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m '*■
THE UNIVERSITY
OF ILLINOIS
LIBRARY
391
F412c2
V.25'
IL COSTUME
ANTICO E MODERNO
TUTTI I POPOLI,
IL COSTUME
ANTICO E MODERNO
o
STORIA
DEL GOVERNO, DELLA. MILIZIA, DELLA RELIGIONE, DELLE ARTI,
SCIENZE ED USANZE DI TUTTI I POPOLI ANTICHI E MODERNI
PROVATA COI MONUMENTI DELL* ANTICHITÀ*
E RAPPRESENTATA COGLI ANALOGHI DISEGNI
DAL
DOTTOR GIULIO FERRARIO.
tDIZIOXE SECOyDA RISEDUTA ED ACCRESCICT A
EUROPA
VOLUME NODO.
FIRENZE
PER VINCENZO EA.TELLI
MDCCCXXV1U.
3*1
p4 lice-
IL COSTUME
ANTICO E MODERNO
DEGLI ELVEZJ
o
DEGLI SVIZZERI
DESCRITTO
DAL PROFESSORE AMBROGIO LEVATI.
605627
PREFAZIONE.
X_J amico dell'umanità dopo aver percorsi gli annali di tanti po-
poli guerrieri , e struggitori di intere generazioni cerca di ricreare
la mente stanca di tanti disastri, e spaventata da sì grandi or-
rori col fissare i suoi sguardi sopra di un popolo di pastori che
afì'ezionatissimo all'alpestre sua patria, semplice, benefico, prode,
nemico del fasto , amatore della fatica , non cerca di assoggettare
altrui, e nello stesso tempo che non vuol servi, ricusa di aver
signori. Tale e la Svizzera nazione , che non per conquiste , non
per menati trionfi , non per leggi dettate agli altri popoli divenne
famosa fra le generazioni dell'universo, ma solo per la sempli-
cità de' suoi costumi, per la intensissima carila della patria, e pel
sacro e glorioso deposito di tutte le virtù ereditate dagli avi, che
seppe conservare intemerato per lungo volgere dì secoli.
La concordia sembra quasi avere scelta per suo seggio la
Svizzera; giacché la Elvetica Confederazione formò di venti po-
poli diversi una sola nazione ; nazione per lunga età poderosa,
illustre ed indipendente (i). Ne certo v'ha alcun paese nell' Eu-
ropa , che proporzionatamente alla sua ampiezza comprenda tante
repubbliche, ed una si grande varietà di governi, quanti se ne
trovano in questa singolare e deliziosa contrada: eppure la El-
vetica Confederazione venne formata con tanta sapienza e con si
raro senno , e gli Svizzeri in queste ultime età si lasciarono sì
poco aggirare dalla brama di conquiste, che dopo lo stabilimento
fermo della loro unione , essi dovettero rade volte usar delle loro
forze contro un nemico straniero ; uè infra di essi nacque alcuna
Ci) Mail et. Flist. des Suis. Pref.
8 PREFAZIONE
grave contesa, che non fosse subito e prestamente e felicemente
terminata. Forse la storia antica e moderna non presentano un so-
migliante esempio di tante picciole repubbliche indipendenti, che
confinano le une colle altre , e per conseguenza debbono trattar
del continuo interessi comuni , le quali sieno rimaste per sì lunga
pezza in uno stato di pace e di tranquillità , che non fu quasi
mai interrotta (i). In tal guisa lo Svizzero mirò da' suoi scoglj
come da un sicuro porto le tempeste ed i naufragi de' vicini re-
gni. Ben è vero che le guerre di religione, le quali fecero scor-
rere fiumi di sangue nella Germania e nella Francia , insangui-
narono anche la Svizzera: ma esse non furono né diuturne, né
stetfggitrici ; e la storia notò l'esempio dei Cantoni, i quali , av-
vegnaché diversi tra loro di religione, essendo gli uni Cattolici,
gli altri Protestanti, pure e concordi vissero fra di loro, e terri-
bili si mostrarono alle straniere nazioni.
Né la felicità della Svizzera consiste solo nell' essere scevra
dal peso e dalle miserie della guerra j ma nessun altro paese si
vanta al par di essa di una semplice agiatezza , e di un contento
universale, che regna fra i suoi abitanti, i quali come scrisse
Oliviero Goldsmith ce amano l'umile tetto, che tiene dolce sim-
patia col loro cuore ; amano l'accigliata rupe, che gli innalza
sino al soggiorno delle tempeste. Il fragor decorrenti, ed il mug-
gito delle procelle non fanno che affezionare il montanaro Sviz-
zero all' alpestre sua patria (2) ».
La Baronessa di Stael affermò che gli Svizzeri non formano
una poetica nazione (3); perchè forse non sono forniti di quel
brio , che distingue alcuni altri popoli , e non hanno assordato
l'universo colle rovine di città, e di provincie straniere o coll'al-
to grido di sterminate conquiste. Ella però confessa che V amor
della patria, l'energia, la concordia fra le opinioni ed i
sentimenti, brillano più vivaci nella Svizzera che neW Alle-
magna. Né sì facilmente si concederà a quest'erudita donna; che
l'angustia degli Stati Svizzeri , e la povertà del paese non vi
animano in alcun modo gl'ingegni; e che i dotti ed i pensa-
ti) Coxe. Essai sur VÈtat prèsent ; naturel civil , et polilique de la
Suisse ou Letters adressées à Guil. Melmoth par Guil. Coxe. Lett. XLIV.
(2) // Viaggiatore Poem.dì Oliviero Goldsmith.
(3) L'Alemagne. Part. I. chap. 20..
PREFAZIONE f)
tori vi sono ben pia rari che nel settentrione della Germania.
Scrittori d'ogni maniera onorarono la Svizzera ; e T uomo dotto
che va in essa pellegrinando trova ad ogni pie sospinto con che
soddisfare alla sua curiosità, ed accrescere le sue cognizioni. Il
fisico poi rinviene in essa una sorgente perenne di trattenimento
e d'istruzione, sia per la grande varietà degli oggetti di Storia
Naturale, di cui tutto il paese abbonda ; sia pel numero conside-
rabile dogli uomini dotti in questa scienza, ne' quali egli si scon-
trerà a ciascun passo ^ giacché è certo non esservi una sola città,
e ben pochi villaggi , in cui il viaggiatore non trovi collezioni
preziose e degnissimo della sua attenzione (i).
Quantunque gli Svizzeri non si sieno proposti di far conqui-
ste, e di assaltare gli altri popoli por soggiogarli, pure essi col-
sero immortali allori noi difendere la loro patria: nò le dolcezze
della pace ammollirono il coraggio , o snervarono le braccia della
robusta loro gioventù. Nella lunga guerra che essi sostennoro per
piantare le fondamenta della loro Confederazione , diedero prove
di straordinario coraggio, e d'amore patrio, reputando lieve o-
gni più grande sacrificio. Pochi montanari ruppero numerose schiere
a Morgarton ed a Sempach : il tremendo Carlo di Borgogna fu
sconfitto j e gli Svizzeri scrissero sulla cappella eretta colle ossa
de' Borgognoni , come trofeo della loro vittoria , la seguente epi-
grafe : questo monumento lasciò di se Carlo di Borgogna l'an-
no 1476. Essi combatterono con tanta ferocia contro i Francesi
a Melegnano , che il Trivulzio dovette sclamare : questa essere
stata battaglia non d'uomini, ma di giganti; e che diciatto
battaglie alle quali era intervenuto , erano state , a compara-
zione di questa, battaglie fanciullesche (2). Finalmente tanta
fu la rinomanza delle armi Svizzere , che in quasi tutte le prin-
cipali guerre osse furono adoperate dai varj popoli belligeranti: e
la fedeltà degli Elvetici guerrieri si mostrò si luminosa che al-
cuni Principi affidarono ad essi la sicurezza delle loro persone ;
onde! in Versailles, nell' Escuriale, nel Vaticano, in Torino si
videro del continuo le Svizzere scorte vegliare alla difesa dei
Principi, che in que' palazzi stanziavano.
(1) Coxe, Lett. XLIV. Bernoulli, Lcllr. sur dijferents sujcts.
(a, Onice ardiui, Storia il' Italia, Iih. XII.
I U PREFAZIONE
Mailer.
Un popolo si celebre vanta i suoi storici e contrappone a
Tito Livio il suo Muller. Ma la storia di questo scrittore che era
fornito di una porteutosa memoria ed erudizione non giunge che
al secolo XV., ed è ripiena di minute notizie intorno ad alcune
illustri famiglie, a particolari comuni, a fatti, che non sono di
gran momento , se non per alcuni pochi nazionali.
Mallet.
II Mallet, che pel suo sapere meritò di essere prescelto dal-
l'immortale Caterina II. a precettore di Paolo I., giovandosi dei
materiali preparati dal Muller e dall' Haller nella sua Biblioteca
dell'istoria della Svizzera, e di tatto ciò chele appartiene,
ha potuto tessere una storia compiuta degli Elvezj , conducendola
iìno a" nostri giorni, et La rinomanza della storia del Muller, dice
questo scrittore, già da lungo tempo sì vantaggiosamente cono-
sciuta, s'andrà pure senza alcun dubbio accrescendo , quand' essa
Venga compiuta e limitata più che non sia ai soli antichi tempi.
Nella Francese traduzione che si pubblicò ^ essa comprende già
nove volumi , sebbene non giunga che verso la metà del quindi-
cesimo secolo. La nostra contiene in un volume solo, tutti i fatti
che hanno relazione a si lungo periodo di tempo perchè noi ab-
biamo scritto guidati da altro principio , e per lettori diversi da
quelli del signor Muller : ciò nullameno sommamente ci giovam-
mo di non poche importanti notizie contenute in que'nove vo-
lumi » (i). Il Sismondi poi, che sì bene dipinse la Inghilterra,
diede un sunto assai pregevole di questa nobile istoria (2): onde
la Svizzera vanta al par delle altre nazioni annali pieni di minute
notizie , e storie compendiose , che dipiugono con rapidità la serie
degli eventi , che la illustrarono.
Zurlauben.
Troppo lungo sarebbe il parlare de' principali scrittori che di-
pinsero la Svizzera, la quale presenta tante bellezze della natura ri-
mirata nella sua semplicità, quante non ne offre alcun altro paese. Il
(1) Mallet, Hist. des Suis. Pref.
(1) Vedi la Prefazione alla Storia della Svizzera pubblicata per cura
di D. Bertolotti in continuazione al Compendio di Scgur.
PREFAZIONE ! I
Barone di Zurlauhcft nel suo Viaggio Pittoresco della Svizzera (i)
le descrive pressoché tutte, e la sua opera divisa in dodici volumi,
e corredata di un beli' Atlante ci servirà di scorta nel visitare
le città, i villaggi, i monti, le valli , i laghi, i fiumi dell'El-
vezia.
Coxe.
Più brevi , ma più eloquenti e vivaci sono le descrizioni , rhe
Coxe ci diede nelle sue Lettere sulla Svizzera ) le quali annun-
ciano un' anima assai sensibile alle bellezze naturali. L'immagi-
nazione dell'autore, sollevata dalla grandezza degli oggetti, gli
esprime con energia e con entusiasmo : egli dipinge da poeta , e
descrive da filosofo: ora sale sui monti, e cammina sulle nevi ,
sui ghiacci e sugli scogli; ora egli entra nelle case de' contadini,
e s' introduce ne' pubblici cdificj. Il traduttore Francese di que-
ste lettere -visitò paesi, che nelle medesime vengono descritti col-
lo stesso spirito e cogli stessi occhi : egli conferma od accresce le
osservazioni dell'autore Inglese, e sembra «versato nello studio
della storia e dell' antichità, e principalmente in quello dei dif-
ferenti rami della storia naturale (2). Quantunque tutto ciò che
riguarda le forme si varie del governo nei Cantoni Svizzeri , e
presso i loro alleati sia stato da Coxe trattato con molta sapienza
e profondità; pure i grandi mutamenti di fresco avvenuti nel
loro governo federale han fatto sì che questa parte delle sue
lettere non appartenga oramai che alla storia. Il viaggiatore però,
il quale vorrà visitare la Svizzera , e procurarsi , prima di per-
correrla , utili notizie intorno a tutti gli oggetti stranieri alla for-
ma del governamento , troverà ancora con che istruirsi nel viag-
gio di Coxe; principalmente in ciò che riguarda il suolo e 1 a-
gricoltura, la storia naturale, 1' industria, il commercio, le arti
e le antichità del paese : sotto i quali aspetti la relazione di Coxe
ò ancora una delle migliori , che noi abbiamo della Svizzera (3).
(1) Tableau* de la Suisse , ou Vovage Pittoresque fait dans le XIH.
Cantons du Corps Helvetiqne rrprescntants Ics diverses pbénomcnes , »|ue
la Nature y rassemble , et les beautés doni l'Art les a enriebis. Seconde
èdition orné de ^18 planches dessinées, et grayées par les mcilleurs arlislcs
de la capitale. Voi. 12, Paris , 1784-
(a) La-Harpe, Correspondance Zittir. Tom. III.
(3J Bibliot.des Koyages, Tom. II. pag. ^27.,
1 2 PREFAZIONE
Gli abiti poi e gli usi degli abitanti di questo paese furono de-
scritti in due opere, una delle quali è stampata in Zurigo, e
V altra in Basilea. La prima è intitolata : Scene tratte dalla
Storia degli Svizzeri ed incise sui disegni di L. Lips F. Le-
gi (i). Il titolo dell'altra è il seguente : Raccolta dei Costumi
Svizzeri dei XXII. Cantoni dipinti da G. Reincard di Lu-
cerna , e pubblicati da Birmann ed Huber (2).
Il lettore troverà qui sotto il catalogo delle altre opere , che
hanno illustrato tutto ciò che appartiene allo stato naturale,
al governo , alle leggi , alla religione , allo stato delle arti e
delle .scienze , ed ai costumi della Svizzera. I tanti dotti ingegni,
che trattarono questa materia lo chiariranno della importanza del-
la medesima. Per ciò poi che riguarda la geografia, noi abbiamo
preso per guida 1' esatto ed erudito Busching , cui abbiamo ag-
giunte le importanti notizie di Goxe , di Ramond , del Fabri e
dell' Hammerdorfer , principalmente ; posciachè la descrizione
della moderna Svizzera compilata da quest' ultimo venne molto
encomiata dall' Haller, e servi di scorta ai geografi Francesi, le
cui pregevolissime ricerche furono pubblicate da Mantelle e da
Malte-Brun (3).
Ci) Scénes tirées de l'Hist. des Suisses gravées d'aprés les desseius de
ti. Lips, F. Legi- Zurich chez Fuessli, 1812.
(2) Collection des Costuines Suisses des XXII. Cantons peints par J.
Reinhard de Lucerne; et publiées par Birmann et Huber. A Baie, 1819.
(3) Géograph, Univ. Anc. et Mocl. Tom. Vili. Suisse.
CATALOGO
DELLE
PRINCIPALI OPERE-
che TRATTANO
DELLA SVIZZERA E DE' SUOI ABITANTI.
Viaggio sul monte Pilato nel i5i8 di Vadiano di De-Walt. Si trova rid-
i' opera intitolata : Commentarius J. Vadiani , in III. Lib. Pompouii
Melae de situ orbis. Pierina, i5i8. in 4-°
Aegidii Tschudi Descriplio Rbaetiae Alpinne. Basilea. i538, in 4.0
Voyage sur le mont Stokborn, fait en i536, par Bellicauus. Zurich, i555,
in /|.°
Conradi Gesneri Descriptio montis Pilati, 1 555, in 4- °
Bened. Aretius Descriptio etc. Strasbourg. i56i, in 4«"
Description de la Suisse , par Marsus , ambassadeur de l'Empcreur et Roi
d'Espagne auprès des Suisses, pendant les années i555 à i55c), in 4-°
Josiae Simleri Valesiae Descriptio libri IL , et de Alpilms Commeutariusj
et Celleni liber de therrais et fontibus medicatis Valesianorura. Turgaw,
1574. in 8.°
De Helvetiorum Républicà, autore Josia Simlero. Elzevir, 1624, in 24.0
La République des Suisses, comprise en dcux livres, contenant le gouver-
nernent de Suisse', 1' état des treize cantons et de leurs confcdcrés en
general et en particulier, leurs bailliages et juridictions etc. ...décrite
en Latin par Josias Simlcr de Zuricb, et nouvcllement mise cn Fran-
cais, avec le pourtrait des villes des treize cantons. Paris, Dupuys,
i5;8 , iu 8.°
Tableau de la Suisse, par Lescarbot. Paris, 1618, in .\.
Helvetia profana et sacra, autore Ranucio Scolti. Macerata. 1G42, in \.
Relation du Voyage de Henri IL d'Orlcans-Longucyille , dans sa piinci-
pauté de Neuchitel et Yalcngin, en i65y. Inserito nel Journal llclvcti-
que, 1782} e iteli' Esprit des Jouru.au x, dello stesso anno..
l4 CATALOGO PELLE PRINCIPALI OPBWE
BcBchreibuog des Lucerner-oder Vicr-Waldstetten-sces. Lucerne, 1661, in ^.°
Auszug aus der Brukner-schen Reisebeschreibung nach Genf , ira Jahr
1668. Inserito nel Magazzino Geografico del Fabri , 3 voi. iu 8.0
Bescbreibung des Ziircbersees, von J. Ebr. Escber. Zurich, 1693, in 8.0
Mercuri us Helvelicus , fiirstellend die denk-und schauwurdigsten Sachea
und Selteubeiten der Eindgenossen scbal't , von J. J. Wagner. Zurich,
1701, iu 12.
Arminio Donnebuchi Relatione del paese de' Svizzeri e loro alleati. Venezia,
1708, in 8.°
L'etat et les Délices de la Suisse, en forme de ralation critique , par plu-
sieurs auteurs célèbres : Staniaii, Keisler et Ruchat de Lausanne} enri-
chi de figures en taille-douce, dessinces sur les lieux meine, et de car-
tes gèographiques très-exactes. Amsterdam , IVet Stein et Smith, 17 14»
ibid. , i73o; ibid. , 1740. Bàie 1760, 4 voi. in 12.0
— Le méme, considérablement augmenté , avec cartes et figures. Neuchd-*
tei, Fatiche, 1765., a voi. in 4-°
Joannis Jacobi Scbeucbzer per Helvetiae Alpinae regiones Itinerarium.
Leyda, 1723, 4 part. en 2 voi. in 4-a
Natur-Geschicbte etc. . . . . von Scbeuchzer. Zurioh, 1748, 2 voi. in 4.0
Iter Helveèicum anno 1738, et Iter Hercynium anno i^Sg. Goettingue,
1740. Leipsic, ibid., in 8.»
Bescbreibung der Merkwiirdigkeiteo, die in eitier 1742, gemachten Reise ,
durch einige Oerter des Schweizerlandes beobachtet hat 3. G. Sulzer.
Zurich, 1743, in 4°
Versucb einer historischen und physikalischen Bescbreibung der Helveti-
sclieu Eisberge (bei Gelegenheit einer dahiu gelhanen Reise), yon
Job. Georg. Altmann. Zurich, i75i ; ibid., \"]53, in 8.°
Bescbreibung etc von Dan. Lan-glians. Zurich, 1753, in 8.°
F. M. Nerini Iter Subalpinum , cura J. C. Fischer editum. Francjort et
Leipsic, 1753, in 8.0
Reise nach der Birsquelle ( im Stift ( Canlon ) Basel ) von Aug. Jac. Bu-
xtorf. Genève, 1756, in 8.°
Account of the Svvitzerlaud written, in the year 1 7 1 4 , by Abraham Sta-
nian. Edimbourg, 175G, in 8.°
Elat de la Sdisse, par Slanian , ambassadeur td' Angleterre. Amsterdam,
1764. in 8.°
Plantini Helvetia antiqua et nova. Berne, 1756. in 8.0
Essai d'une description des curiosités bistoriques et nalurelles du pays de
Bàie, avec uu Voyage à la source de Birse. Baie, 1759, in 8.°
Eisberge des Schweitzerlandes , von Gottlieb Siegmund Gruner. 1760, 3
voi. in 8.°
Hislcire naturelle des glaciers de Suisse, traduction libre de l'Allemand de
M. Gruner, par M. de Heralio, curichie de plauches. Paris, Panckoueke,
1770, in 4.0
CHE TRATTANO DELLA SVIZZERA E UE SI 01 ABITAMI l5
A short account of the aucient History , prese nt Govcrumeut and Ljvys
of the republic of Genève, by G. Kei\lc. ^otulon, 1761, in 8.°
Naturgeschicbte Helvetiens in der alten Welt. 17G4, in 8.0
Ilistoire naturelle de la Suisse dans 1" ancien Monde , par Gotllicb-Sigi-
smond Gruner. Neuc/idtel, 1776, in 8.°
Description des monlagnes et des vallècs qui font une partie de la princi-
pale de Neuchàtel et de Vallengin, par Fédéric Oslerwald. Neuc/iutel,
1764. — seconda L'Unione, considtr abilmente accreiriuta, ibid. 176G,
in 8.°
Description des moutagoes de la principaulc de Neuchàtel , 17G6. in 8.°
Tableau historique et politiquc de la Suisse , où sont décrits sa situaliou,
son état ancien et moderne, sa division en can.'ons , les dictcs et l' u-
nion Helvétique, où l'on voit l'origine, la naissance , l'établisscment et
les progrés de la République , les mocurs , la religion et le gouvernc-
ment de ses peuples, avec un état de son commerce, de ses revenus ,
de sa milice, et une appendice contcuaute un détail de ses allicsj tra-
duit de l'Anglais. Paris, Lottin, 17G6, in ia.°
Antonii Capellarii Historia montis Pilati. Baie, 1767 in 4.0
Briefe iiber die vornehmsteu Merkwurdigkeiten der Schweitz. Leipsic; 1 ^Gy,
in 8.°
Lettres sur la Suis5c, par Bouflers. Paris. 1772, in 8.°
Reise durch die Waet, ira Jahr 1771. (Inserito nel Museo Svizzero secondo
anno Vili, fascicolo ).
Dictionnaire de la Suisse, par J. Renard. Paris, 1775, 3 voi. in 8.°
Description d'un Voyage fait en 177», par une parlie dea Alpes Bernoiscs,
par S. J. Coggenbach , avec planches : Berne, primo fascicolo , 1776,
in fol.°
Briefe aus der Schweitz, etc. . . . von Andreae. Zurich et Vinterthur, 1776,
in 4.0
Relation de diflercns Vovagcs dans les Alpes du Faucigny, par messieurs
D. et D. Maestricht , Dufour et Roux, 1776, 1 voi. in 12.0
Lettres sur la Suisse, per L. M. L. C. Altoua, 1777 , 1 voi. in 8.°
Dictionnaire gèographique , historique et politiquc de la Suisse, par Fran-
cois Gallct. Yverdun et Genève, 1777, 2 voi. in 8.°
Essai sur les raontagnes Salifcres du gouvernement d' Aigle , situées sur
les confras de Beval ; par Francois-Samuel Wild, capitarne des miucs
de 1' ctat de Berne, avec cartes et planches. Genève t Barde-Mangct ,
1778, in 4.0
Vues remarquables des montagnes de la Suisse , avec leur description ,
cnricliie de beaucoup de planches; premiere partie. Revel, 1778, in fol."
Voyage dans Ics Alpes, precede d'un Essai sur 1' histoirc naturelle des
envirous de Genève j par Horace-Benedict de Saussure , curichi de
beaucoup de gravurcs. T\ euclidici , 1778-179G, 4« voi. in 4-°
— Le mème, avec figures. Genève , 1.7S7-179G, 8 voi. in 8.°
l6 CATALOGO DELLE PRINCIPALI OPEIUi
lvlciue Ileisen durcb einige Schweizer-Cantons. Beile, 1780, in 8.°
Tableaux topographiques, pifc^presques, pysiques, historiques, moraux , po-
litiques et littéraires de* la Suisse , publiés par La Borde , enriebis de
278 piane. Paris, Clousier, Lamy, 1780, 4 yoi. gr. in fo).°
— Le meme, avec 4°° figures. lbid., 12 voi in 4-°
— Le nième, sans figures. lbid. , 6 voi. in 4-°
Voyage historique et littéraire de la Suisse occidentale, par J. R. Sinner.
Neuchdtel, de l'imprimane de la Società Tjpographique, 1781, 2 voi.
in 8.0
Fragment aus dera Tagebuch einer Reise \on Nuruberg bis Constanz, im
Jahr 1781. Inserito nel Museo Alemanno, anno 1786: decimo fascicolo.
Sketch of the naturai , civil and politicai State of Swizzerland , in a se-
ries of letters, by William Coxe lo William Mebnoth. London, 1780,
in 8.°
Lettres de M. William Coxe a M. W. Melmoth, sur l'état politique , civil
et naturel de la Suisse , traduites de l'Anglais, et augumenlée d'obser-
vations faites daus le roème pays par le traducteur M« Ramond. Paris,
Belin, 1782, 2 voi. in 8.°
Esquisse de l'état naturel, civil et moral de la suisse , coutenue dans une
suite de lettres de Guillaume Coxe , adressées à Guillaume Melmoth :
avec les Observations de Ramond. orné de douze figures au bistre
par Birman : in Inglese ; Sketch of the naturai , civil and politicai
State of Swizzerland, in a series of letlers by William Coxe to Wil-
liam Melmoth; with remarks of Ramond etc. ... London , i8o3, 2 voi.
in 8.°
Travels tbrougb the Rhetian Alps etc. . . . by Albanis Beaumont. London,
1782, in fai.0
Lettres sur une contrée pastorale de la Suisse, par M. Bonstetten. . . .Baie,
1782. Zurich, 1792, in 8.°
Itinéraire de la ville de Bàie, de ses environs et de ses cantons, à l'usage
des voyageurs. Baie, 1782 in 12.0
Dissertationes IL physicae de itineribus per Hclvetiam cum fructu facien-
dis. Zurich, 1782 et 1783, in 4°
Collection de Jean Bernoulli ; premier volume supplémentaire , contenant
la descriptiou de la principauté de Neuchàtel et du comté de Yalen-
gin. Berlin, 1783, in 8.°
Description de quelques montagnes de la vallèe d'Eutlibouch, par Schny-
der, avec une carte. Lucerne, 1783, in 8.0
Beschreibung des Bodenseess , nach seinen verschiedenen Zustaenden in
alten und neuen Zeiten. JJlm, 1783, in 8.°
Voyage dans quelques parties de la Suisse, par Bernoulli. Berlin, 1783,
in 8.0
Lettres sur la Suisse , adressées à madame de *** par un Voyageur Fran-
cais, La-Borde, en 1781 : on y a joint une carte generale de la Suisse
et des glaciers de Faucigny, la plus exacte qui ait encore paru, aiusi
CHE TRATTINO DELLA SVIZZERA E DE* SUOI ABITANTI. 1J
qu'un plau de Versoy , et uà pian (Ics souterrains des salincs de Ba-
\ieux. Genève, Paris, Jombert , i voi. gr. in 8.°
Voyage minéralogique en Suisse , par le comte Grégoire Razoumowskj.
Lausanne, 1 7 S3 et 1 7841 in 8.''
Voyage minéralogique dans le gouvcrncmcnt de l'Aigle et une partie du
Valais, Baivi d'une excursion sur le lac de Lucerne, par Beboumwisky,
avec planches. Lausanne, 1783, in 8.°
Voyage dans les niontagnes les plus remarquablos de la Suisse, par Wyt-
tenbacb. Berne , 1783, in 8.°
Voyage par quelques cantons de la Suisse, d'UIm à Saint-Gali, Appenzel,
Glarus, Uri , Schwitz , Zug et de Zurich à Costance , par Jean-Michel
Afsprung. Leipsig. 1784, in 8.° •
Pbysikalisch-poliliscbue Reisen aus den Dinarischcn durch die Julischen ,
Carothischeo und Rhaetischen in die Norischen Alpen , in den Jahrcn
1781 und 1783. Leipsig; 1784, in 8.°
Briefe iiber die Scbweilz, von Christ. Mcincrs. Berlin, 1784 und 1785 , a.
voi. in 8.° Ib'ul. , 1789 und 1790, 4 voi. in 8.°
Mcmoircs pour servir à la connoissance de la Suisse, resulta t d'observations
pendant ses voyages, par Jeao-Rodolphe Sdùnlz. Zurich , 1784 1787,
in 8.°
Nuuvelles Lettres sur la Suisse, premier Cahier, coulcnant Ics cantons de
Bàie, Solerne et Berne, par Hirscbfcld. Kiel , 1785, in 8.°
Rbuvelle Descriplion generale et parliculiere des glaciòres, Vallées de gla-
ces et glacicrs , qui forment la grande chaìne des Alpes de la Suisse,
de l'Italie et de la Savoie, par M. Bourrit, nouvclle édition, enrichic de
beaucoup de planches. Genève, Paul Baule, 178:"), 3 voi. in 8.°
Lettres sur quelques parties de la Suisse, adrcssées à la Reine de la Gran-
de-Brctagne par J. A. De-Luc. Paris, Ducitene, 1783, in 8.°
Briefe eines Sacbsen aus der Scbweitz an seinen Frcuud io Leipzig. Lcip-
sig, 1785-1786, 3 voi. in 8.0
Voyage dans les Alpes, fall en 1781 , par Gotilicb-Conrad-Cbarles Slorr,
avec planches Leipsic, i78:'-i78(>, 2 voi. in 4.0
Fragmeot aus dem Tagebuch eincr Rcise von PuirnbeFg bis Constanz,im
Jahr 178J. Inserito nel Museo alemanno anno 178(1.
Voyage par le pays des Grisons, fait en 1784. Inserito nel Musco Svizzero
anno secondo, settimo fascicolo.
Fragmens d'un Voyage par le pajra des Giisons. Inserito nel Museo Ala-
manno 1786 undecimo j ascicelo.
Fragmens d'un Voyage sur le mont Julien , ebr-z les Grisons, parli. L.
LehinanD. Inserito nel Museo Svizzero, terzo anno, nono fascicolo.
Essai d'une descriplion de la vallèe de GrindeUvald. Inserito nel Magaz-
zino Elvetico di storia naturale toni. I.
Manuel pour Ics savana et les curieux qui voyagrnt en Suisse, par Bea-
son, augmenté par Jacques Samuel Wytttubach; nouvclle édition. Berne,
1786, a voi. in 8.°
Cost, dell'Europa Voi IX- 2
l8 CATALOGO DELLE PRINCIPALI OrEUE
Manuel le meme, cJition augurnentéc. Zurich Fuessh et Camp, , 1799, in S.«
Obseryations faites pendant un Voyage de Strasbourg à Schafhouse. Inse-
rito nel Museo Alemanno, 1786 unclecinio fascicolo.
"Vovce de M. de Mayer en Suisse, en 1784, ou Tableau bistorique, civil,
poliliquc et pbysique de la Suisse. Amsterdam, Paris, Leroi, j 7 Sf>, 2
voi. in 8.
Lettrcs d'une Dame, Madame Dc-Krok, écrites pendant un voyage en Suisse.
Francfort et Leipsic, 1786, in 8.°
Ta«ebucb einer Reise durch die Scluvcilz, von Sopbie La-Roche. Altenburg
1787, in 8.0
Excursion dans Ics mines da Haut-Fauciguy etc. . . . par L. P. Berthout van
Bcrcbcm. Lausanne, 17S7, in 8.°
Voya«e de Zurich à Pfcflers , par H. C. Hirzel. Inserito nel terzo volume
elei Magazzino Elvetico di storia naturale.
Description d'un Voyage par le mont Pvigi et les quatre villes forestières,
par Orell. Inserito nel Museo Svizzero, terzo volume secondo fascicolo.
Quelques Obscrvations isolées, recuellics pendant un voyage en Suisse, par
J. L. Boekmaira. Inserito nel Magazzino Scientifico di Posselt.
Fragmcnt d'uu Vo^-nge en Suisse. Ibid.
Lettrcs écrites de la Suisse. Inserito nel Journal pbilosopbique et Iillérai-
re, 1787, tomo primo.
Voyage de J. M. Plielippon Roland, femme da Ministre de l'inlérieur, fait
en Suisse dans l'apnèe 17S7. Inserito nel volume terzo du recueil de
scs OEuvres, par Cbampagueux. Paris, Bidaut , 1800 — an Vili., 3
voi. in 8.°
Verfraulicbc Erzacblungcn einer Scbvyeizer-Reise ini Jahr 178G, von W. G.
Ploucquet. Tubiti gen, 1787, in 8.°
Sur quelques objcts en Suisse. Tubii/gue, «789, in 8.°
Travels ibrougb Alpcs Pcnnincs, by Albanis Bc.au mont, avec plancbcs colo-
riées. Genève, Cardi//, 178S, piccolo in fol.°
Travels io Swilzcrlainì and country of the Grismis, in a series of letters,
by William Coxe lo William Mclmotb esquirc. London, 1788, 3 voi.
in 8.0
Voyage en Suisse , ebez les Grisons et dans li Vagelline, par M. William
Coxe , tra dui t de l'Anglais par Lcbas , avec carles et figurcs. Genève,
1790, 3 voi. in 8.°
Lettrcs d'uu Vo3'a^cur, écrites de la Suisse. Inserite nel Giornale di Ber-
lino, 17G9 sesto fascicolo.
Obscrvations géoérales sur la Suisse, écrites en 17 SS. Inserite nel 3Iagaz-
zino di Gottinga, settimo volume te. zo fascicolo.
\oyage dans les treize Caulons Suisses, les Grisons, le Valais et autres pays
et états allics de. la Suisse, par Robert. Paris, 17S9, 2 voi. in S.o
Course de Bàie a Bienne par les vallées du Jura , par Bridel , avec une
carte. Bàie, 1789, in 8.°
Histoire naturelle du Tura et de scs environsj et celle des trois lacs dq
CHE ^BATTANO DELLA SVIZZERA. E DE SUOI ABITANTI. 19
Neuchàtel , Morat et Bienne , précédées d'un Essai sur le clima! , Ics
productions, le commerce , Ics animaux de la partie da pnvs de Vaud
ou de la Suisse romando, qui entre dans le pian de L'ouvrage, par M,
le Comte De-Razoumowosky, eurichies de six plauclies en taillc-douce.
Lausanne Jean Meurer, 1789, 2 voi. in S.°
Reise durch einige Cautous der Slivveilz, im Jahr 1789, von J. G. Moller.
Zilrich, 1790, in 8.0
Voyage fait eu Suisse, par Charles Spazier. Gollta 1790, in 8.°
Guide du Voyageur eu Suisse, traduit de l'Anglais. Paris, 1790, in 12.0
Le guide dei Vovageurs eu Suisse. Paris, 1790, in u.°
Petit Voyage en Suisse, par R *** , dans l'annue 1 7 S9. Zurich, 1790, in 8.°
Manuel du Voyageur qui voyage en Suisse, traduit de l'Allemand. Zuricht
1790, a voi. in 12.0
Tableau piltoresque de la Suisse, par le Marquis De-Langles. Paris et Lio-
gè, 1790, in ta.«
Iliuéraiie de la vallèe de Chamouny, d'une partie du Valais, et des mon-
tagnes avoisinantes, avec une carte et ime vue, par J. P. Bcrtliout van
Berchcm. Lausanne, 1790, in 12 °
Itinérairc de Genève, Lausanne et Chamouny, par Bourrit. Genève, 1791,
in 12.0
Fragment du Journal de mon Voyage en Suisse, par le Comte De-Mollke.
Inserito nel quarto volume del magazzino Alemanno, 1 79 1 .
La Suisse, par Charles Marquis De-Giosse Halle, '792, 4 voi. in 8.°
Supplumcnl au Manuel de l' Elranger. Zurich, 1792, in 12.0
Kolcs d'un Yoyageur sur Genève, cu 1792 et 1793. Magazzino di Brùnn,
secondo volume.
Promenade en Suisse : in Tedesco; Promenadc durch die Schweitz, 1793,
in 8.°
Voyage de Lausanne, par Yverdnn, Ncuchàtel eie. ...et a Berne. Inserito
nel Magazzino Alemanno, 1793, voi. iG.
Promenadcs dans la Suisse, per Bramiseli weig^r. Hamhourg, 1793: iu 8.°
Coup-d'oed sur la Suisse, par A. W. IffLand. Leipsic, 1793, io 8.°
Souvenirs de mot) troisième Voyage cu Suisse, par Sophie La -Roche. 0//t'/:-
bach, 1 -93, in 8.°
Malerische Reise in die Italiànischc Schweitz , vou J. II. Maycr. Zurich,
1793, in 8.°
Mes Tournée! par la Suisse romande , le Bas-Valais et la Savoie, cu l'.iti.
1791. Tubinone, 1793, in S.°
Yovage de Genève à Berne, Chamouni, Mciringen, Lacerne, Zuricli, Ilcri-
sau , Saint-Gali et Costauce , par madame Frédériqae Bron. litòcritu
nel Magazzino Alemanno degli ai. in 171JJ. 1 7;; , e 179"».
De Genève et des envirous de Genève, par M. Fischer. Deilin, 179'),
in 8.°
Petits Voyages dans la Suisse, par H.P. Maurer: in Tedesco; Kleiue Rei-
?en im Schweirei lande, von H. P. Maurer. Zurick, 1794, in 8. °
20 catalogo .dell;: principali opere
Voyage de Lyon a Genève, en mars 1791, par madame Frédérique Bruii,
uée Munter. Inserito nel Magazzino Alemanno 179/i, fascicolo d'agosto,
Lettres Suisses, écrites à Cecilia pendant l'été de 1794» par Francois Bou-
terwek. Bei Un, 1796, in 8.°
De la Suisse et de ses h;ibitans, par Lang. Berlin. 1795, in 8°
Observations faites pendant un voyage de Strasbourg à Schaihousc Ma-
gazzino di Bi'ùnn.
Briefe iiber Graubiindten, von J. H. Heigelin. Stutgard , 1795, in 8.°
Iustruction pour un Voyageur qui se propose de parcourir la Suisse , de
la maniere la plus propre à lui procurer toutes les jouissanc.;; dont
cette contrée abonde , traduite de l'Allemand du docteur S. G. Elici ,
par le traducteur du Socrate rustique, avec un grand nnmbre de tor-
rectious et d'addilions importantes, enrichie de figures Bàie Tourney sen,
1795, 2 voi. in 12.0
Sur la Suisse et ses habitans etc. ... Berlin, 1795, 2 voi. in 8,°
Voyage en Suisse, par Rebman, in 8.°
Probi d'un Voyage de Zuricb au mont Saint-Gothard , par J. C. Escher,
avec cartes. ....
Itinéraire du Saint-Gothard, d'une partie du Valais, et des contrées de la
Suisse qu'on traverse ordinairemeut pour se rendre au mont Samt-G"-
tbard , accompagno d'une carte lithographique des environs de celle
montagne, publié par Ch. De Mecbel. Baie, 1793, in 8.°
Lettres sur la Suisse, par P. L. C. Curii : premier volume. ^Altona , 1797,
in 4.0
Lettres écrites pendant plusieurs VWages en Suisse, par Charles De-Bon-
stetten etc. Vedi il 3Iagazzino Germanico di M. Eggers.
Voyage pittoresque de Baie à Bienne, par les vallées de Mottier , corichi
de planches dessioées par Birmann , accompagnées d'un texte par Bri-
dei, auteur de la Course de Bàie à Bienne. Bàie, P. Birmann, Decker
et Schoell, gr. in fol.°
Nouveau Voyage en Suisse, contenant la peinture de ce pays, de ses moe-
urs et des gouvernemens actuels, avec quelques traits de comparaison
entre les usages de la Suisse et ceux de Paris moderne , par Hclène-
Marie Williams, traduit de l'Anglais par J. B. Say. Paris Pougens an.
VI— 1798, 2 voi. in 8.°
Travels through the Lepontine Alps, by Albanis Beaumont. London, 1800,
in fol.°
Account of the republica of Genève. Londres, 1800, in 12.0
Le mont Saint-Bernard. Varis, 1S01, in 12.0
Journal d'un Voyage daus la Suisse orientale , meridionale et Ilalienne,
pendant les anuées 1798 et 1799, par madame Frcdérique Bruu, avec
planches. Copenhagne Brummer, iSor, in 8.°
Tableau des Peuples des montagnes de la Suisse, par J. G. Ebel. leipsic,
1798-1802, 2 voi. in 8.°
Voyage d'une Francaise en Suisse en Franche-Comté, depuis la revolution.
Paris, Debraj an, X. — 1802, in 8.°
CHE TRATTANO DELLA SVIZZERA E UE SUOI ABITANTI %Ì
Aichives de petits Vovage Jans dillerentcs contrécs <lc la Suìsse , p.u-
Ambruster et Furtuiann. Saint Gali, Httber, 1S02 et 180 j, 3 voi- in S.°
Desciiptiou des cols 011 passages des Alpcs> par Bourrit , emicbie de pia»
sieurs vues. Genere Manget an. XI. — i8o3, 2 voi. iu 8.°
Journal du dernier Voyagfl de Dolomiea dans Ics Alpes, par T. C. Bruuu-
Neergard. Paris, Solvet , i8o3, in 8.°
Ilinéraire d'un Voyage fait en Suisse , en i8o3 par B. Gerard. Bruxelles i
Jì'eissciibruch, 1804, in 12.0
Mon Vovnge par le Saint-Gotliard aux ile5 Borromees et à Milan , et re-
tour par la vallee de Formazza , le Grimsel et le Haut-Pays, fait pen-
dant I'été de 1801; et quelques fragmens sur la Suisse. Stutgard ,
Steinkojif, 1804, 2 voi. in 8.°
Petits Voyages a pied dans la Suisse , par Ics frères Bridel , traduits de
l'Allemand. Zurich Gessner, 1804, 2 voi. in 8.°
Instructiou sur l'art de parcourir avec fruit et de bien observer la Suisse,
pubbée par J. G. Ebel, avec plancbes et cartes. Seconde èdition , revué
et augumtntée. Zuiic/i, Ordì, 1804 et i8o5 , 4 voi. in 8.°
Manuel du Voyageur en Suisse , ouvragc où l'on trouve les directions né-
cessaire s pour rerueillir toute le fruit et toutes les jouissances que pcut
se prommettre un étrauger qui parconrt ce pays-là ; par M. J. G. Ebel,
avec figures ; traduit pour la seconde fois de l'Allemand sur la seconde
èdition eutièrement refondue et considérablemeut augmentée par l'au-
teur. Zurich, Or eli, Fuessli et Cornp. , 4 voi. io 8.°
Vov age d'un Observateur de la nature et de ritornine dans les montagnes
du canton de Fribourg, et daDS diverses parties du pays de Vaud, en
1793, par L. M. P. De-Laveroe. Paris, 1804, Levrault, Schoell et Camp.,
in 8.0
Journal d'une petite Excursion dans les contrécs de la Suisse , faite pen-
dant l'été de 1794 , contenant la description des beautés pittoresques ,
et celle des moeurs et coutumes des babitans. Seconde èdition: in Inglese}
A Journal of a sbort Ecursion ainoug tbe Svmzcrlands. etc. London >
Murray, i8o5, in 120.
Schweitzer Baise etc Copenhague Gyldendal , i8o5, in 8.°
Vojage pittoresque dans une grande partie de la Suisse, avant et après la
revolution, public par Reicbard, enriebi de 56 plancbes et vues. Jena,
Seidler , in 8.°
Lettre sur le Valais et les moeurs de ses babitans, avec les Tableau x pit-
toresques dece pays, et une ]N*otice des productions natnrelles les plus
remarquables qu'il rcuferme , par M. Escbassériaux. Paris; Maradun ,
1806 , in S.°
Helvetiscber Abnanacb fiirs Jahr 1806- Zurich, Orell , Fuessli, voi. in iG.°,
con carte e turni,
Tableaux de la Suisse ou Vovnge pittoresque fait dans les XIH. Cantons
du Corps Qelvétique nprésentant Ics divers pbénomènes que la nature
y rasscmble , et les beautés doni l'Art les a enriebis. Seconde èdition
52 CATALOGO DELLE PRINCIPALI OPERE
ornée de 4^8 planches dessinees et gravées par les meìlleurs Artistes
de la capitale , voi. 12, in 4«° Paris, 1784. Opera del Barone di Zur-
lauben accresciuta dal signor Quétant.
Muller Hist. des Suisses, traditile de l'Allemand par Labaume. Lausanne,
1 790-1803 , 12 voi. in 8.° V originale Tedesco fu stampato in Lipsia,
5 voi. io 8.
Mallet Hist. des Suisses ou Helveliens. Genève , i8o3, 4 voi. in 8.°
Histoire de Genève par .7. Picot. Genève , 1811 , voi. 3 in 8.°
Descriplion iles Alpes Grecques et Cotieunes, par Beaumont. Paris, 1806,
voi. 4-
Scènes tirées de l'bistoire des Suisses gravées d'aprés les desse ins de L.
Lips j F. Legi. Zurich chez Fuessli , 181 2.
Collection de Costumes Suisses des XXII. Cantons peintes par J. Reinhard
de Lucerne et publiées par Birmann et Huber. Bàie , 1819.
DESCRIZIONE GEOGRAFICA
DELLA SVIZZERA.
Uo mai v'ha paese che meriti un'esatta geografica descrizione)
esso è certamente quello degli Svizzeri : giacché pochi sono i luo-
ghi , che non offrano al viaggiatore curiosità naturali , o forniate
dall'arte. Talora si vede Ja natura in tutta la sua orrida sempli-
cità , offrire una prospettiva maestosa e selvaggia di monti e di
burroni coperti da perpetua neve ; e talora essa è allegrata ed ab-
bellita da città, e da borgate che sorgono in riva ad amenissimi
laghi ed a maestosi fiumi.
Con fini.
La regione conosc iuta anticamente sotto il nome di Elvezia ,
e ne' moderni tempi sotto quello di Svizzera è divisa dall' Vleina-
gna per mezzo del Reno , dall' Italia per le Alpi e pel Rodano ,
dalla Francia per la catena del Monte Giura (1). Oucsla divisione
però che è la più generale, e segue i contini sì evidentemente
contrassegnati dalla natura , è stala dai geografi moderni modifi-
cala seconde- lo slato politico del paese; ond' essi stabilirono , che
la Svizzera è quel paese, che confina al settentrione coi diparti'
memi dell'Alto e Basso Reno e colla Svevia, provincia della Ger-
mania; all'oriente termina col lago di Costanza, ed ò limitrofo al
Tirolo ed al Trentino; al mezzodì confina collilalia , ed all'oc-
cidente colla Francia.
Divisione,
Prima della rivoluzione, che unì le differenti parti della Sviz-
zei a sotto un solo governo , essa era divisa in tredici Cantoni , i
(i.v Mallet , chap.i.
^4 DESCKIZIOJJIL GEOGRAFICI
quali aveanó fermato di mantenere il seguente ordine di premi-
nenza : primo Zurigo ; secondo Berna ; terzo Lucerna ; quarto Uri;
quinto Svvitz; sesto Undenvald ; settimo Zug ; ottavo Glaris; nono
Basilea ; decimo Friburgo ; undecimo Soletta ; duodecimo Sciaf-
iusa; decimoterzo Appenzel. Questi Cantoni aveano varj sudditi
ed associati; i primi erano piccioli distretti limitrofi alle loro
frontiere , che essi facevano governare in loro nome ; quali erano
i sette baliaggi o prefetture dell'Italia, la Contea di Baden, ed
altri distretti, la cui sovranità od apparteneva a tutti i Cantoni ,
od a varj di essi , od anche ad un solo. Fra gli associati della
Svizzera Confederazione si comprendevano: la repubblica à.e' Gri-
gio ni divisa in tre leghe, e signora della Valtellina, di Bormio
e di Chiavenna ; la repubblica del Vallese ; quella di Ginevra ;
il Principato di Neufchatel , che però era sottoposto al Re di
Prussia; la badia e la città di San- Gallo , le città di Bienne e di
Muhlhause , ed una parte del Vescovato di Basilea. La repub-
blica Cisalpina od Italiana s' impadronì della Valtellina , di Bor-
mio e di Chiavenna: le città di Ginevra , di Bienne, di Muhlhau-
se, e la parte Elvetica del Vescovato di Basilea furono aggregate
alla vasta massa della Francese repubblica. Dopo la caduta del-
l'impero Francese le cose tornarono al primiero stato, se se ne
eccettuino pochi cangiamenti.
Cantone di Zurigo.
Zurigo giace all' altezza di 1279 piedi sopra il livello del
mare; ed in essa il termometro di Reaumur scende nell'inverno
a ventidue gradi , e ad altrettanti sale sopra il gelo nell'estate, e
qualche volta più in alto ancora : e la elevazione media del baro-
metro è di ventisei gradi e nove linee. Piacevole è 1' aspetto di
questa città circondata da chiarissime acque correnti , e partita
dal Limmat nel luogo in cui esce dal lago. Questo lago ha dieci
leghe circa di lunghezza ed una di larghezza; le rive sono popo-
late da molte ville e borgate, e di mano in mano che il viaggia-
tore si approssima alla città , tutti i dintorni del lago sono occu-
pati da una serie non interrotta di amene ville cinte da vigneti
e da praterie, che formano un'ammirabile scena. La campagna è
ben coltivata; e la prospettiva ne è all'intutto pittoresca, dilette-
vole e variata (1).
(0 Coxe. Leti. Vili.
OF Hit
uwv&iirc of riimois
DELLA SVIZZERA. 25
Monumento di Gessner.
Zurigo è la culla del Teocrito dell' Elvezia, del famoso Ges-
sner cantore dell'innocenza e della virtù. I suoi concittadini gli
eressero un monumento nel Platz luogo di diporto, e mirabile
per la sua vaghezza. Il monumento è formato di un cippo di mar-
mo nero che sostiene un' urna di marmo grigio : si vede in una
parte del piedistallo il busto del poeta in bronzo, dall'altra si
legge quest'epigrafe in lettere d'oro: Alla memoria di Salomone
Gessner i suoi concittadini (i).
Edific] e prospetto di Zurigo.
Alcuni osservabili ediflcj presenta Zurigo al viaggiatore, e tali
sono la casa degli Orfani , il tempio nomato Gross-Munstcr , e
1' arsenale, uno de' più belli della Svizzera, ed anco della Ger-
mania , che conteneva armi per più di trentamila uomini , e con-
servava le pesanti armature degli antichi Svizzeri, e l'arco di cui
si servì Guglielmo Teli per colpire il pomo posto in sulla testa
del figliuolo. Un moderno viaggiatore aggiunge: « che l'elegante
semplicità del Casino otterrebbe lode anche in Italia. Il bellissi-
mo lago era coperto di barche, le cui vele, enfiate dal vento
conferivano vivace aspetto alla superficie dell'* acqua: è desso il
primo lago della Svizzera , che siasi da uoi veduto popolato da
barche " (2). Nella Tavola 1, presentiamo la vista interna della
città, e del fondo del lago di Zurigo.
Altre città di questo Cantone.
Al Cantone Zurighese appartengono Tf'interthur , città situala
in un'amena pianura, che ha due bagni di acque minerali; JÌ6-
gensberg posta su di una collina , che andò soggetta a molli in-
cendi , ed ha un castello ben fortificato , ed un pozzo scavato
nello scoglio alla profondità di 116 piedi ; Stein, che è posta
sul Reno nel luogo in cui esce dal lago di Zelle, e che è vicina
alle rovine di una fortezza, che i Romani aveano innalzato; e fi-
nalmente Eglisau, picciola città assai bene edificata.
Cantone di Beni a.
lì Cantone di Berna è considerato come il più ampio de'trc-
(1) Vedi il Viaggio di D. B. per la Svizzera. Da Soletta a Zurigo; e
V Itinerario di Ebel.
e»; ind.
iG CATALOGO DELLE PRINCIPALI OPERE
dici. Berna, che ad esso dà il nome è una delle più vaghe e
popolose città della Svizzera. « Io nell' entrare in Berna , dice il
Coxe, fui colpito dalla eleganza e dalla pulitezza che vi regna}
nò mi sovviene d' aver veduta altra città ( se si eccettui Bath ) ,
il cui primo aspetto produca una sì gradevole sensazione. La prin-
cipale contrada è lunga e larga ; le case sono per la maggior
parte uniformi , edificate con una specie di pietra grigia , hanno
degli archi ed il loro pavimento è assai vago. Un ruscello di lim-
pid' acqua scorre in mezzo alla contrada in un canale , che ad
esso si aprì: Berna abbonda altresì di fontane, che nel mentre
l'abbelliscono, riescono di grande comodità al suoi abitanti. L'Aar
scorre vicinissimo alla città, e la circonda quasi interamente; esso
serpeggia su di un letto petroso, molto superiore al livello delle
contrade, e forma per un lunghissimo spazio, lungo le sue rive,
che sono aspre e scoscese, una specie di baluardo naturale (x) »,
Si crede che questa città abbia tratto il suo nome da Bear , che
significa Orso, perchè Bertoldo V., che la fondò nel 1191 vi
uccise uno di questi animali allorquando aveva cominciato a get-
tarne le fondamenta; ed è per ciò, come si crede, che essa ha
per suo stemma un orso, e che i suoi cittadini nutrivano un tempo
varj di questi animali. Noi vedremo a suo luogo la magnificenza
della sua cattedrale (2).
Dintorni di Berna.
Sulla riva destra dell' Aar il viaggiatore scorge Arcai Aal-
bourg, che serve di frontiera tra il Cantone di Lucerna e quello di
Soletta; e Bruck , ehe ha un bel ponte sul fiume medesimo. Su
di un vicino monte è situata Lenlzbourg ; e sulle sponde del
Wiger, e del Laogenthan giacciono Zofjingen e Langenilial ; ed
sérberg , che uno si è de' più frequenti passi della Svizzera, è
fabbricata in unJ isola fra i due l'ami dell' Aar, Tluui ed il suo
castello , che offrono una delle più belle prospettive che sorgano
(1) Coxe Lelt. XXXXIV iNoi citeremo quasi sempre il Coxe come
quello clie ha dato maggiore vivacità alle descrizioni Geografiche della Sviz-
zera; non abbiamo però tralasciato di consultare le seguenti opere, Tscliar-
ner Dici. Géogr. Hist. et Politiq. de la Suisse •.JFaesi Descript. Topogr.
de la Suisse : Fueslin Descript Topogr. de la Stesse.
(2) Non sidee qui tralasciare un proverhio Italiano, che indicala ferti-
lità e l'ampiezza del Cantone di Berna: Berna ed il Bernese vale Milano
ed il Milanése, Tableau* de la Suis. Voi. IX. pag GG.
DELLA SVIZZERA. 1J
presso ,1cl lago , che in questa città prese il nome. IUndilhank
parrocchia del baliaggio Zollikofcn e spesso visitalo dai viaggia-
tori pel monumento che vi eresse lo scultore Nahl alla sua spo-
sa. Finalmente più di Burgdorff, sihelhoden , di Fvuiìgen e di
Nat ville ì' celebre il villaggio di Grindvlwald pel suo ghiac-
cia jo (i).
Ghiacciaj e loro origine.
Col nome di ghiaccia] dell.» Svizzera e delle Alpi si vogliono
denotare que* grandi ammassi di ghiacci perpetui, che vi s'incon-
trano, ed annoveransi fra i più curiosi fenomeni, di cui le Alpi
sono ricche. Essi traggono origine dalle nevi , che spinte dalla vio-
lenza de' venti, o dalla caduta delle valanghe , si ammucchiano
in fessure ed in cavi , ove o non penetrano, o per pochi istanti
si fermano i rnggi del sole. La neve sciolta nel giorno sulla su-
perficie da quevSli raggi, ed ammolita nelle parli laterali ed infe-
riori del calore della terra, viene poi nella notte congelala dal
freddo , e diventa sempre più soda 5 poscia nel seguente inverno
la neve del passato anno indurisce e converte in ghiaccio buona
parte dell'altra receutemente caduta, ed in tal guisa il ghiac-
ciajo si accresce ; il che suole avvenire in primavera. Riposando
<T ordinario i ghiacciaj sopra piani inclinali ( così V autore della
Guida da Milano a Ginevra (*>,) ) , e lo scioglimento dei ghiac-
ci, che avviene nella stagion calda , essendo assai più abbondante
agli orli inferiori , la pressione continua delle parti superiori adi-
sce sopra tutta la massa : odesi allora un fracasso orribile somi-
gliante a quello del tuono ; Y acqua sgorga impetuosa da incredi-
bili altezze, le antiche fenditure si chiudono; altre se ne aprono
enormi roccie distaccate dall' impeto delle acque rovinano nelle
valli, e in pochi minuti il ghiacciaio è visibilmente disceso e fatto
più ampio. Si dà anche talora il caso d'un movimento contrario,
e i ghiacciaj si ristringono; ma questo succede assai più di rado,
(1) L' uso di alcuni recenti scrittori Italiani ci ha indotti ad usare il
vocabolo ghiacciajo invece del femminile ghiaccia ja , clic significa il Luogo
dove si mette il ghiaccio ncll* inverno , per potersene servire ncll' estate.
Anche i Francesi usano glaciale per ghiacciaja e glacìer per ammasso dì
ghiaccio. Vedi le Peregr. di D. Bertolollij, voi. I. pag. 128.
(2) Guida da Milano a Ginevra pel Sempiune con 3o vedute ed uua
carta geografica. Milano, F. Artaria , 1822.
28 DESCRIZIONI* GEOGRAFICA
e dipende sempre da circostanze locali. Spesso con una mano
toccansi i ghiaccia] , e coli' altra colgonsi vaghissimi fiori su bel
tappeto di piacevole verdura . Se nuocer sembrano i ghiacciaj col-
l' invadere un utile terreno e coli' aumentare il freddo delle valli
elevate, sono però inesauribili sorgenti di fiumi che rendono fer-
tili le terre. I loro ghiacci estremamente duri e compatti, e spesso
di colore azzurrognolo o verde , e talora simili ad immensi sme-
raldi , sono foggiati a mille forme diverse. Qui la superficie è o-
rizzontale, o leggermente inclinata e solcata di molte fenditure;
là i ghiacci s' innalzauo a guisa di piramidi irregolari e irte di
acute punte: altrove a modo d'immense colonne, sulle quali pog-
giano grandi massi di pietre. Frequentemente in mezzi ai ghiacci
vedousi nude roccie che pajono isolate ; e sempre vi si osservano
certe striscie paralelle di sabbia o di ciottoli , che segnano il con-
fine delle nevi, che sono cadute durante l'inverno. L'inferior parte
de' ghiacciaj da cui escon le acque, non serba lungo tempo il me-
desimo aspetto, spesso al principio dell'estate altro non vi si scorge
che una buca oscura e bassa; ma presto questa buca s'allarga, e
vedesi invece un' immenso porticato somigliante all' ingresso di uk
palazzo di cristallo. Acque di colore azzuro biancastro sgorgano
da quelle volte magnifiche con muggiti simili a quelli di un tuono
continuato , e formando bellissime cascate, talora colano fuori len-
tamente di mezzo ai ghiacci, o precipitano spumanti, lottando im-
petuosamente contro i ghiacci e i massi che loro impediscono il
passo. Secondo il Dottore Ebel, dal Monte Bianco fino al Tirolo
esistono nell' Alpi zfoo ghiacciaj , i più de' quali hanno fin sei o
sette leghe di lunghezza.
Ghiacciajo di Grindeiwaìd.
Fra sì numerosi ghiacciaj noi presentiamo quello di Giindel-
vvald , cui il Barone di Zurlauben consacrò tre tavole (i), e che
venne descritto con molta vivezza dal Coxe. ce ISoi, dice egli,
abbiamo questa mane date le spalle a Meyningenj abbiali! passato
1' Aar , e salito lo Scheideck , a traverso di una maestosa foresta
di pioppi , di faggi , di frassini e di abeti : ci siamo avvicinati a
Jieiciwnbach, torrente celebre per la bellezza e per l'impeto della
sua caduta ; esso scorre per qualche tempo lungo le falde della
(i) Zurlauben. Alias 3NT.° n8, i35 172.
IHc I ilfHAflY
OF IME
uiraimr of niuojs
DELLA SVIZZERA ^<)
montagna, e si precipita poi in linea diretta e perpendicolare in
un abisso profondo, che da se medesimo si fece in una cava di
marmo nero; da cui, dopo aver formate molte minori cascate, va
a congiungersi coll'Aar. Dopo aver salito per lo spazio di tre ore
circa , ci siamo riposali in un' amena valle tutta coperta di ca-
panne, terminata da una patte da un verdeggiante poggio , e dal-
l'altra da immensi seogli , che minacciando le nostre teste si sol-
levavano fino alle nubi. Ci sorgeva innanzi un maestoso monte di
forma piramidale, la cui cima era coperta di neve. La discesa da
questo luogo a Grindelwald fu lunga e nojosa: questo villaggio
composto da un gran numero di capanne sparse nel piano e sui
vicini colli presenta un vaghissimo prospetto veramente pittoresco
renduto anche più piacevole dalla vista del ghiacciajo. Quest'ul-
timo si estende dalla cima della montagna fino all' estremità della
pianura formando una linea curva , e cinto maestosamente d'alberi
da amendue i lati: ad alcuni passi di distanza si trovano campa-
gne seminate d'orzo e di frumento, e pingui praterie. Partimmo
la mattina seguente im pazientissimi, ed aspettando di vedere le
cose più straordinarie, giugnemmo ai piedi del ghiacciajo, che
forma una volta maestosa di ghiaccio, da cui sbocca un torrente
romoroso, e rapido composto di nevi , appena liquefatte. Questo
ghiacciajo presenta un numero infinito di piramidi, che sorgono
dal letto dei ghiacci che è mollo più elevato dalla parte della
pianura; ha 4° m 60 piedi di altezza, e diminuisce in larghezza
a misura che si sale, finché termina, con una superficie molto
estesa che si di\ide in molte fessure larghe e profonde. iSoi occu-
pammo più di due ore nel salire su di un assai arduo sentiero,
posto nei dintorni della parte agghiacciata, accavalcando spesso i
luoghi aspri e gli scogli quasi tagliali a piceo , da cui cinto era
il burrone : fremo ancora nel pensare al pericolo che abbiamo
corso. Un siffatto ghiacciajo, come fummo assicurati, è contiguo
ad una valle di ghiaccio estesissima , che ha dodici leghe enea
di lunghezza , ed è situata fra le due catene delle più alte
Alpi. Quivi giunti, fummo arrestati da monti pressoché inacces-
sibili, e da un poggio di ghiaccio; la nostra guida (che non po-
tea essere più stupida, e meno istruita dei luoghi; e ciò sia detto
ìn passando ) ci assicurò nello stesso terupo cssvvc impossibile 1 an-
dar più oltre. Noi non eravamo per nulla convinti della verità di
■I /■ DESCRIZIONE GEOGRAFICA
questa asserzione; ma non avendo alcuno che ci potesse indicar
la via , e non osando esporci soli a quelle squallide regioni, siam.
discesi con grave dispiacere; osservando die ciò che noi avevamo
veduto ( quantunque fosse "veramente sublime e singolare ) non
potea paragonarsi a ciò che ci si era assicurato di poterci ripromet-
tere. Ma avendoci gli abitatori non meno che la nostra guida af-
fermato, che nessun viaggiatore era peuetralo più oltre, fu d'uopo
sottometterci (i) «5 Vedi la Tavola 2.
Valanghe.
Non si può ragionare dei ghiaccia] della Svizzera senza far
motto delle così dette valanghe , ossia di quegli enormi ammassi
di neve, che distaccandosi dalla cima di mi moute precipitano al
basso con sonante rovina, e seppelliscono gli interi villaggi. Quando
Cos.e si riposò nella valle testò descritta fu spaventato ali improv-
viso da un rumore somigliantissimo a quello del tuono , ma ben-
tosto conobbe, che esso era prodotto dalla caduta di una valciìiga
che nel rapido suo corso era simile ad un gonfio torrente. Que-
sti ammassi di neve hanno talvolta le più funeste conseguenze :
giacché trascinali seco tutto ciò che incontrano nel precipitarsi al
basso , e spesso hanno coperti interi villaggi dopo averne rove-
sciate le case. Il miglior preservativo contro i guasti delle valan-
ghe sono le foreste sì numerose nelle Alpi della Svizzera , che
appena si trova un sol villaggio situato alle falde di una mon-
tagna che non abbia a] di sopra qualche foresta , sotto cui in
certo modo sembra ricoverarsi. Gli abitanti ne hanno grandissima
cura , uè permettono , che sitìalti boschi vengano atterrati (2).
Cantone di Lacerna.
Il Cantone di Lucerna è il primo ed il più possente dei Can-
toni Cattolici ; e la città che porta questo nome offre un bellissi-
mo spettacolo , onde per la sua situazione e pel suo prospetto parve
a Coxe da doversi preferire alla stessa Zurigo (3). Giace Lucerna
all' estremità settentrionale del lago dei quattro Cantoni nel luogo
in cui esce la Reuss, che la divide in due parti. Questa città è
vicina a Scmpach , celebre per l'eroismo di Arnoldo Winkelried,
che procurò agli Svizzeri la vittoria; ed al monte Pilato, detta
CO Cove. Leti. XVI.
(■>.) Ibid.
(3) Coxe. Leti. X.
m iiiMAflY
OF THE
UifìfEBilTY OF 2U1I01S
■ ■•' Il
DELLA STIZZÌ) A. -J I
altre Adito Alons Pilcatus dal vocabolo Latino Pila; perchè la
sua cima era sempre coperta dalla neve 0 dalle nubi, come da
un berretto. La voce di Pìleaiiu venne corrotta «• canglossi in
quella di Pilutus, clic diede origine a ridicole favole.
Uri.
All'intorno del lago, sulle cui rive sorge Lucerna il viaggia-
tore scorge i tre Cantoni, che gettarono le fondamenta deli El-
vetica Confederazione j cioè, Uri, Schwitz ed Underwalden (i).
11 Cantone d l ri è formalo da altissime montagne sempre coperte
di neve e di ghiaccio, fralle quali altissimo si estolle il San Got-
tardo: esso ha per capo luogo Altorf , e comprende Ilopiial ed
Onera» All'estremità del Cantone di Uri comincia una vallata,
che apre la comunicazione tra la Germania e l'Italia, comunica-
zione la quale benché di difficile accesso, è tra le più sicure e
più frequentate di (piante uniscono queste due regioni. Quivi si
trova il famoso monte San Gottardo ; die forma in un coi monti
vicini quell' enorme altissimo masso, da cui escono a ponente il
Rodano, a settentrione l'Aar e la Heuss, ed a mezzogiorno il
Ticino (2). Partendo da Altorf, capo-luogo del Cantone di Uri ,
si ascende lungo la Heuss, che s'apre con violenza il passo tra i
più scoscesi burroni privi affatto d'ogni vegetazione. Colà con
maravigliosi sforzi fu dall'industria umana aperta una sicurissima
Strada, lunga più di quattordici leghe, da \liorf che giace al set-
tentrione, fino ad Airolo, che forma l'estremità meridionale della
valle. E questa strada divisa in due parti dalla valle d' Orsera ;
la prima, cioè, quella d' Altorf, è la più marivigliosa , e gli a-
bitanti per formarla dovettero superare ostacoli, che sembravano
insormontabili. La strada sospesa in alto sui più orridi precipizj
è aperta all' infuori, e basata sopra volte, là dove le roccie per-
pendicolari ne impediva no la continuazione. Spesse Hate questa
strada attraversa profondissimi abissi coli' opera dei più leggieri ed
arditi ponti , the giammai si sieno costruiti, e guida lo stupefatto
(ì) Questi Cintemi si chiamano In lingua «lei parse Valdsloettt, parola
che può equivalere a Cantoni Forestieri. M.illet- Jlist. iL-s Sua. Parti I.
clmn. Vili.
(•2) Abbiano tolta la descrizione «Iella strada del Caotoue dì Uri , del
Ponte ilei Diavolo, e della valle d'Orsera dal Itallet , che in descriveodu
questi luoghi ha superati i migliori gcogruli. Ilat. des Suij. Pari. I. chap. IX.
32 DESCRIZiONK GEOGRAFICA
passeggiero nelle viscere di una montagna , forata per ottanta passi
circa a punta di scalpello, e che sembrava dovesse opporre al-
l'uomo una insuperabile barriera. Il più ardito di questi ponti si
presenta dopo , ed è quello che offre la massima altezza dal sot-
toposto precipizio.
Ponte del Diavolo.
E chiamato il Ponte del Diavolo , tanto la sua costruzione
apparve superiore alle umane forze; esso è formato da un solo
arco gettato da una montagna all' altra e che sembra sospeso in
aria per magico potere, al di sopra di un immenso voraginoso
precipizio , nel cui fondo scorre il torrente rapidissimo sollevando
le bianche sue spume : è difficile il comprendere come si sieno
potute costruir le armature di questo ponte, e le centinature. Vedi
la Tavola 3.
Valle di Or sera.
Dopo di aver per lungo tempo avuto solt' occhio questi og-
getti selvaggi insieme ed ammirandi, il viaggiatore discopre a un
tratto la valle d'Orsera, la quale, a malgrado della sua eleva-
zione , mostrasi rideute , fertile e coperta di ubertosissimi pascoli.
Quivi la Reuss, perdendo il precipitoso corso, si estende a guisa
di placidissimo fiume. Il commercio dei bestiami e dei formaggi,
ed il passaggio del San Gottardo rendono gli abitanti di questa
valle assai facoltosi; eglino d'altronde vengono encomiati per dol-
cezza di carattere , per onestà , per ospitalità , per beneficenza , e
sebbene dependenti dal Cantone di Uri, pure godettero sempre
di grandi privilegi-
Cappella di Teli.
Il Cantone di Uri desta nello Svizzero soavissime ed alte re-
miniscenze. Quivi in riva al lago sorge la cappella di Guglielmo
Teli in su quello stesso scoglio sul quale si lanciò l'eroe della
S\izzera. Costui era stato chiuso in prigione per ordine di Gessler,
che governava Uri in nome di Alberto I. : ma temendo il Governa^
tore che gli amici di Teli lo potessero liberare iu Altorf, volle egli
stesso condurlo nel suo castello di Kusnacht siili' altra sponda del
lago. Fattolo perciò caricar di catene entrò seco lui in barca , la
quale dicontro alla pianura di Gruthli fu agitata da violentissimi
venti che turbano sì spesso la navigazione di quel lago burrasco-
so. Gessler fu costretto ad affidare la sua vita a colui, al quale
THè MBRAHY
OF THE
UWEJUiTY OF BJJIOIS
DELLA SVIZZERA. 33
©gli aveva divisato di toglierla ; e conoscendo tutta la forzi e la
destrezza di Teli fece ad esso sciogliere i ferri.
Salto di Teli.
Allora quest'intrepido Svizzero, a malgrado dei tempestosissimi
flutti giunse a volgere il battello in Vicinanza di un luogo ove sor'
geva un rialzo di terreno , chiamato anche oggidì Sullo di Teli,
e quivi repente slaneiatosi sulla sponda , potè mettersi in salvo
mentre col violento urto di un piede respingeva la barca fra l'on-
de lasciando cosi il suo nemico in preda al più grave pericolo.
Lo scoglio su cui Guglielmo lanciossi fu nel i358 consacrato con
una eappella, che l'Assemblea generale del Cantone ordinò, che
ivi fosse edificata. Viveano ancora molte persone, elio aveano co-
nosciuto Teli; ciò, dice il Mallet, che senza altre prove basterebbe
per dissipare tutti i dubbj suscitati intorno alle vicende di questo
personaggio. Lo scoglio s'innalza lungo la montagna chiamala Axcm-
berg , ed è per un lungo tratto di riva il solo punto , cui possa
un battello approdare. La cappella ò picciola, si apre verso il lago
ed è circondata da un cancello: nell'interno di essa sono dipinte
a fresco, ed in modo assai grossolano le imprese di Teli. In ciascun
anno, e nel primo venerdì dopo l'Ascensione, molti abitanti di
Uri , di Schwitz e di Underwald vanno quasi in pellegrinaggio a
visitare questo monumento che ù venerando nella sua semplici-
tà (i). Vedi la Tavola 4.
Schwitz.
Questo Cantone al par di quello di Uri ò tutto coperto da
altissime montagne -, il principal borgo che porta lo stesso nome
è situato dentro le terre ai piedi di due scogli altissimi, acuti e
scoscesi. Einsidlcn, od il romitaggio, che a Schwitz giace vicino,
è celebre per un ricchissimo monastero di Benedettini, e pel pel-
legrinaggio che vi si fa da tutti i dintorni ad una cappella della
Beata Vergine. Ma la maggior celebrità di Schwitz viene dall'a-
ver dato il suo uome a tutta la Svizzera; sia perdio si fosse più
degli altri distinto nel sostenere colle armi la Confederazione ',
sia che gli stranieri dessero indistinta mente il nome di Svizzeri a
tutti gli abitatori delle montuose regioni (a),
(0 Mallet. Ilist. des Suis. Pari. I. chap. VIIL Coxe. Lelt. XII.
(2) Cove. Lett. XII.
Cost. dell' Europa Voi. /X. 3
34 DESCRIZIONE GEOGRAFICA
Unde.rwald.
Il Cantone di Underwald è poco esteso; ma è ricco ili bestia-
mi , clie trovano buoni pascoli sui monti , e nelle belle praterie
delle valli. Il borgo più considerabile di questo villaggio è Stantz,
nelle cui vicinanze si cava gran copia di marmo aero con vene
bianche ; vi si trova una terra vitriolica , pietre lavagne piene di
vitriolo e piccoli cristalli nomati Diamanti Svizzeri.
Zug.
Zug capitale del Cantone dello stesso nome è deliziosamente
situata sulle rive di un ameno Jago , ed in una fertile valle che
abbonda di pascoli, di biade e di frutta. Il lago di Zug è lungo
quattro leghe circa, ma assai stretto; esso abbonda di pesce. 3for-
garten è un posto importante che signoreggia una stretta gola
nel paese di Zug : un angusto sentiero conduce a questa gola; da
una parte esso è difeso dalle alte rupi , dall'altra è bagnato dal
lago. Queste sono le Termopili Svizzere ove mila e trecento pa-
stori sconfissero ventimila guerrieri (i).
Glaris»
Il Cantone di Glaris è interamente chiuso dalle Alpi, se si
eccettui la parte settentrionale; né si può in esso euirare che da
questo lato, che giace fra il lago di Wallenstadt , e le montagne
che separano il Cantone di Glaris da quello di Schwitz. Ben si
possono varcare a piedi queste Alpi e passar da una parte nei
Grigioni , e dall'altra in. Uri; ma questi sentieri, che nell'estate
sono appena praticabili, noi sono assolutamente nel verno. Il Can-
tone si estende dalle rive del Linth fino all' estremità più remota
dell'Alpi, che portano il suo nome, e comprende uno spazio di
quasi treuta miglia che forma una valle , la quale a misura che
si avanza diviene più stretta, e dove è situato il borgo di Glaris
non ha larghezza maggiore di più della gittata di un moschetto.
In appresso si apre gradatamente, ed in distanza di una lega cir-
ca dal borgo è separata dalle montagne di Freyberg ; e precisa-
mente nel luogo di questa separazione si congiuugono i due fiu-
mi Lini ma t e Sernft. Le catene sorprendenti degli scogli , che cir-
condano la valle sono perpendicolari , e si vicine ed alle , che
ben si può dire che il sole vi tramonta anche nell' estate a quat-
ti; Millet. Pari. I, chap. IX.
DELLA SVIZZERA 35
tr'ore dopo il mezzodì. Si scorgono da ambo lo parti molte ca-
scate d' acqua ; ed una specialmente nelle vicinanze di Ruti spu-
meggia precipitandosi da un'alta montagna. Presso di Leugelbach
due torrenti sgorgano allo falde di un monte, e formano ad un
tratto una grossa corrente , che dopo un breve corso metto foce
e si perde nel Limmat. Si scorgono molte altre picciolo sorgenti
scaturire dagli scogli ; la limpidezza delle loro acque, la loro ra-
pidità , il lor gradevole mormorio , gli albori che ombreggiano ì
luoghi da cui scaturiscono , le rupi scoscese che sovrastano alle
ridenti praterie, e le capanne sparse noi dintorni, formano un
tutto ben più incantatore e maraviglioso di quello , che abbia po-
tuto presentare una mano esperta nel ritirar paesaggi (i).
Fiumi'. Limmat e sua Valle.
Noi , dice Coxe , abbiamo più volte attraversato il Limmat ,
che bagna la valle , e la scorre con tutta la rapidità di un tor-
rente , e siamo finalmente arrivati ad una specie di anfiteatro for-
mato da monti , ove termina la vallo. A destra discoprimmo una
cateratta molto più considerabile di tutte quelle che avevamo fin
allora vedute , la quale si precipita in linea perpendicolare da un
nudo scoglio , e si congiunge ad altre acque. Ai due lati le Alpi
coronate da foreste inaccessibili e coperte d'eterne novi, ed in
cospetto un monte piramidale nudo e scosceso, ed i ghiacciaj di
Glarifl terminavano la prospettiva. Qui finisce la valle e la parte
abitata del Cantone: un aspro sentiero conduco al ponto di Panten
( Pantenbrock ) , che attraversa la cateratta formata dal Limmat,
detta Sand-Back: essa muggo all'uscire dai ghiacciaj, e si pre-
cipita dall'alto della scoscesa montagna in linea dirotta, e prima
di giugnerc al ponte si apio un passaggio sotterraneo a traverso
dello seogllo, ove all'istante sparisce per mostrarsi in appresso con
novello vigore, e con una più grande rapidità. Il ponte è for-
mato da un solo arco di pietra , ha sol Lauta piedi in circa di luu-
ghezaa , ed ò costruito sopra di un precipizio profondo più di tre-
cento piedi. Serve di comunicazione colle Alpi superiori così come
di passaggio ai bestiami che vi pascolano nei mesi fieli estate. Que-
sti monti sono coperti di una varietà singoiar»! di pianti; rare , e
di bei fiori che dolcemente olezzano. Lo scoglio dalla cui cima si
(0 Coxe. Leu. VII.
36 DESCRIZIONE GEOGRAFICA
precipita il Sand-Bach è composto di pietra lavagna , cbc ò as-
sai comune in questo Cantone} la principal cava è nella valle di
Seraft, da cui si traggono larghe lastre con cui si formano molte
tavole, delle quali si fa un notabile commercio di esportazione (i).
Prodotti e case.
Siccome questo Cantone contiene molte belle praterie} così il
latte ed il burro vi abbondano e sono eccellenti; squisito pure è
il mele di queste contrade. Nulla poi è acconcio a destare mag-
gior maraviglia dell' interno delle case degli abitatori di queste
montuose regioni ; esse sono pulite , comode , semplici , ed ispi-
rano ad un assennato osservatore la più alta idea della felicità,
di cui godono i proprietarj. Le case del Cantone di Glaris non
men che quelle di Appenzel sono di legno, larghe, solide ed
hanno un tavolato , che pende fino al basso , e sporge in fuori.
Una siffatta maniera di edificare è acconcia a tener lontana la ne-
ve dalla superficie che circonda la casa e corrisponde colla sua sin-
golarità all'aspetto selvaggio del paese. Le abitazioni de' più agiati
poste nei principali borghi sono costruite nello stesso modo, e non
deferiscono che nella maggiore ampiezza.
Basilea.
Il Cantone di Basilea è nella parte superi ore montuoso ; ma
nell' avvicinarsi alla città che porta lo stesso nome si scorge una
campagna assai ben coltivata. E Basilea deliziosamente posta sulla
riva del Reno presso al luogo in cui questo fiume , divenuto lar*
go , profondo e rapido , dopo aver corso per qualche tempo da
levante a ponente cangia all' improvviso direzione, e volge il suo
corso alle parti settentrionali. Essa è divisa in due città unite da
un bel ponte fabbricato su grandi pilastri di pietra ; la maggiore
giace dal lato della Svizzera , e la minore da quello della Ger-
mania. La sua posizione non può essere più avventurosa pel com-
mercio ; ma la sua popolazione lungi dall' acci'escersi si è sensi-
bilmente diminuita} giacché ai tempi del famoso Concilio tenutovi
dal t/p1 a^ I4^4 essa comprendeva quarantamila abitanti, ed al
presente non ne annovera più di quindici mila: è però la più ricca
città di tutta la Svizzera (2).
(i) Cose. Lett. VI.
(■■1) Vedi l* Ebel Manuel de Vovagcur en Suisse. Paris, 1S18.
DELLA SVIZZERA. 3 J
Singolarità degli orologi di Basilea
Gli orologi di Basilea avanzano sempre gli altri dell'Europa
di un'ora, in guisa che mentre negli altri luoghi sona il mezzo-
giorno;, a Basilea si vede segnata un'ora pomeridiana. Si spiega
in differenti guise un siffatto fenomeno ; gli uni affermano eln- ciò
venne praticato durante il Concilio di Basilea , onde i Prelati lenti
e pigri si ragunassero più presto: affermano altri, che avendo al-
cuni ordita una trama contro la città , iu cui volevano introdursi
a mezzanotte precisa per trucidare i magistrati , ed essendone stalo
avvertito uno dei Borgomastri, fece avanzar gli orologi di un'ora;
onde i congiurati credendo di aver lasciato passare il momento
convenuto si ritirarono ; e clic d' allora in poi si continuò sempre
a spinger gli orologi oltre il consueto ; onde tenesser viva la me-
moria di questa felice avventura. Si dà finalmente una terza ra-
gione di quest'uso singolare; e questa, diee il Coxe, mi semina
la più verisimile. Ognun sa che i cori delle chiese Cattedrali sono
rivolti all' oriente ; quello di Pasilea si allontana un poco da sif-
fatta direzione , ed il quadrante solare posto al di fuori del coro,
che regola tutti gli orologi della città , partecipa di questa decli-
nazione ; circostanza che secondo il celebre Bernoulli produce una
variazione di quarantacinque minuti. Checché ne sia dell' origine
di questa costumanza , gli abitanti di Basilea vi sono si fortemente
attaccati , che ogni volta che si propose nel supremo consiglio di
regolar gli orologi come lo dovrebbero essere , la proposizione fu
sempre rigettata ; perchè in questo caso il popolo crederebbe che
si attentasse alla sua liberta ed a' suoi privilegi- Dopo la metà
dello scorso secolo i primarj magistrali convennero segretamente
di dar indietro ogni giorno un sol minuto al quadrante solare j
finché l'ombra giungesse impercettibilmente ad indicare la verace
ora. Posto in opera quest'espediente, l'orologio della città avea
perduto quasi tre quarti d'ora, quando un caso rivelò la trama,
ed i magistrati furono costretti a rimettere il quadrante solare
nello stato primiero, ed a regoline sulla sua norma gli orologi (i):
tanto è difficile lo sterpare i pregiudizi radicati nelle menti popolari.
Friburgo.
Friburgo, capitale del Cantone di questo nome venne fondata
M Core. LcU. XLI.
38 DESCRIZIONE GEOGRÀFICA
nel 1179 ^a Bertoldo IV. Duca di Zeringen. Essa comprende sei
mila abitatori in circa ; quantunque il numero delle case sia in
proporzione assai maggioro. Dalla torre che serve di campanile
alla Cattedrale , e che ha 365 scalini , si scorge la Sane o Sa-
vina uscire dai dirupati fianchi del monte , e scorrere intorno ai
bastioni. Questa città è ingombra di frati e di monache, ed i soli
Gesuiti vi posseggono un'entrata di quarantamila lire. Ad una lega
di distanza giace un romitaggio singolare per la sua costruzione :
esso è scavato nello scoglio ; e ciò che è più singolare è opera
di due soli uomini. Nel secolo XVII un eremita scavò un buco
nello scoglio , che non era profondo se non quanto era d' uopo
per potervisi coricare; avendo il suo successore desiderato di
starvi con maggior agio lo ingrandì e continuando a lavorare
vi costruì una cappella, una scala ed alcune stanze, una delle
quali ha novanta piedi di lunghezza , e venti di larghezza.
Amena è la situazione di questo romitaggio : lo scoglio nel quale
è scavato sorge sulla ri\a della Sariua , che serpeggiando bagna
lotta la sottoposta valle (1).
Soletta.
Il Cantone di Soletta ha dodici leghe circa di lunghezza , e
sette di maggiore larghezza , e si estende da una parte nella valle
fertile e coltivata tra le montagne del Jura , e dall'altra lungo la
catena di questi stessi monti. La città di Soletta è piacevolmente
situata sull'Aar, le cui rive sono quivi più larghe, e formano
un grosso fiume che scorre alle falde di alti poggi ; i dintorni
sono deliziosi del pari che variati. Da un gran numero di iscri-
zioni, di medaglie e d'altre antichità trovate in questo Cantone
si deduce che esso fu un tempo popolato da una colonia Roma-
na; e certo ò che Soletta era una delle fortezze eretta dal popolo
conquistatore, come certamente lo prova l'antica sua denomina-
zione di Castram Sulodurense. In Soletta risedevano gli amba-
sciatori della Francia pi'esso il Corpo Elvetico (2).
Sciaffusa.
Il Cantone di Sciaffusa è il più settentrionale, e confina colla
Svevia , che quasi interamente lo circonda. Sciaffusa che ne ù la
(1) Coxe. Lett. XXXII.
{■i/ Coxe. Left. XL.
DELLA. SVIZZERA 3g
capitale giace sulla riva settentrionale ilei Reno; nel luogo in cui
essa sorge, era anticamente un comodo passaggio; onde si co-
minciarono a fabbricare alcune case, che dal nome delle barche
da trasporto ( scapha ) furono appellate scaphlaenser ; da cui
ebbe origine il nome di Scia (Fusa. Nell'architettura ragioneremo
del famoso ponte di legno gittato sul Reno in questa ritta , che
giustamente è ammirato per la sua bellezza e singolarità.
Caduta del Reno a Laujen.
In distanza di una lega da Sciaftusa si scorge la famosa caduta
del Reno che è chiamata di Laufen , perchè vicina ad un antico
castello che porta questo nome. Il Reno che nasce nelle Alpi Rc-
tiche , ed attraversa il lago di Costanza incontra nelle vicinanze
di SciafTusa alcuni dirupi piantati in mezzo al suo corso, e giù
precipita con incredibile impeto , e si frange , e spumeggiando
conserva per qualche tempo il colore bianchiccio. Ecco' come il
Coxe ha descritta questa magnifica scena della natura , che desta
la più grande maraviglia nell'animo del viaggiatore. Avanzandoci
fino all' orlo del precipizio ci trovammo perpendicolarmente so-
pra la cateratta , ed abbiam veduti i flutti precipitarsi dai due
lati dello scoglio con una violenza e rapidità sorprendenti: scen-
demmo in appresso finché giungemmo un pò ni disotto del letto
superiore del fiume, e ci trovammo si vicini alla cascata, che a-
vremmo potuto toccarla colla mano. Nel centro della spaventosa
cateratta si eresse una specie di ponte nel luogo in cui essa è più
terribile: i flutti spumanti, die scorrono furiosi, la nube conti-
nua formata dall'acqua (he si frange, si solleva in alto, e molto
si estende; finalmente la maestà di un somigliante spettacolo ha
super/ito di mollo l'idea, che noi ci eravamo formata, e non si
può in nessun modo descrivere; in distanza di cento prissi circa
dal suddetto ponte .sorgono due scogli in mezzo alla caduta , che
impediscono di vederne da quel lato tutta la larghezza ; il più
vicino sembrava incavato dall'azione continua dell' acqua , che si
apriva a traverso un obbliquo passaggio, da cui usciva con sordo
strepito, e con una inesprimibile violenza. Dopo di esserci fer-
mati per qualche tempo a contemplare con maraviglia; e nel più
profondo silenzio la sublimità maestosa di questo spettacolo siamo
discesi, e giunti al disotto della cascala attraversammo il fiume
assai agitato. Fin allora io non aveva veduta la cateratta , che da
4o DESCRIZIONE GEOGRAFICA
una parte; ma qui essa si aprì gradatamente , e presentò una no*»
velia prospettiva in cui questi furono gli oggetti, che piò colpi-
rono la immaginazione. Si scorgeva sulla riva opposta un castello
situato sulT orlo del precipizio , e sporgentesi sopra il fiume ,
presso del quale sorgeva una chiesa con alcune capanne ; su quella
riva , su cui eravamo assisi , giacevano alcune capanne vicinissime
alla caduta , e nel fondo si estollevano alcuni colli popolati da
viti, o coperti da foreste, sulla cui cima si scorgeva un piccolo
borgo cinto da alberi: il grosso volume dell'acqua sembrava scor-
rere dal fondo di questi poggi ; i due scogli sopra mentovali a-
vanzavano arditamente le loro cime fino nel mezzo della cascala,
e precisamente nel luogo in cui essa è più pericolosa , e divide-
vano la cateratta in tre rami principali. Il colore dell' aqua del
Reno è sommamente gradevole , essendo un chiaro verde di mare,
che dolcemente contrasta colla bianchezza delle spume. Ammira-
bile è la veduta di una fucina , ove si fonde il ferro, vicina al
fiume , che quivi è rattenuto da un argine per impedire che seco
non trascini le opere e le capanne del vicinato. Col mezzo di que-
st' argine una piccola parte del fiume entra in un canale, fa girare
un mulino, e forma un ameno ruscello argenteo staccato dalla
principale cateratta , che scorre lungo lo scoglio. Al disotto della
cascata il fiume si allarga considerabilmente, e forma un alveo
molto più esteso : in mezzo alla cascata ( per quanto mi fu pos-
sibile di giudicarne ) la larghezza parve di duecentocinquanta pie-
di. Quanto all: altezza perpendicolare i viaggiatori variano d'assai;
quelli die amano di esagerare, pretendono, che essa sia di cento
piedi; ma pare che cinquanta si approssimino di più alla realtà (i).
Vedi la Tavola 5.
Ce/mera ottica e galleria.
Questa magnifica caduta si contempla anche in una camera
ottica, che si formò ad essa vicina, e che presenta un quadro,
il quale oltre il merito dell'esatta verità, ha anche quello del
moto offerto dalle onde cadenti. Nel basso poi della grande ca-
scata si costruì una galleria che chiamasi Fischets, e nella quale
lo spettatore scorge la spaventevole cateratta rovinare disopra al
i O-ixe . Lett. II. Uu arguto spirito disse che la cascata dì Laufen era
uu Inferno d' acqua (un ehfer d*eati), eri il Bertela nm seutissi da tanto
di poterla ben descrivere. Vedi il suo Viaggio sul Rena. Leti. 111.
S
THt IIBRABK
OF THE
fitLLA SVrZZEKA f\l
SUO capo con un fragore simile a quello del tuono. c< Io non sa-
prei . dice un moderno scrittore, meglio ritrarre l'immagine della
grandi; cateratta , veduta da questa galleria, clie paragonandola
ad uno de' più snidimi ghiaccia] delle Alpi elevate, ed aggiun-
gendovi il furore ed il rimbombo della rovina. La rupe del lido
trema sotto i piedi del viaggiatore, il (male erede di assistere alla
distruzione dell'universo. Gli scogli del mezzo che non sembrano
molto grandi riguardati dall'alto , rassomigliano di quinci a due
torri innalzate nel grembo del caos. Dalla galleria si distingue la
seconda cascata a traverso il fumo della prima, e opera delle fate
ne diresti 1' aspetto ', ma la terza cateratta non è ormai più visi-
bile in mezzo ali immensa acquosa polvere, che si solleva dall'u-
nito lor turbinio (i) ".
uàppenzel.
L'ultimo dei tredici Cantoni Elvetici è quello di Appenzcl ,
elio essendo abitato da Protestanti e da Cattolici , venne diviso in
due parli , una delle quali, che appartiene a questi ultimi, ha per
capo-luogo il borgo di Appenzel , e l'altra Herisau . che spetta ai
Protestanti. Nessuna citta cinta di mura si trova in questo Canto-
ne , ehe forma quasi un villaggio continuo , essendo coperto da
comode case , che presentano un bel prospetto. La catena non
inai interrotta de' suoi monti con gran cura coltivati . coperti di
foreste, e popolati da borghi, posti nelle situazioni, in cui po-
tevano far bella mostra , olire all' occhio il paesaggio più grade-
vole, ehe si possa immaginare. Si sarebbe detto che quelle abi-
tazioni appartenevano a differenti tribù indipendenti le une dalle
altre: ma unite dai vincoli della società, dalle leggi e dal go-
verno (2).
Turgovia.
Dopo aver descritti i tredici Cantoni, ci rimane di descrivere
i paesi o sudditi, od (illeciti de'quali abbiamo fatta menzione nella
generale divisione della Svizzera. Fra i sudditi primo ci si pre-
senta il paese detto Turgovia, di cui è capitale Fruiteli fcld , e
che dipendeva dai primi otto Cantoni.
(1) Vedili Viaggio di D. B. perla Svizzera, Caduta del Reno. Ricogl.
N.° 63.
(2) Coxe Lett. IV.
42 DESCRIZIONE GEOGRAFICA
Rheintthall e Sargans.
Segue il Rheintthall , o la valle del Reno soggetta ad Ap-
penzel ed agli slessi or mentovati Cantoni _, che vi spedivano un
Balio; indi il paese di Sargans, che forma anch'esso un baliaggio.
fialidi stadt.
Vallenstadt , piccola città posta a breve distanza dal lago dello
stesso nome , giace sulla strada , che dalla Svizzera e dalla Ger-
mania conduce nel paese dei Grigioni. Il lago di Vallenstadt è
cinto da montagne scoscese , ed agitato da impetuosi venti.
Happer schwyl.
La città di Rapperschwyl soggetta a Zurigo ed a Berna è po-
sta sovra un' amena lingua di terra , che si avanza nel lago di
Zurigo.
Bade.
Bade, celebre pe' suoi bagni, e nomata Aqnae Elvetiae uai
Romani, giace sulle rive del Limmat.
Provincie libere.
Le così dette provincie libere , la cui parte settentrionale ap-
parteneva ai sette Cantoni , e la meridionale obbediva a quelli di
Berna , di Zurigo , e di Glaris , erano formate da Brcingarten ,
da MelUngen , da Muri , e dai baliaggi di Schwarzenbourg , di
Morat , di Grandson, d'Orbe e da Achallen. Il castello di Gran-
dson è celebre per la strage del suo presidio, avvenuta alcuni
giorni prima della battaglia di questo nome, nella quale Carlo il
Temerario soffrì la prima delle tre grandi sconfìtte, che gli ra-
pirono il regno e la vita. Morat giace sulla riva di un lago lungo
sei miglia circa , e largo due, in mezzo ad un paese fertile e ben
coltivato. I laghi di Morat e di Ncuchatel sono posti su una li-
nea paralella , e non separati che da un piccolo colle.
Castello di Apshurgo.
La Svizzera è la culla dei Monarchi Austriaci , ed è ben d'uo-
po che noi descriviamo il castello , da cui il magnanimo Rodolfo
passò al trono imperiale, in un'opera, che si pubblica sotto gli
auspicj dell' Augusto Francesco I. Siede il castello di Apsburgo
( ffapsbourg ) sopra di un colle alto cinquanta tese circa, e posto
in mezzo alla pianura. Non rimane di esso che una torre qua-
drangolare alta circa settant» piedi e fabbricata con grosse pietre
ben fra loro commesse : la torre ha trenti piedi quadrati circa al
di fuori, e diciotto al di deotro. "Vedi la Tavola 6.
the imm
OF IHfe
DELLA SVIZZERA 4^
Kon tgsfeldcn .
Da questo castello si scorge la badia di Konigsfelden fondata
dalla Principessa Agnese presso il luogo ove la Heuss si congiunge
all' Àar.
Fin doni ssa.
Nello spazio che giace tra il castello di Apshurgo e Konigs-
felden era situata l'antica Vindonissa , presso la quale i Romani
aveano fortificnto un campo. Rimangono ancora aldine vestigia
degli ncquidolti, dell'anfiteatro e dei tempj di questa città, e
molte medaglie , che si scorgono raccolte in Berna , ne attestano
il prisco splendore.
Bali aggi Italiani.
I baliaggi Italiani sono posti al di qua del San Gottardo, e
sono in numero di sette. Ai tre Cantoni di Uri, di Schwitz e
di Undervald appartenevano i baliaggi di Bellinzona , di Riviera
e di Val-Brouma , nelle cui valli scorre il Ticino. Seguono gli
altri baliaggi di Lugano posto su di un lago dello stesso nome ,
e celebre per la sua fiera ; di Loearno , di Mendrisio e di Val-
magia (i).
Principato di Neuchatcl.
Gli stranieri, dice Coxe , confondono sotta la denominazione
generale della Svizzera il Principato di Neuehatel e di Vallati-
gli , i Grigioni , il Valese , e la repubblica di Ginevra; ma per
parlare esattamente non sono essi che alleati degli Svizzeri, e non
formano alcuna parte del distretto , cui i nativi danno questo no-
me (2). La città di Neuehatel capitale del Principato di questo
nome giace in una poco ampia pianura che si apre fra il lago
detto di Neuehatel , ed il monte Giura. Noi vedremo le varie vi-
cende politiche di questo Principato, allorquando terremo discorso
dei governi della Svizzera. Chaux-le-Fond e Lode sono due bor-
ghi di questo Principato popolatissimi e celebri per le fabbriche
degli orologi.
(1) Nel descrivere gli stali sudditi ed alleati dei Cantoni Svizzeri ali-
bi .ino seguito 1' ordine dei geografi Francesi. Géogr Unix', par une Socie-
tà de Savans publue par Mentclle e Malte Bruii. Tom. \ III. dalla pag.
38 alla ".1.
(») Coxe. Lctt. XXVI.
44 DESCRIZIONE GEOGRAFICA.
Paese di Vaucl.
Il paese di Vaud è una regione di cui tutti gli storici, e tutti
1 viaggiatori, che ne fecero menzione, parlarono con entusiasmo,
principalmente della parte che confina col lago di Ginevra. Sareb-
be certo difficile, dice il Coxe, l'immaginarne uno più gradevole:
lungo il lago un terreno si solleva gradatamente con dolce pendio
e presenta allo sguardo del viaggiatore vigne, campi ed eccellenti
praterie variate da molti borghi e città ; le rive del lago sono in
generale coperte da una bella arena , e 1' acqua ne è sì traspa-
rente, che se ne distingue il fondo ad una grande altezzza (i).
Losanna.
La città di Losanna è posta su tre colli , 400 piedi sopita il
livello del lagoj ed una tale posizione fa sì che disagioso riesca il
camminare per le sue contrade dovendosi ognora discendere e
salire. Pretendono alcuni che essa derivi il nome dalla devozione
verso Sant'Anna (Laus slnnae} di cui un tempo v' avea in essa
un'immagine creduta miracolosa; altri più ragionevolmente dedu-
cono il suo nome dall' antico Lausoniwn , che sorgeva ad essa
vicino. La più bella vista che si gode in questa capitale del paese
di Vaud è quella del lago di Ginevra , che ha la forma di un
arco, di cui il ridetto paese è il semicircolo, e la costa del Cia-
blese la eorda. Da Ginevra a ViUineuve ( che sono le due estre-
mità di questo lago ) v' ha una distanza di quaranta miglia cir-
ca (2).
f^evey.
Vevey giace sul lago di Ginevra in distanza di quattro leghe
da Losanna ; ed ha dintorni sì ameni , che Rousseau vi pose la
scena della sua Eloisa. « Mi nacque , dice questo filosofo nelle
sue confessioni, per Vevey un amore, che m' ha seguitato in tutti
i miei viaggi, e mi ha fatto stabilire in essa 1' eroe del mio Ro-
manzo. Io direi volentieri a quelli che han buono il gusto ed il
cuore affettuoso: andate a Vevey, visitate il paese, esaminale i siti,
diportatevi sul lago , e dite se la natura non ha fatto questo bel
paese per una Giulia, per una Chiara, e per un Saint-Preuxj ma
non vi cada in pensiero di ricercarli ».
(1) Coxe. Leti. XXLV.
(2) Muttìdsoii compose un poemetto Tedesco sul Lemano , o Iago di
Ginevra col!5 epigrafe. Me ieri arutn mihi proeter omnes Angulus ridet.Hor.
DELLA SVIZZERA 4$
Rollc e Nyon.
Halle è piccola , ma leggiadra città cinta da un anfiteatro di
colli. Nyon, che anticamente si appellava Colonia equestris No-
vidunumt è circondata da bei passeggi, e gode di un'amena vista
sul lago. « Mentre il signor di Bonstctten, dice l5 Ebel, era Balio,
o Baglivo di Nyon , la villa di questo letterato non meno inge-
gnoso , clic onorando , fu del contìnuo il soggiorno delle Muse e
dell'amicizia: qui visse per qualche tempo l'illustre Muller, il
migliore storico che la Germania vanti: qui Matthison, Salis e
Federico Bruii, inspirati dalla natura e dalla letizia, composero
alcuni de'lor canti migliori »* Lungo da Ginevra due leghe e
mezzo si scorge Coppet, ove Necker si ritirò per essere spettatore
tranquillo della rivoluzione Francese; ed ove visse per molto
tempo la celebre sua figliuola, la Baronessa di Staci.
Iverdun.
Si debbono aggiungere al paese di Naud e Morges , e San-
Suf orili , e Moudon , ed Aubonne , ed Aìgle , e Payerne , ed
Avenchcs, celebre per le sue antichità, e finalmente Iva clan po-
sta presso al lago di jNeuchatel in cui mette foce il fiume di
Orbe.
Valle del lago di Joux.
La catena de' monti, che si nomina Giura, separa il paese di
"\ aud dalla Franca Contea e dalla Borgogna, e va a terminare al
di là delle frontiere del Ginevrino fino al Rodano. Essa forma
varie valli nel paese di cui parliamo : e ira di esse la più cele-
bre è quella del lago di Joux, la (piale rinchiude molti \illaggi
popolati assai ed è renduta varia da belle foreste, da praterie, e
da alcuni campi che producono orzo ed avena (i).
Ginevra.
Ginevra è posta sulla parte più stretta dell'estremità del lago,
ove esce il Rodano ed e costruita con poca regolarità. Le sue
case sono alte , e molte di quelle che si trovano nel quartier
mercantile hanno alcuni archi di legno, che posando su pilastri o
colonne rendono strette le contrade, e danno ad esse un' aria tri-
sta, mentre porgono grato ricovero dal sole e dalla pioggia. La
città di Ginevra è senza alcun dubbio la più popolata della Sviz-
(0 Coxe. Lett. XXV.
46 DESCRIZIONE GEOGRÀFICA
zera; giacché Zurigo, che nella popolazione ad essa più che ogni
altra s'accosta, comprende appena tredici mila anime, mentre Gi-
nevra ne vanta ventiqualtromila. Una siffatta superiorità è dovuta
senza alcun dubbio all'industria ed all'attività de'suoi abitanti, al
suo commercio più esteso , alla facilità di acquistare la cittadi-
nanza, e di procurarsi il godimento delle immunità concedute dal
governo agli stranieri che vi si stabiliscono. Si distinguono adun-
que i differenti individui di questa città in cittadini, borghesi, na-
tivi ed abitanti ( i).
Vallese.
Il Vallese è una gran valle , che si estende da levante a po-
nente ed è chiusa al settentrione ed al mezzodì fra alti monti;
esso si divide in alto e basso : il primo si estende dalla sua estre-
mità orientale fino al fiume di Morge al disopra di Sion , ed il
secondo infino a San Gingon posto sulle rive del lago di Gine-
vra : sì l' uno che F altro comprendono centomila abitanti circa
tutti Cattolici. Da Bex, presso cui vi sono le saline, che in lingua
Romanza si ctria mano fontane salane, il viaggiatore si trasferisce
a Martignl passando il Rodano sopra un bel ponte di pietra lungo
circa 220 piedi e di un arco solo, che si e credulo di costruzione
Romana. Tra S. Maurizio e Martignl sterile è il paese abbellito
da una famosa cascata, che chiamasi Pisse-vache , ed e formata
dal torrente Salanca , che giù si precipita da un' altezza di forse
trecento piedi. Dall'antica rocca di Martignl si scopre il lungo
serpeggiare del Rodano pei campi del Vallese, e la Drancia che
in esso mette foce Sulle rupi che sovrastano perpendicolarmente
alla città di S. Maurizio si vede una chiesa ed una piccola casa abi-
tata da un eremita il quale coltiva un giardinetto di alcune tese
situato sopra la rupe che sporge in fuori accanto alla sua dimo-
ra. Questo ritiro ci rammenta gli Anacoreti della Tebaide, i quali
separati dal mondo passavano la vita nella meditazione e uella
preghiera (2).
Saline di Bex.
Le Saline delle vicinanze di Bex, di cui abbiamo fatta men-
zione, furono scoperte nel 1 554, e sono le uniche possedute dalla
(il Cove. Lett. XXXVII.
(aj Malici. Lvtlres sur la Route de Genève a Milan. Genève, 1816.
DELLA SVIZZERA. 4 7
Svizzera. Il Coxc le visitò e le descrisse assai bene (i). Prima di
entrare nel sotterraneo il viaggiatore indossa una grossolana veste
di tela bigia da scavatore , onde non si insudici gli abiti contro
le stillanti pareti della galleria. « Io discesi, dice il Coxe , tre
mila piedi circa nell'interno della montagna e quasi sempre per-
pendicolarmente. La galleria che vi conduce ha otto piedi circa
di altezza e sei di larghezza , ed ò sì bene scavata come se si
fosse adoperato lo scalpello: esso è senza alcun dubbio il passo
sotterraneo più comodo in cui io sia giammai entrato «. S'incon-
tra una ruota di 36 piedi di diametro che leva in allo le acque;
indi tre pozzi, in cui gli operaj attendono a scavare. Le fonti non
sono tutte ugualmente impregnate di sale; da ioo libbre d'acqua
di una sorgente si traggono 22 libbre di sale , mentre la stessa
quantità d'acqua di un'altra non ne dà che una sola.
Ospizio del Sdii Bernardo.
Il viaggiatore ascendendo al grande San Bernardo dal lato del
A allese segue il corso della Dianoia. Questo monte chiamalo da-
gli antichi Pennino, che diede i] nome alle Alpi Pennino, per la
conformità di questo vocabolo con Peni ( Cartaginesi ) fece cre-
dere che da esso fosse passato Anni!). de nel discendere nell'Italia.
Ma il Di lue nella sua storia del Passaggio di yiimibtde dimo-
strò , che' il passo delle Alpi Pennino non fu conosciuto dai Ro-
mani , che sotto il regno dì Augusto ; ed altri valenti scrittori ,
in commentando Polibio , dimostrarono che il capitano Cartagi-
nese valicò le Alpi Graje , ora dette il piccolo San Bernardo.
Molto più pericoloso è il viaggiare sul gran San Bernardo, ove
cade una grandissima copia di neve, che in grandi masse giù ro-
vina nel marzo principalmente ; e talvolta è levata in alto dai
venti, che cancellano le orme della strada, e conducono fra i pre-
cipizi l'infelice viandante. Allora i religiosi dell'ospizio, che sono
i veri amici del genere umano, fanno le scolte in vetta delle ru-
pi per soccorrere coloro che sono in pericolo , e trovatili li con-
ducono all'ospitale loro albergo. E questo un edilizio quadrilungo
fabbricato di pietra bigia; che" al basso comprende la chiesa, il
refettorio, e le stanze ove alloggiano i poveri, e di sopra le ca-
(1} Lett. XX. Queste saline si trovano ben descritte anche nelle Pere-
grinazioni di D. BcrlolotU. Tom. I. pag: -2 e 7 3.
48 DESCRIZIONE GEOGRAFICA
moro de' monaci , e quelle degli agiati passeggieri. Vedi la Tavola
7. I religiosi , che esercitano una si rara ospitalità sono canonici
regolari di Sant' Agostino ; posseggono molti terreni di là e di qua
delle Alpi, e raccolgono molte elemosine. Essi nutrono molti cani
che riconducono a casa i religiosi ed i loro famigli quando van-
no in traccia degli smarriti viandanti : questi animali sperimentali
sempre rinvengono la strada del monastero partendo da qualun-
que luogo. Alcuni anni sono essi rimasero tutti sepolti sotto una
frana di neve , ma subito se ne fecero venire altri dalla Sviz-
zera (1).
La parte più elevata del passo di quest' Alpe è una stretta e
lunga vallea, il cui fondo è occupato da un lago. L'esercito del
primo Console Francese passò il gran San Bernardo nel 1800
coli' artiglieria e co" bagagli: ed ogni soldato ebbe ristoro di un
bicchier di vino all'ospizio: si eresse una colonna per conservar la
memoria, di questo passaggio.
Si07l .
Sion era la capitale di tutto il Vallese , ed ai tempi di Giulio
Cesare lo era del paese dei Sedimi abitatori di questa regione.
Essa è situata vicino al Rodano , e comprende tre castella l' uno
superiore all'altro, sei chiese ed alcuni conventi. Leuk borgo del
Vallese è celebre pe' suoi bagni caldi e sulfurei ; e pei vicini ba-
gni , è pur famoso Brig , ove si comincia a salire quando si vuol
passare dal Sempione nell' Italia.
Strada del Sciupio ne.
La magnifica strada del Sempione. e le sue gallerie richiama-
no le più belle opere Romane. Dalla parte del Vallese i lavori
furono eseguiti dagli ingegneri della Francia , dalla parte opposta
da quelli dell' Italia (2). Ma quanto la parte Italiana superi in
solidità e magnificenza la Francese si può dedurre dalle relazioni
(1) Vedi la descrizione del moute e dell' ospizio nelle Peregrinazioni
di D. Bertolotti. Voi. I. Lctt. XI.
(2) Fra questi merita particolar menzione il signor Ingegnere Giaaella
Milanese. L'amministrazione di questa grami' opera che costò somme ira-
mense fu affiJata per più anni al signor Vincenzo Ferrarlo fratello dell'e-
ditore di quest' opera. Intorno alla strada del Sempione si può consultare
hu' importante opera del Conte Giovauni Paradisi che ha per titolo : De-
$crimant della strada del Sempione da Arona sino al Gabio.
THE IIUUH
OF THE
degli stranieri medesimi (i). Le gallerie sono onore da far mu-
oia alle più famose di Roma e dell'Egitto: quella di Guado è
tagliata per lo spazio di dugeoto metri nel vivo granito.
I . i no.
La T.;ì!e del Rodano è la più grande di tutta la Svizzera per-
di • e ode tutto l'alto e basso Valiese , ed è lunga 36 leghe.
Itì essa si scorge an portentoso miscuglio della natura selvaggia
e della incivilita; che fu egregiamente dipinta da Gian-Giacomo.
« io mi arrampicava, dice egli, lentamente ed a piedi per aspri
sentieri: voleva meditare, e n'era sempre distolto da qualche im-
provviso sj icnse roccie pendevano rovinose sul
mio Ite e rumorose eascate mi bagnavano eoi loro in-
< anti spruzzi; I altre volti» uno iato torrente apriva
a' miei (lui. i , la cui profondità non si osava misi
dallo Sguardo. Ti i . entro follo boscose sovente
sbucand > da a ti Leliziosa prateria rallegrava ali im-
pro\ . >3
D ormila , 'esani.
lei Valiese, altrettanto de-
formi di una parti» di esso, i quali S m i •
e stupidi. ' I :una famiglia ci ha un idiota , che
termine del ; si chia . Cretw : è per lo più sordo e m
e reso bruttò da un grosso gozzo; non è però né furioso
malefico; quanti in tratto con violenza a soddisfare a' suoi
Osici bisogni, • ni ai piaceri de' sensi senza alcun
tto di colpa e di indecenza. I Vallesani riguardano questi idio-
ti1, come gli an lari delle famiglie, eli appellano Pr
stinaii: onde li curano assiduamente, nulla obbliano per interte-
nerli: uè i fanciulli rli , ed i vecchi li rispettano. Que-
st'infelici hanno la pelle assai livida, icono idioti, ciot
pidi e semplici al si-!iu; né gli anni possono ;
dallo stato sor, a crucilo dei bruti j né si conosce alcun
(i) Vedi . I I MI Ile». I. Urei sur In Roule de Genève a
Vogliamo qui av, i il èsser falso ciò che scrisse l* Ebel u
Mainiti du i <lie il He di Sardegna nel 181^ abbia falli
attei mentre lutti ,
\i passano, fauoo testimonianza clie essa è meglio tenuta nel Picmoolc che
nel Valiese.
Cose. : . IX. 4
5o DESCMZIONE GEOGRAFICA
rimedio atto a trarli da tal sopimento della ragione, e da una sif-
fatta debolezza di corpo e di spirito. Si attribuì questo fenomeno
alla poca pulitezza , alla cattiva educazione , ai colori eccessivi
delle valli, alle acque , ed ai gozzi, che sono comuni a quasi tutti
i fanciulli del paese. Le cautele prese dai magistrati di Sion mo-
strano quali sicno le vere cagioni di questo fenomeno. « Io riseppi
in Sion , dice il Coxe , che il numero delle persone deformate dal
gozzo e degli idioti, era già da alcuni anni considerabilmente di-
minuito per due ragioni $ primo per la cura lodevolissima , e sug-
gerita da una vera carità di patria ai magistrati di far disseccare
le vicine paludi , secondo pel costume generalmente adottato di
mandare i figliuoli sulle montagne , onde sottrarli ai pericolosi ef-
fetti delle cttive acque, e dell'aria insalubre (i)».
S. Gali.
S. Gali altro alleato degli Svizzeri obbediva un tempo al suo
Abate, che era Principe titolare dell'impero: ma gli abitanti si
sottrassero al suo dominio , ed unitisi ai Cantoni ottennero il pri-
vilegio di mandare i lor deputati alla generale dieta. La badia ó
nel recinto medesimo della città, da cui non è separata che da
un muro: l'Abate è eletto da settanta Dominicaui mouaci della
badia, e tratto dal lor corpo ; i suoi sudditi sono quasi tutti Cat-
tolici, ed il suo potere è assoluto: mentre la città è Protestante,
ed il suo governo Aristo -Democratico (2). Ricca e ben conser-
vata è la biblioteca dell' Abate , e contiene un gran numero di
manoscritti del XII. e XIII. secolo: in essa si rinvennero nel i4i3
Petronio Arbitro , Silio Italico , e Valerio Fiacco. La contea
di Tockcnbourg era soggetta all'Abate che la cedette in un trat-
tato conchiuso nel 17 18, nel quale ricouobbe la sua indipenden-
za , ed unione ai Cantoni. Rosbach che appartiene a S. Gali , è
un borgo assai ben edificato, e posto sulle rive del lago di Co-
stanza.
Costanza e suo lago.
La città^di Costanza si era alleata coi Cantoni Protestanti; ma
(1) Coxe. Lett. XXI. Questa materia venne assai ben trattata dal si-
gnor Maugiron nella sua opera Recherches Philos. sur la Americains , ove
istituisce il paragone tra i Blajards dell'istmo Darien , eil i Cràlins del
Yidlese.
(a> Coxe. Leu. IY,
DF.I I \ SVIZZERA 5t
essendo questi stali sconfìtti nel i35i , e la lega ili Smalcalde ,
della quale Gostanza era un membro, battuta da (lai-Io V., essa
fu costretta a tornare sotto 1' obbedienza dell Imperatore ed a rien-
trare nel seno della chiesa Cattolica. Il suo lago è diviso in su-
periore ed inferiore : il primo chiamato dai nativi il Bodensee ha
quindici leghe circa di lunghezza , e sei di maggiore larghezza ;
e forma uno de'più notevoli conGni, che separano la Svizzera dalla
Germania. A manca si vede la Svevia , alla dritta la Turgovia
con differenti città, villaggi, e monisteri sparsi nei dintorni seu-
z' ordine e simmetria. Il Reno si allarga considerabilmeute un
po' al disotto di Stien, e forma il lago inferiore di Costanza, chia-
mato anche lago di Zelle. Il Coxe s' imbarcò su di esso, e si fer-
mò all'isola di Reichenau per visitare la ricca badia dei Benedet-
tini, ed il preteso smeraldo, che si crede donato al monistero da
Carlomagno , che è di una grossezza straordinaria , e pesa venti-
nove libbre (i). Proseguendo la navigazione egli giunse verso sera
a Costanza. « Rimasi attonito nel vedere spopolala e solitaria una
città , che fu un tempo sì florida pel suo commercio , e sì celebre
negli annali della storia: vi regnava il più grande silenzio; cre-
sceva l'erba nelle principali contrade; in una parola essa offriva
un aspetto deserto ; e dopo alcune esatte informazioni mi chiarii
che essa conteneva appena tremila abitanti. Noi visitammo la sala,
ove adunossi il Concilio di Costanza nel i4i5, ed io ebbi l'ono-
re di sedermi sulle due sedie, occupate allora da Giovanni XXIII.,
e dall' Imperatore Sigismondo (2) » .
Grigioni.
Resta ora a parlare di uno de' principali alleati degli Svizzeri
cioè dei Grigioni, i quali abitano quel paese che gli antichi no-
minavano llezia , e che confina al settentrione col Cantone di Gla-
ris , e colla contea di Sargans, al mezzodì colla Lombardia : al-
l'oriente col Tirolo. I Grigioni formano tre repubbliche appellate
la Lega Grigia, la Lega della casa di Dio e la Lega il clic,
dicci Diritture ; esse fermarono un'alleanza perpetua nell'anno
1471,0 si confederarono cogli Svizzeri nel l497* L-'oira, capitale
fi) Il Coxe è di parere che questo non sia altrimenti uno smeraldo,
ma uua specie di spalli jlour verde, trasparente e di poco valore.
(a) Coxe. Leti. 111.
52 DESCRIZIONE GEOGRAFICA
dell'intera repubblica, è situata sul fiume Plessura , e contiene
varj tempj , un arsenale , un palazzo , in cui si assembravano i
membri della dieta generale , ed una dogana , cbe era l' emporio
di tutte le merci, che passavano dalla Germania nell'Italia, e
dall'Italia nella Germania. Ilantz ù il capo luogo della lega Gri-
gia, e Meyenfeld , o Me re a ih e re; di quella delle dieci Dirit-
ture (i). La Valtellina e le contee di Chiavenna e di Bormio
erano dependenli dalla lega dei Grigionij ma furono poi aggre-
gate alla repubblica Cisalpina, indi al regno d'Italia, e finalmente
al regno Lombardo.
Alpi.
Dovendo noi parlare delle Alpi non solo nella parte che ri-
guarda la Svizzera , ma anche in quella che ha relazione alla
Francia , alla Germania ed all' Italia , crediamo opportuno di dar
qui una generale idea di questi monti sì celebri , che in se rac-
chiudono tutto ciò che la natura ha di più pacato e di più tu-
multuoso, di più elegante e di più gigantesco, di più selvaggio e
di più maestoso (2). Ramond è d'avviso che la parola Alp, o Alò
significhi in lingua Celtica Elevato ; ma gli attuali Svizzeri ap-
pellano Alb la parte media delle montagne ove si trovano i pa-
scoli. Checché ne sia dell'etimologia del vocabolo Alpi, è certo,
che esso si applica comunemente a quel grande secuicircolo di
montagne, che si estende al settentrione dell'Italia dal Mediter-
raneo fino al fondo del mare Adriatico. Le Alpi sono la culla
del Rodano , del Reno , del Pò , dell' Adige, il Ticino e 1' Adda
e di altri minori fiumi, ond' esse vennero chiamate la cresta più
elevata della grande penisola Europea.
Alpi marittime.
Tra Ceva e Vado, e non tra Nizza ed Onegiia , le Alpi si
dividono dagli Apennini, e quelle che si estendono verso le sorgen-
ti del fannro si chiamano marittime. Ad esse appartengono \\JMon~
ginevra ; Monviso} il Moncenis, che corrispondono alle Alpi Co-
zie degli antichi,- il piccolo San Bernardo appellato ì'Alpis Graja,
ed il gran San Bernardo o YAlpis Penni/ia.
(1) Géogr. Ùnh. Anlic. et Mod. Tom. Vili. pag. 49 e 5o.
(2) Ragionando delie ; si può seguire una miglior guida di
quella del Malte Brun. Li ■ ie Phjsìque, Geologique.
DILLA SVIZZERA 53
Monte Bianco.
11 monie Bianco diverge dalla direzione generale di questa
catena, ed è la più alta montagna delle Alpi e dell'intera Eu-
ropa. Due altre giogaje sommamente alte e larghe abbracciano la
valle in cui nasce il Rodano, s'appoggiano al monte San Got-
tardo come ad un centro comune e comprendono il Sempione, il
monte Rosa , ed il San Gottardo istesso.
San Gottardo.
I picchi pin elevati sono il Fu rea ; il JT'eiterliorn ; ossia il
picco delle tempeste ; il Sung Frauìiorn ; che letteralmente signi-
fica Picco tergine : lo Schreckorn, o Picco del terrore; il Fin-
stearaar-horn ', il Seishorn, il Blumlis, ed il Sancir.. I Romani
che si videro arrestati nel corso delle loro vittorie da questo tasto
ammasso di montagne, diedero ad esse il nome di Summae Alpes
cioè alte Alpi; chiamando Lepontiae Alpes i pendii meridionali del
San Gottardo. All'oriente di quest'alta montagna si trova il mons
Adula degli antichi da cui sgorgano le triplici sorgenti del Reno.
La catena ergesi di nuovo col monte San Bernardino , e collo
Splugen renduto celebre dal passaggio di un esercito Francese.
Alpi Elezi e.
Le altre stipi Rezie si estendono fra le sorgenti dell'Imi e
quelle dell'Adige; ed i monti Orlcllos , dominatore delle Alpi del
Tirolo, il Brenner , il Klockner, ed altre enormi masse separano
le vaili di (juesti due fiumi.
Alpi No ri eh e.
Dopo il Klockner la catena dell'Alpi diventa hi forcuta , e si
estende sotto il nome di Alpi Noriclic fino ai condili della Sti-
ria e dell' Austria.
Alpi Gamiche e Giulie.
L'altra catena, che si denomina Alpi Comiche e Giulie ò
generalmente meno alta di quella delle Alpi Nonché, e separa le
valli della Drava e ch'Ila Sava dal cratere del mare Adriatico. E
tra Frume e Carlstadt , sui confini della Croazia, che questa parte
delle Alpi si congiunge ai monti della Dalmazia e della Grecia;
del quale congiungimento fece motto Strabone (i).
(i) Slrab. Geogr. Lib. VII. pag. 217,
54 DESCRIZIONE GEOGRAFICA.
Elevazione delle Alpi.
Tale è la serie delle montagne , o piuttosto degli anelli di
esse , che nota la divisione delle acque , e per conseguenza forma
la cosi detta cresta dell' intero sistema delle Alpi. Da queste al-
ture si scorgono i terreni dell' Europa centrale abbassarsi da una
parte verso il Mediterraneo e l'Adriatico, dall' altra verso l'Ocea-
no, il mare del settentrione ed il Baltico: onde si trova la mag-
gior parte dei rami secondarj della catena Alpina sul suo lato
settentrionale. Dalla parte di mezzodì le Alpi terminano con or-
rendi precipizi j poco spazio occupano le montagne secondarie , e
danno ben tosto luogo a colline di terzo ordine. I monti Eu-
ganei , le Alpi Tridentine e quelle della "Valtellina sono i più
notevoli fra questi monti : ben tosto i piani della Lombardia si a
prono come un vasto golfo tra le Alpi e gli A pennini.
Catene .secondarie.
Dal lato del ponente si prolungano due l'ami secondarj , che
comprendono la montagna della Sainie-Baame , ed il monte Ven-
toso. 11 Giura, i prosgcs, o Vogesi, e V Hundsruk presentano ve-
ramente al settentrione delle Alpi una serie di montagne corri-
spondenti agli Apennini.
Alpi Svizzere.
La Svizzera propriamente detta è una spianata altissima cir-
coseritta dal monte Giura , dalle Alpi , e dalla valle del Reno ;
in essa s'innoltrano molte catene di montagne, che tutte deri-
vano dalla centrale delle Alpi. Una di queste catene parte dell'e-
stremità occidentale delle Alpi Bernesi e separa la valle di Ges-
seuay dal paese di Vaud: e quivi si scorgono il dente di Jaman,
il Rubi ilio rn , o dente di camoscio , ed il Molisson. Nella parte
più settentrionale, tra Losanna, Iverdun e Moudon s'innalza un
groppo di montagne, che sempre fu distinto dagli autori col nome
di Jorat , quantunque molti geografi lo confondano col Giura, da
cui interamente differisce e per la sua natura e per la sua posi-
zione (1).
Mante Titlis.
Tra l'alveo dell' Aar , e quello della Reuss si solleva una ca-
tana altissima ed assai larga , che partendo dalla Forca separa
(i) Saussure Voy. daris les Alpes.H.0 /|3o.
DELLA SVIZZUlU ì
i Cantoni di Uri , di Underwald e di Lucerna da quello di Ber-
na. Questa catena è composta di molte anella, fra le quali si di-
stingue il monte Titlis per la sua grande altezza ; e più lunge si
scorgono le Alpi d'Entlibuch e d' Emmenthal , o valle di Emme.
Alpi Surene.
Il monte Pilato vicino a Lucerna è di un masso isolato, ma
la sua base è congiunta alle Alpi di Entlibuch. Le Alpi Stirene
sono unite al Titlis ; mentre una catena secondaria separa i pri-
gioni dai piccioli Cantoni, e si estende dal San Gottardo fino a
Sargansj indi abbassandosi si estende tra il Cantone di Appenzel,
e la valle del Reno fiuo verso il lago di Costanza (i).
Todiberg.
Il Todiberg o monte Todi nel Glaris è probabilmente la cima
più alta di questa catena troppo poco conosciuta. Alcuni rami in-
feriori si estendono in tutte le contrade situate a ponente: ed il
monte Albis presso Zurigo |è l'ultimo promontorio del terzo di
siffatti rami , che forma le alture continuate tra l'alveo della Reuss
e quello del Limmat.
Monte Righi.
Il monte Righi , che si solleva in modo sì pittoresco tra il
lago dei quattro Cantoni, e quello di Zug, e su cui i viaggiatori
salgono per mirare il sole che si leva e si corica sopra tutta la
Svizzera a un tempo (2), è posto sopra di una base isolata.
Altri monti.
Valicando le triplici sorgenti del Reno, ed approssimandoci
a quella dell' Inn veggiamo un ramo considerabile distaccarsi dalle
Alpi , e correre al nord-est. Il monte Julier ed il Mcdoia for-
mano il punto di distacco: V vlbula , la Scaletta, la Sclvretta ,
costituiscono le prime anella distaccate ; ed un altro anello verso
ponente sepai*a i Grigioni del Vorarlbergj ed è il monte Iihetico.
(1) Le catene montane di che il Retto è stretto da presso , e via via
corteggiato da lunge, souo Alpi Elvetiche, monti Yogosi, Hunsdruk, Me-
l)l)oc<>, Odernvald, Sncssart, e alquante diramazioni inferiori ile' monti ser-
tenthenali della Germania. Or little questo catene possono , rispetto al
limile, dividersi in due parti principali, .1 dritta V una , l'altra a sinistra.
Bertola Piaggio sul Reno. Leti. 11. Idea generale delle montagne (tri !
Vedi il già citato Frammento Hi un ìrtnggio /iella Sfistera.il monte
Itigfà.
56 DESCRIZIONE GEOGRAFICA DELLA SVIZZERA
Ma la principale altezza di questa catena ai mostra tra il Vorarl*
berg , ed il Tiroloj quivi s'erge ¥ Arlberg , o montagna dell'A-
quila. I monti tra il Tirolo e la Baviera non ne sono che una
continuazione (i).
Po]:olazlone della Svizzera.
Ferondo i più recenti ed autentici computi la Svizzera con-
tarne un milione ed ottocento mila abitanti (2), i quali parlano
varie lingue.
Lingue.
Il Tedesco è l'idioma più comune; ed in esso si scrivevano
un tempo gli atti pubblici. Si parla il Francese nel pavé di
\ aud , in una parte dei Cantoni di Berna, di Friburgo e dì So-
letta., nel basso Vallese e nel Principato di Ncufch.aU']. Presso i
Grigioni si fa uso di una specie di lingua Romanza che ha multi
dialetti. Neil' Eugaddina essa si approssima al Latino, onde è ap-
peìlata Ladinum. Nel Pregel e nel Pasclau somiglia all'Italiano:
finalmente nella Valtellina, in alcuni paesi dei Grigioni , e nelle
città e baliaggi Italiani si parla la lingua Italica più o meno cor-
rotta , secondo i luoghi (3).
("ì) Chi bramasse di avere più particolari notizie intorno alle Alpi può
consultalo l'opera del signor Malie -Brera, di cui abbiamo sopra fatta men-
zione. In essa 1' illustre Geografo dopo aver data una generale idea dei
monti compresi sotto il nome di Alpi ragiona delia loro lunghezza, lar-
ghezza ed altezza; della struttura generale delle Alpi; delle cline più co-
nosciute delle Alpi Pannine; delle podinghe di Pallorsina; delle montagne
tra il inolile Bianco ed il Ingo di Ginevra ; del letto del Rodano ; del
monte Giura ; delle Alpi Elvetiche ; delle Rezie e Teoriche; del granilo e
delle altre 1 occie Alpine ; de' ghiacciaj ; e del Cretinismo ossia idiotismo dei
Vallesani. Quest' opera preziosa del Malte-BriVn fu inserita nel Toni. VII.
della Geogr. Univ. Ani. e. Mud. Parigi, 1S06.
(2J Sul finire dell' ultimo secolo , dice il IMalIet, fu in via approssima-
tiva considerata la popolazione delia Svizzera di un milione e mezzo d'abi-
tanti. Ciò sarebbe sei volte più che non se ne contavano al tempo di Ce-
sare. Sonia queste basi può farsi il paragone degli effetti di una vita sel-
vaggia e tutta guerresca di una popolazione in confronto di quelli di un
popoio, clic goda tutti i vantaggi di un perfetto incivilimento. Maliet, Jlist.
da Suiss. Pari. I. ebap. 2. Intorno alla statistica della Svizzera si consulti una
moderna opera ebe ba per titolo : Slatislìcjue de la Suisse par le P'of.J.
Picot Genève, 18 19.
(3) Così il Buscliing seguilo dagli autori della Gèogr. Univ. Tom. Vili.
]>ag. 12 e i3.
5?
Governo e Leggi.
Vicende dell'antica Elvezia.
JLia storia degli antichi Elvczj è involta in quelle dense tenebre,
che coprono la culla di quasi tutte le nazioni. Sembra, dice il
Mallet, che sino dalle più remote età si reggessero gli Elvezj come
i\n corpo dagli altri separato ed indipendente; ma quali uè fos-
sero i civili istituti, quali i costumi, noi lo ignoriamo , perchè gli
storici non poterono squarciare quel \elo che li copre. Nei secoli
posteriori e guerre e conquiste e vicende d' ogni maniera stacca-
rono da questo paese , in diverse volte , alcune parti più o meno
ragguardevoli, e vennero esse congiunte cogli stati limitrofi. Smem-
brata per colai modo l'Elvezia andò per lunga pezza smarrito per-
fino il nome suo, ed essa più non presentò che un ammasso di po-
polazioni , fattesi le une alle altre straniere, e costrette il più delle
volte a languire nell'oscurità; e ad assoggettarsi a signori o pre-
i o lontani. Ma la natura avea destinalo l'Elvezia a formare
una nazione sceverata dalle sue vicine ; e ciò che natura vuole ,
dice il Mallet, gli uomini pur anco o presto o tardi son costretti
a volerlo; e quindi l'Elvezia riacquistò grado a £rado gli antichi
suoi naturali confini, e la sua primiera indipendenza; e (meste
popolazioni riunite composero di nuovo una nazione particolare,
e distinta da tutte quelle che la circondano (i). La storia della
Svizzera pertanto non comincia che da quest'ultima epoca e tutto
ciò die appartiene ai secoli precedenti si confonde nella storia dei
Romani; dei Ijorgognoni , dei Franchi, dei Lombardi, degli Ale-
manni , che ridussero 1' Elvezia ad una provincia tributaria , to-
gliendole perfino il suo nome.
(i Mallet, Bisl.de* Suiss. Part. I. chip, i.
3o r,0 VERRO E LEGGI
Gli Elvezj uniti ai Cimbri.
Nessun monumento ci rimane degli antichi Elvezj, e quel poco
che di essi sappiamo, si dee agli storici Greci e Romani, che ne
favellarono per incidenza scrivendo le storie delle loro nazioni*
Essi parlano di un popolo stanziato neh" Elvezia , il quale ebbe
parte nelle irruzioni fatte dai Galli nell'Italia. Una parte degli
abitatori dell'Elvezia si congiunse con que' Cimbri } che un se-
colo circa prima dell'era Volgare, in numero di più di trecento-
mila combattenti di diverse nazioni , usciti erano dalle settentrio-
nali regioni per cercar nuova stanza nelle meridionali. Questa lega
formidabile di varj popoli dopo aver disastrata una parte dell'Eu-
ropa , giunse onusta di bottino alle frontiere orientali dell'* Elve-
zia. Gli abitatori di questa regione (come narra Possidonio (i) )
erano tranquilli , ma vagheggiavano sempre ansiosamente l' occa-
sione di muover guerra ; e tutto sembrava che ad essa invitar li
dovesse, al par delle altre nazioni Galle, o Germane : essi erano
poveri , menavano una vita errante e selvaggia , non conoscevano
quelle arti che rendon bella e lieta la vita, e gradevole la pace;
erano lacerali dalle intestine discordie , dalle gelosie reciproche,
per cui tenevan Sempre brandite le armi; e finalmente i Druidi
colle religiose superstizioni ad essi inspirate li persuadevano che
l' eterna felicita tutta dipendeva dal solo valore (2).
Varj popoli dell' Elvezia.
Gli storici fanno singolar menzione dei Tiguriiìi, uno dei Can-
toni, che componeva 1' antica Elvezia , i quali uniti ai Cimbri in-
vasero le Gallie, e le devastarono con tanta crudeltà, che i Galli
costretti furono di rinchiudersi nelle loro città, ove oppressi dalla
fame dovettero, come narra Cesare, cibarsi dei corpi di coloro,
die atti non erano al maneggio dell' armi. Pare che i 'figurini
formassero un corpo di esercito separato , che avea per capitano
un certo Divico; e che essi fossero coloro, che debellarono il Con-
sole Cassio. Oltre i Tigurini troviamo mentovati anche gli jéni-
broni, che si crede abitassero lungo le sponde del Rodano, ed i
Tugeni che stanziati erano nel territorio, di cui Zug era il capo-
luogo ; mentre il paese dei Tigurini si estendeva da Zurigo fino
(1} Oticsìo sci it! ore è citato da Slraboue. Gcograf. Lìb. VII.
(•2) Malici; Hist. tla Suiss. Pari. I. cliap. 1.
DEGLI SVIZZERI 59
al Reno. Alcuni favellano anche di un quarto popolo, cioè dei
Verbi geni , od Urbigcni, che abitava fra 1' Aar e la Reuss ; ma
somma è l'oscurità, che lo copre (i). Questi popoli abitavano il
paese detto Elvezia, che Cesare ne' suoi Commentar) indica sotto
il nome di città o di stato Elvetico.
Cimbri ricoverati nelV Elvezia.
Mario debellò, anzi distrusse la maggior parte dei Cimbri , e
permise ai Tigurini di poter tranquillamente tornarsene alle an-
tiche loro sedi. Ma il Mallet non si vuol persuadere, che tutti i
Cimbri ed i Teutoni cadessero assolutamente sotto il ferro dei
Romani , e crede che quelli , i quali si sottrassero alla strage , si
rifuggissero nell'Elvezia, e formassero il nuovo cantone degli
Urbigcni , sconosciuto prima della guerra dei Cimbri. Da questa
novità fu forse introdotto un linguaggio più analogo a quello dei
Germani e non dei Galli, che doveva essere in uso nell'Elvezia.
In tal guisa si spiegherebbe quell' antica tradizione , che dichiara
come antenati degli abitanti di Schwitz, di Underwald, dell'Ober-
land e dello Ilasly alcuni uomini venuti dal fondo delle setteu-
trionali regioni (a).
Cestire nell' Elvezia.
Da Mario a Cesare non abbiamo contezza dello stato dell'El-
vezia: le conquiste di questo secondo capitano, jed i suoi Coni-
meritar] che lo hanno renduto immortale e come scrittore, e co-
me guerriero , tornano ad illuminare questa regione. Dai Com-
mentarj (.i) di Cesare possiamo dedurre, Jche il governo degli
Elvezj era assai difettoso : il popolo non era ammesso nei consi-
gli, ma era schiavo di cittadini sommamente potenti per ricchez-
ze e per credito : e fra questi il più qualificato e valente era
Orgeturige,
Orgrtorige.
i scito egli da un'illustre famiglia dell'Elvezia, avea accre-
sciuti) il paterno retaggio, ed il suo credito colle prospere vicende
guerresche; onde concepì il disegno di farsi assegnare la suprema
(i) Nessuno ha trattato inolio e con più sana critica questa materia
del Prof. Gii vanni Valllier rli Brina nelle sue Antichità Elvetiche , e nel
suo Saggio suli antica storia dilla Svizzera.
Il illet, Hist. de» Sui»». Par». I. chap. 2.
(3 Cwsar. Cvtnmen d<- Htllo Gallico.
60 GOVERNO E LEGGI
autorità dai capi della nazione, di cui avea saputo guadagnarsi il
favore. Per giungere più facilmente allo scopo egli tentò dì tra-
scinare la nazione in una guerra straniera ; e propose a' suoi di
invadere le Galiie , allettandoli colle promesse di gloria, di ric-
chezze, di vasti dominj, e di una novella patria più fertile e po-
sta sotto un clima meno ingrato. Gli Elvezj , dice Cesare, sono
per natura del paese loro d' ogn' intorno rinserrati ; quindi avve-
niva che aveano men ampio termine alle loro incursioni, e minor
agio a mover guerra ai popoli confinanti ; cordoglio sommo a
queste genti avide di guerreggiare. Reputavano poi i loro confini
troppo angusti alla numerosa popolazione ed alla rinomanza loro
nejl' armi e nel valore , essendo fuori di dubbio gli Elvezj più
di tutta la Gallia possenti. La nazione Elvetica abbracciò il di-
segno proposto da Orgetorige , e deliberò di esigi iarsi da se me-
desima; e di cercare una nuova stanza nelle provi ncie meridionali
delle Galiie. Furono impiegati due anni nel fare immensi appa-
recchi , ed Orgetorige venne spedito agli Edui ed ai Sequani ,
onde impegnarli a favorire una tale impresa. Ciascuna di queste
due nazioni avea per capo un Principe ovvero un nobile distinto
per ricchezze e per possanza , ai quali Orgetorige comunicò le sue
mire intorno alla dignità reale, e ne inspirò anche ad essi la bra-
ma , onde si formò tra queste tre persone la lega , che Cesare
chiama Cospirazione , e che tendeva a renderli padroni di tutte
le Galiie. Cesare allora mostrò ai Romaui il pericolo, che ad essi
sovrastava da questa parte , ed ottenne il supremo comando delle
Galiie.
Morte di Orgetorige.
Gii Elvezj arsero di sdegno quando seppero il triunvirato di
Orgetorige e dei due Principi dei Sequaui e degli Edui, e volen-
do punire il lor capo, Io caricarono di ferri , e lo condussero al
cospetto dell'assemblea generale della nazione. «None permesso
che ai sacerdoti ( diceva Tacito dei Germani, e Cesare dei Gal-
li ) il censurare, imprigionare, e punire i colpevoli; né essi pro-
nunciano sentenze in qualità di giudici, o per obbedire ai capi;
ma tutto fanno in forza di un ordine della stessa Divinità». Or-
getorige seppe sottrarsi all'orrenda pena di essere abbruciato vivo;
comparve nel giorno stabilito al cospetto dei Druidi accompagnato
da' suoi congiunti, da' suoi schiavi, e da' suoi clienti, i quali tutti
DEGLI SVIZZERI 6l
sommavano a dieci mila ; ed ispirando timore ai sacerdoti con tale
corteggio fece rimaner senza effetto il giudizio. Ma i Druidi e la
nazione tutta vollero vendicare la dileggiata loro autorità, e convo-
cati tutti gli uomini liberi fecero ad essi brandire le armi , indi
dichiararono empio e scellerato Orgetorige , che assalito pi-r o:',iu
banda, e ridotto alla disperazione pose termine volontari a mente
a' suoi giorni, od almeno così credettero i suoi concittadini.
Emigrazioni degli Elvczj.
La morte di Orgetorige non impedì che gli Elvczj emigras-
sero per tentar la conquista delle Gallie. Si ordinò a tutti gli uo>
mini di armarsi, e si stabilì di partire all'incominciar della prima-
vera. .La sponda del Rodano, che divideva l'Elvezia dagli Àllo-
brogi fu scelta per generale convegno, e quanta fosse la moltitu-
dine che ivi si adunò, lo sappiami da Cesare; il quale ci infor-
ma, che gli Elvezj aveano i registri su cui trovavano descritti tutti
gli uomini, le donne ed i fanciulli dell interi nazione j che que-*
sti registri ermo scritti in lettere Greche e che egli trovólli nel
loro campo. Gli Elvezj , dice Cesare, compresi i Tulli ìoi ,
i Latobrigi ed i Rauraci , piccole nazioni vicine al settentrione
dell'Elvezia, e che essi avevano indotte a pr »arte all'im-
presa, formavano un esercito di novantaduemilà combattenti. Que-
st'era veramente la quarta parte dell'intera popò . la (piale
colle donne , co' fanciulli e coi vecchi sommava al numero di
trecento sessantottomila anime , ma con-, •arare da questo
numero ventiseimila dugeutocinquanla combattenti stranieri] i quali
colle loro donne e fanciulli formavano centocinquetnila personej
onde il numero dei combattenti si riduce a d ti genio sessantatre-
mila ; numero inferiore quasi di un quarto a quello degli abi-
tanti del solo Cintone di Berna bè Cesare affermi che la
repubblica degli Elvezj era in quell' epoca fiori d ima (i). Lo
stesso Cesare ci narra che la Dazi etica era allora divisa in
quattro provinole o Cantoni: e che conteneva quattro città pri-
marie e quattrocento villaggi. Le pri ire con-
siderate che come fortezze difese dalla 1. e dallo foste;
i secondi erano formati da case di legno ..• da tetti coperti di
paglia; onde riuscì facile agli Elvezj l'appiccarvi fuoco tuli' atto
di abbandonare la loro patria.
(i> Florentissimis rebus. L:b. i. capi 3o. De Bell. Gali.
6l GOVERNO E LEGGI
Cesare debella gli Elvezj.
Le mosse degli Elvezj sparsero il terrore ia Roma , ed affret-
tarono la partenza di Cesare. « Gli Elvezj brandiscono le armi ,
scriveva Cicerone ad Attico; essi già fanno alcune scorrerie nelle
nostre provincie ; e la repubblica è agitata dal più grave timore
di uua guerra nelle Gallie. Il senato decretò , che si affiderebbero
a due Consoli le due Gallie, e che si chiamerebbero all'armi le
milizie; che nessuno sarebbe esentato dal servizio, e che si spe-
direbbero deputati nelle città delle Gallie per distorle dal favorire
gli Elvezj (i) ». Cesare si portò con celerità a Ginevra; fece ab-
battere il ponte sul Rodano, e si trincerò lungo la sinistra sponda
di questo fiume fino al Giura. Indarno gli Elvezj tentarono di
valicare il Rodano ; i Romani difesi dalla profondità del medesi-
mo , e dalle forti trincee rendettero vani i loro tentativi; ond'essi
si volsero al così detto Passeggio della Chiusa tra il Giura ed
il Rodano; e varcatolo entrarono nel paese degli Edui; dove Ce-
sare li colse dopo una rapida marcia , mentre tentavano di passar
la Saona , e sconfisse [una parte del loro esercito. Dopo alcune
altre zuffe si venne finalmente ad una battaglia campale, in cui
gli Elvezj inferiori e per la qualità dell' armatura e per la disci-
plina militare non seppero che opporre un valor disperato. I pili
dei Romani foravano facilmente i loro scudi di puro legno e fe-
rivano i loro corpi , ma si combattè da mane a sera , gli Elvezj
rientrarono nel loro campo sperando di difendersi con una trin-
cea fatta air infrena coi loro carri. Gli accampamenti furono presi
a viva forza; immenso fu il numero de' morii ed i centotrenta-
mila Elvezj circa, che scamparono al macello si sottomisero al vin-
citore, che dopo aver fatto ad essi soffrire per qualche tempo le
angosce della incertezza permise che tornassero agli arsi loro tetti;
ove qualche tempo dappoi ricevettero il decreto di Roma , che
dichiarava l'Elvezia provincia Romana. Per assicurarsi della som-
missione di questo popolo Roma spedì una colonia a Nyon ( Co-
lonia Julia Equestris ) sul lago di Ginevra. Noi parlando di un
antico musaico scoperto a Iverdun mostreremo quali sieno stati
gli sforzi dei Romani per ammansare la ferocia degli Elvezj (2).
(i) Epist. ad Atiic. Li b. I. 18.
(•*) Malici. Hiit. des Suiss. Part. I. chap. 2.
DEGLI SVIZZERI 65
I Romani sottométtono i Vallesani.
Per aprire una facile comunicazione tra Y Elvezia e Y Italia ì
Romani \ollcro soggiogare gli abitatori del \ allcse , e Sergio
Galba luogo-tenente di Cesare ottenne questo scopo. Sotto di Au-
gusto soggiacquero alla stessa sorte gli abitanti della valle d'Ao-
sta, i Grigioni ed i "V incielici.
/ Grigioni ed i Fin deli ci.
I Grigioni appellati Reti furono raffrenati da Munazio Planco,
fondatore della colonia d' Angusto presso Basilea , e vinti dai due
nipoti dell'Imperatore, Druso e Tiberio (i). Questo Principe, oc-
cupato poscia il trono Romano, debellò i Vindelici , che abitavano
nei dintorni del lago di Costanza, e fece abbattere la foltissima
foresta, clic si estendeva su gran parte di quel paese che ora chia-
masi Turgovia. L' Elvezia tutta perdette il suo nome sotto di Au-
gusto , e fu compresa nella grande provincia detta Lioncse , per-
chè la capitale era Lione, ove risedeva il prefetto. Gli Impera-
tori però non si credettero sicuri di questa provincia e delle cir-
costanti , se non le frenavano con numerosi eserciti stanziali. Cin-
quantamila soldati Romani custodivano la sinistra sponda del Re-
no, e si scorgono le tracce del soggiorno di queste legioni in Gi-
nevra, in Nyon , in Avcnche , in Cui ni , in Zurigo ed in Vindo-
nissa , ora appellata Vindisch. Si volle però lasciare agli Elve/.j
un'ombra cicli" antica liberta in un'assemblea detta dei Not<tl>i!i
della provincia, che si convocava ogni anno, ed in cui si tratta-
limo gl'interessi generali alla presenza dei capitani di Roma.
Elvezj oppressi da / itellio.
Essendosi gli Elvczj dichiarati a favore di Galba e contro di
\ itellio , costui spedì contro di essi Cecina che prese e saceheg-
(i) Dal inculo con cui Orazio canta questa vittoria se ne deduce la
difficoltà , e si mostra quanto un siii'atto trionfo solleticasse l'orgoglio
Romauo.
Arces
Alpihus impotitas Iremtndis
Dejecit acer plus vice amplici
Major N croim m
immanest/uc Rlioelos
Auspuns pepali t iccundis.
Ho.. Lib. IV. Od. XIV.
64 GOVERNO E LEGGI
giò Baden celebre e fiorente per le sue acque termali, e sconfitto
il loro esercito, volle che gli fosse consegnato il lor magistra-
to Giulio Alpino , che fu ucciso e cagionò la morte della sua
figliuola Giulia Alpinula, sacerdotessa della Divinità tutelare d'A-
venche , la quale morì di dolore per non aver potuto salvare il
padre: il qual fatto viene attestato da un'iscrizione scoperta, or
son due secoli (i).
Stato dell' Elvezia sotto gli altri Imperatori.
Sotto di Vespasiano e di Tito 1' Elvezia respirò , e sotto gli
altri Imperatori la sua sorte fu uguale a quella delle altre pro-
vincie. Essendosi ribellati i Galli sotto di Diocleziano , che avea
formata una gran provincia detta Sequanese (2) , cui era stata
aggiunta l' Elvezia , Massimiano , passate le Alpi Pennine , entrò
nel Vallese. Qui si crede che il Principe Romano abbia fatta
trucidare la legione Tebana con S. Maurizio suo capo, perchè
avendo essa abbracciato il Cristianesimo ricusò di sacrificare agli
idoli. Costanzo salvò 1' Elvezia dalla invasione dei Barbari ripor-
tando una vittoria nelle vicinanze di Vindonissa, e costruì la città
di Costanza sulle rive di quel lago. Finalmente i Barbari non tro-
vando più freno invasero l'impero: e l'Elvezia cadde sotto il po-
tere degli Alemanni e dei Borgognoni.
È conquistata dai Barbari.
Queste nazioni divisero in due parti l'Elvezia ; l'uria Cristiana
incivilita e pacifica fu conquistata dai Borgognoni $ l'altra guer-
riera, sprezzalrice delle arti, perfino dell'agricoltura, cadde fri
potere degli Alemanni (3).
U Elvezia sotto i Re Franchi.
Dal dominio di questi popoli l'Elvezia passò a quello dei Pie
Franchi ; e Carlomagno , come si crede , fece trasportare nelle
(1) Julia Al p inula hic jaceo.
Infelicis Palris ìnjelix Proles
Deae Avt".tiae Sacerdos
Exorare Patris necem non potiti
Alale moti in falis Uh erat
Vixi annos XXIII.
Gruter. Inscript, N.° 3 rg.
(:•.) Provincia maxima Sequanorum.
(3,1 pallet, Hist. df.s Suiss. Part. 1. chap. 3.
BELLA SVIZZERA 65
valli Elvetiche alcune colonie di Sassoni , che aveano per si lungo
tempo oltraggiata la sua possanza , e rigettato il Vangelo , che
quell' Imperatore voleva a viva forza fare ad essi abbracciare.
Tornò dappoi questo paese sotto la dominazione dei Borgognoni
e degli Alemanni, o per meglio dire fu governato dai Monarchi
del secondo regno di Borgogna , e dai Duchi dell' Alemagna. Que-
sti secoli si chiamano dal Mallet secoli di claustromania , giac-
ché in essi .si edificarono moltissimi monasteri nell'Elvezia ; come
le abbauic di Payerna , di Dissentis , di Pieilers , i conventi di
Zurigo, di Lucerna, di 5. Gallo, di Einsicdlen. // monastero
di ò. (tallo, dico un'antica leggenda, ebbe nel suo comincia-
niento per religiosi i figli più illustri dei grandi della terrari}.
Sotto gii Imperatori delia Germania.
lilialmente l'Elvezia fu dominata dagl'Imperatori della Ger-
mania, e senti anch'essa i funesti effetti della lotta fra il sacer-
dozio e 1' impero j anzi andò soggetta ai fulmini del Vaticano. La
mezzo alle strettezze in cui si trovarono i Cesari della Germania
incominciarono A arie città dell'Elvezia ad ottener franchigie e pri-
vile.;) ; ed ebbero allora principio quelle piccole Sovranità, quelle
baronie, quelle città imperiali, quali erano Zurigo, Berna, Basi-
lea e Sciaffusaj quelle signorie possedute dal clero, e quei pic-
coli Cantoni, come Schwitz , Uri ed Underw.dd , che quantunque
fossero dipendenti dall'impero, pure aveano una specie di governo
popolare. Secondo la sentenza del Watteville non v'ebbero meno
di cinquanta Conti, di centocinquanta Baroni, e di mille famiglie
nobili nell'Elvezia. Ma i Sovrani più possenti erano i Conti di
Hapsbourg e della Sa\i>ja. I primi aveano considerabilmente accre-
sciuta la loro influenza ed i loro possessi coli' elezione di Rodolfo
e d'Alberto, che come capi dell' impero ebbero il diritto di eleg-
gere in lutti i luoghi sottomessi alla giurisdizione imperiale alcuni
Ball , che amministrassero la giustizia (2).
Costume degli Svizzeri di questi tempi.
È pur d'uopo, che da noi si ricerchi quale fosse il costume
di que'Balì, e di que' piccoli signori che governavano in questi
tempi, ed in geuerale qnal fosse l'abito degli Svizzeri j ed in ciò
(1 Ekardus in vita i\olh> il.
( 1) Coxe. Hisloirc de la Maison d'Aulricha Voi. I. chap. 6.
Cost. dall'Europa Voi. IX. 5
66 GOVERNO E LEGGI
abbiamo una guida sicura in un'opera recente pubblicata in Zu-
rigo , che ba per titolo: Scene tratte dalla storia degli Svizzeri
incise secondo i disegni di L. Lips , F. Legi , G. Colmare
ec. (i). Gli editori mostrano quanto male si apponessero coloro,
ebe prima di loro rappresentarono gli Svizzeri. L'abito, diedn
essi , ebe si dà comunemente agli Svizzeri in quasi tutti i quadri
tratti dalla loro storia , e particolarmente in quelli, die si riferi-
scono all' epoca della Confederazione , non cominciò ad essere
in uso , che nella prima metà del XVI secolo. Non sono già i
soli artisti della Svizzera , i quali si sieno renduti colpevoli di un
somigliante anacronismo ; ma quelli di tul'e le regioni caddero
nel medesimo errore. E verisimile che gli antichi pittori mancas-
sero interamente dei mezzi necessarj per dare ai loro quadri tut-
ta la verità locale , che avrebbero dovuto avere, o che almeno
non potessero procurarseli che con molte spese e fatiche, e con
mollo tempo. Gli artisti , che loro succedettero , quantunque meno
sprovveduti di mezzi, trovarono più. agevole l'imitare i loro ante-
cessori , e se ne stettero paghi alle idee ad essi somministrate
dalle incisioni in legno od in rame, che aveano ereditate dal se-
colo XVI. In tal guisa lo studio del costume, quella importantis-
sima parie dell'ari» pittorica rimase lungo tempo "negletto, e gli
eroi del medio evo da Carlomagoo fino al XVII. secolo furono
rappresentati col costume del secolo decimosesto. L'abito dell'età
in cui ebbe origine la Conftderu zione Svizzera (2) era sempli-
cissimo; e ne veggiamo ancora alcuni avanzi in quella specie di
tonaca che si usa dai pastori delle Alpi, e nell' abiio adottato da
alcuni ordini religiosi. Non consisteva esso, generalmente par-
lando, che in una specie di camiciuola .senza pieghe legala da un
cinto , dal quale pendeva una tasca , od un sacco , e chiusa sul
petto da mia fibbia , e talora da alcuni bottoni od aghi.
gestire dei ricchi e dei Bali.
Questa loggia di abito serviva ugual mei» Le pel popolo , e pei
signori; se non che questi lo portavano più lungo , di una stoffa
(1) Ne sono usciti quattro fascicoli dal 181-2 in poi. Zurich, Cliez Fuesli
et Comp.
(2) Cioè dalla metà del secolo XIII. fino ai principio del XIV. ; nel
i3o7 , i tre fondatori della Confedei azione si adunarono nella pianura di
Grutli.
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DERLA SVIZZERA 6j
più fina , con maniche ora più larghe ed ora più strette, secondo
la più recente costumanza, ed adorno nei lembi di ricami o di pel-
licce. 11 cinto, la fibbia, e la tasca non si distinguevano del pari
che per la maggiore o minore ricchezza. La ampiezza del man-
tello che non era indispensabile era sempre proporzionila a quella
dell'abito. La sola acconciatura del capo prendeva diverse forme j i
borghesi se ne slavano ordinariamente paghi ad un semplice cappuc-
cio attaccato all'abito, con cui si coprivano il capo nel cattivo tempo;
i signori usavano anch'* essi il cappuccio od un berretto, di cui va-
rie erano le forme, le dimensioni e gli adornamenti. Il signore di
Wolfenschiefs , che facea le veci del Balio imperiale di Landen-
herg , che noi presentiamo nella Tavola 8, ha la testa coperta dal
berretto , i cui orli all' insù rivolti sono di color rosso, mentre il
resto è verde al par della tonaca. 11 mantello è pure rosso, ed
egli sta in atto di accarezzare una vaga donna, moglie di Baum-
garten , la quale ha sul sinistro braccio un paniere ed è coperta
da una tunica , al di sopra della quale sta un'altra veste fermata
da una cintura; il capo di lei è involto nel velo, sopra il quale
posa un largo cappello. Avvicinatosi il Balio alla donna le chiese
della sua condizione, e sapendo che il marito era lontano entrò
con lei nella casa ove ritornato Baumgarten lo sorprese e lo uc-
cise nel bagno (i). Vedi la Tavola 8.
libito di Guglielmo Teli.
L'abito di Teli è uguale a quello che sopra abbiamo affer-
mato usarsi a que' tempi dagli Svizzeri. Invece della lasca gli
pende dagli omeri la faretra, da cui si veggono sporgere al di
sopra della spalla sinistra le penne degli strali : non si scorge la
fibbia che Jeglii j>ul petto la sua tonaca. Egli è in alto di guar-
dare sdegnosamente il cappello fallo inalberale da Ges*lero nella
piazza di Aliorf. Il Muller congettura che questo cappello fosse
la berrelia ducale, innalzata perchè servisse come di convegno
per e».' lo co , che parteggiavano per lui, e lo chiarisse (Iella lealtà
di quelli, che prestavano omaggio a questa insegna (a"). Vedi la
Tavola 9.
(1) Scènes tirèes de l'IIist. des Suisses. Freni. Cahier, pag. 9 e pian. 3.
(2) Ibid Cahier second , pag. 19, pian. VII. Intorno a questo l'atto si
consulti il Malie l, Part. I. chap. 8.
63 GOVERNO E LEGGI
/ tre capi della Confederazione.
Semplice del pari è il costume dei tre fondatori , o capi della
Confederazione , cioè di Walter Furst d' Attingliausen nel Can-
tone di Uri, di Werner Stauffacb di Schwitz , e di Arnoldo di
Melchtal d' Underwald. Essi sono rappresentati nel momento, in
cui radunatisi nella pianura di Grulli sulla sinistra riva del lago
si promisero con iscambievole giuramento di non abbandonarsi
giammai 1' un l'altro, di difendere la patria, e rimetterla anche
a pericolo della vita in possesso de' suoi privilegi e delle sue fran-
chigie. Le tonache, la cintura, il cappuccio sono in essi uguali:
eglino alzano al cielo le tre dita , e gli sguardi in atto di giurare.
Yedi la Tavola io (i).
Cause della Confederazione.
Ma qui ò necessario, che si mostri la vera origine di questa
novità, che ebbe luogo nel principio del secolo XIV. sugli scogli
Elvetici. Posciachè Alberto succedette al padre Rodolfo mostrò
il divisamento di sottomettere i tre Cantoni. Questi tennero un'as-
semblea generale in cu: stesero un atto, che il Mallet chiama il
più antico dell' Elvetica Confederazione (2), e che diffonde sulla
origine di quella una preziosa luce; onde noi crediamo necessario
di qui notarlo. « Che a tulli sia palese qualmente gli abitanti
della valle d' Uri , il comune di Schwitz, e gli abitanti delle mon-
tagne di Underwald, considerando i presenti pericoli, si sono con
piena fidanza uniti , e conforme all' alleanza , che fra essi già da
moltissimi anni esiste , si sono con giuramento promessi di pre-
starsi vicendevole soccorso con tutti i proprj beni, con tutti i guer-
rieri sia nel circondario delle loro valli, sia al di fuori, ed a spese
proprie, contro tu-ti coloro, che volessero commettere atti di vio-
lenza o contro essi lutti , o contro qualcuno in particolare. Colui
che è dipendente da un signore, deve lutti adempiere gli obbli-
ghi verso di lui, ma è stato fra noi convenuto, che non si rico-
noscerebbe alcun giudice, il quale nativo non fosse ed abitante
delle nostre valli, o che avesse comperata altrove la magistratura.
(1) Scenes tirèes de l'Hist. des Siriss. Second Cahier, pian. VI. pag. 17.
(2) Mallet Ilist. des Suiss. , chap. Vili. Quest' atto fu rinvenuto negli
archivj di Schwitz in idioma Latino ed in quello di Stanz in Tedesco ; e
fu per la prima volta pubblicato nel 1760, dal signor Gleser di Basilea in
una Latina dissertazione de Helvetic. faederibus. Vedi Muller, an. 1391.
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Spetta ai piò assennati del paese il conoscerò e giudicare intorno
alle contese , che insorgere potessero fra i membri di questa
Confederazione; se dopo ciò ricusasse alcuno di obbedire alla
sentenza, \i sarà costretto dagli altri. L'uccisione volontaria e
premeditata sarà punita di morte; colui che ne proteggesse l'au-
tore verrà bandito; lo stesso dicasi dell' incendiario. Sarà condan-
nalo al risarcimento dei danni quegli il quale si rendesse colpe-
vole di furto. Nessuno potrà impadronirsi delle sostanze altrui,
se non previa una sentenza dei giudici , ai quali dovrà ciascuno
ubbidire , ed in caso di mancanza , noi tutti ci uniremo per ob-
bligare i renitenti all' adempimento. Queste convenzioni , se cosi
piace a Dio , dureranno eternamente per vantaggio di noi tutti ».
Governatori di Alberto.
Alberto dopo aver estesa la sua possanza nell'Elvezia intimò
ai tre cantoni di sottomettersi alla sua autorità. « La condiziono
de' nostri padri ci aggrada, risposero essi, e noi altro non bramia-
mo che la conferma dei nostri privilegi (i) ». Il Monarca non
fece alcun conto delle loro rimostranze , e spedì ad essi alcuni
Governatori, che reggendo con durezza e capricciosamente die^
doro occasione alla rivolta. Fra gli atti più crudeli di essi si an-
novera quello di Gcsslero, il quale costrinse Guglielmo Teli a
colpire con un dardo il pomo posto sul capo di un suo figliuolo,
e mise in tal maniera quest'i tfelice nella condizione più dura, in
cui si possa trovare un padre
Fatto di Teli.
Ma un letterato di Berna in un suo libro , cui diede il titolo
di Favola Danese sparse alcuni dubbj su questo fatto ; mostrando
che nessuno degli autori contemporanei fa menzione di esso, quan-
tunque eglino parlino colle più minute circostanze della tirannide
del Governatore; che il primo scrittore, il quale ne fece motto è
Feterman Etterlin di Lucerna , il qual viveva alla fine del XV.
secolo, dugento anni circa dopo l'epoca in cui si soppone acca-
duto il fatto; che finalmente si trova negli Annali Danesi di
Saxo Grammatico una storia della stessa natura colla sola diffe-
renza dei nomi. In essa si narra, che Eroldo Re della Danimarca
avea fatto nell'anno 965, con un certo Tocco quello che Ges-
ti) Coxe Hist. de la Maison J' Aulrichc, cli.q». VI.
^0 GOVERNO E LEGGI
siero fece con Teli. Ma il Coxe afferma che si violerebbero le
leggi della evitica col supporre , che la tradizione di questo fatto
sia all'intuito favolosa: che non è prova bastante contro la realtà
di un fatto il dire, che gli storici contemporanei non ne fecero
menzione, e che la storia di Teli si trova celebrata in un gran
numero di antiche canzoni Alemanne, notabili pel loro prisco dia-
letto, e per la loro semplicità, le quali tolgono ogni sospetto
intorno alla realtà dell'impresa, che esse esaltano. S'aggiunga la
tradizione uniforme e non mai interrotta del paese , e le due
cappelle eretle già da alcuni secoli in memoria delle azioni di
quest'illustre personaggio. Lo stesso Coxe ci attesta che l'arco è
ancora molto in uso presso gli abitatori di questa regione, e che
egli giunto a Fluelleu vide molli giovani armati di esso, ond'egli
propose un premio a coloro , che colpissero la meta da lui fis-
sata. Appena egli ebbe parlato che tre giovani tirarono, e due la
colsero ; questi oilennero il promesso guiderdone; ed il terzo fu
confortato a tirar di nuovo finché anch'esso colta l'avesse; il che
addivenne dopo due tentativi (i).
Gesslero e Slauffaclier .
Con un motto insolente il Governatore Gesslero si alienò sem-
pre più gli animi degli Svizzeri. Passando egli da Steinen , nel
Cantone di Scovrite innanzi alla bella casa, che StaufFach, o S ta uf-
fa cher avea fabbricata in quel luogo; « come mai, disse egli al
proprietario di essa , si può soffrire , che un villano esser debba
così bene alloggiato " ? Questo villano era però il figlio del Land-
mano; lo che vale del primo magistrato del paese (2). Nella Ta-
vola che presentiamo si scorge Gesslero in atto di pronunciare
quell' aspro motto in presenza di StaufFach, che se ne sta a capo
scoperto innanzi a lui. Il primo ha la testa involta nel cappello
rosso, e la tonaca e la sopravveste adorne di una specie di pel-
liccia , che con tre orli gli forma come due spallini in sugli
omeri : il secondo è modesiamente vestito secondo il costume so-
pra descritto; solo le scarpe di amendue sono uguali , ed hanno
la forma di pantofole; che tali si usavano dagli S\izzeri in questi
tempi. La casa che sorge vicina , e che desta tanta maraviglia in
Ci) Coxe. Lett. XI.
(:i) Mallet Hist, des Suiss, t chap. Vili.
Eh*. ió/.JX
Tffv. u.
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DELLA SVIZZERA •J l
GesslerOj è di legno, ma ben edificata , vasta, dipiata al di fuori
ed illuminata da molte finestre, le cui imposte sono attaccate alla
sommità delle medesime, e sostenute nel giorno da due bastoni:
i \ eiri sono piccoli e rotondi. Vedi la Tavola 11 (i).
Sollevazione,
Sotto la condotta dei tre sopra mentovati, cioè di Furst, di
Mecbtbal e ili Stauffacb si sollevarono i Cantoni di Uri, di Scliwitz
e di Underwald ai i3 di gennajo del i3o8. I congiurati volevano
impadronirsi del castello di Rossbecg : una giovane che in esso
alloggiava, ed era a parte della trama vi fece entrare nella notte
il suo amante , che era nel numero de' congiurati , valendosi di
una conia penatagli dall'alto. Gli te liner dietro venti altri gio-
vani , .salendo nel modo stesso le mura , e s' impadronirono della
fortezza. Intanto molti altri dei congiurati si presentarono di buon
mattino al Governatore Landerberg , che dal suo soggiorno di
Sarner si conduceva ad udire la messa in Rossberg; addussero
come pretesto di voler offrire al lor signore.' alcuni bestiami e
selvaggina, come l'uso il voleva a capo dell'anno. Landerberg
ordinò ad essi di portare i doni nel suo castello: quando vi fu-
rono tutti entrati, l'uno di essi dio fiato al corno, affinchè a que-
sto segnale , come aveano convenuto , tutti armassero il proprio
bastone con un'acuta punta di ferro, che ognuno tenea nascosta
nel seno ; e la fortezza cadde nelle loro mani. Il Balio di Lan-
derberg è rappresentato con un costume diverso da (niello, di cui
aopra abbiamo latta menzione: il suo cappello e adorno di piume:
sopra la giubba egli ha un mantello di color rosso annodato sul
petto; i suoi calzoni sono stretti sotto il ginocchio. L/ abito degli
Svizzeri, che gli presentano i doni è il consueto; se non ebe uno
di essi , che sta ginocchioni innanzi al Balio invece della usata
veste porla una casacca , che termina sui fianchi ; e sotto mostra
una grossolana camicia ('2). Vedi la Tavola 12.
M<>it.- di Alberto,
Il tradimento dello scellerato Giovanni nipote dell'imperatore,
e de' perfidi assassini che seco lui congiurarono, tolse; di vita Al-
berto I. , che marcia\a alla volta dei tre Cantoni per sottomet-
(1) Scènes tirècs de VHist. des Suiss. Premier Cahier. [, ]ing. 5.
(2) Slciics tirces de l'Bitt. des Suiss. Troisième Cahier, ]N".0 X. [>ag. 27.
7 a GOVERNO E LEGGI
torli. Alcuni degli assassini si rifuggirono presso gli Svizzeri, spe-
rando di trovarvi un asilo; ma detestando eglino un misfatto si
atroce benché commesso contro l' implacabile loro nemico , ricu-
sarono di proteggerli. Il sangue di Alberto fu vendicato dalla sua
moglie Elisabetta e dalla sua figlia Agnese colla morte de' con-
giurati. Queste due Principesse fabbricarono presso si luogo in
cui quel Monarca era stato spento la badia di Konigsfeld , una
delle più opulente case religiose dell'Elvezia (i).
Pittorici di Morgarten.
La vittoria di Morgarten cominciò a dare una grande consi-
stenza alla Svizzera Confederazione ; e venne celebrata in una
festa religiosa e politica, nella quale si leggeano i nomi degli eroi,
che eran caduti pugnando , in faccia ai tre popoli raccolti spesso
nel luogo medesimo, che stato era testimonio del loro valore.
Confederazione Elvetica riconosciuta.
Lungo sarebbe ed alieno dal nostro scopo il descrivere la
diuturna lotta fra i Principi Austriaci e gli Svizzeri. Guerre, bat-
taglie, tregue, trattati si succedettero incessantemente per lo spazio
di più di tre secoli. Ora un Cantone ; ora l'altro si aggiungeva
alla Confederazione , la quale non fu veramente riconosciuta se
non nel trattato di Vestfalia. Quantunque molti Imperatori Au-
striaci avessero in alcune occasioni stretta alleanza cogli Svizzeri,
non aveano però giammai formalmente riconosciuta la loro indi-
pendenza. Gli Svizzeri aveano chiesta di continuo la conferma dei
loro privilegi ad ogni nuovo Imperatore fino a Massimiliano IL ,
il quale fu l'ultimo che nel i564 ricevette da loro un tal segno
di sommissione. La camera imperiale continuava ciò nulla meno
a sostenere, e ad esercitare ancora, se prcsentavasi l'occasione, i
suoi diritti su alcuni stati Elvetici. II corpo della Confederazione
riclamò più volte indarno ; onde spedì un suo ministro al Con-
gresso di Vestfalia per far valere le sue ragioni. A malgrado delle
opposizioni della camera imperiale , e dei consiglieri di reggenza
dell' impero il ministro Svizzero ( Rodolfo Wettstein Borgomastro
di Basilea ) ottenne un decreto imperiale, con cui S. M. l' Impe-
ratore « riconosce che la città di Basilea, e tutti gli altri Cantoni
(i) Coxe Hist. de la Maison d'Autriche, chap. Vi.
Eht. /;/ IX.
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DFLLÀ SVIZZERA 7 3
Svizzeri sono in possesso di una quasi piena libertà (i) ed esen-
zione dall'impero e che per tal modo sono in nulla soggetti ai
tribunali e giudizj del detto impero «.
Governo di Zurigo.
Prima di pai-lare del governo generale e delle leggi , colle
quali si conserva 1' Elvetica Confederazione dobbiamo dare una
rapida occhiata ai governi particolari di ciascuno degli stati , che
la compongono, e lo faremo collo stesso ordine, che abbiamo se-
guito nella geografica descrizione (•>.). Zurigo che è il primo dei
Cantoni, era anticamente citta imperiale: ma nel 1 35 1 fu am-
messa nell' Elvetica Confederazione. La sovranità venne data
esclusivamente ai cittadini ed ai borghesi , che formavano il nu-
mero di eirca duemila , e questa singolare restrizione ebbe la se-
guente origine. Nei primi tempi della repubblica la città possede-
va nn angusto territorio , la cui sovranità spettava ai cittadini , i
quali, fatti dappoi considerabili acquisti, ebbero cura di conser-
vare una tale prerogativa; onde esclusero i novelli sudditi dal go-
verno ; ciò che accadde anco nei sette Cantoni chiamili aristo-
cratici. I cittadini di Zurigo sono sì gelosi dei loro privilegi; che
uno dei loro magistrati assicurò Coxe ; che già da centocinquan-
t' anni non diedero ad alcuno la lor cittadinanza. Oltre il diritto,
che fssi hanno di eleggere i loro magistrati, e di aspirare ad es-
serlo, hanno il privilegio di trafficare: ogni straniero, ed i sud-
diti stessi del Cantone non possono esercitare il commercio nella
città. Sono gli abitanti di Zurigo divisi in tredici tribù, 1' una del-
le <piali è composta di persone che non trafficano; ed e appellata
dei Nobili.
Tutti gli altri cittadini dediti al commercio o ad una qual-
che professione compongono le altre tribù. Il potere legislativo è
(i) Molto si disputò intorno all' aggiunta di quasi al piena libertà ma
il contesto tutto e la condotta degli Imperatori , mostrano che essi non
vollero con ciò far uso di qualche restrizione, giacché eglino permisero
sempre , che gli Svizzeri si governassero da se e godessero di una piena
indipendenza. Mallct, Ilist. des Suisses. Part. III. ch;ip. io.
(a; Ragionando dei varj governi dei Confederati Svizzeri useremo spesso
del tempo presente , quantunque la così detta ConJ 'culti azione , come ve-
dremo non esista più. Così ahhiamo adoperalo , perchè seguimmo sempre
gli. scrittori, che percorrendo la Svizzera esaminarono i governi dei federati
con molta attenzione.
74 GOVERNO E LEGGI
affidato dai cittarlini e dai borghesi al consiglio supremo dei Da-
gento , che però è composto di dugento dodici membri tratti dalle
tredici tribù. Il piccolo consiglio è formato da ventiquattro tribu-
ni e da quattro consiglieri scelti dai nobili: vi si aggiungono venti
consiglieri eletti dal supremo consiglio: questo numero, aggiun-
tivi ; due Borgomastri, forma i cinquanta membri. Una metà è in-
caricata dell' amministrazione per sei mesi, e l'altra sottentra per
governare negli altri sei. Il presidente di amenuue è uno dei Bor-
gomastri , i quali sono eletti dal supremo consiglio, che ogni an-
no li conferma. La loro giurisdizione si estende su tutti gli affari
civili e criminali ; nei primi se la causa è di una certa impor-
tanza, si può appellare dal senato al consiglio dei Dugento ', ma
nelle cause criminali la loro sentenza è inappellabile, e pronun-
ciata una volta non si può più né rivocare , uè mitigare. Massi-
ma eccellente ! dice Coxe , supponendo che i giudici sieno pru-
denti e circospetti , e le leggi eque , ma poco severe , giacché
nulla incoraggia più al delitto quanto gli esempi troppo frequenti
del perdono. Essendo grandissimo il potere di questo senato in
una repubblica , i differenti membri di questa assemblea possono
essere ogni anno destituiti , e sottoposti ad un processo per la loro
condotta. In alcune occasioni questo processo si fa dal maggior
consiglio , in altre dalle tribù particolari da cui sono tratti i se-
natori. Quest'esame annuo della loro condotta è un possente freno
contro la cattiva amministrazione. Ogni cittadino poi ha il diritto
di volare a venti anni; a trenta può essere eletto membro del gran
consiglio, ed a trentacinque senatore (i). Le imposte non sono gra-
vose , e vengono amministrate con tanta economia, che ogni anno
si fa qualche avanzo.
Leggi.
Le leggi suntuarie, e quelle che danno norma ai costumi son
rigorosamente osservate in Zurigo. L'adulterio è severissimamente
punito , senza rispetto al grado , con un' ammenda , colla destitu-
zione da ogni impiego , e colla prigione ; pure se questo delitto
non vi si commette frequentemente , ciò si dee ai buoni costumi
anziché alle pene. Una delle leggi suntuarie vieta ad ogni sorta
(i ) Coxe. Lett. Vili. Philbert. Hist. des Ligues et des guerres de la
Suisse, Tom. I. pag. 240.
DELLA SVrZZF.RA 7 5
di persone, eccettuati i soli stranieri, l'uso delle carrozze nella
città; e<l è cosa assai notabile, che in un 'lungo di traffico e di
molta ricchezza, il lusso abbia falli si pochi progressi (i). Il go-
verno compra i grani necessari pel mantenimento del popolo , e lo
vende al prezzo del mercato ; se nasce una carestia ne diminuisce
il prezzo.
Governo dì Berna.
Il supremo consiglio di Berna esercita il potere sovrano , ed
è detto dei Dngento , quantunque allorquando è completo, com-
prenda dugento novantanove membri j la sua autorità è ben di-
versa da quella delle altre Svizzere assemblee ; giacché non e ri-
stretta dal potere dei cittadini, cbe in altri Cantoni sono talvolta
convocati. Il potere esecutivo è affidato dal sovrano consiglio ad
un senato (2) i cui membri sono tratti da esso: il primo si aduna
tre volte la settimana , ed ogni qnal volta il bisogno lo richieg-
ga ; il secondo lutti i giorni , tranne la sola domenica. Dal senato
composto dei due capi della repubblica , e di ventisette altri mem-
bri si eleggono i principali magistrati. Quando si debba eleggere
uno di essi si osservano le seguenti norme. Ventisei palle, tre delle
quali sono dorate, vengono posie in un vaso, e tratte dai diffe-
renti mèmbri: quelli che traggono le dorate scelgono tre elettori
dal loro corpo. 11 gran consiglio, usando anch' egli delle palle,
sceglie sette membri , che eleggono selle elettori. Questi unita-
mente presentano un cerio numero di candidali , che non dee
giammai oltrepassare i dieci , od essere inferiore a sei ; quelli fra
questi candidati , che hanno minor voce nel consiglio si ritirano
fi natia ni oche ne rimangono quattro, che estraggono quattro palle,
due delle quali sono dorate, e due inargentate, i due primi so-
no proposti , e colui che ha il maggior numero di suffragi nel
consiglio supremo è elello ; ma per essere eleggibile dee essere
stato consigliere almeno per dieci anni, ed aver moglie, il supre-
mo consiglio si rende completo ogni dieci anni. Il magistrato dei
(1) Intorno ni governo ed alla legislazione di Zurigo si consulti il trat-
tato della Legislazione od i principj delle le^gi di Mably, nag. 14G. Amster-
dam , 1776.
(2) Il Miiller ha fatilo 1' elogio del senato di Berna ove disse : non vi
erano cittadini più bellicosi di que' di Berna, né alcun senato die più di
quello si giovasse della prudenza nelle deliberazioni.
j6 GOVERNO E LEGGI
sedici e cstrntto annualmente dalle badie o tribù ; ì candidati sono
d'ordinario presi da coloro, che furono Bali; e non solo sono
eletti dai suffragi , ma dalla sorte. Ogni anno alla Pasqua riman-
gono per tre giorni sospesi i poteri delle magistrature , eccettuati
quelli dei Bandiera j , e dei sedici , che in tale intervallo sono
investiti di una possanza somigliante a quella dei Censori Romani.
I principali magistrati sono i due Avvocati o Avoyer (1), i due
tesorieri, ed i quattro Bandiera]. La carica di Achoycr è a vita;
quella dei tesorieri , dura solo sei anni , e quattro quella dei Ban-
diera], Uno degli sldvoyer occupa un seggio particolare nella
sala del gran consiglio , piti elevato degli altri , e coperto da un
baldacchino: il sigillo della repubblica è posto su di una tavola,
che gli sta d'avanti. Egli non dice mai il suo parere, se non quan-
do glielo chieggono , e non dà il suo voto se non quando i suf-
fragi sono uguali. I due tesorieri, l'uno pel territorio Alemanno,
e 1' altro pel paese di Vaud , congiunti ai quattro Bandiera] com-
pongono la camera economica , che esamina ed approva i conti dei
Bali , e riceve le rendite del Cantone. I quattro Bandiera] in un
coli' Advoyer , che cessando dall' esercizio della sua carica diven-
ta senatore , col più antico tesoriere , e con due membri del se-
nato formano un comitato o consiglio segreto, in cui si discutono
e si decidono tutti gli affari dello stato , che esigono una maggio-
re segretezza di quella , che ripromettere si potrebbe dal nume-
roso supremo consiglio. V ha poi in Berna il così detto Stato
esteriore , che è un' imitazione della grande assemblea , ed è com-
posto da coloro , che non peranco sono giunti all' età richiesta per
entrare nel consiglio dei Dagento : esso è modellato perfettamente
su questo , e può essere riguardato come il seminario politico della
gioventù Bernese. Tutto il Cantone poi è diviso in distretti che
si chiamano baliaggi, governati da Bali, le cui cariche sono lu-
crose. Essi amministrano la giustizia , ma in alcune cause civili ,
ed in tutte le criminali si appella al senato della capitale.
Leggi.
Le leggi suntuarie proibiscono di far uso delle stoffe d' oro e
(i) li" Advoyer Francese, e lo Schulleiss Alemanno corrispondeva al-
l' Advocalus od al Praetor dei Latini; e così è appellato come Protettore
dulia giustizia, Advocatus juslitiae. Tableaux de la Suisse. Tom. IV. pag. 18
e Leu. Diction. Historique de la Suisse. Tom. XVI. pag. 49^-
DELLA SVIZZERA 77
d'argcnio, dei ricami e dei diamanti. Il lusso però s'introdusse
in questa città nel secolo passato, e diede origine ad alcuni di-
sordini , cui il governo dovette porre un argine. Essendosi gli abi-
tanti dati al giuoco, il consiglio emanò una legge, che lo vie-
tava ed oLLligò con giuramento ciascuno de' suoi membri a de-
nunciare tutti coloro, i quali non avessero obbedito (t). Il Mon-
tesquieu ha fatto un grande elogio del governo di Berna. « Ci
ha , dice egli , al presente nel mondo una repubblica quasi da
nessuno conosciuta , e che in segreto ed in silenzio accresce ogni
dì le sue forze. Certo è che se essa giunge per avventura allo
stato di grandezza cui la sua sapienza la destina , cangierà neces-
sariamente le sue leggi ; e questa non sarà opera di un legislatore,
ma della corruzione medesima (2).
Governo di Lucerna.
Il governo di Lucerna ò interamente Aristocratico , o piutto-
sto Oligarchico. Da cinquecento cittadini si traggono cento per-
sone per comporre il consiglio in cui è compreso il senato, che
ò diviso in due parti come quello di Zurigo. L' entrata nel gran
consiglio appartiene alle poche summentovate famiglie ; e siccome
il figliuolo succede ordinariamente a suo padre, ed il fratello al
fratello, cosi la dignità senatoria può essere in certo qual modo
riguardata come ereditaria. Il governo e 1' amministrazione delle
finanze e della giustizia appartengono al senato: se non che quando
si trotta di una pena capitale, la sentenza dee essere pronunciala
dal supremo consiglio. I capi della repubblica sono due Avvocali
o Atoj er scelti dal corpo del senato, eletti e confermati ogni anno
dal consiglio dei Cento, hi tutte le elezioni i parenti fino al terzo
grado dei candidati non possono dare il loro suffragio; quest'uso
eccellente nella teorica per impedire i disordini cagionati dai vin-
coli del sangue, non lo è punto nella pratica; onde si chiarisce,
al dir di Co\e , che allorquando m\ì governo è puramente Oligar-
chico , tutte le leggi tendenti a ristringer il potere dei nobili sono
vane. Quando però si tratta di dichiarar la guerra, o di fermar
la pace, cosi come di contrai- nuove alleanze, o di imporre nuove
(1) Caxt. Leti. XXXV. Tsclioudi C/u\ UeUel. Tom. I. Per ciò clic ri-
guarda il governo del paese di Vaud i leggitori possono ricorrere all'opera
intitolala : Les loix et Statuii da jmys de Vaud, 1G1G.
(a) Consider. sur le causa de la Gran, et Dccad. des Rum. pag. 108.
7^ G0VREN0 E LEGGI
imposte, bisogna necessariamente ratinare i cittadini, ed ottenere
il ior consenso (i). Lacerna è il primo fra i Cantoni Cattolici ,
ed è la residenza del Nunzio Pontificio. In essa si scorge una rap-
presentazione topografica dì una parte della Svizzera fatta con
incredibile pazienza da Pfifer cittadino Lucernese, e Luogotenente
centrale del Pie della Francia. La principal parte di questo mo-
dello in rilievo è composta di cera ', le montagne sono di pietra ;
il tutto è colorito (?.).
Governo di Uri , Schwitz d' Underxvald.
I tre Cantoui, che primi si confederarono volle.ro una forma
di governo del tutto Democratica. Il supremo potere risiede nel-
l' assemblea del popolo diviso in differenti Comuni , da' quali si
traggono i consiglieri della reggenza. Appartiene all'assemblea ge-
nerale l'eleggere il Landamano , ed i principali magistrati: cia-
scun cittadino in età di quattordici anni nel Cantone di Uri, e
di quindici in quelli di Schwitz e di Undervvald ha il diritto di
votare. I consigli di reggenza «li Uri e di Schwitz sono composti
di sessanta membri , che dimorano sempre nei borghi principali.
A questo consiglio è aflidalo il potere esecutivo , e da esso si trag-
gono i differenti magistrati. Uuderwald è diviso in due valli, su-
periore ed inferiore , ciascuna delle quali ha il suo governo e la
sua amministrazione. Tutto il Cantone era sottoposto alle stesse
leggi ', ma alcune contese furono causa che le due valli si sepa-
rassero , e che ciascuna avesse la sua generale assemblea , il suo
Landamano e la sua reggenza (3).
Governo di Zug.
Gli abitanti di Zug hanno una parte più considerabile nel
governo di quelli dei principali borghi dei cinque altri Cantoni
Democratici. Il potere supremo risiede negli abitatori dei quat-
tro distretti di Zug, Bar, d Eugeri e di Meutzingeo, che si rati-
nano annualmente per dettar leggi, e scegliere i magistrati. Il
Landamano è eletto dai suffragi di tutti i distretti uniti ; ma è
tratto alternativamente dai quattro Comuni : egli conserva la sua
(i) Tableaux de la Suisse Tom. IV. pag. ^9 e seg. Leu Dict. Hislor.de
la Suisse. Tom. XII. Faesi Descript. Topogr. de la Suisse. Tom. II.
(2) Tscharner. Diction. Gèogr. Hist. et Polit. de la Suisse. Tom. II.
(3; Coxe. Leu. XI. Tschoudi. Chr. Helvet. Tom. I. Gaiilimauuus. De
Eeb. Htlvet. Lib. II.
DELLA SVIZZERA jq
carica per tre anni se è eletto fra gli abitanti di Zug, e per due
soli , se fra gli altri tre distretti. La generale amministrazione
degli affari è confidata al consiglio di reggenza composto di qua-
ranta membri, tredici de' quali sono eletti fra gli abitatori di
Zug (i).
Governo di Gì ari s.
Interamente Democratico è il governo di Glarisj ogni citta-
dino che abbia compiuti i sedici anni ha diritto di dare il suo
voto nell' assemblea generale conosciuta sotto il nome di Lansge-
ntcind, che si raduna una volta l'anno in aperta campagna. Que-
st'assemblea approva le nuove leggi , determina le gravezze, con-
chiude le alleanze, dichiara la guerra, e ferma la pace. Il Lari-
diana im è il capo della repubblica , ed è scelto alternativamente
dai Protestanti e dai Cattolici , con questa sola deferenza , che i
primi restano in carica per tre anni , ed i secondi per due soli.
L' elezione si fa nel seguente modo : il popolo elegge cinque can-
didati, i quali traggono a sorte la carica ; e la sorte pure decide
delle altre magistrature e dei haliaggi. Il potere esecutivo è affi-
dato al Laiidraik , o consiglio del paese composto di quarantotto
consiglieri Protestanti, di quindici Cattolici ; ciascuna religione ha
la sua corte particolare di giustizia (2),
Governo di Basilea.
A prima vista sembra che il governo di Basilea sia Aristo-
cratico , ma considerandolo più dav\icino si scorge, che esso in-
clina alla democrazia. Il supremo potere legislativo risiede nel
grande e nel piccolo consiglio composti di circa trecento mem-
bri; l'autorità di queste due assemblee unite è illimitata: essi
hanno la possanza di dettar leggi, di fu- guerra e pace, di con-
trarre alleanze, di impor tributi: eleggono i diversi magistrati,
scelgono i membri del loro corpo , e conferiscono la cittadinauza.
L' amiuiimua -.irne generale dei governo è affidala al senato, o
piccolo consiglio , ciuè ad una parte della grande assemblea. Que-
sto senato è composto di sessanta personaggi, <■ «lei «piatirò capi
della repubblica, cioè da due Borgomastri e da due tribuni: esso
(1) Coxe. Leti. X. Leu Dict. Hisloriq.de la Suisse. Tom. XX. e Faesi.
Descri/)!. J'c/'o^r. de la Suisse. Tom. II.
(2) Coxe. Leti. VI. Trumpi. Chron.de Glaris. Tschamer. Dict. Gèogr.,
Jlistoi . et Pc-litio ile la Suisse. Tom. I.
So GOVERNO E LEGGI
decide tutte le eause criminali senza appello. L' assemblea gene-
rale dei cittadini non si raduna che una sola volta 1' anno; ed al-
lora i magistrati giurano di mantener le leggi , di proteggere la
libertà e le franchigie del popolo; mentre i cittadini dal loro canto
promettono fede ed omaggio ai loro magistrati. Nessun cittadino,
sia pur esso dell' inflma classe è escluso dal supremo consiglio , i
cui membri sono tratti indistintamente dal corpo dei cittadini in
generale , eccettuata una sola classe che è quella dei membri del-
l'università. Sono i cittadini divisi in diciotto tribù, quindici delle
quali appartengono alle città più ragguardevoli, e tre alle più
piccole : ciascuna di queste quindici prime tribù nomina quat-
tro membri del senato; e ciascuna delle diciotto ne sceglie dodici
pel gran consiglio. Un tempo siffatte elezioni si facevano a plu-
ralità di voti ; ma siccome con questo metodo i più ricchi erano
quasi sempre eletti; cosi s'introdusse il ternario ( voce ammessa
in questa occasione ) cioè si convenne di proporre tre soggetti :
che tratti a sorte riempissero le cariche vacanti. Le ricchezze ed
il credito ebbero ancora molta influenza nelle elezioni; e siccome
gli artigiani, di cui è per la maggior parte composto il gran con-
siglio, rare volte ottenevano le cariche, così essi sollecitarono un
nuovo regolamento, con cui il ternario si cangiò in un senario;
cioè invece di tre individui se ne eleggono sei, che debbono trar-
si a sorte. I loro nomi sono chiusi in un piccolo sacco ; e sei bi-
glietti, sull'uno de' quali è scritta la denominazione dell'impiego
vacante sono riposti in un altro. Questi due sacchi vengono affi-
dati a due persone, che estraggono questa specie di lotteria di
slato: quello dei candidati il cui nome esce contemporaneamente
a quello dell' impiego , è l'eletto. Morto uno dei Borgomastri gli
succede di diritto uno dei tribuni , senza che si ricorra al sena-
rio (i). Questo metodo viene rimproveralo, da taluni, i quali
dicono che la sorte può talora allontanare costantemente i buoni
dalle magistrature; ma esso suppone che buoni ugualmente sieno
tutti i candidati.
Maniera di eleggere i Professori deli' università.
La sorte decide anche delle cattedre dell' università di Basi-
ri) Coxe. Lett. XLIT. De In Rèpubl. des Suisses. Liv. I. colle note di Leu.
Tallaaux de la Suisse. Tom. IV. pig. aG5 e seg.
DELLA SVIZZERA 8l
lea : i tre che aspirano ad una ili esse sono tratti da] numero
di coloro, che ottennero il grado del dottorato, e talvolta sono
eletti quelli che non si applicarono giammai allo studio della scien-
za che debhono insegnare, lamio però i professori il cambio delle
cattedre, se è possibile di combinarlo acconciamente; il famoso
BernoulH, a cagioo d'esempio, dopo aver per molti anni inse-
gnate le matematiche nell'università di Basilea, lasciò morendo
nel l'J'lS due figliuoli, Giacomo e Giovanni , pur essi valenti
matematici: Giovanni, -vivente ancora il padre, avea ottenuta la
cattedra di reltorica ; la cambiò poi con un certo Rumspeck, che
dalla sorte era stato chiamato a succedere all'estinto Bernoulli.
Lo stesso avvenne all' altro fratello clic cangiò la cattedra di bo-
tanica e di anatomia con quella di fisica e di storia naturale (i).
antico governo di Basi/cri.
Prima che Basilea entrasse nel)' Elvetica Con federazione , il
che avvenne nel i5oi, era soggetta a' suoi A escovi. L'autorità
di questi prelati andò insensibilmente decadendo.
Leggi-
Severissime sono le leggi suntuarie di Basilea: e la gelosia del
partito Democratico contro i ricchi ne aggiunse di nuove a quel-
le , che sono comuni a tutte le altre repubbliche Svizzere. L'uso
delle carrozze nella città, dice Coxe, non vi e proibito come in
Zurigo, ma nessun cittadino oserebbe di far montar di dietro il
servitore. Forse le loro leggi a questo riguardo , e le altre dello
stesso genere sono in alcuni casi spinte tropp' oltre , e si perdono
talvolta in minutezze ridicole : sono però in generale eccellenti ,
nò solo utili , ma anco necessarie in una repubblica. Esse torna-
rono vantaggiosissime a Basilea, perchè quantunque essa contenga
molte famiglie ricchissime , pure vi regna una sì avventurosa sem-
plicità di costumi, che il lusso ne fu sempre sbandito. Né v'ha
luogo in tutto l'universo, in cui la condotta dei magistrati sia
più severamente e più liberamente censurata (pianto in Basilea (2).
(1) Coxe. Lelt. XLII.
(2) Coxe. Leu. XLIU. Sulla legislazione ili Basilea fedi • due trattati
l'uno di Wetstei». Brevis Jtiris Romani ne Basi leertsié collalio ; l'altro di
Burcardo : Collatio Juris Romani et lìasilccnai circa successioncni ab
intestato.
Cast, dell' Europa Voi. IX. 6
82 GOVERNO E LEGGI
Governo di Friburgo.
Nel i48i Friburgo fu ammessa insieme con Soletta a formar
parte della Confederazione Elvetica. Aristocratico è il governo
di questa città ; il potere legislativo risiede nel gran consiglio
composto di dngento membri eletti dal consiglio medesimo , e
tratti da un piccolo numero di famiglie patrizie: Il piccolo con-
siglio dei Ventiquattro , ed il consiglio segreto dei Sessanta non
sono che suddivisioni del gran consiglio. Notabile però è la ma-
niera, con cui i membri di essi sono eletti: i nomi dei candidati
vengono posti in un vaso che ha tante caselle quanti sono i preten-
denti ; gli elettori vi gittano le palle a caso senza sapere a quale
dei candidati dieno il suffragio, e quello che ha maggior numero
di palle è eletto. Il Cantone di Friburgo è abitato tutto da Cat-
tolici (i).
Governo di Soletta.
Aristocratico è pure il governo di Soletta , e le famiglie pa-
trizie vi posseggono tutti i pubblici impieghi. Il consiglio supremo
è composto di centoventi membri , ed in esso è compreso il se-
nato , od il consiglio dei trentacinque. Quest' ultimo consiste in
due Avvocati ( Advojer ), undici anziani e ventidue giovani
consiglieri. Morto uno degli anziani gli succede il decano dei gio-
vani , e la carica vacante per questa promozione è occupata da
uno dei dodici anziani membri del gran consiglio. Dal corpo di
questi anziani sono tratti i principali magistrati, cioè i due Av-
vocati, il Bandieraio ed il tesoriere. Alla morte di uno dei due
Avvocati il Bandieraio gli succede come di diritto , dopo che
secondo le forme fu eletto dall'assemblea generale dei borghesi.
Mancato un membro del gran consiglio gli otto anziani consiglieri
ne eleggono un nuovo nella stessa tribù o Compagnia dei citta-
dini alla quale apparteneva il defunto. Tutto il corpo dei citta-
dini si raguna annualmente ; conferma gli Avvocati ed i Ban-
dieraj nello stesso tempo in cui veutidue giovani consiglieri con-
fermano gli undici anziani che dal loro canto confermano i primi.
Tutte queste conferme non sono in realtà , che vane formole. Nes-
suno può entrare nel gran consiglio prima di aver compiuti i venti
(i) Len Diction. Hist. de la Suisse Tom. XVII. e Tableaux de la Suiss.
Tom. IV. pag. 3 12 e seg.
0ELLA SVIZZERA 83
anni , ne. nel senato prima Jei ventiquattro. Tranne il tesoriere ,
che è eletto dal supremo consiglio , e gli Avvocati al par che i
Bandiera] , i quali sono nominati dai borghesi, tutte le altre
pùbbliche dignità dipendono dal senato , che ha altresì la giuri-
sdizione civile e criminale. Le rendite di questo stalo, ed i salarj
di un gran numero di cariche sono tali , che molte famiglie ne
traggono un considerabile profitto Ci).
Governo di Sciajfusa.
SciafFusa , un tempo città imperiale, ed ammessa nella Con-
federazione Elvetica nel i5oi , forma il minore dei tredici Can-
toni. Mille e seicento cittadini circa sono quelli che partecipano
al governo , e da essi si scelgono gli ottantacinque membri , che
fermano il grande ed il piccolo consiglio , ai quali è affidata l'am-
ministrazione degli affari. 11 senato ed il piccolo consiglio dei Ven-
ticinque e incaricato del potere esecutivo; ed il gran consiglio
decide definitivamente tutte le cause, e gli affari più importanti
del governo. Le rendite dello stato consistono in decime ed in
gabelle , che si riscuotono sulle mercanzie che vengono dalla Ger-
mania. Il Borgomastro, o capo della repubblica non ha d'ono-
rario che centocinquanta annui luigi. Le leggi suntuarie danno
norma in SciafFusa perfino all' acconciatura delle donne. I giuochi
di sorte sono vietati, e si puniscono severamente coloro, i quali
violano questa legge (2).
Governo del gallese.
Noi abbiamo già veduto che il Vallese ù diviso in sette pre-
fetture ( Dixaine ) o repubbliche indipendenti , sei delle quali
sono Democratiche , ed Aristocratica quella di Sion. 11 Vescovo
di questa città era prima sovrano assoluto della maggior parte del
Vallese ; ora la sua autorità , dice Coxe , e assai diminuita, e non
ha che il semplice titolo di Principe; tutti gli alti pubblici però
si spediscono in suo nome; egli ha la facoltà di far grazia; e la
moneta è coniata nella sua zecca , benché cogli slemmi della re-
pubblica : a lui si dava il titolo di Prìncipe del Santo Romano
impero , e di Conte e Prefetto del Vallese.
(1) Coxe. Lett. XL. Haflncr. Chron de Soleurc.
(2) Talleuux de la Suisse. Tom. IV. pag. 33y.
84 GOVERNO £ LEGGI
Vescovo di Sion.
Fra i Vescovi di Sion è celebre Matteo Schinner , menzionato
dagli storici Italiani col titolo di Cardinale Sedunense, il quale
persuase gli Svizzeri a rompere 1' alleanza contratta con France-
sco. I Re di Francia , e li condusse nella Lombardia, e li confortò
alla famosa battaglia di Melegnano (i). In una medaglia, che pre-
sentiamo nella Tavola i3 nani, i, si scorge S. Teodulo Vescovo
e Patrono di Sion collo scudo di Matteo Schinner , e lo stemma
delle prefetture ( Dixaine ) della repubblica del Vallese (a).
Queste prefetture o Comuni formauo unitamente col Vescovo una
sola repubblica , e tutti gli all'ari importanti e generali sono decisi
iu un'assemblea detta Landraith , o consiglio del paese, la quale
è convocata due volte l'anno in Sion. In questa assemblea si danno
nove voti ; quello del Vescovo, del capitano o capo della repub-
blica, e di ciascuno de'sette Comuni ; tutto si decide a pluralità
di voti. 11 Vescovo ò il presidente dell'assemblea, ed il capitano
ne raccoglie i voti : quest' ultimo è eletto e confermato in ogni
biennio dall' assemblea , ed alla morte del Vescovo il capitolo di
Sion propoue quattro candidati del suo corpo , fra i quali il con-
siglio elegge il nuovo prelato. Quantunque ciascuna prefettura non
abbia che un voto solo, può ciò non pertanto spedire all'assem-
blea quel numero di deputati, che crede conveniente^ e d'ordi-
nario ne manda quattro, un giudice, un Bandieraio , un capitano
ed un luogo-tenente. Le prefetture Demccraliche sono assai gelose
della loro libertà, e vegliano accuratamente per impedire, che i
deputati non acquistino soverchio credito ; onde ciascuna repub-
blica , prima della seduta della dieta, raguna l'assemblea gene-
rale del popolo, nella quale tutti coloro, che hanno quattordici
anni compiuti danno i loro voti ', essa è che dà le norme intorno
a tutti gli affari importanti: e le comunica a' suoi deputati ; co-
storo sono obbligati ad attenersi strettamente ad esse ; né possono
dare i suffragi a lor talento. In tutte le cause di grave momento
(t) Guicciardini, Storia dell' Italia, Lib. XII.
(■±) Intorno all' antico e moderno stalo del Vallese si consulti : Valle-
siae DescripLio in T/tesauro tiistoriae Elvelicae, opera di Sina le rj Gallia Co-
niata Egidii Tschudii. Faesi Descript. Topogr. de laSuiss. Toni. iV.j Tschar-
ner Dict. Gèogr. Historiq. et Politicj. de la Suisse, Tom. IL; Lauiler Rist. de
la Stiiss. Tom. V.
DM LA SVIZZERA 85
si può appellare alla generalo assemblea. Ciaseun Comune poi si
governa colle proprie leggi e co' suoi usi: onde la costituzione
di questi Comuni somiglia d'assai a epielia de Cantoni popolari.
Il basso Val lese Jopo una guerra sanguinosa col t'aito Vallese cadde
in potere di questo; esso è diviso in sei dipartimenti, la cui ge-
nerale assemblea elegge i Ball (i).
Governo di Ginevra.
Ginevra soggetta ora all'impero Germanico, ora a' suoi Ve-
scovi , ora ai Coati del Genovese (a), ed alla casa di Savoja ,
contrasse alleanza con Berna e con Friburgo nel 1126, e dopo
varie guerre i! Me della Sardegna riconobbe nel ly.Vj coti un for-
male atto l'indipendenza di questa repubblica. La pace però non
rendette lieti gli abitatori di questa città , ebe in quasi tutto il
secolo XVII. fu agitata da terribili discordie effetti ordinar) del
governo popoline.. 11 governo di Ginevra, dice Coxe , tiene il
mezzo fra quello dei Cantoni jdristr aeratici e Democratici della
Svizzera; è pili Democratico di essi, perchè il potere sovrano e
legislativo risiede interamente nella generale assemblea dei citta-
dini e dei borgbcsi ; ed è più Arisirocralico di essi, perchè il
potere esercitato dal piccolo e dal grande consiglio è considerabi-
lissimo. I membri del senato , che sono venticinque godono di
molte prerogali\e, ed eleggono una metà dei membri del gran
consiglio: i principali magistrati sono tratti dal loro corpo; essi
convocano il gran consiglio, e l'assemblea generale dei cittadini
e dei borgbcsi; deliberano pei primi intorno a tutte le materie,
ebe debbono essere riferite nel gran consiglio, al (piale le pro-
pongono ; onde siccome ogni cosa dee da essi emanare , così non
(1) Coxo. Leu. XIX.
(a) La storia di Ginevra prende a collegarsi con quella della Svizzeri!,
soltanto nel secolo decimoseslo; e noi quindi dire d Hnllet, lasceremo ras
questa città incominci a sorgere sotto gli Allohftigi •, ad ampliarsi COI do-
mani, coi Borgognoni , coi Franchi) al ottenere .• franchigie e nere da
Carlomagno ; a far parte di un secondo regno <li Borgogna , ed a passare
finalmente cogli altri avanzi di quest'effimero regno sotto la vacillante po-
destà degli Imperatori di Germania. '\ eilasi Spon Hist. de Genève con noto
e documenti tratti da' suoi aricliivj ; non che le cronache manoscritte di
Bonnivard , di Savoin ; di Rosei e Rochat nella sua Storia della Rijorma
della Svizzera ; ftlallet Hist. de Suisse, Parti III. chap. 5.
86 GOVtKKO K LFCGI
si può stabilire alcuna legge senza la loro approvazione. Questo
senato è altresì investito del potere esecutivo, dell' amministrazione
delle finanze, e della giurisdizione civile e criminale con alcune
restrizioni : elegge anche la maggior parte degli inferiori magi-
strati , e solo lia il diritto di conferire la cittadinanza ; compone
finalmente con altri trentacinque membri eletti da lui medesimo
il consiglio segreto , che non si raduna mai se non nelle straor-
dinarie occasioni. Queste prerogative, benché siano considerabili,
dipendono dal gran consiglio, e dall' assemblea generale ; giacché
dal primo si debbono trarre i membri del senato j ad esso si ap-
pella i esso può far grazia ed approvare o ributtare tutto ciò che
il senato gli progetta di proporre all' assemblea del popolo. Que-
sta è composta dal senato, dal gran consiglio, e dai cittadini e
dai borghesi : generalmente il numero di quelli che la compongono
ammonta a quindici centinaja. V ha questa differenza fra i citta-
dini ed i borghesi , che i primi sono nati nella città , i secondi
fuori di essa , ovvero hanno acquistata la cittadinanza. Il consiglio
generale si raduna due volte 1' anno ; ogni membro vi dà il suo
•\oto senza che gli sia permesso di discutere le materie: metodo
eccellente di impedire le discordie , e la soverchia lunghezza delle
deliberazioni (i).
Diritto di Rappresentazione.
Il potere del piccolo consiglio è ristretto anche dall' elezione
dei sindachi , e dal diritto di rappresentazione. I quattro sindachi,
o capi della repubblica sono eletti annualmente fra i membri del
piccolo consiglio dall'assemblea generale ed in tale elezione si os-
serva il seguente metodo. 11 piccolo consiglio nomina otto de suoi
membri , che debbono essere approvati dal gran consiglio , e fra
di essi la generale assemblea elegge i quattro sindachi: ha però
il diritto di ributtarli tutti , e di chiedere altri candidati. Per ciò
che riguarda il diritto di Rappresentazione , ciascun cittadino o
borghese ha diritto di chiedere al senato qualche nuovo regola-
mento , o di querelarsi dei magistrati , che debbono dare una e-
satta risposta a siffatte rappresentazioni. Scarso essendo il guider-
done assegnato alle magistrature, il solo amore della gloria e della
patria può confortare i cittadini a cercarle, ond'esse sono per lo
(0 Coxe. Lett. XXXVIII.
DELLA SY.'ZZEnA 8j
più esercitate dai personaggi più qualificati e più virtuosi. A soli
trentamila luigi sommavano le rendite annue di Ginevra. Questa
città prese per istemmi una chiave ed un' aquila; la prima le venne
negli antichi tempi conceduta dal Papa, e la seconda d. -di' Impe-
ratore Rodolfo (i).
Camera delle biade.
In Ginevra così come in tutte le altre città considerabili della
Svizzera v'ha un pubblico granajo, che in questa città più che
in ogni altra si rende necessario ; giacché se gli stati vicini vie-
tassero la esportazione delle biade nel suo territorio, essa verreb-
be esposta a liuti gli orrori della carestia. La camera delle biade
e composta di alcuni membri del piccolo e del grande consiglio,
ed ha l' incarico di approvigionare il granajo a spese dello stato.
I grani vengono seccati con una macchina inventata a que-
st' uopo e sono venduti al minuto ai fornaj ed agli albergatori con
notabile profitto della repubblica. Ma siccome, dice Coste, i mem-
bri della camera comprano i grani a vii prezzo , e li rivendono
più caramente di quel che si faccia sul mercato e nei dintorni ,
cosi è d' uopo che la plebe compri a più caro prezzo il pane dai
fornaj (2).
È cosa strana che in una repubblica quale è Ginevra non
v'abbia alcun codice criminale; e che quantunque le formole del
processo sieno in essa regolate esattamente, pure la pena dipende
dalla decisione arbitraria del giudice (3). La Riforma introdusse
alcune leggi troppo dure in questa città , e tale è quella che dà
la pena di morte all' adulterio , e che fu dettata dal severo Cal-
(1) Giovanni Owcn scherzò sopra queste insegne nel seguente opigrnm-
ma , avendole Ginevra conservate auche dopo essersi sottratta all' impero
ed alla sede Romana:
Clavem, aquilamque gerii duplex insigne Gencva :
Illnd Papatus; hoc ìiubet imperii.
Hoc insigne luum quo jure Geneva tenebis,
Si repetat Clavem lloma, llodolphus avem ?
(2) Tableaux de la Suisse, Tom. IV. pag. 227. Coxc. Lctt. XXXV1I1.
(3) Coxe.Ibid.
88 GOVERNO E LEGGI
vino (i). Il codice civile al contrario é sapientissimo. Tutti gli
oggetti, che riguardano il commercio sono in esso egregiamente
trattati , e le sostanze dei cittadini sono sottratte ad ogni contesa.
Le leggi suntuarie sono pressoché uguali a quelle degli altri stali
Svizzeri ; ma singolare è quella che riguarda i fallimenti ; se un
membro dell'uno o dell'altro consiglio fallisce, egli è subito de-
posto, né può pretendere la sua carica finché non abbia pagati
tutti i suoi debiti : i suoi figliuoli vanno soggetti alla stessa pena
se non soddisfano agli obblighi del loro genitore.
Governo di ^appenzell e di S. Gallo.
Abbiamo creduto di far buon senno con favellar qui del
governo del Cantone di Appenzell per ragionare nello stesso tempo
di quello di S. Gallo. Gli Appenzellesi erano soggetti all' Abate
di S. Gallo (2); ma essendo stati da esso maltrattati si ribella-
rono nel i/foo, e dopo una lunga guerra, ili cui operarono por-
tenti di valore , si collegarono cogli abitanti di S. Gallo; vennero
ammessi nella Confederazione, e cadde all' intutto l'autorità ,
che gli Abati sovra di essi esercitavano. Prima della Riforma lo
stato di Appenzell obbediva ad un solo governo; ma essendo dopo
di essa insorte tremende contese tra i Cattolici e quelli che ab*
bracciata la aveano , si ricorse ad un rimedio straordinario , ap-
plicabile senza dubbio a poche nazioni , come dice il Mallet quan-
tunque forse il più ragionevole ed il più efficace di tutti contro
i mali di questa natura. I Cattolici si ritenuero i distretti, o, come
chiamansi , lìhodes al di dentro , ed i Riformati ebbero i Rhodes
al di fuori. Allora essi si divisero tranquillamente , e gli uni pas-
(1) Il citato poeta Inglese Owed proverbia la severità di questa legge
dirigendo il seguente distico ad un ministro di Ginevra:
J/'is ut adulteiium plectatur morte minister ?
Haud mirimi; conjux est libi bella; sapis.
(2) Alcuni Re Franchi aveano conceduti a questa badia molli impor-
tanti diritti sui pastori , che erravano colle mandre nelle montagne della
Rezia. Un Aliate vi avea fatto fabbricare una cappella , ed una casa nella
quale stanziarono frequentemente i suoi successori , e che formò a poco a
poco il borgo di Cella dell' Abate, in Tedesco Jppenzel. Mallet. Htst. des
Suiss. Pari. I. chap. XIV. Il Miiller ha descritta egregiamente la guerra tra
gli Appenzellesi e 1' Abate di S- Gallo.
DELL 4 SVIZZERA 8f)
sarono da una parte del fiume, che attraversa il Cantone , gii al-
tri dall' ahr* ; ed il solo legame clie gli unisce consiste in un'as-
semblea generale annua , e nella deputazione eomune spedita alla
dieta Elvetica , formata di due deputati , i quali però non hanno
che un voto solo (i). Il potere sovrano nel Rhodes esteriore ed
interiore risiede nel comune ; ciascun maschio il quale ahhia com-
pilili i sedici anni può dare il suo voto noli' assemblea generale,
che annualmente si convoca per 1' elezione dei magistrati , e per
deliberare intorno alle leggi. Ciascun Elettore è tenuto a compa-
rire all' assemblea armato di tutto punto. Il Landa/nano e il pri-
mo magistrato ; ciascun distretto ;iie ha due che esercitano alter-
nativamente le funzioni della magistratura, ed ogni anno sono
confermati. Un consiglio permanente ha tutta la giurisdizione ci-
vile e criminale, ed è incaricato dell'amministrazione delle fi-
nanze e di tutti gli altri importanti affari. Il Landamano , (die è
in attualità di potere, presiede a questa assemblea ; mentre l'altro
durante l'anno in cui non esercita la sua autorità è Bandierajo,
o capo della milizia (a).
G creino dei Grigioni.
La repubblica dei Grigioni si divide in due parti principali
cioè nel /mese dominante , e nelle jtrovincìe suddite. Il governo
è veramente Democratico , giacche gli affari vi si trattano a mag-
gioranza di voti , ed i Comuni eleggono i loro giudici, i loro rap-
presentanti alle diete. Questa repubblica è composta di tre leghe
differenti; eioò della lega Cade a o casa di Dio; dell' Alt a o
Grigia; e di quella delle dieci Diritture o comuni. Ciascuna di
esse ha un capo od Amman , e dodici in quattordici giudici, che
decidono le cause civili , e pronunciano la sentenza intorno ai de-
litti meno gravi. 11 gran capo della giustizia si appella Landama-
no: ed è incaricato di vegliare particolarmente sull'economia e
sugli interessi del suo comune, e presiede a tutti i' giudi zj. In
certi comuni però quest'incarico è dato ad un podestà o giudice
criminale. Tutti gl'impieghi vanno soggetti ad una conferma an-
nuale nelP assemblea del comune. La lega detta della Casa dì
Dio tragge il suo nome dalla Cattedrale di Coirà, una delle più
(i) Malie». Hi st. de* Suiuei. P«rt. III. chap. X.
(aj Coxe. Leu. IV. Walfer Clir.du cantori d'sippcnzel, Faesi Descript.
Tcpogr . de la Suissc. Tom. III.
gO GOVERNO E LEGGI
antiche della Cristianità. Nei passati tempi il Borgomastro reg-
gente di Coirà era presidente della lega per diritto ; ma dopo il
principio del XVJII. secolo si scelgono due personaggi fra i quin-
dici senatori della città di Coirà ; essi debbono ottenere la plura-
lità dei suffragi dai deputati della lega ; ma poi la sorte decide
chi di loro due debba essere presidente. Il capo della lega delle
dieci Diritture detto Bundes-Landamman è eletto a vicenda nelle
sette giurisdizioni dai deputati della dieta particolare. La gene-
rale assemblea delle tre leghe è convocata un anno ad Ilantz nella
lega Grigia, nell'altro a Coirà, e nel terzo a Davos: la lega
Grigia ha ventisei voti , la casa di Dio ventidue, e la lega delle
dicci Diritture quattordici. 11 Vescovo di Coirà un tempo si pos-
sente , ora non ha che il diritto di riscuotere il quarto delle am-
mende criminali nella bassa Eugaddina. Questo prelato era Prin-
cipe delP impero della Germania; onde spediva un suo deputalo
alle diete di Ratisbona. In conseguenza della riforma, due terzi
circa degli abitanti delle tre leghe si sono sottratti all' autorità ec-
clesiastica del Vescovo di Coirà (i).
Governo di Mulhausen.
Mulhausen , che fu città imperiale conchiuse perpetua alleanza
coi tredici Cantoni nel i5i5; ma nel i586 i Cantoni Cattolici
malcontenti della sua condotta rinunciarono alla sua Confedera-
zione; e d» quest'epoca in poi essa fu solo alleata di Zurigo, di
Berna , di Basilea e di Sciaflusa. I cittadini di essa sono divisi in
sei tribù o Confraternite ; ciascuna delle quali ha per capi due
consiglieri , che sono i Borgomastri , due tribuni e sei assessori.
Il senato è composto di tre Borgamastri, di nove senatori e di
dodici tribuni, ed il gran consiglio comprende, oltre i ventiquat-
tro senatori, trentasei assessori, e diciotto altri cittadini tolti dalle
sei tribù; onde la sovranità della repubblica risiede in settantotto
persone (2).
Governo di Neuchatel e di piallati gin.
Neuchatel e Vallangin formavano un tempo due stati diversi;
ma il secondo dipendeva dal primo ; ora sono uniti , e non for-
mano che un solo principato, Morta la Duchessa di Nemours nel
(1) Tableaux de la Suisse, Tom. JV. pag. 199. Me moire Histor. et Po-
litiq. sur les Grìsons par M. de Foret de Bourgoa.
1 W instiseli Cìir. de Baie. Leu Dicitori. Ilisl. de la Suisse. Tom. XIII.
DELLA SVIZZERI f)l
1707, la sovranità di Ncuchatcl e Vallangin divenne varante, e
Federigo I. Ile della Prussia, in qualità di erede del Prìncipe
d' Orango fu riconosciuto come legittimo successore della Duches-
sa (1), e tramandò un siffatto dominio al famoso Federico li- 11
Monarca della Prussia promise di conservare tutte le franchigie
ed i privilegi de' suoi sudditi; di non sottoporli a' magistrati stra-
nieri, eccettuato però il Governatore; di lasciare chela condotta
dei magistrati medesimi fosse giudicata dai tribunali di Neucha-
te] : e di riconoscere una delle leggi più essenziali ratificata da
un lunghissimo uso ; « che il Sovrano sarà considerato come re-
sidente solo in Nenchatel ». Il Principe ha il diritto di conferire
la nobiltà , e le dignità civili e militari dello stato. 11 Governa-
tore convoca i tre stati, presiede all'assemblea, e nel caso in
cui uguali sicno i voti decide l'affare col suo; egli ha altresì il
potere di perdonare, o di addolcire la pena. L'assemblea di Nen-
chatel è composta di dodici membri , cioè di quattro nobili o
vassalli ; di quattro podestà , e di quattro consiglieri della città.
Ma questi tre stati non sono i rappresentanti della città; essi for-
mano solo la corte suprema della giustizia , che riceve lutti gli
appelli , e decide irrevocabilmente le cause ; non escluse quelle
di stato; come avvenne nel 1707, quando si estinse la linea di-
retta dei loro Principi nella Duchessa di Nemours. Il consiglio di
stato spedisce gli affari ordinarj , ha la sovrautendenza della poli-
zia generale , e dell'esecuzione delle leggi; i suoi membri sono
eletti dal Principe ; ma prima che essi pubblichino un bando od
una legge debbono consultare i ministri ( Ministraux ) di Ne 11-
chaJtel , i quali sono una specie di comitato tratto dal consiglio
della città , ed incaricato del mantenimento del buon ordine. Essi
sono i quattro Borgomastri , il Bandierajo o protettore delle im-
(1) Luigi XIV. voleva ebe gli stati di Ncucliatel concedessero la suc-
cessione a qualche pretendente Francese tra i suoi sudditi , tua la comu-
nanza di religione , la stessa poteuza della Francia che Luigi faceva sen-
tire di troppo, la situazione degli stati del Re di Prussia, la cui lontananza
era riguardata coma una guarentigia della moderazione del suo futuro go-
verno; tutte queste considerazioni fecero piegare gli .st;iti di Neuoliatel in
favore di lui , mentre compierono i Bernesi di in.lurveli. Luigi XIV. però
Dm riconobbe il Re di Prussia , come Principe di Neuchatel se non alla
j>ace d'Utrecht. Mallet. Hist. da Suiss. Pari. 111. chap. XI.
f)2 GOVERNO E LEGGI
munita del popolo , i due custodi delle chiavi ed il segretario
della città. Quando si tratta di stabilire una novella legge i tre
Borgomastri di Vallangin esaminano se nulla contiene di contra-
rio alle franchigie de' suoi abitanti ; ed in questo caso essi fanno
le loro rimostranze. Il popolo del distretto di Vallangin si raduna
ogni tre anni in una vasta pianura per eleggere i suoi tre Bor-
gomastri , i quali debbono guarentire i privilegi del popolo , e por-
tarsi a Neuchatel come deputati, ogni qual volta il Governatore
od il consiglio di stato li chiami. Le leggi, dalle quali è corretto
questo popolo sono dolci , e sì chiare che con grande facilità i
giudici possono applicarle ai differenti casi (i).
Governo di Bienne.
Il Vescovo di Basilea, od il Principe di Porentruy (che cosi
egli è appellato dai Cantoni Protestanti ) è Sovrano di questo pic-
colo stato, e quando è eletto riceve omaggio da' suoi sudditi , ma
giura dal suo canto di conservare le loro immunità , e si fa rap-
presentare da un podestà , i cui uffizj si riducono a convocare il
piccolo consiglio al quale presiede . a raccogliere i suffragi , ed a
pronunciare la sentenza, senza avere il diritto di dare il suo voto,
nò di far grazia , riè addolcire la pena. Tutte le cause si civili che
criminali sono decise da questo consiglio, dal quale è lecito in
casi di grave momento appellare al grande: le parti sogliono sce-
gliere uno dei consiglieri per avvocato , ed egli dee difendere il
suo cliente senza mercede. Il governo della città dipende dal gran-
de e dal piccolo consiglio $ il primo ha il potere legislativo, ed è
composto di quaranta membri ; il secondo che esercita il potere
esecutivo è formato da ventiquattro consiglieri. I membri dell' una
e dell' altra assemblea debbono essere ammogliati: il Borgomastro
è il capo della magistratura ed è eletto dai due consigli uniti.
Questo stato protestante sottoposto ad un Vescovo Cattolico è pro-
tetto da Berna , da Friburgo e da Soletta; e perciò è uuito alla
Confederazione Elvetica (i).
(0 Cox". Lett. XXVIII. Hist.abregée du Comle de Neuchatel, et de
ses dependences depuis l'an io3 5 , par George de Montmollin , MSS. in /j.°
dans la Bibliot. de Baron d'Estavayé à Soleure. Desaipl. de Mont et des
Vnllèes qui font parile de la Princijautà de Neuchatel. Recherches
sur l' Indigenat Helvet. de la Principautè de Neuchatel par le Cons.
Boyvè.
(i) Coxe. Lelt. XXXIX.
DELLA SVIZZERA <)3
Maltaggi.
La Svizzera comprende diciannove baliaggi comuni a molti Can-
toni , sette dei quali sono cismontani , o posti al di qua del S.
Gottardo. Il langraviato della Turgovia , che comprende Prote-
stanti e Cattolici ò il più vasto baliaggio di tutta la Svizzera;
Frauenfeld ne ò la capitale , ed il suo castello serve di residen-
za al Balio , che gli otto antichi Cantoni vi mandano ogni due
anni a governare. Il Rheinthal , la contea di Sargans , i baliag-
gi di Gas ter e d' Uznach , la contea di Bade, V Argovia , lo
Schwarzenbourg , il contado di Morat , Grandson , Echallens ,
ricevono pure ogni biennio il Balio spedito dai Cantoni ; e cosi
avviene dei baliaggi cismontani di valle di Bregno , di Riviera
o Polese , di Bellinzona , di Lugano, di Mendrisio , di Lo-
camo e di fral- Maggia. Il Balio di Lugano chiamossi anche
Capitaneo , perchè in tempo di guerra comandava tutte le mili-
zie dei quattro baliaggi cismontani , che appartengono ai dodici
primi Cantoni. Anche il Balio di Locamo assumeva il titolo di
Commissario per le funzioni militali che esercitava durante la
guerra (i).
Distintivi dei magistrati Svizzeri.
I magistrati di Zurigo, di Basilea e di SciafFusa hanno con-
servate le loro vesti nere al par dei ministri della religione, ed i
loro collari increspati alla foggia di quelli degli Spaguuoli. Ma
quando appajono alle diete del corpo Elvetico non si mostrano
con sifF;itti distintivi. In Berna i magistrati non si distinguono
coll'abito; ma solo con un cappello tozzo, le cui estremità sono ro-
tonde ed adorne di frangie in quelli usati dai membri del con-
siglio dei Dugrnto. Il presidente, o Wf cover porta sul suo abi-
to una specie di eotta assai corta fatta seeondo un' antichissima
usanza. Negli altri Cantoni i senatori si lasciano crescere le chio-
me lunghissime, o portano parrucche somiglianti a quelle dei Par-
lamentarj di Francia ; sono vestiti di nero ; ed hanno collari più
o meno lunghi. Dappertutto i magistrati si cingono della spada ,
per segno del carattere di sovranità annesso alla loro carica (2).
Base della Confederazione Elvetica.
La Confederazione Elvetica posava sul trattato di Sempach ,
(1) Tableaux de la Suiss. Tom.V. pag. 563 e geg.
(a) Tableaux de la Suiss.. Voi. Vili, pag. 485.
C}4 GOVERNO B LEOGI
sn quello di Stanz , e sul terzo di Arau conchiuso fra i Cantoni
Protestanti e Cattolici. Da un accurato esame di questi trattati si
deduce , che la Confederazione era un' alleanza difensiva perpe-
tua contratta dai tredici Cantoni, che si obbligarono a difendersi
a vicenda con tutte le loro forze unite contro ogni straniero ne-
mico; onde se alcuno dei membri dell'unione era assaltato, avea
diritto di esigere soccorsi da tutti i confederati , che doveano dare
un dato numero di truppe (i). Sembra però dagli accordi stipu-
lati coi cinque ultimi Cantoni, che essi non godessero delle pre-
rogative medesime dei primi otto, giacché questi ultimi si riser-
varono il diritto di chiedere in caso di guerra soccorso dagli altri
stati , senza partecipare ad essi i motivi, che li indussero a bran-
dire le armi : mentre i primi non poteano cominciare le ostilità
senza il consenso dei confederati; e se il nemico chiedeva la pace,
essi si doveano assoggettare all' arbitrio degli otto antichi Canto-
ni j né ad essi era lecito il prender parte alle discordie ed alle
guerre, che fra loro insorgevano. Nel trattato di Stantz si con-
venne che in caso di ribellione i magistrati di un Cantone fossero
soccorsi dalle forze militari degli altri; questo patto venne fermato
per prevenire le fazioni ed i tumulti interni. Tanta è la distin-
zione e l'indipendenza reciproca degli stati Svizzeri, che l'uno può
impedire il corso delle Monete degli altri nel suo territorio (2).
Medaglia Rappresentante gli stati confederati.
Noi presentiamo nella Tavola i3 num. a, una medaglia d'ar-
gento indorato rappresentante i tredici Cantoni , e gli alleati del
corpo Elvetico. Essa fu coniata verso l'anno millecinquecento tren-
tasei: si scorge una mano stretta, simbolo dell'unione, che tiene
una fascia sulla quale si leggono i numeri di preminenza dei varj
Cantoni , di cui si scorgono gli stemmi , e sopra di essi se ne leg-
gono i nomi. Nel rovescio stanno scritte in una croce le seguenti
parole: si Deus nobiscum , quis contra nosì ed intorno si leg-
gono i nomi degli alleati vicini ai rispettivi loro stemmi (7>).
fi) Il Coxe nella sua Lett. XXXIII. ha notati alcuni errori, intomo
alla Confederazione, che si leggono nel Diritto Pubblico deli' Europa del-
l' Abate Mably, e nellJ Enciclopedia.
(2) Tableaux de la Suiss. Tom. V. pag. 420- Droit public d* la Suiss.
Leu. Droit Mimici pai des Etats Helvetiques. Zurich, 1 746. Introduci. Fon-
damentale a l'Hist. de la Consti t. Federative des Suiss. Baie, 1 72 1.
(3) Questa medaglia è tratta dalla Tavola V. de\V Atlante di Zurlauben.
DELLA SVIZZERA. <)5
Diete generali e particolari.
I pubblici affari del corpo Elvetico sono discussi nello varie
diete; le quali sono generali, se composte dai deputati dei Can-
toni e degli alleali: e particolari, se non vi entrano, che i mem-
bri di alcuni degli stali. Tali sono le diete dei Cantoni Prote-
statiti di Glaris, d'Appenzell, delle città di S. Gallo, di Bienne
e di Malhausen, che si chiamano Conferenze Evangeliche $ t «li
quelle de' Cantoni Cattolici, in cui sono ammessi i deputali del
Nallesc, dell'Abate di S. Gallo, e dei Cattolici di Glaris e di
Appenzell: esse sono distinte dal nome di alleanza d'oro. Una
volta Tanno si raduna la dieta generale ordinaria , che dura per
un intero mese: essa è altresì convocata straordinariamente quando
impreveduti bisogni il richieggono. Il Cantone di Zurigo suole in-
dicare il tempo ed il luogo dell'assemblea con una lettera circo-
lare: il deputato Zurighese vi presiede, a meno che la dieta non
sia rannata in un luogo appartenente ad un altro Cantone; nel
qua] caso il deputato del Cantone in cui si tiene la dieta , ne ò
il presidente. Un tempo essa si assembrava in Bade , ma dopo la
pace del 17 12 le diete si convocarono in Frauenll'eld nella Tur-
govia (1).
Pregi e difetti della Confederazione Elvetica.
Né si parlò giammai né si scrisse tanto sui pregi, o sui di-
fetti dell' Elvetica Confederazione quanto nel passato secolo. Al-
cuni autori pieni di entusiasmo per la democrazia , fecero pom-
posi elogi della Svizzera : e pareva in ascoltandoli che lutto fosse
perfetto nelle sue repubbliche; e che l'innocenza e la felicità dei
prischi tempi regnassero ancora in tutta la sua purezza nella pa-
tria di Guglielmo Teli. Altri all'opposto non trovavano che abusi
in questa stessa Elvetiva repubblica. Essa non era ( cosi la discor-
revano) che un confuso e bizz.rro accozzamento di popoli diffe-
renti e disuguali, collocati piuttosto dal caso l'uno presso l'altro,
che nou uniti veramente fra loro , una Confederazione senta le-
gami , senza metodo , senza principj. Nel seno di questi diversi
slati essi non iscorgevano che affezioni municipali, ma nessun a-
more di patria comune. Questo sentimento trovavasi soffocato sotto
(1) Coxe. Leti. XXIII. Simler de la Répub.des Suist. Liv. I. Gilles de
Tscoudi. Chi on. de Suiti. Tom. I. Dici, de la Suiti. Corpi Ilei veti a uè. Varj
trattati fra i Caiitoui del Corpo Diplomatico di Duruout.
t)6" GOVEBPIO E LEGGI
un grave ammasso di privilegi esclusivi, di cittadinanze, di corpo-
razioni, di prerogative di famiglie, di classi, di comuni Sovrani
d'altri comuni. Le diete generali erano quasi tutte assorte nei loro
maneggi , e si curavano soltanto di particolari interessi. Il Malici
dopo aver riferito il bene , che si disse della Svizzera dagli uni ,
ed il male che si scrisse dagli altri , tentò di delincare un qua-
dro più fedele di questo governo. Era , dice egli , la Confedera-
zinne Elvetica un'opera imperfetta e difettosa , e per conoscerne
le cagioni bisogna ricordarsi degli avvenimenti , che le avean dato
origine. Non era mai stata uè avrebbe potuto mai essere 1' opera
di un sistema politico, di un governo nazionale ponderato, né
manco una società uniforme ed eguale. Il vincolo comune dei
Cantoni restringevasi ad una promessa di difendersi reciprocamen-
te ; di sottoporre le contese che potessero nascere fra loro al giu-
dizio dei Cantoni neutrali 5 e di non collegarsi cogli altri stati se
non dopo il mutuo assenso: il qual obbligo fu più volte posto in
©bblio. Ma una tale Confederazione non aveva erario pubblico;
non entrate sue proprie ; non modo alcuno di procacciarsi dana-
io; non capi disposti a raccogliere i soldati, ed a comandare ad
essi. Alcuni Cantoni riposavano sicuri, e forse con soverchia fi-
danza sulle proprie forze , sulle barriere , con cui la natura aveali
circondati : tutta la nazione, dicevasi, è troppo esperta nella guerra,
troppo valorosa per poter esser disprezzata ; troppo piccola , troppo
povera per destare l'invidia in altrui; reputata invitta quando difende
la sua libertà perchè abbia nulla a temere. Si conosce d' altronde
dall'universale, che essa non nutre disegni ambiziosi, che è scevra
di cdj , priva d'inquietudini; che non merita, nò riceve da'suoi
vicini che contrassegni di benevolenza e di stima : che essa può,
che essa deve ancora riposarsi tranquilla , e coli' intera confidenza
suli' affetto di un alleato già di trent' anni ( la Francia ), e ri-
guardare finalmente qual cosa impossibile, che in questo secolo di
cognizioni e di filosofia, quest'alleato voglia senza interesse, od
anzi contro al suo interesse medesimo , bruttare la propria gloria
con una ingiusta e non meritata aggressione (1).
Scioglitìieitlo della Confederazione.
Ma la Francia appunto , quella alleata , in cui gli Svizzeri
(1) Vedi il cap. 3 della Part. IV. della sloria del Malici, che lui per titolo
Stato generala dalia Svizzera sul finire dall' ultimo secolo.
drllà svizzera. gy
riposta iveano la loro fiducia fu causa della rovina della lor
Confederazione. Scoppiata la rivoluzione Francese , i Cantoni se-
ne stettero a rimirarla con muto stupore, anzi con indolenza; e
Ginevra venne occupala a viva forza dai soldati Francesi ai i5
di aprile del 1798; ed essa, come dice il Mallet , non avrebbe
dovuto aspettarsi giammai, che la propria libertà, difesa per si
lungo tempo dai Monarchi della Francia, cadesse preda della
Francia repubblicana. Berna oppose resistenza valida sì , ma tar-
da ; essa cadde vittima della forza e degli scallrimenti del Gene-
rale Brune; e cessò di esistere come stato questa città, chiamala
il più prezioso giojello della corona dei Confederati Elvetici-
celebre per la sua saggia politica, per uomini sommi che essa
ebbe nelle scienze militari e politiche , ed illustre pel suo vaio-
re (.).
Stato della Svizzera dai 1 7<)8 al 1802.
Dal 1798 , in cui cessò all'intuito la Eluetica Confederazione
fino al 1802 la Svizzera andò soggetta a quelle varie e funeste
vicende , che sogliono esser la conseguenza delle rivoluzioni. I
Francesi unirono diversi stati della parte meridionale per formarne
una repubblica che essi chiamarono Rodania o liodanica. « La
Rodania ( diceva il Generale Brune in un suo bando ) è com-
porta di cinque (/anioni; i.° il Lemano , già prima paese di Vaud
coi quattro Mandamenti \ capo-luogo Losanna: a.° Sarina e Bro-
ye, già prima Cantone di Friburgo, e paesi di Morat e di \y-
dau ; capo-luogo inlcrinalmente Payerna : 3.° l'Oberland, capo-luogo
'Unni: 4" il Vallese, capoluogo Sion: 5.° il Ticino, già prima
baliaggi Italiani, capo-luogo Locamo (2) ». Questa repubblica noti
ebbe vila che per soli sclte giorni, computando da quello in cui
emanatasi il decreto del Generale all'altro in cui venne abolito
dal medesimo con una lettera indiritta ai Cantoni. Si pubblica
bentosto un' altra divisione del territorio Elvetico in Cantoni , in
distretti j in Comuni ed in quartieri di grandi Comuni. « La ca-
pitale della repubblica Elvetica verta stabilita dal consiglio legi-
slativo; in via temporanea lo sarà il Comune di Lucerna. Le: Le-
f\) Mallet Hist. dei Suiti. Part.IV. chap. \.
(2) La proclamazione del Generalo Brune e datala dal quartiere generale di
Berna 26 ventoso anno VI. della repubblica.
Con. dell' Europa Voi. IX. y
f)8 GOVERNO E LEGGI
glie Grigie sono invitate ad unirsi alla Svizzera ed a formar parte
di essa; e se rispondono favorevolmente a quest'invito, i Cantoni
saranno intanto in numero di ventidue cioè: il Vallese; il Lema-
no ; Friburgo ; Berna; Soletta; Basilea; Argovia; Lucerna; Un-
derwalde; Uri; Bellinzona; Lugano; Rezia o Grigioni; Sargans ;
Glaris ; Appenzell ; Turgovia ; S. Gallo; Sciaffusa ; Zurigo; Zug;
Schwitz (i) *>. Anche questo nuovo governo durò poco tempo,
e venne abolito nel 1801. Il nuovo Governo Provvisorio ebbe
l'incarico di proporre una nuova divisione e nuove leggi: esso il
fece col progetto del 28 maggio 1801. Ma essendo insorte alcune
contese intorno al medesimo si proposero alcune modificazioni, e
l'ultimo progetto fu accettato dall'assemblea dei Notabili nel
maggio del 1802. Lungo sarebbe l'enumerare le dispute, le dif-
ficoltà, il malcontento, cui questo nuovo ordine di politiche cose
diede origine; e che si può dedurre dai documenti, che si leg-
gono nella prima Appendice della storia del Maìlet. Intanto le
città di Ginevra, di Bienne, di Mulhaushen, e la parte Elvetica
del "Vescovato di Basilea erano inghiottite dalla vasta voragine della
repubblica Francese (2) e solo si sottrassero al dominio della
Francia, allorquando gli ultimi strepitosi avvenimenti politici ri-
condussero nel! Europa il primiero ordine.
A B T
MILITARE.
Ordini militari introdotti dagli Svizzeri.
I
1 Machiavelli ed il Robertson considerano gli Svizzeri come i
padri della moderna arte militare. Nelle lunghe e sanguinose guer-
re, che essi ebbero a sostenere per difendere la loro indipen-
denza , dovendo essi combattere contro eserciti formali da cava-
lieri coperti da una pesante armatura, s'accorsero che la loro
povertà , e il piccolo uumero di gentiluomini , che risiedevano nel
(1) Chi avesse vaghezza di conoscere più minutamente questo nuovo
governo della Svizzera ne legga i varj titoli nella prima Appendice alla Siuria
del Maìlet.
(a; Géogr. Univ. Tom. Vili. pag. 2.
DEGLI SVIZZERI 99
loro paese, allora sterile ed inculto non permettevano ad essi di
levare e mantenere una cavalleria capace di far fronte a quella
dell' inimico. Riposero pertanto ogni fiducia nell'infanteria ; e per
metterla in istato di sostenere l'impeto de' cavalli, diedero ai loro
fanti per armi offensive lunghe lance, alabarde e spade assai pesan-
ti (i). ti Panni bene, dice il Segretario Fiorentino, ragionare del
modo dell'armare presente. Hanno i fanti per loro difesa un petto di
ferro , e per offesa una lancia nove braccia lunga , la (piale chia-
mano picca , con una spada al fiauco , piuttosto tonda nella punta
che acuta. Questo è l'armare ordinario delle fanterie d'oggi, per-
chè pochi ne sono, che abbiano armate le schiene e le braccia,
ninno il capoj e que' pochi portano in cambio di picca un'ala-
barda, l'asta, la quale, come sapete, è lunga tre braccia, ed ha
il ferro ritratto come una scure. Hanno tra loro scoppettieri , i
quali con l'impeto del fuoco fanno quell'ufficio, che facevano an-
ticamente i funditori ed i balestrieri. Questo modo dell'armare fu
trovato da' popoli Tedeschi, massime dagli Svizzeri, i quali sondo
poveri , e volendo vivere liberi , erano e sono necessitati combat-
tere con l'ambizione de' Principi della Magna, i quali per essere
ricchi potevano nutrire cavalli , il che non potevano fare quelli
popoli per la povertà; onde ne nacque che essendo a piò, volen-
dosi difendere da' nemici, che erano a cavallo, convenne loro ri-
cercare degli antichi ordini, e trovare armi, che dalla furia dei
cavalli li difendessero. Questa necessità ha fatto o mantenere, o
ritrovare a costoro gli antichi ordini, senza i quali, come cia-
scuno prudente afferma, la fanteria è al tutto inutile, presero per-
tanto per arme le picche , armi utilissime non solamente a soste-
nere i cavalli , ma a vincerli. E hanno per virtù di queste armi,
e di questi ordini presa i Tedeschi tanta audacia , che quindici ,
o ventimila di loro assalterebbero ogni gran numero di cavalli, e
di questo da Acnticinque anni in qua se ne sono vedute espe-
rienze assai. E sono stati tanto polenti gli esempj della virtù loro
fondata in su queste armi e questi ordini , che , poi che il Re
Carlo passò in Italia ogni nazione gli ha imitati: tanto che gli
eserciti Spagnuoli sono divenuti in una grandissima riputazione (2) ».
CO Robertson. Hist. de Charles V. Intrcxl. seri. II. \ 1.
(a) Machiavelli, dtlC arte della C.ucrra, Lil>. 11.
1 no ARTE MILITARE
Arnoldo di Winhelried.
Fra i primi e più celebrati guerrieri della Svizzera noi pre-
sentiamo Arnoldo di Winkelried , che procurò la vittoria a' suoi
commilitoni nella battaglia di Sempacli. Gli Svizzeri non aveano
giammai potuto rompere la nemica falange , ed erano in pericolo
di essere circondati. In questo terribile istante Arnoldo di Win-
kelried , Cavaliere del Cantone di Undenvald esce dalla schiera e
sclama: io romperò questa linea; cari concittadini e confede-
rati , abbiale cura della mia moglie e de' mici figliuoli. Lan-
ciandosi addosso alle schiere nemiche afferrò tante lancie quante
né potè abbracciare ; e mentre esse gli trafiggevano il petto egli
seco trascinò in cadendo coloro che le impugnavano. I suoi con-
cittadini si avanzarono allora sopra il suo corpo spirante $ pe-
netrarono nell'intervallo formato da Arnoldo, ruppero la linea,
disordinarono la falange, e riportarono una piena vittoria (i).
Noi presentiamo questo famoso guerriero ne!l" atto di abbracciar
le lancie ; egli ha la testa coperta dall' elmo adorno di alcune
piume ; le mani involte nei guanti ; il corpo difeso da un giaco,
che sembra fatto a spire : ha posto un ginocchio in terra per
potere con maggior forza trarre a se le ostili aste. Vedi la Ta-
vola 14 (2).
Vittoria di Morat.
La battaglia di Morat vinta dagli Svizzeri nel 1476 contro
Carlo il Temerario accrebbe sommamente la loro militare cele-
brità j onde venne eternata con un monumento da loro eretto.
Esso ò un edificio di forma quadra, in cui si deposero le ossa
dei Borgognoni uccisi in quella giornata, e durante l'assedio, Q
su cui si scrisse la seguente epigrafe :
Deo. Ont. Max.
Caroli Incljti et Fortissimi
Burgundiae Ducis Exercitus
Muratimi obsidens ab Heiveliis
Caesiis hoc sui Monumeìitwn reliquit
udnn, 147&
(1) Coxe. ffist. de la Mais. d'Jutr. cjiap. IX.
(2) Scènes lirèes de l'Hist. de Suiss. quatr. Cahier. N. XV. pag. 39.
Sur. lo/ /\
///'■/-.
/// // /) ///<> /// f I ' ///'f/ V '''
TUt I itSBAHI
of m
UKWEBiin OF SU.U01S
DEGLI SVIZZERI lOl
Quest'epigrafe si legge anche su di una medaglia <l argento co»
niata in memoria dì questo trionfi), sul rovescio della quale si
scorge la cappella, in cui si raccolsero le ossa dei Borgognoni.
Vedi la Tavola io num. 3. Un semplice fatto tli questa guerra
degli Svizzeri contro Carlo il Temerario , dice la Staci , ci dà la
più chiara idea di que' tempi e di que' costumi. Carlo occupava
di già le alture , e reputavasi padrone dell' esercito nemico , che
credeva accampato nella pianura; tutto ad un tratto, al levar del
sole , scorge gli Svizzeri , che giusta il costume dei loro padri ,
si inginocchiavano per invocar prima del combattimento la prote-
zione del Dio degli eserciti. 1 Borgognoni credettero , che essi si
inginocchiassero per abbassar le armi e chieder perdono, e fecero
risonar l'aere di grida di trionfo ; quando in un subito que'Cri-
stiaui, avvalorati dalla preghiera si rialzano, si scagliano sui ne-
mici; e riportano alla line la vittoria di cui gli avea renduti
meritevoli la fervida loro pietà (i).
Gli Svizzeri fanno gran confo della fanteria.
laute e sì segnalate vittorie si doveano al gran conto , in
cui, come già abbiamo osservato, gli Svizzeri leticano la (auterin,
che formava il nerbo delle loro truppe. Filippo Visconti Duca
di Milano, dice il Machiavelli, essendo assaltato da diciottomila
.Svizzeri, mandò loro incontro il Conte di Carmagnola, il quale
«allora era suo capitano. Costui con seimila eavalli e pochi ialiti
li andò a trovare , e venendo con loro alle mani , fu ributtato
con suo danno gravissimo. Donde il Carmagnola , come uomo
prudente , subito conobbe la potenza delle armi nemiche , e quan-
to contro a* cavalli prevalevano, e la debolezza de' cavalli contro
a quelli a pie' così ordinati ; e rimesse insieme le sue genti , andò
a ritrovare gli Svizzeri , e come fu loro propinquo , fece scendere
da cavallo le sue genti d'arme, ed in tale maniera combattendo
con quelli , tutti fuori che tremila li ammazzò (2).
Battaglia di Melegnano o dai Giganti.
Ma il l'atto d'armi più strepitoso degli Svizzeri è quello di
Melegnano, che fu chiamato la battaglia dei Giganti. Persuasi
dal loro capo il Cardinale Sedunense a combattere , si accosta-
1) Siaci. L'Alcm. Pari. IT. chap. 29.
(a. Machiavelli, dell'Arie citila guarà, Lab. II.
102 ARTE MILITARE
l'ono con grande ferocia agli alloggiamenti dei Francesi , non re-
stando più di due ore di quel giorno. Principiarono il fatto d'ar-
me , assaltando con impeto le artiglierie, e i ripari, ed urtate e
rotte le prime squadre se ne impadronirono. Ma facendosi loro
incontro la cavalleria, ed una gran parte dell'esercito, ed il Re
medesimo cinto da un valoroso squadrone di gentiluomini, fu
alquanto raffrenato il loro furore , e si cominciò una ferocissima
battaglia , che durò insino a quattro ore della notte , essendo già
restati morti alcuni de' capitani Francesi ed il He medesimo per-
cosso da molti colpi di picche. Allora , dice il Guicciardini , non
potendo più né Y una nò l' altra parte sostenere le armi per la
stanchezza, spiccatisi senza suono di trombe, senza comandamenti
de' capitani si messero gli Svizzeri ad alloggiare nel campo me-
desimo, non offendendo più l'uno l'altro, ma aspettando, come
con tacita tregua il prossimo sole. Sopravvenne il dì , al principio
del quale gli Svizzeri disprezzatori non che dell'esercito Francese,
ma di tutta la milizia d'Italia unita insieme, assaltarono coll'im*
pelo medesimo i nemici , dai quali raccolti valorosamente , ma
con più prudenza e maggior ordine, erano percossi parte dal-
l' artiglierie , parte dal saettarne de' guasconi , assaltati ancora
da' cavalli in modo , che erano uccisi da fronte e da' lati. S' ag-
giunge l' Alviano che sovraggiunto li assalse colla cavalleria leg-
giere a tergo ; onde gli Svizzeri disperati di poter ottener la vit-
toria, essendo già trascorse molte ore del giorno, sonarono a rac-
colta e postesi sulle spalle le artiglierie , che avevano condotte
seco , voltarono gli squadroni , ritenendo continuamente la solita
ordinanza, e camminando con lento passo verso Milano, e con
tanto stupore de' Francesi , che di tutto 1' esercito niuno nò
de' fanti, nò de' cavalli ebbe ardire di seguitarli. Affermava il
consentimento comune di tutti gli uomini non essere stata per
moltissimi anni in Italia battaglia più feroce, e spavento maggio-
re (i). Questo combattimento venne rappresentato sul Mausoleo
di Francesco I in S. Dionigi in un basso-rilievo del Primaticcio
di Bologna. L'artista figurò da una parte gli Svizzeri non da al-
tro distinti che dalle celate, e dal giaco militare, dall'altra i
Francesi con lunghe aste: sulle gualdrappe dei cayalli di questi
(i) Guicciardini, Storia deli' Italia, Lib. XII.
/:„,-. Va/. fX.
DF.GL1 SVIZZERI I o5
ultimi si scorge la F. iniziale del nome del Re. Singolari sono gii
stendardi , perchè in essi si scorgono incrocicchiate le chiavi di
S. Pietro. ^ <m1ì la Tavola i5.
Gli Svizzeri diventano mercenari.
Gli Svizzeri sì valenti in guerra fecero di essa la loro prin-
cipale occupazione , e vendettero i loro servigi ai potentati stranie-
ri. Trafficare il sangue dei proprj figliuoli e vendere la loro vita
per una scarsa mercede, obbligandoli a combattere per qualsivo-
glia Principe, e per qualunque siasi causa, mostra uno spirito
mercenario, contro cui la giustizia e 1' umanità levano indarno il
grido (i). Ma se così non facessero, rispondono alcuni, la Sviz-
zera avrebbe un soverchio numero di abitanti , che a guisa delle
antiche orde del settentrione sarebbero costretti ad emigrare per
vivere j giacché in molti luoghi di essa non v'ha commercio di
sorta , e le parti montuose di questa regione non possono dare i
(i) Il cancelliere dell'Inghilterra Tom ni uso Moio nella sua Repubblica
ritrovata nel governo dell' isola Utopia parla dell' arte militare degli Sviz-
zeri, die egli chiama Zapoleti, e li dipinge come barbarie venali. « Questo
popolo è lontano dall' Utopìa cinquanta miglia, verso oriente, orrido, rusti-
cano e feroce, il quale ;d>it;i le .selve dove ancora è tiodrito. Gente dura,
alta a patire il freddo, il culdo e la fatica, senza alcuna delicatezza} non si
dà all'agricoltura, né studia come si vesta o fabbrichi; solamente governa
gli animali, e vive di cacciagioni e di rapina. Nata al combattere, brama
la guerra studiosamente, offrendoli per mI prezzo a chi la ricerca. Non ha per
Sostentami nlo della vita che qucst;i sola arie, con la quale si cerca la morte
mi serve fedelissimamente, e virilmente a chi 1' assolda, obbligandosi sino
ad un certo giorno, con patto che passato quello possa andare al soldo del
nemico: tuttavia ritorna per poco maggior prezzo. Si fanno poche guerre
che non vi sia di questo popolo d* amendue le parli. Così avviene che i
pai enti e gli amici , solJati da questa e da quella parte, concorrano insieme
a mortale uccisione, scordandosi dell'amicizia e del parentado, solamente
mossi dal ricevuto stipendio, al quale sì avidamente mirino, che potendo
avere un danaro di più. al giorno , passano alla parte nemica. Tanto sono
immersi nell'avarizia! la quale però non giova punto ad essi , perchè con-
sumano a vivere lussuriosamente in breve tempo quanto hanno acquistato
col sangue. Questo popolo serve nella guerra agli Utopiensi conti a chiunque
essi vogliano , perchè gli danno maggiore stipendio , che altri possano dar-
gli ». Utopia, Lib. II. Ediz. di Vincenzo Terrario. Milano i8ai.
to4 IRTE MILITA**
•vìveri sufficienti per una si numerosa popolazione (i). Si potrebbe
però soggiugnere, che invece di uscire dalla patria per assoldarsi
sotto stranieri vessilli sarebbe meglio , ebe si dessero al com-
mercio, il quale fiorirebbe certamente quando fosse con energia
protetto ; l'antica Grecia, e le moderne provincia Unite sono un
testimonio di quel che può fare un popolo industrioso per sup-
plire a ciò die gli nega un territorio o troppo angusto od ingrato.
Gli Svizzeri notati di durezza.
L'applicarsi esclusivamente, ebe fecero gli Svizzeri al mestiere
dell'armi, tirò sopra di essi la taccia di durezza; onde il Guic-
ciardini parlando del popolo Pisano, ebe con pianto grandissimo
e con urla miserabili pregna di non essere sottoposto ai Fioren-
tini soggiugne che commosse in sino a' privati uomini d'arme*
insino agli arcieri dell' esercito , e molti ancora degli Svizze-
ri (-2). Comunque però si vogliano interpretare queste parole dello
storico Italiano , certo è che gli Svizzeri fecei-o generosi sforzi per-
la causa de' Pisani, ed il supremo comandante Salazar perorò elo-
quentemente in lor favore al cospetto di Carlo Vili.
Gli Svizzeri notati d' infedeltà ina a torto.
Il Guicciardini taccia gli Svizzeri anche di infedeltà e di tra-
dimento allorquando narra la miseranda prigionia, cui soggiacque
Lodovico il Moro in Novara. Egli narra che i capitani Svizzeri
dell'esercito del Duca erano convenuti occultamente con quelli
che militavano nell' esercito dei Francesi ; che cominciarono a tu-
multuare pigliando per occasione, che il dì destinato al pagamento
non si numeravano i danari; che temendo l'arrivo delle truppe
da Milano non impedisse di mettere ad esecuzione il tradimento
disegnato; operarono che l'esercito Francese si accostasse alle mura.
(1) Anche V Ariosto cauto che la fame costrinse gii Svizzeri *<\ uscire
dai loro paese :
Se *l dubbio di morir nelle tue lane,
Svizzer, di fame, in Lombardia ti guida,
E Ira noi cerchi o chi ti dia del pane,
Q, per uscir d'inopia, chi € uccida etc.
Oriand. caul. XVII. 77.
(a) Storia d" Itali 'a , Lib. IL
DEGLI SV172KRT lo5
eli Novara $ clic ricusarono apertamente di combattere, allegando
die senza permissione dei loro signori non volevano venire alle
mani co' parenti , e 'co' fratelli proprj , e con gli altri della sua
nazione: « co' quali poco dipoi mescolatisi, come se fossero di un
esercita medesimo, dissero volersi partire subito per andarsene alle
loro case; uè potendo il Duca uè con prieghi, né con lagrime ., n •
con infinito promesse piegare la loro barbari perfidia, si racco-
mandò loro efficacemente, che almeno conducessero Ini in luogo
Mcuro: ma perchè erano convenuti co' capitani Francesi di par-
tirsi, e non menarlo seco, negato di concedergli la sua diman-
da, consentirono si mescolasse tra essi in abito d'uno decloro
fanti per istarc alla fortuna , se non fosse riconosciuto di salvar-
si (i) 3>. Ma gli Svizzeri possono essere difesi dall'accusa di tra-
(i ] Guicciardini, Storia cV Italia, Lib. V.
Essendo il Guicciardini uno di quegli scrittori, che più smesso e più accon-
ciamente de' suoi contemporanei ha ragionato dogli Svizzeri crediamo ne-
cessario il notar qui ciò che egli dice particolarmente intorno alle loro milizie
ed ai loro usi. « (.hiaudo per pubblico decreto concedono soldati , eleggono i
Cantoni medesimi tra loro un capitano generale di tutti , ai quale con le
insegne ed in nome pubblico si da la bandiera. Ha l'alto grande il nome di
questa genie tanto orrida ed inculla, l'unione e la gloria dell' anni, con le
quali per la ferocia naturale, e per la disciplina dell' ordinanze, non sola-
mente hanno sempre valorosamente difeso il paese Uno, ina esercitalo fuori
del paese la milizia con somma laude: la quale sarebbe stata senza compa-
rasione maggiore se l'avessero esercitata per ['imperio proprio j e non agli
-Slipeuilj e per propagare F imperio d'altri; e se più generosi fini avessero
ovuli innanzi agli occhi , che lo studio della pecunia ; dall'amore della quale
corrotti, hanno perduta l'occasione di essere formidabili a tutta Italia; perchè
non uscendo del paese, se non come soldati mercenar] noti hanno riportato
frutto pubblico delle vittorie; assuefatti per la cupidità del guadagno a essere
negli eserciti con taglie ingorde, e cou nuove dima ode quasi intollerabili
ed oltra questo nel conversare e nclF obbedire a chi li paga molto fasti-
diosi e contumaci. In casa i principali non si astengono dal riceverà doni
e pensioni da Principi per favorire e seguitare nelle consulte le parli loro:
per il che refere BOOsi le cose pubbliche all' stiliti private, e fattisi vendi-
bili , e corruttibili son tra lor medesimi sottentrate le discordie ; donde
cominciandosi a non esser seguitato da tutti quello , che nelle diete ap-
provava la maggior parte de'Gantoui, sono ultimamente pochi anni ino ansi
a questo tempo venuti a manifesta guerra con somma diminuzione della
autorilà , che avevano per lutto. Più basse di queste sono alcune terre e
villaggi, dove abitano popoli chiamati Valicai; pesche abitano nelle valli.
106 ARTE MILITARE
dimento con una legge stabilita dai Cantoni e dettata dalla sana
politica non meno che dalla umanità , la quale prescriveva , che
i loro soldati non potessero militare al servigio di due potenze
fra di loro belligeranti , senza una sanzione della pubblica auto-
rità. L' amore del guadagno , dice Robertson , avea qualche volti
fatto dimenticar questa legge, ed erasi tollerato, che alcuni par-
ticolari si arrolassero in quello dei due partiti che più ad essi
piaceva; il che per altro non avveniva sotto le insegne della re*
pubblica , ma solo sotto la bandiera di alcuni particolari capi-
tani (i). Del resto il fatto ci chiarisce abbastanza della fedeltà
degli Svizzeri, giacché alcuni Monarchi li preferiscono d'ordina-
rio ai loro soldati, e ad essi affidano la guardia delle loro per-
sone. L'abito di queste guardie è diverso nelle varie corti; l'ala-
barda è però comune a d esse ; sono ordinariamente coperte da
una specie di giaco tagliato all' antica ; e da larghi calzoni stretti
sotto le ginocchia.
Leve ed esercìzi militari.
Ogni Svizzero , sia desso abitatore della città , ovvero della
campagna nasce soldato, e si esercita nelle mosse militari nell'au-
tunno principalmente , e nella primavera. Egli dee comperare a
sue spese quattro libbre di piombo e due di polvere , onde sia
sempre provveduto in caso che riceva l'ordine di marciare. Nella
domenica il trattenimento principale degli abitatori di alcuni Can-
toni consiste nel tirare a segno coli' archibugio; nel quale eserci-
zio divengono valentissimi. P\el Cantone di Berna poi chiunque
vuole ammogliarsi si dee presentare armato di tutto punto al mi-
nistro colla sua sposa prima di ricevere la benedizione nuziale per
far conoscere che egli è del pari disposto a difendere la patria ,
ed a darle nuovi sostegni (2). Ciascuno sa quale sia il suo posto
inferiori molto di numero e d'autorità pubblica e di virtù, peicbè a giudizio
di tutti non sono feroci come gli Svizzeri. E un'altra generazione più
bassa di queste due ; chiamatisi Grigio ni elle si reggono per tre Cantoni,
e però detti Signori delle tre Legbe ; la terra principale del paese si dice
Coirà; sono spesso confederati degli Svizzeri, e cou loro insieme vanno albi
guerra, e si reggono quasi co' medesimi ordini e costumi, anteposti nell'ar-
nie a' Vallesi, ma non eguali agli Svizzeii nò di numero, né di virtù ». Guic-
ciardini, Storia d'Italia, Lib. X.
(1) Storia di Carlo V. Lib. II.
(*) Somigliante costumanza è in vigore auebe nel Toggenbourg, ove
DEGLI SVIZZERI IO7
tanto nella cavalleria , quanto nell'infanteria; o nel corpo degli
artiglieri. Le milizie dei Cantoni Aristocratici portano comune-
mente 1' uni/orme dei rispettivi loro Sovrani; ma negli stati po-
polari, eccettuato Zug , le milizie non hanno ancora una siffatta
distinzione; esse sono divise in reggimenti ; e per due l'idea di un
esercito Svizzero noteremo qui sotto l'ordinanza del 1668, detta
Defensionalf colla quale si determinò il numero de' soldati e
de'pezzi d'artiglieria, che ciascuno stato della Confederazione do-
vea dare per formare un corpo di dodicimila e novecento uomini.
1. Zurigo ìfoo
2. Berna 2000
3. Lucerna 1200
4- Uri 4°o
5. Schwitz 600
G. Undenvald 4°°
7. Zug 4«o
8. Glaris 4oo
C). Basilea 400
io. Friburgo 800
11. Soletta 4©o
12. Sciadusa ^00
i3. Appenzell 600
Alleali.
L' Abate di S. Gallo 1000
La città di S. Gallo 200
Bienne 200
Lugano /{oo
Locamo 200
Mendrisio I OO
\ al -Maggia 100
Ufficj Liberi dell' Argovia 3oo
La Turgovia 600
La contea di Baden 200
il Rheinlhal 200
Totale 12,900
clu vuole ammogliarsi dee mostrare al suo capitano di essere provveduto
di lutto ciò che è necessario a marciare al primo ordine. Tab. de la Suiss.
Tom. V. pag. G8;.
108 ARTE MILITARE
Ogni stato dovea somministrare un pezzo d' artiglieria^ dietro
una seconda o terza inchiesta il numero di dodicimila novecento
uomini dovea essere duplicato , triplicato. Con altri articoli erano
fissati i luoghi , in cui si deveano radunare i soldati , il numero
e le paghe degli uifiziali , 1' ordine , la disciplina , gli attributi del
consiglio di guerra, e tutto ciò che spetta ad un ben ordinato
esercito (i).
Arsenali.
La Svizzera comprende molti arsenali . e fra di essi sono celebri
quelli di Berna e di Zurigo. L'arsenale di Berna è ampio e mae-
stoso ; contiene le armi bisognevoli ad un esercito di quaranta-
mila uomini^ un gran numero di operajj una magnifica fonderia;
molle antiche armature ; ed ardii e balestre e dardi. La polvere
di Berna è rijmtatissima nell'Europa-, ed il segreto di farla è af-
fidato a pochi operaj di sperimentata integrità. In Zurigo si veg-
gono cinque arsenali assai ben provveduti , ed in uno di essi si
scorge la statua di Guglielmo Teli, vestito ed armato secondo l'an-
tico costume Svizzero, e l'arco con cui egli colpi il pomo posto
sulla testa del suo figliuolo nell' anno i3oy.
Segnali o fanali.
Si appellano nella Svizzera segnali o fanali quei mucchi di
leene o di paglia posti sui monti in vicinanza di una capanna. In
tempo di guerra all' approssimarsi del nemico si dà fuoco ad essi,
ed in un istante si annuncia da un canto all' altro della Svizzera
il pericolo da cui è minacciata. I mucchi di legne servono a dare
il segnale nella notte col mezzo delle fiamme, e quelli di paglia
per darlo di giorno mediante il fumo (2).
Strumenti musicali della milizia.
I tamburi ed i pifferi sono i principali stronfienti , che chia-
mano i soldati Svizzeri , e danno ad essi il seguo delle varie mos-
se. Ne' Cantoni di Uri e di Underwald furono sempre in uso i
corni guerniti d'argento: coloro i quali davano ad essi fiato nei
secondo Cantone erano chiamati la fiacca ci' Underwald , quelli
del primo si appellavano il Toro di Uri; e di essi si fa menzio-
ni) Tableaux de la Suisse. Tom. V. pag. CJ7 e seg. Mallet. Hist. das Suiss.
Part. IH. chttp. 1 1 .
(?J Facsi. Descript. Topogr. de la Suisse. Tom. I. pag. 224.
DEGLI SVIZZERI TOC)
ae nelle battaglie di Graudson , di IMorat e di Melcgnano (i).
Nell'arsenale di Berna si mostrano due corni di Uri predati dai
Bernesi nella battaglia di Yilmergen ; ed in quello di Zurigo , la
grossa campana della badìa di S. Gallo.
Canzoni militari e patria.
Si fa menzione dagli scrittori di alcuni canti militari degli
Svizzeri e di una canzone acconcia a risvegliare in essi il patrio
amore. E questa appellata il Convegno delle bacche: si vietò di
cantarla in Francia innanzi ai soldati Svizzeri , che erano al ser-
vizio del Ile, perchè destava in essi una così viva reminiscenza
della patria, che cadevano in una profonda malinconia, e diser-
tavano. Non mi parve, dice il Coxe , di avere scoperto in (mesta
canzone molta argutezza \ ma siccome essa è composta di sempli-
cissime note, così tanto è più in uaviglioso il potente effetto , che
la sua melodia produce sul soldato Svizzero in una terra straniera.
Nulla , per dire il vero , richiama più vivamente gli istanti pia-
cevoli della nostra infanzia (pianto una canzone, che si cantava
co' nostri primi e più cari compagni : ed in simile occasione una
lunga serie di idee ricorre alla nostra mente, e ci commove (man-
do non ci manchi un'anima sensibile (?.).
Guarnigioni e fortificazioni.
Le citta di Berna, di Zurigo, di Lucerna, di Basilea e di So-
li ita stabilirono di mantenere cinquanta 0 cento guardie , che cu-
stodissero le porte. Le città della Svizzera perù, quantunque sieno
ben fortificate hanno il difetto di essere, ordinariamente parlan-
do, dominate dalle alture. Prima dell" invenzione della polvere
si soleva fabbricare alle falde dei monti , o sulle rive dei laghi
e dei fiumi. Gli stranieri sogliono ammirare 1' eleganza delle for-
tificazioni di Soletta: un ingegnere Francese, il signor Chevalier,
ne diede il disegno verso la Gne del secolo X\ 11.1 bastioni sono
cinti da profonde fosse, e costruiti con grosse pietre, alcune
delle quali hanno dieci piedi di lunghezza e quattro di larghez-
(i Hist. mililaire des Sui$s> au serrice ile la l'i nuca pur le Baron de
Zialaubc/i. Tom. IV. pag. 470.
^2) Coxe Leti. XXVI. Si fecero molli discorsi intorno ad un' aria cantata
nelle valli delle Alpi, dice la Staci , e <la cui gli Svizzeri ricevevano una
così gagliarda impressione, clic abbandonavano Dell'udirla*! reggimenti loro
per far ritorno alla patria. Alan. Pari. I. cliap. 20.
HO ARTE MU.ITARK
za. Si censurano per*'» le fosse come quelle che sono troppo stret-
te (1). Anche Ginevra accrebbe le sue fortificazioni dopo il ten-
tativo fatto dal Duca di Savoja per darle la scalata. All' estremità
del borgo de Four si sollevano le fortificazioni , che formano il
recinto della città da questo lato , cominciano al lago , e si pro-
tendono infino al Rodano : il bastione di Cornevin , o Cornarvi
è il più alto, e quivi v' avea la parte più debole dal lato della
Savoja prima delle costruzioni che vi si fecero dopo il 1720 , i
sotterranei delle quali sono veramente magnifici. La guarnigione
ordinaria di Ginevra in tempo di pace era ordinariamente di milie
uomini ben agguerriti. Il sindaco della guardia avea il comando
sovra tutte le truppe della repubblica ed era presidente della ca-
mera delle fortificazioni (2).
Rel 16 I O II e.
si mica religione degli Elvezj.
R
.agionando dell'antico governo degli Elvezj abbiamo fatta men-
zione dei Druidi ; onde si crede comunemente , che essi abbrac-
ciata avessero la religione dei Galli , della quale parleremo nel
costume di questo popolo. I Romani introdussero poscia nella
Svizzera le loro Divinità , come adoperar solevano colle provincie
conquistate alle quali facevano adottare non solo le loro leggi ed
il loro governo, ma anche la lingua, la religione, gli usi, per
dare cosi all'universo conquistato l'aspetto di uua sola e vasta fa-
miglia.
Cristianesimo.
La luce del Cristianesimo illuminò bentosto anco gli scogli
dell' Elvezia , ed il sangue dei martiri rendette testimonio al \ an-
gelo nelle sue città e nelle sue valli.
(i) Tableaux de la Suisse. Tom. V. N.° XLI. JHilice. Arsenaux, Signtttix.
Fuesslio. Descript. Topograpìnque de Li Suisse.
(•a) Lbid. pag. Gy7 e seguenti.
DEGLI SVIZZERI I i £
Concil] di Costanza e dì Basilea.
Questa parto della Cristianità fa rcnduta celebre da due con-
ci]) , ne' quali si tentò di riformare la chiesa nel suo capo e nelle
sue membra. L'Imperatore Sigismondo per impor termine allo
scisma, che lacerava il seno della chiesa convocò una generale
assemblea in Costanza, città posta sui confini della Svizzera, e
riguardata come il centro della Cristianità. Situata Costanza in una
ridente e fertile contrada, sulle sponde d'uno de' più grandi e
più bei laghi dell' Europa , univa anche il vantaggio di trovarsi
sulle frontiere dell' Allemagua e dell' Italia senza essere lontana
dalla Francia. 11 concilio che adnnossi in questa città nell'anno
i |i j fu la più solenne adunanza, di cui si fosse fino a quei
giorni udito favellare • giacché in essa si vedevano raccolti diciot-
tomila fra Cardinali, Vescovi, Abati, preti, dottori, ed un gran
numero di Principi o signori accompagnati da un'immensa mol-
titudine di cavalieri, di scudieri, di servi d'ogni grado, che an-
davano a gara ricoprendosi d'abili, d'armature e di arnesi ma-
gnificentissimi. Ma la intolleranza fu portala in trionfo durante
questo concilio, che fece innalzare gli ardenti roghi, ne' quali
vennero arsi Giovanni Gus , e Gerolamo da Praga, ad onta del-
l' imperiale salvocondotto , all' ombra del quale essi riposavano si*
curi. Ma sulle ceneri però dei due sventurati Boemi non surse già
l'edilizio della pace della chiesa: un nuovo concilio venne adu-
nato per impor termine alle discordie, ed esso pure si convocò
in una città della Svizzera, cioè in Basilea* e quivi sedette per
dodici anni- ed il suo Borgomastro De-Ramstein, ed i suoi magi-
strati mostrarono altrettanta fermezza per proteggerlo , (pianta sa-
pienza nel mantenere V ordine e la tranquillità nella città durante
que' tempi assai burrascosi (i).
Riforma di Zuinglio.
L abuso delle indulgenze ed alenili altri disordini diedero a
Zuinglio occasione d'introdurre nella Svizzera una riforma reli-
giosa nell'epoca medesima in cui Lutero faceva lo stesso nella
Germania. I Irico Zuinglio ( Zwingle ) era nato, correndo l'anno
i j8 j , in Wildhausen nel Toggenbourg , ed avea percorsa la car-
(i) M.illct. Hist. des Suiss. Pari. I. chap. io' e 17. Lenfanl llist. ile Con-
cile de Buie.
ira religione.
riera degli studi di Berna, in Vienna, e nell'università di Basilea-,
la sola che yi avesse allora nella Svizzera. Fu eletto parroco in
Glaris nel i5i6, e poscia protetto dall'Abate, e dall'ammini-
stratore della celebre abbadia di Nostra Donna degli Eremiti;
ossia di Einsiedlen , ottenne la direzione della parrocchia della
medesima, ove si diede a declamare coatra lo scandaloso commer-
cio delle indulgenze. Egli era , al dire di Mons. Bossuet, uomo
ardito , ed avea maggior fuoco che sapere : i suoi discorsi erano
chiarissimi , e nessuno dei pretesi riformatori ha giammai espressi
i suoi pensieri in modo più preciso , più uniforme , più continua-
to ^ ma nessuno altresì li ha spinti più oltre, né con tanto ardi-
mento (i). Ottenne Zuinglio che non fosse ammesso in Zurigo il
Frate Sansone, che si diceva mercanteggiare le indulgenze j e
dalle dottrine, che riguardavano quest'abuso passò a turbar la
chiesa con altri errori, che trovavano appianata la via dai libri
di Lutero, che ovunque si diffondevano mercè i tipi del celebre
Frobenio di Basilea.
JELcolampadio.
Fra i settatori di Zuinglio, il più celebre fu l'IIauschein na-
tivo di Basilea, che giusta il costume di que' tempi assunse il
nome di Oecolampades. Egli era però più moderato e più dotto
del riformatore Zurighese ; e se Zuinglio nella sua veemenza parve
un altro Lutero , Ecolampadio rassomigliava di più a Melantone,
In. età abbastanza matura per non avere a rimproverarsi alcuna
sorpresa ( come narra Erasmo ) egli vestì l'abito monastico: uscì
dappoi dal cenobio, predicò, la nuova riforma in Basilea , ove fa
eletto pastore, e stanco del celibato, al par degli altri capi della,
riforma , sposò ima donzella , della cui bellezza era invaghito.
« Sembra, diceva Erasmo, che la riforma termini a far gittar la
cocolla ai frati , e ad ammogliare i preti : in siffatta guisa questa
grande tragedia finisce con un evento all' intutto comico, giacché
ogni cosa termina con un matrimonio , come addiviene nelle com-
medie (%) «.
Erasmo.
Erasmo nato in Rotterdam, ma stanziatosi in Basilea era an-
' i) Bos&uet. Itisi, cies Variai. Li v. II. XIX.
{%) E-pi st. Erasmi. Lil>. XIX. ep, 3 e 4-
DEGII SVIZZERI I i 3
cor più dotto, più arguto e più dolco di Ecolnmpadio. Bramava
bensì egli una riforma, ed a quest'uopo avea censuralo il coiti-
mercio delle indulgenze, e combattuta con sode ragioni, e con
molto sapere 1 ignoranza e la superstizione dei frati del suo tem-
po : ma non si volle distaccare dalla chiesa , per (pianto ne Io
pregasse Lutero, il quale per trarre al suo partito un personaggio
di tanta celebrità discese perfino alle bassezze. Allorquando però
Erasmo vide lo scisma apertamente dichiarato, scrisse contro di
Lutero con molta moderazione. Il riformatore Germanico gli fé li-
na risposta violenta; onde Erasmo vedendosi così maltrattato ila
un uomo, cui egli avea sempre mostrato grande rispetto, disse;
argutamente: io credeva che il matrimonio lo avesse addolcito:
e deplorò la sua sorte nel vedersi , malgrado della sua modera-
zione, condannato nella sua vecchiezza combattere contro una
bestia feroce t contro un furibondo cinghiale (p).
Tumulti nella Sii zzerà per le /move dottrine.
Zuinglio declamava non solo contro gli abusi del clero , e
spargeva dottrine erronee sul battesimo, sul peccato originale,
sulla vita futura , ma inveiva contro i magistrati di molti Can-
toni , presso i quali fu accusato di aver detto pubblicamente:
« clic gli Svizzeri riguardavano come peccato il mangiar carne
nella quaresima; ma clic si credevano poi permesso di vendere
la carne umana ai Principi stranieri ». Tali parole ferirono cosi
vivamente l'animo dei deputati dei Cantoni, che in un'assemblea
convocata in Berna ordinarono, che Zuinglio fosse imprigionato;
ma costui protetto dal consiglio di Zurigo si sottrasse al pericolo;
e la collera dei Cantoni fu volta contro la città che lo avea pro-
tetto. La discordia s'introdusse negli stati Elvetici, e molte no-
vità si fecero in essi ; giacché dietro le iterate inchieste delle mo-
nache di Koenigsfeld si concedette ad esse la facoltà d'uscir del
convento, e di COntrar matrimonio: e le più distinte infra di esse
sposarono alcuni giovani di ragguardevoli famiglie. I Zurighesi
vietavano intanto sotto rigorosissime pene di predicare alcuna dot-
trina , che non fosse tratta dal Vangelo; ond'ebbe principio la
denominazione di Evangelici . che si applicava ai novatori. Gli
altri Cantoni spedirono ambasciatori a Zurigo ed a 6ciallusa per
i Bossnet, lisi. ,/<.-.< Variai, Li4». FI, XVI.
Cosi, del? Europa l <>l. IX. • 8
7 t 4 F.F.LTG10JVE
pregare il popolo ed 1 magistrati a non separarsi dalla chiesa , e
per minacciar loro di escluderli dalla Confederazione se persi-
stevano nelle novità. I Zurighesi non diedero ad essi retta, e con-
tinuarono a distruggere le immagini, a vietare le processioni e la
messa , ed a togliere quasi tutte le feste. I capitoli cedettero le
entrate ed i diritti al pubblico ', i chiostri furono cangiati in o-
spizj d'infeimi, o d'orfanelli, od in altri usi di beneficenza; ed
i ventiquattro canonici del capitolo Zurighese furono subito Ira*
mutati in altrettanti professori, o predicatori.
Conferenza di Baden.
I Cattolici levarono il grido contro siffatte novità, e per fare
un ultimo esperimento contro gli Evangelici aprirono una confe-
renza in Baden, ove mandarono uno de' più celebri professori
dell'Università di Ingolstadt, chiamato Echio. Ma Zuinglio ricusò
di portarvisi , e la conferenza non produsse verun importante ef-
fetto. Intanto si era introdotta la discordia fra i riformatori: Lu-
tero avea ammessa la presenza reale nell'eucaristia di Cristo: il
suo discepolo Carlostad imprese a negarla , e così ebbe principio
la disputa sacramentaria. Cai'lostad perseguitato da Lutero, ed
espulso dalia Sassonia , si ritirò nella Svizzera , ove Zuinglio ed
Lcolampadio lo difesero. La riforma si divise, e coloro che ab-
bracciarono l'opinione contraria a quella di Lutero furono appel-
lati Sacramentar] , ed anco Zuingliani , perchè Zuinglio a\ea
pel primo sostenuto Carlostad , o perchè la sua autorità prevalse
nello spirito dei popoli trascinali dalla sua veemenza (i).
anabattisti.
Una nuova setta venne a lacerare la Cristianità , e ad abolire
ogni ordine civile , ponendo tutto a ruba ed a soqquadro : essa fu
detta degli Anabattisti, perchè battezzavano una seconda volta gli
adulti. Parve a due fanatici Tedeschi dJ aver trovato nella Scrit-
tura, che essi chiamati fossero a fondare il regno di Gesù Cristo
sulla terra: nel qual regno più non vi doveano essere uè peccati,
né magistrature, né Principi, né gabelle, uè decime, né frati,
né preti. Questi settarj si moltiplicarono nella Svizzera, e Manz,
e Grebel di Zurigo se ne fecero capi. Tutti i fanatici , i malcon-
tenti, gli oziosi, i debitori si raccolsero intorno a questi due en-
ti) Bossuet. Btet. de Variai, Liv. II. XXV.
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THE MBRABY
OF THE
(UftElilIY OF HJJIOIS
DFGI-I SVIZZERI 1 I [ì
tusiasti ; né più vollero riconoscere vcrun magistrato. Si tentò in-
darno di ridurli al dovere usando i mezzi della persuasione: in-
darno si ebbe ricorso prima ai blandi gastighi , e per ultimo ai
più atroci supplizj : questi fanatici disprezzavano e ricevevano an-
che con esultanza la morte. Berna, Soletta, Friburgo, i Grigioni,
e S. Gallo dovettero sterminarli con truppe ordinate. Ma era que-
sta un' idra di cento teste clic sempre si riproducevano : gli Ana-
battisti sì Tannavano tra i boschi e sulle montagne , e non con-
cordavano fralloro che in due soli punti, cioè nel ricusare obbe-
dienza al Papa , e nel chiamare opera del demonio il battesimo
dei fanciulli. Il capo di essi nella Germania, Giovanni di Leyda,
da garzone di sarto era diventato Re in virtù dell'ordine eh' ei
diceva di aver ricevuto da Dio ; ma perì col più crudele suppli-
zio, lasciando la sua setta spaventata ed indebolita, sebbene nu-
merosissima ancora nell'Olanda, nell' Alemagna e nella Svizzera,
essa però cangiò opinioni , ed i successori di que' turbolenti fa-
natici sono al presente uomini tranquilli , caritatevoli e laborio-
si (i). Alcuni se ne trovano nel Cantone di Basilea : gli uomini
fanno uso di un largo cappello , e di una giubba senza bottoni ,
e le donne banno il capo coperto di semplicissimo berretto an-
nodalo sotto il mento. Quasi tutti gli Anabattisti del territorio di
Basilea sono venditori di latte, ed i due che noi presentiamo sono
fermi col loro carro presso la porta di S. Giovanni (2). Vedi la
Tavola 16.
Guerra tra i Con toni Cattolici e Riformati.
Zurigo, Berna, Sciaflusa, Basilea, ed altri comuni Elvetici
abbracciata aveano la riforma , e oontendeano cogli stati Cattolici,
ed il principale argomento della contesa era la badìa di S. Gallo.
E conferenze e diete per pacifìeare gli animi , e la mediazione dei
Cantoni neutri, cioè di Glaris , di Soletta e di Friburgo, tutto
tornò inutile ; e la guerra fu decisa. I Cattolici vinsero i Prote-
stanti nella battaglia di Cappe! , ove lo stesso Zuittglio dopo aver
pugnato valorosamente cadde trafitto da più colpi. I suoi nemici
si diedero in preda agli eccessi di una sfolta vendetta ; giacché
fecero squartare e ridurre in cenere il cadavere del riformatore.
(1) Mallet. Hist. des Suiss. Part. III. chap. 3 e \.
(•j) Birmaun. Cost. Suiss. N.° !\i.
1 i () H FLUITONE
La seconda sconfitta, appellata del monte di Zug, rendette sempre
più pericoloso lo stato dei Protestanti , che pur chiamavano per
disprezzo questa lotta la guerra dei preti ; onde i Zurighesi do-
vettero aderire ad un accordo poco per essi onorevole , e glorioso
pei Cattolici, che fu conchiuso ai 20 di novembre del 1 53 1 , e
si chiamò secondo trattato di pace nazionale (1).
Tumulti di Ginevra per la riforma.
La riforma pose a soqquadro anche Ginevra , e la rendette ce-
lebre negli annali delle guerre religiose. Ma prima di parlare dei
tumulti in essa eccitati è necessario il volgere un rapido sguardo
al suo stato politico. Il Vescovo avea il diritto di battere mone-
ta , e divideva col popolo 1' esercizio della sovranità , se non che
i Conti e poscia Duchi di Savoja aveano il diritto alla carica di
J^idomno, o Vidomnale , ufficiale che giudicava in prima istanza,
e somm inamente le cause civili. Amedeo Vili, tentò di farsi ce-
dere tutti i diritti temporali dal Vescovo di Ginevra; ma i siudaci
vi si opposero in nome dei cittadini; e l'accordo che si fece tra
il prelato ed il consiglio generale del popolo è riguardato come
la gran carta di Giuevra (2). I Duchi di Savoja allora procuraro-
no sempre di far eleggere Vescovo di questa città uno della loro
famiglia ; e Carlo IH. secondato dai prelati di sua stirpe gover-
nava a suo talento ; quando i Ginevrini si confederarono con Fri-
burgo, e si appellarono Ejdgenossen perchè s'erano alleati con
giuramento agli Svizzeri, i quali assumevano un tal titolo nel loro
idioma; e questo vocabolo corrono dall'uso diede origine a quello
di Ugonotti. I settatori poi del Duca venivano appellati Mamma-
lucchi per somigliarli ai satelliti del Soldano dell'Egitto; ma co-
storo prevalsero , ed il Principe Savojardo impadronitosi di Gine-
vra fé' guerra agli Ugonotti, ed ordinò il supplizio di Berthelier
loro capo. Avendo però il Duca dovuto trasferirsi nel Piemonte ,
i Ginevrini strinsero alleanza con Berna e cou Friburgo; aboliro-
no il / idomnate, e perseguitarono siffattamente i Mammalucchi,
(1) Ycggansi questi varj trattati fra i documenti giustificativi della
Stoi ia della Riforma di Ruchat.
(•>.) Si può leggere intero quest' atto nei documenti della stona di Gi-
nevra di Spon. Tom. III. pag. 25g sotto il titolo di : Accovdium perpetuata
inter lìpiscopum, et Concilium generale circa supremum Dominimi conila
Ducem Snbaudiae, 1/J20.
DIGLI SVIZZERI I I ^
che essi unironsi ai gentiluomini Savojardi chiamati i Confratelli
del cucchiajo t perchè in un banchetto aveano giurato di man-
giare i Ginevrini col cucchiajo, e da quel punto in poi ne por-
tarono sempre uno appeso al collo , come segnale del contratto
obbligo. 11 Vescovo Pietro di Bea urne , uomo incostantissimo avrà
giurato avanti all'assemblea generale di Ginevra nell'anno i5a8
di vivere concorde col suo popolo, e di rispettarne le franchigie j
ma subito dopo, unitosi col Duca, avea chiesto di ristabilire il
/ idomnate , e dietro mia negativa avea giurato un odio implaca-
bile contro i suoi diocesani. 11 Duca tentò di indurre Berna e Fri-
burgo a rinunciare all' alleanza coi Ginevrini , ma questi giura-
rono di morir piuttosto che rinunciare a siffatta alleanza.
Confratelli del cucchiajo.
Essi furono ridotti agli estremi dai Confratelli del cucchiajo ,
ed avrebbero dovuto cadere, se i due Cantoni alleati non gli aves-
sero soccorsi, e ridotto il lor nemico a dichiarare Ginevra città
libera ed indipendente. Fu in questo stato di cose, che in essi
s'introdusse la riforma; e quantunque Ginevra sia stala nei poste-»
riori tempi detta Roma Riformata , pure essa non conobbe il Pro-
testantismo prima del i528. Il primo a diffondere le novelle dot-
trina lu il priore Bonnivart ; egli si trasse dietro un gran numero
di seguaci , che divennero ancor più ardenti , (piando seppero eie?
il loro Vescovo avea contratta una nuova e Segreta alleanza col
Duca di Savoja, e quando furono infiammati dalle veementi pre-
diche dei due riformatori Farci e Saunier (i).
Fazioni di Ginevre»
La città di Ginevra si divise in due partiti, e più in essa non
si videro ( come aiferma uno storico ) che morti , assassini , il
padre disposto a scannare il proprio figlio, il fratello lordo
del sangue del fratello, ed ì congiunti di quello dei congiun-
ti (o,). Que' di Friburgo sostenevano i Cattolici j que'.di Berna i
riformati; i primi riuuir/.ianmo all' alleanza coi Ginevrini, i secondi
fecero per essi guerra al Duca di Savoja ; acquistarono la libertà
a Ginevra , ed il paese di \ and al loro Cantone. Tutti questi
vantaggi non distrussero i semi delle discordie , che anzi furono
(i) Maliet. Hist. Jes Suiss. Pari. HI. ebap. 5.
(a) Ruchut. Bist. de la Rèf, Liv. X.
I 1 8 RELIUIOHE
accresciute dall'arrivo di Calvino in Ginevra nell'anno i53y, ove
fu trattenuto dalle preghiere di Farei.
■Calvino in Ginevra.
Giovanni Calvino nato nella Picardia avea predicata un'auste-
rissima riforma , e per sottrarsi alle persecuzioni si era rifuggito
in Ginevra , ove mostrò tutta 1" austerità e 1' intolleranza del suo
carattere. In Berna, per esempio, erano state conservate molte
feste , ed egli voleva , clie si solennizzasse la sola domenica : si
faceva ancor uso del fonte battesimale , ed egli non lo voleva j
comunicavasi col pane azimo, ed egli voleva che ciò si eseguisse
col pane ordinario: le donzelle all'atto del matrimonio si presen-
tavano alla chiesa colla testa scoperta , ed egli condannava que-
st' uso come profano ed indecente. Tanta severità dispiacque al
popolo , che lo esigliò , e poco dopo con grande esempio d' inco-
stanza lo richiamò, e si sottoniisse alle sue leggi (i).
^austerità ed intolleranza di Calvino.
Quando i Protestanti levauo il grido contro i Cattolici , e gli
accusano come intolleranti e spigolistri dovrebbero rammentarsi di
Calviuo , di cui non v' ebbe uomo né più severo , né più intol-
lerante. Egli vietò in Ginevra tutti i piaceri j che finallora erano
reputati innocenti , come le danze , i banchetti , le canzoni pro-
fane; instimi un concistoro od un tribunale ecclesiastico, che sco-
municasse e perseguitasse coloro, che cadevano in sospetto di se-
greto attaccamento al Papa , e distruggesse i rimasugli di quella
fazione , che si chiamava dei Dissolati. Più non si avea il corag-
gio di mostrare la minima differenza nel pensare da quello del
despota riformatore , che faceva erigere orrendi roghi sulla piaz-
za di Ginevra per abbruciare quelli che da lui dissentivano. E a
chi non è nota la catastrofe del misero Servet, che fu arso vivo,
perche non voleva seguire le opinioni di Calvino? Il Mallet, che
pure è settatore di questo capo della riforma , non può a meno
di confessare , clic un tal fatto imprime altissima macchia nella
sua memoria, e che non si può giustificarlo contra l'evidenza , e
contra i principi della giustizia. «La catastrofe di Servet, soggiu-
gne egli , discopre ancora e fa manifesta in coloro che reggevano
allora Ginevra , o una condiscendenza cieca pel proprio clero , od
(i) Mallet. Hat des Suiss.Pzrt, III. chep. -.
m asmi
of the
umir/EfiiiTy of ojliiois
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s
55
DEGLI SVIZZERI 1 IJ)
uno zelo fanatico ugualmente e spietato quanto quello della in-
quisizione, tinto da loro stessi detestata, Quand'erano nel cast» di
doverne temere (i) ». Del resto 1' austerità di Calvino spira an-
cora tra le mura di Ginevra: ne' giorni l'estivi si tengono serrate
le porte della città due ore nel mattino, e due nel dopo pranzo,
mentre si celebrano i divini ullìej ', ed in tali ore non havvi una
bottega aperta. La (piale costumanza riesce assai incomoda allo
straniero , che dimora in questa città , ed al viaggiatore , clic od
arriva , o dee partire in dì festivo (3).
Ministro Evangelico o Calvinista.
L' austerità di Calvino non permise che si concedesse un abito
suntuoso ai ministri della sua religione. Coperti dagli abiti comuni
essi non sono distinti che dalle funzioni da loro esercitate nella
chiesa. I din.- sacerdoti che presentiamo nella Tavola 17 man. 1
sono in atto di fare la imposizione delle mani sul capo di chi fu
ricevuto sacerdote , e che sta ginocchione in mezzo ad essi (3).
L? Inglese Muore fece un grande elogio al clero Ginevrino dicen-
do : « ehe gli ecclesiastici di Ginevra sono in generale sensati,
istruiti e tolleranti, che essi tentano d'inspirare ai loro ascoltatori
il gusto per le verità del Cristianesimo , e cercano di couvincer-
ncli rolla loro eloquenza e colla regolarità dei loro costumi ». Il
d' Alembert al contrario, nel suo articolo di Ginevra inserito nella
Enciclopedia, dipinse con neri colori i sacerdoti di questa città,
dicendo « che molti fra di essi non prestano fede alla divinità di
Gesù Cristo, e non hanno altra religione che vn socinianismo per-
fetto rigettando tutto ciò che si appella mistero ; e che fra di essi
la religione è quasi ridotta ali adorazione di un solo Dio, almeno
presso di tutti quelli, che non appirtengono al popolo; finalmente
che il rispetto per Gesù Cristo , e per la Scrittura è forse la sola
(1) Ilist. des Suiss. Part. III. chiip. 7. II Basnage ha difeso assai male
Calvino dalla taccia di crudeltà; ed il Bossuet lo confutò Dell'aggiunta alla
storia delle variazioni, D<fcns. de t' Ilist. des furiai, Proni. Disc. HI;
(2) « I Protestanti accusano d'intolleranti e di picchiapetto l Cattolici:
ina in quale delle nostre città si spinge in bacchettoneria al segno d'im-
pedire ili pulirne ad uno straniero, che nulla ahhia di comune col cullo
che noi professiamo »? Peregr. di D. B. Voi. I. pag. is
(3) Queste tre figure sono tratte dall'opera di l'icari. Tom. Ili" pj^ 3S3,
Tav. al basso.
1 SO RELIGIOSE
cosa che distingua dal puro deismo il Cristiane^ mo di Ginevra a:
La compagnia dei pastori e dei professori della chiesa e dell' Ac-
cademia di Ginevra pubblicò ai io di febbre ]o del 1768 una di-
chiarazione ove dopo una professione di fede , che attesta la loro
dottrina , essi si dispensano non solo dall' entrare in un più mi-
nuto esame delle taccie , che loro si apposero , ma anche dal ri-
spondere a ciò, che si potrebbe ancora scrivere collo stesso scopo.
Onesta dichiarazione venne stampata con note assai vive nel IV.
volume delle opere di Gian-Giacomo Piousseau (1). Fra queste
note si distingue la seguente. «Perchè adunque nell'opinione della
maggior parte dei Protestanti , e principalmente delle chiese della
Svizzera, e dell'Olanda, la chiesa di Ginevra è reputata socinia-
na, od almeno favorevole al socinianismo ? Se i sacerdoti di Gi-
nevra non diedero motivo a questa opinione, bisogna confessare,
che essi meritano di essere compianti. (2) «.
Guerre di religione.
Le guerre di religione arsero per lungo tempo nella Svizzera,
al par che nella Germania e nella Francia. 11 Duca di Savoja
unito agli altri Principi Cattolici tentò di sottomettere Ginevra : la
lega, che si formò, venne chiamata Borromeo , perchè il Cardi-
nale di questo nome doveva dal suo palazzo di Milano dirigere
le mosse dei Cattolici. Questo famoso prelato, la cui memoria è
si cara ai Milanesi , avea fondato In Milano un seminario per gli
Svizzeri , che fu chiamato Collegio Elvetico , perchè in esso do-
veasi instruire nelle dottrine Cattoliche quella gioventù, che tor-
nata in patria era destinata ad impedire i progressi del Prote-
stantismo.
Trattato di jdrau.
Alle guerre straniere suscitate dalla diversità delle opinioni re-
ligiose nella Svizzera succedettero le interne fra i Cantoni Catto-
lici ed i Protestanti: questi rimasero vincitori nel 171 2, e con-
chiusero il trattato di Arau , che può essere riguardato come il
codice della tolleranza fra gli Svizzeri , ed in cui si dà norma al
(1) Amsterdam, 1 -;G3, pag. 3; 1.
(2) Intorno alle opinioni del clero di Ginevra è da consultarsi principal-
mente la famosa opera di Gian Giacomo, che ha per titolo.- Lettere sa lite
dalla Montagna.
DEGLI SVIZZERI I ». I
modo, col quale si debbono vicendevolmente trattare i Riformali
ed i Cattolici (t).
Carità degli Svizzeri.
j\oi non parleremo né dei riti dei Cattolici della Svizzera ,
ni"; dì quelli dei Protestanti, che sono simili ai praticati nelle
altre regioni ; solo diremo che tanto gli imi, quanto gli altri sona
assai caritatevoli ; e che i loro pii istituii si distinguono pel buon
ordine , e per la cura con cui sono mantenuti.
Istituti pii.
L' ospitale di Berna tragge a se gli sguardi del viaggiatore :
sopra la porta si legge questa semplice iscrizione : Chrìstà in
pauperibuSi a Cristo nei poveri, fu Zurigo v'ha un istituto di
cicchi fondato dal signor l'uuk di Berna , il anale accorgendosi
che la sua vista appoco appoco s indeboliva applicossi a rintrac-
ciare i più ingegnosi modi con cui rendere proficui alla società i
poveri fanciulli privi della facoltà di vedere. Il Dottore Hir/.el
ii-lio dell autore del Socrate Mastico diede incremento al sud-
detto istituto , ove si veggono quest'infelici intenti a copiar mu-
sica, ed a fare altri lavori, Be' quali il tatto supplisce al difetto
della vista. Lungo poi sarebbe il favellare delle copiose elemosine,
e delle molle opere pie, che si fauno abitualmente dai buoni
Svizzeri.
Festa di Interlahen .
Tra le varie feste che si celebrano nella Svizzera noi ne de-
scriveremo una sola cioè quella di Inlerlakeu , e perchè essa è
veramente una festa nazionale, e perchè fu dipinta con pennello
animatore dalla Baronessa di Staci (2). La sera che precede la
festa si accendono molti fuochi sui monti vicini per rammentare
il segno che si diedero un tempo i liberatori della Svizzera. Que-
sti fuochi somigliano a novelli astri , che vengono ad assistere al
più commovente spettacolo , che il nostro mondo possa peranco
offrire. Uno di questi Gammanti segnali, dice la Staci, sembrava
collocati) nel cielo, donde illuminava le rovine del castello d' U-
spuuneu posseduto un tempo da Bertoldo, il fondatore di Berna,
(1) Questo trattalo si legge fra i varj documenti riportati nelle Jj'j-cn-
iliii alla storia del M.illct.
(a) L' Alemagnc. Part. I. chap. 20.
122 RELIGIONE
in memoria del quale si celebrava la festa. Nel giorno della fe-
sta il tempo era placido ma nuvoloso : il recinto prescelto pei
giuochi era circondato da colline coperte di alberi , dietro le
quali sorgevano altissime montagne. Tutti gli spettatori in numero
di quasi sei mila si assisero sul pendio delle vicine sommità; ed
i variati colori delle vestimenta apparivano in distanza , come fiori
sparsi sulle verdeggianti praterie. Allorché la folla degli spettatori
fu raccolta , si sentì venir da lunge la processione della festa
accompagnata da una dilettosa musica. I magistrati si avanzavano
alla testa de' contadini, le giovani pastorelle erano abbigliate se-
condo 1' antico e pittoresco costume d' ogni ristretto : le alabarde
e le bandiere di ciascuna valle erano portate da uomini canuti e
vestiti alla foggia dei congiurati che si adunavano in Rulli. Fi-
nalmente i giuochi incominciarono , e gli abitatori della valle e
del monte mostrarono , col sollevare enormi pesi , col lottare fra
loro, una agilità e una forza di corpo straordinaria. Questa forza
rendeva un tempo le nazioni più militari ; oggi che la tattica e
1' artiglieria governano la sorte degli eserciti , non si ravvisano in
siffatti esercizj , che giuochi contadineschi. La terra è meglio col-
tivata da uomini così gagliardi; ma la guerra non si fa che col-
l' ajuto della disciplina e del numero. Posciachè i giuochi furono
terminati , e che il Ball del luogo ebbe distribuiti i premj ai
vincitori, si pranzò sotto le tende, e si cantarono versi in onore
della tranquilla felicità degli Svizzeri. Durante il banchetto si fa-
cevano circolare intorno coppe di legno, sulle quali erano scol-
piti Guglielmo Teli, e i tre fondatori dell'Elvetica libertà; e si
celebrava un brindisi al riposo, all'ordine, all'indipendenza. Sì
cantava un inno composto per una tale festa da madama Harmès
notissima pei suoi scritti sotto il nome di madama di Berlepsch
in Germania , ed il ritornello era del seguente tenore. « I prati
sono smaltati di fiori , come una volta ; le montague sono del
pari verdeggianti: quando tutta la natura sorride, potrebbe il
solo cuore dell' uomo non essere che un deserto « ? Nò senza
dubbio non lo era (così la Staci termina con enfasi il suo rac-
conto); esso aprivasi con fiducia in mezzo a questa bella contrada
al cospetto di quegli uomini venerandi , tutti animati dai più puri
sentimenti. Un contadino povero, senza lusso, senza splendore,
senza potere vieti amato dai suoi come un amico che nasconde
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DEGLI SVIZZERI 1 »3
sotto 1' ombra le sue virtù , e tutte le consacra alla prosperità di
coloro che lo amano. In cinque secoli , in cui durò la felicità
della Svizzera si contano più presto molte saggie generazioni che
molti grand'uomini. Si direbbe che gli antenati di questa nazione
rcgn.ino ancora in mezzo di lei: essa sempre li rispetta, gì* imita
o ne rincomincia la serie. La semplicità de' costumi, l'amore per
le antiche consuetudini, la saviezza e l' uniformità nel modo di
vivere, approssimano a noi il passato, e ci rendono presente l'av-
venire. Una storia sempre uguale non sembra che un momento
solo la cui durata appartiene a multi secoli. La vita trascorre in
queste valli, come i fiumi che le attraversano; nuove onde si
succedono, ma seguono sempre lo stesso corso : deh possa questo
corso non essere interrotto giammai : possa la medesima festa ve-
nir sovente celebrata a' piedi di queste montagne medesime ! Lo
Straniero le ammira come una maraviglia, l'Elvetico le adora co-
me M asilo , in cui i magistrati ed i padri hanno insieme cura
dei cittadini e dei figli (i).
Cresima dei fanciulli nell' Eiitiibuc.
La confermazione, o la cresima dei fanciulli nell' Entlibuc ,
ed altrove presenta un certo non so che di fede, di candore, di
speranza, che abbellisce una tale solennità. Il vecchio s'abbiglia
delle sue festive vestimenta , ed adorna il suo cappello con un
mazzo di fiori ; come ne' giorni ridenti della sua gioventù. La
figlia , tutta adorna di fiori e di nastri che le pendon sugli omeri
e sulla gonna tiene il fanciullo, ch'esser dee portato al tempio,
e che si mostra sorpreso pc' nuovi abiti, de' quali fu rivestito.
Spettacolo commovente , sciama Birmani! , in cui si confondono le
immagini dell' innocenza , della natura e della religione (2) ! Vedi
la favola 18.
Pellegrinaggi e giubbilea.
Molti pellegrinaggi si fanno nella Svizzera, e celebre è quello
di Nostra Donna degli Eremiti. Allorquando si celebrava il gran
giubbileo in memoria della dedicazione della Santa coppella di
(1) AUemagne. Parta I. cliap. 20. Abitiamo qui voluto riportare questi sen-
timenti della St;nl, perche dipìngono vivamente le idee, che suol destare
Ja festa di lutei l.iken, e perchè danno un'accorata cognizione del carattere
Svi/zero.
[%) Cosi. Suiss. Vcinis par Reinhard, W.° 4°«
124 RELIGIONE
questa badìa , il Principe Abate del monistero facea arrostire un
bue ingrassato espressamente per questa solennità, e lo distribui-
va a tutti i pellegrini , il cui concorso era sempre portentoso. Si
è osservalo che fra questi pellegrini v'avea moki vagabondi e
scrocconi (1).
Rappresentazioni sacre.
Nella Svizzera furono in uso per lungo tempo quelle rappre-
sentazioni sacre , che si appellavano misteri. Nel Cantone di Un-
derwald si rappresentava il mistero della Passione , ed in Fri-
burgo il Re Erode , che consultava coi dottori della legge intorno
all'apparizione della stella nell'oriente. I tre Magi giuguevano a
cavallo, ed uno di essi aveva il viso tinto di nero: Erode si fa-
cea leggere le profezie intorno al Messia, e disputava coi Farisei
sulla loro interpretazione: la Vergine Maria montando un asino,
e tenendo fralle braccia il bambino attraversava la città seguita
da S. Giuseppe; mentre una stella luminosa , attaccata ad una
corda tesa dall' un canto all' altro della contrada li scortava. Que-
sta processione seguita da molti soldati giugneva alla chiesa per
udirvi la messa. La eerimonia finiva con un pubblico convito, che
si dava in una delle case delle tribù della città. La festa degli
innocenti o dei folli era ancor più singolare , e veniva celebrata
non solo in Zug , ma anche in alcune città della Germania e
della Francia, ;I1 così detto Vescovo degli scolari coperto dagli
abiti pontificali con altri scolari vestiti da canonici od armati fa-
cea una processione avendo dietro di se un uomo vestito presso a
poco come si suol rappresentare la follia; se non che invece del
bastone, che si portava da chi faceva da pazzo, ne brandiva un
altro , cui era in cima attaccata una vescica piena di piselli secchi.
Questo pantalone detto il matto della corte episcopale rispondeva
agli urli del popolo con colpi di vescica. Il Vescovo, udita la
messa , dava la benedizione col pastorale ed allora i soldati sca-
ricavano le loro armi. Questa mascherata terminava con alcuni
doni fatti da] preteso Vescovo a coloro che aveano avuta la prin-
cipal parte nella rappresentazione, la quale non fu aboliti in Zug
se non nel 1774 (2)«
(1) Tableaux da la Siciss. Tom. Vili. pag. 486.
(2) Tableaux de la Suiss. Tom. Vili. pag. ^jS.
1 '..I
Matrimonj e Funerali.
Frequenza dei matrimoni.
]
ii un paese , ove semplici sono i costumi , ed in cui per anco
non s'introdusse una grande corruzione, che suol venire in se-
guito al lusso ed al troppo raffinato incivilimento, i matrimoni
debbono essere frequenti, e tali sono nella Svizzera. Narra il
Zurlauben, che in Berna ogni cittadino il quale aspira alle ca-
riche dello stato, deve aver moglie; onde per godere dei beneficj
della patria è d'uopo il darle difensori (i).
Cerimonie nuziali.
Non si possono vedere cerimonie nuziali più gradevoli di quelle
che si osservano nei Cantoni di Lucerna e di Zug, e nei ba-
liaggi degli Uffici liberi dell' Argo via. I nostri vecchi arazzi del
XV. , e del XVI, secolo ne rappresentano il costume, giusta la
testimonianza di Zurlauben. Io assistetti, dice questo scrittore, ad
una eli queste nozze rusticali , ed ecco ciò che notai di questa
festa, e che richiamò alla mia mente l'ingenuità del secolo d'oro«.
Si rammentino prima i leggitori di ciò che si disse delle cerimo-
nie nuziali dei Greci intorno ai Paraninfi , che doveano rego-
lare le allegrezze ed il convito, e custodire il talamo. Nella Sviz-
zera quando si debbono celebrare le nozze , nel giovedì precedente
alle medesime un paesano in qualità di Paraninfo si porta alla
i del curato, od in sua assenza a quella del vicario: quivi
egli adempie gli ufficj d'oratore, e gli fa un complimento tra-
mescolato di Tedesco e di un barbaro Latino , la cui piacevo-
lezza potrebbe muovere a riso l'uomo più melanconico. Quando
il Paraninfo non invita nello stesso giovedì uno dei prossimi pa-
renti dei futuri sposi , è un indizio formale , che egli loro non
(0 Tableaux de la Stiiss. Tom. Vili. pag. 4-'p«
126 MATRIMONI E FUNERALI
aggrada.. Egli porta nel suo cappello tanti mazzetti di Cori quanti
sono gl'invitati; e secchi sono i fiori quando imperversa l'inver-
so; e Treschi e bellissimi, se il maritaggio si celebra nella pri-
mavera. Il paesano porta altresì una lunga sciabola sespesa al suo
fianco , che dee essersi [ben arrugginita nel fodero. Le nozze si
celebrano sempre nel lunedi; giorno nel quale lo sposo col cap-
pello adorno di piume si presenta alla casa della fidanzata , e la
chiede con una patetica arringa. Nello stesso tempo si pone a
fianco della sposa una femmina , che fa l' ufficio di vigilante T e
che pel colore del suo vestimento si appella la donna gialla : il
suo impero si estende tant' oltre in siffatto giorno, che la sposa
Sion ardisce nemmeno di mangiare se la donna gialla non le ha
tagliato il cibo. Segue Ih processione nuziale che comincia dopo
che' gl'invitati assistettero a lieto banchetto. Il giovane allora con-
duce la sposa alla chiesa : seguono i parenti in abito di gala , o
gli uomini brandiscono alcune spade, il cui fulgore abbagliai La
sposa ha la testa adorna di una corona di fiori secchi, dalla quale
cadono alcune frangie rosse con piccole maglie d'orpello che sono
giuoco del vento. La corona è fatta in guisa che presenta l'a-
speito di un vaso di fiori. La donna gialla segue ognora a passo
a passo la spesa , e porta jun piccolo paniere. Il Paraninfo sta?
sulla porta della chiesa battendo forte il suo tamburo. Gli sposi
si pongono sul primo banco , e dopo che tutti gli astanti hanno
preso posto , la donna gialla trae dal suo paniere una piccola
corona di fiori tessuta fragilmente , e la posa sul capo del gio-
vane. Comincia poscia 1' offerta ; dietro la sposa viene immediata-
mente il marito, indi la compagna di quella, che è distinta da-
gli stessi ornamenti, e finalmente tutto il corteggio nuziale. Al
terminar della messa si adempiono le cerimonie prescritte dalla
religione nei matrimonj : prima si avvicina la sposa all' altare; la
segue lo sposo, e si pone alla destra; amendue si inginocchiano,
e quando il sacerdote gli ha benedetti , prima lo sposo si allon-
tana dall'altare per mostrare che l'uomo ha la preminenza sulla
donna; indi la sposa che condotta dal Paraninfo ritorna con
passi velocissimi al suo banco. In questo momento ricompare la
donna gialla ; toglie il [piccolo serto dal capo dello sposo e lo
ripone nel suo paniere. Il corteggio esce della chiesa cogli sposi
per portarsi alla magione ove si dee celebrare il banchetto. Il
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ITT.GLI SVIZZERI 127
tamburo dà il segno della marcia; indi viene lo sposo seguito dal
suo condirne ire clic ha un coppello adorno di nastri , e porta un
largo mantello , in cui ravvolge tutto il corpo. Anche i padri do-
di sposi portano un mantello , che però è men largo , e meno
accuratamente disposto. Seguono i giovani ed i vecchi , indi la
sposa accompagnata dalla sua compagna, e dalla donna gialla',
le tengon dietro le donne e le donzelle, che furono invitate, e
che tutte hanno l'apparenza di esser gaje e contente. Sempre a
suon di tamburo si giunge alla casa; e lo sposo col suo condut-
tore , la sposa colla sua compagna , colla donna gialla e con
tutte le altre donne e donzelle si assidono ad una mensa separa-
ta , gli altri convitati ad un'altra, e si celebra il banchetto ; cia-
scuno si abbandona a tutta la gioja inspirata dalla circostanza ,
ed universale è il giubilo; senza che giammai veruno si allontani
dai limiti che la decenza prescrive. Dopo il convito incomincia
la danza ; colui il quale vuol per primo danzare dee chiederne
la permissione a quello, che condusse la sposa. Sovraggiunta la
notte si presenta a ciascuno de' convitati un fazzoletto con un
mazzo di fiori : in appresso compare il Paraninfo col suo tam-
buro accompagnato dallo sposo e dal suo condottiero , amendue
coperti dal mantello. Il Paraninfo recita un discorso in un lin-
guaggio, ed in un modo pressoché simile nella piacevolezza a
quello di cui fece uso noli' arringa indiritta al curato. Dopo il
discorso ciascuno dei convitati fa un duno alla sposa; indi tutti
se ne ritornano alle loro case. Lo sposo seguito da tutto il cor-
teggio dei giovani e delle donne discende nella piazza: subito
dopo il conduttore della [sposa la guida in questo luogo, fa un
giro circolare con lei a passi misurati; indi, la consegna allo spo-
so , che fa con essa un giru uguale per tre volte, e con lei danza
a suon di tamburo : il corteggio si volge dappoi a passi lenti alla
casa dello sposo; ove trova allestita la cena , che si prolunga
inulto oltre nella notte. La donna gialla dà alcune lezioni alla
sposa sul modo col quale si dee condurre? nella prima notte delle
nozze, e finalmente Ja conduce al talamo (1).
Nozze in Friburgo.
Gli abitanti della Svizzera considerano le nozze come un alto
(T Tablcaux de la Suisse. Tom. Vili. pagi 44^ e scg-
1-3.S MATRIMONI E FUNERALI
importante e grave, in cui l'austerità dei giuramenti è tramesco-
lata alle lusinghe della speranza ; e quest' idea dà un' impronta
singolare al costume seguito dagli sposi nel Cantone di Friburgo.
Si direbbe clic essi intenti a concentrarsi nell'idea dell'impor-
tanza dei doveri , che assumono , si circondano a bello studio di
tutto ciò, che può ad essi impedire di porli in obblìo. Ai loro
abiti ordinar] sostituiscono il vestimento gotico delle loro avole ,
quasi per mostrare che le prenderanno per modello, e seguiranno i
costumi de' prischi tempi. !\el giorno delle nozze si scorge la sposa
con collare foggiato ali antica , col capo coperto da un bizzarro
berrettoni; , e con una specie di medaglia d '(argento conosciuta
sotto il nome d'Agnus Dei, che le pende dal collo: essa ha
una lunga cintura a frangie, e le scarpe fermate da larghe fibbie
di metallo (i). "\ edi la Tavola 19.
Sjwsi del Cantone di Scaffusa.
Singolare veramente è il costume degli sposi del Cantone di
SciafFusa. La sposa ha il capo coperto da un alto e pesante ber-
retto, che rassomiglia a quel/o di un ussero, da cui pendono due
nastri intrecciati e rossi che terminano in due fiocchi ; le calze e
la sottana sono di color rosso : lo sposo è vestito semplicemente ,
e non presenta alcuna singolarità nell'abito, se si eccettuino le
cinghie, che sostengono i calzoni, le quali sono adorne di un largo
ricamo. Quest' oggetto che in ogni altro paese non è reputato che
utile, forma in questo Cantone un distinto abbigliamento, ed in
queste cinghie particolarmente ciascuno fa brillare il suo lusso ed
il suo gusto. Il giovane sposo sta in atto di contemplare in pace
e liberamente la timida sua donzella , che volge altrove gli occhi
per non iscontrarsi coJsuoi (2). Vedi la Tavola 20.
Banchetti nuziali in Friburgo.
Magnifici sono i banchetti nuziali in Friburgo. Cinquanta e
più convitati si assidono a diverse mense: il convito degli uo-
mini dura talvolta per ben dieci ore , quello delle donne sei; esse
passano il restante del tempo nel danzare. Nelle nozze de'nobili,
il senato fa presentare agli sposi il vino chiamato d' onore in do-
dici bottiglie; ed il cancelliere recita una lunga diceria in onore
(1) Cost. Suisse par Birmana. N.° 4^-
(•2) Birmana. Cosi. Suiss. N.° 4^.
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uurauiTir QF BLLUIOIS
DEGLI SVIZZERI 1 %Q
degli sposi. In appresso i ministri de' Principi stranieri e le .ilire
ragguardevoli persone invitale alle nozze fanno i lor complimenti
sull'eleganza del banchetto, e celebrano la generosità degli spo-
si, che non permettono che i convitati paghino più della metà
o di un terzo delia spesa. Gli stranieri nulla pagano, ma s igliono
fare un dono alla sposa. Si usa di visitar la chiesa per ben due
volte nel giorno delle nozze ; e con ccrimunie singolari si por-
tano all'altare fanciulli, i quali non abbiano più di olio giorni,
ivi il sacerdote li sottomeite all'abluzione} ed una tale cerimo-
nia si usa anche in varj giorni festivi (i).
Costume singolare dell ' Eotlibuch.
Neil' Enti tÒuch , baliaggk) considerabile di Lucerna, si nota
un'usanza assai singolare. Un giovane, il quale vada al cosi detto
Kict , si espone ordinariamente al rischio di essere Lastonato dalla
gioventù del luogo. Andare al Kict significa fare alcune visite
notturne alla donzella, che si vuole sposare. Quest'uso antico e
bizzarro ò in vigore non solo nel mentovato paese, ma anche nei
Cantoni di Soletta e di Berna. Invano i curati ed i ministri pre-
dicano contro quest'abuso: giacché fino ad ora non si e. mai po-
tuto abolire questo costume. Siffatte visite si fanno malgrado del
divieto dei parenti ; e siccome le camere delle case rustiche sono
basse, così è facile agli amanti l'entrarvi per mezzo della fine-
stra. Ivi passano la noLte a canto delle lcro innamorate , e pur-
ché rimangono votili possono coricarsi con esse senza che si osi
formare il minimo sospetto, che possa mettere in forse l'onore
della sposa. Queste visite durano Gnchè i parenti acconsentono al
matrimonio ciò che suole addivenire o testo o tardi. Talvolta però
soggiunge un funesto caso; gli altri giovani del villaggio spiano le
orme del loro rivale, e quando lo colgono nclP istante in cui e-
sce dalla casa lo battono dispietatamente, o lo pongono in un
largo e profondo paniere di vinchi , e lo s «pendono per mezzo
di lunghe corde a due alberi. Quivi il misero giovane passa li
notte, finché colle sue iterate grida trova allo spuntar del giorno
anime abbastanza pietose per liberarlo da quella prigionia (?.). Tale
è. il bizzarro costume del Kict.
(i) Tableaux ile la Suiss. Toro. Vili. pag. 545.
(a) Si narra a questo proposito un ancuMoto piacevolissimo. Un Bavaro
Gemila, che si stillili nel collegio di Soletta, appena in «s» giunto cinese
Cosi. dtlV Europa Voh IX. 9
i3o MATRIMONJ e funerali
l/si dei Cantoni Cattolici.
Negli stati Cattolici della Svizzera si segue il Concilio di
Trento tanto per la dotti-ina , quanto per la disciplina. I figliuoli
che non sono ancora maggior di età si maritano spesso senza la
permissione dei loro parenti , e questi non possono ad essi impe-
dirlo. Ma i figli dal loro canto si espongono al pericolo di essere
diseredati, ed i genitori possono dispensarsi dal mantenerli. D' A*
lembert ha osservato non esservi altra città , in cui sieno più ma-
trimoni felici quanto in Ginevra ; ove i regolamenti contro il lusso
fanno sì, che non si tema la moltitudine de' figliuoli. In Ginevra
non si estendono i gradi di parentela al di là di quelli che sono
notati nel Lenitico j onde i cugini germani possono congiuugersì
in matrimonio : ma non v' ha dispensa nei gradi vietati. Si ac-
corda il divorzio in caso d' adulterio , o di diserzione frodolenta
dopo averne esposti i giuridici avvisi (i)
Cerimonie nuziali in Ginevra.
la Ginevra così come uell' Olanda si osservano le seguenti ce-
rimonie nuziali. Quando le due parti convennero di sposarsi , si
danno vicendevolmente la mano in presenza del sacerdote , e be-
vono insieme. Il sacerdote prende due bicchieri pieni di vino ,
che gli vengono presentati dagli sposi ; mesce il vino dell'uno in
quello dell'altro, e dà il nappo dello sposo alla sposa e viceversa.
Il cambio dei bicchieri e del vino significa 1' unione del matrimo-
nio, e mostra che i contraenti debbono reciprocamente contribuire
un vocabolario delle parole Svizzere, che notano le differenti maniere di
dire dei contadini. Fra queste notò la parola Kisck, che è una corruzione del
Tedesco Kirch, che significa chiesa, e la impresse nella sua memoria. Essendo
incaricato dopo di confessare alcuni giovani di un vi'laggio , udì molti accu-
sarsi di essere stati al Kiet. Il bonario Gesuita il quale credeva che volessero
parlare della chiesa, che tale e ii senso di Kilch nello Svizzero Alemanno, si
avvisò che \i fosse in quel paese la costumanza di confessare e il bene e il
male ; onde rispondea : fìgliuol mio, questa è una buona opera; voi non fre-
quenterete giammai abbastanza la chiesa in die Kilch. Essendosi sparso il
grido dell' indulgenza del confessare, ed avendo costui fatto le maraviglie col
rettore della semplicità degli Svizzeri, che si confessavano dell' andare iu
chiesa, costui lo trasse d' errore informandolo, che il Kiet de' giovani signifi-
cava le loro visite notturne alle innamorate. Tableaux de la Suiss. Tom. Vili,
pag. 443 e seg.
(0 Vedi l'art. Genève di d'Alembert nel Voi. VII. dell' Enciclopedia.
DE6I I *N IZZERI 1 j I
ai La felicita di araendue. Dopo quesla cerimonia. Io sposo pone
V anello nel dii<> alla sposa. Antecedentemente al matrimonio però
il sacerdote pubblica gli avviai per Ire donienielie consecutive;
indi il sindaco . o magistrato della città assegna agli sposi un
luogo, in cui celebrino le nozze. La sposa è ordinariamente in-
coronata con un serto di fiori , ed ha adorno il seno con un
mazzetto dei medesimi.: due de' suoi più stretti parenti la condu-
cono alla chiesa , e . terminata la cerimonia , 1' accompagnano alla
casa dello sposo. Le vedove clic si rimaritano non si ornano la
testa coi Cori; ma possono portarne alcuni mazzetti, e sono in-
difTereutemente condotte alla chiesa dai loro parenti o dai loro
amici (1).
Compari*
Molto costa nella Svizzera e principalmente nei Cantoni popo-
lari il divenir compare; ed in que' paesi nessuno può ricusare di
divenirlo . quando ne è invitato. Si dee pagare il rifiuto con una
grossa ammenda a motivo dello scandalo che si darebbe ', onde av-
viene che un magistrato , od un ricco dee aspettarsi di ricevere
molti di siffatti inviti. Allora i doni che si fanno all'infante ed
alla puerpera non si limitano al solo giorno del battesimo ; ma si
usa di regalare il figlioccio ogni primo giorno dell'anno per un
novennio, indi si fa lo stesso quand'egli o si marita, o si appi-
glia a qualche altro stato (2)
Madri clic alla 1 1 ano i figli.
Le madri nella Svizzera adempiono al sacro dovere imposto
dalla natura di allattare i lor figliuoli ; nò mai li affidano a mer-
cenarie nutrici. Se scarseggiano di latte , li nutrono con quello di
una vacca destinala solo a quest'uso, e perchè il bambino possa
sempre averlo pronto lo conservano in un vaso preparato a que-
st' uopo , in un medio grado di calore, il celebre medico Van-
dcrmomlc raccomanda assai questa foggia d'allattare, che pre-
serva i bambini da ogni maligna influenza (3). L'uso di bagnare
i bambini appena nati nell'acqua, e di ripetere quest'abluzione ogni
sei od otto giorni è comune nella Svizzera.
6"
(1) Coup-d'oeil sIik^Ijìs sui Ics cui cinonics du mariagc. Genève, i-3o in
ia.° pag. ,\i e 43.
(2) Tablcaux de la Suiss, Tom. Vili. pag. 4^0.
(V, Essai sur la inumare de perfectionner l'espùca humaine. Paris, 17C0S.
l3a MATRIMOHJ E FUNERALI
Cibi dei fanciulli.
Appena che i fanciulli possono sostenersi in piedi sono nutriti
con zuppa e latte ; e si dissetano indifferentemente coli' acqua e
col \ino.
Costumi delle fanciulle.
Le fanciulle già cresciute in età dividono le loro chiome in
due treccie , che discendono sulle loro spalle , e si ornano la testa
di un mazzo di fiori come segno luminoso della loro verginità.
Tutte le cure domestiche sono affidate alle donne, che vanno sul
mercato e sulle piazze a comperare ciò che è necessario pel vitto;
anco le più ricche, allorquando escono di casa non sono accompa-
gnale che dalle loro ancelle.
Cure e contegno delle donne.
Allorquando esse camminano per le contrade , o passeggiano
vanno a passi lenii , e 1' austerità del loro contegno è conforme
alla gravità del loro incedere. Né si mostrano abbigliate che nei
giorni festivi , e compaiono a canto dei loro mariti , che fanno
pompa degli ornamenti e degli abiti ricevuti in dono dai Prin-
cipi stranieri , a' quali hanno prestati i loro servigj nella mili-
zia (i).
Funerali.
In moke città e villaggi della Svizzera Cattolica le donne as-
sistono ai funerali ed alla sepoltura dei loro mariti; così come i
figlinoli a quelli dei loro genitori. Dopo gli uomini si veggono
apparire le più vicine parenti del defunto. Le insegne della pro-
fessione esercitata in vita accompagnano lo Svizzero alla tomba :
se egli è cavaliere gli si pongono gli sproni ai piedi; se è sacer-
dote, giace sulla bara col viso scoperto, colla cotta sopra l'abito
nero , e cou un calice di cera. I funerali si celebrano sempre in
pieno giorno; ma quelli ebe vi assistono portano sempre o cerei,
o bugie accese. Le donne qualificale di Soletta sono solite di por-
tare il lutlo coprendosi con un gran velo nero. In molte borgate
e città della Svizzera dura ancora 1' uso di recitare la funebre
orazione del defunto, ancorché egli sia di bassa condizione; e ciò
si fa mentre esso è seppellito. Un borghese od un contadino so-
stiene le parti di oratore : un siffatto costume si perpetua , perchè
(i) TabUaiuc de la Suiss. Tom. Vili. pag. 54 4 *
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7
DEGLI SVIZZERI l33
gli eredi danno al dicitore una con-veniente retribuzione: si fa no-
ta altresì agli astanti quella che gli stessi credi depongono nella
pubblica borsa del quartiere, in cui viveva il defunto; ed in capo
di uno o due anni il danaro ammassato con queste elemosine, e
con quelle dei battesimi e dei matrimonj serve a' pubblici conviti
durante il carnevale (i).
Offerte^
Nei Cantoni Cattolici così gli uomini , come le donne se no
vanno alla chiesa per far le o (l'erte , che sono generose ne' fune-
rali e negli animerai) 3 giacché tutti i parenti e gli amici del-
l'estinto si danno cura di attestare con questo mez/;o la memoria
che di lui conservano,
jdnniversarj.
Si celebravano poi negli andati secoli gli anniversarj della mor-
te di quegli eroi, che aveano versato il loro sangue in difesa della
patria ; onde i figliuoli si ricordassero delle avite virtù: il racconto
di queste vittorie era scrii io nei libri degli anniversarj . che ogni
anno si leggono nelle chiese parrocchiali durante la messa solenne
in onore di que' generosi , che perdettero la vita in quelle memo-
rande bai taglie (?.).
Mona mento sepolcrale della moglie dello scultore Nahl.
Anco nella Svizzera la carità dei viventi onora di magnificai
o
tomba le spoglie di una diletta persona. Celebre è il monumento
sepolcrale eretto dallo scultore Nahl alla me* sposa, la bi^nora Lan-
ghaul, nella chiesa di Hit! del hanck, che giace in disianza di due
leghe da Berna. Sublime: in vero è il concetto di attesto mauso-
leo: esso ci trasporta all' istante in cui l'angelica tromba dischiude
gli avelli , e chiama i mortali al giudizio. La pietra che ricopre
la tomba si solleva, spezzandosi mostra nell'interno la belladon-
na, che risuscita lenendo fra le sue braccia l'infante, nel parto-
rire il (piale avea perduta ia vita: essa raggiante tutta d'immor-
talità sembra lanciarsi verso il ciclo . e resp'tfgerc il sasso che an-
cor si oppone al suo volo. I! monumento è lavorato in pietra te-
nera, e non in marmo, come ben meritava; e gli amatori delle;
arti ebbero a dolersi della barbarie di que' furibondi , che nella
(i) Tableaux de la Suiss. Tom. Vili. pag. \~)~>.
^a; Tableaux di la Suiss. Tom. Vili. pag. P; e 4j8.
l3} M\TR «ON.! r. FHKESALI
passata rivoluzione ruppero il naso alla statila della donici. La
iscrizione apposta a questo sepolcro è in lingua Tedesca ; ma fa
tradotta o per meglio dire imitata in lingua Francese; e così suona
nella nostra favella: «Odi tu la tromba! Essa ha spezzato il sasso
che copriva il feretro ecco l'ultim'ora del tempo e della
morte non più mali , non più duolo figlio del mio
dolore, alla materna voce ti sveglia dal tuo lungo sonno; s'apre
il cielo: nell'istante dello svegliarti 1' eternità ti appella alla bea-
titudine (i)". Vedi la Tavola 21.
Lutto delle donne di Zjiirigo.
Noi abbiamo presentato nella Tavola xy ritmi. 2, una donna
di Zurigo in gramaglie. Tanto il giubboncello , quanto la gonna
sono di color nero; mi la testa è coperta da un velo bianco ac-
conciato in guisa , eli e termina in una punta. Dal velo scorre una
fascia che dopo di avere involto il mento discende quasi fino ai
piedi. Questa figura è tolta dall'opera di Picart } ove parla del
lutto dei varj popoli Protestanti (2).
Lutto dei Friburghesi.
In Friburgo i più stretti parenti del defunto passano la notte
a canto del cadavere pregando Dio, e la mattina del giorno seguente
tutti gli invitati al funerale si presentano alla casa, e dopo aver fatte
le condoglianze accompagnano il feretro alla chiesa. Finiti i fune-
rali , si trasporta il morto al cimitero , e dopo di averlo deposto
nella fossa il curato vi gitta sopra tre palale di terra; indi recita,
un discorso al popolo sulla fragilità della natura umana. 1/ abito
di duolo per gli uomini consiste in un gran mantello nero con ma-
niche , che vanno giù penzoloni: il manto delle donne è un velo
bianco che cade dalla testa sulle spalle, e copre tutto il viso, ec-
cettuati gli occhi : esse portano il lutto per otto giorni consecutivi ;
(1) Enteiuls tu la tvompette) Elie n ìn'isé la pièrre
qui con vr nil ton cere nei l
J?u teins et de la mort voici l'heure damiere
plus de maux plus de deuìl . . . . *
Enfant de ma dolileur, à la vàix maternetle
sors de ton long sonimeli}
Le Ciel s'ouvre .... au bonheur V Eternità Cappelle
à l istant da rtveil !
(2) Cèrem. et Cout. Relìig. T\>m. Ili pag- 3;(). D^uil de; ZurigU.
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DEGLI SVIZZERI :35
e tanto gli uomini quanto le donne si portano per trenta giorni
mattina e sera al cimitero ed alla chiesa onde pregare e far of-
ferte per l'anima del defunto (i).
Arti e Sciewze.
Barbarie degli antichi Elvezj.
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"li antichi Elvezj erano barbari, quando i Romani li soggioga-
rono, e questi vincitori tentarono subito di dirozzarli, cangiando
leggi, usi, costumanze e perfino il linguaggio. Molti Romani si
stanziarono nelle Gallio e nell'Elvezia, dove fondarono istituzioni
militari e civili, ed introdussero il lusso, le arti ed. il commercio.
Musaico Romano.
Tali sforzi fatti per ingentilire questo popolo furono simboleg-
giati in un musaico, che trovossi poco lungi da Yverdun tra le
rovine di una villa, che apparteneva ad un Romano. In esso è rap-
presentato Orfeo , che traggo a se col suono alcuni animali fero-
ci, e cerca di ammansarne Y indole. Questo Romano voleva senza
alcun dubbio far allusione a quel gran cangiamento, eh' ci riguar-
dava come vantaggioso per gli Elvezj , e come solleticante 1' or-
goglio di una nazione (2). Vedi la Tavola 22.
Rovine di Avencìie.
La città di Avenche, le cui rovine giacciono nel paese di Vaud,
fu la più fiorente dell' antica Elvezia , e Tacito 1' appellò Avent.i-
cum gmtis caput. Sabino padre il Vespasiano si era ritirato nel-
l'Elvezia per accrescere le sue ricchezze facendovi il banchiere (3):
onde il suo figliuolo divenuto Imperatore predilesse questa pro-
vincia disastrata da Cecina Generale di Vitcllio; e diede ordine al
(1) Tableaux de la Suiss.Vcì. Vili. pBg. rj^G.
(a) Mallet. Hist. de Suiss Part. I. rliap. 3 Andante di ZurlaabeD, TS*.° 197.
(31 Posteti fucuus a pud Hclvetivs exercuit, ibidcmque diem obiit. Sveto-
niuj Vii. Vcsyas, cap. 1.
1 r>G AUTS E SCIENZE
figlinolo Tito di condurre in Avenche una colonia composta de'suoi
più distinti commilitoni. Fece pur anco rialzare le mura della cit-
tà ; la ornò di sontuosi edifizi, di magnìfici templi, e la forni di
professori di diverso scienze , e principalmente di medici. Final-
mente le accordò il tìtolo di città alleata , di colonia Flavia ,
Fedele, Costante e Pia', e à3 allora in poi essa fu chiamata la
colonia Elvetica per eccellenza. Ora non rimangono che alcune
rovine le quali furono visitate e descritte dal Coxe, e dallo Schmidt
nella sua raccolta delle antichità della Svizzera. Il circuito delle
mura sembra che fosse di cinque miglia: sorge ancora una delle
antiche torri pressoché circolare , il cui lato convesso è rivolto
verso la città. Si mostrano al viaggiatore le rovine di un anfitea-
tro, la cui arena poteva avere quattrocento passi circa, di dia-
metro. Sotto una torre v'ha un sotterraneo alto venti piedi circa,
da cui verisimilmente si sprigionavano le fiere che doveano discen-
dere nell' arena j ed in poca distanza si scorgono le vestigia di
cinque altri sotterranei, e su tutte le mura varj grossolani simu-
lacri svisati dal tempo. Presso a queste rovine s' innalza una grossa
colonna di marmo bianco alta cinquanta piedi circa composta di
grossissimi massi uniti senza cemento: e giacciono qua e là bassi-ri*
lievi rappresentanti urne , griffi , cavalli marini. Al di là d' Aven-
che un miglio circa si presentano le rovine di un piccolo acqui-
dotto , che nel passato secolo fu scoperto per la caduta acciden-
tale di un mucchio di sabbia che lo copriva. 1/ esterno è forma-
to di pietre e di calce, e l'interno dì un rosso cemento duro al
par dell'antico embrice Romano: la volta dell'arco può avere due
piedi e mezzo circa di altezza , ed uno e mezzo di larghezza. Al-
cuni effermarono che esso si estendeva fino alla torre di Gausa
tra Vevai e Losanna, e che tra Villarsel e Marnand, in distanza
di quattro leghe da Coppet , lo scoglio è scavato in guisa da for-
mare un arco della dimensione pi-esso a poco sovra menzionata (i).
Augusta Rauricorum.
L'altra città, che dopo Avenche trovasi celebrata ai tempi dei
Romani, era quella ch'essi chiamavano Angusta Rauricorum, e
che ora è un meschino villaggio del Cantone di Basilea vicino
al Reno. Ciò che di essa rimane consiste in un piccol numero di
(i) Coxe. Lctt. XXXI.
DEGLI StlMERI l3j
colonne di marmo, die sono ancora in piedi, in molti frammenti
di alcune altre sparsi qua e là , ed in una specie di recinto o se-
micircolo di mura , che cingeva un alto terreno. Qui si apriva un
teatro vasto abbastanza per contenere dodicimila spettatori, ma
ora se ne veggono scarsissime vestigia (i). Nò mancavano alla cit-
tà gli acquidotti , che le portavano 1' acqua dalla distanza di più
di dieci miglia.
Staio delle arti ne' tempi moderni.
La Svizzera fu tarda nel coltivare le arti dopo il loro risor-
gimento , ma nel passato secolo specialmente vantò segnalati cul-
tori di esse , ed in alcune pareggiò gli altri popoli. « Si sarebbe
mai preveduto, dice il Voltaire, allorquando il più grosso dia-
mante dell'Europa preso da uno Svizzero nella battaglia di Gran-
son , fu venduto al Generale per uno scudo, si sarebbe mai allor
preveduto, clic sorgerebbero un dì nella Svizzera città si belle e
sì opulente, qual era la capitale del Ducato di Borgogna? Il lusso
dei diamanti, delle stoffe d'oro vi fu per lunga pezza ignoto,- ed
allorquando vi si conobbe, fu vietato; ma le solide ricchezze che
consistono nella coltivazione delle terre , vi furono raccolte da
mani libere e vittoriose: gli agi della vita vi furono ricercati ai
nostri giorni; tutte le dolcezze della società, e la sana filosofia ,
senza la quale la società non ha durevoli piaceri, penetrarono iu
quelle parti della Svizzera, in cui più dolce è il clima, ed in cui
ugna l'abbondanza. Finalmente in questi paesi un tempo così a-
gresti si giunse in alcuni luoghi ad accoppiare 1' eleganza di À-
tcne colla semplicità di Sparta (2) ».
Architettura.
E architettura degli Svizzeri ci presenta oggetti magnifici nei
lempj e nei pubblici edifìcj , ma semplici nelle case private.
Case di legno.
Noi abbiamo veduto , parlando della casa di un contempora-
neo di Guglielmo Teli , che quantunque il Governatore Gesslero
la reputasse magnifica, era però di legno; e della stessa materia
abbia in detto essere composte moltissime case dei villaggi e delle
(0 Qaesto teatro fu descritto n.inutameole da Scliaepftlin nella sua
Alani ili illustrata
(a, Voltane Estai sur VHist. Generale. Tom. IL pag. 268. Edita del 1 7 5G.
i38 arti s scieuxe
borgate della Svizzera. Esse hanno per lo più un tetto, che pende
d' assai , onde impedire clic la neve non ingombri le soglie. Quasi
tutti i viaggiatori fecero le loro maraviglie, perchè in un paese si
abbondevole di pietre si edifichi col legno : ma il Coxe osserva
che le case sono con siffatta materia e più speditamente costruite
e più agevolmente riparate. Che se le loro stanze sono piccole , e
basso il tetto, gli è perchè sieno più calde e più accomodate al-
l'asprezza del clima. Si è rimediato in parte ai guasti degli in-
cendi > cne s* propagherebbero con una spaventosa celerità col-
1' usanza di tener isolate le casej fabbricando villaggi composti di
case staccate, e qua e là sparse (i). Generalmente parlando, le
case dei contadini Svizzeri sieno di legno , sieno di mattoni hanno
un piano solo, e sono assai basse: le ville degli agiati Svizzeri
in mezzo all'eleganza portano sempre l'impronta di una grande
semplicità , che forma il carattere della nazione. Nella Tavola io
noi presentiamo la casa di un paesano tolta dall' Atlante di Zur-
lauben (2).
Castelli.
In un paese montuoso, che fu preda di fazioni e di guerre
intestine , e diviso in varie signorie era naturale che si ergessero
molte castella. I Ginevrini nelle loro guerre contro il Duca della
Savoja solevano gridare guerra ai castelli -, e fra i più celebri
della Svizzera si annoverano quelli, di Chillon nel paese di Vaud,
che è posto sulla sommità di una roccia circondata dalle acque
del lago: di Uspunnen, celebre nella storia Svizzera del medio
evo : di AValdeck presso Soletta : del Barone di Zurlauben , che
fu abbellito sommamente da questa famiglia divenuta ricca pei
militari servigi venduti alla Trancia: d'Apsbourg, ove ebbe il
nascimento il fondatore della monarchia Austriaca, e di cui ab-
biamo parlato nella parte, che riguarda la descrizione della Sviz-
zera ; e finalmente quello di Grandson che divenne rinomatissimo
nelle guerre contro Carlo il Temerario. Esso è costruito con so-
lidi massi, e quattro torri i-otonde ehe terminano in una punta
ne fortificano i lati (3). Vedi la Tavola o.l\. Vicino al castello
fi) Coxe. Leti. XV.
(u) IN'.0 ia6.
(3j Minute di Zurlaul.cn. N.° a3.
THE HBRMW
massa tf ttJJMOK
THE UBRABìf
OF THE
DEGLI SYIZZ&T.f ìZg
ili Grandson si scorge quella di Campo Vento incollato al tempo
della Regina Berta , quando i Seraceni disertavano la contrada.
\ malgrado dc'suoi novecento anni, questo castello è tuttavia abi-
tilo; e le mura, che hanno quindici piedi di grossezza promet-
tono di durare quanto la montagna su cui sono fabbricate (i).
Badìe.
Molte badie o conventi si scorgono nella Svizzera , e fra di
esse meritano singolare menzione quelle di S. Gallo, di Rueinau
presso Scialuisa , e di Einsidlcn nel Cantone di Scliwitz ; non che
il collegio dei Gesuiti di Friburgo , che ha un' annua rendita di
quarantamila lire. La badìa di Einsidlen benché formi uno spa-
zioso e magnifico edifizio , è però un chiaro testimonio del cat-
tivo gusto dell'architetto, che lo sopraccaricò di meschine pitture
e di superflui ornamenti. In essa si scorge una piccola ed elegante
cappella di marmo d' ordine corinzio , in cui è posto l'altare della
Beata "\ ergine visitato con tanta divozione dai pellegrini: al di
fuori un angelo sostiene la seguente epigrafe: kie est piena re-
miselo peccaiorum omnium a culpa et poena. Nell'interno della
cappella v' ha il simulacro della Vergine , che per la sua beltà
e per la ricchezza degli adornamenti può essere paragonato a
quello di Loreto. Infiniti sono i tesori ammassati in questo tem-
pio dalla divozione di coloro , che lo visitano (2). Vedi la Ta-
vola 25.
C ìlìCSCi
La pietà religiosa degli Svizzeri si mostrò ne' tempj princi-
palmente : e S. Pietro di Ginevra, la cattedrale di Basilea, e quella
di Berna ne sono un chiarissimo testimonio.
S. Pit fio di Ginevra.
Si pretende che il tempio principale di Ginevra sia stato edi-
ficato fin dal quarto secolo, e che nel decimo secolo fosse ornato
delle gotiche costruzioni che tuttora vi si veggono. 11 suo peri-
stilio formato di alte colonne di marmo parve ad alcuni una co-
pia ili quello del Panteon di Roma. AH' entrare in questo tempio
il viaggiatore vi scorge tutta la gretta austerità di Calvino ; giac-
ché non gli si presenta una statua, non un quadro, non uuo di
(1. Frammento di un Viaggio nella Svizzera di I). lì.
,2/ Cose Leu. VIL La tavola è lolla dall' Aliante ili Zinl.mbcii.N.0 1 14«
l4o ARTI B SCIENZE
que'tanti adornamenti , che abbellano le chiese Cattoliche, e danno
alimento alle arti.
Cattedrale di Basilea.
La cattedrale di Basilea è un magnifico edilìzio gotico costruito
con pietre di roseo colore , la cui tinta è rafforzata da una rossa
vernice: essa racchiude molti sepolcri, tra i quali si distinguono
quelli di Erasmo, e di Anna moglie di Rodolfo d/Hapsbourg.
Cattedrale di Berna.
Di gotica struttura è anche la cattedrale di Berna, uno de'più
cospicui templi dell' Elvezia Protestante. In essa si contiene una
cappella destinata ai Cattolici. Il tempio è posto su di un territo-
rio elevato a pie' del quale scorre l' Aar in un alveo stretto e pro-
fondo, e da cui si scopre la sottoposta campagna. I vetri dipinti dei
finestroni risplendono di colori \i\ issimi ; ed il rosso porporino se-
gnatamente è d'una bellezza abbagliante (i).
Ponte sul Beilo a Sciajfusa.
Nella Svizzera si presentan al viaggiatore varj ponti di una
mirabile struttura. Avendo noi già favellato del così detto Ponte
del Diavolo descriveremo qui quello di Sci affusa sul Reno, che
a buon diritto è encomialo per la singolarità della sua costru-
zione. Il fiume, che quivi è sommamente rapido, avea seco tra-
scinati tutti i ponti di pietra, che si erano edificati ; onde si di-
sperava di erigerne uno abbastanza forte per resistere all'impeto
delle acque; allorquando un falegname di Appenzell propose di
gittare un ponte di legno di un solo arco sul fiume , che in quel
luogo è largo quattrocento piedi circa. Ma i magistrati vollero che
il ponte avesse due archi, e che l'architetto si servisse del pila-
stro di mezzo, che sosteneva quelli dell'antico ponte. L'artefice
dovette obbedire; ma costruì il ponte in gnisa da far dubitare se
fosse sostenuto dal pilastro o se non fosse ugualmente solido , an-
corché formato fosse da un solo arco. I fianchi e la parte più alta
erano coperti ; onde i Tedeschi lo appellavano H.'er.gewerlh, os-
sia ponte sospeso. La strada che era quasi in linea diritta non
passava già sulla punta dell'arco; ma vi era in certo qual modo
praticata nell'interno; onde il ponte era sospeso; e tremava sotto
(i Intorno a * j ; t e s ! i edificj vedi l'Ebe! , il Picot ed il citalo Frammento
di un viaeciu nella Svizzera.
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QF THE
UIKEHiinCFttUWMS
DEGLI SVIZZERI lf\l
i passi dell'uomo più leggiero ; mentre le più pesanti vetture lo
passavano senza pericolo. Esso era paragonato ad una corda tesa ,
che trema quando vien toccata, ma nulla perde nò della sua
forza, nò della sua tensione. Considerando la vastità del disegno,
e 1' arditezza dell' esecuzione non ò sì agevole il persuadersi che
l'architetto non fosse che un semplice falegname ed ignorasse
del tutto le matematiche e la meccanica : egli appellatasi Lirico
Grubeiìmam. Questo ponte lavoro di tre anni, e che era costato
cenlonovanla mila lire Tornesi fu d:strutto in un giorno solo dai
Tedeschi, che nel!' abbandonare SciafFusa vi appiccarono il fuoco
per sottrarsi più sicuramente agli assalti dei Francesi (i).
Strade.
In un paese montuoso quale ò la Svizzera , vi sono molte
strade costruite in modo ammirabile. Non ripeteremo qui ciò che
già abbiamo detto del Sempione ; ma solo ci sia lecito di far
menzione del passo famoso chiamato di Picrrepcrtuis , ove la
strada è tagliata nel vivo scoglio per 1' altezza di cinquanta piedi:
l'arco ò alto ventisei , e largo venticinque.
Fontane di J'cvaì.
Tra le fontane della Svizzera , la più bella , e la più celebre
è quella di Vcvai diseguata da Braudouin Langlois. Essa ò di gu-
sto Egizio. In mezzo sorge una piramide , dai lati della quale so-
pra la base alcune bocche versano l'acqua (2).
Ba^ni di Lcnk.
In tutto 1 universo non si trova un'altra regione, in cui la
natura abbia raccolta tanta varietà di acque, che servono ai bagni
quanto nella Svizzera, e principalmente nel \allese, nel paese
de' Grigioni , e nell' Oborl.vad Bernese , ove si rinvengono (piasi
tutte le acque minerali conosciute. Famosi sono i bagni di lìaden,
e più ancora quelli di Lenk, le cui acque sono le più calde e
vivificanti, che si couoscono nell'Europa. Il villaggio fabbricato
presso ai bagni , tutto cinto di monti , le cui falde vestono belle
praterie e freschi pascoli ombreggiati da boschi di larici e di pini,
presentasi nel modo più grazioso agli occhi del viaggiatore. Sco-
scese oltre modo sono le strade clic da Sierres e da Lcuk cou-
(1) Coxe. Loti. II. Gèogr. Univ. Tom. Vili. pag. 14 e 1 j.
j Atlante, di ZiirLuben. fc".° 1 26.
l4^ iiRTI E SCIENZE
ducono ai bagni: giacché vennero formate lungo le rive della ra-
pida Dala sull'orlo di orribili preeipizj. Degna d'osservazione è
la galleria, ossia quella specie di cornice, sulla quale camminasi
tra i villaggi d' Inden e di Varone. Da questo luogo si contem-
pla uno de'più bei paesaggi, che un poeta possa mai immaginare,
od un ingegnoso pittore ritrarre in tela. Si scorge ki valle del
Rodano pel tratto di ben cinquanta miglia da Yiege fino a Mar-
tignyj ed in essa borghi, villaggi, palazzi, chiese, rovine di an-
tiche castella, selve, prati, monti ed altri oggetti che formano
una variatissima scena. Non ostante i disastri della via, incredibile
è il numero de' forestieri , che concorrono ai bagni per necessità
o per diporto. Gli effetti delle acque sono maraviglisi principal-
mente nei morbi cutanei , ed anche in quelli del petto e del basso
ventre ; nel qual caso si bevono, e aono tanto attive, che non
di rado avviene che uccidano quelli che non guariscono. Quegli
ammalati poi che se ne tornano sani dai bagni , comperarono la
salute a prezzo di cosi fieri tormenti che forse non si sottomet-
terebbero una seconda volta ad un siffatto rimedio. Dodici sono
le sorgenti delle acque : dieci hanno la temperatura di circa 3 7
gradi del termometro di Reaumurs un'altra che e più calda e
copiosa, chiamata di S. Lorenzo, ha la temperatura di 4l grac">
sicché conviene lasciarla più ore esposta all'aria prima di giovar-
sene. Questa sorgente forma un piccolo fiume, che scorre in vi-
cinanza dell'albergo e dei bagni, le sue acque sono limpide, non
hanno sapore di sorta, e tramandano un lievissimo odore di zolfo.
Un'altra sorgente provoca il vomito j e quella che si chiama di
Nostra Donna dà solo acqua fredda da maggio a settembre e non
più. Nel grande albergo in vicinanza dei [bagni all' insegna della
Casa Bianca si trovano tutti i comodi , che la solitudine e l' a-
sprezza del luogo concedono. Col seguente metodo si prendono i
bagni : l'ammalato comincia il primo giorno a stare nell'acqua per
mezz'ora ; vi si trattiene successivamente di più finché giunge a
starvi otto 'ore al giorno,* poi a mano a mano si diminuisce la
durata dei bagni in uguale proporzione. L'acqua calda scorre del
continuo in un vasto recipiente di forma quadrata, diviso in quat-
tro minori quadrati da una crociera , lungo la quale camminano
i medici e gì' infermieri. Si riuniscono gli ammalati senza distin-
zione di slato , d' età , né di sesso , e galleggiano sul!" actjua certe
DEGLI SVIZZERI I 43
tavolette di legno coperte di libri , di gazzette , di fazzoletti , di
cibi, o d'altre cose a comodo di quelli che si bagnano. ±\Tell' an-
no 1817 si fabbricò per lo stesso uso un edificio lutto di sasso,
assai più bello di quelli che già esistevano , ma dove i bagni si
pigliano ugualmente in comune. Nulladimeno a chi vuole bagnarsi
solo , è data una piccola stanza appartata ; ma la gran uoja di
trovarsi senza compagnia per sì lungo tempo disconforta quasi
tutti gl'infermi dall' appigliarsi a questo partito. Il muro, che di-
fende questo edifizio dalle avalanghe , forma una specie di pas-
seggio elevato da cui si dominano il villaggio e gran parte della
valle. Più delle vaghe cascate della Dala merita di esser veduta
la più breve delle strade , che mettono al casolare d' Àlbincu ;
essa è formata da otto o nove scale, poste verticalmente le une
sopra le altre , in modo che chi sale ha continuamente il preci-
pizio sotto i piedi ', cosa maravigliosa , e di cui non si può for-
mare idea chi non la vide (i).
Pittura.
Se gli Svizzeri non possono vantare tanti celebri pittori , quanti
ne vantano le altre nazioni più colte dell' Europa , se ne stanno
però paghi del loro Holbein.
Holbein-
Nel museo di Basilea si conserva una preziosa raccolta dei di-
segni e dei dipinti di questo celebre artista : due quadretti che
rappresentano un busto di una stessa donna sono di peregrina bel-
lezza : il Cristo morto, che giace disteso su di un funebre drappo
è un quadro di sommo pregio. Bellissimo è il ritratto eh' egli fece
d' Erasmo suo amico e suo protettore : questo dotto e rappresen-
tato nel mentre che scrive il suo Comnie/ito sopra di S. Matteo :
la sua attitudine non può essere più espressiva. La danza dei mor-
ti dipinta nell'antico cimitero dei Domenicani del sobborgo di
S. Giovanni, viene annunciata sempre agli stranieri come opera
d' Holbein , ed è una pittura ad olio fatta sopra i\n muro , e di«
fesa da un'inferriata. Ma essendo un somigliante dipinto stalo spesse
volte ritoccato , non vi si scopre più alcun vestigio del pannello
di questo gran maeslro. 11 signor Orazio Walpole, ed altri critici
(i) Abbiamo desunta questn descrizione dall'opera intitolata : Guida da
Milana a Ginevra sul SemfHUHe. Milano, i8aj.
l44 A!m E SCIENZE
profondi nell' arte hanno dimostrato cliiarnmente che questa pit-
tura non solo esisteva prima d' Holbein , ma che essa venne fatta
in memoria della pestilenza, che travagliò Basilea durante il ce-
lebre consiglio convocalo dal Pontefice Eugenio IV. nel i$3i. E
però verisimile che quest' antico dipinto abbia suggerita ad Hol-
bein l'idea di trattare lo stesso argomento con un'immaginazione
sì fertile, con sì profondo giudizio nella disposizione delle figure,
e con sì straordinario ingegno nella esecuzione, che Rubens lo
studiò con particolare attenzione, e ne disegnò alcune parti. Hui-
lar diede alcune incisioni di questi disegni , che divennero raris-
sime ; ed il De-Michel celebre artista di Basilea si occupava ad
inciderli nuovamente quando il Coxe visitò questa città (i). Ab-
biamo già veduto che la Svizzera ebbe un celebre scultore in JNahl
autore del monumento sepolcrale di sua moglie.
Scienze.
Un grande argomento per provare , che in questo paese *i
coltivano anco le scienze , si può desumere dalle accademie , ebe
si fondarono per l' incremento di esse j quali sono la società El-
vetica di Basilea, la economica di Berna, e la fisica di Zurigo j.
non che dai tanti musei d' antichità e di storia naturale , ebe si
veggono nelle varie città della Svizzera.
Istituzione.
In ogni parte poi si presentano stabilimenti di pubblica istru-
zione ', e rinomate sono le scuole di Sciaffusa , di S. Gallo , di
Coirà, di Neuchatel , ed i collegj di Zurigo, di Berna, di Gine-
vra , e di Losanna. Basilea ha nna celebre università fondata nei
1459, un orto botanico, che contiene le più belle piante esoti-
che, ed una biblioteca ricca di preziosi manoscritti.
Istituto di educazione del Pestalozzi.
Fra gli istituti di educazione, che si aprirono nella Svizzera
non si può passar sotto silenzio quello del Pestalozzi , a cui la
Baronessa di Staci tributò tanti elogi, mostrando l'eccellente me-
todo, che egli ha trovato per istruire la gioventù. Rousseau af-
fermava, che i fanciulli prima dell'età di dodici anni non ave-
vano la necessaria intelligenza per gli studj , che si esigevano, da
loro; onde ripetevano senza capire, e studiavano senza erudir».
(.1) Coxe. Leti. XLI.
DEGLI SVIZZERI I/{5
Ma il rimedio proposto da quel filosofo è ancor peggior del ma-
le: un fanciullo clie secondo il suo sistema nulla avesse imparato
sino all'età di dodici anni perduto avrebbe uno dei più preziosi lu-
stri della sua vita; le sue facoltà sì morali clic fisiche non acqui-
sterebbero mai più quella pieghevolezza , che solo può dare un
esercizio incominciato fin dalla prima infanzia. Il Pestalozzi volle
seguire un diverso metodo; ed ammettendo anch' egli, che spesso
i fanciulli non comprendono ciò che apprendono , ne studiò le
cause, e rendendo semplici e graduate le idee pose lo scolaro in
istato di comprendere, anzi di scoprire da se medesimo ciò che
gli si vuole insegnare.
Egli incomincia dalle matematiche, e si vale della geometria
per insegnare ai fanciulli il calcolo aritmelieo; persuaso che noti
è già l'intrinseca profondità della scienza, ma l'oscurità nel modo
di manifestarla, che solo può impedire ai fanciulli di apprender-
la. Lusinghiero , e singolare ( dice la Staèl ) è lo spettacolo, clic
nello stabilimento del Pestalozzi ci olirono lutti quei volti di fan-
ciulli , i cui lineamenti leggiadri , delicati e rotondi assumono na-
turalmente una riflessiva espressione: essi porgono spontanea at-
tenzione, e riguardano gli studj loro in quella guisa, che un uo-
mo di matura età si occuperebbe de' suoi proprj affari. È co- '
sa notevole , che nò il gasligo , uè il premio non sono necessarj
per {stimolarli al lavoro. Questa ò forse la prima volta , che una
scuola di cento e cinquanta fanciulli precede senza gli stimoli del-
l'emulazione e del timore. Quanti pessimi sentimenti non si ri-
sparmiano all' uomo , (piando si allontanano dal suo cuore la umi-
liazione e la gelosia, quando non gli si mostrano ne' suoi compa-
gni i suoi rivali, ne'suoi maestri i suoi giudici? Noi con buona
pace dell'erudita donna siamo di parere che si debba bensì tener
lungi dai fanciulli il timore, non già la emulazione, che dessa
confonde colla gelosia, e che l'esperienza ci dimostra a\er parto-
riti maraviglisi effetti nei giovanili animi. Il disegno e la musica
sono le dv.c arti, con cui il Pestalozzi cerca d'intcrlenerc e di
dilettare i suoi fanciulli. Ci ha un intero ordine di sentimenti
( cesi la Staèl ) dirò anzi un intero ordine di virtù che appar-
tengono alla cognizione , od almeno al gusto per la musica ; e
grande argomento di barbarie è quello di privare una copiosa parte
dell' uman genere di tali impressioni. Ma forse con soverchio en-
Cost. dell' Europa Voi. IX. io
*«£6 ÀKTI E SClIiHZE
tusiasmo si ò parlato di questo istituto $ giacché un eloquente filo-
sofo ( Fichte ) affermò j « che egli aspettava la rigenerazioue del
popolo Germanico dall' istituto del Pestalozzi ». E d'uopo confes-
sare almeno ( soggiunge la Staèl ), che un rivolgimento su tali
mezzi fondato non sarebbe né violento né rapido $ poiché l'edu-
cazione per buona che esser mai possa , è un nulla in paragone
dell'influenza esercitata dai pubblici avvenimenti: l'istruzione tra-
fora a stilla a stilla lo scoglio , ma il torrente via lo trasporta in
un giorno (i).
Manifatture.
Nella Svizzera si fabbricano fustagni , calze , tele di cotone ,
tappeti , coperte , cappelli , ed altre stoffe comuni. Le fabbriche
in cui si stampano le tele di cotone sono assai numerose, perché
questo è uno dei principali rami del commercio Svizzero. Sono
famose le concie de' cuoi di Neuehatel, i battilori di Basilea, i
nastri di Zurigo , e le mussoline di S. Gallo. Malgrado delle leggi
suntuarie s'introdussero nell'Elvezia le fabbriche dei velluti e delle
stoffe di seta.
Orologi.
Ma la principale manifattura è quella degli orologi ; giacché
ogni anno in questo paese se ne fabbrica una si grande quantità,
che ben si potrebbe affermare esser tutti gli Svizzeri intesi al-
l' arte dell' orologeria ; come alla vista dei monumenti Egizj si
disse che tutta la nazione dovea essere composta di scultori e di
architetti (2). Zelanti magistrati però alzarouo il grido contro que-
ste occupazioni che iuterlengono una gran parte degli abitatori
della Svizzera. « Dalle manifatture, diceva uno di essi, si ren-
dono gli uomini e deboli e timidi : forse queste moltiplicano il
loro numero , ma diminuiscono senza dubbio il loro ben essere.
Una moda fa sorgere un nuovo ramo d' industria , ma un'altra
moda fa rimanere senza pane quegli artigiani, che per essa furono
distaccali dai campestri lavori. Glaris ne ha di già fatta la triste
esperienza, e questo popolo perdette quasi intera quell'antica e-
nergia, per la quale saliva in tanta celebrità; tutti gli esercizj del
corpo pei quali andavano celebrati quei di Glaris sono caduti in
[i) Staci. V Alleninone. Pari. I. chap. 19.
(a Gèograph. Vniv, Toni. Vili. pag. 14.
DEGLI SVIZZERI I \~]
obblìo, e gli abitanti della pianura formano colà una ctirpe
bilmcnte inferiore a quelli delle montagne (i) ».
Pastorizia.
Numerosi sono gli armenti e le greggio, che pascono sui monti
e nelle valli dell' Elvezia . e le somministrano buone e copiose
lane, eccellenti formaggi, infra i quali si distingue quello di Or-
sera. (ìli Svizzeri poi seguono un sì buon metodo Dell'allevare i
cavalli; ed i buoi che tutti i Lombardi accorrono alla fiera di
Lugano per provvedersene; e vi lasciano ragguardevoli somme di
danaro.
Agricoltura.
Rocce quasi inaccessibili e deserte poste a frutto ; interi distretti
quasi afi'atto sterili ridotti a fertilità; il paese di Yaud, due secoli
prima incolto, rendnto quasi ridente ed ubertoso giardino; ecco
gl'importanti oggetti, che ci offre l'agricoltura di questo popolo.
Non credo, diceva Coxe, che vi sia alcun paese nel mondo, in
cui appariscono più evidenti i felici effetti di un governamento pater-
no, e di una instancabil industria quanto nella Svizzera. Seppero
gli abitanti superare tutti gli ostacoli , che la qualità del suolo e
del clima loro opponeva: essi riuscirono a chiamare la fertilità in
luoghi, che sembravano dalla natura creati per essere eternamente
sterili. 11 viaggiatore nell' attraversare le parti montuose rimano
attonito nel vedere gli scogli coperti di viti , o di pascoli , egli
scorge i solchi dell'aratro sull'orlo di precipizj così scoscesi, su
cui appena si crederebbe , che vi si potesse arrampicare un ca-
vallo (jì). Giammai, diceva uno Svizzero del passato secolo, s'avea
posta mano all' agricoltuia nel nostro paese con altrettanta cura e
felice successo , come negli ultimi tempi. Si erano introdotte di-
verse novelle produzioni le quali prosperarono nel nuovo terreno:
piante utili, frutta, grani di nuova specie aveano accresciuto il
numero delle derrate atte al mantenimento; e si era imparato a
sviscerare dal seno della terra la torba ed i carbon fossile. Varj
dotti avevano imprese lunghe e penose peregrinazioni in tutte le
parti della Svizzera , e bentosto non v'ebbe più veruna speci».'
di animali, di metalli, di minerali, che rimanesse sconosciu-
(i) Mallct. Bili, des Suisse. Part. IV. chap. 3.
(a) Coxe. Lett. XL1V.
1 48 A1ITI E SCIENZE
ta. I due Scheuchzer aveano primi segnato il cammino ; Ge-
sner , il grande Haller , il De-Saussure , alcune società instituite
in Zurigo ed in Berna avevano per ogni dove fatta sorger la bra-
mosia di applicare allo studio della natura , e discoperta una parte
delle immense ricchezze da essa in questo genere prodigalizzate
alla Svizzera (i).
Prosperità della Svizzera nello scorso secolo.
« Durante una pace , di cui nessun popolo del mondo può
vantarsi d'averne più a lungo goduto, dice Muller, un governo
dolce e benefico ha fatto sorgere nella selvaggia Elvezia una pro-
soerità, di cui pochi l'avrebbero creduta capace », I governi tutti
della Confederazione non d'altro si occuparono che del perfe-
zionamento dell' interna amministrazione. Non inferirono mai tem-
peste, morbi, carestie, inondazioni, senza che i magistrati non vi
apponessero efficacissimi rimedj. Nessun povero era privo del ne-
cessario vitto ; giacché a beneficio dell'indigenza si erano aperte
molte case d'industria, e molti ricoveri. Rari erano i delitti, e
non mai affollate le prigioni; onde il celebre filantropo Howard,
che avea scorsa quasi tutta l'Europa osserva nella sua opera Qi),
che la Svizzera e la Scozia sono i due paesi in cui trovasi minor
numero di carcerati ; ciò che da esso si attribuisce alla circostan-
za , che essendo quivi più generalmente che altrove curata l'edu-
cazione , essa preserva non solo dai delitti , ma somministra ancora
i modi di procacciarsi un onorato sostentamento, Tutto presentava
l'immagine della pubblica felicità della Svizzera nel passalo secolo,
e gli abitatori di essa ne facevano una viva pittura ntdle loro car-
te, ce Nella maggior parte dei Cantoni ( diceva uno di essi ) si
meritavano i coltivatori l'attento sguardo del forestiero e coli' amo-
re per 1' ordine , e colla giustizia e col rispetto per le cose al-
ti ui, e colla persuasione che fossero inviolabili le proprie. I rustici
casolari, gli attrezzi rurali, i campi coltivati, i bestiami, tutto
dava a divedere ed era modello d'intelligenza, d'ordine, di pro-
prietà. Il contadino colla sua famiglia era ben vestito, ben pasciu-
to ; le mandre diligentemente curate , i mercati abbondevolmente
(1) Mallet Bist. des Suiss. chap. 3.
(■2) L'ètat des prisons d'Angletei re et du pctjs des Galles , ainsi fjue
eelui de (juelques autres dans l'èlranger par Jean. Howard, 1777.
DEGLI SVIZZERI I 4&
provveduti , ed il prezzo delle derrate e del lavoro comprovavano
fino tra le montagne il ben essere generale (i) ».
Istituto di Ofwìl.
Non si può parlare dell'agricoltura, e della floridezza della
Svizzera senza far menzione del famoso istituto di Ofwil fondati)
dal signor di Fellemberg (2). Quest'uomo singolare si propose di
dare nel suo podere d'Ofwil l'esempio di un'agricoltura portata
al più alto grado di perfezione , di cui sia suscettivo il terreno
sul quale egli opera. Col perfezionare ^li sgomenti aratorj egli di-
minuì il numero degli animali necessari al Invero, e mostrò uno
dei mezzi di consacrare una maggiore quantità di terreno alla sus-
sistenza dell'uomo. La rotazione agraria di quattro anni introdotta
ad Ofwil produce più cereali, che in ogni altra parte della Sviz-
zera, ed ancor maggiore quantità di sostanze alimentari per l'uo-
mo ; delle (piali i pomi di terra formano un quarto. La quadrien-
nale rotazione, ed il miglioramento delle praterie somministrano
i mezzi di mantenere un gran numero di bestiami , che dia ab-
bondevole concime. Molte vacche si nutrono nelle varie stalle da
cui non escono giammai: solo vengono stregghiate fortemente più
volte al giorno per eccitarne la traspirazione. L'uso e l'applica-
zione dei concimi e combinato con una alternativa di arature più
o meno profonde. Ogni anno si dà alla terra d'Ofwil più di quel-
lo che le si toglie , e sene ricavano produzioni sempre crescenti,
colla qui sotto notata proporzione. i.° I grani «lei signor di Fellem-
berg aumentano ogni anno di qualità, comparativamente a anelli
de' suoi vicini. 2.° La proporzione fra la semente ed i grani rac-
colti è tutti i;li anni più favorevole; alcuni cere di danno già il 22
ed anco il i\ per uno , e Ja progressione costante verso l'aumen-
to prova che questo non si arresterà ad un tal termine. 3.° La
terra diventa ogni anuo più mobile , e 1' effetto combinato dei
concimi e dei lavori aratorj è sì notabile, che a profondità uguale
Ci) Malici. Hist. des Suiss. Tom. IV. ebap. 3,
(2} II Conte di Villcvicillc scrisse un'opera intitolata; Dell/1 istituzioni
d' Ofwil considerala più partici lai mente sotto i punti di vista che ini' cessar
debbono gli nomini di stato. Il Marchese De-Brcmc la frre ira durre iti
Italiano da F. Contarmi; ed il tipografo Vincenzo Ferrano la diede alla luce
nel iS-'i.
l5o ARTI E SCIENZE
non occorrono che sei cavalli pel grande aratro , mentre prima ne
facevano bisogno quattordici.
Podere sperimentato.
S'impiegano pei diversi sperimenti agrarj alcune porzioni sparse
di fondo, secondo che rinvengonsi più confacenti all'uopo. Quan-
do l'esperienza mostri l'utilità di un metodo , esso s'introduce
nelle altre parti del territorio posseduto dal signor di Fellemberg.
Officina per gli slr omenti agrarj.
\T'ha poi un'officina, in cui si fabbricano con grande esattezza
gli stromenti necessarj per la coltivazione de' campi. Il siguor di
Fellemberg si è procurato gli stromenti aratorj usitati in vari paesi,
e studiò assai profondamente le meccaniche per applicarle all' agri-
coltura. Nella sua officina non si fabbricano che macchine , la cui
utilità sia stata comprovata dall' esperienza , e che sieno state po-
ste in uso abitualmente ne' poderi d' Ofwil. Vi si ammira princi-
palmente il famoso seminatore , con cui si ottiene una grande eco-
nomia nello spargere le sementi. Il signor di Fellemberg ha in-
ventate varie macchine per arare, per battere il grano, per rac-
coglierlo , e per estirpare le cattive erbe.
Scuola d' industria pei poveri.
La scuola d' industria aperta pei poveri in Ofwil è il tipo della
migliore educazione per la più infima classe del popolo , e per
tutti i coltivatori in generale. Si ha cura di formare il loro cuore,
e di svilupparne le facoltà intellettuali e fisiche applicate alla gran-
d'arte dell'agricoltura, che devono esercitare, e che studiano pra-
ticamente. Questa scuola è diretta da Vehrly filantropo uguale al
signor di Fellemberg, e degno del suo signore quanto questi è
degno di lui (i). Una scuola simile venne istituita in Glaris e
(i) Conviene, dice il Conte Villevieille, escludere ogni somiglianza fra
la scuola d' industria e le scuole ordinarie dei villaggi, fra l'istitutore Vehrly
ed i pedagoghi di campagna, quali sono comunemente. Vehrly è il fratello
maggiore de'suoi allievi; ei non fa da prefetto né da professore j è sempre con
essi e cora' essi; nulla lo distingue da loro nel pranzo, nel vestito, nelle occu-
pazioni; agisce e lavora con loro onde desta in tal guisa 1' emulazione , e fa
sì che aspirino ad imitarlo. Se gli allievi debbono adoperare la vanga, ei l'a-
dopera con essi; se la falce, ei pure è il primo ad usarne; se segano il legno,
egli ha pronta la sua sega, e l'adopera ; se fan calze , ei le fa con esso loro;
se tesson paglie o fiscelle, egli fa lo stesso.
DEGLI SVTZ7.RIU l5l
siamo assicurati che si aprirà anche in Soletta ed in Ginevra. Si
pensa a beneficare nella stessa gnisfl le fanciulle indigenti , e la
loro scuola sarà diretta dalla signora di Fellembcrg. L' istruzione
che si dà a questi poveri versa intorno a queste materie ; reli-
gione; agricoltura ; pratica; lettura; scrittura; aritmetica ed un
po' di geometria elementare, che serva di base all'agrimensura;
la storia naturale considerata relativamente all'agraria; la storia e
la geografia della Svizzera , ma assai compendiosa ; e la musica
elementare.
Istituto di educazione pei ricchi.
Il signor di Fellemberg pensò anche alla buona educazione
dei ricchi, ch'egli sottopose ad un metodo salubre ed abbondan-
te , ma scevro da ogni delicatezza e ad un incessante esercizio.
La ginnastica disviluppa le facoltà corporee, e tende a formare
uomini agili , e sani e robusti ; gli csercizj militari preparano i di-
fensori alla patria. I giovani s'alzano a sei ore l'inverno ed a
cinque nella buona stagione; alle sette han già fatto colazione;
mangiano qualche cosa alle dieci, e pranzano a mezzodì. Dalla
levata al pranzo si dedicano cinque ore all' istruzione : merendano
alle cinque e cenano alle otto. Neil' intervallo che passa fra il
pranzo e la cena si consacrano quattro altre ore all'istruzione. Il
resto del tempo è conceduto alla ricreazione ed agli csercizj gin-
nastici riguardati dai giovanetti come divertimenti. Le materie ,
che si insegnano sono le seguenti: l.° l'istruzione religiosa; 2*° la
storia naturale secondo l'ordine de' suoi regni ; 3." le matematiche
dai primi elementi della numerazione, e dall'intuizione delle for-
me più semplici fino all'analisi infinitesimale; 4-° ^a lingua Tede-
sca doppiamente necessaria in Ofwil , perchè essa e la lingua pa-
tria del maggior numero degli allievi, e perchè serve all'istruzio-
ne; 5.° la liugua Francese considerata come mezzo ordinario di
comunicazione fra le persone dotte delle diverse società dell' Eu-
ropa ; 6.° la lingua e la letteratura Greca; 7.0 la lingua e lette-
ratura Latina ; 8.° la storia , e la geografia studiata secondo l'or-
dine de' tempi; 9.0 le matematiche applicate; io.0 la fisica e la
chimica; n.° l'introduzione allo studio della filosofia propria-
mente detta; 12.0 la musica; i3.° il disegno; i4-° la ginnastica,
nella quale si comprende l'equitazione, il nuoto, gli esarci//) mi-
litari e la danza. Questi varj rami d'insegnamento richieggono
I bl ARTI E SCIENZE
moki professori chiamati da varie parti , e molti impiegati che ac-
compagnano i giovani nei viaggi, che fanno per erudirsi (i).
CottEHi t r, TT s ^ p z E.
N«
on ci ha popolo , intorno alle cui costumanze si sieno pronun-
ciati tanti diversi giudizj , quanto intorno agli Svizzeri che dagli
uni furono levati a cielo, dagli altri eccessivamente inviliti. Per
non citare antichi esempj faremo menzione di un'opera recente,
in cui si dipinge questa nazione « aliena da ogni studio ; insen-
sibile a qualunque nobile passione ; priva dei piaceri e de' comodi
della vita e della società ; somigliante nella sua apatia alle gelate
cime dei monti , che la circondano (pi) ". Ma la sentenza di un
solo, che da se medesimo si chiarisce prevenuto da una passione,
e confessa di aver trascorsa rapidamente la Svizzera non può di-
struggere la verità di quanto molti altri scrittori affermarono in
(1) Chi avesse vaghezza di conoscere più minutamente quesl' istituto può
ricorrere all'opera citata del Conte Vilievieille. Meritano poi di essere qui
notale la parole della Staci intorno al Signor di Fellemberg. «Il Pestalozzi non
è il solo nella Svizzera Tedesca, che attenda con zelo a coltivare 1* animo
del popolo: sotto questo aspetto lo stahdimento del signor di Fellemberg mi
ha veramente recato maraviglia. Moltissime persone si sono quivi trasferite
per rintracciare novelli lumi sull'agricoltura, e si dice, che ne rimasero sati-
sfatte ; ma quello che più particolarmente merita la stima dell'umanità si è
la cura che il signor di Fellemberg si prende della educazione del volgo ;
egli fa ammaestrare secondo il metodo del Pestalozzi i maestri di scuola dei
villaggi , perchè dirozzino poi i fanciulli : i lavoratori che coltivano le sue
terre imparano la musica de' salmi, e ben presto si udiranno nella campa-
gna le divine lodi cantate da semplici, ma armoniose voci, che celebreranno
ad un tempo la natura ed il suo autore: finalmente il signor di Fellemberg
cerca con tutte le possibili vie di formare tra la inferior classe e la
nostra un vincolo liberale, un vincolo che non sia unicamente stabilito
sui pecuniarj interessi dei doviziosi e dei miseri. AUcmagne. Pari. I. chap. 14.
(2) Vedi il Viaggio di un anno dall'ottobre ìiSai, all'ottobre 1822.
Firenze, 1822.
DEGLI SVIZZERI lf)2
favore di cssn. Certamente anco presso di questo popolo si tro-
vano ed errori ed abusi , che pittarono profonde radici : ma esso
li rispetta perchè ebbero origine da' suoi antenati, onde si narra
che l'istruzione ordinaria data dalla corte di Roma al suo Nun-
zio nella Svizzera fosse la seguente : bisogna lasciar gli Sviz-
zeri nei loro usi ed abusi (1). ÌNoi pertanto descriveremo inge-
nuamente e gli uni e gli nitri; e ci arresteremo principalmente,
parlando degli abili, quelli degli abitatori della campagna; perchè
i cittadini seguendo le mode , che vengono or dalla Senna , or
dal Tamigi , non hanno in questa parte un costume speciale.
Costumi di Zurigo.
Fin dai tempi dell'Imperatore Enrico IV.. prima della fine
dell' undecimo secolo Zurigo era considerata come una citta ab-
bondevole d' ogni cosa ; e si leggeva sopra di una delle sue
porte : Nobile Turegum multarum copia rerum. Si introdusse
dappoi quel proverbio; che se Dio ama uno Svizzero, gli dà
una casa in Zurigo; e ciò addicene perete il gran commercio
ha arricchita questa città, e la rendette bella, popolosa e frequen-
tala dagli stranieri (2). La letteratura Alemanna è molto più col-
tivata in Zurigo, che negli altri luoghi della Svizzera; le stesse
donne amano la lettura dei libri Tedeschi, e sono assai versate in
questa lingua, e la parlano con molta dolcezza.
Semplicità e bontà dei Zurighesi.
Il Dottore Burnet , Vescovo di Salisbury che scriveva alla
fine del secolo decimosettimo riferisce d' aver notata in Zurigo
l'antica semplicità degli Svizzeri qua] era ai tempi, in cui il vi-
zio e la vanità non l'aveano ancora alterala. Le donne viveano
con una si grande ritenutezza, che non trattavano famigliarmente
se non coi loro più prossimi parenti, e non rendevau nemmeno
il saluto agli stranieri ne' quali si scontravano per via (3). Il si-
gnor llamond poi , commentatore di Coxe , ci diede più recenti
notizie intorno ai costumi dei Zurighesi. Una .semplicità di co-
stumi antichi, dice egli, una integrila veramente repubblicana,
(1) Tableaux de la Suissc. Tom. Vili. pag. \ \ 5.
(a) Intorno al commercio di Zurigo si consulti un trattalo di Giovanili
Enrico Selline inserito nel secondo volume delle Memorie dilla società fisica
Ai Zurigo.
v3) Tableaux de la Suisse. Tom. Vili. pag. 35;.
I 54 COSTUMI ED USAICZE
un' alterezza nazionale , che non partecipa punto dell' orgoglio ,
formano il carattere del popolo e degli individui. Che se nulla è
più rispettabile dello stato civile di questo Cantone, nulla altresì
è più importante del suo stato morale , e più commovente dello
spettacolo dell'interno delle loro famiglie: l'amor conjugale è
quivi nello stesso tempo un sentimento, una legge, un uso -, la
pietà filiale partecipa ivi di quel rispetto cieco , che formava la
virtù dei figliuoli nelP epoca patriarcale ; una profonda venerazione
per la memoria degli estinti li tiene sempre presenti alla remini-
scenza dei vivi. Vidi nella maggior parte delle case i ritratti dei
morti della famiglia, rappresentati sul letto funereo, cogli occhi
chiusi alla luce , quali erano quando furon veduti per l' ultima
volta. Queste tristi immagini che sembrano sì spaventevoli ad
un Francese che risparmia il suo cuore come un fanciullo troppo
vezzeggiato, e che fugge accuratamente lutto ciò, che potrebbe
muoverlo facilmente , sono quivi un oggetto confortatore per uo-
mini che sanno amare, e non paventano nulla nell'amore, nem-
meno le sue pene. I due sessi comunicano assai poco insieme;
come addiviene nella maggior parte delle città della Svizzera e
della Germania ; e da ciò nasce che tanto l'uno quanto l'altro
si danno in preda ai diletti loro proprj e naturali. Il caso mi
mostrò dieci donne unite per distrarsi dalle loro cure con tran-
quilli divcrtimeuti , mentre i loro padri, fratelli e mariti si ra-
gunavano altrove per gli esercizj militari e per un lungo passeg-
gio (0-
Contadini Zurighesi.
i contadini dei dintorni di Zurigo, che noi presentiamo nella
Tavola 26, non sono già quelli, che ci vengono dipinti negli I-
dillj di Gessner; ma in mezzo ad una minore eleganza nelle
forme si scorge la stessa semplicità nei costumi. Il loro abito in-
dica l'amore alla fatica, e gli umzj rusticani; eie loro fisonomie
portano l' impronta della purezza dei costumi. In fatto questa
schiatta ò distinta dal suo amore per la pace, a dal suo rispetto
per le leggi. Una gonna che non arriva che al ginocchio, un
grembiale dipinto a fiori, un collare che ha somiglianza con quelli
che si usavano nel secolo XVI., e discende sul petto, una nera
(1) R.imond. Nat. aux. Leti, de Coxc. Tom. I. pag. i3i.
/■:,„: /.;/./.! :
Tao. 26
fó(m faa&t t &6ù* /'//<"<>
-.
THE ISBRABY
OF THE
cantèaìiTV cf tuiaots
DEGLI SVIZZERI l55
fascia che annoda le chiome , le quali cadono sugli omeri , for-
mano il costume della contadina Zurighese. I due contadini nou
sono distinti che da larghi ed increspati calzoni (i).
Costumanze di Berna.
Berna è piacevolissima per la vita sociale: la gentilezza Fran-
cese tramescolata alla gravità degli Inglesi forma il carattere ge-
nerale de'suoi abitanti. Le donne, deposta quell'alterezza, che ad
esse si rimproverava un tempo, sono ora amabilissime, e siffatta-
mente eleganti, che se passassero dalle rive dell' Aar a quelle della
Senna non sarebbero riconosciute come straniere. Fra le leggi
suntuarie , cui sono sottoposte ve n' ha una , che ad esse vieta di
far uso di veri diamanti ; onde possono portare tanti diamanti
falsi quanti ne vogliono, mentre in Friburgo, città distante sei
leghe da Berna la legge dello stato , che prescrive alle donne di
non portare che diamanti veri, sottopone a gravi ammende quel-
le, che ne portassero di falsi. I due legislatori ebbero senza al-
cun dubbio i loro motivi pubblicando leggi cosi contraddittorie (2).
In generale poi le donne della Svizzera rinunciarono alla primi-
tiva rustichezza , alle maniere riservatissime , ed alla austerità delle
loro avole ; nò più come esse tengono lontani i cavalieri col ba-
stone e colle unghie. I modi più gentili da esse abbracciati non
permettono più un sì grande rigore; elleno accolgono gli uomini
cosi famigliar mente , e colla stessa libertà che in Francia. Uno
scrittore Francese affermò, che le Svizzere non sono atte a nu-
trire amori nascosti , nò a dischiudersi il cammino ad un intrigo
amoroso colle vie dell'arte e dell'industria, perchè nessun libro
fa menzione dei loro amori. E bensì vero che un avanzo dell'an-
tica modestia rende più ritenute le donne della Svizzera ; ma delle
molte loro avventure se ne potrebbero formare soggetti di varj
romanzi (3).
Conversazioni.
Il gusto delle conversazioni composte di amendue i sessi si è
introdotto nelle principali città della Svizzera , e specialmente in
Berna. iNegli antichi tempi si adunavano i soli uomini, e la loro
(1) Birmana. Colteci. N. G.
(1) Tableaux da la Suisse. Tom. Vili. pag. 260.
(3. Etat et Ddices de la Suisse. Tom. I. pag. 337. e seg.
I 56 COSTUMI ED USAITZE
società clnamavasi con particolare vocabolo Cabaret , Estaminet :
in essa regnava molta ingenuità e franchezza in mezzo a maniere
aspre e dure ,• il giuoco del Tarocco ed il vino rallegravano que-
gli uomini, i quali spesso si dilettavano anche di trasmettersi a
vicenda il fumo delle loro pipe. A questi usi succedettero ora in
Berna le conversazioni promiscue d'uomini e di donne, in cui
si giuoca ( sono però sempre esclusi i giuochi di sorte ) , si sorbe
il caffè , e si prendono gelali. I costumi in tal guisa s' ingentili-
rono ; e le maniere selvaggie ed aspre sono sbandite dalla vita
socievole (i). La nobiltà Bernese però è accusata di presunzione
e di orgoglio , e si notò che essa schiva con somma cura di con-
versare coi cittadini di una classe inferiore ; e che a stento le loro
donne e figliuole si tramescolano nei "balli e nelle conversazioni
a quelle dei negozianti ; onde un ballo unicamente composto di
persone qualificate perde in allegria ciò che guadagna in dignità,
e spesse volte è tanto nojoso quanto augusto e solcune (2).
Persone di penna.
Si appella in Berna una persona di penila, colui che è dotto
od almeno studioso: talvolta si applica questo nome indistinta-
mente a coloro , i quali servano la repubblica , ancorché sieno
lontani dalla patria , e militino sotto stranieri vessilli. Particolar-
mente poi sono con questo titolo distinti i giurisperiti , i medici ,
e gli scienziati di ogni genere (3).
udbito delle Bernesi.
Le Bernesi delle classi inferiori presentano una singolare ac-
conciatura. Nella Tavola 27 ne presentiamo due trasportate dalla
campagna alla città , ove divennero ancelle , e si diedero cura di
conciliare la moda coli' antico costume. Singolari sono le ali di
quella specie di cuffia, che l'una porta, ed il cappello adorno di
fiori , con cui 1' altra si copre la testa. L'eleganza del loro abito,
e la loro naturale bellezza sembrano giustificare la maraviglia del
venditore di lalte che le sta mirando. Nel fondo della tavola si
scorge la cattedrale di Berna , edificio maestoso cinto da uà bel
terrazzo (4).
(1) Tableaux de la Suisse. Tom. Vili. pag. 265.
(2) Moore. Lett. d'un Voyag. Anglois sur la Fi ance, la Suissr, e l 'Alle-
magne. Tom. I. pag. 2G8.
(3) Tableaux de la Suisse. Tom. Vili. pag. 270.
(4) Binnann. Collect. N.° 45.
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DEGLI SVIZZERI I 5^
Osservazioni generali su/l'abito delle donne Svizzere.
Le signore di Berna imitano le acconciature di Londra, mentre
quelle di Lucerna , di Friburgo e di Soletta seguono le mode di
Parigi. Ma le dame seguaci delle mode Francesi non osano com-
parile nelle società della domenica e delle altre feste, se non ve-
stite di nero , e senza diamanti , mentre quella medesima legge ,
che le condanna a questa specie di penitenza permette alle dame
vestite all' antica di portare nei ridetti giorni i diamanti, e di far
uso di varj colori. Ma si dee notare che anco nelle acconciature
e negli abiti antichi si scorgono le traccie delle mode Francesi 5
ed i berretti di Lucerna e di Soletta andarono sottoposti alle
grandi metamorfosi delle medesime. Per molto tempo però con-
scrvossi una grande distinzione fra le patrizie e le popolari: una
benda di colore dava risalto all' acconciatura delle prime, ed una
nera distingueva quella delle semplici cittadine. Un viaggiatore
narra che arrivando a Berna credette di essere in Turchia, (piando
vide le donne coprirsi il viso con un velo di Firenze , che le di-
fendeva dai raggi dei sole, dal vento e dalle mosche. In Basilea
le persone qualificate seguono le mode Francesi , eccettuate le
domeniche, in cui ciascuno è obbligato a comparire vestito di nero.
Poche donne in questa città si fanno arricciare i capelli , ed un
regolamento della riforma dopo aver mostrato quanto sia inde-
cente alle donne il farsi pettinare dagli nomini prescrive dì fug-
gire gli eccessi di una allettata acconciatura. Le più belle chiome
sono fermate all' indietro, e nascosi.' sotto un berretto di storta
d'oro o d'argento, che ha la forma di quel berrettino, che i no-
stri sacerdoti usano di portare sotto il cappello. In Baden le donne
usano larghe cuffie con orecchie . Da Tboun fino a Berna
le contadine portano cappelli neri somiglianti a quelli degli uo-
mini ; ne! Cantone di Friburgo si coprono il cnp ■> con eleganti
cappelli di piglia , che in alcuni luoghi hanno una forma pira-
midale. Nel paese di A and fino a Ginevra ed. a Neuchatel sono
le donne distinte da vesti tagliate alla Francese , e di mussola (i).
(«) «Fidandomi all'Ebel, ed al Saussure io credeva ili trovare in Vevey
Dna popolazione sformata dal gozio, ma rt>a piacere mi apparve che me ri tassa
maggior credenza d Bourrit, che ne lo la i ■. li ir. fatto ci cor-
sero all'occhio foroselle di tutta avvenenza. Alcune ji irtavano il cappello
appuntato alla Chiuesc} altre come le nostre cilta.line vestivano co' guanti
I 5R COSTUMI ED USANZA
Nel Cantone di Soletta , ed in una parte del Cantone Alemanno
di Berna si scorgono piccoli , ma eleganti cappelli di paglia. Il
signor Andreas d' Ilanovre narra di aver veduto alla fiera di
Zurzach le acconciature di tutta la Svizzera strette, larghe, alte,
basse, corte, lunghe, unite, arricciate, bianche e nere, con fiori,
con penne, con nastri, con seta, con argento, con oro, ed alla
Sultana. L'abito delle donne del paese d' Hazel nel Cantone di
Berna ha una rassomiglianza grandissima con quello delle Gre-
che moderne di alcune isole: le vedove portano una specie di
berretto , che corrisponde assolutamente alle mitre delle donne
dell'Arcipelago; è però molto meno alto. Nulla v'ha di più ele-
gante dell'acconciatura delle donne A' Hazel , che sono quasi
tutte alte ed avvenenti; le loro chiome sono con vaga negligenza
intrecciate intorno al capo , o pendono in lunghe treccie sul collo
e sulle spalle ; ma la persona è involta , anzi nascosta in larghi
giubboni , che esse annodano si alto, che le rendono deformi.
Le contadine del Cantone di Soletta portano sempre cappelli di
paglia con grande finezza lavorata , e sembrano annunciare la pri-
mavera anche in mezzo dei freddi del verno. Questa maniera di
cappelli è appellata dai cronologi latini pileus foeninus. Nel Can-
tone di Schwitz, ed in quello di Zug si veggono le plebee fu-
mar la pipa con voluttà simile a quella delle donne Moscovite.
Le cittadine sono distinte in questo Cantone dall' aggiustacuore , le
contadine dall' imbusto; le prime coprono il collo con un fazzo-
letto di seta , o di tela fina ; le altre con un largo collare di tela
ordinaria; quelle hanno la testa ignuda, ma ben pettinata; que-
ste nascondono i crini sotto un cappello di paglia. Nel Can-
tone di Underwald le donzelle usano di coprirsi la testa con ber-
fino alla metà superiore del braccio ; avevano altre le chiome ravvolte a
gran ciocche intorno al capo. Friburghesi o Bullesi erano queste; natie del
paese le seconde, e de* contorni le prime Le donne dì Losan-
na non reggono per mio avviso al confronto delle vezzose Ginevrine ne
per l'avvenenza del volto, nò per la leggiadria del portamento Le
fanciulle Ginevrine delle classi ricche , hanno certamente molta eleganza
di costumi, ed assai coltivato l'ingegno: anzi per fino tra le zittelle più
povere di quella città s'incontra un'istruzione, che talvolta indarno cer-
casi nelle damigelle di alto nascimento in Italia. Ma l'amabilità loro è una
copia stentata della grazia Francesce del decoro Britannico». Peregrina-
zioni di D. B. Voi. I. pag. 61 e 129.
DEGLI SVIZZERI I 5g
retti adorni di piccole rose, dai quali pendono le ciocche de' ca-
pelli. Neil' Argovia e generalmente in tutti i luoghi montuosi le
gonne delle femmine sono assai corte, perchè non le impaccino
nel salire e nel discendere (i).
Costumi dì Uri , di Scliwitz ed Underwald.
Il Conte di Albon ha latto un bellissimo quadro dei costumi
dei tre primi Cantoni popolari. In uno stato , dice egli , in cui
gli abitanti nulla trovano che possa eccitare la cupidità, muovere
le passioni violente , e moltiplicare i bisogni ; in cui 1' uomo ò so-
brio per necessità, quando noi fosse per temperanza; in cui i
costumi sono puri, le virtù comuni, rari i vizj , si commettono
senza alcun dubbio pochi delitti, e la spada delia giustizia non
ha molti colpevoli da punire. La maggior parte delle case rimane
semprelaperta quando la stagione il permetta; quantunque i pa-
droni sieno assenti ed occupati o nei villaggi , o nei campi, pure
essi non sono turbati da veruna inquietudine, da alcun timore: le
loro case hanno un' eccellente difesa nella probità degli abitanti.
Qualunque più lieve delitto è quivi sempre considerato come gra-
ve ,• ogni scandalo pubblico, ogni atto che tenda a distruggere i
buoni costumi è sempre gastigato. Colui, che oltraggia la fedeltà
conjugale, e dichiarato infame agli occhi della unzione, e va sog-
getto alla doppia pena e di perdere i suoi beni , e di essere dan-
nato ad un perpetuo bando. Un uomo ubbriaco che si mostri in
pubblico è costretto ad astenersi per qualche tempo dal vino. La
gioventù non ama nulla di frivolo , e riguarda come il più bello
degli adornamenti quelle armi , che brandisce in difesa della pa-
tria. Ma questi costumi degenerarono insensibilmente dalla loro
bella ed antica semplicità , e si tacciono come autori di una tale
decadenza quegli nlfiziali , che vanno a militare sotto stranieri
vessilli (2). Una grande franchezza ed ingenuità forma il carattere
degli abitanti di Schwitz: e fra molti fatti con cui si potrebbe
provare che essi sono forniti di queste doti un solo ne riporte-
remo. 11 Barone di Reding Lamlaniano di questo Cantone si
Ci) Abbiamo estratte queste notizie generali intorno agli abili delle don-
nc Svizzere da varj viaggiatori , e particolarmente dal fiaggiu di Andreas
di Ilauovre, e dall' Opera di Zurlaubcn. Tom. Vili, dalla pag. '4 7 5 alla |i>2.
(2) Albou. Discours sur la Suisse. Tom. I. pag. \- e srg. Neucha-
iel, 1779,
l6o COSTUMI ED USAjXZE
era mostrato contrario ad un partito proposto nella dieta generale
di Frauneveld: il deputato di Berna incollerito per siffatta op-
posizione ripetè il verso di un Latino poeta, che dice:
Urbs faclt urbanos- , Aìpe.s alpestria gignunt j
Il Landamano senza scomporsi soggiunse con maravigliosa pron-
tezza :
Urbs facit injlatos , mentir I , et fallere nietos*
La franchezza degli abitanti àA Cantone di Schwitz trasse loro
addosso l'odio di molti dei loro confederati, ed un poeta Latino
di Zurigo li dipinse con negri colori, dieci chiariscono della pas-
sione , da cui era egli animato nel vergare quei versi (i). Lo
stesso carattere domina nel Cantone di Uri , e di Underwald ,
ove se non si trova grandissima coltura , si rinviene però sempre
uno squisito buon senso in guisa che un poeta Francese cantò in
un dramma , che il buon senso è Svizzero. Questa loro qualità
è cagione che sieno tenti nel deliberare, dicendo che la pazienza
è una buona armatura contro i mali e contro gli sciocchi. L'o-
spitalità è una delle virtù connaturali agli abitatori di Under-
wald : e chi viaggia a piedi nel loro paese , purché non offenda
que' semplici abitanti con un pomposo lusso, può andarsene di
casa in casa , e trovarvi un asilo gratuito offerto da un vero buon
cuore (2).
Il costume degli abitanti di Schwitz nulla offre di notevole r
se si eccettui un largo cinto di cuojo , che riesce loro necessario»
quando discendono dalle montagne. Ael dipingere gli abiti di
Guglielmo Teli, e dei tre capi della Confederazione Elvetica ,
(t) Ferttlis est valli $ , coi lo suavis , generosa ,
Vlanlis jucunda , Jlumine lacte Jluens ,
Iluic Schwitz est nomea , haec undique tangitur allis
Montibus , et lacubus , nec sibi sitata palet ,
Nobiiis est tellus , ignobilis incola , fida est
Humus, infidus incoia , frauda satur.
linee gens rege cai et , et lege.
(a) Tableaux de la Suisse. Tom. Vili, dalla pag. a8y alla 307.
DEGLI SVIZZCIU I (7 I
abbiam veduto, che questo cinto di cuojo stringeva le loro vesti;
e che di essi si poteva dire ciò che Danto cantò degli antichi
Fiorentini, che andavano cinti d'osso e di cuojo. Uè donne
stringono le scarpe con piccolo fibbie d' argento ; e talvolta si co-
prono la testa con un borretto singolarissimo, che propriauuiK<?
presenta la figura delle ali della farfalla. La classe agiata di Sch-
wilz è vestita presso a poco alla foggia degli abitanti delle altre
città della Svizzera. Un imbusto , una enfila adorna di fiori , lo
scarpe colle fibbie, i pendenti alle orecchie, e la collana distin-
guono la sposa che vodesi seduta nella Tavola atf (i).
Il Kamond nelle sue osservazioni alle lettere di Co\e afferma
che 1' alterezza, o piuttosto l'orgoglio nazionale forma il carattere
particolare degli abitanti di Sehwitz ; mentri! i Cantoni d' Uri e
di Zug si dividono la fama di essere popolali dai più rozzi ctl
intrattabili paesani di tutta la Confederazioni' , e si distinguono
per la loro turbolenza nelle assemblee generali , le quali olirono
talvolta spettacoli sanguinosi (2). L'autore dei Quadri della Sviz-
zcra difende gli abitanti di Zug da questa taccia , e li dipingo
come ingenui, tranquilli , e zelatori del bene della loro patria. 11
Barone di Zurlauben nacque in Zug ai 1 5 giugno del 1087, e
morì in Parigi al servizio della Francia ai 3i dicembre del 1770.
Avendo un cortigiano tentato di denigrare la fama di questo per-
sonaggio al cospetto di Luigi XV. : quel eli io so di '/siiianben,
disse il Monarca, si e ch'egli non ha giammai mentito (ii). A
questo illustre personaggio la Svizzera va debitrice dell'opera
grande, di cui abbiamo spesse volte fatto menzione, cui a buon
dritto si può dare il titolo di Biblioteca della. Svizzera. 11 si-
gnor QuetaBt 1' accrebbe ; ma i materiali erano stati preparati e
disposti con grande accuratezza e dispendio da Zurlauben, il
quale volle così lasciare un perenne monumento del suo patrio
amore.
Carattere degli abitanti di Crlaris e di Appetiteli*
I contadini del Cantone di Glaris meritano a motivo della loro
intelligenza , e delle facilità di conformarsi alle buone usanze , il
(1) Birmann. Cullect. K.» 3i.
(a) Observ. sur les Lett. de M. Coxe. Tom. I. pag. \i.
(3) Tableaux de la Suisse. Toni. Vili. pag. 3 io.
Cost. dell'Europa Poi. IX. 11
1 G-l COSTUMI ED USANZE
primo grado fra i contadini della Svizzera. Moki di essi escono
assai giovani dalla loro patria , ed acquistano una grande espe-
rienza nei loro viaggi. L' industria colla quale essi cercano di vi-
vere con certi agi indusse alcuni scrittori a tacciarli d' avarizia ;
e Faesi nella sua Topografìa della Svizzera dice che talvolta
l'amor del guadagno l'induce a trar partito da ogni cosa, ab-
bencliè non sia gran fatto onesta: lucri bonus odor ex re quali-
bet. Una gran tolleranza religiosa distingue questo popolo , giac-
ché quantunque esso sia composto di Cattolici e di Protestanti ,
pure non vi nascono dispute , né dal contendere colle parole si
viene giammai alle armi (i). Gli Appenzellesi vennero anch'essi
accusati d'avarizia e di malignità. Le loro donne sono fecondis-
sime , ma siccome il paese non basterebbe a nutrire tanta popo-
lazione , così la maggior parte va a cercar ventura presso le altre
nazioni, fralle quali però conservano sempre l'amore verso il luogo
natio. Generalmente essi van soggetti al così detto mal del paese
od alla Nostalgia che consiste nel dispiacere di esser lontano
dalla propria patria $ onde si dice che il suicidio è presso degli
Appenzellesi assai frequente. Si nota altresì in essi un grande ab-
borri mento alle novità; giacche, sogliono dire, le novità nulla
operano di buono, noi vogliamo attenerci alle nostre antiche
maniere (2).
Influenza del clima e della situazione sui costumi.
La somiglianza, o la varietà dei costumi, che si scorge fra
gli abitatoli dei diversi Cantoni Svizzeri dipende dalla somiglian-
za , o dalla diversità dei loro paesi. I costumi degli Appeuzellesi,
a cagion à.' esempio , somigliano d'assai a quelli degli abitami dei
tre primi Cantoni , perchè il lor paese è assai montuoso ; e non
comprende città murate, ma solo due o tre borghi, fra quali si
distingue quello che porta il nome del Cantone. Per vero dire ,
tutta questa regione , eccettuate le parti , nelle quali non si tro-
vano che nudi scogli, non è che un vasto villaggio non interrot-
to, che comprende varie capanne, ciascuna delle quali ha il suo
piccolo territorio, consistente in uno o due campi ed in eccellenti
pascoli. Le capanne si distinguono per la grande pulitezza che vi
(1) Trumpi. Chi 011. de Canton de Glaris. Tom. I.
fa) Walser. Chrun. de Cant. d' A\) penzoli.
DEGLI SVIZZERI lfà
regna. Ad una «attirale letizia e vivacità gli abitanti accoppiano
una naturale franchezza ed un sentimento d'uguaglianza, che na-
sce da quello dell'indipendenza (i).
Costumi dì Basilea , di Friburgo e di Soletta.
Il Poeta Glarcano paragonava nel 1 5 1 4 la città di Basile;*
all'antica Marsiglia per la legislazione, ed alla dotta Alene per
la coltura delle scienze (a). La soverchia libertà noccpie ai co-
stumi dei cittadini di Basilea j e l'opulenza dei mercanti j e l'a-
giatezza degli artigiani hanno aumentato il lusso, che però non
sarà giammai cosi pericoloso in una città data al commercio, quale
è Basilea , come lo sarebbe negli altri stati Aristocratici dell'El-
vezia ove il cittadino dissipatore riguarda lo stato come suo pa-
trimonio, ed ove colui, che ha prodigalizzato il suo, rare volle
ha rossore di appropriarsi quello della sua patria. La tolleranza
religiosa è una delle commendcvoli qualità degli abitanti di Ba-
silea , che non vollero seguire quel rigore , che le città riformate
della Svizzera esercitavano verso coloro, che non volevano sottomet-
tersi alla così detta Formula Consensus. Gli affari spirituali si deci-
dono da un concistoro chiamato Conveiitus llieologìcus composto
dall' 'Antistite ossia primo pastore della città, da tre altri pastori; da
tre professori di teologia, e da quattro membri del piccolo consiglio,
che sono anche curatori dell' università. I Friburghesi al con-
trario sono notati di pinzochcria , e di uno zelo religioso che par-
tecipa molto della superstizione , non che di grettezza , solendosi
applicare a questi abitanti un proverbio Alemanno; che essi sa-
lirebbero dividere in quattro parti un grafia di pepe. Essi par-
lano una specie di lingua romanza in cui si trovano varie espres-
sioni, che si leggono nei canti dei trovatori, nel romanzo della
Rosa, ed in Rabelais. Un Appenzellese era solito di dire, che
per conoscer bene uno di Friburgo non basta un giorno solo $
ma che ja iV uopo di pia di un anno per frugarlo. In Friburgo
si cena a sei ore della sera, e dopo si conversa con molto garbo:
e le dame vi sono molto gentili. Maggiore eleganza di maniere
ancora si nota dal viaggiatore in Soletta che fu chiamata il pie-
(i) Coxe. Lett. IV.
(a) Panegiricon XI li. IIcL'cliac \mriium, pag. aa iu Tuesauro. Histor.
Hclvet. liguri , 1735 , io f.°
I 64 COSTUMI ED USABTZE
colo Parigi. L' eleganza delle maniere, che domina in questa
città , e la vita socievole che vi si conduce sono attribuite alla
residenza che vi fa 1' ambasciatore Francese. Sciaffusa al contra-
rio non presenta oggetti gran fatto allegri , perchè è sottoposta a
leggi suntuarie troppo rigorose che vietano perfino la danza.
Costumi di Sciaffusa e di S. Gallo.
La città di S. Gallo si arricchì moltissimo coli' industria dei
suoi abitanti , i quali applicati alle manifatture trascurarono la mi-
lizia. Lagnandosi un ispettore con un capitano di S. Gallo per
aver trovali pochissimi suoi cittadini nella compagnia cui esso co-
mandava, ei gli fece la seguente risposta: « me ne dispiace ', ma
a malgrado di tutti i miei sforzi io non ho fino ad ora avuto ba-
stevole ingegno per persuadere a' miei concittadini di preferire la
mercede di sei soldi e mezzo al giorno invece di trenta che essi
guadagnano nelle manifatture (i). »
Tutto in S. Gallo è attivo e vivace ; tutto annuncia Y indu-
stria ; tutto contrasta colla cupa solitudine della vicina città di
Costanza. Le scienze e le lettere vi sono in grande estimazione ;
e molte ricche famiglie Sangallesi si stabilirono in Lione, in Mar-
siglia , in Genova, in Cadice, nell'Olanda e nell'Inghilterra. Coxe
si mostra maravigliato per aver veduto in mezzo ad un attivis-
simo commercio un sì grande amore per le scienze e per le let-
tere. Ma più grande ancora dovette essere la sua maraviglia , al-
lorquando vide le arti belle assai stimate in Basilea , ove vivo è
il commercio dei quadri ; ed ove spesso si scorge nelle case dei
negozianti da una parte il magazzino delle merci coloniali e delle
manifatture, e dall'altra una galleria di quadri, od un museo
di naturali curiosità. « Fiorisce il commercio de' quadri in Basilea
al presente , volendo ogni dovizioso averne raccolta ; prova delle
grandi sostanze che quivi sono adunate. Il giardino del signor
Foscard in città è disposto con pellegrina vaghezza , e mantenuto
con indicibili cure: l'eremitaggio segnatamente meriterebbe d'esser
copiato nei nostri giardini di Lombardia (a) ».
Costumi di Ginevra.
I costumi di Ginevra ebbero le loro vicende , e furono di-
(i) Tablcaux de la Suisse dalla png. 370 alla 3q3 , Tom. III.
{■2) Vedi nel citato Frammento di un Viaggio nella Svizzera il viag-
gio da Sciail'usa a Basilea.
nnr.Li svrzzrr.i if»:*
Veni , secondochè variò lo stato di quella cittì». Nel XV. .scroio
il Pontefice Martino V. tornando dal concilio di Costanza passò
tre mesi in Ginevra, e si pretende che scherzando dicesse: non
sumus G-eoennit , sed Gehennis} cioà non siamo in Ginevra (che
latinamente chiamava*! (lebe/ina) ma in Geenna , ossia nel fuo-
co dell5 inferno. Si vuole altresì che Enea Silvio Piceolomini , se-
gretario del concilio di Basilea , e poscia Pontefice sotto il nome
di Pio II. dicesse in generale degli abitimi del Ibernano, che essa
era una schiatta rissosa. Alcuni però son d' avviso , che si sieno
apposte a Ginevra somiglianti laccie dopo elio essa divenne il cen-
tro della Riforma Evangelica. Ria i moderni pronunciarono un
giudizio diverso sopra onesta città , di cui dissero ingenuamente il
Lene ed il inalo. Il Cavaliere di Bouflers cosi si esprime intorno
ad essa, ec Jori visitai per la prima volta Ginevra: è una grande
e trista citta abitata da uomini , che non han difetto nò di inge-
gno nò di danaro , e che non si giovano nò dell' uno nò dell' al-
tro. Ciò che v' ha di bellissimo in Ginevra sono le donne ; esse
si annojano mortalmente, ma ben meriterebbero di divertirsi. Il
popolo Svizzero ed il Francese somigliano a due giardinieri, l'uno
de' quali coltiva i cavoli, e l'altro i Gori. Osservate anche con me-
co, che quanto meno l'uomo ò libero, tanto più amale donne (i)'**
INI * per conoscere meglio i costumi di Ginevra ò d'uopo di ri-
portare ciò che ne dice il suo celebre cittadino Gian-Giacomo Rous-
seau in quella sua famosa lettera sugli spettacoli indiritta a d' A-
lemhort. «'Ginevra è ricca, gli è vero; ma quantunque non vi
si scorgano punto quelle enormi sproporzioni di beni di fortuna,
che impoveriscono tutto un paese per arricchire alcuni abitanti ,
e seminano li miseria in mezzo all'opulenza, pure ò certo che
se alcuni Ginevrini posseggono grandi dovizie , molti vivono in
un'assai dura inopia, e che l'agiatezza del maggior numero pro-
viene da un lavoro assiduo, dall'economia, e dalla moderazione
piuttcslochè da una positiva ricchezza. Ben vi sono molte città più
povere della nostra, ove il cittadino può consacrare molto di più
a'suoi piaceri, perchè il territorio, che lo alimenta non si esau*
(i) Lettres , pendant son voynge cn Suiss:' de Cftev. Ronfi -rs, png.
ìS e >c), 1772. Si consulti intorno a Ginevra anche il viaggio <!i Adisson
nel secondo volume delle sue onere ove descrìve il layo e la cilià.
if)6 COSTUMI ED USANZE
rìsce, e perchè non avendo il suo tempo alcun pregio, egli può
perderlo senza danno. Così non va la bisogna infra noi , che pri-
vi di terreni per sussistere non abbiamo tutti che la nostra indu-
stria, lì popolo Ginevrino non si sostiene che a for/.a di lavoro ;
e non ha il necessario se non in quanto che ricusa a se stesso
tutto il superfluo ; e questa è una delle basi delle nostre leggi
suntuarie. Mi sembra che tutto ciò che dee a prima giunta fare
impressione sopra qualunque straniero, che entra in Ginevra, sia
l'aria di vita, e di attività , che vi si scorge regnare. Tutto si oc-
cupa , tutto è in moto ; tutti si affrettano ai loro lavori ed agli
affari. Io non credo, che verun' altra così piccola città nel mondo
offra un somigliante spettacolo. Visitate il quartiere di S. Gerva-
so: tutta l'orologerìa dell'Europa vi sembra in esso adunala. Scor-
rete sì Molar d e le contrade basse , un apparato di grandioso
commercio, mucchi di balle e di botti confusamente gittate, un
odore d'indaco e di droghe vi fanno concepir 1' idea di un porto
di mare. Ai Paquis, alle acque vive, il romore e l'aspetto delle
fabbriche d'indiane e di tele dipinte sembrano trasportarvi a Zu-
rigo. La citta si moltiplica in certo qual modo pei lavori che vi
si fanno; ed io vidi alcuni, che al primo girar di ciglio credet-
tero che la popolazione ascendesse alle centomila anime (i). Le
traccia, Fuso del tempo, la vigilanza, l'austera parsimonia,* ec-
co i tesori del Ginevrino ; ecco con che noi attendiamo un diver-
timento di persone oziose , che rubandoci insieme il tempo ed il
danaro , addoppieranno realmente la nostra perdita (a). « Gian-Gia-
como scriveva questi sensi allorquando d' Alembert nell' articolo
Enciclopedico di Ginevra affermato avea mancare a questa città
un teatro , che si sarebbe dovuto costruire. Il filosofo di Ginevra
si opponeva a questo progetto riguardando il teatro come una sor-
gente inesausta di corruzione in una repubblica somigliante alla
Ginevrina ed ;dle altre dei Cantoni Svizzeri. Questo filosofo ter-
mina nel seguente modo le sue osservazioni ». Sotto un' aria flem-
(t) Rousseau fa sommare la popolazione di Ginevra a sole veutiquattro
nula anime.
(■a) luleode qui di favellare dei comic? clic sì volevano iulrodurre ia
G me via.
DEGLI SVIZZERI I Gj
natica e fredda il Ginevrino nasconde un'anima Ardente e sen-
sibile, clic si può pin agevolmente muovere che frenare (i).
Gran numero di stranieri stabiliti in Ginevra.
Scarso è ora in Ginevra il numero delle famiglie che discen-
dono da quelle che esistevano prima del cangiamento della reli-
gione, ed alle quali questa città va debitrice della sua libertà. La
riforma , le arti ed il commercio vi trassero molti stranieri in gui-
sa ch'essA comprende più di ventiquattromila abitanti, senza no-
verare la popolazione del suo territorio. Molte nobili famiglie di
Lucca , clic aveano abbracciate le opinioni religiose di Calvino vi
si ritirarono nel deeimosesto secolo (a). Un numero ancor mag-
giore di rifuggiti Francesi antichi e nuovi popola la città ; gli
antichi sono quelli , che vi si ritrassero nelle guerre civili di Fran-
cia del XVI. secolo; ed i nuovi vi si ricoverarono dopo la rivo-
cazione dell'editto di Nantes, che avvenne nel ~i H 8 5 . Molti di que-
sti profughi , che entrarono mendici in Ginevra , e che la metà
dei sermoni dei ministri fece accogliere come vittime della reli-
gione, hanno ammassale grandi ricchezze, e conseguirono le pri-
me cariche della repubblica. In tal guisa si vide sorgere succes-
sivamente il commercio della bacca , dei libri , e fiorire le fab-
briche d'orologi, dei velluti, e di altre manifatture. Ma questo
miscuglio di famiglie produsse necessariamente un flusso e riflusso
di costumi di quasi tutta 1' Europa (3).
Lusso moderato.
Le leggi suntuarie di Ginevra , come già abbiamo accennato ,
hanno da essa sbandito il lusso. Vi è vietato il portare giojelli ,
ed il far uso nelle contrade delle carrozze, che servono soltanto
per gire in campagna. La mancanza del lusso mantiene la sempli-
cità dei costumi, eia pace delle famiglie. D' Alembert ci assicura
non esservi città , in cui vi sieno tanti matrimonj felici (manto in
Ginevra. «I regolamenti contro il lusso, dice egli, fanno si , che
non si tema la moltitudine dei figliuoli: in siffatta guisa il lusso
(i) Rousseau. Leu. a M. d' Alembert. Intorno all'articolo Enciclopedico
sopra Ginevra è prezzo dell' opera il consultare anche le Lettere critiche
ili un viaggiatore Inglese.
{'. Fra queste famiglie v' a\ea quella dei Dìodalt) un indivi Ino della
quale tradusse con egregio stile Italiano la Bibbia.
(3 Tableaux de la Suisse. Toni. Vili. pag. 197.
ì(j8 COSTUMI ED USANZE
non è quivi, rome in Francia, uno dei grandi ostacoli alla popo-
lazione. Non si tollera in Ginevra la commedia ; non già perchè
si disapprovino gli spettacoli in se medesimi; ma perchè, a quel
che si dice, si paventa il gusto degli abbigliamenti, della dissi-
pazione, e del libertinaggio, che le turbe dei comici spargono fra
la gioventù (i) ».
Circoli o società particolari 'vietate in Ginevra.
Le società private, ossia le conversazioni di Ginevra si chia-
mavano Circoli; e quale ne sia stata l'origine, e per quali cause
fossero aboliti , si può scorgere dal seguente brano di una lettera
di ZVJiiller. «Una turba di Ugonotti fuggendo i dragoni di Luigi
XIV. fu accolta in Ginevra. Il senato ricevette un sì gran nume-
ro di borghesi, che appena v'avea una metà dei membri del con-
siglio generale, che al principio del secolo XVIII. avesse avuti
gli antenati in Ginevra. Tanti stranieri , che ignoravano le anti-
che massime della repubblica, e molti de' quali erano inchinevoli
alle novità dovettero avere somma influenza nel governo. Fu al-
lora che l'amore della società succedette a quello di una vita ri-
tirata e domestica , che tanto era gradevole agli antichi Ginevrini.
Si formarono molte unioni appellate Circoli. I vincoli di questa
città colle potenze marittime, presso le quali si trovano tutti i suoi
averi , e la forma del governo , che partecipa della democrazia
diedero a tali società un'indole politica. I capi di partito trova-
rono felice l' infiammar le fazioni ; e riuscì ad essi agevole di adu-
nare varie società. Eglino si applicarono allo studio delle Rivolu-
zioni della repubblica Romana descritte dal Vertot ; altri fecero
pompa dei principi esposti nello Spirito delle Leggi. Il popolo
Ginevrino divenne il più illuminato di tutti ; ciò non pertanto
egli non fu più felice. Queste ed altre cagioni , che per amore
dì brevità non posso mentovare produssero tra il 1707, ed il
IT70 quelle grandi rivoluzioni, le cui particolarità sono abba-
stanza conosciute (2). L'editto appellato di Pacificazione steso e
ratificato nei 1782 in Ginevra dai Ministri delle LL. MM. Cristia-
nissime e Sarda , e della repubblica di Berna vietò i Circoli ad-
(1) Eneyclop. Ari. Gvtiev. Lett. de Rousseau a <!' Alembert.
(1) Vedi la lettera di Miitler fra « Saggi Storici dello steìào autore. Ber-
lino, i-Si.
DEGÙ SVIZZERI 1<X)
dncrntlo i titoli di siffatto divieto. È prezzo dell'opera il riportare
alcuni articoli di questo editto , perchè ci danno una chiara idea
dei costumi anteriori, e di quelli, cui esso poscia diede origine.
■ Essendo i Circoli, ovvero società d'uomini, che ogni giorno o
periodicamente si adunano nello stesso luogo divenuti conciliaboli
politici , ne' quali si sono formate alcune leghe di partito ugual-
mente funeste alla libertà degli individui , alla quiete pubblica ,
ed all' autorità del governo , il bene dello stato esige , che non
possono essere continuati o ristabiliti sotto qualunque siasi forma:
in conseguenza fin dal presente tutti i Circoli esistenti nella città
e sul territorio della repubblica sono per sempre aboliti, e tutte le
summentovate società disciolte; e nel termine di due anni al più
tardi le suppellettili saranno vendute o divise fra i membri; ed i
contratti di locazione conchiusi da queste società spireranno alla
fine del primo semestre , che scaderà dopo la data del presente
editto. Se ad onta di questa legge una di queste società si perpe-
tuasse, o si riproducesse, verrebbe riguardata come un'unione me-
ritevole di gastigo secondo il rigore delle leggi. Tutti i deputati ,
o commissari eletti per pubblici affari fuora dei consiglj , e senza
il loro consenso sono soppressi , ed è vietato d' istituirne di nuovi
in vcrun tempo, con qualunque siasi denominazione sotto pena di
bando perpetuo. Per sostituire qualche altro lungo ai Circoli sa-
ranno aperte alcune pubbliche botteghe di caffè tanto nella città
quanto nel distretto: il numero di tali botteghe non sarà limitato;
se ne potranno aprire in tutti i quartieri; ne sarà accordato il pri-
vilegio dal piccolo consiglio mediante una tassa , che non dovrà
eccedere la somma di trecento fiorini. Il piccolo consiglio avrà di-
ritto di ritirare questo privilegio ogni qualvolta il caffettiere si
sarà renduto colpevole o complice di qualche disordine o viola-
zione delle leggi, o dei regolamenti particolari intorno a questa
materia; o non avrà rivelile le colpe, di cui avrà avuto contezza.
L'ingresso in tutte le botteghe da caffè sarà aperto ad ogni privato ;
o non vi avranno nel calle uè camere, né appartamenti, di cui sia
vietato V ingresso. Sulle porte di ciascuna bottega vi sarà un car-
tello con queste parole: Caffi' pubblico. È proibito sotto le più
gravi pene il deliberare od il dar voto sugli affari dello stato o
sulle operazioni del governo nei caffè , O nelle società. Le vio-
lenze , gli insulti , ed ogni qualunque siasi disordine . che saran*
IJO COSTUMI ED USANZE
no in queste botteghe commessi dovranno essere severamente pu-
niti, ed il piccolo consiglio sarà incaricato di vegliare (0».
Frequenza dei suicidj in Ginevra.
Il signor Moore afferma , che il pensare di un Ginevrino è
per molti riguardi analogo a quello di un Inglese , più di quel
die lo sia alle idee di un Francese. Lo stesso scrittore osserva che
nulla è più frequente in Ginevra del suicidio ; giacché in essa se
ne commettono , in proporzione del numero degli abitanti , più
che in Inghilterra , od in vermi altro paese. Non si può rendere
ragione di questa manìa colle cause che si assegnano di essa nel-
l' Inghilterra. Il clima di Ginevra è pressoché uguale a quello del
resto della Svizzera , della Savoja e delle provincie vicine della
Francia , ove gli esempj del suicidio sono molto più rari. I fre-
quenti viaggi degli Inglesi a Ginevra, ed il lungo soggiorno che
essi vi fanno non potrebbero aver contribuito ad introdurre fra
gli abitanti di questa città un morbo che affligge il corpo , e co-
munica il suo veleno allo spirito , sul quale stende un velo cupo
e denso , che rende insopportabile la vita ? In questa spaventosa
situazione non si formano più che idee lugubri , e tutte le sorgenti
del conforto sono esauste ed avvelenale; né la fortuna, né gli ono-
ri , né gli amici, né i parenti non possono dare la minima con-
solazione: la speranza, unico rifugio dell'infelice dispare ; lo sco-
raggimento s'impossessa dell'ammalato; e tutti i raziocini diven-
gono inutili, e gli argomenti della religione non hanno più forza
su di uno spirito traviato (2).
/ Ginevrini amanti della campagna.
Non v' ha forse popolo che tanto ami la compagna quanto
quello di Ginevra ; e ben se ne può giudicare dalla quantità del-
le case sparse ne' dintorni della città. I piaceri delia caccia , e
1' amenità del territorio circostante servono a tener vivo questo gu-
sto salutare. Chiudendosi le porte all'imbrunire, e non essendo
dato di potere star fuori delle mura nella sera , pochi dormono
nella città durante ì' estate , avendo vicinissime le ville. Ciascuno
fi) Vedi i principali articoli di quell'Editto di pacificazione nell'opera
di Zurlauben. Tableaux de la Suisse. Tom. Vili. pag. ;o~).
(2) Moore. Lett. d'un Foyag. Anglais sur la Franca, la Suisse eie. Tom.
I. pag. a4£.
DEGLI SVIZZERI 1 Jl
dato sesto a' suoi affari nella giornata, se ne parte verso sera ; e
■va nel suo piccolo ritiro campestre a respirare 1" aere più puro ,
ed a godere della vista del più ameno paesaggio, che possa ral-
legrare occhio umano. V ha anche molti cittadini e molli borghe-
si, che sono stanziati in campagna, e non tengono casa in Gi-
nevra (1).
Ospitali.
Termineremo ciò che appartiene a Ginevra , col dire che in
essa gli ospitali non sono come altrove un .semplice asilo per gli
infermi poveri; ma che vi si esercita l'ospitalità verso i passeg-
gieri indigenti. Le rendite di questi pii stabilimenti servono altresì
per mantenere alcune povere famiglie dando ad esse ciò che e ne-
cessario, perchè possano continuare i loro lavori; onde nello stesso
tempo si solleva l'indigenza, e si pronio\e l'industria (•.*).
Coslu/iii degli abitanti del Vallcsc.
V ha una notevole differenza fra il carattere dei Vallesani : le
sette prefetture dall' alto Vallcse sono distinte dalle diverse qua-
lità di coloro clic le abitano , o dalla posizione del loro territo-
rio ; onde Sierre significa la piacevole; Loiche la forte; Rarogne
la prudente; JTisp o J'icscke la nobile; Co/iches la ricca; Goms
la Cattolica. ISella valle di Praborgne, che giace nella prefettura
di Visp a di ciotto leghe di distanza da Sion, ed è lunga nove
leghe, si trova un popolo veramente libero, senza distinzione di
grado, o di preferenza, senza lusso che lo snervi, senza ambi-
zione che lo tormenti, difeso dai baluardi delle sue montagne, e
non d'altro occupato che della coltivazione delle sue terre, e del-
la cura dei suoi armenti. Questo popolo eseguisce le leggi, che egli
impose a se Medesimo ; eostumi puri , dolci , religiosi , e la buo-
na fede in tutto il suo candore formano il carattere di questi abi-
tanti generosi insieme e semplici , che hanno conservate tutte le
antiche usanze e pe' quali l'ospitalità è una delle prime virtù. Essi
non sanno scrivere ed un contratto verbale ha per loro forza di
un giuramento: i contratti si segnano su pezzi di legno simili a
quelli che sono in uso presso de' fornaj : queste tessere grossolane
guarentiscono sì bene le vendite e le compere , che non v' ha mai
(i) Rousseau. Leti, a UT. tV Alembert , png, 191. Eiliz. ci' Amsterdam.
{*) D' Alembert. Art. Genève dans i Bneycfop.
\r'J1 COSTUMI ED USANZE
un solo riclamo. Le serrature ed i chiavistelli sono sconosciuti a
questo popolo , che tanto di giorno quanto di notte non è giam-
mai turbato dalla cupidigia di un ladro , o dalla importunità di
uno scroccone. Ciò che chiude una casa è un saliscendi di legno.
Un singolare aneddoto ci chiarisce della buona fede degli abita-
tori di questa valle. Il signor di Gourten avea date loro in pre-
stanza considerabili somme . delle quali non rimaneva altro docu-
mento tranne le tessere di legno, di cui abbiamo sopra parlato.
Alla morte del signor di Courten gli eredi non faceano conto su
questo danaro, credendolo perduto: ma non vi fu un solo abita-
tore di questa valle , che non si portasse a riconoscere il suo de-
bito, e tutti pagarono alle epoche fissate colla più scrupolosa esat-
tezza (t).
Costumi dei Vallesanì dipinti da Rousseau.
Il filosofo di Ginevra superò se medesimo nel dipingere nella
Nuova Eloisa i monti del Vallese , i costumi de' suoi abitanti,
e quelli principalmente delle donne. È prezzo dell' opera il ripor-
tare le sue stesse parole ; gli è V amante di Giulia che scrive.
« Avrei passato tutto il tempo della mia peregrinazione nel solo
incanto del paesaggio , se non ne avessi provato uno più dolce
ancora nel conversare cogli abitanti. Voi troverete nella mia de-
scrizione un leggiero abbozzo dei loro costumi , della loro sem-
plicità , della loro equanimità , e di quella pacifica tranquillità che
li rende felici più per la esenzione delle pene che pel gusto dei
piaceri. Ma ciò che io non ho potuto dipingere, e che non si può
guari immaginare , è la loro umanità disinteressata , ed il loro zelo
ospitale per tutti gli stranieri , che il caso o 1' ospitalità guidano
alle loro case. Io ne feci un maraviglioso sperimento , io che non
era conosciuto da veruno, e che uon camminava se non coli' aita
della mia guida. Quand'io la sera giungeva ad una capanna , cia-
scuno veniva con tanta cura ad offrirmi la sua casa, che io era
impacciato dalla scelta , e colui il quale otteneva la preferenza ne
sembrava sì contento , che la prima volti io presi un siffatto ar-
dore per cupidità di guadagno. Ma fui ben maravigliato, quando
dopo avere goduta l'ospitalità, presso a poco come in un alber-
go , 1' ospite ricusò alla dimane il mio danaro , offendendosi per-
(i) Tablcaux de la Suisse. Toni. Villi pig. 33;. e seg.
ULULI SVIZZERI 1 ~.\
fino della mia proposizione; e così dappertutto avveniva. Jn tal
guisa era puro amore dell'ospitalità, che comunemente e assai
tiepida , quello che per la sua vivezza io avea preso per cupidi-
gia di guadagno. Il loro disinteresse fu si grande, elio in tutto
il viaggio io non potei spendere un solo scudo (i). In fatti e co-
me mai spendere danaro in un paese , in cui i padroni non ri-
eevono il prezzo delle loro spese , nò i servi quello dei loro ser-
vigi , ed ove non si trova alcun mendico ? Ma il danaro è assai
scarso nell'alto Vallese ; ed è appunto per ciò che gli abitanti sono
agiati : giacché le derrate vi sono abbondanti senza alcuna facili-
tà di spacciarle , senza lusso che le consumi al di dentro, e senza
che i cultori montanari, che ripongono il lor piacere nella fatica,
divengano meno laboriosi. Se mai essi avranno maggior copia di
danaro, saranno infallibilmente più poveri: ed essi sono così sag-
gi di sentirlo ; onde v' ha alcune miniere d argento che non è per-
messo di scavare ».
« Io era a prima giunta assai maravigliato dell' opposizione di
questi costumi con quelli del basso Vallese , ove sulla strada del-
l'Italia si taglieggiano molto duramente i passeggieri; ed io a sten-
to conciliava in un medesimo popolo maniere sì diverse. Un Val-
lesano me ne diede la ragione. Nella valle , mi disse egli , gli stra-
nieri , che possano, sono mercanti, ed altre persone unicamente
intese ai loro negozj , ed al guadagno. Ben è giusto che ci lasci-
no uua parte dei lor civanzi , e noi li trattiamo come essi trat-
tano gli altri. Ma qui, ove nessun affare chiama gli stranieri, sia-
mo sicuri che il lor viaggio ò disinteressato , onde disinteressata è
pure l'accoglienza; sono dessi ospiti che ci vengono a visitare,
perchè ci amano, e noi li riceviamo con amicizia. Del resto, ag-
giunse egli sorridendo, quest'ospitalità non ò dispendiosa, e pochi
s'avvisano di trarne profitto. Ah! che ben lo credo, gli risposi
io j e che si farebbe presso di un popolo, che vive per vivere,
non già per guadagnare, non per segnalarsi? Mortali felici , e de-
gni di esserlo ? Io amo di credere , che bisogna rassomigliarvi in
qualche cosa per prender piacere di star con voi ».
ce Ma ciò che ini sembrava più piacevole nella loro accoglienza
si era di non trovarvi la minima orma d incomodo uè per essi
(i) li lesto dico Pillatoli, clic è uno scudo dtl paese.
1^4 COSTUMI ED USANZE
nò per ine. Eglino viveano nella loro casa , come se io non ci fos-
si , e non dipendeva che da me lo starvi come se vi fossi solo.
Non conoscevano punto l'incomoda vanità di onorare gli stranieri
♦piasi per avvertirli della presenza di nn padrone, da cui almeno
in ciò si dipende. Se io nulla diceva , essi supponevano che io
volessi vivere alla loro foggia; io non avea che a profferire una
parola per vivere alla mia , senza notar giammai dal loro canto
il minimo segno di ripugnanza e di maraviglia. Il solo complimen-
to che essi mi fecero dopo aver saputo che io era Svizzero , fu
di dirmi che noi eravamo fratelli , e che io non aveva a riguar-
darmi nella loro casa che come nella mia. Poscia essi non si die-
dero più briga di ciò che io faceva , non immaginando nemmeno
che io potessi avere il minimo dubbio sulla sincerità delle loro
offerte , nò il minimo scrupolo nel prevalermene. Usano fralloro
la medesima semplicità; i fanciulli giunti all'età della ragione
sono gli uguali dei loro padri ; i servi si sedono a mensa coi loro
padroni; la stessa libertà regna nelle case e nella repubblica, e
la famiglia ò 1' immagine dello stato ».
ce La sola casa in cui io non fruiva della libertà era la du-
rata eccessiva de' conviti. Io era ben padrone di non sedermi a
mensa ; ma quando vi era una fiata assiso, era d'uopo rimanervi
una parte della giornata , e bere altrettanto. Come si poteva im-
maginare che un uomo ed uno Svizzero non amasse di bere? In
fatti confesso che il buon vino è uu eccellente cosa, e che io
non rifuggo dal rallegrarmi con esso , purché non vi sia forzato.
Ho sempre osservato che gli uomini falsi sono sobrj, e la gran
ritenutezza dei costumi annuncia bene spesso costumi fìnti , e
doppj amici. Un uomo franco ha 'minor terna di quel cicaleggio
affettuoso, e di quelle tenere espansioni, che precedono l'ebbrez-
za ; ma bisogna saper fermarsi , e prevenire l' eccesso. Ecco ciò
che non mi era gran fatto possibile con bevitori cosi determinati
quali sono i Vallesani , con vini sì violenti quali son quelli del
lor paese, e sopra mense , su cui non si scorge giammai acqua.
Come mai risolversi a rappresentare sì importunamente le parti
del saggio, ed a recar dispiacere a sì buone persone? Io mi ineb-
briava adunque per riconoscenza, e non potendo pagare il mio
scotto colla borsa , lo pagava colla ragione ».
« Un altro uso, che non meno m'incomodava, era il vedere
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anche presso i magistrati , la moglie e le figliuole della casa ,
starsene ritte dietro la mia sedia, e servire a mensa come fami-
gli. La galanteria Francese si sarebbe tanto più affannata nel ri-
parare a questa incongruenza , quanto che colla bellezza dello
Vallesane, le stesse ancelle renderebbero molesti i loro servigi.
Voi potete credermelo; esse sono belle perche, tali mi parvero:
ed occhi avvezzi a mirarvi sono difficili in fatto di bellezza ».
« Quanto a me, che rispetto di più gli usi del paese in cui
vivo, che quelli della galanterie, riceveva i loro servigi in silen-
zio, e con tanta gravità con quanta Don Ouichotte quelli della
Duchessa. Confrontava talvolta sorridendo le lunghe barbe, e
1' aria grossolana dei convitati , colla tinta abbagliante di quel-
le beltà giovani e timide, che una sola parola faceva arrossi-
re , e non rendeva che più piacevoli. Ma fui uh po' disgustato
dall'enorme grossezza della loro gola, che non ha nel suo ab-
bagliante candore che uno dei vantaggi del modello , con cui o-
sava di paragonarla. Osservai altresì un grave difetto nell'abito
delle Vallesane ; ed è di aver le vesti così alte al di dietro , che
le fanno comparire gobbe: ciò produce un effetto singolare a fronte
delle loro piccole e nere acconciatitte , e del resto del loro ab-
bigliamento , che non manca nò di semplicità né di eleganza...
Tutto mi richiamava a voi in questo pacifico soggiorno, e le com-
moventi attrattive della natura , ed i costumi semplici degli abi-
tanti, e la loro sapienza uguale e sicura, e l'amabile pudore del
sesso, e le sue innocenti grazie; e tutto ciò, che colpiva piace-
volmente i miei occhi ed il mio cuore dipingeva loro quella, che
essi cercano (1) ».
Abiti dei Vallésani.
Ciò che v' ha di singolare nel costume delle Vallesane , che
presentiamo nella Tavola 29,0 il piccolo cappello rotondo, che
copre il loro capo. Quanto al giovane che le accompagna , la ne-
gligenza del suo abito ed il carattere della sua fisonomia sem-
brano annunciare , che egli appartenga al basso Vallese. Gli abi-
tanti di questa parte sono poco industriosi , e si danno ih preda
.ad una ributtante sudiceria ; ma tali difetti sono una conseguenza
naturale del servaggio, in cui sono tenuti dagli abitanti dell'alto
fi) Rousseau. NouveUe Hcluisc. Tom. I. pag. 179. Neuc/iatel:
l'jC) COSTUMI ED FSA.NZE
Vallese (i). Il clima cupo di questa regione, la mano della di-
struzione , che i suoi abitanti scorgono impressa iti ogni parte che
li circonda hanno data una tinta di tristezza ai loro costumi , ed
al loro carattere. Nelle loro idee religiose principalmente si trova
quella specie di sentimento di terrore , con cui la natura ha per-
cossi tutti i popoli all' aspetto de' suoi accidenti , e de' suoi feno-
meni straordinarj. Romitaggi, ossarj , cappelle tagliate negli sco-
glj , od erette sui fianchi e sulle cime dei monti attestauo quale
sia il genio dei Yallesani- Si pianta una croce sugli avanzi del
monte rovesciato; la si pianta altresì innanzi ad un torrente, che
minaccia una prossima devastazione invece di opporre ad esso una
forte barriera (2).
slbiti degli abitanti del paese di Vaud.
Nella Tavola 3o si sono rappresentate le sole donne del paese
di Vaud , perchè gli uomini non hanno propriamente parlando
un costume particolare. Le vestimenta delle donne di Vevey, ed
in ispecie di quelle di Montreux mostrano un carattere notevo-
lissimo di eleganza. Lo stesso cappello colla sua forma bizzarra
non è uno de' minori ornamenti: la rustica civetteria ne sa trarre
un lusinghiero partito. La fisonomia Vodese ha molta franchezza,
e sembra indicare un gran buon senso. Un celebre moderno par-
lando dell'ardore per la libertà degli abitanti di questo paese si
espresse ne' seguenti termini: « quando il contadino sta ritto sulla
soglia della sua capanna , le sue spalle sembrano sollevarsi come
per sostenere il cielo , benché curvate sieno sotto il pondo della
vita (3). ».
Costami dei Grigioni.
Formando i Grigioni un popolo limitrofo della Svizzera , della
Germania e dell'Italia uniscono nel loro carattere alcuni tratti
dei loro vicini ; anzi alcuni affermarono che essi tengono il mezzo
fra gli Svizzeri e gli Italiani; ma che sono più vivi dei primi, e
ciò per essere vicini all'Italia; più franchi e più aperti degli Ita-
liani; ciò che li avvicina al carattere degli Svizzeri. La libertà di
cui essi godono li rende lieti, arditi, coraggiosi ed alteri; ma è
altresì cagione che il popolo , che in ogni luogo abusa di tutto ,
(1) Birmann, Collect. N.° i3.
(2) Eschasseri^ux. Lett. sur le V alu'is , et Ics moeurs de ses abitaiits.
(3) Biriuauu. Callect. N.° 24.
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DEGLI SVIZZERI : 77
sia feroce, iracondo ed insolente (i). Luca di Linda, che scri-
veva nel 1 655, rimprovera ai Grigioni l'asprezza dei loro costumi,
e pretende che essi sieno orgogliosi e disprezzino le altre nazioni
dell' universo a ^segno tale , che un ambasciatore disse del loro
paese : o valli di miseria , e montagne a" orgoglio : beati coloro
che non lo videro , e lo hanno creduto. Egli aggiunge che in
questo paese più che in ogni altro dell' universo v' ha un gran
numero di nobili poveri, che lavorano la terra, ed in mezzo alla
loro indigenza vantano la loro nobiltà (a).
Danze nel carnevale.
Lo stesso Luca di Linda ci dipinge le danze del carnevale ,
che sono in uso presso i Grigioni. Mascherati , e coperti da ogni
sorta di armi difensive percorrono a torme i villaggi, e piegano i
loro corpi ad attitudini ora gaje ed ora gravi; indi prendono per
la mano le donne , e fanno scherzevoli danze. Dopo una tale ce-
rimonia essi credono che l'anno debba esser fertile.
Sinto della repubblica dei Grigioni nello scorso secolo.
Il Duca di Rohan, che certamente dovea ben conoscere i
Grigioni del suo tempo, e lo stato della loro repubblica così ce
la dipinge nelle sue Memorie sulla guerra della Valtellina (3).
« Essendo i capi delle leghe avvertiti di qualche affare impor-
tante intimano le diete, nelle quali si prepara la materia, che si
presenta ai Comuni ossia magistrati del p tese ; giacché lo stato
dei Grigioni è puramente popolare. Fin qui sembra avervi in
questo paese qualche apparenza di governo; ma per mala ventura
altro non è questa che una semplice apparenza , e nullo è 1' ef-
fetto ; giacché in questi Comuni tutto dipende dai principali e
spesso questi dipendono da coloro , che li pagano. Essi ricevono
danaro da diversi Principi , e ciascuno sostiene il partito di quello
da cui è gratificato. Da ciò nascono Je sette e le fazioni nel pae-
se, ove regna l'invidia più che in altro luogo del mondo; ed è
da notarsi, che non vi si scontrano due persone, fralle quali si
possa dire che regni una verace amicizia. Colui che scorge il suo
(1; Tableau* de la Suìsse. Tom. Yllf. pag. 333.
(a) Descriptio Urbis, et omnium ejus rer. public. Lugduni Batavorum ,
i655, pag. ^o5.
3 Me/noi res tt lettre* de Henri, Due ile Rohan sur la guerre de la
Valteline. Tom. I. Genève et Paris, 17 58, in u.°
Cost. Voi. IX. dell Europa 12
1^8 COSTUMI ED USANZE
compagno arricchito dal danaro della Francia fa nascere un tu-
multo perchè sia richiesto dalla Casa d' Austria; ed in tal guisa
si formano molte agiate famiglie. Intanto il pubblico rimane in
una estrema povertà , essendo sì scarso 1' erario della repubblica,
che appena havvi con che spedire alcuni messaggi a piedi pei
Comuni, che si lasciano interamente condurre senz' avere altro
movimento di quello in fuori che ad essi è dato dal talento di
coloro, che vi sono più potenti. I ministri dei Principi, che si
portano in questo paese rimangono stupefatti per la instabilità di
quel governo: giacche quando credono di aver ben operalo, e
sono in procinto di cogliere il frutto dei loro negoziati , veggono
sorgiungere all'improvviso una nuova tempesta. Spesso un partito
vinto a pieni voti in un'assemblea, se alcuni giorni dopo si pro-
pone novellamente in un'altra , è rigettato , o posto in dubbio
dalla maggior parte di quelli , che lo aveano prima approvato;
in guisa che il fondarsi sulle loro deliberazioni non è altro che
un fabbricare sopra instabile arena; giacché quantunque il danaro
vi signoreggi possentemente, pure sì scontrano gravi difficoltà nel
distribuirlo. Dare agli uni soltanto è un disgustare , e spinger gli
altri al partito contrario,* dare a tutti è un obbligarsi ninno; dar
nulla è un renderseli tutti avversi. Ecco le vere cause delle fre-
quenti confusioni di questo paese, le quali non procedono che
dall'indole di questi popoli, i quali trovandosi posti in mezzo a
diverse nazioni, fecero un ammasso dei loro vizj senza curarsi
delle loro virtù. Intendo di parlar qui in generale , eccettuando
sempre da queste regole universali molti personaggi forniti di virtù
e di meriti , i quali conoscono pur troppo la corruzione , che io
ho descritta , e la deplorano come un male divenuto incurabile.
Le due religioni Cattolica e Protestante vi si stabilirono coll'e-
ditto generale dell'anno i526, e si dee osservare che infra tanti
altri disordini v'ha qualche regola a questo proposito, e che la
differenza della religione non ingenera discordie nel paese, sia
perchè il numero dei Cattolici è si scarso , che sono costretti a
sottomettersi agli altri , sia perchè \' ha sì poco zelo . che i loro
spiriti non si alterano in queste materie *>. Fin qui il Duca di
Tlohan sulle rimostranze del quale la corte della Francia con-
chiuse , che i Grigioni c< popoli leggieri e soggetti a volgersi ora
ad un partito ed ora all'altro facevano della loro Valtellina una
DIGLI s\i/7.i:ri 1JQ
vacca che dà latte ; e che quando essi vi si fossero ristabiliti cosi
come desiderato lo arcano , alla dimane vi farebbero nascere oc-
casione di novità per argomento di ritrar danaro di una parte e
dall'altra (i) ».
Singolarità di alcuni usi dei Grigi orti.
1 Grigiori formarono un eccezione a quella regola generale,
da cui si prescrive che avendo ciascuno stato le sue pubbliche
spese , è d' uopo che ogni cittadino ne paghi la sua parte : essi
nulla pagano alla repubblica, che non fa spesa di sorta alcuna.
Ciascun cittadino e tenuto a servire lo stato per nulla, e non,
v'ha impiego che non sia singolarmente desiderato, quantunque
talvolta esiga spese considerabilissime (?.). La nobiltà dispersa pel
paese non è- esposta a lasciarsi corrompere dalla emulazione del
lusso. Le liti che nascono si decidono nel modo seguente. Dietro
I inchiesta dell' accusatore si raduna un tribunale composto di do-
dici persone, a ciascuna delle quali tocca una pinta di vino, ed
un pane. La causa è giudicala senza 1' intervento di avvocato o
di procuratore. .Ma la parte più timida conduce seco un uomo
istruito (3). I lumi si sono maggiormente diffusi in questa repub-
blica dopo lo stabilimento di un collegio, o di un Seminario a-
perlo prima in Haldnistein, e poscia trasferito a Marschlins , ca-
stello appartenente alla famiglia DeSalis. In tale stabilimento si
considerò l'educazione sotto tre aspetti, cuore, spirito e cor/>n.
II Barone DeSalis ha sacrificato un bellissimo castello, e più di
centomila lire per aprir questo collegio; e siccome il suo scopo
nella istruzione era quello di parlare? ai sensi prima di dir nulla
allo spirilo, cosi egli ha speso una somma considerabile per ac-
quistare i modelli , le incisioni, i globi, le carte, e lutti gli sgo-
menti necessarj a quest'uopo. Secondo le regole da lui prescritte
i giovani si trovano in istato, alla fine del loro corso, di ben
parlare il Latino, il Francese, il Tedesco, l'Inglese, l'Italiano,
ed hanno acquistato un gran numero di cognizioni, che altrove
non si danno (4).
^i) Mcm. dn Due de Rohan. Tom. I. pag 3 \~.
(a) Jurnal Encfclop. 1780. Tom. VII. l'art. I Mg. 170 e 17 1.
(3) Tableaux de la Suisse. Voi. Vili. pag. 33?.
(4) Si trova un estrado del metodo di educazione , clic si segue in
questo collegio nel Mercurio di Francia, mano t 1 7 7 <"■-
]8o COSTUMI Krt USAHZE
Ahiti dei Grigio/ii.
I vestimenti dei Grigioni sono tessuti colla lana ad essi data
dagli armenti , che si pascolano sui loro monti , e nelle loro valli.
Gli uomini sono per lo più distinti da un giubboncello rosso , da
un giacchetto, e da calzoni di color celeste. Vedi la Tavola 3i.
Le gonne delle femmine sono rosse al pari del giustacuore ; le
maniche della loro camicia discendono infino al gomito, ove sono
stretti da nastri neri. Le loro chiome intrecciate si annodano in
cima del capo. Il fondo della tavola rappresenta la Via Mala , e
nel davanti l'occhio scorge lo Zilis , ove la gola si allarga e l'at-
mosfera più libera presenta una ridente verdura (i).
Lingua dei Grigioni.
Nel paese dei Grigioni si parla 1' Italiano, il Tedesco e la
lingua romanza. L'Italiano, come osserva Coxe, è Un gorgo so-
migliante al dialetto Milanese , e non è in uso che in due vil-
laggi, ed in due valli. Si parla il Tedesco in tutta la lega delle
dieci Diritture, ad eccezione di alcuni villaggi ; in una parte della
Lesa della casa di Dio , e principalmente in Coirà j e final-
mente nella Lega Grigia. La lingua romanza si divide in due
dialetti, l'uno de' quali si parla nella Lega Grigia, e l'altro in
quella della Casa di Dio. Benché questi dialetti sieno difìeren-
tissimi nella pronuncia e nella ortografia , pure sono assai somi-
glianti quanto alla collocazione generale delle parole , ed al giro
delle espressioni.
Pleurs.
Nel contado di Chiavenna soggetto un tempo ai Grigioni esi-
steva Pleurs, florida pel suo commercio. Ai 4 di settembre del
1618 la montagna appellata Conto si distaccò all'improvviso, e
seppellì la città co' suoi abitanti. Scavando si trovano tratto tratto
alcuni scheletri , che rammentano questa speventosa catastrofe. Il
Coxe vide lo scheletro di un prete ancor coperto da alcuni para-
menti; onde si crede che si celebrassero i divini ufficj , quando
precipitò il monte.
Carattere costante e fedele degli Svizzeri.
Termineremo la descrizione del costume degli Svizzeri col
date ad essi quella lode, che sempre si meritarono, di fedeli e
Ci) Birmano. Colteci. N.° 18.
B*r. IO/. IX
.
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DEGLI SVIZZERI l8|
di costanti. L'autore del Gabinetto dr.Ua Biblioteca tiri Grandi
dopo aver detto , che gli Svizzeri vendono la liberta dei loro
corpi , e conservano quella del lor paese , soggiunge : « ho udito
dire da un Friburghese , clie è al servizio di ima Duchessa di
Francia, che se egli servisse il diavolo, gli sarebbe fedele, pur-
ché la salvezza della sua anima non fosse in pericolo. « L'Abate
Menagio in un epigramma indiritto al Cardinale Mazzarini scherzò
sulla immobilita delle guardie Svizzere, che stavano alla custodia
delle sue soglie, le chiamò neri sassi (i). Il Conte di Lue am-
basciatore di Luigi XIV. nella Svizzera , ed uno dei Plenipoten-
ziarj al congresso di Baden nel 1 7 1 J . per fermare la pace tra la
Francia e l'impero, avendo un giorno data gratuitamente la com-
media Francese al popolo per divertire gli altri Pieni potenziar j
s avvisò d'imbandire nna magniGca cena ai Cavalieri ed alle Da-
me ; e ne fece apprestar una abbondantissima con piatti d'ar-
gento, il cui valore sommava a più di cinquantamila scudi. Il
popolo mostrò desiderio di avere gli avanzi della cena , e per ve-
dere la rappresentazione della commedia avea in parte scoperto
il tetto. Infatti le reliquie delle vivande poste nei piatti d'argento
passarono nelle mani del popolo; ed il Conte di Lue fu avver-
tito che il prezioso suo vasellame correva pericolo di essere o ru-
bato o smarrito : « io la pensava a prima giunta come voi , ri-
spose egli, ma riflettendo, che già da lungo tempo, dacché io
dimoro nella Svizzera non ho mai perduto nulla tranne sei piatti,
che mi vennero rubati da un Cappuccino Francese , che si era
sfratato , spero che si troverà ogni cosa ». Erano già le dieci della
sera , (mando il più prezioso vasellame non era stato ancora re-
stituito ; ma essendosi veduto che i piatti consegnati erano stati
ben puliti si comprese che gli Svizzeri tardavano a riportar gli
altri per pulirli bene. In fatto alla domane alle nove ore del mat-
tino tutto fu restituito; ed i Plenipotenziarj della Germania fecero
le maraviglie sopra di un avvenimento, che attestava sì chiara-
(1) Ecce tuas accedo fores : ma famitor arcrt
Et i'oce , inlrantern me CohibeUpte , manti,
Janitor immiti» , duris de cautibus orlus
Et merus ipse la/it* , dui us et ipse silox.
Egidii Mcnagii Poemata. Parisiis , 1780, png. .',<;.
l82 COSTUMI ED USANZE DEGLI SVIZZERI
niente l' integrità Svizzera , e che meriterebbe di essere scolpito
in caratteri d'oro in perpetua memoria (1).
(1) Amusemens des bains eri Suisse par Merveilleux de Neuchatel. Lon-
dres , )73y. Tableaux de la Suisse. Voi. Vili. pag. 460.
IL COSTUME
ARTICO E MODERNO
DEI GERMANI
DESCR ITTO
DAL c.tr.
LUIGI BOSSI
MEMBRO DELL'ISTITUTO ITALIANO.
DISCORSO PRELIMINARE
VICENDE GEOGRAFICHE DELLA GERMANIA.
Variazioni orografiche della Germania.
K
on avvi forse alcun paese al mondo, la di cui costituzione
geografica sia stata esposta a così frequenti, a così grandi varia-
zioni, quanto quella della Germania. L'estensione di questo paese,
1: aggregazione delle varie provincie che nelle diverse epoche lo
componevano, il numero ed il nome dei popoli che lo abitavano, le
divisioni politiche , le circoscrizioni locali , le frontiere, i confini ,
tutto ha sofferto nella serie de' secoli notabili cambiamenti; co-
sicché la Germania di un tempo non può dirsi quella di un al-
tro, nò la Germania antica potrebbe paragonarsi in alcun modo
colla moderna.
Variazioni della Germania antica.
La Germania antica ha essa pure cangiato spesse volte di
estensione , di figura e di nome. La Germania di Cesare non è
quella di Tacito , nò di Plinio , e la Germania di Plinio non è
quella di Strabone , e forse non era nò pure quella di Pitea di
Marsiglia , che Plinio qualche volta ha citato. Così pure la Ger-
mania di Strabone quella non ò di Pomponio Mela, e quest'ul-
tima non si accorda con quella di Tolomeo. La Germania cono-
sciuta sotto Clodoveo , non era già più la Germania conosciuta
a' tempi di Augusto e di Claudio , e la Germania considerata
a' tempi di Carlomagno , più quella già non era di Clodoveo.
Germania di Cesare.
Cesare, tra gli scrittori che ci rimangono, ò il primo che
parlato abbia dei Germani j ma egli non nominò, e forse uon
conobbe, se non se gli Svevi , che i più potenti erano e i più
I 86 DISCORSO PRELIMINARE
bellicosi. Potrcbb' essere, come tali suppongono, che la descri-
zione da esso fatta degli Svevi , convenisse a tutti i Germani e a
tutti i Celti , cioè ai più antichi abitatori dell' Europa : forsy anche
indicò egli i Germani sotto il nome di Svevi , anziché gli Svevi
sotto quello di Germani ; ma questo non potrebbe mai riferirsi
alla descrizione e alla confinazione territoriale , e rimarrebbe
quindi inconcusso , che la Germania descritta da Cesare fosse la
Svevia.
Germania di Str abone.
La Germania di Strabone non era se non che il paese posto
al di qua dell' Elba. Egli dice che i Romani avevano aperta la
strada alla parte occidentale dell' Europa sino all' Elba , la quale
tagliava per mezzo la Germania; ma al tempo stesso confessa che
incognito rimaneva allora tutto quello che trovavasi al di là di
quel fiume. Egli viveva , come concordemente si crede , sotto
l' imperio di Augusto e di Tiberio.
Di Plinio.
Plinio ha distinto cinque grandi nazioni , sotto i di cui nomi
comprendeva egli tutti i popoli che altrevolte la Germania abi-
tavano. Erano queste: i.° gli Istevoni , situati al sud-ouest , che
si stendevano tra il Reno e l'Elba, dal mare Germanico sino
alle sorgenti del Danubio; 2.0 gli Erminoni , situati al sud-est
nel paese che giaceva tra il Danubio e la Vindilia; 3.° i ^indili,
i quali occupavano tutte le coste del mare Baltico e il Cherso-
ne»o Cimbrico; /\.° gli lngevoni, abitatori della Scandia e della
Finiiingia; 5.° finalmente i Peucini , i quali occupavano tutta la
Sarmazia Europea fino al Tauai, alla Palude Meotide ed al Ponto
Eusino. Ognuno vede quale smisurata estensione acquistata avesse
la Germania tra le mani di quello scrittore naturalista.
Di Pomponio Mela.
Pomponio Mela mostra di non avere conosciuto della Germa-
nia se non se quel tratto che si stende infino all'Elba, in somma
poco più di quello che se ne sapeva a' tempi di Strabone. Seneca
altresì sotto il regno di Nerone parlò dei Germaui, ma egli pure
diede a vedere di non conoscere se non che una piccola parte
del loro territorio.
Di Tacito.
Tacito , che fu procuratore nella Belgica e che scrisse dei co-
DISCORSO PRELIMINARE 187
slumi dei Germani , non visitò mai la Germania Transrenana ; e
se alcuna cosa ne accennò, egli lo fece soltanto su le altrui re-
lazioni. La Germania per altro di Tacito era assai ristretta, era
assai piccola in confronto di quella di Plinio.
Germania di Tolomeo.
Tolomeo il primo ci trasmise una descrizione della Germania
che per qualche riguardo potrebbe dirsi compiuta , benché gli
scrittori Tedeschi dell'antica geografia abbiano portate contra di
esso grandissime lagnanze, ripetute in alcune opere più recenti,
e tra l'altre negli scritti dell' Eccardo , dello Scheidio , del Gru-
ber ec. Quel geografo però non descrisse già la Germania, quale
era a' tempi suoi, ma bensì quale era stata altra volta, in prova
di che basta osservare: i.° che egli colloca i Lombardi su la
riva sinistra dell'Elba, mentre sotto Tiberio erano stati cacciati
al di là di quel fiume j 2.0 che egli colloca i Sicambri nella Ger-
mania propriamente detta , mentre da Tacito si raccoglie che già
erano stati trasportati nelle Gallie ; 3.° finalmente che egli pone
molle città nella Grande Germania , mentre nella età di quel
geografo , siccome pure a' tempi di Tacito , non ve n' aveva
alcuna.
Applicazioni diverse del nome di Germania.
Gli antichi geografi in generale non descrissero se non che
quelle regioni , nelle quali i Romani erano penetrati. Il nome di
Germania e stato dato in qualche epoca soltanto alla Germania
propriamente detta , e ad una parte della Gallia Belgica. La
Germania propriamente detta , che talvolta è stata ancora nomi-
nata la Grande Germania , era la Germania Transrenana, mentre
la Belgica portava altresì il nome di Germania Cisrenana. Quella
che chiamasi Grande Germania , era per gli antichi scrittori un
vasto paese, situato nel centro dell'Europa ed abitato da diversi
popoli, ai quali tutti si attribuiva il nome comune di Germani.
Facile riesce quindi il vedere , a quali vicende sieno stati esposti
i confini di quella regione. Generalmente furono poi compresi
sotto il nome di Germania tutti i paesi situati tra la Vistola , il
Danubio, il Reno e l'Oceano settentrionale; formavano questi
certamente la porzione più grande dell'antica Celtica; e quindi
la Grande Germania aveva una estensione maggiore del doppio
di quello che ha al presente tutta 1' Alemagna.
1 88 DISCORSO PRELIMINARE
Alemanni.
Sembra che gli Alemanni propriamente detti , abitassero da
principio le rive del Danubio, del Reno, dell'Elba e dell' Oder.
Il Cluverio con altri gravissimi scrittori pretende che gli Ale-
manni non fossero Germani , ina bensì Galli di origine , e che i
primi Alemanni fossei'O que' Galli medesimi , de' quali Tacito
narra che passato avevano il Reno ed eransi stabiliti al di là di
quel fiume. Egli è certo che sotto Clodoveo non formavano questi
se non che un popolo poco considerabile , il quale occupava tut-
tavia la maggior parte delle terre situate tra la Mosa , il Reno ed
il Danubio. Delle origini però di que' popoli più ampiamente si
ragionerà in altro luogo.
Germania dei Romani.
I Romani, giusta l'avviso del Cavaliere DeJaucourt, (e que-
sta osservazione, che sembra ben fondata, riesce pure importan-
tissima ) , non potendo soggiogare la grande , la vera , la potente
Germania, si formarono una Germania posticcia, popolando le
rive del Reno, e colà trasportando a vicenda dei Belgi, degli
Svevi e dei Sicambri , che essi stabilirono nelle terre vicine a
quel fiume , nominando per tal modo Germania una provincia o
un distretto della Gallia. I Romani tuttavia giunsero a soggio-
gare i JYemeti, che abitavano ne' contorni di Spira, i plangioni
che trovavate! nelle vicinanze di Yormazia , ed i Tribocci che
erano situati non lungi da Ma gonza ; e per tal modo unirono ad
una parte del Belgio una parte altresì , o una lingua di terra ,
della Grande Germania , che essi compresero sotto il nome gene-
rale di Germania , e divisero in superiore ed inferiore.
Movimenti dei popoli Germani.
Se tuttavia la Germania ha variato spesso di estensione , di
figura e di confini, egli è d'uopo convenire che essa non ha né
pure contenuti sempre nel suo seno i medesimi popoli, il che ha
portato nuove variazioni nel suo sistema e nella sua costituzione
geografica. Le irruzioni delle nazioni settentrionali verso il mez-
zogiorno, hanno prodotto in quel vasto paese i più strepitosi cam-
biamenti. I Lombardi , ristretti da principio nei dintorni dell'El-
ba, passarono nelle regioni meridionali e quindi in Italia, ove
col progresso del tempo e delle loro vittorie, formarono un regno
potente. Gli Si'cvi si gettarono su le Gallie, e di là alcuni passa-
DISCORSO PRELI}U2TABB 1 8()
rono nella Spagna. I Goti, attraversando tutta la Germania, oc-
cuparono pure l'Italia, uni parte delle Gallie , e latta quasi la
Spagna. I Borgondi , o Borgondioni , fondarono il regno di
Borgogna; i Franchi avevano già il loro nelle Gallie; i Sassoni,
che trovavansi su la parte opposta dell'Elba, si innoltrarono sino
ad occupare la Vestfalia; i Vandali, dopo di avere conquistato
il paese che negli ultimi tempi nominavansi Alta e Bassa Sassonia,
scesero essi pure verso il mezzogiorno , stesero le loro conquiste
sino nella Spagna, e andarono a perire nell'Africa. Il paese che
questi avevano di principio abbandonato , e che situato credesi
tra l'Elba e la Vistola, venne occupato a vicenda dai Vendi o
Vanadi, i quali se ne impadronirono, e conosciuti furono sotto
il nome di Slavi.
Emigrazioni.
Queste emigrazioni per altro non si facevano in siffatto modo
che que' popoli abbandonassero momentaneamente o ad un tratto
la loro patria ; da questa uscivano per 1' ordinario gli uomini ca-
paci di portare le armi , i quali seco loro conducevano parte delle
loro famiglie; ma quelli che nel loro paese natio rimanevano, ri-
dotti essendo in appresso a piccolo numero, divenivano facilmente
la preda di qualche vicino, non indebolito per tentate emigrazioni.
I vasti paesi che gli Svevi occupavano un tempo , e che costitui-
vano presso a poco la Germania di Cesare, passarono per questo
modo in dominio di altri popoli, e il nome di Svevia si conservò
soltanto in un piccolo angolo di quella terra , oscurato in gran
parte da quello di Alemagua, che a vicenda non era da principio
se non che il nome di assai piccola regione.
Sassoni e Franchi
I Sassoni, situati tra l'Elba e il Veser, avevano in epoca po-
steriore alle conquiste dei Romani occupato il paese dei Franchi,
che ancora ritenevano al cominciare del regno di Garlomaguo. Ma
questi essendosi innoltrati verso il mezzogiorno e sparsi di là nelle
Gallie, dove gettarono i fondamenti di un regno; ne rimase ancora
una parte su la destra del Reno ; e di là nacque la divisione di
Francia occidentale, che e la Francia d'oggidì, e di Francia orien-
tale, d'onde trasse il suo nome la Franconia.
Teutoni.
Verso quell'epoca cadde e spari a un dipresso il nome di Gcr-
lf)0 DISCORSO PRELIMINARE
mania e di Germani , conservato per lo più nei soli scrittori la-
tini ; e i Germani assunsero e ritennero da poi ì nomi di Theddi*-
sci, Teutisci e Teutoni, i quali, come nomi parziali di nazione,
già erano antiquati a' tempi di Procopio , sotto il regno dell' Im-
peratore Giustiniano. Di que'nomi però trovasi qualche indizio sino
dai tempi in cui sussisteva per que' popoli in generale la appella-
zione di Germani ; giacché Tacito nomina Teutoburghese una fo-
resta della Germania, situata tra l' Ens e il Lippa, che in oggi viene
chiamata Teuteberg. I Teutoni propriamente detti erano, per quanto
sembra , antichi popoli abitanti lungo le coste dell' Oceano Ger-
manico. Questi erano alleati dei Cimbri , coi quali sembrano avere
formato da prima un solo popolo ; avanti però che i Cimbri e i
Teutoni inondassero le provincie Romane , conosciuti erano sotto
il nome di Codoni o Godani. I Teutoni sono stati menzionati da
Plinio, il quale cita Pitea di Marsiglia come il primo che parlato
avesse di que' popoli. Pomponio Mela ci rappresenta i Teutoni abi-
tatori dell'isola Codanonia , che alcuni supposero essere l'odierna
isola di Zelanda nel Bdtico. Tolomeo parla dei Teutonari , si-
tuati tra i Sassoni e gli Svevi , e dei Teutoni collocati tra gli
Svcvi e i Fafodeni : ma Spener nella sua Notizia della Ger-
mania antica , è d' avviso che i Teutoni e i Teutonari fossero
lo stesso popolo, e che al più i 'Teutonari una colonia fossero di
Teutoni stabilita nel continente della Germania.
Colonie rie' Cimbri e de' Teutoni.
Sembra che i Cimbri e i Teutoni mandassero colonie nume-
rose sul continente vicino alle isole e al Chersoneso Cimbrico. A
queste forse si unirono gli Ambroni , i Teugeni ed i Tigurini ;
forse ancora, dopo le disfatte sofferte nelle regioni meridionali, gli
avanzi dell' armala loro ritornarono nelle antiche loro sedi , giac-
ché si vede che ai tempi di Tolomeo trovavansi ancora Teutoni
su la costa settentrionale della Germania , e del seno o golfo Co-
dano. Da quell' epoca in poi non si trova più fatta menzione di
Teutoni, come di popoli ancora sussistenti. Non mancano però al-
cuni scrittori , i quali opinano che i Sassoni ed ì Teutoni fossero
uno stesso popolo, che nella età di mezzo assunse altri nomi, e fu
conosciuto anche sotto quello di Dani o Danesi, e di Normanni.
Vopoli del medio evo.
Ai popoli che anticamente abitavano la Germanfa, e dei quali
DISCORSO PR RUMINARE I < ) I
a poco a poco sparirono persino i nomi, altri no succedettero
nell'età di mezzo con nomi in gran parte diversi, e quelli sono
a un di presso che tuttora sussistono. Ma per cagione della con-
secutiva formazione di altri stati e di altri regni , che a poco a
poco la Germania propriamente detta circondarono , la Grande
Germania, la Germania antica, la Germania stessa dei Romani e
quella di Plinio particolarmente, venne a restrignersi in limiti as-
sai angusti in confronto degli antichi.
Germania odierna.
Al presente sotto il nome di Alemagna si comprende d' ordi-
nario dai geografi tutto il paese situato nel centro dell Europa ,
che confina all' oriente coli' Ungheria e colla Polonia , al setten-
trione col mare Baltico e la Danimarca., all'occidente coi Paesi
Bassi, la Francia e la Svizzera, a tnox/.odì finalmente colle Alpi,
che fiancheggiano la Svizzera e l'Italia. Questo tratto vastissimo di
paese si estende per 5J0 leghe incirca dalle alpi sino al mar Bal-
tico, tra i gradi 4^ e 55 di latitudine settentrionale, e per iq5
leghe dal Reno all'Ungheria, tra i gradi 3 e i3 di longitudine
orientale.
Alemanna antica , e recente.
L' Alemagna era altre volte divisa in nove circoli , che quelli
erano della Vestfalia» dell'Alta e Bassa Sassonia, dell'Alto e Basso
Reno, della Francouia, della Svevia, della Baviera e dell'Austria.
I tre primi erano situati a settentrione , i tre seguenti al centro ,
ed i tre ultimi a mezzodì. Ciascun circolo era egli stesso diviso
in varj stati più o meno numerosi , e di una maggiore o minore
estensione. Ai nove circoli si univano altresì la Boemia situata al-
l' oriente , che racchiudeva essa pure varj stati , e la Slesia. Ora
però , riuniti essendo tutti quegli stati ed altri ancora sotto il nome
di Confederazione Germanica , si dividono più comunemente
sotto i titoli di Alemagna settentrionale e meridionale, compren-
dendosi sotto il primo la Vestfalia , l' Alta e Bassa Sassonia ,
l'Alto Reno, e uni parte del Basso Reno e della Francouia; sotto
il secondo l'altra parte della Franconia e del Basso Reno, la Sve-
via , la Baviera e l'Austria. Si aggiunge la Prussia, che per l'at-
to solenne del giorno j) giugno i8t5 forma parte della Confede-
razione Germanica.
KJt DISCORSO PRELIMINARE
Divisione di quest' opera.
Le -vicende geografiche della Germania , che si sono sin qui
di volo accennate, conducono naturalmente alla divisione del la-
voro che ora si intraprende per la compiuta descrizione del Costu-
me antico e moderno dei Germani. Non assomigliandosi punto
la Germania di un tempo a quella di un altro , e molto meno la
Germania antica a quella d' oggidì , per le infinite variazioni della
sua territoriale costituzione , e delle circostanze delle nazioni che
1' abitarono , impossibile riuscirebbe 1' entrare in un' ordinata disa-
mina del costume di que' diversi popoli , se la Germania in gene-
rale sotto diverse epoche non si considerasse.
Diversi periodi.
La prima epoca o il primo periodo , sarà dunque quello della
Germania , quale essa trova vasi avanti l' arrivo dei Romani in
quelle regioni. Nel secondo periodo si esaminerà lo stato della Ger-
mania ed il costume de' suoi popoli sotto i Romani. La Germa-
nia del medio evo, ossia il costume di que' popoli dopo la cadu-
ta del Romano imperio , formerà un terzo periodo , e presterà
argomento a nuove ricerche. Si esporrà finalmente nel quarto lo
stato della Germania moderna, e si descriverà il costume dei po-
poli , che ora abitano i paesi comunemente conosciuti sotto il no-
me di Alemagna. Riuscirà in questo modo la descrizione più or-
dinata ; più metodiche saranno le investigazioni , e condurranno
ad un compiuto risultamento ; e la materia in questo modo di-
stribuita , riuscirà forse meno intralciata , meno oscura e più gra-
dita ai leggitori.
Scrittori delle cose Germaniche.
Gioverà accennare di volo gli scrittori più illustri delle cose
Germaniche , dai quali si sono tratte le notizie intorno ai diversi
popoli , ai loro costumi ed alle loro politiche vicende , per quelle
massime che concerne la Germania antica e quella del medio evo.
Cristiano Lodovico Scheidio pubblicò a Gottinga nel i^5o due
libri di Giovan Giorgio Eccardo Su le origini , su le antichis-
sime colonie , su le emigrazioni e su i fatti in generale dei
Germani, e lo Spener sino dal 17 17 pubblicata aveva una Noti-
zia della Germania antica 3 con un prospetto altresì della me-
dia f o di (/nella del medio evo. Dell' una e dell' altra di queste
opere si è fatto moito uso iu questa descrizione, come altresì della
DISCORSO l'KELIMISÀRE ig3
Germania aulica di Filippo Cluverìo , del quale però non si sono
ciecamente adottate tutte le opinioni.
Altri scrittori.
I na esegesi della Germania aveva prodotta sino dall'anno x.m.S
certo Francesco Irenico , ma più di tutto erasi dato a descrivere
la città di -Norimberga. Tra i collettori di monumenti si sono par-
ticolarmente consultati Giovanni Scliiltero nel suo Tesoro dello
antichità Teutoniche ; la Biblioteca degli antichi scrittori illu-
stri delle cose Germaniche di Giovanni Pistorio ; gli Scrittori
delle cose Germaniche da Carlomagno sino a Carlo V.', rac-
colti da Marquardo Frehero , illustrati dallo Struvio; il Corpo
degli storici del medio evo dello Slruvio medesimo , pubblicato
dall Eccardo e la Storia generale della Gei-mania del P. Darre.
Scrittoti par zi (di.
Tra gli scrittori parziali della storia degli Imperatori Germa-
nici e di altri Principi, non che di alcune provincie dell'imperio,
si distinguono tre Italiani, Albertino Mussato che pubblicò la Sto-
ria di Enrico VII . , il Leti che scrisse la Vita di Carlo V . , e
il Gualdo Priorato che stampò in Vienna quella dell'Imperatore
Leopoldo. Gli Annali delle ge^ta de' Principi Austriaci da Ro-
dolfo I. sino a Carlo V. furono stesi da Gerardo De-lloo ,• gli
Annali della nazione Boica dall' Aldzreitter e dal Brunuer; quelli
della Nazione Sveva da Martino Crusioj la Storia particolare,
del Palatinato tu pubblicata nel 1770 dal Tolnero. Di Grandis-
simo ajuto in queste indagini riescono pure gli Scrittori delle
cose Austriache. , pubblicati nel 1721 in Lipsia dal Per. Il ter-
rario illustrò con grandiosa opera le Cose di Magonza; il Browero
le Antichità e la storia di Treveri, argomento nobilmente trattato
in epoca più recente dal celebre Niccolò di Ilonthein , più cono-
sciuto sotto il nome di Giustino Febronio, Giovanni Giorgio Fa-
bricio illustrò la Sassonia e le origini Sassonichc} Cristoforo
Goffredo HoffmauDO riunì in un corpo gli Scrittori delle cose
della Lusazia; Ignazio Gropp quelli delle Cose di fVirtzhurgo;
più di tutti si distinse il Leibnitzio nella raccolta degli Scrittori
delle cose di Brunswick' Gli antichi Ile della Borgogna Trai*4
sgiurana, i Guelfi più recenti, venuti in seguito ad A/./.une, e gli
altri Duchi della Baviera e della Sassonia , trovansi ottimamente
illustrali anche con una Seiie di monumenti stai iti 0 diploma-
Cosi. Voi. IX. dell' Europa iJ
194 DISCORSO PRELIMINARE
ilei dal citato Leibnitzio, dall'Eccardo e dal Gruber. Finalmente
la Storia ed i costumi della Boemia trovansi ben descritti dal
Balbino nella Epitome delle cose di quel regno , e più ancora
nella Miscellanea istorica delle cose Boemi che , divisa in due
parti. Per la descrizione dello stato moderno della Germania non
potrebbono trovarsi guide migliori delle Opere geografiche di
Buscliing, di Guthrie, di Pinkerton, di Mentelle e di Malte-Brun,
alle quali tuttavia si sono aggiunte le nuove opere di Geografia
e di statistiea , pubblicate di recente nella Germania medesima.
PARTE PRIM V
DESCRIZIONE DELLA GERMANIA AVANTI L EPOCA DEI ROUAM ,
DEI POPOLI PRIMITIVI CHE l' ABITARONO , DELLE LORO ORIGINI
E DELLE LORO EMIGRAZIONI.
Inutilità di alcuna ricerche.
A
nulla gioverebbe l'andare cercando, come fecero moki scrit-
tori Tedeschi e lo stesso Eccardo , la prima origine dell' umaii
genere ncll' Armeuia , e lo stabilimento nell' Armenia , stessa de-
gli uomini rimasti dopo il diluvio; la divisione delle terre ese-
guita tra i figli di Noè, la posterità o la discendenza di Japliet
e di Gomcr, di Magog , di Mesech e di Tuban, di Madai e di
Javan , affine di dedurne che i Germani fossero in linea retta di-
scendenti da Noè. Inutile sarebbe pure lo arrestarsi su le favole
di Beroso Caldeo , o piuttosto di Aunio di Viterbo , il (piale i
Germani nominò soltanto a fine di insinuare che discendere non
potevano dai figliuoli di Noè nominati nelle Sacre Scritture, ma
pure a Noè attribuì altra moglie detta Ditea , dalla quale nati sa-
rebbero altri figli al numero di trenta , che data avrebbono ori-
gine a molte nazioni Europee. Il Bartio , il Exeinesio, il Gotofredo
e lo Scaligero opinarono , che tutto non fosse un romanzo An-
niano la storia di Beroso , e che (pioli' impostore lette avesse al-
cune carte antiche ora perdute; ma se (mesta opinione abbracciare
si potesse, al che presterebbe argomento il vedere l'analogia del
nome di Ditea con <piello di Dite assegnalo via Cesare come padre
ai Germani , ammettersi potrebbe al più che Beroso in qualche
luogo nominati avesse i Germani , e questo sarebbe lo scrittore
più antico presso il (ju.de se ne trovasse noti/.ia. Erodoto, secondo
l'opinione di molti eruditi, parlò egli pure dei Germani sotto
il nome di Celti ; ma ben poco egli conobbe della geografia del-
l'Europa, perchè 1 latro fece derisale dai Celli e dalla città di
ìgG DESCRIZIONE DELLA. GERMANIA
Pirene, e dividere quasi per mezzo l'Europa, corretto poi ne' suoi
errori da Aristotele , che i monti Pirenei sostituì alla città di Pi-
rene , e il Danubio fece scaturire dalle quercie della foresta Er-
cinia. Se Erodoto indicò gli Italiani sotto il nome di Timbrici, egli
fece dalla regione loro scorrere due fiumi verso il settentrione ,
l'uno detto Carpi e l'altro Alpi, che entrambi gettavansi nel-
l' Istro. Supposero alcuni scrittori che il primo fosse il Golapi, che
va a sboccare pel Sava, e rispetto all'altro dubitarono che alcuna
cosa udita avesse Erodoto dell'Albi, o dell'Elba odierna, e che
creduto le avesse influente nell' Istro. Se egli indicò i Germani
sotto il nome di Celti, se li suppose abitatori delle rive dell' Istro,
e nell' Istro medesimo stabilì l'imboccatura di que'due fiumi, po-
trebbe ragionevolmente credersi che sino da tempi remotissimi i
Germani occupassero una vastissima regione , e dall' Italia si sten-
dessero sino alle rive dell' Elba. Diodoro Siculo ci insegna che la
nazione de' Celti erasi renduta nota ai Greci sino a' tempi eli Ales-
sandro Magno, e in qualche luogo gli indica col nome di Galati.
Origini Germaniche più antiche.
Tacito , il quale ebbe certamente notizia di alcuni carmi an-
tichi dei Germani, ci presenta Tuiscone , Dio nato dalla terra, e
il di lui figliuolo Manno, prime origini e fondatori della nazione
Germana , con che egli rende ragione del culto da alcuna di quelle
genti prestato alla Terra, o alla Dea Herda, come madre comune.
I moderni commentatori il nome di Tuiscone derivarono da TuU
sch o Dilischi, e lo riferirono al Teutate, Divinità dei Galli , men-
tre la radicale di quel nome Tit , o Thiud , o Thiod , o Dyd ,
presso i Sassoni, i Goti , i Franchi e gli Alemanni , significava
popolo o nazione , e nella Legge Salica cambiata in Teud , serve
a intitolare il Re , come presso Ulfila il vocabolo Thiudans. An-
tichissimo duce dei Germani o dei Celti-Germani , dovette est
sere quel Theud o Tit, dal quale il popolo da esso guidato trasse
il nome di Titani ; e a questo serve di conferma un inno di Cal-
limaco , nel quale il poeta celebra Apollo come rinnovatore con-?
tra B cenno della strage dei vecchi Giganti o Titani. Gli antichi
scrittori collocarono altresì i Titani o i Giganti presso al Caucaso,
d' onde alcuno trasse argomento a credere i Germani di origine
Asiatica. Quel Tuiscone o Teutate, sembra certamente essersi se-
gnalato colle sue gesta intorno al Caucaso, ed avere quindi esteso
AVANTI L EPOCA DEI ROMANI OC. 1 97
grandemente il suo dominio verso l'occidente: singolare riesce al-
tresì il vedere, che il Prometeo del Caucaso da alcuni è nominato
Titano. Qualche scrittore immaginò che le di lui figliuole Teli ,
Rea. Temi, Mnemosine e Febe , dette tutte Titanidi dagli anti*
chi come osservò lo Spanemio , popolassero la Grecia e le vicine
regioni dell' Europa ; dal che nascerebbe la conseguenza , che la
Grecia ricevute avesse in origine colonie e i primi elementi dello
incivilimento dai Germani , dai Greci poscia nominati Barbari.
Altri ne presero argomento a credere , che quel Tentate passato
sino all'Egitto, e divenuto il Theud o Mercurio degli Egizj, giunto
fosse sino all'estremità dell'Europa occidentale, sino alla Gallia
ed alla Spagna , per la qual cosa i Galli si dissero progenie di
Tentate o di Dite , e gli Spagnuoli formarono il loro Dio detto
Togote o Togo , del quale come di Nume dei Celtiberi parlò
Marziale , e la memoria si conservò in alcune antiche iscrizioni.
Racconti di Nennio.
Nennio, scrittore della storia dei Bretoni verso l'anno di Cri
sto 620 , altre origini diede ai Germani ed altra estensione alla
Germania. Non servendosi egli già più di questo nome , narrò
che Alano era stato il primo discendente di Japhet che venuto
fosse nell' Europa , ed a questo assegnò tre figliuoli , Isicio o Isi-
cione , Armcnone e Negnone : dal primo fece discendere i Fran-
chi , i Latini, gli Alemanni e i Bretoni', dal secondo i Goti,
i Vaiamoti o Visigoti, i Gepidi , i Borgondi e i Longobardi;
dal terzo i Bojoaridi , i Vandali , i Sassoni ed i Tu/inci , o gli
abitatori della Turingia. Gli archeologi Tedeschi riconobbero in
Isicione il loro Tuiscone , in Armenone Arminio, in Negnone
Manno , il che porterebbe a credere tutto il centro dell' Europa
popolato ne' tempi favolosi dalle nazioni Germaniche.
Discendenza di Manno. Arminii , o Ermanni.
A Manno, che Tacito assegua come figliuolo di Tentate, e
che alcuni nominato credettero dalla Luna, detta dai Sassoni
Mahn , giacché gli eroi di que' tempi i nomi avevano comuni co-
gli astri; gli antichi carmi citati da Tacito, attribuiscono tre
figliuoli, dai quali trassero l'origine e il nome alcune nazioni ,
più o meno vicine all'Oceano, cioè gli Ingavoni più prossimi,
quindi gli Erminoni o Emioni, poscia gli Istevoni. Opinano
però alcuni scrittori, che i primi nomati fossero, non già da un
IC)'^ DESCRIZIÓNE DELLA CEHMANLl
capo o da un duce ; ma bensì dal luogo ove situati erano , inter-
pretando quel vocabolo come abitatori de'prati, cioè delle pianure
die dal Belgio stendevansi sino all' Elba. Colà cominciavano le
regioni dei Germani orientali , e nel loro nome di Istevoni veg-
gono quegli eruditi la radice Sassonica Ost , ebe traducono per
Est, o Oriente. Gli Erminoni occupavano quello spazio della
Germania superiore, nel quale passarono poscia ad abitare i Fran-
chi, e il Leibnitzio con dotta dissertazione provò ebe nominati
erano da Ermino , Irmino o Arminio, celebre Principe; né, dif-
fìcile sarebbe il dedurre dagli Ermìnoni o dagli Ermanni il
nome di Germani. Quello di Arminio fu certamente celebrato
nell'Asia molli secoli avanti l'apparizione dell' Arminio dei Che-
ruschi', alcuno volle anebe trovare qualche relazione tra quel no-
me a 1' Arimane dei Persiani : sospetta quindi il Leibnitzio che
quell' eroe , domata avendo una gran parte dell' Asia , fosse slato
dagli orientali divinizzato. Dei nomi di Arminio, Irmino o Er-
manno , molli indizj rimangono tuttora nelle vie militari , nelle
citi;i e in altri luoghi della Germania superiore , il che conferma
la tesi del Leibnitzio , ebe quell' eroe onori divini ricevesse dai
Persiani e dai Greci , egualmente che dai Celti e dai Germani.
yfntica dimora dei Celti.
Nella oscurità di (pie' tempi nei quali non potrebbe con pre-
cisione stabilirsi alcuna territoriale confinazione , giova notare die
i più antichi Celti abitarono certamente quei luoghi intorno alla
Palude Meotide e inlorno al Caucaso , ove in appresso lottarono ,
al dire di Erodoto, i Cimmerj e gli Sciti. Di là fecero scorrerie
tiell' Asia e nell' Europa , e nel centro di questa , o sia nella
Germania, stabilirono potente dominio. I nomi dati al Caucaso,
ai monti Carpa?], al Carso, ai monti Rifei , alle Alpi ed al Da-
nubio, non meno che al Boristene , ad una parte della Palude
Meotide, detta anticamente Bice, e forse a tutta la Palude me-
desima, trovansi facilmente di origine Germanica, e sembrano
tutti essere stati imposti da quella nazione che dal Caucaso si ste-
se sin presso all' Oceano-Atlantico.
Colonie dei Obi.
Lasceremo da parte le lunghe discussioni , colle quali si è
preteso di provare che i Germani e i Celti antichissime colonie
spedissero nella Grecia, e molto meno ci arresteremo agli argo-
AVANTI L EPOCA BEI ROMANI eC. 1C;9
ineriti, coi quali si è voluto mostrare che Celtica o Germanica in
origine fosse la lingua Greca; troppo facile riuscendo, e spesso
inconcludente , il raccogliere le scarse analogie che tra i diversi
idiomi si incontrano. Giunsero persino alcuni a storpiare la favola
di Giove , ed l rappresentare quel sommo Iddio , come discen-
dente da una stirpe Cello-Germanica , dai Titani , o dalla proge-
nie di Dite o di Tuiscone. Giova piuttosto osservare, che per
consentimento degli antichi scrittori; i Celti , o i Germani orien-
tali, lungo tempo avanti la emigrazione degli Sciti nella Cimmeria,
si volsero verso 1' occidente, e tutta occuparono 1' Alta-Germauia,
pretendendo alcuni scrittori che anche nella Gallia e nell'Italia
superiore si spargessero. All' istituto nostro , nò al rischiaramento
della descrizione della Germania primitiva, contribuire non potreb-
be T opinione di alcuni dotti Tedeschi, che contemporaneamente
ai Germani orientali , passassero nella regione medesima altri Ger-
mani o Celli Germani venuti dalla Scozia e dalla Spagna ; e sol-
tanto potrebbe ritenersi la tradizione, che gli antichissimi Canta-
bri , valicali avendo i Pirenei e le Alpi, passassero nella Gallia e
nella Germania , e i primi fossero ad aprire ricche miniere di
rame , dal che trasse grande incremento il trafiieo de' Celti o
de; Germani, alle di cui coste approdarono anche i Fenici.
Eòlcndtmenlo dei pòpoli denudili.
A dimostrare la rapida estensione de' popoli Germanici, serve
ancora 1' osservazione , che i Frinii e i Cunei erano della razza
stessa dei Canòri e dei Teutoni, parlavano lo stesso linguaggio,
e quindi riferire si debbono fra i Germani più antichi. Si volle
un tempo far credere , che dalla Svezia usciti fossero i primi a-
bitatori della Germania , venuti dall' Asia per la Scizia nella re-
gione dei Fumi, di là nella Svezia per il golfo Botnico , e quin-
di passati al di qua del Baltico. Ma il Leibuitzio , appoggiato
alla difficoltà somma di quel \iagyio ed alla infelicità ili quel
suolo, che non potè essere abitato se non in epoca asso poste-
riore, dopo 1' abbruciameli tO delle selve, conchiuse che una po-
polazione assai minore passata fosse ai regni settentrionali dalia
più grande o più numerosa . e che gli Scozzesi quindi usciti fos
sero dalla Germania ; tanto più che molte circostanze concorrono
a provare, che tulio il Chersoneso Cambrico, e co>ì tutto il set-
teuirioue , popolato fosse dai Germani. Alla emigrazione dei G«r*
aOO DESCRIZIONE DELLA GERMANIA
mani nella Scandinavia si assegna anche un' epoca anteriore a
quella , in cui i Fumi già dai lati dell'oriente e del mezzodì cir-
condati erano dai Rossolani o dai Jìussì , il che non avvenne
cortamente se non lungo tempo dopo Erodoto.
Degli Od ini.
Cade in questo luogo la menzione di Odino, del quale più a
lungo parlerassi altrove ; e gli Svezzasi riconoscono essi pure nei
loro libri più antichi di essere stati da altra terra trasferiti nella
Svezia, perchè due Odini accennano che la nazione loro condus-
sero nella Scandinavia, l' uno più antico, l'altro più recente. O-
(lino altronde e Vodano, che forse sono l'uno e l'altro una cosa
medesima, erano venerati dai Sassoni, e se ne hanno le prove
nei monumenti Paderbonesi. Il primo degli Odini, secondo il già
citalo JNcnuio, sarebbe vissuto verso l'età di Tacito -, ma quello
scrittore ha forse scambiato il primo col secondo; giacché sembra
che il più antico, detto anche As , fosse l'autore o il fondatore
della nazione dei Vandali, o almeno degli sisari, o degli A-
slingi , dei quali fecero menzione Dione , e dopo di esso Gior-
nande e Paolo Diacono. Zolmanno, autore di una Idrografìa
Germanica , colloca il campo Asaro , nominato forse da quell' O-
dino o As , presso il fiume Ossa della Pomerania , il che mostra
(pianto anche da quella parte i Germani si estendessero , dalla
quale facilmente passare potevano al Ghersoneso e ad altre regio-
ni settentrionali. Nella patria di Odino , secondo le tradizioni
settentrionali , trovavasi un luogo detto Gladsheim , il qual nome
taluni supposero derivato da Glad , letizia, altri da Gles, che
significa succino: sembra preferibile questa seconda interpreta-
zione, la quale avvicinerebbe l'antica patria del succino, cioè la
Pomerania alla patria di quell' eroe.
Passaggio dei Germani nelle regioni settentrionali.
Non gioverebbe agli Svezzasi lo allegare, che dalla Scandi-
navia venuti cicdonsi i Goti, i Longobardi e le altre nazioni,
che le conquiste loro estesero verso il mezzodì; perchè la Scandi-
navia antica comprendeva tutto il Chersoneso Cimbrico , colle
isole del mar Baltico e le coste della Germania sino alla Livo-
nia. Quindi è che Pomponio Mela Codanovia, o Codanonia no-
minò la Scandinavia, e un'isola del seno o del golfo Godano as-
serì abitata dai Teutoni. Alcuni la Codanovia interpretano l'isola
AVANTI X.' EPOCA DEI ROMANI eC. 201
o la sede dei Codi o dei Goti, e quindi il golfo Godano viene
nelle antiche carte appellato il seno dei Juti , il che equivale al
seno de' Goti. Sebbene Tolomeo di un' isola sola , che è quella
forse di Gotlanda, quattro ne abbia formate, e tutto abbia con-
fuso nella geografia del Baltico; accordò tuttavia che la più gran-
de di quelle isole, posta all'oriente del Chersoneso Cimbrico, o
piuttosto contenuta nel Chersoneso medesimo, era situata all'im-
boccatura della Vistola , e che la ScancKa occidentale era abitata
dai Chcdinì o Chedingi, che popolate avevano da prima le ri-
ve dell'Elba ; l'orientale dai Favoni e dai Fircsi, i quali altro es-
sere non potrebbono se non che i Frisii dell' Olsazia ; la meri-
dionale dai Gali e dai Daucioni f che sono i Guttoni di Tacito,
detti poi Goti, qualora sotto il nome di Daucioni non si inten-
dano gli abitanti del golfo 'di Danzica. La parte di mezzo della
Scandia era, secondo quel geografo, occupata dai Levoni, che
alcuno credette gli abitanti della Livonia, altri i Lemovii di Ta-
cito , dal ebe potrebbe inferirsi che sino dai tempi più antichi la
Germania avesse per confine la Vistola. Dal Chersoneso Cimbrico
uscirono da poi verso il settentrione diverse colonie, e come no-
tò il celebre OJao Rudbeehio, sparsero in ogni luogo indizj della
lingua Sassonica ; dal che facile riesce il provare , che non da
quella parte vennero gli antichi abitatori della Germania , ma a
quelle regioni passarono i Germani. Le tradizioni del settentrione,
e massime della Svezia e della Norvegia , portano che colonie di
Sassoni passarono colli con Odino; che si stabilirono nelle mon-
tagne piene di miniere e di officine metalliche, e che i Sassoni
medesimi , non solamente 1' arte vi stabilirono di scavare le mi-
niere e di ridurre i metalli , ma quella vi insegnarono di fabbri-
care le armi , alcuni piccioli coltelli , e le ferramenta necessarie
alle navi. Non è più dunque difficile il provare , che i Germani
furono i primi e per lungo tempo i soli abitatori della terra che
da essi pigliò il nome. Benché i Sassoni pretendano di stabilire
il primato della loro lingua, e questa debba certamente riferirsi
tra le più antiche dell' Europa : non pertanto tutti i fiumi , e
quelli ancora della Sassonia medesima , le sue montagne , le sue
selve, portano anche al presente nomi di origine Germanica; nel-
lo stesso Chersoneso Cimbrico non altri vestigi trovatisi che della
lingua e dei costumi della Germania. Si dedurrebbe da fruesto
202 DESCRIZIONE DELLA. GERMANIA
principio , che né gli Sciti , né i Celli orientali , né i Goti set-
tentrionali, non ebbero alcuna parte nell' antica popolazione della
Germania. Bensì i Pitti della Britannia sembrano derivati dai
Sassoni , i quali , rimontando verso il settentrione e sparsi per la
Norvegia , le Orcadi da prima , e quindi una gran parte della
Scozia occuparono. Neunio forma un computo su l'epoca di quel-
la emigrazione , la quale suderebbe a cadere verso i tempi di
Alessandro il Grande. Anche Claudiano riconobbe ne' suoi poemi
la cognazione dei Pitti coi Sassoni.
Occupazione progressiva della Germania.
A compiere , per quanto almeno è possibile , la descrizione 3
0 piuttosto a dare una qualche idea della Germania avanti i Ro-
mani , trovasi opportuna 1' indicazione delle diverse occupazioni
delle terre , fatte dai popoli che in quella regione si stabilirono.
1 primi abitatori, o i primi popoli venuti dall'oriente, sembrano
avere seguite le coste del mare Baltico e del Germanico ; una
posteriore popolazione, secondo l'Eccardo, venne per la parte
mediterranea della Polonia, valicando la Vistola e l'Oder, ad
occupare le provincie che ora formano il Brandeburghese. Svevi
furono essi detti da prima , o sia incendiatori di selve , perchè
quelle terre trovando ingombre da selve immense di pini e di
abeti, coli' abbruciamento di quegli alberi le ridussero a cultura ;
ancora nella Marca Brandeburgiea e nella Slesia , gli spazj ove
abbruciati furono gli alberi per formare campagne, portano il
nome di Schwaden.
Stazioni dei Germani.
Suppone l'Eccardo, che in quel luogo si arrestassero per
qualche tempo i Germani primitivi , avanti che V Elba trapassas-
sero e si stendessero uel rimanente dell'odierna Germania. Uscite
essendo quindi varie colonie dal paese che giace tra l'Elba e
rOder, da quel suolo arenoso gli Svevi furono detti Sennov.i ,
e a' tempi ancora di Tacito , i più antichi credevansi , i più no-
bili degli Svevi. Primi in seguito trovansi i Catti , e i popoli che
al disopra di essi abitarono intorno al Reno , detti essi pure Svevi
da Cesare e da Strabone ; da questi trassero l'origine loro i Ba-
iavi , e presso che tutti gli abitanti della Bassa o della Inferiore
Germania. Secondo Strabone, Svevi erano altresì i flfar co manti i,
i Longobardi e gli Ermunduri , che alcuno credette un avanzo
AVANTI L'EPOCA DEI ROMANI eC. 2o3
degli Ertnìnioni o Emioni; sembra altresì che i Longobardi ,
abitanti una volta al di là dell' Elba , valicato avessero quel fiu-
me, spinti da altri popoli vicini, che li cacciarono dalle antiche
loro sedi.
Germani del centro.
Tra gli abitatori del mezzo della Germania trovansi i Cherusci
situali vicino al Weser , ed i Fosi } collocati presso il fiume Fu-
sa, che tutti sembrano dirazza Sveva ; ai Cherusci ed ai Longo-
bardi vicini erano i Reudingi, gli Avioni , gli sin gli ed i Vet-
rini. Il Cruvcrio lesse Deuringi invece di Reudingi , e forse
meglio si leggerebbe Heudingi dal che verrebbono ad essere in-
dicati gli abitatori delle pianure di Luueburgo , tuttora nominate
Ileide. Alcuni scrittori gli Avioni trasformarono in Caiboni e Ca-
gioni; siccome però vicini erano agli Eudingi, il nome potevano
aver tratto dal fiume Eluicnavia , che anticamente dicevasi Ava;
e forse si estendevano sino all' Elba , giacché da qualche scrittore
Latino si congiungono cogli Ertili, e questi su le rive dell'Elba
erano situati. Gli Angli occupare dovevano il litorale alla destra
della Olsazia fino a Vaglia , che Tacito rammenta come città dei
Cimbri. I Calne onì di Tolomeo, ed i Cauci di Strabone , for
mavano probabilmente parte del popolo medesimo , e situati era-
no presso il fiume , detto anticamente Caluso o Trova.
Altri popoli del centro.
I Cimbri da Tacito non sono riferiti tra gli Svetti, perchè di
tuli' altra razza credevansi ; i Varini però Svevi , erano abitanti
su le rive del Warna, ed una parte di essi fu detta Eudoses o
piuttosto Erdores , cioè abitatori dell' Oder , il quale avanti l'e-
poca dei Romani nomina vasi Svevo o Svina. I Svardoni collo-
cati erano tra 1' Oder ed il Yarta ; i Nuitoni , tra il Varta e il
fiume detto dagli antichi Notcssio, che forse portò anche il no-
me di N'itila o Villa , come Ne astria fu detto il paese invece di
Il "esilia. Dopo i Nuitoni trovavansi , secondo Tacito, gli Ertnun-
duri, che per la Turingia , la Misnia e la Boemia sino al Danu-
bio stenclevansi ; alla loro destra posti erano i Narisei , abitatori
della Voigtlandia, parte della Franconia e del moderno Palatiuato ;
i Marcomanni , collocati intorno alla Morava e stendenlisi *iuo
al Danubio, e i Quadi dimoranti nelle terre situate tra le sor-
genti dell" Oder e il Danubio medesimo. I Marsiglie o Mar sin gì
304 DESCRIZIONE DELLA GERMANIA
di Tacito, credonsi comunemente abitatori delle rive della Vistola,
ed i Gotini che il ferro scavavano , su i confini trovavansi dei
Qaadi e dei Sarmati, secondo Dione, ed a que' popoli pagavano
tributo , dal che si trasse argomento per collocare i Qaadi e i
Sarmati alla sorgente della Vistola ed alla radice dei monti
Carpazj. Ma la lingua di cui servivansi , sembra ravvicinarli ai
Boii; e gli Osi vennero forse dalla Pannonia , e si stabilirono sul
fiume Olsa , che nato nei monti Carpazj , si scaricava nell' Oder.
Anche i Borii, da questi non lontani, dovettero trovarsi origina-
riamente presso la Vistola , e forse da questi vennero i Burgondj.
I Ligii molto estesi essere dovevano nella Polonia, ma Tacito gli
indica come vicini ai Goti ; e quindi occupavano forse la Prussia,
la Samogizia , la Curlandia , la Livonia e una parte del golfo
Finnico. Parte dei Ligii erano gli Elveconi , che il Colerò colloca
intorno all'odierna Elbinga, come gli Arii , loro vicini, tenevansi
presso al fiume Passaria , ora detto Passero. Dei Manina situati
presso il fiume Niemi , si pretende di ravvisare oggi uà vestigio
nel nome di Memel. I Naharvali abitarono le rive del Narva,
e vi costruirono una città celebre sotto lo stesso nome ; tutti però
que' popoli Tacito ascrisse ai Ligii , e al di là di essi situò i
Goti o i Gotoni, benché Plinio su l'autorità di Pitea li collocasse
presso 1' estuario dell'Oceano, detto Mentoli omo ; ma Pitea un'i-
sola supponeva il luogo al quale dai flutti si portava l'elettro o il
succino , che al più era una penisola , i di cui abitanti , secondo
Pitea stesso , quel bitume ai Teutoni vendevano. Osservano alcuni
scrittori, che da Timeo quel luogo viene nominalo Basilea, e
questo greco vocabolo ravvisano conservato, o piuttosto tradotto,
in quello di Kònisbevg. Quella penisola stessa era la Glessaria ,
o la patria del succino di Pomponio Mela.
Gepidi.
Il nome dei Gepidi si interpreta per Residui , o abitatori ri-
masti dopo l'emigrazione dei Goti; questi, secondo alcuui , con-
tinuarono ad abitare nell' isola della Vistola , e dal vocabolo
Werdcr , che sìgniGca isola, detti furono Viridarii. In un antico
periplo del Baltico si suppone , che la regione situata a destra
della Vistola appellata fosse Wittelandia , che molti eruditi cre-
dettero una parte della Prussia , e di là derivarono il nome di
Vittoni , Guttoni , Gotoni o Goti.
AVANTI L' EPOCA BEI ROMANI ec. 2o5
Regii , Lemovii, Estii.
Dalle rive dell' Oceano fa partire Tacito i lìngii ed i Lemo-
vii y ma siccome già vedesi quello spazio da altri popoli occupa-
to, può credersi che questi situare si dovessero tra l'Oder e la
Vistola; quindi il Cluverio i lìugii , riferisce al fiume Rega , i
Lemovii al Lebba , l'uno e 1' altro fiumi della Pomcrania. Non
bene si intende , quali sieno le città dei Sujoni o Svioni , situate
nell'Oceano medesimo, secondo Tacito; nò altrimenti potrebbe
interpretarsi quel passo, se non indicati credendo sotto quel no-
me gli Svevi derivanti dagli Svevi , e cosi dedurre potrebbesi
da quel passo, che la Gotlanda fosse sino dai più remoti tempi
abitala dai Sujoni, confinanti coi Si toni , che sono gli odierni
Lapponi , benché coi primi terminasse la Svevia propriamente
detta. Il nome di Estii venne in generale attribuito anticamente
a tutti i popoli, che dall'Elba, e una volta anche dalla Vistola,
stendevano sino al golfo di Finlanda , detto dai Goti Godano , e
Svecico dagli Svevi , come dagli antichi geografi si raccoglie.
antica Svevia. Celti.
Sembra adunque , che tutti gli abitatori delle regioni della
Germania inferiore venuti fossero da quel paese , che denominato
era dagli antichi Svevia. Non seguiremo gTK-autori Tedeschi nelle
loro ampie dissertazioni colle quali pretendono di provare, che
dalla Germania ricevessero i primi loro abitanti le Gallie e l'Ita-
lia. Piuttosto potrebbe con quajche frutto ricercarsi , se i Celti
staccati fossero dai Germani, e se le emigrazioni loro eseguissero
dall'oriente in occidente dopo l'epoca dello stabilimento de'Ger-
mani. 11 Reno ed il Danubio, giusta la testimonianza di Dione
e di altri antichi scrittori, i Galli dai Germani separavano; e
allorché quella barriera fu dai Galli medesimi superata , lo fu
certamente dai Gallo-Celli , che una razza diversa di Celti co-
stituire dovevano, se Celti erano in origine ancora i Germani: nò
a sciogliere la quistioue varrebbono i numerosi vestigi della lin-
gua Celtica ; che in tutta la Germania , e specialmeute nelle pro-
vincie vicino al Reno , si incontrano. Forse sopra antiche tradi-
zioni fondato , lasciò scritto Strabone che i Galli consanguinei
erano d<i Germani, e Timagene presso Annoiano Marcellino in-
dicò i Gallo-Celti , come aborigeni. Certo ò che i vestigi della
lingua Celtica non solo trovatisi frequenti presso al Reno; ma
20'6 Descrizione della Germania.
intorno ancora al Sava , e negli antichi idiomi dei Daci e dei
Geli, che dai Traci derivavano, secondo Erodoto, Menandro e
lo stesso S trabone.
Celti-Galli distinti dai Germani.
I Cininierii, male a proposito da alcuni moderni confusi coi
Cimbri e i Cumerii , erano essi pure di Celtica origine , ma Ger-
mani non erano , perchè al di là del Volga stendevansi per la
Tartaria minore e maggiore , sebbeue si credano da essi nominati,
tanto il Tanai ed il Niesler , detto anche anticamente Tanapro ,
o Danapro , e Danastro , quanto il Danubio. Al proposito nostro
non servouo gli argomenti , coi quali si tenta di provare che Cel-
ti fossero i Reti, i Tasci , gli Ombri, i Liguri e i Veneti,
giacché, se di origine Celtica erano que'popoli, derivavano essi
dai Gallo Celti, non mai dai Celti -Germani ; Suida però sembra
attribuire una origine Germanica ai Cenomani , che popolarono
il Bresciano, il Veronese, il Trentino ; e, se questi ebbero anti-
camente un duce detto Elitovio , sembra quel nome derivare dal-
l'antico Teutonico; collo stesso principio si troverebbe nel voca-
bolo di Ce.nomi , o Cenomania ; il significato di luogo bello o
aprico. Pretendono all'incontro gli scrittori Tedeschi, che i Galli
o Gallo Celti, superato avendo il Reno, non entrassero nella
Germania propriamente detta , e non fossero i padri dei Germani
o dei Franchi; bensì Eraclide Pontico presso Plutarco parla dei
Galli, antichissimi invasori dell'Italia, e scesi dai monti Iperbo-
rei, sotto il qual nome Eschilo , Pindaro ed Apollonio Rodio,
indicarono le Alpi.
Franchi , Sassoni , Alemanni.
Fuvvi chi immaginò , che dalle reliquie dell' esercito di Ales-
sandro Magno venuti fossero i Franchi e i Sassoni ; ma questa
favola , accreditata da principio da Witichindo , non si appoggia
se nou^clie ai nomi di Frisone , Sassone e Brunone , spacciati
per fondatori di altrettante nazioni nella Germania , il che però
non ha alcun fondamento negli storici monumenti ; piuttosto può
credersi, che dalle imprese di Alessandro il Grande abbiano pi-
gliata i Celti l'occasione di invadere una parte dell'oriente. Che
poi gli alemanni traessero 1' origine loro dai Germani , provasi
coli' autorità di molti scrittori , ed anche di Livio e di Flavio
Vopiscoj colla etimologia del nome di Alemagna , che signiOca
Avanti l'epoca dei romàni ec. 207
terra comune o di pubblico diritto , e colla situazione ad essi as-
segnata da Tacito , che li collocò tra i Boli e gli Elvetici.
Nome della Germania antica.
Oscuro è il passo di Tacito , nel quale , su la fede di autori
più antichi , quello storico quasi recente asserisce il nome di Ger-
mania , siccome messo in campo soltanto all'epoca in cui, avendo
alcuni abitatori dell'antica Germania valicato il Reno e cacciati i
Galli, si dissero, a vicenda ora Tongri , ora Germani, cioè sol-
dati , o uomini di guerra , il che formò piuttosto un titolo d' o-
nore che non un nome proprio della nazione, adottalo dai vinci-
tori affine di incutere timore. Non disse Tacito che recente fosse
quella appellazione, ma lo affermarono alcuni scrittori da esso
consultati, i quali pure errarono , secondo 1" Eccardo , perchè dal
popolo degli Erminoni , antichissimo secondo Tacito e Plinio ,
come pure da Ermino o Irmino, antico eroe, cambiato poi in
Armiuio , facile riuscì il derivare il nome di Germania.
Colonie spedite nel settentrione.
I Germani e gli Svevi , gli Asi , i Cimbri e i Teutoni , spe-
dirono certamente ne' tempi più remoti numerose colonie nel set-
tentrione , benché incerta ne sia l'epoca; e può facilmentre cre-
dersi che duce di quelle spedizioni fosse l' antichissimo Thoro
Thoro , che fu poi venerato come il sommo Dio presso i Danesi
e gli Scozzesi ; di questo però si parlerà nuovamente , allorché
si tratterà della religione di que' popoli più antichi.
Cimbri ,» Teutoni ed altri popoli.
Se i Cimbri abitavano, secondo Strabone , nell' Olsazia, nella
Vagria e nel rimanente del Chersoneso , di là stendendosi dal-
l'Elba sino alla foce del Reno, da Tacito e quindi da \ ellcjo
compresi sotto il nome di Germani, i Teutoni abitare dovevano
l'estremità o la punta conica del Chersoneso Gimbrìoo, e forse
da quella conica figura trassero il nome loro; Pliftio perà a
(juel promontorio diede il nome di Cimbrico , il che molli con-
dusse a confondere i Cimbri coi Teutoni. I Cimbri stabiliti
nella Vagria, delta anticamente Varegia , dopo la loro sconfitta
operata da Mario, tornati nelle terre loro, furono nominati / a-
regi , Varcngi o Varanti , e per abbrevazione Franchi , dal
che alcuno dedusse il nome di Franchi; dei loro ladronecci e
della loro pirateria si farà menzione allorché si ragioucrà dei
208 DESCRIZIONE DELLA GERMANIA
loro costumi. Non è bea noto, quali cagioni movessero i Cimbri
ad uscire dalla patria , né quale strada pigliassero per iscendere
in Italia j strano però sembra che quella pigliassero della Boemia,
ed evitare volendo la nazione guerriera dei Boii , andassero a
passare l'Oder, nel luogo ove ora giace Francoforte che si crede
in queir epoca costrutta ; certo è che una società allora formarono
coi Teutoni e cogli Elvezj. Se Cimbri vi avevano ancora a'tem-
pi di Strabone nell'antica loro patria, è d'uopo ammettere, che
molti di essi e dei Teutoni dopo la loro disfatta alle case loro
tornassero; e quindi si accreditò l'opinione che il culto Romano
nella patria loro recassero, l'arte altresì di lavorare i metalli, e
forse 1' uso delle lettere che alle antichissime rune furono sosti-
tuite. Una parte tuttavia delle terre dei Cimbri venne occupata
da altri popoli , dai binili , Germani di origine , che poi si dis-
sero Longobardi , e che il Cluverio malamente confuse coi Vìn-
doli o fraudali , il Sassone EJmoldo coi Viniti. Questi ristettero
da prima per alcun tempo nella Scoringia , e seguiti furono dai
Mandali sotto due duci nominati Ambro ed Asso , i quali , ot-
tenuta avendo la pace da Vodano e dalla sua moglie Frea , tran-
quilli rimasero in quel paese, finché la fame forzolli a passare
nella Mauringia. La Scoringia situata era sul lido destro del Cher-
soueso-Cimbrico e stendevasi sino al fiume Galuso , detto poscia
Trava. Gli Assi formavano porzione dei Vandali , e forse il
nome loro traevano da quello del duce testé menzionato , come
altri popoli bellicosi da Ambro detti furono Ambri.
Catti Selva Gabreta.
La divisione della Germania in Superiore o prima, ed Infe-
riore o seconda, non trovasi accennata se non che da Dione. Al-
lora parlossi dei Catti e della selva Gabreta, come a' tempi di
Tiberio lungamente si ragionò dei Sicambri. I Catti altro non
erano se non che una porzione degli Svevi , detti Assi, d'onde
venne il nome di Assia e di A s si ani ; e da prima abitarono essi
le montagne Artiche , d'onde l' odierno Hartz, poi la selva Bnce-
nia o Bnconia. La selva Gabreta fu da Strabone confusa coli Er-
ciniaj l' Eccardo però con buone ragioni dimostra, che questa
essere doveva la selva Artica, o dell' Hartz , la quale dal Visurgi
o Yeser stendevasi anticamente sino all'Elba.
AVANTI L EVOCA 1)1.1 liOMAM VC. UOQ
Sistema del Cluverio.
Troppo grande è il nome di Filippo Oliverio che in un'o-
pera grandiosa, pubblicata presso gli Elzeviri Dell'anno i63| ,
illustrò la Germania antica , perdio non si debba esporre il di lui
sistema geografico intorno la situazione di ([nella provincia, la di-
stribuzione del suo territorio e lo stato in cui trovavasi avanti i
Romani. Benché egli abbia con validi argomenti confatata 1' opi-
nione del Bodino , ohe il nome di Celtica alla sola Gallia aggiu-
dicato aveva , e quella pure che i (salii dai Greci , i Germani
d*i Galli fossero derivati ; noi non ammetteremo V estensione da
esso data all'antica Celtica, nella quale entrare fece Pillino,
tutta la Germania, le Gallie, la Spagna e le isole Britanniche;
né tampoco lo seguiremo nel lungo racconto che fa delle gesta
di Asehcnaze, pronipote di Noè, che egli pretende avere coi suoi
figliuoli e nipoti occupata tutta la Celtica , cioè le succennate Pro-
vincie, ed avere quindi fondata la nazione e la potenza dei Celti,
Gli argomenti dei quali il Cluverio si è servito a sostegno della
sua opinione, sono pigliati dalla storia Mosaica , nella quale Asche-
naze è bensì riferito tra i figliuoli di Gomcr , ma punto non si
parla della sua prosapia, né di Celti; e dalla convenienza di al-
cuni nomi delle città e dei luoghi abitati, non che da varie sti-
racchiate etimologie, colle quali si vorrebbe provare l'identità delle
lingue dei diversi popoli, da esso creduti di Celtica origine.
Nomi dei Teutisci e dei Germani.
Merita bensì qualche considerazione la derivazione da OMO
fatta del nome di Teutisci, non già dal nume Tuiscone, da noi
sopra menzionato, ma piuttosto da Theut, Divinità suprema, e
protettore , o anche autore della nazione de' Celti , che for.se fu
male tradotto o interpretato da Tacito. Prova altronde il Cluverio
con molla erudizione, che il nome, di Germania era ne' tempi
più antichi un vocabolo peregrino, inusitato presso que' popoli;
che il nome di Germani non si introdusse se non se nell'epoca
in cui que' popoli valicarono il Reno, e quindi che' a torlo .si voi*
loro dai Romani appellali i Germani col nome di Gatti, i Galli
con quello di Germani.
CoìiJìììì della Germania antica.
Per quello che spetta alla grandezza ed ai confini della Ger-
mania antica , prova il Cluverio che questa superava in vastità
Cost. Voi. IX. dell' Europa i \
2 1 O DESCRIZIONE DELLA GERMANIA
tulte le altre Provincie, da esso supposte dell'antica Celtica, in-
sieme unite; e contra l'autorità di Tolomeo, che alla Germania
assegnava per confini il Reno, il Danubio, la Vistola ed il mare
Germanico , sostiene che oltre la Vistola Germani erano gli abi-
tatori della Prussia e della Livonia , oltre il Danubio quelli del-
l'Austria , della Stiria, della Carimi», della Baviera e della Sve-
zia, oltre il Reno gli Elvezj , gli Alsaziani e i Lorenesi; al-
l'autorità quindi di Tolomeo, nativo dell'Egitto e ignaro, come
egli dice, di quelle regioni, i testi oppone di Plinio, di Tacito
e di altri che ben conobbero la Germania } il Belgio e tutte le
circostanti provincie.
Germania Cisrenana e Transvenana. Popoli diversi.
Passa quindi il Cluverio a dividere la Gei-mania in Cisrenana
e Transrenana: e mostra che il Belgio non era già l'antica Bel-
gica , di cui tutti i popoli erano di origine Germanica , ma una
piecola parte della medesima ; che dagli Alemanni usciti dalla
Germania fu occupata tutta la regione Elvetica; che confinanti con
questi erano i Rauraci, detti ancora Raurici e Iìauriaci , forse
situati ove ora è Basilea; che nelle valli del Rodano ed intorno
al lago Lemano , abitavano i aeragli, i Sedani ed i Nantuali ;
che i Latobrigi e i Tulingi soggiornavano tra il Reno , il lago
di Costanza e il monte Giura; che i Sequani erano dal Rodano
divisi dagli ylllobrogi e stendevansi sino al Reno , i Medioma-
trici confinanti con essi, il territorio posto tra la Mosa ed il Reno
occupavano. Parla in appresso dei Tribocci , dei Nemeti e dei
Mangioni , popoli lutti Germanici, che nelle emigrazioni loro il
Reno valicarono , benché incerta ne sia 1' epoca , e stabilironsi ove
oggi sono Spira, Vormazia , Cobìentz , Andernach ecc., sebbene
i Tiibocci da alcuni si collochino intorno a Strasburgo, e i Man-
gioni a Magonza; parla dei Treveri confinanti coi Mediomatrici,
dei quali ancora conserva il nome l'antica loro sede; parla degli
Eburoni , dei Condrusii , dei Segni, dei Ceresii e dei Pemani,
che tutti furono una volta compresi sotto il nome di Germani. I
primi di que' popoli , finitimi tutti coi Treveri , erano i più set-
tentrionali, e stendevansi sino alle rive del Reno, benché non si
trovi chiara menzione delle loro città; i Segni e i Condrusii
abitavano tra gli Eburoni e i Treveri, e forse in quella regio-
ne trovavansi anche i Ceresii ed i Pemani. Il trovare nei Com-
avanti l: epoca dei romam ec. 211
tneiitavj di Cesare menzionati i Cevesii , che ambasciatori spe-
dirono a quel duce, farebbe quasi nascere qualche pensiero sul-
la origine del nome di Ceresio dato al lago di Lugano, che pe-
rò non vedesi introdotto se non se nel quinto secolo dell'Era Cri-
stiana.
Altri jwjwli del cenlvo.
I Menapii venivano in seguito agli Ebuvoni verso il setten-
trione , e forse la Fiandra odierna occupavano sino al mare Ger-
manico ; gli Ubii stanziavano su la riva del Reno che giace tra
Ma gonza e Colonia , e dai Romani soltanto trasferiti furono nella
Gallia ; i Gugevni quelli sono per il Cluverio , che su la riva
destra del Reno dicevansi Sicambvi , e poscia passati nella Bel-
gica , confinanti furono coi Baiavi; cosi i Sanici su la destra di
quel fiume nomavansi Catti , e passati al di là occuparono le
terre situate tra la Mosa ed il Roer. Inutile sarebbe il ricercare
la sede dei Tongri , perchè i primi che il Reno valicato aveva-
no , ora Tongri , ora Germani , come già si è detto di sopra ,
indistintamente si appellarono; una città tuttavia dei Tongri viene
menzionata nel libro Delle provili eie e delle città della Gallia,
e forse è questa la stessa clic V Atuatuco di Tolomeo, da altri
assegnata agli Ebuvoni. Erano però vicini ai Menapii gli Adua-
tici o Atuatici , che poscia detti furono Betasii , e tra le città
di questi si nomina nell'Itinerario di Antonino, Aduaga dei
Tongri. Agli Aduatici , o ai Betasii, prossimi erano i Nevvii ,
il di cui territorio , sparso di paludi e di foreste , comprendeva
anche la selva celebre di Àrdenti! ; i Centvoni , i Gradii , i Le-
vaci , i Pleurnosi ed i Gavduni , abitanti forse dell'odierno Ar-
tois , tutti erano Germani , secondo il Cluverio , e poscia con ui\a
sola generale appellazione , nominati furono Sveconi*
Popoli delle Gal He.
Dalla parte del mezzodì, vicini e confinanti coi Nervii già
menzionati, trovavansi i fcvumandui ; seguivano gli Ambiani ,
dei quali però il Cluverio ammette l'origine Gallica; a questi
apparteneva, secondo la Tavola Peutingeviana e V Itinerario di
Antonino, il Mcdiolano degli Aulcvci , d'onde forse per somi-
glianza del luogo fu dedotto il nome della nostra Milano. Galli
erano pure gli Atvebati , i quali però compresi furono nelle di-
ciassette provincie della Germania inferiore ', confinanti essi cogli
U 13 DESCRIZIONE OF.LLA GERMANIA
Ambirmi , separati erano dai Morirti per mezzo d«l fiume die si
getta nell'Oceano presso Boulogne , e anch'essi occupavano por-
zione del moderno Artois e piccola pule dell' Hainaut.
Popoli vicini alle coste.
I Brinimi e gli Oromausaci , trovavansì presso le rive del
mare Germanico , e male a proposito in alcune edizioni di Plinio
fu cambiato il nome di Brianni in quello di Britanni. I Mo-
rini prossimi agli Atrebati , situati erano vicino allo stretto, ora
detto la Manica, e dai Romani ritenevansi come i Belgi o i
Germani più distanti da Roma ; i Toxanàri o Taxandri , da
alcuni sono collocati nelle isole Selnndiche, dal Cluverio tra il
Reno, la Mosa e la Sclielda , delta dagli antichi Scaldi , d'onde
l'orse stcndevansi sino al lido del mare.
Baiavi ed isola Batavica.
À lungo ragiona il Cluverio dei Baiavi, della loro origine e
del nome loro , del die verrà occasione di parlare altrove , e così
pure tratta diffusamente della situazione dell'isola dei Baiavi e
della lunghezza della medesima. I Baiavi egli pretende discen-
denti dai Catti, e anzi dai Catti- Assiemi , e quindi certamente
di origine Germanica; l'isola Batavica colloca alla foce del Reno
e nota che nella Tavola Itineraria, come pure nel lib. LIV. ài
Dione , si scrisse Patavia per Batavia , e i Batavi furono trasfor-
mati in Palavi. QuelP isola però volle bagnata da un lato dal
iìume Wahal e dall'imboccatura della Mosa, dall'altro dalla cor-
rente maggiore del Reno; e qui egli esamina quale fosse ne' di-
versi tempi antichi l'alveo di que' fiumi, e fa vedere come una
pirte del Reno si scaricasse da poi nel Lech , il che gli apre iì
campo a lunga dissertazione su la Fossa di Gorbulone , ed anche
alla confutazione di coloro che l'isola de B atavi vollero estendere
sino al fiume Issel e al lago dagli antichi detto Flevo. Mostra
però che i Baiavi di molte terre possedevano fuori dell'isola e
su le Galliche rive , massime tra il Wahal e la Mosa , e parla
dei Canincfati che una parte dell'isola stessa abitavano; distin-
gue per Tiltimo contra il Giunio la Batavia nuova dall'antica, e
questa alla Germania attribuisce , quella perchè separata dal Re-
no , alla Gallio.
Popoli Transrenani.
Fin qui dei popoli che , valicalo avendo anticamente il Reno;
AVANTI L'EPOCA DÈI ROMANI OC. 21 3
una Germania formarono al di là di ;j:icl fiume , e la maggior
parlo della Gallia Belgica occuparono. Ora nella Germania pro-
priamente detta, o nella Transrenana , compajono, secondo il
Clnverio , i popoli menzionili da Plinio e da Tacito, cioè i Vinr
tlili , gli Ingevoni* gli fstevoni , gli Ermiinini o Emìoni, e i
Peuciiii, detti anche Bastami , i quali presentano una generale
divisione di tutta la provincia. Seguono gli Eh'ezj, Galli forse
d'origine, in tempi remotissimi passati nella Germania, e stabi-
liti tra il Reno, il Aleno e la selva Ercinia ; i Marcomaiini , i
ScdiLsii e gii Arudi, in epoca pure assai lontana situati presso
le rive del Reno, e quindi trasferiti nella Boemia; i Galli pas-
sati ad abitare tra il Reno e il Danubio , e sotto il Romano do-
minio possessori de' Campi Decumani , i quali in epoca posteriore
delti furono Alemanni o Alamanni \ i Calti, delti anche Cassi,
ed Assi o Assiani , che il Clnverio pretende male a proposito
nominoti Svevi da Cesare e da altri antichi scrittori. Confinanti
con questi erano gli Ubii che già vedemmo passati, almeno in
parte, nella Gallia o nella Germania Cisrenana ; i Maniaci da
alcuni geografi collocati furono nelle isole Selandiche, e dal Cln-
verio si rivendicano alla Germania ed alle rive del Reno , qua-
lora non piaccia di cambiare il nonio di Marpurgo in Martpurgo,
e situarli nell'Assia presso un monte ferace di metalli,- dal lato
del settentrione prossimi ai JMattiaci erano i Janni, che pure
abitavano intorno alla Mosa , e cogli Ubii confinavano Ugual-
mente a settentrione i Sigambri o Sicambri , i (piali poscia cac-
ciati, come si disse, al di la del Reno, nominali furono (infer-
ni. A questi succedettero nel possedimento delle loro terre i
Tentali e gli Usipeti , detti anche Usipii, forzati a lasciare i
paesi loro dai Citili, e stabilirousi principalmente su la destra
riva della Lupia o dell'odierno Lippa ; coi Sicambri confinavano
pure i Sfarsi e i Marsaci , nominati ancora iMarsazii , i quali
poscia, stanchi di abitare le rive del Reno, le terre loro cam-
biarono coi B ruderi ; e ai Sfarsi e ai Bruciori finitimi erano i
Tubanti, i quali formando uni piccola popolazione, appena veg-
gonsi nominati digli antichi scrittori. Più celebri erano certamente
i Bracieri, che dil fiume Lippa suindicato sin «piasi all' Oceano
si stendevano. I campi che appartennero un tempo ai Tubanti ed
agli Usipii, posseduti erano in epoca anteriore dai Carnali, e
2l4 DESCRIZIONE DELLA GERMANIA
dagli Angrivarii , i quali occuparono poscia le terre dei Bructe-
ri } sembra che i primi almeno stabiliti fossero più anticamente
in riva al Reno , e che poscia occupassero anche le sponde del
Weser. Ma poiché i Carnali e gli Angrivarii nel paese dei Bru-
cteri si intrusero , la loro sede originaria fu a vicenda occupata
dai Dulgibini o Dulgumnii , e dai Casuari , detti anche Cat-
tuari. Tolomeo i Dulgumnii collocò al di sotto dei Laccobardi ,
che taluno sospettò essere i Longobardi da noi conosciuti. I Ca~
suari colloca Tolomeo stesso al di sopra degli Svevi , non lungi
dalla sede degli An grivarii , e per quella via passarono essi nei
campi de' Camavi.
Continuazione.
Si nominano ancora gli Ansibarii , o Ampsibarii, o Anipsi-
varii , che cacciati dai Catti portaronsi verso il Reno ed i con-
fini invasero degli Usipii', e i Frisii, benché riguardati come
confinanti coi Baiavi , rimanevano tuttavia su la riva destra del
Reno, e fronteggiavano le terre occupate dai Dulgibini , dai Ca-
suari e da altri popoli: alcuni tuttavia, su l'appoggio di una
Irase di Tacito, vorrebbono collocarli su le rive dell' Issel.
Dei Gauci e dei Franchi.
Già da noi altrove si è parlato dei Cauci , detti anche Cau-
chi ; la Tavola Itineraria , li colloca presso gli Ampsivarii , e
l' Etico nella Cosmografia li nomina Catti gauci, forse per non
averli ben separati dai Catti. I Cauci non lontani erano dall'El-
ba, e le rive abitavano dell' Oceano Germanico , d' onde ebbe
probabilmente origine la loro pirateria , della quale pure si è par-
lato. Assai numerosi erano certamente que' popoli, che al dire di
Tacito un immenso spazio di terra non possedevano soltanto, ma
riempivano ; da essi separati erano per mezzo del Weser i Che-
rusci , essi pure potenti , e i Campsani , e i Catulci , o Ca-
tulconi , detti clienti dei Cherusci medesimi. Al di là dell' Elba,
secondo il Cluverio , abitavano i Franchi , da esso riferiti tra le
nazioni Transalbiane. Questa nazione da esso appellata JYobilissi~
ma, ebbe il possedimento di una terra Germanica che detta era
Francia , ma poscia uscì ad invadere lontane regioni , e si estese
oltre il Reno ed il Danubio: nella Tavola Itineraria, benché
in questo luogo guasta e corrotta , si registrano come abitatori
delle rive del Reno presso il lido dell'Oceano, i Cauci, i Clic
AVANTI L EPOCA DEI KOMANI OC. 21 5
rusci , i Camavi , che si suppongono la stessa cosa che i Fran-
chi , e su quella riva in grandi lettere majuscole è scritto il no-
me di FRANCIA , dal che trae argomento il Oliverio per dimo-
strare che Germani erano i Francia , e che invasa avendo essi
tutta la Francia odierna, vi si stahiiirono in gran numero, e
spensero quasi il nome di Gallia, quantunque altra parte di essi
nella Germania Transrenana rimasta , le terre degli Alemanni
dintorno al Meno invadesse, d'onde nacque la divisione di Fran-
cia occidentale ed orientale, e quest'ultima fu poi detta Frati-
conia.
Due Sasso/ne.
Riconosce anche il Cluverio , che i Fosi confinanti coi Che-
rasoi , non diversi erano dai Sassoni , ma due Sassouie distin-
gue, l'una situata nell'odierna Olsazia, l'altra tra i Cherusci
e i Cimbri. Il vedere menzionato da alcuni antichi scrittori che
la Sassonia era una terra quasi inaccessibile , circondata da palu-
di e da regioni inospite ; da altri che i Sassoni aiutavano nei li-
di dell'Oceano e nelle vicine paludi, farebbe credere che stabi-
liti si fossero i Sassoni anche nella penisola Gimbrica , al di là
dell'Elba e sino al mare di Svezia, qualora que' testi riferire non
si dovessero alla Caledonia dai Sassoni occupata.
Cimbri.
Non lontani) ansi confinanti coi Sassoni, erano i Cimbri, e
secondo Plinio, Carici nominavasi il promontorio Cimbrico che,
prolungandosi nel mare , formava una penisola. Se pigliare si do-
vesse alla lettera un passo di Strabone , sino dai tempi di Omero
i Cimbri-Germani dalla Cimbrica penisola passati sarebbono al
Ponto, e quindi recati sarebbonsi nell'Asia. La regione che giace
frammezzo ai Snssoni di Tolomeo ed ai Cimbri , sarebbe ora il
Jutland, latinamente nominato Jutia , dalla quale appellazione
trassero alcuni il nome dei Juli o dei Goti. Il Cluverio ò d'av-
viso, che i Cimbri i primi fossero tra tutti i Germani che usciti
dalla patria loro scorressero vittoriosi la maggior parte dell' Eu-
ropa , e per dugento quaraut'anni iucirca sostenessero colle armi
la gloria del loro nome.
Isole Germaniche.
Germaniche erano certamente le isole situate lungo i lidi dei
Cimbri , dei Sassoni , dei Cauci e dei Frisii , delle quali Plinio
2l6 DESCRIZIONE DELLA GERMANIA
ne contava sino a ventitré dai Romani conosciute , e tre ne nomi-
nava come nobilissime, cioè Burcana , detta dai Romani Fabaria,
la Glessaria , così appellata per cagione del succino anticamente
nominalo Glessum e dai Barbari detta Aastranìa , iuoltre Ana-
nia. Il nome di Burcania si ravvisa nell' odierno di Borkun e
Ortelio credeva di trovare 1' Attania in Heiligeland, e la Glessa-
ria o 1' Austrauia nell' Isola di Ameren.
Svevia.
Antichissimo riconosce il Cluverio il nome di Svevia , della
quale però, a cagione della sua grandissima estensione, difficile
sarebbe il trovare gli antichi limiti , giacché Tacito stesso ed al-
tri riconoscevano che gli Svevi occupavano la massima parte del-
la Germania , e insieme formavano cinquantaquattro popoli. Il
Cluverio porta que' limiti all'Oceano settentrionale ed alla peni-
sola dei Cimbri da due lati , da un altro al golfo Codano o al
Baltico, e finalmente dall'Elba al Meno ed al Danubio; i quali
confini però quelli erano de' tempi di Tacito, mentre forse da
prima più ancora gli Svevi estendevansi , e fors' anche nella
Norvegia.
Popoli Svevi.
Primi tra i popoli Svevi erano i Sennoni , abitatori di una
parte della Polonia minore tra i fiumi Warta e Oder , di una
parte della Slesia , della Lusazia e di alcune provincie ora appar-
tenenti alla Sassonia; i Longobardi , confinanti a settentrione coi
Sennoni ; e situati su le rive dell' Elba , ove oggi è la Marca di
Brandeburgo ; i Dcuringi , i Cavioni, gli Angli, i Varini , gli
Eudosi, gli Svardoni e i JYuito?ii, i quali un solo corpo federa-
tivo formavano, ed occupavano lo spazio interposto tra l'Elba el
il Caluso , e il mare detto Svevico. Seguivano gli Ermunduri, abi-
tanti lungo il Danubio , e stendentisi sino alla Rezia ; i Narisù
o Naristi , detti in epoca posteriore Armalausi , situati essi pure
su le rive del Danubio tra gli Ermunduri e ì Marcomanni abi-
tatori della Boemia insieme coi Boii, che poscia cacciati furono dai
Marcomanni medesimi ; i Quadi , non situati , dice il Cluverio ,
nell'odierna Slesia, ma bensì su le rive anch'essi del Danubio vi-
cino ai Marcomanni ed agli Ermunduri , più veramente nella
Moravia d'oggidì; i Gotìni, i Marsingi, gli Osii e i Burli, ciati
da un lato dai Marcomanni e dai Quadi, dall'altro dai monti
AVANTI L EPOCA DEI ROMANI eC. 21 7
della Boemia e d.il fiume Morava , prossimi i Gotini e gli Osii ai
Sarmali Jazigi, i Marsingi e i Burii al fiume Oder ; così pure
i Li gii o Lugii , o Lugi , o Logioni , confinanti cogli Osii e coi
Burii; i (intoni, detti anche Gittoni, Gattoni, Gittoni, Goti
e Gotti , che a settentrione fiancheggiavano i Li gii , e Goti detti
non furono se non un secolo dopo Tolomeo, secondo Pitea, citato
da Plinio, una porzione del lido dell'Oceano occupavano; secondo
Tacito, non abitavano se nou che regioni mediterranee tra i Li gii
e i Rugii o i Lcmori; opina tuttavia il Cluverio, che realmente
si stendessero sino al mare , e che essi i medesimi fossero che
Goti delti furono da poi, benché" ei li distingua totalmente dai
Geli. Parla pure della distinzione dei Goti orientali ed occiden-
tali , d' onde vennero i nomi di Ostrogoti e Visigoti. I Gepidi
crede egli , appoggiato a Giornande , parte dei Goti medesimi, che
ritratta erasi in un'isola posta alla foce della Vistola, malamente
da Apollonio Rodio confusa col Rodano e col Pò , ove detti fu-
rono V'iridarti ed anche Vidioari ; forse occuparono essi il luo-
go, ove ora è Danzica. Ai Goti unironsi nelle loro emigrazioni,
o piuttosto nelle loro invasioni di molte provincie dell' Europa ,
gli Fruii , i Vandali , i Rugii , e finalmente i Bastami , seb-
bene da alcuni scrittori gli Bruii vengano uniti ai Rugii, da al-
tri ai Lemorii ; coi Rugii certamente confinarono a mezzodì i
Sidini , e ad occidente i Carini , dei quali due popoli più doq
viene fatta akuna menzione dopo Plinio e Tolomeo.
Burgundii.
Seguono pure i Burgundii o Burgundioni , i quali al dire del
Cluverio, una parte considerabile della Polonia occupavano; e
di là venuti da prima ad impossessarsi delle terre degli Alemanni
loro vicini , passali poscia nella Rezia e nella Elvezia , giunsero
al fine, cacciati dagli Unni, ad invadere la parte della Gallia che
fiancheggiata era dal Reno.
Discussioni del Cluverio.
Non seguiremo più oltre il Cluverio nell'esame dell'origine,
che egli crede antichissima, dei Palatinati della Germania, nò
tampoco nelle sue discussioni su l'Oceano settentrionale, detto
anche Germanico, sul golfo Codano , nominato altresì mare Sve-
vico , e in parte golfo Yenedico da Tolomeo, su la Scandinavia,
delta anche Scandia e Scanzia , e su la Finningia , sull' isola di
2l8 DESCRIZIONE DELLA GEKMANlA
Thule e su le isole minori del suddetto mare Germanico ; ma non
lascieremo di indicare , che egli all' antica penisola della Scandi-
navia assegna per abitatori gli Sveoni , gli Ellevioni , gli Scani,
i Gufi , i Lappioni , gli Scritojìniii , i Marchifionni ed i Suoni
o i Normanni , che egli forse con eccessiva parzialità sembra tutti
ritenere Germani di origine, e le di cui terre, come egli dice,
parte formavano dell' antica Svevia.
Peucini.
Venendo poi alla estremità o al lato orientale della Germania ,
trova il Cluverio i Peucini, detti ancora Bastami, che Plinio du-
bitava , se ai Germani o ai Sarmati ascrivere dovesse , sebbene
Germani apparissero perla lingua, per la religione, per la situa-
zione e per il domicilio, e Polibio, Livio e Plutarco ne formas-
sero una nazione Gallica. Il Cluverio crede coli' autorità di Plu-
tarco medesimo di poterli aggregare ai Germani , e lo erano cer-
tamente i Peucini propriamente detti, se, come accenna Stra-
bone, un'isola in mezzo al Danubio abitavano. Del rimanente for-
mavano i Bastami varie nazioni, oltre i Peucini suddetti, cioè
gli dtmoni, i Sidoni e i Carpiani, abitatori forse dei monti Gar-
pazj. I Venecli veramente , abitatori delle rive della Vistola presso
ai Bastami , il Cluverio assegna ai Sarmati ; ma gli Estii , si-
tuati tra i Venedi e gli Slavi , ritiene tra i popoli Germanici ,
opinando che nella odierna Prussia e nella Livonia stabiliti fossero,
forse con più estesi conCui che non sono gli attuali di quelle Pro-
vincie. Agli Estii aggiunge gli Sciri e gli Irri , che cogli Estii
formavano una sola nazione , benché i secondi menzionati sieno
soltanto da Plinio.
Ultimi Germani.
Ultimi abitatori della Germania reputa egli i Fumi, o Fenni,
benché da Plinio e da Tolomeo collocati sieuo tra i Sarmati.
Torna quindi su i cinque popoli , nei quali divisa fu da Plinio
tutta la Germania, e nota, che i V indili , detti poscia Vandali,
originar] non furono della Scandinavia , ma piuttosto delle regioni
poste verso il golfo Codauo , o il mar Baltico ; che gli Ingevoni
bensì tutta la Scandinavia un tempo occuparono; che gli Istevoni
non furono totalmente mediterranei di abitazione , come alcuno
lesse in Plinio, ma bensì gran parte occuparono del lido Germa-
nico ; che gli Ermioni o Erminoni invece , con tutta la nazione
AVANTI L' EPOCA DEI BO.MANI e«. 219
Sveva, gli Errnimduri, i Catti e i Cherusci , possedevano le terre
mediterranee ; finalmente che i Peucini o Bastami non giugne-
vano sino al Ponto , ma limitati erano dai confini dei Orti. In
un'opera separata mostra quell'erudito scrittore, che la Vindeli-
cia ed il Norico erano parti dell'antico lllirio, e che tutti i po-
poli Alpini , dei quali la maggior parte formavano i Sindetici e
i Norici , nominati erano anticamente Taurisci.
Monti , jìumi , selve della Germania.
Avanti di lasciare il Cluverio e l'esame dell'antica Germania,
gioverà colla scorta di quello scrittore medesimo volgere una ra-
pida occhiata ai monti, ai fiumi ed alle selve di quella regione,
non che alle fiere che dagli antichi scrittori diconsi abitatrici di
quelle selve vastissime.
Monti Cisi enani.
Di poche montagne della Germania Cisrenana viene fatta men-
zione ; parlandosi però della selva Vosega, o Vosaga , o Vasaga,
si fa parola anche da Cesare del monte Vogcso , che era su i
confini dei Litigoni , e si nota nei suoi Commentari che da quel
monte nasceva la Mosa. Il Vosago è nominato anche nelle Ta-
vole Itinerarie , e ognuno facilmente può riconoscerlo nelle o
dierne montagne dei Vosgi che la Lorena separano dalla Borgogna,
e da alcuuo veggonsi nominate montagne della Borgogna medesima.
Fiumi.
IN ella stessa Germania Cisrenana veggonsi dagli antichi men-
zionali come fiumi maggiori, il Reno, non conosciuto al dire di
alcuni, da Aristotele e prima d1 ogn' altro descritto da Cesare,
sparso, secondo Tacito, di piccole isole, e da Pomponio Mela
detto presso la sua sorgente creatore di due laghi , il Veneto ,
che si suppone essere quello di Costanza, e l'Acroniano, che
generalmente credesi quello di Bregenz ; poi il fiume HeielltU ,
ora 1*111 j il Nava , oggidì N ahe ; la Mosella e 1' Abrinca , ora
detto Are , tutti confluenti nel Reno. La Mosella pure riceveva a
sinistra il Stira, oggi detto Saur, il Pruin, il Nierns , 1' Alsitz ,
il Kiel , il Lecer ed il Salm , anticamente detti Pronaea , Nc-
mesa , Alisontia , Gelbis , Lcsura e Salmona\ a destra il Tracn,
anticamente nominato Drachonus o Drahonus , il Roer , detto
una \olta Erubrus o Erubris , e il .Saar o Salir, nominato negli
Ilinerarj Saravo , e in alcune lapidi Sarra. Fiumi famosi iu
o.oo DESCRIZIONE DELIA GERMANIA
quell'età erano anche la Mosci, nella quale cadevano il SabI o la
Sambra d'oggidì, e la Scalde che è l'odierna Sehelda.
Selve.
Lungamente ragiona il Cluverìo della selva Arduenna, spesso
menzionata da Cesare, che stendevasi per la lunghezza di cento
venti miglia tra il Reno e la Mosa , e circondata era da paludi
che sin presso l'Oceano giugnevano. Pretende il Cluverio che
nelle misure assegnate da Cesare siavi errore, giacché appena po-
trebbesi supporre lo spazio di cinquanta miglia tra il Reno e la
Mosa , ed anche tra il Reno e la Sehelda : opina adunque che
tutte quelle regioni sparse fossero di foreste , e che continuata
non fosse la selva di Ardenna , ma in molte parti divisa e a molti
popoli appartenente , benché unica , perpetua ed isolata la cre-
desse Strabone. Con essa adunque suppone confinanti i Treveri, i
Tongri , i Sunici , gli Ubii , i Gugerni , una parte dei Batavì,
e presso le terre dei Menapii i Marini , i Betasii , gli Svcconi,
i Nervi e gli Atrebati , cosicché dal confluente della Mosella
agli ultimi confini degli Atrebati sarebbesi stesa per dugento qua-
ranta miglia in lunghezza, e per centocinquanta in larghezza dal
confine dei Mediomatrici sino al fiume Vahal. La selva Vosega,
già indicata , benché essa pure vastissima , viene dal Cluverio ri-
guardata come una continuazione di quella d' Ardenna.
Monti Transrenani. Ercinii.
I monti della Germania Transrenana , rammentati da Pom-
ponio Mela e da Tacito , erano assai più numerosi che nella Ci-
srenana, laonde quella terra dal primo di quegli scrittori fu detta
più verticosa dalla parte che riguardava il Norìco e la Pannonia,
dal secondo aspra per le numerose montagne. Il Cluverio però
non mostrossi contento della frase di Tacito , con cui maggior-
mente piana si asserisce la Germania dal lato della Gallia , giac-
ché il ducato di Cleves, una parte della Gueldria , la Frisia, la
Vestfalia, i ducati di Bruuswich e di Luneburgo, gli stati dì Mag-
deburgo , di Brema e di Meclemburgo , la Olsazia ed altre pro-
vincie finitime , dalla parte del mezzodì si sollevano a poco a
poco in colli , e finiscono in montagne altissime. Una catena sten-
desi certamente dal Reno stesso sino ai confini dell' Ungheria e
della Polonia , e questa crede il Cluverio in età antichissima in-
dicata col nome di monti Ercinii, giacché da questi , da. esso detti
l'I I
altissimi monti, Aristotele fere scaturire numerosi fiumi, scorrenti
verso il settentrione, e da esso accennati in seguito al Danubio.
L'Ereiuio monte nominò anche Apollonio Rodio, e il di lui sco-
liaste chiamollo monte dei Cèlti ; dei monti Ercinii , come dei
più grandi dell'Emme, ragionò Diodoro Siculo, e Plinio il gio-
go Ercinio dichiarò a nitin altro in nobiltà inferiore. Parlarono
altresì gli antichi scrittori del monte Abnuba, come padre del-
l' Istro, e Tolomeo, accennando che i più celebri tra i monti che
la Germania tagliavano , erano i Sarmatici , nominò pure l' Au-
noba o 1' Abnuba. La maggior parte di quegli scrittori collocava
in quello le sorgenti del Danubio; Tolomeo solo lo supponeva
distante centotrenlamila passi incirca da quelle sorgenti, eia lun-
ghezza gli assegnava di centottnnlamila. Ingannossi forse quel
geografo nel misurare tanto la distanzi dalla sorgente dell' Istro,
quanto la lunghezza di quel monte; il Oliverio quindi lo crede
quello stesso che stendesi tra la sorgente del Danubio ed il Reno
sino a Pfortzheym , ed escludendo l'opinione di coloro che 1' Ab-
nuba confonilcttcro coi monti Rauraci , mostra che tutti quei
monti sino alle sorgenti dell' Istro gli antichi nominarono Ercinii.
stipi.
Tolomeo estese sino alle rive del Danubio i monti che in
quella età già portavano il nome di Alpi: osserva il Oliverio che
qnr] nome di Alpi si conserva tuttora presso le fonti dell' Istro,
e Strabone altresì , la catena dell' Alpi facendo partire dalla Li-
guria , la prolunga sin presso al Reno e al lago di Costanza , e
un ramo mediocremente elevato ne fa passare tra il Reno e quel
lago e lo estende alle sorgenti dell' Istro sino agli Svevi ed alla
foresta Ereinia. Forse per eguale ragione Tzetze nei commenti
a Licofrone , le Alpi indicò come monti Europei altissimi verso
l'Italia, da uno de' (piali sorgeva il Danubio, dall'altro il Reno.
Stilli monti della Germania.
Pomponio Mela nominò come altissimi i monti della Germa-
nia Relieo e Tanno, dei (piali il Oliverio crede il primo situato
a Donna, il secondo dirimpetto a Ma gonza , e opina che 1 uno e
l'altro ai monti Ercinii appartenessero. Parla altresì Tolomeo del
monte Metiboco , sotto il quale trovavasi la selva Semana , e il
Ouverio consente cogli eruditi che quel monte credettero altro
non essere che Y odierno Hai tz , fondati su l' argomento che quel
222 DESCRIZIONE DELLA GERMANIA
monte trovavasl in mezzo ai Cherasci ed ai Catti , i quali le
montagne dell' Hartz avevano certamente per limite. Quanto ai
monti Suditi , menzionati dallo stesso Tolomeo , sotto i quali gia-
ceva la selva Gabreta , alcuni credettero di trovarli in quella ca-
tena che cigne dal lato occidentale la Boemia , altri nella catena
orientale della Boemia stessa, d'onde nasce l'Elba: il Gluverio
opinò che i Suditi altro non fossero se non che i monti detti
Boemici , che tutta la Boemia circondano, e che talvolta confusi
furono cogli Ercinii.
Germanici distinti dai Sarmatici.
Nomina pure Tolomeo il monte Asciburgio, che il Cluverio
distinse bensì dai monti Sarmatici di Tolomeo medesimo, ma
collocò sul confine della Slesia e della Polonia ; i monti Sarma-
tici poi stabilì per confini occidentali della Germania tra la Vi-
stola ed il Danubio , benché il nome di Sarmatici non dalla Sar-
mazia traessero, ma bensì dai Sarmati-Giapidi. Non lontani da
questi erano parimenti i monti Carpati o Carpazii di Tolomeo,
sebbene que' monti alla Germania non appartenessero. Nella Sar-
mazia, secondo Tolomeo, era ancora il monte Peuce, che quel
geografo cambia da poi in monti Peucini, e questi debbono tro-
varsi su i confini della Podolìa , della Russia minore e della Vo-
linia. Germanici all'opposto potevano dirsi i monti Venedici dello
stesso Tolomeo, benché da esso reputati Sarmatici, perchè tro-
vava nsi in quella provincia che ora porta il nome di Prussia ;
quindi anche Tacito, parlando dei loro abitatori, cioè dei Veneti,
riconosce che questi Germani erano, sebbene, errando per amore
di rapina tra i Peucini e i Fenni, contratti avessero in gran parte
i costumi dei Sarmati.
Fiumi Transrenani.
Tra i fiumi della Germania Transrenana si annoverano il
Nicer degli antichi, oggi detto il Necker, e da Eginardo nomi-
nato Neccaro; il Meno, detto Moenis da Pomponio Mela,- il Si-
ge , che Sigo e Sego crede il Cluverio appellato dagli antichi;
la Lnpia , oggi noni inato il Lippa , che riceve presso Paderbona
un fiume detto Alme , che forse è V Eliso di Dione Cassio; l'Js-
sel, detto dagli antichi Sala, d'onde Salii nominati furono gli
abitanti delle sue rive; il Vider di Tacito e di Tolomeo, ora
dai Tedeschi nominato Vecta o anche AcquarNera; l'Ems, la
avanti l' epoca dei romani pc. 2^3
Misia dei Latini , il Visurgi dei medesimi , oggi detto il We-
ser , che riceve dal lato sinistro l' Aeder o l'antica Odrana ; fi-
nalmente l'Elba, nominata dagli antichi, Albi, Albìo o sllbia,
che, anche secondo Tacito, ingrossata era dalle acque del Sala,
ora detto Isaia.
Altri fiumi.
Il Caluso nominato da Tolomeo, credesi l'odierno Trave che
Lagna Lubccca , e non lontani da esso erano , secondo quel geo-
grafo , il fiume Svevo, il Viado e la Vistola. I moderni hanno
provato con buoni argomenti che un solo fiume erano lo Svevo
e il Viado o Viadro , quello cioè che ora chiamasi FOdcr, e
questo era probabilmente il fiume detto da Plinio e da Solino il
Guttulo. La Vistola nominata era tra i fiumi Germani , come con-
fine della Germaniea stessa e della Sarmazia , avanti che gli Estii
di origine Germana invadessero le terre dei Venedi. Siccome nella
Vistola cadeva un fiume , detto dagli antichi Rodano , e tuttora
nominato Reddaune o Raddaune, nacque da questo l'errore dei
Greci che talvolta la Vistola appellarono Eridano o anche Ro-
dano. Tolomeo , appoggiato l'orse alla irruzione degli Eslii nel-
le terre dei Veneti, menzionò in seguito alla foce della Vi-
stola, le foci altresì del Crono, del Rubone, del Tnronto e del
diesino, che il Gluverio interpreta il Mcmel, la Dwina , la We-
likarzeka , detta verso la sua fine il Nerva o il i\arva , e il Lo-
wat dei Russi, nominato Wolchow all'uscire del lago Ladoga.
Di que' fiumi tuttavia soltanto i due primi assegna il Gluverio a-
gli Eslii-Crcrmani.
Selva Ercinia.
Tempo è; ora di ragionare della famosa selva Ercinia, non che
delle altre selve della Germania Transrenana. Notissima fu l' Er-
cinia anche presso i Greci , specialmente presso Eratostene, Ari-
stotele ed Apollonio Rollio: da Cesare, forse seguace dell'ortogra-
fia di Eratostene | nominata vedesi (ìreinia. Nove giornate di cam-
mino, secondo Cesare stesso, occupava quella selva in larghezza,
e dai confini degli Ehezj , dei Nemeti e dei Ramaci, stende-
vasi lungo il Danubio sino ai confini dei Daci Aitarti, nò al-
cuno a' suoi tempi giunto era al principio o all'estremità di quella
selva , innoltrandosi per sessanta giornate di cammino. Riconosce
il Cluverio in questa descrizione quella immensa catena che , at-
2^4 DESCRIZIONE DELLA GERMANIA.
traversando gran parte della Germania, si stende per il Brande-
burghese, per la Prussia e per la Polonia, per la Lituania e per
la Russia Maggiore o sia la Moscovia insino all' Obi ; ma dubita,
che tutta nominata non fosse Ercinia, e questo nome applicato
crede dai Greci alle sole montagne Celtiche o Germaniche: il .no-
me stesso di Ercinia o Arcìnia , somigliante all'odierno del-
l'Hartz, reputa egli di antichissima Germanica origine.
Selve Marziane.
Ammiano Marcellino il primo nominò selve Marziane quelle
che ora portano il nome di Foresta Keraj non però ammette il
Cluverio che quel vocabolo di Marziane o Marciane, derivasse
da Latina origine ', dubita anzi che i Romani la Germanica voce
di Schwarz, nero, corrompessero in Marz\, d'onde fecero Mar-
ziana la selva. Tacito quella selva estende siuo al territorio del
Calti $ Claudiano ne fa abitatori i Bructeri; Plinio vi compreude
Cauri, Plutarco i Cimbri , e sembra che la selva Cesia di Tacito
una parte formasse della Ercinia , giacché abitata dai Sigatnbri ,
su la destra trovavasi della Lupia o del Lippa. Tra 1' Amisia poi
e la Lupia , giaceva il bosco di Tanfana , da Tacito menzionato,
e nella Frisia trovavasi quello di Baduena.
Hartz odierno.
Suppone il Cluverio che 1' odierno Hartz non fosse che una
parte dell'antica Ercinia, detta da Cesare Baceniy da Tolomeo
Semana, situata presso il monte Melibocoj e presso la selva detta
Baceni , non lungi dal Weser , trovavasi un bosco detto di Er-
cole. Che l' Hartz odierno non fosse se non che piccola parte del-
l' antica Ercinia , sembra assai probabile . massime in vista dalla
estensione straordinaria dagli antichi data a quella selva famosa.
Selva Gabreta.
La selva Gabreta di Strabene e di Tolomeo , colloca il Clu-
verio nella Turingia, al lato occidentale della Boemia; e come
una continuazione della Ercinia riguarda la selva clic sovrastava
ai monti Boemici , e che la Boemia stessa circondava.
Selva Luna.
Eravi ancora una selva Luna , che stendevasi dalla fonte del
Ma roseli sino a quella della Vistola , e questa pure riguarda il
Cluverio come parte dell' Ercinia, benché contraria sembri l'opi-
nione degli antichi geografi. Il bosco di Castore e Polluce, men-
\
AVANTI 1 CROCA OSI ROMAB1 ec. 223
zlonato da Tacito, vedevasi nel territorio dei Lisii; altro bosco
sacro nei Sermoni, altro, detto il Casto Bosco della Terra Madre,
in un'isola dell'Oceano, l'odierna isola di Rugcn. Finalmente col-
l' autorità di Plutarco stabilisce il Cluverio, che oltre il golfo
Codano o il Baltico , mai non si parlò di selva Ercinia , nò Li-
cinie dette furono le selve Cimbriche.
Avanzi dell' Licinia.
Gli avanzi dia ora rimangono di quelli immensa foresta ,
sono la Foresta Nera propriamente detta, tra le sorgenti del Da-
nubio ed il lago di Bregenz ; una selva presso Norimberga, detta
di xinspneh ; altra presso Bamberga; altra tra il Necker e il Me-
no , o tra Francoforte ed Eidelberga j altra nel ducato odierno
di Brunswichj una selva delta in oggi Boemica , e varie porzioni
di selve nella Vestfalia , nel ducato di Luneburgo , nella Pome-
rania e nella Marca Brandeburghese. Ognuno vede, che il Clu-
verio, tratto forse da qualche parzialità e dallo zelo d'ingrandire
la sua Germania antica , una troppo grande estensione accordò
alla selva Ercinia, e tutti Ercinii asserì i boschi odierni della
Germania.
Fiere di quelle selve.
Non è maraviglia, die' egli, se foltissima essendo ne' tempi più
remoti quella selva , gli scrittori Latini ne fecero abitatrici molte
fiere, che ora più non si veggono, (a riserva, come egli accen-
na, dei cavalli selvatici), e che col taglio delle foreste fuggi-
rono nella Prussia , nella Lituania e nella Moscovia , dove , se-
condo il suo sistema , la selva Ercinia prolungavasi. Cesare parla
di un bue , che aveva la figura di cervo con un solo corno
palmato su la fronte ; parla dell'alce e (mesto animale viene da
esso ravvicinato alla capra, benché malamente descritti sieno i
suoi costumi j parla pure dell'uro, spezie di toro, poco minore
in grandezza dell'elefante, fortissimo je velocissimo, del quale
esporremo la figura nella descrizione della Germania Romana.
Pochi animali assegna Plinio alla Germania , ma accenna razze
distinte di buoi selvatici, i bisonti giubbati , e gli uri pregiati
per la forza e per la velocità , che nominati erano bufoli per sola
ignoranza del volgo imperito; le greggie di cavalli selvatici asse-
gna al solo settentrione, e l'animale detto da esso mach/in, che
forse è l'alce di Cesare, alla sola Scandinavia. Solino pure parla
Cosi, dell' Europa Voi. IX. 1 5
2sl6 inscrizione della, ger. avanti l'epoca dei romani
dei bisonti frequentissimi nel settentrioue della (Germania , degli
uri , delle alci che egli paragona , forse in grandezza , ai muli , e
ripete la favola narrata da Cesare e da Plinio , della mancanza
delle giunture dell' alce Scandinava. Pausania nomina parimente
l'alce, come nativa jdella terra Celtica, e la descrive come una
razza media tra il cervo ed il cammello. Pretende il Cluverio ,
forse non del tutto a torto , che non Latini ma Barbari , cioè
Germanici, debbano reputarsi i vocaboli di uro, di bisonte, di
alce e di machlin.
Uccelli dell' Ercinia.
Solino parla ancora di alcuni uccelli della selva Ercinia le di
cui penne , die' egli , rilucevano nella oscurità e anche nella notte
più tenebrosa , cosicché gli abitanti di que' paesi se ne servivano
ne' viaggi notturni come di lampade, e quegli uccelli menzionati
veggonsi anche da Plinio. S. Girolamo, fondato su la Cosmogra-
fìa dell' Etico , trasportò quegli uccelli luminosi sul Caucaso tra
l' Oceano ed il Tanai ; il Cluverio , riguardando forse come favo-
loso il racconto di Solino , dubitò tuttavia se quel testo riferire
non si dovesse alla regione degli Arii , che parte formavano dei
Li gii t e dei quali scrisse Tacito che ferocissimi guerrieri essendo,
le notti più oscure ai combattimenti sceglievano.
Conclusione.
Sin qui degli antichi popoli della Germania, delle loro sedi
primitive e delle loro emigrazioni, dei monti, dei fiumi, e delle
selve di quella regione. Passiamo ora a descrivere quali fossero
le leggi dei Germani di quella età , il loro governo , la loro reli-
gione , la loro tattica , i loro costumi , le loro usanze.
Goyerno e Leggi dell'antica Germania avanti i Romani.
Scarse notizie dello stato politico della Germania antica.
N<
on essendo stata la Germania ben conosciuta , almeno ia
parte , se non se dai Romani divenuti conquistatori del mondo ,
GOVERHO E LEGGI DELL MITICA 6BR. AVANTI I ROMA HI 11J
i quali tutta la faccia delle cose cambiarono , scarsissime sono lo
memorie che dell'antica condizione politica di quella provincia,
del suo governo, delle sue leggi ci rimangono, e queste ancori
trovansi tutte negli scrittori Latini, i quali sovente lo slato an-
tico della Germania con quello dai Romani medesimi creato con-
fondettero. Uno sforzo e dunque della critica più accurata il di-
stinguere tra le notizie che da Cesare e da Tacito si raccolgono ,
quelle che applicare si possono alla più antica condizione di
quella provincia , da quelle che ad epoca più recente apparten-
gono.
Clima della Germania.
Il Oliverio ha consacrato un capitolo alla natura del cielo o
sia del clima e del suolo della Germania, detta di Tacito infor-
me per la struttura de' suoi terreni , aspra per l'influenza del cie-
lo , o per il clima , trista per Io stato della coltivazione e per
l'aspetto che essa presentava. Non inutile sarà forse il fare qual-
che cenno del clima, massime se, come molti scrittori politici
avvisano, questo avesse potuto direttamente influire su l'ordine
civile e su la formazione delle prime società che in quel paese
abitarono. Si oppone il Oliverio al sentimento di Tacito il quale,
die' egli , ammettere si potrebbe soltanto, qualora la Germania si
paragonasse colle regioni meridionali dell' Europa, colla Grecia,
coli Italia e colla Spagna: ma una zona che si stende tra la tor-
rida e la fredda, non può essere che temperata, e la Germania
australe, stesa intorno al Danubio, riguardare deesi come lem-
pcratissima , siccome posta in mezzo a quella zona.
Opinione dal Cluverio.
Non accorderemo a quello scrittore , che il cielo della Ger-
mania sia mite intorno al Danubio, come in Italia intorno al Po;
giacché (pud fiume e non questo porta masse considerabili di
diaccio, il che il Cluverio attribuisce soltanto al corso di allei
fiume a settentrione dell'Alpi, mentre il Po corre al merìggio j
e al più potrebbe ammettersi che Tacito parlato avesse della
Germania in generale, non della più vicina al Danubio.
Stato antico delie Germania.
Per quauto il Cluverio siasi adoperato affine di eludere, o di
temperare il sentimento di Tacito, egli non ha fatto una osser-
vazione importantissima , cioè che ([nello storico parlava della più
22o eovEHire E leggi
mitica Germania,, quale avevanla trovata i Romani , e non della
Germania incivilita , e molto meno della Germania odierna , alla
quale alludere sembra il Cluverio stesso , mentre la fertilità dei
cereali delle campagne poste in riva al Danubio paragona con
quella che trovasi intorno al Po. Soggiugne di fatto Tacito che
sebbene i terreni fossero di diversa condizione tra di essi nella
Germania, in generale però questa era o orrida per le selve, o
squallida per le frequenti paludi ; e Pomponio Mela , scrittore
più antico, non dissimulò che ingombrata era da molti fiumi,
aspra per le frequenti montagne, e in gran parte inaccessibile
per le paludi e per le selve densissime. Ora noi vedemmo al-
trove che incendiate si erano in gran parte le antiche foreste, che
i nomi di molti luoghi ricordano gli antichi vastissimi incendj , e
che della stessa immensi selva Ercinia più non rimangono in og-
gi se non se alcuni piccoli avanzi. Il taglio delle selve che la
maggior parte di quei terreni ingombravano, e l'asciugamento di
molte paludi , non solamente hanno cambiato in gran parte la na-
tura del suolo, ma quella ancora del clima, che dai tempi di
Tacito , e molto più dai tempi anteriori progredendo sino ai no-
stri, hanno rendulo il clima di quella regione assai temperato,
in confronto di quello in cui vivevano i suoi primi abitatori, e
tutti que' popoli dei quali ora più non rimangono se non che
scarse memorie o anche soltanto i nomi. Può dunque a tutta ra-
gione ammettersi come verità storica, l'asprezza del suolo e l'in-
clemenza del clima da Tacito annunziata , e aspri in conseguenza
essere dovevano i costumi, semplici i governi, scarsissime le leg-
gi , e pressoché nulle le istituzioni sociali di quegli uomini che
i primi la Germania popolarono.
Confronto dei Germani coi Galli,
Cesare lasciò scritto, che molto diversi erano per la consuetu-
dine loro, o per la loro maniera di vivere, i Germani dai Galli;
ma siffatta differenza fece poscia consistere nella religione e nel
culto, nei sacerdoti e ne' sacrifizi ; più esattamente Strabone disse
che i Germani situati all' oriente dei Galli , alcun poco da quella
nazione differivano per la fierezza , per la grandiosa corporatura
e per il biondeggiare delle chiome ; del resto per quello che ri-
guardava il volto , i costumi ed il modo di vivere , somiglianti
erano ai Galli.
DELL ANTICA GERMANIA AVANTI l ROMANI n. -!)
Abitazioni dei Germani.
Alcuna citta non abitavano gli antichi popoli Germani al dire
di Tacito , che anzi non tolleravano nò pure di avere le loro
abitazioni insieme raccolte. Questa assoluta mancanza di citta , di
villaggi ed anche di case o di capanne riunite , escluderebbe per
se stessa qualunque idea di governo-. Ma Cesare ad alcuni popoli
della Germana assegna le loro città, e tra gli altri agli Svevì o
ai Catti. Questi, al dire di quello storico guerriero, avevano e-
sploratori, avevano secondo il costume loro un concilio, o un'as-
semblea, nella quale si adunavano, e udito avendo dagli esplora-
tori suddetti che un ponte si costruiva affino di invadere le loro
terre, messaggeri spedirono da ogni parte, acciocché gli abitatori
dalle città partissero e le mogli, i figliuoli e tutte le cose loro
nelle selve nascondessero. Anche gli Ubii , secondo quello scrit-
tore, avevano un capo, il quale ali opposto in altra occasiona
comandò che tutte le pecore e tutte le cose loro dalle campagne
nelle città trasportassero , per la qual cosa non si saprebbe inten-
dere come altri storici e tra questi Vellejo Patercolo , abbiano
potuto asserire che i duci entrati dopo Cesare nella Germania, ol-
tre 1' Elba passarono senza trovare alcuna città ; nò ben si vede
come da alcuni interpreti siasi voluto correggere il testo di Dione, il
mule "veramente parlò di città della Germania, che però dai soldati
Ilomani si fabbricavano. Da quelle parole di Cesare chiaramente
si raccoglie , che gli Svevi almeno e gli Ubii , una società civile
formavano, una specie avevano di governo, si adunavano a consiglio
per disporre delle cose pubbliche, avevano esploratori e messaggeri,
che da un duce o da un capo spediti venivano, e che gli uni le
città o i villaggi non abbandonavano se non se spinti da violento
timore per rifuggirsi nelle selve, gli altri in caso eguale tutte le
cose loro dalle campagne portavano nelle città.
Cesare concordato con Tacito.
Non si potrebbe fare in altro modo sparire la discordanza
che trovasi tri Cesare e Tacito e gli altri storici suiumentovaii ,
se non introducendo una distinzione che il Oliverio trascurò ,
benché citasse il passo di Cesare che ad essa serve di fondamento.
Parlando questo scrittore dei Britanni, la di cui condizione più
antica non era forse dissimile da quella dei Germani , e molto
più se comune avevano l'origine, come il Cluvcrio stesso opina;
23o GOVERNO E LEGGI
dice apertamente che que' popoli alcuni luoghi chiamavano città ,
allorché di un muro o di altro recinto, e di una fossa circonda-
vano le selve densissime, e colà entro raccoglievansi , affine di
evitare le incursioni dei nemici. Di questa specie adunque di luo-
ghi chiusi o di abitazioni concentrate ne* boschi medesimi , parlò
Cesate allorché nominò le città dei Germani ; scrissero gli storici
posteriori che i Romani innoltratisi sino al di là dell'Elba, tro-
vale non avevano città , perchè vedute non avevano riunioni re-
golari di abitazioni, o città, quali nella Italia si vedevano. Con
questa osservazione sparisce qualunque discrepanza tra quegli
scrittori j ma per lo istituto nostro basta lo stabilire che tra i
Germani vi avevano città o abitazioni riunite alla foggia di quelle
dei Britanni, giacché dove gli uomini sono raccolti in società,
qualunque essa sia, d'uopo è che esista un'autorità politica, un
governo.
Città e borghi coi loro capi.
Egli è bensì vero che Cesare non riconobbe presso i Germani
alcun comune, come egli scrive, o alcun pubblico magistrato,
dal che falsamente dedusse il Cluverio che egli negata avesse l'esi-
stenza presso que' popoli delle città, altrove da esso ammessa j
nota però che anche in tempo di pace Principi o capi vi avevano
delle provincie e dei borghi; Principes regiomun , atque pago~
rum, i quali tra i sudditi loro o i loro amministrati giudicavano,
e le controversie, se pure non toglievano di mezzo, almeno smi-
nuivano. Indifferente poi riesce, che in un luogo egli nomini le
città oppi da , in altro i borghi, pagos ; perchè a noi basta di po-
tere con fondamento stabilire che riunite erano le abitazioni , e che
que' popoli una società civile formavano : molto ancora contribui-
sce alla prova di questa tesi il vedere , che i Principi o i capi ,
non solo nei borghi , ma nelle intere regioni altresì l'autorità loro
esercitavano. Tolomeo scriveva sotto M. Aurelio Antonino e , se
crediamo a Svida , sessant' anni dopo Tacito; e già più di no-
vanta città annoverava nella Germania posta su la riva destra del
Reno , le quali non potevano credersi fabbricate in quel breve
periodo , ma supporre dovevansi costrutte dagli abitanti originar]
della Germania medesima. Erodiano pure notò che tutti i villaggi
erano stati dai Romani incendiati , e che sommamente facile riu-
sciva il distruggere anche le città dei Germani e i loro edifizj ,
DELL' ASTICA HERMAN! A AVANTI I ROMANI ^3 l
perche tutti erano dalle fiamme consunti , il che prova che co*
strutti erano di legno.
Pojioli selvaggi distinti dagli inciviliti.
Se Germani erano i Fenili , come il Glnvcrio avvisa, questi
descritti furono da Tacito come uomini di maravìgliosa fierezza ,
poveri all' estremo , privi di armi, di cavalli e di penati, viventi
d'erba, vestiti di pelli, nò altro letto aventi che il nudo terreno.
Mancando essi di ferro, die' egli, le stette, unica loro speranza,
armavano di ossa , e la sola caccia nutriva gli uomini e le donne.
Pure questi ancora nei silvestri loro esercizj si accompagnavano ,
una società qualunque formavano e la preda dividevano, sebbene
non in altro modo dalla inclemenza delle stagioni si riparassero
giovani, vecchi e bambini, se non coprendosi con rami d'albero
intrecciati. Aon era però questo genere di vita per essi forzato,
ma quella libertà selvaggia, secondo Tacilo stesso, preferivano al
gemere perpetuamente nel lavoro de' campi , alle cure che ri-
chieste avrebbe la eostruzione delle case, e al possedimento delle
ricchezze che renduti gli avrebbouo oscillanti tra la speranza ed
il timore. Questo però applicare non potevasi certamente a tutti
i Germani j e Seneca che la sorte loro compianse , e disse il loro
inverno perpetuo, tristo il loro cielo, malignamente sterile il loro
suolo e le fiondi degli alberi loro solo ricovero , parlò di quu' Ger-
mani soltanto che al di là dell' Islro come noni idi vagavano, dal
che può dedursi la conseguenza , che mentre alcuni popoli o al-
cune tribù costituita avevano qualche forma di civile società, altre
in uno stato totalmente selvaggio rimanessero, d'ondi; nacque per
avventura la discrepanza di opinione degli scrittori Latini.
Prime riunioni de' 'Germani.
Ad un i popolazione semiselvaggia potrà dunque riferirsi il
passo d\ Tacito, che i popoli della Germania non abitavano io
città, né comportavano di avere molte abitazioni riunite,- soggi ugne
però quello scrittore che sparsi qua e là e divisi , scioglievano
per abitazione il luogo che loro andava più a grado, fosse questo
una fonte, un campo, o un bosco, e stabilivano borghi o villag-
gi , non alla maniera nostra formali di edifizj coerenti , ma con
case separate che ciascuno degli abitanti di un certo spazio cir-
condava. Veggonsi ancora molti villaggi in questa forma costruiti
nella Germania, nella Moravia e nell'Ungheria; ma quella vici-
^3'2 GOVERNO E LEGGI
nanza se non altro delle abitazioni che villaggi costituiva , benché
di forma diversi da quelli dei Ptomani , un principio annunziava
di incivilimento , ed un' idea porgeva di governo , fosse pur que-
sto , come in tutte le prime società avvenne , patriarcale o fami-
liare. Il Cluverio che sempre ricorre al suo Aschenaze, opina che
i Celti da esso condotti , o piuttosto i nipoti da esso guidati nella
terra Celtica, (il che ancora ci riconduce al regime patriarcale),
per molti secoli errassero nelle selve dispersi, e quindi si riduces-
sero ai fonti, ai campi ed ai boschi, e domicilio vi stabilissero,
il che confermato sembra dalle frequenti desinenze Germaniche
dei nomi anche attuali dei villaggi, Brun , IValde , e Feld , che
appunto significano i diversi luoghi da Tacito menzionati. Dei
Menapii narra Cesare che su le rive del Reno campi avevano ,
edifizj e villaggi , benché Dione scrivesse che città non avevano ,
ma vivevano bensì in tugurj o in capanne. Anche Tacito di fatto
annunzia , che uso non avevano di cemento o di tegole , ma che
di materiali informi servivansi i quali alcun piacevole aspetto non
presentavano, e Erodiano soggiugne che raro era presso i Ger-
mani l'uso delle pietre o de' mattoni, e che, abbondando straor-
dinariamente di legnami, con questi formavano i loro tabernacoli,
il che tuttora si pratica in gran parte della Boemia e della Tu-
ringia.
Prime abitazioni.
Inutile è a parere nostro la discussione, se quadrate fossero
quelle abitazioni o non piuttosto rotonde con altissimo tetto, pro-
babilmente acuminalo, come si raccoglie da Esichio e come Stra-
bone narra dei Britanni e dei Belgi : da un passo di Cesare può
inferirsi, che alla foggia dei Galli i Germani, o almeno i JYer-
\>ii , le case loro coprissero colla paglia o collo strame. Piuttosto
merita qualche attenzione il detto di Strabone , che tutti gli an-
tichi Germani con facilità e prestezza mutavano di luogo , o di
domicilio , indotti massime dalla scarsezza del vitto , perchè né le
campagne coltivavano, uè i frutti sapevano conservare, ma in case
abitavano che in una sola giornata si costruivano , e vivevano per
lo più di carni pecorine come i nomadi , ad imitazione dei quali ,
poste le masserizie loro sopra i carri, colle mandre proprie reca-
vausi ovunque ad essi piaceva. Serve di conferma a questo rac-
conto il passo di Cesare, nel quale è scritto che gli antichi Ger-
DELLANTICA GEl'.MANMA AVANTI 1 POMAJfl i3*
mani non si occupavano iteli* agricoltura , e ohe la maggior parie
de! loro vitto consisteva in latte , cacio e carne.
Regime politico.
Jn quel luogo medesimo però Cesare parla in qualche modo
del loro regime politico , il (male certamente esistere doveva se
alcuna idea di proprietà quelle genti avevano concopula , il che
abbondantemente si prova coi testi sopraccitati di quello scrittore ,
nei quali si accenna che alio avvicinarsi di un nemico ciascheduno
era avvertito di dovere trasportare nelle selve la sua famiglia e
tutte le cose sue. Dice di fatto Cesare che alcuno non aveva una
certa misura di campo o di terreno, nò limiti che la estensione
ne denotassero; ma che i magistrati ed i Principi, o i «api dei
popoli o delle tribù, in ciascun anno distribuivano a ciascuna po-
polazione e ciascuna famiglia di quelle che riunite si erano, quanto
terreno ad esse abbisognava e in quel luogo che loro sembrava
più opportuno, dal quale spazio o stabilimento però obbligali orano
dopo un anno a partire. Anche Tacito nota che secondo il nu-
mero dei coltivatori si occupavano i campi , o forse piuttosto i
pascoli , da tulli gli abitatori dei villaggi , i quali tra loro se li
dividevano secondo il grado loro (che cosi almeno interpreta il
Cluverio la frase : seeunduni dignatiojiem ) . facile riuscendo la
divisione nella vastità degli spazi. Agli Svevi , cioè ai Catti, e
forse a lutti i Germani , attribuiva Cesare il costume di riguar-
dare come pubblicamente onorevole la lontananza de' campi dai
confini dei luoghi chiusi , dal che traeva Cesare stesso la conse-
guenza che molle città e molti villaggi sostenere non potessero la
loro società, giacché i campi degli Svevi distanti orano sino a
cento miglia dalle abitazioni. Ecco tuttavia nei passi citati una
distribuzione di campi o di pascoli, una ripartizione fatta per fa-
miglie O per tribù, una operazione dei Principi o dei magistrati,
una proporzione stabilita dei campi al numero delle persone o dei
coltivatori, un assegno ordinalo, e quindi una chiara idea di pos-
sedimento e di proprietà, benché questa permanente non fosse,
ina durevole soltanto per un dato periodo. Se Celli erano i Vac-
cei, dei quali parla Diodoro Siculo, questi alla foggia de'Germanì
coltivavano i campi , o i pascoli godevano in ciascun anno divisi
e distribuiti , e raccolti avendo essi in comune i frutti , di questi
una parie a ciascuno si attribuiva. Gli Svevi potentissimi , ai quali
1?i \ GOVERNO E LEGGf
oento borghi o villaggi Cesure assegnava, molte migliaja di guer-
rieri , e forse laute quante erano quelle riunioni di case , manda-
vano ogni anno fuori dai loro confini ; e quelli che nel paese ri-
manevano, contribuivano in comune al sostentamento di tutti,
mentre dopo un anno essi pure pigliavano le armi ed uscivano ,
e gli altri alle case loro tornavauo. Questa alternativa , come Ce-
sare stesso l'appella, di agricoltura e di milizia, bastantemente
anuunzia che nn ordine o un regime politico vi aveva ; né poteva
quella disciplina essere introdotta senza l'azione di un'autorità
politica direttrice. Cesare quindi assegna come motivo di quell'an-
nuale distribuzione degli ufficj , la cura che i capi avevano che
dati all'agricoltura o alla pastorizia que' popoli non perdessero lo
spirito guerriero ; che troppo larghi confini ponendo alcuni ai loro
possedimenti , non diventassero troppo potenti , e i più umili o
poveri dalle terre loro non cacciassero : che con troppa cura non
fabbricassero case atte a ripararli dal freddo e dal caldo, affinchè
all' inclemenza delle stagioni ed alle più aspre fatiche i giovani
principalmente si accostumassero; che non si fomentasse alcuna
cupidigia di ricchezze , dalla quale nate sarebbero fazioni e di-
scordie ; finalmente che la plebe contenuta fosse nel dovere dalla
equità, o piuttosto dalla eguaglianza, vedendo ciascuno le sostanze
sue poste a livello di quelle dei più ricchi e potenti. Questo ci
porge una chiara idea di una prima società costituita a guisa di
repubblica , che però democratica non diremo , giacché più volte
veggonsi negli antichi scrittori nominati i Principi ed i magistrati.
Parlandosi sovente da quelli di campi assegnati alle diverse popo-
lazioni o famiglie, e della agricoltura alternante colla milizia,
conviene credere che non a tutti i Germani , ma soltanto ai più
selvaggi, applicare si debba un passo di Tacito nel quale è scritto
che invano si sarebbe voluto persuadere a que' popoli di arare la
terra e di attenderne i frutti per un'intera annata, perchè cosa
da pigro e da inerte sembrava il guadagnare col sudore quello
che acquistare potevasi col sangue. Ognuno ben vede che questo
non poteva applicarsi se non che a qualche orda di predatori va-
gabondi , presso i quali inutile sarebbe stato il ricercare un prin-
cipio di ci\iltà o una idea di governo; giacché Tacito stesso parla
altrove di luoghi o di abitazioni diligentemente intonacate con terra
così pura e risplendente , che la pittura persino e i delineamenti
DELL* ANTICA GERMANIA AVANTI I H0MA31 i3*>
de' colori imitava , le quali opere fatte non si sarebbono da coloro
che indurre non potevansi a rimanere un anno intero nella sta-
zione medesima. Quelle orde erranti erano forse le stesso , delle
quali Tacito accenna che sotterra aprivano vaste caverne e le co-
privano di molto fango o luto, procurandosi in tal modo un asilo
nel verno e un ricettacolo ai loro ricolti, e di questi disse anche
Plinio che sotterra le tele tessevano. Il Gluvcrio coli' appoggio di
un passo di Giuliauo Cesare , ha preteso di provare che in quelle
sotterranee dimore sino dai tempi più antichi si facesse uso di
stufe, del che si ragionerà allorquando si farà parola dei costumi
Germauici in altra età.
Borghi.
I Burgondii o Burgondioni , secondo Orosio ed Isidoro, a-
vevano certamente congregazioni di case, o villaggi bene ordinati,
e da essi venne probabilmente la voce di Borghi che comune si
rendette a tutte le altre nazioni , e che da Vegezio tra i Latini
vedesi per la prima volta usurpata. Il Cluverio col suo consueto
entusiasmo trova nelle origini Germaniche gli odierni nomi di
Borgo non solo, ma di Corte, di Castello, e di Giardino , il
che proverebbe un maggiore antico incivilimento di quelle nazioni.
Forma del governo.
Quanto alla forma del politico governo , parla altrove Tacito
più chiaramente, dicendo che si eleggevano i Principi, i quali la
giustizia per i borghi e i villaggi amministrassero,- in epoca po-
steriore presso Ammiano Marcellino troviamo Gundumado e \ a-
domario fratelli, Re degli Alemanni , se pure quel nome di Re
non è stato capricciosamente introdotto afline di indicare i Prin-
cipi o i capi della nazione. Tacito sogghigno che a quei Principi
giusdicenti assistevano cento compagni ( comites , che ù forse la
più antica origine del vocabolo di Conti ) , i quali consiglj por-
gevano e dell' autorità partecipavano , dal che chiaramente si rac-
coglie che , se ad alcuno piacesse di trovare in quell' antichissimo
governo un'idea di monarchico, questo sarebbe stato certamente
misto o temperato.
Continuazione.
Scrisse hensi Tacito altrove , che tra i Germani tutte le na-
zioni e le città governate erano, o dal popolo, o dagli ottimati,
o primarj , o da un solo, che al Oliverio piacque di nominare
1?>6 COVERTO £ LEGGI
un Re. Questo porgerebbe una idea dei tre governi monarchico ,
aristocratico e democratico , dai quali escludere si volle da molti
eruditi l' aristocratico , perchè solo riconobbero presso alcuni an-
tichi Germani una monarchia temperata, come sopra si disse. In-
vano dal Oliverio in questo luogo si citano Aristotele , Cicerone
e Giustino, affine di provare che divina era la forma del governo
monarchico , e che questa la prima essere doveva in tutte le na-
zioni, il che provare potrebbe bensì un fondamento nel regime
patriarcale delle famiglie , ma non proverebbe, come inferirne
sembra il Cluverio stesso , che ereditarie fossero le antichissime
monarchie de' Celti Germani. Un mero sogno è lo immaginare
clie Aschenaze lasciasse al figliuolo suo in eredità la Teotiscia 5
che questi cinque figliuoli avesse , i quali regnassero sopra le cin-
que unzioni Germaniche nominate da Plinio, cioè gli Istevoni ,
gli Ingevoni , i Vindili , gli Ermioni ed i Pcucini ; che questi
nipoti di quel primo progenitore molti figliuoli generassero, i quali
a vicenda fondassero le nazioni dei Marn, dei Gambrivii , dei
Catti , degli Ermunduri ec; che mancando la successione di quei
figliuoli , tutti que' popoli si assoggettassero ai consanguinei più
prossimi della regia stirpe, e che questi fossero i Principi ed i
magistrali accennati da Cesare. Se alcun fondamento di tutto que-
et' ordine di successione cercare si volesse , al più ben leggiero
troverebbesi in Tacito, i! quale dice soltanto che non il caso, né
una riunione fortuita , formava una turma , o un cuneo , o una
tribù , ma bensì la costituivano le famiglie e le parentele. Lo
stesso scrittore nota altrove che i regni un tempo limitati erano
dalla patria di ciascuno degli abitanti , senza alcuna libidine di
sovranità; il che indica piuttosto un regime repubblicano che mo-
narchico; ma che, perduto essendosi qualunque principio di egua-
glianza , invece della modestia e del pudore , sottentrarono l'am-
bizione e la violenza , e quindi nacquero governi meno liberi , e
dominj assoluti.
sissemblee.
A torto si parla della repubblica democratica dei Cimbri , e
si cita un passo di Tacito nel quale è detto soltanto , al propo-
sito di quella nazione , che più del regno di Arsace infesto oltre-
modo ai Piomani, era acre e dannosa la libertà de' Germani. Al-
tro non volle Tacito in quel luogo se non che indicare la fie-
dell'antica grrmania avanti i romani 2J7
rezza di quella nazione, che forse era tra le più rozze e selvagge;
del resto, parlando altrove dei Germani in generale, disse che i
Re per la nobiltà, forse del sangue, si sceglievano, i duci per
la virtù; nò però infinito, cioè illimitato, o libero, era il potere
dei Re, e i duci piuttosto coli' esempio che coli' imperio prese*
devano, l'ammirazione destando se pronti erano, se insigni, se
precedevano i combattenti, dal che stortamente inferì il Ciuverio
che vi avessero alcune repubbliche col principato , altre senza il
principato. Più probabilmente erano , come già si disse , quei
Principi investiti di un potere , che da una specie di aristocrazia
veniva temperato; e Tacito stesso riconobbe di avere talvolta a-
busato del nome di Re , giacché . parlando delle assemblee che
in certi giorni stabiliti tenevansi , qualora un caso fortuito e su-
bitaneo non richiedesse la loro convocazione, nota come disordine
dalla libertà procedente , che non assieme , né per superiore co-
mando i congregati accorrevano, ma spesso di due o tre giorni
l'unione ritardavano; soggiugne pure che sedevano armati, come
al popolo piaceva; che il silenzio comandato era dai sacerdoti ai
quali spettava la disciplina dell' assemblea , e che quindi i Re o
i Principi ascoltali erano , coli' autorità piuttosto di persuadere
che col potere di comandare, a norma dell'età di ciascuno, della
sua nobiltà, della sua gloria militare, o della sua facondia, co-
sicché se il suo sentimento spiaceva, riprovato era col fremito,
se grato era, approvato veniva collo scuotimento delle spade, e-
quii al ente all'odierna alzata di mano. Anello Cesare nota che
Ambiorige, Tic di parie degli Eburoni , dichiarava di non avere
di sua volontà ordinata una guerriera impresa , ma bensì per la
volontà dei cittadini riuniti , e che gli ini per j loro erano di tale
natura che il popolo non aveva sopra di lui minore diritto di
(niello che egli avesse sul popolo. Singoiare e favorevole alla tesi
della ereditaria successione , é il fallo narrato da Tacito dei Clic-
ruseì che Un Re da Roma ricercavano, perduti avendo nelle
guerre tutti i loro nobili , a riserva di uno nominato Jlalo che
nella città rimaneva, discendente da Flavio frtello di Arminio ,
e per parte della madre da Acromero Principe de* Catti 1 ma
questo dee riferirsi a tempi posteriori , cioè a quelli del Romauo
dominio, nei quali l'incivilimento era giunto ad un grado più
elevato; e tuttavia dalle successive parole di Tacito si raccoglie,
»38 GOVERNO E LEGGI
che non un Re chiedevano i Cherusci , ma un uoirib della loro
nazione che il luogo tenesse di capo o di Principe.
Limiti dell' autorità reale.
Mostrò altrove lo storico medesimo quanto limitata fosse l'au-
torità di que' Principi nelle Germane repubbliche ', al di là dei
Li gii , die' egli , un regno hanno i Gotoui , alquanto più concen-
trato che non nelle altre nazioni Germaniche, non tuttavia con
iscapito della libertà ; passando quindi ai Rugii ed ai Lemovii,
nota che insigni erano per l'ossequio loro verso i Re. Questo
prova bastantemente, che Principi o capi avevano quelle diverse
nazioni, non sovrani assoluti, non dispotici, dei quali però di-
versa era l'autorità, diverso il potere, diversa la condizione ; e
per questo disse Tacito, parlando degli Svioni, che in onore
avevano essi le ricchezze , e un solo capo ad essi comandava
senza alcuua eccezione, e senz' alcun precario diritto di imperio.
Sebbene presso alcuni vi avessero diversi ordini, come Principi ,
sacerdoti , ottimati, nobili e plebe , sembra tuttavia che nelle a-
dunanze la dignità non desse alcun diritto , e ciascuno liberamente
la propria opinione esponesse. Nota pure Tacito altrove, che
nelle cose minori consultavansi i Principi , ne' più gravi negozj
V intera nazione , benché presso i Principi si trattassero que' ne-
gozj ancora su i quali la plebe aveva pieno arbitrio; le accuse
però , e massime i giudizj capitali non proponevansi se non che
alle assemblee , e in queste anche notninavansi i Principi che la
giustizia per i borghi e i villaggi amministrassero. Strabone stesso,
parlando di alcuni Germani, narra che anticamente ogn'anno un
Principe eleggevano, e similmente dal popolo veniva designato un
duce della guerra o un condottiero dell'armi: se Cesare adunque
scrisse che la plebe era tenuta in conto di schiavi, né chiamata
veniva ad alcun consiglio , accennò egli soltanto que' Galli , che
ciecamente condotti erano dai Druidi uniti con alcuni guerrieri
detti equiles. Del rimanente, anche presso Cesare, Cingetorige
condannare volendo il genero, un concilio intima del popolo ar-
mato , al quale per legge comune chiamati erano tutti i pube-
ri capaci di portare le armi. Allora forse erasi già radicato il
principio della legittima successione , perchè essendo stato ucci-
so Induciomaro^ i Ti everi il comando deferirono ai di lui con-
giunti.
DELL'AMICA 6KBUA9IA AVANTI I ROMANI ^3(J
Democrazia esclusa.
Non sussistono adunque lo massime stabilito dal Cluverio di
una pura ed assoluta democrazia in alcune repubbliche Germa-
niche, o in quello almeno dello quali conservasi qualche ninno-
ria ; nò a tutto rigore potrebbe ammettersi la di Ini asserzione,
che i Re o Principi Germani non lo fossero se non che di no-
me, come avveniva presso i Lacedemoni : difficilmente potrebbe
altresì sostenersi che ne' primi tempi , come Aristotele di altri
popoli accenna, la stessa persona governasse il popolo, e condu-
cesse i guerrieri. Distinte veggonsi in molli passi dei classici da
noi citati queste due funzioni ; ne altronde in un numero si grande
di popoli, Germanici tutti ma gli uni dagli altri independenti ,
possibile sarebbe il trovare presso tutti li stessa forma di politico
governo, le stesso politiche o civili istituzioni. Invece di quelle
pure democrazie, assai più facile sarebbe il trovare presso qual-
che popolo, ossequioso ai prima rj o agli ottimati, chiari vestigi
dell'aristocrazia, a torlo dal Cluverio esclusa.
Ren dite de' prin cip i.
Più chiaramente si esprime Tacito là dove parla dello ren-
dite di quo' capi o Principi. Costume era, dic'egli, delle citta di
contribuire volontariamente e secondo le forze respettive , qualche
parlo ai Principi dei loro grani o degli armenti loro , e questa
parte, come onore ricevuta, ai bisogni sovveniva. Ai compagni
loro nel governo, agli ottimati, ai cortegiani , accordavano quei
Principi conviti, con rozzo bensì ma ampio apparato, i quali te-
nevano luogo di stipendio ; nelle guerre facevano ad essi parte
delle spoglie ai nemici rapite ; nò però molto corteo comportava-
no, se non che in occasione di guerra. Quo' Principi , por legge
o per antica istituzione, ai sudditi convinti di leggieri delitti
imponevano la multa di un numero di cavalli o di pecore, della
quale una parte ricadeva al Re o al Principe , altra si assegnava
al popolo, o alla città, altra all'offeso che la vendetta reclama-
va, o ai di lui congiunti. Non avevano tuttavia que' Principi sa-
telliti nò guardie, ma il loro corteggio formato era soltanto di
volontà rj.
Ambizione di regno repressa.
Si narra di Arminio che , scacciato avendo Maroboduo , il re-
gno affettasse, e avverso si mostrasse alla libertà popolare; ma iti
■2 lo GOVERNO E LEGGI
questo luogo osserva opportunamente il Cluverio che i nomi di
Re e di regno , introdotti furono soltanto dai Romani ; che si
riguardò come cosa singolare , che per dodici anni Arminio soste-
nuto avesse il potere principale , o sovrano , e che a niuna cosa
tanto repugnavano i Germani , quanto ad un imperio assoluto ,
libero ed illimitato ; laonde Maroboduo, usurpatore di quel pae-
se , fu dai sudditi abbattuto , Arminio stesso fu dai congiunti
trucidato , Catualda che Re dei Marcomanni fare volevasi, venne
cacciato dal comandante degli Ermunduri. Vanuio , Principe dei
Qiiadl , fu anch'esso per eccessiva superbia cacciato dal suo po-
polo, e Italo , Re o Principe dei Cherusci , fu pure dai mede-
simi detronizzato.
Niuna repubblica senza principato.
Ad onta di tutti i passi degli autori Latini , i quali sembrano
insinuare che quelle prime società Germaniche fossero repubbli-
che , nelle quali avesse luogo il governo di un solo, temperato
tuttavia da un consiglio e dall' autorità popolare ; piacque al Clu-
verio e ad altri eruditi di immaginare alcune repubbliche demo-
cratiche senz'alcun principato, ed a vicenda alcune monarchie,
delle quali una sola parte chiamarono misto imperio. Ma gli e-
sempj addotti , tratti sono dai Batavi , dai Caninefati e dai
Frisii , e ad un' epoca appartengono in cui già i Romani pene-
tr ili erano nella Germania , e in cui que' popoli , agitati dalle
ostili incursioni , più alcun freno non avevano , massime allorché
tra ita vasi della comune difesa, o anche di rubellarsi ai nuovi wr
surpatori. Del resto né la forma già indicata dei comizj , né l'or-
dine che nelle perorazioni tenevasi , né il metodo delle popolari
elezioni , né la mancanza di pubblico magistrato in tempo di
pace , secondo lutti i testi citali , non provano che esistesse al-
cuna repubblica democratica costituita senza principato.
Potere dei Principi.
Alcun fondamento non troverebbe la tesi contraria , né in Ani-
mi, no Marcellino che in epoca molto posteriore a quella dei primi
Germani parlò di Atanarico, giudice potentissimo, che pure vien
detto principe dei Goti, né molto meno nella prefazione della
Legge Salica, ancora più recente; nella quale tuttavia si accenna
che la nazione inclita de' Franchi quella legge dettò per mezzo
de'primarj abitanti o dei capi, per proceres ipsius gentis. Né
DELL'ANTICA GERMAItl,A A.VAJITJ I K0MAN1 'J..\ l
maggiormente varrebbe la distinzione da alcuni introdotta Ira i
Principi nominati da Cesare e da Tacito, come se alcuni fossero
veri Re o Principi , altri semplici magistrati o reggitori del popolo.
Certo è che Tacito in generale parla della dignità e del potere di
que'Principi, circondati sempre da uno stuolo di scelta gioventù,
decoro del paese nella pace , presidio nella guerra , che anche al
di fuori famosi erano , massime se di virtù forniti mostravansi ed
ambasciate e donativi ricevevano: nò Cesare alcuna distinzione
frappose tra i Principi dei Tr everi che riguardare potrebbonsi co-
me Sovrani, ed altri che diconsi semplici capi delle diverse de-
mocrazie. Nomina bensì Tacito centotredici seuatori de' Treveri ;
ma a torto si vorrebbono questi far passare per giudici dei villag-
gi , e in qualunque caso veggonsi ad essi applicati anche i titoli
di magistrati e di governatori , che mai combinare non si polreb-
bono colla pura democrazia , vedendosi anche tra gli Ubii , tra i
Tenicri e gli Uòipeti, nominati Principi e senatori, e anche pri-
mari della nazione, primore.s et procerei.
Principato nelle repubbliche.
Invano adunque tenta il Cluverio di dichiarare democratiche
senza principato le società o le repubbliche dei Alarsi , dei Ten-
tai, degli Usi pi i , dei 'Tubanti, degli Ansibarii , degli Angri-
varii , dei Dulgibini , dei Cornavi e di altri j i Alarsi e gli An~
sibarii , per testimonianza di Tacito, un duce supremo gli uni e
gli altri avevano, che di tutta la nazione disponeva ; un duce su-
premo avevano pure i Cauci , sebbene della nazione fosse de' Cu-
mnefatif e dei Biutteri si narra che sino ad una fanciulla o
a una vergine , detta lrelleda , ciecamente obbedissero. Quin-
di lasciò scritto Strabone che la maggior parte delle repubbli-
che Germaniche , avanti che al giogo Romano si assoggettas-
sero, dagli Ottimali venivano governate, e un duce sceglievano
ogni anno , come pure dal popolo sceglievasi un capo della guer-
ra. Là dove si parla da Tacito di Classico comandante dei Te-
veri , si nota che per la nobiltà e per la ricchezza a tutti sovra-
stava; che egli era di regia stirpe, e l'origine traeva da antenati
chiari in guerra e in pace. Le diverse città, o i comuni, che si
armavano, al dire di Tacito slesso , speranzosi di conservare la
loro libertà , non erano già tenaci della loro democrazia , ma
bensì della indipendenza del loro governo , e anzi Tacito soggiu-
Cost. Voi. IX. dell'Europa iQ
f2^2 GOVERNO E LEGGI
gne die, se la schiavitù evitare potevano, animate erano ancora
da] desiderio di ottenere sopra altri popoli l' imperio.
Monarchie limitate.
Egualmente difficile sarebbe il provare 1 esistenza di monar-
chie assolute nell'antichissima Germania. Se Tacito parlò di un
solo imperante, non ristretto nel suo potere da alcun limite,
ììullis exceptionibus , le di lui parole applicare non si potrebbono
se non che ai soli Svioni abitanti delle isole dell' Oceano ', ma
ben precaria essere doveva questa forma di governo , forse non
ben nota a quello storico, perchè egli stesso soggiugne che l'in-
teresse del Re impediva di concedere la prefettura dell'armi a
chiunque fosse nobile, ingenuo o libertino, dal che chiaramente
si raccoglie lo spirilo di quella nazione ad un giogo dispotico re-
pugnante. Di fatto, secondo Adamo Bremense , elettivo era quel
regno ; e gli Spióni poscia annojati di qualunque specie di servi-
tù , alla libertà tornarono e un Re si elessero , bensì di antica
schiatta , di cui tulio il potere pendeva dal sentimento del popolo,
iiè forza avevano i suoi decreti se da tutta la comunità non ve-
nivano approvati ; e secondo Tacito dagli Spioni non differivano
i Silo/ii se non perchè ad una donna concedevano l'imperio, nel
che dice egli stesso che degeneri erano , non solo dalla libertà ,
ma anche dalla servitù. Questo esempio adunque di una nazione
lontana , che a stento provare vorrebbesi Germanica , non giova
a confermare la tesi che nella Germania governi dispotici ci aves-
sero ; parlando di fatto Tacito degli Sv'evi , dice che detestato
era dal popolo il nome di Re e favoreggiato chiunque per la li-
bertà pugnasse ; ed altro antico scrittore, parlando dei Gotoni
imitimi degli Ertili, nota che uri Re avevano bensì, ma che a
questo né onore, né reverenza prestavano, e soltanto vinti dai
donativi, talvolta accordavano benevolenza.
alleanze , clientele.
Queste città tuttavia o questi comuni, o forse piuttosto le na-
zioni, formate per lo più in repubbliche con principato, o con
un governo misto, amicizie ed alleanze tra loro contraevano; e
Cesare le fazioni o i parliti trovava non solo in tutte le città e
i borghi, ma anche nelle diverse abitazioni isolate," di quelle fa-
zioni capi o Principi erano quelle persone che per giudizio dei
partigiani medesimi si credevano ottenere maggiore autorità, e dal
DELL'ANTICA GERMANIA AVANTI l ROMANI 2 {.»
loro arbitrio dipendeva tutta la somma delle cose pubbliche. Men-
tre lottavano nella Gallia gli Edui ed i Sequani , e ciascuna di
queste nazioni il suo partito fomentava, i secondi, vedendo la pre-
ponderanza dei primi , alleanze strinsero coi popoli Germani , non
senza far loro grandi promesse 5 in questo modo gli Edui supe-
rarono e i figliuoli de' Principi loro ricevettero in ostaggio, e un'or-
dinata divisione introdussero delle terre , il che basta ad indicare
un grado di incivilimento più elevato, benché si tratti di tempi,
vicini alla occupazione fatta dai Romani. Le legazioni e i trattati
di picc e di alleanza, le protezioni e le clientele vicendevoli delle
nazioni, di cui sovente parla Cesare, non sono per lo più riferi-
bili se non elle ai Galli ; Di odoro però , là dove ragiona di mi-
nistri o di ambasciatori di pace che in seguito alle armate si con-
ducevano , accenna indistintamente i Galli ed i Germani. Tacito
parla di Segeste liberato da grave pericolo per mezzo di una turba
numerosa di congiunti e di clienti ; parla dei Cherusci e dei loro
compagni o alleati; parla di popoli Svevici , dei Sornioni e dei
Longobardi , che uniti passarono sotto i vessilli di Maroboduo ,
dei clienti o degli alleati di Yannio, dei barbari tra di loro uni-
ti ; e Cesare fa menzione parimente degli alleati dei Treveri e dei
Ncrvii , e degli ambasciatori spediti ai Ceneroni , ai Grudiì , ai
Levaci, ai Plcumosii , ai Gorduni, non che della unione di tutte
le Sveviche nazioni per una spedizione militare* Dei Cherusci non
potrebbe dirsi la cosa medesima , perchè i Fasi ed altri popoli ,
non nominati e soltanto accennati da Strabene , alleati propria-
mente non erano, ma sotto l'imperio dei Cherusci vivevano.
Leggi, comizj.
Per quello che concerne le leggi dei più antichi Germani ,
queste scarsissime essere dovevano presso una nazione nascente
che divisa era altresì in tanti diversi popoli, molti dei anali per
lungo tempo ritennero selvaggi costumi. Presso la maggior parte
di que poppi i assemblee tonevansi o pubblici comizj , e di traesti
due generi introduce il Cluverio, cioè un consiglio maggiore ed
altro minore , mentre Tacito , da esso citato , non parlò invece se
non che di negozj di maggiore o minore importanza. Nelle cause
minori, come già di sopra si disse, consulta v'ansi i Principi, cioè
i membri principali della società , nelle maggiori tutti i membri
della comunità medesima , in modo tale però che anche i negozj
2/(4 governo e leggi
dependenti dall'arbitrio della plebe, presso i Principi o presso i
primar] della nazione trattavansi. Questo altro non significa se
non se che le piccole controversie decidevano i Principi o i capi
dei borghi e de' villaggi, nelle cose più gravi il suffragio richie-
devasi di tutta la popolazione; né punto si ravvisa in questo passo
alcuna distinzione di comizj maggiori o minori. Stabiliti erano di
fatto i giorni per le pubbliche assemblee, e queste più sovente
tenevansi nei novilunj e nei pleniluni; non erano però quelle le
sole occasioni nelle quali di cose pubbliche si trattasse, ma il più
delle volte nei nazionali conviti si riconciliavano a vicenda i ne-
mici , si stringevano affinità tra le famiglie , si creavano o si ri-
cevevano nuovi Principi o nuovi ottimati , si deliberava della pace
e della guerra. Non sembrava tuttavia Tacito approvare quel co-
stume, né i conviti reputare opportuni a tranquilla meditazione:
una popolazione non astuta né maliziosa rivelava , die' egli , i se-
greti chiusi nel petto, indotta dalla conviviale licenza, e il senti-
mento in quel giorno esternato, ritrattavasi nel seguente; delibe-
ravano essi mentre fingere non sapevano , e con più matura rifles-
sione stabilivano allorché errare non potevano.
Leggi convenzionali.
Difficile sarebbe lo indicare, da quali principj di legislazio-
ne guidate fossero le decisioni di quelle assemblee : un codice
scritto non avevano certamente tutti que' popoli , perché Tacito,
di essi parlando in generale , dice che uomini e donne egual-
mente i segreti delle lettere ignoravano. Alcune massime tuttavia
dovevano avervi tra di essi stabilite intorno ai matrimoni , alle
doti, alla probità ed alla modestia delle femmine: perché i ma-
riti un patrimonio ricevevano, che inviolato passare doveva ai fi-
gliuoli , che le nuore ricevere dovevano in appresso e trasmettere
di nuovo ai nepoti. Tutelata era con leggi , se non scritte almeno
convenzionali , la pudicizia , non corrotta dalle seducenti attrat-
tive degli spettacoli né dal solletico de' conviti ; e in mezzo a
popolazioni tanto numerose scarsissimi erano gli adulteq. Ai Galli
soltanto, non ai Germani, applicare si potrebbe un passo di Plu-
tarco, nel quale è stabilita come consuetudine di que' popoli che
le femmine chiamate fossero a consiglio ogni qualvolta si trattasse
della pace o della guerra, e di comporre le liti coi socj o cogli
alleati insorte ; al che dato aveva motivo la femminile destrezza ,
DELL' ANTICA GERMANIA AVANTI I ROMANI ^^J
che una volta composte aveva alcune implacabili discordie tra
quella nazione, impedita la guerra civile e ricondotta l'amicizia;
anche tra i Germani però, al dire di Tacito, più strette erano
in amicizia quelle città, nelle quali alcuna influenza esercitavano
le fanciulle nobili date in ostaggio , e come cosa santa , o reli-
giosa, ed insieme opportuna riguardatesi il tenere conto de' loro
consiglj , e il non trascurare le loro risposte.
Giudici.
Già si è altrove accennato che nei concilj , o nelle assemblee,
eleggevansi gli ottimati onde giudici sedessero nei borghi e nei
villaggi , e che lecito era innanzi a quelle assemblee il produrre
le accuse ed anche le accuse capitali. Due maniere vi avevano
tuttavia di amministrare la giustizia, perchè dal testo ora citato
di Tacito si scorge che ì giudici nominati dal popolo, l'ufficio
loro nei borghi e nelle ville esercitavano, e da altro di Cesare
si raccoglie (he giudici vi avevano delle regioni e dei borghi , i
quali parimente giudicavano tra le persone all'autorità loro sotto-
poste , è le controversie dirimevano. Non sembra che assessori o
consiglieri avessero i primi ; i giudici delle provincie all' incontro
numeroso consiglio avevano, presso il quale una specie di auto-
rità risedeva.
Gindizj eliminali.
Il Cluverio , parlando della criminale legislazione, ha confuso
le antiche istituzioni colle più recenti , ed ha attribuito ai Frani"
chi, agli Alemanni , ai Borgognoni) ai Longobardi, ai Gotoni,
in epoca anteriore alle Romane conquiste, quelle leggi scritte in
Latino che sotto il nome delle nazioni medesime divolgate fu-
rono in tempi posteriori nella Francia, nell'Italia, nella Spagna
e nella Britanni.!. Dagli antichi scrittori al più si raccogli*! che i
delitti, siccome pure le pene, in maggiori e minori distingue*
vansi; che i primi vendicati erano con pena capitale, i secondi
con una multa che cadeva su di una parte dei beni. Anche i
giudiz) criminali e i capitali medesimi , in due generi distingue-
vansi , giacché Tacito chiaramente accenna che vi aveva una di-
stinzione di pene secondo il delitto; che i traditori e i disertori,
( forse coloro che al nemico fuggivano ) , sospendevansi agli al-
beri ; che i vili allo incontro e gli imbelli, e quelli che infami
rendevansi per sozza comunicazione del loro corpo alla libidine,
l!\Q GOVERNO E LEGGI
nel fango e nelle paludi con un graticcio posto al di sopra si
immergevano. A questo fine, soggiugne lo storico, introdotta venne
la diversità dei supplizj , perchè d' uopo era mostrare al pubblico
le scelleratezze nell' atto che si punivano , e nascondere i delitti
di viltà procedenti. I minori o più leggieri delitti con pene di-
versamente modificate compressi erano , previo il legale convinci-
mento , con una multa cioè consistente in un determinato numero
di cavalli e di pecore.
Pene dell3 omicidio e dell' adulterio.
Singolare riesce il vedere nelle storie di Tacito, che anche
l'omicidio punito era colla perdita di un certo numero di pecore
o di armenti, e che tutta di quel soddisfacimento partecipava la
famiglia dell'ucciso. La pena dell'adulterio, rarissimo come già
si notò presso que' popoli , era immediata , e libero al marito lo
infliggerla 5 recise avendo egli alla moglie infedele le chiome,
nuda alla presenza de' congiunti la cacciava dalla casa, e per tutto
il borgo flagellandola la inseguiva; né scusa o perdono trovava
la perduta pudicizia ; né per bellezza , né per età , né per ric-
chezza ottenuto avrebbe quella donna un secondo marito; alcuno
prosiegue lo storico , non ride colà dei vizj , né virtù del secolo
appella il corrompere o l'essere corrotto; nel che veramente può
credersi che egli ai costumi Romani dell'età sua alludesse. Sog-
giugne pure di là a poco che più valevano nella Germania i buoni
costumi che le buone leggi altrove , il che basterebbe a persua-
derci che di leggi mancavano que' popoli , e che soltanto i co-
stumi e le consuetudini nazionali osservavano. Il rigore altronde
con cui presso quella nazione punivansi le adultere , per senti-
mento dello stesso Tacito , anche alle non maritate estende vasi
che copia del loro corpo facevano al volgo; sebbene credasi da
alcuno viziato quel passo, o applicabile soltanto alle vedove, lo-
dandosi da poi quelle città Germaniche nelle quali le sole vergini
aspirare potevano alle nozze. Vedremo altrove , come anche nei
tempi di mezzo si mantenesse o si aumentasse quel salutare rigore
contra i violatori della pudicizia.
Condizioni diverse dei Germani.
Non adotteremo certamente l'opinione dell' Eccardo, che nella
più antica Germania distinte fossero le condizioni degli abitanti ,
e che ^4ddin gi o Ediingi si chiamassero i nobili, Friling'x gli
DELL' ANTICA GERMANIA AVANTI I ROMÀNI %fo
uomini liberi , e Lazi o Liti i coloni soggetti ad una specie di
dominio, sebbene qualche passo degli antichi scrittori da nui ri-
ferito mostri che alcun conto si tacesse della nobiltà della stirpe
o del sangue, e la distinzione tra gli Adeli agi o i Principi, i
Frilingi o i nobili, e i Lazi o i plebei, riguardati quasi come
schiavi, sussista tuttavia nella Polonia. Cesare però, parlando della
Gallia , distinte aveva due sole classi di uomini tenuti in qualche
onore, i Druidi cioè e gli Equiti o i cavalieri, rimanendo la
plebe quasi nella condizione di servi; e Tacito distinse bensì i Re
e i duci, ma alcuna caratteristica differenza non trovò tra il pa-
drone e il servo, e non molto superiori ai servi dichiarò i liberti.
Già si disse che Cesare parlava dei soli Galli', ma pure ingau-
nossi il Cluverio , che le classi dei Druidi e degli Equiti tra-
dusse iti classi di sacerdoti e di nubili, giacché più esattamente
sarebbersi dette di sacerdoti e di guerrieri , e torse ancora di guef'
rieri distinti. Quanto a Tacito, sebbene egli non parlasse che di
qualche popolazione Germanica, falso è che dal suo lesto si tragga
chiaramente la distinzione in quattro ordini , quelli cioè dei no-
bili, degli uomini liberi o ingenui, dei liberti e libertini; e di
servi, le quali quattro classi ritenute veggonsi per la prima volta
o fors anche immaginate, da Adamo Bre mense , scrittore de'bassi-
tempi. Niella f ita del Beato Lebuino e nelle Storie di ISiiardo,
quelle classi riduconsi a tre, cioè agli Edlittgi o nobili, ai Fri-
lingi o ingenui , ed ai Lazi o servi , i quali nomi probabilmente
non erano più antichi dell'epoca di quegli scritti; come più antiche
non erano le leggi dei Bajuvarii o lìavari , nelle quali FrUazi
nominavansi i servi manomessi. Se quella distinzione introdotta
da Adamo Bremense, trovare potesse alcun fondamento nell'an-
tichità , dovrebbono pure ammettersi come esistenti tra gii anti-
chi Germani le leggi che egli rammenta , e per questo motivo
appunto si è fatto cenno in questo luogo di quella classificazione.
Dice dunque Adamo che alcuno uscire non poteva a contrarre
matrimonio fuori dei limiti della propria classe; che il nobile
sposare dove\a una nobile, l'uomo libero una libera, il liberto
una liberta, lo schiavo un'ancella, e che se alcuno sceglieva una
sposa fuori del proprio ordine , e massime se questa era di una
condizione superiore, obbligato era per legge al soddisfacimento
anche col rischio della propria vita: questa legge viene conimeli-
2-48 GOVERNO E LEGGI DELL' ANTICA GER. AVANTI I ROMANI
daia come utilissim i dal Cluverio , ma invano egli si sforza di
trovare qualche appoggio alla medesima nelle antiche memorie. I
nomi di jLdalin gi e di Frilingi trovansi frequentemente negli
scritti del medio evo, ma nelle antiche storie non ne appare ve-
stigio^ come da Tacito solo nominati sono tra i Germani i li-
berti e i libertini , e soltanto trovasi presso quello storico che gli
schiavi, fatti forse alla guerra, rare volte erano battuti, incate-
nati o aggravati di lavori , ma uccisi bensì , non per effetto di se-
vera disciplina, ma per impeto d'ira, come fatto sarebbesi di un
nemico, il che per legge rimaneva impunito.
Della religione e del culto dei Germani
avanti la Romana occupazione.
Prime idee religiose dei Germani.
o,
"pinione fu di molti eruditi che, barbi ra essendo e fero-
cissima la primitiva nazione de' Germani, priva fosse di qualun-
que culto, e notizia alcuna non avesse degli Dei sinché i Roma-
ni , valicato avendo il Reno , nella Germania innoltraronsi. Cesare
di fatto notò che i Germani Druidi non avevano i quali alle co-
se divine presedessero, nò si curavano di sacrifizi : lo stesso scrit-
tore però altrove accenna , che i Germani tra gli Dei annovera-
vano que' soli che conoscevano , e del di cui ajuto approfittavano,
cioè il Sole , Vulcano o piuttosto il fuoco , e la Luna , gli altri
tutti non conoscendo né pure per fama.
Argomenti del Cluverio.
Difficile sarebbe certamente il mettere A' accordo que' due pas-
si di Cesare,* ma il Cluverio ha pigliata tu tt' altra strada, che
veramente non è la più retta , e citando più volte Cicerone e
Dionigi d' Alicarnasso , Massimo Tirio e Seneca, ha stabilito che
alcuna nazione o alcuna razza d'uomini non vi aveva la quale,
anche non istrutta, un sentimento della Divinità non serbasse;
che l'opinione intorno agli Dei non aveva bisogno di essere con-
DELLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMINI ec 2 |()
fermati da alcuna istituzione, da alcuna costumatila, <> da alcuna
legge; che tutti i Re, i popoli, le nazioni , facevano uso di au-
spicj , e che ciascun popolo nel culto degli Dei o ilei Genj servi-
vasi di cerimonie patrie, le quali anche soggiogato tenacemente
conservava ; dal che egli ha preteso di inferire che ancora i Ger-
mani primitivi una religione nazionale avessero. Piuttosto potrebbe
trovarsi qualche appoggio nella asserzione di Tacito , che i Ger-
mani umane vittime sacrificavano a Mercurio, anche lutilo tempo
dopo il passaggio del Reno dai Romani eseguito , il che indica
bastantemente che quel barbaro rito, se bene informato fu quello
storico, era in tempi assai più remoti da essi praticato.
Culti introdotti dai Romani.
Cesare disse bensì, parlando dei Galli soltanto, che sopra
ogni altra Divinità Mercurio veneravano, come inventore delle
arti , come duce delle vie pubbliche e dei viaggi , come protet-
tore della mercatura ; poscia Apollo e Marte conoscevano, Giove
e Minerva , dei quali Numi la stessa idea avevano che gli altri
popoli , supponendo Apollo curatore dei morbi , Minerva direttri-
ce degli artifi/.j e dei lavori , Giove Imperatore del ciclo , Mute
reggitore della guerra ; ma invano si sforza il Cluvcrio di provare
che le cose stesse in parte, com'egli dice, con tutta verità, in
parte con eccessiva ignoranza, Cesare annunziasse dei Germani.
All'autorità di Cesare veramente non si oppone Tacito, il quale
anche dai Germani asserisce venerato più d'ogu' altro Nume Mer-
curio a cui si offerivano le umane vittime: sogghigno poi che
Ercole e Marte placati erano con sacrifizi di animali ; che una
parte degli Sveni sacrificava anche ad bidè; che i Deuringi , i
Cagioni , gli Angli % i latini , gli Elidasi, gli Svardonì e i
SS'uitoni, in comune veneravano Erta o la Dea Madre; che pres-
so i Xaharvali si mostrava un bosco sacro, monumento del-
l'antica religione, al quale presedeva un sacerdote ornato alla
foggia delle donne, e che que' popoli tra le Divinità rammenta-
vano Castore e Polluce; finalmente che gli Estii veneravano la
madre degli Dei. Ma troppo chiaro è a vedersi , che Tacito scri-
veva sullo l' imperio di Trajano, e che quindi nou lauto i culti
riferì della primitiva Germania, quanto quelli che introdotti eransi
dai Romani , e da questi certamente erano stati portali i nomi e
forse introdotti i culti di Mercurio, di Ercole, di Marte e dei
2bO BELLA. RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMANI
Dioscuri, giacché sovente quello storico anche i costumi degli an-
tichi Germani confonde con quelli che dai Romani erano stati por-
tati nella loro regione.
jLre e riti antichi.
xMtrove però parla Tacito di are e di altari dei barbari, cioè
probabilmente dei Germani più antichi , erette nei boschi, e par-
lando degli Ermunduri e dei Catti , dice che i vincitori i nemi-
ci loro a Marte ed a Mercurio consacrati avevano , in forza del
quale voto gli uomini ed i cavalli, tutti in somma i vinti si ucci-
devano ; e anche Cesare notato aveva che i Galli a Marte reggitore
delle guerre spesso le prede fatte nei combattimenti consacrava-
no. Invano però si studia il Cluverio di provare che la religione
e il culto de5 Germani più antichi fossero quelli degli Egizj , de-
gli Assirj e dei Greci, per il solo motivo che anche a' tempi di
Tacito sdegnavano que' popoli di ristrignere gli Dei nelle pareti,
e di rappresentarli con alcuna figura del volto umano , il che al-
l'incontro da quelle antiche nazioni vedesi praticato. Se dalla me-
desima origine derivati fossero, come pretende il Cluverio, i
Germani e gli Spagnuoli, notare si potrebbe, che ì Celtiberi e
i popoli ad essi finitimi verso il settentrione , al dire di Strabo-
ne, adoratori credevansi di un Dio innominato, ad onore del
quale di notte nei pleniluni , avanti le loro porte le intere fami-
glie danzavano , e tutta la notte passavano festeggiando. Già
-veduto abbiamo che nei novilunj e nei pleniluni tenevansi dai più
antichi Germani le loro adunanze 5 Cesare tra le Divinità adorate
dai Germani annoverò la Luna , e questo ci riconduce al culto
del Dio Luno, del quale si parlerà in appresso. Intanto noi ab-
biamo nella nostra Tavola 3a esposta la figura singolare di un'ara
antichissima , trovata presso Àìbersdorf neh" Alsazia , la quale ,
formata essendo rozzamente di macigni accumulati e collocata in
mozzo ad un bosco sacro, può ragionevolmente credersi opera dei
Germani più antichi , ed una forse delle are indicate da Tacito.
Da' sacerdoti.
Converrà per ora che ci arrestiamo un istante su i sacerdoti,
che il Cluverio, risalendo inutilmente alla origine antichissima del
sacerdozio, e vagando su i costumi dei Persiani, degli Assirj,
degli Egizi, degli Indiani, dei Greci e di altre nazioni, insinua-
re vorrebbe esistenti anche presso i Celti , e specialmente i Ger-
THE UBHHY
OF THE
UIBftBiiTY OF SLUNOIS
AVANTI LA ROMANA OCCIV AZIONE '*'l
mani, sebbene il passo già citato di Cesare sembri totalmente
escluderli. Invano si allega che i sacerdoti furono anticamente di
diversi generi ; che diversi nomi sortirono , e talvolta furono delti
sapienti; che diversa autorità presso le varie nazioni esercitarono,
e diversa disciplina mantennero. Cosa è degna di particolare os-
servazione ehi- Cesare, il quale parlò dei Druidi o dei sacerdoti
dei Galli , e dell'" onore nel quale tenuti erano , formando essi
nella nazione un ordine separato ; presso i Germani alcun vesti-
gio non riconobbe di sacerdozio. Né gioverebbe il dire che Stra-
bone e Annidano Marcellino, i Bardi, i Vati ei Druidi unita-
mente come sacerdoti registrarono; perchè presso i Germani anti-
chi non trovasi alcuna menzione di Bardi o di f ati , e Tacito
accenna soltanto che alcuni vi avevano nella Germania che con
antichi carmi o poetai, (che soli tenevano luogo in quel paese di
memorie e di annali ), celebravano il Dio Tintone o Tuistonc, nato
dalla Terra, il di lui figliuolo Manno, l'origine e i fondatori della
nazione. I cantici coi quali ancora al tempo di Tacito presso le
barbare nazioni celebravasi il nome di Anninio, appartengono ad
un epoca posteriore, a quella cioè del Romano dominio, e non
provano che più anticamente e ne pure in quella età vi avessero
tra i Gerntaiii-Biirdi o poeti cantori.
Continuazione.
Tacito tuttavia parlò altrove di sacerdoti presso i Germani ,
ed accennò che permesso non era se non che ai soli sacerdoti il
punire , il legare con ritorte e il flagellare , il che non facevasi
da essi, come in esecuzione di legge o di un decreto de] duce, ma
bensì come per comando di Dio che presente reputatasi alle turbe
guerriere. In altro luogo egli nota che si osservavano i presa gj e
gli avvisi forniti da cavalli bianchi , che a spese pùbbliche nutriti
erano nelle selve e Dei boschi sacri , e non forzali ad alcun la-
voro ; su questi montavano i sacerdoti, il Ile o il Principe della
città, ed attentamente esploravano i loro nitriti e i loro (remiti,
che riguardati erano come i più sicuri auspicj . non dalla plebe
soltanto, ma dagli ottimati e dai sacerdoti, giacché questi mini-
stri degli Dei reputavano quegli animali consapevoli dei di\ini vo-
leri. Ma non si sa bene di quale epoca Tacito parlasse , e il ve-
dere nell'uno e nell'altro dei passi allegati inserito sovente il
nome di Re, incognito ai Germani più antichi, ci indurrebbe a
a5-2 DELLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMANI
credere che *>gli parlato avesse di una età in cui già adottati
erano nella Germania i Promani costumi ; e probabilmente non da
altri che dai Romani trassero i Germani medesimi la dottrina e il
nome degli auspicj. Inutile riesce il citare Elmoldo che parlò dei
Flamini , tenuti in sommo onore beusì , ma presso gli Slavi j e
Ammiano che indicò un sacerdote perpetuo presso i Borgognoni,
nominato Sinisto, parlò certamente de'suoi tempi, non di un'epoca
più antica. Solino pure la scienza delle cose future attribuì agli
uomini egualmente ed alle donne, ma pressoi Britanni, non già
presso i Germani $ così Pomponio Mela parlò di un celebre ora-
colo , e di sacerdotesse al numero di nove , condannate a perpe-
tua verginità , capaci a suscitare i venti e le procelle , a trasfor-
marsi in animali , a curare le malattie insanabili , a predire il
futuro; ma quell'oracolo trovavasi in un'isola del mare Britannico,
detta dal geografo Sena.
Preghiere femminili. Donne fatidiche.
Da Tacilo vedesi bensì fatta menzione delle preghiere delle
femmine le quali , mostrando ai guerrieri il petto ignudo e addi-
tando loro i pericoli e le sciagure della cattività , infiammavano
il loro coraggio, e spesso li rendevano vittoriosi, mentre perduta
sembrava una battaglia ; ma in questo non può ravvisarsi alcun
sentimento religioso , e nò pure potrebbe alcuna idea di sacerdo-
zio riconoscersi in quelle nojjili zitelle che ad alcune città impe-
ravano, e delle quali come cosa santa ed opportuna riguardavasi
il non sprezzare i consiglj , e il non trascurare le risposte. La ver-
gine Velleda fu tenuta da molti in conto di un Nume, ma sotto
Vespasiano, e non ben certa è l'epoca di Aurinia o Flurinia ,
con altre vergini venerata da prima, non però con adulazione,
dice Tacito , né come se esse divinizzate fossero. Così Dione parlò
della vergine Gonna che dopo Kelleda rendeva gli oracoli , ma
questa fioriva a' tempi di Domiziano. Altrove però Tacito stesso
dichiara che i Germani molte donne riguardavano come fatidiche,
e che col crescere della superstizione reputate furono Dee ; ma
ancora quel detto è riferibile soltanto all'epoc* di Velleda, cioè
a quella di Vespasiano. Quella Aarinia o Fiorinia , come già si
disse, di epoca incerta, Giusto Lipsio trasformò in Alurinia, ap-
poggiato ad un passo di domande il quale non Alurinie , ma
Aliorune nominò le donne fatidiche , ma gas mulieres , che tro-
tq
5
!s
AVANTI LA U0MÀHA OCCUPAZIONI '2J>
vate eransi anticamente presso i (ioti. Di quel vocabolo si fecero
poi quelli di Alirumna, Altruna, o Alruna , che significano vec-
chia Maga , e nn antico monumento dell' Alrunismo è stato da
noi esposto nella Tavola 33. Anche Strabode parlò di donni.' fa-
tidiche coi capelli bianchi , bianche le vesti , tonachelte purpuree
e cintura di rame, che a piedi nudi seguitavano le annate ; ma
questo riuscirebbe soltanto applicabile ai Cimbri ; Cesare tuttavia
menzionò nelle sue guerre con Ariovisto alcune madri di famiglia,
che col mezzo delle sorti dichiaravano se dare dovevasi o rifiu-
tare una battaglia ', in tutto questo però non trovasi alcun vestigio
di sacerdozio o di sacerdoti presso gli ant chi Germani.
Druidi.
Il solo Diogene Laerzio lasciò scritto , come cosa che udita
aveva, che presso i Celti e i Galli trovavansi alcuni uomini pe-
riti della divina ed umana filosofìa , che Druidi si appellavano ;
ma difficile sarebbe il provare che col vocabolo di Celli indicati
egli avesse i Germani; e se questo pure si ammettesse, conver-
rebbe credere che di tutt' altr' epoca avesse egli parlato, fuorché
di quella della Germania non tocca ó%i Romani; giacché impos-
sibile sarebbe stalo il trovare in quella età filosofi e teologi bene
istrutti presso i Germani. Non seguiremo ccrtameute il Cluverio
nella lunga esposizione che egli fa della disciplina dei Druidi ,
della nobiltà loro , delle loro esenzioni dalle pubbliche cariche ,
dei loro privilegi , poiché tutte queste cose non riescono applica-
bili se non che ai Druidi dei Galli , i soli che nominati sieno
dagli antichi scrittori.
Divinità dei Germani.
Venendo al particolare delle Divinità dai Germani venerate ,
troviamo , come già si disse , in Cesare che il Sole , la Luna e
Vulcano conoscevano soltanto, e degli altri né pure udito avevano
parlare. Il Cluverio in questo luogo con lunghissimo ragionamento
si sforza di provar»; , che i primi nomi di tulle le Divinila dei
Gentili soltanto al Sole potevano con qualche fondamento appli-
carsi , nel che sembrò preludere alla dottrina che intorno all'ori-
gine de' culti pose in campo ai giorni nostri il Dupuis. Progre-
dendo quindi nello stabilimento del suo sistema , volle provare al-
tresì che tutti i nomi e gli attributi delle diverse; Dee non pote-
vano riferirsi se non che alla Luna ; quindi , applicando questi
2 5 4 DEtLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMÀNI
principj al culto dei Germani , adoratori della Luna secondo Ce-
snre , credette di poter asserire che, mentre essi Iside, la madre
degli Dei e la Terra Madre veneravano , sempre alla Luna diretto
era il loro culto. Il solo Tacito, e di una sola parte degli Svevi,
lasciò scritto ehe ad Iside sacrificavano , e non ben persuaso egli
stesso di questo culto peregrino, osservò» che l'immagine medesi-
ma di quella Divinità, figurata a foggia di una nave, mostrava
quel culto portato da terra straniera. Anche gli Egizj veneravano
la nave di Iside, dal che deduceva Lattanzio che quella Dea giunta
fosse navigando nell'Egitto. Il Colerò sospettò che gli Svevi , spesso
recandosi al Ponto-Eusino coi Sar inciti , ricevuto avessero il culto
di Iside dai Greci. Non diffìcile d' altronde riesce il provare coi
mitologi , che il Sole era la stessa cosa che Osiride , ed Iside la
stessa che la Luna.'
Dea Madre , la stessa che la Lima.
La madre degli Dei , secondo Tacito , adoravano gli Estii abi-
tatori del golfo Godano , o delle rive del Baltico al di là della
Vistola. Quella era la Dea Grande, la Dea Cibele, la Dea Pa-
drona di Catullo , la Agdesti , la Dea Frigia , la Dea Grande , la
Idea, la Dindimene , la Pilene, la Pessimuntia, la Cibele di Stra-
bone , di Cicerone , di Ovidio , di Silio Italico ec. ; e che questa
fosse la stessa che la Luua , viene posto in chiaro dai nomi me-
desimi di Madre Grande e di Madre degli Dei , perchè primi ,
ed eterni e generatori degli altri Numi credevansi il Sole e la Luna
dalle più antiche nazioni.
'Terra Madre.
Altri popoli Svevi in numero di sette, abitanti pure delle rive
del Baltico tra l'Elba e l'Oder, adoravano al dire di Tacito Erta ,
cioè la Terra Madre , e credevano che nelle cose umane inter-
venisse. Lessero altri Nerta, altri Verta, ed altri Verta e Nerto,
invece di Erta ; ma dal vocabolo odierno Germanico col quale si
indica la Terra, chiaramente si raccoglie, che quella di Erta è la
migliore lezione. Quella Dea secondo Ovidio era la stessa che Ve-
sta , secondo Macrobio era la stessa che la Madre degli Dei , e al
pari di essa trascinata era dai lioni ; secondo altri era Giunone ,
o Rea , o Cibele,* e sempre si torna alla Luna , giacché Macrobio
stesso come cosa nota a tutti accennava non altro Nume essere
Osiride che il Sole , nò altro Iside se non che la Terra o la Luna.
AVANTI LA ROMANA OCCUPAZIONE 2JJ
Merita piuttosto qualche considerazione il rito da Tacito descritto,
col quale la festività della Terra Madre celebravasi. Eravi, die' egli,
in un'isola dell'Oceano un bosco Cristo, e in esso conservatasi un
carro, vcliiculum , coperto con una veste che a un solo sacerdote
permesso era il toccare, giacché egli solo avvedevasi della presenza
della Divinità nel santuario. Allora si attaccavano alcune vacche al
carro, e quel sacerdote, Io seguiva con molta venerazione. Ralle*
gravasi allora la turba ; tutti i luoghi erano adorni per quella so-
lennità , e cortesemente si ricevevano gli ospiti ; non si intrapren-
deva alcuna guerra , non si pigliavano le armi , celato tenevasi il
ferro , e solo parlavasi di pace e di quiete , solo la pace era ama-
ta , sin tanto che il sacerdote la Dea saziata della conversazione
dei mortali non testi Ulisse al tempio , dopo di che lavavansi il
carro e le vesti, esc tu lo vorrai credere, dice Tacito, lavavasi
la stessa Dea in segreto. Non sono ben chiare le parole che se-
guono , cioè che alcuni schiavi prestavano il loro servizio, i quali
tosto nel lago erano assorbiti, d'onde spandevasi un arcano ter-
rore ed una santa ignoranza, perchè quell'abisso vedevano que'soii
che in esso perivano.
Penero non conosciuta dagli antichi Germani.
11 Cluvcrio si stende quindi a provare che anche "\ onere non
era una Divinità diversa dalla Luna; ma questo sembra un inu-
tile sfoggio di erudizione , perchè non mai menzionata trovasi Ve-
nere presso gli antichi Germani , e Cicerone altro non lasciò scritto
se non che quella Dea, la quale come Tacito dice, alle cose umane
interveniva , Venere nominata era dai Romani; uè a stabilire il
cullo di una Venere Germana gioverebbero le frasi di Tacito, in-
dicanti che tutti erano nella solennità della Terra Madre festeg-
giami i luoghi, e lieti i popoli e verso gli ospiti cortesi. Una Dea
detta Siwa , adorala, come si pretende, dagli Ertili , accennò lo
Schedio nei suo Sintagma degli Dei Germani, e la lìgura ne espose
che noi pure, benché assai rozza, abbiamo riprodotta nella nostra
Tavola 33. La figura di questa Dea potrebbe destare l' idea di
qualche somiglianza colle Veneri o colle Pomone degli antichi,
ma alcuni scrittori la supposero una Regina degli Ertili stessi, fi-
gliuola di Sitalce Re dei Ootoni , e moglie di certo Ami rio , che
il Ministero e il Cranz asserirono avere militato sotto Alessandro
Magno, ed essere quindi passato coi suoi seguaci presso il Baltico.
'ì56 DELLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMANI
Altri la credettero Orizia , figliuola di un Re dei Sarmati e sposa
di Anara Re degli Ertili e degli Obotriti, figliuolo di quello stesso
Alitino. Il Cluverio , appoggiato al solo nome Gei-manico del ve-
nerdì, opinò che altro non fosse se non che Venere la Frea mo-
glie di Yodano , o Mercurio , che Paolo Diacono e il Grammatico
Sassone accennarono come Dea dei Longobardi.
Deità confuse colla Luna.
Più tacile riesce il provare colle parole di Cicerone , che Mi-
nerva, e Cerere, e Diana, e Nemesi, e le Parche, ad altro Nume
non potevano riferirsi se non che alla Luna , che Meni dissero i
Greci-Dorici, e Man a i Celti, d'onde col solo cangiamento del-
l'a in o passò quel vocabolo agli odierni Tedeschi ed Inglesi.
Vulcano confuso con E i cole e Marte e col Sole.
Il Vulcano de' Germani da Cesare menzionato , confondono
molti eruditi e tra questi il Cluverio e lo Scliedio, con Marte e
con Ercole. Ercole di fatto , parlando principalmente del Marte
Gallico eloquente , anche Macrobio coli' autorità di Varrone pro-
vò identico con Marte , e i Caldei stella di Ercole nominarono
quella che tutti gli altri popoli chiamavano di Marte. Witichindo
scrisse per questo nella sua Cronaca , che i Sassoni , seguendo
l'antico errore, cioè l'idolatria, un Marte veneravano, che colla
rappresentazione delle colonne Ercole simulava ; e questo si col-
lega col detto di Tacito che i Germani Ercole e Marte coi sacri-
fizi di certi animali placavano ; altrove notò Tacito stesso che i
Germani Ercole rammentavano, e che andando alla guerra, lo
proclamavano come il primo degli uomini per fortezza insigui.
Non era però questo, dice il Cluverio, il figliuolo di Alcmena ,
né confondere si dee coli' immaginario Nume, detto Alemanno,
che anche lo Scliedio inserì tra i suoi Dei Germani, i sogni
adottando del falso Beroso o piuttosto di Annio da Viterbo :
quell'Ercole potrebbe ravvisarsi invece nel Theut , o nel Manno,
dei quali si è altrove parlato. Quel passo altronde di Tacito, se-
condo la giustissima osservazione del Cluverio , non è a tutti i
Germani , ma soltanto ai Tungri riferibile. Trovandosi poi in
Macrobio, che Ercole non era alieno dalla sostanza del Sole , ma
anzi quei potere del Sole che allumali genere il valore infondeva a
somiglianza di quello degli Dei ; e leggendosi ancora nello stesso mi-
tologo che Ercole in tutte le cose e per tutte era il Sole ; che Bacco
AVANTI LA ROM A SA OCCUPAZIONE «ÌJ7
unlvasi con .Alarti! ed una Divinila sola formava : che anche Bacco
potente era in guerra ed autore dei trionfi; il Padre Libero o Bacco
essendo la slessa cosa col Sole, Marte identificato con Bacco do-
ve\a egli pure nel Sole riconoscersi, e quindi il Marte dei (ìer-
mani fu dal Cluverio confuso anche con A ideano , servendo ad
esso di appoggio un verso Greco citato da Macrobio medesimo ,
in cui Marte furente , vibratore' dell' asta , viene assommi ilo ad
un fuoco pernicioso. Livio di fatto nota, che libero era il votare
le armi a Vulcano, a Marte o a qualunque altro Dio, e Dionigi
di Alicarnasso parla delle quadrighe di bronzo da Romolo a
\ ulcano consacrate. Vesta pure, secondo Ovidio, altro non era
se non che una viva Gamma o il fuoco , e quindi la stessa cosa
che A ulcano; e se Vesta diversa non era, come annunzia Ovi-
dio stesso, da Minerva adorata dai Galli, chiaramente si scorge
che i Celti o i Germani sotto il nome di Vulcano, Ercole e
Marte, e forse ancora altre Divinità veneravano.
Marte e Mercurio.
Se Fornuto trattando della natura degli Dei , accennò che
gran parte degli uomini la invenzione delle arti attribuivano a
Minerva ed a Vulcano; gli Egizj , i Greci e i Latini, e i Celti
ancora, giusta l'avviso di Cesare, quel vanto assegnavano a Mer-
curio. Ma non è ben chiaro, come scrive il Cluverio, che il
nome Celtico di Marte fosse quello di Net, derivante dd Àeith
degli Egizj, e ora dai Tedeschi dello Medi da (mesto però si
fa strada ([nello scrittore a collegare il nome di Mercurio con
quelli di Thcut, dei Tentati e forse dei Tcotisci. Degno di os-
servazione è il passo delle storie di Tacilo, in cui parlando dei
Tenteri , narra che nei Comizi Agrippinensi ai quali i loro po-
poli spedili avevano legati , rcndevansi grazie agli Dei comuni ,
ma in particolare a Marte, Primario degli Dei, perchè tornati
fossero que' popoli nel corpo e sotto il nome della Germania.
Questo passo contrasta coli' altro di quello storico che leggesi nel
libro della Gei mania , nel quale de' Germani si asserisce che
più di qualunque altro .Nume Mercurio onoravano, al quale' lecito
era l' offerire anche vittime umane. Questa seconda enunciativa si
accorda con quello che Cesare dice dei Galli , che più di tulli
gli Dei avevano in onore Mercurio. In favore tuttavia della pri-
mazia di Marte presso i Germani , citaci Macrobio che degli
Cose, dell' Europa Voi. IX. 1 7
i5S DELLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMANI
Spagnuoli parlando , consanguinei secondo il Cluverio dei Ger-
mani e dei, (jralli , nota che Marte con somma religione celebra-
vano$ Procopio che Marte nominò come Dio Primario degli Sveo-
ìli e degli altri abitatori della penisola Scandinava , onorato da
essi col sacrifizio del primo nomo che in guerra facevano prigione,
e Giornande che dei Goti lasciò scritto, avere sempre essi Marte
placato non culto asprissimo , colla morte cioè dei cattivi fatti in
battaglia. Potrebbe adunque conchiudersi che tutti i Celti devoli
fossero singolarmente a Theut o a Mercurio , dal quale credevano
di trarre 1' origine ; e che tuttavia come precipua Divinità Marte
venerassero, siccome figli di Marte ancora come guerrieri, e so-
vente col di lui beueficio favoreggiati.
Opiìiiuiie del Cluverio. Di oscuri.
11 pio Cluverio, a tre riduceudo adunque i Numi dagli anti-
chissimi Germani adorati, cioè al Sole, alla Luna ed al Fuoco,
ha immaginato, per verità con molto ardire, che essi un Dio
solo, vero ed eterno, nella Trinità venerassero e praticassero
quindi la più vera religione. Si arresta però su i Numi di Castore
e Polluce, secondo Tacito adorati dai Naharvalì , che tuttavia
Tacito stesso riconosceva nominati dai soli Romani , giacché il
nome di quelle Divinità presso que5 popoli era quello di Alci ,
non avendovi però esse uè simulacri , né alcun vestigio di stranie-
ra superstizione, ma venerati essendo que' Numi come giovani e
come fratelli. Anche Diodoro Siculo i Celti abitanti vicino al-
l' Oceano adoratori supponeva principalmente dei Dioscuri che
un antica tradizione faceva loro credere dall'Oceano stesso ad essi
pervenuti , colla spedizione forse degli Argonauti. Ma questa
favola si connette coli' antica opinione di coloro, che a torto
supposero il Tanai sboccaute nell'Oceano, e che gli Argonauti
credettero avere navigato per F Istro , il Savo ed il fiume di
Laybach, altre volte dettu Nauporto , d'onde su gli omeri la
nave trasportassero nei fiume Quieto dell'Istria, allora anch'esso
nominato Istro, su di che possono vedersi le belle ricerche del
Conte Gian Rinaldo Carli. Del resto, se figliuoli di Giove erano
i Dioscuri, e se l'immortalità con ordine alternativo godevano,
raffigurati erano in quesl' alterna vicenda il Sole e la Luna , e
Plutarco di fatto parla di due astri consacrati dagli Egizj l'uno
ad Oro, che è il Sole, l'altro ad Iside, cioè alla Luna.
AVANTI LA ROMANA OCCUPAZIONE i5q
Donimi dal Cluverio supposti.
Progredisce nel suo sistema il Cluverio , e trova presso la sua
nazione i donimi della creazione del mondo e degli angioli, della
caduta di questi , e della venerazione del Demonio presso le più
antiche nazioni stabilita, massima fondata sulla autorità di Proco-
pio che agli Sveoni ed altri Germani rinfaccia il culto di molti
Dei e Demoni , celesti ed aerei , terrestri e marini , e dì alcuni
altri ancora soggiornanti nelle fonti e nei fiumi. Parla pure della
creazione dell' uomo , nota secondo esso agli antichi Germani ,
raffigurando io Adamo il loro Theut; dell'immortalità dell'ani-
ma e di una vita eterna ; della caduta dell'uomo; della univer-
sale inondazione delle terre o sia del diluvio, e della fine del
mondo , donimi tutti che egli crede formare parte dell' antichis-
sima Germanica teologia.
Miti dei primitivi Germani.
Con assai migliore avvisamento si può ora parlare dei riti dai
primitivi Germani praticati. Se Numi avevano, se una religione
o un culto professavano , assai più ragionevoli essi erano certa-
mente di molte altre nazioni, perchè, come Tacito scrisse, dalla
considerazione della grandezza delle cose celesti trattenuti erano
dal ristiingere nelle pareti gli Iddii , e dallo adattare ad essi
umane forme. Le selve e i boschi invece consacravano , e col
nome degli Dei indicavano quella specie di segreto o di mistero,
o piuttosto quel tempio invisibile, che soltanto colla venerazione
loro scorgevano. Sebbene però Tacito con queste parole escludesse
dal culto Germano i templi , nomina il tempio della Dea Erta,
cioè della Terra Madre, che il sacerdote; restituiva al tempio me-
desimo dopo che sazia era quella Deità di conversare coi mortali:
ma ben chiaro è a vedersi che sotto il nome di tempio indicare
volle lo storico \\ bosco sacro , nel quale , e non già in alcun
edilìzio chiuso o coperto , conservavansi il carro e le vesti , sim-
boli dejla Divinità medesima. Un tempio altresì accenna Tacito,
parlando dei Mursi . celeberrimo presso quella nazione e detto di
Tanjana ; ma questo tempio che ancora esisteva Dell' età di
Germanico, cioè in epoca assai posteriore ai Germani prim'tivi ,
altro non era che un bosco 0 una selva sacra , poiché abbattuto
fu all'istante, e poiché altrove presso i Latini, come già vedem-
mo , nominato trovasi il bosco di Tanfana come pare quello di
aSo DELLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMANI
Baduenna. Di quella Dea si parlerà in appresso: intanto gioverà
osservare che que' popoli i quali al dire di Tacito stesso altro ri-
paro non prestavano ai bambini coutra le fiere e i rigori del
verno, altro asilo ai vecchi ed ai giovani, se non che qualche
intrecciamento di rami d'albero, non ergevano probabilmente al-
tro tempio a qualunque divinila: l'uso altronde di adorare i
Numi nei boschi o nelle selve , radicato vedesi presso tutte lo
nazioni più antiche.
Genj de' fonti e de' fiumi.
Strano non dee pure sembrare il detto di Proconio , che ol-
tre i Demoni o i Genj celesti , aerei, terrestri e marini, altri ne
adorassero che nelle acque de'fonti e de' fiumi risedevano; perche
anche Tacito, parlando dei Baiavi , narra che Civile ai suoi sol-
dati mostrò il Reno e gli Dei della Germania, sotto gli auspicj
dei quali Numi cominciare dovevano la pugna ; né infrequenti
sono iu tutta 1' antichità gli esempi di ]\umi , di Demoni o di
Geo] , che supponevansi residenti nelle acque , come in tutte le
altre materie allora credute elementari. All'autorità di Tacito che
templi non solo, ma anche immagini di Deità ricusa ai Ger-
mani , non potrebbe opporsi quella di Massimo Tiri© , scrittore
eloquente piuttostochè esatto , e di gran lunga a Tacito stesso po-
steriore , il quale i Celti supponendo adoratori di Giove , disse
che il simulacro ne avevano in un' alta quercia ; e molto meno
quella di Adamo B remense il quale dei Sassoni e degli Sveoni
lasciò scritto che un grosso tronco di legno sollevato in alto sotto
l'aperto cielo adoravano, e lo nominavano Ir min sul , il che per
i Latini significava una colonna universale , cioè che tutto il
mondo sorreggeva. Di Irminsul o Irmensula , che , secondo il
Cranz , adorato fu nella Sassonia e nella Vestfalia , trattò a lungo
io Schedio che il nome ne derivò da Ermete , o anche dall' an-
tico Arminio , Ile dei Cherusci ; ma una ridicola immagine ne
espose nella sua tavola I. che noi non ci attentiamo a riprodurre,
perchè in essa vedesi un uomo armato di ferro con elmo sor-
montato da un gallo , con una specie di ordine o divisa sul petto
rappresentante un orso , una bilancia ed un leone , con spada e
lancia ornata di una banderuola, il che tutto ci indica un simu-
lacro posteriore ai tempi di Carlomagno.
AVANTI LA HUMANA OCCUPAZIONE uGl
Sacri fi zj.
I sacrifizj non possono credersi affatto incogniti ai Germani ,
se vere sono le parole di Tacito che a Mercurio umane vittime
offerivano; che ad Ercole e a Marte immolavano animali; che ima
parte degli Svevi anche ad Iside sacrificava, e che gli Ermunduri
avanti un combattimento la falange nemica consacrata avevano con
voto a Marte ed a Mercurio. Sembrano confermate queste asser-
zioni da Procopio, che vittime frequentissime di ogni genere an-
nunzia dai Goti sacrificate. Ma difficile sarebbe il provare se non
forse coli' esempio dei Galli , che sacrificatori presso i Germani
fossero i sacerdoti, e assai male a proposito si applica dal Oliverio
ai Germani il testo di Diodoro Siculo il quale, parlando dei
Galli , disse che sacrifizj non facevansi senza l' assistenza di un
filosofo, cioè di un Druido. Que' sacerdoti il Cluverio immagina
vestili di bianco , perchè questo colore viene da Platone indicato
come il più decoroso nel culto della Divinità; ma assai meno po-
trebbono ai sacerdoti Germani , se pure esistevano , applicarsi i
testi del /evitico, dove i sacerdoti veggonsi di bianchi lini vestiti.
Plinio parlò bensì dei sacerdoti coperti di candida veste , che su
l'albero salivano per tagliarne con aurea falce il vischio, il (piale
pure in un lino candido si riceveva, ma parlò soltanto dei dalli ;
e le donne fatidiche dei Cimbri, che secondo Strabone in bian-
che vesti seguivano le armate, non erano, come già vedemmo,
sacerdotesse, non oilèrivauo sacrifizj, ma bianco vestite erano per-
chè quésto era il costume generale della nazione, notando altrove
Tacito che le donne un abito eguale portavano a ([nello degli
uomini , ma più spesso velate erano o coperte da pannilini. Cini
i sacerdoti non meno che le vittime si coronassero nei sacrifizi ,
era 1" uso comune di molte antiche nazioni , ma provare non si
potrebbe dei Germani , né tampoco stabilire che le are loro , le
are barbare dette da Tacito vicine ai boschi , fossero di grami*
gna, vedendosi in pietra costruita l'ara di Albersdorfj da noi
rappresentata nella Tavola .!•>.. e quella pure degli I/Sii illustrala
dal Rau.
Pittime.
Sebbene Tacito accenni nel libro della Germania , che Er-
cole e Marte plaCavansi soltanto con certe determinale vittime,
concessi* animalibus , Procopio tuttavia asserisce che ostie di
262 DELLA RELiGIOJSE E DEL CULTO DEI GERMANI
qualunque genere immolava nsi ; ma egli parlò s'-lo in quel luogo
degli Sveoni , dei Guti e degli altri abitanti della penisola Scan-
dinava. Non giova qui inferire il detto di Slrabone che i Galli,
disposto avendo con religioso rito un colosso di fieno con legne
sottoposte, in quella specie di rogo abbruciavano pecor^, animali
d' ogni genere e uomini ancora ; e Plinio non parlò erettamente
dei Celti , là dove scrisse che disposto con formalità il convito
sotto un albero, si sacrificavano due tori di colore candido, non
ancora aggiogati. Inutile sarebbe il ricercare su la scorta soltanto
dei costumi delle antiche nazioni ed anche dei Galli , se le corna
delle vittime si cignessero tra i Germani di frondi , di quercia e
di vischio ', se in egual modo si ornassero i vittimar) ; se si pre-
mettessero abluzioni e lustrazioni ; se le vittime si spargessero di
grani cereali ; se finalmente i sacerdoti loro, come i Druidi,
nello immolare le vittime pregassero Dio che un donativo facesse,
a coloro forse che le ostie offerivano ; inutile sarebbe pure l' in-
dagare, se le vittime con una clava, o con una bipenne, o con
una scure si colpissero , e se delle vittime si ofFerisse la carne e
il sangue, o P anima sola , come scritto trovasi da Macrobio e da
Trehazio , e se la mano alle vittime medesime si imponesse.
Preci.
Ammiano Marcellino ragiona altresì delle preghiere degli Ale-
inanni e dei Quatti , e narra che i Re ed i popoli dei primi da
timore colpiti , per mezzo di oratori colla fronte chinata al suolo
il perdono dei passati errori e la pace chiedevano; che i Quatti,
non potendo secondo il rito loro col corpo inclinato espiare i
gravi delitti, l'ultimo infortunio temendo, gli ostaggi chiesti ac-
cordarono; che i medesimi chiamati a solenne giuramento, sta-
vano colle membra curvate e rannicchiati tutti quasi per grave
timore ; finalmente che i Quatti stessi , poiché soccorso prestato
avevano ai Sarmati, gettate le armi, le mani legaronsi dietro il
tergo, più salute non isperando se* non che nelle preci. Ognuno
ben vede però , che Ammiano Marcellino , scrittore di lungo
tempo posteriore alla età di cui parliamo, de' suoi tempi ragio-
nava e delle vittorie de'Ptomani Imperatori, come pure di una
piccola parte de' Germani , né ancora le parole sue potrebbono
ad alcun rito o cerimonia religiosa riferirsi. Da Tacito però si
raccoglie che presso i Senoni almeno , i più nobili o i più illu-
AVANTI Li HOMVNA OCCUPAZIONE :>G3
stri tra gli Svevi, munita fosso o confermata da qualche religione
la fede, e riguardato come sacro il giuramento. Ma Tacito passa
tosto ad altro rito più barbaro , e narra che quo' popoli in una
selva riducevansi , sacra per gli augurj dei loro padri e per an-
tico timore o antica reverenza , e che colà pubblicamente in pre-
senza di tutti i deputati dei diversi popoli di quella nazione un
uomo trucidavano, carso hotniiic dice (piello scrittore, il che ri-
gorosamente non importa un sacrifizio, benché egli lo appelli un
barbaro rito. In quel . bosco per rispetto alcuno non entrava se
non se legato con una corda o con un vincolo, come dichiaran-
dosi in quell'atto minore, e la potestà del iNume riconoscendo;
se per sorte cadeva alcuno , sorgere non poteva , e su Ja terra
voltolavasi , giacché tutto l'oggetto della superstizione, dice quello
storico, era di mostrare che colà trova vasi il principio della na-
zione, il Dio che sopra tutto regnava, e che le altre nazioni tutte
erano all' obbedienza sottoposte.
Pittime umane.
Tempo è ora di parlare delle vittime umane che offerte an-
nunzia Tacito dai primitivi Germani, Strabone dai Cimbri, Ger-
mani anch'essi, Cesare, Dionigi d* Alicarnasso -, Pomponio Mela
e Diodoro Siculo d-ù Galli, detti dal Cluverio consanguinei dei
Germani. I soli scrittori Latini , o i Greci che scrissero sotto il
Romano dominio , parlarono di que' barbari sacrifi/.j che alcuno
di essi non vide , e che soltanto riferirono perchè udite ne ave-
vano le relazioni : lutt' altra strada per discolpare ([nella nazione
ha piglialo il Cluverio, il (piale con vano sfoggio di erudizione
si è dato a provare soltanto che , se i Celti erano barbari e fe-
roci a (pici segno, non erano i soli, uè i primi che l'esempio
dato avessero di ([nella immane crudeltà. Diodoro parlò dei Drui-
di che tra i Germani non erano , e di questi soltanto disse eli'1
le umane vittime esploravano per lunga osservazione dell anti-
chità. I passi altronde di Pomponio Mela nei quali si narra che i
y'diiri , come la fama correva, gli stranieri a guisa di vittime
sacrificavano, e che i Ncuri .Marte veneravano come Dio di tutte
le cose, e gli uomini invece di animali sacrificavano, come pure
altri racconti di Erodoto, non sono applicabili se non che agli
Sciti, non mai ai Germani; e Procopio, già da noi citalo, col
nome di Svconi indicò i JYorve^iani , come altrove i Franchi
U<)4 DELLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMANI
che l' Italia devastavano, e soltanto degli E ridi abitanti intorno
alla foce della Vistola accennò che molti Dei veneravano, ai quali
l'offerire ostie umane, come cosa pia e religiosa reputavano, in-
certo essendo tuttora di quale epoca egli parlasse. Tacito altronde
accennò bensì il rito di spargere su le are il sangue dei prigio-
nieri, e di consultare gli Dei coll'esplorare le fibre degli uomini;
ma questo rito attribuì ai soli Britanni, il che basterebbe ad
escludere da quell3 accusa i Germani ; così Pomponio Mela gra-
tissime agli Dei reputate disse le vittime umane dai Galli, che di
superstizione accusò , come già accusati erano stati dello stesso
vizio da Cesare , mentre la superstizione non fu giammai ai Ger-
mani rinfacciata.
Continuazione, yJuspizj pigliati dalle vittime.
Diodoro Siculo narrò pure dei sacerdoti Celti che il futuro
predicevano su l'appoggio degli auspicj e delle viscere degli ani-
mali, e che in cose di grande rilievo, un uomo immolando, lo
aprivano per il lungo con una spada , e dalla sua caduta , dalla
convulsione delle membra , dallo scorrere del sangue , pigliavano
augurio; ma è ben chiaro che egli parlò dei Celti-Crolli , perchè
anche Strabonc dei Galli scrisse che un uomo dopo alcune liba-
zioni colla spada aprivano e dalla palpitazione l'augurio traevano,
ed cgual cosa a un dipresso narrò degli Spagnuoli. Altrove bensì
accennò il costume delle donne Cimbriche , da esso forse a torto
dette sacerdotesse, che colle spade nude correvano all'incontro
de'cattivi e strascinavano ad un cratere di bronzo, dove gli scan-
navano , e dal sangue scorrente, non che dalla osservazione delle
\iscere, alcun argomento pigliavano a predire il futuro; ma pro-
babilmente Strabone volle alludere soltanto ai tempi di Augusto,
perchè quel cratere , trasformato poi dallo scrittore medesimo in
una calda j a , come cosa sommamente sacra ad Augusto medesimo
dagli abituiti della penisola Cambrica fu spedito in dono. Dei
Franchi guerreggiami in Italia, non dei Germani, narrò Proco-
pio che, occupato avendo un ponte presso il Po, le mogli ed i
figliuoli de' Goti caduti in loro potere , come primizie della
guerra uccisero, e i corpi loro gettarono nel fiume, sebbene in-
certa sia tuttora l'epoca di quella spedizione. Assai dubbio è adun-
que, se i primitivi Germani, che scarse idee avevano di religione
e appena alcuna Deità conoscevano, taut' oltre spignessero la su-
THE UBRABY
OF THE
UNIVERSITY OF ILLIIOIS
AVANTI LA ROMANA OCCUPA ZIO TO 2f>5
perstizione, sino a sacrificare umane \ittime, benché alcun indi-
rio se ne trovi nei Latini scrittori, che o non Leno informati fu-
rono delle particolari circostanze de' popoli del settentrione, o di
epoche posteriori parlarono, o finalmente i Germani coi Craìli ,
cogli Sciti o con altro barbare nazioni confondettero.
Sortilegj e divinazioni.
Rimane soltanto a parlare dei sortilegj , degli auspizj e di ni-
tri generi di divinazione. Ebano, scrittore che molla fede non
merita, dei popoli barbari ragionando che l'esistenza degli Dei
ammettevano, la loro provvidenza, o la cura che delle umane
cose si pigliavano, e le indicazioni che del futuro essi porgevano
ai mortali per meno degli uccelli, dei naturali fenomeni, delle
viscere e di altre osservazioni; nominò tra quo' barbari gli In-
diani, i Celti e gli Egizjt il che, indipendentemente 'ancora
dalla troppa estesa e troppo vaga denominazione di Celti, basta
a mostrare che egli non sapeva di che si scrivesse , e né pure una
chiara idea aveva del significato di barbari. Ma Tacito dei (Ira-
niani narra in generale , che gli auspicj e le sorti con molta cura
osservavano ; né strana cosa dee questa reputarsi , perchè i primi
slanci dell'antica religione, o piuttosto dell'antica superstizione,
diretti furono sempre alla cognizione o allo scoprimento delle cose
future. Semplice, soggiugne Tacito, era la consuetudine delle -sor*
ti; tagliavasi in piccioli ramoscelli una verga recisa da un albero
fruttifero, spargevansi a caso trae* pezzi con alcune note contras-
segnati sopra di una candida veste, e, se pubblicamente si con-
sultava, il sacerdote, se privattmente il padre di famiglia, pre-
messe alcune preghiere agli Dei e guardando il cielo, tre %olte
gli alzava e Dell'alzarli interpretava le note su trae' frammenti
impresse. Onesto rito , se bene istrutto fu Tacito , proprio non
era dei soli Germani , ma di molte altre nazioni , specialmente
Asiatiche, e in particolare degli Scili; e quindi può eccitarsi qual-
che dubbio se forse quello storico non abbia ai Germani attri-
buito quello che di altri popoli ed in particolare degli Sciti nar-
ravasi. Soggiugne poscia che il vaticinio o l'auspicio era talvolta
permesso, talvolta vietato , e che cosa nota era in quel paese ,
( altri malamente lessero nata), che si interrogavano le voci
degli uccelli e il loro volo. Dei Galli aveva già scritto Cicerone
che di tutti quasi gli uccelli nei lóro auguri servivansi , benché
dC)6 DELLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMANf
non tulti sinistri riuscissero per essi quelli che per i Romani lo
erano.
Aaspiz] pigliati dai cavalli.
Altrove parla Tacito dei presagi che si pigliavano dai cavalli,
del che si è da noi fatto cenno di sopra , e nota che questo rito
proprio era e particolare della nazione; già vedemmo che alcuni
cavalli bianchi inoperosi nutrivansi a pubbliche spese nei boschi »
dei quali, come certo auspicio nelle diverse occasioni, da tutti
riguardavansi i fremiti ed i nitriti. Il Cluverio impugna l'opinione
di Tacito che particolare fosse quel rito dei Germani , e piutto-
sto è propenso a credere che i Germani lo pigliassero dai Per-
siani , o dai Sarmati o Slavi , antichi abitatori della Lusazia.
Monomachia. Arti magiche non praticate dai Germani.
Altro presagio o altro auspicio , secondo Tacito , pigliavasi
nelle guerre più gravi per mezzo della monomachia. Un prigio-
niero , fatto in qualunque modo tra quella nazione colla quale si
guerreggiava , facevano i Germani belligeranti combattere con uno
dei loro soldati, vestito essendo ciascuno delle pitrie armi, o delle
nazionali; e dalla vittoria dell'uno o dell'altro pigliavasi augurio
intorno all'esito di una imminente battaglia. Il Cluverio ed altri
eruditi annoverano questo tra i sortilegj , o tra i mezzi di indo-
vinare il futuro; potrebbe più sanamente giudicarsi che in questo
non vi avesse alcun indizio di rito religioso, ina piuttosto che
que' popoli, meno barbari di molti altri coll'cgual nome indicati,
provvedessero in questo modo alla conservazione della specie u-
mana , e si studiassero di evitare lo spargimento del sangue. Che
poi i Germani più antichi arti magiche praticassero , come dei
Britanni narra Plinio , punto non si raccoglie da alcuno degli
scrittori dell' antichità , e soltanto Plutarco accennò , parlando dei
tempi di Cesare e delle di lui guerre con Ariovisto P\.e dei Mar-
comaniìi , che ritardato avevano un combattimento i vaticinj delle
femmine sacre , le quali il futuro predicevano , osservando i vor-
'tici de' fiumi e i giri e i fragori delle acque, e qualunque balta-
glia avanti il novilunio vietavano. Se questo ancora potesse ai pri-
mitivi Germani applicarsi , non varrebbe punto a stabilire che al-
cuna arte magica fosse da essi praticata ; noi intanto presentiamo
sotto il num. 34 la Tavola dei sacrifizj, sortilegi ed altri riti re-
ligiosi, già esposta dal Cluverio.
L AVANTI LA ROMANA OCCUPAZIONE ><'7
Opinioni dell Eccardo.
Alcune notizie intorno alla religione dei più antichi Germani
trovatisi pure nel libro, sovente da noi citato dell' Eccardo , De
Origine Germanornm. Si ride egli delle favole sparse da Gio-
vanni M essenio intorno a Tuiscone , riguardato come Dio e fon-
datore delle nazioni, da prima nella Svezia e nella Norvegia, poi
nel rimanente della Germania; anzi il nome solo di Tuiscone o
Tuistone sospetto gli rende il passo di Tacito in cui si parla di
quel Dio , passo che egli crede totalmente depravato ; venendo
quindi alle parziali asserzioni di Tacito, nota colla scorta del Ber-
gero e del Westplialen, che quello storico spesse volle i costumi
dei Romani assomigliare volle a quelli dei Germani e che , se
pure scrisse con buona fede, molte volte con buona lede errò.
JNon andò tuttavia esente da censura anche lo stesso Eccardo,
perchè sovente mescolò i costumi dei Germani primitivi con quelli
dei tempi Romani , come per esempio là dove asserì che culto
divino o quasi divino rendevasi ai trapassati; dove le antiche su-
perstizioni rintracciare volle nel Corno d oro scoperto presso Tun-
der nell'anno i ().'!;) , che non può credersi più antico del IV. o
V. secolo Cristiano; dove le moli sepolcrali, dette comunemente
Pietre dei Giganti , volle confondere colle are; dove introdusse
tra le Divinità dei Celti il Dio Beleno , e l'Ercole Recar ano o
T rigarono, nolo soltanto sotto il regno di Tiberio, come forae
tutti gli altri .Numi rappresentati nel marmo Parigino pubblicato
dal Baudclot e da altri , e da esso riprodotto, che noi esporremo,
allorché si farà ragionamento dell' epoca Romina. Stabilisce però
anch' egli , che il Tentate o il Dite dei Galli , sia lo stesso che
Mercurio o Marte, e che 1' Andrasta o l'Andata o la Vittoria dei
Britanni, fosse la Minerva dai Galli, secondo Cesare, adorata.
Ammette e piena con buoni argomenti , che i Germani non aves-
sero Parili ; e che alcuni Teutoni e Cimbri, salvali dall univer-
sale eccidio di quelle nazioni e tornati dall'Italia nella Germania,
i culti Romani, come pure molte arti, vi recassero; il che serve
di conferma alla opinione già da noi esternala , che la maggior
parte delle Divinila inlrodottc fossero nella Germania dai Romani
o su la scorta dei loro insegnamenti , e che dai Romani pure pro-
cedessero per la maggior parte i riti, le cerimonie, le istituzioni
di cullo, dagli antichi scrittori corno Celtiche o come Germani*
che accennate.
•if)8 DELLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMANI
Del Keysler.
Il Keysler nel suo libro delle Antichità settentrionali e Cel-
tiche , ha pure emesse alcune nuovi opinioni , guaste sovente e
deturpate dalla sua smania di introdurre dappertutto le operazioni
del Demonio. Cominciando egli adunque dal Monumento eli Sa-
li shury, al quale molti simili se ne trovano nella Germania, sta-
bilisce il principio che gli antichi Celli e Germani divino culto
alle pietre prestassero , il che non ò provato da alcun passo degli
antichi scrittori, e solo potrebbe credersi introdotto nell'età di
mezzo; egli opina parimente che tutti qua' monumenti non ser-
vissero giammai né di are, nò di templi j ed are erano certa-
mente quelle che riconoscere non si possono come monumenti se-
polcrali. Osserva anch' egli però che gli antichi Germani templi
non avevano e i riti sacri celebravano ne' boschi, e quindi si fa
strada a mostrare che un culto prestavasi agli alberi , il che tut-
tavia dai passi citati non apparisce ; che gli alberi spruzzavansi col
sangue delle vittime, e che le quercie maggiore venerazione che
non tutti gli altri alberi ottenevano. Alle obbiezioni che fare gli
si potrebbono su l'appoggio dei templi di Erta e di Tanfana
menzionati da Tacito , risponde che quel nome di tempio altro
non significava se non che luco o bosco sacro , o che forse parlò
Tacito di templi che costrutti si erano sotto Augusto, non mai in
epoca più antica. Rispetto però a quella Dea Tanfana , che il
Oliverio ed altri passarono sotto silenzio, osserva che forse do-
veva leggersi in Tacito, Tanfanias o yiufanias , perchè note
sono le madri o matrone Auj'anie , adorate anticamente nella Pan-
nonia e nella Dalmazia. Nota pure che gli antichi Galli Minerva
adoravano sotto il nome di Onvana , dal quale formossi quello
di Tanfana. Il nome altronde di Fan , come dagli Evangeli di
Uifila e dall' Edda si raccoglie, altro non significava che Signore
presso tutti i popoli settentiionali.
Continuazióne.
Molto si stende il Keysler a provare 1' antico culto di un Er-
cole Celtico, Alemannico , Magusano , e Sassano ; ma i monumenti
copiosi che egli riferisce, e specialmente le iscrizioni, sono tutti
dei tempi Romani , e quindi sotto qucll' epoca noi parleremo di
quei diversi Ercoli e anche del T'ior o Torone dei Sassoni. Parla
similmente quello scrittore della Dea Htla , dalla quale vuole
AVANTI LA ROMANA OCCUPAZIONE lld:)
derivata la voce Germanica I/ollc che significa Y inferno} ma i
mitologi settentrionali e tra gli altri il Torfeo , mostrarono clic
la Itela, adorata dai Sassoni, altro non era che Proserpi na , a
quindi questo culto, come quello ancora di Plutone , portato dee
credersi dai Romani.
Miti funebri.
Molti sacrifizj e molte obblazioni pretende quello «eriilore
praticate alle tombe degli estinti : ma tanto confonde le idee e
più ancora le epoche , che vi frammischia le Agape dei Cristiani
celebrate alle tombe dai martiri. A lungo parla ancora in separata
dissertazione della Dea Neatlennia , antico Nume de' Valacchia
della quale fu trovata ima statua nella Zelanda ncll' anuo 1647;
ma questa pure, non meno che l' iscrizione apposta, rinvenuta
colle immagini di una Deità Romana ed altre Romane quisquilie,
è di forma tanto recente, che da alcuni fu scambiata con un im-
magine della Madonna.
Donne fatidiche.
Degna di maggiore attenzione e certamente la dissertazione
dello slesso Kevsler su le donne fatidiche degli antichi Celti e
Germani, su le Madri, o Matrone, o Giunoni, su le Parche de-
gli antichi settentrionali, su le Madri Gallinelle , Gerudatie, Mo-
patic ec. su le Dee Male/rie , su le fole che una specie di Si-
bille erano del settentrione, su le Alrune o satirone, già da noi
menzionate; ma per- la maggior parte questi oggetti illustrali con
iscrizioni Romane, appartengono a tutt' altra età e probabilmente
ai tempi dell imperio Romano,- e lo scrittore si disonora col trat-
tare seriamente dei Dusii e del commercio dei Demonj colle
femmine, non che dell' Efialte o del Demanio Meridiano , e
degli Scettri vestiti di bianco , che pretende non di rado veduti
nella Germania.
Sistema dello Schedi':.
Quattro ampie dissertazioni scrisse pure Elia Schedto intorno
agli Dei Germani , ed essendo egli morto in età ancora giovani-
le, pubblicate furono dal di lui genitore con note di Giovanni
Jarkio e la prefazione del celebre Giovanni Alberto Fabricio,
Credette lo Schedio di avere con quel lavoro esposta 1' antica re-
ligione dei Germani, dei Galli, dei Britanni, e dei fendali ;
ma troppo scarsamente attaccalo ai classici Latini, poco curante
'irò DELL\ RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMÀNI
di distinguere le antiche istituzioni dalle più recenti , negligente
nella osservazione delle diverse epoclie e zelante soltanto d'intro-
durre dovunque i principi della religione rivelata ; ci lasciò uq
romanzo piuttosto che una storica disquisizione dell'antico culto
delle nazioni Germaniche. Non più felice può reputarsi il di lui
padre, editore del libro, perchè in una lunga dedicatoria, se-
guendo ciecamente i sogni del falso Beroso , introduce Tuiscone
Re della Sarmazia dal Tanai sino al Reno , e i di lui figliuoli
regnanti dal monte Adula sino alla Mesemberia Pontica. Loda a
cielo la giustizia e la pietà di quel Re che leggi scrisse e in al-
cuni versi le racchiuse, perchè pubblicamente si cantassero ; e
con importuno ardire anzi che con sana critica , ricorre al suf-
fragio di Tacito, e i versi che in onore di Tuiscone cantavansi ,
e che ai Germani servivano di memorie e di annali , trasforma
nei carmi da Tuiscone mi. ^ esimo composti. A quel Re attribui-
sce la massima politica che i giovani 1' età matura per ammogliar-
si attendere dovessero , affinchè non si snervassero e più robusti
mostrare si potessero nelle guerre; a quello attribuisce la istitu-
zione dei Principi e dei magistrati, e finalmente anche le dot-
trine che al culto e all' adorazione del vero Dio appartengono.
Per lungo tempo fa egli continuare la di lui prosapia nella vera
religione; poi la suppone a dora tr ice degli Astri, della Luna, di
Marte, di Saturno, di Giove, di Venere e di Mercurio, ed a que-
st' ultimo, detto Teutate , attribuiti pretende i sommi onori. Mar-
te egli crede indicato sotto il nome di Eso , Apollo sotto quello
di Befano, Giove sotto quello di Tarami-, immagina quindi che
statue in appresso erette fossero agli eroi e tra questi ad Ercole
Re dei Boii , ad Irmensula, forse Arminio , Principe dei Che-
rusci , a Radagasto Re dei Vandali e dei Goti, a Rugievito e
a Parovito, 1' uno figurato con sette teste, 1' altro con cinque,
con che si accosta non solo all' epoca di Stilicone , ma a quella
ancora dei romanzi di cavalleria.
Conti n nazione.
Il figlio Elia, dopo di avere colla mescolanza dell' antico e
del moderno tutta sconvolta la geografia della Germania e par-
lato sovente della influenza del Demonio su le umane operazioni
e su le costituzioni degli imperj , stabilisce per primo principio,
benché senza alcun ragionevole fondamento, che i Germani più
AVANTI LA ROMANA OCCUPAZIONI!: 1 ~ I
antichi ad imitazione dei Romani gli astri e gli elementi adoras-
sero: ammette tuttavia che Marte l'osse la primaria loro Divinità.
Con uno sfoggio quindi infinito di superflua erudizione, passa §o-
pra tutte le Deità dagli antichi adorate e su i diversi calti ad
esse prestali, e venendo al particolare de' Germani, diee che an-
che Mercurio otteneva da essi un culto solto il nome di Tendile,
che egli collega col Tahut dei Feiiicii , facendone quindi nascerà
i nomi di J'eiii e di Teutoni j il Marte Germanico trova nel-
1* Eso di Lucano e di Lattanzio, detto anche Estuiamo , del
qual nome la radice va a cercare nell'Ebraico vocabolo di Forte;
il Beleno dei Celli e specialmente dei Narici, da esso confusi
coi Carni, riconosce nell'Apollo adorato dai Galli secoudo Ce-
sare, e forse nel Belo degli Orientali, o nel Giove Belo, credu-
to la stessa cosa che il Sole; Tarami, Dio anch'esso dei Celti,
ravvicina a Giove, non avvedendosi che i monumenti portanti
questo nome appartengono ai tempi del Romano imperio ; ai Ger-
mani finalmente attribuisce il culto di Venere e anche della
Venere Celeste, che egli confonde con Erta e con Astarle, quin-
di con Cerere, con Iside, con Proserpina, con Diana e colla
Luna. Passa poscia a parlare delle lingue , e la primazia di que-
ste assegnando all'Ebraica, si sforza di provare che gli antichis-
simi nomi degli Dei Germanici da quella lingua derivano. Forse
colla scorta delle belle ricerche che sta facendo il celebre orien-
talist-t Consigliere llammer , si sarebbe potuta mostrare piuttosto
T analogia di molli vocaboli Germanici coi Persiani.
Continuazione*
Dei sacerdoti parlando , si studia di stabilire che i Druidi e-
sistessero anticamente nella Eranconia, o nella Erancia Orientai*? o
Grrinauicj, e quindi a lungo ragiona delle vestimenta loro, dei loro
calzari, e dell'ordine col quale gli uni agli altri in caso di mor-
te succedevano; divertendo poscia di nuovo il discorso intorno al-
le lingue, immagina che i Celti di Greche lettere si servissero,
e ne' Greci caratteri trova il principio delle Rune e di queste
lettere suppone inventore o introduttore quel Tuiscone da noi
più volte nominato. Rispetto ai boschi sacri pretende che non
qualunque bosco, ma quelli soli di quercie agli Dei si consacras-
sero come più gradili, il che dei Galli potrebbe forse asserirsi,
non già dei Germani ; pretende pure che i Celli nei riti loro si
2J2 DELLA. RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMÀNI
volgessero a sinistra, cioè all' occidente , al contrario degli Ebrei
e dei Cristiani , e lungamente si arresta su le "vittime umane ,
immolate, come egli dice, dai Druidi che tra i Germani non
erano. Meno di molti altri scrittori cortese verso la sua nazione ,
narra senza alcuua distinzione di tempi che i Germani le te-
ste dei nemici uccisi in guerra diligentemente conservavano, e le
umane pelli dai corpi detratte alle pareti delle case loro affigge-
vano, il che qualora provato fosse con documenti storici, riferibi-
le non sarebbe a religione nò a culto. Egualmente romanzesco
sembra quello scrittore nello attribuire ai più antichi Germani il
rito di strignere le amicizie col sangue, il che facevasi, secon-
do Ateneo scrittore di tempi posteriori , coli' aprirsi a vicenda le
vene della fronte nello abbracciarsi, e col bere il sangue che da
quelle ferite scorreva, mescolato col vino, la qual cosa forse A-
teneo non scrisse se non che seguendo ciecamente Erodoto , che
siffatta cosa narrò degli Sciti , non dei Celti o dei Germani. Con-
fondendo quindi i Germani coi Galli, ragiona a lungo del vi-
schio che agli Dei offerivasi, e che dalle quercie con solenne rito
tfaevasi dai Druidi-, così pure di alcune erbe, delle verbene e di
una pianta, detta dai Latini selago e dagli Italiani samiolo, che ai
Galli serviva per augurio o per sortilegio. Parla altresì dei Vali
nei quali un ordine di sacerdoti ravvisa, e dei Bardi che egli
nomina poeti Germani, benché tra i Germani non fossero; delle
femmine tenute presso i Germani in onore e credute talvolti fa-
tidiche , che egli confonde colle jàlritne o Alirunie da noi rap-
presentate nella Tavola 33 al nurh. ì ', finalmente degli auspicj e
delle sorli , che usilate dice presso i Ru giani , dei presa gj tolti
dai cavalli e della monomachia, della quale altrove si ò detto.
Pan! con dello Schcdio.
Tutto questo pprò tanto strano non riesce quanto il contenuto
del terzo singramma, nel quale più da vicino si toccano i monu-
menti dell' antico culto dei Germani. Lo Schedio li fa adoratori
delle colonne, dei pilastri, dei cippi sepolcrali, che tutti, die' egli,
come Dei riguardavano, nel che chiaramente riconosce l'azione e
V influenza del Demonio. Nota tuttavia che Tuiscone fu il primo
Dio adorato dai Celti , e a questo fa succedere 1' Ercole Re dei
Boli, o yllemanno , detto anche Ercole Celtico, poi Irmensid o
Irmensula, del quale già si è fatta menzione,- Tladagasto , Re de-
AVANTI LA ROMANA 0CCCPA2I0.1E 3^3
gli Obotriti, che di volo ci guida ai tempi di Stilicone ', Rugievito,
Porevito e Porcnuzio , eroi dei Rugiani; Jodutte , del qual Nume
si cita una statua , non però antica ; Flins , idolo dei fraudali ,
che si confonde con Visilao Re degli Obotriti ; Basano Re dei
Franchi, che il solo Tritemio disse divinizzato, perchè cupido
della apoteosi erasi destrameute sottratto , o sparito era da una
pubblica assemblea ; e la Dea Siwa, della quale abbiamo esposta
la figura nella Tavola 33 nani. 4- Ma non pago di tutti (pie Dei
commenlizj , si sforza lo Schedio di provare in altro luogo , che
anche i Demonj culto religioso presso i Germani, ottenevano ben-
ché in questo luogo riconosca che molte Divinità e molli culti
erano stati dai Romani nella Germania introdotti. Registra quindi
il Dio Crocio , che meglio sarebbesi detto Crono , cioè Saturno ,
di cui espone una figura di maniera assai moderna , immaginata
nel fervore della più crassa ignoranza ; Giove Aminone che con-
fonde con Gambrivio Re dei Germani ; Castore e Polluce, adorati
dai Nahnrvali ; un idolo dei Faìidali detto Trigla e rappresentato
nella figura come tricipite, rawicinalo quindi a Diana; altro idolo
dei Germani detto Prono , e da alcuni creduto Bramo , il più
antico però dei quattro Bienni nelle storie nominati, il quale idolo,
se adorato può credersi, lo fu soltanto dagli Slavi; e Suantouito
venerato dai Rugiani , la di cui figura presenta quattro capi. Sin-
golare è lo studio col quale lo Schedio, dopo di avere si grande-
mente arricchito il Panteon Germanico , si sforza di provare che
alcune castella anticamente denominate da Marte, non furono gin
a quel Nume sacrate , ma bensì costrutte da Marso Re dei Ger-
mani ; che Magdeburgo non fu sicra a Venere, ma alle Amazoni ,
femmine bellicose dei Germani ; che il nome di alcuna città Ger-
manica non può derivare da Mercurio, né da Ermete, e che Lu-
neburgo stessa il nome non trasse dalla Luna che colà adorata
fosse, ma bensì dal fiume Lana, detto anche Elmoa, o dall'ab-
bondanza del lino; finalmente che la città di Solwedell nella Mar-
chia , nominata non era dal Sole , ma bensì dal sale o dalle sa-
line , per la qual cosa fu detta talvolta Soltwell. Queste diverse
notizie non abbiamo noi riferite se non che affine di indicare tutte
le ricerche che fatte si suno intorno all' antica teologia dei Ger-
mani , non ommettendo uè pure le strane aberrazioni, alle (piali
le ricerche medesime hanno condotti i più chiari ingegni.
Cosi. FoL IX. de IV Europa 1 *
2 74 DELLA RELIGIONE E DEL CULTO DEI GERMAM
Culto del Sole.
Il Keysler , già da noi altre volte citato , una separata disser-
tazione scrisse altresì sul culto del Sole, che praticato asserì dai
Celti settentrionali, non meno che presso tutti i Germani, ben-
ché questi alcun simulacro di quel Nume non avessero; e quindi
tódstrò non altra cosa essere il Sole che il Dio Frejo, nominato
sovente nell' Edda , antichissimo libro o collezione di canti dei
popoli settentrionali. Ma anche il celebre Odino, eroe, o Nume
di quei popoli, volle il Keysler confondere col Sole, mentre
Giovanni Ramo, uomo eruditissimo, si sforzò di provare che
Odino altro non era se non che 1' Ulisse , celebre per i poemi
di Omero.
Ara degli Ubii.
Il libro pure dottissimo del Rau, De ara Uoiorum, inserito
tra i suoi Monumenti dell3 Antichità Germanica , merita an-
ch' esso d'essere in questo luogo citato. Quell'ara veramente,
nominata in due luoghi da Tacito e collocata senza dubbio su la
destra riva del Reno, non può riguardarsi come monumento della
più antica religione dei Germani , perchè le notizie che noi ne
abbiamo , non datano che dai tempi di Germanico ; ma il Rau
con molta dottrina si studiò di mostrare che quell' ara , soltanto
in epoca posteriore dagli storici rammentata, non fu già eretta ad
Augusto, come alcuni supposero, ma bensì in epoca più antica
consacrata al Nume Sommo di quella nazione , cioè a Mercurio
da molti Germani adoralo. Con questo si fa strada quello scrittore
a parlare dei sacerdoti che a quell' ara ministravano , e dubita
persino che collegi di Druidi avessero i Germani, come molti ve
ne aveva nella Gallia e nella Britannia, nel sosteuimento della
quale tesi però assai difficile riesce lo eludere le asserzioni po-
sitive di Cesare e di Tacito. Noteremo soltanto, che l'ara celebre
degli Ubii alcuno credette situata ove ora è Bonna , e che il
Rau con buoni argomenti la prova invece collocata presso Deutz,
l'antico Tuizio,
Costumi ed us&bze degli antichi Germani
w.wn la Romais\ inyasiom:.
sibilo di corpo degli antichi Germani.
N,
oh potrebbero convenevolmente descriversi L costumi dei più
antichi Germani, senza premettere qualche notizia del loro abi-
to di corpo, o dell.n loro naturale conformazione, il che ser-
virà altresì di base alle ricerche ed alle osservazioni che si faran-
no sn la natura, sn le abitudini e su i costumi di ([nella nazione
nelle epoche posteriori. Plinio, parlando della zona glaciale alla
torrida opposta e delle zone confinanti , lasciò scritto che bianca
avevano i loro abitatori la pelle , che lunghe chiome nutrivano ,
gialle, come egli dice, o bionde , e che truce aspetto avevano,
dal rigore del clima prodotto. A questo può aggiugnersi il detto
di Vilruvio, che di immane o robusta corporatura forniti erano i
popoli settentrionali, di colore candido, di capelli irti e ru(ì o
rossicci, di occhi azzurri e di gran copia di sangue. Erodoto scrit-
to aveva dei Bulini, sotto il qual nome indicava forse i Sarmati,
che numerosa era quella nazione, tutta cogli occhi azzurri e i
capelli rosseggiatiti ; ma Tacito della Germania strettamente par-
lando, ravvicina d.i prima i Germani a que' popoli, i quali non
infetti dai congiungimenti con altre nazioni, una razza propria e
sincera, e tutta simigliarne formavano, dal che nasceva che
uno stesso abito di corpo a tutti fosse comune , benché la nazione
si trovasse assai numerosa ; e dice che lutti quindi avevano occhi
cerulei e truci , rosseggiami le chiome , grande la corporatura ed
atta soltanto a formare impeto ; altrove egli aveva già notato che
il corpo loro era tono a vedersi ed atto soltanto a breve impeto,
e dei Germani che \ itellio accompagnavano, scritto aveva ch<-
truci erano di corpo, orridi per la lingua, e gli altri tutti deri-
devano come ad essi non somiglianti. Così pure dei Britanni ave-
va pur detto che le loro chiome rossiccie e le grandi loro meni-
2j6 COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
bra, l'origine Germanica attestavano. I Cimbri altronde Quinti-
liano nelle sue Declamazioni disse poco dissimili dalle fiere, non
meno per la crudeltà degli animi che per la grandezza dei corpi;
e gli arcieri Romani, secondo Erodiano, coi dardi loro studiavansi
di ferire gli immensi corpi dei Germani. Così pure Polieno i
Cimbri e i Teutoni descrisse come uomini agresti, di straordina-
ria grandezza, che un volto avevano inusitato ed una voce ferina.
La grandezza smisurata del corpo e l'aspetto terribile attribuisce
Livio auche ai Galli, che Appiano per l'alta e robusta statura
dichiarò assai idonei alla guerra , e che Floro disse avere il co-
raggio delle fiero , e i corpi di una grandezza più che umana ;
ma tuttavia il Cluverio con un passo di Cesare crede di potere
stabilire che i Germani per il volume smisurato dei corpi loro i
Galli medesimi superassero.
Colore della pelle , degli occhi e delle chiome.
Per quello che concerne il colore , la pelle candida attribuì
Livio, Virgilio il collo latteo ai Galli, e del collo latteo dei
Boli fece menzione anche Silio Italico; ma Eunapio e Procopio
parlarono dei Goti e dei Vandali , Germani senza dubbio , e il
primo lodò il volto candido di un fanciullo , il secondo lasciò
scritto che tutti bianchi erano di corpo. Diodoro Siculo tanto dei
Galli come dei Germani asserì che le femmine loro erano assai
belle , ed Ateneo notò che sommamente avvenenti erano tra i
barbari le mogli dei Celti. Quanto agli occhi cerulei dei Germani,
ne fece menzione Giovenale che lodò pure le chiome bionde o
gialliccie , e di queste fece altresì parola Plutarco. Seneca seg-
giugne , che quelle chiome non erano mai raccolte , né strette da
alcun nodo. Le bionde chiome altronde erano state a tutti i Set-
tentrionali assegnate da Ippocrate , da Aristotele , da Galeno e da
altri antichi scrittori, da Erodiano ai soli Germani, da Procopio,
come vedemmo , ai Goti e ai Vandali. Indifferente riesce , che
rufe , o rutile , o rosseggiami nominate sieno da alcuni quelle
chiome , da altri gialle o gialliccie , o anche auree , giacché chia-
ramente si vede, che tutti indicare volevano i biondi capelli.
Costituzione interna.
Più difficile riesce il determinare colla scorta degli antichi
scrittori quello che appartiene, non alla esterna configurazione,
ma piuttosto alla interna costituzione degli individui di quella
AVANTI LA ROMANA INVASIONE *>.~~
nazione. Là dove Tacito parla della grandezza dei corpi o delle
persone, sogghigno che validi essendo all'impelo, no» egualmente
tolleravano i lavori e le fatiche , e non del tutto sopportare po-
tevano la sete e il caldo, mentre al freddo ed alla fame acco-
stumati erano per la natura del clima e del suolo. Nota lo stesso
storico altrove, che tollerare non potevano le ferite, e così pure
che i soldati Germani , atrocissimi riuscendo a Ironie del nemico,
se la guerra prolungava^ nella stale, rilasciale essendo le loro
membra , più non sopportavano la mutazione del paese e del
clima; quindi nelle campagne adjaeeuti al Tevere, i Germani
non mero che i Galli indeboliti erano dai morbi , dalla sete e
dal calore per essi insopportabile. Quest'ultima osservazione? però,
non meno che altre consimili sul vigore de' corpi sparilo , su N
lentezza delle marcie, sul languore de' cavalli, e su l'intolleranza
del sole, della polvere e dei cangiamenti dall'atmosfera, appli-
cabili non sono se non che ai tempi di Germanico ed alle truppe
che quel duce seguivano. Polieno tuttavia narrò che Mario , pu-
gnare dovendo coi Cimbri , ben sapeva che da fredde regioni ve-
nendo, sopportato avrebbono il diaccio e la neve, non già il so-
le e il caldo, e quindi lo spirito guerriero perduto avrebbono
col sudore che in copia spargevano. Più vantaggiosamente e forse
più giustamente de' Germani parlò Cesare, annunziando che sino
da bambini alla durezza ed alla fatica si accostumavano, e sog-
giunse che gli adolescenti si rafforzavano colla caccia degli ani-
mali feroci, e massime degli Uri, reputandosi tra di essi gran-
demente onorato quegli che molti ne aveva uccisi , e le corna in
pubblico ne esponeva. Anche Pomponio Mela , dopo di avere ac-
cennato che grandi erano i Germani d'animo e di corpo, nota
che alla fierezza si esercitavano , e che gli animi disponevano
alla guerra, i corpi alla fatica; che nel rigore massimo del fred-
do nudi camminavano gli impuberi; che gli uomini appena si ve-
lavano con qualche sajo o colle cortecce degli alberi , anche nel
più fitto del verno. Dei Germani pure annunziò Seneca che al-
cuno non vi aveva più animoso di que' popoli, più veloce al cor-
so, più vago di armeggiare; che in quegli esercizj essi nascevano,
in quelli erano nutriti; che quelli era l'unica loro cura , mentre
negligenti mostravansi in altri oggetti , e quindi più accostumati
erano più d'ogni altro popolo a qualunque tolleranza, giacche in
2~S COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
gran parte non avevano vestito che li coprisse , nò riparo contra
il perpetuo rigore del clima. Questo sembra certamente repugnare
al detto di Tacito che i cangiamenti dell'atmosfera non tollera-
vano, e a questo si oppone anche Livio che accostumali gli asse-
risce all'umido e al freddo. Ma anche Tacito slesso si contrad-
dice , perchè nel libro della Germania accorda che il freddo
rigoroso accostumati aveva gli abitanti di quella regione al clima;
e Appiano, dei Marcomanni parlando, nota che il freddo egual-
mente ed il caldo tolleravano. Tutti que' passi concordare esalta-
mente non si potrebbono, se non col supporre che in qualche
luogo parlato avesse quello storico delia nazione in generale, in
altro luogo parzialmente di qualche popolo : Appiano stesso però
sembra contraddirsi aneli' esso, perchè altrove i Germani accusa
di non tollerare molto le fatiche nelle battaglie , e di usare nelle
guerre non tanto uà ordine ragionevole , quanto un impeto tutto
proprio delle belve.
froce e là? gua.
Dubitarono alcuni se quello che Tacito scrisse dell'orrido
parlare dei Germani , applicare si dovesse al suono della voce , o
non piuttosto al linguaggio. Il Oliverio opinò che intendere si
dovesse tanto del suono della voce , quanto della loquela ; Dio-
doro Siculo però, di tutti i Celti parlando stesi dai Pirenei sino
alla Scizia , disse che terribili erano d'aspetto, e mandavano fuori
una voce gravisona e quasi terribile, il che sembra doversi ap-
plicare al suono della voce soltanto, non meno che la voce delle
belve da Pollieno attribuita ai Cimbri e ai Tentoni , e il suono
della voce de' G al li detto da Livio spaventoso. Il Cluverio di fatto
altro non accenna a spiegazione di quel testo di Tacito , se non
che anche gli odierni Tedeschi dotati sono di una voce grave e
rauca , mentre esile , chiara e canora è quella degli Spogauoli e
degli Italiani.
Ordini e classi del popolo.
Al discorso della naturale costituzione dei corpi , il Cluverio
lia fatto succedere quello delle classi o degli ordini, nei quali egli
suppose che distinti fossero i primitivi Germani, e che egli su la
scorta piuttosto degli scrittori dei tempi di mezzo che non dei più
antichi, porlo sino a quattro, cioè dei nobili, degli uomini liberi,
dei liberti e libertini, e finalmente dei servi. Ma noi vedemmo
\\ \NTI LV ROMANA ISVASIORE •' |
di già , allorché si trattò del governo e delle leggi o della civile
costituzione di quo' popoli, che male a proposito dai passi citati
di Tacito si vorrebbono fare emergere quelle distinzioni , giaci ho
quello storico parla soltanto della nobiltà dei Ile, come del va-
lore dei duci; parla dei padroni e dei servi, ma tosto SOggiugne
che alcuna distinzione tra di essi non vi aveva per la mollezza
della educazione ; che tra i bestiami medesimi e su lo stesso ter-
reno tutti abitavano , finché 1' età separasse gli ingenui e il valore
li facesse conoscere, il che significa soltanto che alcuni col cre-
scere dell' età al di sopra degli altri per lo ingegno e per il va-
lore si sollevavano. Anche i liberti menzionò Tacilo, ma di questi
pure accordò che coi servi quasi si confondevano; che di alcuna
considerazione godevano nelle famiglie , non mai nella citt;i o
nella civile società, eccettuate soltanto quelle nazioni che un Re
avevano, tra le quali e sopra gli ingenui e aopra i nobili salivano;
il che difficile sarebbe ad intendersi, mentre tra le altre genti
i libertini dissimili di coudizione, argomento formavano della
libertà. Da tutto però questo ragionameuto di Tacito non si rac-
coglie punto , come già fu altrove osservato , che una distinzione
di classi o di ordini vi avesse tra i Germani; che anzi veggonsi
persino confusi i padroni e i servi, i liberti e i servi medesimi,
e soltanto quella distinzione di caste venne immaginata su le pa-
role dello storico Latino da Adamo Breinense, dall'Abate (Jcbal-
do e da Nitardo, scrittori tutti della bassa età: al che dee ora
aggiugnersi la riilessione importantissima che i Germani più anti-
chi, se pure ebbero, come apparisce dagli antichi scrittori, quii-
che idea della nobiltà della stirpe o del sangue, non ebbero tut-
tavia nubili propriamente detti , o una casta di nobili , uè mai
conobbero ingenui , liberti o libertini , i quali nomi veggonsi aper-
tamente introdotti da Tacito che scriveva de' tempi midi e tutto
imbevuto delle cose Romane , appropriarle voleva alle nazioni
Germaniche. Anche tra i Calli Cesare propriamente non distinse
le classi o gli ordini, ma lasciò scritto soltanto che tra quelle
persone che in qualche numero trovavansi e in qualche onore tene*
\ansi , due erano i generi, (giacchi- la plebe avevasi quasi in
conto di schiavi), ciò'; uno dei Druidi, 1 altro dei cavalieri o
dei soldati a cavallo, che malamente il Gluverio interpretò per
nobili. rSon distinse adunque Cesare quella nazione in classi o in
*l8o COSTBMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
easte , ma accennò soltanto quelli che tra le persone più qualifi-
eate di qualche onore godevano , né a questo repugna il detto di
Ateneo al proposito dei Galli medesimi , che riunendosi a cena
molti convitati, sedevano tutti in giro alla rinfusa, ma nel mezzo
una sede vi aveva per la persona più illustre o per quella che
tutti gli altri superava , o per valore militare , o per nobiltà della
stirpe o per ricchezze. Capi o Principi delle nazioni , e duci di-
stinti per valore , e magistrati e giudici vedemmo tra gli antichi
Germani ; ma tutto questo non ci conduce punto a trovare che
stabiliti fossero ordini o classi , nelle quali le nazioni fossero ri-
partite. Che nella elezione dei Re si avesse riguardo alla nobiltà,
cioè alla descendenza da altro Principe della nazione , come Ta-
cito asserisce, questo non giova a provare che una classe vi aves-
se di nobili 5 e di fatto quello scrittore soggiugne tosto che nella
elezione dei duci si aveva riguardo al solo valore.
Segni sulla pelle non impressi dai Germani.
Stabilito ora il principio che in classi propriamente non di-
videvansi gli antichi Germani , che tutto" al più distinti erano i
capi il di cui principato passava talvolta in ereditaria successione ,
e che coloro i quali al di sopra della plebe, o del comune popolo
si sollevavano per valore o per ricchezze, godevano di qualche
considerazione, giacché tutto il minuto popolo era a un dipresso
nella condizione degli schiavi, benché veri servi non vi avessero
come tra i Romani ; giova ora passare all' esame del vestito di
quegli antichi popoli , il quale servirà in qualche modo di con-
ferma alla tesi suddetta. A torto insinua il Cluverio , su 1' esem-
pio degli Spagnuoli , dei Britanni e degli Illirii , che anche i
Germani e i Galli più antichi colle punture ordinatamente di-
stribuite si formassero segni o figure su la pelle , come si è os-
servato e si osserva anche oggidì in molte nazioni Americane.
Tacito dice soltanto che i Germani , levandosi dal sonno che
sovente prolungavano anche nel giorno , si lavavano e più spesso
iteli' acqua calda , siccome coloro presso i quali più lungo e più
rigido era il verno ; lavati poscia pigliavano il cibo. Plinio , non
dei Germani strettamente parlando , ma di tutti i barbari tra i
quali potrebbono a ragione credersi compresi anche i Germani,
nota che essi i corpi loro , come quelli de' bambini Romani ,
ugnevano di butirro che la forza aveva o la virtù delP olioj al-
ÀVAHTI LA. ROMAHA. INVASIONE aSl
cuno però non fa menzione di punteggi» tare di quel genere, che
in oggi dai viaggiatori Francesi e anche di altre nazioni chiamatisi
tatou e tatouer. Il costume di dipingere il corpo o la pelle attri-
buisce Tacito agli yjrii ; ina il signor Wilhelm, che un bel libro
su la Germania e i suoi abitanti pubblicò a Weimar nel 1823,
ha provato con buoni argomenti che que' popoli non erano Ger-
mani , ma piuttosto tarmati.
Cura de capelli.
Dubbio ò ancora , se ai Germani come ai Galli applicare si
possano le parole di Diodoro Siculo, che le chiome non solo
bionde avevano per natura, ma coli' arte altresì studiavausi di ac-
crescere quel naturale colore. Incerto ò pure se dei Germani, e
molto più dei primitivi , parlasse Ammiano Marcellino là dove
descrisse alcuni che si lavavano, ed altri che le chiome, secondo
il costume , rosseggiare facevano. Se questo avveniva dei Germa-
ni, Diodoro ci indica che i capelli lavavano di continuo con li-
scivio di calce , e Plinio che nominò certamente i Galli ed i
Germani, commendò l'uso del sapone, e soggiunse che i Galli
trovato avevano il modo di arrossare i capelli col sevo e la ce-
nere , specialmente di faggio, e che questo farmaco in due modi
applica vasi , denso cioè e liquido; finalmente che presso i Ger-
mani maggiormente usato era dagli uomini che non dalle donne.
Inutile sarebbe il volere provare con alcuni eruditi Tedeschi, che
quel costume pattasse invece dai Germani ai Galli , o fosse un
ritrovamento Germanico; non potendosi questo dedurre dal detto
di .Marziale, che una caustica spuma accendeva o rendeva mag-
giormente coloriti i capelli Teutonici ; il Cluverìo però si è ser-
vilo di quel vocabolo di spuma per provare che realmente si fa-
ceva uso del sapone; e 111 dove quel poeta medesimo ad una vec-
chia che cambiare voleva il colore de' capelli canuti, suugerisce
l'uso delle acque Maniache, si studia di provare altresì che que-
ste acque erano quelle di Wisbaden. Pretende lo stesso scrittore
che il colore de' capelli cercassero que' popoli di ravvivare o di
rendere più intenso, e gli uomini più che le femmine, dou per
cagione di ornamento, come qualche antico scrittore accenna dei
Celti, ma perchè un barbaro con lunghe chiome vestiva un a-
spetto terribile , e il colore giallo o piuttosto rossiccio delle chio-
me medesime, come avvicinantesi a quello del sangue, la guerra
2$S COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
minacciava ,* disse di fatto dei Germani anche Tacito, che cura
avevano della loro apparenza, non però reprensibile, giacché non
sì ornavano punto per amare o per essere amati, ma soltanto ben
pettinati andavano alla guerra onde imporre ai uemici ed atter-
rirli. Non può altronde applicarsi ai Germani più antichi il detto
di Sidonio Apollinare , scrittore troppo recente, che i Borgognoni
le chiome immergevano nel butirro acido , che il Cluverio mala-
mente tradusse per butirro mescolato coli' aceto. Se dei Germani
può intendersi quello che Diodoro Siculo narra dei Galli , i ca-
pelli della fronte sollevavano essi al vertice del capo , e quindi
intorno alla cervice medesima gli annodavano , affinchè più appa-
riscenti fossero , per la qual cosa ai Romani Satiri o Pani sem-
bravano , giacché tanto dense divenivano per artifizio le loro chio-
me che da quelle dei cavalli non distili guevansi.
Chiome annodate.
Qualche cosa più particolare disse Tacito degli Si'evi , che un
seguale cioè , o un carattere della loro nazione, era il volgere al-
l'indietro i capelli e lo strignerli al di sotto con un nodo $ che
per tril modo gli Svevi distinguevansi dagli altri Germani , e tra
gli Svevi medesimi gli uomini liberi dai servi ; che questo face-
vasi anche talvolta da altri popoli o per alcun legame che cogli
Svevi avessero , o più sovente per studio di imitazione , di rado
però e soltanto nella gioventù , mentre tra gli S>'evi durava quel
costume sino alla canizie. Dei capelli annodati dei Germani , se
pure degli antichissimi parlarono, fecero più volte menzione Se-
neca e Marziale. Non debbonsi om mettere le parole di Tacito che
seguono relativamente agli Svevi, cioè che sovente su la cima sol-
tanto del capo i capelli annodavano , e che i Principi più degli
altri ornate avevano le chiome ; intorno al qual passo può osser-
varsi che Tacito fa menzione dei soli Principi o capi della na-
zione , non già di alcun ordine distinto di nobili.
Barba.
Più difficile riesce lo stabilire alcuna cosa intorno all'uso della
barba , perchè Diodoro Siculo disse bensì che alcuni la barba ra-
devano , altri la lasciavano crescere scarsamente $ che i nobili tou-
devansi veramente le guancie, ma i mustacchi conservavano e de-
primevano in modo che le bocche loro ne erano coperte; che per
questo , allorché mangiavano , i cibi coi peli si ravvolgevano , e
AVANTI LA ROMANA INVASIONE a83
che quando bevevano, quasi per un colatojo scendeva la bevanda;
ma egli è pure incerti), se questo passo ai Germani come ai Galli
applicare si possa. Cesare narrò parimente dei Britanni, che lun-
ghe chiome nutrivano e qualunque patte del corpo radevano, ad
eccezione del capo e del labbro superiore. Tacito accenna solo che
costume era di alcuni popoli Germani per infrequente e privato
ardire di qualche persona , presso i ditti però per nazionale con-
senso , il ritenere come volivi il crine e la barba e il non depor-
re, se non se dopo l'uccisione di no nemico, quell'abito e quel-
l'aspetto del volto, sacro come per voto al valore j sopra il san-
gue e le spoglie adunque la fronte scoprivano, e il privilegio della
nascita reclamando, degni della patria e dei genitori reputavansi,
mentre agli ignari ed ayli imbelli lo squallore dei capelli e della
barba rimaneva. Altrove lo storico slesso, parlando di Civile duce
dei Baiavi, che altro forse non faceva se non che seguire l'an-
tico costume nazionale, narra che per barbaro voto, emesso dopo
che impugnate aveva le armi contra i Romani, la chioma lunga
e rosseggiarne, poiché distrutte ebbe le legioni, depose. Dai citati
passi di quello storico beu chiaramente si raccoglie che non solo
la barba alcuni radevansi, ma i capelli ancora della fronte, e dub-
bio tuttavia rimane se ad imitazione dei Britanni e dei Galli,
anche i Germani più antichi cura avessero della conservazione dei
peli intorno alle labbra, come scrive Cesare, o di quelli che ora
diconsi mustacchi.
Abiti.
Quanto gli abiti degli antichi Germani , se di questi parlò
Pomponio Mela , e se esaltamente fu informato , nel maggior ri-
gore del freddo nudi camminavano gli impuberi e i fanciulli in
generale, giacché presso quo' popoli, al dire dello stesso scrittore,
lungamente protraevasi la puerizia, che il Cluverio continuata
volle sino ali" ( là di vent' anni. Altrove scrive lo slesso geografo
che gli uomini coprivansi di un sajo, o colla seconda corteccia
degli alberi, libri s arborum, anche nel più crudo inverno. Tacito
altresì parlò del sajo che tutti generalmente copriva , allacciato
con uni fibbia, o in mancanza di questa con una spina: del re-
sto, soggiugne lo slesto Tacito, i Germani, non coperti da alcuna
■\esle, le intere giornate passavano intorno al focolare o ad un
fuoco acceso, juxta focuin atquc ignem', e i soli uomini più dovi-
a84 COSTUMI ED USANZE DEGLI AHTICUI GERMAHI
ziosi , locupletissimi , eoa una veste particolare distinguevansi.
Non erano dunque i Principi , uè i nobili , nò gli uomini liberi o
i liberti , che un lusso sfoggiassero a fine di distinguersi dalla
plebe ; erano le persone più doviziose. Nota per ultimo Tacito che
si vestivano anche di pelli di fiere , il che basta a dimostrare che
generale non era quell' uso nella nazione. Cesare tuttavia , dei
Germani parlando e forse di alcuni Germani in particolare , disse
che ili siffatta guisa erano accostumati che in luoghi freddissimi
non portavano alcuna veste , eccetto che le pelli , le quali piccole
essendo , lasciavano una gran parte del corpo scoperta , e non
ostante nei fiumi si lavavano. Altrove, parlando Cesare della con-
tinenza di que' popoli presso i quali turpissima cosa credevasi il
conoscere una femmina avanti 1' età di vent' anni , soggiunge che
nulla rispetto alle femmine stesse rimaneva occulto , né si faceva
alcun segreto o alcun mistero , perchè promiscuamente nei fiumi
lavavansi , e si coprivano di pelli o di piccole pelliccie , cosicché
la maggior parte del corpo nuda rimaneva. Quindi anche di Ger-
manico narra Cesare che, tra i Cherusci trovandosi ed esplorare
volendo gli animi dei soldati suoi, gli omeri alla foggia di quella
nazione si copri della pelle di una fiera. Giustino degli Sciti già
narrato aveva , che per coprirsi usavano le pelli delle fiere e dei
topi , ed Erodiano i Britanni descrisse come nudi la maggior
parte, ignari dell'uso delle vesti, tanto più che i corpi loro pin-
gevano anche con figure di animali e quindi gelosi erano di non
nascondere quelle dipinture: Plinio pure delle femmine Britanne
notò che, tinto avendo il corpo loro col guado, nude interamente
accostavansi anche ad alcuni sacrifizj.
Pelli e pelliccie.
Là dove Tacito dice che i Germani anche le pelli delle fiere
portavano , soggiugne che i più vicini alla riva del mare alcuna
diligenza o alcuna scelta non usavano, i più lontani molta ne ado-
peravano , siccome quelli che alcun raffinamento di lusso non co-
noscevano per mancanza del traffico. Il Cluverio molto a proposito
credette di invertere questo passo , cosicché i più lontani man-
canti di commercio la scelta trascurassero delle pelli, i più vicini
alla riva del mare ne facessero più accurata ricerca ; in tal modo
di fatto ben si connettono le parole seguenti di Tacito , cioè che
fiere sceglievano e i velami, o le pelliccie tolte dalle medesime,
AVANTI LA ROMANA INVASIONE 0*85
spargevano di macchio e di pelli varie ad imitazione delle pwlli
di altre fiere che soltanto dall'Oceano esteriore, o dall'alto mare,
o da mari ignoti Acuivano portate. I più rozzi adunque si accon-
tentavano di qualunque pelle che loro coprisse gli omeri ; i più
dilicati o i più lussuriosi, le pel Uccie pignevano, o anche le spar-
gevano o le ornavano di frammenti d'altre pelli preziose con di-
versi colori distinte, alla foggia che ora si pratica per le pclliccie
di vajo. Il Cluverio si immagina che tutte quelle pelli fossero col
pelo, e che quelle dipinte o lavorate ad uso di vajo, fossero di
lupi, di cervi, di capre o caprioli e di altre fiere somiglianti.
Inutile è altronde a parere nostro la discussione, se le pelliccie
descritte da Cesare colle parole, parvis 1 lu nomini tegumenti* t
coprissero soltanto le spalle, o giugnessero sino all'ombelico, o
fors' anche sino alle ginocchia, come narra degli Scritofinni Paolo
Diacono, autore di tempi molto posteriori.
Forma del sajo.
Piuttosto potrebbe chiedersi quale fosse la forma del sagum o
sajo, da Tacito attribuito a tutti i Germani. Secondo Isidoro,
sarebbe stato questo una specie di manto di forma quadrata o
quadrangolare , come gli ordinar) tappeti delle mense, e siffatta
asserzione trova un appoggio nella descrizione che ci dà Dionigi
d' Aliearnasso del manto dei Lidj e dei Persiani. Il sajo degli
antichi Celti, secondo Vairone, Strabone, Esichio ed altri, era
composto di lana, quadrato, denso e villoso, cioè munito di
lungo pelo. Invano si cercherebbe negli antichi scrittori di quale
ampiezza fosse quest'abito; il Cluverio opina che piccioli fossero
que inanti e non più grandi dei manti di pelle, detti da Tacito
esigui, e si appoggia alle parole di Seneca che i corpi dei Ger-
mani accenna in gran parte scoperti ; dagli omeri, die' egli, al più
stendevasi quel manto o quella veste sino alle natiche. Quanto al
colore, si appoggia al sentimento di Diodoro che ragionò dei soli
Celtiberi , e disse che u\ì sajo ispido portavano di colore nero ,
la di cui lana era somigliante al pelo delle capre. Strabone altro
non [asciò scritto del vestito de' Belgi se non che la loro lana
era assai ruvida, ma assai pelosa, e che di quella tessevansi
manti assai densi. Il solo Diodoro ai Galli e fors' anche ai Ger-
mani , 1' uso attribuì di un sajo vergato o fatto a striscie , allac-
cialo con fibbie , assai grosso o denso nel verno , più tenue o pru
a8(> COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
sottile nella stnte, distinto o ornato con frequenti macchie a modo
di fiori. Queste erano forse le vesti delle persone più doviziose ,
che vedemmo da Tacito indicate. Polibio parla degli Insubri e
dei Boli , the comparvero colle brache e con un sajo più leggie-
ro , ma parla di tempi assai posteriori , non dei Germani più an-
tichi. Del resto da Tacito impariamo che i Battivi, i Caninefati
ed altri Germani abitanti su la destra del Reno, servivansi di
un sajo di diversi colori , come di vela per condurre le barchette
loro sul fiume. Un sogno è quindi quello di alcuni eruditi che
il sajo vergalo, o le striscie, o le zone di varj colori nelle vesti ,
attribuirono come distintivo ai nobili.
Oro nelle vesti.
L'oro tessuto nelle vesti accenna Virgilio io proposito dei
Galli che di Roma si impadronirono, Silio Italico dei Boii, scesi
parimente nell' Italia ; ma alcuno non attribuì quest' uso ai Ger-
mani, e Tacito anzi notò che gli abitanti dellJ interno, o della
Germania Mediterranea, punto non curavano il possedimento e
l'uso dell'oro e dell'argento ; i soli popoli che in tempi poste-
riori trafficarono colle Romane provincie , contrassero anche la
peste dell' ambizione e diedersi alla ricerca dei metalli preziosi.
Coitecele degli alberi.
Merita qualche osservazione il passo di Pomoonio Mela , nel
quale i corpi de Germani asserisce velati talvolta col libro o colla
seconda corteccia degli alberi; e anche Plinio , dei comodi ragio-
nando che gli alberi forniscono agli uomini in generale , lasciò
scritto che col libro si formavano le vesti , d' onde forse trasse
Soliuo la frase : Plurimi etiaui Jlexibilibus libris circutndati.
Straboue , dei Germani parlando , non che di alcuni filosofi o
settari Indiani, onora tissi mi disse coloro che Ilobii appellavansi ,
perchè vivendo nelle selve, traevano il loro vitto dalle frondi e
dai frutti silvestri , e coperti erano del libro degli alberi. Ad o-
gnuno è noto che il libro è la tonaca interna , aderente al legno,
o una specie di pellicola che attaccata all' interno della scorza
copre il legno; siccome più abbondante o miggiormente pieghe-
vole trovasi questa membrana nel tiglio , credettero alcuni che del
libro di quell'albero si servissero gli antichi Germani, come an-
che oggidì stuoje, tappeti e cose simili si fabbricano con quella
corteccia nella Polonia.
AVANTI LA ROMANA INVASIONE 'J&J
Testi dei ricchi.
La veste delle persone doviziosissime viene pure da Tacito
descritta; non era già questi, die' egli, fluttuante o svolazzante,
come quella dei Sarmati e dei Parti , ma stretta al corpo cosic-
ché tutte le membra esprimeva o rappresentava, il che fece credere
a taluni che in tre parti divisi fosse quella specie di vestito, cioè
nella coperta del torace o del busto , nelle brache, e nei tibiali o
negli stivali. Dei Belgi di fatto nota Straboiie che il sajo porta-
vano e le chiome nutrivano, e facevano uso di brache estese o
ampie all'intorno; che invece di tunica fissile o aperta s avevano
una veste colle maniche la quale scendeva sino ai genitali. La coper-
tura o il vestimento del torace, interpretano alcuni per una spe-
cie di giubbone, e anche dei Partitoni i notato aveva Dione che
tonache con monche portavano, formate di panni tagliati in vari
pezzi e quindi ricucili. Anche ai Galli attribuito aveva Straboiie
T uso di vesti che brache essi appellavano ; ma queste il Cluverio
a torlo confonde coi calzari, dai quali trasse poscia il sopranno-
me Caligola. Le brache erano quelle che Isidoro , avuto riguardo
alla parte che essi coprivano, nominò femorali, ed Esichio mollo
a proposito distingue i f eminali o femorali, le brache barbari-
che, il vestito o la copertura dei piedi e i calzamenti; il solo
Polluce confondere volle le brache coi tibiali , ma parlò dei Per-
siani e forse di brache lunghe che le coscio e le gambe copri-
vano. I Vahgiani e i Baiavi , i Sarmati, i Goti e i Bessì, se-
condo Ovidio , facevano uso di brache ampie e rugose per la loro
larghezza , laonde Pomponio Mela non dubitò di scrivere che tutto
il corpo dei Sarmali coperto era dalle brache. Questa ampiezza
appunto, notala dagli antichi scrittori, ci fa dissentire dall'opi-
nione del Cluverio, che coli' appoggio di un passo di Agatia quelle
brache credeva fatte di cuojo , egli animelle però che anche di
lana tessuta si facessero e di diversi colori, fondato sopra alcuni
versi di Properzio che parlò certamente di un' epoca molto poste-
riore. Quello scrittore vorrebbe altresì insinuare che le scarpe o
i calzari degli antichi Germani fossero muniti del pelo, e formati
delle pelli più dure e di pelo assai grosso, e più sovente di pelle
di cavallo ; ma questa asserzione pure non ò fondata se non che
su 1 autorità di Sidonio Apollinare , scrittore troppo recente per
istruirci di quegli antichissimi costumi , il (piale di fatto quelle
288 COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
scarpe attribuisce soltanto ai senatori dei Goti , che già invasa
avevano l' Italia. Intanto noi esponiamo nelle nostre Tavole 35
e 36 le figure tratte dal Cluverio di una famiglia Germana, di
alcuni Germani viaggiatori , pastori e cacciatori , dalle quali può
desumersi un'idea della brevità del loro manto, e delle altre
parti del vestimento loro , delle quali si ragionerà in appresso.
Collane ed altri ornamenti.
Veduto abbiamo i Germani , massime gli abitatori dell' inter-
no , non curanti dell' oro e dell' argento : inutile è duuque il
ricercare , se auree collane ed armille portassero , benché questi
ornamenti Strabone e Polibio assegnino ai Galli ; nò gioverebbe
a provare il contrario la citazione di Tacito il quale, di alcuni
Germani parlando e forse dei limitrofi alla Gallia e all' Italia ,
dice che godevano dei doni delle nazioni vicine, i quali non
solo dai privati , ma anche pubblicamente , cioè da uno ad al-
tro popolo spedivansi , consistenti in scelti cavalli, in grandi
armature , in ornamenti di cavalli ed in collane. Narra di fatto
Floro, benché nell'epoca di Druso , che i Cherusci , speranzosi
della vittoria , riserbati eransi nella preda i cavalli , i soli Svcvi
l'oro e l'argento, i Si cambrì gli schiavi $ rimasto poi Druso vin-
citore , i cavalli , segue a dire Floro , le pecore , le collane e gli
stessi barbari cattivi , come sua preda divise e vendette. Da alcuni
di quegli scrittori non si fa certamente menzione che d' oro fos-
sero quelle collane ; se lo erano, queste appartenere dovevano agli
Svevi , i quali prossimi alla Gallia ed all'Italia, imparato aveva-
no il pregio ed acquistata la cupidigia dell'oro. Del rimanente
non è credibile che presso gli altri popoli Germanici comune
fosse o frequente 1' uso dell' oro e dell' argento , e quello né pure
degli ornamenti ; e invano si affatica il Cluverio a provare che da
una origine Germana derivi il vocabolo di armilla o braccia-
letto. I Catti più valorosi, secondo Tacito, portavano bensì anel-
la , ma queste erano di ferro e i guerrieri le portavano come se-
gno di ignominia , dalla quale non liberavansi se non colla ucci-
sione di qualche nemico.
ylbiti delle donne.
Parla Tacito finalmente anche del vestito delle femmine , e
nota che non diverso era da quello degli uomini , se non che le
femmine spesso velavansi con camicie di lino ( lineis amictibus ,
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AVANTI LA ROMANA INVASIONE U$<)
e ne variavano il colore colla porpora ; non estendevano però la
parte superiore del vestito a formare maniche , ma nude porta-
vano le braccia sino agli omeri , e scoperta lasciavano la parte
vicina del petto , benché severa fosse tra di esse la disciplina del
matrimonio, nò altrove trovare si potessero costumi più conimeli-
devoli. Tacito certamente col dire che lo stesso era il vestito de-
gli uomini e delle femmine, indicare non volle che queste por-
tassero una -\cste stretta al corpo che lasciasse scorgere il profilo
di tutte le membra, nò molto meno che portassero brache; ma
volle certamente alludere a quell'abito semplicissimo, fatto di pelli
di fiere, di corte pelliccie o anche di lana, che i soli omeri co-
priva. Non velava adunque qnest' abito se non che una parte della
loro nudità , e a questo sono forse riferibili le parole di Tacito
colle quali si commendano i loro costumi. Quelle camicie di lino
di cui parla Tacito, non erano l'abito perpetuo, né il comune
di tutte, e quello scrittore disse soltanto che sovente in quel modo
vclavansi, dal che trasse il Cluverio la congettura che riserbati
fossero quei lini alle mogli de' personaggi più doviziosi. Alcuni»
scrittore non fa menzione delle tele tessute dai Germani; Plinio
però dei Galli accenna che tutti tessevano , e che le donne loro
non avevano vesti più belle di quelle di lino. Quelle camicie for-
se , descritte da Tacito senza maniche, cosicché, le braccia e una
parte del petto lasciavano scoperta , non erano nella forma loro
diverse dal sajo che gli uomini portavano.
Orn amen li femminili.
Della acconciatura dei capelli , coinè vedemmo di sopra mag-
giore cura avevano gli uomini che le donne, perchè essi collo an-
nodare le chiome credevano di rendersi terribili nei combattimenti ;
può dunque ammettersi 1' opinione di alcuni che le donne le la-
sciassero cadere ondeggianti su le spalle e sul tergo. Non cosi fa-
cilmente? potrebbe accordarsi al Cluverio, che le femmine più ricche
tra gli antichi Germani portassero collane, braccialetti e auella ;
giacché non accostumati que'popoli alla venerazione ed all'uso dei
metalli preziosi, non facevano ricerca di ornamenti, che alcuno
degli antichi scrittori alle donne di quella nazione non attribuisce.
Cura del corpo. Torpore al Germani attribuita.
In qualche luogo rimproverò Tacito l'immondezza, o la poca
cura della nettezza, non già ai Germani come avvisò il Cluverio,
Cost. dell' Europa }'<>l. I\- i<)
ago COSTUMI ED usanze degli antichi germani
ma ai Peucini , ai Venedi e ai Ferini, che bene non sapeva se
reputare dovesse Germani o Sarmati. Di questi soli lasciò scritto
che per la lingua, per il culto, per il domicilio, vivevano come
Germani; che sudici erano e torpidi, e che colla mescolanza dei
matrimonj contratta avevano la maniera di vivere dei Sarmati $
tutto al più si potrebbe da questo passo inferire, che torpidi fos-
sero e non molto della nettezza curanti i Germani loro vicini.
Bensì altrove lo stesso Tacito, dopo di avere emessa quella me-
morabile sentenza, che più valevano presso i Germani i buoni
costumi che altrove le buone leggi , disse che nelle loro case
nudi erano e sordidi , il che ad altro forse non dee riferirsi se
non che alla rozzezza e semplicità di quelle capanne; soggiugne
di fatto che in que' tugurj crescevano quelle robuste membra , si
formavano que' corpi che l'ammirazione destavano; che ciascuna
madre i suoi bambini nutriva col latte delle proprie poppe, né
mai ad ancelle o a nutrici li confidava ; che il padrone e il servo
non distinguevansi, e che tra gli stessi bestiami su lo stesso ter-
reno giacevano: dei Galli scrisse anche Strabone, che sino al-
l' età sua dormivano per la maggior parte su la terra. Il Oliverio
colla scorta dello stesso Slrabone volle far credere che letti aves-
sero di gramigna , e che col loro sajo nero dormissero ; ma quel
geografo i letti ed il costume di dormire vestiti attribuì soltanto
ai -B a* titani , che popoli erano della Spagna. Quello che si è
detto del torpore generale o parziale dei Germani , viene rischia-
rato da Tacito in altro passo, nel quale si accenna che, occupati
non essendo quei popoli nella guerra , molto si esercitavano nella
caccia, ma più ancora amavano di passare il tempo loro nell'ozio,
dediti al sonno ed al cibo. Non si trarrà da questo la conseguenza
col Cluverio , che dormissero involti, come tuttora da molti Ger-
mani si costuma, in pelli di orso; perchè Tacito stesso, parlando
anche dei Fenili, ultimi tra i Germani, nota che per vitto ave-
Aauo le erbe, per vestito le pelli e per letto il nudo terreno.
Vitto.
Semplici dovevano essere, come nel vestito, così pure nel
vitto i primitivi Germani, e singolare, sebbene assai verisimile,
è l'asserzione del Cluverio, che il vitto e il costume pastorale
portato dall'Asia i Germani conservassero per più di 24°° anni,
sino all' epoca cioè in cui sparsi per motivo delle guerre nelle
AVANTI LA. ROMANA INVASIONE OAJ I
altre provincie Jtll Europa, impararono a far uso di cibi più
dilicati.
Latte e Carni.
Cesare dei pochi Germani clic egli conobbe, lasciò scritto che
non molto uso facevano di frumento o sia di cereali , ma che
per la maggior parte viveano di latte e di carne delle loro peco-
re, e dati erano graudemente alla caccia ; altrove notò che della
agricoltura non occupavansi, e che il vitto loro consisteva per lo
più in latte, cacio e carne. Anche Tacito semplici dichiarò i cibi
dei Germani , consistenti in pomi agresti , in carne delle fiere di
recente uccise o in latte concreto ; né sembra che ad essi pos-
sa applicarsi quello che Strabene disse dei Galli, che cibavano
sovente di latte e facevano uso di carni di qualunque genere.
Plinio bensì dei soli Cauci , abitanti tra 1' Amisia e 1' Albi o
l'Elba, dissocile né pure bestiami avevano, non cibavansi di lat-
te coni? i loro vicini, uè colle fiere dato era loro di combattere,
perchè non trovava nsi su le terre loro né pure arbusti: egli non
curossi tuttavia d' indicare quale fosse il loro nutrimento. Gli al-
tri Germani seguivano forse il costume deyli Sciti accennato da
Erodoto , che non dall' aratro , ma dalle greggie e dagli armenti
il loro sostentamento traevano. Plinio però , di altri Germani par-
lando e non forse dei primitivi , nota che essi 1' avena seminavano,
da esso creduta male a proposito una degenerazione del frumento
e dell'orzo, e che que' popoli non di altra polta o polenta vive-
vano. I Ferini, al dire di Tacito, dannali ad una ignominiosa
povertà, si nutrivano d'erba. Un altro passo di Tacito, nel quale si
accenna che i Germani colla fatica loro non rispondevano all'am-
piezza ed alla fertilità del suolo, cosicché né i prati irrigavano, né gli
orti circondavano di siepi, né vivaj di pomi o di alberi fruttiferi
piantavano, spiega il motivo per cui mangiavano i pomi selvatici;
il solo Cluverio insinuò che non crudi soltanto, ma cotti ancora li
mangiassero , fondato su la sola osservazione che cotti mangiansi
anche al presente nella Germania. Piuttosto potrà accordarsi a
quello scrittore che il latte concreto di Tacito, sul quale nulla
di ragionevole dissero gli interpreti, fosse il butirro, giacché
Plinio faceva le maraviglie che i barbari viventi di latte ignoras-
sero o sprezzassero l'arte di ridurlo in cacio, condensandolo tal-
volta nel pingue butirro, che una spuma era di latte più concreto,
2()1 COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
concretius , di quello che siero dicevasi , e altrove il butirro
nomina lac coactum. Alcuni eruditi , fondandosi su quelle parole
di Plinio , credettero che il butirro fosse una invenzione dei Celti,
ma forse gli Etiopi i primi furono a servirsene come di olio ,
siccome narra Strabone.
Con tùi unzione.
Facilmente si ammetterà pure col Cluverio che , nominandosi
da Cesare la carne pecorina , da Tacito quella delle fiere , del-
l'una e dell'altra i Germani si cibassero; Pomponio Mela di fat-
to nota in generale dei Germani, che di cruda carne pascevansi,
o fresca , o pure irrigidita , che dentro al cuojo delle pecore o
delle fiere medesime, premendola colle mani e coi piedi, ritorna-
vano alla prima freschezza. Posidonio presso Ateneo, se pure non
parlò di tempi posteriori , asserì che i Germani servivano al pran*
zo pezzi di carne arrostiti; ma egualmente non potrebbe ai Ger-
mani, come opina il Cluverio, applicarsi il detto di Posidonio
stesso relativo ai Galli, che poco pane mangiavano e poca carne
lessata nell'acqua, o cotta sui carboni, o arrostita su gli spiedi; nò
quello pure di Strabone, pertinente ai soli Galli, che di carne
d'ogni genere cibavansi , e sopra tutto di porcina, recente e sa-
lata. Si fonda il Cluverio su le parole dello stesso Strabone, che
i Germani somiglianti erano ai Galli per l'aspetto, per i costu-
mi e per il vitto , e quindi non dubita di applicare ai suoi
Germani anche quello che Diodoro racconta dei Galli , che f lio-
fili ardenti suscitavano, circondati di olle e di spiedi; che delle
carni di intere membra si riempivano. Di sale non mancavano
eertamente gli Ermunduri e i Calti, che anzi le loro saline cre-
devano un luogo protetto dagli Dei ed atto più di qualunque
.nitro alle preghiere de' mortali ; e Plinio accennò pure the i Galli
ed i Germani su i legni ardenti 1' acqua salsa infondevano , af-
finchè i carboni si convertissero in sale, intorno a che potrebbe
ancora suscitarsi il dubbio se il sale o non piuttosto la potassa
fabbricassero. Dei Ferini già vedemmo colle parole di Tacito che
di erba nella estrema povertà loro nutrivansi; difficile sarebbe
tuttavia il combiuare siffatta asserzione colle parole che seguono,
cioè che la stessa cacciagione gli uomini e le femmine alimentava,
giacché tutti insieme andavano alla caccia , e ciascuno la sua
parte della preda reclamava. Conferma la seconda di queste as
AvAirri la r.0M.\-N\ invasioni; •>. ; '
serzìoni Procopio, degli Scrino/trini ragionando, se pure allude-
re volle ai più antichi , dicendo che nò vino bevevano , ( il che
fa molto dubitare che di età remota non parlasse ), né alcun
cibo dalla terra traevano, perchè non la coltivavano, ne punto
operose erano le loro donne, ma cogli nomini andavano alla cac-
cia delle fiere e di altri animali , che le immense loro selve gran-
di ricchezze fornivano , e tutti sempre nulrivansi delle caini delle
fiere uccise.
Bex^andf. Bina.
Poiché siamo venuti con Procopio a parlare di bevanda . ac-
cenneremo che Tacito ai Germani , o almeno ad una parie di
essi, assegna per bevanda un liquore tratto dall'orzo o dal fru-
mento, e corrotto (cioè fermentato) sino a ridursi in qualche
modo somigliante al vino. L'uso della birra era certamente adot-
tato tra le più antiche nazioni ; gli Etiopi la traevano dall' orzo
e dal miglio, e più surli di birra fa ce va n si , secondo Plinio, nel-
la Gallia e in altre provinole , che alcuno interpretò per la Ger-
mania e per le isole Britanniche; altrove notò lo stesso scrittore
che col liquore tratto dai grani macerali l'ebbrezza si contraeva
nelle Gallie e nelle Spagne. 11 Cluverio pretende , che sino dalla
prima loro origine i Celti facessero uso della birra , al che trae
argomento dal Tedesco vocabolo di bicr , reputato da esso anti-
chissimo.
L itte. fino.
Una bevanda oltre la birra porgeva anche il latte , e quel
Posidonio citato da Ateneo, del pranzo dei Germani parlando,
dice apertamente che il latte dopo i cibi bevevano, ed il vino
puro; ma alcuna menzione di vino non vedesi falla dagli altri
scrittori, se non che da Tacito che disse tarsi traffico del vino
tra coloro che vicini erano alle rive de! Reno, e altrove disse
vinolenti i CJierusci e frequenti tra di essi, come tra i vinolenti,
le risse ; laonde può a ragione dubitarsi che non di tutti i (bi-
mani, ma solo dei licnani facesse in quel luogo menzione j e Ce-
sare lasciò scritto degli Svevi , che non permettevano n pure che
il vino nel paese loro si portasse, aditiehè molli ed eìleinmiuali
non rendesse gli uomini; e dei FTervii pure notò che qualunque
mercatura escludevano, nò tolleravano che si introducessero il vi-
no o altre cose a lussuria appartenenti. Può dunque ragionevol-
21)4 COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
niente conchiudersi, che uso frequente facessero i più antichi Ger-
mani della birra, scarsissimo del vino, e forse di questo que'soli
popoli che , vicini essendo alle Gallie ed al Pieno , potevano col
traffico procurarsi quella derrata , giacché , se i cereali da pochi
soltanto coltivava osi . molto meno sarebbersi dati que' popoli alla
cultura laboriosa delle vili e alla fabbricazione del vino.
Mense.
Sedevano i Germani a mensa con rito particolare , secondo
Tacito , perchè ciascuno aveva la propria sede e la propria mensa
separata. Questo vocabolo però di sede altro indicare non do-
vrebbe se non se un posto, o un piccolo strato se si vuole, di
gramigaa o di fieno, perchè Strabone e Posidonio, parlando dei
Galli, notano che per la maggior parte sul terreno giacevano, e
cibavansi seduti su i letti i quali da Posidonio sono dichiarati
come strati di fieno o di gramigna. Lo stesso scrittore ci dà pa-
rimente una id<^a delle mense Galliche, forse non diverse dalle
Gennaniche, le quali fatte erano di legno e poco elevate sopra
la terra. Se Diodoro parlò dei Germani insieme e dei Galli ,
come pretende il Cluverio, asserì egli che il cibo prendevano tutti,
non adagiati sopra sedili, ma su la terra, e che in luogo di cu-
sciui vi adattavano spoglie di lupi o di cani. Auche Filarco però,
presso Ateneo medesimo, nota che i Galli sedevano a cena in
giro, e che quindi portavansi le mense una per ciascuno dei con-
vitati, che egli numerati aveva sino a venti. Diodoro sembra in-
sinuare, che il luogo dei pranzi e delle cene situato fosse presso
il focolare, dove trovavansi i carboni ardenti, le olle e gli spiedi ;
ed anche Mela e Solino , dei Traci parlando , nolano che seduti
intorno al fuoco banchettatilo. Filarco segue a dire che quelle
mense separate erano tripodi , tutte cariche di carni distribuite
tra i convitati , e che alle carni erano uniti grandi pani fermen-
tati ; ma quello scrittore tratta solo dei costumi dei Galli e forse
di Galli non molto antichi, giacché vedemmo che tra i Germani
non facevasi grande uso di pane , ed altrove nota egli dei Galli
medesimi , che alle mense molti pani rotti o tagliati si impone-
vano , e carni tratte dalle cald je. Può dunque ai soli Galli ri-
ferirsi anche quello che altrove Posidonio stesso dice presso Ate-
neo , che su le mense ponevausi le carni pure e monde, ma che
i convitati alla foggia de' lioui , con ambe le mani sollevando le
AYVNTl LA ROM A Mi INVASIONE ~(}"i
intere membra , col morso le dilaniavano. Là dove Tacilo parlò
dei cortegiani dei Principi Germani, accennò solo in generale che
i banchetti apprestati a que favoriti invece di stipendio rozzi era-
no , ma che però grande ne era l'apparato, il che indica forse
che grossi pezzi di carne apponeva usi, o anche le intere membra,
come asserito vedesi da altri scrittori. Quindi Posidonio soggiunse
dei Galli che, se diffìcile era a staccarsi qualche pezzo, taglia-
vasi cou un coltello che chiuso nella vagina tenevasi in luogo par-
ticolare , ma pure vicino al convito.
/ osi, piatti j bicchieri.
I vasi di cui servivansi a mensa i Golii , o l'orse i Celti in
generale , erano di cera al dire di Strabone , ma probabilmente ,
come osservò il (lasaubono, malamente si lesse cerei per ceramici,
il che indicherebbe vasi di terra : di fatto il citato Posidonio men-
zionò presso i Galli medesimi alcuni vasi della forma delle olle,
o di terra o di argento, della quale materia , cioè della figulina,
formate erano anche le patine o i piatti su i (piali servivansi i
cibi , soggittgnendo però che alcuni erano di bronzo , mentre altri
invece di piatti facevano uso di canestri di legno tessuti di vimini.
Il Oliverio opina che uso di vasi eguali facessero i più antichi Ger-
mani , ai quali però non accorderemo il lusso dei piatti d' argen-
to, benché Polibio catini d'oro o d'argento pieni di vino di or-
zo, cioè di bina, descriva presso un Re della Spagna. Tacilo
parlò bensì di alcuni vasi d' argento veduti nella Germania , che
però erano stali donati , forse dai Romani medesimi , ai loro am-
basciatori o ai loro Principi, e che tenuti non erano presso di essi
in maggior pregio che le stoviglie di terra. I soli popoli vicini
al Reno, come già si disse, qualche idea avevano dell'oro e del-
l'argento, e forse bebbero i loro Principi nei vasi argentei che
ricevuto avevano in dono ; gli altri tutti bevevano in vasi di lena
o di legno. Pliuio accennò che le corna degli uri o dei buoi sal-
vatici, che ai barbari del settentrione servivano di bicchieri, e
l'uso menzionalo aveva anche Cesare di quelle corna scelle cou
molta cura e circondate da un labbro d'argento t che però ai
Galli servivano di bicchieri soltanto nei più grandiosi banchetti,
in ampli ssimis epuliti Quel passo di Plinio diede forse motivo
«lll'Eccardo di credere più aulico che non è realmente il corno
Tunderense , pubblicato per la prima volta da Olao Vormio , e
2C)6 COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
che noi , come degno di molta osservazione, riferiremo tra i mo-
numenti di un' epoca posteriore.
Modo di sedere a mensa.
Dei Galli parimente disse Diodoro Siculo, che i più giovani
servivano alle mense , femmine e maschi , non però ancora usciti
dai limiti della puerizia; e Posidonio, dopo di avere descritti i
convitati seduti in circolo , col sedile nel mezzo del più illustre
o del capo di quella riunione, vicino al quale sedeva il padro-
ne della casa , notò che dietro di questi stavano in piedi co-
loro che gli scudi portavano, mentre altri muniti di asta, se-
duti essi pure in circolo al pari dei padroni, con essi mangia-
vano , il che si accorda col detto di Tacito , riferibile certamente
ai Germani, che armati sedevano nei conviti. Ai soli Galli sem-
bra applicabile un passo di Diodoro, nel quale si accenna che ai
più egregi tra i convitati bellissime porzioni di carne come per
onore si presentavano, e le meno pregiate a quelli che il convito
apprestava. Le parole di Tacito che i Germani ci mostrano dediti
al sonno ed al cibo, e con largo apparato disponenti i loro ban-
chetti, ci porgono un' idea di voracità e di rozzezza, che difficil-
mente potrebbe accordarsi colla cortesia da Diodoro indicata.
Saluti conviviali.
Al Cluverio abbandoneremo le ricerche intorno alle conviviali
salutazioni , delle quali tra i Germani non fecero alcuna men-
zione gli antichi scrittori , benché dei Greci se ne legga la de-
scrizione in Omero; potrebbesi più facilmente ad esso accordare
che nei conviti dei Celti accanto ai mariti sedessero anche le mo-
gli , vedendosi da Ermippo presso Ateneo attribuito questo co-
stume ai popoli dell'Illirico, presso i quali indecente non era che
le femmine ne! bere precedessero ciascuno dei convitati; Ebano
dei popoli medesimi soggiunse , certamente in epoca molto poste-
riore, che nei conviti permesso era agli ospiti il bere alla salute
di qualunque donna, benché questa per alcun titolo ad essi non
appartenesse. Tra i Germani ai conviti pubblici , o clamorosi , le
donne probabilmente non intervenivano , perchè Tacito là dove
commenda il pudico loro contegno, dice apertamente che corrotte
non erano né dalle seducenti attrattive degli spettacoli, né dal
solletico de'conviti. Noi, le orme seguendo del Cluverio, ci af-
frettiamo ad esporre nella nostra Tavola 3j il rito de' conviti de-
gli antichi Germani.
THE 11BBABY
OF THE
UWEBilTY OF fLUHOlS
AVASTI LA K.OMA3A l>VASIO>E %QJ
Vita domestica.
Tempo è ora di parlare della loro vita domestica , delle loro
virtù e dei loro vizi. Cesare di essi asserì che tutta la vita loro
consisteva nella eaccia e nel maneggio delle anni , il che si ac-
corda col detto di Tacito che qualora guerra non vi avesse, molto
occupavansi nella caccia , e maggior tempo ancora passavano nel-
1' ozio, dati al sonno e al ciho, soggiugnendo che qualùnque guer-
riero più valoroso nulla faceva, e marciava nell'ozio, la cura
della casa , dei Penati e dei campi lasciando alle femmine, ai
vecchi ed a qualunque persona più debole della famiglia. Della
caccia ragionando Cesare , e di quella specialmente degli uri o
dei buoi salvatici, velocissimi e fieri a tal segno che né le altre
belve, nò gli uomini risparmiavano, disse che con gran cura i
Germani gli uccidevano , facendoli da prima cadere nelle tosse ;
che a quella fatica da giovani si accostumavano, e in quel genere
di caccia si esercitavano. Kclle case adunque o nelle famiglie sol-
tanto si abbandonavano all'ozio, e Tacito notò che alcun' altra
nazione più liberale non era nei conviti e nello accogliere gli o-
spiti. Quell'ozio, se crediamo allo stesso Tacito, interrotto era
dal giuoco, e come cosa maravigliosa nota quello scrittore, che
sobrii il giuoco riguardavano come una delle più serie occupa-
zioni, con tanta temerità, die' egli, di guadagnare o di perdere,
che più alcuna cosa non avendo, coli ultimo gettare dei dadi la
libertà loro e il corpo esponevano. Il Cluverio credi Ite che que-
sto applicare non .si potesse a tutti i Germani ; potrebbe ancora
eccitarsi il dubbio che parlato avesse Tacito dei Germani della
sua età, già dai Romani corrotti, non dei più antichi. Soggiugne
di fatto (he quei servi guadagnati al giuoco, i vincitori vendevano
agli stranieri, affinchè dal pudore della vittoria si liberassero; la
«piai cosa ben mostra che ad una età dee epici detto riferirsi,
in cui già introdotto era il traflico colle straniere nazioni, ignoto
certamente ne* tempi più antichi. Nota quindi il Cluverio .stesso
che la mercatura non fu in alcun tempo dagli antichi Germani
esercitata , sebbene egli senza alcun fondamento voglia poscia sif-
fatta asserzione restringere ai soli nobili. Dei Galli, scrisse Polibio,
che tutte le ricchezze loro consìstevano nei bestiami e Dell uro,
e dei Germani all' incontro, scrisse Tacito, che feconda era la loro
regione di pecore; che però non si aveva alcun riguardo alla
aC)8 COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
bellezza degli armenti , ma soltanto al numero , e che queste
erano le sole ricchezze ad essi più gradite. Già vedemmo ohe nò
pure confini avevano i campi o i pascoli che ogni anno mu ta-
ratisi, e che le multe per i delitti con certo numero di bestiami
si imponevano. Forse tra le loro ricchezze annoveravano i Ger-
mani anche le armi, perchè vedemmo che dalle vicine nazioni
jacevansi ad essi donativi di grandi armature, magna arma; e
se al dire di Cesare alcuni mercatanti andavano presso i popoli
più vicini al Reno, questi non portavano già a que' popoli mer-
catanzie che essi desiderassero , ma piuttosto andavano per com-
perare le spoglie che pigliate avevano in guerra , senza di che non
sarebbe stato a quei trafficanti aperto l'adito a quelle nazioni. Quello
die gli antichi scrittori notarono del traffico dei Germani , dell'o-
ro, dell'argento, delle monete, dell'usura e della avidità del da-
naro in generale , non è applicabile se non che all'epoca del Ro-
mano dominio, e sotto quell'epoca si richiamerà ad esame in que-
st'opera ; lo stesso dee dirsi delle ricchezze degli Edili accennate
da Silio Italico, e delle piraterie dei Caaci menzionato da Tacito;
dei Neriv'i e di altri Germani situati su la destra del Reno , già
vedemmo che alcun traffico non ammettevano , e specialmente
1' importazione vietavano degli oggetti che al lusso appartenevano.
Get mani nuotatori.
Pomponio Mela ed Erodiano i Germani dissero amanti e pe-
ritissimi del nuoto; quindi dei Baiavi soggiornanti in un' isola
del Reno , narra che a nuoto passavano quel fiume colle armi e
coi cavalli. Soltanto di alcuni Germani e di epoca più recente,
cioè dei tempi di Massimino, narrò Erodiano che venuti in Ita-
lia , non conoscendo con quale impeto scorressero i fiumi di quella
regione, confidatisi coi cavalli loro alle acque, trasportati furono
dalla corrente e perirono; il che tuttavia proverebbe 1' ardire di
quelle genti che in paese sconosciuto alle correnti impetuose si
affidarono.
agricoltura dei Germani.
Poco può dirsi dell'agricoltura degli antichi Germani, dei
quali notato aveva Strabone che uè i campi coltivavano , né i
grani curavansi di conservare; Tacito però lasciò scritto in qual-
che luogo che sotterranei spechi aprivano , che di molto letame
li caricavano o li coprivano, con che disponevano un riparo nel-
AVANTI LÀ ROMANA 1>YAS!0NE -!')i)
l'inverno ed un. ricettacolo per i ricolti. Forse possono conciliarsi
que* passi discordanti colle parole di Cesare , che della agricoltura
molto studiosi 110:1 disse i Galli , mentre per la maggior parte
vivevano di latte, di cacio e di carne; non erano adnncpie tutti
per natura agricoltori, ma alcuni di cereali vivevano, il che in-
dica che pigliavansi cura dei campi e dei fratti della terra. Ce-
sare altronde degli L^i/>cii parlando e dei Trtiieri , nazioni cer-
tamente Germaniche, disse che emigrati erano perchè continua-
mente assaliti dagli .Src»'/, ed impediti dall'esercizio della agricoltu-
ra ; e anche degli <Srcvi narrò che mentre una parte alla guerra
usciva, gli altri rimanevano alla coltivazione delle terre per lo
sostentamento di essi medesimi e dei guerrieri , e questi a vicenda
tornavano ai lavori agricoli, mentre quelli partivano; soggiunse
tuttavia che non molto di fuimento , ma più sovente di carne e
di latte nutricatisi. Quanto ni campi di\isi tra i coltivatori e cam-
biati ogni anno , dei (piali Tacito fa menzione , sebbene egli li
nomini agros ed avva , tuttavia può credersi die indicati non fos-
sero con que' vocaboli se non che pascoli o pianure erbose , giac-
ché nel luogo medesimo Tacito accenna che colla fatica non se-
condavano l'ampiezza e Pubertà del terreno, e che né legumi
coltivavano, né alberi fruttiferi piantavano; col quale sentimento
si accordano anche le parole di Strabone1, che ignoranti erano
que' popoli del regime digli orti e di tutte le altre parti dell'a-
gricoltura. Dilla navigazione degli antichi Germani si farà qualche
cenno, là dove si parlerà delle loro arti e dei loro mestieri.
Si ntirrn nti morali.
Per quello che spetta alla moralità propriamente detta , alle
vitto ed ai vi/.j dei primitivi Germani;, già abbiamo veduto là
dove t rat tossi del governo e delle leggi, che alcun codice scritto
non avendo, reggevansi colle nazionali consiu tudini , e la giusti-
zia in quésto modo amministravano, punendo altresì i delitti con
ordine graduato di pene. Per questo disse Tacito , che più assai
Valevano nella Germania i buoni costumi che altrove le buone
leggi , sotto il nome di costumi intendendo forae le consuetudini
da quei popoli adottate. Cesare più minutamente descrisse i co-
stumi dei Germani da esso conosciuti, e disse che lode e onore
grandissimo era delle città 1' avere intorno ad esse vastissime soli-
tudini, portata essendo la devastazione sino ai confini ; che cosa
.Ino COSTIMI ED VSaKZE dsgli antichi germani
virtuosa reputatasi 1' uccidere i finitimi abitanti , /espulsi (Ini loro
cinipi o dalla loro sede , e il non lasciare che alcuno osasse di
rimanere nelle loro vicinanze • altrove notò che i latrocini alcuna
infamia non arrecavano, qualora si eseguissero fuori dei confini,
credendosi questo e celebrandosi come un mezzo di esercitare la
gioventù e di diminuire l'ozio e l'ignavia. Nelle città però e tal-
volta anche nelle nazioni , tutti gli individui riguardavano come
consanguinei, né punto nuocevansi tra loro, nò i diritti reciproci
viola vansi, secondo il costume forse degli Sciti dei quali lasciò
scritto Sirabone , citando Eschilo, che una nazione giusta forma-
vano, semplicissima, non frodolenla, frugale, e dì poche cose
contenta. I molivi stessi che Cesare assegna della annuale distri-
buzione delle terre e della perpetua loro mutazione , provano che
i Germani idee morali avevano, perchè non volevano che coll'as-
sidua coltivazione de' campi le cure della guerra si trascurassero;
non che i privati troppo estendessero i confini dei loro possedi-
menti, onde argomento prendessero ad opprimere o a spogliare i
più umili, o i più deboli,* non che comodi edifuj innalzassero
onde ripararsi dalle stagioni e quindi ammolire i corpi ', non vo-
levano parimente che nascesse negli animi la cupidigia del dana-
ro , sorgente feconda delle fazioni, nò finalmente che si perdesse
un sentimento generile di equità, o si rompesse 1' equilibrio delle
ricchezze e dei possedimenti.
Pietà filiale. Fedeltà dei Germani.
Dalie parole di Tacito , nelle quali si annunzia che come scel-
leratezza riguardavasi il limitare il numero della prole, o l'uc-
cidere alcuno degli agnati , trae il Gluverio argomento a giudicare
della pietà dei genitori verso i loro figliuoli,* piuttosto potrebbe
questo argomento desumersi dalia asserzione di quello scrittore ,
che ciascuna nndre nutriva col latte i proprj figli , uè mai que-
sti alle ancelle o alle nutrici si confidavano , e potrebbe altresì
desumersi dalla cura grandissima che tutti i Germani avevano di
educare la loro prole alla guerra , di esercitarla alla caccia , di
rinvigorirla con ogni sorta di esereizj , ed anche colla privazione
della Venere immatura. Della pietà dei figliuoli verso i genitori
e gli altri congiunti , si arrecano in prova le parole di Tacito
stesso, il quale narra che indispensabile era ai giovani lo assu-
mere tanto le inimicizie , quanto le amicizie del p.ulre o del con-
iYillTI LK ROMANA INVASIONE .^OI
giusto. La concordia altresì delle famiglie viene dimostrata dal
fallo notato da Tacito medesimo , che non già il caso nò la for-
tuita riunione formavano una tarma, una tribù, o un corpo mo-
rale o politico , ma bensì le famiglie e le consanguineità , o Ir
parentele. Il Cluverio ha anche prodotti varj esempi luminosi di
fedeltà tra i Germani osservati, ma tutti questi appartengono al-
l'epoca del Romano imperio, e difficilmente polrebbouo Appli-
carci ai Germani più antichi. Egli è bensì vero , che le antiche
nazioni Celtiche sembrarono gareggiare nella fedeltà e nell'attacca-
mento ai loro capi o Principi ; e forse per la celebrila di ([nella
nazione per questo titolo, alcuni duci della Frisia in epoca poste-
riore, cioè ai tempi di Tacito, gridarono in Roma nel teatro
non esservi mortali che .ti Germani per le anni o per la icdr si
potessero preferire. In prova di questa fedeltà si aggingne aneli»
1 esempio dei giuoco tori Germani, che già vedemmo ostinatissimi
e non dubbiosi di arrischiare coi dadi anche la libertà e la vita;
il vinto, soggiugne Tacilo, volontario si olire alla servitù, e ben-
ché più giovane, benché più robusto del vincitore, porge le mani
alle catene e si lascia vendere, nel che si ravvisa certamente una
trista pervicacia, ma essi fede la appellano. Se Strabone parlò
dei tradimenti dei S'gambrì e dei trattati violati dai Cherusci ,
parie, di tempi posteriori . cioè delle guerre coi Romani , il che
non fu osservato dal Oliverio; e sembra potersi altresì asserire,
che ([nei popoli ancora rozzi, ancora ignari delle civili istituzioni,
privi di politica come di leggi , la fede spontaneamente data agli
amici religiosamente osservavano, quella all'incontro che i nemi-
ci, che £li usurpatori delle terre loro esigevano colla forza, co-
me nulla riguardavano , e l'occasione attendevano soltanto di scuo-
tere il giogo.
J'izj rimi>rn\,ciati ai Germani.
Se da alcuni antichi scrittori furono detti i Germani truci ,
crudeli, feroci, immiti, orridi, atroci ed anche superbi, questo
non^può finse applicarsi se non che a qualche popolo posto agli
estremi confini della Germania primitiva, non mai ai Germani in
generale, dei quali Pomponio Mela lasciò scritto che dolci e cor-
tesi erano cogli ospiti, miti e clementi con coloro che li supplica-
vano , dal che trasse motivo il Cluverio di lodare la loro clemenza
e la loro mansuetudine. Un esempio di fraterna carità trovasi ne-
3oa COSTUMI ED L'SOZE DEGLI ANTICHI GERMANI
gli Ansibarii , i quali alcuni campi occuparono , non per loro
comodo, formando essi una nazione assai potente, ma per com-
passione dei popoli adjacenti i quali , cacciati dai Cauci e man-
canti di luogo ove stabilirsi , nel loro esilio chiedevano almeno
di poter vivere con sicurezza. I Sicambri altresì , non solo rice-
vettero sul territorio loro una parte della cavalleria degli Usipeti
e dei Jenteri 9 che era stata in un combutimento disfatta, ma
negarono costantemente di darla in mano a Cesare il quale insi •
steva per ottenerla, e questo forma ad un tempo testimonianza
della umanità insieme e della fede di quei popoli.
Liberalità , ospitalità dei Germani.
Anche della liberalità in generale, della cortesia e della ospi-
talità dei Germani, trovansi esempj non rari nelle antiche storie.
Senza ricorrere ai Celtiberi , dei quali narra Di odoro che quanto
crudeli verso i nemici, altrettanto miti e umani erano cogli ospi-
ti ; che a tutti i viaggiatori offerivano di dare ricetto e tra di
loro nella ospitalità gareggiavano , e che tra di essi lodati erano
e tenuti in conto di cari agli Iddii coloro che i peregrini racco-
glievano; senza ricorrere ai Galli, dei quali scrisse lo stesso
Diodoro che gli stranieri invitavano ai conviti e che 1' oggetto del
viaggio loro non chiedevano se non dopo finita la cena ; basta
quello che Tacito disse dei Germani stessi, che alcuna nazione
più di essi non largheggiava nei conviti e nell' esercizio dell'ospi-
talità , giacché atto nefando credevasi il ricusare a qualunque
mortale il tetto o 1' alloggio ; ciascheduno secondo le sue facoltà
disponeva all'ospite un banchetto, e mancando il primo ospite,
compariva tosto alcuno che nuovo ospizio additava , e nella vi-
cina casa lecito era l'entrare anche ai non invitati; non si di-
scerueva , couchiude Tacito, nel diritto di ospitalità il noto dal-
l'ignoto. Lodò pure quello storico altrove la cortesia dai Germani
usala cogli ospiti , e Cesare ancora disse che come cosa indecente
riguardavasi il violare l'ospitalità, e quindi qualunque fosse il
motivo, che gli stranieri conduceva nel loro paese, non riceve-
vano essi alcun affronto , ma come santi tenevansi , laonde aperte
erano ad essi le case e fatto comune il vitto. Tacito soggiugne
altresì che costume era fra i Germani di accordare al forastiero
clic partiva quello che egli chiedeva, e che a vicenda libero era
il domandare. Godevano, dice quello storico, i Germani di rice-
AVANTI LA ROHAkA IHYÀ810WI 3o3
vere regali, ma né conto tenevano dei donativi fatti, nò alcuna
obbligazione per i ricevuti contraevano.
Altre virtù.
Con queste disposizioni dell'animo alla beneficenza sembra
dimostrato che insensibili non fossero i Germani all' amicizia , e
forse costanti nel mantenerli ; ma i passi di Giuliano Cesare coi
«piali vorrebbe provarsi quel sentimento nei più antichi Germani,
non sono riferibili ebe ad epoca troppo recente. Più male a pro-
posito forse il Cluverìo , dalla voce gravisoua ed orrida ai Ger-
mani attribuita da Diodoro, e dalla scarsezza ed oscurità delle
loro parole o del loro linguaggio, volle inferire ebe dotati fos-
sero di virtuosa gravità. Diodoro altro indicare non volle se non
die poco della lingua loro si intendeva , perdio molto loquaci
non erano e, come egli avvisò, parlavano sovente per metafora.
Lodò bensì Strabene la gravità dei Veli (ili, ebe sino il passeg-
gio dei Romani e l'andare a diporto disapprovavano; ma que'po-
poli erano Spaglinoli , e la gravità lasciarono in retaggio ai loro
desccndenti. Rispetto alla temperanza, non trovò il Gluverio di
poterla commendare nei Germani primitivi per quello ebe spetta
ai doni di Cerere e di Bacco ; ma fondtto su le parole di de-
stre, clic ignominioso era lo avere commercio con femmine avanti
l'età di vent'anni , benché seminudi maschi e femmine si lavas-
sero insieme nei fiumi , assai lodevole trovò la temperanza di
que' popoli a riguardo di \ enere. Conferma Tacito quella sen-
tenza, dicendo clic tarda era la Venere de' giovani, inesausta o
lungamente protratta la pubertà ; ebe non ansiose erano le ver-
gini di perdere il loro bore, benché i giovani di pari ardire
e non di sesso, sovente si mescolassero e sino all'età delle noz-
ze nudi in gran parte camminassero. Di Italo però , capo o
duce dei Che/usci, lasciò scritto clic alcuna volta usava egli
di cortesia e di temperanza jebe a tutti piaceva , più sovente
abbandonavasi alla vinolenza , cioè alla crapula ed alle libidi-
ni, cose grate ai barbari, benché il Cluvcrio siasi studiato di
dare tutt' altra interpretazione che non la più naturale e co-
mune, al vocabolo di libidini. Quanto al rimprovero fitto da al-
cuni scrittori e specialmente da Diodoro, da Strabone e da Ate-
neo ai Celti per la inclinazione loro alla Venere mostruosa, egli
è ben chiaro per le parole dei citili classici e per quelle spc-
3o4 COSTUMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMANI
cialmentc di Straberne , che esso non era applicabile se non che
ai soli Cr all'i , ai quali pure rinfacciava quel geografo di essere
oltremodo contenziosi ; e quello che Tacito narra della gioventù
fiatava , chiamata a diletto per comando di Vitellio , non appar-
tiene all'epoca della quale ora si ragiona, ma a quella bensì in
cui i costumi di que' popoli corrotti già erano dai Romani.
accusa di pirateria.
Già si è veduto altrove, che giusta le parole di Cesare i la-
trocini reputati non erano infami, se fuori dei confini della città
o del territorio di un popolo si facevano. Questo fu riguardato
da alcuni come un vizio della nazione Germanica ; ma se bene
si esaminino le parole di Cesare, non si risolve quest'idea di la-
trocinio se non in una specie di guerra , di scorreria , di preda ,
o di rappresaglia , che praticata vedesi a un dipresso in eguale
modo da tutte le antiche nazioni , allorché prive di qualunque
politica relazione, non avevano legami di amicizia o di alleanza
consolidali da trattati o da atti pubblici, e gelose sovente dei
loro respettivi ingrandimenti, disposte erano sempre ad uno stato
ostile.
Di ubbriache zza.
Piuttosto potrebbono i Germani più antichi essere tacciati di
propensione alla ebrietà, dicendo Tacito che il continuare a bere
giorno e notte non riguardavasi come reprensibile, e altrove che,
mentre senza alcuna delicata ricerca que' popoli cacciavano la fa-
me, non erano egualmente temperanti contra la sete, e che, se il
loro gusto di ubbriacarsi fosse stato secondato col fornire ad essi
tutto quello che bramavano , sarebbesi potuti vincere o domare
più facilmente coi vizj che colle armi. Potrebb'essere che Tacito,
i costumi riferendo dei Germani , parlato avesse soltanto dell'età
sua; uè gioverebbe il rispondere, come fece il Cluverio, che più
orribili esempj si avevano dell'ebrietà dei Romani. Egli è vero
bensì che Plinio, parlando dell'ebrietà abituale degli Spaglinoli
e dei Galli , non parlò punto dei Germani , e quella nazione
descrisse come semplice e quasi non infetta da alcun vizio. Fece
tuttavia Plinio menzione in altro luogo di alcuno tra i Germani
che passalo aveva due giorni e due notti immerso nel vino, di
altri che bevendo trovati eransi ancora vigilanti al matlino, di
altri finalmente che gran quantità di vino bevuto avevano in un
AVANTI LI ROMYIU INVASIONE 3o5
solo bicchiere , o piuttosto iu un sorso , giacché uè respirato , ivi
sputato avevano nel sorbire ; ma questi riguardare si debbono co-
me esempli parziali, non infrequenti ancora tra i Parti, tra gli
Sciti, tra i Persiani, e come scritto aveva Platone , tra tutte le
Dazioni bellicose. Passò tuttavia presso molte genti in proverbio ,
a' tempi però soltanto di Plinio, che i Germani quanto più be-
vevano , tanto più mostravansi sitibondi.
Di pigrizia , di iattanza.
Della pigrizia, da alcuni scrittori ai Germani rinfacciata, si
è già detto di sopra che questa ridueevnsi all'ozio dei guerrieri,
i quali dal campo tornando o dalla caccia, leuevansi in riposo,
non pigliandosi alcuna cura delle faccende domestiche ed agrarie.
Diodoro parlò altresì della superbia, della jattanza, e di una co-
tale vanità d' ingegno degli antichi Germani ; questa però riduce-
vasi a qualche lode iperbolica colli quale alcuno magniGcavasi ,
mentre disprezzo mostrava degli altri ; alle minaccio frequenti e
alle esagerazioni del proprio merito, per le quali Diodoro slesso
li paragonava ai tragici esaltati. Ma questo non era al più che il
costume de' guerrieri che andavano e tornavano dalle pugne, e di
fatto nota Tacito che Maroboduo non era punto continente nel
vantare le sue gesta, e nel vomitare ingiurie contra i uemici. Di
vanità altronde non potevano accagionarsi Civile e i Baiavi suoi
seguaci , se ostentare volevano una flotta o una squadra navale ,
e se coli' apparato della medesima credevansi di iueulere terrore
ai nemici.
Di amore delle risse.
Rissosi dichiarò «Strjboue i Galli ; Tacito dei Germani lasciò
scritto soltanto che frequenti erano tra di essi le risse, come d'or-
dinario tra i vinolenti, il che importerebbe che difetto non fosse
generale della nazione; nò dee sembrare strano, come nota lo
stesso Tacito, che di rado andassero a finire quelle liti in contu-
melie , più spesso producessero le ferite e la morte; il che dal
Cluverio fu attribuito a sentimento generoso della nazione, non
fatta per tollerare le ingiurie.
Disciplina dei conju^ati.
Giova ora parlare delle domestiche società , dei matrimonj e
della educazione della prole. Vedemmo già che severa presso gli
antichi Germani era la disciplina dei conjugati ; che come cosa
Cosi. Fot. IX. dell'Europa 20
3o6 COSTUMI ED USAKZK DEGLI ANTICHI GERMANI
santa rìguardavasi il matrimonio contratto in età ancora giova-
nile, e che in alcuna parte, secondo Tacito, più lodevoli non
erano i loro costumi che nella conjugaie società ; giacché i soli
quasi tra tutti i barbari, di una sola moglie contenti, la poliga-
mia non ammettevano , eccettuati soltanto alcuni pochi i quali
non già per libidine, ma per la nobiltà della stirpe, di molte
nozze si onoravano. Altrove Tacito stesso quelle città commenda,
o quelle tribù, nelle quali solamente le vergini aspirare potevano
alle nozze , e una volta sola transigevasi colla speranza e col voto
della sposa , cosicché le vergini un solo marito ricevevano come
un corpo solo ed una sola vita , nò alcun pensiero avevano al di
là , né alcun desiderio più lontano , affinchè non tanto il marito,
quanto il matrimonio amassero ed apprezzassero. Quelle parole
di Tacito nelle quali si accenna la poligamia dei Principi o dei
nobili , ricevono una dilucidazione da quello che Cesare narra di
Ariovisto , Re dei Marcomanni , il quale due mogli aveva, 1' una
della nazione degli Svevi , l'altra Norica , sorella del Re Vocione,
che dallo stesso gli era stata mandata. Questa licenza non era
forse più antica di quella età, e invano si cercherebbe col Clu-
veno di trovare che ai Germani comunicata fosse dalle vicine na-
zioni, cioè dai Surmati o dai Geli. A noi basta il potere asse-
rire che comune non fosse la poligamia tra i Germani; e somma-
mente lodevole altronde dee apparire la loro consuetudine, che
alle sole vergini permetteva di aspirare al matrimonio e alle mo-
gli toglieva qualunque speranza di un secondo imeneo. Alcuna
degli scrittori non accenna che si riguardassero come leciti i matri-
moni tra i consanguìnei e massime tra i più vicini, benché questi
congiugnimenti ammessi fossero da altre antiche nazioni, e benché
Cesare dei Britanni scrivesse che sino a dieci o dodici le mogli
avevano in comune, e più sovente i fratelli coi fratelli, i padri coi
figliuoli, \eduto abbiamo altronde che tra i Germani grandissima
lode meritavano coloro che per lunghissimo tempo tra gli impu-
beri rimanevano, perchè di più alta statura riuscivano, più forti
e nerboruti ; e che a grande vergogna reputa vasi l'avere cono-
scenza di una femmina avanti l'età di veut' anni , il che viene
confermato anche da Tacito, che tarda appella la Venere dei gio-
vani , inesausta la pubertà, e pari in forza gli sposi, dai quali
prole naseuva emula del paterno vigore.
AvAmt lì ROMANA urfASlOM 3oy
Doti e costumi nuziali.
Quanto alla dote , Tacito ci insegna elio non la moglie al
marito, ma bensì il marito alla moglie la offerì v*. Intervenivano
all'atto nnxiale i genitori degli sposi ed i congiunti, e i doni
offerti approvavano; doni, soggiugne lo storico, non ricercati per
le muliebri delizie, né per l'ornamento della oovelln sposa, ni»
bensì consistenti in buoi , in un cavallo già tollerante il freno ,
in uno scudo con una lancia e una spada ; e con questi doni la
sposa accoglievasi , non ree nulo fessa a vicenda se non qualche
parte di armatura. Questo, segue a dire Tacito, credevano i Ger-
mani il massimo dei vincoli, questi i sacri arcani, questi gli Dei
conjugali : affinchè la donna non si reputasse lontana dal pensiero
della virtù o delle vicende della guerra, cogli stessi auspici del
matrimonio veniva ammonita , che alle fatiche ed ai pericoli si.
associava; che tolleranza ed ardire mostrare doveva egualmente
in pace ed in guerra, la quale cosa gli annunziavano i buoi ag-
giogati, il cavallo bardato e le armi donate; che cosi vivere,
così morire doveva , e finalmente che quelle cose riceveva che
inviolate e degne di loro rendere dovesse ai figliuoli, quelle che
le nuore a vicenda riceverebbero e trasmetterebbero ai nepoti.
Queste parole troppo sono chiare e troppo al vivo rappresentano
i costumi nuziali dei Germani, perche abbiano bisogno di alcun
commento. Di fatto lo storico slesso, parlando di Arminio , dice
che nell'esercito suo trovavansi illustri femmine, tra le quali la
moglie di Arminio , e la stessa figliuola di Segeste con virile
animo, più dal maritale amore che dal paterno incoraggiata.
Minore maritale.
In prova dell'amore dei mariti verso le mogli citasi il passo
di Tacito, già da noi riferito, nel quale si narra che alcune bat-
taglie quasi perdute ravvivarono le femmine colla costanza delle
loro preghiere, col mostrare ai guerrieri i loro petti e coli' addi-
tare loro la vergogna della cattività , che essi assai meno tollera-
vano udendo che rinfacciata era loro dalle femmine. Potenti erano
adunque le preghiere di queste , efficacissimi i rimbrotti , il che
certamente indicherebbe negli uomini amore e rispetto; e di Ar-
minio stesso si narra che più della naturale sua violenza lo agi-
tava il pensiero della sposa rapita, e della moglie all'altrui do-
minio assuggettata. Della pudicizia altronde delle donne tra gli
3o8 COSTUMI ED i-sanie degli' antichi germani
antichi Germani, rende Tacito luminosa testimonianza, dicendo
che ben custodita essa era , non esposta alle seduzioni degli spet-
tacoli, e non porrotta dal solletico dei conviti: quindi è che i
Principi Frisii in epoca posteriore condotti a Roma nel teatro di
Pompeo, ignari totalmente degli spettacoli, non dilettavansi de'giuo-
chi , ma attoniti contemplavano gli spettatori seduti, le distinzioni
degli ordini , e chiedevano quali fossero i cavalieri , quali i sena-
tori. Il Cluverio avvisò che più ben custodita fosse la femminile
pudicizia, perchè, come già si disse altrove, gli uomini e le
femmine egualmente i segreti delle lettere ignoravano , e credette
da questo derivato il costume antico della Sassonia e di altri
paesi settentrionali , nei quali come cosa indecente riguardavasi
che le femmine sapessero leggere.
Puerperio.
INulla si raccoglie dagli antichi scrittori latini intorno al parto
delle antiche donne Germane; Strabone soltanto , parlando degli
Spaguuoli dei quali i costumi disse, tanto tra gli uomini come
tra le femmine, comuni a quelli dei Celti, dei Traci e degli
Sciti, notò che le mogli dopo il parto i mariti ponevano a gia-
cere al loro luogo, ad essi rendevano servigj come a puerpere,
e mentre alle cure domestiche attendevano, spesso i bambini la-
vavano e nelle fascie gli involgevano, immergendoli talvolta nei
fiumi. Narra pure quel geografo di una donna condotta a lavorare
i campi di un Marsigliese, che sorpresa dai dolori del parto non
lontano dal luogo del lavoro, si trasse in disparte e, partorito il
bambino, al lavoro tornò, affinchè la mercede non perdesse;
soggiugne che il padrone avvedutosi del fatto , la mercede le ac-
cordò tosto e congedolla , e che essa portato avendo da prima il
bambino ad una sorgente, lavollo e involto in alcuni panni, sano
e salvo recollo alla sua casa ; la cosa stessa narra Diodoro di una
donna Ligure , ed Aristotele già notato aveva dei barbari in ge-
nerale che i bambini appena nati nelle acque fredde di un fiume
immergevano, e che altri, come i Celti, con pochi panni li
coprivano.
Favola della legittimità esplorata nel Reno.
Moki scrittori Greci e Latini , e massime alcuni poeti , par-
larono del costume dei Celti abitanti su le rive del Reno, di
esplorare la legittimità della prole , immergendo i bambini in
AVANTI LA ROMANA INVASIONE -ni)
quel fiume, il quale rapiva eolle sue onde gli spurj , e i legitti-
mi sostenuti a galla rendeva alle mani tremanti della madre.
Giova però osservare , elie questa favola non è stata messa in
campo se non che nel III. o IV. secolo Cristiano, da Giuliano
Cesa re , «la Gregorio Nazianzeno , da Teofilatlo e da Nonno, e
ehe , mentre i più antichi parlato non avevano che del costume
di immergere i bambini nelle acque più fredde de' fiumi affine
di rinvigorire la loro costituzione, costume da Galeno attribuito
particolarmente ai Germani, i poeti più recenti e tra gli altri
Claudiano, forse cosi minore verità che con poetica licenza, scris-
sero che i Celli nei vortici del Reno esploravano la legittimità
dei nati bambini.
Prole non limitata. Educazione»
Da un passo di Tacito da noi altrove allegato si raccoglie,
elio vietato era tra i Germani il limitare o il troncare il numero
della prole, come pure l'uccidere alcuno degli agnati, sotto il
craal mane Giusto Lipsio credette indicati i figliuoli. Volle certa*
mente Tacito distinguere con quelle parole i Germani da altre
antiche nazioni, che lecito credevano il limitare il numero della
prole, ed anche 1 uccidere i bambini che alimentare non poteva-
no , come Strabone tra tutti i costumi degli Egizj quello com-
mendò per cui la prole , per quanto numerosa fosse , nutrivasi.
Del rimanente Tacilo lodò grandemente le cure della educazione
de bambini , asserendo , come già si accennò , che ciascuna madre
gli allattava, né mai confidavano essi a nutrici o ad ancelle. Male
a proposito opinò il Cluverio che in quell'asserzione compresi;
fossero soltanto le femmine più illustri , le mogli dei capi , giac-
ché le altre non avevano serve o schiave. Col vocabolo di ancelle
indicate sono presso gli antichi scrittori tutte le femmine che al-
oni servigio prestavano, e Tacito volle soltanto esprimere l'idea
che la educazione de' bambini dalle madri in generale sosteneva*
si . nò mai a nutrici o ad altre donne si commetteva.
Educazione, dell* adolescenza.
Dei Celti lasciò scritto Aristotele , che i bambini con pochi
panni coprivano; ma questo non potrebbe asserirsi dei Germani,
che Tacito disse tenersi nelle case nudi e sordidi. Altrove accen-
nò lo storico medesimo che per mima cultura della educazione
distinguevasi tra i Germani il padrone dal servo , ma che tutti
;>I0 COSTUMI Ut» USASZE DEGLI ANTICHI 6EI\MAJ(I
tra gli stewi bestiami e su lo stesso terreno vivevano. Poco favo-
revole alla educazione della età più matura sarebbe il detto di
Cesare , che le forze nutriva e uno straordinario incremento
de' corpi produceva il non essere i fanciulli ad alcuno ufficio e
ad alcuna disciplina accostumati , e il non essere mai costretti a
fare alcuna cosa contra la loro volontà; ma lo stesso Cesare nota
altrove dei Germani medesimi, che da piccioli accostumavansi alla
durezza del vivere ed alla fatica. Leggesi altronde in Pomponio
Mela che gli impuberi nudi camminavano nel maggior rigore del
freddo, e che lunghissima era tra di essi la puerizia, cioò sol-
lauto in età matura puberi si dichiaravano. Invano si vorrebbe
accomunare ai Germani quello che Cesare dei Galli accennò ,
notando altresì che in questo da tutti gli altri popoli si distin-
guevano; cioò che i genitori non permettevano giammai che pub-
blicamente conversassero seco loro i figliuoli se non che giunti
alla adolescenza , cosicché portare potessero le armi , e che cosa
vergognosa credevasi che un figliuolo in puerile età in pubblico
comparisse col genitore. Inoperosi tuttavia non erano nelle fami-
glie i figliuoli, perchè ragionando Tacito dei servi, di condizione
però ben diversa da quella in cui erano tra i Romani , dice che
non avevano ministerj descritti o assegnati ; che ciascun capo di
casa reggeva le cose sue , e che il padrone al servo ingiugueva
.soltanto una misura o un tributo di grano, di pecore, o di ma-
terie vestiarie , non altrimenti che ad un colono ; che del rima-
nente tutti gli uffizj della casa disimpegnati erano dalla moglie
e dai figliuoli. A questo si riferisce forse il detto di Diodoro, che
alle mense servivano i più giovani, tanto maschi quanto femmine,
non ancora usciti dai limiti della puerizia.
fermatura de' giovani.
Giunti i Germani ad età matura armavansi , ma assumere non
potevano le armi se la città o l'assemblea del comune non lo appro-
vava , cioè se idonei non li reputava ad armarsi. Può credersi tut-
tavia che gli impuberi si esercitassero non solo nel maneggio delle
armi, ma anche nella equitazione, perchè Tacito, lodando la
fanteria dei Catti e la cavalleria dei Tenteri , dice che queste le
istituzioni erano dei maggiori , imitate dai posteri , questi i giuo-
chi de' fanciulli e le gare dei giovani , nelle quali i vecchi per-
severavano. Goffamente immaginò il Cluverio su queste parole di
AVANTI LA. ROMANA INVASIONE 3ll
Tacito , che i fanciulli cavalcassero un bastone , i giovani più
adulti montassero a cavallo.
Eredità. Successioni.
I figliuoli delle sorelle, secondo lo storico medesimo, tenuti
erano in eguale onore presso lo zio, come presso il padre; sog-
giugne egli altresì che alcuni come più santo e più stretto riguar-
davano quoto vincolo del sangue ; uè bene indicare si saprebbe
perchè meno considerati fossero i figliuoli de' fratelli , qualora non
si supponesse con alcuni critici maliziosi che questo avvenisse per-
chè più certa era la prole delle sorelle. Eredi e successori erano
però in ciascuna famiglia i figliuoli , e non conoseevasi alcun te-
stamento. Tacito nota , parlando dei Catti e dei Teiiteri, che tra
le famiglie, e i Penati, e i diritti delle successioni , eonsegna-
vansi i cavalli , e che il figliuolo li riceveva , non già il primo-
genito, ma il più feroce, il più valoroso nella guerra. Se i fi-
gliuoli mancavano, soggiugne lo stesso Tacito, succedevano nel
puntamento i più prossimi di parentela, fossero questi fratelli,
o zii materni o paterni. Del rimanente quanto maggiore, dice lo
storico medesimo, era il numero dei cognati o degli affini, tanto
più riusciva piacevole la vecchiezza, nò alcun pregio compensare
poteva la mancanza della prole.
Funerali.
Dei funerali disse in generale lo stesso scrittore , che con
niuna ambizione si facevano, e che solo osservav;»si il costume di
abbruciare con certa data specie di legno i corpi degli uomini
illustri. Non sapremmo determinare se giustamente abbia da que-
sto passo dedotta il Oliverio la conseguenza, che non solo i ca-
daverì di que' personaggi distinti, ma gli altri lutti ancora abbru-
ciavansi , e non semplicemente seppellivansi sotterra, come molti
tra gli interpreti di Tacito avvisarono. Inutile e certamente il ci-
tare Diodoro , che il costume di abbruciare i cadaveri e di get-
tare anche nel rogo le lettere scritte d,ii congiunti, fondato que-
sto su la opinione della metempsicosi, attribuì ai soli Galli;
come pure lo allegare in favore del rogo la pratica di molte an-
tiche nazioni , dei Caldei , dei Persiani , degli Etioju , e dei
Traci. Antichissimo era certamente il rito di erigere il rogo nei
funerali; ma anche dei Romani notò Plinio che talvolta sotterra
i cadaveri collocavansi , terra condebantur. Potrebb' essere che i
3l2 COSTUMI ED USANZK DEGLI ANTICHI GERMANI
Germani molti dei loro defunti consumassero tra le fiamme, e
che per alcuni qualunque sorta di legne , per le persone distinte
alcuni legni più squisiti, o forse odorosi, si adoperassero: non
regnava però l'ambizione in que' funerali Germanici, e tutto al'
l'opposto facevasi dei Galli, dei quali lasciò scritto Cesare che
funerali avevano magnifici e sontuosi. Dei Celtìberi però, consan-
guinei dei Germani, riferì Solino, che nei seppellimenti e nelle
tombe non isfoggiavano alcun lusso , e che al rogo non impone-
^ano né vesti, né odori.
Continuazione.
Soggiugne Tacito soltanto, dei Germani strettamente parlando,
che a ciascuno de' defunti univansi le sue armi, e che di alcuni
anche il cavallo abbruciavasi ; il Cluverio , forse condotto più
dalla compassione di quell'animale che da alcuna autorità dei
classici latini, asserì che quel cavallo non vivo, ma già da prima
ucciso, col padrone morto abbruciavasi. Dei Galli aveva pure no-
tato Cesare che tutte alle fiamme gettavano le cose più care ai
defunti , ed anche gli animali, e sino i servi e i clienti maggior-
mente al defunto affezionati ; né però indica se vivi o scannati
da prima quegli animali e que' servi si abbruciassero. Invano si
cita Procopio , che di tempi assai posteriori ragionando , agli E-
ridi attribuisce il costume di privare di vita i vecchi e gli in-
fermi che speme di guarigione non avevano, e quello altresì di
strozzare la moglie del defunto , che fama di virtù procurare si
volesse e non essere esposta al vituperio de' congiunti. Procopio
parlò di tempi più recenti , e a stabilire quest' uso presso tutti i
Germani non gioverebbe il dire che eguale era la pratica dei
Greci, dei Traci e degli Indiani, presso i quali tuttora si con-
serva quella barbara costumanza.
Tombe.
Il sepolcro o la tomba erigevasi , secondo Tacito , con zolle di
terra ; sprezzavano i Germani l'arduo e faticoso onor di un mo-
numento, come grave ai defunti medesimi,- quindi è che Germa-
nico stesso nello erigere un tumulo alle reliquie delle legioni pe-
rite con Varo, pose di sua mano la prima zolla di terra. A Vi-
nato nelle Spagne venne innalzato, al dire di Appiano, un al-
tissimo rogo e molle vittime furono sacrificate , e mentre ardeva
il fuoco , esercitaronsi all' intorno nelle corse cavalieri e fanti , e
AVANTI LA ROMANA INVASIONE 3l3
si diede ancora uno spettacolo di gladiatori . ma troppo facil-
mente si persuadette il Cluverio che lo stesso dai Germani si
praticasse nei funerali delle persone più illustri; né ai costumi dei
Germani, ma a quelli bensì dei soldati Romani, appartengono le
corse annuali fatte intorno al sepolcro onorario di Drnso presso
Magonza , menzionate da Svetonio. Che si celebrassero per lungo
tempo coi cantici tra i Germani le gesta di Arminio defunto ,
chiaramente si raccoglie da Tacito; ma non egualmente è chiaro,
come sembrò al Cluverio , che un elogio degli illustri defunti si
pronunziasse tra mie' popoli , perche Appiano con barbaro rito lo-
dato disse dagli Spaglinoli lo spento Viriato. Beusi notò Tacito ,
fors' anche de' Germani più antichi , che ben presto cessavano tra
di essi i lamenti e le lagrime, più tardi il dolore e la tristezza;
che oneste erano le lacrime nelle femmine , negli uomini com-
mendevole era la ricordanza.
Masserizie seppellite coi cadaveri.
L'Eccardo ha tentato alcune ricerche intorno alle opinioni che
i primitivi Germani nutrivano circa le anime dei trapassati, ed
ha creduto che quelle anime fossero reputate amanti anche dopo
l'estremo fato delle cose medesime delle quali pigliato avevano
piacere in vita. Per questo, die' egli , seppellivansi coi defunti al-
cune masserizie, ed iii prova ne reca quello scrittore un sepol-
cro trovato presso Ilelntstadt , nel quale chiuse erano ossa semi-
bruciate di animali, armille ', anelli, fibule, afehj discriminatorj ,
pettini , armi e chiavi , mentre in altri trovaronsi ancora gemme
e monete. Ma incerta è 1 ■ epoca , alla quale quel sepolcro debba
riferirsi, non essendovi alcuna iscrizione o altro segnale che 1 età
ne attcsti, e forse non fu «.-retto quel tumulo se non nell'epoca Ro-
mana , nella quale già accostumati cransi i Germani all'uso degli
ornamenti e di diverse masserizie di lusso che vedemmo in tempi
più remoti ad essi totalmente incognite.
Monumenti detti dei Giganti.
Egli è questo piuttosto il laogo di parlare di «[negli enormi
macigni, o «li quelle grandi masse di pietre accumulate, che rin-
venute si sono in molte parti della Germania , in altre dei paesi
settentrionali e sino nella Britannia. Nei secoli della ignoranza fu-
rono questi monumenti creduti opere dei Giganti , e nella Ger-
mania stessa con alcuni vocaboli della nazione vennero appellati
3 li COSTVMI ED USANZE DEGLI ANTICHI GERMÀNI
lei ti dei Giganti o sepolcri degli Unni , che per la grandezza
dello opere loro Giganti credevansi. L' Eccardo ha impiegato un
lungo paragrafo delle sue Origini Germaniche nel provare che
di alta statura beasi e di fortissima costituzione erano gli antichi
Germani, ma non mai Giganti, come creduto aveva il Conrinsrio.
Sembra assai probabile che quegli enormi mucchi di pietre fos-
sero monumenti sepolcrali , eretti dalla moltitudine e talvolta dalle
intere nazioni , a coloro che segnalati si erano nelle guerriere loro
imprese, a distinzione dei soldati gregarj ai quali, come vedem-
mo, con semplici zolle di terra la tomba si costruiva. Più fre-
quenti sono que' monumenti là dove abitarono , o colonie manda-
rono i Sassoni; quindi nella Vestfalia, nella Frisia, uell'Olsazia,
nell'antico paese de' Goti , nella Danimarca slessa, nella Norve-
gia , nella Scauia e nell Inghilterra , dove tuttora ammirasi la più
celebre di quelle moli gigantesche detta Stonchenge , sei miglia
lontano da Salisbery. Alcuni di que' monumenti , probabilmente
sepolcrali, singolarissimi certamente ed appartenenti ad epoca assai
remota , si vedranno nella nostra Tavola 38 rappresentati. Il Ri-
ddo che gran parte di un volume consumò inutilmente nel con-
futare la favola dei Giganti, studiossi di provare la vera desti-
nazione di quelle opere grandiose colle reliquie delle ossa trovate
in alcune urne sotto le medesime ; e la favola suddetta si accre-
ditò, perchè in alcune tombe dell Hannover trova rousi colle umane
mescolate ossa di animali grandissimi , e sino un dente volumi-
noso di animale ignoto secondo il Leibnitzio , che tutte credute
furono ossa umane. Iugaunossi però l' Eccardo il quale opinò che
culto divino renduto fosse ai defunti dai più antichi Germani ,
perchè alcuni di quei macigni o di que' mucchi di pietre servito
avevano di are. In que' sepolcri trovate furono talvolta pietre ro-
tonde e forate , che probabilmente ad una fune si accomanda-
vano, od anche cuneiformi, che conficcate in un bastone servi-
vano di spade o di scuri, e così pure coltelli di pietra ed altre
simili armi , delle quali parimente come di monumenti antichis-
simi , si sono da noi esposte le figure nella Tavola 3g. Nei se-
polcri dell' Olsazia rinvenute furono anche spade o pugnali di ra-
me ; ma questi forse, come le armille , gli aghi crinali ed altri
ornamenti, non possono reputarsi opere dei Germani più antichi,
e di l'atto su di un anello trovalo in una tomba del ducato di
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AVANTI LA. ROMANA INVASIONE 3 1 5
Brema, si leggono quattro lettere incise in caratteri Romani. L'Ec-
cardo e d'avviso, che a que' sepolcri fossero talvolta annessi i cosi
delti luci o boschi sacri; ma questo, se pure avvenne, non ebbe
luogo se non dopo che mie' monumenti sepolcrali trasformati fu-
rono in are, ed agli Iddìi consacrati.
S/>i<*ga:ìone di alcune Tavole.
Non chiuderemo questo discorso dei costumi e delle usanze
dei Germani avanti la Romana invasione , senza presentare e spie-
gare alcune Tavole che servono a compiere la descrizione degli
abiti dei Germani in que' tempi remotissimi. Siccome di sopra si
è ragionato delle pecore e delle greggie che la sola ricchezza di
alcuni popoli costituivano, e della caccia the ad altri quasi esclu-
sivamente forniva l'alimento, così nella Tavola 4° si sono rap-
presentati colle nonne dal Cluverio indicate gli abiti degli anti-
chissimi pastori e cacciatori Germani. Gli uni e gli altri veggonsi
seminudi , e coperti soltanto dietro le spalle da que'manti di pelli
di fiere dei quali si è piò volle fatta menzione,- in alcuni di essi
veggonsi quelle zone o striscio , pure da noi rammentale , che
annunziano una diversità di colore o anche l'inserimento di una
direna sorta di pelli. Il cacciatore che reca sul dorso parte della
preda e la di lui moglie che porta un fanciullo aggrappato al di
lei collo, sono vestiti di pelli più ispide ; la donna strigne colla
destra un fascio di dardi ; un cane li segue. La Tavola 4* con-
tiene altri abiti degli antichi Germani descritti dallo slesso au-
tore ; vi si veggono un uomo e una donna, l'uno e l'altra colle
chiome ondeggianti sulle spalle e col manto consueto; il primo
tiene una specie di scure o di zappa, che potrebbe farlo credere
agricoltore, la seconda una specie d'otre tessuta di vimini ; si
veggono ancora in questa Tavola le antiche forme dei Germanici
caliamenti, e nella medesima si sono altresì rappresentati alcuni
antichi Germani viandanti, l'uno dei quali ha i capelli raccolti
in una specie di ciuffo su la sommità del capo, come altrove si
è indicato; nella Tavola lyì. finalmente si osserva una famiglia
sedente o addormentata intorno al focolare, e questa rappresen-
tazione trovasi perfettamente conforme alle descrizioni che della
vita domestica dei Germani ci hanno trasmesse i più antichi
scrittori.
3iG
DeLL\ MlLlZU DEGLI ANTICHI GeRMA
M,
Indole guerriera dei Germani.
£\. dimostrare lo spirito guerriero dei Germani primitivi e a
farli annoverare tra le nazioni più bellicose, basterebbe quello che
Tacito dice di molti giovani illustri, i quali nati la una città
lungamente nell'ozio della pace intorpidita, recavansi alle altre
nazioni che qualche guerra avevano, perciocché ingrato era a
quelle genti il riposo, e più facilmente nei rischi i giovani si
distinguevano. Parla però Tacito in quel luogo dei soli capi o
Principi, o di coloro che col favore de' Principi stessi eransi in-
granditi , soggiugnendo che soltanto colla violenza e eolla guerra
poteva da que' giovani mantenersi un grande corteo, giacché dalla
liberalità dei Principi stessi ottenevano ora un cavallo di batta-
glia, ora una spada sanguinolenta e vittoriosa, e anche la rapina
nelle guerre materia diveniva di munificenza. Ad essi non persua-
deresti, continua quello storico, di arare la terra, o di attendere
i frutti dell'annata j ma bensì più facilmente di provocare nemici
e di procacciarsi ferite \ che anzi inerzia e dappocaggine reputa-
vasi lo acquistare col sudore quello che ottenere potevasi col san-
gue. Queste parole servono di rischiarimento a quelle già riferite
di Cesare, che onorevole reputavasi ai popoli ed alle città lo a-
vere assai lontani i confini del proprio territorio, quand'anche le
devastazioni spargesse/o all' intorno 1' errore della solitudine : al-
trove Cesare stesso rimproverò agli Ermunduri e ai Catti una
cotale libidine di tutto decidere colle armi , libidinem cuncta ai"
mis agendi. Veduto abbiamo altronde che nei matrimonj e nelle
doti non si consegnavano che armi, e che tutto il treno nuziale
spirava 1' ardore marziale della nazione. Da questo e dal vedere
che nelle faccende pubbliche e private gli antichi Germani coni-
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DELLA. MILIZIA. DEGLI ANTICHI GERMANI 017
parivano armati , trasse il CJuverio argomento a conchiudare che
tutta la loro vita altro non era clic una milizia.
Disciplina militare.
In mezzo però a tanto spirito guerriero, alcuna disciplina
militare non vorrebbe da molti eroditi attribuirai ai Germani, su
l'appoggio principalmente di Seneca e di Vegezio , il primo dei
quali, parlando della disfatta dei Cimbri e dei Teutoni , dice
soltanto che l'ira teneva in essi luogo del valore, il secondo,
intento solamente a magnificare i Romani, disse che questi col-
l'esercizio delle armi, eolla disciplina e colla tattica militare,
benché piccoli di statura, superati avevano i grandissimi Germa-
ni. Queste parole di autori Latini, molto posteriori all'epoca in
cui i Germani vivevano isolati e turbati non erano dalla Romana
usurpazione, non bastano a provare che di una particolare bellica
disciplina, e per cosi dire di una tattica nazionale, quo' popoli
assolutamente mancassero. Frontino di fatto, parlando delle guerre
dei Germani sotto Domiziano, nota che secondo l'antico loro
costume tendevano imboscate ; che dalle macchie uscivano all'im-
provviso ad assalire i Romani, e un sicuro riparo preparavausi
nelle selve più oscure ; che Arminio munite aveva di truppe le
selve medesime, chiusi i passaggi, e con rapide marcie prevenuta
l'armata nemica carica d'arme e di bagagli j finalmente che i
Bruttai , i Tubanti , gli Usipeli , vinti non furono, se non per-
chè troncata fu loro la ritirata che disposta si erano j altrove os-
serva lo stesso Frontino che immobili si tennero i Germani, men-
tre 1' esercito Romano entro i boschi stendevasi, poi cominciarono
a pizzicare i lati e la fronte, e con tutte le loro forze scaglia -
ronsi alfine contro i guerrieri che da ultimo giuguevauo. Lo
stesso Tacito , parlando dei combattimenti tra i Ciu-rusci e i Mar-
coniarmi, accennò che i combattimenti con eguale speranza dal-
l'una o dall'altra parie erano diretti, non più, die'egli, con
vaghe scorrerie o squadre staccate, come in epoca più antica
presso i Germani costumavasi , giacché coi Romani combattendo,
imparato avevano a seguire i vessilli, a rafforzarsi coi sussidj, ad
obbedire ai comandi. Era certamente questa la tattica più recen-
te, ma una più antica i Germani ne avevano accomodata ni loro
costumi , e forse alle circostanze dei paesi loro e delle loro ar-
mate. Altrove Tacito ai Catti ed anche ai Germani in generale
3l8 DELLA MILIZIA
molto raziociuio e molta diligenza attribuisce , nello scegliere cioò
i capi, nello ascoltare i comandanti, nel conoscere gli ordini, nel
cogliere le occasioni, nel frenare o ritardare l'impeto, nel di-
sporre il giorno della battaglia, nel fortificarsi la notte, nel con-
tare più sul duce che su l'esercito, nel collocare la forza mag-
giore nei fanti , finalmente nell' annoverare la fortuna tra le cose
dubbie, tra le certe il valore,* quindi i Catti ben sapevano, che
proprio era della cavalleria Y innoltrarsi prestamente alla vittoria
ed il cedere prestamente il campo , giacche la velocità era socia
del timore , il temporeggiare più vicino era alla costanza. Parlava
bensì lo storico de' tempi suoi , ma non dissimulava pertanto che
questo era antico costume della nazione.
Arme difensive aderenti alla persona.
Quanto alle armi delle quali facevano uso que' popoli, giova
distinguerle in quelle colle quali si copriva o si proteggeva la
persona , e in quelle che si adoperavano per offendere il nemico.
Suddividonsi le prime nei ripari aderenti alla persona medesima,
e in quelli che nelle mani portavansi. Pochi, dice Tacito, muniti
erano di loriche o di corazze , e appena alcuno vedevasi armato
di elmo • altrove nota egli stesso che nudi pugnavano o vestiti di
un sajo corto e leggiero, il che tutto annunzia il coraggio e l'ar-
dire di que' popoli , che molto non curavansi di coprire il corpo
con pesanti armature. Se Tacito chiamò altrove i Germaui terri-
bili , perchè coperti di pelli di fiere e armati di dardi grandis-
simi , parlò solo di que' guerrieri che al seguito militavano di
Germanico, non dei più antichi, quindi nel libro II. degli An-
nali disse in generale , che non corazza , non elmo il Germano
portava. Dei Galli non dei Germani scrisse Diodoro , che alcuni
avevano loriche di ferro ed anche squamose, altri contenti di
quello che la natura loro forniva, nudi combattevano ; e il solo
Plutarco ferree loriche attribuì ai Cimbri. Col detto di Tacito che
pochi un cimo o uà cimiero portavano , si accordano Erodiano e
Dione , dicendo il primo che gli arcieri studiavansi di ferire il
capo nudo dei Germani, il secondo che essi generalmente col
capo nudo pugnavano. Già vedemmo che i Principi o i duci delle
tribù i capelli annodavano su la sommità del capo per solo stu-
dio di ornamento e per incutere terrore nelle guerre , rialzando
in tal modo la loro statura. Plutarco asserì pure dei Cimbri, che
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DEGLI ANTICHI GERMANI 3 I Cy
eirai portavano rappresentanti il volto eli alcune fiere e figuri inu-
sitate, i quali muniti su la sommità di creste, più alti sembra-
vano. Di quegli elmi mostruosi si vedranno alcuni esempj nella
Tavole 4^ j H c 1^> nelle quali si sono delineati alcuni antichi
guerrieri Germani. 11 Oliverio opinò che quegli elmi fossero di
l'erro, fondato forse su la interpretazione data da Isidoro ai vo-
caboli cassis aut galea di Tacito , credendo egli la prima fatta
di una lamina metallica, la seconda ili cuojo ; ma egli seordossi
forse di quella asserzione di licito stesso, che gli Ideili negato
avevano ai Germani l'oro e l'argento e che essi non avevano ne
pure gran copia di ferri) , come raccogliere potevasi dai loro dar-
di , armati di punte non metalliche. Egli ò dunque assai proba-
bile che gli elmi scarsissimi , o almeno non comuni dei Germani,
formati fossero di cuojo , o anche semplicemente della pelle di
una fiera alla (piale attaccata fosse una parte del capo , come
ornalo vedesi sovente F.rrole negli antichi monumenti.
u4.rme difensivi* portatili.
Venendo ora alle anni difensive che nelle mani porta vansi ,
trovatisi da prima gli scudi. Aon gioverebbe citare S trabone , che
parlò soltanto degli scudi assai lunghi dei Galli} ina Tacito im-
mensi disse gli scudi dei barbari , e sotto quel nome additò i
Germani che su la riva destra del Reno abitavano. Erodiauo
menzionò gli scudi angusti dei Britanni s e Polibio gli scudi
Gallici che bastanti non erano a proteggere e coprire tutto il
corpo ; ma questi passi non sono applicabili agli scudi Germanici,
come nò pure quello di Agatia elio parlò solo dei Franchi in
epoca assai posteriore, e disse- che lo scudo loro la forma aveva
di un delta. Cesare nel descrivere le sue guerre con Ariovisto ,
Re dei Mar cornarmi t dice soltanto che i soldati Germani cogli
scudi, secondo il costume loro, la falange formavano, atta a rin-
tuzzare l'impeto delie spade, (il che ancora servirebbe di prova
della scienza di quo" popoli nell'arti; militare), e che molli Ro-
mani trovaronsi , i quali , su la falange salendo , gli snidi strap-
pavano colle mani , e i guerrieri sottoposti ferivano. Onesto in-
dica bastantemente che gli scudi tutto il corpo coprivano , e che
i Romani collctti erano a spogliarne i nemici, senza di che of-
fesi non gli avrebbono. Quegli scudi, dice Tacito, non erano
consolidati col ferro, ma erano bensì tessuti di vimini, o formati
3 40 DELLA. MILIZIA
di tavolette sottili e dipiate , dal qual nome di tavole o tavolette
trasse il Cluverio la conseguenza che piatti fossero quegli scudi, non
concavi, né convessi. Difficilmente potrà ammettersi, siccome non
fondata su di alcuna autorità o su di alcun monumento antico,
la distinzione introdotta dal Cluverio, che piane fossero bensì
quelle tavole , arcuate o sinuose le corteccie , perchè cosi fatte
gli alberi le fornivano j Tacito disse solo dei Li gii, dei Gotoni ,
dei Ragli e dei Lemovi , che scudi rotondi portavano j Sidonio
Apollinare ne descrisse la punta centrale o 1' ombelico, ne de-
scrisse anche i colori , e tra gli altri il nero e il fulvo , ma par-
lò certamente di tempi posteriori ; come dei Galli di epoca più
recente, non dei Germani, lasciò scritto Diodoro, che scudi ave-
vano proporzionati alla statura dell' uomo , ed ornati delle loro
proprie insegne. Tacito notò appena che con sceltissimi colori
erano distinti gli scudi Germanici , e il solo Quintiliano narrò
che in uno scudo Mariano-Cimbrico dipinta era l'immagine di
un Gallo. Dall'odierno costume di contrassegnare con fascie gli
scudi blasonici degli stemmi, per il che si dissero trabeati, de-
dusse importunamente il Cluverio la conseguenza che fascie vi
avessero negli antichi scudi dei Celti o dei Germani.
aerine offensive. Spade.
Quanto alle spade, lo stesso Tacito asserì che rari tra i Ger-
mani erano coloro che delle spade si servissero, dal che tosto
inferì il Cluverio che di spada armati fossero i più ricchi, i più
nobili o i Principi. Diodoro però disse in generale dei Galli e ,
come vorrebbe il Cluverio , anche dei Germani , che lunghissime
spade avevano pendenti al destro lato da catene ferree o di ra-
me , il che solo basterebbe a mostrare che ai Germani non era
quel detto applicabile. Plutarco tuttavia scrisse dei Cimbri, che di
grandi e pesanti spade facevano uso, e Diodoro dei Celtibcri, che
spade portavano a due tagli , fabbricate di ottimo ferro : Vegezio
parlò di grandi spade e di piccole, che mezze spade dicevansi
presso i Romani; ma difficile sarebbe il provare che i Romani
il modello di queste armi pigliato avessero dai Galli o dai Ger-
mani. Dei Rossolani disse lo stesso Tacito che spade lunghissime
con ambe le inani agitavano, ma que' popoli Germaui non erano,
bensì Sinuati. Inutile altronde riesce la ricerca dei varj costumi
delle nazioni a questo proposito, e quella principalmente del mo-
IiIltiLI ÉBTICHI CKUMÀNI .)>. I
livo per cui alcuni popoli portassero la spada pendente al destro
lato, altri al .sinistro.
Lancia , dardi.
Là dove Tacilo scrive, che rare tra i Germani vedevansi Iti
spade, sogghigno che pochi altresì scrvivansi di grandi lancie,
majoribus ìanceis , e che gli altri portavano aste o dardi; Dio-
doro descrive trae' dardi o quelle aste, dicendo che si lanciavano,
e che il ferro loro era della lunghezza di un cubito o anche
maggiore, non mollo minore di un mezzo palmo la larghezza del
ferro medesimo ; e per onesto forse scrisse Plutarco dei Cimbri ,
che invece di dardo aveva ciascuno una bipenne , il che quasi ci
condurrebbe alla forma delle armi porlate in Italia dai Longo-
bardi. Silio II. dico, forse troppo poeticamente, ha posto in man »
a Grisso , duce dei Boti , un' asti nodosa , e quasi una trave di
quercia all'estremila abbrustolata. Strabone menzionò più volte
le aste o i dardi dei Galli, che si assomigliavano in qualche
modo ai dardi Persiani. Le aste però che Tacilo nominava
frameas , armate erano di un ferro corto e stretto , ma acutissi-
mo , col quale pugnavasi da vicino e da lontano , maneggiandosi
l'asta a piacere a guisa di spada, o gettandosi a guisa di già ve -
lotto. 1 Cherusci , secondo lo stesso scrittore , armati erano di
grandi aste che da lungi ferivano , ed altrove; quelli» storico no-
mina le aste enormi , i dardi ingenti , le aste lunghissime, le Jan
eie e gli scudi dei cavalieri, i dardi che i fanti vibravano. Grave
errore fu certamente quello di Isidoro che la framea di Tacito
interpretò per una spada a due tagli. Pretende il Cluverio che i
Germani facessero uso anche di piccioli dardi, il di cui ferro lo>
se tuttavia più lungo di quello delle spade , ma questo non può
egualmente dei Germani come dei Galli asserirsi , ed invano ra-
giona a lungo quello scrittore del gaesus dei Galli, e dei Ga-
sati scesi nella Italia ; al più potrebbe ammettersi , che Tacito
indicato avesse due generi di lancie, alcune grandissime, altre
minori o più corte ; ma un puro sogno è il supporre che dardi
tortuosi avessero i Germani , simili a quelli che fiammeggianti si
pongono in mano ai cherubini. Le aste velitari , quelle descritte
da Vegezio come armale di un ferro triangolare , quelle dette
pili e spicula , i veruti , il dardo agreste , detto sparus da
Nonnio Marcello e da Virgilio , altro genere di dardi detto ru-
Cost. dell' Europa Voi. IX. -ai
3aa IJKLLA MILIZIA
ìiie.r , la ronfca , le caie j e ed alire simili armi, appartengono a
tutt altre nazioni, e non mai ai Germani: bensì può credersi
che le cateje, lanciate, come scrive Virgilio, con rito Teutonico,
una specie fossero di clava che menzionata vedesi pure da Dio-
doro e da Ammiano Marcellino, non che da Stazio, da Plinio,
da Strabene e da altri talvolta anche ferrata o munita di ferro
tagliente. Dei Fenni notato aveva Tacito che la speranza loro ri-
ponevano soltanto nelle saette armate di ossa invece di ferro ; e
\ egezio disse che terribili anche ai Romani erano i numerosi sa-
gitlarj dei Goti. Non mai però presso i Germani più antichi
vedesi fatta menzione di archi, benché Strabone noti particolar-
mente dei Galli che anche di archi facevano uso : può dunque
ragionevolmente dubitarsi che archi anticamente i Germani non
avessero , e che le saette dei Fenni e dei Goti non fossero se
non che dardi lanciati colla mano.
Carri bellici. Cavalli.
Vorrebbe parimente il Cluverio che ai Germani più antichi
non si negassero i carri bellici , né il costume di combattere dai
carri , perchè questo radicalo vedesi presso i Britanni , i Galli,
gli Allobrogi e forse altri popoli dell'antichità. Tacito non par-
lò certamente di carri, e se Diodoro sotto il nome di Galli
comprese anche i Germani, narrò soltanto che nei viaggi e nel-
le pugne facevano uso di bighe che il cocchiere e il guerriero
portavano, e che questo scendendo talvolta dal carro, veniva
colla spada a conflitto col nemico. Bensì molto uso facevasi dai
Germani di cavalli al dire di Cesare, giacché, sebbene essi non
ricevessero i bellissimi giumenti della Gallia , quelli, che nel pae-
se loro nascevauo, tutto che piccioli e di forme non belle, col
quotidiano esercizio riducevano atti a gradissime fatiche. Pugnan-
do a cavallo , segue a dire lo stesso Cesare , scendevano sovente
e a piedi combattevano , né i cavalli punto si allontanavano , per-
chè accostumati a rimaner in quel luogo , affinchè ben presto i
guerrieri potessero all' uopo riprenderli. Tacito altronde nota che
i cavalli Germani cospicui non erano , né per le forme , né per la
velocità, né accostumati a variare i loro giri, ma una linea retta
nel corso loro descrivevano, o al più a destra giravano con esat-
ta conversione , così unita rimanendo la schiera che alcuno non
traltenevasi indietro. Altrove nota Cesare che la pugna equestre
DEGLI ANTICHI ttKKVUNI 3?3
era il genere nel quale maggiormente i Germani venivano eser-
citati , e che in egual numero seguivano la cavalleria i fanti,
pronti sempre a prestare ad essa ajuto ed a raccogliere O custo-
dire coloro che , ricevuto avendo grave ferita, cadevano: secondo
Plutarco, tra i Bastami qne* fanti, saltando su i cavalli, sotten-
travano bene spesso ai cavalieri caduti. All'incontro studiavansi i
Germani nelle pugne, come Tacito narra di Arminio , di rom-
pere la cavalleria nemica e di ferire i cavalli, massime allorché
trattenuti erano dal fango o da altro impedimento, cosicele-
mie' cavalli furiosi, gettati a terra i cavalieri, i vicini stramazzi-
vano e i già stesi al suolo calpestavano.
Bardatura. Equitazione.
Sidonio Apollinare parla della bardatura elegantissima del
cavallo di un Principe (roto , e di cavalli che raggianti ciano
perchè carichi di gemme ; ma egli allude a tempi molto posterio-
ri , a quelli cioè di Segismero Principe dei Goti , e invano il
Cluverio vorrebbe quegli ornamenti attribuire ai più antichi Ger-
mani , perdio di bardature fa menzione Tacito là dove accenni
i donativi ai Germani fatti da popoli stranieri. Piuttosto accor-
deremo a quello scrittore , che nella antica equitazione non si
facesse uso di sella, sebbene difficilmente possa ammettersi che
ne' tempi più remoti i Germani si servissero invece di sella dei
ricchissimi tappeti purpurei , che Silio Italico attribuisce a Crìsso
Principe dei Boli. A provare il conto altissimo in cui la equita-
zione e massime l'equitazione guerriera teneva si presso que'popoli,
basta l'osservazione che tra gli oggetti più distinti che la dote
formavano della sposa , oravi sempre.' un cavallo bardato che non
doveva esserlo riccamente, e uno scudo colla lancia e colla spa-
da. Se credere si potesse che gli Alemanni e i Franchi in tem-
pi di gran lunga posteriori Conservassero tuttora gli antichi
costumi nazionali, singolare riuscirebbe un passo di Niceta < le-
niate j nel quale si accenna che le donne di que'popoli caval-
cavano sopra un sajo o un tappeto, invece di sella, non già coi
piedi riuniti da un lato , ma sedute a cavalcione colle gambe di-
varicate alla foggia degli uomini. Nella Tavola \ \* abbiamo espo-
sto sulla scorta del Cluverio la figura di un capo o comandante
della milizia , armato di tutto punto e seduto su di un cavallo ,
che invece di sella ha una specie di tappeto ; egli è anche segui-
3*6 DELLA MILIZIA.
Principi per la vittoria pugnavano, i compagni loro o i loro se-
guaci, comites , per il Principe, non può ragionevolmente inter-
pretarsi che questi capitani fossero delle squadre , ma soltanto
compagni dell' armi , o guardie , se si vuole , del corpo ; il die
viene confermato £a. Tacito stesso là dove dice che i più illustri
giovani numeroso seguito seco loro conducevano che facile non era
il mantenere se uon che colla guerra e colle rapine; altrove dice
egli stesso che grande era tra i Principi la emulazione nel con-
durre al seguito loro più numerosi o più forti compagni , non ca-
pitani o ufficiali delle truppe.
udutoviià dei duci.
Degno è pure di osservazione il passo di Tacito , da noi al-
Irò ve citato, che i duci coli' esempio anziché col comando, e colla
ammirazione che col valore loro destavano, alle armate presiede-
vano ; del resto la facoltà non avevano né di punire , né d' im-
prigionare , nò di percuotere alcuno , e questo uffizio ai sacerdoti
soli riserbavasi i quali non agivano per ordine del duce , ma co-
me per divino comando. Invano stabilire si vorrebbe una serie di
ordini e di uffizj militari su la base delle parole di Tacito , il
quale narra solo che i duci legazioni ricevevano e donativi ', che
culla fama sovente trionfavano, e che nelle battaglie turpe repu-
lavasi nel duce l'essere superato in valore, turpe nel suo seguito
il uou emulare il valore del Principe ; chiaro è a vedersi , che
quelle parole non ad altro alludono se non che al duce supremo
o comandante dell'esercito; anche Cesare di fatto notò che nelle
assemblee alcuno dei primarj della nazione duce da se stesso no-
minavasi, affinchè la loro fede gli porgessero coloro che seguire
l"o volevano , e che sorgevano tutti quelli che la guerra e il duce
approvavano , promettendogli ajuto , e se la moltitudine consenti-
va , quelli che di seguirlo ricusavano, disertori e traditori repu-
tavansi. Strano adunque sarebbe il supporre ncll' antica milizia
Germana una serie di gradi militari ed uffizj, e più probabilmente
quelle guerre che al momento si dichiaravano , e talvolta dura-
vano per lungo tempo, intraprcndevansi da tutta la moltitudine
senza un ordine separato di schiere, alle quali assegnato fosse un
capo con grado distinto.
Cosci izione militare.
Una specie di coscrizione militare avevano certamente gli Svevi,
DEGLI aitu ni ..::n\i \*i .'> -
dei quali Cesare narra che, bellicosissimi essendo tra tutti i (Mi-
marli, da cento borghi o villaggi sceglievano ogni anno mille guer-
rieri per ciascuno, che a combattere mandavano fuori dei con-
fini : non si raccoglie però da alcuno degli antichi scrittori che
tutti i Germani concordi fossero nello stabilire 1 età idonea a por-
tare le armi. Dice bensì Tacilo in un luogo che alcuno non po-
teva pigliare le armi se non allorché la città o l' assemblea dei
cittadini idoneo a quell'esercizio lo reputava; altrove nota che
nelle case vivevano coi loro armenti, finché l'età separava gli
ingenui ed il valori? li faceva riconoscere; e già vedemmo colle
parole di Cesare, che lode grandissima era tra que' popoli il ri-
manere per lungo tempo tra gli impuberi , vergognosa reputan-
dosi l'avere commercio colle femmine avanti l'età di vent'anui;
dal che inferire vorrebbe il Cluverio , che l'anno ventesimo del-
l'età il primo fosse dell'adolescenza. Nei comizi adunque appro-
vatasi l'ammissione di un giovane nel ruolo dei soldati , ed il
rito con cui armavasi , viene descritto da Tacito, il quale nota
che il Principe , o il padre o alcuno de' prossimi congiunti del-
l'iniziato, in pubblico lo scudo e la lancia gli consegnava e gli
cigneva la spada , dal che forse trasse origine anche il moderno
costume di armare i cavalieri. In questo modo, sogghigno quello
storico , riceveva la gioventù il primo onore , e mentre per lo
avanti una parte formava della famiglia, allora parte della repub-
blica costituiva.
Stipendj.
Nei governi monarchici , per esempio tra gli Svioni, siccome
tutti ad un solo obbedivano senza alcuna eccezione, crede il (Oli-
verio che forzati andassero alla guerra anche senza alcuno sti-
pendio, e nelle repubbliche altresì ciascuno per amore della guerra
o della libertà pigliava le armi senza alcuna retribuzione; i Prin-
cipi però ai loro compagni o seguaci, o alle loro guardie, rossi
ma ampli conviti apprestavano, i quali, secondo Tacito, tene-
vano luogo di stipendio. Agli altri tutti può credersi che in luogo
di premio o di mercede si accordassero le prede fatte a danno
di' nemici, giacché, parlando Tacito della trascurala coltivazione
de' campi , dice apertamente che vigliaccheria riguardatasi il pro-
curarsi col sudore quello che guadagnare si poteva col sangue.
Quindi è che i Romani, stipendiati non vedendo i Germani, non
ZaG DELL1 MILIZIA.
Principi per la vittoria pugnavano, i compagni loro o i loro se-
guaci, comiles , per il Principe, non può ragionevolmente inter-
pretarsi che questi capitani fossero delle squadre , ma soltanto
compagni dell armi , o guardie , se si vuole , del corpo ; il che
viene confermato £a. Tacito stesso là dove dice che i più illustri
giovani numeroso seguito seco loro conducevano che facile non era
il manteuere se non che colla guerra e colle rapine; altrove dice
egli stesso che grande era tra i Priueipi la emulazione nel con-
durre al seguito loro più numerosi o più forti compagni, non ca-
pitani o ufficiali delle truppe.
udutorilà dei ciuci.
Degno è pure di osservazione il passo di Tacito , da noi al-
lro\e citato, che i duci coli' esempio anziché col comando, e colla
ammirazione che col valore loro destavano, alle armate presiede-
vano ; del resto la facoltà non avevano né di punire , né d' im-
prigionare , uè di percuotere alcuno , e questo uffizio ai sacerdoti
soli riserbavasi i quali non agivano per ordine del duce , ma co-
uie per divino comando. Invano stabilire si vorrebbe una serie di
ordini e di uffizj militari su la base delle parole di Tacito, il
quale narra solo che i duci legazioni ricevevano e donativi ; che
colla fama soveule trionfavano , e che nelle battaglie turpe repu-
lavasi nel duce l'essere superato in valore, turpe nel suo seguito
il non emulare il valore del Principe ; chiaro è a vedersi , che
quelle parole non ad altro alludono se non che al duce supremo
o comandante dell' esercito ; anche Cesare di fatto notò che nelle
assemblee alcuno dei primarj della nazione duce da se stesso uo-
minavasi, affinchè la loro fede gli porgessero coloro che seguire
K) volevano , e che sorgevano tutti quelli che la guerra e il duce
approvavano , promettendogli ajuto , e se la moltitudine consenti-
va , quelli che di seguirlo ricusavano , disertori e traditori repu-
tavansi. Strano adunque sarebbe il supporre nclF antica milizia
Germana una serie di gradi militari ed uffizj, e più probabilmente
quelle guerre che al momento si dichiaravano, e talvolta dura-
vano per lungo tempo, intraprendevansi da tutta la moltitudine
senza un ordine separato di schiere, alle quali assegnato fosse un
c-ipo con grado distinto.
Coscrizione militare.
Una specie di coscrizione militare avevano certamente gli Svevi,
DF.ct.i kimii HI <.::rm \>i ; '
dei quali Cesare narra che, bellicosissimi essendo tra tutti i ( ìer-
mani, da cento borghi o villaggi sceglievano ogni anno mille guer-
rieri per ciascuno, che a combattere mandavano inori dei con-
fini : non si raccoglie però da alcuno degli antichi scrittori che
tutti i Germani concordi fossero nello stabilire Y età idonea a por-
tare le armi. Dice bensì Tacito in un luogo che alcuno non po-
teva pigliare le armi se non allorché la città o l'assemblea dei
cittadini idoneo a quell'esercìzio lo reputava ; altrove nota che
nelle case vivevano coi loro armenti, finché l'età separava gli
ingenui ed il valore li faceva riconoscere; e già vedemmo colle
parole di Cesare, che lode grandissima era tra «pie* popoli il ri-
manere per lungo tempo tra gli impuberi , vergognoso reputan-
dosi l'avere commercio colle femmine avanti l'età di vent'annij
dal che inferire vorrebbe il Cluvcrio , che l'anno ventesimo del-
l' età il primo fosse dell' adolescenza. Nei comizj adunque appro-
vatasi l'ammissione di un giovane nel ruolo dei soldati , ed il
rito con cui armavasi , viene descritto da Tacito, il quale nota
che il Principe , o il padre o alcuno de' prossimi congiunti del-
l'iniziato, in pubblico lo scudo e la lancia gli consegnava e gli
cigneva la spada , dal che forse trasse origine anche il moderno
costume di armare i cavalieri. In questo modo, sogghigno quello
storico , riceveva la gioventn il primo onore , e mentre per lo
avanti una parte formava della famiglia, allora parte della repub-
blica costituiva.
Stipendj .
Nei governi monarchici , per esempio tra gli Svioni, siccome
tutti ad un solo obbedivano senza alcuna eccezione, crede il CIu-
verio che forzati andassero alla guerra anche senza alcuno sti-
pendio, e Delle repubbliche altresì ciascuno per amore della guerra
o della libertà pigliava le armi senza alcuna retribuzione; i Prin-
cipi però ai loro compagni o seguaci, o alle loro guardie, rozzi
ma ampli conviti apprestavano, i quali « secondo Tacito , tene-
vano luogo di stipendio. Agli altri tutti può credersi che in luogo
di premio o di mercede si accordassero le prede fatte a danno
de' nemici, giacché, parlando Tacito della trascurata coltivazione
de' campi , dice apertamente che vigliaccheria riguardatasi il pro-
curarsi col sudore quello che guadagnare si poteva col sangue.
Quindi è che i Romani, stipendiati non vedendo i Germani, non
2 2 8 DELLA MILIZIA
diedero mai ad essi il nome di soldati, ma quello bensì di plebe
o di volgo; in Tacito troviamo il volgo di Arminio trucidato, e
altrove la plebe venuta ad assalire il campo Romano; ed A ni-
nnano Marcellino narra che assalita fu la plebe Alemanna ; che
ai barbari armati si unì la plebe, cioè l'esercito di Vadomaro 5
che in un combattimento si volle che i cavalieri del Re scen-
dessero da cavallo onde non abbandonare la miserabile plebe. Dei
duci parimente non narrasi che stipendj ricevessero, ma soltanto
regali, i quali in armenti o in biade d'ordinario consistevano.
Corteo dei duci.
Dopo di avere notato che la chiarezza della stirpe, o i grandi
meriti dei padri o degli antenati , anche ai giovanetti la dignità
di Principi procuravano , il che punto non si riferisce alla mili-
zia , Tacito soggiugne tosto che ai più robusti , e già reputati
idonei al maneggio delle armi , si aggregavano , né punto arrossi-
tilo di trovarsi tra i loro seguaci o compagni , dal che prese ar-
gomento il Ciuverio a ragionare lungamente del corteo dei duci
o dei Principi , e in generale dei capitani da esso supposti. Ma
chiaro apparisce che questa riunione dei figliuoli dei capi ai gio-
vani più validi e robusti , già dichiarati idonei alla guerra , altro
non era che un modo di procurare ad essi istruzione ed eserci-
zio , e renderli quindi più idonei al servigio della repubblica. Il
capo che molti seguaci aveva', a suo giudizio distingueva coloro
the ne'combaltimeuti si segnalavano, e quindi formavano i diversi
gradi di quel corteo, che però non erano gradi militari ; in prova
di che si legge in Tacito medesimo , che grande era la emula-
zione di quel compagni nel valore , studiandosi ciascuno di essi di
ottenere il primo posto presso il Principe , non già il primo nel-
i' armata. Strano non è dunque che decoroso fosse per il Prin-
cipe o capo lo avere compagni numerosi e forti, e l'essere cir-
condato di uno stuolo di scelti giovani che in pace onore gli re-
cavano, difesa nelle guerre, il che fama gli procurava non solo
nella sua nazione , ma anche presso le vicine. Il numero adunque
ed il valore di que' compagni la gloria formava de' capi, e quindi
colmati erano que' giovani di donativi, munerìòus ornabantur.
Que' giovani, emuli sovente del valore del capo, infami reputati
erano per tutta la vita , se superstiti al capo medesimo dal campo
si ritiravano, giacché tenuti erano a difenderlo, a guarentirlo dalle
DEGLI AHT1CHI GEnMAM 3*g
offese ed anche ad attribuire ad esso , poiché giurato lo avevano ,
tutte le loro gesta gloriose, il che certamente avvenuto non sa-
rebbe se que' giovani graduati . fossero stati invece di semplici
compagni i duci delle squadre o i capitani dell' esercito. Costitui-
vano adunque que' compagni la guardia del capo o del Principe,
e, sebbene alluda ad epoca molto posteriore, narra Ammiano di
Conodomaro Re degli A 'l 'emaniti , tenaci forse dell'antico costu-
me, che essendosi quel Re arreso ai Romani perchè più scampo
non aveva , i suoi compagni al numero di dugento e tre fedelis-
simi amici, scelleratezza reputando il vivere dopo il Re, o il non
morire con esso , volontari le mani offerirono alle catene. Quello
storico medesimo indica talvolta que' compagni col nome di satel-
liti, cioè di guardie della persona, e Cesare, parlando di Adcan-
luanno Principe dei Galli , nominati gli aveva devoti e col nome
nazionale soldurii, dal che venne forse quello più recente di soldati.
J'cssilli e insegne.
Il Cluverio ha preteso di assegnare ai Germani più antichi
anche i vessilli o le insegne militari , e persiuo le trombe guer-
riere; ma egli non trovò appoggio se non che in alcune parole
di Tacilo , nelle quali si nota che a' tempi suoi i Germani por-
tavano ne' combattimenti alcune immagini e alcune statue tolte
dai boschi sacri. Ma queste rigorosamente non potevano dirsi in-
segne o vessilli, e lo storico stesso, parlando di una battaglia
data su le rive del Reno da Civile, dice che da una parte vede*
vansi le insegne delle Romane coorti, dall'altra le immagini delle
fiere tolte dalle selve e dai boschi sacri. Non giova dunque al-
l'argomento il citare Dionigi d' Alicarnasso , che nulla più vene-
rabile trovava delle insegne nella Romana milizia , r.è molto meno
Ditmaro scrittore de' bassi-tempi , che i vessilli rammenta dei
Luizici , Sarmati o Sinvi di nazione. Si inganna poi manifesta-
mente il Cluverio, là dove suppone che quelle immagini dipinte
fossero sopra le grandi bandiere come ancora si costuma, e ben
poco fondamento trova nei vessilli dei 2)srvingi , menzionati da
ÀmmiaDO soltanto nell'epoca dell' Imperatore A ;. lente.
Trombe guerriere.
Rispetto alle trombe guerriere , egli non si appoggia se non
che ad un testo di Diodoro, il quale asserì soltanto che di trombe
barbariche, secondo un loro particolare costume, facevano uso i
33© DBLLA MILIZIA
Galli, e ad altro di Lucano, che solo parlò delle trombe ricurve
dei Mangioni o dei Bacavi. Nel rimanente le trombe tetriche ,
menzionate da Marziale, appartenevano soltanto agli Odrisii che
Traci erano j e le trombe ritorte e turbinate da Ovidio a tut-
t' altra milizia sono attribuite che non alla Germanica. Al più po-
trebbe citarsi con qualche fondamento il passo di Plutarco nella
vita di Mario , nel quale si accenna che dicevansi dai soldati
Romani portate nel campo di Gatulo le insegne militari e le
trombe dei Cimbri } sebbene questo non si riferisse da Plutarco
stesso se non che per fama.
uic campamenti.
Da alcune parole di Tacito relative ai soli Marcomamii , crede
il Cluverio di poter inferire che i Germani d'ordinario nelle loro
spedizioni guerriere su i colli si accampassero ', i Cimbri però po-
sto avevano anticamente il campo su le due rive di un fiume, e
ancora a.' tempi di Tacito il circuito se ne vedeva dal quale ar-
gomenlare potevansi la mole dell'opera, la forza e la grandezza
di quella nazione. Piantavano adunque i più antichi Germani con
qualche artifizio i campi loro, e forse di una fossa e di qualche
specie di muraglia li circondavano, se ancora qualche avanzo ne
rimaneva su le rive dell'Adige e del Rodano, in epoca assai po-
steriore a quella di Mario. Narra altresì Plutarco che i soldati
Mariani, respinti avendo i Cimbri sino ai trinceramenti loro,
videro un orrendo spettacolo , cioè femmine ben ornate e sedute
su i carri, che i fuggitivi uccidevano j Orosio soggiunse che
quelle donne su i carri sedevano, disposti in modo da formare
recinto al campo, e che di là combattendo, esse giunsero quasi
a respignere i Romani. Questo costume vedremo in altro periodo
conservato dai Goti e da altri popoli Germani, perfino nelle loro
guerre cogli ultimi Romani Imperatori. Anche tra i Galli Cesare
fa menzione di cavalieri, che secondo il costume loro venuti erano
con molti carri e grandi impedimenti coi quali si trinceravano $ e
gli Eùvezj altresì invece di una muraglia i carri opponevano, dal-
l'alto dei quali saettavano i Romani che all'assalto accorrevano.
Dei Tenti ri pure e degli Usìpeti , Germani certamente, narra
lo stesso Cesare che una irruzione fecero i Romani nel campo
loro, e che que' pochi che prestamente riuscirono ad armarsi,
qualche resistenza opposero , pugnando frammezzo ai carri ed agli
tilt • oK*«f
Of IHfc
lIBìERia Gf ILUNOIS
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impedimenti. Di questi recinti, talvolta vastissimi di carri e 'li
bagagli veggoqsi le figuri- nella edizione Italiana dei Commentar}
di Cesare con le tavole dì Andrea Palladio, copiate poi io pia
splendida forma nella idi/ione di Londra fatta da Thompson ,
benché non siasi renduta la dovuta giustizia al genio Italiano. Un
campo degli antichi Germani ha pure esposto il Cluverio , e noi
ue abbiamo riprodotta la delineazione nella Tavola /\G.
sluspicii. Sorli.
Da altri testi di Tacito potrebbe raccogliersi, che nei pleniluni
e nei novilunj si intimassero le guerre, e in preferenza si ordi-
nassero le battaglie , giacche di favorevole auspicio credevansi
que' giorni per qualunque impresa. I prigionieri tuttavia fatti da
Cesare nelle guerre con Ariovisto, costume generale dei Germani
dicevano il consultare le sorti gettate dalle loro madri di fami-
glia , le quali pure dichiarato avevano che i Germani insuperabili
sarebbono , qualora combattessero avanti la nuova luna. Le vergini
fatidiche, menzionate da Tacito, che l'eccidio delle legioni pro-
mettevano , appartengono a tempi posteriori , alle guerre cioè di
Germanico ; ma più antico sembra il costume rammentato dallo
stesso Tacito, di esplorare l'evento di una battaglia col mezzo
della monomachia tra due individui delle diverse nazioni, del
quale rito abbiamo già altrove parlato.
Disposizione della schiere»
Nella età di Tacito l'esercito si schierava in battaglia, for-
mato in cunei , ma incerto e se più anticamente si conoscesse dai
Germani quella tattica , e se i cunei loro fossero le piramidi ili
fanti descritte da Yegezio. Un cuneo però formato avevano anche
i Galli , combattendo con Cesare, e rotte in questo modo le file
Romane, ma ai Galli Livio attribuisce anche la testuggine, co-
me il cuneo ai Ccltiberi , e delle testuggini non viene fatta alcuni
menzione tra i Germani. Da Cesare impariamo soltanto che usciti
«lui campo loro i Germani combattenti sotto Ariovisto, sopraslct-
tero e in separate squadre fonnaronsi da pari intervalli divise,
gli Anuli , i Marcomauni , i Tribocci , i / angioni , i JVemeti,
i Sedi/sii e gli Svcvi. Dei Caniiicfati , dei Frisii , dei Baiavi,
narra Tacito che il duce loro in cunei ripartiti li compose, e
altrove nota che Civile non presentò la fronte dell'esercito, ma
lo dispose in cunei. Il Cluverio i cunei volle confondere colle ale,
33a DELLA MILIZIA
l'uno credendo più numeroso e più forte dell'altro, e malamente
quindi interpretò il passo di Cesare nel quale è detto soltanto
che Ario visto in una battaglia si tenne presso il corno destro o
la destra ala , che la parte più debole sembrava , come altrove
pure si narra che , volta essendo in fuga F ala sinistra o il sini-
stro corno, grande impeto si fece colla moltitudine dal destro:
non vedesi però generalmente fatta menzione di corna o di ale
nelle armate Germaniche.
Fanteria e cavalleria.
Tacito in qualche luogo persuasi credette i Germani , che
maggiore forza avessero nel combattimento i fanti , e quindi an-
nunziò che mescolati pugnavano , collocando su la fronte dell' e-
sercito giovani scelti _, i quali idonei fossero colla loro velocità ad
emulare la pugna equestre ; di questi , soggiugne egli , cento se
ne sceglievano per ciascun borgo o villaggio, e ad. onore reputa-
tasi il sortire il primo numero. Anche Cesare esercizio dei Ger-
mani appella lo scegliere un numero eguale di cavalieri e di
fanti velocissimi e robustissimi , col quale mezzo nelle pugne a
vicenda i cavalieri ed i fanti si prestavano vicendevole assistenza:
Irzio nota però che i Germani su la destra del Reno , i cavalli
ai fanti interponendo , combattevano. Anche tra i Baiavi, i t7a-
lìinefati e gli Ubii, la cavalleria e la fanteria nella velocità ga-
reggiavano. Il Cluverio immaginò che, come la fanteria formavasi
in cunei , cosi la cavalleria si disponesse per turme o squadre ,
ma egli non reca in appoggio se non che un testo di Tacito ,
nel quale si parla della riunione di un' orda o di una tribù ,
non già di quella di un esercito. Difficilmente potrà ammettersi o
anche intendersi quello che il solo Plutarco narra dei Cimbri,
che affine di conservare le file , legavansi gli antesignani , o i
primi guerrieri di fronte , con lunghe catene che nei cingoli loro
passavano. Una opinione priva di fondamento è pure quella del
Cluverio, che a qualunque cuneo o a qualunque drappello di ca-
valieri un vessillo assegna o una bandiera: provato sembra bensì
con alcuni passi di Cesare e di Tacito , che non solo circondato
fosse il campo di carri , ma questi ancora nelle battaglie si tenes-
sero dietro 1' esercito, affinchè tolta fosse qualunque speme della
fuga; e su i carri ponevansi le donne ed i fanciulli, che i guer-
rieri animassero a difendere la loro libertà e i fuggitivi coi loro
DEOLI ANTICHI OBRMASI .'».).)
rimproveri rimandassero alla pugna. Quindi elega ntamente ilice
Tacito , che prossimi erano ai guerrieri i loro pegni pia cari ;
che udire si potevano gli urli delle femmine, e i vagiti de' bam-
bini ; che quc:>ti erano santissimi testimonj del valore , questi i
grandi encomiatori del merito ; che alle madri, alla spose ripor-
tavansi le ferite , nò esse sdegnavano di numerare e di suggere
Je piaghe; che quelle altronde recavano i cibi e le più valide
esortazioni ai combattei) ti, d'onde nasceva che spesso le femmine
un combattimento quasi perduto ravvivassero e la vittoria procu-
rassero all'esercito, giacché di nulla meno tolleranti erano i
Germani che dei femminili rimproveri. Cosi Civile la madre sua
e le sorelle, e le mogli dei soldati suoi coi loro bambini collo-
cale aveva alle spalle dell'esercito, allineile incitamento fossero
alla vittoria, o la vergogna formassero de' fuggitivi.
Riviste, ^allocuzioni.
Dalla relazione delle guerre tra Arminio e Maroboduo può
facilmente raccogliersi che ciascuno dei capi , d' ordinario a ca-
vallo, la rivista faceva delle sue schiere e le spoglie dei nemici
già da alcuni apportate celebrava , e cou opportuna allocuzione
tutti stimolava all' amore della libertà e della gloria. Comincia-
tasi quindi la battaglia , ma non egualmente ai Germani come
ai Galli può applicarsi la asserzione di Diodoro, che i capi scor-
revano qua e là , e i più forti nemici a singolare certame provo-
cavano, le armi loro scuotendo ad oggetto di intimorire i nemi-
ci; questo costume altronde viene ai soli Galli attribuito da
Livio e da altri Latini scrittori. 11 solo Frontino parla di un
Tentone , il quale ferocissimo ardi sfidare il duce supremo dei
Romani ; ma questo fatto non appartiene ad epoca mollo antica ,
come ai soli Celtiberi e ad epoca ancora più recente appartiene
il fatto narrato da Appiano , di un guerriero splendidamente ve-
stito , che uscì dalla città di Intercazia assediata , e sfidò qualun-
que Romano che con esso pugnate volesse e, niuno presentandosi,
saltando per ludibrio e i Romani deridendo , torneasene alla città.
Caliti guerrieri.
All' età sola di Tacito e non a tempi più antichi , apparten-
gono i canti guerrieri nei quali le prodezze di Ercole si celebra-
vano , ed altri carmi o altre canzoni, colle (piali non solo l'ani-
mo accendetesi de guerrieri , ma predicevasi ancora o auguratasi
3.'$4 DELLA MILIZIA
la vittoria del futuro combattimento. Nota però Tacito in quel
luogo , che la moltitudine atterrita era all' udire il segnale della
piletta; che per questo si intuonavano que' canti che una musica
sembravano piuttosto di valore che non di voce j che la gravità
del suono e un rauco mormorio si affettava, e che alla bocca si
applicavano gli scudi, affinchè ripercossa la voce, più forte e più
grave riuscisse. Dopo di avere udita 1' orazione di Civile , i Ca-
ninefati , i Frisii , i Baiarti ed i Gugerui , secondo Tacito stesso,
i detti del duce col suono dell' armi e coi tripudj., giusta il co-
stume loro approvarono , e quindi cominciarono la battaglia con
sassi e ghiande, probabilmente di ferro qualora ciottoli di pietra
non fossero, e con altri projettili. Le grida de' soldati o i clamo-
ri , come Tacito scrive , 1' esito talvolta della pugna indicavano ,
perchè se più frequenti erano o più vivaci , la vittoria annunzia-
vano , la perdita all'incontro se lenti, disuguali o dissonanti. Nelle
guerre di Civile i canti degli uomini si accompagnavano cogli urli
delle femmine , e di molto inferiori erano le grida delle Romane
legioni e coorti. I Sicambri intorno alle loro mura cantavano e
si abbandonavano ai tripudj, secondo Tacito stesso, e altrove
quello storico dice che le squadre Germane unf canto truce in-
tuonavano e , secondo il patrio costume , gli scudi sopra gli omeri
scuotevano , il che Livio accenna pure dei Galli.
Metodo di combattere.
I duci certamente le truppe loro animavano non tanto colle
parole , quanto coli' esempio , giacché Tacito nota apertamente che
coli' esempio e colla ammirazione che nelle truppe destavano, me-
glio operavano che col comando, e altrove di Arminio narra che
colla mano, colla voce, colle ferite la pugna reggeva e massime gli
arcieri animava, finché collo sforzo della persona e coll'impeto del
cavallo riuscì a rompere le file nemiche. Tutti però da un eguale
spirito animati erano i guerrieri, anche avanti l'epoca Romana, nella
quale cominciato avevano a seguire le insegne e ad ascoltare i co-
mandi; perchè il solo avere perduto nella pugna lo scudo come
cosa ignominiosa riguarda vasi , cosicché più non poteva quel sol-
dato né ai sacri riti , né all' assemblea pubblica intervenire; e
molti che salvati eransi dalle battaglie colla fuga , finivano la vita
loro col laccio. Se dei Germani parlò Dione che sotto Ariovisto
militavano, stretti quei soldati in corpi di trecento ciascuno, tal-
DEGLI ANTICHI CKRMÀIU 335
volla anco maggiori o minori di numero , circondandosi tutto al-
l'intorno cogli scudi « ritti in piedi, reggevansi in tal modo che
attaccare non potevansi , né tampoco turbare nel loro ordine;
quello storico soggiugne che non pugnavano, né alcun insulto
ostile; sopportavano, ma fermi rimanendo al luogo loro, sembra-
vano circondati di torri. Già vedemmo che i fuggitivi talvolta
uccisi erano dalle donne , massime tra i Cimbri , e Plutarco nula
che quelle femmine non facevano distinzione alcuna tra gli sposi,
i fratelli , i padri ; che i bambini strozzavano colle loro mani , e
gcttavanli sotto le ruote de' carri o sotto i piedi de* giumenti , o
quindi da loro slesse si trucidavano. Una di queste appiccata erasi
all' alto di un timone , e dalle sue gambe pendevano due bam-
bini egualmente sospesi con un laccio; molti fuggiaschi, alberi non
trovando , alle eurna o alle gambe dei buoi coi lacci sospende
vansi , e quindi quegli animali stimolavano, affinchè, nella fuga
loro rapiti , o soilocati o lacerati perissero. Orosio scrittore più
recente, soggiugne che le donne de' Cimbri e dei Teutoni la con-
servazione della castità dal consolo implorarono , offerendosi a ser-
vire le vergini sacre , e non ottenendolo , i bambini loro uccisero
gettandoli contra gli scogli , e poscia o col ferro o col laccio la
morte si procurarono. Delle donne poi dei Cimbri stessi scesi in
Italia, narra che volendosi ad esse dai Romani tagliare i capelli,
o anche coi capelli la sommità della cervice, preferirono alcune
di scannarsi a vicenda , altre di strangolarsi, e altre di legarsi colle
corde alle gambe dei cavalli , o di appiccarsi ai timoni.
jùsedj.
Mentre i Romani col cignere all' intorno le piazze e con molte
opere e macchine formavano i loro assedj, il Cluverio è d' av-
■\iso che gli antichi Germani altro non conoscessero se non che
l'arte di circondare i luoghi muniti. Tacito però, parlando del-
l'assedio del campo Romano fatto dai Caninefati , dai Bracieri,
dai l'risii e dai Tentai , dice che osarono anche di adoperare
le macchine , cosa presso di essi insolita , il che ripete pure ra-
gionando delle guerre di Arminio : può dunque ragionevolmente
asserirsi che 1' uso delle macchine adottato avessero soltanto ad
imitazione dei Romani. Inutile riesce quindi il rintracciare gli
esempj delle macchine guerriere in età più recente adoperale dai
Goti e da altri Germani j dei Galli però scritto aveva Cesare cli«
33(> DELLA MILIZIA
con truppe numerose le citth cignevano e da tutte le parli lan-
ciavano pietre contra le mura, dopo di che, vedendo il muro
spoglio di difensori , formata la testuggine , si avvicinavano alle
porte, o il muro abbattevano; e Tacito dei Baiavi e di altre
nazioni poste su la destra del Reno narrò che queste , dopo di
avere per lungo tempo lanciati i dardi contra le torri e le som-
mità delle mura del campo Romano , con altissime grida e vali-
dissimo impeto il recinto iuvasero , alcuni colle scale alle mura
stesse applicate , altri coperti cogli scudi , che però in gran parte
precipitavano o altrimente perivano. Di esploratori forse non man-
cavano , ma non sapevano approfittarne , perchè, soggiugne Tacito,
la sola disperazione suggerì ad essi di differire l'assalto, mentre
non ignoravano che solo per pochi giorni gli assediati avevano
alimenti ed entro il recinto stanziava una turba imbelle. Forse in
epoca posteriore adottato avevano anche 1' artifizio de' tradimenti ,
perchè Civile , vedendo di non potere molto ottenere colla oppu-
gnazione , volto erasi coi messaggi e colle promesse a tentare la
fedeltà delle legioni.
Bottino. Prigionieri.
Avidi di predare anziché di fare molti prigionieri , credette
il Cluverio i Germani , appoggiato ad un testo di Dione , nel
quale vien detto che dopo una battaglia i Romani tutti periti
sarebbono o caduti prigionieri, se i Germani non avessero comin-
ciato ad occuparsi nel rapire la preda. Questo fu in tempi po-
steriori lo scampo di Cecina , che caduto da cavallo venne
circondato , benché una legione si opponesse ; giovò ad esso , dice
Tacito, l'avidità dei nemici che la preda preferirono alla strage;
ed altrove narra quello storico che ai Germani vittoriosi nocque
la gara nata tra essi di raccogliere il bottino, senza più pigliarsi
cura del nemico. Così i Catti presso il Reno sorpresi furono ,
perchè aggravati dal sonno e dalla preda , in mezzo alla quale
diguazzavano ; e i Cherusci dopo una pugna coi Promani, abban-
donati eransi a festivi banchetti e ai canti , il di cui suono truce
rimbombare faceva le valli e le colline. Nella guerra però tra i
Catti e gli Ermunduri , i primi, come già altrove si notò, con
voto a Marte ed a Mercurio consacrato avevano i cavalli e gli
uomini, e tutti quindi si uccidevano , tutta distrnggevasi la preda.
Queste pratiche tuttavia riferire non si possono se non che ai
ni GLI 1HTICH1 GERMAin 33"7
tempi nei quali già cnmbiat.1 ora la religione, già aiutati crino
i costumi dei Germani , e quindi né mire dalla descrizione fati »
elegantemente da Tacito del campo Romano dopo la battaglia di
Varo , potrebbe pigliarsi una giusta idea di quello che dopo una
battaglia più anticamente avveniva. Quella descrizione noi ripor-
teremo , come in luogo più opportuno , là dove si ragionerà del
periodo del Romano dominio.
Rogiti, spoglie, trofei.
Sembra tuttavia clic anche presso i Germani primitivi passato
fosse , forse dalle nazioni Asiatiche , il costume di abbruciare in
altissimi roghi i cadaveri degli uomini e de' cavalli , ed anche
gran parte della preda; ma importunamente da alcuni versi di
Silio italico che parlò di Annibale e dei Cartaginesi, vorrebbe
dedursi che questi immensi roghi soltanto nella notte dai Germa-
ni si accendessero. Così pure non potrebbe ai Germani applicarsi
quello che Diodoro narra dei Galli, cioè che al collo de' cavalli
appendevano le teste dei nemici uccisi; che le spoglie tinte di
sangue facevano portar; innanzi ad essi dai servi come in trionfo,
e che queste primizie dei combattenti, non al tri mente che le
fiere uccise alla caccia, ai vestiboli delle case affiggevano, gelo-
samente conservando nelle casse le teste dei nemici più distinti
unte coli' olio di cedro , onde , mostrarle con vanto agli ospiti ed
agli stranieri , per il che ricusavano grandiose somme di danaro
e sino il peso equivalente di oro, per lo riscatto di alcuna di
quelle teste. Lo stesso annunzia Strabone dei Galli su la fede di
Posidonio , e solo aggiugne che quel genio strano e barbarico di
sospendere le teste alle chiome de' cavalli e di affiggerle alle
porte , comune era a molte nazioni settentrionali , tra le quali
annoverare potrebbonsi i Germani. Dei (rulli narrò pure Livio
clic le spoglie raccoglievano, e un cumulo o una congerie d'ar-
mi ne formavano, e Cesare notò che per I<> più la preda in vo-
to a Morte offerivano, e quindi gli animali presi immolavano,
le altre cose nelle città in gran cumulo raccoglievano , come
trofeo della vittoria; di rado avvenendo che alcuno, posposto
qualunque religioso riguardo, ponesse mino a quelle spoglie,
tanto più che minaccili erano al rapitore i più crudeli supplizj.
Non può con fondamento asserirsi che eguale comuni.' serbassero
i Germani , uè molto meno alle picciole guerre di quo' popoli
Cosi, dell' Europa Voi. I V. 23
338 DELIA MILIZIA. DEGLI ANTICHI GERMÀNI
applicare potrebbonsi le descrizioni che leggonsi in Ammiano dei
combattimenti e dei saccheggi dei Goti nella Tracia j solo tro-
vasi negli Annali di Tacito che gli Ansibariì cacciati dai Cauri,
e vaganti per le terre dei Ten teri , dei B ruderi , degli Usipii e
dei Tubanti , asilo tra questi non trovando , volti eransi ai Catti
ed ai Cherusci, e dopo un lungo giro in terra straniera i giovani
tutti furono uccisi , la sola età imbelle venne divisa come preda.
Dee pure notarsi che dopo una battaglia vinta dai Romani con-
tra i Cherusci, trovate furono tra le spoglie dei vinti le catene,
che seco loro portate avevano per legare i Romani cattivi , il che
prova che in mezzo alla loro ferocia studiosi erano talvolta di
condurre alle case loro gran numero di prigionieri. Nella vittoria
riportata in epoca posteriore contra i Catti vicino a Magonza , si
accrebbe , dice Tacito stesso , la letizia dei Romani , perchè libe-
rati eransi prigionieri detenuti da quarantanni^ e Seneca dolevasi
che dopo la sconfitta di Varo molti illustri Romani diventati fos-
sero pastori , o custodi o famigli delle case.
Riti funebri dei guerrieri.
Al ragionamento suo della milizia il Cluverio ha aggiunta una
descrizione dei riti coi quali i guerrieri morti si seppellivano; ma
siccome que' riti , come risulta dagli antichi scrittori Latini , non
erano più strettamente applicabili ai guerrieri di quello che lo
fossero a tutti gli individui della nazione, noi troviamo più con-
veniente rimettere il leggitore a quello che dei funerali si è
detto alla fine dell' articolo precedente.
Degli studj e delle arti degli antichi Germani
e della loro navigazione.
Mancanza della scrittura.
V eduto abbiamo di sopra che tutta la vita dei Germani , al
dire di Cesare , era impiegata nella caccia e nella guerra , e che
DEGLI STUDJ E DELLE \RTI DEGLI ANTICHI GERMÀNI CO. 33r)
giusta le parole di Tacito, se guerra non avevano, molto nella
caccia si occupavano , e maggiore parte del tempo loro passavano
nell'ozio. Veduto abbiamo parimente, che di lettere punto non
curavansi ; che tutto lo studio loro ponevano Dell'insidiare le
fiere, e specialmente i buoi selvatici ; che del giuoco ancora si
dilettavano e questo come seria occupazione riguardavano. Inutile
sarebbe adunque lo istituire qualche ricerca su la letteratura e su
gli studj degli antichi Germani, benché 1 Kccardo siasi sforzato
di provare che non tutti i Cimbri e i Tentimi periti fossero in
Italia ; che alcuni tornati fossero alle loro case, e che questi por-
tata avessero nella Germania non solamente l'arte di scavare e
di fondere i metalli, ma ancora l'uso delle lettere. Difficile sa-
rebbe oltremodo lo stabilire questo fatto coli' autorità degli anti-
chi scrittori; e invano l'Eccardo vorrebbe far credere che i Ger-
mani avessero l' uso delle rune o dei caratteri runici avanti tutti
gli altri popoli settentrionali , sebbene con ragione rimproveri quo*
gli Svedesi che antichissime supposero alcune iscrizioni runiche
assai recenti. 11 monumento runico prodotto dall' Eccardo mede-
simo , è una strumento di ferro trovato nei campi Veronesi e già.
stampato nel Museo Moscardo; ma quello strumento è stato forse
in quelle campagne lasciato dai Goti, e le lettere hanno qualche
simiglian/.a con quelle del Codice argenteo dell' Evangelio di
Uljila. Non ebbero probabilmente i Germani alcune lettere a-
vanti i Romani , e questo viene pienamente dimostrato dalle iscri-
zioni de' loro monumenti più antichi che tutte sono in Romani
caratteri. Giova [tuttavia in questo luogo osservare di passaggio
che, se provare si potesse l'introduzione delle lettere latta nella
Germania dai Cimbri reduci dall'Italia, si potrebbe altresì sup-
porre che quelle fossero le rune più antiche , delle quali il Ca-
valiere Bossi in una sua Lettera al celebre signor Schlegel stam-
pata in Torino nel i8o5 ha fatto vedere la grandissima somi-
glianza , e dedotta quasi [la genesi dai più antichi caratteri /s-
truschi.
Eloquenza. Poesia.
Supponendosi aurora che di lettere o di scrittura privi fos-
sero interamente gli antichi Germani , non potrebbe tuttavia ad
essi rifiutarsi qualche idea di quelle arti o di quegli studiosi e-
scrcizj , clic i primi veggonsi nell' infanzia di tutte le nazioni ,
3 [o DEGLI STUDJ E DELLE ARTI DEGLI ANTICHI GERMANI
l'eloquenza cioè e la poesia, delle quali ne il Oliverio , né l'Ec-
cardo, né tutti gli altri Germani archeologi hanno tenuto verun
conto. Troviamo però in Tacito che i duci colle loro allocuzioni
il coraggio infiammavano de' soldati, allorché imminente era la
pugna; troviamo che nelle pubbliche assemblee più distinto era
ed onorato quello che meglio degli altri parlava ; il che annun-
zia certamente qualche studio dell' eloquenza ; troviamo una spe-
cie di eloquenza ed un' arte efficacissima di persuadere nelle
femmine; troviamo finalmente che si cantavano le glorie degli
antenati e massime dei guerrieri più illustri , e che queste canzoni
trasmesse da una ad altra generazione , tenevano luogo di annali
scritti. Per quanto rozzi fossero que' canti o que' carmi, dei quali
Tacito non commendò nò pure la musica , qualche vestigio dee
in essi ravvisarsi di poetico slancio , sebbene ai Germani , come
già vedemmo, accordare non si possano i Bardi, o almeno i
collegi dei Bardi , presso i Galli ed altre nazioni stabiliti.
Commercio.
Inutilmente si sforza pure il Oliverio di provare, che la mer-
catura esercitassero i Germani più antichi , non mai però i nobili;
da alcuni passi di Tacito può inferirsi che i cavalli , le pecore ed
altri bestiami tenessero luogo di moneta o di merce universale
nei cambj reciproci; ma non vedesi in quest'esercizio fatto al-
cuna distinzione tra la plebe o il popolo in generale , e i capi o
gli ottimati. Cesare dice soltanto che mercatanti ricevano i popoli
vicini al Reno , onde poter vendere le prede fatte in guerra, piut-
tosto che alcuna cosa da essi comperare; e che gli Udii, pari-
mente vicini al Reno, molti mercatanti ammettevano, siccome
accostumali alle maniere dei Galli. Anche Tacilo notò che i più
prossimi alla riva di quel fiume il vino pure comperavano ; ma
altrove propose il dubbio , se propizj o irati gli Iddii 1' argento
e l' oro negalo avessero ai Germani. Quindi Erodiano avidi di
danaro disse i Germani soltanto nell'epoca di Alessandro Severo,
allorché venale offerivano ai Romani anche la pace. Tacito notò
che ignoto era tra que' popoli il prestare sopra pegno e il dare
ad usura , dal che nasceva la gelosa conservazione del deposito ;
e tutte queste circostanze bastantemente annunziano che giuste
idee di traffico e mollo meno idee estese di commercio, gli an-
tichi Germani non avevano, seguaci forse della massima socrati-
E DELLA LORO JKVIC. V7IONE 3 \ I
ca , clic ali-» Divinità si accostavano coloro che minori bisogni
provavano. Un onore accordato nella società alle ricchezze vcde-
vasi soltanto presso gli Svenni, ma quelle ricchezze non porla-
vano un raffinamento nella vita civile, e quindi ad alcuno studio
delle scienze o delle arti non eccitavano , notandosi altresì che
gli lùlui tanto più derisi erano come imbelli , (pianto più reputati
erano forniti di danaro ed opulenti.
Arte del nuoto»
Veduto abbiamo altrove , che amanti erano i Germani del
nuoto , e Pomponio Mela lasciò scritto che non solo era questo
per essi un esercizio, ma ancora un'arte, o uno studio; Ero-
diano li disse nell'arte del nuotare peritissimi ; Tacito stesso parla
di un cavaliere Botavo, che insigne in quell'esercizio, le armi
e i cavalli ritenendo, colle intere squadre il Reno tragittava.
Agricoltura. Altre arti.
Benché Strabone ignari all'atto dichiari gli antichi Germani
della agricoltura e dell'arte di conservare le biade. Tacilo, da
noi altrove a siffatto proposito citato, parla delle caverne sotter-
ranee da essi aperte e di molto letame caricate, che di riparo
servivano al freddo e al tempo stesso di granajo* e Cesare , o più
discreto, o meglio informalo di Strahonc, disse soltanto che tra-
scurato era lo studio dell'agricoltura, perchè non tutti, ma per
la maggior parte vivevano di latte, di cacio e di carni, il che
non esclude che uso facessero di cereali. Gli Usipeli di fatto e
i Tcnteri in tanto il Reno passarono , in quanto che tormentati
dagli Sv'Ci'i , attendere non potevano ai lavori agrarj; e gli Svevi
medesimi, come già si fece osservare altrove, una vicenda stabi-
lita avevano tra i guerrieri e gli agricoltori , cosicché gli uni ngli
altri in capo ad un anno sottentravano. Tacito parla pure dei
campi , che distribuiti erano tra gli abitanti dei villaggi secondo
il numero dei coltivatori, benché soggiunga che i loro lavori pro-
porzionati non erano all'ampiezza ed alla fertilità del terreno. Che
se i servi , nella condizione in cui presso gli antichi Germani
trovavansi, non altrimente che se coloni fossero, al padrone pre-
stare dovevano una determinata misura di frumento , 0 una quan-
tità pure profanità di bestiami o di materie vestiarie , questo basta
a dimostrare che non solo coltivatori e pastori, ma agronomi ed
economisti erano almeno in parte i Germani , e che non solo
22*
3 ?\1 DEGLI STLDJ E DELLE ARTI DEGLI ANTICHI GERMÀNI
qualche perizia avevano nell' agricoltura e nella pastorizia , ma
nell' arte ancora di filare e di tessere , benché il Cluverio questa
parte abbia interamente obbliata. L. Reynier nelle sue dotte ri-
cerche sui Celti, come su di altri antichi popoli, ha dimostrato
che valenti erano i Celti anche in età remotissima nell" arti del
filare e del tessere ; e se può credersi, come quello scrittore in-
sinua, che quelle arti nelle Gallie e nell'Italia diffondessero, più
facile è l' immaginare che le arti medesime piantassero e stabi-
lissero nella Germania. Intento solo il Cluverio a staccare i nobili
dai plebei, su l'appoggio di poche parole di Tacito, che agli
abitanti dell' interno della Germania attribuì la costumanza sem-
plice ed antica di commutare tra loro le mercanzie , immaginò
che i nobili abitassero case meglio dell' altre costruite ed ornate;
che carri e carpenti usassero ne'loro villaggi e nelle belliche im-
prese ; che vesti portassero variegate , fatte di lana , di lino o di
pelli, e sopravvesti pure versicolori di lana e di pelli tinte, come
altresì anni più eleganti , scudi dipinti ed elmi lavorati a somi-
glianza dei capi delle fiere o degli uccelli. Molti di questi og-
getti menzionati veggonsi certamente dagli antichi scrittori , e i
carri che già vedemmo destinati a formare persino il recinto dei
campi , non erano tra gli arredi dei nobili , ma proprj bensì di
tutta la nazione , come lo erano gli scudi dipinti , gli elmi figu-
rati e le armi superiormente descritte. Tutto questo però annun-
zia che alcuni fabbri trovare dovevansi tra que' popoli , massime
per lavorare in diverse foggie il legno; che forse vi avevano fab-
bricatori di spade , di lancie e di cingoli , cuojai , pellicciai ed
altri artefici, innoltre tessitori, tintori, pittori o verniciatori, sar-
tori ec. ; le pietre forate e le armi lapidee , trovate nei sepolcri
e da noi pure esposte , provano «altresì che qualche perizia ave-
vano que' popoli nell'arte di tagliare le pietre e di scolpire; e
quindi riceve qualche conferma l'opinione dall' Eccardo , che i
Cimbri e i Teutoni rimasti dopo la sconfitta loro nell'Italia e
reduci alle case loro , portata avessero nella Germania anche l'arte
di scavare le miniere e di lavorare i metalli. Le fosse colle quali
cingevausi i campi, e le muraglie, quantunque rozze, che in-
torno ad essi si alzavano ad oggetto di fortificarsi , mostrano chia-
raiiu nte che igneto non era ^qualche principio d'architettura mi-
litare, e che lavori intraprendevansi, i quali probabilmente non
E DELIA LORO NAVIGAZIONE 343
si sarebboro potuti eseguire senza una copia di strumenti , e cer-
tamente metallici , e questi 1' esistenza insinuerebbero di altri o-
peraj e di altre arti meccaniche oltre le già indicate.
Navigazione e costruzione navale*
Tra quelle arti però che certamente esercitate furono dai più
antichi Germani , tengono forse il luogo precipuo la navigazione
e l'arte di costruire i navigli. Tacito parla delle navi non solo,
ma delle flotte potenti degli Spioni o Svconi, ed alcuni preten-
dono, sull'appoggio di un testo di Plinio, che anche i Setoni
loro vicini navigassero alle isole Cassiteridi ed all'estrema Tile ,
che alcuni credono l'odierna isola di Feroc. Gannasco altresì,
Caninefate di origine e duce dei Cauci , il Reno e forse una
porzione del mare scorrendo con leggieri navigli , le rive dei
Galli recondo Tacito infestava ; i Sassoni usciti dall'Olsazia , oc-
cupate avendo le terre vicine all'imboccatura del Reno, tutta
quella parte dell' Oceano corsero, forse assieme coi Franchi, e la
pirateria esercitarono su le coste della Gallia , della Britannia e
della Spagna, il che accennato vedesi anche in epoca posteriore
da Eutropio e dagli antichi panegiristi degli Imperatori Massi-
miano e Costanzo. Esperti adunque nella navigazione erano , al-
meno in parte , gli antichi Germani e quelli principalmente che
prossimi trovavansi all' Oceano ed al Reno , nò questo fatto dalle
storie comprovato potrebbe ammettersi, se affatto ignari supporre
si dovessero della costruzione navale. Il Cluverio ha attribuito ai
Sassoni le navi da Sidonio Apollinare , scrittore di epoca molto
posteriore, nominate pandos myoparones : ed ha creduto che
queste fossero i leggeri navigli dei Cauci. Plinio parlò di navi
formate di vimini e ^coperte di cuojo, adoperate dai popoli set-
tentrionali, e Solino confermò pure quella asserzione; ma inutile
sarebbe lo andare cercando, come fece il Cluverio, i modelli di
queste navi tra gli Spagnuoli, o peggio ancora tra gli Arabi. Le
navi degli Spioni sono da Tacito descritte come acuminate da
ambe le parti , cosicché sempre e da qualunque lato approdare
potevano ; soggiugne egli poi che ne l' artifizio delle vele , né
quello de' remi avevano, nò i remi stabiliti in ordine ai lati, ma
elle libero era l'applicarli secondo che in alcuni fiumi conveniva,
e il mutarne l'ordine a misura del bisogno.
344 DEGLI STUDJ E DELLE ARTI DEGLI ANTICHI GERMàHI
jLvie nautica.
Più diffusamente dell' arte nautica dei Germani ha trattato
l'Eccardo, il quale studiossi di provare che que' popoli sino dai
tempi più remoti navigassero in alto mare , o come mercatanti o
come pirati ; che andassero a cercare il succino , e che infesti fos-
sero sino dal quel tempo ai lidi delle Gallie e delle Spagne. Dif-
ficilmente però si mostrerebbe che alle antiche piraterie de' Ger-
mani appartenga il monumento sepolcrale delle rive dell' Oceano ,
stampato nelle Transazioni Anglicane , e dall' Eccardo riprodotto
nella Tavola II. ; e piuttosto viene illustrata 1' antica navigazione
Germanica dalle emigrazioni dei popoli del Chersoneso-Cimbrico
e dei Sassoni , dai quali derivarono i Pitti della Scozia. Scen-
dendo alla forma delle navi , ammette anche l'Eccardo le barche
di vimini coperte di cuojo , e a queste applica il nome dì mjo-
parones, di asci ( dal quale crede derivato quello di scapita )
,ed anche di pramen ; studiasi quindi di provare che le navi più
lunghe ed atte tanto alla mercatura quanto alla guerra , dette
fossero ciulae o kielae , e che antichissimi sono que' nomi deri-
vati forse da cella , alla quale origine riferisce anche il nome di
Kicl , di Kilon e di altri luoghi , situati massimamente su le rive
del Baltico.
Conclusione.
Se navi di diversa portata , altre lunghe* e pesanti , altre leg-
giere e veloci avevano gli antichi Sassoni; se i popoli confinanti
col mare Germanico scorrevano le isole del Baltico, e la pirate-
ria esercitavano sino su le coste delle Gallie e delle Spagne; se
gli Sveoni avevano flotte , e se i Cauci renduti si erano terri-
bili ai Gallici lidi ; se i Sassoni sino alle isole Britanniche e forse
all'estrema Tile navigavano, onde dagli antichi poeti detti fu-
rono da lungo tempo accostumati al mare; egli è d'uopo di am-
mettere che non solo 1' arte di costruire i vascelli di diverse for-
me e grandezze e sotto diversi nomi i Germani possedessero, ma
quella ancora di dirigersi in alto mare , di lottare coi venti e
colle procelle , di approdare ai lidi più remoti , di inseguire e
raggiugnere le navi di altre nazioni, di scorrere liberamente il
grande Oceano , il che tutto quasi ci conduce a trovare qualche
notizia presso que' popoli dell' astronomia , o almeno qualche os-
servazione fondata o abituale delle stelle, una scienza nautica già
E DELLA LORO NAVIGAZIONE 345
formata e per cosi dire adulta, e fors' anche una nautica o una
marina militare. So alcune navi costruivano di vimini coperti di
cuojo, questo annunzia un ingegno ed un artifizio diretto a coni'
binare la solidità colla leggerezza, e l'esistenza presso di essi di
a arie arti viene provata altresì dalla costruzione dei molti istru-
nienti necessarj alla costruzione e alla navigazione senza dei
quali non avrebbono giammai potuto intraprendere lunghi viaggi,
allontanarsi dalle coste , rendersi terribili sul mare e riuscire fe-
licemente in molte delle loro spedizioni.
FINE DELLA PARTE PRIMA UH. VOLUME ISO^O EUROPA.
INDICE
delle materie contenute in questo
nono volume delF Europa.
COSTUME DEGLI SVIZZERI.
I
l costume antico e moderno degli Elvezj o degli
Svizzeri , 5
Prefazione 7
Catalogo delle principali opere che trattano della Sviz-
zera e de' suoi abitanti i3
Descrizione geografica della Svizzera 23
Governo e leggi 5 7
Arte militare degli Svizzeri 98
Religione degli Svizzeri no
Matrimonj e funerali 126
Arti e scienze 1 35
Costumi ed usanze degli Svizzeri i5a
// costume dei Germani descritto dal Cav. Luigi Bossi i83
Discorso Preliminare i85
Parte prima. Descrizione della Germania avanti V e-
poca dei Romani , dei popoli primitivi che V abi-
tarono, delle loro origini e delle loro emigrazioni. ig5
Governo e leggi dell'antica Germania avanti i Ro-
nzarli 226
Della religione e del culto dei Germani avanti la
Romana occupazione 2.^8
Costumi ed usanze degli antichi Germani avanti la
Romana invasione 2^5
Della milizia degli antichi Germani 3i6
Degli studj e delle arti degli antichi Germani e
della loro navigazione 338
347
DESCRIZIONE DELLE TAVOLE
Tay. I. Interno della città di Zurigo a 5
li. Ghiacciajo di Grindelwald 29
III. Ponte, detto del diavolo 3i
IV. Cappella di Guglielmo Teli 33
V. Caduta del Reno a Lauffen 4©
VI. Pedata del Castello Habsbourg 4»
VII. Ospizio del gran S. Bernardo 4$
Vili. Wolfenschiefs 6y
IX. Guglielmo Teli ivi
X. / tre capi della Confederazione Elvetica. 68
XI. // Governatore Gesslero 70
XII. Balio di Landerberg 72
XIII. Bassorilievo del Primaticcio rappresentante
la battaglia di Mele gn ano 94-
XIV. Arnoldo di Vinhelried 100
\\ . Medaglie rappresentanti i Cantoni io3
XVI. Anabattisti n4
XVII. Lutto di una Zurighese etc 119
Wlll. Vestiario nell'occasione della. Cresima nel'
V Entibluch 123
XIX. Abito nuziale de' Firiburghesi 127
\ Y. Sposi del cantone di SciaJJ'usa 128
XXI. Monumento sepolcrale i33
XXII. Antico musaico scoperto in Yverduu i35
XXIII. Casa di un contadino Svizzero 1 38
XXIV. Cartello di Grandson i3q
XXV. Badia di Eingidlen i4o
XXVI. Conladini Zurighesi l54
XXVII. Abito dei Bernesi 167
\\\ III. Abitanti di Scfiwitz ' . 160
\\IX. Costume dei VaUesiani 175
\\X. Donne del paese di Vanii 176
XXXI. Abili de? G ri gioiti 180
\\\II. Aia antica di Albersdorf 25o
XXXIII. Divinità ile' Germani 253
XXXIV. Sacrifizi, sortilegi re s65
348
XXXV. Famiglia di antichi Germani 288
XXXVI. Antichi Germani in viaggio ivi
XXXVII. Conviti de gì' antichi Germani 296
XXXVTII \
J?tr ~y„' < Monumento sepolcrale 3i4
XXXIX. Cultelli di pietra ec ivi
XL. Pastori Germani 3 1 5
XL*. Cacciatori Germani ivi
XLI. Antichi Germani 3 1 7
XLII. Germani attorno al focolare 3i8
XLIII. Guerrieri Germani 3 1 9
XLIV. Comandante della Milizia ivi
XLIV*. Guerriero Germano ivi
XLV. Guerrieri Germani a cavallo ivi
XLVI. Campo degli antichi Germani 33 1