lato 
settentrionale.  Dalla  parte  di  mezzodì  le  Alpi  terminano  con  or- 
rendi precipizi  j  poco  spazio  occupano  le  montagne  secondarie  ,  e 
danno  ben  tosto  luogo  a  colline  di  terzo  ordine.  I  monti  Eu- 
ganei ,  le  Alpi  Tridentine  e  quelle  della  "Valtellina  sono  i  più 
notevoli  fra  questi  monti  :  ben  tosto  i  piani  della  Lombardia  si  a 
prono  come  un  vasto  golfo  tra  le  Alpi  e  gli  A  pennini. 

Catene  .secondarie. 

Dal  lato  del  ponente  si  prolungano  due  l'ami  secondarj ,  che 
comprendono  la  montagna  della  Sainie-Baame  ,  ed  il  monte  Ven- 
toso. 11  Giura,  i  prosgcs,  o  Vogesi,  e  V  Hundsruk  presentano  ve- 
ramente al  settentrione  delle  Alpi  una  serie  di  montagne  corri- 
spondenti agli   Apennini. 

Alpi  Svizzere. 

La  Svizzera  propriamente  detta  è  una  spianata  altissima  cir- 
coseritta  dal  monte  Giura ,  dalle  Alpi ,  e  dalla  valle  del  Reno  ; 
in  essa  s'innoltrano  molte  catene  di  montagne,  che  tutte  deri- 
vano dalla  centrale  delle  Alpi.  Una  di  queste  catene  parte  dell'e- 
stremità occidentale  delle  Alpi  Bernesi  e  separa  la  valle  di  Ges- 
seuay  dal  paese  di  Vaud:  e  quivi  si  scorgono  il  dente  di  Jaman, 
il  Rubi  ilio  rn ,  o  dente  di  camoscio ,  ed  il  Molisson.  Nella  parte 
più  settentrionale,  tra  Losanna,  Iverdun  e  Moudon  s'innalza  un 
groppo  di  montagne,  che  sempre  fu  distinto  dagli  autori  col  nome 
di  Jorat ,  quantunque  molti  geografi  lo  confondano  col  Giura,  da 
cui  interamente  differisce  e  per  la  sua  natura  e  per  la  sua  posi- 
zione (1). 

Mante  Titlis. 

Tra  l'alveo  dell' Aar ,  e  quello  della  Reuss  si  solleva  una  ca- 
tana altissima  ed  assai    larga  ,  che    partendo    dalla    Forca  separa 

(i)  Saussure  Voy.  daris  les  Alpes.H.0  /|3o. 


DELLA   SVIZZUlU  ì 

i  Cantoni  di  Uri ,  di  Underwald  e  di  Lucerna  da  quello  di  Ber- 
na. Questa  catena  è  composta  di  molte  anella,  fra  le  quali  si  di- 
stingue il  monte  Titlis  per  la  sua  grande  altezza  ;  e  più  lunge  si 
scorgono  le  Alpi  d'Entlibuch  e  d'  Emmenthal ,  o  valle  di  Emme. 

Alpi  Surene. 

Il  monte  Pilato  vicino  a  Lucerna  è  di  un  masso  isolato,  ma 
la  sua  base  è  congiunta  alle  Alpi  di  Entlibuch.  Le  Alpi  Stirene 
sono  unite  al  Titlis  ;  mentre  una  catena  secondaria  separa  i  pri- 
gioni dai  piccioli  Cantoni,  e  si  estende  dal  San  Gottardo  fino  a 
Sargansj  indi  abbassandosi  si  estende  tra  il  Cantone  di  Appenzel, 
e   la  valle  del  Reno  fiuo  verso  il  lago  di  Costanza  (i). 

Todiberg. 

Il  Todiberg  o  monte  Todi  nel  Glaris  è  probabilmente  la  cima 
più  alta  di  questa  catena  troppo  poco  conosciuta.  Alcuni  rami  in- 
feriori si  estendono  in  tutte  le  contrade  situate  a  ponente:  ed  il 
monte  Albis  presso  Zurigo  |è  l'ultimo  promontorio  del  terzo  di 
siffatti  rami ,  che  forma  le  alture  continuate  tra  l'alveo  della  Reuss 
e  quello  del  Limmat. 

Monte  Righi. 

Il  monte  Righi ,  che  si  solleva  in  modo  sì  pittoresco  tra  il 
lago  dei  quattro  Cantoni,  e  quello  di  Zug,  e  su  cui  i  viaggiatori 
salgono  per  mirare  il  sole  che  si  leva  e  si  corica  sopra  tutta  la 
Svizzera  a  un  tempo  (2),  è  posto  sopra  di  una  base  isolata. 

Altri  monti. 

Valicando  le  triplici  sorgenti  del  Reno,  ed  approssimandoci 
a  quella  dell'  Inn  veggiamo  un  ramo  considerabile  distaccarsi  dalle 
Alpi  ,  e  correre  al  nord-est.  Il  monte  Julier  ed  il  Mcdoia  for- 
mano il  punto  di  distacco:  V  vlbula  ,  la  Scaletta,  la  Sclvretta  , 
costituiscono  le  prime  anella  distaccate  ;  ed  un  altro  anello  verso 
ponente  sepai*a  i  Grigioni  del  Vorarlbergj  ed  è  il  monte  Iihetico. 

(1)  Le  catene  montane  di  che  il  Retto  è  stretto  da  presso ,  e  via  via 
corteggiato  da  lunge,  souo  Alpi  Elvetiche,  monti  Yogosi,  Hunsdruk,  Me- 
l)l)oc<>,  Odernvald,  Sncssart,  e  alquante  diramazioni  inferiori  ile'  monti  ser- 
tenthenali  della  Germania.  Or  little  questo  catene  possono  ,  rispetto  al 
limile,  dividersi  in  due  parti  principali,  .1  dritta  V  una  ,  l'altra  a  sinistra. 
Bertola    Piaggio  sul  Reno.  Leti.  11.  Idea  generale  delle  montagne  (tri  ! 

Vedi   il  già  citato  Frammento  Hi  un  ìrtnggio  /iella  Sfistera.il  monte 
Itigfà. 


56  DESCRIZIONE   GEOGRAFICA  DELLA    SVIZZERA 

Ma  la  principale  altezza  di  questa  catena  ai  mostra  tra  il  Vorarl* 
berg ,  ed  il  Tiroloj  quivi  s'erge  ¥  Arlberg  ,  o  montagna  dell'A- 
quila. I  monti  tra  il  Tirolo  e  la  Baviera  non  ne  sono  che  una 
continuazione  (i). 

Po]:olazlone  della  Svizzera. 

Ferondo  i  più  recenti  ed  autentici  computi  la  Svizzera  con- 
tarne un  milione  ed  ottocento  mila  abitanti  (2),  i  quali  parlano 
varie  lingue. 

Lingue. 

Il  Tedesco  è  l'idioma  più  comune;  ed  in  esso  si  scrivevano 
un  tempo  gli  atti  pubblici.  Si  parla  il  Francese  nel  pavé  di 
\  aud  ,  in  una  parte  dei  Cantoni  di  Berna,  di  Friburgo  e  dì  So- 
letta., nel  basso  Vallese  e  nel  Principato  di  Ncufch.aU'].  Presso  i 
Grigioni  si  fa  uso  di  una  specie  di  lingua  Romanza  che  ha  multi 
dialetti.  Neil' Eugaddina  essa  si  approssima  al  Latino,  onde  è  ap- 
peìlata  Ladinum.  Nel  Pregel  e  nel  Pasclau  somiglia  all'Italiano: 
finalmente  nella  Valtellina,  in  alcuni  paesi  dei  Grigioni  ,  e  nelle 
città  e  baliaggi  Italiani  si  parla  la  lingua  Italica  più  o  meno  cor- 
rotta ,  secondo  i  luoghi  (3). 

("ì)  Chi  bramasse  di  avere  più  particolari  notizie  intorno  alle  Alpi  può 
consultalo  l'opera  del  signor  Malie -Brera,  di  cui  abbiamo  sopra  fatta  men- 
zione. In  essa  1'  illustre  Geografo  dopo  aver  data  una  generale  idea  dei 
monti  compresi  sotto  il  nome  di  Alpi  ragiona  delia  loro  lunghezza,  lar- 
ghezza ed  altezza;  della  struttura  generale  delle  Alpi;  delle  cline  più  co- 
nosciute delle  Alpi  Pannine;  delle  podinghe  di  Pallorsina;  delle  montagne 
tra  il  inolile  Bianco  ed  il  Ingo  di  Ginevra  ;  del  letto  del  Rodano  ;  del 
monte  Giura  ;  delle  Alpi  Elvetiche  ;  delle  Rezie  e  Teoriche;  del  granilo  e 
delle  altre  1  occie  Alpine  ;  de'  ghiacciaj  ;  e  del  Cretinismo  ossia  idiotismo  dei 
Vallesani.  Quest'  opera  preziosa  del  Malte-BriVn  fu  inserita  nel  Toni.  VII. 
della  Geogr.  Univ.  Ani.   e.  Mud.  Parigi,  1S06. 

(2J  Sul  finire  dell'  ultimo  secolo  ,  dice  il  IMalIet,  fu  in  via  approssima- 
tiva considerata  la  popolazione  delia  Svizzera  di  un  milione  e  mezzo  d'abi- 
tanti. Ciò  sarebbe  sei  volte  più  che  non  se  ne  contavano  al  tempo  di  Ce- 
sare. Sonia  queste  basi  può  farsi  il  paragone  degli  effetti  di  una  vita  sel- 
vaggia e  tutta  guerresca  di  una  popolazione  in  confronto  di  quelli  di  un 
popoio,  clic  goda  tutti  i  vantaggi  di  un  perfetto  incivilimento.  Maliet,  Jlist. 
da  Suiss.  Pari.  I.  ebap.  2.  Intorno  alla  statistica  della  Svizzera  si  consulti  una 
moderna  opera  ebe  ba  per  titolo  :  Slatislìcjue  de  la  Suisse  par  le  P'of.J. 
Picot   Genève,    18 19. 

(3)  Così  il  Buscliing  seguilo  dagli  autori  della  Gèogr.  Univ.  Tom.  Vili. 
]>ag.  12  e   i3. 


5? 


Governo    e    Leggi. 


Vicende  dell'antica  Elvezia. 

JLia  storia  degli  antichi   Elvczj  è  involta  in  quelle  dense  tenebre, 
che  coprono  la  culla    di    quasi   tutte  le    nazioni.  Sembra,  dice  il 
Mallet,  che  sino  dalle  più  remote  età  si  reggessero  gli  Elvezj  come 
i\n   corpo  dagli  altri   separato  ed    indipendente;  ma    quali  uè  fos- 
sero i  civili  istituti,  quali  i  costumi,   noi  lo  ignoriamo  ,  perchè  gli 
storici  non  poterono  squarciare  quel  \elo  che  li   copre.  Nei  secoli 
posteriori  e  guerre  e  conquiste  e  vicende    d'  ogni    maniera  stacca- 
rono da  questo  paese  ,  in  diverse  volte  ,  alcune   parti   più  o  meno 
ragguardevoli,  e  vennero  esse  congiunte  cogli  stati  limitrofi.  Smem- 
brata  per  colai   modo  l'Elvezia  andò  per  lunga  pezza  smarrito  per- 
fino il  nome  suo,  ed  essa  più  non  presentò  che  un  ammasso  di  po- 
polazioni ,   fattesi   le  une  alle  altre  straniere,  e  costrette  il  più  delle 
volte  a  languire  nell'oscurità;  e  ad  assoggettarsi  a    signori  o  pre- 
i   o  lontani.  Ma   la   natura  avea  destinalo    l'Elvezia  a  formare 
una  nazione  sceverata    dalle   sue  vicine  ;  e  ciò  che  natura  vuole  , 
dice  il   Mallet,  gli  uomini  pur  anco  o  presto  o  tardi  son  costretti 
a   volerlo;  e  quindi  l'Elvezia  riacquistò  grado  a  £rado  gli  antichi 
suoi    naturali    confini,  e  la    sua    primiera    indipendenza;  e  (meste 
popolazioni  riunite  composero  di  nuovo  una    nazione    particolare, 
e  distinta   da  tutte  quelle  che  la  circondano    (i).  La    storia  della 
Svizzera  pertanto  non  comincia  che  da  quest'ultima  epoca  e  tutto 
ciò  die  appartiene  ai  secoli  precedenti  si  confonde  nella  storia  dei 
Romani;  dei  Ijorgognoni ,  dei  Franchi,  dei  Lombardi,  degli  Ale- 
manni ,  che  ridussero  1'  Elvezia  ad  una    provincia    tributaria  ,  to- 
gliendole perfino  il  suo  nome. 

(i     Mallet,  Bisl.de*  Suiss.  Part.  I.  chip,  i. 


3o  r,0 VERRO  E  LEGGI 

Gli  Elvezj  uniti  ai  Cimbri. 

Nessun  monumento  ci  rimane  degli  antichi  Elvezj,  e  quel  poco 
che  di  essi  sappiamo,  si  dee  agli  storici  Greci  e  Romani,  che  ne 
favellarono  per    incidenza    scrivendo  le  storie    delle    loro  nazioni* 
Essi  parlano  di  un  popolo    stanziato    neh"  Elvezia  ,  il  quale  ebbe 
parte  nelle  irruzioni    fatte    dai    Galli    nell'Italia.  Una  parte  degli 
abitatori    dell'Elvezia  si  congiunse    con  que'  Cimbri  }    che   un  se- 
colo circa  prima  dell'era  Volgare,  in  numero  di  più  di  trecento- 
mila  combattenti   di  diverse  nazioni ,  usciti  erano    dalle  settentrio- 
nali regioni  per  cercar  nuova  stanza  nelle  meridionali.  Questa  lega 
formidabile  di  varj  popoli  dopo  aver  disastrata  una  parte  dell'Eu- 
ropa ,   giunse  onusta  di  bottino  alle    frontiere    orientali  dell'*  Elve- 
zia. Gli  abitatori  di  questa  regione  (come  narra  Possidonio  (i)  ) 
erano   tranquilli ,  ma  vagheggiavano    sempre    ansiosamente  l' occa- 
sione di  muover  guerra  ;  e  tutto  sembrava  che    ad    essa  invitar  li 
dovesse,   al   par  delle  altre  nazioni    Galle,  o  Germane  :   essi  erano 
poveri ,   menavano  una  vita    errante  e  selvaggia  ,  non  conoscevano 
quelle  arti  che  rendon  bella  e  lieta  la  vita,  e  gradevole  la  pace; 
erano  lacerali  dalle   intestine    discordie  ,  dalle     gelosie  reciproche, 
per  cui  tenevan    Sempre    brandite  le  armi;  e  finalmente  i  Druidi 
colle    religiose    superstizioni  ad    essi    inspirate  li  persuadevano  che 
l' eterna  felicita  tutta    dipendeva  dal  solo  valore  (2). 
Varj  popoli  dell'  Elvezia. 

Gli  storici  fanno  singolar  menzione  dei  Tiguriiìi,  uno  dei  Can- 
toni, che  componeva  1'  antica  Elvezia  ,  i  quali  uniti  ai  Cimbri  in- 
vasero le  Gallie,  e  le  devastarono  con  tanta  crudeltà,  che  i  Galli 
costretti  furono  di  rinchiudersi  nelle  loro  città,  ove  oppressi  dalla 
fame  dovettero,  come  narra  Cesare,  cibarsi  dei  corpi  di  coloro, 
die  atti  non  erano  al  maneggio  dell'  armi.  Pare  che  i  'figurini 
formassero  un  corpo  di  esercito  separato  ,  che  avea  per  capitano 
un  certo  Divico;  e  che  essi  fossero  coloro,  che  debellarono  il  Con- 
sole Cassio.  Oltre  i  Tigurini  troviamo  mentovati  anche  gli  jéni- 
broni,  che  si  crede  abitassero  lungo  le  sponde  del  Rodano,  ed  i 
Tugeni  che  stanziati  erano  nel  territorio,  di  cui  Zug  era  il  capo- 
luogo ;  mentre  il  paese  dei  Tigurini  si  estendeva  da  Zurigo  fino 

(1}  Oticsìo  sci it! ore  è  citato  da  Slraboue.  Gcograf.  Lìb.  VII. 
(•2)  Malici;   Hist.  tla  Suiss.  Pari.  I.  cliap.  1. 


DEGLI  SVIZZERI  59 

al  Reno.  Alcuni  favellano  anche  di  un  quarto  popolo,  cioè  dei 
Verbi  geni ,  od  Urbigcni,  che  abitava  fra  1'  Aar  e  la  Reuss  ;  ma 
somma  è  l'oscurità,  che  lo  copre  (i).  Questi  popoli  abitavano  il 
paese  detto  Elvezia,  che  Cesare  ne' suoi  Commentar)  indica  sotto 
il  nome  di  città  o  di  stato  Elvetico. 

Cimbri  ricoverati  nelV Elvezia. 

Mario  debellò,  anzi  distrusse  la  maggior  parte  dei  Cimbri ,  e 
permise  ai  Tigurini  di  poter  tranquillamente  tornarsene  alle  an- 
tiche loro  sedi.  Ma  il  Mallet  non  si  vuol  persuadere,  che  tutti  i 
Cimbri  ed  i  Teutoni  cadessero  assolutamente  sotto  il  ferro  dei 
Romani ,  e  crede  che  quelli ,  i  quali  si  sottrassero  alla  strage ,  si 
rifuggissero  nell'Elvezia,  e  formassero  il  nuovo  cantone  degli 
Urbigcni ,  sconosciuto  prima  della  guerra  dei  Cimbri.  Da  questa 
novità  fu  forse  introdotto  un  linguaggio  più  analogo  a  quello  dei 
Germani  e  non  dei  Galli,  che  doveva  essere  in  uso  nell'Elvezia. 
In  tal  guisa  si  spiegherebbe  quell'  antica  tradizione  ,  che  dichiara 
come  antenati  degli  abitanti  di  Schwitz,  di  Underwald,  dell'Ober- 
land  e  dello  Ilasly  alcuni  uomini  venuti  dal  fondo  delle  setteu- 
trionali  regioni  (a). 

Cestire  nell'  Elvezia. 

Da  Mario  a  Cesare  non  abbiamo  contezza  dello  stato  dell'El- 
vezia: le  conquiste  di  questo  secondo  capitano,  jed  i  suoi  Coni- 
meritar]  che  lo  hanno  renduto  immortale  e  come  scrittore,  e  co- 
me guerriero ,  tornano  ad  illuminare  questa  regione.  Dai  Com- 
mentarj  (.i)  di  Cesare  possiamo  dedurre,  Jche  il  governo  degli 
Elvezj  era  assai  difettoso  :  il  popolo  non  era  ammesso  nei  consi- 
gli, ma  era  schiavo  di  cittadini  sommamente  potenti  per  ricchez- 
ze e  per  credito  :  e  fra  questi  il  più  qualificato  e  valente  era 
Orgeturige, 

Orgrtorige. 

i  scito  egli  da  un'illustre  famiglia  dell'Elvezia,  avea  accre- 
sciuti) il  paterno  retaggio,  ed  il  suo  credito  colle  prospere  vicende 
guerresche;  onde  concepì  il  disegno  di  farsi  assegnare  la  suprema 

(i)  Nessuno  ha   trattato    inolio  e  con    più    sana    critica  questa  materia 
del   Prof.  Gii  vanni  Valllier  rli  Brina  nelle  sue  Antichità  Elvetiche  ,  e  nel 
suo  Saggio  suli antica  storia    dilla  Svizzera. 
Il  illet,  Hist.  de»  Sui»».  Par».  I.  chap.  2. 

(3     Cwsar.  Cvtnmen  d<-  Htllo  Gallico. 


60  GOVERNO  E  LEGGI 

autorità  dai  capi   della  nazione,  di  cui  avea  saputo  guadagnarsi  il 
favore.  Per  giungere  più  facilmente    allo  scopo  egli    tentò  dì  tra- 
scinare la  nazione  in  una    guerra    straniera  ;  e  propose  a'  suoi  di 
invadere  le  Galiie  ,   allettandoli  colle    promesse   di  gloria,  di  ric- 
chezze, di  vasti  dominj,  e  di  una  novella  patria  più  fertile  e  po- 
sta sotto  un  clima   meno    ingrato.    Gli  Elvezj  ,  dice    Cesare,  sono 
per  natura  del  paese  loro  d'  ogn'  intorno    rinserrati  ;  quindi  avve- 
niva che  aveano  men  ampio  termine  alle  loro  incursioni,  e  minor 
agio  a  mover    guerra    ai    popoli    confinanti  ;    cordoglio    sommo  a 
queste  genti   avide  di  guerreggiare.    Reputavano  poi  i  loro  confini 
troppo  angusti  alla  numerosa  popolazione  ed  alla    rinomanza  loro 
nejl'  armi  e   nel  valore  ,  essendo  fuori  di  dubbio   gli  Elvezj  più 
di  tutta  la  Gallia  possenti.  La  nazione  Elvetica  abbracciò  il  di- 
segno proposto  da  Orgetorige  ,  e  deliberò  di    esigi  iarsi  da  se  me- 
desima; e  di  cercare  una  nuova  stanza  nelle  provi ncie  meridionali 
delle  Galiie.    Furono    impiegati  due  anni  nel  fare    immensi  appa- 
recchi ,  ed    Orgetorige    venne    spedito  agli    Edui  ed  ai    Sequani , 
onde  impegnarli  a    favorire  una   tale  impresa.    Ciascuna   di  queste 
due  nazioni  avea  per  capo  un  Principe  ovvero  un  nobile  distinto 
per  ricchezze  e  per  possanza  ,  ai  quali  Orgetorige  comunicò  le  sue 
mire  intorno  alla  dignità  reale,  e  ne  inspirò  anche  ad  essi  la  bra- 
ma ,  onde  si    formò  tra    queste  tre    persone  la    lega  ,  che    Cesare 
chiama   Cospirazione  ,  e  che    tendeva  a  renderli  padroni  di  tutte 
le  Galiie.  Cesare  allora  mostrò  ai  Romaui  il  pericolo,   che  ad  essi 
sovrastava  da  questa  parte ,  ed  ottenne  il  supremo  comando  delle 
Galiie. 
Morte  di  Orgetorige. 

Gii  Elvezj  arsero  di  sdegno  quando  seppero  il  triunvirato  di 
Orgetorige  e  dei  due  Principi  dei  Sequaui  e  degli  Edui,  e  volen- 
do punire  il  lor  capo,  Io  caricarono  di  ferri  ,  e  lo  condussero  al 
cospetto  dell'assemblea  generale  della  nazione.  «None  permesso 
che  ai  sacerdoti  (  diceva  Tacito  dei  Germani,  e  Cesare  dei  Gal- 
li )  il  censurare,  imprigionare,  e  punire  i  colpevoli;  né  essi  pro- 
nunciano sentenze  in  qualità  di  giudici,  o  per  obbedire  ai  capi; 
ma  tutto  fanno  in  forza  di  un  ordine  della  stessa  Divinità».  Or- 
getorige seppe  sottrarsi  all'orrenda  pena  di  essere  abbruciato  vivo; 
comparve  nel  giorno  stabilito  al  cospetto  dei  Druidi  accompagnato 
da' suoi  congiunti,    da' suoi  schiavi,  e  da' suoi  clienti,  i  quali  tutti 


DEGLI  SVIZZERI  6l 

sommavano  a  dieci  mila  ;  ed  ispirando  timore  ai  sacerdoti  con  tale 
corteggio  fece  rimaner  senza  effetto  il  giudizio.  Ma  i  Druidi  e  la 
nazione  tutta  vollero  vendicare  la  dileggiata  loro  autorità,  e  convo- 
cati tutti  gli  uomini  liberi  fecero  ad  essi  brandire  le  armi  ,  indi 
dichiararono  empio  e  scellerato  Orgetorige ,  che  assalito  pi-r  o:',iu 
banda,  e  ridotto  alla  disperazione  pose  termine  volontari  a  mente 
a' suoi  giorni,  od  almeno  così  credettero  i  suoi  concittadini. 
Emigrazioni  degli  Elvczj. 

La  morte  di  Orgetorige  non  impedì  che  gli  Elvczj  emigras- 
sero per  tentar  la  conquista  delle  Gallie.  Si  ordinò  a  tutti  gli  uo> 
mini  di  armarsi,  e  si  stabilì  di  partire  all'incominciar  della  prima- 
vera. .La  sponda  del  Rodano,  che  divideva  l'Elvezia  dagli  Àllo- 
brogi  fu  scelta  per  generale  convegno,  e  quanta  fosse  la  moltitu- 
dine che  ivi  si  adunò,  lo  sappiami  da  Cesare;  il  quale  ci  infor- 
ma, che  gli  Elvezj  aveano  i  registri  su  cui  trovavano  descritti  tutti 
gli  uomini,  le  donne  ed  i  fanciulli  dell  interi  nazione j  che  que-* 
sti  registri  ermo  scritti  in  lettere  Greche  e  che  egli  trovólli  nel 
loro  campo.  Gli  Elvezj  ,  dice  Cesare,  compresi  i  Tulli  ìoi , 

i    Latobrigi  ed  i    Rauraci ,  piccole    nazioni    vicine  al    settentrione 
dell'Elvezia,  e  che  essi   avevano  indotte  a  pr  »arte    all'im- 

presa, formavano  un  esercito  di  novantaduemilà  combattenti.  Que- 
st'era veramente  la  quarta  parte  dell'intera  popò  .  la  (piale 
colle  donne ,  co'  fanciulli  e  coi  vecchi  sommava  al  numero  di 
trecento  sessantottomila  anime ,  ma  con-,  •arare  da  questo 
numero  ventiseimila  dugeutocinquanla  combattenti  stranieri]  i  quali 
colle  loro  donne  e  fanciulli  formavano  centocinquetnila  personej 
onde  il  numero  dei  combattenti  si  riduce  a  d  ti  genio  sessantatre- 
mila ;  numero  inferiore  quasi  di  un  quarto  a  quello  degli  abi- 
tanti del  solo  Cintone  di  Berna  bè  Cesare  affermi  che  la 
repubblica  degli  Elvezj  era  in  quell'  epoca  fiori d  ima  (i).  Lo 
stesso  Cesare  ci  narra  che  la  Dazi  etica  era  allora  divisa  in 
quattro  provinole  o  Cantoni:  e  che  conteneva  quattro  città  pri- 
marie e  quattrocento  villaggi.  Le  pri  ire  con- 
siderate che  come  fortezze  difese  dalla  1.  e  dallo  foste; 
i  secondi  erano  formati  da  case  di  legno  ..•  da  tetti  coperti  di 
paglia;  onde  riuscì  facile  agli  Elvezj  l'appiccarvi  fuoco  tuli' atto 
di   abbandonare   la   loro   patria. 

(i>   Florentissimis  rebus.  L:b.   i.  capi  3o.  De  Bell.  Gali. 


6l  GOVERNO  E  LEGGI 

Cesare  debella  gli  Elvezj. 

Le  mosse  degli  Elvezj  sparsero  il  terrore  ia  Roma  ,  ed  affret- 
tarono la  partenza  di  Cesare.  «  Gli  Elvezj  brandiscono  le  armi , 
scriveva  Cicerone  ad  Attico;  essi  già  fanno  alcune  scorrerie  nelle 
nostre  provincie  ;  e  la  repubblica  è  agitata  dal  più  grave  timore 
di  uua  guerra  nelle  Gallie.  Il  senato  decretò ,  che  si  affiderebbero 
a  due  Consoli  le  due  Gallie,  e  che  si  chiamerebbero  all'armi  le 
milizie;  che  nessuno  sarebbe  esentato  dal  servizio,  e  che  si  spe- 
direbbero deputati  nelle  città  delle  Gallie  per  distorle  dal  favorire 
gli  Elvezj  (i)  ».  Cesare  si  portò  con  celerità  a  Ginevra;  fece  ab- 
battere il  ponte  sul  Rodano,  e  si  trincerò  lungo  la  sinistra  sponda 
di  questo  fiume  fino  al  Giura.  Indarno  gli  Elvezj  tentarono  di 
valicare  il  Rodano  ;  i  Romani  difesi  dalla  profondità  del  medesi- 
mo ,  e  dalle  forti  trincee  rendettero  vani  i  loro  tentativi;  ond'essi 
si  volsero  al  così  detto  Passeggio  della  Chiusa  tra  il  Giura  ed 
il  Rodano;  e  varcatolo  entrarono  nel  paese  degli  Edui;  dove  Ce- 
sare li  colse  dopo  una  rapida  marcia ,  mentre  tentavano  di  passar 
la  Saona  ,  e  sconfisse  [una  parte  del  loro  esercito.  Dopo  alcune 
altre  zuffe  si  venne  finalmente  ad  una  battaglia  campale,  in  cui 
gli  Elvezj  inferiori  e  per  la  qualità  dell'  armatura  e  per  la  disci- 
plina militare  non  seppero  che  opporre  un  valor  disperato.  I  pili 
dei  Romani  foravano  facilmente  i  loro  scudi  di  puro  legno  e  fe- 
rivano i  loro  corpi ,  ma  si  combattè  da  mane  a  sera  ,  gli  Elvezj 
rientrarono  nel  loro  campo  sperando  di  difendersi  con  una  trin- 
cea fatta  air  infrena  coi  loro  carri.  Gli  accampamenti  furono  presi 
a  viva  forza;  immenso  fu  il  numero  de' morii  ed  i  centotrenta- 
mila  Elvezj  circa,  che  scamparono  al  macello  si  sottomisero  al  vin- 
citore, che  dopo  aver  fatto  ad  essi  soffrire  per  qualche  tempo  le 
angosce  della  incertezza  permise  che  tornassero  agli  arsi  loro  tetti; 
ove  qualche  tempo  dappoi  ricevettero  il  decreto  di  Roma  ,  che 
dichiarava  l'Elvezia  provincia  Romana.  Per  assicurarsi  della  som- 
missione di  questo  popolo  Roma  spedì  una  colonia  a  Nyon  (  Co- 
lonia Julia  Equestris  )  sul  lago  di  Ginevra.  Noi  parlando  di  un 
antico  musaico  scoperto  a  Iverdun  mostreremo  quali  sieno  stati 
gli  sforzi  dei  Romani  per  ammansare  la  ferocia  degli  Elvezj  (2). 

(i)  Epist.  ad  Atiic.  Li b.  I.  18. 

(•*)  Malici.  Hiit.  des  Suiss.  Part.  I.  chap.  2. 


DEGLI  SVIZZERI  65 

I  Romani  sottométtono  i  Vallesani. 

Per  aprire  una  facile  comunicazione  tra  Y  Elvezia  e  Y  Italia  ì 
Romani  \ollcro  soggiogare  gli  abitatori  del  \  allcse  ,  e  Sergio 
Galba  luogo-tenente  di  Cesare  ottenne  questo  scopo.  Sotto  di  Au- 
gusto soggiacquero  alla  stessa  sorte  gli  abitanti  della  valle  d'Ao- 
sta, i  Grigioni  ed  i  "V  incielici. 
/  Grigioni  ed  i  Fin  deli  ci. 

I  Grigioni  appellati  Reti  furono  raffrenati  da  Munazio  Planco, 
fondatore  della  colonia  d'  Angusto  presso  Basilea  ,  e  vinti  dai  due 
nipoti  dell'Imperatore,  Druso  e  Tiberio  (i).  Questo  Principe,  oc- 
cupato poscia  il  trono  Romano,  debellò  i  Vindelici ,  che  abitavano 
nei  dintorni  del  lago  di  Costanza,  e  fece  abbattere  la  foltissima 
foresta,  clic  si  estendeva  su  gran  parte  di  quel  paese  che  ora  chia- 
masi Turgovia.  L'  Elvezia  tutta  perdette  il  suo  nome  sotto  di  Au- 
gusto ,  e  fu  compresa  nella  grande  provincia  detta  Lioncse  ,  per- 
chè la  capitale  era  Lione,  ove  risedeva  il  prefetto.  Gli  Impera- 
tori però  non  si  credettero  sicuri  di  questa  provincia  e  delle  cir- 
costanti ,  se  non  le  frenavano  con  numerosi  eserciti  stanziali.  Cin- 
quantamila soldati  Romani  custodivano  la  sinistra  sponda  del  Re- 
no, e  si  scorgono  le  tracce  del  soggiorno  di  queste  legioni  in  Gi- 
nevra, in  Nyon  ,  in  Avcnche  ,  in  Cui  ni  ,  in  Zurigo  ed  in  Vindo- 
nissa  ,  ora  appellata  Vindisch.  Si  volle  però  lasciare  agli  Elve/.j 
un'ombra  cicli"  antica  liberta  in  un'assemblea  detta  dei  Not<tl>i!i 
della  provincia,  che  si  convocava  ogni  anno,  ed  in  cui  si  tratta- 
limo  gl'interessi  generali  alla  presenza  dei  capitani  di  Roma. 
Elvezj  oppressi  da  /  itellio. 

Essendosi   gli  Elvczj   dichiarati  a  favore  di  Galba  e  contro  di 
\  itellio  ,  costui  spedì  contro  di  essi   Cecina  che    prese  e  saceheg- 

(i)  Dal  inculo  con  cui  Orazio  canta  questa  vittoria  se  ne  deduce  la 
difficoltà  ,  e  si  mostra  quanto  un  siii'atto  trionfo  solleticasse  l'orgoglio 
Romauo. 

Arces 

Alpihus  impotitas  Iremtndis 
Dejecit  acer  plus  vice  amplici 

Major  N croim m 

immanest/uc  Rlioelos 

Auspuns  pepali t  iccundis. 

Ho..  Lib.  IV.  Od.  XIV. 


64  GOVERNO  E  LEGGI 

giò  Baden  celebre  e  fiorente  per  le  sue  acque  termali,  e  sconfitto 
il  loro  esercito,  volle  che  gli  fosse  consegnato  il  lor  magistra- 
to Giulio  Alpino ,  che  fu  ucciso  e  cagionò  la  morte  della  sua 
figliuola  Giulia  Alpinula,  sacerdotessa  della  Divinità  tutelare  d'A- 
venche  ,  la  quale  morì  di  dolore  per  non  aver  potuto  salvare  il 
padre:  il  qual  fatto  viene  attestato  da  un'iscrizione  scoperta,  or 
son  due  secoli  (i). 

Stato  dell'  Elvezia  sotto  gli  altri  Imperatori. 

Sotto  di  Vespasiano  e  di  Tito  1'  Elvezia  respirò  ,  e  sotto  gli 
altri  Imperatori  la  sua  sorte  fu  uguale  a  quella  delle  altre  pro- 
vincie.  Essendosi  ribellati  i  Galli  sotto  di  Diocleziano  ,  che  avea 
formata  una  gran  provincia  detta  Sequanese  (2) ,  cui  era  stata 
aggiunta  l' Elvezia ,  Massimiano ,  passate  le  Alpi  Pennine  ,  entrò 
nel  Vallese.  Qui  si  crede  che  il  Principe  Romano  abbia  fatta 
trucidare  la  legione  Tebana  con  S.  Maurizio  suo  capo,  perchè 
avendo  essa  abbracciato  il  Cristianesimo  ricusò  di  sacrificare  agli 
idoli.  Costanzo  salvò  1'  Elvezia  dalla  invasione  dei  Barbari  ripor- 
tando una  vittoria  nelle  vicinanze  di  Vindonissa,  e  costruì  la  città 
di  Costanza  sulle  rive  di  quel  lago.  Finalmente  i  Barbari  non  tro- 
vando più  freno  invasero  l'impero:  e  l'Elvezia  cadde  sotto  il  po- 
tere degli  Alemanni  e  dei  Borgognoni. 

È  conquistata  dai  Barbari. 

Queste  nazioni  divisero  in  due  parti  l'Elvezia  ;  l'uria  Cristiana 
incivilita  e  pacifica  fu  conquistata  dai  Borgognoni  $  l'altra  guer- 
riera, sprezzalrice  delle  arti,  perfino  dell'agricoltura,  cadde  fri 
potere  degli  Alemanni  (3). 

U  Elvezia  sotto  i  Re  Franchi. 

Dal  dominio  di  questi  popoli  l'Elvezia  passò  a  quello  dei  Pie 
Franchi  ;  e    Carlomagno ,  come    si  crede  ,   fece    trasportare    nelle 

(1)  Julia  Al p  inula  hic  jaceo. 

Infelicis  Palris  ìnjelix  Proles 
Deae  Avt".tiae  Sacerdos 

Exorare  Patris  necem  non  potiti 
Alale  moti  in  falis  Uh  erat 
Vixi  annos  XXIII. 

Gruter.  Inscript,  N.°  3  rg. 

(:•.)   Provincia  maxima  Sequanorum. 

(3,1  pallet,   Hist.  df.s  Suiss.  Part.  1.  chap.   3. 


BELLA   SVIZZERA  65 

valli  Elvetiche  alcune  colonie  di  Sassoni ,  che  aveano  per  si  lungo 
tempo  oltraggiata  la  sua  possanza ,  e  rigettato  il  Vangelo ,  che 
quell'  Imperatore  voleva  a  viva  forza  fare  ad  essi  abbracciare. 
Tornò  dappoi  questo  paese  sotto  la  dominazione  dei  Borgognoni 
e  degli  Alemanni,  o  per  meglio  dire  fu  governato  dai  Monarchi 
del  secondo  regno  di  Borgogna  ,  e  dai  Duchi  dell' Alemagna.  Que- 
sti secoli  si  chiamano  dal  Mallet  secoli  di  claustromania ,  giac- 
ché in  essi  .si  edificarono  moltissimi  monasteri  nell'Elvezia  ;  come 
le  abbauic  di  Payerna ,  di  Dissentis ,  di  Pieilers  ,  i  conventi  di 
Zurigo,  di  Lucerna,  di  5.  Gallo,  di  Einsicdlen.  //  monastero 
di  ò.  (tallo,  dico  un'antica  leggenda,  ebbe  nel  suo  comincia- 
niento  per  religiosi  i  figli  più  illustri  dei  grandi  della  terrari}. 

Sotto  gii  Imperatori  delia  Germania. 

lilialmente  l'Elvezia  fu  dominata  dagl'Imperatori  della  Ger- 
mania, e  senti  anch'essa  i  funesti  effetti  della  lotta  fra  il  sacer- 
dozio e  1'  impero  j  anzi  andò  soggetta  ai  fulmini  del  Vaticano.  La 
mezzo  alle  strettezze  in  cui  si  trovarono  i  Cesari  della  Germania 
incominciarono  A  arie  città  dell'Elvezia  ad  ottener  franchigie  e  pri- 
vile.;) ;  ed  ebbero  allora  principio  quelle  piccole  Sovranità,  quelle 
baronie,  quelle  città  imperiali,  quali  erano  Zurigo,  Berna,  Basi- 
lea e  Sciaffusaj  quelle  signorie  possedute  dal  clero,  e  quei  pic- 
coli Cantoni,  come  Schwitz  ,  Uri  ed  Underw.dd  ,  che  quantunque 
fossero  dipendenti  dall'impero,  pure  aveano  una  specie  di  governo 
popolare.  Secondo  la  sentenza  del  Watteville  non  v'ebbero  meno 
di  cinquanta  Conti,  di  centocinquanta  Baroni,  e  di  mille  famiglie 
nobili  nell'Elvezia.  Ma  i  Sovrani  più  possenti  erano  i  Conti  di 
Hapsbourg  e  della  Sa\i>ja.  I  primi  aveano  considerabilmente  accre- 
sciuta la  loro  influenza  ed  i  loro  possessi  coli' elezione  di  Rodolfo 
e  d'Alberto,  che  come  capi  dell'  impero  ebbero  il  diritto  di  eleg- 
gere in  lutti  i  luoghi  sottomessi  alla  giurisdizione  imperiale  alcuni 
Ball ,  che  amministrassero  la  giustizia  (2). 

Costume  degli  Svizzeri  di  questi  tempi. 

È  pur  d'uopo,  che  da  noi  si  ricerchi  quale  fosse  il  costume 
di  que'Balì,  e  di  que'  piccoli  signori  che  governavano  in  questi 
tempi,  ed  in  geuerale  qnal  fosse  l'abito  degli  Svizzeri j  ed  in  ciò 

(1     Ekardus  in  vita  i\olh>  il. 

(  1)  Coxe.  Hisloirc  de  la  Maison  d'Aulricha  Voi.    I.  chap.  6. 
Cost.  dall'Europa  Voi.  IX.  5 


66  GOVERNO  E  LEGGI 

abbiamo  una  guida  sicura  in  un'opera  recente  pubblicata  in  Zu- 
rigo ,  che  ba  per  titolo:  Scene  tratte  dalla  storia  degli  Svizzeri 
incise  secondo  i  disegni  di  L.  Lips ,  F.  Legi ,  G.  Colmare 
ec.  (i).  Gli  editori  mostrano  quanto  male  si  apponessero  coloro, 
ebe  prima  di  loro  rappresentarono  gli  Svizzeri.  L'abito,  diedn 
essi  ,  ebe  si  dà  comunemente  agli  Svizzeri  in  quasi  tutti  i  quadri 
tratti  dalla  loro  storia  ,  e  particolarmente  in  quelli,  die  si  riferi- 
scono all'  epoca  della  Confederazione ,  non  cominciò  ad  essere 
in  uso  ,  che  nella  prima  metà  del  XVI  secolo.  Non  sono  già  i 
soli  artisti  della  Svizzera  ,  i  quali  si  sieno  renduti  colpevoli  di  un 
somigliante  anacronismo  ;  ma  quelli  di  tul'e  le  regioni  caddero 
nel  medesimo  errore.  E  verisimile  che  gli  antichi  pittori  mancas- 
sero interamente  dei  mezzi  necessarj  per  dare  ai  loro  quadri  tut- 
ta la  verità  locale  ,  che  avrebbero  dovuto  avere,  o  che  almeno 
non  potessero  procurarseli  che  con  molte  spese  e  fatiche,  e  con 
mollo  tempo.  Gli  artisti ,  che  loro  succedettero  ,  quantunque  meno 
sprovveduti  di  mezzi,  trovarono  più.  agevole  l'imitare  i  loro  ante- 
cessori ,  e  se  ne  stettero  paghi  alle  idee  ad  essi  somministrate 
dalle  incisioni  in  legno  od  in  rame,  che  aveano  ereditate  dal  se- 
colo XVI.  In  tal  guisa  lo  studio  del  costume,  quella  importantis- 
sima parie  dell'ari»  pittorica  rimase  lungo  tempo  "negletto,  e  gli 
eroi  del  medio  evo  da  Carlomagoo  fino  al  XVII.  secolo  furono 
rappresentati  col  costume  del  secolo  decimosesto.  L'abito  dell'età 
in  cui  ebbe  origine  la  Conftderu zione  Svizzera  (2)  era  sempli- 
cissimo; e  ne  veggiamo  ancora  alcuni  avanzi  in  quella  specie  di 
tonaca  che  si  usa  dai  pastori  delle  Alpi,  e  nell'  abiio  adottato  da 
alcuni  ordini  religiosi.  Non  consisteva  esso,  generalmente  par- 
lando, che  in  una  specie  di  camiciuola  .senza  pieghe  legala  da  un 
cinto  ,  dal  quale  pendeva  una  tasca  ,  od  un  sacco ,  e  chiusa  sul 
petto  da  mia  fibbia  ,  e  talora  da  alcuni  bottoni  od  aghi. 
gestire  dei  ricchi  e  dei  Bali. 

Questa  loggia  di  abito  serviva  ugual  mei»  Le    pel  popolo  ,  e  pei 
signori;  se  non  che  questi  lo  portavano  più  lungo  ,  di   una   stoffa 

(1)  Ne  sono  usciti  quattro  fascicoli  dal  181-2  in  poi.  Zurich,  Cliez  Fuesli 
et  Comp. 

(2)  Cioè  dalla  metà  del  secolo  XIII.  fino  ai  principio  del  XIV.  ;  nel 
i3o7  ,  i  tre  fondatori  della  Confedei azione  si  adunarono  nella  pianura  di 
Grutli. 


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DERLA   SVIZZERA  6j 

più  fina  ,  con  maniche  ora  più  larghe  ed  ora  più  strette,  secondo 
la  più  recente  costumanza,  ed  adorno  nei  lembi  di  ricami  o  di  pel- 
licce. 11  cinto,  la  fibbia,  e  la  tasca  non  si  distinguevano  del  pari 
che  per  la  maggiore  o  minore  ricchezza.  La  ampiezza  del  man- 
tello che  non  era  indispensabile  era  sempre  proporzionila  a  quella 
dell'abito.  La  sola  acconciatura  del  capo  prendeva  diverse  forme  j  i 
borghesi  se  ne  slavano  ordinariamente  paghi  ad  un  semplice  cappuc- 
cio attaccato  all'abito,  con  cui  si  coprivano  il  capo  nel  cattivo  tempo; 
i  signori  usavano  anch'*  essi  il  cappuccio  od  un  berretto,  di  cui  va- 
rie erano  le  forme,  le  dimensioni  e  gli  adornamenti.  Il  signore  di 
Wolfenschiefs ,  che  facea  le  veci  del  Balio  imperiale  di  Landen- 
herg  ,  che  noi  presentiamo  nella  Tavola  8,  ha  la  testa  coperta  dal 
berretto  ,  i  cui  orli  all' insù  rivolti  sono  di  color  rosso,  mentre  il 
resto  è  verde  al  par  della  tonaca.  11  mantello  è  pure  rosso,  ed 
egli  sta  in  atto  di  accarezzare  una  vaga  donna,  moglie  di  Baum- 
garten ,  la  quale  ha  sul  sinistro  braccio  un  paniere  ed  è  coperta 
da  una  tunica  ,  al  di  sopra  della  quale  sta  un'altra  veste  fermata 
da  una  cintura;  il  capo  di  lei  è  involto  nel  velo,  sopra  il  quale 
posa  un  largo  cappello.  Avvicinatosi  il  Balio  alla  donna  le  chiese 
della  sua  condizione,  e  sapendo  che  il  marito  era  lontano  entrò 
con  lei  nella  casa  ove  ritornato  Baumgarten  lo  sorprese  e  lo  uc- 
cise nel  bagno  (i).  Vedi  la  Tavola  8. 
libito  di  Guglielmo  Teli. 

L'abito  di  Teli  è  uguale  a  quello  che  sopra  abbiamo  affer- 
mato usarsi  a  que'  tempi  dagli  Svizzeri.  Invece  della  lasca  gli 
pende  dagli  omeri  la  faretra,  da  cui  si  veggono  sporgere  al  di 
sopra  della  spalla  sinistra  le  penne  degli  strali  :  non  si  scorge  la 
fibbia  che  Jeglii  j>ul  petto  la  sua  tonaca.  Egli  è  in  alto  di  guar- 
dare sdegnosamente  il  cappello  fallo  inalberale  da  Ges*lero  nella 
piazza  di  Aliorf.  Il  Muller  congettura  che  questo  cappello  fosse 
la  berrelia  ducale,  innalzata  perchè  servisse  come  di  convegno 
per  e».'  lo  co  ,  che  parteggiavano  per  lui,  e  lo  chiarisse  (Iella  lealtà 
di  quelli,  che  prestavano  omaggio  a  questa  insegna  (a").  Vedi  la 
Tavola  9. 

(1)  Scènes  tirèes  de  l'IIist.  des  Suisses.   Freni.  Cahier,  pag.  9  e  pian.  3. 

(2)  Ibid   Cahier  second ,  pag.  19,  pian.  VII.  Intorno  a  questo  l'atto  si 
consulti  il  Malie  l,  Part.  I.  chap.  8. 


63  GOVERNO  E  LEGGI 

/  tre  capi  della  Confederazione. 

Semplice  del  pari  è  il  costume  dei  tre  fondatori ,  o  capi  della 
Confederazione  ,  cioè  di  Walter  Furst  d' Attingliausen  nel  Can- 
tone di  Uri,  di  Werner  Stauffacb  di  Schwitz  ,  e  di  Arnoldo  di 
Melchtal  d' Underwald.  Essi  sono  rappresentati  nel  momento,  in 
cui  radunatisi  nella  pianura  di  Grulli  sulla  sinistra  riva  del  lago 
si  promisero  con  iscambievole  giuramento  di  non  abbandonarsi 
giammai  1' un  l'altro,  di  difendere  la  patria,  e  rimetterla  anche 
a  pericolo  della  vita  in  possesso  de'  suoi  privilegi  e  delle  sue  fran- 
chigie. Le  tonache,  la  cintura,  il  cappuccio  sono  in  essi  uguali: 
eglino  alzano  al  cielo  le  tre  dita  ,  e  gli  sguardi  in  atto  di  giurare. 
Yedi  la  Tavola   io  (i). 

Cause  della  Confederazione. 

Ma  qui  ò  necessario,  che  si  mostri  la  vera  origine  di  questa 
novità,  che  ebbe  luogo  nel  principio  del  secolo  XIV.  sugli  scogli 
Elvetici.  Posciachè  Alberto  succedette  al  padre  Rodolfo  mostrò 
il  divisamento  di  sottomettere  i  tre  Cantoni.  Questi  tennero  un'as- 
semblea generale  in  cu:  stesero  un  atto,  che  il  Mallet  chiama  il 
più  antico  dell'  Elvetica  Confederazione  (2),  e  che  diffonde  sulla 
origine  di  quella  una  preziosa  luce;  onde  noi  crediamo  necessario 
di  qui  notarlo.  «  Che  a  tulli  sia  palese  qualmente  gli  abitanti 
della  valle  d'  Uri ,  il  comune  di  Schwitz,  e  gli  abitanti  delle  mon- 
tagne di  Underwald,  considerando  i  presenti  pericoli,  si  sono  con 
piena  fidanza  uniti ,  e  conforme  all'  alleanza ,  che  fra  essi  già  da 
moltissimi  anni  esiste ,  si  sono  con  giuramento  promessi  di  pre- 
starsi vicendevole  soccorso  con  tutti  i  proprj  beni,  con  tutti  i  guer- 
rieri sia  nel  circondario  delle  loro  valli,  sia  al  di  fuori,  ed  a  spese 
proprie,  contro  tu-ti  coloro,  che  volessero  commettere  atti  di  vio- 
lenza o  contro  essi  lutti ,  o  contro  qualcuno  in  particolare.  Colui 
che  è  dipendente  da  un  signore,  deve  lutti  adempiere  gli  obbli- 
ghi verso  di  lui,  ma  è  stato  fra  noi  convenuto,  che  non  si  rico- 
noscerebbe alcun  giudice,  il  quale  nativo  non  fosse  ed  abitante 
delle  nostre  valli,  o  che  avesse  comperata  altrove  la  magistratura. 

(1)  Scenes  tirèes  de  l'Hist.  des  Siriss.  Second  Cahier,  pian.  VI.  pag.   17. 

(2)  Mallet  Ilist.  des  Suiss.  ,  chap.  Vili.  Quest'  atto  fu  rinvenuto  negli 
archivj  di  Schwitz  in  idioma  Latino  ed  in  quello  di  Stanz  in  Tedesco  ;  e 
fu  per  la  prima  volta  pubblicato  nel  1760,  dal  signor  Gleser  di  Basilea  in 
una  Latina  dissertazione  de  Helvetic.  faederibus.  Vedi  Muller,  an.  1391. 


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DELLA  svizzera  Gg 

Spetta  ai  piò  assennati  del  paese  il  conoscerò  e  giudicare  intorno 
alle  contese ,  che  insorgere  potessero  fra  i  membri  di  questa 
Confederazione;  se  dopo  ciò  ricusasse  alcuno  di  obbedire  alla 
sentenza,  \i  sarà  costretto  dagli  altri.  L'uccisione  volontaria  e 
premeditata  sarà  punita  di  morte;  colui  che  ne  proteggesse  l'au- 
tore verrà  bandito;  lo  stesso  dicasi  dell'  incendiario.  Sarà  condan- 
nalo al  risarcimento  dei  danni  quegli  il  quale  si  rendesse  colpe- 
vole di  furto.  Nessuno  potrà  impadronirsi  delle  sostanze  altrui, 
se  non  previa  una  sentenza  dei  giudici  ,  ai  quali  dovrà  ciascuno 
ubbidire  ,  ed  in  caso  di  mancanza  ,  noi  tutti  ci  uniremo  per  ob- 
bligare i  renitenti  all'  adempimento.  Queste  convenzioni ,  se  cosi 
piace  a  Dio  ,  dureranno  eternamente  per  vantaggio  di  noi  tutti  ». 

Governatori  di  Alberto. 

Alberto  dopo  aver  estesa  la  sua  possanza  nell'Elvezia  intimò 
ai  tre  cantoni  di  sottomettersi  alla  sua  autorità.  «  La  condiziono 
de' nostri  padri  ci  aggrada,  risposero  essi,  e  noi  altro  non  bramia- 
mo che  la  conferma  dei  nostri  privilegi  (i)  ».  Il  Monarca  non 
fece  alcun  conto  delle  loro  rimostranze  ,  e  spedì  ad  essi  alcuni 
Governatori,  che  reggendo  con  durezza  e  capricciosamente  die^ 
doro  occasione  alla  rivolta.  Fra  gli  atti  più  crudeli  di  essi  si  an- 
novera quello  di  Gcsslero,  il  quale  costrinse  Guglielmo  Teli  a 
colpire  con  un  dardo  il  pomo  posto  sul  capo  di  un  suo  figliuolo, 
e  mise  in  tal  maniera  quest'i  tfelice  nella  condizione  più  dura,  in 
cui  si    possa  trovare  un  padre 

Fatto  di  Teli. 

Ma  un  letterato  di  Berna  in  un  suo  libro  ,  cui  diede  il  titolo 
di  Favola  Danese  sparse  alcuni  dubbj  su  questo  fatto  ;  mostrando 
che  nessuno  degli  autori  contemporanei  fa  menzione  di  esso,  quan- 
tunque eglino  parlino  colle  più  minute  circostanze  della  tirannide 
del  Governatore;  che  il  primo  scrittore,  il  quale  ne  fece  motto  è 
Feterman  Etterlin  di  Lucerna  ,  il  qual  viveva  alla  fine  del  XV. 
secolo,  dugento  anni  circa  dopo  l'epoca  in  cui  si  soppone  acca- 
duto il  fatto;  che  finalmente  si  trova  negli  Annali  Danesi  di 
Saxo  Grammatico  una  storia  della  stessa  natura  colla  sola  diffe- 
renza dei  nomi.  In  essa  si  narra,  che  Eroldo  Re  della  Danimarca 
avea  fatto  nell'anno  965,  con  un  certo  Tocco  quello  che  Ges- 
ti) Coxe  Hist.  de  la  Maison  J' Aulrichc,   cli.q».  VI. 


^0  GOVERNO    E    LEGGI 

siero  fece  con  Teli.  Ma  il  Coxe  afferma  che  si  violerebbero  le 
leggi  della  evitica  col  supporre  ,  che  la  tradizione  di  questo  fatto 
sia  all'intuito  favolosa:  che  non  è  prova  bastante  contro  la  realtà 
di  un  fatto  il  dire,  che  gli  storici  contemporanei  non  ne  fecero 
menzione,  e  che  la  storia  di  Teli  si  trova  celebrata  in  un  gran 
numero  di  antiche  canzoni  Alemanne,  notabili  pel  loro  prisco  dia- 
letto, e  per  la  loro  semplicità,  le  quali  tolgono  ogni  sospetto 
intorno  alla  realtà  dell'impresa,  che  esse  esaltano.  S'aggiunga  la 
tradizione  uniforme  e  non  mai  interrotta  del  paese ,  e  le  due 
cappelle  eretle  già  da  alcuni  secoli  in  memoria  delle  azioni  di 
quest'illustre  personaggio.  Lo  stesso  Coxe  ci  attesta  che  l'arco  è 
ancora  molto  in  uso  presso  gli  abitatori  di  questa  regione,  e  che 
egli  giunto  a  Fluelleu  vide  molli  giovani  armati  di  esso,  ond'egli 
propose  un  premio  a  coloro  ,  che  colpissero  la  meta  da  lui  fis- 
sata. Appena  egli  ebbe  parlato  che  tre  giovani  tirarono,  e  due  la 
colsero  ;  questi  oilennero  il  promesso  guiderdone;  ed  il  terzo  fu 
confortato  a  tirar  di  nuovo  finché  anch'esso  colta  l'avesse;  il  che 
addivenne  dopo  due  tentativi  (i). 
Gesslero  e  Slauffaclier . 

Con  un  motto  insolente  il  Governatore  Gesslero  si  alienò  sem- 
pre più  gli  animi  degli  Svizzeri.  Passando  egli  da  Steinen  ,  nel 
Cantone  di  Scovrite  innanzi  alla  bella  casa,  che  StaufFach,  o  S ta uf- 
fa cher  avea  fabbricata  in  quel  luogo;  «  come  mai,  disse  egli  al 
proprietario  di  essa  ,  si  può  soffrire  ,  che  un  villano  esser  debba 
così  bene  alloggiato  "  ?  Questo  villano  era  però  il  figlio  del  Land- 
mano;  lo  che  vale  del  primo  magistrato  del  paese  (2).  Nella  Ta- 
vola che  presentiamo  si  scorge  Gesslero  in  atto  di  pronunciare 
quell'  aspro  motto  in  presenza  di  StaufFach,  che  se  ne  sta  a  capo 
scoperto  innanzi  a  lui.  Il  primo  ha  la  testa  involta  nel  cappello 
rosso,  e  la  tonaca  e  la  sopravveste  adorne  di  una  specie  di  pel- 
liccia ,  che  con  tre  orli  gli  forma  come  due  spallini  in  sugli 
omeri  :  il  secondo  è  modesiamente  vestito  secondo  il  costume  so- 
pra descritto;  solo  le  scarpe  di  amendue  sono  uguali  ,  ed  hanno 
la  forma  di  pantofole;  che  tali  si  usavano  dagli  S\izzeri  in  questi 
tempi.  La  casa  che  sorge  vicina  ,  e  che  desta  tanta  maraviglia  in 

Ci)  Coxe.  Lett.  XI. 

(:i)  Mallet  Hist,  des  Suiss,  t  chap.  Vili. 


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Tffv.  u. 


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DELLA   SVIZZERA  •J  l 

GesslerOj  è  di  legno,  ma  ben  edificata  ,  vasta,  dipiata  al  di  fuori 
ed   illuminata  da    molte  finestre,  le  cui  imposte  sono  attaccate  alla 
sommità   delle  medesime,  e  sostenute  nel  giorno    da   due  bastoni: 
i    \ eiri   sono  piccoli  e  rotondi.  Vedi  la  Tavola    11   (i). 
Sollevazione, 

Sotto  la  condotta  dei  tre  sopra  mentovati,  cioè  di  Furst,  di 
Mecbtbal  e  ili  Stauffacb  si  sollevarono  i  Cantoni  di  Uri,  di  Scliwitz 
e  di  Underwald  ai  i3  di  gennajo  del  i3o8.  I  congiurati  volevano 
impadronirsi  del  castello  di  Rossbecg  :  una  giovane  che  in  esso 
alloggiava,  ed  era  a  parte  della  trama  vi  fece  entrare  nella  notte 
il  suo  amante ,  che  era  nel  numero  de'  congiurati ,  valendosi  di 
una  conia  penatagli  dall'alto.  Gli  te  liner  dietro  venti  altri  gio- 
vani ,  .salendo  nel  modo  stesso  le  mura  ,  e  s'  impadronirono  della 
fortezza.  Intanto  molti  altri  dei  congiurati  si  presentarono  di  buon 
mattino  al  Governatore  Landerberg  ,  che  dal  suo  soggiorno  di 
Sarner  si  conduceva  ad  udire  la  messa  in  Rossberg;  addussero 
come  pretesto  di  voler  offrire  al  lor  signore.'  alcuni  bestiami  e 
selvaggina,  come  l'uso  il  voleva  a  capo  dell'anno.  Landerberg 
ordinò  ad  essi  di  portare  i  doni  nel  suo  castello:  quando  vi  fu- 
rono tutti  entrati,  l'uno  di  essi  dio  fiato  al  corno,  affinchè  a  que- 
sto segnale ,  come  aveano  convenuto ,  tutti  armassero  il  proprio 
bastone  con  un'acuta  punta  di  ferro,  che  ognuno  tenea  nascosta 
nel  seno  ;  e  la  fortezza  cadde  nelle  loro  mani.  Il  Balio  di  Lan- 
derberg è  rappresentato  con  un  costume  diverso  da  (niello,  di  cui 
aopra  abbiamo  latta  menzione:  il  suo  cappello  e  adorno  di  piume: 
sopra  la  giubba  egli  ha  un  mantello  di  color  rosso  annodato  sul 
petto;  i  suoi  calzoni  sono  stretti  sotto  il  ginocchio.  L/  abito  degli 
Svizzeri,  che  gli  presentano  i  doni  è  il  consueto;  se  non  ebe  uno 
di  essi ,  che  sta  ginocchioni  innanzi  al  Balio  invece  della  usata 
veste  porla  una  casacca  ,  che  termina  sui  fianchi  ;  e  sotto  mostra 
una  grossolana  camicia  ('2).  Vedi  la  Tavola  12. 
M<>it.-  di  Alberto, 

Il  tradimento  dello  scellerato  Giovanni  nipote  dell'imperatore, 
e  de'  perfidi  assassini  che  seco  lui  congiurarono,  tolse;  di  vita  Al- 
berto I.  ,  che  marcia\a    alla    volta   dei  tre   Cantoni   per  sottomet- 

(1)  Scènes  tirècs  de  VHist.  des  Suiss.  Premier  Cahier.  [,   ]ing.   5. 

(2)  Slciics  tirces  de  l'Bitt.  des  Suiss.  Troisième  Cahier,  ]N".0   X.  [>ag.  27. 


7  a  GOVERNO    E    LEGGI 

torli.  Alcuni  degli  assassini  si  rifuggirono  presso  gli  Svizzeri,  spe- 
rando di  trovarvi  un  asilo;  ma  detestando  eglino  un  misfatto  si 
atroce  benché  commesso  contro  l' implacabile  loro  nemico  ,  ricu- 
sarono di  proteggerli.  Il  sangue  di  Alberto  fu  vendicato  dalla  sua 
moglie  Elisabetta  e  dalla  sua  figlia  Agnese  colla  morte  de'  con- 
giurati. Queste  due  Principesse  fabbricarono  presso  si  luogo  in 
cui  quel  Monarca  era  stato  spento  la  badia  di  Konigsfeld ,  una 
delle  più  opulente  case  religiose  dell'Elvezia  (i). 

Pittorici  di  Morgarten. 

La  vittoria  di  Morgarten  cominciò  a  dare  una  grande  consi- 
stenza alla  Svizzera  Confederazione  ;  e  venne  celebrata  in  una 
festa  religiosa  e  politica,  nella  quale  si  leggeano  i  nomi  degli  eroi, 
che  eran  caduti  pugnando  ,  in  faccia  ai  tre  popoli  raccolti  spesso 
nel  luogo  medesimo,  che  stato  era  testimonio  del  loro  valore. 

Confederazione  Elvetica  riconosciuta. 

Lungo  sarebbe  ed  alieno  dal  nostro  scopo  il  descrivere  la 
diuturna  lotta  fra  i  Principi  Austriaci  e  gli  Svizzeri.  Guerre,  bat- 
taglie, tregue,  trattati  si  succedettero  incessantemente  per  lo  spazio 
di  più  di  tre  secoli.  Ora  un  Cantone  ;  ora  l'altro  si  aggiungeva 
alla  Confederazione  ,  la  quale  non  fu  veramente  riconosciuta  se 
non  nel  trattato  di  Vestfalia.  Quantunque  molti  Imperatori  Au- 
striaci avessero  in  alcune  occasioni  stretta  alleanza  cogli  Svizzeri, 
non  aveano  però  giammai  formalmente  riconosciuta  la  loro  indi- 
pendenza. Gli  Svizzeri  aveano  chiesta  di  continuo  la  conferma  dei 
loro  privilegi  ad  ogni  nuovo  Imperatore  fino  a  Massimiliano  IL , 
il  quale  fu  l'ultimo  che  nel  i564  ricevette  da  loro  un  tal  segno 
di  sommissione.  La  camera  imperiale  continuava  ciò  nulla  meno 
a  sostenere,  e  ad  esercitare  ancora,  se  prcsentavasi  l'occasione,  i 
suoi  diritti  su  alcuni  stati  Elvetici.  II  corpo  della  Confederazione 
riclamò  più  volte  indarno  ;  onde  spedì  un  suo  ministro  al  Con- 
gresso di  Vestfalia  per  far  valere  le  sue  ragioni.  A  malgrado  delle 
opposizioni  della  camera  imperiale  ,  e  dei  consiglieri  di  reggenza 
dell'  impero  il  ministro  Svizzero  (  Rodolfo  Wettstein  Borgomastro 
di  Basilea  )  ottenne  un  decreto  imperiale,  con  cui  S.  M.  l' Impe- 
ratore «  riconosce  che  la  città  di  Basilea,  e  tutti  gli  altri  Cantoni 


(i)  Coxe  Hist.  de  la  Maison  d'Autriche,  chap.  Vi. 


Eht.  /;/  IX. 


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DFLLÀ  SVIZZERA  7  3 

Svizzeri  sono  in  possesso  di  una  quasi  piena  libertà  (i)  ed  esen- 
zione dall'impero  e  che    per  tal  modo    sono  in  nulla    soggetti  ai 
tribunali  e  giudizj  del  detto  impero  «. 
Governo  di  Zurigo. 

Prima  di    pai-lare    del    governo    generale  e  delle    leggi  ,    colle 
quali  si  conserva   1'  Elvetica   Confederazione   dobbiamo   dare   una 
rapida  occhiata  ai  governi  particolari  di    ciascuno  degli  stati  ,   che 
la  compongono,  e  lo  faremo  collo  stesso  ordine,  che  abbiamo  se- 
guito  nella   geografica    descrizione  (•>.).  Zurigo   che  è   il   primo   dei 
Cantoni,   era    anticamente  citta    imperiale:   ma   nel     1 35 1    fu  am- 
messa   nell'  Elvetica    Confederazione.  La    sovranità    venne  data 
esclusivamente  ai  cittadini  ed  ai  borghesi  ,  che    formavano  il  nu- 
mero di   eirca  duemila  ,  e  questa  singolare  restrizione  ebbe  la  se- 
guente origine.  Nei   primi   tempi   della   repubblica  la   città  possede- 
va  nn  angusto  territorio  ,  la  cui    sovranità  spettava  ai    cittadini  ,  i 
quali,  fatti  dappoi  considerabili  acquisti,    ebbero  cura  di  conser- 
vare una  tale  prerogativa;  onde  esclusero  i   novelli  sudditi  dal  go- 
verno ;  ciò  che  accadde   anco  nei  sette  Cantoni    chiamili  aristo- 
cratici. I  cittadini  di  Zurigo  sono  sì  gelosi  dei  loro  privilegi;  che 
uno  dei  loro  magistrati  assicurò  Coxe  ;  che  già  da    centocinquan- 
t'  anni   non   diedero  ad  alcuno  la   lor  cittadinanza.   Oltre  il   diritto, 
che   fssi   hanno  di  eleggere  i  loro  magistrati,  e  di  aspirare  ad  es- 
serlo,  hanno   il    privilegio  di   trafficare:  ogni    straniero,  ed  i  sud- 
diti stessi   del   Cantone   non  possono    esercitare   il   commercio  nella 
città.  Sono  gli  abitanti  di  Zurigo  divisi  in  tredici  tribù,  1' una  del- 
le <piali  è  composta  di   persone  che  non  trafficano;  ed   e  appellata 
dei  Nobili. 

Tutti  gli  altri    cittadini    dediti  al    commercio  o  ad  una  qual- 
che professione  compongono  le  altre  tribù.  Il  potere  legislativo  è 

(i)  Molto  si  disputò  intorno  all'  aggiunta  di  quasi  al  piena  libertà  ma 
il  contesto  tutto  e  la  condotta  degli  Imperatori  ,  mostrano  che  essi  non 
vollero  con  ciò  far  uso  di  qualche  restrizione,  giacché  eglino  permisero 
sempre  ,  che  gli  Svizzeri  si  governassero  da  se  e  godessero  di  una  piena 
indipendenza.  Mallct,  Ilist.  des  Suisses.   Part.  III.  ch;ip.  io. 

(a;  Ragionando  dei  varj  governi  dei  Confederati  Svizzeri  useremo  spesso 
del  tempo  presente  ,  quantunque  la  così  detta  ConJ 'culti azione  ,  come  ve- 
dremo non  esista  più.  Così  ahhiamo  adoperalo  ,  perchè  seguimmo  sempre 
gli. scrittori,  che  percorrendo  la  Svizzera  esaminarono  i  governi  dei  federati 
con  molta  attenzione. 


74  GOVERNO    E    LEGGI 

affidato  dai  cittarlini  e  dai  borghesi  al  consiglio  supremo  dei  Da- 
gento ,  che  però  è  composto  di  dugento  dodici  membri  tratti  dalle 
tredici  tribù.  Il  piccolo  consiglio  è  formato  da  ventiquattro  tribu- 
ni e  da  quattro  consiglieri  scelti  dai  nobili:  vi  si  aggiungono  venti 
consiglieri  eletti  dal  supremo  consiglio:  questo  numero,  aggiun- 
tivi ;  due  Borgomastri,  forma  i  cinquanta  membri.  Una  metà  è  in- 
caricata dell' amministrazione  per  sei  mesi,  e  l'altra  sottentra  per 
governare  negli  altri  sei.  Il  presidente  di  amenuue  è  uno  dei  Bor- 
gomastri ,  i  quali  sono  eletti  dal  supremo  consiglio,  che  ogni  an- 
no li  conferma.  La  loro  giurisdizione  si  estende  su  tutti  gli  affari 
civili  e  criminali  ;  nei  primi  se  la  causa  è  di  una  certa  impor- 
tanza, si  può  appellare  dal  senato  al  consiglio  dei  Dugento ',  ma 
nelle  cause  criminali  la  loro  sentenza  è  inappellabile,  e  pronun- 
ciata una  volta  non  si  può  più  né  rivocare ,  uè  mitigare.  Massi- 
ma eccellente  !  dice  Coxe  ,  supponendo  che  i  giudici  sieno  pru- 
denti e  circospetti ,  e  le  leggi  eque ,  ma  poco  severe ,  giacché 
nulla  incoraggia  più  al  delitto  quanto  gli  esempi  troppo  frequenti 
del  perdono.  Essendo  grandissimo  il  potere  di  questo  senato  in 
una  repubblica  ,  i  differenti  membri  di  questa  assemblea  possono 
essere  ogni  anno  destituiti ,  e  sottoposti  ad  un  processo  per  la  loro 
condotta.  In  alcune  occasioni  questo  processo  si  fa  dal  maggior 
consiglio  ,  in  altre  dalle  tribù  particolari  da  cui  sono  tratti  i  se- 
natori. Quest'esame  annuo  della  loro  condotta  è  un  possente  freno 
contro  la  cattiva  amministrazione.  Ogni  cittadino  poi  ha  il  diritto 
di  volare  a  venti  anni;  a  trenta  può  essere  eletto  membro  del  gran 
consiglio,  ed  a  trentacinque  senatore  (i).  Le  imposte  non  sono  gra- 
vose ,  e  vengono  amministrate  con  tanta  economia,  che  ogni  anno 
si  fa  qualche  avanzo. 
Leggi. 

Le  leggi  suntuarie,  e  quelle  che  danno  norma  ai  costumi  son 
rigorosamente  osservate  in  Zurigo.  L'adulterio  è  severissimamente 
punito  ,  senza  rispetto  al  grado ,  con  un'  ammenda ,  colla  destitu- 
zione da  ogni  impiego ,  e  colla  prigione  ;  pure  se  questo  delitto 
non  vi  si  commette  frequentemente  ,  ciò  si  dee  ai  buoni  costumi 
anziché  alle  pene.  Una  delle  leggi    suntuarie    vieta  ad  ogni    sorta 

(i  )  Coxe.  Lett.  Vili.  Philbert.  Hist.  des  Ligues  et  des  guerres  de  la 
Suisse,  Tom.  I.  pag.  240. 


DELLA    SVrZZF.RA  7  5 

di  persone,  eccettuati  i  soli  stranieri,  l'uso  delle  carrozze  nella 
città;  e<l  è  cosa  assai  notabile,  che  in  un  'lungo  di  traffico  e  di 
molta  ricchezza,  il  lusso  abbia  falli  si  pochi  progressi  (i).  Il  go- 
verno compra  i  grani  necessari  pel  mantenimento  del  popolo  ,  e  lo 
vende  al  prezzo  del  mercato  ;  se  nasce  una  carestia  ne  diminuisce 
il  prezzo. 
Governo  dì  Berna. 

Il  supremo  consiglio  di  Berna  esercita  il  potere  sovrano  ,  ed 
è  detto  dei  Dngento  ,  quantunque  allorquando  è  completo,  com- 
prenda dugento  novantanove  membri  j  la  sua  autorità  è  ben  di- 
versa da  quella  delle  altre  Svizzere  assemblee  ;  giacché  non  e  ri- 
stretta dal  potere  dei  cittadini,  cbe  in  altri  Cantoni  sono  talvolta 
convocati.  Il  potere  esecutivo  è  affidato  dal  sovrano  consiglio  ad 
un  senato  (2)  i  cui  membri  sono  tratti  da  esso:  il  primo  si  aduna 
tre  volte  la  settimana  ,  ed  ogni  qnal  volta  il  bisogno  lo  richieg- 
ga  ;  il  secondo  lutti  i  giorni ,  tranne  la  sola  domenica.  Dal  senato 
composto  dei  due  capi  della  repubblica  ,  e  di  ventisette  altri  mem- 
bri si  eleggono  i  principali  magistrati.  Quando  si  debba  eleggere 
uno  di  essi  si  osservano  le  seguenti  norme.  Ventisei  palle,  tre  delle 
quali  sono  dorate,  vengono  posie  in  un  vaso,  e  tratte  dai  diffe- 
renti mèmbri:  quelli  che  traggono  le  dorate  scelgono  tre  elettori 
dal  loro  corpo.  11  gran  consiglio,  usando  anch' egli  delle  palle, 
sceglie  sette  membri  ,  che  eleggono  selle  elettori.  Questi  unita- 
mente presentano  un  cerio  numero  di  candidali ,  che  non  dee 
giammai  oltrepassare  i  dieci  ,  od  essere  inferiore  a  sei  ;  quelli  fra 
questi  candidati ,  che  hanno  minor  voce  nel  consiglio  si  ritirano 
fi  natia  ni  oche  ne  rimangono  quattro,  che  estraggono  quattro  palle, 
due  delle  quali  sono  dorate,  e  due  inargentate,  i  due  primi  so- 
no proposti ,  e  colui  che  ha  il  maggior  numero  di  suffragi  nel 
consiglio  supremo  è  elello  ;  ma  per  essere  eleggibile  dee  essere 
stato  consigliere  almeno  per  dieci  anni,  ed  aver  moglie,  il  supre- 
mo consiglio  si  rende  completo  ogni  dieci  anni.  Il   magistrato  dei 

(1)  Intorno  ni  governo  ed  alla  legislazione  di  Zurigo  si  consulti  il  trat- 
tato della  Legislazione  od  i  principj  delle  le^gi  di  Mably,  nag.  14G.  Amster- 
dam ,    1776. 

(2)  Il  Miiller  ha  fatilo  1'  elogio  del  senato  di  Berna  ove  disse  :  non  vi 
erano  cittadini  più  bellicosi  di  que'  di  Berna,  né  alcun  senato  die  più  di 
quello  si  giovasse  della  prudenza  nelle  deliberazioni. 


j6  GOVERNO    E    LEGGI 

sedici  e  cstrntto  annualmente  dalle  badie  o  tribù  ;  ì  candidati  sono 
d'ordinario    presi  da    coloro,  che  furono  Bali;  e  non  solo   sono 
eletti  dai  suffragi ,  ma  dalla  sorte.   Ogni  anno   alla    Pasqua  riman- 
gono per  tre  giorni  sospesi  i  poteri  delle    magistrature  ,  eccettuati 
quelli  dei    Bandiera j  ,  e  dei  sedici ,  che  in    tale    intervallo  sono 
investiti  di  una  possanza  somigliante  a  quella  dei  Censori  Romani. 
I  principali   magistrati  sono  i  due  Avvocati  o  Avoyer  (1),  i  due 
tesorieri,  ed  i  quattro  Bandiera].  La  carica  di  Achoycr  è  a  vita; 
quella  dei  tesorieri ,  dura  solo  sei  anni ,  e  quattro  quella  dei  Ban- 
diera], Uno  degli    sldvoyer    occupa  un    seggio    particolare  nella 
sala  del   gran  consiglio  ,  piti    elevato  degli  altri ,  e  coperto  da  un 
baldacchino:  il  sigillo  della  repubblica  è  posto  su  di  una   tavola, 
che  gli  sta  d'avanti.  Egli  non  dice  mai  il  suo  parere,  se  non  quan- 
do glielo  chieggono  ,  e  non  dà  il  suo  voto  se  non  quando  i  suf- 
fragi sono  uguali.  I  due  tesorieri,  l'uno  pel  territorio  Alemanno, 
e  1'  altro  pel  paese  di  Vaud  ,  congiunti  ai  quattro  Bandiera]  com- 
pongono la  camera  economica ,  che  esamina  ed  approva  i  conti  dei 
Bali  ,  e  riceve  le  rendite  del  Cantone.  I  quattro  Bandiera]  in  un 
coli'  Advoyer ,  che  cessando  dall'  esercizio  della  sua  carica  diven- 
ta senatore  ,  col  più  antico    tesoriere ,  e  con  due  membri  del  se- 
nato formano  un  comitato  o  consiglio  segreto,    in  cui  si  discutono 
e  si  decidono  tutti  gli  affari  dello  stato  ,  che  esigono  una  maggio- 
re segretezza  di    quella  ,  che    ripromettere  si  potrebbe  dal  nume- 
roso   supremo    consiglio.  V  ha  poi  in    Berna  il  così  detto    Stato 
esteriore ,  che  è  un'  imitazione  della  grande  assemblea ,  ed  è  com- 
posto da  coloro  ,  che  non  peranco  sono  giunti  all'  età  richiesta  per 
entrare  nel  consiglio  dei  Dagento  :  esso  è  modellato  perfettamente 
su  questo  ,  e  può  essere  riguardato  come  il  seminario  politico  della 
gioventù  Bernese.  Tutto  il    Cantone  poi  è    diviso  in    distretti  che 
si  chiamano  baliaggi,   governati  da  Bali,  le  cui  cariche  sono  lu- 
crose. Essi    amministrano  la  giustizia  ,   ma  in  alcune  cause  civili , 
ed  in  tutte  le  criminali  si  appella  al  senato  della    capitale. 
Leggi. 

Le  leggi  suntuarie  proibiscono  di  far  uso  delle  stoffe  d'  oro  e 

(i)  li" Advoyer  Francese,  e  lo  Schulleiss  Alemanno  corrispondeva  al- 
l' Advocalus  od  al  Praetor  dei  Latini;  e  così  è  appellato  come  Protettore 
dulia  giustizia,  Advocatus  juslitiae.  Tableaux  de  la  Suisse.  Tom.  IV.  pag.  18 
e  Leu.  Diction.  Historique  de  la  Suisse.  Tom.  XVI.  pag.  49^- 


DELLA    SVIZZERA  77 

d'argcnio,  dei  ricami  e  dei  diamanti.  Il  lusso  però  s'introdusse 
in  questa  città  nel  secolo  passato,  e  diede  origine  ad  alcuni  di- 
sordini ,  cui  il  governo  dovette  porre  un  argine.  Essendosi  gli  abi- 
tanti dati  al  giuoco,  il  consiglio  emanò  una  legge,  che  lo  vie- 
tava ed  oLLligò  con  giuramento  ciascuno  de'  suoi  membri  a  de- 
nunciare tutti  coloro,  i  quali  non  avessero  obbedito  (t).  Il  Mon- 
tesquieu ha  fatto  un  grande  elogio  del  governo  di  Berna.  «  Ci 
ha ,  dice  egli ,  al  presente  nel  mondo  una  repubblica  quasi  da 
nessuno  conosciuta  ,  e  che  in  segreto  ed  in  silenzio  accresce  ogni 
dì  le  sue  forze.  Certo  è  che  se  essa  giunge  per  avventura  allo 
stato  di  grandezza  cui  la  sua  sapienza  la  destina  ,  cangierà  neces- 
sariamente le  sue  leggi  ;  e  questa  non  sarà  opera  di  un  legislatore, 
ma  della  corruzione  medesima  (2). 
Governo  di  Lucerna. 

Il  governo  di  Lucerna  ò  interamente  Aristocratico  ,  o  piutto- 
sto Oligarchico.  Da  cinquecento  cittadini  si  traggono  cento  per- 
sone per  comporre  il  consiglio  in  cui  è  compreso  il  senato,  che 
ò  diviso  in  due  parti  come  quello  di  Zurigo.  L'  entrata  nel  gran 
consiglio  appartiene  alle  poche  summentovate  famiglie  ;  e  siccome 
il  figliuolo  succede  ordinariamente  a  suo  padre,  ed  il  fratello  al 
fratello,  cosi  la  dignità  senatoria  può  essere  in  certo  qual  modo 
riguardata  come  ereditaria.  Il  governo  e  1'  amministrazione  delle 
finanze  e  della  giustizia  appartengono  al  senato:  se  non  che  quando 
si  trotta  di  una  pena  capitale,  la  sentenza  dee  essere  pronunciala 
dal  supremo  consiglio.  I  capi  della  repubblica  sono  due  Avvocali 
o  Atoj er  scelti  dal  corpo  del  senato,  eletti  e  confermati  ogni  anno 
dal  consiglio  dei  Cento,  hi  tutte  le  elezioni  i  parenti  fino  al  terzo 
grado  dei  candidati  non  possono  dare  il  loro  suffragio;  quest'uso 
eccellente  nella  teorica  per  impedire  i  disordini  cagionati  dai  vin- 
coli del  sangue,  non  lo  è  punto  nella  pratica;  onde  si  chiarisce, 
al  dir  di  Co\e  ,  che  allorquando  m\ì  governo  è  puramente  Oligar- 
chico ,  tutte  le  leggi  tendenti  a  ristringer  il  potere  dei  nobili  sono 
vane.  Quando  però  si  tratta  di  dichiarar  la  guerra,  o  di  fermar 
la  pace,  cosi  come  di  contrai-  nuove  alleanze,  o  di  imporre  nuove 

(1)  Caxt.  Leti.  XXXV.  Tsclioudi  C/u\  UeUel.  Tom.  I.  Per  ciò  clic  ri- 
guarda il  governo  del  paese  di  Vaud  i  leggitori  possono  ricorrere  all'opera 
intitolala  :    Les  loix  et  Statuii  da  jmys  de  Vaud,  1G1G. 

(a)  Consider.  sur  le  causa  de  la  Gran,  et  Dccad.  des  Rum.  pag.  108. 


7^  G0VREN0    E    LEGGI 

imposte,  bisogna  necessariamente  ratinare  i  cittadini,  ed  ottenere 
il  ior  consenso  (i).  Lacerna  è  il  primo  fra  i  Cantoni  Cattolici , 
ed  è  la  residenza  del  Nunzio  Pontificio.  In  essa  si  scorge  una  rap- 
presentazione topografica  dì  una  parte  della  Svizzera  fatta  con 
incredibile  pazienza  da  Pfifer  cittadino  Lucernese,  e  Luogotenente 
centrale  del  Pie  della  Francia.  La  principal  parte  di  questo  mo- 
dello in  rilievo  è  composta  di  cera  ',  le  montagne  sono  di  pietra  ; 
il  tutto  è  colorito  (?.). 
Governo  di  Uri ,  Schwitz  d'  Underxvald. 

I  tre  Cantoui,  che  primi  si  confederarono    volle.ro   una  forma 
di  governo  del  tutto  Democratica.  Il  supremo  potere  risiede  nel- 
l' assemblea  del    popolo    diviso  in    differenti  Comuni ,  da'  quali  si 
traggono  i  consiglieri  della  reggenza.  Appartiene  all'assemblea  ge- 
nerale l'eleggere  il  Landamano  ,  ed  i  principali  magistrati:  cia- 
scun cittadino  in  età  di    quattordici    anni    nel    Cantone  di  Uri,  e 
di  quindici  in  quelli  di  Schwitz  e  di  Undervvald  ha  il  diritto  di 
votare.  I  consigli  di  reggenza  «li  Uri   e  di  Schwitz  sono  composti 
di  sessanta  membri ,  che  dimorano  sempre  nei  borghi    principali. 
A  questo  consiglio  è  aflidalo  il  potere  esecutivo  ,  e  da  esso  si  trag- 
gono i   differenti  magistrati.  Uuderwald  è  diviso  in  due   valli,  su- 
periore ed  inferiore  ,  ciascuna  delle  quali  ha  il  suo    governo  e  la 
sua  amministrazione.  Tutto  il    Cantone    era    sottoposto    alle  stesse 
leggi  ',  ma  alcune  contese  furono  causa   che  le  due    valli  si  sepa- 
rassero ,  e  che  ciascuna  avesse  la  sua  generale    assemblea ,  il  suo 
Landamano  e  la  sua  reggenza  (3). 
Governo  di  Zug. 

Gli  abitanti  di  Zug  hanno  una  parte  più  considerabile  nel 
governo  di  quelli  dei  principali  borghi  dei  cinque  altri  Cantoni 
Democratici.  Il  potere  supremo  risiede  negli  abitatori  dei  quat- 
tro distretti  di  Zug,  Bar,  d  Eugeri  e  di  Meutzingeo,  che  si  rati- 
nano annualmente  per  dettar  leggi,  e  scegliere  i  magistrati.  Il 
Landamano  è  eletto  dai  suffragi  di  tutti  i  distretti  uniti  ;  ma  è 
tratto  alternativamente  dai  quattro  Comuni  :  egli  conserva  la  sua 

(i)  Tableaux  de  la  Suisse  Tom.  IV.  pag.  ^9  e  seg.  Leu  Dict.  Hislor.de 
la  Suisse.  Tom.  XII.  Faesi  Descript.  Topogr.  de  la  Suisse.  Tom.  II. 

(2)  Tscharner.  Diction.  Gèogr.  Hist.  et   Polit.  de  la  Suisse.  Tom.  II. 

(3;  Coxe.  Leu.  XI.  Tschoudi.  Chr.  Helvet.  Tom.  I.  Gaiilimauuus.  De 
Eeb.  Htlvet.  Lib.  II. 


DELLA    SVIZZERA  jq 

carica  per  tre  anni  se  è  eletto  fra  gli  abitanti  di  Zug,  e  per  due 
soli  ,  se  fra  gli  altri  tre  distretti.  La  generale  amministrazione 
degli  affari  è  confidata  al  consiglio  di  reggenza  composto  di  qua- 
ranta membri,  tredici  de'  quali  sono  eletti  fra  gli  abitatori  di 
Zug  (i). 
Governo  di  Gì  ari  s. 

Interamente  Democratico  è  il  governo  di  Glarisj  ogni  citta- 
dino che  abbia  compiuti  i  sedici  anni  ha  diritto  di  dare  il  suo 
voto  nell'  assemblea  generale  conosciuta  sotto  il  nome  di  Lansge- 
ntcind,  che  si  raduna  una  volta  l'anno  in  aperta  campagna.  Que- 
st'assemblea approva  le  nuove  leggi ,  determina  le  gravezze,  con- 
chiude le  alleanze,  dichiara  la  guerra,  e  ferma  la  pace.  Il  Lari- 
diana im  è  il  capo  della  repubblica  ,  ed  è  scelto  alternativamente 
dai  Protestanti  e  dai  Cattolici  ,  con  questa  sola  deferenza ,  che  i 
primi  restano  in  carica  per  tre  anni  ,  ed  i  secondi  per  due  soli. 
L'  elezione  si  fa  nel  seguente  modo  :  il  popolo  elegge  cinque  can- 
didati, i  quali  traggono  a  sorte  la  carica  ;  e  la  sorte  pure  decide 
delle  altre  magistrature  e  dei  haliaggi.  Il  potere  esecutivo  è  affi- 
dato al  Laiidraik  ,  o  consiglio  del  paese  composto  di  quarantotto 
consiglieri  Protestanti,  di  quindici  Cattolici  ;  ciascuna  religione  ha 
la  sua  corte  particolare  di  giustizia  (2), 
Governo  di  Basilea. 

A  prima  vista  sembra  che  il  governo  di  Basilea  sia  Aristo- 
cratico ,  ma  considerandolo  più  dav\icino  si  scorge,  che  esso  in- 
clina alla  democrazia.  Il  supremo  potere  legislativo  risiede  nel 
grande  e  nel  piccolo  consiglio  composti  di  circa  trecento  mem- 
bri; l'autorità  di  queste  due  assemblee  unite  è  illimitata:  essi 
hanno  la  possanza  di  dettar  leggi,  di  fu-  guerra  e  pace,  di  con- 
trarre alleanze,  di  impor  tributi:  eleggono  i  diversi  magistrati, 
scelgono  i  membri  del  loro  corpo  ,  e  conferiscono  la  cittadinauza. 
L' amiuiimua -.irne  generale  dei  governo  è  affidala  al  senato,  o 
piccolo  consiglio  ,  ciuè  ad  una  parte  della  grande  assemblea.  Que- 
sto senato  è  composto  di  sessanta  personaggi,  <■  «lei  «piatirò  capi 
della   repubblica,  cioè  da  due  Borgomastri  e  da  due  tribuni:  esso 

(1)  Coxe.  Leti.  X.  Leu  Dict.   Hisloriq.de    la  Suisse.    Tom.   XX.    e  Faesi. 
Descri/)!.  J'c/'o^r.  de  la  Suisse.  Tom.  II. 

(2)  Coxe.   Leti.  VI.  Trumpi.  Chron.de   Glaris.  Tschamer.  Dict.  Gèogr., 
Jlistoi .  et  Pc-litio   ile  la  Suisse.  Tom.  I. 


So  GOVERNO    E    LEGGI 

decide  tutte  le  eause  criminali    senza    appello.  L' assemblea  gene- 
rale dei  cittadini  non  si  raduna  che  una  sola  volta  1'  anno;  ed  al- 
lora i  magistrati    giurano  di    mantener    le  leggi  ,  di  proteggere  la 
libertà  e  le  franchigie  del  popolo;  mentre  i  cittadini  dal  loro  canto 
promettono  fede  ed  omaggio  ai  loro  magistrati.  Nessun  cittadino, 
sia  pur  esso  dell'  inflma  classe  è  escluso  dal  supremo  consiglio  ,  i 
cui  membri  sono  tratti  indistintamente  dal  corpo    dei  cittadini  in 
generale  ,  eccettuata  una  sola  classe  che  è  quella  dei  membri  del- 
l'università. Sono  i  cittadini  divisi  in  diciotto  tribù,  quindici  delle 
quali    appartengono   alle    città   più    ragguardevoli,    e  tre   alle   più 
piccole  :    ciascuna    di    queste    quindici    prime    tribù  nomina  quat- 
tro membri  del  senato;  e  ciascuna  delle  diciotto  ne  sceglie  dodici 
pel  gran  consiglio.  Un  tempo    siffatte    elezioni  si  facevano  a  plu- 
ralità di  voti  ;  ma  siccome  con  questo  metodo  i  più  ricchi  erano 
quasi  sempre  eletti;  cosi  s'introdusse  il  ternario  (  voce  ammessa 
in  questa   occasione  )  cioè  si    convenne    di    proporre    tre  soggetti  : 
che  tratti  a  sorte  riempissero  le  cariche  vacanti.    Le  ricchezze  ed 
il  credito  ebbero  ancora  molta    influenza  nelle  elezioni;  e  siccome 
gli  artigiani,   di   cui   è  per  la  maggior  parte  composto  il  gran  con- 
siglio, rare  volte  ottenevano  le  cariche,  così  essi  sollecitarono  un 
nuovo  regolamento,  con  cui  il  ternario  si  cangiò  in  un  senario; 
cioè  invece  di  tre  individui  se  ne  eleggono  sei,  che  debbono  trar- 
si a  sorte.  I  loro  nomi  sono  chiusi  in  un  piccolo  sacco  ;  e  sei  bi- 
glietti,  sull'uno  de' quali   è  scritta  la    denominazione  dell'impiego 
vacante  sono  riposti  in  un  altro.  Questi   due  sacchi    vengono  affi- 
dati a  due    persone,  che    estraggono    questa    specie  di    lotteria  di 
slato:  quello  dei  candidati   il  cui   nome  esce  contemporaneamente 
a  quello  dell'  impiego ,  è  l'eletto.  Morto  uno  dei  Borgomastri   gli 
succede  di  diritto  uno  dei  tribuni  ,  senza  che  si  ricorra    al  sena- 
rio  (i).    Questo    metodo    viene    rimproveralo,  da    taluni,  i  quali 
dicono  che  la  sorte  può  talora  allontanare    costantemente  i  buoni 
dalle  magistrature;  ma  esso  suppone  che  buoni  ugualmente  sieno 
tutti  i  candidati. 
Maniera  di  eleggere  i  Professori  deli'  università. 

La    sorte   decide    anche  delle  cattedre    dell' università  di  Basi- 
ri)  Coxe.  Lett.  XLIT.  De  In  Rèpubl.  des  Suisses.  Liv.  I.  colle  note  di  Leu. 
Tallaaux  de  la  Suisse.  Tom.  IV.  pig.  aG5  e  seg. 


DELLA    SVIZZERA  8l 

lea  :  i  tre  che  aspirano  ad  una  ili  esse  sono  tratti  da]  numero 
di  coloro,  che  ottennero  il  grado  del  dottorato,  e  talvolta  sono 
eletti  quelli  che  non  si  applicarono  giammai  allo  studio  della  scien- 
za che  debhono  insegnare,  lamio  però  i  professori  il  cambio  delle 
cattedre,  se  è  possibile  di  combinarlo  acconciamente;  il  famoso 
BernoulH,  a  cagioo  d'esempio,  dopo  aver  per  molti  anni  inse- 
gnate le  matematiche  nell'università  di  Basilea,  lasciò  morendo 
nel  l'J'lS  due  figliuoli,  Giacomo  e  Giovanni  ,  pur  essi  valenti 
matematici:  Giovanni,  -vivente  ancora  il  padre,  avea  ottenuta  la 
cattedra  di  reltorica  ;  la  cambiò  poi  con  un  certo  Rumspeck,  che 
dalla  sorte  era  stato  chiamato  a  succedere  all'estinto  Bernoulli. 
Lo  stesso  avvenne  all'  altro  fratello  clic  cangiò  la  cattedra  di  bo- 
tanica e  di  anatomia  con  quella  di  fisica  e  di  storia  naturale  (i). 
antico  governo  di  Basi/cri. 

Prima  che  Basilea  entrasse  nel)'  Elvetica  Con  federazione ,  il 
che  avvenne  nel  i5oi,  era  soggetta  a' suoi  A  escovi.  L'autorità 
di   questi  prelati  andò  insensibilmente  decadendo. 

Leggi- 

Severissime  sono  le  leggi  suntuarie   di  Basilea:  e  la  gelosia  del 

partito  Democratico  contro  i  ricchi  ne  aggiunse  di  nuove  a  quel- 
le ,  che  sono  comuni  a  tutte  le  altre  repubbliche  Svizzere.  L'uso 
delle  carrozze  nella  città,  dice  Coxe,  non  vi  e  proibito  come  in 
Zurigo,  ma  nessun  cittadino  oserebbe  di  far  montar  di  dietro  il 
servitore.  Forse  le  loro  leggi  a  questo  riguardo ,  e  le  altre  dello 
stesso  genere  sono  in  alcuni  casi  spinte  tropp'  oltre  ,  e  si  perdono 
talvolta  in  minutezze  ridicole  :  sono  però  in  generale  eccellenti  , 
nò  solo  utili  ,  ma  anco  necessarie  in  una  repubblica.  Esse  torna- 
rono vantaggiosissime  a  Basilea,  perchè  quantunque  essa  contenga 
molte  famiglie  ricchissime  ,  pure  vi  regna  una  sì  avventurosa  sem- 
plicità di  costumi,  che  il  lusso  ne  fu  sempre  sbandito.  Né  v'ha 
luogo  in  tutto  l'universo,  in  cui  la  condotta  dei  magistrati  sia 
più    severamente  e  più  liberamente  censurata  (pianto  in  Basilea  (2). 


(1)  Coxe.  Lelt.  XLII. 

(2)  Coxe.  Leu.  XLIU.  Sulla  legislazione  ili  Basilea  fedi  •  due  trattati 
l'uno  di  Wetstei».  Brevis  Jtiris  Romani  ne  Basi  leertsié  collalio  ;  l'altro  di 
Burcardo  :  Collatio  Juris  Romani  et  lìasilccnai  circa  successioncni  ab 
intestato. 

Cast,  dell'  Europa  Voi.   IX.  6 


82  GOVERNO    E    LEGGI 

Governo  di  Friburgo. 

Nel  i48i  Friburgo  fu  ammessa  insieme  con  Soletta  a  formar 
parte  della  Confederazione  Elvetica.  Aristocratico  è  il  governo 
di  questa  città  ;  il  potere  legislativo  risiede  nel  gran  consiglio 
composto  di  dngento  membri  eletti  dal  consiglio  medesimo ,  e 
tratti  da  un  piccolo  numero  di  famiglie  patrizie:  Il  piccolo  con- 
siglio dei  Ventiquattro  ,  ed  il  consiglio  segreto  dei  Sessanta  non 
sono  che  suddivisioni  del  gran  consiglio.  Notabile  però  è  la  ma- 
niera, con  cui  i  membri  di  essi  sono  eletti:  i  nomi  dei  candidati 
vengono  posti  in  un  vaso  che  ha  tante  caselle  quanti  sono  i  preten- 
denti ;  gli  elettori  vi  gittano  le  palle  a  caso  senza  sapere  a  quale 
dei  candidati  dieno  il  suffragio,  e  quello  che  ha  maggior  numero 
di  palle  è  eletto.  Il  Cantone  di  Friburgo  è  abitato  tutto  da  Cat- 
tolici (i). 
Governo  di  Soletta. 

Aristocratico  è  pure  il  governo  di  Soletta ,  e  le  famiglie  pa- 
trizie vi  posseggono  tutti  i  pubblici  impieghi.  Il  consiglio  supremo 
è  composto  di  centoventi  membri ,  ed  in  esso  è  compreso  il  se- 
nato ,  od  il  consiglio  dei  trentacinque.  Quest'  ultimo  consiste  in 
due  Avvocati  (  Advojer  ),  undici  anziani  e  ventidue  giovani 
consiglieri.  Morto  uno  degli  anziani  gli  succede  il  decano  dei  gio- 
vani ,  e  la  carica  vacante  per  questa  promozione  è  occupata  da 
uno  dei  dodici  anziani  membri  del  gran  consiglio.  Dal  corpo  di 
questi  anziani  sono  tratti  i  principali  magistrati,  cioè  i  due  Av- 
vocati, il  Bandieraio  ed  il  tesoriere.  Alla  morte  di  uno  dei  due 
Avvocati  il  Bandieraio  gli  succede  come  di  diritto  ,  dopo  che 
secondo  le  forme  fu  eletto  dall'assemblea  generale  dei  borghesi. 
Mancato  un  membro  del  gran  consiglio  gli  otto  anziani  consiglieri 
ne  eleggono  un  nuovo  nella  stessa  tribù  o  Compagnia  dei  citta- 
dini alla  quale  apparteneva  il  defunto.  Tutto  il  corpo  dei  citta- 
dini si  raguna  annualmente  ;  conferma  gli  Avvocati  ed  i  Ban- 
dieraj  nello  stesso  tempo  in  cui  veutidue  giovani  consiglieri  con- 
fermano gli  undici  anziani  che  dal  loro  canto  confermano  i  primi. 
Tutte  queste  conferme  non  sono  in  realtà ,  che  vane  formole.  Nes- 
suno può  entrare  nel  gran  consiglio  prima  di  aver  compiuti  i  venti 

(i)  Len  Diction.  Hist.  de  la  Suisse   Tom.  XVII.  e  Tableaux  de  la  Suiss. 
Tom.  IV.  pag.  3 12  e  seg. 


0ELLA    SVIZZERA  83 

anni ,  ne.  nel  senato  prima  Jei  ventiquattro.  Tranne  il  tesoriere  , 
che  è  eletto  dal  supremo  consiglio  ,  e  gli  Avvocati  al  par  che  i 
Bandiera] ,  i  quali  sono  nominati  dai  borghesi,  tutte  le  altre 
pùbbliche  dignità  dipendono  dal  senato  ,  che  ha  altresì  la  giuri- 
sdizione civile  e  criminale.  Le  rendite  di  questo  stalo,  ed  i  salarj 
di  un  gran  numero  di  cariche  sono  tali  ,  che  molte  famiglie  ne 
traggono  un  considerabile  profitto  Ci). 
Governo  di  Sciajfusa. 

SciafFusa ,  un  tempo  città    imperiale,  ed  ammessa  nella  Con- 
federazione Elvetica  nel    i5oi  ,  forma  il  minore  dei  tredici  Can- 
toni. Mille  e  seicento  cittadini  circa    sono    quelli  che  partecipano 
al  governo  ,   e  da  essi  si  scelgono  gli  ottantacinque    membri ,  che 
fermano  il   grande  ed  il  piccolo  consiglio  ,  ai  quali  è  affidata  l'am- 
ministrazione degli  affari.  11  senato  ed  il  piccolo  consiglio  dei  Ven- 
ticinque e   incaricato    del    potere    esecutivo;  ed  il    gran  consiglio 
decide   definitivamente    tutte  le    cause,  e  gli  affari    più  importanti 
del  governo.  Le  rendite    dello    stato    consistono  in  decime  ed   in 
gabelle  ,  che  si  riscuotono  sulle  mercanzie  che  vengono  dalla  Ger- 
mania.  Il  Borgomastro,  o  capo    della    repubblica    non    ha  d'ono- 
rario che    centocinquanta    annui    luigi.   Le  leggi    suntuarie  danno 
norma  in  SciafFusa  perfino  all'  acconciatura  delle  donne.  I  giuochi 
di  sorte  sono  vietati,  e  si  puniscono    severamente    coloro,  i  quali 
violano  questa  legge  (2). 
Governo  del  gallese. 

Noi  abbiamo  già  veduto  che  il  Vallese  ù  diviso  in  sette  pre- 
fetture (  Dixaine  )  o  repubbliche  indipendenti  ,  sei  delle  quali 
sono  Democratiche  ,  ed  Aristocratica  quella  di  Sion.  11  Vescovo 
di  questa  città  era  prima  sovrano  assoluto  della  maggior  parte  del 
Vallese  ;  ora  la  sua  autorità  ,  dice  Coxe  ,  e  assai  diminuita,  e  non 
ha  che  il  semplice  titolo  di  Principe;  tutti  gli  alti  pubblici  però 
si  spediscono  in  suo  nome;  egli  ha  la  facoltà  di  far  grazia;  e  la 
moneta  è  coniata  nella  sua  zecca  ,  benché  cogli  slemmi  della  re- 
pubblica :  a  lui  si  dava  il  titolo  di  Prìncipe  del  Santo  Romano 
impero ,  e  di  Conte  e  Prefetto  del  Vallese. 


(1)  Coxe.  Lett.   XL.  Haflncr.  Chron  de  Soleurc. 

(2)  Talleuux  de  la  Suisse.  Tom.  IV.  pag.   33y. 


84  GOVERNO  £  LEGGI 

Vescovo  di  Sion. 

Fra  i  Vescovi  di  Sion  è  celebre  Matteo  Schinner ,  menzionato 
dagli  storici  Italiani  col   titolo  di  Cardinale    Sedunense,  il   quale 
persuase  gli  Svizzeri  a  rompere  1'  alleanza    contratta    con  France- 
sco. I  Re  di  Francia ,  e  li  condusse  nella  Lombardia,  e  li  confortò 
alla  famosa  battaglia  di  Melegnano  (i).  In  una  medaglia,  che  pre- 
sentiamo nella  Tavola   i3   nani,   i,  si  scorge  S.   Teodulo  Vescovo 
e  Patrono  di  Sion  collo  scudo  di  Matteo    Schinner  ,  e  lo  stemma 
delle    prefetture  (    Dixaine  )    della    repubblica   del    Vallese  (a). 
Queste  prefetture  o  Comuni  formauo  unitamente  col  Vescovo  una 
sola  repubblica  ,  e  tutti   gli  all'ari  importanti  e  generali  sono  decisi 
iu  un'assemblea  detta  Landraith  ,  o  consiglio  del  paese,  la  quale 
è  convocata  due  volte  l'anno  in  Sion.  In  questa  assemblea    si    danno 
nove  voti  ;  quello  del  Vescovo,  del  capitano  o  capo  della  repub- 
blica, e  di  ciascuno  de'sette  Comuni  ;  tutto  si  decide  a    pluralità 
di  voti.  11  Vescovo  ò  il  presidente  dell'assemblea,  ed  il    capitano 
ne    raccoglie  i    voti  :  quest'  ultimo  è  eletto    e   confermato  in  ogni 
biennio  dall'  assemblea  ,  ed  alla  morte  del  Vescovo  il  capitolo  di 
Sion   propoue  quattro  candidati  del  suo  corpo ,  fra  i  quali  il  con- 
siglio elegge  il  nuovo  prelato.  Quantunque  ciascuna  prefettura  non 
abbia  che  un  voto  solo,  può  ciò  non  pertanto  spedire  all'assem- 
blea quel   numero  di  deputati,  che  crede    conveniente^  e  d'ordi- 
nario ne  manda  quattro,  un  giudice,  un  Bandieraio ,  un  capitano 
ed  un  luogo-tenente.  Le  prefetture  Demccraliche  sono  assai  gelose 
della  loro  libertà,   e  vegliano  accuratamente  per    impedire,  che  i 
deputati  non   acquistino    soverchio    credito  ;  onde    ciascuna  repub- 
blica ,   prima  della  seduta  della    dieta,  raguna    l'assemblea  gene- 
rale del  popolo,  nella  quale  tutti  coloro,   che    hanno    quattordici 
anni  compiuti  danno  i  loro  voti  ',  essa  è  che  dà  le  norme  intorno 
a  tutti  gli  affari  importanti:   e  le    comunica    a' suoi   deputati  ;   co- 
storo sono  obbligati   ad  attenersi  strettamente  ad  esse  ;  né  possono 
dare  i  suffragi  a  lor  talento.  In  tutte  le  cause  di  grave  momento 

(t)  Guicciardini,  Storia  dell'  Italia,  Lib.  XII. 

(■±)  Intorno  all'  antico  e  moderno  stalo  del  Vallese  si  consulti  :  Valle- 
siae  DescripLio  in  T/tesauro  tiistoriae  Elvelicae,  opera  di  Sina  le  rj  Gallia  Co- 
niata Egidii  Tschudii.  Faesi  Descript.  Topogr.  de  laSuiss.  Toni.  iV.j  Tschar- 
ner  Dict.  Gèogr.  Historiq.  et  Politicj.  de  la  Suisse,  Tom.  IL;  Lauiler  Rist.  de 
la  Stiiss.    Tom.  V. 


DM  LA   SVIZZERA  85 

si  può  appellare  alla  generalo  assemblea.  Ciaseun  Comune  poi  si 
governa  colle  proprie  leggi  e  co' suoi  usi:  onde  la  costituzione 
di  questi  Comuni  somiglia  d'assai  a  epielia  de  Cantoni  popolari. 
Il  basso  Val  lese  Jopo  una  guerra  sanguinosa  col  t'aito  Vallese  cadde 
in  potere  di  questo;  esso  è  diviso  in  sei  dipartimenti,  la  cui  ge- 
nerale assemblea  elegge  i  Ball  (i). 
Governo  di  Ginevra. 

Ginevra  soggetta  ora  all'impero  Germanico,  ora  a' suoi  Ve- 
scovi ,  ora  ai  Coati  del  Genovese  (a),  ed  alla  casa  di  Savoja , 
contrasse  alleanza  con  Berna  e  con  Friburgo  nel  1126,  e  dopo 
varie  guerre  i!  Me  della  Sardegna  riconobbe  nel  ly.Vj  coti  un  for- 
male atto  l'indipendenza  di  questa  repubblica.  La  pace  però  non 
rendette  lieti  gli  abitatori  di  questa  città  ,  ebe  in  quasi  tutto  il 
secolo  XVII.  fu  agitata  da  terribili  discordie  effetti  ordinar)  del 
governo  popoline..  11  governo  di  Ginevra,  dice  Coxe ,  tiene  il 
mezzo  fra  quello  dei  Cantoni  jdristr aeratici  e  Democratici  della 
Svizzera;  è  pili  Democratico  di  essi,  perchè  il  potere  sovrano  e 
legislativo  risiede  interamente  nella  generale  assemblea  dei  citta- 
dini e  dei  borgbcsi  ;  ed  è  più  Arisirocralico  di  essi,  perchè  il 
potere  esercitato  dal  piccolo  e  dal  grande  consiglio  è  considerabi- 
lissimo. I  membri  del  senato  ,  che  sono  venticinque  godono  di 
molte  prerogali\e,  ed  eleggono  una  metà  dei  membri  del  gran 
consiglio:  i  principali  magistrati  sono  tratti  dal  loro  corpo;  essi 
convocano  il  gran  consiglio,  e  l'assemblea  generale  dei  cittadini 
e  dei  borgbcsi;  deliberano  pei  primi  intorno  a  tutte  le  materie, 
ebe  debbono  essere  riferite  nel  gran  consiglio,  al  (piale  le  pro- 
pongono ;  onde  siccome  ogni  cosa  dee  da  essi  emanare  ,  così  non 


(1)  Coxo.  Leu.  XIX. 

(a)  La  storia  di  Ginevra  prende  a  collegarsi  con  quella  della  Svizzeri!, 
soltanto  nel  secolo  decimoseslo;  e  noi  quindi  dire  d  Hnllet,  lasceremo  ras 
questa  città  incominci  a  sorgere  sotto  gli  Allohftigi  •,  ad  ampliarsi  COI  do- 
mani, coi  Borgognoni ,  coi  Franchi)  al  ottenere  .•  franchigie  e  nere  da 
Carlomagno  ;  a  far  parte  di  un  secondo  regno  <li  Borgogna  ,  ed  a  passare 
finalmente  cogli  altri  avanzi  di  quest'effimero  regno  sotto  la  vacillante  po- 
destà degli  Imperatori  di  Germania.  '\  eilasi  Spon  Hist.  de  Genève  con  noto 
e  documenti  tratti  da' suoi  aricliivj  ;  non  che  le  cronache  manoscritte  di 
Bonnivard  ,  di  Savoin  ;  di  Rosei  e  Rochat  nella  sua  Storia  della  Rijorma 
della  Svizzera  ;  ftlallet  Hist.  de  Suisse,    Parti  III.  chap.  5. 


86  GOVtKKO    K    LFCGI 

si  può  stabilire  alcuna  legge  senza  la  loro  approvazione.  Questo 
senato  è  altresì  investito  del  potere  esecutivo,  dell'  amministrazione 
delle  finanze,  e  della  giurisdizione  civile  e  criminale  con  alcune 
restrizioni  :  elegge  anche  la  maggior  parte  degli  inferiori  magi- 
strati ,  e  solo  lia  il  diritto  di  conferire  la  cittadinanza  ;  compone 
finalmente  con  altri  trentacinque  membri  eletti  da  lui  medesimo 
il  consiglio  segreto  ,  che  non  si  raduna  mai  se  non  nelle  straor- 
dinarie occasioni.  Queste  prerogative,  benché  siano  considerabili, 
dipendono  dal  gran  consiglio,  e  dall'  assemblea  generale  ;  giacché 
dal  primo  si  debbono  trarre  i  membri  del  senato  j  ad  esso  si  ap- 
pella i  esso  può  far  grazia  ed  approvare  o  ributtare  tutto  ciò  che 
il  senato  gli  progetta  di  proporre  all'  assemblea  del  popolo.  Que- 
sta è  composta  dal  senato,  dal  gran  consiglio,  e  dai  cittadini  e 
dai  borghesi  :  generalmente  il  numero  di  quelli  che  la  compongono 
ammonta  a  quindici  centinaja.  V  ha  questa  differenza  fra  i  citta- 
dini ed  i  borghesi ,  che  i  primi  sono  nati  nella  città  ,  i  secondi 
fuori  di  essa  ,  ovvero  hanno  acquistata  la  cittadinanza.  Il  consiglio 
generale  si  raduna  due  volte  1'  anno  ;  ogni  membro  vi  dà  il  suo 
•\oto  senza  che  gli  sia  permesso  di  discutere  le  materie:  metodo 
eccellente  di  impedire  le  discordie  ,  e  la  soverchia  lunghezza  delle 
deliberazioni  (i). 
Diritto  di  Rappresentazione. 

Il  potere  del  piccolo  consiglio  è  ristretto  anche  dall'  elezione 
dei  sindachi  ,  e  dal  diritto  di  rappresentazione.  I  quattro  sindachi, 
o  capi  della  repubblica  sono  eletti  annualmente  fra  i  membri  del 
piccolo  consiglio  dall'assemblea  generale  ed  in  tale  elezione  si  os- 
serva il  seguente  metodo.  11  piccolo  consiglio  nomina  otto  de  suoi 
membri ,  che  debbono  essere  approvati  dal  gran  consiglio  ,  e  fra 
di  essi  la  generale  assemblea  elegge  i  quattro  sindachi:  ha  però 
il  diritto  di  ributtarli  tutti  ,  e  di  chiedere  altri  candidati.  Per  ciò 
che  riguarda  il  diritto  di  Rappresentazione  ,  ciascun  cittadino  o 
borghese  ha  diritto  di  chiedere  al  senato  qualche  nuovo  regola- 
mento ,  o  di  querelarsi  dei  magistrati ,  che  debbono  dare  una  e- 
satta  risposta  a  siffatte  rappresentazioni.  Scarso  essendo  il  guider- 
done assegnato  alle  magistrature,  il  solo  amore  della  gloria  e  della 
patria  può  confortare  i  cittadini  a  cercarle,  ond'esse  sono  per  lo 

(0  Coxe.   Lett.  XXXVIII. 


DELLA    SY.'ZZEnA  8j 

più  esercitate  dai  personaggi  più  qualificati  e  più  virtuosi.  A  soli 
trentamila  luigi  sommavano  le  rendite  annue  di  Ginevra.  Questa 
città  prese  per  istemmi  una  chiave  ed  un'  aquila;  la  prima  le  venne 
negli  antichi  tempi  conceduta  dal  Papa,  e  la  seconda  d. -di' Impe- 
ratore Rodolfo  (i). 
Camera  delle  biade. 
In  Ginevra  così  come  in  tutte  le  altre  città  considerabili  della 
Svizzera  v'ha  un  pubblico  granajo,  che  in  questa  città  più  che 
in  ogni  altra  si  rende  necessario  ;  giacché  se  gli  stati  vicini  vie- 
tassero la  esportazione  delle  biade  nel  suo  territorio,  essa  verreb- 
be esposta  a  liuti  gli  orrori  della  carestia.  La  camera  delle  biade 
e  composta  di  alcuni  membri  del  piccolo  e  del  grande  consiglio, 
ed  ha  l' incarico  di  approvigionare  il  granajo  a  spese  dello  stato. 
I  grani  vengono  seccati  con  una  macchina  inventata  a  que- 
st'  uopo  e  sono  venduti  al  minuto  ai  fornaj  ed  agli  albergatori  con 
notabile  profitto  della  repubblica.  Ma  siccome,  dice  Coste,  i  mem- 
bri della  camera  comprano  i  grani  a  vii  prezzo  ,  e  li  rivendono 
più  caramente  di  quel  che  si  faccia  sul  mercato  e  nei  dintorni  , 
cosi  è  d'  uopo  che  la  plebe  compri  a  più  caro  prezzo  il  pane  dai 
fornaj  (2). 

È  cosa  strana  che  in  una  repubblica  quale  è  Ginevra  non 
v'abbia  alcun  codice  criminale;  e  che  quantunque  le  formole  del 
processo  sieno  in  essa  regolate  esattamente,  pure  la  pena  dipende 
dalla  decisione  arbitraria  del  giudice  (3).  La  Riforma  introdusse 
alcune  leggi  troppo  dure  in  questa  città  ,  e  tale  è  quella  che  dà 
la   pena  di    morte  all'  adulterio  ,  e  che  fu  dettata  dal  severo  Cal- 

(1)  Giovanni  Owcn  scherzò  sopra  queste  insegne  nel  seguente  opigrnm- 
ma  ,  avendole  Ginevra  conservate  auche  dopo  essersi  sottratta  all'  impero 
ed  alla  sede  Romana: 

Clavem,  aquilamque  gerii  duplex  insigne  Gencva  : 

Illnd  Papatus;  hoc  ìiubet  imperii. 
Hoc  insigne  luum  quo  jure  Geneva  tenebis, 

Si  repetat  Clavem  lloma,  llodolphus  avem  ? 

(2)  Tableaux  de  la  Suisse,  Tom.  IV.  pag.  227.  Coxc.  Lctt.  XXXV1I1. 

(3)  Coxe.Ibid. 


88  GOVERNO    E    LEGGI 

vino  (i).  Il  codice  civile  al  contrario  é  sapientissimo.  Tutti  gli 
oggetti,  che  riguardano  il  commercio  sono  in  esso  egregiamente 
trattati ,  e  le  sostanze  dei  cittadini  sono  sottratte  ad  ogni  contesa. 
Le  leggi  suntuarie  sono  pressoché  uguali  a  quelle  degli  altri  stali 
Svizzeri  ;  ma  singolare  è  quella  che  riguarda  i  fallimenti  ;  se  un 
membro  dell'uno  o  dell'altro  consiglio  fallisce,  egli  è  subito  de- 
posto, né  può  pretendere  la  sua  carica  finché  non  abbia  pagati 
tutti  i  suoi  debiti  :  i  suoi  figliuoli  vanno  soggetti  alla  stessa  pena 
se  non  soddisfano  agli  obblighi  del  loro  genitore. 
Governo  di  ^appenzell  e  di  S.  Gallo. 

Abbiamo  creduto  di  far  buon  senno  con  favellar  qui  del 
governo  del  Cantone  di  Appenzell  per  ragionare  nello  stesso  tempo 
di  quello  di  S.  Gallo.  Gli  Appenzellesi  erano  soggetti  all'  Abate 
di  S.  Gallo  (2);  ma  essendo  stati  da  esso  maltrattati  si  ribella- 
rono nel  i/foo,  e  dopo  una  lunga  guerra,  ili  cui  operarono  por- 
tenti di  valore  ,  si  collegarono  cogli  abitanti  di  S.  Gallo;  vennero 
ammessi  nella  Confederazione,  e  cadde  all' intutto  l'autorità  , 
che  gli  Abati  sovra  di  essi  esercitavano.  Prima  della  Riforma  lo 
stato  di  Appenzell  obbediva  ad  un  solo  governo;  ma  essendo  dopo 
di  essa  insorte  tremende  contese  tra  i  Cattolici  e  quelli  che  ab* 
bracciata  la  aveano  ,  si  ricorse  ad  un  rimedio  straordinario  ,  ap- 
plicabile senza  dubbio  a  poche  nazioni ,  come  dice  il  Mallet  quan- 
tunque forse  il  più  ragionevole  ed  il  più  efficace  di  tutti  contro 
i  mali  di  questa  natura.  I  Cattolici  si  ritenuero  i  distretti,  o,  come 
chiamansi ,  lìhodes  al  di  dentro  ,  ed  i  Riformati  ebbero  i  Rhodes 
al  di  fuori.  Allora  essi  si  divisero  tranquillamente  ,  e  gli  uni  pas- 

(1)  Il  citato  poeta  Inglese    Owed    proverbia  la  severità  di  questa  legge 
dirigendo  il  seguente  distico  ad  un  ministro  di  Ginevra: 

J/'is  ut  adulteiium  plectatur  morte  minister  ? 
Haud  mirimi;  conjux  est  libi  bella;  sapis. 

(2)  Alcuni  Re  Franchi  aveano  conceduti  a  questa  badia  molli  impor- 
tanti diritti  sui  pastori  ,  che  erravano  colle  mandre  nelle  montagne  della 
Rezia.  Un  Aliate  vi  avea  fatto  fabbricare  una  cappella  ,  ed  una  casa  nella 
quale  stanziarono  frequentemente  i  suoi  successori  ,  e  che  formò  a  poco  a 
poco  il  borgo  di  Cella  dell'  Abate,  in  Tedesco  Jppenzel.  Mallet.  Htst.  des 
Suiss.  Pari.  I.  chap.  XIV.  Il  Miiller  ha  descritta  egregiamente  la  guerra  tra 
gli  Appenzellesi  e  1'  Abate  di  S-  Gallo. 


DELL 4    SVIZZERA  8f) 

sarono  da  una  parte  del  fiume,  che  attraversa  il  Cantone ,  gii  al- 
tri dall' ahr*  ;  ed  il  solo  legame  clie  gli  unisce  consiste  in  un'as- 
semblea generale  annua  ,  e  nella  deputazione  eomune  spedita  alla 
dieta  Elvetica  ,  formata  di  due  deputati  ,  i  quali  però  non  hanno 
che  un  voto  solo  (i).  Il  potere  sovrano  nel  Rhodes  esteriore  ed 
interiore  risiede  nel  comune  ;  ciascun  maschio  il  quale  ahhia  com- 
pilili i  sedici  anni  può  dare  il  suo  voto  noli' assemblea  generale, 
che  annualmente  si  convoca  per  1'  elezione  dei  magistrati ,  e  per 
deliberare  intorno  alle  leggi.  Ciascun  Elettore  è  tenuto  a  compa- 
rire all'  assemblea  armato  di  tutto  punto.  Il  Landa/nano  e  il  pri- 
mo magistrato  ;  ciascun  distretto  ;iie  ha  due  che  esercitano  alter- 
nativamente le  funzioni  della  magistratura,  ed  ogni  anno  sono 
confermati.  Un  consiglio  permanente  ha  tutta  la  giurisdizione  ci- 
vile e  criminale,  ed  è  incaricato  dell'amministrazione  delle  fi- 
nanze e  di  tutti  gli  altri  importanti  affari.  Il  Landamano  ,  (die  è 
in  attualità  di  potere,  presiede  a  questa  assemblea  ;  mentre  l'altro 
durante  l'anno  in  cui  non  esercita  la  sua  autorità  è  Bandierajo, 
o  capo  della  milizia  (a). 
G creino  dei  Grigioni. 

La  repubblica  dei  Grigioni  si  divide  in  due  parti  principali 
cioè  nel  /mese  dominante ,  e  nelle  jtrovincìe  suddite.  Il  governo 
è  veramente  Democratico ,  giacche  gli  affari  vi  si  trattano  a  mag- 
gioranza di  voti  ,  ed  i  Comuni  eleggono  i  loro  giudici,  i  loro  rap- 
presentanti alle  diete.  Questa  repubblica  è  composta  di  tre  leghe 
differenti;  eioò  della  lega  Cade  a  o  casa  di  Dio;  dell'  Alt  a  o 
Grigia;  e  di  quella  delle  dieci  Diritture  o  comuni.  Ciascuna  di 
esse  ha  un  capo  od  Amman  ,  e  dodici  in  quattordici  giudici, che 
decidono  le  cause  civili  ,  e  pronunciano  la  sentenza  intorno  ai  de- 
litti meno  gravi.  11  gran  capo  della  giustizia  si  appella  Landama- 
no:  ed  è  incaricato  di  vegliare  particolarmente  sull'economia  e 
sugli  interessi  del  suo  comune,  e  presiede  a  tutti  i' giudi zj.  In 
certi  comuni  però  quest'incarico  è  dato  ad  un  podestà  o  giudice 
criminale.  Tutti  gl'impieghi  vanno  soggetti  ad  una  conferma  an- 
nuale nelP  assemblea  del  comune.  La  lega  detta  della  Casa  dì 
Dio  tragge  il  suo  nome  dalla  Cattedrale  di   Coirà,  una  delle    più 

(i)  Malie». Hi st.  de*  Suiuei. P«rt. III.  chap.  X. 

(aj  Coxe.  Leu.   IV.  Walfer  Clir.du  cantori  d'sippcnzel,  Faesi  Descript. 
Tcpogr .  de  la  Suissc.  Tom.  III. 


gO  GOVERNO  E  LEGGI 

antiche  della  Cristianità.  Nei  passati  tempi  il  Borgomastro  reg- 
gente di  Coirà  era  presidente  della  lega  per  diritto  ;  ma  dopo  il 
principio  del  XVJII.  secolo  si  scelgono  due  personaggi  fra  i  quin- 
dici senatori  della  città  di  Coirà  ;  essi  debbono  ottenere  la  plura- 
lità dei  suffragi  dai  deputati  della  lega  ;  ma  poi  la  sorte  decide 
chi  di  loro  due  debba  essere  presidente.  Il  capo  della  lega  delle 
dieci  Diritture  detto  Bundes-Landamman  è  eletto  a  vicenda  nelle 
sette  giurisdizioni  dai  deputati  della  dieta  particolare.  La  gene- 
rale assemblea  delle  tre  leghe  è  convocata  un  anno  ad  Ilantz  nella 
lega  Grigia,  nell'altro  a  Coirà,  e  nel  terzo  a  Davos:  la  lega 
Grigia  ha  ventisei  voti  ,  la  casa  di  Dio  ventidue,  e  la  lega  delle 
dicci  Diritture  quattordici.  11  Vescovo  di  Coirà  un  tempo  si  pos- 
sente ,  ora  non  ha  che  il  diritto  di  riscuotere  il  quarto  delle  am- 
mende criminali  nella  bassa  Eugaddina.  Questo  prelato  era  Prin- 
cipe delP  impero  della  Germania;  onde  spediva  un  suo  deputalo 
alle  diete  di  Ratisbona.  In  conseguenza  della  riforma,  due  terzi 
circa  degli  abitanti  delle  tre  leghe  si  sono  sottratti  all'  autorità  ec- 
clesiastica del  Vescovo  di  Coirà  (i). 
Governo  di  Mulhausen. 

Mulhausen  ,  che  fu  città  imperiale  conchiuse  perpetua  alleanza 
coi  tredici  Cantoni  nel  i5i5;  ma  nel  i586  i  Cantoni  Cattolici 
malcontenti  della  sua  condotta  rinunciarono  alla  sua  Confedera- 
zione; e  d»  quest'epoca  in  poi  essa  fu  solo  alleata  di  Zurigo,  di 
Berna  ,  di  Basilea  e  di  Sciaflusa.  I  cittadini  di  essa  sono  divisi  in 
sei  tribù  o  Confraternite  ;  ciascuna  delle  quali  ha  per  capi  due 
consiglieri ,  che  sono  i  Borgomastri ,  due  tribuni  e  sei  assessori. 
Il  senato  è  composto  di  tre  Borgamastri,  di  nove  senatori  e  di 
dodici  tribuni,  ed  il  gran  consiglio  comprende,  oltre  i  ventiquat- 
tro senatori,  trentasei  assessori,  e  diciotto  altri  cittadini  tolti  dalle 
sei  tribù;  onde  la  sovranità  della  repubblica  risiede  in  settantotto 
persone  (2). 
Governo  di  Neuchatel  e  di  piallati  gin. 

Neuchatel  e  Vallangin  formavano  un  tempo  due  stati  diversi; 
ma  il  secondo  dipendeva  dal  primo  ;  ora  sono  uniti ,  e  non  for- 
mano che  un  solo  principato,  Morta  la  Duchessa  di  Nemours  nel 

(1)   Tableaux  de  la  Suisse,  Tom.  JV.  pag.  199.  Me  moire  Histor.  et  Po- 
litiq.  sur  les  Grìsons  par  M.  de  Foret  de  Bourgoa. 

1    W  instiseli   Cìir.  de  Baie.  Leu  Dicitori.  Ilisl.  de  la  Suisse.  Tom.  XIII. 


DELLA   SVIZZERI  f)l 

1707,  la  sovranità  di  Ncuchatcl  e  Vallangin  divenne  varante,  e 
Federigo  I.  Ile  della  Prussia,  in  qualità  di  erede  del  Prìncipe 
d' Orango  fu  riconosciuto  come  legittimo  successore  della  Duches- 
sa (1),  e  tramandò  un  siffatto  dominio  al  famoso  Federico  li-  11 
Monarca  della  Prussia  promise  di  conservare  tutte  le  franchigie 
ed  i  privilegi  de' suoi  sudditi;  di  non  sottoporli  a' magistrati  stra- 
nieri, eccettuato  però  il  Governatore;  di  lasciare  chela  condotta 
dei  magistrati  medesimi  fosse  giudicata  dai  tribunali  di  Neucha- 
te]  :  e  di  riconoscere  una  delle  leggi  più  essenziali  ratificata  da 
un  lunghissimo  uso  ;  «  che  il  Sovrano  sarà  considerato  come  re- 
sidente solo  in  Nenchatel  ».  Il  Principe  ha  il  diritto  di  conferire 
la  nobiltà  ,  e  le  dignità  civili  e  militari  dello  stato.  11  Governa- 
tore convoca  i  tre  stati,  presiede  all'assemblea,  e  nel  caso  in 
cui  uguali  sicno  i  voti  decide  l'affare  col  suo;  egli  ha  altresì  il 
potere  di  perdonare,  o  di  addolcire  la  pena.  L'assemblea  di  Nen- 
chatel è  composta  di  dodici  membri  ,  cioè  di  quattro  nobili  o 
vassalli  ;  di  quattro  podestà  ,  e  di  quattro  consiglieri  della  città. 
Ma  questi  tre  stati  non  sono  i  rappresentanti  della  città;  essi  for- 
mano solo  la  corte  suprema  della  giustizia ,  che  riceve  lutti  gli 
appelli  ,  e  decide  irrevocabilmente  le  cause  ;  non  escluse  quelle 
di  stato;  come  avvenne  nel  1707,  quando  si  estinse  la  linea  di- 
retta dei  loro  Principi  nella  Duchessa  di  Nemours.  Il  consiglio  di 
stato  spedisce  gli  affari  ordinarj ,  ha  la  sovrautendenza  della  poli- 
zia generale  ,  e  dell'esecuzione  delle  leggi;  i  suoi  membri  sono 
eletti  dal  Principe  ;  ma  prima  che  essi  pubblichino  un  bando  od 
una  legge  debbono  consultare  i  ministri  (  Ministraux  )  di  Ne  11- 
chaJtel  ,  i  quali  sono  una  specie  di  comitato  tratto  dal  consiglio 
della  città  ,  ed  incaricato  del  mantenimento  del  buon  ordine.  Essi 
sono  i  quattro   Borgomastri ,  il  Bandierajo   o  protettore  delle  im- 

(1)  Luigi  XIV.  voleva  ebe  gli  stati  di  Ncucliatel  concedessero  la  suc- 
cessione a  qualche  pretendente  Francese  tra  i  suoi  sudditi  ,  tua  la  comu- 
nanza di  religione  ,  la  stessa  poteuza  della  Francia  che  Luigi  faceva  sen- 
tire di  troppo,  la  situazione  degli  stati  del  Re  di  Prussia,  la  cui  lontananza 
era  riguardata  coma  una  guarentigia  della  moderazione  del  suo  futuro  go- 
verno; tutte  queste  considerazioni  fecero  piegare  gli  .st;iti  di  Neuoliatel  in 
favore  di  lui  ,  mentre  compierono  i  Bernesi  di  in.lurveli.  Luigi  XIV.  però 
Dm  riconobbe  il  Re  di  Prussia  ,  come  Principe  di  Neuchatel  se  non  alla 
j>ace  d'Utrecht.  Mallet.  Hist.  da  Suiss.  Pari.  111.  chap.  XI. 


f)2  GOVERNO  E  LEGGI 

munita  del  popolo ,  i  due  custodi  delle  chiavi  ed  il  segretario 
della  città.  Quando  si  tratta  di  stabilire  una  novella  legge  i  tre 
Borgomastri  di  Vallangin  esaminano  se  nulla  contiene  di  contra- 
rio alle  franchigie  de'  suoi  abitanti  ;  ed  in  questo  caso  essi  fanno 
le  loro  rimostranze.  Il  popolo  del  distretto  di  Vallangin  si  raduna 
ogni  tre  anni  in  una  vasta  pianura  per  eleggere  i  suoi  tre  Bor- 
gomastri ,  i  quali  debbono  guarentire  i  privilegi  del  popolo ,  e  por- 
tarsi a  Neuchatel  come  deputati,  ogni  qual  volta  il  Governatore 
od  il  consiglio  di  stato  li  chiami.  Le  leggi,  dalle  quali  è  corretto 
questo  popolo  sono  dolci ,  e  sì  chiare  che  con  grande  facilità  i 
giudici  possono  applicarle  ai  differenti  casi  (i). 
Governo  di  Bienne. 

Il  Vescovo  di  Basilea,  od  il  Principe  di  Porentruy  (che  cosi 
egli  è  appellato  dai  Cantoni  Protestanti  )  è  Sovrano  di  questo  pic- 
colo stato,  e  quando  è  eletto  riceve  omaggio  da'  suoi  sudditi ,  ma 
giura  dal  suo  canto  di  conservare  le  loro  immunità  ,  e  si  fa  rap- 
presentare da  un  podestà  ,  i  cui  uffizj  si  riducono  a  convocare  il 
piccolo  consiglio  al  quale  presiede  .  a  raccogliere  i  suffragi  ,  ed  a 
pronunciare  la  sentenza,  senza  avere  il  diritto  di  dare  il  suo  voto, 
nò  di  far  grazia ,  riè  addolcire  la  pena.  Tutte  le  cause  si  civili  che 
criminali  sono  decise  da  questo  consiglio,  dal  quale  è  lecito  in 
casi  di  grave  momento  appellare  al  grande:  le  parti  sogliono  sce- 
gliere uno  dei  consiglieri  per  avvocato  ,  ed  egli  dee  difendere  il 
suo  cliente  senza  mercede.  Il  governo  della  città  dipende  dal  gran- 
de e  dal  piccolo  consiglio  $  il  primo  ha  il  potere  legislativo,  ed  è 
composto  di  quaranta  membri  ;  il  secondo  che  esercita  il  potere 
esecutivo  è  formato  da  ventiquattro  consiglieri.  I  membri  dell'  una 
e  dell'  altra  assemblea  debbono  essere  ammogliati:  il  Borgomastro 
è  il  capo  della  magistratura  ed  è  eletto  dai  due  consigli  uniti. 
Questo  stato  protestante  sottoposto  ad  un  Vescovo  Cattolico  è  pro- 
tetto da  Berna  ,  da  Friburgo  e  da  Soletta;  e  perciò  è  uuito  alla 
Confederazione  Elvetica  (i). 

(0  Cox".  Lett.  XXVIII.  Hist.abregée  du  Comle  de  Neuchatel,  et  de 
ses  dependences  depuis  l'an  io3  5  ,  par  George  de  Montmollin  ,  MSS.  in  /j.° 
dans  la  Bibliot.  de  Baron  d'Estavayé  à  Soleure.  Desaipl.  de  Mont  et  des 
Vnllèes  qui  font  parile  de  la  Princijautà  de  Neuchatel.  Recherches 
sur  l'  Indigenat  Helvet.  de  la  Principautè  de  Neuchatel  par  le  Cons. 
Boyvè. 

(i)  Coxe.  Lelt.  XXXIX. 


DELLA   SVIZZERA  <)3 

Maltaggi. 

La  Svizzera  comprende  diciannove  baliaggi  comuni  a  molti  Can- 
toni ,  sette  dei  quali  sono  cismontani  ,  o  posti  al  di  qua  del  S. 
Gottardo.  Il  langraviato  della  Turgovia ,  che  comprende  Prote- 
stanti  e  Cattolici  ò  il  più  vasto  baliaggio  di  tutta  la  Svizzera; 
Frauenfeld  ne  ò  la  capitale  ,  ed  il  suo  castello  serve  di  residen- 
za al  Balio ,  che  gli  otto  antichi  Cantoni  vi  mandano  ogni  due 
anni  a  governare.  Il  Rheinthal ,  la  contea  di  Sargans ,  i  baliag- 
gi  di  Gas  ter  e  d'  Uznach  ,  la  contea  di  Bade,  V  Argovia  ,  lo 
Schwarzenbourg  ,  il  contado  di  Morat ,  Grandson  ,  Echallens  , 
ricevono  pure  ogni  biennio  il  Balio  spedito  dai  Cantoni  ;  e  cosi 
avviene  dei  baliaggi  cismontani  di  valle  di  Bregno  ,  di  Riviera 
o  Polese ,  di  Bellinzona  ,  di  Lugano,  di  Mendrisio  ,  di  Lo- 
camo e  di  fral- Maggia.  Il  Balio  di  Lugano  chiamossi  anche 
Capitaneo  ,  perchè  in  tempo  di  guerra  comandava  tutte  le  mili- 
zie dei  quattro  baliaggi  cismontani ,  che  appartengono  ai  dodici 
primi  Cantoni.  Anche  il  Balio  di  Locamo  assumeva  il  titolo  di 
Commissario  per  le  funzioni  militali  che  esercitava  durante  la 
guerra  (i). 
Distintivi  dei  magistrati  Svizzeri. 

I  magistrati  di  Zurigo,  di  Basilea  e  di  SciafFusa  hanno  con- 
servate le  loro  vesti  nere  al  par  dei  ministri  della  religione,  ed  i 
loro  collari  increspati  alla  foggia  di  quelli  degli  Spaguuoli.  Ma 
quando  appajono  alle  diete  del  corpo  Elvetico  non  si  mostrano 
con  sifF;itti  distintivi.  In  Berna  i  magistrati  non  si  distinguono 
coll'abito;  ma  solo  con  un  cappello  tozzo,  le  cui  estremità  sono  ro- 
tonde ed  adorne  di  frangie  in  quelli  usati  dai  membri  del  con- 
siglio dei  Dugrnto.  Il  presidente,  o  Wf  cover  porta  sul  suo  abi- 
to una  specie  di  eotta  assai  corta  fatta  seeondo  un'  antichissima 
usanza.  Negli  altri  Cantoni  i  senatori  si  lasciano  crescere  le  chio- 
me lunghissime,  o  portano  parrucche  somiglianti  a  quelle  dei  Par- 
lamentarj  di  Francia  ;  sono  vestiti  di  nero  ;  ed  hanno  collari  più 
o  meno  lunghi.  Dappertutto  i  magistrati  si  cingono  della  spada  , 
per  segno  del  carattere  di  sovranità  annesso  alla  loro  carica  (2). 
Base  della  Confederazione  Elvetica. 

La  Confederazione  Elvetica  posava  sul  trattato  di  Sempach  , 

(1)   Tableaux  de  la  Suiss.  Tom.V.  pag.     563   e  geg. 

(a)  Tableaux  de  la  Suiss..  Voi.  Vili,  pag.  485. 


C}4  GOVERNO    B    LEOGI 

sn  quello  di  Stanz ,  e  sul  terzo  di  Arau  conchiuso  fra  i  Cantoni 
Protestanti  e  Cattolici.  Da  un  accurato  esame  di  questi  trattati  si 
deduce ,  che  la  Confederazione  era  un'  alleanza  difensiva  perpe- 
tua contratta  dai  tredici  Cantoni,  che  si  obbligarono  a  difendersi 
a  vicenda  con  tutte  le  loro  forze  unite  contro  ogni  straniero  ne- 
mico; onde  se  alcuno  dei  membri  dell'unione  era  assaltato,  avea 
diritto  di  esigere  soccorsi  da  tutti  i  confederati ,  che  doveano  dare 
un  dato  numero  di  truppe  (i).  Sembra  però  dagli  accordi  stipu- 
lati coi  cinque  ultimi  Cantoni,  che  essi  non  godessero  delle  pre- 
rogative medesime  dei  primi  otto,  giacché  questi  ultimi  si  riser- 
varono il  diritto  di  chiedere  in  caso  di  guerra  soccorso  dagli  altri 
stati  ,  senza  partecipare  ad  essi  i  motivi,  che  li  indussero  a  bran- 
dire le  armi  :  mentre  i  primi  non  poteano  cominciare  le  ostilità 
senza  il  consenso  dei  confederati;  e  se  il  nemico  chiedeva  la  pace, 
essi  si  doveano  assoggettare  all'  arbitrio  degli  otto  antichi  Canto- 
ni j  né  ad  essi  era  lecito  il  prender  parte  alle  discordie  ed  alle 
guerre,  che  fra  loro  insorgevano.  Nel  trattato  di  Stantz  si  con- 
venne che  in  caso  di  ribellione  i  magistrati  di  un  Cantone  fossero 
soccorsi  dalle  forze  militari  degli  altri;  questo  patto  venne  fermato 
per  prevenire  le  fazioni  ed  i  tumulti  interni.  Tanta  è  la  distin- 
zione e  l'indipendenza  reciproca  degli  stati  Svizzeri,  che  l'uno  può 
impedire  il  corso  delle  Monete  degli  altri  nel  suo  territorio  (2). 
Medaglia  Rappresentante  gli  stati  confederati. 

Noi  presentiamo  nella  Tavola  i3  num.  a,  una  medaglia  d'ar- 
gento indorato  rappresentante  i  tredici  Cantoni ,  e  gli  alleati  del 
corpo  Elvetico.  Essa  fu  coniata  verso  l'anno  millecinquecento  tren- 
tasei: si  scorge  una  mano  stretta,  simbolo  dell'unione,  che  tiene 
una  fascia  sulla  quale  si  leggono  i  numeri  di  preminenza  dei  varj 
Cantoni ,  di  cui  si  scorgono  gli  stemmi ,  e  sopra  di  essi  se  ne  leg- 
gono i  nomi.  Nel  rovescio  stanno  scritte  in  una  croce  le  seguenti 
parole:  si  Deus  nobiscum ,  quis  contra  nosì  ed  intorno  si  leg- 
gono i  nomi  degli  alleati  vicini  ai  rispettivi  loro  stemmi  (7>). 

fi)  Il  Coxe  nella  sua  Lett.  XXXIII.  ha  notati  alcuni  errori,  intomo 
alla  Confederazione,  che  si  leggono  nel  Diritto  Pubblico  deli' Europa  del- 
l' Abate  Mably,  e  nellJ  Enciclopedia. 

(2)  Tableaux  de  la  Suiss.  Tom.  V.  pag.  420-  Droit  public  d*  la  Suiss. 
Leu.  Droit  Mimici  pai  des  Etats  Helvetiques.  Zurich,  1 746.  Introduci.  Fon- 
damentale a  l'Hist.  de  la  Consti t.  Federative  des  Suiss.  Baie,   1  72 1. 

(3)  Questa  medaglia  è  tratta  dalla  Tavola  V.  de\V Atlante    di  Zurlauben. 


DELLA  SVIZZERA.  <)5 

Diete  generali  e  particolari. 

I  pubblici  affari  del  corpo  Elvetico  sono  discussi  nello  varie 
diete;  le  quali  sono  generali,  se  composte  dai  deputati  dei  Can- 
toni e  degli  alleali:  e  particolari,  se  non  vi  entrano,  che  i  mem- 
bri di  alcuni  degli  stali.  Tali  sono  le  diete  dei  Cantoni  Prote- 
statiti di  Glaris,  d'Appenzell,  delle  città  di  S.  Gallo,  di  Bienne 
e  di  Malhausen,  che  si  chiamano  Conferenze  Evangeliche  $  t  «li 
quelle  de' Cantoni  Cattolici,  in  cui  sono  ammessi  i  deputali  del 
Nallesc,  dell'Abate  di  S.  Gallo,  e  dei  Cattolici  di  Glaris  e  di 
Appenzell:  esse  sono  distinte  dal  nome  di  alleanza  d'oro.  Una 
volta  Tanno  si  raduna  la  dieta  generale  ordinaria  ,  che  dura  per 
un  intero  mese:  essa  è  altresì  convocata  straordinariamente  quando 
impreveduti  bisogni  il  richieggono.  Il  Cantone  di  Zurigo  suole  in- 
dicare il  tempo  ed  il  luogo  dell'assemblea  con  una  lettera  circo- 
lare: il  deputato  Zurighese  vi  presiede,  a  meno  che  la  dieta  non 
sia  rannata  in  un  luogo  appartenente  ad  un  altro  Cantone;  nel 
qua]  caso  il  deputato  del  Cantone  in  cui  si  tiene  la  dieta  ,  ne  ò 
il  presidente.  Un  tempo  essa  si  assembrava  in  Bade  ,  ma  dopo  la 
pace  del  17 12  le  diete  si  convocarono  in  Frauenll'eld  nella  Tur- 
govia  (1). 
Pregi  e  difetti  della  Confederazione  Elvetica. 

Né  si  parlò  giammai  né  si  scrisse  tanto  sui  pregi,  o  sui  di- 
fetti dell'  Elvetica  Confederazione  quanto  nel  passato  secolo.  Al- 
cuni autori  pieni  di  entusiasmo  per  la  democrazia  ,  fecero  pom- 
posi elogi  della  Svizzera  :  e  pareva  in  ascoltandoli  che  lutto  fosse 
perfetto  nelle  sue  repubbliche;  e  che  l'innocenza  e  la  felicità  dei 
prischi  tempi  regnassero  ancora  in  tutta  la  sua  purezza  nella  pa- 
tria di  Guglielmo  Teli.  Altri  all'opposto  non  trovavano  che  abusi 
in  questa  stessa  Elvetiva  repubblica.  Essa  non  era  (  cosi  la  discor- 
revano) che  un  confuso  e  bizz.rro  accozzamento  di  popoli  diffe- 
renti e  disuguali,  collocati  piuttosto  dal  caso  l'uno  presso  l'altro, 
che  nou  uniti  veramente  fra  loro  ,  una  Confederazione  senta  le- 
gami ,  senza  metodo  ,  senza  principj.  Nel  seno  di  questi  diversi 
slati  essi  non  iscorgevano  che  affezioni  municipali,  ma  nessun  a- 
more  di  patria  comune.  Questo  sentimento  trovavasi  soffocato  sotto 

(1)  Coxe.  Leti.  XXIII.  Simler  de   la  Répub.des  Suist.  Liv.  I.  Gilles  de 

Tscoudi.  Chi  on.  de  Suiti.  Tom.  I.  Dici,  de  la  Suiti.  Corpi  Ilei  veti  a  uè.  Varj 
trattati  fra  i   Caiitoui  del   Corpo  Diplomatico  di   Duruout. 


t)6"  GOVEBPIO    E    LEGGI 

un  grave  ammasso  di  privilegi  esclusivi,  di  cittadinanze,  di  corpo- 
razioni, di  prerogative  di  famiglie,  di  classi,  di  comuni  Sovrani 
d'altri  comuni.  Le  diete  generali  erano  quasi  tutte  assorte  nei  loro 
maneggi  ,  e  si  curavano  soltanto  di  particolari  interessi.  Il  Malici 
dopo  aver  riferito  il  bene  ,  che  si  disse  della  Svizzera  dagli  uni , 
ed  il  male  che  si  scrisse  dagli  altri  ,  tentò  di  delincare  un  qua- 
dro più  fedele  di  questo  governo.  Era  ,  dice  egli ,  la  Confedera- 
zinne  Elvetica  un'opera  imperfetta  e  difettosa  ,  e  per  conoscerne 
le  cagioni  bisogna  ricordarsi  degli  avvenimenti  ,  che  le  avean  dato 
origine.  Non  era  mai  stata  uè  avrebbe  potuto  mai  essere  1'  opera 
di  un  sistema  politico,  di  un  governo  nazionale  ponderato,  né 
manco  una  società  uniforme  ed  eguale.  Il  vincolo  comune  dei 
Cantoni  restringevasi  ad  una  promessa  di  difendersi  reciprocamen- 
te ;  di  sottoporre  le  contese  che  potessero  nascere  fra  loro  al  giu- 
dizio dei  Cantoni  neutrali  5  e  di  non  collegarsi  cogli  altri  stati  se 
non  dopo  il  mutuo  assenso:  il  qual  obbligo  fu  più  volte  posto  in 
©bblio.  Ma  una  tale  Confederazione  non  aveva  erario  pubblico; 
non  entrate  sue  proprie  ;  non  modo  alcuno  di  procacciarsi  dana- 
io; non  capi  disposti  a  raccogliere  i  soldati,  ed  a  comandare  ad 
essi.  Alcuni  Cantoni  riposavano  sicuri,  e  forse  con  soverchia  fi- 
danza sulle  proprie  forze  ,  sulle  barriere  ,  con  cui  la  natura  aveali 
circondati  :  tutta  la  nazione,  dicevasi,  è  troppo  esperta  nella  guerra, 
troppo  valorosa  per  poter  esser  disprezzata  ;  troppo  piccola ,  troppo 
povera  per  destare  l'invidia  in  altrui;  reputata  invitta  quando  difende 
la  sua  libertà  perchè  abbia  nulla  a  temere.  Si  conosce  d'  altronde 
dall'universale,  che  essa  non  nutre  disegni  ambiziosi,  che  è  scevra 
di  cdj  ,  priva  d'inquietudini;  che  non  merita,  nò  riceve  da'suoi 
vicini  che  contrassegni  di  benevolenza  e  di  stima  :  che  essa  può, 
che  essa  deve  ancora  riposarsi  tranquilla  ,  e  coli'  intera  confidenza 
suli'  affetto  di  un  alleato  già  di  trent'  anni  (  la  Francia  ),  e  ri- 
guardare finalmente  qual  cosa  impossibile,  che  in  questo  secolo  di 
cognizioni  e  di  filosofia,  quest'alleato  voglia  senza  interesse,  od 
anzi  contro  al  suo  interesse  medesimo  ,  bruttare  la  propria  gloria 
con  una  ingiusta  e  non  meritata  aggressione  (1). 
Scioglitìieitlo  della  Confederazione. 

Ma    la  Francia    appunto ,  quella    alleata ,    in   cui    gli  Svizzeri 

(1)  Vedi  il  cap.  3    della  Part.  IV.  della  sloria  del  Malici,  che  lui   per  titolo 
Stato  generala  dalia  Svizzera  sul  finire  dall'  ultimo  secolo. 


drllà  svizzera.  gy 

riposta  iveano  la  loro  fiducia  fu  causa  della  rovina  della  lor 
Confederazione.  Scoppiata  la  rivoluzione  Francese  ,  i  Cantoni  se- 
ne stettero  a  rimirarla  con  muto  stupore,  anzi  con  indolenza;  e 
Ginevra  venne  occupala  a  viva  forza  dai  soldati  Francesi  ai  i5 
di  aprile  del  1798;  ed  essa,  come  dice  il  Mallet ,  non  avrebbe 
dovuto  aspettarsi  giammai,  che  la  propria  libertà,  difesa  per  si 
lungo  tempo  dai  Monarchi  della  Francia,  cadesse  preda  della 
Francia  repubblicana.  Berna  oppose  resistenza  valida  sì  ,  ma  tar- 
da ;  essa  cadde  vittima  della  forza  e  degli  scallrimenti  del  Gene- 
rale Brune;  e  cessò  di  esistere  come  stato  questa  città,  chiamala 
il  più  prezioso  giojello  della  corona  dei  Confederati  Elvetici- 
celebre  per  la  sua  saggia  politica,  per  uomini  sommi  che  essa 
ebbe  nelle  scienze  militari  e  politiche  ,  ed  illustre  pel  suo  vaio- 
re  (.). 
Stato  della  Svizzera  dai  1 7<)8   al  1802. 

Dal   1798  ,  in  cui  cessò  all'intuito  la  Eluetica  Confederazione 
fino  al    1802   la  Svizzera    andò    soggetta   a  quelle    varie  e  funeste 
vicende ,  che    sogliono    esser    la    conseguenza    delle    rivoluzioni.   I 
Francesi  unirono  diversi  stati  della  parte  meridionale  per  formarne 
una  repubblica   che  essi  chiamarono  Rodania  o  liodanica.  «  La 
Rodania  (  diceva  il  Generale  Brune  in  un  suo    bando  )  è  com- 
porta di  cinque  (/anioni;    i.°  il  Lemano  ,  già  prima  paese  di  Vaud 
coi  quattro  Mandamenti \    capo-luogo    Losanna:  a.°  Sarina  e  Bro- 
ye,  già  prima  Cantone  di   Friburgo,  e  paesi  di    Morat  e  di    \y- 
dau  ;  capo-luogo  inlcrinalmente  Payerna  :  3.°  l'Oberland,  capo-luogo 
'Unni:   4"  il    Vallese,  capoluogo  Sion:   5.°  il  Ticino,  già  prima 
baliaggi  Italiani,  capo-luogo  Locamo  (2)  ».  Questa  repubblica  noti 
ebbe  vila  che  per  soli  sclte  giorni,  computando  da  quello  in  cui 
emanatasi  il  decreto  del    Generale    all'altro  in  cui  venne  abolito 
dal   medesimo    con    una    lettera     indiritta   ai  Cantoni.    Si  pubblica 
bentosto   un'  altra   divisione  del   territorio    Elvetico   in  Cantoni  ,  in 
distretti j  in  Comuni  ed  in  quartieri  di  grandi  Comuni.  «  La  ca- 
pitale della  repubblica  Elvetica   verta    stabilita  dal  consiglio  legi- 
slativo; in  via   temporanea  lo  sarà   il  Comune  di  Lucerna.  Le:  Le- 

f\)  Mallet  Hist.  dei  Suiti.  Part.IV.  chap.  \. 

(2)  La  proclamazione  del  Generalo  Brune  e  datala  dal  quartiere  generale  di 
Berna  26  ventoso  anno  VI.  della  repubblica. 

Con.  dell'  Europa  Voi.  IX.  y 


f)8  GOVERNO    E    LEGGI 

glie  Grigie  sono  invitate  ad  unirsi  alla  Svizzera  ed  a  formar  parte 
di  essa;  e  se  rispondono  favorevolmente  a  quest'invito,  i  Cantoni 
saranno  intanto  in  numero  di  ventidue  cioè:  il  Vallese;  il  Lema- 
no  ;  Friburgo  ;  Berna;  Soletta;  Basilea;  Argovia;  Lucerna;  Un- 
derwalde;  Uri;  Bellinzona;  Lugano;  Rezia  o  Grigioni;  Sargans  ; 
Glaris  ;  Appenzell  ;  Turgovia  ;  S.  Gallo;  Sciaffusa  ;  Zurigo;  Zug; 
Schwitz  (i)  *>.  Anche  questo  nuovo  governo  durò  poco  tempo, 
e  venne  abolito  nel  1801.  Il  nuovo  Governo  Provvisorio  ebbe 
l'incarico  di  proporre  una  nuova  divisione  e  nuove  leggi:  esso  il 
fece  col  progetto  del  28  maggio  1801.  Ma  essendo  insorte  alcune 
contese  intorno  al  medesimo  si  proposero  alcune  modificazioni,  e 
l'ultimo  progetto  fu  accettato  dall'assemblea  dei  Notabili  nel 
maggio  del  1802.  Lungo  sarebbe  l'enumerare  le  dispute,  le  dif- 
ficoltà, il  malcontento,  cui  questo  nuovo  ordine  di  politiche  cose 
diede  origine;  e  che  si  può  dedurre  dai  documenti,  che  si  leg- 
gono nella  prima  Appendice  della  storia  del  Maìlet.  Intanto  le 
città  di  Ginevra,  di  Bienne,  di  Mulhaushen,  e  la  parte  Elvetica 
del  "Vescovato  di  Basilea  erano  inghiottite  dalla  vasta  voragine  della 
repubblica  Francese  (2)  e  solo  si  sottrassero  al  dominio  della 
Francia,  allorquando  gli  ultimi  strepitosi  avvenimenti  politici  ri- 
condussero nel!  Europa  il   primiero  ordine. 


A  B  T 


MILITARE. 


Ordini  militari  introdotti  dagli  Svizzeri. 


I 


1  Machiavelli  ed  il  Robertson  considerano  gli  Svizzeri  come  i 
padri  della  moderna  arte  militare.  Nelle  lunghe  e  sanguinose  guer- 
re, che  essi  ebbero  a  sostenere  per  difendere  la  loro  indipen- 
denza ,  dovendo  essi  combattere  contro  eserciti  formali  da  cava- 
lieri coperti  da  una  pesante  armatura,  s'accorsero  che  la  loro 
povertà  ,  e  il  piccolo  uumero  di  gentiluomini ,  che  risiedevano  nel 

(1)  Chi  avesse  vaghezza  di  conoscere  più  minutamente  questo  nuovo 
governo  della  Svizzera  ne  legga  i  varj  titoli  nella  prima  Appendice  alla  Siuria 
del  Maìlet. 

(a;  Géogr.  Univ.  Tom.  Vili.  pag.  2. 


DEGLI   SVIZZERI  99 

loro  paese,  allora  sterile  ed  inculto  non  permettevano    ad  essi  di 
levare  e  mantenere  una   cavalleria    capace  di    far    fronte  a  quella 
dell' inimico.    Riposero  pertanto   ogni  fiducia  nell'infanteria  ;  e  per 
metterla     in    istato  di  sostenere  l'impeto  de' cavalli,  diedero  ai  loro 
fanti  per  armi  offensive  lunghe  lance,  alabarde  e  spade  assai  pesan- 
ti (i).   ti   Panni  bene,  dice  il  Segretario  Fiorentino,  ragionare  del 
modo  dell'armare  presente.  Hanno  i  fanti  per  loro  difesa  un  petto  di 
ferro ,    e  per  offesa  una  lancia  nove  braccia   lunga ,  la  (piale  chia- 
mano  picca ,  con  una  spada   al  fiauco ,  piuttosto  tonda  nella  punta 
che  acuta.  Questo  è  l'armare  ordinario  delle  fanterie  d'oggi,  per- 
chè pochi   ne  sono,  che  abbiano  armate    le  schiene  e  le  braccia, 
ninno  il  capoj  e  que'  pochi    portano    in    cambio   di  picca  un'ala- 
barda,  l'asta,  la   quale,  come  sapete,  è  lunga   tre  braccia,   ed  ha 
il   ferro    ritratto    come    una    scure.    Hanno  tra  loro  scoppettieri ,  i 
quali  con   l'impeto  del  fuoco  fanno  quell'ufficio,  che  facevano  an- 
ticamente i   funditori  ed  i  balestrieri.  Questo  modo  dell'armare  fu 
trovato  da' popoli  Tedeschi,   massime  dagli  Svizzeri,  i  quali  sondo 
poveri  ,  e  volendo  vivere  liberi ,  erano  e  sono  necessitati  combat- 
tere con  l'ambizione    de' Principi  della  Magna,  i  quali  per  essere 
ricchi  potevano    nutrire    cavalli ,  il   che    non  potevano  fare  quelli 
popoli  per  la  povertà;  onde  ne  nacque  che  essendo  a  piò,  volen- 
dosi difendere  da' nemici,  che  erano    a   cavallo,  convenne  loro  ri- 
cercare degli  antichi   ordini,  e  trovare  armi,  che    dalla  furia  dei 
cavalli  li   difendessero.  Questa  necessità  ha   fatto  o  mantenere,  o 
ritrovare  a    costoro    gli    antichi    ordini,  senza  i  quali,  come  cia- 
scuno prudente  afferma,  la  fanteria  è   al   tutto  inutile,  presero  per- 
tanto per  arme  le  picche  ,  armi  utilissime  non  solamente  a  soste- 
nere i   cavalli  ,   ma  a  vincerli.  E   hanno  per  virtù  di  queste  armi, 
e   di  questi  ordini  presa  i  Tedeschi   tanta  audacia  ,  che  quindici , 
o  ventimila  di  loro  assalterebbero  ogni  gran  numero  di  cavalli,  e 
di  questo  da  Acnticinque    anni  in    qua    se  ne    sono    vedute  espe- 
rienze assai.   E  sono  stati   tanto   polenti   gli  esempj  della  virtù  loro 
fondata  in    su  queste    armi  e    questi   ordini  ,  che  ,  poi    che  il   Re 
Carlo   passò   in    Italia    ogni    nazione    gli    ha    imitati:  tanto  che   gli 
eserciti  Spagnuoli  sono  divenuti  in  una  grandissima  riputazione  (2)  ». 

CO  Robertson.  Hist.  de  Charles  V.  Intrcxl.  seri.  II.  \  1. 
(a)  Machiavelli,   dtlC  arte  della  C.ucrra,  Lil>.  11. 


1  no  ARTE  MILITARE 

Arnoldo  di  Winhelried. 

Fra  i  primi  e  più  celebrati  guerrieri  della  Svizzera  noi  pre- 
sentiamo Arnoldo  di  Winkelried  ,  che  procurò  la  vittoria  a' suoi 
commilitoni  nella  battaglia  di  Sempacli.  Gli  Svizzeri  non  aveano 
giammai  potuto  rompere  la  nemica  falange  ,  ed  erano  in  pericolo 
di  essere  circondati.  In  questo  terribile  istante  Arnoldo  di  Win- 
kelried  ,  Cavaliere  del  Cantone  di  Undenvald  esce  dalla  schiera  e 
sclama:  io  romperò  questa  linea;  cari  concittadini  e  confede- 
rati ,  abbiale  cura  della  mia  moglie  e  de'  mici  figliuoli.  Lan- 
ciandosi addosso  alle  schiere  nemiche  afferrò  tante  lancie  quante 
né  potè  abbracciare  ;  e  mentre  esse  gli  trafiggevano  il  petto  egli 
seco  trascinò  in  cadendo  coloro  che  le  impugnavano.  I  suoi  con- 
cittadini si  avanzarono  allora  sopra  il  suo  corpo  spirante  $  pe- 
netrarono nell'intervallo  formato  da  Arnoldo,  ruppero  la  linea, 
disordinarono  la  falange,  e  riportarono  una  piena  vittoria  (i). 
Noi  presentiamo  questo  famoso  guerriero  ne!l"  atto  di  abbracciar 
le  lancie  ;  egli  ha  la  testa  coperta  dall'  elmo  adorno  di  alcune 
piume  ;  le  mani  involte  nei  guanti  ;  il  corpo  difeso  da  un  giaco, 
che  sembra  fatto  a  spire  :  ha  posto  un  ginocchio  in  terra  per 
potere  con  maggior  forza  trarre  a  se  le  ostili  aste.  Vedi  la  Ta- 
vola 14  (2). 
Vittoria  di  Morat. 

La  battaglia  di  Morat  vinta  dagli  Svizzeri  nel  1476  contro 
Carlo  il  Temerario  accrebbe  sommamente  la  loro  militare  cele- 
brità j  onde  venne  eternata  con  un  monumento  da  loro  eretto. 
Esso  ò  un  edificio  di  forma  quadra,  in  cui  si  deposero  le  ossa 
dei  Borgognoni  uccisi  in  quella  giornata,  e  durante  l'assedio,  Q 
su  cui  si  scrisse  la  seguente  epigrafe  : 

Deo.     Ont.     Max. 

Caroli  Incljti  et  Fortissimi 

Burgundiae  Ducis  Exercitus 

Muratimi   obsidens  ab  Heiveliis 

Caesiis  hoc  sui  Monumeìitwn  reliquit 

udnn,    147& 

(1)  Coxe.   ffist.  de  la  Mais.  d'Jutr.  cjiap.  IX. 

(2)  Scènes  lirèes  de  l'Hist.  de  Suiss.  quatr.  Cahier.  N.  XV.  pag.  39. 


Sur.    lo/  /\ 


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DEGLI    SVIZZERI  lOl 

Quest'epigrafe  si  legge  anche  su  di  una  medaglia  <l  argento  co» 
niata  in  memoria  dì  questo  trionfi),  sul  rovescio  della  quale  si 
scorge  la  cappella,  in  cui  si  raccolsero  le  ossa  dei  Borgognoni. 
Vedi  la  Tavola  io  num.  3.  Un  semplice  fatto  tli  questa  guerra 
degli  Svizzeri  contro  Carlo  il  Temerario  ,  dice  la  Staci ,  ci  dà  la 
più  chiara  idea  di  que' tempi  e  di  que' costumi.  Carlo  occupava 
di  già  le  alture  ,  e  reputavasi  padrone  dell'  esercito  nemico  ,  che 
credeva  accampato  nella  pianura;  tutto  ad  un  tratto,  al  levar  del 
sole  ,  scorge  gli  Svizzeri  ,  che  giusta  il  costume  dei  loro  padri  , 
si  inginocchiavano  per  invocar  prima  del  combattimento  la  prote- 
zione del  Dio  degli  eserciti.  1  Borgognoni  credettero  ,  che  essi  si 
inginocchiassero  per  abbassar  le  armi  e  chieder  perdono,  e  fecero 
risonar  l'aere  di  grida  di  trionfo  ;  quando  in  un  subito  que'Cri- 
stiaui,  avvalorati  dalla  preghiera  si  rialzano,  si  scagliano  sui  ne- 
mici; e  riportano  alla  line  la  vittoria  di  cui  gli  avea  renduti 
meritevoli  la  fervida  loro  pietà  (i). 
Gli  Svizzeri  fanno  gran  confo  della  fanteria. 

laute  e  sì  segnalate  vittorie  si  doveano  al  gran  conto ,  in 
cui,  come  già  abbiamo  osservato,  gli  Svizzeri  leticano  la  (auterin, 
che  formava  il  nerbo  delle  loro  truppe.  Filippo  Visconti  Duca 
di  Milano,  dice  il  Machiavelli,  essendo  assaltato  da  diciottomila 
.Svizzeri,  mandò  loro  incontro  il  Conte  di  Carmagnola,  il  quale 
«allora  era  suo  capitano.  Costui  con  seimila  eavalli  e  pochi  ialiti 
li  andò  a  trovare ,  e  venendo  con  loro  alle  mani ,  fu  ributtato 
con  suo  danno  gravissimo.  Donde  il  Carmagnola ,  come  uomo 
prudente  ,  subito  conobbe  la  potenza  delle  armi  nemiche  ,  e  quan- 
to contro  a*  cavalli  prevalevano,  e  la  debolezza  de' cavalli  contro 
a  quelli  a  pie'  così  ordinati  ;  e  rimesse  insieme  le  sue  genti  ,  andò 
a  ritrovare  gli  Svizzeri  ,  e  come  fu  loro  propinquo  ,  fece  scendere 
da  cavallo  le  sue  genti  d'arme,  ed  in  tale  maniera  combattendo 
con  quelli  ,  tutti  fuori  che  tremila  li  ammazzò  (2). 
Battaglia  di  Melegnano  o  dai  Giganti. 

Ma  il  l'atto  d'armi  più  strepitoso  degli  Svizzeri  è  quello  di 
Melegnano,  che  fu  chiamato  la  battaglia  dei  Giganti.  Persuasi 
dal    loro   capo  il  Cardinale  Sedunense  a  combattere ,  si  accosta- 

1)  Siaci.  L'Alcm.  Pari.  IT.  chap.  29. 

(a.  Machiavelli,  dell'Arie  citila  guarà,  Lab.  II. 


102  ARTE    MILITARE 

l'ono  con  grande  ferocia  agli  alloggiamenti  dei  Francesi ,  non  re- 
stando più  di  due  ore  di  quel  giorno.  Principiarono  il  fatto  d'ar- 
me ,  assaltando  con  impeto  le  artiglierie,  e  i  ripari,  ed  urtate  e 
rotte  le  prime  squadre  se  ne  impadronirono.  Ma  facendosi  loro 
incontro  la  cavalleria,  ed  una  gran  parte  dell'esercito,  ed  il  Re 
medesimo  cinto  da  un  valoroso  squadrone  di  gentiluomini,  fu 
alquanto  raffrenato  il  loro  furore  ,  e  si  cominciò  una  ferocissima 
battaglia  ,  che  durò  insino  a  quattro  ore  della  notte  ,  essendo  già 
restati  morti  alcuni  de' capitani  Francesi  ed  il  He  medesimo  per- 
cosso da  molti  colpi  di  picche.  Allora  ,  dice  il  Guicciardini ,  non 
potendo  più  né  Y  una  nò  l' altra  parte  sostenere  le  armi  per  la 
stanchezza,  spiccatisi  senza  suono  di  trombe,  senza  comandamenti 
de' capitani  si  messero  gli  Svizzeri  ad  alloggiare  nel  campo  me- 
desimo, non  offendendo  più  l'uno  l'altro,  ma  aspettando,  come 
con  tacita  tregua  il  prossimo  sole.  Sopravvenne  il  dì ,  al  principio 
del  quale  gli  Svizzeri  disprezzatori  non  che  dell'esercito  Francese, 
ma  di  tutta  la  milizia  d'Italia  unita  insieme,  assaltarono  coll'im* 
pelo  medesimo  i  nemici  ,  dai  quali  raccolti  valorosamente  ,  ma 
con  più  prudenza  e  maggior  ordine,  erano  percossi  parte  dal- 
l' artiglierie  ,  parte  dal  saettarne  de'  guasconi  ,  assaltati  ancora 
da'  cavalli  in  modo ,  che  erano  uccisi  da  fronte  e  da'  lati.  S'  ag- 
giunge l' Alviano  che  sovraggiunto  li  assalse  colla  cavalleria  leg- 
giere a  tergo  ;  onde  gli  Svizzeri  disperati  di  poter  ottener  la  vit- 
toria, essendo  già  trascorse  molte  ore  del  giorno,  sonarono  a  rac- 
colta e  postesi  sulle  spalle  le  artiglierie ,  che  avevano  condotte 
seco  ,  voltarono  gli  squadroni ,  ritenendo  continuamente  la  solita 
ordinanza,  e  camminando  con  lento  passo  verso  Milano,  e  con 
tanto  stupore  de'  Francesi  ,  che  di  tutto  1'  esercito  niuno  nò 
de' fanti,  nò  de' cavalli  ebbe  ardire  di  seguitarli.  Affermava  il 
consentimento  comune  di  tutti  gli  uomini  non  essere  stata  per 
moltissimi  anni  in  Italia  battaglia  più  feroce,  e  spavento  maggio- 
re (i).  Questo  combattimento  venne  rappresentato  sul  Mausoleo 
di  Francesco  I  in  S.  Dionigi  in  un  basso-rilievo  del  Primaticcio 
di  Bologna.  L'artista  figurò  da  una  parte  gli  Svizzeri  non  da  al- 
tro distinti  che  dalle  celate,  e  dal  giaco  militare,  dall'altra  i 
Francesi  con  lunghe  aste:    sulle   gualdrappe    dei  cayalli  di  questi 

(i)  Guicciardini,  Storia  deli'  Italia,  Lib.  XII. 


/:„,-.  Va/.  fX. 


DF.GL1   SVIZZERI  I  o5 

ultimi  si  scorge  la   F.  iniziale  del  nome  del  Re.   Singolari  sono  gii 
stendardi ,  perchè  in  essi    si    scorgono  incrocicchiate   le    chiavi  di 
S.  Pietro.   ^  <m1ì  la  Tavola    i5. 
Gli  Svizzeri  diventano  mercenari. 

Gli  Svizzeri  sì  valenti  in  guerra  fecero  di  essa  la  loro  prin- 
cipale occupazione , e  vendettero  i  loro  servigi  ai  potentati  stranie- 
ri. Trafficare  il  sangue  dei  proprj  figliuoli  e  vendere  la  loro  vita 
per  una  scarsa  mercede,  obbligandoli  a  combattere  per  qualsivo- 
glia Principe,  e  per  qualunque  siasi  causa,  mostra  uno  spirito 
mercenario,  contro  cui  la  giustizia  e  1'  umanità  levano  indarno  il 
grido  (i).  Ma  se  così  non  facessero,  rispondono  alcuni,  la  Sviz- 
zera avrebbe  un  soverchio  numero  di  abitanti  ,  che  a  guisa  delle 
antiche  orde  del  settentrione  sarebbero  costretti  ad  emigrare  per 
vivere j  giacché  in  molti  luoghi  di  essa  non  v'ha  commercio  di 
sorta  ,  e  le  parti   montuose  di   questa   regione  non  possono    dare  i 


(i)  Il  cancelliere  dell'Inghilterra  Tom  ni  uso  Moio  nella  sua  Repubblica 
ritrovata  nel  governo  dell' isola  Utopia  parla  dell' arte  militare  degli  Sviz- 
zeri, die  egli  chiama  Zapoleti,  e  li  dipinge  come  barbarie  venali.  «  Questo 
popolo  è  lontano  dall'  Utopìa  cinquanta  miglia,  verso  oriente,  orrido,  rusti- 
cano e  feroce,  il  quale  ;d>it;i  le  .selve  dove  ancora  è  tiodrito.  Gente  dura, 
alta  a  patire  il  freddo,  il  culdo  e  la  fatica,  senza  alcuna  delicatezza}  non  si 
dà  all'agricoltura,  né  studia  come  si  vesta  o  fabbrichi;  solamente  governa 
gli  animali,  e  vive  di  cacciagioni  e  di  rapina.  Nata  al  combattere,  brama 
la  guerra  studiosamente,  offrendoli  per  mI  prezzo  a  chi  la  ricerca.  Non  ha  per 
Sostentami  nlo  della  vita  che  qucst;i  sola  arie,  con  la  quale  si  cerca  la  morte 
mi  serve  fedelissimamente,  e  virilmente  a  chi  1'  assolda,  obbligandosi  sino 
ad  un  certo  giorno,  con  patto  che  passato  quello  possa  andare  al  soldo  del 
nemico:  tuttavia  ritorna  per  poco  maggior  prezzo.  Si  fanno  poche  guerre 
che  non  vi  sia  di  questo  popolo  d*  amendue  le  parli.  Così  avviene  che  i 
pai  enti  e  gli  amici  ,  solJati  da  questa  e  da  quella  parte,  concorrano  insieme 
a  mortale  uccisione,  scordandosi  dell'amicizia  e  del  parentado,  solamente 
mossi  dal  ricevuto  stipendio,  al  quale  sì  avidamente  mirino,  che  potendo 
avere  un  danaro  di  più.  al  giorno ,  passano  alla  parte  nemica.  Tanto  sono 
immersi  nell'avarizia!  la  quale  però  non  giova  punto  ad  essi  ,  perchè  con- 
sumano a  vivere  lussuriosamente  in  breve  tempo  quanto  hanno  acquistato 
col  sangue.  Questo  popolo  serve  nella  guerra  agli  Utopiensi  conti  a  chiunque 
essi  vogliano ,  perchè  gli  danno  maggiore  stipendio ,  che  altri  possano  dar- 
gli ».  Utopia,  Lib.  II.  Ediz.  di  Vincenzo  Terrario.  Milano  i8ai. 


to4  IRTE    MILITA** 

•vìveri  sufficienti  per  una  si  numerosa  popolazione  (i).  Si  potrebbe 
però  soggiugnere,  che  invece  di  uscire  dalla  patria  per  assoldarsi 
sotto  stranieri  vessilli  sarebbe  meglio ,  ebe  si  dessero  al  com- 
mercio, il  quale  fiorirebbe  certamente  quando  fosse  con  energia 
protetto ;  l'antica  Grecia,  e  le  moderne  provincia  Unite  sono  un 
testimonio  di  quel  che  può  fare  un  popolo  industrioso  per  sup- 
plire a  ciò  die  gli  nega  un  territorio  o  troppo  angusto  od  ingrato. 

Gli  Svizzeri  notati  di  durezza. 

L'applicarsi  esclusivamente,  ebe  fecero  gli  Svizzeri  al  mestiere 
dell'armi,  tirò  sopra  di  essi  la  taccia  di  durezza;  onde  il  Guic- 
ciardini parlando  del  popolo  Pisano,  ebe  con  pianto  grandissimo 
e  con  urla  miserabili  pregna  di  non  essere  sottoposto  ai  Fioren- 
tini soggiugne  che  commosse  in  sino  a' privati  uomini  d'arme* 
insino  agli  arcieri  dell'  esercito ,  e  molti  ancora  degli  Svizze- 
ri (-2).  Comunque  però  si  vogliano  interpretare  queste  parole  dello 
storico  Italiano  ,  certo  è  che  gli  Svizzeri  fecei-o  generosi  sforzi  per- 
la causa  de' Pisani,  ed  il  supremo  comandante  Salazar  perorò  elo- 
quentemente in  lor  favore  al  cospetto  di  Carlo  Vili. 

Gli  Svizzeri  notati  d'  infedeltà  ina  a  torto. 

Il  Guicciardini  taccia  gli  Svizzeri  anche  di  infedeltà  e  di  tra- 
dimento allorquando  narra  la  miseranda  prigionia,  cui  soggiacque 
Lodovico  il  Moro  in  Novara.  Egli  narra  che  i  capitani  Svizzeri 
dell'esercito  del  Duca  erano  convenuti  occultamente  con  quelli 
che  militavano  nell'  esercito  dei  Francesi  ;  che  cominciarono  a  tu- 
multuare pigliando  per  occasione,  che  il  dì  destinato  al  pagamento 
non  si  numeravano  i  danari;  che  temendo  l'arrivo  delle  truppe 
da  Milano  non  impedisse  di  mettere  ad  esecuzione  il  tradimento 
disegnato;  operarono  che  l'esercito  Francese  si  accostasse  alle  mura. 

(1)  Anche  V  Ariosto  cauto  che  la  fame  costrinse  gii  Svizzeri  *<\  uscire 
dai  loro  paese  : 

Se  *l  dubbio  di  morir  nelle  tue  lane, 

Svizzer,  di  fame,  in  Lombardia  ti  guida, 
E  Ira  noi  cerchi  o  chi  ti  dia  del  pane, 
Q,  per  uscir  d'inopia,  chi  €  uccida  etc. 

Oriand.  caul.  XVII.  77. 

(a)  Storia  d"  Itali 'a ,  Lib.  IL 


DEGLI   SV172KRT  lo5 

eli  Novara  $  clic  ricusarono  apertamente  di  combattere,  allegando 
die  senza  permissione  dei  loro  signori  non  volevano  venire  alle 
mani  co'  parenti ,  e  'co' fratelli  proprj ,  e  con  gli  altri  della  sua 
nazione:  «  co'  quali  poco  dipoi  mescolatisi,  come  se  fossero  di  un 
esercita  medesimo,  dissero  volersi  partire  subito  per  andarsene  alle 
loro  case;  uè  potendo  il  Duca  uè  con  prieghi,  né  con  lagrime  .,  n  • 
con  infinito  promesse  piegare  la  loro  barbari  perfidia,  si  racco- 
mandò loro  efficacemente,  che  almeno  conducessero  Ini  in  luogo 
Mcuro:  ma  perchè  erano  convenuti  co' capitani  Francesi  di  par- 
tirsi, e  non  menarlo  seco,  negato  di  concedergli  la  sua  diman- 
da, consentirono  si  mescolasse  tra  essi  in  abito  d'uno  decloro 
fanti  per  istarc  alla  fortuna  ,  se  non  fosse  riconosciuto  di  salvar- 
si (i)  3>.  Ma   gli  Svizzeri  possono  essere  difesi  dall'accusa    di  tra- 

(i  ]  Guicciardini,  Storia  cV  Italia,  Lib.  V. 

Essendo  il  Guicciardini  uno  di  quegli  scrittori,  che  più  smesso  e  più  accon- 
ciamente de'  suoi  contemporanei  ha  ragionato  dogli  Svizzeri  crediamo  ne- 
cessario il  notar  qui  ciò  che  egli  dice  particolarmente  intorno  alle  loro  milizie 
ed  ai  loro  usi.  «  (.hiaudo  per  pubblico  decreto  concedono  soldati  ,  eleggono  i 
Cantoni  medesimi  tra  loro  un  capitano  generale  di  tutti  ,  ai  quale  con  le 
insegne  ed  in  nome  pubblico  si  da  la  bandiera.  Ha  l'alto  grande  il  nome  di 
questa  genie  tanto  orrida  ed  inculla,  l'unione  e  la  gloria  dell'  anni,  con  le 
quali  per  la  ferocia  naturale,  e  per  la  disciplina  dell' ordinanze,  non  sola- 
mente hanno  sempre  valorosamente  difeso  il  paese  Uno,  ina  esercitalo  fuori 
del  paese  la  milizia  con  somma  laude:  la  quale  sarebbe  stata  senza  compa- 
rasione  maggiore  se  l'avessero  esercitata  per  ['imperio  proprio  j  e  non  agli 
-Slipeuilj  e  per  propagare  F imperio  d'altri;  e  se  più  generosi  fini  avessero 
ovuli  innanzi  agli  occhi  ,  che  lo  studio  della  pecunia  ;  dall'amore  della  quale 
corrotti,  hanno  perduta  l'occasione  di  essere  formidabili  a  tutta  Italia;  perchè 
non  uscendo  del  paese,  se  non  come  soldati  mercenar]  noti  hanno  riportato 
frutto  pubblico  delle  vittorie;  assuefatti  per  la  cupidità  del  guadagno  a  essere 
negli  eserciti  con  taglie  ingorde,  e  cou  nuove  dima  ode  quasi  intollerabili 
ed  oltra  questo  nel  conversare  e  nclF  obbedire  a  chi  li  paga  molto  fasti- 
diosi e  contumaci.  In  casa  i  principali  non  si  astengono  dal  riceverà  doni 
e  pensioni  da  Principi  per  favorire  e  seguitare  nelle  consulte  le  parli  loro: 
per  il  che  refere BOOsi  le  cose  pubbliche  all'  stiliti  private,  e  fattisi  vendi- 
bili ,  e  corruttibili  son  tra  lor  medesimi  sottentrate  le  discordie  ;  donde 
cominciandosi  a  non  esser  seguitato  da  tutti  quello  ,  che  nelle  diete  ap- 
provava la  maggior  parte  de'Gantoui,  sono  ultimamente  pochi  anni  ino  ansi 
a  questo  tempo  venuti  a  manifesta  guerra  con  somma  diminuzione  della 
autorilà  ,  che  avevano  per  lutto.  Più  basse  di  queste  sono  alcune  terre  e 
villaggi,  dove  abitano  popoli  chiamati  Valicai;   pesche    abitano  nelle  valli. 


106  ARTE    MILITARE 

dimento  con  una  legge  stabilita  dai  Cantoni  e  dettata  dalla  sana 
politica  non  meno  che  dalla  umanità  ,  la  quale  prescriveva  ,  che 
i  loro  soldati  non  potessero  militare  al  servigio  di  due  potenze 
fra  di  loro  belligeranti  ,  senza  una  sanzione  della  pubblica  auto- 
rità. L'  amore  del  guadagno  ,  dice  Robertson ,  avea  qualche  volti 
fatto  dimenticar  questa  legge,  ed  erasi  tollerato,  che  alcuni  par- 
ticolari si  arrolassero  in  quello  dei  due  partiti  che  più  ad  essi 
piaceva;  il  che  per  altro  non  avveniva  sotto  le  insegne  della  re* 
pubblica  ,  ma  solo  sotto  la  bandiera  di  alcuni  particolari  capi- 
tani (i).  Del  resto  il  fatto  ci  chiarisce  abbastanza  della  fedeltà 
degli  Svizzeri,  giacché  alcuni  Monarchi  li  preferiscono  d'ordina- 
rio ai  loro  soldati,  e  ad  essi  affidano  la  guardia  delle  loro  per- 
sone. L'abito  di  queste  guardie  è  diverso  nelle  varie  corti;  l'ala- 
barda è  però  comune  a  d  esse  ;  sono  ordinariamente  coperte  da 
una  specie  di  giaco  tagliato  all'  antica  ;  e  da  larghi  calzoni  stretti 
sotto  le  ginocchia. 
Leve  ed  esercìzi  militari. 

Ogni  Svizzero  ,  sia  desso  abitatore  della  città  ,  ovvero  della 
campagna  nasce  soldato,  e  si  esercita  nelle  mosse  militari  nell'au- 
tunno principalmente  ,  e  nella  primavera.  Egli  dee  comperare  a 
sue  spese  quattro  libbre  di  piombo  e  due  di  polvere  ,  onde  sia 
sempre  provveduto  in  caso  che  riceva  l'ordine  di  marciare.  Nella 
domenica  il  trattenimento  principale  degli  abitatori  di  alcuni  Can- 
toni consiste  nel  tirare  a  segno  coli' archibugio;  nel  quale  eserci- 
zio divengono  valentissimi.  P\el  Cantone  di  Berna  poi  chiunque 
vuole  ammogliarsi  si  dee  presentare  armato  di  tutto  punto  al  mi- 
nistro colla  sua  sposa  prima  di  ricevere  la  benedizione  nuziale  per 
far  conoscere  che  egli  è  del  pari  disposto  a  difendere  la  patria  , 
ed  a  darle  nuovi  sostegni  (2).  Ciascuno  sa  quale  sia    il  suo  posto 

inferiori  molto  di  numero  e  d'autorità  pubblica  e  di  virtù,  peicbè  a  giudizio 
di  tutti  non  sono  feroci  come  gli  Svizzeri.  E  un'altra  generazione  più 
bassa  di  queste  due  ;  chiamatisi  Grigio  ni  elle  si  reggono  per  tre  Cantoni, 
e  però  detti  Signori  delle  tre  Legbe  ;  la  terra  principale  del  paese  si  dice 
Coirà;  sono  spesso  confederati  degli  Svizzeri,  e  cou  loro  insieme  vanno  albi 
guerra,  e  si  reggono  quasi  co'  medesimi  ordini  e  costumi,  anteposti  nell'ar- 
nie a' Vallesi,  ma  non  eguali  agli  Svizzeii  nò  di  numero,  né  di  virtù  ».  Guic- 
ciardini, Storia  d'Italia,  Lib.  X. 

(1)  Storia  di  Carlo  V.  Lib.  II. 

(*)   Somigliante    costumanza  è  in  vigore    auebe  nel   Toggenbourg,  ove 


DEGLI  SVIZZERI  IO7 

tanto  nella  cavalleria  ,  quanto  nell'infanteria;  o  nel  corpo  degli 
artiglieri.  Le  milizie  dei  Cantoni  Aristocratici  portano  comune- 
mente 1'  uni/orme  dei  rispettivi  loro  Sovrani;  ma  negli  stati  po- 
polari, eccettuato  Zug  ,  le  milizie  non  hanno  ancora  una  siffatta 
distinzione;  esse  sono  divise  in  reggimenti  ;  e  per  due  l'idea  di  un 
esercito  Svizzero  noteremo  qui  sotto  l'ordinanza  del  1668,  detta 
Defensionalf  colla  quale  si  determinò  il  numero  de' soldati  e 
de'pezzi  d'artiglieria,  che  ciascuno  stato  della  Confederazione  do- 
vea  dare  per  formare  un  corpo  di  dodicimila  e  novecento  uomini. 

1.  Zurigo ìfoo 

2.  Berna 2000 

3.  Lucerna 1200 

4-  Uri 4°o 

5.  Schwitz 600 

G.  Undenvald 4°° 

7.  Zug 4«o 

8.  Glaris 4oo 

C).  Basilea 400 

io.   Friburgo 800 

11.  Soletta 4©o 

12.  Sciadusa ^00 

i3.  Appenzell 600 

Alleali. 

L'  Abate  di  S.  Gallo 1000 

La  città  di   S.   Gallo 200 

Bienne 200 

Lugano /{oo 

Locamo 200 

Mendrisio I OO 

\  al   -Maggia 100 

Ufficj  Liberi  dell' Argovia 3oo 

La  Turgovia 600 

La   contea   di  Baden 200 

il  Rheinlhal 200 

Totale   12,900 

clu  vuole  ammogliarsi  dee  mostrare  al  suo  capitano  di  essere  provveduto 
di  lutto  ciò  che  è  necessario  a  marciare  al  primo  ordine.  Tab.  de  la  Suiss. 
Tom.  V.  pag.  G8;. 


108  ARTE    MILITARE 

Ogni  stato  dovea  somministrare  un  pezzo  d' artiglieria^  dietro 
una  seconda  o  terza  inchiesta  il  numero  di  dodicimila  novecento 
uomini  dovea  essere  duplicato  ,  triplicato.  Con  altri  articoli  erano 
fissati  i  luoghi  ,  in  cui  si  deveano  radunare  i  soldati  ,  il  numero 
e  le  paghe  degli  uifiziali  ,  1'  ordine  ,  la  disciplina  ,  gli  attributi  del 
consiglio  di  guerra,  e  tutto  ciò  che  spetta  ad  un  ben  ordinato 
esercito  (i). 
Arsenali. 

La  Svizzera  comprende  molti  arsenali  .  e  fra  di  essi  sono  celebri 
quelli  di  Berna  e  di  Zurigo.  L'arsenale  di  Berna  è  ampio  e  mae- 
stoso ;  contiene  le  armi  bisognevoli  ad  un  esercito  di  quaranta- 
mila uomini^  un  gran  numero  di  operajj  una  magnifica  fonderia; 
molle  antiche  armature  ;  ed  ardii  e  balestre  e  dardi.  La  polvere 
di  Berna  è  rijmtatissima  nell'Europa-,  ed  il  segreto  di  farla  è  af- 
fidato a  pochi  operaj  di  sperimentata  integrità.  In  Zurigo  si  veg- 
gono cinque  arsenali  assai  ben  provveduti  ,  ed  in  uno  di  essi  si 
scorge  la  statua  di  Guglielmo  Teli,  vestito  ed  armato  secondo  l'an- 
tico costume  Svizzero,  e  l'arco  con  cui  egli  colpi  il  pomo  posto 
sulla  testa  del  suo  figliuolo  nell'  anno  i3oy. 
Segnali  o  fanali. 

Si  appellano  nella  Svizzera  segnali  o  fanali  quei  mucchi  di 
leene  o  di  paglia  posti  sui  monti  in  vicinanza  di  una  capanna.  In 
tempo  di  guerra  all'  approssimarsi  del  nemico  si  dà  fuoco  ad  essi, 
ed  in  un  istante  si  annuncia  da  un  canto  all'  altro  della  Svizzera 
il  pericolo  da  cui  è  minacciata.  I  mucchi  di  legne  servono  a  dare 
il  segnale  nella  notte  col  mezzo  delle  fiamme,  e  quelli  di  paglia 
per  darlo  di  giorno  mediante  il  fumo  (2). 
Strumenti  musicali  della   milizia. 

I  tamburi  ed  i  pifferi  sono  i  principali  stronfienti ,  che  chia- 
mano i  soldati  Svizzeri ,  e  danno  ad  essi  il  seguo  delle  varie  mos- 
se. Ne'  Cantoni  di  Uri  e  di  Underwald  furono  sempre  in  uso  i 
corni  guerniti  d'argento:  coloro  i  quali  davano  ad  essi  fiato  nei 
secondo  Cantone  erano  chiamati  la  fiacca  ci'  Underwald ,  quelli 
del  primo  si  appellavano  il  Toro  di  Uri;  e  di  essi  si  fa  menzio- 


ni)  Tableaux  de  la  Suisse.  Tom.  V.  pag.  CJ7  e  seg.  Mallet.  Hist.  das  Suiss. 
Part.  IH.  chttp.  1 1 . 

(?J  Facsi.  Descript.  Topogr.  de  la  Suisse.  Tom.  I.  pag.  224. 


DEGLI    SVIZZERI  TOC) 

ae  nelle  battaglie  di  Graudson  ,  di  IMorat  e  di  Melcgnano  (i). 
Nell'arsenale  di  Berna  si  mostrano  due  corni  di  Uri  predati  dai 
Bernesi  nella  battaglia  di  Yilmergen  ;  ed  in  quello  di  Zurigo  ,  la 
grossa  campana   della  badìa   di  S.  Gallo. 

Canzoni  militari  e  patria. 

Si  fa  menzione  dagli  scrittori  di  alcuni  canti  militari  degli 
Svizzeri  e  di  una  canzone  acconcia  a  risvegliare  in  essi  il  patrio 
amore.  E  questa  appellata  il  Convegno  delle  bacche:  si  vietò  di 
cantarla  in  Francia  innanzi  ai  soldati  Svizzeri ,  che  erano  al  ser- 
vizio del  Ile,  perchè  destava  in  essi  una  così  viva  reminiscenza 
della  patria,  che  cadevano  in  una  profonda  malinconia,  e  diser- 
tavano. Non  mi  parve,  dice  il  Coxe  ,  di  avere  scoperto  in  (mesta 
canzone  molta  argutezza \  ma  siccome  essa  è  composta  di  sempli- 
cissime note,  così  tanto  è  più  in  uaviglioso  il  potente  effetto  ,  che 
la  sua  melodia  produce  sul  soldato  Svizzero  in  una  terra  straniera. 
Nulla  ,  per  dire  il  vero  ,  richiama  più  vivamente  gli  istanti  pia- 
cevoli della  nostra  infanzia  (pianto  una  canzone,  che  si  cantava 
co'  nostri  primi  e  più  cari  compagni  :  ed  in  simile  occasione  una 
lunga  serie  di  idee  ricorre  alla  nostra  mente,  e  ci  commove  (man- 
do  non   ci   manchi   un'anima   sensibile  (?.). 

Guarnigioni  e  fortificazioni. 

Le  citta  di  Berna,  di  Zurigo,  di  Lucerna,  di  Basilea  e  di  So- 
li ita  stabilirono  di  mantenere  cinquanta  0  cento  guardie  ,  che  cu- 
stodissero le  porte.  Le  città  della  Svizzera  perù,  quantunque  sieno 
ben  fortificate  hanno  il  difetto  di  essere,  ordinariamente  parlan- 
do, dominate  dalle  alture.  Prima  dell"  invenzione  della  polvere 
si  soleva  fabbricare  alle  falde  dei  monti  ,  o  sulle  rive  dei  laghi 
e  dei  fiumi.  Gli  stranieri  sogliono  ammirare  1'  eleganza  delle  for- 
tificazioni di  Soletta:  un  ingegnere  Francese,  il  signor  Chevalier, 
ne  diede  il  disegno  verso  la  Gne  del  secolo  X\  11.1  bastioni  sono 
cinti  da  profonde  fosse,  e  costruiti  con  grosse  pietre,  alcune 
delle  quali   hanno  dieci   piedi   di    lunghezza  e  quattro  di   larghez- 

(i  Hist.  mililaire  des  Sui$s>  au  serrice  ile  la  l'i  nuca  pur  le  Baron  de 
Zialaubc/i.  Tom.  IV.  pag.  470. 

^2)  Coxe  Leti.  XXVI.  Si  fecero  molli  discorsi  intorno  ad  un'  aria  cantata 
nelle  valli  delle  Alpi,  dice  la  Staci  ,  e  <la  cui  gli  Svizzeri  ricevevano  una 
così  gagliarda  impressione,  clic  abbandonavano  Dell'udirla*!  reggimenti  loro 
per  far  ritorno  alla  patria.  Alan.  Pari.  I.  cliap.  20. 


HO  ARTE    MU.ITARK 

za.  Si  censurano  per*'»  le  fosse  come  quelle  che  sono  troppo  stret- 
te (1).  Anche  Ginevra  accrebbe  le  sue  fortificazioni  dopo  il  ten- 
tativo fatto  dal  Duca  di  Savoja  per  darle  la  scalata.  All'  estremità 
del  borgo  de  Four  si  sollevano  le  fortificazioni ,  che  formano  il 
recinto  della  città  da  questo  lato ,  cominciano  al  lago  ,  e  si  pro- 
tendono infino  al  Rodano  :  il  bastione  di  Cornevin  ,  o  Cornarvi 
è  il  più  alto,  e  quivi  v'  avea  la  parte  più  debole  dal  lato  della 
Savoja  prima  delle  costruzioni  che  vi  si  fecero  dopo  il  1720  ,  i 
sotterranei  delle  quali  sono  veramente  magnifici.  La  guarnigione 
ordinaria  di  Ginevra  in  tempo  di  pace  era  ordinariamente  di  milie 
uomini  ben  agguerriti.  Il  sindaco  della  guardia  avea  il  comando 
sovra  tutte  le  truppe  della  repubblica  ed  era  presidente  della  ca- 
mera delle  fortificazioni  (2). 


Rel  16  I  O  II  e. 


si  mica  religione  degli  Elvezj. 


R 


.agionando  dell'antico  governo  degli  Elvezj  abbiamo  fatta  men- 
zione dei  Druidi  ;  onde  si  crede  comunemente  ,  che  essi  abbrac- 
ciata avessero  la  religione  dei  Galli ,  della  quale  parleremo  nel 
costume  di  questo  popolo.  I  Romani  introdussero  poscia  nella 
Svizzera  le  loro  Divinità  ,  come  adoperar  solevano  colle  provincie 
conquistate  alle  quali  facevano  adottare  non  solo  le  loro  leggi  ed 
il  loro  governo,  ma  anche  la  lingua,  la  religione,  gli  usi,  per 
dare  cosi  all'universo  conquistato  l'aspetto  di  uua  sola  e  vasta  fa- 
miglia. 
Cristianesimo. 

La  luce  del  Cristianesimo  illuminò  bentosto  anco  gli  scogli 
dell'  Elvezia  ,  ed  il  sangue  dei  martiri  rendette  testimonio  al  \  an- 
gelo nelle  sue  città  e  nelle    sue  valli. 

(i)   Tableaux  de  la  Suisse.  Tom.  V.  N.°  XLI.  JHilice.  Arsenaux,  Signtttix. 
Fuesslio.  Descript.  Topograpìnque  de  Li    Suisse. 
(•a)  Lbid.  pag.  Gy7   e  seguenti. 


DEGLI   SVIZZERI  I  i  £ 

Concil]  di  Costanza  e  dì  Basilea. 

Questa  parto  della  Cristianità  fa  rcnduta  celebre  da  due  con- 
ci]) ,  ne' quali  si  tentò  di  riformare  la  chiesa  nel  suo  capo  e  nelle 
sue  membra.  L'Imperatore  Sigismondo  per  impor  termine  allo 
scisma,  che  lacerava  il  seno  della  chiesa  convocò  una  generale 
assemblea  in  Costanza,  città  posta  sui  confini  della  Svizzera,  e 
riguardata  come  il  centro  della  Cristianità.  Situata  Costanza  in  una 
ridente  e  fertile  contrada,  sulle  sponde  d'uno  de' più  grandi  e 
più  bei  laghi  dell'  Europa  ,  univa  anche  il  vantaggio  di  trovarsi 
sulle  frontiere  dell'  Allemagua  e  dell'  Italia  senza  essere  lontana 
dalla  Francia.  11  concilio  che  adnnossi  in  questa  città  nell'anno 
i  |i  j  fu  la  più  solenne  adunanza,  di  cui  si  fosse  fino  a  quei 
giorni  udito  favellare  •  giacché  in  essa  si  vedevano  raccolti  diciot- 
tomila  fra  Cardinali,  Vescovi,  Abati,  preti,  dottori,  ed  un  gran 
numero  di  Principi  o  signori  accompagnati  da  un'immensa  mol- 
titudine di  cavalieri,  di  scudieri,  di  servi  d'ogni  grado,  che  an- 
davano a  gara  ricoprendosi  d'abili,  d'armature  e  di  arnesi  ma- 
gnificentissimi.  Ma  la  intolleranza  fu  portala  in  trionfo  durante 
questo  concilio,  che  fece  innalzare  gli  ardenti  roghi,  ne' quali 
vennero  arsi  Giovanni  Gus  ,  e  Gerolamo  da  Praga,  ad  onta  del- 
l' imperiale  salvocondotto  ,  all'  ombra  del  quale  essi  riposavano  si* 
curi.  Ma  sulle  ceneri  però  dei  due  sventurati  Boemi  non  surse  già 
l'edilizio  della  pace  della  chiesa:  un  nuovo  concilio  venne  adu- 
nato per  impor  termine  alle  discordie,  ed  esso  pure  si  convocò 
in  una  città  della  Svizzera,  cioè  in  Basilea*  e  quivi  sedette  per 
dodici  anni-  ed  il  suo  Borgomastro  De-Ramstein,  ed  i  suoi  magi- 
strati mostrarono  altrettanta  fermezza  per  proteggerlo  ,  (pianta  sa- 
pienza nel  mantenere  V  ordine  e  la  tranquillità  nella  città  durante 
que' tempi  assai  burrascosi  (i). 
Riforma  di  Zuinglio. 

L  abuso  delle  indulgenze  ed  alenili  altri  disordini  diedero  a 
Zuinglio  occasione  d'introdurre  nella  Svizzera  una  riforma  reli- 
giosa nell'epoca  medesima  in  cui  Lutero  faceva  lo  stesso  nella 
Germania.  I  Irico  Zuinglio  (  Zwingle  )  era  nato,  correndo  l'anno 
i  j8  j ,  in   Wildhausen  nel  Toggenbourg  ,  ed  avea  percorsa  la  car- 

(i)  M.illct.  Hist.  des   Suiss.  Pari.  I.  chap.  io'  e    17.  Lenfanl  llist.  ile  Con- 
cile de  Buie. 


ira  religione. 

riera  degli  studi  di  Berna,  in  Vienna,  e  nell'università  di  Basilea-, 
la  sola  che  yi  avesse  allora  nella  Svizzera.  Fu  eletto  parroco  in 
Glaris  nel  i5i6,  e  poscia  protetto  dall'Abate,  e  dall'ammini- 
stratore della  celebre  abbadia  di  Nostra  Donna  degli  Eremiti; 
ossia  di  Einsiedlen ,  ottenne  la  direzione  della  parrocchia  della 
medesima,  ove  si  diede  a  declamare  coatra  lo  scandaloso  commer- 
cio delle  indulgenze.  Egli  era  ,  al  dire  di  Mons.  Bossuet,  uomo 
ardito  ,  ed  avea  maggior  fuoco  che  sapere  :  i  suoi  discorsi  erano 
chiarissimi ,  e  nessuno  dei  pretesi  riformatori  ha  giammai  espressi 
i  suoi  pensieri  in  modo  più  preciso  ,  più  uniforme  ,  più  continua- 
to ^  ma  nessuno  altresì  li  ha  spinti  più  oltre,  né  con  tanto  ardi- 
mento (i).  Ottenne  Zuinglio  che  non  fosse  ammesso  in  Zurigo  il 
Frate  Sansone,  che  si  diceva  mercanteggiare  le  indulgenze  j  e 
dalle  dottrine,  che  riguardavano  quest'abuso  passò  a  turbar  la 
chiesa  con  altri  errori,  che  trovavano  appianata  la  via  dai  libri 
di  Lutero,  che  ovunque  si  diffondevano  mercè  i  tipi  del  celebre 
Frobenio  di  Basilea. 
JELcolampadio. 

Fra  i  settatori  di  Zuinglio,  il  più  celebre  fu  l'IIauschein  na- 
tivo di  Basilea,  che  giusta  il  costume  di  que'  tempi  assunse  il 
nome  di  Oecolampades.  Egli  era  però  più  moderato  e  più  dotto 
del  riformatore  Zurighese  ;  e  se  Zuinglio  nella  sua  veemenza  parve 
un  altro  Lutero ,  Ecolampadio  rassomigliava  di  più  a  Melantone, 
In.  età  abbastanza  matura  per  non  avere  a  rimproverarsi  alcuna 
sorpresa  (  come  narra  Erasmo  )  egli  vestì  l'abito  monastico:  uscì 
dappoi  dal  cenobio,  predicò,  la  nuova  riforma  in  Basilea  ,  ove  fa 
eletto  pastore,  e  stanco  del  celibato,  al  par  degli  altri  capi  della, 
riforma ,  sposò  ima  donzella  ,  della  cui  bellezza  era  invaghito. 
«  Sembra,  diceva  Erasmo,  che  la  riforma  termini  a  far  gittar  la 
cocolla  ai  frati  ,  e  ad  ammogliare  i  preti  :  in  siffatta  guisa  questa 
grande  tragedia  finisce  con  un  evento  all'  intutto  comico,  giacché 
ogni  cosa  termina  con  un  matrimonio ,  come  addiviene  nelle  com- 
medie (%)  «. 
Erasmo. 

Erasmo  nato  in  Rotterdam,  ma  stanziatosi  in  Basilea    era  an- 

'  i)  Bos&uet.  Itisi,  cies   Variai.  Li  v.  II.  XIX. 
{%)  E-pi st.  Erasmi.  Lil>.  XIX.  ep, 3  e  4- 


DEGII   SVIZZERI  I  i  3 

cor  più  dotto,  più  arguto  e  più  dolco  di    Ecolnmpadio.   Bramava 
bensì  egli  una  riforma,  ed  a  quest'uopo  avea    censuralo  il  coiti- 
mercio  delle  indulgenze,  e    combattuta    con    sode   ragioni,   e  con 
molto  sapere  1  ignoranza  e  la  superstizione  dei  frati  del  suo  tem- 
po :    ma    non   si   volle     distaccare    dalla     chiesa  ,    per    (pianto   ne   Io 
pregasse   Lutero,  il  quale  per  trarre  al  suo  partito  un  personaggio 
di  tanta  celebrità  discese  perfino  alle  bassezze.    Allorquando   però 
Erasmo  vide  lo  scisma    apertamente    dichiarato,    scrisse  contro  di 
Lutero   con    molta    moderazione.  Il  riformatore  Germanico  gli    fé  li- 
na  risposta   violenta;  onde  Erasmo    vedendosi    così   maltrattato  ila 
un  uomo,   cui  egli   avea  sempre    mostrato    grande    rispetto,    disse; 
argutamente:  io  credeva  che  il  matrimonio  lo  avesse  addolcito: 
e   deplorò   la   sua  sorte  nel  vedersi  ,    malgrado    della    sua   modera- 
zione, condannato  nella  sua  vecchiezza  combattere  contro  una 
bestia  feroce  t  contro  un  furibondo  cinghiale  (p). 
Tumulti  nella  Sii  zzerà  per  le  /move  dottrine. 

Zuinglio    declamava    non    solo    contro    gli  abusi  del  clero  ,  e 
spargeva     dottrine    erronee    sul    battesimo,   sul    peccato   originale, 
sulla   vita   futura  ,   ma   inveiva    contro  i    magistrati   di    molti  Can- 
toni ,   presso   i   quali    fu    accusato    di     aver    detto    pubblicamente: 
«  clic     gli    Svizzeri     riguardavano   come  peccato   il    mangiar  carne 
nella   quaresima;   ma  clic  si    credevano    poi     permesso  di  vendere 
la   carne  umana   ai    Principi   stranieri   ».     Tali    parole  ferirono  cosi 
vivamente   l'animo  dei  deputati    dei   Cantoni,  che  in  un'assemblea 
convocata   in   Berna   ordinarono,  che   Zuinglio   fosse   imprigionato; 
ma   costui   protetto   dal   consiglio  di   Zurigo  si  sottrasse  al  pericolo; 
e   la   collera    dei   Cantoni   fu    volta    contro  la   città   che   lo  avea  pro- 
tetto. La   discordia  s'introdusse  negli    stati    Elvetici,  e  molte  no- 
vità si  fecero  in   essi  ;  giacché  dietro  le  iterate  inchieste  delle  mo- 
nache di  Koenigsfeld  si  concedette  ad  esse  la  facoltà  d'uscir  del 
convento,   e  di   COntrar  matrimonio:  e  le  più  distinte  infra  di  esse 
sposarono  alcuni    giovani    di    ragguardevoli     famiglie.    I  Zurighesi 
vietavano  intanto  sotto  rigorosissime  pene  di  predicare  alcuna  dot- 
trina ,  che  non  fosse    tratta    dal    Vangelo;  ond'ebbe  principio  la 
denominazione  di    Evangelici  .  che  si    applicava   ai  novatori.  Gli 
altri  Cantoni  spedirono  ambasciatori  a  Zurigo  ed  a    6ciallusa  per 

i     Bossnet,  lisi.  ,/<.-.<  Variai,  Li4».  FI,  XVI. 

Cosi,  del?  Europa  l  <>l.  IX.  •      8 


7  t  4  F.F.LTG10JVE 

pregare  il  popolo  ed  1  magistrati  a  non  separarsi  dalla  chiesa  ,  e 
per  minacciar  loro  di  escluderli  dalla  Confederazione  se  persi- 
stevano nelle  novità.  I  Zurighesi  non  diedero  ad  essi  retta,  e  con- 
tinuarono a  distruggere  le  immagini,  a  vietare  le  processioni  e  la 
messa ,  ed  a  togliere  quasi  tutte  le  feste.  I  capitoli  cedettero  le 
entrate  ed  i  diritti  al  pubblico  ',  i  chiostri  furono  cangiati  in  o- 
spizj  d'infeimi,  o  d'orfanelli,  od  in  altri  usi  di  beneficenza;  ed 
i  ventiquattro  canonici  del  capitolo  Zurighese  furono  subito  Ira* 
mutati  in  altrettanti  professori,  o  predicatori. 

Conferenza  di  Baden. 

I  Cattolici  levarono  il  grido  contro  siffatte  novità,  e  per  fare 
un  ultimo  esperimento  contro  gli  Evangelici  aprirono  una  confe- 
renza in  Baden,  ove  mandarono  uno  de' più  celebri  professori 
dell'Università  di  Ingolstadt,  chiamato  Echio.  Ma  Zuinglio  ricusò 
di  portarvisi  ,  e  la  conferenza  non  produsse  verun  importante  ef- 
fetto. Intanto  si  era  introdotta  la  discordia  fra  i  riformatori:  Lu- 
tero avea  ammessa  la  presenza  reale  nell'eucaristia  di  Cristo:  il 
suo  discepolo  Carlostad  imprese  a  negarla  ,  e  così  ebbe  principio 
la  disputa  sacramentaria.  Cai'lostad  perseguitato  da  Lutero,  ed 
espulso  dalia  Sassonia  ,  si  ritirò  nella  Svizzera  ,  ove  Zuinglio  ed 
Lcolampadio  lo  difesero.  La  riforma  si  divise,  e  coloro  che  ab- 
bracciarono l'opinione  contraria  a  quella  di  Lutero  furono  appel- 
lati Sacramentar] ,  ed  anco  Zuingliani ,  perchè  Zuinglio  a\ea 
pel  primo  sostenuto  Carlostad  ,  o  perchè  la  sua  autorità  prevalse 
nello  spirito  dei  popoli  trascinali  dalla  sua  veemenza  (i). 

anabattisti. 

Una  nuova  setta  venne  a  lacerare  la  Cristianità  ,  e  ad  abolire 
ogni  ordine  civile  ,  ponendo  tutto  a  ruba  ed  a  soqquadro  :  essa  fu 
detta  degli  Anabattisti,  perchè  battezzavano  una  seconda  volta  gli 
adulti.  Parve  a  due  fanatici  Tedeschi  dJ  aver  trovato  nella  Scrit- 
tura,  che  essi  chiamati  fossero  a  fondare  il  regno  di  Gesù  Cristo 
sulla  terra:  nel  qual  regno  più  non  vi  doveano  essere  uè  peccati, 
né  magistrature,  né  Principi,  né  gabelle,  uè  decime,  né  frati, 
né  preti.  Questi  settarj  si  moltiplicarono  nella  Svizzera,  e  Manz, 
e  Grebel  di  Zurigo  se  ne  fecero  capi.  Tutti  i  fanatici  ,  i  malcon- 
tenti,  gli  oziosi,  i  debitori  si  raccolsero  intorno  a  questi  due  en- 
ti) Bossuet.  Btet.  de    Variai,  Liv.  II.  XXV. 


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THE  MBRABY 

OF  THE 

(UftElilIY  OF  HJJIOIS 


DFGI-I   SVIZZERI  1  I  [ì 

tusiasti  ;  né  più  vollero  riconoscere  vcrun  magistrato.  Si  tentò  in- 
darno di   ridurli  al  dovere  usando  i  mezzi  della    persuasione:    in- 
darno si  ebbe  ricorso  prima  ai  blandi     gastighi  ,  e  per    ultimo  ai 
più  atroci   supplizj  :  questi  fanatici    disprezzavano  e  ricevevano  an- 
che  con   esultanza  la   morte.  Berna,  Soletta,  Friburgo,  i  Grigioni, 
e  S.  Gallo  dovettero  sterminarli  con  truppe  ordinate.  Ma  era  que- 
sta un'  idra   di   cento  teste  clic  sempre  si   riproducevano  :  gli  Ana- 
battisti sì    Tannavano    tra   i  boschi  e  sulle    montagne  ,  e  non  con- 
cordavano fralloro  che  in   due  soli  punti,   cioè  nel  ricusare  obbe- 
dienza  al  Papa  ,   e  nel   chiamare  opera  del    demonio  il  battesimo 
dei   fanciulli.   Il  capo  di  essi  nella  Germania,  Giovanni  di  Leyda, 
da   garzone  di  sarto  era    diventato  Re  in  virtù    dell'ordine   eh' ei 
diceva   di  aver  ricevuto  da   Dio  ;  ma  perì  col   più  crudele  suppli- 
zio,  lasciando  la  sua  setta  spaventata  ed  indebolita,    sebbene  nu- 
merosissima ancora  nell'Olanda,   nell' Alemagna   e  nella  Svizzera, 
essa  però  cangiò    opinioni  ,  ed  i    successori  di    que'  turbolenti  fa- 
natici sono   al    presente    uomini    tranquilli  ,  caritatevoli  e  laborio- 
si (i).  Alcuni  se  ne  trovano  nel    Cantone  di    Basilea  :  gli  uomini 
fanno  uso  di  un  largo  cappello  ,  e  di    una    giubba  senza  bottoni , 
e  le    donne    banno  il  capo   coperto   di   semplicissimo    berretto   an- 
nodalo sotto  il   mento.  Quasi   tutti   gli   Anabattisti  del  territorio  di 
Basilea  sono  venditori  di  latte,  ed  i  due  che  noi  presentiamo  sono 
fermi  col  loro  carro  presso  la   porta    di  S.   Giovanni  (2).  Vedi  la 
Tavola    16. 
Guerra  tra  i  Con  toni  Cattolici  e  Riformati. 

Zurigo,  Berna,  Sciaflusa,  Basilea,  ed  altri  comuni  Elvetici 
abbracciata  aveano  la  riforma  ,  e  oontendeano  cogli  stati  Cattolici, 
ed  il  principale  argomento  della  contesa  era  la  badìa  di  S.  Gallo. 
E  conferenze  e  diete  per  pacifìeare  gli  animi  ,  e  la  mediazione  dei 
Cantoni  neutri,  cioè  di  Glaris  ,  di  Soletta  e  di  Friburgo,  tutto 
tornò  inutile  ;  e  la  guerra  fu  decisa.  I  Cattolici  vinsero  i  Prote- 
stanti nella  battaglia  di  Cappe!  ,  ove  lo  stesso  Zuittglio  dopo  aver 
pugnato  valorosamente  cadde  trafitto  da  più  colpi.  I  suoi  nemici 
si  diedero  in  preda  agli  eccessi  di  una  sfolta  vendetta  ;  giacché 
fecero  squartare  e  ridurre  in  cenere    il    cadavere    del   riformatore. 

(1)  Mallet.  Hist.  des  Suiss.  Part.  III.  chap.  3  e    \. 
(•j)  Birmaun.    Cost.  Suiss.  N.°   !\i. 


1  i  ()  H  FLUITONE 

La  seconda  sconfitta,  appellata  del  monte  di  Zug,  rendette  sempre 
più  pericoloso  lo  stato  dei  Protestanti  ,  che  pur  chiamavano  per 
disprezzo  questa  lotta  la  guerra  dei  preti  ;  onde  i  Zurighesi  do- 
vettero aderire  ad  un  accordo  poco  per  essi  onorevole  ,  e  glorioso 
pei  Cattolici,  che  fu  conchiuso  ai  20  di  novembre  del  1 53 1  ,  e 
si  chiamò  secondo  trattato  di  pace  nazionale  (1). 
Tumulti  di  Ginevra  per  la  riforma. 

La  riforma  pose  a  soqquadro  anche  Ginevra  ,  e  la  rendette  ce- 
lebre negli   annali  delle  guerre  religiose.   Ma  prima  di  parlare  dei 
tumulti  in  essa  eccitati   è  necessario  il  volgere  un  rapido  sguardo 
al  suo  stato  politico.  Il   Vescovo  avea  il  diritto  di  battere   mone- 
ta ,  e  divideva  col  popolo  1'  esercizio  della  sovranità  ,  se  non  che 
i  Conti  e  poscia  Duchi  di  Savoja    aveano  il  diritto  alla  carica  di 
J^idomno,  o  Vidomnale  ,  ufficiale  che  giudicava  in  prima  istanza, 
e  somm  inamente  le  cause  civili.   Amedeo  Vili,  tentò  di  farsi  ce- 
dere tutti  i  diritti  temporali  dal  Vescovo  di  Ginevra;  ma  i  siudaci 
vi   si  opposero  in  nome  dei  cittadini;  e  l'accordo  che  si  fece  tra 
il  prelato  ed  il    consiglio    generale  del  popolo  è    riguardato  come 
la  gran  carta  di  Giuevra  (2).  I  Duchi  di  Savoja  allora  procuraro- 
no sempre  di  far  eleggere  Vescovo  di  questa  città  uno  della  loro 
famiglia  ;  e  Carlo  IH.    secondato  dai    prelati  di  sua  stirpe    gover- 
nava a  suo  talento  ;  quando  i  Ginevrini  si  confederarono  con  Fri- 
burgo, e  si   appellarono   Ejdgenossen  perchè  s'erano  alleati   con 
giuramento  agli  Svizzeri,  i  quali  assumevano  un  tal  titolo  nel  loro 
idioma;  e  questo  vocabolo  corrono  dall'uso  diede  origine  a  quello 
di   Ugonotti.  I  settatori  poi  del   Duca  venivano  appellati  Mamma- 
lucchi per  somigliarli  ai  satelliti  del  Soldano  dell'Egitto;  ma  co- 
storo prevalsero ,  ed  il  Principe  Savojardo  impadronitosi  di  Gine- 
vra fé' guerra  agli  Ugonotti,  ed  ordinò  il   supplizio  di   Berthelier 
loro  capo.  Avendo  però  il  Duca  dovuto    trasferirsi  nel   Piemonte  , 
i  Ginevrini  strinsero  alleanza  con  Berna  e  cou  Friburgo;  aboliro- 
no il  /  idomnate,  e  perseguitarono  siffattamente  i  Mammalucchi, 

(1)  Ycggansi  questi  varj  trattati  fra  i  documenti  giustificativi  della 
Stoi  ia  della  Riforma  di  Ruchat. 

(•>.)  Si  può  leggere  intero  quest'  atto  nei  documenti  della  stona  di  Gi- 
nevra di  Spon.  Tom.  III.  pag.  25g  sotto  il  titolo  di  :  Accovdium  perpetuata 
inter  lìpiscopum,  et  Concilium  generale  circa  supremum  Dominimi  conila 
Ducem  Snbaudiae,   1/J20. 


DIGLI   SVIZZERI  I  I  ^ 

che  essi  unironsi  ai  gentiluomini  Savojardi  chiamati  i  Confratelli 
del  cucchiajo t  perchè  in  un  banchetto  aveano  giurato  di  man- 
giare i  Ginevrini  col  cucchiajo,  e  da  quel  punto  in  poi  ne  por- 
tarono sempre  uno  appeso  al  collo  ,  come  segnale  del  contratto 
obbligo.  11  Vescovo  Pietro  di  Bea  urne  ,  uomo  incostantissimo  avrà 
giurato  avanti  all'assemblea  generale  di  Ginevra  nell'anno  i5a8 
di  vivere  concorde  col  suo  popolo,  e  di  rispettarne  le  franchigie j 
ma  subito  dopo,  unitosi  col  Duca,  avea  chiesto  di  ristabilire  il 
/  idomnate  ,  e  dietro  mia  negativa  avea  giurato  un  odio  implaca- 
bile contro  i  suoi  diocesani.  11  Duca  tentò  di  indurre  Berna  e  Fri- 
burgo a  rinunciare  all'  alleanza  coi  Ginevrini  ,  ma  questi  giura- 
rono di   morir  piuttosto  che  rinunciare  a  siffatta  alleanza. 

Confratelli    del    cucchiajo. 

Essi  furono  ridotti  agli  estremi  dai  Confratelli  del  cucchiajo , 
ed  avrebbero  dovuto  cadere,  se  i  due  Cantoni  alleati  non  gli  aves- 
sero soccorsi,  e  ridotto  il  lor  nemico  a  dichiarare  Ginevra  città 
libera  ed  indipendente.  Fu  in  questo  stato  di  cose,  che  in  essi 
s'introdusse  la  riforma;  e  quantunque  Ginevra  sia  stala  nei  poste-» 
riori  tempi  detta  Roma  Riformata  ,  pure  essa  non  conobbe  il  Pro- 
testantismo prima  del  i528.  Il  primo  a  diffondere  le  novelle  dot- 
trina lu  il  priore  Bonnivart  ;  egli  si  trasse  dietro  un  gran  numero 
di  seguaci  ,  che  divennero  ancor  più  ardenti  ,  (piando  seppero  eie? 
il  loro  Vescovo  avea  contratta  una  nuova  e  Segreta  alleanza  col 
Duca  di  Savoja,  e  quando  furono  infiammati  dalle  veementi  pre- 
diche dei  due  riformatori  Farci  e  Saunier  (i). 

Fazioni  di  Ginevre» 

La  città  di  Ginevra  si  divise  in  due  partiti,  e  più  in  essa  non 
si  videro  (  come  aiferma  uno  storico  )  che  morti  ,  assassini  ,  il 
padre  disposto  a  scannare  il  proprio  figlio,  il  fratello  lordo 
del  sangue  del  fratello,  ed  ì  congiunti  di  quello  dei  congiun- 
ti (o,).  Que' di  Friburgo  sostenevano  i  Cattolici  j  que'.di  Berna  i 
riformati;  i  primi  riuuir/.ianmo  all'  alleanza  coi  Ginevrini,  i  secondi 
fecero  per  essi  guerra  al  Duca  di  Savoja  ;  acquistarono  la  libertà 
a  Ginevra  ,  ed  il  paese  di  \  and  al  loro  Cantone.  Tutti  questi 
vantaggi  non    distrussero  i  semi   delle    discordie  ,  che  anzi   furono 

(i)  Maliet.  Hist.  Jes  Suiss.  Pari.  HI.  ebap.  5. 
(a)  Ruchut.  Bist.  de  la  Rèf,  Liv.  X. 


I  1  8  RELIUIOHE 

accresciute  dall'arrivo  di  Calvino  in  Ginevra  nell'anno   i53y,  ove 
fu  trattenuto  dalle  preghiere  di  Farei. 

■Calvino  in  Ginevra. 

Giovanni  Calvino  nato  nella  Picardia  avea  predicata  un'auste- 
rissima  riforma  ,  e  per  sottrarsi  alle  persecuzioni  si  era  rifuggito 
in  Ginevra  ,  ove  mostrò  tutta  1"  austerità  e  1'  intolleranza  del  suo 
carattere.  In  Berna,  per  esempio,  erano  state  conservate  molte 
feste  ,  ed  egli  voleva ,  clie  si  solennizzasse  la  sola  domenica  :  si 
faceva  ancor  uso  del  fonte  battesimale  ,  ed  egli  non  lo  voleva  j 
comunicavasi  col  pane  azimo,  ed  egli  voleva  che  ciò  si  eseguisse 
col  pane  ordinario:  le  donzelle  all'atto  del  matrimonio  si  presen- 
tavano alla  chiesa  colla  testa  scoperta ,  ed  egli  condannava  que- 
st'  uso  come  profano  ed  indecente.  Tanta  severità  dispiacque  al 
popolo ,  che  lo  esigliò  ,  e  poco  dopo  con  grande  esempio  d'  inco- 
stanza lo  richiamò,  e  si  sottoniisse  alle  sue  leggi  (i). 

^austerità  ed  intolleranza  di  Calvino. 

Quando  i  Protestanti  levauo  il  grido  contro  i  Cattolici ,  e  gli 
accusano  come  intolleranti  e  spigolistri  dovrebbero  rammentarsi  di 
Calviuo  ,  di  cui  non  v'  ebbe  uomo  né  più  severo  ,  né  più  intol- 
lerante. Egli  vietò  in  Ginevra  tutti  i  piaceri  j  che  finallora  erano 
reputati  innocenti ,  come  le  danze ,  i  banchetti ,  le  canzoni  pro- 
fane; instimi  un  concistoro  od  un  tribunale  ecclesiastico,  che  sco- 
municasse e  perseguitasse  coloro,  che  cadevano  in  sospetto  di  se- 
greto attaccamento  al  Papa  ,  e  distruggesse  i  rimasugli  di  quella 
fazione  ,  che  si  chiamava  dei  Dissolati.  Più  non  si  avea  il  corag- 
gio di  mostrare  la  minima  differenza  nel  pensare  da  quello  del 
despota  riformatore  ,  che  faceva  erigere  orrendi  roghi  sulla  piaz- 
za di  Ginevra  per  abbruciare  quelli  che  da  lui  dissentivano.  E  a 
chi  non  è  nota  la  catastrofe  del  misero  Servet,  che  fu  arso  vivo, 
perche  non  voleva  seguire  le  opinioni  di  Calvino?  Il  Mallet,  che 
pure  è  settatore  di  questo  capo  della  riforma  ,  non  può  a  meno 
di  confessare  ,  clic  un  tal  fatto  imprime  altissima  macchia  nella 
sua  memoria,  e  che  non  si  può  giustificarlo  contra  l'evidenza  ,  e 
contra  i  principi  della  giustizia.  «La  catastrofe  di  Servet,  soggiu- 
gne  egli ,  discopre  ancora  e  fa  manifesta  in  coloro  che  reggevano 
allora  Ginevra  ,  o  una  condiscendenza  cieca  pel  proprio  clero ,  od 

(i)  Mallet.  Hat  des  Suiss.Pzrt,  III.  chep.  -. 


m  asmi 

of  the 

umir/EfiiiTy  of  ojliiois 


& 


s 


55 


DEGLI    SVIZZERI  1  IJ) 

uno  zelo  fanatico  ugualmente  e  spietato  quanto  quello  della  in- 
quisizione, tinto  da  loro  stessi  detestata,  Quand'erano  nel  cast»  di 
doverne  temere  (i)  ».  Del  resto  1'  austerità  di  Calvino  spira  an- 
cora tra  le  mura  di  Ginevra:  ne' giorni  l'estivi  si  tengono  serrate 
le  porte  della  città  due  ore  nel  mattino,  e  due  nel  dopo  pranzo, 
mentre  si  celebrano  i  divini  ullìej  ',  ed  in  tali  ore  non  havvi  una 
bottega  aperta.  La  (piale  costumanza  riesce  assai  incomoda  allo 
straniero  ,  che  dimora  in  questa  città  ,  ed  al  viaggiatore  ,  clic  od 
arriva  ,  o  dee  partire  in  dì  festivo  (3). 
Ministro  Evangelico  o  Calvinista. 

L'  austerità  di  Calvino  non  permise  che  si  concedesse  un  abito 
suntuoso  ai  ministri  della  sua  religione.  Coperti  dagli  abiti  comuni 
essi  non  sono  distinti  che  dalle  funzioni  da  loro  esercitate  nella 
chiesa.  I  din.-  sacerdoti  che  presentiamo  nella  Tavola  17  man.  1 
sono  in  atto  di  fare  la  imposizione  delle  mani  sul  capo  di  chi  fu 
ricevuto  sacerdote  ,  e  che  sta  ginocchione  in  mezzo  ad  essi  (3). 
L?  Inglese  Muore  fece  un  grande  elogio  al  clero  Ginevrino  dicen- 
do :  «  ehe  gli  ecclesiastici  di  Ginevra  sono  in  generale  sensati, 
istruiti  e  tolleranti,  che  essi  tentano  d'inspirare  ai  loro  ascoltatori 
il  gusto  per  le  verità  del  Cristianesimo  ,  e  cercano  di  couvincer- 
ncli  rolla  loro  eloquenza  e  colla  regolarità  dei  loro  costumi  ».  Il 
d'  Alembert  al  contrario,  nel  suo  articolo  di  Ginevra  inserito  nella 
Enciclopedia,  dipinse  con  neri  colori  i  sacerdoti  di  questa  città, 
dicendo  «  che  molti  fra  di  essi  non  prestano  fede  alla  divinità  di 
Gesù  Cristo,  e  non  hanno  altra  religione  che  vn  socinianismo  per- 
fetto rigettando  tutto  ciò  che  si  appella  mistero  ;  e  che  fra  di  essi 
la  religione  è  quasi  ridotta  ali  adorazione  di  un  solo  Dio,  almeno 
presso  di  tutti  quelli,  che  non  appirtengono  al  popolo;  finalmente 
che  il   rispetto  per  Gesù  Cristo  ,  e  per  la  Scrittura  è  forse  la  sola 

(1)  Ilist.  des  Suiss.  Part.  III.  chiip.  7.  II  Basnage  ha  difeso  assai  male 
Calvino  dalla  taccia  di  crudeltà;  ed  il  Bossuet  lo  confutò  Dell'aggiunta  alla 
storia   delle   variazioni,  D<fcns.  de  t' Ilist.  des   furiai,  Proni.  Disc.  HI; 

(2)  «  I  Protestanti  accusano  d'intolleranti  e  di  picchiapetto  l  Cattolici: 
ina  in  quale  delle  nostre  città  si  spinge  in  bacchettoneria  al  segno  d'im- 
pedire  ili    pulirne   ad    uno   straniero,    che    nulla    ahhia    di   comune    col    cullo 

che  noi  professiamo  »?  Peregr.  di  D.  B.  Voi.  I.  pag.  is 

(3)  Queste  tre  figure  sono  tratte  dall'opera  di  l'icari.  Tom.  Ili"  pj^  3S3, 
Tav.  al    basso. 


1  SO  RELIGIOSE 

cosa  che  distingua  dal  puro  deismo  il  Cristiane^  mo  di  Ginevra  a: 
La  compagnia  dei  pastori  e  dei  professori  della  chiesa  e  dell'  Ac- 
cademia di  Ginevra  pubblicò  ai  io  di  febbre ]o  del  1768  una  di- 
chiarazione ove  dopo  una  professione  di  fede  ,  che  attesta  la  loro 
dottrina  ,  essi  si  dispensano  non  solo  dall'  entrare  in  un  più  mi- 
nuto esame  delle  taccie  ,  che  loro  si  apposero  ,  ma  anche  dal  ri- 
spondere a  ciò,  che  si  potrebbe  ancora  scrivere  collo  stesso  scopo. 
Onesta  dichiarazione  venne  stampata  con  note  assai  vive  nel  IV. 
volume  delle  opere  di  Gian-Giacomo  Piousseau  (1).  Fra  queste 
note  si  distingue  la  seguente.  «Perchè  adunque  nell'opinione  della 
maggior  parte  dei  Protestanti ,  e  principalmente  delle  chiese  della 
Svizzera,  e  dell'Olanda,  la  chiesa  di  Ginevra  è  reputata  socinia- 
na,  od  almeno  favorevole  al  socinianismo  ?  Se  i  sacerdoti  di  Gi- 
nevra non  diedero  motivo  a  questa  opinione,  bisogna  confessare, 
che  essi  meritano  di  essere  compianti.  (2)  «. 
Guerre  di  religione. 

Le  guerre  di  religione  arsero  per  lungo  tempo  nella  Svizzera, 
al  par  che  nella  Germania  e  nella  Francia.  11  Duca  di  Savoja 
unito  agli  altri  Principi  Cattolici  tentò  di  sottomettere  Ginevra  :  la 
lega,  che  si  formò,  venne  chiamata  Borromeo ,  perchè  il  Cardi- 
nale di  questo  nome  doveva  dal  suo  palazzo  di  Milano  dirigere 
le  mosse  dei  Cattolici.  Questo  famoso  prelato,  la  cui  memoria  è 
si  cara  ai  Milanesi ,  avea  fondato  In  Milano  un  seminario  per  gli 
Svizzeri  ,  che  fu  chiamato  Collegio  Elvetico  ,  perchè  in  esso  do- 
veasi  instruire  nelle  dottrine  Cattoliche  quella  gioventù,  che  tor- 
nata in  patria  era  destinata  ad  impedire  i  progressi  del  Prote- 
stantismo. 
Trattato  di  jdrau. 

Alle  guerre  straniere  suscitate  dalla  diversità  delle  opinioni  re- 
ligiose nella  Svizzera  succedettero  le  interne  fra  i  Cantoni  Catto- 
lici ed  i  Protestanti:  questi  rimasero  vincitori  nel  171 2,  e  con- 
chiusero  il  trattato  di  Arau  ,  che  può  essere  riguardato  come  il 
codice  della  tolleranza  fra  gli  Svizzeri ,  ed  in  cui  si  dà  norma  al 


(1)  Amsterdam,    1  -;G3,  pag.  3;  1. 

(2)  Intorno  alle  opinioni  del  clero  di  Ginevra  è  da  consultarsi  principal- 
mente la  famosa  opera  di  Gian  Giacomo,  che  ha  per  titolo.-  Lettere  sa lite 
dalla  Montagna. 


DEGLI    SVIZZERI  I   ».  I 

modo,  col  quale  si  debbono  vicendevolmente  trattare  i  Riformali 
ed   i  Cattolici   (t). 

Carità  degli  Svizzeri. 

j\oi  non  parleremo  né  dei  riti  dei  Cattolici  della  Svizzera  , 
ni";  dì  quelli  dei  Protestanti,  che  sono  simili  ai  praticati  nelle 
altre  regioni  ;  solo  diremo  che  tanto  gli  imi,  quanto  gli  altri  sona 
assai  caritatevoli  ;  e  che  i  loro  pii  istituii  si  distinguono  pel  buon 
ordine  ,  e  per  la  cura  con  cui  sono  mantenuti. 

Istituti  pii. 

L'  ospitale  di  Berna  tragge  a  se  gli  sguardi  del  viaggiatore  : 
sopra  la  porta  si  legge  questa  semplice  iscrizione  :  Chrìstà  in 
pauperibuSi  a  Cristo  nei  poveri,  fu  Zurigo  v'ha  un  istituto  di 
cicchi  fondato  dal  signor  l'uuk  di  Berna  ,  il  anale  accorgendosi 
che  la  sua  vista  appoco  appoco  s  indeboliva  applicossi  a  rintrac- 
ciare i  più  ingegnosi  modi  con  cui  rendere  proficui  alla  società  i 
poveri  fanciulli  privi  della  facoltà  di  vedere.  Il  Dottore  Hir/.el 
ii-lio  dell  autore  del  Socrate  Mastico  diede  incremento  al  sud- 
detto istituto  ,  ove  si  veggono  quest'infelici  intenti  a  copiar  mu- 
sica, ed  a  fare  altri  lavori,  Be' quali  il  tatto  supplisce  al  difetto 
della  vista.  Lungo  poi  sarebbe  il  favellare  delle  copiose  elemosine, 
e  delle  molle  opere  pie,  che  si  fauno  abitualmente  dai  buoni 
Svizzeri. 

Festa  di  Interlahen . 

Tra  le  varie  feste  che  si  celebrano  nella  Svizzera  noi  ne  de- 
scriveremo una  sola  cioè  quella  di  Inlerlakeu  ,  e  perchè  essa  è 
veramente  una  festa  nazionale,  e  perchè  fu  dipinta  con  pennello 
animatore  dalla  Baronessa  di  Staci  (2).  La  sera  che  precede  la 
festa  si  accendono  molti  fuochi  sui  monti  vicini  per  rammentare 
il  segno  che  si  diedero  un  tempo  i  liberatori  della  Svizzera.  Que- 
sti fuochi  somigliano  a  novelli  astri  ,  che  vengono  ad  assistere  al 
più  commovente  spettacolo  ,  che  il  nostro  mondo  possa  peranco 
offrire.  Uno  di  questi  Gammanti  segnali,  dice  la  Staci,  sembrava 
collocati)  nel  cielo,  donde  illuminava  le  rovine  del  castello  d' U- 
spuuneu  posseduto  un  tempo  da   Bertoldo,  il  fondatore  di  Berna, 

(1)  Questo  trattalo  si  legge  fra  i  varj  documenti  riportati  nelle  Jj'j-cn- 
iliii  alla   storia   del    M.illct. 

(a)  L'  Alemagnc.  Part.  I.  chap.  20. 


122  RELIGIONE 

in  memoria  del  quale  si  celebrava  la  festa.  Nel  giorno  della  fe- 
sta il  tempo  era  placido  ma  nuvoloso  :  il  recinto  prescelto  pei 
giuochi  era  circondato  da  colline  coperte  di  alberi ,  dietro  le 
quali  sorgevano  altissime  montagne.  Tutti  gli  spettatori  in  numero 
di  quasi  sei  mila  si  assisero  sul  pendio  delle  vicine  sommità;  ed 
i  variati  colori  delle  vestimenta  apparivano  in  distanza  ,  come  fiori 
sparsi  sulle  verdeggianti  praterie.  Allorché  la  folla  degli  spettatori 
fu  raccolta ,  si  sentì  venir  da  lunge  la  processione  della  festa 
accompagnata  da  una  dilettosa  musica.  I  magistrati  si  avanzavano 
alla  testa  de' contadini,  le  giovani  pastorelle  erano  abbigliate  se- 
condo 1'  antico  e  pittoresco  costume  d'  ogni  ristretto  :  le  alabarde 
e  le  bandiere  di  ciascuna  valle  erano  portate  da  uomini  canuti  e 
vestiti  alla  foggia  dei  congiurati  che  si  adunavano  in  Rulli.  Fi- 
nalmente i  giuochi  incominciarono  ,  e  gli  abitatori  della  valle  e 
del  monte  mostrarono  ,  col  sollevare  enormi  pesi  ,  col  lottare  fra 
loro,  una  agilità  e  una  forza  di  corpo  straordinaria.  Questa  forza 
rendeva  un  tempo  le  nazioni  più  militari  ;  oggi  che  la  tattica  e 
1'  artiglieria  governano  la  sorte  degli  eserciti ,  non  si  ravvisano  in 
siffatti  esercizj  ,  che  giuochi  contadineschi.  La  terra  è  meglio  col- 
tivata da  uomini  così  gagliardi;  ma  la  guerra  non  si  fa  che  col- 
l' ajuto  della  disciplina  e  del  numero.  Posciachè  i  giuochi  furono 
terminati ,  e  che  il  Ball  del  luogo  ebbe  distribuiti  i  premj  ai 
vincitori,  si  pranzò  sotto  le  tende,  e  si  cantarono  versi  in  onore 
della  tranquilla  felicità  degli  Svizzeri.  Durante  il  banchetto  si  fa- 
cevano circolare  intorno  coppe  di  legno,  sulle  quali  erano  scol- 
piti Guglielmo  Teli,  e  i  tre  fondatori  dell'Elvetica  libertà;  e  si 
celebrava  un  brindisi  al  riposo,  all'ordine,  all'indipendenza.  Sì 
cantava  un  inno  composto  per  una  tale  festa  da  madama  Harmès 
notissima  pei  suoi  scritti  sotto  il  nome  di  madama  di  Berlepsch 
in  Germania ,  ed  il  ritornello  era  del  seguente  tenore.  «  I  prati 
sono  smaltati  di  fiori  ,  come  una  volta  ;  le  montague  sono  del 
pari  verdeggianti:  quando  tutta  la  natura  sorride,  potrebbe  il 
solo  cuore  dell'  uomo  non  essere  che  un  deserto  «  ?  Nò  senza 
dubbio  non  lo  era  (così  la  Staci  termina  con  enfasi  il  suo  rac- 
conto); esso  aprivasi  con  fiducia  in  mezzo  a  questa  bella  contrada 
al  cospetto  di  quegli  uomini  venerandi  ,  tutti  animati  dai  più  puri 
sentimenti.  Un  contadino  povero,  senza  lusso,  senza  splendore, 
senza  potere  vieti  amato    dai  suoi  come    un    amico  che  nasconde 


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DEGLI  SVIZZERI  1  »3 

sotto  1'  ombra  le  sue  virtù  ,  e  tutte  le  consacra  alla  prosperità  di 
coloro  che  lo  amano.  In  cinque  secoli  ,  in  cui  durò  la  felicità 
della  Svizzera  si  contano  più  presto  molte  saggie  generazioni  che 
molti  grand'uomini.  Si  direbbe  che  gli  antenati  di  questa  nazione 
rcgn.ino  ancora  in  mezzo  di  lei:  essa  sempre  li  rispetta,  gì*  imita 
o  ne  rincomincia  la  serie.  La  semplicità  de' costumi,  l'amore  per 
le  antiche  consuetudini,  la  saviezza  e  l' uniformità  nel  modo  di 
vivere,  approssimano  a  noi  il  passato,  e  ci  rendono  presente  l'av- 
venire. Una  storia  sempre  uguale  non  sembra  che  un  momento 
solo  la  cui  durata  appartiene  a  multi  secoli.  La  vita  trascorre  in 
queste  valli,  come  i  fiumi  che  le  attraversano;  nuove  onde  si 
succedono,  ma  seguono  sempre  lo  stesso  corso  :  deh  possa  questo 
corso  non  essere  interrotto  giammai  :  possa  la  medesima  festa  ve- 
nir sovente  celebrata  a'  piedi  di  queste  montagne  medesime  !  Lo 
Straniero  le  ammira  come  una  maraviglia,  l'Elvetico  le  adora  co- 
me M  asilo  ,  in  cui  i  magistrati  ed  i  padri  hanno  insieme  cura 
dei  cittadini  e  dei  figli  (i). 
Cresima  dei  fanciulli  nell'  Eiitiibuc. 

La  confermazione,  o  la  cresima  dei  fanciulli  nell' Entlibuc , 
ed  altrove  presenta  un  certo  non  so  che  di  fede,  di  candore,  di 
speranza,  che  abbellisce  una  tale  solennità.  Il  vecchio  s'abbiglia 
delle  sue  festive  vestimenta ,  ed  adorna  il  suo  cappello  con  un 
mazzo  di  fiori  ;  come  ne'  giorni  ridenti  della  sua  gioventù.  La 
figlia  ,  tutta  adorna  di  fiori  e  di  nastri  che  le  pendon  sugli  omeri 
e  sulla  gonna  tiene  il  fanciullo,  ch'esser  dee  portato  al  tempio, 
e  che  si  mostra  sorpreso  pc'  nuovi  abiti,  de' quali  fu  rivestito. 
Spettacolo  commovente  ,  sciama  Birmani!  ,  in  cui  si  confondono  le 
immagini  dell'  innocenza  ,  della  natura  e  della  religione  (2)  !  Vedi 
la     favola    18. 

Pellegrinaggi  e  giubbilea. 

Molti  pellegrinaggi  si  fanno  nella  Svizzera,  e  celebre  è  quello 
di  Nostra  Donna  degli  Eremiti.  Allorquando  si  celebrava  il  gran 
giubbileo  in  memoria    della    dedicazione    della  Santa    coppella    di 

(1)  AUemagne.  Parta  I.  cliap.  20.  Abitiamo  qui  voluto  riportare  questi  sen- 
timenti della  St;nl,  perche  dipìngono  vivamente  le  idee,  che  suol  destare 
Ja  festa  di  lutei  l.iken,  e  perchè  danno  un'accorata  cognizione  del  carattere 
Svi/zero. 

[%)  Cosi.  Suiss.  Vcinis  par  Reinhard,  W.°  4°« 


124  RELIGIONE 

questa  badìa  ,  il  Principe  Abate  del  monistero  facea  arrostire  un 
bue  ingrassato  espressamente  per  questa  solennità,  e  lo  distribui- 
va a  tutti  i  pellegrini  ,  il  cui  concorso  era  sempre  portentoso.  Si 
è  osservalo  che  fra  questi  pellegrini  v'avea  moki  vagabondi  e 
scrocconi  (1). 
Rappresentazioni  sacre. 

Nella  Svizzera  furono  in  uso  per  lungo  tempo  quelle  rappre- 
sentazioni sacre  ,  che  si  appellavano  misteri.  Nel  Cantone  di  Un- 
derwald  si  rappresentava  il  mistero  della  Passione ,  ed  in  Fri- 
burgo il  Re  Erode  ,  che  consultava  coi  dottori  della  legge  intorno 
all'apparizione  della  stella  nell'oriente.  I  tre  Magi  giuguevano  a 
cavallo,  ed  uno  di  essi  aveva  il  viso  tinto  di  nero:  Erode  si  fa- 
cea leggere  le  profezie  intorno  al  Messia,  e  disputava  coi  Farisei 
sulla  loro  interpretazione:  la  Vergine  Maria  montando  un  asino, 
e  tenendo  fralle  braccia  il  bambino  attraversava  la  città  seguita 
da  S.  Giuseppe;  mentre  una  stella  luminosa  ,  attaccata  ad  una 
corda  tesa  dall'  un  canto  all'  altro  della  contrada  li  scortava.  Que- 
sta processione  seguita  da  molti  soldati  giugneva  alla  chiesa  per 
udirvi  la  messa.  La  eerimonia  finiva  con  un  pubblico  convito,  che 
si  dava  in  una  delle  case  delle  tribù  della  città.  La  festa  degli 
innocenti  o  dei  folli  era  ancor  più  singolare  ,  e  veniva  celebrata 
non  solo  in  Zug ,  ma  anche  in  alcune  città  della  Germania  e 
della  Francia,  ;I1  così  detto  Vescovo  degli  scolari  coperto  dagli 
abiti  pontificali  con  altri  scolari  vestiti  da  canonici  od  armati  fa- 
cea una  processione  avendo  dietro  di  se  un  uomo  vestito  presso  a 
poco  come  si  suol  rappresentare  la  follia;  se  non  che  invece  del 
bastone,  che  si  portava  da  chi  faceva  da  pazzo,  ne  brandiva  un 
altro  ,  cui  era  in  cima  attaccata  una  vescica  piena  di  piselli  secchi. 
Questo  pantalone  detto  il  matto  della  corte  episcopale  rispondeva 
agli  urli  del  popolo  con  colpi  di  vescica.  Il  Vescovo,  udita  la 
messa  ,  dava  la  benedizione  col  pastorale  ed  allora  i  soldati  sca- 
ricavano le  loro  armi.  Questa  mascherata  terminava  con  alcuni 
doni  fatti  da]  preteso  Vescovo  a  coloro  che  aveano  avuta  la  prin- 
cipal  parte  nella  rappresentazione,  la  quale  non  fu  aboliti  in  Zug 
se  non  nel   1774  (2)« 

(1)  Tableaux  da  la  Siciss.  Tom.  Vili.  pag.  486. 

(2)  Tableaux  de  la  Suiss.  Tom.  Vili.  pag.  ^jS. 


1  '..I 


Matrimonj    e    Funerali. 


Frequenza  dei  matrimoni. 


] 


ii  un  paese  ,  ove  semplici  sono  i  costumi ,  ed  in  cui  per  anco 
non  s'introdusse  una  grande  corruzione,  che  suol  venire  in  se- 
guito al  lusso  ed  al  troppo  raffinato  incivilimento,  i  matrimoni 
debbono  essere  frequenti,  e  tali  sono  nella  Svizzera.  Narra  il 
Zurlauben,  che  in  Berna  ogni  cittadino  il  quale  aspira  alle  ca- 
riche dello  stato,  deve  aver  moglie;  onde  per  godere  dei  beneficj 
della  patria  è  d'uopo  il  darle  difensori  (i). 
Cerimonie  nuziali. 

Non  si  possono  vedere  cerimonie  nuziali  più  gradevoli  di  quelle 
che  si  osservano  nei  Cantoni  di  Lucerna  e  di  Zug,  e  nei  ba- 
liaggi  degli  Uffici  liberi  dell'  Argo  via.  I  nostri  vecchi  arazzi  del 
XV. ,  e  del  XVI,  secolo  ne  rappresentano  il  costume,  giusta  la 
testimonianza  di  Zurlauben.  Io  assistetti,  dice  questo  scrittore,  ad 
una  eli  queste  nozze  rusticali  ,  ed  ecco  ciò  che  notai  di  questa 
festa,  e  che  richiamò  alla  mia  mente  l'ingenuità  del  secolo  d'oro«. 
Si  rammentino  prima  i  leggitori  di  ciò  che  si  disse  delle  cerimo- 
nie nuziali  dei  Greci  intorno  ai  Paraninfi  ,  che  doveano  rego- 
lare le  allegrezze  ed  il  convito,  e  custodire  il  talamo.  Nella  Sviz- 
zera quando  si  debbono  celebrare  le  nozze  ,  nel  giovedì  precedente 
alle   medesime  un   paesano   in   qualità    di    Paraninfo  si   porta   alla 

i  del  curato,  od  in  sua  assenza  a  quella  del  vicario:  quivi 
egli  adempie  gli  ufficj  d'oratore,  e  gli  fa  un  complimento  tra- 
mescolato di  Tedesco  e  di  un  barbaro  Latino  ,  la  cui  piacevo- 
lezza potrebbe  muovere  a  riso  l'uomo  più  melanconico.  Quando 
il  Paraninfo  non  invita  nello  stesso  giovedì  uno  dei  prossimi  pa- 
renti dei    futuri    sposi ,   è  un    indizio    formale ,  che  egli  loro  non 

(0   Tableaux  de  la  Stiiss.  Tom.  Vili.   pag.   4-'p« 


126  MATRIMONI    E    FUNERALI 

aggrada..  Egli  porta  nel  suo  cappello  tanti  mazzetti  di  Cori    quanti 
sono  gl'invitati;  e  secchi  sono  i  fiori  quando  imperversa  l'inver- 
so; e  Treschi  e   bellissimi,  se    il    maritaggio  si  celebra  nella  pri- 
mavera. Il  paesano  porta  altresì  una  lunga  sciabola  sespesa  al  suo 
fianco  ,  che  dee  essersi  [ben    arrugginita  nel    fodero.  Le  nozze  si 
celebrano  sempre  nel  lunedi;  giorno  nel  quale  lo  sposo    col  cap- 
pello adorno   di  piume  si  presenta   alla  casa  della    fidanzata  ,  e  la 
chiede    con    una    patetica    arringa.    Nello  stesso  tempo  si  pone  a 
fianco   della   sposa  una  femmina  ,  che  fa    l' ufficio    di  vigilante  T  e 
che  pel  colore   del  suo  vestimento  si  appella  la  donna  gialla  :  il 
suo  impero  si  estende    tant' oltre  in    siffatto    giorno,  che  la  sposa 
Sion    ardisce  nemmeno  di  mangiare  se  la  donna  gialla  non  le  ha 
tagliato  il  cibo.  Segue  Ih   processione    nuziale  che  comincia    dopo 
che'  gl'invitati  assistettero  a  lieto  banchetto.  Il  giovane  allora  con- 
duce la  sposa  alla  chiesa  :    seguono  i  parenti  in  abito    di   gala ,  o 
gli  uomini   brandiscono  alcune  spade,  il  cui  fulgore  abbagliai  La 
sposa  ha  la  testa  adorna  di  una  corona   di  fiori  secchi,  dalla  quale 
cadono  alcune  frangie  rosse  con  piccole  maglie  d'orpello  che  sono 
giuoco  del  vento.  La    corona  è  fatta  in    guisa    che    presenta  l'a- 
speito  di  un  vaso  di  fiori.  La  donna  gialla  segue  ognora  a  passo 
a  passo  la  spesa  ,  e  porta  jun    piccolo    paniere.  Il    Paraninfo  sta? 
sulla  porta  della  chiesa  battendo  forte  il  suo  tamburo.    Gli  sposi 
si  pongono  sul  primo  banco  ,  e  dopo  che  tutti    gli    astanti  hanno 
preso  posto ,  la  donna  gialla  trae    dal    suo   paniere    una  piccola 
corona  di    fiori    tessuta    fragilmente  ,  e  la  posa    sul  capo  del  gio- 
vane. Comincia  poscia  1'  offerta  ;  dietro  la  sposa  viene  immediata- 
mente il  marito,  indi  la  compagna    di  quella,  che  è  distinta  da- 
gli stessi    ornamenti,  e    finalmente    tutto  il     corteggio  nuziale.   Al 
terminar   della    messa  si    adempiono  le    cerimonie  prescritte  dalla 
religione  nei  matrimonj  :  prima  si  avvicina  la  sposa  all' altare;  la 
segue  lo  sposo,  e  si  pone  alla   destra;  amendue  si  inginocchiano, 
e  quando  il  sacerdote  gli  ha    benedetti  ,  prima    lo  sposo  si  allon- 
tana dall'altare  per  mostrare  che  l'uomo  ha  la  preminenza  sulla 
donna;  indi  la    sposa  che    condotta    dal    Paraninfo    ritorna    con 
passi    velocissimi  al  suo  banco.    In    questo   momento  ricompare  la 
donna  gialla  ;   toglie  il  [piccolo  serto    dal  capo  dello    sposo  e  lo 
ripone  nel  suo  paniere.  Il  corteggio  esce  della  chiesa    cogli  sposi 
per  portarsi    alla    magione   ove   si    dee    celebrare  il  banchetto.  Il 


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ITT.GLI    SVIZZERI  127 

tamburo  dà  il  segno  della  marcia;  indi  viene  lo  sposo  seguito  dal 
suo  condirne  ire  clic  ha  un  coppello  adorno  di  nastri  ,  e  porta  un 
largo  mantello  ,  in  cui  ravvolge  tutto  il  corpo.  Anche  i  padri  do- 
di sposi  portano  un  mantello  ,  che  però  è  men  largo  ,  e  meno 
accuratamente  disposto.  Seguono  i  giovani  ed  i  vecchi ,  indi  la 
sposa  accompagnata  dalla  sua  compagna,  e  dalla  donna  gialla', 
le  tengon  dietro  le  donne  e  le  donzelle,  che  furono  invitate,  e 
che  tutte  hanno  l'apparenza  di  esser  gaje  e  contente.  Sempre  a 
suon  di  tamburo  si  giunge  alla  casa;  e  lo  sposo  col  suo  condut- 
tore ,  la  sposa  colla  sua  compagna  ,  colla  donna  gialla  e  con 
tutte  le  altre  donne  e  donzelle  si  assidono  ad  una  mensa  separa- 
ta ,  gli  altri  convitati  ad  un'altra,  e  si  celebra  il  banchetto  ;  cia- 
scuno si  abbandona  a  tutta  la  gioja  inspirata  dalla  circostanza , 
ed  universale  è  il  giubilo;  senza  che  giammai  veruno  si  allontani 
dai  limiti  che  la  decenza  prescrive.  Dopo  il  convito  incomincia 
la  danza  ;  colui  il  quale  vuol  per  primo  danzare  dee  chiederne 
la  permissione  a  quello,  che  condusse  la  sposa.  Sovraggiunta  la 
notte  si  presenta  a  ciascuno  de'  convitati  un  fazzoletto  con  un 
mazzo  di  fiori  :  in  appresso  compare  il  Paraninfo  col  suo  tam- 
buro accompagnato  dallo  sposo  e  dal  suo  condottiero  ,  amendue 
coperti  dal  mantello.  Il  Paraninfo  recita  un  discorso  in  un  lin- 
guaggio, ed  in  un  modo  pressoché  simile  nella  piacevolezza  a 
quello  di  cui  fece  uso  noli'  arringa  indiritta  al  curato.  Dopo  il 
discorso  ciascuno  dei  convitati  fa  un  duno  alla  sposa;  indi  tutti 
se  ne  ritornano  alle  loro  case.  Lo  sposo  seguito  da  tutto  il  cor- 
teggio dei  giovani  e  delle  donne  discende  nella  piazza:  subito 
dopo  il  conduttore  della  [sposa  la  guida  in  questo  luogo,  fa  un 
giro  circolare  con  lei  a  passi  misurati;  indi,  la  consegna  allo  spo- 
so ,  che  fa  con  essa  un  giru  uguale  per  tre  volte,  e  con  lei  danza 
a  suon  di  tamburo  :  il  corteggio  si  volge  dappoi  a  passi  lenti  alla 
casa  dello  sposo;  ove  trova  allestita  la  cena  ,  che  si  prolunga 
inulto  oltre  nella  notte.  La  donna  gialla  dà  alcune  lezioni  alla 
sposa  sul  modo  col  quale  si  dee  condurre?  nella  prima  notte  delle 
nozze,  e  finalmente  Ja  conduce  al  talamo  (1). 
Nozze  in  Friburgo. 

Gli  abitanti  della  Svizzera  considerano  le  nozze  come  un  alto 

(T    Tablcaux  de  la  Suisse.  Tom.  Vili.  pagi  44^  e  scg- 


1-3.S  MATRIMONI    E    FUNERALI 

importante  e  grave,  in  cui  l'austerità  dei  giuramenti  è  tramesco- 
lata alle  lusinghe  della  speranza  ;  e  quest'  idea  dà  un'  impronta 
singolare  al  costume  seguito  dagli  sposi  nel  Cantone  di  Friburgo. 
Si  direbbe  clic  essi  intenti  a  concentrarsi  nell'idea  dell'impor- 
tanza dei  doveri  ,  che  assumono  ,  si  circondano  a  bello  studio  di 
tutto  ciò,  che  può  ad  essi  impedire  di  porli  in  obblìo.  Ai  loro 
abiti  ordinar]  sostituiscono  il  vestimento  gotico  delle  loro  avole  , 
quasi  per  mostrare  che  le  prenderanno  per  modello,  e  seguiranno  i 
costumi  de' prischi  tempi.  !\el  giorno  delle  nozze  si  scorge  la  sposa 
con  collare  foggiato  ali  antica  ,  col  capo  coperto  da  un  bizzarro 
berrettoni; ,  e  con  una  specie  di  medaglia  d '(argento  conosciuta 
sotto  il  nome  d'Agnus  Dei,  che  le  pende  dal  collo:  essa  ha 
una  lunga  cintura  a  frangie,  e  le  scarpe  fermate  da  larghe  fibbie 
di  metallo  (i).  "\  edi  la  Tavola  19. 
Sjwsi  del   Cantone  di  Scaffusa. 

Singolare  veramente  è  il  costume  degli  sposi  del  Cantone  di 
SciafFusa.  La  sposa  ha  il  capo  coperto  da  un  alto  e  pesante  ber- 
retto, che  rassomiglia  a  quel/o  di  un  ussero,  da  cui  pendono  due 
nastri  intrecciati  e  rossi  che  terminano  in  due  fiocchi  ;  le  calze  e 
la  sottana  sono  di  color  rosso  :  lo  sposo  è  vestito  semplicemente  , 
e  non  presenta  alcuna  singolarità  nell'abito,  se  si  eccettuino  le 
cinghie,  che  sostengono  i  calzoni,  le  quali  sono  adorne  di  un  largo 
ricamo.  Quest'  oggetto  che  in  ogni  altro  paese  non  è  reputato  che 
utile,  forma  in  questo  Cantone  un  distinto  abbigliamento,  ed  in 
queste  cinghie  particolarmente  ciascuno  fa  brillare  il  suo  lusso  ed 
il  suo  gusto.  Il  giovane  sposo  sta  in  atto  di  contemplare  in  pace 
e  liberamente  la  timida  sua  donzella  ,  che  volge  altrove  gli  occhi 
per  non  iscontrarsi  coJsuoi  (2).  Vedi  la  Tavola  20. 
Banchetti  nuziali  in  Friburgo. 

Magnifici  sono  i  banchetti  nuziali  in  Friburgo.  Cinquanta  e 
più  convitati  si  assidono  a  diverse  mense:  il  convito  degli  uo- 
mini dura  talvolta  per  ben  dieci  ore  ,  quello  delle  donne  sei;  esse 
passano  il  restante  del  tempo  nel  danzare.  Nelle  nozze  de'nobili, 
il  senato  fa  presentare  agli  sposi  il  vino  chiamato  d'  onore  in  do- 
dici bottiglie;  ed  il  cancelliere  recita  una  lunga  diceria  in  onore 

(1)  Cost.  Suisse  par  Birmana.  N.°  4^- 
(•2)  Birmana.  Cosi.  Suiss.  N.°  4^. 


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DEGLI   SVIZZERI  1  %Q 

degli  sposi.  In  appresso  i  ministri  de' Principi  stranieri  e  le  .ilire 
ragguardevoli  persone  invitale  alle  nozze  fanno  i  lor  complimenti 
sull'eleganza  del  banchetto,  e  celebrano  la  generosità  degli  spo- 
si, che  non  permettono  che  i  convitati  paghino  più  della  metà 
o  di  un  terzo  delia  spesa.  Gli  stranieri  nulla  pagano,  ma  s  igliono 
fare  un  dono  alla  sposa.  Si  usa  di  visitar  la  chiesa  per  ben  due 
volte  nel  giorno  delle  nozze  ;  e  con  ccrimunie  singolari  si  por- 
tano all'altare  fanciulli,  i  quali  non  abbiano  più  di  olio  giorni, 
ivi  il  sacerdote  li  sottomeite  all'abluzione}  ed  una  tale  cerimo- 
nia si  usa  anche  in  varj  giorni  festivi  (i). 
Costume  singolare  dell  '  Eotlibuch. 

Neil' Enti tÒuch ,  baliaggk)  considerabile  di  Lucerna,  si  nota 
un'usanza  assai  singolare.  Un  giovane,  il  quale  vada  al  cosi  detto 
Kict ,  si  espone  ordinariamente  al  rischio  di  essere  Lastonato  dalla 
gioventù  del  luogo.  Andare  al  Kict  significa  fare  alcune  visite 
notturne  alla  donzella,  che  si  vuole  sposare.  Quest'uso  antico  e 
bizzarro  ò  in  vigore  non  solo  nel  mentovato  paese,  ma  anche  nei 
Cantoni  di  Soletta  e  di  Berna.  Invano  i  curati  ed  i  ministri  pre- 
dicano contro  quest'abuso:  giacché  fino  ad  ora  non  si  e.  mai  po- 
tuto abolire  questo  costume.  Siffatte  visite  si  fanno  malgrado  del 
divieto  dei  parenti  ;  e  siccome  le  camere  delle  case  rustiche  sono 
basse,  così  è  facile  agli  amanti  l'entrarvi  per  mezzo  della  fine- 
stra. Ivi  passano  la  noLte  a  canto  delle  lcro  innamorate  ,  e  pur- 
ché rimangono  votili  possono  coricarsi  con  esse  senza  che  si  osi 
formare  il  minimo  sospetto,  che  possa  mettere  in  forse  l'onore 
della  sposa.  Queste  visite  durano  Gnchè  i  parenti  acconsentono  al 
matrimonio  ciò  che  suole  addivenire  o  testo  o  tardi.  Talvolta  però 
soggiunge  un  funesto  caso;  gli  altri  giovani  del  villaggio  spiano  le 
orme  del  loro  rivale,  e  quando  lo  colgono  nclP  istante  in  cui  e- 
sce  dalla  casa  lo  battono  dispietatamente,  o  lo  pongono  in  un 
largo  e  profondo  paniere  di  vinchi  ,  e  lo  s  «pendono  per  mezzo 
di  lunghe  corde  a  due  alberi.  Quivi  il  misero  giovane  passa  li 
notte,  finché  colle  sue  iterate  grida  trova  allo  spuntar  del  giorno 
anime  abbastanza  pietose  per  liberarlo  da  quella  prigionia  (?.).  Tale 
è.  il  bizzarro  costume  del   Kict. 

(i)   Tableaux  ile  la  Suiss.  Toro.  Vili.  pag.  545. 

(a)  Si  narra  a  questo  proposito  un  ancuMoto  piacevolissimo.  Un  Bavaro 
Gemila,  che  si  stillili  nel  collegio  di  Soletta,  appena  in  «s»  giunto  cinese 
Cosi.  dtlV  Europa  Voh  IX.  9 


i3o  MATRIMONJ  e  funerali 

l/si  dei  Cantoni  Cattolici. 

Negli  stati  Cattolici  della  Svizzera  si  segue  il  Concilio  di 
Trento  tanto  per  la  dotti-ina  ,  quanto  per  la  disciplina.  I  figliuoli 
che  non  sono  ancora  maggior  di  età  si  maritano  spesso  senza  la 
permissione  dei  loro  parenti ,  e  questi  non  possono  ad  essi  impe- 
dirlo. Ma  i  figli  dal  loro  canto  si  espongono  al  pericolo  di  essere 
diseredati,  ed  i  genitori  possono  dispensarsi  dal  mantenerli.  D' A* 
lembert  ha  osservato  non  esservi  altra  città  ,  in  cui  sieno  più  ma- 
trimoni felici  quanto  in  Ginevra  ;  ove  i  regolamenti  contro  il  lusso 
fanno  sì,  che  non  si  tema  la  moltitudine  de' figliuoli.  In  Ginevra 
non  si  estendono  i  gradi  di  parentela  al  di  là  di  quelli  che  sono 
notati  nel  Lenitico  j  onde  i  cugini  germani  possono  congiuugersì 
in  matrimonio  :  ma  non  v'  ha  dispensa  nei  gradi  vietati.  Si  ac- 
corda il  divorzio  in  caso  d' adulterio  ,  o  di  diserzione  frodolenta 
dopo  averne  esposti  i  giuridici  avvisi  (i) 

Cerimonie  nuziali  in  Ginevra. 

la  Ginevra  così  come  uell'  Olanda  si  osservano  le  seguenti  ce- 
rimonie nuziali.  Quando  le  due  parti  convennero  di  sposarsi  ,  si 
danno  vicendevolmente  la  mano  in  presenza  del  sacerdote  ,  e  be- 
vono insieme.  Il  sacerdote  prende  due  bicchieri  pieni  di  vino , 
che  gli  vengono  presentati  dagli  sposi  ;  mesce  il  vino  dell'uno  in 
quello  dell'altro,  e  dà  il  nappo  dello  sposo  alla  sposa  e  viceversa. 
Il  cambio  dei  bicchieri  e  del  vino  significa  1'  unione  del  matrimo- 
nio, e  mostra  che  i  contraenti  debbono  reciprocamente  contribuire 

un  vocabolario  delle  parole  Svizzere,  che  notano  le  differenti  maniere  di 
dire  dei  contadini.  Fra  queste  notò  la  parola  Kisck,  che  è  una  corruzione  del 
Tedesco  Kirch,  che  significa  chiesa,  e  la  impresse  nella  sua  memoria.  Essendo 
incaricato  dopo  di  confessare  alcuni  giovani  di  un  vi'laggio ,  udì  molti  accu- 
sarsi di  essere  stati  al  Kiet.  Il  bonario  Gesuita  il  quale  credeva  che  volessero 
parlare  della  chiesa,  che  tale  e  ii  senso  di  Kilch  nello  Svizzero  Alemanno,  si 
avvisò  che  \i  fosse  in  quel  paese  la  costumanza  di  confessare  e  il  bene  e  il 
male  ;  onde  rispondea  :  fìgliuol  mio,  questa  è  una  buona  opera;  voi  non  fre- 
quenterete giammai  abbastanza  la  chiesa  in  die  Kilch.  Essendosi  sparso  il 
grido  dell'  indulgenza  del  confessare,  ed  avendo  costui  fatto  le  maraviglie  col 
rettore  della  semplicità  degli  Svizzeri,  che  si  confessavano  dell'  andare  iu 
chiesa,  costui  lo  trasse  d'  errore  informandolo,  che  il  Kiet  de'  giovani  signifi- 
cava le  loro  visite  notturne  alle  innamorate.  Tableaux  de  la  Suiss.  Tom.  Vili, 
pag.  443  e  seg. 

(0  Vedi  l'art.  Genève  di  d'Alembert  nel  Voi.  VII.  dell'  Enciclopedia. 


DE6I  I   *N  IZZERI  1  j  I 

ai  La  felicita  di  araendue.  Dopo  quesla  cerimonia.  Io  sposo  pone 
V  anello  nel  dii<>  alla  sposa.  Antecedentemente  al  matrimonio  però 
il  sacerdote  pubblica  gli  avviai  per  Ire  donienielie  consecutive; 
indi  il  sindaco .  o  magistrato  della  città  assegna  agli  sposi  un 
luogo,  in  cui  celebrino  le  nozze.  La  sposa  è  ordinariamente  in- 
coronata con  un  serto  di  fiori ,  ed  ha  adorno  il  seno  con  un 
mazzetto  dei  medesimi.:  due  de' suoi  più  stretti  parenti  la  condu- 
cono alla  chiesa  ,  e  .  terminata  la  cerimonia  ,  1'  accompagnano  alla 
casa  dello  sposo.  Le  vedove  clic  si  rimaritano  non  si  ornano  la 
testa  coi  Cori;  ma  possono  portarne  alcuni  mazzetti,  e  sono  in- 
difTereutemente  condotte  alla  chiesa  dai  loro  parenti  o  dai  loro 
amici  (1). 
Compari* 

Molto  costa  nella  Svizzera  e  principalmente  nei  Cantoni  popo- 
lari il  divenir  compare;  ed  in  que' paesi  nessuno  può  ricusare  di 
divenirlo  .  quando  ne  è  invitato.  Si  dee  pagare  il  rifiuto  con  una 
grossa  ammenda  a  motivo  dello  scandalo  che  si  darebbe  ',  onde  av- 
viene che  un  magistrato  ,  od  un  ricco  dee  aspettarsi  di  ricevere 
molti  di  siffatti  inviti.  Allora  i  doni  che  si  fanno  all'infante  ed 
alla  puerpera  non  si  limitano  al  solo  giorno  del  battesimo  ;  ma  si 
usa  di  regalare  il  figlioccio  ogni  primo  giorno  dell'anno  per  un 
novennio,  indi  si  fa  lo  stesso  quand'egli  o  si  marita,  o  si  appi- 
glia a  qualche  altro  stato  (2) 
Madri  clic  alla  1 1 ano  i  figli. 

Le  madri  nella  Svizzera  adempiono  al  sacro  dovere  imposto 
dalla  natura  di  allattare  i  lor  figliuoli  ;  nò  mai  li  affidano  a  mer- 
cenarie nutrici.  Se  scarseggiano  di  latte  ,  li  nutrono  con  quello  di 
una  vacca  destinala  solo  a  quest'uso,  e  perchè  il  bambino  possa 
sempre  averlo  pronto  lo  conservano  in  un  vaso  preparato  a  que- 
st'  uopo  ,  in  un  medio  grado  di  calore,  il  celebre  medico  Van- 
dcrmomlc  raccomanda  assai  questa  foggia  d'allattare,  che  pre- 
serva i  bambini  da  ogni  maligna  influenza  (3).  L'uso  di  bagnare 
i  bambini  appena  nati  nell'acqua,  e  di  ripetere  quest'abluzione  ogni 
sei  od  otto  giorni  è  comune  nella  Svizzera. 


6" 


(1)  Coup-d'oeil  sIik^Ijìs  sui  Ics  cui  cinonics  du  mariagc.   Genève,  i-3o  in 
ia.°  pag.  ,\i  e    43. 

(2)  Tablcaux  de  la  Suiss,  Tom.  Vili.  pag.  4^0. 

(V,  Essai  sur  la  inumare  de  perfectionner  l'espùca  humaine.  Paris,   17C0S. 


l3a  MATRIMOHJ    E    FUNERALI 

Cibi  dei  fanciulli. 

Appena  che  i  fanciulli  possono  sostenersi  in  piedi  sono  nutriti 
con  zuppa  e  latte  ;  e  si    dissetano    indifferentemente    coli'  acqua  e 
col  \ino. 
Costumi  delle  fanciulle. 

Le  fanciulle  già  cresciute  in  età  dividono  le  loro  chiome  in 
due  treccie ,  che  discendono  sulle  loro  spalle  ,  e  si  ornano  la  testa 
di  un  mazzo  di  fiori  come  segno  luminoso  della  loro  verginità. 
Tutte  le  cure  domestiche  sono  affidate  alle  donne,  che  vanno  sul 
mercato  e  sulle  piazze  a  comperare  ciò  che  è  necessario  pel  vitto; 
anco  le  più  ricche,  allorquando  escono  di  casa  non  sono  accompa- 
gnale che  dalle  loro  ancelle. 
Cure  e  contegno  delle  donne. 

Allorquando  esse  camminano  per  le  contrade  ,  o  passeggiano 
vanno  a  passi  lenii  ,  e  1'  austerità  del  loro  contegno  è  conforme 
alla  gravità  del  loro  incedere.  Né  si  mostrano  abbigliate  che  nei 
giorni  festivi  ,  e  compaiono  a  canto  dei  loro  mariti ,  che  fanno 
pompa  degli  ornamenti  e  degli  abiti  ricevuti  in  dono  dai  Prin- 
cipi stranieri  ,  a'  quali  hanno  prestati  i  loro  servigj  nella  mili- 
zia (i). 
Funerali. 

In  moke  città  e  villaggi  della  Svizzera  Cattolica  le  donne  as- 
sistono ai  funerali  ed  alla  sepoltura  dei  loro  mariti;  così  come  i 
figlinoli  a  quelli  dei  loro  genitori.  Dopo  gli  uomini  si  veggono 
apparire  le  più  vicine  parenti  del  defunto.  Le  insegne  della  pro- 
fessione esercitata  in  vita  accompagnano  lo  Svizzero  alla  tomba  : 
se  egli  è  cavaliere  gli  si  pongono  gli  sproni  ai  piedi;  se  è  sacer- 
dote, giace  sulla  bara  col  viso  scoperto,  colla  cotta  sopra  l'abito 
nero  ,  e  cou  un  calice  di  cera.  I  funerali  si  celebrano  sempre  in 
pieno  giorno;  ma  quelli  ebe  vi  assistono  portano  sempre  o  cerei, 
o  bugie  accese.  Le  donne  qualificale  di  Soletta  sono  solite  di  por- 
tare il  lutlo  coprendosi  con  un  gran  velo  nero.  In  molte  borgate 
e  città  della  Svizzera  dura  ancora  1'  uso  di  recitare  la  funebre 
orazione  del  defunto,  ancorché  egli  sia  di  bassa  condizione;  e  ciò 
si  fa  mentre  esso  è  seppellito.  Un  borghese  od  un  contadino  so- 
stiene le  parti  di  oratore  :  un  siffatto  costume  si  perpetua  ,  perchè 

(i)  TabUaiuc  de  la  Suiss.  Tom.  Vili.  pag.  54 4 * 


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7 


DEGLI    SVIZZERI  l33 

gli  eredi  danno  al  dicitore  una  con-veniente  retribuzione:  si  fa  no- 
ta altresì  agli  astanti  quella  che  gli  stessi  credi  depongono  nella 
pubblica  borsa  del  quartiere,  in  cui  viveva  il  defunto;  ed  in  capo 
di  uno  o  due  anni  il  danaro  ammassato  con  queste  elemosine,  e 
con  quelle  dei  battesimi  e  dei  matrimonj  serve  a' pubblici  conviti 
durante  il  carnevale  (i). 

Offerte^ 

Nei  Cantoni  Cattolici  così  gli  uomini  ,  come  le  donne  se  no 
vanno  alla  chiesa  per  far  le  o (l'erte ,  che  sono  generose  ne' fune- 
rali e  negli  animerai)  3  giacché  tutti  i  parenti  e  gli  amici  del- 
l'estinto si  danno  cura  di  attestare  con  questo  mez/;o  la  memoria 
che  di  lui  conservano, 

jdnniversarj. 

Si  celebravano  poi  negli  andati  secoli  gli  anniversarj  della  mor- 
te di  quegli  eroi,  che  aveano  versato  il  loro  sangue  in  difesa  della 
patria  ;  onde  i  figliuoli  si  ricordassero  delle  avite  virtù:  il  racconto 
di  queste  vittorie  era  scrii  io  nei  libri  degli  anniversarj  .  che  ogni 
anno  si  leggono  nelle  chiese  parrocchiali  durante  la  messa  solenne 
in  onore  di  que' generosi ,  che  perdettero  la  vita  in  quelle  memo- 
rande  bai  taglie  (?.). 

Mona  mento  sepolcrale  della   moglie  dello  scultore  Nahl. 

Anco   nella    Svizzera  la  carità  dei    viventi   onora  di    magnificai 

o 

tomba  le  spoglie  di  una  diletta  persona.  Celebre  è  il  monumento 
sepolcrale  eretto  dallo  scultore  Nahl  alla  me*  sposa,  la  bi^nora  Lan- 
ghaul,  nella  chiesa  di  Hit! del hanck,  che  giace  in  disianza  di  due 
leghe  da  Berna.  Sublime:  in  vero  è  il  concetto  di  attesto  mauso- 
leo: esso  ci  trasporta  all' istante  in  cui  l'angelica  tromba  dischiude 
gli  avelli ,  e  chiama  i  mortali  al  giudizio.  La  pietra  che  ricopre 
la  tomba  si  solleva,  spezzandosi  mostra  nell'interno  la  belladon- 
na, che  risuscita  lenendo  fra  le  sue  braccia  l'infante,  nel  parto- 
rire il  (piale  avea  perduta  ia  vita:  essa  raggiante  tutta  d'immor- 
talità sembra  lanciarsi  verso  il  ciclo  .  e  resp'tfgerc  il  sasso  che  an- 
cor si  oppone  al  suo  volo.  I!  monumento  è  lavorato  in  pietra  te- 
nera, e  non  in  marmo,  come  ben  meritava;  e  gli  amatori  delle; 
arti   ebbero  a  dolersi  della    barbarie  di  que'  furibondi  ,  che  nella 

(i)  Tableaux  de  la  Suiss.  Tom.  Vili.   pag.  \~)~>. 

^a;  Tableaux  di  la  Suiss.  Tom.  Vili.  pag.   P;   e  4j8. 


l3}  M\TR  «ON.!    r.    FHKESALI 

passata  rivoluzione  ruppero  il  naso  alla  statila  della  donici.  La 
iscrizione  apposta  a  questo  sepolcro  è  in  lingua  Tedesca  ;  ma  fa 
tradotta  o  per  meglio  dire  imitata  in  lingua  Francese;  e  così  suona 
nella  nostra  favella:  «Odi  tu  la  tromba!  Essa  ha  spezzato  il  sasso 

che  copriva  il  feretro ecco  l'ultim'ora  del  tempo  e  della 

morte non  più   mali ,  non  più  duolo figlio  del  mio 

dolore,  alla  materna  voce  ti  sveglia  dal  tuo  lungo  sonno;  s'apre 
il  cielo:  nell'istante  dello  svegliarti  1' eternità  ti  appella  alla  bea- 
titudine (i)".  Vedi  la  Tavola   21. 

Lutto  delle  donne  di  Zjiirigo. 

Noi  abbiamo  presentato  nella  Tavola  xy  ritmi.  2,  una  donna 
di  Zurigo  in  gramaglie.  Tanto  il  giubboncello  ,  quanto  la  gonna 
sono  di  color  nero;  mi  la  testa  è  coperta  da  un  velo  bianco  ac- 
conciato in  guisa  ,  eli  e  termina  in  una  punta.  Dal  velo  scorre  una 
fascia  che  dopo  di  avere  involto  il  mento  discende  quasi  fino  ai 
piedi.  Questa  figura  è  tolta  dall'opera  di  Picart }  ove  parla  del 
lutto  dei  varj  popoli  Protestanti  (2). 

Lutto  dei  Friburghesi. 

In  Friburgo  i  più  stretti  parenti  del  defunto  passano  la  notte 
a  canto  del  cadavere  pregando  Dio,  e  la  mattina  del  giorno  seguente 
tutti  gli  invitati  al  funerale  si  presentano  alla  casa,  e  dopo  aver  fatte 
le  condoglianze  accompagnano  il  feretro  alla  chiesa.  Finiti  i  fune- 
rali ,  si  trasporta  il  morto  al  cimitero  ,  e  dopo  di  averlo  deposto 
nella  fossa  il  curato  vi  gitta  sopra  tre  palale  di  terra;  indi  recita, 
un  discorso  al  popolo  sulla  fragilità  della  natura  umana.  1/  abito 
di  duolo  per  gli  uomini  consiste  in  un  gran  mantello  nero  con  ma- 
niche ,  che  vanno  giù  penzoloni:  il  manto  delle  donne  è  un  velo 
bianco  che  cade  dalla  testa  sulle  spalle,  e  copre  tutto  il  viso,  ec- 
cettuati gli  occhi  :  esse  portano  il  lutto  per  otto  giorni  consecutivi  ; 

(1)  Enteiuls  tu  la  tvompette)  Elie  n  ìn'isé  la  pièrre 

qui  con  vr  nil   ton  cere  nei  l 

J?u  teins  et  de  la  mort  voici  l'heure  damiere 

plus  de  maux plus  de  deuìl  .   .   .  .  * 

Enfant  de  ma  dolileur,  à  la  vàix  maternetle 

sors  de  ton  long  sonimeli} 
Le  Ciel  s'ouvre  ....  au  bonheur  V Eternità  Cappelle 

à  l  istant  da  rtveil  ! 

(2)  Cèrem.  et  Cout.  Relìig.  T\>m.  Ili   pag-  3;().  D^uil  de;  ZurigU. 


(ut  numi 

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un 


DEGLI  SVIZZERI  :35 

e  tanto  gli  uomini  quanto  le  donne  si  portano  per  trenta  giorni 
mattina  e  sera  al  cimitero  ed  alla  chiesa  onde  pregare  e  far  of- 
ferte per  l'anima  del  defunto  (i). 


Arti    e    Sciewze. 


Barbarie  degli  antichi  Elvezj. 


G> 


"li  antichi  Elvezj  erano  barbari,  quando  i  Romani  li  soggioga- 
rono, e  questi  vincitori  tentarono  subito  di  dirozzarli,  cangiando 
leggi,  usi,  costumanze  e  perfino  il  linguaggio.  Molti  Romani  si 
stanziarono  nelle  Gallio  e  nell'Elvezia,  dove  fondarono  istituzioni 
militari  e   civili,  ed  introdussero  il  lusso,  le  arti  ed.  il  commercio. 

Musaico  Romano. 

Tali  sforzi  fatti  per  ingentilire  questo  popolo  furono  simboleg- 
giati in  un  musaico,  che  trovossi  poco  lungi  da  Yverdun  tra  le 
rovine  di  una  villa,  che  apparteneva  ad  un  Romano.  In  esso  è  rap- 
presentato Orfeo  ,  che  traggo  a  se  col  suono  alcuni  animali  fero- 
ci, e  cerca  di  ammansarne  Y  indole.  Questo  Romano  voleva  senza 
alcun  dubbio  far  allusione  a  quel  gran  cangiamento,  eh' ci  riguar- 
dava come  vantaggioso  per  gli  Elvezj  ,  e  come  solleticante  1'  or- 
goglio di  una  nazione  (2).  Vedi  la  Tavola  22. 

Rovine  di  Avencìie. 

La  città  di  Avenche,  le  cui  rovine  giacciono  nel  paese  di  Vaud, 
fu  la  più  fiorente  dell'  antica  Elvezia ,  e  Tacito  1'  appellò  Avent.i- 
cum  gmtis  caput.  Sabino  padre  il  Vespasiano  si  era  ritirato  nel- 
l'Elvezia per  accrescere  le  sue  ricchezze  facendovi  il  banchiere  (3): 
onde  il  suo  figliuolo  divenuto  Imperatore  predilesse  questa  pro- 
vincia disastrata  da  Cecina  Generale  di   Vitcllio;  e  diede  ordine  al 


(1)   Tableaux  de  la  Suiss.Vcì.  Vili.   pBg.   rj^G. 

(a)  Mallet.  Hist.  de  Suiss  Part.  I.  rliap.  3   Andante  di  ZurlaabeD,  TS*.°  197. 
(31   Posteti  fucuus  a  pud  Hclvetivs  exercuit,  ibidcmque  diem   obiit.   Sveto- 
niuj   Vii.  Vcsyas,  cap.    1. 


1  r>G  AUTS    E    SCIENZE 

figlinolo  Tito  di  condurre  in  Avenche  una  colonia  composta  de'suoi 
più   distinti  commilitoni.  Fece  pur  anco  rialzare  le  mura  della  cit- 
tà ;  la  ornò  di   sontuosi  edifizi,   di  magnìfici  templi,  e  la  forni  di 
professori  di  diverso    scienze  ,  e    principalmente  di  medici.  Final- 
mente le  accordò  il   tìtolo  di  città    alleata  ,  di    colonia  Flavia  , 
Fedele,  Costante  e  Pia',  e  à3  allora  in    poi  essa  fu    chiamata  la 
colonia  Elvetica  per  eccellenza.  Ora  non    rimangono  che  alcune 
rovine  le  quali  furono  visitate  e  descritte  dal  Coxe,  e  dallo  Schmidt 
nella  sua  raccolta   delle    antichità   della    Svizzera.  Il  circuito  delle 
mura    sembra  che  fosse  di  cinque  miglia:  sorge  ancora  una  delle 
antiche    torri    pressoché    circolare ,  il  cui  lato    convesso  è    rivolto 
verso  la  città.  Si  mostrano  al   viaggiatore  le  rovine  di  un  anfitea- 
tro, la  cui  arena  poteva  avere    quattrocento    passi   circa,   di   dia- 
metro. Sotto  una  torre  v'ha  un  sotterraneo  alto  venti  piedi  circa, 
da  cui   verisimilmente  si  sprigionavano  le  fiere  che  doveano  discen- 
dere   nell' arena  j  ed  in  poca    distanza  si    scorgono  le    vestigia  di 
cinque  altri    sotterranei,   e  su  tutte  le  mura  varj   grossolani  simu- 
lacri svisati  dal  tempo.  Presso  a  queste  rovine  s' innalza  una  grossa 
colonna   di  marmo  bianco  alta  cinquanta  piedi  circa    composta  di 
grossissimi  massi  uniti  senza  cemento:  e  giacciono  qua  e  là  bassi-ri* 
lievi  rappresentanti  urne  ,  griffi  ,  cavalli  marini.  Al  di  là   d'  Aven- 
che un    miglio  circa  si  presentano  le  rovine  di  un  piccolo  acqui- 
dotto  ,  che  nel   passato  secolo  fu  scoperto  per  la  caduta    acciden- 
tale  di  un  mucchio  di  sabbia  che  lo  copriva.  1/  esterno  è  forma- 
to di   pietre  e  di  calce,  e  l'interno  dì  un  rosso  cemento  duro  al 
par  dell'antico  embrice  Romano:  la  volta  dell'arco  può  avere  due 
piedi  e  mezzo  circa  di  altezza  ,  ed  uno  e  mezzo  di   larghezza.  Al- 
cuni   effermarono  che  esso  si    estendeva  fino  alla  torre  di    Gausa 
tra  Vevai  e  Losanna,  e  che  tra  Villarsel  e  Marnand,  in   distanza 
di  quattro  leghe  da  Coppet ,  lo  scoglio  è  scavato  in  guisa  da  for- 
mare un  arco  della  dimensione  pi-esso  a  poco  sovra  menzionata  (i). 
Augusta   Rauricorum. 

L'altra  città,  che  dopo  Avenche  trovasi  celebrata  ai  tempi  dei 
Romani,  era  quella  ch'essi  chiamavano  Angusta  Rauricorum,  e 
che  ora  è  un  meschino  villaggio  del  Cantone  di  Basilea  vicino 
al  Reno.  Ciò  che  di  essa  rimane  consiste  in  un  piccol  numero  di 

(i)  Coxe.  Lctt.  XXXI. 


DEGLI   StlMERI  l3j 

colonne  di  marmo,  die  sono  ancora  in  piedi,  in  molti  frammenti 
di  alcune  altre  sparsi  qua  e  là  ,  ed  in  una  specie  di  recinto  o  se- 
micircolo  di  mura  ,  che  cingeva  un  alto  terreno.  Qui  si  apriva  un 
teatro  vasto  abbastanza  per  contenere  dodicimila  spettatori,  ma 
ora  se  ne  veggono  scarsissime  vestigia  (i).  Nò  mancavano  alla  cit- 
tà gli  acquidotti ,  che  le  portavano  1'  acqua  dalla  distanza  di  più 
di  dieci  miglia. 
Staio  delle  arti  ne' tempi  moderni. 

La  Svizzera  fu  tarda  nel  coltivare  le  arti  dopo  il  loro  risor- 
gimento ,  ma  nel  passato  secolo  specialmente  vantò  segnalati  cul- 
tori di  esse  ,  ed  in  alcune  pareggiò  gli  altri  popoli.  «  Si  sarebbe 
mai  preveduto,  dice  il  Voltaire,  allorquando  il  più  grosso  dia- 
mante dell'Europa  preso  da  uno  Svizzero  nella  battaglia  di  Gran- 
son  ,  fu  venduto  al  Generale  per  uno  scudo,  si  sarebbe  mai  allor 
preveduto,  clic  sorgerebbero  un  dì  nella  Svizzera  città  si  belle  e 
sì  opulente,  qual  era  la  capitale  del  Ducato  di  Borgogna?  Il  lusso 
dei  diamanti,  delle  stoffe  d'oro  vi  fu  per  lunga  pezza  ignoto,-  ed 
allorquando  vi  si  conobbe,  fu  vietato;  ma  le  solide  ricchezze  che 
consistono  nella  coltivazione  delle  terre ,  vi  furono  raccolte  da 
mani  libere  e  vittoriose:  gli  agi  della  vita  vi  furono  ricercati  ai 
nostri  giorni;  tutte  le  dolcezze  della  società,  e  la  sana  filosofia , 
senza  la  quale  la  società  non  ha  durevoli  piaceri,  penetrarono  iu 
quelle  parti  della  Svizzera,  in  cui  più  dolce  è  il  clima,  ed  in  cui 
ugna  l'abbondanza.  Finalmente  in  questi  paesi  un  tempo  così  a- 
gresti  si  giunse  in  alcuni  luoghi  ad  accoppiare  1'  eleganza  di  À- 
tcne  colla  semplicità  di  Sparta  (2)  ». 
Architettura. 

E  architettura  degli  Svizzeri  ci  presenta  oggetti    magnifici  nei 
lempj  e  nei  pubblici  edifìcj ,  ma  semplici  nelle  case  private. 
Case  di  legno. 

Noi  abbiamo  veduto  ,  parlando  della  casa  di  un  contempora- 
neo di  Guglielmo  Teli  ,  che  quantunque  il  Governatore  Gesslero 
la  reputasse  magnifica,  era  però  di  legno;  e  della  stessa  materia 
abbia  in   detto  essere  composte   moltissime  case  dei  villaggi  e  delle 

(0  Qaesto     teatro   fu  descritto     n.inutameole  da    Scliaepftlin     nella  sua 
Alani  ili   illustrata 

(a,  Voltane  Estai  sur  VHist.  Generale.  Tom.  IL  pag.  268.  Edita  del  1 7  5G. 


i38  arti  s  scieuxe 

borgate  della  Svizzera.  Esse  hanno  per  lo  più  un  tetto,  che  pende 
d'  assai  ,  onde  impedire  clic  la  neve  non  ingombri  le  soglie.  Quasi 
tutti  i  viaggiatori  fecero  le  loro  maraviglie,  perchè  in  un  paese  si 
abbondevole  di  pietre  si  edifichi  col  legno  :  ma  il  Coxe  osserva 
che  le  case  sono  con  siffatta  materia  e  più  speditamente  costruite 
e  più  agevolmente  riparate.  Che  se  le  loro  stanze  sono  piccole  ,  e 
basso  il  tetto,  gli  è  perchè  sieno  più  calde  e  più  accomodate  al- 
l'asprezza del  clima.  Si  è  rimediato  in  parte  ai  guasti  degli  in- 
cendi >  cne  s*  propagherebbero  con  una  spaventosa  celerità  col- 
1'  usanza  di  tener  isolate  le  casej  fabbricando  villaggi  composti  di 
case  staccate,  e  qua  e  là  sparse  (i).  Generalmente  parlando,  le 
case  dei  contadini  Svizzeri  sieno  di  legno ,  sieno  di  mattoni  hanno 
un  piano  solo,  e  sono  assai  basse:  le  ville  degli  agiati  Svizzeri 
in  mezzo  all'eleganza  portano  sempre  l'impronta  di  una  grande 
semplicità  ,  che  forma  il  carattere  della  nazione.  Nella  Tavola  io 
noi  presentiamo  la  casa  di  un  paesano  tolta  dall'  Atlante  di  Zur- 
lauben  (2). 
Castelli. 

In  un  paese  montuoso,  che  fu  preda  di  fazioni  e  di  guerre 
intestine  ,  e  diviso  in  varie  signorie  era  naturale  che  si  ergessero 
molte  castella.  I  Ginevrini  nelle  loro  guerre  contro  il  Duca  della 
Savoja  solevano  gridare  guerra  ai  castelli -,  e  fra  i  più  celebri 
della  Svizzera  si  annoverano  quelli,  di  Chillon  nel  paese  di  Vaud, 
che  è  posto  sulla  sommità  di  una  roccia  circondata  dalle  acque 
del  lago:  di  Uspunnen,  celebre  nella  storia  Svizzera  del  medio 
evo  :  di  AValdeck  presso  Soletta  :  del  Barone  di  Zurlauben  ,  che 
fu  abbellito  sommamente  da  questa  famiglia  divenuta  ricca  pei 
militari  servigi  venduti  alla  Trancia:  d'Apsbourg,  ove  ebbe  il 
nascimento  il  fondatore  della  monarchia  Austriaca,  e  di  cui  ab- 
biamo parlato  nella  parte,  che  riguarda  la  descrizione  della  Sviz- 
zera ;  e  finalmente  quello  di  Grandson  che  divenne  rinomatissimo 
nelle  guerre  contro  Carlo  il  Temerario.  Esso  è  costruito  con  so- 
lidi massi,  e  quattro  torri  i-otonde  ehe  terminano  in  una  punta 
ne  fortificano    i  lati  (3).    Vedi  la    Tavola  o.l\.    Vicino  al   castello 

fi)  Coxe.   Leti.  XV. 

(u)  IN'.0   ia6. 

(3j  Minute  di   Zurlaul.cn.  N.°  a3. 


THE  HBRMW 

massa  tf  ttJJMOK 


THE  UBRABìf 
OF  THE 


DEGLI    SYIZZ&T.f  ìZg 

ili  Grandson  si  scorge  quella  di  Campo  Vento  incollato  al  tempo 
della  Regina  Berta  ,  quando  i  Seraceni  disertavano  la  contrada. 
\  malgrado  dc'suoi  novecento  anni,  questo  castello  è  tuttavia  abi- 
tilo; e  le  mura,  che  hanno  quindici  piedi  di  grossezza  promet- 
tono di  durare  quanto  la  montagna  su  cui  sono  fabbricate  (i). 
Badìe. 

Molte  badie  o  conventi  si  scorgono  nella  Svizzera  ,  e  fra  di 
esse  meritano  singolare  menzione  quelle  di  S.  Gallo,  di  Rueinau 
presso  Scialuisa  ,  e  di  Einsidlcn  nel  Cantone  di  Scliwitz  ;  non  che 
il  collegio  dei  Gesuiti  di  Friburgo  ,  che  ha  un'  annua  rendita  di 
quarantamila  lire.  La  badìa  di  Einsidlen  benché  formi  uno  spa- 
zioso e  magnifico  edifizio  ,  è  però  un  chiaro  testimonio  del  cat- 
tivo gusto  dell'architetto,  che  lo  sopraccaricò  di  meschine  pitture 
e  di  superflui  ornamenti.  In  essa  si  scorge  una  piccola  ed  elegante 
cappella  di  marmo  d'  ordine  corinzio  ,  in  cui  è  posto  l'altare  della 
Beata  "\  ergine  visitato  con  tanta  divozione  dai  pellegrini:  al  di 
fuori  un  angelo  sostiene  la  seguente  epigrafe:  kie  est  piena  re- 
miselo peccaiorum  omnium  a  culpa  et  poena.  Nell'interno  della 
cappella  v'  ha  il  simulacro  della  Vergine  ,  che  per  la  sua  beltà 
e  per  la  ricchezza  degli  adornamenti  può  essere  paragonato  a 
quello  di  Loreto.  Infiniti  sono  i  tesori  ammassati  in  questo  tem- 
pio dalla  divozione  di  coloro  ,  che  lo  visitano  (2).  Vedi  la  Ta- 
vola   25. 

C  ìlìCSCi 

La  pietà  religiosa    degli    Svizzeri    si  mostrò    ne'  tempj    princi- 
palmente :  e  S.  Pietro  di  Ginevra,  la  cattedrale  di  Basilea,  e  quella 
di   Berna  ne  sono  un  chiarissimo  testimonio. 
S.    Pit  fio  di  Ginevra. 

Si  pretende  che  il  tempio  principale  di  Ginevra  sia  stato  edi- 
ficato fin  dal  quarto  secolo,  e  che  nel  decimo  secolo  fosse  ornato 
delle  gotiche  costruzioni  che  tuttora  vi  si  veggono.  11  suo  peri- 
stilio formato  di  alte  colonne  di  marmo  parve  ad  alcuni  una  co- 
pia ili  quello  del  Panteon  di  Roma.  AH' entrare  in  questo  tempio 
il  viaggiatore  vi  scorge  tutta  la  gretta  austerità  di  Calvino  ;  giac- 
ché non   gli  si   presenta  una  statua,  non  un    quadro,  non  uuo  di 

(1.  Frammento  di  un  Viaggio  nella  Svizzera  di  I).  lì. 

,2/  Cose  Leu.  VIL  La  tavola  è  lolla  dall'  Aliante  ili  Zinl.mbcii.N.0  1 14« 


l4o  ARTI    B    SCIENZE 

que'tanti  adornamenti  ,  che  abbellano  le  chiese  Cattoliche,  e  danno 
alimento  alle  arti. 
Cattedrale  di  Basilea. 

La  cattedrale  di  Basilea  è  un  magnifico  edilìzio  gotico  costruito 
con  pietre  di  roseo  colore ,  la  cui  tinta  è  rafforzata  da    una  rossa 
vernice:  essa  racchiude  molti  sepolcri,  tra  i  quali  si  distinguono 
quelli  di  Erasmo,  e  di  Anna  moglie  di  Rodolfo  d/Hapsbourg. 
Cattedrale  di  Berna. 

Di  gotica  struttura  è  anche  la  cattedrale  di  Berna,  uno  de'più 
cospicui  templi  dell'  Elvezia  Protestante.  In  essa  si  contiene  una 
cappella  destinata  ai  Cattolici.  Il  tempio  è  posto  su  di  un  territo- 
rio elevato  a  pie'  del  quale  scorre  l' Aar  in  un  alveo  stretto  e  pro- 
fondo, e  da  cui  si  scopre  la  sottoposta  campagna.  I  vetri  dipinti  dei 
finestroni  risplendono  di  colori  \i\  issimi  ;  ed  il  rosso  porporino  se- 
gnatamente  è  d'una  bellezza  abbagliante  (i). 
Ponte  sul  Beilo  a  Sciajfusa. 

Nella  Svizzera  si  presentan    al    viaggiatore  varj    ponti    di  una 
mirabile  struttura.   Avendo  noi  già  favellato  del  così  detto   Ponte 
del  Diavolo  descriveremo   qui  quello  di  Sci  affusa    sul  Reno,  che 
a  buon   diritto   è  encomialo  per    la    singolarità     della    sua    costru- 
zione. Il  fiume,  che  quivi  è  sommamente    rapido,  avea    seco  tra- 
scinati tutti  i  ponti  di  pietra,  che  si  erano  edificati  ;  onde  si    di- 
sperava di  erigerne  uno  abbastanza  forte    per  resistere   all'impeto 
delle  acque;    allorquando  un    falegname  di    Appenzell  propose  di 
gittare  un  ponte  di  legno  di  un  solo  arco  sul  fiume  ,  che  in  quel 
luogo  è  largo  quattrocento  piedi  circa.  Ma  i  magistrati  vollero  che 
il  ponte  avesse  due  archi,  e  che  l'architetto  si  servisse  del  pila- 
stro di  mezzo,  che  sosteneva  quelli    dell'antico    ponte.  L'artefice 
dovette  obbedire;  ma  costruì  il  ponte  in  gnisa  da  far  dubitare  se 
fosse  sostenuto  dal  pilastro  o  se  non  fosse  ugualmente  solido ,  an- 
corché formato  fosse  da  un  solo  arco.  I  fianchi  e  la  parte  più  alta 
erano  coperti  ;  onde  i  Tedeschi  lo  appellavano  H.'er.gewerlh,  os- 
sia ponte  sospeso.  La  strada    che    era    quasi    in   linea    diritta   non 
passava  già  sulla  punta  dell'arco;  ma  vi  era  in  certo  qual  modo 
praticata  nell'interno;  onde  il  ponte  era  sospeso;  e  tremava  sotto 

(i     Intorno  a  *  j  ;  t  e  s  !  i   edificj   vedi  l'Ebe! ,  il  Picot   ed  il   citalo    Frammento 
di  un  viaeciu  nella  Svizzera. 


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THE  l»MW 

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UIKEHiinCFttUWMS 


DEGLI   SVIZZERI  lf\l 

i  passi  dell'uomo  più  leggiero  ;  mentre  le  più  pesanti  vetture  lo 
passavano  senza  pericolo.  Esso  era  paragonato  ad  una  corda  tesa  , 
che  trema  quando  vien  toccata,  ma  nulla  perde  nò  della  sua 
forza,  nò  della  sua  tensione.  Considerando  la  vastità  del  disegno, 
e  1'  arditezza  dell'  esecuzione  non  ò  sì  agevole  il  persuadersi  che 
l'architetto  non  fosse  che  un  semplice  falegname  ed  ignorasse 
del  tutto  le  matematiche  e  la  meccanica  :  egli  appellatasi  Lirico 
Grubeiìmam.  Questo  ponte  lavoro  di  tre  anni,  e  che  era  costato 
cenlonovanla  mila  lire  Tornesi  fu  d:strutto  in  un  giorno  solo  dai 
Tedeschi,  che  nel!' abbandonare  SciafFusa  vi  appiccarono  il  fuoco 
per  sottrarsi  più  sicuramente  agli  assalti  dei  Francesi  (i). 

Strade. 

In  un  paese  montuoso  quale  ò  la  Svizzera ,  vi  sono  molte 
strade  costruite  in  modo  ammirabile.  Non  ripeteremo  qui  ciò  che 
già  abbiamo  detto  del  Sempione  ;  ma  solo  ci  sia  lecito  di  far 
menzione  del  passo  famoso  chiamato  di  Picrrepcrtuis ,  ove  la 
strada  è  tagliata  nel  vivo  scoglio  per  1'  altezza  di  cinquanta  piedi: 
l'arco  ò  alto  ventisei ,  e  largo  venticinque. 

Fontane  di  J'cvaì. 

Tra  le  fontane  della  Svizzera  ,  la  più  bella  ,  e  la  più  celebre 
è  quella  di  Vcvai  diseguata  da  Braudouin  Langlois.  Essa  ò  di  gu- 
sto Egizio.  In  mezzo  sorge  una  piramide  ,  dai  lati  della  quale  so- 
pra la  base  alcune  bocche  versano  l'acqua  (2). 

Ba^ni  di  Lcnk. 

In  tutto  1  universo  non  si  trova  un'altra  regione,  in  cui  la 
natura  abbia  raccolta  tanta  varietà  di  acque,  che  servono  ai  bagni 
quanto  nella  Svizzera,  e  principalmente  nel  \allese,  nel  paese 
de'  Grigioni ,  e  nell'  Oborl.vad  Bernese  ,  ove  si  rinvengono  (piasi 
tutte  le  acque  minerali  conosciute.  Famosi  sono  i  bagni  di  lìaden, 
e  più  ancora  quelli  di  Lenk,  le  cui  acque  sono  le  più  calde  e 
vivificanti,  che  si  couoscono  nell'Europa.  Il  villaggio  fabbricato 
presso  ai  bagni ,  tutto  cinto  di  monti  ,  le  cui  falde  vestono  belle 
praterie  e  freschi  pascoli  ombreggiati  da  boschi  di  larici  e  di  pini, 
presentasi  nel  modo  più  grazioso  agli  occhi  del  viaggiatore.  Sco- 
scese oltre   modo  sono  le  strade  clic  da    Sierres  e  da    Lcuk    cou- 

(1)  Coxe.  Loti.  II.  Gèogr.  Univ.  Tom.  Vili.  pag.   14  e   1  j. 

j     Atlante,  di    ZiirLuben.  fc".°    1  26. 


l4^  iiRTI    E    SCIENZE 

ducono  ai  bagni:  giacché  vennero  formate  lungo  le  rive  della  ra- 
pida Dala  sull'orlo  di  orribili  preeipizj.  Degna  d'osservazione  è 
la  galleria,  ossia  quella  specie  di  cornice,  sulla  quale  camminasi 
tra  i  villaggi  d' Inden  e  di  Varone.  Da  questo  luogo  si  contem- 
pla uno  de'più  bei  paesaggi,  che  un  poeta  possa  mai  immaginare, 
od  un  ingegnoso  pittore  ritrarre  in  tela.  Si  scorge  ki  valle  del 
Rodano  pel  tratto  di  ben  cinquanta  miglia  da  Yiege  fino  a  Mar- 
tignyj  ed  in  essa  borghi,  villaggi,  palazzi,  chiese,  rovine  di  an- 
tiche castella,  selve,  prati,  monti  ed  altri  oggetti  che  formano 
una  variatissima  scena.  Non  ostante  i  disastri  della  via,  incredibile 
è  il  numero  de'  forestieri ,  che  concorrono  ai  bagni  per  necessità 
o  per  diporto.  Gli  effetti  delle  acque  sono  maraviglisi  principal- 
mente nei  morbi  cutanei ,  ed  anche  in  quelli  del  petto  e  del  basso 
ventre  ;  nel  qual  caso  si  bevono,  e  aono  tanto  attive,  che  non 
di  rado  avviene  che  uccidano  quelli  che  non  guariscono.  Quegli 
ammalati  poi  che  se  ne  tornano  sani  dai  bagni ,  comperarono  la 
salute  a  prezzo  di  cosi  fieri  tormenti  che  forse  non  si  sottomet- 
terebbero una  seconda  volta  ad  un  siffatto  rimedio.  Dodici  sono 
le  sorgenti  delle  acque  :  dieci  hanno  la  temperatura  di  circa  3 7 
gradi  del  termometro  di  Reaumurs  un'altra  che  e  più  calda  e 
copiosa,  chiamata  di  S.  Lorenzo,  ha  la  temperatura  di  4l  grac"> 
sicché  conviene  lasciarla  più  ore  esposta  all'aria  prima  di  giovar- 
sene. Questa  sorgente  forma  un  piccolo  fiume,  che  scorre  in  vi- 
cinanza dell'albergo  e  dei  bagni,  le  sue  acque  sono  limpide,  non 
hanno  sapore  di  sorta,  e  tramandano  un  lievissimo  odore  di  zolfo. 
Un'altra  sorgente  provoca  il  vomito  j  e  quella  che  si  chiama  di 
Nostra  Donna  dà  solo  acqua  fredda  da  maggio  a  settembre  e  non 
più.  Nel  grande  albergo  in  vicinanza  dei  [bagni  all'  insegna  della 
Casa  Bianca  si  trovano  tutti  i  comodi ,  che  la  solitudine  e  l' a- 
sprezza  del  luogo  concedono.  Col  seguente  metodo  si  prendono  i 
bagni  :  l'ammalato  comincia  il  primo  giorno  a  stare  nell'acqua  per 
mezz'ora  ;  vi  si  trattiene  successivamente  di  più  finché  giunge  a 
starvi  otto  'ore  al  giorno,*  poi  a  mano  a  mano  si  diminuisce  la 
durata  dei  bagni  in  uguale  proporzione.  L'acqua  calda  scorre  del 
continuo  in  un  vasto  recipiente  di  forma  quadrata,  diviso  in  quat- 
tro minori  quadrati  da  una  crociera  ,  lungo  la  quale  camminano 
i  medici  e  gì'  infermieri.  Si  riuniscono  gli  ammalati  senza  distin- 
zione di  slato  ,  d'  età ,  né  di  sesso ,  e  galleggiano  sul!"  actjua  certe 


DEGLI   SVIZZERI  I  43 

tavolette  di  legno  coperte  di  libri ,  di  gazzette ,  di  fazzoletti  ,  di 
cibi,  o  d'altre  cose  a  comodo  di  quelli  che  si  bagnano.  ±\Tell'  an- 
no 1817  si  fabbricò  per  lo  stesso  uso  un  edificio  lutto  di  sasso, 
assai  più  bello  di  quelli  che  già  esistevano  ,  ma  dove  i  bagni  si 
pigliano  ugualmente  in  comune.  Nulladimeno  a  chi  vuole  bagnarsi 
solo  ,  è  data  una  piccola  stanza  appartata  ;  ma  la  gran  uoja  di 
trovarsi  senza  compagnia  per  sì  lungo  tempo  disconforta  quasi 
tutti  gl'infermi  dall'  appigliarsi  a  questo  partito.  Il  muro,  che  di- 
fende questo  edifizio  dalle  avalanghe ,  forma  una  specie  di  pas- 
seggio elevato  da  cui  si  dominano  il  villaggio  e  gran  parte  della 
valle.  Più  delle  vaghe  cascate  della  Dala  merita  di  esser  veduta 
la  più  breve  delle  strade ,  che  mettono  al  casolare  d'  Àlbincu  ; 
essa  è  formata  da  otto  o  nove  scale,  poste  verticalmente  le  une 
sopra  le  altre  ,  in  modo  che  chi  sale  ha  continuamente  il  preci- 
pizio sotto  i  piedi  ',  cosa  maravigliosa  ,  e  di  cui  non  si  può  for- 
mare idea  chi  non  la  vide  (i). 
Pittura. 

Se  gli  Svizzeri  non  possono  vantare  tanti  celebri  pittori  ,  quanti 
ne  vantano  le  altre  nazioni    più    colte    dell'  Europa  ,  se  ne  stanno 
però  paghi  del  loro  Holbein. 
Holbein- 

Nel  museo  di  Basilea  si  conserva  una  preziosa  raccolta  dei  di- 
segni e  dei  dipinti  di  questo  celebre  artista  :  due  quadretti  che 
rappresentano  un  busto  di  una  stessa  donna  sono  di  peregrina  bel- 
lezza :  il  Cristo  morto,  che  giace  disteso  su  di  un  funebre  drappo 
è  un  quadro  di  sommo  pregio.  Bellissimo  è  il  ritratto  eh'  egli  fece 
d'  Erasmo  suo  amico  e  suo  protettore  :  questo  dotto  e  rappresen- 
tato nel  mentre  che  scrive  il  suo  Comnie/ito  sopra  di  S.  Matteo  : 
la  sua  attitudine  non  può  essere  più  espressiva.  La  danza  dei  mor- 
ti dipinta  nell'antico  cimitero  dei  Domenicani  del  sobborgo  di 
S.  Giovanni,  viene  annunciata  sempre  agli  stranieri  come  opera 
d'  Holbein  ,  ed  è  una  pittura  ad  olio  fatta  sopra  i\n  muro  ,  e  di« 
fesa  da  un'inferriata.  Ma  essendo  un  somigliante  dipinto  stalo  spesse 
volte  ritoccato  ,  non  vi  si  scopre  più  alcun  vestigio  del  pannello 
di  questo  gran  maeslro.  11  signor  Orazio  Walpole,  ed  altri  critici 


(i)  Abbiamo  desunta   questn  descrizione  dall'opera   intitolata  :   Guida  da 
Milana  a    Ginevra  sul  SemfHUHe.  Milano,    i8aj. 


l44  A!m    E    SCIENZE 

profondi  nell'  arte  hanno  dimostrato  cliiarnmente  che  questa  pit- 
tura non  solo  esisteva  prima  d' Holbein ,  ma  che  essa  venne  fatta 
in  memoria  della  pestilenza,  che  travagliò  Basilea  durante  il  ce- 
lebre consiglio  convocalo  dal  Pontefice  Eugenio  IV.  nel  i$3i.  E 
però  verisimile  che  quest'  antico  dipinto  abbia  suggerita  ad  Hol- 
bein l'idea  di  trattare  lo  stesso  argomento  con  un'immaginazione 
sì  fertile,  con  sì  profondo  giudizio  nella  disposizione  delle  figure, 
e  con  sì  straordinario  ingegno  nella  esecuzione,  che  Rubens  lo 
studiò  con  particolare  attenzione,  e  ne  disegnò  alcune  parti.  Hui- 
lar  diede  alcune  incisioni  di  questi  disegni ,  che  divennero  raris- 
sime ;  ed  il  De-Michel  celebre  artista  di  Basilea  si  occupava  ad 
inciderli  nuovamente  quando  il  Coxe  visitò  questa  città  (i).  Ab- 
biamo già  veduto  che  la  Svizzera  ebbe  un  celebre  scultore  in  JNahl 
autore  del  monumento  sepolcrale  di  sua  moglie. 

Scienze. 

Un  grande  argomento  per  provare ,  che  in  questo  paese  *i 
coltivano  anco  le  scienze  ,  si  può  desumere  dalle  accademie  ,  ebe 
si  fondarono  per  l' incremento  di  esse  j  quali  sono  la  società  El- 
vetica di  Basilea,  la  economica  di  Berna,  e  la  fisica  di  Zurigo  j. 
non  che  dai  tanti  musei  d'  antichità  e  di  storia  naturale  ,  ebe  si 
veggono  nelle  varie  città  della  Svizzera. 

Istituzione. 

In  ogni  parte  poi  si  presentano  stabilimenti  di  pubblica  istru- 
zione ',  e  rinomate  sono  le  scuole  di  Sciaffusa ,  di  S.  Gallo  ,  di 
Coirà,  di  Neuchatel ,  ed  i  collegj  di  Zurigo,  di  Berna,  di  Gine- 
vra ,  e  di  Losanna.  Basilea  ha  nna  celebre  università  fondata  nei 
1459,  un  orto  botanico,  che  contiene  le  più  belle  piante  esoti- 
che, ed  una  biblioteca  ricca  di  preziosi  manoscritti. 

Istituto  di  educazione  del  Pestalozzi. 

Fra  gli  istituti  di  educazione,  che  si  aprirono  nella  Svizzera 
non  si  può  passar  sotto  silenzio  quello  del  Pestalozzi ,  a  cui  la 
Baronessa  di  Staci  tributò  tanti  elogi,  mostrando  l'eccellente  me- 
todo, che  egli  ha  trovato  per  istruire  la  gioventù.  Rousseau  af- 
fermava, che  i  fanciulli  prima  dell'età  di  dodici  anni  non  ave- 
vano la  necessaria  intelligenza  per  gli  studj ,  che  si  esigevano,  da 
loro;  onde  ripetevano  senza  capire,  e  studiavano    senza    erudir». 

(.1)  Coxe.  Leti.  XLI. 


DEGLI  SVIZZERI  I/{5 

Ma  il  rimedio  proposto  da  quel  filosofo  è  ancor  peggior  del  ma- 
le: un  fanciullo  clie  secondo  il  suo  sistema  nulla  avesse  imparato 
sino  all'età  di  dodici  anni  perduto  avrebbe  uno  dei  più  preziosi  lu- 
stri della  sua  vita;  le  sue  facoltà  sì  morali  clic  fisiche  non  acqui- 
sterebbero mai  più  quella  pieghevolezza  ,  che  solo  può  dare  un 
esercizio  incominciato  fin  dalla  prima  infanzia.  Il  Pestalozzi  volle 
seguire  un  diverso  metodo;  ed  ammettendo  anch' egli,  che  spesso 
i  fanciulli  non  comprendono  ciò  che  apprendono  ,  ne  studiò  le 
cause,  e  rendendo  semplici  e  graduate  le  idee  pose  lo  scolaro  in 
istato  di  comprendere,  anzi  di  scoprire  da  se  medesimo  ciò  che 
gli  si  vuole  insegnare. 

Egli  incomincia  dalle  matematiche,  e  si  vale  della  geometria 
per  insegnare  ai  fanciulli  il  calcolo  aritmelieo;  persuaso  che  noti 
è  già  l'intrinseca  profondità  della  scienza,  ma  l'oscurità  nel  modo 
di  manifestarla,  che  solo  può  impedire  ai  fanciulli  di  apprender- 
la. Lusinghiero  ,  e  singolare  (  dice  la  Staèl  )  è  lo  spettacolo,  clic 
nello  stabilimento  del  Pestalozzi  ci  olirono  lutti  quei  volti  di  fan- 
ciulli ,  i  cui  lineamenti  leggiadri ,  delicati  e  rotondi  assumono  na- 
turalmente una  riflessiva  espressione:  essi  porgono  spontanea  at- 
tenzione, e  riguardano  gli  studj  loro  in  quella  guisa,  che  un  uo- 
mo di  matura  età  si  occuperebbe  de'  suoi  proprj  affari.  È  co-  ' 
sa  notevole  ,  che  nò  il  gasligo  ,  uè  il  premio  non  sono  necessarj 
per  {stimolarli  al  lavoro.  Questa  ò  forse  la  prima  volta  ,  che  una 
scuola  di  cento  e  cinquanta  fanciulli  precede  senza  gli  stimoli  del- 
l'emulazione e  del  timore.  Quanti  pessimi  sentimenti  non  si  ri- 
sparmiano all'  uomo  ,  (piando  si  allontanano  dal  suo  cuore  la  umi- 
liazione e  la  gelosia,  quando  non  gli  si  mostrano  ne' suoi  compa- 
gni i  suoi  rivali,  ne'suoi  maestri  i  suoi  giudici?  Noi  con  buona 
pace  dell'erudita  donna  siamo  di  parere  che  si  debba  bensì  tener 
lungi  dai  fanciulli  il  timore,  non  già  la  emulazione,  che  dessa 
confonde  colla  gelosia,  e  che  l'esperienza  ci  dimostra  a\er  parto- 
riti maraviglisi  effetti  nei  giovanili  animi.  Il  disegno  e  la  musica 
sono  le  dv.c  arti,  con  cui  il  Pestalozzi  cerca  d'intcrlenerc  e  di 
dilettare  i  suoi  fanciulli.  Ci  ha  un  intero  ordine  di  sentimenti 
(  cesi  la  Staèl  )  dirò  anzi  un  intero  ordine  di  virtù  che  appar- 
tengono alla  cognizione  ,  od  almeno  al  gusto  per  la  musica  ;  e 
grande  argomento  di  barbarie  è  quello  di  privare  una  copiosa  parte 
dell'  uman  genere  di  tali  impressioni.  Ma  forse  con  soverchio  en- 

Cost.  dell'  Europa  Voi.  IX.  io 


*«£6  ÀKTI    E    SClIiHZE 

tusiasmo  si  ò  parlato  di  questo  istituto  $  giacché  un  eloquente  filo- 
sofo (  Fichte  )  affermò  j  «  che  egli  aspettava  la  rigenerazioue  del 
popolo  Germanico  dall'  istituto  del  Pestalozzi  ».  E  d'uopo  confes- 
sare almeno  (  soggiunge  la  Staèl  ),  che  un  rivolgimento  su  tali 
mezzi  fondato  non  sarebbe  né  violento  né  rapido  $  poiché  l'edu- 
cazione per  buona  che  esser  mai  possa ,  è  un  nulla  in  paragone 
dell'influenza  esercitata  dai  pubblici  avvenimenti:  l'istruzione  tra- 
fora a  stilla  a  stilla  lo  scoglio ,  ma  il  torrente  via  lo  trasporta  in 
un  giorno  (i). 
Manifatture. 

Nella  Svizzera  si  fabbricano  fustagni ,  calze  ,  tele  di  cotone  , 
tappeti  ,  coperte  ,  cappelli ,  ed  altre  stoffe  comuni.  Le  fabbriche 
in  cui  si  stampano  le  tele  di  cotone  sono  assai  numerose,  perché 
questo  è  uno  dei  principali  rami  del  commercio  Svizzero.  Sono 
famose  le  concie  de' cuoi  di  Neuehatel,  i  battilori  di  Basilea,  i 
nastri  di  Zurigo  ,  e  le  mussoline  di  S.  Gallo.  Malgrado  delle  leggi 
suntuarie  s'introdussero  nell'Elvezia  le  fabbriche  dei  velluti  e  delle 
stoffe  di  seta. 
Orologi. 

Ma  la  principale  manifattura  è  quella  degli  orologi  ;  giacché 
ogni  anno  in  questo  paese  se  ne  fabbrica  una  si  grande  quantità, 
che  ben  si  potrebbe  affermare  esser  tutti  gli  Svizzeri  intesi  al- 
l' arte  dell'  orologeria  ;  come  alla  vista  dei  monumenti  Egizj  si 
disse  che  tutta  la  nazione  dovea  essere  composta  di  scultori  e  di 
architetti  (2).  Zelanti  magistrati  però  alzarouo  il  grido  contro  que- 
ste occupazioni  che  iuterlengono  una  gran  parte  degli  abitatori 
della  Svizzera.  «  Dalle  manifatture,  diceva  uno  di  essi,  si  ren- 
dono gli  uomini  e  deboli  e  timidi  :  forse  queste  moltiplicano  il 
loro  numero ,  ma  diminuiscono  senza  dubbio  il  loro  ben  essere. 
Una  moda  fa  sorgere  un  nuovo  ramo  d' industria ,  ma  un'altra 
moda  fa  rimanere  senza  pane  quegli  artigiani,  che  per  essa  furono 
distaccali  dai  campestri  lavori.  Glaris  ne  ha  di  già  fatta  la  triste 
esperienza,  e  questo  popolo  perdette  quasi  intera  quell'antica  e- 
nergia,  per  la  quale  saliva  in  tanta  celebrità;  tutti  gli  esercizj  del 
corpo  pei  quali  andavano  celebrati  quei  di  Glaris  sono    caduti  in 

[i)  Staci.  V Alleninone.  Pari.  I.  chap.  19. 
(a  Gèograph.  Vniv,  Toni.  Vili.  pag.  14. 


DEGLI   SVIZZERI  I  \~] 

obblìo,  e  gli  abitanti   della  pianura  formano  colà  una  ctirpe 
bilmcnte  inferiore  a  quelli  delle  montagne  (i)  ». 
Pastorizia. 

Numerosi  sono  gli  armenti  e  le  greggio,  che  pascono  sui  monti 
e  nelle  valli  dell'  Elvezia  .  e  le  somministrano  buone  e  copiose 
lane,  eccellenti  formaggi,  infra  i  quali  si  distingue  quello  di  Or- 
sera.  (ìli  Svizzeri  poi  seguono  un  sì  buon  metodo  Dell'allevare  i 
cavalli;  ed  i  buoi  che  tutti  i  Lombardi  accorrono  alla  fiera  di 
Lugano  per  provvedersene;  e  vi  lasciano  ragguardevoli  somme  di 
danaro. 
Agricoltura. 

Rocce  quasi  inaccessibili  e  deserte  poste  a  frutto  ;  interi  distretti 
quasi  afi'atto  sterili  ridotti  a  fertilità;  il  paese  di  Yaud,  due  secoli 
prima  incolto,  rendnto  quasi  ridente  ed  ubertoso  giardino;  ecco 
gl'importanti  oggetti,  che  ci  offre  l'agricoltura  di  questo  popolo. 
Non  credo,  diceva  Coxe,  che  vi  sia  alcun  paese  nel  mondo,  in 
cui  appariscono  più  evidenti  i  felici  effetti  di  un  governamento  pater- 
no, e  di  una  instancabil  industria  quanto  nella  Svizzera.  Seppero 
gli  abitanti  superare  tutti  gli  ostacoli ,  che  la  qualità  del  suolo  e 
del  clima  loro  opponeva:  essi  riuscirono  a  chiamare  la  fertilità  in 
luoghi,  che  sembravano  dalla  natura  creati  per  essere  eternamente 
sterili.  11  viaggiatore  nell'  attraversare  le  parti  montuose  rimano 
attonito  nel  vedere  gli  scogli  coperti  di  viti ,  o  di  pascoli  ,  egli 
scorge  i  solchi  dell'aratro  sull'orlo  di  precipizj  così  scoscesi,  su 
cui  appena  si  crederebbe  ,  che  vi  si  potesse  arrampicare  un  ca- 
vallo (jì).  Giammai,  diceva  uno  Svizzero  del  passato  secolo,  s'avea 
posta  mano  all' agricoltuia  nel  nostro  paese  con  altrettanta  cura  e 
felice  successo  ,  come  negli  ultimi  tempi.  Si  erano  introdotte  di- 
verse novelle  produzioni  le  quali  prosperarono  nel  nuovo  terreno: 
piante  utili,  frutta,  grani  di  nuova  specie  aveano  accresciuto  il 
numero  delle  derrate  atte  al  mantenimento;  e  si  era  imparato  a 
sviscerare  dal  seno  della  terra  la  torba  ed  i  carbon  fossile.  Varj 
dotti  avevano  imprese  lunghe  e  penose  peregrinazioni  in  tutte  le 
parti  della  Svizzera ,  e  bentosto  non  v'ebbe  più  veruna  speci».' 
di    animali,    di    metalli,    di    minerali,    che    rimanesse    sconosciu- 

(i)  Mallct.  Bili,  des  Suisse.  Part.  IV.  chap.  3. 
(a)  Coxe.  Lett.  XL1V. 


1 48  A1ITI    E    SCIENZE 

ta.  I  due  Scheuchzer  aveano  primi  segnato  il  cammino  ;  Ge- 
sner ,  il  grande  Haller ,  il  De-Saussure  ,  alcune  società  instituite 
in  Zurigo  ed  in  Berna  avevano  per  ogni  dove  fatta  sorger  la  bra- 
mosia di  applicare  allo  studio  della  natura  ,  e  discoperta  una  parte 
delle  immense  ricchezze  da  essa  in  questo  genere  prodigalizzate 
alla  Svizzera  (i). 
Prosperità  della  Svizzera  nello  scorso  secolo. 

«  Durante  una  pace  ,  di  cui  nessun  popolo  del  mondo  può 
vantarsi  d'averne  più  a  lungo  goduto,  dice  Muller,  un  governo 
dolce  e  benefico  ha  fatto  sorgere  nella  selvaggia  Elvezia  una  pro- 
soerità,  di  cui  pochi  l'avrebbero  creduta  capace  »,  I  governi  tutti 
della  Confederazione  non  d'altro  si  occuparono  che  del  perfe- 
zionamento dell'  interna  amministrazione.  Non  inferirono  mai  tem- 
peste, morbi,  carestie,  inondazioni,  senza  che  i  magistrati  non  vi 
apponessero  efficacissimi  rimedj.  Nessun  povero  era  privo  del  ne- 
cessario vitto  ;  giacché  a  beneficio  dell'indigenza  si  erano  aperte 
molte  case  d'industria,  e  molti  ricoveri.  Rari  erano  i  delitti,  e 
non  mai  affollate  le  prigioni;  onde  il  celebre  filantropo  Howard, 
che  avea  scorsa  quasi  tutta  l'Europa  osserva  nella  sua  opera  Qi), 
che  la  Svizzera  e  la  Scozia  sono  i  due  paesi  in  cui  trovasi  minor 
numero  di  carcerati  ;  ciò  che  da  esso  si  attribuisce  alla  circostan- 
za ,  che  essendo  quivi  più  generalmente  che  altrove  curata  l'edu- 
cazione ,  essa  preserva  non  solo  dai  delitti  ,  ma  somministra  ancora 
i  modi  di  procacciarsi  un  onorato  sostentamento,  Tutto  presentava 
l'immagine  della  pubblica  felicità  della  Svizzera  nel  passalo  secolo, 
e  gli  abitatori  di  essa  ne  facevano  una  viva  pittura  ntdle  loro  car- 
te, ce  Nella  maggior  parte  dei  Cantoni  (  diceva  uno  di  essi  )  si 
meritavano  i  coltivatori  l'attento  sguardo  del  forestiero  e  coli' amo- 
re per  1'  ordine  ,  e  colla  giustizia  e  col  rispetto  per  le  cose  al- 
ti ui,  e  colla  persuasione  che  fossero  inviolabili  le  proprie.  I  rustici 
casolari,  gli  attrezzi  rurali,  i  campi  coltivati,  i  bestiami,  tutto 
dava  a  divedere  ed  era  modello  d'intelligenza,  d'ordine,  di  pro- 
prietà. Il  contadino  colla  sua  famiglia  era  ben  vestito,  ben  pasciu- 
to ;  le  mandre  diligentemente  curate  ,  i  mercati  abbondevolmente 


(1)  Mallet  Bist.  des  Suiss.   chap.  3. 

(■2)  L'ètat   des  prisons  d'Angletei  re  et  du  pctjs  des  Galles  ,    ainsi  fjue 
eelui  de  (juelques  autres  dans  l'èlranger  par  Jean.  Howard,    1777. 


DEGLI   SVIZZERI  I  4& 

provveduti  ,  ed  il  prezzo  delle  derrate  e  del  lavoro  comprovavano 
fino  tra  le  montagne  il  ben  essere  generale  (i)  ». 
Istituto   di   Ofwìl. 

Non  si  può  parlare  dell'agricoltura,  e  della  floridezza  della 
Svizzera  senza  far  menzione  del  famoso  istituto  di  Ofwil  fondati) 
dal  signor  di  Fellemberg  (2).  Quest'uomo  singolare  si  propose  di 
dare  nel  suo  podere  d'Ofwil  l'esempio  di  un'agricoltura  portata 
al  più  alto  grado  di  perfezione  ,  di  cui  sia  suscettivo  il  terreno 
sul  quale  egli  opera.  Col  perfezionare  ^li  sgomenti  aratorj  egli  di- 
minuì il  numero  degli  animali  necessari  al  Invero,  e  mostrò  uno 
dei  mezzi  di  consacrare  una  maggiore  quantità  di  terreno  alla  sus- 
sistenza dell'uomo.  La  rotazione  agraria  di  quattro  anni  introdotta 
ad  Ofwil  produce  più  cereali,  che  in  ogni  altra  parte  della  Sviz- 
zera, ed  ancor  maggiore  quantità  di  sostanze  alimentari  per  l'uo- 
mo ;  delle  (piali  i  pomi  di  terra  formano  un  quarto.  La  quadrien- 
nale rotazione,  ed  il  miglioramento  delle  praterie  somministrano 
i  mezzi  di  mantenere  un  gran  numero  di  bestiami  ,  che  dia  ab- 
bondevole concime.  Molte  vacche  si  nutrono  nelle  varie  stalle  da 
cui  non  escono  giammai:  solo  vengono  stregghiate  fortemente  più 
volte  al  giorno  per  eccitarne  la  traspirazione.  L'uso  e  l'applica- 
zione dei  concimi  e  combinato  con  una  alternativa  di  arature  più 
o  meno  profonde.  Ogni  anno  si  dà  alla  terra  d'Ofwil  più  di  quel- 
lo che  le  si  toglie ,  e  sene  ricavano  produzioni  sempre  crescenti, 
colla  qui  sotto  notata  proporzione.  i.°  I  grani  «lei  signor  di  Fellem- 
berg aumentano  ogni  anno  di  qualità,  comparativamente  a  anelli 
de' suoi  vicini.  2.°  La  proporzione  fra  la  semente  ed  i  grani  rac- 
colti è  tutti  i;li  anni  più  favorevole;  alcuni  cere  di  danno  già  il  22 
ed  anco  il  i\  per  uno ,  e  Ja  progressione  costante  verso  l'aumen- 
to prova  che  questo  non  si  arresterà  ad  un  tal  termine.  3.°  La 
terra  diventa  ogni  anuo  più  mobile  ,  e  1'  effetto  combinato  dei 
concimi  e  dei  lavori  aratorj  è  sì  notabile,  che  a   profondità   uguale 


Ci)  Malici.  Hist.  des  Suiss.  Tom.  IV.  ebap.  3, 

(2}  II   Conte   di    Villcvicillc  scrisse  un'opera   intitolata;  Dell/1  istituzioni 
d'  Ofwil  considerala  più  partici  lai  mente  sotto  i  punti  di  vista  che  ini'  cessar 

debbono  gli  nomini  di  stato. Il  Marchese  De-Brcmc  la  frre  ira  durre  iti 
Italiano  da  F.  Contarmi;  ed  il  tipografo  Vincenzo  Ferrano  la  diede  alla  luce 
nel   iS-'i. 


l5o  ARTI    E    SCIENZE 

non  occorrono  che  sei  cavalli  pel  grande  aratro ,  mentre  prima  ne 
facevano  bisogno  quattordici. 
Podere  sperimentato. 

S'impiegano  pei  diversi  sperimenti  agrarj  alcune  porzioni  sparse 
di  fondo,  secondo  che  rinvengonsi  più  confacenti  all'uopo.  Quan- 
do l'esperienza    mostri  l'utilità  di  un    metodo ,    esso  s'introduce 
nelle  altre  parti  del  territorio  posseduto  dal  signor  di  Fellemberg. 
Officina  per  gli  slr omenti  agrarj. 

\T'ha  poi  un'officina,  in  cui  si  fabbricano  con  grande  esattezza 
gli  stromenti  necessarj  per  la  coltivazione  de'  campi.  Il  siguor  di 
Fellemberg  si  è  procurato  gli  stromenti  aratorj  usitati  in  vari  paesi, 
e  studiò  assai  profondamente  le  meccaniche  per  applicarle  all'  agri- 
coltura. Nella  sua  officina  non  si  fabbricano  che  macchine  ,  la  cui 
utilità  sia  stata  comprovata  dall'  esperienza ,  e  che  sieno  state  po- 
ste in  uso  abitualmente  ne'  poderi  d'  Ofwil.  Vi  si  ammira  princi- 
palmente il  famoso  seminatore  ,  con  cui  si  ottiene  una  grande  eco- 
nomia nello  spargere  le  sementi.  Il  signor  di  Fellemberg  ha  in- 
ventate varie  macchine  per  arare,  per  battere  il  grano,  per  rac- 
coglierlo ,  e  per  estirpare  le  cattive  erbe. 
Scuola  d'  industria  pei  poveri. 

La  scuola  d' industria  aperta  pei  poveri  in  Ofwil  è  il  tipo  della 
migliore  educazione  per  la  più  infima  classe  del  popolo ,  e  per 
tutti  i  coltivatori  in  generale.  Si  ha  cura  di  formare  il  loro  cuore, 
e  di  svilupparne  le  facoltà  intellettuali  e  fisiche  applicate  alla  gran- 
d'arte  dell'agricoltura,  che  devono  esercitare,  e  che  studiano  pra- 
ticamente. Questa  scuola  è  diretta  da  Vehrly  filantropo  uguale  al 
signor  di  Fellemberg,  e  degno  del  suo  signore  quanto  questi  è 
degno  di  lui  (i).  Una    scuola    simile   venne    istituita    in   Glaris  e 


(i)  Conviene,  dice  il  Conte  Villevieille,  escludere  ogni  somiglianza  fra 
la  scuola  d'  industria  e  le  scuole  ordinarie  dei  villaggi,  fra  l'istitutore  Vehrly 
ed  i  pedagoghi  di  campagna,  quali  sono  comunemente.  Vehrly  è  il  fratello 
maggiore  de'suoi  allievi;  ei  non  fa  da  prefetto  né  da  professore  j  è  sempre  con 
essi  e  cora'  essi;  nulla  lo  distingue  da  loro  nel  pranzo,  nel  vestito,  nelle  occu- 
pazioni; agisce  e  lavora  con  loro  onde  desta  in  tal  guisa  1'  emulazione  ,  e  fa 
sì  che  aspirino  ad  imitarlo.  Se  gli  allievi  debbono  adoperare  la  vanga,  ei  l'a- 
dopera con  essi;  se  la  falce,  ei  pure  è  il  primo  ad  usarne;  se  segano  il  legno, 
egli  ha  pronta  la  sua  sega,  e  l'adopera  ;  se  fan  calze  ,  ei  le  fa  con  esso  loro; 
se  tesson  paglie  o  fiscelle,  egli  fa  lo  stesso. 


DEGLI  SVTZ7.RIU  l5l 

siamo  assicurati  che  si  aprirà  anche  in  Soletta  ed  in  Ginevra.  Si 
pensa  a  beneficare  nella  stessa  gnisfl  le  fanciulle  indigenti  ,  e  la 
loro  scuola  sarà  diretta  dalla  signora  di  Fellembcrg.  L' istruzione 
che  si  dà  a  questi  poveri  versa  intorno  a  queste  materie  ;  reli- 
gione; agricoltura  ;  pratica;  lettura;  scrittura;  aritmetica  ed  un 
po' di  geometria  elementare,  che  serva  di  base  all'agrimensura; 
la  storia  naturale  considerata  relativamente  all'agraria;  la  storia  e 
la  geografia  della  Svizzera  ,  ma  assai  compendiosa  ;  e  la  musica 
elementare. 
Istituto  di  educazione  pei  ricchi. 

Il  signor  di  Fellemberg  pensò  anche  alla  buona  educazione 
dei  ricchi,  ch'egli  sottopose  ad  un  metodo  salubre  ed  abbondan- 
te ,  ma  scevro  da  ogni  delicatezza  e  ad  un  incessante  esercizio. 
La  ginnastica  disviluppa  le  facoltà  corporee,  e  tende  a  formare 
uomini  agili  ,  e  sani  e  robusti  ;  gli  csercizj  militari  preparano  i  di- 
fensori alla  patria.  I  giovani  s'alzano  a  sei  ore  l'inverno  ed  a 
cinque  nella  buona  stagione;  alle  sette  han  già  fatto  colazione; 
mangiano  qualche  cosa  alle  dieci,  e  pranzano  a  mezzodì.  Dalla 
levata  al  pranzo  si  dedicano  cinque  ore  all'  istruzione  :  merendano 
alle  cinque  e  cenano  alle  otto.  Neil'  intervallo  che  passa  fra  il 
pranzo  e  la  cena  si  consacrano  quattro  altre  ore  all'istruzione.  Il 
resto  del  tempo  è  conceduto  alla  ricreazione  ed  agli  csercizj  gin- 
nastici riguardati  dai  giovanetti  come  divertimenti.  Le  materie , 
che  si  insegnano  sono  le  seguenti:  l.°  l'istruzione  religiosa;  2*°  la 
storia  naturale  secondo  l'ordine  de' suoi  regni  ;  3."  le  matematiche 
dai  primi  elementi  della  numerazione,  e  dall'intuizione  delle  for- 
me più  semplici  fino  all'analisi  infinitesimale;  4-°  ^a  lingua  Tede- 
sca doppiamente  necessaria  in  Ofwil ,  perchè  essa  e  la  lingua  pa- 
tria del  maggior  numero  degli  allievi,  e  perchè  serve  all'istruzio- 
ne; 5.°  la  liugua  Francese  considerata  come  mezzo  ordinario  di 
comunicazione  fra  le  persone  dotte  delle  diverse  società  dell'  Eu- 
ropa ;  6.°  la  lingua  e  la  letteratura  Greca;  7.0  la  lingua  e  lette- 
ratura Latina  ;  8.°  la  storia ,  e  la  geografia  studiata  secondo  l'or- 
dine de' tempi;  9.0  le  matematiche  applicate;  io.0  la  fisica  e  la 
chimica;  n.°  l'introduzione  allo  studio  della  filosofia  propria- 
mente detta;  12.0  la  musica;  i3.°  il  disegno;  i4-°  la  ginnastica, 
nella  quale  si  comprende  l'equitazione,  il  nuoto,  gli  esarci//)  mi- 
litari e  la    danza.    Questi    varj    rami  d'insegnamento  richieggono 


I  bl  ARTI  E  SCIENZE 

moki  professori  chiamati  da  varie  parti  ,  e  molti  impiegati  che  ac- 
compagnano i  giovani  nei  viaggi,  che  fanno  per  erudirsi  (i). 


CottEHi    t r,     TT  s  ^  p  z  E. 


N« 


on  ci  ha  popolo  ,  intorno  alle  cui  costumanze  si  sieno  pronun- 
ciati tanti  diversi  giudizj ,  quanto  intorno  agli  Svizzeri  che  dagli 
uni  furono  levati  a  cielo,  dagli  altri  eccessivamente  inviliti.  Per 
non  citare  antichi  esempj  faremo  menzione  di  un'opera  recente, 
in  cui  si  dipinge  questa  nazione  «  aliena  da  ogni  studio  ;  insen- 
sibile a  qualunque  nobile  passione  ;  priva  dei  piaceri  e  de'  comodi 
della  vita  e  della  società  ;  somigliante  nella  sua  apatia  alle  gelate 
cime  dei  monti ,  che  la  circondano  (pi)  ".  Ma  la  sentenza  di  un 
solo,  che  da  se  medesimo  si  chiarisce  prevenuto  da  una  passione, 
e  confessa  di  aver  trascorsa  rapidamente  la  Svizzera  non  può  di- 
struggere la  verità  di  quanto  molti    altri    scrittori    affermarono  in 

(1)  Chi  avesse  vaghezza  di  conoscere  più  minutamente  quesl'  istituto  può 
ricorrere  all'opera  citata  del  Conte  Vilievieille.  Meritano  poi  di  essere  qui 
notale  la  parole  della  Staci  intorno  al  Signor  di  Fellemberg.  «Il  Pestalozzi  non 

è  il  solo  nella  Svizzera  Tedesca,  che  attenda  con  zelo  a  coltivare  1*  animo 
del  popolo:  sotto  questo  aspetto  lo  stahdimento  del  signor  di  Fellemberg  mi 
ha  veramente  recato  maraviglia.  Moltissime  persone  si  sono  quivi  trasferite 
per  rintracciare  novelli  lumi  sull'agricoltura,  e  si  dice,  che  ne  rimasero  sati- 
sfatte ;  ma  quello  che  più  particolarmente  merita  la  stima  dell'umanità  si  è 
la  cura  che  il  signor  di  Fellemberg  si  prende  della  educazione  del  volgo  ; 
egli  fa  ammaestrare  secondo  il  metodo  del  Pestalozzi  i  maestri  di  scuola  dei 
villaggi  ,  perchè  dirozzino  poi  i  fanciulli  :  i  lavoratori  che  coltivano  le  sue 
terre  imparano  la  musica  de' salmi,  e  ben  presto  si  udiranno  nella  campa- 
gna le  divine  lodi  cantate  da  semplici,  ma  armoniose  voci,  che  celebreranno 
ad  un  tempo  la  natura  ed  il  suo  autore:  finalmente  il  signor  di  Fellemberg 
cerca  con  tutte  le  possibili  vie  di  formare  tra  la  inferior  classe  e  la 
nostra  un  vincolo  liberale,  un  vincolo  che  non  sia  unicamente  stabilito 
sui  pecuniarj  interessi  dei  doviziosi  e  dei  miseri.  AUcmagne.  Pari.  I.  chap.  14. 

(2)  Vedi  il  Viaggio  di  un  anno    dall'ottobre    ìiSai,    all'ottobre   1822. 
Firenze,   1822. 


DEGLI  SVIZZERI  lf)2 

favore  di  cssn.  Certamente  anco  presso  di  questo  popolo  si  tro- 
vano ed  errori  ed  abusi ,  che  pittarono  profonde  radici  :  ma  esso 
li  rispetta  perchè  ebbero  origine  da' suoi  antenati,  onde  si  narra 
che  l'istruzione  ordinaria  data  dalla  corte  di  Roma  al  suo  Nun- 
zio nella  Svizzera  fosse  la  seguente  :  bisogna  lasciar  gli  Sviz- 
zeri nei  loro  usi  ed  abusi  (1).  ÌNoi  pertanto  descriveremo  inge- 
nuamente e  gli  uni  e  gli  nitri;  e  ci  arresteremo  principalmente, 
parlando  degli  abili,  quelli  degli  abitatori  della  campagna;  perchè 
i  cittadini  seguendo  le  mode  ,  che  vengono  or  dalla  Senna  ,  or 
dal  Tamigi  ,  non  hanno  in  questa  parte  un  costume  speciale. 

Costumi  di  Zurigo. 

Fin  dai  tempi  dell'Imperatore  Enrico  IV..  prima  della  fine 
dell' undecimo  secolo  Zurigo  era  considerata  come  una  citta  ab- 
bondevole d' ogni  cosa  ;  e  si  leggeva  sopra  di  una  delle  sue 
porte  :  Nobile  Turegum  multarum  copia  rerum.  Si  introdusse 
dappoi  quel  proverbio;  che  se  Dio  ama  uno  Svizzero,  gli  dà 
una  casa  in  Zurigo;  e  ciò  addicene  perete  il  gran  commercio 
ha  arricchita  questa  città,  e  la  rendette  bella,  popolosa  e  frequen- 
tala dagli  stranieri  (2).  La  letteratura  Alemanna  è  molto  più  col- 
tivata in  Zurigo,  che  negli  altri  luoghi  della  Svizzera;  le  stesse 
donne  amano  la  lettura  dei  libri  Tedeschi,  e  sono  assai  versate  in 
questa  lingua,  e  la  parlano  con  molta  dolcezza. 

Semplicità  e  bontà  dei  Zurighesi. 

Il  Dottore  Burnet ,  Vescovo  di  Salisbury  che  scriveva  alla 
fine  del  secolo  decimosettimo  riferisce  d'  aver  notata  in  Zurigo 
l'antica  semplicità  degli  Svizzeri  qua]  era  ai  tempi,  in  cui  il  vi- 
zio e  la  vanità  non  l'aveano  ancora  alterala.  Le  donne  viveano 
con  una  si  grande  ritenutezza,  che  non  trattavano  famigliarmente 
se  non  coi  loro  più  prossimi  parenti,  e  non  rendevau  nemmeno 
il  saluto  agli  stranieri  ne' quali  si  scontravano  per  via  (3).  Il  si- 
gnor llamond  poi ,  commentatore  di  Coxe  ,  ci  diede  più  recenti 
notizie  intorno  ai  costumi  dei  Zurighesi.  Una  .semplicità  di  co- 
stumi antichi,   dice  egli,  una    integrila    veramente    repubblicana, 

(1)   Tableaux  de  la  Suissc.  Tom.  Vili.  pag.  \  \  5. 

(a)  Intorno  al  commercio  di  Zurigo  si  consulti  un  trattalo  di  Giovanili 
Enrico  Selline  inserito  nel  secondo  volume  delle  Memorie  dilla  società  fisica 
Ai  Zurigo. 

v3)  Tableaux  de  la  Suisse.  Tom.  Vili.  pag.  35;. 


I  54  COSTUMI  ED  USAICZE 

un'  alterezza  nazionale ,  che  non  partecipa  punto  dell'  orgoglio , 
formano  il  carattere  del  popolo  e  degli  individui.  Che  se  nulla  è 
più  rispettabile  dello  stato  civile  di  questo  Cantone,  nulla  altresì 
è  più  importante  del  suo  stato  morale  ,  e  più  commovente  dello 
spettacolo  dell'interno  delle  loro  famiglie:  l'amor  conjugale  è 
quivi  nello  stesso  tempo  un  sentimento,  una  legge,  un  uso  -,  la 
pietà  filiale  partecipa  ivi  di  quel  rispetto  cieco  ,  che  formava  la 
virtù  dei  figliuoli  nelP  epoca  patriarcale  ;  una  profonda  venerazione 
per  la  memoria  degli  estinti  li  tiene  sempre  presenti  alla  remini- 
scenza dei  vivi.  Vidi  nella  maggior  parte  delle  case  i  ritratti  dei 
morti  della  famiglia,  rappresentati  sul  letto  funereo,  cogli  occhi 
chiusi  alla  luce  ,  quali  erano  quando  furon  veduti  per  l' ultima 
volta.  Queste  tristi  immagini  che  sembrano  sì  spaventevoli  ad 
un  Francese  che  risparmia  il  suo  cuore  come  un  fanciullo  troppo 
vezzeggiato,  e  che  fugge  accuratamente  lutto  ciò,  che  potrebbe 
muoverlo  facilmente  ,  sono  quivi  un  oggetto  confortatore  per  uo- 
mini che  sanno  amare,  e  non  paventano  nulla  nell'amore,  nem- 
meno le  sue  pene.  I  due  sessi  comunicano  assai  poco  insieme; 
come  addiviene  nella  maggior  parte  delle  città  della  Svizzera  e 
della  Germania  ;  e  da  ciò  nasce  che  tanto  l'uno  quanto  l'altro 
si  danno  in  preda  ai  diletti  loro  proprj  e  naturali.  Il  caso  mi 
mostrò  dieci  donne  unite  per  distrarsi  dalle  loro  cure  con  tran- 
quilli divcrtimeuti  ,  mentre  i  loro  padri,  fratelli  e  mariti  si  ra- 
gunavano  altrove  per  gli  esercizj  militari  e  per  un  lungo  passeg- 
gio (0- 
Contadini  Zurighesi. 

i  contadini  dei  dintorni  di  Zurigo,  che  noi  presentiamo  nella 
Tavola  26,  non  sono  già  quelli,  che  ci  vengono  dipinti  negli  I- 
dillj  di  Gessner;  ma  in  mezzo  ad  una  minore  eleganza  nelle 
forme  si  scorge  la  stessa  semplicità  nei  costumi.  Il  loro  abito  in- 
dica l'amore  alla  fatica,  e  gli  umzj  rusticani;  eie  loro  fisonomie 
portano  l' impronta  della  purezza  dei  costumi.  In  fatto  questa 
schiatta  ò  distinta  dal  suo  amore  per  la  pace,  a  dal  suo  rispetto 
per  le  leggi.  Una  gonna  che  non  arriva  che  al  ginocchio,  un 
grembiale  dipinto  a  fiori,  un  collare  che  ha  somiglianza  con  quelli 
che  si  usavano  nel  secolo  XVI.,  e  discende    sul  petto,  una  nera 

(1)   R.imond.  Nat.  aux.  Leti,  de  Coxc.  Tom.  I.  pag.  i3i. 


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DEGLI  SVIZZERI  l55 

fascia  che   annoda  le    chiome  ,  le    quali  cadono    sugli  omeri ,  for- 
mano il  costume    della   contadina  Zurighese.   I  due  contadini    nou 
sono  distinti  che  da   larghi  ed  increspati  calzoni  (i). 
Costumanze  di  Berna. 

Berna  è  piacevolissima  per  la  vita  sociale:  la  gentilezza  Fran- 
cese tramescolata  alla  gravità  degli  Inglesi  forma  il  carattere  ge- 
nerale de'suoi  abitanti.  Le  donne,  deposta  quell'alterezza,  che  ad 
esse  si  rimproverava  un  tempo,  sono  ora  amabilissime,  e  siffatta- 
mente eleganti,  che  se  passassero  dalle  rive  dell'  Aar  a  quelle  della 
Senna  non  sarebbero  riconosciute  come  straniere.  Fra  le  leggi 
suntuarie  ,  cui  sono  sottoposte  ve  n'  ha  una  ,  che  ad  esse  vieta  di 
far  uso  di  veri  diamanti  ;  onde  possono  portare  tanti  diamanti 
falsi  quanti  ne  vogliono,  mentre  in  Friburgo,  città  distante  sei 
leghe  da  Berna  la  legge  dello  stato ,  che  prescrive  alle  donne  di 
non  portare  che  diamanti  veri,  sottopone  a  gravi  ammende  quel- 
le, che  ne  portassero  di  falsi.  I  due  legislatori  ebbero  senza  al- 
cun dubbio  i  loro  motivi  pubblicando  leggi  cosi  contraddittorie  (2). 
In  generale  poi  le  donne  della  Svizzera  rinunciarono  alla  primi- 
tiva rustichezza  ,  alle  maniere  riservatissime  ,  ed  alla  austerità  delle 
loro  avole  ;  nò  più  come  esse  tengono  lontani  i  cavalieri  col  ba- 
stone e  colle  unghie.  I  modi  più  gentili  da  esse  abbracciati  non 
permettono  più  un  sì  grande  rigore;  elleno  accolgono  gli  uomini 
cosi  famigliar  mente ,  e  colla  stessa  libertà  che  in  Francia.  Uno 
scrittore  Francese  affermò,  che  le  Svizzere  non  sono  atte  a  nu- 
trire amori  nascosti ,  nò  a  dischiudersi  il  cammino  ad  un  intrigo 
amoroso  colle  vie  dell'arte  e  dell'industria,  perchè  nessun  libro 
fa  menzione  dei  loro  amori.  E  bensì  vero  che  un  avanzo  dell'an- 
tica modestia  rende  più  ritenute  le  donne  della  Svizzera  ;  ma  delle 
molte  loro  avventure  se  ne  potrebbero  formare  soggetti  di  varj 
romanzi  (3). 
Conversazioni. 

Il  gusto  delle  conversazioni  composte  di  amendue  i  sessi  si  è 
introdotto  nelle  principali  città  della  Svizzera  ,  e  specialmente  in 
Berna.  iNegli  antichi  tempi  si  adunavano  i  soli  uomini,  e  la   loro 

(1)  Birmana.  Colteci.  N.  G. 

(1)  Tableaux  da  la  Suisse.   Tom.  Vili.  pag.  260. 

(3.  Etat  et  Ddices  de  la   Suisse.  Tom.  I.  pag.  337.  e  seg. 


I  56  COSTUMI  ED  USAITZE 

società  clnamavasi  con  particolare  vocabolo  Cabaret ,  Estaminet  : 
in  essa  regnava  molta  ingenuità  e  franchezza  in  mezzo  a  maniere 
aspre  e  dure  ,•  il  giuoco  del  Tarocco  ed  il  vino  rallegravano  que- 
gli uomini,  i  quali  spesso  si  dilettavano  anche  di  trasmettersi  a 
vicenda  il  fumo  delle  loro  pipe.  A  questi  usi  succedettero  ora  in 
Berna  le  conversazioni  promiscue  d'uomini  e  di  donne,  in  cui 
si  giuoca  (  sono  però  sempre  esclusi  i  giuochi  di  sorte  )  ,  si  sorbe 
il  caffè  ,  e  si  prendono  gelali.  I  costumi  in  tal  guisa  s' ingentili- 
rono ;  e  le  maniere  selvaggie  ed  aspre  sono  sbandite  dalla  vita 
socievole  (i).  La  nobiltà  Bernese  però  è  accusata  di  presunzione 
e  di  orgoglio ,  e  si  notò  che  essa  schiva  con  somma  cura  di  con- 
versare coi  cittadini  di  una  classe  inferiore  ;  e  che  a  stento  le  loro 
donne  e  figliuole  si  tramescolano  nei  "balli  e  nelle  conversazioni 
a  quelle  dei  negozianti  ;  onde  un  ballo  unicamente  composto  di 
persone  qualificate  perde  in  allegria  ciò  che  guadagna  in  dignità, 
e  spesse  volte  è  tanto  nojoso  quanto  augusto  e  solcune  (2). 
Persone  di  penna. 

Si  appella  in  Berna  una  persona  di  penila,  colui  che  è  dotto 
od  almeno  studioso:  talvolta  si  applica  questo  nome  indistinta- 
mente a  coloro ,  i  quali  servano  la  repubblica ,  ancorché  sieno 
lontani  dalla  patria  ,  e  militino  sotto  stranieri  vessilli.  Particolar- 
mente poi  sono  con  questo  titolo  distinti  i  giurisperiti ,  i  medici , 
e  gli  scienziati  di  ogni  genere  (3). 
udbito  delle  Bernesi. 

Le  Bernesi  delle  classi  inferiori  presentano  una  singolare  ac- 
conciatura. Nella  Tavola  27  ne  presentiamo  due  trasportate  dalla 
campagna  alla  città  ,  ove  divennero  ancelle  ,  e  si  diedero  cura  di 
conciliare  la  moda  coli'  antico  costume.  Singolari  sono  le  ali  di 
quella  specie  di  cuffia,  che  l'una  porta,  ed  il  cappello  adorno  di 
fiori  ,  con  cui  1'  altra  si  copre  la  testa.  L'eleganza  del  loro  abito, 
e  la  loro  naturale  bellezza  sembrano  giustificare  la  maraviglia  del 
venditore  di  lalte  che  le  sta  mirando.  Nel  fondo  della  tavola  si 
scorge  la  cattedrale  di  Berna  ,  edificio  maestoso  cinto  da  uà  bel 
terrazzo  (4). 

(1)  Tableaux  de  la  Suisse.  Tom.  Vili.  pag.  265. 

(2)  Moore.  Lett.   d'un  Voyag.  Anglois  sur  la  Fi  ance,  la  Suissr,  e  l 'Alle- 
magne.  Tom.  I.  pag.  2G8. 

(3)  Tableaux  de  la  Suisse.  Tom.  Vili.  pag.  270. 

(4)  Binnann.  Collect.  N.°  45. 


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DEGLI   SVIZZERI  I  5^ 

Osservazioni  generali  su/l'abito  delle  donne  Svizzere. 

Le  signore  di  Berna  imitano  le  acconciature  di  Londra,  mentre 
quelle  di  Lucerna  ,  di  Friburgo  e  di  Soletta  seguono  le  mode  di 
Parigi.  Ma  le  dame  seguaci  delle  mode  Francesi  non  osano  com- 
parile nelle  società  della  domenica  e  delle  altre  feste,  se  non  ve- 
stite di  nero  ,  e  senza  diamanti  ,  mentre  quella  medesima  legge  , 
che  le  condanna  a  questa  specie  di  penitenza  permette  alle  dame 
vestite  all'  antica  di  portare  nei  ridetti  giorni  i  diamanti,  e  di  far 
uso  di  varj  colori.  Ma  si  dee  notare  che  anco  nelle  acconciature 
e  negli  abiti  antichi  si  scorgono  le  traccie  delle  mode  Francesi  5 
ed  i  berretti  di  Lucerna  e  di  Soletta  andarono  sottoposti  alle 
grandi  metamorfosi  delle  medesime.  Per  molto  tempo  però  con- 
scrvossi  una  grande  distinzione  fra  le  patrizie  e  le  popolari:  una 
benda  di  colore  dava  risalto  all' acconciatura  delle  prime,  ed  una 
nera  distingueva  quella  delle  semplici  cittadine.  Un  viaggiatore 
narra  che  arrivando  a  Berna  credette  di  essere  in  Turchia,  (piando 
vide  le  donne  coprirsi  il  viso  con  un  velo  di  Firenze  ,  che  le  di- 
fendeva dai  raggi  dei  sole,  dal  vento  e  dalle  mosche.  In  Basilea 
le  persone  qualificate  seguono  le  mode  Francesi  ,  eccettuate  le 
domeniche,  in  cui  ciascuno  è  obbligato  a  comparire  vestito  di  nero. 
Poche  donne  in  questa  città  si  fanno  arricciare  i  capelli ,  ed  un 
regolamento  della  riforma  dopo  aver  mostrato  quanto  sia  inde- 
cente alle  donne  il  farsi  pettinare  dagli  nomini  prescrive  dì  fug- 
gire gli  eccessi  di  una  allettata  acconciatura.  Le  più  belle  chiome 
sono  fermate  all' indietro,  e  nascosi.'  sotto  un  berretto  di  storta 
d'oro  o  d'argento,  che  ha  la  forma  di  quel  berrettino,  che  i  no- 
stri sacerdoti  usano  di  portare  sotto  il  cappello.  In  Baden  le  donne 
usano  larghe  cuffie  con  orecchie  .  Da  Tboun  fino  a  Berna 

le  contadine  portano  cappelli  neri  somiglianti  a  quelli  degli  uo- 
mini ;  ne!  Cantone  di  Friburgo  si  coprono  il  cnp ■>  con  eleganti 
cappelli  di  piglia  ,  che  in  alcuni  luoghi  hanno  una  forma  pira- 
midale. Nel  paese  di  A  and  fino  a  Ginevra  ed.  a  Neuchatel  sono 
le  donne  distinte  da  vesti  tagliate  alla  Francese  ,  e  di  mussola  (i). 

(«)  «Fidandomi  all'Ebel,  ed  al  Saussure  io  credeva  ili  trovare  in  Vevey 
Dna  popolazione  sformata  dal  gozio,  ma  rt>a  piacere  mi  apparve  che  me  ri  tassa 
maggior  credenza  d   Bourrit,  che  ne   lo  la   i  ■.  li  ir.  fatto  ci  cor- 

sero all'occhio  foroselle  di  tutta  avvenenza.  Alcune  ji  irtavano  il  cappello 
appuntato  alla  Chiuesc}   altre  come  le  nostre   cilta.line   vestivano  co' guanti 


I  5R  COSTUMI   ED   USANZA 

Nel  Cantone  di  Soletta  ,  ed  in  una  parte  del  Cantone  Alemanno 
di  Berna  si  scorgono  piccoli  ,  ma  eleganti  cappelli  di  paglia.  Il 
signor  Andreas  d'  Ilanovre  narra  di  aver  veduto  alla  fiera  di 
Zurzach  le  acconciature  di  tutta  la  Svizzera  strette,  larghe,  alte, 
basse,  corte,  lunghe,  unite,  arricciate,  bianche  e  nere,  con  fiori, 
con  penne,  con  nastri,  con  seta,  con  argento,  con  oro,  ed  alla 
Sultana.  L'abito  delle  donne  del  paese  d' Hazel  nel  Cantone  di 
Berna  ha  una  rassomiglianza  grandissima  con  quello  delle  Gre- 
che moderne  di  alcune  isole:  le  vedove  portano  una  specie  di 
berretto ,  che  corrisponde  assolutamente  alle  mitre  delle  donne 
dell'Arcipelago;  è  però  molto  meno  alto.  Nulla  v'ha  di  più  ele- 
gante dell'acconciatura  delle  donne  A' Hazel  ,  che  sono  quasi 
tutte  alte  ed  avvenenti;  le  loro  chiome  sono  con  vaga  negligenza 
intrecciate  intorno  al  capo  ,  o  pendono  in  lunghe  treccie  sul  collo 
e  sulle  spalle  ;  ma  la  persona  è  involta ,  anzi  nascosta  in  larghi 
giubboni  ,  che  esse  annodano  si  alto,  che  le  rendono  deformi. 
Le  contadine  del  Cantone  di  Soletta  portano  sempre  cappelli  di 
paglia  con  grande  finezza  lavorata  ,  e  sembrano  annunciare  la  pri- 
mavera anche  in  mezzo  dei  freddi  del  verno.  Questa  maniera  di 
cappelli  è  appellata  dai  cronologi  latini  pileus  foeninus.  Nel  Can- 
tone di  Schwitz,  ed  in  quello  di  Zug  si  veggono  le  plebee  fu- 
mar la  pipa  con  voluttà  simile  a  quella  delle  donne  Moscovite. 
Le  cittadine  sono  distinte  in  questo  Cantone  dall' aggiustacuore ,  le 
contadine  dall' imbusto;  le  prime  coprono  il  collo  con  un  fazzo- 
letto di  seta  ,  o  di  tela  fina  ;  le  altre  con  un  largo  collare  di  tela 
ordinaria;  quelle  hanno  la  testa  ignuda,  ma  ben  pettinata;  que- 
ste nascondono  i  crini  sotto  un  cappello  di  paglia.  Nel  Can- 
tone di  Underwald  le  donzelle  usano  di  coprirsi  la  testa  con  ber- 

fino  alla  metà  superiore  del  braccio  ;  avevano  altre  le  chiome  ravvolte  a 
gran  ciocche  intorno  al  capo.  Friburghesi  o  Bullesi  erano  queste;  natie  del 
paese  le  seconde,  e  de* contorni  le  prime Le  donne  dì  Losan- 
na non   reggono  per  mio    avviso  al    confronto  delle    vezzose    Ginevrine  ne 

per   l'avvenenza  del  volto,  nò  per  la   leggiadria  del    portamento Le 

fanciulle  Ginevrine  delle  classi  ricche  ,  hanno  certamente  molta  eleganza 
di  costumi,  ed  assai  coltivato  l'ingegno:  anzi  per  fino  tra  le  zittelle  più 
povere  di  quella  città  s'incontra  un'istruzione,  che  talvolta  indarno  cer- 
casi nelle  damigelle  di  alto  nascimento  in  Italia.  Ma  l'amabilità  loro  è  una 
copia  stentata  della  grazia  Francesce  del  decoro  Britannico».  Peregrina- 
zioni di  D.  B.  Voi.  I.  pag.  61   e   129. 


DEGLI    SVIZZERI  I  5g 

retti  adorni  di  piccole  rose,  dai  quali  pendono  le    ciocche  de' ca- 
pelli. Neil'  Argovia  e  generalmente  in  tutti  i    luoghi    montuosi  le 
gonne  delle  femmine  sono  assai  corte,  perchè    non  le    impaccino 
nel  salire  e  nel  discendere  (i). 
Costumi  dì  Uri  ,  di  Scliwitz  ed  Underwald. 

Il  Conte  di  Albon  ha  latto  un  bellissimo  quadro  dei  costumi 
dei  tre  primi  Cantoni  popolari.  In  uno  stato ,  dice  egli ,  in  cui 
gli  abitanti  nulla  trovano  che  possa  eccitare  la  cupidità,  muovere 
le  passioni  violente ,  e  moltiplicare  i  bisogni  ;  in  cui  1'  uomo  ò  so- 
brio per  necessità,  quando  noi  fosse  per  temperanza;  in  cui  i 
costumi  sono  puri,  le  virtù  comuni,  rari  i  vizj  ,  si  commettono 
senza  alcun  dubbio  pochi  delitti,  e  la  spada  delia  giustizia  non 
ha  molti  colpevoli  da  punire.  La  maggior  parte  delle  case  rimane 
semprelaperta  quando  la  stagione  il  permetta;  quantunque  i  pa- 
droni sieno  assenti  ed  occupati  o  nei  villaggi  ,  o  nei  campi,  pure 
essi  non  sono  turbati  da  veruna  inquietudine,  da  alcun  timore:  le 
loro  case  hanno  un'  eccellente  difesa  nella  probità  degli  abitanti. 
Qualunque  più  lieve  delitto  è  quivi  sempre  considerato  come  gra- 
ve ,•  ogni  scandalo  pubblico,  ogni  atto  che  tenda  a  distruggere  i 
buoni  costumi  è  sempre  gastigato.  Colui,  che  oltraggia  la  fedeltà 
conjugale,  e  dichiarato  infame  agli  occhi  della  unzione,  e  va  sog- 
getto alla  doppia  pena  e  di  perdere  i  suoi  beni ,  e  di  essere  dan- 
nato ad  un  perpetuo  bando.  Un  uomo  ubbriaco  che  si  mostri  in 
pubblico  è  costretto  ad  astenersi  per  qualche  tempo  dal  vino.  La 
gioventù  non  ama  nulla  di  frivolo  ,  e  riguarda  come  il  più  bello 
degli  adornamenti  quelle  armi  ,  che  brandisce  in  difesa  della  pa- 
tria. Ma  questi  costumi  degenerarono  insensibilmente  dalla  loro 
bella  ed  antica  semplicità  ,  e  si  tacciono  come  autori  di  una  tale 
decadenza  quegli  nlfiziali  ,  che  vanno  a  militare  sotto  stranieri 
vessilli  (2).  Una  grande  franchezza  ed  ingenuità  forma  il  carattere 
degli  abitanti  di  Schwitz:  e  fra  molti  fatti  con  cui  si  potrebbe 
provare  che  essi  sono  forniti  di  queste  doti  un  solo  ne  riporte- 
remo.   11  Barone    di    Reding    Lamlaniano  di    questo    Cantone  si 

Ci)  Abbiamo  estratte  queste  notizie  generali  intorno  agli  abili  delle  don- 
nc  Svizzere  da  varj  viaggiatori ,  e  particolarmente  dal  fiaggiu  di  Andreas 
di  Ilauovre,  e  dall'  Opera  di  Zurlaubcn.   Tom.  Vili,   dalla  pag.  '4 7 5  alla   |i>2. 

(2)  Albou.  Discours  sur  la  Suisse.  Tom.  I.  pag.  \-  e  srg.  Neucha- 
iel,   1779, 


l6o  COSTUMI   ED    USAjXZE 

era  mostrato  contrario  ad  un  partito  proposto  nella  dieta  generale 
di  Frauneveld:  il  deputato  di  Berna  incollerito  per  siffatta  op- 
posizione ripetè  il  verso  di  un  Latino  poeta,  che  dice: 

Urbs  faclt  urbanos- ,  Aìpe.s  alpestria  gignunt  j 

Il  Landamano  senza  scomporsi  soggiunse  con  maravigliosa  pron- 
tezza : 

Urbs  facit  injlatos  ,  mentir I ,  et  fallere  nietos* 

La  franchezza  degli  abitanti  àA  Cantone  di  Schwitz  trasse  loro 
addosso  l'odio  di  molti  dei  loro  confederati,  ed  un  poeta  Latino 
di  Zurigo  li  dipinse  con  negri  colori,  dieci  chiariscono  della  pas- 
sione ,  da  cui  era  egli  animato  nel  vergare  quei  versi  (i).  Lo 
stesso  carattere  domina  nel  Cantone  di  Uri  ,  e  di  Underwald , 
ove  se  non  si  trova  grandissima  coltura  ,  si  rinviene  però  sempre 
uno  squisito  buon  senso  in  guisa  che  un  poeta  Francese  cantò  in 
un  dramma  ,  che  il  buon  senso  è  Svizzero.  Questa  loro  qualità 
è  cagione  che  sieno  tenti  nel  deliberare,  dicendo  che  la  pazienza 
è  una  buona  armatura  contro  i  mali  e  contro  gli  sciocchi.  L'o- 
spitalità è  una  delle  virtù  connaturali  agli  abitatori  di  Under- 
wald :  e  chi  viaggia  a  piedi  nel  loro  paese ,  purché  non  offenda 
que' semplici  abitanti  con  un  pomposo  lusso,  può  andarsene  di 
casa  in  casa  ,  e  trovarvi  un  asilo  gratuito  offerto  da  un  vero  buon 
cuore  (2). 

Il  costume  degli  abitanti  di  Schwitz  nulla  offre  di  notevole r 
se  si  eccettui  un  largo  cinto  di  cuojo  ,  che  riesce  loro  necessario» 
quando  discendono  dalle  montagne.  Ael  dipingere  gli  abiti  di 
Guglielmo  Teli,  e   dei  tre  capi  della  Confederazione  Elvetica , 

(t)  Ferttlis  est  valli $  ,  coi  lo   suavis  ,  generosa  , 

Vlanlis  jucunda  ,  Jlumine  lacte  Jluens  , 
Iluic  Schwitz  est  nomea  ,  haec   undique    tangitur    allis 

Montibus ,    et    lacubus  ,  nec   sibi   sitata  palet  , 
Nobiiis    est   tellus  ,   ignobilis  incola  ,    fida   est 
Humus,    infidus   incoia  ,  frauda  satur. 
linee    gens    rege  cai  et  ,    et   lege. 
(a)   Tableaux    de   la    Suisse.   Tom.   Vili,    dalla   pag.   a8y   alla   307. 


DEGLI    SVIZZCIU  I  (7  I 

abbiam  veduto,  che  questo  cinto  di  cuojo  stringeva  le  loro  vesti; 
e  che  di  essi  si  poteva  dire  ciò  che  Danto  cantò  degli  antichi 
Fiorentini,  che  andavano  cinti  d'osso  e  di  cuojo.  Uè  donne 
stringono  le  scarpe  con  piccolo  fibbie  d'  argento  ;  e  talvolta  si  co- 
prono la  testa  con  un  borretto  singolarissimo,  che  propriauuiK<? 
presenta  la  figura  delle  ali  della  farfalla.  La  classe  agiata  di  Sch- 
wilz  è  vestita  presso  a  poco  alla  foggia  degli  abitanti  delle  altre 
città  della  Svizzera.  Un  imbusto  ,  una  enfila  adorna  di  fiori  ,  lo 
scarpe  colle  fibbie,  i  pendenti  alle  orecchie,  e  la  collana  distin- 
guono  la   sposa  che   vodesi   seduta   nella   Tavola   atf  (i). 

Il  Kamond  nelle  sue  osservazioni  alle  lettere  di  Co\e  afferma 
che  1'  alterezza,  o  piuttosto  l'orgoglio  nazionale  forma  il  carattere 
particolare  degli  abitanti  di  Sehwitz  ;  mentri!  i  Cantoni  d'  Uri  e 
di  Zug  si  dividono  la  fama  di  essere  popolali  dai  più  rozzi  ctl 
intrattabili  paesani  di  tutta  la  Confederazioni' ,  e  si  distinguono 
per  la  loro  turbolenza  nelle  assemblee  generali  ,  le  quali  olirono 
talvolta  spettacoli  sanguinosi  (2).  L'autore  dei  Quadri  della  Sviz- 
zcra  difende  gli  abitanti  di  Zug  da  questa  taccia  ,  e  li  dipingo 
come  ingenui,  tranquilli  ,  e  zelatori  del  bene  della  loro  patria.  11 
Barone  di  Zurlauben  nacque  in  Zug  ai  1 5  giugno  del  1087,  e 
morì  in  Parigi  al  servizio  della  Francia  ai  3i  dicembre  del  1770. 
Avendo  un  cortigiano  tentato  di  denigrare  la  fama  di  questo  per- 
sonaggio al  cospetto  di  Luigi  XV.  :  quel  eli  io  so  di  '/siiianben, 
disse  il  Monarca,  si  e  ch'egli  non  ha  giammai  mentito  (ii).  A 
questo  illustre  personaggio  la  Svizzera  va  debitrice  dell'opera 
grande,  di  cui  abbiamo  spesse  volte  fatto  menzione,  cui  a  buon 
dritto  si  può  dare  il  titolo  di  Biblioteca  della.  Svizzera.  11  si- 
gnor QuetaBt  1'  accrebbe  ;  ma  i  materiali  erano  stati  preparati  e 
disposti  con  grande  accuratezza  e  dispendio  da  Zurlauben,  il 
quale  volle  così  lasciare  un  perenne  monumento  del  suo  patrio 
amore. 
Carattere  degli  abitanti  di  Crlaris  e  di  Appetiteli* 

I  contadini  del  Cantone  di  Glaris  meritano  a  motivo  della  loro 
intelligenza  ,  e  delle  facilità  di  conformarsi  alle  buone  usanze  ,  il 

(1)  Birmann.    Cullect.  K.»   3i. 

(a)  Observ.  sur  les  Lett.  de  M.   Coxe.   Tom.  I.  pag.   \i. 
(3)    Tableaux  de  la   Suisse.   Toni.    Vili.   pag.   3 io. 
Cost.  dell'Europa  Poi.  IX.  11 


1  G-l  COSTUMI    ED    USANZE 

primo  grado  fra  i  contadini  della  Svizzera.    Moki    di   essi  escono 
assai    giovani    dalla     loro  patria  ,  ed  acquistano  una  grande  espe- 
rienza nei   loro  viaggi.  L' industria  colla  quale  essi  cercano  di   vi- 
vere con  certi  agi  indusse    alcuni     scrittori  a  tacciarli  d'  avarizia  ; 
e  Faesi  nella    sua    Topografìa  della  Svizzera    dice    che  talvolta 
l'amor    del    guadagno    l'induce  a  trar  partito    da    ogni  cosa,  ab- 
bencliè  non  sia   gran  fatto  onesta:   lucri  bonus  odor  ex  re  quali- 
bet.  Una   gran  tolleranza  religiosa  distingue   questo    popolo  ,  giac- 
ché quantunque  esso  sia    composto    di    Cattolici   e  di  Protestanti , 
pure  non  vi    nascono    dispute  ,  né  dal    contendere  colle    parole  si 
viene  giammai  alle  armi  (i).  Gli  Appenzellesi  vennero    anch'essi 
accusati   d'avarizia  e  di  malignità.  Le  loro  donne    sono    fecondis- 
sime ,  ma  siccome  il  paese  non  basterebbe  a  nutrire    tanta  popo- 
lazione ,  così  la  maggior  parte  va  a  cercar  ventura  presso  le  altre 
nazioni,   fralle  quali  però  conservano  sempre  l'amore  verso  il  luogo 
natio.   Generalmente  essi  van  soggetti  al  così  detto  mal  del  paese 
od  alla  Nostalgia   che    consiste    nel    dispiacere    di    esser    lontano 
dalla   propria  patria  $  onde  si    dice    che  il    suicidio  è  presso  degli 
Appenzellesi  assai  frequente.  Si  nota  altresì  in  essi  un  grande  ab- 
borri  mento  alle  novità;   giacche,  sogliono    dire,  le  novità  nulla 
operano  di  buono,  noi  vogliamo  attenerci  alle  nostre    antiche 
maniere  (2). 
Influenza  del  clima  e  della  situazione  sui  costumi. 

La  somiglianza,  o  la  varietà  dei  costumi,  che  si  scorge  fra 
gli  abitatoli  dei  diversi  Cantoni  Svizzeri  dipende  dalla  somiglian- 
za ,  o  dalla  diversità  dei  loro  paesi.  I  costumi  degli  Appeuzellesi, 
a  cagion  à.'  esempio ,  somigliano  d'assai  a  quelli  degli  abitami  dei 
tre  primi  Cantoni ,  perchè  il  lor  paese  è  assai  montuoso  ;  e  non 
comprende  città  murate,  ma  solo  due  o  tre  borghi,  fra  quali  si 
distingue  quello  che  porta  il  nome  del  Cantone.  Per  vero  dire  , 
tutta  questa  regione  ,  eccettuate  le  parti  ,  nelle  quali  non  si  tro- 
vano che  nudi  scogli,  non  è  che  un  vasto  villaggio  non  interrot- 
to, che  comprende  varie  capanne,  ciascuna  delle  quali  ha  il  suo 
piccolo  territorio,  consistente  in  uno  o  due  campi  ed  in  eccellenti 
pascoli.  Le  capanne  si  distinguono  per  la  grande  pulitezza  che  vi 

(1)    Trumpi.    Chi  011.  de    Canton    de   Glaris.   Tom.  I. 
fa)   Walser.   Chrun.    de  Cant.  d'  A\) penzoli. 


DEGLI   SVIZZERI  lfà 

regna.  Ad  una  «attirale  letizia  e  vivacità  gli    abitanti    accoppiano 
una  naturale  franchezza  ed  un   sentimento  d'uguaglianza,  che  na- 
sce da  quello    dell'indipendenza  (i). 
Costumi  dì  Basilea  ,  di  Friburgo   e  di   Soletta. 

Il    Poeta    Glarcano    paragonava    nel    1 5 1 4    la    città  di  Basile;* 
all'antica  Marsiglia  per  la  legislazione,    ed    alla    dotta  Alene  per 
la  coltura  delle  scienze  (a).    La    soverchia    libertà    noccpie  ai   co- 
stumi  dei  cittadini   di  Basilea  j  e  l'opulenza  dei    mercanti  j  e  l'a- 
giatezza  degli  artigiani    hanno    aumentato  il    lusso,  che  però  non 
sarà   giammai  cosi  pericoloso  in  una  città  data  al  commercio, quale 
è  Basilea  ,   come   lo  sarebbe  negli  altri  stati   Aristocratici  dell'El- 
vezia ove  il  cittadino   dissipatore  riguarda  lo   stato    come  suo  pa- 
trimonio,  ed  ove  colui,  che  ha  prodigalizzato  il  suo,  rare    volle 
ha  rossore  di  appropriarsi    quello    della  sua    patria.  La    tolleranza 
religiosa   è  una  delle  commendcvoli  qualità  degli    abitanti    di  Ba- 
silea ,  che  non  vollero  seguire  quel   rigore  ,  che  le  città  riformate 
della  Svizzera  esercitavano  verso  coloro,  che  non  volevano  sottomet- 
tersi alla  così  detta  Formula  Consensus.  Gli  affari  spirituali  si  deci- 
dono da  un  concistoro  chiamato  Conveiitus  llieologìcus  composto 
dall' 'Antistite  ossia  primo  pastore  della  città,  da  tre  altri  pastori;  da 
tre  professori  di  teologia,  e  da  quattro  membri  del  piccolo  consiglio, 
che  sono  anche    curatori    dell'  università.   I    Friburghesi  al  con- 
trario sono  notati  di  pinzochcria  ,  e  di  uno  zelo  religioso  che  par- 
tecipa molto  della  superstizione  ,  non  che  di   grettezza ,  solendosi 
applicare  a  questi  abitanti  un  proverbio  Alemanno;  che    essi  sa- 
lirebbero dividere  in  quattro  parti  un  grafia  di  pepe.  Essi  par- 
lano una  specie  di  lingua  romanza  in  cui  si  trovano  varie  espres- 
sioni, che  si  leggono  nei  canti  dei     trovatori,    nel    romanzo  della 
Rosa,  ed  in   Rabelais.  Un    Appenzellese    era  solito  di    dire,  che 
per  conoscer  bene  uno  di  Friburgo  non   basta  un    giorno  solo  $ 
ma   che  ja  iV  uopo  di  pia  di  un  anno  per  frugarlo.  In  Friburgo 
si  cena  a  sei  ore  della  sera,  e  dopo  si  conversa  con  molto  garbo: 
e  le  dame  vi  sono  molto  gentili.    Maggiore    eleganza  di  maniere 
ancora  si  nota  dal  viaggiatore  in  Soletta    che  fu   chiamata   il  pie- 


(i)  Coxe.  Lett.  IV. 

(a)  Panegiricon  XI li.  IIcL'cliac  \mriium,  pag.  aa  iu  Tuesauro.   Histor. 
Hclvet.   liguri  ,    1735  ,    io    f.° 


I  64  COSTUMI   ED   USABTZE 

colo  Parigi.  L' eleganza  delle  maniere,  che  domina  in  questa 
città  ,  e  la  vita  socievole  che  vi  si  conduce  sono  attribuite  alla 
residenza  che  vi  fa  1'  ambasciatore  Francese.  Sciaffusa  al  contra- 
rio non  presenta  oggetti  gran  fatto  allegri ,  perchè  è  sottoposta  a 
leggi  suntuarie  troppo  rigorose  che  vietano  perfino  la  danza. 
Costumi  di  Sciaffusa  e  di  S.   Gallo. 

La  città  di  S.  Gallo  si  arricchì  moltissimo  coli' industria  dei 
suoi  abitanti ,  i  quali  applicati  alle  manifatture  trascurarono  la  mi- 
lizia. Lagnandosi  un  ispettore  con  un  capitano  di  S.  Gallo  per 
aver  trovali  pochissimi  suoi  cittadini  nella  compagnia  cui  esso  co- 
mandava, ei  gli  fece  la  seguente  risposta:  «  me  ne  dispiace  ',  ma 
a  malgrado  di  tutti  i  miei  sforzi  io  non  ho  fino  ad  ora  avuto  ba- 
stevole ingegno  per  persuadere  a'  miei  concittadini  di  preferire  la 
mercede  di  sei  soldi  e  mezzo  al  giorno  invece  di  trenta  che  essi 
guadagnano  nelle  manifatture  (i).  » 

Tutto  in  S.  Gallo  è  attivo  e  vivace  ;  tutto  annuncia  Y  indu- 
stria ;  tutto  contrasta  colla  cupa  solitudine  della  vicina  città  di 
Costanza.  Le  scienze  e  le  lettere  vi  sono  in  grande  estimazione  ; 
e  molte  ricche  famiglie  Sangallesi  si  stabilirono  in  Lione,  in  Mar- 
siglia ,  in  Genova,  in  Cadice,  nell'Olanda  e  nell'Inghilterra.  Coxe 
si  mostra  maravigliato  per  aver  veduto  in  mezzo  ad  un  attivis- 
simo commercio  un  sì  grande  amore  per  le  scienze  e  per  le  let- 
tere. Ma  più  grande  ancora  dovette  essere  la  sua  maraviglia  ,  al- 
lorquando vide  le  arti  belle  assai  stimate  in  Basilea  ,  ove  vivo  è 
il  commercio  dei  quadri  ;  ed  ove  spesso  si  scorge  nelle  case  dei 
negozianti  da  una  parte  il  magazzino  delle  merci  coloniali  e  delle 
manifatture,  e  dall'altra  una  galleria  di  quadri,  od  un  museo 
di  naturali  curiosità.  «  Fiorisce  il  commercio  de' quadri  in  Basilea 
al  presente  ,  volendo  ogni  dovizioso  averne  raccolta  ;  prova  delle 
grandi  sostanze  che  quivi  sono  adunate.  Il  giardino  del  signor 
Foscard  in  città  è  disposto  con  pellegrina  vaghezza  ,  e  mantenuto 
con  indicibili  cure:  l'eremitaggio  segnatamente  meriterebbe  d'esser 
copiato  nei  nostri  giardini  di  Lombardia  (a)  ». 
Costumi  di  Ginevra. 

I  costumi  di  Ginevra  ebbero    le    loro    vicende  ,   e   furono  di- 

(i)  Tablcaux  de  la    Suisse  dalla    png.    370    alla    3q3  ,    Tom.   III. 
{■2)  Vedi  nel  citato    Frammento  di  un   Viaggio  nella    Svizzera   il   viag- 
gio da    Sciail'usa  a   Basilea. 


nnr.Li  svrzzrr.i  if»:* 

Veni  ,  secondochè  variò  lo  stato  di  quella  cittì».  Nel  XV.  .scroio 
il  Pontefice  Martino  V.  tornando  dal  concilio  di  Costanza  passò 
tre  mesi  in  Ginevra,  e  si  pretende  che  scherzando  dicesse:  non 
sumus  G-eoennit ,  sed  Gehennis}  cioà  non  siamo  in  Ginevra  (che 
latinamente  chiamava*!  (lebe/ina)  ma  in  Geenna  ,  ossia  nel  fuo- 
co dell5  inferno.  Si  vuole  altresì  che  Enea  Silvio  Piceolomini  ,  se- 
gretario del  concilio  di  Basilea  ,  e  poscia  Pontefice  sotto  il  nome 
di  Pio  II.  dicesse  in  generale  degli  abitimi  del  Ibernano,  che  essa 
era  una  schiatta  rissosa.  Alcuni  però  son  d'  avviso  ,  che  si  sieno 
apposte  a  Ginevra  somiglianti  laccie  dopo  elio  essa  divenne  il  cen- 
tro della  Riforma  Evangelica.  Ria  i  moderni  pronunciarono  un 
giudizio  diverso  sopra  onesta  città  ,  di  cui  dissero  ingenuamente  il 
Lene  ed  il  inalo.  Il  Cavaliere  di  Bouflers  cosi  si  esprime  intorno 
ad  essa,  ec  Jori  visitai  per  la  prima  volta  Ginevra:  è  una  grande 
e  trista  citta  abitata  da  uomini  ,  che  non  han  difetto  nò  di  inge- 
gno nò  di  danaro  ,  e  che  non  si  giovano  nò  dell'  uno  nò  dell'  al- 
tro. Ciò  che  v'  ha  di  bellissimo  in  Ginevra  sono  le  donne  ;  esse 
si  annojano  mortalmente,  ma  ben  meriterebbero  di  divertirsi.  Il 
popolo  Svizzero  ed  il  Francese  somigliano  a  due  giardinieri,  l'uno 
de' quali  coltiva  i  cavoli,  e  l'altro  i  Gori.  Osservate  anche  con  me- 
co, che  quanto  meno  l'uomo  ò  libero,  tanto  più  amale  donne  (i)'** 
INI  *  per  conoscere  meglio  i  costumi  di  Ginevra  ò  d'uopo  di  ri- 
portare ciò  che  ne  dice  il  suo  celebre  cittadino  Gian-Giacomo  Rous- 
seau in  quella  sua  famosa  lettera  sugli  spettacoli  indiritta  a  d'  A- 
lemhort.  «'Ginevra  è  ricca,  gli  è  vero;  ma  quantunque  non  vi 
si  scorgano  punto  quelle  enormi  sproporzioni  di  beni  di  fortuna, 
che  impoveriscono  tutto  un  paese  per  arricchire  alcuni  abitanti  , 
e  seminano  li  miseria  in  mezzo  all'opulenza,  pure  ò  certo  che 
se  alcuni  Ginevrini  posseggono  grandi  dovizie ,  molti  vivono  in 
un'assai  dura  inopia,  e  che  l'agiatezza  del  maggior  numero  pro- 
viene da  un  lavoro  assiduo,  dall'economia,  e  dalla  moderazione 
piuttcslochè  da  una  positiva  ricchezza.  Ben  vi  sono  molte  città  più 
povere  della  nostra,  ove  il  cittadino  può  consacrare  molto  di  più 
a'suoi  piaceri,  perchè  il  territorio,  che   lo  alimenta  non  si  esau* 

(i)  Lettres  ,  pendant  son  voynge  cn  Suiss:'  de  Cftev.  Ronfi -rs,  png. 
ìS  e  >c),  1772.  Si  consulti  intorno  a  Ginevra  anche  il  viaggio  <!i  Adisson 
nel  secondo   volume  delle   sue   onere  ove  descrìve  il   layo  e   la  cilià. 


if)6  COSTUMI   ED    USANZE 

rìsce,  e  perchè  non  avendo  il  suo  tempo  alcun  pregio,  egli  può 
perderlo  senza  danno.  Così  non  va  la  bisogna  infra  noi ,  che  pri- 
vi di  terreni  per  sussistere  non  abbiamo  tutti  che  la  nostra  indu- 
stria, lì  popolo    Ginevrino  non  si  sostiene  che  a  for/.a  di  lavoro  ; 
e  non  ha  il    necessario  se  non  in    quanto    che    ricusa  a  se    stesso 
tutto  il    superfluo  ;  e    questa  è  una    delle  basi  delle    nostre   leggi 
suntuarie.  Mi   sembra  che  tutto  ciò  che  dee  a   prima    giunta  fare 
impressione  sopra  qualunque  straniero,   che  entra  in  Ginevra,  sia 
l'aria  di  vita,  e  di  attività  ,  che  vi  si  scorge  regnare.  Tutto  si  oc- 
cupa ,   tutto  è  in    moto  ;  tutti  si    affrettano  ai  loro    lavori  ed  agli 
affari.  Io  non  credo,  che  verun' altra  così  piccola  città  nel  mondo 
offra  un   somigliante  spettacolo.  Visitate  il  quartiere  di  S.  Gerva- 
so:  tutta  l'orologerìa  dell'Europa  vi  sembra  in  esso  adunala.  Scor- 
rete sì    Molar d  e  le    contrade  basse  ,  un    apparato  di    grandioso 
commercio,  mucchi  di  balle  e  di  botti  confusamente  gittate,  un 
odore  d'indaco  e  di  droghe  vi   fanno  concepir  1'  idea  di  un  porto 
di   mare.  Ai   Paquis,  alle  acque  vive,  il  romore  e  l'aspetto   delle 
fabbriche  d'indiane  e  di  tele  dipinte  sembrano  trasportarvi  a  Zu- 
rigo.  La   citta  si  moltiplica  in  certo  qual  modo  pei  lavori  che  vi 
si  fanno;  ed  io  vidi  alcuni,  che  al  primo  girar  di  ciglio    credet- 
tero che  la    popolazione    ascendesse  alle    centomila  anime  (i).  Le 
traccia,  Fuso  del  tempo,  la  vigilanza,  l'austera  parsimonia,*  ec- 
co i  tesori  del  Ginevrino  ;  ecco  con  che  noi  attendiamo  un  diver- 
timento di  persone  oziose  ,  che  rubandoci  insieme  il   tempo  ed  il 
danaro ,  addoppieranno  realmente  la  nostra  perdita  (a).  «  Gian-Gia- 
como  scriveva   questi  sensi    allorquando  d'  Alembert  nell'  articolo 
Enciclopedico  di  Ginevra   affermato  avea  mancare  a  questa  città 
un  teatro ,  che  si  sarebbe  dovuto  costruire.  Il  filosofo  di  Ginevra 
si  opponeva  a  questo  progetto  riguardando  il  teatro  come  una  sor- 
gente inesausta  di    corruzione  in  una  repubblica    somigliante  alla 
Ginevrina  ed  ;dle  altre  dei   Cantoni  Svizzeri.  Questo  filosofo  ter- 
mina nel  seguente  modo  le  sue  osservazioni  ».  Sotto  un'  aria  flem- 


(t)  Rousseau  fa  sommare  la  popolazione  di  Ginevra  a  sole  veutiquattro 
nula   anime. 

(■a)  luleode  qui  di  favellare  dei  comic?  clic  sì  volevano  iulrodurre  ia 
G me  via. 


DEGLI   SVIZZERI  I  Gj 

natica  e    fredda  il  Ginevrino   nasconde  un'anima    Ardente  e  sen- 
sibile, clic  si  può  pin  agevolmente  muovere  che  frenare  (i). 
Gran   numero  di  stranieri  stabiliti  in  Ginevra. 

Scarso  è  ora  in  Ginevra  il  numero  delle  famiglie  che  discen- 
dono da  quelle  che  esistevano  prima  del  cangiamento  della  reli- 
gione, ed  alle  quali  questa  città  va  debitrice  della  sua  libertà.  La 
riforma  ,  le  arti  ed  il  commercio  vi  trassero  molti  stranieri  in  gui- 
sa ch'essA  comprende  più  di  ventiquattromila  abitanti,  senza  no- 
verare la  popolazione  del  suo  territorio.  Molte  nobili  famiglie  di 
Lucca  ,  clic  aveano  abbracciate  le  opinioni  religiose  di  Calvino  vi 
si  ritirarono  nel  deeimosesto  secolo  (a).  Un  numero  ancor  mag- 
giore di  rifuggiti  Francesi  antichi  e  nuovi  popola  la  città  ;  gli 
antichi  sono  quelli  ,  che  vi  si  ritrassero  nelle  guerre  civili  di  Fran- 
cia del  XVI.  secolo;  ed  i  nuovi  vi  si  ricoverarono  dopo  la  rivo- 
cazione dell'editto  di  Nantes,  che  avvenne  nel  ~i H 8 5 .  Molti  di  que- 
sti profughi  ,  che  entrarono  mendici  in  Ginevra  ,  e  che  la  metà 
dei  sermoni  dei  ministri  fece  accogliere  come  vittime  della  reli- 
gione, hanno  ammassale  grandi  ricchezze,  e  conseguirono  le  pri- 
me cariche  della  repubblica.  In  tal  guisa  si  vide  sorgere  succes- 
sivamente il  commercio  della  bacca  ,  dei  libri ,  e  fiorire  le  fab- 
briche d'orologi,  dei  velluti,  e  di  altre  manifatture.  Ma  questo 
miscuglio  di  famiglie  produsse  necessariamente  un  flusso  e  riflusso 
di  costumi  di  quasi  tutta  1'  Europa  (3). 
Lusso  moderato. 

Le  leggi  suntuarie  di  Ginevra  ,  come  già  abbiamo  accennato  , 
hanno  da  essa  sbandito  il  lusso.  Vi  è  vietato  il  portare  giojelli  , 
ed  il  far  uso  nelle  contrade  delle  carrozze,  che  servono  soltanto 
per  gire  in  campagna.  La  mancanza  del  lusso  mantiene  la  sempli- 
cità dei  costumi,  eia  pace  delle  famiglie.  D' Alembert  ci  assicura 
non  esservi  città  ,  in  cui  vi  sieno  tanti  matrimonj  felici  (manto  in 
Ginevra.  «I  regolamenti  contro  il  lusso,  dice  egli,  fanno  si ,  che 
non  si   tema   la    moltitudine   dei    figliuoli:   in  siffatta   guisa   il   lusso 

(i)  Rousseau.  Leu.  a  M.  d' Alembert.  Intorno  all'articolo  Enciclopedico 
sopra  Ginevra  è  prezzo  dell'  opera  il  consultare  anche  le  Lettere  critiche 
ili   un   viaggiatore  Inglese. 

{'.  Fra  queste  famiglie  v'  a\ea  quella  dei  Dìodalt)  un  indivi  Ino  della 
quale   tradusse  con  egregio  stile  Italiano  la   Bibbia. 

(3     Tableaux  de  la  Suisse.  Toni.   Vili.   pag.    197. 


ì(j8  COSTUMI   ED  USANZE 

non  è  quivi,  rome  in  Francia,  uno  dei  grandi  ostacoli  alla  popo- 
lazione. Non  si  tollera  in  Ginevra  la  commedia  ;  non  già  perchè 
si  disapprovino  gli  spettacoli  in  se  medesimi;  ma  perchè,  a  quel 
che  si  dice,  si  paventa  il  gusto  degli  abbigliamenti,  della  dissi- 
pazione, e  del  libertinaggio,  che  le  turbe  dei  comici  spargono  fra 
la  gioventù  (i)  ». 
Circoli  o  società  particolari  'vietate  in  Ginevra. 

Le  società  private,  ossia  le  conversazioni  di  Ginevra  si  chia- 
mavano Circoli;  e  quale  ne  sia  stata  l'origine,  e  per  quali  cause 
fossero  aboliti ,  si  può  scorgere  dal  seguente  brano  di  una  lettera 
di  ZVJiiller.  «Una  turba  di  Ugonotti  fuggendo  i  dragoni  di  Luigi 
XIV.  fu  accolta  in  Ginevra.  Il  senato  ricevette  un  sì  gran  nume- 
ro di  borghesi,  che  appena  v'avea  una  metà  dei  membri  del  con- 
siglio generale,  che  al  principio  del  secolo  XVIII.  avesse  avuti 
gli  antenati  in  Ginevra.  Tanti  stranieri ,  che  ignoravano  le  anti- 
che massime  della  repubblica,  e  molti  de' quali  erano  inchinevoli 
alle  novità  dovettero  avere  somma  influenza  nel  governo.  Fu  al- 
lora che  l'amore  della  società  succedette  a  quello  di  una  vita  ri- 
tirata e  domestica ,  che  tanto  era  gradevole  agli  antichi  Ginevrini. 
Si  formarono  molte  unioni  appellate  Circoli.  I  vincoli  di  questa 
città  colle  potenze  marittime,  presso  le  quali  si  trovano  tutti  i  suoi 
averi ,  e  la  forma  del  governo ,  che  partecipa  della  democrazia 
diedero  a  tali  società  un'indole  politica.  I  capi  di  partito  trova- 
rono felice  l' infiammar  le  fazioni  ;  e  riuscì  ad  essi  agevole  di  adu- 
nare varie  società.  Eglino  si  applicarono  allo  studio  delle  Rivolu- 
zioni della  repubblica  Romana  descritte  dal  Vertot  ;  altri  fecero 
pompa  dei  principi  esposti  nello  Spirito  delle  Leggi.  Il  popolo 
Ginevrino  divenne  il  più  illuminato  di  tutti  ;  ciò  non  pertanto 
egli  non  fu  più  felice.  Queste  ed  altre  cagioni ,  che  per  amore 
dì  brevità  non  posso  mentovare  produssero  tra  il  1707,  ed  il 
IT70  quelle  grandi  rivoluzioni,  le  cui  particolarità  sono  abba- 
stanza conosciute  (2).  L'editto  appellato  di  Pacificazione  steso  e 
ratificato  nei  1782  in  Ginevra  dai  Ministri  delle  LL.  MM.  Cristia- 
nissime e  Sarda  ,  e  della  repubblica  di  Berna  vietò  i  Circoli  ad- 

(1)  Eneyclop.  Ari.  Gvtiev.  Lett.  de  Rousseau  a  <!'  Alembert. 
(1)  Vedi  la  lettera  di  Miitler  fra  «  Saggi  Storici  dello  steìào  autore.  Ber- 
lino,  i-Si. 


DEGÙ  SVIZZERI  1<X) 

dncrntlo  i  titoli  di  siffatto  divieto.  È  prezzo  dell'opera  il  riportare 
alcuni  articoli  di  questo  editto ,  perchè  ci  danno  una  chiara  idea 
dei  costumi  anteriori,  e  di  quelli,  cui  esso  poscia  diede  origine. 
■  Essendo  i  Circoli,  ovvero  società  d'uomini,  che  ogni  giorno  o 
periodicamente  si  adunano  nello  stesso  luogo  divenuti  conciliaboli 
politici ,  ne'  quali  si  sono  formate  alcune  leghe  di  partito  ugual- 
mente funeste  alla  libertà  degli  individui  ,  alla  quiete  pubblica  , 
ed  all'  autorità  del  governo ,  il  bene  dello  stato  esige ,  che  non 
possono  essere  continuati  o  ristabiliti  sotto  qualunque  siasi  forma: 
in  conseguenza  fin  dal  presente  tutti  i  Circoli  esistenti  nella  città 
e  sul  territorio  della  repubblica  sono  per  sempre  aboliti,  e  tutte  le 
summentovate  società  disciolte;  e  nel  termine  di  due  anni  al  più 
tardi  le  suppellettili  saranno  vendute  o  divise  fra  i  membri;  ed  i 
contratti  di  locazione  conchiusi  da  queste  società  spireranno  alla 
fine  del  primo  semestre  ,  che  scaderà  dopo  la  data  del  presente 
editto.  Se  ad  onta  di  questa  legge  una  di  queste  società  si  perpe- 
tuasse, o  si  riproducesse,  verrebbe  riguardata  come  un'unione  me- 
ritevole di  gastigo  secondo  il  rigore  delle  leggi.  Tutti  i  deputati , 
o  commissari  eletti  per  pubblici  affari  fuora  dei  consiglj  ,  e  senza 
il  loro  consenso  sono  soppressi ,  ed  è  vietato  d' istituirne  di  nuovi 
in  vcrun  tempo,  con  qualunque  siasi  denominazione  sotto  pena  di 
bando  perpetuo.  Per  sostituire  qualche  altro  lungo  ai  Circoli  sa- 
ranno aperte  alcune  pubbliche  botteghe  di  caffè  tanto  nella  città 
quanto  nel  distretto:  il  numero  di  tali  botteghe  non  sarà  limitato; 
se  ne  potranno  aprire  in  tutti  i  quartieri;  ne  sarà  accordato  il  pri- 
vilegio dal  piccolo  consiglio  mediante  una  tassa  ,  che  non  dovrà 
eccedere  la  somma  di  trecento  fiorini.  Il  piccolo  consiglio  avrà  di- 
ritto di  ritirare  questo  privilegio  ogni  qualvolta  il  caffettiere  si 
sarà  renduto  colpevole  o  complice  di  qualche  disordine  o  viola- 
zione delle  leggi,  o  dei  regolamenti  particolari  intorno  a  questa 
materia;  o  non  avrà  rivelile  le  colpe,  di  cui  avrà  avuto  contezza. 
L'ingresso  in  tutte  le  botteghe  da  caffè  sarà  aperto  ad  ogni  privato  ; 
o  non  vi  avranno  nel  calle  uè  camere,  né  appartamenti,  di  cui  sia 
vietato  V  ingresso.  Sulle  porte  di  ciascuna  bottega  vi  sarà  un  car- 
tello con  queste  parole:  Caffi'  pubblico.  È  proibito  sotto  le  più 
gravi  pene  il  deliberare  od  il  dar  voto  sugli  affari  dello  stato  o 
sulle  operazioni  del  governo  nei  caffè ,  O  nelle  società.  Le  vio- 
lenze ,  gli    insulti ,   ed  ogni  qualunque  siasi   disordine  .   che  saran* 


IJO  COSTUMI  ED  USANZE 


no  in  queste  botteghe  commessi  dovranno  essere  severamente  pu- 
niti,  ed  il  piccolo  consiglio  sarà  incaricato  di  vegliare  (0». 
Frequenza  dei  suicidj  in  Ginevra. 

Il  signor  Moore    afferma  ,  che  il    pensare  di  un    Ginevrino  è 
per  molti    riguardi    analogo  a  quello  di  un    Inglese  ,  più  di  quel 
die  lo  sia  alle  idee  di  un  Francese.  Lo  stesso  scrittore  osserva  che 
nulla  è  più  frequente  in  Ginevra  del  suicidio  ;  giacché  in  essa  se 
ne    commettono  ,  in    proporzione  del  numero  degli    abitanti  ,  più 
che  in    Inghilterra  ,  od  in  vermi  altro  paese.  Non  si  può  rendere 
ragione  di  questa  manìa  colle  cause  che  si  assegnano  di  essa  nel- 
l' Inghilterra.  Il  clima  di  Ginevra  è  pressoché  uguale  a  quello  del 
resto  della    Svizzera ,  della    Savoja  e  delle  provincie    vicine  della 
Francia  ,  ove  gli   esempj   del   suicidio  sono    molto  più   rari.  I  fre- 
quenti viaggi  degli  Inglesi  a   Ginevra,  ed  il  lungo   soggiorno  che 
essi  vi  fanno  non    potrebbero  aver    contribuito  ad    introdurre  fra 
gli  abitanti  di  questa  città  un  morbo  che  affligge  il  corpo  ,  e  co- 
munica il  suo  veleno   allo  spirito  ,  sul  quale  stende  un  velo  cupo 
e  denso  ,  che  rende    insopportabile  la  vita  ?  In  questa    spaventosa 
situazione  non  si  formano  più  che  idee  lugubri ,  e  tutte  le  sorgenti 
del  conforto  sono  esauste  ed  avvelenale;  né  la  fortuna,  né  gli  ono- 
ri ,  né  gli  amici,  né  i  parenti  non  possono  dare  la    minima  con- 
solazione: la  speranza,  unico  rifugio  dell'infelice  dispare  ;  lo  sco- 
raggimento  s'impossessa  dell'ammalato;  e  tutti  i    raziocini   diven- 
gono inutili,  e  gli  argomenti  della  religione  non  hanno  più  forza 
su  di  uno  spirito  traviato  (2). 
/  Ginevrini  amanti  della  campagna. 

Non  v'  ha  forse  popolo  che  tanto  ami  la  compagna  quanto 
quello  di  Ginevra  ;  e  ben  se  ne  può  giudicare  dalla  quantità  del- 
le case  sparse  ne'  dintorni  della  città.  I  piaceri  delia  caccia  ,  e 
1'  amenità  del  territorio  circostante  servono  a  tener  vivo  questo  gu- 
sto salutare.  Chiudendosi  le  porte  all'imbrunire,  e  non  essendo 
dato  di  potere  star  fuori  delle  mura  nella  sera ,  pochi  dormono 
nella  città  durante  ì'  estate ,  avendo  vicinissime  le     ville.  Ciascuno 


fi)  Vedi  i  principali  articoli  di  quell'Editto  di  pacificazione  nell'opera 
di  Zurlauben.   Tableaux  de  la  Suisse.  Tom.   Vili.    pag.     ;o~). 

(2)  Moore.  Lett.  d'un  Foyag.  Anglais  sur  la  Franca,  la  Suisse  eie.  Tom. 
I.  pag.  a4£. 


DEGLI   SVIZZERI  1  Jl 

dato  sesto  a' suoi  affari  nella  giornata,  se  ne  parte  verso  sera  ;  e 
■va  nel  suo  piccolo  ritiro  campestre  a  respirare  1"  aere  più  puro  , 
ed  a  godere  della  vista  del  più  ameno  paesaggio,  che  possa  ral- 
legrare occhio  umano.  V  ha  anche  molti  cittadini  e  molli  borghe- 
si,  che  sono  stanziati  in  campagna,  e  non  tengono  casa  in  Gi- 
nevra (1). 

Ospitali. 

Termineremo  ciò  che  appartiene  a  Ginevra  ,  col  dire  che  in 
essa  gli  ospitali  non  sono  come  altrove  un  .semplice  asilo  per  gli 
infermi  poveri;  ma  che  vi  si  esercita  l'ospitalità  verso  i  passeg- 
gieri  indigenti.  Le  rendite  di  questi  pii  stabilimenti  servono  altresì 
per  mantenere  alcune  povere  famiglie  dando  ad  esse  ciò  che  e  ne- 
cessario, perchè  possano  continuare  i  loro  lavori;  onde  nello  stesso 
tempo  si  solleva  l'indigenza,  e  si  pronio\e  l'industria  (•.*). 
Coslu/iii  degli  abitanti  del  Vallcsc. 

V  ha  una  notevole  differenza  fra  il  carattere  dei  Vallesani  :  le 
sette  prefetture  dall'  alto  Vallcse  sono  distinte  dalle  diverse  qua- 
lità di  coloro  clic  le  abitano  ,  o  dalla  posizione  del  loro  territo- 
rio ;  onde  Sierre  significa  la  piacevole;  Loiche  la  forte;  Rarogne 
la  prudente;  JTisp  o  J'icscke  la  nobile;  Co/iches  la  ricca;  Goms 
la  Cattolica.  ISella  valle  di  Praborgne,  che  giace  nella  prefettura 
di  Visp  a  di  ciotto  leghe  di  distanza  da  Sion,  ed  è  lunga  nove 
leghe,  si  trova  un  popolo  veramente  libero,  senza  distinzione  di 
grado,  o  di  preferenza,  senza  lusso  che  lo  snervi,  senza  ambi- 
zione che  lo  tormenti,  difeso  dai  baluardi  delle  sue  montagne,  e 
non  d'altro  occupato  che  della  coltivazione  delle  sue  terre,  e  del- 
la cura  dei  suoi  armenti.  Questo  popolo  eseguisce  le  leggi,  che  egli 
impose  a  se  Medesimo  ;  eostumi  puri ,  dolci  ,  religiosi  ,  e  la  buo- 
na fede  in  tutto  il  suo  candore  formano  il  carattere  di  questi  abi- 
tanti generosi  insieme  e  semplici ,  che  hanno  conservate  tutte  le 
antiche  usanze  e  pe' quali  l'ospitalità  è  una  delle  prime  virtù.  Essi 
non  sanno  scrivere  ed  un  contratto  verbale  ha  per  loro  forza  di 
un  giuramento:  i  contratti  si  segnano  su  pezzi  di  legno  simili  a 
quelli  che  sono  in  uso  presso  de' fornaj  :  queste  tessere  grossolane 
guarentiscono  sì  bene  le  vendite  e  le  compere  ,  che  non  v'  ha  mai 

(i)  Rousseau.  Leti,  a  UT.  tV  Alembert  ,   png,   191.   Eiliz.  ci'  Amsterdam. 
{*)  D'  Alembert.  Art.   Genève  dans  i  Bneycfop. 


\r'J1  COSTUMI    ED    USANZE 

un  solo  riclamo.  Le  serrature  ed  i  chiavistelli  sono  sconosciuti  a 
questo  popolo  ,  che  tanto  di  giorno  quanto  di  notte  non  è  giam- 
mai turbato  dalla  cupidigia  di  un  ladro  ,  o  dalla  importunità  di 
uno  scroccone.  Ciò  che  chiude  una  casa  è  un  saliscendi  di  legno. 
Un  singolare  aneddoto  ci  chiarisce  della  buona  fede  degli  abita- 
tori di  questa  valle.  Il  signor  di  Gourten  avea  date  loro  in  pre- 
stanza considerabili  somme  .  delle  quali  non  rimaneva  altro  docu- 
mento tranne  le  tessere  di  legno,  di  cui  abbiamo  sopra  parlato. 
Alla  morte  del  signor  di  Courten  gli  eredi  non  faceano  conto  su 
questo  danaro,  credendolo  perduto:  ma  non  vi  fu  un  solo  abita- 
tore di  questa  valle  ,  che  non  si  portasse  a  riconoscere  il  suo  de- 
bito, e  tutti  pagarono  alle  epoche  fissate  colla  più  scrupolosa  esat- 
tezza (t). 
Costumi  dei  Vallesanì  dipinti  da  Rousseau. 

Il  filosofo  di  Ginevra  superò  se  medesimo  nel  dipingere  nella 
Nuova  Eloisa  i  monti  del  Vallese ,  i  costumi  de' suoi  abitanti, 
e  quelli  principalmente  delle  donne.  È  prezzo  dell'  opera  il  ripor- 
tare le  sue  stesse  parole  ;  gli  è  V  amante  di  Giulia  che  scrive. 
«  Avrei  passato  tutto  il  tempo  della  mia  peregrinazione  nel  solo 
incanto  del  paesaggio  ,  se  non  ne  avessi  provato  uno  più  dolce 
ancora  nel  conversare  cogli  abitanti.  Voi  troverete  nella  mia  de- 
scrizione un  leggiero  abbozzo  dei  loro  costumi  ,  della  loro  sem- 
plicità ,  della  loro  equanimità  ,  e  di  quella  pacifica  tranquillità  che 
li  rende  felici  più  per  la  esenzione  delle  pene  che  pel  gusto  dei 
piaceri.  Ma  ciò  che  io  non  ho  potuto  dipingere,  e  che  non  si  può 
guari  immaginare  ,  è  la  loro  umanità  disinteressata  ,  ed  il  loro  zelo 
ospitale  per  tutti  gli  stranieri ,  che  il  caso  o  1'  ospitalità  guidano 
alle  loro  case.  Io  ne  feci  un  maraviglioso  sperimento  ,  io  che  non 
era  conosciuto  da  veruno,  e  che  uon  camminava  se  non  coli' aita 
della  mia  guida.  Quand'io  la  sera  giungeva  ad  una  capanna  ,  cia- 
scuno veniva  con  tanta  cura  ad  offrirmi  la  sua  casa,  che  io  era 
impacciato  dalla  scelta  ,  e  colui  il  quale  otteneva  la  preferenza  ne 
sembrava  sì  contento  ,  che  la  prima  volti  io  presi  un  siffatto  ar- 
dore per  cupidità  di  guadagno.  Ma  fui  ben  maravigliato,  quando 
dopo  avere  goduta  l'ospitalità,  presso  a  poco  come  in  un  alber- 
go ,  1'  ospite  ricusò  alla    dimane  il  mio  danaro  ,  offendendosi  per- 

(i)  Tablcaux  de  la  Suisse.  Toni.  Villi  pig.   33;.   e  seg. 


ULULI   SVIZZERI  1  ~.\ 

fino  della  mia  proposizione;  e  così  dappertutto  avveniva.  Jn  tal 
guisa  era  puro  amore  dell'ospitalità,  che  comunemente  e  assai 
tiepida  ,  quello  che  per  la  sua  vivezza  io  avea  preso  per  cupidi- 
gia di  guadagno.  Il  loro  disinteresse  fu  si  grande,  elio  in  tutto 
il  viaggio  io  non  potei  spendere  un  solo  scudo  (i).  In  fatti  e  co- 
me mai  spendere  danaro  in  un  paese  ,  in  cui  i  padroni  non  ri- 
eevono  il  prezzo  delle  loro  spese  ,  nò  i  servi  quello  dei  loro  ser- 
vigi ,  ed  ove  non  si  trova  alcun  mendico  ?  Ma  il  danaro  è  assai 
scarso  nell'alto  Vallese  ;  ed  è  appunto  per  ciò  che  gli  abitanti  sono 
agiati  :  giacché  le  derrate  vi  sono  abbondanti  senza  alcuna  facili- 
tà di  spacciarle  ,  senza  lusso  che  le  consumi  al  di  dentro,  e  senza 
che  i  cultori  montanari,  che  ripongono  il  lor  piacere  nella  fatica, 
divengano  meno  laboriosi.  Se  mai  essi  avranno  maggior  copia  di 
danaro,  saranno  infallibilmente  più  poveri:  ed  essi  sono  così  sag- 
gi di  sentirlo  ;  onde  v'  ha  alcune  miniere  d  argento  che  non  è  per- 
messo di  scavare  ». 

«  Io  era  a  prima  giunta  assai  maravigliato  dell'  opposizione  di 
questi  costumi  con  quelli  del  basso  Vallese  ,  ove  sulla  strada  del- 
l'Italia  si  taglieggiano  molto  duramente  i  passeggieri;  ed  io  a  sten- 
to conciliava  in  un  medesimo  popolo  maniere  sì  diverse.  Un  Val- 
lesano  me  ne  diede  la  ragione.  Nella  valle  ,  mi  disse  egli  ,  gli  stra- 
nieri ,  che  possano,  sono  mercanti,  ed  altre  persone  unicamente 
intese  ai  loro  negozj  ,  ed  al  guadagno.  Ben  è  giusto  che  ci  lasci- 
no uua  parte  dei  lor  civanzi  ,  e  noi  li  trattiamo  come  essi  trat- 
tano gli  altri.  Ma  qui,  ove  nessun  affare  chiama  gli  stranieri,  sia- 
mo sicuri  che  il  lor  viaggio  ò  disinteressato ,  onde  disinteressata  è 
pure  l'accoglienza;  sono  dessi  ospiti  che  ci  vengono  a  visitare, 
perchè  ci  amano,  e  noi  li  riceviamo  con  amicizia.  Del  resto,  ag- 
giunse egli  sorridendo,  quest'ospitalità  non  ò  dispendiosa,  e  pochi 
s'avvisano  di  trarne  profitto.  Ah!  che  ben  lo  credo,  gli  risposi 
io  j  e  che  si  farebbe  presso  di  un  popolo,  che  vive  per  vivere, 
non  già  per  guadagnare,  non  per  segnalarsi?  Mortali  felici  ,  e  de- 
gni di  esserlo  ?  Io  amo  di  credere ,  che  bisogna  rassomigliarvi  in 
qualche  cosa   per  prender  piacere  di  star  con  voi  ». 

ce  Ma  ciò  che  ini   sembrava  più    piacevole  nella  loro   accoglienza 
si  era  di  non    trovarvi  la    minima    orma    d   incomodo  uè   per  essi 

(i)  li   lesto  dico    Pillatoli,  clic   è   uno    scudo    dtl   paese. 


1^4  COSTUMI   ED   USANZE 

nò  per  ine.  Eglino  viveano  nella  loro  casa ,  come  se  io  non  ci  fos- 
si ,  e  non  dipendeva  che  da  me  lo  starvi  come  se  vi  fossi  solo. 
Non  conoscevano  punto  l'incomoda  vanità  di  onorare  gli  stranieri 
♦piasi  per  avvertirli  della  presenza  di  nn  padrone,  da  cui  almeno 
in  ciò  si  dipende.  Se  io  nulla  diceva  ,  essi  supponevano  che  io 
volessi  vivere  alla  loro  foggia;  io  non  avea  che  a  profferire  una 
parola  per  vivere  alla  mia  ,  senza  notar  giammai  dal  loro  canto 
il  minimo  segno  di  ripugnanza  e  di  maraviglia.  Il  solo  complimen- 
to che  essi  mi  fecero  dopo  aver  saputo  che  io  era  Svizzero  ,  fu 
di  dirmi  che  noi  eravamo  fratelli ,  e  che  io  non  aveva  a  riguar- 
darmi nella  loro  casa  che  come  nella  mia.  Poscia  essi  non  si  die- 
dero più  briga  di  ciò  che  io  faceva  ,  non  immaginando  nemmeno 
che  io  potessi  avere  il  minimo  dubbio  sulla  sincerità  delle  loro 
offerte  ,  nò  il  minimo  scrupolo  nel  prevalermene.  Usano  fralloro 
la  medesima  semplicità;  i  fanciulli  giunti  all'età  della  ragione 
sono  gli  uguali  dei  loro  padri  ;  i  servi  si  sedono  a  mensa  coi  loro 
padroni;  la  stessa  libertà  regna  nelle  case  e  nella  repubblica,  e 
la  famiglia  ò  1'  immagine  dello  stato  ». 

ce  La  sola  casa  in  cui  io  non  fruiva  della  libertà  era  la  du- 
rata eccessiva  de'  conviti.  Io  era  ben  padrone  di  non  sedermi  a 
mensa  ;  ma  quando  vi  era  una  fiata  assiso,  era  d'uopo  rimanervi 
una  parte  della  giornata  ,  e  bere  altrettanto.  Come  si  poteva  im- 
maginare che  un  uomo  ed  uno  Svizzero  non  amasse  di  bere?  In 
fatti  confesso  che  il  buon  vino  è  uu  eccellente  cosa,  e  che  io 
non  rifuggo  dal  rallegrarmi  con  esso  ,  purché  non  vi  sia  forzato. 
Ho  sempre  osservato  che  gli  uomini  falsi  sono  sobrj,  e  la  gran 
ritenutezza  dei  costumi  annuncia  bene  spesso  costumi  fìnti ,  e 
doppj  amici.  Un  uomo  franco  ha  'minor  terna  di  quel  cicaleggio 
affettuoso,  e  di  quelle  tenere  espansioni,  che  precedono  l'ebbrez- 
za ;  ma  bisogna  saper  fermarsi ,  e  prevenire  l' eccesso.  Ecco  ciò 
che  non  mi  era  gran  fatto  possibile  con  bevitori  cosi  determinati 
quali  sono  i  Vallesani ,  con  vini  sì  violenti  quali  son  quelli  del 
lor  paese,  e  sopra  mense  ,  su  cui  non  si  scorge  giammai  acqua. 
Come  mai  risolversi  a  rappresentare  sì  importunamente  le  parti 
del  saggio,  ed  a  recar  dispiacere  a  sì  buone  persone?  Io  mi  ineb- 
briava  adunque  per  riconoscenza,  e  non  potendo  pagare  il  mio 
scotto  colla  borsa  ,  lo  pagava  colla  ragione  ». 

«  Un  altro  uso,  che  non  meno  m'incomodava,  era  il  vedere 


THE  1IBMBY 

OF  THE 

UMVHtàlTY  GF ILUWIS 


FuA  VoL  TX. 


Taf-  2$. 


(;v,i  ///;// e    s/r/      I  s///r, /////// 


DECLl    SVIZZERI  I  J  J 

anche  presso  i  magistrati ,  la  moglie  e  le  figliuole  della  casa , 
starsene  ritte  dietro  la  mia  sedia,  e  servire  a  mensa  come  fami- 
gli. La  galanteria  Francese  si  sarebbe  tanto  più  affannata  nel  ri- 
parare a  questa  incongruenza  ,  quanto  che  colla  bellezza  dello 
Vallesane,  le  stesse  ancelle  renderebbero  molesti  i  loro  servigi. 
Voi  potete  credermelo;  esse  sono  belle  perche,  tali  mi  parvero: 
ed  occhi  avvezzi  a  mirarvi  sono  difficili  in  fatto  di  bellezza   ». 

«  Quanto  a  me,  che  rispetto  di  più  gli  usi  del  paese  in  cui 
vivo,  che  quelli  della  galanterie,  riceveva  i  loro  servigi  in  silen- 
zio, e  con  tanta  gravità  con  quanta  Don  Ouichotte  quelli  della 
Duchessa.  Confrontava  talvolta  sorridendo  le  lunghe  barbe,  e 
1'  aria  grossolana  dei  convitati  ,  colla  tinta  abbagliante  di  quel- 
le beltà  giovani  e  timide,  che  una  sola  parola  faceva  arrossi- 
re ,  e  non  rendeva  che  più  piacevoli.  Ma  fui  uh  po'  disgustato 
dall'enorme  grossezza  della  loro  gola,  che  non  ha  nel  suo  ab- 
bagliante candore  che  uno  dei  vantaggi  del  modello  ,  con  cui  o- 
sava  di  paragonarla.  Osservai  altresì  un  grave  difetto  nell'abito 
delle  Vallesane  ;  ed  è  di  aver  le  vesti  così  alte  al  di  dietro  ,  che 
le  fanno  comparire  gobbe:  ciò  produce  un  effetto  singolare  a  fronte 
delle  loro  piccole  e  nere  acconciatitte  ,  e  del  resto  del  loro  ab- 
bigliamento ,  che  non  manca  nò  di  semplicità  né  di  eleganza... 
Tutto  mi  richiamava  a  voi  in  questo  pacifico  soggiorno,  e  le  com- 
moventi attrattive  della  natura  ,  ed  i  costumi  semplici  degli  abi- 
tanti,  e  la  loro  sapienza  uguale  e  sicura,  e  l'amabile  pudore  del 
sesso,  e  le  sue  innocenti  grazie;  e  tutto  ciò,  che  colpiva  piace- 
volmente i  miei  occhi  ed  il  mio  cuore  dipingeva  loro  quella,  che 
essi  cercano  (1)  ». 
Abiti  dei  Vallésani. 

Ciò  che  v'  ha  di  singolare  nel  costume  delle  Vallesane  ,  che 
presentiamo  nella  Tavola  29,0  il  piccolo  cappello  rotondo,  che 
copre  il  loro  capo.  Quanto  al  giovane  che  le  accompagna  ,  la  ne- 
gligenza del  suo  abito  ed  il  carattere  della  sua  fisonomia  sem- 
brano annunciare  ,  che  egli  appartenga  al  basso  Vallese.  Gli  abi- 
tanti di  questa  parte  sono  poco  industriosi  ,  e  si  danno  ih  preda 
.ad  una  ributtante  sudiceria  ;  ma  tali  difetti  sono  una  conseguenza 
naturale  del  servaggio,   in  cui  sono  tenuti   dagli  abitanti  dell'alto 

fi)   Rousseau.   NouveUe  Hcluisc.  Tom.   I.   pag.    179.   Neuc/iatel: 


l'jC)  COSTUMI  ED   FSA.NZE 

Vallese  (i).  Il  clima  cupo  di  questa  regione,  la  mano  della  di- 
struzione ,  che  i  suoi  abitanti  scorgono  impressa  iti  ogni  parte  che 
li  circonda  hanno  data  una  tinta  di  tristezza  ai  loro  costumi ,  ed 
al  loro  carattere.  Nelle  loro  idee  religiose  principalmente  si  trova 
quella  specie  di  sentimento  di  terrore  ,  con  cui  la  natura  ha  per- 
cossi tutti  i  popoli  all'  aspetto  de'  suoi  accidenti ,  e  de'  suoi  feno- 
meni straordinarj.  Romitaggi,  ossarj  ,  cappelle  tagliate  negli  sco- 
glj ,  od  erette  sui  fianchi  e  sulle  cime  dei  monti  attestauo  quale 
sia  il  genio  dei  Yallesani-  Si  pianta  una  croce  sugli  avanzi  del 
monte  rovesciato;  la  si  pianta  altresì  innanzi  ad  un  torrente,  che 
minaccia  una  prossima  devastazione  invece  di  opporre  ad  esso  una 
forte  barriera  (2). 
slbiti  degli  abitanti  del  paese  di  Vaud. 

Nella  Tavola  3o  si  sono  rappresentate  le  sole  donne  del  paese 
di  Vaud  ,  perchè  gli  uomini  non  hanno  propriamente  parlando 
un  costume  particolare.  Le  vestimenta  delle  donne  di  Vevey,  ed 
in  ispecie  di  quelle  di  Montreux  mostrano  un  carattere  notevo- 
lissimo di  eleganza.  Lo  stesso  cappello  colla  sua  forma  bizzarra 
non  è  uno  de'  minori  ornamenti:  la  rustica  civetteria  ne  sa  trarre 
un  lusinghiero  partito.  La  fisonomia  Vodese  ha  molta  franchezza, 
e  sembra  indicare  un  gran  buon  senso.  Un  celebre  moderno  par- 
lando dell'ardore  per  la  libertà  degli  abitanti  di  questo  paese  si 
espresse  ne' seguenti  termini:  «  quando  il  contadino  sta  ritto  sulla 
soglia  della  sua  capanna ,  le  sue  spalle  sembrano  sollevarsi  come 
per  sostenere  il  cielo ,  benché  curvate  sieno  sotto  il  pondo  della 
vita  (3).  ». 
Costami  dei  Grigioni. 

Formando  i  Grigioni  un  popolo  limitrofo  della  Svizzera ,  della 
Germania  e  dell'Italia  uniscono  nel  loro  carattere  alcuni  tratti 
dei  loro  vicini  ;  anzi  alcuni  affermarono  che  essi  tengono  il  mezzo 
fra  gli  Svizzeri  e  gli  Italiani;  ma  che  sono  più  vivi  dei  primi,  e 
ciò  per  essere  vicini  all'Italia;  più  franchi  e  più  aperti  degli  Ita- 
liani; ciò  che  li  avvicina  al  carattere  degli  Svizzeri.  La  libertà  di 
cui  essi  godono  li  rende  lieti,  arditi,  coraggiosi  ed  alteri;  ma  è 
altresì  cagione  che  il  popolo ,  che  in  ogni  luogo    abusa  di  tutto , 

(1)  Birmann,    Collect.  N.°    i3. 

(2)  Eschasseri^ux.    Lett.  sur  le  V alu'is ,   et  Ics  moeurs  de  ses  abitaiits. 

(3)  Biriuauu.  Callect.   N.°  24. 


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DEGLI   SVIZZERI  :  77 

sia  feroce,  iracondo  ed  insolente  (i).  Luca  di  Linda,  che  scri- 
veva nel  1 655,  rimprovera  ai  Grigioni  l'asprezza  dei  loro  costumi, 
e  pretende  che  essi  sieno  orgogliosi  e  disprezzino  le  altre  nazioni 
dell'  universo  a  ^segno  tale  ,  che  un  ambasciatore  disse  del  loro 
paese  :  o  valli  di  miseria  ,  e  montagne  a"  orgoglio  :  beati  coloro 
che  non  lo  videro  ,  e  lo  hanno  creduto.  Egli  aggiunge  che  in 
questo  paese  più  che  in  ogni  altro  dell'  universo  v'  ha  un  gran 
numero  di  nobili  poveri,  che  lavorano  la  terra,  ed  in  mezzo  alla 
loro  indigenza  vantano  la  loro  nobiltà  (a). 
Danze  nel  carnevale. 

Lo  stesso  Luca  di  Linda  ci  dipinge  le  danze  del  carnevale , 
che  sono  in  uso  presso  i  Grigioni.  Mascherati ,  e  coperti  da  ogni 
sorta  di  armi  difensive  percorrono  a  torme  i  villaggi,  e  piegano  i 
loro  corpi  ad  attitudini  ora  gaje  ed  ora  gravi;  indi  prendono  per 
la  mano  le  donne  ,  e  fanno  scherzevoli  danze.  Dopo  una  tale  ce- 
rimonia essi  credono  che  l'anno  debba  esser  fertile. 
Sinto  della  repubblica  dei  Grigioni  nello  scorso  secolo. 

Il  Duca  di  Rohan,  che  certamente  dovea  ben  conoscere  i 
Grigioni  del  suo  tempo,  e  lo  stato  della  loro  repubblica  così  ce 
la  dipinge  nelle  sue  Memorie  sulla  guerra  della  Valtellina  (3). 
«  Essendo  i  capi  delle  leghe  avvertiti  di  qualche  affare  impor- 
tante intimano  le  diete,  nelle  quali  si  prepara  la  materia,  che  si 
presenta  ai  Comuni  ossia  magistrati  del  p  tese  ;  giacché  lo  stato 
dei  Grigioni  è  puramente  popolare.  Fin  qui  sembra  avervi  in 
questo  paese  qualche  apparenza  di  governo;  ma  per  mala  ventura 
altro  non  è  questa  che  una  semplice  apparenza  ,  e  nullo  è  1'  ef- 
fetto ;  giacché  in  questi  Comuni  tutto  dipende  dai  principali  e 
spesso  questi  dipendono  da  coloro  ,  che  li  pagano.  Essi  ricevono 
danaro  da  diversi  Principi  ,  e  ciascuno  sostiene  il  partito  di  quello 
da  cui  è  gratificato.  Da  ciò  nascono  Je  sette  e  le  fazioni  nel  pae- 
se, ove  regna  l'invidia  più  che  in  altro  luogo  del  mondo;  ed  è 
da  notarsi,  che  non  vi  si  scontrano  due  persone,  fralle  quali  si 
possa  dire  che  regni  una  verace  amicizia.  Colui  che  scorge  il  suo 

(1;  Tableau*  de  la  Suìsse.   Tom.   Yllf.    pag.    333. 

(a)  Descriptio  Urbis,  et  omnium  ejus  rer.  public.   Lugduni  Batavorum  , 
i655,    pag.    ^o5. 

3  Me/noi res  tt  lettre*  de  Henri,  Due  ile  Rohan  sur  la  guerre  de  la 
Valteline.   Tom.   I.    Genève  et  Paris,    17 58,   in    u.° 

Cost.  Voi.  IX.  dell  Europa  12 


1^8  COSTUMI    ED    USANZE 

compagno  arricchito  dal  danaro  della  Francia  fa  nascere  un  tu- 
multo perchè  sia  richiesto  dalla  Casa  d'  Austria;  ed  in  tal  guisa 
si  formano  molte  agiate  famiglie.  Intanto  il  pubblico  rimane  in 
una  estrema  povertà  ,  essendo  sì  scarso  1'  erario  della  repubblica, 
che  appena  havvi  con  che  spedire  alcuni  messaggi  a  piedi  pei 
Comuni,  che  si  lasciano  interamente  condurre  senz'  avere  altro 
movimento  di  quello  in  fuori  che  ad  essi  è  dato  dal  talento  di 
coloro,  che  vi  sono  più  potenti.  I  ministri  dei  Principi,  che  si 
portano  in  questo  paese  rimangono  stupefatti  per  la  instabilità  di 
quel  governo:  giacche  quando  credono  di  aver  ben  operalo,  e 
sono  in  procinto  di  cogliere  il  frutto  dei  loro  negoziati ,  veggono 
sorgiungere  all'improvviso  una  nuova  tempesta.  Spesso  un  partito 
vinto  a  pieni  voti  in  un'assemblea,  se  alcuni  giorni  dopo  si  pro- 
pone novellamente  in  un'altra ,  è  rigettato ,  o  posto  in  dubbio 
dalla  maggior  parte  di  quelli  ,  che  lo  aveano  prima  approvato; 
in  guisa  che  il  fondarsi  sulle  loro  deliberazioni  non  è  altro  che 
un  fabbricare  sopra  instabile  arena;  giacché  quantunque  il  danaro 
vi  signoreggi  possentemente,  pure  sì  scontrano  gravi  difficoltà  nel 
distribuirlo.  Dare  agli  uni  soltanto  è  un  disgustare  ,  e  spinger  gli 
altri  al  partito  contrario,*  dare  a  tutti  è  un  obbligarsi  ninno;  dar 
nulla  è  un  renderseli  tutti  avversi.  Ecco  le  vere  cause  delle  fre- 
quenti confusioni  di  questo  paese,  le  quali  non  procedono  che 
dall'indole  di  questi  popoli,  i  quali  trovandosi  posti  in  mezzo  a 
diverse  nazioni,  fecero  un  ammasso  dei  loro  vizj  senza  curarsi 
delle  loro  virtù.  Intendo  di  parlar  qui  in  generale  ,  eccettuando 
sempre  da  queste  regole  universali  molti  personaggi  forniti  di  virtù 
e  di  meriti  ,  i  quali  conoscono  pur  troppo  la  corruzione  ,  che  io 
ho  descritta  ,  e  la  deplorano  come  un  male  divenuto  incurabile. 
Le  due  religioni  Cattolica  e  Protestante  vi  si  stabilirono  coll'e- 
ditto  generale  dell'anno  i526,  e  si  dee  osservare  che  infra  tanti 
altri  disordini  v'ha  qualche  regola  a  questo  proposito,  e  che  la 
differenza  della  religione  non  ingenera  discordie  nel  paese,  sia 
perchè  il  numero  dei  Cattolici  è  si  scarso  ,  che  sono  costretti  a 
sottomettersi  agli  altri ,  sia  perchè  \'  ha  sì  poco  zelo  .  che  i  loro 
spiriti  non  si  alterano  in  queste  materie  *>.  Fin  qui  il  Duca  di 
Tlohan  sulle  rimostranze  del  quale  la  corte  della  Francia  con- 
chiuse ,  che  i  Grigioni  c<  popoli  leggieri  e  soggetti  a  volgersi  ora 
ad  un  partito  ed  ora  all'altro  facevano  della  loro    Valtellina  una 


DIGLI    s\i/7.i:ri  1JQ 

vacca  che  dà  latte  ;  e  che  quando  essi  vi  si  fossero  ristabiliti  cosi 
come  desiderato  lo  arcano ,  alla   dimane  vi  farebbero   nascere  oc- 
casione di  novità  per  argomento  di  ritrar  danaro  di  una    parte  e 
dall'altra  (i)  ». 
Singolarità  di  alcuni  usi  dei  Grigi  orti. 

1  Grigiori  formarono  un  eccezione  a  quella  regola  generale, 
da  cui  si  prescrive  che  avendo  ciascuno  stato  le  sue  pubbliche 
spese  ,  è  d'  uopo  che  ogni  cittadino  ne  paghi  la  sua  parte  :  essi 
nulla  pagano  alla  repubblica,  che  non  fa  spesa  di  sorta  alcuna. 
Ciascun  cittadino  e  tenuto  a  servire  lo  stato  per  nulla,  e  non, 
v'ha  impiego  che  non  sia  singolarmente  desiderato,  quantunque 
talvolta  esiga  spese  considerabilissime  (?.).  La  nobiltà  dispersa  pel 
paese  non  è-  esposta  a  lasciarsi  corrompere  dalla  emulazione  del 
lusso.   Le  liti  che   nascono  si   decidono  nel   modo   seguente.   Dietro 

I  inchiesta  dell'  accusatore  si  raduna  un  tribunale  composto  di  do- 
dici persone,  a  ciascuna  delle  quali  tocca  una  pinta  di  vino,  ed 
un  pane.  La  causa  è  giudicala  senza  1'  intervento  di  avvocato  o 
di  procuratore.  .Ma  la  parte  più  timida  conduce  seco  un  uomo 
istruito  (3).  I  lumi  si  sono  maggiormente  diffusi  in  questa  repub- 
blica dopo  lo  stabilimento  di  un  collegio,  o  di  un  Seminario  a- 
perlo  prima  in  Haldnistein,  e  poscia  trasferito  a  Marschlins  ,  ca- 
stello appartenente  alla  famiglia  DeSalis.  In  tale  stabilimento  si 
considerò  l'educazione  sotto  tre  aspetti,   cuore,    spirito  e  cor/>n. 

II  Barone  DeSalis  ha  sacrificato  un  bellissimo  castello,  e  più  di 
centomila  lire  per  aprir  questo  collegio;  e  siccome  il  suo  scopo 
nella  istruzione  era  quello  di  parlare?  ai  sensi  prima  di  dir  nulla 
allo  spirilo,  cosi  egli  ha  speso  una  somma  considerabile  per  ac- 
quistare i  modelli  ,  le  incisioni,  i  globi,  le  carte,  e  lutti  gli  sgo- 
menti necessarj  a  quest'uopo.  Secondo  le  regole  da  lui  prescritte 
i  giovani  si  trovano  in  istato,  alla  fine  del  loro  corso,  di  ben 
parlare  il  Latino,  il  Francese,  il  Tedesco,  l'Inglese,  l'Italiano, 
ed  hanno  acquistato  un  gran  numero  di  cognizioni,  che  altrove 
non  si  danno  (4). 

^i)  Mcm.   dn  Due  de  Rohan.  Tom.   I.   pag    3 \~. 

(a)  Jurnal   Encfclop.    1780.  Tom.    VII.    l'art.  I   Mg.    170   e    17 1. 

(3)  Tableaux  de  la   Suisse.   Voi.   Vili.   pag.  33?. 

(4)  Si    trova    un   estrado    del    metodo   di    educazione  ,   clic    si    segue  in 
questo    collegio  nel  Mercurio  di   Francia,  mano  t   1  7  7  <"■- 


]8o  COSTUMI    Krt    USAHZE 

Ahiti  dei  Grigio/ii. 

I  vestimenti  dei  Grigioni  sono  tessuti  colla  lana  ad  essi  data 
dagli  armenti ,  che  si  pascolano  sui  loro  monti ,  e  nelle  loro  valli. 
Gli  uomini  sono  per  lo  più  distinti  da  un  giubboncello  rosso  ,  da 
un  giacchetto,  e  da  calzoni  di  color  celeste.  Vedi  la  Tavola  3i. 
Le  gonne  delle  femmine  sono  rosse  al  pari  del  giustacuore  ;  le 
maniche  della  loro  camicia  discendono  infino  al  gomito,  ove  sono 
stretti  da  nastri  neri.  Le  loro  chiome  intrecciate  si  annodano  in 
cima  del  capo.  Il  fondo  della  tavola  rappresenta  la  Via  Mala  ,  e 
nel  davanti  l'occhio  scorge  lo  Zilis ,  ove  la  gola  si  allarga  e  l'at- 
mosfera più  libera  presenta  una  ridente  verdura  (i). 

Lingua  dei  Grigioni. 

Nel  paese  dei  Grigioni  si  parla  1'  Italiano,  il  Tedesco  e  la 
lingua  romanza.  L'Italiano,  come  osserva  Coxe,  è  Un  gorgo  so- 
migliante al  dialetto  Milanese ,  e  non  è  in  uso  che  in  due  vil- 
laggi, ed  in  due  valli.  Si  parla  il  Tedesco  in  tutta  la  lega  delle 
dieci  Diritture,  ad  eccezione  di  alcuni  villaggi  ;  in  una  parte  della 
Lesa  della  casa  di  Dio ,  e  principalmente  in  Coirà  j  e  final- 
mente nella  Lega  Grigia.  La  lingua  romanza  si  divide  in  due 
dialetti,  l'uno  de' quali  si  parla  nella  Lega  Grigia,  e  l'altro  in 
quella  della  Casa  di  Dio.  Benché  questi  dialetti  sieno  difìeren- 
tissimi  nella  pronuncia  e  nella  ortografia  ,  pure  sono  assai  somi- 
glianti quanto  alla  collocazione  generale  delle  parole  ,  ed  al  giro 
delle  espressioni. 

Pleurs. 

Nel  contado  di  Chiavenna  soggetto  un  tempo  ai  Grigioni  esi- 
steva Pleurs,  florida  pel  suo  commercio.  Ai  4  di  settembre  del 
1618  la  montagna  appellata  Conto  si  distaccò  all'improvviso,  e 
seppellì  la  città  co'  suoi  abitanti.  Scavando  si  trovano  tratto  tratto 
alcuni  scheletri ,  che  rammentano  questa  speventosa  catastrofe.  Il 
Coxe  vide  lo  scheletro  di  un  prete  ancor  coperto  da  alcuni  para- 
menti; onde  si  crede  che  si  celebrassero  i  divini  ufficj  ,  quando 
precipitò  il  monte. 

Carattere  costante  e  fedele  degli  Svizzeri. 

Termineremo  la  descrizione  del  costume  degli  Svizzeri  col 
date  ad  essi  quella  lode,  che  sempre  si    meritarono,  di  fedeli  e 

Ci)  Birmano.  Colteci.  N.°  18. 


B*r.  IO/.  IX 


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DEGLI    SVIZZERI  l8| 

di  costanti.  L'autore  del  Gabinetto  dr.Ua  Biblioteca  tiri  Grandi 
dopo  aver  detto  ,  che  gli  Svizzeri  vendono  la  liberta  dei  loro 
corpi  ,  e  conservano  quella  del  lor  paese  ,  soggiunge  :  «  ho  udito 
dire  da  un  Friburghese ,  clie  è  al  servizio  di  ima  Duchessa  di 
Francia,  che  se  egli  servisse  il  diavolo,  gli  sarebbe  fedele,  pur- 
ché la  salvezza  della  sua  anima  non  fosse  in  pericolo.  «  L'Abate 
Menagio  in  un  epigramma  indiritto  al  Cardinale  Mazzarini  scherzò 
sulla  immobilita  delle  guardie  Svizzere,  che  stavano  alla  custodia 
delle  sue  soglie,  le  chiamò  neri  sassi  (i).  Il  Conte  di  Lue  am- 
basciatore di  Luigi  XIV.  nella  Svizzera  ,  ed  uno  dei  Plenipoten- 
ziarj  al  congresso  di  Baden  nel  1 7 1  J .  per  fermare  la  pace  tra  la 
Francia  e  l'impero,  avendo  un  giorno  data  gratuitamente  la  com- 
media Francese  al  popolo  per  divertire  gli  altri  Pieni  potenziar j 
s  avvisò  d'imbandire  nna  magniGca  cena  ai  Cavalieri  ed  alle  Da- 
me ;  e  ne  fece  apprestar  una  abbondantissima  con  piatti  d'ar- 
gento, il  cui  valore  sommava  a  più  di  cinquantamila  scudi.  Il 
popolo  mostrò  desiderio  di  avere  gli  avanzi  della  cena  ,  e  per  ve- 
dere la  rappresentazione  della  commedia  avea  in  parte  scoperto 
il  tetto.  Infatti  le  reliquie  delle  vivande  poste  nei  piatti  d'argento 
passarono  nelle  mani  del  popolo;  ed  il  Conte  di  Lue  fu  avver- 
tito che  il  prezioso  suo  vasellame  correva  pericolo  di  essere  o  ru- 
bato o  smarrito  :  «  io  la  pensava  a  prima  giunta  come  voi  ,  ri- 
spose  egli,  ma  riflettendo,  che  già  da  lungo  tempo,  dacché  io 
dimoro  nella  Svizzera  non  ho  mai  perduto  nulla  tranne  sei  piatti, 
che  mi  vennero  rubati  da  un  Cappuccino  Francese  ,  che  si  era 
sfratato ,  spero  che  si  troverà  ogni  cosa  ».  Erano  già  le  dieci  della 
sera  ,  (mando  il  più  prezioso  vasellame  non  era  stato  ancora  re- 
stituito ;  ma  essendosi  veduto  che  i  piatti  consegnati  erano  stati 
ben  puliti  si  comprese  che  gli  Svizzeri  tardavano  a  riportar  gli 
altri  per  pulirli  bene.  In  fatto  alla  domane  alle  nove  ore  del  mat- 
tino tutto  fu  restituito;  ed  i  Plenipotenziarj  della  Germania  fecero 
le  maraviglie  sopra    di  un    avvenimento,  che    attestava  sì  chiara- 

(1)  Ecce  tuas  accedo  fores  :  ma  famitor  arcrt 

Et  i'oce ,    inlrantern  me  CohibeUpte  ,   manti, 
Janitor  immiti»  ,  duris  de  cautibus  orlus 

Et    merus  ipse  la/it*  ,   dui  us  et   ipse   silox. 
Egidii  Mcnagii  Poemata.  Parisiis  ,    1780,  png.    .',<;. 


l82  COSTUMI  ED   USANZE  DEGLI  SVIZZERI 

niente  l' integrità  Svizzera ,  e  che  meriterebbe  di    essere    scolpito 
in  caratteri  d'oro  in  perpetua  memoria  (1). 

(1)  Amusemens  des  bains  eri  Suisse  par  Merveilleux  de  Neuchatel.  Lon- 
dres  ,   )73y.   Tableaux  de  la  Suisse.  Voi.    Vili.  pag.   460. 


IL  COSTUME 

ARTICO  E  MODERNO 

DEI  GERMANI 

DESCR ITTO 
DAL   c.tr. 

LUIGI  BOSSI 

MEMBRO  DELL'ISTITUTO  ITALIANO. 


DISCORSO  PRELIMINARE 


VICENDE  GEOGRAFICHE  DELLA  GERMANIA. 


Variazioni  orografiche  della  Germania. 


K 


on  avvi  forse  alcun  paese  al  mondo,  la  di  cui  costituzione 
geografica  sia  stata  esposta  a  così  frequenti,  a  così  grandi  varia- 
zioni, quanto  quella  della  Germania.  L'estensione  di  questo  paese, 
1:  aggregazione  delle  varie  provincie  che  nelle  diverse  epoche  lo 
componevano,  il  numero  ed  il  nome  dei  popoli  che  lo  abitavano,  le 
divisioni  politiche ,  le  circoscrizioni  locali ,  le  frontiere,  i  confini , 
tutto  ha  sofferto  nella  serie  de' secoli  notabili  cambiamenti;  co- 
sicché la  Germania  di  un  tempo  non  può  dirsi  quella  di  un  al- 
tro, nò  la  Germania  antica  potrebbe  paragonarsi  in  alcun  modo 
colla  moderna. 

Variazioni  della  Germania  antica. 

La  Germania  antica  ha  essa  pure  cangiato  spesse  volte  di 
estensione ,  di  figura  e  di  nome.  La  Germania  di  Cesare  non  è 
quella  di  Tacito ,  nò  di  Plinio  ,  e  la  Germania  di  Plinio  non  è 
quella  di  Strabone ,  e  forse  non  era  nò  pure  quella  di  Pitea  di 
Marsiglia  ,  che  Plinio  qualche  volta  ha  citato.  Così  pure  la  Ger- 
mania di  Strabone  quella  non  ò  di  Pomponio  Mela,  e  quest'ul- 
tima non  si  accorda  con  quella  di  Tolomeo.  La  Germania  cono- 
sciuta sotto  Clodoveo  ,  non  era  già  più  la  Germania  conosciuta 
a'  tempi  di  Augusto  e  di  Claudio ,  e  la  Germania  considerata 
a'  tempi  di  Carlomagno  ,  più  quella  già  non  era  di  Clodoveo. 

Germania  di  Cesare. 

Cesare,  tra  gli  scrittori  che  ci  rimangono,  ò  il  primo  che 
parlato  abbia  dei  Germani  j  ma  egli  non  nominò,  e  forse  uon 
conobbe,    se    non  se  gli  Svevi ,  che  i  più    potenti    erano  e  i  più 


I  86  DISCORSO     PRELIMINARE 

bellicosi.  Potrcbb' essere,  come  tali  suppongono,  che  la  descri- 
zione da  esso  fatta  degli  Svevi ,  convenisse  a  tutti  i  Germani  e  a 
tutti  i  Celti  ,  cioè  ai  più  antichi  abitatori  dell'  Europa  :  forsy  anche 
indicò  egli  i  Germani  sotto  il  nome  di  Svevi  ,  anziché  gli  Svevi 
sotto  quello  di  Germani  ;  ma  questo  non  potrebbe  mai  riferirsi 
alla  descrizione  e  alla  confinazione  territoriale  ,  e  rimarrebbe 
quindi  inconcusso ,  che  la  Germania  descritta  da  Cesare  fosse  la 
Svevia. 

Germania  di  Str abone. 

La  Germania  di  Strabone  non  era  se  non  che  il  paese  posto 
al  di  qua  dell'  Elba.  Egli  dice  che  i  Romani  avevano  aperta  la 
strada  alla  parte  occidentale  dell'  Europa  sino  all'  Elba  ,  la  quale 
tagliava  per  mezzo  la  Germania;  ma  al  tempo  stesso  confessa  che 
incognito  rimaneva  allora  tutto  quello  che  trovavasi  al  di  là  di 
quel  fiume.  Egli  viveva ,  come  concordemente  si  crede  ,  sotto 
l' imperio  di  Augusto  e  di    Tiberio. 

Di  Plinio. 

Plinio  ha  distinto  cinque  grandi  nazioni ,  sotto  i  di  cui  nomi 
comprendeva  egli  tutti  i  popoli  che  altrevolte  la  Germania  abi- 
tavano. Erano  queste:  i.°  gli  Istevoni ,  situati  al  sud-ouest ,  che 
si  stendevano  tra  il  Reno  e  l'Elba,  dal  mare  Germanico  sino 
alle  sorgenti  del  Danubio;  2.0  gli  Erminoni ,  situati  al  sud-est 
nel  paese  che  giaceva  tra  il  Danubio  e  la  Vindilia;  3.°  i  ^indili, 
i  quali  occupavano  tutte  le  coste  del  mare  Baltico  e  il  Cherso- 
ne»o  Cimbrico;  /\.°  gli  lngevoni,  abitatori  della  Scandia  e  della 
Finiiingia;  5.°  finalmente  i  Peucini ,  i  quali  occupavano  tutta  la 
Sarmazia  Europea  fino  al  Tauai,  alla  Palude  Meotide  ed  al  Ponto 
Eusino.  Ognuno  vede  quale  smisurata  estensione  acquistata  avesse 
la  Germania  tra  le  mani  di  quello  scrittore  naturalista. 

Di  Pomponio  Mela. 

Pomponio  Mela  mostra  di  non  avere  conosciuto  della  Germa- 
nia se  non  se  quel  tratto  che  si  stende  infino  all'Elba,  in  somma 
poco  più  di  quello  che  se  ne  sapeva  a'  tempi  di  Strabone.  Seneca 
altresì  sotto  il  regno  di  Nerone  parlò  dei  Germaui,  ma  egli  pure 
diede  a  vedere  di  non  conoscere  se  non  che  una  piccola  parte 
del  loro  territorio. 

Di   Tacito. 

Tacito  ,  che  fu  procuratore  nella  Belgica  e  che  scrisse  dei  co- 


DISCORSO    PRELIMINARE  187 

slumi  dei  Germani ,  non  visitò  mai  la  Germania  Transrenana  ;  e 
se  alcuna  cosa  ne  accennò,  egli  lo  fece  soltanto  su  le  altrui  re- 
lazioni. La  Germania  per  altro  di  Tacito  era  assai  ristretta,  era 
assai  piccola   in  confronto  di  quella  di  Plinio. 

Germania  di  Tolomeo. 

Tolomeo  il  primo  ci  trasmise  una  descrizione  della  Germania 
che  per  qualche  riguardo  potrebbe  dirsi  compiuta  ,  benché  gli 
scrittori  Tedeschi  dell'antica  geografia  abbiano  portate  contra  di 
esso  grandissime  lagnanze,  ripetute  in  alcune  opere  più  recenti, 
e  tra  l'altre  negli  scritti  dell'  Eccardo  ,  dello  Scheidio  ,  del  Gru- 
ber  ec.  Quel  geografo  però  non  descrisse  già  la  Germania,  quale 
era  a' tempi  suoi,  ma  bensì  quale  era  stata  altra  volta,  in  prova 
di  che  basta  osservare:  i.°  che  egli  colloca  i  Lombardi  su  la 
riva  sinistra  dell'Elba,  mentre  sotto  Tiberio  erano  stati  cacciati 
al  di  là  di  quel  fiume  j  2.0  che  egli  colloca  i  Sicambri  nella  Ger- 
mania propriamente  detta  ,  mentre  da  Tacito  si  raccoglie  che  già 
erano  stati  trasportati  nelle  Gallie  ;  3.°  finalmente  che  egli  pone 
molle  città  nella  Grande  Germania ,  mentre  nella  età  di  quel 
geografo  ,  siccome  pure  a'  tempi  di  Tacito  ,  non  ve  n'  aveva 
alcuna. 

Applicazioni  diverse  del  nome  di  Germania. 

Gli  antichi  geografi  in  generale  non  descrissero  se  non  che 
quelle  regioni ,  nelle  quali  i  Romani  erano  penetrati.  Il  nome  di 
Germania  e  stato  dato  in  qualche  epoca  soltanto  alla  Germania 
propriamente  detta ,  e  ad  una  parte  della  Gallia  Belgica.  La 
Germania  propriamente  detta  ,  che  talvolta  è  stata  ancora  nomi- 
nata la  Grande  Germania  ,  era  la  Germania  Transrenana,  mentre 
la  Belgica  portava  altresì  il  nome  di  Germania  Cisrenana.  Quella 
che  chiamasi  Grande  Germania  ,  era  per  gli  antichi  scrittori  un 
vasto  paese,  situato  nel  centro  dell'Europa  ed  abitato  da  diversi 
popoli,  ai  quali  tutti  si  attribuiva  il  nome  comune  di  Germani. 
Facile  riesce  quindi  il  vedere  ,  a  quali  vicende  sieno  stati  esposti 
i  confini  di  quella  regione.  Generalmente  furono  poi  compresi 
sotto  il  nome  di  Germania  tutti  i  paesi  situati  tra  la  Vistola  ,  il 
Danubio,  il  Reno  e  l'Oceano  settentrionale;  formavano  questi 
certamente  la  porzione  più  grande  dell'antica  Celtica;  e  quindi 
la  Grande  Germania  aveva  una  estensione  maggiore  del  doppio 
di  quello  che  ha  al  presente  tutta  1'  Alemagna. 


1  88  DISCORSO    PRELIMINARE 

Alemanni. 

Sembra  che  gli  Alemanni  propriamente  detti ,  abitassero  da 
principio  le  rive  del  Danubio,  del  Reno,  dell'Elba  e  dell' Oder. 
Il  Cluverio  con  altri  gravissimi  scrittori  pretende  che  gli  Ale- 
manni non  fossero  Germani ,  ina  bensì  Galli  di  origine  ,  e  che  i 
primi  Alemanni  fossei'O  que'  Galli  medesimi  ,  de'  quali  Tacito 
narra  che  passato  avevano  il  Reno  ed  eransi  stabiliti  al  di  là  di 
quel  fiume.  Egli  è  certo  che  sotto  Clodoveo  non  formavano  questi 
se  non  che  un  popolo  poco  considerabile  ,  il  quale  occupava  tut- 
tavia la  maggior  parte  delle  terre  situate  tra  la  Mosa  ,  il  Reno  ed 
il  Danubio.  Delle  origini  però  di  que' popoli  più  ampiamente  si 
ragionerà  in  altro  luogo. 
Germania  dei  Romani. 

I  Romani,  giusta  l'avviso  del  Cavaliere  DeJaucourt,  (e  que- 
sta osservazione,  che  sembra  ben  fondata,  riesce  pure  importan- 
tissima ) ,  non  potendo  soggiogare  la  grande  ,  la  vera  ,  la  potente 
Germania,  si  formarono  una  Germania  posticcia,  popolando  le 
rive  del  Reno,  e  colà  trasportando  a  vicenda  dei  Belgi,  degli 
Svevi  e  dei  Sicambri ,  che  essi  stabilirono  nelle  terre  vicine  a 
quel  fiume  ,  nominando  per  tal  modo  Germania  una  provincia  o 
un  distretto  della  Gallia.  I  Romani  tuttavia  giunsero  a  soggio- 
gare i  JYemeti,  che  abitavano  ne' contorni  di  Spira,  i  plangioni 
che  trovavate!  nelle  vicinanze  di  Yormazia  ,  ed  i  Tribocci  che 
erano  situati  non  lungi  da  Ma  gonza  ;  e  per  tal  modo  unirono  ad 
una  parte  del  Belgio  una  parte  altresì ,  o  una  lingua  di  terra  , 
della  Grande  Germania  ,  che  essi  compresero  sotto  il  nome  gene- 
rale di  Germania ,  e  divisero  in  superiore  ed  inferiore. 
Movimenti  dei  popoli  Germani. 

Se  tuttavia  la  Germania  ha  variato  spesso  di  estensione ,  di 
figura  e  di  confini,  egli  è  d'uopo  convenire  che  essa  non  ha  né 
pure  contenuti  sempre  nel  suo  seno  i  medesimi  popoli,  il  che  ha 
portato  nuove  variazioni  nel  suo  sistema  e  nella  sua  costituzione 
geografica.  Le  irruzioni  delle  nazioni  settentrionali  verso  il  mez- 
zogiorno, hanno  prodotto  in  quel  vasto  paese  i  più  strepitosi  cam- 
biamenti. I  Lombardi ,  ristretti  da  principio  nei  dintorni  dell'El- 
ba, passarono  nelle  regioni  meridionali  e  quindi  in  Italia,  ove 
col  progresso  del  tempo  e  delle  loro  vittorie,  formarono  un  regno 
potente.  Gli  Si'cvi  si  gettarono  su  le  Gallie,  e  di  là  alcuni  passa- 


DISCORSO    PRELI}U2TABB  1  8() 

rono  nella  Spagna.  I  Goti,  attraversando  tutta  la  Germania,  oc- 
cuparono pure  l'Italia,  uni  parte  delle  Gallie ,  e  latta  quasi  la 
Spagna.  I  Borgondi ,  o  Borgondioni ,  fondarono  il  regno  di 
Borgogna;  i  Franchi  avevano  già  il  loro  nelle  Gallie;  i  Sassoni, 
che  trovavansi  su  la  parte  opposta  dell'Elba,  si  innoltrarono  sino 
ad  occupare  la  Vestfalia;  i  Vandali,  dopo  di  avere  conquistato 
il  paese  che  negli  ultimi  tempi  nominavansi  Alta  e  Bassa  Sassonia, 
scesero  essi  pure  verso  il  mezzogiorno ,  stesero  le  loro  conquiste 
sino  nella  Spagna,  e  andarono  a  perire  nell'Africa.  Il  paese  che 
questi  avevano  di  principio  abbandonato ,  e  che  situato  credesi 
tra  l'Elba  e  la  Vistola,  venne  occupato  a  vicenda  dai  Vendi  o 
Vanadi,  i  quali  se  ne  impadronirono,  e  conosciuti  furono  sotto 
il  nome  di  Slavi. 
Emigrazioni. 

Queste  emigrazioni  per  altro  non  si  facevano  in  siffatto  modo 
che  que'  popoli  abbandonassero  momentaneamente  o  ad  un  tratto 
la  loro  patria  ;  da  questa  uscivano  per  1'  ordinario  gli  uomini  ca- 
paci di  portare  le  armi ,  i  quali  seco  loro  conducevano  parte  delle 
loro  famiglie;  ma  quelli  che  nel  loro  paese  natio  rimanevano,  ri- 
dotti essendo  in  appresso  a  piccolo  numero,  divenivano  facilmente 
la  preda  di  qualche  vicino,  non  indebolito  per  tentate  emigrazioni. 
I  vasti  paesi  che  gli  Svevi  occupavano  un  tempo  ,  e  che  costitui- 
vano presso  a  poco  la  Germania  di  Cesare,  passarono  per  questo 
modo  in  dominio  di  altri  popoli,  e  il  nome  di  Svevia  si  conservò 
soltanto  in  un  piccolo  angolo  di  quella  terra  ,  oscurato  in  gran 
parte  da  quello  di  Alemagua,  che  a  vicenda  non  era  da  principio 
se  non  che  il  nome  di  assai  piccola  regione. 
Sassoni  e  Franchi 

I  Sassoni,  situati  tra  l'Elba  e  il  Veser,  avevano  in  epoca  po- 
steriore alle  conquiste  dei  Romani  occupato  il  paese  dei  Franchi, 
che  ancora  ritenevano  al  cominciare  del  regno  di  Garlomaguo.  Ma 
questi  essendosi  innoltrati  verso  il  mezzogiorno  e  sparsi  di  là  nelle 
Gallie,  dove  gettarono  i  fondamenti  di  un  regno;  ne  rimase  ancora 
una  parte  su  la  destra  del  Reno  ;  e  di  là  nacque  la  divisione  di 
Francia  occidentale,  che  e  la  Francia  d'oggidì,  e  di  Francia  orien- 
tale, d'onde  trasse  il  suo  nome  la  Franconia. 
Teutoni. 

Verso  quell'epoca  cadde  e  spari  a  un  dipresso  il  nome  di  Gcr- 


lf)0  DISCORSO    PRELIMINARE 

mania  e  di  Germani ,  conservato  per  lo  più  nei  soli  scrittori  la- 
tini ;  e  i  Germani  assunsero  e  ritennero  da  poi  ì  nomi  di  Theddi*- 
sci,  Teutisci  e  Teutoni,  i  quali,  come  nomi  parziali  di  nazione, 
già  erano  antiquati  a'  tempi  di  Procopio ,  sotto  il  regno  dell'  Im- 
peratore Giustiniano.  Di  que'nomi  però  trovasi  qualche  indizio  sino 
dai  tempi  in  cui  sussisteva  per  que' popoli  in  generale  la  appella- 
zione di  Germani  ;  giacché  Tacito  nomina  Teutoburghese  una  fo- 
resta della  Germania,  situata  tra  l' Ens  e  il  Lippa,  che  in  oggi  viene 
chiamata  Teuteberg.  I  Teutoni  propriamente  detti  erano,  per  quanto 
sembra  ,  antichi  popoli  abitanti  lungo  le  coste  dell'  Oceano  Ger- 
manico. Questi  erano  alleati  dei  Cimbri ,  coi  quali  sembrano  avere 
formato  da  prima  un  solo  popolo  ;  avanti  però  che  i  Cimbri  e  i 
Teutoni  inondassero  le  provincie  Romane ,  conosciuti  erano  sotto 
il  nome  di  Codoni  o  Godani.  I  Teutoni  sono  stati  menzionati  da 
Plinio,  il  quale  cita  Pitea  di  Marsiglia  come  il  primo  che  parlato 
avesse  di  que' popoli.  Pomponio  Mela  ci  rappresenta  i  Teutoni  abi- 
tatori dell'isola  Codanonia  ,  che  alcuni  supposero  essere  l'odierna 
isola  di  Zelanda  nel  Bdtico.  Tolomeo  parla  dei  Teutonari ,  si- 
tuati tra  i  Sassoni  e  gli  Svevi ,  e  dei  Teutoni  collocati  tra  gli 
Svcvi  e  i  Fafodeni  :  ma  Spener  nella  sua  Notizia  della  Ger- 
mania antica  ,  è  d'  avviso  che  i  Teutoni  e  i  Teutonari  fossero 
lo  stesso  popolo,  e  che  al  più  i  'Teutonari  una  colonia  fossero  di 
Teutoni  stabilita  nel  continente  della  Germania. 

Colonie  rie' Cimbri  e  de'  Teutoni. 

Sembra  che  i  Cimbri  e  i  Teutoni  mandassero  colonie  nume- 
rose sul  continente  vicino  alle  isole  e  al  Chersoneso  Cimbrico.  A 
queste  forse  si  unirono  gli  Ambroni ,  i  Teugeni  ed  i  Tigurini  ; 
forse  ancora,  dopo  le  disfatte  sofferte  nelle  regioni  meridionali,  gli 
avanzi  dell'  armala  loro  ritornarono  nelle  antiche  loro  sedi ,  giac- 
ché si  vede  che  ai  tempi  di  Tolomeo  trovavansi  ancora  Teutoni 
su  la  costa  settentrionale  della  Germania  ,  e  del  seno  o  golfo  Co- 
dano.  Da  quell'  epoca  in  poi  non  si  trova  più  fatta  menzione  di 
Teutoni,  come  di  popoli  ancora  sussistenti.  Non  mancano  però  al- 
cuni scrittori  ,  i  quali  opinano  che  i  Sassoni  ed  ì  Teutoni  fossero 
uno  stesso  popolo,  che  nella  età  di  mezzo  assunse  altri  nomi,  e  fu 
conosciuto  anche  sotto  quello  di  Dani  o  Danesi,  e  di  Normanni. 

Vopoli  del  medio  evo. 

Ai  popoli  che  anticamente  abitavano  la  Germanfa,  e  dei  quali 


DISCORSO    PR  RUMINARE  I  <  )  I 

a  poco  a  poco  sparirono  persino  i  nomi,  altri  no  succedettero 
nell'età  di  mezzo  con  nomi  in  gran  parte  diversi,  e  quelli  sono 
a  un  di  presso  che  tuttora  sussistono.  Ma  per  cagione  della  con- 
secutiva formazione  di  altri  stati  e  di  altri  regni  ,  che  a  poco  a 
poco  la  Germania  propriamente  detta  circondarono  ,  la  Grande 
Germania,  la  Germania  antica,  la  Germania  stessa  dei  Romani  e 
quella  di  Plinio  particolarmente,  venne  a  restrignersi  in  limiti  as- 
sai angusti  in  confronto  degli  antichi. 

Germania  odierna. 

Al  presente  sotto  il  nome  di  Alemagna  si  comprende  d'  ordi- 
nario dai  geografi  tutto  il  paese  situato  nel  centro  dell  Europa  , 
che  confina  all'  oriente  coli'  Ungheria  e  colla  Polonia ,  al  setten- 
trione col  mare  Baltico  e  la  Danimarca.,  all'occidente  coi  Paesi 
Bassi,  la  Francia  e  la  Svizzera,  a  tnox/.odì  finalmente  colle  Alpi, 
che  fiancheggiano  la  Svizzera  e  l'Italia.  Questo  tratto  vastissimo  di 
paese  si  estende  per  5J0  leghe  incirca  dalle  alpi  sino  al  mar  Bal- 
tico, tra  i  gradi  4^  e  55  di  latitudine  settentrionale,  e  per  iq5 
leghe  dal  Reno  all'Ungheria,  tra  i  gradi  3  e  i3  di  longitudine 
orientale. 

Alemanna  antica  ,  e  recente. 

L'  Alemagna  era  altre  volte  divisa  in  nove  circoli ,  che  quelli 
erano  della  Vestfalia»  dell'Alta  e  Bassa  Sassonia,  dell'Alto  e  Basso 
Reno,  della  Francouia,  della  Svevia,  della  Baviera  e  dell'Austria. 
I  tre  primi  erano  situati  a  settentrione ,  i  tre  seguenti  al  centro  , 
ed  i  tre  ultimi  a  mezzodì.  Ciascun  circolo  era  egli  stesso  diviso 
in  varj  stati  più  o  meno  numerosi ,  e  di  una  maggiore  o  minore 
estensione.  Ai  nove  circoli  si  univano  altresì  la  Boemia  situata  al- 
l' oriente  ,  che  racchiudeva  essa  pure  varj  stati ,  e  la  Slesia.  Ora 
però  ,  riuniti  essendo  tutti  quegli  stati  ed  altri  ancora  sotto  il  nome 
di  Confederazione  Germanica  ,  si  dividono  più  comunemente 
sotto  i  titoli  di  Alemagna  settentrionale  e  meridionale,  compren- 
dendosi sotto  il  primo  la  Vestfalia  ,  l' Alta  e  Bassa  Sassonia , 
l'Alto  Reno,  e  uni  parte  del  Basso  Reno  e  della  Francouia;  sotto 
il  secondo  l'altra  parte  della  Franconia  e  del  Basso  Reno,  la  Sve- 
via ,  la  Baviera  e  l'Austria.  Si  aggiunge  la  Prussia,  che  per  l'at- 
to solenne  del  giorno  j)  giugno  i8t5  forma  parte  della  Confede- 
razione Germanica. 


KJt  DISCORSO    PRELIMINARE 

Divisione  di  quest'  opera. 

Le  -vicende  geografiche  della  Germania  ,  che  si  sono  sin  qui 
di  volo  accennate,  conducono  naturalmente  alla  divisione  del  la- 
voro che  ora  si  intraprende  per  la  compiuta  descrizione  del  Costu- 
me antico  e  moderno  dei  Germani.  Non  assomigliandosi  punto 
la  Germania  di  un  tempo  a  quella  di  un  altro  ,  e  molto  meno  la 
Germania  antica  a  quella  d'  oggidì ,  per  le  infinite  variazioni  della 
sua  territoriale  costituzione  ,  e  delle  circostanze  delle  nazioni  che 
1'  abitarono ,  impossibile  riuscirebbe  1'  entrare  in  un'  ordinata  disa- 
mina del  costume  di  que'  diversi  popoli ,  se  la  Germania  in  gene- 
rale sotto  diverse  epoche  non  si  considerasse. 

Diversi  periodi. 

La  prima  epoca  o  il  primo  periodo ,  sarà  dunque  quello  della 
Germania  ,  quale  essa  trova  vasi  avanti  l' arrivo  dei  Romani  in 
quelle  regioni.  Nel  secondo  periodo  si  esaminerà  lo  stato  della  Ger- 
mania ed  il  costume  de' suoi  popoli  sotto  i  Romani.  La  Germa- 
nia del  medio  evo,  ossia  il  costume  di  que'  popoli  dopo  la  cadu- 
ta del  Romano  imperio ,  formerà  un  terzo  periodo  ,  e  presterà 
argomento  a  nuove  ricerche.  Si  esporrà  finalmente  nel  quarto  lo 
stato  della  Germania  moderna,  e  si  descriverà  il  costume  dei  po- 
poli ,  che  ora  abitano  i  paesi  comunemente  conosciuti  sotto  il  no- 
me di  Alemagna.  Riuscirà  in  questo  modo  la  descrizione  più  or- 
dinata ;  più  metodiche  saranno  le  investigazioni ,  e  condurranno 
ad  un  compiuto  risultamento  ;  e  la  materia  in  questo  modo  di- 
stribuita ,  riuscirà  forse  meno  intralciata  ,  meno  oscura  e  più  gra- 
dita ai  leggitori. 

Scrittori  delle   cose  Germaniche. 

Gioverà  accennare  di  volo  gli  scrittori  più  illustri  delle  cose 
Germaniche  ,  dai  quali  si  sono  tratte  le  notizie  intorno  ai  diversi 
popoli ,  ai  loro  costumi  ed  alle  loro  politiche  vicende ,  per  quelle 
massime  che  concerne  la  Germania  antica  e  quella  del  medio  evo. 
Cristiano  Lodovico  Scheidio  pubblicò  a  Gottinga  nel  i^5o  due 
libri  di  Giovan  Giorgio  Eccardo  Su  le  origini  ,  su  le  antichis- 
sime colonie  ,  su  le  emigrazioni  e  su  i  fatti  in  generale  dei 
Germani,  e  lo  Spener  sino  dal  17 17  pubblicata  aveva  una  Noti- 
zia  della  Germania  antica  3  con  un  prospetto  altresì  della  me- 
dia f  o  di  (/nella  del  medio  evo.  Dell'  una  e  dell'  altra  di  queste 
opere  si  è  fatto  moito  uso  iu  questa  descrizione,  come  altresì  della 


DISCORSO    l'KELIMISÀRE  ig3 

Germania  aulica  di  Filippo  Cluverìo  ,  del  quale  però  non  si  sono 
ciecamente  adottate  tutte  le  opinioni. 
Altri  scrittori. 

I  na  esegesi  della  Germania  aveva  prodotta  sino  dall'anno  x.m.S 
certo  Francesco  Irenico  ,  ma  più  di  tutto  erasi  dato  a  descrivere 
la  città  di  -Norimberga.  Tra  i  collettori  di  monumenti  si  sono  par- 
ticolarmente consultati  Giovanni  Scliiltero  nel  suo  Tesoro  dello 
antichità  Teutoniche  ;  la  Biblioteca  degli  antichi  scrittori  illu- 
stri delle  cose  Germaniche  di  Giovanni  Pistorio  ;  gli  Scrittori 
delle  cose  Germaniche  da  Carlomagno  sino  a  Carlo  V.',  rac- 
colti da  Marquardo  Frehero  ,  illustrati  dallo  Struvio;  il  Corpo 
degli  storici  del  medio  evo  dello  Slruvio  medesimo  ,  pubblicato 
dall  Eccardo  e  la  Storia  generale  della  Gei-mania  del  P.  Darre. 
Scrittoti  par  zi  (di. 

Tra  gli  scrittori  parziali  della  storia  degli  Imperatori  Germa- 
nici e  di  altri  Principi,  non  che  di  alcune  provincie  dell'imperio, 
si  distinguono  tre  Italiani,  Albertino  Mussato  che  pubblicò  la  Sto- 
ria di  Enrico  VII . ,  il  Leti  che  scrisse  la  Vita  di  Carlo  V .  ,  e 
il  Gualdo  Priorato  che  stampò  in  Vienna  quella  dell'Imperatore 
Leopoldo.  Gli  Annali  delle  ge^ta  de' Principi  Austriaci  da  Ro- 
dolfo I.  sino  a  Carlo  V.  furono  stesi  da  Gerardo  De-lloo  ,•  gli 
Annali  della  nazione  Boica  dall'  Aldzreitter  e  dal  Brunuer;  quelli 
della  Nazione  Sveva  da  Martino  Crusioj  la  Storia  particolare, 
del  Palatinato  tu  pubblicata  nel  1770  dal  Tolnero.  Di  Grandis- 
simo ajuto  in  queste  indagini  riescono  pure  gli  Scrittori  delle 
cose  Austriache.  ,  pubblicati  nel  1721  in  Lipsia  dal  Per.  Il  ter- 
rario illustrò  con  grandiosa  opera  le  Cose  di  Magonza;  il  Browero 
le  Antichità  e  la  storia  di  Treveri,  argomento  nobilmente  trattato 
in  epoca  più  recente  dal  celebre  Niccolò  di  Ilonthein  ,  più  cono- 
sciuto sotto  il  nome  di  Giustino  Febronio,  Giovanni  Giorgio  Fa- 
bricio  illustrò  la  Sassonia  e  le  origini  Sassonichc}  Cristoforo 
Goffredo  HoffmauDO  riunì  in  un  corpo  gli  Scrittori  delle  cose 
della  Lusazia;  Ignazio  Gropp  quelli  delle  Cose  di  fVirtzhurgo; 
più  di  tutti  si  distinse  il  Leibnitzio  nella  raccolta  degli  Scrittori 
delle  cose  di  Brunswick'  Gli  antichi  Ile  della  Borgogna  Trai*4 
sgiurana,  i  Guelfi  più  recenti,  venuti  in  seguito  ad  A/./.une,  e  gli 
altri  Duchi  della  Baviera  e  della  Sassonia  ,  trovansi  ottimamente 
illustrali  anche  con  una  Seiie  di  monumenti  stai  iti  0  diploma- 
Cosi.  Voi.  IX.  dell' Europa  iJ 


194  DISCORSO  PRELIMINARE 

ilei  dal  citato  Leibnitzio,  dall'Eccardo  e  dal  Gruber.  Finalmente 
la  Storia  ed  i  costumi  della  Boemia  trovansi  ben  descritti  dal 
Balbino  nella  Epitome  delle  cose  di  quel  regno  ,  e  più  ancora 
nella  Miscellanea  istorica  delle  cose  Boemi  che  ,  divisa  in  due 
parti.  Per  la  descrizione  dello  stato  moderno  della  Germania  non 
potrebbono  trovarsi  guide  migliori  delle  Opere  geografiche  di 
Buscliing,  di  Guthrie,  di  Pinkerton,  di  Mentelle  e  di  Malte-Brun, 
alle  quali  tuttavia  si  sono  aggiunte  le  nuove  opere  di  Geografia 
e  di  statistiea ,  pubblicate  di  recente  nella  Germania  medesima. 


PARTE    PRIM  V 


DESCRIZIONE    DELLA    GERMANIA    AVANTI    L    EPOCA    DEI     ROUAM  , 

DEI     POPOLI      PRIMITIVI     CHE      l'  ABITARONO  ,      DELLE      LORO      ORIGINI 

E    DELLE    LORO    EMIGRAZIONI. 


Inutilità  di  alcuna  ricerche. 


A 


nulla  gioverebbe  l'andare  cercando,  come  fecero  moki  scrit- 
tori Tedeschi  e  lo  stesso  Eccardo ,  la  prima  origine  dell'  umaii 
genere  ncll'  Armeuia  ,  e  lo  stabilimento  nell'  Armenia  ,  stessa  de- 
gli uomini  rimasti  dopo  il  diluvio;  la  divisione  delle  terre  ese- 
guita tra  i  figli  di  Noè,  la  posterità  o  la  discendenza  di  Japliet 
e  di  Gomcr,  di  Magog  ,  di  Mesech  e  di  Tuban,  di  Madai  e  di 
Javan  ,  affine  di  dedurne  che  i  Germani  fossero  in  linea  retta  di- 
scendenti da  Noè.  Inutile  sarebbe  pure  lo  arrestarsi  su  le  favole 
di  Beroso  Caldeo ,  o  piuttosto  di  Aunio  di  Viterbo  ,  il  (piale  i 
Germani  nominò  soltanto  a  fine  di  insinuare  che  discendere  non 
potevano  dai  figliuoli  di  Noè  nominati  nelle  Sacre  Scritture,  ma 
pure  a  Noè  attribuì  altra  moglie  detta  Ditea  ,  dalla  quale  nati  sa- 
rebbero altri  figli  al  numero  di  trenta  ,  che  data  avrebbono  ori- 
gine a  molte  nazioni  Europee.  Il  Bartio  ,  il  Exeinesio,  il  Gotofredo 
e  lo  Scaligero  opinarono ,  che  tutto  non  fosse  un  romanzo  An- 
niano  la  storia  di  Beroso  ,  e  che  (pioli'  impostore  lette  avesse  al- 
cune carte  antiche  ora  perdute;  ma  se  (mesta  opinione  abbracciare 
si  potesse,  al  che  presterebbe  argomento  il  vedere  l'analogia  del 
nome  di  Ditea  con  <piello  di  Dite  assegnalo  via  Cesare  come  padre 
ai  Germani  ,  ammettersi  potrebbe  al  più  che  Beroso  in  qualche 
luogo  nominati  avesse  i  Germani  ,  e  questo  sarebbe  lo  scrittore 
più  antico  presso  il  (ju.de  se  ne  trovasse  noti/.ia.  Erodoto,  secondo 
l'opinione  di  molti  eruditi,  parlò  egli  pure  dei  Germani  sotto 
il  nome  di  Celti  ;  ma  ben  poco  egli  conobbe  della  geografia  del- 
l'Europa,   perchè  1  latro  fece    derisale  dai  Celli  e  dalla  città  di 


ìgG  DESCRIZIONE  DELLA.    GERMANIA 

Pirene,  e  dividere  quasi  per  mezzo  l'Europa,  corretto  poi  ne' suoi 
errori  da  Aristotele  ,  che  i  monti  Pirenei  sostituì  alla  città  di  Pi- 
rene  ,  e  il  Danubio  fece  scaturire  dalle  quercie  della  foresta  Er- 
cinia.  Se  Erodoto  indicò  gli  Italiani  sotto  il  nome  di  Timbrici,  egli 
fece  dalla  regione  loro  scorrere  due  fiumi  verso  il  settentrione  , 
l'uno  detto  Carpi  e  l'altro  Alpi,  che  entrambi  gettavansi  nel- 
l' Istro.  Supposero  alcuni  scrittori  che  il  primo  fosse  il  Golapi,  che 
va  a  sboccare  pel  Sava,  e  rispetto  all'altro  dubitarono  che  alcuna 
cosa  udita  avesse  Erodoto  dell'Albi,  o  dell'Elba  odierna,  e  che 
creduto  le  avesse  influente  nell'  Istro.  Se  egli  indicò  i  Germani 
sotto  il  nome  di  Celti,  se  li  suppose  abitatori  delle  rive  dell' Istro, 
e  nell' Istro  medesimo  stabilì  l'imboccatura  di  que'due  fiumi,  po- 
trebbe ragionevolmente  credersi  che  sino  da  tempi  remotissimi  i 
Germani  occupassero  una  vastissima  regione  ,  e  dall'  Italia  si  sten- 
dessero sino  alle  rive  dell'  Elba.  Diodoro  Siculo  ci  insegna  che  la 
nazione  de'  Celti  erasi  renduta  nota  ai  Greci  sino  a' tempi  eli  Ales- 
sandro Magno,  e  in  qualche  luogo  gli  indica  col  nome  di  Galati. 
Origini  Germaniche  più  antiche. 

Tacito  ,  il  quale  ebbe  certamente  notizia  di  alcuni  carmi  an- 
tichi dei  Germani,  ci  presenta  Tuiscone ,  Dio  nato  dalla  terra,  e 
il  di  lui  figliuolo  Manno,  prime  origini  e  fondatori  della  nazione 
Germana  ,  con  che  egli  rende  ragione  del  culto  da  alcuna  di  quelle 
genti  prestato  alla  Terra,  o  alla  Dea  Herda,  come  madre  comune. 
I  moderni  commentatori  il  nome  di  Tuiscone  derivarono  da  TuU 
sch  o  Dilischi,  e  lo  riferirono  al  Teutate,  Divinità  dei  Galli ,  men- 
tre la  radicale  di  quel  nome  Tit ,  o  Thiud ,  o  Thiod  ,  o  Dyd , 
presso  i  Sassoni,  i  Goti  ,  i  Franchi  e  gli  Alemanni ,  significava 
popolo  o  nazione ,  e  nella  Legge  Salica  cambiata  in  Teud ,  serve 
a  intitolare  il  Re  ,  come  presso  Ulfila  il  vocabolo  Thiudans.  An- 
tichissimo duce  dei  Germani  o  dei  Celti-Germani ,  dovette  est 
sere  quel  Theud  o  Tit,  dal  quale  il  popolo  da  esso  guidato  trasse 
il  nome  di  Titani  ;  e  a  questo  serve  di  conferma  un  inno  di  Cal- 
limaco ,  nel  quale  il  poeta  celebra  Apollo  come  rinnovatore  con-? 
tra  B cenno  della  strage  dei  vecchi  Giganti  o  Titani.  Gli  antichi 
scrittori  collocarono  altresì  i  Titani  o  i  Giganti  presso  al  Caucaso, 
d' onde  alcuno  trasse  argomento  a  credere  i  Germani  di  origine 
Asiatica.  Quel  Tuiscone  o  Teutate,  sembra  certamente  essersi  se- 
gnalato colle  sue  gesta  intorno  al  Caucaso,  ed  avere  quindi  esteso 


AVANTI   L    EPOCA   DEI   ROMANI   OC.  1 97 

grandemente  il  suo  dominio  verso  l'occidente:  singolare  riesce  al- 
tresì il  vedere,  che  il  Prometeo  del  Caucaso  da  alcuni  è  nominato 
Titano.  Qualche  scrittore  immaginò  che  le  di  lui  figliuole  Teli , 
Rea.  Temi,  Mnemosine  e  Febe ,  dette  tutte  Titanidi  dagli  anti* 
chi  come  osservò  lo  Spanemio  ,  popolassero  la  Grecia  e  le  vicine 
regioni  dell'  Europa  ;  dal  che  nascerebbe  la  conseguenza  ,  che  la 
Grecia  ricevute  avesse  in  origine  colonie  e  i  primi  elementi  dello 
incivilimento  dai  Germani ,  dai  Greci  poscia  nominati  Barbari. 
Altri  ne  presero  argomento  a  credere  ,  che  quel  Tentate  passato 
sino  all'Egitto,  e  divenuto  il  Theud  o  Mercurio  degli  Egizj,  giunto 
fosse  sino  all'estremità  dell'Europa  occidentale,  sino  alla  Gallia 
ed  alla  Spagna  ,  per  la  qual  cosa  i  Galli  si  dissero  progenie  di 
Tentate  o  di  Dite  ,  e  gli  Spagnuoli  formarono  il  loro  Dio  detto 
Togote  o  Togo ,  del  quale  come  di  Nume  dei  Celtiberi  parlò 
Marziale  ,  e  la  memoria  si  conservò  in  alcune  antiche  iscrizioni. 

Racconti  di  Nennio. 

Nennio,  scrittore  della  storia  dei  Bretoni  verso  l'anno  di  Cri 
sto  620  ,  altre  origini  diede  ai  Germani  ed  altra  estensione  alla 
Germania.  Non  servendosi  egli  già  più  di  questo  nome ,  narrò 
che  Alano  era  stato  il  primo  discendente  di  Japhet  che  venuto 
fosse  nell'  Europa  ,  ed  a  questo  assegnò  tre  figliuoli  ,  Isicio  o  Isi- 
cione  ,  Armcnone  e  Negnone  :  dal  primo  fece  discendere  i  Fran- 
chi ,  i  Latini,  gli  Alemanni  e  i  Bretoni',  dal  secondo  i  Goti, 
i  Vaiamoti  o  Visigoti,  i  Gepidi ,  i  Borgondi  e  i  Longobardi; 
dal  terzo  i  Bojoaridi  ,  i  Vandali  ,  i  Sassoni  ed  i  Tu/inci  ,  o  gli 
abitatori  della  Turingia.  Gli  archeologi  Tedeschi  riconobbero  in 
Isicione  il  loro  Tuiscone ,  in  Armenone  Arminio,  in  Negnone 
Manno ,  il  che  porterebbe  a  credere  tutto  il  centro  dell'  Europa 
popolato  ne'  tempi  favolosi   dalle  nazioni  Germaniche. 

Discendenza  di  Manno.   Arminii  ,   o  Ermanni. 

A  Manno,  che  Tacito  assegua  come  figliuolo  di  Tentate,  e 
che  alcuni  nominato  credettero  dalla  Luna,  detta  dai  Sassoni 
Mahn  ,  giacché  gli  eroi  di  que' tempi  i  nomi  avevano  comuni  co- 
gli astri;  gli  antichi  carmi  citati  da  Tacito,  attribuiscono  tre 
figliuoli,  dai  quali  trassero  l'origine  e  il  nome  alcune  nazioni  , 
più  o  meno  vicine  all'Oceano,  cioè  gli  Ingavoni  più  prossimi, 
quindi  gli  Erminoni  o  Emioni,  poscia  gli  Istevoni.  Opinano 
però  alcuni  scrittori,  che  i  primi  nomati   fossero,  non  già  da  un 


IC)'^  DESCRIZIÓNE  DELLA  CEHMANLl 

capo  o  da  un  duce  ;  ma  bensì  dal  luogo  ove  situati  erano ,  inter- 
pretando quel  vocabolo  come  abitatori  de'prati,  cioè  delle  pianure 
die  dal  Belgio  stendevansi  sino  all'  Elba.  Colà  cominciavano  le 
regioni  dei  Germani  orientali ,  e  nel  loro  nome  di  Istevoni  veg- 
gono quegli  eruditi  la  radice  Sassonica  Ost ,  ebe  traducono  per 
Est,  o  Oriente.  Gli  Erminoni  occupavano  quello  spazio  della 
Germania  superiore,  nel  quale  passarono  poscia  ad  abitare  i  Fran- 
chi, e  il  Leibnitzio  con  dotta  dissertazione  provò  ebe  nominati 
erano  da  Ermino ,  Irmino  o  Arminio,  celebre  Principe;  né, dif- 
fìcile sarebbe  il  dedurre  dagli  Ermìnoni  o  dagli  Ermanni  il 
nome  di  Germani.  Quello  di  Arminio  fu  certamente  celebrato 
nell'Asia  molli  secoli  avanti  l'apparizione  dell' Arminio  dei  Che- 
ruschi',  alcuno  volle  anebe  trovare  qualche  relazione  tra  quel  no- 
me a  1'  Arimane  dei  Persiani  :  sospetta  quindi  il  Leibnitzio  che 
quell'  eroe  ,  domata  avendo  una  gran  parte  dell'  Asia  ,  fosse  slato 
dagli  orientali  divinizzato.  Dei  nomi  di  Arminio,  Irmino  o  Er- 
manno ,  molli  indizj  rimangono  tuttora  nelle  vie  militari ,  nelle 
citi;i  e  in  altri  luoghi  della  Germania  superiore  ,  il  che  conferma 
la  tesi  del  Leibnitzio  ,  ebe  quell'  eroe  onori  divini  ricevesse  dai 
Persiani  e  dai  Greci  ,  egualmente  che  dai  Celti  e  dai  Germani. 
yfntica  dimora  dei  Celti. 

Nella    oscurità  di  (pie'  tempi  nei  quali  non    potrebbe  con  pre- 
cisione stabilirsi  alcuna  territoriale  confinazione  ,  giova  notare  die 
i  più  antichi   Celti    abitarono  certamente  quei  luoghi  intorno  alla 
Palude  Meotide  e  inlorno  al  Caucaso  ,  ove  in  appresso  lottarono  , 
al   dire  di  Erodoto,  i   Cimmerj  e  gli  Sciti.  Di  là   fecero  scorrerie 
tiell'  Asia    e  nell'  Europa  ,  e    nel    centro    di    questa  ,  o    sia    nella 
Germania,   stabilirono    potente  dominio.  I   nomi  dati  al  Caucaso, 
ai  monti   Carpa?],  al  Carso,  ai   monti   Rifei  ,  alle   Alpi  ed  al  Da- 
nubio, non    meno    che  al   Boristene ,    ad  una    parte    della  Palude 
Meotide,   detta   anticamente  Bice,   e  forse  a   tutta   la   Palude  me- 
desima,   trovansi    facilmente    di    origine    Germanica,   e  sembrano 
tutti  essere  stati   imposti   da  quella  nazione  che  dal  Caucaso  si  ste- 
se sin  presso  all'  Oceano-Atlantico. 
Colonie  dei  Obi. 

Lasceremo  da  parte  le  lunghe  discussioni  ,  colle  quali  si  è 
preteso  di  provare  che  i  Germani  e  i  Celti  antichissime  colonie 
spedissero  nella  Grecia,  e  molto    meno  ci  arresteremo  agli  argo- 


AVANTI   L    EPOCA   BEI    ROMANI    eC.  1C;9 

ineriti,  coi  quali  si  è  voluto  mostrare  che  Celtica  o  Germanica  in 
origine  fosse  la  lingua  Greca;  troppo  facile  riuscendo,  e  spesso 
inconcludente  ,  il  raccogliere  le  scarse  analogie  che  tra  i  diversi 
idiomi  si  incontrano.  Giunsero  persino  alcuni  a  storpiare  la  favola 
di  Giove ,  ed  l  rappresentare  quel  sommo  Iddio ,  come  discen- 
dente da  una  stirpe  Cello-Germanica  ,  dai  Titani  ,  o  dalla  proge- 
nie di  Dite  o  di  Tuiscone.  Giova  piuttosto  osservare,  che  per 
consentimento  degli  antichi  scrittori;  i  Celti  ,  o  i  Germani  orien- 
tali, lungo  tempo  avanti  la  emigrazione  degli  Sciti  nella  Cimmeria, 
si  volsero  verso  1'  occidente,  e  tutta  occuparono  1'  Alta-Germauia, 
pretendendo  alcuni  scrittori  che  anche  nella  Gallia  e  nell'Italia 
superiore  si  spargessero.  All'  istituto  nostro ,  nò  al  rischiaramento 
della  descrizione  della  Germania  primitiva,  contribuire  non  potreb- 
be T  opinione  di  alcuni  dotti  Tedeschi,  che  contemporaneamente 
ai  Germani  orientali  ,  passassero  nella  regione  medesima  altri  Ger- 
mani o  Celli  Germani  venuti  dalla  Scozia  e  dalla  Spagna  ;  e  sol- 
tanto potrebbe  ritenersi  la  tradizione,  che  gli  antichissimi  Canta- 
bri ,  valicali  avendo  i  Pirenei  e  le  Alpi,  passassero  nella  Gallia  e 
nella  Germania ,  e  i  primi  fossero  ad  aprire  ricche  miniere  di 
rame  ,  dal  che  trasse  grande  incremento  il  trafiieo  de'  Celti  o 
de;  Germani,  alle  di  cui  coste  approdarono  anche  i  Fenici. 
Eòlcndtmenlo  dei  pòpoli  denudili. 

A  dimostrare  la  rapida  estensione  de' popoli  Germanici,  serve 
ancora  1'  osservazione  ,  che  i  Frinii  e  i  Cunei  erano  della  razza 
stessa  dei  Canòri  e  dei  Teutoni,  parlavano  lo  stesso  linguaggio, 
e  quindi  riferire  si  debbono  fra  i  Germani  più  antichi.  Si  volle 
un  tempo  far  credere  ,  che  dalla  Svezia  usciti  fossero  i  primi  a- 
bitatori  della  Germania  ,  venuti  dall'  Asia  per  la  Scizia  nella  re- 
gione dei  Fumi,  di  là  nella  Svezia  per  il  golfo  Botnico  ,  e  quin- 
di passati  al  di  qua  del  Baltico.  Ma  il  Leibuitzio  ,  appoggiato 
alla  difficoltà  somma  di  quel  \iagyio  ed  alla  infelicità  ili  quel 
suolo,  che  non  potè  essere  abitato  se  non  in  epoca  asso  poste- 
riore, dopo  1' abbruciameli  tO  delle  selve,  conchiuse  che  una  po- 
polazione assai  minore  passata  fosse  ai  regni  settentrionali  dalia 
più  grande  o  più  numerosa  .  e  che  gli  Scozzesi  quindi  usciti  fos 
sero  dalla  Germania  ;  tanto  più  che  molte  circostanze  concorrono 
a  provare,  che  tulio  il  Chersoneso  Cambrico,  e  co>ì  tutto  il  set- 
teuirioue  ,  popolato  fosse  dai  Germani.  Alla  emigrazione  dei  G«r* 


aOO  DESCRIZIONE    DELLA    GERMANIA 

mani    nella    Scandinavia  si  assegna    anche   un'  epoca     anteriore   a 
quella  ,  in  cui  i  Fumi  già  dai  lati  dell'oriente  e  del  mezzodì  cir- 
condati   erano    dai    Rossolani  o  dai    Jìussì ,  il  che  non    avvenne 
cortamente  se  non  lungo  tempo  dopo  Erodoto. 
Degli  Od  ini. 

Cade  in  questo  luogo  la  menzione  di  Odino,  del  quale  più  a 
lungo  parlerassi  altrove  ;  e  gli  Svezzasi  riconoscono  essi  pure  nei 
loro  libri   più  antichi  di  essere  stati  da  altra  terra    trasferiti  nella 
Svezia,  perchè  due  Odini    accennano  che  la  nazione  loro  condus- 
sero nella   Scandinavia,  l' uno  più  antico,  l'altro  più  recente.  O- 
(lino  altronde  e  Vodano,  che  forse  sono  l'uno  e  l'altro  una  cosa 
medesima,    erano    venerati  dai    Sassoni,  e  se  ne  hanno  le  prove 
nei  monumenti  Paderbonesi.  Il  primo  degli  Odini,  secondo  il  già 
citalo   JNcnuio,  sarebbe    vissuto  verso  l'età  di  Tacito  -,  ma   quello 
scrittore  ha  forse  scambiato  il  primo  col  secondo;  giacché  sembra 
che  il  più  antico,    detto  anche  As  ,  fosse  l'autore  o  il  fondatore 
della    nazione    dei  Vandali,  o  almeno    degli  sisari,  o  degli    A- 
slingi  ,    dei    quali    fecero    menzione    Dione ,  e  dopo    di  esso  Gior- 
nande    e  Paolo    Diacono.    Zolmanno,    autore    di  una    Idrografìa 
Germanica  ,  colloca  il  campo  Asaro  ,  nominato  forse  da  quell'  O- 
dino  o  As  ,  presso  il  fiume   Ossa  della    Pomerania ,   il  che  mostra 
(pianto   anche    da  quella    parte  i  Germani    si  estendessero ,    dalla 
quale  facilmente  passare  potevano  al  Ghersoneso  e  ad  altre  regio- 
ni settentrionali.    Nella    patria  di    Odino ,    secondo    le     tradizioni 
settentrionali ,  trovavasi  un  luogo  detto   Gladsheim ,   il  qual  nome 
taluni    supposero    derivato  da  Glad  ,    letizia,  altri   da  Gles,  che 
significa   succino:    sembra    preferibile    questa    seconda    interpreta- 
zione, la  quale  avvicinerebbe  l'antica  patria  del  succino,   cioè  la 
Pomerania  alla  patria  di  quell'  eroe. 
Passaggio  dei  Germani  nelle  regioni  settentrionali. 

Non  gioverebbe  agli  Svezzasi  lo  allegare,  che  dalla  Scandi- 
navia venuti  cicdonsi  i  Goti,  i  Longobardi  e  le  altre  nazioni, 
che  le  conquiste  loro  estesero  verso  il  mezzodì;  perchè  la  Scandi- 
navia antica  comprendeva  tutto  il  Chersoneso  Cimbrico ,  colle 
isole  del  mar  Baltico  e  le  coste  della  Germania  sino  alla  Livo- 
nia.  Quindi  è  che  Pomponio  Mela  Codanovia,  o  Codanonia  no- 
minò la  Scandinavia,  e  un'isola  del  seno  o  del  golfo  Godano  as- 
serì abitata  dai  Teutoni.  Alcuni  la  Codanovia  interpretano  l'isola 


AVANTI   X.'  EPOCA  DEI  ROMANI    eC.  201 

o  la  sede  dei  Codi  o  dei  Goti,  e  quindi  il  golfo  Godano  viene 
nelle  antiche  carte  appellato  il  seno  dei  Juti  ,  il  che  equivale  al 
seno  de'  Goti.  Sebbene  Tolomeo  di  un'  isola  sola  ,  che  è  quella 
forse  di  Gotlanda,  quattro  ne  abbia  formate,  e  tutto  abbia  con- 
fuso nella  geografia  del  Baltico;  accordò  tuttavia  che  la  più  gran- 
de di  quelle  isole,  posta  all'oriente  del  Chersoneso  Cimbrico,  o 
piuttosto  contenuta  nel  Chersoneso  medesimo,  era  situata  all'im- 
boccatura della  Vistola ,  e  che  la  ScancKa  occidentale  era  abitata 
dai  Chcdinì  o  Chedingi,  che  popolate  avevano  da  prima  le  ri- 
ve dell'Elba  ;  l'orientale  dai  Favoni  e  dai  Fircsi,  i  quali  altro  es- 
sere non  potrebbono  se  non  che  i  Frisii  dell'  Olsazia  ;  la  meri- 
dionale dai  Gali  e  dai  Daucioni  f  che  sono  i  Guttoni  di  Tacito, 
detti  poi  Goti,  qualora  sotto  il  nome  di  Daucioni  non  si  inten- 
dano gli  abitanti  del  golfo  'di  Danzica.  La  parte  di  mezzo  della 
Scandia  era,  secondo  quel  geografo,  occupata  dai  Levoni,  che 
alcuno  credette  gli  abitanti  della  Livonia,  altri  i  Lemovii  di  Ta- 
cito ,  dal  ebe  potrebbe  inferirsi  che  sino  dai  tempi  più  antichi  la 
Germania  avesse  per  confine  la  Vistola.  Dal  Chersoneso  Cimbrico 
uscirono  da  poi  verso  il  settentrione  diverse  colonie,  e  come  no- 
tò il  celebre  OJao  Rudbeehio,  sparsero  in  ogni  luogo  indizj  della 
lingua  Sassonica  ;  dal  che  facile  riesce  il  provare  ,  che  non  da 
quella  parte  vennero  gli  antichi  abitatori  della  Germania  ,  ma  a 
quelle  regioni  passarono  i  Germani.  Le  tradizioni  del  settentrione, 
e  massime  della  Svezia  e  della  Norvegia  ,  portano  che  colonie  di 
Sassoni  passarono  colli  con  Odino;  che  si  stabilirono  nelle  mon- 
tagne piene  di  miniere  e  di  officine  metalliche,  e  che  i  Sassoni 
medesimi ,  non  solamente  1'  arte  vi  stabilirono  di  scavare  le  mi- 
niere e  di  ridurre  i  metalli  ,  ma  quella  vi  insegnarono  di  fabbri- 
care le  armi ,  alcuni  piccioli  coltelli  ,  e  le  ferramenta  necessarie 
alle  navi.  Non  è  più  dunque  difficile  il  provare  ,  che  i  Germani 
furono  i  primi  e  per  lungo  tempo  i  soli  abitatori  della  terra  che 
da  essi  pigliò  il  nome.  Benché  i  Sassoni  pretendano  di  stabilire 
il  primato  della  loro  lingua,  e  questa  debba  certamente  riferirsi 
tra  le  più  antiche  dell'  Europa  :  non  pertanto  tutti  i  fiumi  ,  e 
quelli  ancora  della  Sassonia  medesima  ,  le  sue  montagne  ,  le  sue 
selve,  portano  anche  al  presente  nomi  di  origine  Germanica;  nel- 
lo stesso  Chersoneso  Cimbrico  non  altri  vestigi  trovatisi  che  della 
lingua  e  dei    costumi    della  Germania.    Si  dedurrebbe    da  fruesto 


202  DESCRIZIONE    DELLA.    GERMANIA 

principio ,  che  né  gli  Sciti  ,  né  i  Celli  orientali ,  né  i  Goti  set- 
tentrionali, non  ebbero  alcuna  parte  nell'  antica  popolazione  della 
Germania.  Bensì  i  Pitti  della  Britannia  sembrano  derivati  dai 
Sassoni  ,  i  quali ,  rimontando  verso  il  settentrione  e  sparsi  per  la 
Norvegia ,  le  Orcadi  da  prima  ,  e  quindi  una  gran  parte  della 
Scozia  occuparono.  Neunio  forma  un  computo  su  l'epoca  di  quel- 
la emigrazione ,  la  quale  suderebbe  a  cadere  verso  i  tempi  di 
Alessandro  il  Grande.  Anche  Claudiano  riconobbe  ne'  suoi  poemi 
la  cognazione  dei  Pitti  coi  Sassoni. 
Occupazione  progressiva  della  Germania. 

A  compiere  ,  per    quanto    almeno   è  possibile  ,  la  descrizione  3 

0  piuttosto  a  dare  una  qualche  idea  della  Germania  avanti  i  Ro- 
mani ,  trovasi  opportuna  1'  indicazione  delle  diverse  occupazioni 
delle  terre  ,  fatte  dai   popoli  che  in  quella    regione  si  stabilirono. 

1  primi  abitatori,  o  i  primi  popoli  venuti  dall'oriente,  sembrano 
avere  seguite  le  coste  del  mare  Baltico  e  del  Germanico  ;  una 
posteriore  popolazione,  secondo  l'Eccardo,  venne  per  la  parte 
mediterranea  della  Polonia,  valicando  la  Vistola  e  l'Oder,  ad 
occupare  le  provincie  che  ora  formano  il  Brandeburghese.  Svevi 
furono  essi  detti  da  prima  ,  o  sia  incendiatori  di  selve  ,  perchè 
quelle  terre  trovando  ingombre  da  selve  immense  di  pini  e  di 
abeti,  coli' abbruciamento  di  quegli  alberi  le  ridussero  a  cultura  ; 
ancora  nella  Marca  Brandeburgiea  e  nella  Slesia  ,  gli  spazj  ove 
abbruciati  furono  gli  alberi  per  formare  campagne,  portano  il 
nome  di  Schwaden. 

Stazioni  dei  Germani. 

Suppone  l'Eccardo,  che  in  quel  luogo  si  arrestassero  per 
qualche  tempo  i  Germani  primitivi ,  avanti  che  V  Elba  trapassas- 
sero e  si  stendessero  uel  rimanente  dell'odierna  Germania.  Uscite 
essendo  quindi  varie  colonie  dal  paese  che  giace  tra  l'Elba  e 
rOder,  da  quel  suolo  arenoso  gli  Svevi  furono  detti  Sennov.i , 
e  a'  tempi  ancora  di  Tacito  ,  i  più  antichi  credevansi ,  i  più  no- 
bili degli  Svevi.  Primi  in  seguito  trovansi  i  Catti  ,  e  i  popoli  che 
al  disopra  di  essi  abitarono  intorno  al  Reno ,  detti  essi  pure  Svevi 
da  Cesare  e  da  Strabone  ;  da  questi  trassero  l'origine  loro  i  Ba- 
iavi ,  e  presso  che  tutti  gli  abitanti  della  Bassa  o  della  Inferiore 
Germania.  Secondo  Strabone,  Svevi  erano  altresì  i  flfar  co  manti  i, 
i  Longobardi  e  gli  Ermunduri  ,  che    alcuno   credette  un  avanzo 


AVANTI   L'EPOCA  DEI  ROMANI   eC.  2o3 

degli   Ertnìnioni  o  Emioni;  sembra    altresì  che  i  Longobardi , 
abitanti  una  volta   al  di  là  dell'  Elba ,   valicato    avessero  quel  fiu- 
me,  spinti  da  altri  popoli  vicini,  che  li  cacciarono  dalle   antiche 
loro  sedi. 
Germani  del  centro. 

Tra  gli  abitatori  del  mezzo  della  Germania  trovansi  i  Cherusci 
situali  vicino  al  Weser  ,  ed  i  Fosi }  collocati  presso  il  fiume  Fu- 
sa, che  tutti  sembrano  dirazza  Sveva  ;  ai  Cherusci  ed  ai  Longo- 
bardi vicini  erano  i  Reudingi,  gli  Avioni  ,  gli  sin  gli  ed  i  Vet- 
rini. Il  Cruvcrio  lesse  Deuringi  invece  di  Reudingi ,  e  forse 
meglio  si  leggerebbe  Heudingi  dal  che  verrebbono  ad  essere  in- 
dicati gli  abitatori  delle  pianure  di  Luueburgo  ,  tuttora  nominate 
Ileide.  Alcuni  scrittori  gli  Avioni  trasformarono  in  Caiboni  e  Ca- 
gioni; siccome  però  vicini  erano  agli  Eudingi,  il  nome  potevano 
aver  tratto  dal  fiume  Eluicnavia  ,  che  anticamente  dicevasi  Ava; 
e  forse  si  estendevano  sino  all'  Elba  ,  giacché  da  qualche  scrittore 
Latino  si  congiungono  cogli  Ertili,  e  questi  su  le  rive  dell'Elba 
erano  situati.  Gli  Angli  occupare  dovevano  il  litorale  alla  destra 
della  Olsazia  fino  a  Vaglia  ,  che  Tacito  rammenta  come  città  dei 
Cimbri.  I  Calne  onì  di  Tolomeo,  ed  i  Cauci  di  Strabone ,  for 
mavano  probabilmente  parte  del  popolo  medesimo  ,  e  situati  era- 
no presso  il  fiume  ,  detto  anticamente  Caluso  o  Trova. 
Altri  popoli  del  centro. 

I  Cimbri  da  Tacito  non  sono  riferiti  tra  gli  Svetti,  perchè  di 
tuli' altra  razza  credevansi  ;  i  Varini  però  Svevi ,  erano  abitanti 
su  le  rive  del  Warna,  ed  una  parte  di  essi  fu  detta  Eudoses  o 
piuttosto  Erdores ,  cioè  abitatori  dell' Oder ,  il  quale  avanti  l'e- 
poca dei  Romani  nomina  vasi  Svevo  o  Svina.  I  Svardoni  collo- 
cati erano  tra  1' Oder  ed  il  Yarta  ;  i  Nuitoni ,  tra  il  Varta  e  il 
fiume  detto  dagli  antichi  Notcssio,  che  forse  portò  anche  il  no- 
me di  N'itila  o  Villa  ,  come  Ne  astria  fu  detto  il  paese  invece  di 
Il "esilia.  Dopo  i  Nuitoni  trovavansi ,  secondo  Tacito,  gli  Ertnun- 
duri,  che  per  la  Turingia  ,  la  Misnia  e  la  Boemia  sino  al  Danu- 
bio stenclevansi  ;  alla  loro  destra  posti  erano  i  Narisei ,  abitatori 
della  Voigtlandia,  parte  della  Franconia  e  del  moderno  Palatiuato  ; 
i  Marcomanni ,  collocati  intorno  alla  Morava  e  stendenlisi  *iuo 
al  Danubio,  e  i  Quadi  dimoranti  nelle  terre  situate  tra  le  sor- 
genti dell"  Oder  e  il  Danubio  medesimo.  I  Marsiglie  o  Mar sin  gì 


304  DESCRIZIONE  DELLA   GERMANIA 

di  Tacito,  credonsi  comunemente  abitatori  delle  rive  della  Vistola, 
ed  i  Gotini  che  il  ferro  scavavano  ,  su  i  confini  trovavansi  dei 
Qaadi  e  dei  Sarmati,  secondo  Dione,  ed  a  que' popoli  pagavano 
tributo ,  dal  che  si  trasse  argomento  per  collocare  i  Qaadi  e  i 
Sarmati  alla  sorgente  della  Vistola  ed  alla  radice  dei  monti 
Carpazj.  Ma  la  lingua  di  cui  servivansi ,  sembra  ravvicinarli  ai 
Boii;  e  gli  Osi  vennero  forse  dalla  Pannonia  ,  e  si  stabilirono  sul 
fiume  Olsa  ,  che  nato  nei  monti  Carpazj ,  si  scaricava  nell'  Oder. 
Anche  i  Borii,  da  questi  non  lontani,  dovettero  trovarsi  origina- 
riamente presso  la  Vistola  ,  e  forse  da  questi  vennero  i  Burgondj. 
I  Ligii  molto  estesi  essere  dovevano  nella  Polonia,  ma  Tacito  gli 
indica  come  vicini  ai  Goti  ;  e  quindi  occupavano  forse  la  Prussia, 
la  Samogizia ,  la  Curlandia ,  la  Livonia  e  una  parte  del  golfo 
Finnico.  Parte  dei  Ligii  erano  gli  Elveconi ,  che  il  Colerò  colloca 
intorno  all'odierna  Elbinga,  come  gli  Arii ,  loro  vicini,  tenevansi 
presso  al  fiume  Passaria ,  ora  detto  Passero.  Dei  Manina  situati 
presso  il  fiume  Niemi ,  si  pretende  di  ravvisare  oggi  uà  vestigio 
nel  nome  di  Memel.  I  Naharvali  abitarono  le  rive  del  Narva, 
e  vi  costruirono  una  città  celebre  sotto  lo  stesso  nome  ;  tutti  però 
que'  popoli  Tacito  ascrisse  ai  Ligii ,  e  al  di  là  di  essi  situò  i 
Goti  o  i  Gotoni,  benché  Plinio  su  l'autorità  di  Pitea  li  collocasse 
presso  1' estuario  dell'Oceano,  detto  Mentoli  omo  ;  ma  Pitea  un'i- 
sola supponeva  il  luogo  al  quale  dai  flutti  si  portava  l'elettro  o  il 
succino ,  che  al  più  era  una  penisola  ,  i  di  cui  abitanti  ,  secondo 
Pitea  stesso ,  quel  bitume  ai  Teutoni  vendevano.  Osservano  alcuni 
scrittori,  che  da  Timeo  quel  luogo  viene  nominalo  Basilea,  e 
questo  greco  vocabolo  ravvisano  conservato,  o  piuttosto  tradotto, 
in  quello  di  Kònisbevg.  Quella  penisola  stessa  era  la  Glessaria , 
o  la  patria  del  succino  di  Pomponio  Mela. 
Gepidi. 

Il  nome  dei  Gepidi  si  interpreta  per  Residui  ,  o  abitatori  ri- 
masti dopo  l'emigrazione  dei  Goti;  questi,  secondo  alcuui  ,  con- 
tinuarono ad  abitare  nell'  isola  della  Vistola ,  e  dal  vocabolo 
Werdcr  ,  che  sìgniGca  isola,  detti  furono  Viridarii.  In  un  antico 
periplo  del  Baltico  si  suppone  ,  che  la  regione  situata  a  destra 
della  Vistola  appellata  fosse  Wittelandia ,  che  molti  eruditi  cre- 
dettero una  parte  della  Prussia  ,  e  di  là  derivarono  il  nome  di 
Vittoni ,  Guttoni ,  Gotoni  o  Goti. 


AVANTI   L'  EPOCA   BEI   ROMANI   ec.  2o5 

Regii  ,  Lemovii,  Estii. 

Dalle  rive  dell'  Oceano  fa  partire  Tacito  i  lìngii  ed  i  Lemo- 
vii y  ma  siccome  già  vedesi  quello  spazio  da  altri  popoli  occupa- 
to, può  credersi  che  questi  situare  si  dovessero  tra  l'Oder  e  la 
Vistola;  quindi  il  Cluverio  i  lìugii ,  riferisce  al  fiume  Rega  ,  i 
Lemovii  al  Lebba  ,  l'uno  e  1'  altro  fiumi  della  Pomcrania.  Non 
bene  si  intende  ,  quali  sieno  le  città  dei  Sujoni  o  Svioni  ,  situate 
nell'Oceano  medesimo,  secondo  Tacito;  nò  altrimenti  potrebbe 
interpretarsi  quel  passo,  se  non  indicati  credendo  sotto  quel  no- 
me gli  Svevi  derivanti  dagli  Svevi ,  e  cosi  dedurre  potrebbesi 
da  quel  passo,  che  la  Gotlanda  fosse  sino  dai  più  remoti  tempi 
abitala  dai  Sujoni,  confinanti  coi  Si  toni ,  che  sono  gli  odierni 
Lapponi ,  benché  coi  primi  terminasse  la  Svevia  propriamente 
detta.  Il  nome  di  Estii  venne  in  generale  attribuito  anticamente 
a  tutti  i  popoli,  che  dall'Elba,  e  una  volta  anche  dalla  Vistola, 
stendevano  sino  al  golfo  di  Finlanda  ,  detto  dai  Goti  Godano ,  e 
Svecico  dagli  Svevi  ,  come  dagli  antichi  geografi  si  raccoglie. 

antica  Svevia.  Celti. 

Sembra  adunque  ,  che  tutti  gli  abitatori  delle  regioni  della 
Germania  inferiore  venuti  fossero  da  quel  paese  ,  che  denominato 
era  dagli  antichi  Svevia.  Non  seguiremo  gTK-autori  Tedeschi  nelle 
loro  ampie  dissertazioni  colle  quali  pretendono  di  provare,  che 
dalla  Germania  ricevessero  i  primi  loro  abitanti  le  Gallie  e  l'Ita- 
lia. Piuttosto  potrebbe  con  quajche  frutto  ricercarsi  ,  se  i  Celti 
staccati  fossero  dai  Germani,  e  se  le  emigrazioni  loro  eseguissero 
dall'oriente  in  occidente  dopo  l'epoca  dello  stabilimento  de'Ger- 
mani.  11  Reno  ed  il  Danubio,  giusta  la  testimonianza  di  Dione 
e  di  altri  antichi  scrittori,  i  Galli  dai  Germani  separavano;  e 
allorché  quella  barriera  fu  dai  Galli  medesimi  superata  ,  lo  fu 
certamente  dai  Gallo-Celli ,  che  una  razza  diversa  di  Celti  co- 
stituire dovevano,  se  Celti  erano  in  origine  ancora  i  Germani:  nò 
a  sciogliere  la  quistioue  varrebbono  i  numerosi  vestigi  della  lin- 
gua Celtica  ;  che  in  tutta  la  Germania  ,  e  specialmeute  nelle  pro- 
vincie  vicino  al  Reno  ,  si  incontrano.  Forse  sopra  antiche  tradi- 
zioni fondato  ,  lasciò  scritto  Strabone  che  i  Galli  consanguinei 
erano  d<i  Germani,  e  Timagene  presso  Annoiano  Marcellino  in- 
dicò i  Gallo-Celti ,  come  aborigeni.  Certo  ò  che  i  vestigi  della 
lingua   Celtica  non    solo     trovatisi  frequenti    presso   al  Reno;    ma 


20'6  Descrizione  della  Germania. 

intorno    ancora    al   Sava ,   e    negli  antichi    idiomi  dei  Daci  e  dei 
Geli,  che  dai  Traci  derivavano,    secondo  Erodoto,  Menandro    e 
lo  stesso  S  trabone. 
Celti-Galli   distinti  dai  Germani. 

I  Cininierii,  male  a  proposito  da  alcuni  moderni  confusi  coi 
Cimbri  e  i  Cumerii ,  erano  essi  pure  di  Celtica  origine  ,  ma  Ger- 
mani non  erano  ,  perchè  al  di  là  del  Volga  stendevansi  per  la 
Tartaria  minore  e  maggiore  ,  sebbeue  si  credano  da  essi  nominati, 
tanto  il  Tanai  ed  il  Niesler ,  detto  anche  anticamente  Tanapro  , 
o  Danapro  ,  e  Danastro ,  quanto  il  Danubio.  Al  proposito  nostro 
non  servouo  gli  argomenti ,  coi  quali  si  tenta  di  provare  che  Cel- 
ti fossero  i  Reti,  i  Tasci ,  gli  Ombri,  i  Liguri  e  i  Veneti, 
giacché,  se  di  origine  Celtica  erano  que'popoli,  derivavano  essi 
dai  Gallo  Celti,  non  mai  dai  Celti -Germani  ;  Suida  però  sembra 
attribuire  una  origine  Germanica  ai  Cenomani ,  che  popolarono 
il  Bresciano,  il  Veronese,  il  Trentino  ;  e,  se  questi  ebbero  anti- 
camente un  duce  detto  Elitovio  ,  sembra  quel  nome  derivare  dal- 
l'antico  Teutonico;  collo  stesso  principio  si  troverebbe  nel  voca- 
bolo di  Ce.nomi ,  o  Cenomania  ;  il  significato  di  luogo  bello  o 
aprico.  Pretendono  all'incontro  gli  scrittori  Tedeschi,  che  i  Galli 
o  Gallo  Celti,  superato  avendo  il  Reno,  non  entrassero  nella 
Germania  propriamente  detta  ,  e  non  fossero  i  padri  dei  Germani 
o  dei  Franchi;  bensì  Eraclide  Pontico  presso  Plutarco  parla  dei 
Galli,  antichissimi  invasori  dell'Italia,  e  scesi  dai  monti  Iperbo- 
rei, sotto  il  qual  nome  Eschilo ,  Pindaro  ed  Apollonio  Rodio, 
indicarono  le  Alpi. 
Franchi  ,  Sassoni ,  Alemanni. 

Fuvvi  chi  immaginò ,  che  dalle  reliquie  dell'  esercito  di  Ales- 
sandro Magno  venuti  fossero  i  Franchi  e  i  Sassoni  ;  ma  questa 
favola  ,  accreditata  da  principio  da  Witichindo  ,  non  si  appoggia 
se  nou^clie  ai  nomi  di  Frisone ,  Sassone  e  Brunone ,  spacciati 
per  fondatori  di  altrettante  nazioni  nella  Germania  ,  il  che  però 
non  ha  alcun  fondamento  negli  storici  monumenti  ;  piuttosto  può 
credersi,  che  dalle  imprese  di  Alessandro  il  Grande  abbiano  pi- 
gliata i  Celti  l'occasione  di  invadere  una  parte  dell'oriente.  Che 
poi  gli  alemanni  traessero  1'  origine  loro  dai  Germani ,  provasi 
coli'  autorità  di  molti  scrittori ,  ed  anche  di  Livio  e  di  Flavio 
Vopiscoj  colla  etimologia  del  nome  di  Alemagna  ,  che    signiOca 


Avanti  l'epoca  dei  romàni  ec.  207 

terra  comune  o  di  pubblico  diritto  ,  e  colla  situazione  ad  essi  as- 
segnata da  Tacito  ,  che  li  collocò  tra   i  Boli  e  gli  Elvetici. 

Nome  della  Germania  antica. 

Oscuro  è  il  passo  di  Tacito  ,  nel  quale  ,  su  la  fede  di  autori 
più  antichi  ,  quello  storico  quasi  recente  asserisce  il  nome  di  Ger- 
mania ,  siccome  messo  in  campo  soltanto  all'epoca  in  cui,  avendo 
alcuni  abitatori  dell'antica  Germania  valicato  il  Reno  e  cacciati  i 
Galli,  si  dissero,  a  vicenda  ora  Tongri ,  ora  Germani,  cioè  sol- 
dati ,  o  uomini  di  guerra  ,  il  che  formò  piuttosto  un  titolo  d' o- 
nore  che  non  un  nome  proprio  della  nazione,  adottalo  dai  vinci- 
tori affine  di  incutere  timore.  Non  disse  Tacito  che  recente  fosse 
quella  appellazione,  ma  lo  affermarono  alcuni  scrittori  da  esso 
consultati,  i  quali  pure  errarono ,  secondo  1"  Eccardo  ,  perchè  dal 
popolo  degli  Erminoni ,  antichissimo  secondo  Tacito  e  Plinio , 
come  pure  da  Ermino  o  Irmino,  antico  eroe,  cambiato  poi  in 
Armiuio  ,  facile  riuscì  il  derivare  il  nome  di  Germania. 

Colonie  spedite  nel  settentrione. 

I  Germani  e  gli  Svevi  ,  gli  Asi  ,  i  Cimbri  e  i  Teutoni ,  spe- 
dirono certamente  ne'  tempi  più  remoti  numerose  colonie  nel  set- 
tentrione ,  benché  incerta  ne  sia  l'epoca;  e  può  facilmentre  cre- 
dersi che  duce  di  quelle  spedizioni  fosse  l' antichissimo  Thoro 
Thoro  ,  che  fu  poi  venerato  come  il  sommo  Dio  presso  i  Danesi 
e  gli  Scozzesi  ;  di  questo  però  si  parlerà  nuovamente ,  allorché 
si  tratterà  della  religione  di  que' popoli  più  antichi. 

Cimbri ,»  Teutoni  ed  altri  popoli. 

Se  i  Cimbri  abitavano,  secondo  Strabone  ,  nell'  Olsazia,  nella 
Vagria  e  nel  rimanente  del  Chersoneso  ,  di  là  stendendosi  dal- 
l'Elba sino  alla  foce  del  Reno,  da  Tacito  e  quindi  da  \ ellcjo 
compresi  sotto  il  nome  di  Germani,  i  Teutoni  abitare  dovevano 
l'estremità  o  la  punta  conica  del  Chersoneso  Gimbrìoo,  e  forse 
da  quella  conica  figura  trassero  il  nome  loro;  Pliftio  perà  a 
(juel  promontorio  diede  il  nome  di  Cimbrico  ,  il  che  molli  con- 
dusse a  confondere  i  Cimbri  coi  Teutoni.  I  Cimbri  stabiliti 
nella  Vagria,  delta  anticamente  Varegia ,  dopo  la  loro  sconfitta 
operata  da  Mario,  tornati  nelle  terre  loro,  furono  nominati  /  a- 
regi ,  Varcngi  o  Varanti  ,  e  per  abbrevazione  Franchi  ,  dal 
che  alcuno  dedusse  il  nome  di  Franchi;  dei  loro  ladronecci  e 
della  loro    pirateria    si    farà    menzione    allorché  si    ragioucrà    dei 


208  DESCRIZIONE    DELLA    GERMANIA 

loro  costumi.  Non  è  bea  noto,  quali  cagioni  movessero  i  Cimbri 
ad  uscire  dalla  patria ,  né  quale  strada  pigliassero  per  iscendere 
in  Italia j  strano  però  sembra  che  quella  pigliassero  della  Boemia, 
ed  evitare  volendo  la  nazione  guerriera  dei  Boii ,  andassero  a 
passare  l'Oder,  nel  luogo  ove  ora  giace  Francoforte  che  si  crede 
in  queir  epoca  costrutta  ;  certo  è  che  una  società  allora  formarono 
coi  Teutoni  e  cogli  Elvezj.  Se  Cimbri  vi  avevano  ancora  a'tem- 
pi  di  Strabone  nell'antica  loro  patria,  è  d'uopo  ammettere,  che 
molti  di  essi  e  dei  Teutoni  dopo  la  loro  disfatta  alle  case  loro 
tornassero;  e  quindi  si  accreditò  l'opinione  che  il  culto  Romano 
nella  patria  loro  recassero,  l'arte  altresì  di  lavorare  i  metalli,  e 
forse  1'  uso  delle  lettere  che  alle  antichissime  rune  furono  sosti- 
tuite. Una  parte  tuttavia  delle  terre  dei  Cimbri  venne  occupata 
da  altri  popoli ,  dai  binili  ,  Germani  di  origine  ,  che  poi  si  dis- 
sero Longobardi ,  e  che  il  Cluverio  malamente  confuse  coi  Vìn- 
doli  o  fraudali ,  il  Sassone  EJmoldo  coi  Viniti.  Questi  ristettero 
da  prima  per  alcun  tempo  nella  Scoringia  ,  e  seguiti  furono  dai 
Mandali  sotto  due  duci  nominati  Ambro  ed  Asso  ,  i  quali ,  ot- 
tenuta avendo  la  pace  da  Vodano  e  dalla  sua  moglie  Frea  ,  tran- 
quilli rimasero  in  quel  paese,  finché  la  fame  forzolli  a  passare 
nella  Mauringia.  La  Scoringia  situata  era  sul  lido  destro  del  Cher- 
soueso-Cimbrico  e  stendevasi  sino  al  fiume  Galuso  ,  detto  poscia 
Trava.  Gli  Assi  formavano  porzione  dei  Vandali  ,  e  forse  il 
nome  loro  traevano  da  quello  del  duce  testé  menzionato  ,  come 
altri  popoli  bellicosi  da  Ambro  detti  furono  Ambri. 
Catti  Selva  Gabreta. 

La  divisione  della  Germania  in  Superiore  o  prima,  ed  Infe- 
riore o  seconda,  non  trovasi  accennata  se  non  che  da  Dione.  Al- 
lora parlossi  dei  Catti  e  della  selva  Gabreta,  come  a' tempi  di 
Tiberio  lungamente  si  ragionò  dei  Sicambri.  I  Catti  altro  non 
erano  se  non  che  una  porzione  degli  Svevi ,  detti  Assi,  d'onde 
venne  il  nome  di  Assia  e  di  A  s  si  ani  ;  e  da  prima  abitarono  essi 
le  montagne  Artiche  ,  d'onde  l' odierno  Hartz,  poi  la  selva  Bnce- 
nia  o  Bnconia.  La  selva  Gabreta  fu  da  Strabone  confusa  coli  Er- 
ciniaj  l' Eccardo  però  con  buone  ragioni  dimostra,  che  questa 
essere  doveva  la  selva  Artica,  o  dell' Hartz  ,  la  quale  dal  Visurgi 
o  Yeser  stendevasi  anticamente  sino  all'Elba. 


AVANTI   L    EVOCA    1)1.1    liOMAM     VC.  UOQ 

Sistema  del  Cluverio. 

Troppo  grande  è  il  nome  di  Filippo  Oliverio  che  in  un'o- 
pera grandiosa,  pubblicata  presso  gli  Elzeviri  Dell'anno  i63|  , 
illustrò  la  Germania  antica  ,  perdio  non  si  debba  esporre  il  di  lui 
sistema  geografico  intorno  la  situazione  di  ([nella  provincia,  la  di- 
stribuzione del  suo  territorio  e  lo  stato  in  cui  trovavasi  avanti  i 
Romani.  Benché  egli  abbia  con  validi  argomenti  confatata  1'  opi- 
nione del  Bodino  ,  ohe  il  nome  di  Celtica  alla  sola  Gallia  aggiu- 
dicato aveva  ,  e  quella  pure  che  i  (salii  dai  Greci  ,  i  Germani 
d*i  Galli  fossero  derivati  ;  noi  non  ammetteremo  V  estensione  da 
esso  data  all'antica  Celtica,  nella  quale  entrare  fece  Pillino, 
tutta  la  Germania,  le  Gallie,  la  Spagna  e  le  isole  Britanniche; 
né  tampoco  lo  seguiremo  nel  lungo  racconto  che  fa  delle  gesta 
di  Asehcnaze,  pronipote  di  Noè,  che  egli  pretende  avere  coi  suoi 
figliuoli  e  nipoti  occupata  tutta  la  Celtica  ,  cioè  le  succennate  Pro- 
vincie, ed  avere  quindi  fondata  la  nazione  e  la  potenza  dei  Celti, 
Gli  argomenti  dei  quali  il  Cluverio  si  è  servito  a  sostegno  della 
sua  opinione,  sono  pigliati  dalla  storia  Mosaica  ,  nella  quale  Asche- 
naze  è  bensì  riferito  tra  i  figliuoli  di  Gomcr ,  ma  punto  non  si 
parla  della  sua  prosapia,  né  di  Celti;  e  dalla  convenienza  di  al- 
cuni nomi  delle  città  e  dei  luoghi  abitati,  non  che  da  varie  sti- 
racchiate etimologie,  colle  quali  si  vorrebbe  provare  l'identità  delle 
lingue  dei  diversi  popoli,  da  esso  creduti  di  Celtica  origine. 
Nomi  dei  Teutisci  e  dei  Germani. 

Merita  bensì  qualche  considerazione  la  derivazione  da  OMO 
fatta  del  nome  di  Teutisci,  non  già  dal  nume  Tuiscone,  da  noi 
sopra  menzionato,  ma  piuttosto  da  Theut,  Divinità  suprema,  e 
protettore  ,  o  anche  autore  della  nazione  de'  Celti  ,  che  for.se  fu 
male  tradotto  o  interpretato  da  Tacito.  Prova  altronde  il  Cluverio 
con  molla  erudizione,  che  il  nome,  di  Germania  era  ne' tempi 
più  antichi  un  vocabolo  peregrino,  inusitato  presso  que' popoli; 
che  il  nome  di  Germani  non  si  introdusse  se  non  se  nell'epoca 
in  cui  que' popoli  valicarono  il  Reno,  e  quindi  che'  a  torlo  .si  voi* 
loro  dai  Romani  appellali  i  Germani  col  nome  di  Gatti,  i  Galli 
con  quello  di  Germani. 
CoìiJìììì  della  Germania  antica. 

Per  quello  che  spetta  alla  grandezza  ed  ai  confini  della  Ger- 
mania   antica ,    prova  il    Cluverio   che  questa    superava  in  vastità 
Cost.  Voi.  IX.  dell'  Europa  i  \ 


2  1  O  DESCRIZIONE  DELLA  GERMANIA 

tulte  le  altre  Provincie,  da  esso  supposte  dell'antica  Celtica,  in- 
sieme unite;  e  contra  l'autorità  di  Tolomeo,  che  alla  Germania 
assegnava  per  confini  il  Reno,  il  Danubio,  la  Vistola  ed  il  mare 
Germanico  ,  sostiene  che  oltre  la  Vistola  Germani  erano  gli  abi- 
tatori della  Prussia  e  della  Livonia  ,  oltre  il  Danubio  quelli  del- 
l'Austria  ,  della  Stiria,  della  Carimi»,  della  Baviera  e  della  Sve- 
zia, oltre  il  Reno  gli  Elvezj  ,  gli  Alsaziani  e  i  Lorenesi;  al- 
l'autorità quindi  di  Tolomeo,  nativo  dell'Egitto  e  ignaro,  come 
egli  dice,  di  quelle  regioni,  i  testi  oppone  di  Plinio,  di  Tacito 
e  di  altri  che  ben  conobbero  la  Germania  }  il  Belgio  e  tutte  le 
circostanti  provincie. 
Germania  Cisrenana  e  Transvenana.  Popoli  diversi. 

Passa  quindi  il  Cluverio  a  dividere  la  Gei-mania  in  Cisrenana 
e  Transrenana:  e  mostra  che  il  Belgio  non  era  già  l'antica  Bel- 
gica ,   di  cui   tutti  i   popoli    erano  di   origine   Germanica ,  ma  una 
piecola  parte  della  medesima  ;    che    dagli  Alemanni   usciti  dalla 
Germania  fu  occupata  tutta  la  regione  Elvetica;  che  confinanti  con 
questi  erano  i  Rauraci,  detti  ancora    Raurici  e  Iìauriaci  ,  forse 
situati  ove  ora  è  Basilea;  che  nelle    valli    del   Rodano  ed  intorno 
al  lago  Lemano  ,   abitavano  i  aeragli,  i  Sedani  ed  i  Nantuali  ; 
che    i  Latobrigi  e  i  Tulingi   soggiornavano    tra  il  Reno ,  il  lago 
di  Costanza   e  il  monte  Giura;  che  i  Sequani   erano  dal  Rodano 
divisi  dagli  ylllobrogi   e  stendevansi    sino  al  Reno ,  i  Medioma- 
trici confinanti  con  essi,  il  territorio  posto  tra  la  Mosa  ed  il  Reno 
occupavano.    Parla    in    appresso  dei  Tribocci ,    dei  Nemeti  e  dei 
Mangioni  ,  popoli  lutti  Germanici,    che   nelle  emigrazioni  loro  il 
Reno  valicarono  ,  benché  incerta   ne  sia  1'  epoca  ,  e  stabilironsi  ove 
oggi   sono  Spira,  Vormazia  ,    Cobìentz  ,    Andernach  ecc.,  sebbene 
i  Tiibocci  da  alcuni  si  collochino  intorno  a  Strasburgo,  e  i  Man- 
gioni a  Magonza;  parla  dei  Treveri  confinanti  coi  Mediomatrici, 
dei  quali  ancora  conserva  il  nome  l'antica  loro  sede;  parla  degli 
Eburoni ,  dei  Condrusii ,  dei  Segni,  dei    Ceresii  e  dei  Pemani, 
che  tutti  furono  una  volta  compresi  sotto  il  nome  di  Germani.  I 
primi  di  que'  popoli  ,  finitimi   tutti   coi  Treveri ,  erano  i  più  set- 
tentrionali, e  stendevansi  sino  alle  rive  del  Reno,  benché   non  si 
trovi  chiara     menzione    delle    loro  città;   i    Segni  e    i    Condrusii 
abitavano  tra  gli  Eburoni  e  i  Treveri,  e    forse    in   quella    regio- 
ne trovavansi  anche  i  Ceresii  ed  i  Pemani.  Il  trovare  nei    Com- 


avanti  l:  epoca  dei  romam  ec.  211 

tneiitavj  di  Cesare  menzionati  i  Cevesii ,  che  ambasciatori  spe- 
dirono a  quel  duce,  farebbe  quasi  nascere  qualche  pensiero  sul- 
la origine  del  nome  di  Ceresio  dato  al  lago  di  Lugano,  che  pe- 
rò non  vedesi  introdotto  se  non  se  nel  quinto  secolo  dell'Era  Cri- 
stiana. 
Altri  jwjwli  del  cenlvo. 

I  Menapii  venivano  in  seguito  agli  Ebuvoni  verso  il  setten- 
trione ,  e  forse  la  Fiandra  odierna  occupavano  sino  al  mare  Ger- 
manico ;  gli  Ubii  stanziavano  su  la  riva  del  Reno  che  giace  tra 
Ma  gonza  e  Colonia  ,  e  dai  Romani  soltanto  trasferiti  furono  nella 
Gallia  ;  i  Gugevni  quelli  sono  per  il  Cluverio ,  che  su  la  riva 
destra  del  Reno  dicevansi  Sicambvi  ,  e  poscia  passati  nella  Bel- 
gica ,  confinanti  furono  coi  Baiavi;  cosi  i  Sanici  su  la  destra  di 
quel  fiume  nomavansi  Catti  ,  e  passati  al  di  là  occuparono  le 
terre  situate  tra  la  Mosa  ed  il  Roer.  Inutile  sarebbe  il  ricercare 
la  sede  dei  Tongri  ,  perchè  i  primi  che  il  Reno  valicato  aveva- 
no ,  ora  Tongri ,  ora  Germani  ,  come  già  si  è  detto  di  sopra  , 
indistintamente  si  appellarono;  una  città  tuttavia  dei  Tongri  viene 
menzionata  nel  libro  Delle  provili  eie  e  delle  città  della  Gallia, 
e  forse  è  questa  la  stessa  clic  V  Atuatuco  di  Tolomeo,  da  altri 
assegnata  agli  Ebuvoni.  Erano  però  vicini  ai  Menapii  gli  Adua- 
tici  o  Atuatici ,  che  poscia  detti  furono  Betasii ,  e  tra  le  città 
di  questi  si  nomina  nell'Itinerario  di  Antonino,  Aduaga  dei 
Tongri.  Agli  Aduatici ,  o  ai  Betasii,  prossimi  erano  i  Nevvii , 
il  di  cui  territorio  ,  sparso  di  paludi  e  di  foreste ,  comprendeva 
anche  la  selva  celebre  di  Àrdenti!  ;  i  Centvoni ,  i  Gradii  ,  i  Le- 
vaci ,  i  Pleurnosi  ed  i  Gavduni ,  abitanti  forse  dell'odierno  Ar- 
tois  ,  tutti  erano  Germani ,  secondo  il  Cluverio  ,  e  poscia  con  ui\a 
sola  generale  appellazione ,  nominati  furono  Sveconi* 
Popoli  delle  Gal  He. 

Dalla  parte  del  mezzodì,  vicini  e  confinanti  coi  Nervii  già 
menzionati,  trovavansi  i  fcvumandui  ;  seguivano  gli  Ambiani , 
dei  quali  però  il  Cluverio  ammette  l'origine  Gallica;  a  questi 
apparteneva,  secondo  la  Tavola  Peutingeviana  e  V Itinerario  di 
Antonino,  il  Mcdiolano  degli  Aulcvci ,  d'onde  forse  per  somi- 
glianza del  luogo  fu  dedotto  il  nome  della  nostra  Milano.  Galli 
erano  pure  gli  Atvebati ,  i  quali  però  compresi  furono  nelle  di- 
ciassette  provincie  della  Germania  inferiore  ',    confinanti  essi  cogli 


U 13  DESCRIZIONE    OF.LLA    GERMANIA 

Ambirmi ,   separati  erano  dai  Morirti  per   mezzo  d«l  fiume  die  si 
getta  nell'Oceano  presso  Boulogne  ,  e   anch'essi  occupavano    por- 
zione del  moderno  Artois  e  piccola  pule  dell'  Hainaut. 
Popoli  vicini  alle  coste. 

I  Brinimi  e  gli  Oromausaci ,  trovavansì  presso  le  rive  del 
mare  Germanico ,  e  male  a  proposito  in  alcune  edizioni  di  Plinio 
fu  cambiato  il  nome  di  Brianni  in  quello  di  Britanni.  I  Mo- 
rini  prossimi  agli  Atrebati  ,  situati  erano  vicino  allo  stretto,  ora 
detto  la  Manica,  e  dai  Romani  ritenevansi  come  i  Belgi  o  i 
Germani  più  distanti  da  Roma  ;  i  Toxanàri  o  Taxandri  ,  da 
alcuni  sono  collocati  nelle  isole  Selnndiche,  dal  Cluverio  tra  il 
Reno,  la  Mosa  e  la  Sclielda  ,  delta  dagli  antichi  Scaldi ,  d'onde 
l'orse  stcndevansi  sino  al  lido  del  mare. 
Baiavi  ed  isola  Batavica. 

À  lungo    ragiona  il  Cluverio  dei  Baiavi,  della  loro  origine  e 
del  nome  loro  ,  del  die  verrà  occasione  di  parlare  altrove  ,   e  così 
pure    tratta    diffusamente  della  situazione  dell'isola  dei  Baiavi    e 
della  lunghezza    della    medesima.   I  Baiavi  egli  pretende    discen- 
denti  dai  Catti,  e  anzi  dai   Catti- Assiemi ,  e  quindi   certamente 
di  origine  Germanica;  l'isola  Batavica  colloca  alla   foce  del  Reno 
e  nota  che  nella  Tavola  Itineraria,  come  pure  nel  lib.  LIV.  ài 
Dione  ,  si   scrisse  Patavia  per  Batavia  ,  e  i  Batavi  furono  trasfor- 
mati in   Palavi.  QuelP  isola    però  volle    bagnata  da  un    lato    dal 
iìume  Wahal  e  dall'imboccatura  della  Mosa,  dall'altro  dalla  cor- 
rente maggiore  del  Reno;  e  qui  egli   esamina  quale  fosse   ne'  di- 
versi tempi  antichi    l'alveo  di  que' fiumi,   e  fa  vedere    come  una 
pirte  del  Reno  si  scaricasse  da  poi  nel  Lech  ,  il  che  gli   apre    iì 
campo  a  lunga   dissertazione  su  la  Fossa  di  Gorbulone  ,  ed  anche 
alla  confutazione  di  coloro  che  l'isola  de  B atavi  vollero  estendere 
sino    al    fiume  Issel  e  al  lago    dagli    antichi    detto  Flevo.  Mostra 
però  che  i  Baiavi    di    molte  terre  possedevano  fuori  dell'isola    e 
su  le  Galliche    rive  ,  massime  tra  il  Wahal    e    la  Mosa  ,  e  parla 
dei   Canincfati  che  una  parte    dell'isola  stessa  abitavano;  distin- 
gue per  Tiltimo  contra  il  Giunio  la  Batavia    nuova    dall'antica,  e 
questa  alla  Germania  attribuisce  ,  quella   perchè  separata  dal  Re- 
no ,  alla  Gallio. 
Popoli  Transrenani. 

Fin  qui  dei  popoli  che ,  valicalo  avendo  anticamente  il  Reno; 


AVANTI  L'EPOCA   DÈI   ROMANI    OC.  21  3 

una  Germania  formarono  al  di  là  di  ;j:icl  fiume ,  e  la  maggior 
parlo  della  Gallia  Belgica  occuparono.  Ora  nella  Germania  pro- 
priamente detta,  o  nella  Transrenana  ,  compajono,  secondo  il 
Clnverio ,  i  popoli  menzionili  da  Plinio  e  da  Tacito,  cioè  i  Vinr 
tlili ,  gli  Ingevoni*  gli  fstevoni ,  gli  Ermiinini  o  Emìoni,  e  i 
Peuciiii,  detti  anche  Bastami ,  i  quali  presentano  una  generale 
divisione  di  tutta  la  provincia.  Seguono  gli  Eh'ezj,  Galli  forse 
d'origine,  in  tempi  remotissimi  passati  nella  Germania,  e  stabi- 
liti tra  il  Reno,  il  Aleno  e  la  selva  Ercinia  ;  i  Marcomaiini ,  i 
ScdiLsii  e  gii  Arudi,  in  epoca  pure  assai  lontana  situati  presso 
le  rive  del  Reno,  e  quindi  trasferiti  nella  Boemia;  i  Galli  pas- 
sati ad  abitare  tra  il  Reno  e  il  Danubio  ,  e  sotto  il  Romano  do- 
minio possessori  de'  Campi  Decumani  ,  i  quali  in  epoca  posteriore 
delti  furono  Alemanni  o  Alamanni \  i  Calti,  delti  anche  Cassi, 
ed  Assi  o  Assiani  ,  che  il  Clnverio  pretende  male  a  proposito 
nominoti  Svevi  da  Cesare  e  da  altri  antichi  scrittori.  Confinanti 
con  questi  erano  gli  Ubii  che  già  vedemmo  passati,  almeno  in 
parte,  nella  Gallia  o  nella  Germania  Cisrenana  ;  i  Maniaci  da 
alcuni  geografi  collocati  furono  nelle  isole  Selandiche,  e  dal  Cln- 
verio si  rivendicano  alla  Germania  ed  alle  rive  del  Reno  ,  qua- 
lora non  piaccia  di  cambiare  il  nonio  di  Marpurgo  in  Martpurgo, 
e  situarli  nell'Assia  presso  un  monte  ferace  di  metalli,-  dal  lato 
del  settentrione  prossimi  ai  JMattiaci  erano  i  Janni,  che  pure 
abitavano  intorno  alla  Mosa ,  e  cogli  Ubii  confinavano  Ugual- 
mente a  settentrione  i  Sigambri  o  Sicambri  ,  i  (piali  poscia  cac- 
ciati,  come  si  disse,  al  di  la  del  Reno,  nominali  furono  (infer- 
ni. A  questi  succedettero  nel  possedimento  delle  loro  terre  i 
Tentali  e  gli  Usipeti ,  detti  anche  Usipii,  forzati  a  lasciare  i 
paesi  loro  dai  Citili,  e  stabilirousi  principalmente  su  la  destra 
riva  della  Lupia  o  dell'odierno  Lippa  ;  coi  Sicambri  confinavano 
pure  i  Sfarsi  e  i  Marsaci  ,  nominati  ancora  iMarsazii  ,  i  quali 
poscia,  stanchi  di  abitare  le  rive  del  Reno,  le  terre  loro  cam- 
biarono coi  B ruderi  ;  e  ai  Sfarsi  e  ai  Bruciori  finitimi  erano  i 
Tubanti,  i  quali  formando  uni  piccola  popolazione,  appena  veg- 
gonsi  nominati  digli  antichi  scrittori.  Più  celebri  erano  certamente 
i  Bracieri,  che  dil  fiume  Lippa  suindicato  sin  «piasi  all' Oceano 
si  stendevano.  I  campi  che  appartennero  un  tempo  ai  Tubanti  ed 
agli   Usipii,     posseduti     erano   in   epoca    anteriore   dai    Carnali,    e 


2l4  DESCRIZIONE    DELLA    GERMANIA 

dagli  Angrivarii  ,  i  quali  occuparono  poscia  le  terre  dei  Bructe- 
ri }  sembra  che  i  primi  almeno  stabiliti  fossero  più  anticamente 
in  riva  al  Reno ,  e  che  poscia  occupassero  anche  le  sponde  del 
Weser.  Ma  poiché  i  Carnali  e  gli  Angrivarii  nel  paese  dei  Bru- 
cteri  si  intrusero  ,  la  loro  sede  originaria  fu  a  vicenda  occupata 
dai  Dulgibini  o  Dulgumnii ,  e  dai  Casuari ,  detti  anche  Cat- 
tuari.  Tolomeo  i  Dulgumnii  collocò  al  di  sotto  dei  Laccobardi , 
che  taluno  sospettò  essere  i  Longobardi  da  noi  conosciuti.  I  Ca~ 
suari  colloca  Tolomeo  stesso  al  di  sopra  degli  Svevi  ,  non  lungi 
dalla  sede  degli  An grivarii ,  e  per  quella  via  passarono  essi  nei 
campi  de'  Camavi. 
Continuazione. 

Si  nominano  ancora  gli  Ansibarii ,  o  Ampsibarii,  o  Anipsi- 
varii ,  che  cacciati  dai  Catti  portaronsi  verso  il  Reno  ed  i  con- 
fini invasero  degli  Usipii',  e  i  Frisii,  benché  riguardati  come 
confinanti  coi  Baiavi  ,  rimanevano  tuttavia  su  la  riva  destra  del 
Reno,  e  fronteggiavano  le  terre  occupate  dai  Dulgibini ,  dai  Ca- 
suari e  da  altri  popoli:  alcuni  tuttavia,  su  l'appoggio  di  una 
Irase  di  Tacito,  vorrebbono  collocarli  su  le  rive  dell' Issel. 
Dei   Gauci  e  dei  Franchi. 

Già  da  noi  altrove  si  è  parlato  dei  Cauci ,  detti  anche  Cau- 
chi  ;  la  Tavola  Itineraria ,  li  colloca  presso  gli  Ampsivarii  ,  e 
l' Etico  nella  Cosmografia  li  nomina  Catti  gauci,  forse  per  non 
averli  ben  separati  dai  Catti.  I  Cauci  non  lontani  erano  dall'El- 
ba, e  le  rive  abitavano  dell'  Oceano  Germanico ,  d' onde  ebbe 
probabilmente  origine  la  loro  pirateria  ,  della  quale  pure  si  è  par- 
lato. Assai  numerosi  erano  certamente  que' popoli,  che  al  dire  di 
Tacito  un  immenso  spazio  di  terra  non  possedevano  soltanto,  ma 
riempivano  ;  da  essi  separati  erano  per  mezzo  del  Weser  i  Che- 
rusci ,  essi  pure  potenti  ,  e  i  Campsani ,  e  i  Catulci ,  o  Ca- 
tulconi ,  detti  clienti  dei  Cherusci  medesimi.  Al  di  là  dell'  Elba, 
secondo  il  Cluverio ,  abitavano  i  Franchi ,  da  esso  riferiti  tra  le 
nazioni  Transalbiane.  Questa  nazione  da  esso  appellata  JYobilissi~ 
ma,  ebbe  il  possedimento  di  una  terra  Germanica  che  detta  era 
Francia  ,  ma  poscia  uscì  ad  invadere  lontane  regioni ,  e  si  estese 
oltre  il  Reno  ed  il  Danubio:  nella  Tavola  Itineraria,  benché 
in  questo  luogo  guasta  e  corrotta ,  si  registrano  come  abitatori 
delle  rive  del  Reno  presso  il  lido  dell'Oceano,  i  Cauci,  i  Clic 


AVANTI    L    EPOCA    DEI    KOMANI    OC.  21  5 

rusci ,  i  Camavi ,  che  si  suppongono  la  stessa  cosa  che  i  Fran- 
chi ,  e  su  quella  riva  in  grandi  lettere  majuscole  è  scritto  il  no- 
me di  FRANCIA  ,  dal  che  trae  argomento  il  Oliverio  per  dimo- 
strare che  Germani  erano  i  Francia  ,  e  che  invasa  avendo  essi 
tutta  la  Francia  odierna,  vi  si  stahiiirono  in  gran  numero,  e 
spensero  quasi  il  nome  di  Gallia,  quantunque  altra  parte  di  essi 
nella  Germania  Transrenana  rimasta  ,  le  terre  degli  Alemanni 
dintorno  al  Meno  invadesse,  d'onde  nacque  la  divisione  di  Fran- 
cia occidentale  ed  orientale,  e  quest'ultima  fu  poi  detta  Frati- 
conia. 

Due  Sasso/ne. 

Riconosce  anche  il  Cluverio  ,  che  i  Fosi  confinanti  coi  Che- 
rasoi ,  non  diversi  erano  dai  Sassoni ,  ma  due  Sassouie  distin- 
gue,  l'una  situata  nell'odierna  Olsazia,  l'altra  tra  i  Cherusci 
e  i  Cimbri.  Il  vedere  menzionato  da  alcuni  antichi  scrittori  che 
la  Sassonia  era  una  terra  quasi  inaccessibile ,  circondata  da  palu- 
di e  da  regioni  inospite  ;  da  altri  che  i  Sassoni  aiutavano  nei  li- 
di dell'Oceano  e  nelle  vicine  paludi,  farebbe  credere  che  stabi- 
liti si  fossero  i  Sassoni  anche  nella  penisola  Gimbrica  ,  al  di  là 
dell'Elba  e  sino  al  mare  di  Svezia,  qualora  que' testi  riferire  non 
si  dovessero  alla  Caledonia  dai  Sassoni  occupata. 

Cimbri. 

Non  lontani)  ansi  confinanti  coi  Sassoni,  erano  i  Cimbri,  e 
secondo  Plinio,  Carici  nominavasi  il  promontorio  Cimbrico  che, 
prolungandosi  nel  mare  ,  formava  una  penisola.  Se  pigliare  si  do- 
vesse alla  lettera  un  passo  di  Strabone  ,  sino  dai  tempi  di  Omero 
i  Cimbri-Germani  dalla  Cimbrica  penisola  passati  sarebbono  al 
Ponto,  e  quindi  recati  sarebbonsi  nell'Asia.  La  regione  che  giace 
frammezzo  ai  Snssoni  di  Tolomeo  ed  ai  Cimbri ,  sarebbe  ora  il 
Jutland,  latinamente  nominato  Jutia ,  dalla  quale  appellazione 
trassero  alcuni  il  nome  dei  Juli  o  dei  Goti.  Il  Cluverio  ò  d'av- 
viso, che  i  Cimbri  i  primi  fossero  tra  tutti  i  Germani  che  usciti 
dalla  patria  loro  scorressero  vittoriosi  la  maggior  parte  dell'  Eu- 
ropa ,  e  per  dugento  quaraut'anni  iucirca  sostenessero  colle  armi 
la  gloria    del  loro  nome. 

Isole  Germaniche. 

Germaniche  erano  certamente  le  isole  situate  lungo  i  lidi  dei 

Cimbri ,  dei  Sassoni ,  dei  Cauci  e  dei  Frisii ,  delle  quali   Plinio 


2l6  DESCRIZIONE    DELLA    GERMANIA 

ne  contava  sino  a  ventitré  dai  Romani  conosciute ,  e  tre  ne  nomi- 
nava come  nobilissime,  cioè  Burcana  ,  detta  dai  Romani  Fabaria, 
la  Glessaria  ,  così  appellata  per  cagione  del  succino  anticamente 
nominalo  Glessum  e  dai  Barbari  detta  Aastranìa ,  iuoltre  Ana- 
nia. Il  nome  di  Burcania  si  ravvisa  nell'  odierno  di  Borkun  e 
Ortelio  credeva  di  trovare  1'  Attania  in  Heiligeland,  e  la  Glessa- 
ria o  1'  Austrauia  nell'  Isola  di  Ameren. 
Svevia. 

Antichissimo  riconosce  il  Cluverio  il  nome  di  Svevia  ,  della 
quale  però,  a  cagione  della  sua  grandissima  estensione,  difficile 
sarebbe  il  trovare  gli  antichi  limiti  ,  giacché  Tacito  stesso  ed  al- 
tri riconoscevano  che  gli  Svevi  occupavano  la  massima  parte  del- 
la Germania ,  e  insieme  formavano  cinquantaquattro  popoli.  Il 
Cluverio  porta  que' limiti  all'Oceano  settentrionale  ed  alla  peni- 
sola dei  Cimbri  da  due  lati  ,  da  un  altro  al  golfo  Codano  o  al 
Baltico,  e  finalmente  dall'Elba  al  Meno  ed  al  Danubio;  i  quali 
confini  però  quelli  erano  de' tempi  di  Tacito,  mentre  forse  da 
prima  più  ancora  gli  Svevi  estendevansi ,  e  fors' anche  nella 
Norvegia. 
Popoli  Svevi. 

Primi  tra  i  popoli  Svevi  erano  i  Sennoni ,  abitatori  di  una 
parte  della  Polonia  minore  tra  i  fiumi  Warta  e  Oder ,  di  una 
parte  della  Slesia  ,  della  Lusazia  e  di  alcune  provincie  ora  appar- 
tenenti alla  Sassonia;  i  Longobardi ,  confinanti  a  settentrione  coi 
Sennoni  ;  e  situati  su  le  rive  dell'  Elba ,  ove  oggi  è  la  Marca  di 
Brandeburgo  ;  i  Dcuringi  ,  i  Cavioni,  gli  Angli,  i  Varini ,  gli 
Eudosi,  gli  Svardoni  e  i  JYuito?ii,  i  quali  un  solo  corpo  federa- 
tivo formavano,  ed  occupavano  lo  spazio  interposto  tra  l'Elba  el 
il  Caluso ,  e  il  mare  detto  Svevico.  Seguivano  gli  Ermunduri,  abi- 
tanti lungo  il  Danubio ,  e  stendentisi  sino  alla  Rezia  ;  i  Narisù 
o  Naristi ,  detti  in  epoca  posteriore  Armalausi ,  situati  essi  pure 
su  le  rive  del  Danubio  tra  gli  Ermunduri  e  ì  Marcomanni  abi- 
tatori della  Boemia  insieme  coi  Boii,  che  poscia  cacciati  furono  dai 
Marcomanni  medesimi  ;  i  Quadi ,  non  situati ,  dice  il  Cluverio , 
nell'odierna  Slesia,  ma  bensì  su  le  rive  anch'essi  del  Danubio  vi- 
cino ai  Marcomanni  ed  agli  Ermunduri ,  più  veramente  nella 
Moravia  d'oggidì;  i  Gotìni,  i  Marsingi,  gli  Osii  e  i  Burli,  ciati 
da  un  lato  dai    Marcomanni  e  dai   Quadi,  dall'altro  dai  monti 


AVANTI    L    EPOCA    DEI    ROMANI    eC.  21 7 

della  Boemia  e  d.il  fiume  Morava  ,  prossimi  i  Gotini  e  gli  Osii  ai 
Sarmali  Jazigi,  i  Marsingi  e  i  Burii  al  fiume  Oder  ;  così  pure 
i  Li  gii  o  Lugii ,  o  Lugi  ,  o  Logioni ,   confinanti  cogli   Osii  e  coi 
Burii;  i  (intoni,  detti  anche  Gittoni,  Gattoni,    Gittoni,   Goti 
e  Gotti  ,  che  a  settentrione  fiancheggiavano  i  Li  gii ,  e  Goti  detti 
non  furono  se  non  un  secolo  dopo  Tolomeo,  secondo  Pitea,  citato 
da  Plinio,  una  porzione  del  lido  dell'Oceano  occupavano;  secondo 
Tacito,  non  abitavano  se  nou  che  regioni  mediterranee  tra  i  Li  gii 
e  i  Rugii  o  i  Lcmori;  opina  tuttavia  il  Cluverio,  che  realmente 
si    stendessero    sino  al  mare  ,  e  che  essi  i    medesimi    fossero  che 
Goti  delti  furono  da  poi,  benché"   ei  li    distingua    totalmente  dai 
Geli.  Parla   pure  della  distinzione  dei   Goti  orientali    ed  occiden- 
tali ,  d'  onde  vennero  i   nomi  di  Ostrogoti  e   Visigoti.    I  Gepidi 
crede  egli  ,  appoggiato  a  Giornande ,  parte  dei  Goti  medesimi,  che 
ritratta  erasi  in  un'isola  posta  alla  foce  della  Vistola,  malamente 
da  Apollonio  Rodio  confusa  col    Rodano  e  col  Pò  ,  ove  detti  fu- 
rono V'iridarti  ed  anche  Vidioari  ;  forse  occuparono  essi  il  luo- 
go, ove  ora  è  Danzica.  Ai  Goti  unironsi  nelle  loro   emigrazioni, 
o   piuttosto  nelle  loro    invasioni  di    molte    provincie  dell'  Europa  , 
gli  Fruii ,  i    Vandali ,  i   Rugii ,  e    finalmente   i    Bastami  ,  seb- 
bene da  alcuni  scrittori  gli  Bruii  vengano  uniti  ai   Rugii,  da  al- 
tri  ai   Lemorii  ;  coi  Rugii    certamente    confinarono    a    mezzodì  i 
Sidini  ,  e  ad    occidente  i    Carini  ,  dei    quali  due    popoli  più  doq 
viene  fatta  akuna  menzione  dopo  Plinio  e  Tolomeo. 
Burgundii. 

Seguono  pure  i  Burgundii  o  Burgundioni ,  i  quali  al  dire  del 
Cluverio,  una  parte  considerabile  della  Polonia  occupavano;  e 
di  là  venuti  da  prima  ad  impossessarsi  delle  terre  degli  Alemanni 
loro  vicini ,  passali  poscia  nella  Rezia  e  nella  Elvezia  ,  giunsero 
al  fine,  cacciati  dagli  Unni,  ad  invadere  la  parte  della  Gallia  che 
fiancheggiata  era  dal  Reno. 
Discussioni  del  Cluverio. 

Non  seguiremo  più  oltre  il  Cluverio  nell'esame  dell'origine, 
che  egli  crede  antichissima,  dei  Palatinati  della  Germania,  nò 
tampoco  nelle  sue  discussioni  su  l'Oceano  settentrionale,  detto 
anche  Germanico,  sul  golfo  Codano  ,  nominato  altresì  mare  Sve- 
vico ,  e  in  parte  golfo  Yenedico  da  Tolomeo,  su  la  Scandinavia, 
delta  anche    Scandia  e  Scanzia  ,  e  su  la    Finningia  ,    sull'  isola  di 


2l8  DESCRIZIONE    DELLA    GEKMANlA 

Thule  e  su  le  isole  minori  del  suddetto  mare  Germanico  ;  ma  non 
lascieremo  di  indicare  ,  che  egli  all'  antica  penisola  della  Scandi- 
navia assegna  per  abitatori  gli  Sveoni  ,  gli  Ellevioni ,  gli  Scani, 
i  Gufi ,  i  Lappioni ,  gli  Scritojìniii ,  i  Marchifionni  ed  i  Suoni 
o  i  Normanni ,  che  egli  forse  con  eccessiva  parzialità  sembra  tutti 
ritenere  Germani  di  origine,  e  le  di  cui  terre,  come  egli  dice, 
parte   formavano  dell'  antica  Svevia. 

Peucini. 

Venendo  poi  alla  estremità  o  al  lato  orientale  della  Germania  , 
trova  il  Cluverio  i  Peucini,  detti  ancora  Bastami,  che  Plinio  du- 
bitava ,  se  ai  Germani  o  ai  Sarmati  ascrivere  dovesse ,  sebbene 
Germani  apparissero  perla  lingua,  per  la  religione,  per  la  situa- 
zione e  per  il  domicilio,  e  Polibio,  Livio  e  Plutarco  ne  formas- 
sero una  nazione  Gallica.  Il  Cluverio  crede  coli'  autorità  di  Plu- 
tarco medesimo  di  poterli  aggregare  ai  Germani ,  e  lo  erano  cer- 
tamente i  Peucini  propriamente  detti,  se,  come  accenna  Stra- 
bone,  un'isola  in  mezzo  al  Danubio  abitavano.  Del  rimanente  for- 
mavano i  Bastami  varie  nazioni,  oltre  i  Peucini  suddetti,  cioè 
gli  dtmoni,  i  Sidoni  e  i  Carpiani,  abitatori  forse  dei  monti  Gar- 
pazj.  I  Venecli  veramente  ,  abitatori  delle  rive  della  Vistola  presso 
ai  Bastami ,  il  Cluverio  assegna  ai  Sarmati  ;  ma  gli  Estii ,  si- 
tuati tra  i  Venedi  e  gli  Slavi  ,  ritiene  tra  i  popoli  Germanici , 
opinando  che  nella  odierna  Prussia  e  nella  Livonia  stabiliti  fossero, 
forse  con  più  estesi  conCui  che  non  sono  gli  attuali  di  quelle  Pro- 
vincie. Agli  Estii  aggiunge  gli  Sciri  e  gli  Irri  ,  che  cogli  Estii 
formavano  una  sola  nazione ,  benché  i  secondi  menzionati  sieno 
soltanto  da  Plinio. 

Ultimi  Germani. 

Ultimi  abitatori  della  Germania  reputa  egli  i  Fumi,  o  Fenni, 
benché  da  Plinio  e  da  Tolomeo  collocati  sieuo  tra  i  Sarmati. 
Torna  quindi  su  i  cinque  popoli  ,  nei  quali  divisa  fu  da  Plinio 
tutta  la  Germania,  e  nota,  che  i  V indili  ,  detti  poscia  Vandali, 
originar]  non  furono  della  Scandinavia  ,  ma  piuttosto  delle  regioni 
poste  verso  il  golfo  Codauo  ,  o  il  mar  Baltico  ;  che  gli  Ingevoni 
bensì  tutta  la  Scandinavia  un  tempo  occuparono;  che  gli  Istevoni 
non  furono  totalmente  mediterranei  di  abitazione ,  come  alcuno 
lesse  in  Plinio,  ma  bensì  gran  parte  occuparono  del  lido  Germa- 
nico ;  che  gli  Ermioni  o  Erminoni  invece ,  con  tutta  la  nazione 


AVANTI  L'  EPOCA  DEI   BO.MANI   e«.  219 

Sveva,  gli  Errnimduri,  i  Catti  e  i  Cherusci ,  possedevano  le  terre 
mediterranee  ;  finalmente  che  i  Peucini  o  Bastami  non  giugne- 
vano  sino  al  Ponto  ,  ma  limitati  erano  dai  confini  dei  Orti.  In 
un'opera  separata  mostra  quell'erudito  scrittore,  che  la  Vindeli- 
cia  ed  il  Norico  erano  parti  dell'antico  lllirio,  e  che  tutti  i  po- 
poli Alpini ,  dei  quali  la  maggior  parte  formavano  i  Sindetici  e 
i  Norici ,  nominati  erano  anticamente  Taurisci. 
Monti  ,  jìumi  ,   selve  della   Germania. 

Avanti  di  lasciare  il  Cluverio  e  l'esame  dell'antica  Germania, 
gioverà  colla  scorta  di  quello  scrittore  medesimo  volgere  una  ra- 
pida occhiata  ai  monti,  ai  fiumi  ed  alle  selve  di  quella  regione, 
non  che  alle  fiere  che  dagli  antichi  scrittori  diconsi  abitatrici  di 
quelle  selve  vastissime. 
Monti  Cisi enani. 

Di  poche  montagne  della  Germania  Cisrenana  viene  fatta  men- 
zione ;  parlandosi  però  della  selva  Vosega,  o  Vosaga  ,  o  Vasaga, 
si  fa  parola  anche  da  Cesare  del  monte  Vogcso ,  che  era  su  i 
confini  dei  Litigoni  ,  e  si  nota  nei  suoi  Commentari  che  da  quel 
monte  nasceva  la  Mosa.  Il  Vosago  è  nominato  anche  nelle  Ta- 
vole Itinerarie  ,  e  ognuno  facilmente  può  riconoscerlo  nelle  o 
dierne  montagne  dei  Vosgi  che  la  Lorena  separano  dalla  Borgogna, 
e  da  alcuuo  veggonsi  nominate  montagne  della  Borgogna  medesima. 
Fiumi. 

IN  ella  stessa  Germania  Cisrenana  veggonsi  dagli  antichi  men- 
zionali come  fiumi  maggiori,  il  Reno,  non  conosciuto  al  dire  di 
alcuni,  da  Aristotele  e  prima  d1  ogn' altro  descritto  da  Cesare, 
sparso,  secondo  Tacito,  di  piccole  isole,  e  da  Pomponio  Mela 
detto  presso  la  sua  sorgente  creatore  di  due  laghi  ,  il  Veneto  , 
che  si  suppone  essere  quello  di  Costanza,  e  l'Acroniano,  che 
generalmente  credesi  quello  di  Bregenz  ;  poi  il  fiume  HeielltU  , 
ora  1*111  j  il  Nava  ,  oggidì  N ahe  ;  la  Mosella  e  1'  Abrinca ,  ora 
detto  Are  ,  tutti  confluenti  nel  Reno.  La  Mosella  pure  riceveva  a 
sinistra  il  Stira,  oggi  detto  Saur,  il  Pruin,  il  Nierns  ,  1' Alsitz  , 
il  Kiel  ,  il  Lecer  ed  il  Salm  ,  anticamente  detti  Pronaea  ,  Nc- 
mesa  ,  Alisontia  ,  Gelbis ,  Lcsura  e  Salmona\  a  destra  il  Tracn, 
anticamente  nominato  Drachonus  o  Drahonus  ,  il  Roer ,  detto 
una  \olta  Erubrus  o  Erubris ,  e  il  .Saar  o  Salir,  nominato  negli 
Ilinerarj    Saravo ,  e  in    alcune  lapidi    Sarra.    Fiumi    famosi   iu 


o.oo  DESCRIZIONE  DELIA   GERMANIA 

quell'età  erano  anche  la  Mosci,  nella  quale  cadevano  il  SabI  o  la 
Sambra  d'oggidì,  e  la  Scalde  che  è  l'odierna  Sehelda. 

Selve. 

Lungamente  ragiona  il  Cluverìo  della  selva  Arduenna,  spesso 
menzionata  da  Cesare,  che  stendevasi  per  la  lunghezza  di  cento 
venti  miglia  tra  il  Reno  e  la  Mosa ,  e  circondata  era  da  paludi 
che  sin  presso  l'Oceano  giugnevano.  Pretende  il  Cluverio  che 
nelle  misure  assegnate  da  Cesare  siavi  errore,  giacché  appena  po- 
trebbesi  supporre  lo  spazio  di  cinquanta  miglia  tra  il  Reno  e  la 
Mosa ,  ed  anche  tra  il  Reno  e  la  Sehelda  :  opina  adunque  che 
tutte  quelle  regioni  sparse  fossero  di  foreste ,  e  che  continuata 
non  fosse  la  selva  di  Ardenna  ,  ma  in  molte  parti  divisa  e  a  molti 
popoli  appartenente ,  benché  unica ,  perpetua  ed  isolata  la  cre- 
desse Strabone.  Con  essa  adunque  suppone  confinanti  i  Treveri,  i 
Tongri  ,  i  Sunici  ,  gli  Ubii ,  i  Gugerni  ,  una  parte  dei  Batavì, 
e  presso  le  terre  dei  Menapii  i  Marini ,  i  Betasii ,  gli  Svcconi, 
i  Nervi  e  gli  Atrebati ,  cosicché  dal  confluente  della  Mosella 
agli  ultimi  confini  degli  Atrebati  sarebbesi  stesa  per  dugento  qua- 
ranta miglia  in  lunghezza,  e  per  centocinquanta  in  larghezza  dal 
confine  dei  Mediomatrici  sino  al  fiume  Vahal.  La  selva  Vosega, 
già  indicata  ,  benché  essa  pure  vastissima  ,  viene  dal  Cluverio  ri- 
guardata come  una  continuazione  di  quella  d'  Ardenna. 

Monti  Transrenani.  Ercinii. 

I  monti  della  Germania  Transrenana  ,  rammentati  da  Pom- 
ponio Mela  e  da  Tacito  ,  erano  assai  più  numerosi  che  nella  Ci- 
srenana,  laonde  quella  terra  dal  primo  di  quegli  scrittori  fu  detta 
più  verticosa  dalla  parte  che  riguardava  il  Norìco  e  la  Pannonia, 
dal  secondo  aspra  per  le  numerose  montagne.  Il  Cluverio  però 
non  mostrossi  contento  della  frase  di  Tacito  ,  con  cui  maggior- 
mente piana  si  asserisce  la  Germania  dal  lato  della  Gallia  ,  giac- 
ché il  ducato  di  Cleves,  una  parte  della  Gueldria  ,  la  Frisia,  la 
Vestfalia,  i  ducati  di  Bruuswich  e  di  Luneburgo,  gli  stati  dì  Mag- 
deburgo  ,  di  Brema  e  di  Meclemburgo ,  la  Olsazia  ed  altre  pro- 
vincie  finitime ,  dalla  parte  del  mezzodì  si  sollevano  a  poco  a 
poco  in  colli  ,  e  finiscono  in  montagne  altissime.  Una  catena  sten- 
desi  certamente  dal  Reno  stesso  sino  ai  confini  dell'  Ungheria  e 
della  Polonia  ,  e  questa  crede  il  Cluverio  in  età  antichissima  in- 
dicata col  nome  di  monti  Ercinii,  giacché  da  questi  ,  da.  esso  detti 


l'I  I 

altissimi  monti,  Aristotele  fere  scaturire  numerosi  fiumi,  scorrenti 
verso  il  settentrione,  e  da  esso  accennati  in  seguito  al  Danubio. 
L'Ereiuio  monte  nominò  anche  Apollonio  Rodio,  e  il  di  lui  sco- 
liaste chiamollo  monte  dei  Cèlti  ;  dei  monti  Ercinii  ,  come  dei 
più  grandi  dell'Emme,  ragionò  Diodoro  Siculo,  e  Plinio  il  gio- 
go Ercinio  dichiarò  a  nitin  altro  in  nobiltà  inferiore.  Parlarono 
altresì  gli  antichi  scrittori  del  monte  Abnuba,  come  padre  del- 
l' Istro,  e  Tolomeo,  accennando  che  i  più  celebri  tra  i  monti  che 
la  Germania  tagliavano ,  erano  i  Sarmatici ,  nominò  pure  l'  Au- 
noba  o  1'  Abnuba.  La  maggior  parte  di  quegli  scrittori  collocava 
in  quello  le  sorgenti  del  Danubio;  Tolomeo  solo  lo  supponeva 
distante  centotrenlamila  passi  incirca  da  quelle  sorgenti,  eia  lun- 
ghezza gli  assegnava  di  centottnnlamila.  Ingannossi  forse  quel 
geografo  nel  misurare  tanto  la  distanzi  dalla  sorgente  dell' Istro, 
quanto  la  lunghezza  di  quel  monte;  il  Oliverio  quindi  lo  crede 
quello  stesso  che  stendesi  tra  la  sorgente  del  Danubio  ed  il  Reno 
sino  a  Pfortzheym  ,  ed  escludendo  l'opinione  di  coloro  che  1' Ab- 
nuba confonilcttcro  coi  monti  Rauraci  ,  mostra  che  tutti  quei 
monti  sino  alle  sorgenti   dell' Istro  gli  antichi  nominarono  Ercinii. 

stipi. 

Tolomeo  estese  sino  alle  rive  del  Danubio  i  monti  che  in 
quella  età  già  portavano  il  nome  di  Alpi:  osserva  il  Oliverio  che 
qnr]  nome  di  Alpi  si  conserva  tuttora  presso  le  fonti  dell' Istro, 
e  Strabone  altresì  ,  la  catena  dell'  Alpi  facendo  partire  dalla  Li- 
guria ,  la  prolunga  sin  presso  al  Reno  e  al  lago  di  Costanza  ,  e 
un  ramo  mediocremente  elevato  ne  fa  passare  tra  il  Reno  e  quel 
lago  e  lo  estende  alle  sorgenti  dell'  Istro  sino  agli  Svevi  ed  alla 
foresta  Ereinia.  Forse  per  eguale  ragione  Tzetze  nei  commenti 
a  Licofrone  ,  le  Alpi  indicò  come  monti  Europei  altissimi  verso 
l'Italia,   da  uno  de' (piali  sorgeva  il  Danubio,  dall'altro  il  Reno. 

Stilli  monti  della  Germania. 

Pomponio  Mela  nominò  come  altissimi  i  monti  della  Germa- 
nia Relieo  e  Tanno,  dei  (piali  il  Oliverio  crede  il  primo  situato 
a  Donna,  il  secondo  dirimpetto  a  Ma  gonza  ,  e  opina  che  1  uno  e 
l'altro  ai  monti  Ercinii  appartenessero.  Parla  altresì  Tolomeo  del 
monte  Metiboco ,  sotto  il  quale  trovavasi  la  selva  Semana  ,  e  il 
Ouverio  consente  cogli  eruditi  che  quel  monte  credettero  altro 
non  essere  che  Y  odierno  Hai  tz  ,  fondati  su  l' argomento  che  quel 


222  DESCRIZIONE    DELLA    GERMANIA 

monte  trovavasl  in  mezzo  ai  Cherasci  ed  ai  Catti  ,  i  quali  le 
montagne  dell'  Hartz  avevano  certamente  per  limite.  Quanto  ai 
monti  Suditi ,  menzionati  dallo  stesso  Tolomeo  ,  sotto  i  quali  gia- 
ceva la  selva  Gabreta ,  alcuni  credettero  di  trovarli  in  quella  ca- 
tena che  cigne  dal  lato  occidentale  la  Boemia  ,  altri  nella  catena 
orientale  della  Boemia  stessa,  d'onde  nasce  l'Elba:  il  Gluverio 
opinò  che  i  Suditi  altro  non  fossero  se  non  che  i  monti  detti 
Boemici ,  che  tutta  la  Boemia  circondano,  e  che  talvolta  confusi 
furono  cogli  Ercinii. 
Germanici  distinti  dai  Sarmatici. 

Nomina  pure  Tolomeo  il  monte  Asciburgio,  che  il  Cluverio 
distinse  bensì  dai  monti  Sarmatici  di  Tolomeo  medesimo,  ma 
collocò  sul  confine  della  Slesia  e  della  Polonia  ;  i  monti  Sarma- 
tici poi  stabilì  per  confini  occidentali  della  Germania  tra  la  Vi- 
stola ed  il  Danubio  ,  benché  il  nome  di  Sarmatici  non  dalla  Sar- 
mazia  traessero,  ma  bensì  dai  Sarmati-Giapidi.  Non  lontani  da 
questi  erano  parimenti  i  monti  Carpati  o  Carpazii  di  Tolomeo, 
sebbene  que'  monti  alla  Germania  non  appartenessero.  Nella  Sar- 
mazia,  secondo  Tolomeo,  era  ancora  il  monte  Peuce,  che  quel 
geografo  cambia  da  poi  in  monti  Peucini,  e  questi  debbono  tro- 
varsi su  i  confini  della  Podolìa  ,  della  Russia  minore  e  della  Vo- 
linia.  Germanici  all'opposto  potevano  dirsi  i  monti  Venedici  dello 
stesso  Tolomeo,  benché  da  esso  reputati  Sarmatici,  perchè  tro- 
vava nsi  in  quella  provincia  che  ora  porta  il  nome  di  Prussia  ; 
quindi  anche  Tacito,  parlando  dei  loro  abitatori,  cioè  dei  Veneti, 
riconosce  che  questi  Germani  erano,  sebbene,  errando  per  amore 
di  rapina  tra  i  Peucini  e  i  Fenni,  contratti  avessero  in  gran  parte 
i  costumi  dei  Sarmati. 
Fiumi  Transrenani. 

Tra  i  fiumi  della  Germania  Transrenana  si  annoverano  il 
Nicer  degli  antichi,  oggi  detto  il  Necker,  e  da  Eginardo  nomi- 
nato Neccaro;  il  Meno,  detto  Moenis  da  Pomponio  Mela,-  il  Si- 
ge  ,  che  Sigo  e  Sego  crede  il  Cluverio  appellato  dagli  antichi; 
la  Lnpia ,  oggi  noni  inato  il  Lippa ,  che  riceve  presso  Paderbona 
un  fiume  detto  Alme ,  che  forse  è  V  Eliso  di  Dione  Cassio;  l'Js- 
sel,  detto  dagli  antichi  Sala,  d'onde  Salii  nominati  furono  gli 
abitanti  delle  sue  rive;  il  Vider  di  Tacito  e  di  Tolomeo,  ora 
dai  Tedeschi    nominato    Vecta   o    anche    AcquarNera;  l'Ems,  la 


avanti  l'  epoca  dei  romani  pc.  2^3 

Misia  dei  Latini ,  il  Visurgi  dei  medesimi ,  oggi  detto  il  We- 
ser  ,  che  riceve  dal  lato  sinistro  l' Aeder  o  l'antica  Odrana  ;  fi- 
nalmente l'Elba,  nominata  dagli  antichi,  Albi,  Albìo  o  sllbia, 
che,  anche  secondo  Tacito,  ingrossata  era  dalle  acque  del  Sala, 
ora   detto  Isaia. 

Altri  fiumi. 

Il  Caluso  nominato  da  Tolomeo,  credesi  l'odierno  Trave  che 
Lagna  Lubccca  ,  e  non  lontani  da  esso  erano  ,  secondo  quel  geo- 
grafo ,  il  fiume  Svevo,  il  Viado  e  la  Vistola.  I  moderni  hanno 
provato  con  buoni  argomenti  che  un  solo  fiume  erano  lo  Svevo 
e  il  Viado  o  Viadro  ,  quello  cioè  che  ora  chiamasi  FOdcr,  e 
questo  era  probabilmente  il  fiume  detto  da  Plinio  e  da  Solino  il 
Guttulo.  La  Vistola  nominata  era  tra  i  fiumi  Germani ,  come  con- 
fine della  Germaniea  stessa  e  della  Sarmazia  ,  avanti  che  gli  Estii 
di  origine  Germana  invadessero  le  terre  dei  Venedi.  Siccome  nella 
Vistola  cadeva  un  fiume ,  detto  dagli  antichi  Rodano ,  e  tuttora 
nominato  Reddaune  o  Raddaune,  nacque  da  questo  l'errore  dei 
Greci  che  talvolta  la  Vistola  appellarono  Eridano  o  anche  Ro- 
dano. Tolomeo ,  appoggiato  l'orse  alla  irruzione  degli  Eslii  nel- 
le terre  dei  Veneti,  menzionò  in  seguito  alla  foce  della  Vi- 
stola, le  foci  altresì  del  Crono,  del  Rubone,  del  Tnronto  e  del 
diesino,  che  il  Gluverio  interpreta  il  Mcmel,  la  Dwina  ,  la  We- 
likarzeka  ,  detta  verso  la  sua  fine  il  Nerva  o  il  i\arva  ,  e  il  Lo- 
wat  dei  Russi,  nominato  Wolchow  all'uscire  del  lago  Ladoga. 
Di  que' fiumi  tuttavia  soltanto  i  due  primi  assegna  il  Gluverio  a- 
gli   Eslii-Crcrmani. 

Selva  Ercinia. 

Tempo  è;  ora  di  ragionare  della  famosa  selva  Ercinia,  non  che 
delle  altre  selve  della  Germania  Transrenana.  Notissima  fu  l' Er- 
cinia anche  presso  i  Greci ,  specialmente  presso  Eratostene,  Ari- 
stotele ed  Apollonio  Rollio:  da  Cesare,  forse  seguace  dell'ortogra- 
fia di  Eratostene |  nominata  vedesi  (ìreinia.  Nove  giornate  di  cam- 
mino, secondo  Cesare  stesso,  occupava  quella  selva  in  larghezza, 
e  dai  confini  degli  Ehezj  ,  dei  Nemeti  e  dei  Ramaci,  stende- 
vasi  lungo  il  Danubio  sino  ai  confini  dei  Daci  Aitarti,  nò  al- 
cuno a' suoi  tempi  giunto  era  al  principio  o  all'estremità  di  quella 
selva  ,  innoltrandosi  per  sessanta  giornate  di  cammino.  Riconosce 
il  Cluverio  in  questa  descrizione  quella    immensa  catena  che  ,  at- 


2^4  DESCRIZIONE    DELLA    GERMANIA. 

traversando  gran  parte  della  Germania,  si  stende  per  il  Brande- 
burghese, per  la  Prussia  e  per  la  Polonia,  per  la  Lituania  e  per 
la  Russia  Maggiore  o  sia  la  Moscovia  insino  all'  Obi  ;  ma  dubita, 
che  tutta  nominata  non  fosse  Ercinia,  e  questo  nome  applicato 
crede  dai  Greci  alle  sole  montagne  Celtiche  o  Germaniche:  il  .no- 
me stesso  di  Ercinia  o  Arcìnia ,  somigliante  all'odierno  del- 
l'Hartz,  reputa  egli  di  antichissima  Germanica  origine. 
Selve  Marziane. 

Ammiano  Marcellino  il  primo  nominò  selve  Marziane  quelle 
che  ora  portano  il  nome  di  Foresta  Keraj  non  però  ammette  il 
Cluverio  che  quel  vocabolo  di  Marziane  o  Marciane,  derivasse 
da  Latina  origine  ',  dubita  anzi  che  i  Romani  la  Germanica  voce 
di  Schwarz,  nero,  corrompessero  in  Marz\,  d'onde  fecero  Mar- 
ziana la  selva.  Tacito  quella  selva  estende  siuo  al  territorio  del 
Calti  $  Claudiano  ne  fa  abitatori  i  Bructeri;  Plinio  vi  compreude 
Cauri,  Plutarco  i  Cimbri ,  e  sembra  che  la  selva  Cesia  di  Tacito 
una  parte  formasse  della  Ercinia  ,  giacché  abitata  dai  Sigatnbri , 
su  la  destra  trovavasi  della  Lupia  o  del  Lippa.  Tra  1'  Amisia  poi 
e  la  Lupia  ,  giaceva  il  bosco  di  Tanfana ,  da  Tacito  menzionato, 
e  nella  Frisia  trovavasi  quello  di  Baduena. 
Hartz  odierno. 

Suppone  il  Cluverio  che  1'  odierno  Hartz  non  fosse  che  una 
parte  dell'antica  Ercinia,  detta  da  Cesare  Baceniy  da  Tolomeo 
Semana,  situata  presso  il  monte  Melibocoj  e  presso  la  selva  detta 
Baceni ,  non  lungi  dal  Weser ,  trovavasi  un  bosco  detto  di  Er- 
cole. Che  l' Hartz  odierno  non  fosse  se  non  che  piccola  parte  del- 
l' antica  Ercinia  ,  sembra  assai  probabile .  massime  in  vista  dalla 
estensione  straordinaria  dagli  antichi  data  a  quella  selva  famosa. 
Selva  Gabreta. 

La  selva  Gabreta  di  Strabene  e  di  Tolomeo  ,   colloca  il  Clu- 
verio nella  Turingia,    al    lato  occidentale  della  Boemia;  e  come 
una  continuazione  della  Ercinia  riguarda    la    selva  clic  sovrastava 
ai  monti  Boemici ,  e  che  la  Boemia  stessa  circondava. 
Selva  Luna. 

Eravi  ancora  una  selva  Luna ,  che  stendevasi  dalla  fonte  del 
Ma  roseli  sino  a  quella  della  Vistola ,  e  questa  pure  riguarda  il 
Cluverio  come  parte  dell' Ercinia,  benché  contraria  sembri  l'opi- 
nione degli  antichi  geografi.  Il  bosco  di  Castore  e  Polluce,  men- 

\ 


AVANTI    1    CROCA    OSI    ROMAB1    ec.  223 

zlonato  da  Tacito,  vedevasi  nel  territorio  dei  Lisii;  altro  bosco 
sacro  nei  Sermoni,  altro,  detto  il  Casto  Bosco  della  Terra  Madre, 
in  un'isola  dell'Oceano,  l'odierna  isola  di  Rugcn.  Finalmente  col- 
l' autorità  di  Plutarco  stabilisce  il  Cluverio,  che  oltre  il  golfo 
Codano  o  il  Baltico  ,  mai  non  si  parlò  di  selva  Ercinia  ,  nò  Li- 
cinie dette  furono  le  selve  Cimbriche. 

Avanzi  dell'  Licinia. 

Gli  avanzi  dia  ora  rimangono  di  quelli  immensa  foresta  , 
sono  la  Foresta  Nera  propriamente  detta,  tra  le  sorgenti  del  Da- 
nubio ed  il  lago  di  Bregenz  ;  una  selva  presso  Norimberga,  detta 
di  xinspneh  ;  altra  presso  Bamberga;  altra  tra  il  Necker  e  il  Me- 
no ,  o  tra  Francoforte  ed  Eidelberga  j  altra  nel  ducato  odierno 
di  Brunswichj  una  selva  delta  in  oggi  Boemica  ,  e  varie  porzioni 
di  selve  nella  Vestfalia  ,  nel  ducato  di  Luneburgo  ,  nella  Pome- 
rania  e  nella  Marca  Brandeburghese.  Ognuno  vede,  che  il  Clu- 
verio, tratto  forse  da  qualche  parzialità  e  dallo  zelo  d'ingrandire 
la  sua  Germania  antica  ,  una  troppo  grande  estensione  accordò 
alla  selva  Ercinia,  e  tutti  Ercinii  asserì  i  boschi  odierni  della 
Germania. 

Fiere  di  quelle  selve. 

Non  è  maraviglia,  die' egli,  se  foltissima  essendo  ne' tempi  più 
remoti  quella  selva  ,  gli  scrittori  Latini  ne  fecero  abitatrici  molte 
fiere,  che  ora  più  non  si  veggono,  (a  riserva,  come  egli  accen- 
na, dei  cavalli  selvatici),  e  che  col  taglio  delle  foreste  fuggi- 
rono nella  Prussia  ,  nella  Lituania  e  nella  Moscovia ,  dove  ,  se- 
condo il  suo  sistema  ,  la  selva  Ercinia  prolungavasi.  Cesare  parla 
di  un  bue  ,  che  aveva  la  figura  di  cervo  con  un  solo  corno 
palmato  su  la  fronte  ;  parla  dell'alce  e  (mesto  animale  viene  da 
esso  ravvicinato  alla  capra,  benché  malamente  descritti  sieno  i 
suoi  costumi j  parla  pure  dell'uro,  spezie  di  toro,  poco  minore 
in  grandezza  dell'elefante,  fortissimo  je  velocissimo,  del  quale 
esporremo  la  figura  nella  descrizione  della  Germania  Romana. 
Pochi  animali  assegna  Plinio  alla  Germania  ,  ma  accenna  razze 
distinte  di  buoi  selvatici,  i  bisonti  giubbati ,  e  gli  uri  pregiati 
per  la  forza  e  per  la  velocità  ,  che  nominati  erano  bufoli  per  sola 
ignoranza  del  volgo  imperito;  le  greggie  di  cavalli  selvatici  asse- 
gna al  solo  settentrione,  e  l'animale  detto  da  esso  mach/in,  che 
forse  è  l'alce  di  Cesare,  alla  sola  Scandinavia.  Solino  pure  parla 
Cosi,  dell'  Europa  Voi.  IX.  1 5 


2sl6  inscrizione  della,  ger.  avanti  l'epoca  dei  romani 
dei  bisonti  frequentissimi  nel  settentrioue  della  (Germania ,  degli 
uri ,  delle  alci  che  egli  paragona  ,  forse  in  grandezza  ,  ai  muli ,  e 
ripete  la  favola  narrata  da  Cesare  e  da  Plinio ,  della  mancanza 
delle  giunture  dell'  alce  Scandinava.  Pausania  nomina  parimente 
l'alce,  come  nativa  jdella  terra  Celtica,  e  la  descrive  come  una 
razza  media  tra  il  cervo  ed  il  cammello.  Pretende  il  Cluverio , 
forse  non  del  tutto  a  torto ,  che  non  Latini  ma  Barbari ,  cioè 
Germanici,  debbano  reputarsi  i  vocaboli  di  uro,  di  bisonte,  di 
alce  e  di  machlin. 
Uccelli  dell'  Ercinia. 

Solino  parla  ancora  di  alcuni  uccelli  della  selva  Ercinia  le  di 
cui  penne  ,  die'  egli ,  rilucevano  nella  oscurità  e  anche  nella  notte 
più  tenebrosa  ,  cosicché  gli  abitanti  di  que'  paesi  se  ne  servivano 
ne' viaggi  notturni  come  di  lampade,  e  quegli  uccelli  menzionati 
veggonsi  anche  da  Plinio.  S.  Girolamo,  fondato  su  la  Cosmogra- 
fìa dell'  Etico  ,  trasportò  quegli  uccelli  luminosi  sul  Caucaso  tra 
l' Oceano  ed  il  Tanai  ;  il  Cluverio ,  riguardando  forse  come  favo- 
loso il  racconto  di  Solino ,  dubitò  tuttavia  se  quel  testo  riferire 
non  si  dovesse  alla  regione  degli  Arii ,  che  parte  formavano  dei 
Li  gii  t  e  dei  quali  scrisse  Tacito  che  ferocissimi  guerrieri  essendo, 
le  notti  più  oscure  ai  combattimenti  sceglievano. 
Conclusione. 

Sin  qui  degli  antichi  popoli  della  Germania,  delle  loro  sedi 
primitive  e  delle  loro  emigrazioni,  dei  monti,  dei  fiumi,  e  delle 
selve  di  quella  regione.  Passiamo  ora  a  descrivere  quali  fossero 
le  leggi  dei  Germani  di  quella  età ,  il  loro  governo  ,  la  loro  reli- 
gione ,  la  loro  tattica  ,  i  loro  costumi  ,  le  loro  usanze. 


Goyerno  e  Leggi  dell'antica  Germania  avanti  i  Romani. 


Scarse  notizie  dello  stato  politico  della  Germania  antica. 


N< 


on  essendo  stata  la    Germania  ben  conosciuta  ,    almeno  ia 
parte  ,  se  non  se  dai  Romani    divenuti    conquistatori  del  mondo , 


GOVERHO  E   LEGGI  DELL   MITICA    6BR.    AVANTI   I    ROMA  HI      11J 

i  quali  tutta  la  faccia  delle  cose  cambiarono  ,  scarsissime  sono  lo 
memorie  che  dell'antica  condizione  politica  di  quella  provincia, 
del  suo  governo,  delle  sue  leggi  ci  rimangono,  e  queste  ancori 
trovansi  tutte  negli  scrittori  Latini,  i  quali  sovente  lo  slato  an- 
tico della  Germania  con  quello  dai  Romani  medesimi  creato  con- 
fondettero.  Uno  sforzo  e  dunque  della  critica  più  accurata  il  di- 
stinguere tra  le  notizie  che  da  Cesare  e  da  Tacito  si  raccolgono  , 
quelle  che  applicare  si  possono  alla  più  antica  condizione  di 
quella  provincia ,  da  quelle  che  ad  epoca  più  recente  apparten- 
gono. 

Clima  della  Germania. 

Il  Oliverio  ha  consacrato  un  capitolo  alla  natura  del  cielo  o 
sia  del  clima  e  del  suolo  della  Germania,  detta  di  Tacito  infor- 
me per  la  struttura  de' suoi  terreni  ,  aspra  per  l'influenza  del  cie- 
lo ,  o  per  il  clima  ,  trista  per  Io  stato  della  coltivazione  e  per 
l'aspetto  che  essa  presentava.  Non  inutile  sarà  forse  il  fare  qual- 
che cenno  del  clima,  massime  se,  come  molti  scrittori  politici 
avvisano,  questo  avesse  potuto  direttamente  influire  su  l'ordine 
civile  e  su  la  formazione  delle  prime  società  che  in  quel  paese 
abitarono.  Si  oppone  il  Oliverio  al  sentimento  di  Tacito  il  quale, 
die' egli  ,  ammettere  si  potrebbe  soltanto,  qualora  la  Germania  si 
paragonasse  colle  regioni  meridionali  dell'  Europa,  colla  Grecia, 
coli  Italia  e  colla  Spagna:  ma  una  zona  che  si  stende  tra  la  tor- 
rida e  la  fredda,  non  può  essere  che  temperata,  e  la  Germania 
australe,  stesa  intorno  al  Danubio,  riguardare  deesi  come  lem- 
pcratissima  ,  siccome  posta  in  mezzo  a  quella  zona. 

Opinione  dal   Cluverio. 

Non  accorderemo  a  quello  scrittore  ,  che  il  cielo  della  Ger- 
mania sia  mite  intorno  al  Danubio,  come  in  Italia  intorno  al  Po; 
giacché  (pud  fiume  e  non  questo  porta  masse  considerabili  di 
diaccio,  il  che  il  Cluverio  attribuisce  soltanto  al  corso  di  allei 
fiume  a  settentrione  dell'Alpi,  mentre  il  Po  corre  al  merìggio  j 
e  al  più  potrebbe  ammettersi  che  Tacito  parlato  avesse  della 
Germania  in  generale,   non  della  più  vicina  al  Danubio. 

Stato  antico  delie  Germania. 

Per  quauto  il  Cluverio  siasi  adoperato  affine  di  eludere,  o  di 
temperare  il  sentimento  di  Tacito,  egli  non  ha  fatto  una  osser- 
vazione importantissima  ,  cioè  che  ([nello  storico  parlava  della  più 


22o  eovEHire  E  leggi 

mitica  Germania,,  quale  avevanla  trovata  i  Romani ,  e  non  della 
Germania  incivilita  ,  e  molto  meno  della  Germania  odierna  ,  alla 
quale  alludere  sembra  il  Cluverio  stesso  ,  mentre  la  fertilità  dei 
cereali  delle  campagne  poste  in  riva  al  Danubio  paragona  con 
quella  che  trovasi  intorno  al  Po.  Soggiugne  di  fatto  Tacito  che 
sebbene  i  terreni  fossero  di  diversa  condizione  tra  di  essi  nella 
Germania,  in  generale  però  questa  era  o  orrida  per  le  selve,  o 
squallida  per  le  frequenti  paludi  ;  e  Pomponio  Mela  ,  scrittore 
più  antico,  non  dissimulò  che  ingombrata  era  da  molti  fiumi, 
aspra  per  le  frequenti  montagne,  e  in  gran  parte  inaccessibile 
per  le  paludi  e  per  le  selve  densissime.  Ora  noi  vedemmo  al- 
trove che  incendiate  si  erano  in  gran  parte  le  antiche  foreste,  che 
i  nomi  di  molti  luoghi  ricordano  gli  antichi  vastissimi  incendj  ,  e 
che  della  stessa  immensi  selva  Ercinia  più  non  rimangono  in  og- 
gi se  non  se  alcuni  piccoli  avanzi.  Il  taglio  delle  selve  che  la 
maggior  parte  di  quei  terreni  ingombravano,  e  l'asciugamento  di 
molte  paludi ,  non  solamente  hanno  cambiato  in  gran  parte  la  na- 
tura del  suolo,  ma  quella  ancora  del  clima,  che  dai  tempi  di 
Tacito  ,  e  molto  più  dai  tempi  anteriori  progredendo  sino  ai  no- 
stri, hanno  rendulo  il  clima  di  quella  regione  assai  temperato, 
in  confronto  di  quello  in  cui  vivevano  i  suoi  primi  abitatori,  e 
tutti  que'  popoli  dei  quali  ora  più  non  rimangono  se  non  che 
scarse  memorie  o  anche  soltanto  i  nomi.  Può  dunque  a  tutta  ra- 
gione ammettersi  come  verità  storica,  l'asprezza  del  suolo  e  l'in- 
clemenza del  clima  da  Tacito  annunziata  ,  e  aspri  in  conseguenza 
essere  dovevano  i  costumi,  semplici  i  governi,  scarsissime  le  leg- 
gi ,  e  pressoché  nulle  le  istituzioni  sociali  di  quegli  uomini  che 
i  primi  la  Germania  popolarono. 
Confronto  dei  Germani  coi  Galli, 

Cesare  lasciò  scritto,  che  molto  diversi  erano  per  la  consuetu- 
dine loro,  o  per  la  loro  maniera  di  vivere,  i  Germani  dai  Galli; 
ma  siffatta  differenza  fece  poscia  consistere  nella  religione  e  nel 
culto,  nei  sacerdoti  e  ne' sacrifizi  ;  più  esattamente  Strabone  disse 
che  i  Germani  situati  all'  oriente  dei  Galli  ,  alcun  poco  da  quella 
nazione  differivano  per  la  fierezza  ,  per  la  grandiosa  corporatura 
e  per  il  biondeggiare  delle  chiome  ;  del  resto  per  quello  che  ri- 
guardava il  volto  ,  i  costumi  ed  il  modo  di  vivere ,  somiglianti 
erano  ai  Galli. 


DELL    ANTICA    GERMANIA    AVANTI    l    ROMANI  n.  -!) 

Abitazioni  dei  Germani. 

Alcuna  citta  non  abitavano  gli  antichi  popoli  Germani  al  dire 
di  Tacito ,  che  anzi  non  tolleravano  nò  pure  di  avere  le  loro 
abitazioni  insieme  raccolte.  Questa  assoluta  mancanza  di  citta  ,  di 
villaggi  ed  anche  di  case  o  di  capanne  riunite  ,  escluderebbe  per 
se  stessa  qualunque  idea  di  governo-.  Ma  Cesare  ad  alcuni  popoli 
della  Germana  assegna  le  loro  città,  e  tra  gli  altri  agli  Svevì  o 
ai  Catti.  Questi,  al  dire  di  quello  storico  guerriero,  avevano  e- 
sploratori,  avevano  secondo  il  costume  loro  un  concilio,  o  un'as- 
semblea, nella  quale  si  adunavano,  e  udito  avendo  dagli  esplora- 
tori suddetti  che  un  ponte  si  costruiva  affino  di  invadere  le  loro 
terre,  messaggeri  spedirono  da  ogni  parte,  acciocché  gli  abitatori 
dalle  città  partissero  e  le  mogli,  i  figliuoli  e  tutte  le  cose  loro 
nelle  selve  nascondessero.  Anche  gli  Ubii ,  secondo  quello  scrit- 
tore, avevano  un  capo,  il  quale  ali  opposto  in  altra  occasiona 
comandò  che  tutte  le  pecore  e  tutte  le  cose  loro  dalle  campagne 
nelle  città  trasportassero  ,  per  la  qual  cosa  non  si  saprebbe  inten- 
dere come  altri  storici  e  tra  questi  Vellejo  Patercolo ,  abbiano 
potuto  asserire  che  i  duci  entrati  dopo  Cesare  nella  Germania,  ol- 
tre 1'  Elba  passarono  senza  trovare  alcuna  città  ;  nò  ben  si  vede 
come  da  alcuni  interpreti  siasi  voluto  correggere  il  testo  di  Dione,  il 
mule  "veramente  parlò  di  città  della  Germania,  che  però  dai  soldati 
Ilomani  si  fabbricavano.  Da  quelle  parole  di  Cesare  chiaramente 
si  raccoglie  ,  che  gli  Svevi  almeno  e  gli  Ubii  ,  una  società  civile 
formavano,  una  specie  avevano  di  governo,  si  adunavano  a  consiglio 
per  disporre  delle  cose  pubbliche,  avevano  esploratori  e  messaggeri, 
che  da  un  duce  o  da  un  capo  spediti  venivano,  e  che  gli  uni  le 
città  o  i  villaggi  non  abbandonavano  se  non  se  spinti  da  violento 
timore  per  rifuggirsi  nelle  selve,  gli  altri  in  caso  eguale  tutte  le 
cose  loro  dalle  campagne  portavano  nelle  città. 

Cesare  concordato  con  Tacito. 

Non  si  potrebbe  fare  in  altro  modo  sparire  la  discordanza 
che  trovasi  tri  Cesare  e  Tacito  e  gli  altri  storici  suiumentovaii  , 
se  non  introducendo  una  distinzione  che  il  Oliverio  trascurò  , 
benché  citasse  il  passo  di  Cesare  che  ad  essa  serve  di  fondamento. 
Parlando  questo  scrittore  dei  Britanni,  la  di  cui  condizione  più 
antica  non  era  forse  dissimile  da  quella  dei  Germani ,  e  molto 
più  se  comune  avevano  l'origine,   come  il  Cluvcrio  stesso  opina; 


23o  GOVERNO    E    LEGGI 

dice  apertamente  che  que'  popoli  alcuni  luoghi  chiamavano  città , 
allorché  di  un  muro  o  di  altro  recinto,  e  di  una  fossa  circonda- 
vano le  selve  densissime,  e  colà  entro  raccoglievansi ,  affine  di 
evitare  le  incursioni  dei  nemici.  Di  questa  specie  adunque  di  luo- 
ghi chiusi  o  di  abitazioni  concentrate  ne*  boschi  medesimi ,  parlò 
Cesate  allorché  nominò  le  città  dei  Germani  ;  scrissero  gli  storici 
posteriori  che  i  Romani  innoltratisi  sino  al  di  là  dell'Elba,  tro- 
vale non  avevano  città  ,  perchè  vedute  non  avevano  riunioni  re- 
golari di  abitazioni,  o  città,  quali  nella  Italia  si  vedevano.  Con 
questa  osservazione  sparisce  qualunque  discrepanza  tra  quegli 
scrittori  j  ma  per  lo  istituto  nostro  basta  lo  stabilire  che  tra  i 
Germani  vi  avevano  città  o  abitazioni  riunite  alla  foggia  di  quelle 
dei  Britanni,  giacché  dove  gli  uomini  sono  raccolti  in  società, 
qualunque  essa  sia,  d'uopo  è  che  esista  un'autorità  politica,  un 
governo. 
Città  e  borghi  coi  loro  capi. 

Egli  è  bensì  vero  che  Cesare  non  riconobbe  presso  i  Germani 
alcun    comune,  come  egli  scrive,  o    alcun    pubblico    magistrato, 
dal  che  falsamente  dedusse  il  Cluverio  che  egli  negata  avesse  l'esi- 
stenza   presso  que' popoli    delle   città,    altrove  da   esso    ammessa  j 
nota  però  che  anche  in  tempo  di  pace  Principi  o  capi  vi  avevano 
delle  provincie  e  dei  borghi;  Principes  regiomun ,  atque  pago~ 
rum,   i  quali  tra  i  sudditi  loro  o  i  loro  amministrati  giudicavano, 
e  le  controversie,  se  pure  non  toglievano  di  mezzo,  almeno    smi- 
nuivano.   Indifferente  poi  riesce,  che  in  un  luogo  egli    nomini  le 
città  oppi  da  ,  in  altro  i  borghi,  pagos  ;  perchè  a  noi   basta  di  po- 
tere con  fondamento  stabilire  che  riunite  erano  le  abitazioni ,  e  che 
que'  popoli  una  società  civile  formavano  :  molto  ancora  contribui- 
sce alla  prova  di    questa  tesi  il  vedere  ,  che  i    Principi  o  i  capi , 
non  solo  nei  borghi  ,  ma  nelle  intere  regioni  altresì  l'autorità  loro 
esercitavano.    Tolomeo  scriveva  sotto  M.    Aurelio    Antonino  e  ,  se 
crediamo  a    Svida ,    sessant' anni    dopo    Tacito;  e  già  più  di    no- 
vanta città  annoverava  nella  Germania  posta  su  la  riva  destra  del 
Reno ,  le  quali  non    potevano    credersi    fabbricate  in   quel    breve 
periodo ,  ma  supporre    dovevansi  costrutte  dagli  abitanti   originar] 
della  Germania  medesima.  Erodiano  pure  notò  che  tutti  i  villaggi 
erano  stati  dai  Romani  incendiati ,  e  che  sommamente  facile  riu- 
sciva il    distruggere  anche  le  città  dei  Germani  e  i  loro    edifizj  , 


DELL'  ASTICA    HERMAN! A    AVANTI    I    ROMANI  ^3  l 

perche  tutti   erano  dalle    fiamme    consunti ,  il  che  prova  che  co* 
strutti  erano  di    legno. 

Pojioli  selvaggi  distinti  dagli  inciviliti. 

Se  Germani  erano  i  Fenili ,  come  il  Glnvcrio  avvisa,  questi 
descritti  furono  da  Tacito  come  uomini  di  maravìgliosa  fierezza  , 
poveri  all' estremo ,  privi  di  armi,  di  cavalli  e  di  penati,  viventi 
d'erba,  vestiti  di  pelli,  nò  altro  letto  aventi  che  il  nudo  terreno. 
Mancando  essi  di  ferro,  die' egli,  le  stette,  unica  loro  speranza, 
armavano  di  ossa  ,  e  la  sola  caccia  nutriva  gli  uomini  e  le  donne. 
Pure  questi  ancora  nei  silvestri  loro  esercizj  si  accompagnavano  , 
una  società  qualunque  formavano  e  la  preda  dividevano,  sebbene 
non  in  altro  modo  dalla  inclemenza  delle  stagioni  si  riparassero 
giovani,  vecchi  e  bambini,  se  non  coprendosi  con  rami  d'albero 
intrecciati.  Aon  era  però  questo  genere  di  vita  per  essi  forzato, 
ma  quella  libertà  selvaggia,  secondo  Tacilo  stesso,  preferivano  al 
gemere  perpetuamente  nel  lavoro  de'  campi  ,  alle  cure  che  ri- 
chieste avrebbe  la  eostruzione  delle  case,  e  al  possedimento  delle 
ricchezze  che  renduti  gli  avrebbouo  oscillanti  tra  la  speranza  ed 
il  timore.  Questo  però  applicare  non  potevasi  certamente  a  tutti 
i  Germani  j  e  Seneca  che  la  sorte  loro  compianse  ,  e  disse  il  loro 
inverno  perpetuo,  tristo  il  loro  cielo,  malignamente  sterile  il  loro 
suolo  e  le  fiondi  degli  alberi  loro  solo  ricovero  ,  parlò  di  quu' Ger- 
mani soltanto  che  al  di  là  dell' Islro  come  noni  idi  vagavano,  dal 
che  può  dedursi  la  conseguenza  ,  che  mentre  alcuni  popoli  o  al- 
cune tribù  costituita  avevano  qualche  forma  di  civile  società,  altre 
in  uno  stato  totalmente  selvaggio  rimanessero,  d'ondi;  nacque  per 
avventura  la  discrepanza  di  opinione  degli  scrittori  Latini. 

Prime   riunioni  de' 'Germani. 

Ad  un  i  popolazione  semiselvaggia  potrà  dunque  riferirsi  il 
passo  d\  Tacito,  che  i  popoli  della  Germania  non  abitavano  io 
città,  né  comportavano  di  avere  molte  abitazioni  riunite,-  soggi ugne 
però  quello  scrittore  che  sparsi  qua  e  là  e  divisi  ,  scioglievano 
per  abitazione  il  luogo  che  loro  andava  più  a  grado,  fosse  questo 
una  fonte,  un  campo,  o  un  bosco,  e  stabilivano  borghi  o  villag- 
gi ,  non  alla  maniera  nostra  formali  di  edifizj  coerenti  ,  ma  con 
case  separate  che  ciascuno  degli  abitanti  di  un  certo  spazio  cir- 
condava. Veggonsi  ancora  molti  villaggi  in  questa  forma  costruiti 
nella  Germania,  nella  Moravia  e  nell'Ungheria;  ma   quella  vici- 


^3'2  GOVERNO    E    LEGGI 

nanza  se  non  altro  delle  abitazioni  che  villaggi  costituiva  ,  benché 
di  forma  diversi  da  quelli  dei  Ptomani ,  un  principio  annunziava 
di  incivilimento ,  ed  un'  idea  porgeva  di  governo  ,  fosse  pur  que- 
sto ,  come  in  tutte  le  prime  società  avvenne  ,  patriarcale  o  fami- 
liare. Il  Cluverio  che  sempre  ricorre  al  suo  Aschenaze,  opina  che 
i  Celti  da  esso  condotti ,  o  piuttosto  i  nipoti  da  esso  guidati  nella 
terra  Celtica,  (il  che  ancora  ci  riconduce  al  regime  patriarcale), 
per  molti  secoli  errassero  nelle  selve  dispersi,  e  quindi  si  riduces- 
sero ai  fonti,  ai  campi  ed  ai  boschi,  e  domicilio  vi  stabilissero, 
il  che  confermato  sembra  dalle  frequenti  desinenze  Germaniche 
dei  nomi  anche  attuali  dei  villaggi,  Brun  ,  IValde ,  e  Feld ,  che 
appunto  significano  i  diversi  luoghi  da  Tacito  menzionati.  Dei 
Menapii  narra  Cesare  che  su  le  rive  del  Reno  campi  avevano  , 
edifizj  e  villaggi ,  benché  Dione  scrivesse  che  città  non  avevano  , 
ma  vivevano  bensì  in  tugurj  o  in  capanne.  Anche  Tacito  di  fatto 
annunzia ,  che  uso  non  avevano  di  cemento  o  di  tegole  ,  ma  che 
di  materiali  informi  servivansi  i  quali  alcun  piacevole  aspetto  non 
presentavano,  e  Erodiano  soggiugne  che  raro  era  presso  i  Ger- 
mani l'uso  delle  pietre  o  de' mattoni,  e  che,  abbondando  straor- 
dinariamente di  legnami,  con  questi  formavano  i  loro  tabernacoli, 
il  che  tuttora  si  pratica  in  gran  parte  della  Boemia  e  della  Tu- 
ringia. 
Prime  abitazioni. 

Inutile  è  a  parere  nostro  la  discussione,  se  quadrate  fossero 
quelle  abitazioni  o  non  piuttosto  rotonde  con  altissimo  tetto,  pro- 
babilmente acuminalo,  come  si  raccoglie  da  Esichio  e  come  Stra- 
bone  narra  dei  Britanni  e  dei  Belgi  :  da  un  passo  di  Cesare  può 
inferirsi,  che  alla  foggia  dei  Galli  i  Germani,  o  almeno  i  JYer- 
\>ii ,  le  case  loro  coprissero  colla  paglia  o  collo  strame.  Piuttosto 
merita  qualche  attenzione  il  detto  di  Strabone  ,  che  tutti  gli  an- 
tichi Germani  con  facilità  e  prestezza  mutavano  di  luogo  ,  o  di 
domicilio ,  indotti  massime  dalla  scarsezza  del  vitto ,  perchè  né  le 
campagne  coltivavano,  uè  i  frutti  sapevano  conservare,  ma  in  case 
abitavano  che  in  una  sola  giornata  si  costruivano ,  e  vivevano  per 
lo  più  di  carni  pecorine  come  i  nomadi ,  ad  imitazione  dei  quali , 
poste  le  masserizie  loro  sopra  i  carri,  colle  mandre  proprie  reca- 
vausi  ovunque  ad  essi  piaceva.  Serve  di  conferma  a  questo  rac- 
conto il  passo  di  Cesare,  nel  quale  è  scritto  che  gli  antichi  Ger- 


DELLANTICA    GEl'.MANMA    AVANTI    1     POMAJfl  i3* 

mani  non  si  occupavano  iteli* agricoltura  ,  e  ohe   la   maggior  parie 
de!  loro  vitto  consisteva   in   latte  ,  cacio  e  carne. 
Regime  politico. 

Jn  quel  luogo    medesimo  però   Cesare  parla   in    qualche  modo 
del  loro  regime    politico  ,  il   (male    certamente    esistere    doveva  se 
alcuna  idea   di    proprietà   quelle  genti    avevano    concopula  ,  il  che 
abbondantemente  si   prova  coi  testi  sopraccitati  di   quello  scrittore  , 
nei   quali  si   accenna  che  alio   avvicinarsi  di  un    nemico   ciascheduno 
era    avvertito  di  dovere    trasportare  nelle   selve  la  sua    famiglia  e 
tutte  le  cose  sue.  Dice  di  fatto  Cesare  che  alcuno  non   aveva  una 
certa  misura   di  campo  o  di    terreno,  nò  limiti  che  la    estensione 
ne    denotassero;  ma  che  i    magistrati  ed  i  Principi,  o  i   «api  dei 
popoli  o  delle  tribù,  in  ciascun   anno  distribuivano  a   ciascuna  po- 
polazione e  ciascuna  famiglia  di  quelle  che  riunite  si  erano,  quanto 
terreno  ad  esse    abbisognava  e  in  quel    luogo  che  loro    sembrava 
più  opportuno,  dal  quale  spazio  o  stabilimento  però  obbligali  orano 
dopo  un  anno  a    partire.  Anche    Tacito  nota  che    secondo  il   nu- 
mero dei    coltivatori  si    occupavano  i    campi  ,  o  forse    piuttosto  i 
pascoli ,   da  tulli  gli    abitatori  dei    villaggi  ,   i    quali  tra   loro  se  li 
dividevano    secondo  il   grado  loro  (che  cosi   almeno    interpreta  il 
Cluverio  la  frase  :  seeunduni    dignatiojiem  )  .   facile    riuscendo  la 
divisione    nella    vastità  degli    spazi.   Agli  Svevi ,    cioè  ai    Catti,  e 
forse  a  lutti  i    Germani  ,    attribuiva  Cesare  il  costume  di    riguar- 
dare come    pubblicamente    onorevole  la    lontananza   de'  campi   dai 
confini   dei    luoghi    chiusi  ,  dal  che  traeva  Cesare  stesso  la   conse- 
guenza che  molle  città  e  molti  villaggi  sostenere  non   potessero  la 
loro    società,    giacché  i  campi   degli  Svevi    distanti    orano    sino  a 
cento  miglia  dalle  abitazioni.    Ecco    tuttavia    nei  passi    citati    una 
distribuzione  di  campi   o  di   pascoli,  una  ripartizione   fatta   per  fa- 
miglie O  per  tribù,  una  operazione  dei  Principi  o  dei   magistrati, 
una  proporzione  stabilita  dei  campi  al  numero  delle  persone  o  dei 
coltivatori,  un  assegno  ordinalo,  e  quindi  una   chiara   idea  di  pos- 
sedimento e  di    proprietà,    benché  questa    permanente  non    fosse, 
ina   durevole  soltanto  per  un  dato  periodo.  Se  Celli  erano  i   Vac- 
cei,  dei  quali  parla  Diodoro  Siculo,  questi  alla  foggia  de'Germanì 
coltivavano   i   campi  ,   o  i  pascoli    godevano  in   ciascun   anno   divisi 
e  distribuiti  ,  e  raccolti  avendo  essi  in    comune  i  frutti  ,   di  questi 
una   parie  a   ciascuno  si  attribuiva.  Gli  Svevi  potentissimi ,  ai  quali 


1?i  \  GOVERNO    E    LEGGf 

oento  borghi  o  villaggi  Cesure  assegnava,  molte  migliaja  di  guer- 
rieri ,  e  forse  laute  quante  erano  quelle  riunioni  di  case ,  manda- 
vano ogni  anno  fuori  dai  loro  confini  ;  e  quelli  che  nel  paese  ri- 
manevano, contribuivano  in  comune  al  sostentamento  di  tutti, 
mentre  dopo  un  anno  essi  pure  pigliavano  le  armi  ed  uscivano  , 
e  gli  altri  alle  case  loro  tornavauo.  Questa  alternativa  ,  come  Ce- 
sare stesso  l'appella,  di  agricoltura  e  di  milizia,  bastantemente 
anuunzia  che  nn  ordine  o  un  regime  politico  vi  aveva  ;  né  poteva 
quella  disciplina  essere  introdotta  senza  l'azione  di  un'autorità 
politica  direttrice.  Cesare  quindi  assegna  come  motivo  di  quell'an- 
nuale distribuzione  degli  ufficj  ,  la  cura  che  i  capi  avevano  che 
dati  all'agricoltura  o  alla  pastorizia  que' popoli  non  perdessero  lo 
spirito  guerriero  ;  che  troppo  larghi  confini  ponendo  alcuni  ai  loro 
possedimenti  ,  non  diventassero  troppo  potenti  ,  e  i  più  umili  o 
poveri  dalle  terre  loro  non  cacciassero  :  che  con  troppa  cura  non 
fabbricassero  case  atte  a  ripararli  dal  freddo  e  dal  caldo,  affinchè 
all'  inclemenza  delle  stagioni  ed  alle  più  aspre  fatiche  i  giovani 
principalmente  si  accostumassero;  che  non  si  fomentasse  alcuna 
cupidigia  di  ricchezze  ,  dalla  quale  nate  sarebbero  fazioni  e  di- 
scordie ;  finalmente  che  la  plebe  contenuta  fosse  nel  dovere  dalla 
equità,  o  piuttosto  dalla  eguaglianza,  vedendo  ciascuno  le  sostanze 
sue  poste  a  livello  di  quelle  dei  più  ricchi  e  potenti.  Questo  ci 
porge  una  chiara  idea  di  una  prima  società  costituita  a  guisa  di 
repubblica  ,  che  però  democratica  non  diremo  ,  giacché  più  volte 
veggonsi  negli  antichi  scrittori  nominati  i  Principi  ed  i  magistrati. 
Parlandosi  sovente  da  quelli  di  campi  assegnati  alle  diverse  popo- 
lazioni o  famiglie,  e  della  agricoltura  alternante  colla  milizia, 
conviene  credere  che  non  a  tutti  i  Germani  ,  ma  soltanto  ai  più 
selvaggi,  applicare  si  debba  un  passo  di  Tacito  nel  quale  è  scritto 
che  invano  si  sarebbe  voluto  persuadere  a  que' popoli  di  arare  la 
terra  e  di  attenderne  i  frutti  per  un'intera  annata,  perchè  cosa 
da  pigro  e  da  inerte  sembrava  il  guadagnare  col  sudore  quello 
che  acquistare  potevasi  col  sangue.  Ognuno  ben  vede  che  questo 
non  poteva  applicarsi  se  non  che  a  qualche  orda  di  predatori  va- 
gabondi ,  presso  i  quali  inutile  sarebbe  stato  il  ricercare  un  prin- 
cipio di  ci\iltà  o  una  idea  di  governo;  giacché  Tacito  stesso  parla 
altrove  di  luoghi  o  di  abitazioni  diligentemente  intonacate  con  terra 
così   pura  e  risplendente  ,  che  la  pittura  persino  e  i    delineamenti 


DELL*  ANTICA    GERMANIA    AVANTI    I    H0MA31  i3*> 

de'  colori  imitava ,  le  quali  opere  fatte  non  si  sarebbono  da  coloro 
che  indurre  non  potevansi  a  rimanere  un  anno  intero  nella  sta- 
zione medesima.  Quelle  orde  erranti  erano  forse  le  stesso  ,  delle 
quali  Tacito  accenna  che  sotterra  aprivano  vaste  caverne  e  le  co- 
privano di  molto  fango  o  luto,  procurandosi  in  tal  modo  un  asilo 
nel  verno  e  un  ricettacolo  ai  loro  ricolti,  e  di  questi  disse  anche 
Plinio  che  sotterra  le  tele  tessevano.  Il  Gluvcrio  coli' appoggio  di 
un  passo  di  Giuliauo  Cesare ,  ha  preteso  di  provare  che  in  quelle 
sotterranee  dimore  sino  dai  tempi  più  antichi  si  facesse  uso  di 
stufe,  del  che  si  ragionerà  allorquando  si  farà  parola  dei  costumi 
Germauici  in  altra  età. 
Borghi. 

I  Burgondii  o  Burgondioni ,  secondo  Orosio  ed  Isidoro,  a- 
vevano  certamente  congregazioni  di  case,  o  villaggi  bene  ordinati, 
e  da  essi  venne  probabilmente  la  voce  di  Borghi  che  comune  si 
rendette  a  tutte  le  altre  nazioni ,  e  che  da  Vegezio  tra  i  Latini 
vedesi  per  la  prima  volta  usurpata.  Il  Cluverio  col  suo  consueto 
entusiasmo  trova  nelle  origini  Germaniche  gli  odierni  nomi  di 
Borgo  non  solo,  ma  di  Corte,  di  Castello,  e  di  Giardino  ,  il 
che  proverebbe  un  maggiore  antico  incivilimento  di  quelle  nazioni. 
Forma  del  governo. 

Quanto  alla  forma  del  politico  governo  ,  parla  altrove  Tacito 
più  chiaramente,  dicendo  che  si  eleggevano  i  Principi,  i  quali  la 
giustizia  per  i  borghi  e  i  villaggi  amministrassero,-  in  epoca  po- 
steriore presso  Ammiano  Marcellino  troviamo  Gundumado  e  \  a- 
domario  fratelli,  Re  degli  Alemanni  ,  se  pure  quel  nome  di  Re 
non  è  stato  capricciosamente  introdotto  afline  di  indicare  i  Prin- 
cipi o  i  capi  della  nazione.  Tacito  sogghigno  che  a  quei  Principi 
giusdicenti  assistevano  cento  compagni  (  comites  ,  che  ù  forse  la 
più  antica  origine  del  vocabolo  di  Conti  )  ,  i  quali  consiglj  por- 
gevano e  dell'  autorità  partecipavano  ,  dal  che  chiaramente  si  rac- 
coglie che  ,  se  ad  alcuno  piacesse  di  trovare  in  quell'  antichissimo 
governo  un'idea  di  monarchico,  questo  sarebbe  stato  certamente 
misto  o  temperato. 
Continuazione. 

Scrisse  hensi  Tacito  altrove  ,  che  tra  i  Germani  tutte  le  na- 
zioni e  le  città  governate  erano,  o  dal  popolo,  o  dagli  ottimati, 
o  primarj  ,  o  da  un    solo,  che    al    Oliverio  piacque  di  nominare 


1?>6  COVERTO    £    LEGGI 

un  Re.  Questo  porgerebbe  una  idea  dei  tre  governi  monarchico  , 
aristocratico  e  democratico  ,  dai  quali  escludere  si  volle  da  molti 
eruditi  l' aristocratico  ,  perchè  solo  riconobbero    presso  alcuni  an- 
tichi Germani  una  monarchia   temperata,  come  sopra  si  disse.  In- 
vano dal  Oliverio  in  questo  luogo  si  citano    Aristotele  ,  Cicerone 
e  Giustino,  affine  di  provare  che  divina  era  la  forma  del  governo 
monarchico  ,  e  che  questa  la  prima  essere  doveva  in  tutte  le  na- 
zioni,  il   che  provare    potrebbe   bensì    un  fondamento  nel  regime 
patriarcale    delle    famiglie  ,  ma    non    proverebbe,   come    inferirne 
sembra  il  Cluverio   stesso  ,  che    ereditarie    fossero  le  antichissime 
monarchie    de'  Celti  Germani.    Un  mero    sogno  è  lo  immaginare 
clie  Aschenaze  lasciasse    al    figliuolo    suo  in  eredità  la  Teotiscia  5 
che  questi  cinque  figliuoli  avesse  ,  i  quali  regnassero  sopra  le  cin- 
que unzioni  Germaniche    nominate  da    Plinio,   cioè  gli  Istevoni  , 
gli  Ingevoni  ,  i  Vindili  ,  gli  Ermioni  ed  i  Pcucini  ;  che   questi 
nipoti  di  quel  primo  progenitore  molti  figliuoli  generassero,  i  quali 
a  vicenda  fondassero  le  nazioni  dei   Marn,   dei    Gambrivii ,  dei 
Catti  ,  degli  Ermunduri  ec;  che  mancando  la  successione  di  quei 
figliuoli  ,   tutti    que'  popoli    si    assoggettassero  ai    consanguinei  più 
prossimi   della    regia    stirpe,   e  che    questi  fossero  i   Principi  ed  i 
magistrali  accennati   da  Cesare.   Se  alcun  fondamento  di  tutto  que- 
et'  ordine    di    successione    cercare  si    volesse  ,  al  più  ben  leggiero 
troverebbesi  in  Tacito,  i!   quale  dice  soltanto  che  non  il  caso,  né 
una   riunione    fortuita  ,  formava    una   turma  ,  o  un  cuneo  ,  o  una 
tribù  ,   ma    bensì    la    costituivano    le  famiglie  e  le    parentele.  Lo 
stesso  scrittore  nota  altrove  che  i   regni  un  tempo    limitati  erano 
dalla   patria   di  ciascuno    degli    abitanti ,   senza    alcuna  libidine  di 
sovranità;  il   che  indica  piuttosto  un  regime  repubblicano  che  mo- 
narchico; ma  che,  perduto  essendosi  qualunque  principio  di  egua- 
glianza ,  invece  della  modestia  e  del  pudore  ,  sottentrarono  l'am- 
bizione e  la  violenza  ,  e  quindi  nacquero  governi  meno  liberi ,  e 
dominj   assoluti. 
sissemblee. 

A  torto  si  parla  della  repubblica  democratica  dei  Cimbri ,  e 
si  cita  un  passo  di  Tacito  nel  quale  è  detto  soltanto  ,  al  propo- 
sito di  quella  nazione  ,  che  più  del  regno  di  Arsace  infesto  oltre- 
modo ai  Piomani,  era  acre  e  dannosa  la  libertà  de' Germani.  Al- 
tro non  volle  Tacito  in    quel    luogo    se  non   che    indicare  la  fie- 


dell'antica  grrmania   avanti  i  romani  2J7 

rezza  di  quella  nazione,  che  forse  era  tra  le  più  rozze  e  selvagge; 
del  resto,  parlando  altrove  dei  Germani  in  generale,  disse  che  i 
Re  per  la  nobiltà,  forse  del  sangue,  si  sceglievano,  i  duci  per 
la  virtù;  nò  però  infinito,  cioè  illimitato,  o  libero,  era  il  potere 
dei  Re,  e  i  duci  piuttosto  coli' esempio  che  coli' imperio  prese* 
devano,  l'ammirazione  destando  se  pronti  erano,  se  insigni,  se 
precedevano  i  combattenti,  dal  che  stortamente  inferì  il  Ciuverio 
che  vi  avessero  alcune  repubbliche  col  principato  ,  altre  senza  il 
principato.  Più  probabilmente  erano  ,  come  già  si  disse ,  quei 
Principi  investiti  di  un  potere ,  che  da  una  specie  di  aristocrazia 
veniva  temperato;  e  Tacito  stesso  riconobbe  di  avere  talvolta  a- 
busato  del  nome  di  Re ,  giacché .  parlando  delle  assemblee  che 
in  certi  giorni  stabiliti  tenevansi ,  qualora  un  caso  fortuito  e  su- 
bitaneo non  richiedesse  la  loro  convocazione,  nota  come  disordine 
dalla  libertà  procedente ,  che  non  assieme  ,  né  per  superiore  co- 
mando i  congregati  accorrevano,  ma  spesso  di  due  o  tre  giorni 
l'unione  ritardavano;  soggiugne  pure  che  sedevano  armati,  come 
al  popolo  piaceva;  che  il  silenzio  comandato  era  dai  sacerdoti  ai 
quali  spettava  la  disciplina  dell'  assemblea  ,  e  che  quindi  i  Re  o 
i  Principi  ascoltali  erano  ,  coli'  autorità  piuttosto  di  persuadere 
che  col  potere  di  comandare,  a  norma  dell'età  di  ciascuno,  della 
sua  nobiltà,  della  sua  gloria  militare,  o  della  sua  facondia,  co- 
sicché se  il  suo  sentimento  spiaceva,  riprovato  era  col  fremito, 
se  grato  era,  approvato  veniva  collo  scuotimento  delle  spade,  e- 
quii  al  ente  all'odierna  alzata  di  mano.  Anello  Cesare  nota  che 
Ambiorige,  Tic  di  parie  degli  Eburoni ,  dichiarava  di  non  avere 
di  sua  volontà  ordinata  una  guerriera  impresa  ,  ma  bensì  per  la 
volontà  dei  cittadini  riuniti  ,  e  che  gli  ini  per j  loro  erano  di  tale 
natura  che  il  popolo  non  aveva  sopra  di  lui  minore  diritto  di 
(niello  che  egli  avesse  sul  popolo.  Singoiare  e  favorevole  alla  tesi 
della  ereditaria  successione  ,  é  il  fallo  narrato  da  Tacito  dei  Clic- 
ruseì  che  Un  Re  da  Roma  ricercavano,  perduti  avendo  nelle 
guerre  tutti  i  loro  nobili  ,  a  riserva  di  uno  nominato  Jlalo  che 
nella  città  rimaneva,  discendente  da  Flavio  frtello  di  Arminio  , 
e  per  parte  della  madre  da  Acromero  Principe  de*  Catti  1  ma 
questo  dee  riferirsi  a  tempi  posteriori  ,  cioè  a  quelli  del  Romauo 
dominio,  nei  quali  l'incivilimento  era  giunto  ad  un  grado  più 
elevato;  e  tuttavia  dalle  successive  parole  di  Tacito  si    raccoglie, 


»38  GOVERNO    E    LEGGI 

che  non  un   Re  chiedevano  i  Cherusci ,  ma  un  uoirib    della  loro 
nazione  che  il  luogo  tenesse  di  capo  o  di  Principe. 
Limiti  dell'  autorità  reale. 

Mostrò  altrove  lo  storico  medesimo  quanto  limitata  fosse  l'au- 
torità di  que'  Principi  nelle  Germane  repubbliche  ',  al  di  là  dei 
Li  gii  ,  die'  egli  ,  un  regno  hanno  i  Gotoui ,  alquanto  più  concen- 
trato che  non  nelle  altre  nazioni  Germaniche,  non  tuttavia  con 
iscapito  della  libertà  ;  passando  quindi  ai  Rugii  ed  ai  Lemovii, 
nota  che  insigni  erano  per  l'ossequio  loro  verso  i  Re.  Questo 
prova  bastantemente,  che  Principi  o  capi  avevano  quelle  diverse 
nazioni,  non  sovrani  assoluti,  non  dispotici,  dei  quali  però  di- 
versa era  l'autorità,  diverso  il  potere,  diversa  la  condizione  ;  e 
per  questo  disse  Tacito,  parlando  degli  Svioni,  che  in  onore 
avevano  essi  le  ricchezze ,  e  un  solo  capo  ad  essi  comandava 
senza  alcuua  eccezione,  e  senz' alcun  precario  diritto  di  imperio. 
Sebbene  presso  alcuni  vi  avessero  diversi  ordini,  come  Principi , 
sacerdoti ,  ottimati,  nobili  e  plebe ,  sembra  tuttavia  che  nelle  a- 
dunanze  la  dignità  non  desse  alcun  diritto ,  e  ciascuno  liberamente 
la  propria  opinione  esponesse.  Nota  pure  Tacito  altrove,  che 
nelle  cose  minori  consultavansi  i  Principi ,  ne'  più  gravi  negozj 
V  intera  nazione ,  benché  presso  i  Principi  si  trattassero  que'  ne- 
gozj ancora  su  i  quali  la  plebe  aveva  pieno  arbitrio;  le  accuse 
però ,  e  massime  i  giudizj  capitali  non  proponevansi  se  non  che 
alle  assemblee ,  e  in  queste  anche  notninavansi  i  Principi  che  la 
giustizia  per  i  borghi  e  i  villaggi  amministrassero.  Strabone  stesso, 
parlando  di  alcuni  Germani,  narra  che  anticamente  ogn'anno  un 
Principe  eleggevano,  e  similmente  dal  popolo  veniva  designato  un 
duce  della  guerra  o  un  condottiero  dell'armi:  se  Cesare  adunque 
scrisse  che  la  plebe  era  tenuta  in  conto  di  schiavi,  né  chiamata 
veniva  ad  alcun  consiglio ,  accennò  egli  soltanto  que'  Galli ,  che 
ciecamente  condotti  erano  dai  Druidi  uniti  con  alcuni  guerrieri 
detti  equiles.  Del  rimanente,  anche  presso  Cesare,  Cingetorige 
condannare  volendo  il  genero,  un  concilio  intima  del  popolo  ar- 
mato ,  al  quale  per  legge  comune  chiamati  erano  tutti  i  pube- 
ri capaci  di  portare  le  armi.  Allora  forse  erasi  già  radicato  il 
principio  della  legittima  successione ,  perchè  essendo  stato  ucci- 
so Induciomaro^  i  Ti  everi  il  comando  deferirono  ai  di  lui  con- 
giunti. 


DELL'AMICA    6KBUA9IA    AVANTI     I    ROMANI  ^3(J 

Democrazia  esclusa. 

Non  sussistono  adunque  lo    massime    stabilito  dal  Cluverio  di 
una  pura  ed  assoluta  democrazia   in  alcune    repubbliche    Germa- 
niche, o  in  quello  almeno  dello  quali  conservasi   qualche    ninno- 
ria  ;  nò  a  tutto  rigore  potrebbe    ammettersi  la    di  Ini    asserzione, 
che  i  Re  o  Principi  Germani  non  lo  fossero    se   non  che    di  no- 
me, come  avveniva   presso  i  Lacedemoni  :  difficilmente   potrebbe 
altresì    sostenersi    che   ne'  primi    tempi  ,    come    Aristotele    di  altri 
popoli  accenna,  la  stessa  persona  governasse  il  popolo,  e  condu- 
cesse i  guerrieri.  Distinte  veggonsi  in    molli   passi    dei  classici   da 
noi  citati  queste  due  funzioni  ;  ne  altronde  in  un  numero  si  grande 
di  popoli,  Germanici   tutti   ma  gli    uni    dagli    altri    independenti , 
possibile  sarebbe   il   trovare  presso  tutti  li  stessa  forma  di  politico 
governo,   le  stesso  politiche  o    civili   istituzioni.    Invece   di  quelle 
pure  democrazie,   assai  più   facile  sarebbe   il   trovare    presso  qual- 
che  popolo,  ossequioso  ai  prima rj  o   agli    ottimati,   chiari  vestigi 
dell'aristocrazia,  a  torlo  dal  Cluverio  esclusa. 
Ren  dite  de'  prin  cip  i. 

Più  chiaramente  si  esprime    Tacito    là    dove    parla  dello  ren- 
dite di  quo' capi  o  Principi.  Costume  era,  dic'egli,  delle  citta  di 
contribuire  volontariamente  e  secondo  le  forze  respettive  ,  qualche 
parlo  ai  Principi  dei  loro   grani  o    degli    armenti    loro  ,  e  questa 
parte,   come  onore  ricevuta,  ai    bisogni    sovveniva.    Ai   compagni 
loro  nel  governo,    agli    ottimati,  ai    cortegiani  ,  accordavano  quei 
Principi  conviti,  con  rozzo  bensì  ma  ampio  apparato,   i  quali   te- 
nevano luogo  di  stipendio  ;  nelle    guerre  facevano    ad    essi    parte 
delle  spoglie  ai  nemici  rapite  ;  nò  però  molto  corteo  comportava- 
no,  se  non  che  in  occasione  di    guerra.  Quo'  Principi ,  por  legge 
o    per    antica    istituzione,  ai    sudditi    convinti    di    leggieri    delitti 
imponevano  la   multa  di  un   numero  di  cavalli  o  di  pecore,  della 
quale  una  parte  ricadeva   al  Re  o  al  Principe  ,  altra  si  assegnava 
al  popolo,  o  alla  città,   altra  all'offeso  che   la   vendetta    reclama- 
va, o  ai  di  lui  congiunti.  Non  avevano    tuttavia    que' Principi  sa- 
telliti nò  guardie,  ma  il  loro    corteggio    formato    era    soltanto   di 
volontà  rj. 
Ambizione  di  regno  repressa. 

Si  narra  di  Arminio  che  ,  scacciato  avendo  Maroboduo  ,  il  re- 
gno affettasse,  e  avverso  si  mostrasse  alla  libertà   popolare;  ma  iti 


■2  lo  GOVERNO    E    LEGGI 

questo  luogo  osserva  opportunamente    il    Cluverio    che  i    nomi  di 
Re  e    di    regno  ,  introdotti    furono    soltanto    dai  Romani  ;  che  si 
riguardò  come  cosa  singolare  ,  che  per  dodici  anni  Arminio  soste- 
nuto avesse  il   potere  principale  ,  o  sovrano  ,  e  che  a    niuna    cosa 
tanto  repugnavano  i  Germani  ,    quanto    ad    un    imperio    assoluto , 
libero    ed    illimitato  ;   laonde  Maroboduo,  usurpatore  di  quel  pae- 
se ,    fu    dai    sudditi    abbattuto  ,  Arminio    stesso  fu    dai   congiunti 
trucidato  ,  Catualda  che  Re  dei  Marcomanni  fare  volevasi,  venne 
cacciato  dal  comandante  degli  Ermunduri.  Vanuio  ,  Principe    dei 
Qiiadl ,  fu  anch'esso  per  eccessiva  superbia  cacciato  dal    suo  po- 
polo, e  Italo ,  Re  o  Principe  dei  Cherusci ,  fu  pure    dai    mede- 
simi  detronizzato. 
Niuna  repubblica  senza  principato. 

Ad  onta  di  tutti  i  passi  degli  autori  Latini ,  i  quali  sembrano 
insinuare  che  quelle  prime  società  Germaniche  fossero  repubbli- 
che ,  nelle  quali  avesse  luogo  il  governo  di  un  solo,  temperato 
tuttavia  da  un  consiglio  e  dall'  autorità  popolare  ;  piacque  al  Clu- 
verio  e  ad  altri  eruditi  di  immaginare  alcune  repubbliche  demo- 
cratiche senz'alcun  principato,  ed  a  vicenda  alcune  monarchie, 
delle  quali  una  sola  parte  chiamarono  misto  imperio.  Ma  gli  e- 
sempj  addotti ,  tratti  sono  dai  Batavi ,  dai  Caninefati  e  dai 
Frisii  ,  e  ad  un'  epoca  appartengono  in  cui  già  i  Romani  pene- 
tr  ili  erano  nella  Germania  ,  e  in  cui  que'  popoli  ,  agitati  dalle 
ostili  incursioni  ,  più  alcun  freno  non  avevano  ,  massime  allorché 
tra  ita  vasi  della  comune  difesa,  o  anche  di  rubellarsi  ai  nuovi  wr 
surpatori.  Del  resto  né  la  forma  già  indicata  dei  comizj ,  né  l'or- 
dine che  nelle  perorazioni  tenevasi ,  né  il  metodo  delle  popolari 
elezioni ,  né  la  mancanza  di  pubblico  magistrato  in  tempo  di 
pace  ,  secondo  lutti  i  testi  citali  ,  non  provano  che  esistesse  al- 
cuna repubblica  democratica  costituita  senza  principato. 
Potere  dei  Principi. 

Alcun  fondamento  non  troverebbe  la  tesi  contraria ,  né  in  Ani- 
mi, no  Marcellino  che  in  epoca  molto  posteriore  a  quella  dei  primi 
Germani  parlò  di  Atanarico,  giudice  potentissimo,  che  pure  vien 
detto  principe  dei  Goti,  né  molto  meno  nella  prefazione  della 
Legge  Salica,  ancora  più  recente;  nella  quale  tuttavia  si  accenna 
che  la  nazione  inclita  de' Franchi  quella  legge  dettò  per  mezzo 
de'primarj    abitanti  o    dei  capi,  per  proceres    ipsius  gentis.  Né 


DELL'ANTICA    GERMAItl,A    A.VAJITJ    I    K0MAN1  'J..\  l 

maggiormente  varrebbe  la  distinzione  da  alcuni  introdotta  Ira  i 
Principi  nominati  da  Cesare  e  da  Tacito,  come  se  alcuni  fossero 
veri  Re  o  Principi ,  altri  semplici  magistrati  o  reggitori  del  popolo. 
Certo  è  che  Tacito  in  generale  parla  della  dignità  e  del  potere  di 
que'Principi,  circondati  sempre  da  uno  stuolo  di  scelta  gioventù, 
decoro  del  paese  nella  pace  ,  presidio  nella  guerra  ,  che  anche  al 
di  fuori  famosi  erano ,  massime  se  di  virtù  forniti  mostravansi  ed 
ambasciate  e  donativi  ricevevano:  nò  Cesare  alcuna  distinzione 
frappose  tra  i  Principi  dei  Tr everi  che  riguardare  potrebbonsi  co- 
me Sovrani,  ed  altri  che  diconsi  semplici  capi  delle  diverse  de- 
mocrazie. Nomina  bensì  Tacito  centotredici  seuatori  de'  Treveri  ; 
ma  a  torto  si  vorrebbono  questi  far  passare  per  giudici  dei  villag- 
gi ,  e  in  qualunque  caso  veggonsi  ad  essi  applicati  anche  i  titoli 
di  magistrati  e  di  governatori ,  che  mai  combinare  non  si  polreb- 
bono  colla  pura  democrazia  ,  vedendosi  anche  tra  gli  Ubii  ,  tra  i 
Tenicri  e  gli  Uòipeti,  nominati  Principi  e  senatori,  e  anche  pri- 
mari della  nazione,  primore.s  et  procerei. 
Principato  nelle  repubbliche. 

Invano   adunque  tenta    il    Cluverio  di  dichiarare  democratiche 
senza  principato  le   società  o  le  repubbliche  dei  Alarsi ,  dei  Ten- 
tai,   degli  Usi  pi  i ,  dei   'Tubanti,  degli  Ansibarii ,  degli  Angri- 
varii  ,  dei  Dulgibini  ,  dei  Cornavi  e  di  altri j  i  Alarsi  e  gli  An~ 
sibarii ,   per    testimonianza  di  Tacito,  un  duce  supremo  gli  uni  e 
gli  altri  avevano,   che  di   tutta  la  nazione  disponeva  ;  un  duce  su- 
premo avevano  pure  i   Cauci ,   sebbene  della   nazione  fosse  de'  Cu- 
mnefatif  e  dei  Biutteri    si    narra  che   sino    ad    una    fanciulla    o 
a    una    vergine ,    detta    lrelleda ,    ciecamente    obbedissero.    Quin- 
di lasciò  scritto  Strabone    che    la    maggior    parte    delle    repubbli- 
che   Germaniche  ,     avanti    che    al     giogo    Romano    si    assoggettas- 
sero,    dagli    Ottimali  venivano   governate,   e   un    duce    sceglievano 
ogni  anno  ,  come   pure  dal  popolo  sceglievasi   un   capo   della  guer- 
ra.   Là   dove  si   parla   da   Tacito   di   Classico    comandante   dei   Te- 
veri ,  si  nota  che  per  la  nobiltà  e  per  la   ricchezza   a   tutti  sovra- 
stava; che  egli  era  di  regia  stirpe,  e  l'origine  traeva   da  antenati 
chiari  in  guerra  e  in    pace.   Le  diverse  città,  o  i  comuni,  che  si 
armavano,    al    dire  di  Tacito  slesso  ,  speranzosi  di  conservare    la 
loro    libertà ,  non  erano    già    tenaci    della    loro    democrazia  ,    ma 
bensì  della  indipendenza   del  loro  governo  ,  e  anzi   Tacito  soggiu- 

Cost.  Voi.  IX.  dell'Europa  iQ 


f2^2  GOVERNO    E    LEGGI 

gne  die,  se  la  schiavitù  evitare  potevano,    animate  erano   ancora 
da]  desiderio  di  ottenere  sopra  altri  popoli  l' imperio. 

Monarchie  limitate. 

Egualmente  difficile  sarebbe  il  provare  1  esistenza  di  monar- 
chie assolute  nell'antichissima  Germania.  Se  Tacito  parlò  di  un 
solo  imperante,  non  ristretto  nel  suo  potere  da  alcun  limite, 
ììullis  exceptionibus  ,  le  di  lui  parole  applicare  non  si  potrebbono 
se  non  che  ai  soli  Svioni  abitanti  delle  isole  dell'  Oceano  ',  ma 
ben  precaria  essere  doveva  questa  forma  di  governo ,  forse  non 
ben  nota  a  quello  storico,  perchè  egli  stesso  soggiugne  che  l'in- 
teresse del  Re  impediva  di  concedere  la  prefettura  dell'armi  a 
chiunque  fosse  nobile,  ingenuo  o  libertino,  dal  che  chiaramente 
si  raccoglie  lo  spirilo  di  quella  nazione  ad  un  giogo  dispotico  re- 
pugnante. Di  fatto,  secondo  Adamo  Bremense  ,  elettivo  era  quel 
regno  ;  e  gli  Spióni  poscia  annojati  di  qualunque  specie  di  servi- 
tù ,  alla  libertà  tornarono  e  un  Re  si  elessero ,  bensì  di  antica 
schiatta  ,  di  cui  tulio  il  potere  pendeva  dal  sentimento  del  popolo, 
iiè  forza  avevano  i  suoi  decreti  se  da  tutta  la  comunità  non  ve- 
nivano approvati  ;  e  secondo  Tacito  dagli  Spioni  non  differivano 
i  Silo/ii  se  non  perchè  ad  una  donna  concedevano  l'imperio,  nel 
che  dice  egli  stesso  che  degeneri  erano  ,  non  solo  dalla  libertà  , 
ma  anche  dalla  servitù.  Questo  esempio  adunque  di  una  nazione 
lontana  ,  che  a  stento  provare  vorrebbesi  Germanica  ,  non  giova 
a  confermare  la  tesi  che  nella  Germania  governi  dispotici  ci  aves- 
sero ;  parlando  di  fatto  Tacito  degli  Sv'evi ,  dice  che  detestato 
era  dal  popolo  il  nome  di  Re  e  favoreggiato  chiunque  per  la  li- 
bertà pugnasse  ;  ed  altro  antico  scrittore,  parlando  dei  Gotoni 
imitimi  degli  Ertili,  nota  che  uri  Re  avevano  bensì,  ma  che  a 
questo  né  onore,  né  reverenza  prestavano,  e  soltanto  vinti  dai 
donativi,  talvolta  accordavano  benevolenza. 

alleanze ,   clientele. 

Queste  città  tuttavia  o  questi  comuni,  o  forse  piuttosto  le  na- 
zioni, formate  per  lo  più  in  repubbliche  con  principato,  o  con 
un  governo  misto,  amicizie  ed  alleanze  tra  loro  contraevano;  e 
Cesare  le  fazioni  o  i  parliti  trovava  non  solo  in  tutte  le  città  e 
i  borghi,  ma  anche  nelle  diverse  abitazioni  isolate,"  di  quelle  fa- 
zioni capi  o  Principi  erano  quelle  persone  che  per  giudizio  dei 
partigiani  medesimi  si  credevano  ottenere  maggiore  autorità,  e  dal 


DELL'ANTICA    GERMANIA    AVANTI     l    ROMANI  2  {.» 

loro  arbitrio  dipendeva  tutta  la  somma  delle  cose  pubbliche.  Men- 
tre lottavano  nella  Gallia  gli  Edui  ed  i  Sequani ,  e  ciascuna  di 
queste  nazioni  il  suo  partito  fomentava,  i  secondi,  vedendo  la  pre- 
ponderanza dei  primi ,  alleanze  strinsero  coi  popoli  Germani ,  non 
senza  far  loro  grandi  promesse  5  in  questo  modo  gli  Edui  supe- 
rarono e  i  figliuoli  de' Principi  loro  ricevettero  in  ostaggio,  e  un'or- 
dinata divisione  introdussero  delle  terre  ,  il  che  basta  ad  indicare 
un  grado  di  incivilimento  più  elevato,  benché  si  tratti  di  tempi, 
vicini  alla  occupazione  fatta  dai  Romani.  Le  legazioni  e  i  trattati 
di  picc  e  di  alleanza,  le  protezioni  e  le  clientele  vicendevoli  delle 
nazioni,  di  cui  sovente  parla  Cesare,  non  sono  per  lo  più  riferi- 
bili se  non  elle  ai  Galli  ;  Di  odoro  però  ,  là  dove  ragiona  di  mi- 
nistri o  di  ambasciatori  di  pace  che  in  seguito  alle  armate  si  con- 
ducevano ,  accenna  indistintamente  i  Galli  ed  i  Germani.  Tacito 
parla  di  Segeste  liberato  da  grave  pericolo  per  mezzo  di  una  turba 
numerosa  di  congiunti  e  di  clienti  ;  parla  dei  Cherusci  e  dei  loro 
compagni  o  alleati;  parla  di  popoli  Svevici ,  dei  Sornioni  e  dei 
Longobardi ,  che  uniti  passarono  sotto  i  vessilli  di  Maroboduo , 
dei  clienti  o  degli  alleati  di  Yannio,  dei  barbari  tra  di  loro  uni- 
ti ;  e  Cesare  fa  menzione  parimente  degli  alleati  dei  Treveri  e  dei 
Ncrvii  ,  e  degli  ambasciatori  spediti  ai  Ceneroni  ,  ai  Grudiì ,  ai 
Levaci,  ai  Plcumosii ,  ai  Gorduni,  non  che  della  unione  di  tutte 
le  Sveviche  nazioni  per  una  spedizione  militare*  Dei  Cherusci  non 
potrebbe  dirsi  la  cosa  medesima  ,  perchè  i  Fasi  ed  altri  popoli  , 
non  nominati  e  soltanto  accennati  da  Strabene ,  alleati  propria- 
mente non  erano,  ma  sotto  l'imperio  dei  Cherusci  vivevano. 
Leggi,   comizj. 

Per  quello  che  concerne  le  leggi  dei  più  antichi  Germani  , 
queste  scarsissime  essere  dovevano  presso  una  nazione  nascente 
che  divisa  era  altresì  in  tanti  diversi  popoli,  molti  dei  anali  per 
lungo  tempo  ritennero  selvaggi  costumi.  Presso  la  maggior  parte 
di  que  poppi i  assemblee  tonevansi  o  pubblici  comizj  ,  e  di  traesti 
due  generi  introduce  il  Cluverio,  cioè  un  consiglio  maggiore  ed 
altro  minore  ,  mentre  Tacito  ,  da  esso  citato  ,  non  parlò  invece  se 
non  che  di  negozj  di  maggiore  o  minore  importanza.  Nelle  cause 
minori,  come  già  di  sopra  si  disse,  consulta  v'ansi  i  Principi,  cioè 
i  membri  principali  della  società  ,  nelle  maggiori  tutti  i  membri 
della  comunità  medesima ,  in  modo  tale  però  che  anche  i  negozj 


2/(4  governo  e  leggi 

dependenti  dall'arbitrio  della  plebe,  presso  i  Principi  o  presso  i 
primar]  della  nazione  trattavansi.  Questo  altro  non  significa  se 
non  se  che  le  piccole  controversie  decidevano  i  Principi  o  i  capi 
dei  borghi  e  de' villaggi,  nelle  cose  più  gravi  il  suffragio  richie- 
devasi  di  tutta  la  popolazione;  né  punto  si  ravvisa  in  questo  passo 
alcuna  distinzione  di  comizj  maggiori  o  minori.  Stabiliti  erano  di 
fatto  i  giorni  per  le  pubbliche  assemblee,  e  queste  più  sovente 
tenevansi  nei  novilunj  e  nei  pleniluni;  non  erano  però  quelle  le 
sole  occasioni  nelle  quali  di  cose  pubbliche  si  trattasse,  ma  il  più 
delle  volte  nei  nazionali  conviti  si  riconciliavano  a  vicenda  i  ne- 
mici ,  si  stringevano  affinità  tra  le  famiglie  ,  si  creavano  o  si  ri- 
cevevano nuovi  Principi  o  nuovi  ottimati ,  si  deliberava  della  pace 
e  della  guerra.  Non  sembrava  tuttavia  Tacito  approvare  quel  co- 
stume, né  i  conviti  reputare  opportuni  a  tranquilla  meditazione: 
una  popolazione  non  astuta  né  maliziosa  rivelava  ,  die'  egli ,  i  se- 
greti chiusi  nel  petto,  indotta  dalla  conviviale  licenza,  e  il  senti- 
mento in  quel  giorno  esternato,  ritrattavasi  nel  seguente;  delibe- 
ravano essi  mentre  fingere  non  sapevano  ,  e  con  più  matura  rifles- 
sione stabilivano  allorché  errare  non  potevano. 
Leggi  convenzionali. 

Difficile  sarebbe  lo  indicare,  da  quali  principj  di  legislazio- 
ne guidate  fossero  le  decisioni  di  quelle  assemblee  :  un  codice 
scritto  non  avevano  certamente  tutti  que' popoli ,  perché  Tacito, 
di  essi  parlando  in  generale  ,  dice  che  uomini  e  donne  egual- 
mente i  segreti  delle  lettere  ignoravano.  Alcune  massime  tuttavia 
dovevano  avervi  tra  di  essi  stabilite  intorno  ai  matrimoni  ,  alle 
doti,  alla  probità  ed  alla  modestia  delle  femmine:  perché  i  ma- 
riti un  patrimonio  ricevevano,  che  inviolato  passare  doveva  ai  fi- 
gliuoli ,  che  le  nuore  ricevere  dovevano  in  appresso  e  trasmettere 
di  nuovo  ai  nepoti.  Tutelata  era  con  leggi ,  se  non  scritte  almeno 
convenzionali  ,  la  pudicizia  ,  non  corrotta  dalle  seducenti  attrat- 
tive degli  spettacoli  né  dal  solletico  de'  conviti  ;  e  in  mezzo  a 
popolazioni  tanto  numerose  scarsissimi  erano  gli  adulteq.  Ai  Galli 
soltanto,  non  ai  Germani,  applicare  si  potrebbe  un  passo  di  Plu- 
tarco, nel  quale  è  stabilita  come  consuetudine  di  que' popoli  che 
le  femmine  chiamate  fossero  a  consiglio  ogni  qualvolta  si  trattasse 
della  pace  o  della  guerra,  e  di  comporre  le  liti  coi  socj  o  cogli 
alleati  insorte  ;  al  che  dato  aveva  motivo  la  femminile  destrezza  , 


DELL'  ANTICA    GERMANIA    AVANTI    I    ROMANI  ^^J 

che  una  volta  composte  aveva  alcune  implacabili  discordie  tra 
quella  nazione,  impedita  la  guerra  civile  e  ricondotta  l'amicizia; 
anche  tra  i  Germani  però,  al  dire  di  Tacito,  più  strette  erano 
in  amicizia  quelle  città,  nelle  quali  alcuna  influenza  esercitavano 
le  fanciulle  nobili  date  in  ostaggio  ,  e  come  cosa  santa  ,  o  reli- 
giosa, ed  insieme  opportuna  riguardatesi  il  tenere  conto  de' loro 
consiglj ,  e  il   non  trascurare  le  loro  risposte. 

Giudici. 

Già  si  è  altrove  accennato  che  nei  concilj ,  o  nelle  assemblee, 
eleggevansi  gli  ottimati  onde  giudici  sedessero  nei  borghi  e  nei 
villaggi  ,  e  che  lecito  era  innanzi  a  quelle  assemblee  il  produrre 
le  accuse  ed  anche  le  accuse  capitali.  Due  maniere  vi  avevano 
tuttavia  di  amministrare  la  giustizia,  perchè  dal  testo  ora  citato 
di  Tacito  si  scorge  che  ì  giudici  nominati  dal  popolo,  l'ufficio 
loro  nei  borghi  e  nelle  ville  esercitavano,  e  da  altro  di  Cesare 
si  raccoglie  (he  giudici  vi  avevano  delle  regioni  e  dei  borghi  ,  i 
quali  parimente  giudicavano  tra  le  persone  all'autorità  loro  sotto- 
poste ,  è  le  controversie  dirimevano.  Non  sembra  che  assessori  o 
consiglieri  avessero  i  primi  ;  i  giudici  delle  provincie  all'  incontro 
numeroso  consiglio  avevano,  presso  il  quale  una  specie  di  auto- 
rità risedeva. 

Gindizj   eliminali. 

Il  Cluverio  ,  parlando  della  criminale  legislazione,  ha  confuso 
le  antiche  istituzioni  colle  più  recenti ,  ed  ha  attribuito  ai  Frani" 
chi,  agli  Alemanni  ,  ai  Borgognoni)  ai  Longobardi,  ai  Gotoni, 
in  epoca  anteriore  alle  Romane  conquiste,  quelle  leggi  scritte  in 
Latino  che  sotto  il  nome  delle  nazioni  medesime  divolgate  fu- 
rono in  tempi  posteriori  nella  Francia,  nell'Italia,  nella  Spagna 
e  nella  Britanni.!.  Dagli  antichi  scrittori  al  più  si  raccogli*!  che  i 
delitti,  siccome  pure  le  pene,  in  maggiori  e  minori  distingue* 
vansi;  che  i  primi  vendicati  erano  con  pena  capitale,  i  secondi 
con  una  multa  che  cadeva  su  di  una  parte  dei  beni.  Anche  i 
giudiz)  criminali  e  i  capitali  medesimi  ,  in  due  generi  distingue- 
vansi  ,  giacché  Tacito  chiaramente  accenna  che  vi  aveva  una  di- 
stinzione di  pene  secondo  il  delitto;  che  i  traditori  e  i  disertori, 
(  forse  coloro  che  al  nemico  fuggivano  )  ,  sospendevansi  agli  al- 
beri ;  che  i  vili  allo  incontro  e  gli  imbelli,  e  quelli  che  infami 
rendevansi  per  sozza  comunicazione  del  loro  corpo  alla    libidine, 


l!\Q  GOVERNO    E    LEGGI 

nel  fango  e  nelle  paludi  con  un  graticcio  posto  al  di  sopra  si 
immergevano.  A  questo  fine,  soggiugne  lo  storico,  introdotta  venne 
la  diversità  dei  supplizj ,  perchè  d'  uopo  era  mostrare  al  pubblico 
le  scelleratezze  nell'  atto  che  si  punivano ,  e  nascondere  i  delitti 
di  viltà  procedenti.  I  minori  o  più  leggieri  delitti  con  pene  di- 
versamente modificate  compressi  erano ,  previo  il  legale  convinci- 
mento ,  con  una  multa  cioè  consistente  in  un  determinato  numero 
di  cavalli  e  di  pecore. 

Pene  dell3  omicidio  e  dell'  adulterio. 

Singolare  riesce  il  vedere  nelle  storie  di  Tacito,  che  anche 
l'omicidio  punito  era  colla  perdita  di  un  certo  numero  di  pecore 
o  di  armenti,  e  che  tutta  di  quel  soddisfacimento  partecipava  la 
famiglia  dell'ucciso.  La  pena  dell'adulterio,  rarissimo  come  già 
si  notò  presso  que'  popoli ,  era  immediata  ,  e  libero  al  marito  lo 
infliggerla 5  recise  avendo  egli  alla  moglie  infedele  le  chiome, 
nuda  alla  presenza  de'  congiunti  la  cacciava  dalla  casa,  e  per  tutto 
il  borgo  flagellandola  la  inseguiva;  né  scusa  o  perdono  trovava 
la  perduta  pudicizia  ;  né  per  bellezza  ,  né  per  età  ,  né  per  ric- 
chezza ottenuto  avrebbe  quella  donna  un  secondo  marito;  alcuno 
prosiegue  lo  storico ,  non  ride  colà  dei  vizj ,  né  virtù  del  secolo 
appella  il  corrompere  o  l'essere  corrotto;  nel  che  veramente  può 
credersi  che  egli  ai  costumi  Romani  dell'età  sua  alludesse.  Sog- 
giugne pure  di  là  a  poco  che  più  valevano  nella  Germania  i  buoni 
costumi  che  le  buone  leggi  altrove  ,  il  che  basterebbe  a  persua- 
derci che  di  leggi  mancavano  que'  popoli ,  e  che  soltanto  i  co- 
stumi e  le  consuetudini  nazionali  osservavano.  Il  rigore  altronde 
con  cui  presso  quella  nazione  punivansi  le  adultere ,  per  senti- 
mento dello  stesso  Tacito  ,  anche  alle  non  maritate  estende  vasi 
che  copia  del  loro  corpo  facevano  al  volgo;  sebbene  credasi  da 
alcuno  viziato  quel  passo,  o  applicabile  soltanto  alle  vedove,  lo- 
dandosi da  poi  quelle  città  Germaniche  nelle  quali  le  sole  vergini 
aspirare  potevano  alle  nozze.  Vedremo  altrove  ,  come  anche  nei 
tempi  di  mezzo  si  mantenesse  o  si  aumentasse  quel  salutare  rigore 
contra  i  violatori  della  pudicizia. 
Condizioni  diverse  dei  Germani. 

Non  adotteremo  certamente  l'opinione  dell' Eccardo,  che  nella 
più  antica  Germania  distinte  fossero  le  condizioni  degli  abitanti , 

e  che    ^4ddin gi  o  Ediingi  si  chiamassero  i  nobili,  Friling'x  gli 


DELL'  ANTICA    GERMANIA    AVANTI    I    ROMÀNI  %fo 

uomini  liberi  ,  e  Lazi  o  Liti  i  coloni  soggetti  ad  una  specie  di 
dominio,  sebbene  qualche  passo  degli  antichi  scrittori  da  nui  ri- 
ferito mostri  che  alcun  conto  si  tacesse  della  nobiltà  della  stirpe 
o  del  sangue,  e  la  distinzione  tra  gli  Adeli  agi  o  i  Principi,  i 
Frilingi  o  i  nobili,  e  i  Lazi  o  i  plebei,  riguardati  quasi  come 
schiavi,  sussista  tuttavia  nella  Polonia.  Cesare  però,  parlando  della 
Gallia ,  distinte  aveva  due  sole  classi  di  uomini  tenuti  in  qualche 
onore,  i  Druidi  cioè  e  gli  Equiti  o  i  cavalieri,  rimanendo  la 
plebe  quasi  nella  condizione  di  servi;  e  Tacito  distinse  bensì  i  Re 
e  i  duci,  ma  alcuna  caratteristica  differenza  non  trovò  tra  il  pa- 
drone e  il  servo,  e  non  molto  superiori  ai  servi  dichiarò  i  liberti. 
Già  si  disse  che  Cesare  parlava  dei  soli  Galli',  ma  pure  ingau- 
nossi  il  Cluverio  ,  che  le  classi  dei  Druidi  e  degli  Equiti  tra- 
dusse iti  classi  di  sacerdoti  e  di  nubili,  giacché  più  esattamente 
sarebbersi  dette  di  sacerdoti  e  di  guerrieri  ,  e  torse  ancora  di  guef' 
rieri  distinti.  Quanto  a  Tacito,  sebbene  egli  non  parlasse  che  di 
qualche  popolazione  Germanica,  falso  è  che  dal  suo  lesto  si  tragga 
chiaramente  la  distinzione  in  quattro  ordini  ,  quelli  cioè  dei  no- 
bili, degli  uomini  liberi  o  ingenui,  dei  liberti  e  libertini;  e  di 
servi,  le  quali  quattro  classi  ritenute  veggonsi  per  la  prima  volta 
o  fors  anche  immaginate,  da  Adamo  Bre mense ,  scrittore  de'bassi- 
tempi.  Niella  f  ita  del  Beato  Lebuino  e  nelle  Storie  di  ISiiardo, 
quelle  classi  riduconsi  a  tre,  cioè  agli  Edlittgi  o  nobili,  ai  Fri- 
lingi  o  ingenui ,  ed  ai  Lazi  o  servi ,  i  quali  nomi  probabilmente 
non  erano  più  antichi  dell'epoca  di  quegli  scritti;  come  più  antiche 
non  erano  le  leggi  dei  Bajuvarii  o  lìavari ,  nelle  quali  FrUazi 
nominavansi  i  servi  manomessi.  Se  quella  distinzione  introdotta 
da  Adamo  Bremense,  trovare  potesse  alcun  fondamento  nell'an- 
tichità ,  dovrebbono  pure  ammettersi  come  esistenti  tra  gii  anti- 
chi Germani  le  leggi  che  egli  rammenta  ,  e  per  questo  motivo 
appunto  si  è  fatto  cenno  in  questo  luogo  di  quella  classificazione. 
Dice  dunque  Adamo  che  alcuno  uscire  non  poteva  a  contrarre 
matrimonio  fuori  dei  limiti  della  propria  classe;  che  il  nobile 
sposare  dove\a  una  nobile,  l'uomo  libero  una  libera,  il  liberto 
una  liberta,  lo  schiavo  un'ancella,  e  che  se  alcuno  sceglieva  una 
sposa  fuori  del  proprio  ordine  ,  e  massime  se  questa  era  di  una 
condizione  superiore,  obbligato  era  per  legge  al  soddisfacimento 
anche   col  rischio  della  propria  vita:  questa  legge  viene  conimeli- 


2-48        GOVERNO    E    LEGGI  DELL'  ANTICA    GER.    AVANTI  I    ROMANI 

daia  come  utilissim  i  dal  Cluverio ,  ma  invano  egli  si  sforza  di 
trovare  qualche  appoggio  alla  medesima  nelle  antiche  memorie.  I 
nomi  di  jLdalin gi  e  di  Frilingi  trovansi  frequentemente  negli 
scritti  del  medio  evo,  ma  nelle  antiche  storie  non  ne  appare  ve- 
stigio^ come  da  Tacito  solo  nominati  sono  tra  i  Germani  i  li- 
berti e  i  libertini  ,  e  soltanto  trovasi  presso  quello  storico  che  gli 
schiavi,  fatti  forse  alla  guerra,  rare  volte  erano  battuti,  incate- 
nati o  aggravati  di  lavori ,  ma  uccisi  bensì ,  non  per  effetto  di  se- 
vera disciplina,  ma  per  impeto  d'ira,  come  fatto  sarebbesi  di  un 
nemico,  il  che  per  legge  rimaneva  impunito. 


Della  religione  e  del  culto  dei  Germani 
avanti  la  Romana  occupazione. 


Prime  idee  religiose  dei  Germani. 


o, 


"pinione  fu  di  molti  eruditi  che,  barbi ra  essendo  e  fero- 
cissima la  primitiva  nazione  de' Germani,  priva  fosse  di  qualun- 
que culto,  e  notizia  alcuna  non  avesse  degli  Dei  sinché  i  Roma- 
ni ,  valicato  avendo  il  Reno  ,  nella  Germania  innoltraronsi.  Cesare 
di  fatto  notò  che  i  Germani  Druidi  non  avevano  i  quali  alle  co- 
se divine  presedessero,  nò  si  curavano  di  sacrifizi  :  lo  stesso  scrit- 
tore però  altrove  accenna ,  che  i  Germani  tra  gli  Dei  annovera- 
vano que'  soli  che  conoscevano ,  e  del  di  cui  ajuto  approfittavano, 
cioè  il  Sole ,  Vulcano  o  piuttosto  il  fuoco  ,  e  la  Luna  ,  gli  altri 
tutti  non  conoscendo  né  pure  per  fama. 
Argomenti  del  Cluverio. 

Difficile  sarebbe  certamente  il  mettere  A'  accordo  que' due  pas- 
si di  Cesare,*  ma  il  Cluverio  ha  pigliata  tu  tt' altra  strada,  che 
veramente  non  è  la  più  retta ,  e  citando  più  volte  Cicerone  e 
Dionigi  d' Alicarnasso  ,  Massimo  Tirio  e  Seneca,  ha  stabilito  che 
alcuna  nazione  o  alcuna  razza  d'uomini  non  vi  aveva  la  quale, 
anche  non  istrutta,  un  sentimento  della  Divinità  non  serbasse; 
che  l'opinione  intorno  agli  Dei  non  aveva    bisogno  di  essere  con- 


DELLA    RELIGIONE   E   DEL   CULTO   DEI    GERMINI    ec  2  |() 

fermati  da  alcuna  istituzione,  da  alcuna  costumatila,  <>  da  alcuna 
legge;  che  tutti  i  Re,  i  popoli,  le  nazioni  ,  facevano  uso  di  au- 
spicj  ,  e  che  ciascun  popolo  nel  culto  degli  Dei  o  ilei  Genj  servi- 
vasi  di  cerimonie  patrie,  le  quali  anche  soggiogato  tenacemente 
conservava  ;  dal  che  egli  ha  preteso  di  inferire  che  ancora  i  Ger- 
mani primitivi  una  religione  nazionale  avessero.  Piuttosto  potrebbe 
trovarsi  qualche  appoggio  nella  asserzione  di  Tacito  ,  che  i  Ger- 
mani umane  vittime  sacrificavano  a  Mercurio,  anche  lutilo  tempo 
dopo  il  passaggio  del  Reno  dai  Romani  eseguito  ,  il  che  indica 
bastantemente  che  quel  barbaro  rito,  se  bene  informato  fu  quello 
storico,  era  in  tempi  assai  più  remoti  da  essi  praticato. 

Culti  introdotti  dai  Romani. 

Cesare  disse  bensì,  parlando  dei  Galli  soltanto,  che  sopra 
ogni  altra  Divinità  Mercurio  veneravano,  come  inventore  delle 
arti  ,  come  duce  delle  vie  pubbliche  e  dei  viaggi  ,  come  protet- 
tore della  mercatura  ;  poscia  Apollo  e  Marte  conoscevano,  Giove 
e  Minerva  ,  dei  quali  Numi  la  stessa  idea  avevano  che  gli  altri 
popoli  ,  supponendo  Apollo  curatore  dei  morbi  ,  Minerva  direttri- 
ce degli  artifi/.j  e  dei  lavori  ,  Giove  Imperatore  del  ciclo  ,  Mute 
reggitore  della  guerra  ;  ma  invano  si  sforza  il  Cluvcrio  di  provare 
che  le  cose  stesse  in  parte,  com'egli  dice,  con  tutta  verità,  in 
parte  con  eccessiva  ignoranza,  Cesare  annunziasse  dei  Germani. 
All'autorità  di  Cesare  veramente  non  si  oppone  Tacito,  il  quale 
anche  dai  Germani  asserisce  venerato  più  d'ogu' altro  Nume  Mer- 
curio a  cui  si  offerivano  le  umane  vittime:  sogghigno  poi  che 
Ercole  e  Marte  placati  erano  con  sacrifizi  di  animali  ;  che  una 
parte  degli  Sveni  sacrificava  anche  ad  bidè;  che  i  Deuringi ,  i 
Cagioni ,  gli  Angli  %  i  latini  ,  gli  Elidasi,  gli  Svardonì  e  i 
SS'uitoni,  in  comune  veneravano  Erta  o  la  Dea  Madre;  che  pres- 
so i  Xaharvali  si  mostrava  un  bosco  sacro,  monumento  del- 
l'antica religione,  al  quale  presedeva  un  sacerdote  ornato  alla 
foggia  delle  donne,  e  che  que'  popoli  tra  le  Divinità  rammenta- 
vano Castore  e  Polluce;  finalmente  che  gli  Estii  veneravano  la 
madre  degli  Dei.  Ma  troppo  chiaro  è  a  vedersi  ,  che  Tacito  scri- 
veva sullo  l' imperio  di    Trajano,  e  che  quindi   nou   lauto   i  culti 

riferì  della  primitiva  Germania,  quanto  quelli  che  introdotti  eransi 
dai  Romani ,  e  da  questi  certamente  erano  stati  portali  i  nomi  e 
forse  introdotti   i  culti    di    Mercurio,   di    Ercole,    di  Marte   e  dei 


2bO  BELLA.    RELIGIONE    E    DEL    CULTO    DEI    GERMANI 

Dioscuri,  giacché  sovente  quello  storico  anche  i  costumi  degli  an- 
tichi Germani  confonde  con  quelli  che  dai  Romani  erano  stati  por- 
tati nella  loro  regione. 
jLre  e  riti  antichi. 

xMtrove  però  parla  Tacito  di  are  e  di  altari  dei  barbari,  cioè 
probabilmente  dei  Germani  più  antichi  ,  erette  nei  boschi,  e  par- 
lando degli  Ermunduri  e  dei  Catti  ,  dice  che  i  vincitori  i  nemi- 
ci loro  a  Marte  ed  a  Mercurio  consacrati  avevano  ,  in  forza  del 
quale  voto  gli  uomini  ed  i  cavalli,  tutti  in  somma  i  vinti  si  ucci- 
devano ;  e  anche  Cesare  notato  aveva  che  i  Galli  a  Marte  reggitore 
delle  guerre  spesso  le  prede  fatte  nei  combattimenti  consacrava- 
no. Invano  però  si  studia  il  Cluverio  di  provare  che  la  religione 
e  il  culto  de5  Germani  più  antichi  fossero  quelli  degli  Egizj  ,  de- 
gli Assirj  e  dei  Greci,  per  il  solo  motivo  che  anche  a' tempi  di 
Tacito  sdegnavano  que' popoli  di  ristrignere  gli  Dei  nelle  pareti, 
e  di  rappresentarli  con  alcuna  figura  del  volto  umano  ,  il  che  al- 
l'incontro da  quelle  antiche  nazioni  vedesi  praticato.  Se  dalla  me- 
desima origine  derivati  fossero,  come  pretende  il  Cluverio,  i 
Germani  e  gli  Spagnuoli,  notare  si  potrebbe,  che  ì  Celtiberi  e 
i  popoli  ad  essi  finitimi  verso  il  settentrione  ,  al  dire  di  Strabo- 
ne,  adoratori  credevansi  di  un  Dio  innominato,  ad  onore  del 
quale  di  notte  nei  pleniluni  ,  avanti  le  loro  porte  le  intere  fami- 
glie danzavano ,  e  tutta  la  notte  passavano  festeggiando.  Già 
-veduto  abbiamo  che  nei  novilunj  e  nei  pleniluni  tenevansi  dai  più 
antichi  Germani  le  loro  adunanze  5  Cesare  tra  le  Divinità  adorate 
dai  Germani  annoverò  la  Luna  ,  e  questo  ci  riconduce  al  culto 
del  Dio  Luno,  del  quale  si  parlerà  in  appresso.  Intanto  noi  ab- 
biamo nella  nostra  Tavola  3a  esposta  la  figura  singolare  di  un'ara 
antichissima  ,  trovata  presso  Àìbersdorf  neh"  Alsazia  ,  la  quale  , 
formata  essendo  rozzamente  di  macigni  accumulati  e  collocata  in 
mozzo  ad  un  bosco  sacro,  può  ragionevolmente  credersi  opera  dei 
Germani  più  antichi ,  ed  una  forse  delle  are  indicate  da  Tacito. 
Da'  sacerdoti. 

Converrà  per  ora  che  ci  arrestiamo  un  istante  su  i  sacerdoti, 
che  il  Cluverio,  risalendo  inutilmente  alla  origine  antichissima  del 
sacerdozio,  e  vagando  su  i  costumi  dei  Persiani,  degli  Assirj, 
degli  Egizi,  degli  Indiani,  dei  Greci  e  di  altre  nazioni,  insinua- 
re vorrebbe  esistenti  anche  presso  i  Celti  ,  e  specialmente  i  Ger- 


THE  UBHHY 

OF  THE 

UIBftBiiTY  OF  SLUNOIS 


AVANTI  LA   ROMANA   OCCIV AZIONE  '*'l 

mani,  sebbene  il  passo  già  citato  di  Cesare  sembri  totalmente 
escluderli.  Invano  si  allega  che  i  sacerdoti  furono  anticamente  di 
diversi  generi  ;  che  diversi  nomi  sortirono  ,  e  talvolta  furono  delti 
sapienti;  che  diversa  autorità  presso  le  varie  nazioni  esercitarono, 
e  diversa  disciplina  mantennero.  Cosa  è  degna  di  particolare  os- 
servazione ehi-  Cesare,  il  quale  parlò  dei  Druidi  o  dei  sacerdoti 
dei  Galli ,  e  dell'"  onore  nel  quale  tenuti  erano  ,  formando  essi 
nella  nazione  un  ordine  separato  ;  presso  i  Germani  alcun  vesti- 
gio non  riconobbe  di  sacerdozio.  Né  gioverebbe  il  dire  che  Stra- 
bone  e  Annidano  Marcellino,  i  Bardi,  i  Vati  ei  Druidi  unita- 
mente come  sacerdoti  registrarono;  perchè  presso  i  Germani  anti- 
chi non  trovasi  alcuna  menzione  di  Bardi  o  di  f  ati  ,  e  Tacito 
accenna  soltanto  che  alcuni  vi  avevano  nella  Germania  che  con 
antichi  carmi  o  poetai,  (che  soli  tenevano  luogo  in  quel  paese  di 
memorie  e  di  annali  ),  celebravano  il  Dio  Tintone  o  Tuistonc,  nato 
dalla  Terra,  il  di  lui  figliuolo  Manno,  l'origine  e  i  fondatori  della 
nazione.  I  cantici  coi  quali  ancora  al  tempo  di  Tacito  presso  le 
barbare  nazioni  celebravasi  il  nome  di  Anninio,  appartengono  ad 
un  epoca  posteriore,  a  quella  cioè  del  Romano  dominio,  e  non 
provano  che  più  anticamente  e  ne  pure  in  quella  età  vi  avessero 
tra  i  Gerntaiii-Biirdi  o  poeti  cantori. 
Continuazione. 

Tacito  tuttavia  parlò  altrove  di  sacerdoti  presso  i  Germani  , 
ed  accennò  che  permesso  non  era  se  non  che  ai  soli  sacerdoti  il 
punire  ,  il  legare  con  ritorte  e  il  flagellare  ,  il  che  non  facevasi 
da  essi,  come  in  esecuzione  di  legge  o  di  un  decreto  de]  duce,  ma 
bensì  come  per  comando  di  Dio  che  presente  reputatasi  alle  turbe 
guerriere.  In  altro  luogo  egli  nota  che  si  osservavano  i  presa gj  e 
gli  avvisi  forniti  da  cavalli  bianchi  ,  che  a  spese  pùbbliche  nutriti 
erano  nelle  selve  e  Dei  boschi  sacri  ,  e  non  forzali  ad  alcun  la- 
voro ;  su  questi  montavano  i  sacerdoti,  il  Ile  o  il  Principe  della 
città,  ed  attentamente  esploravano  i  loro  nitriti  e  i  loro  (remiti, 
che  riguardati  erano  come  i  più  sicuri  auspicj  .  non  dalla  plebe 
soltanto,  ma  dagli  ottimati  e  dai  sacerdoti,  giacché  questi  mini- 
stri degli  Dei  reputavano  quegli  animali  consapevoli  dei  di\ini  vo- 
leri. Ma  non  si  sa  bene  di  quale  epoca  Tacito  parlasse  ,  e  il  ve- 
dere nell'uno  e  nell'altro  dei  passi  allegati  inserito  sovente  il 
nome  di  Re,  incognito  ai   Germani   più  antichi,  ci  indurrebbe  a 


a5-2  DELLA  RELIGIONE   E   DEL  CULTO   DEI  GERMANI 

credere  che  *>gli  parlato  avesse  di  una  età  in  cui  già  adottati 
erano  nella  Germania  i  Promani  costumi  ;  e  probabilmente  non  da 
altri  che  dai  Romani  trassero  i  Germani  medesimi  la  dottrina  e  il 
nome  degli  auspicj.  Inutile  riesce  il  citare  Elmoldo  che  parlò  dei 
Flamini ,  tenuti  in  sommo  onore  beusì ,  ma  presso  gli  Slavi  j  e 
Ammiano  che  indicò  un  sacerdote  perpetuo  presso  i  Borgognoni, 
nominato  Sinisto,  parlò  certamente  de'suoi  tempi,  non  di  un'epoca 
più  antica.  Solino  pure  la  scienza  delle  cose  future  attribuì  agli 
uomini  egualmente  ed  alle  donne,  ma  pressoi  Britanni,  non  già 
presso  i  Germani  $  così  Pomponio  Mela  parlò  di  un  celebre  ora- 
colo ,  e  di  sacerdotesse  al  numero  di  nove  ,  condannate  a  perpe- 
tua verginità  ,  capaci  a  suscitare  i  venti  e  le  procelle  ,  a  trasfor- 
marsi in  animali  ,  a  curare  le  malattie  insanabili  ,  a  predire  il 
futuro;  ma  quell'oracolo  trovavasi  in  un'isola  del  mare  Britannico, 
detta  dal  geografo  Sena. 
Preghiere  femminili.  Donne  fatidiche. 

Da  Tacilo  vedesi  bensì  fatta  menzione  delle  preghiere  delle 
femmine  le  quali ,  mostrando  ai  guerrieri  il  petto  ignudo  e  addi- 
tando loro  i  pericoli  e  le  sciagure  della  cattività  ,  infiammavano 
il  loro  coraggio,  e  spesso  li  rendevano  vittoriosi,  mentre  perduta 
sembrava  una  battaglia  ;  ma  in  questo  non  può  ravvisarsi  alcun 
sentimento  religioso  ,  e  nò  pure  potrebbe  alcuna  idea  di  sacerdo- 
zio riconoscersi  in  quelle  nojjili  zitelle  che  ad  alcune  città  impe- 
ravano, e  delle  quali  come  cosa  santa  ed  opportuna  riguardavasi 
il  non  sprezzare  i  consiglj ,  e  il  non  trascurare  le  risposte.  La  ver- 
gine Velleda  fu  tenuta  da  molti  in  conto  di  un  Nume,  ma  sotto 
Vespasiano,  e  non  ben  certa  è  l'epoca  di  Aurinia  o  Flurinia , 
con  altre  vergini  venerata  da  prima,  non  però  con  adulazione, 
dice  Tacito  ,  né  come  se  esse  divinizzate  fossero.  Così  Dione  parlò 
della  vergine  Gonna  che  dopo  Kelleda  rendeva  gli  oracoli ,  ma 
questa  fioriva  a'  tempi  di  Domiziano.  Altrove  però  Tacito  stesso 
dichiara  che  i  Germani  molte  donne  riguardavano  come  fatidiche, 
e  che  col  crescere  della  superstizione  reputate  furono  Dee  ;  ma 
ancora  quel  detto  è  riferibile  soltanto  all'epoc*  di  Velleda,  cioè 
a  quella  di  Vespasiano.  Quella  Aarinia  o  Fiorinia  ,  come  già  si 
disse,  di  epoca  incerta,  Giusto  Lipsio  trasformò  in  Alurinia,  ap- 
poggiato ad  un  passo  di  domande  il  quale  non  Alurinie  ,  ma 
Aliorune  nominò  le  donne  fatidiche  ,  ma  gas  mulieres  ,  che  tro- 


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5 


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AVANTI    LA    U0MÀHA   OCCUPAZIONI  '2J> 

vate  eransi  anticamente  presso  i  (ioti.  Di  quel  vocabolo  si  fecero 

poi  quelli  di  Alirumna,  Altruna,  o  Alruna  ,  che  significano  vec- 
chia Maga  ,  e  nn  antico  monumento  dell'  Alrunismo  è  stato  da 
noi  esposto  nella  Tavola  33.  Anche  Strabode  parlò  di  donni.'  fa- 
tidiche coi  capelli  bianchi  ,  bianche  le  vesti  ,  tonachelte  purpuree 
e  cintura  di  rame,  che  a  piedi  nudi  seguitavano  le  annate  ;  ma 
questo  riuscirebbe  soltanto  applicabile  ai  Cimbri  ;  Cesare  tuttavia 
menzionò  nelle  sue  guerre  con  Ariovisto  alcune  madri  di  famiglia, 
che  col  mezzo  delle  sorti  dichiaravano  se  dare  dovevasi  o  rifiu- 
tare una  battaglia  ',  in  tutto  questo  però  non  trovasi  alcun  vestigio 
di  sacerdozio  o  di  sacerdoti  presso  gli  ant  chi  Germani. 
Druidi. 

Il  solo  Diogene  Laerzio  lasciò  scritto ,  come  cosa  che  udita 
aveva,  che  presso  i  Celti  e  i  Galli  trovavansi  alcuni  uomini  pe- 
riti della  divina  ed  umana  filosofìa  ,  che  Druidi  si  appellavano  ; 
ma  difficile  sarebbe  il  provare  che  col  vocabolo  di  Celli  indicati 
egli  avesse  i  Germani;  e  se  questo  pure  si  ammettesse,  conver- 
rebbe credere  che  di  tutt' altr' epoca  avesse  egli  parlato,  fuorché 
di  quella  della  Germania  non  tocca  ó%i  Romani;  giacché  impos- 
sibile sarebbe  stalo  il  trovare  in  quella  età  filosofi  e  teologi  bene 
istrutti  presso  i  Germani.  Non  seguiremo  ccrtameute  il  Cluverio 
nella  lunga  esposizione  che  egli  fa  della  disciplina  dei  Druidi  , 
della  nobiltà  loro  ,  delle  loro  esenzioni  dalle  pubbliche  cariche , 
dei  loro  privilegi  ,  poiché  tutte  queste  cose  non  riescono  applica- 
bili se  non  che  ai  Druidi  dei  Galli  ,  i  soli  che  nominati  sieno 
dagli  antichi  scrittori. 
Divinità  dei  Germani. 

Venendo  al  particolare  delle  Divinità  dai  Germani  venerate  , 
troviamo  ,  come  già  si  disse  ,  in  Cesare  che  il  Sole  ,  la  Luna  e 
Vulcano  conoscevano  soltanto,  e  degli  altri  né  pure  udito  avevano 
parlare.  Il  Cluverio  in  questo  luogo  con  lunghissimo  ragionamento 
si  sforza  di  provar»;  ,  che  i  primi  nomi  di  tulle  le  Divinila  dei 
Gentili  soltanto  al  Sole  potevano  con  qualche  fondamento  appli- 
carsi ,  nel  che  sembrò  preludere  alla  dottrina  che  intorno  all'ori- 
gine de'  culti  pose  in  campo  ai  giorni  nostri  il  Dupuis.  Progre- 
dendo quindi  nello  stabilimento  del  suo  sistema  ,  volle  provare  al- 
tresì che  tutti  i  nomi  e  gli  attributi  delle  diverse;  Dee  non  pote- 
vano   riferirsi  se  non  che  alla    Luna  ;    quindi  ,     applicando    questi 


2  5  4  DEtLA  RELIGIONE  E  DEL  CULTO  DEI  GERMÀNI 

principj  al  culto  dei  Germani ,  adoratori  della  Luna  secondo  Ce- 
snre  ,  credette  di  poter  asserire  che,  mentre  essi  Iside,  la  madre 
degli  Dei  e  la  Terra  Madre  veneravano  ,  sempre  alla  Luna  diretto 
era  il  loro  culto.  Il  solo  Tacito,  e  di  una  sola  parte  degli  Svevi, 
lasciò  scritto  ehe  ad  Iside  sacrificavano  ,  e  non  ben  persuaso  egli 
stesso  di  questo  culto  peregrino,  osservò»  che  l'immagine  medesi- 
ma di  quella  Divinità,  figurata  a  foggia  di  una  nave,  mostrava 
quel  culto  portato  da  terra  straniera.  Anche  gli  Egizj  veneravano 
la  nave  di  Iside,  dal  che  deduceva  Lattanzio  che  quella  Dea  giunta 
fosse  navigando  nell'Egitto.  Il  Colerò  sospettò  che  gli  Svevi  ,  spesso 
recandosi  al  Ponto-Eusino  coi  Sar inciti  ,  ricevuto  avessero  il  culto 
di  Iside  dai  Greci.  Non  diffìcile  d'  altronde  riesce  il  provare  coi 
mitologi ,  che  il  Sole  era  la  stessa  cosa  che  Osiride  ,  ed  Iside  la 
stessa  che  la  Luna.' 
Dea  Madre ,  la  stessa  che  la  Lima. 

La  madre  degli  Dei ,  secondo  Tacito  ,  adoravano  gli  Estii  abi- 
tatori del  golfo  Godano  ,  o  delle  rive  del  Baltico  al  di  là  della 
Vistola.  Quella  era  la  Dea  Grande,  la  Dea  Cibele,  la  Dea  Pa- 
drona di  Catullo ,  la  Agdesti ,  la  Dea  Frigia  ,  la  Dea  Grande  ,  la 
Idea,  la  Dindimene  ,  la  Pilene,  la  Pessimuntia,  la  Cibele  di  Stra- 
bone ,  di  Cicerone ,  di  Ovidio  ,  di  Silio  Italico  ec.  ;  e  che  questa 
fosse  la  stessa  che  la  Luua  ,  viene  posto  in  chiaro  dai  nomi  me- 
desimi di  Madre  Grande  e  di  Madre  degli  Dei  ,  perchè  primi , 
ed  eterni  e  generatori  degli  altri  Numi  credevansi  il  Sole  e  la  Luna 
dalle  più  antiche  nazioni. 
'Terra  Madre. 

Altri  popoli  Svevi  in  numero  di  sette,  abitanti  pure  delle  rive 
del  Baltico  tra  l'Elba  e  l'Oder,  adoravano  al  dire  di  Tacito  Erta  , 
cioè  la  Terra  Madre  ,  e  credevano  che  nelle  cose  umane  inter- 
venisse. Lessero  altri  Nerta,  altri  Verta,  ed  altri  Verta  e  Nerto, 
invece  di  Erta  ;  ma  dal  vocabolo  odierno  Germanico  col  quale  si 
indica  la  Terra,  chiaramente  si  raccoglie,  che  quella  di  Erta  è  la 
migliore  lezione.  Quella  Dea  secondo  Ovidio  era  la  stessa  che  Ve- 
sta ,  secondo  Macrobio  era  la  stessa  che  la  Madre  degli  Dei ,  e  al 
pari  di  essa  trascinata  era  dai  lioni  ;  secondo  altri  era  Giunone  , 
o  Rea  ,  o  Cibele,*  e  sempre  si  torna  alla  Luna ,  giacché  Macrobio 
stesso  come  cosa  nota  a  tutti  accennava  non  altro  Nume  essere 
Osiride  che  il  Sole ,  nò  altro  Iside  se  non  che  la  Terra  o  la  Luna. 


AVANTI    LA   ROMANA    OCCUPAZIONE  2JJ 

Merita  piuttosto  qualche  considerazione  il  rito  da  Tacito  descritto, 
col  quale  la  festività  della  Terra  Madre  celebravasi.  Eravi,  die' egli, 
in  un'isola  dell'Oceano  un  bosco  Cristo,  e  in  esso  conservatasi  un 
carro,  vcliiculum  ,  coperto  con  una  veste  che  a  un  solo  sacerdote 
permesso  era  il  toccare,  giacché  egli  solo  avvedevasi  della  presenza 
della  Divinità  nel  santuario.  Allora  si  attaccavano  alcune  vacche  al 
carro,  e  quel  sacerdote,  Io  seguiva  con  molta  venerazione.  Ralle* 
gravasi  allora  la  turba  ;  tutti  i  luoghi  erano  adorni  per  quella  so- 
lennità ,  e  cortesemente  si  ricevevano  gli  ospiti  ;  non  si  intrapren- 
deva alcuna  guerra  ,  non  si  pigliavano  le  armi ,  celato  tenevasi  il 
ferro  ,  e  solo  parlavasi  di  pace  e  di  quiete  ,  solo  la  pace  era  ama- 
ta ,  sin  tanto  che  il  sacerdote  la  Dea  saziata  della  conversazione 
dei  mortali  non  testi  Ulisse  al  tempio  ,  dopo  di  che  lavavansi  il 
carro  e  le  vesti,  esc  tu  lo  vorrai  credere,  dice  Tacito,  lavavasi 
la  stessa  Dea  in  segreto.  Non  sono  ben  chiare  le  parole  che  se- 
guono ,  cioè  che  alcuni  schiavi  prestavano  il  loro  servizio,  i  quali 
tosto  nel  lago  erano  assorbiti,  d'onde  spandevasi  un  arcano  ter- 
rore ed  una  santa  ignoranza,  perchè  quell'abisso  vedevano  que'soii 
che  in  esso  perivano. 
Penero  non   conosciuta  dagli  antichi  Germani. 

11  Cluvcrio  si  stende  quindi  a  provare  che  anche  "\  onere  non 
era  una  Divinità  diversa  dalla  Luna;  ma  questo  sembra  un  inu- 
tile sfoggio  di  erudizione ,  perchè  non  mai  menzionata  trovasi  Ve- 
nere presso  gli  antichi  Germani ,  e  Cicerone  altro  non  lasciò  scritto 
se  non  che  quella  Dea,  la  quale  come  Tacito  dice,  alle  cose  umane 
interveniva  ,  Venere  nominata  era  dai  Romani;  uè  a  stabilire  il 
cullo  di  una  Venere  Germana  gioverebbero  le  frasi  di  Tacito,  in- 
dicanti che  tutti  erano  nella  solennità  della  Terra  Madre  festeg- 
giami i  luoghi,  e  lieti  i  popoli  e  verso  gli  ospiti  cortesi.  Una  Dea 
detta  Siwa  ,  adorala,  come  si  pretende,  dagli  Ertili ,  accennò  lo 
Schedio  nei  suo  Sintagma  degli  Dei  Germani,  e  la  lìgura  ne  espose 
che  noi  pure,  benché  assai  rozza,  abbiamo  riprodotta  nella  nostra 
Tavola  33.  La  figura  di  questa  Dea  potrebbe  destare  l' idea  di 
qualche  somiglianza  colle  Veneri  o  colle  Pomone  degli  antichi, 
ma  alcuni  scrittori  la  supposero  una  Regina  degli  Ertili  stessi,  fi- 
gliuola di  Sitalce  Re  dei  Ootoni  ,  e  moglie  di  certo  Ami  rio ,  che 
il  Ministero  e  il  Cranz  asserirono  avere  militato  sotto  Alessandro 
Magno,  ed  essere  quindi  passato  coi  suoi  seguaci  presso  il  Baltico. 


'ì56  DELLA   RELIGIONE   E  DEL  CULTO  DEI   GERMANI 

Altri  la  credettero  Orizia  ,  figliuola  di  un  Re  dei  Sarmati  e  sposa 
di  Anara  Re  degli  Ertili  e  degli  Obotriti,  figliuolo  di  quello  stesso 
Alitino.  Il  Cluverio ,  appoggiato  al  solo  nome  Gei-manico  del  ve- 
nerdì, opinò  che  altro  non  fosse  se  non  che  Venere  la  Frea  mo- 
glie di  Yodano ,  o  Mercurio  ,  che  Paolo  Diacono  e  il  Grammatico 
Sassone  accennarono  come  Dea  dei  Longobardi. 
Deità   confuse  colla  Luna. 

Più  tacile  riesce  il  provare  colle  parole  di  Cicerone  ,  che  Mi- 
nerva, e  Cerere,  e  Diana,  e  Nemesi,  e  le  Parche,  ad  altro  Nume 
non  potevano  riferirsi  se  non  che  alla  Luna  ,  che  Meni  dissero  i 
Greci-Dorici,  e  Man  a  i  Celti,  d'onde  col  solo  cangiamento  del- 
l'a  in  o  passò  quel  vocabolo  agli  odierni  Tedeschi  ed  Inglesi. 
Vulcano  confuso  con  E i  cole  e  Marte  e  col  Sole. 

Il  Vulcano  de'  Germani  da  Cesare  menzionato ,  confondono 
molti  eruditi  e  tra  questi  il  Cluverio  e  lo  Scliedio,  con  Marte  e 
con  Ercole.  Ercole  di  fatto  ,  parlando  principalmente  del  Marte 
Gallico  eloquente  ,  anche  Macrobio  coli'  autorità  di  Varrone  pro- 
vò identico  con  Marte  ,  e  i  Caldei  stella  di  Ercole  nominarono 
quella  che  tutti  gli  altri  popoli  chiamavano  di  Marte.  Witichindo 
scrisse  per  questo  nella  sua  Cronaca  ,  che  i  Sassoni ,  seguendo 
l'antico  errore,  cioè  l'idolatria,  un  Marte  veneravano,  che  colla 
rappresentazione  delle  colonne  Ercole  simulava  ;  e  questo  si  col- 
lega col  detto  di  Tacito  che  i  Germani  Ercole  e  Marte  coi  sacri- 
fizi di  certi  animali  placavano  ;  altrove  notò  Tacito  stesso  che  i 
Germani  Ercole  rammentavano,  e  che  andando  alla  guerra,  lo 
proclamavano  come  il  primo  degli  uomini  per  fortezza  insigui. 
Non  era  però  questo,  dice  il  Cluverio,  il  figliuolo  di  Alcmena  , 
né  confondere  si  dee  coli' immaginario  Nume,  detto  Alemanno, 
che  anche  lo  Scliedio  inserì  tra  i  suoi  Dei  Germani,  i  sogni 
adottando  del  falso  Beroso  o  piuttosto  di  Annio  da  Viterbo  : 
quell'Ercole  potrebbe  ravvisarsi  invece  nel  Theut ,  o  nel  Manno, 
dei  quali  si  è  altrove  parlato.  Quel  passo  altronde  di  Tacito,  se- 
condo la  giustissima  osservazione  del  Cluverio  ,  non  è  a  tutti  i 
Germani ,  ma  soltanto  ai  Tungri  riferibile.  Trovandosi  poi  in 
Macrobio,  che  Ercole  non  era  alieno  dalla  sostanza  del  Sole  ,  ma 
anzi  quei  potere  del  Sole  che  allumali  genere  il  valore  infondeva  a 
somiglianza  di  quello  degli  Dei  ;  e  leggendosi  ancora  nello  stesso  mi- 
tologo che  Ercole  in  tutte  le  cose  e  per  tutte  era  il  Sole  ;  che  Bacco 


AVANTI    LA    ROM  A  SA    OCCUPAZIONE  «ÌJ7 

unlvasi  con  .Alarti!  ed  una  Divinila  sola  formava  :  che  anche  Bacco 
potente  era  in  guerra  ed  autore  dei  trionfi;  il  Padre  Libero  o  Bacco 
essendo  la  slessa  cosa  col  Sole,  Marte  identificato  con  Bacco  do- 
ve\a  egli  pure  nel  Sole  riconoscersi,  e  quindi  il  Marte  dei  (ìer- 
mani  fu  dal  Cluverio  confuso  anche  con  A  ideano  ,  servendo  ad 
esso  di  appoggio  un  verso  Greco  citato  da  Macrobio  medesimo  , 
in  cui  Marte  furente  ,  vibratore'  dell'  asta  ,  viene  assommi  ilo  ad 
un  fuoco  pernicioso.  Livio  di  fatto  nota,  che  libero  era  il  votare 
le  armi  a  Vulcano,  a  Marte  o  a  qualunque  altro  Dio,  e  Dionigi 
di  Alicarnasso  parla  delle  quadrighe  di  bronzo  da  Romolo  a 
\  ulcano  consacrate.  Vesta  pure,  secondo  Ovidio,  altro  non  era 
se  non  che  una  viva  Gamma  o  il  fuoco  ,  e  quindi  la  stessa  cosa 
che  A  ulcano;  e  se  Vesta  diversa  non  era,  come  annunzia  Ovi- 
dio stesso,  da  Minerva  adorata  dai  Galli,  chiaramente  si  scorge 
che  i  Celti  o  i  Germani  sotto  il  nome  di  Vulcano,  Ercole  e 
Marte,  e  forse  ancora  altre  Divinità  veneravano. 
Marte  e  Mercurio. 

Se  Fornuto  trattando  della  natura  degli  Dei ,  accennò  che 
gran  parte  degli  uomini  la  invenzione  delle  arti  attribuivano  a 
Minerva  ed  a  Vulcano;  gli  Egizj  ,  i  Greci  e  i  Latini,  e  i  Celti 
ancora,  giusta  l'avviso  di  Cesare,  quel  vanto  assegnavano  a  Mer- 
curio. Ma  non  è  ben  chiaro,  come  scrive  il  Cluverio,  che  il 
nome  Celtico  di  Marte  fosse  quello  di  Net,  derivante  dd  Àeith 
degli  Egizj,  e  ora  dai  Tedeschi  dello  Medi  da  (mesto  però  si 
fa  strada  ([nello  scrittore  a  collegare  il  nome  di  Mercurio  con 
quelli  di  Thcut,  dei  Tentati  e  forse  dei  Tcotisci.  Degno  di  os- 
servazione è  il  passo  delle  storie  di  Tacilo,  in  cui  parlando  dei 
Tenteri ,  narra  che  nei  Comizi  Agrippinensi  ai  quali  i  loro  po- 
poli spedili  avevano  legati  ,  rcndevansi  grazie  agli  Dei  comuni  , 
ma  in  particolare  a  Marte,  Primario  degli  Dei,  perchè  tornati 
fossero  que'  popoli  nel  corpo  e  sotto  il  nome  della  Germania. 
Questo  passo  contrasta  coli'  altro  di  quello  storico  che  leggesi  nel 
libro  della  Gei  mania ,  nel  quale  de' Germani  si  asserisce  che 
più  di  qualunque  altro  .Nume  Mercurio  onoravano,  al  quale'  lecito 
era  l' offerire  anche  vittime  umane.  Questa  seconda  enunciativa  si 
accorda  con  quello  che  Cesare  dice  dei  Galli  ,  che  più  di  tulli 
gli  Dei  avevano  in  onore  Mercurio.  In  favore  tuttavia  della  pri- 
mazia di  Marte  presso  i  Germani ,  citaci  Macrobio  che  degli 
Cose,  dell'  Europa  Voi.  IX.  1 7 


i5S  DELLA    RELIGIONE    E    DEL    CULTO    DEI    GERMANI 

Spagnuoli  parlando ,  consanguinei  secondo  il  Cluverio  dei  Ger- 
mani e  dei,  (jralli  ,  nota  che  Marte  con  somma  religione  celebra- 
vano$  Procopio  che  Marte  nominò  come  Dio  Primario  degli  Sveo- 
ìli  e  degli  altri  abitatori  della  penisola  Scandinava  ,  onorato  da 
essi  col  sacrifizio  del  primo  nomo  che  in  guerra  facevano  prigione, 
e  Giornande  che  dei  Goti  lasciò  scritto,  avere  sempre  essi  Marte 
placato  non  culto  asprissimo  ,  colla  morte  cioè  dei  cattivi  fatti  in 
battaglia.  Potrebbe  adunque  conchiudersi  che  tutti  i  Celti  devoli 
fossero  singolarmente  a  Theut  o  a  Mercurio  ,  dal  quale  credevano 
di  trarre  1'  origine  ;  e  che  tuttavia  come  precipua  Divinità  Marte 
venerassero,  siccome  figli  di  Marte  ancora  come  guerrieri,  e  so- 
vente col  di  lui  beueficio  favoreggiati. 
Opiìiiuiie  del  Cluverio.  Di  oscuri. 

11  pio  Cluverio,  a  tre  riduceudo  adunque  i  Numi  dagli  anti- 
chissimi Germani  adorati,  cioè  al  Sole,  alla  Luna  ed  al  Fuoco, 
ha  immaginato,  per  verità  con  molto  ardire,  che  essi  un  Dio 
solo,  vero  ed  eterno,  nella  Trinità  venerassero  e  praticassero 
quindi  la  più  vera  religione.  Si  arresta  però  su  i  Numi  di  Castore 
e  Polluce,  secondo  Tacito  adorati  dai  Naharvalì ,  che  tuttavia 
Tacito  stesso  riconosceva  nominati  dai  soli  Romani ,  giacché  il 
nome  di  quelle  Divinità  presso  que5  popoli  era  quello  di  Alci , 
non  avendovi  però  esse  uè  simulacri  ,  né  alcun  vestigio  di  stranie- 
ra superstizione,  ma  venerati  essendo  que' Numi  come  giovani  e 
come  fratelli.  Anche  Diodoro  Siculo  i  Celti  abitanti  vicino  al- 
l' Oceano  adoratori  supponeva  principalmente  dei  Dioscuri  che 
un  antica  tradizione  faceva  loro  credere  dall'Oceano  stesso  ad  essi 
pervenuti ,  colla  spedizione  forse  degli  Argonauti.  Ma  questa 
favola  si  connette  coli' antica  opinione  di  coloro,  che  a  torto 
supposero  il  Tanai  sboccaute  nell'Oceano,  e  che  gli  Argonauti 
credettero  avere  navigato  per  F  Istro ,  il  Savo  ed  il  fiume  di 
Laybach,  altre  volte  dettu  Nauporto ,  d'onde  su  gli  omeri  la 
nave  trasportassero  nei  fiume  Quieto  dell'Istria,  allora  anch'esso 
nominato  Istro,  su  di  che  possono  vedersi  le  belle  ricerche  del 
Conte  Gian  Rinaldo  Carli.  Del  resto,  se  figliuoli  di  Giove  erano 
i  Dioscuri,  e  se  l'immortalità  con  ordine  alternativo  godevano, 
raffigurati  erano  in  quesl'  alterna  vicenda  il  Sole  e  la  Luna ,  e 
Plutarco  di  fatto  parla  di  due  astri  consacrati  dagli  Egizj  l'uno 
ad  Oro,  che  è  il  Sole,  l'altro  ad  Iside,  cioè  alla  Luna. 


AVANTI    LA    ROMANA    OCCUPAZIONE  i5q 


Donimi  dal  Cluverio  supposti. 

Progredisce  nel  suo  sistema  il  Cluverio ,  e  trova  presso  la  sua 
nazione  i  donimi  della  creazione  del  mondo  e  degli  angioli,  della 
caduta  di  questi  ,  e  della  venerazione  del  Demonio  presso  le  più 
antiche  nazioni  stabilita,  massima  fondata  sulla  autorità  di  Proco- 
pio che  agli  Sveoni  ed  altri  Germani  rinfaccia  il  culto  di  molti 
Dei  e  Demoni  ,  celesti  ed  aerei ,  terrestri  e  marini  ,  e  dì  alcuni 
altri  ancora  soggiornanti  nelle  fonti  e  nei  fiumi.  Parla  pure  della 
creazione  dell'  uomo ,  nota  secondo  esso  agli  antichi  Germani  , 
raffigurando  io  Adamo  il  loro  Theut;  dell'immortalità  dell'ani- 
ma e  di  una  vita  eterna  ;  della  caduta  dell'uomo;  della  univer- 
sale inondazione  delle  terre  o  sia  del  diluvio,  e  della  fine  del 
mondo  ,  donimi  tutti  che  egli  crede  formare  parte  dell'  antichis- 
sima Germanica  teologia. 

Miti  dei  primitivi  Germani. 

Con  assai  migliore  avvisamento  si  può  ora  parlare  dei  riti  dai 
primitivi  Germani  praticati.  Se  Numi  avevano,  se  una  religione 
o  un  culto  professavano ,  assai  più  ragionevoli  essi  erano  certa- 
mente di  molte  altre  nazioni,  perchè,  come  Tacito  scrisse,  dalla 
considerazione  della  grandezza  delle  cose  celesti  trattenuti  erano 
dal  ristiingere  nelle  pareti  gli  Iddii  ,  e  dallo  adattare  ad  essi 
umane  forme.  Le  selve  e  i  boschi  invece  consacravano ,  e  col 
nome  degli  Dei  indicavano  quella  specie  di  segreto  o  di  mistero, 
o  piuttosto  quel  tempio  invisibile,  che  soltanto  colla  venerazione 
loro  scorgevano.  Sebbene  però  Tacito  con  queste  parole  escludesse 
dal  culto  Germano  i  templi  ,  nomina  il  tempio  della  Dea  Erta, 
cioè  della  Terra  Madre,  che  il  sacerdote;  restituiva  al  tempio  me- 
desimo dopo  che  sazia  era  quella  Deità  di  conversare  coi  mortali: 
ma  ben  chiaro  è  a  vedersi  che  sotto  il  nome  di  tempio  indicare 
volle  lo  storico  \\  bosco  sacro  ,  nel  quale ,  e  non  già  in  alcun 
edilìzio  chiuso  o  coperto  ,  conservavansi  il  carro  e  le  vesti ,  sim- 
boli dejla  Divinità  medesima.  Un  tempio  altresì  accenna  Tacito, 
parlando  dei  Mursi  .  celeberrimo  presso  quella  nazione  e  detto  di 
Tanjana  ;  ma  questo  tempio  che  ancora  esisteva  Dell'  età  di 
Germanico,  cioè  in  epoca  assai  posteriore  ai  Germani  prim'tivi , 
altro  non  era  che  un  bosco  0  una  selva  sacra  ,  poiché  abbattuto 
fu  all'istante,  e  poiché  altrove  presso  i  Latini,  come  già  vedem- 
mo ,  nominato  trovasi  il  bosco  di  Tanfana  come  pare  quello  di 


aSo  DELLA    RELIGIONE    E    DEL    CULTO    DEI    GERMANI 

Baduenna.  Di  quella  Dea  si  parlerà  in  appresso:  intanto  gioverà 
osservare  che  que' popoli  i  quali  al  dire  di  Tacito  stesso  altro  ri- 
paro non  prestavano  ai  bambini  coutra  le  fiere  e  i  rigori  del 
verno,  altro  asilo  ai  vecchi  ed  ai  giovani,  se  non  che  qualche 
intrecciamento  di  rami  d'albero,  non  ergevano  probabilmente  al- 
tro tempio  a  qualunque  divinila:  l'uso  altronde  di  adorare  i 
Numi  nei  boschi  o  nelle  selve ,  radicato  vedesi  presso  tutte  lo 
nazioni  più  antiche. 
Genj  de' fonti  e  de' fiumi. 

Strano  non    dee    pure  sembrare  il  detto  di  Proconio  ,  che  ol- 
tre i  Demoni  o  i  Genj   celesti  ,   aerei,  terrestri  e  marini,  altri  ne 
adorassero  che  nelle  acque  de'fonti  e  de' fiumi  risedevano;  perche 
anche  Tacito,  parlando  dei  Baiavi  ,  narra  che  Civile  ai  suoi  sol- 
dati mostrò  il  Reno    e  gli  Dei    della   Germania,  sotto  gli  auspicj 
dei    quali  Numi    cominciare    dovevano  la  pugna  ;    né    infrequenti 
sono    iu    tutta  1'  antichità   gli   esempi   di  ]\umi ,  di  Demoni   o    di 
Geo] ,  che  supponevansi  residenti    nelle    acque  ,  come  in  tutte    le 
altre  materie  allora  credute  elementari.  All'autorità  di  Tacito  che 
templi    non    solo,    ma    anche    immagini   di  Deità    ricusa  ai  Ger- 
mani ,    non    potrebbe  opporsi  quella  di  Massimo  Tiri© ,    scrittore 
eloquente  piuttostochè  esatto  ,  e  di  gran  lunga  a  Tacito  stesso  po- 
steriore ,    il    quale   i   Celti  supponendo  adoratori   di  Giove ,     disse 
che  il  simulacro  ne  avevano  in  un'  alta  quercia  ;    e    molto   meno 
quella  di   Adamo  B  remense  il  quale    dei   Sassoni  e  degli  Sveoni 
lasciò  scritto  che  un  grosso  tronco  di  legno  sollevato  in  alto  sotto 
l'aperto  cielo  adoravano,  e  lo  nominavano  Ir  min  sul ,  il  che    per 
i  Latini    significava    una    colonna    universale  ,    cioè    che    tutto    il 
mondo   sorreggeva.  Di    Irminsul  o  Irmensula ,    che ,    secondo    il 
Cranz  ,  adorato  fu  nella  Sassonia  e  nella  Vestfalia  ,  trattò  a  lungo 
io  Schedio    che  il  nome  ne  derivò  da  Ermete  ,  o  anche  dall'  an- 
tico Arminio  ,    Ile    dei  Cherusci  ;  ma    una    ridicola  immagine  ne 
espose  nella  sua  tavola  I.  che  noi   non  ci  attentiamo  a  riprodurre, 
perchè  in  essa  vedesi    un    uomo  armato  di  ferro    con    elmo    sor- 
montato da  un  gallo ,   con  una  specie  di  ordine  o  divisa  sul  petto 
rappresentante  un  orso ,    una    bilancia  ed  un  leone  ,  con  spada  e 
lancia  ornata  di  una  banderuola,  il  che  tutto   ci  indica  un  simu- 
lacro posteriore  ai  tempi   di  Carlomagno. 


AVANTI    LA    HUMANA    OCCUPAZIONE  uGl 

Sacri  fi  zj. 

I  sacrifizj  non  possono  credersi  affatto  incogniti  ai  Germani  , 
se  vere  sono  le  parole  di  Tacito  che  a  Mercurio  umane  vittime 
offerivano;  che  ad  Ercole  e  a  Marte  immolavano  animali;  che  ima 
parte  degli  Svevi  anche  ad  Iside  sacrificava,  e  che  gli  Ermunduri 
avanti  un  combattimento  la  falange  nemica  consacrata  avevano  con 
voto  a  Marte  ed  a  Mercurio.  Sembrano  confermate  queste  asser- 
zioni da  Procopio,  che  vittime  frequentissime  di  ogni  genere  an- 
nunzia dai  Goti  sacrificate.  Ma  difficile  sarebbe  il  provare  se  non 
forse  coli'  esempio  dei  Galli  ,  che  sacrificatori  presso  i  Germani 
fossero  i  sacerdoti,  e  assai  male  a  proposito  si  applica  dal  Oliverio 
ai  Germani  il  testo  di  Diodoro  Siculo  il  quale,  parlando  dei 
Galli  ,  disse  che  sacrifizj  non  facevansi  senza  l' assistenza  di  un 
filosofo,  cioè  di  un  Druido.  Que' sacerdoti  il  Cluverio  immagina 
vestili  di  bianco  ,  perchè  questo  colore  viene  da  Platone  indicato 
come  il  più  decoroso  nel  culto  della  Divinità;  ma  assai  meno  po- 
trebbono  ai  sacerdoti  Germani  ,  se  pure  esistevano ,  applicarsi  i 
testi  del  /evitico,  dove  i  sacerdoti  veggonsi  di  bianchi  lini  vestiti. 
Plinio  parlò  bensì  dei  sacerdoti  coperti  di  candida  veste  ,  che  su 
l'albero  salivano  per  tagliarne  con  aurea  falce  il  vischio,  il  (piale 
pure  in  un  lino  candido  si  riceveva,  ma  parlò  soltanto  dei  dalli  ; 
e  le  donne  fatidiche  dei  Cimbri,  che  secondo  Strabone  in  bian- 
che vesti  seguivano  le  armate,  non  erano,  come  già  vedemmo, 
sacerdotesse,  non  oilèrivauo  sacrifizj,  ma  bianco  vestite  erano  per- 
chè quésto  era  il  costume  generale  della  nazione,  notando  altrove 
Tacito  che  le  donne  un  abito  eguale  portavano  a  ([nello  degli 
uomini  ,  ma  più  spesso  velate  erano  o  coperte  da  pannilini.  Cini 
i  sacerdoti  non  meno  che  le  vittime  si  coronassero  nei  sacrifizi  , 
era  1"  uso  comune  di  molte  antiche  nazioni  ,  ma  provare  non  si 
potrebbe  dei  Germani  ,  né  tampoco  stabilire  che  le  are  loro  ,  le 
are  barbare  dette  da  Tacito  vicine  ai  boschi  ,  fossero  di  grami* 
gna,  vedendosi  in  pietra  costruita  l'ara  di  Albersdorfj  da  noi 
rappresentata  nella  Tavola  .!•>..  e  quella  pure  degli  I/Sii  illustrala 
dal  Rau. 
Pittime. 

Sebbene  Tacito  accenni  nel  libro  della  Germania  ,  che  Er- 
cole e  Marte  plaCavansi  soltanto  con  certe  determinale  vittime, 
concessi*    animalibus  ,   Procopio    tuttavia    asserisce    che    ostie    di 


262  DELLA    RELiGIOJSE    E    DEL    CULTO    DEI    GERMANI 

qualunque  genere  immolava  nsi  ;  ma  egli  parlò  s'-lo  in  quel  luogo 
degli  Sveoni ,  dei  Guti  e  degli  altri  abitanti  della  penisola  Scan- 
dinava. Non  giova  qui  inferire  il  detto  di  Slrabone  che  i  Galli, 
disposto  avendo  con  religioso  rito  un  colosso  di  fieno  con  legne 
sottoposte,  in  quella  specie  di  rogo  abbruciavano  pecor^,  animali 
d' ogni  genere  e  uomini  ancora  ;  e  Plinio  non  parlò  erettamente 
dei  Celti ,  là  dove  scrisse  che  disposto  con  formalità  il  convito 
sotto  un  albero,  si  sacrificavano  due  tori  di  colore  candido,  non 
ancora  aggiogati.  Inutile  sarebbe  il  ricercare  su  la  scorta  soltanto 
dei  costumi  delle  antiche  nazioni  ed  anche  dei  Galli  ,  se  le  corna 
delle  vittime  si  cignessero  tra  i  Germani  di  frondi ,  di  quercia  e 
di  vischio  ',  se  in  egual  modo  si  ornassero  i  vittimar)  ;  se  si  pre- 
mettessero abluzioni  e  lustrazioni  ;  se  le  vittime  si  spargessero  di 
grani  cereali  ;  se  finalmente  i  sacerdoti  loro,  come  i  Druidi, 
nello  immolare  le  vittime  pregassero  Dio  che  un  donativo  facesse, 
a  coloro  forse  che  le  ostie  offerivano  ;  inutile  sarebbe  pure  l' in- 
dagare, se  le  vittime  con  una  clava,  o  con  una  bipenne,  o  con 
una  scure  si  colpissero  ,  e  se  delle  vittime  si  ofFerisse  la  carne  e 
il  sangue,  o  P  anima  sola  ,  come  scritto  trovasi  da  Macrobio  e  da 
Trehazio  ,  e  se  la  mano  alle  vittime  medesime  si  imponesse. 
Preci. 

Ammiano  Marcellino  ragiona  altresì  delle  preghiere  degli  Ale- 
inanni  e  dei  Quatti ,  e  narra  che  i  Re  ed  i  popoli  dei  primi  da 
timore  colpiti ,  per  mezzo  di  oratori  colla  fronte  chinata  al  suolo 
il  perdono  dei  passati  errori  e  la  pace  chiedevano;  che  i  Quatti, 
non  potendo  secondo  il  rito  loro  col  corpo  inclinato  espiare  i 
gravi  delitti,  l'ultimo  infortunio  temendo,  gli  ostaggi  chiesti  ac- 
cordarono; che  i  medesimi  chiamati  a  solenne  giuramento,  sta- 
vano colle  membra  curvate  e  rannicchiati  tutti  quasi  per  grave 
timore  ;  finalmente  che  i  Quatti  stessi  ,  poiché  soccorso  prestato 
avevano  ai  Sarmati,  gettate  le  armi,  le  mani  legaronsi  dietro  il 
tergo,  più  salute  non  isperando  se*  non  che  nelle  preci.  Ognuno 
ben  vede  però  ,  che  Ammiano  Marcellino  ,  scrittore  di  lungo 
tempo  posteriore  alla  età  di  cui  parliamo,  de' suoi  tempi  ragio- 
nava e  delle  vittorie  de'Ptomani  Imperatori,  come  pure  di  una 
piccola  parte  de'  Germani  ,  né  ancora  le  parole  sue  potrebbono 
ad  alcun  rito  o  cerimonia  religiosa  riferirsi.  Da  Tacito  però  si 
raccoglie  che  presso  i  Senoni  almeno ,  i  più    nobili  o  i  più  illu- 


AVANTI    Li    HOMVNA    OCCUPAZIONE  :>G3 

stri  tra  gli  Svevi,  munita  fosso  o  confermata  da  qualche  religione 
la  fede,  e  riguardato  come  sacro  il  giuramento.  Ma  Tacito  passa 
tosto  ad  altro  rito  più  barbaro  ,  e  narra  che  quo'  popoli  in  una 
selva  riducevansi ,  sacra  per  gli  augurj  dei  loro  padri  e  per  an- 
tico timore  o  antica  reverenza  ,  e  che  colà  pubblicamente  in  pre- 
senza di  tutti  i  deputati  dei  diversi  popoli  di  quella  nazione  un 
uomo  trucidavano,  carso  hotniiic  dice  (piello  scrittore,  il  che  ri- 
gorosamente non  importa  un  sacrifizio,  benché  egli  lo  appelli  un 
barbaro  rito.  In  quel  .  bosco  per  rispetto  alcuno  non  entrava  se 
non  se  legato  con  una  corda  o  con  un  vincolo,  come  dichiaran- 
dosi in  quell'atto  minore,  e  la  potestà  del  iNume  riconoscendo; 
se  per  sorte  cadeva  alcuno ,  sorgere  non  poteva  ,  e  su  Ja  terra 
voltolavasi  ,  giacché  tutto  l'oggetto  della  superstizione,  dice  quello 
storico,  era  di  mostrare  che  colà  trova  vasi  il  principio  della  na- 
zione, il  Dio  che  sopra  tutto  regnava,  e  che  le  altre  nazioni  tutte 
erano  all'  obbedienza  sottoposte. 
Pittime  umane. 

Tempo  è  ora  di  parlare  delle  vittime  umane  che  offerte  an- 
nunzia Tacito  dai  primitivi  Germani,  Strabone  dai  Cimbri,  Ger- 
mani anch'essi,  Cesare,  Dionigi  d*  Alicarnasso  -,  Pomponio  Mela 
e  Diodoro  Siculo  d-ù  Galli,  detti  dal  Cluverio  consanguinei  dei 
Germani.  I  soli  scrittori  Latini  ,  o  i  Greci  che  scrissero  sotto  il 
Romano  dominio  ,  parlarono  di  que'  barbari  sacrifi/.j  che  alcuno 
di  essi  non  vide  ,  e  che  soltanto  riferirono  perchè  udite  ne  ave- 
vano le  relazioni  :  lutt'  altra  strada  per  discolpare  ([nella  nazione 
ha  piglialo  il  Cluverio,  il  (piale  con  vano  sfoggio  di  erudizione 
si  è  dato  a  provare  soltanto  che  ,  se  i  Celti  erano  barbari  e  fe- 
roci a  (pici  segno,  non  erano  i  soli,  uè  i  primi  che  l'esempio 
dato  avessero  di  ([nella  immane  crudeltà.  Diodoro  parlò  dei  Drui- 
di che  tra  i  Germani  non  erano  ,  e  di  questi  soltanto  disse  eli'1 
le  umane  vittime  esploravano  per  lunga  osservazione  dell  anti- 
chità. I  passi  altronde  di  Pomponio  Mela  nei  quali  si  narra  che  i 
y'diiri ,  come  la  fama  correva,  gli  stranieri  a  guisa  di  vittime 
sacrificavano,  e  che  i  Ncuri  .Marte  veneravano  come  Dio  di  tutte 
le  cose,  e  gli  uomini  invece  di  animali  sacrificavano,  come  pure 
altri  racconti  di  Erodoto,  non  sono  applicabili  se  non  che  agli 
Sciti,  non  mai  ai  Germani;  e  Procopio,  già  da  noi  citalo,  col 
nome  di  Svconi    indicò  i  JYorve^iani ,    come    altrove  i  Franchi 


U<)4  DELLA    RELIGIONE    E    DEL    CULTO    DEI    GERMANI 

che  l' Italia  devastavano,  e  soltanto  degli  E  ridi  abitanti  intorno 
alla  foce  della  Vistola  accennò  che  molti  Dei  veneravano,  ai  quali 
l'offerire  ostie  umane,  come  cosa  pia  e  religiosa  reputavano,  in- 
certo essendo  tuttora  di  quale  epoca  egli  parlasse.  Tacito  altronde 
accennò  bensì  il  rito  di  spargere  su  le  are  il  sangue  dei  prigio- 
nieri, e  di  consultare  gli  Dei  coll'esplorare  le  fibre  degli  uomini; 
ma  questo  rito  attribuì  ai  soli  Britanni,  il  che  basterebbe  ad 
escludere  da  quell3  accusa  i  Germani  ;  così  Pomponio  Mela  gra- 
tissime  agli  Dei  reputate  disse  le  vittime  umane  dai  Galli,  che  di 
superstizione  accusò ,  come  già  accusati  erano  stati  dello  stesso 
vizio  da  Cesare  ,  mentre  la  superstizione  non  fu  giammai  ai  Ger- 
mani rinfacciata. 
Continuazione,  yJuspizj  pigliati  dalle  vittime. 

Diodoro  Siculo  narrò  pure  dei  sacerdoti  Celti  che  il  futuro 
predicevano  su  l'appoggio  degli  auspicj  e  delle  viscere  degli  ani- 
mali,  e  che  in  cose  di  grande  rilievo,  un  uomo  immolando,  lo 
aprivano  per  il  lungo  con  una  spada  ,  e  dalla  sua  caduta  ,  dalla 
convulsione  delle  membra ,  dallo  scorrere  del  sangue  ,  pigliavano 
augurio;  ma  è  ben  chiaro  che  egli  parlò  dei  Celti-Crolli ,  perchè 
anche  Strabonc  dei  Galli  scrisse  che  un  uomo  dopo  alcune  liba- 
zioni colla  spada  aprivano  e  dalla  palpitazione  l'augurio  traevano, 
ed  cgual  cosa  a  un  dipresso  narrò  degli  Spagnuoli.  Altrove  bensì 
accennò  il  costume  delle  donne  Cimbriche ,  da  esso  forse  a  torto 
dette  sacerdotesse,  che  colle  spade  nude  correvano  all'incontro 
de'cattivi  e  strascinavano  ad  un  cratere  di  bronzo,  dove  gli  scan- 
navano ,  e  dal  sangue  scorrente,  non  che  dalla  osservazione  delle 
\iscere,  alcun  argomento  pigliavano  a  predire  il  futuro;  ma  pro- 
babilmente Strabone  volle  alludere  soltanto  ai  tempi  di  Augusto, 
perchè  quel  cratere  ,  trasformato  poi  dallo  scrittore  medesimo  in 
una  calda j a  ,  come  cosa  sommamente  sacra  ad  Augusto  medesimo 
dagli  abituiti  della  penisola  Cambrica  fu  spedito  in  dono.  Dei 
Franchi  guerreggiami  in  Italia,  non  dei  Germani,  narrò  Proco- 
pio che,  occupato  avendo  un  ponte  presso  il  Po,  le  mogli  ed  i 
figliuoli  de'  Goti  caduti  in  loro  potere  ,  come  primizie  della 
guerra  uccisero,  e  i  corpi  loro  gettarono  nel  fiume,  sebbene  in- 
certa sia  tuttora  l'epoca  di  quella  spedizione.  Assai  dubbio  è  adun- 
que, se  i  primitivi  Germani,  che  scarse  idee  avevano  di  religione 
e  appena  alcuna  Deità   conoscevano,    taut' oltre  spignessero  la  su- 


THE  UBRABY 

OF  THE 

UNIVERSITY  OF  ILLIIOIS 


AVANTI    LA    ROMANA    OCCUPA  ZIO  TO  2f>5 

perstizione,  sino  a  sacrificare  umane  \ittime,  benché  alcun  indi- 
rio  se  ne  trovi  nei  Latini  scrittori,  che  o  non  Leno  informati  fu- 
rono delle  particolari  circostanze  de' popoli  del  settentrione,  o  di 
epoche  posteriori  parlarono,  o  finalmente  i  Germani  coi  Craìli  , 
cogli  Sciti  o  con  altro  barbare  nazioni  confondettero. 
Sortilegj  e  divinazioni. 

Rimane  soltanto  a  parlare  dei  sortilegj  ,  degli  auspizj  e  di  ni- 
tri generi  di  divinazione.  Ebano,  scrittore  che  molla  fede  non 
merita,  dei  popoli  barbari  ragionando  che  l'esistenza  degli  Dei 
ammettevano,  la  loro  provvidenza,  o  la  cura  che  delle  umane 
cose  si  pigliavano,  e  le  indicazioni  che  del  futuro  essi  porgevano 
ai  mortali  per  meno  degli  uccelli,  dei  naturali  fenomeni,  delle 
viscere  e  di  altre  osservazioni;  nominò  tra  quo'  barbari  gli  In- 
diani,  i  Celti  e  gli  Egizjt  il  che,  indipendentemente  'ancora 
dalla  troppa  estesa  e  troppo  vaga  denominazione  di  Celti,  basta 
a  mostrare  che  egli  non  sapeva  di  che  si  scrivesse  ,  e  né  pure  una 
chiara  idea  aveva  del  significato  di  barbari.  Ma  Tacito  dei  (Ira- 
niani narra  in  generale  ,  che  gli  auspicj  e  le  sorti  con  molta  cura 
osservavano  ;  né  strana  cosa  dee  questa  reputarsi  ,  perchè  i  primi 
slanci  dell'antica  religione,  o  piuttosto  dell'antica  superstizione, 
diretti  furono  sempre  alla  cognizione  o  allo  scoprimento  delle  cose 
future.  Semplice,  soggiugne  Tacito,  era  la  consuetudine  delle  -sor* 
ti;  tagliavasi  in  piccioli  ramoscelli  una  verga  recisa  da  un  albero 
fruttifero,  spargevansi  a  caso  trae* pezzi  con  alcune  note  contras- 
segnati sopra  di  una  candida  veste,  e,  se  pubblicamente  si  con- 
sultava, il  sacerdote,  se  privattmente  il  padre  di  famiglia,  pre- 
messe alcune  preghiere  agli  Dei  e  guardando  il  cielo,  tre  %olte 
gli  alzava  e  Dell'alzarli  interpretava  le  note  su  trae' frammenti 
impresse.  Onesto  rito  ,  se  bene  istrutto  fu  Tacito  ,  proprio  non 
era  dei  soli  Germani  ,  ma  di  molte  altre  nazioni  ,  specialmente 
Asiatiche,  e  in  particolare  degli  Scili;  e  quindi  può  eccitarsi  qual- 
che dubbio  se  forse  quello  storico  non  abbia  ai  Germani  attri- 
buito quello  che  di  altri  popoli  ed  in  particolare  degli  Sciti  nar- 
ravasi.  Soggiugne  poscia  che  il  vaticinio  o  l'auspicio  era  talvolta 
permesso,  talvolta  vietato  ,  e  che  cosa  nota  era  in  quel  paese  , 
(  altri  malamente  lessero  nata),  che  si  interrogavano  le  voci 
degli  uccelli  e  il  loro  volo.  Dei  Galli  aveva  già  scritto  Cicerone 
che  di  tutti  quasi  gli  uccelli    nei    lóro     auguri   servivansi ,   benché 


dC)6  DELLA    RELIGIONE    E    DEL    CULTO    DEI    GERMANf 

non  tulti  sinistri    riuscissero  per  essi  quelli  che  per    i   Romani  lo 
erano. 

Aaspiz]  pigliati  dai  cavalli. 

Altrove  parla  Tacito  dei  presagi  che  si  pigliavano  dai  cavalli, 
del  che  si  è  da  noi  fatto  cenno  di  sopra  ,  e  nota  che  questo  rito 
proprio  era  e  particolare  della  nazione;  già  vedemmo  che  alcuni 
cavalli  bianchi  inoperosi  nutrivansi  a  pubbliche  spese  nei  boschi » 
dei  quali,  come  certo  auspicio  nelle  diverse  occasioni,  da  tutti 
riguardavansi  i  fremiti  ed  i  nitriti.  Il  Cluverio  impugna  l'opinione 
di  Tacito  che  particolare  fosse  quel  rito  dei  Germani ,  e  piutto- 
sto è  propenso  a  credere  che  i  Germani  lo  pigliassero  dai  Per- 
siani ,  o  dai  Sarmati  o  Slavi  ,  antichi  abitatori  della  Lusazia. 

Monomachia.  Arti  magiche  non  praticate  dai  Germani. 
Altro  presagio  o  altro  auspicio ,  secondo  Tacito  ,  pigliavasi 
nelle  guerre  più  gravi  per  mezzo  della  monomachia.  Un  prigio- 
niero ,  fatto  in  qualunque  modo  tra  quella  nazione  colla  quale  si 
guerreggiava  ,  facevano  i  Germani  belligeranti  combattere  con  uno 
dei  loro  soldati,  vestito  essendo  ciascuno  delle  pitrie  armi,  o  delle 
nazionali;  e  dalla  vittoria  dell'uno  o  dell'altro  pigliavasi  augurio 
intorno  all'esito  di  una  imminente  battaglia.  Il  Cluverio  ed  altri 
eruditi  annoverano  questo  tra  i  sortilegj  ,  o  tra  i  mezzi  di  indo- 
vinare il  futuro;  potrebbe  più  sanamente  giudicarsi  che  in  questo 
non  vi  avesse  alcun  indizio  di  rito  religioso,  ina  piuttosto  che 
que' popoli,  meno  barbari  di  molti  altri  coll'cgual  nome  indicati, 
provvedessero  in  questo  modo  alla  conservazione  della  specie  u- 
mana ,  e  si  studiassero  di  evitare  lo  spargimento  del  sangue.  Che 
poi  i  Germani  più  antichi  arti  magiche  praticassero  ,  come  dei 
Britanni  narra  Plinio ,  punto  non  si  raccoglie  da  alcuno  degli 
scrittori  dell'  antichità  ,  e  soltanto  Plutarco  accennò  ,  parlando  dei 
tempi  di  Cesare  e  delle  di  lui  guerre  con  Ariovisto  P\.e  dei  Mar- 
comaniìi ,  che  ritardato  avevano  un  combattimento  i  vaticinj  delle 
femmine  sacre  ,  le  quali  il  futuro  predicevano  ,  osservando  i  vor- 
'tici  de' fiumi  e  i  giri  e  i  fragori  delle  acque,  e  qualunque  balta- 
glia  avanti  il  novilunio  vietavano.  Se  questo  ancora  potesse  ai  pri- 
mitivi Germani  applicarsi ,  non  varrebbe  punto  a  stabilire  che  al- 
cuna arte  magica  fosse  da  essi  praticata  ;  noi  intanto  presentiamo 
sotto  il  num.  34  la  Tavola  dei  sacrifizj,  sortilegi  ed  altri  riti  re- 
ligiosi, già   esposta  dal  Cluverio. 


L    AVANTI    LA    ROMANA    OCCUPAZIONE  ><'7 

Opinioni  dell  Eccardo. 

Alcune  notizie  intorno  alla  religione  dei  più  antichi  Germani 
trovatisi  pure  nel  libro,  sovente  da  noi  citato  dell'  Eccardo ,  De 
Origine  Germanornm.  Si  ride  egli  delle  favole  sparse  da  Gio- 
vanni M  essenio  intorno  a  Tuiscone ,  riguardato  come  Dio  e  fon- 
datore delle  nazioni,  da  prima  nella  Svezia  e  nella  Norvegia,  poi 
nel  rimanente  della  Germania;  anzi  il  nome  solo  di  Tuiscone  o 
Tuistone  sospetto  gli  rende  il  passo  di  Tacito  in  cui  si  parla  di 
quel  Dio ,  passo  che  egli  crede  totalmente  depravato  ;  venendo 
quindi  alle  parziali  asserzioni  di  Tacito,  nota  colla  scorta  del  Ber- 
gero  e  del  Westplialen,  che  quello  storico  spesse  volle  i  costumi 
dei  Romani  assomigliare  volle  a  quelli  dei  Germani  e  che  ,  se 
pure  scrisse  con  buona  fede,  molte  volte  con  buona  lede  errò. 
JNon  andò  tuttavia  esente  da  censura  anche  lo  stesso  Eccardo, 
perchè  sovente  mescolò  i  costumi  dei  Germani  primitivi  con  quelli 
dei  tempi  Romani  ,  come  per  esempio  là  dove  asserì  che  culto 
divino  o  quasi  divino  rendevasi  ai  trapassati;  dove  le  antiche  su- 
perstizioni rintracciare  volle  nel  Corno  d  oro  scoperto  presso  Tun- 
der  nell'anno  i ().'!;) ,  che  non  può  credersi  più  antico  del  IV.  o 
V.  secolo  Cristiano;  dove  le  moli  sepolcrali,  dette  comunemente 
Pietre  dei  Giganti ,  volle  confondere  colle  are;  dove  introdusse 
tra  le  Divinità  dei  Celti  il  Dio  Beleno ,  e  l'Ercole  Recar  ano  o 
T rigarono,  nolo  soltanto  sotto  il  regno  di  Tiberio,  come  forae 
tutti  gli  altri  .Numi  rappresentati  nel  marmo  Parigino  pubblicato 
dal  Baudclot  e  da  altri  ,  e  da  esso  riprodotto,  che  noi  esporremo, 
allorché  si  farà  ragionamento  dell'  epoca  Romina.  Stabilisce  però 
anch'  egli  ,  che  il  Tentate  o  il  Dite  dei  Galli ,  sia  lo  stesso  che 
Mercurio  o  Marte,  e  che  1' Andrasta  o  l'Andata  o  la  Vittoria  dei 
Britanni,  fosse  la  Minerva  dai  Galli,  secondo  Cesare,  adorata. 
Ammette  e  piena  con  buoni  argomenti  ,  che  i  Germani  non  aves- 
sero Parili  ;  e  che  alcuni  Teutoni  e  Cimbri,  salvali  dall  univer- 
sale eccidio  di  quelle  nazioni  e  tornati  dall'Italia  nella  Germania, 
i  culti  Romani,  come  pure  molte  arti,  vi  recassero;  il  che  serve 
di  conferma  alla  opinione  già  da  noi  esternala  ,  che  la  maggior 
parte  delle  Divinila  inlrodottc  fossero  nella  Germania  dai  Romani 
o  su  la  scorta  dei  loro  insegnamenti ,  e  che  dai  Romani  pure  pro- 
cedessero per  la  maggior  parte  i  riti,  le  cerimonie,  le  istituzioni 
di  cullo,  dagli  antichi  scrittori  corno  Celtiche  o  come  Germani* 
che  accennate. 


•if)8  DELLA    RELIGIONE    E    DEL    CULTO    DEI    GERMANI 

Del  Keysler. 

Il  Keysler  nel  suo  libro  delle  Antichità  settentrionali  e  Cel- 
tiche ,  ha  pure  emesse  alcune  nuovi  opinioni ,  guaste  sovente  e 
deturpate  dalla  sua  smania  di  introdurre  dappertutto  le  operazioni 
del  Demonio.  Cominciando  egli  adunque  dal  Monumento  eli  Sa- 
li shury,  al  quale  molti  simili  se  ne  trovano  nella  Germania,  sta- 
bilisce il  principio  che  gli  antichi  Celli  e  Germani  divino  culto 
alle  pietre  prestassero  ,  il  che  non  ò  provato  da  alcun  passo  degli 
antichi  scrittori,  e  solo  potrebbe  credersi  introdotto  nell'età  di 
mezzo;  egli  opina  parimente  che  tutti  qua' monumenti  non  ser- 
vissero giammai  né  di  are,  nò  di  templi  j  ed  are  erano  certa- 
mente quelle  che  riconoscere  non  si  possono  come  monumenti  se- 
polcrali. Osserva  anch' egli  però  che  gli  antichi  Germani  templi 
non  avevano  e  i  riti  sacri  celebravano  ne' boschi,  e  quindi  si  fa 
strada  a  mostrare  che  un  culto  prestavasi  agli  alberi ,  il  che  tut- 
tavia dai  passi  citati  non  apparisce  ;  che  gli  alberi  spruzzavansi  col 
sangue  delle  vittime,  e  che  le  quercie  maggiore  venerazione  che 
non  tutti  gli  altri  alberi  ottenevano.  Alle  obbiezioni  che  fare  gli 
si  potrebbono  su  l'appoggio  dei  templi  di  Erta  e  di  Tanfana 
menzionati  da  Tacito  ,  risponde  che  quel  nome  di  tempio  altro 
non  significava  se  non  che  luco  o  bosco  sacro  ,  o  che  forse  parlò 
Tacito  di  templi  che  costrutti  si  erano  sotto  Augusto,  non  mai  in 
epoca  più  antica.  Rispetto  però  a  quella  Dea  Tanfana  ,  che  il 
Oliverio  ed  altri  passarono  sotto  silenzio,  osserva  che  forse  do- 
veva leggersi  in  Tacito,  Tanfanias  o  yiufanias ,  perchè  note 
sono  le  madri  o  matrone  Auj'anie  ,  adorate  anticamente  nella  Pan- 
nonia  e  nella  Dalmazia.  Nota  pure  che  gli  antichi  Galli  Minerva 
adoravano  sotto  il  nome  di  Onvana  ,  dal  quale  formossi  quello 
di  Tanfana.  Il  nome  altronde  di  Fan  ,  come  dagli  Evangeli  di 
Uifila  e  dall'  Edda  si  raccoglie,  altro  non  significava  che  Signore 
presso  tutti  i  popoli  settentiionali. 
Continuazióne. 

Molto  si  stende  il  Keysler  a  provare  1'  antico  culto  di  un  Er- 
cole Celtico,  Alemannico  ,  Magusano  ,  e  Sassano  ;  ma  i  monumenti 
copiosi  che  egli  riferisce,  e  specialmente  le  iscrizioni,  sono  tutti 
dei  tempi  Romani  ,  e  quindi  sotto  qucll'  epoca  noi  parleremo  di 
quei  diversi  Ercoli  e  anche  del  T'ior  o  Torone  dei  Sassoni.  Parla 
similmente  quello    scrittore     della    Dea    Htla ,   dalla    quale  vuole 


AVANTI    LA    ROMANA    OCCUPAZIONE  lld:) 

derivata  la  voce  Germanica  I/ollc   che   significa  Y inferno}  ma  i 

mitologi  settentrionali    e   tra   gli     altri     il  Torfeo  ,   mostrarono  clic 
la  Itela,   adorata   dai  Sassoni,  altro  non    era  che    Proserpi na ,  a 
quindi  questo  culto,  come  quello  ancora  di  Plutone ,  portato  dee 
credersi   dai   Romani. 
Miti  funebri. 

Molti  sacrifizj  e  molte  obblazioni  pretende  quello  «eriilore 
praticate  alle  tombe  degli  estinti  :  ma  tanto  confonde  le  idee  e 
più  ancora  le  epoche  ,  che  vi  frammischia  le  Agape  dei  Cristiani 
celebrate  alle  tombe  dai  martiri.  A  lungo  parla  ancora  in  separata 
dissertazione  della  Dea  Neatlennia  ,  antico  Nume  de'  Valacchia 
della  quale  fu  trovata  ima  statua  nella  Zelanda  ncll'  anuo  1647; 
ma  questa  pure,  non  meno  che  l' iscrizione  apposta,  rinvenuta 
colle  immagini  di  una  Deità  Romana  ed  altre  Romane  quisquilie, 
è  di  forma  tanto  recente,  che  da  alcuni  fu  scambiata  con  un  im- 
magine della  Madonna. 
Donne  fatidiche. 

Degna  di  maggiore  attenzione  e  certamente  la  dissertazione 
dello  slesso  Kevsler  su  le  donne  fatidiche  degli  antichi  Celti  e 
Germani,  su  le  Madri,  o  Matrone,  o  Giunoni,  su  le  Parche  de- 
gli antichi  settentrionali,  su  le  Madri  Gallinelle  ,  Gerudatie,  Mo- 
patic  ec.  su  le  Dee  Male/rie ,  su  le  fole  che  una  specie  di  Si- 
bille erano  del  settentrione,  su  le  Alrune  o  satirone,  già  da  noi 
menzionate;  ma  per- la  maggior  parte  questi  oggetti  illustrali  con 
iscrizioni  Romane,  appartengono  a  tutt' altra  età  e  probabilmente 
ai  tempi  dell  imperio  Romano,-  e  lo  scrittore  si  disonora  col  trat- 
tare seriamente  dei  Dusii  e  del  commercio  dei  Demonj  colle 
femmine,  non  che  dell'  Efialte  o  del  Demanio  Meridiano  ,  e 
degli  Scettri  vestiti  di  bianco  ,  che  pretende  non  di  rado  veduti 
nella  Germania. 
Sistema  dello   Schedi':. 

Quattro  ampie  dissertazioni  scrisse  pure  Elia  Schedto  intorno 
agli  Dei  Germani ,  ed  essendo  egli  morto  in  età  ancora  giovani- 
le,  pubblicate  furono  dal  di  lui  genitore  con  note  di  Giovanni 
Jarkio  e  la  prefazione  del  celebre  Giovanni  Alberto  Fabricio, 
Credette  lo  Schedio  di  avere  con  quel  lavoro  esposta  1'  antica  re- 
ligione dei  Germani,  dei  Galli,  dei  Britanni,  e  dei  fendali  ; 
ma  troppo  scarsamente    attaccalo  ai  classici   Latini,   poco    curante 


'irò  DELL\    RELIGIONE    E    DEL    CULTO    DEI  GERMÀNI 

di  distinguere    le  antiche    istituzioni    dalle  più  recenti  ,  negligente 
nella  osservazione  delle  diverse  epoclie  e  zelante  soltanto  d'intro- 
durre   dovunque  i  principi    della    religione    rivelata  ;  ci  lasciò  uq 
romanzo  piuttosto  che  una  storica  disquisizione   dell'antico  culto 
delle  nazioni    Germaniche.  Non  più  felice  può  reputarsi  il  di  lui 
padre,    editore  del  libro,    perchè  in  una   lunga    dedicatoria,  se- 
guendo   ciecamente  i  sogni  del    falso  Beroso ,    introduce  Tuiscone 
Re   della    Sarmazia    dal  Tanai    sino  al  Reno ,  e  i  di  lui  figliuoli 
regnanti  dal  monte  Adula  sino   alla  Mesemberia  Pontica.  Loda  a 
cielo  la  giustizia  e  la  pietà  di  quel  Re  che   leggi  scrisse  e  in  al- 
cuni   versi  le    racchiuse,    perchè    pubblicamente  si   cantassero  ;  e 
con  importuno  ardire  anzi  che   con    sana    critica ,  ricorre   al    suf- 
fragio di  Tacito,  e  i  versi  che  in  onore  di  Tuiscone   cantavansi , 
e  che  ai    Germani    servivano  di  memorie  e  di  annali ,    trasforma 
nei  carmi  da  Tuiscone   mi. ^ esimo    composti.  A  quel  Re  attribui- 
sce la  massima  politica  che  i  giovani  1'  età  matura   per  ammogliar- 
si attendere    dovessero  ,    affinchè    non  si  snervassero  e  più  robusti 
mostrare  si  potessero   nelle  guerre;  a  quello    attribuisce  la  istitu- 
zione   dei    Principi  e  dei    magistrati,  e  finalmente    anche  le  dot- 
trine che  al  culto  e  all'  adorazione    del    vero  Dio    appartengono. 
Per  lungo    tempo  fa  egli    continuare  la  di  lui  prosapia  nella  vera 
religione;  poi  la  suppone  a  dora  tr  ice  degli    Astri,  della  Luna,  di 
Marte,  di  Saturno,  di  Giove,  di  Venere  e  di  Mercurio,  ed  a  que- 
st' ultimo,  detto  Teutate  ,  attribuiti  pretende  i  sommi  onori.  Mar- 
te egli  crede  indicato  sotto  il  nome  di   Eso  ,  Apollo    sotto  quello 
di  Befano,  Giove  sotto  quello  di  Tarami-,  immagina  quindi  che 
statue  in  appresso  erette   fossero    agli  eroi  e  tra  questi  ad  Ercole 
Re  dei  Boii ,    ad  Irmensula,    forse  Arminio ,  Principe    dei  Che- 
rusci ,  a  Radagasto    Re    dei    Vandali  e  dei  Goti,  a  Rugievito  e 
a  Parovito,  1'  uno    figurato  con    sette  teste,  1'  altro  con  cinque, 
con  che  si  accosta  non  solo  all'  epoca  di    Stilicone ,    ma  a  quella 
ancora  dei  romanzi  di  cavalleria. 
Conti  n  nazione. 

Il  figlio  Elia,  dopo  di  avere  colla  mescolanza  dell'  antico  e 
del  moderno  tutta  sconvolta  la  geografia  della  Germania  e  par- 
lato sovente  della  influenza  del  Demonio  su  le  umane  operazioni 
e  su  le  costituzioni  degli  imperj  ,  stabilisce  per  primo  principio, 
benché  senza  alcun    ragionevole   fondamento,  che  i  Germani  più 


AVANTI    LA    ROMANA    OCCUPAZIONI!:  1  ~  I 

antichi  ad  imitazione  dei    Romani  gli  astri  e  gli  elementi  adoras- 
sero: ammette  tuttavia  che  Marte  l'osse  la  primaria   loro  Divinità. 
Con  uno  sfoggio  quindi   infinito  di  superflua  erudizione,    passa   §o- 
pra    tutte  le  Deità    dagli  antichi    adorate  e  su  i   diversi    calti  ad 
esse  prestali,  e  venendo  al   particolare  de' Germani,  diee  che  an- 
che Mercurio  otteneva  da  essi  un  culto  solto  il   nome  di   Tendile, 
che  egli  collega  col   Tahut  dei  Feiiicii ,  facendone  quindi   nascerà 
i   nomi  di    J'eiii  e  di    Teutoni j  il    Marte    Germanico   trova    nel- 
1*  Eso    di    Lucano  e  di    Lattanzio,    detto    anche    Estuiamo  ,    del 
qual  nome  la  radice  va  a  cercare  nell'Ebraico  vocabolo  di  Forte; 
il    Beleno   dei    Celli  e  specialmente    dei  Narici,  da  esso    confusi 
coi   Carni,  riconosce  nell'Apollo    adorato  dai    Galli  secoudo  Ce- 
sare, e  forse  nel  Belo  degli  Orientali,  o  nel  Giove  Belo,  credu- 
to la  stessa  cosa  che  il  Sole;  Tarami,  Dio  anch'esso  dei   Celti, 
ravvicina  a    Giove,    non    avvedendosi    che    i  monumenti    portanti 
questo  nome  appartengono  ai  tempi   del  Romano  imperio  ;  ai  Ger- 
mani   finalmente    attribuisce    il    culto    di    Venere    e    anche    della 
Venere  Celeste,   che  egli  confonde  con  Erta  e  con  Astarle,   quin- 
di con    Cerere,    con  Iside,    con    Proserpina,    con    Diana    e  colla 
Luna.  Passa  poscia  a  parlare  delle  lingue  ,  e  la  primazia  di  que- 
ste assegnando  all'Ebraica,  si  sforza  di  provare  che  gli  antichis- 
simi nomi  degli  Dei  Germanici  da  quella    lingua    derivano.  Forse 
colla  scorta  delle  belle  ricerche  che  sta  facendo  il  celebre  orien- 
talist-t   Consigliere    llammer ,  si  sarebbe    potuta  mostrare  piuttosto 
T  analogia   di  molli  vocaboli  Germanici  coi    Persiani. 
Continuazione* 

Dei  sacerdoti  parlando  ,  si  studia  di  stabilire  che  i  Druidi  e- 
sistessero  anticamente  nella  Eranconia,  o  nella  Erancia  Orientai*?  o 
Grrinauicj,  e  quindi  a  lungo  ragiona  delle  vestimenta  loro,  dei  loro 
calzari,  e  dell'ordine  col  quale  gli  uni  agli  altri  in  caso  di  mor- 
te succedevano;  divertendo  poscia  di  nuovo  il  discorso  intorno  al- 
le lingue,  immagina  che  i  Celti  di  Greche  lettere  si  servissero, 
e  ne'  Greci  caratteri  trova  il  principio  delle  Rune  e  di  queste 
lettere  suppone  inventore  o  introduttore  quel  Tuiscone  da  noi 
più  volte  nominato.  Rispetto  ai  boschi  sacri  pretende  che  non 
qualunque  bosco,  ma  quelli  soli  di  quercie  agli  Dei  si  consacras- 
sero come  più  gradili,  il  che  dei  Galli  potrebbe  forse  asserirsi, 
non  già  dei  Germani  ;  pretende   pure  che   i    Celli  nei    riti  loro  si 


2J2  DELLA.   RELIGIONE   E   DEL  CULTO   DEI  GERMÀNI 

volgessero  a  sinistra,  cioè  all' occidente ,  al   contrario    degli  Ebrei 
e  dei    Cristiani ,  e   lungamente  si  arresta    su    le    "vittime    umane , 
immolate,  come    egli  dice,    dai    Druidi    che  tra  i  Germani  non 
erano.  Meno  di  molti  altri  scrittori   cortese  verso  la  sua  nazione  , 
narra    senza  alcuua   distinzione  di    tempi    che    i  Germani   le     te- 
ste dei  nemici  uccisi  in   guerra    diligentemente  conservavano,  e  le 
umane  pelli  dai  corpi  detratte  alle  pareti    delle  case  loro  affigge- 
vano, il  che  qualora  provato  fosse  con  documenti  storici,  riferibi- 
le   non   sarebbe  a  religione    nò  a  culto.    Egualmente    romanzesco 
sembra  quello  scrittore  nello  attribuire  ai  più  antichi  Germani  il 
rito  di  strignere    le    amicizie  col  sangue,  il  che  facevasi,  secon- 
do Ateneo  scrittore  di  tempi  posteriori ,  coli'  aprirsi  a   vicenda  le 
vene  della  fronte  nello  abbracciarsi,  e  col  bere  il  sangue  che  da 
quelle  ferite  scorreva,  mescolato  col  vino,  la  qual  cosa  forse  A- 
teneo  non  scrisse  se  non  che  seguendo   ciecamente  Erodoto  ,  che 
siffatta  cosa  narrò  degli  Sciti  ,  non  dei  Celti  o  dei  Germani.  Con- 
fondendo   quindi  i  Germani    coi  Galli,    ragiona  a  lungo    del  vi- 
schio che  agli  Dei  offerivasi,  e  che  dalle  quercie  con  solenne  rito 
tfaevasi  dai  Druidi-,  così  pure  di  alcune  erbe,   delle  verbene  e  di 
una  pianta,  detta  dai  Latini  selago  e  dagli  Italiani  samiolo,  che  ai 
Galli  serviva  per  augurio  o  per  sortilegio.    Parla    altresì  dei  Vali 
nei  quali  un    ordine   di  sacerdoti    ravvisa,  e  dei    Bardi  che  egli 
nomina  poeti   Germani,  benché  tra  i  Germani  non  fossero;  delle 
femmine    tenute  presso  i  Germani  in  onore  e  credute  talvolti   fa- 
tidiche ,  che  egli  confonde  colle  jàlritne  o  Alirunie  da  noi  rap- 
presentate nella  Tavola  33  al  nurh.  ì ',  finalmente  degli  auspicj  e 
delle  sorli  ,  che  usilate  dice   presso  i    Ru  giani  ,  dei    presa gj   tolti 
dai   cavalli  e  della  monomachia,   della  quale  altrove  si  ò  detto. 
Pan! con  dello  Schcdio. 

Tutto  questo  pprò  tanto  strano  non  riesce  quanto  il  contenuto 
del  terzo  singramma,  nel  quale  più  da  vicino  si  toccano  i  monu- 
menti dell'  antico  culto  dei  Germani.  Lo  Schedio  li  fa  adoratori 
delle  colonne,  dei  pilastri,  dei  cippi  sepolcrali,  che  tutti,  die' egli, 
come  Dei  riguardavano,  nel  che  chiaramente  riconosce  l'azione  e 
V  influenza  del  Demonio.  Nota  tuttavia  che  Tuiscone  fu  il  primo 
Dio  adorato  dai  Celti  ,  e  a  questo  fa  succedere  1'  Ercole  Re  dei 
Boli,  o  yllemanno  ,  detto  anche  Ercole  Celtico,  poi  Irmensid  o 
Irmensula,  del  quale  già  si  è  fatta  menzione,-  Tladagasto  ,  Re  de- 


AVANTI   LA   ROMANA   0CCCPA2I0.1E  3^3 

gli  Obotriti,   che  di  volo  ci  guida  ai  tempi  di  Stilicone  ',  Rugievito, 
Porevito  e  Porcnuzio ,  eroi  dei  Rugiani;  Jodutte ,  del  qual  Nume 
si  cita   una   statua ,  non  però   antica  ;  Flins  ,  idolo  dei    fraudali , 
che  si    confonde  con    Visilao  Re   degli    Obotriti  ;   Basano  Re  dei 
Franchi,  che  il  solo    Tritemio  disse    divinizzato,    perchè    cupido 
della    apoteosi  erasi    destrameute    sottratto  ,  o   sparito  era  da  una 
pubblica  assemblea  ;  e  la  Dea  Siwa,  della  quale  abbiamo  esposta 
la  figura  nella  Tavola  33   nani.  4-   Ma  non  pago  di  tutti  (pie  Dei 
commenlizj ,  si  sforza  lo  Schedio  di  provare  in  altro   luogo  ,  che 
anche  i  Demonj  culto  religioso  presso  i  Germani,  ottenevano  ben- 
ché in    questo  luogo    riconosca  che    molte    Divinità  e  molli   culti 
erano  stati  dai  Romani  nella  Germania  introdotti.   Registra  quindi 
il  Dio  Crocio  ,  che  meglio  sarebbesi  detto  Crono  ,  cioè    Saturno , 
di  cui  espone  una  figura   di    maniera  assai   moderna  ,    immaginata 
nel  fervore  della  più  crassa  ignoranza  ;  Giove   Aminone  che  con- 
fonde con  Gambrivio  Re  dei  Germani  ;  Castore  e  Polluce,  adorati 
dai  Nahnrvali  ;  un  idolo  dei  Faìidali  detto  Trigla  e  rappresentato 
nella  figura  come  tricipite,  rawicinalo  quindi  a  Diana;  altro  idolo 
dei    Germani   detto  Prono  ,  e  da  alcuni    creduto    Bramo  ,   il  più 
antico  però  dei  quattro  Bienni  nelle  storie  nominati,  il  quale  idolo, 
se  adorato  può  credersi,  lo  fu  soltanto  dagli  Slavi;  e  Suantouito 
venerato  dai  Rugiani  ,  la  di  cui   figura  presenta  quattro  capi.  Sin- 
golare è  lo  studio  col  quale  lo  Schedio,  dopo  di  avere  si  grande- 
mente arricchito  il   Panteon  Germanico  ,  si  sforza  di   provare  che 
alcune  castella  anticamente  denominate  da   Marte,   non   furono  gin 
a  quel  Nume  sacrate  ,  ma  bensì  costrutte  da  Marso  Re  dei  Ger- 
mani ;  che  Magdeburgo  non  fu  sicra  a  Venere,  ma  alle  Amazoni , 
femmine  bellicose  dei  Germani  ;  che  il  nome  di  alcuna  città  Ger- 
manica non  può  derivare  da  Mercurio,  né  da  Ermete,  e  che  Lu- 
neburgo    stessa  il  nome  non  trasse  dalla    Luna  che    colà    adorata 
fosse,  ma  bensì  dal  fiume  Lana,  detto  anche  Elmoa,  o  dall'ab- 
bondanza del  lino;  finalmente  che  la  città  di  Solwedell  nella   Mar- 
chia ,    nominata  non  era  dal  Sole ,   ma  bensì  dal  sale  o  dalle  sa- 
line ,  per  la  qual  cosa  fu  detta   talvolta    Soltwell.    Queste    diverse 
notizie  non  abbiamo  noi  riferite  se  non  che  affine  di  indicare   tutte 
le    ricerche  che  fatte  si  suno  intorno  all'  antica    teologia  dei  Ger- 
mani ,  non    ommettendo  uè  pure  le  strane  aberrazioni,  alle  (piali 
le  ricerche  medesime  hanno  condotti  i  più  chiari  ingegni. 
Cosi.  FoL  IX.  de IV  Europa  1 * 


2  74  DELLA   RELIGIONE   E  DEL  CULTO  DEI   GERMAM 

Culto  del  Sole. 

Il  Keysler  ,  già  da  noi  altre  volte  citato  ,  una  separata  disser- 
tazione scrisse  altresì  sul  culto  del  Sole,  che  praticato  asserì  dai 
Celti  settentrionali,  non  meno  che  presso  tutti  i  Germani,  ben- 
ché questi  alcun  simulacro  di  quel  Nume  non  avessero;  e  quindi 
tódstrò  non  altra  cosa  essere  il  Sole  che  il  Dio  Frejo,  nominato 
sovente  nell'  Edda  ,  antichissimo  libro  o  collezione  di  canti  dei 
popoli  settentrionali.  Ma  anche  il  celebre  Odino,  eroe,  o  Nume 
di  quei  popoli,  volle  il  Keysler  confondere  col  Sole,  mentre 
Giovanni  Ramo,  uomo  eruditissimo,  si  sforzò  di  provare  che 
Odino  altro  non  era  se  non  che  1'  Ulisse  ,  celebre  per  i  poemi 
di  Omero. 

Ara  degli  Ubii. 

Il  libro  pure  dottissimo  del  Rau,  De  ara  Uoiorum,  inserito 
tra  i  suoi  Monumenti  dell3  Antichità  Germanica ,  merita  an- 
ch' esso  d'essere  in  questo  luogo  citato.  Quell'ara  veramente, 
nominata  in  due  luoghi  da  Tacito  e  collocata  senza  dubbio  su  la 
destra  riva  del  Reno,  non  può  riguardarsi  come  monumento  della 
più  antica  religione  dei  Germani ,  perchè  le  notizie  che  noi  ne 
abbiamo ,  non  datano  che  dai  tempi  di  Germanico  ;  ma  il  Rau 
con  molta  dottrina  si  studiò  di  mostrare  che  quell'  ara  ,  soltanto 
in  epoca  posteriore  dagli  storici  rammentata,  non  fu  già  eretta  ad 
Augusto,  come  alcuni  supposero,  ma  bensì  in  epoca  più  antica 
consacrata  al  Nume  Sommo  di  quella  nazione ,  cioè  a  Mercurio 
da  molti  Germani  adoralo.  Con  questo  si  fa  strada  quello  scrittore 
a  parlare  dei  sacerdoti  che  a  quell'  ara  ministravano  ,  e  dubita 
persino  che  collegi  di  Druidi  avessero  i  Germani,  come  molti  ve 
ne  aveva  nella  Gallia  e  nella  Britannia,  nel  sosteuimento  della 
quale  tesi  però  assai  difficile  riesce  lo  eludere  le  asserzioni  po- 
sitive di  Cesare  e  di  Tacito.  Noteremo  soltanto,  che  l'ara  celebre 
degli  Ubii  alcuno  credette  situata  ove  ora  è  Bonna ,  e  che  il 
Rau  con  buoni  argomenti  la  prova  invece  collocata  presso  Deutz, 
l'antico  Tuizio, 


Costumi  ed   us&bze  degli  antichi  Germani 
w.wn   la   Romais\    inyasiom:. 


sibilo  di  corpo  degli  antichi  Germani. 


N, 


oh    potrebbero  convenevolmente   descriversi  L  costumi    dei  più 

antichi  Germani,  senza  premettere  qualche  notizia  del  loro  abi- 
to di  corpo,  o  dell.n  loro  naturale  conformazione,  il  che  ser- 
virà altresì  di  base  alle  ricerche  ed  alle  osservazioni  che  si  faran- 
no sn  la  natura,  sn  le  abitudini  e  su  i  costumi  di  ([nella  nazione 
nelle  epoche  posteriori.  Plinio,  parlando  della  zona  glaciale  alla 
torrida  opposta  e  delle  zone  confinanti  ,  lasciò  scritto  che  bianca 
avevano  i  loro  abitatori  la  pelle  ,  che  lunghe  chiome  nutrivano  , 
gialle,  come  egli  dice,  o  bionde  ,  e  che  truce  aspetto  avevano, 
dal  rigore  del  clima  prodotto.  A  questo  può  aggiugnersi  il  detto 
di  Vilruvio,  che  di  immane  o  robusta  corporatura  forniti  erano  i 
popoli  settentrionali,  di  colore  candido,  di  capelli  irti  e  ru(ì  o 
rossicci,  di  occhi  azzurri  e  di  gran  copia  di  sangue.  Erodoto  scrit- 
to aveva  dei  Bulini,  sotto  il  qual  nome  indicava  forse  i  Sarmati, 
che  numerosa  era  quella  nazione,  tutta  cogli  occhi  azzurri  e  i 
capelli  rosseggiatiti  ;  ma  Tacito  della  Germania  strettamente  par- 
lando, ravvicina  d.i  prima  i  Germani  a  que' popoli,  i  quali  non 
infetti  dai  congiungimenti  con  altre  nazioni,  una  razza  propria  e 
sincera,  e  tutta  simigliarne  formavano,  dal  che  nasceva  che 
uno  stesso  abito  di  corpo  a  tutti  fosse  comune ,  benché  la  nazione 
si  trovasse  assai  numerosa  ;  e  dice  che  lutti  quindi  avevano  occhi 
cerulei  e  truci  ,  rosseggiami  le  chiome  ,  grande  la  corporatura  ed 
atta  soltanto  a  formare  impeto  ;  altrove  egli  aveva  già  notato  che 
il  corpo  loro  era  tono  a  vedersi  ed  atto  soltanto  a  breve  impeto, 
e  dei  Germani  che  \  itellio  accompagnavano,  scritto  aveva  ch<- 
truci  erano  di  corpo,  orridi  per  la  lingua,  e  gli  altri  tutti  deri- 
devano come  ad  essi  non  somiglianti.  Così  pure  dei  Britanni  ave- 
va pur  detto  che  le  loro  chiome   rossiccie  e  le  grandi  loro  meni- 


2j6  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

bra,  l'origine  Germanica  attestavano.  I  Cimbri  altronde  Quinti- 
liano nelle  sue  Declamazioni  disse  poco  dissimili  dalle  fiere,  non 
meno  per  la  crudeltà  degli  animi  che  per  la  grandezza  dei  corpi; 
e  gli  arcieri  Romani,  secondo  Erodiano,  coi  dardi  loro  studiavansi 
di  ferire  gli  immensi  corpi  dei  Germani.  Così  pure  Polieno  i 
Cimbri  e  i  Teutoni  descrisse  come  uomini  agresti,  di  straordina- 
ria grandezza,  che  un  volto  avevano  inusitato  ed  una  voce  ferina. 
La  grandezza  smisurata  del  corpo  e  l'aspetto  terribile  attribuisce 
Livio  auche  ai  Galli,  che  Appiano  per  l'alta  e  robusta  statura 
dichiarò  assai  idonei  alla  guerra  ,  e  che  Floro  disse  avere  il  co- 
raggio delle  fiero  ,  e  i  corpi  di  una  grandezza  più  che  umana  ; 
ma  tuttavia  il  Cluverio  con  un  passo  di  Cesare  crede  di  potere 
stabilire  che  i  Germani  per  il  volume  smisurato  dei  corpi  loro  i 
Galli  medesimi  superassero. 

Colore  della  pelle ,  degli  occhi  e  delle  chiome. 

Per  quello  che  concerne  il  colore ,  la  pelle  candida  attribuì 
Livio,  Virgilio  il  collo  latteo  ai  Galli,  e  del  collo  latteo  dei 
Boli  fece  menzione  anche  Silio  Italico;  ma  Eunapio  e  Procopio 
parlarono  dei  Goti  e  dei  Vandali ,  Germani  senza  dubbio ,  e  il 
primo  lodò  il  volto  candido  di  un  fanciullo ,  il  secondo  lasciò 
scritto  che  tutti  bianchi  erano  di  corpo.  Diodoro  Siculo  tanto  dei 
Galli  come  dei  Germani  asserì  che  le  femmine  loro  erano  assai 
belle ,  ed  Ateneo  notò  che  sommamente  avvenenti  erano  tra  i 
barbari  le  mogli  dei  Celti.  Quanto  agli  occhi  cerulei  dei  Germani, 
ne  fece  menzione  Giovenale  che  lodò  pure  le  chiome  bionde  o 
gialliccie ,  e  di  queste  fece  altresì  parola  Plutarco.  Seneca  seg- 
giugne ,  che  quelle  chiome  non  erano  mai  raccolte  ,  né  strette  da 
alcun  nodo.  Le  bionde  chiome  altronde  erano  state  a  tutti  i  Set- 
tentrionali assegnate  da  Ippocrate ,  da  Aristotele ,  da  Galeno  e  da 
altri  antichi  scrittori,  da  Erodiano  ai  soli  Germani,  da  Procopio, 
come  vedemmo  ,  ai  Goti  e  ai  Vandali.  Indifferente  riesce  ,  che 
rufe ,  o  rutile ,  o  rosseggiami  nominate  sieno  da  alcuni  quelle 
chiome ,  da  altri  gialle  o  gialliccie ,  o  anche  auree ,  giacché  chia- 
ramente si  vede,  che  tutti  indicare  volevano  i  biondi  capelli. 

Costituzione  interna. 

Più  difficile  riesce  il  determinare  colla  scorta  degli  antichi 
scrittori  quello  che  appartiene,  non  alla  esterna  configurazione, 
ma   piuttosto    alla    interna    costituzione  degli  individui    di    quella 


AVANTI   LA    ROMANA    INVASIONE  *>.~~ 

nazione.  Là  dove    Tacito  parla  della    grandezza  dei  corpi  o  delle 
persone,  sogghigno  che  validi  essendo  all'impelo,  no»  egualmente 
tolleravano   i  lavori  e  le    fatiche  ,  e  non  del  tutto  sopportare  po- 
tevano   la    sete  e  il  caldo,   mentre  al  freddo  ed  alla    fame    acco- 
stumati erano  per  la  natura   del  clima  e  del   suolo.  Nota   lo  stesso 
storico  altrove,   che  tollerare   non  potevano  le  ferite,  e  così   pure 
che  i  soldati  Germani  ,   atrocissimi  riuscendo  a  Ironie   del   nemico, 
se  la  guerra    prolungava^    nella    stale,    rilasciale    essendo  le  loro 
membra  ,    più    non    sopportavano  la   mutazione    del    paese    e    del 
clima;    quindi    nelle  campagne    adjaeeuti  al  Tevere,    i    Germani 
non  mero  che  i  Galli  indeboliti  erano    dai    morbi  ,    dalla  sete  e 
dal  calore  per  essi  insopportabile.  Quest'ultima  osservazione?  però, 
non     meno  che  altre  consimili   sul  vigore  de'  corpi  sparilo  ,  su   N 
lentezza  delle  marcie,  sul  languore  de' cavalli,  e  su  l'intolleranza 
del  sole,   della  polvere  e  dei  cangiamenti    dall'atmosfera,  appli- 
cabili non  sono  se  non  che  ai  tempi  di  Germanico  ed  alle  truppe 
che  quel   duce    seguivano.  Polieno  tuttavia    narrò  che  Mario  ,  pu- 
gnare dovendo  coi  Cimbri  ,  ben  sapeva  che  da  fredde  regioni  ve- 
nendo,  sopportato  avrebbono  il  diaccio  e  la  neve,  non  già  il  so- 
le e  il    caldo,    e    quindi  lo  spirito    guerriero    perduto    avrebbono 
col   sudore  che  in   copia  spargevano.  Più  vantaggiosamente  e  forse 
più  giustamente  de'  Germani  parlò  Cesare,   annunziando  che  sino 
da    bambini   alla   durezza   ed   alla   fatica  si   accostumavano,   e  sog- 
giunse   che   gli   adolescenti    si     rafforzavano  colla  caccia   degli   ani- 
mali   feroci,  e  massime  degli   Uri,    reputandosi  tra  di  essi   gran- 
demente onorato  quegli   che  molti   ne  aveva  uccisi ,  e  le  corna  in 
pubblico  ne  esponeva.   Anche  Pomponio  Mela ,  dopo  di  avere  ac- 
cennato   che    grandi  erano  i  Germani   d'animo  e  di   corpo,  nota 
che    alla  fierezza    si    esercitavano  ,  e  che    gli    animi    disponevano 
alla  guerra,  i  corpi  alla  fatica;  che  nel  rigore  massimo  del   fred- 
do nudi   camminavano  gli  impuberi;  che  gli   uomini  appena   si   ve- 
lavano con   qualche  sajo  o  colle  cortecce   degli  alberi  ,    anche   nel 
più    fitto  del   verno.  Dei  Germani    pure    annunziò  Seneca  che  al- 
cuno  non   vi   aveva   più   animoso   di   que' popoli,  più  veloce  al   cor- 
so, più  vago   di    armeggiare;   che  in  quegli  esercizj   essi   nascevano, 
in   quelli  erano   nutriti;   che  quelli    era  l'unica   loro  cura  ,   mentre 
negligenti  mostravansi    in   altri  oggetti  ,  e  quindi    più  accostumati 
erano  più  d'ogni  altro  popolo  a  qualunque  tolleranza,  giacche  in 


2~S  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

gran  parte  non  avevano  vestito  che  li  coprisse  ,  nò  riparo  contra 
il  perpetuo  rigore  del  clima.  Questo  sembra  certamente  repugnare 
al  detto  di  Tacito  che  i  cangiamenti  dell'atmosfera  non  tollera- 
vano, e  a  questo  si  oppone  anche  Livio  che  accostumali  gli  asse- 
risce all'umido  e  al  freddo.  Ma  anche  Tacito  slesso  si  contrad- 
dice ,  perchè  nel  libro  della  Germania  accorda  che  il  freddo 
rigoroso  accostumati  aveva  gli  abitanti  di  quella  regione  al  clima; 
e  Appiano,  dei  Marcomanni  parlando,  nota  che  il  freddo  egual- 
mente ed  il  caldo  tolleravano.  Tutti  que' passi  concordare  esalta- 
mente non  si  potrebbono,  se  non  col  supporre  che  in  qualche 
luogo  parlato  avesse  quello  storico  delia  nazione  in  generale,  in 
altro  luogo  parzialmente  di  qualche  popolo  :  Appiano  stesso  però 
sembra  contraddirsi  aneli' esso,  perchè  altrove  i  Germani  accusa 
di  non  tollerare  molto  le  fatiche  nelle  battaglie  ,  e  di  usare  nelle 
guerre  non  tanto  uà  ordine  ragionevole  ,  quanto  un  impeto  tutto 
proprio  delle  belve. 
froce  e  là? gua. 

Dubitarono  alcuni  se  quello  che  Tacito  scrisse  dell'orrido 
parlare  dei  Germani  ,  applicare  si  dovesse  al  suono  della  voce  ,  o 
non  piuttosto  al  linguaggio.  Il  Oliverio  opinò  che  intendere  si 
dovesse  tanto  del  suono  della  voce  ,  quanto  della  loquela  ;  Dio- 
doro Siculo  però,  di  tutti  i  Celti  parlando  stesi  dai  Pirenei  sino 
alla  Scizia  ,  disse  che  terribili  erano  d'aspetto,  e  mandavano  fuori 
una  voce  gravisona  e  quasi  terribile,  il  che  sembra  doversi  ap- 
plicare al  suono  della  voce  soltanto,  non  meno  che  la  voce  delle 
belve  da  Pollieno  attribuita  ai  Cimbri  e  ai  Tentoni  ,  e  il  suono 
della  voce  de'  G al li  detto  da  Livio  spaventoso.  Il  Cluverio  di  fatto 
altro  non  accenna  a  spiegazione  di  quel  testo  di  Tacito  ,  se  non 
che  anche  gli  odierni  Tedeschi  dotati  sono  di  una  voce  grave  e 
rauca ,  mentre  esile  ,  chiara  e  canora  è  quella  degli  Spogauoli  e 
degli  Italiani. 
Ordini  e  classi  del  popolo. 

Al  discorso  della  naturale  costituzione  dei  corpi  ,  il  Cluverio 
lia  fatto  succedere  quello  delle  classi  o  degli  ordini,  nei  quali  egli 
suppose  che  distinti  fossero  i  primitivi  Germani,  e  che  egli  su  la 
scorta  piuttosto  degli  scrittori  dei  tempi  di  mezzo  che  non  dei  più 
antichi,  porlo  sino  a  quattro,  cioè  dei  nobili,  degli  uomini  liberi, 
dei    liberti  e  libertini,  e   finalmente    dei    servi.  Ma  noi   vedemmo 


\\  \NTI    LV    ROMANA     ISVASIORE  •'   | 

di  già  ,  allorché  si  trattò  del  governo  e  delle  leggi  o  della  civile 
costituzione  di  quo' popoli,  che  male  a  proposito  dai  passi  citati 
di  Tacito  si  vorrebbono  fare  emergere  quelle  distinzioni  ,  giaci  ho 
quello  storico  parla  soltanto  della  nobiltà  dei  Ile,  come  del  va- 
lore dei  duci;  parla  dei  padroni  e  dei  servi,  ma  tosto  SOggiugne 
che  alcuna  distinzione  tra  di  essi  non  vi  aveva  per  la  mollezza 
della  educazione  ;  che  tra  i  bestiami  medesimi  e  su  lo  stesso  ter- 
reno tutti  abitavano  ,  finché  1'  età  separasse  gli  ingenui  e  il  valore 
li  facesse  conoscere,  il  che  significa  soltanto  che  alcuni  col  cre- 
scere dell'  età  al  di  sopra  degli  altri  per  lo  ingegno  e  per  il  va- 
lore si  sollevavano.  Anche  i  liberti  menzionò  Tacilo,  ma  di  questi 
pure  accordò  che  coi  servi  quasi  si  confondevano;  che  di  alcuna 
considerazione  godevano  nelle  famiglie  ,  non  mai  nella  citt;i  o 
nella  civile  società,  eccettuate  soltanto  quelle  nazioni  che  un  Re 
avevano,  tra  le  quali  e  sopra  gli  ingenui  e  aopra  i  nobili  salivano; 
il  che  difficile  sarebbe  ad  intendersi,  mentre  tra  le  altre  genti 
i  libertini  dissimili  di  coudizione,  argomento  formavano  della 
libertà.  Da  tutto  però  questo  ragionameuto  di  Tacito  non  si  rac- 
coglie punto  ,  come  già  fu  altrove  osservato  ,  che  una  distinzione 
di  classi  o  di  ordini  vi  avesse  tra  i  Germani;  che  anzi  veggonsi 
persino  confusi  i  padroni  e  i  servi,  i  liberti  e  i  servi  medesimi, 
e  soltanto  quella  distinzione  di  caste  venne  immaginata  su  le  pa- 
role dello  storico  Latino  da  Adamo  Breinense,  dall'Abate  (Jcbal- 
do  e  da  Nitardo,  scrittori  tutti  della  bassa  età:  al  che  dee  ora 
aggiugnersi  la  riilessione  importantissima  che  i  Germani  più  anti- 
chi, se  pure  ebbero,  come  apparisce  dagli  antichi  scrittori,  quii- 
che  idea  della  nobiltà  della  stirpe  o  del  sangue,  non  ebbero  tut- 
tavia nubili  propriamente  detti  ,  o  una  casta  di  nobili  ,  uè  mai 
conobbero  ingenui  ,  liberti  o  libertini  ,  i  quali  nomi  veggonsi  aper- 
tamente introdotti  da  Tacito  che  scriveva  de'  tempi  midi  e  tutto 
imbevuto  delle  cose  Romane  ,  appropriarle  voleva  alle  nazioni 
Germaniche.  Anche  tra  i  Calli  Cesare  propriamente  non  distinse 
le  classi  o  gli  ordini,  ma  lasciò  scritto  soltanto  che  tra  quelle 
persone  che  in  qualche  numero  trovavansi  e  in  qualche  onore  tene* 
\ansi ,  due  erano  i  generi,  (giacchi-  la  plebe  avevasi  quasi  in 
conto  di  schiavi),  ciò';  uno  dei  Druidi,  1  altro  dei  cavalieri  o 
dei  soldati  a  cavallo,  che  malamente  il  Gluverio  interpretò  per 
nobili.  rSon  distinse  adunque  Cesare  quella    nazione  in  classi  o  in 


*l8o  COSTBMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

easte  ,  ma  accennò  soltanto  quelli  che  tra  le  persone  più  qualifi- 
eate  di  qualche  onore  godevano ,  né  a  questo  repugna  il  detto  di 
Ateneo  al  proposito  dei  Galli  medesimi ,  che  riunendosi  a  cena 
molti  convitati,  sedevano  tutti  in  giro  alla  rinfusa,  ma  nel  mezzo 
una  sede  vi  aveva  per  la  persona  più  illustre  o  per  quella  che 
tutti  gli  altri  superava  ,  o  per  valore  militare  ,  o  per  nobiltà  della 
stirpe  o  per  ricchezze.  Capi  o  Principi  delle  nazioni  ,  e  duci  di- 
stinti per  valore  ,  e  magistrati  e  giudici  vedemmo  tra  gli  antichi 
Germani  ;  ma  tutto  questo  non  ci  conduce  punto  a  trovare  che 
stabiliti  fossero  ordini  o  classi ,  nelle  quali  le  nazioni  fossero  ri- 
partite. Che  nella  elezione  dei  Re  si  avesse  riguardo  alla  nobiltà, 
cioè  alla  descendenza  da  altro  Principe  della  nazione ,  come  Ta- 
cito asserisce,  questo  non  giova  a  provare  che  una  classe  vi  aves- 
se di  nobili  5  e  di  fatto  quello  scrittore  soggiugne  tosto  che  nella 
elezione  dei  duci  si  aveva  riguardo  al  solo  valore. 

Segni  sulla  pelle  non  impressi  dai  Germani. 

Stabilito  ora  il  principio  che  in  classi  propriamente  non  di- 
videvansi  gli  antichi  Germani ,  che  tutto"  al  più  distinti  erano  i 
capi  il  di  cui  principato  passava  talvolta  in  ereditaria  successione , 
e  che  coloro  i  quali  al  di  sopra  della  plebe,  o  del  comune  popolo 
si  sollevavano  per  valore  o  per  ricchezze,  godevano  di  qualche 
considerazione,  giacché  tutto  il  minuto  popolo  era  a  un  dipresso 
nella  condizione  degli  schiavi,  benché  veri  servi  non  vi  avessero 
come  tra  i  Romani  ;  giova  ora  passare  all'  esame  del  vestito  di 
quegli  antichi  popoli ,  il  quale  servirà  in  qualche  modo  di  con- 
ferma alla  tesi  suddetta.  A  torto  insinua  il  Cluverio  ,  su  1'  esem- 
pio degli  Spagnuoli ,  dei  Britanni  e  degli  Illirii ,  che  anche  i 
Germani  e  i  Galli  più  antichi  colle  punture  ordinatamente  di- 
stribuite si  formassero  segni  o  figure  su  la  pelle  ,  come  si  è  os- 
servato e  si  osserva  anche  oggidì  in  molte  nazioni  Americane. 
Tacito  dice  soltanto  che  i  Germani ,  levandosi  dal  sonno  che 
sovente  prolungavano  anche  nel  giorno  ,  si  lavavano  e  più  spesso 
iteli'  acqua  calda  ,  siccome  coloro  presso  i  quali  più  lungo  e  più 
rigido  era  il  verno  ;  lavati  poscia  pigliavano  il  cibo.  Plinio  ,  non 
dei  Germani  strettamente  parlando  ,  ma  di  tutti  i  barbari  tra  i 
quali  potrebbono  a    ragione  credersi    compresi    anche  i  Germani, 

nota    che    essi  i  corpi    loro ,  come    quelli    de'  bambini    Romani , 
ugnevano  di  butirro  che  la  forza  aveva  o  la  virtù    delP  olioj  al- 


ÀVAHTI    LA.    ROMAHA.    INVASIONE  aSl 

cuno  però  non  fa  menzione  di  punteggi» tare  di  quel  genere,  che 
in  oggi  dai  viaggiatori  Francesi  e  anche  di  altre  nazioni  chiamatisi 
tatou  e  tatouer.  Il  costume  di  dipingere  il  corpo  o  la  pelle  attri- 
buisce Tacito  agli  yjrii  ;  ina  il  signor  Wilhelm,  che  un  bel  libro 
su  la  Germania  e  i  suoi  abitanti  pubblicò  a  Weimar  nel  1823, 
ha  provato  con  buoni  argomenti  che  que'  popoli  non  erano  Ger- 
mani ,  ma  piuttosto  tarmati. 
Cura  de  capelli. 

Dubbio  ò  ancora  ,  se  ai  Germani  come  ai  Galli  applicare  si 
possano  le  parole  di  Diodoro  Siculo,  che  le  chiome  non  solo 
bionde  avevano  per  natura,  ma  coli' arte  altresì  studiavausi  di  ac- 
crescere quel  naturale  colore.  Incerto  ò  pure  se  dei  Germani,  e 
molto  più  dei  primitivi  ,  parlasse  Ammiano  Marcellino  là  dove 
descrisse  alcuni  che  si  lavavano,  ed  altri  che  le  chiome,  secondo 
il  costume ,  rosseggiare  facevano.  Se  questo  avveniva  dei  Germa- 
ni, Diodoro  ci  indica  che  i  capelli  lavavano  di  continuo  con  li- 
scivio di  calce  ,  e  Plinio  che  nominò  certamente  i  Galli  ed  i 
Germani,  commendò  l'uso  del  sapone,  e  soggiunse  che  i  Galli 
trovato  avevano  il  modo  di  arrossare  i  capelli  col  sevo  e  la  ce- 
nere ,  specialmente  di  faggio,  e  che  questo  farmaco  in  due  modi 
applica  vasi  ,  denso  cioè  e  liquido;  finalmente  che  presso  i  Ger- 
mani maggiormente  usato  era  dagli  uomini  che  non  dalle  donne. 
Inutile  sarebbe  il  volere  provare  con  alcuni  eruditi  Tedeschi,  che 
quel  costume  pattasse  invece  dai  Germani  ai  Galli  ,  o  fosse  un 
ritrovamento  Germanico;  non  potendosi  questo  dedurre  dal  detto 
di  .Marziale,  che  una  caustica  spuma  accendeva  o  rendeva  mag- 
giormente coloriti  i  capelli  Teutonici  ;  il  Cluverìo  però  si  è  ser- 
vilo di  quel  vocabolo  di  spuma  per  provare  che  realmente  si  fa- 
ceva uso  del  sapone;  e  111  dove  quel  poeta  medesimo  ad  una  vec- 
chia che  cambiare  voleva  il  colore  de' capelli  canuti,  suugerisce 
l'uso  delle  acque  Maniache,  si  studia  di  provare  altresì  che  que- 
ste acque  erano  quelle  di  Wisbaden.  Pretende  lo  stesso  scrittore 
che  il  colore  de' capelli  cercassero  que'  popoli  di  ravvivare  o  di 
rendere  più  intenso,  e  gli  uomini  più  che  le  femmine,  dou  per 
cagione  di  ornamento,  come  qualche  antico  scrittore  accenna  dei 
Celti,  ma  perchè  un  barbaro  con  lunghe  chiome  vestiva  un  a- 
spetto  terribile  ,  e  il  colore  giallo  o  piuttosto  rossiccio  delle  chio- 
me medesime,  come  avvicinantesi  a  quello  del  sangue,  la  guerra 


2$S  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

minacciava ,*  disse  di  fatto  dei  Germani  anche  Tacito,  che  cura 
avevano  della  loro  apparenza,  non  però  reprensibile,  giacché  non 
sì  ornavano  punto  per  amare  o  per  essere  amati,  ma  soltanto  ben 
pettinati  andavano  alla  guerra  onde  imporre  ai  uemici  ed  atter- 
rirli. Non  può  altronde  applicarsi  ai  Germani  più  antichi  il  detto 
di  Sidonio  Apollinare  ,  scrittore  troppo  recente,  che  i  Borgognoni 
le  chiome  immergevano  nel  butirro  acido  ,  che  il  Cluverio  mala- 
mente tradusse  per  butirro  mescolato  coli'  aceto.  Se  dei  Germani 
può  intendersi  quello  che  Diodoro  Siculo  narra  dei  Galli  ,  i  ca- 
pelli della  fronte  sollevavano  essi  al  vertice  del  capo  ,  e  quindi 
intorno  alla  cervice  medesima  gli  annodavano  ,  affinchè  più  appa- 
riscenti fossero  ,  per  la  qual  cosa  ai  Romani  Satiri  o  Pani  sem- 
bravano ,  giacché  tanto  dense  divenivano  per  artifizio  le  loro  chio- 
me che  da  quelle  dei  cavalli  non  distili guevansi. 

Chiome  annodate. 

Qualche  cosa  più  particolare  disse  Tacito  degli  Si'evi ,  che  un 
seguale  cioè  ,  o  un  carattere  della  loro  nazione,  era  il  volgere  al- 
l'indietro  i  capelli  e  lo  strignerli  al  di  sotto  con  un  nodo  $  che 
per  tril  modo  gli  Svevi  distinguevansi  dagli  altri  Germani ,  e  tra 
gli  Svevi  medesimi  gli  uomini  liberi  dai  servi  ;  che  questo  face- 
vasi  anche  talvolta  da  altri  popoli  o  per  alcun  legame  che  cogli 
Svevi  avessero  ,  o  più  sovente  per  studio  di  imitazione ,  di  rado 
però  e  soltanto  nella  gioventù  ,  mentre  tra  gli  S>'evi  durava  quel 
costume  sino  alla  canizie.  Dei  capelli  annodati  dei  Germani  ,  se 
pure  degli  antichissimi  parlarono,  fecero  più  volte  menzione  Se- 
neca e  Marziale.  Non  debbonsi  om  mettere  le  parole  di  Tacito  che 
seguono  relativamente  agli  Svevi,  cioè  che  sovente  su  la  cima  sol- 
tanto del  capo  i  capelli  annodavano  ,  e  che  i  Principi  più  degli 
altri  ornate  avevano  le  chiome  ;  intorno  al  qual  passo  può  osser- 
varsi che  Tacito  fa  menzione  dei  soli  Principi  o  capi  della  na- 
zione ,   non   già  di  alcun  ordine   distinto  di  nobili. 

Barba. 

Più  difficile  riesce  lo  stabilire  alcuna  cosa  intorno  all'uso  della 
barba  ,  perchè  Diodoro  Siculo  disse  bensì  che  alcuni  la  barba  ra- 
devano ,  altri  la  lasciavano  crescere  scarsamente  $  che  i  nobili  tou- 
devansi  veramente  le  guancie,  ma  i  mustacchi  conservavano  e  de- 
primevano in  modo  che  le  bocche  loro  ne  erano  coperte;  che  per 
questo  ,    allorché    mangiavano  ,  i  cibi  coi  peli  si    ravvolgevano  ,  e 


AVANTI    LA     ROMANA    INVASIONE  a83 

che  quando  bevevano,  quasi  per  un  colatojo  scendeva  la  bevanda; 
ma  egli  è  pure  incerti),  se  questo  passo  ai  Germani  come  ai  Galli 
applicare  si  possa.  Cesare  narrò  parimente  dei  Britanni,  che  lun- 
ghe chiome  nutrivano  e  qualunque  patte  del  corpo  radevano,  ad 
eccezione  del  capo  e  del  labbro  superiore.  Tacito  accenna  solo  che 
costume  era  di  alcuni  popoli  Germani  per  infrequente  e  privato 
ardire  di  qualche  persona  ,  presso  i  ditti  però  per  nazionale  con- 
senso ,  il  ritenere  come  volivi  il  crine  e  la  barba  e  il  non  depor- 
re, se  non  se  dopo  l'uccisione  di  no  nemico,  quell'abito  e  quel- 
l'aspetto del  volto,  sacro  come  per  voto  al  valore j  sopra  il  san- 
gue e  le  spoglie  adunque  la  fronte  scoprivano,  e  il  privilegio  della 
nascita  reclamando,  degni  della  patria  e  dei  genitori  reputavansi, 
mentre  agli  ignari  ed  ayli  imbelli  lo  squallore  dei  capelli  e  della 
barba  rimaneva.  Altrove  lo  storico  slesso,  parlando  di  Civile  duce 
dei  Baiavi,  che  altro  forse  non  faceva  se  non  che  seguire  l'an- 
tico costume  nazionale,  narra  che  per  barbaro  voto,  emesso  dopo 
che  impugnate  aveva  le  armi  contra  i  Romani,  la  chioma  lunga 
e  rosseggiarne,  poiché  distrutte  ebbe  le  legioni,  depose.  Dai  citati 
passi  di  quello  storico  beu  chiaramente  si  raccoglie  che  non  solo 
la  barba  alcuni  radevansi,  ma  i  capelli  ancora  della  fronte,  e  dub- 
bio tuttavia  rimane  se  ad  imitazione  dei  Britanni  e  dei  Galli, 
anche  i  Germani  più  antichi  cura  avessero  della  conservazione  dei 
peli  intorno  alle  labbra,  come  scrive  Cesare,  o  di  quelli  che  ora 
diconsi  mustacchi. 
Abiti. 

Quanto  gli  abiti  degli  antichi  Germani  ,  se  di  questi  parlò 
Pomponio  Mela  ,  e  se  esaltamente  fu  informato  ,  nel  maggior  ri- 
gore del  freddo  nudi  camminavano  gli  impuberi  e  i  fanciulli  in 
generale,  giacché  presso  quo' popoli,  al  dire  dello  stesso  scrittore, 
lungamente  protraevasi  la  puerizia,  che  il  Cluverio  continuata 
volle  sino  ali"  (  là  di  vent' anni.  Altrove  scrive  lo  slesso  geografo 
che  gli  uomini  coprivansi  di  un  sajo,  o  colla  seconda  corteccia 
degli  alberi,  libri s  arborum,  anche  nel  più  crudo  inverno.  Tacito 
altresì  parlò  del  sajo  che  tutti  generalmente  copriva  ,  allacciato 
con  uni  fibbia,  o  in  mancanza  di  questa  con  una  spina:  del  re- 
sto, soggiugne  lo  slesto  Tacito,  i  Germani,  non  coperti  da  alcuna 
■\esle,  le  intere  giornate  passavano  intorno  al  focolare  o  ad  un 
fuoco  acceso,  juxta  focuin  atquc    ignem',  e  i  soli   uomini  più  dovi- 


a84  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    AHTICUI    GERMAHI 

ziosi  ,  locupletissimi ,  eoa  una  veste  particolare  distinguevansi. 
Non  erano  dunque  i  Principi ,  uè  i  nobili ,  nò  gli  uomini  liberi  o 
i  liberti ,  che  un  lusso  sfoggiassero  a  fine  di  distinguersi  dalla 
plebe  ;  erano  le  persone  più  doviziose.  Nota  per  ultimo  Tacito  che 
si  vestivano  anche  di  pelli  di  fiere ,  il  che  basta  a  dimostrare  che 
generale  non  era  quell'  uso  nella  nazione.  Cesare  tuttavia ,  dei 
Germani  parlando  e  forse  di  alcuni  Germani  in  particolare  ,  disse 
che  ili  siffatta  guisa  erano  accostumati  che  in  luoghi  freddissimi 
non  portavano  alcuna  veste ,  eccetto  che  le  pelli ,  le  quali  piccole 
essendo ,  lasciavano  una  gran  parte  del  corpo  scoperta ,  e  non 
ostante  nei  fiumi  si  lavavano.  Altrove,  parlando  Cesare  della  con- 
tinenza di  que'  popoli  presso  i  quali  turpissima  cosa  credevasi  il 
conoscere  una  femmina  avanti  1'  età  di  vent'  anni  ,  soggiunge  che 
nulla  rispetto  alle  femmine  stesse  rimaneva  occulto ,  né  si  faceva 
alcun  segreto  o  alcun  mistero ,  perchè  promiscuamente  nei  fiumi 
lavavansi ,  e  si  coprivano  di  pelli  o  di  piccole  pelliccie  ,  cosicché 
la  maggior  parte  del  corpo  nuda  rimaneva.  Quindi  anche  di  Ger- 
manico narra  Cesare  che,  tra  i  Cherusci  trovandosi  ed  esplorare 
volendo  gli  animi  dei  soldati  suoi,  gli  omeri  alla  foggia  di  quella 
nazione  si  copri  della  pelle  di  una  fiera.  Giustino  degli  Sciti  già 
narrato  aveva ,  che  per  coprirsi  usavano  le  pelli  delle  fiere  e  dei 
topi ,  ed  Erodiano  i  Britanni  descrisse  come  nudi  la  maggior 
parte,  ignari  dell'uso  delle  vesti,  tanto  più  che  i  corpi  loro  pin- 
gevano  anche  con  figure  di  animali  e  quindi  gelosi  erano  di  non 
nascondere  quelle  dipinture:  Plinio  pure  delle  femmine  Britanne 
notò  che,  tinto  avendo  il  corpo  loro  col  guado,  nude  interamente 
accostavansi  anche  ad  alcuni  sacrifizj. 
Pelli  e  pelliccie. 

Là  dove  Tacito  dice  che  i  Germani  anche  le  pelli  delle  fiere 
portavano  ,  soggiugne  che  i  più  vicini  alla  riva  del  mare  alcuna 
diligenza  o  alcuna  scelta  non  usavano,  i  più  lontani  molta  ne  ado- 
peravano ,  siccome  quelli  che  alcun  raffinamento  di  lusso  non  co- 
noscevano per  mancanza  del  traffico.  Il  Cluverio  molto  a  proposito 
credette  di  invertere  questo  passo ,  cosicché  i  più  lontani  man- 
canti di  commercio  la  scelta  trascurassero  delle  pelli,  i  più  vicini 
alla  riva  del  mare  ne  facessero  più  accurata  ricerca  ;  in  tal  modo 
di  fatto  ben  si  connettono  le  parole  seguenti  di  Tacito  ,  cioè  che 
fiere  sceglievano  e  i  velami,  o  le  pelliccie  tolte  dalle    medesime, 


AVANTI    LA    ROMANA    INVASIONE  0*85 

spargevano  di    macchio  e  di  pelli  varie  ad    imitazione  delle  pwlli 
di  altre  fiere  che  soltanto  dall'Oceano  esteriore,  o  dall'alto  mare, 
o  da   mari   ignoti  Acuivano  portate.  I  più  rozzi  adunque   si   accon- 
tentavano di    qualunque  pelle  che  loro    coprisse  gli    omeri  ;  i   più 
dilicati  o  i  più  lussuriosi,  le  pel  Uccie  pignevano,    o  anche  le  spar- 
gevano o  le  ornavano  di  frammenti   d'altre  pelli   preziose  con  di- 
versi colori  distinte,  alla  foggia  che  ora  si  pratica  per  le  pclliccie 
di   vajo.  Il  Cluverio  si   immagina  che  tutte  quelle  pelli  fossero  col 
pelo,  e  che  quelle  dipinte  o  lavorate  ad  uso  di    vajo,   fossero  di 
lupi,   di  cervi,  di  capre  o    caprioli   e    di    altre    fiere   somiglianti. 
Inutile  è  altronde  a  parere    nostro    la    discussione,    se  le  pelliccie 
descritte  da  Cesare  colle    parole,  parvis    1  lu  nomini  tegumenti* t 
coprissero  soltanto    le    spalle,    o    giugnessero  sino  all'ombelico,  o 
fors' anche  sino  alle  ginocchia,  come  narra  degli  Scritofinni  Paolo 
Diacono,  autore  di  tempi   molto  posteriori. 
Forma  del  sajo. 

Piuttosto  potrebbe  chiedersi  quale  fosse  la  forma  del   sagum  o 
sajo,    da  Tacito    attribuito  a  tutti   i  Germani.    Secondo    Isidoro, 
sarebbe  stato  questo    una    specie  di  manto    di    forma  quadrata    o 
quadrangolare ,    come  gli  ordinar)   tappeti    delle    mense,   e  siffatta 
asserzione    trova   un  appoggio  nella  descrizione   che  ci   dà  Dionigi 
d' Aliearnasso    del    manto   dei  Lidj  e   dei  Persiani.    Il    sajo   degli 
antichi   Celti,    secondo  Vairone,   Strabone,  Esichio  ed  altri,  era 
composto    di    lana,    quadrato,    denso   e  villoso,    cioè    munito    di 
lungo  pelo.  Invano  si  cercherebbe  negli  antichi    scrittori  di  quale 
ampiezza  fosse  quest'abito;  il  Cluverio  opina   che   piccioli  fossero 
que  inanti   e   non   più   grandi   dei   manti   di   pelle,     detti   da   Tacito 
esigui,  e  si  appoggia  alle  parole  di   Seneca    che  i  corpi   dei  Ger- 
mani accenna  in  gran  parte  scoperti  ;  dagli  omeri,   die' egli,  al  più 
stendevasi  quel   manto  o  quella  veste  sino  alle  natiche.  Quanto  al 
colore,  si  appoggia   al  sentimento  di  Diodoro  che  ragionò  dei  soli 
Celtiberi  ,   e  disse    che  u\ì  sajo   ispido  portavano  di  colore    nero  , 
la   di   cui   lana   era  somigliante  al    pelo   delle  capre.   Strabone   altro 
non    [asciò    scritto  del  vestito  de'  Belgi  se  non  che    la    loro  lana 
era    assai    ruvida,   ma  assai    pelosa,    e    che    di    quella    tessevansi 
manti  assai    densi.  Il  solo  Diodoro  ai  Galli  e  fors' anche  ai  Ger- 
mani ,  1'  uso    attribuì  di  un  sajo  vergato  o  fatto  a  striscie  ,  allac- 
cialo con   fibbie  ,  assai  grosso  o   denso  nel   verno  ,  più  tenue  o  pru 


a8(>  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

sottile  nella  stnte,  distinto  o  ornato  con  frequenti  macchie  a  modo 
di  fiori.  Queste  erano  forse  le  vesti  delle  persone  più  doviziose  , 
che  vedemmo  da  Tacito  indicate.  Polibio  parla  degli  Insubri  e 
dei  Boli  ,  the  comparvero  colle  brache  e  con  un  sajo  più  leggie- 
ro ,  ma  parla  di  tempi  assai  posteriori ,  non  dei  Germani  più  an- 
tichi. Del  resto  da  Tacito  impariamo  che  i  Battivi,  i  Caninefati 
ed  altri  Germani  abitanti  su  la  destra  del  Reno,  servivansi  di 
un  sajo  di  diversi  colori ,  come  di  vela  per  condurre  le  barchette 
loro  sul  fiume.  Un  sogno  è  quindi  quello  di  alcuni  eruditi  che 
il  sajo  vergalo,  o  le  striscie,  o  le  zone  di  varj  colori  nelle  vesti  , 
attribuirono  come  distintivo  ai  nobili. 
Oro  nelle  vesti. 

L'oro  tessuto  nelle  vesti  accenna  Virgilio  io  proposito  dei 
Galli  che  di  Roma  si  impadronirono,  Silio  Italico  dei  Boii,  scesi 
parimente  nell'  Italia  ;  ma  alcuno  non  attribuì  quest'  uso  ai  Ger- 
mani,  e  Tacito  anzi  notò  che  gli  abitanti  dellJ  interno,  o  della 
Germania  Mediterranea,  punto  non  curavano  il  possedimento  e 
l'uso  dell'oro  e  dell'argento  ;  i  soli  popoli  che  in  tempi  poste- 
riori trafficarono  colle  Romane  provincie ,  contrassero  anche  la 
peste  dell'  ambizione  e  diedersi  alla  ricerca  dei  metalli  preziosi. 
Coitecele  degli  alberi. 

Merita  qualche  osservazione  il  passo  di  Pomoonio  Mela  ,  nel 
quale  i  corpi  de  Germani  asserisce  velati  talvolta  col  libro  o  colla 
seconda  corteccia  degli  alberi;  e  anche  Plinio  ,  dei  comodi  ragio- 
nando che  gli  alberi  forniscono  agli  uomini  in  generale ,  lasciò 
scritto  che  col  libro  si  formavano  le  vesti ,  d'  onde  forse  trasse 
Soliuo  la  frase  :  Plurimi  etiaui  Jlexibilibus  libris  circutndati. 
Straboue  ,  dei  Germani  parlando ,  non  che  di  alcuni  filosofi  o 
settari  Indiani,  onora tissi mi  disse  coloro  che  Ilobii  appellavansi , 
perchè  vivendo  nelle  selve,  traevano  il  loro  vitto  dalle  frondi  e 
dai  frutti  silvestri ,  e  coperti  erano  del  libro  degli  alberi.  Ad  o- 
gnuno  è  noto  che  il  libro  è  la  tonaca  interna ,  aderente  al  legno, 
o  una  specie  di  pellicola  che  attaccata  all'  interno  della  scorza 
copre  il  legno;  siccome  più  abbondante  o  miggiormente  pieghe- 
vole trovasi  questa  membrana  nel  tiglio  ,  credettero  alcuni  che  del 
libro  di  quell'albero  si  servissero  gli  antichi  Germani,  come  an- 
che oggidì  stuoje,  tappeti  e  cose  simili  si  fabbricano  con  quella 
corteccia  nella  Polonia. 


AVANTI    LA    ROMANA    INVASIONE  'J&J 

Testi  dei  ricchi. 

La  veste  delle    persone    doviziosissime    viene  pure    da    Tacito 
descritta;   non   era    già    questi,   die' egli,    fluttuante  o   svolazzante, 
come  quella   dei  Sarmati  e  dei  Parti  ,  ma   stretta  al  corpo  cosic- 
ché tutte  le  membra  esprimeva  o  rappresentava,  il  che  fece  credere 
a  taluni  che  in  tre  parti  divisi  fosse  quella  specie  di  vestito,  cioè 
nella   coperta   del   torace   o  del  busto  ,   nelle  brache,  e  nei  tibiali  o 
negli  stivali.  Dei  Belgi  di  fatto  nota  Straboiie    che  il  sajo  porta- 
vano e  le  chiome  nutrivano,  e    facevano    uso  di   brache  estese    o 
ampie  all'intorno;  che   invece  di  tunica  fissile  o  aperta  s  avevano 
una  veste  colle  maniche  la  quale  scendeva  sino  ai  genitali.  La  coper- 
tura  o  il   vestimento   del   torace,   interpretano   alcuni   per  una  spe- 
cie di   giubbone,  e  anche  dei  Partitoni i   notato    aveva   Dione  che 
tonache   con   monche  portavano,   formate   di   panni  tagliati  in  vari 
pezzi  e  quindi    ricucili.   Anche   ai    Galli  attribuito   aveva   Straboiie 
T  uso  di  vesti  che  brache  essi  appellavano  ;  ma  queste  il  Cluverio 
a   torlo  confonde  coi   calzari,   dai   quali    trasse    poscia   il   sopranno- 
me Caligola.   Le  brache  erano  quelle  che  Isidoro  ,  avuto  riguardo 
alla  parte  che   essi    coprivano,  nominò  femorali,  ed  Esichio  mollo 
a  proposito    distingue  i  f eminali  o  femorali,  le   brache   barbari- 
che,  il  vestito  o  la    copertura  dei    piedi   e    i    calzamenti;    il   solo 
Polluce  confondere  volle   le   brache  coi   tibiali  ,    ma  parlò  dei  Per- 
siani e  forse  di  brache    lunghe    che  le  coscio  e  le  gambe    copri- 
vano.  I   Vahgiani  e  i  Baiavi  ,  i  Sarmati,  i  Goti  e  i  Bessì,  se- 
condo Ovidio  ,   facevano   uso  di    brache  ampie  e  rugose  per  la  loro 
larghezza  ,   laonde  Pomponio  Mela  non  dubitò  di  scrivere  che  tutto 
il  corpo   dei  Sarmali   coperto   era   dalle   brache.    Questa    ampiezza 
appunto,  notala   dagli   antichi  scrittori,  ci  fa    dissentire    dall'opi- 
nione del   Cluverio,  che  coli' appoggio  di  un  passo  di  Agatia  quelle 
brache  credeva   fatte   di    cuojo  ,    egli    animelle   però   che   anche  di 
lana   tessuta  si   facessero  e  di    diversi   colori,   fondato   sopra    alcuni 
versi  di  Properzio  che  parlò  certamente  di  un'  epoca  molto  poste- 
riore. Quello  scrittore  vorrebbe    altresì    insinuare  che  le  scarpe  o 
i   calzari   degli   antichi   Germani  fossero  muniti  del  pelo,  e  formati 
delle  pelli  più  dure  e  di  pelo  assai  grosso,  e  più  sovente  di  pelle 
di  cavallo  ;  ma  questa  asserzione  pure  non  ò  fondata  se  non  che 
su  1  autorità  di  Sidonio  Apollinare  ,  scrittore    troppo    recente  per 
istruirci  di    quegli    antichissimi    costumi  ,   il   (piale  di  fatto   quelle 


288  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

scarpe  attribuisce  soltanto  ai  senatori  dei  Goti ,  che  già  invasa 
avevano  l' Italia.  Intanto  noi  esponiamo  nelle  nostre  Tavole  35 
e  36  le  figure  tratte  dal  Cluverio  di  una  famiglia  Germana,  di 
alcuni  Germani  viaggiatori ,  pastori  e  cacciatori ,  dalle  quali  può 
desumersi  un'idea  della  brevità  del  loro  manto,  e  delle  altre 
parti  del  vestimento  loro  ,  delle  quali  si  ragionerà  in  appresso. 
Collane  ed  altri  ornamenti. 

Veduto  abbiamo  i  Germani ,    massime  gli  abitatori  dell'  inter- 
no ,    non    curanti    dell'  oro  e  dell'  argento  :    inutile    è  duuque    il 
ricercare ,  se  auree    collane  ed  armille  portassero ,    benché    questi 
ornamenti    Strabone   e  Polibio    assegnino  ai  Galli  ;    nò  gioverebbe 
a    provare  il  contrario  la  citazione  di  Tacito    il   quale,  di    alcuni 
Germani   parlando  e  forse    dei    limitrofi    alla   Gallia  e  all'  Italia  , 
dice    che     godevano    dei    doni  delle  nazioni  vicine,    i    quali  non 
solo  dai   privati  ,    ma    anche    pubblicamente  ,  cioè    da  uno  ad  al- 
tro   popolo    spedivansi ,    consistenti     in    scelti    cavalli,    in    grandi 
armature  ,  in  ornamenti    di  cavalli    ed  in  collane.    Narra  di  fatto 
Floro,    benché  nell'epoca  di  Druso ,    che  i  Cherusci ,    speranzosi 
della  vittoria  ,    riserbati  eransi  nella  preda  i  cavalli  ,  i  soli  Svcvi 
l'oro  e  l'argento,  i  Si  cambrì  gli  schiavi  $  rimasto  poi  Druso  vin- 
citore ,  i  cavalli ,  segue  a  dire  Floro ,  le  pecore  ,  le  collane  e  gli 
stessi  barbari  cattivi ,  come  sua  preda  divise  e  vendette.  Da  alcuni 
di  quegli  scrittori  non  si  fa  certamente  menzione  che  d'  oro  fos- 
sero quelle  collane  ;  se  lo  erano,  queste  appartenere  dovevano  agli 
Svevi ,  i  quali  prossimi  alla  Gallia  ed  all'Italia,  imparato  aveva- 
no il   pregio    ed  acquistata    la  cupidigia  dell'oro.  Del    rimanente 
non  è  credibile    che    presso    gli    altri  popoli    Germanici    comune 
fosse  o  frequente  1'  uso  dell'  oro  e  dell'  argento  ,  e  quello  né  pure 
degli  ornamenti  ;  e  invano  si  affatica  il  Cluverio  a  provare  che  da 
una    origine    Germana    derivi  il  vocabolo  di  armilla  o   braccia- 
letto. I  Catti  più  valorosi,  secondo  Tacito,  portavano  bensì  anel- 
la ,  ma  queste  erano  di  ferro  e  i  guerrieri  le  portavano  come  se- 
gno di  ignominia  ,   dalla  quale  non  liberavansi   se  non  colla    ucci- 
sione di  qualche  nemico. 
ylbiti  delle  donne. 

Parla  Tacito  finalmente  anche  del  vestito  delle  femmine  ,  e 
nota  che  non  diverso  era  da  quello  degli  uomini ,  se  non  che  le 
femmine  spesso  velavansi  con  camicie  di  lino  (  lineis  amictibus  , 


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AVANTI    LA    ROMANA    INVASIONE  U$<) 

e  ne  variavano  il  colore  colla    porpora  ;  non  estendevano  però  la 
parte   superiore    del    vestito  a  formare  maniche ,  ma  nude  porta- 
vano le    braccia    sino    agli    omeri  ,  e    scoperta  lasciavano  la  parte 
vicina  del  petto  ,  benché  severa  fosse   tra  di  esse  la  disciplina  del 
matrimonio,  nò  altrove  trovare  si  potessero  costumi  più  conimeli- 
devoli.  Tacito  certamente  col  dire  che  lo  stesso  era  il  vestito  de- 
gli uomini  e  delle  femmine,   indicare  non    volle  che    queste  por- 
tassero una  -\cste    stretta   al  corpo  che  lasciasse  scorgere  il  profilo 
di  tutte  le  membra,   nò  molto   meno  che    portassero    brache;  ma 
volle  certamente  alludere  a  quell'abito  semplicissimo,  fatto  di  pelli 
di  fiere,  di  corte  pelliccie  o  anche  di  lana,  che  i  soli  omeri  co- 
priva. Non  velava  adunque   qnest'  abito  se  non  che    una  parte  della 
loro  nudità  ,  e  a  questo    sono    forse    riferibili  le  parole  di  Tacito 
colle  quali  si  commendano  i  loro  costumi.  Quelle  camicie  di  lino 
di   cui   parla    Tacito,  non    erano  l'abito  perpetuo,  né  il  comune 
di   tutte,   e  quello  scrittore  disse  soltanto  che  sovente  in  quel  modo 
vclavansi,  dal    che    trasse  il    Cluverio    la  congettura  che    riserbati 
fossero  quei   lini  alle    mogli    de' personaggi    più  doviziosi.  Alcuni» 
scrittore  non  fa   menzione   delle  tele  tessute  dai    Germani;  Plinio 
però  dei  Galli  accenna  che  tutti  tessevano  ,   e  che  le  donne  loro 
non  avevano  vesti  più  belle  di  quelle  di   lino.  Quelle  camicie  for- 
se ,  descritte  da  Tacito  senza   maniche,  cosicché,  le  braccia  e  una 
parte  del  petto    lasciavano    scoperta  ,  non    erano  nella  forma  loro 
diverse  dal  sajo  che  gli   uomini   portavano. 

Orn  amen  li  femminili. 

Della  acconciatura  dei  capelli  ,  coinè  vedemmo  di  sopra  mag- 
giore cura  avevano  gli  uomini  che  le  donne,  perchè  essi  collo  an- 
nodare le  chiome  credevano  di  rendersi  terribili  nei  combattimenti  ; 
può  dunque  ammettersi  1'  opinione  di  alcuni  che  le  donne  le  la- 
sciassero cadere  ondeggianti  su  le  spalle  e  sul  tergo.  Non  cosi  fa- 
cilmente? potrebbe  accordarsi  al  Cluverio,  che  le  femmine  più  ricche 
tra  gli  antichi  Germani  portassero  collane,  braccialetti  e  auella  ; 
giacché  non  accostumati  que'popoli  alla  venerazione  ed  all'uso  dei 
metalli  preziosi,  non  facevano  ricerca  di  ornamenti,  che  alcuno 
degli  antichi  scrittori  alle  donne  di  quella   nazione  non  attribuisce. 

Cura  del  corpo.  Torpore  al  Germani  attribuita. 

In  qualche  luogo  rimproverò    Tacito  l'immondezza,  o  la  poca 
cura  della  nettezza,  non  già  ai  Germani  come  avvisò  il  Cluverio, 
Cost.  dell'  Europa  }'<>l.   I\-  i<) 


ago  COSTUMI  ED  usanze  degli  antichi  germani 

ma  ai  Peucini ,  ai  Venedi  e  ai  Ferini,  che  bene  non  sapeva  se 
reputare  dovesse  Germani  o  Sarmati.  Di  questi  soli  lasciò  scritto 
che  per  la  lingua,  per  il  culto,  per  il  domicilio,  vivevano  come 
Germani;  che  sudici  erano  e  torpidi,  e  che  colla  mescolanza  dei 
matrimonj  contratta  avevano  la  maniera  di  vivere  dei  Sarmati  $ 
tutto  al  più  si  potrebbe  da  questo  passo  inferire,  che  torpidi  fos- 
sero e  non  molto  della  nettezza  curanti  i  Germani  loro  vicini. 
Bensì  altrove  lo  stesso  Tacito,  dopo  di  avere  emessa  quella  me- 
morabile sentenza,  che  più  valevano  presso  i  Germani  i  buoni 
costumi  che  altrove  le  buone  leggi ,  disse  che  nelle  loro  case 
nudi  erano  e  sordidi  ,  il  che  ad  altro  forse  non  dee  riferirsi  se 
non  che  alla  rozzezza  e  semplicità  di  quelle  capanne;  soggiugne 
di  fatto  che  in  que'  tugurj  crescevano  quelle  robuste  membra  ,  si 
formavano  que' corpi  che  l'ammirazione  destavano;  che  ciascuna 
madre  i  suoi  bambini  nutriva  col  latte  delle  proprie  poppe,  né 
mai  ad  ancelle  o  a  nutrici  li  confidava  ;  che  il  padrone  e  il  servo 
non  distinguevansi,  e  che  tra  gli  stessi  bestiami  su  lo  stesso  ter- 
reno giacevano:  dei  Galli  scrisse  anche  Strabone,  che  sino  al- 
l' età  sua  dormivano  per  la  maggior  parte  su  la  terra.  Il  Oliverio 
colla  scorta  dello  stesso  Slrabone  volle  far  credere  che  letti  aves- 
sero di  gramigna ,  e  che  col  loro  sajo  nero  dormissero  ;  ma  quel 
geografo  i  letti  ed  il  costume  di  dormire  vestiti  attribuì  soltanto 
ai  -B  a*  titani ,  che  popoli  erano  della  Spagna.  Quello  che  si  è 
detto  del  torpore  generale  o  parziale  dei  Germani  ,  viene  rischia- 
rato da  Tacito  in  altro  passo,  nel  quale  si  accenna  che,  occupati 
non  essendo  quei  popoli  nella  guerra  ,  molto  si  esercitavano  nella 
caccia,  ma  più  ancora  amavano  di  passare  il  tempo  loro  nell'ozio, 
dediti  al  sonno  ed  al  cibo.  Non  si  trarrà  da  questo  la  conseguenza 
col  Cluverio  ,  che  dormissero  involti,  come  tuttora  da  molti  Ger- 
mani si  costuma,  in  pelli  di  orso;  perchè  Tacito  stesso,  parlando 
anche  dei  Fenili,  ultimi  tra  i  Germani,  nota  che  per  vitto  ave- 
Aauo  le  erbe,  per  vestito  le  pelli  e  per  letto  il  nudo  terreno. 
Vitto. 

Semplici  dovevano  essere,  come  nel  vestito,  così  pure  nel 
vitto  i  primitivi  Germani,  e  singolare,  sebbene  assai  verisimile, 
è  l'asserzione  del  Cluverio,  che  il  vitto  e  il  costume  pastorale 
portato  dall'Asia  i  Germani  conservassero  per  più  di  24°°  anni, 
sino   all'  epoca    cioè  in  cui  sparsi    per    motivo  delle   guerre    nelle 


AVANTI    LA.    ROMANA    INVASIONE  OAJ I 

altre   provincie    Jtll Europa,    impararono  a  far  uso    di    cibi  più 
dilicati. 
Latte  e  Carni. 

Cesare  dei  pochi  Germani  clic  egli  conobbe,  lasciò  scritto  che 
non  molto  uso  facevano  di  frumento  o  sia  di  cereali  ,  ma  che 
per  la  maggior  parte  viveano  di  latte  e  di  carne  delle  loro  peco- 
re, e  dati  erano  graudemente  alla  caccia  ;  altrove  notò  che  della 
agricoltura  non  occupavansi,  e  che  il  vitto  loro  consisteva  per  lo 
più  in  latte,  cacio  e  carne.  Anche  Tacito  semplici  dichiarò  i  cibi 
dei  Germani  ,  consistenti  in  pomi  agresti  ,  in  carne  delle  fiere  di 
recente  uccise  o  in  latte  concreto  ;  né  sembra  che  ad  essi  pos- 
sa applicarsi  quello  che  Strabene  disse  dei  Galli,  che  cibavano 
sovente  di  latte  e  facevano  uso  di  carni  di  qualunque  genere. 
Plinio  bensì  dei  soli  Cauci  ,  abitanti  tra  1'  Amisia  e  1'  Albi  o 
l'Elba,  dissocile  né  pure  bestiami  avevano,  non  cibavansi  di  lat- 
te coni?  i  loro  vicini,  uè  colle  fiere  dato  era  loro  di  combattere, 
perchè  non  trovava nsi  su  le  terre  loro  né  pure  arbusti:  egli  non 
curossi  tuttavia  d'  indicare  quale  fosse  il  loro  nutrimento.  Gli  al- 
tri Germani  seguivano  forse  il  costume  deyli  Sciti  accennato  da 
Erodoto  ,  che  non  dall'  aratro  ,  ma  dalle  greggie  e  dagli  armenti 
il  loro  sostentamento  traevano.  Plinio  però  ,  di  altri  Germani  par- 
lando e  non  forse  dei  primitivi ,  nota  che  essi  1'  avena  seminavano, 
da  esso  creduta  male  a  proposito  una  degenerazione  del  frumento 
e  dell'orzo,  e  che  que' popoli  non  di  altra  polta  o  polenta  vive- 
vano. I  Ferini,  al  dire  di  Tacito,  dannali  ad  una  ignominiosa 
povertà,  si  nutrivano  d'erba.  Un  altro  passo  di  Tacito,  nel  quale  si 
accenna  che  i  Germani  colla  fatica  loro  non  rispondevano  all'am- 
piezza ed  alla  fertilità  del  suolo,  cosicché  né  i  prati  irrigavano,  né  gli 
orti  circondavano  di  siepi,  né  vivaj  di  pomi  o  di  alberi  fruttiferi 
piantavano,  spiega  il  motivo  per  cui  mangiavano  i  pomi  selvatici; 
il  solo  Cluverio  insinuò  che  non  crudi  soltanto,  ma  cotti  ancora  li 
mangiassero  ,  fondato  su  la  sola  osservazione  che  cotti  mangiansi 
anche  al  presente  nella  Germania.  Piuttosto  potrà  accordarsi  a 
quello  scrittore  che  il  latte  concreto  di  Tacito,  sul  quale  nulla 
di  ragionevole  dissero  gli  interpreti,  fosse  il  butirro,  giacché 
Plinio  faceva  le  maraviglie  che  i  barbari  viventi  di  latte  ignoras- 
sero o  sprezzassero  l'arte  di  ridurlo  in  cacio,  condensandolo  tal- 
volta nel  pingue  butirro,  che  una  spuma  era  di  latte  più  concreto, 


2()1  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

concretius ,  di  quello  che  siero  dicevasi ,  e  altrove  il  butirro 
nomina  lac  coactum.  Alcuni  eruditi  ,  fondandosi  su  quelle  parole 
di  Plinio  ,  credettero  che  il  butirro  fosse  una  invenzione  dei  Celti, 
ma  forse  gli  Etiopi  i  primi  furono  a  servirsene  come  di  olio , 
siccome  narra  Strabone. 
Con  tùi  unzione. 

Facilmente  si  ammetterà  pure  col  Cluverio  che  ,  nominandosi 
da  Cesare  la  carne  pecorina  ,  da  Tacito  quella  delle  fiere  ,  del- 
l'una  e  dell'altra  i  Germani  si  cibassero;  Pomponio  Mela  di  fat- 
to nota  in  generale  dei  Germani,  che  di  cruda  carne  pascevansi, 
o  fresca  ,  o  pure  irrigidita  ,  che  dentro  al  cuojo  delle  pecore  o 
delle  fiere  medesime,  premendola  colle  mani  e  coi  piedi,  ritorna- 
vano alla  prima  freschezza.  Posidonio  presso  Ateneo,  se  pure  non 
parlò  di  tempi  posteriori ,  asserì  che  i  Germani  servivano  al  pran* 
zo  pezzi  di  carne  arrostiti;  ma  egualmente  non  potrebbe  ai  Ger- 
mani, come  opina  il  Cluverio,  applicarsi  il  detto  di  Posidonio 
stesso  relativo  ai  Galli,  che  poco  pane  mangiavano  e  poca  carne 
lessata  nell'acqua,  o  cotta  sui  carboni,  o  arrostita  su  gli  spiedi;  nò 
quello  pure  di  Strabone,  pertinente  ai  soli  Galli,  che  di  carne 
d'ogni  genere  cibavansi  ,  e  sopra  tutto  di  porcina,  recente  e  sa- 
lata. Si  fonda  il  Cluverio  su  le  parole  dello  stesso  Strabone,  che 
i  Germani  somiglianti  erano  ai  Galli  per  l'aspetto,  per  i  costu- 
mi e  per  il  vitto ,  e  quindi  non  dubita  di  applicare  ai  suoi 
Germani  anche  quello  che  Diodoro  racconta  dei  Galli ,  che  f lio- 
fili ardenti  suscitavano,  circondati  di  olle  e  di  spiedi;  che  delle 
carni  di  intere  membra  si  riempivano.  Di  sale  non  mancavano 
eertamente  gli  Ermunduri  e  i  Calti,  che  anzi  le  loro  saline  cre- 
devano un  luogo  protetto  dagli  Dei  ed  atto  più  di  qualunque 
.nitro  alle  preghiere  de' mortali  ;  e  Plinio  accennò  pure  the  i  Galli 
ed  i  Germani  su  i  legni  ardenti  1'  acqua  salsa  infondevano  ,  af- 
finchè i  carboni  si  convertissero  in  sale,  intorno  a  che  potrebbe 
ancora  suscitarsi  il  dubbio  se  il  sale  o  non  piuttosto  la  potassa 
fabbricassero.  Dei  Ferini  già  vedemmo  colle  parole  di  Tacito  che 
di  erba  nella  estrema  povertà  loro  nutrivansi;  difficile  sarebbe 
tuttavia  il  combiuare  siffatta  asserzione  colle  parole  che  seguono, 
cioè  che  la  stessa  cacciagione  gli  uomini  e  le  femmine  alimentava, 
giacché  tutti  insieme  andavano  alla  caccia  ,  e  ciascuno  la  sua 
parte  della  preda  reclamava.    Conferma  la    seconda  di  queste    as 


AvAirri   la  r.0M.\-N\   invasioni;  •>.  ;  ' 

serzìoni  Procopio,  degli  Scrino/trini  ragionando,  se  pure  allude- 
re volle  ai  più  antichi  ,  dicendo  che  nò  vino  bevevano  ,  (  il  che 
fa  molto  dubitare  che  di  età  remota  non  parlasse  ),  né  alcun 
cibo  dalla  terra  traevano,  perchè  non  la  coltivavano,  ne  punto 
operose  erano  le  loro  donne,  ma  cogli  nomini  andavano  alla  cac- 
cia delle  fiere  e  di  altri  animali  ,  che  le  immense  loro  selve  gran- 
di ricchezze  fornivano  ,  e  tutti  sempre  nulrivansi  delle  caini  delle 
fiere  uccise. 

Bex^andf.   Bina. 

Poiché  siamo  venuti  con  Procopio  a  parlare  di  bevanda  .  ac- 
cenneremo che  Tacito  ai  Germani  ,  o  almeno  ad  una  parie  di 
essi,  assegna  per  bevanda  un  liquore  tratto  dall'orzo  o  dal  fru- 
mento, e  corrotto  (cioè  fermentato)  sino  a  ridursi  in  qualche 
modo  somigliante  al  vino.  L'uso  della  birra  era  certamente  adot- 
tato tra  le  più  antiche  nazioni  ;  gli  Etiopi  la  traevano  dall'  orzo 
e  dal  miglio,  e  più  surli  di  birra  fa  ce  va  n  si  ,  secondo  Plinio,  nel- 
la Gallia  e  in  altre  provinole  ,  che  alcuno  interpretò  per  la  Ger- 
mania  e  per  le  isole  Britanniche;  altrove  notò  lo  stesso  scrittore 
che  col  liquore  tratto  dai  grani  macerali  l'ebbrezza  si  contraeva 
nelle  Gallie  e  nelle  Spagne.  11  Cluverio  pretende  ,  che  sino  dalla 
prima  loro  origine  i  Celti  facessero  uso  della  birra  ,  al  che  trae 
argomento  dal  Tedesco  vocabolo  di  bicr  ,  reputato  da  esso  anti- 
chissimo. 

L  itte.  fino. 

Una  bevanda  oltre  la  birra  porgeva  anche  il  latte ,  e  quel 
Posidonio  citato  da  Ateneo,  del  pranzo  dei  Germani  parlando, 
dice  apertamente  che  il  latte  dopo  i  cibi  bevevano,  ed  il  vino 
puro;  ma  alcuna  menzione  di  vino  non  vedesi  falla  dagli  altri 
scrittori,  se  non  che  da  Tacito  che  disse  tarsi  traffico  del  vino 
tra  coloro  che  vicini  erano  alle  rive  de!  Reno,  e  altrove  disse 
vinolenti  i  CJierusci  e  frequenti  tra  di  essi,  come  tra  i  vinolenti, 
le  risse  ;  laonde  può  a  ragione  dubitarsi  che  non  di  tutti  i  (bi- 
mani, ma  solo  dei  licnani  facesse  in  quel  luogo  menzione  j  e  Ce- 
sare lasciò  scritto  degli  Svevi  ,  che  non  permettevano  n  pure  che 
il  vino  nel  paese  loro  si  portasse,  aditiehè  molli  ed  eìleinmiuali 
non  rendesse  gli  uomini;  e  dei  FTervii  pure  notò  che  qualunque 
mercatura  escludevano,  nò  tolleravano  che  si  introducessero  il  vi- 
no o  altre  cose  a  lussuria    appartenenti.    Può  dunque  ragionevol- 


21)4  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

niente  conchiudersi,  che  uso  frequente  facessero  i  più  antichi  Ger- 
mani della  birra,  scarsissimo  del  vino,  e  forse  di  questo  que'soli 
popoli  che  ,  vicini  essendo  alle  Gallie  ed  al  Pieno  ,  potevano  col 
traffico  procurarsi  quella  derrata  ,  giacché ,  se  i  cereali  da  pochi 
soltanto  coltivava  osi .  molto  meno  sarebbersi  dati  que' popoli  alla 
cultura  laboriosa  delle  vili  e  alla  fabbricazione  del  vino. 
Mense. 

Sedevano  i  Germani  a  mensa  con  rito  particolare ,  secondo 
Tacito  ,  perchè  ciascuno  aveva  la  propria  sede  e  la  propria  mensa 
separata.  Questo  vocabolo  però  di  sede  altro  indicare  non  do- 
vrebbe se  non  se  un  posto,  o  un  piccolo  strato  se  si  vuole,  di 
gramigaa  o  di  fieno,  perchè  Strabone  e  Posidonio,  parlando  dei 
Galli,  notano  che  per  la  maggior  parte  sul  terreno  giacevano,  e 
cibavansi  seduti  su  i  letti  i  quali  da  Posidonio  sono  dichiarati 
come  strati  di  fieno  o  di  gramigna.  Lo  stesso  scrittore  ci  dà  pa- 
rimente una  id<^a  delle  mense  Galliche,  forse  non  diverse  dalle 
Gennaniche,  le  quali  fatte  erano  di  legno  e  poco  elevate  sopra 
la  terra.  Se  Diodoro  parlò  dei  Germani  insieme  e  dei  Galli  , 
come  pretende  il  Cluverio,  asserì  egli  che  il  cibo  prendevano  tutti, 
non  adagiati  sopra  sedili,  ma  su  la  terra,  e  che  in  luogo  di  cu- 
sciui  vi  adattavano  spoglie  di  lupi  o  di  cani.  Auche  Filarco  però, 
presso  Ateneo  medesimo,  nota  che  i  Galli  sedevano  a  cena  in 
giro,  e  che  quindi  portavansi  le  mense  una  per  ciascuno  dei  con- 
vitati, che  egli  numerati  aveva  sino  a  venti.  Diodoro  sembra  in- 
sinuare, che  il  luogo  dei  pranzi  e  delle  cene  situato  fosse  presso 
il  focolare,  dove  trovavansi  i  carboni  ardenti,  le  olle  e  gli  spiedi  ; 
ed  anche  Mela  e  Solino  ,  dei  Traci  parlando  ,  nolano  che  seduti 
intorno  al  fuoco  banchettatilo.  Filarco  segue  a  dire  che  quelle 
mense  separate  erano  tripodi  ,  tutte  cariche  di  carni  distribuite 
tra  i  convitati ,  e  che  alle  carni  erano  uniti  grandi  pani  fermen- 
tati ;  ma  quello  scrittore  tratta  solo  dei  costumi  dei  Galli  e  forse 
di  Galli  non  molto  antichi,  giacché  vedemmo  che  tra  i  Germani 
non  facevasi  grande  uso  di  pane  ,  ed  altrove  nota  egli  dei  Galli 
medesimi ,  che  alle  mense  molti  pani  rotti  o  tagliati  si  impone- 
vano ,  e  carni  tratte  dalle  cald  je.  Può  dunque  ai  soli  Galli  ri- 
ferirsi anche  quello  che  altrove  Posidonio  stesso  dice  presso  Ate- 
neo ,  che  su  le  mense  ponevausi  le  carni  pure  e  monde,  ma  che 
i  convitati  alla  foggia  de'  lioui  ,    con  ambe  le  mani  sollevando  le 


AYVNTl    LA     ROM A Mi    INVASIONE  ~(}"i 

intere  membra  ,  col  morso  le  dilaniavano.  Là  dove  Tacilo  parlò 
dei  cortegiani  dei  Principi  Germani,  accennò  solo  in  generale  che 
i  banchetti  apprestati  a  que  favoriti  invece  di  stipendio  rozzi  era- 
no ,  ma  che  però  grande  ne  era  l'apparato,  il  che  indica  forse 
che  grossi  pezzi  di  carne  apponeva usi,  o  anche  le  intere  membra, 
come  asserito  vedesi  da  altri  scrittori.  Quindi  Posidonio  soggiunse 
dei  Galli  che,  se  diffìcile  era  a  staccarsi  qualche  pezzo,  taglia- 
vasi  cou  un  coltello  che  chiuso  nella  vagina  tenevasi  in  luogo  par- 
ticolare ,  ma  pure  vicino  al  convito. 
/  osi,  piatti j  bicchieri. 

I  vasi  di  cui  servivansi  a  mensa  i  Golii  ,  o  l'orse  i  Celti  in 
generale  ,  erano  di  cera  al  dire  di  Strabone  ,  ma  probabilmente  , 
come  osservò  il  (lasaubono,  malamente  si  lesse  cerei  per  ceramici, 
il  che  indicherebbe  vasi  di  terra  :  di  fatto  il  citato  Posidonio  men- 
zionò presso  i  Galli  medesimi  alcuni  vasi  della  forma  delle  olle, 
o  di  terra  o  di  argento,  della  quale  materia ,  cioè  della  figulina, 
formate  erano  anche  le  patine  o  i  piatti  su  i  (piali  servivansi  i 
cibi ,  soggittgnendo  però  che  alcuni  erano  di  bronzo  ,  mentre  altri 
invece  di  piatti  facevano  uso  di  canestri  di  legno  tessuti  di  vimini. 
Il  Oliverio  opina  che  uso  di  vasi  eguali  facessero  i  più  antichi  Ger- 
mani ,  ai  quali  però  non  accorderemo  il  lusso  dei  piatti  d'  argen- 
to,  benché  Polibio  catini  d'oro  o  d'argento  pieni  di  vino  di  or- 
zo, cioè  di  bina,  descriva  presso  un  Re  della  Spagna.  Tacilo 
parlò  bensì  di  alcuni  vasi  d' argento  veduti  nella  Germania ,  che 
però  erano  stali  donati  ,  forse  dai  Romani  medesimi  ,  ai  loro  am- 
basciatori o  ai  loro  Principi,  e  che  tenuti  non  erano  presso  di  essi 
in  maggior  pregio  che  le  stoviglie  di  terra.  I  soli  popoli  vicini 
al  Reno,  come  già  si  disse,  qualche  idea  avevano  dell'oro  e  del- 
l'argento, e  forse  bebbero  i  loro  Principi  nei  vasi  argentei  che 
ricevuto  avevano  in  dono  ;  gli  altri  tutti  bevevano  in  vasi  di  lena 
o  di  legno.  Pliuio  accennò  che  le  corna  degli  uri  o  dei  buoi  sal- 
vatici, che  ai  barbari  del  settentrione  servivano  di  bicchieri,  e 
l'uso  menzionalo  aveva  anche  Cesare  di  quelle  corna  scelle  cou 
molta  cura  e  circondate  da  un  labbro  d'argento t  che  però  ai 
Galli  servivano  di  bicchieri  soltanto  nei  più  grandiosi  banchetti, 
in  ampli ssimis  epuliti  Quel  passo  di  Plinio  diede  forse  motivo 
«lll'Eccardo  di  credere  più  aulico  che  non  è  realmente  il  corno 
Tunderense ,  pubblicato  per  la  prima   volta    da  Olao  Vormio  ,  e 


2C)6  COSTUMI    ED     USANZE    DEGLI   ANTICHI    GERMANI 

che  noi  ,  come  degno  di  molta  osservazione,  riferiremo  tra  i  mo- 
numenti di   un'  epoca   posteriore. 
Modo  di  sedere  a  mensa. 

Dei  Galli  parimente  disse  Diodoro  Siculo,  che  i  più  giovani 
servivano  alle  mense  ,  femmine  e  maschi ,  non  però  ancora  usciti 
dai  limiti  della  puerizia;  e  Posidonio,  dopo  di  avere  descritti  i 
convitati  seduti  in  circolo ,  col  sedile  nel  mezzo  del  più  illustre 
o  del  capo  di  quella  riunione,  vicino  al  quale  sedeva  il  padro- 
ne della  casa  ,  notò  che  dietro  di  questi  stavano  in  piedi  co- 
loro che  gli  scudi  portavano,  mentre  altri  muniti  di  asta,  se- 
duti essi  pure  in  circolo  al  pari  dei  padroni,  con  essi  mangia- 
vano ,  il  che  si  accorda  col  detto  di  Tacito  ,  riferibile  certamente 
ai  Germani,  che  armati  sedevano  nei  conviti.  Ai  soli  Galli  sem- 
bra applicabile  un  passo  di  Diodoro,  nel  quale  si  accenna  che  ai 
più  egregi  tra  i  convitati  bellissime  porzioni  di  carne  come  per 
onore  si  presentavano,  e  le  meno  pregiate  a  quelli  che  il  convito 
apprestava.  Le  parole  di  Tacito  che  i  Germani  ci  mostrano  dediti 
al  sonno  ed  al  cibo,  e  con  largo  apparato  disponenti  i  loro  ban- 
chetti, ci  porgono  un' idea  di  voracità  e  di  rozzezza,  che  difficil- 
mente potrebbe  accordarsi  colla  cortesia  da  Diodoro  indicata. 
Saluti  conviviali. 

Al  Cluverio  abbandoneremo  le  ricerche  intorno  alle  conviviali 
salutazioni  ,  delle  quali  tra  i  Germani  non  fecero  alcuna  men- 
zione gli  antichi  scrittori  ,  benché  dei  Greci  se  ne  legga  la  de- 
scrizione in  Omero;  potrebbesi  più  facilmente  ad  esso  accordare 
che  nei  conviti  dei  Celti  accanto  ai  mariti  sedessero  anche  le  mo- 
gli ,  vedendosi  da  Ermippo  presso  Ateneo  attribuito  questo  co- 
stume ai  popoli  dell'Illirico,  presso  i  quali  indecente  non  era  che 
le  femmine  ne!  bere  precedessero  ciascuno  dei  convitati;  Ebano 
dei  popoli  medesimi  soggiunse  ,  certamente  in  epoca  molto  poste- 
riore, che  nei  conviti  permesso  era  agli  ospiti  il  bere  alla  salute 
di  qualunque  donna,  benché  questa  per  alcun  titolo  ad  essi  non 
appartenesse.  Tra  i  Germani  ai  conviti  pubblici  ,  o  clamorosi ,  le 
donne  probabilmente  non  intervenivano ,  perchè  Tacito  là  dove 
commenda  il  pudico  loro  contegno,  dice  apertamente  che  corrotte 
non  erano  né  dalle  seducenti  attrattive  degli  spettacoli,  né  dal 
solletico  de'conviti.  Noi,  le  orme  seguendo  del  Cluverio,  ci  af- 
frettiamo ad  esporre  nella  nostra  Tavola  3j  il  rito  de'  conviti  de- 
gli antichi  Germani. 


THE  11BBABY 

OF  THE 

UWEBilTY  OF  fLUHOlS 


AVASTI    LA     K.OMA3A     l>VASIO>E  %QJ 

Vita  domestica. 

Tempo  è  ora  di  parlare  della   loro  vita   domestica  ,  delle   loro 
virtù  e  dei  loro  vizi.  Cesare  di  essi   asserì    che  tutta   la    vita    loro 
consisteva   nella  eaccia   e   nel   maneggio    delle   anni  ,   il   che  si   ac- 
corda col   detto   di  Tacito  che  qualora  guerra  non  vi  avesse,  molto 
occupavansi   nella   caccia  ,   e   maggior  tempo   ancora   passavano  nel- 
1' ozio,  dati  al  sonno  e  al   ciho,  soggiugnendo  che  qualùnque  guer- 
riero più    valoroso    nulla    faceva,  e  marciava    nell'ozio,  la    cura 
della   casa  ,   dei    Penati  e   dei   campi     lasciando    alle   femmine,    ai 
vecchi   ed  a  qualunque  persona    più   debole  della    famiglia.  Della 
caccia   ragionando    Cesare ,  e  di    quella    specialmente   degli   uri   o 
dei  buoi  salvatici,   velocissimi  e  fieri  a  tal  segno  che   né    le  altre 
belve,  nò  gli    uomini    risparmiavano,   disse    che  con   gran    cura   i 
Germani  gli  uccidevano  ,  facendoli  da  prima    cadere  nelle    tosse  ; 
che  a   quella   fatica   da   giovani  si  accostumavano,  e  in  quel  genere 
di  caccia  si  esercitavano.  Kclle  case  adunque  o  nelle  famiglie  sol- 
tanto si  abbandonavano  all'ozio,  e    Tacito    notò  che  alcun' altra 
nazione  più  liberale  non  era  nei    conviti  e  nello   accogliere  gli  o- 
spiti.  Quell'ozio,  se  crediamo    allo    stesso    Tacito,  interrotto  era 
dal  giuoco,  e   come  cosa  maravigliosa  nota  quello    scrittore,  che 
sobrii   il   giuoco   riguardavano  come   una     delle    più    serie  occupa- 
zioni,  con   tanta    temerità,  die' egli,   di  guadagnare  o   di  perdere, 
che  più  alcuna   cosa   non   avendo,   coli  ultimo   gettare   dei   dadi   la 
libertà  loro  e  il  corpo  esponevano.  Il  Cluverio  credi  Ite  che  que- 
sto applicare  non  .si  potesse  a    tutti  i    Germani  ;  potrebbe  ancora 
eccitarsi  il   dubbio  che  parlato    avesse    Tacito  dei  Germani  della 
sua  età,   già   dai   Romani  corrotti,  non  dei  più  antichi.   Soggiugne 
di  fatto  (he  quei  servi  guadagnati  al  giuoco,  i  vincitori  vendevano 
agli  stranieri,  affinchè  dal  pudore  della  vittoria  si  liberassero;   la 
«piai  cosa   ben   mostra    che   ad    una    età   dee    epici    detto    riferirsi, 
in  cui    già   introdotto   era    il    traflico  colle  straniere   nazioni,    ignoto 
certamente  ne* tempi  più    antichi.   Nota   quindi  il  Cluverio   .stesso 
che   la   mercatura   non   fu   in    alcun   tempo    dagli   antichi  Germani 
esercitata  ,   sebbene  egli  senza   alcun   fondamento  voglia  poscia  sif- 
fatta asserzione  restringere  ai  soli  nobili.  Dei  Galli,  scrisse  Polibio, 
che  tutte  le  ricchezze  loro  consìstevano    nei    bestiami  e  Dell  uro, 
e  dei  Germani  all'  incontro,  scrisse  Tacito,  che  feconda  era  la  loro 
regione   di    pecore;  che    però    non    si    aveva    alcun  riguardo  alla 


aC)8  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

bellezza  degli  armenti  ,  ma  soltanto  al  numero ,  e  che  queste 
erano  le  sole  ricchezze  ad  essi  più  gradite.  Già  vedemmo  ohe  nò 
pure  confini  avevano  i  campi  o  i  pascoli  che  ogni  anno  mu ta- 
ratisi,  e  che  le  multe  per  i  delitti  con  certo  numero  di  bestiami 
si  imponevano.  Forse  tra  le  loro  ricchezze  annoveravano  i  Ger- 
mani anche  le  armi,  perchè  vedemmo  che  dalle  vicine  nazioni 
jacevansi  ad  essi  donativi  di  grandi  armature,  magna  arma;  e 
se  al  dire  di  Cesare  alcuni  mercatanti  andavano  presso  i  popoli 
più  vicini  al  Reno,  questi  non  portavano  già  a  que' popoli  mer- 
catanzie  che  essi  desiderassero ,  ma  piuttosto  andavano  per  com- 
perare le  spoglie  che  pigliate  avevano  in  guerra  ,  senza  di  che  non 
sarebbe  stato  a  quei  trafficanti  aperto  l'adito  a  quelle  nazioni.  Quello 
die  gli  antichi  scrittori  notarono  del  traffico  dei  Germani ,  dell'o- 
ro, dell'argento,  delle  monete,  dell'usura  e  della  avidità  del  da- 
naro in  generale  ,  non  è  applicabile  se  non  che  all'epoca  del  Ro- 
mano dominio,  e  sotto  quell'epoca  si  richiamerà  ad  esame  in  que- 
st'opera ;  lo  stesso  dee  dirsi  delle  ricchezze  degli  Edili  accennate 
da  Silio  Italico,  e  delle  piraterie  dei  Caaci  menzionato  da  Tacito; 
dei  Neriv'i  e  di  altri  Germani  situati  su  la  destra  del  Reno  ,  già 
vedemmo  che  alcun  traffico  non  ammettevano ,  e  specialmente 
1'  importazione  vietavano  degli  oggetti  che  al  lusso  appartenevano. 

Get  mani  nuotatori. 

Pomponio  Mela  ed  Erodiano  i  Germani  dissero  amanti  e  pe- 
ritissimi del  nuoto;  quindi  dei  Baiavi  soggiornanti  in  un'  isola 
del  Reno  ,  narra  che  a  nuoto  passavano  quel  fiume  colle  armi  e 
coi  cavalli.  Soltanto  di  alcuni  Germani  e  di  epoca  più  recente, 
cioè  dei  tempi  di  Massimino,  narrò  Erodiano  che  venuti  in  Ita- 
lia ,  non  conoscendo  con  quale  impeto  scorressero  i  fiumi  di  quella 
regione,  confidatisi  coi  cavalli  loro  alle  acque,  trasportati  furono 
dalla  corrente  e  perirono;  il  che  tuttavia  proverebbe  1'  ardire  di 
quelle  genti  che  in  paese  sconosciuto  alle  correnti  impetuose  si 
affidarono. 

agricoltura  dei  Germani. 

Poco  può  dirsi  dell'agricoltura  degli  antichi  Germani,  dei 
quali  notato  aveva  Strabone  che  uè  i  campi  coltivavano  ,  né  i 
grani  curavansi  di  conservare;  Tacito  però  lasciò  scritto  in  qual- 
che luogo  che  sotterranei  spechi  aprivano  ,  che  di  molto  letame 
li  caricavano  o  li  coprivano,  con  che  disponevano  un  riparo  nel- 


AVANTI    LÀ    ROMANA    1>YAS!0NE  -!')i) 

l'inverno  ed  un. ricettacolo  per  i  ricolti.  Forse  possono  conciliarsi 
que*  passi  discordanti  colle  parole  di  Cesare  ,  che  della  agricoltura 
molto  studiosi  110:1  disse  i  Galli ,  mentre  per  la  maggior  parte 
vivevano  di  latte,  di  cacio  e  di  carne;  non  erano  adnncpie  tutti 
per  natura  agricoltori,  ma  alcuni  di  cereali  vivevano,  il  che  in- 
dica che  pigliavansi  cura  dei  campi  e  dei  fratti  della  terra.  Ce- 
sare altronde  degli  L^i/>cii  parlando  e  dei  Trtiieri ,  nazioni  cer- 
tamente Germaniche,  disse  che  emigrati  erano  perchè  continua- 
mente assaliti  dagli  .Src»'/,  ed  impediti  dall'esercizio  della  agricoltu- 
ra ;  e  anche  degli  <Srcvi  narrò  che  mentre  una  parte  alla  guerra 
usciva,  gli  altri  rimanevano  alla  coltivazione  delle  terre  per  lo 
sostentamento  di  essi  medesimi  e  dei  guerrieri  ,  e  questi  a  vicenda 
tornavano  ai  lavori  agricoli,  mentre  quelli  partivano;  soggiunse 
tuttavia  che  non  molto  di  fuimento  ,  ma  più  sovente  di  carne  e 
di  latte  nutricatisi.  Quanto  ni  campi  di\isi  tra  i  coltivatori  e  cam- 
biati  ogni  anno  ,  dei  (piali  Tacito  fa  menzione  ,  sebbene  egli  li 
nomini  agros  ed  avva  ,  tuttavia  può  credersi  die  indicati  non  fos- 
sero con  que'  vocaboli  se  non  che  pascoli  o  pianure  erbose  ,  giac- 
ché nel  luogo  medesimo  Tacito  accenna  che  colla  fatica  non  se- 
condavano l'ampiezza  e  Pubertà  del  terreno,  e  che  né  legumi 
coltivavano,  né  alberi  fruttiferi  piantavano;  col  quale  sentimento 
si  accordano  anche  le  parole  di  Strabone1,  che  ignoranti  erano 
que' popoli  del  regime  digli  orti  e  di  tutte  le  altre  parti  dell'a- 
gricoltura. Dilla  navigazione  degli  antichi  Germani  si  farà  qualche 
cenno,  là  dove  si  parlerà  delle  loro  arti  e  dei  loro  mestieri. 
Si  ntirrn  nti  morali. 

Per  quello  che  spetta  alla  moralità  propriamente  detta  ,  alle 
vitto  ed  ai  vi/.j  dei  primitivi  Germani;,  già  abbiamo  veduto  là 
dove  t  rat  tossi  del  governo  e  delle  leggi,  che  alcun  codice  scritto 
non  avendo,  reggevansi  colle  nazionali  consiu  tudini  ,  e  la  giusti- 
zia in  quésto  modo  amministravano,  punendo  altresì  i  delitti  con 
ordine  graduato  di  pene.  Per  questo  disse  Tacito  ,  che  più  assai 
Valevano  nella  Germania  i  buoni  costumi  che  altrove  le  buone 
leggi  ,  sotto  il  nome  di  costumi  intendendo  forae  le  consuetudini 
da  quei  popoli  adottate.  Cesare  più  minutamente  descrisse  i  co- 
stumi dei  Germani  da  esso  conosciuti,  e  disse  che  lode  e  onore 
grandissimo  era  delle  città  1'  avere  intorno  ad  esse  vastissime  soli- 
tudini,  portata   essendo  la  devastazione  sino    ai    confini  ;   che  cosa 


.Ino  COSTIMI    ED    VSaKZE   dsgli   antichi   germani 

virtuosa  reputatasi  1'  uccidere  i  finitimi  abitanti ,  /espulsi  (Ini  loro 
cinipi  o  dalla  loro  sede  ,  e  il  non  lasciare  che  alcuno  osasse  di 
rimanere  nelle  loro  vicinanze  •  altrove  notò  che  i  latrocini  alcuna 
infamia  non  arrecavano,  qualora  si  eseguissero  fuori  dei  confini, 
credendosi  questo  e  celebrandosi  come  un  mezzo  di  esercitare  la 
gioventù  e  di  diminuire  l'ozio  e  l'ignavia.  Nelle  città  però  e  tal- 
volta anche  nelle  nazioni  ,  tutti  gli  individui  riguardavano  come 
consanguinei,  né  punto  nuocevansi  tra  loro,  nò  i  diritti  reciproci 
viola vansi,  secondo  il  costume  forse  degli  Sciti  dei  quali  lasciò 
scritto  Sirabone  ,  citando  Eschilo,  che  una  nazione  giusta  forma- 
vano, semplicissima,  non  frodolenla,  frugale,  e  dì  poche  cose 
contenta.  I  molivi  stessi  che  Cesare  assegna  della  annuale  distri- 
buzione delle  terre  e  della  perpetua  loro  mutazione ,  provano  che 
i  Germani  idee  morali  avevano,  perchè  non  volevano  che  coll'as- 
sidua  coltivazione  de' campi  le  cure  della  guerra  si  trascurassero; 
non  che  i  privati  troppo  estendessero  i  confini  dei  loro  possedi- 
menti, onde  argomento  prendessero  ad  opprimere  o  a  spogliare  i 
più  umili,  o  i  più  deboli,*  non  che  comodi  edifuj  innalzassero 
onde  ripararsi  dalle  stagioni  e  quindi  ammolire  i  corpi  ',  non  vo- 
levano parimente  che  nascesse  negli  animi  la  cupidigia  del  dana- 
ro ,  sorgente  feconda  delle  fazioni,  nò  finalmente  che  si  perdesse 
un  sentimento  generile  di  equità,  o  si  rompesse  1' equilibrio  delle 
ricchezze  e  dei  possedimenti. 
Pietà  filiale.  Fedeltà  dei  Germani. 

Dalie  parole  di  Tacito  ,  nelle  quali  si  annunzia  che  come  scel- 
leratezza riguardavasi  il  limitare  il  numero  della  prole,  o  l'uc- 
cidere alcuno  degli  agnati  ,  trae  il  Gluverio  argomento  a  giudicare 
della  pietà  dei  genitori  verso  i  loro  figliuoli,*  piuttosto  potrebbe 
questo  argomento  desumersi  dalia  asserzione  di  quello  scrittore  , 
che  ciascuna  nndre  nutriva  col  latte  i  proprj  figli  ,  uè  mai  que- 
sti alle  ancelle  o  alle  nutrici  si  confidavano  ,  e  potrebbe  altresì 
desumersi  dalla  cura  grandissima  che  tutti  i  Germani  avevano  di 
educare  la  loro  prole  alla  guerra  ,  di  esercitarla  alla  caccia  ,  di 
rinvigorirla  con  ogni  sorta  di  esereizj  ,  ed  anche  colla  privazione 
della  Venere  immatura.  Della  pietà  dei  figliuoli  verso  i  genitori 
e  gli  altri  congiunti  ,  si  arrecano  in  prova  le  parole  di  Tacito 
stesso,  il  quale  narra  che  indispensabile  era  ai  giovani  lo  assu- 
mere tanto  le  inimicizie  ,  quanto  le  amicizie  del  p.ulre  o  del  con- 


iYillTI    LK    ROMANA    INVASIONE  .^OI 

giusto.  La  concordia   altresì    delle    famiglie   viene    dimostrata  dal 
fallo  notato  da  Tacito  medesimo  ,  che  non  già  il   caso  nò  la   for- 
tuita riunione  formavano  una   tarma,  una   tribù,  o  un  corpo  mo- 
rale o    politico  ,  ma    bensì  le    famiglie  e  le    consanguineità  ,  o  Ir 
parentele.    Il   Cluverio  ha   anche   prodotti   varj   esempi   luminosi    di 
fedeltà   tra   i  Germani   osservati,   ma   tutti   questi   appartengono  al- 
l'epoca   del   Romano   imperio,   e     difficilmente    polrebbouo    Appli- 
carci  ai  Germani  più  antichi.  Egli   è   bensì    vero  ,  che  le  antiche 
nazioni  Celtiche  sembrarono  gareggiare  nella  fedeltà  e  nell'attacca- 
mento ai  loro  capi  o  Principi  ;  e  forse  per  la  celebrila   di  ([nella 
nazione   per  questo   titolo,   alcuni  duci  della   Frisia   in  epoca   poste- 
riore,  cioè   ai     tempi    di    Tacito,     gridarono     in     Roma    nel    teatro 
non  esservi   mortali  che  .ti  Germani  per  le  anni   o   per  la  icdr  si 
potessero  preferire.   In  prova  di  questa  fedeltà  si    aggingne   aneli» 
1  esempio  dei  giuoco  tori  Germani,  che  già  vedemmo  ostinatissimi 
e   non   dubbiosi   di   arrischiare  coi   dadi   anche   la   libertà   e    la  vita; 
il   vinto,   soggiugne   Tacilo,   volontario  si   olire  alla  servitù,  e  ben- 
ché più  giovane,   benché  più  robusto  del  vincitore,  porge  le  mani 
alle  catene   e   si   lascia   vendere,   nel  che  si  ravvisa  certamente  una 
trista   pervicacia,    ma    essi     fede   la     appellano.   Se  Strabone    parlò 
dei  tradimenti   dei  S'gambrì  e  dei    trattati  violati    dai  Cherusci , 
parie,   di   tempi   posteriori  .   cioè  delle   guerre  coi     Romani  ,  il  che 
non   fu   osservato   dal   Oliverio;  e  sembra     potersi  altresì   asserire, 
che  ([nei   popoli   ancora   rozzi,   ancora   ignari  delle  civili  istituzioni, 
privi    di   politica   come   di   leggi  ,   la   fede  spontaneamente  data  agli 
amici  religiosamente  osservavano,  quella   all'incontro  che  i  nemi- 
ci, che  £li   usurpatori   delle   terre  loro  esigevano  colla    forza,  co- 
me nulla   riguardavano  ,  e  l'occasione  attendevano  soltanto  di  scuo- 
tere il  giogo. 
J'izj  rimi>rn\,ciati   ai   Germani. 

Se  da  alcuni  antichi  scrittori  furono  detti  i  Germani  truci  , 
crudeli,  feroci,  immiti,  orridi,  atroci  ed  anche  superbi,  questo 
non^può  finse  applicarsi  se  non  che  a  qualche  popolo  posto  agli 
estremi  confini  della  Germania  primitiva,  non  mai  ai  Germani  in 
generale,  dei  quali  Pomponio  Mela  lasciò  scritto  che  dolci  e  cor- 
tesi erano  cogli  ospiti,  miti  e  clementi  con  coloro  che  li  supplica- 
vano ,  dal  che  trasse  motivo  il  Cluverio  di  lodare  la  loro  clemenza 
e  la  loro  mansuetudine.  Un  esempio  di  fraterna  carità   trovasi  ne- 


3oa  COSTUMI    ED    L'SOZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

gli  Ansibarii ,  i  quali  alcuni  campi  occuparono  ,  non  per  loro 
comodo,  formando  essi  una  nazione  assai  potente,  ma  per  com- 
passione dei  popoli  adjacenti  i  quali  ,  cacciati  dai  Cauci  e  man- 
canti di  luogo  ove  stabilirsi  ,  nel  loro  esilio  chiedevano  almeno 
di  poter  vivere  con  sicurezza.  I  Sicambri  altresì  ,  non  solo  rice- 
vettero sul  territorio  loro  una  parte  della  cavalleria  degli  Usipeti 
e  dei  Jenteri 9  che  era  stata  in  un  combutimento  disfatta,  ma 
negarono  costantemente  di  darla  in  mano  a  Cesare  il  quale  insi  • 
steva  per  ottenerla,  e  questo  forma  ad  un  tempo  testimonianza 
della  umanità  insieme  e  della  fede  di  quei  popoli. 
Liberalità ,  ospitalità  dei  Germani. 

Anche  della  liberalità  in  generale,  della  cortesia  e  della  ospi- 
talità dei  Germani,  trovansi  esempj  non  rari  nelle  antiche  storie. 
Senza  ricorrere  ai  Celtiberi ,  dei  quali  narra  Di  odoro  che  quanto 
crudeli  verso  i  nemici,  altrettanto  miti  e  umani  erano  cogli  ospi- 
ti ;  che  a  tutti  i  viaggiatori  offerivano  di  dare  ricetto  e  tra  di 
loro  nella  ospitalità  gareggiavano  ,  e  che  tra  di  essi  lodati  erano 
e  tenuti  in  conto  di  cari  agli  Iddii  coloro  che  i  peregrini  racco- 
glievano; senza  ricorrere  ai  Galli,  dei  quali  scrisse  lo  stesso 
Diodoro  che  gli  stranieri  invitavano  ai  conviti  e  che  1'  oggetto  del 
viaggio  loro  non  chiedevano  se  non  dopo  finita  la  cena  ;  basta 
quello  che  Tacito  disse  dei  Germani  stessi,  che  alcuna  nazione 
più  di  essi  non  largheggiava  nei  conviti  e  nell'  esercizio  dell'ospi- 
talità ,  giacché  atto  nefando  credevasi  il  ricusare  a  qualunque 
mortale  il  tetto  o  1'  alloggio  ;  ciascheduno  secondo  le  sue  facoltà 
disponeva  all'ospite  un  banchetto,  e  mancando  il  primo  ospite, 
compariva  tosto  alcuno  che  nuovo  ospizio  additava ,  e  nella  vi- 
cina casa  lecito  era  l'entrare  anche  ai  non  invitati;  non  si  di- 
scerueva  ,  couchiude  Tacito,  nel  diritto  di  ospitalità  il  noto  dal- 
l'ignoto. Lodò  pure  quello  storico  altrove  la  cortesia  dai  Germani 
usala  cogli  ospiti  ,  e  Cesare  ancora  disse  che  come  cosa  indecente 
riguardavasi  il  violare  l'ospitalità,  e  quindi  qualunque  fosse  il 
motivo,  che  gli  stranieri  conduceva  nel  loro  paese,  non  riceve- 
vano essi  alcun  affronto  ,  ma  come  santi  tenevansi ,  laonde  aperte 
erano  ad  essi  le  case  e  fatto  comune  il  vitto.  Tacito  soggiugne 
altresì  che  costume  era  fra  i  Germani  di  accordare  al  forastiero 
clic  partiva  quello  che  egli  chiedeva,  e  che  a  vicenda  libero  era 
il  domandare.  Godevano,  dice  quello   storico,  i  Germani  di  rice- 


AVANTI    LA    ROHAkA    IHYÀ810WI  3o3 

vere  regali,   ma  né  conto    tenevano  dei  donativi  fatti,   nò  alcuna 
obbligazione  per   i  ricevuti  contraevano. 
Altre  virtù. 

Con    queste    disposizioni   dell'animo    alla     beneficenza    sembra 
dimostrato    che    insensibili  non  fossero  i  Germani  all'  amicizia ,    e 
forse  costanti  nel  mantenerli  ;    ma  i  passi  di  Giuliano  Cesare  coi 
«piali  vorrebbe  provarsi  quel  sentimento  nei  più   antichi  Germani, 
non   sono   riferibili   ebe  ad   epoca    troppo  recente.   Più   male  a   pro- 
posito   forse   il   Cluverìo ,    dalla   voce   gravisoua   ed   orrida   ai   Ger- 
mani   attribuita   da  Diodoro,   e  dalla    scarsezza    ed    oscurità   delle 
loro    parole  o  del   loro  linguaggio,   volle    inferire  ebe   dotati    fos- 
sero di   virtuosa   gravità.   Diodoro  altro   indicare   non  volle  se  non 
die    poco   della    lingua     loro  si    intendeva  ,    perdio    molto    loquaci 
non  erano  e,    come  egli   avvisò,    parlavano  sovente  per  metafora. 
Lodò    bensì  Strabene   la   gravità    dei   Veli  (ili,  ebe  sino  il   passeg- 
gio dei  Romani   e  l'andare  a   diporto  disapprovavano;   ma  que'po- 
poli    erano  Spaglinoli  ,   e   la   gravità    lasciarono   in   retaggio   ai   loro 
desccndenti.    Rispetto    alla    temperanza,   non   trovò  il  Gluverio    di 
poterla    commendare   nei   Germani   primitivi   per  quello   ebe  spetta 
ai   doni    di    Cerere   e  di   Bacco  ;   ma   fondtto    su   le   parole   di   de- 
stre, clic  ignominioso  era  lo  avere  commercio  con  femmine  avanti 
l'età  di  vent'anni  ,    benché  seminudi   maschi  e  femmine  si  lavas- 
sero insieme    nei     fiumi  ,    assai    lodevole  trovò    la    temperanza  di 
que'  popoli    a     riguardo  di   \  enere.    Conferma   Tacito    quella    sen- 
tenza,  dicendo    clic    tarda    era   la   Venere   de' giovani,   inesausta   o 
lungamente   protratta  la    pubertà  ;    ebe    non   ansiose  erano    le    ver- 
gini  di   perdere    il     loro   bore,   benché    i    giovani    di     pari     ardire 
e  non  di  sesso,    sovente  si  mescolassero  e  sino  all'età   delle   noz- 
ze   nudi     in     gran    parte    camminassero.    Di    Italo    però  ,     capo    o 
duce  dei   Che/usci,    lasciò    scritto     clic     alcuna     volta     usava    egli 
di  cortesia    e    di    temperanza   jebe    a     tutti    piaceva  ,    più    sovente 
abbandonavasi    alla    vinolenza  ,    cioè    alla    crapula     ed    alle     libidi- 
ni,   cose    grate  ai   barbari,    benché   il    Cluvcrio    siasi    studiato     di 
dare    tutt'  altra    interpretazione    che    non     la    più    naturale    e    co- 
mune,  al  vocabolo  di   libidini.  Quanto   al   rimprovero  fitto   da   al- 
cuni scrittori   e  specialmente   da   Diodoro,   da   Strabone   e   da    Ate- 
neo ai  Celti   per  la   inclinazione  loro   alla  Venere  mostruosa,  egli 
è  ben  chiaro  per    le    parole  dei  citili    classici  e  per    quelle    spc- 


3o4  COSTUMI    ED    USANZE    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

cialmentc  di  Straberne  ,  che  esso  non  era  applicabile  se  non  che 
ai  soli  Cr all'i ,  ai  quali  pure  rinfacciava  quel  geografo  di  essere 
oltremodo  contenziosi  ;  e  quello  che  Tacito  narra  della  gioventù 
fiatava  ,  chiamata  a  diletto  per  comando  di  Vitellio  ,  non  appar- 
tiene all'epoca  della  quale  ora  si  ragiona,  ma  a  quella  bensì  in 
cui  i  costumi  di  que' popoli  corrotti  già  erano  dai  Romani. 
accusa  di  pirateria. 

Già  si  è  veduto  altrove,  che  giusta  le  parole  di  Cesare  i  la- 
trocini reputati  non  erano  infami,  se  fuori  dei  confini  della  città 
o  del  territorio  di  un  popolo  si  facevano.  Questo  fu  riguardato 
da  alcuni  come  un  vizio  della  nazione  Germanica  ;  ma  se  bene 
si  esaminino  le  parole  di  Cesare,  non  si  risolve  quest'idea  di  la- 
trocinio se  non  in  una  specie  di  guerra  ,  di  scorreria  ,  di  preda  , 
o  di  rappresaglia  ,  che  praticata  vedesi  a  un  dipresso  in  eguale 
modo  da  tutte  le  antiche  nazioni ,  allorché  prive  di  qualunque 
politica  relazione,  non  avevano  legami  di  amicizia  o  di  alleanza 
consolidali  da  trattati  o  da  atti  pubblici,  e  gelose  sovente  dei 
loro  respettivi  ingrandimenti,  disposte  erano  sempre  ad  uno  stato 
ostile. 
Di  ubbriache  zza. 

Piuttosto  potrebbono  i  Germani  più  antichi    essere   tacciati  di 
propensione   alla  ebrietà,   dicendo  Tacito  che  il  continuare  a  bere 
giorno  e  notte  non   riguardavasi   come  reprensibile,  e  altrove  che, 
mentre  senza  alcuna  delicata  ricerca  que'  popoli   cacciavano   la  fa- 
me, non  erano  egualmente  temperanti  contra  la  sete,  e  che,  se  il 
loro  gusto  di  ubbriacarsi  fosse  stato  secondato  col  fornire  ad  essi 
tutto    quello  che  bramavano  ,    sarebbesi    potuti  vincere  o  domare 
più  facilmente  coi  vizj   che  colle  armi.  Potrebb'essere  che  Tacito, 
i  costumi  riferendo  dei  Germani ,   parlato  avesse  soltanto  dell'età 
sua;  uè  gioverebbe  il  rispondere,  come  fece  il  Cluverio,  che  più 
orribili   esempj    si    avevano    dell'ebrietà   dei  Romani.  Egli  è  vero 
bensì  che  Plinio,    parlando  dell'ebrietà    abituale  degli  Spaglinoli 
e  dei  Galli ,    non    parlò  punto  dei  Germani  ,    e    quella     nazione 
descrisse    come  semplice  e  quasi  non  infetta  da  alcun  vizio.  Fece 
tuttavia  Plinio  menzione    in    altro  luogo  di  alcuno  tra  i  Germani 
che  passalo  aveva    due    giorni  e  due   notti  immerso   nel  vino,    di 
altri  che  bevendo    trovati    eransi  ancora  vigilanti    al    matlino,    di 
altri    finalmente  che  gran  quantità  di  vino  bevuto  avevano  in  un 


AVANTI    LI    ROMYIU    INVASIONE  3o5 

solo  bicchiere ,  o  piuttosto  iu  un  sorso  ,  giacché  uè  respirato  ,  ivi 
sputato  avevano  nel  sorbire  ;  ma  questi  riguardare  si  debbono  co- 
me esempli  parziali,  non  infrequenti  ancora  tra  i  Parti,  tra  gli 
Sciti,  tra  i  Persiani,  e  come  scritto  aveva  Platone  ,  tra  tutte  le 
Dazioni  bellicose.  Passò  tuttavia  presso  molte  genti  in  proverbio  , 
a' tempi  però  soltanto  di  Plinio,  che  i  Germani  quanto  più  be- 
vevano ,  tanto  più  mostravansi  sitibondi. 
Di  pigrizia  ,  di  iattanza. 

Della  pigrizia,  da  alcuni  scrittori  ai  Germani  rinfacciata,  si 
è  già  detto  di  sopra  che  questa  ridueevnsi  all'ozio  dei  guerrieri, 
i  quali  dal  campo  tornando  o  dalla  caccia,  leuevansi  in  riposo, 
non  pigliandosi  alcuna  cura  delle  faccende  domestiche  ed  agrarie. 
Diodoro  parlò  altresì  della  superbia,  della  jattanza,  e  di  una  co- 
tale vanità  d'  ingegno  degli  antichi  Germani  ;  questa  però  riduce- 
vasi  a  qualche  lode  iperbolica  colli  quale  alcuno  magniGcavasi  , 
mentre  disprezzo  mostrava  degli  altri  ;  alle  minaccio  frequenti  e 
alle  esagerazioni  del  proprio  merito,  per  le  quali  Diodoro  slesso 
li  paragonava  ai  tragici  esaltati.  Ma  questo  non  era  al  più  che  il 
costume  de'  guerrieri  che  andavano  e  tornavano  dalle  pugne,  e  di 
fatto  nota  Tacito  che  Maroboduo  non  era  punto  continente  nel 
vantare  le  sue  gesta,  e  nel  vomitare  ingiurie  contra  i  uemici.  Di 
vanità  altronde  non  potevano  accagionarsi  Civile  e  i  Baiavi  suoi 
seguaci ,  se  ostentare  volevano  una  flotta  o  una  squadra  navale  , 
e  se  coli' apparato  della  medesima  credevansi  di  iueulere  terrore 
ai  nemici. 

Di  amore  delle  risse. 

Rissosi  dichiarò  «Strjboue  i  Galli  ;  Tacito  dei  Germani  lasciò 
scritto  soltanto  che  frequenti  erano  tra  di  essi  le  risse,  come  d'or- 
dinario tra  i  vinolenti,  il  che  importerebbe  che  difetto  non  fosse 
generale  della  nazione;  nò  dee  sembrare  strano,  come  nota  lo 
stesso  Tacito,  che  di  rado  andassero  a  finire  quelle  liti  in  contu- 
melie ,  più  spesso  producessero  le  ferite  e  la  morte;  il  che  dal 
Cluverio  fu  attribuito  a  sentimento  generoso  della  nazione,  non 
fatta  per  tollerare  le  ingiurie. 

Disciplina  dei  conju^ati. 

Giova  ora  parlare  delle  domestiche  società ,  dei    matrimonj  e 
della  educazione  della  prole.  Vedemmo  già  che  severa  presso  gli 
antichi  Germani  era   la    disciplina    dei   conjugati  ;  che  come  cosa 
Cosi.  Fot.  IX.  dell'Europa  20 


3o6  COSTUMI    ED    USAKZK    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

santa  rìguardavasi    il    matrimonio    contratto  in    età    ancora    giova- 
nile, e  che  in  alcuna    parte,    secondo    Tacito,   più    lodevoli  non 
erano  i  loro  costumi    che  nella    conjugaie    società  ;   giacché  i  soli 
quasi   tra  tutti  i  barbari,  di  una  sola  moglie    contenti,  la  poliga- 
mia   non    ammettevano ,   eccettuati    soltanto    alcuni   pochi  i  quali 
non  già    per    libidine,  ma    per  la    nobiltà  della  stirpe,  di  molte 
nozze  si  onoravano.  Altrove  Tacito  stesso  quelle  città  commenda, 
o  quelle  tribù,  nelle  quali  solamente  le  vergini  aspirare  potevano 
alle  nozze ,  e  una  volta  sola  transigevasi  colla  speranza  e  col  voto 
della  sposa  ,  cosicché  le  vergini  un  solo  marito    ricevevano  come 
un  corpo  solo  ed  una  sola  vita  ,  nò  alcun  pensiero  avevano  al  di 
là  ,   né  alcun  desiderio  più  lontano  ,  affinchè  non   tanto  il  marito, 
quanto  il  matrimonio    amassero    ed    apprezzassero.  Quelle    parole 
di  Tacito  nelle  quali  si  accenna  la  poligamia    dei    Principi  o  dei 
nobili  ,  ricevono  una  dilucidazione  da  quello  che  Cesare  narra  di 
Ariovisto  ,  Re  dei  Marcomanni ,  il  quale  due  mogli  aveva,  1'  una 
della  nazione  degli  Svevi ,  l'altra  Norica ,  sorella  del  Re  Vocione, 
che  dallo    stesso    gli  era  stata    mandata.    Questa   licenza  non    era 
forse  più  antica  di  quella  età,    e  invano  si  cercherebbe    col  Clu- 
veno  di  trovare  che  ai  Germani  comunicata  fosse  dalle  vicine  na- 
zioni,  cioè  dai  Surmati    o   dai   Geli.  A  noi  basta  il  potere  asse- 
rire che  comune  non  fosse  la  poligamia  tra  i  Germani;  e  somma- 
mente lodevole    altronde    dee  apparire  la  loro  consuetudine,  che 
alle  sole  vergini   permetteva  di  aspirare  al  matrimonio  e  alle  mo- 
gli toglieva    qualunque    speranza    di  un  secondo    imeneo.   Alcuna 
degli  scrittori  non  accenna  che  si  riguardassero  come  leciti  i  matri- 
moni tra  i  consanguìnei  e   massime  tra  i  più  vicini,  benché  questi 
congiugnimenti  ammessi  fossero  da  altre  antiche  nazioni,  e  benché 
Cesare  dei  Britanni  scrivesse  che  sino   a   dieci  o  dodici  le  mogli 
avevano  in  comune,  e  più  sovente  i  fratelli  coi  fratelli,  i  padri   coi 
figliuoli,  \eduto  abbiamo  altronde  che  tra  i  Germani  grandissima 
lode  meritavano  coloro  che  per  lunghissimo  tempo   tra  gli  impu- 
beri rimanevano,  perchè  di  più  alta  statura   riuscivano,   più   forti 
e  nerboruti  ;  e  che    a  grande   vergogna    reputa  vasi    l'avere  cono- 
scenza  di  una  femmina    avanti    l'età    di  veut' anni  ,  il  che  viene 
confermato  anche  da  Tacito,  che  tarda  appella  la  Venere  dei  gio- 
vani ,  inesausta  la  pubertà,   e  pari    in  forza    gli    sposi,   dai  quali 
prole  naseuva  emula  del  paterno  vigore. 


AvAmt  lì  ROMANA   urfASlOM  3oy 

Doti  e  costumi  nuziali. 

Quanto  alla  dote ,  Tacito  ci  insegna  elio  non  la  moglie  al 
marito,  ma  bensì  il  marito  alla  moglie  la  offerì v*.  Intervenivano 
all'atto  nnxiale  i  genitori  degli  sposi  ed  i  congiunti,  e  i  doni 
offerti  approvavano;  doni,  soggiugne  lo  storico,  non  ricercati  per 
le  muliebri  delizie,  né  per  l'ornamento  della  oovelln  sposa,  ni» 
bensì  consistenti  in  buoi  ,  in  un  cavallo  già  tollerante  il  freno  , 
in  uno  scudo  con  una  lancia  e  una  spada  ;  e  con  questi  doni  la 
sposa  accoglievasi  ,  non  ree  nulo  fessa  a  vicenda  se  non  qualche 
parte  di  armatura.  Questo,  segue  a  dire  Tacito,  credevano  i  Ger- 
mani il  massimo  dei  vincoli,  questi  i  sacri  arcani,  questi  gli  Dei 
conjugali  :  affinchè  la  donna  non  si  reputasse  lontana  dal  pensiero 
della  virtù  o  delle  vicende  della  guerra,  cogli  stessi  auspici  del 
matrimonio  veniva  ammonita  ,  che  alle  fatiche  ed  ai  pericoli  si. 
associava;  che  tolleranza  ed  ardire  mostrare  doveva  egualmente 
in  pace  ed  in  guerra,  la  quale  cosa  gli  annunziavano  i  buoi  ag- 
giogati, il  cavallo  bardato  e  le  armi  donate;  che  cosi  vivere, 
così  morire  doveva  ,  e  finalmente  che  quelle  cose  riceveva  che 
inviolate  e  degne  di  loro  rendere  dovesse  ai  figliuoli,  quelle  che 
le  nuore  a  vicenda  riceverebbero  e  trasmetterebbero  ai  nepoti. 
Queste  parole  troppo  sono  chiare  e  troppo  al  vivo  rappresentano 
i  costumi  nuziali  dei  Germani,  perche  abbiano  bisogno  di  alcun 
commento.  Di  fatto  lo  storico  slesso,  parlando  di  Arminio ,  dice 
che  nell'esercito  suo  trovavansi  illustri  femmine,  tra  le  quali  la 
moglie  di  Arminio ,  e  la  stessa  figliuola  di  Segeste  con  virile 
animo,  più  dal   maritale  amore  che  dal  paterno  incoraggiata. 

Minore  maritale. 

In  prova  dell'amore  dei  mariti  verso  le  mogli  citasi  il  passo 
di  Tacito,  già  da  noi  riferito,  nel  quale  si  narra  che  alcune  bat- 
taglie quasi  perdute  ravvivarono  le  femmine  colla  costanza  delle 
loro  preghiere,  col  mostrare  ai  guerrieri  i  loro  petti  e  coli' addi- 
tare loro  la  vergogna  della  cattività  ,  che  essi  assai  meno  tollera- 
vano udendo  che  rinfacciata  era  loro  dalle  femmine.  Potenti  erano 
adunque  le  preghiere  di  queste  ,  efficacissimi  i  rimbrotti ,  il  che 
certamente  indicherebbe  negli  uomini  amore  e  rispetto;  e  di  Ar- 
minio stesso  si  narra  che  più  della  naturale  sua  violenza  lo  agi- 
tava il  pensiero  della  sposa  rapita,  e  della  moglie  all'altrui  do- 
minio   assuggettata.  Della  pudicizia    altronde    delle    donne  tra  gli 


3o8  COSTUMI   ED  i-sanie  degli'  antichi  germani 

antichi  Germani,  rende  Tacito  luminosa  testimonianza,  dicendo 
che  ben  custodita  essa  era  ,  non  esposta  alle  seduzioni  degli  spet- 
tacoli,  e  non  porrotta  dal  solletico  dei  conviti:  quindi  è  che  i 
Principi  Frisii  in  epoca  posteriore  condotti  a  Roma  nel  teatro  di 
Pompeo,  ignari  totalmente  degli  spettacoli,  non  dilettavansi  de'giuo- 
chi ,  ma  attoniti  contemplavano  gli  spettatori  seduti,  le  distinzioni 
degli  ordini ,  e  chiedevano  quali  fossero  i  cavalieri  ,  quali  i  sena- 
tori. Il  Cluverio  avvisò  che  più  ben  custodita  fosse  la  femminile 
pudicizia,  perchè,  come  già  si  disse  altrove,  gli  uomini  e  le 
femmine  egualmente  i  segreti  delle  lettere  ignoravano  ,  e  credette 
da  questo  derivato  il  costume  antico  della  Sassonia  e  di  altri 
paesi  settentrionali ,  nei  quali  come  cosa  indecente  riguardavasi 
che  le  femmine  sapessero  leggere. 
Puerperio. 

INulla  si  raccoglie  dagli  antichi  scrittori  latini  intorno  al  parto 
delle  antiche  donne  Germane;  Strabone  soltanto  ,  parlando  degli 
Spaguuoli  dei  quali  i  costumi  disse,  tanto  tra  gli  uomini  come 
tra  le  femmine,  comuni  a  quelli  dei  Celti,  dei  Traci  e  degli 
Sciti,  notò  che  le  mogli  dopo  il  parto  i  mariti  ponevano  a  gia- 
cere al  loro  luogo,  ad  essi  rendevano  servigj  come  a  puerpere, 
e  mentre  alle  cure  domestiche  attendevano,  spesso  i  bambini  la- 
vavano e  nelle  fascie  gli  involgevano,  immergendoli  talvolta  nei 
fiumi.  Narra  pure  quel  geografo  di  una  donna  condotta  a  lavorare 
i  campi  di  un  Marsigliese,  che  sorpresa  dai  dolori  del  parto  non 
lontano  dal  luogo  del  lavoro,  si  trasse  in  disparte  e,  partorito  il 
bambino,  al  lavoro  tornò,  affinchè  la  mercede  non  perdesse; 
soggiugne  che  il  padrone  avvedutosi  del  fatto ,  la  mercede  le  ac- 
cordò tosto  e  congedolla  ,  e  che  essa  portato  avendo  da  prima  il 
bambino  ad  una  sorgente,  lavollo  e  involto  in  alcuni  panni,  sano 
e  salvo  recollo  alla  sua  casa  ;  la  cosa  stessa  narra  Diodoro  di  una 
donna  Ligure  ,  ed  Aristotele  già  notato  aveva  dei  barbari  in  ge- 
nerale che  i  bambini  appena  nati  nelle  acque  fredde  di  un  fiume 
immergevano,  e  che  altri,  come  i  Celti,  con  pochi  panni  li 
coprivano. 
Favola  della  legittimità  esplorata  nel  Reno. 

Moki  scrittori  Greci  e  Latini ,  e  massime  alcuni  poeti  ,  par- 
larono del  costume  dei  Celti  abitanti  su  le  rive  del  Reno,  di 
esplorare    la    legittimità    della  prole ,    immergendo    i    bambini    in 


AVANTI    LA    ROMANA    INVASIONE  -ni) 

quel  fiume,  il  quale  rapiva  eolle  sue  onde  gli  spurj ,  e  i  legitti- 
mi sostenuti  a  galla  rendeva  alle  mani  tremanti  della  madre. 
Giova  però  osservare  ,  elie  questa  favola  non  è  stata  messa  in 
campo  se  non  che  nel  III.  o  IV.  secolo  Cristiano,  da  Giuliano 
Cesa  re ,  «la  Gregorio  Nazianzeno ,  da  Teofilatlo  e  da  Nonno,  e 
ehe  ,  mentre  i  più  antichi  parlato  non  avevano  che  del  costume 
di  immergere  i  bambini  nelle  acque  più  fredde  de'  fiumi  affine 
di  rinvigorire  la  loro  costituzione,  costume  da  Galeno  attribuito 
particolarmente  ai  Germani,  i  poeti  più  recenti  e  tra  gli  altri 
Claudiano,  forse  cosi  minore  verità  che  con  poetica  licenza,  scris- 
sero che  i  Celli  nei  vortici  del  Reno  esploravano  la  legittimità 
dei  nati  bambini. 

Prole  non  limitata.  Educazione» 

Da  un  passo  di  Tacito  da  noi  altrove  allegato  si  raccoglie, 
elio  vietato  era  tra  i  Germani  il  limitare  o  il  troncare  il  numero 
della  prole,  come  pure  l'uccidere  alcuno  degli  agnati,  sotto  il 
craal  mane  Giusto  Lipsio  credette  indicati  i  figliuoli.  Volle  certa* 
mente  Tacito  distinguere  con  quelle  parole  i  Germani  da  altre 
antiche  nazioni,  che  lecito  credevano  il  limitare  il  numero  della 
prole,  ed  anche  1  uccidere  i  bambini  che  alimentare  non  poteva- 
no ,  come  Strabone  tra  tutti  i  costumi  degli  Egizj  quello  com- 
mendò per  cui  la  prole  ,  per  quanto  numerosa  fosse  ,  nutrivasi. 
Del  rimanente  Tacilo  lodò  grandemente  le  cure  della  educazione 
de  bambini  ,  asserendo  ,  come  già  si  accennò  ,  che  ciascuna  madre 
gli  allattava,  né  mai  confidavano  essi  a  nutrici  o  ad  ancelle.  Male 
a  proposito  opinò  il  Cluverio  che  in  quell'asserzione  compresi; 
fossero  soltanto  le  femmine  più  illustri  ,  le  mogli  dei  capi  ,  giac- 
ché le  altre  non  avevano  serve  o  schiave.  Col  vocabolo  di  ancelle 
indicate  sono  presso  gli  antichi  scrittori  tutte  le  femmine  che  al- 
oni servigio  prestavano,  e  Tacito  volle  soltanto  esprimere  l'idea 
che  la  educazione  de' bambini  dalle  madri  in  generale  sosteneva* 
si  .   nò  mai  a  nutrici  o  ad  altre  donne  si  commetteva. 

Educazione,   dell* adolescenza. 

Dei  Celti  lasciò  scritto  Aristotele ,  che  i  bambini  con  pochi 
panni  coprivano;  ma  questo  non  potrebbe  asserirsi  dei  Germani, 
che  Tacito  disse  tenersi  nelle  case  nudi  e  sordidi.  Altrove  accen- 
nò lo  storico  medesimo  che  per  mima  cultura  della  educazione 
distinguevasi    tra  i  Germani    il    padrone  dal  servo  ,    ma  che  tutti 


;>I0  COSTUMI    Ut»    USASZE    DEGLI    ANTICHI    6EI\MAJ(I 

tra  gli  stewi  bestiami  e  su  lo  stesso  terreno  vivevano.  Poco  favo- 
revole  alla  educazione    della    età  più    matura    sarebbe  il   detto    di 
Cesare  ,    che    le    forze     nutriva    e    uno    straordinario    incremento 
de' corpi    produceva  il  non  essere  i  fanciulli    ad    alcuno  ufficio  e 
ad  alcuna  disciplina    accostumati  ,  e  il  non  essere  mai  costretti    a 
fare  alcuna  cosa  contra  la  loro  volontà;  ma  lo  stesso  Cesare  nota 
altrove  dei  Germani  medesimi,  che  da  piccioli  accostumavansi  alla 
durezza  del  vivere    ed    alla  fatica.  Leggesi  altronde  in  Pomponio 
Mela  che  gli  impuberi  nudi  camminavano  nel  maggior  rigore  del 
freddo,  e  che    lunghissima  era  tra  di  essi  la  puerizia,    cioò    sol- 
lauto  in  età    matura    puberi  si  dichiaravano.    Invano    si    vorrebbe 
accomunare  ai  Germani    quello    che    Cesare    dei  Galli    accennò , 
notando  altresì  che    in    questo  da  tutti  gli  altri  popoli    si    distin- 
guevano; cioò  che  i  genitori  non  permettevano  giammai  che  pub- 
blicamente conversassero    seco    loro  i  figliuoli  se  non    che    giunti 
alla  adolescenza ,   cosicché  portare  potessero  le  armi ,  e  che    cosa 
vergognosa    credevasi  che  un  figliuolo  in  puerile    età  in  pubblico 
comparisse  col  genitore.  Inoperosi    tuttavia  non  erano  nelle   fami- 
glie i  figliuoli,  perchè  ragionando  Tacito  dei  servi,  di  condizione 
però  ben  diversa  da  quella  in  cui  erano  tra  i  Romani  ,  dice  che 
non   avevano  ministerj   descritti    o   assegnati  ;  che  ciascun  capo  di 
casa  reggeva  le  cose  sue  ,    e    che  il  padrone  al  servo    ingiugueva 
.soltanto  una  misura  o  un  tributo  di  grano,  di  pecore,   o  di  ma- 
terie vestiarie  ,  non  altrimenti   che  ad  un  colono  ;    che  del  rima- 
nente tutti   gli  uffizj   della    casa    disimpegnati  erano    dalla    moglie 
e  dai  figliuoli.  A  questo  si  riferisce  forse  il   detto  di  Diodoro,  che 
alle  mense  servivano  i  più  giovani,  tanto  maschi  quanto  femmine, 
non  ancora  usciti  dai  limiti  della  puerizia. 
fermatura  de'  giovani. 

Giunti  i  Germani  ad  età  matura  armavansi ,  ma  assumere  non 
potevano  le  armi  se  la  città  o  l'assemblea  del  comune  non  lo  appro- 
vava ,  cioè  se  idonei  non  li  reputava  ad  armarsi.  Può  credersi  tut- 
tavia che  gli  impuberi  si  esercitassero  non  solo  nel  maneggio  delle 
armi,  ma  anche  nella  equitazione,  perchè  Tacito,  lodando  la 
fanteria  dei  Catti  e  la  cavalleria  dei  Tenteri ,  dice  che  queste  le 
istituzioni  erano  dei  maggiori ,  imitate  dai  posteri ,  questi  i  giuo- 
chi de'  fanciulli  e  le  gare  dei  giovani ,  nelle  quali  i  vecchi  per- 
severavano. Goffamente  immaginò  il  Cluverio  su  queste  parole  di 


AVANTI    LA.    ROMANA    INVASIONE  3ll 

Tacito  ,    che    i    fanciulli     cavalcassero    un    bastone  ,   i   giovani   più 
adulti  montassero  a  cavallo. 

Eredità.  Successioni. 

I  figliuoli  delle  sorelle,  secondo  lo  storico  medesimo,  tenuti 
erano  in  eguale  onore  presso  lo  zio,  come  presso  il  padre;  sog- 
giugne  egli  altresì  che  alcuni  come  più  santo  e  più  stretto  riguar- 
davano quoto  vincolo  del  sangue  ;  uè  bene  indicare  si  saprebbe 
perchè  meno  considerati  fossero  i  figliuoli  de'  fratelli  ,  qualora  non 
si  supponesse  con  alcuni  critici  maliziosi  che  questo  avvenisse  per- 
chè  più  certa  era  la  prole  delle  sorelle.  Eredi  e  successori  erano 
però  in  ciascuna  famiglia  i  figliuoli ,  e  non  conoseevasi  alcun  te- 
stamento. Tacito  nota  ,  parlando  dei  Catti  e  dei  Teiiteri,  che  tra 
le  famiglie,  e  i  Penati,  e  i  diritti  delle  successioni ,  eonsegna- 
vansi  i  cavalli  ,  e  che  il  figliuolo  li  riceveva  ,  non  già  il  primo- 
genito, ma  il  più  feroce,  il  più  valoroso  nella  guerra.  Se  i  fi- 
gliuoli mancavano,  soggiugne  lo  stesso  Tacito,  succedevano  nel 
puntamento  i  più  prossimi  di  parentela,  fossero  questi  fratelli, 
o  zii  materni  o  paterni.  Del  rimanente  quanto  maggiore,  dice  lo 
storico  medesimo,  era  il  numero  dei  cognati  o  degli  affini,  tanto 
più  riusciva  piacevole  la  vecchiezza,  nò  alcun  pregio  compensare 
poteva   la   mancanza   della   prole. 

Funerali. 

Dei  funerali  disse  in  generale  lo  stesso  scrittore  ,  che  con 
niuna  ambizione  si  facevano,  e  che  solo  osservav;»si  il  costume  di 
abbruciare  con  certa  data  specie  di  legno  i  corpi  degli  uomini 
illustri.  Non  sapremmo  determinare  se  giustamente  abbia  da  que- 
sto passo  dedotta  il  Oliverio  la  conseguenza,  che  non  solo  i  ca- 
daverì  di  que' personaggi  distinti,  ma  gli  altri  lutti  ancora  abbru- 
ciavansi ,  e  non  semplicemente  seppellivansi  sotterra,  come  molti 
tra  gli  interpreti  di  Tacito  avvisarono.  Inutile  e  certamente  il  ci- 
tare Diodoro  ,  che  il  costume  di  abbruciare  i  cadaveri  e  di  get- 
tare anche  nel  rogo  le  lettere  scritte  d,ii  congiunti,  fondato  que- 
sto su  la  opinione  della  metempsicosi,  attribuì  ai  soli  Galli; 
come  pure  lo  allegare  in  favore  del  rogo  la  pratica  di  molte  an- 
tiche nazioni ,  dei  Caldei ,  dei  Persiani ,  degli  Etioju  ,  e  dei 
Traci.  Antichissimo  era  certamente  il  rito  di  erigere  il  rogo  nei 
funerali;  ma  anche  dei  Romani  notò  Plinio  che  talvolta  sotterra 
i  cadaveri  collocavansi ,  terra  condebantur.  Potrebb'  essere  che  i 


3l2  COSTUMI    ED    USANZK    DEGLI    ANTICHI    GERMANI 

Germani  molti  dei  loro  defunti  consumassero  tra  le  fiamme,  e 
che  per  alcuni  qualunque  sorta  di  legne ,  per  le  persone  distinte 
alcuni  legni  più  squisiti,  o  forse  odorosi,  si  adoperassero:  non 
regnava  però  l'ambizione  in  que' funerali  Germanici,  e  tutto  al' 
l'opposto  facevasi  dei  Galli,  dei  quali  lasciò  scritto  Cesare  che 
funerali  avevano  magnifici  e  sontuosi.  Dei  Celtìberi  però,  consan- 
guinei dei  Germani,  riferì  Solino,  che  nei  seppellimenti  e  nelle 
tombe  non  isfoggiavano  alcun  lusso ,  e  che  al  rogo  non  impone- 
^ano  né  vesti,  né  odori. 

Continuazione. 

Soggiugne  Tacito  soltanto,  dei  Germani  strettamente  parlando, 
che  a  ciascuno  de' defunti  univansi  le  sue  armi,  e  che  di  alcuni 
anche  il  cavallo  abbruciavasi  ;  il  Cluverio ,  forse  condotto  più 
dalla  compassione  di  quell'animale  che  da  alcuna  autorità  dei 
classici  latini,  asserì  che  quel  cavallo  non  vivo,  ma  già  da  prima 
ucciso,  col  padrone  morto  abbruciavasi.  Dei  Galli  aveva  pure  no- 
tato Cesare  che  tutte  alle  fiamme  gettavano  le  cose  più  care  ai 
defunti  ,  ed  anche  gli  animali,  e  sino  i  servi  e  i  clienti  maggior- 
mente al  defunto  affezionati  ;  né  però  indica  se  vivi  o  scannati 
da  prima  quegli  animali  e  que' servi  si  abbruciassero.  Invano  si 
cita  Procopio  ,  che  di  tempi  assai  posteriori  ragionando  ,  agli  E- 
ridi  attribuisce  il  costume  di  privare  di  vita  i  vecchi  e  gli  in- 
fermi che  speme  di  guarigione  non  avevano,  e  quello  altresì  di 
strozzare  la  moglie  del  defunto  ,  che  fama  di  virtù  procurare  si 
volesse  e  non  essere  esposta  al  vituperio  de'  congiunti.  Procopio 
parlò  di  tempi  più  recenti ,  e  a  stabilire  quest'  uso  presso  tutti  i 
Germani  non  gioverebbe  il  dire  che  eguale  era  la  pratica  dei 
Greci,  dei  Traci  e  degli  Indiani,  presso  i  quali  tuttora  si  con- 
serva quella  barbara  costumanza. 

Tombe. 

Il  sepolcro  o  la  tomba  erigevasi ,  secondo  Tacito ,  con  zolle  di 
terra  ;  sprezzavano  i  Germani  l'arduo  e  faticoso  onor  di  un  mo- 
numento, come  grave  ai  defunti  medesimi,-  quindi  è  che  Germa- 
nico stesso  nello  erigere  un  tumulo  alle  reliquie  delle  legioni  pe- 
rite con  Varo,  pose  di  sua  mano  la  prima  zolla  di  terra.  A  Vi- 
nato nelle  Spagne  venne  innalzato,  al  dire  di  Appiano,  un  al- 
tissimo rogo  e  molle  vittime  furono  sacrificate  ,  e  mentre  ardeva 
il  fuoco ,  esercitaronsi  all'  intorno  nelle  corse   cavalieri  e  fanti ,  e 


AVANTI    LA    ROMANA    INVASIONE  3l3 

si  diede  ancora  uno  spettacolo  di  gladiatori .  ma  troppo  facil- 
mente si  persuadette  il  Cluverio  che  lo  stesso  dai  Germani  si 
praticasse  nei  funerali  delle  persone  più  illustri;  né  ai  costumi  dei 
Germani,  ma  a  quelli  bensì  dei  soldati  Romani,  appartengono  le 
corse  annuali  fatte  intorno  al  sepolcro  onorario  di  Drnso  presso 
Magonza  ,  menzionate  da  Svetonio.  Che  si  celebrassero  per  lungo 
tempo  coi  cantici  tra  i  Germani  le  gesta  di  Arminio  defunto , 
chiaramente  si  raccoglie  da  Tacito;  ma  non  egualmente  è  chiaro, 
come  sembrò  al  Cluverio  ,  che  un  elogio  degli  illustri  defunti  si 
pronunziasse  tra  mie'  popoli  ,  perche  Appiano  con  barbaro  rito  lo- 
dato disse  dagli  Spaglinoli  lo  spento  Viriato.  Beusi  notò  Tacito  , 
fors'  anche  de'  Germani  più  antichi ,  che  ben  presto  cessavano  tra 
di  essi  i  lamenti  e  le  lagrime,  più  tardi  il  dolore  e  la  tristezza; 
che  oneste  erano  le  lacrime  nelle  femmine  ,  negli  uomini  com- 
mendevole era  la  ricordanza. 

Masserizie  seppellite  coi  cadaveri. 

L'Eccardo  ha  tentato  alcune  ricerche  intorno  alle  opinioni  che 
i  primitivi  Germani  nutrivano  circa  le  anime  dei  trapassati,  ed 
ha  creduto  che  quelle  anime  fossero  reputate  amanti  anche  dopo 
l'estremo  fato  delle  cose  medesime  delle  quali  pigliato  avevano 
piacere  in  vita.  Per  questo,  die' egli  ,  seppellivansi  coi  defunti  al- 
cune masserizie,  ed  iii  prova  ne  reca  quello  scrittore  un  sepol- 
cro trovato  presso  Ilelntstadt ,  nel  quale  chiuse  erano  ossa  semi- 
bruciate  di  animali,  armille  ',  anelli,  fibule,  afehj  discriminatorj , 
pettini  ,  armi  e  chiavi  ,  mentre  in  altri  trovaronsi  ancora  gemme 
e  monete.  Ma  incerta  è  1  ■  epoca  ,  alla  quale  quel  sepolcro  debba 
riferirsi,  non  essendovi  alcuna  iscrizione  o  altro  segnale  che  1  età 
ne  attcsti,  e  forse  non  fu  «.-retto  quel  tumulo  se  non  nell'epoca  Ro- 
mana ,  nella  quale  già  accostumati  cransi  i  Germani  all'uso  degli 
ornamenti  e  di  diverse  masserizie  di  lusso  che  vedemmo  in  tempi 
più   remoti  ad  essi    totalmente  incognite. 

Monumenti  detti  dei  Giganti. 

Egli  è  questo  piuttosto  il  laogo  di  parlare  di  «[negli  enormi 
macigni,  o  «li  quelle  grandi  masse  di  pietre  accumulate,  che  rin- 
venute si  sono  in  molte  parti  della  Germania  ,  in  altre  dei  paesi 
settentrionali  e  sino  nella  Britannia.  Nei  secoli  della  ignoranza  fu- 
rono questi  monumenti  creduti  opere  dei  Giganti  ,  e  nella  Ger- 
mania stessa  con  alcuni    vocaboli  della  nazione  vennero    appellati 


3  li  COSTVMI    ED    USANZE    DEGLI     ANTICHI    GERMÀNI 

lei  ti  dei  Giganti  o  sepolcri  degli  Unni ,  che  per  la  grandezza 
dello  opere  loro  Giganti  credevansi.  L'  Eccardo  ha  impiegato  un 
lungo  paragrafo  delle  sue  Origini  Germaniche  nel  provare  che 
di  alta  statura  beasi  e  di  fortissima  costituzione  erano  gli  antichi 
Germani,  ma  non  mai  Giganti,  come  creduto  aveva  il  Conrinsrio. 
Sembra  assai  probabile  che  quegli  enormi  mucchi  di  pietre  fos- 
sero monumenti  sepolcrali  ,  eretti  dalla  moltitudine  e  talvolta  dalle 
intere  nazioni ,  a  coloro  che  segnalati  si  erano  nelle  guerriere  loro 
imprese,  a  distinzione  dei  soldati  gregarj  ai  quali,  come  vedem- 
mo, con  semplici  zolle  di  terra  la  tomba  si  costruiva.  Più  fre- 
quenti sono  que'  monumenti  là  dove  abitarono  ,  o  colonie  manda- 
rono i  Sassoni;  quindi  nella  Vestfalia,  nella  Frisia,  uell'Olsazia, 
nell'antico  paese  de'  Goti  ,  nella  Danimarca  slessa,  nella  Norve- 
gia ,  nella  Scauia  e  nell  Inghilterra  ,  dove  tuttora  ammirasi  la  più 
celebre  di  quelle  moli  gigantesche  detta  Stonchenge ,  sei  miglia 
lontano  da  Salisbery.  Alcuni  di  que'  monumenti  ,  probabilmente 
sepolcrali,  singolarissimi  certamente  ed  appartenenti  ad  epoca  assai 
remota  ,  si  vedranno  nella  nostra  Tavola  38  rappresentati.  Il  Ri- 
ddo che  gran  parte  di  un  volume  consumò  inutilmente  nel  con- 
futare la  favola  dei  Giganti,  studiossi  di  provare  la  vera  desti- 
nazione di  quelle  opere  grandiose  colle  reliquie  delle  ossa  trovate 
in  alcune  urne  sotto  le  medesime  ;  e  la  favola  suddetta  si  accre- 
ditò, perchè  in  alcune  tombe  dell  Hannover  trova rousi  colle  umane 
mescolate  ossa  di  animali  grandissimi  ,  e  sino  un  dente  volumi- 
noso di  animale  ignoto  secondo  il  Leibnitzio ,  che  tutte  credute 
furono  ossa  umane.  Iugaunossi  però  l' Eccardo  il  quale  opinò  che 
culto  divino  renduto  fosse  ai  defunti  dai  più  antichi  Germani  , 
perchè  alcuni  di  quei  macigni  o  di  que'  mucchi  di  pietre  servito 
avevano  di  are.  In  que'  sepolcri  trovate  furono  talvolta  pietre  ro- 
tonde e  forate ,  che  probabilmente  ad  una  fune  si  accomanda- 
vano,  od  anche  cuneiformi,  che  conficcate  in  un  bastone  servi- 
vano di  spade  o  di  scuri,  e  così  pure  coltelli  di  pietra  ed  altre 
simili  armi  ,  delle  quali  parimente  come  di  monumenti  antichis- 
simi ,  si  sono  da  noi  esposte  le  figure  nella  Tavola  3g.  Nei  se- 
polcri dell' Olsazia  rinvenute  furono  anche  spade  o  pugnali  di  ra- 
me ;  ma  questi  forse,  come  le  armille  ,  gli  aghi  crinali  ed  altri 
ornamenti,  non  possono  reputarsi  opere  dei  Germani  più  antichi, 
e  di  l'atto  su  di  un  anello    trovalo  in  una    tomba  del    ducato  di 


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AVANTI    LA.    ROMANA    INVASIONE  3 1  5 

Brema,  si  leggono  quattro  lettere  incise  in  caratteri  Romani.  L'Ec- 
cardo  e  d'avviso,  che  a  que' sepolcri  fossero  talvolta  annessi  i  cosi 
delti  luci  o  boschi  sacri;  ma  questo,  se  pure  avvenne,  non  ebbe 
luogo  se  non  dopo  che  mie'  monumenti  sepolcrali  trasformati  fu- 
rono in  are,  ed  agli  Iddìi  consacrati. 
S/>i<*ga:ìone  di  alcune   Tavole. 

Non  chiuderemo  questo  discorso  dei  costumi  e  delle  usanze 
dei  Germani  avanti  la  Romana  invasione  ,  senza  presentare  e  spie- 
gare alcune  Tavole  che  servono  a  compiere  la  descrizione  degli 
abiti  dei  Germani  in  que' tempi  remotissimi.  Siccome  di  sopra  si 
è  ragionato  delle  pecore  e  delle  greggie  che  la  sola  ricchezza  di 
alcuni  popoli  costituivano,  e  della  caccia  the  ad  altri  quasi  esclu- 
sivamente forniva  l'alimento,  così  nella  Tavola  4°  si  sono  rap- 
presentati colle  nonne  dal  Cluverio  indicate  gli  abiti  degli  anti- 
chissimi pastori  e  cacciatori  Germani.  Gli  uni  e  gli  altri  veggonsi 
seminudi  ,  e  coperti  soltanto  dietro  le  spalle  da  que'manti  di  pelli 
di  fiere  dei  quali  si  è  piò  volle  fatta  menzione,-  in  alcuni  di  essi 
veggonsi  quelle  zone  o  striscio  ,  pure  da  noi  rammentale ,  che 
annunziano  una  diversità  di  colore  o  anche  l'inserimento  di  una 
direna  sorta  di  pelli.  Il  cacciatore  che  reca  sul  dorso  parte  della 
preda  e  la  di  lui  moglie  che  porta  un  fanciullo  aggrappato  al  di 
lei  collo,  sono  vestiti  di  pelli  più  ispide  ;  la  donna  strigne  colla 
destra  un  fascio  di  dardi  ;  un  cane  li  segue.  La  Tavola  4*  con- 
tiene altri  abiti  degli  antichi  Germani  descritti  dallo  slesso  au- 
tore ;  vi  si  veggono  un  uomo  e  una  donna,  l'uno  e  l'altra  colle 
chiome  ondeggianti  sulle  spalle  e  col  manto  consueto;  il  primo 
tiene  una  specie  di  scure  o  di  zappa,  che  potrebbe  farlo  credere 
agricoltore,  la  seconda  una  specie  d'otre  tessuta  di  vimini  ;  si 
veggono  ancora  in  questa  Tavola  le  antiche  forme  dei  Germanici 
caliamenti,  e  nella  medesima  si  sono  altresì  rappresentati  alcuni 
antichi  Germani  viandanti,  l'uno  dei  quali  ha  i  capelli  raccolti 
in  una  specie  di  ciuffo  su  la  sommità  del  capo,  come  altrove  si 
è  indicato;  nella  Tavola  lyì.  finalmente  si  osserva  una  famiglia 
sedente  o  addormentata  intorno  al  focolare,  e  questa  rappresen- 
tazione trovasi  perfettamente  conforme  alle  descrizioni  che  della 
vita  domestica  dei  Germani  ci  hanno  trasmesse  i  più  antichi 
scrittori. 


3iG 


DeLL\     MlLlZU    DEGLI    ANTICHI    GeRMA 


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Indole  guerriera  dei  Germani. 

£\.  dimostrare  lo  spirito  guerriero  dei  Germani  primitivi  e  a 
farli  annoverare  tra  le  nazioni  più  bellicose,  basterebbe  quello  che 
Tacito  dice  di  molti  giovani  illustri,  i  quali  nati  la  una  città 
lungamente  nell'ozio  della  pace  intorpidita,  recavansi  alle  altre 
nazioni  che  qualche  guerra  avevano,  perciocché  ingrato  era  a 
quelle  genti  il  riposo,  e  più  facilmente  nei  rischi  i  giovani  si 
distinguevano.  Parla  però  Tacito  in  quel  luogo  dei  soli  capi  o 
Principi,  o  di  coloro  che  col  favore  de' Principi  stessi  eransi  in- 
granditi ,  soggiugnendo  che  soltanto  colla  violenza  e  eolla  guerra 
poteva  da  que'  giovani  mantenersi  un  grande  corteo,  giacché  dalla 
liberalità  dei  Principi  stessi  ottenevano  ora  un  cavallo  di  batta- 
glia, ora  una  spada  sanguinolenta  e  vittoriosa,  e  anche  la  rapina 
nelle  guerre  materia  diveniva  di  munificenza.  Ad  essi  non  persua- 
deresti,  continua  quello  storico,  di  arare  la  terra,  o  di  attendere 
i  frutti  dell'annata  j  ma  bensì  più  facilmente  di  provocare  nemici 
e  di  procacciarsi  ferite \  che  anzi  inerzia  e  dappocaggine  reputa- 
vasi  lo  acquistare  col  sudore  quello  che  ottenere  potevasi  col  san- 
gue. Queste  parole  servono  di  rischiarimento  a  quelle  già  riferite 
di  Cesare,  che  onorevole  reputavasi  ai  popoli  ed  alle  città  lo  a- 
vere  assai  lontani  i  confini  del  proprio  territorio,  quand'anche  le 
devastazioni  spargesse/o  all'  intorno  1'  errore  della  solitudine  :  al- 
trove Cesare  stesso  rimproverò  agli  Ermunduri  e  ai  Catti  una 
cotale  libidine  di  tutto  decidere  colle  armi ,  libidinem  cuncta  ai" 
mis  agendi.  Veduto  abbiamo  altronde  che  nei  matrimonj  e  nelle 
doti  non  si  consegnavano  che  armi,  e  che  tutto  il  treno  nuziale 
spirava  1'  ardore  marziale  della  nazione.  Da  questo  e  dal  vedere 
che  nelle  faccende  pubbliche  e  private  gli  antichi  Germani  coni- 


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DELLA.    MILIZIA.    DEGLI    ANTICHI    GERMANI  017 

parivano  armati ,  trasse  il  CJuverio  argomento  a  conchiudare    che 
tutta  la  loro  vita  altro  non  era  clic  una   milizia. 
Disciplina  militare. 

In    mezzo    però  a    tanto    spirito    guerriero,    alcuna    disciplina 
militare  non  vorrebbe  da  molti  eroditi  attribuirai  ai  Germani,  su 
l'appoggio  principalmente  di  Seneca  e    di  Vegezio  ,  il  primo  dei 
quali,   parlando     della     disfatta   dei    Cimbri  e  dei    Teutoni  ,   dice 
soltanto    che    l'ira    teneva  in   essi   luogo    del  valore,  il  secondo, 
intento  solamente  a  magnificare  i  Romani,  disse    che    questi  col- 
l'esercizio    delle    armi,  eolla  disciplina  e  colla    tattica    militare, 
benché  piccoli  di  statura,  superati  avevano  i  grandissimi  Germa- 
ni. Queste  parole  di   autori  Latini,  molto  posteriori    all'epoca  in 
cui  i  Germani  vivevano  isolati  e  turbati   non  erano  dalla  Romana 
usurpazione,   non   bastano  a   provare  che  di  una  particolare  bellica 
disciplina,  e  per  cosi    dire  di    una    tattica  nazionale,    quo' popoli 
assolutamente  mancassero.   Frontino  di  fatto,  parlando  delle  guerre 
dei    Germani    sotto    Domiziano,  nota    che    secondo  l'antico    loro 
costume  tendevano   imboscate  ;  che  dalle  macchie  uscivano  all'im- 
provviso   ad    assalire  i  Romani,   e   un  sicuro   riparo    preparavausi 
nelle  selve  più    oscure  ;  che   Arminio    munite  aveva    di  truppe  le 
selve  medesime,  chiusi  i  passaggi,  e  con  rapide  marcie  prevenuta 
l'armata    nemica    carica  d'arme  e    di    bagagli j  finalmente  che  i 
Bruttai  ,  i  Tubanti ,   gli   Usipeli ,  vinti   non  furono,  se  non  per- 
chè troncata  fu   loro  la  ritirata  che  disposta  si  erano j  altrove  os- 
serva lo  stesso   Frontino  che  immobili  si  tennero  i  Germani,  men- 
tre 1'  esercito  Romano  entro  i  boschi  stendevasi,  poi  cominciarono 
a   pizzicare  i  lati  e  la  fronte,    e    con  tutte  le  loro  forze    scaglia - 
ronsi    alfine    contro   i    guerrieri    che    da     ultimo    giuguevauo.     Lo 
stesso   Tacito  ,  parlando  dei  combattimenti  tra  i   Ciu-rusci  e  i  Mar- 
coniarmi,   accennò  che   i   combattimenti   con    eguale  speranza  dal- 
l'una  o    dall'altra    parie    erano    diretti,   non    più,    die'egli,     con 
vaghe    scorrerie    o    squadre    staccate,    come  in  epoca    più    antica 
presso  i  Germani  costumavasi ,  giacché  coi   Romani  combattendo, 
imparato  avevano  a  seguire  i  vessilli,  a  rafforzarsi  coi  sussidj,  ad 
obbedire  ai  comandi.   Era  certamente  questa  la   tattica    più  recen- 
te,  ma   una  più   antica   i   Germani   ne   avevano   accomodata   ni  loro 
costumi ,  e  forse  alle  circostanze    dei  paesi  loro  e  delle    loro  ar- 
mate.  Altrove  Tacito  ai    Catti    ed    anche  ai  Germani   in   generale 


3l8  DELLA    MILIZIA 

molto  raziociuio  e  molta  diligenza  attribuisce  ,  nello  scegliere  cioò 
i  capi,  nello  ascoltare  i  comandanti,  nel  conoscere  gli  ordini,  nel 
cogliere  le  occasioni,  nel  frenare  o  ritardare  l'impeto,  nel  di- 
sporre il  giorno  della  battaglia,  nel  fortificarsi  la  notte,  nel  con- 
tare più  sul  duce  che  su  l'esercito,  nel  collocare  la  forza  mag- 
giore nei  fanti  ,  finalmente  nell'  annoverare  la  fortuna  tra  le  cose 
dubbie,  tra  le  certe  il  valore,*  quindi  i  Catti  ben  sapevano,  che 
proprio  era  della  cavalleria  Y  innoltrarsi  prestamente  alla  vittoria 
ed  il  cedere  prestamente  il  campo  ,  giacche  la  velocità  era  socia 
del  timore ,  il  temporeggiare  più  vicino  era  alla  costanza.  Parlava 
bensì  lo  storico  de'  tempi  suoi ,  ma  non  dissimulava  pertanto  che 
questo  era  antico  costume  della  nazione. 
Arme  difensive  aderenti  alla  persona. 

Quanto  alle  armi  delle  quali  facevano  uso  que' popoli,  giova 
distinguerle  in  quelle  colle  quali  si  copriva  o  si  proteggeva  la 
persona ,  e  in  quelle  che  si  adoperavano  per  offendere  il  nemico. 
Suddividonsi  le  prime  nei  ripari  aderenti  alla  persona  medesima, 
e  in  quelli  che  nelle  mani  portavansi.  Pochi,  dice  Tacito,  muniti 
erano  di  loriche  o  di  corazze  ,  e  appena  alcuno  vedevasi  armato 
di  elmo  •  altrove  nota  egli  stesso  che  nudi  pugnavano  o  vestiti  di 
un  sajo  corto  e  leggiero,  il  che  tutto  annunzia  il  coraggio  e  l'ar- 
dire di  que'  popoli ,  che  molto  non  curavansi  di  coprire  il  corpo 
con  pesanti  armature.  Se  Tacito  chiamò  altrove  i  Germaui  terri- 
bili ,  perchè  coperti  di  pelli  di  fiere  e  armati  di  dardi  grandis- 
simi ,  parlò  solo  di  que' guerrieri  che  al  seguito  militavano  di 
Germanico,  non  dei  più  antichi,  quindi  nel  libro  II.  degli  An- 
nali disse  in  generale ,  che  non  corazza ,  non  elmo  il  Germano 
portava.  Dei  Galli  non  dei  Germani  scrisse  Diodoro  ,  che  alcuni 
avevano  loriche  di  ferro  ed  anche  squamose,  altri  contenti  di 
quello  che  la  natura  loro  forniva,  nudi  combattevano  ;  e  il  solo 
Plutarco  ferree  loriche  attribuì  ai  Cimbri.  Col  detto  di  Tacito  che 
pochi  un  cimo  o  uà  cimiero  portavano  ,  si  accordano  Erodiano  e 
Dione  ,  dicendo  il  primo  che  gli  arcieri  studiavansi  di  ferire  il 
capo  nudo  dei  Germani,  il  secondo  che  essi  generalmente  col 
capo  nudo  pugnavano.  Già  vedemmo  che  i  Principi  o  i  duci  delle 
tribù  i  capelli  annodavano  su  la  sommità  del  capo  per  solo  stu- 
dio di  ornamento  e  per  incutere  terrore  nelle  guerre  ,  rialzando 
in  tal  modo  la  loro  statura.  Plutarco  asserì  pure  dei  Cimbri,  che 


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DEGLI    ANTICHI    GERMANI  3  I  Cy 

eirai  portavano  rappresentanti  il  volto  eli  alcune  fiere  e  figuri  inu- 
sitate, i  quali  muniti  su  la  sommità  di  creste,  più  alti  sembra- 
vano. Di  quegli  elmi  mostruosi  si  vedranno  alcuni  esempj  nella 
Tavole  4^  j  H  c  1^>  nelle  quali  si  sono  delineati  alcuni  antichi 
guerrieri  Germani.  11  Oliverio  opinò  che  quegli  elmi  fossero  di 
l'erro,  fondato  forse  su  la  interpretazione  data  da  Isidoro  ai  vo- 
caboli cassis  aut  galea  di  Tacito  ,  credendo  egli  la  prima  fatta 
di  una  lamina  metallica,  la  seconda  ili  cuojo  ;  ma  egli  seordossi 
forse  di  quella  asserzione  di  licito  stesso,  che  gli  Ideili  negato 
avevano  ai  Germani  l'oro  e  l'argento  e  che  essi  non  avevano  ne 
pure  gran  copia  di  ferri)  ,  come  raccogliere  potevasi  dai  loro  dar- 
di ,  armati  di  punte  non  metalliche.  Egli  ò  dunque  assai  proba- 
bile che  gli  elmi  scarsissimi  ,  o  almeno  non  comuni  dei  Germani, 
formati  fossero  di  cuojo  ,  o  anche  semplicemente  della  pelle  di 
una  fiera  alla  (piale  attaccata  fosse  una  parte  del  capo  ,  come 
ornalo  vedesi  sovente  F.rrole  negli  antichi  monumenti. 
u4.rme  difensivi*  portatili. 

Venendo  ora  alle  anni  difensive  che  nelle  mani  porta vansi  , 
trovatisi  da  prima  gli  scudi.  Aon  gioverebbe  citare  S trabone  ,  che 
parlò  soltanto  degli  scudi  assai  lunghi  dei  Galli}  ina  Tacito  im- 
mensi disse  gli  scudi  dei  barbari  ,  e  sotto  quel  nome  additò  i 
Germani  che  su  la  riva  destra  del  Reno  abitavano.  Erodiauo 
menzionò  gli  scudi  angusti  dei  Britanni s  e  Polibio  gli  scudi 
Gallici  che  bastanti  non  erano  a  proteggere  e  coprire  tutto  il 
corpo  ;  ma  questi  passi  non  sono  applicabili  agli  scudi  Germanici, 
come  nò  pure  quello  di  Agatia  elio  parlò  solo  dei  Franchi  in 
epoca  assai  posteriore,  e  disse-  che  lo  scudo  loro  la  forma  aveva 
di  un  delta.  Cesare  nel  descrivere  le  sue  guerre  con  Ariovisto  , 
Re  dei  Mar  cornarmi  t  dice  soltanto  che  i  soldati  Germani  cogli 
scudi,  secondo  il  costume  loro,  la  falange  formavano,  atta  a  rin- 
tuzzare l'impeto  delie  spade,  (il  che  ancora  servirebbe  di  prova 
della  scienza  di  quo"  popoli  nell'arti;  militare),  e  che  molli  Ro- 
mani trovaronsi  ,  i  quali  ,  su  la  falange  salendo  ,  gli  snidi  strap- 
pavano colle  mani  ,  e  i  guerrieri  sottoposti  ferivano.  Onesto  in- 
dica bastantemente  che  gli  scudi  tutto  il  corpo  coprivano  ,  e  che 
i  Romani  collctti  erano  a  spogliarne  i  nemici,  senza  di  che  of- 
fesi non  gli  avrebbono.  Quegli  scudi,  dice  Tacito,  non  erano 
consolidati  col  ferro,   ma  erano  bensì    tessuti   di   vimini,  o  formati 


3 40  DELLA.    MILIZIA 

di  tavolette  sottili  e  dipiate ,  dal  qual  nome  di  tavole  o  tavolette 
trasse  il  Cluverio  la  conseguenza  che  piatti  fossero  quegli  scudi,  non 
concavi,  né  convessi.  Difficilmente  potrà  ammettersi,  siccome  non 
fondata  su  di  alcuna  autorità  o  su  di  alcun  monumento  antico, 
la  distinzione  introdotta  dal  Cluverio,  che  piane  fossero  bensì 
quelle  tavole  ,  arcuate  o  sinuose  le  corteccie  ,  perchè  cosi  fatte 
gli  alberi  le  fornivano  j  Tacito  disse  solo  dei  Li  gii,  dei  Gotoni  , 
dei  Ragli  e  dei  Lemovi ,  che  scudi  rotondi  portavano j  Sidonio 
Apollinare  ne  descrisse  la  punta  centrale  o  1'  ombelico,  ne  de- 
scrisse anche  i  colori  ,  e  tra  gli  altri  il  nero  e  il  fulvo ,  ma  par- 
lò certamente  di  tempi  posteriori  ;  come  dei  Galli  di  epoca  più 
recente,  non  dei  Germani,  lasciò  scritto  Diodoro,  che  scudi  ave- 
vano proporzionati  alla  statura  dell'  uomo ,  ed  ornati  delle  loro 
proprie  insegne.  Tacito  notò  appena  che  con  sceltissimi  colori 
erano  distinti  gli  scudi  Germanici ,  e  il  solo  Quintiliano  narrò 
che  in  uno  scudo  Mariano-Cimbrico  dipinta  era  l'immagine  di 
un  Gallo.  Dall'odierno  costume  di  contrassegnare  con  fascie  gli 
scudi  blasonici  degli  stemmi,  per  il  che  si  dissero  trabeati,  de- 
dusse importunamente  il  Cluverio  la  conseguenza  che  fascie  vi 
avessero  negli  antichi  scudi  dei  Celti  o  dei  Germani. 
aerine  offensive.  Spade. 

Quanto  alle  spade,  lo  stesso  Tacito  asserì  che  rari  tra  i  Ger- 
mani erano  coloro  che  delle  spade  si  servissero,  dal  che  tosto 
inferì  il  Cluverio  che  di  spada  armati  fossero  i  più  ricchi,  i  più 
nobili  o  i  Principi.  Diodoro  però  disse  in  generale  dei  Galli  e  , 
come  vorrebbe  il  Cluverio  ,  anche  dei  Germani ,  che  lunghissime 
spade  avevano  pendenti  al  destro  lato  da  catene  ferree  o  di  ra- 
me ,  il  che  solo  basterebbe  a  mostrare  che  ai  Germani  non  era 
quel  detto  applicabile.  Plutarco  tuttavia  scrisse  dei  Cimbri,  che  di 
grandi  e  pesanti  spade  facevano  uso,  e  Diodoro  dei  Celtibcri,  che 
spade  portavano  a  due  tagli  ,  fabbricate  di  ottimo  ferro  :  Vegezio 
parlò  di  grandi  spade  e  di  piccole,  che  mezze  spade  dicevansi 
presso  i  Romani;  ma  difficile  sarebbe  il  provare  che  i  Romani 
il  modello  di  queste  armi  pigliato  avessero  dai  Galli  o  dai  Ger- 
mani. Dei  Rossolani  disse  lo  stesso  Tacito  che  spade  lunghissime 
con  ambe  le  inani  agitavano,  ma  que' popoli  Germaui  non  erano, 
bensì  Sinuati.  Inutile  altronde  riesce  la  ricerca  dei  varj  costumi 
delle  nazioni  a  questo  proposito,  e  quella  principalmente   del   mo- 


IiIltiLI    ÉBTICHI    CKUMÀNI  .)>.  I 

livo  per  cui  alcuni  popoli  portassero  la  spada  pendente  al  destro 

lato,  altri  al  .sinistro. 
Lancia  ,   dardi. 

Là  dove  Tacilo  scrive,  che  rare  tra  i  Germani  vedevansi  Iti 
spade,  sogghigno  che  pochi  altresì  scrvivansi  di  grandi  lancie, 
majoribus  ìanceis  ,  e  che  gli  altri  portavano  aste  o  dardi;  Dio- 
doro descrive  trae' dardi  o  quelle  aste,  dicendo  che  si  lanciavano, 
e  che  il  ferro  loro  era  della  lunghezza  di  un  cubito  o  anche 
maggiore,  non  mollo  minore  di  un  mezzo  palmo  la  larghezza  del 
ferro  medesimo  ;  e  per  onesto  forse  scrisse  Plutarco  dei  Cimbri  , 
che  invece  di  dardo  aveva  ciascuno  una  bipenne  ,  il  che  quasi  ci 
condurrebbe  alla  forma  delle  armi  porlate  in  Italia  dai  Longo- 
bardi. Silio  II. dico,  forse  troppo  poeticamente,  ha  posto  in  man  » 
a  Grisso  ,  duce  dei  Boti  ,  un'  asti  nodosa  ,  e  quasi  una  trave  di 
quercia  all'estremila  abbrustolata.  Strabone  menzionò  più  volte 
le  aste  o  i  dardi  dei  Galli,  che  si  assomigliavano  in  qualche 
modo  ai  dardi  Persiani.  Le  aste  però  che  Tacilo  nominava 
frameas ,  armate  erano  di  un  ferro  corto  e  stretto  ,  ma  acutissi- 
mo ,  col  quale  pugnavasi  da  vicino  e  da  lontano  ,  maneggiandosi 
l'asta  a  piacere  a  guisa  di  spada,  o  gettandosi  a  guisa  di  già  ve - 
lotto.  1  Cherusci  ,  secondo  lo  stesso  scrittore  ,  armati  erano  di 
grandi  aste  che  da  lungi  ferivano  ,  ed  altrove;  quelli»  storico  no- 
mina le  aste  enormi  ,  i  dardi  ingenti  ,  le  aste  lunghissime,  le  Jan 
eie  e  gli  scudi  dei  cavalieri,  i  dardi  che  i  fanti  vibravano.  Grave 
errore  fu  certamente  quello  di  Isidoro  che  la  framea  di  Tacito 
interpretò  per  una  spada  a  due  tagli.  Pretende  il  Cluverio  che  i 
Germani  facessero  uso  anche  di  piccioli  dardi,  il  di  cui  ferro  lo> 
se  tuttavia  più  lungo  di  quello  delle  spade  ,  ma  questo  non  può 
egualmente  dei  Germani  come  dei  Galli  asserirsi  ,  ed  invano  ra- 
giona a  lungo  quello  scrittore  del  gaesus  dei  Galli,  e  dei  Ga- 
sati scesi  nella  Italia  ;  al  più  potrebbe  ammettersi  ,  che  Tacito 
indicato  avesse  due  generi  di  lancie,  alcune  grandissime,  altre 
minori  o  più  corte  ;  ma  un  puro  sogno  è  il  supporre  che  dardi 
tortuosi  avessero  i  Germani ,  simili  a  quelli  che  fiammeggianti  si 
pongono  in  mano  ai  cherubini.  Le  aste  velitari  ,  quelle  descritte 
da  Vegezio  come  armale  di  un  ferro  triangolare  ,  quelle  dette 
pili  e  spicula ,  i  veruti ,  il  dardo  agreste  ,  detto  sparus  da 
Nonnio  Marcello  e  da  Virgilio  ,  altro  genere  di  dardi  detto  ru- 
Cost.  dell'  Europa  Voi.  IX.  -ai 


3aa  IJKLLA    MILIZIA 

ìiie.r  ,  la  ronfca  ,  le  caie j e  ed  alire  simili  armi,  appartengono  a 
tutt  altre  nazioni,  e  non  mai  ai  Germani:  bensì  può  credersi 
che  le  cateje,  lanciate,  come  scrive  Virgilio,  con  rito  Teutonico, 
una  specie  fossero  di  clava  che  menzionata  vedesi  pure  da  Dio- 
doro e  da  Ammiano  Marcellino,  non  che  da  Stazio,  da  Plinio, 
da  Strabene  e  da  altri  talvolta  anche  ferrata  o  munita  di  ferro 
tagliente.  Dei  Fenni  notato  aveva  Tacito  che  la  speranza  loro  ri- 
ponevano soltanto  nelle  saette  armate  di  ossa  invece  di  ferro  ;  e 
\  egezio  disse  che  terribili  anche  ai  Romani  erano  i  numerosi  sa- 
gitlarj  dei  Goti.  Non  mai  però  presso  i  Germani  più  antichi 
vedesi  fatta  menzione  di  archi,  benché  Strabone  noti  particolar- 
mente dei  Galli  che  anche  di  archi  facevano  uso  :  può  dunque 
ragionevolmente  dubitarsi  che  archi  anticamente  i  Germani  non 
avessero  ,  e  che  le  saette  dei  Fenni  e  dei  Goti  non  fossero  se 
non  che  dardi  lanciati  colla  mano. 
Carri  bellici.   Cavalli. 

Vorrebbe  parimente  il  Cluverio  che  ai  Germani  più  antichi 
non  si  negassero  i  carri  bellici  ,  né  il  costume  di  combattere  dai 
carri ,  perchè  questo  radicalo  vedesi  presso  i  Britanni ,  i  Galli, 
gli  Allobrogi  e  forse  altri  popoli  dell'antichità.  Tacito  non  par- 
lò certamente  di  carri,  e  se  Diodoro  sotto  il  nome  di  Galli 
comprese  anche  i  Germani,  narrò  soltanto  che  nei  viaggi  e  nel- 
le pugne  facevano  uso  di  bighe  che  il  cocchiere  e  il  guerriero 
portavano,  e  che  questo  scendendo  talvolta  dal  carro,  veniva 
colla  spada  a  conflitto  col  nemico.  Bensì  molto  uso  facevasi  dai 
Germani  di  cavalli  al  dire  di  Cesare,  giacché,  sebbene  essi  non 
ricevessero  i  bellissimi  giumenti  della  Gallia  ,  quelli,  che  nel  pae- 
se loro  nascevauo,  tutto  che  piccioli  e  di  forme  non  belle,  col 
quotidiano  esercizio  riducevano  atti  a  gradissime  fatiche.  Pugnan- 
do a  cavallo  ,  segue  a  dire  lo  stesso  Cesare  ,  scendevano  sovente 
e  a  piedi  combattevano  ,  né  i  cavalli  punto  si  allontanavano  ,  per- 
chè accostumati  a  rimaner  in  quel  luogo  ,  affinchè  ben  presto  i 
guerrieri  potessero  all'  uopo  riprenderli.  Tacito  altronde  nota  che 
i  cavalli  Germani  cospicui  non  erano ,  né  per  le  forme  ,  né  per  la 
velocità,  né  accostumati  a  variare  i  loro  giri,  ma  una  linea  retta 
nel  corso  loro  descrivevano,  o  al  più  a  destra  giravano  con  esat- 
ta conversione  ,  così  unita  rimanendo  la  schiera  che  alcuno  non 
traltenevasi  indietro.    Altrove  nota  Cesare  che  la    pugna    equestre 


DEGLI    ANTICHI    ttKKVUNI  3?3 

era  il  genere  nel  quale  maggiormente  i  Germani  venivano  eser- 
citati  ,  e  che  in  egual  numero  seguivano  la  cavalleria  i  fanti, 
pronti  sempre  a  prestare  ad  essa  ajuto  ed  a  raccogliere  O  custo- 
dire coloro  che  ,  ricevuto  avendo  grave  ferita,  cadevano:  secondo 
Plutarco,  tra  i  Bastami  qne* fanti,  saltando  su  i  cavalli,  sotten- 
travano  bene  spesso  ai  cavalieri  caduti.  All'incontro  studiavansi  i 
Germani  nelle  pugne,  come  Tacito  narra  di  Arminio ,  di  rom- 
pere la  cavalleria  nemica  e  di  ferire  i  cavalli,  massime  allorché 
trattenuti  erano  dal  fango  o  da  altro  impedimento,  cosicele- 
mie' cavalli  furiosi,  gettati  a  terra  i  cavalieri,  i  vicini  stramazzi- 
vano  e   i   già   stesi   al  suolo  calpestavano. 

Bardatura.  Equitazione. 

Sidonio  Apollinare  parla  della  bardatura  elegantissima  del 
cavallo  di  un  Principe  (roto  ,  e  di  cavalli  che  raggianti  ciano 
perchè  carichi  di  gemme  ;  ma  egli  allude  a  tempi  molto  posterio- 
ri ,  a  quelli  cioè  di  Segismero  Principe  dei  Goti ,  e  invano  il 
Cluverio  vorrebbe  quegli  ornamenti  attribuire  ai  più  antichi  Ger- 
mani ,  perdio  di  bardature  fa  menzione  Tacito  là  dove  accenni 
i  donativi  ai  Germani  fatti  da  popoli  stranieri.  Piuttosto  accor- 
deremo a  quello  scrittore ,  che  nella  antica  equitazione  non  si 
facesse  uso  di  sella,  sebbene  difficilmente  possa  ammettersi  che 
ne'  tempi  più  remoti  i  Germani  si  servissero  invece  di  sella  dei 
ricchissimi  tappeti  purpurei  ,  che  Silio  Italico  attribuisce  a  Crìsso 
Principe  dei  Boli.  A  provare  il  conto  altissimo  in  cui  la  equita- 
zione e  massime  l'equitazione  guerriera  teneva  si  presso  que'popoli, 
basta  l'osservazione  che  tra  gli  oggetti  più  distinti  che  la  dote 
formavano  della  sposa  ,  oravi  sempre.'  un  cavallo  bardato  che  non 
doveva  esserlo  riccamente,  e  uno  scudo  colla  lancia  e  colla  spa- 
da. Se  credere  si  potesse  che  gli  Alemanni  e  i  Franchi  in  tem- 
pi   di     gran    lunga     posteriori     Conservassero    tuttora     gli     antichi 

costumi  nazionali,  singolare  riuscirebbe  un  passo  di  Niceta  <  le- 
niate j  nel  quale  si  accenna  che  le  donne  di  que'popoli  caval- 
cavano sopra  un  sajo  o  un  tappeto,  invece  di  sella,  non  già  coi 
piedi  riuniti  da  un  lato  ,  ma  sedute  a  cavalcione  colle  gambe  di- 
varicate alla  foggia  degli  uomini.  Nella  Tavola  \  \*  abbiamo  espo- 
sto sulla    scorta   del   Cluverio   la   figura   di    un   capo  o  comandante 

della  milizia  ,    armato  di  tutto  punto  e  seduto  su   di   un  cavallo  , 

che  invece  di  sella  ha  una  specie  di  tappeto  ;  egli  è  anche  segui- 


3*6  DELLA    MILIZIA. 

Principi  per  la  vittoria  pugnavano,  i  compagni  loro  o  i  loro  se- 
guaci, comites ,  per  il  Principe,  non  può  ragionevolmente  inter- 
pretarsi che  questi  capitani  fossero  delle  squadre ,  ma  soltanto 
compagni  dell'  armi ,  o  guardie ,  se  si  vuole  ,  del  corpo  ;  il  die 
viene  confermato  £a.  Tacito  stesso  là  dove  dice  che  i  più  illustri 
giovani  numeroso  seguito  seco  loro  conducevano  che  facile  non  era 
il  mantenere  se  uon  che  colla  guerra  e  colle  rapine;  altrove  dice 
egli  stesso  che  grande  era  tra  i  Principi  la  emulazione  nel  con- 
durre al  seguito  loro  più  numerosi  o  più  forti  compagni ,  non  ca- 
pitani o  ufficiali  delle  truppe. 

udutoviià  dei  duci. 

Degno  è  pure  di  osservazione  il  passo  di  Tacito ,  da  noi  al- 
Irò  ve  citato,  che  i  duci  coli' esempio  anziché  col  comando,  e  colla 
ammirazione  che  col  valore  loro  destavano,  alle  armate  presiede- 
vano ;  del  resto  la  facoltà  non  avevano  né  di  punire  ,  né  d' im- 
prigionare ,  nò  di  percuotere  alcuno  ,  e  questo  uffizio  ai  sacerdoti 
soli  riserbavasi  i  quali  non  agivano  per  ordine  del  duce  ,  ma  co- 
me per  divino  comando.  Invano  stabilire  si  vorrebbe  una  serie  di 
ordini  e  di  uffizj  militari  su  la  base  delle  parole  di  Tacito  ,  il 
quale  narra  solo  che  i  duci  legazioni  ricevevano  e  donativi  ',  che 
culla  fama  sovente  trionfavano,  e  che  nelle  battaglie  turpe  repu- 
lavasi  nel  duce  l'essere  superato  in  valore,  turpe  nel  suo  seguito 
il  uou  emulare  il  valore  del  Principe  ;  chiaro  è  a  vedersi ,  che 
quelle  parole  non  ad  altro  alludono  se  non  che  al  duce  supremo 
o  comandante  dell'esercito;  anche  Cesare  di  fatto  notò  che  nelle 
assemblee  alcuno  dei  primarj  della  nazione  duce  da  se  stesso  no- 
minavasi,  affinchè  la  loro  fede  gli  porgessero  coloro  che  seguire 
l"o  volevano  ,  e  che  sorgevano  tutti  quelli  che  la  guerra  e  il  duce 
approvavano  ,  promettendogli  ajuto  ,  e  se  la  moltitudine  consenti- 
va ,  quelli  che  di  seguirlo  ricusavano,  disertori  e  traditori  repu- 
tavansi.  Strano  adunque  sarebbe  il  supporre  ncll'  antica  milizia 
Germana  una  serie  di  gradi  militari  ed  uffizj,  e  più  probabilmente 
quelle  guerre  che  al  momento  si  dichiaravano ,  e  talvolta  dura- 
vano per  lungo  tempo,  intraprcndevansi  da  tutta  la  moltitudine 
senza  un  ordine  separato  di  schiere,  alle  quali  assegnato  fosse  un 

capo  con  grado  distinto. 
Cosci  izione  militare. 

Una  specie  di  coscrizione  militare  avevano  certamente  gli  Svevi, 


DEGLI    aitu  ni   ..::n\i  \*i  .'>    - 

dei  quali  Cesare  narra  che,  bellicosissimi  essendo  tra  tutti  i  (Mi- 
marli, da  cento  borghi  o  villaggi  sceglievano  ogni  anno  mille  guer- 
rieri per  ciascuno,  che  a  combattere  mandavano  fuori  dei  con- 
fini :  non  si  raccoglie  però  da  alcuno  degli  antichi  scrittori  che 
tutti  i  Germani  concordi  fossero  nello  stabilire  1  età  idonea  a  por- 
tare le  armi.  Dice  bensì  Tacilo  in  un  luogo  che  alcuno  non  po- 
teva pigliare  le  armi  se  non  allorché  la  città  o  l' assemblea  dei 
cittadini  idoneo  a  quell'esercizio  lo  reputava;  altrove  nota  che 
nelle  case  vivevano  coi  loro  armenti,  finché  l'età  separava  gli 
ingenui  ed  il  valori?  li  faceva  riconoscere;  e  già  vedemmo  colle 
parole  di  Cesare,  che  lode  grandissima  era  tra  que' popoli  il  ri- 
manere per  lungo  tempo  tra  gli  impuberi ,  vergognosa  reputan- 
dosi l'avere  commercio  colle  femmine  avanti  l'età  di  vent'anui; 
dal  che  inferire  vorrebbe  il  Cluverio  ,  che  l'anno  ventesimo  del- 
l'età il  primo  fosse  dell'adolescenza.  Nei  comizi  adunque  appro- 
vatasi l'ammissione  di  un  giovane  nel  ruolo  dei  soldati ,  ed  il 
rito  con  cui  armavasi ,  viene  descritto  da  Tacito,  il  quale  nota 
che  il  Principe  ,  o  il  padre  o  alcuno  de'  prossimi  congiunti  del- 
l'iniziato,  in  pubblico  lo  scudo  e  la  lancia  gli  consegnava  e  gli 
cigneva  la  spada ,  dal  che  forse  trasse  origine  anche  il  moderno 
costume  di  armare  i  cavalieri.  In  questo  modo,  sogghigno  quello 
storico ,  riceveva  la  gioventù  il  primo  onore ,  e  mentre  per  lo 
avanti  una  parte  formava  della  famiglia,  allora  parte  della  repub- 
blica costituiva. 
Stipendj. 

Nei  governi  monarchici  ,  per  esempio  tra  gli  Svioni,  siccome 
tutti  ad  un  solo  obbedivano  senza  alcuna  eccezione,  crede  il  (Oli- 
verio che  forzati  andassero  alla  guerra  anche  senza  alcuno  sti- 
pendio, e  nelle  repubbliche  altresì  ciascuno  per  amore  della  guerra 
o  della  libertà  pigliava  le  armi  senza  alcuna  retribuzione;  i  Prin- 
cipi però  ai  loro  compagni  o  seguaci,  o  alle  loro  guardie,  rossi 
ma  ampli  conviti  apprestavano,  i  quali,  secondo  Tacito,  tene- 
vano luogo  di  stipendio.  Agli  altri  tutti  può  credersi  che  in  luogo 
di  premio  o  di  mercede  si  accordassero  le  prede  fatte  a  danno 
di'  nemici,  giacché,  parlando  Tacito  della  trascurala  coltivazione 
de'  campi  ,  dice  apertamente  che  vigliaccheria  riguardatasi  il  pro- 
curarsi col  sudore  quello  che  guadagnare  si  poteva  col  sangue. 
Quindi   è  che  i  Romani,  stipendiati  non  vedendo  i  Germani,  non 


ZaG  DELL1    MILIZIA. 

Principi  per  la  vittoria  pugnavano,  i  compagni  loro  o  i  loro  se- 
guaci, comiles ,  per  il  Principe,  non  può  ragionevolmente  inter- 
pretarsi che  questi  capitani  fossero  delle  squadre ,  ma  soltanto 
compagni  dell  armi ,  o  guardie ,  se  si  vuole  ,  del  corpo  ;  il  che 
viene  confermato  £a.  Tacito  stesso  là  dove  dice  che  i  più  illustri 
giovani  numeroso  seguito  seco  loro  conducevano  che  facile  non  era 
il  manteuere  se  non  che  colla  guerra  e  colle  rapine;  altrove  dice 
egli  stesso  che  grande  era  tra  i  Priueipi  la  emulazione  nel  con- 
durre al  seguito  loro  più  numerosi  o  più  forti  compagni,  non  ca- 
pitani o  ufficiali  delle  truppe. 

udutorilà  dei  ciuci. 

Degno  è  pure  di  osservazione  il  passo  di  Tacito ,  da  noi  al- 
lro\e  citato,  che  i  duci  coli' esempio  anziché  col  comando,  e  colla 
ammirazione  che  col  valore  loro  destavano,  alle  armate  presiede- 
vano ;  del  resto  la  facoltà  non  avevano  né  di  punire  ,  né  d' im- 
prigionare ,  uè  di  percuotere  alcuno  ,  e  questo  uffizio  ai  sacerdoti 
soli  riserbavasi  i  quali  non  agivano  per  ordine  del  duce  ,  ma  co- 
uie  per  divino  comando.  Invano  stabilire  si  vorrebbe  una  serie  di 
ordini  e  di  uffizj  militari  su  la  base  delle  parole  di  Tacito,  il 
quale  narra  solo  che  i  duci  legazioni  ricevevano  e  donativi  ;  che 
colla  fama  soveule  trionfavano ,  e  che  nelle  battaglie  turpe  repu- 
lavasi  nel  duce  l'essere  superato  in  valore,  turpe  nel  suo  seguito 
il  non  emulare  il  valore  del  Principe  ;  chiaro  è  a  vedersi  ,  che 
quelle  parole  non  ad  altro  alludono  se  non  che  al  duce  supremo 
o  comandante  dell'  esercito  ;  anche  Cesare  di  fatto  notò  che  nelle 
assemblee  alcuno  dei  primarj  della  nazione  duce  da  se  stesso  uo- 
minavasi,  affinchè  la  loro  fede  gli  porgessero  coloro  che  seguire 
K)  volevano  ,  e  che  sorgevano  tutti  quelli  che  la  guerra  e  il  duce 
approvavano  ,  promettendogli  ajuto  ,  e  se  la  moltitudine  consenti- 
va ,  quelli  che  di  seguirlo  ricusavano  ,  disertori  e  traditori  repu- 
tavansi.  Strano  adunque  sarebbe  il  supporre  nclF  antica  milizia 
Germana  una  serie  di  gradi  militari  ed  uffizj,  e  più  probabilmente 
quelle  guerre  che  al  momento  si  dichiaravano,  e  talvolta  dura- 
vano per  lungo  tempo,  intraprendevansi  da  tutta  la  moltitudine 
senza  un  ordine  separato  di  schiere,  alle  quali  assegnato  fosse  un 

c-ipo  con  grado  distinto. 
Coscrizione  militare. 

Una  specie  di  coscrizione  militare  avevano  certamente  gli  Svevi, 


DF.ct.i    kimii  HI   <.::rm  \>i  ;    ' 

dei  quali  Cesare  narra  che,  bellicosissimi  essendo  tra  tutti  i  (  ìer- 
mani,  da  cento  borghi  o  villaggi  sceglievano  ogni  anno  mille  guer- 
rieri per  ciascuno,  che  a  combattere  mandavano  inori  dei  con- 
fini :  non  si  raccoglie  però  da  alcuno  degli  antichi  scrittori  che 
tutti  i  Germani  concordi  fossero  nello  stabilire  Y  età  idonea  a  por- 
tare le  armi.  Dice  bensì  Tacito  in  un  luogo  che  alcuno  non  po- 
teva pigliare  le  armi  se  non  allorché  la  città  o  l'assemblea  dei 
cittadini  idoneo  a  quell'esercìzio  lo  reputava  ;  altrove  nota  che 
nelle  case  vivevano  coi  loro  armenti,  finché  l'età  separava  gli 
ingenui  ed  il  valore  li  faceva  riconoscere;  e  già  vedemmo  colle 
parole  di  Cesare,  che  lode  grandissima  era  tra  «pie*  popoli  il  ri- 
manere per  lungo  tempo  tra  gli  impuberi  ,  vergognoso  reputan- 
dosi l'avere  commercio  colle  femmine  avanti  l'età  di  vent'annij 
dal  che  inferire  vorrebbe  il  Cluvcrio  ,  che  l'anno  ventesimo  del- 
l' età  il  primo  fosse  dell'  adolescenza.  Nei  comizj  adunque  appro- 
vatasi l'ammissione  di  un  giovane  nel  ruolo  dei  soldati  ,  ed  il 
rito  con  cui  armavasi ,  viene  descritto  da  Tacito,  il  quale  nota 
che  il  Principe  ,  o  il  padre  o  alcuno  de'  prossimi  congiunti  del- 
l'iniziato,  in  pubblico  lo  scudo  e  la  lancia  gli  consegnava  e  gli 
cigneva  la  spada ,  dal  che  forse  trasse  origine  anche  il  moderno 
costume  di  armare  i  cavalieri.  In  questo  modo,  sogghigno  quello 
storico ,  riceveva  la  gioventn  il  primo  onore ,  e  mentre  per  lo 
avanti  una  parte  formava  della  famiglia,  allora  parte  della  repub- 
blica  costituiva. 

Stipendj . 

Nei  governi  monarchici  ,  per  esempio  tra  gli  Svioni,  siccome 
tutti  ad  un  solo  obbedivano  senza  alcuna  eccezione,  crede  il  CIu- 
verio  che  forzati  andassero  alla  guerra  anche  senza  alcuno  sti- 
pendio, e  Delle  repubbliche  altresì  ciascuno  per  amore  della  guerra 
o  della  libertà  pigliava  le  armi  senza  alcuna  retribuzione;  i  Prin- 
cipi però  ai  loro  compagni  o  seguaci,  o  alle  loro  guardie,  rozzi 
ma  ampli  conviti  apprestavano,  i  quali  «  secondo  Tacito ,  tene- 
vano luogo  di  stipendio.  Agli  altri  tutti  può  credersi  che  in  luogo 
di  premio  o  di  mercede  si  accordassero  le  prede  fatte  a  danno 
de' nemici,  giacché,  parlando  Tacito  della  trascurata  coltivazione 
de'  campi  ,  dice  apertamente  che  vigliaccheria  riguardatasi  il  pro- 
curarsi   col   sudore  quello   che    guadagnare  si    poteva    col   sangue. 

Quindi   è  che  i  Romani,  stipendiati  non  vedendo  i  Germani,  non 


2  2  8  DELLA    MILIZIA 

diedero  mai  ad  essi  il  nome  di  soldati,  ma  quello  bensì  di  plebe 
o  di  volgo;  in  Tacito  troviamo  il  volgo  di  Arminio  trucidato,  e 
altrove  la  plebe  venuta  ad  assalire  il  campo  Romano;  ed  A  ni- 
nnano Marcellino  narra  che  assalita  fu  la  plebe  Alemanna  ;  che 
ai  barbari  armati  si  unì  la  plebe,  cioè  l'esercito  di  Vadomaro  5 
che  in  un  combattimento  si  volle  che  i  cavalieri  del  Re  scen- 
dessero da  cavallo  onde  non  abbandonare  la  miserabile  plebe.  Dei 
duci  parimente  non  narrasi  che  stipendj  ricevessero,  ma  soltanto 
regali,  i  quali  in  armenti  o  in  biade  d'ordinario  consistevano. 
Corteo  dei  duci. 

Dopo  di  avere  notato  che  la  chiarezza  della  stirpe,   o  i  grandi 
meriti  dei    padri  o  degli   antenati ,    anche  ai  giovanetti  la  dignità 
di  Principi   procuravano  ,    il  che  punto  non  si  riferisce  alla  mili- 
zia ,  Tacito    soggiugne    tosto    che    ai    più  robusti ,  e  già  reputati 
idonei  al  maneggio  delle  armi ,  si  aggregavano  ,  né  punto  arrossi- 
tilo di  trovarsi  tra  i  loro  seguaci  o  compagni  ,  dal  che  prese  ar- 
gomento il  Ciuverio  a  ragionare    lungamente  del  corteo  dei   duci 
o  dei  Principi ,  e  in  generale    dei    capitani  da  esso  supposti.  Ma 
chiaro  apparisce  che  questa  riunione  dei  figliuoli  dei   capi  ai  gio- 
vani più  validi  e  robusti  ,  già  dichiarati  idonei  alla  guerra  ,  altro 
non  era  che  un  modo    di    procurare  ad  essi    istruzione  ed  eserci- 
zio ,  e  renderli  quindi  più  idonei    al  servigio   della   repubblica.  Il 
capo  che  molti    seguaci  aveva',  a    suo   giudizio  distingueva  coloro 
the  ne'combaltimeuti  si  segnalavano,  e  quindi  formavano  i  diversi 
gradi  di  quel  corteo,  che  però  non  erano  gradi  militari  ;  in  prova 
di  che  si  legge  in    Tacito  medesimo  ,    che  grande  era  la  emula- 
zione di  quel  compagni  nel  valore  ,  studiandosi  ciascuno  di  essi  di 
ottenere  il  primo  posto  presso  il  Principe  ,  non  già  il  primo  nel- 
i'  armata.  Strano  non    è  dunque    che  decoroso   fosse  per  il  Prin- 
cipe o   capo  lo  avere    compagni    numerosi   e  forti,  e  l'essere  cir- 
condato di  uno  stuolo  di  scelti   giovani  che   in  pace  onore  gli  re- 
cavano, difesa  nelle  guerre,   il  che  fama  gli  procurava    non  solo 
nella  sua  nazione  ,  ma  anche  presso  le  vicine.  Il  numero  adunque 
ed  il  valore  di  que' compagni  la  gloria  formava  de' capi,  e  quindi 
colmati  erano    que' giovani    di    donativi,   munerìòus    ornabantur. 
Que'  giovani,  emuli  sovente  del  valore    del  capo,  infami  reputati 
erano  per  tutta  la  vita  ,  se  superstiti  al  capo   medesimo  dal  campo 
si  ritiravano,  giacché  tenuti  erano  a  difenderlo,  a  guarentirlo  dalle 


DEGLI     AHT1CHI    GEnMAM  3*g 

offese  ed  anche  ad  attribuire  ad  esso ,  poiché  giurato  lo  avevano  , 
tutte  le  loro  gesta  gloriose,  il  che  certamente  avvenuto  non  sa- 
rebbe se  que'  giovani  graduati  .  fossero  stati  invece  di  semplici 
compagni  i  duci  delle  squadre  o  i  capitani  dell'  esercito.  Costitui- 
vano adunque  que' compagni  la  guardia  del  capo  o  del  Principe, 
e,  sebbene  alluda  ad  epoca  molto  posteriore,  narra  Ammiano  di 
Conodomaro  Re  degli  A 'l 'emaniti ,  tenaci  forse  dell'antico  costu- 
me, che  essendosi  quel  Re  arreso  ai  Romani  perchè  più  scampo 
non  aveva  ,  i  suoi  compagni  al  numero  di  dugento  e  tre  fedelis- 
simi amici,  scelleratezza  reputando  il  vivere  dopo  il  Re,  o  il  non 
morire  con  esso  ,  volontari  le  mani  offerirono  alle  catene.  Quello 
storico  medesimo  indica  talvolta  que' compagni  col  nome  di  satel- 
liti,  cioè  di  guardie  della  persona,  e  Cesare,  parlando  di  Adcan- 
luanno  Principe  dei  Galli ,  nominati  gli  aveva  devoti  e  col  nome 
nazionale  soldurii,  dal  che  venne  forse  quello  più  recente  di  soldati. 

J'cssilli  e  insegne. 

Il  Cluverio  ha  preteso  di  assegnare  ai  Germani  più  antichi 
anche  i  vessilli  o  le  insegne  militari ,  e  persiuo  le  trombe  guer- 
riere; ma  egli  non  trovò  appoggio  se  non  che  in  alcune  parole 
di  Tacilo  ,  nelle  quali  si  nota  che  a' tempi  suoi  i  Germani  por- 
tavano ne' combattimenti  alcune  immagini  e  alcune  statue  tolte 
dai  boschi  sacri.  Ma  queste  rigorosamente  non  potevano  dirsi  in- 
segne o  vessilli,  e  lo  storico  stesso,  parlando  di  una  battaglia 
data  su  le  rive  del  Reno  da  Civile,  dice  che  da  una  parte  vede* 
vansi  le  insegne  delle  Romane  coorti,  dall'altra  le  immagini  delle 
fiere  tolte  dalle  selve  e  dai  boschi  sacri.  Non  giova  dunque  al- 
l'argomento il  citare  Dionigi  d' Alicarnasso  ,  che  nulla  più  vene- 
rabile trovava  delle  insegne  nella  Romana  milizia  ,  r.è  molto  meno 
Ditmaro  scrittore  de' bassi-tempi ,  che  i  vessilli  rammenta  dei 
Luizici ,  Sarmati  o  Sinvi  di  nazione.  Si  inganna  poi  manifesta- 
mente il  Cluverio,  là  dove  suppone  che  quelle  immagini  dipinte 
fossero  sopra  le  grandi  bandiere  come  ancora  si  costuma,  e  ben 
poco  fondamento  trova  nei  vessilli  dei  2)srvingi ,  menzionati  da 
ÀmmiaDO  soltanto   nell'epoca    dell'  Imperatore   A  ;. lente. 

Trombe  guerriere. 

Rispetto  alle   trombe  guerriere  ,    egli    non  si  appoggia  se  non 

che  ad  un  testo  di  Diodoro,  il  quale  asserì  soltanto  che  di  trombe 

barbariche,    secondo  un  loro  particolare  costume,  facevano   uso  i 


33©  DBLLA    MILIZIA 

Galli,  e  ad  altro  di  Lucano,  che  solo  parlò  delle  trombe  ricurve 
dei  Mangioni  o  dei  Bacavi.  Nel  rimanente  le  trombe  tetriche  , 
menzionate  da  Marziale,  appartenevano  soltanto  agli  Odrisii  che 
Traci  erano  j  e  le  trombe  ritorte  e  turbinate  da  Ovidio  a  tut- 
t'  altra  milizia  sono  attribuite  che  non  alla  Germanica.  Al  più  po- 
trebbe citarsi  con  qualche  fondamento  il  passo  di  Plutarco  nella 
vita  di  Mario ,  nel  quale  si  accenna  che  dicevansi  dai  soldati 
Romani  portate  nel  campo  di  Gatulo  le  insegne  militari  e  le 
trombe  dei  Cimbri }  sebbene  questo  non  si  riferisse  da  Plutarco 
stesso  se  non  che  per  fama. 
uic  campamenti. 

Da  alcune  parole  di  Tacito  relative  ai  soli  Marcomamii ,  crede 
il  Cluverio  di  poter  inferire  che  i  Germani  d'ordinario  nelle  loro 
spedizioni  guerriere  su  i  colli  si  accampassero  ',  i  Cimbri  però  po- 
sto avevano  anticamente  il  campo  su  le  due  rive  di  un  fiume,  e 
ancora  a.'  tempi  di  Tacito  il  circuito  se  ne  vedeva  dal  quale  ar- 
gomenlare  potevansi  la  mole  dell'opera,  la  forza  e  la  grandezza 
di  quella  nazione.  Piantavano  adunque  i  più  antichi  Germani  con 
qualche  artifizio  i  campi  loro,  e  forse  di  una  fossa  e  di  qualche 
specie  di  muraglia  li  circondavano,  se  ancora  qualche  avanzo  ne 
rimaneva  su  le  rive  dell'Adige  e  del  Rodano,  in  epoca  assai  po- 
steriore a  quella  di  Mario.  Narra  altresì  Plutarco  che  i  soldati 
Mariani,  respinti  avendo  i  Cimbri  sino  ai  trinceramenti  loro, 
videro  un  orrendo  spettacolo  ,  cioè  femmine  ben  ornate  e  sedute 
su  i  carri,  che  i  fuggitivi  uccidevano  j  Orosio  soggiunse  che 
quelle  donne  su  i  carri  sedevano,  disposti  in  modo  da  formare 
recinto  al  campo,  e  che  di  là  combattendo,  esse  giunsero  quasi 
a  respignere  i  Romani.  Questo  costume  vedremo  in  altro  periodo 
conservato  dai  Goti  e  da  altri  popoli  Germani,  perfino  nelle  loro 
guerre  cogli  ultimi  Romani  Imperatori.  Anche  tra  i  Galli  Cesare 
fa  menzione  di  cavalieri,  che  secondo  il  costume  loro  venuti  erano 
con  molti  carri  e  grandi  impedimenti  coi  quali  si  trinceravano  $  e 
gli  Eùvezj  altresì  invece  di  una  muraglia  i  carri  opponevano,  dal- 
l'alto dei  quali  saettavano  i  Romani  che  all'assalto  accorrevano. 
Dei  Tenti  ri  pure  e  degli  Usìpeti ,  Germani  certamente,  narra 
lo  stesso  Cesare  che  una  irruzione  fecero  i  Romani  nel  campo 
loro,  e  che  que' pochi  che  prestamente  riuscirono  ad  armarsi, 
qualche  resistenza  opposero ,  pugnando  frammezzo  ai  carri  ed  agli 


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lIBìERia  Gf  ILUNOIS 


bSCLl     ANTICHI    CtRilAHl  -i.^I 

impedimenti.  Di  questi  recinti,  talvolta  vastissimi  di  carri  e  'li 
bagagli  veggoqsi  le  figuri-  nella  edizione  Italiana  dei  Commentar} 

di  Cesare  con  le  tavole  dì  Andrea  Palladio,  copiate  poi  io  pia 
splendida  forma  nella  idi/ione  di  Londra  fatta  da  Thompson  , 
benché  non  siasi  renduta  la  dovuta  giustizia  al  genio  Italiano.  Un 
campo  degli  antichi  Germani  ha  pure  esposto  il  Cluverio  ,  e  noi 
ue  abbiamo  riprodotta  la  delineazione  nella  Tavola   /\G. 

sluspicii.  Sorli. 

Da  altri  testi  di  Tacito  potrebbe  raccogliersi,  che  nei  pleniluni 
e  nei  novilunj  si  intimassero  le  guerre,  e  in  preferenza  si  ordi- 
nassero le  battaglie ,  giacche  di  favorevole  auspicio  credevansi 
que' giorni  per  qualunque  impresa.  I  prigionieri  tuttavia  fatti  da 
Cesare  nelle  guerre  con  Ariovisto,  costume  generale  dei  Germani 
dicevano  il  consultare  le  sorti  gettate  dalle  loro  madri  di  fami- 
glia ,  le  quali  pure  dichiarato  avevano  che  i  Germani  insuperabili 
sarebbono  ,  qualora  combattessero  avanti  la  nuova  luna.  Le  vergini 
fatidiche,  menzionate  da  Tacito,  che  l'eccidio  delle  legioni  pro- 
mettevano ,  appartengono  a  tempi  posteriori ,  alle  guerre  cioè  di 
Germanico  ;  ma  più  antico  sembra  il  costume  rammentato  dallo 
stesso  Tacito,  di  esplorare  l'evento  di  una  battaglia  col  mezzo 
della  monomachia  tra  due  individui  delle  diverse  nazioni,  del 
quale  rito   abbiamo  già   altrove   parlato. 

Disposizione  della  schiere» 

Nella  età  di  Tacito  l'esercito  si  schierava  in  battaglia,  for- 
mato in  cunei ,  ma  incerto  e  se  più  anticamente  si  conoscesse  dai 
Germani  quella  tattica  ,  e  se  i  cunei  loro  fossero  le  piramidi  ili 
fanti  descritte  da  Yegezio.  Un  cuneo  però  formato  avevano  anche 
i  Galli  ,  combattendo  con  Cesare,  e  rotte  in  questo  modo  le  file 
Romane,  ma  ai  Galli  Livio  attribuisce  anche  la  testuggine,  co- 
me il  cuneo  ai  Ccltiberi ,  e  delle  testuggini  non  viene  fatta  alcuni 
menzione  tra  i  Germani.  Da  Cesare  impariamo  soltanto  che  usciti 
«lui  campo  loro  i  Germani  combattenti  sotto  Ariovisto,  sopraslct- 
tero  e  in  separate  squadre  fonnaronsi  da  pari  intervalli  divise, 
gli  Anuli  ,  i  Marcomauni ,  i  Tribocci ,  i  /  angioni  ,  i  JVemeti, 
i  Sedi/sii  e  gli  Svcvi.  Dei  Caniiicfati  ,  dei  Frisii  ,  dei  Baiavi, 
narra  Tacito  che  il  duce  loro  in  cunei  ripartiti  li  compose,  e 
altrove  nota  che  Civile  non  presentò  la  fronte  dell'esercito,  ma 
lo  dispose  in  cunei.  Il  Cluverio  i  cunei  volle  confondere  colle  ale, 


33a  DELLA    MILIZIA 

l'uno  credendo  più  numeroso  e  più  forte  dell'altro,  e  malamente 
quindi  interpretò  il  passo  di  Cesare  nel  quale  è  detto  soltanto 
che  Ario  visto  in  una  battaglia  si  tenne  presso  il  corno  destro  o 
la  destra  ala ,  che  la  parte  più  debole  sembrava ,  come  altrove 
pure  si  narra  che ,  volta  essendo  in  fuga  F  ala  sinistra  o  il  sini- 
stro corno,  grande  impeto  si  fece  colla  moltitudine  dal  destro: 
non  vedesi  però  generalmente  fatta  menzione  di  corna  o  di  ale 
nelle  armate  Germaniche. 
Fanteria  e  cavalleria. 

Tacito  in  qualche  luogo  persuasi  credette  i  Germani ,  che 
maggiore  forza  avessero  nel  combattimento  i  fanti  ,  e  quindi  an- 
nunziò che  mescolati  pugnavano ,  collocando  su  la  fronte  dell'  e- 
sercito  giovani  scelti _,  i  quali  idonei  fossero  colla  loro  velocità  ad 
emulare  la  pugna  equestre  ;  di  questi ,  soggiugne  egli  ,  cento  se 
ne  sceglievano  per  ciascun  borgo  o  villaggio,  e  ad.  onore  reputa- 
tasi il  sortire  il  primo  numero.  Anche  Cesare  esercizio  dei  Ger- 
mani appella  lo  scegliere  un  numero  eguale  di  cavalieri  e  di 
fanti  velocissimi  e  robustissimi  ,  col  quale  mezzo  nelle  pugne  a 
vicenda  i  cavalieri  ed  i  fanti  si  prestavano  vicendevole  assistenza: 
Irzio  nota  però  che  i  Germani  su  la  destra  del  Reno  ,  i  cavalli 
ai  fanti  interponendo ,  combattevano.  Anche  tra  i  Baiavi,  i  t7a- 
lìinefati  e  gli  Ubii,  la  cavalleria  e  la  fanteria  nella  velocità  ga- 
reggiavano. Il  Cluverio  immaginò  che,  come  la  fanteria  formavasi 
in  cunei  ,  cosi  la  cavalleria  si  disponesse  per  turme  o  squadre  , 
ma  egli  non  reca  in  appoggio  se  non  che  un  testo  di  Tacito  , 
nel  quale  si  parla  della  riunione  di  un'  orda  o  di  una  tribù , 
non  già  di  quella  di  un  esercito.  Difficilmente  potrà  ammettersi  o 
anche  intendersi  quello  che  il  solo  Plutarco  narra  dei  Cimbri, 
che  affine  di  conservare  le  file  ,  legavansi  gli  antesignani  ,  o  i 
primi  guerrieri  di  fronte  ,  con  lunghe  catene  che  nei  cingoli  loro 
passavano.  Una  opinione  priva  di  fondamento  è  pure  quella  del 
Cluverio,  che  a  qualunque  cuneo  o  a  qualunque  drappello  di  ca- 
valieri un  vessillo  assegna  o  una  bandiera:  provato  sembra  bensì 
con  alcuni  passi  di  Cesare  e  di  Tacito  ,  che  non  solo  circondato 
fosse  il  campo  di  carri ,  ma  questi  ancora  nelle  battaglie  si  tenes- 
sero dietro  1'  esercito,  affinchè  tolta  fosse  qualunque  speme  della 
fuga;  e  su  i  carri  ponevansi  le  donne  ed  i  fanciulli,  che  i  guer- 
rieri animassero  a  difendere  la  loro   libertà  e  i  fuggitivi  coi  loro 


DEOLI    ANTICHI    OBRMASI  .'».).) 

rimproveri  rimandassero  alla  pugna.  Quindi  elega ntamente  ilice 
Tacito ,  che  prossimi  erano  ai  guerrieri  i  loro  pegni  pia  cari  ; 
che  udire  si  potevano  gli  urli  delle  femmine,  e  i  vagiti  de' bam- 
bini ;  che  quc:>ti  erano  santissimi  testimonj  del  valore  ,  questi  i 
grandi  encomiatori  del  merito  ;  che  alle  madri,  alla  spose  ripor- 
tavansi  le  ferite  ,  nò  esse  sdegnavano  di  numerare  e  di  suggere 
Je  piaghe;  che  quelle  altronde  recavano  i  cibi  e  le  più  valide 
esortazioni  ai  combattei) ti,  d'onde  nasceva  che  spesso  le  femmine 
un  combattimento  quasi  perduto  ravvivassero  e  la  vittoria  procu- 
rassero all'esercito,  giacché  di  nulla  meno  tolleranti  erano  i 
Germani  che  dei  femminili  rimproveri.  Cosi  Civile  la  madre  sua 
e  le  sorelle,  e  le  mogli  dei  soldati  suoi  coi  loro  bambini  collo- 
cale aveva  alle  spalle  dell'esercito,  allineile  incitamento  fossero 
alla  vittoria,  o  la  vergogna  formassero  de' fuggitivi. 
Riviste,  ^allocuzioni. 

Dalla  relazione  delle  guerre  tra  Arminio  e  Maroboduo  può 
facilmente  raccogliersi  che  ciascuno  dei  capi  ,  d'  ordinario  a  ca- 
vallo,  la  rivista  faceva  delle  sue  schiere  e  le  spoglie  dei  nemici 
già  da  alcuni  apportate  celebrava  ,  e  cou  opportuna  allocuzione 
tutti  stimolava  all' amore  della  libertà  e  della  gloria.  Comincia- 
tasi quindi  la  battaglia  ,  ma  non  egualmente  ai  Germani  come 
ai  Galli  può  applicarsi  la  asserzione  di  Diodoro,  che  i  capi  scor- 
revano qua  e  là  ,  e  i  più  forti  nemici  a  singolare  certame  provo- 
cavano,  le  armi  loro  scuotendo  ad  oggetto  di  intimorire  i  nemi- 
ci; questo  costume  altronde  viene  ai  soli  Galli  attribuito  da 
Livio  e  da  altri  Latini  scrittori.  11  solo  Frontino  parla  di  un 
Tentone  ,  il  quale  ferocissimo  ardi  sfidare  il  duce  supremo  dei 
Romani  ;  ma  questo  fatto  non  appartiene  ad  epoca  mollo  antica  , 
come  ai  soli  Celtiberi  e  ad  epoca  ancora  più  recente  appartiene 
il  fatto  narrato  da  Appiano  ,  di  un  guerriero  splendidamente  ve- 
stito ,  che  uscì  dalla  città  di  Intercazia  assediata  ,  e  sfidò  qualun- 
que Romano  che  con  esso  pugnate  volesse  e,  niuno  presentandosi, 
saltando  per  ludibrio  e  i  Romani  deridendo  ,  torneasene  alla  città. 
Caliti  guerrieri. 

All'  età  sola  di  Tacito  e  non  a  tempi  più  antichi  ,  apparten- 
gono i  canti  guerrieri  nei  quali  le  prodezze  di  Ercole  si  celebra- 
vano ,  ed  altri  carmi  o  altre  canzoni,  colle  (piali  non  solo  l'ani- 
mo accendetesi   de   guerrieri  ,   ma  predicevasi   ancora  o   auguratasi 


3.'$4  DELLA     MILIZIA 

la  vittoria  del  futuro  combattimento.  Nota  però  Tacito  in  quel 
luogo  ,  che  la  moltitudine  atterrita  era  all'  udire  il  segnale  della 
piletta;  che  per  questo  si  intuonavano  que' canti  che  una  musica 
sembravano  piuttosto  di  valore  che  non  di  voce  j  che  la  gravità 
del  suono  e  un  rauco  mormorio  si  affettava,  e  che  alla  bocca  si 
applicavano  gli  scudi,  affinchè  ripercossa  la  voce,  più  forte  e  più 
grave  riuscisse.  Dopo  di  avere  udita  1'  orazione  di  Civile  ,  i  Ca- 
ninefati ,  i  Frisii ,  i  Baiarti  ed  i  Gugerui ,  secondo  Tacito  stesso, 
i  detti  del  duce  col  suono  dell'  armi  e  coi  tripudj.,  giusta  il  co- 
stume loro  approvarono  ,  e  quindi  cominciarono  la  battaglia  con 
sassi  e  ghiande,  probabilmente  di  ferro  qualora  ciottoli  di  pietra 
non  fossero,  e  con  altri  projettili.  Le  grida  de' soldati  o  i  clamo- 
ri ,  come  Tacito  scrive ,  1'  esito  talvolta  della  pugna  indicavano  , 
perchè  se  più  frequenti  erano  o  più  vivaci ,  la  vittoria  annunzia- 
vano ,  la  perdita  all'incontro  se  lenti,  disuguali  o  dissonanti.  Nelle 
guerre  di  Civile  i  canti  degli  uomini  si  accompagnavano  cogli  urli 
delle  femmine ,  e  di  molto  inferiori  erano  le  grida  delle  Romane 
legioni  e  coorti.  I  Sicambri  intorno  alle  loro  mura  cantavano  e 
si  abbandonavano  ai  tripudj,  secondo  Tacito  stesso,  e  altrove 
quello  storico  dice  che  le  squadre  Germane  unf  canto  truce  in- 
tuonavano e ,  secondo  il  patrio  costume  ,  gli  scudi  sopra  gli  omeri 
scuotevano ,  il  che  Livio  accenna  pure  dei  Galli. 
Metodo  di  combattere. 

I  duci  certamente  le  truppe  loro  animavano  non  tanto  colle 
parole ,  quanto  coli'  esempio  ,  giacché  Tacito  nota  apertamente  che 
coli' esempio  e  colla  ammirazione  che  nelle  truppe  destavano,  me- 
glio operavano  che  col  comando,  e  altrove  di  Arminio  narra  che 
colla  mano,  colla  voce,  colle  ferite  la  pugna  reggeva  e  massime  gli 
arcieri  animava,  finché  collo  sforzo  della  persona  e  coll'impeto  del 
cavallo  riuscì  a  rompere  le  file  nemiche.  Tutti  però  da  un  eguale 
spirito  animati  erano  i  guerrieri,  anche  avanti  l'epoca  Romana,  nella 
quale  cominciato  avevano  a  seguire  le  insegne  e  ad  ascoltare  i  co- 
mandi; perchè  il  solo  avere  perduto  nella  pugna  lo  scudo  come 
cosa  ignominiosa  riguarda  vasi ,  cosicché  più  non  poteva  quel  sol- 
dato né  ai  sacri  riti ,  né  all'  assemblea  pubblica  intervenire;  e 
molti  che  salvati  eransi  dalle  battaglie  colla  fuga  ,  finivano  la  vita 
loro  col  laccio.  Se  dei  Germani  parlò  Dione  che  sotto  Ariovisto 
militavano,  stretti  quei  soldati  in  corpi  di  trecento  ciascuno,  tal- 


DEGLI    ANTICHI    CKRMÀIU  335 

volla  anco  maggiori  o  minori  di  numero  ,   circondandosi  tutto  al- 
l'intorno cogli  scudi  «  ritti   in  piedi,   reggevansi  in  tal   modo  che 
attaccare    non    potevansi ,    né   tampoco    turbare    nel    loro  ordine; 
quello    storico    soggiugne    che    non    pugnavano,    né  alcun   insulto 
ostile;  sopportavano,  ma  fermi   rimanendo   al  luogo  loro,  sembra- 
vano circondati    di  torri.    Già    vedemmo    che    i  fuggitivi   talvolta 
uccisi  erano  dalle  donne  ,   massime  tra  i  Cimbri  ,  e  Plutarco  nula 
che  quelle  femmine  non  facevano  distinzione  alcuna   tra  gli  sposi, 
i   fratelli  ,   i  padri  ;   che   i   bambini  strozzavano  colle  loro   mani  ,   e 
gcttavanli    sotto  le  ruote  de' carri  o    sotto  i  piedi   de*  giumenti ,  o 
quindi  da  loro  slesse  si  trucidavano.  Una  di  queste  appiccata  erasi 
all'  alto  di  un    timone  ,  e  dalle  sue    gambe  pendevano    due  bam- 
bini egualmente  sospesi  con  un  laccio;  molti  fuggiaschi,  alberi  non 
trovando  ,    alle  eurna    o  alle  gambe  dei  buoi   coi  lacci  sospende 
vansi  ,  e  quindi    quegli    animali  stimolavano,    affinchè,    nella  fuga 
loro   rapiti  ,   o  soilocati   o    lacerati    perissero.    Orosio    scrittore  più 
recente,  soggiugne  che  le  donne  de'  Cimbri  e  dei  Teutoni  la  con- 
servazione della  castità  dal  consolo  implorarono  ,  offerendosi  a  ser- 
vire le  vergini  sacre  ,  e  non  ottenendolo  ,  i  bambini  loro  uccisero 
gettandoli  contra   gli  scogli  ,  e  poscia  o  col    ferro  o  col  laccio  la 
morte  si  procurarono.   Delle  donne  poi  dei  Cimbri  stessi  scesi  in 
Italia,  narra  che  volendosi  ad  esse  dai  Romani  tagliare  i  capelli, 
o  anche  coi  capelli  la  sommità   della  cervice,   preferirono  alcune 
di  scannarsi  a  vicenda  ,  altre  di  strangolarsi,  e  altre  di  legarsi  colle 
corde  alle  gambe  dei  cavalli  ,  o  di  appiccarsi  ai  timoni. 
jùsedj. 

Mentre  i  Romani  col  cignere  all'  intorno  le  piazze  e  con  molte 
opere  e  macchine  formavano  i  loro  assedj,  il  Cluverio  è  d' av- 
■\iso  che  gli  antichi  Germani  altro  non  conoscessero  se  non  che 
l'arte  di  circondare  i  luoghi  muniti.  Tacito  però,  parlando  del- 
l'assedio del  campo  Romano  fatto  dai  Caninefati ,  dai  Bracieri, 
dai  l'risii  e  dai  Tentai  ,  dice  che  osarono  anche  di  adoperare 
le  macchine ,  cosa  presso  di  essi  insolita  ,  il  che  ripete  pure  ra- 
gionando delle  guerre  di  Arminio  :  può  dunque  ragionevolmente 
asserirsi  che  1'  uso  delle  macchine  adottato  avessero  soltanto  ad 
imitazione  dei  Romani.  Inutile  riesce  quindi  il  rintracciare  gli 
esempj  delle  macchine  guerriere  in  età  più  recente  adoperale  dai 
Goti  e  da  altri  Germani j  dei  Galli  però  scritto  aveva  Cesare  cli« 


33(>  DELLA    MILIZIA 

con  truppe  numerose  le  citth  cignevano  e  da  tutte  le  parli  lan- 
ciavano pietre  contra  le  mura,  dopo  di  che,  vedendo  il  muro 
spoglio  di  difensori  ,  formata  la  testuggine  ,  si  avvicinavano  alle 
porte,  o  il  muro  abbattevano;  e  Tacito  dei  Baiavi  e  di  altre 
nazioni  poste  su  la  destra  del  Reno  narrò  che  queste  ,  dopo  di 
avere  per  lungo  tempo  lanciati  i  dardi  contra  le  torri  e  le  som- 
mità delle  mura  del  campo  Romano  ,  con  altissime  grida  e  vali- 
dissimo impeto  il  recinto  iuvasero ,  alcuni  colle  scale  alle  mura 
stesse  applicate ,  altri  coperti  cogli  scudi ,  che  però  in  gran  parte 
precipitavano  o  altrimente  perivano.  Di  esploratori  forse  non  man- 
cavano ,  ma  non  sapevano  approfittarne ,  perchè,  soggiugne  Tacito, 
la  sola  disperazione  suggerì  ad  essi  di  differire  l'assalto,  mentre 
non  ignoravano  che  solo  per  pochi  giorni  gli  assediati  avevano 
alimenti  ed  entro  il  recinto  stanziava  una  turba  imbelle.  Forse  in 
epoca  posteriore  adottato  avevano  anche  1'  artifizio  de'  tradimenti  , 
perchè  Civile  ,  vedendo  di  non  potere  molto  ottenere  colla  oppu- 
gnazione ,  volto  erasi  coi  messaggi  e  colle  promesse  a  tentare  la 
fedeltà  delle  legioni. 
Bottino.  Prigionieri. 

Avidi   di  predare    anziché  di  fare  molti    prigionieri ,    credette 
il    Cluverio  i  Germani  ,    appoggiato  ad  un    testo  di    Dione  ,    nel 
quale    vien    detto    che    dopo    una   battaglia  i  Romani    tutti   periti 
sarebbono  o  caduti  prigionieri,  se  i  Germani  non  avessero  comin- 
ciato ad   occuparsi  nel    rapire  la  preda.    Questo  fu  in  tempi   po- 
steriori   lo    scampo    di     Cecina  ,     che    caduto    da    cavallo    venne 
circondato ,  benché  una  legione  si  opponesse  ;  giovò  ad  esso  ,  dice 
Tacito,  l'avidità  dei  nemici  che  la  preda  preferirono  alla  strage; 
ed  altrove  narra  quello  storico  che  ai  Germani    vittoriosi    nocque 
la  gara  nata  tra  essi  di  raccogliere  il   bottino,    senza  più  pigliarsi 
cura  del    nemico.    Così  i  Catti    presso  il  Reno    sorpresi    furono , 
perchè    aggravati  dal    sonno  e  dalla  preda  ,  in  mezzo    alla    quale 
diguazzavano  ;  e  i  Cherusci  dopo  una   pugna  coi  Promani,  abban- 
donati eransi  a  festivi  banchetti  e  ai  canti  ,  il  di  cui  suono  truce 
rimbombare    faceva  le  valli  e  le  colline.    Nella  guerra  però  tra  i 
Catti  e  gli  Ermunduri ,  i  primi,    come  già  altrove  si  notò,  con 
voto  a  Marte    ed  a  Mercurio    consacrato    avevano  i  cavalli    e  gli 
uomini,  e  tutti  quindi  si  uccidevano  ,   tutta  distrnggevasi  la   preda. 
Queste    pratiche    tuttavia    riferire    non  si    possono  se  non    che  ai 


ni  GLI     1HTICH1    GERMAin  33"7 

tempi  nei  quali  già  cnmbiat.1  ora  la  religione,  già  aiutati  crino 
i  costumi  dei  Germani ,  e  quindi  né  mire  dalla  descrizione  fati  » 
elegantemente  da  Tacito  del  campo  Romano  dopo  la  battaglia  di 
Varo  ,  potrebbe  pigliarsi  una  giusta  idea  di  quello  che  dopo  una 
battaglia  più  anticamente  avveniva.  Quella  descrizione  noi  ripor- 
teremo ,  come  in  luogo  più  opportuno  ,  là  dove  si  ragionerà  del 
periodo  del  Romano  dominio. 
Rogiti,   spoglie,   trofei. 

Sembra  tuttavia  clic  anche  presso  i  Germani  primitivi  passato 
fosse  ,  forse  dalle  nazioni  Asiatiche  ,  il  costume  di  abbruciare  in 
altissimi  roghi  i  cadaveri  degli  uomini  e  de'  cavalli  ,  ed  anche 
gran  parte  della  preda;  ma  importunamente  da  alcuni  versi  di 
Silio  italico  che  parlò  di  Annibale  e  dei  Cartaginesi,  vorrebbe 
dedursi  che  questi  immensi  roghi  soltanto  nella  notte  dai  Germa- 
ni si  accendessero.  Così  pure  non  potrebbe  ai  Germani  applicarsi 
quello  che  Diodoro  narra  dei  Galli,  cioè  che  al  collo  de' cavalli 
appendevano  le  teste  dei  nemici  uccisi;  che  le  spoglie  tinte  di 
sangue  facevano  portar;  innanzi  ad  essi  dai  servi  come  in  trionfo, 
e  che  queste  primizie  dei  combattenti,  non  al  tri  mente  che  le 
fiere  uccise  alla  caccia,  ai  vestiboli  delle  case  affiggevano,  gelo- 
samente conservando  nelle  casse  le  teste  dei  nemici  più  distinti 
unte  coli'  olio  di  cedro  ,  onde  ,  mostrarle  con  vanto  agli  ospiti  ed 
agli  stranieri  ,  per  il  che  ricusavano  grandiose  somme  di  danaro 
e  sino  il  peso  equivalente  di  oro,  per  lo  riscatto  di  alcuna  di 
quelle  teste.  Lo  stesso  annunzia  Strabone  dei  Galli  su  la  fede  di 
Posidonio  ,  e  solo  aggiugne  che  quel  genio  strano  e  barbarico  di 
sospendere  le  teste  alle  chiome  de' cavalli  e  di  affiggerle  alle 
porte  ,  comune  era  a  molte  nazioni  settentrionali ,  tra  le  quali 
annoverare  potrebbonsi  i  Germani.  Dei  (rulli  narrò  pure  Livio 
clic  le  spoglie  raccoglievano,  e  un  cumulo  o  una  congerie  d'ar- 
mi ne  formavano,  e  Cesare  notò  che  per  I<>  più  la  preda  in  vo- 
to a  Morte  offerivano,  e  quindi  gli  animali  presi  immolavano, 
le  altre  cose  nelle  città  in  gran  cumulo  raccoglievano  ,  come 
trofeo     della    vittoria;    di    rado    avvenendo     che    alcuno,     posposto 

qualunque    religioso    riguardo,    ponesse    mino    a  quelle    spoglie, 

tanto  più   che  minaccili   erano    al  rapitore  i   più  crudeli    supplizj. 
Non   può   con   fondamento   asserirsi   che   eguale   comuni.'   serbassero 
i  Germani  ,  uè    molto    meno    alle  picciole    guerre    di  quo'  popoli 
Cosi,  dell'  Europa   Voi.    I  V.  23 


338  DELIA    MILIZIA.    DEGLI    ANTICHI    GERMÀNI 

applicare  potrebbonsi  le  descrizioni  che  leggonsi  in  Ammiano  dei 
combattimenti  e  dei  saccheggi  dei  Goti  nella  Tracia  j  solo  tro- 
vasi negli  Annali  di  Tacito  che  gli  Ansibariì  cacciati  dai  Cauri, 
e  vaganti  per  le  terre  dei  Ten teri ,  dei  B  ruderi ,  degli  Usipii  e 
dei  Tubanti  ,  asilo  tra  questi  non  trovando  ,  volti  eransi  ai  Catti 
ed  ai  Cherusci,  e  dopo  un  lungo  giro  in  terra  straniera  i  giovani 
tutti  furono  uccisi ,  la  sola  età  imbelle  venne  divisa  come  preda. 
Dee  pure  notarsi  che  dopo  una  battaglia  vinta  dai  Romani  con- 
tra  i  Cherusci,  trovate  furono  tra  le  spoglie  dei  vinti  le  catene, 
che  seco  loro  portate  avevano  per  legare  i  Romani  cattivi ,  il  che 
prova  che  in  mezzo  alla  loro  ferocia  studiosi  erano  talvolta  di 
condurre  alle  case  loro  gran  numero  di  prigionieri.  Nella  vittoria 
riportata  in  epoca  posteriore  contra  i  Catti  vicino  a  Magonza  ,  si 
accrebbe  ,  dice  Tacito  stesso  ,  la  letizia  dei  Romani ,  perchè  libe- 
rati eransi  prigionieri  detenuti  da  quarantanni^  e  Seneca  dolevasi 
che  dopo  la  sconfitta  di  Varo  molti  illustri  Romani  diventati  fos- 
sero pastori ,  o  custodi  o  famigli  delle  case. 
Riti  funebri  dei  guerrieri. 

Al  ragionamento  suo  della  milizia  il  Cluverio  ha  aggiunta  una 
descrizione  dei  riti  coi  quali  i  guerrieri  morti  si  seppellivano;  ma 
siccome  que'  riti ,  come  risulta  dagli  antichi  scrittori  Latini  ,  non 
erano  più  strettamente  applicabili  ai  guerrieri  di  quello  che  lo 
fossero  a  tutti  gli  individui  della  nazione,  noi  troviamo  più  con- 
veniente rimettere  il  leggitore  a  quello  che  dei  funerali  si  è 
detto  alla  fine  dell'  articolo  precedente. 


Degli  studj  e  delle  arti  degli  antichi  Germani 
e  della  loro  navigazione. 


Mancanza  della  scrittura. 

V  eduto   abbiamo    di  sopra    che    tutta  la    vita  dei    Germani ,  al 
dire  di  Cesare  ,  era  impiegata    nella  caccia  e  nella  guerra  ,  e  che 


DEGLI  STUDJ  E  DELLE  \RTI  DEGLI  ANTICHI  GERMÀNI  CO.  33r) 

giusta  le  parole  di  Tacito,  se  guerra  non  avevano,  molto  nella 
caccia  si  occupavano  ,  e  maggiore  parte  del  tempo  loro  passavano 
nell'ozio.  Veduto  abbiamo  parimente,  che  di  lettere  punto  non 
curavansi  ;  che  tutto  lo  studio  loro  ponevano  Dell'insidiare  le 
fiere,  e  specialmente  i  buoi  selvatici  ;  che  del  giuoco  ancora  si 
dilettavano  e  questo  come  seria  occupazione  riguardavano.  Inutile 
sarebbe  adunque  lo  istituire  qualche  ricerca  su  la  letteratura  e  su 
gli  studj  degli  antichi  Germani,  benché  1  Kccardo  siasi  sforzato 
di  provare  che  non  tutti  i  Cimbri  e  i  Tentimi  periti  fossero  in 
Italia  ;  che  alcuni  tornati  fossero  alle  loro  case,  e  che  questi  por- 
tata avessero  nella  Germania  non  solamente  l'arte  di  scavare  e 
di  fondere  i  metalli,  ma  ancora  l'uso  delle  lettere.  Difficile  sa- 
rebbe oltremodo  lo  stabilire  questo  fatto  coli' autorità  degli  anti- 
chi scrittori;  e  invano  l'Eccardo  vorrebbe  far  credere  che  i  Ger- 
mani avessero  l' uso  delle  rune  o  dei  caratteri  runici  avanti  tutti 
gli  altri  popoli  settentrionali ,  sebbene  con  ragione  rimproveri  quo* 
gli  Svedesi  che  antichissime  supposero  alcune  iscrizioni  runiche 
assai  recenti.  11  monumento  runico  prodotto  dall' Eccardo  mede- 
simo ,  è  una  strumento  di  ferro  trovato  nei  campi  Veronesi  e  già. 
stampato  nel  Museo  Moscardo;  ma  quello  strumento  è  stato  forse 
in  quelle  campagne  lasciato  dai  Goti,  e  le  lettere  hanno  qualche 
simiglian/.a  con  quelle  del  Codice  argenteo  dell'  Evangelio  di 
Uljila.  Non  ebbero  probabilmente  i  Germani  alcune  lettere  a- 
vanti  i  Romani  ,  e  questo  viene  pienamente  dimostrato  dalle  iscri- 
zioni de'  loro  monumenti  più  antichi  che  tutte  sono  in  Romani 
caratteri.  Giova  [tuttavia  in  questo  luogo  osservare  di  passaggio 
che,  se  provare  si  potesse  l'introduzione  delle  lettere  latta  nella 
Germania  dai  Cimbri  reduci  dall'Italia,  si  potrebbe  altresì  sup- 
porre che  quelle  fossero  le  rune  più  antiche  ,  delle  quali  il  Ca- 
valiere Bossi  in  una  sua  Lettera  al  celebre  signor  Schlegel  stam- 
pata in  Torino  nel  i8o5  ha  fatto  vedere  la  grandissima  somi- 
glianza ,  e  dedotta  quasi  [la  genesi  dai  più  antichi  caratteri  /s- 
truschi. 

Eloquenza.    Poesia. 

Supponendosi  aurora  che  di  lettere  o  di  scrittura  privi  fos- 
sero interamente  gli  antichi  Germani  ,  non  potrebbe  tuttavia  ad 
essi  rifiutarsi  qualche  idea  di  quelle  arti  o  di  quegli  studiosi  e- 
scrcizj  ,  clic  i  primi    veggonsi    nell'  infanzia  di    tutte    le  nazioni , 


3  [o         DEGLI   STUDJ   E   DELLE   ARTI  DEGLI  ANTICHI   GERMANI 

l'eloquenza  cioè  e  la  poesia,  delle  quali  ne  il  Oliverio  ,  né  l'Ec- 
cardo,  né  tutti  gli  altri  Germani  archeologi  hanno  tenuto  verun 
conto.  Troviamo  però  in  Tacito  che  i  duci  colle  loro  allocuzioni 
il  coraggio  infiammavano  de' soldati,  allorché  imminente  era  la 
pugna;  troviamo  che  nelle  pubbliche  assemblee  più  distinto  era 
ed  onorato  quello  che  meglio  degli  altri  parlava  ;  il  che  annun- 
zia certamente  qualche  studio  dell'  eloquenza  ;  troviamo  una  spe- 
cie di  eloquenza  ed  un'  arte  efficacissima  di  persuadere  nelle 
femmine;  troviamo  finalmente  che  si  cantavano  le  glorie  degli 
antenati  e  massime  dei  guerrieri  più  illustri  ,  e  che  queste  canzoni 
trasmesse  da  una  ad  altra  generazione ,  tenevano  luogo  di  annali 
scritti.  Per  quanto  rozzi  fossero  que'  canti  o  que' carmi,  dei  quali 
Tacito  non  commendò  nò  pure  la  musica  ,  qualche  vestigio  dee 
in  essi  ravvisarsi  di  poetico  slancio  ,  sebbene  ai  Germani ,  come 
già  vedemmo,  accordare  non  si  possano  i  Bardi,  o  almeno  i 
collegi  dei  Bardi ,  presso  i  Galli  ed  altre  nazioni  stabiliti. 
Commercio. 

Inutilmente  si  sforza  pure  il  Oliverio  di  provare,  che  la  mer- 
catura esercitassero  i  Germani  più  antichi ,  non  mai  però  i  nobili; 
da  alcuni  passi  di  Tacito  può  inferirsi  che  i  cavalli ,  le  pecore  ed 
altri  bestiami  tenessero  luogo  di  moneta  o  di  merce  universale 
nei  cambj  reciproci;  ma  non  vedesi  in  quest'esercizio  fatto  al- 
cuna distinzione  tra  la  plebe  o  il  popolo  in  generale  ,  e  i  capi  o 
gli  ottimati.  Cesare  dice  soltanto  che  mercatanti  ricevano  i  popoli 
vicini  al  Reno ,  onde  poter  vendere  le  prede  fatte  in  guerra,  piut- 
tosto che  alcuna  cosa  da  essi  comperare;  e  che  gli  Udii,  pari- 
mente vicini  al  Reno,  molti  mercatanti  ammettevano,  siccome 
accostumali  alle  maniere  dei  Galli.  Anche  Tacilo  notò  che  i  più 
prossimi  alla  riva  di  quel  fiume  il  vino  pure  comperavano  ;  ma 
altrove  propose  il  dubbio  ,  se  propizj  o  irati  gli  Iddii  1'  argento 
e  l' oro  negalo  avessero  ai  Germani.  Quindi  Erodiano  avidi  di 
danaro  disse  i  Germani  soltanto  nell'epoca  di  Alessandro  Severo, 
allorché  venale  offerivano  ai  Romani  anche  la  pace.  Tacito  notò 
che  ignoto  era  tra  que' popoli  il  prestare  sopra  pegno  e  il  dare 
ad  usura  ,  dal  che  nasceva  la  gelosa  conservazione  del  deposito  ; 
e  tutte  queste  circostanze  bastantemente  annunziano  che  giuste 
idee  di  traffico  e  mollo  meno  idee  estese  di  commercio,  gli  an- 
tichi Germani  non  avevano,  seguaci   forse  della   massima  socrati- 


E    DELLA    LORO    JKVIC.  V7IONE  3  \  I 

ca ,  clic  ali-»  Divinità  si  accostavano  coloro  che  minori  bisogni 
provavano.  Un  onore  accordato  nella  società  alle  ricchezze  vcde- 
vasi  soltanto  presso  gli  Svenni,  ma  quelle  ricchezze  non  porla- 
vano  un  raffinamento  nella  vita  civile,  e  quindi  ad  alcuno  studio 
delle  scienze  o  delle  arti  non  eccitavano  ,  notandosi  altresì  che 
gli  lùlui  tanto  più  derisi  erano  come  imbelli  ,  (pianto  più  reputati 
erano  forniti  di  danaro  ed  opulenti. 

Arte  del  nuoto» 

Veduto  abbiamo  altrove  ,  che  amanti  erano  i  Germani  del 
nuoto  ,  e  Pomponio  Mela  lasciò  scritto  che  non  solo  era  questo 
per  essi  un  esercizio,  ma  ancora  un'arte,  o  uno  studio;  Ero- 
diano  li  disse  nell'arte  del  nuotare  peritissimi  ;  Tacito  stesso  parla 
di  un  cavaliere  Botavo,  che  insigne  in  quell'esercizio,  le  armi 
e  i  cavalli  ritenendo,  colle  intere  squadre  il  Reno  tragittava. 

Agricoltura.  Altre  arti. 

Benché  Strabone  ignari  all'atto  dichiari  gli  antichi  Germani 
della  agricoltura  e  dell'arte  di  conservare  le  biade.  Tacilo,  da 
noi  altrove  a  siffatto  proposito  citato,  parla  delle  caverne  sotter- 
ranee da  essi  aperte  e  di  molto  letame  caricate,  che  di  riparo 
servivano  al  freddo  e  al  tempo  stesso  di  granajo*  e  Cesare  ,  o  più 
discreto,  o  meglio  informalo  di  Strahonc,  disse  soltanto  che  tra- 
scurato era  lo  studio  dell'agricoltura,  perchè  non  tutti,  ma  per 
la  maggior  parte  vivevano  di  latte,  di  cacio  e  di  carni,  il  che 
non  esclude  che  uso  facessero  di  cereali.  Gli  Usipeli  di  fatto  e 
i  Tcnteri  in  tanto  il  Reno  passarono  ,  in  quanto  che  tormentati 
dagli  Sv'Ci'i  ,  attendere  non  potevano  ai  lavori  agrarj;  e  gli  Svevi 
medesimi,  come  già  si  fece  osservare  altrove,  una  vicenda  stabi- 
lita avevano  tra  i  guerrieri  e  gli  agricoltori  ,  cosicché  gli  uni  ngli 
altri  in  capo  ad  un  anno  sottentravano.  Tacito  parla  pure  dei 
campi  ,  che  distribuiti  erano  tra  gli  abitanti  dei  villaggi  secondo 
il  numero  dei  coltivatori,  benché  soggiunga  che  i  loro  lavori  pro- 
porzionati non  erano  all'ampiezza  ed  alla  fertilità  del  terreno.  Che 
se  i  servi  ,  nella  condizione  in  cui  presso  gli  antichi  Germani 
trovavansi,  non  altrimente  che  se  coloni  fossero,  al  padrone  pre- 
stare dovevano  una  determinata  misura  di  frumento  ,  0  una  quan- 
tità pure  profanità  di  bestiami  o  di  materie  vestiarie  ,  questo  basta 
a  dimostrare  che  non  solo  coltivatori  e  pastori,  ma  agronomi  ed 
economisti    erano    almeno    in    parte  i  Germani  ,    e    che    non    solo 

22* 


3 ?\1        DEGLI  STLDJ  E  DELLE  ARTI  DEGLI  ANTICHI  GERMÀNI 

qualche  perizia  avevano  nell'  agricoltura  e  nella  pastorizia ,  ma 
nell'  arte  ancora  di  filare  e  di  tessere  ,  benché  il  Cluverio  questa 
parte  abbia  interamente  obbliata.  L.  Reynier  nelle  sue  dotte  ri- 
cerche sui  Celti,  come  su  di  altri  antichi  popoli,  ha  dimostrato 
che  valenti  erano  i  Celti  anche  in  età  remotissima  nell"  arti  del 
filare  e  del  tessere  ;  e  se  può  credersi,  come  quello  scrittore  in- 
sinua, che  quelle  arti  nelle  Gallie  e  nell'Italia  diffondessero,  più 
facile  è  l' immaginare  che  le  arti  medesime  piantassero  e  stabi- 
lissero nella  Germania.  Intento  solo  il  Cluverio  a  staccare  i  nobili 
dai  plebei,  su  l'appoggio  di  poche  parole  di  Tacito,  che  agli 
abitanti  dell' interno  della  Germania  attribuì  la  costumanza  sem- 
plice ed  antica  di  commutare  tra  loro  le  mercanzie ,  immaginò 
che  i  nobili  abitassero  case  meglio  dell'  altre  costruite  ed  ornate; 
che  carri  e  carpenti  usassero  ne'loro  villaggi  e  nelle  belliche  im- 
prese ;  che  vesti  portassero  variegate ,  fatte  di  lana  ,  di  lino  o  di 
pelli,  e  sopravvesti  pure  versicolori  di  lana  e  di  pelli  tinte,  come 
altresì  anni  più  eleganti  ,  scudi  dipinti  ed  elmi  lavorati  a  somi- 
glianza dei  capi  delle  fiere  o  degli  uccelli.  Molti  di  questi  og- 
getti menzionati  veggonsi  certamente  dagli  antichi  scrittori ,  e  i 
carri  che  già  vedemmo  destinati  a  formare  persino  il  recinto  dei 
campi  ,  non  erano  tra  gli  arredi  dei  nobili ,  ma  proprj  bensì  di 
tutta  la  nazione  ,  come  lo  erano  gli  scudi  dipinti  ,  gli  elmi  figu- 
rati e  le  armi  superiormente  descritte.  Tutto  questo  però  annun- 
zia che  alcuni  fabbri  trovare  dovevansi  tra  que'  popoli ,  massime 
per  lavorare  in  diverse  foggie  il  legno;  che  forse  vi  avevano  fab- 
bricatori di  spade ,  di  lancie  e  di  cingoli ,  cuojai ,  pellicciai  ed 
altri  artefici,  innoltre  tessitori,  tintori,  pittori  o  verniciatori,  sar- 
tori ec.  ;  le  pietre  forate  e  le  armi  lapidee ,  trovate  nei  sepolcri 
e  da  noi  pure  esposte ,  provano  «altresì  che  qualche  perizia  ave- 
vano que' popoli  nell'arte  di  tagliare  le  pietre  e  di  scolpire;  e 
quindi  riceve  qualche  conferma  l'opinione  dall'  Eccardo ,  che  i 
Cimbri  e  i  Teutoni  rimasti  dopo  la  sconfitta  loro  nell'Italia  e 
reduci  alle  case  loro  ,  portata  avessero  nella  Germania  anche  l'arte 
di  scavare  le  miniere  e  di  lavorare  i  metalli.  Le  fosse  colle  quali 
cingevausi  i  campi,  e  le  muraglie,  quantunque  rozze,  che  in- 
torno ad  essi  si  alzavano  ad  oggetto  di  fortificarsi  ,  mostrano  chia- 
raiiu  nte  che  igneto  non  era  ^qualche  principio  d'architettura  mi- 
litare, e  che  lavori    intraprendevansi,   i  quali    probabilmente  non 


E    DELIA    LORO    NAVIGAZIONE  343 

si  sarebboro  potuti  eseguire  senza  una  copia  di  strumenti ,  e  cer- 
tamente metallici ,  e  questi  1'  esistenza    insinuerebbero   di    altri  o- 
peraj  e  di  altre  arti  meccaniche  oltre  le  già  indicate. 
Navigazione  e  costruzione  navale* 

Tra  quelle  arti  però  che  certamente  esercitate  furono  dai  più 
antichi  Germani ,  tengono  forse  il  luogo  precipuo  la  navigazione 
e  l'arte  di  costruire  i  navigli.  Tacito  parla  delle  navi  non  solo, 
ma  delle  flotte  potenti  degli  Spioni  o  Svconi,  ed  alcuni  preten- 
dono, sull'appoggio  di  un  testo  di  Plinio,  che  anche  i  Setoni 
loro  vicini  navigassero  alle  isole  Cassiteridi  ed  all'estrema  Tile , 
che  alcuni  credono  l'odierna  isola  di  Feroc.  Gannasco  altresì, 
Caninefate  di  origine  e  duce  dei  Cauci  ,  il  Reno  e  forse  una 
porzione  del  mare  scorrendo  con  leggieri  navigli ,  le  rive  dei 
Galli  recondo  Tacito  infestava  ;  i  Sassoni  usciti  dall'Olsazia  ,  oc- 
cupate avendo  le  terre  vicine  all'imboccatura  del  Reno,  tutta 
quella  parte  dell'  Oceano  corsero,  forse  assieme  coi  Franchi,  e  la 
pirateria  esercitarono  su  le  coste  della  Gallia ,  della  Britannia  e 
della  Spagna,  il  che  accennato  vedesi  anche  in  epoca  posteriore 
da  Eutropio  e  dagli  antichi  panegiristi  degli  Imperatori  Massi- 
miano e  Costanzo.  Esperti  adunque  nella  navigazione  erano ,  al- 
meno in  parte  ,  gli  antichi  Germani  e  quelli  principalmente  che 
prossimi  trovavansi  all'  Oceano  ed  al  Reno  ,  nò  questo  fatto  dalle 
storie  comprovato  potrebbe  ammettersi,  se  affatto  ignari  supporre 
si  dovessero  della  costruzione  navale.  Il  Cluverio  ha  attribuito  ai 
Sassoni  le  navi  da  Sidonio  Apollinare  ,  scrittore  di  epoca  molto 
posteriore,  nominate  pandos  myoparones  :  ed  ha  creduto  che 
queste  fossero  i  leggeri  navigli  dei  Cauci.  Plinio  parlò  di  navi 
formate  di  vimini  e  ^coperte  di  cuojo,  adoperate  dai  popoli  set- 
tentrionali, e  Solino  confermò  pure  quella  asserzione;  ma  inutile 
sarebbe  lo  andare  cercando,  come  fece  il  Cluverio,  i  modelli  di 
queste  navi  tra  gli  Spagnuoli,  o  peggio  ancora  tra  gli  Arabi.  Le 
navi  degli  Spioni  sono  da  Tacito  descritte  come  acuminate  da 
ambe  le  parti ,  cosicché  sempre  e  da  qualunque  lato  approdare 
potevano  ;  soggiugne  egli  poi  che  ne  l' artifizio  delle  vele ,  né 
quello  de' remi  avevano,  nò  i  remi  stabiliti  in  ordine  ai  lati,  ma 
elle  libero  era  l'applicarli  secondo  che  in  alcuni  fiumi  conveniva, 
e  il  mutarne  l'ordine  a  misura  del  bisogno. 


344       DEGLI  STUDJ  E  DELLE  ARTI  DEGLI    ANTICHI   GERMàHI 

jLvie  nautica. 

Più  diffusamente  dell'  arte  nautica  dei  Germani  ha  trattato 
l'Eccardo,  il  quale  studiossi  di  provare  che  que' popoli  sino  dai 
tempi  più  remoti  navigassero  in  alto  mare  ,  o  come  mercatanti  o 
come  pirati  ;  che  andassero  a  cercare  il  succino ,  e  che  infesti  fos- 
sero sino  dal  quel  tempo  ai  lidi  delle  Gallie  e  delle  Spagne.  Dif- 
ficilmente però  si  mostrerebbe  che  alle  antiche  piraterie  de'  Ger- 
mani appartenga  il  monumento  sepolcrale  delle  rive  dell'  Oceano  , 
stampato  nelle  Transazioni  Anglicane ,  e  dall'  Eccardo  riprodotto 
nella  Tavola  II.  ;  e  piuttosto  viene  illustrata  1'  antica  navigazione 
Germanica  dalle  emigrazioni  dei  popoli  del  Chersoneso-Cimbrico 
e  dei  Sassoni  ,  dai  quali  derivarono  i  Pitti  della  Scozia.  Scen- 
dendo alla  forma  delle  navi  ,  ammette  anche  l'Eccardo  le  barche 
di  vimini  coperte  di  cuojo ,  e  a  queste  applica  il  nome  dì  mjo- 
parones,  di  asci  (  dal  quale  crede  derivato  quello  di  scapita  ) 
,ed  anche  di  pramen  ;  studiasi  quindi  di  provare  che  le  navi  più 
lunghe  ed  atte  tanto  alla  mercatura  quanto  alla  guerra ,  dette 
fossero  ciulae  o  kielae ,  e  che  antichissimi  sono  que'  nomi  deri- 
vati forse  da  cella ,  alla  quale  origine  riferisce  anche  il  nome  di 
Kicl ,  di  Kilon  e  di  altri  luoghi ,  situati  massimamente  su  le  rive 
del  Baltico. 

Conclusione. 

Se  navi  di  diversa  portata  ,  altre  lunghe*  e  pesanti ,  altre  leg- 
giere e  veloci  avevano  gli  antichi  Sassoni;  se  i  popoli  confinanti 
col  mare  Germanico  scorrevano  le  isole  del  Baltico,  e  la  pirate- 
ria esercitavano  sino  su  le  coste  delle  Gallie  e  delle  Spagne;  se 
gli  Sveoni  avevano  flotte  ,  e  se  i  Cauci  renduti  si  erano  terri- 
bili ai  Gallici  lidi  ;  se  i  Sassoni  sino  alle  isole  Britanniche  e  forse 
all'estrema  Tile  navigavano,  onde  dagli  antichi  poeti  detti  fu- 
rono da  lungo  tempo  accostumati  al  mare;  egli  è  d'uopo  di  am- 
mettere che  non  solo  1'  arte  di  costruire  i  vascelli  di  diverse  for- 
me e  grandezze  e  sotto  diversi  nomi  i  Germani  possedessero,  ma 
quella  ancora  di  dirigersi  in  alto  mare ,  di  lottare  coi  venti  e 
colle  procelle ,  di  approdare  ai  lidi  più  remoti ,  di  inseguire  e 
raggiugnere  le  navi  di  altre  nazioni,  di  scorrere  liberamente  il 
grande  Oceano ,  il  che  tutto  quasi  ci  conduce  a  trovare  qualche 
notizia  presso  que'  popoli  dell'  astronomia ,  o  almeno  qualche  os- 
servazione fondata  o  abituale  delle  stelle,  una  scienza  nautica  già 


E    DELLA    LORO    NAVIGAZIONE  345 

formata  e  per  cosi  dire  adulta,  e  fors' anche  una  nautica  o  una 
marina  militare.  So  alcune  navi  costruivano  di  vimini  coperti  di 
cuojo,  questo  annunzia  un  ingegno  ed  un  artifizio  diretto  a  coni' 
binare  la  solidità  colla  leggerezza,  e  l'esistenza  presso  di  essi  di 
a  arie  arti  viene  provata  altresì  dalla  costruzione  dei  molti  istru- 
nienti  necessarj  alla  costruzione  e  alla  navigazione  senza  dei 
quali  non  avrebbono  giammai  potuto  intraprendere  lunghi  viaggi, 
allontanarsi  dalle  coste  ,  rendersi  terribili  sul  mare  e  riuscire  fe- 
licemente in  molte  delle  loro  spedizioni. 


FINE    DELLA     PARTE    PRIMA    UH.    VOLUME    ISO^O    EUROPA. 


INDICE 

delle  materie  contenute  in  questo 
nono  volume  delF  Europa. 


COSTUME  DEGLI  SVIZZERI. 


I 


l  costume   antico    e   moderno    degli  Elvezj  o  degli 

Svizzeri , 5 

Prefazione 7 

Catalogo  delle  principali  opere  che  trattano  della  Sviz- 
zera e  de' suoi  abitanti i3 

Descrizione  geografica  della  Svizzera 23 

Governo  e  leggi 5  7 

Arte  militare  degli  Svizzeri 98 

Religione  degli   Svizzeri no 

Matrimonj  e  funerali 126 

Arti  e  scienze 1 35 

Costumi  ed  usanze  degli  Svizzeri i5a 

//  costume  dei  Germani  descritto  dal  Cav.  Luigi  Bossi  i83 

Discorso  Preliminare i85 

Parte  prima.  Descrizione  della  Germania  avanti  V  e- 
poca    dei  Romani ,  dei  popoli    primitivi  che  V  abi- 
tarono, delle  loro  origini  e  delle  loro  emigrazioni.   ig5 
Governo  e  leggi  dell'antica  Germania   avanti  i  Ro- 
nzarli  226 

Della  religione    e    del  culto  dei  Germani  avanti    la 

Romana  occupazione 2.^8 

Costumi  ed  usanze   degli    antichi  Germani  avanti  la 

Romana  invasione 2^5 

Della  milizia  degli  antichi  Germani 3i6 

Degli    studj    e    delle    arti    degli    antichi  Germani    e 
della  loro  navigazione 338 


347 
DESCRIZIONE  DELLE  TAVOLE 

Tay.  I.  Interno  della  città  di  Zurigo a 5 

li.  Ghiacciajo  di  Grindelwald 29 

III.  Ponte,  detto  del  diavolo 3i 

IV.  Cappella  di  Guglielmo  Teli 33 

V.    Caduta  del  Reno  a  Lauffen 4© 

VI.  Pedata  del  Castello  Habsbourg 4» 

VII.  Ospizio  del  gran   S.  Bernardo 4$ 

Vili.    Wolfenschiefs 6y 

IX.   Guglielmo  Teli ivi 

X.  /   tre    capi    della    Confederazione  Elvetica.     68 

XI.  //  Governatore    Gesslero 70 

XII.  Balio  di  Landerberg 72 

XIII.  Bassorilievo  del  Primaticcio    rappresentante 

la  battaglia  di  Mele gn ano 94- 

XIV.  Arnoldo  di    Vinhelried 100 

\\  .   Medaglie  rappresentanti  i  Cantoni io3 

XVI.  Anabattisti n4 

XVII.  Lutto  di  una  Zurighese  etc 119 

Wlll.   Vestiario    nell'occasione   della.    Cresima    nel' 

V  Entibluch 123 

XIX.  Abito  nuziale  de'  Firiburghesi 127 

\  Y.  Sposi  del  cantone  di  SciaJJ'usa 128 

XXI.  Monumento  sepolcrale i33 

XXII.  Antico  musaico  scoperto  in  Yverduu i35 

XXIII.  Casa  di  un  contadino  Svizzero 1 38 

XXIV.  Cartello  di  Grandson i3q 

XXV.  Badia  di  Eingidlen i4o 

XXVI.   Conladini  Zurighesi l54 

XXVII.   Abito   dei  Bernesi 167 

\\\  III.   Abitanti  di  Scfiwitz '   .    160 

\\IX.  Costume  dei  VaUesiani 175 

\\X.    Donne   del  paese   di   Vanii 176 

XXXI.   Abili  de?  G  ri  gioiti 180 

\\\II.   Aia  antica  di  Albersdorf 25o 

XXXIII.  Divinità   ile'  Germani 253 

XXXIV.  Sacrifizi,  sortilegi  re s65 


348 

XXXV.  Famiglia  di  antichi  Germani 288 

XXXVI.  Antichi  Germani  in  viaggio ivi 

XXXVII.  Conviti  de  gì'  antichi  Germani 296 

XXXVTII  \ 
J?tr  ~y„' <  Monumento  sepolcrale 3i4 

XXXIX.  Cultelli  di  pietra  ec ivi 

XL.  Pastori  Germani 3 1 5 

XL*.  Cacciatori  Germani ivi 

XLI.  Antichi  Germani 3 1 7 

XLII.  Germani  attorno  al  focolare 3i8 

XLIII.  Guerrieri  Germani 3 1 9 

XLIV.  Comandante  della  Milizia ivi 

XLIV*.  Guerriero  Germano ivi 

XLV.  Guerrieri  Germani  a  cavallo ivi 

XLVI.  Campo  degli  antichi  Germani 33 1