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IL DIRITTO INTERNAZIONALE
CODIFICATO
Opere pubblicate dal Professore PASQUALE FIORE
ELEMENTI DI DIRITTO Costituzionale e Amministrativo (Cremona 1862) [esaurito).
NUOVO DIRITTO Internazionale Pubblico (Milano 1865), voi. 1, in-8» {esaurito).
ELEMENTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO (Torino, Unione Tip.-Editrice).
Quarta tiratura L. 5
DEL FALLIMENTO secondo il Diritto Intemaz. Priv. (esaurito) (Pisa, Nistri, 1873).
EFFETTI INTERNAZIONALI DELLE SENTENZE e degli atti in materia civile
(Loescher, 1874) ^ 5
DELLA GIURISDIZIONE PENALE relativamente ai reati commessi all'estero (Pisa,
Nistri, 1875) (esaurito), rifusa neìV opera sulle Sentenze penali.
EFFETTI estraterritoriali delle sentenze penali. Della estradizione (Loescher, 1877) . „ 10
SUL PROBLEMA internazionale della Società giuridica degli Stati (Torino, Stamperia
Reale. 1878 (esaurito)^ Vedi Aiti delV Accademia delle Scienze morali di Torino).
DELLE AGGREGAZIONI legittime secondo il Diritto Internazionale (Torino 1879,
(esaurito), si trova negli Atti deW Accademia delle Sciense).
DELL'ADOZIONE (Monografia nel Digesto Italiano).
DEGLI AGENTI DIPLOMATICI (Monografia nel Digesto Italiano).
DELLE DISPOSIZIONI GENERALI sulla pubblicazione deUe leggi, volumi 2 (Napoli,
1886-^7, Marghieri editore) ,24
DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO. Terza edizione interamente rifatU e consi-
derevolmente ampliata (Leggi civili, VoL I e II). (Torino, Unione Tip.-Editrice) „ 16
Voi. Ili (SucceA-iioni). {DUmminenie pubblicazione).
IL DIRITTO CIVILE ITALIANO. Voi. U: Delle Persone, 1889 (Marghieri, edit).
SULLA CONTROVERSIA DEL DIVORZIO IN ITALIA (Torino, Unione Tip.-Ed.) . „ 1
TRATTATO DI DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO, terza edizione intiera-
mente riveduta e considerevolmente ampliata. Voi. 3 (Torino, Unione Tip.-Edit.) « 30
DELLA PERSONALITÀ GIURIDICA dei Corpi morali e della Personalità giuridica
dello Stato airintemo e all'estero (Torino, Unione Tip.-Editrice, 1895).
Traduzioni pubblicate in Francia.
NOUVEAU DROIT INTERNATIONAL PUBLIC, traduit, annoté, précède d'une intro-
duction par Pradier-Fodéré (Paris, G. Pedone Lauriel), voi. 2, in-S®, ipuisé.
DROIT INTERNATIONAL PRIVE, traduit de l'italien, annoté et suivi d'une Appendice
de Tauteur comprenant le demier état de la législation et de la jurisprudence, par
Pradier-Fodéré (Paris, G. Pedone Lauriel), ipuisé.
TRAITE DE DROIT PÉNAL INTERNATIONAL et de l'extradition, traduit, annotò et
mis au courant du Droit fran^ais, par Charles Autoine (Paris, G. Pedone Lauriel),
voi. 2 Fr. 18
DROIT INTERNATIONAL PUBLIC, traduit et annotò par Charies Antoine. Deuxième
édit, 1885 (Paris, G. Pedone Lauriel), voi. 3 „ .S7
DROIT INTERNATIONAL PRIVE, traduit, annoté et mis au courant du Droit fran^ais
par Charles Antoine, Président du Tribimal de Doullens. Deuxième édit. compiè-
tement refondue, 1890-91 (Paris, Pedone-Lauriel) „ 20
LE DROIT INTERNATIONAL CODIFIÉ. It^n» édit. ital. traduite par A. Chrétien, Pro-
fesseur de la Faculté de Nancy (Pari», Chevalier Marescq, 1889 „ 10
LA QUESTION EUROPÉENNE, une solution (Paris, Chevalier Marescq, 1890).
Traduzioni pubblicate in Spagna.
DERECHO INTERNACIONAL PRIVADO, version de Garcia Moreno, aumentada con
un'apendice del autor y un prologo de Martos (Madrid, F. Gongora, 1878), voi. 2 . L. 24
TRATADO DE DERECHO INTERNACIONAL PUBLIGO, vertido al castellano par
Garcia Moreno, T. 3 (Madrid. F. Gongora, 1882). 2d? edicion, T. 4 (1894) . . „ 28
TRATADO DE DERECHO PENAL INTERNACIONAL, traducido, anotado y aumen-
tado con dos apendices por la Direcion de la Revista de legislacion y jurisprudencia,
1 volume Kr. 8» (Madrid 1880) 32
DERECHO INTERNACIONAL PRIVADO (Leyes civiles), version castellana anoUdapor
D. Alftjo Garcia Moreno con un prologo di Romero Giron. Madrid. Gongora, tomo I-III» 13
EFECTOS INTERNACIONALES de las sentencias de los tribunales, version castellana
par Garcia Moreno (Madrid 1888Ì.
DE LA IRRETROACTIVIDAD E INTERPRETACION DE LAS LEGES. Estudo cri-
tico v d»» leeÌRlar.ion comoarada tradunido par De Paz (Madrid 1893).
EL DERECHO INTERNACIONAL CODIFICADO y su sancion jiiridica: version Castel-
lana por Garcia Moreno. Gongora, Madrid, T. II, 1891).
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ORDINAMENTO GIURIDICO
DELLA SOCIKTA DEGLI STATI
DIRITTO INTERNAZIONALE
CODIFICATO
E LA SUA SANZIONE GIURIDICA
PASQUALE FIORE
Prortvjore ordiiurÌD di tNiiiio lukniijniiak'. o di UJrillu ITiviiu (niiipuniUi dtll'Unitcrsilì <li Kaiinl).
Hruljro dgtl'lfitimtii di DirìlLa [DUrrnuimaic.
SDITO STORICO DEI PIÙ IMPORTANTI TRATTITI JNTIRni/.IOK lU
Terza Edizioke
inlieriDenle rifalla e ampliala
TORINO
UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE
MILANO — ROMA - NAPOH
1900
PHOPRIETA LETTEKARIA
^ . Ma^ Ji/^ /fe3
AI PROFESSORI DI DIRITTO INTERNAZIONALE
DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE
allusirì CoUeghi,
Offro e dedico a Voi questo volume, nel quale ho cercato dì
riassumere tutto quello che ho potuto imparare studiando la
scienza del Dirìtto internazionale, alla quale ho consacrato
massimamente le mie déboli forze.
Voi sapete, che fin da quando osai di esporre le mie opinioni
nel volume sul Diritto internazionale pubblico stampato w^/ 1865,
ho contimmto senza vanità e senza pretese a proseguire con
sollecitudine gli sttulii intorno al problema veramente complicato,
a risolvere il quale tutti miriamo, e che consiste nelV elaborare
un sistema diprincipii razionali i più adatti a dare alla Società
internazionale un ordinamento giuridico.
La difficoltà di far bene Vho compresa tanto meglio, quanto
più collo studio incessante mi è parso molto più malagevole
riuscire nel mio intento. Non mi sono però scoraggiato per
questo, perchè ho avuto ed ho ttdtora ferma fidanza, che voìrete
almeno valutare con benevolenza il costante e tenace proposito
di un uomo di buona volontà che ha fatto quanto poteva per
riuscirvi.
Spiego al Capitolo HI delV introduzione le ragioni che mi
hanno guidato nel presentarvi il complesso dei p7inci2m del
Diritto internazionale sotto la forma di codice. Spero che le
spiegazioni da me date varranno ad allontanare la sfavorevole
apprensione, che può derivare a prima vista dal titolo dato ai
miei studila e che potrebbe spingervi a giudicare ardito e
temerario U mio intendimento.
L'esposizione del Diritto internazionale con tale sistema era
stata adottata la prima vòlta dal nostro concittadino Paroldo,
e V esempio suo trovò imitatori e principalmente in Germania
Bluntschli e in America Field. Ora a me è sembrato, che la
scuola italiana non dovesse dimenticare, ma che dovesse bensì
continuare ad imitare Vesempio dato dal noto concittadino.
Vogliate quindi. Illustri Colleghi, considerare questo volume
che vi offro, come una forma di sistema ed un indirizzo di
studii. Consacrando la vostra intelligenza ed il vostro vigore al
certo più forti del mio a migliorare tutto il sistema, ed eccitando
inoltre i giovani studiosi della vostra scuola a proseguire per la
stessa via indicata dal Paroldo, si arriverà sicuramente a fare
opera più per fetta e più proficua di quella che io ho potuto ed ho
saputo fare.
Napoli, Gennaio 1897.
Prof Pasquale Fiore.
AI MIEI LETTORI
I tre primi capitoli di questo Toinme sono la ripro-
duzione dei discorsi da me fatti a Bruxelles nel mese di
aprile del 1899 alla « Conférence da Jeune Beurreau ».
Furono pronunziati in francese, e reputai poi opportuno
di aggiungervi alcune note e di stamparli in pochissimi
esemplari i quali si trovano soltanto nelle principali biblio-
teche nazionali.
Sono stati tradotti dairoriginale francese dall'avvocato
Ludovico Eusebio, ed ho stimato opportuno di riprodurli
come introduzione al presente volume, perchè riassumono
tutto il concetto che mi avea guidato quando lo avea
scrìtto e pubblicato nel 1890. Quando nel 1898 ne feci la
seconda edizione alcune parti furono del tutto rifatte,
altre ampliate.
Questa terza edizione ha di nuovo solo Tintroduzìone,
e per la parte che concerne Tesposizione a forma di codice
è la riproduzione esatta della seconda edizione che fu
stereotipata. Non ho potuto quindi fare alcuna correzione
alla parte stampata colla stereotipia per Io che conviene
riferirsi alPanno in cui essa fu scritta cioè nel 1897. Questo
avverto perchè talvolta il mio modo di discorrere si rife-
risce agli avvenimenti dei giorni nei quali il volume fu
da me scritto. Non trovo in vero ragione da farmi credere
che avrei mutato qualcosa nella sostanza, ma nella forma
però qualche cosa avrei certo modificato riscrivendo alcune
parti oggi.
1 — £!ioBE, Dir, intem. codif.
INTRODUZIONE
CAPITOLO I.
Considerazioni generali sull'ordinamento
della società internazionale.
1. Considerazioni storiche sul concotto di una comunità di diritto fra i diversi
popoli. — 2. Condizione attualo della Società degli Stati. — 3. Necessità
di darle una forma di organizzazione più razionalo e di trovare un sistema
di protezione del diritto da cui questa debba essere retta. — 4. Insuffi-
cienza dei vaii progetti formati al riguardo. — 5. Il concorso delle scienze
e di tutte le forze intellettuali dei vari paesi è indispensabile per risolvere
il problema in modo completo.
!• Il problema che oggi si impone è quello di giungere a dare
alla società internazionale una forma di organizzazione più razio-
nale. La sua attuale condizione presenta, invero, difetti visibili.
I pubblicisti, malgrado il loro lungo lavoro, non sono giunti a
mettersi d'accordo intorno ai principi, da cui la società interna-
zionale dev'essere retta. I Governi, dal canto loro, hanno accettato
certe regole cui hanno attribuito autorità di diritto comune ; ma,
di tali regole, quelle che già hanno una base solida e ferma non
rappresentano che una parte minima.
La difficoltà maggiore è quella di assicurare il rispetto alle
regole fissate. Nella società civile non vi sono soltanto leggi e
codici per determinare e regolare l'attività, la libertà, gli atti;
vi sono anche tribunali e mezzi legali di coercizione nettamente
stabiliti per impedire e reprimere la violazione delle leggi.
4 Introduzione — Capitolo I.
Nella società intemazionale, invece, non vi è né una autorità
superiore, la quale abbia il potere di impedire che Tuno o Taltro
abusi della sua forza per violare il diritto altrui, né vi sono isti-
tuzioni giuridiche riconosciute di comune accordo per dirimere le
questioni che possono sorgere dagli abusi della libertà. Ogni Stato
deve provvedere a difendere esso i suoi diritti, e quando uno
Stato subisca una lesione, esso non ha altro mezzo fuorché quello
di ricorrere a rappresaglie, e, in ultima istanza, alla forza delle
armi ed all'espediente rovinoso della guerra.
Or, considerando questi vizi capitali, non verrebbe egli fatto
di reputare come vano il movimento intellettuale e politico moderno
che mira a raggiungere il nobile fine di trovare un sistema di
organizzazione giuridica della società intemazionale?
Come spiegarsi il fatto che, malgrado un lungo lavoro e mal-
grado il tempo trascorso, la soluzione di questo problema sia ancora
così poco progredita? E che cosa si é fatto finora per risolvere
tale problema? A qual punto si trova la sua soluzione? Che cosa
possiamo noi sperare al presente ? E che cosa deve farsi per arrivare
alla soluzione in avvenire?
Tali questioni sono veramente larghe e complesse. Per andare
al fondo delle cose, converrebbe studiare il presente nel passato;
scrutare la storia pubblica e la storia segreta della diplomazia;
indagare i moventi segreti di molti avvenimenti ; esporre le cause
che hanno impedito finora e che ancor oggi impediscono di stabi-
lire fra tutti gli Stati o almeno fra tutti i paesi inciviliti una vera
comunità di diritto e di dare alla società intemazionale forma di
vera società giuridica.
Per svolgere in modo completo l'argomento, vi vorrebbero grossi
volumi; qui intendo limitarmi ad una esposizione rapida per dare
dì esso un'idea generale e sommaria.
Occorre anzitutto considerare che, se la soluzione del problema
ha fatto così poca strada, ciò dipende da che il problema stesso
ò stato posto tardi. E invero, non si poteva pensare ad una comu-
nità giuridica prima che fra gli Stati la vera idea della loro
comunità fosse nata. Or, alla concezione di tale comunità gravi
Gonsideraxùmi generali sulla aoeielà iniernaxionale 5
ostacoli si opposero. Ed anzitutto, la tendenza di ogni popolo a
vivere isoiato e a nudriro sentimenti di diffidenza verso gli stra-
nieri. Di qui la falsa idea di restringere la comunità ai soli popoli
appartenenti alla stessa patria. Fu questo il caso della Grecia (1).
La comunanza di lingua, di genio artistico e scientifico, di
religione e di costumi fra le varie città elleniche, fece si che si
ammettesse un legame fra esse, ma non fra esse e gli stranieri.
I Greci consideravano come barbari i popoli che non appartene-
vano alla Grecia; e i filosofi favorivano queste tendenze orgogliose.
Platone, infatti, considerava l'umanità come divisa in Greci e
Barbari; ed Aristotele insegnava che tutti gli altri popoli erano
barbari e predestinati da natura ad essere soggetti ai Greci.
Un altro ostacolo fu la pretesa superiorità di certe razze fon-
data nelle loro credenze religiose. Fu questo il caso degli Stati
teocratici, i quali consideravano come fuori del diritto comune
tutti i popoli che non partecipavano a tali loro credenze.
Anche la passione smodata delle conquiste rappresentò un altro
ostacolo. Cosi, la politica dei Bomani nei loro rapporti con gli
altri popoli fu inspirata dalla smodata passione di dominarli e di
assoggettarli per realizzare l'orgoglioso disegno di fare di tutti i
popoli altrettante colonie dell'Impero (2).
Cristo, col proclamare la unità del genere umano e la frater-
nità di tutti i popoli, diede il vero concetto della umanità e della
fraternità di tutti i popoli: e non vi sono nò Ebrei nò Greci, nò
schiavi nò liberi, imperocchò voi siete tutti fratelli in Gesù Cristo (3).
La vera idea dell'umanità secondo la dottrina di Cristo ò più larga
e completa di quella che ne abbiano tutte le filosofie del mondo.
(1) Pastobet, Histoire de la légielation, t. V, 5 e 372-73; Montesquu-ìu,
Esprit des lois. XXI, 7; Herod, lib. VII, § 133.
(2) Obtolan, Hist. de la législ. Romaine (Politique extérieure de Rome);
Làubekt, Hist. du Dr, des gens, t. Ili ; Osenbrukggen, De jure belli et pacis
Roman.
(3) Non est Jttdaeus neque Oraecus; non est servus ncque liher; non
est masculus neque foemina, Omnes enim vos unum estis in Christo Jesu
(Epist. Pauli ad Oalatos, 3-28). Vedi pure in Romanos, UI, 28-29 ; Coloss.
Ili, U, Confr. Laubbnt, Èist.^ yoL 4*".
6 Introduxdone — Capitolo I,
Tertulliano diceva, infatti, che il mondo doveva formare tutto una
sola repubblica: e Io non conosco — ei diceva — che una sola
repubblica il mondo > (1). La sua dottrina avrebbe certa-
mente condotto alla concezione della comunità fra tutti i popoli
dell'universo; ma pur troppo un nuovo ostacolo sopravvenne a
ritardare questo grande risultato.
Il più funesto errore del Papato fu quello di credere che esso
solo fosse nel possesso esclusivo della verità e che tutti dovessero,
a loro malgrado ed anche colla forza, essere richiamati alla fede.
Gesù Cristo rispondendo a San Tomaso che gli domandava come
avesse a trovare la sua via, rispondeva : e Io sono la verità e la
vita; nessuno va al padre se non per me >.
Il Papa, come vicario di Cristo, immaginò che esso solo fosse
in possesso della verità, e proclamò che tutti quelli che non segui-
vano la sua dottrina erano perduti. Di qui la intolleranza, la per-
secuzione per soffocare la eresia; di qui la falsa idea che fosse
opera di carità combattere quelli che non seguivano la dottrina del
papato (2).
E così si arrivò a stabilire una nuova forma di dualismo fra
i cristiani ortodossi e gli eretici. A quel modo che i Greci consi-
deravano gli stranieri come barbari e fuori del diritto comune,
così il Papato considerò come fuori del diritto comune quelli che
non seguivano la sua dottrina. I Principi cattolici furono spinti a
impiegare le armi per sostenere la fede; e le più crudeli guerre
contro gli eretici e gli infedeli furono intraprese in nome della
religione di Cristo, religione di pace e di amore (3).
(1) Unam omnium rempublicam agnoseimus^ mundum^ Apol. 39.
(2) S. Accostino, Epist. 185. De correciione Donatistorum^ n." 13 ; Ivi
cap. 28 dice « An non pertinet ad diligentiam pastoralem^ eiiam illaa oves^
quae non violenter ereptae^ sed blande leniterque sedueiae^ a grege aberra-
verini^ et ab alienis coeperint possideri^ inventas ad ovile dominicum^ ai
resistere voluerint^ flagellorum terroribus, vel etiam doloribus revocare? Sic
enim error corrigendua eat ovia^ ut non in ea corrumpaiur aignaculum
Redemptoria * ; Coofr. S. Bkrnakdo, tn cantica^ Sermo 66, n.** 12 ; Baronius,
Ann.^ anno 385, t. IV; Bàrbkyrac, Tratte de la morale dea Pèrea; S. Gio-
VANia Crisostomo, Homilia in Paalm, 43. Alieni filii qui aunt, B.
(3) Vedi Robertson, Hiatory of America,
Con3tderaxioni generali sulla società intemaxdonale 7
Fu Tepoca sanguinosa delle guerre di religione. L'orribile guerra
degli Albigesi, le crociate, le lotte accanite contro i protestanti,
furono conseguenza delle pretese esagerate del Papato di costrin-
gere colla forza il- genere umano ad accettare la unità della fede.
Oettiamo un velo sulla storia
La reazione non tardò.
Si combattè per la separazione del Diritto pubblico dello Stato
dal Diritto pubblico delia Chiesa, per la rivendicazione dell'attri-
buto essenziale della personalità umana, il diritto alla libertà di
coscienza ; si combattè per far ammettere la libertà e la eguaglianza
dei culti delle tre Chiese : la cattolica, la luterana e la calvinista.
La Biforma riuscì a trionfare e le vittorie da lei riportate
furono consacrate nella pace di Yestfalia, la quale riconobbe un
principio di comunità fra i popoli di credenze diverse (1).
Tuttavia, la lotta assunse una forma nuova, poiché le idee
relative alla base della vera comunità ed ai principi razionali
destinati a proteggerla, facevano difetto.
Non possiamo entrare nei particolari, che per ciò ci bisognerebbe
rifare tutta la strada serpeggiante che i popoli furono costretti di
seguire sotto la pressione delle circostanze, delle false idee intorno
al fondamento della grandezza politica e della prosperità economica
di ogni paese. Noi dovremmo mettere in luce la storia segreta
della politica e della diplomazia dei diversi paesi ; dovremmo esporre
gli errori del sistema noto sotto il nome di e colbertìsmo > , sistema
che falsò la missione dello Stato, la base dei rapporti commerciali
e il vincolo della comunità fra i vari paesi del mondo.
Si era immaginato che per salvaguardare la indipendenza degli
Stati era indispensabile impedire che il pericolo della monarchia
universale potesse risorgere e che bisognava mantenere fra gli Stati
un certo equilibrio della forza per rendere impossibile la prepon-
deranza di uno di essi sugli altri.
(1) Vedi per T influenza esercitata da Bichklieu: Montkil, Hist, dee Franpais^
t. VII, p. 114; GHAMnoN, Mémoire; Mémoire du cardinal de Beix; Li-
Yàssob, Histaire de Louis XTII^ t. X ; Caussik, Mém. de Riekelieu.
8 Introduxdone — Capitolo I.
U grande Federico, facendosi l'interprete delle convinzioni gene-
rali di allora, scriveva nel suo Anti-Machiavelli. « La tranquillità
dell'Europa si fonda principalmente sul mantenimento di quel
sapiente equilibrio, per cui la forza superiore di una monarchia è
bilanciata dalla potenza unita di alcuni altri sovrani » (1).
Quanti avvenimenti! Quante lotte! Quante alleanze contratte
e rotte! Quanti trattati firmati e violati, intesi a impedire la pre-
ponderanza dell'uno o dell'altro e destinati sempre a stabilire
l'equilibrio europeo e la famosa bilancia delle forze!
Quando la Francia, ai tempi di Enrico lY e più ancora durante
il regno di Luigi XIY diventò potente e temuta, gli altri Stati si
allearono contro di lei per indebolirla; e la Francia, che aveva
dettato le condizioni della pace nel trattato di Nimega del 1678
e nel trattato di Byswick del 1697, fu costretta a sottomettersi
alle condizioni imposte dalle potenze alleate ed a firmare il trattato
di Utrecht con cui essa rinunzia va ai suoi progetti di ingrandimento.
E per mantenere l'equilibrio altre guerre furono intraprese ; così,
la guerra di Polonia terminata col trattato di Vienna del 1738 e
la guerra per la successione d'Austria che mise capo al trattato
di Aquisgrana del 1748; così la guerra dei Sette Anni cui pose
fine il trattato di Parigi del 1763. Sarebbe troppo lungo lo enu-
merare tutte le lotte sanguinose eccitate ed alimentate dalla tema
della preponderanza.
Dopo la scoperta del Nuovo Mondo e della nuova Strada per
le Indie, la lotta aveva preso una forma nuova. Ogni Stato cercò
di acquistare la superiorità commerciale e immaginò che a tale
effetto gli bisognasse confiscare a suo profitto il monopolio degli
scambi e delle esportazioni e creare ogni maniera di ostacoli alla
libertà di commercio degli altri ed allo sviluppo della loro produ-
zione. Fu questa l'origine di nuove guerre fatte per mantenere il
cosidetto € equilibrio mercantile ». I disordini cui die' luogo il
falso sistema che porta nella storia il nome di < Golbertismo »
furono non meno gravi di quelli che derivarono dalla pretesa necessità
(1) Fbìdìric, Anti'Machiavel, part. 3"", chap. XXVI, p. 58.
Gonsideraxdani generali sulla società internazionale 9
di un equilìbrio politico. Si era sempre alla ricerca di pretesti per
fare la guerra, allo scopo di costringere le potenze rivali a firmare
un trattato di commercio a profitto del vincitore (1).
I trattati conchiusi nei secoli XVII e XYIII in seguito alle
guerre mercantili dimostrano chiaramente la confusione che regnava
riguardo alla libertà del commercio e della navigazione:
La confusione che regnava per ciò che concerne i diritti degli
Stati neutri durante la guerra non cominciò ad essere dissipata
che dalle leghe della neutralità armata del 1789 e del 1800. Tuttavia,
quegli stessi Governi che avevano ammesso le regole riguardanti
gli Stati neutrali, le disconoscevano o le modificavano a libito,
perchò non vi era altro mezzo per assicurarne il rispetto tranne
l'impiego della forza.
Potevasi mai concepire l'idea di una comunità mentre preva-
levano le false idee intorno alla prosperità e alla ricchezza delle
nazioni, mentre ogni Governo si proponeva di organizzare le suie
relazioni commerciali in modo da importare quanto più oro e quanto
meno merci gli era possibile, per ristabilire il preteso equilibrio
mercantile?
La confusione che regnava intorno al criterio della prosperità
e della ricchezza delle nazioni spiega facilmente come il concetto
della vera comunità non fosse possibile.
E cosi si arriva alla Bivoluzione francese sempre in mezzo al
più grande disordine e ad idee sbagliate per ciò che riguarda gli
interessi di ogni nazione, gli interessi comuni e i giusti principi
atti a salvaguardare la indipendenza di ogni Stato.
Le condizioni anormali in cui furono intraprese le guerre della
Rivoluzione francese poterono servire di pretesto per giustificare
le violenze e gli abusi che si commisero da una parte e dall'altra.
Il fatto si è che gli atti più arbitrari furono giustificati come rap-
presaglie, e che tutti i principi del Diritto internazionale furono
(1) Campbbll, lAfes of the Ghancellors^ t. V, p. 89. — Vedi pure il
Discorso del Conte Sh^ftesbubt, Lord Cancelliere, quando voleva dimostrare
che era tempo di fare la guerra all'Olanda {Parlament Hist., t. IV, p. 587).
10 Introdtix^ìone — Capitolo I.
calpestati. La condizione degli Stati neutmli peggiorò. Quegli stessi
Stati che avevano solennemente proclamato ì diritti dei neutri li
disconobbero.
Alla caduta di Bonaparte l'Europa presentava un aspetto nuovo.
Certi Stati erano scomparsi ed altri erano sorti. L'autorità della
pace di Vestfalia era stata disconosciuta, l'equilibrio tutt' affatto
turbato. Trattavasi di provvedere alla organizzazione definitiva
dell'Europa, di fissare su una base più solida la vera idea della
comunità degli interessi e di stabilire in modo conveniente il giusto
principio dell'equilibrio.
L'esperienza del passato avrebbe dovuto mostrare ai potenti
alleati che per assicurare la regolare coesistenza degli Stati e per
salvaguardare la loro indipendenza e i loro diritti, una certa forma
di equilibrio era indispensabile; ma che occorreva fondarlo su altre
basi. Pur troppo, nell'orgoglio della loro vittoria, le Potenze non
pensarono che a salvaguardare i pretesi diritti dei sovrani legittimi
e delle dinastie, prendendo il diritto storico come base della legit-
timità. Allo scopo di ristabilire l'ìBquilibrio, si pensò a ristabilire
i possessi territoriali nello stato in cui erano prima della Rivolu-
zione francese; e per assicurare la stabilità dell'opera così compiuta,
le grandi Potenze, a guisa di dittatori, decisero di garantirsi reci-
procamente le possessioni che si erano attribuite in base ai loro
pretesi diritti legìttimi, impegnandosi a intervenire e ad impiegare
la forza per reprimere qualsiasi intrapresa contro l'equilibrio che
esse avevano stabilito. Il loro lavoro faticoso fu riassunto nell'Atto
finale firmato a Yieuna il 9 giugno 1815 e completato dal trattato
della Santa Alleanza.
Si arriva così al principio del secolo e la vera concezione della
comunità non era formata ancora.
Si era, infatti, immaginato che l'interesse supremo della società
internazionale si assomma3se nella tutela dei pretesi diritti dei
Sovrani legittimi e delle dinastie e che base della legittimità fosse
il diritto storico. Si era immaginato che il potere dei Monarchi
legittimi fosse assoluto; che i popoli non avessero diritti; che il
loro interesse fosse come personificato nell'interesse del Principe;
Gonsideraxiani generali sulla società intef*naxionale 11
che le monarchie legittime potessero attribuirsi possessioni loro
appartenenti secondo il diritto storico, senza tener conto degli
interessi del popoli e della situazione morale dei diversi paesi.
Era tutt'affatto naturale che il problema della organizzazione
intemazionale non fosse ancora ben posto. Una organizzazione coor-
dinata allo scopo principale di salvaguardare i pretesi diritti dei
Sovrani legittimi e delle dinastie, poteva essa costituire il vero
principio di una organizzazione razionale?
La lotta doveva essere la conseguenza del sistema concepito e
della manifesta violazione della libertà dei popoli e dei loro diritti
sacrificati.
I Governi, secondo l'accordo e i patti fra essi conchiusi col
famoso trattato della Santa Alleanza, cercarono di soffocare ed
arrestare le cosidette idee rivoluzionarie; essi organizzarono il sistema
dell'intervento armato per fare la guerra alla libertà e ai diritti
delle nazionalità; ma tutti gli eserciti non ebbero forza bastante
per mantenere l'equilibrio politico stabilito a Vienna sotto la ispi-
razione di Metternich.
II primo grande successo della nuova idea che proclamava i
diritti inalienabili delle nazionalità contro i pretesi diritti delle
monarchie legittime, fu ottenuto dalla Grecia.
La sua lotta accanita per difendere la sua indipendenza e il
suo diritto ad affrancarsi dalla dominazione ottomana, cominciata
nel 1821, continuò sino al 1829, nel qual anno il Sultano fu
costretto a firmare il trattato di Andrinopoli, col quale le provincie
greche furono costituite in Stato indipendente, alla testa del quale
fu messo il principe Ottone di Baviera che prose il titolo di Re.
Nelle Provincie belghe, che formavano parte del regno dei Paesi
Bassi, la rivoluzione fu parimenti inspirata dal grande sentimento
della difesa degli interessi nazionali.
Essa ebbe per risultato definitivo la separazione del Belgio dal-
l'Olanda e la creazione del regno del Belgio in Stato indipendente.
Questa indipendenza fu consacrata dal trattato conchiuso a Londra
il 15 novembre 1831 e riconosciuta dallo stesso Be dei Paesi Bassi
nel trattato di Londra del 19 aprile 1839.
12 Introdttxione — Capitolo I,
L' Egitto era insorto alla sua volta per conquistare la sua indi-
pendenza, sotto l'impulso di Mehemed Ali; e la lotta continuò
sino al giorno in cui, col trattato di Londra del 1840, fu rico-
nosciuto il diritto ereditario di Mehemed Ali a governare l'Egitto
sotto l'alta sovranità della Porta.
Sopravvennero in seguito i movimenti politici che turbarono
profondamente la Francia, la Germania, l'Ungheria, l'Italia durante
gli anni 1848 e 1849. Il risultato finale fu di ridurre a poco a
poco al nulla il sogno insensato di Metternich (vale a dire l'equi-
librio politico stabilito nel 1815), e di mutare tutt'affatto la base
della legittimità. Alla sovranità di diritto divino fu sostituita quella
del libero suffragio del popolo.
Il movimento essenzialmente democratico che mise capo alla
rivoluzione del 1848 fu una reazione energica contro lo spirito della
Santa Alleanza. L'essersi fatto una parte più larga alla rappresen-
tanza degli interessi popolari, il controllo esercitato dall'opinione
pubblica sulla politica interna ed estera della maggior parte dei
paesi, lo sviluppo prodigioso dei rapporti commerciali mirabilmente
accresciuto dalla facilità e rapidità dellQ comunicazioni intemazio-
nali — tutto contribuì a distrurre molti pregiudizi, a sviluppare
il sentimento della solidarietà degli interessi ed a mettere in evi-
denza il vero princìpio della comunità.
A poco a poco, infatti, si arrivò a capire come, per giungere
ad assicurare il benessere di ogni paese e lo sviluppo della pro-
sperità nazionale, fosse indispensabile provvedere allo sviluppo dei
rapporti intemazionali, garantire e salvaguardare gli interessi
comuni.
8, Questa grande idea fu compresa con maggior chiarezza durante
la seconda metà del secolo ed essa fu il risultato di due potenti
fattori. Uno di essi fu lo sviluppo del commercio intemazionale,
il quale diventò una potente ruota della civiltà e contribuì eSetti-
vamente a stabilire legami permanenti fra le diverse nazioni. L'altro
fattore, piìi potente ancora, fu determinato dalle forze vive e di tanta
ef&cacia della scienza, la quale certo contribuì più direttamente a
demolire il passato e, dopo averlo demolito, a edificare sulle sue rovine.
Consideraxùmi generali sulla società intemaxionale 13
Sarebbe lungo il ricordare, anche rapidissimamente, i lavoratori
che contribuirono ad abbattere l'edificio della politica e ad innalzare
il monumento della ciyiltà moderna basato nella grande idea della
umanità.
Mi limiterò a ricordare solo alcuni dei principali lavoratori.
Fra i pubblicisti, il merito di aver emancipato la scienza del
Diritto internazionale dall'autorità della teologia e di averle dato
nn fondamento l'azionale, spetta all'italiano Alberigo Gentile. Ei
diede il primo impulso alla scienza moderna coH'insegnare che le
regole della giustizia dovevano essere dedotte dalla ragione naturale.
¥u seguito da Grozio, il quale perfezionò l'opera sua. I due
sapienti diedero il primo forte impulso alla attività intellettuale
intesa ad aprire la via, a distruggere tutto il passato e, dopo averlo
distrutto, a edificare di nuovo. Fi*a quelli che hapno compiuto
quest'opera vanno citati specialmente Hobbes (1), Pufendorf (2),
Leibnitz (3), Wolf (4). Poi viene la lunga schiera degli altri scrittori
che ricercarono e chiarirono le regole della condotta degli Stati e
indicarono le vere basi dei rapporti internazionali.
Fra quelli che diedero il primo impulso alla scienza politica,
possiamo a ragione essere orgogliosi di rammentare il nostro Machia-
velli. Lo si deve infatti annoverare fra gli autori che primi
applicarono alla politica il metodo storico e sperimentale. Il suo
gran merito è quello di aver studiato con cura le cause da cui
dipendono lo stabilimento, la consei*vazione, la prosperità e la caduta
degli Stati e di averci lasciato la più vasta serie di osservazioni
profonde sui rapporti che intercedono fra i fatti e le cause da cui
deprivano. Lo sforzo del suo genio originale fu inteso a separare il
fine dello Stato dal fine della Chiesa romana e a considerare il
problema dell'arte di governare indipendentemente dall'autorità della
(1) De eive. Pari sii s 1646.
(2) De jure naiurae et geniinm; De o/pctis hominis et ci vis; specimen
eontroversiarum eitra jus naturale.
(3) Godex juris gentium diplomaticus,
(4) JìM naturae methodo scientifica pertractatum.
14 Introduzione — GapUolo l,
teologia. La conseguenza fa l'affrancamento dei governi dall'auto-
rità predominante della Chiesa.
I calunniatori del grande pensatore italiano dissero che esso non
tenne conto abbastanza delle leggi della giustizia e che considerò
l'arte di governare piuttosto dal punto di vista del successo che da
quello del diritto. È per questo che di lui fu detto aver egli posto
a base della politica la utilità. Ma, astrazion fatta dai difetti del
suo sistema, è fuori d'ogni dubbio che Machiavelli ha reso il più
grande servigio alla civiltà, eliminando la falsa idea che lo Stato
dovesse essere considerato come soggetto alla Chiesa e che il Papato
potesse attribuirsi il diritto di comandare ai Be. La preponderanza
del Papato e la soggezione dello Stato alla tutela della Chiesa furono
ridotte a niente in seguito alla grande idea di Machiavelli, che
consistette nel separare la politica dall'autorità della Chiesa e nel
dare ai Governi e alla politica una nuova base e un fine proprio.
Gli autori che vennero dopo di lui, approfittando della direzione
che esso aveva dato e rettificando i principi della sua dottrina, la
resero più sicura e più proficua, e giunsero a ricostruire la teoria
del governo sulla base dei veri principi.
Fra essi ci limiteremo a ricordare Locke in Inghilterra e Mon-
tesquieu in Francia.
Locke (1) ci lasciò, nel suo Saggio sul Oovenio civile, la più
liberale teoria delle monarchie costituzionali e della legittimità dei
poteri. La sua opera fu perfezionata e completata da Montesquieu
il quale difese i diritti della umanità, chiarì e sviluppò i giusti
principii della grandezza degli Stati, e generalizzò la teoria della
saggia politica. La scienza della politica, indipendentemente dal-
l'autorità della Chiesa, entrò a mano a mano nel dominio dell'at-
tività intellettuale; e troppo lungo sarebbe enumerare gli autori
che contribuirono al grande lavoro di distruzione e di riedificazione
per determinare il vero principio della saviezza politica.
(U La sua opera ♦ Two ireatises on Government > fu pubblicata nel 1690,
fu poi tradotta in francese « Essai du gouvemement civil ».
Consideraxioni generali sulla società intemaxionale 15
Fra gli economisti che più contribuirono a mettere in hice il
fanesto errore del sistema mercantile, si deyono ricordare Hame,
Qaesnay e Turgot, i quali intravvidero la grande idea essere la
libertà condizione principale della prosperità commerciale (1). La
vera dottrina del libero scambio, che determinò la grande rivolu-
zione avvenuta nella vita economica e nella stessa esistenza politica
degli Stati, fu poi ridotta alla forma scientifica più perfetta da
Adamo Smith. La sua opera sulla Ricchezza delle Nazioni distrusse
fino alla sua base la falsa teoria del protezionismo.
Fra i filosofi potrei ricordare i nostrani Fomponaccio, Oiordano
Bruno e Telesio, che lavorarono per emancipare il pensiero dalla cieca
autorità della teologia; ma la rivoluzione più decisiva per assicurare
il predominio della ragione fu certamente operata da Cartesio. Ei
fece per la filosofia ciò che Lutero aveva cominciato a fare per la
religione ; ciò che Machiavelli aveva fatto in teoria e che Richelieu
e Cromwell avevano fatto in pratica per la politica ; ciò che Galileo
aveva compiuto nel campo delle scienze fisiche. Cartesio, emanci- .
pandosi dalla tradizione e dall'autorità, affidandosi alle forze del-
l'intelligenza, incominciò il più grande lavoro di distruzione del
passato. Non si potrà forse dire che esso sia stato un genio crea-
tore, giacché egli seppe distruggere più che non abbia edificato;
ma senza di lui non avremmo avuto la filosofia liberale ed uma-
nitaria del secolo XYIIL Dopo di lui troviamo Giambattista Yico
che, poggiato sulle forze della ragione, giunse a concepire la grande
idea che l'umanità è un organismo di cui i popoli sono gli elementi
e a descrivere il circolo ideale entro al quale, secondo lui, il mondo
si aggira (2).
Dopo Cartesio e Yico, l'opera dei filosofi procede rapidissima;
e quando si arriva alla fine diel secolo XYIII si trova che i filo-
sofi, sempre poggiati sulle forze della ragione, avevano rivendicato
i diritti dell'uomo e preparato la Bivoluzione che scoppiò nel 1789.
(1) Confr. BuGKLK, Histoire de la eivilisation en Angleterre.
(2) Confr. Febraih, La mente di 0. B. Vico,
16 IfUroduxdone — Capitolo L
Voltaire (1), Mably (2), Diderot (3), Rousseau (4), tutti avevano
difeso il diritto deirumanità, la emancipazione dei servi, la sop-
pressione della guerra, il vero obbiettivo della politica che, come
diceva Mablj, doveva consistere nell'essere giusti. Si arriva così a
Gondorcet, il quale nel suo progetto di costituzione propose di rego-
lare la condotta della Repubblica francese verso le altre nazioni (5).
Passo sotto silenzio gli altri non meno grandi lavoratori che
contribuirono a distruggere il passato e a sviluppare i giusti principi
della comunità.
Una cosa è certa ed è che di grado in grado noi siamo arrivati
a comprendere la grande concezione formulata da Seneca: e Tutto
questo mondo che tu vedi e che racchiude le cose divine ed umane
è uno... Noi siamo le membra di un gran corpo. In nessun luogo
l'uomo è straniero... La sua vera patria è l'universo » (6).
Ma per rendere chiara a tutti questa concezione era mestieri
rendere evidente a tutti la giusta idea intravvista da Ilume, da
Quesnay e da Turgot, cioè che la libertà è la condizione principale
della prosperità commerciale.
Era mestieri che tutti comprendessero come per il vantaggio
di ogni singolo popolo si dovesse al disopra degli interessi egoi-
stici del proprio paese porre gli interessi solidali di tutti i paesi
inciviliti.
Era mestieri che la opinione pubblica giungesse a comprendere
la necessità e la utilità della comunità delle nazioni incivilite.
Or, tutto ciò non ha potuto effettuarsi se non durante il nostro
secolo e specialmente durante gli ultimi cinquant'anni.
(1) Correspondance de Voltaire et de Catherine II; Dictionnaire philo-
sophiqtie (parole Supplice, Torture); Extrait d'un niémoire pour Ventitré
aòolition de la servitude en France; Satire, la tactique (Odes XVIII, Dia-
loguos XXIV); — Éloge funebre des offlciers morts en 1841,
(2) Elude de l'histoire; Observations sur Vhistoire de la Grece,
(B) Frammenta politiques.
(4) Èmile,
(5) Projet de Constitution fran^aìse, tit. XIII; Moniteur, 1793, p. 235;
(FjHvres de Gondorcet, t. X, p. 580. Vedi pure Lettres d'un citoyen dea État-
UnÌ8 à un fran^is, Q^uvres, t. IX, p. 97.
(6) Epist. 95.
CansideraMont generali sulla società intemavUmale 1 7
E facile quindi spiegarsi perchè il problema dell'organizzazione
giarìdica della società internazionale abbia fatto così poca strada
verso la sua soluzione. La società internazionale non poteva pro-
porsi di darsi una forma razionale di organizzazione se non dopo
aver acquistato la giusta idea della sua comunità ed essere giunta
inoltre all'alta concezione del suo più razionale fondamento.
Giambattista Yico, nella sua profonda opera La Scienza nuova,
aveva scritto non potere la comunità dei diritti nascere che dalla
comunità degli interessi, la quale, com'egli si esprimeva^ può susci-
tare presso tutte le nazioni certe idee uniformi intorno alla necessità
della loro società e intorno alla utilità di ciascuna di esse (1).
Montesquieu, nella sua celebre opera su Lo spirito delle leggi
aveva anch'esso annunziato che la grande idea della comunità sarebbe
stata l'effetto naturale del commercio, e Lo spirito del commercio
— ei diceva — unisce le nazioni. Tutte le unioni sono fondate su
mutui bisogni. Due nazioni che negoziano fra loro si rendono reci-
procamente dipendenti. Se l'una ha interesse a comperare, l'altra
ha interesse a vendere :».
Or, se si consideri che tutto ciò non è avvenuto che tardi, cioè
durante la seconda metà del nostro secolo, si comprende come il
problema abbia fatto così poco cammino.
Infatti, esso non fu nettamente posto che assai tardi.
Nei nostri tempi la generalità è arrivata alla fine a capire il
concetto della vera comunità, e oramai l'idea di dare alla società
internazionale un modo piìi razionale di organizzazione forma
l'animo del movimento intellettuale, parlamentare, scientifico e
popolare moderno; ed è una idea che ormai non si riuscirà più
a strappare dallo spirito del mondo incivilito. Essa si imporrà irre-
sistibilmente e sempre più urgente alle meditazioni degli uomini
di Stato e alle aspirazioni dei popoli. Che importa che la sua
realizzazione sia ancora più o meno lontana! Ogni idea nuova
(1) Vedi la sua dissertazione stampata nel 1725 col titolo Prtncipii di una
scienxa nuova intorno alla natura delle Naxioni per li quali si ritrovano
Altri pRiKcipn del Dibitto naturale delle oenti.
2 — Fighe, Dir. intem, eodif.
18 Iniroduxione — Capitolo I,
cammina, sia pure lentamente, ma cammina, con movimento sicuro,
in virtù del suo primo impulso, senza poter arrestarsi mai. Essa si
ingrandisce, diventa di un valore sempre piii grande, sempre più
potente. Essa si propaga nella coscienza delle masse e a poco a
poco diventa una convinzione popolare; finalmente, essa arriva a
dominare tutti i fatti, a esercitare un impero onnipotente su tutte
le intelligenze, ossa diventa come là religione dell'epoca fino al
giorno in cui finisce col trionfare.
È questa la storia di ogni idea riformatrice.
E sarà questa la storia della grande idea della comunità dei
popoli e della necessità di dare alla società loro una forma di
organizzazione razionale.
Il risultato definitivo non sarà l'opera nò d'oggi né di domani.
Esso sarà l'opera del tempo; sarà l'espressione ultima del progresso
incessante della civiltà. Esso non sarà completamente realizzato
che in un avvenire più o meno lontano.
Quello che massimamente importa si è di mettersi sulla giusta
via per arrivarvi.
3. Sarebbe un errore il dissimularsi che il problema di dare alla
società internazionale una forma di organizzazione giuridica sia
veramente un problema complesso e non certo di facile soluzione.
Per risolverlo in modo completo occorre anzitutto determinare
il Diritto comune che deve reggere la comunità delle nazioni civili,
poi provvedere alla tutela di questo Diritto comune e determinare
da ultimo i mezzi efficaci per dirimere i conflitti e le divergenze
che possono sorgere.
Per ciò che concerne il riconoscimento di un Diritto comune, non
dirò già certo che molto siasi già fatto per stabilirlo, ma che si
è cominciato già a fare qualche cosa. Il trattato di Parigi del 1856,
infatti, segna a questo riguardo Un grande progresso. Le grandi
Potenze, invece di limitare la loro missione a regolare le conse-
guenze della guerra, com'erasi fatto nel passato, stabilirono regole
uniformi riguardo al diritto dei neutri e ai diritti dei belligeranti
durante la guerra marittima.
Considerazioni generali sulla società intemaxùmale 19
Più tardi, molti trattati farono conchiusi, intesi ad assicurare i
bisogni del commercio, la protezione della proprietà e dell'indu-
stria, la libertà di navigazione sui fiumi, l'abolizione della tratta
dei negri, lo sviluppo della civiltà e del commercio nelle regioni
dell'Africa e per regolare in modo uniforme altri interessi comuni.
Troppo lungo sarebbe lo enumerarli. Si era perfino proposto di
stabilire un Diritto comune per incivilire la guerra e limitare il
più possibile i suoi mali e i suoi pericoli. I delegati dei Governi,
infatti, si riunirono, per disciplinare la guerra, a Bruxelles nel 1874.
• Lo ripeto, l'idea di riconoscere l' interesse collettivo che tutti gli
Stati hanno a regolare certe materie concernenti i bisogni generali,
ha già fatto strada.
Finora, la difficoltà maggiore e che fu considerata quasi come
insormontabile è quella di trovare una forma di protezione giuri-
dica del Diritto comune e mezzi legali per risolvere le divergenze
e costringere tutti a rispettare le regole fissate. La mancanza di una
autorità superiore e di istituzioni giuridiche ha fatto sì che ogni Stato
non abbia potuto trovare altra forma efficace di tutela dei propri
diritti che quella di far valere la propria potenza militare e quella
dei propri alleati.
Da ciò è provenuto nataralmento che ogni Stato non potendo
contare che sulla propria potenza militare, abbia cercato di diven-
tare il più forte. Gli altri Stati, per. non essere superati dalla po-
tenza militare di quello fra essi che mirava alla preponderanza,
sono stati alla loro volta spinti ad accrescere la loro potenza mili-
tare per controbilanciare la forza della potenza rivale.
Il risultato di questa deplorevole situazione è stato il regime
degli armamenti a oltranza; e la vita dei Governi di tutti i paesi
è stata fatalmente assorbita dall'ambizione di diventare il più forte.
La scienza avendo ogni giorno sempre più perfezionato 1 mezzi di
attacco, che rendono inutili i vecchi mezzi di difesa, ha fatto na-
scere l'imperiosa necessità per ogni Stato di continuamente modi-
ficare il proprio sistema di difesa per opporre una valida resistenza
ai sempre più potenti mezzi di attacco di quello fra essi che pensa
ad ottenere la preponderanza.
20 Introduzione — Capitolo I.
Si ò, COSÌ, giunti al punto che la massima parte dei redditi di ogni
paese sono assorbiti dalle spese per gli armamenti e che le esigenze
di tutti i pubblici servizi sono dappertutto subordinate alle esigenze
del ministero della guerra. Le risorse ordinarie non essendo sempre
sufficienti all'uopo, si è dovuto ricorrere alle risorse straordinarie
e ai prestiti.
Il fatto si è che le spese imposte alle sei grandi Potenze d'Europa
per il mantenimento delle loro forze militari sono salite alla somma
enorme di quattro miliardi e settecento quaranta milioni; e le spese
straordinarie inscritte nei bilanci della guerra durante gli ultimi
venti anni sono salite a circa cinquanta miliardi.
Il debito pubblico degli Stati europei, che nel 1866 era di soli
66 miliardi, è ora di 122 miliardi e 890 milioni; e gli interessi
annuali e l'ammortamento di un tanto capitale ammontano a 5 mi-
liardi e 743 milioni.
E ciò che è veramente più notevole si è che non si trova un
solo Governo, il quale possa ammettere che il suo paese sia abba-
stanza armato. Basti dire che in Francia, durante l'ultima discus-
sione del bilancio della guerra, il signor De Freycinet proponeva
solennemente un nuovo aumento delle forze militari, adducendo il
pretesto che esse erano inferiori a quelle della Germania e che era
indispensabile accrescerle nel piede di pace per non rimanere
indietro. E nello stesso tempo la commissione del bilancio della
guerra in Germania accettava la mozione di aumentare progressi-
vamente il piede di pace delle forze militari dell'Impero!
Di fronte a un tale stato di cose, un movimento era già inco-
minciato in tutti i paesi per protestare contro il flagello della pace
armata, che ha convertito il mondo civile in una vasta fabbrica
d'armi. I lamenti, i reclami contro i mali che di questa fatale esa-
gerazione del militarismo sono la conseguenza, sono poi divenuti più
frequenti in questi ultimi anni e più generali (1).
(1) Le Associazioni por eliminare gì* inconvonienti della paco armata ed i
pericoli della guerra sorsero da prima in America e poi si diffusero in Europa.
Secondo ne riferisce il Bureau International de la paix^ se no contano 94,
delle quali 54 in America e 40 in Europa.
Le prime Società degli amici della pace furono istituite in America. Uno dei
Consideraxùmi generali sulla società intemazionale 21
Pubblicisti, uomini di Stato, associazioni di industriali, operai,
persone appartenenti a tutte le classi lavoratrici, tutti si sono tro-
vati d'accordo sulla necessità di stabilire su basi più razionali l'orga-
nizzazione della società internazionale e di trovare il mezzo di elimi-
nare questa disastrosa condizione di cose che pone come principale
garanzia dei diritti di ogni paese la sua potenza militare e, in ultima
istanza, la guerra.
4. Diversi progetti furono formati allo scopo di dare alla società
internazionale un ordinamento più razionale. Non è certo questo
il momento di esporre tutte le proposte che con tale nobile inten-
primi fautori dol movimento fu il Worcester, curato, che fondò a Boston un
giornale religioso, col quale rìobiamò l'attenzione sui mali della guerra. Fu
seguito da Giorgio Channing, il quale vi richiamò T attenzione del Congresso
degli Stati Uniti con una Memoria ad esso diretta, nella quale cosi scriveva:
« Noi siamo persuasi che un Governo sinceramente disposto ad assumere la
« grande e sublime azione di pacificazione del mondo non mancherebbe di
« mezzi per conseguire il proprio fine. In grazia degli sforzi perseveranti e
« saggi di un tal Governo, principii più miti prevarrebbero nel regolamento
< delle controversie internazionali , le divergenze fra le nazioni potrebbero
« deferirsi ad un arbitrato imparziale ed i popoli potrebbero intendersi per
e ridurre i loro ordinamenti militai'i, tanto considerevoli e rovinosi >.
H movimento si diffuse dair America in Europa e principalmente in Inghil-
terra, ove la Società degli amici della pace fondò un giornale col titolo: The
Herald of peaee (vedi per maggiori particolari V opera citata di Descàmps e
l'opuscolo di Gatellani: Im propaganda della pace). Non vogliamo però omettere
di rammentare che nel 1873 fu istituita a Londra T Associazione per la riforma
e la codificazione del Diritto delle genti, la quale adottò poi nel 1894 il nome
di International Lato Aaeociation; che nello stesso anno 1873, in seguito
alla ispirazione da paile di Lieber e Miles, americani, e di Moynier di Ginevra,
fu istituito per opera di Rolin-Jabqur&cyns, Bluntschu, Manche ed altri l'Isti-
tuto dì Diritto intemazionale con nobili e veramente serii ideali da parte di
coloro che ne progettarono e ne effettuarono la fondazione per promuovere
il progresso del Diritto intemazionale e che avrebbe dato certamente il -più
serio e il più importante contributo, se Tistituzione fosse stata sempre man-
tenuta dentro la cerchia della sua nobile e seria finalità, e non ne fosse invece
ritardato lo sviluppo, come malauguratamente sovente accade delle cose umane.
La propaganda in favore dell'arbitrato come mezzo per eliminare la guerra
è andata poi crescendo rapidamente, ed al movimento è stata data maggiore
unità d'indirizzo in seguito ai Congressi universali, nei quali le Associazioni di
diversi paesi si sono trovate unite coli' intendimento di associare le forze nel
conseguimento dello scopo comune. Gli Americani sono sempre in prima linea.
I giuristi di tale paese si unirono nel 1888 in Congresso a Lisbona con i giu-
risti spagnuoli e portoghesi per sostenere la necessità d'istituire un tribunale
arbitrale, e molto importante riusci il Pc^n-Ameriean Oongres riunitosi negli
Stati Uniti d'America in seguito all'iniziativa presa dal sig. Blain.
22 Introduxione — Capitolo I.
dimenio sono state fatte. Le une emanano da scienziati e da
associazioni scientifiche, che hanno studiato la soluzione di questo
complicato problema; le* altre riassumono il sentimento generale
manifestato dalle associazioni in clamorose assemblee.
Bluntscbli aveva concepito Tidea che l'umanità dovesse essere
organizzata come un grande Stato di cui tutti gli Stati dovevano
essere i membri.
Secondo il suo modo di vedere tale sarebbe la formola ultima
dello Stato nella sua manifestazione più elevata.
Il celebre pubblicista sostenne che per la realizzazione delia
sua idea non vi era punto bisogno nò di impero, né di monarchia
universale, ma che si sarebbe potuto ottenere lo stesso risultato
mediante la confederazione o unione degli Stati. La sua idea era
grande; ma ci pare che essa non abbia probabilità alcuna di ese-
cuzione pratica. L'umanità organizzata come uno Stato pare a noi
una concezione ideale come la Repubblica di Platone e la Utopia
di Tomaso Moro. È certo ammissibile che fra gli uomini aventi
la stessa comunanza di origine, di tradizioni, di lingua e che si tro-
vano nelle stesse condizioni sociali e morali si sviluppi una certa
comunanza d'interessi, da cui derivano la loro unità e la organiz-
zazione loro come Stato, ma ci sembra oltremodo difficile che si
possa arrivare a realizzare lo stesso risultato pei diversi popoli
dell'universo.
Senza voler contestare la unità dell'umano genere, è un fatto
che la civiltà descrive una parabola e che le diverse condizioni
morali in cui ogni nazione si trova, determineranno sempre certe
differenze nello sviluppo intellettuale e nella civiltà dei popoli che
abitano le diverse regioni dell'universo.
Il progetto di dare alla società degli Stati la forma di una
Confederazione con un potere legislativo proprio, con un poter©
giudiziario internazionale, con un potere esecutivo posto all' infuori
e al dissopra dei poteri dei vari Stati, formò la base seducente dei
numerosi progetti che furono a tale scopo immaginati, a comin-
ciare da Sullj, Kant, Bentham, Bousseau, e venendo fino ai
contemporanei fra cui si trovano Malardies, Lovimer ed altri. Si è
Considerazioni genercUi sulla società intemaxionale 23
generalmente proposto di costituire un Congresso permanente, di
attribuire ai rappresentanti dei diversi Stati confederati un voto
proporzionale al grado reale di potenza e d'importanza di ogni sin-
golo Stato e di mettere a disposizione del potere centrale una
forza armata bastevole per far rispettare le sue decisioni.
A nostro avviso per quanto questi progetti appaiano a prima
veduta seducenti, con essi si riuscirebbe piuttosto a perpetuare,
anziché a prevenire ed eliminare gli inconvenienti che si mira a
rimuovere. Infatti, si arriverebbe ad organizzare la preponderanza
delle grandi Potenze a detrimento della indipendenza degli Stati
piccoli. Avverrebbe ciò che avviene nei fallimenti: ogni creditore
avendo un voto proporzionale al suo credito, basta spesso soddisfare
le pretese del più interessato a detrimento degli interessi dei cre-
ditori minori.
Non posso entrare qui nei particolari.
In questi ultimi anni le manifestazioni contro la pace armata
essendo diventate piti generali, la proposta, che è stata considerata
come la espressione del sentimento comune per effettuare l'intento
di rendere inutili gli armamenti e di eliminare del tutto la guerra,
è quella dell' « arbitrato > come mezzo giuridico di risolvere paci-
ficamente tutte le divergenze intemazionali.
Questa proposta ha formato oggetto del programma comune
delle associazioni scientifiche e giuridiche, delle associazioni dei
filantropi, degli uomini politici e delle classi lavoratrici di tutti i
paesi. Specialmente le associazioni per la pace hanno fatto la più
estesa propaganda in favore dell'arbitrato, e parecchie ne furono
costituite allo scopo di accreditarlo come il mezzo più efficace per
eliminare il flagello della pace armata.
Esse si sono trovate tutte d'accordo nel proclamare che la orga-
nizzazione giuridica della società internazionale possa venir realiz-
zata quando tutti gli Stati si impegnino a sottoporre all'arbitrato la
soluzione delle loro contestazioni. Si è immaginato che si potrebbe
in tal modo attuare il disarmo generale ed eliminare la guerra (1).
(1) Quella poi che ha dato e dà al movimento il carattere dì azione vera-
mente intemazionale, si e Tassociazione interparlamentai'e per promuovere lo
24 Introduxtone — Capitolo I,
L'aspirazione è nobile ed umanitaria; ma par supponendo che
Tarbitrato sia riconosciato e che tutti gli Stati si obblighino ad
assoggettarvisi, basterebbe ciò per mutare completamente lo stato
attuale delle cose?
II problema complicato ed arduo di dare alla società intema-
zionale una organizzazione giuridica verrebbe forse, in questa guisa,
ad essere risolto in modo completo? li disordine attuale, conse-
guenza degli armamenti, potrebbe essere completamente eliminato?
Ne dubito assai.
Per risolvere il problema in modo completo occorre ridurre al
nulla l'arbitrio ed eliminare nella società internazionale l'onnipo-
tenza della forza. Or, non oso sperare che, pur supposto che la
giurisdizione arbitrale fosse riconosciuta, si potesse realizzare tale
programma e giungere ad escludere la necessità degli armamenti
ed eliminare il pericolo della guerra.
La fiducia nell'arbitrato è diventata popolare specialmente da
poi che il grande litigio fra gli Stati Uniti e l'Lighilterra fu defi-
nito dal Tribunale arbitrale di Ginevra. È questo, dal punto di vista
della gravità del litigio risolto, il solo caso veramente importante
di arbitrato. Le altre questioni state definite mediante l'arbitrato
sono importanti, ma dal punto di vista del numero, piuttosto che
dal punto di vista della materia. Da poi il 1815 si contano sessanta
casi di arbitrato, cui gli Stati Uniti parteciparono per trentadue
e la Gran Bretagna per venti; però non si trova un solo caso di
un vero litigio internazionale simile a quello noto sotto il nome
di e Questione dell'Alabama » litigio che avrebbe reso inevitabile
la guerra se non si fosse giunti a definirlo mediante l'arbitrato.
stabilimento dell'arbitiato quale sistema di procedura adatto a risolvere le con-
troversie internazionali e prevenire la guerra.
La prima di dotto conferenze si riunì a Parigi nel giugno 1889 sotto la
presidenza di Jules Simon; la seconda a Londra nel 1890 presieduta da Lord
Herschell ; la terza a Roma nel 1891 presieduta da Biancheri ; la quarta a
Berna nel 1892 sotto la presidenza del sig. Droz; la quinta all'Aia nel 1894
presieduta dal sig. Rohasen ; la sesta a Bruxelles nel 1895 sotto la presidenza
del senatore Descamps, e la settima si è riunita a Buda-Pest nello scorso anno.
Gonsideraxdoni generali atdla società intemaxionale 25
Secondo me, lo ripeto, ò per altro una vera esageitizione lo
immaginare che stando sempre le cose come ora si trovano Tarbi-
irato possa ognora scongiurare la guerra e che, una voltji ricono-
sciuta generalmente la giurisdizione arbitrale, ciò possa bastare
per arrivare al disarmo.
Per quello che concerne il litigio fra gli Stati Uniti e la Gran
Bretagna^ ciò che principalmente contribuì a far evitare la guerra
fa che il Governo inglese era convinto che il meglio per lui era
di trarsi fuori dalla difficoltà in cui si era messo senza ricorrere
alle armi. Il Governo comprendeva benissimo che, una volta impe-
gnata la guerra, gli Stati Uniti avrebbero bloccato i porti del nord
e del sud dell' Inghilterra e che, il commercio del cotone essendo
interrotto, sarebbe bisognato provvedere al mantenimento di cin-
quecento mila operai impiegati nelle fabbriche. Dal canto suo il
Governo degli Stati Uniti comprendeva come T interesse del suo
paese richiedesse una soluzione pacifica. I due Governi erano disposti
a trovare un espediente, una soluzione che desse soddisfazione
all'orgoglio nazionale degli Stati Uniti senza ferire quello del-
l'Inghilterra. Ecco il segreto dell'arbitrato di Ginevra.
Certo, non è mio pensiero diminuire la importanza di quel-
l'arbitrato. Fu grande merito degli uomini di Stato che erano al
Governo quello di aver ben compreso i veri interessi del loro paese
e di aver avuto la forza e il talento di condurre a buon fine nego-
ziati, durati ben sei anni, per salvarli. Quante difficoltà non si
dovettero superare per giungere a concludere il trattato di Washington,
con cui fu stabilito il compromesso! Quale ammirabile saviezza
politica negli uomini di Stato per dominare le lunghe e vivaci
discussioni, gli eccitamenti della stampa, i rimprocci della oppo-
sizione parlamentare che cercava di spingere i due paesi alla
guerra.
Ed anche fu gran merito dei giuristi chiamati a formare il
tribunale arbitrale quello di aver trovato modo di pronunziare una
sentenza tale da poter essere accettata da entrambe le parti; ed
è con vero orgoglio nazionale che io ricordo che il presidente del
tribunale arbitrale fu un italiano, il conte Sclopis.
26 Introduzione — Capitolo 1,
Ma il volere, da ciò che avvenne nella questione anglo-ame-
ricana, dedurre che siasi trovato in questo precedente la soluzione
del gra^e problema ; lo immaginarsi che col proclamare, nello stato
attuale delle cose, l'arbitrato come forma ordinaria di giustizia
internazionale, si possa arrivare ad eliminare la guerra e a far
accettare la proposta del disarmo è, pare a me, una grande illusione.
Riconosco, certo, la grande importanza deirarbitrato ; solo, non
so indurmi ad ammettere che, quando un grande numero di Stati
0 anche tutti quelli che già si trovano riuniti in Conferenza all'Aja,
si mettessero d'accordo per firmare un trattato generale di arbitrato,
ciò potesse bastare per porre fine alla preponderanza della forza
militare e per provvedere in modo definitivo alla organizzazione
giuridica della società intemazionale.
Bisogna anzitutto considerare che l'impegno generale di assog-
gettarsi all'arbitrato è, per quegli stessi che lo propongono, subor-
dinato alla riserva ohe l'onore e la dignità nazionale non ne siano
compromessi.
Or, dove cercheremo noi le regole per decidere se l'onore o la
dignità nazionale siano o non siano compromessi?
Le difficoltà nate fra l'Inghilterra e gli Stati Uniti furono
felicemente superate grazie al buon volere dei due Governi, i quali
volevano arrivare ad una soluzione pacifica. Sarebbe stato lo stesso
ove l'uno o l'altro avesse ritenuto la guerra favorevole alla sua
politica?
Chi avrebbe potuto impedirgli di sostenere che la dignità nazionale
era compromessa?
Occorre inoltre tener conto di ciò, che cioè la necessità degli
armamenti e la emulazione di diventare il più forte, non si impon-
gono già allo scopo di far prevalere la potenza militare nella
soluzione di qualsiasi specie di controversie, come quelle che con-
cernono la delimitazione delle frontiere, l'esercizio della pesca in
certi mari, le indennità dovute pei danni e somiglianti dissensi.
Ognuna delle grandi Potenze cerca di diventare la piii forte per
far valere la sua preponderanza nelle vere questioni intemazionali,
come nella questione d'Oriente e del Mediterraneo. Or, chi con-
Conaideraxioni generali sulla società intemaxionale 27
Sideri che le controversie sa questi punti, come sulle questioni di
espansione coloniale, o di influenza in Affrica e in Cina, non
potrebbero formar materia di arbitrato, deve riconoscere tutt'affatto
naturale che ognuna delle grandi Potenze, non potendo, in caso
di questioni relative a tali obbietti, contare che sulla propria forza
militare e su quella dei propri alleati, cerchi di essere la più forte.
I nobili sforzi degli scienziati e degli istituti scientifici per
accreditare l'arbitrato, la propaganda che a favore di esso è fatta
da tutte le associazioni della pace d'Europa e d'America, dovranno
per avventura essere considerati come uno sforzo vano ed illusorio?
La costante perseveranza e l'ammirabile saggezza degli uomini
politici, le mozioni fatte ai Parlamenti per spingere i Governi ad
obbligarsi di deferire all'arbitrato le controversie internazionali,
devono essere considerate come aspirazioni senza risultato e senza
effetto pratico?
No, assolutamente no.
II movimento del secolo — movimento, che ha acquistato in
questi ultimi tempi una maggiore unità di direzione, in seguito
alla concentrazione di tutti gli sforzi in favore dell'arbitrato —
deve reputarsi indubitabilmente come la piìi grandiosa opera della
civiltà.
I voti a favore dell'arbitrato emessi nei Congressi degli scienziati,
nei Parlamenti, nelle Assemblee popolari, sono stati la più solenne
espressione del sentimento generale, il quale protesta contro la pace
armata; essi sono stati la manifestazione luminosa dell'idea che è
nella mente di tutti, cioè che occorre dare una direzione nuova
alla politica intemazionale e che i Governi, in vece di continuare
a fare assegnamento sulla forza, devono riconoscere che il dovere
supremo che loro si impone è quello di sottomettersi alla giustizia.
E chi oserà negare che la propaganda umanitaria non abbia già
avuto un grande successo pratico? Essa aveva già trovato un' eco
nei Parlamenti; ma in seguito, siccome il successo è sempre il
frutto della perseveranza, così il sentimento generale contro il
flagello della pace armata ha raggiunto il suo scopo e si è pro-
pagato nelle più alte sfere. Il Sovrano di un potente Impero ha
28 Introduzione — Capitolo I.
avuto alla fine il coraggio di dichiarare solennemente agli altri
Governi che la pace armata è una mina per tatti, che bisogna
assolutamente trovare un rimedio a questa necessità di continui
armamenti e che a tutti i Sovrani s'impone il dovere supremo di
avvisare ai mezzi per prevenire le calamità da cui il mondo intiero
è minacciato ; per lo che esso, lo Czar, invitava tutti i Governi a
riunirsi in Conferenza per mettersi d'accordo sui provvedimenti i
più adatti e i più opportuni.
Ohi oserà negare che la Conferenza intemazionale, in seguito
all'invito, riunita all'Aja non sia stato il più grande avvenimento
del giorno? (l).
Quanto a me penso che la Conferenza dell' Aja, qualunque ne
sia per essere il risultato, è un avvenimento di primo ordine, in
quanto questa riunione di diplomatici rappresenta il riconoscimento
da parte dei Governi di ciò che è nella coscienza delle nazioni civili,
cioè che la politica non deve continuare a sovrapporsi al diritto;
che i Governi non devono continuare a fare assegnamento sulle
loro forze militari per sostenere l'arbitrio, ma che loro si impone
il dovere di inclinarsi davanti alla giustìzia.
La Conferenza dell' Aja è senza dubbio un omaggio di altissimo
valore che la politica ha reso alla coltura e alla civiltà.
Non è il momento di abbandonarsi alla corrente delle supposi-
zioni intorno al risultato che la Conferenza sarà per avere. Sarebbe
veramente sperar troppo lo sperare che i Governi potessero met-
tersi d'accordo per ciò che riguarda il disarmo generale o parziale.
Perchè potessero mettersi d'accordo su questo punto occorrerebbe
certo, che prima e fin d'ora fossero regolate le numerose questioni
che rendono gli armamenti indispensabili; questioni ad un tempo
complicate, delicate, scottanti, che eccitano la lotta dei più gravi
interessi politici e che attengono alla vita di ogni paese.
Il fatto è che la questione è stata messa sul tappeto e che i
Governi hanno riconosciuto essere loro dovere studiarla per risolverla.
(l) Vodi quello che ne avevamo scritto appena pubblicata la nota di Nicolò II
al conte Mouraview nella Revue generale de Droit int. public^ t. Y, 1898,
pag. 732.
Considerazioni generali sulla società intemaxionale 29
essa rimarrà quindi aperta, ed è proprio il caso di dire: cosa
Fatta capo ha.
I Governi debbono pare rendersi conto di ciò che nissuno può
contraddire, che cioè l'abbominevole regime della pace armata è
un peso schiacciante per tutti. Essi avrebbero torto di dissimularsi
che la cosidetta < questione sociale » cresce di giorno in giorno.
Essi devono pur riconoscere che gli eccessi ognora crescenti del
militarismo oppongono sempre nuovi ostacoli allo sviluppo della
industria, del commercio e della divisione internazionale dei lavori
della pace.
Essi non possono disconoscere che i lavoratori reclamino un mag-
gior benessere e maggiori agì nella vita, una più larga partecipa-
zione al profitto dell'industria, una più giusta ripartizione della
produzione fra capitale e lavoro.
Ed anche occorre aggiungere che la filosofia moderna ha prodotto
un notevole cambiamento nello spirito delle masse.
II popolo era un tempo più disposto a tollerare le sofferenze e
le privazioni nella vita presente, sotto V influenza di un ideale più
elevato di godimenti e di ricompense nella vita futura. Le terribili
minaccio di tormenti eterni, che la fede di tutte le credenze faceva
pesare sulla vita degli uomini, erano più che sufficienti per inspi-
rare l'orrore delle azioni vili e per alimentare la virtù del sacrifizio.
Oggi, le masse non pensano che ad ottenere ciò che meglio loro
conviene; esse domandano il godimento nel presente.
I Governi avrebbero torto se non volessero vedere come, per
dominare questo movimento ognor crescente, sia di suprema neces-
sità cercare anzitutto un nuovo sistema di equilibrio nella politica
internazionale, far cessare questa disastrosa pace armata e questo
continuo bisogno di armamenti senza posa, che ritardano lo sviluppo
della ricchezza ed impediscono di dar soddisfazione alle giuste esi-
genze della classe operaia reclamante ad un tempo pace, lavoro
e benessere.
B. Pare a me che la soluzione completa del problema non potrà
esser opera della diplomazia, dovrà bensì esser opera dell'unione
delle forze di tutti i paesi civili. Coirunione delle forze e colla
30 Introduzione — Capitolo I.
propaganda si ottenne il grande risultato di porre il problema e
di far riconoscere alla diplomazia la necessità di risolverlo. Ora
occorre il concorso delle forze intellettuali di tutti i paesi per
indicare alla diplomazia quale deve essere la soluzione. Se la scienza
riunisce tutte le sue forze e le converge verso lo scopo di risolvere
il problema dell'organizzazione della società delle nazioni, potrà
essa fallire allo scopo?
Quando si consideri che la scienza, propostasi ^i rivendicare i
diritti della individualità umana, diede come risultato la memora-
bile proclamazione dei diritti dell'uomo del 1789; quando si consi-
deri che la scienza ha saputo dettare le regole giuridiche per la
organizzazione razionale della famiglia, del comune e dello Stato;
che essa ha saputo dettare le regole della società politica oggi
conosciute, come principi intangibili, nelle costituzioni di tutti i
paesi civili; chi oserà supporre che la scienza moderna possa
rimanere impotente nei suoi sforzi per dare una organizzazione
razionale alla società dei paesi inciviliti?
Si può forse ammettere che il disordine attuale si debba cosi
protrarre a tempo indefinito? Si oserà supporre che la scienza non
possa compiere la sua missione?
No. Non arrido eerto fortuna a chi, scoraggiato del presente, si
accascia, e perde la fede nell'avvenire!
Tutta la difficoltà consiste nel prendere il buon cammino e di
concentrare le forze intellettuali in guisa da raccoglierle tutte nel-
l'intento di risolvere il problema in modo completo.
Qual'è la via che la scienza deve tenere? Qual'ò l'obbiettivo a
cui essa deve costantemente mirare?
// nuoto indirixxo della scienxa 31
CAPITOLO IL
X^a vera missione della scienza. I diritti internazio-
nali dello Stato, dell*uomo, dellie coUettivitèt — delle
Clìiese, delle genti non incivilite.
6. Come la scienza del Diritto internazionale deve prestaro il suo concorso per la
sohizione completa del problema della organizzazione giuridica della società
internazionale. — 7. Via tenuta finora. — 8. Necessità di determinare i diritti
di tutti quelli che fanno parte della società internazionale. — 9. 1 soggetti
del Diritto internazionale. — 10. Gli Stati, l'uomo, i popoli, le nazionalità,
le Chiese, le collettività. — 11. Diritti internazionali appartenenti a ciascuno
di questi soggetti. — 12. La coUettivitìi come soggetto del diritto intema-
zionale. — 13. L'equilibrio fra la Chiesa e lo Stato. — 14. Linee generali
del sistema più efficace per dare alla società internazionale la sua vera
organizzazione.
6. Affinchè la scienza possa portare il suo efficace concorso alla
solazione del problema della organizzazione giuridica della società
internazionale, è indispensabile ricercare e fissare le regole di tutti
i rapporti che intercedono fm quelli che di tale società fanno parte.
Epperò, occorre anzitutto determinare quali siano le persone o gli
individui fra cui tali rapporti possono sorgere; occorre precisare i
diritti e i doveri che da tali rapporti possono derivare; occorre
fissare le regole per governarli e per tutelare i diritti, ed assicurare
l'osservanza dei doveri da parte di ciascuno.
Non si può concepire associazione alcuna di esseri liberi bene
organizzata senza una legge, la quale stabilisca una regola di equi-
librio 0 una certa regola di proporzione fra ciò che ciascuno può
fare e ciò che ciascuno deve astenersi dal fare. Questa regola di
equilibrio o di proporzione può assicurare l'organizzazione razionale
della comunità e se inoltre si ammettano mezzi legali per la tutela
dei diritti di ciascuno, sarà così possibile attuare il rispetto dovuto
alla personalità di ciascuno e lo sviluppo della sua libertà nei suoi
rapporti cogli altri.
E inutile proporsi di dare alla società internazionale una forma di
organizzazione bene ordinata, se non si determini ciò che appartiene
32 Introduzione — Capitolo II.
airuno e aU'altrd^ ciò che ciascuno può fare e ciò che ciascuno
non debba fare. Fintantoché questa legge certa di proporzione non
sia trovata, è impossibile che la società intemazionale abbia una
forma di organizzazione giuridica.
Due grandi repubbliche vi sono. L'una è quella che non ha
limiti alla sua estensione: essa comprende tutti quelli che sono
uniti dal legame della civiltà. L'altra è la repubblica che è formata
dagli uomini, uniti da interessi civili, sociali e politici, la quale
assume la forma di Stato. I principi per la organizzazione giuridica
dell'una repubblica e dell'altra non possono essere sostanzialmente
diversi.
Per dare all'una e all'altra forma di repubblica una organizza-
zione razionale ed ordinata, occorre trovare un sistema di equili-
brio giuridico, cioè determinare la regola della proporzione fra ciò
che ciascuno può fare e ciò che ciascuno non ha il diritto di fare.
Ora mi pare che per arrivare a mettere in atto l'organizzazione
giuridica della grande repubblica, della Magna civitas, sia indi-
spensabile tenere la stessa via che si è tenuto per arrivare alla
organizzazione giuridica della società politica.
La organizzazione giurìdica della società politica è stato il risul-
tato finale della grande idea della libertà politica e della egua-
glianza giuridica, proclamata dai filosofi e dai pubblicisti dei secoli
passati, 0 che ha formato l'anima del movimento intellettuale e delle
aspirazioni popolari fino al giorno, in cui i popoli arrivarono alla
rivendicazione dei diritti dell'uomo di fronte alla sovranità. L'opera
fu compiuta dalla Rivoluzione. La storia le dette il nome di Rivo-
luzione francese; in realtà, ossa fu la rivoluzione dello spirito
umano; essa fu il risultato del concorso delle forzo intellettuali di
tutti ì paesi che, alla fine del secolo scorso, fecero proclamare i
diritti dell'uomo di fronte alla sovranità.
La dichiarazione dei diritti dell'uomo ci fece scoprire certe regole
di proporzione e condusse a mano a mano a stabilire l'equilibrio
giuridico nella società politica. Non dirò già che tutto questo siasi
fatto in modo perfetto e completo; pure, a mio avviso, la dichia-
razione dei diritti di tutti quelli che fanno parte della comunità
Il nuovo tfMrixobo della soiewca 33
politica e il rioonoscimento dei diritti dell' aomo di fronte al Sovrano
permisero di fissare la base dell'equilibrio giuridico. Questo equi-
librio è fondato sul principio che nell'interno di ogni Stato il So-
vrano non è punto onnipotente, e che di rincontro al potere assoluto
del Be stanno i diritti intangibili dell'uomo. Si è giunti quindi ad
opporre i diritti dell'uomo come una forza di resistenza ai diritti
del Be ; diritti, che un tempo erano assoluti. Si poterono determi-
nare le regole di proporzione fra ciò che il Be può fare e ciò che
esso non ha il diritto di fare. Oggi il lavoro continua; trattasi di
perfezionare il principio dell'equilibrio, già acquisito; trattasi di
meglio determinare i diritti degli individui, i diritti sociali e i
diritti delle collettività, di rincontro ài diritti della sovranità. II
lavorìo intende a chiarire ognora, a spiegare, a determinare meglio
i diritti di ciascuno, nello scopo di meglio fissare e determinare
il campo delle libertà, e determinare ognora meglio la giusta regola
dì proporzione.
Nella società intemazionale il disordine, la confusione, la man-
canza di organizzazione giuridica derivano da ciò, che finora non
si è pensato se non ad ammettere dapprima i diritti delle dinastie,
poi i diritti degli Stati, come se la società internazionale fosse
formata soltanto dagli Stati e dai Ooverni che questi rappresentano;
come se, all' infuori dello Stato, nessuno potesse avere la capacità
di possedere e di esercitare diritti intemazionali. Ne risultò che
lo Stato si considerò come onnipotente, che la politica si sovrappose
al diritto e che gli interessi egoistici e temperar! dei governanti
prevalsero e tuttora prevalgono sugli interessi generali e sulle esi-
genze di tutti quelli che della società internazionale fanno parte.
Alla fine a cagione del difetto di sicure regole giuridiche, ebbe
talora ma^ior forza l'arbitrio e si appoggiò sulla potenza militare,
la quale venne ad esercitare effettivamente il predominio sul mondo.
Se si vuole por fine a questa situazione anormale e al disordine
che ne deriva, bisogna opporre una forza di resistenza alla forza
onnipotente della politica e dell'arbitrio. E per questo sembra a
me indispensabile determinare e rivendicare i diritti intemazionali,
che appartengono a tutti quelli che della società intemazionale
3 — FiOBX, Dir, ifUem, codif.
34 Introduzione — Capitolo IL
fanno parte ed allargare la grande idea della libertà e della egua-
glianza giarìdica, riconoscendo che la libertà e la eguaglianza non sono
punto diritti territoriali, ma che sono bensì diritti intemazionali.
Bisogna spingere lo sguardo in alto e non guardare le cose sotto
il punto di vista ristretto di ogni singolo paese e di ogni singola
comunità politica; occorre allargare la concezione della libertà e
della eguaglianza giuridica ed estenderla a tutti i paesi del mondo;
occorre riconoscere la libertà e la eguaglianza giuridica come di-
ritti internazionali di quanti fanno parte di quella grande repub-
blica che è costituita dal genere umano e che io chiamo Magna
OivitcLs. Occorre rivendicare i diritti intemazionali non soltanto
in favore della personalità umana, ma in favore altresì di tutte le
collettività che, in virtù della libertà stessa , nascono dal riunirsi
che fanno individui aventi un legame comune o un comune scopo
e congiunti tra loro non già da interessi territoriali, ma da inte-
ressi generali, o per dir meglio, da interessi intemazionali.
Occorre determinare e rivendicare a mio modo di vedere i diritti
internazionali dell'uomo, i diritti intemazionali del popolo, i diritti
internazionali delle nazionalità, i diritti internazionali delle Chiese
e delle altre forme di collettività formate in virtù della libertà
intemazionale in uno scopo d'interesse intemazionale. Occorre riven*
dicare anche i diritti internazionali delle genti non incivilite.
*?• Mi sembra invero che i pubblicisti, i quali si sono proposti
di risolvere il grave e complesso problema della organizzazione
giuridica della società intemazionale, non si siano posti in grado
di guardare le cose sotto il loro giusto punto di vista.
Essi hanno cominciato a mettersi fuori della buona strada con
quel loro considerare la società internazionale come la società ri-
sultante dalla unione degli Stati tali quali esistono o come furono
costituiti dagli avvenimenti storici, e coU'insegnare poi che la
scienza del Diritto internazionale debba proporsi di ricercare le re-
gole destinate a determinare, reggere e tutelare i diritti degli
Stati costituiti.
Secondo la loro nozione bisognerebbe supporre che i rapporti
internazionali non possano nascere e svilupparsi che fra gli Stati,
Il nttopo indirÙMo della aotenxa '65
e che la legge che deve goyemare la società stessa non possa
interessare se non esclusivamente gli Stati.
Or, i pubblicisti dei quali parlo, hanno pei-so di vista che nella
grande società, nella Magna Civiias trovasi anzitutto l'uomo colla
sua personalità e coi diritti che gli appartengono, in quanto è uomo,
ed indipendentemente dalia sua condizione di cittadino di uno Stato.
Può forse ammettersi che l'uomo di fronte all'umanità e alla
legge che deve governarla perda la individualità sua, come una
goccia d'acqua che cade nell'Oceano?
No. L'uomo ha i proprii diritti nei suoi rapporti con gli altri
uomini e nella sfera delle loro relazioni private. Esso ha i proprii
diritti nei suoi rapporti colla sovranità, cioè nella sfera delle relazioni
pubbliche e politiche. Esso ha inoltre i proprii diritti nei suoi
rapporti con tutti gli uomini e con tutte le sovranità del mondo.
La sua personalità gli attribuisce non soltanto i diritti civili e i diritti
politici; ma gli attribuisce altresì i diritti internazionali. All'uomo
spetta infatti, di fronte a tutti gli Stati del mondo il diritto di
scegliere la sua cittadinanza e di rinunziare a quella già acquisita
per sceglierne un'altra; esso ha il diritto d'individualità personale
e di libertà; ha il diritto di acquistare dovunque la proprietà e
di esigere che essa sia rispettata ; ha diritto alla libertà di coscienza,
diritto al libero esercizio delia sua attività, diritto al commercio
internazionale. Sono questi propriamente i diritti intemazionali che
appartengono all'uomo come tale: sono i diritti della personalità
umana indipendentemente dal vincolo che lega ciascuno, come citta-
dino, a uno Stato determinato.
8. Or, io domando a quelli che si propongono di ricercare i giusti
principi della organizzazione internazionale: non è egli vero che
bisogna anzitutto stabilire la regola di proporzione di tutte le atti-
vità e di tutti i rapporti? Che bisogna conseguentemente determi-
nare le norme che nella società internazionale debbono governare
i rapporti fra la personalità dell'uomo e gli Stati ?
Ma non è tutto.
Nella Magna Civita^ si trovano anche le collettività, lo quali
hanno la loro individualità propria. Una di esse è quella formata
36 Introduxione — Capitolo II,
dalla agglomerazione degli individui costìtaenti il popolo. Qaesta
collettività può avere uno scopo tntt'affatto diverso da quello dello
Stato costituito ; essa può esercitare la sua libertà e l'attività sua
per diventare uno Stato o per modificare la costituzione politica
della comunità, o per separarsi dallo Stato cui si trova unita e
unirsi ad un altro Stato o per darsi una organizzazione politica
indipendente.
Or, la scienza, la quale deve proporsi di eliminare Tarbitrio e
la preponderanza della forza, non deve essa cercare di determi-
nare i diritti dei popoli di fronte agli Stati e ai Governi, e fissare
le regole che devono governarli, e i mezzi di tutela giuridica atti
a garantirli e a salvaguardarli?
Quando ci si propone di stabilire un sistema di equilibrio giu-
ridico, non ò egli necessario determinare se l'azione diplomatica,
che impedisca a un popolo di esercitare l'imprescrittibile diritto
della sua libertà, possa reputarsi come legittima, o se non debba
riguardarsi piuttosto come illegittima?
Ed un'altra forma di unione e di aggregazione si trova nella società
intemazionale, quella che risulta dalla affinità naturale degli indi-
vidui, la cui comunione di sentimenti e la cui tendenza all'unione
derivano dall'identità di razza, di lingua, di tradizioni, di aspira-
zioni e dal tutt'insieme delle circostanze etnografiche, geografiche
e morali. Sono queste le nazionalità. Il sentimento di unità mo-
rale, che anima gli individui appartenenti alla stessa ra2£2a, che
parlano la stessa lingua, che hanno attraversato per secoli le stesse
vicende, che hanno provato le stesse gioie e gli stessi dolori, man-
tenendo sempre le stesse aspirazioni, dev'essere dalla scienza stu-
diato come quello che costituisce il fondamento dei diritti basati
sulla nazionalità.
Una associazione non meno importante è quella che risulta
dalla libertà di coscienza.
Un numero più o meno considerevole di individui, per la iden-
tità delle loro credenze e dell'osservanza della stessa legge religiosa,
si trovano di fatto riuniti in società, riconoscono liberamente l'au-
torità di un capo: questa associazione è la Chiesa.
// nuovo indirixaoo della èctenxa 37
Non si può non riconoscere che la Chiesa sia una collettività
naturale risultante dalla libertà. Infatti, tutti i fedeli professanti
la stessa fede ed aventi la stessa credenza possono liberamente
formare una congregazione spirituale e sottomettersi all'autorità
del loro capo supremo, il quale, senza impiegare mezzi coercitivi,
pure esercita rispetto ad essi la sua autorità morale.
Le Chiese si trovano esse pure nella società internazionale, e fra
tutte il primato spetta alla Chiesa cattolica cementata dal lavorìo
di diciannove secoli e conservata dalla più compatta e più potente
gerarchia del mondo.
La Chiesa cattòlica ha rapporti con tutti gli Stati e da questi
rapporti di &tto derivano certi diritti e certi doveri interessanti
non solo il Diritto pubblico dei singoli paesi, ma anche, sotto
certi rispetti, la società intemazionale. La scienza del Diritto inter-
nazionale, la quale deve trovare le regole di proporzione fra tutte
le individualità e fra tutte le collettività formanti parte del genere
umano, non dovrà essa occuparsi di regolare la posizione della
Chiesa romana rispetto agli Stati? Essa deve occuparsene, se pur
vuole non trascurare alcuno degli elementi che devono formare
obbietto della ricerca delle regole di proporzione.
Ti sono altre forme di associazioni, meno importanti delle Chiese,
e delle quali occorre pure tener conto; intendo parlare delle asso-
ciazioni di uomini, i quali senza avere una certa organizzazione
politica, sono però riuniti sotto Tautorità di un capo, a forma di
tribù 0 di altre forme di aggregazioni analoghe.
Non si può, certo, negare alle stesse tribù barbare, qualunque
si sia il loro grado di coltura, la capacità di essere reputate sog-
gette al Diritto internazionale.
Anche a voler supporre che esse manchino di qualsiasi forma
di organizzazione politica e che vivano di vita propria sul territorio
che esse occupano, il Diritto internazionale, in quanto tutela ì diritti
della personalità umana, deve pur essere loro applicato.
Le tribù barbare poi che riconoscono l'autorità di un capo non
possono essere considerate come persone della Magna OivitaSy deve
non per tanto ammettersi che non le possa essere negato Tappli-
3d tfUroduxdone — Capitolo IL
cazione del Diritto internazionale per il regolamento dei rapporti
di fatto che vengono a stabilirsi fra esse e gli Stati inciviliti.
Certo, non si potrebbe ammettere Teguaglianza giuridica fra le
genti incivilite e le genti non incivilite, pur volendo limitare tale
eguaglianza al godimento dei diritti che loro appartengono. L'egua-
glianza giuridica richiede una certa uniformità per ciò che riguarda
le nozioni giuridiche fondamentali, indispensabili sempre per la
comunità di diritto. Ma convien pur riconoscere che nessun popolo
non incivilito, nessuna tribù barbara può trovarsi fuori del Diritto
dell'umanità. Yi sono altresì associazioni costituite per uno scopo
internazionale, le quali, una volta riconosciute come tali dagli Stati,
possono esercitare la loro attività nella sfera intemazionale. Esse
pure devono, nel godimento dei diritti intemazionali che loro siano
stati attribuiti, essere regolate dal Diritto intemazionale (1).
9. Dalle cose ora dette risulta che la scienza non debba limitare il
suo lavoro alla ricerca e alla determinazione delle regole che devono
governare i rapporti fra gli Stati costituiti. Per risolvere in modo
completo il problema deirequilibrio giuridico ed arrivare alla orga-
nizzazione razionale della società internazionale è indispensabile
(1) Certe forme dì collettività sono il risultato della libertà di associazione
pel conseguimento di uno scopo di interesse comune e vengono formate nei-
l'interno di ogni Stato. Tali collettività assumono talvolta la condiziono di persone
giuridiche quando la sovranità dolio Stato, in considerazione del loro scopo di
utilità pubblica, abbia attribuito loro la personalità e la capacità di esercitare i
diritti necessaii por T attuazione dello scopo cui l'associazione intende. Per
quanto tali associazioni possano esercitare la loro attività in paesi esteri, non
per ciò si potrebbe sostenere che esse possano reclamare la capacità di estendere,
di pieno diritto, la loro sfera d'azione airestoro. Ciò non può infatti costituire
per tali associazioni un diritto internazionale. La sovranità di ogni singolo Stato
può riconoscere le persone giuridiche ed attribuir loro la capacità di esercitare
certi diritti nell'ambito però del territorio soggetto alla propria autorità. Si può
andare fino a reputar conforme all'interesse generale che certe asBOciazioni esten-
dano la loro sfera d'aziono al di là delle frontiere, senza che però si possa
sostenere che ciò possa aver luogo di pieno diritto. L'autorizzazione preventiva
della sovranità estera accordata sotto la forma di un riconoscimento o altrimenti,
deve sempre considerarsi come indispensabile.
Tutto quello che abbiamo dotto a proposito dei diritti intemazionali delle
collettività si riferisce alle collettività che esistono jure suo^ a quelle cioè per
le quali l'organizzamento è un fatto naturale, cioè il risultato dei fattori naturali
e che si devono reputare esistenti indipendentemente dal diritto territoriale, quali
sono ad esempio la naxione^ il popolo.
Dei soggetti del Diritto intemaxionale 39
che gli scienziati ricerchino e fissino le regole di tutti i rapporti
di fatto e di diritto intercedenti fra quelli che della società inter-
nazionale fanno parte.
Sia che questi rapporti sorgano fra Stati e Stati o fra individui
e Stati o fra collettiTìtà di individui e Stati, sempre quando, per
la loro natura, per il loro scopo, per il loro sviluppo, tali rapporti
non possano essere ritenuti di interesse meramente territoriale, la
scienza deve occuparsene. Essa deve ricercare e fissare le regole
per governarli e disciplinarli.
Si comprende facilmente com'io assegni alla scienza del Diritto
internazionale una missione più elevata e più larga di quanto a
tutta prima si possa immaginare. Se possibile mi fosse, vorrei quasi
cambiarne la denominazione per meglio precisare lo scopo. La
denominazione attuale non risponde esattamente all'idea che si
intende significare. L'espressione DiHtio intemazionale designa il
diritto fra nazione e nazione, il diritto fra gli Stati; l'espressione
Diritto delle genti è già preferibile; ma per indicare più esattamente
lo scopo della scienza meglio ancora sarebbe servirsi dell'espressione
Diritto del genere umano, essendo questa la denominazione collettiva
che abbraccia la grande repubblica formata da tutti gli esseri con-
siderati individualmente o esistenti sotto la forma di individualità
collettive.
Secondo il mio modo di vedere Io scopo del Diritto internazionale
dovrebbe essere di ricercare e determinare i diritti internazionali che
devono essere attribuiti a ciascuno di quelli che di tale società fanno
parte, per ricercare e determinare le regole giuridiche dei loro
diritti e dei loro doveri e i mezzi legali per tutelarli. Or, per questo
è necessario anzitutto determinare quali siano le persone e i sog-
getti, cui i dinttì appartengono e che possono tali diritti reclamare.
IO. Chi può essere considerato come una persona della società
intemazionale?
Chi, pur non essendo persona, ma formando tuttavia parte della
società intemazionale, può reclamare che si rispetti la sua indivi-
dualità ed esigere che i suoi rapporti colle persone formanti parte
della comunità siano regolati dal Diritto intemazionale?
40 IfUrodwUons — Capitolo II,
A mìo avYiso devesi considerare come persona della società inter-
nazionale ogni essere ed ogni istituzione avente la sna individualità
in virtù del suo proprio diritto ed esercitante la sua attività in
tutte le regioni del mondo.
L'individualità è sempre la caratteristica essenziale di qualsi-
voglia persona. Ma per essere persona della società intemazionale
occorre che la individualità appartenga all'Ente per diritto proprio,
e non già in forza di quale si sia forma di concessione della
sovranità territoriale.
Ogni qualvolta che la individualità sia conseguenza di un atto
della sovranità territoriale, ciò può bastare per ammettere ohe l'Ente
morale o la istituzione possa essere reputata persona nei limiti
entro ai quali il Sovrano, che ha concesso la personalità, esercita
il suo impero e la sua autorità.
Da questi principi consegue che si debbono considerare come
persone del Diritto intemazionale lo Stato, l'uomo e la Chiesa. A
ciascuno di essi appartiene infatti la individualità in virtù del suo
diritto. Non si può negare che lo Stato possieda la individualità
jure suo e che tale individualità esso acquisti come appena, in
forza della sua costituzione politica, esso esiste come Stato.
È lecito discutere sul punto se l'uomo debba venir considerato
come persona della società intemazionale. È fuori di dubbio che
l'uomo sia una persona nei suoi rapporti colla società civile e colla
iocietà politica. Ma che egli debba essere considerato come una
persona nella società internazionale, lo si può, a primo aspetto,
contestare.
Quanto a me, non pretendo certo sostenere che l'uomo sia una
persona della società intemazionale allo stesso titolo per cui lo è
lo Stato, 0 che esso possa acquistare od esercitare i diritti che
appartengono allo Stato o contrarre ed adempiere obbligazioni inter-
nazionali allo stesso titolo per cui può contrarle ed adempierle
un Governo. Solo sostengo che l'uomo, dal momento che esso esiste
come tale, esiste con la individualità che gli appartiene jure suo;
che esso esiste colla sua libertà e colla sua capacità di esercitare
l'attività sua non solo come cittadino, nei suoi rapporti col Grovemo
Dei aoggéUi del DirUio intemazionale 41
dello Stato cai appartiene, ma anche rispetto a tutti i Governi del
mondo e che esso può, rispetto a tatti, reclamare il rispetto delia
saa propria personalità e dei diritti che gli appartengono non come
cittadino, ma come uomo. La personalità jure stw appartiene in
prima all'aomo qaando noi lo consideriamo nella società civile e
nella società politica risaltante dallo Stato, di cai è cittadino; ma
bisogna inoltre ammettere che l'aomo debba essere considerato
jure suo come persona, coi diritti che riguardano la personalità
sua, di fronte a tutti gli Stati del mondo.
La difficoltà ò più grande, qaando trattasi di considerare la Chiesa
come una persona della Magna Civitas. Per dissipare ogni malin-
teso premetterò che il mio discorso si riferisce a tutte le Chiese.
Solo, importa considerare, che non tutte hanno acquisito, di fatto,
la posizione di vera istituzione intemazionale. Attualmente, vera
istituzione intemazionale è solo la Chiesa Cattolica Romana. Essa
non ha soltanto, come le altre Chiese, la sua individualità jure suo,
ma essa ha di più la sua organizzazione intemazionale; essa esercita
i suoi diritti, essa sviluppa la sua attività in tutte le regioni della
terra. Certo, anche le altre Chiese potranno un giorno acquistare
la posizione di istituzione internazionale ; ed allora, ciò che io dico
avrà la sua applicazione rispetto a tutte le Chiese aventi di fatto
una tale situazione. Ma, lo ripeto, la posizione di vera istituzione
intemazionale appartiene di preferenza oggidì alla Chiesa Cattolica
fiomana. Epperò, riconoscendo com'essa sia di fatto una istituzione
intemazionale e considerando che la sua personalità, cioè la sua
individualità come tale, le spetta per diritto proprio, jure suo, am-
metto che la si debba considerare come una persona internazionale (1).
(1) Importa non confondere la nozione della personalità intemazionale, quale
io la intendo, colla nozione della personalità giuridica.
Secondo il mio modo di vedere la pereonalità internazionale appai*tiene ad
ogni Ente e ad ogni istituzione che ha de jure la sua propria individualità e
che possiede ytire suo la capacità di sviluppare la sua attività nella società inter-
nazionale secondo le regole da cui questa dev'essere retta. Data tale condizione
di cose ne consegne che tale essere o tale istituzione possa reclamare la perso-
nalità intemazionale ed il godimento dei diritti che, sempre tenendo conto, ben
42 Introduzione — Capitolo IL
Nel genere amano si trovano due istituzioni, lo Stato e la Chiesa,
e che certo sono istituzioni di un ordine sostanzialmente diverso.
Lo Stato è, infatti, una istituzione politica, che deriva la sua
esistenza dalla libertà politica e che possiede il suo potere per go-
vernare tutti i rapporti che sorgono e si sviluppano nel campo in
cui si trovano gii interessi nazionali, civili e sociali.
La Chiesa è una istituzione etica, che deriva il suo essere
dalla libertà di coscienza ed esisto per virtù del sentimento reli-
gioso. Essa trovasi organizzata sotto l'autorità di un capo, che non
ha altro potere fuorché quello di mantenere i principi della fede
e di proclamare il dogma per quelli che vogliono liberamente e
spontaneamente accettarlo. Le sue funzioni si esercitano rispetto
alle anime e nel campo della coscienza.
inteso, della sua natura e della sua finalità, gli appartengono nella società inter-
nazionale e che costituiscono i suoi diritti internazionali.
La personalità giuridica, per contro, può appartenere a qualsiasi collettività,
che non abbia la sua propria individualità de jure^ ma a cui la individualità
sia stata attribuita dal potere sovrano, il quale nel tempo stesso gli abbia confe-
rito il godimento di certi diritti.
Chi consideri come una cosa sia sostanzialmente diversa dall'altra, compren-
derà facilmente come, attribuendo alla Chiesa la personalità internazionale, non
vengo con ciò ad ammettere che ossa possa reclamare di essere considerata de
jure come pei-sona giuridica internazionale.
Non mi è mai caduto in pensiero che la Chiesa potesse essere reputata /ur^
suo una persona giuridica internazionale, lo che implicherebbe ammetterò che
essa potesse de jure reclamare la capacità di esercitare diritti patrimoniali.
Questa capacità non appartiene affatto alla Chiesa come istituzione intema-
zionale, perchè il godimento dei diritti patrimoniali, fatta ragione della sua natura
e della sua finalità, non le è punto indispensabile. Epperò, nessuna Chiesa, nep-
pure la Chiesa Cattolica, può essere reputata persona giuridica, se tale condi-
zione non lo sia attribuita dal sovrano dello Stato e in conformità del Diritto
territoriale (vedi la 1' edizione della presente opera tradotta da M. Chrétien,
regolo 31, 441, 442, 456, 464, 466 e Diritto internazionale pubblico ^ 3' ediz.,
Torino 1887 ; Dei diritti internazionali della Chiesa^ pag. 485 e seg.).
Solo lo Stato è de jure una persona internazionale e una persona giuridica
internazionale, essendoché la capacità giuridica e il godimento dei diritti patri-
moniali gli appartengono in quanto è Stato, tale godimento essendo indispensa-
bile perchè lo Stato possa sussistere come tale e conseguire i fini per cui è
costituito (vedi il mio Consulto sulla controversia fra la Grecia e la Rumenia per
la successione Zappa e il mio opuscolo: Della personalità giuridica dei Corpi
morali e della Personalità giuridica dello Stato air intemo ed all'estero,
Torino, Unione tipografico-editrice, 1895 e Tratado de Dereeho Intemacional
Publieo^ 2' edicion 1894, tomo 1", capo VII, De lapersofialitad eivil del Esiodo),
La questione romana 43
Per parte mia, prendendo le cose di questo mondo, qaali Dio,
la storia e la libertà le hanno formate, non oso disconoscere il
fatto storico. Constato nella società internazionale la esistenza del-
l'uomo colla personalità che gli appartiene jiire suo. Constato la
esistenza dello Stato, il quale, una volta costituito in virtù della
libertà politica degli associati, possiede anch'esso la sua personalità
ipsojure ipsoque facto. Constato la esistenza della Chiesa organiz-
zata sotto la forma di istituzione intemazionale. Sono tre persona-
lità aventi ciascuna una natura e una condizione giuridica diversa.
La capacità ad essere considerato come soggetto di Diritto inter-
nazionale è essa un privilegio esclusivo dello Stato? E non vi ò
nella società internazionale alcun'altra individualità cui apparten-
gano diritti internazionali?
Pur ammettendo che nessuno possa reclamare i diritti interna-
zionali appartenenti allo Stato e che quindi nessuno possa avere,
come soggetto di Diritto internazionale, la stessa capacità che ha
lo Stato, come si potrebbe negare assolutamente alle altre indivi-
dualità, che di fatto si trovano nella società intemazionale, il diritto
di reclamare i loro propri diritti internazionali e di essere consi-
derate come soggetti aventi la capacità di goderli?
CoU'insegnare che solo lo Stato debba essere considerato come
persona della Magna Civitas, i pubblicisti arrivarono a giustificare
innanzi tutto il deplorevole errore che i diritti dell'uomo, i diritti della
personalità umana esistano unicamente di fronte al Diritto pubblico
intemo, mia non esistano jure proprio di fronte al Diritto inter-
nazionale. Da ciò, derivò poi che lo straniero potè essere messo
fuori del Diritto comune altresì per ciò che concerne il godimento
dei diritti dell'uomo e dei diritti civili.
Questa stessa falsa teoria che solo lo Stato sia persona internazio-
nale e che esso solo possa avere il godimento dei diritti internazio-
nali ebbe poi per risultato di creare la così detta Questione romana.
I partigiani dei Papi, facendosi forti deirinsegnamento dei pubbli-
cisti, che cioè solo lo Stato sia persona di Diritto delle genti, sol-
levarono la pretesa del potere temporale e la loro pretesa ha
una giustificazione. Essi adducono che di fatto la Chiesa romana
44 Introduzione — Oapitolo II.
esercita certi diritti intemazionali, che essa mantiene effettivamente
rapporti internazionali; avendo il suo Capo il diritto di legazione
e potendo esso conchiadere concordati. Ora dato che lo Stato sol-
tanto paò essere persona intemazionale, pareva naturale ai parti-
giani del Papa il sostenere che, per poter il Papa esercitare rego-
larmente e in modo sicuro le sue funzioni come capo della Chiesa,
per avere garanzie complete, la Chiesa dovesse avere una forma
di organizzazione politica come Stato, e che al Papa come sovrano
della Chiesa dovesse essere attribuito un possedimento territoriale
e un potere temporale.
É così, col fare falsa strada; i pubblicisti hanno alimentato le
pretese del papato; e colla loro teoria sono arrivati quasi a giusti-
fìcare il più strano sofisma del papato e dei suoi partigiani intomo
alla pretesa necessità del potere temporale e della sovranità politica
del Papa.
Se si vuole realizzare il vero equilibrio politico occorre mettere
ogni cosa al suo posto; occorre riconoscere a ciascuno ciò che gli
spetta, ma anche negargli ciò che non gli spetta.
Ecco la spiegazione della mia teoria. Io mi inspiro al precetto
dei Bomani: unicuique suum.
11. Quali sono i diritti internazionali che devono essere attribuiti
a ciascuno?
E come, mediante la dichiarazione dei diritti spettanti a ciascuno,
si potrà condurre ad effetto l'equilibrio politico?
Non è questo il momento di esporre in modo completo i diritti
internazionali dello Stato, dell'uomo, della Chiesa, delle collettività,
dei nomadi, dei barbari. Tutto ciò formerà l'obbietto delle nostre
ricerche, ora basta insistere sul punto fondamentale, che cioè per
effettuare l'equilibrio giuridico è assolutamente necessario fissare il
limite giuridico dell'attività di ciascuno e che per questo importa
determinare e riconoscere i diritti internazionali di ciascuno, cioè
dello Stato, dell'uomo e delle collettività, dei popoli inciviliti e dei
popoli non inciviliti. Quando siano determinati i diritti, bisognerà
pur riconoscere che la libertà che può appartenere ad ogni Sovra-
nità nei suoi rapporti con le altre Sovranità, cogli uomini e colle
/ diritti delVuomo 45
collettività, non può consistere, se non nel potere di esercitare i
propri diritti e la propria attività, senza invadere la sfera giuridica
nella quale stanno i diritti altrui.
Si ammette generalmente che i diritti internazionali degli Stati
sono i diritti di autonomia e di indipendenza, il diritto di impe-
rium e di giurisdizione, il diritto di eguaglianza, il diritto di do-
minio eminente, il diritto di rappresentanza. Anche si insegna che
questi diritti devono essere reputati assoluti. Solo, siccome non si
considera che vi sono anche i diritti internazionali dell'uomo e
delle collettività e che questi diritti devono essere reputati intan-
gibili, si è arrivati, nella società internazionale, all'arbitrario. Tutto,
infatti, si giustifica in virtù del diritto di autonomia dello Stato e,
allo scopo poi di potere difendere ogni pretesa, gli Stati cercano
di accrescere senza posa le loro forze militari.
Se si vuole opporre una forza giuridica di resistenza alla forza
onnipotente dell'arbitrio, occorre riconoscere i diritti internazionali
dell'uomo e delle collettività.
I diritti dell'uomo sono il diritto di libertà, il diritto di invio-
labilità personale, il diritto di scegliere la cittadinanza, di rinun-
ziare a quella che fu acquistata e sceglierne un'altra, il diritto
di proprietà, il diritto di libertà di coscienza, il diritto di libera
attività e di commercio intemazionale, il diritto di emigrare. Essi
sono i diritti intemazionali della personalità umana (1).
(1) A parte i diritti internazionali che ad ognuno appartengono come uomo^
noi riconosciamo per ognuno anche i diritti internazionali che ad esso appartengono
conìe cittadino.
£ invero, la condizione di cittadino di uno Stato è la base dei diritti civili,
dei diritti politici e di certi diritti internazionali. I diritti civili trovano il loro
fondamento sulla legge di ogni paese, la quale dichiara, regola e tutela certi
diritti il cui godimento è esclusivamente riservato ai cittadini dello Stato. I diritti
politici trovano il fondamento loro sulla costituzione di ogni singolo Stato. I diritti
internazionali deiruomo come cittadino trovano il loro fondamento sui Trattati
conchiusi fra lo Stato di cui la persona è cittadino e altri Stati.
Ogni persona che faccia parte di uno Stato come cittadino ha diritto, anzitutto,
di reclamare la protezione del Sovrano e del Governo del suo paese contro qual-
siasi Stato o Governo che volesse ai'bitrariamente violare i diritti che secondo
il Diritto internazionale gli appartengono.
Ma oltre a ciò ogni individuo appai'tenente ad uno Stato come cittadino può
noli* esercizio del suo commercio e della sua attività all'estero reclamare e4
46 Introduxione — Capitolo II.
A qualunque razza Tuomo appartenga, quale si sia il suo grado
di cultura, viva esso in associazione politica o meni esso una esi-
stenza nomade, l'uomo non perde mai le caratteristiche e gli attri-
buti dell'umana natura ; esso, quindi, non perde mai i diritti che
sempre e dappertutto devono essere attribuiti alla personalità umana.
Bevesi ammettere conseguentemente che esso possa reclamare tali
diritti in tutte le parti del mondo, che possa dappertutto esigerne
il rispetto, averne in ogni paese il godimento, alla sola condizione
di riconoscere l'autorità delle leggi territoriali e di osservarne le
disposizioni.
Le collettività altro non sono che agglomerazioni di individui
uniti da un vincolo comune o in uno scopo comune. E naturale
che le collettività abbiano i loro diritti intemazionali, come gli
uomini da cui esse sono formate.
Non si possono negare al popolo i suoi diritti internazionali.
Il principale fra questi diritti è la libertà di stabilire e di modi*
ficare la propria costituzione politica, il diritto di darsi il governo
che esso ritiene meglio adatto ad assicurare i diritti dell'associa-
zione e di esigere che il Governo così stabilito sia dagli altri Go-
verni riconosciuto come un Governo legittimo dal momento che
esso si trovi di fatto in possesso dei diritti di sovranità.
Le nazionalità hanno del pari i loro diritti intemazionali, fra cui
principale è quello di non essere costrette a rimaner comprese in
questa o in quella associazione politica, ma di potere liberamente
aggregarsi secondo le loro aspirazioni naturali e le loro affinità.
Parlerò più oltre delle Chiese e delle altre collettività. Vediamo
ora le conseguenze che derivano dalle cose già esposte.
Bisogna corto ammettere che ad ogni Stato ed al Governo che
lo rappresenta devono essere attribuite l'autonomia e la indipen-
ottonore il godimento di qualsiasi diritto privato, di qualsiasi facoltà, di qualsia$^i
vantaggio, di qualsiasi privilegio attribuito ai rispettivi cittadini dai trattati
conchiusi fra Stato e Stato.
I trattati di commercio, le convenzioni consolari, quelle sul rispetto della
proprietà letteraria, artistica, industriale e via dicendo, sono il fondamento di
speciali diritti, dei quali possono godere solo coloro che, come cittadini, appar-
tengono agli Stati che abbiano conchiuso i detti trattati.
/ diritti delVuofno 47
denza. Ma quale dev'essere rautonomia e T indipendenza che ad
essi paò essere attribuita? Si può forse trattare dell'autonomia e
dell'indipendenza di potere arbitrario? Evidentemente no.
Ogni potere sovrano trova il suo giusto limite nel rispetto dovuto
ai diritti intemazionali degli altri membri della società internazionale.
Ogni Sovrano non può pretendere che alla libertà e alla indi-
pendenza compatibili colle esigenze della società internazionale.
Esso è quindi tenuto ad esercitare i suoi poteri in modo da non
ledere i diritti e gli interessi legittimi degli altri Governi, e altresì
in modo da non ledere né i diritti internazionali dell'uomo o delle
comunità, né le esigenze generali della società intemazionale.
L'autonomia non potrà per certo essere assoluta unicamente a
vantaggio dello Stato. Nella società internazionale vi sono ancora
altre individualità rivestite di diritti intemazionali ; or, è di tutta
evidenza che, per mantenere il principio dell'equilibrio e la regola
della giusta proporzione, l'autonomia dello Stato vuol essere con-
ciliata col rispetto dovuto ai diritti altrui.
Dai principi finora esposti ne risulta che uno Stato non possa
proibire agii stranieri di entrare nel suo territorio né assoggettarli
a misure vessatorie. Esso non può espellerli senza una sufficiente
ragione. Esso non può proibire ai suoi nazionali di rinunziare alla
loro cittadinanza per acquistarne un'altra. Esso non può subordi-
nare il diritto di rinunziare alla cittadinanza di origine, alla
necessità di una preventiva autorizzazione.
Non si può mettere in dubbio che ad ogni sovranità appartenga
il diritto eminente sul territorio soggetto al suo impero; ma da
ciò non si potrebbe certo dedurre che il Sovrano possa, in virtù
del suo diritto di sovranità, negare allo straniero il diritto di
acquistare la proprietà e di trasmetterla, sotto l'osservanza delle
condizioni sancite dalla legge territoriale.
Il Sovrano non può, in virtù della sua autonomia, colpire lo
straniero colla incapacità di acquistare, nel territorio dello Stato,
qualsiasi proprietà mobiliare od immobiliare alle stesse condizioni
dei nazionali, o negargli il godimento dei particolari diritti compresi
nel diritto generale di proprietà. Una tale misura non potrebbe
48 Introduxione — Capitolo II.
essere legittima se non in quanto, per serie ragioni di ordine pub-
blico 0 di interesse sociale, la proprietà di certe determinate cose
fosse riservata esclasivamente ai cittadini.
Per chi accetta la mia teorìa intomo ai diritti internazionali
dell'aomo, il problema che forma l'objetto del Diritto intemazionale
privato e che concerne l'autorità delle leggi straniere viene a porsi
in modo tutt'affatto diverso.
In linea di principio si deve ammettere innanzi tutto che il
godimento da parte degli stranieri dei diritti civili, non possa repu-
tarsi come una concessione graziosa dipendente dal potere arbitrario
di ogni sovranità; bensì dev'essere considerato come il riconosci-
mento giuridico dei diritti intemazionali dell'uomo.
Si deve inoltre riconoscere che ogni persona ha non solo il
diritto di scegliere liberamente lo Stato a cui intende appartenere,
ma che ha altresì il diritto di reclamare che la legge dello Stato
a cui egli appartiene, da cui dipendono la sua condizione giurìdica
e i suoi diritti civili, il suo stato personale e di famiglia e i diritti
privati che ne derivano, sia riconosciuta nei paesi stranieri, e che
essa sia a tali rapporti applicata, a condizione però che dall'ap-
plicazione di tale legge non risulti alcuna ofTesa al Diritto pubblico
territoriale, né alle leggi che riguardino l'ordine pubblico o che
tutelino il Diritto sociale.
Non si potrebbe, quindi, sostenere l'opinione manifestata dal
FcELix che « i legislatori, le autorità pubbliche, i tribunali e gli
scrittori, nell' ammettere l'applicazione delle leggi straniere, si
lasciano guidare non da una obbligazione, di cui si può pretendere
la osservanza, ma unicamente da considerazioni di reciproca utilità e
di reciproca convenienza, ex comiiate; et reciprocam uiiliiaietn » (1).
Bisogna invece ammettere che nessun Sovrano abbia un potere
discrezionale assoluto e illimitato di riconoscere o di non ricono-
scere il godimento dei diritti civili spettanti agli stranieri o di
subordinarlo alla condizione della reciprocità, secondo meglio gli
(1) Titolo preliminare del suo Trattato di Diritto inlerfiaxionale privato^
Qap. Ili, n. 11.
/ diritti deU'uamo 49
conyenga, ma che si deve inyece considerare come una vera yìo-
lazione dei diritti intemazionali deiruomò, il negare allo straniero
il diritto di pretendere l'applicazione del suo statuto personale.
Cosi pure deve ammettersi che nessun Sovrano possa, in virtù
della sua autonomia, legittimare le rappresaglie giuridiche fondan-
dosi sulla regola della reciprocità.
Insomma, col ritenere che l'autorità territoriale o extra-territo-
riale di ogni legge non dipende punto dal dominio esclusivo del-
l'autonomia, ma che deve bensì essere determinata, tenendo conto
dei diritti intemazionali dell'uomo, della natura di ogni singolo
rapporto, degli interessi sociali e degli interessi intemazionali, il
problema del Diritto intemazionale privato viene ad esser posto
sulla sua vera base giuridica. Esso si assomma, infatti, nel rico-
noscere il dominio razionale di ciascuna legge basata sulla com-
petenza legislativa di ogni sovranità e nella sommissione di ogni
rapporto alla legge che deve governarlo, secondo la natura del
rapporto stesso ed i principi della competenza legislativa, salve le
giuste limitazioni, che nell'applicazione delle leggi straniere sono
imposte dalle esigenze d'interesse politico e d'interesse sociale
affermantìsi in ogni Stato (1).
13. Indichiamo rapidamente alcune delle conseguenze che, dal
punto di vista dell'equilibrio giuridico, derivano dal riconoscimento
dei diritti intemazionali delle collettività. Ritenuto che ogni popolo
abbia il diritto di stabilire e di modificare la sua costituzione poli-
tica e di darsi il governo che meglio gli convenga, ne consegue
naturalmente che gli Stati e i Governi non possano ingerirsi negli
affari interni di un paese estero, allo scopo di impedire o di intralciare
il libero esercizio del diritto intemazionale appartenente al popolo.
Bevasi quindi considerare come assolutamente illecita ed arbitraria
qualsiasi forma di intervento, vuoi armato, vuoi morale. ì^è l'in-
tervento, in quello che esso miri ad impedire che un popolo
(l) Vedi la mia Opera: Diritto intemaxdonale privato^ 3» ediz., cap. Y,
Principi fondamentali^ Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1888, tradotta in
francese da Charles Antoine (Parigi 1890, Pedone-Laoi'iel) e in spagnuolo da
Garcia Moreno (Madrid 1888, Qongora ed.).
4 — FiOBB, Dir, iniern, codif.
50 Introduxione — Capitolo II,
modifichi la costituzione politica dello Stato e la forma del Governo,
potrebbe venire giustificato col pretesto che esso sia necessario per
salvaguardare gli interessi generali.
La ingerenza collettiva delle grandi Potenze, allo scopo di man-
tenere colla forza uno stato di cose in violazione del diritto che
a ciascun popolo compete secondo il Diritto internazionale, non
può essere legittimato dall'accordo di tali Potenze. Queste non
possono, in virtù della loro autonomia, accordarsi per regolare a
modo loro gli affari interni degli altri Stati. Il e concerto euro-
peo » e il € concerto americano » non bastano di certo per tutto
giustificare. Il concerto europeo deve, senza dubbio, essere reputato
legittimo, quando abbia per iscopo la protezioAe giuridica del Diritto
intemazionale; ma non può più essere legittimo quando sia for-
mato allo scopo di mantenere uno stato di cose in opposizione ai
diritti internazionali spettanti ai popoli ed alle nazionalità.
In questi ultimi anni, specie nella questione di Greta, il così
detto concerto europeo fu formato con l'intendimento di agire
d'accordo per assicurare il rispetto di uno stato di cose che non
era punto in armonia coi principi che, secondo il nostro sistema,
debbono reggere la società internazionale. Le grandi Potenze, non
potendo mettersi d'accordo per regolare il nuovo ordine di cose,
che dev'essere la conseguenza della emancipazione delle provinole
cristiane, s'intesero sulla necessità di mantenere la integrità del-
l'Impero ottomano e subordinarono poi le giuste aspirazioni dei
Cretesi a tale voluta necessità.
Nell'ordine di idee che io difendo, il concerto europeo avrebbe
dovuto costringere gli altri Stati, compresa la Grecia, a non met-
tere ostacolo al diritto spettante al popolo cretese di darsi la costi-
tuzione politica più conforme alle sue aspirazioni nazionali.
Dai principi che noi esponiamo anche ne risulta che avendo il
popolo il diritto di provvedere alla sua costituzione politica e di
lottare per modificarla o cambiarla, si deve ammettere che gli atti
del partito rivoluzionario, intesi a rovesciare un Governo costituito,
non possano essere soggetti sempre al Diritto penale applicabile
ai ribelli, e che quando la lotta armata prenda carattere di vera
/ diritti deUe eoUettinHà 51
guerra civile, i ribelli abbiano il diritto di essere considerati come
belligeranti.
Dal riconoscimento dei diritti intemazionali delle nazionalità
risalta pare che gli sforzi di popolazioni aventi la stessa naziona*
lità, intesi ad arrivare alla formazione di uno Stato nazionale, non
possano essere soffocati, ma che debbano bensì essere rispettati
come conseguenza di un diritto legittimo.
Non si può giustificare l'impiego di mezzi coercitivi per man-
tenere uno stato di cose in opposizione colle aspirazioni nazionali,
fondandosi su pretesi diritti dinastici o sui trattati. Nò i diritti
storici fondati sui trattati nò la prescrizione possono avere per
effetto di annientare o sminuire il diritto spettante alle naziona-
lità di costituirsi a Stati.
Ammessi i diritti internazionali a favore dei paesi non inciviliti,
si arriva facilmente a fissare i principi che devono eliminare la
falsa idea che questi paesi possano riputarsi come posti fuori del
Diritto comune. Certo, le tribù non incivilite non sono nella stessa
condizione dei popoli inciviliti ; la legge comune non può essere
applicata nello stesso modo, quale si sia il grado di cultura; pure,
non si può immaginare che una forma qualsiasi di agglomerazione
(li individui possa trovarsi fuori del Diritto internazionale.
Certo, non si può, in linea di principio, combattere la coloniz-
zazione e la estensione coloniale ; si deve pure ammettere che una
certa proporzione sia necessaria fra la popolazione e il territorio,
e che i paesi inciviliti, per dare nuovi sbocchi alla loro sempre
crescente attività, abbiano bisogno di allargare le loro attuali pos-
sessioni e di occupare le parti di territorio di cui i non inciviliti
non possono profittare. Bisogna non pertanto ammettere che la
colonizzazione non possa essere legittima, se non alla condizione
che essa sia esercitata in modo da non calpestare i diritti inter-
nazionali dei paesi non inciviliti.
La questione della colonizzazione nei suoi rapporti colla auto-
nomia e coi diritti internazionali appartenenti alle tribù barbare,
è una questione complessa e non ò il caso di qui trattarla. Solo
sostengo non poter essa venir risolta in modo razionale ed equo
52 Introduxione — Capitolo II,
se non riconoBcendo e rispettando i diritti intemazionali dei paesi
barbari e non inciviliti di fronte ai paesi inciviliti.
13* Ed ora passo ad esaminare rapidamente la questione del come
si potrebbe riuscire a trovare il giusto punto di equilibrio fira la
Chiesa e lo Stato.
Ho detto come alla Chiesa debbano essere attribuiti certi diritti
intemazionali e come si debba riconoscere la sua individualità e
la personalità sua per ciò che concerne la facoltà di godere e di
esercitare i diritti che ad essa appartengono.
Ora per ben determinare la posizione internazionale della Chiesa
e per fissare al giusto il principio dell'equilibrio nei rapporti fra
essa Chiesa e lo Stato, importa tener conto del fatto che la Chiesa
è una istituzione di ordine spirituale, e che essa può reclamare
la sua individualità e la sua esistenza jure suo, solo, ben inteso,
nel campo determinato dalla sita natura e dalla sua finalità.
La Chiesa può di certo esigere il rispetto dei suoi diritti inter-
nazionali di fronte a tutti gli Stati del mondo. Ma quali sono
questi diritti intemazionali? Eccoli:
a) Libertà di formazione e di organizzazione in tutte le regioni
del mondo;
b) Libertà nel capo della Chiesa di comunicare coi fedeli per
mantenere la unità del dogma e della credenza, senza ricorso a
mezzi coercitivi;
e) Libertà di governo nell'ambito della missione ch'essa Chiesa
ha, come istituzione di ordine spirituale.
È questo il campo dell'autonomia e della indipendenza della
Chiesa, il campo della sua individualità e della sua personalità
esistente jure suo. Al di là di questo campo s'incontra il diritto
dello Stato, s'incontrano i diritti delle altre collettività.
A voler ben considerare ogni cosa, tutto si assomma nel diritto
di libertà di coscienza, diritto intangibile della personalità umana,
che prende la forma di diritto collettivo ogni volta che i fedeli
aventi la stessa credenza e sparsi nelle diverse parti del mondo
formino una associazione religiosa e riconoscano un capo e alla
sua suprema autorità si sottomettano.
Lo 8UUo e la Chiesa 53
Per non recare offesa al diritto di libertà di coscienza -* diritto,
che in qneste circostanze diventa un diritto coUettiyo — si deve
pur ammettere che il Capo riconosciuto da qaesta libera associa-
zione debba avere la massima libertà nel governarla, entro Tarn-
bito giuridicamente determinato dalla natura delia istituzione stessa,
la quale costituisce una vera comunità spirituale.
Per determinare poi in che debba consistere tale libertà e per
stabilire al giusto quale sia la sfera dell'autonomia della Chiesa,
e di quella dello Stato, conviene studiare con grande accuratezza
la natura delle due istituzioni e dei loro rapporti.
Secondo il mio modo di vedere i rapporti fra lo Stato e ia Chiesa
non si possono intendere giustamente che ammettendo come prin-
cipio che la sovranità che appartiene al Capo dello Stato differisca
sostanzialmente — per la sua natura, per il suo carattere, pei suoi
poteri, per la sua finalità — dalla sovranità che appartiene al
Capo della Chiesa.
Il giusto principio dell'equilibrio fra lo Stato e la Chiesa ver-
rebbe ad essere facilmente fissato quando si ammettesse che a cia-
scuno di essi si appartiene di esercitare i suoi diritti, i suoi poteri
e le sue funzioni nella sua propria sfera giuridica. Ciò vuol dire
che i loro rapporti devono essere stabiliti sulla base della separa-
zione completa dei loro poteri.
Epperò si deve ammettere che ogni Chiesa, per quanto riguarda
la sua costituzione, la sua organizzazione e il suo governo spirituale,
debb'essere sottratta alla giurisdizione di qualsiasi sovranità terri-
toriale e che nessuno Stato possa porre impacci alla libertà della
Chiesa in ciò che riguarda la sua organizzazione e l'esercizio di
ogni autorità spirituale rispetto ai fedeli.
Il Capo della Chiesa avendo il diritto di provvedere liberamente a
ciò che concerne l'alta amministrazione della comunione, deve ben
avere il diritto di comunicare con tutto il clero e colle persone che
esercitano le funzioni spirituali; di convocare i concili e le sinodi;
di esercitare il suo potere ecclesiastico legislativo nelle forme cano-
niche, esclusa però qualsiasi azione coercitiva, ed escluso qualsiasi
appoggio da parte dell'autorità pubblica, contro le persone che non
54 Introduxdone — Capitolo IL
volessero spontaneamente accettare le prescrizioni canoniche, ma
che preferissero abbandonare la loro confessione religiosa.
Devesi inoltre riconoscere che le persone che, prendendo parte
all'alta amministrazione della Chiesa, esercitano le funzioni spiri-
tuali nelle congregazioni, nelle sinodi, nei concili, non possano
essere responsabili verso il Capo dello Stato, sempre quando ben
inteso, l'esercizio delle loro funzioni abbia per oggetto il regolamento
e lo sviluppo degli interessi spirituali della Chiesa.
Qualsiasi ingerenza del Governo dello Stato, in tutto ciò che con-
cerne gli atti dell'alta amministrazione della Chiesa, a condizione
però che tali atti sempre si contengano nel campo degli interessi
spirituali, dev'essere considerata come illegale e contraria ai principi
del Diritto internazionale.
Ecco, in succinto, quali sono i diritti che alla Chiesa apparten-
gono di fronte a tutti i Governi del mondo e che perciò ho chiamato
diritti internazionali della Chiesa.
Ed ora vediamo quali sono i diritti che appartengono allo Stato,
secondo la sua natura, come istituzione politica di fronte alla Chiesa.
La sovranità di ogni Stato ha bene il diritto di tutelare gl'inte-
ressi della comunità politica e di assoggettare alle proprie leggi le
persone e gli atti di chiunque, ogni qualvolta gli interessi sociali
siano in causa.
Spetta quindi ad ogni Sovrano di controllare gli atti di qualsiasi
forma di associazione, di qualsiasi forma di collettività, opperò di
qualsiasi Chiesa, non esclusa la Chiesa cattolica romana, ogni qual-
volta tali atti escano dal campo religioso e spirituale e rientrino
nel campo del Diritto pubblico interno.
Da ciò risulta, anzitutto, che la Chiesa cattolica romana, per
quanto sia da noi considerata come una istituzione intemazionale,
tuttavia non può stabilire le sue relazioni diplomatiche con uno
Stato se non previo consenso da parte della sovranità dello Stato
stesso.
In ogni caso poi essa non può reclamare la capacità di acqui-
stare beni e di trasmetterli, essendoché appartenga ognora a cia-
scheduna sovranità di accordare o di negare la personalità giuridica
Lo Sudo e la Chiesa 55
a qualsiasi associazione che si trori nello Stato, e cosi dev'essere
per rispetto alla Chiesa. Per quello poi che si riferisce agli atti
di governo non si può contraddire che la ingerenza del Sovrano
dello Stato sia sempre legittima ogni qualvolta il Capo della Chiesa,
facendo del suo potere spirituale un indebito uso, cerchi, colla
dottrina da lui promulgata, di eccitare o spingere i credenti a
disconoscere le leggi dello Stato o a compiere atti esterni contrari
ai diritti ed agli interessi dello Stato.
Pur ammettendo che si debba sempre rispettare la inviolabilità
del Capo della Chiesa, anche quando eserciti indebitamente il suo
potere nelle forme canoniche, si deve pur riconoscere il diritto
spettante al Sovrano di ogni Stato di proteggere gli interessi della
comunità politica contro qualsiasi attentato da parte del potere
ecclesiastico. Il Sovrano quindi, di fronte ad Encicliche, Bolle, Atti
in materia disciplinare, che fossero in opposizione al diritto dello
Stato, potrebbe proibire che venissero pubblicamente affisse, e che
giungessero a conoscenza dei fedeli. Potrà inoltre assoggettare alle
leggi vigenti ed alle sanzioni della legge penale le persone che,
in seguito ad eccitamenti delle autorità ecclesiastiche nell'esercizio
delle loro funzioni, abbiano attentato ai diritti delio Stato. Infine,
potrà impedire che la dottrina contraria al diritto dello Stato sia
promulgata da quelli che devono obbedire alle autorità ecclesiastiche
superiori.
Uhictiique suum.
Il Sovrano dello Stato non può entrare nel dominio della co>
scienza, ma ben ha il diritto di reprimere qualsiasi atto esterno
contrario ai diritti ed agli interessi dello Stato e di chiamare gli
autori a risponderne a termini delle leggi vigenti, anche se tali atti
siano stati da essi compiuti in virtù dell'obbedienza o sotto l'impulso
del sentimento religioso.
Epperò, ogni Chiesa deve, per ciò che concerne lo sviluppo estemo
delle sue funzioni ed il culto, rimanere sempre soggetta alle leggi
dello Stato, nel quale le funzioni esteriori ed il culto vengono eser-
citati, i suoi rapporti venendo naturalmente a cadere nel campo del
Diritto pubblico interno.
56 IfUroduxtone — Oapttolo li.
Le Stesse funzioni amministrative connesse al governo della Chiesa
devono essere soggette al Diritto comune vigente nello Stato in cui
tali funzioni amministrative vengano esercitate, ogni qualvolta tale
esercizio implichi rapporti che rientrino nel campo del Diritto
pubblico territoriale o del Diritto privato.
La indipendenza del Governo ecclesiastico a mo' d'esempio non
verrebbe certo ad esser lesa da ciò che le controversie che potessero
sorgere fra l'amministrazione e i privati in seguito ad atti ammi-
nistrativi venissero deferite alla giurisdizione ordinaria. Supposto,
ohe il Capo di una Congregazione pontificia abbia stipulato, per
i bisogni dell'Amministrazione, un contratto e che da questo con-
tratto sorgano questioni contenziose, si vorrà per avventura disco-
noscere la competenza dei tribunali ordinari nel risolvere la con-
troversia 0 sostenere che ammettendo tale autorità l'indipendenza
del governo ecclesiastico ne verrebbe ad essere lesa? Secondo il
nostro sistema, no certo.
Insomma, i rapporti fra lo Stato e la Chiesa debbono poggiare
sulla base della libertà e della indipendenza reciproca. Libera
Chiesa e Libero Stato, sempre, beninteso, nel senso che la
libertà, che ciascuno di essi può reclamare, consista nella libertà
di esercitare i etwi poteri e di sviluppare la sua attività nella
sfera del proprio diritto.
A ogni Stato conseguentemente si impone il dovere di abrogare
tutte le leggi restrittive della libertà della Chiesa e di escludere com-
pletamente la ingerenza dell'autorità politica da tutto ciò che riguarda
lo esercizio del potere spirituale e delle funzioni ecclesiastiche.
A ogni Chiesa e al Capo della Chiesa cattolica romana si impone
il dovere di rinunziare a qualsiasi pretesa di sovranità territoriale
ed a qualsiasi esercizio dei diritti della sovranità politica.
14u Quanto ho finora esposto permette di comprendere in modo
generale l'insieme del sistema che, a mio avviso, può essere il più
efficace per dare alla società internazionale la sua vera organizza-
zione politica. Bisogna proporsi di arrivare alla dichiarazione e alla
rivendicazione dei diritti di tutti quelli che fonno parte della società
intemazionale. Bisogna allargare il concetto della libertà e della
Gaptwiià di eonoludere i trtUiati 57
egoaglianza col considerare Tana e l'altra non solo come diritti
territoriali, ma come diritti internazionali.
Tattavia, por accettando la concezione della libertà intemazionale
e della eguaglianza giuridica internazionale in favore di tutti quelli
che della società internazionale fanno parte, non vuoisi però ammet-
tere che tutti possano reclamare la stessa condizione giuridica e la
stessa capacità giuridica.
La eguaglianza giuridica intemazionale vuol dire che ognuno
debba essere eguale agli altri quanto alla capacità giuridica deter-
minata dalla sua condizione giuridica ed al godimento ed al libero
esercizio dei proprii diritti.
Così, è di tutta evidenza, che tutti i diritti intemazionali appar-
tenenti allo Stato non possano essere reclamati dagli individui, dai
popoli, dalle nazionalità, dalle Chiese e dalle altre collettività. A
ognuno non può essere attribuito se non il diritto che gli appar-
tiene secondo la sua propria condizione giuridica.
£ cosa tanto chiara e manifesta, ad esempio, che la capacità di
conchiudere trattati non possa essere attribuita se non allo Stato, ciò
per altro deriva da che lo Stato sia il solo che possa contrarre una
obbligazione internazionale ed essere il soggetto atto a stipulare
un trattato. Né l'uomo, nò la nazione, né il popolo (prima che
esso sia costituito a Stato), nò le Chiese, nò le altre associazioni
possono conchiudere un trattato o contrarre una vera obbligazione
intemazionale.
L'obbligazione intemazionale, a differenza dall'obbligazione che
può esistere fira privati in materia civile o commerciale, ò, per la
sua natura e per la sua materia, una obbligazione di Diritto pub-
blico e di Diritto politico. Un trattato sia che abbia per oggetto
l'obbligazione di dare, di fare o di non fare una cosa, o che abbia
per oggetto di regolare o limitare l'esercizio dei rispettivi diritti o
di far cessare o modificare obbligazioni anteriori non può essere
stipulato fuorché dallo Stato, essendoché l'obbligazione intemazio-
nale non possa essere assunta fuorché dallo Stato. Questa ha infatti
sempre la caratteristica di obbligazione o di natura patrimoniale
e affettante realmente la vita economica e gli interessi finanziari
58 Introduxione — Capitolo II.
di tutta la comunità, o di natura politica affettante la vita e la
personalità dello Stato. A tutta evidenza quindi solo Io Stato può
stipulare un trattato, essendochò Tobblìgazione contratta mediante
trattato sia una obbligazione di Diritto pubblico e di Diritto poli-
tico, e rappresenti sempre un'obbligazione della comunità politica
uti universitas.
Per me è chiaro che la capacità per contrarre una obbligazione
di tal natura non possa essere attribuita che allo Stato che è un
istituzione politica e pubblica. La mia teoria quindi non con-
traddice punto all'aforisma dei pubblicisti, secondo cui, solo lo
Stato può essere considerato come soggetto capace di assumere
una obbligazione internazionale di fronte ad altri Stati e di sot-
toscrivere un trattato ; aforisma, dal quale essi hanno dedotto che
solo lo Stato debba essere considerato come soggetto di Diritto
internazionale. Siccome tutti devono trovarsi d'accordo nel ricono-
scere che la capacità di ciascheduno dipenda dalla sua condizione
giuridica, così deve riuscire facile comprendere che coirammettere
che nella società internazionale si trovino più individualità e più.
collettività, e che tutte debbano essore reputate soggette di Diritto
internazionale, non si vien punto ad ammettere che tutte abbiano
la stessa condizione giuridica e la medesima capacità.
Nemmeno il Capo della Chiesa romana ha la capacità di conclu-
dere trattati. Tale capacità deve essergli negata per la semplice
ragione che la Chiesa non è una istituzione politica, bensì una
istituzione d'ordine religioso; per lo che non le può competere
la capacità di assumere una obbligazione di natura politica. Nessuno
può impedire al Capo della Chiesa di conchiudere coi Sovrani dei
vari Stati le convenzioni intese a regolare d'accordo lo esercizio
dei loro poteri per ciò che concerne certe materie di interesse comune.
Ma queste convenzioni, che diconsi e Concordati » siccome si rife-
riscono sempre a materie d'interesse pubblico intemo, così come tali
cadono nel dominio del Diritto pubblico di ogni Stato e non in
quello del Diritto internazionale.
Tutto quello che siamo andati dicendo può servire per indicare
a larghi tratti la via che bisogna seguire per arrivare a dare alla
Gapcteiià di eoneludere i trattati 59
società internazionale la propria organizzazione giurìdica. Il cammino
per arrivare alla meta sarà lungo e non si potrà venirne a capo
che in un avvenire più o meno lontano. Sarà questa opera del
tempo e della civiltà; sarà il risultato finale della evoluzione che
deve compiersi mediante il concorso delle forze intellettuali di
tutti i paesi inciviliti.
Bisogna mettersi bene in mente che per arrivare a determinare
i principi dell'equilibrio ed a regolare lo esercizio dei diritti e della
libertà nello Stato moderno fu mestieri correggere molte opinioni
erronee, distruggere molti pregiudizi, percorrere diverai cicli. Prepon-
deranza della casta sacerdotale; privilegi di classe; autocrazia dei
monarchi; preminenza della politica dinastica; sovranità del popolo,
sovranità parlamentare.
E lo stesso sarà per raggiungere l'arduo, complesso, e difficile
termine della organizzazione giuridica della società internazionale.
Non vi si potrà arrivare che percorrendo diversi cicli. Sarà questo
il compito della scienza e l'opera del tempo e della civiltà.
I sapienti dei secoli passati hanno camminato senza indugio ed
hanno combattuto con perseveranza uniti sotto il segnacolo : Egua-
glianza e Libertà. I loro sforzi ci hanno procurato il grande bene-
fizio della organizzazione della comunità politica. A noi incombe
di prendere il buon cammino e di combattere uniti sotto il segnacolo :
Umanità, Fraternità, Cosmopolitismo, allo scopo di dare ai nostri
successori la organizzazione razionale della società intemazionale.
60 Introduxdane — Gapùolo III,
CAPITOLO HI.
Della proolaxnasdone del Diritto internazionale
e della sua tutela giuridioa.
15. Modo in cui 1a logge comnae dev'ossero promulgata. — 16. U Congresso:
sua autorità. — 17. Modo di sua costituzione. — 18. La Confoderasione degli
Stati come mezzo per mantenere T ordine nella società intemazionale. —
19. La codificazione del diritto internazionale. — 20. Modo di dai-e piena effi-
cacia alla giurìsdizione intemazionale. — 21. La Conferenza. — 22. La giu-
risdizione arbitrale. — 23. Modo di dare ad essa piena efficacia. — 24. L'azione
diplomatica, i buoni uffici, la mediazione. — 25. Efficacia della discussione
pubblica. — 26. Mezzi coercitivi ali* infuori della guerra. — 27. Conclusione.
16. Una delie grandi difficoltà che si devono superare per venir a
capo del notevole progresso, di cui la scienza deve proporsi la realiz-
zazione, sta nel trovare un modo di proclamare le regole che devono
costituire il Diritto comune, di dar loro la forma di legge obbliga-
toria e di assicurarne inoltre il rispetto da parte di tutti.
E questa difficoltà è tanto più grave e complessa in quanto non
si può ammettere che vi sia uno Stato il quale abbia, di fronte
agli altri Stati, un' autorità superiore, la quale gli permetta di det-
tare la legge a tutti. D'altra parte, un'autorità di tal fatta non può
essere conferita alle grandi Potenze di fronte agli Stati secondari.
A partire dal Congresso di Aquisgrana del 1818 le cinque grandi
Potenze d'Europa si immaginarono di avere il diritto di costituirsi
come un Consiglio permanente per regolare d'accordo gli affari
europei ed esercitare una vera preponderanza riguardo agli Stati
di importanza minore. Solo lo sviluppo di idee giuridiche più esatte
ed il progresso della civiltà tolsero ogni forza al Consiglio che esse
avevano formato sotto il nome di Pentarchia. Il principio della
eguaglianza giuridica degli Stati toglie che si possa attribuire agli
uni il diritto di dettar la legge agli altri.
Importa non dimenticare che la legge comune della società inter-
nazionale deve proporsi di dichiarare e garantire i diritti di tutti,
Proclamaxione del Diritto intemaxi&nale 61
6 di re^ere tatti i rapporti, tatti gli interessi di qaelii che di
tale società fanno parte. Questa legge non deve essere proclamata
unicamente nell' interesse djagli Stati e dei Governi ; essa dev'essere
proclamata anche per salvaguardare i diritti dei popoli, i diritti
delle nazionalità, i diritti delle collettività, che devono anch'esse,
nei loro rapporti fra loro e collo Stato, essere rette dalla legge
comune, allo scopo di mantenere la regola dell'equilibrio di tutte
le attività e di fissare la regola di proporzione fra ciò che ciascuno
può fare e ciò che ciascuno non ha il diritto di fare.
Posto ora che la legge della società internazionale debba essere
proclamata nell'interesse di tutti quelli che ne fanno parte, deve
riuscire chiaro che il diritto di fissare cotesta legge comune non
possa costituire il privilegio di questo o di quello. Conviene inoltre
avvertire che siccome tutte le umane cose sono soggette alla legge
della evoluzione, così dev'esservi soggetta la legge dei rapporti
intemazionali nelle varie epoche. Bisogna quindi che le leggi che
devono reggere nel presente le relazioni giuridiche nella società
intemazionale non ritardino i progressi futuri, e che si tenga debito
conto dell'evoluzione che esse devono subire. Tali leggi non possono
essere qualcosa di immutabile e di permanente. Bisognerà invece
determinare le leggi meglio adatte a reggere in ogni epoca la società
internazionale, e con tale intendimento occorrerà tener conto delle
condizioni storiche, che sono il risultato dell'attività intellettuale,
della cultura e del progresso della civiltà.
Questa ò, del resto, la regola generale di ogni ramo dell'umano
Biritto. L'uomo non può trovare né dettare regole assolute, immu-
tabili e permanenti. Egli non deve certo dimenticare che le leggi
che devono governare ogni forma di rapporti devono essere basate
sui prìncipi della giustizia naturale, però, siccome deve sempre
tener conto delle esigenze storiche, così deve ognora proporsi di
trovare le regole giuridiche che, fatta ragiono delle circostanze del
momento, meglio convengano.
Ba tutto ciò ne risulta che la legge comune della società inter-
nazionale deve essere formulata e dichiarata obbligatoria da qaelli
che si trovano associati di fatto, e che sono interessati a darsi uq^
62 Introduxione — Capitolo III.
legge allo scopo di stabilire l'ordine della loro coesistenza. Ed
anche ne risalta che, di^fioichè tale legge deve seguire la eroln-
amme, non sarebbe punto utile costituire un potere legislativo
permanente.
16. Così stando le cose, il miglior partito, a mio avviso, sarebbe
quello di formare un'Assemblea legislativa mediante rappresentanti
di tutti quelli che nella società internazionale si trovano di fatto
in rapporti fra loro, e che si propongono di organizzarsi in unione
giurìdica e di darsi una legge comune. L'Assemblea così costituita
sarebbe il Congresso. Esso dovrebbe essere composto dei rappre-
sentanti di tutti gli Stati che si propongono di costituirsi in unione
e di membri eletti direttamente dalle popolazioni di tali Stati.
Il Congresso, a mio modo di vedere, non dovrebbe essere una
istituzione permanente. Esso dovrebbe essere convocato e costituito
ogni volta che lo sviluppo delle esigenze storiche nella società
intemazionale reclamasse la dichiarazione di regole nuove o la
modificazione delle regole esistenti. Esso dovrebbe quindi durare
fino al compimento dei lavori che avessero motivato la sua riunione
e, compiuti tali lavori, sciogliersi. Esso non dovrebbe esercitare
di nuovo le sue funzioni se non in seguito a una nuova riunione
e ad una nuova costituzione di esso motivata da esigenze nuove.
Spiego la mia idea.
Reputo indispensabile che l'Assemblea comprenda non solo i
rappresentanti degli Stati, ma anche i rappresentanti del popolo.
Come ho dimostrato, il popolo ha i suoi diritti internazionali che
possono essere diversi dai diritti internazionali spettanti allo Stato.
Ho detto come mi sombri indispensabile non ammettere la per-
manenza dei poteri dell'Assemblea incaricata di proclamare le leggi
della società internazionale. Ogni specie di legge umana deve seguire
il movimento progressivo della evoluzione, opperò, vi ha incompa-
tibilità fra questa esigenza e qualsiasi forma di autorità permanente.
IT. Come dev'essere costituito il Congresso?
Per ciò che concerne i rappresentanti degli Stati, ammetto che
essi siano designati dal Sovrano di ogni Stato, in numero di due,
ad esempio, senza fare differenza alcuna fra ì grandi Stati e gli
ProeianuMiome del Diritto intemaxionale 63
Stati piccoli. Ciò pare a me indispensabile per dare all'Assemblea
il sao vero carattere. Se le grandi Potenze fossero autorizzate ad
avere an numero di rappresentanti maggiore, o se i loro rappresen-
tanti disponessero di un maggior numero di voti, si verrebbe a
costituire così la egemonia delle grandi Potenze, e ad ammettere
indirettamente che una superiorità di forza possa essere il fonda-
mento di una pretesa superiorità giuridica.
La vera organizzazione giuridica della società intemazionale non
potrà effettuarsi se non alla condizione che tutti gli Stati, quando
si tratti di elaborare la legge comune, siano in condizioni di
eguaglianza giuridica. La legge comune non riguarda né l'interesse
dell'uno né l'interesse dell'altro; essa riguarda gli interessi gene-
rali di tutta la società. Epperò, si deve ammettere che tutti gli
Stati, che vogliono organizzare la loro unione, siano egualmente
interessati, in quanto Stati, a formolare la legge comune dei loro
rapporti.
I rappresentanti del popolo al Congresso dovrebbero essere eletti
dal popolo stesso mediante un sistema di elezione speciale fissato
dalla legge di ciascun paese e diverso da quello che fosse stabilito
per la elezione politica. Pare a me che la legge elettorale per la
scelta dei rappresentanti del popolo al Congresso debba poggiare
sul voto ristretto e limitato. Trattasi, infatti, di riuscire ad una
scelta illuminata, per lo che mi sembra conveniente, che l'eletto-
rato venga limitato alle classi istrutte.
Mi pare superfluo d'entrare ora in particolari; ciò che voglio
mettere in rilievo è che a me pare necessario di regolare con una
legge speciale l'elettorato per la rappresentanza popolare al Con-
gresso. Non posso ammettere che i rappresentanti siano designati
dal Parlamento, essendoché nei governi parlamentari la maggio-
ranza rappresenti la politica attuale del governo, e quindi i membri
del Congresso eletti dalla maggioranza non servirebbero che a raf-
forzare la politica dominante.
L'Assemblea o Congrosso, così com'io l'intendo, non dovrebbe
essere costituita come un'Assemblea permanente. Essa non dovrebbe
diventare una istituzione immobilizzata dalla forza della tradizione.
64 Introduxùme — Capitolo III,
Essa dovi'ebbe bensì essere l'Assemblea costituita a quella tal epoca
per regolare quei tali interessi intemazionali. Sono convinto che
l'ordine di cose che patrocino non potrà realizzarsi nò oggi né in
un'avvenire prossimo. Dirò solo che se propongo tale sistema ciò
è, perchè considero come insufficienti gli altri sistemi proposti.
Invero, questi sistemi o implicano la necessità irrecusabile di tra-
sformare da cima a fondo la organizzazione della società intema-
zionale, diventando così irrealizzabili, o mettono capo alla organiz-
zazione della superiorità delle grandi Potenze di fronte ai piccoli
Stati e possono condurre ad effettuare la preponderanza della poli-
tica sul Diritto, diventando così pericolosi.
18. Nel volume da me pubblicato nel 1865 avevo discusso la
proposta della Confederazione degli Stati come mezzo per mantenere
l'ordine nella società internazionale e sopprimere la guerra. Pa-
recchi giuristi, riconoscendo la necessità di stabilire un potere
supremo per far scomparire dalla società internazionale questo
stato di agitazione permanente e costituire una autorità, la quale
non ledesse la indipendenza degli Stati, pensarono alla Confede-
razione. Questa Confederazione dovrebbe essere organizzata come
una vera associazione fra eguali, e tutti i membri posti in uno
stato tale di dipendenza, che ogni atto arbitrario da parte dell'uno
0 dell'altro potesse essere interdetto.
E il progetto ideato da Rousseau nel suo sommario di Progetto
della pace perpetua. Tutte le Potenze europee si unirebbero in una
confederazione; un potere legislativo rappresenterebbe il potere
centrale ed avrebbe la facoltà di dettar leggi e fare regolamenti
generali per il governo della Confederazione; un potere giudiziario
sarebbe incaricato dell'applicazione dei regolamenti per dirimere
ogni specie di controversia; un'autorità centrale avrebbe il potere
coercitivo per costringere gli Stati confederati a rispettare la legge
comune e richiamarli all'osservanza dei loro doveri.
Questo progetto trovò parecchi partigiani.
Il suo difetto principale sta nell'aver voluto proporsi di formare
una confederazione di soli Sovrani, prendendo per modello la Con-
federazione germanica, e di aver immaginato di creare un potere
Proclamaxiane del Diritto intemascianale 65
centrale armato nello scopo di eliminare la preponderanza militare.
Noi lo domandiamo ai partigiani di questa forma di organizzazione
giuridica: come si potrà in tal modo riuscire ad assicurare il trionfo
della giustizia? Questa non si trova sempre là dove dominano gli
interessi politici , bensì essa è , nella sua forma più pura , nella
coscienza del popolo e nel dominio impersonale della pubblica
opinione. £ come si potrà stabilire inoltre in modo duraturo
r equilibrio giuridico fra l'interesse delle grandi Potenze e quello
delle collettività e delle nazionalità? (1).
É un fatto che la società internazionale si trova formata dagli
Stati, dagli uomini e dalle collettività e che a ciascuno di questi
membri appartengono dirìtti intemazionali di fronte agli altri. Ora
mi sembra che secondo il naturai corso delle cose l'associazione
stessa, così come essa trovasi formata, dovrebbe concorrere ad
elaborare la legge della sua organizzazione.
Queste due considerazioni mi hanno addirittura persuaso che il
concorso di tutti gli interessati debba reputarsi indispensabile. Non
potrei ammettere la superiorità delle grandi Potenze di fronte ai
piccoli Stati. Non potrei ammettere l'autorità esclusiva dei Governi.
Non potrei ammettere privilegi. La cosa migliore ò che tutti i
cointeressati contribuiscano ad elaborare la loro legge comune.
Per mandare ad effetto ciò che propongo non è punto necessario
cambiare da cima a fondo l'organizzazione attuale della società
(1) Avevo combattuto l'idea della Confederazione con un potere centralo per-
manente anche nel volume pubblicato nel 1865, ed ecco quello che allora scrissi :
« Noi domandiamo ai fautori del Congresso permanente e del Tribunale
« internazionale: chi ci assicura che in questo Congresso di principi regnerà
« veramente la giustizia? Per sperarlo bisognerebbe prima convertire i Sovrani,
« i quali sono i più ostinati peccatori che siano mai vissuti su questa tena.
« E se nel Congresso permanente l'interesse delle grandi Potenze prendesse il
< posto del giusto, si arriverebbe a legittimare la loro onnipotenza, mettendo
< a loro disposizione tutta la forza armata^ paralizzando gli altri Stati e condan-
« nandoli all'inazione... Se nella Confederazione germanica, che è st«'ito il preco-
« dente, da cui hanno attinto il progetto della Confederazione europea, l'interesso
« degli Stati minori è sacrificato a quello delle due grandi Potenze che vi entrano,
« perchè non supporre che succeda lo stosso nella Confederazione europea? »
(Opera citata, capo VI, Della Confederazione degli Stati come mexxo per
prevenire la guerra^ pag. 350, edizione francese, tomo II, pag. 190-191j.
5 — FiORK, Dir. intern, codif.
66 Introduxdone — Capitolo III.
intemazionale ; basta perfezionarla. Del resto, noi siamo già sulla
buona via. All'Aja, tutti gli Stati, grandi e piccoli, furono invitati.
Il precedente è importante. Fu così infatti riconosciuto che la società
intemazionale degli Stati deve rappresentare una vera associazione
fra eguali, e che una Assemblea riunita per fare regolamenti ge-
nerali non possa essere costituita unicamente dalle grandi Potenze.
Che cosa manca ancora perchè una tale Assemblea rivesta in
modo completo la forma che io propongo ? La rappresentanza
popolare. E questa, è dato sperarlo, non mancherà nell'avvenire.
Forse l'associazione interparlamentare, già formata, potrebbe intanto
reclamare ed ottenere una rappresentanza parlamentare.
19. Quale dovrebb'essere lo scopo dell'Assemblea organizzata
nel modo ora indicato? Potrà essa proporsi di redigere un codice
intemazionale colla nobile intenzione di dare alla società intema-
zionale un vero digesto di leggi?
L'idea di codificare il Diritto internazionale fu sostenuta come
uno dei mezzi con cui provvedere alla organizzazione giuridica
della società intemazionale.
Osservo, anzitutto, che la codificazione di una parte del Diritto,
quale questa si sia, non può essere che il risultato definitivo di
un lungo lavoro di preparazione e di elaborazione scientifica. La
codificazione del Diritto internazionale, anche a volerla limitata ai
soli Stati inciviliti, sarebbe certo una intrapresa intempestiva; sa-
rebbe cosa imprudente ed inopportuna se l'Assemblea si proponesse
un compito di tal fatta. Secondo me, la missione dell'Assemblea
dev'essere di fissare d' accordo le regole del Diritto comune, che
possono dare una base nuova di organizzazione alla società inter-
nazionale, e por fine alla situazione attuale nella quale «la forza
prevale sul diritto ». Se si vuole esser pratici, bisogna pure non
esagerar nulla e procedere passo passo.
Si dovrebbe proseguire l'opera iniziata al Congresso di Parigi
del 1856 e limitarsi a fissare le regole del modus viveiidi più urgenti
e pili generalmente proclamate in ogni epoca. Il Congrosso di
Parigi fissò le regole del Diritto comune riguardo alle obbligazioni
derivanti dalla neutralità, all'abolizione della corsa e ai diritti dei
TtUeta giuridica del Diritto intemaxionaU 67
belligeranti durante la gaerra marittima. Le regole proclamate
non erano altro che la espressione e la dichiarazione dei principi
giuridici, che un lungo lavoro scientifico avoya elaborati, e che
erano reclamati dalla opinione pubblica dei paesi inciviliti. Il par-
tito più saggio è quello di proseguire l'opera già iniziata fissando
le regole che, per essere reclamate dalla coscienza pubblica, pre-
sentano maggior probabilità di accordo, e di provvedere a che le
regole stabilite rimangano sotto la garanzia collettiva degli Stati
da cui saranno state fissate. Converrà poi aspettare che l'accordo
sui punti più controversi sia facilitato dalla scienza e dalla civiltà,
e che intomo a certi punti di interesse comune siasi formata una
opinione comune circa la necessità di una codificazione parziale (1).
(1) Ciò che noi abbiamo avuto l'onore di dire nelle Conferenze fatte a Bruxelles
e che riproduciamo in queste pagine avea formato il nostro fermo convinci-
mento fin da quando avevamo volto il nostro pensiero a codesta materia tanto
complicata deirordinamento giuridico della società internazionale, e ci sia con-
sentito di riportare quello che ne avevamo scritto alla pagina 277 del volume
da noi pubblicato nel 1865 {Nuovo Diritto intern. pubb. secondo i bisogni della
civiltà moderna^ Milano 1865) :
« I Congressi, secondo noi, non devono proporsi di porre termine alle guerre
« e alle contese, ma devono studiare il modo come prevenirle ed allontanarle,
« e dopo il Congrosso di Parigi, che ha iniziato un'era nuova nella storia della
« diplomazia, noi speriamo che lo adunanze dei principi saranno por riuscire assai
< utili e profittevoli per quanto finora siano state nocive e dannose. Il Congi'esso
< di Vienna, secondo noi, è l'ultima formula di quello che i Congi*essi sono
« stati pel passato; il Congrosso di Parigi è l'inizio di quello che saranno i
< Congressi per l'avvenire, in modo che il primo chiude la storia antica della
« diplomazìa, il secondo ne comincia la storia moderna.
« Noi sappiamo che le riforme non si compiono in breve tempo. A rad-
« drizzare e sedare le intrinseche perturbazioni del diritto non si arriverà che
« a grado a grado con riformo successivo e con transazioni continue-, ma noi
« siamo certi che l'opinione pubblica, quest'egida onnipossente del diritto
« pubblico dell'avvenire, colle sue cento voci, come Argo co' suoi cento occhi,
< richiamerà i Congressi nella loro vera via ».
Ed alla pagina 293 così si legge:
« Noi speriamo che il programma iniziato dal Congresso di Parigi sarà svolto
« pili compiutamente in un altro generale Congresso europeo, e desideriamo
« che questo Congresso importante non si riunisca dopo una sanguinosa guerra,
« ma durante la paco, per stabilire i principii del nuovo Diritto, che devono
< essere il fondamento dell'odierno ordinamento sociale.
« Lo Potenze europee non vollero accettare l'invito della Francia di riunirsi
« in Congresso per risolvere tante questioni, che obbligano TEuropa ad essere
« armata in tempo di pace, minacciando la libertà dei popoli e danneggiando
68 Introduxione — Capitolo III,
Non posso meglio esprimere la giusta missione dei futuri Con-
gressi per ciò che attiene alia codificazione del diritto internazio-
nale che riferendomi a ciò che scrisse il signor Rolin-Jaequemjns:
e I progressi della scienza e del diritto in questa materia della
codificazione debbono somigliare un poco a ciò che sono, presso la
foce delPEscaut, le terre coltivate sullo spazio coperto un giorno
dai flutti. Il ririerasco paziente ed esperto non si aflEretta punto
ad arginare Io spazio abbandonato dalle acque, per tema che un
ritorno impetuoso della marea non gli rapisca più di quanto esso
si è affrettato a far suo. Egli aspetta che, com'egli si esprime,
l'ali uTione sia matura. Similmente, la codificazione del diritto in-
ternazionale dev'essere come un arginamento graduale delle parti
mature del diritto contro i flutti dell'arbitrio » (1).
SO. Col discorso fatto finora ho cercato di indicare un sistema
per arrivare a dare alla società internazionale la legge che deve
reggerla. Ma ciò non basta. Bisogna trovar anche il modo di assicu-
rare il rispetto delle regole stabilite por appianare le controversie.
Bisogna inoltre trovare, come modo di coercizione, un sistema più
razionale che non sia il ricorso alle armi.
Metto da parte la costituzione di un tribunale internazionale per-
manente; e per ora ripeto che reputo insuf&ciente, l'arbitrato.
* la ricchezza pubblica. Ma fu solo Tinteresse e l'amore della falsa politica
« tradizionale che consigliò alcune dello gì*andi Potenze a rifiutare l'invito,
€ perchè esse ben compresero la necessità di adottare nuovi principi contrari alla
« politica che fino allora avevano seguita e che ancora si propongono sostenere.
« Ma la necessità di un generale Congresso è sentita anche dalle Potenze restìe,
« e quello che le chiamerà a discutere sulle questioni che hanno rimescolato
« e che agitano tuttavia l'Europa sarà la forza degli avvenimenti e la potenza
« indistruttibile deiropinione pubblica.
< L'egida più potente del diritto dei popoli e la forza più energica por porre
« termine allo perturbazioni esteriori degli Stati è l'opinione pubblica, questa
« regina del mondo, come la chiama Pascal. Il segreto della sua potenza vuole
« negarsi dalla diplomazia, ma è pure un fatto che la diplomazia o presto o
« tardi è obbligata ad ascoltarla, perchè essa è implacabile, indisciplinabile,
« immutabile. Essa non può essere vinta dall'interesse, né soggiogata colla
« forza per una sola ragiono, che è impersonale. La forza della opinione publ)lica
« è nella sua imparzialità; e noi abbiamo ferma fiducia che l'opinione pubblica
« richiamerà le Potenze in Congresso e le obbligherà a riconoscere i principi
€ del diritto finora conculcati e manomessi per l'interesse dei sovrani ».
(1) Revue de Dr. iniern.^ t. IX, pag. 147.
Tutela giuridica del Diritto intemazionale 69
II tribunale arbitrale non può reputarsi certo come sufficiente
a risolyere qualsiasi specie di controversie, e ad appianare tutti
i conflitti.
Yi sono conflitti che gli sfuggono perchè toccano gli interessi
generali e la vita della società intemazionale e che per ciò non
potrebbero yenire a lui sottoposti.
Pur riconoscendo quindi la importanza dell'arbitrato, mi pro-
nuncio per una istituzione diversa, per la f Conferenza > , la quale
diventerebbe come una specie di tribunale arbitrale per quei con-
flitti che per la loro natura ed il loro obbietto non possono essere
sottoposti all'arbitrato.
Secondo il mio modo di vedere la Conferenza dovrebbe rappre-
sentare una specie di potere esecutivo e di potere giudiziario. Essa
non dovrebbe essere un corpo permanente, ma una istituzione avente
uno scopo determinato e che si dovrebbe costituire tutte le volte
che le circostanze rendessero il suo impiego necessario. Essa do-
vrebbe avere il potere di far rispettare le leggi internazionali pro-
clamate dal Congresso, di prevenire le perturbazioni risultanti dalla
loro inosservanza e di applicarle per risolvere i conflitti di ordine
complesso, che potessero turbare la pace e la organizzazione giuridica
della società internazionale. La Conferenza dovrebbe quindi, a mio av-
viso, rappresentare come una specie dì tribunale arbitrale, ma di un
ordine più elevato. La sua missione sarebbe di mantenere nella
società intemazionale la organizzazione giuridica quale fosse stata
fissata dal Congresso, di far rispettare le leggi intemazionali da
questo proclamate, e di prevenire le perturbazioni intemazionali.
Per arrivare alla vera organizzazione intemazionale bisogna pro-
porsi di ricercare in tutto il principio dell'equilibrio, e di preci-
sare le funzioni di ogni singola istituzione. L'arbitrato è una isti-
tuzione utile, e se, nelle condizioni attuali, i governi cominciano
a riconoscere essere profittevole il risolvere le questioni pacifica-
mente e si impegnano a sottomettersi all'arbitrato, pur accettandolo
in modo più o meno limitato, vi ha in ciò una espressione mani-
festa della volontà loro di prevenire le perturbazioni internazionali.
Ma, lo ripeto, le questioni internazionali che possono turbare
70 tntrodvMione — Capitolo III,
profondamente le relazioni pacifiche e produrre una conflagrazione
generale sono appunto quelle di natura complessa, che non possono
essere sottoposte all'arbitrato.
Sono questi i conflitti che dovrebbero essere deferiti alla Confe-
renza. Siccome essi non accadono tutti i giorni, non è punto indi-
spensabile che la Conferenza sia una istituzione permanente, fissa
non dovrebbe venir costituita che quando venisse a sorgere una
contestazione compresa nella cerchia delia sua giurisdizione.
81. E come dovrebbe la Conferenza essere formata?
Secondo me, essa dovrebbe comprendere due delegati di ciascuna
delle grandi Potenze, designati dai Governi di queste al momento
della sua riunione: i delegati del Qoverno o dei Ooverni aventi
un interesse diretto nell'aSare sottoposto alle deliberazioni della
Conferenza: e dovrebbe inoltre comprendere i rappresentanti del
popolo eletti nel loro seno dai membri eletti dal popolo pel Con-
gresso (1).
I delegati delle grandi Potenze e i rappresentanti dei popoli
dovrebbero avere voto deliberativo. I rappresentanti degli Stati aventi
un interesse diretto nella questione pendente dovrebbero prendere
parte a tutte le discussioni, ma senza voto.
Secondo il sistema che propongo ciascuno degli Stati formanti
parte dell' Unione potrebbe provocare la riunione della Conferenza.
Questo avrebbe luogo tutte le volte che una contestazione venisse
a sorgere fra due o più Stati riguardo alla interpretazione di una
regola di Diritto proclamata dal Congresso o riguardo a un prin-
cipio qualunque di Diritto comune, quando la questione non avesse
potuto venir risolta in via diplomatica.
813. Arrivo alla giurisdizione arbitrale.
Lo scopo dell'arbitrato deve essere quello di statuire su tutte le
questioni d'interesse particolare sorte fra due o più Stati e di diri-
(1) A fine di spiegare il mio concetto dico che come il consiglio comunale o pro-
vinciale scoglio nel suo sono la Giunta, così i membri elotti dal popolo pel Con-
gresso, prima che il Congresso venga a scioglierai, dovrebbero eleggere nel loro
seno i membri che dovrebbero formare parto della Conferenza quando ne fosse
il caso. Tali membri designati per la Conferenza potrebbero essere 7 ad es. o più.
Tutela giuridica del Diritto intemaxionale 71
merle secondo le regole del Diritto comune stabilito dal Congresso
0 secondo le regole risaltanti dai trattati conciliasi fra le parti in
caosa.
Tutto ciò che concerne la formazione del tribunale arbitrale —
scelta degli arbitri, capacità richiesta per poter essere investito della
funzione di arbitro, procedura davanti al tribunale arbitrale a
cominciare dal compromesso, sua estinzione o sospensione, regole
che il tribunale arbitrale deve seguire per la pronunzia della
sentenza e per la efficacia di questa, caase di nullità che possono
autorizzare le parti ad impugnare la sentenza pronunziata — tutto
ciò dovrebbe formare oggetto di un regolamento generale deliberato
dal Congresso.
È inutile discutere qui i principi relativi al regolamento gene-
rale in materia di arbitrato. Trattasi solo di determinare ciò che
ci sembra indispensabile per dare all'arbitrato la sua vera efficacia.
Facciamo l' ipotesi che si tratti di una questione d'interesse parti-
colare, per cui come abbiamo già detto si deve riconoscere la giuris-
dizione arbitrale, e che l'una o l'altra delle parti si rifiuti di deferirla
agli arbitri, minacciando di turbare le relazioni pacifiche, in tal caso
sorgerebbe di certo una questione d'interesse generale. Infatti, è
interesse comune quello di prevenire le perturbazioni che minaccino
0 turbino le relazioni pacifiche fra gli Stati. Non bisogna già farsi
a credere, che un atto arbitrario nella società intemazionale costi-
tuisca un pericolo, solo per quegli contro cui l'atto abusivo sia diretto.
Non si può a mio modo di vedere ammettere che possa abbando-
narsi all'arbitrio dell'una o dell'altra parte di sottomettersi o di
non sottomettersi all'arbitrato, e di decidere, come meglio le convenga,
se essa si trovi o non si trovi in uno dei casi in cui sia tenuta di
assoggettarsi all'arbitrato. Per eliminare i disordini della società
intemazionale è assolutamente necessario eliminare l'arbitrio. Se
si lascia aperta la via all'autonomia arbitraria, la vera organizza-
zione giuridica non potrà realizzarsi che in apparenza. Non posso
arrivare fino al punto di considerare l'arbitrato come un'istituzione
adatta ad eliminare in modo assoluto qualsiasi pericolo di confla-
grazione, ma sostengo che le si debba attribuire piena efficacia
72 Introdùxdone — Gapiiolo IIL
per eliminare ogni motivo di perturbazione, quando l'oggetto del
litigio rientri nella cerchia della giurisdizione arbitrale.
Ammetto quindi che la sommessione alla giurisdizione arbitrale
possa, se non sia volontaria, venire imposta.
La sommessione volontaria risalterebbe sempre da una clausola
espressa di un trattato, col quale le parti avessero convenuto di sot-
toporre ad arbitri qualunque litigio che venisse fra esse a sorgere,
0 da un compromesso speciale, con cui esse si fossero obbligate a
deferire ad arbitri una contestazione giuridica determinata.
La giurisdizione arbitrale forzata dovrebbe risultare dalla deli-
berazione della Conferenza, la quale, riconoscendo che l'affare liti-
gioso sia di natura tale da dover esser definito da arbitri, imponesse
alle parti, in mancanza di un compromesso, di sottomettervisi.
Yi sarebbe in tal caso la sommissione forzata al tribunale arbitrale
in seguito della deliberazione della Conferenza.
83. Accettando laconcezione della Conferenza cosicome io l'intendo,
la missione della medesima sarebbe di prevenire ogni specie di pertur-
bazione che potesse turbare la pace, e quindi dovrebbe essere a ragione
attribuito alla medesima di dare alla giurisdizione arbitrale tutta la sua
forza e di decidere che le parti dovessero sottomettersi all'arbitrato,
nel caso in cui la materia rientrasse nella giurisdizione arbitrale.
Cosi pure la Conferenza dovrebbe essere competente per obbli-
gare le parti a riconoscere ed eseguire la sentenza degli arbitri.
Ecco come mi immagino potrebbe procedersi. Supponiamo che
venga a sorgere una contestazione fra due o più Stati e che, in
mancanza di un impegno contrattuale, una delle parti sostenga
che, l'affare, essendo di natura tale da dover esser definito da
arbitri, essa è pronta a sottomettervisi, e che notifichi tale sua
decisione all'altra parte. Ove, in seguito a questa notificazione
diplomatica, l'altra parte persista a sostenere le sue pretese e che
rifiuti dì sottomettersi alla giurisdizione arbitrale, la parte con-
traria, dopo aver fatto constatare l'arbitrario rifiuto, potrebbe appel-
larsene alla Conferenza e questa imporre l'arbitrato.
L'appello alla Conferenza potrebbe avere luogo eziandio nel
caso in cui, pur essendovi un precedente compromesso, il rifiuto
Tutela giuridica del Diritto intemaxdonale 73
di sottomettersi all'arbitrato venisse opposto col pretesto che Tog-
getto del litigio doTosse riguardarsi come all'infaorì dei termini della
clausola compromissoria, o quando ana delle parti sostenesse non
potere l'oggetto del litigio, per le particolari circostanze dell'affare,
essere sottoposto all'arbitrato, nonostante l'impegno convenzional-
mente assunto dall'una parte e dall'altra di deferire ad arbitri
qualsiasi controversia.
Ed ora supponiamo che la parte condannata dal tribunale arbitrale
si rifiuti di eseguire la sentenza.
Occorre pure, quando si voglia sul serio rendere efficace l'ar-
bitrato, provvedere ad assicurare la esecuzione della sentenza e la sua
autorità. La sentenza degli arbitri deve, in linea di principio, esser
considerata come definitiva, e come formante la soluzione completa
dellaquestione stata loro sottoposta ; opperò, le parti devono riconoscere
nella decisione del tribunale arbitrale l'autorità di cosa giudicata
ed eseguirla lealmente, senza alcuna restrizione o riserva. Se una
delle parti si rifiuti formalmente di eseguire la sentenza arbitrale e
messa in mora dall'altra parte, persista nel rifiuto, bisogna poter
decidere se il rifiuto sia legittimo o arbitrario. La decisione di tale
questione dovrebbe pure essere deferita alla Conferenza.
Potrebbe avvenire che il rifiuto di eseguire una sentenza arbi-
trale potesse essere giustificato pel motivo della nullità della sentenza.
Per potersi decidere secoDdo giustizia intomo a ciò occorrerebbe
che nel regolamento generale in materia di arbitrato redatto dal
Congresso fossero determinati e stabiliti i motivi di nullità, che
contro una sentenza arbitrale potessero venire addotti. E sarebbe
tutt'affatto naturale il rimettersi alla Conferenza, (la quale, nel
nostro sistenu, dovrebbe avere per missione di far rispettare le regole
proclamate dal Congresso), affinchè essa decidesse se il rifiuto di
eseguire la sentenza arbitrale pel motivo della sua nullità dovesse
dirsi legittimo od arbitrario. La Conferenza, attenendosi quindi al
regolamento generale promulgato dal Congresso, dovrebbe decidere
se sussistesse o no l'addotto motivo di nullità e, secondo il caso,
sospendere totalmente o parzialmente la esecuzione od obbligare
la parte condannata ad eseguire la sentenza.
74 Introduxione — Capitolo III.
Non entro in altri particolari. Pel momento, non si tratta che
di tracciare le linee generali.
S^. Mezzi efficaci per prerenire le perturbazioni internazionali sono
anche a considerarsi l'azione diplomatica, i buoni uffici, la mediazione.
Non è solo per compiere un dovere di umanità che ogni GoTerno,
al sorgere di un litigio fra due Stati, debba prestare il suo concorso
ed impiegare la sua influenza morale per comporlo, ma ò anche
per provvedere al benessere del proprio paese. Ai giorni nostri gli
interessi di tutti i paesi sono così strettamente legati fra loro che
nulla può, in qualsiasi parte del mondo, succedere, che rimaner
possa un fatto isolato o un fatto che tocchi unicamente gli interessi
particolari delle parti in causa. Il commercio intemazionale ha
fatto della divisione del lavoro e del mantenimento delle relazioni
pacifiche fra tutti gli Stati una necessità suprema. Una pertur-
bazione qualunque è sempre causa di una perturbazione economica
e morale neirinterno di ogni Stato. La vera missione della politica
prudente e della diplomazia avveduta è quella di conciliare gli
interessi di ogni paese con quelli degli altri paesi. Ogni forma di
azione diplomatica per appianare i conflitti deve essere quindi
considerata non soltanto come un atto di umanità, ma come un
atto di savia politica. Importa prevenire le perturbazioni interna-
zionali per salvaguardare gli interessi nazionali (1).
85. Un mezzo, che potrà efficacemente contribuire ad appianare
le contestazioni e a prevenire i veri litigi è quello della discussione
pubblica. Importa stabilire nettamente davanti alla opinione pub-
blica di che cosa si tratti e darle occasione di pronunziarsi.
La potenza misteriosa della opinione pubblica diventa sempre
più grande, oggi che il telegrafo ci informa, per cosi dire colla
rapidità del pensiero, di ciò che avviene nei paesi lontani. A misura
che il sentimento di solidarietà dei popoli inciviliti si andrà svi-
luppando, essi comprenderanno sempre meglio l'interesse comune
che essi hanno ad assicurare la prevalenza dei principi di giustizia
(1) Vedi r articolo da me pubblicato nel Digesto italiano^ voce « Agenti
Diplomatici » § 335 e seg., Della pera missione della Diplomaxda.
Tutèla giuridica del Diritto intemasUoncUe 75
sa quelli della politica. L'opinione pabblica sarà sempre più illu-
minata a misura che più larga sarà la parte che la rappresentanza
popolare prenderà nel governo della cosa pubblica e nella direzione
della politica esterna. Nell'interno di ogni Stato la opinione pub-
blica può essere ìuHuonzata e corrotta dagli artifizi dei politicastri;
l'opinione pubblica del mondo intiero è sempre imparziale, come
quella che è sempre impersonale e disinteressata. Essa è chiamata
ad esercitare una forza morale sempre piìi efficace sulla diplomazia.
La discussione essendo fatta alla luce del sole, diventerà difficile
che la politica continui a prevalere sul Diritto e che i Governi
turbino impunemente la società internazionale.
Questo scopo mi fa ammettere come una delle regole di Diritto
comune, che il Congresso potrà proclamare, potrebbe essere questa
che cioè sempre quando una contestazione sia sòrta fra gli Stati
ielV unione e che mediante negoziati diplomatici, mediante buoni
uffici e mediante la mediazione non siasi giunto ad appianarla,
le parti debbano far conoscere la causa del loro litigio agli altri
Stati.
Lo Stato che si pretendesse leso dovrebbe essere tenuto a specifi-
care in una nota diplomatica indirizzata agli altri Governi i motivi
su cui esso fondi i suoi reclami. La parte contraria dovrebbe alla
sua volta essere tenuta a giustificare la sua condotta mediante una
nota diplomatica indirizzata egualmente a tutti i Governi.
Tutte le comunicazioni dovrebbero essere rese pubbliche per ren-
dere più illuminata la discussione e porre nettamente davanti alla
opinione pubblica i termini della contestazione intemazionale.
Se, in seguito alla pubblica discussione, la parte che avesse torto
persistesse nelle sue pretese, la questione potrebbe essere deferita
alla Conferenza, la quale deciderebbe se la materia del litigio dovesse
riputarsi di competenza del tribunale arbitrale o di competenza
propria.
Nel primo caso essa ordinerebbe che il litigio fosae sottoposto
alla giurisdizione arbitrale; e l'arbitrato sarebbe quindi imposto.
Se la materia del litìgio fosse complessa, se vi fosse un vero
pericolo che le relazioni pacifiche fra gli Stati costituiti in Unione
76 Introduzione — Capitolo III. .
potessero venire turbate, la Conferenza potrebbe decretare le misure
coercitive necessarie per assicurare il rispetto del Diritto comune, da
cui la società intemazionale dev'essere retta.
Nell'ordine d'idee da me seguito si può di ragione giustificare
l'ingerenza collettiva ogni qual volta sia il caso di assicurare
l'autorità e la protezione del Diritto comune.
Bisogna infatti ammettere che spetti a tutti gli Stati costituiti
in Unione di assicurare il rispetto del Diritto comune da essi fis-
sato e di restaurarne l'autorità mediante misure legali determinate
secondo il Diritto internazionale. Il Diritto particolare stabilito fra
due 0 più Stati mediante trattati da essi conchiusi può essere sotto-
posto ai mezzi di protezione convenuti, purché questi non siano
contrari al Diritto comune. Per la protezione poi del Diritto comune
non si potrebbe trovare forma più ef&cace che la tutela giuridica
collettiva degli Stati associati. La Conferenza, che secondo il nostro
sistema deve assicurare il rispetto del Diritto internazionale riguardo
a tutti, dev'essere meritamente ritenuta competente per decretare
le misure meglio atte a realizzare questo scopo.
La Conferenza sarebbe quindi competente a decidere se uno Stato
0 un popolo avesse violato coi suoi atti il Diritto comune, e per
reprimere l'attentato ingiusto, dovrebbe avere il potere anzitutto
di decretare che si facesse ricorso a tutti i mezzi pacifici per risol-
vere i litigi, vale a dire ai buoni uffici, alla mediaxiorèe e a tutte
le forme di azione diplomatica. Essa potrebbe quindi affidare ad uno
Stato la missione di farla rispetto alle parti da mediatore. In tal
caso, affinchè lo Stato designato come mediatore potesse essere in
grado di adempire convenientemente la missione statagli affidata,
dovrebbe avere il Diritto di domandar comunicazione di tutti i
documenti relativi al conflitto, di prendere esatta conoscenza della
contestazione e delle fatte negoziazioni e di esaminare con cura i
documenti giustificativi di tutte le parti. Esso dovrebbe apprezzare
in buona fede e con imparzialità le ragioni addotte in appoggio
delle reciproche pretese, astenendosi in modo assoluto dal far valere
la sua autorità in favore dell'una o dell'altra delle parti, e dovrebbe
agire come un conciliatore avveduto e prudente per i4)pianare tutte
Tutela giuridica del Diritto intemazionale 77
le difficoltà e condurre gli avversari ad accordarsi o ad accettare una
ragionevole transazione.
Se ciò non bastasse, se la parte che avesse torto persistesse a
non sottomettersi, la Conferenza potrebbe infine decretare l'impiego
dei mezzi coercitivi autorizzati durante la pace, senza ricorrere
ai mezzi disastrosi e terribili della guerra.
È il caso, questo, della legittimità dell'ingerenza collettiva o del
così detto € concerto europeo > od « americano > . Il concerto non
può essere da tanto da costringere tutti ad accettare ciò che le
grandi Potenze abbiano stabilito, ma esso deve essere considerato
come legittimo e come conforme al buon diritto se assume la
forma di misura di protezione collettiva intesa ad assicurare o a
restaurare l'autorità del Diritto comune violato da imo Stato o ad
applicare le misure coercitive pacifiche decretate dalla Conferenza
contro lo Stato che si ribelli.
S6. Ritengo inutile esaminare qui a fondo quali potrebbero essere
i mezzi coercitivi leciti all'infuori della guerra. In linea di principio,
nessuno può negare che se uno Stato non voglia rispettare il Diritto
comune, osservare la deliberazione della Conferenza, eseguire la
sentenza di un tribunale arbitrale, la Conferenza debba avere il diritto
di decretare le misuro coercitive lecite durante la pace. Nel nostro
sistema, queste misure coercitive lecite dovrebbero essere deter-
minate dal Congresso. Tutto ciò che attiene agli interessi generali
rientra nella sua competenza. Spetta a lui di regolare la società
intemazionale formata dagli Stati costituenti V Unione e stabilire
le regole per la tutela giuridica collettiva del Diritto comune. Esso
deve aver anche il potere di fissare le misure straordinarie intese
a prevenire una guerra imminente o, quando essa sia incomiciata,
ad arrestarne le conseguenze disastrose (1).
(1) Il concetto sul quale mi fondo, di darò cioè ai Congressi una missione
ben diversa da quella che essi hanno nell'attualità e di considerare tale riforma
come Tespediente più opportuno per l'ordinamento giuridico della società inter-
nazionale, ha formato il mio costante convincimento fino dai primordi dei miei
studi su tale argomento. Nel volume pubblicato a Milano nel 1865 col titolo:
Nuovo Dir, intern, pubb, secondo i bisogni della civiltà moderna^ che fu
tradotto in francese da Pradier-Fodéré nel 1868 aveva dimostrata la necessità
78 IntroduMone — Capitolo III.
Ammetto fra queste misure coercitive il blocco commerciale o blocco
pacifico, alla condizione, beninteso, che al blocco commerciale
durante la pace non si attribuisca lo stesso carattere del blocco
praticato durante la guerra. Del resto, mi riferisco a quanto sarà
detto in seguito.
37. Il sistema che ho esposto è quello che mi ha guidato in tutto
lo studio dei principii che andrò esponendo in seguito, pur ricono-
scendo che non si possa fare assegnamento sopra la sua realizza-
zione completa immediata. La grande riforma che difendo esige
l'assistenza del tempo e della evoluzione. Ho voluto indicare sol-
tanto la via per la quale, a mio modo di vedere, conviene mettersi,
coir intendimento di eccitare poi gli altri a prestare il concorso più
efficace delle loro forze intellettuali.
L'assistenza verrà specialmente dal crescente sviluppo del com-
mercio intemazionale e dal progresso della civiltà. Questi due potenti
fattori continueranno a cementare, a consolidare e ad estendere, i
legami fra i popoli inciviliti ed a sempre più diffóndere le stesse
aspirazioni, gli stessi sentimenti, le stesse idee intorno agli inte-
ressi comuni. Invece di una Confederazione di Stati si realizzerà
la Confederazione dei popoli inciviliti. Tutti si troveranno d'accordo
nel considerare la guerra come il più funesto dei flagelli; e me-
diante l'unione delle loro forze obbligheranno i Governi a rinun-
ziare alle aspirazioni di grandezza militare ed a considerare la
guerra come il più grande dei delitti.
Per conto mio, non perderò mai la mia fede.
L'unità primitiva del genere umano fu la famiglia;
runità finale sarà la Confederazione giuridica delle nazioni
civili.
di dare ai Congressi Talta missione di concordare le regole generali del Diritto
delle genti ed aveva sostenuto che in tali Congressi avrebbero dovuto inter-
venire i rappresentanti di tutti gli Stati e senza fare differenza fra grandi e
minori Potenze. — Vedi il capo XTII di detta opera Principii direttivi dei
Congressi internax tonali^ pag. 272, e l' importante nota di Pradier-Fodéré al
detto capitolo nella traduzione francese, tomo II, pag. 64.
Gancetto della irtUtaxione 79
CAPITOLO IV.
Objetto del presente Volume. — Fonti delle regole
giurìdiche in esso riunite. — Partizione della trat-
tazione.
28. Sì espone il concetto della trattazione. — 29. Si spiega il titolo dato al
presente volume. — 30. Efficacia pratica del Diritto scientifico. — 31. Fonti
alle quali sono state attinte le regole codificate. — 82. Importanza delle
convinzioni giuridiche popolari. — 33. Gli scrittori e il Diritto storico. —
34. Partizione di tutta la trattazione.
88. Dalle cose discorse nei capitoli antecedenti riesce facile
comprendere come il Diritto intemazionale sia uno dei rami dell'En-
ciclopedia giaridica, che trovasi tuttora nel periodo di elaborazione.
Colui qaindi che si proponga di esporlo, non può limitarsi a fare
Tesposizione dottrinale del Diritto esistente, così come può essere
opportunamente fatto rispetto al Diritto civile, al Diritto commer-
ciale ed agli altri rami del Diritto positivo, a riguardo dei quali si
trova un complesso di leggi ridotte a sistema in un codice. Abbiamo
già avvertito che le regole di Diritto internazionale, che hanno al
presente autorità di legge positiva, non sono di molto numero, e che
ad esse manca altresì la vera e propria sanzione giuridica.
Lo scienziato si trova naturalmente costretto a volgere lo sguardo
non solo al presente, ma più che mai airavvenire, ed a far tesoro
della sua osservazione, della ragione, e della induzione per completare
e migliorare il Diritto esistente e preparare la sua progressiva eia-
borazione. Si tratta in sostanza di arrivare a ridurre a sistema quel
complesso di regole che dovrebbero formare il Diritto comune degli
Stati civili, e che siano adatte ad effettuare Torganizzamento giuridico
della loro società.
Intendendo così la cosa, noi ci siamo proposti di esporre il
Diritto internazionale tenendo conto del Diritto esistente e del
Diritto realizzabile. Vale quanto dire che ci siamo proposti di ridurre
a sistema quel complesso di regole che corrispondono per una parte
a quelle che trovansi adottate dagli Stati medesimi nei trattati
generali, nelle loro legislazioni, o da essi riconosciute nei documenti
80 Introduzione — Capitolo IV,
diplomatici e che corrispondono d'altra parte a quelle che trovano
già il substrato delle convinzioni popolari formatesi all'epoca nostra,
0 del pensiero comune degli scienziati e dei giuristi più illumi-
nati. È quindi ben naturale che il complesso delle regole sistema-
ticamente riunite nel presente volume rappresenti per una parte il
Diritto intemazionale deirattualità, per l'altra quello dell'avvenire.
Nel tutto insieme esso costituisce per altro quel sistema che a nostro
avviso potrebbe servire per dare alla società internazionale il sao
ordinamento giuridico.
89. Noi presentiamo tutto cotesto complesso di regole giuridiche
secondo il diritto storico, il diritto scientifico e il diritto razionale,
col titolo: Diritto ìnteriiRzionalc codiflcato.
Tale titolo denota di per se stesso che non si tratta d'un sistema
di regole giuridiche che abbiano la medesima autorità che quelle,
le quali si trovano riunite in un codice. Noi non abbiamo infatti
posto il titolo di Codice di Diritto internazionale, che avrebbe
certamente falsato il nostro intendimento. Abbiamo invece vo-
luto seguire l'esempio già dato tra i primi dal giurista genovese
Paroldo (1) e poi da Petrusheveez (2), Bluntschli (3), Field (4) ed
altri, e ci siamo proposti di esporre le regole del Diritto intemazionale
ridotto a forma di codice col precipuo intendimento di presentare
così un sistema, per quanto fosse possibile, ordinato e completo.
Neanche si deve supporre che il Diritto intemazionale codificato,
così come noi lo presentiamo, potesse essere considerato come un
progetto di codice intemazionale da essere proposto ai Governi colla
fiducia che esso potesse essere adottato nel suo insieme. Questo
neanche è stato al certo il nostro intendimento. Abbiamo ferma
fidanza che un giorno potrà pure realizzarsi rispetto alla società
internazionale la nota profezia del Mirabeau: « Le droit sera un
jour le souverain du monde ! > ma l'immaginare che i Governi potes-
sero d'un tratto concordare un sistema di regolo completo in tutte
(1) Saggio di codì/icax ione del Dir. intern.
(2) Prèda d'un Gode du Dr. intern.
(3) Das moderne Vòlkcrrecht der civilisirten Sia fonala Eechtabuch mit
Erlà'uterungrn. Droit International codifU^ traduit par Lardy.
(4) Outlines of an intemational Code^ 2" ediz.
Ganeeiio della trattatone 81
le sue parti e codificato, questo ci sembra yeramente lo stesso che
ragheggiare realizzabile un' intrapresa immaginaria ed intempestiva.
E nostro fermo convincimento che nella società internazionale
debba cessare l'assoluta preponderanza della forza e che debba essere
sostituita ad essa l'autorità del Diritto, ma siamo pure convinti,
che tanto più sicuramente si potrà raggiungere lo scopo, quanto
meglio si seguirà il savio partito di procedere grado a grado e
secondo le opportunità. Sarebbe veramente troppo il concepire
l'idea della codificazione di tutto il Diritto internazionale. Si potrà
invece effettuare la codificazione parziale di quei soggetti, intorno
ai quali si sono formate le convinzioni giuridiche comuni, aspet-
tando poi che la cultura, la civiltà, il progresso e l'intreccio
degl'interessi economici, che risulta costantemente dall'intreccio
dei rapporti commerciali, renda possibile di procedere sempre
innanzi nella particolare codificazione di altri soggetti di interesse
comune. Ogni passo che si farà sarà una nuova conquista per assi-
curare la sovranità del Diritto nel mondo, ma bisognerà aspettare
che il prezioso frutto sia maturo, e sarà ognora indispensabile
che si proceda gradatamente.
Ed ora che abbiamo eliminati gli equivoci, chiarito il nostro
intendimento, e spiegato il titolo da noi dato a questo volume,
reputiamo avvertire che abbiamo cercato di spiegare nelle note
quali siano le regole che hanno autorità di Diritto positivo, e quali
quelle che devono avere l'autorità del Diritto scientifico. Queste
pure, nella materia di cui si tratta, non hanno l'autorità soltanto
che all'opinione degli scrittori dev'essere attribuita. Bisogna infatti
avvertire che le regole di Diritto elaborate dagli scienziati acqui-
stano un'importanza ed un'efficienza pratica tanto maggiore, quanto
più manca un sistema di regole positive e concrete accettate dagli
Stati mediante l'accordo reciproco intomo ad esse. Le regole sta-
bilite in forza della concorde opinione dei principali pubblicisti
intorno ad un dato principio, acquistano quindi autorità effettiva
anche rispetto ai Governi, essendoché non si possa al certo disco-
noscere, che quando i pubblicisti più rispettati di diversi paesi si
trovino d'accordo nel sostenere una regola di Diritto, tale circo-
6 — FiOBE, Dir, intem. codif.
82 Introduxione — Capitolo IV.
stanza debba avere un peso grandissimo in favore della legittimità
del principio. Dalle quali cose discende, che anche le regole ela-
borate dai giuristi, tuttoché non abbiano ancora nell'attualità forza
di legge positiva in forza del consentimento degli Stati, hanno
non per tanto un'importanza e un'efficienza pratica, essendoché i
Governi stessi non possano fare a meno di considerarle come la
piii esatta espressione del sentimento giuridico dei tempi, né pos-
sano disconoscere l'obbligo reciproco di attenersi ad esse nei loro
mutui rapporti (1).
30. Bisogna avvertire, che in massima l'autorità e l'efficienza
pratica del Diritto scientifico tanto é maggiore, quanto più è ristretto
il campo del Diritto positivo. Anche quando le leggi positive siano
ridotte a sistema colla forma della codificazione, i principii giuri-
dici, che possono ritenersi stabiliti in forza del Diritto scientifico,
esercitano ognora la loro autorità nei casi, nei quali trovasi man-
cante la legge, e non puossi supplire a tale mancamento applicando
le disposizioni di Diritto positivo sancite per regolare casi simili o
materie analoghe.
I legislatori di tutti i paesi, riconoscendo che nessun sistema
di leggi positive possa riuscire tanto completo e tanto perfetto da
riassumere tutte le regole adatte a governare ogni caso, ed a
risolvere ogni controversia, e considerando che bisogna pure che
non debba mancare la regola di Diritto applicabile a qualsiasi
caso, dispongono concordemente che, quando manchi la regola di
Diritto positivo applicabile ad un dato caso, e non si possa decidere
neanche ricorrendo alle disposizioni che regolano casi simili o ana-
loghi, si dovrà decidere secondo i principii del Diritto. Ora tutti
sono concordi nel riconoscere che i principii generali del Diritto
sono precisamente quelli fissati dai giuristi, i quali in ciascuna
epoca interpretando il pensiero giuridico rispetto all'attuale stato
(1) Solent autem gentium sententiae de eo quod inter illas justum esse dcbet
triplici modo manifestari, moribiis seilicet et uau^ pactis et foederibus, et tacita
approbatione juris regularum a prudentibus^ ex ipsis rerum causis per inter-
pretationem et per rationem deductarum, — VAimKÒNia, Doctrina juris pkilo-
sophiea^ n. 146.
Fonti 83
delle cose, elaboraDo le regole corrispondenti al bisogni della vita
reale.
I principii secondo il Diritto scientifico, hanno qaindi ognora
la loro aatorità e la loro efficienza pratica anche nel caso in cui
le regole giuridiche concrete e positive siano ridotte a sistema e a
forma di codice. Essi l'hanno per quella parte che non possa rite-
nersi compresa nella materia codificata. Essi l'hanno ogni qual
volta che un caso non si possa decidere secondo le regole sancite
dal legislatore. L'efficienza pratica di detti principii è sempre
certa e sicura pel motivo che il giudice non possa rifiutarsi di
giudicare col pretesto che manchi la legge o che essa sia insuffi-
ciente, e che il legislatore gì' impone di decidere il caso, qualunque
esso sia; per lo che il giudice è tenuto a deciderlo secondo i
principii del Diritto scientìfico, quando egli non trovi la regola
di Diritto positivo sancita dal legislatore.
Dalle quali cose riesce facile comprendere che, siccome l'autorità
del Diritto scientifico diventa tanto maggiore, quanto più insufficiente
è la legge positiva, così nella materia del Diritto internazionale deve
essere molto grande e considerevolmente esteso il campo della sua
autorità, per la semplice considerazione che è molto ristretto il
campo della legge positiva attualmente in vigore.
31. Ed ora diciamo quali siano lo fonti dalle quali abbiamo
attinte le regole giuridiche.
La principale fonte, alla quale sono state attinte le nostre regole
si è stata quella dei trattati generali. Questi non sono veramente
molti, ma vanno di giorno in giorno aumentando, e costituiscono
la fonte più proficua del Diritto positivo, essendoché rappresentano
il Diritto uniforme accettato per reciproco consenso dalle parti che
sottoscrissero tali trattati e da quelle che vi abbiano fatto adesione.
Abbiamo inolti'e dato grande importanza agli atti dei Congressi,
e sopratutto alle dichiarazioni fatte dai rappresentanti dei Go-
verni nei protocolli relativi, dovendosi considerare tali dichiara-
zioni da parte di essi come l'espressione del sentimento comune
dei Governi rappresentati. Anche quando certe norme non abbiano
ancora avuto l'autorità di legge e di Diritto positivo in virtù del
84 Iniroduxione — Capitolo IV,
comune oonsentimento degli Stati rappresentati, deve non per tanto
reputarsi di gran momento che un numero considerevole di Ple-
nipotenziari, riuniti per concordare un Diritto comune, si siano
trovati d'accordo nel redigere un progetto, coli' intendimento di
sottoporlo all'approvazione dei rispettivi Governi. Non puossi al
certo dire che mediante tale accordo le regole progettate possano
avere autorità di legge, ma non puossi escludere che esse debbano
avere una grande autorità, come espressione del convincimento
comune dei rappresentanti degli Stati, intomo alle regole che
secondo essi dovrebbero essere stabilite come legge.
Così va detto a modo d'esempio delle regole concordate nella
Conferenza di Bruxelles del 27 agosto 1874, circa le leggi e gli
usi della guerra. Il progetto presentato alla Conferenza, riunita in
seguito all'invito della Bussia, fu redatto colle opportune modìfi<
cazioni concordate dopo lunga discussione. Esso non fu definiti-
vamente approvato e proclamato obbligatorio a riguardo di tutti
gli Stati rappresentati nella Conferenza per le difficoltà sopravve-
nute, ma ha nonpertanto un grande valore. Non si può infatti
disconoscere che, avendo i Governi sentito il bisogno di stabilire
mediante un generale accordo, norme giuridiche concrete e posi-
tive circa i loro rapporti durante la guerra, a fine di diminuire,
per quanto è possibile, i danni che essa arreca agli Stati neutrali
ed ai cittadini delle parti belligeranti, che non prendono parte attiva
alle operazioni militari, ed essendosi riuniti con tale intendimento
in Conferenza, debba essere attribuito un grande valore alle regole
concordate dai plenipotenziari a forma di progetto, coli' intendi-
mento di sottoporlo ai rispettivi Governi per essere definitivamente
approvato.
I Trattati particolari, quelli cioè conclusi fra due o più Stati per
loro particolari interessi, li abbiamo considerati, come essi devono
reputarsi, quale fonte di regole giuridiche obbligatorie rispetto agli
Stati soltanto, tra i quali essi furono stipulati.
Dobbiamo non per tanto osservare, che relativamente ad alcuni sog-
getti codesti trattati possono essere pure considerati come proficua
fonte di regole giuridiche di Diritto comune internazionale, alle quali
Fonti 85
può essere attribuita autorità effettiva rispetto a tutti gli Stati, non
ostante che esse non abbiano avuto ancora il consentimento gene-
rale da parte di essi, nò siano state elevate a regole di Diritto
concrete e positive mediante l'accordo reciproco dei medesimi.
Su questo punto però conviene bene intendersi. I trattati parti-
colari a rigore rappresentano il complesso di regole positive ed
obbligatorie concordate fra gli Stati, che li abbiano stipulati, e che
devono essere reputate reciprocamente obbligatorie in forza del loro
consentimento. Bisogna non per tanto avvertire che, sopratutto nei
trattati particolari conclusi dopo il 1856 su materie d'interesse
comune, si trova una certa uniformità di principii. Ora ci sembra
che cotesta uniformità debba avere un grande valore per attribuire
a quelle regole, rispetto alle quali la gran parte degli Stati civili
si trovano d'accordo, l'autorità stessa del Diritto comune, conside-
randole tali a riguardo di tutti gli Stati, che si trovano allo stesso
livello di cultura e di civiltà.
Così può dirsi ad esempio di certe regole uniformi relative ai
diritti dei consoli, alla estradizione dei malfattori, alla protezione
delle marche di fabbrica e di commercio e via dicendo. Non si può
al certo sostenere ohe le regole giuridiche contenute in più trattati
particolari possano avere l'autorità del Diritto positivo, non solo
tra le parti che cotesti trattati conclusero, ma altresì a riguardo
di coloro che non li abbiano stipulati*. Ogni trattato non può essere
di per sé stesso che un titolo giuridico sufficiente ed efficace ad
attribuire alle parti quei diritti reciproci che conseguono dai patti
stipulati, e coU'obbligo reciproco di eseguire ed osservare gl'im-
pegni assunti. Noi abbiamo non per tanto detto che i trattati parti-
colari possono essere considerati come una fonte di Diritto comune
intemazionale, perchè ci sembra che quello, in cui essi tutti sono
uniformi, debba essere ritenuto come un indiretto riconoscimento del
Diritto comune degli Stati civili, e quantunque quindi tale Diritto
uniforme, che trovasi consacrato nei trattati particolari, non abbia
a rigore l'autorità vera del Diritto comune, pur non di meno esso
rappresenta quello ohe con minori difficoltà può essere dichiarato
tale mediante una dichiarazione collettiva.
S6 Tntrodztxdone — Capitolo IV.
Abbiamo tenuto conto altresì delle legislazioni particolari degli
Stati civili, perchè ci sembra che esse pure debbano essere consi-
derate come una proficua fonte del Diritto internazionale, poten-
dosi desumere dalle medesime, sopratutto quando esse regolino in
modo uniforme rapporti di Diritto intemazionale, le regole che
dovrebbero costituire il Diritto comune della società internazionale.
Anche però intorno a questo punto conviene bene intenderci per
eliminare ogni equivoco.
La legge proclamata da ogni sovrano non può avere autorità
imperativa, che rispetto a coloro, i quali devono reputarsi som-
messi air imperio del legislatore, ed a riguardo di essi soltanto
assume il carattere di regola di Diritto positivo. Anche quando il
legislatore di un paese proclami e sancisca con legge regole di
Diritto internazionale pubblico o privato, la legge non perde per
questo il carattere proprio, quello cioè di Diritto particola^ dello
Stato, 0 di Diritto civile, inteso nel significato ad esso attribuito
dai giuristi romani, -vale a dire deir^u^ qtiod quisque populus ipse
sibi constituit et proprinm ipsitis civitaiis est, qtiod vocaiur jtjs
civn.E, quia qiMsi jtis proprinm ipsitis civitaiis (1).
Così nella legislazione italiana a modo d'esempio troviamo, che
nel regolamento pel servizio delle armate italiane in guerra sono
formulate molte regole che concernono il Diritto intemazionale
durante la guerra (2).
Altre disposizioni consimili si trovano nel codice penale militare.
Altre nel codice di marina mercantile, il quale contiene un titolo
sul Diritto marittimo in tempo di guerra, e determina gli atti di
guerra, che si possono esercitare lecitamente: il trattamento delle
navi e mercanzie neutrali: i doveri della neutralità: la enumera-
zione delle materie di contrabbando di guerra: e via dicendo.
Nelle legislazioni degli altri paesi civili troviamo pure alcune
parti, che regolano rapporti di Diritto internazionale, e ci basti
rammentare che negli Stati Uniti d'America le istruzioni per le
(1) V. L. 9, Dig. de justitia et jure (1, 1).
(2) Vedi il regolamento approvato coi R. Decreto 26 novembre 1882.
armate in campagna pubblicate nell'anno 1863 contengono un sistema
completo di leggi intemazionali durante la guerra, rese obbligatorie
dal legislatore degli Stati Uniti per le armate di quel paese durante
lo stato di guerra. Taciamo delle leggi particolari pubblicate in
Francia; del regolamento pubblicato in Bussìa e ria dicendo.
Ora bisogna porre bene mente a questo, che cioè le leggi parti-
colari dei vari Stati, anche in quello che proclamano principii e
regole di Diritto internazionale, non possono avere autorità che nel
territorio su cui comanda il legislatore, o sulle persone soggette
all'autorità del medesimo, per lo che esse pure devono esser con-
siderate come Vjtis proprium ipsius civitatis. Il legislatore di uno
Stato non potrebbe certo avere la strana pretesa di dettar legge
al mondo e sancire regole di Diritto internazionale, che avessero
la stessa autorità di legge a riguardo di tutti gli altri Stati, coi
quali esso si trovasse in rapporto.
Dobbiamo nonpertanto osservare che, siccome la comonanza
d'idee e di sentimenti giuridici tra i giuristi valgono ad attribuire
autorità a quei principii, intomo ai quali essi si trovano d'accordo,
così le regole di Diritto internazionale accolte e sancite nelle legisla-
zioni di un considerevole numero di Stati civili, devono avere una
più grande autorità. Posto infatti che le leggi siano la espressione
più elevata delle convinzioni giuridiche, che formano il patrimonio
del popolo in ciascuna data epoca, ne consegue che, quando più
legislazioni si trovino concordi nel dichiarare certe regole di Diritto
intemazionale, tale circostanza debba valere per fare attribuire a
quelle regole l'autorità del Diritto comune. Non si può infatti
fare a meno di riguardarle come l'espressione delle convinzioni
giuridiche dei popoli civili in quella data epoca.
A render più chiaro il nostro concetto volgiamo l'attenzione
all'uniformità che s'incontra oggi in tutte le legislazioni degli Stati
civili a riguardo della condizione dello straniero e dell' acquisto
e godimento dei diritti civili propriamente detti : della inviolabilità
della proprietà privata : del diritto di eleggere e di mutare la pro-
pria cittadinanza, senza il previo consentimento del Governo, e via
dicendo. L'uniformità di regole giuridiche che si incontra su tal
88 IfUroduxione — Capitolo IV.
punto denota che le leggi particolari degli Stati civili, hanno in
sostanza dichiarato regole di Diritto comune intemazionale.
Anche gli atti di Governo nei loro rapporti diplomatici li ab>
biamo reputati come una fonte proficua delle regole di Diritto
interuazionale. Bisogua infatti considerare, che rigorosamente par-
lando, anche quando i Governi accettino senza contestazione e
senza riserva certi principii dì Diritto internazionale, affermati
e solennemente proclamati in atti diplomatici, tale circostanza aon
possa al certo valere per attribuire ad essi autorità di regola posi-
tiva. Osserviamo nonpertanto, che i principii generali proclamati
nei documenti diplomatici da uua parte, e tacitamente accettati
dalle altre, devono avere indubbiamente una grande autorità rispetto
a ciascuna di loro, perchè raccordo tacito intorno ad essi deve
equivalere ad una tacita e solenne ricoguizione della giustizia dei
principii stessi.
Così deve dirsi a modo d'esempio dei principii relativi alla così
detta questione romana solennemente proclamati ed affermati nella
nota diplomatica circolare del Governo italiano, quando nel 1870
le Provincie romane prima soggette al Papa furono annesse al
Regno d'Italia. In cotesta nota fu proclamato il principio che i
Romaai avevano il diritto di usare come avevano usato della loro
naturale libertà di annettersi al Regno d'Italia e che la loro volontà
solennemente manifestata col plebiscito doveva essere rispettata.
Avendo tutti i Governi accettato senza contestazione cotesto
principio, esso deve oggi essere reputato come una vera regola
di Diritto interuazionale e deve essere conseguentemente escluso
come contrario al Diritto pubblico moderno il principio sofistico
messo innanzi dai fautori del Papato, i quali avevano sostenuto,
che, per tutelare i pretesi interessi del Papa e la voluta necessità
del dominio temporale, i Romani dovevano essere reputati fuori
del Diritto comune, e la libertà politica di essi confiscata a beneficio
del Papato disconoscendo la forza del plebiscito.
Lo stesso può dirsi dell'affermazione di principii fatta a riguardo
del valore e della cessazione delle capitolazioni nella nota diplo-
matica comunicata dal Governo italiano in occasione dei piovve-
Fanti 89
dimenti emanati dalle aatorità italiane a Massauah, e di quelli
enunciati dal Governo francese a proposito del cessato rigore delle
capitolazioni a Tunisi e via dicendo.
Abbiamo pure data la giusta importanza alla consuetudine
avendo considerato l'osservanza reciproca ed uniforme della stessa
regola di Diritto e la sua applicazione costante ai casi analoghi,
sufficiente per attribuire alla regola osservata in virtù del consen-
timento tacito, la stessa autoìrità che a quella stabilita in forza del
consentimento espresso.
La consuetudine è stata reputata in tutti i tempi come uno dei
fattori del Diritto positivo, imperocché ogni qual volta si è trovata
mancante la regola positiva e concreta di un dato rapporto giuri-
dico, è stato reputato più ragionevole di considerare come regola
del medesimo quella stabilita colla costante osservanza. Questo
principio fu posto innanzi da Alberico Gentile, il quale facendosi
a ricercare nel suo famoso libro del Diritto di guerra le fonti a cui
attingere le regole di giustizia, che in guerra devono essere osser-
vate, dette la giusta importanza alla consuetudine, imperocché egli
disse : e Sebbene non sia da giudicare per via di esempi, conforme
è detto in una legge lodatissima di Giustiniano, pure é un fatto,
che dagli esempi é aperta la via a probabili congetture, e nel dubbio
piuttosto si deve giudicare secondo gli esempi e secondo ciò che
è passato in consuetudine. Non é al certo C/Onveniente di mutare
ciò che fu osservato in modo certo e costante > (1).
Anche Grozio sostenne che la consuetudine tra gli Stati deve tener
luogo di legge: nec negamus, egli dice, mores vim poeti accipere{2).
38. Abbiamo inoltre dato gran peso alle convinzioni giuridiche
che in forza dello sviluppo crescente dalla civiltà e della cultura
si sono mano mano andate formando e sviluppando nella coscienza
dei popoli civili.
È un fatto, che nessuno vorrà disconoscere, che la comunanza
d'interessi tra le genti di paesi diversi, che é stata la conseguenza
(1) ÀLBEBicus Gentius, De jure belli^ tradotto da Fiobini, cap. I, lib. I, n. 6.
(2) Lib. U, cap. V, n. 24.
90 IfUroduxiane — Capitolo IV.
dell'allargato commercio internazionale, della civiltà e della cul-
tura, e la comunanza delle idee intomo alle condizioni, che devono
reputarsi richieste per l'ordinamento giuridico della società inter-
nazionale, abbiano fatto nascere tra i popoli civili certe convinzioni
uniformi intorno alle regole giuridiche che dovrebbero governare la
società internazionale, affinchè potesse essere efEettuato l'ordinato
sviluppo di tutte le attività: il riconoscimento e la tutela dei diritti
di ciascuno, e il soddisfacimento delle reciproche utilità. Cotesto
convinzioni, alle quali accenniamo, non si può dire al certo che
siano chiaramente proclamate e stabilite da un organo, che abbia
il potere di formularle, esse non pertanto si affermano colla forma
di sentimento popolare, il quale è il riflesso e la rivelazione della
coscienza pubblica, che intende e rivendica l'osservanza di certi
principii, che devono essere reputati come indispensabili all'ordinata
convivenza ed alla tutela dei diritti di ciascuno nella società inter-
nazionale.
Cotesti principii non hanno avuto veramente un solenne ricono-
scimento, come quelli che sono stati consacrati dai Governi nei
trattati, o che sono stati da essi proclamati negli atti diplomatici,
pur nondimeno esercitano una grande autorità, la quale proviene
dalla forza misteriora e incontestabile della pubblica opinione, che
esercita tanto efficacemente la sua influenza nel determinare la con-
dotta dei Governi, spingendoli ad osservare quei principii della giu-
stizia naturale, che meglio corrispondono alle esigenze storiche e mo-
rali, come esse sono intese dalla ragione e dalla coscienza universale.
E per altro un fatto che i Governi stessi sentono la potenza
misteriosa della pubblica opinione la quale esercita una grande
influenza a riguardo delle regole che essi devono H)sservare nella
loro reciproca condotta, e che ne rispettano i dettami, osservando
p per lo meno astenendosi dal conculcare quei principii, intorno
ai quali si è già formato il sentimento giuridico comune ed uniforme.
A sicura prova di ciò che affermiamo deve bastare di meditare
sulla storia della diplomazia e di leggere in essa certi principii
registrati, e che oramai tutti i Governi rispettano in omaggio alle
esigenze dell'opinione pubblica, e richiamare quello che abbiamo
Fonti 91
già detto innanzi nel capitolo I*. Ora ci limitiamo a ripetere che
le convinzioni giuridiche popolari devono essere la fonte più sicara
del Diritto intemazionale, e noi ne abbiamo tenuto il massimo
conto, perchò siamo convinti che le regole, le quali si trovano nella
coscienza comune dei popoli, che sono in rapporto fra di loro, devono
essere reputate l'espressione la più esatta di certe necessità morali
e dei principii della giustizia sociale, che si sono andati sviluppando
in conseguenza dell' incivilimento e della cultura in ciascuna epoca.
Yogliamo anzi soggiungere, che i pubblicisti e gli statisti, i quali
si propongono di ricercare e stabilire le norme giuridiche dei rap-
porti internazionali e della condotta degli Stati, devono volgere
principalmente l'attenzione al sentimento popolare comune intorno
a codesti rapporti, che è il riflesso dell'opinione pubblica. Questa
si forma mediante le rapide comunicazioni mantenute dalla stampa
e dal telegrafo tra le genti abitanti regioni diverse, ed è il risultato
finale dello sviluppo di pensieri e di sentimenti uniformi intomo
ad ogni avvenimento che accade nei due mondi ; intomo ai reciproci
bisogni ed alle reciproche utilità; intorno alle comuni esigenze
per l'ordinato sviluppo dei loro rapporti ed alle condizioni che i
Governi dei varii Stati devono riconoscere come indispensabili per
mantenere l'ordinamento attuale ed effettivo della società intema-
zionale in armonia coi diritti e cogli interessi internazionali. Essa
non esercita al presente tutta la sua potente e misteriosa influenza
sulla vita intemazionale, perchò non ha acquistato ancora tutta
la sua forza e la sua efficace rappresentanza, ma siamo cejti che
col tempo diventerà la fonte più proficua delle regole giuridiche,
le quali dovranno essere accettate dai Governi come norma della
loro condotta. A misura che la pubblica opinione sarà più illumi-
nata, più sviluppata e più concorde, andrà acquistando più grande
e più efficace autorità (1).
(1) Noi avevamo considerato e consideriamo T opinione pubblica illaminata
e sviluppata in forza della cultura e della civiltà come il fattore principale
della riforma del Diritto intemazionale.
A pagine 347 della citata opera pubblicata nel 1865 cosi scrivevamo : < Noi
< stimiamo che, senza creare un tribunale armato, la garanzia più potente
« dev'essere la pubblica opinione: questa, secondo noi, dev'essere l'egida e la
92 Introduzione — Capitolo IV,
33. La fonte più importante, dalla quale abbiamo attinto il
complesso delle regole sistematicamente riunite in codesto volume
si ò stata l'uniforme opinione degli scrittori più illuminati intorno
alle norme giuridiche dei rapporti internassionali in corrispondenza
dei bisogni attuali e reali della società internazionale. Noi abbiamo
&tto tesoro della dottrina di tutti coloro, che si sono consacrati
a ricercare, a discutere, ad elaborare e ad esporre le regole giuri-
diche, che devono essere reputate le più adatte a stabilire tra gli
Stati, che vivono in società di fatto una comunione di diritto, e
non possiamo veramente dire quali e quanti siano gli scrittori,
studiando i quali abbiamo formati i nostri convincimenti.
Abbiamo studiato principalmente sulle opere di PhilUmore (1),
Calvo (2), Heffter (3), Wheaton (4), Vaitel (5), Pradier-Fodéré (6),
Lawrence (7), BlunUchli (8), Field (9), Woolsey (10), Halleck (11),
e garanzia del Diritto, essa è il migliore e più imparziale tribunale. Noi non
e vogliamo tra i popoli la coazione materiale, ma la coazione morale, e questa
« non possiamo concepirla altrimenti ohe nella misteriosa potenza della pub-
< bltca opinione, potenza tuttavia sconosciuta, perchè non ancora si mani-
« festa in tutta la sua forza, ma che si manifesterà forte ed onnipotente quando
« sarà illuminata dalla coscienza de^ suoi diritti » .
Continuando il nostro ragionamento per combattere Tidea dei progetti dì
confederazione concludevamo mettendo in rilievo la potenza della pubblica
opinione, od esprimevamo cosi il nostro concetto:
< Come i principii della giustizia cho regolano i rapporti degl* individui nelle
« particolari società, essendosi resi chiari innanzi la coscienza sociale ed alla
< opinione pubblica, reggono e governano le civili società, nella stessa guisa
€ i principii della giustizia, che devono regolare i rappoi-ti intemazionali ren-
< dendosi chiari innanzi alle coscienze nazionali ed air opinione pubblica reg-
« goranno e governeranno la società intemazionale ».
(1) International Late, 2' ed., 1874.
(2) Le Droit intem. théorique et pratique, 1872.
(3) Dos europàisehe V'ólkerrecht der Oegenwart^ traduit par Brroson, 1873.
(4) Elements of intem. Lato, New- York 1836.
(5) Droit dee gene mie au courant dee progrèe du Droit ptiblie moderne
par Pius)ij£B-FoDÉR£, 1863.
(6) Traiti du Droit intem. public européen et amérieain, 1885-1894.
(7) Commentaire sur les éléments du Droit intem. et sur V hiatoire dee
progrès du Droit dee gens, de Whkaton, Leipzig 1868-1873.
(8) Das moderne V'ólkerrecht der eivUisirten staten aìs Rechtsbueh mit
Erlàuterungen, traduit par Lardy.
(9) Outlines of an intemcUional Code, 2» ed., London-New- York 1876.
(10) Introduc. to the study of intem. Law, New- York 1875.
(11) IntematiomU Law, S. Francisco 1861.
Partixdane della traitaxione 93
Hall (1), Mariens (2), Ritier (3) ed altri non pochi, dei quali se
taciamo, non è già perchè non ne abbiamo profittato, ma perchè
andremmo per le lunghe se volessimo enumerarli tutti.
Al Diritto storico abbiamo data la giusta limitata impor-
tanza. Non potevamo infatti attingere largamente a codesta fonte,
imperocché esso rappresenti sovente le transazioni che sono state
le conseguenze delle condizioni anormali, nelle quali si è trovata la
società internazionale pel predominio soverchiante della politica, e
talvolta è stato il risultato accettato per la necessità delle cose
in uno di quei momenti critici della vita dei popoli. Essendoci
proposto di compilare un sistema di regole adatto ad eliminare
ogni forma di arbitrio, e a dare un ordinamento giuridico alla so-
cietà internazionale, era indispensabile di non considerare il Diritto
storico come una fonte sicura. Nella storia dei rapporti intemazio-
nali si trovano invero consacrati molti principi!, che sono in oppo-
sizione con quelli del Diritto razionale e non può certo riuscire
opportuno di elevare il fatto a diritto, ma conviene bensì tenere
sempre presente la regola di Paolo : t Quod vero cantra rationem
juris recepium est non est producendum ad consequentiam > (4).
3-4. Per quello che concerne la partizione di tutta la trattazione
ecco i criteri che ci hanno guidati.
Per procedere ordinatamente era necessario innanzi tutto deter-
minare in generale il concetto del Diritto che deve governare ogni
forma di rapporto, che può nascere e svolgersi nella società inter-
nazionale, e precisare quale essosia: stabilire il fondamento della
sua autorità: distinguere le diverse forme che esso Diritto può
assumere : la portata e Testensione del suo imperio : la sua tutela
giuridica. A tali obbietti si riferiscono le regole riunite nella parte
preliminare col titolo Principii fondamentali.
Determinato e precisato il concetto del Diritto internazionale,
abbiamo divisa tutta la trattazione in quattro libri, cioè:
(1) International Lato, Oxford, 2' ed., 1886.
(2) Préeis du Droit des gens^ avee notes de Pinhkiro-Fkrrkira, 1858,
(3) Prineipes du Droit dea gens, 1896.
(4) L. 48, Dig. de legihus (1, 3).
94 IntroduMone — Capitolo IV.
Luiiio PBiHO : Delle perecne e degli enti soggetti al Diritto inter-
nazionale.
Libro secondo: Delle obbligazioni.
Libro terzo: Dei beni come oggetti del Diritto internazionale.
Libro quarto : Della tutela giuridica del Diritto intemazionale.
Stabilita la nozione ed il concetto del Diritto, sorgeva natural-
mente la necessità di determinare chi dovesse reputarsi sommesso
airautorità di esso, il subjectum jnris, vale a dire gli enti che
nei loro rapporti e nelle loro azioni devono essere assoggettati,
subjecti, alle norme del Diritto, o occorreva inoltre determinare come
i diritti spettanti a ciascuno possano essere acquistati, sviluppati
0 perduti, e quali siano i loro doveri rispettivi.
A questo si riferisce il Libro primo, il quale è divìso in due
parti.
Nella prima. Parte generale, trovasi determinato il concetto della
persona e precisato chi possa essere subbietto del Diritto inter-
nazionale come tale. Siccome poi nella società internazionale si
trovano pure enti (Popolo^ Nazioni, Aggregazioni, ecc.), i quali
tutto che non siano persone internazionali, devono non per tanto
essere assoggettate nei loro rapporti e nelle loro azioni alle norme
del Diritto, cosi era indispensabile comprendere nella parte gene-
rale, oltre che le persone propriamente dette, altresì gli enti sog-
getti al Diritto intemazionale e determinare i diritti e i doveri
che a ciascuno di essi, secondo la sua propria natura, debbono
essere attribuiti.
Determinati i diritti ed i doveri a ciascuno spettanti, facea di
mestieri di precisare come ciascun singolo diritto potesse essere
acquistato o perduto, e con quali norme giuridiche no dovesse
essere governato il godimento e l'esercizio, e precisare inoltre i
doveri correlativi ai singoli diritti.
A questo si riferisce la parte seconda del libro 1*, Parte spe-
ciale, nella quale trovansi stabilite le norme giuridiche relative
all'acquisto, al godimento, airesorcizio ed alla perdita di ciascun
singolo diritto e quelle che concernono i doveri fondamentali di
ciascuno. Questa parte speciale trovasi quindi divisa in tanti titoli,
Pariixione della trcUtaxione 95
qaanti sono i vari diritti e i doveri rispetto ai qaali si è cercato
di determinare le regole giuridiche speciali circa l'acquisto, il godi-
mento, l'esercizio e la perdita dei diritti, ed il fondamento e lo
sviluppo dei doveri reciproci.
Il LiBBO SECONDO SÌ riferisce alle obUìgszioni, e ne abbiamo
trattato dopo avere esposto mA Libro P i diritti e i doveri inter-
nazionali delle poime, perchè le obbligazioni originano pure diritti
e doveri personali tra le parti obbligate e devono essere conseguen-
temente considerate come il complemento dei rapporti personali.
La difTerenza tra i diritti e doveri personali, dei quali abbiamo
discorso nel Libro /*, e quelli a cui si riferisce il Libro 11**^ con-
siste infatti in questo, che cioè i primi derivano dalla condizione
stessa delle persone e trovano il fondamento sui rapporti naturali
delle medesime, i secondi invece derivano dall'impegno volonta-
riamente assunto da uno Stato verso dell'altro di dare, di fare o
non fare, di prestare qualche cosa, ovvero derivano da fatti volon-
tari compiuti dalla sovranità nell'esercizio e nello sviluppo delle
sue potestà.
• Questo libro è pure diviso in titoli.
Premessi i principii fondamentali che comprendono le norme
giuridiche relative alla obbligazione in generale, alle sue diverse
specie ed alle fonti da cui essa può derivare, sono poi contemplate
in titoli separati le obbligazioni che trovano il loro fondamento
sui patti, sulle convenzioni e sui trattati e da ultimo quelle che
derivano dai fatti compiuti nell'esercizio dei diritti di sovranità
(responsabilità pei danni cagionati dallo Stato). Una parte del tutto
speciale è quella che concerne i vari trattati speciali, rispetto ai
quali sono stabilite le regole relative alla loro esecuzione o alla
loro estinzione.
Il Libro terzo si riferisce ai beni come oggetti del Diritto nei
loro rapporti col Diritto internazionale. Questo libro è pure diviso
in tanti titoli, quante sono le diverse categorie dei beni che possono
essere oggetto del Diritto. Si trovano quindi stabilite in esso le
regole giuridiche:
a) rispetto alle cose comuni {mare, fiumi navigabili, ecc.);
96 Introduzione — Capitolo IV,
b) rispetto alle cose pubbliche, di quelle cioè che sono nel
possesso giuridico di ciascuno Stato, a riguardo delle quali il Serrano
dello Stato è tenuto ad esercitare i proprii diritti, in armonia perù
col Diritto intemazionale (vie di comunicazione, strade ferrale inter-
nazionali, telegrafi internazionali, dazi di confine, ecc.);
e) rispetto ai beni appartenenti ai privati sempre nei loro
rapporti col Diritto internazionale (beni esistenti all'estero: pro-
prietà letteraria artistica o industriale: nave mercantile, ecc.).
Il Libro quarto, che si riferisce alla tutela giuridica del Diritto
intemazionale, trovasi diviso in due Parti:
Parte prima: e Tutela giuridica effettuata mediante procedi-
menti pacifici » .
Parte seconda : e Tutela giuridica effettuata mediante la guerra > .
Nella Parte prima trovansi le regole adatte a determinare i mezzi
di tutela giuridica secondo il Diritto comune durante la pace, ed
inoltre le procedure per risolvere le controversie nascenti dalla
violazione del Diritto da parte dell'uno o dell'altro (mediazione:
arbitrati: conferenze, ecc.), e in fine i mezzi coercitivi per ripri-
stinare l'autorità del Diritto, senza ricorrere all'espediente estremo
della guerra (rappresaglie: blocco pacifico: ecc.).
La Parte seconda contempla in modo speciale Io stato di guerra
e trovansi stabilite le norme giuridiche relative alla sua legalità,
ai diritti e ai doveri che ne conseguono tra coloro che la fanno,
i belligeranti, e rispetto a coloro che non prendono parte ad essa,
i neutrali, e quelle relative all'esercizio dei diritti di guerra, alla
tutela giuridica dei medesimi, ai diritti e doveri dei neutrali, alla
cessazione dello stato di guerra.
L'Appendice contiene il sunto dei principali trattati coi quali nelle
diverse epoche è stato provveduto a regolare secondo le contin-
genze le relazioni internazionali.
97
PRINCIPII FONDAMENTALI
Il Diritto internazionale e sua definizione.
1. U Diritto internazionale è un complesso di norme atte a
determinare, regolare e tatelare giuridicamente i diritti e doveri
degli Stati ed i diritti e doveri degl'individui e degli enti nei loro
rapporti fra di loro e con gli Stati ogni qual volta che tali rapporti
interessino o possano interessare la società intemazionale.
Diritto intemaxionale^ presa la parola come essa suona, denoterebbe Diritto
che concerne le relazioni tra due nazioni o più. Tale denominazione non cor-
risponde quindi ai giusto concetto che con essa s'intende esprimere. Non si
potrebbe neanche sostituirvi T espressione Diritto interstatale, perchè questa
denoterebbe soltanto il Diritto che concerne le relazioni tra due Stati o più.
Neanche potrebbe essere migliore T espressione Diritto delle genti o l'altra
Diritto deWumanità o Diritto pubblico estemo. Meglio sarebbe denominarlo
Diritto del Genere Umano, che è il termine collettivo che abbraccia e comprende
tutti gli enti riguardati individualmente, o congiunti tra loro da un vincolo o
da una ragione comune, i quali formano il Genere umano.
Partizione generale.
8. Il Diritto intemazionale ò naturale o razionale, e positivo.
3. Il Diritto intemazionale naturale consiste nel complesso delle
regole giuridiche che avuto riguardo alla condizione delle persone
che coesistono nella magna civitas ed alle esigenze storiche e
morali la ragione umana intende, induce ev deduce dai princìpii
della giustizia naturale, come le più adatte ad effettuare l'ordinata
convivenza, ed a governare i rapporti di fatto e di diritto che inte-
ressino la società internazionale.
I principii della giustizia naturale esistono nella coscienza del popolo e si
svolgono a grado a grado mediante la cultura e la civiltà. La ragione li intende
0 li comprende come norme razionali per T ordinato sviluppo di ogni rapporto,
avuto riguardo alla natura del rapporto stesso, ed alle esigenze storiche e morali.
In ogni ramo del Diritto si riscontra quindi un periodo di lenta elaborazione.
Il Diritto positivo ha cominciato coli' esistere prima come precetto razionale o
di giustizia naturale, poi ha avuto forma di legge.
7 — Fiore, Dir. intern. codif.
98 Princìpii fondamentali
Lo stesso fatto si è yerificato rispetto al Diritto internazionale. Le norme
razionali per l'ordinata convivenza, prima ohe fossero state ridotte a regole
giuridiohe, ed accettate dagli Stati come norme di Diritto positivo, hanno
seguita la legge del graduale svolgimento e della evoluzione, e la loro elabo-
razione è stata l'opera della cultura e del progresso. I Governi per altro non
hanno disconosciuto del tutto la forza obbligatoria doi precetti del Diritto delle
genti razionale o naturale.
Fin dal 1753 il Governo inglese, rispondendo al Governo prussiano, diceva:
* 11 diritto delle genti è fondato sulla giustizia, suH'equità, sulla convenienza
* e sulla ragione delle cose e confermato dal lungo uso ,. Phillihore, voi. I,
cap. Ili, § 20. Vedi il manifesto della Gran Brettagna alla Russia del 1780 e
la Circolare del Governo russo alle Potenze alleate, nella mia Opera Diritto
internazionale pubblico^ voi. I, 3' edizione, § 179. Gonf. Bluntschli, Le dr. inL
codifié, Introduc, e regola 3. Calvo, Diritto internazionale, tom. I. Principes.
Renault, Introduc, à Vélude du Droit intern., §§ 1-19.
Wheaton, Droit intem., chap. I, § 11. definisce il Diritto intemazionale * Ten-
* semble des règles de conduite que la raison déduit, comme étant conformes
'^ à la justice de la nature de la société qui eziste parmi les nations indépen-
* dantes ,.
Se i precetti della giustizia naturale non dovessero esercitare alcuna auto-
rità nel governare la condotta degli Stati si arriverebbe ad escludere la corou-
nione giuridica fra i medesimi, nel caso in cui le regole della loro condotta non
si trovassero stabilite mediante trattati: lo che è assurdo.
4. — Sarà considerata conforme ai principii del Diritto natu-
rale ogni regola ammessa dai filosofi, dai sapienti, dai pubblicisti,
dagli statisti o dai Governi negli atti diplomatici, e quelle sopra-
tutto intomo alle quali si sono formate le convinzioni giuridiche
popolari.
Codesta regola trova il suo fondamento sul concetto espresso da Alberigo
Gentile che cioè, come egli dice, i veri filosofi, i sapienti veri usano ragionare
secondo il Diritto naturale. Dejure belli, lib. I, cap. I, § 5. Essa fu poi ammessa
più largamente da Grozio che fondò suiraccordo universale dei filosofi, storici,
poeti, oratori le regole del Diritto delle genti.
Vico considerò le convinzioni giuridiche popolari come il fondamento pre-
cipuo del Diritto delle genti. * Unite più nazioni di lingue diverse (egli scrive)
^ in pensieri conformi per cagioni di guerre, di alleanze e commerci, nacque
* il Diritto naturale del genere umano da idee uniformi in tutte le nazioni
* intomo alle umane necessità e utilità di ciascheduna di esse. , Vedi il suo
opuscolo : PrineipH di una scienza nuova intomo alla natura deUe nazioni, per
li qiMli si ritrovano altri principii del Diritto naturale delle genti. (Edizione
di 12 fogli fatU a Napoli da Felice Mosca nel 1725.)
5. — Il Diritto internazionale positivo è quello stabilito for-
malmente in virtù della volontà degli Stati che si trovino in certi
rapporti e che mediante il loro consenso espresso o tacito si siano
accordati a subordinarli a certe regole giuridiche.
Frineipii fondamentali ^
Partizione del Diritto internazionale positivo.
6. — II Diritto internazionale positivo si divide in diritto comune
e diritto particolare.
II Diritto comune consiste nelle regole giurìdiche solennemente
riconosciute dagli Stati associati, i quali, mediante il loro con-
senso espresso o tacito, abbiano attribuito Tautorità di legge ad
una data regola a riguardo dei rapporti ad essa soggetti.
Gli Stati non possono ritenersi sommessi airautorità di alcuno che abbia
rispetto agli altri il potere di far leggi. Spetta alla sovranità degli Stati che
trovansi di fatto associati di riconoscere, formulare e stabilire le regole con-
crete di Diritto internazionale obbligatorie per essi, attribuendo alle dette regole
l'autorità di legge positiva.
7. — Il solenne riconoscimento di una regola giuridica da parte
degli Stati civili vale ad attribuire alla regola stabilita Tautorità di
legge, non solo rispetto agli Stati che l'abbiano solennemente rico-
nosciuta, ma a quelli altresì che in seguito vi abbiano fatto adesione*
8. — Deve attribuirsi l'autorità dì legge positiva alla consue-
tudìne giuridica, la quale risulta dall'osservanza costante e non
equivoca di una data regola da parte di un numero considere-
vole di Stati, a riguardo di fatti o di atti di comune interesse.
9. — Il Diritto positivo particolare è il complesso delle regole
stabilite fra due o più Stati mediante i trattati fra di loro stipu*
lati, o mediante la costante reciproca subordinazione dei loro atti
ad una data norma giuridica.
Esso deve essere reputato come legge positiva convenzionale
stabilita mediante il trattato e duratura fino a tanto ch'esso debba
reputarsi in vigore.
10. — Si deve reputare altresì come regola di Diritto positivo
ogni regola che uno Stato stabilisca con atto unilaterale come
norma di rapporti internazionali. Una regola cosi stabilita deve
avere la stessa autorità di ogni legge intema, e lo Stato non può
disconoscerne la forza obbligatoria, o limitarne arbitrariamente
Vapplicazione, fino a tanto che non l'abbia solennemente abrogata.
*^ Ptineipii fondamentali
Ogni Stato può obbligarsi con atto unilaterale (legge intema, manifesto, nota
diplomatica e simili) ad osservare certe regole di Diritto internazionale, e
quantunque egli non possa domandare ed esigere a reciprocità T osservanza
della stessa regola da parte degli altri Stati, salvo che essi non si siano a ciò
obbligati mediante trattato, pure deve ritenersi obbligato all'osservanza costante
della regola da lui proclamata fino a tanto che non abbia revocato Tatto da
lui promulgato. In tali evenienze, quantunque non vi sia vera e propria obbli-
gazione giuridica correspettiva, evvi non per tanto vera obbligazione giurìdica da
parte dello Stato che spontaneamente promise e contrasse l'impegno di osser-
vare una data regola. Non mancano esempi di regole di Diritto intemazioDale
stabilite con atto unilaterale e parecchi ne troviamo nella legislazione italiana.
Le regole di Diritto internazionale adatte a determinare la competenza legis-
lativa rispetto alla condizione degli stranieri, alla loro capacità, ai loro rap-
porti di famiglia, alla loro successione e via dicendo, trovansi stabilite nelle
disposizioni generali del nostro codice civile. £sse, quantunque formino parte
del Diritto territoriale, sono non di meno regole vere e proprie di Diritto inter-
nazionale, alle quali il legislatore ha attribuito l'autorità di legge positiva a
riguardo dei rapporti internazionali ad esse soggetti.
Lo stesso va detto delle regole relative all'autorità estraterritoriale dei giu-
dicati stranieri in materia civile che trovansi sancite nel Cod. di procedura
civile, tit. zìi.
Nella legge sulle prerogative del Sommo Pontefice e della Santa Sede del
13 maggio 1871, trovansi stabilite alcune regole che concernono i diritti inter-
nazionali del Papa e della Chiesa.
Nel regolamento pel servizio delle truppe in guerra del 26 novembre 1883,
trovansi pure stabilite le regole di Diritto internazionale in tempo di guerra,
che sono obbligatorie per l'esercito e l'armata italiana, e taciamo di parecchie
altre. Tutte cotesto regole di Diritto internazionale, e quelle che trovansi nelle
altre parti della legislazione nostra, costituiscono il Diritto intemazionale parti-
colare dello Stato italiano, al quale la sovranità con atto unilaterale ha attri-
buita l'autorità di legge positiva rispetto alle persone che sono soggette al sno
imperio, e rispetto ai tribunali italiani i quali sono tenuti ad applicarle quando
si tratti di risolvere controversie di Diritto intemazionale relative alle materie,
alle quali le regole sancite dal nostro legislatore si riferiscono.
Forza obbligatoria del DiHtto internazionale.
11. — Le regole di Diritto internazionale positivo devono avere
autorità imperativa a riguardo di tutti gli Stati che le abbiano
riconosciute, e la stretta osservanza delle medesime deve essere
considerata come un diritto e un dovere reciproco, fino a quando
gli Stati medesimi non le abbiano con atto solenne revocate.
12. — Ogni qual volta che una data regola sia stata solenne*
mente riconosciuta dagli Stati riuniti in Congresso, non lice ad
una delle parti di disconoscerne la forza obbligatoria o di repu-
Frincipii fondamentali 101
tarsi esonerata dalFosservarla o di modificarne la portata, senza
il consentimento espresso delle altre parti contraenti.
II fondamento di codesta regola riposa sul concetto che il solenne rìcono-
scimenlo di nna regola giuridica da parte degli Stati civili, che Tabbiano sta-
bilita in congresso o che in seguito vi abbiano fatto adesione, deve valere
ad attribuire alla regola stabilita Tautorità del Diritto positivo ed a porre quella
data regola giuridica sotto la tutela collettiva degli Stati medesimi che Tab-
biano proclamata. Conseguentemente uno Stato che, avendo riconosciuta Tan-
torità di una data legge, si proponesse poi di non osservarla rispetto alFuno
o all'altro degli Stati firmatari, non violerebbe soltanto il diritto dello Slato
rispetto al quale si proponesse di compiere Ja violazione, ma violerebbe bensì
il diritto di tutte le Parti firmatarie, perchò il solenne impegno di rispettare
una data regola deve ritenersi preso a riguardo di tutte le parti contraenti.
La mentovata regola trovasi stabilita nella dichiarazione fatta dai plenipo-
tenziari nella conferenza di Londra del 17 gennaio 1871 circa la forza obbli-
gatoria dei trattati generali.
Vedi inoltre le regole circa la tutela giuridica del Diritto comune reg. 25, 28.
Il discorso di Colden, voi. II, pag. 300, e la mia opera Dir. pubh. inter,,
voi. I, § 57072.
13. — Neirapplicare le regole di Diritto internazionale positivo
non è lecito attribuirvi altro senso, che quello che risulta mani-
festamente dal significato proprio delle parole, avuto riguardo alla
connessione delle medesime ed alla chiara ed esplicita intenzione
delle parti. Dovrà non per tanto considerarsi obbligatoria la stessa
regola per i casi analoghi.
14. — Le regole di Diritto intemazionale naturale o razionale
devono avere la stessa autorità imperativa che i principii della
giustizia naturale. Non potrà reputarsi quindi in balìa ed arbìtrio
di ciascuno Stato l'osservare o non osservare le dette regole, non
potendosi nessuno sottrarre all'adempimento dei doveri di giustizia
naturale.
15. — Incombe sopratutto agli Stati civili di ritenere ognora
obbligatoria per essi, in ogni rapporto che concerne la società
internazionale, la regola che sia la più conforme ai principii razio-
nali del Diritto internazionale, avuto riguardo alle particolari cir-
costanze con diligenza accertate e maturamente ponderate.
Godeste due regole mirano a prevenire il deplorevole equivoco, che cioè tutto
quello che non possa reputarsi stabilito come diritto e dovere reciproco degli
Stati in forza dei solenni impegni da essi assunti mediante trattati od altri-
menti, debba reputarsi nel campo del loro arbitrio. Che quindi ciascuno a suo
piacimento possa osservare o non osservare le regole dettate dalla giustizia
102 Principìi fondamentali
natu/ale, e che Tosser^anza delle medesime (quando aYTenga) passa reputarsi
come UQ atto di cortesia {Comitaa gentium).
Sa tale inesatto concetto si sono fondati alcuni scrittori per sostenere, che
quando manca un trattato generale o particolare, che è senza dubbio il titolo
giurìdico perfetto da cui deriva il diritto e il dovere giuridico reciproco di esi-
gere l'osservanza delle regole stipulate, ciascuno Stato possa a piaci memo
rispettare o non rispettare il Diritto internazionale, e che il rispettarlo debba
reputarsi come suggerito dalla eomitas gentium. Vedi in questo senso Foelix»
Traile de Dr. int. prive, chap. 3. n. 9, 11, v. I.
Accolgono lo stesso erroneo concetto tutti gli scrittori, che nel determinare
i diritti ed i doveri internazionali degli Stati fanno una distinzione tra i diritti
perfetti e i diritti imperfetti, e che considerano come diritto perfetto quello
che si fonda sulla legge, e quello poi a cui uno Stato non sia obbligato per
trattato, dicono che trovasi nel campo della libertà, e lo reputano come materia
della comitas. Vedi Travers Twiss, The law of nation9f Part. ]\ chap. I, § 13.
L'osservanza dei precetti della giustizia naturale non può reputarsi nel campo
vero e proprio deirarbitrio, né può ammettersi che sia in balia di ciascuno il
rispettare o non rispettare i precetti della giustizia naturale. Incombe così agli
individui come agli Stati di riconoscere la loro autorità e la loro forza obbli-
gatoria, e l'osservanza dei medesimi non è un atto di cortesia, ma un dovere
giuridico naturale.
L'obbligazione di rispettare i principii del Diritto internazionalei tanto nei
loro rapporti reciproci che nei loro rapporti cogli altri Stati, trovasi stabilita
dalle cinque grandi Potenze europee nel Congresso di Aquisgrana, colla dichia-
razione del 15 novembre 1818, che suona così: * Les Souverains, en formant
* cette union auguste, ont regardé comme la base fondamentale leur invariabie
* résolution de ne jamais s'écarter ni entre euz ni dans leurs relations avec
'^ d'autres États, de l'observatìon la plus stricte des principes du Droit dee gens,
* principes qui, dans leur application à un état de paix permanent, peuvent
' seuls garantir effìcacement l'indépendance dexbaquc guuvernement et la sta-
* bìlité de l'association generale ,.
Della ^ comitas gentium
»•
16. — Può ritenersi fondata sulla comitas gentium ogni regola
che non sia stabilita dal Diritto internazionale positivo comune,
convenzionale o particolare, e che non derivi dai principii della
giustizia naturale, ma che consista neiradempimento di certi usi
conformi alle reciproche utilità degli Stati, ed ai loro amichevoli
rapporti, sempre che essi non siano in opposizione col Diritto
internazionale.
17. — Ogni Stato che {oh comitatem) abbia volontariamente osser-
vato certe norme di condotta rispetto ad un altro Stato, può esi-
gere che* questi osservi la regola delle reciprocità nelle stesse
Frineipii fondamentali ^^
circostanze. Esso però non può accampare un diritto perCetto a
riguardo di ciò.
18. — Incombe agli Stati di farsi, durante la pace, il massimo
bene, senza nuocere ai loro interessi: di aiutarsi con reciproca
benevolenza, e di cooperare ad accrescere le utilità generali ogni
qual volta che ciò possa essere fatto, senza arrecare alcun nocu-
mento diretto o indiretto alla prosperità del popolo.
19. — Dovrà ritenersi ognora obbligatorio fra gli Stati civili
{ob comitatem) Tadempimento d'ogni dovere che possa ritenersi fon-
dato sui principii della morale sociale. Esso deve però reputarsi
ognora un obbligo morale.
Le regole sopra stabilite mirano a determinare la cerchia, dentro la quale
deve valere tra gli Stati la comitas gentium. Oltre i doveri giuridici che hanno
per base il diritto positivo, ed i doveri naturali che hanno per base i precetti
della giustizia naturale, in forza dei quali uno può esigere da un altro che esso
faccia o non faccia, dia o presti una determinata cosa, che ò Tobbietto deirobbli-
gazione naturale, vi sono pure tra gli Stati doveri morali ed altri fondati sulle
reciproche utilità. D precetto di Ulpiano, honetie invere, che stabilisce la base ra-
zionale dell*equilibrio di tutte le attività, deve valere sia a riguardo degrindividui
che a riguardo degli Stati. I doveri che derivano dalla morale sono più estesi di
quelli che derivano dalla legge e dal Diritto naturale. Non omne quod licet hone-
8tum est. L. 144, Dig. 50, 17.* Si le Droit a le méme centre que la morale, il n'a pas
la m6me circonférence. „ Bentham, Tratte de lég, eiv, et pén,, T. I, eh. XII, p. 93,
L'adempimento di cotesti doveri può essere compreso più o meno largamente,
secondo che più o meno largamente s'intendono i principii della morale sociale.
La civiltà e la cultura tendono ad allargarne la portata. Tali sono ì doveri di
reciproca assistenza in caso dlndigenza e di pubbliche calamità : il dovere di
mutuo soccorso e gli altri ai quali si riferiscono le regole del tit. IX, lib. I.
Vi sono altri doveri che derivano dalla reciproca utilità, essi trovano la loro
base sugli usi intemazionali. Questi non hanno forza giuridica obbligatoria,
così come Tha la consuetudine intemazionale: però l'osservanza degli usi si
impone in considerazione dell'utilità che può ricavare ogni Stato che li osservi
dall'osservanza degli stessi usi da parte degli altri, e per prevenire una ritor-
sione o per non vedere sospendere quei dati usi, che si abbia interesse di con-
servare, o a fine di evitare che la sospensione dì un uso potesse essere interpre-
tata come una manifestazione ostile verso una nazione amica. Tali sono, a modo
d'esempio, gli usi che si osservano nelle visite che si fanno ai sovrani, nel
ricevimento degli agenti diplomatici e via dicendo : gli usi relativi all'approdo
ed alla visita dei vapori postali e via dicendo.
Altre regole di condotta sono fondate sul cerimoniale diplomatico, e le regole
che in virtù di esso sono dichiarate reciprocamente obbligatorie, hanno la stessa
forza che la civiltà attribuisce alle regole di cortesia.
20. — Nessuno Stato può costringere un altro ad osservare
le regole della comitas gentium, né Tuno può considerare la non
*^* PrincipU fondamentali
osservanza da parte dell'altro come ingiuriosa ed ostile. Tale
fatto legittimerà soltanto la ritorsione.
Impero e portata del Diritto internazionale.
m
21. — Il Diritto internazionale dev'essere considerato come leppo
comune del genere umano e deve mirare all'organizzazione giu-
ridica dell'umanità.
Il genere umano è il termine collettivo che abbraccia e comprende tutU gli
enti isolatamente presi o congiunti tra loro,- i quali vìvono nella società delle
società che dicesi umanità.
Nessuno degli enti umani, siano essi enti individui, come è Tuomo; siano
essi enti morali (quelli cioè che risultano da un numero più o meno grande
di uomini congiunti tra loro da una causa, da un fine o da una ragione comune),
può trovarsi fuori della comunione giuridica, che ha per base la natura umana
e che deve comprendere ed abbracciare tutti gli enti, che hanno natura e con-
dizione umana.
Gli Stati, trovandosi in rapporti di fatto, sentono a preferenza la necessità
di stabilire fra di loro una comunione giuridica, questa deve però abbracciare
anche i rapporti che intercedono tra le aggregazioni di uomini, qualunque sia
la causa e la ragione del loro congiungimento, in quello che tali rapporti pos-
sono interessare Tordinamento giuridico della società delle società, vale a dire
deirumanità. La civiltà ed il commercio tendono ad allargare incessantemente
i rapporti di fatto tra tutti coloro che abitano le diverse parti del mondo, ed
a rivendicare a riguardo di tutti gli uomini il rispetto dei diritti che spettano
alla natura umana come tale. L'organamento giuridico d'ogni forma di atti-
vità, che può interessare il genere umano, questa deve essere l'ultima mèta
del Diritto internazionale.
22. — Il Diritto internazionale sarà applicato a tutti gli Stati
che si trovino in attuale società di fatto, qualunque sia la loro
costituzione politica e la loro confessione religiosa: a tutti gli
uomini, qualunque sia la loro razza e la diversità del loro colore :
a tutti i rapporti che vengano a nascere in qualunque parte del
mondo, sempre che essi, per la loro natura e per il loro sviluppo,
interessino la società internazionale e che possano cadere sotto
l'impero della legge che deve governarla.
Gli Stati, non potendo nessuno di essi vivere nella condizione desolamento,
si trovano necessariamente in rapporto ed in società di fatto, lo che rende
indispensabile di riconoscere e di stabilire a riguardo di essi sopratutto la
comunione giuridica, senza della quale la loro società di fatto non potrebbe
sussistere, mantenersi e prosperare.
Vi sono per altro rapporti che intercedono tra uomini abitanti le diverse
Prineipii fondamentali 105
regioni del mondo, qnalnnque aia la loro orìgine, e tra le aggregazioni di uomini,
qualunque sia la causa del loro congiungimento, i quali interessano o possono
interessare Tordinamento giurìdico della società delle società, e codesti rap-
porti devonsi pure ritenere compresi nella comunione giurìdica deirumanitlu
Nei tempi antichi la comìinione giurìdica non fu ammessa tra le genti che
non appartenevano alla stessa patrìa o che non professavano la medesima fede
(Vedi Jntrod., n* 3). Il Diritto intemazionale fu quindi limitato agli Stati crì-
stiani. Fu dopo il Congresso di Westfalia che esso fu reputato applicabile a
tutti i popoli senza considerazione della loro confessione religiosa. In seguito
esso fa considerato come il diritto esclusivo degli Stati civili e denominato
Diritto intemazionale europeo. Oggi nessuno degli Stati delPAsia, deir Africa
e delle altre regioni del mondo, è reputato fuori della comunione giuridica, e
conseguentemente il Diritto internazionale (salvo le limitazioni ammesse per
le sue applicazioni in considerazione delle condizioni storiche e morali delle
genti, alle quali va applicato) ha esteso il suo impero rispetto a tutte le genti
che abitano le diverse regioni del mondo, ed ha acquistato il suo carattere
vero, quello cioè di Diritto delFumanità o Diritto del genere umano.
23. — Il dominio pieno ed intero del Diritto internazionale
sulla base della perfetta eguaglianza giuridica dovrà di fatto rite-
nersi limitato a quegli Stati presso i quali, in considerazione della
loro cultura e civiltà, devono reputarsi sviluppati i prineipii giu-
ridici fondamentali, che sono indispensabili ad effettuare tra di essi
la comunità di diritto.
24. — ,Uno Stato, il quale, o per la mancanza di cultura o di
pregiudizi tradizionali, o per la sua costituzione politica, o per gli
usi e credenze religiose, non si trovi in condizioni tali da potere
garentire il rispetto e l'osservanza del Diritto intemazionale, non
potrà domandarne l'applicazione con perfetta eguaglianza, fino a
tanto che esso non abbia mutato l'ordinamento interno siffatta-
mente da poter essere reputato in grado di mantenere e tutelare
il rispetto delle regole di Diritto intemazionale e di poter dare suf-
ficiente garanzia per questo.
Nessuno può disconoscere che sono notabili le gradazioni di cultura nei vari
paesi del mondo, dal che proviene che manchi di fatto la comunione giuridica
completa fra tutte le genti che fanno parte del genere umano. Aggiungiamo
che cotesta comunione non potrà mai essere effettuata in modo eguale ed uni-
forme rispetto a tutti, perchè mai potrà arrivare il tempo, in cui la civiltà e
la cultura siano diffuse in modo uniforme in tutte le regioni del mondo. La
storia ci ammaestra e ci insegna, che la civiltà descrive pure le sue parabole,
che il nostro Vico espose nei suoi profondi studi sul corso e ricorso delle
nazioni. Da questo ne consegue, che la comunione'giuridica può di fatto rite-
nersi completa rispetto a certi paesi che si trovano a un certo livello di cui-
tura e di civiltà, e che deve invece ritenersi di fatto limitata rispetto agli altri
Iw Principi i fondamentali
che non sono tuttora pervenuti a quel certo livello di coltura e di civiltà. È
però un fatto che, siccome si allarga la base dei reciproci bisogni economici e
4;ommerciali tra i popoli che abitano le diverse regioni del mondo, così si allarga
il campo della loro comunità e si estende altresì la portata del Diritto inter-
nazionale.
25. — Incombe agli Stati civili di favorire lo sviluppo a grado
a grado delFimpero del Diritto intemazionale in tutte le regioni
del mondo, assoggettando ad esso i rapporti che si vanno a mano
a mano stabilendo tra i popoli civili e gl'incivili.
Tutela giuridica del Diritto internazionale.
26. — Il Diritto intemazionale deve essere reputato sotto la
protezione giuridica e la tutela collettiva degli Stati, che vivono
in società di fatto. Incombe ai medesimi di assicurarne il rispetto
e di ripristinarne l'autorità in caso di arbitraria violazione, coi
mezzi legali di procedura che saranno stabiliti al Libro IV.
27. — Alla tutela del Diritto particolare potranno provvedere
le parti medesime, che lo avranno stabilito, mediante le procedure
legali concordate, purché queste siano permesse secondo il Diritlo
internazionale, o non siano in contraddizione con esso.
28. — L'osservanza delle regole fondate sulla comitas gentium
non può essere assicurata mediante qualche procedimento legale.
Può però essere biasimato uno Stato che senza giustificate ragioni
non le abbia osservate.
29. — Incombe agli Stati civili di provvedere ad assicurare il
rispetto del Diritto internazionale ed a ripristinarne l'autorità in
caso d'arbitraria violazione, mediante istituzioni giuridiche adatte
e che mirino ad evitare fra di loro la necessità della guerra.
Le reg;ole proposte mirano a stabilire in massima come debba essere prov
veduto alla sanzione del Diritto internazionale a fine di assicurarne il rispetto
e di provvedere a ripristinarne Tautorità in caso di violazione. Àgli Stati in-
combe il dovere solidale di prevenire ed impedire la violazione del Diritto
internazionale, e le regole relative trovansi esposte al titolo IX del Libro L
l metodi poi che devono reputarsi adatti per ripristinare Tautorità del Diritto,
e le regole concrete relative al procedimento che potrà reputarsi efficace a
coDset?uìre lo scopo, saranno determinati ed esposti al Libro IV, che a tale
materia si riferisce.
Frincipii fondamentali 107
La scienza del Diritto intemazionale.
30. — La scienza del Diritto internazionale è quella che, stu-
diando la natura dei rapporti che derivano dalla coesistenza degli
Stati e dai fatti che possono interessare la società internazionale,
ricerca, determina e formula le regole giuridiche le più adatte a
governarli.
31. — Incombe allo scienziato di procedere con metodo filo-
sofico storico e di giovarsi dell'induzione e della deduzione per
trovare nell'ordinamento giuridico del passato e del presente Tad-
dentellato dei progressi futuri del Diritto internazionale.
108 Libro I. - Delie persone
LIBRO I.
DELLE PERSONE
E DEGLI ENTI SOGGETTI AL DIFUTTO INTERNAZIONALE
PARTE GENERALE.
DIRITTI INTERNAZIONALI DELLE PERSONE E DEGLI ENTI.
9.
A chi possa essere attribuito il carattere di persona.
32. — Deve reputarsi persona della società internazionate ogni
ente che ha l'individualità Jwre suo ed indipendente dal Diritto
territoriale: una sfera di azione che può estendersi in tutte le
regioni dell'universo, e la capacità di essere soggetto al Diritto
internazionale.
33. — Ogni persona della società internazionale che esiste jure
suo, deve riconoscere nelle sue relazioni colle altre l'autorità del
Diritto internazionale, che deve governare l'acquisto e l'esercizio
dei diritti internazionali e l'adempimento delle reciproche obbli-
gazioni giuridiche.
Lo Stato è persona.
34. — Lo Stato è di pieno diritto persona della magna civitas,
e deve ritenersi naturalmente soggetto al Diritto internazionale,
e dotato della capacità nelle sue relazioni cogli altri Stati d'acqui-
stare e di esercitare i diritti internazionali che a lui appartengono
come Stato ed adempiere le proprie obbligazioni giuridiche.
Parte generali lOO
36. — Dev'essere riputato Stato la società politica formata da
una considerevole moltitudine di uomini, abitanti un determinato
territorio e subordinati alla suprema potestà del sovrano, il quale
abbia il potere ed i mezzi adatti a mantenere, mediante la legge,
l'ordinamento politico dell'associazione, e a tutelare il diritto dei
consociati, e capace di assumere la responsabilità dei propri atti
nelle sue relazioni internazionali.
Li uomo e la Chiesa sono persone della società internazionale.
36. — Devono reputarsi altresì come persone della magna civitas
l'uomo e la Chiesa.
37. — S'intende per Chiesa una considerevole moltitudine di
uomini sparsi nelle diverse regioni del mondo e spontaneamente
e liberamente uniti in consorzio religioso dal vincolo della fede
comune, sotto la suprema autorità di un capo, che mantenga la
unità del dogma e della credenza rispetto a tutti, e che provveda
al governo dell'associazione senza mezzi coercitivi.
La condizione sostanziale affinchè un ente possa essere reputato persona è
questa, che cioè esso abbia VìndìvidnsAìik jure suo: e volontà, libertà e capa-
cità di avere rapporti o relazioni giuridiche cogli altri enti, che fanno parte
della medesima società.
Lo Stato ha rindividualità jure suo, che proviene dalla sua costituzione poli-
tica come Stato, ed ognuno ammette che debba essere reputato come persona
della magna civitas. Anzi Taforìsmo accettato dalla generalità si è che lo Stato
soltanto possa essere considerato come persona della magna civitas.
Un primo ostacolo s'incontra neiram mettere che Tuomo possa essere repu-
tato persona di fronte al Diritto internazionale. Tale ostacolo si spiega per
altro se si consideri, che per ammettere il concetto che Tuomo è persona o
soggetto di diritto jure suo di fronte al Diritto pubblico interno occorse prima
tutta la evoluzione, da cui nacque poi la rivoluzione fatta per rivendicare i
diritti deiruomo di fronte al potere onnipotente dello Stato.
Mettendo da parte Taforismo e spingendo lo sguardo addentro si deve ammet-
tere che Tuomo sia naturalmente persona di fronte al Diritto civile, di fronte
al Diritto pubblico, e altresì di fronte al Diritto internazionale. Dovrebbe infatti
ognuno attentamente considerare che dal momento che Tuomo esiste, egli esiste
come individuo dotato di libertà e di attività e capace di entrare in rapporti
non soltanto cogli altri uomini, e col Governo del paese cui egli appartiene
come cittadino, ma bensì cogli uomini e coi Governi dei paesi stranieri. La
sua attività può infatti esplicarsi senza limitazioni territoriali.
Ora non si può al certo sostenere che Tuomo, in tutte le forme di rapporti
1 10 Libro L • Delle persone
nazionali e internazionali, non debba essere reputato sempre come soggetto
di diritti. Bisogna conseguentemente ammettere, che TindiTìduo, il quale abbia
natura umana dev'essere reputato come persona di fronte al Diritto intemazio-
nale, essendoché esso nelle relazioni internazionali è sempre soggetto di diritto.
Dicendo che l'uomo sia persona di fronte al Diritto intemazionale, non si
intende al certo di dire che esso sia persona così come è persona lo Stato, o
che esso possa acquistare ed esercitare nella società internazionale i diritti
che appartengono allo Stato o assumere e mantenere le obbligazioni ginri-
<iiche internazionali così come lo Stato può fare. É persona lo Stato ed è
persona Tuomo di fronte al Diritto internazionale; ma siccome altra cosa è
la personalità dello Stato e ben altra cosa è la personalità dell'uomo, cosi i
diritti internazionali che appartengono all'uno e all'altro e che riposano sulla
base della loro natura e della loro personalità, sono distinti e diversi.
Nessuno può negare che all'uomo debbano essere attribuiti certi diritti che
trovano per base la natura umana e che devono reputarsi indipendenti dalla
fiua condizione di cittadino di uno Stato determinato. Nessuno conseguente-
mente deve disconoscere che l'uomo deve essere reputato soggetto rispetto a
tutti quei diritti, che trovano per base la natura umana, e siccome rispetto ad
«ssi deve essere reputato soggetto senza limitazioni territoriali, così riesce
chiaro che l'uomo pure deve essere reputato persona della magna eivUas.
Maggiore resistenza s'incontra nell'ammettere che la Chiesa possa essere
considerata come persona della magna civitas. Il nostro concetto, che meglio
sarà determinato in seguito, può ingenerare una deplorevole confusione se uno
non si ponga bene in mente quale sia giustamente ed esattamente la nozione
della personalità che s'intende attribuire alla Chiesa. Dicendo noi che ò per-
sona la Chiesa e che è persona lo Stato, non intendiamo dire che vi sia o che
vi possa essere qualche cosa di comune fra l'una e l'altro rispetto alla propria
cerchia giuridica ed alla capacità che all'una e all'altro può essere attribuita.
Niente affatto. Diciamo bensì che essa è persona di fronte al Diritto inter-
nazionale nel senso cioè che, siccome essa è un'istituzione che esiste Jur^ suo
ed indipendentemente dal Diritto territoriale: che ha come tale la propria
individualità ed una sfera di attività che non può essere ristretta in una deter-
* minata regione, ma che può estendersi bensì in ogni parte del mondo, così
deve ritenersi jure suo soggetta al Diritto internazionale e capace nelle sue
relazioni cogli Stati di acquistare ed esercitare i diritti internazionali che ad
essa appartengono come consorzio di uomini associati dalla stessa credenza reli-
giosa. Cotesti diritti sono determinati alla reg. 57 e al titolo XI, Parte speciale,
di questo libro.
11 giusto concetto è stato alterato e frainteso da coloro che ci hanno voluto
attribuire un'opinione che non abbiamo mai sostenuta, che cioè la Chiesa
debba essere reputata jure suo una persona giuridica internazionale. U profes-
sore Scaduto ha falsato il nostro concetto fondandosi su tale deplorevole eqoi*
voco, e non ha avvertito che abbiamo sempre ed espressamente sostenuto che
nessuna Chiesa, compresa la Cattolica, può essere reputata come persona
giuridica, vale a dire colla capacità di esercitare diritti patrimoniali, se tale
capacità non venga ad essa attribuita dal sovrano dello Stato ed in forza del
Diritto territoriale. Vedi la nota alla regola 31 della 1* edizione Diritto intema-
zionale codif., le regole 441, 442, 456, 464, 465 e 466, ivi Diritto intemazionale
pubblico^ 3* ediz., voi. I, Dei diritti e dei doveri intemazionali detta Chiesa
I 691. Vedi in seguito regole e note ai titoloni del presente volu me.
Parte generaU 111
Enti mm'ali che sono peìsone.
38. — La . condizione di persona può essere attribuita a certi
enli morali costituiti per determinati fini d'interesse internazio-
nale ogniqualvolta che la capacità per l'acquisto e l'esercizio
di certi diritti sia stata attribuita ad essi per effettuare le fina-
lità d'interesse internazionale per le quali tali enti siano stati
costituiti.
39. — La personalità internazionale di taK enti non può esi-
stere che in forza del riconoscimento degli Stati e non potrà
esplicarsi che a riguardo di quegli Stati soltanto che l'avessero
riconosciuta.
Non mancano esempi di casi, nei quali la capacità ad esercitare certi diritti
internazionali è stata attribuita a certi enti in forza del consenso degli Stati.
Ne porge un esempio la Confederazione germanica ed un altro TAssociazione
intemazionale del Congo, la quale venne riconosciuta dairAustria-Ungheria,
dal Belgio, dalla Danimarca, dalla Francia, dalla Germania, dalla Gran Bret-
tagna, dair Italia, dai Paesi Bassi, dal Portogallo, dalla Russia, dalla Spagna,
dagli Stati Uniti del Nord, dalla Svezia e Norvegia. (Vedi Nouveau recueil ge-
neral de Traités - eontinuati&n de Martens, par Julea Hopf; 2°** sèrie, t. X, 1885;
e 1* importante opera del Gatellani : Le coionie e la Conferenza di Berlino,
cap. VlIIy Associazione intemazionale del Congo, pag. 499.)
Enti soggetti al Diritto intemazionale.
40. — Devono reputarsi sommessi al Diritto internazionale gli
enti formati dall'unione di uomini congiunti da una causa, da una
ragione o da un fine comune in quello che nell'esercizio dei loro
diritti o nello sviluppo della loro attività interessino la società
internazionale. Tali sono:
a) Il Popolo.
b) La Nazione.
e) Le genti incivili.
41. — Il Popolo è una congregazione di uomini abitanti la
medesima regione, uniti in vincolo comune dalla comunanza di
aspirazione e d'interessi economici, politici e sociali.
42. — La Nazione è un aggregato di uomini aventi la mede-
sima origine e la medesima schiatta, parlanti la medesima lìngua.
Il* Libro L ' Delle persane
abitanti la stessa regione e uniti in vincolo comune dalla comu-
nanza di tradizioni, di aspirazioni, di affetti, di tendenze morali,
uniformi e costanti.
43. — Gente dinota una congregazione di uomini formata da
più famiglie e mancante di qualsiasi forma di organizzazione
politica.
Condizione giuridica del popolo^ della nazione.
44. — II popolo e la nazione non possono essere reputati di
per se stessi come persone della magna civitas e non possono
vantare la capacità di esercitare i diritti e di assumere le obbliga-
zioni internazionali spettanti agli Stati che allorquando essi siano
politicamente organizzati e costituiti come tali. Però nell'esercizio
dei diritti che trovano per base la natura umana e che possono
mteressare la società internazionale devono rimanere soggetti al
Diritto intemazionale.
U carattere distintivo della persona è Tindividualità , ed il requisito carat-
teristico della personalità internazionale si è quello deirindividualità indipen-
dente dal diritto territoriale ed una sfera di attività che non può essere cir-
coscritta dentro confini territoriali. Noi neghiamo quindi il carattere di persona
internazionale al popolo ed alla nazione, perchè all'uno e all'altra manca il
requisito della individualità, lì vincolo della comunione idoneo a fare di un
aggregato di uomini un popolo o una nazione non è sufficiente a dare allo
aggregato stesso la propria individualità, se non che quando gli uomini aggre-
gati dal vincolo comune abbiano reso effettivo il loro congiungimento, dando
a se medesimi una determinata costituzione politica, vale a dire costituendo
un Governo che personifichi e rappresenti il principio della loro unità. Fino
a tanto che il popolo o la nazione non arrivino a tale risultato finale si deve
ritenere che essi si trovino nel momento di evoluzione per divenire persona;
per lo che essi si devono pure reputare dotati di certi diritti, che trovano illoio
fondamento nella natura umana, e che ad essi appartengono secondo il Diritto
internazionale. In sostanza essi non sono effettivamente persone, ma (mi si
faccia buona Tespressione) sono persone in fieri, sono persone nel divenire.
Il Diritto civile considera come soggetto di diritto anche il nascituro. 11 popolo
e la nazione di fronte al Diritto internazionale noi lo concepiamo come il nasci-
turo di fronte al Diritto civile.
45. — I diritti internazionali del popolo e delle nazioni sono
da considerarsi come indipendenti e distinti da quelli che spet-
tano allo Stato.
Parte generàlt 113
Condizione delle genti incivili.
46. — Le genti nomadi, anche quando riconoscano Tautorìtà
di un capo, non possono de jure essere reputate come persone
della magna civUas; però, a riguardo di quei rapporti di fatto che
vengono a stabilirsi tra di loro e gli Stati legalmente costituiti,
possono invocare Tapplicazione del Diritto internazionale, in certo
modo analogo agli Stati e limitatamente ai rapporti suddetti.
47. — Le genti incivili, qualunque sia il grado di loro cultura
e mancanti di qualsisia forma di organizzazione politica, che vivono
alla loro maniera sul territorio da esse occupato, devono ritenersi
soggette al Diritto intemazionale, in quello che esso tutela i diritti
della personalità umana.
Applicando ijnesta regola» bisogna ammettere che le genti, che occupano
certe regioni, come i pastori arabi, consacrati alla coltivazione della terra ed
airesercizio della caccia, non possano essere trattati con ingiustizia e spogliati
dei loro dominii con crudeltà. 11 Diritto internazionale dev^essere bensì applicato
ad essi come consiglia la giustizia naturale ed osservando i doveri generali che
derivano dall*obbligo di rispettare i diritti deiruomo e della personalità umana.
Condizione delle persone giuridiche.
48. — Gli enti collettivi a cui la legge d'uno Stato attribuisca
la personalità e la capacità ad esercitare certi diritti, anche quando,
avuto riguardo alla loro natura, potessero avere una sfera d'azione
nei paesi stranieri, non possono essere reputati come soggetti di
Diritto fuori dello Stato che li abbia istituiti, che sotto la condi-
zione del previo riconoscimento da parte della sovranità straniera
e soltanto rispetto a ciascuno degli Stati che li abbia riconosciuti.
Questa regola si applica alle persone giuridiche propriamente dette, che con-
sistono in qualsisia forma di aggregazione di uomini, di beni o di diritti, a cui
il sovrano di uno Stato abbia attribuita la personalità e la capacità di eser-
citare quei diritti, che siano reputati idonei ad effettuare le finalità di pub-
blica utilità, p<gr le quali la personalità giurìdica sia stata attribuita aU*aggre-
gazione suddetta. Anche quando per effettuare le finalità, in considerazione
delle quali la personalità sia attribuita agli enti collettivi, possa reputarsi indi-
spensabile 0 per lo meno dUnteresse generale, che essi allarghino la loro sfera
di azione nei paesi stranieri, non si può sostenere che ciò possa essere ammesso
senza la previa antorizzazione della pubblica potestà dello Stato straniero, data
8 — Fiori, Dir. intertt. codif.
ill4 Lihrv L - DéUt persone
colla forma del riconoscimento o altrimenti. Quello che abbiamo detto della
nazione, del popola e delle genti non si può applicare agli enti collettivi o
persone giuridiche. I primi è vero che non hanno la propria individualità,
però il vincolo d'unione trova per base la natura umana e come causa effi*
ciente i fattori naturali. Rispetto ai secondi invece il vincolo d*unione pro-
viene dalla loro finalità, in considerazione della quale la sovranità abbia attri-
buito ad essi la capacilà di essere soggetti di Diritto, ogni qual volta che ha
ritenuto la loro finalità di pubblica utilità. Deve quindi riuscire evidente che
essi non possono de jure allargare la loro sfera di azione nei paesi stranieri
senza il previo riconoscimento o la previa autorizzazione della pubblica potestà
del medesimo. Gonf. le nostre opere : Dir. intern, priv,^ 3' ediz., voi. I, parte
speciale, cap. Il* — Coneultazi&né suUa controversia tra la Oreeia e la Romania.
Successione Zappa, — Delia personalità giuridica dei corpi morali p estratto
dalla Giurisprudenza italiana, voi. XLVI-XLVIL
Diritti internazionali dello Stato.
49. — Ogni Stato, nelle sue relazioni cogli altri Stati, deve
ritenersi legalmente costituito ogni qual volta che esso abbia una
qualsisia forma di costituzione politica ed un Governo idoneo a
mantenere le relazioni esteriori cogli altri Governi e ad assumere
la responsabilità dei proprii atti.
50. — La personalità dello Stato deve reputarsi integra, e la
continuità della sua esistenza come se non fosse stata mai rotta,
finché non accada ch'esso perda i requisiti sostanziali alla sua
esistenza come corpo politico.
Il mutamento e la diminuzione della popolazione e dei posse*
dimenti territoriali non modificano la personalità dello Stato.
61. — Ogni Stato legalmente costituito dev'essere considerato
persona della società internazionale, indipendentemente dalla
formalità del riconoscimento, e capace di esercitare de Jure quei
diritti che devono essere reputati suoi diritti internazionali fon-
damentali, e di assumere obbligazioni internazionali nelle sue rela-
zioni cogli altri Stati.
Dal momento in cui lo Stato è costituito, esiste come persona jure mo, e
deve reputarsi investito di tutti quei diritti che devono essere considerati
come suoi diritti fondamentali, vale a dire di quelli ohe, avulo rigfuardo alla
natura di esso Stato come istituzione, si debbono considerare indispensabili
affìnchè esso posna effettuare le finalità dMnteresse sociale per le quali è costi-
tuito. Il riconoscimento da parte degli Stati stranieri non può reputarsi a ciò
richiesto. Ogni Stato può liberamente stabilire o non stabilire rapporti eoa
Pa r/v^ {lenerah 115
uno Stato straniero, ma non può a suo piacimento ed arbitrio ammettara o
non ammettere che lo Stato straniero sia una persona della magna civitaa e
colla naturale capacità di esercitare quei diritti che devono essere considerati
appartenenti a lui jure proprio come persona. Conseguentemente i rapporti di
fatto tra uno Stato ed un altro devono ognora reputarsi sommessi al Diritto
internazionale indipendentemente dal riconoscimento. (Vedi i miei scritti Con-
suìtazìoné sulla coniroarBia tra la Grecia e la Romania^ Successione Zappa,
Della personalità giuridica dei corpi morali e della personalità giuridica dello
Stato alVinterno e altestero)
52. — Ogni Stato che sia entrato in rapporti con un altro Stato,
deve ritenersi ipso jure ipsoque facto ammesso ad esercitare ogni
diritto fondamentale che spetta jure proprio allo Stato come tale e
senza che occorra per questo alcun atto di pubblico supremo potere.
63. — Le limitazioni relative all'esercizio dei diritti internazio-
nali spettanti jure proprio ad ogni Stato non possono ammettersi
per analogia o per induzione, ma devono risultare espressamente
o dai solenni trattati generali o dai trattati speciali conclusi fra
i due Stati per reprolare lo stabilimento delle loro relazioni diplo-
matiche o dalla legge costituzionale dei rispettivi paesi.
In massima bisogna ritenere che siccome lo Stato non può mancare dei
propri diritti fondamentali per potere esistere come tale nelle sue relazioni di
fatto con un altro Stato, così possa vantare il godimento dei propri diritti fon-
<ìamenta]i senza riserva.
54. — Sono diritti fondamentali dello Stato quelli che si deb-
bono considerare indispensabili affinchè esso possa sussistere giu-
ritlicamente ed avere i suoi caratteri distintivi come Stato.
55. — I diritti fondamentali devono essere reputati assoluti,
inalienabili ed intangibili, ed essi sono:
a) il diritto di autonomia, d'indipendenza e di libertà;
b) il diritto di eguaglianza; ^
e) il diritto d'imperio e di giurisdizione;
d) il diritto di rappresentanza.
Diritti internazionali deìViwmo.
56. — I diritti internazionali dell'uomo sono quelli che appar-
tengono a ciascuno come uomo, e non come cittadino di un
116 Libro L - Delle persone
determinato Stato. Questi sono i dirftti della personalità umana
secondo il Diritto internazionale.
57. — Saranno principalmente reputati diritti internazionali
dell'uomo :
a) il diritto d'inviolabilità e di libertà personale;
b) il diritto di eliggere la cittadinanza di uno Stato, di rinun-
ziare a quella acquistata e di sceglierne un'altra;
e) il diritto di emigrare;
d) il diritto di libera attività e di commercio internazionale;
e) il diritto di proprietà;
f) il diritto di libertà di coscienza.
Diritti internazionali della Chiesa.
58. — I diritti internazionali di ogni Chiesa sono quelli che ad
essa appartengono come consorzio religioso e come istituzione
pubblica universale.
Questi sono:
a) libertà della sua costituzione e della sua organizzazione in
ogni regione del mondo;
b) libero governo nella cerchia determinata dalla finalità di
essa come istituzione spirituale ;
e) libera comunicazione del capo di essa con tutto il sacer-
dozio e coi fedeli.
69. — Nessuna Chiesa potrà pretendere di essere considerata
come persona giuridica ed esercitare diritti patrimoniali o tem-
porali, se non quando tale capacità sia stata ad essa attribuita
e riconosciuta dal sovrano dello Stato e colle limitazioni stabi-
lite in forza della legge di ciascun paese.
60. — Nessuna Chiesa potrà pretendere di essere assimilata
ad uno Stato ed esercitare i diritti internazionali che ad esso spet-
tano e neanche pretendere che il suo capo goda dei diritti e delle
prerogative che spettano al sovrano dì uno Stato secondo il Diritto
politico ed il Diritto internazionale.
Parte generale 117
6]. — Nessuna Chiesa potrà pretendere che debba reputarsi
indispensabile per la sua indipendenza e per la sua libertà quaU
sista base di sovranità territoriale, né qualunque esercizio dei
diritti della sovranità f^olitica, segnatamente quello della giurisdi-
zione ordinaria in materia giudiziaria e di qualsisia altro potere
temporale.
Le regole su esposte serrano ad eliminare ogni equivoco rispetto a tntto
quello che concerne la condizione (purìdica della Chiesa e del Papato secondo
il Diritto intemazionale. Avendo ammesso che alFuomo spettano certi diritti
intemazionali, queUi cioè che trovano'per base la natura umana, ammettiamo
conseguentemente che la congregazione degli uomini uniti in vincolo comune
dalla medesima fede e riuniti di fatto in consorzio religioso, assume pure la
condizione di soggetto del Diritto internazionale. Abbiamo però sempre e costan-
temente escluso qualsisia analogia o somiglianza tra i diritti che spettano alla
Chiesa e quelli che spettano allo Stato. È caduto in un deplorevole equivoco il
prof. Scaduto quando ha creduto che la nostra teoria fosse conforme a quella di
Corsi (?1). Questi ammette che il Papa goda nelPattualità di una vera e propria
sovranità territoriale. (Vedi * La situazione attuale deUa Santa Sede nel Diritto
intemazionale,, parte III, estratto dal giornale La ^^^e, fase. 22 e 23,voL 1 1886.)
Noi invece abbiamo sempre escluso qualsisia pretesa di sovranità territoriale
ed abbiamo combattuto vivamente 1* equivoco della capitolazione di Roma del
20 settembre 1870, sul quale si fonda il Corsi per arrivare a conclusioni so-
fitanzialmente e diametralmente opposte. (Vedi: Fiori, Dir. pubb, iniemaziofiaUf
3' ediz. 1887, voi. I, § 705 e seguenti; Dir. intem. eodif,^ 1* ediz., regola 465-466.)
Bisogna supporre che il prof. Scaduto non abbia letto le mie opere o che non
abbia inteso al giusto la nostra teorìa.
Diritti intemazionali del popolo e delle nazioni.
62. — Ogni popolo ha il diritto di stabilire e modificare la
propria costituzione politica, di costituire quel Governo che esso
reputi il più adatto a tutelare i diritti degli associati e può esi-
gere che al Governo da esso costituito ne' suoi rapporti cogli
filtri Governi sia applicato il Diritto internazionale.
63. — Un Governo costituito dal popolo in seguito ad una
rivoluzione, il quale sia di fatto in possesso dei diritti di sovra-
nità, dev'essere considerato rispetto a coloro che Tabbiano costi-
tuito come un Governo di diritto, rispetto agli altri Governi deve
^sere considerato come un Governo di fatto e reputato nelle sue
relazioni con essi come soggetto al Diritto internazionale.
^^" Libro L - DeUe persatie
64. — Non lice in nome dei pretesi diritti delle dinastie regnanti
o del diritto storico consacrato nei trattati limitare il diritto spet*
tante alle genti di aggregarsi politicamente e di costituire il supremo
I>otere del sovrano conforme ai voti della^maggioranza.
65. — Gli atti del partito rivoluzionario, il quale tende a rove**
sciare un Governo costituito ed a costituirne un altro, devono essere
assoggettati al Diritto pubblico per tutti i rapporti airintemo, ed
al Diritto intemazionale per tutti i rapporti che ne possono deri*
vare all'estero.
Applicando questa regola ne consegne che durante la guerra civile il par-
tito rivoluzionario che combatte contro il potere costituito, date certe circo-
stanze che saranno determinate in seguito, non può essere assoggettato al Diritta
penale che deve essere applicato ai ribelli, ma che deve essere assoggettato
bensì al Diritto internazionale, riconoscendo ai combattenti la qualificazione
dei belligeranti.
66. — Il diritto spettante alle genti di costituirai a Stato deve
essere massimamente protetto ogni qual volta che esso sia in
una libera e spontanea manifestazione di sentimenti e tendenze
nazionali.
67. — Dovrà reputarsi d'interesse comune della società inter-
nazionale, per rendere solido e stabile l'ordinamento giuridico della
medesima, che gli Stati siano formati da genti unite in vincolo
comune da caratteri nazionali.
Questa regola può valere a tutelare e sostenere i diritti delle nazionalità ed
a fare ammettere che secondo il Diritto intemazionale la formazione degli
Stati nazionali debba essere a preferenza favorita. Né prescrizione, né pretesi
diritti dinastici, né trattati, né diritti storici di qualsiasi natura dovrebbero
valere a scemare il diritto spettante alle genti, che siano attratte dai fattori
nazionali ad associarsi ed organizzarsi politicamente, di essere protette, e sopra-
tutto poi quando esse siano assoggettate colla forza, col raggiro e coirastuzia
ad un supremo potere che sia in opposizione con le loro natondi tendenze e
con le loro costanti aspirazioni nazionali.
Diritti internazionali dei Corpi morali.
68. — Un corpo morale, al quale sia stata attribuita )a per-
sonalità e la capacità ad esercitare certi diritti civili dalla sovra*
nità di uno Stato, non può pretendere di esercitare e godere in
Part$ generaU 119
paese straniero i suoi diiilti civili, né vantare la capacità giuridica
di obbligarsi, che sotto la condizione della previa autorizzazione
espressa o tacita da parte della pubblica potestà dello Stato
straniero.
69. — Ogni qual volta la sovranità di uno Stato abbia rico-
nosciata tacitamente o espressamente la personalità giuridica di
un corpo morale straniero, ciò equivarrà a riconoscere in esso la
capacità ad esercitare quei diritti civili che gli spettano secondo
lo statuto personale, salvo le limitazioni sancite dalla legge ter-
ritoriale e sotto le condizioni da essa legge sanzionate.
120
Libro L - Delle peraofie — Parte speciale
PARTE SPECIALE.
ACQUISTO, GODIMENTO, ESERCIZIO E PERDITA DEI DIRITTI.
DOVERI INTERNAZIONALI.
TITOLO I.
Della personalità.
70. — Ogni Stato acquista jure suo ì diritti che gli apparten-
gono come persona ogni qual volta che esso possa ritenersi le-
galmente costituito {Conf. regola 35).
71. — n Diritto intemazionale deve applicarsi agli Stati così
come sono, e come li ha fatti la storia, e ciascuno di essi, indi-
pendentemente da quanto concerne la legittimità della sua costi-
tuzione politica, dev'essere reputato come persona della società
intemazionale.
72. -^ La costituzione politica di uno Stato e i mutamenti della
medesima devono essere considerati come fatti di Diritto pubblico
interno, sempre che essi siano compiuti senza offendere il Diritto
internazionale, o attentare direttamente o indirettamente all'ordi-
namento giuridico della società degli Stati.
La legittima costituzione di uno Stato è una questione di Diritto costituzio-
nale. Bisogna infatti decidere in conformità dei principii, che devono governare
la legittimità dei potori costituiti, se una determinata costituzione politica possa
o no reputarsi legittima. Il Diritto intemazionale deve favorire e proteggere la
formazione degli Stati nazionali, ma non si potrebbe, neanche in nome delle
volute leggi deUe nazionalità, giustificare Taggregazione e la disgregazione
delle genti, avuto anche riguardo ai loro caratteri nazionali e contro la comune
propria volontà ed il loro consentimento manifesto, spontaneo^e'Biiicero della
loro unione politica.
Titi^o L ' Della personalità l*i
Riconoscimento di uno Stato.
73. — Nessuno Stato può godere ed esercitare di fatto i suoi
diritti intemazionali di fronte agli altri Stati, se non che quando
sia entrato in relazione con essi, o sia stato da essi riconosciutot
Qnantanqne lo Stato debba essere reputato jure suo come persona anche
ne* suoi rapporti colla società intemazionale, e come tale capace di diritti e
di obbligazioni intemazionali, pur non di meno il godimento e Tesercizio effet-
tivo di ogni diritto che allo Stato appartiene, devono reputarsi sempre subor-
dinati alla condizione che esso sia entrato in rapporti attuali con gli altri Stati,
lo che si effettua mediante il riconoscimento.
74. — Il riconoscimento è necessario soltanto quando si sia
formato uno Stato nuovo mediante la separazione di una parte
da uno Stato antico, o mediante la riunione di più Stati che si
sieno costituiti in uno Stato solo.
n riconoscimento può essere opportuno quando un nuovo ter-
ritorio sia stato aggiunto ad un nuovo Stato, e s'intenda rico-
noscerlo come parte integrante dei dominii di esso, o quando sia
avvenuto il mutamento della costituzione politica di uno Stato.
76. — Ciascun Governo ha diritto di giudicare liberamente e
nella maniera la più indipendente tutte le circostanze che fac-
ciano stimare opportuno il riconoscimento di uno Stato nuovo,
e non è tenuto a rendere conto del suo operato agli altri
Governi, i quali giudicassero intempestivo o tardivo il ricono-
scimento.
76. — Il riconoscimento può essere considerato in buona fede^
se sia fatto quando il nuovo organismo politico abbia acquistato
una certa solidità, quando cioè non manchino ad esso il potere
ed i mezzi per esercitare i diritti e le funzioni dello Stato, tute-
lando l'ordine, amministrando la giustizia ed assumendo la respon-
sabilità dei propri atti.
77. — Si deve considerare in mala fede il riconoscimento di
un nuovo Stato fatto mentre durino le ostilità e mentre continui
la lotta tra l'antico Governo, che cerchi di ristabilire con la forza
l'ordine di cose preesistente, ed il partito momentaneamente
122 Libro 1. - Delle persone — Parte speciale
vittorioso, che non sia riuscito a costituire un Governo solido
ed autorevole.
78. — Il riconoscimento dev'essere limitato a quanto apparisce
di fatto^ e non può valere mai ad esprìmere Tapprovazione dei
mezzi che possano avere assicurato l'esito, né Tapprezzamento della
giustizia dei medesimi, o la legittimità del nuovo ordine di cose.
79. — Il riconoscimento di un nuovo Stato da parte dei terzi
Stati non può dare un giusto motivo di dolersene all'antico Stato^
né potrà essere considerato come atto ostile, sempreché esso non
possa per le circostanze equivalere ad un appoggio morale dato
al nuovo Governo contro l'antico.
80. -- Si deve considerare come regola di saggia politica di
non ritardare il riconoscimento d'ogni Stato che si sia di fatto
costituito indipendente, e non può essere di ostacolo a ciò che
l'antico Governo adoperi ogni mezzo per impedire ai terzi di rico-
noscere il nuovo Stato e per riacquistare i possedimenti perdati.
81. — Si deve reputare contro i principii del Diritto intema-
zionale l'ingiustificato rifiuto di riconoscere un nuovo Stato che
sia di fatto indipendente.
82. *— Un nuovo Governo il quale proclami principii sovver-
sivi ed in opposizione alle leggi fondamentali del Diritto sociale
o del Diritto comune intemazionale, e che attenti cosi o altrimenti
alle basi della società giuridica degli Stati, non avrà alcun diritto
di essere riconosciuto e di godere le prerogative che sono garan*
tite dal Diritto internazionale ai poteri sovrani legalmente costituiti.
83. — Il riconoscimento di un nuovo Stato da parte di un Con-
gresso è decisivo a risguardo della legalità e della legittimità del
nuovo ordine di cose, e deve essere reputato efficace rispetto a
tutti, compreso l'antico Stato, e può aver luogo, anche quando
per le circostanze possa essere valutato come un appoggio morale
dato al nuovo organismo politico rispetto all'antico.
84. — Lo stabilire, il mantenere o l'interrompere le relazioni
con un nuovo Stato o con un nuovo Governo é un diritto che
appartiene al sovrano di ciascun paese e che dev'essere da esso
esercitato secondo il Diritto pubblico interno*
TUdo L - Detta personalità l^B
85. — Non è necessario un atto formale pel riconoscimento
dì un nuovo Stato o di un nuovo Governo. Ogni qual volta che
le relazioni diplomatiche siano state di fatto con esso stabilite^
questo equivale al riconoscimento formale.
Possono essere diversi gli atti, mediante i quali senza il riconoscimentp for*
male venga riconosciuto un nuovo Stato o un nuovo Govemo. Lo stabilimento-
degli agenti consolari, la conclusione di una convenzione internazionale, Tarn*
missione del nuovo Stato come tale in un trattato stipulato con altri Stati, ed
altri atti somiglianti idonei a constatare lo stabilimento delle relazioni diploma-
ticbe, possono equivalere alPatto formale di riconoscimento.
86. — Ogni nuovo Governo, indipendentemente dal riconosci-
mento, può domandare Tapplicazione del Diritto internazionale ed
assumere obbligazioni internazionali rispetto agli altri Stati, coi
quali esso entri di fatto in relazione {Conf. reg. 62).
87. — I tribunali del paese, che non abbia riconosciuto il nuovo
Stato o il nuovo Govenio, e le autorità pubbliche sono tenuti a
considerare, per tutto quello che concerne i rapporti internazionali^
inalterato l'antico stato di cose, fino a tanto che non abbia avuto
luogo il riconoscimento da parte del Governo del proprio paese.
Per chiarire 1* intelligenza delle due esposte regole conviene avvertire, che
appena uno Stato o un Governo sia costituito, il sovrano di esso non solo deve
essere reputato in possesso dei diritti sovrani airinUrno indipendentemente
dal riconoscimento, ma deve essere altresì considerato come sommesso al Diritto-
internazionale ne* suoi rapporti di fatto cogli altri Stati, che non lo avessero*
riconosciuto. Però il Sovrano può esercitare in tutta la pienezza i diritti d>
sovranità soltanto airinterno, ma non potrebbe pretendere che dovesse essere
lo stesso per tutto quello che concerne Tesercizio di tali diritti nelle relazioni
esteriori rispetto agli Stati che non l'avessero riconosciuto. Gli ufficiali pub*
blici conseguentemente e le Corti di giustizia potrebbero disconoscere il valore
degli atti del nuovo Governo fino a quando non si fosse verificato il riconosci-
mento del nuovo stato di cose da parte del Governo del loro proprio paese.
Laonde se il nuovo Governo avesse con nuove leggi mutato il Diritto pubblico
esteriore che preesisteva, modificando ad esempio le leggi relative airestradizione
dei malfattori o queUe relative alla condizione degli stranieri e via dicendo, le
Corti di giustizia e le pubbliche autorità del paese, che non avesse riconosciuta
il nuovo Stato, potrebbero non tener conto di dette leggi, e potrebbero invece
considerare l'antico stato di cose come tuttora in vigore. Gonf. Pbilliiioiii, Inter-
national Law, voi. Il, chap. iv, § 22, p. 33 ; Calvo, Droit intem., § 99 e seg.
88. — Ogni nuovo Stato esercita pienamente i diritti di sovra-
nità interna indipendentemente dal riconoscimento, ed incombe
alle autorità ed ai tribunali stranieri riconoscerne gli effetti giuridici.
124 Libro 1. - Delle persofte — Parte speciale
Il potere costituito deve reputarsi investito di ogni diritto di sovranità ainn-
temo appena il popolo abbia stabilito o accettato un Governo che di fatto
«Berciti i poteri sovrani, e Tesercizio di tali diritti può produrre i suoi effetti
nei paesi stranieri indipendentemente dal riconoscimento.
La Corte suprema di Washington dichiarò nel 1808 che i diritti sovrani degli
Stati Uniti deirAmerica del Nord dovevano essere considerati pieni ed integri
dal giorno in cui essi proclamarono la loro indipendenza, cioè dal 4 luglio 1776,
ed in&ipendentemente dal riconoscimento da parte deiringhilterra,che avvenne
col Trattato del 1782.
La Corte di Cassazione di Torino decise con ragione che un privato che
avesse pagato all'antico Governo le annualità per qualsiasi titolo dovute alla
sovranità territoriale, non sarebbe validamente liberato, né potrebbe addurre
la mancanza di riconoscimento, e la sua buona fede, per dedurre la validità
del pagamento. I diritti di sovranità intema spettano in tutta la loro pienezza
^i Governo di fatto (Cass. 1 luglio 1869. Oiuriapf faenza, 1869, 526).
Della costituzione politica dello Stato
in rappoHo alla stia personalità.
89. — La costituzione politica degli Stati è un fatto indiffe-
rente di fronte al Diritto internazionale : lo stabilimento però del
potere sovrano secondo la costituzione può determinare la per-
sonalità internazionale dell'organismo politico in rapporto all'e-
sercizio e godimento dei diritti internazionali.
90, — Ogni qual volta che più Stati trovinsi uniti in forza di
patto costituzionale, qualunque sia la forma della loro unione,
devono essere reputati come una sola persona nel consorzio inter-
nazionale, se per l'esercizio dei diritti intemazionali e per assu-
mere obbligazioni efficaci sia costituito un potere centrale, il quale
rappresenti nella società internazionale gli Stati uniti per lutto
quello che concerne la tutela dei loro diritti e dei loro interessi
nei rapporti cogli altri Stati.
Vi sono diverse forme di unione, di cui le principali sono lo Stato fede*
j-ativo, come è quello degli Slati Uniti d'America e la Confederazione svizzera,
« r Impero, che risulta da un certo numero di Stati i quali abbiano una certa
indipendenza, limitata dal patto della loro unione, per tutto quello che concerne
rinteresse comune. Un vero e proprio impero di Stati (Staatenreich) è quello
dell'Impero germanico, il quale presenta un carattere proprio per la circostanza
che manca la costituzione di un potere centrale, come si trova negli Stati fede-
rativi, nei quali i poteri sovrani federali sussistono separati da quelli che appar-
tengono ai sìngoli Stali confederati. Nell'Impero germanico il Re di Prussia è
r Imperatore, per lo che riunisce la corona imperiale e la corona di Prussia*
Titolo I. - DeUa personalità 125
91. — Non osta che, quando più Stati uniti col patto federale
0 altrimenti formano una persona sola nel consorzio internazionale,
sia attribuita ai singoli Stati la capacità giuridica internazionale a
riguardo di certi limitati interessi fra di loro e gli altri Stati. In questo
caso però non potrebbe essere attribuita ad essi nessun'altra facoltà,
che quella di esercitare diritti ed assumere obbligazioni d' interesse
particolare, mediante ì trattati stipulati dentro i limiti della capa-
cità giuridica ad essi attribuita secondo la legge costituzionale.
92. — Quando due Stati , rimanendo ciascuno autonomo ed
indipendente, siano rappresentati da una medesima persona che
è sovrano dell'uno e dell'altro Stato, essi nei rapporti interna-
zionali costituiscono due personalità separate e distinte.
Un esempio ne porge lo Stato del Congo e del Belgio. Vedi diversi esempi
di unione personale nell'opera di Alphoksb Ritier, Brine, de Droit dea gene,
tom. l**, pag. 94.
03. — Quando due Stati originariamente distinti e separati
siano incorporati e formino uno Stato solo, riconoscendo in forza
della loro costituzione la suprema autorità dello stesso sovrano,
tale forma di unione varrà ad attribuire ad essi una sola per-
sonalità nei rapporti intemazionali.
Questa ò la forma di unione che dlcesi unione reale (incorporate union) e
si verifica quando in virtù del patto costituzionale due o più Stati, conservando
la loro propria individualità nei rapporti di diritto pubblico interno, ricono-
scono il medesimo potere sovrano per tutto quello cbe concerne le relazioni
internazionali di essi Stati. Un esempio ne porge il Regno unito della Gran
Brettagna formato dai regni d* Inghilterra e di Scozia dopo il 1707 e dairirlanda
nel 1801. L'unione tra TAustria e FUngheria ò pure considerata come unione
reale; lo stesso deve dirsi deirunione tra la Svezia e la Norvegia.
Questa forma di unione ò suscettibile di diverse gradazioni e conviene rife-
rirsi al patto costituzionale di unione per determinare in che gli Stati con-
servino la loro propria individualità nei rapporti interni, e precisare la loro
incorporazione nei rapporti internazionali. Gonfr. Rivibr, Princ. de Droit de»
gene, § 21 ; Calvo, tom. 1*', § 47.
Condizione delle colonie.
94. — Quando un paese trovasi di fatto sotto la dipendenza
di uno Stato straniero, in guisa che esso formi una colonia
del medesimo, dev'essere considerato destituito di personalità
^26 Libro L - Delle persone — Parte speciale
intemazionale fino a tanto che duri effettivamente e realmente la
sua dipendenza fondata sul rapporto coloniale.
96. — Le colonie, qualunque sia il grado di loro indipendenza, per
tutto quello che concerne Tamministrazione dei domimi coloniali e la
loro capacità a fare certi determinati atti, che entrino nel dominio del
Diritto intemazionale, devono essere considerate come aggregate
allo Stato da cui dipendono, finché duri effettivamente la loro dipen»
denza ed esse non arrivino ad emanciparsi dalla soggezione alla
metropoli, costituendo un Governo autonomo ed indipendente.
La condizione giuridica delle colonie, le diverse gradazioni della loro dipendi
politica, la capacità a fare certi determinati atti nei loro rapporti coi paesi stra-
nieri non possono essere determinate che riferendosi alle leggi speciali emanate
dallo Stato a cui la colonia appartiene e alle successive vicende che hanno potuto
modificare di diritto o di fatto la condizione di ciascuna colonia. Si può soltanto
stabilire in massima, che finché la dipendenza sussiste e la colonia non arrivi ad
emanciparsi completamente dallo Stato dominante, la sovranità del medesimo per
tutto quello che concerne le sue funzioni ed i suoi diritti, che entrano nel carni io
-del Diritto internazionale, si espande nei domini coloniali, i quali devono essere
di fatto considerati come possedimenti dello Statò, a cui la colonia appartiene.
Vedi r importante opera del Catkllaki, Le colonie e la Conferenza di Berlino,
96. — Il diritto spettante alle colonie di emanciparsi dalla loro
soggezione alle metropoli e di costituire un Governo proprio ed
indipendente è un diritto legìttimo, come quello spettante a ciascun
popolo ed a ciascuna nazione. La lotta tra i coloni e lo Stato a
cui la colonia appartiene, deve rimanere sommessa alle stesse regole
della guerra civile fatta per costituire un Governo secondo la
volontà della maggioranza.
Rapporto di protettorato.
97. — Uno Stato che non si trovi nelle stesse condizioni di
cultura e di civiltà degli Stati civili, o che per la sua debolezza
non abbia mezzi sufficienti per tutelare i propri diritti, può met-
tersi sotto la protezione di uno Stato più potente e consentire a
<^he sia da esso rappresentato nella società internazionale e negli
^tti che cadono nel dominio del Diritto internazionale.
98. — Il rapporto di protettorato non può ritenersi stabilito
<:he in forza di consentimento espresso e, quando esso sussiste^
Titolo I. - Della perMìiaìità 127
la capacità giuridica dello Stato protetto, in quello che concerne
Tcsercizio dei poteri sovrani nei rapporti internazionali, deve rite-
nersi limitata a seconda dei patti stipulati nel trattato di protettorato
99. — Ogni qual volta che in virtù dei patti stipulati nel trat-
tato di protezione non solo venga tolta allo Stato protetto ogn
capacità di diritto e di fatto nei rapporti internazionali, ma sia
inoltre assoggettato allo Stato protettore anche neiresercizio dei
poteri sovrani nei rapporti airintemo, questo costituirebbe una
vera annessione sotto la forma di protettorato.
100. ^- Il protettorato, tuttoché stabilito mediante trattato, non
potrà essere reputato efficace rispetto agli altri Stati, che in con-
seguenza del riconoscimento del rapporto di protettorato da parte
di essi.
Il rapporto di protettorato introdotto nei tempi moderni costituisce di per
sé una vera anomalia come la guzeraineté ed il vassallaggio. In sostanza col
protettorato si viene a stabilire un patto anormale tra uno Stato più forte e
uno Stato debole, in virtù del quale uno garantisce alPaltro resistenza e Teser-
•cizio più o meno limitato dei diritti sovrani airinterno, e Taltro consente di
rimanere sommesso per tutto quello che concerne la sua vita internazionale ed
i suoi atti in rapporto cogli altri Stati alla sovranità dello Stato protettore. Cosi
si viene a stabilire il dualismo rispetto al potere sovrano dello Stato protetto,
ammettendo che esso possa essere sovrano sotto certo rispetto, e non sovrano e
subordinato alla sovranità straniera sotto un altro rispetto. Siccome la sovranità
tende naturalmente alFunità ed esclude conseguentemente il dualismo, così deve
riuscire evidente, che il rapporto di protettorato non può sussistere a tempo inde-
finito, ma che deve invece ritenersi destinato a sparire o colla completa incorpo-
razione dello Stato protetto o colla sua emancipazione dallo Stato protettore.
101. — La condizione giuridica derivante dal protettorato deve
reputarsi eccezionale e può essere equiparata a quella d'^in minore
sotto tutela o di una persona alieni juris per difetto di capacità,
e può sussistere fino a tanto che sussistono le circostanze che lo
abbiano motivato.
Lo Stato protettore non può, in forza del patto di protettorato
stabilito ed accettato, vantare il diritto assoluto di costringere colla
forza lo Stato protetto a rimanere soggetto alla sua protezione.
102. — Ogni forma di lotta, anche a mano armata, tra lo Stato
protetto e lo Stato protettore per rompere ed annullare il rap-
porto di protettorato deve rimanere sommessa alle stesse norme
che ogni forma di guerra per una controversia d'interesse pubblico.
J28 Libro L • Delle persone — Farle speciale
Vassallaggio.
103. — Quando uno Stato, neiresercizio de' suoi poteri sovrani,
sia di diritto e di fatto subordinato alla sovranità di un altro Stato,
e trovisi nella condizione di non poter esercitare con piena auto-
nomia i suoi diritti sovrani all'interno e di non poter esercitare
diritti ed assumere obbligazioni intemazionali che coir interme-
diario dello Stato che eserciti Talta sovranità, dev'essere reputato
Stato vassallo dell'altro, che è Stato suzerain.
104* ^ Il rapporto di vassallaggio dev'essere reputato eccezio-
nale ed anomalo e le conseguenze che ne derivano nel campo del
Diritto internazionale devono essere necessariamente ristrette come
quelle che conseguono da ogni forma di servaggio.
105« — Finché sussiste la subordinazione dello Stato vassallo
rispetto a quello cui spetti l'alta sovranità, non compete allo Stato
vassallo la personalità internazionale.
106. — Il movimento degli Stati vassalli per acquistare la com-
piuta indipendenza e per sottrarsi dalla loro subordinazione allo
Stato suzerain deve essere reputato conforme al loro legittimo
diritto e protetto secondo i principi! del Diritto intemazionale.
La lotta a mano armata tra lo Stato vassallo e Io Stato suzerain
deve rimanere sommessa alle regole che concernono ogni forma
di guerra.
Il rapporto di subordinazione tra lo Stato vassallo e lo Stato euzerain è
più esteso di quello derivante dal protettorato e può assumere diverse forme»
le quali sono state la conseguenza dei vincoli feudali, sui quali tu stabilito il
vassallaggio. La cultura e la civiltà tendono a stabilire il principio deU*iiiiJtà
nella sovranità, perchè in sostanza il dualismo non può sussistere, e la storia
ce ne ammaestra. La condizione degli Stati vassalli della Turchia è stata modi-
ficata coi patti stipulati col trattato di Berlino del 1878. La semi-sovranità
Seve essere considerata una anomalìa secondo il Diritto internazionale moderno
perchè implica una capitis diminutio e conseguentemente col progresso deUa
cultura, nei paesi tuttora soggetti alFalta sovranità straniera, la subordinajdono
dei medesimi deve tendere naturalmente a disparire.
Vedi per la condizione attuale degli Stati semi-sovrani : Calvo, Dr, intemaL,
vul. I, §^ &i. Pradieb-FcDérf., tom. i, 86, HO. Rivier, cU., tomo i, § é, pag. 7a
lUolo 1. - Della personalità 129
La guerra civile
in relazione alla personalità dello Stato.
107. — > Ogni forma di lotta intestina fatta mediante la forza
armata e militarmente organizzata tra cittadini soggetti allo stesso
sovrano, o tra paesi sommessi al potere supremo della medesima
sovranità, per una controversia di Diritto costituzionale^ costituisce
la guerra civile.
108. — La rivoluzione e la guerra civile in quanto tendono
a modificare mediante la forza armata l'esercizio dei poteri sovrani^
0 a modificare il patto costituzionale, in forza del quale più paesi
trovansi sommessi alla medesima sovranità, devonsi considerare
come fatti di Diritto pubblico interno.
Non può essere reputata gaerra civile quella soltanto che risulta dallMnsor*
gere dei cittadini dello stesso Stato, quando essi organizzati militarmente com-
battano «contro le forze del Governo costituito per modificare la costituzione
politica dello Stato, e Tesercizio dei poteri sovrani. Lo stesso carattere deve
essere attribuito altresì alla lotta che interviene tra due o più Stati, che in
forza del patto di loro unione si trovino sommessi al medesimo potere sovrano
0 col rapporto di subordinazione reale come accade per gli Stati semi-sovrani
0 in forza del rapporto di unione reale, come accade per gli Stati incorpo-
rati, o in forza del rapporto di unione federale, come accade per gli Stati costi-
tuiti a forma di confederazione, o per lo Stato o Impero federativo. Ogni qual
volta che in forza del patto costituzionale o del trattato di unione gli Stati
uniti o incorporati abbiano una sola personalità internazionale e la lotta fra
loro mh-i a rompere il patto di loro unione, ed a modificare Io stabilimento
della loro personalità intemazionale^ essa deve essere considerata guerra civile.
Conseguentemente per riferirci agli esempi accaduti nei tempi moderni, non
solo la guerra tra i partigiani della regina D. Maria e quelli di D. Miguel
nel Portogallo; quella tra i partigiani d*Isabell9 li e quelli dì D. Carlos nella
Spagna presentano i caratteri di guerra civile, ma tale carattere deve essere
attribuito altresì alla guerra di secessione negli Stati Uniti di America, com-
battuta dal 1860 al 1865, ed a quella tra le colonie e lo Stato a cui esse ap-
partengono, per la loro emancipazione, quale attualmente si combatte a Cuba.
(Conf. Calvo, DroU internata tom. i, § 84* e seg., tom. iv, § 1882 e seg.; e
RiviEB, citato, tom. i, pag. 83 e seg., toni, ii, pag. 213 e seg.: Pradier- Fodere,
Tratte de Dr, int, pub., tom. i, § 378.)
109. — Lo Stato non perde ipso facto la sua personalità inter-
nazionale pél sopravvenire della guerra civile. Dovranno quindi ri-
tenersi integri l'esercizio de' suoi diritti sovrani ne' suoi rapporti
9 — Fiore, Dir, intera, codif.
130 Libro L - Delle persone — Parte speciale
cogli altri Stati e Tobbligo di adempiere le sue obbligazioni verso i
medesimi, salvo che per le sopravvenute circostanze di fatto riesca
effettivamente o moralmente impossibile l'adempimento di esse.
110. — Il potere sovrano, così come trovasi stabilito in forza
della costituzione politica o del patto di unione, può trattare i
partigiani come ribelli ed assoggettare gli alti da parte di loro
alle leggi inteme. Qualora però il partito combattente arrivi ad
organizzarsi militarmente ponendosi in possesso di una parte del
territorio dello Stato, ed abbia una forza armata sufficiente per
sostenere il movimento insurrezionale contro la forza armata del
Governo, ed osservi durante la lotta le leggi della guerra, il sovrano
dello Stato non potrà considerare gl'insorti come malfattori fuori
del Diritto internazionale.
Riesce molto difficile il determinare con regole precise fino a qual punto
un movimento insurrezionale possa essere assoggettato alle leggi penali ed i
combattenti trattati come ribelli traditori, e quando gli atti da parte di loro
entrino nella sfera del Diritto internazionale, ammettendo in favore dei com-
battenti i diritti cbe spettano ai belligeranti. Tutto dipende dalie circostanze,
dalla durata e dalla estensione del movimento insurrezionale, dai mezzi dei
quali dispongono gl'insorti per fare trionfare i loro principii. Quando Tinsur-
rezione per la sua gravità dev'essere considerata come il risultato della volontà
collettiva di un numero tanto considerevole di persone, che se non costituisce
ancora la maggioranza tende non per tanto a costituirla, ed il partito, per gli
elementi di forza dei quali dispone, riesca a soverchiare tutti i mezzi ordiuarì
della giustizia repressiva, tale stato di cose eccezionale deve essere reputato
come un fatto sommesso al Diritto internazionale.
111. — La guerra civile, e la temporanea condizione di anar-
chia, non rompe ipso facto l'unità dello Stato. Quando nondimeno
gl'insorti arrivino a costituire un Governo che di fatto eserciti le
funzioni ed i poteri della sovranità, la personalità dello Stato si
deve considerare provvisoriamente divisa in due. Tale posizione
provvisoria potrà divenire definitiva se non si arrivi a ripristi-
nare in integro il primiero stato di cose in conseguenza dell'assog-
gettamento e della restaurazione e si verifichi invece la costitu-
zione di uno Stato separato.
112. — La divisione di uno Stato in due o più Stati distinti
ed indipendenti non diviene effettiva e definitiva rispetto agli altri
. Stati, che quando la costituzione del nuovo Stato formato con le
Titolo I. - Della personalità 131
Provincie separate sia divenuto un fatto compiuto, e la perso-
nalità di esso sia stata riconosciuta.
113. — Indipendentemente dal riconoscimento si potranno non
pertanto qualificare come fatti di guerra quelli che sieno com-
piuti nella lotta fra i due partiti durante la guerra civile, purché
questa sia fatta in conformità del Diritto internazionale, e degli
usi riconosciuti dai popoli civili.
Applicando questa regola bisogna ammettere, che, qnando pare non fosse
stata formalmente riconosciuta la qualificazione di belligerante al partito della
rivoluzione, non potrebbe- essere considerato come atto di pirateria la preda
fatta da esso della proprietà di parte contraria conforme agli usi della guerra,
De potrebbero quindi essere applicate le regole di Diritto intemazionale che
esporremo in seguito a riguardo del reato di pirateria.
114. — Dovranno parimente essere reputati, indipendentemente
dal riconoscimento, come atti di governo, gli atti del Governo
provvisorio. Per le conseguenze intemazionali dei medesimi biso-
gnerà applicare le regole che concernono l'occupazione militare.
116. — Qualora avvenisse la restaurazione, ed il Sovrano spo*
destato dalla rivoluzione riacquistasse i territori perduti, bisognerà
applicare ai fatti compiuti durante la guerra civile le regole che
concernono lo statu <]UO ante bellum.
116. — La restaurazione importa che il Sovrano rientri nel
pieno godimento de' suoi diritti internazionali, e che lo Stato riac-
quisti integralmente la sua personalità, come se per rapporto a
questo non vi fosse stata alcuna interruzione o discontinuità, salvo
però il rispetto dei diritti perfetti integralmente acquistati dai terzi
durante l'interregno prima della restaurazione.
117. — Il Governo restaurato non potrà disconoscere gli effetti
intemazionali degli atti compiuti dal Governo provvisorio in con-
formità del Diritto internazionale, ne potrà fare un uso retroat-
tivo de' suoi diritti rispetto ai privati, anche quando questi siano
cittadini di quegli Stati, che non avevano riconosciuto il partito
della rivoluzione.
D fondamento di cotesta regola riposa sul concetto che, nei rapporti del
Diritto pubblico interno, colui, che è nel possesso di fatto del potere sovrano,
può esercitare tutti i diritti e le funzioni della sovranità , ed assoggettare i
privati, sieno essi cittadini o stranieri, a riconoscere la forza del suo impero
e Vautorità de* suoi attL
132
Libro L • Delle persone — Parte epecUde
Cessione e annessione.
118. — La cessione di una parte del territorio di uno Stato
ad un altro Stato o forzatamente in seguito d'una guerra, o volon-
tariamente mediante vendita, permuta o donazione, non può dive-
nire reale ed effettiva che in forza di trattato concluso in confort
mità delle regole che devono governare le cessioni territoriali fra
gli Stati e la validità dei patti relativi.
Confronta al Libro II le regole sulla validità dei trattati di cessione territoriale.
119. — La cessione di una o più provincie appartenenti ad
uno Stato e l'annessione di esse da parte dell'altro modificano
l'esercizio dei rispettivi diritti sovrani, ma non producono alcuna
modificazione rispetto alla personalità intemazionale dello Stato
cedente e dello Stato cessionario.
Gonf. regola 50.
La personalità della Francia non è stata modificata per le cessioni di terri-
torio fatte da essa in conseguenza delle guerre del 1814-15 e del 1871. La per-
sonalità deir Austria non è rimasta modificata in forza della cessione della
Lombardia nel 1859 e della Venezia nel 1866. La personalità del regno d*Italia
non è stata modificata in forza della volontaria cessione di Nizza e di Savoia
alla Francia, cedute col trattato del 24 marzo 1860.
Non mancano esempi di cessioni concordate con Trattati in correspettivo di
un prezzo stabilito, come accadde per la Lnigiana venduta dal primo Console
di Francia agli Stati Uniti col Trattato di Parigi del 1803, e dell*Amerìca russai
ceduta nel 1878 per 7 milioni e 200 dollari. Vedi altri esempi in Calvo, § 29^>
e seg.; Rivier, tom. 1, pag. 197 e seg.
120. — Le modificazioni dell'esercizio dei rispettivi diritti di
sovranità relativamente al territorio ceduto si riterranno effet-
tuate a cominciare dal giorno in cui il trattato di cessione sarà
divenuto esecutorio.
La ratifica del trattato non può reputarsi sufficiente a rendere effettiva la
cessione per tutte le conseguenze che ne possono derivare. Se in forza della
legge dello Stato cedente o cessionario, i mutaroeilti dei possedimenti territo-
riali siano subordinati alla condizione sine qua non deirapprovazione dei corpi
rappresentativi, come è ad esempio secondo lo Statuto italiano art 5*. U Trat-
tato di cessione non potendo avere effetto se non dopo Tapprovazione del Par-
lamento, è naturale che debba essere subordinato a tale approvazione ogni
effetto derivante dal trattato di cessione.
Nel Trattato tra lltalia e la Fraticia trovasi disposto all'art. 7 come segue:
Titolo L ' Della personalità 133
' Pour la Sardaigne le présent Traile sera ezécutoire aussitòt qne lasanction
' legislative nécessaire aura été doonée par le Parlement ^.
Le ratifiche del Trattato non per tanto furono scambiate tra le parti con-
traenti entro dieci giorni dalla sottoscrizione secondo il patto stipulato all'art 8.
121. — Divenuto esecutorio il Trattato e verificatasi la presa
di possesso del territorio ceduto, il Diritto pubblico e il Diritto
politico in vigore devono ritenersi estesi al territorio annesso senza
bisogno di dichiarazione.
Gonfr. Corte di Torino 24 mess. Anno zui. Journ, du Pari, e la nota iri
Gass. fran., 6 juillet 1833, Siret 1834, 1, 338.
122. — I trattati intemazionali ed ogni diritto che deve essere
attribuito alla sovranità relativamente ai suoi possedimenti terri-
toriali devono ritenersi senz'altro estesi al territorio annesso.
Gessano parimente dall'essere applicabili al territorio ceduto i
trattati intemazionali stipulati dal sovrano cedente e cosi pure
cessa ipso jure ipsoque facto l'esercizio di ogni diritto internazio-
nale da parte dell'antico sovrano relativamente ai suoi possedi-
menti territoriali, salvo però i patti espressamente concordati nel
trattato di cessione.
La Corte di Aix ritenne la prima parte della regola stabilita nella sua sen*
tenza delPS novembre 1875, Siret 1876, 2, 134.
I tribunali alemanni decisero, che la convenzione franco- svìzzera del 15 giu-
gno 1869 non poteva ritenersi più in vigore nell'Alsazia- Lorena. Trib. Malhouse,
31 octobre 1885 et Trib. super. Colmar, 2 avril 1886. Journal dee trib, de Law
eanne, 25 juìn 18S6.
123. — Rispetto ai terzi Stati, gli effetti derivanti dalla cessione
relativamente all'applicabilità dei trattati possono ritenersi subordi-
nati al riconoscimento da parte di loro del mutamento effettuato.
Tale riconoscimento per altro non potrà reputarsi sostanzial-
mente richiesto per tutto quello che concerne i diritti rispettivi
spettanti alle sovranità anche nella sfera dei I^ro rapporti inter-
nazionali in conseguenza delle avvenute modificazioni dei loro
possedimenti territoriali.
La presa di possesso da parte dello Stato cessionario deve ritenersi effet-
tuata senz'altro al momento in cui il Trattato sia divenuto esecutorio. Ordi-
nariamente questo determina pure certe formalità che devono essere osservate
dall'una e dalFaltra delle parti contraenti. La pubblicazione del trattato ed un
manifesto o proclama agli abitanti del territorio ceduto per rendere pubblica
e notoria l'avvenuta cessione deve ritenersi ognora indispensabile.
134 Libro L - Delle persone — Parte speciale
124. — La cessione di un territorio, allorché sia perfezionata
mediante la presa di possesso effettiva da parte dello Stato ces-
sionario, importa ipso jure ipsoque facto la rinuncia da parte delio
Stato cedente ad esercitare ogni diritto di sovranità rispetto al
territorio ceduto. I rapporti però tra la sovranità acquirente e gli
abitanti del territorio ceduto devono rimanere sommessi alle regole
di Diritto costituzionale che concernono lo stabilimento della so-
vranità.
Ordinariamente la formale rinuncia a tutti i diritti di sovranità trovasi espli-
citamente stipulata. Nel Trattato di Vienna del 9 giugno 1815 rispetto aUe ces-
sioni concordate , trovasi costantemente la forma della rinuncia : * Renonce
* à perpetuile pour lui et tous ses descendants et successeurs en faveur de
* S. M. à tous ses droits sur les provinces etc. ,
125. — Quantunque il consentimento degli abitanti del terri-
torio ceduto non possa ritenersi indispensabile per l'efficacia della
cessione, dovrà nonpertanto reputarsi preferibile per eliminare
ogni presupposto di resistenza da parte dei medesimi.
Sarà per lo meno opportuno il voto dei rappresentanti della
'popolazione del paese ceduto.
Secondo il Diritto moderno lo Stato non è come patrimonio del sovrano, e
molto meno poi gli abitanti del territorio come un accessorio dei possedimenti
territoriali della sovranità. U consentimento quindi degli abitanti non può essere
considerato come una formalità dei tutto indifferente. Siccome però le ragioni
che possono giustificare una cessione territoriale sono d* interesse pubblico,
sarebbe pericoloso l'ammettere in massima che una cessione non possa dive-
nire effettiva che sotto la condizione di essere accettata dalla maggioranza
colla forma del plebiscito. U voto dei rappresentanti della popolazione dei paese
ceduto dovrebbe reputarsi opportuno. Vedi la mia opera Dir, intem, pubb.,
3* ediz., voi. il, pag. 379, § 1111 e seg.; Gonf. Rouàrd db Card, Les annexiotu
et les plébiscites dans Vhisioire cotUemporaine. Lodijenski, Des plébiseites en DraU
intern., 1883.
In parecchi trattati la formalità del plebiscito trovasi stabilita. Vedi art 1*
del Trattato di Torino del 24 marzo 1860 per la cessione di Nizza e di Savoia.
Trovasi pure accennato sotto forma di condizione nel Trattato di Vienna del
93 agosto 1866 tra TAustria e la Prussia all'art. 6. Tale disposizione fa però
modificata colla convenzione degli 11 ottobre 1878.
lì patto più conforme ai principi! razionali è quello che trovasi stabilito nel
Trattato del 10 agosto 1877 tra la Svezia e la Francia per la retrocessione
dell'isola di Saint-Barthélemy, art. 1^:
' S. M. le Roi de Suòde et de Norvège retrocède à la France lìle de Saint-
* Barthélemy et renonce, en conséquence, pour lui et tous ses descendants et sne
* cesseurs, à ses droits et Utres sur la dite colonie. Gette rétrocession est faite sons
* la réserve ezpresse du consentement de la population de Saint-Barthéleniy ^
Titolo L ' Della per$onalHà *35
126. — - In ogni caso di cessione volontaria o forzata incombe
alle parti contraenti lasciare nella piena libertà di ciascuno il
conservare la cittadinanza dello Stato cedente o l'acquistare quella
delio Stato cessionario, accordando garanzie reali per lo spon-
taneo e libero esercizio di tale diritto.
Nel Trattato del 30 maggio 1814 fu accordato all*art. 17 uno spazio di sei
anni agii abitanti per disporre deUe loro proprietà e ritirarsi nel paese di loro
libera scelta.
li diritto di opzione per la cittadinanza è stato ammesso in favore degli
abitanti ed originari dei territori ceduti, ma non sempre con sufficienti garanzie
per assicurarne il libero esercizio. Vedi Trattato di Parigi del 1866 art. 31; di
Zurigo del 10 novembre 1859 art. 12; di Torino 24 marzo 1860 art. 6. Gonf.
le osservazioni critiche sulle condizioni stabilite per l'esercizio di tale diritto
nella mia opera : Dir. intém, priv,, 8* ediz., voi. 1**, § 386 e seg.
127. — Tutti gli effetti derivanti dalla cessione che concernono
le obbligazioni contratte dal Governo cessionario coi privati; la
partizione del debito pubblico; il godimento delle cose apparte-
nenti al demanio pubblico; le delimitazioni territoriali o simili
devono essere determinati in massima dal trattato di cessione e
governati conseguentemente dai patti espressamente consentiti.
128. — Per tutto quello che non sia stato espressamente rego-
lato mediante patto espresso, dovrà ammettersi in massima che
il Governo cessionario succede nei diritti e nelle obbligazioni ine-
renti all'esercizio del potere pubblico e che possono reputarsi
annessi e connessi col territorio ceduto, o che risultino da con-
tratti stipulati dal Governo cedente per oggetto d'interesse pub*
blico relativo al territorio ceduto.
Xel Trattato di Vienna del 3 ottobre 1866 tale regola trovasi espressamente
concordata alKart. 8, che dice cosi: " Le Gouvernement de Sa Majesté le Roi
* d'Italie succède anx droits et obligations résultants des contrats régulièrement
' stipulós par TAdministration Autrichienne pour des objets d' intérdt public
* concemants spécialement le pays cède „. Vedi patto conforme nel Trattato di
Vienna 30 ottobre 1864 tra TAustria, la Prussia e la Danimarca, art. 17.
129. — Salvo sempre le riserve che devono essere fatte rispetto
all'analogia tra la successione secondo il Diritto civile e quella
secondo il Diritto pubblico, dovrà ammettersi che colla cessione
si compie una specie di successione nelle attività e passività da
parte^dello Stato cessionario allo Stato cedente e che conseguen-
136
Libro L • Belle persone — Parte speciale
temente il primo deve essere considerato come un successorea
titolo universale limitatamente a quello che può reputarsi annesso
al territorio ceduto.
Confronta: Gass. di Palermo 7 gennaio 1868 (QazzeUadei Tribunali, 1868,
257); e 15 gennaio 1871 Giurispr,, voi. Vili, 616. Vedi Tart. 8 del TratUio di
pace tra T Austria e Tltalia del 8 ottobre 1866.
Per quello che concerne le attività, è naturale Tarn mettere che tutti i beni
appartenenti al demanio pubblico passino allo Stato cessionario col terrìtoiio
di cui essi fanno parte. Data pure l'ipotesi che nel territorio ceduto si trova^^e
uno stabilimento pubblico o una fondazione di beneficenza a vantaggio di tulli
i cittadini dello Stato cedente, e che non fosse stata domandata alcuna ìndeo-
nità per sopperire all'onere dello Stato cedente, che dovrebbe con nuove spe^e
provvedere ai bisogni dei cittadini, non potrebbe essere il caso di domandare
un'indennità in mancanza di patto espresso.
In massima deve ritenersi che il territorio con tutti i suoi accessori e con
tutto quello che appartiene al demanio pubblico passino allo Stato cessionario
il quale ha il diritto di godere di tutti i vantaggi dei possedimenti territoriali
acquisiti, e senz'obbligo di pagare una retribuzione allo Stato cedente in man-
canza di patto espresso in ordine a ciò.
Per quello che concerne le passività, bisogna tener presente che la perso-
nalità dello Stato cedente rimane integra nonostante l'avvenuta cessione di una
parte del territorio, dal che ne consegue che le obbligazioni da esso assunte
devono sussistere a carico di lui, nonostante che siano* coliegate nella loro
orìgine col territorio ceduto, ogni qual volta che esse, per la loro natura e
la loro finalità, devono essere considerate come obbligazioni patrimoniali nel-
rinteresse dello Stato cedente. Così a modo d'esempio le obbligazioni assunte
per opere di difesa fatte sul territorio ceduto dallo Stato cedente, e le inden-
nità da esso dovute ai privati, non potrebbero essere poste a carico dello Stato
cessionario, se non fosse stato espressamente pattuito nel trattato, perchè
rimanendo integra la personalità dello Stato cedente, le obbligazioni relative
agl'interessi generali dello Stato stesso, anche quando potessero essere la con-
seguenza di fatti avvenuti e posti in essere sul territorio ceduto, non potreb-
bero essere poste a carico dello Stato cessionario.
Le obbligazioni invece assunte dal Governo dello Stato cedente per un og-
getto d'interesse pubblico relativo al territorio ceduto, devono naturalmente
trapassare allo Stato cessionario come ad un successore nelle passività. Tale
sarebbe il caso se per costruire uno stabilimento pubblico nel territorio ceduto,
il quale naturalmente passerebbe col territorio stesso allo Stato cessionario,
lo Stato cedente avesse concluso un contratto di appalto, o effettuato delle
espropriazioni per le quali dovesse pagarsi l'indennità.
Conf.: la mia opera Dir. intern, pubb.^ 3* ediz., voi. 1, § !S9 e seg. Philli-
MORE, Int. lato, voi. I, § 137; Bluntschli, Dr. intern. codifié, §§ 66,47; Field,
Int. code (art. 2i); Fusi nato, neWEncicl. giuria, ital., voce Annessione.
130. — I diritti patrimoniali acquisiti dai privati e relativi al
territorio ceduto dovranno essere rispettati, purché però si tratti
di diritti perfetti e integralmente acquistati.
Dovranno altresì essere rispettati i diritti acquisiti dai pubblici
Titolo L - Della itersonalità 137
funzionari neiresercizio delle loro funzioni amministrative nel ter-
ritorio ceduto.
La prima parte della regola deve essere applicata ai diritti che possono
essere considerati acquisiti secondo i princìpii dei Diritto comune, e non alle
aspettative e ai godimenti fondati snlFabuso e sull'acquiescenza da parte del
Governo cessato.
Per i diritti acquisiti dai pubblici funzionari, che esercitavano il loro ufficio
nel terrìtorìo ceduto, vi provvedono ordinariamente i trattati di cessione. Nel
Trattato di Vienna del 3 ottobre 1866 trovasi cosi disposto all'art. 17:
* Le pensioni sia civili che militari regolarmente liquidate e che erano a
* carico delle casse pubbliche del Regno Lombardo- Veneto, continueranno a
* restare acquisite ai loro titolari e, se sia il caso, alle loro vedove e ai loro
'figli e saranno soddisfatte all'avvenire dal Governo di S. M. Italiana ,.
In ogni caso per altro, anche quando non si fosse provveduto col trattato,
deve ognora reputarsi conforme ai principii della giustizia il tener conto dei
diruti acquisiti dai funzionari pubblici nell'esercizio delle loro funzioni.
131. — Incombe alla sovranità del paese ceduto, salvo sempre
il diritto ad essa spettante di provvedere con piena indipendenza
all'amministrazione e alla condizione dei pubblici funzionari ad
essa addetti, di esercitare tale suo diritto con moderazione e nei
limiti delle pubbliche necessità.
Incombe in ogni caso alle sovranità dello Stato cedente e dello
Stato cessionario di regolare la condizione dei funzionari ammi-
nistrativi secondo i principii dell'equità.
Nel Trattato di Vienna del 1866 fu a tale riguardo cosi provveduto, art. 15:
" Gl'impiegati civili originari del Regno Lombardo- Veneto, avranno la scelta
'sia di restare al servizio dell' Austria, sia di entrare neir amministrazione
' italiana, nel qual caso il Governo di S. M. il Re d'Italia si obbliga o di col-
* locarli nelle funzioni analoghe a quelle che essi avevano, o di assegnare loro
* la pensione di cui l'ammontare sarà fissato secondo le leggi ed i regolamenti
*in vigore in Austria ..
Col decreto del 19 luglio 1866 il Governo italiano cosi provvide alla sorte
degl'impiegati amministratici: ' Senza pregiudizio di speciali provvedimenti
' vengono mantenuti fino a nuoya disposizione in ufficio coU'annesso stipendio
' tutti gl'impiegati nelle provincie venete, salvo quelli i quali avessero seguita
' Tarmata austriaca o in altro modo si fossero allontanati dalla loro residenza
'all'avvicinarsi dell'esercito nazionale, i quali sono considerati come dimis-
* sionari ,,
132. — Tutti gli oneri a carico della sovranità dello Stato
cessionario o dello Stato cedente in conseguenza della soprav-
venuta modificazione dei loro possedimenti territoriali e che gra-
vino il bilancio rispettivo dei due Stati dovranno essere regolati
^^ Libro I. - Delle persone — Parte speciale
dal trattato di cessione. In mancanza di patti espressi dovranno
essere ripartiti equamente in base all'importanza economica ók \
territorio ceduto, tenendo conto dell'ammontare proporzionale delie
imposte a carico del medesimo.
La proposta regola deve ritenersi fondata sai concetto che ciascuno Stato
deve attingere tutto quello che gli fa bisogno per Tadempimento degli oneri
finanziari a carico di lui dalle contribuzioni, che sono pagate dai cittadini a
vantaggio dei quali la sovranità esercita le pubbliche funzioni: e che P am-
montare delle imposte, avuto riguardo a ciascuna circoscrizione finanziaria, ce
determina Timportanza economica sociale.
Se nel trattato non fosse stato espressamente disposto per la ripartizione degli
oneri finanziari, che in conseguenza deiravvenuta cessione dovrebbero essere
posti a carico dello Stato cessionario, dovrebbe reputarsi giusto ed equo, avuto
riguardo alla diminuzione proporzionale efifettiva che il bilancio attivo dello
Stalo cedente venisse a soffrire, in conseguenza dell'avvenuta diminuzione dei
suoi possedimenti territoriali, dMndennizzarlo , ponendo a carico dello Stato
cessionario Tonere proporzionale.
Tale principio può valere per determinare il riparto proporzionale del debito
pubblico: l'obbligo pel pagamento delle pensioni a carico deiramministrazione
finanziaria, e ogni altra specie di obbligazione patrimoniale a carico del fisco.
La decisione di ogni controversia relativa a tali obbietti dovrebb'essere defe-
rita ad una commissione mista.
I trattati ordinariamente vi provvedono.
La Francia prese a suo carico una parte del debito sardo in conseguenza
della cessione di Nizza e Savoia, e fu riservata ad una commissione mista di
fissare la parte contributiva a carico di essa: art. 4^ del Trattato 24 marzo 1860.
Gol Trattato di Zurigo del 10 novembre 1859 in conseguenza della cessione
della Lombardia fu convenuto alPart. 5^, che il Governo di S. M. il Re di Sar-
degna prendeva a suo carico i '/s del debito del monte lombardo- veneto ed
una parte del prestito nazionale del 1854. Vedi pure Trattato di Berlino del
1878 art. 9 per la Bulgaria, art. 33 pel Montenegro.
Pel pagamento delle pensioni in conseguenza della cessione delPAlsazia e
Lorena, fu cosi provveduto colla convenzione addizionale franco-germanica
degli 11 dicembre 1871 : " n Governo tedesco riconosce ed assume a proprio
carico le pensioni civili ed ecclesiastiche regolarmente ottenute e liquidate fino
al 2 marzo 1871 (data della ratìfica dei preliminari di pace), a vantaggio sia
dMndividui nativi dei territori ceduti, sia delle loro vedove e dei loro orfani,
purché coloro che godono di tali pensioni abbiano domicilio nel territorio del-
rimpero germanico ,.
133. — Tutte le controversie che concernono il riparto delle
obbligazioni finanziarie a carico del fisco tra lo Stato cedente e
lo Stato cessionario, alle quali non sia stato provveduto col trat*
tato o che possano nascere nell'esecuzione dei patti concordati,
dovranno essere risolute da una commissione mista, attenendosi
alle norme di procedura per i giudizi arbitrali.
Titolo L ' Della personalUà 139
134. — La cessione di un territorio arrestando l'esercizio di
ogni diritto di sovranità dalla parte dello Stato cedente a con*
tare dal giorno in cui essa sia divenuta perfetta, la giustizia dovrà
essere resa ed i giudicati dovranno essere eseguiti nel territorio
ceduto in nome della sovranità dello Stato cessionario. Le leggi
del medesimo si applicheranno eziandio ai procedimenti in corso,
salvo soltanto il rispetto dei diritti acquisiti in forza delle sen-
tenze definitive, che abbiano il carattere di cosa giudicatalo in
forza di atti di procedura fatti e compiuti prima dell'avvenuta
cessione.
135. — Per tutto quello che concerne i giudizi in materia civile
0 in materia penale resi anteriormente alla cessione e le proce-
dure in corso al momento in cui essa sia divenuta perfetta, saranno
applicate le regole di Diritto transitorio che concernono i giudizi^
le giurisdizioni ed i procedimenti nel caso che ad una legge antica
sia surrogata una legge nuova.
Le dae esposte regole sono la giusta conseguenza del principio che la ces-
sione importa sostituzione di una sovranità all'altra, e che per tutto quello
che concerne il Diritto pubblico, del quale fanno parte le leggi di polizia, le
leggi penali e quelle relative ai giudizi, alle giurisdizioni ed alle procedure,,
entrano in vigore le leggi dello Stato cessionario a cominciare dal momento
dell'avvenuta cessione, salvo soltanto il rispetto dei diritti acquisiti. La legge
delio Stato cessionario assume quindi, rispetto al territorio ceduto, la stessa
autorità che ha ogni legge nuova. È naturale conseguentemente che, per tutti
gli effetti che può avere cotesta legge nuova rispetto ai rapporti giuridici deri-
vanti dai giudizi e dai procedimenti iniziati o compiuti prima delVavvenuta
cessione, debbano applicarsi le regole di Diritto transitorio che governano le
conseguenze del cominciato vigore di ogni nuova legge.
Come lo Siato perde la sua personalità,
136. — Uno Stato perde la sua personalità quando cessi di
formare un'associazione politica a sé, ed indipendente. Tale fatta
può essere la conseguenza:
a) della volontaria incorporazione sua ad un altro Stato;
i) della volontaria riunione di più Stati, che ne abbiano for»
mate uno nuovo, e maggiore;
e) della forzata incorporazione sua ad un altro Stato in seguito
140 Libro L • DeUe persone - Parte speciale
a conquista e ad assoggettamento legalizzato in conformità del
Diritto intemazionale.
137. — La volontaria o forzata incorporazione di uno Stato
ad un altro importa la perdita della personalità soltanto dello
Stato incorporato. La volontaria unione di più Stati in uno importa
la perdita della personalità di tutti gli Stati uniti.
Un esempio del primo caso ci è dato dairanDeflsione del Texas agli Stati
Uniti d'America avvenuta nel 1843: del secondo ci è offerto dalla volontaria
unione degli antichi Stati itaiianii e dalla costituzione del Regno dltalia. Colla
costituzione di questo non solo venne a mancare la personalità deirea; Regno
delle due Sicilie, deìVex ducato di Toscana e di quello di Parma e degli altri
Stati, ma venne a mancare altresì la personalità del Regno di Sardegna, e
dalla riunione di tutti codesti Stati nacque la nuova personalità, quella cioè
che oggi ha il Regno dltalia.
138. — Allorché uno Stato perde la sua personalità cessa ipso
jure ipsoque facto l'esercizio da parte sua di ogni diritto sovrano
nei rapporti internazionali, e vi succede lo Stato al quale esso sia
incorporato, o quello che venga ad essere formato mediante la
riunione di più Stati.
Dovranno conseguentemente reputarsi estinti i trattati da esso
stipulati, salvo però quelli che concernono il territorio, e salvo
inoltre i diritti acquisiti in forza di essi dai terzi Stati o dai privati.
La regola deve essere applicata all^esercizio attivo e passivo dei diritti che
appartenevano allo Stato sovrano che abbia cessato di esistere. U concetto
della successione nelle attività e passività, applicabile per quanto esso lo sia
nei rapporti di Diritto pubblico e privato in caso di cessione di una parte
del territorio dello Stato, va mantenuto con più ragione quando uno Stato
finisca di esistere e si verifichi la sua annessione, o quando più Stati finiscano
di esistere in forza della loro fusione per formare un solo Stato. La perso-
nalità internazionale viene certamente a sparire, ma, siccome non spariscono la
popolazione e il territorio, così la personalità eeonomioa e la personalità terri-
toriale dello Stato estinto non spariscono e rispetto ad esse deve ammettersi
che tutto passi attivamente e passivamente al successore, che è il continuatore
della personalità economica e della personalità patrimoniale dello Stato estinto.
Quando si verificò Tannessione dell'Annover, dell* Assia-Elettorale, del ducato
di Nassau e della città di Francoforte sul Meno, la Prussia, colla le|^ del 22 set
tembre 18ii6, si dichiarò responsabile dei debiti e di tutte le obbligazioni Inter*
nazionali di detti Stati.
Per quello che concerne i trattati, non si può dire che tutti debbano rima-
nere estinti, perchè viene a mancare il soggetto dell'obbligazione intemazionale.
Bisogna invece ammettere che i trattati stipulati dallo Stato estinto da cui
derivino diritti quesiti, devono essere rispettati dallo Stato successore fino a
twto ohe non siano espressamente rinnovati. Saranno conseguentemente estinti
lUolo L ' Della personalità 141
i trattati di estradizione, i trattati di alleanza e gii altri somiglianti, clie sono
connessi coU^esercizio dei diritti soTrani, ma non potrebbero reputarsi estinti
ipsojure ipso^ue facto ì trattati relativi alle frontiere, ai canali navigabili, alle
vie di comunicazione e simili. Rispetto ai trattati di commercio, per quella
parte soltanto clie concerne i diritti privati, se non fosse spirato il termine
per denonciarli, dovrebbero essere rispettati dallo Stato successore. Per quella
parte invece che concerne Tesercizio dei diritti sovrani, come a modo d'esempio
sarebbero Tesercizio delle funzioni consolari nei territori rispettivi: le norme
concordate per la esecuzione dei giudicati, e via dicendo, dovrebbero ritenersi
estinti in conseguenza delia cessazione dei diritti sovrani nei rapporti inter-
nazionali.
Quando cessò di esistere Io Stato del Texas in conseguenza della sua annes<
sione agli Stati Uniti, la Francia e Tlnghilterra notificarono per mezzo de)
loro ministro al Governo terese, che avrebbero considerato sempre in vigore
i trattati di commercio precedentemente conclusi, ed obbligatorio T adempì
mento delle obbligazioni finanziare da* esso Governo assunte. Lawrxnck, Com^
mentaire, voL I, pag. 210.
139. — Quando uno Stato venga a cessare di esistere, e si
verifichi la sua annessione a diversi Stati, la successione nelle
attività e nelle passività dello Stato estinto avrà luogo in partì
proporzionali rispetto agli Stati successori, e la proporzione sarà
determinata tenendo conto principalmente dell'ammontare totale
delle imposte personali e reali che erano percette dagli abitanti
e dai fondi della parte del territorio annesso.
Per l'attribuzione dei beni demaniali ai diversi Stati successori
si applicheranno le stesse regole che in caso di cessione.
140. — Tutte le obbligazioni patrimoniali assunte dallo Stato
estinto devono essere adempiute dallo Stato successore, ed incombe
al medesimo di rispettare ì diritti acquisiti dai privati rispetto al
patrimonio dello Stato, sempre che essi abbiano il carattere di
diritti perfetti e non di semplici facoltà o aspettative.
142 Libro I. - DeUe persone — Parte special*
TITOLO II.
Autonomia ed indipendenza della sovranità dello Stato.
141. — La sovranità spettante a ciascuno Stato ne' suoi rap-
porti cogli altri Stati, consiste nella potenza giuridica di operare
<;on indipendenza e senza ostacoli da parte di essi entro i limiti
fissati dal Diritto internazionale.
142. — Ciascuno Stato non potrà pretendere, che la libertà e
l'indipendenza compatibili con quelle degli altri Stati, i quali coe-
sistono nella Magna Civitas^ e con le esigenze deirordinata con-
vivenza.
143. — Ogni Governo, indipendentemente dagli obblighi assunti
coi trattati, è tenuto ad esercitare i poteri sovrani in modo tale
da non ledere i diritti e gl'interessi legittimi degli altri Governi.
144. — Dovrà essere reputato in opposizione col Diritto inter-
nazionale altresì il fatto di un Governo, che eserciti i poteri so-
vrani in maniera da ledere o nuocere indirettamente ai diritti
privati degli stranieri.
145. — La libertà e l'indipendenza di ciascuno Stato nello svi-
luppo e nell'esercizio dei diritti di sovranità interna devono espli-
carsi colla giusta limitazione del riguardo dovuto ai legittimi
interessi della società internazionale.
Del dritto di autonomia.
146. — Si deve presumere in massima che ciascuno Stato abbia
l'autonomia completa, e bisogna ritenere questa di sua natura
indivisìbile. Può nonpertanto uno Stato patteggiare in forza di
un trattato qualche limitazione nell'esercizio de' suoi poteri so-
vrani, purché però essa sia stipulata in termini chiari, precisi, e
Titolo IL - Autonomia ddla sovranità '^*'
non equivoci, e non sia contraria ai principii del Diritto inter*
nazionale.
147. — L'autonomia consiste nel diritto spettante a ciascuno
Stato di stabilire o modificare la propria costituzione politica,
e di esercitare liberamente all'interno tutti i poteri e tutte le fun-
zioni della sovranità, senza violare il Diritto internazionale, esclu-
dendo a riguardo di ciò, e di quanto può concernere i rapporti
dì Diritto pubblico interno, qual si sia ingerenza diretta o indi-
retta da parte degli altri Stati.
148. — Nessuna limitazione dell'autonomia potrà essere fondata
sulle presunzioni od induzioni e neanche sull'uso, benché pro-
tratto per un tempo considerevole.
149. — Ogni limitazione dev'essere considerata come un diritto
eccezionale, ed interpretata quindi nel senso il più ristretto : nel
modo più convenevole allo Stato, al quale sia stata imposta : ed
il meno lesivo della sua naturale libertà.
150. — Dovrà essere ritenuta in opposizione col Diritto inter-
nazionale moderno una limitazione forzata dell'autonomia e
dell'indipendenza di uno Stato, quando essa sia di tanto mo-
mento da togliergli l'integrità della capacità giuridica intema-
zionale, ponendo il detto Stato rispetto ad un altro nei rapporti
di vassallaggio.
Tale limitazione imposta colla forza non potrà essere valida, se
non quando sia riconosciuta e ratificata da un Congresso.
U Diritto intemazionale moderno deve mirare a far sparire Tanomalia degli
Stati semi-sovrani, perchè la storia ci ammaestra che qualunque rapporto di
subordinazione e di vassallaggio fra due Stali è cagione permanente di tur-
bamenti intemazionali e di perturbazioni sociali. Il dualismo nell'esercizio de
poteri sovrani è incompatibile, perchè la sovranità deve essere una ed indi-
visibile. Dall'avere il Diritto internazionale antico ammesso gli Stati semi-
sovrani, ne è derivata la lotta permanente tra gli Stati vassalli (che hanno
combattuto per acquistare la completa indipendenza) e lo Stato che esercitava
Talta sovranità, il quale ha adoperato ogni mezzo per mantenerli ad esso sog-
getti. Le guerre sanguinose combattute per Tindipendenza dei Principati Danu-
biani e le rovinose conseguenze che sono derivate dalla semi-sovranità degli
•Stati soggetti alla Turchia, sono un eloquente ammaestramento.
151. — La limitazione può rimanere estinta con la convenzione
contraria, con la rinuncia espressa o tacita, e con tutti i modi,
1^^ Libro £. - Delle persone — Parte speciale
coi quali sì può verificare la risoluzione delle convenzioni inter-
nazionali.
152. — Si dovrà considerare annullata altresì la limitazione
quando le cose sìeno mutate siffattamente, che, se esse fossero
state sussistenti al momento, in cui la limitazione fosse stata sta-
bilita, essa non sarebbe stata valida.
Questo principio potrebbe trovare la sua applicazione neiripotesi che sia stata
stabilita e proclamata una nuova regola di Diritto comune intemazionaie, e
che la limitazione patteggiata fra due Stati si trovasse in opposizione con tale
regola. Come diremo in seguito (Libro II), le convenzioni particolari in op^
posizione col Diritto comune internazionale non sono valide.
Dell^ indipendenza della sovranità.
153. — L'indipendenza consiste nella più completa padronanza
di sé stesso {self-government), vale a dire nel diritto assoluto spet-
tante a ciascuno Stato sovrano di non tollerare, e d'impedire che
nel territorio soggetto alla sua sovranità sia esercitato alcun atto,
o che si compia un fatto di qual si sia natura, che diretta-
mente o indirettamente implichi o possa implicare l'esercizio della
pubblica aucioritas, deìVimperium, della jurisdictio da parte di
sovranità straniera.
154. — Ciascuno Stato potrà colla più completa indipendenza
provvedere alla propria conservazione, al proprio benessere ed
al proprio sviluppo, e la sua completa libertà a riguardo di ciò
non potrà essere limitata in considerazione dei pregiudizi even-
tuali, che possono derivare dall'accrescimento continuo e progres-
sivo della sua potenza economica, intellettiva e morale, attuata
senza lesione dei diritti altrui.
155. — Ciascheduna sovranità potrà provvedere con completa
indipendenza alla difesa dello Stato organizzando l'esercito e l'ar-
mata: ergendo fortificazioni: combinando alleanze: prendendo i
provvedimenti di qual si sìa natura atti allo scopo e senza subire
limitazioni o proibizioni di sorta da parte di sovranità straniera.
156. — Il diritto però di accrescere la propria potenza militare
spettante a ciascuno Stato dovrà essere ognora esercitato dentro
Titolo IL - Autonomia ddla sovranità 145
i giusti limiti stabiliti dal Diritto cornane, come sarà determinato
in seguito, e non potrà essere esteso in guisa da compromettere
la sicurezza dei terzi.
Questa regola è fondata snl concetto di limitare gli armamenti secondo le
norme che laranno in seguito stabilite, non potendosi ammettere che uno Stato
in virtù della sua libertà possa, senza giustificati motivi, accrescere smisura-
tamente la sua forza di terra o di mare, addestrarsi alla guerra, ed aumen*
tare cosi le ingenti spese dell* armamento per conservare la pace. Gli arma-
menti esagerati possono essere considerati ognora come lesivi degl'interessi
comuni e dare giusti motivi di domandare e ricevere spiegazioni, e sopratutto
poi quando si può presumere ch*essi siano diretti contro uno Stato.
Autonomia del potere legislativo.
157. ^ Ciascuna sovranità dev'essere considerata indipendente
assolutamente in quanto a fare e modificare le leggi, e ad assog-
gettare ai suoi precetti legislativi le persone, i beni ed i fatti giu-
rìdici, purché però tale potere sia esercitato entro i limiti della
competenza speciale, che dev'essere attribuita al legislatore di cia-
scuno Stato in concorrenza dei legislatori di Stati stranieri, e che
non offenda i diritti internazionali dell'uomo.
168. — Qualunque ingerenza da parte di una sovranità stra-
niera per costringere un*altra sovranità a modificare le leggi in
conformità dei principii liberali e progressivi, si deve considerare
come illegittima e contraria al diritto d'indipendenza degli Stati.
169. — Il pretesto di proteggere gl'interessi nazionali non potrà
valere a giustificare l'ingerenza del Governo di uno Stato a riguardo
del sistema legislativo di un altro Stato.
160. — Incombe però al legislatore di ogni paese di provvedere
a che il sistema delia propria legislazione sia sufficiente ad assi-
curare il rispetto del Diritto internazionale ed a punire le offese
contro il medesimo.
161. — A ciascuno Stato spetta il potere esclusivo di giudicare
della bontà delle proprie leggi, e dell'opportunità e dell'efficacia
delle medesime per la tutela del Diritto internazionale.
162. — La semplice affermazione da parte di un Governo stra-
niero, che le leggi di uno Stato non siano sufficienti a tutelare
10 — FiORK, Dir, intern. codif.
146 Libro I. - Delle persane -^ Parte speciale
l'osservanza del Diritto internazionale, non può valere ad attri-
buirgli il diritto di esigere che il Governo estero modifichi il sistema
legislativo del proprio Stato.
163. — Ciascun Governo però, che voglia agire lealmente ed
onorevolmente rispetto agli altri, deve prendere in considerazione
la domanda di un Governo straniero, colla quale questi richieda
leggi più adatte a garantire i propri diritti intemazionali. Se, esa-
minata la richiesta in tutta buona fede, sia il caso di riconoscerla
ben fondata, incombe ad esso di aderire.
164. — Qualora il Governo richiesto opponesse un rifiuto peren-
torio, e Taltro stimasse tale procedimento poco corretto, potrebbe
essere il caso di deferire la vertenza ad un arbitrato, e se le parti
si fossero cosi accordate, e gli arbitri avessero riconosciuta ben
fondata la domanda, lo Stato, le di cui leggi fossero state rite-
nute imperfette, dovrà uniformarsi alla decisione arbitrale.
165. — Laddove un sistema legislativo di uno Stato sia giu-
dicato insufficiente ad assicurare il rispetto del Diritto interna-
zionale da un Congresso, il quale abbia riconosciuto la necessità
di opportune modificazioni, lo Stato non potrà rifiutarsi di aderire
a tale rimostranza collettiva, e dovrà modificare le leggi esistenti
e ricolmare le lacune, a meno che non voglia mettersi fuori del
Diritto intemazionale.
155. — La potestà spettante a ciascun sovrano di regolare libe-
ramente colle proprie leggi le questioni relative alla condizione
giurìdica degli stranieri, ai loro diritti sui beni, alle successioni,
air esecuzione delle sentenze straniere e simili, deve essere eser-
citata in guisa da conciliare l'indipendenza di ciascuno Stato con
gl'interessi generali e col Diritto intemazionale.
167. — Viola il Diritto internazionale uno Stato che neghi
agli stranieri di acquistare e di godere alla pari dei cittadini i
diritti privati o civili, salvo quelli che per ragioni d'interesse pub-
blico siano riservati esclusivamente ai cittadini, o che legalizzi
la rappresaglia giuridica rispetto al godimento di quei diritti
che devono essere reputati diritti naturali o diritti internazionali
deiruomo.
Titolo IL - Autonomia della sovranità 147
S rispetto dei diritti intemazionali dell'uomo che trovansi determinati alle
regole 56 e 57, ed esplicati colle regole del tit X di questo libro, non può
essere subordinato alla condizione della reciprocità, non può ammettersi con-
seguentemente che possa essere legalizzata a riguardo di tale diritto la rap*
prosaica giuridica negando, a modo d'esempio, allo straniero il diritto di
proprietà e quello di trasmetterla ai suoi successori, quando lo Stato stra*
niero pratichi lo stesso a riguardo degli stranieri.
Il rispetto del Diritto intemazionale non può essere subordinato alla con-
dizione della reciprocità.
168. — Sarà considerata in opposizione col Diritto intemazio-
nale ogni legge che neghi allo straniero d'invocare l'applicazione
delle leggi vigenti nello Stato, che proteggono la personalità e la
proprietà, o che stabilisca una diversità di trattamento a tale
riguardo per la sola circostanza dell'estraneità.
Le legislazioni dei paesi più civili mirano ad eliminare ai tempi nostri la
differenza fra cittadini e stranieri per quello che concerne il godimento dei
diritti civili. Un mirabile esempio è stato dato dal legislatore italiano , che
ha consacrato la massima dell'articolo 3 del Codice civile, ed ha equiparata
la condizione giuridica dello straniero a quella del cittadino a riguardo del
godimento dei diritti privati o civili (Confr. quello che ne scrive Laurent,
Droìt eh. ini,, tom. 2, § 38, pag. 65). Non può essere al certo contestato il
diritto della sovranità di riservare, per ragioni dMnteresse pubblico, il godi-
mento di alcuni speciali diritti ai cittadini, e questo deve reputarsi nel campo
deirautonomia legislativa, ma non si potrebbe in forza delFautonomia ripri-
stinare un sistema di legge che ponesse gli stranieri fuori del Diritto comune
rispetto all'acquisto ed al godimento dei diritti civili, o giustificare tutte le
esorbitanze che su di essi gravavano e che furono denominate Diritto di albi-
naggio. Neanche la eautio itidicaiutn solvi o eautio prò expensia imposta allo
straniero, che voglia far valere le proprie ragioni in giudizio, può essere
giustificata secondo i più giusti principii del Diritto intemazionale moderno.
In Italia non solo non è richiesto allo straniero, che adisca i tribunali per
domandare giustizia, che presti cauzione per le spese del giudizio, ma con
vedute veramente liberali il legislatore avendo disposto colle leggi del 6 di-
cembre 1865 e 19 luglio 1880 che in certi casi si può ottenere il patrocinio
gratuito e le spese giudiziarie a credito, ha applicato il beneficio di tali leggi
anche agli stranieri che si trovino nelle condizioni prescritte dalla legge per
i cittadini (art. 8 della legge 6 dicembre 1865).
Vedi le mie opere Diritto intem, priv., 3' ediz., voi. L Preliminari eap. IL
Parte speciale, libro I, capit. L Torino 1888; Dello staio e della condizione
giurid, deUe persone, Napoli 1893, edit. Marghieri, voi. I, tit. I, sez. II; Della
condizione giuridica dello straniero, pag. 178 e seg.
169. — Non lice in forza dell'autonomia legislativa d'assog-
gettare gli stranieri alle leggi territoriali che concernono lo stato
personale ed i rapporti di famiglia, e disconoscere ogni autorità
allo statuto personale dello straniero, salvo i casi nei quali ciò
1^8 Libro IL - Delle persone — Parte speciale
possa essere richiesto per mantenere integra l'autorità delle !f giri
di ordine pubblico, o di quelle relative al buon costume, o di
quelle che mirino a tutelare il Diritto sociale.
170. — Ogni sistema di leggi che attribuisca il carattere di
statuto reale o territoriale a qualsisia disposizione che abbia per
oggetto grimmobilì e che assoggetti ogni rapporto, di qualunque
natura si sia, ed ogni diritto sulle cose, chiunque sia la persona
a cui esse appartengono, alla legge territoriale, deve ritenersi in
opposizione coi principii razionali del Diritto internazionale pri-
vato, che stabiliscono, determinano e limitano la potestà legisla-
tiva di ciascuna sovranità.
171. — La potestà legislativa della sovranità territoriale e della
sovranità straniera per quanto riguarda i diritti del proprietario
sulle cose mobili o sulle cose immobili: l'acquisto della proprietà:
il suo trasferimento mediante atto tra i vivi o di ultima volontà:
le forme estrinseche degli atti a ciò idonei: l'esercizio di ogni
diritto relativo alle cose, dovrà essere fissata e determinata mediante
accordo fra gli Stati, stabilendo regole uniformi circa l'autonomia
e la competenza legislativa di ciascuna sovranità, e circa l'auto-
rità territoriale o estraterritoriale delle leggi da essa emanate.
Mancando tale accordo, l'autorità territoriale o estraterritoriale
di ciascuna legge non potrà ritenersi nel campo esclusivo della
autonomia, ma dovrà essere bensì determinata in conformità dei
principii razionali del Diritto internazionale privato.
Queste regole mirano a stabilire in principio, che la sovranità dello Stato
non può in virtù del suo dominio eminente su tutto il territorio assogget-
tare alle proprie leggi ogni rapporto di diritto privato sugrimmoblli, ed il
diritto di trasferirli mediante successione ed altrimenti, e ad ammettere che la
competenza legislativa di ciascuna sovranità in concorrenza colle altre deve
essere fissata in modo uniforme mediante regole concordate coi trattati o
secondo i principii razionali del Diritto. U precisare poi quali siano tali re-
gole adatte a stabilire il vero limite razionale deirautorità di ciascuna legge
onde eliminare così i conflitti fra le leggi di Stati diversi, questo appartiene
al Diritto internazionale privato, e dovrà essere determinato tenendo conto
delle regole speciali che tale materia concernono. (Vedi su tale soggetto la
mia opera: SuìV autorità e sulV applicazione delle leggi straniere, o Diritto in-
ternazionale privato, 3* edizione, Torino, Unione tipografico-editrice, 1888; e
la traduzione francese fatta da Ch. Antoine, Paris, Pedone-La urìel.)
Confr. Tart. di Demangeat, Introduction a Gluket Journal du Droit intera
national prive, tom. L
Titolo IL - Autonomia della sovranità 149
Autoììomia del potere giudiziario.
172. — Ciascuna sovranità è completamente indipendente nel*
Tesercizio del potere giudiziario, che ad essa spetta, e può fissare
le giurisdizioni territoriali e determinare la competenza dei pro-
prii magistrati riguardo ad ogni controversia relativa alle persone,
alle cose, alle obbligazioni e ad altri oggetti.
173. — Nessuna sovranità però potrà colla propria legge attri-
buire giurisdizione ai propri tribunali in opposizione colle regole
o coi principii di giurisdizione internazionale. Qualora essa attri-
buisse giurisdizione e competenza ai propri tribunali usurpando
la potestas judicandi spettante ad altra sovranità, tale fatto dovrà
essere reputato arbitrario, ed in opposizione col Diritto interna-
zionale.
174. — Le regole, colle quali dev'essere determinato, quale sia
la sovranità, a cui deve spettare a preferenza la potestas cogno-
scendi et decidendi causam^ costituiscono le norme di giurisdizione
internazionale, e dovranno essere fissate per comune consenso
degli Stati , o dovranno essere dedotte dai generali principii del
Diritto internazionale, come in ogni altro caso in cui manchi la
regola di Diritto positivo.
Queste regole mirano a mantenere ben distìnte le due questioni. Quella cioè
che concerne la giurisdizione e la competenza ne* suoi rapporti col Diritto
pubblico interno, e quella che concerne il diritto di giurisdizione, che può
spettare alla sovranità d'uno Stato o a quella di un altro in caso di concor-
renza dei rispettivi diritti dì giudicare una determinata causa, la quale è una
questione vera e propria di giurisdizione secondo il Diritto internazionale. Dato
che la factUtas eognoseendi et decidendi causam spetti al sovrano dello Stato,
è ben naturale che debba reputarsi nel campo della sua autonomia il deter-
minare a quale delle magistrature dello Stato debba essere attribuita la giu-
risdizione e quale debba ritenersi il giudice competente. In questo caso la
questione dovendo essere considerata d'interesse territoriale, può alla pari di
ogni altra questione di Diritto pubblico interno, essere regolata dal sovrano
dello. Stato con autonomia ed indipendenza. Spetta infatti a lui non solo di
determinare come il potere giudiziario debba essere istituito, ma di determi-
nare altresì quale sia il limite, la linea di demarcazione della potestas judi-
candi attribuita alle diverse magistrature, lo che significa determinare la giu-
risdizione di ciascheduna di esse. Spetta inoltre al sovrano di determinare
150 Libro 1. - Delle persane — Fatie spedale
quale dei magistrati, cui spetti secondo la legge la giurisdizione, abbia il dirìtlo
di giudicare quella determinata causa di quel dato valore, natura e quantità,
lo che equivale a determinare e stabilire la competenza propriamente detta,
Tale a dire quale sia il giudice cui spetti la potestà di statuire e decidere
ciascun determinato affare contenzioso, o di spedire ciascun determinato atto
di giurisdizione volontaria.
La questione ha ben altro carattere ed è sostanzialmente diversa, quando
si tratti di decidere se la facultas cognoscendi et decidendi causatn spetti ai
tribunali italiani, a modo d'esempio, ai tribunali francesi, o a quelli dell^Impero
germanico. In tale caso la questione non è più di Diritto pubblico interno,
ma è bensì una questione di Diritto internazionale. Si tratta infatti di deci-
dere, dato il caso di concorrenza di diritti da parte di sovranità di Stati diversi,
circa la potestas cognoscendi et decidendi causatn, se tale potestà debba essere
attribuita alla sovranità italiana, alla sovranità francese, o alla sovranità dello
Impero germanico. Ora ciascuno deve comprendere che non si potrebbe ammet-
tere che, in forza dell'autonomia, la sovranità d'uno Stato potesse usurpare
la giurisdizione spettante alla sovranità d'uno Stato straniero, e che facendolo
potesse farlo senza violare i principii del Diritto internazionale. £sempi di
giurisdizione arbitrariamente attribuita non ne mancano, e uno ne porge la
massima che trovasi sancita all'articolo 14 del Codice civile francese, e non
ò il caso di dimostrarne ora l'anomalìa. Rammentiamo soltanto che abbiamo
costantemente dimostrato come sia indispensabile tenere distinte le due que-
stioni, ed ammettere regole ben diverse rispetto alla giurisdizione ed alla com-
petenza del giudice di fronte al Diritto pubblico interno e di fronte al Diritto
internazionale (Vedi le mie opere: Effetti internaz, delle sentenze (mat. civ.),
cap. Ili, § 3, Torino 1875. Nota alla sentenza della Corte di Catania del
22 marzo 1879, nel Foro italiano 1879, pag. 714. Diritto internaz. pubblico,
3" ediz., Torino 1887, §§ 40^2, 405. — Sulle disposizioni generali delle leggi,
Napoli 1886 (edit. Marghierij, tomo I, §§ 454 a 4n8).
I principii da noi sostenuti furono la prima volta accolti dalla Corte di
Firenze nella sua sentenza del 2 dicembre 1882 in causa Blanc e. TrafTord.
La Corte disse : ' La questione di sapere quale tra due tribunali d'uno Stato
* straniero sia competente, deve risolversi secondo la legge del paese in coi
* seguì il giudizio; ma quando invece i tribunali, della cui giurisdizione si
** contende, non appartengono ad un medesimo Stato, la questione va decisa
* secondo i principii del Diritto internazionale , (Vedi il Foro italiano anno 1882,
1. pag. 1148).
Autorità delle sentenze civili dei tribunali stranieri.
175. — Ogni sentenza di tribunale straniero in materia civile
potrà essere prodotta e potrà avere l'autorità della cosa giudicata,
supposto che ad essa non manchino i requisiti per attribuirle effi-
cacia estraterritoriale.
176. — I requisiti indispensabili per V autorità estraterritoriale
delle sentenze civili dovranno essere determinati e fissati dagli
Titolo IL ' Autonomia della sovranità 151
Stati mediante l'accordo reciproco. In mancanza di questo la sovra-
nità dello Stato, nel quale la sentenza straniera si ruol far valere,
avrà piena facoltà di subordinarne il riconoscimento alla condi-
zione di date garanzie legali, e potrà in ogni caso disconoscere
l'autorità del giudicato, se gli effetti, che da questo si vogliono
derivare, siano in opposizione col Diritto pubblico, o con una legge
di ordine pubblico.
177. — Incombe agli Stati di stabilire mediante trattato le norme
circarautorità estraterritorialeeresecuzionedellesentenze straniere.
È riconosciata generalmente la comune recìproca utilità di regolare mediante
no trattato Tesecazione deUe sentenze straniere, ma non ancora si è arrivati
a mettersi d*accordo, non ostante che rari tentativi siano stati fatti per effet-
tuare rintento.
Una conferenza era stata progettata e doveva riunirsi in Roma in seguito
airinvito di Mancini, ministro, ma non ebbe luogo. Certa cosa è che per sta-
bilire un Diritto uniforme in materia di esecuzione di sentenze straniere occorre
un trattato. Mediante esso dovrebbero essere fissate le regole di giurisdizione
intemazionale, lasciando alFautonomia di ciascuno Stato quelle di giurisdizione
territoriale e di competenza : quelle relative alla citazione degli stranieri assenti:
alÌ*esecuzlone delle commissioni rogatorie: e quelle in generale che concernono
i requisiti per Tefficacia estraterritorìale delle sentenze. In tal modo le sen-
tenze pronunciate dai tribunali rispettivi degli Stati, che avessero concluso il
trattato, potrebbero avere la forza giuridica della rea Judicata nei territori delle
parti contraenti, e qualora fossero definitive ed eseguibili secondo la legge
dello Stato in cui fossero state rese, potrebbero essere reputate definitive ed
eseguibili nei paesi degli Stati in unione, sotto la sola condizione déiV exequatur
ad esse concesso dal tribunale territoriale competente. Quando si arriverà a
questo, senza fare alcuna differenza se la sentenza sia stata pronunziata contro
un cittadino dello Stato in cui deve eseguirsi, o contro uno straniero, il tri-
bunale competente del paese in cui la sentenza si voglia far valere, dovrebbe
limitarsi ad esaminare se essa sia stata pronunciata in conformità delle regole
di Diritto intemazionale stabilite con trattato, e la esecutorietà non potrebbe
essere negata che a quelle sentenze soltanto che fossero state pronunciate o
violando le regole dì giurisdizione intemazionale, o che non fossero conformi
alle norme stipulate mediante il trattato.
178. — Finché non sarà stabilito un Diritto uniforme mediante
trattato intemazionale, incombe ai sovrani degli Stati civili di auto-
rizzare i propri tribunali a riconoscere T efficacia delle sentenze
straniere, e a concedere V exequatur ad esse senza ridiscutere il
merito del giudicato, ma limitandosi soltanto ad esaminare se la
sentenza estera abbia ì requisiti legali per la sua efficacia estra-
territorìale secondo i principii del Diritto intemazionale»
152 Libro L • Delle persone — Parte speciale
Principii razionali
circa Vefficacia di una sentenza civile straniera.
179. — I requisiti richiesti per l'efficacia estraterritoriale di una
sentenza civile straniera secondo i principii razionali del Diritto
internazionale sono:
a) che essa sia stata pronunciata dal tribunale competente
secondo la legge dello Stato in cui segui il giudizio;
h) che la parte contro cui la sentenza si vuol far valere sìa
stata regolarmente citata e rappresentata, o legalmente contumace.
tenuto conto delle norme per la citazione degli stranieri assenti
secondo la legge del luogo in cui segui il giudizio;
e) che essa non manchi del tutto di motivazione, e che non
contenga contraddizioni evidenti nel dispositivo;
d) che non sia stata pronunciata violando le regole di Diritto
intemazionale privato sancite con legge dal sovrano dello Stato,
in cui la sentenza si vuol far valere o violando le regole del Di-
ritto intemazionale privato che fossero state concordate mediante
trattato.
180. — Vexequatur potrà essere negato:
a) quando le conseguenze legali, che in forza della sentenza si
vogliono dedurre, o quando il fatto giuridico, che mediante essa
si voglia porre in essere, importino oflfesa o lesione dell'ordine
pubblico o del Diritto pubblico territoriale;
b) quando la sentenza essendo stata pronunciata contro di
un cittadino dello Stato, nel quale deve essere portata ad esecu-
zione, ed avendo il giudice straniero deciso applicando la legge
di cotesto Stato, avesse errato a riguardo del Diritto in esso Stato
vigente ;
e) quando il mezzo di esecuzione decretato dal giudice stra-
niero sia inibito a norma della legge territoriale.
181. — Spetta alla sovranità di ciascuno Stato di regolare colle
proprie leggi le forme e le procedure per l'esecuzione delle sen*
Titolo IL ' Autonomìa della sovranità 153
tenze straniere, la competenza del tribunale, e tutto quello che
concerne il giudizio, i gradi di giurisdizione, le opposizioni, gli
incidenti ed i rimedi durante il procedimento esecutivo.
182. — Ogni sentenza straniera , indipendentemente dall' exe-
quatur^ potrà avere il valore che deve essere attribuito ad un atto
autentico, e la sua forza probante come tale. Essa non potrà però
avere la forza giuridica della rea judicata in contraddittorio della
parte interessata, se non quando il tribunale competente dello
Stato abbia dichiarato, nelle forme stabilite dal codice di proce-
dura civile del paese, che essa può avere esecuzione.
L'esposta regola mira a stabilire che la forza giuridica che la sentenza ha
in quanto essa costituisce la cosa giudicata, e che secondo la legge ha in sé
la presunzione legale che dispensa da qualunque prova colui a favore del quale
essa ha luogo, non può essere attribuita alla sentenza straniera in contraddit-
torio delle parti, se non che quando il magistrato competente abbia ricono-
sciuto in essa i requisiti legali richiesti secondo la legge, affinchè possa essere
attribuita Tautorità di cosa giudicata alla sentenza straniera. Per lo che anche
per questo occorre il giudizio e Yexequatur,
Quando si tratta di voler procedere agli atti esecutivi in un paese, in forza
di sentenza pronunciata da tribunale straniero, incombe al magistrato non
solo di riconoscere che alla sentenza straniera può essere attribuita Tauto-
rità della cosa giudicata, ma di dare altresì ad essa la forza esecutiva, decre-
tandone Tesecutorietà. Però, anche quando non si tratti di procedere ad atti
materiali e coattivi, ma di opporre la sentenza straniera in contraddittorio,
invocando la presunzione legale che spetta aUa cosa giudicata, bisogna pure
che il magistrato, che è chiamato ad attribuire alla sentenza straniera Tauto-
rità della cosa giudicata relativamente a ciò che abbia formato il soggetto del
giudizio, accerti innanzi tutto ch'essa non manchi dei requisiti sostanziali per
essere reputata una sentenza. La presunzione legale che la legge attribuisce
alla cosa giudicata e che dispensa da qualunque prova quegli a cui favore
la sentenza sia stata pronunciata, non può aver luogo se non quando sia inter-
ceduto tra le parti un regolare giudizio dinanzi al magistrato competente, e
ciò dev'essere accertato, quando si tratti di giudizio seguUo all'estero. Gonfr.
la mia opera: Disposiz. generali sulV applicazione, sulla pubblicazione e inter-
pretazione delle leggi, Napoli 1887, editore Marghieri, tom. II, §§ 908-913.
Autorità delle sentenze penali straniere.
183. — Nessuna sentenza penale straniera potrà avere l'autorità
della cosa giudicata, né potrà essere eseguita fuori del territorio,
ove fa pronunciata; essa non potrà inoltre produrre gli effetti
154 Libro I. - Délle persone — Parte speciale
legali derivanti dalla condanna penale, salvo il caso di espressa
disposizione della legge riguardo ai cittadini condannati all'estero.
184. — Spetta alla sovranità di ciascuno Stato di stabilire con
legge, se una condanna penale straniera possa produrre rispetto
al cittadino condannato Tinterdizione dai pubblici uffici o qualche
altra incapacità, che derivi dalla condanna penale pronunciata dai
tribunali nazionali.
Le condizioni sotto le quali tali effetti possono essere attribuiti
sono nel dominio assoluto di ciascuna sovranità e non possono
formare oggetto di trattato.
La legge penale forma parte del Diritto pubblico di ciascun paese, e con-
seguentemente la sua autorità è in massima esclusivamente territoriale» salvo
quei pochi casi nei quali può essere attribuita ad essa rautorità estraterrìtoriale.
L'azione penale però è sempre ed in ogni caso esclusivamente territoriale»
e cosi deve ritenersi pure esclusivamente territoriale la forza esecutiva della
sentenza penale. La condanna penale importa infatti la restrizione del libero
esercizio dei diritti e della libertà personale, e non si può ammettere ch*essa
possa produrre tali effetti fuori del territorio sul quale impera la sovranità,
in nome della quale fu esercitata Fazione penale e fu pronunciata la condanna.
La sovranità può non per tanto decretare che, date certe condizioni da essa
determinate, alcuni effetti legali che derivano dallo stato di condannato pos-
sano derivare dalla condanna pronunciata all'estero contro un cittadino.
Il legislatore italiano cosi dispone a tale riguardo, articolo 7 Codice penale
del 1890:
* Se contro il cittadino, per un delitto commesso in territorio estero, che
" non sia uno di quelli, pei quali non sia ammessa Testradizione, sia stata
** pronunziata all'estero una condanna, che secondo la legge italiana impor-
* terebbe, come pena o come effetto penale, l'interdizione dai pubblici uCBci
' o altra incapacità, l'Autorità giudiziaria sull'istanza del Pubblico Ministero,
' può dichiarare che la sentenza pronunziata all'estero produce nel Regno la
' interdizione o l'incapacità suddetta; salvo al condannato il diritto di cbie-
■ dere che, prima di provvedere sull'istanza del Pubblico Ministero, si rinnovi
* il giudizio seguito all'estero ,. Vedi pure artìcolo 9 del God. pen. badese e
art. 37 del God. pen. germanico.
Autonomia del pote7'e esecutivo.
185. — Il sovrano dello Stato ha il diritto esclusivo di prov-
vedere colla più completa indipendenza all'esecuzione delle leggi
dello Stato, ed a tutti gli atti di pubblica amministrazione, e non
è tenuto a rendere conto della sua condotta, che ai poteri costi-
tuiti secondo le leggi costituzionali.
Titolo II. - Autonomia della iovranità 1^
186. — LMngerenza negli atti di pubblica amministrazione di
uno Stato estero non può essere giustificata col pretesto di prò*
teggere gl'interessi dei cittadini. La protezione sotto tale rispetto
dovrà essere reputata sopratutto contro il Diritto, ogni qual volta
che essa sia ordinata allo scopo di ottenere ai cittadini residenti
nello Stato estero una posizione privilegiata.
187. — Un Governo però che si creda leso dagli atti del potere
esecutivo straniero, o che riconosca lesi da tali atti gF interessi
dei propri cittadini, potrà fare i suoi reclami per la via diplomatica
e, quando ne sia il caso, esercitare le azioni giudiziarie dinanzi ai
tribunali del paese straniero in conformità delle leggi ivi vigenti
per la tutela de' suoi diritti lesi dagli atti d'amministrazione o in
forza dell'abuso del potere esecutivo.
Le regole sopra stabilite sono fondate sul giosto concetto dell*! ndi pendenza
delle sovranità neiresercizio dei loro poteri e delle loro funzioni airinterno
dello Stato. Siccome però incombe a ciascuna sovranità di esercitare i snoi
poteri senza ledere gl'interessi dei Governi e dei cittadini stranieri, così, se
Tamministrazione di un paese fosse tanto disordinata, come avviene, a modo
d'esempio, in Turchia, non può essere vietato ai Governi stranieri di tutelare
in via diplomatica grinteressi propri e dei propri cittadini, facendo le oppor-
tune rimostranze al Governo straniero per ottenere da esso che Tamministra-
zione sia riordinata, e massimamente poi se si tratti delPamministrazione finan-
ziaria, la qaale, se disordinata e corrotta, può arrecare gravi e seri detrimenti
patrimoniali ai Governi ed ai privati stranieri.
Qualora poi fosse il caso di una vera lesione di diritti patrimoniali, l'azione
giudiziaria potrebbe essere esercitata nei casi e colle norme stabilite in seguito
aUe regole 257-266.
188. — Non può essere attribuita competenza ai tribunali dello
Stato per giudicare e decidere circa le lesioni patite dai cittadini
che adducessero di essere stati danneggiati dagli atti d'ammini-
strazione di un Governo straniero.
Il fondamento di questa regola riposa sul principio di Diritto internazionale
generalmente riconosciuto, che la giurisdizione rispetto agli atti d'amministra-
zione appartiene alla sovranità, in nome della quale gli atti siano stati fatti,
e che il sottomettere gli atti di a mminis trazione d'una sovranità alla giurisdi-
zione d'una sovranità straniera equivarrebbe a sottomettere la sovranità alla
sovranità.
Vedi in senso conforme la decisione del Tribunale civile della Senna, del
2 maggio 1828, nella causa Ternani • Gandolphe e. la Repubblica di Haiti:
' Attendu — egli disse, — qu'il est des principes consacrés par le Droit des
* gens que les États sont indépendants les uns des autres; que la conséquence
156 Libro L - Delle persone — Parte speciale
* la plus immediate est le droit de jurìdiction qae chaque natfon eonserre
* pour juger tons ies actes quelconques émanés d*elle; qae soamettre les engagé*
' ments d'une nation & la juridiction d'une autre natìon c'est nécessaìrement
* dter à la première son indépendance et la rendre sujette de Tantre, à la
* décision de laqueiie elle serait forcée d'obéir... ,.
La Corte di Cassazione francese ritenne lo stesso principio colla sentenza
da essa pronunciata nella causa tra ì sigg. Lambège e Ponjol e il Governo
spagnuolo:
** Attenda que T indépendance réciproque des États est Tun des principes
* les plus nniversellement reconnus du Droit des gens ; que de ce pi:;incipe il
* resulto qu'un Gouvernement ne peut étre soumis pour les engagements qa^il
" contraete & la juridiction d'un État étranger; qu'en effet le droit de juri-
* diction qui appartient à chaque Gouvernement pour juger les différends nès
* à Toccasion des actes émanés de lui , est un droit inhérent à son aatorité
* souveraine, qu'un autre Gouvernement ne saurait s'attribuer sans s'exposer
* à altérer leurs rapports respectifs... „.
Vedi le mie opere: Diritto intemazionale pubblico, tomo I, § 418, e Far-
ticolo sulla voce Agenti diplomatici, nel Digesto ital., n* 211-217. Dalloz,
Jurisprud. gin. 1849, 1. 5.
189. — L'indipendenza del potere amministrativo di ciascuno
Stato dev'essere conciliata colle necessità, che derivano dalla con-
vivenza degli Stati, che sono fra loro in società dì fatto.
190. — Uno Slato che volesse attuare il sistema del suo com-
pleto isolamento potrà essere reputato in opposizione coi prin-
cipii del Diritto intemazionale, e potrà giustificare l'ingerenza col-
lettiva da parte degli altri Stati, onde far cessare uno stato di
cose anormale e contro gl'interessi generali delPumanità.
Questo dovrà ammettersi soprattutto rispetto ad uno Stato,
che proibendo ogni commercio internazionale facesse cosi man-
care agli altri Stati oggetti di prima necessità, o che inibisse asso-
lutamente l'uso innocuo delle vie di comunicazione, delle linee
telegrafiche, degli stabilimenti pubblici e di quello che è indi-
spensabile per soddisfare ai bisogni intellettivi o morali di tutti
popoli civili.
In forza di questa regola si può spiegare come giustamente sia stato imposto
alla Cina di aprire qualcuno de' suoi porti al commercio, per la necessità neUa
quale si trovavano gli Stati europei di esportare Toppio che trovasi in queUe
regioni. Lo Stato di assoluto isolamento in cui voleva restare la Gina, motivò
la guerra che le fecero gl'Inglesi per costringerla ad abbandonare le sue false
idee d'immaginaria superiorità ed a concludere il Trattato di pace di Nanking
ne) 1842, col quale le prime relazioni commerciali col Celeste Impero furono
stabilite.
Titolo UL • Acquisto della sovrana^ urixt^iriuU 157
TITOLO IH.
Acquisto della sovranità territoriale,
191. — La sovranità territoriale consiste nel diritto esclasivo
d'alto dominio, d'imperio e di giurisdizione spettante al sovrano
secondo il Diritto internazionale su tutto il territorio dello Stato
e su tutte le località assimilate ad esso.
192. — Il territorio reale di ciascuno Stato è costituito dalla
regione occupata da' suoi cittadini, la quale è nel possesso giu-
ridico della sovranità territoriale, e che comprende tutta l'esten-
sione che si trova contenuta dentro i limiti o frontiere dello Stato,
le quali costituiscono la linea di separazione dalle regioni limi-
trofe che sono nel possesso giuridico di altra sovranità.
193. — Devono essere equiparate al territorio reale quelle loca-
lità, che secondo il Diritto internazionale sono considerato come
sue adiacenze e che devono essere reputate soggette all'imperio
ed alla giurisdizione del Sovrano territoriale. Tali sono:
a) il mare territoriale;
l) le acque dei fiumi e dei laghi che dividono Io Slato dagli
Stati limitrofi;
e) le isole;
d) le navi nazionali.
Acquisto della sovranità territoriale.
194. — D possesso giuridico di un territorio da parte di uno
Stato potrà essere effettuato durante la pace:
a) mediante l'occupazione, l'accessione, la prescrizione rispetto
alle regioni che non siano nel possesso giuridico di altra sovra-
nità o che debbano reputarsi da essa abbandonate.
158 Libro I. • Delle persone — Parte spedale
b) mediante la cessione volontaria fatta con o senza corre-
spettivo, da coiaio eoi il territariò ceduto apparteneva. *
195. — Il possesso giuridico d'un territorio può essere effettuato
durante la guerra :
a) mediante l'occupazione che abbia il carattere di occupa-
zione militare secondo il Diritto internazionale e che potrà rite-
nersi effettuata, su quella parte soltanto del territorio, sulla quale
nell'attualità sia cessato di fatto l'esercizio dell'autorità sovrana
per parte del Sovrano territoriale e sia passata nelle mani del
Sovrano belligerante, che col suo esercito o colla sua annata se
ne sia impadronito e ne mantenga il possesso.
b) mediante la cessione forzata imposta come condizione della
pace e stipulata col trattato debitamente ratificato.
Acquisto della sovranità mediante V occupazione.
196. — Ogni Stato ha diritto di esplorare o fare esplorare le con-
trada «deserte e mancanti di padrone ed occupandole può acqui-
starne il possesso giuridico. L'acquisto della sovranità territoriale
mediante occupazione non potrà essere effettuato, che rispetto
alle regioni soltanto, che non siano nel dominio di alcun'altra
sovranità.
197. — Non potranno essere considerate come mancanti di pa-
drone le regioni che siano in un continente abitato da popoli civili
e che abbiano Governi stabiliti, tuttoché tali regioni non siano nel-
l'attualità occupate interamente dal popolo. Dovrà quindi essere
considerata in opposizione col Diritto intemazionale la pretesa di
uno Stato che volesse applicare a tali regioni i principii generali
del Diritto internazionale che concernono la colonizzazione delle
regioni vacanti di Sovrano.
198. — Le regioni, che non siano nel possesso giurìdico di alcuno
Stato civile, ma che siano abitate da tribù selvagge, possono essere
acquistate mediante l'occupazione, limitatamente però a quelle
parti delle quali dette tribù non profittino, e a cui per la loro
Tìtolo 111. - Acquisto della sovranità territoriale 159
sproporzionata estensione non possano applicarsi i mezzi ordinari
per la produzione.
199. — Incombe allo Stato, che voglia occupare le terre abi-
tate da tribù selvagge, di pagare una indennità, se ne voglia otte-
nere la regolare cessione, o di adoperare le misure le meno nocive
a fine di costringere gli abitanti a ritirarsi in una parte del ter-
ritorio, onde lasciare libere le terre esuberanti die esso intende
occupare per attuarvi il sistema della eoTonizzazione.
200. — Incombe allo Stato, che avendo occupato una costa o
un territorio, che non sia nel dominio di alcun'aUra sovranità,
intenda di stabilire e mantenere il possesso giuridico di esso, di
notificare in vìa diplomatica tale sua determinazione, affinchè ogni
Stato, che possa avere interesse, sia così avvertito onde essere in
grado di far valere, occorrendo, i propri diritti.
Neiratio generale e finale della Conferenza di Berlino sottoscritto il 26 feb-
braio 1885 dair Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran
Brettagna, Italia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Portogallo, Russia, Spagna, Stati
Uniti d'America, Svezia e Norvegia, Turchia, furono stabilite le seguenti regole
per le nuove occupazioni delle regioni del continente africano:
* Art. 34. — La Puissance qui dorénavant prendra possession d^un terrì-
toìre sur les cdtes dn continent africain, situé en dehors de ses possessions
actuelles, ou qui, n'en ayant pas eu jusque là, viendrait à en acquérir, et de
mème, la Puissance qui y assumerà un protectorat, accompagnerà Tacte respectif
d*une notification adressée aux autres Puìssances signataires du présent Acte,
a fin de les mettre à mème de faire valoir, s'il y a lieu, leurs réclamations.
* Art. 35. — Les Puissances signataires du présent Acte reconnaissent
robligation d*assurer dans les territoires occupés par elles sur les cdtes du
continent africain, Texistence d*une autorìté sufRsante pour faire respecter
les droits acquis, et, le cas échéant, la liberté da commerce et du transit dans les
conditions où elle serait stipulée ,.
Quando V occupazione possa ritenersi giuridicamente attuata,
201. — L'occupazione di un territorio, quando possa aver luogo
a norma delle regole precedenti, non si potrà ritenere attuata se
non quando il possesso di esso da parte dello Stato occupante
sìa divenuto effettivo, non interrotto e permanente. A ciò non
potrà essere ritenuta sufficiente la sola notificazione diplomatica.
In forza di quanto trovasi stabilito agli articoli 34 e 35 deiratto generale
della Conferenza di Berlino sopra riportati non è richiesto che U possesso
ICO
Libro L - Velie persone — F^prte speciale
diventi effettivo per Toccupazione delle coste del continente africano, ma sol-
tanto la notificazione diplomatica. Neanche si richiede per rendere eflettiTO
il possesso che nelle regioni occupate sia costituita un'autorità sufficiente a
fare rispettare i diritti acquisiti ; perchò all'art. 35 le Potenze segnatario rico-
noscono l'obbligo di assicurare i loro possessi territoriali mediante " Texistence
d'une autorité suffisante pour l'aire respecter les droits acquis , , ma non con-
siderano questa come una condizione per rendere il possesso effetti ¥o.«
Tale posizione di cose rende naturalmente inevitabili i conflitti tra gli Stati
colonizzatori, quando si tratta di determinare l'estensione della regione sulla
quale in forza del protettorato deve ritenersi effettuata l'occupazione da parte
di ciascuno, o, come si è detto in linguaggio diplomatico» la zona d'inflnenza,
y Hinterland, Ad eliminare tali conflitti mirano i trattati che si vanno stipu-
lando per determinare le rispettive zone d'influenza nell'Africa. Uno ne ha
concluso l'Italia con la Gran Brettagna il 24 marzo 1891 {Protocollo per deter-
minare le rispettive zone d'influenza nelV Africa Orientale),
Vedi pure le Convenzioni del :24 dicembre 1885 tra la Francia e la Ger-
mania, del 5 agosto 1890 della Francia coll'lnghilterra e quella della Germania
colla Gran Brettagna del 15 novembre 1893.
202. — L'occupazione di una regione non dovrebbe ritenersi at-
tuata se non quando lo Stato occupante, oltre l'erezione di qualche
sìmbolo per stabilire i propri diritti di sovranità, avesse de facto
fatti atti di possesso, erigendo stabilimenti, provvedendo all'am-
ministrazione o facendo qual si sia altra cosa idonea a stabilire lo
acquisto reale del possesso di quella terra in nome della sovranità.
Scoperta di una regione e sua occupazione.
203. — La semplice scoperta di una terra, benché accompa-
gnata dall'erezione dì un sìmbolo qualunque di sovranità, non può
valere a costituire in facto l'acquisto del possesso giurìdico di quella
terra in nome delia sovranità.
204. — La scoperta di una regione deserta e disoccupata, (atta
da privati senza commissione del Governo o senza l'appoggio o
l'approvazione del medesimo, non può ritenersi fatta in nome
dello Stato, dì cui sia cittadino lo scopritore, ed attribuire alla
sovranità il diritto dì procedere all'occupazione di essa regione a
preferenza dì ogni altra sovranità. Se però il Governo dello Stato,
di cui sìa cittadino Io scopritore, venuto a cognizione della cosa
abbia notìficato diplomaticamente di volerne cavare profitto e
volere procedere all'occupazione della regione scopertai il diritto
Titolo 111. ' AcquùUo della sovranità territoriale 161
SUO dev'essere rispettato a preferenza di ogni altro, fino a tanto
che non sia decorso un tempo ragionevole a far presumere che
esso non voglia o non possa effettuare il proposito di occupare
quella regione.
205. — Il periodo di tempo, entro il quale una terra scoperta
dovrebbe essere effettivamente occupala, dovrà essere stabilito in
modo uniforme da un Congresso. Mancando tale dichiarazione,
il tempo ragionevole per effettuare T occupazione potrebbe rite-
nersi stabilito a trentanni. Decorso inutilmente tale periodo di
anni, se il Governo non avesse fatto alcun atto idoneo a stabi-
lire il possesso reale ed effettivo in nome dello Stato, questo equi-
varrà a rinunzia tacita di ogni diritto derivante dalla scoperta e
dall' occupazione.
Effetti giuridici delV occupazione»
206. — Quando l'occupazione debba ritenersi effettiva non potrà
reputarsi limitata a quella parte della regione nella quale in nome
della sovranità siano stati fatti atti di possesso, ma dovrà bensì
ritenersi estesa a tutta quella parte del territorio che secondo i
principii ragionevoli e secondo la natura delle cose debba essere
considerata come un'universitas.
Questa regola riposa sol concetto che al possesso giuridico da parte di
uno Stato non possono essere applicati i principii circa la presa di possesso
da parte di un privato. Rispetto a questi oltre l'intenzione del possedere la
cosa per sottoporla aU'esercizio del proprio diritto ò condizione indispensabile
il tenerla in proprio potere o il poterne avere la fisica disponibilità. Rispetto
invece aUa sovranità la presa di possesso deve ritenersi estesa a tutta quella
estensione di territorio, che formi di per se stessa un'unità, e che possa essere
difesa dallo Stato, che se ne sia impossessato.
207. — Gli effetti della presa di possesso non potranno essere
estesi oltre ì limiti giusti e ragionevoli. Essa non potrà estendersi
là ove s'incontrassero diritti già acquisiti da altra sovranità, tut-
toché da questa non esercitati, salvo il caso di presunzione
d'abbandono, né oltre i limiti determinati dalla condizione geo-
grafica del terreno e dai confini naturali, né oltre quella ragionevole
11 — FiofiE, Dir. interri . codif.
162 Libro •/. • Delle persone — Parte speciale
estensione di territorio, di cui lo Stato occupante può profittare
e sul quale eserciti di fatto i suoi diritti di sovranità.
208. — Uno Stato che abbia preso possesso di una parte di
territorio occupato da tribù selvagge non associate politicamente,
si deve considerare come possessore non solo delle regioni da
esso occupate, ma di quelle altresì delle quali abbia concesso l'uso
ai selvaggi a titolo privato. I diritti di sovranità acquisiti dallo
Stato occupante non potranno essere invalidati da un terzo Stato,
il quale dopo la scoperta ed occupazione effettiva di questo ter-
ritorio adduca di averlo pur esso per intero acquistato dai sel-
vaggi 0 di averne acquistata quella parte compresa nei limiti ter-
ritoriali della regione appartenente all'altro primo occupante e
della quale questi abbia riservato il godimento ai selvagp.
200. — Ogni Stato che abbia occupato un territorio che non
si trovi dentro i limiti. territoriali di alcuna sovranità e che possa
giustificare il suo acquisto effettuato senza attentare ai diritti per-
sonali degli indigeni, e con Tintendimento di stabilirvi una colonia,
deve ritenersi di pieno diritto chiamato ad assumere il protetto-
rato degl' indigeni ed a costituire sul territorio occupato un'auto-
rità con mezzi e poteri sufficienti a tutelare l'ordine, la libertà,
il commercio ed a diffondere la civiltà.
Acquisto della sovranità mediante accessione,
210. — Ogni Stato acquista il possesso giuridico dì tutte le
cose che in conseguenza delle cause naturali vengano ad aggiun*
gersi in modo permanente al territorio che già si trovi nei limiti
de' suoi possedimenti territoriali.
Acquisto della sovranità per prescrizione^
211. — Uno Stato, il quale eserciti in modo notorio e continuo
i suoi diritti di sovranità rispetto a certe località che si trovino
tra i confini suoi e quelli di uno Stato limitrofo, o tra i suoi pos-
Titolo III. - Acquieto della sovranità torrUoriaU 168
sedimenti e quelli appartenenti ad un altro Stato, può acquistare
il possesso giuridico di tali località mediante prescrizione.
212. — La prescrizione non potrà ritenersi effettuata tra due
Stati in guisa da modificare i diritti rispettivi di sovranità su certe
limitate località, se non quando il possesso giuridico di esse riu-
nisca le seguenti condizioni, che cioè sia notorio, non interrotto
e prolungato per un tempo sufficiente a legittimare la presun-
zione deirabbandono dei diritti sovrani da parte d'uno Stato e
dell'acquisto di tali diritti per parte dell'altro.
213. — L'acquisto mediante prescrizione può essere effettuato
rispetto alle regioni di cui uno Stato abbia acquistato il possesso
mediante l'occupazione effettiva, qualora lo Stato occupante abbia
abbandonato temporaneamente tali regioni e durante l'interru-
zione dell'occupazione un altro Slato abbia su di esse acquistato
diritti ed abbia fatto atti di sovranità esercitati sotto le condi-
zioni e pel tempo sufficiente ad ammettere la prescrizione.
Molle discussioni a proposito dei diritti di sovramtà di diverse regioni del
coDliDente americano hanno avuto luogo tra gli Stati deirEuropa,cbe fondavano
i loro titoli o sulla priorità deiroccupazione o sul lungo possesso. Vedi su tale
soggetto le discussioni tra Tlnghilterra e gli Stati Uniti a riguardo deirOregon ;
quella tra l'Inghilterra e la Repubblica Argentina pei dominii delle isole
Malouìnes, e tra questa e il Chili a proposito dei rispettivi dominii nella Pata-
gonia, e la controversia a proposito dell'arcipelago delle Caroline e di Palaos
in Calvo, Droit intern. public, §§ ?83 e seg., 1692 e seg.
Tempo per attuare la prescrizione.
214. ** La durata del tempo occorrente all'acquisto mediante
prescrizione dovrà essere stabilita mediante l'accordo degli Stati.
Mancando questo converrà fissarla in maniera da potere fondare
su tale fatto la presunzione legale dell'acquisto del diritto per
parte di uno Stato e della tacita rinunzia per parte dell'altro.
Tale presunzione dovrà ammettersi quando l'esercizio dei diritti
sovrani sia stato protratto per lo spazio di cinquant'anni.
Trattandosi di una estensione di territorio considerevole la durata
del tempo sufficiente a legittimare l'acquislo polrebb e^seie limi-
tato ad anni trenta.
1^ Libro I. ' Delle persone — Parte tpeeiah
Occorrerà nell'uno e nell'altro caso che l'esercizio dei diritti
di sovranità sia stato notorio, non interrotto e non equivoco.
Acquisto della sovranità mediante cessione.
215. — La cessione di un territorio appartenente ad uno Stato,
fatta volontariamente dal suo Sovrano a norma delle leggi costi-
tuzionali a fine di rinunciare ad ogni diritto sovrano su detto ter-
ritorio e trasferire tali diritti al Sovrano di altro Stato, opera la
perdita del possesso territoriale da parte dello Stato cedente e
l'acquisto per parte dello Stato cessionario.
216. — La cessione può aver luogo con o senza correspettivo,
e quando sia stipulata mediante trattato e questo debba repu-
tarsi validamente fatto a norma delle regole che concernono la
validità dei trattati intemazionali , dev'essere efficace ad attri-
buire il possesso giuridico del territorio che abbia formato obbietto
della convenzione.
Non mancano esempi di cessioni volontarie concordate mediante conven-
zione conclusa tra due Stati. I possedimenti russi furono ceduti agli Stati Uniti
di America per 7.200.000 dollari. Una cessione a titolo gratuito è quella avve-
nuta tra la Francia e l'Italia rispetto alla Savoia ed al circondario di Nizza,
ceduti col trattato stipulato a Torino il 24 marzo 1860.
217. — La cessione forzata imposta come condizione della pace
produce la perdita del possesso giuridico del territorio ceduto da
parte dello Stato cedente e l'acquisto da parte di quello a favore
del quale la cessione sia stata stipulata.
Per la validità di questa bisognerà tener presenti le regole che
concernono i trattati di pace e le convenzioni che regolano le
conseguenze della guerra.
Esercizio dei diritti di sovranità territoriale.
218. — Incombe a tutti gli Stati, i quali sono in società di fatto,
di riconoscere che al Sovrano dello Stato che ha il possesso giu-
ridico di un territorio spetta l'esercizio esclusivo dei diritti di
sovranità territoriale secondo il Diritto internazionale.
TUolo Uh - Acquino déUa aovranUà ittrrHoriaU 16S
219. — La sovranità territoriale non può essere reputata come
un diritto patrimoniale e non può attribuire al Sovrano dello Stato
la proprietà del territorio, ma bensì soltanto l'alto dominio su
tutte le regioni che sono nel suo possesso giuridico.
220. — Incombe al Sovrano territoriale di esercitare i propri
diritti colle giuste limitazioni che sono imposte secondo il Diritto
intemazionale e tenuto conto delle esigenze della convivenza e
delle utilità generali.
Le precedenti regole tendono a stabilire nei rapporti tra la sovranità ed H
territorio quello che deve essere reputato nel campo del Diritto pubblico interno
o in qnello del Diritto internazionale.
Secondo il Diritto pubblico intemo ì diritti del sovrano rispetto alle varie
parti del territorio possono essere diversi, secondo che si tratti di beni che
costituiscono la proprietà pubblica, e dei quali è dato a ciascuno di godere sotto
Tosservanza delle leggi e dei regolamenti; o di queUi che costituiscono il
patrimonio dello Stato, e dei quali il godimento è attribuito al capo dello
StatOj che può esercitare i diritti di proprietà a riguardo di quelli che costi-
tuiscono il patrimonio della Corona; o di quelli finalmente che costituiscono la
proprietà privata, la quale deve essere reputata inviolabile, salvo le limitazioni
imposte secondo la legge costituzionale.
Di fronte al Diritto intemazionale la sovraiOtà territoriale consiste nelPalto
dominio spettante al sovrano del territorio in confronto di tatti gli altri
sovrani, vale a dire nel diritto esclusivo delFaif dort to« , àitllHmperiufny della
juriadicHo rispetto a tutte le regioni che sono nel possesso giuridico dì lui.
Cotesto diritto non ha nulla a che fare con qnelR> che proviene dal diritto di
proprietà, perchè in sostanza lo Stato non è patrimonio del sovrano, e molto
meno il territorio può essere reputato quale proprietà del sovrano territoriale*
Conviene poi inoltre avvertire che, siccome ogni diritto sovrano trova le
giuste limitazioni in forza delle esigenze richieste per l'ordinata convivenza
e per la tutela degF interessi generali, cosi anche il diritto di alto dominio
spettante al sovrano territoriale deve subire le necessarie limitazioni, che sono
la conseguenza delle esigenze della convivenza.
166 Libro /. • Delle persone — Parte speciale
TITOLO IV.
Diritto d'imperio e di ffiunsdizìone.
221. — II diritto d'imperio e di giurisdizione spettante al Sovrano
dello Stato in virtù del dominio eminente su tutto il territorio
consiste nella suprema potestà di assoggettare le persone, e le
cose che formano parte del territorio, alle leggi da lui fatte per
tutelare i diritti sociali, i diritti privati e quelli dello Stato e por
tutelare inoltre gUnteressi generali ed assicurare il rispetto del
Diritto internazionale.
Il diritto d'imperio e di giurisdizione personale, che concerne
soltanto i cittadini, trova il suo fondamento sul carattere di citta*
dinanza, e si esplica anche rispetto ai cittadini residenti all'estero.
Noi intendiamo in questo luogo la giurisdizione secondo il concetto di Vico,
Tale a dire come suprema potestà di proclamare colla legge il Diritto e di
assicurarne il rispetto. Juris-dictio (egli dice) est formtda quam site scripto sive
edictOf or do vel Sex^ animo Juris condendi, emittit; guod proprium est jus edere
(De uno univ. juris principio et fine uno),
U quale concetto va completato con quello di Voet: Vana et elusoria sii
omnis juris-dictio nisi nervos hahet imperii, quibus ad óbedientiam adducantur
contumaces et executionem decreta sortiantur. Ad Pand.y L. II, tit. I, n® 42.
Giurisdizione a riguardo dei cUtadini.
222. ^ La soggezione dei cittadini alla giurisdizione del Sovrano
dello Stato, cui essi appartengono, dovrà essere reputata perma-
nente fino a tanto che essi conservino la cittadinanza acquistata.
223. — Il rapporto, che lega il cittadino al Sovrano dello Stato,
dovrà ritenersi fondato sulla libera elezione da parte di lui e non
già snlV allégeance, e dovrà essere considerato duraturo fino a quando
la persona non abbia con atto formale rinunciato alla sua patria,
o non si sia naturalizzato all'estero.
TUolo IV. ' Diruto d'imperio e di giurisdiziùné 167
UaHéfféOHce è stata considerata come un vincolo permanente col quale
ciascuno rimane legato al sovrano dello Stato, di cui esso sia nato cittadino
e che persiste sempre e che non può essere mai rotto mediante qnahisia fatto
personale da parte della persona vincolata sen^a il eonsènftmento del principe»
al quale esso deve reputarsi sempre sommesso.
In forza di tale rapporto le leggi di alcuni Stati hanno ammesso Tobhligo
permanente di fedeltà e di ubbidienza da parte del rìttadino verso il sovrano
del paese d^origine, e gli hanno negato il diritto di espatriare e di naturaliz-
zarsi airestero» senza il beneplacito del sovrano. In certi paesi Vallégeance ò
stata considerata un rapporto tanto assoluto e permanente da qualificarlo
inalienabile ed imprescrittibile , non ostante qualunque fatto personale per
ripudiarlo.
Era così secondo la legge federale svìzzera anteriore a quella pubblicata
il 6 luglio 1876, ed in Inghilterra prima che fosse pubblicata la legge del
12 maggio 1870, la quale ha ammesso che l'inglese possa rompere il rapporto
derivante àM aìlégeance naturalizzandosi alKestero.
Il rapporto derivante àiìX^allégeance considerato come assoluto, inalienabile,
imprescrittibile deve reputarsi in opposizione coi diritti intemazionali del-
Tuomo. Vedi le regole al Titolo X.
Ck)nfronti Bonfils, Droit inUrnational public^ § 423L
224. — Il Sovrano dello Stato non può imporre ai cittadini
l'obbligo di ottenere la sua previa autorizzazione per potere espa-
triare e per acquistare un'altra cittadinanza. Potrà però assog-
gettare coloro, che volessero espatriare, ad adempiere prima agli
obblighi verso la patria originaria e a prestare il servizio mili-
tare. Potrà inoltre trattare come ribelle chiunque abbia portato
le armi contro la patria originaria.
226. — Compete alla sovranità il diritto di regolare colle proprie
leggi i diritti privati dei cittadini che si trovino all'estero, nel
senso però di assoggettare il godimento di codesti diritti alle
regole di Diritto intemazionale pubblico e privato.
Spetta ad essa altresì il diritto di richiamare ì cittadini che
dimorino all'estero, quando la loro opera sia necessaria per la
difesa del paese e per l'adempimento dell'obbligo del servizio
militare.
226. — La sovranità però non potrà, in virtù di tale diritto,
fere direttamente o indirettamente in nome proprio alcun atto di
comando o di coercizione a riguardo dei cittadini che si trovino
all'estero per costringerli all'ubbidienza, ma soltanto potrà doman-
dare conto ad essi, quando ritornino in patria, se dimorando
all'estero abbiano violato le leggi che li obbligavano, e quando
168
Libro L ' Delle persane — Parte epeeiàU
sia il caso assoggettarli alle conseguenze penali sancite colla
propria legge,
227. — Non si ha il diritto di esigere che il Governo straniero
presti il suo appoggio per l'esecuzione dell'ordine dì richiamo dei
cittadini da parte del Governo nazionale.
Giurisdizione rispetto agli stranieri.
228. — Nessun Governo potrà avere il diritto di inibire in
modo generale e permanente agli stranieri di entrare liberamente
nel territorio dello Stato. Però per ragioni d'interesse pubblico o
per motivi ben gravi il divieto di entrare nel territorio dello Stato
può essere giustificato come provvedimento provvisorio rispetto
a certe categorie di stranieri.
220. — Il diritto spettante allo Stato di proibire temporanea-
mente l'entrata degli stranieri non può essere fondato sul motivo
di proteggere il lavoro nazionale.
230. — Ogni persona, che entri volontariamente in un paese
straniero, è tenuta a sottomettersi durante il suo soggiorno alle
leggi dì sicurezza ed a quelle di polizia. Essa non avrà ragione
di lamentarsi se tali leggi, per quanto elleno siano più o meno
giuste, onerose e conformi o contrarie a quelle della sua patria,
e degli altri Stati civili, siano a lei applicate, purché però siano
osservate le stesse formalità di procedimento e fatte salve le
stesse garanzie legali stabilite per la loro applicazione ai cittadini
dello Stato.
231. — Salvo il diritto di ciascun Governo di assoggettare gli
stranieri, che vogliano soggiornare, al pagamento di certe contri*
buzioni personali, non si potrà mai giustificare Tatto di un Go-
verno che costringesse gli stranieri, che intendano soggiornare
nel territorio dello Stato, a contribuzioni eccessive e a continue
estorsioni.
232. — Non è conforme ai prìncipii del Diritto ed alle consue-
tudini internazionali di assoggettare gli stranieri, i quali non siano
stabilmente domiciliati, ai servigi civilie- militarismi prestiti forzati^
Titolo IV. . Diruto cTitnpeHo é di giurisdizione 101)
alle contribuzioni di guerra ed a qualunque altra contribuzione
straordinaria.
Agli oneri suddetti potranno essere obbligati gli stranieri sta-
bilmente domiciliati, purché si conceda loro un tempo ragionevole
per potere trasferire il proprio domicilio altrove, se non volessero
assoggettarsi alle nuove leggi promulgate dopo lo stabilimento
di esso.
Espulsione degli stranieri.
233. — Incombe agli Stati civili di regolare con legge l'espul-
sione degli stranieri nei casi ordinari e straordinari, e di escludere
ogni atto arbitrario ritenendolo come lesivo della libertà e della
inviolabilità della persona.
234. — Il diritto di espellere uno straniero con provvedimento
amministrativo potrà essere ammesso in via eccezionale, allorché
vi fossero gravi ragioni di ordine pubblico per giustificarlo. Il Go-
verno del paese, a cui appartenesse l'espulso, potrà però doman-
dare ognora una spiegazione, e la comunicazione delle ragioni,
che avessero motivato Tespulsione. Contro tale provvedimento in
via amnoinistrativa dovrebbe però essere riservato all'espulso il
diritto di fare opposizione in via giudiziaria, e di sottomettere ai
tribunali di giudicare e di sentenziare se sussistano, secondo la
legge, le circostanze dell'espulsione,
235. — La sovranità potrà espellere ognora uno straniero, che
sia stato condannato ad una pena criminale o correzionale, alla
quale per disposizione di legge sia aggiunta l'espulsione, quando
il reo sia straniero.
Vedi su tale soggetto Fiore, Tratte du Droit penai internata Paris ISSO,
tom. I, chap. H. Du droit d^expuUer Vétranger, ove trovansi riportate le leggi
vìgenti nei diversi paesi a rigaardo deirespulsione degli stranieri.
236. — L'espulsione dello straniero potrà essere giustificata se
esso trovisi in condizione di mendicità o di vagabondaggio ; se esso
siasi stabilito nel territorio dello Stato clandestinamente e sotto
falsi nomi; se esso trovisi affetto da malattia contagiosa e che
per la sua natura possa compromettere la salute pubblica.
170 Libro 1. ' Delle persone — Parte speciale
237. — L'espulsione in massa degli stranieri cittadini di uno
Stato non potrà essere giustificata, se non quando possa essere
data la prova di avere essi violati i principii del Diritto intema-
zionale 0 di cagionare con la loro presenza un tur]}aniento g^e-
rale dell'ordine pubblico e della pubblica tranquillità.
L'espulsione in tali circostanze potrà essere giustificata, quanto
alla sua durata, fino a quando durino le pubbliche necessità, che
l'abbiano motivata.
Della giurisdizione penale.
238. — Nessuna sovranità potrà esercitare l'azione penale o
fare un atto di qualsisia natura che implichi esercizio di giurisdi-
zione penale sul territorio soggetto ad altra sovranità. Può però
attribuire alla propria legge penale autorità estraterritoriale in certi
casi determinati e specificati, e chiamare colui che l'abbia violata
all'estero a subire il giudizio dinanzi ai propri! tribunali, nel caso
che si sia arrivati ad impossessarsi di esso o che si sia doman-
data e ottenuta la regolare estradizione.
Non si può al certo ammettere l*autorità estraterritoriale assoluta del Diritto
penale come alcuni hanno sostenuto, e neanche sì può accogliere ropinione
di coloro, ì quali pensano che la legge penale di ogni paese debba avere
rispetto ai cittadini di esso la stessa autorità dello statuto personale ; ma si
può bensì ritenere giusta e fondata la teorìa la quale ammette che in quei
determinati casi, nei quali in forza degli stessi principi! che legittimano la
tutela giuridica del Diritto mediante sanzioni penali, questa debba estendersi
anche neiripotesi che la lesione venga a verificarsi in conseguenza della lesione
avvenuta in forza di reato consumato in paese straniero, la sovranità dello Stato
possa avere il diritto di punire tali reati, e che si debba quindi in cotesti
determinati casi attribuire autorìtà estraterrìtorìale alla legge penale.
In quest^ordine d'idee tutto si riduce a determinare ì casi nei quali Tanto-
rità estraterritoriale della legge penale possa essere giustificata.
Gonf. su tale soggetto : Fiore, Effetti intemazionaH delle sentente p^nàU •
della estradizione ^ Gap. 2^ Della giurisdizione penale relativamente ai reati
commessi aW estero, n® 12 e seg.; e Traiti de Droit penai intemational, tradnit
par Charles Antoine, Parìs 1880. tom. I. Du droit de reprimer les déUts eommis
hors du territoire de VÉtat, n° 43 e seg.
239. — Potrà essere attribuita autorità estraterritoriale alla legge
penale rispetto principalmente ai seguenti reati:
TUcXo IV. - Diritto dUmperto e di qiurisdizhne 17!
«
a) reati contro la sicurezza dello Stato e contro il credito
pubblico;
b) reati contro la proprietà o contro le persone, quando il
colpevole si sia recato nel paese straniero, ove il divieto non esi-
steva, per consumare impunemente un fatto in frode della legge
del paese, la quale dichiari quel dato fatto punibile;
e) reati di ricettazione e favoreggiamento, quando cioè i fnitti
di un reato commesso nello Stato siano stati trasportati dolosa-
mente dentro i confini di un altro Stato;
d) quando l'autore del reato commesso nello Stato sia stato
eccitato, consigliato, incoraggiato a commetterlo, da chi dimorava
all'estero.
240. — Apparterrà alla sovranità di ciascuno Stato la giurisdi-
zione penale rispetto ad uno, che sia imputato di avere commesso
un fatto qualificato reato secondo il Diritto internazionale.
241. — Dovranno essere considerati come compresi nella pre-
cedente regola:
a) la pirateria e qualunque fatto che si riferisca ad essa;
h) i guasti, la distruzione o la alterazione dei telegrafi sotto-
marini o di una parte qualunque degli apparati annessi;
e) i guasti e la distruzione di una strada ferrata internazionale,
di canali o opere destinate all'uso comune, arre^^ati con intenzione
dolosa in tempo di pace ; o da chi non era autorizzato ad arre-
carli in tempo di guerra.
Giurisdizione penale rispetto ai pirati.
242. — Sarà considerato come pirateria qualunque atto com*
messo in alto mare con violenza a scopo di furto o di depreda-
zione da una nave, a cui manchi il mandato o la lettera di marca
rilasciata da un Governo riconosciuto, e quando l'attentato sia
diretto indistintamente contro le navi di qualsisia paese.
243. — Non potrà essere qualificato come pirateria il fatto di
una nave, che abbia commessi atti di violenza o di depredazione
per commissione di un Governo contro le navi di un determmato
172 Libro L - Delle persone — Parte speciale
paese, anche quando il comandante di essa abbia ecceduto i limiti
della commissione. Dovrà però in tal caso l'autore del fatto essere
tenuto a rispondere, anche penalmente, per avere ecceduto i
limiti della commissione, e dovrà sempre ritenersi responsabile il
Governo che ad esso dette la commissione.
244. — La giurisdizione penale internazionale pel reato di pira-
teria potrà essere ammessa soltanto quando sussistano tutti gli
estremi per potere essere Tatto qualificato pirateria secondo i
principi! del Diritto internazionale.
La legge particolare di uno Stato, che qualifichi atti di pira-
teria fatti, che non siano tali secondo il Diritto internazionale, non
può essere applicata per attribuire al reato tale qualifica e per
giustificare la giurisdizione del Sovrano, che abbia promulgata la
legge, a fine di punirne Fautore come se si trattasse del reato
vero e proprio di pirateria.
246. — La nave dedita alla pirateria, che abbia o che non abbia
la bandiera di uno Stato e le carte di bordo, potrà essere assog-
gettata alla giurisdizione di qualunque sovranità, che Tabbia in
suo potere.
246. — Chiunque abbia le prove che una nave sia colpevole
di piraterìa, o abbia gravi motivi per sospettarla tale, potrà seque-
strarla, ma dovrà condurla nel porto di uno Stato, perchè vi sia
giudicata.
Qualora gli atti di pirateria fossero stati commessi nelle acque
territoriali di uno Stato, la giurisdizione del medesimo dovrà essere
a preferenza riconosciuta.
Giìirisdizione rispetto ai Ministri stranieri.
247. — Gli agenti diplomatici stranieri saranno esenti dalle giu-
risdizioni territoriali per tutti gli atti da essi fatti nella loro qualità
come tali o come rivestiti del carattere di pubblici funzionari o
agenti di Governi stranieri. Essi avranno il diritto di adempiere
la loro missione colla più completa indipendenza, e non saranno
tenuti a rispondere personalmente, se, adempiendo la loro nUs-
Titolo IV ' Diritto d'imperio e di giurisdizione *'^
sione secondo il mandato espresso ricevuto dal proprio Governo,
abbiano coi loro atti offeso il Sovrano o il Governo dello Stato
presso cui siano accreditati.
Confronti per quello che concerne i diritti e le prerogative dei ministri
stranieri le regole contenute al titolo VII. Diritti e prerogative degli agentt
diplomatici,
248. — Il ministro straniero, il quale, nell'esercizio delle sue
funzioni, come tale arrecasse offesa alla sovranità dello Stato,
potrà essere rinviato, ma non punito come colpevole. Incombe
però allo Stato rappresentato di disconoscere gli atti del mini-
stro e di dare le dovute riparazioni, senza di che sarà esso te-
nuto a rispondere degli atti da lui fatti e dell'offesa da lui arre-
cata nella sua qualità di rappresentante dello Stato.
249. — Qualora gli atti del ministro straniero abbiano il
carattere di atti ostili, il Governo dello Stato, presso cui è accre-
ditato, potrà trattenerlo fino a tanto che il Governo rappresen-
tato non abbia dato corso ai reclami fatti, e !a controversia fra
i due Governi non sia stata appianata. Che se in conseguenza
di tali divergenze fosse dichiarata la guerra tra i due Stati, il
ministro straniero potrà essere trattenuto come un prigioniero
di guerra.
Queste regole riposano sul concetto che il ministro straniero in quello che
eserciti funzioni in nome dello Stato rappresentato, o che faccia atti in nome
del Governo da cui sia stato accreditato, non può essere tenuto a risponderne
personalmente, perchè in forza del suo carattere rappresentativo egli rappre*
senta ne* suoi atti Io Stato straniero. Le conseguenze quindi che ne possono
derivare, qualora gli atti del ministro straniero facciano nascere una contro-
versia fra i due Governi, devono rimanere sommesse alle regole generali che
concernono le controversie fra Stato e Stato, e devono quindi essere risolute
colle norme di Diritto comune, come in ogni caso in cui nasca una contro-
versia di Diritto internazionale tra due sovranità.
•
250. — Qualora gli agenti diplomatici abusino della loro po-
sizione per attentare ai diritti dello Stato presso cui siano accre-
ditati, 0 per violare i diritti dei privati protetti dalla legge penale,
potranno essere assoggettati alla giurisdizione penale del Sovrano
presso cui sono accreditati, salvo i necessari temperamenti per
tutelare la dignità dello Stato rappresentato.
i74 Libro L - DeUe pèrsone — Parte speciale
261. -— Le persone, che dimorano in uno Stato in qualità di
rappresentanti di uno Stato estero, potranno essere assoggettate
alle giurisdizioni territoriali ordinarie per tutti gli atti da esse fatti
come privati, o nella sfera del Diritto privato, e per quelli al-
tresì che esse facciano senza mandato espresso o commissione
tacita del proprio Governo o che non possano ritenersi com-
presi nel mandato o nella commissione ad esse data.
Le regole sopra stabilite mirano a determinare al giuslo la estraterrìtorialità
della quale si dicono coperti i rappresentanti di Stati stranieri.
Lasciando da parte ogni finzione giurìdica conviene piuttosto riconoscere, che
secondo la natura delle cose il rappresentante di uno Stato straniero in tutti
gli atti che esso fa, come rivestito del carattere pubblico, non può essere sot^
tomesso alla giurisdizione dello Slato presso del quale egli è accreditato. Egli
infatti rappresenta la sovranità stessa del sovrano, da cui fu inviato, e non
può essere sommesso alla giurisdizione, perchè siccome questa non esiste indi-
pendentemente dalla sovranità, il sottometterlo alla giurisdizione del sovrano
territoriale equivarrebbe a sottomettere la sovranità da lui rappresentata.
Molto a proposito può riuscire quello che disse la Corte di Parigi nella
causa Masse :
* Gonsidérant que Tindépendance réciproque des États est consacrée par
* le Droit des gens... ; que prétendre de soumettre à la justice le soureraio
* d' un autre pays , c'est-à-dire au droit de juridiction et de commandement
'^ du juge d'un pays étranger, ce serait evidemment violer une souverainete
* etrangère, et blesser en cette partie le Droit des gens...; que rincompélence
' du tribunal était à cet^gard d*ordre public et absolu... . (Paris, 23 aóut ISTu.
Journ. du Palaie, 1871, p. 73.)
Non è quindi per la finzione della estraterrìtorialità, ma in forza del priD-
cipio della reciproca indipendenza delle sovranità, che i ministri stranieri
devono essere esenti dalla giurisdizione in tutti gli atti che essi fanno comi
rappresentanti dello Stato da cui sono accreditati.
Nei rapporti poi di Diritto privato non si può sostenere la loro esenzione
dalla giurisdizione territoriale, perchè detti rapporti sono sempre gli stessi sia
che le parti tra le quali intercedano siano entrambe due prìvati, sia che Tana
o l'altra di esse sia un ministro straniero.
La vendita, la locazione, il deposito, e via dicendo, non mutano natura,
carattere e sostanza se, a modo d'esempio, il ministro straniero sia egli H
compratore o il venditore. (Vedi Fiore sulla voce Agenti dipUmatici nel
D.gesto ital., § 171 e seg., e Diritto internaz. pubbl., 3* ediz., tom. JI, §§ 1 m 1229.
Oonfr.: FERAUD-GmAUD, États et souverains devant les tribunaux étrangtrt,
tom. II, Paris 1895, appendice.)
252. — Gli atti fatti da un ministro straniero nella sua qualità
dì rappresentante dello Stato estero, i quali importino conseguenze
civili ed obbligazioni civili, potranno legittimare le azioni civili da
parte degl'interessati e la giurisdizione dei tribunali ordinari
competenti nei casi e colle norme che concernono Fesercizio delle
Titolo IV, - Diritto d'imperio e di giurisdizione ^^
azioni civili e la competenza dei tribunali rispetto agli atti fatti
da un Governo straniero.
in forza di qnesta regola si deve ammettere che il Ministro straniero non
può essere personalmente responsabile neanche delle conseguenze civili che
possono derivare dagli atti da lui compinti nella sua qualità di agente diplo-
matico e di rappresentante dello Stato estero: però, siccome gli Stati stranieri
ed i Governi stranieri possono in certi casi essere sommessi alle giurisdizioni
ordinarie per le conseguenze civili che possono derivare dagli atti di gestione
0 di amministrazione compiuti in loro nome dai pubblici funzionari, cosi deve
ammettersi che i ministri stranieri siano tenuti a risponderne nei casi e sotto
le condizioni nei quali vi può essere tenuto lo Stato da essi rappresentato.
Vedi in seguito le regole che concernono la giurisdizione rispetto agli Stati
ed ai Governi stranieri e confronti il mio articolo pubblicato nel Digesto italiano
sotto la voce Agenti diplomatici, § 224 e seg.
Giurisdizione rispetto ai coììsoU strame)'i.
253. — I consoli stranieri non saranno sommessi alle giuris-
dizioni territoriali per gli atti da essi compiuti nella loro qualità
di ufficiali rivestiti di carattere pubblico ed in conformità delle
leggi, dei regolamenti e della competenza ad essi spettante se-
condo la convenzione consolare e gli accordi interceduti fra i
due Stati.
Se però tali atti importassero conseguenze civili e potessero
legittimare l'azione civile contro il Governo del loro paese la com-
petenza dei tribunali territoriali si potrà ammettere colle norme
che concernono la giurisdizione rispetto ai Governi ed agli Stati
stranieri.
Per chiarire la proposta regola conviene tener presente che gli ufficiali
pubblici, quantunque non siano tenuti personalmente a rispondere degli atti
fatti come pubblici funzionari, possono nondimeno in certi casi impegnare lo
Stato, che può essere tenuto per essi a risponderne.
11 caso è stato discusso dinanzi ai tribunali italiani a proposito dell'obbligo
assunto dal Console greco in tale sna qualità di pagare le spese dovute al
Manicomio di Aversa, ove egli avea richiesto che fosse ricoverata una greca
demente. SullMstanza deirAmministrazione del Manicomio pel mancato paga-
mento i tribunali italiaiii si dichiararono competenti. La Corte di Cassazione
di NapòU decidendo tale causa coUa sna sentenza del 16 marzo 1886 ritenne
che il console straniero, e per lui lo Stato che gli delegò le funzioni consolari
per le obbligazioni civili contratte nel Regno a favore di cittadini del suo paese
non è sottratto alla giurisdizione dei tribunali dello Stato. Giurisprudenza
^ '" Libro L - Delle persone — Parte speciale
italiana, causa Typaldos console di Grecia e. Manicomio di Aversa, anno 1886»
parte I, sezione I, 228.
Vedi pure sentenza della Corte di Catania del 16 agosto 1888 in causa
Leva e. Belfiore neUa Giurisp. catanese 1888, pag. 189.
254. — I consoli che esercitano il commercio o che facciano
atti nel campo delle materie civili d'interesse privato saranno
sonmiessi interamente per tutto quello che concerne i fatti di
commercio , gli atti civili e le controversie ad essi relative alle
giurisdizioni del paese ove il commercio sia da essi esercitato od
ove siano stati posti in essere gli atti civili.
Anche quando coUa convenzione consolare trovasi stabilito che i eonsofi
rispettivi debbano godere a reciprocità certe esenzioni, prerogative, immunità
e privilegi non si può mai sostenere che essi ne possano godere nel caso che
esercitino il commercio e a riguardo di fatti relativi ad esso o a rapporti
civili e privati.
Nel protocollo sottoscritto tra 1* Italia e la Romania per precisare rintelli-
genza della convenzione consolare tra di essi conclusa fu cosi con venato:
" Il demeure entendu que les consuls respectifs, sMls sont négociants, seront
** entièrement soumis, en ce qui concerne Tarrét proventi f pour faits de coni-
* merce , à la législation du pays dans lequel ils ezercent leurs fonctions ,.
(Bucarest, 13 marzo 1881, Collezione dei trattati e convenzioni tra 1* Italia e gli
Stati stranieri, voi. 10, pagina 799.)
255. — Incombe alla sovranità di regolare l'esercìzio delle
giurisdizioni e di ogni diritto da parte delle autorità locali rispetto
al console straniero coi temperamenti e le considerazioni a lui
dovute pel carattere pubblico del quale è rivestito, e di tutelare
tutte le immunità, diritti, privilegi ed esenzioni accordati ad esso
secondo la convenzione consolare o il Diritto comune.
256. — Si dovrà ritenere in massima che, quantunque 1 con-
soli non possano godere tutti i diritti e tutti i privilegi che spet-
tano agli agenti diplomatici, devono non di meno avere tutte le
garanzie per la loro sicurezza personale, la piena libertà per eser-
citare convenientemente le loro funzioni ed il concorso efficace
delle autorità locali per i provvedimenti che essi dovessero prendere
per l'esercizio delle loro funzioni.
Nella maggior parte delle convenzioni consolari, qiuantnnqne i consoli e gii
agenti consolari non siano dichiarati esenti dalle ginrisdizioni territoriali» trovasi
ammesso come regola che essi non possano essere arrestati tranne che nel
caso che abbiano commessi reati gravi. Nella convenzione tra lltalia e TAustrìa
del 15 maggio 1874 ò così disposto a tale riguardo ali*articolo 5; * Les^ consols
Titolo IV. - DiriUo d'imperio é di giurisdizione Ì71
* généraox, consnlB, viee-consuls et agents consulaires, sujets de la haute partie
' contractante qni les a nomraés , jouiront de V iromunité personelle et ne
* poorront étre ni arrètés, ni etnprìsonnés, si ce n^est pour une infraction
' qni soit, 8i elle a étó commise en Aotriche^Hongrìe, considérée comme erime
' en verta des lois antricbiennes , ou frappée de peines graves par la lo
' hongroise , ou bien à laquelle , dans le cas où V infraction a été commise
* en Italie, la loi italienne applique une peine crìminelle ,.
La stessa disposizione si trova nella convenzione consolare colla Russia del
16 aprile 1875, nella quale anche per i fatti sommessi alla legge penale Tarresto
non ò ammesso che quando i detti fatti importino una pena superiore ad un
anno di carcere. Convenzione 16i28 aprile 1875, articolo 2, comma 2^.
NB. A complemento delle regole esposte confronti quelle che concernono i
diritti e le prerogative dei consoli, che trovansi al titolo VII.
Giurisdizione rispetto ai Sovrani stranieri.
257. — I Sovrani stranieri, che in tale loro qualità si trovino
nei dominii di altra Sovranità, non potranno come tali essere
assoggettati in. nessun caso alle giurisdizioni ordinarie.
Nessuna differenza potrà essere fatta a riguardo di ciò se il
capo dello Stato sia principe, re, imperatore, o presidente di
repubblica.
Qualora però essi abusassero della loro posizione per eccitare
torbidi, o per attentare alla sicurezza dello Stato, potrebbero essere
obbligati a partire, e nel caso che avessero commessi atti ostili
gravissimi, potrebbero essere trattati come prigionieri di guerra.
258. — Un Sovrano, il quale facesse atti, in virtù dei quali esso
volontariamente venisse ad assoggettarsi alla giurisdizione della
sovranità straniera, non potrebbe pretendere di sottrarsi ad essa,
quando ciò ridondasse a suo vantaggio.
Dovranno ritenersi compresi in tale regola:
a) il caso di un Sovrano, che acquistasse beni immobili in
estero Stato, rispetto ai quali non potrebbe sottrarsi all'impero
delle leggi territoriali, che concernono la proprietà;
b) il caso di un Sovrano, che prendesse servizio nell'esercito
di uno Stato straniero;
e) il caso di un Sovrano, che si facesse intraprenditore di
servizi pubblici, come potrebbe essere T esercizio di una strada
ferrata e simili casi;
12 — Fiow-:, Dir. interri, codif.
178 Libro 1. - DeUe persone — Parte spedale
d) il caso di un Sovrano, che in qualità di rappresentante
dello Stato avesse iniziato un giudizio come attore senza costi-
tuire un pubblico ufficiale per essere rappresentato, e per rispon-
dere alle contro-azioni del convenuto.
Nella cansa contro il Kedivò di Egitto, che aveva destinato una nave dello
Stato per il trasporto di merci noleggiandola, fu ammessa la giurisdizione dei
tribunali ordinari (Vedi la sentenza deWJUa Corte deWAmmiiraglUao inglese,
Londra, 7 maggia 1873, Journal de Droit int, prive, 1874, pag. 36).
Nella causa contro HuUet, promossa dal re di Spagna, che aveva iniziato
il giudizio come principe sovrano, i tribunali americani si dichiararono com-
petenti a sottometterlo alla propria giurisdizione {ne King of Spain cs, Eulkt
Clerkf Seports of Lord, voi. I, pag. 333).
Vedi Fiore, Diritto pubbl. intem,, 3* edizione, e la ?oce Agenti diplomatiti
nel Digesto italiano §§ 193 e seg.
Giurisdizione rispetto agli Stati
ed ai Governi stranieri.
259. — Lo Stato straniero, in quanto è un'istituzione poli-
tica ed in quello che eserciti come tale i suoi diritti e le sue
funzioni sovrane , o che faccia atti di Governo , non può essere
assoggettato alle giurisdizioni ordinarie e segnatamente a quelle
del paese di cui siano cittadini coloro che da tali atti si dicono Iesi
Confronti le regole 185-86-87 precedenti.
260. — Lo Stato straniero, in quello che assume il carattere
di persona giuridica, e che in tale qualità faccia atti che per la
loro natura entrino nel campo dei rapporti civili, non può essere
sottratto alle giurisdizioni ordinarie ed alle regole che governano
l'esercizio delle azioni giudiziarie, per tutte le conseguenze che
dai detti atti possono derivare.
Per comprendere esattamente il valore delle due proposte regole conTiene
avvertire che lo Stato può essere considerato sotto un doppio rispetto, come
«nte politico cioè e come persona giuridica. Sotto il primo rispetto gli atti da
lui fatti implicano sempre l'esercizio del potere sovrano, e devono rimanen
sommessi al Diritto pubblico e costituzionale per le conseguenze aU^ioteno,
e al Diritto internazionale per le conseguenze alFestero, e devono oonsegoen-
temente essere sottratti alle giurisdizioni ordinarie. La cosa va diversamenta
per quanto attiene agli atti fatti dallo Stato come persona giurìdica. Esso
infatti come tale ha capacità di obbligarsi, di contrattare, di acquistare beni t
Titolo IV. - Diritto d'imperio e di giurisdizione 179
titolo privato, di contrarre debiti e di fare tutti gli atti della vita civile come
ogni altra persona giuridica. Ora, siccome in tali atti non è in causa la sovra-
nità, e, avuto riguardo alla natura delle cose, essi devono ritenersi nel campo
dei rapporti di Diritto privato, così ne consegue, che i principii che tali atti
devoDO governare, quelli compresi delle conseguenze civili e delle azioni giu-
diziarie, non possono essere diversi da quelli che concernono tali rapporti,
quando derivino da fatti posti in essere da un privato o da una società o
da una istituzione dotata di personalità giuridica. Un contratto di compra-
vendita non muta natura e carattere, se le parti contraenti siano due privati
0 se una di esse sia invece una società, una fondazione, un'istituzione, uno
Stato od un Governo straniero. Confr. Cassazione di Roma, sezioni unite,
30 maggio 1869, Comune di Firenze e. Pontonari, Foro italiano 1879, 1190.
— Cassazione Firenze 27 novembre 1879, Lucchi contro Comune di Firenze,
ivi 1879, 1073.
Non può quindi disconvenirsi che le regole di Diritto comune relative ai
rapporti contrattuali, alle conseguenze che ne possono derivare ed alle azioni
giudiziarie che si possono sperimentare, devono essere applicate anche quando
tale contratto sia stato concluso da un Governo straniero nell'interesse patri*
moniale di uno Stato straniero.
Con questa distinzione che noi avevamo stabilita con lo stesso ragionamento
nell'articolo sugli Agenti diplomatici pubblicato nel Digesto italiano (Vedi ivi
tomo II, pag. 915, n. 217), può e^ssere determinato quando debba ammettersi
e quando debba escludersi la giurisdizione rispetto agli Stati ed ai Governi
stranieri.
261. — Saranno reputati atti civili attinenti alla personalità
giaridica dello Stato straniero quelli nei quali non sia in causa
la sovranità, ma che concernono bensì i rapporti patrimoniali»
che per la loro natura non affettano la personalità dello Stato
come istituzione politica.
Tali sono:
a) gli atti ed i contratti conclusi per la gestione ed i bisogni
della gestione;
b) gli acquisti d'immobili o di mobili per contratto, o a titolo
particolare, o a titolo universale in caso di successione;
e) gli atti che concernono l'esercizio d'intraprese industriali
0 commerciali, comprese quelle che pel loro sviluppo si svolgano
nel territorio dello Stato;
(Q gli altri atti somiglianti che possono ritenersi compiuti dallo
Stato estero come persona civile, e che non affettano la sua per-
sonalità politica.
262. — Gli ' Stati stranieri non possono ritenersi sommessi alle
giurisdizioni ordinarie per ragione dei danni e delle lesioni patiti
180 Libro L - DéUe persone — Parte speciale
dai cittadini, in conseguenza di fatti da lui posti in essere nello
esercizio de' suoi poteri sovrani.
La responsabilità dello Stato per tali fatti e l'obbligo del rifa-
cimento del danno devono rimanere sommessi alle regole che con-
cernono le obbligazioni internazionali dello Stato e la sua respon-
sabilità, come sono stabilite al libro IL
263. — Lo Stato straniero dovrà ritenersi sommesso alla
giurisdizione territoriale nel caso che esso medesimo abbia ini-
ziata per qual si sia motivo l'azione come attore, o se citato come
convenuto non abbia declinata la giurisdizione, mentre potea dò
fare, e si sia invece costituito e difeso.
264. — Ogniqualvolta che sia il caso di ammettere la som-
missione dello Stato straniero alle giurisdizioni ordinarie saranno
osservate le regole di Diritto comune vigenti nel paese ove siegue
il giudizio in tutto quello che concerne l'esercizio dell'azione ed
il procedimento.
265. — Non si potrà procedere all'esecuzione coattiva della
condanna pronunciata contro uno Stato straniero , né si potrà
eseguire il sequestro dei beni o delle rendite a lui appartenenti,
ma si dovrà bensì provvedere in via diplomatica, osservandole
norme del procedimento amministrativo: salvo però il caso che
lo Stato estero possedesse a titolo privato beni immobili nel paese
ove la sentenza fu pronunciata.
La proposta regola si fonda sul giasto concetto che cioè ai beni apparte-
nenti allo Stato non si possono applicare le stesse regole che a quelli appar-
tenenti ai privati quando si tratti di tutelare gl'interessi del creditore me-
diante gli atti esecativi sui beni. I beni dello Stato sono destinati a soddisfare
i bisogni pubblici, e riesce facile comprendere che le vie ordinarie di esecu-
zione devono reputarsi incompatibili con la gestione del patrimonio dello Stato
e con le finalità cui sono destinati i capitali e le rendite del medesimo.
L'ostacolo che s'incontra inevitabilmente quando si tratta di eseguire om
sentenza contro uno Stato straniero non può per altro essere un argomento
decisivo per rendere frustranea anche la giurisdizione, imperocché non poi
contestarsi il diritto dell'attore di richiedere al tribunale competente che dichiari
il diritto contestato e condanni lo Stato straniero non ostante che quando
abbia ottenuto la sentenza non possa far valere i suoi diritti che nelle forme
e sotto le condizioni prescritte secondo il Diritto pubblico ed il Diritto inter-
nazionale.
Gonfr. la sentenza della Corte di Lucca del 22 marzo 1887, Hampson lootio
Bey di Tunisi, Foro italiano 1887, 1, 474.
Titolo IV. - Diritto éC imperio e di giurisdizione ^^1
266. — Anche quando la sommissione dello Stato straniero
non possa essere esclusa, incombe al Governo dello Stato di
provvedere a che non sia autorizzato Io sperimento delle azioni
civili senza averne prima informato in via diplomatica il Governo
dello Stato straniero, ed espletati gli opportuni tentativi per acco-
modare la vertenza all'amichevole.
267. — Incombe allo Stato straniero^ogni qual volta che abbia
rifiutato dì riconoscere le istanze dell'attore di provvedere in via
amministrativa, e che non sia il caso di escludere l'azione giudiziaria
contro di lui istituita, di sottomettersi alle regole di procedimento
vigenti nel luogo ove deve seguire il giudizio e di nominare chi
debba rappresentarlo. In mancanza di ciò si potrà esperire l'azione
giudiziaria osservando le norme di procedimento secondo il Di-
ritto comune, come nei caso di azione civile istituita contro le
amministrazioni pubbliche dello Stato.
Giurisdizione a riguardo dei beni.
268. — Tutte le cose, che si trovino attualmente nel territorio
di uno Stato, devono essere considerate sommesse all'imperio ed
alla giurisdizione del Sovrano territoriale.
269. — Chiunque acquisti un immobile esistente nel territorio
di uno Stato, o che ivi trasporti una cosa mobile a lui apparte-
nente, è tenuto a sottostare a tutte quelle leggi, che regolano la
proprietà ed il possesso delle cose immobili e mobili, avuto ri-
guardo agli interessi generali, alla tutela del Diritto sociale, e dei
diritti dei terzi.
270. — Nessun diritto reale sulle cose esistenti nel territorio
di uno Stato, qualunque sia la sua origine, potrà essere efficace
che in conformità della legge emanata dalla sovranità territoriale.
Nessun rapporto giuridico a riguardo di cose esistenti nel ter-
ritorio di uno Stato potrà essere efficace, se dallo svolgimento o
dal riconoscimento di detto rapporto ne derivi offesa diretta o
indiretta al Diritto pubblico territoriale, o alle leggi che concernono
i beni e che siano considerate di ordine pubblico.
182 Libro L - Delle persone — Parte speciale
Anche quando il diritto sulla cosa esistente in un paese possa ritenersi fon-
dato sulla legge straniera, tale diritto potrà essere efficace come^'u« adrmi,
ma il diritto reale propriamente detto, Vjus in re, non può essere acquistato
che in conformità di quanto dispone la legge territoriale. Questo deriva dal
giusto concetto che cioè il territorio, con tutto quello che esso contiene, de?e
essere considerato come la base ed il limite deirimperio e della giurisdixione
reale di ciascun sovrano.
Vedi in seguito Libro IQ. Dei beni appartenenti ai privati nei loro rapporti
col Dir, intemaz, Gonf. Fiore, Dir, intemaz. priv., 3* ediz. tomo I, parte
generale, cap. III. Ddla legge che deve regolare i diritti reali, — Dikhjl, I di-
ritti reali conaiderati nel Dir. intem, privatOy Torino 1895, Unione Tip. Edit
271. — Nessun atto di esecuzione in forza di contratto fatto
all'estero o di sentenza pronunziata da tribunale straniero a ri-
guardo delle cose esistenti sul territorio di uno Stato potrà essere
iniziato e compiuto, se non che quando gli atti esecutivi siano
stati previamente autorizzati dalla sovranità territoriale in confor-
mità delle leggi da essa emanate. La forza esecutiva degli atti e
delle sentenze non potrà derivare da sovranità straniera senza
offesa diretta del diritto d'imperio e di giurisdizione spettante
esclusivamente a ciascuno Stato sul proprio territorio.
Giurisdizione sulle acque territoriali.
272. — Il mare territoriale è costituito dalle acque che bagnano
le coste di ciascuno Stato fino alla distanza determinata dalia
necessità della sua difesa e dal bisogno di tutelare la sicurezza
del territorio e di proteggere gl'interessi del commercio e quelli
del fisco.
L'estensione delle acque territoriali, secondo il Diritto consue-
tudinario, dovrà ritenersi fissata a tre miglia marine dalla costa
a cominciare dal punto della marea bassa.
D limite di tre miglia marine si considera oramai come generalmente fissato
per determinare la zona del mare sulla quale la sovranità può esercitare la
giurisdizione. Vedi Calvo, Droit internat. public, § 355, 4* édit, 1887.
" Telle est la limite, egli scrive, qui a été généralement reconnue par ]et
* conventions internationales, notamment par Tarticle premier du traile da
■ 20 octobre 1818 entro TAngleterre et les États Unis d*Amérique, par ]a loi
* belge du 7 juin 1832, par les articles 9 et 10 du traité du 3 aoùt 1839 et
* rariicle preuiìerdecehii du ltnoYeiiibiel5>b7€iitie-4a.Erance.et r.Anglcterrc«,
Titolo IV, ' Diritto '^imperio e di giurisdizione 183
273. — Ciascuno Stato è tenuto ad esercitare tutti i diritti,
che derivano dal dominio delle acque territoriali, in maniera da
non ledere quelli che spettano ai naviganti, che per i bisogni
della navigazione pacifica intendono attraversare le dette acque
destinate a servire pel passaggio al mare libero.
274. — Compete a ciascun Sovrano il diritto esclusivo di rego-
lare colle proprie leggi tutto ciò che concerne la polizia della navi-
gazione nelle acque territoriali, l'approdo, l'obbligo del pilota
locale, l'entrata nei porti, la libera pratica, le quarantene e simili ;
di stabilire una sorveglianza attiva per fare rispettare le leggi ed
i regolamenti, e di assoggettare i violatori dei medesimi alle san-
zioni penali da esso preventivamente sancite.
275. — Nessuno Stato potrà avere sulle acque territoriali un
vero diritto di proprietà, ma unicamente quello di giurisdizione
per quanto concerne la sicurezza e la difesa. Non potrà inibire
l'uso innocuo delle acque medesime, né assoggettare le navi mer-
cantili, che le attraversino, a pagare un diritto di transito o di
navigazione, come può fare rispetto alle navi che volessero appro-
dare od entrare nei porti dello Stato, né potrà con leggi e rego-
lamenti rendere il transito oneroso e difficile.
276. — Appartiene a ciascuna sovranità il diritto di riservare
la pesca del pesce e di tutti i prodotti sottomarini nelle acque
territoriali ai cittadini dello Stato, e di regolare mediante i trat-
tati di commercio e di navigazione l'esercizio della pesca da parte
dei cittadini di un altro Stato.
277. — Per le baie l'estensione di 3 miglia marine sarà deter-
minata a cominciare da una linea retta tirata a traverso la baia
nella parte intema di essa, ove la distanza tra le due coste della
baia è di sei miglia marine.
L^esercizio della pesca nelle acque territoriali trovasi regolato generalmente
dai trattati di commercio o da convenzioni particolari fatte su tale soggetto.
In parecchi trattati conclusi dairitalia la pesca nelle acque territoriali italiane
è riservata ai nazionali: così trovasi disposto nel trattato coirAustria-Ungheria
del 6 dicembre 1891 art. 18. in quello col Messico del 16 aprile 1890 art. 17
ed in altri. La delimitazione della linea di pesca nella baia di Mentone fu
fissata colla convenzione fra 1* Italia e la Francia del 18 giugno 1892. Non
mancano esempi di trattati nei quali tale riserva non trovasi stipulata. Conviene
*o* Libro L • DeUe peréone — Parte speciale
in ogni caso riferirsi alle convenzioni particolari per decidere se debba o no
ammettersi la riserva della pesca nelle acque territoriali a favore dei nazio-
nali, ed in massima dovrebbe ammettersi il privilegio, qnando non esiste un
trattato di commercio.
278. — Qualora nel trattato di commereio stipulato fra due Stati
non vi sia alcuna riserva relativamente al diritto di pesca nelle
acque territoriali rispettive, ed i cittadini degli Stati delle parti
contraenti siano ammessi a godere gli stessi vantaggi dei nazich
naii o quelli concessi allo Stato il più favorito, la riserva della
pesca a favore dei nazionali nelle acque territoriali rispettive dovrà
ritenersi esclusa.
Giurisdizione sui fiumi, golfi, laghi mediterranei,
279. — Il diritto di giurisdizione spettante alla sovranità di cia-
scuno degli Stati che siano attraversati o separati da un fiume,
sarà determinato con le stesse norme che concernono il diritto
rispettivo degli Stati frontisti sulla parte di fiume soggetta al loro
dominio.
280. — La giurisdizione rispetto ai golfi sarà determinata rite-
nendo in principio fissato il limite alia distanza di tre miglia marine
dalla costa. Se però l'apertura dei medesimi non sia maggiore
del tiro del cannone le tre miglia saranno calcolate a partire da
una linea retta tirata da un capo all'altro.
281. — La giurisdizione sui laghi, che si trovino situati fra i
territori di due Stati, sarà fissata fino alla metà del lago rispetto
a ciascuno degli Stati confinanti, che possegga una sola sponda
di esso; rispetto allo Stato che possedesse tutte e due le sponde
di una parte del lago, la giurisdizione s'intenderà stabilita a
riguardo di esso, su quella parte di lago compresa fra le dette
sponde.
282. — Ai mari chiusi saranno applicate per le giurisdizioni le
stesse regole stabilite per i laghi.
Si dice mare chiuso quello che si trova nel territorio di nno o più Stati e
che non comunica coirOceano come sono il Mare Morto ed il Mare Caspio.
Titolo IV. ' Diritto d'imperio e di giurisdizione 185
283. — La giurisdizione sui mari mediterranei sarà regolata
colle stesse regole che a riguardo del mare, salvo le modificazioni
stabilite coi trattati internazionali. Nessuna sovranità potrà repu-
tare un mare mediterraneo nel suo dominio, neanche se posse-
desse tutte le coste che lo circondino e lo stretto a mezzo del
quale esso comunicasse coir Oceano, in maniera da poterne fisi*
camente impedire l'accesso.
' Oiurisdizione sugli stretti.
284. — La giurisdizione spettante alla sovranità dello Stato, che
possiede il territorio attraversato da uno stretto, potrà essere am-
messa limitatamente soltanto alla potestà ad essa spettante di
provvedere alla polizia dello stretto ed alla propria sicurezza e
difesa.
Nessun Sovrano potrà essere considerato come proprietario dello
stretto, né potrà assoggettarne l'uso a tasse di passaggio e di
transito, salvo però il suo diritto di essere indennizzato delle spese
che siano sopportate per mantenere lo stretto in condizione di
navigabilità, e per prevenire i pericoli del traffico.
La Danimarca ha imposto per lungo tempo alle navi mercantili, che traver-
savano gli stretti del Sund e dei Belts pel traffico col mar Baltico, di pagare
le tasse di passaggio. Tali diritti, fìssati e riconosciuti per la prima volta col
trattato concluso nel 1645 tra il Governo danese e gli Stati generali delle prò-
vìnci e unite, furono posteriormente anche riconosciuti dagli altri Stati e segna-
tamente dalla Francia nei trattati del 1663 e del 1742. Posteriormente, siccome
l^am montare delle percezioni a tale titolo da parte del Governo danese era
di gran lunga superiore alle spese che esso sopportava pei servizi della navi-
gazione e assumeva conseguentemente il carattere di una vera tassa di pas-
saggio a carico del commercio intemazionale, cosi in seguito ai giusti reclami
sopratutto da parte del Governo degli Stati Uniti d^Amerìca, perchè cessasse
tale abuso, fu conclusa la convenzione di Gopenhague il 14 marzo 1867 tra
la Danimarca da una parte e TAustria, il Belgio, la Francia, la Gran Brettagna,
FAnnover, Hecklemburg-Schwerin , Oldenburg, 1 Paesi Bassi, la Prussia, la
Russia, la Svezia e Norvegia, le città Anseatiche di Lubeck, Brema, Amburgo
dair altra, e T indennità fu fissata pagando una volta tanto la somma di
91.434-975 fr.
Gonfr. le regole che trovansi al Libro III Sulla libertà degli stretti,
186 Libro L - DeUe persane — Parte spedale
Giiirisdizione penale sulle acque territoriali.
286. — Le acque territoriali non potranno essere assimilate in
tutta la loro estensione al territorio reale sotto il punto di vista
dell'applicazione della legge penale territoriale ai delitti su di esse
commessi.
Incombe agli Stati di stabilire d'accordo la estensione delle
acque territoriali sotto il punto di vista dell'esercizio della giu-
risdizione penale.
286. — In mancanza di accordo internazionale spetta alla sovra-
nità territoriale di stabilire con legge come e fino a qual limite
debba essere esercitata la giurisdizione penale nelle acque terri-
toriali.
Nella Gran Brettagna tale materia fu regolata con la legge promulgata nel 1878
(An aet io regulate the law rekUing io the trial of offencee eammitted in the
Bea, 41 e 42 Yict., e. 73).
L'art 7 di detta legge dice: * Sotto il punto di vista dei delitti sottomessi
con la presente legge alla giurisdizione dell* Ammiragliato, le acque territoriali
comprendono tutta la porzione del pieno mare situata fino ad una lega marit-
tima (3 miglia) dalla costa misurata a marea bassa ,.
287. — Deve ognora ritenersi conforme ai più giusti principi!
di Diritto internazionale l'attribuire la giurisdizione penale alla
sovranità dello Stato, rispetto ad ogni reato commesso nelle acque
territoriali fino all'estensione di un miglio dalla costa a contare
dal limite della bassa marea, e al di là di tale limite assimilare
sotto il punto di vista della giurisdizione penale le acque terri-
toriali airalto mare.
La discussione di principio nacque in Inghilterra a proposito del reato acca*
duto nelle acque territoriali inglesi alla distanza di circa 3 miglia marine nel
caso della nave Franeonia, e fu vivamente contestato che romicidio per
imprudenza, imputato al capitano di detta nave tedesca, potesse ritenersi com*
messo in territorio inglese. Quando il fatto avvenne nel 1877 non era stata
promulgata la legge, e il Phillimore giudice dell'Alta Corte sosteneva che le
acque territoriali non potevano essere assimilate per tutta la loro estensione
al territorio reale sotto il punto di vista della giurisdizione penale.
Quando poi fu discussa la legge promulgata nel 1878, il principio, che con
essa si volle stabilire, fu vivamente combattuto nella Camera dei Lords nelle
tornate del 12 e 15 agosto di detto anno, e nella Camera dei Comuni da sir
Giorgio 6o\vyer. Phillimore sostenne sempre che il Parlamento inglese non
TU<do IV. - Diritto d'imperio e di giuri$dizion$ 1^7
poteva stabilire una giarisdizione penale in opposizione al Diritto intemazio-
nale, e questa fu pare Fopinione sostenuta dal Lord Ghief of Juslice.
288. — A ciascuno Stato deve essere attribuita la giurisdizione
penale a riguardo di ogni reato commesso nei porti, salvo però
le regole che concernono i reati commessi a bordo delle navi
mercantili straniere, che trovansi ancorate.
289. — La giurisdizione penale sulle isole adiacenti alle acque
territoriali sarà attribuita al Sovrano territoriale, cui spetta la
giurisdizione sulle acque. Rispetto alle isole non appartenenti a
nessuno Stato e di recente scoperte, la giurisdizione penale sarà
attribuita allo Stato di cui fosse cittadino colui, che ivi avesse
commesso il reato.
Giurisdizione rispetto ai porti e alle rade.
290. — Ciascuno Stato ha diritto di dichiarare aperti o chiusi
al commercio i porti di mare. Qualora però esso conceda la facoltà
di esportare da essi mercanzie od importarvene, le navi mercantili
di qualunque paese potranno entrare in detti porti sotto la ga-
ranzia del Diritto intemazionale ed indipendentemente dai trattati:
e, salvo l'osservanza delle leggi e regolamenti territoriali, e l'ob-
bligo di pagare tutte le imposte doganali e fiscali, potranno caricare
e scaricare le merci e fare le opportune operazioni commerciali.
291. — Ciascuno Stato potrà applicare le proprie leggi ed i
regolamenti per tutto ciò che riguarda la polizia dei porti : il cari-
camento e scaricamento dei bastimenti: la sicurezza e la custodia
delle merci : e potrà inoltre assoggettare coloro, che entrino per
farvi operazioni di commercio, a pagare i diritti di tonnellaggio,
di faro, di porto, di pilotaggio e simili , e non dovrà reputarsi
contro il Diritto internazionale se a riguardo di ciò le navi di
certi paesi, in virtù dei trattati esistenti, abbiano un trattamento
più favorevole.
292. — Ciascuno Stato può per ragioni d'interesse pubblico proi-
bire l'entrata nei propri porti alle navi da guerra, salvo il caso di
forza maggiore, e può determinare le condizioni dell'entrata di esse.
188 Libro L • DeUe persone — Parte speciale
293. — In nessun caso il Sovrano potrà negare Tentrata nei
porti non aperti al commercio o l'approdo alle rade alle navi,
che siano costrette a rifugiarvisi per sinistri di mare, o per qual-
siasi causa di forza maggiore. Incombe a ciascuno Stato di consi*
derare le dette navi sotto la tutela del Diritto intemazionale per
quanto concerne la proprietà dì esse e del carico, e dì trattarle
con umanità, e (salvo le precauzioni che potrebbero essere giu-
dicate convenienti dall'autorità territoriale a fine di evitare e
prevenire le frodi) concedere ad esse, sotto l'osservanza delle
leggi e dei regolamenti locali, di riparare alle avarìe, e di fare
quanto possa occorrere per mettersi in grado di continuare il
viaggio.
I porti formano parte della proprietà pubblica dello Stato, ed è natnrale
che ì diritti giurisdizionali spettanti alla sovranità territoriale a riguardo di
essi debbano essere più estesi che quelli i quali sono ad essa aitribniti sulle
acque territoriali. Conseguentemente deve ammettersi che la sovranità non
solo possa in massima concedere, o negare agli stranieri Tuso dei porti dello
Stato per ragioni dMnteresse pubblico, ma che possa altresì subordinarne il
godimento a certe condizioni , comprese quelle di pagare un corrispettivo a
vantaggio del fisco.
Giurisdizione sulle navi mercantili.
294. — Ogni nave mercantile, che entri nelle acque territoriali
straniere, dovrà essere soggetta alla giurisdizione del Sovrano,
che impera sulle acque, e spetterà a questi il diritto di regolare
con le sue leggi ogni fatto che concerna i rapporti estemi della
medesima, e gli atti che essa sia per compiere per i bisogni della
navigazione o per l'esercizio del commercio.
295. — Ogni nave mercantile però, dovrà essere ritenuta altresì
soggetta alla giurisdizione dello Stato, al quale essa appartiene
per nazionalità, e finché non perda il suo carattere come tale,
anche quando entri nelle acque territoriali straniere, non potrà
reputarsi sottratta del tutto alla giurisdizione del sovrano dello
Stato a cui appartiene.
296. — Incombe alle navi mercantili che entrino nelle acqne
territoriali o nei porti stranieri di riconoscere Tautorità delle
Titolo IV. - Diritto d'imperio e di giurisdizione
18»
leggi di polizia e tutte le disposizioni regolamentari ivi vigenti
che concernono:
cO l'entrata e l'uscita delle navi;
h) gli ancoraggi e gli ormeggi ;
e) rimbarco e lo sbarco dei passeggieri;
d) rimbarco e lo sbarco e il deposito delle merci e delle
zavorre ;
e) l'uso dei fuochi e le precauzioni contro gl'incendi ;
f) e tutto quanto concerne la polizia e la sicurezza del
porto o rada e sue dipendenze.
297. — Incombe alla sovranità territoriale l'applicare alle
navi straniere, che entrino in un porto aperto, le leggi e i rego-
lamenti che le concernono con parità dì trattamento, salvo sol-
tanto le eccezioni che possono risultare dai trattati.
Incombe inoltre alla medesima il non impedire che le auto-
rità del paese a cui appartiene la nave straniera esercitino ì loro
poteri rispetto alla medesima in conformità dei trattati esistenti
e del Diritto comune.
Questa regola si riferisce alFesercizio dei poteri spettanti ai consoli ed agli
agenti consolari rispetto alla marina mercantile e ohe sono ad essi attribuiti
dal CSodice di commercio o da quello per la marina mercantile del paese a
cui appartiene il console. A norma della legge consolare italiana art. 26, i
consoli italiani possono infliggere pene disciplinari per le infrazioni di disci-
plina commesse dai marinai dei bastimenti mercantili italiani, ed hanno inoltre
altre attribuzioni determinate dalle leggi e dai regolamenti italiani.
298. — Le leggi dello Stato, di cui la nave ha il carattere nazio-
nale, avranno autorità a regolarne dovunque la condizione giu-
ridica, in quanto è oggetto di proprietà, il valido trasferimento
di essa, le obbligazioni e responsabilità dei proprietari, i rapporti
tra il comandante di essa e la gente di mare, salvo le regole di
Diritto intemazionale privato, che devono governare i rapporti
privati e i diritti acquisiti sulla nave dai creditori di essa, nel
paese ove essa nell'attualità si trovi.
Le regole sopra stabilite sono fondate sulla dottrina degli scrittori e sulla
giurisprudenza, come trovasi più laiigamente esposto nelle seguenti mie opere :
FiORK, Trattato di Diritto intemaz. pubblico, ^ ediz. 1879, tomo I, § 529
e seg., tradotto in francese da Charles Antoine, Paris 1885, § 535 e seg, —
^^ lAhro L ' Delle persone — Parte speaiale
La nave eommerciale né" suoi rapporti col Diritto intemazionale nel giornale
La Legge, anno 1882, studi teorico-pratici, pag. 317; 3^ ediz. delia mia men-
tovata opera Trattato di Diritto internaz, pubblico, toni. I, §§ 513*520,etom.lI,
§ 984 e seg. Gonf. Galyo, DroU internai., tom. I, § 459 e seg.
Nel Congresso di Anversa del 1885 fu votata la seguente regola: * Lespon-
Yoirs du capitaine pour pourvoir aox besoins pressants du navire, rhypothéq[aer
ou le vendre, contracter un emprunt à la grosse sont déterminés par la loi
du pavillon, sauf à lui à se conformer quant à la forme des actes, soitàla
loi du pavillon, soit à la loi du port où il accomplit ses opérations ..
299. — I poteri del capitano sia rispetto a tutte le persone che
trovinsi a bordo della nave, sia rispetto alla nave stessa ed ai
provvedimenti e agli atti che esso possa decretare a fine di sop-
perire ai bisogni della navigazione dovranno essere determinati
in conformità della legge nazionale della nave; salvo però per
tutto quello che concerne l'esercizio di tali poteri nelle acque ter-
ritoriali, l'osservanza delle disposizioni speciali della legge locale.
Gonf. Il parere del Consiglio di Stato frane, del 20 nov. 1806, a proposito
di fatti delittuosi accaduti sulle navi americane Le Newton e La Sally, e
Vincent, Dictionnaire de Dr, intem. prive, tom. 1, 1887-89, v. Navire, pag. 616.
300. — Tutte le contestazioni d'interesse civile, che possono
nascere tra il capitano o le persone doirequipaggio e coloro che
siano estranei alla nave, comprese quelle che concernono il pa-
gamento dei diritti, tasse e contribuzioni dovute dalla nave stra-
niera, devono rimanere sommesse alle giurisdizioni territoriali e alle
regole del Diritto comune vigente nel paese, ove la nave si trovi.
Giurisdizione penale sulle navi mercantili.
301. — La giurisdizione penale a riguardo di fatti delittuoa
accaduti a bordo di una nave mercantile che si trova nel porto
straniero, spetterà al sovrano dello Stato di cui la nave ha la
nazionalità, purché però tali fatti non abbiano avuto conseguenze
esteriori o che possano interessare la sicurezza e la polizia del porto.
308. — La giurisdizione penale spetterà al Sovrano territoriale
ogni qual volta che i fatti delittuosi, benché commessi a bordo
di una nave straniera, abbiano avuto o possano avere conseguenze
Gl'esterno.
TUcio IV. - Diritto d'imperio $ di giurisdizione 191
Questo dovrà ammettersi principalmente nei seguenti casi:
a) qualora un reato, benché commesso a bordo tra persone
dell'equipaggio, possa compromettere la sicurezza e la tranquillità
pubblica;
b) quando i fatti delittuosi abbiano avuto il cominciamento
fuori della nave, e siano stati compiuti a bordo di essa;
e) quando il comandante di bordo si mostri impotente a repri-
mere un reato, richiedendo esso medesimo l'intervento dell'au-
torità locale.
303. — A riguardo dei reati gravi secondo il Diritto comune e
commessi a bordo, e che non abbiano avuto conseguenze este-
riori, dovrà ammettersi il diritto della sovranità territoriale d'in-
tervenire a fine di fare gli atti istruttorii opportuni, onde con-
servare le prove ed il corpo del reato, salvo poi a deferire il
colpevole ai tribunali dello Stato, a cui la nave appartenga, affinchè
possa essere giudicato in conformità della legge, che su di essa
impera.
La Corte di cassazione francese nella causa Jally disse: ' Attenda queles
bàtiments de commerce, entrant dans le port d'une nation autre que elle à
laqnelle ils appartìennent, ne pourraient ètre soustraits à la jurìdiction terri-
toriale, toutes les fois que Tìntérèt de TÉtat, dont ce port fait partie, se trouve
engagé, sans danger pour le bon ordre et pour la dignitó du Gouvemement... ,
Gass. 25 fév. 1859 Journal du Palaie (1859, 420). Vedi ivi le osservazioni del
relatore e la nota. Gonfr. per la Giurisprudenza delle Corti americane la mia
opera Dir. intem, pub. 3* ediz. § 18, e Calvo, Droit internai,y § 462 e seg.
304. — Incombe alle autorità locali, quando sia il caso di pro-
cedere a qualsisia atto giurisdizionale a riguardo di navi straniere
che si trovino nelle acque territoriali , il prevenirne il console
nazionale o chi lo rappresenti e non procedere agli atti senza il
suo intervento ogni qualvolta che ciò possa essere fatto senza
inconvenienti.
Questa regola si fonda sul principio generale di Diritto intemazionale che
i consoli sono i naturali protettori riconosciuti dei cittadini dello Stato dal
quale sono istituiti e del loro commercio. In certe convenzioni trovasi espres-
samente stabilita tale riserva. L*art. 12 della convenzione consolare tra lìtalia
e la Francia cosi dispone : * D est convenu que les fonctionnaires de Tordre
judiciaire, et les officiers et agents de la donane ne pourront en aucun cas
opérer ni visites ni recherches à bord des navires sans étre accompagnés par
le Gonsul ou Vice*eonsul de la nation à laquelle ces navires appartiennent
192
Libro 7. - Delle persane — Parte epeciale
ils d€vront également prevenir en temps opportan les dìts agents
pour qu*ils assistent aux déclaratioos que les capitaines et les éqoipages anront
à faire devant les tribunaux et dans les administrations locales à ftn d*éTÌter
ainsi tonte erreur on fansse interprótation, qni ponrrait nnire à Tezacta admì-
nistration de la justìce.
* La citation qni sera adressée à cet effet anx Gonsnls et Vice-consnls indi-
qnera nne henre précise, et si les Gonsnls et Vice-consnls négUgeraìent de s>f
rendre en personne on de s'y faire repréeenter par un dólégné, il aera pro-
cèdo en leur absence ,.
Giurisdizione a riguardo delle navi da guerra
e delle persone del loro equipaggio.
305* — Spetta al Sovrano territoriale il diritto di determinare
le condizioni, sotto le quali possa essere concesso alle navi da
guerra di entrare nei limiti delle acque territoriali, ed in dati casi
quello di proibire altresì alle navi medesime di entrare o di restare
entro cotesti limiti.
306. — Le navi da guerra che entrino nelle acque territoriali
di uno Stato straniero, saranno sommesse alla legge locale in
quello che concerne la polizia sanitaria, la polizia delle acque e
il servizio della navigazione, e per tutto il resto in generale saranno
interamente sommesse alla legge dello Stato al quale appartengono.
Le regole che noi proponiamo sono fondate snl concetto che avevamo so-
stenuto, che cioè la sovranità territoriale non pnò essere mai spogliata asso-
lutamente de* suoi diritti giurisdizionali neanche rispetto alla nave da guerra
straniera che entri nelle acque territoriali. Vedi Fiori, Trattato di Diritto inter-
nazionale pubblico, 3* ediz., 1887, voi. I, §§ 521-530.
307. — La sovranità territoriale non avrà alcun diritto di giu-
risdizione a riguardo di una nave da guerra, che col suo consenso
sia entrata nelle acque territoriali, e che osservi tutte le condi-
zioni, sotto le quali sia stato ad essa concesso di entrare o di
restare. Essa non potrà ingerirsi di quanto accade all'interno della
nave, neanche nell'ipotesi che si tratti di reati gravissimi com-
messi dalle persone dell'equipaggio.
. 308. — Sarà reputata nave da guerra ogni bastimento di qua-
lunque forma e grandezza autorizzata, secondo la legge dello
Titolo IV.- Di rUto éTimperio e di giurisdiz lotte 193
Stato a cui appartiene, ad inalberare la bandiera militare sotto
il comando di un ufficiale della marina militare.
309. — Il comandante di una nave da guerra, il quale entri
nelle acque territoriali di uno Stato a fine di compiere un fatto
per commissione del Governo dello Stato, al quale la nave appar-
tenga, o colla tacita autorizzazione di lui, non potrà essere assog-
gettato per questo alle giurisdizioni ordinarie.
La sovranità territoriale avrà però piena facoltà di ritenere di
tutto responsabile lo Stato cui la nave appartiene, e di fare intanto
quanto stimi opportuno per la difesa dello Stato, e per la tutela
dei propri diritti e dell'ordine pubblico.
310. — Qualora una nave da guerra senza commissione del
proprio Governo o senza la sua presunta tacita autorizzazione
sia divenuta strumento materiale per consumare fatti contro i
diritti di uno Stato, la sovranità di questo avrà il diritto di per-
seguitare gli autori del fatto, o di esigere ch'essi siano puniti dallo
Slato, cui la nave appartenga, e potrà trattare la nave come ne-
mica, senza però estendere allo Stato cui essa appartenga le leggi
della guerra, dato che venga accertato che il Governo straniero
né era consapevole del fatto, né aveva potuto impedirlo.
Vedi le sentenze della Corte d^Aix 6 agosto 1832 e della Corte di cassazione
francese 7 settembre 1832 nella celebre causa della naYe Carlo Alberto e
l'importante requisitoria di Dupin nel Journal du Palais 1833| pag. 1457. Vedi
inoltre la corrispondenza diplomatica tra il Governo sardo e quello delle Due
Sicilie nel caso ben noto della nave Cagliari nel giugno 1857, e Fiore, Droit
penai intern.f tom. I, n® 15.
311. — La sovranità territoriale potrà esercitare i suoi diritti
giurisdizionali a riguardo di una nave da guerra straniera, che
si trovi nelle acque territoriali, quando possa dare la prova, che a
bordo siano accaduti fatti tali da rendere certo, imminente e grave
il pericolo di vedere compromessa la tranquillità del porto, o la
sicurezza pubblica; o quando, esistendo prove non dubbie, ma
sicure della reità del comandante, imputato di crimine, nasca
l'urgente necessità di procedere contro di esso, a fine di assicu-
rarsi della sua persona; o quando il comandante stesso della nave
abbia esso medesimo recluuiato Tintervento dell'autorità locale.
13 — Fior», Dir, tntern. codif.
194 Libro I. - DeUe persone — Parte speciale
Questa regola mira a mantenere nello stretto campo giurìdico la preroga-
tiva deirestraterritorialità ammessa secondo il Diritto internazionale a favore
delle navi da guerra. Se a bordo accadesse una ribellione contro il coman-
dante della nave ed esso fosse impotente a sedarla e restasse destituito d^ogni
autorità, o se la nave da guerra divenisse un luogo d'asilo per commettere reati
di Diritto comune (eccitazione alla rivolta mediante la stampa clandestina,
falsificazione dei titoli e delle monete dello Stato), la sovranità territoriale non
potrebbe ritenersi destituita de' suoi poteri per reprimere tali reatL (Vedt
Vopera innanzi citata,)
312. — Nei casi contemplati dalla regola precedente, lo Siato al
quale la nave appartenga, potrà esigere che gli autori del reato com-
messo nelle acque territoriali, che si trovino in potere delle autorità
locali, siano ad esso consegnati per essere giudicati dai propri tribu-
nali, ma esso dovrà in ogni caso domandare e ottenerne Testradizione.
313. — La sovranità territoriale eserciterà la sua giurisdizione
sulle persone dell'equipaggio di una nave da guerra straniera per
i fatti da esse commessi a terra, e le autorità locali potranno quindi
esercitare i loro poteri di arrestare, giudicare e punire il delinquente
secondo il Diritto comune, a condizione però che esse arrivino ad
impossessarsi del colpevole prima che esso sia ritornato a bordo
della nave o sull'imbarcazione addetta al servizio della medesima.
Vedi in conformità la sentenza della Gass. francese nella causa del marinaio
Der appartenente alla corvetta inglese Pearl, del 29 febbraio 1868, nel Journal
du PalaiSf e la requisitoria ivi anno 1868, pag. 905.
Giurisdizione rispetto alle navi postali,
314. — Le navi addette al servizio postale, sia che apparten-
gano ad uno Stato, sia che appartengano a società private, devono
essere reputate sotto la protezione del Diritto internazionale per
tutto quello, che concerne il servizio postale ad esse affidato.
315. — La giurisdizione rispetto alle navi postali deve essere
governata in conformità delle regole stabilite coi trattati. In man-
canza di questi dovrà essere esercitata con giusti temperamenti
e con le limitazioni che secondo il Diritto comune devono rite-
nersi imposte in considerazione della natura del servizio e degli
interessi internazionali che possono essere pregiudicati dalla man-
cata regolarità della corrispondenza.
Titolo IV, - Diritto d'imperio e di giurisdizione *95
316. — Dovrà reputarsi ognora più conforme al Diritto comune
Tassimilare le navi postali piuttosto alle navi da guerra, che a
quelle di commercio e di astenersi a riguardo di esse da qualunque
atto di giurisdizione e da qualunque procedimento di polizia, che
non sia motivato da imperiosa necessità.
317. — Un Governo che senza gravi ragioni ed imperiose neces-
sità ritardasse il cammino di una nave postale, potrà essere chia-
mato a rispondere dei danni derivanti dal ritardo della corrispon-
denza, rispetto a coloro che siano stati effettivamente e realmente
da tale ritardo pregiudicati.
In parecchie convenzioni le navi addette al servizio della posta sono assi-
milate alle navi da guerra.
Nella convenzione postale tra Tltalia e la Francia del 3 marzo 1S69 trovasi
così disposto alPart. 6 : * Lorsque les paquebots employés par Fadministration
des postes de France, od par Tadministration des postes italiennes, pour le
transport des correspondances dans la Mediterranée, seront des bàtimenis
nationaux, propriété de TÉtat, ou des b&timents frétés ou subventionnés par
l'Età t» ìls seront considérés et regus comme vaisseaux de guerre dans les ports
des deux pays, où ils aborderont réguliòrement ou accidentellement, et ils y
joniront des mémes honneurs et priviléges.
* Ges paquebots seront exempts dans les dits ports, tant à leur entrée qu'à
leur sortie, de tous droits de tonnage, de navigation et de port, k moins
quMls ne prennent ou ne débarquent des marchandises, auquel cas il paie-
ront ces droits sur le mèine pied que les bàtiments nationaux. Ils ne pour*
ront, à aucun ti tre, dtre dótonrnés de leur desti nation, ni ètre sujets à saisie-
arrét, embargo ou arrét de prince ,.
318. — Nessuna nave potrà reclamare le considerazioni ed.i
privilegi che le sono dovuti per l'importanza del servizio postale,
ogni qual volta che essa della sua posizione abbia abusato per
eludere e violare le leggi e i regolamenti vigenti nel porto stra-
niero, nel quale per ragioni di servìzio essa sia entrata.
Tale sarà il caso d'una nave postale che tentasse di eseguire
un contrabbando : o che nelle acque territoriali dello Stato avesse
accettato a bordo malfattori perseguitati dalla giustizia: o che,
avendoli accolti a bordo altrove, tentasse di sbarcarli nelle acque
territoriali dello Stato: o che in qual si sia altra maniera avesse
abusato della sua posizione per violare le leggi doganali, o quelle
penali, o quelle di polizia.
jo^ Libro I. - Delle persone — Parte speciale
TITOLO V.
Luogrlii sottratti alla giurisdizione
della sovranità territoriale.
DeWestratenntorialità,
319. — L'estraterritorialità consiste nel privilegio dell'esenzione
dalla giurisdizione della sovranità territoriale.
Essa implica la limitazione dei diritti e dei poteri giurisdizio-
nali spettanti alla sovranità territoriale, e concerne certe persone
{Sovrani stranieri, agenti diplomatici, Papa) e certi luoghi o cose.
Vedi per restraterritorialità dei ministri e dei sovrani stranieri le redole al
titolo precedentCì e per quello che concerne il Papa le regole al titolo XL
320. — L'estraterritorialità non può sussìstere come finzione
giuridica completa ed assoluta, ma soltanto dentro i limiti fissati
secondo il Diritto internazionale.
La parola estraterritorìalità è consacrata dall'uso, ma, come bene osserra
Bonfils {Manuel de Droit intem. public)^ è una cattiva ed inesatta espressione.
Secondo Topinione dei pubblicisti essa implica una finzione giuridica in forza
della quale le persone, che godono della così detta estraterri tonalità , sono
reputate come se non risiedessero nel territorio dello Stato ove neU^attnalìtà
si trovino, e come se i luoghi o le cose coperte dal privilegio dell'estraterrì-
torialità non facessero parte del territorio dello Stato nel quale effettivamente
esse siano situate. Posto tale inesatto concetto, ne sono poi derivate tutte le
inesatte conseguenze, che si sono volute sostenere fondandosi sulla pretesa
finzione giuridica.
Non è il caso di esporre come il concetto della finzione giuridica sia fogin-
stificabile, rammentiamo soltanto, che l'abbiamo sempre combattuto, perchè
ci è sembrato che il volere riguardare come fuori del territorio chi vive in
mezzo a noi o le cose che fanno effettivamente parte dei territorio dello Stato,
non può reputarsi più ragionevole di quello che sia il volere considerare morto
Fuomo vivo, al che si era arrivati colla finzione giuridica della morte civile.
Vedi i miei libri ; Effetti intem, delle sentenze penali (Loescher 1877, cap. vu,
§ 412); Droit penai international, traduit par M. Antoine, 1880 (§§ ìf^ a 26 •
la nota 1 al § 39, pag. 36); Trattato di Diritto intern. pubblico, vol.I,§§ 488 491.
voi. II, § 1196; Diritto intem. privato, 3» ediz. 1888, voi I. Lrggi civili. § 241,
Toce Agenti diplomatici nel Digesto italiano, § 171 e seg.
Titolo V. . DeWestraterritorialità 197
Località sottratte alla givrisdizione
del Sovrano territoriale.
321. — Le località sottratte alla giurisdizione del Sovrano
lerritorìale che, secondo il Diritto internazionale, sono coperte dìil
privilegio deirestraterritorialità sono:
a) gli Uffizi addetti alle legazioni straniere e gli archivi con-
solari ;
b) lo spazio nel quale si trovi acquartierato, col consenso
del Sovrano, un esercito straniero;
e) le località destinate ad abituale residenza del Sommo Pon-
tefice e quelle addette alla Santa Sede, o per la riunione di un
Conclave o di un Concilio ecumenico, o come uffizio delle Con-
gregazioni pontificie e dell'alta amministrazione della Chiesa.
322« — Il Sovrano territoriale non potrà esercitare alcun atto
di giurisdizione sui luoghi coperti dairestraterritorialità, non potrà
procedere a visite, a ispezioni di carte, di documenti, di libri o
registri, e a perquisizione di qual si sia natura.
Conìe si perde il privilegio delVestrateìritorialità.
323. — Ogni località, che debba reputarsi sottratta alla giurisdi-
zione del Sovrano territoriale, perderà il privilegio deirestraterri-
torialità se si sia abusato della prerogativa per servirsi della località
a scopo diverso da quello per cui il privilegio deirestraterrito-
rialità è stato ad essa attribuito.
Occorre però che Vabuso della prerogativa deirestraterritoria-
lità sia previamente accertato, e che se ne possa dare prova piena
e concludente.
324. — Il Sovrano dello Stato che, non potendo dare la prova
piena e concludente dell'abuso della prerogativa, facesse un atto
qual si sia di giurisdizione in una località coperta col privilegio
della estraterritorialità, sarà tenuto a risponderne, e non solo verso
1
198 Libro L • Delle persone — Paf\f speciale
Io Stato offeso per la violazione deirestraterrìtorìalità, ma verso
gli altri Stati altresì che si fossero accordati nel riconoscere il
privilegio deirestraterritorialità rispetto a certe determinate località.
In TÌrtù di questa regola si viene ad ammettere che la violazione della
estraterri tonalità dev*essere repatata una violazione del Diritto intemazionalet
6 che può legittimare Tingerenza collettiva di tutti gli Stati civili. Come d*altra
parte si viene ad ammettere altresì che, siccome restraterritorialità riposa
snirimperiosa necessità della tutela ginridìca del Diritto intemazionale e che
sussiste avuto riguardo soltanto al fine pel quale alle suddette località è at-
tribuita, così Tatto da parte di colui, che avesse snaturato il fine o Toggetto
deirestraterritorialità, giustificherebbe la giurisdizione ordinaria rispetto alle
località stesse.
Località addette alle legazioni.
325. — Saranno sottratte assolutamente alla giurisdizione della
sovranità territoriale le località nelle quali si trova rarchivio della
legazione, e quelle che sono destinate a contenere i documenti di
cancellerìa e le carte, gli oggetti e tutto quello che abbia atti-
nenza diretta col servizio pubblico e colle pubbliche funzioni del
ministro straniero accreditato, e le dette località saranno coperte
dal privilegio deirestraterritorialità.
326. — Viola il Diritto internazionale il Sovrano territoriale che.
per qual si sia motivo, faccia atti di giurisdizione o di perqui-
sizione nelle località specificate nella regola precedente, e sarà
in ogni caso tenuto a risponderne rispetto allo Stato rappresen-
tato colle forme e colle procedure di Diritto comune ammesse
per qual si sia violazione del Diritto intemazionale.
327. — Incombe agli agenti diplomatici il non far servire le
località addette ad uso di archivio o destinate esclusivamente al
servizio pubblico della legazione ad altre finalità, e il non abusare
del privilegio deirestraterritorialità di dette località per sottrarre
persone o cose alla giurisdizione della sovranità territoriale.
In caso di abuso da parte dell'agente diplomatico, sarà tenuto
a risponderne lo Stato da esso rappresentato, come in ogni altro
caso in cui si venga a verificare la violazione delle regole di
Diritto comune a riguardo deirestraterritorialità.
Titolo r. - DaCtttraUrritorialità *'^^
328. — L'estraterritorialità da cui deve ritenereì coperta la
legazione straniera, non può estendersi fino al punto di farla
considerare come territorio dello Stato rappresentato e di ritenere
come fatti all'estero tutti gli atti della vita civile compiuti nelle
località addette alla legazione.
Le precedenti regole tendono a stabilire entro i giusti confini il concetto
della estraterritorìalità. Secondo il Diritto internazionale questa deve ammet-
tersi come assolata e senza limitazioni di sorta, per tutto quello che deve
reputarsi richiesto e indispensabile per mantenere le relazioni diplomatiche
fra gli Stati e per tutelare la loro reciproca indipendenza.
Deve ammettersi quindi come assolata la estraterritorìalità delle località,
nelle quali si trovino i dispacci, la corrispondenza, Parchi vio e tutto quello
che abbia attinenza colFesercizio delle pubbliche ftinzioni del ministro stra-
niero, e se mai l'obbligo delle autorità locali di astenersi da qualunque pro-
cedimento e da qualunque atto giurisdizionale rispetto alle dette località non
fosse assoluto, il mantenimento delle legazioni e le relazioni diplomatiche
fra gli Stati non sarebbero possibili. Non si può nonpertanto esagerare sif-
fattamente il privilegio deirestraterritorialità da ammettere che la legazione
possa essere in tutto e per tutto reputata come una parte del territorio dello
Stato rappresentato, ed in maniera da fare considerare gli atti fatti nella
legazione come se fossero fatti nel paese straniero, al quale la legazione ap-
partenga. Questo equivarrebbe a fare ammettere nella capitale di ogni Stato
tanti possedimenti territoriali di sovranità straniere, quante fossero le lega-
zioni straniere ivi stabilite. L*estraterrìtorialità deve essere considerata asso-
lata, avuto riguardo però alia finalità per la quale secondo il Diritto interna-
zionale deve considerarsi stabilita.
329. — I matrimoni celebrati nell'ambasciata straniera e gli atti
della vita civile ivi fatti non possono essere reputati come atti
fatti in paese estero, ma devono rimanere sommessi alla regola
di Diritto comune, locus regit actum, salvo i patti stipulati con
trattato.
Secondo le regole consacrate nei trattati, si ammette generalmente che,
quando gli sposi siano dello stesso paese dell'agente diplomatico o del con-
sole, possano celebrare il matrimonio nella legazione o neiruffìcio consolare
seguendo le forme richieste secondo la loro legge nazionale. Questo è del
resto nna regola generale, che cioè secondo il Diritto consuetudinario è con-
cesso ai contraenti di seguire all'estero le forme della loro lejgge nazionale,
cpiando essa sia eomune a tutte le parti.
In forza dell*estraterrìtorialità delle legazioni si ò poi immaginato che un
matrimonio celebrato all'ambasciata potesse essere considerato come se fosse
celebrato nel paese, a cui appartenga la legazione, e che si potessero seguire
le forme richieste secondo la legge di detto paese. Oggi però prevale il prin-
cipio conforme a quello enunciato nella regola.
Vedi in conferma la sentenza del Tribunale civile della Senna a proposito
dì an matrimonio celebrato a Parigi nell'Ambasciata inglese tra una francese
200
Libro L - Delle jyersone — FaHe speciale
ed un iniflese.. ' Attendu, en effet, disse il Tribunale, que si l*hòtel (TiiDe
ambassade doit, selon le Droit des gens, étre regardé comme terrìtoire de la
nation que représente Tambassadeur, ce n^est qu^au point de vue des immu*
nitós consacrées par les traités internaiionaux au profit des agents diploma-
tìques, mais que cette fiction d*eztraierritorìalité ne saurait étre étendue ani
actes de la vie civile, ìntéressant les indigènes du pays près duquel esta^
credile Tambassadeur ;
" Que c^est donc en Franco et sur le territoire frangais, que se tronvaieot
Horgan et la demoiselle French lorsqu'ils ont contraete Tacte du i23 noTem-
bre 1867... ,.
Tribunal de la Seine, 23 nov. 1867. Clunet, Journ. de Droit internatio-
nal prive f 1874, pag. 71. Vedi per la corrispondenza diplomatica su tale
soggetto: Fiore, Agenti diplomatici nel Digesto ital. e Dir. intem. pM^
3' ediz., voi. 2«, § 1231 e seg.
Consolati.
330. — I consolati non si possono ritenere coperti dal privi-
legio deirestraterritorialìtà, saranno però reputati inviolabili gli
archivi consolari, e le autorità locali non potranno sotto alcun
pretesto fare atti di perquisizione nelle dette località, visitare e
sequestrare i documenti di cancelleria e le carte ed oggetti che
abbiano attinenza diretta col servizio e le funzioni consolari.
331. — Incombe ai consoli il destinare un locale speciale pel
deposito di tutti i documenti di cancelleria e di servizio, il darne
previamente la indicazione descrittiva in via ufficiale alle auto-
rità del paese: il distinguere perfettamente la località o le loca-
lità destinate a tale scopo : e il non adoperare l'archivio consolare
ad altro fine, tenendo in località separate i libri e carte relativi
al commercio o airindustria, che volessero esercitare, e in gene-
rale tutti i documenti di affari, che non abbiano attinenza diretta
col loro servizio e colle loro funzioni.
332. — Qualora i consoli abusassero della inviolabilità dello
archivio consolare per sottrarre documenti, oggetti ed altro di che
fossero richiesti dall'Autorità giudiziaria locale, questa potrebbe
immediatamente decretare tutti i provvedimenti i più adatti per
l'esercizio de' suoi poteri giurisdizionali, e provvedere in via
diplomatica a richianiare il console all'osservanza dei propri
doveri.
Titolo F. . Dell'eetraterrttorialità 201
Nell'aocordo interceduto tra V Italia e la Franoia a proposito dell* interpre-
tazione dell'art. 5 della convenzione consolare del 26 luglio 1882, relativo
all'inviolabilità degli archivi consolari, fu stabilito:
< Art 1. Les mots € Arobives consulaires > s'appliquent exdusivement à
l'ensemble dea pièces de chanoellerie et autres se rattachant directement au
service, ainsi qu'au locai spéoialement affecté au dépdt de ces pièces.
< Art. 2. Il est ezprossément interdìt auz consuls généraux, vioe-consuls
et agent consulaires de piacer dans le locai afiecté aux archives, des docu-
ments et objets qui n'auraient pas ce caractère.
e Les cbambres cu la chambre constìtuant ce locai devront étre parfaitement
distinotes des pièces servant à l'habitation partìculière du consul et ne pour-
ront ètre aifectées à d' autres usages ».
Palazzi e casa addetti al ministro straniero.
333. — La giurisdizione da parte del Sovrano territoriale a
riguardo dei palazzi addetti alle legazioni straniere, ed a riguardo
altresì delle case addette ad uso di abitazione di un ministro o
di un ambasciatore straniero, dovrà essere esercitata colle giuste
limitazioni che devono ritenersi imposte in ogni caso dal rispetto
dovuto alla legittima rappresentanza degli Stati ed alla reciproca
indipendenza della sovranità.
33^ — Incombe al ministro straniero il non dare asilo nelle
località addette ad uso di sua abitazione o di residenza a chiun-
que sia imputato d'un reato comune, e perseguitato come tale
dalle Autorità locali; ma deve bensì inibirgli di rifugiarsi nelle
località suddette, e consegnarlo alle Autorità competenti se esso
Ti si sia arbitrariamente rifugiato.
33&. — Le Autorità locali non potranno mai procedere ad atti
di perquisizione nella casa abitata da un ministro straniero, colle
stesse norme che rispetto airabitazione di un privato.
La giurisdizione del sovrano territoriale a riguardo non solo della
casa addetta ad uso d'abitazione di un ministro o d'un amba-
sciatore, ma altresì dei luoghi da lui scelti per sua residenza, dovrà
essere in ogni evento esercitata colle giuste limitazioni imposte
dal rispetto dovuto a chi rappresenta uno Stato amico.
336. — Qualora per le necessità della giustizia si dovesse
eseguire una visita domiciliare per impossessarsi d*un malfattore
202 Libro 1. - Delle persone — Parte specìaìe
fuggitivo rifugiatosi neirabitazione d'un ministro, bisognerà otte-
nere l'assenso di lui, o interporre i buoni uffici del ministro degli
affari esteri per ottenerlo : e se mai fosse il caso di eseguire una
visita domiciliare contro il beneplacito del ministro straniero, biso-
gnerebbe constatare le gravi necessità che avessero motivato tale
procedimento e la moderazione colla quale fosse stato eseguito.
Le Autorità locali potranno però prendere immediatamente in
ogni evenienza i provvedimenti opportuni per assicurare il corso
regolare della giustizia.
Le precedenti regole mirano ad eliminare il falso concetto che la casa del
ministro straniero possa essere considerata come un luogo d'asilo per met-
tere al sicuro i malfattori, e che possa essere sottratta del tutto al potere
giurisdizionale della sovranità territoriale. I riguardi dovuti a chi rappresenta
uno Stato amico vengono a mancare, se il ministro ne voglia profittare per
proteggere i malfattori contro la legge. Calvo riporta diversi casi che con-
fermano le regole stabilite. Il duca di Riperda fu arrestato nella casa del-
Tambasciatore inglese a Madrid. Le autorità svedesi fecero circondare la casa
dell'ambasciatore inglese a Stocolma che si rifiutava di consegnare un mal-
fattore che ivi erasi rifugiato. Calvo, Droit int publ.^ § 513 e seg.
Vedi Fiore, Effetti internaz. delle sentenze penali e delV estradizione, § 417:
Droit penai internai., tom. I, § 27, e l'articolo sulla voce Agenti diplomatici
nel Digesto italiano, § 6, nn. 243-264.
337. — Qualora fosse stato commesso un reato nella casa di
un ministro straniero, salvo sempre gli opportuni temperamenti
coi quali si deve procedere agli atti di giurisdizione penale per
impossessarsi del colpevole, i diritti della sovranità territoriale di
giudicare e punire devono essere considerati integri come in ogni
caso di reato commesso nel territorio dello Stato.
Vedi in appoggio della detta regola le sentenze della Corte di Cassazione
francese dell'I! giugno 1852 e 13 ottobre 1865 a proposito di un tentato as-
sassinio nella casa dell'Ambasciata russa, Journal du Palaie^ 1S53, 2, 57;
1866, 51; e la sentenza del Tribunale dell'Impero germanico del ^6 novem*
bre 1880 nel Journal du Droit intern. prive, 1882, pag. 326.
338. — Non saranno mai giustificabili atti di perquisizione nella
casa del ministro straniero, il quale abbia ivi dato asilo ad un
imputato di reato politico.
Incombe alle autorità locali il rispettare la protezione concessa ad
un prevenuto di reato politico dal Governo straniero rappresentato
dal suo ministro e l'astenersi in tal caso da qualunque procedimento
Titolo V. - DelVestraUrrUorialità 20;^
339. — Non potrà però il ministro straniero spingere la pro-
tezione ai prevenuti politici fino al punto da concedere ad essi
il rifugio per cospirare e per attentare alle istituzioni politiche
dello Stato.
340. — Incombe al Governo rappresentato il provvedere a che
la legazione non serva di asilo per cospirare contro il Governo
di uno Stato amico, ed in mancanza sarà esso stesso tenuto a
rispondere come in ogni altro caso di violazione delle buone
relazioni diplomatiche.
L*asilo concesso nelle legazioni per i prevenuti di reati politici è general-
mente ammesso, ma sarebbe eccessivo di farlo servire per attentare alla sica-
rezza dello Stato.
Confr. Calvo, Droit internat., tom. 3, § 1521.
Giurisdizione rispetto alVesercito straniero acquartierato.
341. — La sovranità territoriale, la quale abbia conceduto ad
un esercito straniero di passare per il suo territorio, non potrà
esercitare giurisdizione sullo spazio da lui occupato pel tempo
durante il quale vi rimanga acquartierato.
La giurisdizione a riguardo dei reati militari e dei reati comuni
commessi nel perimetro dell'accampamento spetterà esclusivamente
alla sovranità dello Stato, al quale l'esercito appartenga.
342. — Sarà attribuita alla sovranità territoriale la giurisdizione
rispetto alle persone appartenenti all'esercito straniero, le quali
fuori del perimetro dell'accampamento abbiano violato le leggi
territoriali di polizia e di sicurezza.
343. — Incombe alla sovranità teiTitorialc il consegnare senz'al-
tro all'autorità militare una persona appartenente all'esercito, che
dopo avere commesso un reato nel pcrimotro dcll'accampamenlo^
sia evasa, rifugiandosi nel territorio dello Stato.
344. — Incombe all'autorità militare il consegnare alle autorità
locali le persone, le quali, ricercate dalla giustizia per un reato
comune, si siano rifugiate nel recinto dell'accampamento.
^4 Libro L ' Delle persone — Parie speciale
Paesi ove sono in vigofe le capitolazioni.
345. — Il Sovrano territoriale, il quale in virtù di capitolazioni
o di trattati abbia concesso a Sovrano straniero di esercitare la
giurisdizione per mezzo dei consoli o degli agenti consolari rispetto
ai cittadini, dovrà ritenere cosi limitata la sua giurisdizione territo-
riale e dovrà riconoscere che nei casi contemplati dalle capitolazioni,
dai trattati e secondo il Diritto consuetudinario, la giurisdizione
debba essere esercitata dai consoli in conformità delle norme sti-
pulate colle capitolazioni stesse o coi trattati o consuetudinarie.
346. — I distretti consolari, nei quali sono in vigore le capi-
tolazioni, non potranno però essere reputati come territorio dello
Stato, che in virtù delle capitolazioni vi eserciti giurisdizione, ne
potrà ammettersi a riguardo di essi la conseguente finzione della
€straterritorialità assoluta.
347. — La limitazione dei diritti giurisdizionali spettanti alla
sovranità territoriale fondata sulle capitolazioni dovrà essere riguar-
data come un fatto eccezionale che deroga alle regole di Diritto
comune e deve essere intesa ed applicata in senso restrittivo alla
pari di ogni legge speciale ed eccezionale che restringa il libero
esercizio dei diritti della sovranità.
La limitazione non potrà essere estesa oltre i casi e circostanze
^espressi o contemplati nelle capitolazioni.
348. — I rapporti di Diritto pubblico e di Diritto privato inter-
nazionale tra il Sovrano straniero che eserciti giurisdizione nel
paese ove siano in vigore le capitolazioni ed il Sovrano territoriale
•dovranno essere regolati dalle stesse norme che tra le sovranità
di Stati diversi, in ogni caso non contemplato dalle capitolazioni,
dai trattati e dal Diritto consuetudinario.
Le regole su esposte derivano dal giusto concetto che il regime delle capi-
tolazioni deroga al Diritto comune rispetto alFesercìzio della giurisdizione.
La sovranità territoriale subisce infatti una limitazione ben considerevole ai
suoi diritti giurisdizionali, ed è tenuta a sofTrire die la sovranità straniera
eserciti diritti giurisdizionali rispetto ai nazionali, ciie dimorino nel territorio
dello Stato. Vedi pel regime delle capitolazioni: Contuzzi, Il Diritto interna'
rionale nella sua appUcahiìità in Oriente, Napoli 1885.
Titolo V. • DelVestraterrUorialità 205^
Tutto ciò però non può arrivare a fare ammettere che la sovranità terri-
toriale sia svestita del tutto di ogni dominio e di ogni autorità rispetto al
distretto consolare straniero, come se esso fosse parte del territorio dello
Stato, che eserciti in forza delle capitolazioni i diritti giurisdizionali.
Vedi in conformità la sentenza della Gass. di Roma del 26 nov. 1888, ia
causa Russo, la quale ritenne che il reato commesso da nn cittadino italiano
in paese ove è consentito Tesercizio della ginrìsdixione consolare (Smirne),
benché soggetto alle leggi italiane e giudicabile da giudici italiani, non poteva
essere riguardato come reato avvenuto nel Regno, ma doveva essere consi-
derato come reato avvenuto ali*estero. Foro italiano, anno 1889, p. 2*, pa-
gina 3 ; e Pomodoro, Le capitolazioni e la giuris^dizione consolare negli scali
del Levante, nel giornale '^ La Legge „ anno 1889, voi. I; Confr. Fiore, Di-
riUo inUrn, priv,, 3* ediz., tomo 1, § 240.
349. — Il regime delle capitolazioni e le conseguenti limita-
zioni dei diritti giurisdizionali delle sovranità territoriali devono
ritenersi cessati di fatto e di diritto se il paese, óve le capitola-
zioni siano in vigore, venga annesso ad uno Stato indipendente,
mettendosi in pari condizioni di ogni Stato civile, o se la sovra-
nità di uno Stato civile assuma essa Tesercizio effettivo del diritto
di protettorato.
Il principio si può ritenere accettato, avendo tutti i Governi riconosciuto
che non si possono ritenere più in vigore le capitolazioni nei paesi ove era
prima stabOita Tamministr azione musulmana e ove ò stata poi stabilita Tam-
ministrazione cristiana e civile in seguito all'occupazione di detti paesi da
parte di Stati civili, come è accaduto per Massaua; o in seguito a protetto-
rato da parte di Stato civile, come è accaduto a Tunisi.
Località addette alla Santa Sede.
350. — Saranno sottratte alla giurisdizione territoriale tutte le
località addette al governo della Chiesa e nelle quali la Santa.
Sede eserciti i poteri spirituali e le sue funzioni, cioè i luoghi
scelti dal Papa come sua residenza abituale o temporanea, quelli
destinati come stabilimento delle Congregazioni e degli alti uffìzi
ecclesiastici, quelli nei quali si trovi riunito un Conclave o un
Concilio ecumenico.
351. — Il Sommo Pontefice potrà in tutte le località addette
alla Santa Sede esercitare colla più completa indipendenza il supremo
potere ch'esso ha come capo della Chiesa e provvedere mediante
206
Libro I. • Delle persone — PaHe speciale
le Congregazioni e gli Uffizi da esso istituiti a quanto possa con-
cernere l'organamento del governo della Chiesa e rammìnistia-
2ione intema della medesima.
352. -— L'estraterritorialità delle località addette allo stabili-
mento della Santa Sede deve essere reputata integra ed assoluta
per tutto quello che concerne l'esercizio in esse dei poteri spettanti
al Papa e delle funzioni di alta amministrazione della Chiesa da
parte delle autorità ecclesiastiche, delle congregazioni e degli uffizi
istituiti per l'esercizio del potere ecclesiastico. Sarà inibito in ogni
caso di procedere a visite^ perquisizioni o sequestro di carte, docu-
menti, libri 0 registri negli uffizi e congregazioni pontificie riie-
stiti di attribuzioni spirituali.
363. — Per tutto quello che non concerne il governo della Chiesa
« le funzioni di amministrazione per l'esercizio del potere spiri-
tuale dovrà ammettersi la giurisdizione della sovranità territoriale,
salvo sempre però le necessarie limitazioni richieste per mante-
nere integre ed assolute l'inviolabilità del Sommo Pontefice, la
«straterritorialità della Santa Sede e l'indipendenza di tutti coloro,
che partecipando al governo della Chiesa, abbiano compiuti nelle
dette località atti nell'esercizio del potere spirituale.
354. — Incombe alle autorità ecclesiastiche l'inibire che le
località addette alla Santa Sede servano come luogo d'asilo a mal-
fattori punibili secondo il Diritto comune o per commettere in
dette località fatti gravi contro la sicurezza interna dello Stato, e
saranno tenute ad autorizzare gli atti da parte delle pubbliche
autorità locali che secondo il caso possano reputarsi richiesti pel
corso regolare della giustizia.
La giurisdizione della sovranità territoriale in caso di tali avve-
nimenti straordinari dovrà ammettersi dentro i limiti però stret-
tamente necessari a tutelare la sicurezza pubblica e a mante-
nere integro il rispetto delle leggi di polizia e delle leggi penali
territoriali.
L*articolo 7 della legge 13 maggio 1871 sulle prerogative del Sommo Pon-
tefice e della Santa Sede dispone : '^ Nessun ufficiale della pubblica autorità od
agente può, per esercitare atto del proprio ufficio» introdursi nei palazzi e
luoghi di abituale residenza o temporanea dimora del Sommo Pontefice, o
Titolo V. ' DelVestraterritorialUà
'201
nei quali si troyi radunato un Conclave o un Concilio ecumenico, se non auto-
rizzato dal Sommo Pontefice, dal Conclave o dal Concilio y.
In forza di tale articolo si ammette indirettamente, che le pubbliche auto-
rità, in caso di avvenimenti straordinari, possono esercitare le loro attribu-
zioni giurisdizionali nelle località coperte dal privilegio deirestraterritorialità«
È vero che Tantorizzazione da parte del Sommo Pontefice, del Conclave, o del
Concìlio è posta come condizione per Tesercizio degli atti giurisdizionali, ma
questo deve ritenersi stabilito per mantenere integro il rispetto dovuto alla
suprema potestà ecclesiastica, e per la giusta considerazione che, quando essi
abbiano rìconoscinto che le esigenze della giustizia richiedano Tesercizio degli
atti giurisdizionali da parte delle autorità locali, non si potrebbe assoluta-
mente presumere che dovessero rifiutare Tautorizzazione di procedere secondo
la legge.
355. — Nessuna giurisdizione che implichi Tesercizio dei poteri
0 delle funzioni della sovranità politica potrà essere attribuita al
Sommo Pontefice, neanche dentro i limiti delle località coperte
dal privilegio della estraterritorialità.
Le regole sopra stabilite mirano a determinare al giusto la cerchia giuri-
dica, dentro la quale la limitazione dei diritti giurisdizionali della sovranità
territoriale deve essere repatata integra ed assoluta. L*estraterritorialità delle
lucalità destinate per lo stabilimento della Santa Sede non può patire eccezioni,
perchè, se tutto quello, che concerne il governo della Chiesa e lo sviluppo
esteriore dei poteri e delle funzioni del capo di essa e di tutte le autorità
ecclesiastiche, non fosse sottratto completamente alla giurisdizione ordinaria
e airimpero della sovranità territoriale, sarebbe impossibile d*assicarare al
Sommo Pontefice ed alla Santa Sede la completa libertà di esistenza, di go-
verno e di esercizio di tutte le funzioni spirituali. Bisogna conseguentemente
ritenere che Testraterritorialità delle locsdità addette allo stabilimento della
Santa Sede deve essere assoluta, come assoluta deve essere Testraterritoria-
lità degli uffizi addetti alla legazione. Conviene però considerare, che per
Tesercizio di alta amministrazione e di governo della Chiesa occorrono pa-
recchi edifizi situati nelle diverse parti della città di Roma e che il Vati-
cano è di per sé stesso una vasta regione, che comprende, oltre la parte
addetta a residenza abituale o temporanea del Papa, considerevoli località,
nelle quali dimorano in grande numero (20 mila circa) persone non addette
alPesercizio del potere spirituale, e che la maggior parte di esse sono citta-
dini italiani. Ora non si può al cerio ammettere, che tutti cotesti edifizi
ed una regione tanto estesa possano essere coperti deirestraterritorialità
assoluta, in guisa da ritenere luoghi, abitazioni e persone sottratte del tutto
alla giurisdizione della sovranità territoriale, come se si trattasse di terri-
torio straniero soggetto all'imperio di una sovranità politica straniera.
La sovranità territoriale impera innanzi tutto colle sue leggi sulle persone,
che dimorano nelle dette località, e che fanno atti nelle relazioni private e
civili; per lo che, in quello che concerne gli atti di stato civile, le persone,
che dimorano nel Vaticano, sono considerate dimoranti in territorio italiano
e riconoscono di fatto Tautorità della legge italiana, se vogliono celebrare il
matrimonio o fare atto della vita civile e via dicendo.
208
Libro L ' Delle persone — Parte spedale
Per le contestazioni che possono nascere in occasione di atti o di fatti com-
pì utì nel Vaticano e che non riguardino Tamministrazione della Chiesa, ma
grinteressi patrimoniali e priyati delle persone, la competenza dei tribunali
italiani non può essere contestata. Non potrebbe infatti attribuirsi al capo
della Chiesa il potere di istituire tribunali per decidere controversie di diritto
eÌTÌle.
La competenza dei tribunali italiani fu di fatto riconosciuta nella causa
Martinucci-Theodoli con sentenza della CSorte d'Appello di Roma del 9 no-
vembre 1882, Faro Italiano, 1883, I, 663.
Nel caso poi che occorresse di reprimere reati di Diritto comune commessi
nelle località addette alla Santa Sede, e da persone che non partecipano al
governo della Chiesa, la giurisdizione della sovranità territoriale non potrebbe
al certo essere contestata. Si può infatti ammettere che, per mantenere integro
il libero governo della Chiesa, coloro che esercitando le funzioni ad essi attri-
buite avessero abusato dolosamente dei loro poteri, potessero ritenersi respon-
sabili verso il capo della Chiesa, ma i privati , che avessero commessi reati
punibili secondo il Diritto comune, non potrebbero al certo essere giudicati
e puniti dal Sommo Pontefice; per lo che deve ammettersi la giurisdizione
penale a riguardo di cotesti delinquenti da parte della Sovranità territoriale.
356. — La violazione deirestraterrìtorialità delle località addette
allo stabilimento della Santa Sede dovrà essere reputata come vio-
lazione delle regole di Diritto intemazionale, e legittimerà la tutela
giuridica collettiva da parte degli altri Stati.
Posto che r indipendenza del capo della Chiesa e restraterritorìalità della
Santa Sede debbano essere reputate fondate sul Diritto intemazionale comune.
il rispetto o la violazione della estraterri tonalità non possono essere considtr
rati come questioni d*interesse territoriale.
357. — I rapporti fra il sovrano territoriale e il capo delb
C4hiesa o le autorità ecclesiastiche saranno determinati in confor-
mità delle regole stabilite ai ^loio XI.
TUoh VI. ' DtW eguaglianza giuridica degli StaU 209
TITOLO VI.
Dell'eguasrlianza giuridica degli Stati.
358. — Ciascuno Stato ha il diritto di essere considerato nella
società internazionale al pari degli altri per quanto attiene alla
sua capacità giuridica, all'esercizio de' suoi diritti ed all'adempia
mento delle sue obbligazioni.
369. — La maggiore o minore estensione del territorio, il numero
della popolazione, la potenza economica o militare non possono
modificare per nulla l'uguaglianza giuridica degli Stati in tutto
quello che attiene al godimento dei loro diritti e all'adempi-
mento dei loro doveri.
L'eguaglianza degli Stati, disse Sumner al Senato americano il 23 marzo 1871,
è lui principio di Diritto intemazionale allo stesso titolo che Tegaaglianza
dei cittadini è nn assioma della nostra dichiarazione d*indipendenza. Non si
può fare ad un popolo piccolo e debole quello che non si farebbe ad nn popolo
grande e potente o che noi non sofifriremmo se fosse fatto contro noi stessi.
360. — La piena ed intera uguaglianza giuridica dovrà però
ritenersi limitata nel fatto a quegli Stati, presso i quali devono
reputarsi sviluppate quelle idee giuridiche fondamentali, che
sono indispensabili ad attuare la comunità di Diritto e la giuridica
convivenza.
361. — Qualunque atto di giurisdizione delle grandi Potenze
riguardo a quelle d'importanza inferiore, o la pretesa di risolvere
controversie, nelle quali queste fossero interessate, senza conce-
dere alle medesime la facoltà di farsi rappresentare e di far valere
e discutere le proprie ragioni, deve essere ritenuto in opposizione
coll'uguaglianza giuridica di tutti gli Stati.
Nessun popolo libero e sovrano può essere costretto a riconoscere chi è
più potente e più forte come un suo superiore legittimo e sottostare alle
sue decisioni. Dopo il Congresso di Aqnisgrana del 1818 le cinque grandi
Potenze europee l'Austria, la Francia* la Gran Brettagna, la Prussia e la Russia
pensarono di costituirsi come un sinedrio permanente per cooperare d'ac
cordo a regolare gli affari di £uropa. Lo sviluppo delle più giuste idee del
14 — Fiore, Dir. inicrn. codif.
SIO Libro L • DeSU persone — Parte spectaU
Diritto e raccrescìmento della cultura hanno rotto la forza della Pentarchia,
quantunque però, in conseguenza della prevalenza della politica nella viti
intemazionale, le grandi Potenze mirino sempre ad arrogarsi una eerta potestà
di egemonia, che pure col tempo dovrà essere ridotta dentro i più giusti limitL
Di fronte al Diritto non vi sono Stati maggiori e minori. Bene scrisse
Victor Hugo : * La grandeur d*un peuple ne se mesure pas plus au nombre
' que la grandenr d*nn homme se mesure à la taille .. Lettre de Vidar Eugo
à M. le Pasteur Bost de Genèpe, 17 nov. 1862.
Disuguaglianze di fatto.
362. — L'uguaglianza giuridica tra gli Stati non potrà impli-
care l'uguaglianza di fatto. If naturale sviluppo di ciascheduno
di essi e l'accrescimento della potenza, che siano la conseguenza
del progresso incessante delle forze intellettuali e naturali, e le
disuguaglianze di fatto che ne derivino, dovranno essere rìspet*
tate come effetto naturale della stessa libertà giurìdica.
363. — II godimento di quei diritti, pei quali è richiesto mi
complesso di date chrcostanze di fatto, potrà essere negato a qifegli
Stati che manchino nell'attualità di quelle date circostanze neces-
sarie al godimento o all'esercizio del diritto.
Si comprende, a modo d'esempio, che il diritto d*inalberare la bandien
marittima non può competere ad uno Stato che non abbia coste marittime,
e che era quindi mal fondata la pretesa della Svizzera, che voleva inalberare
la bandiera marittima della Confederazione in alto mare.
364. — Uno Stato, il quale o per pregiudizi tradizionali, o per
l'ordinamento interno, o per gli usi e credenze religiose non si
trovi in condizioni tali da poter adempiere verso gli altri Stati
ai doveri internazionali, non potrà domandare il pieno godimento
dei diritti intemazionali con perfetta uguaglianza, fino a tanto che
esso non abbia mutato l'ordinamento interno sì fattamente da
poter essere reputato in grado di adempiere i doveri intema-
zionali e di poter dare sufficienti garanzie per questo.
365. — Gli Stati però, che avessero rapporti di fatto con uno
Stato, rispetto al quale non potesse ammettersi l'uguaglianza giu-
ridica, dovranno osservare sempre le regole ed i patti concordati
mediante le convenzioni concluse. Rispetto poi alle regole di Diritto
TUolo VI . DeWeguagliama giuridica digli StaH 211
comune internazionale essi dorranno osservare quelle che, tenuto
conto delle condizioni sociali di fatto dello Stato non civile, siano
compatibili colla tutela e colla difesa dei diritti pubblici e privati.
Rispetto della personalità morale e delVonore.
366. — Tutti gli Stati, siano essi maggiori o minori. Imperli
Regni, Repubbliche, Principati, Ducati, hanno diritto eguale al
rispetto della loro personalità e della loro dignità morale, e a
ciascuno di essi compete il diritto di esigere la soddisfazione dovuta
in caso di qual si sia attentato alla sua personalità o alla sua
dignità.
367. — Le onorificenze dovute allo Stato ed al Sovrano, che lo
rappresenti, in considerazione del titolo e della posizione inter-
nazionale di esso dovranno essere regolate secondo il cerimoniale
intemazionale d'uso e gli accordi stabiliti.
368. — Nessuna regola di cerimoniale intemazionale, sia essa
fondata sull'uso o sui trattati, potrà valere in quello che essa
offenda la dignità morale di uno Stato.
369. — Ciascuno Stato ha il diritto di prendere il titolo cor-
rispondente alla sua importanza ed alla sua posizione interna-
zionale. Il titolo più elevato però non potrà attribuire ad esso
una posizione giuridica superiore, ma soltanto il diritto a certe
onorificenze stabilite mediante gli usi intemazionali o i trattati*
In caso di mutamento del titolo originario il riconoscimento
da parte degli altri Govemi deve essere reputato necessario per
la ricognizione del nuovo titolo nei rapporti intemazionali.
370. — Ciascun Sovrano nelle sue lelazioni diplomatiche cogli
altri Sovrani avrà il diritto di usare il titolo che gli appartiene
e di esigere che sia dagli altri ad esso attribuito.
Rispetto poi alla corrispondenza ciascuno dovrà osservare le
forme stabilite secondo il cerimoniale diploniatico, e cosi pure
riguardo alla precedenza in caso di convegno.
371. — Non potrebbe essere reputato contrario alla dignità degli
Stati se di comune accordo tutti stabilissero di adoperare la lingua
212 Libro L - JDdle persone — Parte speciale
francese, che è a tutti nota, nella corrispondenza diplomatica. La
dignità dovrebbe invece ritenersi offesa, se uno Stato volesse im-
porre ad un altro o a più la propria lingua negli atti diplomatici
Cerimoniale marittimo.
372. — Ciascuno Stato ha diritto di stabilire le regole del ceri-
moniale marittimo, che le navi nazionali devono osservare tra di
loro, ed anche rispetto alle navi straniere, ma non potrà esigere
che tali regole siano ritenute obbligatorie a reciprocità dagli altri
Stati, salvo solo il caso di espressa convenzione ti*a di loro.
373. — - Ciascuna sovranità potrà dichiarare doverosa l'osser-
vanza del cerimoniale marittimo da essa stabilito per le navi stra-
niere, che attraversino le acque territoriali soggette alla sua giu-
risdizione, o che entrino nei porti.
374. — - Non potrà in nessun caso essere legittimata la maniera
di procedere di un Sovrano, che imponga alle navi straniere, che
entrino nelle acque soggette alla propria giurisdizione, un modo
di saluto, che sotto di un punto di vista generale potrebbe essere
reputato umiliante ed offensivo da parte di chi lo dovesse rendere»
Tale dovrebbe essere riguardato il saluto reso con abbassare
la bandiera o in qualunque altra forma che potesse essere con-
siderata come atto di soggezione, e cosi pure dovrebbe essere
reputato quello collo sparo del cannone, qualora l'altro non avesse
l'obbligo di restituirlo a chi l'avesse per il primo fatto.
375. — Le norme circa il saluto delle navi che s'incontrino in
alto mare, e quanto concerne il cerimoniale marittimo, dovranno
essere stabilite di comune accordo: in mancanza dovranno essere
osservate le regole fondate sul Diritto consuetudinario e sulla
comitas gentium.
376. — Qualora le regole del cerimoniale da osservarsi a reci-
procità fossero stabilite mediante trattato, l'omissione delle mede-
sime potrà giustificare una rimostranza e far nascere il diritto
di domandare ed ottenere una spiegazione.
TUolo VL - DelV eguaglianza giuridica degli Stati 213
377. — L'inosservanza delle regole del cerimoniale concordato
non potrà però essere di per sé stessa sufficiente a far presu-
mere l'intenzione di offendere, da parte di colui che avesse man-
cato, salvo il caso soltanto che i precedenti bene accertati e
le circostanze bene ponderate autorizzassero a congetturare il
contrario.
378. — In mancanza di accordi circa il saluto delle navi che
s'incontrino in alto mare converrà attenersi alle regole consacrate
dall'uso, e queste sono le seguenti:
Le navi mercantili che s'incontrano in alto mare non sono tenute
al saluto.
Le navi da guerra si devono ritenere obbligate al saluto. Quella
di grado inferiore dovrà salutare la prima. Quando siano di grado
eguale la prima a salutare dev'essere quella che cammini sotto
vento.
Una nave da guerra deve salutare la prima quando sì avvi-
cini ad una fortezza, o a una piazza marittima, o da questa si
allontani: quando incontri una squadra: quando incontri una nave
che abbia a bordo un Sovrano, un membro di una famiglia reale
o un ambasciatore.
Una squadra ausiliare deve salutare la prima una squadra
principale.
379. — Il saluto reso con Io sparo del cannone dev'essere resti-
tuito con eguale numero di spari. Può però la nave, che risponde
al saluto e che sia di grado superiore a quella alla quale lo
rende, rispondere tirando un qualche colpo di meno. Questo per
altro non potrà essere motivato dalla considerazione della maggiore
potenza marittima dello Stato, al quale appartenga una nave di
grado eguale.
380. — Nelle circostanze di solennità, di feste di Corte, di lutto,
le navi da guerra straniere dovranno osservare le norme stabi*
lite dal regolamento dello Stato a cui il porto appartiene. I coman-
danti delle navi, i quali non volessero, o che stimassero di non
potervìsi uniformare, dovranno allontanarsi dal porto.
214 Libfo L ' Delle persone — Parte speciale
Equilibrio politico.
381. — L'equilibrio delle forze, o il cosi detto equilìbrio poli-
tico non deve essere reputato necessario tra gli Stati por prov-
yedere alla loro tutela ed alla loro conservazione. Ogni Stato dovrà
subire le modificazioni e le trasformazioni che possono essere la
conseguenza dei fatti storici e potrà accrescere la sua potenza
dentro i limiti del Diritto, senza ammettere che per questo possa
dirsi offeso il diritto degli altri Stati alla loro conservazione e alla
loro tutela.
Il concetto deirequilibrio delle forze e della potenza materiale ed effettiva
degli Stati come mezzo necessario per garentire Tindipendenza di ciascuno
fa posto innanzi nel secolo zv per impedire che Toltrepossanza delibano o
deirai tro lo mettesse in grado di dettar la legge a tutti. NelPart. 9 del trat-
tato di Utrecht del 13 luglio 1713, trovasi Tespressione de justutn potentiae
aequUibrium. Il Fénélon ((Euvres, tom. 3, pag. 361, ediz. 1835) ne aveva di-
mostrata la necessità per moderare la potenza crescente della casa d^Àustrìa
sotto Carlo V, e da quell'epoca fino ai giorni nostri la politica degli uomini
di Stato ha mirato costantemente a mantenere il cosi detto equilìbrio delle
forze ed a riparare i turbamenti che sono stati la conseguenza o delPaccre-
scimento dei possedimenti territoriali o delle conquiste effettuate colle vit-
torie. Nel Congresso di Vienna la ripartizione dei possedimenti territoriali
fu giustificata col concetto di mantenere Tequilibrìo. Lo smembramento della
Polonia fu giustificato collo stesso argomento.
Anche Tannessione di Nizza e Savoia fu reclamata per la necessità di rista-
bilire Tequilibrio rotto per la costituzione e Tingrandi mento del regno di
Italia. Il mantenimento della Turchia è stato reputato pure indispensabile
per non turbare il così detto equilibrio politico, che verrebbe certamente tur-
bato, se i possedimenti territoriali della Porta in Europa dovessero essere
ripartiti tra coloro che vi aspirano; ed oggi che scrìviamo gli uomini di Stato
si trovano d'accordo nel sostenere in Turchia uno stato di cose che non fa
onore né alla cristianità, nò alla civiltà, pel timore deirinevitabile turbamento
dell'equilibrio politico e della difficoltà di ricostituirlo ripartendosi 1 possedi-
menti turchi in Europa.
Molto si è scritto per spiegare questo indeterminato concetto. Utili ind^
cazioni si trovano nelParticolo di Nts, La théoHe de TéquUibre europhn^
Bevue de Dr. tntem,, t. XYI, 1893, e neU*opera di Stuolitz, De VéqutVbre
pciitique, du Ugitimisme et du principe dee nationàlités (en russe), 1889-1892,
traduc. fran^ise, 1898.
382. — Dovrà ognora reputarsi legittimo e necessario tra gli
Stati Tequilibrio giuridico, quello cioè che deve mirare a stabi-
lire il limite giuridico dell'azione di ciascuno ed a sottomettere
la condotta di tutti ai principii del Diritto internazionale.
Titolo VI. - DdTeguaglianza giurìdica degli Stati 215
383. — Ogni stato per quanto sia piccolo e debole per terri-
torio e popolazione dovrà esistere e svilupparsi accanto agli Stati
più forti sotto la tutela del Diritto internazionale, il quale deve
essere ognora sotto la garanzia collettiva di tutti gli Stati, che
vivono in società di fatto.
384. — Il procedimento di uno Stato , il quale in qualunque
si sia maniera accrescesse, o mirasse ad accrescere la propria
potenza violando il Diritto intemazionale a danno di uno Stato più
debole, sarà considerato una violazione dell'equilibrio giuridico,
e potrà, secondo i casi, essere • reputato come una minaccia, un
tentativo di violazione, e giustificare l'ingerenza collettiva da parte
degli altri Stati.
386. — Qualora uno Stato, abusando della sua crescente potenza,
aspirasse alla egemonia e si proponesse di stabilire e mantenere
la sua preminenza effettiva sul continente o sul mare, tale ten-
tativo costituirebbe una reale minaccia dell'equilibrio giuridico e
potrebbe giustificare la resistenza collettiva da parte degli altri
Stati.
• Il
216 Libro 1. ' Delle persane — Farte spedaU
TITOLO VII.
Del diritto di rappreeentanza.
386. — n diritto di rappresentare lo Stato nelle relazioni che
esso ha cogli altri Stati deve essere attribuito ed esercitato da
coloro ai quali sia affidato nell'attualità l'esercizio del potere so-
vrano. Tali sono:
a) il Sovrano o il capo dello Stato;
b) le persone che secondo la legge costituzionale esercitino
nell'attualità i poteri della sovranità;
e) gli agenti diplomatici.
387. — La persona, che in qualità di Sovrano regna e governa,
è di pieno diritto il rappresentante legale dello Stato, e può come
tale esercitare nei rapporti intemazionali il pubblico potere a lei
attribuito secondo la legge costituzionale.
Il Sovrano e la sua famiglia.
388. — Il Sovrano, in tutto quello che fa come rappresentante
dello Stato, deve essere reputato sotto la tutela del Diritto inter-
nazionale e come investito del godimento dei diritti spettanti allo
Stato.
Nissuna differenza potrà essere fatta sotto questo rispetto tra
Stato e Stato, sia il capo di esso principe, re, imperatore o pre-
sidente di repubblica.
389. — Colui che sia nel possesso di fatto del potere sovrano
deve essere reputato come rappresentante legale dello Stato rispetto
a coloro che abbiano riconosciuta l'attuale condizione di cose, o
che siano entrati in rapporti di fatto col Governo provvisorio da
lui costituito, ifionfr. reg; 63, 84, 86.)
Titolo VII. - Del diritto di rappresentanza **'
390. "— Colui che perde dì fatto Tesercizio del potere sovrano
cessa dal rappresentare ne' suoi atti lo Stato fino a tanto che
non sia reintegrato nel lìbero esercìzio della sovranità.
La storia registra parecchi esempi di sovrani decaduti e spogliati della
loro suprema autorità. Anche quando tale fatto sia temporaneo, le convenienze
potranno certamente guidare gli altri sovrani nel decidere se essi devono o
no continuare ad accordare al sovrano decaduto i titoli e gli onori prece-
denti, ma, per quello che si riferisce alla legittima rappresentanza dello Stato
nei rapporti internazionali, non si può ammettere che il sovrano decaduto
possa ne* suoi atti rappresentare lo Stato, mentre di fatto egli trovasi spo-
gliato del pubblico potere e della condizione giuridica di capo dello Stato.
Nei rapporti internazionali è sovrano qui de facto regit, ed esso quindi deve
essere reputato come rappresentante legale dello Stato rispetto agli altri Stati
che intendono mantenere i loro rapporti intemazionali, o che intendono en-
trare in tali rapporti se li avessero provvisoriamente interrotti.
391. — Le persone appartenenti alla famiglia del Sovrano
non possono partecipare al godimento dei diritti attribuiti a lui
come rappresentante dello Stato, ma devono non per tanto essere
reputate sotto la protezione del Diritto internazionale e godere
i tliritti e le prerogative che secondo gli usi e il cerimoniale
internazionale spettano ai membri delle famìglie sovrane regnanti.
Rappresentanti legali dello Stato.
392. — La persona o le persone, che devono essere riconosciute
come investite del diritto di rappresentare nei loro atti lo Stato,
sono quelle determinate dalla legge costituzionale.
393. — Ogni persona, che, avendone la potestà secondo la
legge costituzionale, faccia atti, o che assuma obbligazioni, in
nome dello Stato, dovrà essere ritenuta capace a rappresentarlo,
e ad obbligarlo sotto le condizioni ed entro i limiti della rappre-
sentanza legale, di cui secondo la legge costituzionale è investita.
Secondo la costituzione delle monarchie assolute il diritto di rappresentare
lo Stato è attribuito interamente al Principe: secondo quella delle monarchie
nippresentative invece è attribuito in massima al Goyemo, e quindi gli atti
del Principe non importano sempre obbligazione dello Stato, ma talvolta è
ùidispensabile che siano controfirmati dal Ministro responsabile, tal' altra ohe
Biano ratificati dal Parlamento. Nelle repubbliche la rappresentanza è attribuita
ftl potere esecutivo o al Presidente, ma questi dev'essere assistito dal Senato.
218
Libro L - Delle persone — Patie speciale
Di tutto ciò conviene tenere molto conto per decidere se Tatto fatto da uno
che abbia trattato in nome dello Stato, debba essere ritardato valido ed obbli-
gatorio per lo Stato stesso. A ciò non può bastare che esso sia fatto da chi
abbia la direzione degli affari esteri, ma è indispensabile, che la persona sia
capace di rappresentare in quell'atto lo Stato, tenendo conto della costituzione
politica vigente nel paese al momento in cui Tatto sia stato fatto. Presso tutti
gli Stati trovasi un ministero speciale istituito per gli affari internazionali, e
questo è il ministro degli affari esteri, che centralizza Tesercizio dei poteri che
appartengono al Governo nei rapporti coi Governi stranieri. Essendo egli il
capo del corpo diplomatico ed essendo chiamato a fare le comunicazioni uffi-
ciali in nome dello Stato agli Stati stranieri, riesce chiaro, che negli atti, che
egli compie, dentro i limiti dei poteri che gli appartengono secondo la legge
costituzionale, rappresenta lo Stato.
394. — Devono essere reputati come rappresentanti legali dello
Stato gli agenti diplomatici, ai quali secondo il Diritto intema-
zionale è attribuita la facoltà di mantenere i rapporti diplomatici
fra Stato e Stato e di rappresentare officialmente nei loro atti lo
Stato per delegazione da parte del Sovrano di lui«
Tali sono:
gli ambasciatori ordinari e straordinari,
i Ministri pubblici,
gl'inviati straordinari od incaricati d'affari.
La triplice categoria delle persone chiamate a rappresentare Io Stato nelle
relazioni internazionali vale a stabilire la loro posizione gerarchica e a deter-
minare altresì certi speciali diritti e considerazioni a ciascuna di esse dovuti
a cagione delia loro posizione gerarchica. Sotto la categoria di Ministri pub-
blici devono reputarsi compresi quelli di prima e di seconda classe, i Ministri
residenti e quelli straordinari o inviati temporaneamente per trattare affari
speciali. La differenza della loro posizione, avuto riguardo allo scopo pel
quale sono nominati ed al loro grado gerarchico, può valere ad attribuire certi
diritti e certe prerogative secondo il cerimoniale diplomatico, ed a fissare
altresì la loro posizione come parte del corpo diplomatico, ma non influisce
sulla condizione giuridica di essi in quello che rappresentano nei loro atti
lo Stato.
Nella terza categoria di inviati straordinari possono essere compresi tutti
coloro, ai quali sia affidato di rappresentare lo Stato provvisoriamente. Possono
quindi esservi compresi i commissari incaricati di rappresentare il proprio
Governo per trattare certi speciali affari, e altresì i consoli, dato il caso che
venisse affidata ad essi temporaneamente una missione diplomatica dal proprio
Governo. La posizione gerarchica delle persone non muta la sostanza della
cosa, perchò è sempre la natura della delegazione ed il mandato, in virtù di
essa conferito, quello che deve decidere se vi sia o no nella trattazione "di un
dato aiXare la j:àppré66ìiifimz)r-ièg(ile tieiio'^Stato*
TUolo VII. ' Da diritto di rappresentanza 219
A chi spetta il diritto dHnviare gli agenti diplomatici.
395. — Ciascuno Stalo indipendente, al quale spetta la perso-
nalità intemazionale, ha il diritto di essere rappresentato nelle
sue relazioni cogli altri Stati dagli agenti diplomatici, che siano
investiti di tale pubblico potere secondo la legge costituzio-
nale. Tale diritto spetta altresì a qualunque aggregazione, alla
quale sia stata attribuita la personalità intemazionale secondo le
regole 38, 39, stabilite al titolo L
In Tirtù di questa regola bisogna ammettere che, se fra più Stati indipen-
denti fosse effettuala MiHUnione per uno scopo determinato, e la personalità
intemazionale di tale Unione fosse riconosciuta, vi potrebb* essere una rap-
presentanza internazionale degli Stati Uniti limitata allo scopo della loro unione.
La Confederazione germanica del Nord del 1867 ci porge Tesempio di tale
specie di unione e di rappresentanza. Un Impero federativo, che non avesse
la forma unitaria, come era l'Impero germanico del 1871, qualora lasciasse
sussistere la personalità degli Stati confederati, potrebbe pure dar luogo ad
una duplice rappresentanza in corrispondenza della duplice personalità.
396. — II diritto di mantenere le relazioni intemazionali me-
diante gli agenti diplomatici può essere attribuito ad un Governo
costituito in seguito alla rivoluzione o alla guerra civile, ogni qual
volta che esso sia nel possesso attuale ed effettivo del pubblico
potere e delle funzioni sovrane e che sia stato riconosciuto.
In virtù di questa regola si deve ammettere, che il diritto di Legazione viene
a cessare del tulto e rispetto a tutti riguardo al Principe spodestato, che non
sia più Sovrano di fatto, anche quando esso tenti di essere restaurato. Tale
diritto non può competere che a chi de facto regit,
397. — Compete a ciascun Governo il decidere con piena
libertà, se le relazioni diplomatiche col Sovrano rovesciato deb-
bano ritenersi rotte e stabilite quelle col nuovo Governo costituito.
Non potranno però essere reputate stabilite bona fide le relazioni
diplomatiche col partito rivoluzionario, che non sia riuscito al
costituire un Governo regolare, e mentre duri ancora la lotta, e
non si arrivi ad accertare se il Sovrano rovesciato possa o no
ristabilire la propria autorità.
398. — Il partito rivoluzionario può durante la lotta fare comu-
nicazioni cogli altri Governi per mezzo di commissari o di agenti
520 Libro L - Delle persone — Parte speciale
da esso inviati, ma né questo potrà essere considerato diritto di
legazione, né i commissari e gli agenti potranno avere il carattere
di agenti diplomatici.
Quantunque debba essere reputato nel prudente arbitrio di ogni Governo
di stabilire o no le relazioni diplomatiche con un Governo costituito in seguito
ad una rivoluzione o ad una guerra civile, la prudenza politica deve sugge-
rire di non accettare gli agenti diplomatici, se non quando il nuovo Governo
costituito non solo sia di fatto nel possesso dei diritti di sovranità , ma che
presenti inoltre quella stabilità necessaria per potere essere considerato capace
di assumere la responsabilità dei proprii atti, e di quelli del popolo alla testa
del quale esso si trovi.
399. — Il Governo di un Sovrano spotestato dovrà essere rite-
nuto decaduto dal diritto di mantenere le relazioni diplomatiche
cogli altri Stati, e non potrà attribuire il diritto di rappresen-
tanza dello Stato agli agenti diplomatici da lui nominati.
400. — Il diritto di accreditare gli agenti diplomatici non può in
nessun caso essere esercitato che riguardo allo Stato che intenda
mantenere con Taltro rapporti diplomatici mediante legazioni per-
manenti, 0 negoziare con luì per concludere un affare determinato.
401. — Ogni Governo può inviare un agente diplomatico col
mandato di adempiere in nome delio Stato una speciale missione
presso un altro Governo senza bisogno di previo accordo. Spetta
però al Governo, presso cui l'agente diplomatico sia inviato, la
facoltà di riceverlo o di non riceverlo nella sua qualità come tale.
Tale diritto di rifiuto deve ammettersi sopratutto, se il Governo
reputasse la missione contro gFinteressi dello Stato o il ricevi-
mento inconciliabile colla dignità del medesimo.
402. — L* invio senza previo accordo di un agente diplomatico
incaricato d'una missione, che un altro Governo ritiene contro
gl'interessi o contro la dignità del proprio Stato, non potrà essere
considerato atto ostile, come non potrà essere considerato tale il
rifiuto non motivato.
Queste due regole devono ritenersi fondate sul concetto, che rinvio di un
agente diplomatico è atto di sovranità, laonde deve ammettersi la più completa
indipendenza, ma siccome il mantenimento delle relazioni diplomatiche pre-
suppone il consenso espresso o tacito da parte dello Stato presso cui l'agente
diplomatico sia inviato, perciò, quando non vi sia stato tale previo consenso
generale o speciale, può ognora il Governo rifiutare senza dare spiegazione
un diplomatico incaricato di una determinata missione.
Titolo VII. ' Del diritto di rappresentanza 22!
Come il carattere di rappresentante dello Stato si stabilisca.
403. — Il carattere pubblico di rappresentante dello Stato si
stabilisce mediante la nomina di una o più persone in tale qualità
da parte del Sovrano dello Stato, che le invia, e la notificazione
ufficiale fatta ed accettata espressamente o tacitamente dal 6o»
verno presso di cui l'agente diplomatico è inviato.
Accettazione dell'agente diplomatico nominato.
404. — Uno Stato, il quale abbia acconsentito a mantenere le
relazioni diplomatiche con un altro Stato, non può rifiutarsi di
accettare l'agente diplomatico nominato, salvo il caso di rifiuto
motivato da ragioni personali.
405. — L'assenso preventivo, o Taggradimento della persona
investita della qualità di agente diplomatico non può reputarsi
necessario a stabilire il carattere dell'inviato. Può non ostante un
Grovemo rifiutarsi di ricevere in qualità di Ministro uno, che sia
cittadino dello Stato, o che per gravi ragioni personali, che do-
vranno essere dichiarate, sia da reputarsi inadatto a mantenere
i buoni rapporti fra i due Governi.
406. — Il rifiuto di ricevere in qualità di agente diplomatica
una determinata persona, toglie a questa il carattere pubblico^
che essa ha come tale secondo il Diritto internazionale. Tale atto
può valere a mettere l'altro Governo in grado d'interrompere le
relazioni diplomatiche, se esso reputi il rifiuto non giustificato, o
se non voglia nominare altra persona in qualità di rappresentante
dello Stato.
Siccome la finalità delle legazioni permanenti è quella di mantenere i
buoni rapporti fra i due Governi, e questi non possono al certo essere man-
tenuti da persone, che non siano gradite, e che non ispirino completa fiducia,
cosi l'uso più generale, ò che ogni Governo prima di nominare la persona, che
presso deiraltro vuole accreditare, faccia presentire chi abbia scelto, ed ot-
tenga il gradimento del Governo. Questo si dice in linguaggio diplomatico
aggréation, ma non si può reputare indispensabile e come condizione per
222 Libro L • Delle persone — Parte speciale
Tesercizio del diritto di legazione. Con viene non per tanto avvertire che, sic-
come il reciproco consenso deve ognora reputarsi indispensabile in massima
per istituire e mantenere le legazioni, cosi un Governo, anche quando abbia pre-
viamente acconsentito, può revocare il suo consenso e rifiutarsi di ricevere
un inviato a cagione di speciali condizioni. Si comprende poi che se tale rifiuto
fosse arbitrario, ostinato e non giustificato, potrebbe alterare i buoni rapporti
diplomatici e anche interromperli.
In massima bisogna ritenere che la nomina delFagente diplomatico è atto
di sovranità, e che non può essere subordinata alla condizione del previo
aggradimento.
Estemione dei poteri delVagente diplomatico.
407. — Il mandato conferito all'agente diplomatico e l'esten-
sione del potere, ch'esso ha come rappresentante dello Stato, dal
quale è accreditato, sono determinati dalle credenziali o lettere
dì credito. Tale mandato e tali poteri possono essere poi speci-
ficati colle note ufficiali comunicate al Sovrano o al Governo in
forma diplomatica in nome del proprio Governo.
408. — Le istruzioni segrete, e non comunicate in forma diplo-
matica, date dal Governo al proprio Ministro, non possono valere
a modificare la delegazione dei poteri a lui conferiti, come risulti
dalle credenziali e dalle note ufficialmente comunicate in vìa
diplomatica.
409. — L'agente diplomatico rappresenta legalmente e valida-
mente ne' suoi atti lo Stato, dal quale fu accreditato, in tutto
quello ch'egli fa dentro i limiti del potere generale a lui dato colle
credenziali, e del potere speciale, dato con atto separato per nego-
ziare e concludere un determinato affare, ostensibile e notificato.
Le obbligazioni assunte dall'agente diplomatico in nome dello
Stato da esso rappresentato dentro i limiti della delegazione dei
poteri ad esso conferiti e notificati obbligano lo Stato subordina-
tamente alle regole stabilite innanzi.
410. — Le formalità da osservarsi nella presentazione delle cre-
denziali, nella notifica/ione delle note e degli atti diplomatici,
saranno determinate secondo il cerimoniale e le regole del Diritto
diplomatico.
Titolo Vii. ' Del diritto di rappresentanza ^23
Diritti degli agenti diplomatici.
411. — L'agente diplomatico ha diritto alla inviolabilità per-
sonale, ed alla completa indipendenza in tutto quello che esso
faccia nella sua qualità di rappresentante dello Stato. Per tutti
gli atti da esso fatti come tale, e finché debba reputarsi legal-
mente investito dell'alto ufficio pubblico a lui conferito, egli può
essere tenuto a risponderne personalmente rispetto soltanto al
proprio Governo. In riguardo *poi dello Stato, presso cui fu accre-
ditato, gli atti da lui fatti in nome del proprio Governo possono
far nascere solo la responsabilità dello Stato, da cui fu inviato;
la quale dovrà essere determinata e retta a norma delle regole,
che devono governare la responsabilità degli Stati.
Applicando questa regola può essere ammessa ]*invìolabilità dei ministri
stranieri, ma soltanto nelFesercizio delle loro pubbliche funzioni ed escludendo
Timmunità e la completa esenzione dalle giurisdizioni territoriali per tutti
gli atti deUa vita civile e per quelli da essi fatti nel campo dei rapporti pri-
vati. Vedi per questo le regole 247-252.
412. — La inviolabilità personale alla quale ha diritto il Ministro
straniero deve valere tanto in tempo di pace quanto in quello di
guerra. In tale eventualità però egli non potrà goderne, che durante
quel ragionevole periodo di tempo che potrà occorrere per abban-
donare la sua residenza e ritornare nel proprio Stato.
Privilegi e prerogative degli agenti diplomatici.
413. — Dev'essere attribuito all'agente diplomatico il godimento
di quei diritti privilegiati, che devono reputarsi secondo la con-
suetudine internazionale richiesti per rendere completa la sua indi-
pendenza. Tali sono:
a) l'esenzione dalla visita del suo bagaglio e di qualunque
collo a lui diretto coi suggelli del proprio Governo;
b) il godere di tutte quelle speciali onorificenze e distinzioni
che secondo gli usi ed il cerimoniale sono dovute ad esso avuto
riguardo alla sua classe ed alla sua posizione gerarchica;
224 Libro L - Delle persone — Parte spedale
c) Tesercizio del culto della propria religione, e la conseguente
facoltà di avere una cappella e le persone per celebrarvi le fun-
zioni religiose;
d) l'esenzione dal pagamento delle imposte personali dirette
e di quelle sul capitale e dei prestiti forzati; dalle imposte di
guerra, dagli oneri a cui sono tenuti specialmente i cittadini, come
è l'obbligo dell'alloggio militare, l'imposta di famiglia o focatico e
via dicendo;
e) la franchigia delle imposte doganali.
414. — Incombe all'agente diplomatico il servirsi con dignità e
in buona fede dei privilegi e delle franchigie, di cui può godere,
e il non giovarsene sopratutto a scopo commerciale o per favo-
rire i terzi.
415. — Non potrà essere inibito agli agenti di dogana di fare
con i dovuti riguardi le generali ispezioni alle merci dirette allo
agente diplomatico, salvo però il caso che esso avesse formal-
mento assicurato, che i colli non contenessero merci proibite o
destinate ad usi commerciali, e salvo inoltre i colli controsegnati
coi sigilli dello Stato, i quali non potrebbero mai ed in nessun
caso essere soggetti alla visita doganale, ma dovranno bensì essere
reputati inviolabili come la corrispondenza.
Tutti gli scrittori sono concordi neirammettere che i privilegi e le fran-
chigie, dei quali può godere Tagente diplomatico, non possono essere deter*
minati con regole uniformi e assolute come se fossero fondate sul Diritto
comune internazionale. Essi riposano bensì sulla comitae gentium e devono
essere governati o dalle convenzioni o dagli usi o dalla reciprocità. L'esen-
zione dall'imposte sopratutto, e la franchigia doganale non trovano al certo
un fondamento giuridico, anzi a rigore si potrebbe dire che, siccome Tagente
diplomatico deve pagare le imposte sul consumo, cosi deve pagare quelle
sulle mercanzie introdotte per i suoi bisogni personali. Gonf. Heffter, DroU
internata, § 217. Pradisr-Fodéré, Cours de Droit diplom., pag. 45, tom. II.
Calvo, Droit internat., 1529 e seg. Bluntschli, regole 242-223.
416. — L'agente diplomatico, che abbia una missione perma-
nente, ha il diritto di inalberare alla sua residenza ufficiale la
bandiera dello Stato da lui rappresentato, o far conoscere me-
diante uno stemma o una iscrizione affissavi, il carattere pubblico
di rappresentante dello Stato estero.
TUolo VII. - DH diritto di rappresentanza ^^
417. — Gli agenti diplomatici hanno il diritto di esercitare tutte
le funzioni attribuite ad essi secondo la legge dello Stato rappre-
sentato, salvo solo, quanto all'esercizio di certe determinate fun*
zioni, il caso di espressa riserva, fatta dal Governo dello Stato ove
la Legazione trovisi stabilita.
Questa regola ò fondata sul concetto, che quando uno Stato accetta pre
viamente che un altro stabilisca una legazione, acconsente cosi implìcita-
mente a che gli agenti diplomatici inviati esercitino rispetto ai nazionali
tutte le attribuzioni secondo la legge dello Stato rappresentato. Così va detto
della legalizzazione di documenti, del ricevimento di testamenti, di certi atti
dello stato civile, compresa la celebrazione del matrimonio tra nazionali,
pei quali atti, quando non sia stata fatta alcuna riserva nello stabilimento
della legazione, o non venga fatta in prosieguo da parte del Governo, che ne
ha sempre il diritto, deve ammettersi che Tagente diplomatico possa, senza
consenso speciale del Governo presso cui è accreditato, esercitare tutte le fun-
zioni rispetto ai cittadini del proprio Stato.
DelVestraterritorialità degli agenti diplomatici.
418. — Non compete all'agente diplomatico il diritto dell' im-
munità né quello della completa ed assoluta esenzione dalla giu-
risdizione civile e penale del paese presso il quale è accreditato.
I rapporti di lui colle giurisdizioni territoriali devono essere
determinati in conformità delle regole stabilite al titolo IV.
Gonfr. le regole 947-25S, 325-329 e 333-310.
419. — L'agente diplomatico ha ognora il diritto di esigere,
che, quando sia il caso di applicargli il Diritto comune, questo
sia fatto con i dovuti riguardi per l'alta sua dignità e pel carat-
tere che esso ha come rappresentante di Stato estero.
420. — Incombe ai Governi l'agire in ogni caso rispetto ad
un Ministro pubblico straniero in maniera da salvare la dignità
dello Stato rappresentato.
In virtù delle due regole precedenti si deve ammettere, che, quando sia il
caso di notificare atti o di eseguire sentenze o di compiere atti d'istruzione
e di procedura nella casa abitata da un ministro straniero, o di assogget«
tarlo personalmente al Diritto comune, come sarebbe il caso di ottenere da
lui risposta ad un interrogatorio o una deposizione testimoniale , tali, atti,
quando possano essere fatti, devono essere sempre compiuti con tutti i ri*
guardi dovuti per Talta dignità, di cui il rappresentante di Stato straniero è
15 — FioHB, Dir. intern. eodif.
226 Libro L • Delle persane — Parte speciale
rivestito. Occorreranno quindi secondo le circostanze i buoni uffici per pro-
cedere a qual si sia atto nella casa del ministro, salvo le misure di vigilanza
pel regolare corso della giustizia. Doyrà pure ammettersi, che l'agente diplo-
matico non debba essere tenuto a comparire personalmente dinanzi al Tribunale
per rispondere airinterrogatorio, e per fare testimonianza, ma che il giudice
delegato possa compiere tali atti al domicilio del medesimo, fissando previa-
mente il modo più conveniente per farlo. Quando poi sia il caso di dover proce-
dere contro lui, il previo avviso al Governo da lui rappresentato, deve reputarsi
indispensabile a tutelare la dignità del medesimo, mettendolo in grado di
provvedere secondo le circostanze col togliere il carattere di rappresentante
dello Stato, a colui che colla sua condotta se ne fosse reso indegno, e ren-
dendo cosi meno difficoltoso l'espletare gli atti di procedimento.
Offese contro i Minisiri stranieri.
421. — L'attentato ad un rappresentante di Stato estero nella
sua qualità come tale, dovrà essere reputato violazione del Diritto
intemazionale. Esso potrà secondo i casi implicare la responsa-
bilità del Governo, ed essere qualificato come fatto, che abbia
violato il Diritto comune della società internazionale (cow/r. reg, 324
e 429), 0 come una violazione dei diritti dello Stato rappresentato.
422. — L'offesa al Ministro straniero da parte di privati non
potrà costituire rispetto ad essi il reato qualificato, se non quando
gli autori deir offesa avessero conosciuto o non avessero potuto
ignorare la qualità della persona.
423. — La responsabilità diretta del Governo a cagione della
offesa patita dal Ministro straniero dovrà ammettersi, quando la
offesa sia stata arrecata da un funzionario incaricato di mante*
nere le relazioni diplomatiche, dato che colla maggiore solleci-
tudine il Capo del Governo non abbia disconosciuto l'operato del
medesimo.
424. — Nel caso di offesa arrecata all'agente diplomatico da
un funzionario subalterno dello Stato, se il Governo avuta notizia
del fatto non avesse voluto dare la dovuta necessaria riparazione,
ne assumerebbe esso la responsabilità.
426. — Vi sarà responsabilità del Governo nel caso di offesa
da parte di privati, qualora esso non abbia adoperato ogni cura
per scovrirne gli autori e punirli: o se non abbia presi gii oppor-
Titolo VII - Del diritto di rappresentanza 227
tani proTvedimenti per impedire che l'offesa fosse arrecata come
le dreostanze lo facevano presumere : se non abbia impedito che
fosse consumata: se non abbia fatto per parte sua tutto quello,
che nei limiti stabiliti dalla costituzione dello Stato e dalle leggi
in vigore poteva essere fatto per prevenire l'attentato.
426. — La responsabilità del Governo dovrà essere in ogni caso
attenuata di molto, quando l'offesa ricevuta da un agente diplo-
matico straniero sia dipesa da imprudenza da parte di lui, e più
ancora quando sia stata motivata da atti equivalenti ad una vera
provocazione.
Le leggi dei di?ersi Stati provvedono in vario modo per punire le offese
fatte ai ministri stranieri. In Inghilterra trovasi una legge speciale a tale
rignardo: *An ad far presermng the privileges of ambassador and other public
minister of foreign princes and States , (Statuto di Anna, VII, cap. XII).
In altri paesi si trovano disposizioni speciali nel Codice penale : in altri si
applica il Diritto comune per la punizione dei reati qualificati contro gli uf-
ficiali pubblici. Pradier-Fodéró opina che in caso dì offesa di un ambascia-
tore di Stato straniero siano applicabili gli articoli 84, 85 del Cod. penale
francese, che puniscono gli atti ostili che abbiano esposto lo Stato ad una
dichiarazione di guerra (Courè de DroU diplomatique^ tom. Il, pag. 13).
Vedi Fiore, voce " Agènti diplomatici , nel Digesto italiano n. 86 e seg.,
ove sono riportate le leggi dei diversi paesi a tale riguardo.
427. — Le offese personali fatte al Ministro straniero, le quali
per la natura dei fatti, che l'abbiano motivate, si debbano presu-
mere interamente estranee al suo ufficio, non potranno dar luogo
a reclami diplomatici, tranne che per ottenere le dovute spiegazioni.
Inviolabilità della corrispondenza.
428. — Spetta all'agente diplomatico il diritto di mantenere
libera corrispondenza col proprio Governo, sia coi mezzi ordinarli
sia per mezzo dei corrieri destinati a portare dispacci. La corri-
spondenza così mantenuta sarà reputata inviolabile, e anche quando
vengano a rompersi le relazioni diplomatiche ed a cessare lo stato
di pace sarà inviolabile la corrispondenza durante quel periodo
di tempo ragionevole che dovrà essere ognora accordato all'a-
gente diplomatico per abbandonare il luogo di sua residenza.
228 Libro L • Delle persone — Parte speciale
429. — La violazione dei segreti di Stato e della corrispondenza
ufficiale degli agenti diplomatici col proprio Governo dovrà essere
riguardata come una violazione del Diritto internazionale ed anche
quando avvenga pel fatto dei terzi Stati.
Per la responsabilità diretta o indiretta del Governo in conse-
guenza di tale grave attentato dovranno essere applicate le stesse
regole che per le offese fatte all'agente diplomatico.
Vedi regole 421 e seg.
Esercizio del diritto di Legazione a riguardo dei terzi Stati.
430. — Il carattere pubblico di agente diplomatico non potrà
ritenersi stabilito a riguardo dei terzi Stati, che non abbiano pre-
viamente acconsentito a riconoscere un Ministro straniero nella
sua qualità come tale.
431. — Incombe ognora agli Stati, che intendono mantenere
buone relazioni, il trattare gl'inviati diplomatici di altri Governi,
che attraversino il territorio per recarsi al luogo di loro destina-
zione, e che con documenti ufficiali degni di fede stabiliscano la
loro qualità di rappresentanti dello Stato, con tutti quei riguardi
e considerazioni dovuti per l'alta dignità di cui sono rivestiti.
432. — Gli agenti diplomatici, i quali con documenti ufficiali
idonei a far riconoscere la loro qualità stabiliscano il carattere
pubblico, di cui sono investiti, devono esser reputati sotto la pro-
tezione del Diritto internazionale, e possono esigere anche nei
terzi Stati il rispetto dovuto ad essi per la loro qualità di rap-
presentanti dello Stato, ed il godimento di quei diritti, che devono
reputarsi indispensabili per l'adempimento della loro missione.
433. — Nessun Governo può porre ostacoli alla libertà del com-
mercio diplomatico dei terzi Stati o ritenersi autorizzato, a fine
di tutelare i propri interessi, a turbarlo o renderlo difficile; esso
può soltanto prendere gli opportuni provvedimenti per tutelare
la sicurezza e la difesa dello Stato.
In virtù di questa regola si deve ammettere, che non si può impedire asso-
lutamente ad un agente diplomatico :iU-dniero di attraversare il territorio per
Titolo VII, - Del dùcuto di rappresentanza
229
recarsi al luogo di destinazione o ritornarvi, e che le violenze contro la sua
persona devono in ogni caso essere reputate come un fatto commesso in vio*
lazione del Diritto intemazionale. Può però un Governo, quando le necessità
della sicnrezza lo esigano, prendere tutte le precauzioni per tutelare gli inte-
ressi dello Stato. Cosi pnò imporre alPagente diplomatico di non soggiornare,
o tracciargli preventivamente il cammino per attraversare lo Stato, e via dicendo.
Diritto delle persone addette alla Legazione.
434. — Le persone addette alla Legazione, le quali esercitano
pubbliche funzioni secondo la legge dello Stato rappresentato, e
che siano state in tale qualità ufficialmente riconosciute dal Go-
verno, presso cui la Legazione è stabilita, devono godere i diritti
e le prerogative degli agenti diplomatici neiradempimento delle
loro funzioni che sono indispensabili per l'esercizio del diritto di
Legazione da parte dello Stato rappresentato.
435. — I funzionari temporaneamente addetti alla Legazione,
quando la loro posizione ufficiale come tali sia stata notificata al Mi-
nistro degli esteri dello Stato ove la Legazione è stabilita, e siano
state al medesimo notificate altresì le incombenze ad essi affidate,
dovranno essere considerati come parte integrante della Legazione,
e godranno, per quanto concerne l'adempimento delle funzioni ad
essi affidate, i diritti e le prerogative di cui secondo il Diritto inter«
nazionale devono godere coloro, che fanno atti in nome dello Stato.
436. — Un funzionario addetto alla Legazione, il quale in caso
di morte o di assenza del Ministro straniero sia incaricato di
rappresentarlo, avrà il carattere di un Ministro temporaneo e godrà
durante tale tempo tutti i poteri, i diritti e le prerogative del-
l'agente diplomatico principale da esso rappresentato.
437. — Le persone componenti la famiglia del Ministro non
godranno altri diritti ed altre prerogative tranne quelle dovute
secondo le convenienze ed il cerimoniale diplomatico ad esse in
considerazione dell'alta dignità di cui è rivestito il Ministro come
capo della famiglia. A tali persone non potranno competere ì
diritti e le prerogative, che secondo il Diritto internazionale spet-
tano a coloro che rappresentano lo Stato.
230
Libro L ' DelU persone — Fai^ speciale
Siccome tutti i diritti e tutte le prerogative che spettano secondo il Dirìtto
intemazionale ai ministri stranieri, trovano il loro fondamento sul concetto
che essi rappresentano nei loro atti lo Stato e che Tindipendenza delle sovra*
nità osta a che Tnna eserciti giurisdizione secondo il Diritto cornane sugli atti
che Taltra faccia o direttamente o per mezzo di suo mandatario, così da questo
ne consegue che lo stesso diritto deve essere attrihuito alle persone addette
alla Legazione, in quello che esse facciano atti o esercitino pubbliche funzioni
per delegazione della sovranità dello Stato rappresentato.
La moglie del Ministro straniero non può a rigore partecipare ai diritti ed
alle immunità che a lui competono; però ale! spetta il diritto di partecipare
alla dignità ed al rispetto dovuto al marito, e non si può mettere in dubbio
che rindipendenza di cui egli deve godere ed il rispetto eccezionale a cui ha
diritto in ogni caso, per Talta dignità di cui è rivestito, debbano estendersi più
ehe ad ogni altra persona alla moglie ed alla famiglia.
Vedi Martens, Guide diplomatique, tom. I, p. 79.
438. ^ Le persone addette al servizio di un ministro o di
un ambasciatore straniero non possono godere alcun privilegio, ma
devono bensì rimanere sommesse alle giurisdizioni ordinarie anche
pei fatti da esse commessi nell'esercizio delle loro incombenze.
Le autorità locali però devono agire ognora con riserva e con
prudenza pel rispetto dovuto all'agente diplomatico ed agli ob-
blighi imperiosi di cortesia da parte del Governo presso cui esso
è accreditato.
In ogni questione che concerne gli agenti diplomatici e le persone del loro
seguito conviene distinguere sempre quello che può ritenersi fondato sugli
stretti prìncipii del Diritto e quello che può essere suggerito dal tatto e dalla
prudenza politica. Riesce facile comprendere che per mantenere i buoni rap-
porti col Governo rappresentato conviene agire con molto tatto, anche quando
si tratti, a modo d*esempio, di applicare i regolamenti di polizia al cocchiere
di un ministro straniero, che li abbia violati. Piuttosto che ispirarsi al rigorosi
prìncipii del Diritto, conviene tener presenti le regole di cortesia da parte
del Governo presso cui il ministro straniero è accreditato.
Confronti la sentenza della Cassazione francese dellll giugno 1852, Journal
du Palaia, 1852, tom. II, pag. 57.
Vedi pure il caso del cocchiere deirambasciatore francese a Berlino nel 1688
in Calvo, Droit internat,, tom. VI, § 315.
Ricmimento degli agenti diplomatici^
precedenza, visite ufficialù
439. — Tutto quello, che concerne le formalità da osservarsi
nel ricevimento degli agenti diplomatici, nella presentazione delle
Titolo VII. • Del diritto di rappresentanza 231
credenzìaK, e simili sarà determinalo dal Diritto diplomatico e dal
eerìmoDialeY e non dovrà essere compreso tra i diritti e prero-
gative spettanti ai Ministri in virtù del carattere dì rappresentanti
dello Stato.
L'.ag^te diplomatico potrà però esigere, che le regole stabilite
secondo il Diritto diplomatico, il cerimoniale, e gli usi, siano
osservati, e domandare ed ottenere una spiegazione in caso di
inosservanza, a fine di eliminare qual si sia intenzione che il Go-
verno abbia volato arrecare offesa allo Stato da lui rappresentato.
Le regole del cerimoniale diplomatico non possono formar parte dì questa
trattazione.
Sospensione della missione
e dei poteri di un agente diplomatico.
440. — La missione diplomatica deve ritenersi sospesa:
a) in caso di morte, di deposizione o abdicazione del capo
dello Stato, da cui il Ministro fu accreditato, fino a tanto che
questi non sia stato ufficialmente incaricato dal successore al trono
di fare la notificazione dell'avvenuto mutamento;
h) quando nell'uno e nell'altro Stato in seguito ad una rivo-
luzione od altrimenti venga ad essere mutata la costituzione poli-
tica o avvengano fatti tanto importanti, che di per sé stessi e
per la natura delle cose debbano essere reputati tali da modi-
ficare l'indirizzo politico del Governo nell'uno o nell'altro paese ;
e) per cause personali, quando cioè l'agente diplomatico sia
di fatto impedito di adempiere le incombenze ad esso affidate ;
d) colla rinunzia da parte dell'agente diplomatico, fino a tanto
che questa non sia stata accettata.
Il fondamento di questa regola riposa snl concetto, che quantunque la per-
sonalità dello Stato non Tenga a subire una sostanziale modificazione quando
muti il Capo di esso, o quando sia modificata la forma del governo, pure sic-
come certi avvenimenti importanti possono modificare Tindirizzo politico e le
conseguenti relazioni fra i Governi dei due paesi, cosi occorre che i negoziati
in corso siano sospesi, fino a tanto che il nuovo ordine di cose non sia sta-
bilito, e Vagente diplomatico non abbia o direttamente ojndirettamente la
riconferma della sua posizione ufficiale.
232 Libro L - DéUé persone ~ Parte speciale
441. ^ In qualunque maniera debba ritenersi sospesa la mis-
sione diplomatica, questo non fa cessare ipso facto nell'agente
diplomatico il carattere di rappresentante dello Stato, ed il con«
seguente godimento dei diritti e delle prerogative che, secondo
il Diritto internazionale, spettano a lui come tale.
Cessazione dei poteri delVagente diplomatico.
442. — La missione diplomatica cessa, e finiscono i poteri che
in virtù di essa sono attribuiti:
a) quando l'agente diplomatico sia stato inviato per un affare
speciale e questo sìa stato compiuto;
b) quando esso sia richiamato dal proprio Governo, o rin-
viato da quello presso cui era accreditato ;
e) colla rinunzia espressa da parte di lui, accettata ufficial-
mente dal proprio Governo e notificata a quello presso cui era
accreditato ;
d) quando l'agente diplomatico, essendosi reso colpevole di
un crimine, pel quale debba ammettersi la soggezione alla giu-
risdizione penale territoriale, si trovi in arresto nel territorio dello
Stato presso cui fu accreditato ;
e) in conseguenza della guerra dichiarata fra i due Stati.
443. — Sia nel caso che il ministro straniero venga rinviato
dal Governo, sia in quello della guerra dichiarata fra i due Stati
o di altro avvenimento, che renda impossibile di continuare a
mantenere le relazioni diplomatiche, dovrà essere sempre accor-
dato al ministro un tempo sufficiente e ragionevole onde trasfe-
rirsi nel proprio paese e far salve le prerogative d'inviolabilità
e di sicurezza personale ad esso spettanti.
Usurpazione delle funzioni diplomatiche.
444. — Chiunque assumesse la missione di rappresentare uffi-
cialmente uno Stato ne' suoi rapporti con altri Stati senza avere
TUdo rn. - Da diruto di rappresentanza 233
legaìmente tale qualità, sarà reputato colpevole di reato contro
il Diritto intemazionale e potrà essere punito, oltre che nel proprio
paese, altresì in quello ove esso avesse usurpata la qualità d'agente
diplomatico.
Consoli.
445. — T consoli non hanno vera e propria qualità di rap-
presentare Io Stato nelle sue relazioni politico-internazionali, e
non fanno parte degli agenti diplomatici. Essi devono però essere
reputati rivestiti di carattere pubblico, e considerati quali man-
datari ufficiali del Governo da cui sono nominati, nell'adempiere
la loro missione e nell'esercizio delle attribuzioni che ad essi spet-
tano secondo il Diritto internazionale.
Qualora però sia delegato ad essi anche l'esercizio delle fun-
zioni diplomatiche, devono rimanere sommessi alle regole che
concernono gli agenti diplomatici per le funzioni da essi eserci-
tate in forza della delegazione e soltanto dentro i limiti fìssati
dalla delegazione stessa.
446. — Incombe ad ogni Stato, che abbia ufficialmente rice-
vuto un console nominato da Governo straniero, il ritenere che
esso debba essere reputato sotto la protezione del Diritto interna-
zionale per tutto quello che concerne i diritti e le prerogative
spettanti ai consoli secondo il Diritto comune, e per l'esercizio
attuale di tutte le funzioni ad esso attribuite in forza delle con-
venzioni speciali concluse con lo Stato che lo abbia nominato.
Qaantniique i consoli non possano reputarsi investiti di carattere rappre*
sentativo, 6 non possano quindi avere il godimento dei diritti e delle prero*
gative spettanti agli agenti diplomatici, pur non di meno, siccome non si può
dubitare che essi debbano reputarsi rivestiti di carattere pubblico, così conviene
ammettere che quei diritti e quei vantaggi, che possono ritenersi inerenti al
carattere pubblico, debbano reputarsi spettanti al console in forza del Diritto
comune intemazionale. Deve poi ammettersi che essi possono godere inoltre
i diritti e le prerogative concordati in forza delle speciali convenzioni concluse
fra i due Stati, e che possono esercitare le finzioni spettanti ad essi a seconda
dellQ convenzioni stesse, ed anche per il godimento dei diritti e per Tesercizio
delle funzioni secondo la convenzione consolare, essi devono essere reputati
sotto la protezione del Diritto intemazionale, vale^ dire del Diritto interna-
234 lÀbro L - Dèlie persone — tane aptciuie
sionale particolare stabilito fra i due Stati in forza dei trattato o della con
Yenzione consolare. Vedi Bonfils, Droit itUernationalj §§ 733 e seg.
Prerogative dei consoli secondo il Diritto comune.
447. — I diritti e le prerogative spettanti ai consoli secondo
il Diritto comune, potranno essere attribuiti soltanto ai consoli
inviati {consules mi88i\ a quelli cioè che siano cittadini dello Stato
il quale li abbia nominati espressamente per esercitare le funzioni
consolari e con divieto di esercitare il commercio o l'industria.
448. — I consoli inviati, siano essi consoli generali, consoli,
o vice-consoli, ogni qual volta che siano ammessi e riconosciuti
nella loro qualità come tali, secondo le regole e le formalità sta-
bilite nel paese, ove devono esercitare il loro ufficio, non saranno
personalmente responsabili degli atti da essi fatti e compiuti quali
mandatari ufficiali del Governo da cui sono nominati, e dentro
i limiti delle attribuzioni ad essi spettanti in forza del mandato
ufficiale, ed in quanto sono come tali rivestiti del carattere di
funzionari pubblici.
Per gli alti da essi compiuti nella loro qualità ufficiale e dentro
i limiti della loro competenza sarà tenuto a risponderne il Governo
che li abbia nominati.
Confronti per quello che concerne la sommissione del console alle giurisdi-
zioni ordinarie le regole 253-256, e per la responsabilità civile o intemazionale
dello Stato straniero le regole 259-267.
449. — I consoli devono essere completamente tutelati nello
esercizio delle loro funzioni, e non possono essere arrestati o dete-
nuti tranne che per reati colpiti da pena grave. Essi non possono
essere costretti a comparire cotne testimoni dinanzi ai tribunali
locali, né a comparire personalmente per l'istruzione di un pro-
cesso penale, ma le loro dichiarazioni dovranno essere richieste
o in iscritto, o recandosi al loro domicilio.
450. — Incombe in ogni caso alle autorità locali il procedere
rispetto ad un console straniero coi riguardi a lui dovuti in conside-
razione del carattere pubblico di cui è rivestito, e quando sia il caso
lìtolo VII. • Del diriUo di rappruentanta 235
di doverlo assoggettare ai procedimenti penali per reati gravi da lui
commessi, rinformarne il Governo del paese a cui il console appar-
tiene, e possibilmente sospendere il procedimento fino a tanto
che il Governo non abbia sollecitamente provveduto.
Le regole proposte mirano a tutelare Tesercizio delle funzioni consolari ed
a prevenire i danni eventuali che ne potrebbero conseguire se i consoli fossero
impediti o ritardati neiresercitarle. Nella maggior parte delle convenzioni con-
solari si trova per questo stabilito in massima che i consoli inviati non possono
essere arrestati se non quando si tratti di reaU che la legislazione locale qualifica
crimini e punisce come tali. Si trova inoltre stabilito che i consoli non possono
essere forzati a comparire come testimoni davanti al tribunale del paese in
cui risiedono. Vedi Convenzione consolare tra Fltalia e gli Stati Uniti 8 feb-
braio 186S,art Sei-; coli* Austria-Ungheria del 16 maggio 1874, art. 4 e 5;
tra gli SUti Uniti e il Belgio del 5 dicembre 1868; Italia e Francia S6 lu^io 1862,
articoli S e 3.
45L — In ogni caso, in cui la comparizione personale dinanzi
ai tribunali locali sia indispensabile, il console non potrà rifiu-
tarsi, ma incombe alle autorità locali l'invitarlo a comparire, ser-
bando ogni possibile riguardo alla dignità di lui ed ai doveri della
sua carica.
452. — Spetta ai consoli il diritto di essere esenti dagli oneri
municipali o fiscali imposti ai cittadini o agli stranieri domiciliati.
Essi godranno quindi l'esenzione dall'alloggio militare, dal servizio
nella milizia e da ogni servizio pubblico di carattere municipale.
Saranno parimente esenti dall'obbligo di pagare le contribuzioni
militari e le contribuzioni dirette pei'sonali, mobiliari, o suntuarie,
imposte dallo Stato, dalla Provincia, o dal Comune, salvo però
che non possedessero beni immobili, o che non esercitassero una
professione.
453. — I consoli potranno collocare sopra la porta esterna
del loro ufficio o abitazione lo stemma delio Stato a cui appar-
tengono, con l'iscrizione: Consolato.
Potranno inoltre inalberare la bandiera del loro paese sulla
loro abitazione od uffizio, quando non risiedano nella capitale
ove si trovi la legazione del loro paese.
Per la in?iolabilità degli uffici consolari confronti le regole 330-333.
236 Libro L - DélU versone — Parte soeeicdé
Degli agenti consolari.
454. — Gli agenti consolari, siano essi cittadini dello Stato
da cui sono nominati, o di quello ove esercitano le loro funzioni,
non godranno gli stessi diritti dei consoli della prima categoria.
Essi però, negli atti che compiono nell'esercizio della loro carica,
in base alla commissione avuta dal Governo straniero dentro i
limiti della loro speciale competenza, non sono responsabili per-
sonalmente.
455. — Gli agenti consolari potranno collocare sopra la porta
esterna del loro ufficio od abitazione lo stemma dello Stato stra-
niero, coiriscrizione : Agenzia consolare.
Secondo la legge italiana il personale dei consolati è diviso in dne categorìe,
quelli cioè che non possono esercitare il commercio e che devono essere cit-
tadini italiani, e quelli della seconda categoria che possono esercitare il com-
mercio ed essere stranieri. Questi sono denominati vice-consoli o agenti
consolari.
Attribuzione dei consoli
secondo il Diritto convenzionale.
456. — Le funzioni dei consoli, le loro attribuzioni, ì loro
diritti ed i loro doveri, secondo il Diritto convenzionale, devono
essere determinati a seconda della convenzione conclusa tra lo
Stato a cui il console appartenga e quello in cui egli eserciti il
suo ufficio.
457. — Il console non può legalmente esercitare nessuna fun-
zione rispetto ai nazionali, se non quando egli ne abbia la com-
petenza speciale in forza delle leggi e dei regolamenti dello Stato
che lo abbia nominato.
Esso però non potrà effettivamente esercitare ogni funzione a
lui attribuita secondo la sua legge nazionale, se non quando l'eser-
cizio debba reputarsi consentito in forza del trattato concluso tra
i due Stati.
Titolo VII, ' Del diritto di rappresentanza i237
Conviene considerare ogni attribuzione del console sotto nn duplice punto
di TÌsta: dì fronte cioè alla legge dello Stalo cui esso appartiene e di fronte
a quella del paese ove il console trovasi stabilito. Sotto il primo punto di
vista il console è un ufficiale pubblico, e ogni forma della sua competenza
come tale deve essere fondata sulla legge completata dai regolamenti e dalle
istruzioni ministeriali. Non può per altro reputarsi sufficiente che la legge nazio-
nale conferisca al console una data attribuzione per dedurne che egli possa
esercitarla nel paese ove si trovi ufficialmente stabilito. Bisogna invece sotto
tale rispetto tener conto della legge territoriale e del trattato. Nessuna delle
attribuzioni spettanti al console secondo la sua legge nazionale può essere
esercitata, quando vi osti la legge territoriale : ed è per questo che Tesercizio
effettivo delle attribuzioni consolari deve essere determinato in base alla con-
venzione consolare ed al rispetto della legge territoriale.
Vedi per le attribuzioni dei consoli, come protettore legale dei nazionali,
le regole stabilite al Titolo Vili.
468. — L'esercizio della giurisdizione contenziosa in materia
civile e delia giurisdizione penale può essere attribuito al consoli
nei paesi incivili, dato che tale potere possa ritenersi fondato sui
tratte J^ o sulle capitolazioni in vigore conclusi tra Io Stato stra-
niero in nome di cui la giurisdizione sia esercitata, e quello ove
i tribunali consolari trovlnsi istituiti.
Per Fesereizio della giurisdizione nei paesi ove sono in vigore le capitola*
zioni confronti le regole 345-349.
Vedi pure: Gontuzzi, La istituzione dei consolati ed il Diritto internazio-
nale europeo neUa sua applieabilUà in Oriente, Napoli 1885; Fsraud Giraud,
De la Juridietion frangaise dans les échelles du Levante Farìs 1866; Lawrence,
Études sur la juridietion consulaire en ^uys chréliens et en pays non chré-
tiens, Leipzig 1880.
238
Libro L - Delle persone — Parte speeiak
TITOLO Vili.
Della protezione dei cittadini.
469. — Spetta alla sovranità di ciascuno Stato il diritto di pro-
teggere e difendere i cittadini residenti all'estero con ogni mezzo
che debba reputarsi lecito secondo il Diritto internazionale, e
d'impedire qualsisia procedimento arbitrario a riguardo dei mede-
simi, ed in caso di lesione tutelare i loro diritti nel legale eser-
cizio delle azioni da essi intentate per ottenere la riparazione di
ogni danno e di qualsisia ingiustizia patita, e di esìgere, secondo
le circostanze, le opportune garanzie adatte a prevenire i proce-
dimenti arbitrari nell'avvenire.
460. — Il diritto di proteggere i cittadini all'estero deve essere
esercitato principalmente dal sovrano dello Stato, e dagli agenti
diplomatici, ai quali è attribuita la rappresentanza legale del me-
desimo, e può essere esercitata dai consoli nei paesi, ove essi
trovansi stabiliti, e dentro i limiti fissati dalla convenzione con-
solare^ che determini le attribuzioni dei consoli nei territori
rispettivi.
Le regole enunciate mirano a stabilire il principio della tutela giuridica dei
diritti dell'uomo nella società internazionale. Anche nell'ipotesi che tali diritti
non siano riconosciuti mediante trattati devono reputarsi ognora sotto la tutela
giuridica della sovranità dello Stato, di cui Tuomo è cittadino, la quale non
ha soltanto il diritto, ma bensì il dovere di proteggere i cittadini dimoranti
all'estero , e di domandare che siano ad essi applicate le leggi, che devono
tutelare la persona umana ed i suoi diritti. Avviene più frequentemente che
l'obbligo reciproco di rispettare i diritti della personalità umana, che trovansi
determinati in seguito al titolo X, sia riconosciuto a reciprocità mediante trat-
tato, ma non sì deve immaginare che l'obbligo di rispettare tali diritti non
sussista del tutto quando manchi il trattato, e che le arbitrarie lesioni da parte
della sovranità del paese dei diritti personali del cittadino residente aiKestero
escludano il diritto della sovranità di difendere ed appoggiare i giusti reclami
dei cittadini quando manchi il trattalo.
Titoh Vili ' Della pr<^4ziane dei cittadini 239
Giusti limiti della protezione.
461. — Incombe ai Crovemi il non esagerare razione diplo-
matica vòlta al giusto fine dì proteggere i cittadini, in modo da
convertirla da una questione privata in una questione nazionale,
eccetto che pel £atto e per le circostanze sia implicata nel caso
particolare la dignità dello Stato.
462. -— Sarà reputata illecita ed ingiustificabile la protezione,
quando sia ordinata allo scopo di ottenere ai cittadini residenti
all'estero una posizione privilegiata;
quando sia esercitata colFìntendimento di sostituire Fazione
diplomatica a quella delle giurisdizioni territoriali;
quando sia esagerata in maniera da equivalere ad una tal quale
pressione da parte del Governo di uno Stato forte e potente per
ottenere indebiti vantaggi ai cittadini o l'esenzione dall'adempi-
mento degli obblighi legalmente derivanti dalla legge territoriale.
Le regole enunciate mirano ad escludere la indebita protezione da parte
dei Governi più forti, i quali talvolta hanno preteso di ottenere dai Governi
più deboli, che i cittadini stabiliti alPestero per ragioni commerciali o per
esercitarvi l'industria non fossero assoggettati alle le|^ locali, o che potessero
ottenere in via amministrativa la tutela dei loro diritti, non ostante che non
fossero mancati i mezzi legali per ottenerla mediante le azioni giudiziarie.
Fra i vari casi di protezione indebita, vedi quello di Mac Donald riportato
da Calvo, Droit inUrnat., 4' ed., § 1279. Gonfr. Fiori, Dir. intern. pubblico,
3* ediz., voL i, pag. 412 e seg.
463. — Il diritto di protezione spettante alla sovranità di cia-
scuno Stato si potrà esercitare anche a riguardo dei naturalizzati,
purché però non miri a proteggerli contro Io Stato di cui origi-
nariamente erano cittadini, a fine di sottrarli dall'adempimento
degli obblighi che devono reputarsi sussistenti non ostante l'espa-
triazione.
La proposta regola mira ad escludere la protezione di un naturalizzato
eontro il suo paese di origine, nel caso che egli fosse tenuto ad adempiere
certi obblighi non soddisfatti prima delFespatriazione, come ò ad esempio quello
del servizio militare. Nel caso di Meyer cittadino prussiano naturalizzato in
America, e che ritornato in Prussia fti costretto al servizio militare, i giusti
240 Libro L - Delle per$one — Farle speciale
principii a tale riguardo trovansi stabiliti nella nota del barone Manheufiel
ministro degli Slati Uniti al sig. Fay del 22 ottobre 1851
* Quando una persona ottiene la naturalizzazione in un paese straniero, il
* Governo di questo paese non può mai -ammettere che con tale atto essa sia
" liberata dalle obbligazioni, alle quali era tenuta prima della sua natnralìz-
" zazione. Io aggiungo , che in tutti i casi simili a quello del Meyer non si
* tratta pel Governo prussiano di prendere un cittadino americano per incor*
" porarlo airarmata, ma di mantenere il rispetto dovuto alla legge e di assi-
* curarne Tesecuzione. £ se il Governo di S. M. si propone di fare eseguire
** la legge contro un prussiano sul territorio prussiano , io desidero persua*
** dermi, che il Governo degli Stati Uniti ha troppo rispetto per la sua dignità
* per volersi opporre , (Gongress Documents, 1852, n. 38).
Protezione esercitata per mezzo dei consoli.
464. — Incombe ai consoli dello Stato, che li abbia a tale
ufficio deputati, il proteggere grinteressi privati dei cittadini di
lui e specialmente quelli nascenti dall'esercizio del commercio.
465. — Lo stabilimento dei consolati nelle città rispettive deve
dipendere dal libero accordo degli Stati espresso mediante con-
venzione stipulata. Deve però reputarsi in opposizione con i
buoni rapporti internazionali il rifiuto arbitrario di stabilire ì con-^
solati nei paesi nei quali sia importante l'esercizio del commercio
tra i cittadini dei due Stati.
Quantunque lo stabilimento dei consolati debba reputarsi nella sfera della
libertà reciproca delle sovranità, pur non di meno considerando che là, ove
le relazioni commerciali siano di fatto importanti, Tinteresse reciproco degli
Stati, che intendono mantenere i loro buoni rapporti, esige di favorire le isti*
tuzioni adatte allo sviluppo del commercio ed alla tutela degrinteressì pub-
blici e privati che ne derivano, si può con ragione ritenere il rifiuto arbitrario
di stabilire i consolati come un'attitudine non al certo benevola pel mante-
nimento dei buoni rapporti internazionali, e potrebbe essere pure considerato
offensivo da parte dello Stato, che per proteggere gl'interessi dei cittadini
intenda stabilire i consolati.
466. — Un console non potrà esercitare le funzioni che a lui
spettano nel paese ove il consolato sia stabilito se non dal
momento in cui il suo carattere pubblico sia stato riconosciuto
ufficialmente mediante un atto del Governo di detto paese.
Si denomina comunemente exequatur Tatto col quale il Governo dà ufficial-
mente Fordine alle autorità locali o provinciali di riconoscere il console straniero
nella sua qualità come tale, ed esso deve reputarsi indibpensabiie a stabilire
le relazioni ufficiali tra il console e le dette autorità.
Titolo rni. ' DtOd protezione dei. cittadini 241
Attrihuziani del consoli.
467. — Le attribuzioni spettanti ai consoli neiresercizio delle
loro funzioni come tali devono reputarsi essere quelle che si tro-
vano per reciproco accordo determinate tra i due Stati nella
convenzione relativa allo stabilimento dei consolati.
468. — Indipendentemente dai patti stipulati nella convenzione
consolare deve ritenersi insito nel carattere, che i consoli hanno
quali protettori dei cittadini dello Stato, da cui sono istituiti, il
diritto di esercitare riguardo ad essi tutte le attribuzioni in via
amministrativa, o di giurisdizione volontaria in conformità della
loro legge nazionale, quando non vi sia espressa disposizione con-
traria secondo la legge territoriale.
Quando i eonsolati siano istituiti in forza di convenzione stipulata fra due
Stati, bisogna ritenere in massima, che la sovranità, la quale concede Vexe»
quatur^ viene con ciò a riconoscere, che il console straniero, rispetto ai cit-
tadini dello Stato, che lo abbia nominato, possa esercitare tutte le attribuzioni
che a lui spettano riguardo ad essi, a seconda della legge dello Stato stra-
niero. CSonseguentemente, quando nella convenzione relativa non sia stata fatta
alcuna riserva, o quando non sMncontri Tostacolo d*una disposizione della
legge territoriale, che limiti Tesercizio di qualche attribuzione da parte dei
consoli, deve ritenersi in massima, che essi siano autorizzati ad esercitare le
loro attribuzioni rispetto ai cittadini dello Stato straniero secondo la legge
nazionale, salvo sempre Tosservanza della legge territoriale nei loro rapporti
colle autorità locali. Così va detto, a modo d^esempio, del diritto dì celebrare
i matrimoni tra i nazionali nell^ufficio consolare; del diritto di esigere ed otte-
nere le dichiarazioni del capitano di una nave mercantile nazionale; di rego«
lare le vertenze sopravvenute durante la navigazione tra lui e le persone
deirequipaggio, e via dicendo. Anche quando nella convenzione consolare non
fosse stato espressamente provveduto, non sì potrebbe escludere il diritto del
console di esercitare le dette attribuzioni e le altre somiglianti.
469. — I consoli devono ritenersi ognora autorizzati a rap-
presentare nei paesi stranieri i diritti dei loro nazionali assenti
o incapaci di esercitare da sé i loro diritti e non legalmente
rappresentati, e di prendere tutti i provvedimenti, che secondo i
casi potessero essere necessari o utili per tutelare ogni diritto
ed ogni interesse dei medesimi.
Essi non potranno a tal line fare alcun atto d'imperio e di
16 — Fiore, Dir. intera, codif.
242 Libro f. • Delle peraoììe — Parte spretale
giurisdizione, quando non siano a ciò autorizzati dalla conven-
zione consolare, ma potranno ognora fare presso le autorità locali
o presso il Governo del paese i passi opportuni per la tutela e
la conservazione dei diritti compromessi, e le istanze, le proteste
e gli atti conservativi di qualsisia natura, che possano stimare
opportuni per proteggere gì' interessi degli assenti o degFinca-
paci legalmente non rappresentati.
470. — I consoli non potranno in caso di morte di un nazio-
nale apporre i sigilli sui beni del defunto esistenti nel paese ove
trovinsi stabiliti, se non siano a ciò autorizzati dalla convenzione
consolare, ma potranno richiedere ufficialmente alle autorità locali
di provvedere alla tutela e alla conservazione dei beni ereditari
e dei diritti successorii: potranno assistere a tutte le operazioni
per procedere all'apposizione e levata dei sigilli, alla formaziore
dell'inventario, alla sottoscrizione dei processi verbali, alla ven-
dita degli oggetti mobili della successione che potessero dete-
riorarsi : potranno a tal fine richiedere che le autorità locali diano
loro avviso per informarli, quando esse intendano procedere a
tali atti, e sollecitarne il pronto ed esatto compimento : potranno
inoltre richiedere che gli efi'etti e i valori inventariati siano debi-
tamente conservati e vigilarne la conservazione: che i crediti
realizzati siano depositati nelle casse pubbliche, affinchè diventino
fruttiferi, ricuperare i crediti del defunto e sollecitarne coi mezzi
legali il pagamento : potranno fare, in una parola, nel paese stra-
niero tutto quello che siano autorizzati a fare secondo la legge
gl'interessati stessi, dato che essi siano assenti o non legalmente
rappresentati, e, se gl'interessati nazionali siano presenti o legal-
mente rappresentati, assisterli e proteggerli per ottenere l'esatto
adempimento della legge e l'esatto compimento di tutti i proce-
dimenti idonei alla conservazione dei loro diritti.
471. — I consoli non potranno, quando non siano a ciò auto-
rizzati dalla convenzione consolare, organizzare la tutela o cura-
tela in conformità della legge del paese al quale appartengono,
ma potranno ognora vegliare nell'interesse degli eredi a che la
tutela sia debitamente istituita e vigilarne il regolare funziona-
Titolo Vili, - Della protezione dei cittadini 243
mento, reclamando, quando sia il caso, alle autorità competenti
ed assistendo dinanzi ai tribunali gl'interessati nel sostenere i loro
legittimi diritti.
472. — Incombe ai consoli, nel caso che una nave mercantile
nazionale si trovi in pericolo o che patisca un sinistro di mare
0 un naufiragio, provvedere all'assistenza della medesima o al
salvataggio, e dirigere tutte le operazioni relative e provocare
ufficialmente, quando ne sia il caso, Tintervento delle autorità
locali per essere assistiti e per ottenere la pronta e sicura ese-
cuzione di quanto possa occorrere per riparare i danni provenienti
dal sinistro o dal naufragio.
473. — Incombe ai consoli tutelare l'esatta osservanza dei
trattati e delle convenzioni esistenti tra i due paesi e reclamare
sopratutto contro qualunque violazione a danno dei nazionali e
contro qualunque offesa ai diritti ad essi nazionali spettanti, in
forza di detti trattati e convenzioni. E qualora i reclami da essi
fatti non fossero accolti dalle autorità locali incombe ad essi
ricorrere agli agenti diplomatici del proprio paese o informarne
il Governo dello Stato nel quale essi risiedono.
474. — Incombe ai consoli provvedere al rimpatrio dei nazio-
nali indigenti e soccorrere coloro che si trovino in eccezionali
circostanze di bisogno e di soccorso.
Le regole proposte possono trovare la loro applicazione neiripotesi che dae
Stati si siano trovati d*accordo neiristitnire i consolati, e che Tuno o Taltro
di essi abbia nominato il console prima che sia conclusa e stipulata la con-
venzione consolare per determinare Tesercizio delle attribuzioni consolari.
Bisogna in tal caso ritenere che, siccome nel carattere e neiruffizio di console
è insito il diritto di tutelare e proteggere gl'interessi dei nazionali, cosi deve
ammettersi che il console possa esercitare tale diritto di protezione secondo
i principii del Diritto comune intemazionale, e che conseguentemente non
possa fare alcun atto dMmperio, ma che debba essere ammesso bensì ad ini-
ziare tutti quei procedimenti, coi quali si esplicano il diritto ed il dovere di
protezione inerenti al suo uffizio.
244 Libfo L - Delle persone — Paiate speciaU
TITOLO IX.
Doveri intemazionali degli Stati.
475. — Ciascheduno Stato è tenuto a rispettare i diritti inter-
nazionali degli altri che vivono nella società internazionale, e ad
esercitare tutte le funzioni, tutte le attività e tutti i diritti che gli
appartengono in maniera da non ledere il diritto altrui.
Qaesta regola vale a stabilire il principio generale dell^equìlibrìo o dell^or-
dinamento giuridico della società intemazionale, la quale non può essere
mantenuta e conservata, che a condizione che uno non invada la cerchia dei
diritti delFaltro, e che dia agli altri quello che è ad essi dovuto. Non pnò
concepirsi coesistenza di persone, che hanno diritti identici, senza presupporre
che sia costantemente mantenuta fra di esse quella certa necessaria legge di
proporzione tra le loro azioni e le loro inazioni, senza di che la loro coesi-
stenza riuscirebbe impossibile. I diritti spettanti agli Stati ed esposti nel titolo
antecedente, hanno come complemento necessario i doveri, che ciascuno è
tenuto ad osservare.
476. — Incombe altresì agli Stati ed ai Governi, che ii rappre-
sentano, il riconoscere l'autorità della legge morale e della giu-
stizia naturale, e non violarne i precetti durante la pace, e
quando sopravvenga la guerra.
La legge morale, siccome deve regolare tutti i rapporti degli esseri ragio-
nevoli, così deve regolare quelli, che nascono tra i popoli civili, che convi-
vono nella società universale. L'osservanza dei precetti, che essa impone,
caratterizza la civiltà ed origina tutti quei doveri che sono denominati dweri
di umanità,
AT7, — I principali doveri intemazionali degli Stati sono:
a) il dovere di non intervento;
V) il dovere di tutela giuridica collettiva del Diritto interna-
zionale ;
e) il dovere di reciproca e mutua assistenza;
d) i doveri dì umanità.
Incombe inoltre agli Stati il dovere generale di adempiere
lealmente ed in buona fede le obbligazioni assunte in forza di
Titolo IX. ' Doviri intemazionali degli Stati 245
trattati, di patti espressi o taciti, o che derivino da fatti da essi
compiuti nella società intemazionale.
Detennineremo in particolare le obbligazioni che possono deriyare nei rap-
porti intemazionali dai fatti leciti o illeciti compiuti dal Governo di uno Stato
nel Libro II, titolo ultimo, nel quale saranno esposte le regole relative alla
responsabilità dello Stato.
Dovep'e di non intervento.
478. — - Ciascuno Stato è tenuto a non intromettersi negli affari
degli altri Stati, con l'intendimento d'impedire o di ostacolare il
libero ed indipendente esercizio dei diritti di sovranità spettanti
ad essi all'interno, ed il libero sviluppo di tutte le funzioni del
Governo.
L'ingerenza in tali faccende, effettuata mediante l'impiego della
forza morale, costituisce l'intervento morale, quello effettuato
mediante la forza militare costituisce l'intervento armato.
470. — L'intervento morale e l'intervento armato sono asso-
lutamente illeciti, e devono essere sempre reputati quale viola-
zione del Diritto intemazionale.
480. — Si deve ritenere assolutamente inibito:
a) l'impedire che un popolo modifichi la costituzione poli-
tica dello Stato, o la forma del Governo;
b) l'ostacolare il libero sviluppo del Governo costituito o della
pubblica ammim'strazione ;
e) l'ingerirsi nell'esercizio del potere legislativo, ostacolando
in qualunque maniera il diritto spettante a ciascuno Stato di fare
le leggi con completa indipendenza;
d) l'influire sulle nomine agl'impieghi pubblici e sulla scelta
delle persone chiamate ad esercitare le funzioni sovrane;
e) qualunque aggressione diretta o indiretta all'autonomia e
all'indipendenza della sovranità.
n dovere di non intervento in ogni questione che concerne la costituzione
politica dello Stato ed il libero esercizio di ogni potere e di ogni funzione
sovrana all^intemo dello Stato è la condizione indispensabile, affinchè Tanto-
nomia e T indipendenza dello Stato diventi reale ed effettiva. Ogni diritto è
246 Libro I. • Delle persone -— Parte speciale
correlativo ad un dovere, e deve riuscire chiaro che i diritti di sovranità, che
sono stati sviluppati nei titoli precedenti, importano il dovere correlativo del
rispetto e deirastensione da qualsisia attentato da parte degli altri. Tale dovere
è stato più generalmente riconosciuto nella seconda metà di questo secolo.
Dopo il trattato di Vienna del 1815, che pose come base della nuova orga-
nizzazione dell'Europa di mantenere e tutelare i possedimenti territoriali attri-
buiti alle dinastie regnanti, ed i diritti a ciascuna di esse attribuiti in forza
del mentovato trattato, gP interventi armati furono giustificati dalla pretesa
necessità di mantenere Torganamento dell'Europa come era stato stabilito, e
di non turbare Tequilibrio politico. Vedi la storia degrinterventi armati per
arrestare il movimento liberale nella Spagna, a Napoli, nel Portogallo e altrove
in Calvo, Drait intemat, tom. I, § 168 e seg.
481. — II pretesto di tutelare grinteressi nazionali e quelli dei cit-
tadini non può mai valere a legittimare il vero e proprio intervento*
482. — Il dovere di non intervento non vien meno, laddove
un popolo, senza violare il Diritto internazionale, risolva con una
rivoluzione all' intemo una quistione di Diritto costituzionale, e
provveda siccome stimi meglio all'ordinamento dello Stato.
Il danno mediato, il perìcolo, il pregiudizio, l'offesa degl'inte-
ressi e delle aspettative, che possono essere conseguenza indiretta
d'una rivoluzione all'interno e della guerra civile, non fanno nascere
nessun diritto d'intervento armato.
483. — Qualora la rivoluzione o la guerra civile in uno Stato
cagioni una lesione reale ed attuale dei diritti di un altro Stato,
questo potrà difendersi con tutti i mezzi consentiti dal Diritto
internazionale.
Chi provvede alla tutela del proprio diritto non arreca con ciò ingiuria ad
altri. Deve ritenersi inibito d'ingerirsi negli affari politici interni di un paese
straniero, ed illecito d'impiegare la forza morale o materiale per far prevaler*
la propria volontà, o i propri intendimenti. Se però il partito della rivoluzione
per fare proseliti alla propria causa cercasse di sovvertire le istituzioni poli*
tiche di uno Stato limitrofo, il diritto, che a ciascuno Stato spetta, di provve-
dere con ogni mezzo alla difesa di sé stesso, giustificherebbe la resistenza e
razione secondo i casi. Tale avvemmento potrebbe condurre pure all'impiego
della forza armata per respingere V ingiusta invasione e gli effetti diretti ed
immediati da parte del partito rivoluzionario, ma tutto questo non potrebbe
al certo denominarsi intervento, ma dovrebbe bensì essere apprezzato coi
principii che devono governare il diritto di legittima difesa, e potrebbe far
nascere pure il casus belli, ma non può essere qualificato intervento.
484. — L'intervento in caso di guerra civile non potrà dive-
nire lecito, se sia effettuato col consenso formale del Governo,
reso impotente a dominare la rivoluzione.
Titolo IX. ' DoveH internazionali degli Sfati ^7
485, — Non potrà essere giustificato T intervento armato per
mantenere l'ordinamento politico di uno Stato, qualora esso fosse
effettuato in virtù di un patto espresso in un trattato preceden-
temente concluso tra i Governi, o in virtù d'una clausola in esso
espressa ad oggetto di garantire la costituzione politica o i pre»
tesi diritti delle dinastie.
Onesta regola riposa sol concetto, che il diritto di provvedere all'ordina-
mento intemo dello Stato ed alla sna costituzione politica appartiene origi-
nariamente ed assolutamente al popolo, e che non possono i sovrani mediante
patti e trattati togliergli la facoltà piena e completa di amministrare e gover*
nare sé stesso nella maniera la più indipendente. I pretesi diritti delle dinastie
regnanti fondati snl Diritto storico o sn di altri titoli non possono menomare
mai i diritti intemazionali dei popoli e delle nazioni, e conseguentemente non
possono legittimare Tnso della forza armata e Taiuto da parte di Stati stranieri
effettuato mediante Tintervento. — Non cade sotto il precetto di questa regola
Falleanza difensiva fra due Stati, la (juale può legittimare il soccorso armato,
quando vi sia il casus foederis, ma per difendere i diritti dello Stato, o quelli
del popolo, e non già quelli del Governo o delle dinastie contro il popolo.
486. — Il dovere assoluto di non intervento negli affari intemi
di uno Stato non può subire alcuna modificazione pel pretesto
di tutelare i voluti diritti del Papato, e le sue pretese al potere
temporale.
Uno dei più speciosi sofismi del Papato e de' suoi fautori è stato quello
deUa pretesa necessità del domìnio temporale e della sovranità politica del
Papa per assicurargli la più complèta indipendenza neiresercizio delle sue fun-
zioni come Capo della Chiesa. Fu in forza di tale sofisma che si cercò legitti-
mare l'intervento a Roma da parte della Francia, la quale mantenne ivi le
sue milizie armate fino al 1870, adducendo che lo faceva per tutelare gK in-
teressi della Chiesa Cattolica e Tindi pendenza del suo Capo. Le regole 36-37,
68-61, 350-356, esposte in questo Libro, e quelle seguenti al titolo xi, escludono
la necessità della sovranità politica e temporale come condizione indispen-
sabile per la libertà della Chiesa e Ti ndi pendenza del Papato. Qualche tentativo
è stato fatto, dai vescovi cattolici sopratutto, per spingere i Governi a interve-
nire a Roma per ripristinare il Papa nel possesso della sua sovranità temporale,
ma oramai può ritenersi come stabilito che l'intervento per tale motivo debba
reputarsi in opposizione coi principii del Diritto internazionale moderno.
Dovere (^ingerenza collettiva per la tutela
del Diritto inte?'nazionale.
487. — Incombe agli Stati che si trovino di fatto in società
intemazionale il ritenersi solidarinmente interessati nell'assicurare
248 Libro 7. - Delle persone — Parte speetale
il rispetto del Diritto internazionale e nel ripristinarne l'autorità
in caso di arbitraria violazione con ogni mezzo lecito secondo il
Diritto internazionale.
Mancando tra ^li Stati un superiore legittimo, e dovendosi ritenere pnre
indispensabile la tutela giurìdica del Diritto intemazionale, affinchè Fordina-
mento giuridico per comune consenso da essi stabilito per la loro ordinata
convivenza sia mantenuto integro, e non violato impunemente da parte del-
l'uno o deiraltro, ci sembra che non possa altrimenti raggiungersi lo scopo,
che ammettendo il diritto di garanzia collettiva ed il dovere d'ingerenza col*
lettiva, quando si tratti d'impedire le violazioni del Diritto comune interna-
zionale ed il ripristinamento delPautorità di esso. Questa suprema necessità
della tutela giuridica del Diritto intemazionale, e della conseguente necessità
di metterlo sotto la garanzia collettiva di tutti gli Stati, che vivono in società
di fatto, giustifica ogni mezzo, stabilito d'accordo, per ripristinarne l'autorità,
non esdusi i mezzi coercitivi per costringere i refrattari alFosservanza della
legge, e può nei casi estremi giustificare anche Timpiego della forza armata e
della guerra. Tutto ciò però, quando ne sia il caso, si riassume nel concetto della
tutela giuridica del Diritto internazionale, e non può avere nulla di comune
con quello, che si è denominato intervento. Noi consideriamo l'ingerenza col-
lettiva, nei casi come sopra determinati, come un diritto ed un dovere degli
Stati che vivono in società di fatto, perchè incombe a ciascuno di essi, e a
tutti collettivamente presi, il mantenere salda ed incolume l'autorità del Diritto
internazionale, e il restaurarne il rispetto in caso di violazione, dovendosi
reputare tutti solidari amente interessati a mantenere saldi e fermi i principii
dell'ordinamento giuridico della società internazionale.
488. — L'ingerenza collettiva non può essere legittimata che
soltanto quando abbia per fondamente la tutela giuridica del Diritto
internazionale. I mezzi coercitivi non potranno quindi essere giu-
stificati che quando siano adoperati contro uno Stato o contro
un popolo, che co' suoi atti violi il Diritto intemazionale.
Questa regola mira a stabilire il giusto concetto della ingerenza collettiva
e della sua legittimità. Non si può ammettere in massima, che tutto quello
che le grandi Potenze abbiano d'accordo stabilito, possa essere giustificato in
forza del così detto concerto europeo o americano, e che si possa poi conse-
guentemente giustificare l'uso dei mezzi coercitivi per eseguire e far rispettare
quanto sia stato d'accordo stabilito. Accogliendo questo concetto si arriverebbe
sotto altra forma a ripristinare quello stato di cose, che fu la conseguenza
del concerto stabilito nel Congresso dei potentati a Vienna nel 1815. In quel
Congresso fu immaginato, che per mantenere il così detto equilibrio politico
ed assicurare la pace si dovesse ritenere indispensabile i conservare il posse-
dimenti territoriali sotto il dominio delle dinastie regnanti, alle quali essi erano
stati attribuiti, e che si potessero adoperare i mezzi coercitivi contro coloro»
che avessero turbato l'ordinamento di cose, come era stato dai potentati mede-
simi stabilito. Fu questo falso concetto che ispirò poi il concerto europeo che
decretò a Laybach nel 1811 e a Verona nel 1822 gl'interventi armati a Napoli,
TUolo IX. - D veri internazionali degli Stati 249
nel Piemonte. e nella Spagna. Oggi le grandi Potenze mirano ad assicurare
il trionfo della politica dominante, e se potesse bastare il loro accordo per
imporre a tutti il rispetto delle loro vedute politiche, bisognerebbe ammettere
che il COSA detto concerto europeo potesse consolidare Tautocrazia della politica
dei GoTemi più potenti e giustificare Tuso della forza per mantenerla.
Ognuno deve comprendere che si ritornerebbe così a quella condizione di
cose, che fu la conseguenza del falso principio della legitlimità stabilito col
trattato di Vienna del 1816. In fona di quel principio Metternich disconosceya
i diritti più sacri e più intangibili del popolo, promulgando che nessun diritto
poteva esso vantare di fronte al principe. " Les cbangements utiles ou néces-
* saires dans la législation et dans Tadministration des États (così egli seri*
" veva nella sua nota del 12 maggio 18S1 daLaibach) ne doivent émaner que
' de la volonté libre, de Timpulsion réfléchie et éclairée, de ceux que Dieu a
* rendns responsables du ponvoir. Tout ce qui sort de cette ligne, conduit néces-
* sairement au désordre, aux houle venements, à des maux bien plus insuppor-
' tables que ceux que Fon prétend guérir. Pénétrés de cette vérité étemelle,
* les souverains n^ont pas hésité à la proclamer avec franchise et vigueur,
* ila ont déclaré, qu'en respectant les droits et Tindépendance de tout pouvoir
* légitime, ils regardaient comme légalement nulle, et désavouée par les prin-
' cipes qui constituent le Droit public de FEurope, tonte prétendue réforme
' opérée par la révolte et la force ouverte. Us ont agi en conséquence de
' cette déclaration dans les événements de Naples et dans ceux du Piémont. „
LMngerenxa collettiva deve ammettersi e reputarsi doverosa e legittima, ma
quando miri ad assicurare il rispetto del Diritto intemazionale, e non già quando
miri ad assicurare il trionfo delle vedute politiche dei Governi più potenti di
concerto accettate.
Nella questione di Greta o Gandia, che si agita mentre scriviamo questa
pagina, noi non possiamo disconvenire che T ingerenza delle grandi Potenze
sUmpone come un dovere intemazionale delle medesime di procedere d*accordo
nella soluzione della questione d^Oriente, anzi siamo convinti che il più impe-
rioso dovere sarebbe di non ritardarne la soluzione in armonia coi più giusti
principii del Diritto intemazionale modemo. 11 concerio europeo si è però
effettuato per mantenere le vedute politiche dei Governi più potenti, che inten-
dono conservare Tintegrità dell'Impero ottomano per la principale ragione che
non si trovano tutti d'accordo nel regolare il nuovo ordinamento di cose
che sarebbe la conseguenza del disgregamento delle provincie cristiane sog-
gette in forza del Diritto storico all'autorità del sovrano musulmano, e che
prevedono il perìcolo di una guerra europea se l'integrità dell'Impero ottomano
non fosse mantenuta.
n bombardamento effettuato a Candia, e la minaccia del blocco del Pireo
per costringere tutti ad accettare la legge fatta dal concerto europeo, che cioò
debba essere conservata V integrità dell' Impero ottomano , e che le giuste
aspirazioni dei Gandiotti o Gretesi debbano essere subordinate a questa
suprema necessità posta e voluta dal concerto europeo, non ò al certo in
armonia col principio che informa la regola da noi proposta. I mezzi coercitivi
avrebbero potuto essere giustificati per costringere tutti, la Grecia compresa,
a non ostacolare il diritto spettante al popolo di Greta o Gandia di dare a
sé la costituzione politica la più conforme alle aspirazioni nazionali, e con
completa autonomia e indipendenza. I tempi per altro non sono ancora maturi
per dare -^*ìngerenza^ collettiva^ che- in massima deve ammetterai come giusta
250
Libro I, - DelU persene — Parte speciale
e legittima, norme razionali per regolarne Tesercizio e lo sviluppo, e converrà
aspettare che Topinione pubblica, che in questa circostanza ha affermata la
sna potenza e la sua forza, acquisti maggiore influenza nella direzione della
politica internazionale.
489. — Ogni qual volta che in seguito all'ingerenza collettiva
si venga a constatare e a riconoscere che uno Stato o un popolo
abbia ne' suoi atti realmente violato il Diritto delle genti, incombe
agli Stati cosi riuniti il reprimere l'ingiusto attentato con ogni
mezzo pacifico, e da ultimo coi mezzi coercitivi d'accordo stabiliti.
Si enunciano i casi, nei quali può sorgere
il dovere d^ingerenza collettiva.
400. — Il dovere di ingerenza e di tutela giuridica collettiva
nasce tra gli Stati ogni qual volta che sia il caso di tutelare o
ripristinare l'autorità del Diritto comune, leso da uno o da più
Stati, ed i casi non possono quindi enumerarsi in modo tassativo.
491. — Dovrà reputarsi doverosa l'ingerenza collettiva anche
nel caso di lotta intestina, qualora i partiti combattenti, nell'eser-
cizio dei loro poteri, violassero quei diritti che devono reputarsi
Diritti intemazionali della personalità umana, e che gli attentati
alla medesima per la loro importanza e per la loro enormità assu-
mino il carattere di manifesta violazione delle leggi di guerra,
secondo il Diritto comune.
Le lotte intestine devono essere considerate in massima come questioni di
Diritto pubblico interno, ma se durante le medesime accadessero massacri,
spogliazioni, carnificine, e né Tuna né Taltra dèlie parti combattenti avesse
il potere ed i mezzi per impedire tali enormità, per lo che gli oltraggi con-
tinui ai diritti della personalità umana assumessero tale carattere che non si
potesse fare a meno di considerare la condizione delle cose come una mani-
festa violazione del Diritto comune intemazionale, non si potrebbe al certo
ammettere che, solo perchè la violazione del Diritto intemazionale viene ad
essere effettuata airinterno dello Stato, gli altri Stati debbano rimanere indiffe-
renti e lasciar correre. Non diciamo che uno o due Stati debbano essere auto-
rizzati ad immischiarsene, e ad intervenire, ma diciamo che si debba reputare
doveroso da parte di tutti di occuparsene collettivamente, e che quando essi
si trovino d*accordo nel riconoscere nel complesso dei fatti la violazione
manifesta del Diritto intemazionale, devono sentirsi tenuti ad impedire tale
violazione ed a reprimere gli arbitrii.
Titolo IX. ' Doveri inUmazionali degli Stati 25)
Non possiitmo entrare in particolari, ma ognuno deve comprendere che t
massacri dei Cristiani da parte dei Masnlmani incoraggiati dairindìfferenza s»
non si voglia dire dalla complicità delle autorità turche in Siria nel 1850 e
quelli commessi in Bulgaria nel 1876 presentano il caso evidente che cade
sotto il principio della proposta regola.
492. — Dovrà essere reputata doverosa l'ingerenza collettiva
se, concordato un ordinamento di cose con un trattato generale^
una delle parti contraenti non adempisse a' suoi impegni assunti
e ledesse cosi il Diritto delle genti, a favore delle quali tali impegni
siano stati imposti e stabiliti.
La proposta regola trova la più certa e sicura applicazione rispetto a quanto
è accaduto e accade in Turchia.
Oltre che in forza del principio generale, sul quale si fonda Tingerenza col-
lettiva neiresigere la tutela delle persone e della libertà delle confessioni reli-
giose, che sono diritti inviolabili e intangibili della personalità umana, evvi
rispetto alla Turchia il diritto ed il dovere positivo di esigere Tadempimento
deglMm pegni da essa assunti in forza deirart. 61 del Trattato di Berlino de)
13 luglio 1878. Con tale articolo la Sublime Porta s*impegnò * ad effettuare
* senza ritardo i miglioramenti e le riforme richiesti secondo i bisogni locali
* nelle Provincie abitate dagli Armeni, e a garantire la loro sicurezza contro
* i Circassi ed i Kurdi. Essa s'impegnò inoltre a dare periodicamente comu-
* nicazione dei provvedimenti effettuati a tale effetto alle Potenze firmatarie,.
' che ne avrebbero sorvegliato V esecuzione ,. In tale articolo il diritto d'inge-
renza collettiva trovasi apertamente consacrato, e se le Potenze firmatarie
avessero ascoltato le giuste rimostranze fatte dagli Armeni, che reclamavano
Tappoggio deir Europa per costringere la Turchia Rd effettuare le opportune
riforme, le cose non sarebbero arrivate al punto in cui si trovano oggi. L'in-
gerenza e rintervento collettivo sono stati invece effettuati per garantire Tin-
tegrità deUlmpero ottomano II
493. — Potrà essere giustificata l'ingerenza collettiva, tuttoché
non sia doverosa, quando essa miri a far cessare lo stato di anar-
chia gravemente dannoso agl'interessi generali, il quale si pro-
lunghi notabilmente, danneggiando il commercio internazionale e
l'industria.
Nel luglio 1876 la rivoluzione, che scoppiò nell* Erzegovina e nella Bosnia,
prolungata col perìcolo di compromettere la pace generale, motivò ringeienza
da parte della Germania, dell' Austria-Ungheria, della Russia, della Francia e
dell'Italia, che offrirono la loro mediazione per facilitare la pacificazione di
quelle Provincie soggette alla Turchia. L'Inghilterra non volle associarsi, perchè,
siccome scrìsse Lord Derby nella sua nota del 24 agosto di quell'anno, pareva
al Governo inglese che l'ingerenza avrebbe incoraggiata l'insurrezione e avrebbe
avuto il carattere d'inframmettersi negli affari interni dellMmpero. Non è questo
U luogo per discutere le vedute politiche dei Governi in quella circostanza
diciamo soltanto, che in casi e circostanze somiglianti a quelli dell'Erzegovina
252 Libro L - Delle persone — Parte speciale
e della Bosnia nel 1875, l'ingerenza collettiva, se non deve reputarsi doverosa,
deve essere considerata lecita e giustificabile. Il punto importante e sostan-
ziale in tale faccenda è che si verifichi raccordo circa Tutilità e l'opportunità
deir ingerenza collettiva, o in altre parole che un numero considerevole di
Stati, che rappresentino la maggioranza, riconoscano che, avuto riguardo alle
circostanze, sia il caso delFingerenza collettiva.
Esclusa in questioni tanto delicate la prevalenza degli apprezzamenti sin-
golari, ed ammessa invece come sostanziale la. necessità dell'accordo, non di
due o più Stati, ma della maggioranza di quelli, ai quali incombe massima-
mente il mantenere l'ordinamento giuridico della loro convivenza, si deve
ritenere allontanato il pericolo, che la regola, così come trovasi proposta, lasci
aperto l'adito all'arbitrio.
Gli argomenti addolti nella nota redatta il 30 dicembre 1875 per giustificare
l'ingerenza collettiva per la rivolta della Erzegovina e della Bosnia contro la
Turchia ci sembrano adatti a giustificarla. * L'état d'anarchie qui sévit dans
* les provinces nord-ouest de la Turquie, dice la mentovata nota, n'implique
* pas seulement des difficultés pour la Porte; il recèle aussl des graves dangers
^ pour la paix generale, et les divers États européens ne sauraient voir d'un
* oeil indifférent se perpétuer, et s'aggraver une situati on qui dès à présent
* pòse lourdement sur le commerce et l'industrie, et qui, en ébranlant chaque
* jour davantage la confiance du public dans le maintien de la paix, tend à
* compromettre tous les intéréts. ,
494. — Le regole circa l'ingerenza collettiva devono essere appli-
cate senza differenza, sia ai fatti compiuti in Eurppa, sia a quelli
avvenuti nel continente americano.
Tutti gli Stati tra i quali trovinsi stabiliti rapporti e relazioni
internazionali devono reputarsi solidariamente cointeressati nel
mantenere Tautorità del Diritto internazionale e nel reprimerne le
violazioni, a fine di conservare l'ordinamento giuridico della società
internazionale e tutelare gl'interessi comuni.
Questa regola mira ad eliminare completamente la così detta dottrina di
Monrofi, la quale sì riassume in questo, che cioè gli Stati Uniti d'America
devono considerare come regola unica e costante di condotta di non immi-
schiarsi negli affari interni dell'Europa, ma che allo stesso tempo non devono
mai permettere all'Europa d'immischiarsi in quelli dell'America. Questa fu la
dottrina accettata poi dagli Stati deU'America del Sud e che si considera oggi
come una regola di Diritto americano. Gfr. Pradier-Fodérì, Droit intern.j § 365.
Dovere di mutua assistenza.
495. — Incombe agli Stati civili il sentirsi solidariamente tenuti
indipendentemente dai trattati alla mutua assistenza ed a fare ciò
che può occorrere per soddisfare le esigenze dell'ordinata convi-
Titolo IX. • Doveri internazionali degli Stati 253
venza, e quello che può servire ad accrescere le reciproche uti-
lità ed a tutelare grinteressi intemazionali.
496. — L'assistenza dovrà reputarsi sopratutto doverosa:
a) in caso di navi che cerchino rifugio per i bisogni della
navigazione, o che corrano pericolo di naufragare;
b) in caso di naufragio;
e) in caso di atti richiesti per Tamministrazione della giu-
stizia o per l'istruzione dei processi.
Assistenza alle navi straniere che domandino rifugio.
497. — Incombe a ciascuno Stato, indipendentemente dai trat-
tati, di ricevere nei propri porti le navi straniere, siano esse da
guerra o private, le quali cerchino rifugio per riparare i danni
patiti per sinistro di mare, o per provvedersi di quanto loro possa
occorrere per le necessità della navigazione.
498. — Le navi straniere, le quali siano costrette per qualsiasi
motivo di forza maggiore ad entrare nelle acque territoriali d'uno
Stato, devono essere protette e non assoggettate al Diritto comune,
applicabile a quelle che vi entrano per farvi operazioni di com-
mercio.
499. — In caso di rilascio forzato, le navi potranno entrare nei
porti, sieno essi chiusi o aperti al commercio, o approdare alle
rade, alle baie ed alle spiagge liberamente, inalberando però ì
segnali d'uso adottati per constatare l'approdo per rilascio forzato.
600. — In caso di rilascio forzato non saranno considerate come
operazioni di commercio lo sbarco e il ricaricamento delle merci
eseguiti per far riparare la nave: il trasbordo delle merci su di
un'altra nave, nel caso che la prima si sia resa innavigabile: le
spese necessarie pel vettovagliamento dell'equipaggio : la vendita
delle merci avariate quando l'Amministrazione delle dogane Io
abbia riconosciuto e ne abbia data l'autorizzazione.
Disposizioni uniformi si trovano in parecchi trattati che esonerano le nav*
in caso di rilascio forzato dagli oneri imposti come diritto di porto o di navi-
gazione (Vedi il trattato di navigazione tra lltalia e la Francia del 13 giugno 1862,
254 Libro /. - Delle peritone — Parte speciale
art. il). In alcuni trovasi soltanto eccettuato il diritto di pilotaggio e di faro.
Vedi il trattato di pilotaggio tra la Francia e S. Salvatore 2 gennaio 1858,
articolo 15.
A noi sembra che ogni diritto fiscale da parte dello Stato debba venir meno
rispetto alla nave che entri nelle acque territoriali per rilascio forzato : eccet-
tuiamo soltanto i compensi dovuti ai privati, che avessero prestato ropera,
«ome sarebbe quello dovuto ai piloti locali, te fonens stati adoperalL Man-
«néo il tomaio, ofBft coaUoferafa deve essere risoluta in via amministrativa,
fleeondo i principii dell'equità. Certa cosa è, che Timporre alle navi in rilascio
forzato gli oneri gravanti su quelle che entrino nelle acque territoriali per
operazioni di commercio, ed il considerare come operazioni di commercio
quelle che siano fatte dalla nave per le necessità del caso a fine di essere
in grado di navigare, deve reputarsi in opposizione coi principii del Diritto
internazionale e col dovere di mutua assistenza.
501. — Incombe alle navi che approdino per rilascio forzato
di conformarsi rigorosamente alle condizioni che saranno imposte
dalle autorità locali.
Tali condizioni però non devono essere eccessive ed inconci-
liabili coH'esercizio del diritto di rilascio forzato e colle urgenti
^circostanze del caso.
Assisteììza alle navi straniere
In caso di sinistro di mare o di naufragio.
502. — È doveroso per gli Stati di fare quanto possa occor-
rere onde ovviare al pericolo che si verifichi il naufragio, l'are-
namento, 0 Tinvestimento delle navi nelle acque territoriali, e di
provvedere a che quelle che si trovino in pericolo siano soccorse.
503. — Nel caso di naufragio o di altro sinistro di una nave
straniera nelle acque territoriali dello Stato, incombe alle auto-
rità locali di provvedere al soccorso dei naufraghi e di assistere
il console dello Stato cui la nave appartenga, ed in mancanza di
questo il capitano della nave, in tutte le operazioni occorrenti
per procedere al salvataggio della nave ed al ricupero degli oggetti
naufragati.
Qualora manchi chi possa occuparsi del salvataggio e del ricu-
pero, dovrà reputarsi a ciò tenuta Tautorità marittima del porto,
o Tautorità civile della costa ove il sinistro sia avvenuto.
Titolo IX. ' Doveri internazionali degli Stati 255
L'obbligo di soccorrere le navi pericolanti è un dovere di umanità, ma non
mancano esempi di legislazione di Stati civili, che ne hanno fatto un vero
obbligo giuridico. 11 legislatore italiano nel codice civile della marina mercan-
tile in vigore cosi dispone alFart. 120 : * Il capitano di un legno nazionale,
* il quale incontri qualche nave, anche straniera o nemica, in pericolo di per-
* dersi deve accorrere in suo aiuto e prestarle ogni possibile assistenza ,.
All*articolo 385 trovasi poi comminata la pena della multa da L. 200 a 1000
se il capitano o il padrone di una nave nazionale, potendo, non abbia prestato
soccorso ad una nave pericolante, ed inoltre la sospensione dalPesercizio delle
sne funzioni da sei mesi ad un anno.
604. — Dev'essere escluso da parte dello Stato qual si sia dicUlo
di regalia, o qual si sia diritto fiscale sugli avanzi ÒA oanfragio e
sulla nave naufragata nelle sue acque ieirftcrìall, come altresì il
diritto di appropriarsi le cose gettate dal mare sulle sue coste,
in conseguenza di naufragio o di sinistro avvenuto in alto mare*
Esso potrà esigere soltanto il rimborso delle spese sopportate pel
salvataggio e pel mantenimento ed il rimpatrio dei naufraghi
stranieri.
Regole riguardo al salvataggio.
505. — L'organizzazione del servizio di salvataggio essendo un
atto d'amministrazione doveroso per Io Stato, non può dar luogo
a che il Governo, che sostiene le spese occorrenti per tale ser-
vizio, possa domandarne il rimborso allo Stato straniero, al quale
appartenesse la nave, o di cui fossero cittadini i naufraghi salvati.
506. — Incombe a ciascuno Stato il provvedere a che, chiun-
que abbia raccolti oggetti provenienti da naufragio, o da altro
sinistro di mare, ne faccia immediatamente la consegna all'auto-
rità locale competente, e l'impedire l'appropriazione di tali oggetti,
e altresì limitare le pretese delle persone che abbiano dirette
le operazioni del ricupero e di quelle che le abbiano eseguite, o
che spontaneamente abbiano prestato assistenza alla nave in peri-
colo, riducendole al rimborso delle spese e ad una mercede pro-
porzionata al servizio prestato ed alla prontezza con cui fu reso:
al pericolo incorso nell'eseguire il salvamento : all'importanza delle
cose salvate.
256 Libro L - Delle pertone — Parte spedale
507. — Tutte le cose salvate dal naufi-agio dovranno essere
custodite e tenute a disposizione di coloro cui esse appartengano,
a cura deirautorità locale, la quale sarà tenuta a pubblicare
mediante avvisi l'avvenuto salvamento, e a diffidare gl'interessati,
che vantassero diritti sulle cose salvate, a giustificare le loro ra-
gioni, onde ottenere la consegna degli oggetti ricuperati.
508. — L'autorità locale potrà ordinare la vendita ai pubblici
incanti delle merci e degli oggetti che non si potessero conser-
vare, o la custodia dei quali importasse una spesa grave, e tenere
il prezzo ritratto a disposizione dei proprietari degli oggetti perduti.
Essa potrà inoltre ordinare la vendita degli oggetti salvati, ogni
qualvolta che tale espediente fosse necessario per soddisfare le
spese di ricupero e per provvedere agli alimenti ed al rimpatrio
dei naufraghi salvati.
509. — Lo Stato potrà far suoi gli oggetti salvati o il prezzo
di quelli venduti solamente quando, decorso un tempo ragione-
vole dopo i pubblici avvisi per mettere in grado grinteressati a
reclamarli, nessuno lo abbia fatto, e le cose salvate dovessero
considerarsi vacanti di padroni.
510. — Sarà reputata come abbandonata dai proprietari, o dagli
interessati nella nave o nel carico, una nave sommersa nelle acque
territoriali, senza lasciare traccia apparente, qualora dopo i pub-
blici avvisi nessuno sia comparso per fare o promuovere le ope-
razioni di ricupero entro un termine ragionevole fissato nell'avviso
pubblicato (3 mesi)^ o quando gl'interessati, dopo aver posto mano
alle operazioni di ricupero, le avessero abbandonate e facessero
decorrere un tempo ragionevole (4 mesi) per presumere la loro
intenzione d'abbandonare la nave ed il carico. Tali oggetti potranno
essere attribuiti a profìtto del fisco, o di coloro che in fondo al
mare li avessero rinvenuti.
Le regole proposte sono in gran parte conformi a quelle che troransi san-
zionate nella legislazione italiana : capo 12, tit. 2*, Cod, per la marina mereantUe.
Gii statati delle città marittime italiane consacravano già i principi i più
liberali rispetto all'assistenza in caso di sinistro o di nanfraj^io.
Vedi lo Statuto di Pisa del 1160, Coneiituta imim: Pardessus, £os< mariHmes
(T. IV, p. 583). SUtuto di Rimini 1303: Pardessus, Loie marUimes (T. V, p. 113J.
TU€Ìa JOC • Daeeri-ùUemazionaU degli Stati 257
Assistenza per facilitare V ammimstrazime
della giustizia (rogatorie).
61L — Dovrà essere considerato come un dovere dì mutua
assistenza quello che incombe agli Stati, indipendentemente dai
trattati, di fare quanto possa occorrere a reciprocità per facili-
tare l'amministrazione della giustizia in materia civile e penale.
612. — Incombe agli Stati civili, a fine di rendere più spe-
dito U procedimento, permettere la corrispondenza diretta fra
le rispettive magistrature, e rendere doveroso per le medesime
il dar corso alle rogatorie fatte dal giudice straniero e il pro"
cedere ad esame di testimoni, a perizie, ad interrogatorii, o agli
atti istruttorii di qualunque si sia natura occorrenti per Tammi-
nistrazione della giustizia, quando ne siano richieste dal tribunale
straniero investito della causa, purché non vi si opponga il Diritto
pubblico dello Stato, nel quale deve essere eseguita la richiesta
o rogatoria.
Troviamo t?.le regola adottata nella convenzione tra T Austria e T Italia
degli 11-21 giugno 1867, con la quale i due Gk> verni consentirono a recipro-
cità, nell'interesse della speditezza della procedura civile e penale, a che le
autorità giudiziarie limitrofe potessero corrispondere direttamente tra di loro
in certi casi.
L*art 171 della legge consolare italiana così dispone: ' I consoli sono anto-
* rizzati ad eseguire le commissioni rogatorie che vengono loro indirizzate
* da tribunali stranieri a fine di procedere a visite, perizie ed esami di testi-
* moni, ed a ricevere dichiarazioni di nazionali stabiliti o di passaggio nel
* distretto del consolato ,.
513. — Spetterà però in ogni caso al giudice richiesto il deci-
dere circa la legalità della domanda e l'opportunità di eseguirla
e circa la propria competenza.
In caso d'incompetenza territoriale incombe al tribunale richiesto
il trasmettere la commissione rogatoria al tribunale competentei
dandone avviso al tribunale richiedente,
17 — Fiore, Dir. intern. codif.
258 Libro L - Delle persone — Parte speciale
Obbligo di procedere alVesecuzione
di una 7'ogatoria.
614. — n diritto perfetto di richiedere a un tribunale straniero
di procedere a un atto d'istruzione e Tobbligo giuridico di dare
corso alla rogatoria non sussistono, quando manchi una speciale
convenzione fra i due Stati. La ridiiesta però potrà sempre essere
fatta ed eseguita in forza del reciproco dovere di mutua assistenza.
Quando la richiesta sia eoa fatta ed eseguita, implica l'obbligo
della reciprocità.
615. — Il magistrato richiesto applicherà nell'eseguire la roga-
toria la legge del proprio paese per ogni formalità procedurale
relativa all'esecuzione, salvo che per le necessità della giustizia
straniera una speciale forma di procedimento sia richiesta e desi-
gnata nella rogatoria, e che non si opponga la legge dello Stato
per eseguirla colle formalità procedurali richieste.
La proposta regola mira ad eliminare la difficoltà che può nascere nellMpo-
tesi, che secondo la legge dello Stato straniero Tatto istrattorio non possa
essere efficace ai fini del giudizio , se non quando sia fatto con certe deter-
minate formalità procedurali. In tal caso, sempre in forza del dovere di mutua
assistenza y il magistrato richiesto potrà, solo quando non vi si opponga la
legge territoriale e la formalità richiesta sia praticabile, compiere Tatto colle
formalità designate nella rogatoria.
Assistenza per V ammmistr azione
della giustizia penale.
516. — In forza del dovere di mutua assistenza ed indipen-
dentemente dai trattati, il magistrato competente per ristr^uzione
di im processo penale potrà richiedere al magistrato straniero di
fare dentro i limiti della sua giurisdizione un atto istruttorio nello
interesse della giustizia, ed il magistrato richiesto potrà darvi ese-
Titolo IX. ' Doveri internazionali degli Slati 259
cazione, purché non sì tratti di processo per un reato politico,
o connesso con uno di natura politico.
Tale dovere deve ritenersi sussistente a reciprocità anche quando
il processo sia istruito contro un cittadino dello Stato richiesto,
del quale la giustizia straniera si sia impossessato per giudicarlo.
517. — Incombe agli Stati, in forza del dovere di mutua assi-
stenza, il cooperare a che un prevenuto di reato comune non
goda l'impunità, e che non sia sottratto al giudizio del tribunale
competente ed all'espiazione della pena a cui sia stato condannato.
618. — Devono gli Stati civili per cooperare efficacemente
all'ammioistrazione della giustizia penale regolare l'obbligo reci-
proco di consegnarsi i malfattori fuggitivi, imputati di un reato
comune, e non connesso con un reato politico, mediante le con-
venzioni di estradizione.
Mancando la convenzione di estradizione, o quando si tratti di
reato che non trovisi in essa contemplato, incombe agli Stati
civili o il consegnare il malfattore fuggitivo allo Stato ove fu
commesso il reato, se sia da lui richiesto, o l'offrirne l'estra-
dizione, o il punirlo, sempre che però si tratti di reato grave e
che importi, giusta la legge penale territoriale e quella dello Statò
ove il reato fu commesso, una pena restrittiva della libertà per-
sonale non inferiore a 3 anni, e che l'imputato non sia cittadino
dello Stato ove nell'attualità si trovi.
La proposta regola mira a stabilire che robbligo reciproco degli Stati, che
hanno a cuore il mantenimento deirordine e della sicurezza generale, di con-
segnare il malfattore al suo giudice naturale (che è quello del luogo ove egli
commise il reato), affinchè sia giudicato e punito , deve essere reputato una
conseguenza del dovere di mutua assistenza intemazionale. A noi sembra che
ciascuno Stato sia tenuto a consegnare un malfattore fuggitivo rifugiatosi nel
suo territorio, quando dalle circostanze accertate e riconosciute dairautorità
giudiziaria territoriale risulti la fondata presunzione della reità delFimputato,
« che tale obbligo debba ammettersi indipendentemente dai trattati. (Vedi pel
maggiore sviluppo la mia opera * Effetti internazionali delle sentenze penali e
delTestradSzione ^ Tonno, Loescher, 1876; e Droit penai iniernational,traduit
par ÀNToufB, Paris, Pédone-Lauriel.)
n nuovo codice penale italiano consacra il principio che lo straniero, che
abbia commesso un reato all'estero a danno di un altro straniero, per il quale
la legge italiana stabilisca una pena restrittiva della libertà personale non infe-
riore nel minimo ai 3 anni, deve essere punito anche se non esista trattato
di estradizione, e che in tal caso questa debba essere offerta dal Governo
260 Libro L - Delle persone — Parte speciale
italiano a quello del luo^ in cui il colpevole abbia commesso il delitto, o a
quello della sua patria, e che qualora né Tuno né Taltro abbia accettato Tof-
ferta estradizione, a richiesta del Ministro della giustizia debba essere giudicato
dai tribunali italiani, e punito, salvo le decretate diminuzioni della pena. Art. 6,
Doveri di umanità.
519. — Incombe a ciascheduno Stato civile l'agire ne' suoi
rapporti cogli altri Stati secondo i principi! della legge morale e
di umanità, l'astenersi dal fare quello che possa essere contrario
al loro benessere, o arrecare pregiudizio ad essi, e il cooperare in
tutto ciò che può ritenersi richiesto per la tutela della prosperità
e del benessere generale.
620. — Nessuno Stato può costringere un altro ad osservare
i doveri di umanità, né Tuno può considerare il rifiuto da parte
dell'altro come ingiurioso ed ostile.
Però quando il rifiuto arrechi un danno reale agli altri Stati e
non sia giustificato, potrà dare motivo ad una rimostranza col-
lettiva a fine di tutelare gl'interessi comuni.
Tf'adempimenlo dei doveri di umanità non importa un*obbligazione giuridica,
ma deriva dalla legge naturale. Il precetto honeste vivere s'impone agli Stati
civili come a tutti coloro che vogliono agire secondo i principii della giu-
stizia naturale. Tale precetto sì comprende senza bisogno di dimostrazione e
nessuna potenza di dialettica varrebbe mai ad accrescere di esso la chiarezza
e la forza.
Si deve quindi ammettere che Tadempimento dei doveri morali debba repu-
tarsi in massima nel campo del prudente arbitrio di ciascun Governo. Diciamo
non per tanto che il rifiuto arbitrario e persistente non può in ogni caso essere
giustificato. Così, a modo d'esempio, non si può ammettere che uno Stato
possa rifiutare arbitrariamente di ricevere una missione scientifica, che si pro-
ponga di studiare sopra luogo una malattia contagiosa per escogitare la ragione
del nascere, del crescere, del propagarsi del contagio. Tale rifiuto non giusti-
ficato può fornire un fondato motivo ai reclami per parte degli altri Stati.
521. — Dovrà ritenersi come fondato sulla legge morale il dovere
di mutuo soccorso per prevenire le pubbliche calamità.
Sono conseguenze di tale dovere:
a) la reciproca cooperazione onde impedire l'allargarsi delle
epidemie ;
TUcio IX. ' Doveri internazionali degli Stati 261
ft) il favorire le ricerche scientifiche fatte con rintendimento
di conoscere eerte malattie contagiose e prevenire la propagazione
delle medesime;
e) le misure sanitarie per impedire con sollecitudine che le
malattìe contagiose siano diffuse;
d) il promuovere le conferenze sanitarie ed il facilitare la solu*
zione delle questioni relative alla sanità pubblica nei loro rap*
porti cogl'interessi intemazionali;
e) il soccorrere gli stranieri indigenti, curarli se ammalati, e
provvedere alle spese pel rimpatrio degli abbandonati.
Nella conferenza sanitaria di "^enna riunitasi il V agosto 1874 fu emesso
un voto riguardo air istituzione di una commissione internazionale perma-
nente per studiare e prevenire le malattie epidemiche, e fa compilato un pro-
getto pel suo funzionamento. Ora non si può al certo dubitare che le ricerche
reputate utili per Tetiologia ed il regime profilattico del colera, della peste e
delle altre malattie epidemiche debbano essere considerate dMnteresse generale
ed umanitario e che debba essere reputato doveroso per ciascheduno Stato
il non ostacolare le ricerche fatte sopra luogo con tale intendimento.
2^2 Libro L - Delle persone — Farle speciaìe
TITOLO X.
Dei 'diritti e doveri intemazionali dell'uomo.
522. — L'uomo, a qualunque razza appartenga, qualunque sia
il suo grado di cultura e il suo colorito, e tanto che viva in asso-
ciazione politica, quanto che conduca una vita nomade, non perde
i diritti della personalità umana, che ad esso spettano secondo
il Diritto internazionale, e potrà esigerne il rispetto dovunque e
domandarne il godimento e l'esercizio, sotto la condizione di rico-
noscere l'autorità delle leggi territoriali e di osservare quanto esse
dispongono.
Gonfr. reg. 1, 31, 35.
Diritto di libera attività.
523. — Ogni uomo, sia esso cittadino di uno Stato, o formi
parte d'una tribù nomade, o sia abitante di regioni incivili, ha
il diritto di entrare liberamente in qualunque parte del territorio
d'uno Stato aperto al commercio, e di soggiornarvi, purché si
assoggetti a tutte le leggi in vigore ed a quelle speciali, che per
tutelare la pubblica sanità, o per motivo di polizia o di sicurezza
siano applicabili agli stranieri.
Questa regola tende ad escludere la necessità del passaporto da parte dei
forestieri, che vogliono entrare nel territorio di uno Stato. Il passaporto può
riuscire sempre utile a stabilire il carattere di cittadinanza, e a dame prima
facie la prova, ma siccome il diritto di trafficare liberamente non può essere
riservato soltanto a coloro che certifichino di essere cittadini di uno Stato,
così la mancanza del passaporto non può essere un motivo per negare a chi
ne sia privo la libertà di entrare e di trafficare.
624. — Dovranno essere considerate contro il diritto intema-
zionale di libera attività dell'uomo le esagerate misure preventive
imposte dai Governi a coloro che non siano cittadini dello Stato,
per permettere ad essi di entrare nel territorio e soggiornarvi, e
l^oh X - Dei diritti e doveri internazianali délVuomo 263
l'impedire ai medesimi, senza un motivo ragionevole di ordine
pubblico, di circolarvi liberamente.
525. — Compete però a ciascun Governo il diritto di regolare
con leggi speciali l'entrata degli stranieri nel territorio dello Stato
e di stabilire le condizioni per il loro soggiorno, per l'esercizio
delle professioni, delle arti e dei mestieri, in armonia cogl'inte-
ressi sociali, economici e politici dello Stato.
526. — Ogni forestiero che sia entrato nel territorio d'uno Stato
potrà liberamente uscirne senza bisogno di autorizzazione del
Governo, eccetto solo il caso che in forza deUe leggi in vigore sia
stato temporaneamente privato della libertà personale.
Diruto di libero traffico.
527. — Ogni uomo ha diritto di navigare liberamente per l'alto
mare e per le acque non comprese nel dominio territoriale di nes-
suna sovranità, e d'invocare la protezione del Diritto intemazio-
nale, purché ne riconosca e ne osservi le leggi.
528. — Ogni uomo però che voglia navigare liberamente per
l'alto miare, sarà tenuto ad osservare le regole che concernono la
navigazione e le leggi internazionali che proteggono le persone
e le cose durante la medesima.
520. — Ogni uomo può entrare nelle acque territoriali di una
sovranità ed invocare la protezione del Diritto internazionale,
purché osservi le leggi ed i regolamenti emanati dalla sovranità
territoriale.
530. — Ogni uomo ha il diritto dell'uso legale ed innocente
delle vie dì comunicazione per terra e per mare e di quanto possa
riuscire utile al libero esercizio del commercio lecito, rispettando
però le leggi vigenti nello Stato ed i regolamenti.
In Yirtù di qaesta regola si deve ammettere, che il libero traffico, e il navigare
per le acque territoriali di uno Stato debbano essere riguardati come un vero
diritto deiruomo, ogni qual volta che colui, che ciò voglia fare, si assoggetti
alle leggi ivi imperanti. Tale diritto non può al certo essere considerato come
fondato sui trattati, e spettante quindi solamente ai cittadini dello Stato, che
li avesse stipulati. Nissnna sovranità, che non voglia conculcare i principii
264 Libro L - Delle persone — Parte specole
del Diritto internazioaale, può negare arbitrariamente al forestiere, anche quando
egli non abbia il carattere di cittadino di uno Stato, Tuso legale ed innocuo
delle vie di comunicazione, e la facoltà di entrare nel territorio.
Diritto di proprietà.
631. — La proprietà individuale dovrà reputarsi inviolabile,
secondo il Diritto intemazionale, sotto tutte le forme che essa
può assumere.
632. — Ogni uomo può esercitare la sua attività rispetto alle
cose, ovunque esse siano situate, ed acquistarne la proprietà sotto
le condizioni stabilite e determinate dalle leggi imperanti nel ter-
ritorio ove tali cose si trovino.
633. — Saranno riguardate inviolabili anche la proprietà lette-
raria ed artistica, e la proprietà industriale.
634. — Il diritto spettante all'autore d'una produzione intel-
lettuale, qual si sia, di ottenere la garanzia giuridica di tale diritto
sotto le condizioni determinate dalla legge, dovrà essere conside-
rato come un vero diritto internazionale dell'uomo, ad esso spet-
tante indipendentemente dalla qualità di cittadino.
635. — Incombe agli Stati civili il concordare mediante trat-
tato la protezione e la garanzia giuridica della proprietà letteraria
e della proprietà artistica, ma indipendentemente dai trattati la
inviolabilità di tali proprietà deve essere tutelata dal Diritto in-
ternazionale e considerata come fondata sul rispetto dovuto alla
personalità dell'uomo nelle più nobili delle sue funzioni e delle
sue attività.
Le regole su esposte mirano a mettere sotto il punto di vista giuridico il
diritto di proprietà e la sua Inviolabilità; questa non potrà essere reputata
come una graziosa concessione del principe, nò eom« un diritto fondato sui
trattati, né come un privilegio di cui può godere soltanto il cittadino. La pro-
prietà costituisce il diritto più sacro della personalità umana, perchè è il risul-
tato dell*attività stessa deUa persona manifestata e sviluppata mediante il
lavoro. Essa deve essere conseguentemente considerata come un diritto del-
Tuomo e gli deve essere attribuito come tale il carattere di diritto intema-
zionale dell*uomo per la giusta considerazione che i diritti delia personalità
umana non possono essere ristretti dentro 1 confini territoriali di questo o di
quel paese.
Titolo X - DH diriUi $ doperi hUemoMionali dOTuomo) ^^
536. — Salvo il diritto spettante a ciascuno Stato di subordi-
nare la protezione della proprietà letteraria, artistica ed industriale
a certe condizioni legali previamente determinate, si deve non per
tanto ammettere che violi il Diritto internazionale uno Stato che
non sancisca la parità di trattamento tra i cittadini e gli stranieri.
637. — La proprietà privata, a chiunque essa appartenga, dovrà
essere reputata inviolabile anche in alto mare, eccetto che nei
casi e nelle circostanze determinati secondo il Diritto intemazio-
nale rispetto alla proprietà privata in tempo di guerra.
538. — Viola il Diritto internazionale uno Stato che inibisca,
a chiunque non sia cittadino di esso, di acquistare la proprietà
mobile od immobile sotto le medesime condizioni legali stabUite
pei cittadini, o che vieti il godimento dei diritti privati compresi
in quello di proprietà, salvo il caso però che, per ragioni d'ordine
pubblico o d'interesse sociale, l'acquisto della proprietà di certi
determinati oggetti sia riservato esclusivamente ai cittadini, o che
il godimento di certi diritti annessi alla proprietà immobiliare sia
attribuito esclusivamente ai medesimi, in considerazione della
natura di tali diritti, e della loro connessione con certe pubbliche
funzioni o col Diritto politico.
539. — Le regole che gli Stati civili devono ritenere obbliga-
torie per assicurare la tutela e la protezione della proprietà sa-
ranno stabilite a parte nel libro lU.
Inviolabilità e libertà personale.
540. — Ogni ugmo è personalmente inviolabile nella sua qua-
lità come tale, e qualunque attentato alla sua persona ed alla
sua libertà personale dev'essere considerato contro il Diritto inter-
nazionale, che protegge l'uomo, anche quando esso non formi
parte d'un corpo politico organizzato a Stato.
541. — Ogni uomo, indipendentemente dai trattati, avrà la piena
libertà, sotto la condizione di osservare le leggi territoriali, d'eser-
citare la libertà civile e tutti i diritti che ne derivano , e potrà
266 Libro L - Delle persone — Parte speciale
esigere che la sua libertà sia rispettata dentro i limiti fissati dalla
legge territoriale, e protetta e garantita con tutti i procedimenti
legali e giudiziari ammessi e riconosciuti a favore dei cittadinL
542. — Il diritto di libertà e d'inviolabilità personale non può
essere negato a nessun uomo, a qualunque razza egli appartenga
e qualunque sia il suo colorito.
Inviolabilità personale dei negri.
543. — Viola il Diritto internazionale ogni Stato che disconosce
ai negri i diritti della personalità umana, e che concede la facoltà
di comprarli e di venderli, ammettendo riguardo a loro un diritto di
proprietà.
544. — Il commercio dei negri, sotto qualunque forma esso
venga praticato, ed anche quando sia fatto coirautorizzazione o
colla tolleranza dello Stato in cui abbia luogo, dev'essere riguardato
come un attentato ai diritti della personalità umana e dichiarato
assolutamente illecito e contro il Diritto intemazionale.
545. — Incombe ad ogni Stato civile il fare quanto sia neces-
sario per tutelare l'inviolabilità personale dei negri, e l'adope-
rare tutti i mezzi di cui può disporre onde far cessare il loro nefando
commercio e punire coloro che vi si consacrano, o che diretta-
mente o indirettamente vi partecipano.
U legislatore italiano panisce severamente la tratta di schiavi con le pene
stabilite per la repressione dei reati marittimi al capo V del Codice della ma-
rina mercantile. All'art. 337 il legislatore dispone che si reputerà commesso
il reato di tratta, sempre che uno schiavo sia stato trattato come tale a bordo
di una nave nazionale. Esso panisce altresì il tentativo* che ritiene consumato
quando una nave sia annata pel trasporto di schiavi e che sia stata cosi sor-
presa prima che il fatto di tratta abbia avuto luogo, art. 340-41.
546. — Ogni schiavo, anche quando comprato ove il commercio
sia dichiarato lecito, dovrà essere reputato libero ed inviolabile
nella sua persona appena che metta il piede sul territorio d'uno
Stato civile, il quale sarà tenuto a tutelare la libertà di lui e a
far rispettare riaviolabilità della persona.
liU^o X, - Dei dxriui t doveri irUernagionali ddVuomo 267
Questa regola è stata poi consacrata D6U*atto antischiavista del 3 luglio 1899.
L*art. V infatti così dispone: * Tont esclave fugitif qni, sor le continent recla-
merà la protection dea Paissances signataires, deyra Tobtenir et sera re^u dans
les campa et stations offieiellement établis par elles ou à bord des bAtiments
de TEtat naTiguant sur les lacs et rivières. Les stations et les bateanx privés
ne sont admis à exercer le droit d^asile qne sous la réserve du consenteroent
préalable de TEtat ,.
_ •
547. — Incombe a tutti gli Stati civili il concordare gli oppor»
tuni provvedimenti onde far cessare il commercio degli schiavi
nelle regioni ove tuttora è esercitato, ritenendo illecito non solo
tale commercio, ma altresì tutte le operazioni fatte sulla terra
o sul mare per mantenerlo ed esercitarlo.
Incombe inoltre ad essi l'esercitare tutta Tinfiuenza per costrin-
gere i Sovrani dei paesi incivili, che permettono il commercio degli
schiavi, a farlo cessare.
Questa regola trovasi consacrata all'art. 9 del trattato di Berlino del 26 feb-
braio 1885, e forma il Diritto comune dei seguenti Stati: Austria-Ungheria,
Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Brettagna, Italia, Paesi Bassi e Lu-
semboigo, Portogallo, Russia, Spagna, Stati Uniti d*Amerìca, Svezia e Norvegia
e Turchia, i quali stipularono la seguente dichiarazione relativa alla tratta di
schiavi, art. 9: ' Gonformément aux principes du Droit des gens tels quMIs
sont reeonnns par les Paissances signataires, la tndte des esdaves étant inter*
dite, et les opérations qui, sur terre ou sur mer, fournissent des esclaves à
la traite devant Atre également considérées comme interdites, les Puissances
qui exercent ou qui ezerceront des droits de souveraineté ou une influence
dans les territoires formant le bassin conventionnel da Congo dóclarent qne
ces territoires ne pourront servir ni de marche ni de voie de transit pour
la traite des esclaves de quelque race que ce soit. Ghacune de ces Puissances
8*engage à emi^oyer tons les moyens en son pcAivoir pour meltre fin à ce
commerce et pour punir ceux qui 8*en occupent ,.
548. — Le regole concordate nell'Atto generale sottoscritto a
Bruxelles il 2 luglio 1890 per reprimere la tratta dei negri devono
essere considerate come l'espressione dei principii reclamati dalla
civiltà per tutelare la libertà individuale e Tinviolabilità della per-
sona umana, e devono essere reputate obbligatorie per tutti gli
Stati civili.
L*atto generale antischiavista stipulato a Bruxelles il 2 luglio 1890, fu sot.
toscrìtto dair Austria-Ungheria, Belgio, Congo, Danimarca, Francia, Germania^
Gran Brettagna, Italia, Paesi Bassi, Persia, Portogallo, Russia, Spagna, Stati
Uniti, Svezia e Norvegia, Turchia e Zanzibar. In forza di tale trattato le Potenze
segnatario concordarono le disposizioni le più efficaci per assicurare la repres-
sione della tratta di schiavi nelle zone marittime ove essa esiste tuttora. Oltre
268 Libro L • Delle persone — Parte speciale
ai provvedimenti adatti ad impedire il trasporto di schiavi, ammettendo no
diritto reciproco di vigilanza ed il diritto reciproco di visita, ricerca e sequestro
delle navi addette a trasportare schiavi (art 23), le Potenze segnatane con-
cordarono altresì mezzi più efficaci per combattere la tratta all'interno del*
r Africa nei laoghi d'origine (art. 1) ; per vigilare le carovane lungo le strade
per le quali il traffico di schiavi per terra ò fatto (art. XV e XIX). Esse con-
cordarono altresì i provvedimenti più opportuni per proteggere gli schiavi
liberati e per fondare stabilimenti di rifugio per favorire la liberazione degli
schiavi (art. LXXXVI).
Diritto di libertà di coscienza.
649. — Ciascuno può liberamente accettare, conservare e mutare
la propria confessione religiosa, e non potrà essere tenuto a ren-
derne conto a nessuno.
II diritto di libera confessione religiosa sarà reputato uno dei
diritti internazionali dell'uomo.
550. — Sarà reputato parimente sacro ed inviolabile il culto
della propria religione, e libero l'esercizio di esso, sempre che
non vi sia nulla di vietato dalla legge territoriale, o che possa
ritenersi in opposizione alle leggi di polizia dello Stato, o all'ordine
pubblico.
551. — Viola il Diritto intemazionale uno Stato che subordini
il godimento dei diritti civili alla confessione religiosa, o che eser-
citi ogni maniera d'influenza per costringere gli stranieri a mutare
la loro confessione religiósa, perseguitandoli o vessandoli pel rifiuto
da essi dato di cambiarla, o assoggettandoli ad interrogazioni per
conoscere le loro credenze religiose.
552. — La persecuzione religiosa sarà considerata come un
fittentato al Diritto intemazionale ed una violazione grave da parte
dello Stato che l'abbia autorizzata, o che non faccia quanto possa
occorrere per impedirla.
Diritti internazionali delVuomo come cittadino.
553. — Ogni persona che formi parte d'uno Stato come cit-
tadino di esso, ha diritto a che il carattere di cittadinanza sia
Titolo X. • Dei diritti e doveri internazionali deiruomo ^^^
dovunque riconosciuto e rispettato, e potrà invocare la protezione
del Sovrano e del Governo dello Stato cui appartiene, contro
qualunque Stato o qualunque Governo che volesse arbitrariamente
conculcare i diritti che gli spettano, secondo il Diritto inter-
nazionale.
564. — Colui che appartiene ad uno Stato come cittadino, e
che possa stabilire e provare il suo carattere come tale, avrà il
diritto d'esercitare il commercio all'estero a norma dei trattati
conclusi ed in vigore tra lo Stato di cui esso sia cittadino e quello
in cui voglia esercitare il commercio, e di domandare ed ottenere
il godimento d'ogni altro diritto privato, che trovi il suo fonda-
mento sui trattati stipulati.
565. — Indipendentemente dai trattati, incombe ad ogni Stato,
secondo i più giusti principii del Diritto internazionale, il rico-
noscere che colui che sia cittadino di Stato straniero ha il diritto
d' invocare la legge dello Stato cui appartiene, a fine di stabilire
la sua condizione civile, il suo stato personale e di famìglia e i
diritti privati che gli spettano, purché il riconoscere l'autorità della
legge estera e gli effetti che ne possono derivare non importino
alcuna lesione od offesa del Diritto pubblico territoriale, o non
deroghino alle leggi d'ordine pubblico, o a quelle relative al buon
costume, e purché il cittadino straniero, a riguardo dell'esercizio
dei diritti privati a lui spettanti secondo le leggi della sua patria^
si assoggetti alla legge territoriale.
666. — Deve essere riguardato come un diritto dell'uomo, in
quanto è cittadino, quello di rimanere nel territorio dello Stato
di cui formi parte, e di non poterne essere espulso per motivi
di sicurezza interna.
657. — Viola il Diritto internazionale uno Stato che, per
liberarsi dai cittadini malfattori, o dalle persone affette da ma-
lattie contagiose, li condanni all'esilio, al bando, alla depor-
tazione.
La pena del bando e dell'esilio dallo Stato potrà essere giu-
stificata rispetto ai cittadini, solamente quando sia limitata ai soli
delitti politici.
-'^ Libt'o 1. • Delle penai t — VarU speciale
Diritto di eleggere e rinunciare alla cittadinanza.
558. — Ogni individuo, che abbia la capacità giuridica per eser-
citare i diritti civili, può liberamente scegliere lo Stato al quale
intenda appartenere, e può rinunziare alla cittadinanza acquistata
ed acquistarne una diversa, purché però la dichiarazione per
mutarla sia fatta in buona fede, sia effettiva, e manifestata colle
forme e sotto le condizioni stabilite dalla legge dello Stato di cui
la persona vuole rinunziare la cittadinanza.
559. — Il diritto di rinunziare' alla cittadinanza originaria e di
acquistarne una diversa deve essere considerato come un diritto
personale di ciascuno, e non potrà essere subordinato alla previa
autorizzazione del Sovrano delio Stato, di cui la persona era
cittadino.
560. — . La rinunzia alla cittadinanza originaria non potrà essere
efficace a rompere tutti i legami che vincolano ciascuna persona
allo Stato ed a far cessare i doveri verso di lui, quando dai
fatti e dalle circostanze sì possa presumere che tale rinunzia abbia
avuto luogo in mala fede. Tale dovrà essere reputata nel caso
di uno che abbia abbandonato la sua patria a fine di sottrarsi
agli oneri civici, o di esimersi dal servizio militare.
561. — Dovrà presumersi la mala fede per parte di uno che,
mentre abbia dichiarato di rinunciare alla cittadinanza origi-
naria, abbia effettivamente continuato a conservare la sede prin-
cipale dei propri affari ed interessi nello Stato di cui era prima
cittadino.
562. — La rinunzia alla cittadinanza originaria potrà essere
tacita, e questo dovrà ammettersi nel caso di uno che abbia posto
un fatto volontario incompatibile con la sua condizione di citta-
dino dello Stato.
Sarà reputato tale Tavere accettato un impiego da un Governo
straniero senza previa autorizzazione del Governo nazionale, o
Tessersi arruolato nella milizia straniera.
Titolo X • Dei diritti e doveri intemazionali delVuomo 271
Prova della cittadinanza.
663. — Ogni individuo che reclami la cittadinanza d*uno Stato
deve darne la prova, e questa dovrà essere valutata a norma
della legge dello Stalo, a cui l'individuo intenda dimostrare di
appartenere.
Fino a tanto che l'acquisto della nuova cittadinanza non sia
debitamente provato, si deve presumere che Tindividuo abbia con-
servata la sua cittadinanza di origine.
664. — L'individuo, che sostiene d'avere perduta la cittadinanza
d'uno Stato, deve darne la prova e dimostrare di avere acqui-
stata quella straniera. Cotesta perdita non potrà ritenersi effet-
tuata, se non quando l'individuo, che abbia acquistata la cittadi-
nanza straniera, abbia avuto la capacità giuridica per fare ciò
secondo la legge dello Stato di cui esso era cittadino, e quando
tutte le condizioni secondo questa prescritte per poter ammet-
tere tale perdita possano ritenersi avverate.
Queste dae regole tendono ad ovviare airincon veniente di potersi trovare
uno mancante di una data cittadinanza o che possa trovarsi allo stesso tempo
cittadino di due Stati.
665. — Non viola il Diritto intemazionale uno Stato che prov-
vede colle sue leggi interne ad impedire Tespatriazione effettuata
in mala fede.
666. — Nessuno potrà essere reputato cittadino di due Stati,
e ciascuno dovrà avere in massima una determinata cittadinanza.
Incombe agli Stati l'accordarsi nello stabilire regole uniformi
per l'acquisto e per la perdita della cittadinanza , e l'eliminare
Tinconveniente della duplicità o della mancanza della medesima.
La cittadinanza ha un'importanza grandissima, e non solo di fronte al Di-
ritto pubblico ed al Diritto civile di ciascun paese , ma altresì di fronte al
Diritto intemazionale. Essa ò infatti il fondamento dei diritti politici, quelli
cioè che sono una prerogativa esclusiva dei cittadini, ed è pure il fondamento
di quei diritti civili, dei quali il legislatore riserva il godimento a coloro sol-
tanto che devono essere reputati cittadini dello Stato. Per gli altri poi, dei
quali il godimento è concesso ai cittadini ed agli stranieri, siccome la misura
272
Libro L ' Delle persone — Parte speciale
del diritto, e la maniera di goderne devono dipendere dallo statuto personale,
il quale stabilisce la condizione civile di ciascuno e i suoi diritti personali e
di famiglia, e viene ad essere determinato An considerazione della cittadinanza,
cosi riesce chiaro che, dovendo ciascuno godere ì diritti civili e privati, che
gli spettano, secondo la propria legge personale, la cittadinanza è decisiva per
determinare in concreto ed in modo positivo quali siano i diritti privati e civili
che a ciascuna persona spettino.
Di fronte finalmente al Diritto internazionale, siccome ogni persona può
accampare il diritto di godere nei rapporti intemazionali di tutte le facoltà, di
tutti i vantaggi e di tutti i privilegi, che in forza di trattati stipulati tra Stato
e Stato siano attribuiti ai cittadini rispettivi, riesce chiaro che la cittadinanza
è decisiva per determinare il godimento di tutti i diritti privati, che si vogliono
fondare sui trattati conclusi ed in vigore.
Vedi Fiore, Dello stato e della condizione giuridica delle persone secondo la
legge civile^ Napoli 1893, editore Marghieri, tomo I, pag. 20.
Necessità di un Diritto uniforme relativamente
alla cittadinanza.
567. — Incombe a tutti gli Stati civili il concordare regole
uniformi circa le norme fondamentali per l'acquisto , la perdita
ed il mutamento della cittadinanza, e il conciliare il rispetto dovuto
alla libertà di ciascuno di scegliere liberamente lo Stato al quale
intende appartenere, colla reciproca utilità di eliminare ogni incer-
tezza riguardo alla cittadinanza.
Tenendo conto dell'importanza che la cittadinanza ha anche di fronte ai
Diritto internazionale, si comprende come sia di sommo interesse perTeser-
cizio e lo sviluppo giuridico dei diritti dell'uomo, che ciascuno abbia una deter-
minata cittadinanza, e che non si trovi nella condizione di esserne mancante
del tutto, o di avere simultaneamente la cittadinanza di Stati diversi. Pur am-
mettendo la libertà di ciascuno riguardo all*eliggere, conservare, e mutare la
propria cittadinanza, bisogna non per tanto escludere 1* inconveniente gravis-
simo, che deriva dal trovarsi talvolta una persona senza una cittadinanza
determinata, talvolta un'altra che nel tempo stesso abbia la cittadinanza di
due Stati diversi. Ciò dipende da che i legislatori, usando del loro diritto
di autonomia, e non essendovi alcuna limitazione riguardo ai principii fon-
damentali in materia di cittadinanza, e promulgando ciascuno la legge della
cittadinanza come meglio gli garba, rendono cosi possibile talvolta la con-
dizione della persona senza patria. Tali anomalie non potranno sparire che in
conseguenza di un accordo circa i principii fondamentali, i quali dovrebbero
essere rispettati da tutte le leggi territoriali.
568. — Spetterà alla sovranità di ciascuno Stato di detemii-
nare e fisijai-e le condizioni per l'acquisto della cittadinanza, per
TUolo X. ' Dei difitti e doveri intemazionali delVuomo t73
la sua conservazione e per il suo riacquisto, sotto condizione
però di non violare i principii fondamentali che di comune accordo
siano stati stabiliti.
Bff/ole per Vattribuzione della cittadinanza.
569- — Finché non sarà concordato un Diritto uniforme in
materia di cittadinanza, incombe alla sovranità di ciascuno Stato il
mettere la propria legislazione in armonia coi seguenti principii
del Diritto internazionale.
570. — Dovrà essere reputato contrario ai diritti dell'uomo
l'imporre la cittadinanza ad uno contro sua volontà espressa o
presunta.
Sarà considerato tale il dichiarare cittadini tutti coloro che
nascano nel territorio dello Stato.
671. — Dovrà reputarsi conforme alla volontà presunta di eia*
scuna persona l'attribuire al figlio legittimo la cittadinanza del
padre fino all'età maggiore, e fino a quando esso, con un fatto
volontario, non ne abbia acquistata un'altra dì sua elezione, e
l'attribuire al figlio naturale la cittadinanza del padre, se questi
lo abbia riconosciuto, o quella della madre se sia stato riconosciuto
soltanto da lei.
672. — Colui che sia nato nel territorio d'uno Stato da genitori
ignoti, sarà reputato cittadino dello Stato in cui ne sia avvenuta
la nascita.
Qualora però durante la minorennità il padre straniero lo abbia
legalmente riconosciuto, il figlio seguirà la condizione di lui. Se
sia riconosciuto simultaneamente dal padre e dalla madre, seguirà
a preferenza la condizione del padre.
673. — Il figlio che avrà acquistato per nascita la cittadinanza
attribuita al genitore di lui la conserverà fino all'età maggiore.
574. — Qualora il genitore perdesse la propria cittadinanza ed
acquistasse la cittadinanza straniera, il figlio non seguirà la con-
dizione di lui se non quando, giimto all'età maggiore, determinata
18 — Fiore, Dir. intem, codif.
274 Libro L - Delle persone — Parte spedale
secondo la legge della sua patria originaria, dichiarì di volere
seguire la condizione del proprio genitore.
676 -^ La donna cittadina che si mariti ad uno straniero perde
la propria cittadinanza ed acquista quella del marito.
676. — La donna maritata non avrà il diritto di mutare la cit-
tadinanza da essa acquistata col matrimonio, che quando questo
sia sciolto. Durante il matrimonio essa potrà però seguire libe-
ramente la condizione del marito, se questi acquistasse una nuova
cittadinanza.
Sarà lo stesso in caso di separazione personale.
677. — Nessuno potrà acquistare la cittadinanza d'uno Stato
mediante la naturalizzazione, se prima non abbia rinunziato alla
cittadinanza originaria e non dia la prova, in conformità della
legge dello Stato di cui era cittadino, di avere perduta la citta-
dinanza d'origine.
678. — Nessuno può rinunciare alla cittadinanza d'origine o
subire la perdita della medesima, se non quando abbia acquistata
la cittadinanza straniera, e non ne dia la prova secondo la legge
del paese straniero.
In ogni caso di dubbio la presunzione legale sarà ognora per
la conservazione della cittadinanza originaria.
Le ra^oni sulle quali ci sembrano fondate le regole sopra enunciate tro*
yansi sviluppate nelle nostre opere, cioè: Fiore, Diritto inter, privato, 3* ediz.
-(Unione tip. editrice, 1888), voi. I, Leggi civili, parte speciale, cap. III. Vedi la
traduzione francese di Charles Antoine e la traduzione spag^uola di Garcia
Moreno. Fiore, Sulle disposizioni generali delV applicazione e interpretazione
delle leggi (Napoli, Marghìeri, 1890), voL II, cap. 11, Della cittadinanza in rap-
porto alla legge personale.
Le regole a riguardo dei figli minori e della donna maritata tendono ad
escludere che lo stato di cittadinanza acquistato da essi. colla nascita o col
matrimonio possa essere mutato a volontà del padre o del marito, ed a sta-
bilire che lo status civitatis è un diritto personale, che appartiene a ciascuna
persona, e di cui essa soltanto ha diritto di disporre, quando ne abbia la
capacità.
Vedi per quello che concerne le quistioni di cittadinanza secondo il Diritto
.civile italiano: Fiore, Commento del Diritto civile italiano: Della condizione giuri-
dica delle persone (Margbieri editore, Napoli 1889), Tit. 1^ Della cittadinanza.
579. -^ Il domicilio civile non potrà valere in massima ad acqui-
stare la cittadinanza, se non*' quando sia stabilito e mantenuto
Titolo X. - Dei diruti $ doveri internazionali delVuomo *'^
senza interruzione per un tempo determinato (10 anni almeno)
da uno che abbia abbandonato la patria colla manifesta inten-
zione di non ritornarvi più.
Quantunque i rapporti, che derivano dal domicilio, e quelli che derivano dalla
cittadinanza, siano di natura diversa, pur non di meno, siccome la popolazione
effettiva di ciascun paese ò formata da coloro, che vi sono stabiliti perma-
aentemente, e che hanno in esso il centro dei propri affari e dei propri inte-
ressi, e questo fa sì che col domicilio reale vengano a stabilirsi certi legami
fra le persone domiciliate ed il Sovrano del paese, così bisogna ammettere che,
quando tale fatto sia protratto per un tempo ragionevole a far presumere la
volontà di far parte della popolazione effettiva, e d'altra parte poi colui, che
abbia stabilito il domicilio, abbia abbandonato la patria, manifestando Tinten-
zione di non farvi più ritomo, tale complesso di circostanze può . equivalere alla
tacita rinunzia della cittadinanza originaria , e. alla tacita elezione di quella
del paese, ove uno abbia fissato il suo domicilio. Questo ci sembra che si
possa ammettere se il domicilio sia mantenuto da uno straniero per dieci anni
senza alcuna dichiarazione di volersi riservare i suoi diritti come cittadino
dello Stato estero. Tale effetto non dovrebb*essere attribuito al domicilio sta-
bilito per ragioni di commercio, ma sarebbe ragionevole Tammetterlo in caso
di domicilio civile.
Vedi Fiore, Diritto intern. priv., 2* ediz., 1874, Appendice, pag. 552.
Doveri internazionali delVtiomo.
580. — Nissuno può invocare la protezione del Diritto inter-
nazionale e avvantaggiarsi del godimento e dell'esercizio dei diritti,
che secondo esso a ciascuna persona spettano, se non a con-
dizione di riconoscerne Tautorità e dì osservarne i precetti.
581. ~ Ogni persona che, navigando per l'alto mare, non
osservi le regole della navigazione, o commetta un reato che
sia qualificato tra quelli punibili secondo il Diritto internazio-
nale, sarà tenuta a risponderne in conformità del medesimo.
Tale sarà il caso di uno che navigasse senza osservare le norme
della rotta marittima, o che esercitasse la pirateria, o che dolo-
samente guastasse e distruggesse le opere destinate all'uso comune
di tutti i popoli, come i telegrafi sottomarini e gli apparati annessi,
i canali che servono alla navigazione oceanica e somiglianti opere
utili ai bisogni internazionali.
276
Libro I. ' DeUe penone — Parte speciale
Tutèla giuridica dei diritti internazimali délVuomo.
682. ^ I diritti intemazionali dell'uomo sono sotto la tutela
giuridica collettiva di tutti gli Stati civili, e l'attentato ai mede-
simi sarà considerato come una violazione del Diritto intemazio-
nale, che potrà legittimare Tingerenza di tutti gli Stati civili in
conformità delle regole stabilite in questo Libro e di quelle circa
la tutela giuridica del Diritto internazionale, che saranno stabilii e
al Libro IV.
Vedi al titolo precedente le regole che concernono il dovere d* ingresso
collettivo.
Titolo XI, ' Dti dèrmi e doveri intemazionali deUa Chiesa ^^7
TITOLO XI.
Dei diritti • doveri intemasionali
della Ohiess.
583. — Nessuna Chiesa potrà assumere la condizione giurìdica
di persona della magna civiias se non quando la sua costituzione
e la sua organizzazione attuale abbia di fatto il carattere di con-
fessione universale ed internazionale.
€k>Dfr. reg. 8M3, 36-87, 58-61.
La Chiesa è il risultato del diritto di libertà di coscienza, ohe appartiene a
eiasciis nomo, e che abitiamo detto doTer essere considerato come uno dei
diritti intemazionali di Ini. Essa però non può reputarsi esistente, se non quando
vn numero piò o meno considerevole di nomini, associati dalla fede comune,
si siano riuniti di fatto in consorzio ed abbiano formato una comunione spi-
rituale, riconoscendo spontaneamente un Capo supremo, che eserciti un^autorìtà
morale di direzione e di governo su di loro tutti credenti, o in altri termini
quando essa abbia assunto la forma di un'istituzione.
n diritto personale di libertà di coscienza spettante a ciascun uomo deve
essere protetto dal Diritto intemazionale, come ogni altro dei diritti delFuomo.
Ora conviene considerare che tale diritto sì può manifestare come sentimento
coUettivo di una considerevole molUtndine di credenti, che, riuniti dalla mede-
sima fede e riconoscendo la suprema autorità di un CSapo, chiamato a man-
tenere Tunità del dogma e della credenza, costituiscano un consorzio religioso.
Questo pare dev'essere protetto dal UiriUo intemazionale in virtù degli stessi
principii, che devono assicurare il rispetto della libertà di coscienza come
diritto individuale.
Affinchè però una Chiesa possa assumere la condizione di persona interna-
zionale, occorrono certe circostanze di fatto, così come accade rispetto alVasso-
dazione politica che intenda di assumere la condizione di Stato. Una molti-
tndme ben considerevole di credenti sparsi nelle diverse regioni del mondo:
un Papa che eserciti rispetto ad essi la suprema autorità di governo e di
disciplina: un sacerdozio che presti ad esso obbedienza, e via dicendo, sono
ekeostanse che sì devono verificare, affinchè la Chiesa possa di fktto accam-
pare il diritto di essere considerata come una persona intemazionale. Questo
non si può dire che nell'attualità si verifichi di ogni Chiesa,, ma soltanto bensì
della Chiesa cattolica romana.
Senza accettare il concetto che di essa hanno i fautori del Papato ed i Papi
stessi, e prendendola tale quale essa è, e come Dio stesso, o come i tempi, la
Iradhcione e la storia Thanno fatta, non giova disconoscere che essa solamente»
278 Libro 1. - Delle persone — ParU apeciale
a preferenza di ogni altra Chiesa, presenta Taspetto di unMstitnzione mondiale,
ammirabile per la costruzione del suo organismo, a mano a mano cementato
dall'opera di diciotto secoli e conservato dalla gerarchia la più compatta e la
più potente che mai abbia veduto il mondo.
Non puossi escludere che un'altra Chiesa, qualunque, possa acquistare di
fatto la posizione che oggi ha quella cattolica romana, e che verificandosi le
stesse circostanze possa accampare il diritto che a ciascuna Chiesa spetta, di
assumere la posizione di persona della magna cìvitae; ma oggi a noi sembra
che soltanto la Chiesa cattolica romana si trovi nella condizione d*essere repa-
tata quale persona di fronte al Diritto internazionale.
684. — La Chiesa cattolica romana può assumere neirattua-
lità la condizione di persona internazionale. Essa non può però
stabilire relazioni ed esercitare i suoi diritti intemazionali come
tale di fronte ad uno Stato, se non quando la sovranità di lui
abbia a ciò acconsentito.
Conviene avvertire attentamente che una cosa è la personalità ed un'altra
cosa è l'esercizio ed il godimento dei diritti che alla persona appartengono»
La Chiesa, in quanto è un'istituzione intemazionale, può assumere /ur« suo
la condizione di persona intemazionale, ma non può pretendere come tale di
entrare in rapporti con uno Stato e di esercitare e godere di fatto i diritti
internazionali di fronte a lui, che previo il consentimento da parte della sovra-
nità dello Stato (Conf. reg. 73 e seg.).
Libera costituzione della Chiesa.
585. — Tutti i fedeli che hanno la medesima credenza, tutto-
ché si trovino sparsi nelle diverse regioni del mondo, possono
formare un'associazione religiosa e riconoscere la suprema auto-
rità di un Capo che eserciti l'autorità spirituale a riguardo di essi
tutti, e costituirsi come Chiesa.
586. — La Chiesa, in tutto quello che concerne la sua costi-
tuzione, la sua organizzazione ed il suo governo spirituale, sarà
sottratta alla giurisdizione di qualsisia sovranità territoriale.
Tale diritto deve essere attribuito nell'attualità alla Santa
Sede e a tutte le persone che esercitano la potestà ecclesiastica
a riguardo dei fedeli, cioè al Sommo Pontefice, e a coloro ai
quali è affidato l'esercizio del potere spirituale a riguardo dei
credenti.
Titolo XL ' Dei diritti e doveri intemazionali della Chiesa ^^
687. — Viola il Diritto* internazionale ogni Stato che manometta
la libertà della CShiesa a riguardo di quanto concerne la sua orga-
nizzazione e l'esercizio di ogni autorità spirituale rispetto ai fedeli.
Libero governo della (hiem.
588. — n diritto di libertà di governo può essere attribuito al
Capo della Chiesa soltanto dentro la cerchia giuridica determi-
nata dalla natura della sua autorità e dai fini della Chiesa come
comunione spirituale.
Esso consisterà nella libera promulgazione e nella libera dif-
fusione dei principiì della credenza e della fede a coloro che spon-
taneamente intendano accettarli : nel dare liberamente precetti ai
fedeli, illustrando i principi! della credenza: nel dare le norme della
disciplina e del culto e senza mezzi coercitivi diretti o indiretti.
689. — Spetta al Capo della Chiesa il diritto di provvedere libe-
ramente a quanto concerne Talta amministrazione della medesima.
Esso potrà a tal fine comunicare con tutto il sacerdozio e le
persone addette all'esercizio delle funzioni spirituali; convocare
e celebrare ì Concilii ed i Sinodi ; esercitare nelle forme canoniche
il suo potere ecclesiastico legislativo ; comminare le censure, esclu-
dendo però ogni sanzione civile ed ogni appoggio dell'autorità
politica contro coloro che non volessero spontaneamente accet-
tare ed osservare i suoi precetti, o che preferissero di abbando-
nare la propria confessione religiosa.
É
690. — Coloro che partecipano all'alto governo della Chiesa,
e che nelle Congregazioni, nei Sinodi, nei Concilii esercitano atti
del potere spirituale, saranno a riguardo di ciò responsabili verso
il Capo della Chiesa. Essi non saranno tenuti a rispondere verso il
Capo dello Stato che nel caso contemplato dalla regola 597.
691. — Nessuna giurisdizione, però, che implichi l'esercizio delle
funzioni della sovranità politica, potrà essere attribuita al Sommo
Pontefice, neanche dentro i limiti delle località coperte dal privi*
legio delFestraterritorialità.
280 Libro I. - Delle persone — Parte speciale
692. — « Qualunque ingerenza da parte del Governo dello Stato
in tutto quello che possa concernere gli atti di alta amministra**
zìone della Chiesa sarà reputata illegale ed in opposizione coi
princìpii del Diritto internazionale.
693. — Il Sommo Pontefice sarà sottratto da qualsiasi som-
missione ai poteri ordinari dello Stato, altresì in quello che eser-
cita le funzioni di alta amministrazione relativamente ai patrimoni
da esso attribuiti alle Congregazioni e agli Uffizi da esso istituiti
per l'esercizio del potere spirituale.
694. — L'esercizio però delle funzioni amministrative connesse
col governo della Chiesa, qualora siano esplicate in maniera da
entrare nel campo del Diritto pubblico territoriale o del Diritto
privato, saranno soggette al Diritto comune vigente nello Stato,
ove tali funzioni amministrative siano esercitate.
Questa regola tende a distinguere quello che appartiene all'alto governo della
Chiesa, e che mira aUo sviluppo degrinteressi spirituali di essa, da quello che
riguarda la gestione e quanto possa occorrere per le finzioni amministrative
del governo stesso. Queste funzioni amministrative devono rimanere soggette
alle leggi delio Stato, ogni qual volta che per la natura d^le cose esse entrino
nel campo del Diritto pubblico territoriale o del Diritto privato. La indipen-
denza del governo ecclesiastico non si può dire violata se le Congregazioni
o gli organi, ai quali è affidata a modo d^esempio Tamministrazione della Santa
Sede, facendo un contratto, che dia poi luogo a controversie di Diritto privato,
siano a cagione di tale contratto assoggettati alle leggi comuni ed alle giurisdi-
zioni ordinarie. Un contratto o un qual sia rapporto di Diritto privato non
può perdere la sua natura come tale, solo perchè figuri in esso come parto
chi sia preposto al governo della Chiesa.
Inviolabilità del Capo della Chiesa.
595. *- Il Capo della Chiesa sarà indipendente e personalmente
inviolabile in quello che concerne l'esercizio della suprema auto*
rità, ch'egli ha come preposto al governo di essa, e Capo della
gerarchia e del sacerdozio.
596. -^ Nessuna sovranità potrà, senza violare la libertà inter-
nazionale della Chiesa, dichiarare responsabile il Capo di essa, o
sindacare l'uso ch'esso avesse fatto del suo potere spirituale, pro-
mulgando il dogma, la dottrina e le regole da esso suggerite come
TUolo XI. • DH dirim € dwtri inUmazionali detta CktMa S81
norma della fede e dei sentimenti dei credenti, né potrà dichia-
rare responsabili coloro che nel santuario della loro coscienza le
accettino per osservarle.
697. — L'ingerenza e l'azione del Sovrano dello Stato sarà
però giustificata se la dottrina sia promulgata per eccitare e per
spingere i credenti ad atti esteriori, che siano contrari agi' in-
teressi dello Stato ed agli ordinamenti pubblici.
Tutti coloro che in conseguenza della dottrina o del sentimento
religioso abbiano iatto atti esterni in opposizione ai diritti ed agli
interessi dello Stato, saranno tenuti a risponderne secondo le leggi
vigenti e le norme del Diritto comune.
Qnesta regola tende ad ammettere che il Capo della Chiesa dev*es9ere asso-
latamente libero ed irresponsabile di esercitare in ogni forma canonica il suo
potere, tanto circa materie dommatiche, quanto circa materie disciplinari, e
quindi anche quando esso porti gli Atti della Chiesa a conoscenza dei fedeli
che intendano spontaneamente accettarli in coscienza. Questo però può essere
detto in modo assoluto rispetto agli Atti che si riferiscono al dogma, i quali
concernono la fede e non hanno applicazioni fuori della coscienza del credente.
Non può essere Io stesso degli Atti in materia di disciplina, perchè, siccome
questi danno ai fedeli le norme delFagire, così, se Tautorità ecclesiastica mirasse
con tali Atti ad eccitare i fedeli a fare opposizione al Diritto pubblico dello
Stato ed agli ordinamenti civili e politici, questo farebbe naturalmente nascere
il diritto dello Stato di difendere so stesso contro gli attentati da parte della
potestà ecclesiastica, e di vietare anche che tali Atti fossero portati a cono-
scenza dei fedeli, inibendone la pubblicazione, oltre poi il diritto di assogget-
tare alle sanzioni penali coloro che, in conseguenza dei suggerimenti e delle
norme promulgate dalla suprema autorità ecclesiastica, avessero attentato ai
diritti dello SUto.
Diritto di rappresentanza della Chiesa.
608. — Ogni Chiesa che sia stata riconosciuta come una per«
sona della magna eiviias potrà essere rappresentata presso i Uovemi
che vi abbiano acconsentito, da coloro ai quali tale missione sia
stata affidata.
599. — II diritto di rappresentanza spettante alla Chiesa non
potrà mai essere equiparato al diritto di Legazione spettante agli
Stati, né per questo la Chiesa potrà essere reputata simile ad
uno Stato*
*°* Libro L • Delle persone — Parte speciale
Il diritto spettante al Capo della Chiesa di mantenere relazioni dirette col
Capo dello Stato, che 7i abbia acconsentito, trova il suo fondamento sui prin-
cipii di Diritto pubblico interno e su quelli del Diritto internazionale. Essendo
frequenti i rapporti tra Tautorità politica e Tautorità ecclesiastica per Teser-
cizio del culto» deiramministrazione e dello sviluppo esteriore delle funzioni
ecclesiastiche medesime, non può escludersi il diritto spettante al Sovrano di
ciascuno Stato di regolare tutto ciò d'accordo col Capo della Chiesa e di con*
eludere, quando sia il caso, anche un concordato; e non può neanche esclu-
dersi il diritto reciproco del Capo dello Stato e di quello della Chiesa di man-
tenere d'accordo gli agenti diplomatici, a fine di regolare le materie che abbiano
formato oggetto dì concordato, o sulle quali, senza avere concluso un concor-
dato, di fatto le due autorità intendano procedere d'accordo.
Tutto ciò può valere a spiegare quale esso sia il carattere vero degli agenti
(nuneù legati e simili) destinati a mantenere i buoni rapporti tra il Capo della
Chiesa e il Capo dello Stato. Si comprende come, in forza dell'indipendenza
personale spettante al Capo della Chiesa, in quello che concerne l'esercizio
della suprema autorità, debba ammettersi la indipendenza alUresì delle persone
che siano da lui delegate per rappresentarlo nell'esercizio della sua suprema
autorità presso i Governi che tali rapporti abbiano voluto stabilire. Ma in tutto
ciò non si può trovare nulla che assimili la Chiesa allo Stato nell'esercizio del
Diritto di legazione. Deve bastare il considerare che gli agenti diplomatici dello
Stato rappresentano la sovranità politica nell'esercizio delle sue funzioni politiche
nei rapporti col Governo straniero, e gli agenti diplomatici del Papa rappre-
sentano il Capo della Chiesa nell'esercizio della sua autorità spirituale in rap-
porto al Governo straniero che vi abbia acconsentito. Tanto è quindi sostanziale
la differenza tra una cosa e l'altra, quanto lo è la differenza fra Stato e Chiesa;
sovranità politica ed autorità spirituale ; funzioni politiche e poteri spirituali.
600. — Gli agenti diplomatici del Papa saranno reputati dovun-
que sotto la protezione del Diritto internazionale, per quello che
concerne il rispetto dovuto al loro carattere pubblico e la libertà
d'esercitare la loro missione.
Essi godranno in ciascuno Stato i diritti e le prerogative spet-
tanti agli agenti diplomatici, secondo il Diritto intemazionale e
secondo la legge dello Stato che voglia accettarli come tali.
Secondo l'articolo 11 della legge sulle prerogative del Sommo Pontefice, del
13 maggio 1871, è così disposto: * Gl'inviati dei Governi esteri presso Sua San-
* tità godono nel Regno di tutte le prerogative ed immunità che spettano agli
* agenti diplomatici, secondo il Diritto intemazionale.
* Alle offese contro di essi sono estese le sanzioni penali per le offese agli
* inviati delle Potenze estere presso il Governo italiano.
* Agli inviati di Sua Santità presso 1 Governi esteri sono assicurate nel ter-
* ritorio del Regno le prerogative ed immunità d'uso, secondo lo stesso Diritto,
* nel recarsi al luogo di loro missione e nel ritornare ,.
Dalla disposizione di tale articolo risulta chiaro, che non è esatto il concetto
di coloro, i quali insegnano che in forza della legge del 1871 è stato attribuito
al Papa il diritto di Legazione. Il diritto spettante al Capo della Chiesa dì
Titolo XL • Dei diritti e doveri intemazionali della Chiesa 283
mantenere relazioni dirette col Capo di uno Stato che vi abbia acconsentita
non proviene al certo dalla legge italiana, né verrebbe meno se la legge del 1871
fosse abrogata. Il mantenere relazioni col Capo della Chiesa mediante agenti
rivestiti di carattere pubblico è, rispetto allo Stato straniero che ciò voglia
fare, atto di sovranità nel campo della sua autonomia. Quello che il Governa
straniero non potrebbe pretendere si è che gli agenti da lui inviati ed accre-
ditati presso il Capo della Chiesa godessero nel Regno d^ltalia le prerogative
e le immunità che spettano agli agenti diplomatici, secondo il Diritto inter-^
nazionale. Come, d*altra parte, il Papa non potrebbe pretendere che grinviati
da lui godessero nel Regno d'Italia le stesse prerogative e le stesse immu-
nità, mentre si recano al luogo di loro missione o vi ritornano.
Questo è quanto è stato concesso coirart. 11 della mentovata legge.
Doveri iniernazionali della Chiesa.
m
601. -~ Incombe ad ogni Chiesa Tesercitare tutte le facoltà
che ad essa spettano dentro i limiti giuridici determinati dalla
natura stessa dell'istituzione, e l'agire sulle anime con mezzi
meramente spirituali, e senza entrare nel campo in cui deve eser-
citare i suoi diritti Io Stato, o attentare direttamente o indiret-
tamente alla sicurezza ed agl'interessi politici del medesimo.
602. — Incombe al Capo della Chiesa ed alle autorità che eser*
citano le funzioni di governo da esso delegate di astenersi dallo
adoperare qualunque mezzo esterno coercitivo, diretto o indiretto,
per regolare e mantenere la disciplina, e di astenersi altresì dal-
l'invocare ogni sanzione civile e qual si sìa forma di appoggio
da parte dell'autorità politica, per quanto concerne le materie
dommatiche e le materie disciplinari.
603. — Viola il Diritto intemazionale ed il diritto di libertà di
coscienza spettante a ciascun uomo l'autorità ecclesiastica, la quale
eserciti i suoi poteri e le sue funzioni coll'appoggio dell'autorità
politica, anche quando questo sia prestalo in conseguenza di previ!
accordi tra le due autorità.
li dazioni della Chiesa collo Sfato.
604. — La Chiesa cattolica romana, di fronte al Diritto pub-
blico di ciascuno Stato, dovrà essere reputata nella medesima
284 Libro I. - Delle persone — Parte speciale)
posizione giuridica di ogni altra confessione religiosa^ e non potrà
pretendere alcun privilegio né prerogative speciali, ma solo il godi-
mento dei diritti internazionali che possono ad essa spettare nel-
Tattualità, avuto riguardo alle speciali circostanze storiche e di
fatto , nelle quali essa effettivamente si trova a confronto delle
altre confessioni religiose.
Incombe a ciascuno Stato il regolare, mediante il Diritto pub-
blico interno, la condizione giuridica delle Chiese, in maniera da
non offendere i diritti che ad ognuna di esse spettano, a seconda
del Diritto internazionale (vedi reg. 32-33, 36-37, 58-61).
605. — Ogni Chiesa, per quello che concerne lo sviluppo este-
riore delle sue funzioni ed il culto, sarà soggetta alle leggi dello
Stato in cui tali funzioni esteriori e tale culto saranno esercitati,
ed i rapporti di essa colla sovranità dello Stato saranno repu-
tati nel dominio esclusivo del Diritto pubblico intemo.
606. — La Chiesa cattolica non potrà pretendere di essere con-
siderata come persona giuridica ed esercitare i diritti civili che
a questa competono, se non quando la personalità giuridica sia
stata ad essa attribuita e riconosciuta dal Sovrano dello Stato.
607. -^ Spetta altresì alla sovranità di ciascuno Stato il diritto
di riconoscere o negare la personalità- giuridica delle Associazioni
ecclesiastiche e delle Corporazioni religiose.
608. — Ciascuno Stato deve tutelare la piena libertà delle auto-
rità ecclesiastiche nell'adempimento di tutte le funzioni del loro
ministero ecclesiastico circa le materie dommatiche, Tamministra-
zione dei sacramenti, la promulgazione della dottrina ecclesiastica,
sempre che tali atti siano compiuti senza ledere i diritti dello
Stato e il diritto di libertà di coscienza che a ciascuna persona
spetta.
Incombe però al Capo della Chiesa il riconoscere le leggi di
ciascuno Stato riguardo all'esercizio delle funzioni di governo,
in quello che tali funzioni implichino nel loro esercizio atti este-
riori, ed in quello altresì che concerna l'esercizio esteriore del culto.
609. — Ciascuno Stato sarà tenuto ad abolire le leggi che restrin-
gano indebitamente la libertà della Chiesa neiresercizio ddle fun-
TUolo XL - Dei diritti e doveri intemazionali della Chiesa ^^5
zionì ecclesiastiche, o che ammettano la ingerenza deirautorità
politica nel governo spirituale della medesima.
Questa regola tende a stabilire la separazione completa delle finzioni della
sovranità politica da quelle che spettano al Capo della Chiesa, e ad escludere
conseguentemente F ingerenza del potere politico riguardo air esercizio del
potere spirituale.
610. — Le norme per determinare la condÌ£Ìone giuridica della
CSiiesa per quello che concerne l'esercizio de' suoi diritti e do-
yeri in ciascuno Stato potranno formare oggetto di concordato
concluso tra TI Capo della Chiesa ed il Sovrano dello Stato, a
norma deUa legge costituzionale di questo.
611. — n concordato non è un trattato intemazionale concluso
ti*a Stato e Stato, ma dovrà essere riguardato come legge di
Diritto pubblico interno. Però, se mediante esso i diritti inter-
nazionali della Chiesa fossero stati determinati e riconosciuti, e
cessato poi dall'essere esso in vigore i diritti suddetti fossero vio*
lati, spetterebbe alla Chiesa d'invocare la protezione del Diritto
intemazionale^ a fine di ottenere il rispetto dei diritti internazionali
che ad essa spettano indipendentemente da trattati e da concordati.
Tutela giuridica dei diritti
e doveri internazionali della Chiesa.
612. — I diritti ed i doveri intemazionali della Chiesa saranno
considerati, al pari di tutti i diritti spettanti alle persone della
società intemazionale, sotto la garanzia collettiva di tutti gli Stati
che vivono in società di fatto, e resteranno sommessi alle regole
circa r ingerenza collettiva e a quelle circa la tutela giuridica dei
diritti internazionali, che saranno esposte in seguito.
613. — Alla tutela della dignità del Capo della Chiesa ed al
rispetto ad esso dovuto in considerazione della sua alta autorità,
sarà provveduto in conformità della legge intema di ciascuno Stato,
Le regole che sono state da noi proposte in questo titolo, prese nel loro
complesso, mirano a stabilire la posizione internazionale della Chiesa, avuto
riguardo ai prìncipii giuridici che la concernono come istituzione che esiste
*^ Libro L ' Delle persone — Parte apeciaìe
dì per 8Ò ed indipendeQtemente dal Diritto territoriale, e la posizione dello
Stato che neiresplicamento de* suoi diritti e delle sue potestà territoriali si
trova inevitabilmente in rapporto còlla Chiesa.
Posto il concetto da cui siamo partiti, che cioè il carattere sostanziale de' a
persona {subjectutn juris) sia Tìndividualità jure suo delFessere intelligente e
libero, e che il carattere distintivo del suhjectum juris di fronte al Diritto inter-
nazionale sia rindividualità jure suo ed una sfera giuridica non ristretta in
limiti territoriali, non potevamo fare a meno di ammettere che il consorzio
religioso, quando acquisti la propria individuala à in forza dell'unità della fede,
della disciplina e del culto sotto la suprema autorità di un Capo, e che inoltre
assuma come tale la posizione d^istituzione internazionale, debba essere reputato
persona di fronte al Diritto internazionale.
Ora giova avvertire che ad ogni persona spettano i propri diritti naturali,
quelli cioè che gli competono, avuto riguardo alla sua natura ed alla sua fina-
lità. Il legislatore austriaco riconosce che Tuomo ha diritti naturali perchè è
persona (art. 16, Cod. civ.). Noi abbiamo quindi cercato di determinare quali
siano i diritti naturali della Chiesa come persona internazionale e quali siano
i diritti dello Stato ne* suoi rapporti colla Chiesa, che, come associazione e
4some istituzione, nello sviluppo delle sue funzioni viene in contatto colla sovra-
nità territoriale e con le leggi territoriali.
Soltanto determinando accuratamente la cerchia giuridica delPuna e dell'altra
Individualità, Stato e Chiesa, ed i diritti che a ciascuna di esse competono,
secondo la sua natura e la sua finalità, puossi risolvere la questione tanto
complicata dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa e quella veramente difP.col-
tosa e delicata della posizione giuridica internazionale deUa Chiesa cattolica
romana.
Noi ci siamo proposti di escogitare un sistema che renda possibile di risol-
vere razionalmente la cosi detta questione romana, e quella dei rapporti tra
Stato e Chiesa.
Non potendo disconoscere il fatto storico, che cioè la Chiesa cattolica romana
abbia nell'attualità la posizione d'istituzione internazionale, né potendo con-
testare il diritto che certamente le spetta di essere autonoma ed indipendente
in tutto quello che la concerne come istituzione spirituale, e libera in tutti
gli atti di governo rispetto ai fedeli sparsi nelle diverse regioni del mondo,
•abbiamo ammesso ch'essa possa assumere la condizione di persona interna-
zionale, quantunque non sia uno Stato. Dato il falso supposto che lo Stato
soltanto debba essere reputato persona internazionale, i fautori del Papato e
ì Papi stessi hanno accampato la loro pretesa al cosi detto Potere temporale,
adducendo che, se lo Stato soltanto potesse assumere la condizione di persona
internazionale, la Chiesa dovrebbe essere uno Stato per poterla assumere.
Avendo invece ammesso e dimostrato che la Chiesa può assumere la condi-
zione di persona internazionale, quantunque essa non sia uno Stato, ed avendo
determinato i diritti internazionali che le spettano come istituzione interna-
zionale (dentro i limiti però della sua natura come istituzione spirituale, e
della sua finalità morale), cade del tutto ogni pretesa di potere politico e
temporale.
L'autonomia dello Stato, d'altra parte, nell'esplicamento delle sue potestà
rispetto ad ogni forma di associazione, non può venire limitata riguardo alle
Chiese che esistono nello Stato (non esclusa la Cattolica romana) in quello
che esse nello sviluppo delle luru funzioni e neiresercìzio del culto vengano
Titolo XI. - Dei diritti e doveri internazionali della Chiesa ^^
In contatto colla legge territoriale. Tutto si concilia ed ogni dissenso resta
eliminato ritenendo sempre come certo e fermo che ciascuna delle due isti-
Inzioni dev^essere autonoma, libera ed indipendente neiresplicarsi nella propria
cerchia giuridica, e che conseguentemente Tautonomia dello Stato dev^essere
ognora saldamente mantenuta in tutto quello che concerne la conservazione
e la tutela degrinteressi pubblici e degFinteressi politici, ma che deve non per
tanto trovare un limite nel rispetto dovuto ai diritti naturali della Chiesa. Se tali
diritti fossero determinati e stabiliti mediante una solenne dichiarazione fatta in
Congresso, ogni controversia sarebbe eliminata in massima, dovendosi ritenere
Tautonomia dello Stato di fronte alla Chiesa, sotto la condizione ch'esso non
entri neUa cerchia giuridica della Chiesa e non attenti a quelli che sarebbero
dichiarati diritti intemazionali deUa medesima. Come d'altra parte la libertà
e rindìpendenza della Chiesa consisterebbero nel godimento dei diritti interna-
zionali ad essa spettanti e riconosciuti e dichiarati tali in Congresso. Per tutto
il resto dovrebbe ammettersi il suo assoggettamento alla sovranità ed al Diritto
territoriale.
Resterebbe peraltro la difficoltà che può nascere nel caso di conflitto tra
le due istituzioni, quando Tuna affermi che Taltra sia entrata nella propria
cerchia giuridica, e questa ci pare una delle controversie che evidentemente
andrebbe risoluta coi mezzi pacifici, quali sono i buoni uffici, o la mediazione
di Potenze amiche, e da ultimo coll'arbitrato, o dalla Conferenza, come spie-
gheremo al Libro IV.
Titolo l. - Regole generali 289
LIBRO n.
DELLE OBBLIGAZIONI INTERNAZIONALI
TITOLO I.
"Regole generali e fondamentali.
614. — Le obbligazioni internazionali intercedono tra Stato e
Stato e derivano dai trattati, dagli Atti {cartello^ manifesti, dichiara^
2?ton», ecc.) e dai fatti che implichino effetti e rapporti intemazionali,
volontariamente posti in essere da chi eserciti il potere sovrano*
615. — Gli Stati possono, mediante il loro consenso espressa
o tacito, assumere l'impegno Tuno verso dell'altro di dare, di
fare, o di non fare qualche cosa: regolare o limitare l'esercizio
dei loro diritti rispettivi : risolvere o modificare gl'impegni prece-
dentemente assunti.
616. — Ogni obbligazione assunta da uno Stato verso dell'altro
fa nascere da parte di colui, a favore del quale l'impegno sus*
siste, il diritto personale di esigerne l'adempimento.
Le regole proposte mirano a stabilire la natura ed il carattere vero del-
Tobbligazione intemazionale ed a determinare qnale sia il soggetto deirobbli-
gazione stessa.
L*obbligazione internazionale, a differenza di quella che può sussistere nel
campo delle materie cìtìIì e commerciali tra privati, è per la sua natura e
pella sua materia nn*obbligazione di Diritto pubblico, la quale, da che faccia
nascere impegni e diritti di natura patrimoniale, sia che miri a regolare o
limitare Tesercizio dei rispettivi diritti sovrani, implica ognora un impegno
assunto dallo Stato, come persona, verso uno o più Stati, coi quali egli si trovi
in relazione nella società intemazionale.
Crimpegni di natura patrimoniale affettano infatti la vita economica e glMn-
teressi finanziari dello Stato, in quanto è persona, e non gravano al certo i
singoli individui, dai quali lo Stato è formato, ma la comunione polìtica con-
siderata nella sua individualità come imiversHas, e quod dehet universUoè sin-
gtUi non dthent^ e quid univeraitati debetur, singulia non debetur.
Dal che consegue che il soggetto proprio deirobbligazione internazionale
19 — Fiour-, Dir. intern. codif.
290 Libro IL - Delle obbligazioni
anche qnandcv essa consista neirimpegno di darei di fare o di non fare, non
può essere che lo Stato.
Lo stesso va detto delle obbligazioni, che possono conseguire dai fatti che
implichino effetti e rapporti internazionali, perchè riesce evidente, che lo Stato
soltanto come univeraitas può assumere la responsabilità derivante dall'eser-
cizio dei poteri sovrani nei rapporti internazionali.
Le obbligazioni poi che mirino a regolare o limitare l'esercizio dei rispettivi
diritti sovrani non possono essere assunte che dagli Stati. Questi soltanto
mediante l'accordo reciproco possono stabilire le regole particolari dei loro
rapporti rispettivi, ed impegnarsi a subordinare i loro atti alle norme giurì-
diche particolari mediante l'accordo stabilite, così come mediante l'accordo
comune gli Stati possono riconoscere la forza obbligatoria di una data regola
giuridica attribuendole l'autorìtà di legge comune.
Da tutto ciò riesce evidente, che lo Stato soltanto può assumere un'obbli-
gazione internazionale, e che conseguentemente esso soltanto può reputarsi
soggetto capace di obbligarsi internazionalmente.
Uno degli argomenti addotti da coloro, che hanno sostenuto tenacemente
l'aforisma che lo Stato soltanto può essere reputato soggetto di Diritto inter-
nazionale, si è stato questo, che cioè lo Stato soltanto può stipulare un trattato,
ma tale argomento può giovare ben poco al loro assunto se si consideri
che la capacità di ciascuno è determinata daila sua condizione giuridica. Am-
mettiamo anche noi che lo Stato soltanto possa assumere una vera e propria
obbligazione intemazionale, ma ciò non disdice tutto quello che abbiamo
esposto nel Libro I a riguardo delle persone e degli enti soggetti al Diritto
internazionale, si spiega invece colla semplice ed ovvia considerazione,
<:he egli soltanto può ritenersi a ciò capace. Giova infatti ripetere, che la
capacità giuridica di ciascuno dipende sostanzialmente dalla sua condizione
giuridica, e tener sempre presente che avendo noi ammesso che l'uomo e la
Chiesa sono persone della società internazionale, abbiamo non per tanto
sempre mantenuto, che la condizione giuridica di ciascheduno di essi è sostan-
zialmente diversa da quella dello Stato. Deve conseguentemente riuscire evidente
che sostanzialmente diversa debba essere altresì la capacità. E questo spiega
perchè lo Stato soltanto può stipulare un trattato. Egli soltanto è capace di assu-
mere obbligazioni internazionali, perchè l'obbligazione internazionale avendo
di per sé la natura sostanziale di obbligazione politica e pubblica non può
essere assunta che dallo Stato, che è un'istituzione politica e pubblica ; per
lo che noi pure riteniamo in massima che lo Stato soltanto può essere soggetto
capace di obbligazioni internazionali.
617. — La base di ogni obbligazione positiva assunta da uno
Stato verso dell'altro è il consenso espresso o tacito*
La proposta regola bisogna intenderla nel senso che mediante il reciproco
consenso gli Stati possono attribuire autorità di legge alle norme concordate,
e non già che il consenso reciproco possa bastare per creare quale si sia
obbligazione. 11 potere sovrano, quanto al creare col consenso un'obbligazione,
trova il limite principale della materia lecita, e dei requisiti sostanziali per
la validità del consenso. (Vedi reg. 641 e seg,)
618. — Due o più Stati, i quali con parole o atti equivalenti
alle parole abbiano manifestato l'accordo delle loro volontà di
Titolo L • Btgde generali 291
assumere certe obbligazioni reciproche, che stabiliscano o modi-
fichino i loro diritti rispettiyiy o che regolino, o sciolgano, o limi-
tino un rapporto giuridico relativo ad oggetti, che possano essere
materia lecita di convenzione, devono ritenersi reciprocamente
obbligati in forza del loro consenso espressamente manifestato.
619. — Ogni Stato, che ne' suoi mutui rapporti con un altro
abbia volontariamente osservato una norma costante di condotta
risultante da una serie di atti non equivoci, uniformi, notori,
continui e non contrari al Diritto internazionale, dovrà ritenersi
obbligato in forza di tacito consenso ad osservare la stessa norma
di condotta, fino a tanto che non abbia espressamente dichia-
rato di non volere per l'avvenire continuare ad osservarla, o che
non vengano a verificarsi avvenimenti tali che ne impediscano la
osservanza.
620. — Nessuna obbligazione consensuale sarà reputata efficace
se essa sia opposta o in contraddizione con una regola di Diriilo
comune internazionale.
621. — Ogni Stato, che sia tenuto a rispondere verso un altro
Stato degli effetti, delle conseguenze internazionali e del danni
cagionati nell'esercizio dei poteri sovrani, sarà reputato a ciò
senz'altro legalmente obbligato.
Natura diversa delle obbligazioni.
622. — Le obbligazioni consensuali fra gli Stati sono bilaterali
o unilaterali.
Le prime sono quelle colle quali le parti contraenti si obbli-
gano reciprocamente le une verso le altre.
L'obbligazione unilaterale è quella assunta da uno Stato, che
si obblighi verso uno o più Stati, senza che^ questi assumano
un'obbligazione corrispettiva verso di lui.
623. — Le obbligazioni assunte dagli Stati si possono general-
mente distinguere in
a) positive e negative;
292 Libro IL • Delle óbbligaziom
h) semplici e condizionali;
e) congiuntive o alternative;
d) principali ed accessorie;
e) determinate, alternative, facoltative;
f) divisibili ed indivisibili;
g) a tempo determinato ed indeterminato.
624. — Il contenuto di ciascuna obbligazione, avuto riguardo
alla sua natura, dovrà essere determinato a norma dei principii
generali del Diritto comune e del Diritto naturale, tanto però
quanto sia ammissibile Tassimilazione fra le obbligazioni assunte
dai privati e quelle assunte dagli Stati.
Quantunque i principii generali del Diritto comune e del Diritto naturale
relativi alle obbligazioni consensuali, alia loro natura ed alle conseguenze che ne
derivano, non possono essere sostanzialmente diversi quando si tratti di obbli-
gazioni assunte dagli Stati, pur non di meno sarebbe un manifesto errore
l'ammettere un*assimilazione completa tra le obbligazioni civili e le obbliga-
zioni internazionali.
*" Quoique les principes générauz, dice Ortolan, qui les régissent, soient les
* mèmes, les États, grandes agglomérations coUectìves, diffèrent trop des par-
^ ticuliers, simples individua, dans leur nature, dans leur mode de résolutìon
' et d'action, dans leur intérèts, et dans les choses qui font Tobjet de cet
** intérét, pour qu'on puisse tirer de ces règles générales les mémes consé-
'^ quences de détail et d'application à Tégard des unes, qu'à Tégard des autrea
* de ces conventions. , Diplomatie de la mer, liv. i, chap. y, p. 82.
TUolo IL - DH Trattati e dei requisiti per la loro validità ^3
TITOLO n.
Dei Trattati é dei requisiti per la loro validità.
Dei Trattati in generale.
625. — Ogni convenzione fra due o più Stati, compilata in
iscritto e fatta con Io scopo di creare in virtù di essa un'obbli*
gazìone, o di risolverne una già preesistente, o di modificarla^
denominasi Trattato.
626. — I trattati possono essere distinti in noìninati ed inno^
minati.
I primi sono quelli i quali, secondo il Diritto internazionale,
sono indicati con un nome particolare desunto dall'oggetto che
formi materia dell'accordo. Tali s<hio ì trattati di commercio, di
cessione territoriale, di estradizione e simili.
I trattali innominati sono quelli conclusi a riguardo d'oggetti
diversi e che non hanno un nome proprio, ma che nonpertanto
concernono certi interessi politici, o certi interessi sociali degli
Stati. Essi sono denominati più comunemente convenzioni.
627. — Qualunque sia la denominazione data all'atto fatto in
iscrìttura dalla sovranità dello Stato per dichiarare la sua volontà
dì obbligarsi, dovrà reputarsi sussistente l'obbligazione interna-
zionale con tutti i suoi effetti, ogni qual volta che non manchino
all'atto i requisiti sostanziali per la sua validità.
Nella pratica gli atti fatti in iscrittnra che contengono i patti interceduti e
stipulati fra due o più Stati sono denominati talvolta trattati, tal'altra con-
venzioni, dichiarazioni, cartelli, accordo, protocollo e simili. Tale diversa
denominazione per altro non muta la sostanza della cosa, perchè la volontà
di obbligarsi può essere dichiarata in iscrìtto, denominando Tatto nell'una o
nell'altra maniera. Secondo l'usanza più comune si è riservata la denomina-
zione di trattato agli atti più importanti, quali sono ad esempio quelli relativi
al commercio edalla navigazione; quella di convenzione agli atti meno impor-
tanti, come ad esempio per la pubblicazione delle tariffe doganali per lo
294 Libro IL • Delle òbbligimoni
scambio dei pacchi postali, per regolare il trasporto delle merci in ferrovia,
e via dicendo. Si sono poi denominate dichiarazioni o semplicemente accordi
i patti relativi ad oggetti singolari, come ad esempio per stabilire d'accordo
rinterpretazione di qualche articolo di un trattato, per assumere Timpegno
di comunicarsi certi atti (atti di censimento, atti di stato civile, servizio
d*informazione).
Requisiti per la validità di un Trattato.
628. — I requisiti necessari per la validità di ogni trattalo sono:
a) la capacità delle parti;
b) il consenso reciproco legalmente espresso;
e) l'oggetto lecito e possibile, secondo i principii del Diritto
internazionale.
Vedi la mia opera Trattato di Dir, intern. pubhlieOf 3' ed., voi. ii. Condizioni
intrinseche per la validità di un trattato, pag. 273 e seg.
Della capacità per concludente un Trattato.
629. — Ogni Stato, che abbia il godimento dei diritti di sovra-
nità, dovrà ritenersi capace in massima a concludere un trattato,
ad assumere mediante esso obbligazioni giuridiche verso l'altra
parte contraente, o ad acquistare diritti rispetto alla medesima,
salvo però la limitazione fissata alla regola 620.
La capacità potrà spettare inoltre a quelle associazioni alle quali
sìa stata attribuita la personalità internazionale {Confr, reg. 38), nei
limiti però del fine e dello scopo, pei quali la personalità fu rico-
nosciuta e fino a tanto che questa non debba ritenersi estinta.
L* Associazione internazionale del Congo, alla quale fu attribuita la personalità
internazionale limitatamente al fine pel quale essa era stata formalmente rico-
nosciuta, fu reputata capace di concludere trattati e ne concluse parecchi e uno
coiritalia il 19 dicembre 1884.
L^associazione doganale degli Stati della Germania, denominata ZoUvereiVf
potè pure concludere e concluse in proprio nome parecchi trattati, fino a
tanto che non venne a perdere la sua personalità internazionale colla costi-
tuzione dell'Impero germanico.
630. — La capacità a concludere un trattato dovrà essere attri-
buita altresì a quegli Stati, ai quali non spetti integralmente la
Titolo IL ' Dei TraUati e dei requisiti per la laro validità ^^
personalità intemazionale, purché la facoltà di concludere patti
relativi ad oggetti di loro particolare interesse sia riservata ad
essi, secondo la legge costituzionale della loro unione (dato che
si tratti di diversi Stati particolari che abbiano formato uno Stato
composto o federativo), o purché siano osservate le condizioni
stabilite col trattato che regoli i rapporti di essi con lo Stato, a
cui siano uniti col vincolo del protettorato o della soggezione.
La capacità a concludere trattati potrà ammettersi nell'uno e
nell'altro caso, soltanto dentro i limiti fissati dal patto costitu-
zionale, o dal trattato.
Un esempio della limitazione della capacità a concludere trattati imposta
allo Stato tribntario ci vien dato dal trattato di Berlino del 13 luglio 1878.
L'art. 8 dispone che i trattati di commercio e di navigazione, come pure le
convenzioni ed accordi conclusi tra le Potenze straniere e la Porta, in vigore,
continueranno ad essere applicati nel Principato di Bulgaria e che nessun
mutamento potrà essere apportato ad essi rispetto ad alcun^altra Potenza senza
il previo consentimento della Porta. Lo stesso trovasi stabilito all'articolo 20
per la Romelia orientale. B Montenegro invece, la Serbia e la Romaica, essendo
stati affrancati dalla loro dipendenza alla Porta, sono capaci oggi di conclu-
dere trattati come tutti gli Stati che hanno il pieno godimento dei diritti di
sovranità.
Delle persone competenti a concludere un Trattato.
631. — Dovranno ritenersi competenti a concludere un trattato
in nome dello Stato le persone soltanto che hanno diritto di rap-
presentarlo e di esercitare il potere sovrano, e che, secondo le
leggi costituzionali, sieno reputate capaci ad acconsentire a che
il trattato istesso sia definitivamente stipulato.
632. — Qualora, secondo la legge costituzionale di uno Stato,
sia attribuita al capo del potere esecutivo la facoltà di negoziare
ì trattati, riservando ad un altro corpo dello Stato di acconsen*
tire alla loro conclusione definitiva, converrà attenersi alle norme
sancite secondo la costituzione per determinare la competenza a
concluderli definitivamente.
Secondo la costituzione dell' Impero tedesco, art. 11, T Imperatore rappre-
SMita rimpero nelle relazioni intemazionali, dichiara la guerra e fa la pace
296 Libro IL - Delle obbligazioni
in nome delllmpero, conclude le alleanze e le altre conyenzioni cogli Stati
stranieri. Se però i trattati cogli Stati stranieri si riferiscono ad oggetti che,
secondo Tart 4, appartengono al dominio della legislazione dell*Impero, il con*
senso del Consiglio federale è necessario per la loro conclusione e Fapproya-
zione del Reichstag per la loro validità.
L^art. 4 menziona le materie che concernono la nazionalità, lo stabilimento
e la polizia degli stranieri, la legislazione delle dogane e del commercio, ecc.
Riesce chiaro che, in forza del mentovato art. 11, Tlmperatore non ha la
capacità per consentire la conclusione dei trattati di commercio, di dogana e
deUe altre materie specificate aU*articolo 4. Vedi nella mia Opera Diritto ink
pubblico altri particolari al § t019.
633. — I plenipotenziari, i ministri e gli agenti diplomatici, dele*
gati a rappresentare lo. Stato nel concludere un trattato, devono
ritenersi competenti, ogni qual volta che essi abbiano negoziato
in virtù del pieno potere ufficiale legalmente ad essi conferito e
notificato e dentro ì limiti giuridici del potere stesso, subor-
dinatamente però alla competenza della persona stessa che delegò
il potere, tenendo fermo quello che è detto nella regola precedente.
/ Della ratifica del Trattato.
634. — La ratifica dovrà ritenersi indispensabile a rendere il
trattato definitivo ogni qualvolta che sia stata stabilita come con-
dizione dai plenipotenziari, quando il trattato fu da essi negoziato
e concluso, o quando sia prescritta secondo la legge costituzio-
nale dello Stato, a fine di rendere il trattato obbligatorio per
lo Stato stesso.
Sì nell'uno che nell'altro caso il trattato non potrà ritenersi
giuridicamente perfetto che dal momento in cui sia stato legal-
mente ratificato.
Secondo la legge costituzionale di alcuni Stati è disposto che il Sovrano
può concludere i trattati, ma che alcuni di essi (come sono ad esempio, secondo
la costituzione italiana, quelli che importano onere alla finanza o variazioni
del territorio dello Stato) non diventano effettivi se non dopo ottenuto Tassenso
delle Camere legislative.
Rispetto ad altri trattati è attribuito al Capo supremo delio Stato la facoltà
di concluderli, imponendogli l'obbligo soltanto di darne notizia alle Camere,
quando Tinteresse e la sicurezza dello Stato stesso il permettano (Vedi S$a»
luto italiano, art. 5).
TUolo IL - Dei Trattati e dei reguisUi per la loro validità ^7
Riesce «evideate che, Tapprovazione delle Camere legislative per i trattati
della prima categoria essendo richiesta per renderli definitivi, essi non pos-
sono acquistare esistenza giuridica nei rapporti intemazionali e dar luogo alla
obbligazione giuridica tra Stato e Stato, che a cominciare dal momento in
cui le CSamere legislative vi abbiano acconsentito e li abbiano approvati.
Rispetto ai trattati dell'altra categoria, potendo il Sovrano come Capo supremo
dello Stato concluderli senz'altro, è naturale ch'esso possa delegare tale facoltà
ad un plenipotenziario, munito del pieno potere di concluderli definitivamente,
indipendente da ogni ratifica da parte di lui come Sovrano. L'obbligo di darne
comunicazione alle Camere, dato pure che fosse imposto secondo la Costitu-
zione dello Stato, dovrebbe riguardarsi senza dubbio come questione di Diritto
pubblico intemo, e la mancanza di tale formalità potrebbe al certo avere una
influenza riguardo al rendere il trattato legge dello Stato, nel senso cioè che,
mancando la richiesta formalità della notizia data alle Camere, verrebbe
a mancare la forma essenziale di pubblicità richiesta secondo lo Statuto, affin-
chè il trattato concluso dal Capo dello Stato avesse, rispetto a tutti, l'auto-
rità dì legge, n trattato però, sotto il rispetto delle obblig^izioni inlernazionali
assunte, dovrebbe ritenersi definitivo e perfetto, indipendentemente dalla notizia
datane alle Camere legislative. — Dobbiamo inoltre avvertire che il trattato con-
cluso da un plenipotenziario (intendendo sempre parlare dei trattati della seconda
categoria) dovrebbe in massima ritenersi definitivo e perfetto dal giorno in cui
fu sottoscritto in base ai pieni poteri conferiti dal Sovrano senza alcuna riserva
di ratifica, dato che tale riserva non sia stata fatta dai plenipotenziari che
abbiano concluso il trattato. La ragione è perchè, quando i rappresentanti degli
Stati contraenti, avendo il pieno potere officiale, abbiano concluso il trattato
entro i limiti di tale potere ed abbiano sottoscritto il protocollo definitivo, tale
atto solenne deve ritenersi perfetto ed idoneo ad obbligare definitivamente le
parti contraenti, in nome delle quali i plenipotenziari negoziarono e conclu-
sero il trattato. Volendosi diversamente subordinare tutto alla condizione
della ratifica, bisogna stipulare espressamente tale riserva nel protocollo.
635. — Qualora la persona delegata a rappresentare lo Stato
nel concludere un trattato avesse sottoscritto il protocollo defi-
nitivo senza alcuna riserva di ratifica od approvazione dei corpi
rappresentativi, e l'assenso da parte di questi fosse indispensa-
bile, secondo la legge costituzionale dello Stato contraente, il
trattato dovrà ritenersi assolutamente inefficace a riguardo dello
Stato, dato che i corpi rappresentativi abbiano rifiutato d'appro-
varlo o ratificarlo.
636. — Qualora l'approvazione per parte delle Camere legisla-
tive non fosse richiesta secondo la legge costituzionale dello Stato,
ma il Sovrano di questo nel conferire al plenipotenziario il pieno
potere per concludere il trattato avesse imposto a lui, colle istru-
zioni segrete, dì concludere sotto la condizione sospensiva della
ratifica, ed il plenipotenziario non avesse tenuto conto di tali
298 Libro IL . Delle oMigazianiì
istruzioni ed avesse invece sottoscritto il protocollo definitivo, il
trattato cosi sottoscritto dovrà ritenersi definitivo ed obbligatorio
senz'altro per lo Stato rappresentato. Il plenipotenziario potrà
esser tenuto a rispondere dinanzi al Governo e punito secondo
le leggi dello Stato per Tinosservanza delle istruzioni segrete, ma
la violazione di queste non potrà influire sull'esistenza e validità
dell'obbligazione internazionale.
Del consenso richiesto per la validità (Vun Trattato,
637. — I trattati conclusi tra gli Stati devono essere libera-
mente consentiti.
Non sarà valido il consenso, se sia stato dato per errore, estorto
con violenza, o carpito con dolo.
638. — Non potrà ritenersi mancante la libertà di consenso,
qualora il trattato sia stato acconsentito sotto l'impero della forza
nemica che abbia occupato una parte del territorio, minacciando
più gravi rovine se le condizioni proposte non fossero. state ac-
cettate.
Ponendo questo principio in massima, non intendiamo di sostenere che qual-
siasi condizione imposta dal vincitore al vinto, e accettata mediante trattato,
debba ritenersi liberamente consentita e valido 11 consenso prestato. Bisognerà
a questo riguardo tener presenti le regole che concernono i trattati di pace,
e quello che può formare materia lecita di convenzione tra il vincitore ed il
vinto. Diciamo nonpertanto che qualora la parte cui spettasse il diritto di
adoperare le forze militari, avesse occupato il territorio del nemico per costrìn-
gerlo, suo malgrado, a riconoscere un diritto controverso, o a riparare una
offesa, e imponesse con tale intendimento al vinto di sottoscrivere il trattato,
la circostanza deiravere questi acconsentito solo per evitare maggiori rovine,
non può essere di per sé stessa una ragione sufficiente onde ridurre al nulla
il trattato sottoscritto, adducendo di essere mancata da parte di lui vìnto la
piena libertà del consenso al momento in cui lo sottoscrisse.
639. — La violenza usata da una parte contro l'altra che sotto-
scrisse il trattato sarà causa di nullità, soltanto quando vi sia stata
vera violenza fisica, ossia quando la persona che abbia sottoscritto
il trattato sia stata a ciò costretta con atti esteriori, che le abbiano
tolto la libertà ed il tranquillo giudicare.
TiMo IL - Dei Trattati e dei requisiti per la loro validità 299
Tale- sarebbe il caso di nn trattato sottoscritto da un Sovrano caduto in
potere del nemico, e costretto a sottoscriverlo con violenze personali, o con
mezzi idonei ad incutere ragionevole timore.
640. — Il dolo potrà essere reputato causa di nullità del ti*at-
tato, soltanto quando i raggiri usati dall'altra parte contraente
sieno stati tali da indurre la parte opposta in errore a riguardo
di quello che formava oggetto della stipulazione.
Questa regola può trovare la sua applicazione solo nei casi di trattati sotto-
lerìtti da un plenipotenziario munito di pieno potere assoluto, e con facoltà
di eonclndere senza la condizione della ratifica. I raggiri diplomatici usati da
nna parte, anche quando fossero tali che Taltra senza di essi non avrebbe
sottoscritto il trattato, non potrebbero essere di per sé stessi causa di nullità.
Le regole di Diritto civile relative alla validità delle obbligazioni ed ai vizi
del consenso, non possono applicarsi in tutto ai trattati internazionali, i quali,
benché sieno convenzioni consensuali, non possono essere assoggettati alle
stesse regole delle convenzioni consensuali tra privati, essendo che grinteressi
generali dell'umanità esigano che i trattati sieno rispettati, e che le regole che
concernono la violenza, i raggiri e Terrore, come cause che viziano il con-
senso nei contratti tra privati, debbano subire importanti modificazioni nel
caso di convenzioni intemazionali concluse tra gli Stati.
Matma lecita.
641. — Nessuno Stato può in virtù di un trattato obbligarsi
a fare quello cbe sia contro il Diritto Internazionale positivo, o
contro ì precetti della morale e della giustizia universale.
Nessuno Stato può con trattato rinunciare in modo assoluto
a' suoi diritti fondamentali enumerati alla regola 54.
642. — Dovrà ritenersi materia lecita di contrattazione tra gli
Stati, soltanto quello che concerne gTinteressi pubblici dello Stato^
e che, secondo i principi! del Diritto comune, può essere reputato
nel potere convenzionale delle parti contraenti.
643. — Non potrà formare oggetto di patto tra due Stati la
lesione dei diritti altrui, né sarà materia lecita di trattato l'impegno
assunto mediante esso di violare un'obbligazione verso un altro
Stato, alla quale una delle parti fosse tenuta in forza di trattato
precedentemente stipulato.
300 Libro IL - Delle obbligazioni
644. — Non sarà materia lecita di trattato quello che impli-
casse la violazione diretta della legge costituzionale dell'uno o
dell'altro degli Stati contraenti.
Non potrà però ritenersi nullo per difetto della materia un trat-
tato, se quello, che avesse formato oggetto della convenzione, fosse
contrario ad una legge interna dell'uno o dell'altro paese.
La violazione della legge costituzionale renderebbe nullo il trattato per
difetto della materia, perchè il Sovrano di uno Stato non ò competente a vio-
lare la Costituzione» e Taltra parte non può o non deve ignorare la legge
•costituzionale , che ò la base del potere sovrano. La violazione dì una lei^e
interna può ritenersi pure come abuso dell* autorità regia, salvo il caso cJie
il Sovrano avesse stipulato il trattato col convincimento di potere senza dif-
ficoltà modificare le leggi interne, onde mettere così la propria legislazione in
armonia con gl'impegni intemazionali assunti col trattato. Ma fosse pure in
vigore tuttora una legge contraria al trattato, questo farebbe nascere sempre
una quistione di Diritto pubblico intemo: darebbe luogo alla responsabilità
politica del Governo dinanzi ai rappresentanti della nazione: legittimerebbe
da parte dei tribunali il rifiuto di riconoscere gli effetti del trattato, in quello
•che esso violasse la legge interna in vigore: ma tutto questo non potrebbe
valere per ridurre al nulla il trattato come convenzione internazionale tra
Stato e Stato.
Requisiti estrinseci o di forma.
645. — I trattati internazionali devono essere redatti in iscritto
e non acquistano la loro forma perfetta se non quando sieno
stati sottoscritti da tutte le parti tra le quali essi furono conclusi.
646. — L'accordo su certi articoli di un trattato, anche quando
sia redatto in iscritto e sottoscritto dalle parti contraenti, non
può essere considerato come obbligazione reciproca perfetta rispetto
ai patti concordati, indipendentemente dalla conclusione e sotto-
scrizione definitiva del trattato.
Qualora però i patti concordati e sottoscritti potessero essere
riguardati come convenzione preliminare, conclusa a fine di sta-
bilire le reciproche obbligazioni nello staiu juo, essi dovrebbero
ritenersi perfetti e validi, finché non si arrivasse a concludere il
trattato definitivo o a dichiarare formalmente di ritenersi sciolti
da qualunque precedente impegno.
Titolo IL ' Dei trattati e dei requisiti per la loro validità 301
647. — Allorquando nel negoziare un trattato sia intervenuto
l'accordo reciproco su diversi oggetti distinti, connessi, principali
o accessori, e tale accordo sia stato redatto in iscritto, e sotto-
scritto dalle partì, il tutto non sarà obbligatorio per esse, se non
quando vi sia stata una dichiarazione finale scritta e sottoscritta,
con la quale sia constatato l'accordo su tutte le singole parti che
devono ritenersi formare Tinsienie del trattato e come un sol tutto.
648. — La forma, con la quale può essere redatto in iscritto
il reciproco accordo intervenuto tra le parti contraenti, può essere
diversa secondo la maggiore o minore importanza di quello che
abbia formato oggetto della convenzione. Dovrà ritenersi quindi
sufficiente una dichiarazione scritta e sottoscritta dalle persone
ufficialmente designate, o Io scambio in via diplomatica di due
cartelli, due note, o due manifesti sottoscritti da ciasciuia delle
due parti contraenti.
649. — Le obbligazioni internazionali intorno ad oggetti par»
ticolari potranno essere valide rispetto alla forma, anche quando
quello che abbia formato oggetto dell'accordo non sia redatto ii>
iscritto, e sia stato conchiuso mediante patto verbale, purché però
possa essere constatato l'accordo e possa essere data la prova di
quello che sia stato consentito tra le parti.
Questa regola può trovare la sua applicazione Del caso di patti preliminari
conclusi in tempo di guerra dalle persone debitamente autorizzate, e che,
quantunque concordati Terbalmente, devono ritenersi obbligatorii come le con-
venzioni scritte.
^^ Libro IL • Delle obbligazioni
TITOLO III.
Bfflcaoia dei Trattati e loro esecuzione.
Inviolabilità dei Trattati.
660. — Le convenzioni internazionali debitamente stipulate
devono avere tra le parti la stessa autorità della legge e devono
ritenersi inviolabili.
Non possono essere revocate che per mutuo consenso delle
parti 0 per cause determinate secondo il Diritto internazionale,
e constatate e riconosciute a ciò efficaci a norma di quanto esso
dispone.
65L — Ogni trattato obbliga le parti non solo a tutto ciò che
fu formalmente da ciascuna di esse promesso, ma altresì a quello
che, secondo Tequità, Tuso e le regole del Diritto internazionale
deve essere considerato come virtualmente compreso in quello che
fu promesso.
662. — La lesione degl'interessi morali ed economici che pos-
sono derivare dalla leale esecuzione di un trattato debitamente
stipulato, non può essere una ragione sufficiente per violarlo.
{Confr, reg, 668).
Ogni Governo deve conoscere perfettamente quello a cui consente, e se per
imprudenza avesse acconsentito senza essere sufficientemente illuminato, do-
vrebbe subire le conseguenze della sua imprudenza e non pretendere dì disco-
noscere l'autorità del trattato e di violare gì* impegni assunti, ad ducendo la
lesione degrinteressi dello Stato e i pregiudizi che ne potessero derivare.
663. — Qualunque trattato valido fa nascrere non solo il diritto
perfetto di esigere dalla parte obbligata l'adempimento degli obbli-
ghi assunti, ma quello altresì d'impedire ai terzi Stati, che non
abbiano un interesse attuale, d'ingerirsi in quello che formò oggetto
dell'accordo o di portare il menomo ostacolo a che l'esecuzione
del trattato possa essere lealmente compiuta.
Titolo III, ' Efficadu dei- TrattaU- e low esecuzione
303
EffeUi dei Trattati.
664. — Ogni trattato non produce i suoi effetti che a comin-
ciare dal momento in cui esso deve reputarsi legalmente perfetto
come tale.
665. — Qualora per l'esistenza legale di un trattato concluso
e sottoscritto fosse necessaria la ratifica {veci, reg. 632\ esso non
produrrà i suoi efifetti che dal momento in cui sia stato ratificato.
Possono per altro le parti contraenti stipulare che, quando il
trattato sia ratificato, i suoi effetti debbano essere riportati al
momento in cui esso sia stato sottoscritto. Per questo occorrerà
una dichiarazione espressa.
656. — Le convenzioni internazionali devono ritenersi in mas-
sima efficaci su tutto il territorio dello Stato e devono ritenersi
estese attivamente e passivamente a tutte le sue adiacenze, a
meno che non risulti il contrario, o da una clausola speciale
espressa nella convenzione, o dalla natura stessa del trattato, o
dai prìncipii generali del Diritto comune.
Questa regola può valere a risolvere la questione so i trattati conclusi dallo
Stato debbano essere estesi alle sue colonie, a* suoi possedimenti airestero,
ed alle provincia al medesimo annesse dopo la conclusione del trattato. Bisogna
a tale rignardo tener presente la convenzione stessa e considerare se in essa
sia stata o no fatta alcuna riserva rispetto alle colonie, ed a riguardo poi dei
possedimenti e delle provincie annesse, volgere Tattenzione alla forma della
loro costituzione e deUa loro unione allo Stato che stipulò il trattato.
657. — Ogni trattato deve produrre tutti ì suoi effetti anche
quando venga a verificarsi qualche modificazione circa la forma
del Grovemo o la costituzione interna dello Stato, salvo quanto
è stabilito dalla regola 713.
Esso deve ritenersi efficace rispetto allo Stato in nome del quale
fa stipulato, finché di questi sussista la personalità intemazionale.
658. — I trattati stipulati dal Sovrano dello Stato, sempre che
debbano ritenersi legalmente e validamente fatti, sono trasmessi
attivamente e passivamente a chi succeda a titolo universale nei
304 Libro IL - Delle obbligazioni
diritti di sovranità, e in conformità delle regole che devono gover-
narae le cessioni e le annessioni.
659. — I trattati conclusi per regolare materie d'interesse pub-
blico o sociale degli Stati contraenti estendono i loro effetti anche
ai rapporti giuridici nati prima della stipulazione di essi, salvo
il caso di dichiarazione espressa in contrario.
Qualora però applicando un trattato a fatti e rapporti giuri-
dici anteriori alla sua stipulazione, ne derivasse la lesione o la
menomazione dei diritti privati già perfetti e individualmente acqui-
siti, esso non potrà ritenersi a ciò efficace.
Questa reg^ola concerne la forza retroattiva di un trattato, e per chiarire
il concetto conviene considerare che ì trattati hanno Tautorìtà di legge anche
per gli effetti che da essi derivano a riguardo dei diritti spettanti ai privati.
Nelle materie di Diritto pubblico non può valere il rispetto dovuto ai diritti
già acquistati. Così, se con trattato fossero modificate le regole circa la com-
petenza dei tribunali dei due Stati contraenti, o circa l'esecuzione delle sentenze
straniere nei territori rispettivi, i privati dell'uno e dell'altro paese non potreb-
bero pretendere che alle controversie nate fra di essi prima della stipulazione
del trattato dovessero essere applicate le regole anteriormente vigenti, circa
la competenza e l'esecuzione dei giudicati. Trattandosi di materie di Diritto
pubblico e di ordine sociale, non sarebbe il caso di ammettere diritti acqui*
siti da parte dei privati per disconoscere l'autorità delle nuove regole col trai*
tato sancite. Se invece il trattato modificasse, ad esempio, le regole circa
l'acquisto o la perdita della cittadinanza, le norme mediante esso sancite non
potrebbero essere applicate a coloro che fossero già cittadini deU'uno o del-
l'altro dei due Stati contraenti, o che vi avessero perduta la cittadinanza; e
così pure dovrebbe dirsi di un trattato che comprendesse nei diritti di pro-
prietà letteraria anche quello di impedire la traduzione e che non potrebbe
essere applicato alle traduzioni già fatte prima della sua stipulazione. Conf. la
mia opera: DelU disp» generali sulla pubblicazione e interp. delle leggi (Mar-
ghierì 1886), voi. I. SuUa irretroattività delle leggi, cap. II, §§ 37 e seg. Vedi
ivi, § 34. Vedi inoltre la mia opera: De la irretroactividad e* interpretaeion
de laa leyes, Madrid 1893. Ivi, De la retroaetividad «' irretroactividad de lav
leyee de procedimento en loa judidos civiles, pag. 429.
Effetti dei Trattati rispetto ai terzi.
660. — Un trattato non può stabilire, modificare, estendere o
estinguere diritti, che tra quegli Stati soltanto che lo conclusero
in qualità di parti contraenti. Rispetto ai terzi che non vi par-
teciparono, esso dovrà riguardarsi come rea inter alias oda.
Titolo 111, - Efficacia dei Trattati e loro esecuzione 305
661. — Qualora due o più Stati nel concludere un trattato aves-
sero tra di loro patteggiato qualche cosa a pregiudizio di un terzo
Stato, tale disposizione dovrà ritenersi inefficace rispetto allo Stato
che non prese parte al trattato, e senza che a ciò sia necessaria
alcuna protesta da parte di esso.
662. — Laddove in un trattato fosse stato stipulato qualche
cosa a vantaggio di un terzo Stato, tale clausola non diventerebbe
perfetta ed efficace rispetto al terzo Stato, che nel solo caso che
esso avesse dichiarato di volerne profittare.
663. — La mancanza di accettazione da parte del terzo Stato
non potrebbe influire sull'efficacia del trattato, eccetto solo il caso
che l'accettazione di lui avesse formato parte integrante e prin-
cipale dell'accordo, in guisa che la stipulazione del trattato dovesse
ritenersi subordinata all'accettazione del medesimo.
664. — Nessuna stipulazione potrà ritenersi valida ed efficace,
se non quando sia stata consentita da ciascuna delle parti con-
traenti in suo proprio nome. Qualora una di esse, ad insaputa
del terzo Stato, avesse promesso un fatto da parte di questi, assu-
mendo l'impegno di ottenerne l'adesione, sarebbe tenuta ad ado-
perare i suoi buoni uffici presso il medesimo per ottenere l'appro-
vazione di quelle clausole che lo concernessero ; ma non sarebbe
tenuta a nulla se, nella fiducia di conseguire co' suoi buoni ufQci
l'intento, ne avesse assunto l'impegno, e non fosse poi arrivata
con tutti i mezzi in buona fede adoperati ad ottenere la sperata
adesione.
Esecuzione dei Trattati.
665. — I trattati internazionali devono essere riguardati come
contratti in buona fede e come tali eseguiti. Spetta ognora alle
parti obbligate di prestare non solo quello ch'esse abbiano espres-
samente stipulato, ma quello altresì che si deve presumere essere
stato nella loro intenzione comune di stipulare, valutata la materia
e la natura del trattato.
20 — Fiora, Dir, intem. codif
306 Libro H. - DdU omigazUmi
666. — A iiiuna delle parli potrà essere lecito di variare o
aggiungere alcuna modalità nella esecuzione del trattato, nem-
meno quando tale modalità possa parere che sia a vantaggio del-
l'altra parte.
667. — La consuetudine internazionale non può valere per
modificare quello che fu espressamente stipulato; ma per quello
invece che non abbia formato materia di dichiarazione espressa,
e intorno a cui non sia stato disposto e provveduto dal trattato
stesso, si dovrà ritenere che le parti abbiano inteso di riportarsi
alle consuetudini per le modalità dell'esecuzione.
668. — Si dovrà ritenere come principio fondamentale del Diritto
relativo ai trattati, che nessuna delle partì, che abbia sottoscritto
un trattato, possa di sua volontà reputarsi esonerata dall'eseguirlo
integralmente e in buona fede a causa delle mutate circostanze
o dei pregiudizi eventuali derivanti dall'esecuzione di esso.
In massima biso^^na ritenere che la lesione ed i danni evenluali che pos-
sono derivare dairesecuzione di un trattato non potrebbero essere una ragione
sufficiente per legittimare il rifiuto di eseguirlo da parte dello Stato che si
dica leso. Nelle materie dHnteresse privato e nei contratti civili si è potato
stabilire che la lesione, oltre certi limiti, possa essere giusta cagione per sospen-
dere l'esecuzione del contratto e per promuovere ristanza di annullamento;
ma nei rapporti internazionali, se uno Stato potesse, dopo aver concluso un
trattato, sospenderne di sua propria autorità Tesecuzione, adducendo per mo-
tivi la lesione ed i danni eventuali, si ammetterebbe così un pericoloso pretesto
per scuotere la fede dovuta nella inviolabilità dei trattati.
Vedi la mia opera : Trattato di Diritto intemazionale, 3' ediz. Voi. II, Invio-
làbaUà dei TraUati, § 1030.
Vi possono però essere casi eccezionali nei quali, per gli avvenimenti so-
pravvenuti, dovendosi rispettare la regola della inviolabilità del trattato, ne
potrebbe essere compromessa la vita politica ed economica dello Stato. In tale
caso però non diciamo che lo Stato possa esso medesimo decidere se debba
essere esonerato dall^osservanza del trattato, ma diciamo che possa sottoporre
la sua istanza ad un tribunale arbitrale o ad una conferenza.
669. — Laddove una delle parti dichiarasse di sospendere, e
sospendesse, l'esecuzione del trattato da essa sottoscritto, la sospen-
sione di fatto della sua esecuzione da parte di lei varrà senz'altro
ad autorizzare le altre parti contraenti a sospenderne alia lor volta
l'esecuzione. Tale stato di fatto potrà soltanto rendere l'esecu-
zione del trattato temporaneamente sospesa, ma non importerà
Titolo III. • Efficacia dei Trattati e foro esecuzione 3^7
•
scioglimento e revocazione, se non quando la convenienza di risol-
vere il trattato sia riconosciuta dalle stesse parti contraenti, in
seguito a trattative amichevoli, o che l'istanza della parte, che
domandi la risoluzione, sia riconosciuta fondata in diritto da un
tribunale arbitrale, o da una Conferenza in contraddittorio dell'altra
parte, che insista pel mantenimento e l'esecuzione del trattalo.
Dei mezzi leciti
per assicurare Vesecuzione dei Trattoti.
670. — Nel trattato medesimo, o con convenzione particolare
ed accessoria, possono le parti garantire l'esecuzione delle obbli-
gazioni assunte, assicurandone l'adempimento con garanzie reali,
o con uno dei mezzi leciti, secondo il Diritto internazionale.
671. — Dovrà essere reputata una delle forme lecite di garanzia
reale di assicurare l'esecuzione delle obbligazioni contratte, con-
cedendo all'altra parte contraente di occupare una parte di terri-
torio fino all'adempimento di esse.
Potrà del pari essere prestata una cauzione, onde assicurare
il pagamento d'una determinata somma, che l'altra parte si sia
obbligata di pagare, o pattuire l'intervento di un terzo Stato come
garante.
Potranno inoltre essere concordati altri mezzi di sicurtà, purché
non siano contrari ai principii generali del Diritto internazionale.
672. — Dovrà essere reputato lecito per le parti di convenire
una clausola penale in caso d'inadempimento. Quello però che
non può formare oggetto di convenzione internazionale lecita, non
potrebbe essere stipulato sotto la forma di clausola penale in caso
di non esecuzione.
Oaranzia da ^mrte di un terzo Stato,
673. — Un terzo Stato non potrà essere reputato garante delle
obbligazioni assunte dalla parte contraente, se non in virtù di
308 Libro IL - Delle obbligazioni
patto esplìcito, certo, ed accettato con le forme stabilite per la
stipulazione dei trattati.
L'obbligo della garanzia non potrà essere desunto dal semplice
fatto dell'avere esso Stato preso parte alle negoziazioni come
mediatore.
674. — Laddove la garanzia fosse stata esplicitamente consen*^
tita, e non fosse stata limitata a certe determinate obbligazioni
assunte col trattato, si dovrà ritenere come data ed accettata
per l'adempimento di tutte le obbligazioni dal trattato stesso
risultanti.
Obbligazioni derivanti dalla garanzia.
675. — Lo Stato garante delle obbligazioni generali assunte da
un altro Stato con un trattato è tenuto, quando ciò sia richiesto
dalla parte interessata, a prestare l'opera sua per costringere
l'altra all'esecuzione del trattato coi mezzi permessi secondo il
Diritto internazionale. Esso non potrà essere obbligato al rifaci*
mento del danno verso lo Stato che contò sulla sua garanzia,
se, avendo fatto quanto fosse stato in suo potere di fare, senza
pregiudìzio de' suoi propri diritti, non fosse riuscito a fare ese-
guire il trattato.
676. — Lo Stato garante non potrà essere tenuto a dare esso
stesso quello che l'altro Stato promise di dare e non dette, se
non nel solo caso di pagamento di una data somma, dato che
con dichiarazione espressa esso avesse prestato cauzione, o si
fosse reso fideiussore.
677. — Non lice allo Stato garante di adoperare qualunque
mezzo coercitivo lecito secondo il Diritto intemazionale, a fine
di costringere tutte due le parti ad eseguire forzatamente il trat-
tato, eccetto il caso che esso ne abbia interesse attuale, fondato
sul motivo che la mancata esecuzione arrechi una iebione reale
ed effettiva de' suoi propri diritti.
Titolo III. - Efficacia dti Trattati e loro esecuzicne 309
Interpretazione dei Trattati.
678. — ^interpretazione di un trattato può aver luogo:
a) quando le parole adoperate per compilare ì patti concor-
dati fra le parti non abbiano un significato ben determinato, e
quindi non rendano un concetto chiaro ed esatto {quando non
apparet quod actum est);
h) quando la compilazione, tuttoché di per sé stessa chiara,
non renda precisamente ed esattamente il concetto delle parti;
e) quando le disposizioni generali contenute nel trattato non
sìeno con certezza applicabili in un dato caso particolare;
d) quando le circostanze sopravvenute facciano nascere qual-
che contraddizione Ira Fattuale stato di cose e le disposizioni del
trattato, o fra quelle di due trattati tra le stesse parti conclusi.
679. — Ogni forma d'interpretazione può tendere o a deter-
minare il senso d'espressioni oscure o mal costruite, ed allora
dicesi grammaticale, od a precisare il concetto ed il contenuto
dell'obbligazione, e dicesi logica.
Ber/ole di interpretazione grammaticale.
680. — Non si deve interpretare quello che non ha bisogno di
interpretazione.
681. — * Il significato delle parole adoperate deve essere preci-
sato e determinato, secondo l'uso comune, piuttosto che coll'attri-
i>uire ad esse un senso diverso, secondo la maggiore proprietà e
maggiore finezza della lingua.
682. — Ogni difetto di costruzione o di sintassi dovrà essere
eliminato, tenendo conto di quello che precede e di quello che
segue.
683. — Una parola che abbia significati diversi potrà riteneisi
Adoperata oca in un senso ed ora in un altro, quando questo
risulti chiaramente dall'uso di essa fatto in ciascuna disposizione.
310 Libro IL - Delle obbligazioni
684. — Le parole tecniche adoperate nel trattato dovranno
essere intese nel senso che esse hanno, secondo i maestri del-
l'arte, piuttosto che nel senso volgare.
685. — Le parole che abbiano un significato giuridico diverso
nell'uno e nell'altro Stato, si devono ritenere adoperate secondo
che esse sono intese nello Stato, al quale la disposizione del trat-
tato si riferisse.
Begole {^interpretazione logica.
686. — Il concetto delle parti ed il contenuto dell'obbligazione
dovrà essere determinato non tanto con le parole scritte e la let-
tera morta, quanto con la vera intenzione dei contraenti {in fide
semper autem quid senaeris non quid dixeris cogitandum),
687. — La forza e l'estensione di ogni obbligazione assunta
dovranno essere interpretate nel senso il più favorevole agl'inte-
ressi generali, o a quelli dei rispettivi paesi, anche quando tale
interpretazione non favorisse gl'interessi delle Dinastie.
688. — Ogni disposizione dovrà essere intesa nel senso il più
equo e il più liberale, e sempre in modo che possa produrre un
effetto utile, ed eliminando l'interpretazione, che condurrebbe ad
un risultato impraticabile, o più oneroso e meno favorevole alla
parte obbligata.
689. — Converrà preferire sempre l'interpretazione, che conduca
a non derogare al Diritto pubblico di una delle parti contraenti.
Dovrà essere interpretata strettamente qual si sia clausola che
importi deroga al Diritto comune internazionale.
690. — Una clausola, la quale abbia di per sé stessa un senso
determinato e il più preciso secondo la natura delle cose, dovrà
essere cosi interpretata, anche quando importasse deroga ad una
legge interna dell'uno o dell'altro degli Stati contraenti.
69L — L'intenzione delle parti a riguardo di ciascuna dispo-
sizione dovrà essere determinata tenendo presente l'insieme del
trattato, e considerando questo come un tutto indivisibile ed
omogeneo.
Titolo IIL ' Efficacia dei Trattati e loro esecuzione 31 ^
692. — Le ambiguità potranno essere eliminate, tenendo conto
dì quello che trovasi disposto in trattati analoghi, conclusi dalle
parti contraenti.
Non sarà lecito però attenersi all'analogìa per dare ad una dispo-
sizione chiara ed esplicita un'interpretazione estensiva che equi-
valga a sostituire nel trattato idee nuove, in luogo di quello che
sia stato veramente inteso dalle parti.
603. — Nessuna disposizione potrà essere interpretata in maniera
che ne derivasse una conseguenza che offendesse i principii del
Diritto internazionale, o quelli che lo Stato contraente avesse sem-
pre e costantemente seguiti ne' suoi rapporti con gli altri Stati^
o che fosse in contraddizione colle disposizioni contenute in altri
trattati conclusi fra le stesse parti.
694. — Lo spirito di ogni disposizione dovrà essere determi-
nato tenendo conto dei motivi, come risultino dalle discussioni
relative ai patti stipulati, contenute nei processi verbali e nei lavori
preparatorìi, che precedettero la compilazione del trattato.
695. — Non potrà darsi ad un trattato interpretazione vera-
mente estensiva, applicando a tal fine le regole che concernono
l'interpretazione delle leggi ; ma converrà riferirsi sempre all'inten-
zione delle parti contraenti, escludendo l'applicazione d'una dispo-
sizione fra di esse concordata a casi non preveduti.
Autorità competente ad interpretare un Trattato.
696. — Il trattato, come atto politico, non può essere inter-
pretato che dalle parti stesse che lo abbiano stipulato.
I dubbi circa il valore dei patti concordati potranno ognora
essere rimossi da esse mediante una dichiarazione, o la sotto-
scrizione di un protocollo.
697. — L'interpretazione delle clausole dubbiose di un trat-
tato, fatta mediante una dichiarazione o un protocollo, sarà repu-
tata legale ed autentica, ogni qualvolta che essa abbia i requisiti
richiesti per la validità d'ogni convenzione fra due Stati.
312 Libro IL - Delle obbligazioni
698. — Qualora le parti contraenti non si trovino d'accordo
circa rinterpretazione del trattato, e non arrivino a mettersi d'ac^
cordo per spiegare mediante una dichiarazione il valore dei patti
concordati, tale controversia dovrà essere risoluta colle stesse norme
e gli stessi procedimenti che ogni altra relativa all'esecuzione d'un
trattato.
699. — Il trattato, in quanto ha il carattere di legge, potrà
essere interpretato dai tribunali, quando sia il caso d'applicarlo
nell'interesse dei privati. Tale interpretazione però non avrà che
il valore dell'interpretazione di ogni altra disposizione legislativa,
e non potrà ritenersi efficace che all'interno dello Stato cui appar-
tenga il tribunale giudicante. Essa non eserciterà alcun'influenza
circa l'interpretazione del trattato come atto politico, tranne nel
caso che essa sia espressamente o tacitamente accettata dalle parti
contraenti.
Per determinare il yalore delle proposte regole conviene avvertire che ogni
trattato, in quanto determina i diritti rispettivi degli Stati contraenti, e stabi-
lisce la legge comune dei loro rapporti rispetto a tutto ciò che abbia formato
oggetto della loro convenzione, è atto di sovranità, e conseguentemente, sic-
come la interpretazione dei patti concordati concerne sempre la determinaxione
dei rispettivi diritti sovrani, così deve riuscire evidente che il trattato sotto
tale punto di vista non può essere interpretato che dalle stesse parti con-
traenti, e che Tatto, mediante il quale rinterpretazione sia consentita, deve
avere gli stessi requisiti intrinseci ed estrinseci di ogni altra convenzione tra
Stato e Stato.
n trattato può essere però considerato come legge dello Stato che lo abbia
promulgato, e i tribunali che siano chiamati ad applicarlo per gli effetti che
ne possono conseguire nel campo del Diritto privato e del Diritto pubblico
intemo possono interpretarlo così come hanno potestà di fare ogni qualvolta
che devono risolvere una contestazione applicando la legge.
Confronti Gass. frane. 30 juin 1884, Journal du Drott ìnternaL prive, 1885,
pag. 307; 6 janvier 1873, Dalloz 1873, 1, 117; 6 janvier 1861, Journal du
Palaia 1861, 1149; Gass. di Firenze 3 luglio 1874, Bettini, XXVI, 1, 866; Cass.
di Roma 12 giugno 1885, giornale La Legge, anno XXV, voi. II, pag. 365.
Avi or Uà competente a risolvere le controversie
relative ad un Trattato.
700. — Ogni controversia che possa nascere in occasione della
esecuzione di un trattato d'interesse particolare concluso tra due
Tìiolo ni, - Efficacia da Trattati e hro esecuzione 313
o più Stati, dovrà essere sottoposta alla decisione di un tribu-
nale arbitrale, il quale sarà costituito e funzionerà con le norme
cbe trovansi stabilite relativamente alla procedura arbitrale.
70L — Ogni controversia che possa nascere relativamente alla
esecuzione, o all'annullamento di un trattato d'interesse generale,
dovrà essere sottoposta alla decisione di una Conferenza, che
sarà costituita e funzionerà colle norme che trovansi stabilite al
libro IV.
Una differenza va fatta fra i trattati d'interesse particolare e quelli dMnte-
resse generale, e non è sul numero degli Stati che lo abbiano stipulato che
m può fondare la distinzione tra gli uni e gli altri, ma bisogna bensì pren-
dere in considerazione Toggetto e la materia di esso. Un trattato di associa-
zione doganale, ad esempio» o uno relativo alla proprietà letteraria, o all'eser-
cizio del servizio intemazionale della posta, può essere concluso fra più Stati,
ma deve reputarsi ognora, in considerazione del suo oggetto e della sua materia,
quale trattato d'interesse particolare. Un trattato invece relativo alla naviga-
lione dei fiumi intemazionali, all'abolizione del commercio degli schiavi, o
che restringa la libertà d'azione di uno Stato per la tutela degl'interessi comuni,
dev'essere considerato ognora quale trattato d'interesse generale. Ora ammet-
tendo in massima che tutte le controversie relative all'esecuzione o all'annul-
lamento di un trattato non possano essere decise dalle parti stesse interessate,
ci sembra che l'autorità competente a risolverle non possa essere sempre un
tribunale arbitrala. Noi opiniamo infatti che in tutte le questioni che concer-
nono gl'interessi comuni, bisogni ammettere sempre il diritto dell'ingerenza
collettiva ed i procedimenti Idonei per la tutela giuridica degl'interessi comuni.
Distingueremo nel libro IV l'organamento e le funzioni del Tribunale arbitrale
« della Conferenza, e tenendo presente tale distinzione si ppò comprendere
perchè facciamo la distinzione tra i trattati d'interesse particolare e quelli di
interesse generale, anche per determinare l'autorità competente a risolvere le
controversie ad essi relative.
702. — La competenza del tribunale arbitrale a riguardo di
ogni controversia relativa ad un trattato dovrà ritenersi fondata
sui prìncipii generali del Diritto comune, e reputarsi obbligatoria
anche quando le parti contraenti non abbiano assunto con patto
espresso l'obbligo di deferire ad un tribunale arbitrale le contro-
versie che potessero sorgere nell'interpretazione ed esecuzione del
trattato fra di esse concluso.
703. -:- Qualora le parti abbiano con patto espresso stipulato
l'obbligo di sottomettersi alla giurisdizione arbitrale per le contro-
versie relative al trattato, o per ogni divergenza che potesse nascere
31^ Libro li. - Delle obbligazioni
fra di loro, e avessero fissato d'accordo le norme per costituire
il tribunale arbitrale e per l'esercizio delle funzioni ad esso spet-
tanti, esse dovranno ritenersi giuridicamente obbligate ad atte-
nersi ai patti convenuti.
704. — Qualora le parti non abbiano stipulato alcun patto
circa l'obbligo di sottomettersi alla giurisdizione arbitrale, e sorta
una controversia in occasione dell'esecuzione del trattato una di
esse proponga di deferirne la decisione ad un tribunale arbitrale
e l'altra rifiuti di aderirvi, tale divergenza assumerà il carattere
di controversia fra Stato e Stato, e dovrà essere risoluta colle
norme che concernono ogni controversia di Diritto intemazionale
e che trovansi stabilite al libro IV.
Titolo IV, ' AnnuUamento, ritocazione^ estinzione dei Trattati 315
TITOLO IV.
Annullamento, rivocazionei estinzione dei Trattati.
705. — Secondo i principi! del Diritto comune, nessun trattato
potrà ritenersi legalmente annullato o rivocato, fino a tanto che
l'annullamento o la ri vocazione di esso non sia stata pronunciata
da un tribunale arbitrale.
Fino a tal momento la parte che vuole mantenere in vita il
trattato può esigerne l'esecuzione.
706. — Sarà lecito alla parte, che abbia sufficienti ragioni per
presumere di avere il diritto di domandare la risoluzione o la
rivocazione del trattato, di sospenderne la esecuzione. Essa sarà
però tenuta a denunciare ciò all'altra parte in via diplomatica,
e qualora non si stabilisca fra di esse l'accordo circa la rivocazione
del trattato, essa sarà tenuta a fare l'istanza formale per far deci-
dere la controversia da un tribunale arbitrale o dalla Conferenza.
707. — Qualora avvenga di fatto la sospensione dell'esecu-
zione del trattato da parte di uno dei due Slati contraenti, in
seguito alla formale istanza per la risoluzione del trattato, e vi
sia acquiescenza da parte dell'altro Stato, che ne sospenda a sua
volta l'esecuzione, questo equivarrà a ritenere risoluto il trattato
per tacito reciproco accordo.
708. — Dovrà ognora reputarsi sommamente vantaggioso sotto
il punto di vista degl'interessi generali che, quando due o più Stati
si accordino tacitamente circa la rivocazione di un trattato fra di
essi concluso, il trattato sia legalmente e formalmente abrogato,
a fine di eliminare così ogni equivoco ed ogni cagione di turba-
mento delle relazioni pacifiche fra gli Stati contraenti.
Dopo la caduta del 2* Impero, il Governo russo informò neirottobre 1870
le Potenze che avevano sottoscritto il trattato di Parigi del 1856, che, in con-
seguenxa delle addotte violazioni dei patti stipulati circa la neutralità del Mar
316 zji,r^ Il . D^Uf. obbligazioni
Nero, la Russia si riteneva sciolta dagli obblighi imposti circa il diritto di
mantenére le sue flotte nel Mar Nero, e le invitò a riunirsi in Conferenza per
modificare i patti stipulati col mentovato trattato. Così ebbe luogo la Confe-
renza ed il trattato di Londra del 13 marzo 1871, con cui furono abrogati gli
articoli 11, 13, 14 del trattato di Parigi.
Giudizio circa r annullamento di un Tì-attato.
709. — La parte, la quale abbia fatto formale istanza per far
pronunciare Tannullamento di un trattato da essa sottoscritto,
sarà tenuta ad allegare i motivi sui quali intende fondare la sua
domanda di annullamento e a dare la prova dei fatti addotti.
710. — Il diritto della parte che domandi TannuIIamento di un
trattato dovrà ritenersi ben fondato, se sia constatato e riconosciuto
che il trattato manchi di uno dei requisiti essenziali a riguardo
della capacità, del consenso, o della materia lecita, e che tale man-
canza costituisca di per sé stessa il vizio intrinseco della nullità.
711. — Non potrà ritenersi fondata l'istanza d'annullamento
sul motivo che le circostanze siano mutate in modo che se fos-
sero esistite nel momento in cui il trattato fu concluso sarebbero
state un grave ostacolo per la sua conclusione.
712. — Non può essere reputato motivo sufficiente per doman-
dare l'annullamento del trattato quello della lesione derivante dalla
sua esecuzione.
Anche quando uno Stato abbia stipulato il trattato senza perfetta cogni-
zione di causa, o per imprudenza, dev'essere tenuto a subirne le conseguenze,
e non potrà essere autorizzato a domandarne la rescissione pel motivo della
lesione.
Neanche se per le mutate circostanze lo Stato venisse a patire gravissimi
pregiudizi neiresecuzione del trattato concluso, non potrebbe per questo esi-
mersi daireseguirlo. Se mai si potesse ammettere che uno Stato potesse ritor-
nare sugli obblighi assunti col trattato e disconoscerli quando si trovasse leso,
a che si ridurrebbe la fede dei patti consentiti e Tin violabili tà dei trattati inter-
nazionali? Le leggi civili hanno potuto ammettere la rescissione dei contratti
pel motivo della lesione, perchè neirannullamento di essi non sono implicati
che gl'interessi dei privati, ma nei trattati sono implicati gl'interessi pubblici
ed internazionali, ed il mantenere salda ed inconcussa Tinviolabilità di essi è
al certo il massimo interesse internazionale.
713. — Il mutamento avvenuto nella costituzione polìtica del-
l'uno o dell'altro dei due Stati non si può considerare come un
Titolo IV. - Annullamento, rivoccuione, estinzione dei Trattati •17
giusto motivo per provocare rannullamento del trattato, eccetto
solo il caso che la nuova costituzione politica rendesse il trattato
assolutamente ineseguibile in tutto o in parte.
Gonflronta regola 657.
714. — Qualora un trattato concluso fra due o più Stati fosse
in opposizione con un altro trattato, da una delle parti prece-
dentemente concluso con un altro Stato, questi potrebbe doman-
dare l'annullamento del trattato posteriore, di cui formò materia
la lesione dei diritti da lui precedentemente acquistati.
Qualora però l'istanza d'annullamento fosse riconosciuta ben
fondata, resterebbe integra la responsabilità dello Stato che avesse
promesso quello che sapeva di non potere o di non dover pro-
mettere, e bisognerebbe applicarvi le regole che concernono la
responsabilità internazionale e le obbligazioni che ne conseguono.
Le ragioni sulle quali fondiamo la regola da noi proposta e che non è in
armonia con quella proposta da Bluntschli, regola 414, Droit intern. codifié,
erano state spiegate al § 1033 dell'opera : Trattato di Diritto intemaz, pub"
blico, 3* ediz. da noi pubblicata. Sosteniamo Tannullamento del secondo trat-
tato, fondandoci sul principio stabilito alla regola 641, circa la materia lecita.
Ammettiamo poi Tobbligazione derÌTante dalia responsabilità intemazionale
dello Stato, perchè la riteniamo fondata sui fatto illecito da parte sua, che con*
siste nelFavere esso stipulato un trattato che sapeva di non potere e non dovere
stipulare.
Vedi in seguito, Titolo VI, le regole circa la responsabilità internazionale
dello Stato.
716. — Qualora sorgesse l'impossibilità dì eseguire ui^ trat-
tato a riguardo soltanto di alcuni dei patti concordati, dovrà
ammettersi l'istanza della parte interessata a domandare l'abro-
gazione dei patti a riguardo dei quali si sia verificata l'impossi-
bilità di esecuzione.
Spetterà all'altra parte o di aderire alla domanda fatta per la
risoluzione parziale dei patti concordati e mantenere in vita tutto
il resto, o di domandare la risoluzione dell'intero trattato.
In mancanza d'accordo intorno a ciò, la vertenza dovrà essere
deferita a un tribunale arbitrale, il quale dovrà decidere da prima
se sussista rimpossibilità di eseguire una parte dei patti concor-
dati) e poi circa gli effetti che ne possono conseguire.
318 £i6ro //. - Delle obbligazioni
716. — Qualora per Tesecuzione di un trattato fossero neces-
sari i provvedimenti legislativi, ed il Governo dello Stato a ciò
tenuto non vi provvedesse, spetterà all'altra parte il diritto di
sospendere Tesecuzione del trattato, fino a tanto che i provve-
dimenti legislativi non siano presi dal Governo a norma degl'im-
pegni assunti, 0 di domandare l'annullamento del trattato per
l'avvenuta mancanza di esecuzione da parte dell'altro Stato.
Resterà però sempre integra la responsabilità internazionale
dello Stato, che non abbia adempiuti gl'impegni assunti.
717. — Qualora un trattato sia stato concluso in considera-
zione di un ordine di fatti, e col tempo questi siano stati modificati
in maniera che sia venuto a mancare del tutto quello che aveva
formato originariamente l'oggetto della convenzione, il trattato potrà
essere annullato se l'autorità competente, come alle regole 700
e seg., lo riconosca e dichiarì non obbligatorio, perchè mancante
di oggetto e di causa, pel futuro, a cagione dei verificatisi muta-
menti di fatto.
La proposta regola esclude il falso supposto che ogni trattato debba repu-
tarsi subordinato alla condizione rebus sic stantibust ed esclude inoltre che
anche quando un determinato ordine di fatti abbia formato la base e la con-
dizione sostanziale del trattato, venendo esso a mancare, il trattato possa rite*
nersi non obbligatorio a giudizio della parte interessata. Bisogna invece esclu-
dere ogni dubbio riguardo alla obbligatorietà dei trattati conclusi e mantenere
fermo il principio della loro inviolabilità, fino a tanto che la parte interessata
a promuoverne Tannullamento non ne abbia fatta Tistanza, e questa non sia
stata riconosciuta fondata in diritto dall'autorità competente a risolvere ogni
controversia circa Tannullamento di un trattato. Non si poteva al certo esclu-
dere il diritto della Russia di domandare nel 1870 che fossero riconosciuti
insussistenti per le mutate circostanze gii obblighi da essa assunti col Trat-
tato di Parigi del 1856 rispetto alla navigazione del Mar Nero ; ma d*altra parte
non si poteva ammettere che essa potesse apprezzare da sé se gli impegni
assunti dovessero per le mutate circostanze reputarsi inefficaci. In ogni caso
somigliante il giudizio e la decisione d*una Conferenza deve ognora reputarsi
indispensabile, e qualora un presupposto abbia costituito l'oggetto sostanziale
del trattato, ed in seguito sia venuto a mancare del tatto, la risoluzione e
TannuUamento delle obbligazioni assunte devono essere ammessi come in ogni
caso in cui si tratti di convenzione mancante di oggetto e di causa.
Conviene però avvertire attentamente di non confondere la teorìa che noi
sosteniamo con quella dei pubblicisti che subordinano Te f Acacia di un trattato
alla condizione rebus sic stantibus. Noi ammettiamo la risoluzione nel solo caso
che il fatto presupposto sia stato Toggetlo sostanziale dell'accordo e che sia
venuto meno del tutto in prosieguo, perchè ci sembra che la piesupposizionei
Titolo IV. • Annullamento, rivocazione, estinzione dei Trattati 319
nel caso da noi contemplato, assuma il carattere vero e proprio di coDdìxione
risolutiva tacita. Dato infatti che il trattato sia stato stipulato per regolare un
fatto presupposto e sostanziale : dato che questo sia stato Toggetto principale
deiraccordo, non si può fare a meno di ammettere che il consenso reciproco
debba reputarsi subordinato alla condizione tacita, che cioè venendo a man-
care del Lutto l'oggetto delPaccordo esso non debba avere in futuro effetto
giuridico.
Cionfr. la nota a reg. 748.
Proroga o rinnovamento dei Trattati.
718. — Qualora nel trattato sia stabilito per patto espresso
che allo spirare del termine obbligatorio il trattato s'intenderebbe
prorogato d'anno in anno, o per un tempo più lungo, se Tuna
o Taltra delle parti non avesse manifestato dentro un certo ter-
mine fissato la sua intenzione dì fame cessare gli effetti, tale patto
equivarrà a mantenere il trattato in vigore, fino a tanto ch'esso
non sia stato officialmente denunciato.
719. — Incombe alla parte che voglia valersi del suo diritto
di denunciare il trattato il farlo mediante atto officialmente noti-
ficato in via diplomatica.
Incombe alla parte a cui sia stato notificato in via diplomatica
Tatto di denuncia il notificare nella stessa forma di averne preso
atto, ma anche in mancanza di tale ultima formalità il trattato
cesserebbe di essere in vigore al termine notificato nell'atto di
denuncia.
720. — Laddove col trattato non sia slato stipulato il patto
della tacita proroga, e spirato il termine obbligatorio le parti con-
traenti abbiano continuato ad osservare a reciprocità i patti concor-
dati, il trattato potrà ritenersi così tacitamente rinnovato, se la
recìproca osservanza delle clausole convenzionali da parte dei
Governi dei due Stati risulti in modo formale ed esplicito, e sìa
tale da constatare nettamente la loro mutua intenzione di man-
tenere in vigore il trattato dopo spirato il termine obbligatorio.
721. — La reciproca osservanza di certe regole di Diritto comune
intemazionale che si trovavano pure stabilite per mutuo accordo nel
trattato non può bastare a caratterizzare nettamente l'intenzione
3*0 Libro IL - Delle obbligazioni
delle parti contraenti di mantenere in vigore il trattato dopo spi-
rato il termine obbligatorio.
Confronti la causa discussa dinanzi alla Cassazione francese a proposito deUa
tacita rinnovazione della Convenzione consolare tra la Francia e gli Stati Uniti
d* America, e le conclusioni del procuratore generale Dupin. Gass., 24 juiliet 1861
Journal du Palaia, 1861, pag. 1149.
Estinzione dei Trattati.
722. — I trattati si estinguono di pieno diritto:
a) col reciproco consenso delle parti obbligate;
b) con la prestazione della cosa dovuta;
e) con lo spirare del termine fissato nella stipulazione, quando
non sia prorogato per volontà delle parti;
d) colla rinuncia espressa da parte dello Stato che sia il solo
interessato a mantenere in vigore il trattato;
e) col verificarsi della condizione risolutiva;
f) coll'annientamento completo, fortuito e non colpevole della
cosa che abbia formato oggetto della convenzione.
723. — I trattati non si estinguono ipsojure ipsoque facto col
sopravvenire della guerra tra gli Stati che li abbiano conclusi,
ma cessano bensì dall'avere esecuzione e devono ritenersi ipso
iure ipsoque facto sospesi tutti quei patti concordati fra i due
Stati, che siano incompatibili col sopravvenuto evento della guerra.
Il principio posto innanzi da alcuni pubblicisti, che cioè, a meno di stipu-
lazione formale contraria, i trattati si estinguono in conseguenza d'una dichia-
razione di guerra che ne sospende o ne distrugge tutti gli effetti (vedi Calvo,
DroU internat., 4"^ édict., § 362), non ci pare conciliabile con i prìncipii del
Diritto moderno, che mira a restringere gli effetti della guerra ai rapporti
tra Stato e Stato. Anche però i trattati che tali rapporti concernono non pos-
sono al certo ritenersi tutti estinti o sospesi pel sopravvenire della guerra
Confronti la mia opera: Trattato di Diritto internazionale pubbUeo, 3* edizione
voi. Ili, § ;390.
Tttoio r. - Dei Trattati speciali 321
TITOLO V.
Dei Trattati speciali.
724. — Ogni trattato sarà specificato a seconda del suo oggetto
e del suo contenuto, e non soltanto per la denominazione prescelta
dalle parti.
La proposta regola si fonda sul savio precetto : plus valet quod agitur quam
quod simìdate eoncipUur, Ha potuto accadere che due Stati abbiano denomi-
nato, a modo d^esempio, trattato di unione doganale una convenzione fra essi
conclusa per regolare .l'esercizio del commercio. Dato che avuto riguardo ai
patti concordati risulti che la convenzione non abbia la natura, il carattere
ed i requisiti per considerarla come un trattato di unione doganale, non si
potrebbe sostenere che essa dovesse reputarsi tale solo perchè le parti Tabbiano
così denominata. Qualora risulti che la convenzione sia in sostanza un trat-
tato di commercio, esso produrrà i suoi effetti come tale rispetto agli altri
Stati che abbiano pure concluso un trattato di commercio, se essi potessero
avere il diritto al trattamento della nazione più favorita.
Così pure si denominano talvolta trattati di commercio convenzioni le quali,
oltre che i patti relativi all'esercizio del commercio, contengono altresì patti
relativi alla protezione della proprietà letteraria o industriale, all'istituzione
dei consolati, alFestradizione dei malfattori, e via dicendo. Ora bisogna pure
volgere Tattenzione alla materia ed all'oggetto delle speciali convenzioni unite
insieme col titolo trattato di commercio e tener presente che la denomina-
zione non può mutare la sostanza della cosa.
725. — Ogni trattato speciale dev'essere apprezzato, eseguito
ed interpretato, oltre che in conformità delle regole generali circa
i requisiti e gli effetti di ogni trattato, altresì a seconda di quelle
che lo concernono, avuto riguardo alla sua speciale natura ed al
suo oggetto determinato.
726. — I trattati speciali possono essere tanti quante sono
le materie che possono formare oggetto dei rapporti internazio-
nali degli Stati e dei loro accordi relativi ad interessi reciproci.
Ci sembra inutile di fare una classificazione dei trattati e ci riferiamo a
quello che ne avevamo scritto in proposito nell'opera : Diritto internazionale
pubblico, voi. II, § 1008. Oggi sopratutto che i rapporti internazionali tra gli
Stati si sono notabilmente allargati ed è conseguentemente cresciuta la neces-
sità di regolarli mediante convenzioni e trattati, si ha ragione di dire che la
enumerazione sarebbe lunga, e ci sembra meglio di non proporci di farla«
21 — FioPE, Dir, intern. codif.
3!22 Libro IL - DeUe obblioagiont
Trattati di cessione.
727. — n trattato di cessione è quello mediante il quale uno
Stato cede ad un altro Stato una parte di territorio, che gli appar-
tiene, rinunziando su di esso ai suoi diritti di sovranità.
Tale trattato, purché sia legalmente stipulato e che sia fornito
di tutti i requisiti richiesti per potere essere reputato valido, pro-
duce l'effetto di operare la perdita dei diritti di sovranità sul ter-
ritorio ceduto da parte dello Stato cedente, e l'acquisto di essi da
parte dello Stato cessionario (vedi reg. 215, 216).
728. — Qualunque trattato pacifico di cessione volontaria di
una parte di territorio non potrà ritenersi valido, se non quando
sia stato fatto da coloro, che secondo le leggi costituzionali del
paese cedutone abbiano il potere, e stipulato con le forme richieste
secondo il Diritto pubblico intemo ed estemo (vedi reg. 632).
729. — Gli effetti del trattato di cessione sia in quello che esso
modifichi l'esercizio dei rispettivi diritti sovrani, sia in quello che
può concernere i diritti spettanti ai privati, devono essere deter-
minati tenendo conto delle regole circa la cessione e annessione.
Vedi le regole etabìlite al Libro I, 118 a 135.
730. — Salvo la questione del diritto, che può spettare al vin-
citore di subordinare la conclusione della pace alla condizione
della cessione di una parte di territorio ; salvo pure la questione
dell'opportunità di trarre profitto dalla fortuna delle armi e d'im-
porre al vinto tale condizione, i trattati di cessione territoriale
forzata legalmente conclusi (come alla reg. 728), devono ritenersi
validi fra le parti contraenti, purché le regole generali di Diritto in-
ternazionale, relative alla validità dei trattati, sieno slate osservate.
Trattati di commercio.
731. — I trattati di commercio devono avere per oggetto prin-
cipale di regolare le relazioni commerciali tra gli Stati contraenti
Titolo V, - Dei Trattati speciali 323
coirintendimento di tutelare, allargare e sviluppare la libertà di
commercio.
732. — Incombe agli Stati Io stipulare i trattati di commercio per
facilitare gli scambi, togliere gli ostacoli al libero movimento dei
prodotti della terra e dell'industria, tutelare la libertà della con-
correnza, piuttosto che per organizzare direttamente o indiretta-
mente un sistema di protezionismo o per stabilire qualsisia forma di
restrizione all'esercizio del libero commercio nell'interesse del fisco.
733. — I trattati di commercio devono essere basati sulla più
completa parità di trattamento nel senso di assicurare vantaggi
equivalenti e proporzionalmente eguali agli Stati contraenti ed ai
loro cittadini e senza che una delle parti metta a profitto la sua
preponderanza e la sua maggiore potenza per fare accettare dal-
l'altra più debole o meno potente condizioni meno favorevoli o
più onerose.
734. — Possono gli Stati regolare mediante trattato di com-
mercio tutti i fatti ed i rapporti che si riferiscono alle loro rela-
zioni internazionali, ma il loro oggetto proprio è di regolare la
importazione e l'esportazione, il transito, il trasbordo e il deposito
delle merci, le tariffe di dogana, i diritti di navigazione, le qua-
rantene, il cabotaggio, la pesca e gli altri fatti che hanno attinenza
all'esercizio del commercio.
736. — Incombe a ciascuno Stato l'allargare la conclusione
dei trattati di commercio col maggiore possibile numero di Stati,
a fine di rendere così più larga la libertà degli scambi internazionali,
e provvedere alla maggiore reciproca utilità collo sviluppo della
concorrenza.
Le regole suesposte mirano a tradurre in atto i princìpiì proclamati dalla
seienza moderna, che cioò la maggiore reciproca utilità di tntti gli Stati che
vogliono assicurare lo sviluppo ed il movimento dei diversi rami di ricchezza
nazionale, consiste nel moltiplicare viemmaggiormente gli scambi intemazio-
nali ed allargare la concorrenza. Senza concorrenza Tindustria nazionale non
può prosperare, ma resta stazionaria, e se T industria non fosse eccitata ed
incoraggiata alla produzione dalla concorrenza, mancherebbe la prosperità e
l*accrescimento dei capitali indispensabili per lo sviluppo deiragricoltura. Si
intende benissimo che, per sostenere l'attrito degli scambi internazionali e la
concorrenza straniera, debba riuscire indispensabile il migliorare ed incorag-
giare Tindustria nazionale, e questo dev'essere il compito di ciascun Governo;
3** Libro IL - Delle obbliffazioni
ma certa cosa è che la prosperità pubblica e la ricchezza nazionale non potreb-
bero effettuarsi ed accrescersi senza lo sviluppo di tutti gli elementi che la
costituiscono, e che tale sviluppo è incatenato dalle leggi della libertà di pro-
duzione, di movimento, di concorrenza e di scambi internazionali. Incombe
a ciascun Governo il migliorare Tagricoltura e l'industria del proprio paese,
affinchè esse non si trovino in condizione d'inferiorità nel sostenere la lotta
della concorrenza straniera e degli scambi internazionali, e lì è tutto il segreto
della pubblica prosperità.
736. — I trattati di commercio devono eseguirsi colla più scru-
polosa lealtà e buona fede, ed incombe ai Governi l'esaminare
e ponderare diligentemente gl'impegni che siano per assumere in
un trattato di commercio e l'evitare assolutamente di adoperare
qualsisia sotterfugio per non mantenere lealmente gl'impegni presi.
737. ^ La clausola generale, colla quale si accorda allo Stato
con cui il trattato di commercio è concluso il trattamento della
nazione più favorita, quando sia stipulato senza alcuna determi-
nazione e condizione, implica la facoltà di godere qualunque favore,
che in forza di trattato di commercio venga ad essere concesso ad
un altro Stato.
738. — Qualora uno Stato, che in forza della clausola del trat-
tamento della nazione più favorita voglia profittare di tale bene-
ficio, e godere di una concessione più favorevole fatta ad altro
Stato, abbia ciò dichiarato formalmente in vìa diplomatica, e tale
suo diritto sia stato riconosciuto in via diplomatica, o tacitamente
ammesso senza contestazione dall'altra parte contraente, il favore
acquisito in forza della clausola si reputerà come complemento
dei diritti spettanti allo Stato favorito in virtù del trattato di com-
mercio da lui concluso, e durerà fino allo spirare del trattato stesso.
Se tale dichiarazione non sia stata fatta in via diplomatica, e
il trattato più favorevole concluso col terzo Stato venga a spirare,
prima che l'altro ne abbia profittato, o che abbia dichiarato di
volerne profittare, la dichiarazione tardiva non sarà efficace, se
essa venga ad essere fatta, dopo che il trattato col terzo Stato più.
favorito sia estinto.
La ragione della proposta regola ci sembra fondata sul concetto che i trat-
tati conclusi coi terzi Stati non implicano godimento di diritti rispetto a coloro
che, pur potendoli godere, non si siano curati di profittarne. La dichiarazione
tardiva d'altra parte* non potrebbe essere efficace, se venga fatta nel momento.
Titolo V. - Dei Trattati speciali 325
Bel qaale, essendo estinto il trattato, sia venota cosi a mancare la conces-
sione del favore. Il terzo Stato non potrebbe dichiarare di voler profittare di
an favore che più non esiste, quando egli manifesti tale volontà. Quando invece
concesso il favore il terzo Stato abbia dichiarato formalmente di volerne pro-
fittare, in forza del patto stipulato nel trattato da lui concluso, l'acquisto del
favore deve reputarsi un diritto perfetto e complementare di quelli da esso
acquistati in forza del trattato, ed è naturale che debba poi perdurare fino
alla durata del trattato, ed indipendentemente dalla durata o dall*estinzione
del trattato colFaltr Stato concluso.
739 — I trattati di commercio, quando non vi sia espressa
disposizione contraria, si estendono a tutti i possedimenti degli
Stati contraenti ac^ ess* appartenenti nel momento della conclu-
sione del trattato ed in avvenire.
Essi devono reputarsi in vigore fino allo spirare del termine sta-
bilito nel trattato, salve che non siano prorogati in forza di patto
espresse o di tacito consentimento, nel qual caso essi saranno
reciprocament obbligatori, fino a che Tuna o Taltra delle parti
contraenti non abbia in vìa diplomatica notificata la sua intenzione
di fame cessare l'effetto a partire dal giorno denunziato nell'atto
stesso notificato.
740. — I trattati di commercio non possono reputarsi ipso jure
ipsoque facto estinti pel sopravvenire della guerra, ma devono bensì
ritenersi sospesi quelli soltanto dei quali l'osservanza sia inconci-
liabile coH'esercizio dei diritti di guerra. È però sommamente utile,
che le parti contraenti nello stipulare il trattato dichiarino espres-
samente, quali siano ì patti che devono mantenersi in vigore, non
ostante che sopravvenga la guerra.
741. — I trattati di commercio, benché debitamente stipulati,
non producono i loro effetti che quando siano ratificati in confor-
mità della legge costituzionale di ciascuno degli Stati contraenti,
ed a contare dal giorno dello scambio delle ratifiche.
Convenzioni consolari.
742. — Le convenzioni consolari sono gli accordi conclusi fira
due Stati per determinare: i diritti e le prerogative dei consoli, che
siano istituiti nei territori rispettivi ; le funzioni ad essi attribuite ;
326 Libro IL - DélU obbìigcuiioni
l'esercizio dei diritti e delle obbligazioni che ne derivino; i rapporti
colla legge e colle autorità territoriali delle persone addette ai
consolati nella loro qualità di consoli, vice-consoli, agenti conso-
lari, cancellieri o segretari.
743. — Incombe agli Stati l'allargare quanto è possibile la
conclusione dei trattati consolari, a fine di provvedere mediante
essi alla protezione dei cittadini, che si trovino nei paesi stranieri,
ed all'assistenza ad essi dovuta per facilitare loro lo sviluppo e
l'esercizio del commercio.
744. — I trattati consolari tanto più riusciranno completi, utili
ed efficaci, quanto meglio regoleranno ogni rapporto che può repu-
tarsi connesso coU'istituzione dei consolati.
GonfroDta per la estensione di tali rapporti e qneUo che può esser utile oggetto
delle convenzioni consolari le regole 353-256, 330-332, 345-349, 445-458,-464-474.
Capitolazioni.
746. — Le capitolazioni dinotano il complesso delle convenzioni
concluse a termine non definito per determinare e regolare i rap-
porti tra gli Stati civili coir Impero ottomano e con gli Stati bar-
bari 0 incivili in tutto quello che concerne Tesercizio rispettivo dei
diritti sovrani a riguardo dei propri cittadini dimoranti in quelle
regioni, le prerogative e privilegi degli agenti diplomatici o con-
solari destinati a proteggerli e le attribuzioni delle rispettive auto-
rità a riguardo dell'amministrazione della giustizia civile e penale.
746. — Le capitolazioni mirano generalmente a stabilire d'ac-
cordo un regime convenzionale, che deroga al Diritto comune, e
non possono sussistere che in conseguenza della disparata condi-
zione di civiltà, in cui si trovano alcuni Stati africani o asiatici
e gli altri Stati barbarici, nei quali a cagione dello stato di bar-
barie, della prevalenza del fanatismo religioso, e della minore
civiltà, si rende impossibile la perfetta eguaglianza di condizione
giuridica pel mutuo e reciproco esercizio dei rispettivi diritti
sovrani.
Titolo V. - Dei Trattati speciali 327
747. — Le capitolazioni, quantunque stabiliscano un regime
eccezionale, devono reputarsi efficaci ed obbligatorie, anche in
quello che deroghino al Diritto comune intemazionale é non ostante
che siano contrarie alle regole mediante esso stabilite, fino a tanto
che non siano rivocate mediante il reciproco consentimento degli
Stati fra i quali hanno vigore.
Devono quindi ritenersi obbligatori non solo i patti mediante
esse stipulati, e gli effetti che naturalmente da essi derivano, ma
le regole altresì che possono reputarsi stabilite mediante la con-
suetudine e la costante osservanza nell'applicare i patti stipulati,
e nell'esercizio delle funzioni in forza dei patti stessi attribuite alle
autorità rispettive. Confr, reg, 345-349.
n regime delle capitolazioni è stato la consegnenza necessaria delle rela-
lioni commerciali stabilite da prima coli* Impero ottomano, e poi cogli altri
principali Stati afHcani e asiatici (Zanzibar, Madagascar, Persia, Siam, Gina, ecc.),
nei qnali Tesercizio del commercio da parte degli Europei» la sicurezza delle
proprietà e delle persone, e Tammini strazione della giustizia civile e penale,
troTavano nn ostacolo insormontabile nella condizione di barbarie in cui si
trovaTano detti paesi e nel difetto delle leggi e del Governo; per lo che era
impossibile la completa comunanza di diritto.
Vedi per quello che concerne Torigine storica delle capitolazioni e le con»
venzioni successivamente concluse e rinnovate: Fébaud-Giraud , Dt la juri-
dietion franfaise dans les Échelìes du Lerant et de Barbar ie^ et lesjuftices mixtea
dans le» pays hors ehrétienté, Bknoit, Éiude »ur le$ capitulations entre VEmpirt
ottoman et la France^ Paris 1890. Pradibr-Fodér^, La question des capitala-
tions en Orient, R. D. 1 , 1869, p. 118. Bonfils, Manuel de Droit int. public,
pag. 433. GoNTUZzi, Il Dir, intern. nella sua applicabilità in Oriente. Olivi Luior,
Sulla voce CapitclcutUmi nel Digesto italiano.
748. — Le capitolazioni, quantunque concluse a termine non
definito, non possono essere mantenute in vigore quando le con-
dizioni presupposte per giustificarle siano venute a mancare del
tutto e conseguentemente esse abbiano così perduto pel futuro
ogni ragion d'essere.
Qualora Tuna parte non volesse in tale evenienza consentire
a rivocarle, Taltra avrebbe sempre il diritto di promuoverne la
risoluzione.
La proposta regola si fonda sul giusto concetto che quando un dato stato
di cose o di fatti sia stato l'oggetto principale e sostanziale dell'accordo e
venga meno del tutto in seguito, il trattato, benché valido ed efficace ab
initio, perde pel futuro ogni ragion d'essere, dovendosi reputare mancante di
328 Libro TI. - Ddìe cbhUgazhni
oggetto e di causa. Come è detto alla regola 717, non si può ammettere in
generale che i trattati debbano essere subordinati alla condizione risolutiva
rébìM aie stantibus, perchè si scuoterebbe così la forza obbligatoria del Diritto
convenzionale, ma si deve ammettere anche per i trattati il giusto concetto
che quando la presupposizione costituisca Toggetto sostanziale della conven-
zione e venga a mancare, la convenzione dev*essere risoluta, perchè essa dal
momento in cui il presupposto sia venuto a mancare, non può essere consi-
derata altrimenti che come una convenzione mancante di oggetto e di causa.
La presupposizione che abbia i requisiti indicati assume veramente il carat-
tere di condizione risolutiva, ed è Tunico caso in cui può trovare giusta appli-
cazione la massima rébtis sic stantibus. Cosi può dirsi con ragione delle capi-
tolazioni concluse pel presupposto dello stato di barbarie. Dato che questo
venga a mancare, le capitolazioni non possono più avere ragione d'essere.
Anche nel Giappone erano in vigore le capitolazioni, ma oggi che quello Stato
ha fatto tanti progressi , che non può essere al certo reputato in condizione
inferiore degli Stati dell'Europa e dell'America, il mancato presupposto dello
stato di barb|irie ha fatto venir meno del tutto la ragion d'essere delle capi-
tolazioni. Per lo che la Germania, Tlnghilterra, gli Stati Uniti, la Francia hanno
concluso accordi che abrogano il regime delle capitolazioni; ma se non l'aves-
sero fatto, il Giappone avrebbe avuto diritto di domandare che le capitolazioni
fossero abrogate, e tale suo diritto non poteva al certo essere contestato.
Confronta regola 717.
Trattato di protettorato.
749. — Il trattato di protettorato è quello mediante il quale uno
Stato debolo o barbaresco che assume la condizione di Stato pro-
tetto, ed un altro più forte e civile, che assume la condizione di
Stato protettore, stabiliscono d'accordo le limitazioni convenzionali
all'esercizio della sovranità dello Stato protetto, e l'ampliamento
dell'esercìzio della sovranità dello Stato protettore nelle relazioni
internazionali. {Confr. reg. 97-102.)
750. — Il trattato di protettorato, sia esso concluso in seguito
a volontaria richiesta fatta da una delle parti ed accettata dal*-
l'altra, sia esso forzatamente imposto da una parte ed accettata
dall'altra può essere valido soltanto, quando non manchi la libertà
del consenso richiesta per la validità di un trattato. {Confronta
reg. 637-640.)
751. — Il trattato di protettorato quando sia debitamente con-
cluso, e non possa ritenersi legalmente rivocato, deve reputarsi
obbligatorio per le parti che lo stipularono, ed incombe a ciascuna
Titolo V. ' Dei Trattati speciali 329
di esse Tesegoire integralmente le clausole consentite, anche se
l'esecuzione possa reputarsi onerosa od ingiuriosa, salvo il diriilo
ad entrambe esse parti spettante di provocare la sospensione del
trattato, o di denunciarlo, osservando le regole di Diritto comune
per la sospensione o denuncia di un trattato in vigore.
752. — Il trattato di protettorato produrrà tutti i suoi effetti
nelle relazioni internazionali rispetto agli Stati, ai quali i patti so-
stanziali siano stati notificati in via diplomatica, e non contestati,
ed a cominciare dal giorno della fatta notificazione.
753. — Tutti gli effetti, che possono derivare dal trattato di prò-
lettorato riguardo agli atti intemazionali fatti dallo Stato protet-
tore, o dallo Stato protetto, per quello che concerne il loro valore
giuridico, o la loro inefficacia o invalidità, devono essere deter-
minati in base ai patti stipulati ed alle limitazioni delle regole del
Diritto comune in forza del trattato consentite, fino a tanto che
esso debba reputarsi in vigore.
In caso che Tuna o Tallra delle parti facesse uso del suo diritto
di sospendere il trattato di protettorato o di denunciarlo, gli effetti
della sospensione o della denuncia rispetto ai terzi Stati, fino a
tanto che il trattato non sia definitivamente rivocato, saranno de-
terminati tenendo conto delle regole di Diritto comune, che con-
cernono gli effetti della sospensione o denuncia di un trattato
in vigore.
764. — Il trattato di protettorato, siccome stabilisce una con-
dizione giurìdica eccezionale e limita il libero esercizio dei diritti
spettanti agli Stati sovrani, così deve essere interpretato rigorosa-
mente, e sempre nel senso il meno sfavorevole alla libertà dello
Stato protetto. In ogni caso di dubbio devono valere le regole che
concernono l'interpretazione delle leggi eccezionali e delle dispo-
sizioni limitative della libertà delle persone.
755. — Il trattato di protettorato, quando debba reputarsi effi-
cace (al che occorre che il rapporto di protettorato possa reputarsi
stabilito in modo certo e non equivoco, che esso effettivamente
sussista, e che sia stato espressamente o tacitamente riconosciuto),
produrrà tutti i suoi effetti a riguardo delle modificazioni, che ne
330 Libro li, - Delle obbligazioni
conseguono rispetto alla personalità internazionale dello Stato pro-
tetto e delle limitazioni della sua capacità nel concludere trattati,
neirassumere obbligazioni internazionali, nel mantenere le rela-
zioni diplomatiche ed in tutti gli atti, nei quali si esplica la per-
sonalità internazionale di ciascuno Stato.
Gli atti però compiuti dallo Stato protetto, prima che il rap-
porto di protettorato sia stato stabilito, che implichino diritti per-
fetti acquisiti da terzi Stati, continueranno a produrre i loro effetti,
salvo il caso in cui essi siano decisamente incompatibili colla nuova
condizione di cose mediante il protettorato stabilita, e fino a che
il valore giuridico degli atti stessi non venga annullato in confor-
mità delle regole di Diritto comune, o che non si verifichi la loro
estinzione per lo spirare del termine stabilito per la loro durata.
Confr. reg. 97 a 102 e 657, 713.
Il rapporto di protettorato, quando già yalidamente stabilito, equivale al
mutamento della costituzione politica dello Stato protetto, e tutte le conse-
guenze che ne possono derivare, rispetto alle modificazioni che ne conseguono
a riguardo della personalità internazionale dello Stato protetto, devono essere, a
nostro modo di vedere, determinate cogli stessi principii che nel caso in cui venga
a verificarsi un mutamento sostanziale della legge costituzionale d'uno Stato.
Conviene però avvertire attentamente che il rapporto di protettorato, come
noi rintendiamo, non può comprendere ogni forma di dipendenza politica,
economica ed amministrativa, nella quale certi Stati civili intendono mettere
i paesi incivili e barbareschi, e che denominano pure protettorato, per masche-
rare certe forme indirette di conquista e di soggiogamento, che sono la con-
seguenza della cosi detta politica coloniale e che costituiscono in sostanza il
rapporto di signoria, o dì vassallaggio, di sommissione, di dipendenza, e che
fanno dello Stato protetto uno Stato semi-sovrano. Cotesti rapporti possono
pure stabilirsi mediante trattati, ma in sostanza essi importano dominio, giu-
risdizione e sommessione della sovranità nell'esercizio delle sue funzioni all'in-
terno, vale a dire dipendenza mediata o immediata della sovranità sotto ogni
rispetto. Il protettorato vero e proprio implica protezione ed assistenza per
promuovere lo sviluppo della civiltà nei paesi incivili ; difesa saviamente ordi-
nata, piuttosto che signoria, per lo che il suo carattere giuridico vero con-
siste nell'assistenza e protezione dello Stato protetto nelle relazioni internazio-
nali. Esso può quindi, rigorosamente parlando, modificare soltanto la personalità
internazionale dello Stato protetto. Che se poi il protettorato miri a modificare
pure la personalità dello Stato protetto nell'esercizio delle funzioni sovrane
all'interno, allora esso acquista carattere diverso.
I rapporti originariamente stabiliti col trattato del 17 dicembre 1886 tra la
Repubblica francese e la regina di Madagascar, sono stati qualificati sempre
protettorato; ma il risultato finale consacrato nella legge del 6 agosto 1896, che
ha dichiarato francese l'isola di Madagascar con le isole che ne dipendono,
spiega qual era il carattere vero del protettorato.
Titolo V. - Dei Trattati speciali 331
Vedi sn]]a questione dei protettorato, Despagnst, Essai sur les protectorats\
Wilhelm, Tliéorie juridique des protectoì'atSf nel Journal de Vr, itit. prive, 1890,
pag. 204; Pjc, Influence de V étàblissement d'un protectorat, nella Bevue gene-
rale de Droit intem, public , anno 1896, pag. 613, e gli autori da lui citati
nelle note; Catellani , Nota critica sugli ultimi studi sui protettorato, nella
Bivista itah per le scienze giuridiche, voi. XXIII, fascicolo V, e gli autori da
lui citati.
Trattati di sigììorta e di vassallaggio.
756. — Il trattato di signoria è quello concluso tra uno Stato
eivile ed uno barbaresco, col quale il primo impone e l'altro accetta
qualunque patto di dipendenza mediata o immediata neiresercizìo
de' suoi diritti di sovranità airintemo dello Stato. Quando i patti
implichino la sommissione dei poteri sovrani dello Stato incivile
alla suprema giurisdizione ed autorità dello Stato civile il trattato
sarà denominato di vassallaggio.
Sotto le sopraindicate denominazioni si possono annoverare tutte le diverse
forme di convenzioni che ai tempi nostri sono la conseguenza della così detta
politica coloniale, e che mirano in sostanza ad effettuare le cosi dette con-
quiste pacifiche, ma che sono in realtà ordinate a ripristinare quella forma
anomala di Stato mancante di autonomia completa all'interno, denominata
Stato semi-sovrano e soggetto al destino di esistenza transitoria e di lotta
permanente, che è stata la conseguenza storica inevitabile della semi-sovranità.
Tali forme di convenzioni soggiacciono a tante graduazioni, che riesce dif-
ficile classificarle e regolarle con principii generali ed uniformi.
757. — Il trattato di signoria o di vassallaggio, siccome implica
una specie di alienazione dei diritti di sovranità all'interno e la
surrogazione nell'esercizio di essi dello Stato signore, cosi non
può essere valido, se non che quando non sìa mancata la libertà
del consenso da parte dello Stato soggetto, e da parte dell'altro
non vi sia stata soggiogazione forzata violando i principii del Di-
ritto comune internazionale.
758. — II trattato di signoria, finché sussiste e debba reputarsi
m vigore, deve essere efficace a determinare la situazione rispet-
tiva degli Stati, che lo abbiano sottoscritto, in quello che concerne
l'esercizio dei poteri sovrani, e specificatamente del potere legis-
lativo, del potere giudiziario e del potere amministrativo, ciascuno
dei quali deve essere esercitato dallo Stato signoreggiante e dallo
332 Libro IL - Delle obbligazioni-
Stato soggetto in conformità dei patti stipulati col trattato. {Confr.
reg. 103-106.)
760. — Quantunque debba ritenersi anormale la condizione di
cose che risulta dal dimezzamento della sovranità e dal dualismo
dell'imperio e della potestà sovrana stabilita col trattato, questo
deve non per tanto ritenersi efficace, finché sussiste, e deve pro-
durre, per quello che concerne l'esercizio dei poteri sovrani, gii
stessi effetti che derivano in caso di modificazioni della legge costi-
tuzionale dello Stato.
Tali effetti devono ammettersi non solo tra le parti contraenti,
ma altresì rispetto ai terzi Stati che abbiano colla via di fatto
accettato senza contestazione la condizione di cose mediante il
trattato stabilita.
760. — Ài trattati di signoria e di vassallaggio imposti forzata-
mente e con manifesta violazione delle regole di Diritto intema-
zionale possono essere applicate le regole circa l'ingerenza col-
lettiva. {Confr. reg. 487 e $eg.)
761. — L'ingerenza collettiva può sopratutto essere giustificata,
qualora lo Stato signore attenti colla forza all'esistenza interna-
zionale dello Stato a lui soggetto, trasformando il rapporto di
signoria in una vera e propria annessione.
Non è il caso di stabilire regole più complete, come la materia esigerebbe,
«r determinare il valore giuridico dei trattati di signoria, perchè intorno a
«otesto rapporto eccezionale, che ha iniziato una nuova fase nelle relazioni
internazionali degli Stati civili cogli Stati incivili e barbareschi, domina la più
^ande confusione, alimentata dalla necessità sociale e intemazionale della
espansione e daUUndirizzo della politica ai tempi nostri, che si dice debba
mirare alla conquista pacifica dei paesi meno civili, considerando l'accresci*
mento continuo dei possedimenti nelVAsia, nell'Africa e nelle altre regioni bar-
baresche, come il profitto della colonizzazione.
Trattato di confederazione.
762. — II trattato di confederazione è quello mediante il quale
gli Stati sovrani autonomi e indipendenti stabiliscono i patti di loro
unione per conseguire un fine comune d'interesse politico, e deter-
Titolo r, - Dei Trattati speciali 33^
minano le obbligazioni reciproche rispetto a quello che abbia for-
mato oggetto della loro unione politica.
763. — Il trattato di confederazione deve reputarsi efficace a
determinare e stabilire tra le parti contraenti le regole di loro con-
dotta, e l'esercizio e le limitazioni dei loro diritti sovrani nei rap-
porti airintemo ed all'estero per tutto quello che costituisce l'og-
getto dell'unione politica o confederazione.
Rispetto ai terzi Stati il trattato non potrà reputarsi efficace per
tutti gli effetti che ne possono derivare nei rapporti intemazionali^
che rispetto a quelli i quali abbiano riconosciuta la confederazione
stabilita mediante il trattato.
764. — Qualora in forza del trattato di confederazione sia costi-
tuito un potere centrale con speciali attribuzioni determinate dalla
finalità dell'unione polìtica e col potere di provvedere all'effettua-
zione del fine, ed alla tutela degl'interessi comuni posti a base
dell'unione politica, ed in forza del consenso degli Stati confederati
sia attribuita al potere centrale suddetto una capacità giuridica
intemazionale proporzionata all'attuazione del fine dell'unione ed
allo sviluppo degl'interessi comuni, tale ordinamento di cose pu6
far nascere una forma speciale di personalità internazionale spet-
tante alla confederazione, rispetto però agli Stati che l'abbiano
riconosciuta. {Confr, reg. 39.)
Un esempio importante dell*accennata forma di associazione politica stabi-
lita mediante trattato si trova nella Confederazione germanica, costituita in
forza degli articoli 53, 54 e 55 dell'atto finale del Congresso di Vienna del
9 giugno 1815. La Confederazione, come ente collettivo perfettamente distinta
nei rapporti airinterno ed all'estero dagli Stati confederati, ha avuto la propria
personalità internazionale, fino a che non fu disciolta nel 1866, in seguito alla
lotta tra gli Stati confederati e le vittorie della Prussia, coronate colla celebre
battaglia di Sadowa. Essa aveva infatti il diritto di concludere trattati, inviare
e ricevere agenti diplomatici, fare la guerra e concludere la pace ed eserci-
tare altri poteri, sempre limitatamente alla finalità della Confederazione e pure
essendo mantenuta integra la personalità internazionale degli Stati confederati
per tutto quello che non toccava gl'interessi della lega mediante il trattato
fra di essi stabilito.
765. — Il trattato di confederazione non ha nulla di comune coi
patto federativo stabilito fra più Stati uniti colla forma di costituzione
politica che dicesi Stato federale, impero federativo, Stato composto*
^^* Libro IL - Delle obbligazioni
II patto federativo ha carattere vero e proprio di ogni legge^osti-
tuzionale, e nei rapporti intemazionali produce i medesimi effetti
«he conseguono dalla costituzione politica dello Stato. {Confronta,
reg. 89-91.)
Trattato di alleanza politica.
766. — Il trattato di alleanza politica è quello mediante il quale
due o più Stati coH'intendimento di effettuare un determinato scopo
politico concordano i patti della loro associazione e della mutua
reciproca assistenza politica o militare.
767. — I trattati di alleanza possono reputarsi utili e non con-
trari ai princìpii della giustizia e del Diritto intemazionale, ogni
qual volta che l'associazione delle forze sia ordinata alla tutela del
diritto e degFinteressi comuni.
768. — Ogni trattato di alleanza stipulato per effettuare uno
scopo politico può reputarsi giusto allora soltanto quando possa
reputarsi giusto e legittimo il disegno politico e non in opposizione
colle regole del Diritto comune internazionale.
Le regole proposte non sono al cerio in armonia col concetto delle alleanze
« col loro scopo ai giorni nostri. Nello stato attuale di cose, siccome la poli-
tica signoreggia il Diritto e tanto più vale ogni Stato quanto più ha di forza
per farsi temere e rispettare, cosi l'appoggiarsi ad alleati potenti è unMneso-
rabile necessità per i Governi, che, mirando ad assicurare la signoria della
loro politica nella vita internazionale, sono spinti a fare assegnamento suU'as-
sociazione delle forze per signoreggiare. Il timore deirisolamento, che condur-
rebbe indubitabilmente ad essere sopraffatti e soverchiati, ispira talvolta le
leghe e congiunge oggi insieme Stati che hanno tendenze ed interessi molto
disparati; e ci basti rammentare il trattato di alleanza tra la Francia e la
Russia e quello tra Tltalia e T Austria; per lo che le alleanze assumono il con-
cetto di vere leghe di principi, e producono più confusione e disordine, che
tutela e sviluppo d'interessi comuni. Arriverà tempo in cui gli Stati si sen-
tiranno associati o dalla forza naturale dei loro interessi comuni, o dal nobile
scopo della tutela del Diritto comune, e allora i trattati di alleanza avranno
il loro vero oggetto e la loro nobile finalità; ma siamo ben lontani da ^iò.
Occorrerà che la società internazionale» in luogo di essere, com*è al presente,
organizzata per servire a scopi e fini politici, sia trasformata in una vera
società di Diritto tra gli Stati che si trovino nella medesima condizione di
cultura e di civiltà. Vedi il mio articolo sulla voce Alleanza nel Digesto italiano»
769. — I trattati di alleanza devono determinare esattamente
Voggetto e le condizioni dell'associazione, e le obbligazioni reci-
Titolo V. - Dei Trattati speciali 335
proche e rispettive degli Stati alleati, ed essere poi interpretati ed
eseguiti da entrambe le parti lealmente e in buona fede.
Siccome la giustizia o Tingiustizia di un'alleanza mediante trattato conclusa,
ed il valore giuridico del trattato stesso che Tabbia stabilita, dipendono dal-
Toggeito e dallo scopo politico deiralleanza, cosi deve reputarsi indispensabile
che Toggetto ne sia bene determinato e precisato senza equivoci. Uno dei trat-
tati di alleanza, per uno scopo non al certo definibile, è quello stipulato il
14 settembre 1815 dai sovrani deirAustria, della Prussia e della Russia, e che
fu detta Trattato di Santa Alleanza. Leggendo il cenno che ne diamo nell'ap-
pendice e il testo del trattato, si comprende come sia malagevole determi-
nare lo scopo di quella lega di sovrani.
770. - Ogni trattato di alleanza concluso coll'obbligo di asso-
ciare le forze militari rispettive per respingere qualsisia aggressione
armata da parte di uno o più Stati determinati, dicesi Trattato di
alleanza difensiva.
Quello invece che importi T obbligo della reciproca assistenza
militare nel caso che Tuno o l'altro degli Slati alleati intraprenda
la guerra con uno o più Stati determinati, dicesi Trattato di alleanza
offensiva,
lì trattato sottoscritto a Vienna il 7 ottobre 1879 tra la Germania e TAustrla,
e al quale fece adesione Tltalia nel 1882, ha carattere vero di trattato d'al-
leanza difensiva. Nel 1888 l'alleanza conclusa fu annunciata pubblicamente;
ma il testo completo del trattato è stato sempre mantenuto secreto.
771. — II trattato di alleanza offensiva, anche quando non sia
concluso neirevenienza di una guerra imminente, deve essere ese-
guito in tutta sincerità e buona fede. Però, siccome nessun'alleanza
militare potrebbe essere considerata efficace ed obbligatoria, se
fosse vòlta ad uno scopo contrario al Diritto internazionale, cosi
il trattato di alleanza offensiva non sarebbe efficace, se lo Stato
alleato volesse intraprendere la guerra con manifesta violazione
delle regole di Diritto internazionale, che possono giustificarla.
Questa regola che subordina il trattato di alleanza offensiva alla condizione
tacita risolutiva che non si tratti di guerra ingiusta, può aprire il campo a
sostenere ogni arbitrio, se si ammettesse molta larghezza di apprezzamento
da parte dell'alleato nel decidere circa il casus fosderiSf e si arriverebbe così
a rendere illusorio ogni trattato di alleanza offensiva. La buona fede impone
di ammettere una specie di presunzione che la guerra da parte deiralleato
non sia ingiusta, e che conseguentemente Io Stato che abbia assunto l'obbligo
del soccorso militare non possa sottrarsi dal mantenere lealmente l'impegno.
La presunzione legale della giustizia intrinseca della causa dell'alleato non
336 Libro IL - Delle obbligazioni
potrebbe quindi essere distratta che in forza di prove certe concludenti ed
evidenti in senso contrario.
772. — I trattati di alleanza militare non possono reputarsi ob-
bligatori che quando sopravvenga il casus fcederis, e quantunque Io
Stato alleato possa apprezzare e decidere, avuto riguardo alle cir-
costanze, se sussiste o no il casus fcederis, deve non per tanto repu-
tarsi biasimevole ed ingiurioso il procedimento di uno Stato, che
cercasse con sotterfugi di sottrarsi all'adempimento degl'impegni
assunti col trattato verso il suo alleato.
Vedi, a proposito dei mancati impegni assunti con trattato di alleanza, la
discussione tra il Governo inglese e gli Stati generali dei Paesi Bassi, a pro-
posito dei soccorsi richiesti dall'Inghilterra in occasione della spedizione contro
Minorca, nel Dumont, tom. VII, parte 1% pag. 398.
È difficile in questa materia ragionare seriamente e stabilire regole conformi
ai rigorosi prìncipii del Diritto. Oggi le alleanze politiche le crea e le man-
tiene rinteresse politico, e tutto quello che si può dire è, che gli obblighi degli
alleati tanto si fanno valere, quanto può valere l'interesse politico che fece
nascere l'alleanza stessa.
Trattato di alleanza pacifica.
773. — Il trattato di alleanza pacifica è quello mediante il quale
due 0 più Stati, volendo conseguire uno scopo pacifico d'interesse
comune, stabiliscono i patti della loro associazione amichevole e
cooperatrice.
774. — Qualunque fine, che possa essere oggetto dell'attività di
ciascuno Stato secondo i principii del Diritto intemazionale, può
formare oggetto di un trattato di associazione pacifica.
Tale deve considerarsi l'associazione cooperatrice stabilita me-
diante trattato per diffondere la civiltà nei paesi incivili; per repri-
mere la tratta dei negri nelle regioni dove è tuttora esercitata;
per stabilire le basi di un'unione doganale ; e in generale qualunque
forma di associazione che miri a mettere in comune le forze col-
l'intendimento di meglio conseguire ogni forma di bene civile e di
cooperare al progressivo e successivo sviluppo della giustizia nella
vita internazionale.
I trattati di alleanza pacifica, come noi Tìntendiamo, dovranno in un avve«
nire più o meno lontano essere surrogati a quelli di alleanza politica, tra gh
Titolo V, - Dei Trattati speciali 337
Stati sopratatto che si trovino nel medesimo continente, allo stesso livello di
coltara e di civiltà. Occorrerà però che all'indirizzo che predomina nei tempi
li ostri , nei qnali la politica primeggia al diritto ed alla giustizia nella vita
intemazionale, sia surrogato qneilo più razionale e migliore, che deve mirare
a subordinare la politica ai princìpii della giustizia. Bisognerà che sia meglio
compreso il concetto della solidarietà degl'interessi dei popoli civili ; la neces-
sità della divisione intemazionale del lavoro, ed il legame indissolubile tra il
benessere e la prosperità di ciascun popolo, e l'ordinato e progressivo svi-
luppo degl'interessi comuni nella vita internazionale. Si comprenderà allora
rimportanza dell*as80ciazione cooperatrice, ritenendo come certo e fermo che
i vantaggi solidi e duraturi di ciascun popolo non possono essere scompagnati
da queUi degli altri.
Uno degli esempi di associazione pacifica per Io sviluppo degl'interessi eco-
nomici, industriali e commerciali degli Stati associati, ci è dato dai trattati
di Unione doganale germanica, denominata Zollverein, Gonf. per quello che
concerne i particolari dell'associazione doganale: Calvo, Diritto int, 1. 1, § 79-80.
Trattati d^interesse comune.
775. — I trattati d'interesse comune denotano ogni speciale con-
venzione mediante la quale più Stati in numero più o meno con-
siderevole stabiliscono d'accordo di regolare i rapporti giuridici su
materia d'interesse generale mediante Diritto uniforme.
/76. — Incombe ai Governi il riconoscere la reciproca evidente
utilità di regolare mediante trattati i rapporti d'interesse comune,
a fine di stabilire così un Diritto uniforme ed effettuare il succes-
sivo e progressivo sviluppo dell'opera legislativa indispensabile per
tradurre in atto la comunione giuridica degli Stati civili.
777. — I trattati d'interesse comune devono seguire lo sviluppo
progressivo dei bisogni comuni che nascono dallo sviluppo del-
l'industria, del commercio, degli scambi internazionali, delle arti,
della divisione del lavoro e devono mirare a stabilire la legge rego-
latrice delle relazioni pubbliche e private, e la tutela dei diritti
degli Stati e dei rispettivi cittadini.
778. — Dovrà reputarsi materia dei trattati d'interesse comune :
a) lo stabilire regole uniformi e reciprocamente obbligatorie dì
Diritto intemazionale privato, fissando le norme con le quali dovrà
essere determinata l'autorità di ciascuna legge rispetto agli stra-
nieri e alle persone; ai beni; ai modi per acquistare e trasmettere
22 — Fiore, Dir. iniern, codif.
338 Libro IL - Delle obbligazioni
la proprietà mediante atti tra i vivi o di ultima volontà ; le pro-
cedure ; la competenza dei tribunali nel caso che uno straniero sia
attore o convenuto ; Tordinamento dei giudizi nei quali sieno interes-
sati stranieri; l'esecuzione delle sentenze rese dai tribunali stranieri ;
b) il regolare i molteplici rapporti, che nascono in conse-
guenza dello sviluppo internazionale dell'industria, del commercio,
delle arti e della divisione del lavoro;
e) il facilitare gli scambi intemazionali, organizzando in modo
uniforme: le corrispondenze postali; il servizio telegrafico; il corso
legale della moneta; i pesi e le misure; i trasporti ferroviari inter-
nazionali ;
d) l'assicurare la protezione legale dei commercianti stranieri,
riconoscendo la proprietà internazionale delle marche di fabbrica
e di commercio, dei disegni e dei prodotti dell'ingegno e dell'arte;
e) il semplificare le legislazioni, che regolano i rapporti de-
rivanti dal commercio, stabilendo un diritto uniforme relativo alle
lettere di cambio; al riconoscimento delle società straniere; al
regolamento delle avarie comuni ; al fallimento, e via dicendo.
779. — I trattati d'interesse comune tanto più riusciranno pro-
fittevoli per i fini cui devono mirare, quanto maggiore sia per
essere il numero degli Stati che concorrano nello stipularli.
Quando tali trattati siano conclusi dagli Stati riuniti in Congresso
o in Conferenza, acquistano la vera autorità di legge intemazionale.
780. — I trattati d'interesse comune sono a rigore obbligatorii
tra gli Stati che li abbiano sottoscritti.
Quelli stipulati dagli Stati riuniti in Congresso o in Conferenza
devono reputarsi pure obbligatorii per i soli Stati firmatari, e de-
vono rimanere, per quanto concerne la loro osservanza, sotto la
garanzia collettiva di tutti quelli che li abbiano sottoscritti. Essi
dovranno però essere considerati come la più esatta e più giusta
espressione delle regole di Diritto anche rispetto agli Stati che
siano restati estranei ed avere per i medesimi la stessa autorità
che ha ogni regola di giustizia.
L^opera legislativa nella società internazionale non può essere effettuata
altrimenti che mediante i trattati, coi quali gli Stati che li sottoscrivono sta
TUdo V. - Dei Trattati Bpéctali 339
biliscano le regole dei loro rapporti e della loro condotta per TaYTenire, aasn-
mendo T impegno formale di ritenerli obbligatorìi e di riconoscere la loro
antorità imperativa. É naturale che Topera legislativa che mediante i trattati
▼iene ad essere effettuata, abbia nna portata tanto maggiore, quanto maggiore
sia il numero degli Stati che li abbiano sottoscritti. Deve inoltre riuscire evi-
dente che, quando le regole, che devono servire per la condotta degli Stati in
avvenire siano stabilite da essi riuniti in Congresso, devono avere nna più
estesa e più grande autorità,%ed esercitare indirettamente un'influenza anche
sugli altri Stati che non abbiano preso parte al Congresso, non solo perchè
essi devono sentirsi eccitati ad adottare le stesse regole facendo adesione al
trattato, ma perchè devono ritenersi obbligati a riconoscere nelle dette regole
rautorità che devono avere sempre i principii della giustizia nella vita inter-
nazionale.
Gli Stati riuniti in Congresso, che stabiliscono le regole della loro condotta
per Tavvenire, compiono una missione analoga a quella d*un legislatore.
L'autorità delle regole circa i diritti dei belligeranti nella guerra marittima,
stabilite nel Congresso di Parigi del 1856, quelle stabilite nella Conferenza
antischiavista di Bruxelles del 2 luglio 1890, e le altre stabilite dagli Stati
riuniti in Congresso, hanno senza dubbio un'autorità molto più estesa che
quelle circa la proprietà letteraria, o per l'unificazione del sistema metrico.
Trattato di estradizione.
781. — II trattato di estradizione è quello mediante il quale due
Stati stabiliscono d'accordo le regole per l'estradizione degli accu-
sati 0 condannati per delitti commessi nel territorio di uno di essi
che si siano rifugiati nel territorio dell'altro.
782. — Il trattato di estradizione debitamente concluso deve
reputarsi efficace a stabilire il reciproco obbligo giuridico degli
Stati contraenti a consegnare l'uno all'altro i malfattori rifugiati
ed accusati o condannati pei crimini e delitti specificati nella con-
venzione e sotto le condizioni determinate nei patti stipulati.
L'obbligo di consegnarsi i malfattori Itiggitivi deve ritenersi in generale fon-
dato sul dovere che tutti gli Stati devono avere di cooperare aUa repressione
di ogni reato grave ed a facilitare la retta amministrazione della giustizia
penale. Tale dovere però non può essere convertito in dovere giuridico vero
e proprio che in forza del trattato di estradizione.
Confr. le regole 516-618.
783. — Incombe agli Stati il concludere le convenzioni di estra-
dizione a fine di stabilire cosi l'obbligo di cooperare alla repres-
«ione di reati sulla base di una perfetta reciprocanza giuridica e
340 Libro IL - Delle obbligazioni
il concordare i patti più adatti a facilitare la repressione dei reati
e ramminislrazione della giustizia penale, comprendendo ogni de-
litto che per la sua gravità debba essere punito con pena restrittiva
della libertà personale non minore di tre anni, eccettuato soltanto
i delitti politici e quelli connessi a delitti politici.
Il Regno d'Italia ha concluso parecchie convenzioni di estradizione, e oggi
sono in vigore le convenzioni successivamente concluse coi seguenti Stati fino
al 1896:
Austria-Ungheria 27 febbraio 1869, N"" della Raccolta deUe leggi 5099. Ad
essa si riferiscono le dichiarazioni del 15 e 27 maggio 1871, colla quale la
convenzione fu estesa ai militari colpevoli dei reati ivi enumerati. La dichia-
razione ministeriale del 30 marzo e 19 aprile 1875 per determinare Tinden-
nità accordata ai testimoni {Collezione trattati, voi. Y, pag. 268) e la convenzione
addizionale del 6 dicembre 1882, N. 1504, serie 3^ — Belgio 15 gennaio 1875,
N. 2356, serie 2\ Vedi la dichiarazione del 10 marzo 1879 {Collez, trattati,
voi. VII, pag. i^9), e Taltra dichiarazione^ del 30 dicembre 1881, ivi, voi. Vili,
pag. 490, colie quali furono modificate alcune parti della detta convenzione
— Brasile 12 novembre 1872, N. 1500. serie 2% e il Protocollo in data del
29 aprile 1873, Collez. tratt,, voi. lU, pag. 46. Un accordo per Tinterpretazione
degli art. 4 e 5 di detta convenzione fu concluso il 10-13 selt 1890, CoUé-
zione tran., voi. XII, pag. 375 — Costarica 6 maggio 1873, N. 2452, serie 2*
— Colombia, art. 26 del Trattato di amicizia e commercio del 27 ott 1892,
N. 402 — Danimarca 19 luglio 1873, N. 1620, serie 2* — Etiopia 2 maggio 1889,
Trattato di Uccialli, del quale gli articoli 12 e 13 si riferiscono all*estradìzione
dei malfattori — Francia 12 maggio 1870i N. 5726. A tale convenzione si rife-
riscono le dichiarazioni del 16 luglio 1873 e Taltra di pari data, CoU. tratt.,
voi. V, pag. 77 e 78, e lo scambio di note del 1-18 luglio 1872, ivi, voi. IV,
pag. 346 — Germania (Impero) 31 ottobre 1871, N. L74, serie 2* — Gran
Brettagna 5 febbraio 1873, N. 1295, serie 2*. Al regolamento di questa con-
venzione fanno seguito alcuni articoli addizionali stipulati il 29 luglio 1889 —
Grecia 17 novembre 1877, N. 4385, serie 2* — Honduras 15 giugno 1869,
N. 2894, serie 2' — Lussemburgo 25 ottobre 1878, N. 4819, serie 2* — Mes-
sico 19 dicembre 1870, N. 1939 — Monaco (Principato di) 26 marzo 1866,
N. !2940 - Montenegro 29 agosto 1892, N. 245 — Paesi Bassi 20 nov. 1869,
N. 5444. A tale convenzione è unita una dichiarazione di pari data relativa,
all'estradizione degli stranieri dimoranti in uno dei due Stati. Essa fu poi com-
pletata colla convenzione addizionale del 26 luglio 1886, N. 4126, serie 3% la
quale concerne l'arresto provvisorio dei malfattori — Perù 21 agosto 1870,
N. 1423, serie 2*. Per chiarire alcune locuzioni fu sottoscritto il Protocollo del
22 marzo 1873, Collezione dei trattati, voi. V, p. 36 — Portogallo 18 marzo 1878,
N. 4454, serie 2\ Colla dichiarazione del 6 febbraio 1885 fu chiarita Tinter-
pretazione dell'art. 15 di detta convenzione — Rumania 17 agosto 1880, N. 136,
serie 3» — Russia 131 maggio 1871, N. 467, serie 2» — Salvador 29 marzo 1871,
N. 1228, serie 2» — S. Marino 27 marzo 1872, N. 798, serie 2* — Serbia 9 novem-
bre, 28 ottobre 1879, N. 5365, serie 2» — Spagna 3 giugno 1868, N. 433. Goa
la convenzione aggiunta del 6 maggio 1891 fu provveduto a regolare Testra-
dizione in transitu, Decreto 4 giugno 1891, N. 303 — SUti Uniti deirAme-
Titolo V. - Dei Trattati speciali 341
rica settentrionale 23 mano 1868, N. 4880. Detta convenzione fu seguita da
un articolo addizionale, concordato il 21 gennaio 1869, CólL tratt,, voi. Ili,
pag. 19, e da nna convenzione supplementare del 1^ giugno 1884, N. 3120,
serie 3* — Svezia e Norvegia 20 settembre 1866, N. 8597. Vedi la dichiara-
zione del 28 maggio 1878, relativa ai colpevoli di delitti commessi fuori del
territorio della parte richiedente, N. 4426, serie 2^ -* Svizzera 22 luglio 1868,
N. 5054. A detta convenzione è annessa una dichiarazione relativa allMnden-
nità da accordarsi ai testimoni. Fu poi conclusa nna convenzione supplemen-
tare il 1* luglio 1873, con cui la convenzione fu estesa ad altri reati, e ad
essa ai riferisce pare la dichiarazione del 25 luglio 1873, N. 1546, serie 2\
Con uno scambio di note in data 6 giugno 1892 e 16 gennaio 1893, fu modi-
ficata la regola della reciprocità precedentemente convenuta per i reati contro
natura, CciU, traU., voi. XIII, pag. 242, e colla nota deirS agosto 1893 la Sviz-
zera denunciò la dichiarazione da essa sottoscritta colla Germania e coiritalia
il t5 luglio 1873 per gli estradati in transito — Uruguay 14 aprile 1879, N. 391,
serie 3*.
784. — L'obbligo giuridico deirestradizione, in quanto si ritiene
fondato sul trattato relativo, non sussiste che a cominciare dal
giorno in cui esso sìa entrato in vigore e non può estendersi che
ai fatti delittuosi specificatamente enumerati nel trattato e com-
piuti dopo il suo cominciato vigore.
785. — I patti stipulati nel trattato di estradizione possono essere
spiegati con interpretazione restrittiva ogni qual volta che la so-
vranità dello Stato intenda mantenere e far salva la sua potestà
di proteggere il malfattore che si sia rifugiato nel territorio sog-
getto al suo imperio, dato che non sia obbligato a consegnarlo in
forza dell'impegno assunto col trattato.
I patti stipulati potranno invece essere interpretati con portata
estensiva in ogni paese che, intendendo meglio il piii giusto con-
cetto, che cioè incombe alla sovranità di ogni Stato civile coope-
rare alla repressione dei reati gravi ovunque commessi, intenda
cooperare aH'amministrazione della giustizia penale, piuttosto che
a favorire e facilitare l'impunità.
Tutto in questa materia dipende dal modo d^intendere il dovere di giustizia
intemazionale della reciproca assistenza cooperatrice nel riparare il danno
sociale, che consegue dai reati che non abbiano carattere poliUco. Accettando
il pilli giusto concetto, che cioè il malfattore fuggitivo, col sottrarsi alle ricerche
deÙa giustizia del paese ove commise il reato, non acquista alcun diritto alla
impunità, e che la sovranità dello Stato, ove egli sì sia rifugiato per godere
rimpunità, ha potestà ed interesse di punirlo o di consegnarlo al suo giudice
342 Libro IL - DMé obbligazioni
naturale, affinchè esso ripari coll*espiazione della pena il danno sociale eagio*
nato colla perpetrazione del reato, ne consegne, che il trattato di estradizione»
in quello che specifica i oasi, nei quali la consegna dere reputarsi obbligatoria»
non possa essere reputalo limitativo della potestà spettante alia sovra nità ter-
ritoriale di consegnare il prevenuto di un reato comune, anche indipenden^
temente dal trattato. E deve riuscire conseguentemente chiaro come, posto
quest'ordine d*idee, la sovranità possa dare interpretazione estensiva ai patti
stipulati nel trattato.
Inutile quindi stabilire regole tassative. L'osservanza dei precetti della gin-
stizia dipende nei rapporti intemazionali dal modo d'intendere il valore della
loro autorità.
Confronta Fiore, B^etH intern<aionali ddle sintengt penali ddVutradiziont^
Torino 1877, Loescher, e Traiti de Droit penai inUmatUmal a de VèxiradiHott,
traduit par Chablis Antoinb, Paris 1880, Pedone-Lauriel.
Nel sistema della legislazione italiana restradizione non si reputa fondata
sul trattato. (Vedi nota a reg. 518.)
Il giusto concetto su tale materia lo troviamo consacrato nell'art. 4® della
convenzione ' d'estradizione tra l'Italia e l'Uruguay del 14 aprile 1879: ' Le
* alte Parti contraenti considerano come enunciativo e non limitativo l'elenco
* dei crimini summenzionati, e però ammettono di poter domandare e accoi^
* dare, a titolo di reciprocanza, la estradizione degl'individui accusati o coii-
* dannati per altri crimini non enumerati nella presente convenzione, purché
* sieno di quelli cui viene comminata una pena afflittiva o infamante, seconda
* 1» legislazione dei due paesi. In tale caso l'azione di ambo i Governi è discre*
* zionale e facoltativa ,.
Delle convenzioni
fra il Capo della Chiesa e il Capo dello Stato.
Concordati.
786. — Si denomina concordato la convenzione conclusa tra il
Capo della Chiesa ed il Sovrano di uno Stato per regolare i loro
rapporti e l'esercizio dei poteri, dei quali sono rivestiti rispetto
a certe materie d'interesse comune.
Quantunque i rapporti tra lo Stato, come istituzione politica, e la Chiesa,
come istituzione religiosa, debbano reputarsi stabiliti sulla base della reciproca
indipendenza, pure siccome la suprema potestà ecclesiastica in quello che detta
le regole della disciplina e governa Tesercizio del culto entra necessariamente
e conseguentemente in rapporto colla legge territoriale, e le due potestà nello
sviluppo delle loro funzioni e nell'esercizio dei loro diritti rispettivi vengono
in contatto l'una coU'altra, così nulla osta che esse stabiliscano d^accordo le
regole di tali rapporti, stipulando una convenzione che, pel suo speciale obbietto,
si denomina concordato.
Confr. reg. 605-607, 610-61 1.
Titolo V. . Dei Trattati speciali 343
787. — Il concordato non ha carattere di trattato, ma bensì
di accordo intervenuto tra due potestà indipendenti su materia
d'interesse pubblico. Possono non per tanto essergli applicate per
analogìa le regole generali che concernono i trattati a riguardo
dei requisiti sostanziali per la validità delle obbligazioni assunte
e per la loro esecuzione.
Gonfr. reg. 614-615, 625, 637 e se^.. 642 e seg.
Tenendo presente che la denominazione di trattato può essere attribuita
soltanto ali* Atto fatto dallo Stato ehe è an*Ì8titazione politica, il quale, mediante
esso, assume un*obbligazione verso un altro Stato, deve riuscir evidente che»
nella stessa guisa che non puossi denominare trattato raccordo interceduto
tra una Gasa regnante ed un'altra per loro interessi personali, o tra un Governo
ed un*a8sociazione quale si sia per materia d'interesse pubblico, così non puossi
denominare trattato l'accordo interceduto tra il Capo della Ghiesa, che non
è un'istituzione politica, ed il Gapo dello Stato, non ostante che le due potestà
concordino i patti relativi all'esercizio delle loro funzioni nei loro mutui rapporti.
Deve poi riuscire chiaro che, siccome ogni forma di obbligazione conven-
zionale deve avere certi requisiti di sostanza e di forma, per lo che essi non
possono mancare uè agli accordi consentiti tra privati, né a quelli conclusi
fra gli Stati , così non possono mancare agli accordi interceduti tra il Gapo
della Chiesa e il Gapo dello Stato.
Considerando poi ch« l'oggetto di tali accordi è sempre materia d'interesse
pubblico, deve pure riuscire evidente che sia più consentaneo applicare ad
essi per analogia i principii generali di diritto che devono regolare i trattati,
piuttosto che quelli che devono regolare i contratti fatti tra privati. Bisogna
peraltro tenere sempre presente che, anche per l'applicazione di detti prin-
cipii, non sarebbe esatto l'ammettere un'assimilazione completa tra le obbli-
gazioni assunte dagli Stati mediante trattato e quelle che possono derivare
da un concordato tra il Gapo della Ghiesa e il Gapo dello Stato. Gonfr. reg. 611
e la nota a reg. 613.
788. — Può reputarsi materia lecita di concordato il regola-
mente delle funzioni pubbliche del Gapo dello Stato e del Gapo
della Chiesa, purché non ne resti violata l'indipendenza delle due
potestà nell'esercizio dei diritti intemazionali a ciascheduna di
esse spettanti.
Gonfr. reg. 54-55, 58-61, 549-552, 608-609.
I concordati nella loro origine hanno rappresentato piuttosto le transazioni
tra il Papa, come Gapo spirituale della Ghiesa, ed il Sovrano, come Gapo dello
Slato, che il regolamento delle loro funzioni pubbliche rispettive suUa base
della loro reciproca indipendenza.
A cominciare dal primo concordato concluso a Worms nel 1122 tra il papa
Calisto II ed Enrico V imperatore di Germania, a venire a quelli conclusi a!
t3mpi nostri, si trova ch'essi rappresentano talvolta l'invasione dell'autorità
344 Libro IL • Delle obbligazioni
politica col sacrifizio della indipendenza della Chiesa , talvolta le reciproche
concessioni e le transazioni. L'articolo III del concordato del 1801, tra il Santo
Padre e Napoleone, ne è la più sicura prova.
Gonfr. Orlando, Sulla voce Concordato nel Digesto ital.; Calvo, Droit inttrn.f
4"" édict., § 1605; Bldntschli, Droit intern, codifié, reg. 443; Bonfils, Manuel
de Droit intern. public^ § 896 e seg.
789. — Il concordato, qualora sia debitamente stipulato, deve
reputarsi obbligatorio tra le parti che lo abbiano sottoscritto, fin-
ché non sia legalmente rivocalo.
Esso però, in quanto regola le relazioni della Chiesa collo Stato
nei loro rapporti d'interesse pubblico, deve rimanere sommesso
alla costituzione politica ed al Diritto pubblico dello Stato per
tutto quello che concerne la sua validità, la sua autorità, la sua
rivocabilità, e deve subire i conseguenti effetti che derivano dai
sopravvenuti mutamenti della costituzione politica nelle materie
di Diritto pubblico.
Tenendo presente la proposta regola e la natura vera e propria delle con-
venzioni intercedute tra il Capo della Chiesa ed il Sovrano dello Stato, ne
consegue da prima che ogni controversia circa il valore giuridico del concor-
dato, sotto il punto di vista della sua efiDcacia giuridica nel regolare i rap-
porti tra la potestà ecclesiastica e la potestà politica, dev'essere risolata tenendo
presente la legge costituzionale dello Stato. Deve infatti decidersi secondo la
medesima quello che può essere materia di concordato e quali siano le neces-
sarie limitazioni della libertà della sovranità nello stipulare i patti col Capo
della Chiesa circa il regolamento dei loro mutui rapporti all'interno dello Stato.
Deve inoltre riuscire chiaro che, siccome i sopravvenuti mutamenti della
co8t luzione politica dello Stato implicano i necessari mutamenti d'ogni diritto
e d'ogni potestà, che siano incompatibili colla legge costituzionale vigente,
così anche rispetto ai^ concordati, in quello^ che implicano esercizio di poteri
e di funzioni pubbliche, deve ammettersi che. la promulgazione della nuova
legge costituzionale implichi l'abrogazione ipsojure ipsogue facto dei patti ante-
riormente concordati, che siano incompatibili colla nuova legge costituzionale.
Ne consegue finalmente che, siccome i concordati non importano vere e
proprie obbligazioni internazionali, come sono quelle che derivano dai trattati,
così non si può ammettere per esse il principio della successione nel caso di
annessione, o di costituzione di un nuovo Stato, mediante la fusione dei pie-
coli Stati che lo abbiano formato, applicando le regole che in tale evenienza si
applicano ai trattati (Gonfr. reg. 139 e seg.). In questa materia conviene invece
risolvere ogni controversia, fondandosi sull'autorità della legge costituzionale
e sulla sua efficacia sui rapporti stabiliti mediante convenzioni prima del suo
cominciato vigore. Non si può sostenere in massima che in forza del soprav-
Titolo r. ' Dei Trattati speciali 345
Tenuto mntamento della personalità internazionale dello Stato contraente, debba
reputarsi estìnta o{pii convenzione stipulata colla Chiesa dallo Stato, al quale
Taltro abbia succeduto. Non può infatti ammettersi che, data la nuova costi-
tuzione politica di uno Stato, non debbano essere rispettati i diritti perfetti ed
acquisiti in forza di pubbliche convenzioni anteriormente stipulate, ogni qual
▼olta che il rispetto di tali diritti sia compatibile colla nuova costituzione poli-
tica» e la convenzione o il concordato anteriormente stipulato non sia stato
espressamente abrogato. Tutto quindi deve dipendere dalla natura e dall*og-
getto del patto e dalla sua compatibilità o incompatibilità colla nuova costi-
tuzione politica dello Stato.
Non ci è dato peraltro sviluppare meglio i nostri concetti, perchè la con-
troversia entrerebbe veramente nel campo del Diritto pubblico intemo e non
è questo il luogo per trattarla a fondo.
Confr. Scaduto, Diritto eeeUtiastieo vigente in Italia^ 2* ediz., voi. I, pag. 3-5,
7-8S, 110-113, e Orlando, Sulla voce Concordato nel Digesto italiano, e gli
autori da lui citati nella bibliografia; Mbrliit, Sulla voce Concordata Répertoire.
790. — Non può essere obbietto di concordato qual si sia
patto che importi violazione dei diritti internazionali deiruomo,
o dei diritti intemazionali della C4hiesa.
Sotto tale rispetto l'efficacia del concordato può cadere nel
dominio del Diritto internazionale.
Il valore giuridico di un concordato, per quello che concerne le sue conse-
guenze sui diritti intemazionali dell'uomo e sui diritti intemazionali della
Chiesa, dev*essere determinato a seconda dei principii del Diritto intemazio-
nale Non si può sostenere che la sovranità dello Stato non possa concedere
privilegi ad una data confessione religiosa ed attribuzioni giurisdizionali alle
autorità ecclesiastiche, e che da parte sua il Capo della Chiesa non possa con-
cordare rintervento dell'autorità politica neiresercizio de' suoi poteri in quanto
regola la disciplina ed il culto, ed anche nell'esercizio delle sue vere e proprie
funzioni ecclesiastiche. Queste pure sono materie di Diritto pubblico interno,
e l'efficacia dei psitti deve dipendere dalla costituzione politica dello Stato.
Se però le due potestà si^ proponessero , mediante gli accordi fra di esse
interceduti, di attentare al diritto di libertà di coscienza, in quanto esso è un
diritto intemazionale dell'uomo, l'ingerenza dei terzi Stati per impedire tale
violazione sarebbe giustificata.
Tale sarebbe il caso se mediante concordato si volessero legittimare le vio-
lazioni contemplate alle regole 551-553, e che legittimerebbe la tutela giuri-
dica coUettiva per impedire la violazione del Diritto internazionale (art 582).
Lo stesso dovrebbe dirsi se la sovranità dello Stato avesse con qualsiasi mezzo
imposto al Capo della Chiesa di pattuire mediante concordato la rinuncia ai
diritti intemazionali che le appartengono (reg. 58). Nel qua! caso nascerebbe
pure da parte dei terzi Stati il diritto di tutela giuridica (reg. 612).
346 Libro IL - Delie ohhligationi
Convenzioni di guerra e trattaio di pace.
791. — Le convenzioni di guerra sono quelle concluse tra le
parti belligeranti, a fine di regolare qual si sia fatto o qual si sia
rapporto fra di loro durante lo stato di guerra.
Il trattato di pace è quello mediante il quale le parti bellige-
ranti concordano le condizioni sotto le quali esse intendono ter-
minare la guerra.
Le regole che concernono le une e Taltro saranno sviluppate al libro IV.
Titolo VI, ' Obbligagioni inttrnazionali senza convenzione ^7
TITOLO VI.
ObbllffaBioni Intemaslonali ohe nascono senza convenzione.
792. — Gli atti ed i fatti compiuti da chi rappresenta lo Stato,
dai quali derivi una lesione del diritto di un altro Stato, o dei
cittadini di esso, generano obbligazioni internazionali indipenden-
temente da convenzione espressa.
Alcuni scrittori ammettono che i rapporti obbligatorii tra Stato e Stato pos-
sano nascere anche dai quasi contratti. Così, tra gli altri, sostiene HefiTtcr
{Droit intentai. j § 100), che cita in sostegno della sua opinione Nkumann, Ju»
prine, priv. de paet. et eontraet,^ § 824 e seg.
Egli riferisce come etempio il pagamento deirindebito, la gestione d^affari
(atta da uno Stato, senza opposizione da parte di nn altro Stato, raccettatione
a la gestione della tutela di un Sovrano minore.
Non ci para veramente che i principii che si applicano a riguardo delle
obbligazioni civili nascenti dai quasi contratti possano trovare una giusta appli-
cazione rispetto alle obbligazioni intemazionali fra Stato e Stato. Si può pure
verificare il caso che, da parte di chi rappresenti lo Stato, sia fatto, a modo
d^esempio, un pagamento indebito, e che questo flftccia nascere da parte dello
Stato, che ha riscosso Tindebito, Tobbligo di restituirlo; ma tale obbligazione
non ha il carattere vero e proprio di obbligazione intemazionale. Non si può
infatti sostenere che ogni obbligazione di uno Stato abbia carattere di obbli-
gazione intemazionale, per la semplice circostanza che il soggetto obbligato
sia lo Stato. A questi compete invero una duplice pereon alita : la pereonalità
politica e la personalità giuridica» e conseguentemente la capacità di assu-
mere una obbligazione internazionale e cfuella di assumere una obbligazione
secondo il Diritto civile o privato. L*obbligazione internazionale dello Stato
è propriamente quella che affetta la sua penonalità intemazionale, che lo
concerne come persona della magna eivttas, e che trova il suo fondamento
sul Diritto intemazionale. Tutto ciò bene considerato, non contestiamo che Io
Stato possa essere obbligato anche per quasi contratto, così come può obbli-
garsi mediante contratto; ma il rapporto obbligatorio che nasce dall'uno e
dall'altro ingenera un'obbligazione contrattuale, o quasi contrattuale, e non
un'obbligazione internazionale. Esso affetta la personalità giurìdica dello Stato
e non la sua penonalità intemazionale. L'obbligazione dev'essere quindi deter^
minata e governata, tenendo presente i prìncipii che concernono le obbliga-
zioni nascenti da contratto, non quelli nascenti da trattato, o dai fatti compiuti
dallo Stato, che possono ingenerare obbligazioni intemazionali indipendente-
mente da patti espressi e scritti.
In una parola, nella stessa guisa che le obbligazioni assunte da uno Stato
mediante contratto non hanno carattere di obbligazioni intemazionali, né
348 Libro IL - Delle obbligazioni
restano sommesse ai principii che regolano le obbligazioni assunte dallo Stato
mediante trattato, cosi non possono essere qualificate obbligazioni internazio-
nali nascenti senza convenzioni quelle che nascono dai quasi contratti, anche
se si Yerifìchino le circostanze eccezionali contemplate dairHeffter, nelle quali
egli ammette l'obbligazione quasi contrattuale a carico dello Stato. Gonfr. Fiorb,
Diritto intern. pubblico^ 3' ediz., yoI. I, § 635 e seg., e gli autori ivi citatL
Obbligazioni nascenti da fatti leciti.
793. — Ogni Stato che, mediante atto unilaterale, abbia assunto
un'obbligazione internazionale, è tenuto ad adempiere quello che
volontariamente ha promesso di fare o di non fare, fino a tanto
che esso non abbia revocato Tatto col quale assunse l'impegno
internazionale.
Non mancano esempi di obbligazioni assunte con atto unilaterale.
U legislatore italiano, in forza della disposizione sancita alParticolo 211 del
Codice di marina mercantile, ha assunto IMmpegno internazionale d'astenersi
dairesercitare il diritto di predare le navi mercantili nemiche, rispetto a tutti
gli Stati che, sopravvenuta la guerra, dichiarino prima del cominciamento delle
ostilità di praticare lo stesso rispetto alle navi mercantili italiane.
Con tale disposizione il patto convenzionale della 'inviolabilità della pro-
prietà privata dei rispettivi cittadini, concordato e stipulato fra Tltalia e gli
Stati Uniti d'America col trattato del 26 febbraio 1871. art. 11, trovasi assunto
con atto unilaterale rispetto a tutti gli Stati che, prima del cominciamento
delle ostilità coiritalia, dichiarino di osservare la regola della reciprocità a
riguardo dell'in violabilità della proprietà «privata italiana in alto mare.
Deve riuscire chiaro che tanto vale l'obbligazione assunta dall'Italia col trat-
tato stipulato cogli Stati Uniti, quanto quella assunta in forza dell'art 211
del Codice di marina mercantile, rispetto a tutti gli Stati che dichiarino la
osservanza della reciprocità. E taciamo d'altri esempi non pochi.
794. — Uno Stato il quale, in conseguenza dell'esercizio legale
del pubblico potere da parte delle persone che ne sono investite,
ponga all'interno un fatto dal quale derivi un danno, o un pre-
giudizio a privati stranieri, sarà tenuto ad applicare ai medesimi
le regole di pubblica amministrazione e le leggi inteme speciali
a tale oggetto promulgate, a parità di condizioni che ai cittadini.
L'obbligazione nascente a norma della proposta regola ha pure il carattere
di obbligazione secondo il Diritto interno: però, in forza del Diritto di prote-
zione spettante alla sovranità di ciascuno Stato rispetto ai cittadini, può nelle
circostanze enunciate nascere una obbligazione internazionale fondata sulla
regola 459.
Titolo VI. • Obbigazioni internazionali senza convenzione 349
795. — Uno Stato che compie volontariamente un fatto lecito
secondo le regole del Diritto internazionale, da cui derivi un danno
ad uno. Stato straniero o ai cittadini di esso, deve ritenersi ob-
bligato a ristorare il danno cagionato.
Questa regola può trovare la sua applicazione durante lo stato di guerra.
Se le pubbliche autorità civili o militari abbiano esercitato uno di quei diritti
eccezionali che, secondo ii Diritto internazionalei possono essere lecitamente
esercitati durante la guerra, anche quando ledano i diritti di uno Stato amico
o dei cittadini di esso, ogni qual volta che la lesione importi danno reale e
patrimoniale, Tobbligazione del rifacimento deve ritenersi fondata sui prìncipii
del Diritto intemazionale, che, pur dichiarando lecito per la necessità delle
cose il fatto illecito, impone Tobbligazione di ristaurare il danno cagionato.
Cosi deve dirsi, a modo d*esempio, nel caso che in tempo di guerra si fosse
esercitato il diritto d^impossessarsi delle navi amiche, o che si fosse ricorso
all'espediente estremo del bombardamento di una città fortificata e di com-
mercio, o qual si sia altro diritto eccezionale che lo stato soltanto di guerra
legittima.
Obbligazione nascente da fatto illecito.
796. — Ogni fatto non permesso secondo il Diritto interna-
zionale volontariamente compiuto, sarà reputato illecito secondo
la legge internazionale, ed ogni qual volta che in esso possa rite-
nersi implicata la responsabilità dello Stato, nascerà a carico del
medesimo l'obbligazione internazionale di risponderne.
Nei rapporti intemazionali non si può ammettere il concetto di delitto e di
reato secondo il Diritto penale, perchè lo Stato non è soggetto capace di com-
metterne, ma può ammettersi per analogia e colle debite riserve ciò che si
denomina, secondo la legge interna, delitto civile, e che consiste nel fatto
dell'uomo positivo o negativo, di azione o di omissione, imputabile all'autore
che abbia cagionato una lesione del diritto altrui. Ogni fatto inibito secondo
il Diritto internazionale deve reputarsi non lecito, e quando sia imputabile al
Sovrano dello Stato o a chi eserciti il potere pubblico, deve implicare la
responsabilità intemazionale dello Stato, che consegue necessariamente dalla
volontaria violazione del dovere internazionale da parte di lui.
797. — 11 Governo di uno Stato che nell'indebito esercizio
de' suoi poteri pubblici abbia compiuto un fatto, da cui sia de-
rivato un danno ad un altro Stato o ai cittadini di esso, sarà
tenuto al rifacimento del danno cagionato.
3^ Libro IL - Delle obbligagUmi
Nella stessa guisa che, secondo la legge interna, si ammette la responsabi-
lità civile nascente dal delitto, o dal quasi delitto, e dal fatto illecito colposo,
così deve ammettersi la responsabilità internazionale dello Stato derìyante dal
fatto illecito e la conseguente obbligazione internazionale di ristaurare il danno
cagionato. Noi diciamo che questa è un'obbligazione intemazionale nascete
senza convenzione, perchè nasce dalla violazione di un diritto spettante alle
persone (Stato o cittadini stranieri) secondo la legge intemazionale, e Tobbli-
gazione che ne deriva dev'essere conseguentemente, cosi come ò fondata sul
Diritto internazionale, regolata dal medesimo.
798. — L'obbligazione internazionale dello Stalo pel fatto del
Governo può derivare dalla sua responsabilità diretta e dalla sua
responsabilità indiretta.
Sarà reputata obbligazione fondata sulla responsabilità diretta
quella derivante dal Tatto proprio del Governo, positivo o negativo.
Sarà reputata responsabilità indiretta quella derivante dalla
lesione ingiuriosa cagionata da altri, quando di essa debba pare
rispondere il Governo.
Il principio fondamentale che governa l'obbligazione che nasce dal fatto ille-
cito, si è che il fatto debba essere imputabile alla persona obbligata, lo che
può derivare dalla sua condotta positiva e dalla sua condotta negativa, dalla
sua azione e dalla sua omissione o negligenza colposa. Quando il fatto abbia
cagionato la lesione del diritto altrui ed il Governo dello Stato possa essere
reputato responsabile o come autore del fatto, o perchè non abbia impedito
che avvenisse, mentre doveva e poteva impedirlo, l'obbligazione di riparare gli
effetti dannosi che si siano avverati, e che siano stati la conseguenza del fatto
illegale, spetta allo Stato, che nella sua personaiità intemazionale è rappre-
sentato dal Governo.
Obbligazione del rifacimento del danno
fondata sulla responsabilità diretta.
799. — L'obbligazione del risarcimento del danno da parte
dello Stato dovrà ammettersi come fondata sulla sua responsa-
bilità diretta ogni qual volta che non possa escludersi da parte
del Sovrano o del Governo la negligenza o Timprudenza grave a
riguardo del fStto che abbia cagionato il danno.
800. — Incombe a ciascuno Stato il f&re in buona fede quanto
possa essere reputato necessario ad assicurare il rispetto delle regole
di Diritto internazionale anche da parte dei privati, e Torganiz-
Titolo VI, ' Obbligazioni internazionali senza convenzione ^^
zare, mediante un sistema di leggi e di procedimenti penali adatti,
un Governo che abbia poteri sufficienti a mantenere l'ordine all'in-
terno e a reprìmere i fatti dannosi agli Stati stranieri, o ai pri-
vati stranieri che si trovino nel territorio di lui.
La proposta regola si fonda sai concetto che predomina in materia di respon-
sabilità e del consegoente obbligo del risarcimento del danno, che cioò la responsa-
bilità deve ammettersi anche nel caso di colpevole omissione nel fare quello
^e, secondo il Diritto comune, ciascuno sia tenuto a fare, giusta Taforismo:
qui non fadt, quod facere debet, pidetur facere adveraus ea, quia non facit,
(Lag. 181, Dig, de diversis regulis juriè, 50,17.) Vedi Sourdat, Tratte general
de la responaabilité ou de Vaction en dommagee-intéréta en dehors de» contrats,
801. — La responsabilità dello Stato e la conseguente obbliga-
zione del rifacimento del danno arrecato non potranno essere escluse
ogni qual volta che i difetti esistenti nel sistema di leggi e dei
procedimenti repressivi siano cosi gravi e palesi, che poteva facil-
mente prevedersi che le leggi in vigore dovessero riuscire inef-
ficaci ad impedire ogni danno ad imo Stato amico o ai cittadini
di esso, ed a reprimere le offese ad essi arrecate.
802. — Un Governo che abbia con perfetta lealtà e buona
fede adoperato tutti i mezzi, dei quali poteva disporre, per pre-
venire i fatti dannosi, non sarà tenuto a risponderne, e potrà
fondare su tale circostanza una valida presunzione a proprio
favore, a fine di escludere qual si sia obbligazione di rifacimento
di danni.
Tale favorevole presunzione non potrà essere esclusa, se non
abbia adoperato mezzi incompatibili colle istituzioni politiche dello
Stato, o se non abbia potuto sollecitamente provocare le modi-
ficazioni al sistema di leggi in vigore, trovato e riconosciuto imper-
fetto ad ovviare un inconveniente verificatosi.
803. — La diligenza colla quale ciascun Governo è tenuto a
provvedere a che non siano compiuti fatti non permessi secondo
il Diritto intemazionale, dev'essere determinata e valutata, tenendo
conto delle contingenze e delle circostanze di fatto, della forza
degli avvenimenti, degl'interessi posti in giuoco e della maggiore
o minore prevedibilità degli avvenimenti compiuti a danno d'uno
Stato amico.
352 Libro IL - DeUe obbligazioni
Si deve ammettere in massima che ogni Goverao di Stato civile sia tenuto
a prevedere e prevenire, e che dev'essere reputato in colpa quando non faccia
quello che è tenuto a fare per impedire le violazioni del Diritto intemazio-
nale e le offese dei diritti patrimoniali di cittadini stranieri, o le offese' dei
diritti di Stati (stranieri che abbiano conseguenze patrimoniali. In concreta
però la negligenza colpevole a riguardo di ciò non può essere determinata ( he
in ragion diretta delle circostanze che possono rendere più o meno imminente
il pericolo del danno, e che possono rendere colpevole la mancanza di solerzia
circa la prevedibilità del fatto nocivo. In sostanza, la responsabilità effettiva e la
conseguente obbligazione del rifacimento del danno, non possono sorgere nean-
che rispetto allo Stato che in conseguenza di colpa imputabile al Sovrano che lo
rappresenti, o al Governo che eserciti il pubblico potere. Ora è sempre valntate le
circostanze che si può decidere se vi sia colpa e se essa sia lata, lieve, o lievissinia.
804. — Uno Stato sarà responsabile per volontaria omissione
di dovuta diligenza/quando il Governo, avendo avuto cognizione
dell'evento, dal quale sia derivato il danno, non abbia adoperala
una diligenza proporzionata al pericolo del danno per prevenire o
per impedire cotesto evento coi mezzi dei quali poteva disporre^
o con quelli che doveva sollecitamente invocare dal potere le-
gislativo.
La maggiore o minore estensione della responsabilità dello Stato
in questo caso dovrà avere per norma la prevedibilità, e sarà
maggiore o minore, secondo che si potrà stabilire che si avrebbe
più o meno facilmente potuto prevedere che quel complesso di
circostanze sarebbe stato per cagionare il danno, e secondo che
si avrebbe potuto più o meno sollecitamente provvedere, ad
impedirlo.
805. — Lo Stato sarà anche responsabile per colpevole omis»
sione da parte del Governo, se questo, mentre doveva e poteva
impedire gli effetti dannosi di un atto, non Tabbia fatto.
Obbligazione di rifacimento del danno
per responsabilità indiretta.
806. — La responsabilità internazionale dello Stato pel fatto
dei funzionari pubblici, i quali avessero danneggiato interessi stra-
nieri, dovrà ammettersi quando il Governo:
Titolo VI. • Obbligazioni itUernazionali senza convenzione 353
a) avendo conosciuto, in tempo opportuno per impedirlo, il
fatto illecito che si voleva commettere dal fonzionacio, e potendolo
impedire, non l'abbia fatto;
b) quando, essendo in tempo per revocare l'atto del suo
funzionario, o per impedirne gli effetti dannosi, non l'abbia imme-
diatamente revocato, o non ne abbia impedito gli effetti dannosi ;
e) quando l'avere ignorato l'atto progettato dal funzionario
possa per le circostanze essere ritenuto o malizioso o colpevole
per parte del Governo;
d) quando, avuta notizia o in vìa ufficiale o mediante infor-
mazioni degne di fede, del fatto compiuto, non abbia sollecita-
mente biasimato l'operato del funzionario, e dati gli opportuni
provvedimenti per arrestarne le dannose conseguenze e per impe-
dire che gli stessi inconvenienti si rinnovassero in avvenire.
807. — La responsabilità indiretta pel fatto dei funzionari dovrà
ammettersi in ogni caso in cui, secondo le leggi dello Stato, non
fosse aperto il ricorso per la via giudiziaria, onde ottenere e costrìn-
gere efficacemente il funzionario al rifacimento dei danni cagio-
nati col fatto suo a stranieri.
Le controversie che possono nascere circa la responsabilità dello Stato pel
fatto de* suoi funzionari, sono veramente complesse non solo di fronte al Diritto
intemazionale, ma anche di fronte al Diritto pubblico interno. In massima si
deve ritenere che gli stranieri non possano pretendere di trovarsi in. migliori
condizioni dei cittadini. Per le applicazioni fatte in materia di responsabilità
internazionale degli Stati, vedi Calvo, DroU iniemat., § 1266 e seg.; Bonfils,
Manuel de DroU ini, public, §§ 324-332.
808. — La responsabilità dello Stato pel fatto dei funzionari
pubblici potrà trasformarsi in vera responsabilità diretta, ogni
qual volta che si possa desumere dalle circostanze che tali fun-
zionari abbiano agito obbedendo ad istruzioni del Governo.
Tale sarebbe certamente il caso se nelle diverse partì di un paese i fun-
zionari preposti all^amministrazione pubblica avessero agito con un indirizzo
uniforme, in maniera che non si potesse escludere di avere essi obbedito ad
istruzioni superiori.
809. — La responsabilità indiretta dello Stato pel fatto dei
privati in esso residenti, ed il conseguente obbligo del rifacimento
2;J -- FiuRK, Dir. iiitrrn. roflif.
^^ Libro IL ' Delle oUUgazioni
del danno derivato, dovranno ammettersi ogni qual volta che, in
virtù delle regole poste innanzi, possa essere stabilito e provato
che l'evento nocivo sia imputabile al Governo.
810. — Quando sia il caso di ammettere l'obbligo del rifaci-
mento del danno da parte dello Stato, non dovrà essere fatta alcuna
differenza secondo che il danneggiato sia cittadino o straniero;
ed anche quando sia il caso di ammettere pel risarcimento l'appli-
cazione dei principii dell'equità e delle regole di pubblica ammi-
nistrazione, le leggi interne speciali a tale oggetto promulgate
dovranno essere applicate a parità di condizioni agli stranieri ed
ai cittadini.
811. — Pei danni cagionati durante la guerra, bisognerà tener
conto, oltre che delle regole stabilite in questa sezione, di quelle
che riguardano l'esercizio dei airitti di guerra.
355
LIBRO IIL
DELLE COSE E DEI BENI NEI LORO RAPPORTI
COL DIRITTO INTERNAZIONALE
812. — Tutte le cose sotto il punto di vista della loro con-
dizione giuridica sono:
a) comuni f secondo il Diritto naturale;
b) nel possesso giuridico di uno Stato, secondo il Diritto
intemazionale ;
e) pubbliche, secondo le leggi interne di ciascuno Stato;
d) private ed appartenenti agi' individui o alle persone che de*
Tono essere reputati proprietari o possessori, secondo la legge civile.
Adoperiamo la parola cosa nel senso il più largo per denotare cioè le cose
corporali, vale a dire qualunque oggetto materiale» e le cose incorporali, che
sono denominate beni, colla quale parola si può indicare tutto quello che forma
parte del patrimonio dello Stato e del patrimonio dei privati.
813. — Ogni diritto sulle cose dev'essere esercitato in maniera
da non ledere gl'interessi generali della società intemazionale, e
deve conseguentemente rimanere sommesso al Diritto intemazio-
nale, che deve regolare ogni rapporto d'interesse generale.
Il Diritto internazionale deve governare anche i diritti sulle cose in qu«llo
-che Tacquisto e Tesercizio di essi si trovano in relazione con gFinteressi gene-
nli di tutu i popoli e di tutti gli Stati.
Lo Stato non può essere reputato proprietario delle cose, che costituiscono
il patrimonio di lui, perchè il diritto suo non ha i requisiti indispensabili a
costituire la proprietà, quelli cioè del potere assoluto di godere e di disporre.
La sovranità dello Stato ha il possesso giuridico esclusivo del territorio sul
quale esercita Talto dominio; essa non può quindi esercitare i diritti che spet-
tano al proprietario, ma è tenuta a subire le limitazioni che sono imposte dalle
leggi inteme che regolano Tesercizio dei diritti patrimoniali dello Stato in rela-
lione col Diritto pubblico e col Diritto sociale, e deve subire inoltre le limi«
tazionì che sono imposte dal Diritto intemazionale, cui spetta regolare Teser-
eizio dei diritti patrimoniali di ciascuno Stato in concorrenza cogli altri Stati.
356
Libro 111. ' Delle cose e dei beni
TITOLO I.
Begrole intemazionali circa le cose comuni.
814. — Saranno reputate comuni tutte le cose delle quali nes-
suno Stato può acquistare il possesso giuridico esclusivo.
Tali sono:
a) Talto mare;
b) i fiumi internazionali navigabili;
e) gli stretti che mettono in comunicazione due mari.
816. — Viola il Diritto internazionale qualunque Stato che voglia
appropriarsi l'uso esclusivo delle cose comuni, o che accampi
diritti di dominio su di esse, fondati sui trattati, sull'uso imme-
morabile, o sulla prescrizione, o su qual si sia altro titolo.
Libero mare, libera navigazione.
816. — L'Oceano e tutte quelle parti di mare che sono fuori
della giurisdizione territoriale di ciascimo Stato {vedi regola 27J),
dovranno servire all'uso comune di tutti, e ciascuno avrà il diritto
di navigare liberamente in tali acque, purché osservi i regola-
menti internazionali relativi alla navigazione.
Spetterà altresì a ciascuno il diritto di profittare dei prodotti
che si trovino in alto mare e di esercitarvi liberamente la pesca.
817. — Nessuna sovranità potrà esercitare qual si sia atto di
giurisdizione in alto mare e nelle acque navigabili fuori dei limiti
della propria giurisdizione territoriale, rispetto alle navi che navi-
ghino e che non facciano parte della marina mercantile dello Stato.
818. — Sarà reputato contro il Diritto comune il fatto da parte
di una nave militare, o privata, che colla forza voglia obbligare
TUdo I, ' Ségale iiUinuuwmali circa le cose comuni ^'
una nave straniera, che navighi nelle suddette aeque, a fermarsi
per conoscere la nazionalità di essa, o per assoggettarla ad Inter*
rogatorio, o a qual si sia altro atto che importi sottomissione,
eccetto solo il caso che la detta nave sia colta in flagrante vio-
lazione dei regolamenti intemazionali relativi alla navigazione, o
che dia fondati motivi da far sospettare che voglia violarli; nel
qual caso il diritto di riconoscerne la nazionalità dovrà essere
attribuito al comandante di qualunque nave militare che rincontri,
onde constatare la violazione dei regolamenti intemazionali, seri*
vendo tutte le circostanze nei libri esistenti a bordo.
Polizia a bordo della nave in alto mare.
819. — II diritto di provvedere a quanto possa occorrere a
mantenere l'ordine, la sicurezza e la disciplina a bordo della nav«
durante la navigazione in alto mare spetta alla sovranità dello
Stato a cui la nave appartiene per nazionalità, ed è affidato alle
persone preposte secondo la legge al governo della nave.
820. — Incombe agli stranieri, che s'imbarchino su d'una nave
quali passeggeri, il riconoscere l'autorità delle leggi e dei rego*
lamenti emanati dalla sovranità dello Stato, di cui la nave ha la
nazionalità, e il rimanere soggetti durante il viaggio marittimo alla
autorità delle persone chiamate, secondo le dette leggi e rego-
lamenti, a mantenere l'ordine e la polizia sulla nave durante la
navigazione, salvo il diritto di reclamare al momento dello sbarco
alte autorità competenti contro ogni abuso di potere dalla parte
del capitano, o padrone della nave.
82L — Incombe alla sovranità di ciascuno Stato il determi-
nare con apposite leggi i poteri disciplinari, dei quali può valersi
il comandante di ciascuna nave nazionale rispetto a tutte le per-
sone che si siano imbarcate, a fine di mantenere l'ordine e la
polizia solla medesima, e provvedere a reprimeme gli abusi. In
nessun caso il capitano, o padrone della nave» potrà impedire che
uno che trovisi a bordo si presenti alle autorità marittime o
3^ Libro III. " Delle case e dei beni
consolari per porgere reclami, e la violenza da parte di lui riguardo
a ciò dovrà reputarsi quale violazione delle regole di Diritto comune
internazionale.
tolizia della navigazione.
822. — Ogni nave della marina mercantile deve avere a bordo
gli atti e i documenti prescritti secondo le leggi dello Stato cui essa
appartenga per nazionalità, e deve inalberare la bandiera nazio-
nale, nei casi nei quali ciò possa ritenersi prescritto dai regolamenti
della navigazione.
Qualunque siano le disposizioni speciali secondo le leggi dei diversi paesi»
circa le carte di bordo, di cui devono essere manite le navi nazionali, e la
forma con cai devono essere redatte, ogni nave deve avere i seguenti documenti:
a) L'atto che stabilisca la sua identità, risultante dal suo nome, dalla sua
conformazione, dalla sua portata;
h) L'atto che l'autorizzi a navigare sotto la bandiera nazionale, e che è
denominato atto di nazionalità, o passaporto;
e) L'atto di proprietà della nave;
d) Il ruolo dell'equipaggio;
e) L'inventario di bordo;
f) U giornale di navigazione;
g) Le polizze di carico ed i contratti di noleggio.
Detti documenti possono essere diversamente formati, possono essere riuniti
nello stesso atto, ma in ogni caso le carte di bordo devono servire a certifi-
care gli obbietti sopra numerati.
Per le navi italiane e le carte di bordo di cui devono essere munite con-
fronta Codice di marina mercantile, art 37 e seg., Codice di commercio, arti-
coli 500, 503.
823. — Il diritto di sorveglianza e di polizia sulle navi della
marina mercantile potrà essere esercitato in alto mare soltanto
dalle navi da guerra dello Stato cui la nave appartiene per
nazionalità.
824. — Dovrà reputarsi in opposizione col principio della libertà
del mare e della navigazione l'inchiesta (durante lo stato di pace)
della bandiera e della nazionalità di una nave senza giustificato
motivo : il chiamarla a parlamento {droU d'approehe\ e qual si sia
atto che tendesse a stabilire in alto mare una qualunque forma
di giurisdizione da parte delle navi militari d'uno Stato su di una
nave appartenente alla marina mercantile di altro Stato.
Titolo L - Begole intemazionali circa le cose comuni 359
Visita delle navi che trasportino schiavi.
825. — II diritto d'inchiesta, di visita e di perquisizione su
di una nave mercantile non potrà essere giustificato in caso di
sospetto che essa trasporti gli schiavi, o che sia addetta a &re
la tratta dei negri, salvo solo il caso che tali atti siano autoriz-
zati a reciprocità, in virtù di trattato speciale tra gli Stati che
l'avessero stipulato.
826. — Non può reputarsi leso il principio della libarla del
mare e della reciproca indipendenza degli Stati, se questi mediante
trattato si siano accordati nell'ammettere il diritto d'inchiesta e
di visita sulla base della stretta reciprocità, a fine di assicurarsi
se le navi mercantili rispettive, che navighino nei mari dell'Afnca
e in quelli adiacenti alle regioni ov'è tollerata la schiavitù, facciano
il commercio degli schiavi, (t qualunque altro commercio illecito,
secondo le leggi degli Stati che abbiano concluso il trattato.
827. — Il diritto d'inchiesta della bandiera e la verifica delle
carte di bordo e della visita della nave mercantile sospettata di
essere dedita al commercio o al trasporto degli schiavi, deve at-
tualmente ritenersi stabilito a reciprocità tra gli Stati soltanto che
sottoscrìssero l'atto generale antischiavista stipulato a Bruxelles il
2 luglio 1890, o che a tale atto abbiano posteriormente fatto
adesione, e dovrà essere esercitato in conformità delle prescrizioni
con tale atto concordate.
L*atto generale antischiavista de] 2 luglio 1890 fa sottoscrìtto dair Austria-
Ungheria, Belgio, Congo, Danimarca, Francia, Germania, Gran Brettagna, Italia,
Paesi Bassi, Persia, Portogallo, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Norvegia,
Turchia e Zanzibar. In forza di tale atto, tra le misure che le Potenze segna-
tane reputarono necessarie per impedire il commercio dei negri, trovasi il
diritto d'inchiesta attribuito alle navi da guerra di uno degli Stati contraenti,
rispetto alle navi mercantili naviganti, sotto la bandiera dell'uno o dell'altro
di essi, nella zona indicata nel trattato stesso all'art. 21, e sospettate d'essere
addette alla tratta dei negri. Le prescrizioni per eseguire la visita e l'inchiesta
trovansi determinate in detto trattato, agli articoli 42 e seguenti.
828. — Dovrà ritenersi leso il principio della libertà del mare,
se gli Stati che sottoscrissero l'atto antischiavista del 1890, voles-
sero assimilare la tratta dei negri alla pirateria, a fine di esercitare il
360 Libro III. - Delle cose e dei beni
diritto di vìsita in tempo di pace, su tutte le navi straniere sospette
di fare il commerciò dei negri, proclamando a riguardo di esse
le stesse regole che sono applicabili in caso di piraterìa.
U commercio dei negri deve ognora reputarsi iUeeito ed inibito, secondo il
Diritto intemazionale: le misure repressive però per impedire tale commercio
e pimire coloro che Io facciano, devono essere considerate nella eompetensa
eselnsiva di ciascuno Stato, rispetto alle navi appartenenti alla propria marina
mercantile. Gli atti di giurisdizione rispetto alle navi straniere possono essere
giustificati in virtù di trattato, che conferisca tale diritto a reciprocità alle navi
militari rispettive sulle rispettive navi mercantili; ma gh atti giurisdizionali
rispetto alle navi di Stati, che non avessero preso parte al trattato, dovreb-
bero essere reputati, non ostante il lodevole fine pel quale sarebbero eserci-
tati, in opposizione col principio della libertà del mare e della indipendenza
degU SUti.
829. — Dovrà altresì ritenersi leso il principio della libertà della
navigazione se gli Stati, che sottoscrissero la convenzione anti-
schiavista, si proponessero, per reprimere la tratta degli schiavi^
di attribuirsi un qual si sia diritto di giurisdizione rispetto alle
navi mercantili degli altri Stati, che non sottoscrissero il trattato,
0 che non avessero aderito ad esso.
Il principio ennaciato in queste regole trovasi del resto stalùlilo all*art. XLV
del mentovato trattato, che così dice:
' L*enquète sur le chargement du bàtiment, ou la visite, ne pent avoir lien
* qu'à Tégard des bàtimenta navignant som le paviUon d'une des Pnìssances
' qui ont conclu ou viendraient à conclure les conventions particulières visées
' à Tarticle XXII, et conformément aux prescriptions de ces conventions ,.
Navi dedite alla pirateria,
830. — Qual si sia nave militare, che incontri in alto mare
una nave dedita alla pirateria, o che abbia commesso o sìa per
commettere un reato punibile secondo il Diritto intemazionale,
potrà costringerla eolla forza a fermarsi, e potrà fare gli atti
istruttorii opportuni a constatare ed accertare le circostanze
del reato , e sequestrarla e costringerla a seguirla , affinchè la
giustizia possa fare il suo corso, a seconda delle regole stabilite
a riguardo della giurisdizione penale {regole 240-S46).
831. — Qualunque nave privata non solo potrà difendersi
eolla forza contro una nave dedita alla piraterìa, ma potrà al-
Titolo I. ' Sàgole internazionali circa le cose comuni
361
tresl adoperare la forza per sequestrarla e per condurla al primo
porto d'approdo e consegnarla all'autorità marittima, affinchè la
giustizia faccia il suo corso.
832. — - Il comandante di una nave da guerra che abbia in-
contrato in aito mare una nave sospetta di pirateria, o dedita a
commettere un reato punibile secondo il Diritto intemazionale, e
l'abbia costretta a fermarsi, potrà fare gli atti di perquisizione stret-
tamente necessari a conoscere il vero carattere della medesima.
Tale diritto dovrà reputarsi in ogni caso limitato in ragione
del maggiore o minore fondamento del sospetto, e dovrà essere
esercitato in maniera da escludere qualunque abuso da parte del
comandante della nave da guerra.
Il comandante di una nave da guerra sarà conseguentemente
tenuto ad eseguire con i maggiori riguardi e colla massima circo-
spezione le ricerche necessarie a conoscere il vero carattere d'una
nave non appartenente alla marina dello Stato, e dovrà astenersi
da qualunque atto non giustificato dalle circostanze e che potesse
dare ragionevole motivo di far supporre di aver esso voluto
attentare alla libertà di navigazione.
833. — Il comandante, che abbia abusato del potere di cui
è investito, sarà tenuto a risponderne, e quando sia evidente Tabuso
da parte di lui, potrà ess(ie tenuto al rifacimento dei danni, tenuto
conto delle circostanze e della colpa maggiore o minore da parte
della nave stessa, che abbia fatto nascere il sospetto, e che abbia
dato luogo all'inchiesta del carattere di essa.
Diritto al saluto,
834. — Si dovrà reputare contro il princìpio della libertà del
mare Tergere dalle navi straniere incontrate in alto mare e che
appartengano alla marina mercantile, o che siano navi militari
di grado inferiore, il saluto obbligatorio, o qual si sia altro atto
che possa equivalere a testimoniare la soggezione delle navi stesse
a quelle militari di un altro Stato.
362 Libro III. • Delle cose e dei beni
Rególe della navigazione.
836. — Qualiftique nave che navighi in alto mare sarà tenuta
ad osservare le regole di navigazione per quello che concerne la
rotta marittima, i segnali, i fanali, la velocità e le norme per gover-
nare e manovrare in caso d'incontro.
836. — Saranno reputate regole intemazionali di navigazione
quelle previamente concordate tra gli Stati mediante trattato, e
quelle che in mancanza di tali trattati devono reputarsi stabilite
secondo gli usi e la pratica degli uomini di mare, e le esigenze
della navigazione stessa.
837. — Le regole di navigazione stabilite mediante trattato
dovranno essere reputate rigorosamente obbligatorie perle navi
appartenenti alla marina degli Stati che abbiano concluso tale
trattato. Nessuna di tali navi potrà esimersi dall'osservarle senza
essere presunta colpevole di tutte le conseguenze, salvo il caso
che circostanze speciali, accertate e provate, non abbiano reso
necessario di allontanarsi da esse, onde prevenire o impedire un
pericolo prossimo, o per prendere le necessarie precauzioni a fine
di provvedere immediatamente alla propria salvezza. In tali eve-
nienze la nave, che non abbia osservato le regole stabilite, potrà
escludere la presunzione di colpabilità, quando essa possa stabi-
lire e provare di essersi attenuta alla pratica degli uomini di maie
nelle speciali circostanze del caso.
Questa regola tende a prevenire i disastri e Tarto delle navi, che potreb-
bero in certe circostanze eccezionali essere la conseguenza della formaIe<^ let-
terale esecuzione delle regole fatte per prevenire Tabbordaggio. Supposto, ad
esempio, che potesse essere accertato e provato che una nave, potendo fare
con facilità un movimento che non era tenuta ad eseguire secondo le regole,
ma che era necessario di eseguire in quelle date circostanze, secondo la pra-
tica di mare, onde evitare Turto, lo abbia fatto (a cagione della grande diffi-
coltà colla quale Taltra nave avrebbe potuto fare quello che secondo le regole
doveva fare); io tali circostanze, dato pure che Furto non avesse potuto
essere evitato, non sarebbe né equo, nò giusto presumere colpevole la nave
che non avesse osservata la regola, mentre la buona pratica di mare sugge
riva di non osservarla.
Titolo L - Bsgok inUmaxtonàli eirea lo co8$ comuni 363
838. — Le navi appartenenti agli Stati i quali hanno accet-
tato il regolamento stabilito circa le norme di navigazione per
evitare gli urti delle navi sul mare {àbordago), devono reputarsi
obbligate alla rigorosa osservanza di detto regolamento, che rispetto
ad esse costituisce la legge imperativa della rotta marittima, dei
segnali e del governo e manovra della nave.
U regolamento che stabilisce le norme per evitare gli urti delle navi {àbor*
dage), quantunque non sia stato sottoscritto allo stesso tempo da tutti gli Stati
che lo hanno saecessivamente accettato, ha non per tanto il carattere di Atto
hutemazionale, perchè di fatto esso forma oggi la legge comune di un numero
eonsìderevole di Stati. L*Austrìa-Ungherìa, infatti, il Belgio, D Chili, la Dani-
marca, la Francia, la Gran Brettagna, la Grecia, Tltalia, la Norvegia, i Paesi
Bassi, il Portogallo, la Russia, la Spagna, la Svezia e gli Stati Uniti dell' Ame-
rica settentrionale, colla riserva però che nelle acque territoriali americane
dovessero essere osservate le norme speciali, secondo le leggi degli Stati Uniti;
la Turchia, colla riserva però che sui bastimenti ottomani dovesse essere sosti-
tuito il tamburo alla campana pei segnali in tempo di nebbia o foschi, ed
altri Stati, hanno adottato il predetto regolamento, il quale entrò in vigore
per ritalia il l"* settembre 1880, giusta il R. Decreto del 4 aprile 1880, n"* 5390,
serie 2\ salvo la soppressione dell'articolo 10, decretata col Decreto 2 luglio 188S,
n* 882, serie 3*, al quale fu sostituito l'articolo 9 dell'altro regolamento appro-
vato con regio Decreto 1^ febbraio 1863, n* 1148, e che si riferisce alle navi
da pesca.
830. — Incombe agli Stati che hanno accettato il regolamento
circa le norme di navigazione il provvedere a che esso sia rive-
duto da una Commissione intemazionale e completato, aggiun-
gendovi le norme di Diritto comune le più conformi alle esigenze
tecniche della navigazione, sopratutto rispetto alla direzione della
nave ed alle manovre occorrenti per prevenire gli urti ed ogni
sinistro marittimo.
Incombe inoltre agli Stati medesimi lo studiare, accertare, con-
cordare e rendere altresì obbligatorie le norme circa la costru-
zione, l'armamento e l'equipaggiamento delle navi, che, secondo
i prìncipii della scienza moderna > devono reputarsi necessarie
per evitare Vabordage^ o per renderne le conseguenze meno di-
sastrose.
840. — Le navi appartenenti agli Stati che hanno accettato
il Codice intemazionale dei segnali saranno tenute ad osservare
rigorosamente quanto detto Codice prescrive.
36i Libro III. - Delle cosa e dei beni
lì Codice mteraazionàle dei secali deUe nari fu compilato nel 1855, pren
dendo in considerazione i segnali appartenenti. a diversi Stati, i quali tutti
furono poi ordinati in seguito a diligente esame e riuniti in un unico codice.
Parecchi Stati lo hanno succeBsivamente adottato : Gran Brettagna (aprile 1867)
Francia (2 giugno 1866), Russia (28 giugno 1867), Paesi Bassi (gennaio 1867),
Austria (4 aprile 1867), Norvegia (18 maggio 1867), Prussia (maggio 1867),
Brasile (21 febbraio 1868), Portogallo (29 dicembre 1868), Italia (4 aprile 1869),
Belgio (18 dicembre 1869), Danimarca (marzo 1870), Spagna (1<* giugno 1871),
Orecia (26 aprile 1882). Gli Stati Uniti deirAmerica settentrionale accettarono
in massima (1873) le disposizioni del Codice, ma non vi aderirono mai in
modo formale.
Begole della navigazione secondo le esigenze
e la pratica degli uomini di mare.
841. — Qualunque nave, anche quando non appartenga ad
uno degli Stati, tra i quali sia stato concluso l'accordo circa le
regole di navigazione, sarà tenuta ad osservare non per tanto
quelle che, secondo la natura delle cose e le esigenze delta navi-
gazione e la pratica degli uomini di mare, devono reputarsi obbli-
gatorie per tutti i naviganti.
Regole concernenti i fanali.
842. — Ogni nave, quantunque non appartenga ad uno degli
Stati che hanno accettato il regolamento comune, dovrà osser-
vare le seguenti norme:
a) Ogni piroscafo che navighi a vapore dovrà tenere un Eanale
situato ad una certa altezza, e che abbia una luce di tale inten*
sita da renderlo visibile, a notte scura e con atmosfera Ubera, ad
una distanza di cinque miglia almeno, e che proietti la luce uni-
forme e senza interruzione. Dovrà inoltre tenere dall'uno e dal-
l'altro de' suoi lati un fanale visibile, a notte oscura e con atmo-
sfera limpida, ad una distanza di due miglia almeno.
Tali fanali dovranno rimanere accesi dal tramonto al sorgere
del sole, qualunque possano essere le condizioni atmosfmche.
Titolo L - Regole intemazionali circa le cose comuni ^^
h) Ogni bastimento a Tela dovrà tenere sull'albero e ai due
lati i tre fanali, che proiettino luce visìbile, a notte oscura e con
atmosfera limpida, alla stessa distanza che i piroscafi.
e) Le navi a vapore ed a vela, quando siano ancorate, dovranno
avere un fanale collocato in modo che proietti una luce visibile
da tutti i punti dell'orizzonte, ad una distanza di un miglio almeno»
d) Le barche da pesca, e ogni piccola nave, saranno tenute
ad avere un fanale visibile dai loro due lati, e che proietti una
luce visibile a tale distanza da prevenire le collisioni da parte
delle navi a vapore o a vela che ad esse si avvicinassero.
Segnali acustici pei' la nebbia.
843. — Ogni piroscafo, o nave a vela, quantunque non appai*
tenente ad uno degli Stati che hanno accettato il regolamento
comune, dovrà essere provveduto di uno strumento adatto a fare
un suono, che possa essere ascoltato a ragionevole distanza, per
evitare le collisioni in caso di nebbia, o di atmosfera fosca, o di
nevicata, e sarà tenuto ad adoperare segni acustici, sia di giorno^
che di notte, ad intervalli non maggiori di due minuti.
Tali segni acustici, secondo la pratica di mare, sono il corno
da nebbia, la campana, il tamburo ed altri strumenti somiglianti^
acconci a produrre u^ suono acuto e prolungato, e del quale non
possa essere impedita la trasmissione per le condizioni atmosfe-
riche o pel modo in cui il corpo, che tale suono produca, tro^
visi sulla nave situato.
Norme generali pel governo della nave
e per la manovra.
844. — Tutte le navi che navigano con rotte opposte, o quasi
opposte, in maniera da andare Tuna incontro all'altra e da impli-
care pericolo di collisione, sono obbligate, indipendentemente dalla
366
Libro III. ' Delle cote e dei beni
obbligatorietà del regolamento, a manovrare secondo le regole
accettate in pratica dagli uomini di mare , per lasciare Tuna la
via libera all'altra ed evitare il rischio di un abbordo.
Tali regole sono le seguenti:
a) un bastimento che navighi a vento largo dovrà lasciare
libera la rotta ad un bastimento che navighi stretto al vento ;
b) un bastimento che stringa il vento con mure a sinistra,
dovrà lasciar libera la rotta ad un bastimento che strìnga il vento
con mure a diritta:
e) quando due bastimenti corrano con vento largo da diverso
lato, quello che avrà il vento sulla sinistra dovrà lasciar la rotta
libera all'altro;
d) quando due bastimenti corrano con vento largo dallo stesso
lato, quello che avrà il vento favorevole dovrà lasciare la rotta
libera a quello che sia sotto vento ;
e) un bastimento che navighi con vento in poppa, dovrà
lasciare la rotta libera ad ogni altro;
f) se due bastimenti a vapore facciano rotte che s'incrocino
in tal modo da implicare pericolo di collisione, il bastimento che
avrà Taltro sulla sua diritta dovrà lasciargli libera la rotta;
g) se due bastimenti, l'uno a vela, l'altro a vapore, navighino
in direzioni tali da implicare pericolo di collisione, quello a vapore
dovrà lasciare la rotta libera a quello a vela.
845. — Ogni piroscafo che si avvicini ad un altro in modo
da implicare pericolo di collisione, dovrà rallentare la propria
velocità, 0 arrestare la macchina, o dare indietro, se ciò sia ne-
cessario.
846. — Ogni nave che ne raggiunga un'altra dovrà tenersi
fuori della rotta di questa.
Regole di navigazione nelle acque territoriali.
847. — Ciascuno Stato può imporre alle navi straniere che
entrino nelle sue acque territoriali di osservare, oltre che le regole
Titolo L • Uegole internazionali circa le cote comuni 967
generali di navigazione, quelle speciali, da esso imposte pel traf-
fico nelle proprie acque territoriali, e non potranno escludere la
presunzione di colpabilità le navi che non le abbiano osservate.
Oli Siati Uniti dell* America settentrionale, aderendo al regolamento comune
circa le norme di navigazione, fecero non per tanto la* riserva che per la navi-
gazione nelle acque territoriali 'delFUnione Americana dovevano reputarsi in
vigore le leggi e i regolamenti emanati dall*Unione stessa, per evitare le col-
lisioni nel proprio mare territoriale, come trovansi specificate nella sezione 4233
degli Statuti riveduti degli Stati Uniti.
Conseguenze in caso di urti di navi (abordage).
848. — Ogni nave, la quale non abbia osservato le norme di
navigazione secondo il regolamento internazionale, o quelle che
devono reputarsi obbligatorie secondo la pratica ordinaria degli
uomini di mare per evitare le collisioni, sarà presunta colpevole
àeWabordage e sarà tenuta a rispondere delle conseguenze dannose.
Sarà parimente tenuta a rispondere della sua colpa ed anche
della sua negligenza, quando abbia trascurato le precauzioni
richieste dalla pratica ordinaria degli uomini di mare, ó dalle
speciali circostanze del caso.
Begolamento dei danni in caso d^'^ahordage„.
m
849. — Incombe agli Stati lo stabilire d'accordo il regolamento
relativo ai danni ed alle perdite in caso di abardage^ ed il deter-
minare come ed in quali proporzioni essi debbano essere soppor-
tati, ripartiti, o indennizzati.
Fino a tanto che il regolamento non sarà concordato, potranno
reputarsi conformi ai giusti prìncipii le seguenti regole:
a) Se Turto di navi sia avvenuto per caso, o per forza mag-
giore, i danni e le perdite, che ne derivano, saranno sopportati
dalla nave che li abbia sofferti, senza diritto a ripetizione, e con-
siderati e regolati come avarie semplici;
368 l^ifro IIL - DaU cose e dei beni
b) Se l'urto sia avvenuto per colpa di una delle nairi, i danni
e le perdite saranno a carico della nave che li abbia cagionati,
e regolati secondo la legge nazionale della medesima;
e) L'urto di navi avvenuto nelle acque territoriali, nei fiumi
e nei porti, tra navi di nazionalità diversa, sarà regolato secondo
la legge del luogo ove si sia verificato;
d) Quando l'urto di navi sia avvenuto nelle acque territo-
riali tra due navi della stessa nazionalità, sarà applicata la legge
territoriale per quanto concerne la determinazione della colpa e
della responsabilità, e la legge nazionale delle navi per quello che
concerne la ripartizione dei danni;
e) Se Turto sia avvenuto in alto mare, tra navi di naziona-
lità diversa, e non risulti a quale delle navi urtate sia imputa-
bile la colpa, 0 quando la colpa sia comune, i danni verificatisi
alle navi ed al carico saranno riuniti in una sola massa e sop-
portati da ciascuna di esse in proporzione dei rispettivo valore
della nave e del carico.
f) Nel caso di urto dubbio o per colpa comune, avvenuto
in alto mare tra navi della stessa nazionalità, sarà applicata la
legge nazionale delle navi, anche quando il tribunale straniero
possa essere chiamato a giudicarne.
Nel Congresso di Anversa fu proposta la seguente regola : *" Se le navi sono
* di nazionalità diversa, in caflo di urto in allo mare per colpa comune, o
' quando non risulti a quale delle navi sia imputabile la colpa, ciascuna sarà
* tenuta dentro ì limiti della legge della propria bandiera e non potrà ricevere
* più di quello che detta legge le attribuisce ,.
Vedi, per le osservazioni su questa regola e per le ragioni che suffragano
quelle da noi proposte, Fiori, De Vabordage dee navires sutpant le Droit inief
uational, neUa Eevue de DroU public, Paris, Ghevalier-Mareacq, tome 3*, 1895,
pagina 293.
Regole circa il tribunale competente.
850, — Incombe agli Stati lo stabilire d'accordo regole uni-
formi circa il tribunale competente per le controversie relative
all'urto di navi.
Titolo L ' Regole intemazionali eirea le cose comuni 369
Mancando tale accordo, potranno r^utarsì conformi ai giusti
principi! le seguenti regole:
a) Il tribunale di ciascuno Stato sarà competente a decidere
le controversie relative all'urto di navi avvenuto nelle acque ter-
ritoriali, o avvenuto in alto mare tra navi nazionali ;
b) Sarà altresì competente a giudicare degli urti avvenuti in
alto mare, tra navi di diversa nazionalità, ogni qual volta la nave
danneggiata sia stata forzata a rifugiarsi in uno dei porti dello
Stato ;
e) Quando la nave urtata non sia costretta, per le circostanze
dell'urto, a rifugiarsi nel porto più prossimo, potrà iniziare l'azione
dinanzi il tribunale del luogo di destinazione, se ivi si trovi pure
la nave colpevole, o l'armatore, o un rappresentante del mede-
simo : altrimenti dovrà osservare le regole ordinarie di competenza.
Sarà considerato come fòro competente quello del luogo ove
la nave colpevole sia stata sequestrata;
d) Le autorità del porto di rifugio e quelle del luogo di desti-
nazione della nave danneggiata saranno sempre competenti a rice-
vere la relazione e gli atti richiesti per l'ammissibilità dell'azione,
a raccogliere le deposizioni testimoniali, ordinare la perizia dei
danni ed a fare tutti gli atti istruttorii che possano occorrere per
determinare la responsabilità.
Fiumi internazionali.
851. — I fiumi e canali navigabili che attraversino o che
separino il territorio di diversi Stati e che siano in comuni-
cazione con un mare libero, saranno reputati fiumi internazionali
e resteranno sommessi alle stesse regole che sono applicabili
all'alto mare per tutto quello che concerne la libertà di navigare,
di godere e di servirsi di essi per i bisogni del commercio inter-
nazionale.
Incombe agli Stati frontisti Io stabilire d'accordo le regole della
navigazione per tutelare il libero esercizio del commercio.
24 — Fiore, Dir. iniern. codif.
370 Libro III, - Delle cose e dei beni
La predetta regola è fondata su quella stabilita col Trattato di Vienna del 1825,
airarticolo 109.
Art. lOS. — Les Puissances, dont les États sont séparés ou traversés par
une mème rivière nayigable, s^engagent à régler. d*uD commun accord, tout
ce qui a rapport à la navigation de cette rivière.
Art. 109. — La navigation, dans tout le conrs des rivières indiquées dans
l*article précèdent, du point où chacune d*elles devient navigable jusqu*à son
embouchure, sera entièrement libre, et ne pourra, sous le rapport du com-
merce, ètre interdite à personne.
852. — I fiumi e canali navigabili che attraversino dalla loro
foce e per tutto il loro corso il territorio di uno Stato solo, saranno
assimilati al mare libero dalla loro foce fino al punto in cui essi
siano navigabili, e tutte le navi potranno liberamente navigare
per essi; ma spetterà poi alla sovranità dello Stato, al quale appar-
tengano le rive, di stabilire le condizioni sotto le quali le navi
straniere possano servirsi di esse e dei porti per l'esercizio del
commercio.
I fiumi navigabili che attraversino il terr^orio di più Stati e quelli che per-
corrano pel territorio di uno Stato solo devono essere assimilati al mare libero
rispetto alla libertà di navigare, la quale non può essere né limitata, né ristretta
a volontà dello Stato che possegga le rive. Lo stesso va detto per ogni fatto
che possa concernere tali fiumi ed ogni rapporto che possa nascere in occa-
sione della navigazione per essi. Alle isole, a modo d*esempio, se ne siano
formate, alle collisioni delle navi che navighino, e via dicendo, devono essere
applicate le stesse regole che concernono la navigazione pel mare libero.
Per quello invece che concerne la libertà del commercio internazionale una
differenza va fatta tra gli uni e gli altri, e consiste in questo, che rispetto ai
primi, siccome deve ammettersi tra gli Stati frontisti una comunione di fatto,
Tuno 0 Taltro di essi, non potendo limitare a danno degli altri la libertà di
servirsi del fiume come mezzo di navigazione, così non può porre ostacoli alia
libertà del commercio. Da ciò consegue che il regime della navigazione flu-
viale dev^essere stabilito d*accordo, e mirare a non restringere la libertà del
commercio intemazionale. Rispetto invece al fiume che percorre il territorio
di un solo Stato, non può escludersi la libertà di navigazione; ma le regole
che concernono la libertà del commercio e che rendono obbligatorio nellMnte-
resse comune il regime che elimini le misure ristrettive per Tesercizio del
commercio, non possono essere applicate che subordinatamente al beneplacito
della sovranità dello Stato, alla quale spetta di decidere con completa auto-
nomia se le navi straniere possano servirsi delle rive e dei porti che allo Stato
appartengono per i bisogni del commercio. Tale diritto non resta nel campo
deirautonomia rispetto ai fiumi della prima categoria, perchè Tuno o l'altro
non può arrecare danno ai comunisti, ma resta nel campo delFautonomia pel
fiume rispetto al quale non èvvi comunione.
Vedi Fiore, Diritto internaz. pubblico, 3^ ediz., voi. II, § 803.
Titolo L - Regole internazionali àrea le coee comuni ^' ^
Regole per la navigazione dei fiumi internaziofiali.
853. — Incombe agli Stati percorsi da un fiume navigabile
lo stabilire d'accordo le regole di navigazione, in guisa da tute-
lare la libertà del commercio intemazionale ed il diritto spettante
ad ogni nave di servirsi del fiume pei bisogni del commercio,
senza subire indebite restrizioni.
864. — La navigazione per i fiumi intemazionali dev'essere
regolata in armonia degl'interessi generali e non di quelli parti-
colari dell'uno o dell'altro degli Stati frontisti, e qualora i mede-
simi non arrivino a stabilire d'accordo un regolamento per la
navigazione lungo tutto il corso del fiume, ciascuno degli Stati
frontisti potrà richiedere che detto regolamento sia redatto da una
Commissione internazionale, secondo i principii di Diritto relativi
alla navigazione dei fiumi internazionali.
865. — Il diritto spettante a ciascuno degli Stati frontisti, e
ad essi tutti d'accordo, di regolare la navigazione di un fiume
internazionale, che attraversi o separi il loro territorio, dovrà
essere subordinato al Diritto internazionale relativo alla naviga-
zione dei fiumi intemazionali, e conformemente ad esso limitato.
856. — Nessuno Stato potrà assoggettare in virtù di speciale
regolamento la navigazione di un fiume internazionale ai propri
interessi, limitatamente alla sezione che gli appartenga: né lice
agli Stati frontisti, mettendosi d'accordo, redigere un regola-
mento applicabile a tutto il fiume, e che sia in opposizione al
principio della libera navigazione dei fiumi internazionali.
Le regole proposte trovano il loro fondamento su quanto fu stabilito col
Trattato di Vienna del 181 5, art. 108. (Vedi innanzi nota a regola 851.) Bisogna
inoltre poi considerare che i fiumi^ internazionali , in quanto sono un mezzo
di comunicazione intemazionale, devono reputarsi a ciò destinati, e che il diritto
spettante a tutte le genti di servirsene non può essere negato' .'o ristretto.
n regolamento per la libera navigazione dei fiumi, concordato secondo il
Trattato di Vienna, così dispone all'art. 2: 'La navigazione per tutto il per-
' eorso dei fiumi indicati, dal punto ove ciascuno di essi diviene navigabile
* fino alla sua foce, sarà intieramente libera e non potrà riguardo al coin-
' mercio essere inibita ad alcuno, quando si conformi però ai regolamenti che
372 Libro IIL - DelU cose e dei bmi
* saranno stabiliti per la polizia della navigazione, in modo uniforme per tutti
* e, tanto che sia possibile, favorevole al commercio di tutti gli Stati.
* Art. 3. — Il sistema che sarà stal»ilito tanto per la percezione dei diritti
* che pel mantenimento della polizia della navigazione sarà, per quanto aia
* fattibile, lo stesso per tutto il corso del fiume, e si estenderà ancora, salvo
* che non vi si oppongano particolari circostanze, alle diramazioni ed agli
* affluenti che lungo il percorso navigabile separino o attraversino differenti
* Stati ,.
Diritti e dovetn degli Stati frontisti.
857. — Ciascuno degli Stati frontisti sarà tenuto a fiare i lavori
necessari per mantenere il fiume in buone condizioni di naviga-
bilità, e non potrà opporsi a che tali lavori, in qualunque sezione
del medesimo possa essere opportuno di farli, siano eseguiti a
spese di tutti gli Stati frontisti, stabilendo d'accordo le indennità
ed i compensi relativi.
858. — Incombe a ciascuno degli Stati frontisti il non porre
alcun impedimento al libero e completo godimento di un fiume
internazionale: non fare mutamenti e non intraprendere opere
che possano renderlo disadatto allo scopo cui è destinato: e
riconoscere il diritto spettante a tutti gli Stati, di esigere che
tutto il suo corso sia mantenuto in tali condizioni da poter ser-
vire al commercio internazionale, e che sia rimosso ogni ostacolo
alla sua libera navigazione.
Regolamenti di navigazione -fluviale
secondo i principii del Diritto comune*
869. — I regolamenti internazionali di navigazione devono
provvedere a tutto quello che possa occorrere per la regolare e
sicura circolazione in tutto il percorso del fiume; a stabilire un'au*
torità di vigilanza per sopraintendere a mantenerlo in buone con-
dizioni di navigabilità; a determinare i lavori tecnici che devono
essere fatti a spese comuni, e curare l'esecuzione dei medesimi;.
Titolo L ' Regole ifUema»Ìmiali circa le con comuni 373
ad impedire le opere nuoTe che possano impacciare in qual si
sia modo il passaggio, o alterare il corso o la distribuzione delle
acque ; a conciliare gl'interessi particolari di ciascuno degli Stati
frontisti e dei loro cittadini con quelli generali.
860. — A ciascuno degli Stati frontisti spetterà il provvedere
con regolamento speciale alla polizia e sicurezza della naviga-
zione nella sezione del fiume che si trovi nelle frontiere ad esso
appartenenti ; a prevenirvi il contrabbando ; a regolare Tesercizio
delle visite sanitarie, tanto all'entrata, quanto all'uscita del fiume;
alla quarantena; a determinare i diritti di navigazione che devono
essere pagati dalle navi che entrino nei propri porti, e a rego-
larne la percezione; tutto però in maniera da non creare osta-
colo di sorta alcuita alla libera navigazione.
86L — U regolamento intemazionale relativo alla navigazione
dei fiumi intemazionali dovrà govemare non solamente la navi-
gazione nella loro sezione principale, ma quella altresì delle loro
diramazioni che siano in comunicazione col mare.
Le diramazioni quindi di un fiume internazionale, che presen-
tino le medesime condizioni di navigabilità, saranno riguardate
come facenti parte di lui.
Regole circa le tasse di navigazione
nei fiumi intemazionali.
862. — Sì dovrà reputare violato il Diritto intemazionale, se,
in virtù di regolamenti, la navigazione dei fiumi navigabili comuni
fosse assoggettata al pagamento di tasse d'entrata e di transito,
che implicassero l'affermazione del diritto di dominio da parte
di uno 0 più Stati frontisti sulle acque, di cui tutti hanno diritto di
usare liberamente pei bisogni della navigazione.
863. — Il diritto di ciascuno degli Stati attraversati o sepa-
rati da un fiume intemazionale di percepire dalle navi qualsiasi
forma di contribuzione speciale a titolo di tasse di navigazione,
374 Libro IIL - DelU cou e dei beni
pDtrà soltanto essere fondato, e dovrà essere limitato in propor-
zione dell'opera da lui prestata per mantenere il fiome in condi-
zione di navigabilità, e reputata come il corrispettivo delle spese
a tal fine occorrenti.
864. — Le tasse generali di navigazione che ciascuno degli
Stati attraversati o separati da un fiume potrà percepire dalle navi,
dovranno essere determinale mediante tariffe ufficialmente pubbli-
cate : essere uniformi per tutto il percorso del fiume, e proporzionali
a quelle che sono stabilite nei porti di mare aperti al commercio,
accresciute soltanto in proporzione delle spese che possano
occorrere per mantenere il fiume in condizioni di navigabilità
nelle sue sezioni.
. 866. — Al pagamento delle tasse di dogana dovranno essere
assoggettate le sole navi che entrino nei porti di ciascuno Stato
e che vi facciano operazioni di commercio soggette alle leggi ed
ai regolamenti doganali. A ciò non saranno tenute le navi che
trasportino mercanzie di transito, le quali potranno essere sotto-
poste soltanto alle tasse pel servìzio di transito; né quelle che
per la necessità della na\igazione dovessero sbarcare o deposi-
tare le mercanzie, le quali potranno essere assoggettate soltanto
alle spese pel servizio di sbarco o di deposito.
866. — Ogni forma di contribuzione imposta da uno degli
Stati frontisti, che non sia conforme alla tariffa generale e pro-
porzionata alle spese tecniche ed amministrative fatte nell'inte-
resse della navigazione, sarà reputata un gravame arbitrario ed in
opposizione al principio della libera navigazione e del libero com-
mercio pei fiumi intemazionali.
867. — La percezione dei diritti di navigazione, destinati a
coprire le spese tecniche ed amministrative fatte nell'interesse
comune dovrà essere semplificata in maniera da non impacciai^
il libero traffico.
A ciò dovrà reputarsi indispensabile che l'entità di tali diritti
sia indipendente dalla natura del carico e proporzionale alla capa-
cità delle navi, eliminando in ordine ai suddetti diritti qualunque
forma di trattamento differenziale.
TiMo I. - BegoU intemagianM circa le com comuni
375
La capacità di ciascuna nave dovrà ritenersi stabilita secondo
il tonnellaggio della medesima indicato nelle carte di bordo.
Pilotaggio obbligatorio.
868. — Le navi di tutti gli Stati dovranno essere ammesse
a navigare nei fiumi intemazionali, senza imporre alle medesime
di provvedersi di un pilota del paese.
Ciascuno degli Stati frontisti potrà però assoggettarle a far uso
di un pilota pratico soltanto nelle circostanze e nelle località,
nelle quali l'abbandonare la direzione della nave a naviganti
stranieri potesse riuscire pericoloso.
Cahottaggio.
869. — Ciascuno degli Stati frontisti potrà riservare il cabot-
taggio nella sezione del fiume, che gli appartiene, ai suoi propri
cittadini; il cabottaggio poi, e il trasporto dei passeggeri tra le
diverse sezioni del fiume dovranno essere sottoposti alle stesse
norme, che sono in vigore rispetto all'esercizio di tale commercio
tra le coste marittime degli Stati civili.
Tutela giuridica dei regolamenti.
870. — I regolamenti riguardanti la navigazione dei fiumi inter-
nazionali saranno reputati sotto la garanzia collettiva di tutti gli
Stati, e saranno obbligatori anche per quelli che, essendo fron-
tisti, ad essi non abbiano acceduto.
87L — Il regolamento della navigazione dei fiumi intemazio-
nali, in tutto quello che deve mirare a tutelare gl'interessi gene-
rali, non potrà essere modificato mediante accordo fra gli Stati
frontisti, o a volontà della maggioranza degli Stati stessi, ma dovrà
essere riconosciuto il diritto di tutti gli Stati, cui spetta di godere
37f) Liln-o UL - DdU eoss é dH beni
della libertà di navigare, di provvedere a che il regolamento sta-
bilito per tutelare T esercizio di co testa libertà sia mantenuto ed
osservato.
Cmnpetenza per le controversie
circa la navigazione fluviale.
872. — La soluzione di ogni controversia d'interesse intema-
zionale relativa alla navigazione dei fiumi intemazionali, o che
possa nascere in occasione della violazione o della inosservanza
delle regole di Diritto intemazionale, che concernono il regime e
l'amministrazione dei fiumi suddetti, dovrà essere deferita ad una
Commissione internazionale permanente, o ad un tribunale spe-
ciale formato non dai soli rappresentanti degli Stati frontisti, ma
da quelli altresì degli altri Stati.
873. — Le controversie che potrebbero essere originate da
fatti dei privati occasionati da qualunque avvenimento o acci-
dente di navigazione nell'una o nell'altra sezione del fiume, o per
l'inosservanza del regolamento speciale fatto da ciascuno degli
Stati frontisti, saranno deferite ai tribunali dello Stato cui appar*
tenga la sezione del fiume, ove tale fatto o tale violazione di rego-
lamento sia avvenuto.
Questa regola tende a stabilire quello che dev^essere reputato di competenza
della Commissione intemazionale, e quello che dev^essere di competenza del-
Tautorità territoriale. Non si potrebbe giustificare una giurisdizione intema-
zionale per qualsiasi fatto accaduto nel corso di un fiume internazionale. Ogoi
qualvolta che tali fatti per la loro natura non possano essere considerati come
fatti dMnteresse intemazionale, e soggetti come tali al Diritto intemazionale,
è ragionevole Tammettere, che debbano essere sottopost! alle autorità terri-
toriali amministrative o giudiziarie, non potendo giustificare a riguardo di es^i
la creazione di una giurisdizione internazionale speciale che surroghi le giu-
risdizioni territoriali ordinarie.
Fiume navigabile che scorra pel tefriforio
di un solo Stato.
874. — Un fiume navigabile, benché scorra interamente attra-
verso il territorio di uno Stato, dovrà ritenersi soggetto alle stesse
TUdo L • Regoìe itittrnazionali circa le cose comuni 377
regole dei fiumi intemazionali e del mare libero, a riguardo di
quella parte di esso che si trovi oltre le acque territoriali dello
Stato, e tali regole dovranno essere applicate per quello che con-
cerne la libertà di navigarvi e di esercitarvi la pesca.
Lo Stato a cui appartengono le rive, tra le quali scorre un fiume naviga-
bile, non può avere il possesso giorìdico delle acque oltre la frontiera marit-
tima, vale a dire oltre tre miglia a contare dalla costa. Conseguentemente si deve
ammettere che la sovranità non possa impedire alle navi che volessero entrare
dalla parte del mare, per navigare pel fiume in quella parte al di là della fron-
tiera marittima, di poterlo fare liberamente, o per esercitarvi la pesca, o per
occupare unMsola che si sia formata lungo il corso di esso, o per qualsisia
altra ragione. D fiume navigabile, anche quando corra pel territorio d'un solo
Stato, dev''es8ere assimilato al mare libero. Detto fiume non potendo servire
al commercio internazionale, non potrebbe essere assoggettato agli stessi rego-
lamenti che devono applicarsi ai fiumi intemazionali per tutelare la libertà
del commercio intemazionale. Può senza dubbio reputarsi contro i principi!
di nn^illuminata polìtica e contro gl'interessi economici dello Stato stesso l'osta-
colare il commercio pel fiume navigabile, ma non può sostenersi che la sovra-
nità non abbia diritto di applicare al commercio fatto nelle sue acque terri-
toriali fluviali quei principii che essa stimi migliori, e senza subire quelle
limitazioni che, nell'interesse comune della libertà del commercio intemazio-
nale, devono ritenersi imposte a tutti gli Stati frontisti ed a ciascuno di essi
a riguardo dei fiumi intemazionali.
875. — Lo Stato a cui appartengono le due rive, tra le quali
corra il fiume navigabile, potrà assoggettare la navigazione nelle
acque territoriali e l'esercizio de! commercio nei porti aperti lungo
il percorso del fiume, ai regolamenti da esso promulgati.
Ogni diritto spettante alla sovranità del medesimo sulla parte
del fiume che si trova dentro i limiti della sua frontiera dovrà
rimanere sommesso alle stesse regole che concernono i diritti della
sovranità di ciascuno Stato sulle acque territoriali.
Navigazione dei fiumi internazioìiali
secondo il Diritto positivo.
876. — Salvo l'applicazione dei principii del Diritto comune
in tutti quei casi nei quali non sia stato provveduto con trattato
a regolare la navigazione di ciascheduno dei fiumi intemazionali,
tutto quello che concerne la libertà di navigazione di ciascun
fiume, il regolamento dei diritti spettanti agli Stati separati o
378 Libro IIL - DeUe cose e dei beni
attraversati da esso, dovrà reputarsi sommesso ai trattati speciali
stipulati ed ai regolamenti relativi.
877. — In tutti quei casi nei quali non sia stato provveduto
mediante il trattato, o il regolamento, o nei quali occorra di
dover interpretare le disposizioni stipulate nei trattati, o concor-
date nei regolamenti, ogni controversia dovrà essere risoluta nel
senso il più favorevole al princìpio della libertà della navigazione
e del commercio internazionale.
878. — Incombe alle Commissioni intemazionali istituite per
provvedere all'esecuzione delle disposizioni stipulate nei trattati
l'elaborare senza ritardo i regolamenti di navigazione e di polizia
fluviale, coirintendimento di assicurare la navigabilità del fiume
e di fissare le tariffe generali circa i diritti di navigazione e prov-
vedere alla polizia , all' amministrazione , alla sorveglianza ed a
quant'altro possa essere richiesto nell'interesse comune per facili-
tare la navigazione e favorire la libertà del traffico e del commercia
I trattati che sono stati stipulati per regolare la na?igazione dei diversi finmi
intemazionali sono parecchi, e Tesporre le regole di Diritto positivo secondo
i medesimi riuscirebbe lungo e complicato. Alcune notizie circa i più impor-
tanti fiumi trovansi nel li volume della mia Opera : Trattato di Diritto inter'
nazUmaU pubblico, §§ 805 e seg., ed in appendice ivi si trova un elenco dei
principali atti relativi alla navigazione dei fiumi intemazionali e loro princi*
pali affluenti. Uno degli atti più importanti nel quale trovansi consacrati i
principii più liberali in materia di navigazione fluviale è Tatto generale e
finale della Conferenza di Berlino del S febbraio 1885, del quale il capitolo IV
e Y contengono le regole concordate per la navigazione del Congo e del Niger.
Vedi Catellani, Le Colonie e la Conferenza di Berlino^ conf. Calvo, DroU
intemationàl, §§ 308 e seg.; Enoklbardt, Du regime conventionnH des fiewM
intemaHonaux; Bonfils, Manuel de Droit intem. public, §§ 520 e seg., e gli
autori ivi citati; Pradier-Fodéré, tom. 2^ §§ 682, 757 ; Hivier, Pnnc. de DroU
de8 gene, tom. 1^, pag. 220 e seg.
Canali navigabili artificiali.
879. — I canali navigabili artificialmente scavati per servire
alla navigazione internazionale, anche quando scorrano per tutta
la loro lunghezza attraverso il territorio di un solo Stato, devono
reputarsi sommessi alle regole di Diritto intemazionale, che gareii-
tiscono la libertà della navigazione.
Titolo L ' Regole iniernaziofholi circa le cose comuni ^'^
Il più importante canale marittimo interoceanico aperto al commercio inter-
nazionale ò quello di Saez, il quale rappresenta una delle opere più prodi-
giose compiute nel secolo nostro, ed è stato scavato nel territorio egiziano.
Evvi inoltre il canale di Corinto, costruito nel territorio greco ed aperto il
94 agosto 1893, ma che non ha la stessa importanza internazionale. Quello
di Panama, destinato a congiungere l'Oceano Atlantico con TOceano Pacifico,
non ha potuto essere condotto a termine. Eyvì finalmente il canale di Kiel,
per riunire la baia dello stesso nome coirimboecatura dell'Elba.
880. — I diritti della sovranità alla quale appartiene il terri-
torio percorso dal canale, e quelli spettanti agrintraprenditori che
lo abbiano costruito, devono essere subordinati all'interesse gene-
rale di servirsi di tale mezzo di comunicazione per {trasporti e
il commercio intemazionale. Salvo quindi i diritti di giurisdizione
spettanti alla sovranità territoriale secondo il Diritto comune, e
quelli che devono essere attribuiti ai concessionari in forza del
contratto che regolò Tintrapresa, tutto quello che concerne il libero
uso del canale sulla base del principio di perfetta eguaglianza
deve essere stabilito d'accordo e rimanere sotto la protezione ed
il controllo degli Stati che abbiano interesse a servirsi del canale
per le utilità della navigazione.
881. — Lo stabilimento delle regole adatte a garantire il libero
uso di un canale navigabile ed a conciliare gl'interessi generali
di tutti gli Stati di servirsene per i bisogni del commercio Inter-
nazionale coi diritti spettanti alla sovranità territoriale, dev'essere
riservato ad una Conferenza o ad una Commissione intemazionale.
n regime della navigazione nel Canale di Suez è stato concordato in seguita
allMniziativa presa dalla Gran Brettagna, che propose la riunione d'una Con-
ferenza delle Potenze interessate, per stabilire un regolamento convenzionale
adatto a garentire la libertà di navigazione in tempo di pace e in tempo di
guerra. Tale iniziativa fti notificata in via diplomatica, colla circolare del 3 gen-
naio 1883 di Lord Granville. Il 17 marzo 1885 fh poi sottoscrìtta a Londra
la dichiarazione seguente, colla quale fii nominata una Commissione per pre-
parare un progetto di regolamento: * Considérant que les Fuissances sont
* d*accord pour reconnàitre Turgence d*une négociation, ayant pour but de
* consacrer par un acte eonventionnel rétablissement d*un regime définitif^
* destinò à garantir, en tout temps et à toutes les Fuissances, le libre usage
' du Canal de Suez, il est convenu, entre les sept Gouvemements précités,
* qu'une Commission composée de déléguès nommés par les dits Gouveme-
* menta se rénnira à Farìs le 80 mars pour préparer et rediger cet acte, en
* prenant pour base la circulaire du Gouvemement de S. M. Britannique du
* 8 janvier 1883 ,. Vedi il cenno fettone in appendice.
380
Libro III, ' Delie cose e dei beni
882. — Incombe agli Stati il provvedere a che i canali marit-
timi artificiali siano ognora liberi ed aperti al commercio in tempo
di pace e in tempo di guerra, mantenendo il principio di per-
fetta eguaglianza rispetto alle navi di ogni paese ed eliminando
ogni privilegio ed ogni vantaggio che potesse essere stabilito con
particolari accordi, e il provvedere inoltre a prevenire qualunque
ostacolo da parte della sovranità territoriale riguardo alla piena
libertà della navigazione, e il riservare i diritti ad essa spettanti
subordinatamente però alla tutela degl'interessi generali.
n regime convenzioDale del Canale mariUimo di Suez stabilito Jn seguito
alla Conferenza riunitasi a Parigi nel 1885, e che trovasi consacrato nel trat-
tato sottoscritto a Costantinopoli il 29 ottobre 1888, corrisponde coirpleta-
mente ai principii della scienza ed aUe esigenze della libertà del comn ercio
internazionale. In forza di detto trattato non solo fa provveduto a tutelare
Tuso libero del Canale di Suez in tempo di pace e in tempo di guerrp senza
distinzione di bandiera, ma fu altresì provveduto a mantenere saldo il prin-
cipio di eguaglianza per quello che potesse concernere il libero uso del canale,
avendo le Potenze che sottoscrissero il trattato assunto formale impegno che
non avrebbero cercato di ottenere vantaggi territoriali o commerciali, né pri-
vilegi mediante gli accordi intemazionali che potessero in seguito aver luogo
riguardo al canale (art. 12).
' Les Hautes Parties contractantes convìennent, par application du principe
d^égalité en ce qui concerne le libre nsage dn canal, principe qui forme Tune
des bases du présent traité, qu'aucune d'elles ne recherchera des avantages ter-
ritoriaux, ou commerciaux, ni des priviléges dans les arrangements interna-
tionauz qui pourraient intervenir par rapport au canal. Sont, d'ailleurs, réservés
les droits de la Turquie comme Pnissance territoriale. ,
883. ^ Le tasse di transito, di pilotaggio, di rimorchio e via
dicendo, gravanti sulle navi che usino di un canale artificiale,
devono essere stabilite con moderazione e reputarsi destinate a
rimunerare i capitali impiegati per la costruzione del canale e
a coprire le spese occorrenti per mantenere il canale in condi-
zione di navigabilità.
Libertà degli Stretti.
884. — Gli stretti che mettono in comunicazione I mari aperti
al commercio, o il mare con un fiume intemazionale, devono
essere reputati tra le cose comuni, ammettendo a riguardo di essi
Titolo I. ' Regole internazionali circa le cose comuni
381
il diritto di usarne liberamente da parte di tutti coloro che, per
ì bisogni della navigazione e del commercio, ne intendano profittare.
886. — Nessuna sovranità potrà, senza violare il Diritto inter*
nazionale, disconoscere la libertà di accesso e di transito negli
stretti, 0 considerarli nel suo dominio, anche quando ad essa
appartengano le sponde e possa di fatto inibirne colla forza Tuso.
886. — Dovrà essere reputato in opposizione al Diritto inter-
nazionale l'assoggettare le navi che attraversino uno stretto a
pagare al Sovrano, cui appartengono le sponde, una qualsiasi
forma di contribuzione che possa avere il carattere di tassa di
passaggio, salvo che tale contribuzione non debba essere repu*
tata il correspettivo dei servigi che venissero prestati e delle spese
che fosse necessario di fare, a fine di rendere lo stretto atto alla
navigazione.
887. — Ogni contribuzione, quando possa essere giustificata
a norma della regola precedente, dovrà essere mantenuta negli
stretti limiti del correspettivo dell'indennità dovuta pei servigi
reali e per le spese effettive fatte per rendere lo stretto navi-
gabile, in maniera da escludere alla retribuzione il carattere di
tassa di passaggio.
888. — Uno Stato, che a titolo di retribuzione e d'indennità
riscuotesse una contribuzione non proporzionata ai servigi da lui
resi, potrà essere costretto a far cessare tale abuso ed a limitare
le sue pretese secondo l'equità, e come potrà essere determinato
in virtù di un arbitrato.
Limitazione alla libertà degli Stretti.
889. — Non viola il Diritto intemazionale uno Stato, il quale
regoli la navigazione in uno stretto in maniera da tutelare la
propria sicurezza e da provvedere alla propria difesa durante lo
stato di guerra.
Tale diritto deve ammettersi massimamente rispetto agli stretti
che mettono in comunicazione un mare libero con un mare chiuso.
382 Libro UL • DeUe cou e M Imi
890. — H diritto di passaggio delle navi da guerra per gli
stretti del Bosforo e dei Dardanelli deve rimanere sommesso alle
convenzioni stipulate tra l'Impero Ottomano e gli altri Stati, rela-
tive aUa oav^azione pei detti stretti.
La navigazione per gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli fu regolata con
la convenzione del 13 1 aglio 1841, la quale fd poi richiamata in vigore col
Trattato di Parigi del 30 marzo 1856 (art. 10) e modificata colla convenzione
dello stesso giorno annessa al detto trattato e mantenuta in yigore col Trat-
tato di Londra del 13 marzo 1871, che all'art. 2 cosi dispone: " Le principe
* de la clóture des dótroits des Dardanelles et du Bosphore, tei quMl a été
* étahli par la Convention séparée du 30 mars 1856, est maintenn, avec la
* facultó pour Sa Majesté Imperiale le Snltan, d*ouvru: les dita détroits en
' temps de paiz aux bàtiments de guerre des Puissances amies et aUiées, dans
* le cas où la Sublime Porte le jugerait nécessaire pour sauvegarder Texé-
' cution des stipulations du Traile de Paris du 30 mars 1856 ..
TUolo 11, • Delie cote che nono nel pos$e$90 giuridico dello Stato 383
TITOLO n.
Delle ooae ohe sono nel poaaeaso ffiuridioo
di olasouno Stato.
Territorio dello Sfato e sue adiacenze.
89L — n territorio pubblico di ciascuno Stato è costituito
dal complesso degli immobili riuniti e contigui contenuti dentro
la linea di confine o frontiera, e considerati come un sol tutto
{universUas veruni).
802. — II territorio di ciascuno Stato dev'essere reputato nel
possesso giuridico esclusivo della sovranità, alla quale spetta il
diritto di mantenerne il possesso e di difenderlo contro tutti gli
altri Stati, e di dispome nei limiti delle leggi costituzionali.
Detto territorio, considerato nella sua totalità, o come un^i^ni-
versitasy dev'essere sommesso all'imperio della sovranità per tutto
quello che concerne il godimento e l'esercizio dei diritti interna-
zionali di essa ne' suoi rapporti colle sovranità straniere.
Limiti del territoìno.
893. — I limiti del territorio di ciascuno Stato sono naturali
'e convenzionali.
I limiti naturali possono essere fissati tenendo conto delle linee
di demarcazione, che, secondo la natura delle cose, segnano le
firontiere naturali delle regioni occupate da ciascun popolo.
I limiti convenzionali sono quelli stabiliti secondo le linee di
demarcazione fissate dai trattati e distinte mediante segni appa-
renti collocati tra le frontiere dello Stato e quelle degli Stati
limitrofi.
384 Libro UL • DtUe eaae e dei beni
Mancando i segni apparenti destinati a fissarli e volendo pro-
cedere alla delimitazione, si dovrà tener conto dei confini natu-
rali per delineare il confine reale di ciascuno Stato, e tale deli-
mitazione dovrà essere effettuata a giudizio di arbìtri.
804. — Quando occorresse procedere alla delimitazione con-
templata alla regola precedente, la linea di demarcazione delle
frontiere reali sarà fissata con le seguenti norme:
a) tener presente la linea matematica per tracciare a norma
di essa i confini, ma evitare un rigorismo irragionevole e nocivo,
tenendo conto delle accidentalità permanenti del terreno, della
qualità delle coltivazioni, delle esigenze dell'agrìcoltunu II trac-
ciato rigorosamente designato con formole matematiche dovrà
quindi essere subordinato alle considerazioni di equità;
b) non complicare le questioni colla verifica dei confini da
lungo tempo stabiliti, quantunque siano spariti i segni apparenti,
e limitarsi al tracciamento dei limiti in quelle parti nelle quali
havvi incertezza effettiva e reale;
e) modificare le stesse linee tracciate dalla natura, quando ciò
fosse necessario onde non smembrare un complesso di opere, o
quando ciò sia suggerito da considerazioni di equità.
Linea di confine rispetto ai monti.
895. — Qualora due Stati fossero separati da una catena di
montagne e la linea di confine non si trovasse determinata da
trattati e fissata con segni apparenti, si dovrà ritenere che a cia-
scuno dei due Stati appartenga il versante del monte situato dalla
sua parte sino al punto culminante o vetta, e tener presente la
linea che determina lo scolo delle acque, per fissare il confine
dell'uno e deiràltro.
Linea di confine rispetto ai fiumi.
806. — Ove accada che due Stati siano separati da un flume^
e che questo sia comune, la frontiera dell'uno e dell'altro Stata
Titolo IL - Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato ^'^
frontista dovrà ritenersi fissata fino alla parte media del fiume,
secondo la linea che è denominata thalweg.
Bisognerà però tener presente che per parte media del fimne
non si deve intendere quella che si trova ad eguale distanza
dalle rive, ma bensì la lìnea che divide nel mezzo quella parte
del fiume che è la più profonda, e dove la corrente è più rapida.
Nella pratica non si può determinare tale linea con precisione matematica,
tenendo conto di tntte le deviazioni del letto del finroe, e della varia profon-
dità nei diversi punti, ma per determinarla si osserva il corso dei battelli di
più grossa portata.
897. — Qualora il fiume abbandonasse il suo antico letto, e
si formasse un letto ifuovo, la frontiera dei due Stati dovrebbe
ritenersi determinata come era stata precedentemente fissata, avuto
riguardo all'antico letto. Se poi si fosse verificato un successivo e
graduale mutamento nel corso del fiume, la linea mediana dovrebbe
ritenersi spostata e ciascuno dei due Stati avrebbe da sopportare
quelle diminuzioni, o godere quegli accrescimenti di territorio che
sarebbero la necessaria conseguenza dello stato delle cose.
898. — Rispetto alle isole che venissero a formarsi nel corso
del fiume, bisognerà ammettere che esse si debbano riguardare
nel possesso giuridico dello Stato a cui appartenga la parte del
fiume in cui siano formate, e quelle poi formate nel mezzo della
linea mediana dovranno essere attribuite all'uno o all'altro dei
due Stati frontisti per quella parte che si trovi nella linea di con-
fine che li separi.
Beni patrimoniali di ciascuno Stato.
899. — Tutte le cose corporali ed incorporali le quali appar-
tengono al Demanio pubblico o che formano parte del patrimonio
dello Stato devono essere considerate nel dominio esclusivo della
sovranità.
900. — Spetta al Diritto pubblico interno di determinare la
condizione giuridica delle cose che formano il patrimonio dello
Stato , e di stabilire se il loro uso e godimento debbano essere
26 — Fiche, Dir. ifitern. codif.
386 Libro III. - DOU co$e e dei beni
attribuiti agli individui tUi singuli^ o se per le esigenze sociali e
le utilità generali debbano essere riservati alla sovranità, o alla
persona che è il Capo dello Stato.
La distinzione fatta da Giustiniano tra le res puhlicm e le res universitatii
[ht.y lib. % Ut. 1.) 8i trova adottata nelle legislazioni moderne, le quali am-
mettono che dei beni dello Stato di alcuni si può godere ìUi singtilus, come
accade per es. delle strade, dei porti e simili ; di altri si può godere uti cive»
soltanto e non uti HnguluSt come accade delle fortezze, degli arsenali, delle
navi da guerra; ma tale distinzione può interessare il Diritto pubblico intemo,
secondo il quale i beni dello Stato sono distinti in beni demaniali e beni
patrimoniali, e questi in beni patrimoniali disponibili e indisponibili: pel Diritto
intemazionale tutto ciò è indifferente.
901. — Il Diritto internazionale deve tutelale il godimento dei
beni demaniali, o patrimoniali, appartenenti a ciascuno Stato di
fronte agli altri Stati, e deve riconoscere l'esercizio esclusivo dei
diritti spettanti alla sovranità di lui su tutte le cose che appar-
tengono allo Stato, salvo soltanto le giuste limitazioni che pos-
sono essere richieste per tutelare gl'interessi generali della società
intemazionale.
902. — Dovranno ognora reputarsi quali beni di ciascuno Stato
le strade nazionali, il lido del mare, le spiagge, i fiumi che non
debbano reputarsi aperti alla navigazione intemazionale , i tor-
renti, i porti artificiali o naturali, i seni, le fortezze, le navi da
guerra ed in generale i beni che, secondo la legge costituzionale,
costituiscono il Demanio pubblico, o il patrimonio dello Stato.
Dovranno annoverarsi nella stessa categoria i beni di qualunque
natura che a qualunque titolo appartengono al fisco o al Tesoro
pubblico.
La sovranità dello Stato per provvedere ai bisogni della pubblica ammini-
strazione ed alle esigenze della finanza concentra nelle sue mani una somma
di valori, cbe essa preleva talvolta dai privati colla forma di contribuzioni
obbligatorie o imposte: talvolta coll'attribuirsi T esercizio di certi diritti e di
certi privilegi lucrativi, come sono le industrie fiscali e i monopoli: talvolta
col prelevamento di una parte di beni spettanti ai privati, come accade per
tutti quei diritti così detti di regalla. La somma di tutti i suddetti valori co-
stituiscono il Tesoro pubblico ed appartengono al fisco che lo amministra e i
detti beni formano pure parte del patrimonio pubblico appartenente allo Stato.
Titolo IL - Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato 387
Diritti della sovranità
rispetto al ^patrimonio dello Stato.
003. — Incombe alla sovranità Tesercitare i suoi diritti sulle
cose demaniali appartenenti allo Stato e su quelle altresì che co-
stituiscono il patrimonio di lui, colle giuste limitazioni che devono
ritenersi imposte, secondo il Diritto intemazionale, per tutelare
gl'interessi generali.
Quantnnqne non si possa contestare che alla sovranità di ciascuno Staio
«petti il diritto esclusivo di provvedere al migliore godimento de* suoi diritti
patrimoniali, deve non per tanto ammettersi che anche tale godimento debba
essere messo in armonia cogl'interessi generali delPumanità, per lo che deve
la sovranità subire, nelF esercizio de' suoi diritti relativi al patrimonio pub-
blico, quelle giuste limitazioni che possono ritenersi richieste per Tordinata
convivenza degli StatL
Limitazione dei diritti sulle acque territoriali.
904. — Dovrà reputarsi in opposizione col Diritto internazio-
nale il rendere oneroso o difficile il transito delle navi mercan-
tili per le acque territoriali, assoggettando il passaggio delle mede-
sime a leggi e regolamenti vessatori.
005. — Salvo il diritto di sorveglianza e di controllo dentro
i limiti della frontiera marittima per tutelare gl'interessi del fisco,
incombe alla sovranità dello Stato il non esagerare il rigore dei
regolamenti doganali, in maniera da rendere malagevole e diffi-
coltoso Fuso innocuo delle acque territoriali.
006. — Ciascun Sovrano può inibire a coloro, che non siano
cittadini dello Stato, di profittare dei prodotti sottomarini nelle
acque territoriali, e tale facoltà, salvo che non sia stata loro accor-
data mediante trattato, dovrà ritenersi dejure esclusa e senza che
l'uso contrario e la tolleranza da parte della sovranità territoriale
possa valere a stabilire un diritto acquisito.
388 Xiftro III. ' Delle cose e dei beni
Cahottaggio riservato ai cittadini.
007. — Non offende il Diritto internazionale uno Stato che^
volendo riservare ai propri cittadini il commercio di nolo e di
cabottaggio nei propri porti, neghi assolutamente agli stranieri
di esercitare tale commercio, o lo gravi con tasse onerose.
Uso delle strade e delle vie di comunicazione.
008. — Nessuno Stato può, senza violare il Diritto intema*
zionale, negare l'uso innocuo delle pubbliche strade agli stranieri
che di esse vogliano servirsi come mezzo di comunicazione e di
transito e per l'esercizio del commercio pacifico.
Compete però a ciascuno Stato di regolare l'uso ed il transito
per le pubbliche strade, in maniera da tutelare i propri diritti e
provvedere alla sicurezza ed alla difesa.
000. — Viola altresì il Diritto internazionale uno Stato che,
senza giuste e plausibili ragioni, si opponga a che siano facili-
tate le comunicazioni coi paesi stranieri.
Questa regola tende ad ammettere che per le necessità intemazionali bene
accertate potrebbe giustificarsi anche tra gli Stati una certa tal quale serritù
legale di passaggio, nel senso cioè che ano Stato intermedio non possa ritenersi
autorizzato, senza commettere un arbitrio, ad attentare al diritto spettante a
tutti di percorrere liberamente il mondo, ponendo una barriera insonnontabile
al libero sviluppo delle attività intemazionali, e negando un passaggio reputata
necessario ai bisogni del commercio internazionale. Supposto che per facili*
tare le comunicazioni internazionali fosse opportuno di costmire un tunnd e
che uno Stato, senza giustilìcate ragioni, nò volesse coi^trìbuire alla spesa, né
volesse concedere agli Stati interessati di costruirlo a proprie apese. Toppo-
sizione non giustificata da parte di lui dovrebbe essere reputata un arbitrio
e potrebbe dar luogo alle rimostranze collettive e agli espedienti pacifici indU
retti per costringervelo.
Uso innocuo degli istmi.
010. — Il diritto dell'uso innocuo delle vie di comunicazione
dovrà essere riconosciuto anche a riguardo degl'istmi, sia che
Titolo IL - Delle cose ehé sono nel poBsewo giuridico dello Stato 389
essi si trovino sul territorio di uno Stato, sia che appartengano
in comune a più Stati, e, salvo il diritto di regolare con leggi
amministrative e finanziarie il passaggio, dovrà reputarsi ognora
arbitrario il riservarlo ai cittadini, negandolo agli stranieri, o il
renderlo per questi eccessivamente oneroso e gravoso.
Uso innocuo delle strade ferrate.
911. — Incombe agli Stati che si trovano nella medesima
parte di un continente il riconoscere che le linee delle strade
ferrate, che mettono capo in quelle di Stati limitrofi, devono avere
il carattere di strade internazionali e tutelare il diritto che tutti
hanno di servirsi liberamente di esse per i bisogni del commercio
e per percorrere la terra.
912. — La tutela degl'interessi intemazionali esigo che le strade
ferrate, che mettono in comunicazione uno Stato con un altro,
siano reputate come destinate a promuovere lo sviluppo econo-
mico e morale dei popoli civili, e che, facendo salvi i diritti della
sovranità territoriale, esse siano poste sotto la protezione del Di-
ritto intemazionale per quanto concerne il libero uso pacifico delle
medesime; la regolarità e sicurezza del loro esercizio; la facilità
ed economia dei trasporti, e la garanzia dei diritti privati.
913. — Incombe a tutti gli Stati che si trovino nella mede-
sima parte di un continente attraversato da strade ferrate in comu-
nicazione, il mettersi d'accordo a fine di stabilire un regolamento
intemazionale che assoggetti a norme comuni l'esercizio delle
medesime e i trasporti ferroviari intemazionali.
Regolamento ferroviario internazionale.
914. — Il regolamento ferroviario intemazionale dovrà rego-
lare il servizio relativo al trasporto dei passeggeri e delle mer-
canzie; Tuniformità delle tariffe; la responsabilità degl'intrapren-
ditorì dell'esercizio del servizio, in qualunque caso, per ritardo,
390 i,4bro UL - DeUe case e dei beni
avarie, smarrimento e simili ; la costruzione dei lavori occorrenti
nelle zone di frontiera degli Stati limitrofi per facilitare il ser-
vizio ed agevolare il traffico, ed il riparto delle spese a ciò ne-
cessarie; l'escludere qualunque differenza di trattamento, anche
rispetto a coloro che non siano cittadini degli Stati da codesta
strada attraversati, e via dicendo.
916. — Il regolamento ferroviario internazionale concordato
fra gli Stati mediante trattato dovrà reputarsi obbligatorio anche
per le società private, che avessero a loro spese costruite le strade
ferrate, o che avessero il monopolio dell'esercizio di esse, e cia-
scuno Stato sarà tenuto a costrìngere le società medesime ad osser-
varlo, 0 sarà esso medesimo responsabile per tutte le conseguenze
civili che potessero derivare dall'inosservanza per parte delle so-
cietà, alle quali ne fosse stato affidato l'esercizio, se non avesse
efficacemente provveduto a che le società assuntrici rispettassero
il regolamento internazionale e che potessero essere costrette a
mantenere tutti gl'impegni secondo esso dallo Stato assunti.
016. — Il regolamento ferroviario internazionale stipulato con
trattato dovrà essere considerato, per tutto quello che concerne
la sua esecuzione, sotto la tutela giuridica collettiva degli Stati
uniti mediante la ferrovia, che avessero sottoscritto il trattato,
e le controversie nascenti tra i medesimi nella esecuzione do-
vranno essere deferite ad un tribunale arbitrale.
Una convenzione pel trasporto delle merci in ferrovìa fa conchiusa a Berna
il 4 ottobre 1890 fra TAustria-Ungheria, Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi,
Germania, Russia, Svizzera, e mediante la medesima trovasi stabilito un Diritto
comune tra gli Stati firmatari, per regolare il contratto di trasporto intema-
zionale mediante le ferrovie, alle quali si riferisce la convenzione conclusa, e
per determinare inoltre la responsabilità delle amministrazioni e le regole per
esercitare le azioni pel rifacimento dei danni patiti.
Regole circa il trasporto delle merci
sulle ferrovie internazionali.
917. — In mancanza di trattato speciale che regoli i trasporti
internazionali per ferrovia, i principii di Diritto comune relativi
Tìtolo IL - DelU cose che sono nel possesso giuridico dello Stato 3^*
al contratto di trasporto saranno applicati al trasporto della merce
sulla ferrovia internazionale, dal punto di spedizione a quello di
destinazione, o consegna.
018. — Le azioni contro Tamministrazione della ferrovia, che
nascono dal contratto di trasporto e sotto le stesse condizioni
richieste per il legale esercizio delle medesime, potranno essere
esercitate contro le singole amministrazioni di una ferrovia inter-
nazionale, le quali abbiano partecipato al trasporlo intemazio-
nale della merce.
010. — V amministrazione della ferrovia, che abbia accettato
il trasporto della merce con la lettera di spedizione, è responsabile
dell'esecuzione del trasporto per tutto il percorso internazionale
fino al luogo di consegna della merce.
Ciascuna ferrovia successiva pel fatto medesimo di avere spe-
dita la merce colla lettera di spedizione primitiva, diventa com-
partecipe nel contratto di trasporto ed obbligata alla esecuzione
del medesimo fino al luogo di destinazione della merce.
020. — Le amministrazioni delle strade ferrate successive col
fatto stesso di avere proseguito il trasporto della merce perve-
nuta con la lettera di spedizione primitiva saranno ritenute com-
partecipi deir originario contratto di trasporto, ed obbligate di
eseguirlo in conformità della lettera di spedizione e responsabili
dell'esecuzione.
021. — Le azioni contro le amministrazioni delle strade ferrate,
spettanti allo speditore della merce o a colui al quale la merce
sia destinata in forza del contratto di trasporto internazionale,
potranno essere esercitate o contro l'amministrazione che accettò
primieramente la merce con la lettera di spedizione, o contro cia-
scuna delle amministrazioni successive, che di fatto divenne com-
partecipe del trasporto intemazionale o contro quella sulla Unea
della quale si sia verificato il danno occorso nel trasporto della
merce, salvo sempre però l'azione di ricorso e di garanzia delle
anmiinistrazioni compartecipi fra di loro per la responsabilità di
ciascuna di esse e l'obbligo del rifacimento del danno.
L'azione non potrà essere esercitata in* un caso e nell' altro.
393
Libro III. ' DèUé cote e dei beni
che dinanzi al tribunale competente secondo le regole dì Diritto
comune.
922. — Le amministrazioni delle strade ferrate, che successi-
vamente abbiano partecipato al contratto di trasporto interna-
zionale, saranno responsabili dei danni risultanti dalla perdita
(totale o parziale) o dall' avarìa della merce, ciascuna a partire
dalla stazione della linea ove di fatto fu accettato il proseguimento
del trasporto, fino al punto della linea appartenente ad altra
Società, ove di fatto si verificò la partecipazione della medesima
al trasporto. Ciascuna sarà sgravata della propria responsabilità,
dando la prova che il danno sia avvenuto per cagione o colpa
dell'avente diritto, o pel fatto dello speditore o del destinatario
che abbiano modificato in corso di viaggio le condizioni della iet*
tera di spedizione, o per un vizio proprio della merce (deteriora-
mento, deperimento naturale), o per un fatto naturale (gocciola-
mento, colamento ordinario), o per caso di forza maggiore.
923. — Nel caso che la lettera di spedizione designi un luogo
di destinazione che non sìa una stazione sulla ferrovia, il contratto
dì trasporto intemazionale dovrà reputarsi perfezionato ed ese-
guito coirarrivo della merce all'ultima stazione ferroviaria, e per
quello poi che concerne l'ulteriore trasporto della merce al desti-
natario non domiciliato all'ultima stazione dì destinazione, dovranno
essere applicati i regolamenti ferroviari ivi vigenti per la consegna
della merce e la responsabilità dell'amministrazione della ferrovia
destinataria.
Le regole. sopra enunciate trovano il loro fondamento snì principi! di Diritto
comune relativi al contratto di trasporto. Questo deve ritenersi concluso in
conseguenza del fatto stesso, di avere cioè accettato una merce consegnata
per essere trasportata al luogo di sua destinazione indicato nella lettera di
spedizione.
U capo della stazione originaria, il quale abbia constatata Vaccettazione della
merce, apponendo sulla lettera di spedizione il timbro della ferrovia che porta
la data dell'accettazione, ha così concluso il contratto di trasporto, ed assunto
l'obbligo di eseguirlo o di farlo eseguire coi mezzi ordinari : per lo che lo spe-
ditore e Tamministrazione della ferrovia devono rimanere sommessi alle regole
di Diritto comune che concernono i rapporti contrattuali. Lo stesso deve essere
detto di ogni capo di stazione ferroviaria di linea successiva, che abbia rice-
vuto la merce con la lettera di spedizione, e che abbia apposto il timbro della
Titolo IL - Delle cose che eono nel poeseiso giuridico dello Stato 308
propria stazione. Egli pure così constata Taccettazione della merce e Tobbligo
assanto di fame proseguire il trasporto, e diventa quindi compartecipe della
esecuzione del contratto e responsabile di ogni danno che possa derivare dalla
inesecazione o dal modo di esecnzione. S'intende benissimo che, siccome Tara-
ministrazione della strada ferrata, che s'incarica del trasporto originariamente
0 come compartecipe, assume sempre la posizione di vettore^ così bisogna am-
mettere che essa deve soggiacere a tutte le obbligazioni alle quali deve rima-
nere sommesso il vettore, e che debba essere responsabile anche del fatto de*
suoi dipendenti e di qualunque altra persona, a cui abbia affidato l'incarico
di eseguire o fare eseguire il trasporto.
924. — I regolamenti delle singole amministrazioni ferroviarie,
coi quali sia esclusa o limitata la responsabilità e gli obblighi
dell'amministrazione stessa in opposizione dei principii di Diritto
comune relativi al contratto di trasporto, non potranno reputarsi
efficaci rispetto ai trasporti ferroviari internazionali, i quali, in
mancanza di regole positive stabilite mediante trattato, devono
essere regolati in conformità dei principii di Diritto comune inter-
nazionale, e non già dei regolamenti delle singole amministrazioni
che abbiano ad esso derogato.
•
Questa regola si fonda sul concetto che i trasporti intemazionali hanno per
la natura delle cose carattere proprio di contratto intemazionale. Si può discu-
tere di fronte alla legge di ciascun paese, se le società ferroviarie possano coi
regolamenti escludere o limitare la loro responsabilità in opposizione dei prin-
cipii sanzionati dalla legge del loro paese in materia di contratto di trasporto.
Alcune legislazioni negano decisamente tale facoltà. Così ha fatto il legislatore
italiano, il quale nel nuovo codice di commercio ha regolato con titolo spe-
ciale i trasporti ferroviari, ha determinata la responsabilità delle amministra-
zioni ed eliminato ogni equivoco intorno all'efficacia giuridica dei regolamenti
ferroviari colla seguente disposizione:
* Art. 416. Le stipulazioni che escludono o limitano pei trasporti per strada
* ferrata le obbligazioni e le responsabilità stabilite negli articoli 393 , 393,
* 39é, 400, 402, 404, 405, 407, 408, 41 1 e 415, sono nulle e di nessun effetto,
* se anche fossero permesse da regolamenti generali o particolari, salvo che
* alla limitazione di responsabilità corrisponda una diminuzione del prezzo di
* trasporto stabilito nelle tariffe ordinarie, offerta con tariffe speciali ,.
Supponendo ora che tale disposizione non si trovasse sancita nella legisla-
zione di un paese straniero, e che Tamministrazione della ferrovia abbia coi
reg<damenti esclusa la sua responsabilità e gli obblighi derivanti secondo il
Diritto comune dal contratto di trasporto, a noi sembra che tali regolamenti
non potrebbero essere efficaci quando si trattasse di determinare la responsa-
bilità nelVesecuziope di trasporti internazionali.
Questo diciamo, perchè, siccome il contratto pel suo oggetto e per la sua
natura ha carattere vero e proprio di contratto internazionale, cosi le contro-
versie circa la responsabilità del vettore che avesse accettato di fatto Tincarico
di eseguire o di fare eseguire il detto contratto internazionale, devono essere
3^ Libro IIL • Delle cose e dei beni
risolute secondo! principìì del Diritto comune internazionale, e non già alla
stregua dei regolamenti che tutto al più possono essere applicati ai contratti
fatti ed eseguibili airinterno dello Stato. Certamente per eliminare ogni dissidio
conviene massimamente che gli Stati uniti da linee ferroviarie si accordino
nello stabilire un Diritto uniforme in materia di trasporti internazionali. Ripe-
tiamo nonpertanto che, in mancanza di una convenzione intemazionale, giustizia
esige che le controversie siano risolute fondandosi sul Diritto comune.
Uso delle linee telegrafiche.
925.. — Incombe a ciascuno Stato il considerare le linee tele-
gràfiche, che comunichino con quelle degli Stati limitrofi, desti-
nate a mantenere i rapporti della vita e del commercio intema-
zionale, e la sovranità dovrà esercitare i proprii diritti su di esse
in maniera da non ledere gl'interessi generali.
926. — L'uso innocuo delle linee telegrafiche intemazionali
dev'essere protetto dal Diritto internazionale.
927. — Salvo il diritto spettante a ciascuno Stato di difen-
dere i suoi diritti di sovranità sulle linee telegrafiche che si tro-
vino sul proprio territorio , di tutelare i propri interessi e d'impe-
dire che il telegrafo sia usato a danno della sicurezza e dell'ordine
pubblico, nessuno di essi potrà esercitare i propri diritti in maniera
da offendere il diritto spettante a tutte le persone, senza distin-
zione, di corrispondere per mezzo dei telegrafi intemazionali.
928. — Incombe a tutti gli Stati 11 mettersi d'accordo a fine
di stabilire una legislazione uniforme per l'esercizio delle linee
telegrafiche. A ciascuno Stato poi spetta il mettere le proprie
leggi in armonia con le norme stabilite mediante l'accordo, e sarà
responsabile se abbia omesso di farlo.
929. — Il regolamento per l'esercizio delle linee telegrafiche
internazionali dovrà fissare le tariffe, il controllo, le priorità per
rapporto ai dispacci dello Stato e dei pubblici funzionari, il col-
locamento e la conservazione delle linee, e provvedere altresì per
impedire la distruzione o deteriorazione delle medesime, e via
dicendo.
Titolo 11. - Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato ^^
Mancando tale regolamento, converrà attenersi a riguardo di
tutto ciò alle norme secondo il Diritto comune, o a quelle con-
cordate con trattati.
Norme per V esercizio internazionale della telegrafia.
930. — Nessuna linea telegrafica potrà essere collocata od
estesa nel territorio di uno Stato, senza il precedente consenso
della sovranità di esso. Salvo quindi il diritto di porre i cavi
sottomarini in alto mare, nessuno potrà proseguirli nelle acque
territoriali di uno Stato senza la previa autorizzazione del So-
vrano di esso.
931. — Il diritto spettante alla sovranità di ciascuno Stato
di concedere o negare l'autorizzazione per proseguire un tratto di
linea telegrafica dovrà essere reputato compreso in quello d'auto-
nomia e d'indipendenza di esso, anche quando tale tratto di linea
telegrafica fosse necessario a congiungere due linee internazio-
nali. II rifiuto però, non giustificato, da parte di uno Stato, richie-
sto dagli altri Stati interessati, dovrà essere riguardato un arbitrio
e potrà legittimare le misure indirette e le rappresaglie per costrin-
gerlo, quando i buoni uffici messi in opera dagli Stati interessati,
a fine di ottenere la richiesta autorizzazione, non conseguissero
lo scopo.
932. — Qualora una linea telegrafica internazionale fosse di
fatto in esercizio, nessuno dei Governi potrà sospendere Tuso del
tratto di linea telegrafica che si trovi nel territorio dello Stato,
senza darne avviso con pubblica comunicazione ufficiale.
933. — Il diritto di sospendere Tuso del tratto di linea tele-
grafica per certe date corrispondenze, o per tutte le corrispon-
denze, dandone pubblico avviso, potrà in ogni caso essere attri-
buito a ciascuno Stato soltanto pei dispacci che arrivino o
che partano dal proprio territorio, ma non potrà estendersi a
quelli di transito, né a quelli diretti tra Stato e Stato in tempo
di pace.
^9" Libro IH. - Delle cose £ dei beni
Violazione dei dispacci di transito.
934. — Ciascun Governo dovrà punire la violazione del segreto
dei dispacci di transito colle stesse pene comminate per la vio-
lazione di quelli all'interno dello Stato.
935. — Incombe altresì a ciascun Governo il provvedere in
via amministrativa, quando non sia il caso di procedere in via
penale, per impedire qualunque illegale ed arbitraria intromis*
sione da parte dei privati nel regolare movimento delle linee
telegrafiche internazionali, e il mettere efficacemente le persone
responsabili in grado di rispondere per qualunque ritardo volon-
tario nel movimento telegrafico, da cui ne sia derivato un danno.
Cavi sottomarini.
936. — I cavi sottomarini (cables), per la parte che si trovi
al difuori delle acque territoriali di ciascuno Stato, devono repu-
tarsi sotto la protezione del Diritto internazionale per tutto quello
che concerne lo stabilimento di essi e la loro conservazione.
937. — La rottura, o deteriorazione di un cavo sottomarino,
fatta volontariamente o per negligenza colpevole, e che possa
avere per risultato di interrompere o d'impedire in tutto od in
parte le comunicazioni telegrafiche, sarà reputata quale violazione
del Diritto intemazionale, e punibile quando abbia i caratteri di
delitto, senza pregiudizio in alcun caso dell'azione civile e del-
l'obbligo del rifacimento del danno.
938. — Incombe a ciascuno Stato il riconoscere che per la
tutela degl'interessi generali conviene attribuire alle navi militari
di qualunque paese il diritto di reprimere le rotture o deteriora-
zioni delittuose dei cavi sottomarini avvenute in alto mare e l'ar-
restare gl'individui colpevoli di tali reati, o presunti tali, per farli
giudicare dai tribunali competenti, secondo le regole generali circa
la giurisdizione penale rispetto ai reati commessi in' alto mare.
Titolo IL ' Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato ^'
039. — Gli Stati che sottoscrissero la Convenzione per la pro-
tezione dei cavi sottomarini, conchiusa a Parigi il 14 marzo 1884^
saranno tenuti all'osservanza dei patti mediante essa stipulati, il
rispetto dei quali dovrà reputarsi sotto la garanzia collettiva di tutti
gli Stati che la sottoscrissero, o che vi abbiano fatto adesione.
La Convenzione del 14 marzo 1884 fu sottoscritta originariamente dai seguenti
Stati: Austria-Ungheria, Argentina, Belgio, Brasile, Colombia, Costarica, Dani-
marca, Francia, Germania, Gran Brettagna, Grecia, Guatemala, Italia, Paesi-
Bas:$i, Persia, Perili, Portogallo, Romania, Russia, Salvador, San Domingo, Scan-
dinavia, Serbia, Spagna, Stati Uniti, Turchia, Uruguay. (Vedi il cenno fattone
in appendice.)
Smmzio internazionale della Posta.
940. — Ciascuno Stato è tenuto a facilitare lo sviluppo delle
comunicazioni postali e dovrà esercitare i suoi diritti sovrani su
tale pubblico servizio in maniera da non ledere, e con Tintendi*
mento di favorire il libero scambio delle corrispondenze inter-
nazionali.
941. — Nessuno Stato , in virtù de' suoi diritti di sovranità
territoriale, potrà reputarsi autorizzato ad arrestare il movimenta
postale, o a violare il segreto delle lettere, per qualunque si sia
grave motivo d'interesse politico, o amministrativo.
Potrà soltanto ammettersi che per gravi ragioni di ordine pub-^
blico un Governo possa sospendere la spedizione e distribuzione
dei giornali, dandone però avviso con tutti i mezzi della pubblicità»
042. — Il servizio delle poste e della corrispondenza fra Stato
e Stato dev'essere riguardato, per quanto concerne il libero eser-
cizio e l'osservanza delle due regole precedenti, sotto la prote-
zione del Diritto internazionale.
943. — Incombe agli Stati che sottoscrissero la Convenzione
per l'Unione postale del 1* giugno 1878 e Tatto addizionale del
21 marzo 1886 ed i relativi successivi regolamenti, ed a quelli che
in seguito vi aderirono, l'osservare lealmente i patti concordati,
salvo sempre le riserve fatte da ciascuno degli Stati stessi al
398
Libro III. • Delle cose e dei beni
momento della sottoscrizione del trattato originario o dell'atto
di accessione.
La Convenzione postale intemazionale ha proprio il carattere d*nnione uni-
versale di tutti gli Stati civili che si sono accordati a regolare Timportantt
servizio della corrispondenza intemazionale nel modo il più conveniente e
meno dispendioso. Oltre al servizio della posta ordinaria, ha formato pure
oggetto di accordo lo scambio delle lettere con valori dichiarati; io scambio
dei vaglia postali e dei pacchi postali, ed altresì il servizio delle riscossioni
delle cambiali ed effetti di commercio. (Vedi il Trattato del 21 marzo 1885.)
Delle imposte.
944. — Le imposte formano parte dei beni appartenenti allo
Stato, e consistono nel complesso delle contribuzioni obbligatorie
che la sovranità è autorizzata a prelevare dai privati per prov-
vedere ai bisogni dello Stato.
945. — Il diritto di ricorrere alle imposte per le esigenze finan-
ziarie dello Stato potrà essere liberamente esercitato da ciascun
Governo in conformità del Diritto pubblico del proprio paese, e
non potrà reputarsi limitato che in forza dei patti stipulati nei
trattati in vigore e delle regole di Diritto internazionale.
Tale diritto potrà essere esercitato rispetto ai cittadini e rispetto
agli stranieri, salvo però a riguardo di questi ultimi l'osservanza
dei principii del Diritto intemazionale in quello che limitano l'auto-
rità e l'imperio di ciascuna sovranità rispetto agli stranieri.
Non potrebbe reputarsi conforme ai principii del Diritto internazionale Tas-
soggettare ad una forma diretta di contribuzione obbligatoria gli stranieri, pel
godimento di quelli che abbiamo denominati diritti intemazionali dell'uomo
e che trovansi esposti al titolo X. Confronta pure le regole 231 , 232. Nelle
legislazioni moderne le diverse forme di gravose contribuzioni imposte agli
stranieri ed indicate colla generale denominazione: Diritti di àUnnaggio, sono
state abolite.
946. — Dovrà reputarsi conforme ai principii dell'equità e della
giustizia internazionale il non assoggettare al pagamento delle
imposte personali che gli stranieri soltanto che siano stabiliti nel
territorio dello Stato, e il non esagerare rispetto alle altre imposte
la disparità tra i cittadini e gli stranieri, ammettendo questi ad
Titolo IL - Delle coae che sano nel possesso giuridico dello Stato 3^
esercitare 41 commercio , ad acquistare la proprietà , a stare in
giudizio, e ad ottenere la proiezione e sicurezza delle loro per-
sone e dei loro beni, senza assoggettarli ad altre tasse od impo»
sizioni, oltre quelle che siano poste a carico dei cittadini dello
Stato, salvo solo quelle ragionevoli differenze che possono essere
reputate il correspettivo della protezione da essi goduta nello Stato,
e dei servigi pubblici a tal fìne ad essi resi dal Governo.
Sistema doganale.
d47. — Ogni Stato può liberamente colla legislazione doga*
naie regolare le importazioni o le esportazioni a seconda dei cri-
teri che intende preferire riguardo alla libertà del commercio, o
alle restrizioni protezioniste, e può inoltre modijQcare i regola-
menti doganali a favore di uno o più Stati mediante trattati.
948. — Non viola il Diritto internazionale uno Stato che in
forza dei trattati conceda maggiori favori e facilitazioni ai citta-
dini di uno Stato e li neghi a quelli di altri Stati, stabilendo così
una disuguaglianza di trattamento fra gli uni e gli altri, o che in
mancanza di trattati mantenga la regola della reciprocità del
trattamento.
049. — Incombe agli Stati il riconoscere la reciproca utilità di
allargare le unioni doganali, a fine di provvedere cosi meglio allo
sviluppo del commercio e dell'industria, e il favorire la divisione
internazionale del lavoro mediante la libertà degli scambi e la
facilitazione della concorrenza internazionale.
Le anioni doganali possono riuscire utili tra gli Stati che abbiano interessi
omogenei e che si trovino in condizioni non molto disparate riguardo ai mezzi
di produzione, di circolazione e di scambio. Una delle più importanti e pro-
ficue unioni doganali è stata quella conclusa tra gli Stati della Germania, che
incominciò col Trattato sottoscritto dai Governi di Monaco e Stuttgart nel 1827,
colla denominazione: Lega bavarese. (Vedi per la storia di formazione e svi-
luppo della unione doganale degli Slati della Germania, denominata Zollverein:
Calvo, Droit internationah tom. I, §§ 79-80.)
Un progetto di Zollverein americano, posto innanzi dagli Stati Uniti nella
Conferenza internazionale americana, riunita a Washington nel 1890, non fu
accolto da tutti gli Stati, e massimamente vi si oppose la Repubblica Argeoi*
lina. Vedi Calvo, opera citata, tom. VI, supplóment general, § 3i8.
^^ Libro IH. - DelU cose e dei beni
Non manca chi sostenga rntiiità di un^nnione doganale europea per contro-
bilanciare la concorrenza che fa all^Earopa TAmerica e che in seguito le farà
FAsia. Vedi in questo senso Tarticolo pubblicato da Molinari nel Journal de»
économi8tes, 1888.
Un'istituzione molto utile neirinteresse del commercio internazionale è stata
quella effettuata ad iniziativa del Belgio , di stabilire cioè mediante accordo
intemazionale un ufficio residente a BruxeUes per la pubblicazione delle tariffe
doganali di tutti gli Stati che sottoscrissero il trattato. Alla Conferenza riu-
nita per tale oggetto il 15-21 marzo 1888 furono rappresentati 25 Stati, ed
in seguito poi alla Conferenza del luglio 1890, la Convenzione per la crea-
zione di un'unione internazionale fu sottoscritta da 34 Stati, e l'uffizio inter-
nazionale fu stabilito a Bruxelles il 2 aprile 1891, e funziona sotto Talta sor-
veglianza del Ministro degli affari esteri.
960. — Il sistema doganale non potrà assumere carattere di per-
fetta unione doganale, se non che quando sia soppressa la linea do-
ganale tra gli Stati collegati : istituita una frontiera daziaria unica,
là ove essi siano separati dagli Stati non appartenenti alla unione:
promulgata una legislazione uniforme e la tariffa daziaria comune
tra gli Stati collegati : stabilita l'unità di amministrazione doganale.
Tutto ciò potrà essere utilmente stabilito mediante trattato ti'a
gli Stati che abbiano comunanza d'interessi commerciali.
Sistema doganale imposto ad uno Stato.
951. — Nessuno Stato può imporre forzatamente un sistema
doganale ad uno Stato più debole, costringendolo a sottoscrivere
un trattato fatto a vantaggio esclusivo di lui.
952. — Uno Stato che volesse profittare dell'esito favorevole
di una guerra per imporre allo Stato vìnto ed impotente a soste-
nere la concorrenza un sistema doganale a suo vantaggio esclu-
sivo, commetterebbe un biasimevole abuso di potere, che potrebbe
giustificare l'appoggio morale da parte degli altri Governi in favore
dello Stato più debole, a fine d'impedire una condizione dì cose
a lui rovinosa: e qualora fossero evidenti e certe le rovinose con-
seguenze economiche per lo Stato costretto a subire le condizioni
del vincitore, questo potrà giustificare l'ingerenza collettiva da
parte degli altri Stati per impedire o far cessale Io stato di cose
rovinoso.
Titolo IL ' Delle coee che sono nel possesso giuridico dello Stato 401
0
Colonie.
953. — Le colonie appartenenti ad uno Stato, finché esse siano
nella condizione di dipendenza, devono essere reputate quali pos-
sedimenti dello Stato a cui esse appartengono e considerate, ri-
spetto alla sovranità di esso, nelle medesime condizioni che il
territorio o i suoi accessori.
954. — I diritti della sovranità rispetto alle colonie, considerate
quali possedimenti dello Stato, devono rimanere sommessi alle re-
gole che concernono detti diritti riguardo al territorio dello Stato.
Le colonie, come ogni altra parte del territorio dello Stato, sono nel pos'
sesso giuridico della sovranità di esso II territorio coloniale, fino a tanto che
sussiste il rapporto che unisce la colonia alla madre patria, è nelle medesime
condizioni che ógni altra parte di territorio sXìiniemo dello Stato : hdanà, Gon-
segnentemente tutto quello che concerne Tesercizio dei diritti sovrani sotto
il punto di vista finanziario e fiscale nelle colonie deve reputarsi nel campo
del Diritto pubblico intemo, salvo sempre le giuste limitazioni che anche all*in-
temo di ciascun paese devono ritenersi fondate sul Diritto internazionale. Non
bisogna peraltro confondere colle colonie quei territori che hanno pure un
legame di dipendenza, ma che non è quello vero e proprio coloniale, ma quello
bensì di protettorato o altro.
955. — Il regime amministrativo ed economico dei possedi-
menti coloniali di uno Stato è nel dominio esclusivo del Diritto
pubblic. di ciascun paese.
056. — Nessuno Stato però può, senza commettere un arbitrio,
organizzare il regime delle colonie che ad esso appartengono, in
maniera da conculcare i diritti intemazionali dell'uomo, che non
possono essere negati ai coloni e che devono essere tutelati dal
Diritto internazionale.
957. — Viola il Diritto internazionale uno Stato che, coirin-
tendimento di profittare oltre la giusta misura de' suoi possedi-
menti coloniali, sanzioni colle proprie leggi la servitù civile, eco-
nomica e politica dei coloni, e che conculchi a loro danno i principi!
di Diritto comune dei popoli civili.
Confronta regole 94^96.
058 — Compete ai coloni, che siano mantenuti colla vio-
lenza e colla forza nella condizione di servitù civile, e che siano
26 — Fiore, Dir, interri, codif.
402 jAbro III. ' DeUe cos$ $ dei beni
impotenti a respìngere la forza maggiore, il diritto di invocare la
protezione degli altri Stati, a fine di ottenere la tutela dei propri
diritti internazionali.
Le proposte regole tendono ad escludere che il servaggio delle colonie, cosi
come ò stato inteso ed immaginato da certi Governi che sono stati spinti dall'avi-
dità mercantile a fondare e mantenere le colonie per arricchirsi alle spalle dei
coloni, possa essere giustificato coi giusti principi! del Diritto moderno. L'avere
voluto considerare i coloni come se fossero fuori del Diritto comune dei popoli
civili, fino al punto di negar ad essi il libero godimento dei diritti deiruomo, questo
ha potuto valere a sostenere la politica coloniale; ad organizzare il lavoro nelle
coionie a profitto esclusivo della metropoli ; ad attuare il monopolio commerciale
a vantaggio della medesima, e a mantenere la servitù civile e politica dei coloni.
Lo sviluppo della civiltà deve però condurre naturalmente ad escludere il
sistema di assoggettamento perpetuo che fu detto servitù coloniale ed a giu-
stificare l'emancipazione delle colonie.
Il rapporto tra la colonia e la madre patria deve reputarsi nel campo del
Diritto pubblico interno, purché però esso sia mantenuto senza violare colla
forza i diritti della personalità umana e i diritti intemazionali delle genti inci-
vili, nel qual caso sorgerebbe il dovere d'ingerenza collettiva, giusta le norme
esposte al libro I, titolo IX (reg. 487494).
Servitù intemazionali.
959. — La servitù internazionale consiste in un diritto terri-
toriale costituito a favore dì uno Stato straniero, che implichi una
limitazione di un diritto territoriale che secondo il Diritto comune
spetta a ciascuna sovranità a riguardo del territorio dello Stato.
Essa non può essere costituita che in forza di un titolo, il
quale deve essere la convenzione espressa o tacita, e può consistere
o in non f adendo o in patiendo^ e deve ritenersi fondata e regolata
dal titolo da cui deriva.
Non ogni forma di limitazione dell'esercizio dei diritti spettanti alla sovra-
nità può essere reputata una servitù intemazionale. Gli Stati possono infatti
mediante accordi reciproci stabilire, regolare e modificare l'esercizio deTlbro
diritti rispettivi, e siccome l'obbligazione assunta, quando sia efficace, dev'essere
esattamente adempiuta, così ne consegue sempre una limitazione della libertà.
Non ci sembra quindi esatto il concetto di coloro, che qualificano servitù
qual si sia forma di limitazione dell'autonomia. Cosi si è arrivati a sostenere
che l'obbligazione assunta dall'Italia con la legge delle guarentigie del Papa
e della Santa Sede, con la quale essa assunse l'impegno di rispettare l'indi-
pendenza della Chiesa cattolica, e l'inviolabilità del suo Capo, costituisca una
specie di servitù internazionale. Menando buono l'inesatto concetto ne se-
guirebbe che ogni obbligazione assunta da uno Stato o mediante atto uni-
laterale o mediante convenzione in forza di cui si dovesse ammettere una
Titolo IL ' Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato *"^
limitazione dei diritti di autonomìa, assumerebbe il carattere di servitù. Ma
allora l'oggetto della servitù sarebbe la sovranità, lo che non ci pare soste-
nibile. Più esatto ci sembra l'ammettere che la servitù propriamente detta
implichi invece una limitazione dei diritti di sovranità territoriale, in virtù
della quale lo Stato, rispetto a cui la servitù è costituita, sia tenuto a n&n fare
sul territorio soggetto al suo imperio quello che in forza della sua autonomia
avrebbe diritto di fare, o a tollerare e soffrire che un altro Stato faccia sul
territorio qualche cosa, che secondo il Diritto comune che governa l'esercizio
dei poteri territoriali delle sovranità, non sarebbe autorizzato a fare.
La servitù quindi riflette sempre un rapporto territoriale e consiste in una
limitazione dei diritti territoriali della sovranità.
Go^, a modo d'esempio, è la servitù di non ricostruire fortezze o stabilimenti
militari: di non fortificare una data località: di non potere armare navi da
guerra: di non potere entrare colle navi da guerra in certe parti del mare
{servUus in non f adendo). Non mancano esempi di tali servitù. Troviamo infatti
che certi Stati hanno assunto l'obbligo di demolire le fortezze esistenti in
alcune località, e che è stata poi ad essi imposta la servitù di non poterle
ricostruire. Noi non consideriamo l'obbligo di demolire le fortezze come una
servitù; perchè il fare in forza di un'obbligazione assunta mediante trattato
è pure una limitazione della libertà, ma propriamente è l'esecuzione dell'ob-
bligazione, non una servitù, la quale sussiste come limitazione perpetua di un
diritto territoriale della sovranità, finché sussiste il titolo in virtù del quale
fu costituita. Nel trattato di Berlino del 13 luglio 1878, a modo d'esempio,
troviamo all'articolo 11 che la Bulgaria assunse l'obbligo di abbattere nello
spazio di un anno le fortezze e di non poterle fare ricostruire. L'abbattimento
delle fortezze a nostro modo di vedere ha la forma di obbligazione assunta
mediante trattato, l'esecuzione della quale è l'abbattimento delle fortezze. La
servitù invece è l'obbligo imposto di non ricostruire, che sussiste fino a tanto
che sussisterà l'articolo 11 del mentovato trattato, col quale la servitù di non
ricostruire fu stabilita, cosi come la servitù imposta alla Francia coll'art 9 del
trattato di Utrecht del 13 marzo 11 aprile 1713 di non potere ricostruire le
fortezze di Dunkerque, perdurò fino a tanto che non fu annullata coll'art. 17
del trattato di Parigi àeì 3 settembre 1783.
Vedi altri esempi di servitù nel trattato di Parigi 30 maggio 1814, articolo 15:
in quello del 30 marzo 1856, articoli 13 e 14: nella convenzione di Londra degli
11 maggio 1867, articoli 2, 3 e 5, ecc., e nel trattato di Berlino del 1878 passim.
La servitù in patiendo implica pure una modificazione dei diritti patrimo-
niali della sovranità, che ò tenuta, finché la servitù sussiste, a tollerare che
un'altra sovranità faccia qualche cosa sul proprio territorio. Così, ad esempiot
eoll'art. 29 del trattato di Berlino (1878), i^ imposto al Montenegro di soffrire
<;he TAustrìa esercitasse la polizia marittima e sanitaria su Antivari e il lit*
torale del Montenegro. Confronti : Bonfils, Manuel de Droit international public,
% 338, 334, e Fiore, Diritto int, pubUico, 3* ediz., tom. II, § 850.
060. — La servitù, come ogni altra eccezione, che lìmiti il libero
esercizio dei diritti, non può reputarsi stabilita che in forza di
un titolo, e deve essere interpretata nel senso il più ristretto e
il meno lesivo dei diritti territoriali spettanti allo Stato al quale
è imposta.
*^*' Libro 111. ' Delle cose e dei bent
961. — Quando la servitù debba ritenersi esistente, dev'essere
considerata come effettiva e permanente, tanto a riguardo dello
Stato obbligato a soffrirla, quanto riguardo a quello cui ne com-»
pete il godimento.
962. — La servitù dev'essere considerata come un diritto reale
territoriale permanente, e quindi essa -si trasmette attivamente e
passivamente col possesso giuridico del territorio a cui si riferisce^
fino a tanto che sussiste il titolo in forza del quale fu costituita.
963. — La servitù può rimanere estinta colla convenzione con-
traria, colla rinunzia espressa o tacita, o in forza della risoluzione
della convenzione colla quale fu costituita.
Essa può essere estinta altresì con la confusione della sovranità
territoriale, vale a dire colla riunione dei due territori.
Della comunione.
964. — La comunione può verificarsi tra due Stati che abbiano
simultaneamente diritti su di una cosa indivisibile. Essa importa
l'onere di ciascuno degli Stati in comunione di non fare opere
che impediscano e modifichino il godimento della cosa comune^
e di non far nulla che possa pregiudicare gl'interessi rispettivi»
Questa regola può trovare la sua applicazione neir ipotesi che un ponte
appartenga a due Stati limitrofi, nel qnal caso ciascuno ha diritto di usarne»
e di vigilare altresì che la parte spettante alFaltro non sia da questi deteriorata
e che r altro faccia quanto occorre, perchè la cosa sia conservata nella sua
integrità all^uso cui è destinata.
965. — La comunione importa l'obbligo reciproco dei due Stati
di tollerare tutte le conseguenze che derivano naturalmente dalla
situazione della cosa comune, e di fare quello che può reputarsi
indispensabile per mantenere la cosa comune nelle condizioni
richieste dalle finalità cui deve essere destinata.
Questa regola può trovare la sua applicazione nellMpotesi che due Stati siana
separati da un monte, nella quale ipotesi ciascuno è tenuto a tollerare lo scolo
naturale delle acque e tutte le conseguenze che naturalmente derivano dalla
situazione delle cose e dai buoni rapporti tra comunisti.
La regola può trovare altresì applicazione ai fiumi che dividono due Stali
limitrofi.
TUolo IH, - Dèi beni appartenenti ai privati 405
TITOLO ni.
i beni appartenenti ai privati.
966. — I beni appartenenti ai privati, di qualunque natura essi
siano, devono rimanere sommessi all'autorità della sovranità ter-
ritoriale, rispetto ad ogni rapporto che li concerna, e che inte*
ressi il Diritto pubblico territoriale o il Diritto e gl'interessi sociali.
n Diritto pubblico ed il Diritto sociale determinano resistenza e la vita di
ciascnno Stato come istituzione politica, ed il conservare T autorità di essi
salda e ferma, e l'impedire qualsisia violazione, qualsisia offesa, qu&lsisia deroga
ai principii sanciti secondo il Diritto pubblico e il Diritto sociale, devono repu-
tarsi il massimo e principale diritto e dovere della sovranità di ciascun paese.
Nessun rapporto, nessun fatto, nessun atto può compiersi nel territorio di cia-
scuno Stato, qualora sia derogato alle regole di Diritto pubblico cbe concer-
nono le persone, i beni, o gli atti, o alle regole di Diritto sociale che concernono
gl'interessi comuni, tra le quali devono ritenersi comprese quelle ordinate a
mantenere incolume l'ordine pubblico e il buon costume.
967. — I beni immobili» che formano parte del territorio dello
Stato, ed i beni mobili che nell'attualità sul medesimo si trovino
devono rimanere sommessi al dominio eminente della sovranità
territoriale dentro i limiti però determinati nella regola precedente.
968. — Nessuna sovranità potrà, senza violare i principii del
Diritto internazionale, assoggettare alla legge territoriale l'ordine
6 la misura dei diritti privati spettanti agli stranieri sulle loro
cose immobili o mobili esistenti nel territorio dello Stato, ed
assoggettare alle dette leggi ogni rapporto di qualunque natura
si sia^ ed ogni diritto su qualsisia titolo fondato, ma dovrà bensì
riconoscere l'autorità delle leggi straniere in quello che esse rego-
lano l'ordine e la misura dei diritti e dei rapporti privati soggetti
alla loro autorità sulle cose ovunque situate, ogni qual volta che
applicando dette leggi straniere non venga derogato al Diritto
pubblico territoriale o al Diritto sociale, e salvo il principio sta-
bilito alla regola 270.
Le regole proposte sono il riassunto esatto dei principii esposti nella mia
opera: Nuovo Dir. ini» ptMlicOf Milano 1865, nella quale al capitolo Vili si
406
Libro 111, " DélU cose e-dei heni
trovano i prìncipi! fondamentali circa T autorità delle leggi di Stati diversi.
Dopo avere stabilito che le leggi civili di ciascun popolo, in quello che rego-
lano i rapporti privati, devono avere autorità estraterritorìale, è detto così
a pagina 133 : * Noi non possiamo discorrere del Diritto pubblico di cia-
" senno Stato nella stessa guisa come abbiamo parlato del Diritto privato.
** D Diritto pubblico infatti è ordinato alla conservazione dell'organismo sociale»
* e perciò tutte le persone e le cose le quali si trovano nel territorio nazio-
** naie devono sottostare ai principi! di Diritto pubblico di quello Stato... D
' diritto di ciascuno Stato a regolare la vita privata de* suoi sudditi, può eser-
* citarsi all'estero finché il suo uso è innocuo, ossia finché non contrasta coi
* principii di Diritto pubblico di quello Stato.
'Da quanto abbiamo detto ne segue che la condizione e la capacità delle
* persone, in qualunque parte abbiano ad esercitare i loro diritti, la condizione
"civile delle famiglie, i diritti e i doveri degF individui che compongono le
* famiglie e gli effetti di questi diritti e doveri sulle proprietà che la famiglia
* o i membri individuali di essa posseggono nelle varie parti del mondo: le
* obbligazioni nascenti dai contratti in relazione alle cose tutte e simili devono
* essere regolate dalla legge dello Stato , ed il cittadino nelle sue relazioni
* giuridiche e internazionali, può invocare giustamente e in qualunque terri-
* torio r applicazione di quella legge particolare dello Stato che governa lo
* stato suo e della sua famiglia anche in relazione ai beni dovunque situati,
' ed ha ragione d'invocare dovunque l'applicazione della legge che informò in
' origine le convenzioni da luì stipulate, purché però l'applicazione della legge
' nello Stato da cui essa non emana non offenda l'interesse politico ed eco-
* nomico dello Stato medesimo, e non contraddica a quei principii che il legìs*
' latore ha consacrati come leggi d'ordine pubblico. , (Vedi la traduzione di
detta opera fatta da PradierFodéré, Paris 1868, tom. I, pag. 297-98.)
Abbiamo mantenuta sempre ferma la stessa opinione e abbiamo poi dato
più largo sviluppo ai principii nell'opera sul Diritto int. privato, pubblicata
nel 1869. Oggi la grande maggioranza degli scrittori ha chiarito e sviluppato
la medesima teoria, e sopratutto il Laurent nella sua importante opera DroU
civil international, pubblicata nel 1880. Gonfr.: Fiore, Dir, int. privato, 3' ed.,
voi. primo, Leggi civili, capitolo IH, § 91 e seg.
969. — Incombe agli Stati civili ritenere d'interesse comune Io
stabilire mediante trattati, regole uniformi, e reciprocamente obbli-
gatorie, per determinare la competenza legislativa di ciascuna so-
vranità nel governare i diritti privati di ciascuno sulla proprietà
e nel regolare o limitare l'esercizio o il godimento di detti diritti, e
per determinare inoltre l'autorità della legge territoriale e della
legge personale a riguardo di quanto concerne l'acquisto, il godi-
mento e l'esercizio dei diritti degli stranieri sui beni esistenti nel
territorio dello Stato, a fine di eliminare cosi i conflitti tra le
legislazioni di Stati diversi.
Ammettendo in massima che la sovranità di ciascuno Stato non possa, in
virtù del suo dominkr'àìiriueutei assoggettare alle proprie leggi ugni rapporto
Titolo III, - Dei beni appartenenti ai privati ^^7
di diritto prÌTato sngrimmobili, ed ammettendo oonsegaentemente che i diritti
privati del proprietario straniero possano secondo i casi essere goyemati da
legge estera, non si può escludere la concorrenza delle legislazioni di paesi
diversi e deve riuscire facile comprendere che per eliminare i conflitti è indi-
spensabile di concordare regole uniformi circa T autorità delle leggi chiamate a
governare i diritti privati del proprietario straniero sui beni a lui appartenenti.
Norme in mancanza di trattati.
970. — Fino a tanto che non sarà stipulato un trattato e non
saranno fissate mediante esso regole uniformi circa Tautorità delle
leggi di ciascuno Stato, l'autorità territoriale o estraterritoriale
delle leggi dovrà essere determinata in conformità dei principii
del Diritto intemazionale privato.
971. — Incombe ai tribunali, qualora il legislatore non abbia
sanzionato con legge le norme secondo le quali essi devono appli-
care le leggi straniere, il temer conto dei principii generali del
Diritto intemazionale privato, come in ogni caso nel quale manca
la legge positiva, e di risolvere ogni controversia rispetto all'ac-
quisto, al godimento e all'esercizio dei diritti degli stranieri sui
beni che si trovino nel territorio di uno Stato, siano essi mobili
o immobili, in conformità dei più razionali principii del Diritto
intemazionale privato.
U legislatore italiano ha dato un mirabile esempio codificando le regole di
Diritto intemazionale privato, nelle disposizioni generali del Codice civile circa
l'applicazione delle leggi, per lo che le regole sancite sono obbligatorie per i
tribunali italiani, in guisa che violandole può farsi luogo al ricorso in Cassa-
zione come in ogni caso in cui venga ad essere violata la legge interna. Con-
fronta: FiOBE, DeUe disposixioni generali^ sìMa pubblicaMone^ opplieaMone e
interpretazione delle leggi^ Napoli, Marghieri 1886, voi. I, pag. 440, n.° 379, e
Trattato di Dir. int, privato^ 3" ed., Leggi civili^ voi. I, pag. 265, n." 273. Vedi
inoltre Demànofat, Introduction au Journal de Droit int. privé^ tom. I, 1874.
Diritti del projmetario stii beni che gli appartengono.
OTB. — Colui, cui spetta la proprietà dei beni che si trovino
nel territorio dello Stato, potrà esercitare e godere tutti i diritti
che spettano al proprietario e disporre di essi nella maniera più
'^ Libro III. " Delle cose e dei beni
assoluta, quand'anche egli sìa straniero, salvo soltanto le limita-
zioni sancite dalla legge territoriale, e purché non ne faccia un
uso vietato dalle leggi e dai regolamenti.
073. — I beni che possono essere oggetto di proprietà privata
comprendono tutte le cose corporali mobili o immobili, capaci di
possesso e di appropriazione, sìa che si muovano per propria forza
come gli animali, sia che non possano essere mossi che da forza
esteriore, come le cose inanimate, ed inoltre le produzioni del-
l'industria e dell'ingegno, le scoverte industriali, le insegne
commerciali, le marche di fabbrica e qualunque opera letteraria
0 artistica; i diritti, le obbligazioni e le azioni che abbiano un
valore patrimoniale, comprese le rendite temporanee o perpetue
stabilite a favore del privato a carico dello Stato.
974. — Nessuno straniero può essere spogliato della sua pro-
prietà, né costretto a cederla o a tollerare che altri ne faccia uso
contro sua volontà, salvo che, per causa d'interesse o di pubblica
utilità legalmente accertata, la sovranità territoriale abbia imposto
al proprietario di cedere in tutto o in parte ì beni a lui appar-
tenenti in correspettivo della giusta indennità determinata in con*-
formità delle leggi.
076. — Dovrà ritenersi compreso nei diritti spettanti al pro-
prietario quello di trasmettere al momento della morte ì beni che
gli appartengono con testamento o a norma della legge che regola
la successione in mancanza di testamento, e di esigere che la
intrinseca validità delle disposizioni testamentarie e l'ordine e la
misura dei diritti di successione in mancanza di testamento siano
regolati dalla legge chiamata a governare lo stato e la capacità
del defunto ed i rapporti di lui e della sua famiglia, ogni qual
volta che non ostino le regole 966-67 innanzi stabilite.
076. — Il possesso dei beni attuato sotto le condizioni deter-
minate dalla legge territoriale, e fornito di tutti i requisiti da essa
richiesti, produrrà tutte le conseguenze giuridiche che la detta legge
a tale fatto attribuisce, anche se il possessore sia straniero.
077. — Qualunque possessore, senza fare differenza se esso sia
cittadino o straniero, può valersi di tutti i mezzi giuridici permessi
Titolo IIL - Dii beni apparUnetUi ai privati
409
dalla legge del luogo nel quale possiede, o per far cessare il tur-
bamento del possesso e le cause che ne molestino il godimento
o per ricuperare il possesso se ne fosse stato spogliato ed essere
reintegrato nello stato anteriore all'attentato materiale.
978. — I fatti giuridici compiuti sotto l'impero della leg^e ter-
ritoriale, che a norma di questa possono servire quale fondamento
di un diritto a riguardo della cosa, resteranno sommessi alla legge
territoriale, anche se siano stati compiuti da stranieri o rispetto
alle cose appartenenti a stranieri (detensùmef conservazione e mi-
glioramentù della cosa^ accessione, confusione, specificazione e simili).
Per spiegare il fondamento delle regole proposte occorrerebbe un largo svi-
luppo. Confronta le regole poste innanzi 268-271 e vedi Fiori, Diritto intern.
privato, 3' ed., Torino 1889, voL II, Parte speciale, lib. HI, Dei diritti che hanno
per oggetto le cose.
979. — I diritti acquistati dai terzi sulle cose immobili o mobili
in forza della lex rei sitae, devono essere retti da questa anche
a riguardo delle cose appartenenti a stranieri.
II fondamento di questa regola si trova nel principio stabilito colle regole
269 e 966 precedentL
Ogni qual volta che il legislatore sancisca una disposizione per tutelare i
diritti dei terzi, deve ravvisarsi in essa il carattere di disposizione ordinata a
tutelare il Diritto sociale, e deve conseguentemente ammettersi che rautorìtà .
della legge, da cui tali diritti derivino, debba reputarsi assoluta nel territorio,
C08) come deve dirsi di ogni disposizione ordinata a tutelare il Diritto pubblico
e Tordine pubblico.
Proprietà letteraria ed artistica.
980. — Il diritto spettante all'autore di un'opera dell'ingegno,
sulle sue scoperte, invenzioni ed opere di qual si sia natura, che
abbiano il carattere di prodotto del pensiero, dev'essere protetto
e tutelato nella stessa guisa della proprietà. (Confr. reg. 531-539.)
981. — Salvo il diritto spettante alla sovranità di ciascuno Stato
di stabilire con legge quali siano le opere dell'ingegno, che pos-
sano essere meritevoli di protezione, e le condizioni sotto le quali
la protezione legale possa essere concessa, e come debba essere
assicurata o limitata, incombe a ciascuna sovranità l'assimilare
*1^ Libro HI. - Delle cose e dei beni
gli stranieri ai cittadini nel godimento ed esercizio dei diritti spet-
tanti agii autori sulla produzione dell'ingegno e senza subordi-
nare tale godimento alla condizione della reciprocità legale o
diplomatica.
982. — Gli autori di opere scientifiche letterarie od artistiche
saranno ammessi a domandare ed ottenere la protezione della
legge territoriale a fine di stabilire, sotto le condizioni da essa
sancite, la proprietà delle loro opere, e godranno gli stessi bene-
fici!, di cui godono i cittadini, nel domandare T applicazione di
codesta legge, per far valere in giustizia i loro diritti contro
l'illegale riproduzione, contraffazione, o rappresentazione delle
opere ad essi appartenenti.
983. — Incombe a tutti gli Stati lo stabilire un Diritto uniforme
circa la protezione legale delle opere dell'ingegno e la punizione
degli attentati ai diritti di autore, concordando le norme relative
mediante un trattato, e spetta a ciascuno di essi il sanzionare con
legge i patti speciali con tale trattato stipulati.
I principii, che potrebbero servire di base ad un trattato intemazionale rela-
tivo a tale material possono essere determinati in diversa maniera secondo la
maggiore o minore protezione che s'intende accordare agli autori in corre-
spettivo dell'opera, ch'essi prestano, e della ricompensa ad essi dovuta pel ser-
vizio reso alla società colle produzioni dell'ingegno. Cosi può ammettersi, a
modo d'esempio, che all'autore possa essere riservato altresì il diritto di auto-
rizzare la traduzione, o la riduzione dell'opera da lui fatta : allargare o restrin-
gere la durata de' suoi diritti: determinare in maniera più ampia o più ristretta
le cause di decadenza e via dicendo. Tutto questo però può formare oggetto
del Diritto particolare, che mediante un trattato può essere fissato {reg. 9), e
non può entrare nel campo delle regole [generali, che noi ci siamo proposti
di stabilire.
Un complesso di regole particolari sulla materia trovasi già concordato nel
trattato per la protezione della proprietà letteraria ed artistica stipulato a Berna
tra il Belgio, la Francia, la Germania, la Gran Brettagna, la Repubblica di Haiti,
l'Italia, la Repubblica di Liberia, la Spagna, la Confederazione Svizzera e
Tunisi, il 9 settembre 1886.
Vedi su tale argomento la mia opera Diritto intern. privato, 3* ed., voi. II,
cap. IX, Torino 1889, e la traduzione francese fattane da Ch. Antou», PariSi
Pedone Lauriel edit
Titolo III. " Dèi beni appartenenti ai privati ^^^
Opere meritevoli di protezione.
984. — Incombe a ciascuna soyranità il ritenere meritevoli della
protezione legale tutte le opere scientifiche, letterarie ed artistiche,
cioè a dire i libri, le opere drammatiche, le composizioni musi-
cali, i disegni, le pitture, le sculture, le incisioni, i disegni scien-
tifici ed ogni altra produzione, che possa essere considerata come
il prodotto del pensiero, del gusto, dello spirito e dell'intelUgenza
del suo autore.
Condizioni per la protezione della proprietà letteraria.
986. — Il diritto di proprietà acquisito a riguardo di una data
opera in virtù della legge del paese, in cui essa abbia avuto ori-
gine, non potrà essere riconosciuto in un altro paese, ove, secondo
la legge in vigore, il diritto dì proprietà letteraria rispetto a quella
data opera non sia ammesso in favore dei cittadini dello Stato.
986. — L'autore di un'opera dell'ingegno, che abbia acquistato
la proprietà della sua produzione nel paese, in cui essa fu ori-
ginariamente pubblicata da lui, non potrà assicurare la protezione
legale del suo diritto negli altri paesi, se non quando abbia osser-
vate in ciascuno di essi le formalità richieste secondo la legge
territoriale, onde rendere pubblico il suo diritto ed assicurarne
a riguardo di tutti il rispetto.
987. — In ciascuno Stato dovrà applicarsi la legge in vigore
per determinare se il diritto di protezione debba ritenersi acqui-
stato, e quando possa reputarsi perduto, e per determinare altresì
i caratteri della contraffazione o di qual si sia lesione dei diritti
di autore.
Nome commerciale.
988. — n nome commerciale, quello cioè che individualizza
ciascuna persona, o una società di commercio, dovrà essere repu-
tato dovunque come parte del patrimonio appartenente a colui
412
Librv IIL ' Delle cose e dei beni
ch'è dal nome rappresentato, e dev'essere tutelato a riguardo di
tutti come la persona stessa.
980. — L'usurpazione del nome di un altro dev'essere consi-
derata come un attentato ai diritti della persona, e quando sìa
fatta in mala fede ed abbia i caratteri di reato, dev'essere punita
secondo la legge penale, senza fare differenza se colui, che abbia
usurpato il nome altrui, abbia ciò fatto a danno di un cittadino
o di uno straniero.
090. — Viola il Diritto internazionale la sovranità di uno Stato,
che per la mancanza di un trattato internazionale tolleri che la
usurpazione del nome commerciale di uno straniero o di una
società straniera, quando abbia di per sé stessa i caratteri del
fatto illecito punibile, possa essere consumata impunemente nel
proprio territorio.
001. — À ciascuna sovranità spetta soltanto di sanzionare con
legge le regole per istabilire quando l'usurpazione del nome com-
merciale possa avere carattere di delitto, e quando possa formare
oggetto di azione giudiziaria, e le disposizioni secondo la legge
sancite dovranno ritenersi applicabili a tutti gl'interessati senza
fare differenza tra cittadini e stranieri, e senza subordinarne l'ap-
plicazione al principio della reciprocità.
(Vedi pel maggiore sviluppo di tale regola i principii esposti nella citata
opera sul Diritto intem. privato, e le decisioni dei tribunali ivi riportate.)
902. — Il nome di una persona o di una società commerciale
non potrà perdere i suoi caratteri come tale, se esso faccia parte
di una marca di fabbrica o di commercio, o se sia unito ad em-
blemi 0 ad altri segni, e non potrà ritenersi soggetto alle regole
che concernono le marche di commercio, se non quando la per-
sona, cui esso appartenga, gli abbia attribuito il carattere di una
marca depositandola come tale.
Protezione delle marche di fabbrica e di commercio.
903. — Il diritto spettante a ciascun commerciante e a ciascun
produttore industriale d'individualizzare la specialità dei prodotti
Titolo IIL ' Dei beni appartenenti ai privati 4rl3
del proprio commercio o della propria industria con determinati
segni distintivi, e d'impedire che altri adoperi abusivamente i
medesimi segni a fine di trarre in inganno i consumatori, dovrà
essere reputato come uno dei diritti meritevoli di protezione e dì
tutela secondo il Diritto intemazionale, ed indipendentemente dai
trattati e dalla reciprocità.
994. — Spetta alla sovranità di ciascuno Stato di stabilire per
legge sotto quali condizioni ciascuno possa acquistare il diritto
di rivendicare per sé l'uso esclusivo di una marca di fabbrica o
di commercio: come tale diritto debba essere conservato, e quando
debba reputarsi perduto : ma dovrà ritenersi ognora in opposizione
Col principio del Diritto delle genti il fare in tutto ciò una dif-
ferenza fra cittadino o straniero o il tollerare la frode e la slealtà
nel commerciò. {Confr. reg, 536.)
995. — Potrà essere considerato come marca di commercio o
di fabbrica qualunque segno, che possa servire a distinguere i
prodotti di una fabbrica o gli oggetti di un commercio, e del quale
il fabbricante o il commerciante abbia acquistato l'uso esclusivo
facendone il deposito colle forme legali nel paese di origine.
996. — In qualunque caso nel quale sia contestato il legale
acquisto della proprietà di una marca, o la conservazione dei
diritti di proprietà di essa, spetterà al commerciante o industriale,
di dare la prova di avere legalmente acquistato il diritto dell'uso
esclusivo della marca nel paese in cui sorgesse la contestazione,
e di non averlo perduto in conformità delle leggi e dei regolamenti
sulla materia in tale paese in vigore.
Eguaglianza di trattamento degli stranieri e dei cittadini.
997. — Ogni persona, che abbia acquistato legalmente l'uso
esclusivo di una marca, dovrà essere ammessa a far valere ì suoi
diritti per ottenere la protezione legale della propria marca in
ciascun altro paese, sotto le condizioni sancite dalla legge ivi
vigente, e potrà farne il deposito colle forme legali in esso
^1* L^^ro III. - DeUe cose e dei beni
stabilite, purché il segno scelto come inarca non possa essere
considerato come contrario alla morale ed all'ordine pubblico.
998. — Colui, che avrà acquistato legalmente il diritto di pro-
prietà di una marca nel paese di origine, o che ne avrà fatto il
deposito in qualunque altro paese osservando le formalità pre-
scritte dalla legge, dovrà essere ammesso a godere gli stessi bene-
ficii dei quali godono i cittadini del medesimo, e la stessa pro-
tezione legale, e potrà invocare l'applicazione delle leggi penali
per la usurpazione, contraffazione, e per qualunque uso illecito
della marca depositata.
999. — Le sanzioni penali per la usurpazione, contraffazione
od imitazione delle marche di fabbrica o di commercio depositate
dovranno essere parimente applicate senza fare distinzione tra
cittadini o stranieri, e l'azione giudiziaria dovrà essere iniziata a
richiesta del pubblico ministero o della parte interessata in con-
formità della legislazione interna di ciascuno Stato.
Necessità di un Diritto comune convenzionale.
1000. — Incombe agli Stati lo stabilire d'accordo le norme per
l'acquisto della proprietà delle marche di commercio e di fabbrica
e per la protezione legale delle medesime e il mettere la legisla-
zione territoriale in armonia coi principii del Diritto internazionale.
Privilegio fondato sul brevetto dHnvenzione.
1001. — Il diritto di privativa industriale dev'essere riguardato
ognora come concessione e privilegio da parte della sovranità di
ciascuno Stato, e non potrà valere ad attribuire a colui, che lo
«bbia ottenuto, di esigerne il rispetto negli altri paesi, come se
si trattasse di un suo diritto patrimoniale.
1002. — Spetta alla sovranità di ciascuno Stato il concedere
all'inventore, ed ai suoi aventi causa, il privilegio di smerciare
Titolo IIL - Dei beni appartenenti ai privati **^
esclasivamente la propria invenzione, conferendo loro tale priva-
tiva col brevetto, e determinando con legge le condizioni, sotto
le quali tale privilegio possa sussistere, e quanto concerne la sua
durata, la sua estensione, e la tutela del benefìcio conferito.
Protezione intemazionale dei brevetti.
1003. — La protezione internazionale dei brevetti d'invenzione
e delle privative industriali non potrà essere altrimenti stabilita
che mediante accordo tra gli Stati, e non potrà valere che tra
quelli soltanto, che abbiano mediante un trattato ad hoc stabilito
le norme, le condizioni, e le formalità per assicurare nei territori
rispettivi la protezione legale dei brevetti d'invenzione da ciascuno
di essi concessi.
1004. — Mancando l'accordo intorno a ciò ciascuna sovranità
potrà applicare nel territorio dello Stato la legge territoriale, onde
decidere a seconda di essa se debba o no ammettersi la priva-
tiva, e quando e come debbano essere impedite e punite le con-
traffazioni e lo smercio degli oggetti di privativa.
1006. — Qualora fra due o più S tati la tutela legale dei brevetti
d'invenzione fosse assicurata mediante trattato, il privilegio acqui-
stato nel territorio di uno degli Stati contraenti non potrà repu-
tarsi sussistente nel territorio degli altri, se non quando la privativa
sia stata legalmente acquistata nel paese di origine, e non si sia
ivi verificata alcuna causa di decadenza, e quando l'inventore
privilegiato abbia osservate tutte le formalità prescrìtte secondo
la legge di ciascuno degli altri Stati per godere nel territorio di
esso il beneficio della privativa, e la conservazione di ogni diritto
mediante essa ottenuto.
1006. — L'inventore privilegiato, che possa vantare in uno
Stato la tutela del privilegio acquistato in paese estero, non potrà
subire l'espropriazione dell'invenzione privilegiata da parte del
Governo di lui per ragioni di pubblica utilità senza ottenere
la giusta indennità dovutagli in conseguenza dell'espropriazione
patita.
416
Libro HI. ' Delle cose e dei beni
Della nave mercantile e de^ suoi dirittu
1007. — Ogni nave mercantile, la quale abbia legalmente acqui-
stato il diritto d'inalberare la bandiera di uno Stato, e che abbia
ottenuto in conformità delle leggi di lui Tatto di nazionalità, ha
diritto d'invocare dovunque l'applicazione delle leggi dello Stato,
alla quale essa appartiene, per tutte le questioni relative alla sua
condizione giuridica, e per quelle che la concernono, in quanto è
oggetto di proprietà.
1008. — La legge dello Stato, di cui la nave ha la nazionalità,
dovrà essere applicata per determinare altresì il trasferimento
totale 0 parziale della proprietà di essa: la natura e l'ordine dei
diritti acquisiti dai suoi creditori in conformità della legge del
compartimento marittimo, ove si trovi inscritta: e le obbligazioni
e responsabilità de' suoi proprietari, a condizione però che la
detta legge non sia in opposizione coi principii di Diritto pub-
blico 0 di ordine pubblico vigenti nello Stato, nel quale se ne
domandi l'applicazione, o contraria alle regole di Diritto inter-
nazionale.
Nazionalità della nave meì*cantile.
1009. — Spetta a ciascuna sovranità lo stabilire le condizioni,
sotto le quali le navi mercantili possano ottenere l'atto di nazio-
nalità ed il diritto d'inalberare la bandiera dello Stato.
1010. — Ogni nave non può avere che una sola nazionalità, e
non deve poterne acquistare un'altra, se non quando possa cer-
tificare, mediante un documento rilasciato dall'autorità marittima
competente dello Stato al quale originariamente essa apparteneva,
di avere dismesso il diritto d'inalberare la bandiera di detto Stato.
1011. — Si deve presumere che ogni nave conservi la sua nazio-
nalità primitiva, finché non dia la prova ch'essa ne abbia legit-
timamente acquistata un'altra, o che non sia stata privata del
Titolo IJJ, ' Dei beni appartenenti ai privati 417
carattere nazionale per disposizione della legge stessa, che ad essa
tale carattere attribuì, o in conseguenza dell'applicazione delle
regole del Diritto internazionale.
Pnò accadere secondo certe leggi, che nna nave perda il suo carattere nazio-
naie. Così è, secondo la legge nostra, rispetto alle navi mercantili che per qual-
siasi circostanza diventino proprietà di ano straniero. Lo stesso pnò accadere
secondo i principii del Diritto internazionale rispetto alla nave mercantile cat-
turata in tempo di guerra, la quale quando sia aggiudicata al catturante, perde
la sua nazionalità originaria.
Prova della nazionalità della nave.
1012. — Ciascuna nave è tenuta a dare la prova della propria
nazionalità e può esigere che sia reputato decisivo in ordine a
ciò l'atto di nazionalità, rilasciato in forma autentica e debitamente
legalizzato e vidimato dall'autorità competente dello Stato, al quale
dica di appartenere. Tale atto dovrà essere reputato sufficiente
a stabilire prima facie la nazionalità di essa e a dame prova piena,
fino a tanto che non ne sia provata la falsità, o l'usurpazione
o l'uso arbitrario.
1013. — L'atto di nazionalità dovrà contenere il nome della nave,
le dimensioni, il tonnellaggio, e le indicazioni sufficienti a stabi-
lirne l'identità, il nome del proprietario o dei proprietari, speci-
ficando la parte appartenente a ciascuno, il compartimento ma-
rittimo in cui trovasi inscritta, l'annotazione delle alienazioni o
cessioni di proprietà, dei crediti privilegiati esistenti su di essa,
delle ipoteche, contratti di pegno o di cambio marittimo, e quanto
possa occorrere per conoscere prima facie la sua posizione giu-
ridica rispetto agli aventi causa sulla medesima, ovvero dovrà
contenere le indicazioni opportune per mettere in grado coloro,
che possano avere interesse, di poterla conoscere sicuramente.
Non tutte le leggi provvedono in un modo uniforme intomo a ciò. Secondo
la legge inglese del 1851 (Shipping merchant act), le costituzioni di pegno
{mortg<ige) non devono essere inscrìtte sull'atto di nazionalità, ma nel registro
del compartimento presso cui trovasi inscrìtta la nave. Però sull'atto di nazio-
nalità evvi Tannotazione che esso non costituisce titolo per constatare le ipo-
teche sulle navi. La regola da noi posta tende quindi a stabilire che le carte
27 — FioRF, Dir, interri, codif.
^i^ Libro III. • Delle cose e dei beni
esistenti a bordo debbano essere sufficienti a far conoscere la posizione giurìdica
della nave rispetto ai proprietari ed agli aventi causa e a mettere in grado i
terzi di poter conoscere esattamente tale posizione.
1014. — Dovrà reputarsi d'interesse comune di tutti gli Stati
il mettersi d'accordo per istabilire un Diritto uniforme circa la
conservazione ed il mutamento del carattere nazionale delle navi
mercantili e subordinare la concessione e Tuso dell'atto di nazio-
nalità a quelle condizioni che sì devono considerare indispensabili a
tutelare il trasporto dei passeggieri e la sicurezza della navigazione.
Quantunque le condizioni per concedere ad una nave Tatto di nazionalità
debbano reputarsi in massima nel dominio della legge interna di ciascuno Stato,
le disposizioni non per tanto relative alla costruzione delle navi, per quanto
concerne le garanzie di capacità richieste nei costruttori navali, e le ispezioni
altresì adatte ad accertare che la nave si trovi in buono stato di navigabilità,
debbono essere ognora riguardate dMnteresse internazionale.
Ipoteca e diritti feali sulla nave.
1015. — Si dovrà decidere in conformità della legge dello Stato,
a cui la nave appartiene, se essa possa essere oggetto d'ipoteca
o di pegno: e la medesima legge dovrà regolare altresì le for-
malità richieste per l'efficace acquisto dell'ipoteca o del pegno
per la conservazione di tali diritti e la loro estensione, il grado,
gli effetti, e quanto concerna le condizioni della loro validità, della
loro durata e della loro estinzione.
1016. — L'ipoteca su di una nave straniera validamente inscritta
a norma della legge dello Stato, a cui la nave appartenga, dovrà
essere riconosciuta negli altri paesi, anche se ivi l'ipoteca navale
non sia ammessa dalla legge, ed i creditori ipotecari potranno in
conformità della legge estera far valere i loro diritti e procedere
agli atti di esecuzione forzata, in qualunque luogo la nave si trovi,
e non sarà d'ostacolo la diversità della legge territoriale per quello
che concerna le formalità deiriscrizione; essa dovrà bensì essere
applicata per quanto riguardi gli atti del procedimento esecutivo.
1017. — I diritti acquistati dai creditori, secondo la legge
territoriale, su di una nave, che si trovi in una data località,
Titolo 111, - Dei beni appartenenti ai privati ^^^
dovranno essere retti dalla legge territoriale. Bisogna per altro
far salvi sempre i diritti reali su di essa acquistati dai terzi
ÌA conformità della legge nazionale della nave stessa prima della
sua entrata nelle acque territoriali, purché però dal riconoscere
la legge nazionale della nave, in virtù della quale i terzi acqui*
starono tali diritti, non derivi offesa del Diritto pubblico territo-
riale e dell'ordine pubblico.
«
Queste regole tendono a stabilire che la proprietà di una nave, il suo trasfe-
rimento, le sue alienazioni parziali effettuate mediante la costituzione della
ipoteca o del pegno, con cui il proprietario della nave abbia assicurato al ere*
ditore il soddisfacimento delle obbligazioni da lui contratte, devono essere rette
dovunque dalla legge dello Stato, a cui la nave appartenga, ritenendo in ordine
a ciò come sede stabile della nave quella del dipartimento marittimo in cui
essa fu inscritta e registrata dopo la sua costruzione.
(Vedi pel maggiore sviluppo delle regole stabilite la mia opera sul Diritto
intern. privato, 3* ed., Unione tipografico-editrice, voi. II, capitolo VII, principio
e $ 4 ; e la traduzione fattane da Gh. Antoine, Paris, Pedone-Lauriel.)
i90
LIBRO IV.
DELLA TUTELA GIURIDICA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE
E DEI MEZZI PER RISOLVERE LE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI
1018. — Le istituzioni adatte ad assicurare il rispetto del Diritto
internazionale ed a ripristinarne l'autorità in caso di violazione
del medesime, sono:
a) il Congresso;
b) la Conferenza;
e) i tribunali arbitrali;
d) ì congegni diplomatici.
I mezzi coercitivi ammessi per reprimere forzatamente le vio-
lazioni del Diritto internazionale e mediante i quali uno Stato può
ottenere la riparazione della lesione del proprio diritto dallo Stato
che arbitrariamente lo abbia offeso, sono:
a) la ritorsione, le rappresaglie, il blocco pacifico e gli altri
mezzi leciti nello stato di pace;
b) la guerra.
■ # '^^^ ■* ^-
Titolo L - Istituzioni per la tutela giur. del Diritto intemazionale 421
TITOLO !•
Delle istituBiom per la tutela giuridica
del Diritto intemazionale.
Del Congresso e della sita costituzione.
1010. — Il Congresso è costituito dai rappresentanti degli Stati
che si trovano di fatto o che intendono organizzarsi in istato di
Unione; dai membri eletti dalle popolazioni di detti Stati; dai membri
eletti dai Corpi scientifici.
1020. — I rappresentanti degli Stati in numero di due saranno
designati dal Sovrano di ciascheduno di essi, e senza ammettere
alcuna differenza tra Stati grandi e Stati piccoli.
I rappresentanti delle popolazioni in numero di due saranno
eletti, col sistema del voto unico, da coloro che avranno il diritto
di votare pei candidati al Congresso.
I rappresentanti della scienza in numero di cinque in tutto
saranno eletti, col sistema del voto limitato, da tutte le univer-
sità degli Stati rappresentati.
Posto il concetto da noi sviluppato neirintrocl azione e nei princìpii fonda-
mentali, che cioè la società internazionale deT* essere considerata come una
grande repubblica sottratta al predominio della politica ed alla prevalenza della
potenza e della forza; che essa non può riconoscere in alcuno la suprema
autorità di dettare la legge; che regole dei rapporti intemazionali quelle
debbano essere che siano state proclamate da tutti gli Stati che si trovino in
società di fatto, e che si siano recìprocamente obbligati a riconoscerle come
regole della loro condotta, mantenendone saldi il rispetto e Tautorìtà; che le
dette regole non devono essere determinate dalle finalità della politica ed ordi*
nate allo scopo di tutelare gF interessi delle dinastie regnanti, ma devono
bensì essere fondate sui principii della giustizia intemazionale, che siano rico-
nosciuti i più adatti a governare in ciascuna data epoca tutti i rapporti che
nascono nella società intemazionale e tutti gl'interessi degli Stati, dei Governi,
dei popoli e degli enti soggetti al Diritto intemazionale, a fine di realizzare
il Meglio relativo ed evitare il peggio ; che di fronte ai principii della giustizia
^^ Libt*o IV. ' Della tutela giuridica del DiriUo internazionale
tutti gli Stati devono essere reputati in condizioni eguali, siano essi grandi
o piccoli, deboli o forti, perchè il diritto di ciascheduno di essi non si può
misurare alla stregua della sua potenza, così come il diritto dell*uomo non
può essere proporzionato alla sua forza fisica; che nel determinare le leggi a
ciò adatte nelle attuali contingenze storiche della società intemazionale conviene
attingerle dal Diritto storico, dalle convinzioni popolari, dal Diritto scientìfico;
che nella società intemazionale, oltre le persone vere e proprie che la costi-
tuiscono, si trovano pure aggregazioni di genti che non sono persone, ma che
hanno pure diritti internazionali indipendenti da quelli che spettano allo Stato
{Confr, reg, 44-47, 62 67); tutto ciò tenendo presente, si può spiegare perchè
nella costituzione dell'Assemblea chiamata a stabilire le leggi dei rapporti inter-
nazionali vi debbano essere, a nostro modo di vedere, i rappresentanti degli
Stati, i rappresentanti dei popoli e quelli che personificano il Diritto scientifico.
Non ci è sembrato e noni ci sembra che per dare a tale Assemblea il suo
carattere vero si potesse ammettere una condizione di superiorità da parte
delle grandi Potenze, dando alle medesime rappresentanti in maggior numero,
o attribuendo ai rappresentanti un maggior numero di voti, imperocché questo
condurrebbe ad ammettere che la maggiore potenza potesse essere il fonda-
mento della pretesa superiorità.
Reputiamo poi indispensabile che nelPAssemblea, oltre i rappresentanti degli
Stati, vi siano i rappresentanti del popolo, perchè abbiamo considerato i diritti
di esso indipendenti e distinti da quelli che spettano allo Stato (Reg. 45).
Non possiamo ammettere che i rappresentanti del popolo siano designati
dai Parlamenti, perchè siccome nei Governi parlamentari le maggioranze altro
non rappresentano che la politica dei Governi nell'attualità, se i Parlamenti
dovessero designare i membri del Congresso, i candidati cosi eletti non ser-
virebbero che a dare forza maggiore alla politica dominante. Ci sembra quindi
indispensabile che i membri del Congresso siano eletti dal popolo, ma che il
sistema di elezione sia diverso da quello stabilito per le elezioni politiche. Non
reputiamo infatti utile che il voto elettorale per la scelta dei rappresentanti
del popolo al Congresso sia allargato tanto quanto possa convenire di fare per
le elezioni politiche, per la grande difficoltà di ottenere un voto serio ed illu-
minato. Bisognerebbe quindi limitare il voto elettorale alle classi intelligenti
Abbiamo finalmente proposto che gli elettori votino col sistema del voto
unico, per escludere Tonnipotenza delle maggioranze ed aprire il campo alle
minoranze poderose ed importanti.
Il Governo assoluto della maggioranza non è governo di popolo, ma governo
del più gran numero sul piccolo numero, e conseguentemente la rappresentanza
della maggioranza assoluta non sarebbe rappresentanza di popolo. A fine di assi-
curare anche alle minoranze una rappresentanza adeguata alla loro importanza
reale, ci sembra quindi opportuno espediente che tutti gli elettori chiamati a
votare per eleggere i due membri al Congresso, votino con voto unico, desi-
gnando cioè un solo candidato, essendoché così soltanto, risultando eletti i due
che otterrebbero il maggior numero di voti, si avrebbe la rappresentanza
della maggioranza e della minoranza popolare.
Abbiamo finalmente proposto che nell'Assemblea non manchino i rappre-
sentanti della scienza, perchè questa segna gli sprazzi di luce deU'avvenire.
Bisogna nonpertanto avvertire che gli scienziati sovente non comprendono le
condizioni reali e non valutano la forza delle contingenze, che purtroppo eser-
citano una influenza decisiva sul Diritto positivo, che non sempre può rappre-
Titoloni, ' Istituzioni per la tutela giur. del Diritto internazionale 423
sentare la linea retta, ma deve bensì rappresentare la linea ondeggiante, che più
o meno si avvicina alla retta, subendo la forza deirinfluenza delle contingenze
storiche, per lo che non si può mirare ad altro in ciascuna data epoca che
ad ottenere il meglio, onde evitare ì\ peggio: tutto ciò tenendo presente, abbiamo
proposto che in piccolo numero debbano essere i rappresentanti della scienza,
cinque in tatto, ed abbiamo designato per la elezione di essi il Corpo scien-
tifico, costituito dalle Università, ed abbiamo indicato il sistema dei voto limitato
per la loro elezione coir intendimento di ammettere anche in questo la rappre-
sentanza della minoranza.
Tutti gli altri sistemi, compresi quelli che noi avevamo proposti nelle opere
anteriori, conducono inevitabilmente a due risultati: o ad essere inattuabili
a cagione della ineluttabile necessità di dover trasformare a fondo l'ordina-
mento della società internazionale; o ad essere pericolosi e disadatti, perchè
condurrebbero ad organizzare la prevalenza della politica sul Diritto o la supe-
riorità delle grandi Potenze su quelle minori, come si verificherebbe nel sistema
di un Parlamento internazionale, come lo concepiva Lorimer, ovvero in quello
della società internazionale organizzata a Stato, come la concepiva Bluntschli,
o in quello della confederazione di Stati, come noi stessi Tavevamo immaginata
nella prima edizione pubblicata nel 1865.
Il Congresso, secondo il nostro concetto, non sarebbe una istituzione per-
manente, e neanche diventerebbe una istituzione immobilizzata dalla forza
della tradizione, ma sarebbe invece un'Assemblea rappresentante tutti glMn-
teressi internazionali degli Stati, deUe persone e degli enti che la medesima,
in ciascuno dei diversi momenti storici che possono segnare le fasi della vita
della società internazionale, costituiscono cogli elementi i più adatti alla rap-
presentanza effettiva e reale. L'armonia che risulterebbe dal contrasto dei
diversi fattori designati per comporta, segnerebbe le fasi progressive della
legge che la società internazionale darebbe a so stessa.
Esistono in sostanza due grandi repubbliche. Una è quella che non trova
limiti di spazio, di fiumi, di monti, e che comprende tutte le genti umane
legate fra di loro dai vincoli della coltura e della civiltà, e l'altra è la repub-
blica formata da coloro che, uniti da interessi civili, sociali e politici, compon-
gono ciascuno Stato. Le leggi fondamentali della vita giuridica e dell'ordina-
mento razionale dell'una e dell'altra non possono essere nella sostanza diverse.
Sappiamo purtroppo, che l'ordinamento di cose da noi vagheggiato non potrà
essere attuato che nell'avvenire più o meno lontano, ma siamo non per tanto
fermamente convinti che, quando i popoli comprenderanno meglio le loro effet-
tive e reciproche utilità, e quando il corso degli avvenimenti iniziato in questo
secolo avrà il suo completo esplicamento, il problema dell'ordinamento giu-
rìdico della società internazionale sarà pure convenientemente risoluto. Ciò
sarà opera del tempo. Prima che si sia potuto arrivare ad attuare l'ordina-
mento giuridico delle genti aggregate a Stato, si sono percorsi diversi cicli:
predominio della casta sacerdotale; privilegi delle caste; autocrazia dei mo*
narchi per diritto divino; autocrazia della politica dinastica; Governi parla-
mentari. L'ordinamento giuridico della grande repubblica non potrà essere
effettuato senza la evoluzione, che segni la parabola del movimento nei cicli
successivi.
1021. — I membri del Congresso nella loro prima riunione eleg-
geranno il presidente e rufficio di presidenza.
**^ Libro 1 V, ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale
1022. — Il Congresso non inizierà i lavori relativi all'oggetto
della sua riunione se non esaurite le operazioni preliminari per
la verifica delle nomine dei membri eletti e per la legalità della
elezione.
1023. — I rappresentanti del popolo e i rappresentanti della
scienza eletti pel Congresso conserveranno tale loro qualità fino
a che non sia per essere costituito un altro Congresso.
1024. — Il nuovo Congresso potrà essere convocato ogniqual-
volta che un terzo dei membri appartenenti al Congresso disciolto
ne facciano richiesta.
Ogni Stato rispetto a ciò rappresenterà due voti e l'istanza potrà
essere fatta da chi sia in attualità capo del Governo.
Nell'istanza stessa sarà designato il paese ove il Congresso dovrà
riunirsi.
L^Assemblea o Congresso , secondo il nostro concetto, non dev'essere un
corpo permanente. Essa si costitniscei per esercitare le sue funzioni, ogniqual-
volta che sorge il bisogno di dare alla società internazionale il regolamento
giuridico il più adatto a provvedere all'ordinata convivenza ed aU'ordinato
sviluppo di tutti grinteressi. Tale bisogno non può al certo nascere tutti gli
anni, ma bensì ogni periodo di anni, più o meno lungo, secondo che Tordi-
namento di cose stabilito possa reputarsi sufficiente o insufficiente alla sua
alta finalità.
Non potendo la società internazionale immobilizzarsi, è naturale Tammet-
tere che col progresso e col tempo le leggi e i regolamenti stabiliti dall'As-
semblea o Congresso debbano riuscire insufficienti, e che, quando ciò sia
per verificarsi, il nuovo regolamento e ordinamento giuridico debbano essere
discussi e stabiliti dal nuovo Congresso.
La regola da noi proposta mira a determinare come e da chi debba essere
riconosciuta la necessità della riunione del nuovo Congresso. Noi proponiamo
a tal fine, che quando un terzo dei membri del Congresso disciolto facciano
ristanza per la riunione di un nuovo Congresso, tale voto da parte dei medesimi
debba essere decisivo, e che conseguentemente il nuovo Congresso debba riu-
nirsi. In tal caso all'elezione dei membri del nuovo Congresso e^alla sua costi-
tuzione dovrà essere provveduto come è detto nelle regole precedenlL
Durata del Congresso.
1025. — Il Congresso non è un'istituzione che eserciti le sue
funzioni permanentemente.
Esso, quando sia convocato e costituito, dura e permane finché
TUolo L ' latHuziatU per la tìitéla giur, M JHHUo intértuuionale ^25
non abbia compiuto i lavori e le sue incombenze relative alle
materie ebe ne abbiano motivato la riunione e si scioglie* Il
novello esercizio delle sue funzioni non può aver luogo che in
seguito a novella riunione ed a nuova costituzione del Congresso.
Le leggi della società intemazionale devono essere adattate alle esigenze
storiche di essa in ciascnn'epoca , ed ò per tale inotiTo che ci sembra indi-
spensabile dì escludere la permanenza dei poteri che devono proclamarle. Il
movimento progressivo e la evoluzione non ci sembrano conciliabili con nes-
suna forma di autorità permanente.
Autorità del Congresso.
1020. — Spetta al Congresso lo stabilire e proclamare le regole
giuridiche che devono governare tutti i rapporti tra gli Stati in
Unione; il modificare o abrogare le regole precedentemente sta-
bilite; Tesaminare e decidere tutte le questioni d'interesse gene-
rale; il provvedere al mantenimento dell' ordinamento giuridico
stabilito tra gli Stati in Unione e l'assicurare l'autorità del Diritto
internazionale ed il rispetto del medesimo a riguardo di tutti, con-
certando i mezzi a ciò più adatti e quelli che possano occorrere
per eliminare le agitazioni atte a turbare la pace, decretando ne]la
circostanza i mezzi coercitivi contro coloro che arbitrariamente vio-
lassero il Diritto comune stabilito, o quello dallo stesso Congresso
proclamato.
1027. — Qualunque violazione del Diritto internazionale, con-
sumata a danno di uno Stato o di un popolo deìV Unione^ o a
dannò di Stati e di popoli che non ne facciano parte, e qualunque
violazione altresì dei diritti internazionali spettanti alle persone, a
norma delle regole fissate nei libri precedenti, potranno formare
oggetto di deliberazione del Congresso a fine di provvedere alla
tutela dei diritti lesi.
D Diritto internazionale deve reputarsi ognora sotto la protezione e sotto
la garanzia giuridica collettiva degli Stati in unione (Confr. reg. 26 e seg.),
deve quindi essere attribuita al Congresso la potestà di provvedere alla tutela
dei diritti internazionali delle persone e degli enti in caso di arbitraria vio*
lazione (Confr, reg. 55, 67, 58, 487, 494, 582, 612).
426 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionaleì
1028. — Il Congresso estenderà altresì la sua autorità per deci-
dere le controversie tra uno degli Stati che formi parte dell' Unione
ed un altro Stato che air Unione non appartenga, o un popolo,
ogni qualvolta che tale controversia implichi l'applicazione e la
violazione di una regola di Diritto internazionale, proclamata per
tutelare i diritti naturali di tutte le persone della Magna dvitas.
Confr. reg. 62-67, 601-603.
1029. — Dovrà ritenersi del pari di competenza del Congresso
l'esaminare la condotta di uno Stato, il quale non abbia voluto
eseguire le decisioni di una Conferenza, ed avrà autorità di deli-
berare intorno a ciò, e di modificare, quando ne sia il caso, codeste
decisioni, o di decretare i mezzi coercitivi, quando esse fossero da
lui confermate, e lo Stato non le eseguisse interamente.
1030. — Il Congresso potrà stabilire altresì le misure che pos-
sano essere prese d'accordo per prevenire una guerra imminente
nella quale sia impegnato uno degli Stati déìV Unione; decretare
i mezzi coercitivi per impedirla o per arrestarne le conseguenze
disastrose, quando sia incominciata. Esso potrà inoltre esaminare
ed imporre le condizioni della pace tra le parti belligeranti ed
impedire che il vincitore abusi della forza per imporre al vinto,
come condizioni della cessazione della guerra, patti ingiusti od
onerosi.
Come sarà detto in seguito, non si può sperare, né si può ammettere che
la guerra tra gli Stati sia eliminata del tutto, così come non si può sperare
che i duelli tra privati siano eliminati mediante qualsisia espediente legislativo.
Si può però tentare ogni mezzo per prevenire la guerra e per impedirla, ed
in ogni caso spetta ognora alla suprema autorità rappresentata dal Congresso,
che deve tutelare il rispetto delle leggi comuni della società intemazionale,
rimpedire che esse siano manomesse colla forza, e che il vincitore abusi di
questa per violarle e legalizzarne l'attentato.
1031. — L'autorità dei Congressi dovrà estendersi pure a dare
alla pace generale le garanzie di sicurezza e di stabilità e a tute-
lare gl'interessi comuni dei popoli, concertando in comune le con-
dizioni le più adatte a soddisfare le necessità della convivenza.
1032. — Dovrà ritenersi compreso nel principio enunciato nella
regola precedente il diritto spettante al Congresso di fissare pre-
Titolo L - Istituzioni per la tutèla ffiur. del Diritto intemazionale ^27
ventivamente il lìmite ragionevole degli annamenti rispetto a cia-
scuno degli Stati deìV Unione durante la pace.
1033. — Il contingente massimo dell'esercito di ciascmio Stata
durante la pace sarà proporzionato ai bisogni intemi e determi»
nato valutando le particolari condizioni dello Stato ed i bisogni
della sua sicurezza intema, e tenendo conto dell'estensione del suo
territorio e del numero della popolazione.
1034. — Le decisioni del Congresso, prese a maggioranza, hanno
la stessa autorità della legge rispetto a tutti gli Slati che sìeno
già di fatto attualmente stabiliti in Unione^ e rispetto a quelli che
volessero entrare a farne parte in avvenire.
Procediììiento.
1035. — Ognuno, che abbia fatto verificare la sua qualità dr
membro del Congresso, avrà diritto di prendere parte a tutte le
decisioni con voto deliberativo.
1036. — Tutti gli atti del Congresso devono essere redatti in
iscritto e sottoscritti da tutti i rappresentanti, facciano essi parte
della maggioranza o della minoranza, e officialmente pubblicati*
1037. — Ciascuno che abbia preso parte alla discussione sarà
tenuto a dare il proprio voto e a sottoscrivere la decisione, e qua-
lora esso, dopo avervi preso parte, si astenesse dairintervenire
alle deliberazioni, o si rifiutasse dal sottoscriverle, tale procedi-
mento da parte sua sarà reputato sleale ed in opposizione ai doveri
generali che incombono a tutti gli Stati, tra i quali V Unione tro-
visi di fatto nell'attualità stabilita, e sarà fatta menzione dell' inci-
dente negli atti del Congresso.
1038. — Laddove il Congresso sia chiamato a risolvere una
controversia intervenuta fra due Stati, o tra un Sovrano e un
popolo, potrà non solo tener presenti tutti gli atti e documenti^
che siano stati esibiti per esaminarli, ma potrà decidere che
siano esibiti tutti gli atti e documenti che, a deliberazione presa a
428 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionale
maggioranza, siano reputati utili per accertare ogni particolare
circostanza di fatto ed ogni punto controverso di Diritto.
Sanzione delle decisioni di un Congresso.
1039. — Alla sanzione delle decisioni prese dagli Stati riuniti
in Congresso dovrà provvedere il Congresso stesso, assicurandone
il rispetto e l'autorità.
1040. — Qualora il Congresso abbia formulata o stabilita una
nuova regola concreta di Diritto internazionale, obbligatoria per
tutti gli Stati in Unione ^ o che vogliano entrare a farne parte,
dovrà reputarsi sola efficace sanzione il dichiarare gli Stati, che
non volessero accettarla, fuori AeW Unione.
Non sarà peraltro lecito ad uno Stato, che continui a mante-
nere rapporti di fatto d'interesse intemazionale con gli Stati della
Unione^ il disconoscere l'autorità imperativa di una o di un'altra
regola giuridica proclamata in Congresso {Confr. reg. 11-12, 21-22).
1041. — Qualora il Congresso avesse deciso questioni d'inte-
resse generale, o avesse risoluta una controversia fra due o più
Stati, che tali interessi concernessero, potrà decretare i mezzi coer-
citivi per costringere tutti coloro, cui codeste decisioni si riferis-
sero, a sottostarvi.
Tali mezzi coercitivi sono quelli che possono essere usati durante
la pace, e l'uso della forza armata in conseguenza del Diritto di
guerra.
T mezzi coercitivi pacifici dovranno essere adoperati prima di
ricorrere all'espediente estremo della guerra.
Esecuzione delie decisioni del Cmgresso
mediante la forza armata.
1042. — Qualora il Congresso abbia decretato i mezzi coerci-
tivi per assicurare il rispetto delle sue decisioni contro coloro che
Titolo L - Istituzioni per fa tutela giur, del Diritto internazionale *^
siano tenuti a sottostarvi, ed i mezzi coercitivi pacifici essendo
riusciti inefficaci, sia il caso di adoperare la forza per assi»
curare il rispetto delle deliberazioni del Congresso, potrà sta-^
bilire come si debba procedere all'esecuzione forzata delle sue
deliberazioni.
1043. — Gli Stati dell' Unione ai quali sia stato affidato di ado-
perare la forza armata per assicurare le decisioni del Congresso
saranno reputati di pieno diritto alleati e tutti gli altri di pieno
diritto neutrali.
Il Congresso potrà stabilire le modalità per procedere all'ese»
cuzione forzata delle sue decisioni, e quello che sarà stato stabi»
Kto d'accordo sarà reputato obbligatorio senza riserva per tutti.
Il regolamento definitivo dell'esecuzione forzata e tutti gli effetti
che ne potessero derivare saranno deferiti al Congresso, e le deci-
sioni del medesimo saranno obbligatorie per gli Stati alleati nel
procedere all'esecuzione forzata.
I precedenti stabiliti in questo scorcio di secolo rispetto alla guerra tra la
Russia e la Turchia, ed a quella non ancora terminata tra la Turchia e la Grecia,
suffragano il nostro concetto e ci rendono sicuri che con una migliore orga-
nizzazione del così detto concerto europeo (che a nostro modo di yedere
dovrebbe essere organizzato dal Congresso piuttosto che dalle combinazioni
concertate tra le Potenze che abbiano maggiore influenza e maggiore prepon-
deranza) si possa arrivare a tradurre in atto un più giusto e più razionale
sistema d'ingerenza collettiva.
Della Conferenza.
1044. — La Conferenza è costituita dai membri delle grandi
Potenze che rappresentino il Governo attuale di ciascuna di esse^
in numero di due; dai membri, in numero di cinque, dei rappre*
sentanti del popolo, eletti dai membri deputati al Congresso nel
loro seno ; dai rappresentanti dello Stato, o degli Stati, che abbiano
un interesse diretto nella soluzione sommessa al giudizio ed alla
decisione della Conferenza medesima.
I membri che rappresentano ciascun Governo ed i rappresen-
tanti del popolo avranno voto deliberativo, i rappresentanti degli
^^ Libro I V. - Dilla tutela giuridica dd Diritto internazionaU
Stati che abbiano interesse diletto nella soluzione della questione
sommessa alla Conferenza potranno soltanto prendere parte a tutte
\e decisioni, ma senza voto deliberativo.
1046. — La riunione della Conferenza potrà essere provocata
da ciascuno degli Stati in Unione e dovrà aver luogo ogni qual-
volta che, essendo nata una controversia fra due o più Stati intorno
all'interpretazione o all'applicazione di una regola di Diritto prò-
<;lamata in Congresso, o intorno a un principio qualsisia di Diritto
comune, e riuscendo inefficaci a comporre la vertenza i mezzi diplo-
matici, e venendo cosi a verificarsi il pericolo d'una grave pertur-
bazione, che possa alterare le relazioni pacifiche tra gli Stati in
Unione^ un quarto dei membri appartenenti al Congresso appog-
-gino la richiesta fatta da uno degli Stati in Unione.
La Conferenza, secondò il nostro concetto, dovrebbe rappresentare il potere
•esecutivo; l'organo investito della potestà di far rispettare le leggi intemazio-
nali proclamate in Congresso; prevenire le perturbazioni che possono conse
guire dalla loro inosservanza; applicarle per risolvere le controversie che pos-
sono turbare le buone relazioni pacifiche. Dato questo concetto riesce facile
spiegare perchè nella costituzione di essa ci è sembrato ammettere i membri
soltanto delle grandi Potenze, che devono essere considerate le più interessate
« prevenire le perturbazioni internazionali. Sempre fermi però nel nostro con-
cetto fondamentale, che cioè Fattuale disordine intemazionale proviene mas-
simamente da che la politica primeggia sul Diritto, siamo fermamente convinti
•che in ogni istituzione che debba mirare alla grande finalità di provvedere
A mantenere nella società intemazionale Tordinamento giuridico, tì debbano
essere i rappresentanti della società medesima. Riteniamo conseguentemente che
anche nella Conferenza convenga escludere la preponderanza della politica e
quella sopratutto degli Stati più forti e più potenti, che tendono sempre a fare
primeggiare la politica del proprio paese.
Nessun interesse internazionale, neanche quello di prevenire le perturba-
zioni, può reputarsi nel dominio esclusivo dei Governi. Deve bensì riconoscersi
che ogni interesse intemazionale tocca la vita di ciascheduno Stato ed affetta
•conseguentemente gVinteressi dei popoli.
La rappresentanza popolare non deve quindi mancare mai, ogni qual volta
che si tratti di decidere questioni che tocchino la società intemazionale. La
prosperità, il benessere, la vita di ciascun popolo sono strettamente legati con
-quelli degli altri, e nulla quindi di quello che accade nella società interna-
zionale non tocca direttamente o indirettamente la vita di ciascuno e di tutti
i popoli che formano gli Stati.
Per tali considerazioni noi reputiamo indispensabile che anche nella Con*
ferenza vi sia la rappresentanza popolare. Abbiamo limitato a cinque i membri
deputati alla Conferenza, i quali dovrebbero essere eletti dai rappresentanti
del popolo deputati al Congresso prima che il Congresso fosse disciolto, e
-dovrebbero restare in ufficio fino a quando non fosse riunito un altro Cion'
Titolo L • htituzioni per la tutela giur. del Diritto intemazionale ^^
gresso, nel qual caso siccome si procederebbe alla nuova elezione dei rappre-
sentanti del popolo deputati al Congresso, cosi questi designerebbero nuova-
mente i cinque membri che dovrebbero rappresentarli nella Conferenza.
Competenza della Conferenza.
1046. — La Conferenza sarà competente a decidere ogni
controversia d'interesse complesso, compresa l'interpretazione di
un trattato fra due o più Stati che tali interessi concernano.
Essa potrà inoltre decidere circa la rivocazione di un trattato con-
cluso tra due Stati, nei casi contemplati nelle regole 669, 701, 706.
Essa potrà interpretare qualunque regola stipulata in un trat-
tato generale, ma non sarà del pari competente a decidere circa
la rivocazione o sospensione di esso. Essa sarà competente altresì
a decidere qualsisia controversia tra gli Stati in Unione^ mediante
l'applicazione di una disposizione delle leggi proclamate in Con-
gresso, ma non sarà competente a proclamare una nuova regola
di Diritto quando essa manchi, salvo che, per le particolari circo-
stanze del caso, essa non possa ritenersi chiaramente fondata sul-
l'analogia, o desumersi da quelle stabilite in Congresso mediante
l'interpretazione estensiva.
La Conferenza sarà pure competente a decretare la sottomis-
sione alla giurisdizione arbitrale, nonostante chele parti non abbiano
espressamente concordato tale forma di procedimento.
Procedimento.
1047. — Provocata la riunione della Conferenza a norma della
reg. 1045, le parti fra le quali verta la controversia, dato che non
arrivino a comporla, dovranno essere reputate entrambe come
convenute.
1048. — Incombe all'una e all'altra delle due parti contendenti
il mettere a disposizione della Conferenza tutti i titoli e documenti
sui quali ciascuna di loro fondi la sua pretesa, e quelli che pos-
sano essere richiesti dall'Assemblea; le negoziazioni intervenute,
^2 Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto internazionaU
gli atti relativi in caso di buoni uffici o mediazione da parte dì
terzi Stati ; le note diplomatiche pubblicate, e quanto possa occor-
rere per mettere la Conferenza in grado di conoscere esattamente
il vero oggetto della disputa, e di decidere intorno ad essa con
illuminato giudizio.
1049. — Sarà concesso all'una ed all'altra parte di presentare
alla Conferenza qualsisia memoria, fino al momento nel quale non
sia dichiarato dall'Assemblea chiuso il periodo per la comunica-
zione degli atti. Saranno inoltre ambedue le parti ammesse a soste-
nere le proprie ragioni in seno alla Conferenza, facendosi rappre-
sentare da persone a ciò delegate.
1050. — La decisione definitiva ed ogni decisione provvisoria
saranno prese a maggioranza di voti, votando ciascuno degli Stati
rappresentati con un voto solo.
Sarà compilato processo verbale di tutti gli atti della Conferenza.
1051. — La deliberazione della Conferenza dovrà essere redatta
in iscritto e dovrà contenere innanzi tutto l'enunciazione chiara e
precisa dei principi! di Diritto comune sui quali l'Assemblea abbia
fondata la sua decisione, o di quelli ai quali essa abbia dato inter-
pretazione estensiva fondandosi sull'analogia; i motivi pei quali
essa abbia ritenuto applicabili i detti principii per la soluzione
del caso controverso, o quelli sui quali essa si sia fondata nell'in-
terpretare un trattato, o per decidere circa la sua rivocazione.
Dovrà inoltre contenere in modo chiaro e preciso le decisioni
deliberate.
1052. — La deliberazione dovrà essere sottoscritta da tutti gli
Stati rappresentati, e qualora uno di essi appartenesse alla mino-
ranza, potrà motivare il suo voto negativo e richiedere che ne sia
redatto processo verbale; ma non potrà rifiutarsi a sottoscrivere
la deliberazione votata a maggioranza. In caso di rifiuto arbitrario
e sleale, sarà di ciò compilato processo verbale, sottoscritto dalla
maggioranza, che sottoscriverà pure la deliberazione votata.
1063. — La decisione della Conferenza sarà considerata defi-
nitiva e sarà notificata alle parti in via diplomatica, e dovrà repU'
tarsi senz'altro obbligatoria per entrambe.
Titolo L ' Istituzioni per la tutela giur, d$l Diritto internazionale ^33
Sanzione delle deliberazioni di una Conferenza.
1054. — L'Assemblea potrà provvedere ad assicurare con san-
zioni penali l'esecuzione della deliberazione da essa presa, decre-
tando contro ]a parte, che rifiutasse di sottomettervisi , i mezzi
coercitivi leciti durante la pace, i quali sono quelli enumerati in
seguito.
1055. — Qualora una delle parti non si volesse sottomettere ad
eseguire le decisioni della Conferenza, tale procedimento da parte
sua sarà reputato come opposizione diretta al Diritto comune sta-
bilito tra gli Stati in Unione^ e renderà necessaria la riunione del
Congresso per stabilire i provvedimenti relativi.
Del Tribunale arbitrale.
1066. — II tribunale arbitrale è costituito dalle persone nomi-
nate in qualità di arbitri per decidere una controversia d'interesse
particolare nata fra due o più Stati, e per sentenziare intomo ad
essa applicando 1 principii del Diritto comune, o il Diritto parti-
colare stabilito fra le parti mediante i trattati fra dì esse stipulati.
1057. — La sottomissione alla giurisdizione del tribunale arbi-
trale sarà volontaria o forzata.
La prima è quella che nasce in conseguenza del patto espresso
concordato in un trattato, col quale le parti abbiano convenuto
di sottomettere agli arbitri le controversie che possano nascere
nella sua interpretazione, o nell'esecuzione ; o quando con im trat-
tato avessero assunto in generale l'obbligo reciproco di sottomet-
tere ad arbitri qualunque vertenza fra dì loro; o quando, con com-
promesso speciale, avessero convenuto di sottomettersi ad arbitri
per far risolvere da essi una particolare controversia dì ordine
giuridico.
La giurisdizione arbitrale forzata potrà derivare dalla deli-
berazione di una Conferenza, con la quale, decisa la questione
28 — FioBE, Dir. interri, codif.
434 Libro IV. • Della tutda giuridica del Diritto internazionale
principale, fosse stata deferita agli arbitri la decisione d'una que-
stione di fatto o dì Diritto particolare fra le parti stesse ; ovvero
quando, mancando il compromesso, e sostenendo una delle parti
che fosse il caso della giurisdizione arbitrale, e dichiarandosi pronta
«
a sottomettersi, la Conferenza riconoscesse fondata tale istanza
e decidesse che dovesse essere costituito un tribunale arbitrale per
decidere sulla determinata controversia.
Tale sarebbe il caso di un tribunale arbitrale istituito dalla Conferenza per
procedere ad un atto istruttorio , o per determinare Tammontare dei danni
effettivi e Findennità dovuta, e via dicendo.
1058. — Incombe agli Stati, anche quando non si siano a ciò
precedentemente obbligati, il riconoscere l'evidente comune utilità
di sottoporre alla d.ecisione di un tribunale arbitrale tutte le dif-
ferenze di ordine giuridico che nascano fra di loro, e che concer-
nano loro particolari interessi, e che, secondo i principii del Diritto
comune, possano formar materia di compromesso.
Formazione del Tribunale arbitrale.
1059. — Il tribunale arbitrale si reputerà costituito quando
gli arbitri siano stati nominati a norma del compromesso concluso
fra le parti o delle regole seguenti, ed essi abbiano accettato il
mandato.
1060. — La costituzione del tribunale arbitrale potrà effet-
tuarsi altresì in forza della clausola compromissoria contenuta in
un trattato, con la quale le parti si siano obbligate di deferire agli
arbitri tutte le controversie che potessero sorgere tra di loro, idonee
ad essere oggetto di compromesso, rimettendosi poi alle regole
del Diritto comune internazionale per l'attuazione dell'arbitrato,
1061. — La scelta degli arbitri dovrà ritenersi in massima defe-
rita alle parti stesse che intendano sottomettersi al tribunale arbi-
trale, ovvero potrà essere fatta dalle persone designate da esse
per fare tale scelta, attenendosi in ordine a ciò a quanto sia stato
previamente stabilito in virtù del compromesso.
TUolo L • IHHuzioni per la tuUla giur. del Diritto intemazionale ^^
1062. — II numero degli arbitri dovrà ritenersi in massima fis-
sato a tre, e potrà per accordo delle parti essere esteso a cinque.
Potranno nonpertanto le parti convenire di deferire la decisione
delia controversia ad uno scelto da esse per decidere in qualità
di arbitro.
1063. — Se le parti abbiano designato d'accordo Tarbitro, o gli
arbitri, le funzioni dovranno essere esercitate individualmente dalla
persona o dalle persone da esse determinate ; e qualora una di
dette persone non fosse capace o essendo tale ricusasse, non potrà
procedersi a sostituirla, se non quando sia intervenuto tra le parti
stesse un nuovo compromesso in ordine a ciò.
1064. — Qualora le parti non arrivino ad accordarsi sulla scelta
degli arbitri, o che non esista fra di esse una clausola compro-
missoria previamente stipulata per procedere alla scelta, e che non
arrivino a concordare un compromesso in ordine a ciò, o che essen-
dosi accordate sulla scelta di arbitri individualmente designati una
delle persone scelte sia divenuta incapace, o non abbia accettato,
dovrà ritenersi in massima che ciascuna delle parti abbia diritto
di nominare lo stesso numero di arbitri, e che gli arbitri da esse
nominati debbano designare il terzo arbitro, salvo che le parti stesse
non arrivino ad accordarsi per far designare il terzo arbitro da una
delle persone da esse scelte. Gli arbitri nominati potranno, quando
debbano essi designare l'arbitro, rimetterne la scelta ad un terzo*
Capacità per essere arbitro.
1066. — La capacità giuridica richiesta per essere arbitro è quella
che, secondo il Diritto comune, occorre per esercitare la funzione
di arbiiro tra privati.
1066. — La capacità morale dovrà essere attribuita a prefe-
renza alle persone che per la loro posizione indipendente e per le
alte cognizioni giuridiche ispirino piena confidenza di decidere con
rettitudine e imparzialità, e che non abbiano alcun interesse diretto
o indhretto rispetto alla controversia insorta.
43G i^ii,ro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto intemaziomaU
1067. — Le funzioni dì arbitro possono essere attribuite ai
Sovrani, ai giureconsulti ed ai pubblicisti, a condizione però che la
persona designata, accettando, eserciti personalmente codeste fun-
zioni e che non possa delegarle ad altri.
1068. — I corpi costituiti {una Facoltà di Diritto o un Tribur
naie designato) potranno essere scelti come arbitri
Rifiuto di sottomettersi alla giurisdizione arbitrale.
1069. — La parte, la quale sostenga che sia il caso di giurisdi-
zione arbitrale, e che dichiari di essere pronta a sottomettersi ad
essa per la decisione della controversia insorta, dovrà, in mancanza
di compromesso o di accordo, notificare in via diplomatica ciò all'ai*
tra parte e nominare uno o due arbitri, invitando l'altra parte a
nominarne un numero eguale, onde procedere poi alla nomina del
terzo arbitro, come nella regola precedente.
1070. — Qualora la parte avversa, alla quale sia stata fatta tale
notificazione diplomatica, non accetti di sottomettersi alla giurisdi-
zione arbitrale, dovrà in massima dichiararlo con nota diplomatica,
nella quale i motivi del suo rifiuto siano formulati. Mancando tale
nota, sarà ritenuta valida prova del suo rifiuto il non procedere
essa alla nomina degli arbitri in seguito all'intimazione fatta dal-
l'altra parte.
Appello alla Conferenza.
1071. — n rifiuto di sottomettersi alla decisione del tribunale
arbitrale, constatato come nella regola precedente, giustificherà l'ap-
pello alla Conferenza, ad istanza della parte che si ritenga lesa.
Tale appello alla Conferenza potrà aver luogo anche ad istanza
della parte convenuta, qualora questa rifiuti la giurisdizione arbi-
trale, 0 perchè ritenga l'oggetto della controversia fuori dei limiti
delia clausola compromissoria, o perchè sostenga che l'oggetto della
Titolo L ' Istituzioni per la tutela giur. del Diritto internazionale *^'
controversia stessa, per le particolari circostanze del caso, non
possa essere materia di compromesso , o perchè in generale fondi
sul Diritto comune il suo rifiuto a sottomettersi alla giurisdizione
arbitrale.
1072. ^- Dovrà altresì ammettersi l'appello alla Conferenza,
anche nel caso che le parti si siano accordate mediante il compro-
messo concluso di sottomettersi al tribunale arbitrale e circa il modo
per costituirlo, se una delle parti non designi gli arbitri secondo fu
convenuto col compromesso stesso, o quando la costituzione del
tribunale arbitrale non possa essere effettuata a cagione del disac-
cordo degli arbitri designati circa la scelta del terzo arbitro; e che
le parti non arrivino ad eliminare le difficoltà per procedere di
questi alla scelta.
1073. — Ogniqualvolta che la controversia, per la mancata
costituzione del tribunale arbitrale, sia deferita alla Conferenza,
questa dovrà ritenersi competente ad esaminare in principio se sia
o no il caso di giurisdizione arbitrale, o in virtù della clausola com-
promissoria fra le parti stesse concordata , o in virtù dei generali
principii dì Diritto comune. Qualora la Conferenza ritenga che sia
il caso di sottoporre la decisione della controversia ad un tribunale
arbitrale, potrà essa stessa designare gli arbitri mancanti.
1074. — La Conferenza potrà escludere la giurisdizione arbi-
trale e decìdere la controversia, se sia il caso di ritenersi a ciò com-
petente essa stessa, a norma della reg. 1046.
Procedimento dinanzi al Tribunale arbitrale.
1075. — Incombe alle parti, fra le quali verte la controversia,
il precisarne i punti mediante il compromesso da esse scritto e
sottoscritto.
Tale atto sarà fatto con le stesse forme di un trattato, e sarà
necessario in ogni caso di giurisdizione arbitrale volontaria, anche
quando essa abbia luogo, in virtù della clausola compromissoria,
previamente stipulata.
^^ Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale
In caso di giurisdizione arbitrale forzata , le controversie sotto-
poste al giudizio degli arbitri saranno formulate dalla Conferenza.
1076. — Il compromesso dovrà contenere la contestazione della
controversia e precisare i punti, rispetto ai quali le parti debbano
sottostare alla decisione degli arbitri.
Tali punti controversi possono concernere una questione di
Diritto particolare stabilito fra le parti stesse a norma della reg. 14,
o una questione di fatto, dato che le parti si trovino d'accordo sulla
questione di Diritto e lo dichiarino espressamente, e che la contro-
versia concerna Tapplicazione di tale Diritto a questioni di Mto.
1077. — Incombe alle parti trasmettere tutti i documenti e
gli atti e le memorie idonei ad illuminare il tribunale giudicante e
tutti gli atti e documenti che da esso siano richiesti per Tistru-
zione della causa.
1078. — Il ritardo di una delle parti nel trasmettere |^i atti e
documenti potrà giustificare la decisione del tribunale arbitrale che
fissi un termine ragionevole per la trasmissione di essi. Elasso
tale termine, e qualora il tribunale stesso non abbia accordata una
proroga, il ritardo ingiustificato sarà reputato di per se stesso equi-
valente a rinuncia della parte a trasmettere gli atti in sostegno delle
sue pretese, ed il tribunale dovrà giudicare allo stato degli atti esi-
stenti e presentati, e di quelli ch'esso medesimo d' ufficio potrà
richiamare ed ottenere.
1079. — Il tribunale arbitrale potrà decretare ogni mezzo di
prova e tutti gli atti istruttorii che reputi utili od opportuni per
decidere con illuminato giudizio.
Estinzione o sospensione del compromesso^
1080. — [1 compromesso dovrà essere reputato nullo, se man-
chi dei requisiti richiesti per la validità di un trattato intemazionale
e che trovansi contemplati nel tit. I del Lib. IL
1081. — Il compromesso potrà rimanere senza effetto e repu-
tarsi estinto, se le parti, fra le quali fu concluso, arrivino a com-
Titolo I. ' Itìt'ttizioni per la tutela giur, del Diritto intemazionale *3^
porre la lite, mediante accordo sopravvenuto, o mediante una tran-
sazione, o altrimenti.
1082. — Dovrà del pari ritenersi estinto il compromesso, se
venissero a mancare le condizioni sotto le quali la giurisdizione
arbitrale fu dalle parti volontariamente istituita. Questo dovrebbe
ammettersi principalmente:
a) nel caso che la controversia concernesse diversi punti, e che
le parti arrivassero a mettersi d'accordo intorno all'uno o all'altro
di essi, e che non dichiarassero formalmente di volere lasciar sus-
sistere il compromesso a riguardo di quelli tuttora disputati;
b) quando, essendosi accordate le parti circa la nomina di per-
sone individualmente designate come arbitri, nel corso del giudizio
una di esse fosse divenuta incapace, o fosse morta, o avesse ri-
nunciato ;
e) quando la persona nominata avesse delegato ad altri l'eser-
cizio delle funzioni di arbitro ad essa confidate.
1083. — Il compromesso dovrà ritenersi sospeso se una delle
parti abbia ricusato l'arbitro designato dall'altra, fino a tanto che
le parti non si siano accordate sulla scelta di un altro arbitro, o
(qualora sia stato deciso che l'istanza di ricusa debba ritenersi ben
fondata in Diritto) finché non sia stato designato un arbitro capace.
Della ricusazione délVarbitro designato.
1084. — L'arbitro designato potrà essere validamente ricusato :
a) se non abbia i requisiti di capacità a norma della reg. 1065;
h) quando possa essere stabilito e provato ch'egli abbia inte-
resse nella controversia;
e) quando, essendo designato un Sovrano, sia stabilito e pro-
vato che una questione identica in Diritto debba essere decisa in
un'altra lite vertente nell'interesse di lui e di un altro Stato ;
d) quando il Sovrano nominato come arbitro abbia prestato i
suoi buoni uffici per comporre la contesa, o abbia fatto da mediatore ;
^^ Libro IV. ' Détta tutela giuridica dd Diritto intemazioHàU
e) quando, per le mutate condizioni di cose, possa essere sta-
bilito e provato che esso non possa più pronunciare la sentenza
con quella imparzialità sulla quale si faceva da prima principale
assegnamento.
1086. — Qualora la parte, contro della quale l'arbitro fu ricu-
sato, non voglia nominare un altro arbitro, tale rifiuto infirmerebbe
il compromesso e converrà attenersi a quanto trovasi stabilito alla
regola 1071. Potranno però le parti stesse, con speciale compro-
messo, deferire ad un arbitrato di giudicare sull'incidente del rifiuto,
ma non potrà ammettersi che il tribunale arbitrale costituito potesse
giudicare esso medesimo dell'ammessibilità del rifiuto, né che tale
facoltà possa ritenersi compresa tra quelle attribuite ad esso col
compromesso.
Griudizio del Tribunale arbitrale.
1086. — n tribunale arbitrale si dichiarerà costituito definiti-
vamente appena che i membri nominati avendo accettato, siano
intervenuti alla riunione nel luogo e nel giorno designati per la
sua convocazione, e ciascuno dei nominati sia stato riconosciuto
capace di esercitare le funzioni di arbitro.
1087. — Il tribunale arbitrale ogni qual volta che sia com-
posto di più giudici, deve essere reputato investito del potere di
esercitare le funzioni ad esso attribuite, valendosi di tutti i diritti
che spettano ad un tribunale giudicante.
1088. — Qualora le parti stesse non si siano accordate, a
riguardo del luogo, che debba essere sede del tribunale arbitrale,
la designazione di tale luogo sarà fatta a decisione della maggio-
ranza degli arbitri nominati, e la sede stabilita potrà essere mu-
tata, a giudizio pure della maggioranza, quando vi sia fondato
impedimento, da questa riconosciuto, di adempiere conveniente-
mente le funzioni nella località scelta come sede.
1089. — Il tribunale arbitrale costituito procederà alla nomina
del Presidente scegliendolo nel proprio seno, e potrà aggregarsi
TMlo L - iHituzioni per la tutela giur. dd Diritto intemazUmale ^^
lè persone, che, in qualità di segretari o altrimenti, siano repu-
tate da esso indispensabili per l'esercizio delle proprie funzioni.
Esso seguirà pel regolamento di procedura quello che sia stato
provveduto dalle parti stesse, o che trovisi stabilito secondo il
Diritto comune.
lOGO. — Se le parti non abbiano nel compromesso stesso
o con convenzione susseguente stabilito d'accordo la procedura,
che debba essere seguita dal tribunale arbitrale, e che non vi
sieno norme di Diritto comune, potrà il tribunale medesimo de-
terminare liberamente le norme del procedimento.
1091. — Incombe al tribunale decidere la controversia senza
grande ed ingiustificato ritardo e con perfetta cognizione di causa.
E dovrà assegnare termini convenienti per la presentazione dei
documenti ; concedere alle parti un tempo ragionevole per prepa-
rare senza precipitazione la difesa dei loro diritti ; ammetterle a
presentare memorie e contromemorie; e non trascurare quanto
possa riuscire utile per decidere con retto, serio ed illuminato
giudizio.
1092. — Dovrà reputarsi di competenza del tribunale arbi-
trale l'interpretare il compromesso; il decidere circa l'ammissibilità
o inammissibilità di certi mezzi di prova, e risolvere tutti gli
incidenti, che possano concernere la questione principale e che
siano sollevati nel corso del giudizio.
1093. — Incombe al tribunale arbitrale giudicare, secondo
i principii del Diritto comune {Confr. regole 6, 7); e nell'applicarlo,
potrà interpretare le regole fissate, tenendo conto dei documenti
di Stato, nei quali il concetto di esse trovasi precisato e deter-
minato; della giurisprudenza stabilita dai tribunali che abbiano
interpretate le stesse regole giudicando casi analoghi ; e dell'opi*
nione dei pubblicisti. Esso sarà competente del pari ad interpre-
tare i principii di Diritto particolare stabilito tra gli Stati con-
tendenti.
1094. — II tribunale valuterà le prove secondo le sue con-
vinzioni ed il suo prudente arbitrio, e deciderà circa Taccertamento
dei fatti, secondo il suo libero apprezzamento, circa la valutazione
442 Libro IV, - Della ttUtla giuridica del Diritto internazionale
dei documenti prodotti, ed apprezzerà le particolari circostanze del
caso, ponderandole accuratamente secondo i principi! di equità
naturale.
Norme per pronunziare la senteìiza.
1095. — II tribunale arbitrale non potrà rifiutarsi di pro-
nunziare la sentenza definitiva su tutti i punti di controversia
sottoposti alla sua decisione.
Esso non potrà ritardare a tempo indefinito e oltre un termine
ragionevole la pronunziazione della sentenza col pretesto di non
essere sufficientemente illuminato circa le questioni dì fatto o circa
ì principii giuridici, che dovrebbe applicare.
1006. — Qualora le parti stesse avessero fissato il termine
entro cui gli arbitri dovessero pronunciare la sentenza, tale termine
non comincerebbe a decorrere, se non dal giorno in cui il tribunale
dovesse ritenersi definitivamente costituito a norma della reg. 1086.
Dovrà però ritenersi competente esso medesimo a decidere nel
suo seno se possa pronunciare la sentenza nel termine fissato, e
in caso di negativa fisserà il termine più breve entro cui potrà
pronunciare la sua sentenza definitiva, e notìficherà tale sua sen-
tenza provvisionale alle parti interessate ; e qualora fosse da esse
accettata tale notificazione senza osservazioni, il termine fissato
nel compromesso dovrà ritenersi legalmente protratto a norma
di quanto sia stato stabilito con la sentenza provvisoria notificata.
1097. — Il tribunale arbitrale potrà decidere con sentenza
provvisoria che sia fatta alle parti qualche proposta equa coli' inten-
dimento di provocare fra di esse V accordo o di arrivare ad una
transazione. Il rifiuto di tali proposte non potrebbe giustificare la
sospensione delle sue funzioni, esso sarà bensì sempre tenuto a
risolvere la controversia e a decidere definitivamente la lite.
1098. — Ogni decisione, sia essa provvisoria o definitiva,
sarà presa a maggioranza di tutti gli arbitri nominati «d incombe
a ciascuno di essi l'intervenire al momento della votazione, salvo
il caso di forza maggiore.
Titolo I. • Istituzioni per la tutela giur, del Diritto internazionale ^^
1099. — L'assenza giustificata di uno degli arbitri nominati
autorizzerà il tribunale a differire la sua decisione, se la causa
che avesse cagionato l'assenza potesse venire a cessare. Qualora
essa fosse permanente o duratura bisognerà attenersi alle regole
innanzi stabilite per la scelta degli arbitri a fine di surrogare Far-
bitro assente e provvedere alla regolare costituzione del tribunale»
1100. — Laddove l'assenza di un arbitro, nel momento in
cui si dovesse pronunciare la sentenza, fosse l'effetto di un partita
preso 0 di un intrigo, spetterà al tribunale di deliberare a mag*
gioranza dei presenti circa i provvedimenti adatti ad ovviare all'in-
conveniente, onde poter essere in condizione di espletare le proprie
funzioni pronunziando la sentenza.
IIOL — Qualora i provvedimenti decretati dal tribunale riu->
scissero inefficaci, e vi fosse fondata presunzione di connivenza
da parte del Governo interessato, col proposito di mettere cosi
un ostacolo alla pronunziazione della sentenza definitiva, tale pro-
cedimento sleale sarà qualificato in opposizione ai principii del
Diritto internazionale, e potrà motivare l'appello alla Conferenza^
così come nel caso di arbitrario rifiuto di sottostare alla giurisdi-
zione arbitrale.
1102. — Incombe a ciascuno degli arbitri presenti al momento
della votazione della sentenza, il sottoscriverla. Qualora però un
arbitro dissenziente rifiutasse di far ciò, la sentenza sarà valida^
purché sottoscritta dalla maggioranza, e purché questa medesima
sottoscriva la dichiarazione che l'arbitro che dissentiva era presente
al momento della votazione, e che aveva rifiutato di sottoscrivere
la decisione presa a maggioranza.
1103. — La sentenza arbitrale deve essere redatta in iscritto
e dovrà contenere i motivi in fatto e in diritto e le disposizioni
definitive relative ai punti contestati, che abbiano formato oggetto
della decisione.
^^ Libro IV. - Della tutela giuridica da Diritto inUrnazionàU
Efficacia della sentenza.
1104. — La sentenza degli arbitri dovrà essere riguardata
come definitiva e come soluzione compiuta della controversia
sottoposta all'arbitrato.
Essa sarà notìficata all'una ed all'altra parte a cura del tri-
bunale stesso, che l'abbia proferita, e la sua notificazione sarà
reputata legalmente fatta e compiuta, allorché una copia autentica
della medesima, contenente i motivi e le disposizioni, sia stata
consegnata al rappresentante di ciascuna delle parti e di tale con-
segna sia stato redatto processo verbale.
1106. — Il testo della sentenza e tutti i documenti e gli atti
del giudizio, saranno depositati negli archivi di Stato di un paese
neutrale, e sarà data pubblicità a quanto concerna l'eseguito
deposito della stessa e di tutti i documenti relativi che saranno
enumerati in una nota annessa.
1106. — La notificazione della sentenza impone all'una ed
all'altra delle parti contendenti di riconoscere nella decisione del
tribunale l'autorità di giudicato e di osservare ed eseguire leal-
mente quanto mediante essa sia stato deciso, e senza alcuna
riserva o restrizione.
1107. — Qualora la sentenza abbia imposto un onere, che
graviti sulla finanza, o che altrimenti esiga provvedimenti legis-
lativi onde adempirvi, essa sarà nondimeno efficace rispetto allo
Stato gravato, e l'autorità sua come giudicato non potrà essere
subordinata alla condizione della approvazione o della ratifica da
parte del potere legislativo dello Stato stesso.
La questione dei provvedimenti legislativi, che possono occorrere per dare
esecuzione alla sentenza di un tribunale arbitrale, è di per so stessa questione
di Diritto pubblico interno. Spetta al Grovemo di provvedere airadempìmento
delle obbligazioni delio Stato e di rivolgersi al Potere legislativo, quando debba
ottenere da esso i mezzi per eseguire gli oneri che gravitino sullo Stato. Questo
però non può influire suireffìcacia della sentenza, nò può sospendere o ren*
dere condizionale Tautorità di essa, a riguardo di quello che concerne la deci-
sione della controversia internazionale fra Stato e Stato, e dell^ obbligo di
adempiere quanto potesse essere la conseguenza della decisione.
Titolo L ' Istituzioni per la tutela giur. del Diritto internazionale ^^^
1108. — Lo Stato, il quale rifiutasse formalmente di ese-
guire la sentenza arbitrale, o che, di fatto, richiesto dall'altra parte
non osservasse e non eseguisse quanto con la stessa fosse stato
disposto, sarà tenuto a rispondere di tale suo procedimento, do-
vendo in massima presumersi V inosservanza di una sentenza resa
da un tribunale arbitrale un fatto arbitrario, e in opposizione coi
principii del Diritto internazionale.
1109. — Il procedimento da parte di uno Stato, che non
eseguisca lealmente la sentenza del tribunale arbitrale potrà essere
giustificato nel solo caso che si facesse appello alla Conferenza
e che questa riconosca la sentenza affetta da qualche vizio di
nullità, 0 quando riconosca, che per le sopravvenute impreviste
circostanze essa debba essere reputata ineseguibile, o che ne debba
essere sospesa in tutto o in parte l'esecuzione.
Motivi di nullità di una sentenza arbitrale.
UlO. — La sentenza arbitrale sarà reputata nulla:
a) se la decisione non sia stata votata coir intervento e la
presenza di tutti gli arbitri nominati;
b) se manchi del tutto di motivi in fatto e in diritto;
e) se il dispositivo sia contraddittorio ;
d) se non sia stata redatta in iscritto e sottoscritta da tutti
gli arbitri, o se la mancata sottoscrizione di uno di essi non.
risulti da processo verbale, che constati l'intervento dell'arbitro
che non sottoscrisse e la sua presenza al momento della deci-
sione e della votazione.
lUL — La sentenza arbitrale potrà essere impugnata dalla
parte che rifiuti di eseguirla e potrà essere annullata:
a) se gli arbitri avessero pronunciato fuori dei limiti del
compromesso, ovvero sopra un compromesso nullo o che dovesse
reputarsi estinto;
b) se fosse stata pronunciata da persona, che non avesse la
capacità legale o morale per essere arbitro, o che avesse perduta
'^*" Libro TV. - Della tutela giuridica del Diritto itètemazionaU
tale capacità nei corso del giudizio, o da un arbitro che non
potesse legalmente surrogare un altro assente;
e) quando fosse fondata sull'errore, o estorta con dolo;
d) quando le forme procedarali stipulate nel compromesso
sotto pena di nullità, o quelle che fossero stabilite per Diritto
comune, o quelle che secondo questo devono reputarsi indispen-
sabili, perchè richieste dalla natura del giudizio arbitrale, non fos-
sero state osservate.
1112. — Il giudizio intorno all'azione di annullamento di una
sentenza arbitrale dovrà essere deferito alla Conferenza o sulla
istanza della parte stessa, che in via principale impugni la sen-
tenza fondando su tale motivo il suo rifiuto di eseguirla, o sulla
istanza dell'altra parte, che voglia ottenere il costringimento for-
zato, onde far eseguire quanto fu deciso.
1113. — La Conferenza giudicherà sui motivi dedotti a fon-
damento della nullità, e qualora essa non riconosca tali motivi
«Bistenti e rigetti l'istanza di annullamento, potrà essa stessa de-
cretare i mezzi coercitivi per costringere la parte opponente ad
osservare e ad eseguire quanto con la sentenza sia stato disposto.
1114. — La Conferenza potrà inoltre dichiarare sospesa l'ese-
cuzione della sentenza per le mutate sopravvenute circostanze così
come per la sospensione di un trattato, conforme alle regole 669,
709-717, 748.
1115. — Lo Stato, che non osservasse quanto la Conferenza
avesse deciso circa l'esecuzione, l'annullamento o la sospensione
della sentenza arbitrale sarà assoggettato al procedimento sta-
bilito alle regole 1054, 1055.
Dei congegni diplomatici.
1116. — 1 congegni diplomatici denotano ogni forma di com»
binazione lecita organizzata in conseguenza dell'azione diplomatica
coll'intendimento di mantenere l'ordinamento giuridico della so-
cietà internazionale, e di prevenire mediante l'influenza pacifica
^
Titolo I. ' Istituzioni per la tutela giur, del Diritto internazionale ^'
o mediante l'ingerenza spontaneamente offerta o provocata, ì tur-
bamenti dei buoni rapporti internazionali o eliminare i dissidi
nati fra gli Stati.
La vera missione della politica e della diploinazia deve essere di conciliare
grinteressi de) proprio paese con quelli degli altri : di mantenere inalterate le
buone relazioni fra gli Slati, e prevenire ogni cagione di dissenso fra i mede-
simi, e di tentare ogni mezzo per eliminare le contese quando esse nascano.
Vedi su tale soggetto l'articolo da noi pubblicato nel Digesto italiano sotto
la voce Agenti diplomatici, capo iv Della vera missione della diplomazia*
1117. — Ogni qualvolta nasca un dissidio fra due o più Stati
dovrà essere considerato come dovere di umanità ed atto di savia
politica da parte di tutti i Governi e di ciascuno di essi in par-
ticolare Vagire diplomaticamente a fine di risolverlo mediante
le negoziazioni e la discussione pacifica.
Buoni uffici.
1118. — Ciascun Governo, senza esseme richiesto, può offrire
liberamente i suoi buoni uffici per risolvere una controversia
sorta fra due o più Stati; e può far valere la sua autorità
e la sua influenza morale a fine dì appianare le difficoltà, e
spingere le parti ad un accordo amichevole o ad una onorevole
transazione.
1119. — I buoni uffici spontaneamente offerti da un Governo
non possono essere in massima rifiutati senza giuste ragioni, e
quando siano accettati, incombe all'uno e all'altro degli Stati
interessati comunicare a quello, che li abbia offerti, i docu-
menti e le note relative all'oggetto dì controversia, e quanto
possa riuscire utile a chiarire il vero oggetto del Jitigio, formu-
lando le ragioni, colle quali intendono sostenere le loro pretese
rispettive.
1120. — Il rifiuto da parte di un Governo di accettare i
buoni uffici offerti da un altro dovrà essere considerato di per
sé stesso come una valutabile presunzione di non volere esso
w«o LtUro 1 V. • Della tutela giuridica dtl bis ilio iniernazionah
an'ivaie ad una soluzione amichevole, e sempre come un atto di
sconsigliata politica.
1121. — Lo StatOy che abbia offerto i suoi 'buoni uffici, dovrà
agire a riguardo dell'una e dell'altra delle parti contendenti con
spirito di conciliazione e di moderazione, esercitando la sua auto-
rità morale per facilitare la transazione su qualche diritto dub-
bioso , ma non potrà pretendere che Tuna o l'altra accetti le sue
proposte con iscapito della propria dignità e con detrimento del
proprio onore.
Dovrà reputarsi suo principale dovere la più rigorosa im-
parzialità.
Mediazione.
1122. — Possono le parti stesse, fra le quali sia sorta con-
tesa, invitare un terzo Stato amico e disinteressato a interporsi
fra di loro in qualità di amichevole compositore o mediatore,
ovvero accettare l'offerta fatta da un terzo Stato d'interporsi in
tale qualità.
1123. ~ Spetta allo Stato mediatore, ogni qualvolta che la
mediazione sia stata richiesta, o offerta da esso medesimo sia
stata accettata dalle parti contendenti, di conoscere esattamente
l'oggetto della disputa, le negoziazioni iniziate e tuttora in corso,
e tutti i documenti giustificativi propri a chiarirla.
1124. — Incombe alle parti contendenti, che abbiano pro-
vocata o accettata la mediazione, il comunicare lealmente tutto
al mediatore, onde metterlo in grado di adempiere conveniente-
mente alla missione affidatagli, e dovrà essere reputato procedi-
mento sleale quello dell'una o dell'altra parte, che, avendo accettata
la mediazione, cercasse poi di trarre in inganno con ingiustificate
reticenze il mediatore.
Ii25. — Dovrà essere considerato come principale dovere
del mediatore di valutare in buona fede ed imparzialmente le
ragioni dell'una parte e dell'altra ; l'astenersi gelosamente dal far
Titolo L ' lstitU9Ìoni per la tuUla giur. del Diritto iniememionale 449
valere ]a sua autorità morale in favore di questa o di quella;
l'agire non come giudice, non come arbitro, ma come conciliatore,
come amico imparziale, come un accorto e prudente compositore,
mirando a disporre le parti ad un ragionevole accomodamento,
e senza proporsi di far pesare la sua autorità morale per togliere
ad esse la piena libertà di accettare o non accettare la transazione
da lui proposta.
20 -- Fioi^r. Dir. interri, codif»
450 Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale
TITOLO IL
Dei mezzi coercitivi durante la pace.
1126. — Saranno reputati mezzi coercitivi leciti durante la pace
quelli che possono essere adoperati da uno Stato, che abbia patito
la lesione del proprio diritto, cóntro lo Stato che T abbia cagio-
nata, ed essi sono:
a) la ritorsione;
h) la rappresaglia;
Quelli che possono essere decretati dal Congresso o dalla Con-
ferenza per assicurare il rispetto del Diritto intemazionale, o
per costringere uno Stato ad osservare le deliberazioni prese dal-
l'una o dall'altra di dette Assemblee. Tali sono:
a) il blocco commerciale;
b) gli altri mezzi che siano ritenuti efficaci dal Congresso
o dalla Conferenza pel costringimento coattivo senza ricorrere
alla guerra.
Quando Viiso dei mezzi coercitivi può esseì^e lecito.
1127. — Nessuna via di fatto, che abbia il carattere vero e
proprio di costringimento forzato, potrà essere lecitamente ado-
perata da parte di uno Stato, se esso non abbia prima esaurito
l'espediente dell'azione diplomatica e quello dei buoni uffici, o
della mediazione di uno Stato amico, per ottenere cosi il rispetto
del proprio diritto o la riparazione dell'offesa patita.
1128. — Ogni qualvolta che con le negoziazioni diplomatiche,
coi buoni uffici e colla mediazione non si sia arrivati a comporre
la contesa, incombe alle parti il notificarne pubblicamente la causa.
In tal caso lo Stato che si dice leso, sarà tenuto a specificare
con nota diplomatica i motivi sui quali esso fonda i suoi reclami»
Tìtolo IL - Dei mezzi coercitivi durante la pace ^1
e la parte avversa a giustificare con nota diplomatica la sua con-
dotta, esponendo le ragioni del suo procedimento ed i documenti
in appoggio quando occorra.
Le regole da noi proposte mirano a stabilire nettamente la contestazione
intemazionale dinanzi alla pubblica opinione. La potenza misteriosa di questa,
oggi che il telegrafo quasi conila rapidità del pensiero ci rende informati di
quello che accade nei paesi lontani, diventerà sempre maggiore, come mag-
giore va divenendo il sentimento di solidarietà dei popoli civili e Tinteresse
comune di assicurare il rispetto dei principii della giustizia, e la prevalenza
di questi sugl'interessi politici. L'opinione pubblica all'interno di ciascuno Stato
può essere falsata e corrotta dalle arti dei partigiani; ma quella del mondo
civile riesce sempre imparziale, perchè impersonale e disinteressata. La forza
morale, che può esercitare la potenza misteriosa della stampa, sarà tanto mag-
giore, quanto più crescerà la coltura e la civiltà; e tanto più efficace, quanto
sarà più grande la parte che prenderanno le rappresentanze popolari nel governo
della cosa pubblica, e nell'andamento della politica estera. Costretta la diplo-
mazia a non potere agire più nel mistero; poste dinanzi alla pubblica discus-
sione le pretese di una parte e dell'altra, sarà al certo difficile che la politica
possa continuare a signoreggiare il Diritto, e che i Governi possano impu-
nemente perturbare la società internazionale.
Della ritorsmie.
1129. — La ritorsione lecita è una via di fatto non contraria
all'ordine giuridico, e consiste in ogni forma di espediente da parte
del Governo di uno Stato, che miri a privare soltanto lo Stato
contro cui è diretta di certi vantaggi, o ad arrecare ad esso gli
stessi pregiudizi che colla sua condotta ci arrechi, per far cessare
così quello stato di cose pregiudicativo e per costringerlo indi-
rettamente a non continuare ad arrecare pregiudizio agrinteressi
dello Stato o a quelli dei cittadini.
La ritorsione, cosi intesa, deve ritenersi fondata sul principio quod quisque
in alterum statuerii et ipse eodem jure utatur. Uno Stato, che non osservasse
nella sua condotta i principii, che riposano sulla eotnitas gentium o sull'equità
naturale, o certi usi, autorizzerebbe l'altro Stato, che da tale condotta patisse
pregiudizio, a praticare nella stessa maniera a suo riguardo, a fine di tutelare
i propri interessi e quelli dei propri cittadini. Cosi se uno Stato sancisse certe
misure di rigore a danno dei nostri concittadini (elevando le tarifie doganali,
assoggettandoli a pagare tasse gravose per soggiornare , o per esercitare il
commercio, o per acquistare e trasmettere la proprietà, e via dicendo) sarebbe
lecito a noi di operare nella stessa maniera a riguardo di esso. Questa è la
sola via di fatto lecita, ma che la prudenza politica non deve suggerire di
adoperare onde non creare motivi di disaccordo.
^* Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale ^
1130. — Non potrà reputarsi lecita la ritorsione che miri a
violare i diritti altrui, o a violare i principii del Diritto comune
a riguardo di uno Stato che li violi rispetto a noi.
Non può essere lecito ad uno Stato di violare le leggi della società inter-
nazionale, che siano state proclamate come diritto comune degli Stati in unione,
pel motivo che un altro Stato faccia altrettanto a riguardo di lui. Per fare
cessare la violazione di dette leggi e ripristinarne T autorità couTerrà invece
attenersi alle regole esposte nel titolo precedente.
Delle rappresaglie.
USL — La rappresaglia è una via di fatto, che mira diretta-
mente ad impedire con la forza ad uno Stato l'esercizio di certi
diritti, che gli spettano, arrecandogli di proposito un danno di-
retto ed immediato coll'intendimento di ottenere cosi la soddi-
sfazione da lui dovuta, o di far cessare un qual si sia stato di
cose contro il Diritto.
Essa dovrà essere reputata non contraria all'ordine giurìdico,
ogni qual volta che sia usata osservando le regole stabilite in
questo Titolo.
1132. — Saranno considerati atti di rappresaglia leciti senza
dichiarazione di guerra:
a) il rifiuto del pagamento della cosa dovuta;
b) il sequestro dei beni appartenenti allo Stato;
e) l'interruzione delle relazioni commerciali, postali e telegra-
fiche, stabilite secondo il Diritto comune;
d) la sospensione dei trattati o di alcuni di essi soltanto;
e) il privare lo Stato del godimento di certi diritti spettanti
ad esso secondo il Diritto comune, sempre che però non si tratti
di uno di quei diritti fondamentali, senza dei quali la personalità
internazionale dello Stato verrebbe del tutto a mancare (così po-
trebbe uno Stato essere privato del godimento del diritto di rap-
presentanza o di quello di mantenere i consolati e via dicendo);
f) il dichiarare chiuso per uno Stato e cittadini di esso uno
o più porti aperti al commercio o l'inibire l'esportazione di quei
generi di prima necessità, di cui lo Stato abbia bisogno;
TUcio IL • Dèi mezzi eoereiiiri durante la pace 458
g) ogni altra forma di misura coercitiva autorizzata dal Con-
gresso o dalla Conferenza a titolo di rappresaglia.
1133. — Qualunque forma di rappresaglia potrà essere reputata
non contraria all'ordinamento giuridico della società intemazionale
ogni qualvolta essa miri ad attaccare direttamente i diritti dello
Stato o ad arrecare un danno diretto ed immediato ad esso, tuttoché
di tale via di fatto indirettamente risentano pregiudizio i cittadini
di esso.
Sarà reputata contraria all'ordine giurìdico ogni forma di rap-
presaglia, che attacchi direttamente i diritti dei privati protetti
secondo il Diritto internazionale, o che miri ad arrecare un danno
diretto ed immediato ad essi, tuttoché ciò sia fatto coH'intendi-
mento di colpire indirettamento lo Stato.
Questa regola tende a stabilire rìnviolabilità della proprietà privata e quella
delle persone, e a tutelare i diritti intemazionali delle medesime escludendo
che la proprietà e le persone possano essere attaccate direttamente con le rap-
presaglie, a fine di colpire così indirettamente Io Stato. I cittadini di questo sono
tenuti uti universUas, e non già ufi singulti a sopportare gli oneri dello Stato
nei rapport* intemazionali del medesimo, per lo che non possono essere lecite
le rappresaglie, che colpiscano direttamente la proprietà dei privati, o i diritti
intemazionali spettanti ad essi come individui, per colpire indirettamente lo
Stato. Si quid univer sitati débetur singulis non dehetur, nee quod debet univer-
Htas singtdi debent. Questa massima trova la sua giusta applicazione per dedurne,
che i cittadini sono tenuti a rispondere delle obbligazioni internazionali, dello
Stato, ma non individualmente: repraesalias in singulos eives alicujus civitaHs
man dari ób sponsionetn et debitum ipsius civitatis.
1134. ~ Non sarà reputata una forma lecita di rappresaglia
il sequestro delle navi commerciali, anche se esse trovansi nei
porti dello Stato, che a praticare le rappresaglie sia autorizzato,
né sarà lecito di assoggettare codeste navi aWernhargo, a fine di
costringere cosi lo Stato avverso a soddisfare i giusti reclami del-
l'altra parte.
n sequestro delle navi mercantili dei cittadini dello Stato, contro del quale
le rappresaglie erano dirette, è slato reputato un mezzo lecito per costringere
lo Stato avverso a soddisfare i reclami, per far cessare il sequestro. Tale espe-
diente è stato sovente praticato, e la storia ci rammenta esempi non pochi.
Hisura più rovinosa era poi quella comunemente denominata embargo e che
consisteva nel sequestrare tutte le navi mercantili, che si trovavano nei porti
dello Stato, che vantava certi diritti contro dell'altro, minacciando poi di dichia-
rare ad esso la guerra, e di confiscare tutte le navi sequestrate, se non avesse
^^ lAbro IV, ' Della tutela giuridica dd Diritto interfUUfionale
soddisfatto i reclami dell'altro. La proprietà privata dev'essere reputata Invio-
labile anche in tempo di guerra, e conseguentemente dev'essere considerato
ognora contro il Diritto internazionale l'attentare ad essa per rivalersi dei debiti,
a cui fosse tenuto lo Stato, costringendo i cittadini di esso, individualmente, a
soddisfarli.
Del blocco commet'dale.
1135. — Il blocco commerciale o blocco pacìfico consiste .nel-
Tinvestimento di un porto o di una costa di uno Stato, effettuato
e mantenuto con un numero di navi da guerra sufficienti ad im-
pedirvi Tentrata e l'uscita e attuato col proposito d'interrompere
del tutto le relazioni ed operazioni di commercio tra i cittadini
dello Stato o degli Stati, che abbiano dichiarato il blocco, e quello
contro di cui tale misura coercitiva sia stata effettuata.
1136. — n blocco commerciale durante la pace non ha lo stesso
carattere giuridico che gli spetta, quando esso sia praticato durante
la guerra, e non può valere per legittimare l'esercizio di tutti i
diritti che conseguono dal blocco nello astato di guerra.
1137. — Il blocco commerciale potrà essere reputato lecito,
qualora sia stato autorizzato colle procedure stabilite nel titolo
precedente, e purché ogni diritto sia ristretto ad impedire ai cit-
tadini soltanto degli Stati in Unione l'importazione e l'esporta-
zione delle mercanzie dal porto, o dai porti contro i quali il blocco
sia stato decretato dal Congresso o dalla Conferenza, ed effetti-
vamente attuato.
Si è disputato a lungo circa la legittimità del blocco effettuato fuori dello
stato di guerra e molti scrittori hanno sostenuto, che il blocco durante la pace
non possa essere reputato un mezzo coercitivo regolare secondo i prineipii del
Diritto internazionale. Così la pensano Fauchilli, Du hloeuè maritinUf p. 88
e seg. ; Geffcken, Revue de DrùU intemat.^ 1887 ; Testa, Le Droii public UÙem^
maritimef p. 229; Wolselt, Internat. law; Gessner, Le droit des neutres eur
mer; PRADiBR-FoDÉRé, Droit internai, public, tom. V, § 2483 e seg.; ed altri
non pochi.
L*opinione contraria è stata invece sostenuta pure da parecchi, tra ! quali
rammentiamo Hefftkr, Droit internai., § 111; Bulmerincq, Journal du Droit
internat, 1888, p. 569; Psrels, Session de Vlnstitut de Droit internat., 1887,
p. !^76; RoLiN Jacquemtns, Revue de Droit internat., 1876, p. 618, 623; Wharton,
Internai, law Digest, § 364; Fiore, Diritto interna», pubblico, 2* ediz., 1884»
tradotta in francese da Charles Antoine, § 1629, e S^ediz., 1888, 8 1824. Gonfru
TUolo IL - Dei mezzi coercitivi durante la pace ^^
Galto, Le Droit intem,, che riporta molti dati storici e le opinioni dì parecchi
pubblicisti nella sua f * édic, tom. Ili, § 1832 e seg.
A noi sembra che la ragione principale del disputare dipenda da che non
si abbia cura di tenere ben distinto il carattere giuridico del blocco adoperato
come mezzo coercitivo durante la pace, da quello che il blocco ha, quando
esso sia praticato durante la guerra. Certamente il blocco con tutti i diritti,
che esso attribuisce al belligerante contro il nemico, ed anche a riguardo di
coloro che non prendono parte alla guerra e che restano neutrali, non può
sussìstere che quando la guerra sia dichiarata. Sarebbe una vera anomalia
Tammettere il blocco come operazione di guerra fuori dello stato di guerra,
ma Tanomalia sparisce quando si tenga distinta Tuna cosa dall'altra, e si con«
Sideri che, ammesso che agli Stati in Uni(me non possa essere contestato il
diritto di adoperare i mezzi coercitivi contro di uno Stato che faccia parte
dell* Unione, e di arrecargli qualche danno per costringerlo con la forza a sot-
tomettersi alia deliberazione della Conferenza o del Congresso, possa repu-
tarsi a ciò idoneo il blocco commerciale, che interrompendo di fatto tutte le
relazioni commerciali con la costa bloccata, arreca un danno diretto ed imme-
diato allo Stato contro di cui tale mezzo coercitivo venga adoperato. Quello
che interessa dì stabilire bene è, che tale mezzo coercitivo non può attribuire
rispetto ai terzi Stati, che non facciano parte dell' Unione, i diritti che spettano
al belligerante durante la guerra.
Tutti i diritti che possono derivare dal blocco durante la pace si riassumono
in questo, che cioè la squadra, che mantiene effettivamente il blocco, è auto-
rizzata ad impedire di fatto e con la forza qual si sia relazione colla costa
bloccata. Essa può fondare tale diritto rispetto a tutti gli Stati in Unione sulla
circostanza deirautorità spettante al Congresso o alla Conferenza di decretare
i mezzi coercitivi per assicurare il rispetto delle leggi intemazionali, e rispetto
agli altri Stati su quella di essersi messa di fatto in possesso delle acque terri-
toriali dello Stato contro cui il blocco sia praticato. Essa può quindi dichiarare
chiuso al commercio quel dato porto, non in forza del diritto di guerra, ma
in forza bensì del possesso effettivo delle acque territoriali, e dell'esservi sur-
rogata, a riguardo di tali acque, neiresercizio dei diritti di sovranità spettanti
allo Stato bloccato. La squadra che mantiene effettivamente il possesso giuridico
delle acque territoriali può a nostro modo di vedere dichiarare chiuso al com-
mercio il porto bloccato, fondandosi sulla circostanza che di fatto esercita
diritti di sovranità sulle acque. Essa non potrà conseguentemente avere il diritto
di punire, di confiscare, di predare le navi che tentassero di attraversare la
linea di blocco, ma quello soltanto di notificare ad esse come sovrana delle
acque di non attraversarle, e d'impedire con la forza di fare ciò a quelle navi,
che dopo avere avuta la notificazione, volessero entrare nei porti investiti o
uscire da essi.
Determinati i diritti che possono derivare dal blocco in tempo di pace a
riguardo dello Stato, contro di cui esso sia praticato, a riguardo di coloro che
sono tenuti a sottostare all'autorità del Congresso, e a riguardo dei terzi Stati,
non ci pare che possa reputarsi illecito l'adoperare codesto mezzo coercitivo, al
certo meno rovinoso della guerra, ogni qualvolta si abbia fondato motivo di poter
conseguire mediante esso lo stesso scopo, che con la guerra si può conseguire.
1138. — Il blocco commerciale non sarà e£Bcace che rispetto
alle navi militari o mercantili appartenenti agli Stati in Unione^
456 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto iniemaaianaU
e non potrà ritenersi legalmente effettuato, che a cominciare dal
giorno in cui Tarmata abbia circuito realmente ed effettivamente
la costa bloccata in maniera da poter impedire il transito delle
navi dirette o provenienti da esso.
1139. — Incombe al Congresso o alla Conferenza che abbia
decretato il blocco commerciale il notificare ciò diplomaticamente;
lo stabilire il giorno in cui esso debba essere effettuato; deter-
minare la costa alla quale sia per essere esteso; concedere un
tempo ragionevole a tutte le navi, che siano entrate nei porti
prima della dichiarazione del blocco per compiere le loro opera-
zioni e lasciare liberamente i porti bloccati.
1140. — Il diritto spettante alla squadra, che abbia dichiarato
il blocco, consiste nell'impedire il transito delle navi, adoperando,
quando ne sia il caso, la forza per costringerle a non violarlo.
Potrà a tal fine ciascuna delle navi appartenenti alla squadra
bloccante^ adoperando i mezzi meno nocivi, costringere ogni nave,
che cercasse di uscire dal porto bloccato o che ad esso fosse
diretta, ad arrestarsi e dovrà intimare al capitano dì essa di non
attraversare la linea di blocco. Tale dichiarazione dovrà essere
fatta dall'ufficiale comandante la nave, che faccia parte dell'ar-
mata bloccante, e annotata nei libri di bordo.
1141. — Qualora la nave, alla quale l'intimazione fosse stata
fatta, tentasse nonostante di commerciare col paese bloccato, cia-
scuna delle navi appartenenti alla squadra bloccante potrà ado-
perare i mezzi meno nocivi per costringerla a non attraversare
la linea del blocco, e qualora essa cadesse in potere dell'armata
bloccante, potrà essere trattenuta un tempo ragionevole per sta-
bilire d'accordo garanzie sufficienti ad evitare nuovi tentativi di
violazione del blocco da parte di essa in avvenire, o potrà essere
sequestrata, ma non mai assoggettata a cattura o ad altra pena-
lità ammessa per violazione di blocco in tempo di guerra.
1142. — Anche se la nave mercantile appartenesse allo Stato,
contro cui il blocco sia stato effettuato, e si trovasse nelle condi-
zioni contemplate dalle regole precedenti, essa potrà essere seque-
strata, ed il sequestro potrà essere contro di essa mantenuto, fino
Titolo IL - Dei mez9Ì eoerciiivi durante la pace ^'
a tanto che duri il blocco, ma cessato questo, essa dovrà essere
dichiarata lìbera e resa senz'altro ai proprietari cui appartenga,
ma senza alcun obbligo di risarcirla dei danni provenienti dal
sequestro.
1143. — Qualora la nave, che avesse violato il blocco, appar-
tenesse alla marina militare di uno Stato, e risultasse dalle cir-
costanze che essa fosse entrata o uscita dal porto bloccato per
fare o tentare di fare qual si sia operazione di commercio, tale
procedimento implicherebbe la responsabilità dello Stato, a cui
codesta nave appartenesse, e dovrebbero essere applicate le regole
stabilite agli art. 792, 796 e seguenti.
4f58 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto intemazionaU
TITOLO m.
Della guerra e dei suoi effetti firenerali.
1144. — La guerra consiste nell'uso della forza armata da parte
del sovrano dello Stato, o di chi si trovi di fatto in possesso dei
diritti sovrani, o da parte di un popolo, per risolvere una que-
stione di Diritto internazionale o una questione di Diritto pubblico.
Nel progetto proposto dal Governo russo il carattere di guerra internazionale
•era attribuito alla lotta aperta fatta mediante le armi tra due Stati indi-
pendenti. Può per altro accadere che un popolo, che non sìa costituito a Stato
indipendente, difenda colle armi il suo diritto a costituirsi come tale, o che
nn conflitto nato tra popolo e Governo prenda a grado a grado tali propor-
zioni da divenire una vera pubblica contesa a mano armata. Ora non può al
certo essere tolto il carattere di guerra alla lotta aperta ed a mano armata
fatta da un popolo per rovesciare un Governo costituito e crearne un altro o
per costituirsi a Stato indipendente o per risolvere una qual si sia controversia
di Diritto pubblico. Ogni qual volta che tale lotta abbia i requisiti contemplati
alla regola 107 dovrà essere reputata guerra, abbia pure essa il carattere di
guerra civile, ed assoggettata al Diritto di guerra. La, mancanza di formale
dichiarazione in questo caso non potrebbe al certo influire per disconoscere
la guerra che dì fatto esiste.
Quando la guerra può essere reputata legittima.
1146. — L'uso della forza armata per risolvere una questione
di Diritto intemazionale non sarà reputato legittimo tra gli Stati
in Unione^ se non quando siano stati espletati tutti i mezzi paci-
fici, diplomatici, giuridici e coercitivi per risolvere la controversia
e siano riusciti inefficaci.
Dovrà però reputarsi sempre lecito respingere un'aggressione
armata da parte di uno Stato, e di servirsi della forza armata
per la difesa dei diritti dello Stato contro un altro Stato che ad
essi attenti colla forza armata.
Titolo III. - Della guerra e dei suoi effetti generali ^9
Della dichiarazione di guerra.
1146. — Nessuno Stato e nessun popolo potrà intraprendere
regolarmente la guerra contro un altro Stato o un altro popolo
senza avere pubblicato un ultitnatutnj nel quale i motivi del casus
belli siano sommariamente formulati, e fissato un termine peren-
torio, decorso il quale incomincerebbero le ostilità.
Mancando tale pubblica notificazione, incombe alla parte che
intende intraprendere regolarmente la guerra il dichiararla formal-
mente per legalizzare gli atti di ostilità e l'esercizio dei diritti
di guerra.
1147. — La formale dichiarazione di guerr|i dovrà reputarsi
ognora doverosa, quando la guerra abbia luogo tra due Stati
indipendenti, e quello che la intraprenda non voglia agire senza
violare le regole di Diritto comune internazionale; ma non lo sarà
del pari se essa fosse intrapresa da un popolo e nel caso di guerra
civile, ma sarà in tali evenienze sufficiente, che il partito che
combatte colle armi si trovi nelle condizioni per essere reputato
belligerante.
1148. — Dichiarata la guerra, o spirato il termine perentorio
fissato nelV ultitnatum dovrà ritenersi cessata T applicazione del
diritto di pace, e sarà reputato in vigore il diritto di guerra e
rispetto alle parti contendenti e rispetto ai terzi.
1149. — Il procedimento d'ogni Stato, che abbia incominciato
le ostilità senza la previa dichiarazione di guerra, dovrà reputarsi
sleale e in opposizione col Diritto moderno.
Quando la guerra esista di fatto.
1160. — L'uso della forza armata, anche quando essa sia ado-
perata di fatto da uno Stato o da un popolo, senza avere prima
espletate le procedure ordinarie, avrà nonpertanto il carattere
vero e proprio di guerra, quando vi sia lotta aperta e fatta
mediante eserciti o armate organizzati per risolvere una questione
di Diritto pubblico, e sia fatta osservando le leggi e gli usi di guerra.
^ìfiO Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto infernaziùnaHe
Lasciando da parte tutto qaello che concerne la legiltìmità della guerra, non
si può al certo sostenere che la lotta aperta fatta mediante le forze militari
organizzate a fine di risolvere una questione di Diritto pubblico, possa perdere
il suo carattere giuridico in conseguenza dell* inosservanza delle procedure,
che nei casi ordinari dovrebbero essere osservate prima d^incominciare le ostilità.
Può bene accadere che* la guerra nasca tra uno Stato ed un altro che non
formi parte dell' Unione^ ovvero che uno Stato che faccia parte dell* Unione si
metta di fatto fuori del Diritto comune adoperando la forza armata per risol-
vere senz'altro una controversia con un altro Stato. Può pure accadere che
un popolo senza ricorrere agli espedienti pacifici per tue riconoscere i propri
diritti li rivendichi e li sostenga colla forza armata. In tali evenienze non si
può al certo sostenere, che la lotta a mano armata tra due Stati o più, o tra
chi rappresenta lo Stato e il popolo non debba avere carattere di guerra.
Anche quando l'attentato sia contro il Diritto ed abbia il carattere vero e pro-
prio di attentato arbitrario, ciò sarà decisivo per quello che concerne la legit*
timità o illegittimità della guerra, ma non farà perdere il carattere di guerra
alla lotta a mano armata, neanche da parte dello Stato che adoperi di fatto
la forza armata per* conculcare il diritto altrui o per violare le leggi della
società internazionulc.
Quando la guerra potrà reputarsi regolarmente fatta.
1151. — La guerra non potrà essere reputata regolarmente
fatta, se non quando i belligeranti osservino le leggi ed usi dì
guerra che devonsi ritenere ognora obbligatorii tra popoli civili.
Leggi ed usi di guerra.
1152. — Incombe agli Stati, fra i quali V Unione trovisi sta-
bilita, codificare le leggi e gli usi di guerra dichiarandoli obbli-
gatorii fra di essi, e riconoscendoli come Diritto comune. Finché
tale accordo non sarà effettuato, incombe a ciascimo degli Stati
civili dichiarare obbligatorie per le proprie milizie e armate durante
la guerra, le regole le più conformi ai principii razionali del Diritto
internazionale ed alle esigenze della civiltà*
Un tentativo per codificare le leggi e gli usi di guerra è stato già fatto in
conseguenza dell'ini ziati va presa dal Governo russo, che elaborò un progetto
per determinare i diritti e i doveri dei Governi e delle milizie in tempo di
guerra, e che invitò gli altri Governi a discuterlo. La Conferenza riunita a
Bruxelles il 27 luglio 1874 discusse cotesto progetto, e lo modificò notabilmente
in diversi punti, compilando un proprio progetto, che non fu mai approvato
definitivamente dai Governi rappresentati. I Governi degli Stati più civili hanno
peraltro dichiarato obbligatorie per le proprie milizie le regole e le istruzioni
Titolo III, ' Della yutrra e dei suoi effetti generali 461
da ciaBCuno di essi compilate, e sancite con leggi o decreti. Così hanno praticato
il Governo degli Stati Uniti, quello della Francia, della Russia e di altri Stati,
ed il Governo italiano, il quale ha sancito il regolamento pel servizio del-
Tesercito in guerra con decreto del 26 novembre 1882, laonde le milizie italiane
sono tenute ad osservare in tempo di guerra le regole in tale regolamento con-
tenute, e che sono in gran parte conformi a quelle concordate dalla Conferenza
di Bruxelles.
1153. — Le leggi e i costumi di guerra resi obbligatorii me-
diante un trattato generale saranno reputati sotto la protezione
e la garanzia collettiva di tutti gli Stati firmatari.
1154. — Ogni Governo che non abbia provveduto con leggi
efficaci ad assicurare il rispetto e l'osservanza delle leggi e degli
usi di guerra, o quando avendo a ciò provveduto risultasse
dalle circostanze la negligenza colpevole da parte del Governo
stesso o delle persone proposte a capo delle milìzie ed armate,
o per la mancanza di opportune istruzioni date, o pel difetto
delle misure richieste per mantenere la disciplina fra le medesime,
0 per non aver provveduto alla punizione immediata di coloro,
che avessero violate le leggi di guerra, questo renderà respon-
sabile lo Stato di ogni danno, che sia derivato dai delitti e dagli
eccessi commessi dalle proprie milizie ed armate.
Effetti immediati della guerra.
1155. — Lo stato di guerra rende leciti tra le parti bellige-
rantl gli atti di violenza contro le persone, che prendono parte
attiva ad essa, e tutte le operazioni di attacco e di difesa con-
formi alle leggi ed ai costumi di guerra, e quelli altresì che pos-
sono essere giustificati dalle imprevedibili sue necessità.
1156. — La guerra produce tutte le conseguenze giuridiche
contemplate dal Diritto convenzionale stabilito mediante i trattati
e quelle che derivano dal Diritto comune, cioè:
a) modifica i rapporti di Diritto pubblico e quelli di Diritto
privato e rende immediatamente applicabili agli unì e agli altri
le regole generali, che concernono il diritto di guerra rispetto ai
belligeranti e loro alleati, agli Stati neutralìi ai cittadini delle parti
4G2 Libro IV. • Della tutela giuridica del Diritto intemazionale
nemiche, agli abitanti del territorio ove siano fatte le operazioni
militari, e ove abbia luogo il combattimento;
b) rende applicabile immediatamente quella parte della legisla-
zione interna, che contempla in ciascun paese lo stato di guerra;
e) sospende tra le parti belligeranti e a riguardo degli alleati
di parte nemica Tapplicazione del Diritto particolare fra di essi
stabilito e che presuppone lo stato di pace;
d) rende immediatamente applicabile tra le parti stesse e tra
loro ed i neutrali, e tra ciascuna di esse e gli alleati, il Diritto
particolare prestabilito nell'evenienza della guerra.
La guerra non è uno stato di fatto senza regole giuridiche, essa ha pure le
sue leggi ed il proprio Diritto. Non si possono infatti conculcare durante la
guerra i diritti fondamentali delle persone e massimamente quelli spettanti ai
privati. Bisogna quindi ammettere che la guerra tra gli Stati civili dev'essere
riguardata come uno stato di fatto secondo l'ordine giuridico, e che reffetto
suo immediato quello si è di dar vigore al Diritto, che si riferisce allo stato
di guerra. A stabilire l'autorità di cotesto Diritto e ad assicurarne il rispetto,
devono valere le stesse regole enunciate nei libri precedenti, e che concernono
in generale la tutela giuridica del Diritto comune.
1157. — Dovrà essere reputato uno degli elBfetti immediati della
guerra l'esercizio straordinario dei poteri conferiti ai comandanti
degli eserciti e delle armate rispetto a coloro, che ne fanno parte,
e rispetto ai privati, che si trovino nel territorio, ove la guerra
abbia luogo, e la facoltà spettante ad essi di provvedere alle immi-
nenti necessità con l'applicazione della legge marziale dichiarata
in vigore, e con l'autorizzare tutte quelle misure, che dal loro pru-
dente arbitrio possono essere reputate opportune, per assicurare
lo scopo della guerra in ogni sopravvenuta eventualità.
1158. — Dovrà ritenersi compreso tra i poteri straordinari spet-
tanti ai comandanti militari quello d'istituire i tribunali marziali e
d' investirli del potere di amministrare pronta e spedita giustizia.
Non bisogna peraltro esagerare ammettendo che ogni volontà di un coman-
dante militare, anche se arbitraria, debba essere elevata all'autorità di legge,
e giustificata in virtù dei pieni poteri ad esso spettanti, e dell'applicazione della
legge marziale. Le necessità eventuali possono tutto giustificare; ma certe garanzie,
che secondo la legge naturale non possono mancare mai nell'amministrazione
della giustìzia civile e criminale, non devono essere eliminate del tutto, giusti-
cando ogni arbitrio commesso dal comandante militare, e ritenendolo legale
in forza dei poteri straordinari che ad esso spettano.
TUolo ir.' A ehi speUi V esercizio dei diritti di gueì-ra i63
TITOLO IV.
A chi spetti reseroizio dei diritti di guerra.
USO. — Gli atti di ostilità, ed ogni atto di violenza a mano
armata contro le persone di parte contraria, permessi secondo il
Diritto di guerra, e qual si sìa ofifesa arrecata alle medesime o ai
loro beni, saranno leciti soltanto tra le parti belligeranti.
Chi può essere qualificato belligerante.
1160. — Saranno reputati belligeranti tutti coloro, che costi-
tuiscono la forza militare regolare, o che costituiscono la forza
armata militarmente organizzata.
116L — La forza militare comprende:
a) l'esercito regolare;
6) Tarmata {Confr. reg, 169 ^ s^g*)\
e) ogni specie di milizia organizzata secondo la legge militare
{milizia territoriale^ landwer e simili);
d) tutti gli eqmpaggi delle navi ed altre imbarcazioni da
guerra ;
e) ì corpi volontari che riuniscono le seguenti condizioni (Cbn/r.
reg. 1165):
1® di essere organizzati militarmente con l'autorizzazione
o approvazione del Governo e di avere le persone che a tali corpi
appartengano un qualunque segno distintivo esteriore per essere
riconoscibili a distanza come combattenti;
2<> di essere essi subordinati ad un capo responsabile, e
sottomessi alla suprema autorità del comandante generale;
3^ di portare le armi apertamente;
4<> di serbare la condotta militare ed osservare le leggi ed
i costumi della guerra.
*^* Libro IV. ' Détta tutela giuridica M Diritto inUmazùmaU
1162. — La forza armata militarmente organizzata comprende :
a) ì corpi franchi, o i franchi tiratori {Confr. reg. 1167);
b) le milizie di volontari (Confr, reg. 1168).
1163. — Saranno altresì reputati belligeranti gli abitanti di un
paese non occupato militarmente dal nemico, i quali al suo avvi-
cinarsi senza essere organizzati militarmente, resistano pubblica-
mente, armata mano, per difendere la loro patria, e che uniti in
massa facciano atti di ostilità, ed esercitino, come possono, il
diritto della legittima difesa.
Forza militare dello Stato.
1164. — Incombe ai Governi degli Stati civili il provvedere
con le proprie leggi all'organizzazione delle milizie in guisa da
mettere a profitto tutte le forze vive del proprio paese, e potere
cosi opporre al nemico corpi militarmente organizzati piuttosto
che appoggiarsi ai corpi volontari.
1165. — Ciascun Governo potrà profittare dell'aiuto dei corpi
volontari, ma non Sovra incoraggiare la guerra irregolare fatta
dai privati e da persone non abituate alla disciplina militare, e
dovrà in ogni caso provvedere a che i corpi volontari osservino
lealmente le leggi della guerra, e che riconoscano la suprema
autorità del comandante generale.
1166. — Nessun Governo di Stato civile potrà, nonostante le
sopravvenute necessità, adoperare nella guerra i selvaggi dei suoi
possedimenti coloniali, che facciano la guerra alla loro maniera,
e che non abbiano il sentimento dell'onore militare e della disci-
plina, come i popoli civili.
Corpi franchi — Milizie di volontari.
■
1167. — I corpi franchi, i quali prendessero parte alle ope-
razioni di guerra, senza essere riconosciuti dal Governo dello Stato,
e che agissero senza essere sottomessi alla suprema autorità del
Titolo IV, • A chi spetti Vesercizio dei diritti di guerra 465
Comandante generale, non saranno reputati come se facessero
parte della forza militare della parte belligerante. Essi saranno
nonostante sottomessi alle leggi comuni della guerra, quando siano
militarmente organizzati sotto la suprema autorità di un capo,
portino le armi apertamente, combattano in buona fede per soste-
nere lo stesso principio per cui la guerra sia fatta, serbino nei
loro movimenti la condotta militare, ed osservino le leggi e gli
usi di guerra, comportandosi come le truppe regolari (Confr.
reg, 1176, 1177).
Ci sembra che una differenza debba essere fatta tra i corpi franchi, che
prendono parte alle operazioni militari in conseguenza dell'invito fatto dal
Governo e col consenso di esso, e quelli che per iniziativa del capo del loro
partito vengano a formarsi durante la guerra agendo per proprio conto nella
convinzione della giustizia della causa per cui la guerra è fatta. I primi devono
essere reputati come un elemento della forza militare dello Stato a norma della
reg. 1161 e). I secondi non possono essere considerati come se facessero parte
della forza militare delio Stato, ed è perciò che non ci è sembrato necessario
a che essi siano considerati come soldati il richiedere un segno distintivo este-
riore riconoscibile a distanza. Quando sussistessero le condizioni enumerate
nella regola testò enunciata, il belligerante non potrebbe considerarli fuori delle
leggi della guerra.
1168. — Nel caso di appello fatto dal Governo ai volontari per
la difesa del paese o leva in massa, tutti i cittadini chiamati sotto
le armi, e quelli che di loro iniziativa si fossero riuniti in bande
o corpi militari saranno trattati come soldati:
1^ quando portino le armi apertamente e facciano gli atti di
ostilità senza perfidia e slealtà;
2<> quando abbiano alla testa un capo responsabile;
3^ quando il loro carattere di combattenti risulti dalla loro
condotta militare.
Armata.
1169. — Ogni Stato civile potrà adoperare nella guerra ma-
rittima, oltre che Tarmata regolare, le navi mercantili armate in
guerra, e ad essa aggregate, e sottoposte alla sua disciplina militare.
1170. — Nessuno dei Governi che sottoscrisse il trattato di
Parigi del 1856 può concedere alle navi private Tautorizzazione
30 — Fiore, Dir, interri, codif.
4f)6 Libro IV. - Della ttUda giuridica del Diritto intemazionale
di annarsi come na^ì corsare, senza violare il principio di Diritto
convenzionale mediante tale trattato stabilito, e secondo cui la
corsa deve essere reputata per sempre abolita.
1171. — Dovrà ognora l'armamento dei corsari essere con-
siderato in opposizione al Diritto pubblico del mondo civile, e
incombe ai Governi, che non sottoscrissero o che non fecero ade-
sione al trattato di Parigi del 1856, di ritenere la guerra in corsa
ingiusta e proclamarla per sempre abolita.
1172. — L'armamento dei corsari potrà ammettersi soltanto
in virtù del diritto di rappresaglia fondato sulle necessità della
guerra, qualora il belligerante di parte contraria adoperasse nella
guerra i corsari.
1173. — Qualora un Governo avesse autorizzata la corsa, come
rappresaglia contro gli Stati che non abbiano aderito al trattato
di Parigi o che lo violassero, le navi private munite di lettere
legali di autorizzazione per esercitare la corsa, saranno reputate
come formanti parte della forza armata organizzata in nome dello
Stato, da cui furono ad esse concesse le lettere di marca.
Chi non ha diritto di esseì'e qualificato belligerante.
1174. — Le bande, che commettono atti di ostilità durante la
guerra facendo escursioni per proprio conto e senza autorizza-
zione del Governo, e celando quando occorra la loro qualità di
combattenti, non possono essere reputate come parte della forza
armata organizzata, e gli atti di violenza che esse potessero fare
non saranno reputati fatti in virtù dell'esercizio dei diritti di guerra,
né le persone, che tali bande formassero, trattate come belligeranti.
1175. — Non potrà essere attribuito l'esercizio dei diritti di
guerra a quàl si sia numero di persone, tutto che militarmente
organizzate, ogni qual volta che esse adoperino la forza armata
per commettere rapine o per fare atti di brigantaggio, o per qual
sì sia altro scopo contrario al Diritto internazionale.
Le masse armate che devastarono le proTÌDce deU* Italia meridionale sac-
cheggiando la proprietà dei privati, erano pure organizzate militarmente ed
Titolo IV,' A ehi spetti Vesercizio dei diritti di guerra 467
avevano dei capi, ma non potevano al eerto pretendere di essere trattate come
belligeranti, mentre esse adoperavano la forza per attentare con violenza ai
diritti dei privati. Esse, benché per numero considerevoli, non potevano essere
repatate come nemici pubblici, bensì come briganti e malfattori.
1176. — n carattere di belligerante potrà essere negato ai corpi
volontari, che intraprendano una spedizione militare senza auto-
rizzazione del Governo, o senza la tacita connivenza di esso, e che
facciano gli atti di guerra, non già nell'interesse dello Stato o pel
trionfo di un'idea conforme ai sentimenti di una parte notabile
del popolo, ma per conseguire a loro rischio e pericolo uno scopo
politico.
Non può ammettersi che il carattere di belligerante debba eaaere attribuito
a chiunque intraprenda una spedizione militare per uno scopo politico e pa-
triottico. Lo scopo di certe intraprese dovrà senza dubbio influire per attribuire
agli atti di violenza, in certe circostanze, il carattere di reaU politici, ma sio-
come il diritto di far la guerra non è un diritto privato, cosi Tesercizio dei
diritti di guerra non potrà essere attribuito ad un numero qual si sia di per-
sone che facciano una spedizione militare.
1177. — Potrà essere negato il carattere di belligerante ad ogni
corpo di volontari, anche quando essi facciano la guerra nell'in-
teresse dello Stato e siano militarmente organizzati, qualora essi
non solo non abbiano verun segno fisso e riconoscibile a distanza,
ma dalle circostanze risulti altresì, che la loro qualità di soldati
sia stata celata da essi ad arte per fare la guerra sleale.
Navi mercantili che facciano atti di guerra.
1178. — Nessuna nave privata, la quale non sia munita di let-
tere legali di autorizzazione o lettere di marca, potrà pretendere
che siano qualificati come atti di guerra, quelli da essa fatti per
proprio conto contro il nemico. Gli atti senza legale autorizzazione
saranno bensì qualificati atti di pirateria.
1179. — Sarà soltanto lecito alle navi private di adoperare
nella guerra marittima la forza per difendersi contro il nemico
che voglia assalirle, e qual si sia atto di ostilità da parte di esse
in tali circostanze sarà qualificato quale atto di legittima difesa.
^^ Libro IV,' Della tutela giuridica dd Diritto intematHottàU
1180. — Lo stesso diritto dovrà essere attribuito a qual si sia
nave nazionale, la quale trovandosi presente al fatto dell'attacco
da parte di una nave nemica contro un'altra nazionale, accorra
in difesa di questa, e faccia atti di ostilità per respingere l'attacco»
Persone addette al servizio delle milizie.
1181. — Saranno assimilate ai belligeranti ed assoggettate alle
leggi che concernono la guerra tutte le persone addette al ser*
vizio delle milizie, nonostante che esse non prendano parte alle
operazioni di guerra in qualità di combattenti.
L'applicazione delle leggi, che concernono l'esercizio dei dirittr
di guerra, sarà estesa altresì alle persone, le quali benché non
facciano parte dei combattenti e non siano addette al servizio del-
l'esercito, si trovino sul campo per uno scopo non contrario ai
fini della guerra.
1182. — Avranno altresì diritto di essere considerati come
nemici pubblici ed assimilati ai belligeranti tutti coloro che ser»
vono come corrieri, come messaggieri o portatori di dispacci uffi*
ciali, e quelli che siano incaricati di mantenere le comunicazionf
tra le diverse parti dell'esercito, o dell'armata, in qualunque ma-
niera essi adempiano tali incombenze, e anche se si servano del
pallone o di altri mezzi, purché non si trovino in condizione da
essere qualificate spie.
TUolo V, • Ostilità permesse in guerra - Mezzi d'assalto e di difesa 469
TITOLO V.
Ostilità permesse in ffnerra — Mezei d'eussalto e di difesa.
1183. — Sarà reputato lecito in tempo di guerra qual sì sia
atto di ostilità, che possa essere considerato idoneo a raggiungere
il fine di essa, e purché non sia contrario alle leggi ad agli usi
di guerra tra popoli civili.
1184. — Sarà reputato lecito pei fini della guerra Tuso di qua-
lunque mezzo per debellare il nemico e costringerlo a cedere;
non già lo sterminio, la distruzione, Tannientamento.
Nel regolamento per Tesercito italiano trovasi cosi disposto alFart. 718 :
* In nessun caso gli atti di distruzione, spesse volte imposti dalle necessità
del combattimento, devono essere spinti al di là di quanto esige lo scopo
militare che si ha in mira di conseguire ,.
Ostilità in opposizione alle leggi ed agli usi di guerra.
1185. — Qualunque atto di ostilità contro il nemico, che as-*
cresca senza ragione le sofferenze di lui, sarà reputato contrario
alle leggi ed agli usi di guerra, e così pure sarà considerato qua-
lunque atto contro le persone di parte nemica che possa essere
qualificato sleale, perfido, barbaro o crudele.
Questa regola tende a stabilire che i belligeranti non possono vantare una
libertà illimitata a riguardo dei mezzi per nuocere al nemico. Essi devono
essere tenuti ad osservare le leggi delFonore, astenendosi da qualunque per-
fidia, e a non violare i doveri di amanita aggravando senza ragione le soffe-
renze dei vinti e dei feriti.
1186. — Sarà reputato altresì in opposizione alle leggi di guerra
qualunque atto di distruzione inutile commesso senza un ordine
superiore, e anche gli atti di distruzione autorizzati con ordine
superiore, ma ordinati da lui senza alcuna utilità mediata o
^70 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto intemazUmaU
immediata, e quando non possano essere in nessuna guisa giusti-
ficati dalla necessità di difendersi, o quando siano spinti al di là
di quello che può esigere lo scopo militare, che si ha in mira di
conseguire.
I principii contenuti nelle proposte regole, sono stati solennemente ricono,
scinti nella Convenzione sottoscritta a Pietroburgo TU dicembre 1868, e alla
quale hanno fatto adesione la maggior parte degli Stati civili. Essa fu conclusa
per escludere in tempo di guerra i proiettili esplodenti di peso inferiore a 400
grammi o caricati di materie fulminanti o infiammabili. Nel proemio di detta
convenzione i giusti principii che devono informare gli atti di ostilità nelle
guerre tra popoli civili, si trovano chiaramente enunciati nella seguente maniera:
Gonsidérant que les progròs de la cìvilisation doi?ent avoir pour effet d'ai-
ténuer autant que possible les calamités de la guerre;
Que le Seul but légitime que les États doivent se proposer durant la guerre
est Taffaiblissement des forces militaires de Tennemi;
Qu'à cet effet il suffit de mettre hors de combat le plus grand nombre
d*hommes possible;
Que ce but serait dépassé par Temploi d^armes qui aggraveraient inutilement
les soufifrances des hommes mis hors de combat, ou rendraient leur mori
névitable;
Que r empio! de pareiUes armes serait dès lors contraire aux lois de Thu-
manitó...
II codice penale militare italiano (art. 252) commina la pena di morte previa
degradazione a colui, che senza ordine superiore, e senza essere astretto dalla
necessità di difendersi, avrà volontariamente in paese nemico appiccato il fuoco
ad una casa o ad altro edifizio.
Mezzi leciti jper V assalto e la difesa.
1187. — I belligeranti potranno adoperare ogni mezzo di at-
tacco o di difesa, che secondo l'arte militare possa essere repu-
tato efficace ad indebolire, paralizzare o distruggere le forze militari
del nemico, e ogni macchina da guerra, che possa essere reputata
adatta a mettere fuori di combattimento il più grande numero
possibile di uomini. Non sarà lecito ad essi l'adoperare armii che
aggravassero inutilmente le sofferenze degli uomini fuori combat-
timento, o che rendessero la loro morte inevitabile o la guari*
gione difficile.
Titolo V. ' Ostilità permesse in guerra • Mezzi d* assalto e di difesa 47<
Assedio e blocco.
1188. — Sarà reputato lecito in guerra l'investire qualunque
posizione fortilBcata, o una posizione qualsiasi, quando s'incontri
resistenza, col proposito di privarla di ogni comunicazione e con
Io scopo di costringere così coloro che la difendano ad arrendersi
per fame.
1189. — L*investimento eseguito mediante l'assedio o il blocco
sarà reputato mezzo lecito di assalto fra i belligeranti, anche quando
sìa adoperato per prendere una posizione non fortificata, e che
la resistenza venga da parte delle truppe o degli abitanti, che si
oppongono a che essa sia presa.
1190. — L'assedio ed il blocco dovranno essere effettivi. Sarà
reputato tale l'assedio, qualora il luogo assediato sia investito sta-
bilendo attorno ad esso un cordone di truppe e occupando le
posizioni opportune per impedire ogni comunicazione. Pel blocco
dovranno applicarsi le regole speciali che lo concernono e che
sono indicate al Titolo XII.
1191. — Il Comandante che intende assediare una fortezza o
una città, dovrà notificarlo mediante pubblici proclami. Fatto
questo, sarà reputato atto di ostilità, e punibile a norma della
legge marziale, qualunque fatto da parte dei privati per mantenere
le comunicazioni cogli assediati e sopratutto per fornire ad essi
viveri e quanto potesse riuscire utile a prolungare la resistenza.
Diritti rispetto alle ^persone in caso d^assedio.
1192. — Incombe ai comandanti delle fortezze dichiarate in
istato di guerra, l'esercitare i loro poteri a norma della propria
legge militare, e provvedere a quanto possa occorrere per la difesa
e la resistenza. Dovrà essere reputato in facoltà di essi l'ordinare,
che tutti coloro, che si trovino nella piazza fortificata, e che non
posseggano sufficienti mezzi di sussistenza, escano da essa mentre
472 JAbro IT, • Della tuUla giuridica del Diritto intemazionale
al nemico sia in vista e prepari i lavori di assedio. Esso potrà
altresì adoperare la forza per costringerli ad uscire, e potrà espel-
lere senz'altro tutti i forestieri ed ogni persona sospetta.
1193. — Dovrà reputarsi contro le leggi della guerra l'ordi-
nare lo sgombro dei pacifici cittadini, che si trovassero nel luogo
assediato, dopo che sia stato proclamato l'assedio ed operato l'in-
vestimento del luogo stesso.
1194. — Il Comandante dell'esercito, che prepari i lavori d'as-
sedio, non potrà impedire ai pacifici cittadini, che volessero uscire
dal luogo, che esso intenda di assediare, o che in preveggenza
dell'assedio fossero stati espulsi dal Comandante nemico e costretti
ad uscire, di potersi recare liberamente fuori del teatro delle
operazioni militari; ma qualora l'assedio fosse stato dichiarato,
ed effettuato, ed il Comandante della piazza assediata per pro-
lungare la resistenza e profittare di tutte le provvigioni avesse
costretto tutte le persone, che non facessero parte della guarni-
gione, ad uscire, sarà permesso al Comandante assediante di ado-
perare i mezzi i meno nocivi per costringere le persone espulse
a rientrare nella piazza assediata , onde conseguire così lo scopo
di rendere meno lunga la resistenza.
Dovrà in tal caso reputarsi contro le leggi della guerra e quelle
dell'onore militare Tatto del Comandante della fortezza assediata,
che rifiutando ai pacifici abitanti espulsi di potere rientrare nella
città assediata, li esponesse così a gravi ed inevitabili danni e
pericoli.
1195. — Qualora nella piazza o località assediata si trovassero
prigionieri di guerra nemici, il Comandante avrà diritto senz'altro
di ordinare lo sgombro dei medesimi, se ciò reputi necessario pel
servizio militare della fortezza, e potrà costringerli ad uscire, anche
quando l'assedio fosse incominciato.
Del bombardamento.
1196. — H bombardamento potrà essere usato soltanto in tempo
di guerra come mezzo diretto per ottenere la resa di una fortezza,
Titdo V. - Ostilità permesse, in guerra - Mezzi éTassaìto e di difesa 473
di una piazza fortificata o come mezzo ausiliario al blocco ed alle
operazioni di assedio.
Non sarà lecito tale mezzo di assalto contro le città, le agglome-
razioni di abitanti, e le località, che non siano difese e fortificate.
1197. — Il Comandante potrà assalire senz'altro e bombardare
una fortezza, che sia isolata e difesa; ma se tale fortezza sia an-
nessa ad una città o piazza, nella quale siano agglomerati abi-
tanti pacifici, egli sarà tenuto prima di cominciare il bombarda-
mento a dame avviso alle autorità nemiche, onde restringere tale
mezzo di assalto allo scopo cui deve essere destinato.
La notificazione del bombardamento nel caso contemplato nella seconda parte
della regola dev'essere riguardata come una formalità doverosa e indispensabile
per. mettere i pacifici cittadini in condizione di provvedere, per quanto sia
possibile, a tutelare le loro persone e i loro beni, e può essere anche riguar-
dato come un espediente efficace a spingere il CSomandante ad arrendersi per
non esporre la vita e la proprietà dei pacifici cittadini a pericoli gravi ed ine-
Titabilì.
1198. — Saranno prese tutte le disposizioni le più opportune
per dirigere l'attacco contro i luoghi fortificati e risparmiare, per
quanto è possibile (valutate le circostanze locali, e le esigenze
delle operazioni di guerra), la proprietà privata, e gli edifici pub-
blici destinati alla scienza, alla beneficenza, al culto, e gli ospedali
militari, sempre che tali edifici non siano adoperati contempora-
neamente a scopi militari.
1199. — Non sarà in nessun caso considerata operazione lecita
di guerra il lanciare proiettili esplodenti ed incendiari per distrug-
gere le abitazioni dei cittadini, e gli stabilimenti del commercio,
neanche quando €iò possa essere fatto con lo scopo di danneg-
giare, di atterrire, e d'indurre alla resa.
1200. — Incombe al Comandante della fortezza o città asse-
diata il distinguere tutti gli edifici pubblici non addetti a scopi
militari mediante segni visìbili, e il notificare tali segni distintivi
all'assediante.
Sarà però reputato in ogni caso contro le leggi della guerra e
l'onore militare il far servire a scopi di guerra gli edifici contro-
segnati come destinati a scopi pacifici.
4f74 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto intemassionaU
1201. — Dovrà essere reputato come mezzo sleale di assalto
il bombardamento di una città chiusa e difesa, quando sia fatto
col solo scopo di danneggiare e di atterrire, piuttosto che con
lo scopo diretto di costringere il nemico ad arrendersi, e sopra-
tatto quando l'occupazione della località difesa non possa eser-
citare un'influenza notevole sulla guerra, e dalle cbcostanze risulti,
che il belligerante abbia profittato del pretesto dell'essere la città
difesa, onde assalirla col bombardamento, e danneggiare inevita-
bilmente ed atterrire i pacifici cittadini.
Distruzione ed incendio.
1202. — Potrà essere lecito il devastare le cose del nemico,
l'incendiare e il distruggere volontariamente gli stabilimenti, gli
edifizi e quanto a lui appartenga, ogni qual volta che ciò possa
riuscire utile ai fini della guerra : ma il devastare, il distruggere,
l'incendiare a solo fine di vendetta, dovrà reputarsi ognora illecito
e contro le leggi della guerra.
Sarà parimente lecito devastare e distruggere le cose apparte-
nenti ai privati, soltanto quando ciò possa ritenersi richiesto dalle
esigenze attuali della guerra e delle operazioni militari.
1203. — In nessun caso gli atti di distruzione, spesse volte im-
posti dalla necessità del combattimento o dalle esigenze delle ope-
razioni militari, devono essere spinti senza ragione al di là di
quanto esiga Io scopo, che si abbia in mira di conseguire.
1204. — Sarà reputato atto di vera barbarie il distruggere i
porti di commercio, gli edifizi pubblici destinati a scopo pacifico,
gli oggetti di scienze e d'arti, e le collezioni esistenti in edifizi pri-
vati 0 pubblici, anche quando il belligerante siasi impadronito di
una città in seguito all'attacco, all'assedio e alla resa in conse-
guenza del bombardamento.
1206. — Incombe ai Comandanti delle milizie il proibire e
reprimere qualsiasi atto di barbarie ingiustificato e il punire i sol-
dati, che senza alcuna necessità di guerra incendino, distruggano
0 danneggino le case appartenenti ai privati di parte nemica.
Titolo V, • Ostilità permesse in guerra - Mezzi d'assalto e di difesa *^^
1206. — Incombe ai Governi il determinare con le leggi, quali
atti contro la proprietà nemica devono essere qualificati delittuosi
durante la guerra, e il provvedere alla repressione dei medesimi*.
Saccheggio.
1207. — Sarà reputato ognora illecito l'autorizzare il saccheggia
delle città prese d'assalto, e reputato contro l'onore militare l'in-
coraggiarlo e il non fare quanto secondo le circostanze possa
riuscire possibile per impedirlo.
1208. — Non sarà reputato saccheggio il fatto da parte dei
soldati, che entrando in paese nemico in seguito all'assalto o ad una
battaglia o ad una marcia faticosa, s'impadroniscano senz'altro dr
quanto possa occorrere per le urgenti ed immediate loro necessità.
Il legislatore italiano dichiara li saccheggio assolatamente illecito e punibile
ehi rabbia ordinato. L*art. 275 del Codice penale militare cosi infatti dispone:
' U saccheggio ò proibito : il militare che lo avrà ordinato, o che senza
ordine se ne sarà reso colpevole, sarà punito colla morte ,.
Stratagemmi e sorprese.
1209. — Sarà reputato lecito combattere il nemico in guerra
con le sorprese e con gli stratagemmi, purché però questi non
implichino la violazione della fede promessa o quella delle leggi
della guerra, e che non importino perfidia o tradimento.
1210. — Sarà reputato assolutamente inibito l'usare falsamente,,
a titolo di stratagemma :
a) della bandiera parlamentare;
h) dei segni distintivi secondo la convenzione di Ginevra per
sottrarre certe località o certe persone alle leggi della guerra
{Confr. reg. 1241 e la nota alla reg. 1211);
e) della bandiera, delle insegne e dell'uniforme del nemico;
d) dei segni distintivi delle località destinate a scopo pacifica
in caso di bombardamento {Confr. reg. 1200).
^'^ Libro IV. ' Della tutela giuridica dèi DiHito internazionale
L'adoperare tali mezzi con lo scopo di trarre in inganno il
nemico sarà reputato ognora contro le leggi di guerra, e non potrà
in nessim caso essere giustificato col pretesto dello stratagemma*
1211. — Chiunque avesse slealmente ed in mala fede adope-
rato uno di tali mezzi per indurre in errore il nemico durante il
•combattimento, non potrà invocare la protezione delle leggi di
^guerra, se cadesse poi per avventura in potere di lui.
Nel regolamento italiano per Tesercito è così disposto :
Art. 701. — Non è disonore perdere una bandiera ove siasi difesa sino
«gli estremi; egli è invece disonorevole atto il salvarla nascondendola, insieme
ad alcune truppe di scorta, al ferro ed al fuoco deir avversario.
Art. 705. — È vietato di far uso delle armi contro gli ospedali e le
ambulanze nemiche e contro il personale addettovi, quante volte questo
accudisca alle sue attribuzioni e porti i distintivi stabiliti dalla CSonvenzione
di Ginevra. (Per gli ospedali e le ambulanze bandiera bianca con croce rossa^
pel personale bracciale bianco con croce rossa.)
Titolo VL ' Diritti del belligerante contro le persone dijiaHe netnicu ^'jj
TITOLO VI.
Diritti del belligrerante contro le persone di parte nemica»
Diritti durante il combattimento.
1212. — Il belligerante potrà attaccare, ferire e uccidere ogni
persona, che prenda parte attiva alla guerra, fino a tanto che
essa resista colle armi alla mano, o faccia atti di ostilità.
1213. — Non lice al belligerante di dirigere direttamente l'at-
tacco per ferire od uccidere coloro che accompagnino le truppe
senza prendere parte attiva al combattimento. L'uccisione però
di tali persone nel calore della mischia dovrà reputarsi sempre
avvenuta in conseguenza del regolare esercizio dei diritti di guerra*
Atti di ostilità inibiti.
1214. — Dovranno ritenersi assolutamente inibiti:
a) l'uccisione proditoria d'individui appartenenti alle milizie
nemiche, e l'uccisione volontaria dei pacifici cittadini della parte
avversa;
b) l'uccisione di un nemico, il quale si arrenda a discrezione;^
e) il negar quartiere ad una guarnigione, anche quando ciò
sia fatto in conseguenza della previa dichiarazione che non si
darebbe quartiere;
d) l'usare il veleno e le armi avvelenate;
e) l'adoperare nel combattimento armi, proiettili e materie
atte a cagionare danni superflui e ferite dolorose o di difficile
guarigione.
1216. — Il massacro di coloro, che domandassero di arrendersi
o di ima guarnigione che dichiarasse di capitolare, non potrà essere
478 jjibro IV, - DeUa tutela giuridica da Diritto kUernazianaU
in nessun caso giustificato né a titolo di rappresaglia, né per la
difficoltà di custodire le persone e di mantenerle, dichiarandole
prigionieri di guerra.
Il diritto di vita o di morte spetta al |>elligeraiite contro il nemico che resiste
-e combatte con le armi alla mano o che fa atti di ostilità. Ogni strage durante
il combattimento ò legalizzata dallo scopo di paralizzare le forze del nemico
•e costringerlo^ad arrendersi. U combattente che non resiste e si arrende a
discrezione cessa dall*essere nemico e non si potrebbe mai avere il diritto di
ucciderlo, né la sua uccisione potrebbe essere legalizzata per la difficoltà di
caricarsi di prigionieri, né per imitare la parte avversa che abbia commesso
il misfatto di uccidere quelli di parte nostra caduti in suo potere. U negare
quartiere ad una guarnigione che si arrende, e Tuccidere volontariamente chi
abbia deposto le atmi, non può in nessun caso essere giustificato coi diritti
della guerra. L*uccisione di un uomo è sempre un misfatto.
Nel regolamento italiano per l'esercito ò così disposto:
Art. 718. — Qualsiasi atto* di crudeltà e di barbarie è assolutamente
proibito, e dovrà essere severamente represso. Agli abitanti che si mantengono
neutrali sarà dovuto rispetto e protezione, cosi nelle persone come negli averi.
Art. 719. — Chi maltratta o spoglia nemici dìsarmatii malati, feriti o
morti, chi incendia, distrugge o danneggia senza necessità gii averi altrui, ò
sottoposto alle pene sancite dal Codice.
Diritti verso coloro che cadono in potere del nemico.
1216. — Ogni uomo, che faccia atti di ostilità prendendo parte
attiva alla guerra, e che si trovi nelle condizioni per essere
qualificato belligerante o per essere assimilato ad esso {Conf,
reg. 1160-63), avrà il diritto di essere dichiarato prigioniero di
guerra, dato che abbia deposto le armi e domandi di arrendersi, o
che in qualunque maniera cada in potere del nemico. Lo stesso
diritto spetterà altresì a coloro, che formino parte di una truppa
o guarnigione, che collettivamente abbia dichiarato di capitolare
o che si sia arresa a discrezione.
1217. — La dichiarazione fatta da un Comandante o capo delle
milizie di non volere considerare come belligeranti coloro, che si
trovassero nelle condizioni per essere reputati tali, non potrà
legalizzare il suo rifiuto di applicare le leggi di guerra a costoro,
dato che siano caduti in suo potere, né potrà togliere ad essi
il diritto che loro spetta, a norma del Diritto intemazionale, di
Titolo VI, - Diritti del btUigerante contro le j.'irsor,f di parte nemica 479
essere incolumi nelle loro persone e di essere dichiarati soltanto
prigionieri di guerra.
1218. — Incombe ai belligeranti non esercitare i diritti di
guerra, come indicati nelle precedenti regole, rispetto ai feriti, i
quali si trovino negli ospedali o nelle ambulanze militari per essere
curati, ma di osservare a riguardo di essi le regole concordate
con la convenzione di Ginevra del 22 agosto 1864^ che concerne
il servizio dei malati e dei feriti in guerra, e di ritenere che le
dette regole devono reputarsi estese anche ai feriti delle guerre
marittime.
Doveri dei belligeranti rispetto ai prigionieri di guerra.
1219. — Incombe ai belligeranti trattare i prigionieri di guerra
con umanità ed usare ad essi i riguardi dovuti in ragione del
loro grado e della loro condizione civile, e il provvedere altresì
a che i Comandanti militari non abusino dei loro poteri e che
reprìmano ogni atto da parte degli inferiori in opposizione col
rispetto dovuto ai prigionieri.
1220. — Dovrà ognora essere reputato sleale e disonorevole
Io spogliare i prigionieri dei propri oggetti personali (gioielli^ oro-
logi e simili)^ fossero essi pure di considerevole valore.
Potrà però il Comandante ordinare, che tutto quello che per-
sonalmente appartenga ai prigionieri, sia da essi depositato per
essere custodito durante la loro prigionia, e non sarà lecito di
appropriarsi altri oggetti, che solo le armi ed i cavalli.
1221. — Sarà a carico del Governo il provvedere al mante-
nimento dei prigionieri dì guerra, dando ad essi nutrimento ed
alloggio secondo la loro condizione e il loro stato, e osservando
per norma quella forma di trattamento stabilita per i propri sol-
dati ed ufficiali.
1222. — La mancanza di mezzi pel mantenimento dei prigio-
nieri di guerra non potrà giustificare l'operato di un Governo,
che non obs&vasse a riguardo di essi le regole di Diritto comune.
*oO Libro IV. - Delhi tutela giuridica del Diritto internazionale
Potrà però in tali circostanze il belligerante rilasciarli in libertà
sulla parola data da essi di osservare in buona fede le condizioni
sotto le quali avesse concesso loro la libertà, e potrà poi punire
coloro, che non avessero mantenuta la parola data, se cadessero
novellamente in suo potere {Conf. reg. 1233 e seg.).
Ciascuno Stato può applicare la propria legge o le pene comminate con la
legge marziale contro i prigionieri di guerra rilasciati sulla parola e che non
avessero in buona fede osservati gì* impegni presi, n codice penale militare
italiano commina la pena di morte contro gli ufGziali prigionieri di guerra
che, contro la fede data, fossero ripresi con le armi alla mano.
Diritti rispetto ai prigionieri di guerra.
1223. — Spetta al Comandante dell'esercito, che abbia in suo
potere i prigionieri di guerra, di ordinare che essi tutti siano disar-
mati, non esclusi gli ufficiali di qualunque grado, ai quali però
sarà conveniente di restituire la spada, dopo che essi l'abbiano
consegnata in atto di dovuta sottomissione, e a condizione che
essi restino disarmati durante la loro prigionia di guerra.
1224. — Potrà il Governo, in potere del quale si trovino t
prigionieri di guerra, adoperarli per i lavori che possano occorrere,
tenuto conto del grado e della posizione sociale di ciascuno di
essi. In nessun caso però sarà lecito di adoperarli per costruire
fortezze o per fare qual si sia lavoro per la difesa, fosse pure
in un punto lontano da quello dell'azione, ogniqualvolta tali lavori
potessero essere destinati ai fini della guerra attuale.
1225. — Il belligerante potrà, rispetto ai prigionieri di guerra
che non intende di rilasciare, prendere i provvedimenti opportuni, a
fine di assicurare la loro custodia ed impedire la loro evasione. Esso
potrà internarli e potrà imprigionare coloro, che abbia maggiore
interesse di custodire, e di cui reputi necessario impedire l'evasione.
1226. — I prigionieri di guerra potranno essere sottomessi in
massima alle leggi ed ai regolamenti militari in vigore nel paese
ove siano custoditi, e potrà essere punito a norma di codeste leggi
e regolamenti qual si sìa atto di insubordinazione da parie di
essi, e qual si sia tentativo di rivolta o di evasione.
Titolo VI, ' Diritti del belligerante contro U perèone diparte nemica tó^l
1227. — Potrà essere assoggettato alle pene disciplinari il pri-
gioniero che tenti di fuggire. Potrà del pari essere usata la forza
armata, come in guerra, per arrestarlo o prenderlo mentre fugga,
ma la sua fuga non potrà essere equiparata ad un crimine, assogr
gettando alla legge penale il prigioniero che sia riuscito o che
abbia tentato di fuggire, allorché venga novellamente a cadere in
potere del nemico, o che da questo sia preso mentre fugge.
1228. — Potrà essere punito come reato militare il complotta
dei prigionieri per ricuperare la libertà e per mettere in atto i
mezzi a ciò idonei : e cosi pure ogni atto di resistenza alle autorità,
che li abbiano in loro custodia, sarà reputato ribellione e punito
più o meno severamente, secondo le circostanze, ed anche in
casi gravi con la pena di morte.
Convenzioni relative allo scambio ed al rilascio
dei prigionieri.
Ì229. — Lo scambio dei prigionieri potrà essere concordata
dai belligeranti secondo le loro convenienze. Se uno di essi dichiari
di volerli rilasciare sulla parola, non potrà pretendere che l'altra
faccia altrettanto o che aderisca alla proposta di farne il cambio.
1230. — Qualora Io scambio dei prigionieri o il rilascio dei
medesimi sulla parola, o le condizioni per il loro mantenimento
abbiano formato oggetto di particolare accordo tra le parti bel-
ligeranti, converrà pel valore di tali accordi e per la loro ese-
cuzione, attenersi alle regole che concernono le convenzioni e
i patti conclusi durante la guerra.
1231. — - Qualora il belligerante avesse aderito alla proposta
da parte del nemico di fare il cambio dei prigionieri e non fos-
sero state stabilite le condizioni sotto le quali il cambio dovesse
essere effettuato, esso dovrà essere fatto uomo per uomo, grado
per grado, ferito per ferito, e sotto le stesse condizioni.
1232. — Sarà concesso alla parte, che abbia in suo potere
prigionieri, di rilasciarli in libertà imponendo alla parte nemica di
31 — Fiore, Dir, intern. codif.
^2 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto intemagionale
dare in correspettivo una quantità di munizioni, di provvisioni^
o di oggetti necessari all'esercito ; ma, non le sarà mai lecito di
patteggiare col prigioniero stesso che riscatti la sua libertà pagando
una somma.
Parola d^onore dei prigionieì'L
1233. -^ Non potrà il belligerante costrìngere i prigionieri a
dare la parola di osservare tutte le condizioni alle quali esso
subordina la loro liberazione.
Non sarà in ogni caso tenuto alla data parola il prigioniero
che abbia promesso quello che debba reputarsi contrario all'onore
militare, e che gli sia stato imposto come condizione per rila-
sciarlo in libertà. Non sarà del pari tenuto alla data parola il
prigioniero, se, non potendo egli, secondo le leggi del suo paese,
impegnarsi sulla parola d'onore a mantenere le condizioni concor-
date per essere messo in libertà, ed avendolo dichiarato, il bellige-
rante gli abbia nonostante imposto ed ottenuto da lui tale parola.
1234. — Non sarà valida la parola data sul campo di battaglia
nel momento della lotta. Non sarà del pari valida dopo il com-
battimento, se un intero corpo di truppe fosse stato rilasciato in
conseguenza di una dichiarazione generale fatta in nome di tutti
i soldati e accettata come se fosse stata data la parola.
1235. — Qualora i prigionieri fossero rilasciati sulla parola,
incombe al Governo dello Stato cui essi appartengano rispettare
la loro parola data, e non imporre ad essi alcun atto e alcun
servizio contrario agli impegni assunti.
Dovranno per altro i militari uniformarsi alle leggi del proprio
paese quando assumano impegni e diano la parola sul loro onore
di osservarli.
1236. — Dovrà reputarsi sopratutto sleale e disonorevole il
procedimento di un Governo, che costringa i prigionieri a servire
contro il nemico, che li abbia rilasciati in libertà, o contro gli
alleati di esso, mentre duri la guerra, per la quale l'impegno sia
^tato preso.
Titolo VI, - Diruti d$l belligerante contro leperèone diparte nemica ^83
Non dovrà peraltro ritenersi tale Tatto di un Governo che
imponga ai prigionieri rilasciati in libertà di prestare servizio attivo
airinterno o di adempiervi funzioni militari nelTamministrazione.
Degli Ostaggi.
1237. — L'uso di domandare una o più persone in ostaggio
a fine di assicurare cosi l'esecuzione di certi accordi conclusi tra
i belligeranti, deve reputarsi contrario alle leggi di guerra.
1238. — In nessun caso il belligerante potrà ritenersi autoriz-
zato a mettere a morte gli ostaggi in conseguenza dei mancati
impegni, e neanche a titolo di rappresaglia, se le persone date
in ostaggio al nemico fossero state da questi mutilate o uccise.
1239. — Potrà essere lecito soltanto di riteneretcerte persone
influenti in ostaggio col fine di far valere la loro autorità morale
onde ottenere da un paese l'adempimento degli impegni da esso
presi o imposti durante la guerra. Tali persone però dovranno
essere trattate come i prigionieri di guerra e coi riguardi dovuti
al loro grado ed alla loro condizione, e non potranno essere punite,
né assoggettate a sevizie, se l'intento che mediante tale espediente
si fosse inteso conseguire, non fosse stato di fatto raggiunto.
Doveri dei belligeranti ìHguardo ai feriti e malati.
1240. — Incombe ai belligeranti considerare fuori delle leggi
di guerra i feriti e malati, lasciare la più completa libertà a
tutte le persone del corpo sanitario e a coloro che prodighino le
loro cure per assisterli, e concedere alle medesime di adempiere,
sotto la tutela del Diritto comune della pace, il loro pietoso
ufficio, senza incontrare verun ostacolo nell' attuare tutti quei
provvedimenti, che secondo l'arte medica e le esigenze umanitarie
possano reputare utili ed efficaci a migliorare la condizione dei
feriti. Le leggi di umanità* impongono come sacro dovere il con-
siderare le persone addette a curare i feriti in guerra inviolabili, ed
inviolabile del pari tutto il materiale addetto al servizio sanitario»
484 Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale
124L — Tutti gli Stati, i quali sottoscrissero la convenzione
di Ginevra del 22 agosto 1864, che concerne il servizio dei malati
e dei feriti in guerra, o che abbiano aderito ad essa, sono tenuti
ad osservarne lealmente e rigorosamente ogni disposizione, e de-
vono provvedere altresì a che essa possa essere lealmente ese-
guita e scrupolosamente osservata dai militari, rendendola notoria
a tutti i corpi d'esercito e punendo le violazioni della medesima.
1242. — Incombe altresì ai Governi accettare quelle modifica-
zioni, che dalle persone tecniche saranno riconosciute opportune
per il buon andamento del servizio sanitario durante la guerra,
onde meglio conseguire lo scopo umanitario, che con la Con-
venzione di Ginevra s'intese raggiungere.
1243. — Incombe ad ogni Stato e ad ogni popolo, che intende
di osservare nella guerra le leggi della civiltà e di non violare i
doveri di umanità, il ritenere (indipendentemente dall'avere esso
sottoscritto la Convenzione di Ginevra o dall'aver fatta adesione
ad essa, ed indipendentemente dall'osservanza da parte del nemico
delle stesse regole) quale precetto imperativo secondo la legge
della giustizia naturale e dell'umanità il rispettare i militari feriti
e malati ed il personale sanitario, e il considerare applicabili ad
essi le leggi di umanità piuttosto che quelle di guerra, salvo la
necessaria tutela dei propri diritti ed interessi, attenendosi alle
seguenti regole.
1244. — I militari feriti o malati devono essere raccolti e cu-
rati a qualunque nazione essi appartengano. Sarà quindi lasciato
a cura dei comandanti in capo o di rimettere immediatamente agli
avamposti nemici i militari nemici feriti durante il combattimento,
se le circostanze lo permetteranno, o di accordare la più completa
libertà a tutte le persone del corpo sanitario nel prodigare ad essi
tutte le cure e nell'attuare tutti quei provvedimenti che, secondo
i casi, potranno occorrere.
Titolo VI, ' Diritti del hdlignanie contro le persone diparte nemica ^85
Ambulanze, Ospedali, Servizio sanitario.
1245. — II personale delle ambulanze e degli ospedali mili-
tari, che comprendono l'intendenza, il servizio sanitario, di ammi-
nistrazione e di trasporto dei feriti, come pure gli assistenti per
carità e i membri ed agenti di società di soccorso debitamente
autorizzati a secondare il personale sanitario ufficiale, saranno con-
siderati come neutri, mentre essi saranno in funzione e fino a
tanto che vi saranno feriti da raccogliere e soccorrere.
1246. — Le persone indicate nell'articolo precedente potranno,
anche dopo l'occupazione militare effettuata dal nemico, conti-
nuare ad adempiere le loro funzioni negli ospedali o nell'ambu-
lanza al cui servizio sono destinate, ovvero potranno domandare
di ritirarsi per raggiungere i corpi ai quali appartengano. Sarà in
questa circostanza lasciato a cura del comandante dell'esercito occu-
pante di provvedere a che le dette persone possano partire libe-
ramente sotto le condizioni da esso stabilite secondo le necessità
militari. Esso potrà imporre alle medesime di ritardare di qualche
giorno la partenza e farle scortare finché non raggiungano gli avam-
posti nemici.
1247. — Godranno altresì del beneficio della neutralità le ambu-
lanze e gli ospedali militari, che si trovassero sul territorio occu-
pato dal nemico, fino a tanto che saranno ricoverati in essi malati
o feriti e sarà coperto dalla neutralità lo sgombro dei medesimi
unitamente al personale che lo dirìge.
1248. — Sarà doveroso per i belligeranti il contrassegnare gli
ospedali, le ambulanze e lo sgombro dai forti colla bandiera di-
stintiva ed uniforme concordata con la convenzione di Ginevra. La
detta bandiera dovrà in ogni caso essere accompagnata pure dalla
bandiera nazionale. Sarà parimente adottato un bracciale col segno
distintivo pel personale addetto al servizio sanitario, salvo il caso
che l'autorità militare ne abbia autorizzata la esenzione.
^^ Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto interrumionaU
Diritti sul materiale degli Ospedali.
1249. — Sarà sottoposto alle leggi di guerra il materiale degli
ospedali militari, quando in essi non vi siano più malati o feriti
da curare.
Il materiale contenuto nelle ambulanze e negli ospedali di cam-
pagna dovrà ritenersi protetto dal beneficio della neutralità.
Le persone addette al servizio di ospedali potranno ognora,
ritirandosi, trasportare seco gli oggetti che sono di loro proprietà
particolare.
Feriti ricoverati in case private.
1250. — Sarà a cura dei Comandanti degli eserciti belligeranti
il rispettare e proteggere gli abitanti del paese da essi occupato
che soccorressero i feriti, e rincoraggiarli a farlo, appellandosi
alla loro generosità e concedendo ad essi qualche vantaggio in
considerazione dell'opera che venissero a prestare.
Feriti già curati.
1251. — n belligerante non potrà ritenere i feriti già curati
come prigionieri di guerra, ma dovrà bensì concedere loro piena
libertà di ritornare nella loro patria. Esso potrà però imporre a
coloro, che fossero in grado di servire neiresercito, di dar parola
di non prendere più parte alla guerra, e potrà ritenere come pri-
gionieri coloro che, essendo curati e in grado di tornare al com-
battimento, rifiutassero di dare tale parola.
I doveri di umanità verso i feriti non possono essere esagerati fino al pnnto
di disconoscere i diritti del belligerante e Tolnerare gFinteressi del medesimo.
Un ferito curato e che sia in grado di riprendere le armi durante la guerra,
non può senza grave pregiudizio del belligerante, che Io abbia in suo potere,
essere rinviato, perchè torni al combattimento ed aU*assalto. Questo equivar-
rebbe a pretendere che il belligerante dovesse esso medesimo dare le armi al
nemico e contribuire a renderlo più forte. Al ferito nemico e^curato, e che
TUclo VI, - Diritti del belligerante contro le persone di parte nemica ^f
essendo in grado di portare le armi non voglia dare la parola di non pren-
dere più parte alla guerra, devono essere applicate ne* suoi rapporti co) nemico»
che lo ha in suo potere, le leggi di gnerra e non quelle che concernono i feriti.
1252. — n belligerante, che abbia occupato le località, nelle
quali si trovino gli ospedali militari nemici e gli stabilimenti addetti
alla cura dei feriti, potrà, quando le circostanze lo rendano neces-
sario, servirsi degli ospedali e degli stabilimenti per curarvi i propri!
feriti, destinando a tale scopo qualche sezione di codesti stabili-
menti, sempre che ciò possa essere fatto senza grave pregiudizio
dei malati e feriti già in essi ricoverati, e potrà disporre altresì
del personale sanitario addetto agli stabilimenti medesimi, quando
le necessità attuali Io esigano, edMncombe alle persone destinate
al servizio sanitario prestare ogni opera, secondo le leggi di uma-
nità consigliano, a qualunque parte 1 feriti appartengano.
Norme circa i feriti e malati nella guerra marittima.
1253. — Le regole che concernono i feriti e malati saranno
applicate nella guerra marittima ai marinai e ai militari feriti,
malati ed ai naufraghi, a qualunque nazione essi appartengano.
Sarà ognora doveroso per i belligeranti il ritenere coperte dalla
neutralità le imbarcazioni che a loro rischio e pericolo durante
e dopo il combattimento raccolgano naufraghi e feriti, o che aven-
doli raccolti li portino a bordo di una nave destinata per la cura
dei feriti e malati, o come navi ospedaliere.
1254. — Ogni nave militare destinata come ospedale e che
abbia a bordo feriti o malati ed ogni nave di commercio, a qua-
lunque nazione essa appartenga, carica di feriti e di ammalati,
o destinata ad operare lo sgombro dei medesimi non potrà essere
distratta dalla sua speciale destinazione ed assoggettata alle leggi
della guerra, il materiale addetto al servizio di tali navi non potrà
essere catturato, e i feriti e malati, che a bordo di tali nari si
trovassero, non potranno essere dichiarati prigionieri di guerra
dal belligerante che di tali navi siasi impadronito, e qualora essi
4% Libro IV, ' Della ttUda giuridica del Diritto intimazionaU
fossero curati ed in grado dì prestare servizio militare, dovrà
essere concessa ai medesimi la libertà di rimpatriare, purché essi
diano la parola di non prendere più parte alla guerra.
Quando possa essere negato ogni heneficio di netdralità.
1266. — Il belligerante avrà diritto di negare ogni beneficio
di neutralità, qualora fosse accertato e se ne potesse dare la prova,
che le persone addette al servizio sanitario, o gli ospedali, sta-
bilimenti ed ambulanze destinati alla cura dei feriti e dei malati
avessero servito, o fossero stati adoperati a qual si sia altra ope-
razione estranea allo scopo, pel quale tali persone e tali località
devono ritenersi copeiie dalla neutralità.
Doveri verso i morti in battaglia.
1256. — Incombe ai belligeranti rispettare i cadaveri dei morti
in battaglia e proteggerli contro le ruberie e gli oltraggi, assi-
curando con efficaci sanzioni penali l'osservanza di tali disposi-
zioni da parte dei propri soldati e dei privati.
1267. — Qual si sia oltraggio al cadavere di un morto sul
campo di battaglia e sopratutto la mutilazione saranno reputati
atti disonorevoli per le persone e pei Governi che non abbiano
provveduto efficacemente ad impedirlo.
1268. — Dovrà essere considerato un dovere di umanità il
provvedere, quando le circostanze il permettano, a dare sepol-
tura ai morti e il lasciare piena libertà a tutti coloro che vogliano
adempire tale pietoso ufficio di poterlo fare al sicuro.
1269. — Dovrà essere del pari reputato dovere reciproco dei
belligeranti, quando ciò possa essere fatto senza gravi difficoltà,
il raccogliere, prima di dare sepoltura ai morti, tutti gl'indizi sulle
loro persone adatti a stabilire la loro identità e rimettere gl'indizi
raccolti al Comandante dell'esercito nemico.
TUólo VL • Di fitti del belligerante contro le persone diparte nemica ^9
Delle Spie.
1260. — Sarà considerato come spia ogni individuo, sia che
appartenga o che non appartenga airesercito nemico, che clan*
destinamente , segretamente, o sotto faìs^ {pretesti, o travestito
penetri nelle linee nemiche e che cerchi cosi dì procurarsi infor-
mazioni per i fini della guerra.
126L — Non sarà reputato spia un militare non travestito,
il quale sia penetrato segretamente nella zona di operazione del-
l'esercito nemico per conoscere tutto quello che possa giovargli
per le necessità della guerra ed anche i non militari incaricati di
trasmettere i dispacci destinati al loro proprio esercito che com-
piono la loro missione apertamente.
1262. — Non devono del pari essere considerati come spie i
militari ed anche i non militari che, servendosi del pallone, ahbiano
cercato di mantenere le comunicazioni tra le diverse parti di un
esercito o di un territorio, o che si siano avvicinati alla zona di
operazione dell'esercito nemico per procurarsi le informazioni che
potessero occorrere.
Grindividui che sì servono del pallone per aYTÌcinarsi al campo nemico e
procurarsi le informazioni non si può dire che agiscano clandestinamente, o
sotto falsi pretesti, o travestiti, per poter essere qualificati spie. U belligerante
avrà senza dubbio il diritto di attaccare tali persone ed ucciderle, sparando a
palla contro il pallone; ma se le persone salite in pallone cadessero in potere
di lui, dovrebbero essere trattate come nemiche e mai come spie. Esse avreb-
bero invero fatto un'operazione di guerra per raccogliere le informazioni e non
già praticato lo spionaggio.
1263. — La legge interna potrà equiparare allo spionaggio e
punire con la stessa o maggiore severità il misfatto da parte di
un cittadino o di uno straniero, residente nello Stato, che abbia
trasmesso al nemico informazioni, o mantenuto rapporti con esso
per comunicargli qualunque notizia utile ai fini della guerra, e
comunque tali fatti siano qualificati e con maggiore severità puniti,
le disposizioni della legge, a riguardo del giudizio, della compe-
tenza e della pena, potranno senz'altro essere applicate ad ogni
persona che dimorì nel territorio dello Stato.
190 Libro VL - Della tutela giuridica dd Diritto internazionale
Diritti dei belligeranti rispetto alle spie.
1264. — Non dovrà reputarsi contro gli usi della guerra, né
contrario all'onore militare del Comandante di un esercito il ser-
virsi di agenti segreti per procurarsi le informazioni che potes-
sero occorrere, adoperando a tal fine le spie.
1266. — Il belligerante ha diritto di punire severamente, a
norma della legge marziale, ogni persona che possa essere qua-
lificata spia, purché essa cada in suo potere mentre esegue il
misfatto di spionaggio e sia colta in flagranza. Esso dovrà però
rimettere l'imputato ai tribunali competenti secondo la legge mar-
ziale, per giudicarlo e condannarlo.
Delle Guide,
1266. — Compete al belligerante il diritto di adoperare i cit-
tadini di parte contraria, che cadano in suo potere, per servire
come guide e costringerli a dare le indicazioni, delle quali avesse
bisogno, e punire coloro che scientemente e volontariamente lo
traessero in errore.
1267. — Il belligerante di parte contraria potrà punire come
traditori del proprio paese i cittadini che volontariamente si siano
prestati a servire di guida al nemico ; ma sarebbe sleale ed ingiusto
Tassoggettare a pena coloro che, costretti dal nemico con la vio-
lenza e con la forza, abbiano fatto quello che, secondo le circo-
stanze del caso, non potevano rifiutarsi di fare senza essere esposti
a soffrire le pene ad essi comminate da chi li aveva in suo potere.
Dei Parlamentari.
1268. — È considerato come parlamentario uno che sia stato
autorizzato dal belligerante ad entrare in pour parler col nemico
e che si presenti in tale qualità per trattare o negoziare durante
Titolo VI. - Diritti del belligerante contro U persone di parte nemica 49t
il combattimento, facendosi riconoscere coll'adoperare il segna
distintivo, secondo gli usi di guerra {la bandiera bianca).
Devono essere reputati nella medesima condizione che il par-
lamentario, le persone che lo accompagnino, cioè il portabandiera
e un trombettiere o un tamburino.
1269. — II Comandante militare dì parte nemica non è tenuto
a ricevere in ogni caso ed in qualunque circostanza un parla*
mentano, né di sospendere il fuoco quando il nemico lo invìi ad
esso per trattare durante il combattimento, ma potrà decidere,
secondo il suo prudente arbitrio, se sia o no il caso di accettare
chi si presenti come parlamentario.
1270. — Sarà reputato ognora contro l'onore militare il tirare
su di un parlamentario, che si avvicini alla zona di azione, anche
quando il Comandante non avesse deciso di riceverlo, o rifiutasse
di riceverlo.
Qualora però il Comandante avesse rifiutato di ricevere il par-
lamentario a lui inviato, o avesse dichiarato espressamente di non
volere entrare in nessuna sorta di pour parler per un dato tempo,
e dopo tale rifiuto e tale notificazione il parlamentario si presen-
tasse ancora, il Comandante potrà ordinare che sia trattato come
uno di parte nemica, che in mala fede cerchi di avvicinarsi al
campo dell'azione.
1271. — Il Comandante che voglia ricevere il parlamentario
potrà prendere tutti i provvedimenti che stimi opportuni per impe-
dire che questi profitti del suo soggiorno nella zona di azione, e
potrà ritenerlo per qualche tempo, secondo le circostanze, se il
parlamentario ricevuto durante il combattimento avesse potuto
conoscere anche involontariamente e in buona fede qualche cosa
che non doveva essere ad esso nota.
1272. ^ n parlamentario che non rispettasse le condizioni a
lui imposte nel riceverlo, o che, abusando della sua posizione, si
fosse procurato surrettiziamente informazioni, o che avesse ten-
tato di procurarsele, perderà ogni diritto d'inviolabilità e potrà
essere dichiarato prigioniero di guerra; e laddove dalle circo-
stanze bene accertate risultasse ch'esso avesse abusato della sua
492 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto intemazionaU
posizione per commettere un atto dì tradimento, e se ne potesse
dare prova positiva, potrà essere considerato come una spia e
punito come tale.
1273. — Il portatore di una bandiera parlamentare dovrà adem*
piere in ogni caso gelosamente e lealmente la sua missione, e
sarà reputato assolutamente contrario all'onore militare l'abusare
del carattere di parlamentario.
Diritti dei belligeranti
contro le persone che non facciano parte deW esercito.
1274. — Le persone e le bande che senza far parte dell'esercito
e senza trovarsi nelle condizioni per essere assimilati ai bellige*
ranti commettano atti di ostilità durante la guerra, facendo escur-
sioni, distruggendo, dilapidando, o oltraggiando le persone di parte
nemica, non avranno alcun diritto di essere reputate come nemici
pubblici, né potranno invocare l'applicazione delle leggi che con-
cernono i combattenti in guerra, e qualora esse cadessero in potere
dell'una o dell'altra delle due parti belligeranti, sai*anno assog-
gettate alle leggi criminali e punite come malfattori, briganti o
pirati, e non potranno reclamare alcuno dei privilegi spettanti ai
prigionieri di guerra.
1275. — Tutti coloro di parte nemica che non possano essere
qualificati come nemici pubblici, e che non commettano atti di
ostilità, dovranno essere riguardati come pacifici cittadini e po-
tranno durante la guerra liberamente continuare ad esercitare i loro
diritti e a godere dei loro beni sotto la protezione del Diritto
intemazionale.
Non sarà lecito al belligerante l'applicare le leggi della guerra
e il trattare come nemici neanche i cittadini della parte avversa
che si trovino nel proprio territorio o nelle zone delle operazioni
militari e che non prendano né direttamente, né indirettamente
alcuna parte alla guerra, ma che continuino nelle loro faccende
come in tempo di pace.
Titolo VI, ' Diritti del belligerante contro le persone diparte nemica 493
Dei Disertori.
1276. — Ciascuno dei Comandanti degli eserciti belligeranti
potrà, senza mancare alle leggi dell'onore militare, accogliere
coloro che disertassero le file nemiche.
Dovrà però essere considerato contro le leggi stesse dell'onore
l'adoperare la corruzione, i maneggi e i mezzi immorali per pro-
vocare la diserzione e la ribellione ogniqualvolta tali mezzi ado-
perati per eccitare i soldati nemici alla diserzione costituissero un
fatto criminoso.
1277. — Ciascuno dei Comandanti militari nemici potrà appli-
care le leggi contro i disertori eziandio a coloro che fossero entrati
al servizio del nemico in seguito alla diserzione e che, durante
le operazioni di guerra, cadessero in suo potere, anche quando
formassero parte di una banda o di un corpo che si fosse arreso
e che avesse diritto ad invocare le leggi che concernono i pri-
gionieri di guerra.
494 Libro IV. • Della tutela giuridica del Diritto internazianaU
TITOLO vn.
Diritti del belligrerante sui beni del nemioo.
1278. — ÀI belligerante spetta il diritto d'impossessarsi e di
appropriarsi i beni appartenenti allo Stato nemico che cadono in
suo potere.
Egli potrà quindi sequestrare ed appropriarsi le armi ed ogni
specie di munizioni da guerra anche se esistenti nei depositi, gli
approvvigionamenti, il numerario ed i valori esigibili appartenenti
in proprio allo Stato , il materiale delle strade ferrate governa-
tive e dei telegrafi, le navi militari e le altre adoperate nella guerra,
ed in generale qualunque proprietà mobile dello Stato atta a ser-
vire ai bisogni della guerra, o utile pel fini della medesima.
Il belligerante non potrà impossessarsi ^dei beni mobili degli
stabilimenti consacrati ai culti, alla beneficenza, airistruzìone, alle
arti ed alle scienze, non ostante che detti stabilimenti apparte-
nessero allo Stato nemico.
1279. — La proprietà privata dei cittadini di parte nemica
sarà reputata inviolabile tanto nella guerra continentale, quanto
nella guerra marittima, salvo però le limitazioni che possano repu-
tarsi fondate sulle necessità della guerra, le deteriorazioni e distru-
zioni giustificate come mezzo di attacco e di difesa, ed in certi
casi determinati l'assoggettamento alla confisca quando il belli-
gerante possa reputarsi autorizzato ad esercitare il diritto di preda
bellica.
Espropriazione forzata dei beni privati.
1280. — I comandanti militari potranno senz'altro, in territorio
nemico, impadronirsi delle cose mobili appartenenti ai privati,
che possano servire ai bisogni della guerra, e segnatamente di
Titolo VII. ' Diruti del bdligtranU sui Uni del nemico ^^
quello che possa essere loro necessario per la sicurezza e la difesa,
salvo però l'obbligo d'indennizzare i proprietari espropriati.
1281. — Sarà in facoltà dei medesimi, in paese nemico, l'as-
soggettare forzatamente i privati, o le società private a cedere
tutti quegli oggetti di loro proprietà che per la loro natura, o per
la loro destinazione possano servire ai bisogni della guerra, pagando
ad essi la dovuta indennità, o facendo salvo il loro diritto per
poterla ottenere da chi sia tenuto a pagarla.
Saranno reputati tali : il materiale delle strade ferrate, dei tele-
grafi, le armi, i depositi di munizioni e di viveri destinati all'eser-
cito e quanto possa occorrere per equipaggiare le truppe.
Potranno inoltre i comandanti degli eserciti provvedersi in paese
nemico di quanto potesse servire ad essi, imponendo le requi-
sizioni e le contribuzioni di guerra.
Delle requisizioni.
1282. — La requisizione consiste neirapprovvigionamento di
quanto possa bisognare alle truppe {viveri^ foraggio^ coìnbustibilij
oggetti di vestiario, mezzi di trasporto, ecc.), imposto dal coman-
dante al paese da esso attraversato od occupato e senza alcun
diritto a rimborso.
1283. — Incombe ai comandanti militari che intendono fare
una requisizione in paese nemico, il rivolgersi alle autorità locali,
lasciando a cura delle medesime il fornire quanto da essi sia
richiesto e il ripartirlo tra gli abitanti del paese.
Dovrà reputarsi ognora doveroso da parte del comandante stesso
il rilasciare semplicemente una dichiarazione di ricevuta, dalla
quale risulti la natura e la quantità delle cose somministrate, e
che possa servire come titolo alle ragioni che eventualmente potes-
sero farsi valere dalle autorità o dalle persone che somministra-
rono i prodotti requisiti.
1284. — Qualora nel paese nemico mancassero le autorità per
procedere al riparto della requisizione, o quando esse richieste
4% Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale
non volessero prestarsi prontamente, o quando l'opera dì esse
non riuscisse efficace, il Comandante militare potrà ordinare le
requisizioni forzate, adoperando i militari per ottenere direttamente
la consegna dei prodotti dai privati, rilasciando ad essi una sem-
plice dichiarazione di ricevuta.
1285. — Incombe ai Comandanti militari il procedere alle requi-
sizioni in paese nemico con moderazione e circospezione, assi-
stendo le autorità locali per mantenere l'ordine e non esagerando
le richieste oltre i limiti del ragionevole, avuto riguardo ai mezzi
e ai prodotti del paese.
1286. — Non sarà lecito imporre in paese nemico con la forma
di requisizione una prestazione, con la quale si verrebbero a costrin-
gere gli abitanti a prendere parte ad operazioni di guerra contro
la loro patria.
Delle contribuzioni di guerra^
•
1287. — La richiesta in danaro fatta in paese nemico costi-
tuisce la contribuzione di guerra.
1288. — Il Comandante militare potrà imporre una contribu-
zione di guerra a solo fine di rifornire le casse militari. Esso sarà
però tenuto a rilasciare dichiarazione dì ricevuta al Comune o
alle persone cui essa sia stata imposta, onde far salvi i loro diritti
al futuro eventuale rimborso.
Potrà inoltre imporre la contribuzione ad un paese nemico a
titolo di punizione:
a) quando esso non abbia voluto soddisfare ad una requi-
sizione di viveri o ad una prestazione qualsiasi e vi sia fondata
motivo per supporre che il rifiuto sia dipeso da malvolenza^
o che gli oggetti richiesti siano stati in mala fede asportati o
nascosti ;
b) quando vi sìa stata, da parte del paese stesso, o delle
autorità preposte al governo di esso, una violazione delle leggi
della guerra;
Titolo VII. • Diritti del helligeranie sui beni dtl nemico 497
e) quando vi sia fondato sospetto che le autorità preposte
a capo di un paese o di un Coniane abbiano facilitato l'esecu-
zione di reati punibili secondo le leggi della guerra, o che non
abbiano fatto quanto era in loro potere per impedirli.
1289. — Le contribuzioni dì guerra dovranno essere propor*
zionate alle risorse di ciascun paese.
Potranno essere imposte contribuzioni più onerose ogni qual-
volta esse siano inflitte come punizione, ma neanche queste potranno
esagerarsi in maniera da divenire un vero spogliamento.
Bottino di guerra.
1290. ■— Potrà essere reputata oggetto di preda bellica, o qua-
lificata bottino di guerra ogni cosa che in seguito al combatti-
ménto sia caduta in potere dei soldati dì parte contraria e di cui
non si possa rintracciare il proprietario.
1291. — Ciascun soldato potrà appropriarsi le armi, i cavalli
e gli oggetti dì armamento appartenenti ai nemici vinti, ma non
sarà lecito di appropriarsi gli oggetti preziosi e di valore appar-
tenenti ai soldati di parte contraria, i quali trovansi feriti sul campo^
o che siano dichiarati prigionieri di guerra.
L'appropriazione indebita di tali oggetti dovrà essere qualifi-
cata reato e punita a norma della legge militare.
U Codice penale militare italiano punisce severamente rappropriazione inde-
bita delle cose appartenenti ai soldati di parte nemica colle seguenti disposizioni :
Art. 276. Chiunque avrà spogliato un militare od un altro individuo che
sia addetto alFesercìto, ad un corpo di esso od al loro seguito, oppure un pri-
gioniero di guerra, i quali trovinsi feriti, sarà punito, secondo le circostanze»
colla morte, previa degradazione, o coi lavori forzati a vita o a tempo.
Art. 278. Il colpevole di busca sarà punito col carcere militare, o sottoposto
a quelle altre pene che fossero stabilite con bandi particolari.
L*ufQziale che, potendolo, non Tavrà impedita, incorrerà nella pena del
earcere militare accompagnata dalla dimissione.
Qualora egli vi abbia partecipato, la pena sarà della reclusione militare esten-
libile a tre anni e sempre accompagnata dalla destituzione.
Art. 279. Se in occasione del reato di busca si commettessero violenze o
maltrattamenti, la pena sarà della reclusione militare per anni cinque, esten-
sibile ad anni sette se il colpevole è uffiziale, e ciò senza pregiudizio delle
pene incorse per akri maggiori reati.
32 — Fiore, Dir. ùìfrrti codtf.
^d8 x,iVo ir. • naia tutèla giuridica dèi Diritto inttmazùmaU
Diritto di preda nella guerra fnarittima.
1202. — Tenendo fermo in massima che le navi mercantili
nemiche devono essere reputate inviolabili nella guerra marittima,
salvo che non prendano parte alla guerra o che non si trovino
nelle condizioni eccezionali^ nelle quali anche le navi private neu-
trali possono essere soggette a sequestro e confisca, potrà ammet-
tersi soltanto, in virtù del diritto eccezionale di rappresaglia, la
facoltà spettante alle navi da guerra ed a quelle che formino
parte dell'armata belligerante di sequestrare le navi mercantili
di parte nemica e la pn^rietà privata nemica trasportata per
mare, qualora il belligerante di parte contraria pratichi nella stessa
maniera rispetto alle navi mercantili ed alla proprietà privata di
parte nostra.
Come il diritto di preda debba essere esercitato»
1203. — Il diritto di preda marittima dovrà essere riguardato
in ogni caso come un diritto eccezionale in deroga al diritto comune
ed interpretato nella sua applicazione con le restrizioni le più
adatte a favorire coloro contro cui si fa valere, piuttosto che con
le maggiori estensioni adatte a favorire le pretese del belligerante
che intenda fare preda.
1294. — Si dovrà considerare ognora in opposizione con le
leggi della guerra e contro il buon diritto l'esercitare la facoltà
di catturare e predare in maniera da allargare quanto più fosse
possibile Testensione di essa, giustificando ogni arbitrio col titolo
della rappresaglia e del trattamento a reciprocità.
1206. — La cattura e la preda delle navi mercantili nemiche
non potranno essere fatte validamente che dopo la formale dichia-
razione di guerra e a contare dal giorno in cui siano legalmente
incominciate le ostilità.
Il sequestro delle navi mercantili nemiche e della proprietà
privata nemica effettuato prima della dichiarazione di guerra non
TUóIq vii. - Diritti del MligeranU mi beni del netnieo ^^
potrà in nessun caso essere convertito in sequestro e preda bel-
lica dopo la dichiarazione di guerra, ma, salvo il diritto spettante
al belliferante di trattenere per ragioni di sicurezza e di polizìa
le navi mercantili nemiche, che si trovassero ne' suoi porti al
momento in cui la guerra fosse stata dichiarata, incombe ad esso
il lasciarle in libertà e l'astenersi dal predare tali navi o la pro-
prietà nemica che si trovasse a bordo di esse, riconoscendo le
une e l'altra inviolabili e protette dal Diritto vigente durante
la pace.
1296. — Incombe al belligerante, che intende di esercitare il
diritto dì preda, il concedere ognora alle navi mercantili di parte
nemica, che si trovassero già ne' suoi porti o nelle sue acque ter-
ritoriali al momento della dichiarazione di guerra, di potere libe-
ramente e sicuramente tornare in patria, prescrivendo un limite
per la loro partenza e munendole a tal fine di salvacondotto.
Navi e oggetti esenti dalla cattura»
1297. — Indipendentemente dall'obbligo assunto col trattato dì
Parigi del 1856, o dall'adesione fatta alle regole di Diritto marittimo
mediante esso stipulate, dovrà ritenersi contro ogni diritto l'esten-
dere la cattura e la preda alla proprietà privata neutrale che si
trovasse a bordo di nave nemica, e alla proprietà nemica cari-
cata a bordo di nave neutrale, ma si dovrà bensì ritenere l'una
e l'altra inviolabili.
1298. — Dovrà ritenersi altresì contro ogni diritto:
a) il dichiarare buona preda quella fatta durante l'armistizio
o dopo i preliminari della pace;
b) la preda della nave nemica e della proprietà privata nemica
qualora la nave si fosse trovata in viaggio mentre non conosceva
l'esistenza della guerra e dia prova piena di ciò ;
e) la cattura dei battelli destinati alla pesca e degli strumenti
e del carico di pesce da essi trasportato, salvo solo il caso che
fossero adoperati a scopo militare, o che si trattasse di navi destinate
500
Libro IV. • Dèlia tutela giuridica dd Diritto iiUemwtiatiaU
alla grande pesca nell'Oceano, come sono quelle addette alla pesca
della balena o della foca;
d) la preda delle navi salvate da naufragio o approdate alle
coste nemiche per rilascio forzato.
Deve ritenersi ognora contro i principi i di umanità e di ginstizia naturala
il profittare degli accidenti di mare per assoggettare alle leggi della guenm
coloro che a stento siano arrivati a scampare dal rigore dei flutti. H predare
una nave nemica ed il suo carico, dato ch'essa domandi rifugio, deve riguar-
darsi assolutamente come Tiolazione dei principii deirequità e della umanità.
1290. — Incombe ai belligeranti il dichiarare immuni le navi
mercantili di parte nemica impiegate a viaggi di esplorazione o
per compiere una missione scientifica qualunque si sia.
1300. — Saranno coperte dall' immunità ed equiparate alle navi
neutrali, le navi addette ad uso di spedali e che si trovassero nelle
stesse condizioni delle ambulanze e delle località addette a spe-
dali militari nella guerra continentale.
1301. — Alle navi destinate a portare al nemico una comu-
nicazione, o un cartello e che siano coperte con la bandiera par-
lamentare, dovranno essere applicate le stesse norme che ai par-
lamentari nella guerra continentale e sotto le stesse condizioni e
restrizioni a riguardo di essi fissate (Conf. reg. 1268 e seg.).
1302. — In nessun caso le navi mercantili di parte nemica,
dato che dovessero essere sottratte alle leggi della guerra e dichia-
rate immuni a norma delle regole precedenti, potranno godere
tale beneficio se fossero adoperate ai fini della guerra e non si
astenessero rigorosamente dal fare qualunque atto di ostilità.
Piroscafi postali.
1303. — Dovrà reputarsi come richiesto dalla tutela degrinte«
ressi generali il sottrarre alle leggi della guerra le navi postali
destinate a mantenere il servizio della corrispondenza tra lo Stato
belligerante e gli Stati neutrali ogni qualvolta ch'esse non siano
di proprietà dello Stato, ma appartengano bensì a privati, tutto
che sovvenzionate dallo Stato. Qualora però il belligerante pei
Titólù VII. - Diruti del beUigeranU sui beni del nemico 501
fini stessi della guerra avesse interesse d'interrompere la corri-
spondenza con certi determinati paesi e Io avesse precedentemente
dichiarato, potrà assoggettare alle leggi della guerra anche le navi
destinate al servizio ordinario della corrispondenza con quei deter-
minati paesi, le quali avessero violato il divieto.
Questa regola potrà essere applicata altresì alle navi che, oltre
a fare il servizio regolare della posta, servissero contemporanea*
mente agli usi del commercio e che fossero caricate di mercanzia
di parte nemica.
Chi può esercitare il dritto di preda e dove.
1304. — II diritto di preda durante la guerra marittima dovrà
ritenersi attribuito soltanto alle navi da guerra delle parti belli-
geranti e alle navi che devono reputarsi aggregate all'armata ed
autorizzate ad esercitare i diritti di guerra.
1305. — Quando fosse il caso di ritenere autorizzato l'arma-
mento dei corsari, non potranno essere riconosciuti tali che coloro
soltanto, ai quali sia stata fatta la legale concessione delle lettere
di marca per l'esercizio della corsa sotto le condizioni stabilite dal
sovrano belligerante, cui spetta concedere le lettere, e, salvo il
diritto di ogni nave mercantile aggredita da nave nemica, da guerra,
0 corsara, di difendersi contro di essa e al caso predarla {Confr.
reg. 1179), l'esercizio regolare del diritto di preda non potrà essere
attribuito che alle navi corsare debitamente autorizzate.
1306. — li diritto di preda non potrà essere esercitato che
nelle acque territoriali dei belligeranti ed in alto mare, esso non
lo potrà nelle acque territoriali degli Stati neutrali, né nelle acque
che in virtù di trattati siano state dichiarate esenti dai fatti di
guerra.
Il belligerante non potrà in tali acque compiere l'attacco inco-
minciato in alto mare contro una nave mercantile nemica per
predarla.
502 Libro IV, • Della tutela giuridica del DiriUo intemazionale
Equipaggi delle navi nemiche predate.
1307. ** Gli equipaggi delle navi mercantili nemiche seqne*
strale dovranno essere in ogni caso lasciati in libertà e non potrà
essere lecito neanche in Tia di rappresaglia il dichiarare prigio-
nieri i marinai delle navi sequestrate e tutte le persone che for-
mino l'equipaggio delle medesime, salvo il caso ch'esse siano col-
pevoli di veri atti di ostilità, o di assistenza al nemico, o siano
presunte tali.
Potrà però il belligerante trattenere provvisoriamente il capi-
tano, il padrone, il pilota e qualche altra persona quando occor-
resse sottometterli ad interrogatorio per constatare i fatti e le
circostanze, e fino a tanto che la presenza di essi non fosse repu-
tata necessaria per l'istruzione del processo.
1308. — Incombe al belligerante lo sbarcare in luogo sicuro
ed ospitale tutte le persone dell'equipaggio della nave mercan-
tile nemica da esso sequestrata e che non occorre trattenere come
alla regola precedente, e il provvedere, secondo le circostanze
possono permettere, al rimpatrio di esse. Non sarà in nessun caso
lecito l'abbandonarle in regioni incolte ed inabitate, né in loca-
lità ove la loro vita o la loro libertà potessero correre qualche
pericolo.
Sequestro e validità della cattura.
1309. — li sequestro di una nave mercantile di parte nemica
e della mercanzia nemica caricata a bordo di essa, anche quando
possa essere riguardato come un fatto regolare di guerra, dovrà
essere reputato ognora come fatto provvisorio e non potrà attri-
buire al belligerante il diritto di far sua la preda che in conse-
guenza del giudizio sulla validità della cattura e in virtù della
sentenza che abbia pronunziato la validità della preda attenen-
dosi alle norme che concernono la legalità della preda marittima
e che trovansi indicate al tìtolo XIV«
Titolo ni, ' DiriHi éM ÌMigerante sui leni del nemico^ 503
1310. — Per le formalità che dovranno essere osservate in caso
di sequestro operato, in virtù delle regole precedenti, dovranno
essere applicate le stesse regole che in caso di sequestro per tras-
porto di contrabbando di guerra.
Navi mercantili nazionali riprese.
1311. — Nessuno Stato potrai senza conculcare il principio
che dichiara la proprietà privat^ inviolabile, esercitare il diritto
di preda a riguardo di ma nave appartenente alla propria madrina
mercantile che sia stata predata dal nemico e ripresa prima che
fosse stata pronunziata la smtenza definitiva circa la validità
della cattura.
Ogni nave mercantile predata dal nemico, anche che sia stata
condotta nd porti di lui, se fosse ripresa da una nave da guerra,
dovrà essere restituita senz'altro al suo proprietario. Potrà essere
lecito r obbligare soltanto questi a pagare una retribuzione nel
caso che fosse stata ripresa da una nave corsara autorizzata; ma
in nessun caso potrà essere considerata come proprietà del nemico
e assoggettata alle stesse leggi di guerra che concernono la preda
fatta al nemico.
504 Libro 1 V. • Ddla tutela giuridica del Diritto inUmamonaU
TITOLO vni.
Dell'oconpazlone militare e delle sue oooseffaense ginridiche.
1312. — L'occupazione militare è un'operazione legittima di
guerra, e potrà ritenersi effettuata allorquando il belligerante si
sia messo in possesso di una pjirte più o meno grande del ter-»
ritorio del suo nemico, ponendosi in grado di esercitai*e di fatto
8U di esso la sua autorità come sovrano.
L'occupazione militare propriamente detta non è né rinyasione, né la con-
quista. La prima è pare iin*operazione di guerra e denota il fatto del belli-
gerante che abbia preso d'assalto una parte del territorio del suo nemico e che
profitti delle posizioni occupate pei fini della guerra, applicando al paese nemico
la legge marziale durante il suo soggiorno e facendo requisizioni, imponendo
contribuzioni di guerra e via dicendo. L'invasione attribuisce pure diritti al
belligerante rispetto al territorio occupato in conseguenza dell'assalto. Esso può,
senza dubbio, cavar partito dalla posizione conquistata e prendere le dispo-
sizioni necessarie per mantenersi nel possesso di essa. Finché però la lotta
duri con dubbio successo ed il belligerante non abbia manifestato la sua inten-
zione di stabilirsi nel territorio acquistato, impossessandosi di esso ed eser-
citandovi regolarmente il potere sovrano, e di surrogarsi nell'esercizio di questo
al suo nemico, l'occupazione militare, propriamente ^detta, non potrà ritenersi
effettuata.
Come V occupazione diventi effettiva.
1313. — L'occupazione militare non potrà ritenersi effettiva,
finché duri la lotta da parte degli abitanti del paese invaso, cui
spetta il diritto di difenderlo {Canfr. reg. 1163), e finché non siano
di fatto cessati gli atti di ostilità legittimi in guerra da parte dei
medesimi.
1314. — L'occupazione militare dovrà ritenersi effettuata con
la presa di possesso del paese nemico da parte di un corpo
d'armata che l'abbia occupato; in qualunque maniera avvenga
la sottomissione completa di detto paese, o di qual si sia parte di
territorio, e degli abitanti: sia stata essa la conseguenza dell'essersi
Titolo VIIL ' DéLV occupazione militarB 505
i medesimi arresi mediante capitolazione, o dell' essere essi im-
potenti a continuare nell'attualità la lotta e costretti a sottomettersi
di fatto al belligerante e a riconoscerne l'autorità.
Conseguenze immediate deW occupazione militare.
1315. — L'occupazione effettuata importa l'attuale sottomis-
sione degli abitanti del paese occupato all'autorità del vincitore
ed il conseguente obbligo da parte dei medesimi di riconoscere
cessato l'esercizio' pubblico delle funzioni della sovranità per parte
dello Stato, al quale il paese o il territorio apparteneva, e attri-
buito di fatto al belligerante vincitore.
1316. — L'obbligo imposto a tutti gli abitanti del paese occu-
pato di considerare temporaneamente sospesi i loro rapporti col
sovrano del territorio vìnto e di riconoscere la suprema autorità
del vincitore di fatto stabilita ed estesa a tutti ì paesi o province
militarmente occupati deve reputarsi effettivo, indipendentemente
dall'intenzione del vincitore di mantenere più o meno a lungo
il possesso del territorio occupato.
1317. — Incombe all'autorità militare occupante il prendere
tutte le misure che potessero occorrere per mantenere l'ordine
ed esercitare il potere sovrano nel territorio occupato, in maniera
da assicurare il rispetto delle persone e dei beni e l'ordinato eser-
cizio e la giuridica tutela di ogni loro diritto.
1318. — L'autorità militare potrà profittare deiroccupazione
per ricavarne tutti i vantaggi, ma spetta ad essa l'esercitare
i diritti e le funzioni di sovranità dentro i limiti ragionevoli,
tenuto conto delle esigenze della guerra e della natura stessa del-
l'occupazione militare.
Qnanttinque in principio Tocctipazione militare privi il nemico del possesso
del territorio occupato e sostituisca ad esso il vincitore neiresercizio dei diritti
di sovranità, pure, siccome tale fatto è soggetto alle eventualità della guerra
e non può divenire definitivo che col trattato di pace e con la cessione del
territorio occupato, perciò spetta al sovrano occupante il diritto d^dsercitare i
suoi poteri; ma dentro i limiti delle necessità. Conseguentemente esso potrà
ikre quanto possa essere nell'attualità richiesto per mantenere e difendere il
506
Libro IV. • DeUa tutela giuridica del Dh-itto inUmazianàle
possesso del ierrìtorìo occupato ; per prevenire e repriinere qmalimqiie teatatiro
diretto a tnrbame il governo ; per assoggettare eil*obbedienxa |^ abitanti di
esso ; per tutelare Tordine pubblico ; ma i giusti limiti determinati dalla natura
stessa delle cose sarebbero al certo oitrepassati, se egli volesse allaigare II
diritto che gli spetta 'di esercitare i sooi poteri sovrani in guisa da agire come
se avesse sul territorio occupato la sovranità piena e completa, trattando gli
abitanti di esso come suoi sudditi e considerando T occupazione, durante la
guerra, alla pari di una conquista definiliva.
Diritti delV occupante rispetto alle persone.
1319. — L'occupante potrà assoggettare tutti gli abitanti alla
obbedienza e costringerli a riconoscere lo etatu quo^ e a ritenere
sospesi temporaneamente i loro rapporti di fedeltà e soggezione
al sovrano vinto, ma non potrà costringerli a prendere, rispetto
a quest'ultimo, la posizione di nemici e qualificare delittuoso ogni
sentimento di patriotismo da parte di essi.
1320. — Dovrà reputarsi contro le- leggi della guerra qualunque
attentato alla libertà individuale, qualunque atto di servilismo
imposto con la forza agli abitanti del paese occupato, qualunque
punizione di sentimento di patriotismo che non trascendesse ad
atti, i quali potessero essere di per sé stessi qualificati vere e
proprie ostilità.
1321. — Sarà reputato sleale ed arbitrario V imporre il giura-
melato di fedeltà ai magistrati ed agl'impiegati civili del paese
occupato. L'autorità occupante potrà rimuovere i pubblici fun-
zionari e richiedere da quelli, che per la necessità delle cose doves-
sero essere conservati nell'esercizio dei loro impieghi, che essi diano
la parola d'onore di obbedire al Governo di occupazione, finché
il vincitore resti padrone del territorio e del paese occupato.
L*imporre il giuramento di fedeltà, propriamente detto, a coloro che forza-
tamente devono assoggettarsi alle necessità di guerra, ma che considerano natu-
ralmente tuttora sussistenti ed inalteraU i legami con la loro patria, oltre
all'essere una garanzia faUace, sarebbe un atto veramente arbitrario e aleale
da parte del vincitore, che verrebbe così ad imporre ai funzionari la violazione
della loro fede politica.
1322. — Si dovrà ritenere come assolutamente contrario alle
leggi della guerra e come una vera fellonia il costringere gli abi-
Titolo Vili. - DelVoceupazione militare BOT
tanti del paese occupato a prestare il servìzio militare, o a fare
atli di ostilità contro la patria.
1323. — Non potrà l'occupante inibire agli abitanti del paese
occupato di allontanarsi liberamente da esso, né potrà conside»
rare tutti gli abitanti in massa come prigionieri di guerra.
Provvedimenti di sicurezza.
1324. — Spettano al belligerante occupante non solo il diritto
di esigere da parte di tutti gli abitanti la completa sottomissione
alla sua autorità e quello di reprimere ogni violazione di tale
dovere, ma quello altresì di prevenire ogni tentativo di violazione^
promulgando leggi e pene severissime contro chiunque attentasse
o tentasse di attentare airautorità del Governo stabilito e alla sicu-*
rezza del corpo di occupazione.
Dovrà nonpertanto ritenersi contro i principii della giustizia
intemazionale il decretare le esecuzioni sommarie e la condanna
alla pena di morte senza regolare procedura giudiziaria e col solo
scopo di atterrire le popolazioni.
1325. — Incombe agli abitanti del paese militarmente occu-
pato il riconoscere l'autorità del Governo occupante e l'aste-
nersi dal fare qualunque atto che potesse direttamente o indiret-
tamente compromettere la sicurezza dell'occupante ed attentare
ai suoi attuali interessi.
Leggi e condanne penali.
1326. — n Governo militare potrà applicare nel paese occu-
pato la legge marziale e decretare inoltre quelle misure di rigore
che, secondo ì casi, divenissero necessarie. Potrà proclamare Io
stato d'assedio ed attuare ogni provvedimento che potesse occor^
rere per mantenere la sua autorità nel paese occupato e per impe-
dire l'insurrezione, ma dovrà esercitare nonpertanto il sommo
suo potere senza violare sostanzialmente i supremi principii del
^^ Libro IV. ' Della tuUla giuridica del Diritto inUrnazionaU
Diritto penale della guerra, in quello che si riferisce alla respon*
sabilità, alla procedura ed al giudizio.
Il Dirilto penale della guerra ha pure i suoi principìi. Il comminare la pena
di morte per qualunque reato commesso durante Toccupazione militare si doTrà
considerare contro giustizia, e così pure il sostituire alla responsabilità indivi-
duale la responsabilità collettiya, come accadrebbe se si volesse, ad esempio,
dichiarare responsabili degli atti delittuosi il Comune, nel territorio del quale
fossero stati commessi, o il decretare Tesecuzione della pena contro chiunque
fosse sospettato colpevole e senza qual si sia forma di giudizio.
1327. — La maggiore o minore severità delle pene potrà essere
giustificata, avuto riguardo alle maggiori difficoltà attuali di assi-
curare e mantenere il possesso del territorio.
In nessun caso però potranno essere giustificate le pene arbi-
trarie inflitte dairautorità militare per colpire un atto, senza che
previamente fosse stata promulgata in qual si sia maniera, mediante
bando, ordinanza, o altrimenti, la pena comminata contro Tatto
inibito.
Diritti deJ.V occupante nelV esercizio del potere legislativo.
1328. — Non lice all'occupante sconvolgere senza ragione
la legislazione civile del paese occupato e mutare il Diritto pub-
blico in esso in vigore. L'esercìzio della facoltà ad esso spettante
di fare leggi dovrà essere reputato un eccessivo abuso ogniqual-
volta che non possa in nessuna guisa essere giustificato con le
attuali esigenze della guerra.
1329. — Incombe al medesimo il non mutare, durante l'occu-
pazione militare, le leggi relative all'ordinamento giudiziario, alle
giurisdizioni ed alle competenze, e, salvo quelle materie per le
quali debbono essere istituite le giurisdizioni eccezionali in vista
delle necessità militari e quelle che sono di competenza dei Con-
sigli di guerra, conservare per tutto il resto lo statu quo^ lasciando
ai tribunali ordinari di continuare a funzionare regolarmente e
di proseguire nell'amministrazione della giustizia*
1330. — Incombe all'occupante il provvedere alla regolare
amministrazione della giustizia civile e il tutelare e non modificare
Titolo Vili. ' DelV occupazione militare ^^
nel paese occupato con leggi generali lo stato delle persone ed i
rapporti di famìglia.
Pubblica amministrazione.
1331. — Spetta al Governo di occupazione l'obbligo di prov-
vedere ai servizi pubblici ed alla pubblica amministrazione, e potrà
a tal fine richiedere che tutti gl'impiegati, l'ufficio dei quali non
abbia un carattere politico, continuino nel loro ufficio. Esso
non sarà autorizzato a costringere ciascuno di essi, ma potrà non-
dimeno ritenere come atto di ostilità il rifiuto collettivo da parte
di tutti gl'impiegati della pubblica amministrazione, o di un ramo
di essa.
1332. — L'esercizio di ogni funzione della Sovranità durante
l'occupazione dovrà essere reputato regolare e legale anche per
le conseguenze che ne potessero derivare nel campo dei rapporti
privati. Saranno validi ed efficaci i contratti fatti dal Governo costi-
tuito dell'esercito occupante, le traslazioni di proprietà validamente
effettuate secondo le leggi in vigore, e i privati potranno altresì
far valere tutti i diritti acquisiti mediante le sentenze pronunziate
durante l'occupazione, dato ch'esse debbano reputarsi definitive
ed idonee a costituire la cosa giudicata; e così di ogni altro diritto
acquisito e perfetto sotto l'impero delle leggi promulgate ed in
vigore durante l'occupazione e via dicendo.
Diritti delV occupante rispetto ai beni.
1333. — Il belligerante potrà impadronirsi ed appropriarsi
senz'altro di tutto quello che si trovi nel territorio del nemico da
esso occupato e che appartenga allo Stato. Oltre che delle armi,
dei depositi per le truppe e di quanto possa servire agli usi della
guerra, potrà impadronirsi inoltre dei materiali di trasporto appar-
tenenti allo Stato nemico {locomotive^ attrezzi di strade ferrate,
battelli^ ecc.\ dei telegrafi, dei materiali di costruzione e via dicendo»
&H) Libro ir. • Della tutela giuridica del Diritto intérnazi&nàk
Potrà inoltre sequestrare il numerario, i fondi esigibili o nego-
ziabili appartenenti in proprio allo Stato, sia che tale numerario
esista nelle casse, sia che possa pervenire da crediti dello Stato
contro privati, sempre che si tratti di crediti scaduti, o che ven-
gano a scadere durante l'occupazione.
1334. — Il belligerante non potrà impadronirsi della pro-
prietà pubblica destinata a scopi pacifici» di culto, beneficenza o
istruzione.
Saranno reputati tali gli stabilimenti e i beni che appartengano
alle chiese, agli ospedali, agfistituti di carità, quelli destinati alla
educazione, le università, le accademie, gli osservatori!, i musei
di belle arti e ogni altra fondazione che abbia carattere scienti-
fico 0 di beneficenza.
1336. — Il belligerante potrà ricavare ogni vantaggio dalla presa
di possesso temporanea di tutte le cose appartenenti al Demanio
pubblico, ma non potrà alienare le cose stesse, salvo solo il caso
. che l'alienazione di una data parte dei beni demaniali non fosse
resa necessaria per le urgenti, attuali esigenze della guerra.
1336. — Incombe all'occupante il riguardare ognora come
inviolabile la proprietà privata e il non confiscarla sotto alcun
pretesto, e il ritenere inviolabile altresì la proprietà comunale.
Esso potrà soltanto assoggettare all'espropriazione forzata le cose
appartenenti ai privati e che gli potessero occorrere pei fini della
guerra, ma con l'obbligo di pagare esso stesso la dovuta inden-
nità, 0 di riservare l'obbligo di tale pagamento come potrà essere
stabilito nel trattato di pace.
Ài Comuni potrà imporre contribuzioni di guerra a norma delle
regole 1287 e seguenti.
Ferrovie e Telegrafi appartenenti a privati.
1337. — II belligerante potrà durante l'occupazione militare
non solo disporre del materiale ferroviario e telegrafico apparte-
nente a società o a privati e di cui possa avere bisogno pei fini
Titolo riU. - Dell'occupazione milUaré ^^^
della guerra, ma potrà regolare altresì con pieno arbìtrio l'ammi-
nistrazione di coteste ferrovie e telegrafi in esercizio, facendo salvo
soltanto ogni diritto della società o dei privati cui appartengano,
onde possa essere regolato alla conclusione della pace. Esso non
potrà però appropriarsi il numerario esistente nelle casse della
società, e sarà tenuto a regolare Tamministrazione ed il servizio
in maniera da non pregiudicare per quanto sìa possibile i diritti
della società e quelli degl'impiegati, e a tutelare efficacemente
gl'interessi del commercio pacifico.
Diritti delV occupante a riguardo delle imposte.
1338. — Il Governo del belligerante durante l'occupazione avrà
il diritto di riscuotere tutte le imposte già esistenti secondo le
leggi nelle forme e gli usi vigenti nel paese occupato. La facoltà
di modificare la legislazione finanziaria o il sistema di percezione,
e d'introdurre nuove imposte non può essere negata assoluta-
mente all'occupante, ma conviene però che esso, senza necessità,
non faccia mutamenti legislativi, e che in ogni caso eserciti i suoi
poteri sovrani con grande moderazione.
Una delle modificazioni nel sistema di riscossione deUe imposte durante
Toecupazione potrebbe essere quella dì assoggettare i Comuni a pagare una
tassa unica, lasciando a cura dei medesimi la ripartizione di essa tra i con*
tribuenti. Il migliore partito è però sempre quello di non modificare per quanto
è possibile nò nella sostanza, né nella forma il sistema delle imposte.
Servizi pubblici.
1339. — Incombe all'occupante lo spendere il danaro pub-
blico riscosso mediante le imposte secondo la naturale destinazione
di esso, cioè per provvedere ai bisogni del paese occupato e sopra-
tutto ai servizi pubblici, all'istruzione ed ai lavori pubblici»
01 -^ Libro IV.- Della tutela giuridica del JJiritto itUernaxionaU
TITOLO IX.
Delle Convenzioid di guerra.
1340. — Sono denominate convenzioni di guerra quelle con*
eluse tra le parti belligeranti per regolare qual si sia fatto, o qual
si sia rapporto fra di loro durante lo stato di guerra.
1341. — Le convenzioni per provvedere agi' interessi generali
delle armate, e per regolare l'esercizio dei diritti reciproci delle
parti belligeranti, durante la guerra, non potranno essere valida-
mente concluse che dalla suprema autorità dello Stato.
1342. — I comandi militari dell'una parte e dell'altra possono,
durante la guerra, concludere validamente nei limiti delle proprie
attribuzioni le convenzioni per provvedere :
a) alle necessità dei corpi d'esercito soggetti alla loro autorità ;
6) a quanto possa concernere gl'interessi militari eventuali o
temporanei relativi alle operazioni di guerra.
Alla prima categoria appartengono le convenzioni pel ricevi-
mento dei parlamentari, per lo scambio dei prigionieri, per dare
sepoltura ai morti: la sospensione d'armi, le capitolazioni e gif
accordi di qualsiasi natura conclusi con lo scopo di provvedere
alle necessità eventuali della guerra e che abbiano per oggetto
certi determinati interessi militari.
Alla seconda categoria appartengono tutte le convenzioni di
ordine generale che si possono stipulare per tutta la durata della
guerra {trattamento della proprietà privata o dei paesi occupati; dei
prigionieri; comunicazioni postali e telegrafiche sui territori rispeUivi;
convenzioni relative agV interessi commerciali^ ecc.) e le convenzioni
stipulate nell'interesse generale delle operazioni militari, o che si
riferiscono alla totalità degli eserciti belligeranti {V armistizio ^ i
protocolli per stabilire le condizioni preliminari della pace^ ecc.).
Titolo IX. - Delle Convenzioni di guerra ^13
1343. — Ogni convenzione di guerra dovrà essere scrupolo-
samente rispettata dai belligeranti ed eseguita lealmente e in
buona fede.
Sarà reputato contro Tonore militare il violare le promesse fatte
al nemico e gli accordi conclusi anche verbalmente.
Sospensione d^armi.
1344. — La sospensione d'armi consiste nel sospendere le
operazioni di guerra per un tempo determinato e assai limitato
{di alcune ore cioè o tutto al più di qualche giorno) in una determi-
nata località per un interesse d'ordine generale.
Tale può essere la cessazione temporanea delle ostilità per dare
sepoltura ai morti nel campo di battaglia; per fare il cambio di
prigionieri o d'infermi ; per negoziare un armistizio ; per lasciare
il tempo, in caso di bombardamento di una città fortificata, agli
abitanti della medesima, che volessero uscire, di poterlo fare senza
pericolo, e via dicendo.
1345. — I Comandanti degli eserciti nemici e qualunque Co-
mandante di truppa che agisca isolatamente ed indipendentemente
dal resto dell'esercito potrà richiedere o accordare la sospensione
delle ostilità.
Questa può avvenire altresì per tacito accordo ; ma in tal caso
essa non produce le medesime conseguenze giuridiche e le obbli-
gazioni reciproche come nel caso di sospensione d'armi concordata.
1346. — Il Comandante che vorrà fare la richiesta di sospen-
sione d'armi potrà Inviare un parlamentario munito di dichiara-
zione che lo autorizzi a trattare in nome di lui col Comandante
nemico; questi non sarà tenuto ad interrompere il combattimento,
o l'attacco, o le altre operazioni in corso pel semplice apparire
del parlamentario autorizzato a trattare la sospensione, ma sarà
obbligato soltanto ad osservare le regole stabilite per l'invio ed
il ricevimento dei parlamentari.
1347. — Il Comandante che abbia ricevuto il parlamentario potrà
accogliere o respingere liberamente la proposta di sospensione
33 __ Fiore, Dir. tntern. codif.
51» Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionale
d'armi. Dovrà peraltro reputarsi contro I-onore militare il rifiuto
di sospensione d'armi richiesta per scopo umanitario, sopra-
tutto ogniqualvolta il Comandante non abbia motivo di dubitare
della buona fede del nemico e che non possano derivare incon-
venienti o svantaggi alle ulteriori operazioni militari dall'accetta-
zione della proposta {Confr. reg. 1258).
Cotiseguenze delle sospensioni d\trm%.
1348. -— Qualora la sospensione d'armi fosse concordata, ! patti
relativi alla durata ed alla esecuzione di essa dovranno essere esat-
tamente stabiliti o in iscritto o verbalmente, e sarà a cura delle
autorità militari il fissare nettamente gli obblighi rispettivi e le
reciproche garanzie, e determinare i movimenti delle truppe, e
precisare sopratutto le posizioni rispettive in maniera da togliere
ogni equivoco e prevenire ogni dubbio.
1349. — Stipulata la sospensione d'armi, incombe ai Coman-
danti farne sollecitamente la comunicazione alle proprie truppe,
ed il ritardo irragionevole sarà considerato come una sleale vio-
lazione della sospensione pattuita.
1350. — La cessazione delle ostilità da parte delle milizie nemi-
che non sarà obbligatoria che a cominciare dal momento in cui
la sospensione pattuita sia stata comunicata ad esse direttamente
dai loro capi rispettivi.
Potrà peraltro il Comandante delle truppe, che abbia ricevuto
la comunicazione, parteciparla al Comandante delle truppe nemiche
che avesse a fronte, e questi, senza essere tenuto ad aderirvi imme-
diatamente, dovrà tenerne conto e condurre le operazioni in eorso
di eseguimento in maniera da non pregiudicare Io scopo della
sospensione, cercando in pari tempo di sollecitare la comunica*
rione per parte del proprio superiore diretto.
1351. — Spirato il termine fissato nella convenzione, le ostilità
peti anno essere senz'altro riprese, salvo solo il caso di proroga
pattuita con patto espresso.
Tìtolo IX, - Delle Convenzioni di guerra ^*^
1352. — In caso di constatata violazione delle pattuite condi-
zioni per parte del nemico le ostilità potranno essere riprese imme*
diatamenle e la sospensione d'armi concordata sarà considerata
senz'altro come non avvenuta.
Capitolazioue.
1353. — La capitolazione di guerra consiste in una conven-
zione, con la quale siano state stipulate le condizioni della resa
di una fortezza, o di una posizione fortificata, o di un corpo di
truppa o di armata che abbia cessato di fare resistenza. Essa può
essere conclusa tra il Comandante della fortezza, della posizione
fortificata o delle truppe costrette ad arrendersi col Comandante
di parte nemica che dia l'assalto o il combattimento.
1354. — La capitolazione non sarà valida ed efficace se non
quando sia stipulata in iscrìtto dai Comandanti e sottoscritta dai
medesimi. I patti e le condizioni concordate tra le rispettive auto-
rità militari delegate per fissare le basi della capitolazione non
potrailno essere reputati efficaci, se non quando siano stati appro-
vati e ratificati dai Comandanti.
1355. — Sarà reputato contro gli usi della guerra tra popoli
civili il rifiutare la domanda di sospensione d'armi fatta dal Coman-
dante della fortezza o del corpo d'armata con la dichiarazione di
volere capitolare, ogniqualvolta non vi sia alcun pericolo nel-
l'accettarla, né si abbia alcun motivo per dubitare della buona
fede del nemico.
Quello che ptiò formare oggetto della capitolazione.
1356. — Sarà in facoltà dei Comandanti il fissare le condi-
zioni della capitolazione. Essi potranno però solo concordare le
condizioni che sieno entro ì limiti delle loro attribuzioni e dello
scopo della capitolazione stessa.
Saranno reputate tali le condizioni relative al trattamento delle
^1^ Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto iwtemazionaU
truppe capitolanti; al modo ed al tempo per uscire dalla fortezza;
al modo con cui sai'à effettuata la consegna delle armi, del mate-
riale di guerra e di quanto dovesse essere ceduto; al modo di
occupazione della fortezza e sue dipendenze, o delle posizioni delle
truppe vincitrici ; e altresì quanto possa concernere le operazioni
militari, la condizione delle milizie e dei beni appartenenti ai
soldati o agli abitanti del paese costretto a capitolare.
Non sarà in potere dei Comandanti lo stipulare circa la situa-
zione politica o amministrativa del paese che capitolasse, o di
altro territorio appartenente allo Stato vinto, e saranno reputate
di ninno effetto le clausole concordate che abbiano relazione a
tali materie.
Conseguenze della capitolazione.
1367. -— Tutte le condizioni stipulate con la capitolazione e
che non eccedono i poteri dei Comandanti saranno esattamente
adempiute e reputate obbligatorie per lo Stato, alla pari di qual-
siasi obbligazione assunta da un pubblico funzionario nell'esercizio
del suo potere pubblico.
Dovrà però ritenersi contro Tonore militare e come \m arbi-
trario ed eccessivo abuso di forza l'imporre condizioni non ono-
revoli ad un corpo di truppe costretto a capitolare o ai Coman-
danti di esso.
1368. — Qualora il belligerante avesse imposto ed ottenuto
la capitolazione senza condizioni, potrà esercitare i propri diritti
rispetto alle persone, alla fortezza o posizione fortificata ed ai
beni, dentro i limiti consentiti secondo le leggi della guerra.
Non sarà mai lecito mettere a morte i soldati o il Comandante,
neanche quando abbiano opposto una resistenza ostinata, ma si
avrà soltanto il diritto di dichiararli prigionieri in conformità degli
usi di guerra.
A riguardo dei beni spetteranno al vincitore gli stessi diritti
che in caso dell'occupazione militare del paese nemico.
Titolo IX. - Delie Convenzioni di guerra &17
1369. — La capitolazione dovrà essere considerata valida ed
efficace con tutti gli effetti che da essa derivano, a riguardo dello
Stato contro di cui fu stipulata, anche quando il Comandante della
fortezza o del corpo di truppe si sia arreso a discrezione senza
esservi costretto da necessità, e, salvo il diritto spettante al so-
vrano di sottoporlo al giudizio di un tribunale militare per rendere
conto del suo operato, il Governo non potrà disconoscere l'efficacia
della capitolazione da lui stipulata.
1360. — Incombe al Comandante della fortezza o della posi-
zione fortificata, che ablùa sottoscritto la capitolazione, provve-
dere a che le proprie truppe non distruggano o danneggino in
mala fede le opere di difesa e non esportino le armi, le muni-
zioni che siano in loro possesso dopo conclusa la capitolazione
e che devono essere consegnate al vincitore. Ogni distruzione e
danneggiamento da parte delle truppe dopo la sottoscrizione della
capitolazione saranno reputati fatti in mala fede e contro Tonore
militare.
Obbligazioni assunte con atto unilaterale.
136L — L'onore militare esige che i Comandanti di eserciti
o di corpi d'armata adempiano strettamente, lealmente ed in buona
fede gl'impegni da essi formalmente assunti mediante proclami,
promesse formali ed atti unilaterali in qualunque forma.
Sarà reputato atto di vera fellonia quello di un Comandante
militare che violi gl'impegni assunti e che non osservi lealmente
quello che solennemente abbia promesso.
Salvacondotto. Liceìize.
1362. — n salvacondotto consiste nella concessione fatta da
un Comandante con atto scritto ad una o a più persone di attra^
versare la zona di territorio occupata dalle truppe senza essere
perquisite o in alcun modo molestate.
La licenza consiste nel permesso di fare certi determinati atti
^IS Libro IV, • Della tutèla giuridica del Diritto intemazimaU
che devono in massima essere reputati vietati secondo le leggi
generali della guerra, o secondo quelle promulgate con la legge
marziale dal Comandante in una data località.
1363. — Il salvacondotto potrà essere temporaneo e perma-
nente. Il primo non ha valore che pel tempo indicato nella con-
cessione stessa; il secondo deve ritenersi valevole per tutta la
durata della guerra e finché non sia stato annullato o rivocato.
1364. — Il salvacondotto debitamente rilasciato dairautorità
competente dovrà ritenersi soggetto alle seguenti norme:
a) concesso per recarsi ad un dato luogo, esso comprende
altresì il permesso di poter ritornare, sempre che questo risulti
dallo scopo pel quale il salvacondotto fu accordato;
h) la licenza accordata di lasciare un dato luogo implica che
alla persona debba essere altresì accordata protezione durante il
viaggio, finché non abbia oltrepassato i confini del territorio o le
linee della zona occupata dalle truppe ;
e) potrà valersi della concessione la persona soltanto cui il
salvacondotto fu rilasciato, e non s'intenderanno comprese neanche
le persone di famìglia, quando non sia stata espressamente estesa
ad esse la concessione;
d) la persona non avrà facoltà di trasportare mercanzie od
altro senza essere munita di permesso speciale;
e) il salvacondotto accordato ad una classe di persone («or-
rispondenti di ffiomali^ uffiziali di Potenze neutre deeHnati a stu^
diare le operazioni militari^ ecc.) s'intenderà comprendere tutte
le persone che siano in grado di stabilire e provare di apparte-
nere alla classe cui fu concesso;
f) il salvacondotto accordato ad un agente diplomatico di
Stato neutrale dovrà ritenersi esteso alle persone che secondo gli usi
internazionali formano parte del seguito ufficiale dell'agente stesso.
1366. — Ogni persona che abbia ottenuto un salvacondotto
dovrà osservare gelosamente e lealmente le condizioni sotto le
quali le fu concesso, e, qualora le violasse o abusasse della con-
cessione a danno del.)>elligerante, potrà essere trattato senz'altro
come nemico ed assoggettato alle leggi della guerra.
Titolo IX, ' Delle Convenzioni di guerra ^^^
1366. — n salvacondotto potrà essere revocato da qualunque
autorità superiore a quella che Io abbia concesso. Dovrà però in
tal caso esseme fatta partecipazione all'autorità che Io avesse rila-
sciato e alla persona che ne fosse munita, ponendola in grado
dì prendere quei provvedimenti che secondo le circostanze potes-
sero riuscire opportuni per mettersi al sicuro.
1367. — Il salvacondotto concesso a tempo determinato spira
con lo spirare del tempo indicato in esso. Se però la persona cui
fu concesso sia stata impedita da forza maggiore di attraversare
il territorio occupato dalle truppe, le autorità militari, dopo avere
preso notizia ed accertate le circostanze del fatto, dovranno riguar-
dare la persona protetta tuttora dal salvacondotto, tenuto conto
dello spirito della concessione e delle circostanze.
Salva (jiiar dia.
1368. — La salvaguardia consiste nella concessione fatta dal
belligerante^ con la quale certe persone o determinate località sono
dichiarate fuori delle leggi della guerra e coperte di speciale pro-
tezione.
1369. — U belligerante che abbia concesso la salvaguardia a
stabilimenti, opifici e località d'interesse pubblico, dovrà ritenere
immuni anche le persone addette al servizio di tali luoghi e rispet-
tare altresì ^ soldati di parte nemica, che si trovassero in essi, e
non dichiararli prigionieri di guerra, ma munirli di salvacondotto
concedendo ad essi di raggiungere i loro corpi.
Deir Armistizio.
1370. — L'armistizio è la convenzione stipulata dai Coman-
danti in capo degli eserciti nemici, o dai sovrani degli Stati nemici,
la quale ha per oggetto la cessazione temporanea delle ostilità su
tutto il teatro della guerra.
520 lAbro IV, - DeUa tutela giuridica del Diritto intemazionale
Qualora tale convenzione fosse limitata ad un perìmetro deter-
minato, sarà denominata tregua.
1371. — L'armistizio deve avere tutti i requisiti di un trattato,
e come tale non potrà ritenersi valido, se non quando sia stato
concluso dalle persone capaci a stipularlo validamente.
1372. — I Comandanti in capo degli eserciti belligeranti devono
ritenersi investiti del potere di stipulare l'armistizio, e, anche
quando essi lo avessero concluso sotto la condizione della ratilSca
da parte del capo dello Stato, esso produrrà provvisoriamente tutti
gli effetti pel tempo fissato dai Comandanti stessi per lo scambio
delle ratifiche.
1373. — Doyrà essere riguardato scopo diretto deiramiistizio
il dare l'opportunità di concordare durante esso le condizioni della
pace, senza che intanto vengano ad essere mutate sostanzialmente
le rispettive posizioni militari dei belligeranti e senza che avven-
gano fatti d'armi, che cambino le situazioni reciproche e che pos-
sano influire sul risultato definitivo della guerra.
1374. — L'armistizio potrà essere concluso a tempo determi-
nato ed indeterminato. In quest'ultimo caso esso produrrà tutti
gli effetti fino al momento in cui non sia denunziato dalla parte
di uno dei belligeranti.
Anche però quando l'armistizio sia stato concluso a tempo inde-
terminato, e sia protratto per una durata più o meno lunga, non
potrà mai equivalere alla pace, né potrà far ritenere cessato Io
stato di guerra.
Il princìpio posto neirultiroa parte della regola tende a fissare esattamente
che rarmistizio, anche protratto per un tempo considerevole, non può etpii-
-valere alla pace. Altra cosa è il sospendere su tutto il teatro dì guerra le osti-
lità, senza che cessi però Tapplicabìlità del Diritto di guerra, altra cosa è con-
cludere la pace, che importa la cessazione immediata dell^applicabilità del Diritto
di guerra. L^armistlzio protratto per quanto si voglia a lungo, non è la pace.
Fino a tanto che questa non sia conclusa, le ostilità potrebbero essere riprese,
e non occorrerebbe una nuova ragione di contesa, e nuove procedure, e nuova
dichiarazione di guerra, ma basterebbe soltanto di notificare la cessazione del-
Tarmistizio e riprendere e continuare la guerra interrotta. Questo è necessario
tener presente, perchè si nei rapporti dì Diritto pubblico interno, sì in quelli
di Diritto internazionale, durante Tarmìstizio protratto a tempo per quanto si
voglia considerevole dovrà essere applicato il Diritto di guerra e non quello
di pace.
Titolo IX. • Delle Convenzioni di guerra ^21
Co7rìe la convenzione debba essere redatta.
1375. — La convenzione d'armistizio dovrà ritenersi perfetta
al momento in cui sia stata conclusa e sottoscritta, salvo quanto
è detto alla reg. 1372.
Essa spira con Io spirare del termine stabilito nella convenzione,
il quale dovrà ritenersi fissato a momenti computando in esso
il giorno a quo.
1376. — Incombe alle parti contraenti fissare chiaramente e
con esattezza le condizioni di armistizio « stabilire precisamente:
a) il giorno e Torà in cui l'armistizio avrà principio e quanto
debba durare;
h) le linee principali che segnino i limiti delle rispettive posi-
zioni e tutte quelle altre indicazioni che possano valere a deter-
minare la situazione dei corpi d'armata, e a stabilire altresì quello
che deve ritenersi inibito o permesso all'una parte e all'altra du-
rante l'armistizio;
e) fissare il tempo che dovrà decorrere tra la denuncia del
medesimo da parte di uno dei belligeranti e la ripresa delle ostilità,
qualora non fosse stabilita la durata dell'armistizio.
Obbligazioìii reciproche durante ^armistizio.
1377. — Indipendentemente da qualunque accordo espresso
dovrà ritenersi assolutamente inibito durante l'armistizio il fare
sul teatro della guerra qual si sia lavoro di difesa ; il ricostruire
le opere abbattute; l'introdurre munizioni in una fortezza asse-
diata; e qual sì sia altra operazione che possa riuscire utile a
rendere più forte la posizione militare dell'una parte o dell'altra;
ma non sarà inibito del pari all'una parte e all'altra il fare quello
che, senza mutare sostanzialmente le loro rispettive posizioni mi-
litari, possa influire a rendere più forte. Tale dev'essere reputato
l'istruire le truppe, il fabbricare le armi, il fare lavori di difesa fuori
del teatro della guerra ed ogni altra operazione che il belligerante
522 Libro IV, - Uvllct tutela giuridica del Diritto internazionale
avrebbe potuto fare, se la guerra non fosse stata sospesa, e che il
nemico non avrebbe potuto impedire, se la lotta avesse continuato.
1378. — II belligerante non potrà durante l'armistizio vettova-
gliare una piazza assediata o bloccata, ma non gli può essere
inibito d'introdurre in essa la quantità di viveri, che possa essere
richiesta pel consumo giornaliero della guarnigione.
Ad eliminare ogni vertenza riuscirà opportuno che la quantità
sia determinata preventivamente nella convenzione stessa*
Come Varmistizio dev^essere eseguito.
1379. — L'armistizio conchiuso che sia, dovrà essere eseguitò
lealmente ed in buona fede. Incombe ai Comandanti degli eserciti
notificarne la conclusione con la maggiore possibile sollecitudine,
e a tutte le autorità militari, che abbiano ricevuta la comunicazione
ufficiale, ordinare immediatamente la sospensione delle ostilità.
1380. — Le parti contraenti sono tenute altresì ad osservare
ed eseguke lealmente le clausole dell'armistizio che concernono I
loro rapporti coi privati e con gli abitanti dei paesi da ciascuno
di essi militarmente occupati.
Dovrà in ogni caso ritenersi contro l' onore militare e contro
le leggi della guerra il fatto del belligerante, che durante l'armi-
stizio eccitasse alla rivolta o al tradimento gli abitanti del terri-
torio occupato dal nemico, o che eccitasse i soldati di parte con-
traria alla diserzione, o che in qualunque maniera la favorisse.
Atti di ostilità durante Varmistizio.
1381. — Qualunque violazione dell'armistizio commessa da una
delle parti varrà ad autorizzare immediatamente l'altra a denunziare
la convenzione e ricominciare le ostilità. Qualora poi la violazione
fosse grave, la parte contraria potrà ritenere rotta senz'altro la
convenzione d'armistizio.
Non potrà essere reputala violazione d'arnustizio il fatto da
parte di un corpo di truppe, che abbia continuato gli atti di osti-
TUolo IX. - Delle Convenzioni di guerra 523
lità dopo che l'armistizio sia stato concluso, ma prima che ad
esso fosse stato notificato; salvo solo il caso che il ritardo di
notificazione non dovesse ritenersi in mala fede, e sarà presunto
tale, quando sia decorso il tempo utile per darne partecipazione.
1382. — Gli atti di ostilità da parte di privati o di corpi franchi
non dipendenti dalla autorità militare, e che avessero agito di
propria iniziativa e senza tacita connivenza della autorità militare o
del Governo, non saranno reputati come violazione delle clausole
dell'armistizio, ma potranno soltanto autorizzare il belligerante a
trattare le persone, che avendo conosciuto la conclusione deirarmi-
stizio tali atti avessero commesso^ come ribelli punibili a seconda
della legge marziale, o a reclamare la punizione di essi da parte
dei Governo nemico, e, qualora fosse il caso di ammettere la
responsabilità indiretta del Governo, ottenere altresì di essere re-
staurato da lui di ogni danno cagionato dal fatto di tali colpevoli.
Della tregua.
1383. — La tregua o armistizio locale non interrompe del tutto
le ostilità e la guerra, ma ne sospende le operazioni relativamente
a quella parte del territorio a cui la convenzione si riferisca.
La tregua è soggetta alle stesse leggi che l'armistizio e dovrà
essere riguardata come una specie di armistizio locale.
Preliminari della pace.
1384. — Le convenzioni, con le quali siano stabilite le condi-
zioni preliminari della pace, non possono essere validamente con-
cluse, che dalle persone competenti a stipulare il trattato di pace,
e sono soggette alle stesse regole che i trattati medesimi. I patti
mediante esse stabiliti e fissati per addivenire alla conclusione della
pace definitiva dovranno ritenersi obbligatorii e venire osservati
lealmente ed in buona fede fino al momento in cui i negoziati
relativi non siano dichiarati rotti o sospesi.
524 Libro 1 K. - Della tutela giuridica del Diritto iiUtvnazionaU
TITOLO X.
Della NeutralilÀ, e dei diritti e doveri ohe ne oonsesruono.
Concetto e natura della neutralità.
1385. — La neutralità è di per sé stessa uno stato di fatto, e
consiste nella completa astensione da ogni atto ostile contro Unno
o Taltro dei belligeranti, e da quale si sia atto che possa dar
vantaggio all'uno o all'altro di essi pei fini della guerra.
1386. — La neutralità potrà essere volontaria, assoluta, con-
venzionale.
La prima è conseguenza dell'autonomia di ciascuno Stato e del
diritto che gli spetta di provvedere con completa indipendenza a
quanto concerne i rapporti suoi con gli altri Stati e di stabilire
liberamente la posizione che esso intende assumere nel caso che
sia sopravvenuta la guerra.
La seconda è quella che in modo generale ed assolato trovasi
imposta nell'interesse comune di tutti gli Stati ad uno di essi,
o in virtù di un trattato generale: o di una deliberazione del
Congresso : o in virtù del patto costituzionale o delle condizioni
concordate pel riconoscimento della personalità internazionale
di esso Stato.
La terza può essere la conseguenza di un trattato speciale, in
forza del quale uno Stato si sia obbligato verso uno o più Stati
ad osservare la neutralità in una data guerra.
1387. — A riguardo degli Stati in Unione la neutralità dovrà
essere considerata doverosa nel caso contemplato dalla feg. 1028.
1388. — La neutralità obbligatoria o assoluta sarà reputata
sotto la tutela giuridica collettiva di tutti gli Stati interessati a
farla rispettare.
Titolo X. ' Della NeutralUà 525^
Chi abbia diritto di essere reputato neutrale.
1389. — Ogni Stato potrà al sopravvenire della guerra dichia-
rare e notificare in via diplomatica che intende osservare la neu*
tralità. Quando abbia fatto tale dichiarazione e notificazione potrà
esigere di essere reputato neutrale, e avrà i diritti che da tale
condizione giuridica derivano, a cominciare dal momento in cui
tale dichiarazione sia stata da lui fatta.
Tutti coloro, pei quali la neutralità deve essere reputata dove-
rosa, saranno considerati senz'altro di pieno diritto neutrali a
cominciare dal momento della guerra.
1390. — Lo Stato, il quale non abbia dichiarato di voler essere
neutrale, ma che si trovi nelle condizioni per essere reputato di
pieno diritto tale, essendoché effettivamente non prenda nessuna
parte né direttamente né indirettamente alla guerra, sarà quali-*
fìcato neutrale, e potrà godere ed esercitare tutti i diritti, che da
tale posizione giuridica derivano, sotto la condizione di osservarne
i doveri.
1391. — Ogni Stato perderà il diritto di essere considerata
come neutrale in una guerra, ogni qual volta che per qual si sia
motivo prenda parte ad essa, o presti qualche soccorso al bel-
ligerante, o faccia o permetta che si faccia qual si . sia cosa, che
di per sé stessa possa essere qualificata atto di assistenza mili-
tare pei fini della guerra.
L'atto di assistenza non perderà il suo carattere come tale, se
lo Stato fosse obbligato a farlo in virtù di un trattato preesistente
o altrimenti.
1392. — Nessuno Stato potrà limitare la sua neutralità ad una
parte del territorio soltanto. Cosi come la personalità dello. Stato
è indivisibile, indivisibile dovrà essere reputata la posizione di fatto
di ciascuno Stato a riguardo dell'astenersi completamente o noa
astenersi dal prendere parte alla guerra.
1393. — Nessuno Stato che sia alleato del belligerante in una
guerra, che questi fa contro uno Stato, potrà pretendere di essere
^26 Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale
neutrale in un'altra guerra che sìa fatta contemporaneamente al-
trove dal suo alleato.
L'aiuto prestato ad uno Stato in una ^erra fatta da lui è evidentemente
nnVssistenza indiretta anche per Taltra gpierra fatta dal medesimo contro un
altro Stato, perchè di fatto rende più forte il belligerante contro Tuno e raltro.
Diritti degli Stati Neutrali.
1394. — Ogni Stato, che abbia dichiarato la neutrafìtà, potrà
difenderla con tutte le sue forze armate. Potranno altresì, gli Stati,
che avessero dichiarato di essere neutrali, stabilire un'alleanza
fra di loro per difendere con le forze associate la neutralità pro-
clamata.
Qualora la guerra fosse stata autorizzata dal Congresso a norma
della reg. 1026, gli Stati dell' Unione, che fossero restati neutrali,
potranno accrescere gli armamenti per difendere con le armi la
neutralità.
1396. — À ciascuno Stato neutrale spetta il godimento giuri-
dico e legittimo di tutti i diritti, di cui ogni Stato indipendente
può godere durante la pace ; esso non potrà però esercitarli, che
con le limitazioni rese necessarie dallo stato di guerra.
1396. — Nessuna limitazione a riguardo dell'esercizio dei di-
ritti dei neutrali potrà essere stabilita a volontà e balia dell'uno
o dell'altro belligerante, ma sarà reputata giusta e legittima sol-
tanto, quando trovisi contemplata nelle regole, che concernono i
doveri dei neutrali, o derivi dalla natura stessa della neutralità.
Quello, che ha reso incerta ed indeterminata la condizione giuridica degli
Stati neutrali, è dipeso dalla mancanza di norme precise e sicure circa i doveri
della neutralità. Dovendo indubitabilmente ammettersi, che gli Stati neutrali
sono tenuti a subire le conseguenze della guerra e ad esercitare i loro diritti
con le limitazioni imposte dalie necessità di essa, se fosse lasciato in facoltà
dei belligeranti stessi di stabilire a balia le limitazioni, e di determinare la
condizioni sotto le quali la neutralità potesse sussistere, ne conseguirebbe, che,
qualora il belligerante esagerasse in modo esorbitante le eccezioni e restrizioni
deiresercizio dei diritti spettanti ai neutrali, e potesse giustificare ogni pretesa
con le volute esigenze della guerra, "questo renderebbe al certo la posizione
dei neutrali soggetta ali* arbitrio dei belligeranti. Sarebbe infatti concesso a
costoro piena facoltà di allargare sififattamente le limitazioni da mettere i nen-
TUolo X. - Della Neutralità 5^7
trai! Della condizione di non potere esercitare di fatto i diritti, dei quali il
godimento giuridico non può essere ad essi negato. A fine di togliere ogni
arbitrio intorno a ciò bisogna ritenere in principio, che Tesercizio dei diritti
dei neutrali non possa subire altre limitazioni tranne che quelle, le quali siano
fondate sulle regole giuridiche, che concernono i doveri della neutralità, esclu-
dendo che tali regole potessero essere modificate a Yolontà dei belligeranti in
ciascuna guerra a seconda delle esigenze eventuali e delle circostanze.
Vedi pel maggiore sviluppo la mia opera: Diritto intemazionale pubbUeo^
voi. Ili, 3^ ediz.; cap. Considerazioni storiche sulla neutralità (Unione Tip.-Edi-
trice); e la traduzione francese fattane da Gharlss Ahtoihe (Paris, Pedona
Lauriel, editore).
Inviolabilità del territorio neutrale.
1397. — Dovrà essere reputato diritto assoluto di ogni Stato
neutrale il nnantenere durante la guerra rìnviolabilità di tutto il
territorio e delle sue adiacenze, e di tutte le acque territoriali, e
l'esigere che nessun fatto di guerra possa essere consumato in
tali località, e che nessuno dei belligeranti possa fare in esse qual
si sìa operazione pei fini della guerra.
1398. — Incombe ai belligeranti rispettare gelosamente Tin-
violabilità del territorio neutrale e delle sue adiacenze e l'aste-
nersi dal fare in esso qualunque atto di ostilità o dal compiere
in esso qualunque atto o fatto di guerra incominciato fuori della
giurisdizione territoriale del Sovrano neutrale.
Qualunque atto di ostilità fatto o compiuto nei luoghi soggetti
alla giurisdizione territoriale del Sovrano neutrale sarà reputato
contro le leggi della guerra, e sarà conseguentemente ritenuto
illegale anche il sequestro di una nave nemica fatto nelle acque
territoriali neutrali, quando la nave inseguita si sia rifugiata fn
esse, e il belligerante abbia soltanto compiuto l'attacco incomin-
ciato in alto mare.
Indipendenza neir esercizio dei diritti di sovranità.
1399. — Ciascuno Stato neutrale potrà con la più completa
indipendenza esercitare i diritti di sovranità durante la guerra co^
come durante la pace, e, purché l'esercizio di codesti diritti non
528 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto intemazionale
debba ritenersi limitato a norma delle regole precedenti, o che
le circostanze speciali non siano tali da fare attribuire agli atti
sovrani il carattere d'ingerenza e di assistenza all'uno o all'altro
dei belligeranti, la completa libertà nell'esercizio dei diritti sovrani
non potrà ritenersi limitata in considerazione dei pregiudizi even-
tuali, che ne possono derivare per l'una o per l'altra delle parti
belligeranti.
Qaesta regola può trovare la sua applicazione neUMpotesi che un Governo
di uno Stato neutrale abbia riconosciuto un Governo costituito dal partito
insorto nel caso di una guerra civile, e avesse considerato questo nel pieno
godimento dei diritti spettanti al belligerante riconoscendolo come tale. Non
ostante che tale riconoscimento potesse essere considerato come intempestivo
dal Governo contro cui la guerra fosse fatta, e che questo qualificasse come
ribelli i partigiani impegnati nella lotta politica contro dì lui; e dato pure che
la condotta del Governo dello Stato neutrale potesse essere giudicata come
una manifestazione di simpatia in favore del partito insorto, ed un procedi-
mento non di buona amicizia verso il Governo costituito, contro cui la guerra
fosse fatta, non si potrebbe nonpertanto negare al Governo neutrale il diritto
di farlo, né l'operato suo potrebbe essere giudicato in ogni caso fuori dei diritti,
che gli spettano nella posizione di neutrale (Confr, reg, 75-77).
Libertà del commercio pacifico.
1400. — Spetta allo Stato neutrale il diritto di proteggere la
libertà del commercio pacifico esercitato dai propri cittadini du-
rante la guerra, e di tutelare con ogni maniera la sicurezza della
navigazione e l'inviolabilità delle navi appartenenti ai medesimi
e delle mercanzie caricate su dì esse: di tutelare altresì il diritto
incontestato spettante ad essi di essere reputati fuori delle leggi
di guerra fino a tanto che non abbiano mancato ai doveri della
neutralità, e di esercitare il commercio con la stessa libertà che du-
rante la pace,' e senza nessuna opposizione non solo se codesto
commercio fosse da essi fatto direttamente dai porti neutrali a
quelli del nemico, ma di poter continuare ad esercitarlo, se fosse
fatto dall'uno all'altro dei porti dei belligeranti a seconda dei trat-
tati conclusi durante la pace, e che debbano essere reputati in
pieno vigore nonostante la guerra sopravvenuta.
Titolo X - Della Neutralità 529
1401. — Incombe ai belligeranti il ritenere in pieno vigore
i trattati stipulati durante la pace con gli Stati che, soprav-
venuta la guerra, abbiano dichiarato la neutralità, e continuare
ad osservare rispetto ad essi tutti gli obblighi assunti in forza di
tali trattati, e lasciare che essi e i loro cittadini godano comple-
tamente di tutti i diritti e di tutti i vantaggi che ne possano
derivare, così come se la guerra, alla quale lo Stato rimanga
estraneo, non fosse sopravvenuta.
Siccome la neutralità importa che il Diritto intemazionale relativo ai rap-
porti pacifici sussista nella sua integrità tra i belligeranti e lo Stato neutrale,
cos* non può essere una ragione sufficiente per sospenderne Tesatta osservanza
o per modificare Tapplicazione delle regole in vigore durante la pace, quella
dei vantaggi eventuali che dalFosservanza del Diritto stesso possono derivare
ai neutrali in conseguenza della guerra sopravvenuta. L* antica teoria, che i
belligeranti possono avere il diritto dMmpedire ai neutrali di profittare della
guerra, non può ammettersi, e si deve invece ritenere in massima che, sussi-
stendo rispetto ad essi integralmente il Diritto della pace, il belligerante non
possa agire altrimenti che a norma delle regole che concernono i rapporti reci-
proci durante essa.
Doveri degli Stati neutrali.
1402. — Incombe a ciascuno Stato neutrale:
a) l'astenersi lealmente e completamente dal prendere parte
alla guerra e il non fare nulla che direttamente o indirettamente
possa influire a rendere più forte uno dei belligeranti o ad inde-
bolire Taltro, e in generale l'astenersi da qual si sia atto che abbia
il carattere di assistenza pei fini delia guerra;
b) lì non permettere o tollerare che una delle parti belli-*
geranti faccia nel territorio dello Stato, e sue adiacenze, e nelle
acque territoriali qual si sia operazione di guerra, o che compia
un fatto qualunque pei fini della guerra;
e) il provvedere con le proprie leggi a che tutte le persone
soggette alla sua giurisdizione sovrana rispettino le regole della
neutralità ed osservino i doveri che ne conseguono;
d) l'esercitare la dovuta diligenza per impedire che ogni
persona soggetta alla propria giurisdizione violi le regole della
neutralità e i doveri che ne derivano;
34 — FioiiK. Dir. intern. codif.
530 Libro IV. - DtUa tutèla giuridica del Diritto intemazionàU
e) l'impedire coi mezzi dei quali può disporre, e con la stessa
dovuta diligenza, i danni eventuali che possono derivare contro
Tuno o l'altro belligerante dalla consumata violazione della neu-
tralità da parte di privati.
Fatti che possono essere qualificati atti di ostilità.
1403. — Saranno reputati atti di ostilità:
a) il soccorso dato ad uno dei belligeranti mediante truppe
armate, o mettendo a disposizione di esso una nave da guerra
o costruita ed equipaggiata per servire alla guerra, o conceden-
dogli ogni forma di sussidio pei fini della guerra;
U soccorso sarà reputato atto di ostUità, anche quando fosse dato con per-
fetta eguaglianza alFuna e all*altra parte belligerante.
b) il concedere o tollerare che una delle parti belligeranti si
serva del territorio dello Stato per passarvi con i suoi eserciti;
U fatto contemplato ai capiTersi a) e h) non perderà il proprio carattere come
tale se lo Stato fosse obbligato a concedere il soccorso o il passaggio in forza
di trattato precedentemente concluso.
e) il permettere o il tollerare che una nave da guerra dei belli-
geranti faccia nei porti dello Stato o nelle acque temtoriali di lui,
una operazione qualunque atta ad accrescere la forza o ad aumen*
tare l'armamento militare di essa, o che si provveda di vìveri e
di carbone, salvo solo il caso d'imminente necessità, ed in tale
evenienza non al di là della quantità, che possa occorrere pei
bisogni dell'equipaggio e pel tempo richiesto a navigare fino ad
un porto del paese della medesima;
cQ il favorire manifestamente la formazione di bande, che
siano reclutate nel suo territorio per conto di uno dei belligeranti ;
e) il permettere o il tollerare, che una nave da guerra o una
nave corsara dei belligei*anti entri nei porti o nelle acque tem-
toriali per vendere gli oggetti predati o per mettere al sicuro la
preda. Salvo soltanto il caso di entrata per rilascio forzato o per
necessità giustificate, nelle quali circostanze il rifugio potrebbe
Titolo X - Della Neutralità 531
essere concesso ad esse, sotto la condizione però che non ne pro-
fittassero pei fini della guerra;
f) il permettere ai cittadini di prendere servizio negli eserciti
degli Stati belligeranti, o di accettare lettere di marca a fine di
servire come corsari, o di accettare le proposte che fossero ad
essi fatte dalle parti belligeranti per l'armamento delle navi da
guerra o per partecipare in qualunque maniera air equipaggia-
mento o armamento di una di esse, o di un bastimento corsaro.
Fatti che non escludono il mantenimento della neutralità.
1404. — Non saranno reputati atti di ostilità o fatti inconci-
liabili colla neutralità:
a) il passaggio degli eserciti pel territorio neutrale, nel caso
che il belligerante lo abbia attraversato senza averne ottenuta
autorizzazione e che il Sovrano di esso non abbia potuto impe-
dirlo senza esporsi al pericolo di essere involto nella guerra;
b) Tarrolamento negli eserciti belligeranti da parte dei pri*
vati senza autorizzazione del Governo, ogni qual volta che questo
abbia applicato ai cittadini dello Stato le leggi in vigore a riguardo
di tutte le conseguenze giuridiche, che dallo annoiamento all'estero
potessero derivare;
e) il commercio non clandestino ed imparziale delle armi e
munizioni da guerra fatto per conto dei privati e a loro rìschio
e pericolo, e senza nessuna ingerenza né diretta né indiretti del
Governo per favorirlo;
d) qualunque fatto da parte dei privati (che non possa essere
inibito a norma della legge interna) che abbia potuto recare van-
taggio ad una o all'altra delle parti belligeranti, ma che sia stato
compiuto ad iniziativa dei privati stessi e senza che il Governo
abbia fatto da parte sua nulla, che abbia potuto influire a diminuire
il rischio dei medesimi e a proteggerli contro le leggi di guerra.
A chiarire il concetto dei principi! stabiliti gioverà tener presente, che ogni
Governo non può essere astretto a sospendere Tapplicazione delle leggi in-
terne, che permettano Tarrolamento all'estero, il commercio delle armi e delle
^- Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto iMernazionàU
munizioni da guerra, ì prestiti, i sussidi, la formazione di comitati di soccorso e
via dicendo, ma che è tenuto però ad applicarle in modo da escludere qual
si sia fondata presunzione di favore indiretto accordato da esso al fatto dei
privati ed agli atti di commercio, i quali devono essere da essi fatti ognora
a proprio rischio durante la guerra.
Al helligerante spetta sempre il diritto di premunirsi contro tutte le conse-
guenze, che possono derivare dal fatto dei privati, esercitando contro di essi
i diritti di guerra, e dovrà reputarsi sufficiente da parte del Governo neutrale
il lasciare i cittadini senza protezione contro gli atti e le misure prese dai
belligeranti e giustificate secondo il Diritto di guerra, e il badare alla leale
applicazione dalla parte sua di tutte le sanzioni penali comminate secondo la
propria legge contro certi aiti dei privati in tempo di guerra.
1405. — Non sarà reputato contro i doveri della neutralità il
concedere ai belligeranti di trasportare i feriti ed i malati attra-
versando il territorio neutrale.
Belligeranti rifugiati nei porti o nel teì^ritorio neutrale.
1406. — Non sarà reputato contro i doveri, che derivano dalla
neutralità, l'accordare il rifugio nei porti neutrali alle navi dei
belligeranti costrette ad entrarvi da forza maggiore o da infortuni
di mare, e raccogliere nel proprio territorio i soldati, che dopo
il combattimento vi domandassero asilo, o i corpi d'esercito che,
inseguiti dal nemico, vi si rifugiassero, purché però l'adempi-
mento di codesti doveri di umanità sia compiuto in maniera da
non arrecare pregiudizio diretto all'altro dei belligeranti e in con-
formità delle regole seguenti.
1407. — Incombe al Governo neutrale proteggere i corpi di
esercito, che inseguiti dal nemico si siano rifugiati nel territorio
dello Stato, e dovrà provvedere altresì a dare ai militari quanto
possa ritenersi richiesto secondo l'umanità pel mantenimento e
l'alloggio, salvo il diritto dì essere rimborsato delle spese dallo
Stato cui tali corpi appartengano, ma non potrà permettere ad
essi di ritornare al combattimento, se non a condizione che ab-
bandonino il territorio neutrale disarmati.
140y. — Incombe al Governo neutrale l'imporre alle navi da
guerra belligeranti, che si siano rifugiate nei porti dello Stato per
rilascio forzato, di non poter riprendere la navigazione che dopo
2tO«^
Titolo X. - Dello NeutralUà 53!
un certo tempo dairarrivo, non minore delle ventiquattro ore, e
il non permettere alle navi costrette ad entrarvi per riparare le
avarie solOTerte, che di fare le riparazioni soltanto rese indispen-
sabili per tenersi in mare e riprendere la navigazione.
Qualora però una nave belligerante si fosse rifugiata nel porto
neutrale per iscampare all'attacco del nemico, che la inseguiva
con forza superiore , e che era sicuro di catturarla , il Governo
neutrale non potrà, senza violare i doveri della neutralità, conce-
dere ad essa di riprendere la navigazione per continuare la guerra,
ma dovrà bensì trattenerla e non rilasciarla, che dopo avere otte-
nuta dal Comandante la parola di non prendere più parte alla
guerra.
Questa regola tende a conciliare i doveri di umanità con le esigenze della
guerra, e i diritti degli Stati neutrali con quelli dei belligeranti. A riguardo
di una nave, che sia entrata nel porto neutrale per rilascio forzato, dovrà repu-
tarsi sofflciente Timpedire ad essa di fare qual sia armamento militare e il
trattenerla almeno per ventiquattro ore, a fine di impedire così che Tentrata
nel porto neutrale formi parte delle operazioni di guerra. Rispetto poi alla
nave rifugiata in seguito al combattimento e che abbia profittato della prote-
zione del neutrale per iscampare alla forza superiore del nemico che Tinse-
guiva, e che abbia cos) evitato il pericolo imminente di essere da lui predata,
dovrebbe reputarsi indispensabile il non rilasciarla, che sotto la condizione che
essa sMm pegni a non prendere più parte alla guerra. Sarebbe una vera assi-
stenza militare se il neutrale potesse non solo impedire al belligerantedi inseguire
la nave nemica e predarla nelle acque territoriali neutrali, ma concedere altres
alla nave rifugiata di riprendere le ostilità.
Prigionieri sbarcati, e prede abbandonate in un porto neutrale.
1409. — Lo Stato neutrale non deve concedere che una nave
da guerra, che per circostanza di forza maggiore sia costretta
ad entrare in un porto di lui, possa sbarcarvi i prigionieri di
guerra, se non a condizione che essi siano messi in libertà, e che
sia loro concesso di recarsi disarmati ovunque loro aggradi.
1410. — Qualora una nave belligerante fosse costretta da cir-
costanze di forza maggiore ad abbandonare in un porto neutrale
o nelle acque territoriali neutrali la preda da essa fatta, incombe
al Governo neutrale il custodire gli oggetti e metterli a disposi-
zione dei loro proprietari; salvo solo il caso che si trattasse di
534 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto internazionale
.merci qualificate contrabbando di guerra, le quali dovrebbero
essere custodite fino al termine della guerra, e non messe a dispo-
sizione dei loro proprietari o del catturante, che in conformità
di quanto venisse deciso dal tribunale internazionale delle prede.
Diligenza neW osservare i doveri della neutralità.
1411. — Ogni Governo di Stato neutrale, che non abbia ado-
perato lealmente ed in buona fede la diligenza, che secondo la
natura delle cose e le esigenze della guerra deve reputarsi richiesta
per la completa osservanza dei doveri della neutralità, sarà tenuto
a rispondere di ogni conseguenza della mancata diligenza.
1412. — La diligenza richiesta da parte di ciascun Governo
dovrà essere determinata tenuto conto delle circostanze, che pote-
vano rendere più o meno imminente il pericolo della violazione
dei doveri della neutralità, e della preveggenza del danno a pre-
giudizio di una o dell'altra delle parti belligeranti, che esso doveva
e poteva impedire.
La sua responsabilità sarà poi valutata in ragion diretta dei
mezzi, dei quali esso poteva disporre per impedire l'evento, onde
allontanare o diminuire il danno effettivo causato al belligerantei
e della maggiore o minore solerzia nell'adoperarlu
Colpa per la mancata diligenza.
1413. — L'ignoranza da parte di un Governo del fatto com-
piuto o progettato dai privati con l'intendimento di violare i doveri
della neutralità, non potrà escludere la colpa per la mancata dili-
genza dalla parte di lui, ogni qual volta che l'ignoranza stessa,
tenuto conto delle circostanze, possa essere ritenuta maliziosa o
colpevole.
1414. — Nessun Governo neutrale potrà essere reputato col-
pevole per la mancata dovuta diligenza, se non abbia con precau-
zioni eccessive tutelato gl'interessi dei belligeranti, limitando a
Titolo X - Ddla NeutralUà 535
profitto di essi la libertà dei cittadini oltre quello che consentivano
le istituzioni del proprio paese ; ma l'impotenza attuale di un Go-
verno neutrale ad impedire la violazione dei doveri della neutra-
lità, non potrà escludere la colpa di lui, ogni qual volta che esso
non abbia in tempo opportuno provveduto con diligenza ad avere
i mezzi legali atti ad impedire la violazione dei doveri della neu-
tralità da parte dei privati.
Giudizio arbitrale.
1416. — Il decidere intorno alla diligenza, alla quale ogni Go-
verno, che lealmente ed in buona fede voglia osservare la neutra-
lità, deve reputarsi tenuto nelle circostanze particolari sopravvenute
durante la guerra, dovrà essere riguardato come una questione
particolare e complessa, e deferito ad un tribunale arbitrale, il
quale pronunciando a seconda dei principi! del Diritto e dell'equità
potrà, valutando i fatti e le speciali circostanze, decidere circa la
mancata diligenza imputabile.
Vedi pel maggiore sviluppo delle regole indicate la mia opera: Trattato di
Diritto intemasfionale pubblico, voi. ffl, 3' edizione.
Doveri dei belligeì-anti rispetto ai neutrali.
1416. — Incombe ai belligeranti riguardare tutti gli Stati, che
al sopravvenire della guerra abbiano dichiarato la neutralità, o
che si trovino nelle condizioni per essere legalmente qualificati
neutrali, nel pieno godimento di tutti i diritti a ciascuno di essi
spettanti nello stato di pace, salvo le restrizioni imposte secondo
il Diritto comune per la guerra sopravvenuta.
Incombe altresì ad essi l'astenersi dall' applicare il Diritto di
guerra ai cittadini degli Stati neutrali, che non facciano atti di
ostilità, e considerarli sotto la protezione del Diritto vigente du-
rante la pace, ogni qual volta che essi adempiano lealmente ed
S26 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto internazionale
neutrale in un'altra guerra che sia fatta contemporaneamente al-
trove dal suo alleato.
L^aiuto prestato ad uno Stato in una guerra fatta da lui è evidentemente
un'assistenza indiretta anche per Taltra guerra fatta dal medesimo contro un
altro Stato, perchè di fatto rende più forte il belligerante contro Tuno e Faltro.
Diritti degli Stati Neutrali.
1394. — Ogni Stato, che abbia dichiarato la neutralità, potrà
difenderla con tutte le sue forze armate. Potranno altresì, gli Stati,
che avessero dichiarato di essere neutrali, stabilire un'alleanza
fra di loro per difendere con le forze associate la neutralità pro-
clamata.
Qualora la guerra fosse stata autorizzata dal Congresso a norma
della reg. 1026, gli Stati deirZ7mon^, che fossero restati neutrali,
potranno accrescere gli armamenti per difendere con le armi la
neutralità.
1395. — A ciascuno Stato neutrale spetta il godimento giuri-
dico e legittimo di tutti i diritti, di cui ogni Stato indipendente
può godere durante la pace ; esso non potrà però esercitarli, che
con le limitazioni rese necessarie dallo stato di guerra.
1396. — Nessuna limitazione a riguardo dell'esercizio dei di-
ritti dei neutrali potrà essere stabilita a volontà e balia dell'uno
o dell'altro belligerante, ma sarà reputata giusta e legittima sol-
tanto, quando trovisi contemplata nelle regole, che concernono i
doveri dei neutrali, o derivi dalla natura stessa della neutralità.
Quello, che ha reso incerta ed indeterminata la condizione giuridica degli
Stati neutrali, è dipeso dalla mancanza di norme precise e sicure circa i doveri
della neutralità. Dovendo indubitabilmente ammettersi, che gli Stati neutrali
sono tenuti a subire le conseguenze della guerra e ad esercitare i loro diritti
con le limitazioni imposte dalle necessità di essa, se fosse lasciato in facoltà
dei belligeranti stessi di stabilire a balia le limitazioni, e di determinare le
condizioni sotto le quali la neutralità potesse sussistere, ne conseguirebbe, che,
qualora il belligerante esagerasse in modo esorbitante le eccezioni e restrizioni
deiresercizio dei diritti spettanti ai neutrali, e potesse giustificare ogni pretesa
con le volute esigenze della guerra, questo renderebbe al certo la posizione
dei neutrali soggetta air arbitrio dei belligeranti. Sarebbe infatti concesso a
costoro piena facoltà di allargare siffattamente le limitazioni da mettere i neu-
TUiAo X, ■ DeUu Neutralità 527
trai! nella condizione di non potere esercitare di fatto i diritti, dei qnali il
godimento giuridico non può essere ad essi negato. A fine di togliere ogni
arbitrio intomo a ciò bisogna ritenere in principio, che Tesercizio dei diritti
dei neutrali non possa subire altre limitazioni tranne che queUe» le quali siano
fondate sulle regole giuridiche, che concernono i doveri della neutralità, esclu-
dendo che tali regole potessero essere modificate a yolontà dei belligeranti in
ciascuna guerra a seconda delle esigenze eventuali e delle circostanze.
Vedi pel maggiore sviluppo la mia opera: Diritto intemazionale pubbUeOt
voi. Ili, 3* ediz. ; cap. Considerazioni storiche sulla neutralità (Unione Tip.-Edi-
trice); u la traduzione francese fattane da Gharlks Antoius (Paris, Pedona
Lauriel, editore).
Inviolabilità del territorio neutrale.
1397. — Dovrà essere reputato diritto assoluto di ogni Stato
neutrale il mantenere durante la guerra TinTiolabilità di tutto il
territorio e delle sue adiacenze, e di tutte le acque territoriali, e
l'esigere che nessun fatto di guerra possa essere consumato in
tali località, e che nessuno dei belligeranti possa fare in esse qual
si sìa operazione pei fini della guerra.
1398. — Incombe ai belligeranti rispettare gelosamente Tin-
yiolabilità del territorio neutrale e delle sue adiacenze e l'aste-
nersi dal fare in esso qualunque atto di ostilità o dal compiere
in esso qualunque atto o fatto dì guerra incominciato fuori della
giurisdizione t^rìtorìale del Sovrano neutrale.
Qualunque atto di ostilità fatto o compiuto nei luoghi soggetti
alla giurisdizione territoriale del Sovrano neutrale sarà reputato
contro le leggi della guerra, e sarà conseguentemente ritenuto
illegale anche il sequestro dì una nave nemica fatto nelle acque
territoriali neutrali, quando la nave inseguita si sia rifugiata fn
esse, e il belligerante abbia soltanto compiuto l'attacco incomin-
ciato in alto mare.
Indipendenza neW esercizio dei diritti di sovranità.
1399. — Ciascuno Stato neutrale potrà con la più completa
indipendenza esercitare ì diritti di sovranità durante la guerra co^
come durante la pace, e, purché Tesercizio di codesti diritti non
528 Libro IV, - Détta tutela giuridica del DiriUo intemazionale
debba ritenersi limitato a norma delle regole precedenti, o che
le circostanze speciali non siano tali da fare attribuire agli atti
sovrani il carattere d'ingerenza e di assistenza all'uno o all'altro
dei belligeranti, la completa libertà nell'esercizio dei diritti sovrani
non potrà ritenersi limitata in considerazione dei pregiudizi even-
tuali, che ne possono derivare per l'una o per l'altra delle parti
belligeranti.
Questa regola può trovare la sua applicazione neiripotesì che un Governo
di uno Stato neutrale abbia riconosciuto un Governo costituito dal partito
insorto nel caso di una guerra civile, e avesse considerato questo nel pieno
godimento dei diritti spettanti al belligerante riconoscendolo come tale. Non
ostante che tale riconoscimento potesse essere considerato come intempestivo
dal Governo contro cui la guerra fosse fatta, e che questo qualificasse come
ribelli i partigiani impegnati nella lotta politica contro dì lui; e dato pure che
la condotta del Governo dello Stato neutrale potesse essere giudicata come
una manifestazione di simpatia in favore del partito insorto, ed un procedi-
mento non di buona amicizia verso il Governo costituito, contro cui la guerra
fosse fatta, non si potrebbe nonpertanto negare al Governo neutrale il diritto
di farlo, nò Toperato suo potrebbe essere giudicato in ogni caso fuori dei diritti,
che gli spettano nella posizione di neutrale (Confr. reg, 75-77).
Libertà del commercio pacifico.
1400. — Spetta allo Stato neutrale il diritto di proteggere la
libertà del commercio pacifico esercitato dai propri cittadini du-
rante la guerra, e di tutelare con ogni maniera la sicurezza della
navigazione e l'inviolabilità delle navi appartenenti ai medesimi
e delle mercanzie caricate su di esse: di tutelare altresì il diritto
incontestato spettante ad essi di essere reputati fuori delle leggi
di guerra fino a tanto che non abbiano mancato ai doveri della
neutralità, e di esercitare il commercio con la stessa libertà che du-
rante la pace,- e senza nessuna opposizione non solo se codesto
commercio fosse da essi fatto direttamente dai porti neutrali a
quelli del nemico, ma di poter continuare ad esercitarlo, se fosse
fatto dall'uno all'altro dei porti dei belligeranti a seconda dei trat-
tati conclusi durante la pace, e che debbano essere reputati in
pieno vigore nonostante la guerra sopravvenuta.
Titolo X - Della Neutralità 529
1401. — Incombe ai belligeranti il ritenere in pieno vigore
i trattati stipulati durante la pace con gli Stati che, soprav-
venuta la guerra, abbiano dichiarato la neutralità, e continuare
ad osservare rispetto ad essi tutti gli obblighi assunti in forza di
tali trattati, e lasciare che essi e i loro cittadini godano comple-
tamente di tutti i diritti e di tutti i vantaggi che ne possano
derivare, così come se la guerra , alla quale lo Stato rimanga
estraneo, non fosse sopravvenuta.
Siccome la neutralità importa che il Diritta intemazionale relativo ai rap-
porti pacifici sussista nella sua integrità tra i belligeranti e lo Stato neutrale,
008* non può essere una ragione sufficiente per sospenderne Tesatta osservanza
o per modificare Tapplicazione delle regole in vigore durante la pace, quella
dei vantaggi eventuali che dall'osservanza del Diritto stesso possono derivare
ai neutrali in conseguenza della guerra sopravvenuta. L'antica teoria, che i
belligeranti possono avere il diritto d'impedire ai neutrali di profittare della
guerra, non può ammettersi, e si deve invece ritenere in massima che, sussi-
stendo rispetto ad essi integralmente il Diritto della pace, il belligerante non
possa agire altrimenti che a norma delle regole che concernono i rapporti reci-
proci durante essa.
Doveri degli Stati neutrali.
1402. — Incombe a ciascuno Stato neutrale:
a) Tastenersi lealmente e completamente dal prendere parte
alla guerra e il non fare nulla che direttamente o indirettamente
possa influire a rendere più forte uno dei belh'geranti o ad inde-
bolire l'altro, e in generale l'astenersi da qual si sia atto che abbia
il carattere dì assistenza pei fini della guerra ;
li) il non permettere o tollerare che una delle parti belli-
geranti faccia nel territorio dello Stato, e sue adiacenze, e nelle
acque territoriali qual si sia operazione di guerra, o che compia
un fatto qualunque pei fini della guerra;
e) il provvedere con le proprie leggi a che tutte le persone
soggette alla sua giurisdizione sovrana rispettino le regole della
neutralità ed osservino i doveri che ne conseguono;
d) l'esercitare la dovuta diligenza per impedire che ogni
persona soggetta alla propria giurisdizione violi le regole della
neutralità e i doveri che ne derivano;
34 — FioRK. Dir, interri, codif.
^0 Libro ir. ' Della tutela giwHdica del Diritto inUmazionàU
il commercio dei neutrali è stato ristretto senza giustificati criteri, avendo cia-
scuno dei belligeranti enumerato secondo il proprio arbitrio gli oggetti di con-
trabbando di guerra, ed assoggettato alle leggi, che colpiscono il trasporto del
contrabbando, ogni nave che trasportava gli oggetti dei quali il commercio era
stato da lui inibito. Ammettiamo che particolari esigenze possano giustificare
di accrescere in date circostanze oltre i giusti limiti gli oggetti dei quali debba
essere vietato il commercio. Però nessun belligerante potrebbe arrogarsi verona
giurisdizione rispetto a tutti gli Stati dichiarando il commercio degU oggetti da
lui indicati quale contrabbando di guerra, altrimenti si verrebbe ad ammettere
che esso medesimo potesse far la legge, con cui fosse derogato al Diritto
comune, ed assoggettare poi tutti alle sanzioni penali secondo il Diritto inter-
nazionale in caso di violazione. Laonde, qualora per le particolari circostanze
divenisse veramente necessario Tinibire il commercio di certi oggetti, il divieto
fatto dal belligerante mediante ordinanze promulgate al cominciamento della
guerra, non potrebbe divenire efficace a qualificare il commercio degli oggetti
inibiti contrabbando di guerra, che nel caso che i Governi degli Stati neutrali
avessero riconosciuto nel commercio inibito il carattere deirainto o assistenza
ai fini della guerra, ed avessero imposto ai cittadini di astenersi dal fare il
trasporto di quei determinati oggetti, dichiarandoli compresi tra quelli di
contrabbando.
Contrabbando di guerra convenzionale.
1427. — La categoria degli oggetti di contrabbando potrà essere
allargata oltre i limiti fissati nella regola precedente in virtù di
patti speciali espressamente concordati tra Io Stato belligerante
e altri Stati coi trattati o stipulati precedentemente per essere
reciprocamente obbligatorii in qual si sia guerra, o conclusi al
cominciamento della guerra. In questo caso l'estensione del con-
trabbando sarà valevole soltanto tra gli Stati, che avessero con-
cluso il trattato, e la proibizione di trasportare gli oggetti indicati
sarà efficace a riguardo soltanto dei cittadini degli Stati, che aves-
sero sottoscritto il trattato.
Ammettendo che la categoria degli oggetti di contrabbando possa essere estesa
in virtù di un trattato, veniamo a dire che il divieto oltre i limiti fissati se-
condo il Diritto comune può essere allargato in virtù del Diritto convenzionale,
ma limitatamente ai cittadini degli Stati, che avessero stipulato il trattato.
Questo non modifica, ma ribadisce la nostra regola, che cioè il concetto del
contrabbando di guerra secondo il Diritto internazionale, e la conseguente appli-
cazione delle regole di Diritto internazionale che lo concernono, devono rite-
nei'si fìssati secondo il Diritto comune, e che tutto ciò non può essere determi-
nato dai Governi belligeranti in occasione di ciascuna guerra, ma che può essere
bensì soltanto modificato in virtù del Diritto convenzionale, ma limitatamente
alle persone che possono essere assoggettate all'osserranza del trattato.
Titolo XI. - Del contrabbando di guetTa ^*
Diritto del belligerante dHnibire il commercio di certi oggetti.
1428. — Il belligerante può per le esigenze della guerra inibire
il trasporto di certi oggetti al nemico, ed impedire colla via di
fatto che essi arrivino in potere di lui, salvo però l'obbligo d'in-
dennizzare di ogni danno i privati da lui forzatamente assoggettati
alle esigenze della guerra.
Per spiegare il concetto della proposta regola osserviamo, che non si può
assolutamente escludere che in certe evenienze il belligerante possa avere il
diritto dMmpedire che arrivino al nemico certi determinati oggetti, dei quali
egli abbia pressante bisogno e di cui la mancanza arrecherebbe a lui nocu-
mento sicuro e minor forza per continuare la guerra. L'inibizione e la via di
fatto per renderla effettiva sarebbero giustificate come qual si sia operazione
di guerra rispetto a tutti, imperocché nessuno può dÌ8:onoscere che la guerra
è di per so stessa un fatto di forza maggiore idoneo a modificare 1* autorità
dei principii di Diritto comune. Evvi durante la guerra un complesso di diritti
fondati sulla necessità dell'attacco e della difesa, e tra questi va pure anno-
Terato il diritto di espropriazione forzata che si afferma colle requisizioni, colle
somministrazioni forzate e via dicendo. Deve quindi ammettersi che il belli-
gerante per indebolire il nemico possa pure impedire che certi oggetti arrivino
nelle sue mani a fine di togliergli così la forza della resistenza o i mezzi di
cui abbisogna per continuare la guerra.
Quello che egli non può fare si è di trasformare la nozione giuridica del
fatto suo, nel senso cioè di attribuire a quello, che egli può lecitamente fare
come operazione di guerra, il carattere che ha Tesercizio del diritto spettante
al belligerante secondo la legge intemazionale, di considerare cioè il trasporto
come contrabbando di guerra, non neutrale chi trasporti al nemico gli oggetti
da luì qualificati contrabbando e di assoggettarlo alle sanzioni penali stabilite
secondo il Diritto internazionale contro chiunque violi i doveri di neutralità*
Per tali ragioni noi ammettiamo il diritto del divieto come fondato sulle ne-
cessità della guerra : consideriamo il divieto come un fatto di forza maggiore
giustificabile come ogni altra operazione di guerra, e conseguentemente am*
mettiamo in pari tempo che il belligerante debba indennizzare i privati che
patiscono il danno del sequestro in transUu della merce trasportata per conto
o a destinazione del nemico, essendo che il trasporto non possa essere quali*
ficato contrabbando di guerra, ma può essere non per tanto inibito soltanto
pei fini del belligerante e nell'in teresse esclusivo dì lui.
Destinazione della merce o della nave.
1429. — Tutti gli oggetti, che a norma delle regole precedenti
possono essere qualificati tra quelli di contrabbando di guerra, sa-
ranno soggetti alle leggi di guerra, che concernono il loro trasporto,
542 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto internazionale
quando siano diretti all'una o all'altra delle parti belligeranti, con
falsa destinazione o per mezzo d'interposte persone.
1430. — Sarà presunta diretta al belligerante di parte nemica
la merce di contrabbando caricata a bordo di nave neutrale ogni
qual volta questa nel corso del suo viaggio debba toccare un
porto del medesimo, nonostante che il porto di destinazione sia
neutrale, o quando nel corso del suo viaggio essa debba appog-
giare nelle acque, ove si trovi la squadra nemica o una parte
di essa.
Potrà del pari essere presunta ostile la destinazione della merce,
se la nave navighi fuori della rotta regolare per il porto di desti-
nazione indicato dalle carte di bordo, o quando le carte e i docu-
menti esistenti a bordo apparissero falsi, o simulati, o alterati.
1431. — Ogni nave neutrale, la quale sia stata noleggiata da
uno dei belligeranti, sarà reputata noleggiata per un fine militare
e al servizio attuale del nemico, o come destinata a prestare ser-
vizio a lui, e sarà come tale qualificata contrabbando di guerra.
Trasporti inibiti ed assimilati al contrabbando di guerra.
1432. — Saranno assimilati al contrabbando di guerra i tras-
porti per conto o a destinazione del nemico fatti in tempo di
guerra, che abbiano il carattere di assistenza militare.
Saranno qualificati tali il trasporto di soldati o ufficiali; il tras-
porto dei dispacci; il trasporto del carbon fossile; il trasporto
degli agenti del partito belligerante, subordinatamente alle regole
seguenti.
Trasporto di soldati e ufficiali.
1433. — Sarà qualificato come atto diretto di assistenza mi«
litare ed assimilato al contrabbando di guerra il fatto di una nave,
che si sia volontariamente prestata a trasportare i soldati al bel-
ligerante, 0 che si sia prestata scientemente e volontariamente a
Titolo XL - Dd contrabbando di guerra «^^
trasportare al medesimo ufficiali, o persone inviate per un fine
militare o per un pubblico servizio in relazione ai finì della guerra.
Una nave neutrale, la quale fosse stata costretta con la violenza o con la
forza a trasportare i soldati o i marinai all'uno o all'altro dei belligeranti,
non potrebbe essere reputata colpevole di violazione di neutralità, ed è per
questo che il trasporto non può essere imputabile ad essa, se non che quando
abbia accettato volontariamente di fare tale servizio per conto del belligerante,
n trasporto di un ufficiale o comandante, anche quando fosse volontariamente
fatto, non può essere imputabile alla nave neutrale, quando essa dia la prova
piena che, benché abbia volontariamente accettato tale servizio, ignorava com-
pletamente la condizione della persona o delle persone da essa trasportate
come passeggierì. La nostra regola tende quindi a stabilire che la nave neu*
trale non possa essere trattata come nemica, se non che quando abbia volon-
tariamente e scientemente commesso un atto di assistenza militare.
Trasporto di dispacci.
1434. — Sarà assimilato al contrabbando di guerra il fatto di
una nave che volontariamente abbia accettato di trasportare i
dispacci di un'autorità militare a chiunque essi siano diretti, o
quelli indirizzati ad un'autorità militare da chiunque essi siano
spediti, e il fatto della nave che trasporti da uno all'altro porto
di una parte belligerante i dispacci di un pubblico funzionario
dello Stato diretti ad un altro pubblico funzionario dello Stato
medesimo, e quelli di una nave che scientemente e volontariamente
si sia prestata al trasporto della corrispondenza pei fini della
guerra {Confr. reg, 1438).
Quello che ci sembra indispensabile nel caso di trasporto di dispacci per
qualificare come atto di ostilità l'operato della nave, che si sia a ciò prestata,
è l'avere essa scientemente e volontariamente inteso di apportare con l'atto suo
un soccorso al belligerante, dacché in tal guisa diverrebbe anch'essa nemica»
alla pari di chiunque si proponga di recare un aiuto qualsiasi al nemico. Allora
quando la nave si presti a portare i dispacci di un'autorità militare, non può
ignorare che l'atto suo è di per sé stesso un soccorso e che cosi facendo
faccia un atto di ostilità. Tale attitudine da parte sua la pone quindi nelle con-
dizioni per essere trattata come nemica. La sua intenzione ostile non può essere
del pari esclusa quando essa si presti volontariamente a fare da corriere portando
un dispaccio di un pubblico funzionario dello Stato belligerante diretto ad altro
funzionario di questo, ovunque essa debba poi al medesimo consegnarlo. A
riguardo poi di ogni altra forma di corrispondenza, la condizione di essersi essa
prestata conoscendo lo scopo della corrispondenza ci pare indispensabile.
Per tale considerazione nella seconda parte della regola é detto scientemenU
544 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionale
e volontariamente, perchè soltanto quando la nave neutrale faccia spontanea^
mente qualche cosa a vantaggio del nemico, diviene nemica. Se essa avesse
trasportato il dispaccio ignorandone la provenienza e in buona fede, e potesse
darne prova piena, Toperato suo non potrebbe essere qualificato atto di ostilità.
Trasporto del carbon fossile.
1435. — Sarà assimilato al contrabbando di guerra il trasporto
del carbon fossile per conto del belligerante, se esso sia destinato
alle autorità militari residenti in qualunque parte dello Stato bel-
ligerante, 0 se sia destinato ad una nave che faccia parte dell'ar-
mata, in qualunque luogo debba essere consegnato.
Trasporto degli agenti diplomatici.
1436. — Non sarà assimilato al contrabbando il trasporto degli
agenti diplomatici dello Stato belligerante.
In caso però di guerra civile, una nave che scientemente e
volontariamente si presti a trasportare gli agenti del partito rivo-
luzionario, che faccia la guerra, può essere reputata colpevole di
trasporto illecito assimilato al contrabbando di guerra.
Non si può stabilire in massima che il trasporto di agenti o commissari di
una parte belligerante, possa essere assimilato al contrabbando di guerra. Con-
viene bensì che, avuto riguardo alle circostanze, si possa ravvisare nel fatto
rintenzione diretta a prestare assistenza e soccorso pei fini della guerra. Se il
trasporto non abbia il carattere vero e proprio di atto di ostilità e di aiuto
al belligerante per fare o continuare la guerra, non puossi ravvisare nel fatto
del trasporto il carattere di trasporto ostile e molto meno poi assimilarlo al
contrabbando di guerra.
Oggetti che non possono essere compresi
nel contrabbando di gueì'ra.
1437. — Non saranno comprese tra gli oggetti di contrabbando
di guerra le armi e le munizioni, che si trovino a bordo di nave
neutrale e che si debbano ritenere destinate ad uso di essa e pei
bisogni della sua difesa.
Titolo XI. • Del contrabbando di guerra 545
1438. — Non sarà assimilato al contrabbando di guerra il tras-
porto della corrispondenza ordinaria contenuta nelle valigie postali
destinate ad un porto nemico e provenienti da porto neutrale, né
il trasporto di dispacci provenienti dai Ministri o Consoli dello
Stato belligerante accreditati o residenti in un porto neutrale e
diretti al proprio Governo.
Non essendo interrotti durante la guerra i rapporti diplomatici tra gli Stati
belligeranti e gli Stati neutrali, bisogna pure ammettere che la corrispondenza
dei Ministri e dei Consoli residenti negli Stati neutrali col proprio Governo,
non possa essere interrotta per la guerra sopravvenuta.
1439. — Non sarà qualificato contrabbando di guerra il fatto
da parte di nave neutrale, che volontariamente si sia prestata a
trasportare ì cittadini dell'una o dell'altra parte belligerante resi-
denti all'estero, e che per la guerra sopravvenuta si siano imbar-
cati per recarsi nella loro patria, anche quando vi sia ragione di
supporre, che essi vi si rechino per prendere parte alla guerra.
Coloro che emigrano anche coli* intendimento di arrolarsi come volontari
negli eserciti del loro paese, non possono al certo essere qualificati come sol-
dati, nò conseguentemente il fatto del trasportarli assimilato al trasporto dei
soldati inibito come alla regola 1433*
Sanzioni penali pel trasporto del contrabbando di guerra.
1440. — Il trasporto del contrabbando di guerra, sia esso fatto
da nave mercantile nemica o da nave neutrale, renderà appli-
cabili le sanzioni penali stabilite secondo il Diritto comune o se-
condo il Diritto convenzionale, per impedire e reprimere tale fatto
illecito di assistenza durante la guerra.
Le sanzioni penali però non potranno essere applicate che a!
fatti, che possano essere qualificati contrabbando di guerra secondo
le regole innanzi stabilite.
1441. — Le sanzioni penali per impedire il trasporto del con-
trabbando di guerra non possono assumere carattere e natura di
pena per reprimere il fatto, come se esso fosse un reato impu-
tabile, ma devono bensì essere ordinate a tutelare il diritto di
legittima difesa spettante al belligerante contro il nemico di lui.
35 — Fiore, Dir. intern. codif.
546 Libro IV. - Della tutela giuridica del DiHtto intemazionale
Esse non possono quindi essere esagerate ed aggravate a fine di
rendere cosi più efficace la repressione, ma devono bensì essere
ristrette e limitate a quanto possa occorrere per far salvo il diritto
della difesa.
1442. — Incombe ai Governi degli Stati civili lo stabilire di
accordo un regolamento intemazionale circa le sanzioni penali
adatte ad impedire i fatti illeciti di assistenza militare in tempo
dì guerra, a fine di eliminare cosi ogni arbitrio in questa materia
tanto delicata.
Finché non si verificherà l'accordo intomo a ciò, le sanzioni
penali non potranno essere giustificate, se non quando esse siano
conformi ai principii generali del Diritto internazionale.
Sanzioni penali secondo i principii generali
del Diritto internazionale.
1443. — ÀI belligerante spetta il diritto di confiscare tutti gli
oggetti da lui trovati a bordo di navi neutrali, i quali costituiscano
il contrabbando di guerra secondo il Diritto internazionale.
1444. — Il belligerante potrà arrestare e ritenere la nave che
trasporti gli oggetti di contrabbando, tanto quanto possa essere
richiesto per operare la confisca di detti oggetti e trasportarli in
luogo sicuro.
1445. — Il diritto di predare la nave neutrale, che trasporti
il contrabbando, può essere attribuito al belligerante nel solo caso
in cui essa pel fatto dell'assistenza militare possa essere assimi-
lata ad una nave nemica.
A ciò occorrerà che i fatti e le circostanze siano tali da fare
ritenere la nave colpevole di partecipazione attiva alle ostilità.
1446. — Si potrà ritenere la partecipazione attiva alle ostilità
nei seguenti casi di fragranza:
a) quando la nave si sia prestata volontariamente e scien-
temente a trasportare soldati al nemico;
Titolo XL - Del contrabbando di guerra M7
h) quando scientemente e volontariamente sia stata noleggiata
per trasportare dispacci al nemico nelle circostanze richieste, a
fare assimilare tale trasporto al contrabbando di guerra;
e) quando essa sia stata noleggiata per trasportare viveri e
provvisioni alle navi da guerra o all'esercito;
d) quando essa sia destinata ad essere messa a disposizione
del belligerante;
e) quando la merce di contrabbando da essa trasportata
costituisca la parte principale del carico {tre quarti^ o non meno
di^due terzi);
f) quando in seguito all'essere sospettata di trasportare il
contrabbando abbia resistito colla forza a sottomettersi alla visita.
Le regole proposte si fondano sul concetto che il Diritto eccezionale vigente
durante lo stato dì guerra, può attribuire al belligerante il potere d'impedire
qualsiasi alto da parte dei neutrali, dal quale possa derivare a lui un danno
per gl'interessi della propria difesa , però senza che egli possa assumere la
posizione di legislatore, colla potestà di costringere tutti a rispettare i propri
decreti e di applicare a titolo di pena le sanzioni più severe per atterrire onde
intelare più efficacemente i propri interessi. Cosi si verrebbe ad ammettere che
il belligerante potesse vantare un diritto di giurisdizione in alto mare, quali-
ficare reati i fatti che ledessero i suoi dùitti, ed assoggettare alle sanzioni penali
da lui comminate coloro che avessero contravvenuto al divieto da lui promulgato
per tutelarli. Che conseguentemente per rendere più efficace la repressione po-
tesse esser lecito altresì di aggravare la pena confiscando anche la nave che
trasporti gli oggetti da lui dichiarati contrabbando di guerra, col pretesto di
tutelare in tal modo i propri diritti mediante la maggiore intimidazione contro
coloro che tentassero di lederli. Posto invece il più giusto concetto, che cioè tutto
il diritto del belligerante si riassume nel provvedere efficacemente alla propria
difesa, e di assoggettare alle leggi della guerra il nemico soltanto, in quanto egli
faccia atti di ostilità reali ed attuali, ne consegue, che egli possa indubitabilmente
impadronirsi degli oggetti qualificati contrabbando di guerra, ma non della nave
che li trasporti, perchè il fatto puro e semplice del trasporto può essere reputato
atto di commercio e d'altra parte egli non può vantare giurisdizione per punire
chi abbia contravvenuto al divieto. Se tutti gli Stati si accordassero nel qua-
lificare il contrabbando di guerra come un reato di Diritto intemazionale, e
stabilissero pure d'accordo che dovesse essere soggetta alla confisca la nave
che lo avesse commesso, la confisca della nave potrebbe essere giustificata in
conseguenza della violazione della legge comune dagli Stati proclamata, ma nelle
condizioni attuali il belligerante non può esercitare che i diritti eccezionali che
a lui spettano durante lo stato di guerra ed avuto riguardo ai fini della guerra.
Ora secondo questi la confisca della nave, che trasporti il contrabbando, non
può essere giustificata.
É diverso il caso in cui la nave co' suoi atti partecipa attivamente alle ostilità,
come accadrebbe nei casi da noi contemplati. Quando essa compie un fatto di
assistenza militare tanto grave da poter essere reputata nemica, ò ragionevole
^^ Libro IV. - Della tutela giuridica dd Dit-iUo internazionale
che possa essere assimilata ad una nave privata aggregata alle navi militari
adoperate pei fini della guerra.
In ogni altro caso è ragionevole ammettere soltanto, che la nave, la quale
a suo rischio e pericolo intraprenda il trasporto illecito, debba sottostare a tutte
le conseguenze che ne possono derivare, e che se il belligerante interrompa
il suo viaggio, se l'obblighi a fermarsi, se per mettere al sicuro gli oggetti di
contrabbando la costringa a trasportarli in uno dei porti dello Stato, essa di
nulla possa dolersi, perchè subisce le conseguenze del fatto illecito e del rìschio,
ma quando il belligerante abbia così provveduto alla tutela dei propri diritti,
non può domandare altro alla nave, perchè non si può dire che essa col
trasporto del contrabbando abbia preso parte attiva alle ostilità e conseguen-
temente deve ammettersi che non possa essere trattata come nave nemica.
Vedi pel più largo sviluppo del nostro concetto Tarticolo da noi pubblicato
nelle Pandectes Frangaiseè^ voce Contré>ande de guerre^ e Topuscolo sullo stesso
argomento tradotto e pubblicato a Madrid: Rtvigta de legialaeiont 1896. *
1447. — In nessun caso il belligerante potrà confiscare la parte
di carico lecito che si trovi a bordo della nave che trasporti il
contrabbando.
I proprietari della merce lecita però non potranno esigere dal
belligerante il rifacimento dei danni derivanti dall'interruzione del
viaggio o dal sequestro della nave, ma saranno tenuti a rivolgere
le loro azioni contro il capitano o contro l'armatore.
Anche nellMpotesi che il carico lecito e Tillecito appartenessero allo stesso
proprietario, non si potrebbe mai giustificare la confisca del carico lecito. Tale
estensione assumerebbe infatti carattere vero e proprio di pena, ed abbiamo
già detto che la confisca in caso di contrabbando deve essere ristretta dentro
i limiti richiesti dal Diritto di guerra. Si può soltanto ammettere che quando il
belligerante abbia diritto di ritenere la nave che trasporti il contrabbando o di
confiscarla nelle circostanze eccezionali sopra menzionate, possa interrompere
il viaggio della nave, e che esercitando cosi il proprio diritto non debba essere
tenuto al rifacimento dei danni che ne possono derivare. Di questi deve rispon-
dere il capitano o Tarmatore, secondo i principii del Diritto comune relativi al
contratto di trasporto, i quali determinano la responsabilità delFuno o dell'altro
rispetto ai proprietari della merce pei danni eventuali che durante la navigazione
siano cagionati ai medesimi per colpa di chi sia preposto al governo della nave.
1448. — Incombe agli Stati civili che sottoscrissero la dichia-
razione fatta dal Congresso di Parigi del 1856, o che aderirono alla
medesima, l'eliminare ogni incertezza circa le regole di Diritto
marittimo in tempo di guerra, determinando d'accordo quello che
deve essere qualificato contrabbando di guerra, e fissando le san-
zioni penali per tutelare il diritto spettante al belligerante d'im*
pedhre i trasporti illeciti in tempo di guerra.
Titolo XIL - Del blocco $ dei suoi rapporti coi neutrali 549
TITOLO XIL
Del bloooo e dei suoi rapporti ooi neutrali.
In che consista il blocco e contro quali luoghi
possa essere effettuato.
1449. -— n blocco è una delle operazioni di guerra che consiste
neir investimento di una costa del nemico effettuato per inter-
cettare ogni comunicazione per la via di mare, e mantenuto con
un numero di navi, che realmente ed effettivamente siano in grado
d'impedire con la forza a guai si sia nave, che voglia attraversare
il cordone di blocco, di potere ciò fare senza esporsi ad essere
colpita dai cannoni delle navi stazionanti.
1450. — II belligerante potrà effettuare il blocco contro qual
si sia parte della costa del proprio nemico, e attuare tale ope-
razione di guerra non solo contro i porti militari o fortificati, ma
altresì contro i porti di commercio o qualunque parte della costa
rispetto a cui, pei fini della guerra, intenda interrompere ogni
comunicazione.
1461. — Non potranno essere assoggettate al blocco le im-
boccature dei fiumi internazionali : gli stretti, neanche quando le
due rive di uno di essi appartengano allo Stato nemico : i canai!
navigabili interoceanici.
Questa regfola mira a stabilire che, indipendentemente degli accordi inter-
nazionali circa la neutralità degli stretti e dei canali interoceanici, come è quello
di Suez, il diritto del belligerante di bloccare tali località e le imboccature dei
fiumi intemazionali deve ritenersi negato secondo i principi! del Diritto co-
mune, altrimenti ne seguirebbe, che T operazione di guerra contro il nemico
colpirebbe anche i neutrali, che hanno il diritto di servirsi di tali vie di comu*
nicazione.
1462. — II belligerante non potrà assoggettare al blocco i pro-
pri porti ed applicarvi le leggi di guerra, che concernono il blocco
&^ Libro IV.' Della tutela giuridica del Diritto inUniaziù%alt
dei porti nemici. Potrà però durante la guerra dichiarare chiuso
uno o più dei propri porti, e adoperare la forza per impedire alle
navi neutrali di entrare in essi.
Qualora però i porti nazionali fossero caduti in potere del ne-
mico, potrà durante l'occupazione militare essere effettuato contro
di essi il blocco, sotto le stesse condizioni, per renderlo effettivo
ed obbligatorio, stabilite pel blocco dei porti nemici e indicate
alle regole seguenti.
Quando il blocco debba riteneì'si legalmente stabilito.
1453. — Il blocco non potrà ritenersi de facto esistente, se non
quando esso sia reale ed effettivo, e non sarà reputato tale se
non quando tutte le navi, che formino la squadra di blocco, siano
stazionate permanentemente ed in maniera da formare effettiva-
mente un arco di cerchio dinanzi al porto o alla costa bloccata,
e da escludere la probabilità di patere una nave attraversare il
cordone di blocco senza esporsi al fuoco dei cannoni con grave
pericolo e danno imminente.
1464. — Come operazione di guerra, il blocco non sarà repu-
tato efficace ad attribuire al belligerante i diritti, che ne derivano
anche a riguardo dei neutrali, con la facoltà di applicare contro
di essi le sanzioni penali in caso di violazione, se non quando
esso sia reale ed effettivo a norma della regola precedente.
Le regole, come sono da noi formulate, tendono ad escludere qual si sia
dubbio a riguardo delPesistenza del blocco, ed a stabilire che esso non possa
reputarsi legalmente esistente, se non quando il belligerante abbia circondato
realmente il porto, la rada o costa del nemico da lui bloccati, facendo stazio-
nare un numero di navi, le quali facciano effettivamente nn arco di cerchio
intorno al porto o alla costa bloccata, di maniera che nessuna nave possa
attraversare il cordone di blocco, senza essere esposta al fuoco dei cannoni
delle navi stazionanti e disposte in modo da impedire di attraversarlo.
1455. — Il blocco non cesserà dall'essere reale ed effettivo se
una 0 più navi siano riuscite con grave rischio a forzare il cor-
done di blocco, ma sarà sufficiente per essere reputato tale, che
esso non possa essere ordinariamente attraversato senza esporsi
a potere essere colpito dai cannoni delle navi stazionanti
Titcio XIL - Del bheeo € d$i 9uoi rapporti eoi neutrali 6B1
Questa regola tende ad esclvdere ogni esagerazione a riguardo del blocco
reale ed effettiyo. Se potasse reputarsi solftciente che una o più navi eeoeseiih
mUtnetUe avessero potuto attraversare il cordone dì blocco, per escludere resi-
stenza legale di esso, ne seguirebbe, die il blocco il più efifettivo potrebbe
essere disconosciuto. Suole infatti sempre accadere, che navi a vapore veloci
ed ardite, profittando della notte o del cattivo tempo, eludano impunemente
la vigilanza della squadra, ma questo non fa sì che il blocco cessi dall^essere
effettivo. Qualora esse potessero attraversare ordinariamente senza pericolo il
cordone di blocco, la cosa sarebbe diversa.
Blocco notificato soltanto in via diplomatica.
1456. — Il blocco decretato e notificato soltanto diplomatica-
mente, come alla regola 1458, non sarà reputato esistente ed ob-
bligatorio rispetto ai neutrali, se non sia reale ed effettivo, non
ostante che il belligerante, che lo abbia decretato e notificato, abbia
una forza navale sufficiente per mantenerlo effettivamente e real-
mente.
Questa regola mira ad escludere qualunque sistema di blocco, che non abbia
i caratteri per essere reputato reale ed effettivo a norma delle regole stabilite.
Per giustificare il così detto blocco di gabinetto o blocco fittizio, o blocco per
notificazione diplomatica era stato detto non essere necessario, che il bellige*
rante facesse stazionare permanentemente le navi per poterlo mantenere, ma
che dovesse reputarsi sufficiente, che esso avesse notificato il blocco, e che
avesse un*armata navale sufficiente per mantenerlo e farlo rispettare. Così fu
introdotto il sistema del ìdoccue par croisière. A seconda delle regole da noi
indicate nissun belligerante può vantare i diritti di guerra, che derivano dal
blocco, se non quando esso abbia occupato di fatto le acque adiacenti alle
eoste del nemico bloccate con un'armata navale permanente, la quale sia in
grado d'impedire realmente ogni comunicazione con esse.
Temporanea sospensione delV investimento.
1457. — La temporanea sospensione deirinvestimento per cpial-
sisìa causa non fa cessare il blocco, ma sospende Tapplicazione
dei diritti di guerra, che da esso derivano, durante il tempo pel
quale rinvestimento reale ed effettivo venga a cessare.
Questa regola tende ad escludere completamente che il belligerante possa
imporre le leggi del blocco ed applicarle fàori del caso delFoccupazione reale
ed effettiva. Ritenendo che tutto debba dipendere da questa, è naturale Tam-
mettere, che venendo essa a cessare, cessi del tutto rapplicabilità delle leggi
\
552 Libro IV. - Della tutOa giuriéUea dd IHriUo itdernazionaU
di blocco; venendo essa ad essere sospesa, rapplicabilità delle leggi debba essere
del pari sospesa. Le navi, che essendo dirette alla costa bloccata non trotino
la squadra bloccante, non possono essere tenute a ricercare se Tinvestimento
sìa Tenuto a mancare per la cessazione definitiva del blocco, o per altra cagione»
Se non esiste di fatto il blocco, non possono essere applicate alle navi le leggi»
che lo concernono.
Notificazione diplomatica del blocco.
1468. — Il belligerante, che intende di bloccare un porto od
una costa, dovrà notificarlo pubblicamente in via diplomatica,
e determinare il porto o la costa, che esso intenda bloccare, e pre-
cisare il giorno, in cui Tinvestimento sarà da luì effettuato, conce-
dendo un iempo ragionevole alle navi neutrali per compiere le
operazioni di commercio in corso nei luoghi bloccati ed uscire sicu-
ramente dopo averle compiute.
La mancanza di tale notificazione non potrà valere per disco-
noscere l'esistenza legale del blocco, che abbia di fatto i requisiti
per essere reputato reale ed effettivo, ogni qual volta che ne sia
fatta la notificazione speciale come alla regola seguente.
Notificazione speciale del blocco.
1459. — La notificazione speciale del blocco consiste nella di-
chiarazione fattane da un ufflziale di una. delle navi da guerra ap-
partenenti alla squadra bloccante al capitano o padrone della nave
neutrale diretta verso il porto o la costa bloccata, e scritta sulle
sue carte di bordo. Essa dovrà indicare il giorno e Torà in cui sia
stata fatta, e determinare i limiti del blocco precisandoli con la
latitudine e longitudine.
1460. — \3n blocco non potrà ritenersi sussistente per tutti i
suoi effetti giuridici riguardo a ciascuna nave, che sia diretta verso il
luogo bloccato, o che voglia uscire da esso, se non dopo che le sia
stata fatta la notificazione speciale, e a cominciare dal momento,
in cui codesta notificazione sia stata scrìtta sulle sue carte di bordo.
Titolo XII. • D$l blocco e dei suoi rapporti coi neturali ^53
Dilazione per uscire dal luogo bloccato.
1461. — Incombe ognora al Comandante della squadra, che
voglia stabilire il blocco, quando possa farlo senza grave pregiu-
dizio delle operazioni di guerra, notificarlo ai rappresentanti
degli Stati neutrali residenti nella cerchia delle sue operazioni
militari, e far conoscere ad essi il giorno da cui il blocco avrà co-
minciamento, e la dilazione da lui accordata alle navi neutrali per
uscire dal luogo bloccato.
Tale notificazione potrà essere fatta ai Consoli degli Stati neu-
trali (Confr. reg, 1466).
1462. — Qualora nei trattati stipulati tra il belligerante, che
abbia stabilito il blocco, e lo Stato alla marina mercantile del quale
appartengano le navi neutrali ancorate nel porto bloccato, fosse
stabilito un tempo determinato per potere le navi uscire libera-
mente in caso di blocco, il termine stipulato col trattato riguardo
ad esse non comincerà a decorrere, che dal giorno in cui sia stato
notificato al Console residente nel porto bloccato il cominciamento
del blocco.
Mancando la notificazione ufficiale fatta ai Consoli degli Stati
neutrali, il termine stipulato nei trattati decorrerà dal giorno, in
cui l'esistenza del blocco sia divenuta notoria.
Dovein dei neutrali in caso di blocco.
1463. — Incombe alle navi neutrali che intendono osservare i
doveri della neutralità, il riconoscere il blocco posto dal belligerante
contro il proprio nemico efficace per tutti gli efi'etti, che ne derivano
secondo il Diritto di guerra, ogni qual volta che esso abbia i requi-
siti per essere reputato reale, effettivo e notificato a norma delle
regole precedenti, e l'astenersi assolutamente di entrare o di uscire
dal porto o dalla costa bloccata attraversando il cordone di blocco,
sotto la condizione di sottostare in caso di violazione alle sanzioni
554 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionale
penali stabilite secondo il Diritto intemazionale e che sono con-
template alle regole 1521 h, 1527, 1585 i«, 1536.
1464. — Non vi sarà violazione della legge di blocco, se non
quando una nave, alla quale sia stata fatta la notificazione spedde,
come alla regola 1459, con un atto positivo cerchi di entrare o dì
uscire dalla costa o dal porto bloccato (Confr. reg. 1467).
Diritti dei neutrali in caso di blocco.
1465. — Ciascuna nave neutrale, non ostante la notificazione
diplomatica del blocco fatta dal belligerante e resa pubblica dal
Governo dello Stato, potrà intraprendere il viaggio dirìgendosi a
porto bloccato, e non sarà reputata colpevole di violazione di
blocco, se non che quando dopo avere ricevuta la notificazione
speciale, come alla reg. 1459, abbia tentato di attraversare o abbia
attraversato il cordone del blocco reale ed effettivo (Cbn/V.r^^. 1467).
1466. — La comunicazione ufficiale fatta ai Consoli degli Stati
neutrali residenti nei paesi bloccati non potrà equivalere alla noti-
ficazione speciale rispetto alle navi mercantili appartenenti alla
marina dello Stato neutrale, cui il Console appartiene, e qualora
una di coteste navi trovandosi nel porto bloccato tentasse di uscirne,
dopo che il blocco fosse stato effettivamente e realmente stabilito,
non sarà reputata colpevole di violazione di blocco, se non quando
sia stata fatta ad essa la notificazione speciale, come alla reg. 1459,
e dopo avere ricevuto tale notificazione tenti di attraversare o
attraversasse il cordone di blocco, essendo caricata di qual si sia
mercanzia.
A cotesta nave, cosi come a quella che tentasse di entrare nel
porto bloccato dopo avere ricevuta la notificazione speciale, saranno
applicabili le leggi di guerra relative al blocco, e le penalità secondo
esse stabilite.
1467. — Non saranno assoggettate alle leggi di guerra relative
al blocco le navi neutrali che uscissero dai porti bloccati cariche
di zavorra, o quelle, che avendo un carico preso a bordo avanti
TUoh XIL • Del hloeoo e dei suoi rapporti coi neutrali 555
il cominciamento del blocco, attraversassero il cordone entro il
termine fissato dal Comandante per uscire, o entro quello che ri-
spetto ad esse deve ritenersi stabilito in virtù dei trattati, avuto
riguardo per quello che concerne la dilazione secondo essi fissata
a quanto è detto alla regola 1462.
Applicazione delle regole del blocco alle
navi mercantili nemiche.
1468. — Tutte le regole contenute in questo titolo dovranno
essere applicate anche alle navi mercantili di parte nemica per
poterle reputare colpevoli di violazione di blocco ^ qualora la
proprietà privata nemica sia stata dichiarata inviolabile nella
guerra marittima escludendo il Diritto eccezionale contemplato
alla regola 129i.
556 Libro i V. - Della tutela giuridica dei Diritto inUmazùmaie
tiTOLO xra.
Del diritto di visita.
Concetto e natura del diritto di visita.
1460. — Il diritto di visita consiste nella facoltà spettante al
belligerante durante la guerra di far fermare ogni nave mercantile
da lui incontrata nelle proprie acque territoriali, e in quelle dei
suoi alleati nella guerra, o in alto mare, a fine di verificare la con-
dizione giuridica di essa e la natura del carico trasportato.
Tale diritto potrà essere esercitato dai Comandanti delle navi
da guerra del belligerante, e anche da quelli delle navi corsare da
lui debitamente autorizzate, se fosse il caso di guerra in corsa.
1470. — Il diritto di visita dovrà essere riguardato come diritto
eccezionale attribuito durante la guerra in conseguenza delle esi-
genze di essa, e dovrà essere esercitato con le dovute limitazioni,
che devono ritenersi stabilite avuto riguardo alla natura delle cose
ed allo scopo, che mediante essa s'intende conseguire, e non potrà
essere reputato legittimo e regolare in ogni caso, in cui non vi
sia dalla parte di chi Tesercitì alcun ragionevole motivo di voler
conoscere la condizione della nave e la natura del carico da essa
trasportato.
Questa regola mira a stabilire, che quantunque Tesercizio del diritto di vinta
da parte del belligerante non possa essere in principio limitato, non deve essere
esercitato da lui, che nei luoghi e circostanze atte a giustificare T interesse
suo attuale di verificare pei fini della guerra la nazionalità della nave incon-
trata in alto mare o nelle sue acque territoriali, o la natura della merce caricata
a bordo di essa.
Dove si può procedere alla visita.
1471. — La visita potrà essere praticata là ove è lecito fare
ogni altra operazione di guerra. Essa non potrà essere effettuata
Titolo XllL - Del diritto di viiita 557
nelle acque territoriali neutrali senza offesa dei diritti spettanti ai
Sovrani neutrali {Confr. reg. 1397), ma potrà bensì essere eserci-
tata nelle acque territoriali di uno Stato alleato nella stessa guerra.
Navi esenti dalla visita.
1472. — Il belligerante non potrà assoggettare alla visita:
a) le navi da guerra di uno Stato neutrale, e quelle che fac-
ciano parte della marina militare di esso;
b) i piroscafi postali, che fanno il servizio della corrispondenza
per commissione del Governo neutrale, di cui portino la bandiera,
dato che il Commissario del Governo, che si trovi a bordo, dichiari
in iscritto che il piroscafo non trasporti soldati al nemico, né di-
spacci diretti al medesimo, né oggetti di contrabbando di guerra,
0 assimilati ad esso, e che siano destinati al nemico.
Nav^i in convoglio.
1473. — Le navi mercantili in convoglio scortate da una nave da
guerra saranno esentate dalla visita, qualora il Comandante di co-
desta nave di scorta dia il nome di ciascuna delle navi, che formano
il convoglio posto sotto la sua direzione, e dichiari, che a bordo di
tali navi non esiste alcun oggetto di contrabbando di guerra o assi-
milato ad esso e trasportato per conto o a destinazione del nemico.
La dichiarazione sarà fatta dal Comandante del convoglio sulla
sua parola d'onore, e sarà scritta nei libri esistenti a bordo.
1474. — Incombe a ciascun Governo regolare l'organizza-
zione dei convogli marittimi con leggi efficaci a tutelare i diritti
dei belligeranti e le esigenze della guerra, ed imporre sopratutto
ai Comandanti delle navi di scorta di non ricevere nessuna nave in
convoglio senza avere attentamente esaminato i documenti di essa,
e constatato di non esservi a bordo contrabbando di guerra.
Un rigoroso regolamento di servìzio intorno a ciò deve essere
reputato come condizione indispensabile per fare esentare dalla
visita le navi in convoglio.
^^ Libro IV, ' Dilla tutela giuridica del DirUto internazionale
Visita delle navi in convoglio.
1475. — La visita delle navi in convoglio sarà considerata
legittima:
a) se il regolamento di servizio non provveda efiicacem^ite
a che il Comandante della nave da guerra, che scorti il convoglio,
sia in grado di fare una dichiarazione coscienziosa circa la nazio-
nalità della nave e la natura e destinazione del carico;
h) se il Comandante della nave abbia rifiutato di fare la di-
chiarazione richiesta, o l'abbia fatta in maniera incompleta e non
soddisfacente ; o quando le circostanze siano tali da far dubitare
che esso abusi della sua posizione ; o quando vi siano fondate ra-
gioni di credere che la buona fede del medesimo possa essere stata
sorpresa.
1476. — Qualora fosse il caso di assoggettare alla visita una
nave in convoglio potrà secondo le circostanze essere affidato al
Comandante stesso della nave di scorta il procedere alle ricerche,
ovvero dovrà ammettersi, che esso possa assistervi personalmente,
o inviare un ufiiziale per assistervi.
Modo di procedere alta visita.
1477. — Ogni nave dello Stato belligerante, che si trovi nelle
acque, nelle quali si può procedere alla visita, e che intenda di
far fermare una nave mercantile per conoscere la sua nazionalità,
dovrà innalzare la bandiera nazionale e sparare un colpo di cannone.
La nave mercantile sarà tenuta a rispondere al segnale issando
la propria bandiera e fermandosi tosto.
1478. — Incombe al Comandante della nave militare di fermarsi
alla sua volta a conveniente distanza onde potere senza perìcolo,
avuto riguardo allo stato del mare e del vento, inviare in una
barca un ufficiale con due o tre persone, onde procedere alla visita.
Titolo XIIL • Del dirUto di viHta 559
1479. -^ Incombe al Capitano delia nave mercantile Tesibire
le carte di bordo e segnatamente l'atto di nazionalità, il ruolo di
equipaggio, e tutti i documenti atti a certificare la natura del
carico e la destinazione del medesimo.
Qualora Tuffiziale esaminati tali documenti li trovi tutti in piena
regola e non vi sia alcun motivo per dubitare della loro veridicità,
la visita dovrà ritenersi cosi compiuta, e dopo aver fatto la relativa
annotazione nelle carte esistenti a bordo, dovrà essere concesso
alla nave il continuare liberamente il suo viaggio.
Ricerche e ispezioni.
1480. — Qualora le carte di bordo non siano in piena regola,
o quando vi sia qualche fondato motivo per dubitare della veridicità
dei documenti, si potrà procedere alle ricerche ed alle ispezioni,
a fine di potere cosi conoscere se vi fossero altri documenti o
mercanzie sospette.
n Capitano non potrà a ciò opporsi, ed in caso di opposizione
le ricerche e le investigazioni potranno essere fatte con la forza,
ma incombe ognora all'uffiziale della nave da guerra il procedere
con la più grande moderazione, e, senza abusare del proprio diritto,
limitare le ricerche a seconda dei motivi più o meno fondati di
sospetto.
1481. — Saranno reputati motivi fondati di sospetto i seguenti :
à) quando la nave non si sia tosto fermata , e non si sia
messa in panna in seguito al segnale ad essa dato dalla nave mi-
litare col colpo di cannone;
b) quando essa non abbia tutte le carte di bordo, nonostante
che dichiari di averle gettate in mare o di essere state le carte
distrutte durante il viaggio per qual si sia incidente fortuito;
e) quando le carte, benché in piena regola, appariscano
alterate e falsificate;
d) quando essa navighi sotto falsa bandiera.
560 Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale
1482. — Nei casi enumerati e negli altri, nei quali per le circo-
stanze particolari possa nascere un ragionevole, fondato motivo di
sospetto, le ricerche potranno essere estese, obbligando il Capitano
della nave a far aprire i boccaporti, gli armadi, ed i ripostigli, ma
senza spingere tali operazioni oltre la giusta misura aprendo e
rompendo le casse, i fusti, e gli altri ripostigli, col pretesto di ricer-
care se in essi vi siano carte o mercanzie sospette.
Tali atti potranno essere giustificati nel caso soltanto, che il
Capitano si sia opposto alla visita delle casse sigillate, sulle quali
cadesse il sospetto, che contenessero le carte di bordo o gli oggetti
di contrabbando di guerra.
Sequestro della nave visitata.
1483. — Allorquando dalla visita o dalle ricerche risultasse
che la nave arrestata si trovi in condizioni per essere sospettata
colpevole di violazione dei doveri della neutralità, il belligerante
potrà operare il sequestro di essa, attenendosi alle norme di pro-
cedura, che lo concernono, come sono indicate al titolo seguente.
1484. — Il sequestro, come alla regola precedente, potrà essere
operato in ogni caso, in cui la nave arrestata non possa, con le
carte esistenti a bordo, stabilire ia sua condizione di nave neutrale,
dato che durante la guerra sia applicato tra i belligeranti il diritto
eccezionale contro la proprietà privata di parte nemica.
Titolo XIV, - Del sequestro e della confisca 561
TITOLO XIV.
Del sequestro e della oonfisca durante la guerra marittima
e del giudiisio relativi alle prede.
1486. — Il sequestro in tempo di guerra deve essere reputato
come un fatto eccezionale, giustificato dalla necessità della difesa,
e consiste nel diritto spettante al belligerante d'impossessarsi della
nave mercantile nemica o della merce da essa trasportata, quando
secondo le leggi della guerra possa accampare il diritto di predare
la nave o la rnerce o d'impedire che arrivino alla loro destinazione.
Da chi e quando possa essere fatto il sequestro.
1486. — Il sequestro non sarà reputato legalmente fatto, se
non che quando sia operato da una nave da guerra o da quelle
che secondo le leggi di guerra fanno parte delle forze militari dello
Stato belligerante.
Esso non sarà reputato regolarmente fatto, se non quando siano
state osservate le forme legali di procedimento stabilite secondo
il Diritto internazionale, o concordate mediante trattati.
1487. — Il sequestro sarà presunto fatto dal belligerante a fine
di tutelare i propri interessi e di provvedere alle esigenze della
guerra, e dovrà ritenersi effettuato ed eseguito sotto la responsa-
bilità di lai, e con l'obbligo conseguente del rifacimento di ogni
danno, se fosse riconosciuto arbitrario dal tribunale competente,
o perchè fatto senza causa, o perchè operato con violazione dei
prìncipi! del Diritto di guerra.
1488. — Il belligerante potrà sequestrare qualunque nave pri-
vata di parte nemica, o che si possa presumere tale, ogniqualvolta
86 — Fiore, Dir. intem, codif.
5GS Libro lY, - T)Ma tutèla giuridica del Diritto internazionale
che sia ammesso il diritto eccezionale di confiscare la proprietà
nemica durante la guerra.
Egli potrà inoltre sequestrare una nave mercantile neutrale, o
la merce appartenente ai neutrali ogniqualvolta che egli abbia
un fondato, ragionevole motivo per ritenere soggette alla confisca
secondo il Diritto di guerra la nave o la merce, o quando possa
accampare il diritto d'impedire almeno che esse arrivino al luogo
di destinazione, salvo però che in ogni caso il tutto debba rite-
nersi effettuato ed eseguito sotto la responsabilità di lui.
Formalità del sequestro secondo il Diritto comune.
1489. — Il Comandante della nave militare o della nave cor^
sarà legalmente a ciò autorizzata, che voglia procedere al sequestro,
dovrà redigere il processo verbale, nel quale sarà notato lo stato
della nave e del carico sotto la data del giorno e dell'ora in cui
il sequestro sia operato : della latitudine e longitudine in cui esso
abbia avuto luogo: delle circostanze che lo abbiano motivato.
1490. — Incombe al Comandante l'enumerare tutti i docu-
menti e le carte di bordo, dopo averne fatta la descrizione, e il
farne l'inventario e notare altresì le carte di bordo mancanti, men-
tovando tutto in una nota sottoscritta da lui e dal Capitano della
■
nave sequestrata. Cotesti documenti tutti, unitamente a tutte le
carte e le lettere che si trovassero sulla nave, saranno riuniti in
un plico e chiusi coi sigilli del Comandante e con quelli propri
del Capitano della nave sequestrata.
Dovranno inoltre essere chiusi tutti gli armadi e ripostigli, ai
quali saranno apposti i rispettivi sigilli, e si dovrà redigere Tin-
ventario del carico, e fare altresì la nota delle persone dell'equi-
paggio e delle altre, che si trovassero a bordo.
1491. — Sarà redatto processo verbale di ogni singola opera-
zione sottoscritto da entrambi, il quale dovrà ritenersi fatto in
piena regola neirinteresse del sequesUante e del sequestrato.
Titolo XIV. ' Del sequestro e della confisca 563
1492. — Il Goraandante della nave belligerante non potrà
rifiutarsi d'inserire nel processo verbale qualsisia circostanza di
fatto a richiesta del Capitano della nave sequestrata, né di osser-
vare ]e maggiori formalità che questi voglia richiedere nel fare
r inventario, neir apporre i sigilli ed altro, anche quando esso
ritenesse la richiesta fatta dal Capitano del tutto inutile.
Conservazione delle cose sequestrate.
1403. -* Incombe al sequestrante il conservare, quando ciò
sia possibile, le cose come esse si trovino, e nulla mutare, nulla
consumare o distrarre senza gravi ed urgenti necessità constatate.
Se però il carico consistesse in cose, che si potessero facilmente
guastare o in cose che fossero già avariate, il Comandante dell'in-
crociatore potrà prendere i provvedimenti più convenienti per la
loro conservazione, ma sempre d'accordo ed in presenza del capi-
tano della nave sequestrata, ovvero in presenza del Console nazio-
nale di questi ; e qualora fosse necessario di vendere una parte del
carico, egli potrà ciò fare, richiedendo, quando ciò riesca possibile,
l'assistenza del Cionsole nazionale della nave.
Quando la nave sequestrata possa essere distrutta.
1494. — Il Comandante dell'incrociatore non potrà ritenersi
autorizzato a distruggere o colare a fondo la nave sequestrata, egli
potrà però ciò fare sottp la propria responsabilità (vedi re^. 1533):
ì^ quando per le condizioni del mare e di quelle della nave
non sia possibile di tenere questa a galla;
2® quando la nave a cagione del suo cattivo stato o della sua
forza motrice non sia in grado di seguire la nave da guerra, e non
possa essere da questa rimorchiata senza grave pregiudizio;
3^ quando per l'avvicinarsi di navi da guerra di parte nemica
il Comandante non possa custodire la nave sequestrata senza
564 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto intemazionale
rimanere impacciato nei suoi liberi movimenti, e correre il rischio
che essa sia ripresa dal nemico;
4<^ quando non riesca agevole il mettere sulla nave seque-
strata un equipaggio sufficiente per custodirla senza diminuire di
troppo quello necessario pel servizio e la sicurezza dell'incrociatore;
5^ quando il condurre la nave sequestrata in uno dei porti
del belligerante possa riuscire d'ostacolo a compiere le operazioni
di guerra alle quali l'incrociatore sia consacrato.
1496. — In ogni caso contemplato dalla regola precedente, sarà
redatto dal Comandante il processo verbale particolareggiato e
firmato da due ufficiali di bordo, nel quale saranno enunciate le
circostanze, che abbiano potuto consigliare la distruzione della
nave sequestrata, ed i motivi pei quali il Comandante l'abbia decisa.
Detto processo verbale sarà scritto sui libri esistenti a bordo e
trasmesso all'autorità militare superiore in copia firmata dal
Comandante.
Oltre la responsabilità verso il proprietario della nave e del carico, a cui
provvede la regola 1533, evvi pure la responsabilità rispetto al proprio Governo
e di fronte al Codice penale militare, che punisce in tempo di guerra le distra-
zioni non giustificate a seconda delle necessità attuali {Confr. reg. 1186,
1302 e seg.).
1496. — Incombe ognora al Comandante, che abbia ordinato
la distruzione della nave sequestrata, il fare trasbordare sulla pro-
pria nave e mettere al sicuro tutte le persone, che si trovassero a
bordo della nave sequestrata, tutte le carte e documenti chiusi e
sigillati in plico, come alla reg. 1490, e quella parte del carico che
abbia motivato il sequestro e, per quanto ciò sia possibile, gli
oggetti di maggior valore, che possano essere reputati esenti dalla
confìsca e spettanti ai loro proprietarL .
Delle persone che si trovino a bordo.
1497. — Il Comandante dell'incrociatore potrà dichiarare prigio-
nieri di guerra soltanto coloro, ì quali si trovassero a bordo della
nave sequestrata e che facessero parte della forza militare del
nemico. Potrà dichiarare tali anche le persone dell'equipaggio, nel-
Titolo XIV, • Del sequestro e della confisca 555
l'ipotesi però che la nave avesse preso parte attiva alle operazioni
militari, o quando essa avesse attaccato combattimento per resistere
alla visita.
Nave sequestrata condotta in tm porto del belligerante.
1498. — Qualora il Comandante dell'incrociatore possa con-
durre la nave sequestrata in uno dei porti del proprio Stato o di
uno Stato alleato, dovrà ciò fare, e, giunto a tale porto, sarà tenuto
a rimettere all'autorità militare superiore il processo verbale rela*
tivo al sequestro e tutti i documenti chiusi nei plichi sigillati, e
l'autorità militare avrà cura di custodirli per consegnarli nello stato
in cui U abbia ricevuti all'autorità giudiziaria competente per la
istruzione dei processi ordinari osservando le formalità e le norme
indicate alla regola seguente.
1409. — L'autorità marittima del porto, nel quale sarà stata
condotta la nave sequestrata, sarà tenuta a redigere processo ver-
bale ed indicarvi tutti i documenti sigillati consegnati dall'incro-
eiatore, constatando la verificazione fatta dei sigilli; dovrà inoltre
ricevere i rapporti fatti dal Comandante dell'incrociatore e dal
Capitano della nave sequestrata, e le dichiarazioni delle persone
dell'equipaggio; dovrà fare l'inventario dei colli depositati, e la
lista delle persone che si trovino a bordo; dovrà richiedere che
sia fatta senza ritardo la relazione del viaggio, e di quanto possa
occorrere per stabilire lo stato della nave e della merce caricata a
bordo di essa, e domanderà inoltre la consegna dei libri esistenti
a bordo della nave, che motivò il sequestro.
Compiuti tutti codesti atti e formalità, Tautorità marittima dovrà
fare senza ritardo e dentro le 24 ore la consegna di tutti i docu-
menti, che concernono il sequestro e lo stato della nave, all'auto-
rità giudiziaria competente per Tistruzione dei processi ordinari.
1600. — Qualora si trovasse nel luogo, ove tali atti istruttorii
devono essere compiuti, il Console dello Stato neutrale, a cui ap*
partenga la nave sequestrata, esso avrà diritto di assistere l'ufficiale
566 Libro IV.' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale
d'amministrazione della marina nella redazione del processo ver-
bale. Mancando il Console, il Capitano della nave sequestrata avrà
diritto di assistere o di farsi rappresentare, e di fare inserire nel
processo verbale le circostanze, che esso voglia mettere in rilievo,
per illuminare la giustizia.
Compito deWatUorità giudiziaria.
1501. -^ L'autorità giudiziaria per l'istruzione de! processi
ordinari farà tutti gli atti ulteriori che possa ritenere utili per
illuminare il tribunale competente in materia di sequestro e di
prede marittime, raccoglierà tutti gli elementi che possano riuscire
utili per l'illuminata amministrazione della giustizia, e darà corso
alle istanze degl'interessati, che abbiano richiesto qualche atto
istruttorio.
1502. — L'autorità giudiziaria competente per l'istruzione potrà
decretare i provvedimenti d'urgenza per la conservazione della nave
sequestrata e degli oggetti che formino il carico. Essa potrà ordi-
nare la restituzione ai legittimi proprietari di tutti quelli che non
possano formare materia di preda bellica, e sopra tutto degli
oggetti appartenenti alle persone dell'equipaggio o ai passeggieri,
che si trovino sulla nave sequestrata.
1503. — Compiuti tutti gli atti d'istruzione, incombe all'autorità
giudiziaria il rimettere senza dilazione tutti gli atti del processo
al tribunale delle prede istituito dal proprio Governo, per decidere
in prima istanza circa la validità del sequestro {Confr. reg. 1511)
Nave condotta in un porto neutrale.
1604. — L'incrociatore non potrà condurre la nave sequestrata
in un porto neutrale tranne che nel caso di rilascio forzato, o
quando esso sia costretto a rifugiarvisi con la sua preda in caso
d'inseguimbnto da parte del nemico.
Titolo XIV.' Da sequestro e della confisca ^7
1606. — Incombe all'autorità marittima ctel porto neutrale, ed
all'autorità giudiziaria competente per l'istruzione dei processi or-
dinari fare tutti gli atti come sono indicati nelle regole prece*
denti, e provvedere a che la nave sequestrata sia custodita là
ove ottenne rifugio, per restarvi fino a tanto che il tribunale in-
temazionale delle prede non abbia deciso circa la validità del
sequestro o della preda. Compiuto il giudizio la nave potrà essere
posta a disposizione dell'armatore, qualora il tribunale delie prede
abbia deciso di togliere il sequestro o ahbia dichiarato libera la
nave e il carico o una parte di esso.
Si praticherà nello stesso modo nel caso, che il Governo dello
Stato belligerante, in nome di cui il sequestro sia stato fatto, e
gl'interessati sequestrati arrivmo ad accordarsi all'amichevole a
riguardo della sorte della nave sequestrata e del carico.
Questa regola mira a tutelare gelosamente i diritti di sovranità dello Stato
neutrale, che abbia accordato rifugio alla nave belligerante ed alla preda da
essa fatta. Non può ammettersi che una nave belligerante inseguita da forza
nemica possa non solo domandare ed ottenere rifugio in un porto neutrale,
ma ottenere altresì che il Sovrano di questo le debba concedere di partire
con la preda fatta appena passato il pericolo di perderla. Non ci pare di potere
accogliere Topinione sostenuta da alcuni giuristi, che cioè il Governo neutrale
possa dichiarare libera la preda, perchè cosi esso la farebbe da giudice, e la
giurisdizione non può essergli attribuita a riguardo di ciò. Neanche ci pare
che esso possa concedere air incrociatore di condurre seco la preda, perchè
verrebbe a prestar cosi un^assistenza indiretta, accordando a lui il rifugio per
fare un^operazione di guerra, quella doè di mettere ai sicuro la preda fatta.
La regola come è stata proposta tutela tutti gl'interessi ed include la pro-
tezione della nave neutrale sequestrata fino a che il tribunale intemazionale
competente {reg, 1607) non abbia deciso circa la sorte della medesima, o le
parti non si siano accordate alFamichevole.
Del Tribunale competente in materia di sequestro e di prede.
1606. — La legalità e regolarità del sequestro delle navi mer-
cantili fatto durante la guerra, e la confisca delle navi sequestrate
e del loro carico, devono essere sottoposte al giudizio di un tri-
bunale speciale. Spetterà ad esso il decidere a riguardo di ciò, e
il pronunciare la sentenza in virtù della quale sia statuito circa
^68 Libro IV. • Della ttUela giuridica dèi Diritto internazionaU
la validità e regolarità del sequestro e sia riconosciuto poi o il di-
ritto del belligerante, in nome di cui il sequestro sia stato operato,
di far sue le cose sequestrate come preda di guerra, o il diritto
spettante ai proprietari di ottenere la restituzione delle medesime.
1607. — Il tribunale speciale competente per decidere intomo
a ciò che concerne il sequestro delle navi mercantili durante la
guerra e circa la validità delle prede sarà quello costituito come
tribunale intemazionale, il quale dovrà essere reputato investito
di giurisdizione intemazionale.
Costituzione del Tribunale delle prede.
1608. — Il tribunale internazionale delle prede sarà costituito,
quando la guerra sopravvenga, secondo le norme che dovranno
essere stabilite in un Congresso o Conferenza. Esso dovrebbe
essere composto di cinque giudici, dei quali tre designati dai
rappresentanti degli Stati neutrali e scelti tra i magistrati dei
tribunali supremi o delle Corti di ammiragliato appartenenti a
tre Stati neutrali, e uno designato da ciascuna delle parti belli*
geranti.
1609. — Mancando le regole stabilite d'accordo preventiva-
mente, il tribunale speciale competente a decidere definitivamente
tra i belligeranti e gl'interessati, in materia di prede, avrà ognora
il carattere proprio di tribunale internazionale, e si potranno
osservare per la sua costituzione le seguenti norme:
Ciascuna delle parti belligeranti designerà uno dei giudici; gli
altri tre saranno designati dagli Stati neutrali, e ne sarà fatta la
scelta a scrutinio di lista tra i magistrati dei tribunali supremi o
delle Corti di ammiragliato. Spetterà a ciascuno di essi Stati il
designare tre nomi, e risulteranno scelti i tre, che abbiano otte-
nuto il maggior numero di voti.
I Governi interessati designeranno d'accordo uno di essi per fere
lo scrutinio dei voti, ed in mancanza di accordo tale compito dovrà
ritenersi affidato al Governo di uno degli Stati che, secondo il
Diritto comune, sono obbligati alla neutralità, assoluta.
TUoloXlV.- Del sequestro e daia confisca 569
•
I belligeranti avranno diritto di farsi rappresentare per assistere
allo scrutinio dei voti.
1610. — Qualora gli Stati belligeranti o uno di essi si astenesse
dal designare il giudice, saranno osservato per designarlo le norme
stabilite per designare l'arbitro in caso di arbitrato forzato come
alla regola 1073.
Tribunale speciale delle prede costituito dal belligerante.
1611. — Ciascuno degli Stati belligeranti potrà istituire un tri-
bunale speciale per le prede fatte dalle proprie navi da guerra e
deferire ad esso di esaminare e decidere circa la regolarità dei
sequestri fatti da esse e la validità delle prede, ma non potrà at-
tribuire a codesto tribunale la giurisdizione intemazionale in ma-
teria di prede, conferendogli il potere di pronunciare sentenze che
abbiano Tautorità della cosa giudicata circa la validità del sequestro
e delle prede con tutti gli effetti che dall'aggiudicazione delle prede
derivano secondo il Diritto intemazionale.
1612. — Il tribunale delle prede istituito da ciascuno Stato se-
condo la legge interna sarà reputato come una giurisdizione dì
prima istanza rispetto agl'interessati sequestrati, o assoggettati alla
confisca.
Spetterà poi ognora ai privati, che da tale tribunale siano stati
condannati, o l'accettare senz'altro la sentenza, o l'impugnarla e
sottomettere la causa al giudizio del tribunale intemazionale delle
prede, che dev'essere reputato il solo competente a decidere defi-
nitivamente.
Le regole, come troTansi da noi stabilite, mirano ad eliminare T anomalia
che il sovrano di uno Stato possa esso medesimo essere giudice e parte. La
controversia circa la legalità del sequestro e la legittimità della preda durante
la gaerra marittima verte sempre tra il Governo in nome di cui sia stato fatto
il sequestro, ed il sequestrato, e siccome tale contestazione non può essere
altrimenti decisa che in conformità delle regole del Diritto intemazionale, se-
condo le qnali è stabilito quando si possa sequestrare una nave neutrale o
una nave mercantile di parte nemica, e quando le cose sequestrate debbano
essere aggiudicate a profitto del belligerante, cosi non si può ammettere che
il Sovrano stesso, che diviene parte in tale giudizio, possa esso medesimo
570 Libro IV. • Della tutela giuridica del Diritto inUmasUmaU
essere il giudice. Ammettendo che esso potesse istituire il tribunale col potere
di giudicare definitivamente, si verrebbe a concedergli la facoltà di creare una
giurisdizione internazionale in virtù di una legge intema, lo che è contrario
al Diritto comune. Il Sovrano belligerante può istituire una Ck>mm)88Ì0Be spe-
ciale in materia di prede a solo fine di esaminare la validità degli atti fatti
nel suo proprio nome e nel suo proprio interesse durante la guerra, e di deci-
dere se i Comandanti degli incrociatori abbiano osservate tutte le condizioni
richieste secondo il Diritto intemazionale per procedere al sequestro, e se sia
il caso di mantenere questo e di dichiarare valida la preda. Tutto ciò mire-
rebbe però soltanto a questo, a mettere cioè il Governo in grado di controllare
Tesercizio del diritto di predare delegato dalla Sovranità dello Stato ai Coman-
danti delle navi da guerra o ai corsari autorizzati; ma con ciò non si può
ritenere definitivamente risoluta la questione vera e propria di Diritto inter-
nazionale, quella cioè che consiste nel decidere se secondo le regole del Diritto
internazionale debba essere riguardato regolare il sequestro e valida la preda.
Per decidere tale controversia il Sovrano belligerante non si può arrogare
verona competenza, perchè esso dev*essere reputato parte nel giudizio, o come
attore, o come convenuto in contraddittorio dei sequestrato che vo^ia sostenere
la irregolarità del sequestro e la conseguente illegalità della preda ; laonde il
giudizio definitivo tra di essi dovrà essere deferito ad un tribunale intema-
zionale, il quale dovrà essere costituito a seconda delle regole fissate d'accordo
dagli Stati, o di quelle stabilite secondo il Diritto comune per la costituzione
dei tribunali arbitrali. Ammettiamo che se il Sovrano belligerante abbia isti-
tuito il tribunale delle prede, codesto possa essere considerato come un tri-
bunale di prima istanza, e dato che abbia deciso in un modo o nell'altro, e
che il sequestrato ne accetti la sentenza, che questa possa divenire definitiva
in conseguenza della volontaria sottomissione della parte condannata, ma lad-
dove ciò non accadesse, non si potrebbe al certo, senza contraddire le regole
del Diritto comune, ammettere che lo Stato belligerante potesse non solo isti-
tuire il proprio tribunale, ma dichiararlo competente ad esaminare ed a risol-
vere, secondo le proprie leggi, controversie di Diritto intemazionale.
Competenza del Tribunale intemazionale.
1513. — II tribunale internazionale, costituito come alle regole
precedenti per giudicare in materia di sequestro e di prede marit-
time, sarà reputato il solo competente a giudicare definitivamente
i casi sommessi alla propria giurisdizione, ed avrà lo stesso
potere che un tribunale di appello neirìpotesi che ciascuno degli
Stati belligeranti abbia, a norma della regola 1511, istituito un
tribunale speciale a seconda della propria legge intema.
1514. — La sede del tribunale internazionale in materia di prede
sarà in un paese di Stato neutrale.
TUolo XIV. ' Del sequestro e détta confisca 571
Procedimento dinanzi al Tribunale delle prede.
1615. — Per le formalità di procedimento dinanzi ai tribnnalr
delle prede saranno osservate le norme stabilite pel procedimento
dinanzi ai tribunali arbitrali.
Saranno in conformità di esse fatti tutti gli atti istruttorii per
stabilire ì fatti allegati, e per raccogliere tutti gli elementi della
prova, che il tribunale potrà reputare opportuni per potere deci»
dere circa la legalità del sequestro e la validità della preda. A ri-
guardo di ciò il sequestrante ed il sequestrato saranno obbligati
alla pari a fornire al tribunale giudicante tutti gli elementi, che
esso possa ricliiedere per sentenziare con illuminato giudizio.
1516. — Il tribunale, salvo sempre il giudizio di lui circa la
ammissibilità o non ammissibilità di qual si sia mezzo di prova,
dovrà ammettere una parte e l'altra a fornire le prove che con-
cernono la legalità o illegalità del sequestro e la validità o no della
confisca.
1517. — Per quanto concerne il diritto spettante alle parti dr
essere rappresentate nel giudizio e di rimettere al tribunale me-
morie e contro memorie; per la dilazione e i termini; per l'istru»
zione della causa, e l'ordinamento del giudizio saranno osservate
le stesse norme che pel procedimento dinanzi ai tribunali arbitrali.
Giudizio circa la legalità e regolarità del sequestro.
1518. — Spetta al tribunale delle prede il decidere se il se*
questro della nave mercantile sia stato fetto legalmente e regolar»
mente, o se non debba ritenersi tale.
1619. — Il tribunale sarà tenuto a giudicare circa il sequestra
a norma delle regole del Diritto intemazionale, che costituiscono
il Diritto comune in tempo di guerra, e nell'interpretarle ed appli-
carle dovrà tener conto dei documenti di Stato, nei quali il con»
cetto di esse trovisi precisato e determinato, e dei principi! del
^72 Lihro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale
Diritto convenzionale stabilito tra gli Stati contendenti, e potrà
valersi altresì della giurisprudenza stabilita dai tribunali delle prede,
che le abbiano interpretate ed applicate giudicando casi analoghi,
« dell'opinione dei pubblicisti.
1620. — II tribunale deciderà circa l'ammissibilità di qualsisia
mezzo di prova, e non potrà escludere la produzione dei doca-
menti che non esistevano a bordo al momento in cui sia stato fatto
il sequestro, e che possano aver valore nel giudizio in merito rela-
tivo alla validità della preda.
Esso valuterà tutte le prove e tutte le circostanze di fatto se-
condo le proprie convinzioni ed il suo prudente arbitrio, e dovrà
tenere in debito conto le gravi esigenze della guerra, che impon-
gono al belligerante di provvedere con ogni cura alla propria difesa,
« di esercitare ogni diritto riguardo a ciò in maniera da tutelare
gelosamente i propri interessi e non comprometterli in ogni caso
in cui esso possa avere ragione di supporre, che dall'operato di
coloro, che non devono fare nissun atto ostile, possa derivare a
lui un qualche danno mediato o immediato pei iSni della guerra.
Quando possa ritenersi legale il sequestro della nave.
1521. — II sequestro della nave sarà reputato legalmente fatto:
a) quando essa non possa giustificare pienamente la propria
nazionalità, data l'ipotesi che fosse ammessa la confisca delle navi
mercantili di parte nemica {Confr. reg. 1292 e seg.);
b) quando essa fosse sfornita di documenti, o questi non fos-
sero in piena regola, o vi fosse motivo per ritenerli duplicati, o
quando fossero appai*en temente alterati, o si avesse motivo per
ritenerli falsi o falsificati;
e) quando la nave invitata a fermarsi per essere sottomessa
alla visita avesse tentato di opporsi o sì fosse opposta;
d) quando la visita e le ricerche abbiano dato per risultato di
stabilire in fatto che la nave abbia preso parte alle ostilità o hce
sia destinata a prendervi parte»
lìtolo XIV. " Del sequestro e della confisca 575
Sarà reputata sempre tale una nave neutrale noleggiata per
prestare servizio al nemico e sopratutto per trasportare ad esso
soldati, viveri o provvisioni per le armate;
e) quando la nave trasporti oggetti di contrabbando di guerra
e si trovi nelle condizioni che possono legittimare il sequestra
della nave in conformità della regola stabilita in seguito (CStm/r.
reg. 1525);
f) quando essa serva di spia , o vi sia fondato motivo per
potere sospettare che serva come tale;
g) quando, con la forza abbia difeso una nave nemica inse-
guita 0 abbia cercato di difenderla;
h) quando fosse colta sul momento di violare il blocco, dopo
aver ricevuta la notificazione speciale dell'esistenza di esso.
Quando debba ritenersi illegale il sequestro.
1622. — Il sequestro sarà reputato assolutamente illegale e
contro le regole del Diritto internazionale, se sia stato operato
contro una nave, la quale coi documenti esistenti a bordo abbia
potuto provare la sua nazionalità neutrale, e Io scopo pacifico del
proprio commercio.
I documenti che devono essere reputati decisivi ed efficaci a
riguardo di ciò sono:
a) Tatto di nazionalità;
b) ì documenti relativi alla proprietà della nave, qualora questa
non risultasse dall'atto di nazionalità;
e) il contratto di noleggio con tutti i documenti relativi alla
natura del carico ed alla destinazione di esso;
d) il ruolo di equipaggio;
e) i libri di bordo dai quali risulti la rotta della nave in con*
formità della destinazione di essa.
Cotesti documenti tutti redatti in debita forma e senza altera-^
zione di sorta devono ritenersi efficaci per stabilire prima fade la
condizione giuridica della nave, del carico e della destinazione; e
ogniqualvolta non vi sia ragione di dubitare della loro veridicità,
^66 Libro IV* ' Dilla tutela giuridica del DiriUo intemazionale
d'amministrazione della marina nella redazione del processo ver-
bale. Mancando il Console, il Capitano della nave sequestrata avrà
diritto di assistere o di farsi rappresentare, e di fare inserire nel
processo verbale le circostanze, che esso voglia mettere in rilievo,
per illuminare la giustizia.
Compito delVavtorità giudiziaria.
1501. -^ L'autorità giudiziaria per l'istruzione dei processi
ordinari farà tutti gli atti ulteriori che possa ritenere utili per
illuminare il tribunale competente in materia di sequestro e dì
prede marittime, raccoglierà tutti gli elementi che possano riuscire
utili per l'illuminata amministrazione della giustizia, e darà corso
alle istanze degl'interessati, che abbiano richiesto qualche atto
istruttorio.
1502. — L'autorità giudiziaria competente per l'istruzione potrà
decretare i provvedimenti d'urgenza per la conservazione della nave
sequestrata e degli oggetti che formino il carico. Essa potrà ordi-
nare la restituzione ai legittimi proprietari di tutti quelli che non
possano formare materia di preda bellica, e sopra tutto degli
oggetti appartenenti alle persone dell'equipaggio o ai passeggieri,
che si trovino sulla nave sequestrata.
1603. — Compiuti tutti gli atti d'istruzione, incombe all'autorità
giudiziaria il rimettere senza dilazione tutti gli atti del processo
al tribunale delle prede istituito dal proprio Governo, per decidere
in prima istanza circa la validità del sequestro (Confr. reg. 1511)
Nave condotta in un porto neutrale.
1604. — L'incrociatore non potrà condurre la nave sequestrata
in un porto neutrale tranne che nel caso di rilascio forzato, o
quando esso sia costretto a rifugiarvisi con la sua preda in caso
d'inseguimento da parte del nemico.
Titolo XIV,' Dèi Sequestro e ddla confisca ^7
1606. — Incombe airautorìtà marittima (tei porto neutrale, ed
all'autorità giudiziaria compiente per l'istruzione dei processi or-
dinari fare tutti gli atti come sono indicati nelle regole prece-
denti, e provvedere a che la nave sequestrata sia custodita là
ove ottenne rifugio, per restarvi fino a tanto che il tribunale in-
temazionale delle prede non abbia deciso circa la validità del
sequestro o della preda. Compiuto il giudizio la nave potrà essere
posta a disposizione dell'armatore, qualora il tribunale delle prede
abbia deciso di togliere il sequestro o abbia dichiarato libera la
nave e il carico o una parte di esso.
Si praticherà nello stesso modo nel caso, che il Governo dello
Stato belligerante, in nome di cui il sequestro sia stato fatto, e
gl'interessati sequestrati arrivino ad accordarsi all'amichevole a
riguardo della sorte della nave sequestrata e del carico.
Questa regola mira a tutelare gelosamente i diritti di sovranità dello Stato
neutrale, che abbia accordato rifugio alla nave belligerante ed alla preda da
essa fatta. Non può ammettersi che una nave belligerante inseguita da forza
nemica possa non solo domandare ed ottenere riftigio in un porto neutrale,
ma ottenere altresì che il Sovrano di questo le debba concedere di partire
con la preda fatta appena passato il perìcolo di perderla. Non ci pare di potere
accogliere Topinione sostenuta da alcuni giuristi, che cioè il Governo neutrale
possa dichiarare libera la preda, perchè così esso la farebbe da giudice, e la
giurisdizione non può essergli attribuita a riguardo di ciò. Neanche ci pare
che esso possa concedere air incrociatore di condurre seco la preda, perchè
verrebbe a prestar così un^assistenza indiretta, accordando a lui il rifugio per
fare un'operazione dì guerra, quella cioè di mettere al sicuro la preda fatta.
La regola come è stata proposta tutela tutti grinteressi ed include la pro-
tezione della nave neutrale sequestrata fino a che il tribunale intemazionale
competente {rég. 1507) non abbia deciso circa la sorte della medesima, o le
partì non si siano accordate alFamichevole.
Del Tribunale competente in materia di sequestro e di prede.
1606. — La legalità e regolarità del sequestro delle navi mer-
cantili fatto durante la guerra, e la confisca delle navi sequestrate
e del loro carico, devono essere sottoposte al giudizio di un tri-
bunale speciale. Spetterà ad esso il decidere a riguardo di ciò, e
il pronunciare la sentenza in virtù della quale sia statuito circa
^^^ LUn'o IV. - Velia Mda ffiuHdica del Diritto inUrnazionaU
dì credersi autorizzato a fare il sequestro, potrà condannarlo al
rifacimento dei danni.
Qualora poi il sequestro sia stato fatto violando le regole di
Diritto internazionale, o che sia riconosciuto senza causa, il tri-
bunale dovrà condannare il sequestrante non solo a restituire la
nave o il carico sequestrato ai proprietari, ma al rifacimento di
ogni danno, che ne sia derivato, oltre tutte le spese del procedi-
mento e del giudizio.
1532. — Il sequestrante sarà condannato altresì al rifacimento
dei danni, come nel caso contemplato dalla prima parte della regola
precedente, qualora il sequestro, fatto per un motivo apparente-
mente legittimo, sia stato poi mantenuto per qualche irregolarità
di procedimento imputabile al comandante della nave belligerante,
o per la inosservanza delle regole stabilite a riguardo del giudizio
per mantenerlo o risolverlo, o quando vi sia stato ingiustificato
ritardo, imputabile al Governo nel procedimento per la decisione
circa la validità di esso. (Vedi reg. 1489, 1498 e seg,).
Le tre regole sopra indicate mirano a tener distinto il giudizio circa la lega-
lità e regolarità dei sequestro, da quello cbe concerne la confisca e la preda
delle cose sequestrate. Il sequestro ò sempre effettuato dai Comandanti delle
navi da guerra o dagli incrociatori a ciò autorizzati, sotto la propria respon-
sabilità, e quindi sotto la conseguente responsabilità del Governo, in nome del
quale le operazioni di guerra sono compiute. Può bene accadere che U se-
questro sia fatto legalmente e regolarmente, ma cbe il belligerante non abbia
nonpertanto il diritto di confiscare le cose sequestrate. Così se il sequestro
fosse effettuato contro una nave caricata di oggetti di contrabbando di gnerra,
la quale coi documenti esistenti a bordo non avesse potuto dare la prova piena
della sua destinazione ad un porto neutrale, dovrà ritenersi effettuato in con-
formità dei principii del Diritto comune, e qualora poi rarmatore potesse dare
la prova piena della destinazione pacifica della nave e deUa merce, e potesse
cosi escludere completamente qual si fosse diritto da parte del belUgerante di
confiscare la nave o il carico, questo non muterebbe i rapporti tra il bellige-
rante, in nome di cui il sequestro fosse stato fatto, e Tarmatore e i proprietari
della merce, che a cagione del sequestro fossero stati danneggiati. Rispetto a
costoro non potrà al certo essere tenuto a risponderne il Governo dello Stato
belligerante, in nome del qoale il sequestro fa fatto. Tutto si riduce ad esa*
minare e decidere se, valutate le circostanze, nelle quali Tincrociatore sequestrò
la nave nemica o quella neutrale, che esso ritenne colpevole di atti di ostilità,
aveva plausibile diritto di ciò fare. Dato che il tribunale lo abbia ritenuto»
ogni responsabilità da parte del Governo deve essere ragionevolmente elimi-
nata, e dovrà essere tenuto a rispondere verso ì proprietari danneggiati Tar-
matore o il capitano, il quale navigando in tempo di guerra senZa avere i
Titolo XIV, - Del sequestro e della confisca 577
docnmenti di bordo in piena regola, abbia cosi dato giusto motivo al bellige-
rante di considerarlo suo nemico e di sequestrare la» nave o il carico. Dato
pure cbe nel giudizio circa il merito della preda il sequestrato potesse dare
prova piena di non appartenere la nave al nemico, e di non aver in nulla
violato i doveri della neutralità, escludendo completamente di avere la nave
fatto qual si fosse atto di ostilità per poter essere reputata nemica, questo
escluderebbe il diritto del belligerante di confiscare le cose sequestrate, ma
non potrebbe menomamente attaccare il diritto di lui di fare il sequestro,
mentre abbiamo supposto che fosse stato fatto in circostanze che davano mo-
tivo legittimo di farlo secondo il Diritto internazionale. Come potrebbe quindi
sorgere la responsabilità del Governo pel rifacimento del danno? Questa po-
trebbe nascere soltanto nella seconda ipotesi contemplata dalla nostra regola,
quando cioè il sequestro, tuttoché fatto per un motivo legittimo, fosse stato
poi mantenuto por irregolarità nella procedura, che doveva osservarsi e che
non fu osservata, o per ingiustificato ritardo neirespletamento della procedura
stessa e della decisione circa la validità del sequestro.
Sentenza in caso di distruzione della nave sequestrata^
1633. — Qualora il Comandante dell' incrociatore, che abbia
operato il sequestro, non abbia potuto trasportare la nave in luogo
sicuro, e l'abbia calata a fondo, come alla regola 1494, sarà tenuto
in massima al rifacimento di ogni danno, e non ne potrà essere
esonerato, se non che quando il tribunale delle prede, giudicando
in merito, abbia deciso che al belligerante spettava il diritto di
confiscare la nave ed il carico distrutto.
Nell'ipotesi però che sia riconosciuto che il belligerante avea
diritto di confiscare soltanto la nave e una parte del carico, dovrà
pronunziarsi la condanna contro di lui al rifacimento di ogni danno
a favore dei proprietari di quella parte del carico, rispetto alla
quale non possa essere ammesso il diritto di preda.
Giudizio circa la legalità della preda.
1634. — Nissuno Stato belligerante avrà il legittimo diritto d!
appropriarsi una nave o le merci da essa trasportate e da lai se-
questrate dorante la guerra, se non che quando con sentenza del
tribunale internazionale sia riconosciuto il diritto di predare la
cave, o le merci.
37 — FiOHE, Dir, intern. nodif.
578 Libro IT. • Della tuiOa giuridica del Diritto iniemaxUmaU
Quando una nave possa essere confiscata.
1535. — Il diritto di predare una nave non può essere attribuito
al belligerante che nei seguenti casi:
1<» se essa formi parte della marina da guerra o sia aggregata
ad essa {reg. 1160, 1169), o sia una nave corsara, dato il caso di
guerra in corsa (vedi rey. 1172, 1305);
if^ se essa appartenga in proprietà a privati di parte nemica,
dato che sia ammesso il diritto eccezionale contemplato alle
r^ole 129S e seg.;
30 se essendo essa una nave neutrale che trasporti il con-
trabbando di guerra, si trovi nelle condizioni per essere predata
giusta le regole innanzi stabilite (Confr. reg. 144f6 e Beg.)\
4^^ se risulti colpevole di violazione di blocco o di tentativo
di violazione di blocco a norma della regola 1464;
5® se le vie di fatto colle quaU abbia resistito con la forza
all'invito di sottomettersi alla visita, siano tali da poterla per questo
assimilare ad una nave nemica (Confr. reg. 1446) ;
6<> se risulti colpevole di partecipazione ad atti di ostilità fatti
in nome e nell'interesse del nemico (Confr. reg. 1446).
Quando il carico di una nave possa essere confiscato.
1536. — Il belligerante avrà il diritto di predare tutto il carico,
che si trovi a bordo della nave, nel solo caso di violazione di blocco.
In ogni altro caso la merce innocente caricata a bordo della nave,
che sia soggetta alla confisca, dovrà essere restituita ai proprietari,
ma senza nissun obbligo da parte del Governo pel rifacimento dei
danni da essi patiti.
Questa regola mira a limitare, dentro i giusti confini, il diritto di preda.
Dato pure che la nave faccia atti di ostilità e che per questo diventi nemica,
non se ne può dedurre che debbano essere trattati come nemici i proprietari
della merce che, per ragioni del loro commercio, si siano serviti della nave
pel trasporto pacifico della merce ad essi appartenente. Giova notare, ch«
THclo XIV, - Del sequestro e della confisca ^79
secondo Io stesso Diritto eccezionale, che consente la confisca delle navi mer»
cantili di parte nemica, si viene pnre ad ammettere che il diritto di preda
non possa estendersi alla merce neutrale caricata a bordo di esse. Non 'si
potrebbe quindi (pustificare in nessun caso, in cui la nave divenisse nemica
pel fatto del capitano o dell'armatore, Testendere il diritto di preda alla merce
appartenente ai pacifici cittadini, e che per ayrentura si troTasse a bordo di
essa. Nel caso di blocco ò la destinazione della merce al porto bloccato, che
costituisce di per so stessa Tatto di ostilità, ed è ragionevole quindi Tammettere,
che il belligerante possa predare la nave ed il carico, così come può indubi-
tabilmente predare le armi che siano portate al nemico per continuare la resi-
stenza. Anche nel caso di confisca per trasporto di contrabbando di guerra»
il diritto di preda, dato pure che possa essere applicato alla nave oltre che
alla merce di contrabbando, non potrebbe essere esteso alla merce appartenente
ai cittadini pacifici, e da essi caricata con pacifica destinazione, senza richia-
mare indirettamente in vigore la massima roba del nemico confisca quella M-
Vamico.
Abbiamo escluso poi T obbligo del rifacimento di ogni danno da parte del
Oovemo a riguardo dei proprietari, ai quali la merce debba essere restituita»
perchò essi, se hanno diritti da far valere in conseguenza del danno patito,
devono sperimentarli contro T armatore, che col fatto proprio ne sia stato
cagione, e non contro il Governo, che esercita debitamente il diritto suo durante
lo stato di guerra.
Quando debba essere escluso il diritto di preda.
1637. — Sarà escluso il diritto di predare una nave, se il belli»
gerante intenda di fondare tale suo diritto sulla propria legge, o
su quella da esso promulgata al cominciamento della guerra, ogni
qual volta che cotesta legge sia contraria alle regole del Diritto
comune intemazionale.
1638. — Sarà in ogni caso escluso il diritto di far sua la preda»
qualora la nave sia stata sequestrata dopo il termine fissato nei
preliminari di pace per la cessazione delle ostilità, e non potrà essere
d'ostacolo la circostanza dell'ignoranza della cessazione delle osti-*
lità da parte deirincrociatore, che effettuò il sequestro.
1630. — Sarà dichiarata illegale la preda di una nave seque*
strata nelle acque territoriali neutrali, non ostante che essa si trovi
nelle condizioni richieste per confiscarla secondo il Diritto con\une;
e constatato che il belligerante abbia effettuato il sequestro senza
rispettare rinviolabilità del territorio neutrale, incombe al tribunale
di dichiarare nulla l'operazione di guerra fatta nelle acque teni*
toriali neutrali, e libera la preda»
580
Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale
Navi nazionali riprese.
1640. — Sarà escluso il diritto di preda riguardo ad ogni
nave mepcantile nazionale o addetta al servizio dello Stato durante
la guerra, la quale sia stata predata dal nemico, e ripresa prima
che il tribunale intemazionale delle prede T abbia aggiudicata a
luì come buona preda.
164L — Incombe a ciascuno Stalo il regolare con la propria
legge la condizione delle navi mercantili predate dal nemico e che
siano a lui ritqlte prima della legale aggiudicazione.
Potrà essere attribuito un premio a coloro, che avessero liberata
la nave predata, o che l'avessero ricuperata o salvata, in caso che
essa fosse stata abbandonata dal belligerante, che l'aveva seque-
strata, ma dovrà reputarsi ognora contro il Diritto comune inter-
nazionale l'applicare alle navi mercantili sequestrate dal nemico
e riprese prima che siano state a lui aggiudicate dal tribunale
competente, le stesse regole che possono essere applicate alle
navi nemiche avuto riguardo al diritto di confiscarle e predarle
durante la guerra.
Della sentenza del Tribunale delle prede
e della sua efficacia.
1542. — La sentenza del tribunale delle prede dovrà essere
motivata ed enunciare il fatto e le regole di Diritto comune, sulle
quali sia fondato il dispositivo.
Essa dovrà contenere la decisione circa la legalità o illegalità
della cattura, e l'aggiudicazione della nave o del carico o di una
parte di esso al belligerante, o la liberazione o la restituzione di
tali cose ai loro legittimi proprietari.
Dovrà inoltre provvedere circa iW rifacimento del danno, quando
le parti siano a ciò lenufe, e circa tutte le spese del giudizio e
TUoh XIV. - Dd uquestro e tMla confisca ^^
quelle occasionate dal sequestro e dalla conservazione delle cose
sequestrate.
1643. — La sentenza avrà l'autorità della cosa giudicata trs^ le
parti, e sarà reputata efficace a stabilire i loro diritti rispettivi.
1544. — Le parti legalmente rappresentate nel giudizio o le-
galmente contumaci sono tenute a ritenere come sentenza defi-
nitiva quella pronunziata dal tribunale delle prede e devono
eseguire quanto con la sentenza sia stato disposto. In caso di ri-
fiuto il procedimento della parte che ciò faccia, sarà riguardato
come violazione del Diritto comune, e potrà dar luogo a tutte le
procedure stabilite per assicurare il rispetto e l'osservanza delle
obbligazioni internazionali.
582
Libro IV, ' Della itUela giuridica del Diritto internazionaU
TITOLO XV.
Fine della ffuerra.
Quando la guerra debba reputarsi terminata.
1645. — La guerra tra due o più Stati non può reputarsi legai-
niente terminata che con la conclusione della pace stipulata col
trattato preliminare, o col trattato definitivo di pace.
Quando essa sia fatta da un popolo contro uno Stato o da un
partito che si trovi nelle condizioni per poter essere reputato
belligerante dovrà reputarsi terminata con la sottomissione com-
pleta del vinto al vincitore.
L*altima parte della regola può trovare la sua applicazione quando un popolo
combatte contro il potere costituito per risolvere colle armi una questione di
Diritto pubblico intemo. Cosi può accadere a modo d'esempio nel caso d*una
guerra di secessione, quando cioè una parte della popolazione che formi lo
Stato combatta per costituirsi a Stato separato ed indipendente, ovvero quando
la guerra miri a modificare la costituzione politica dello Stato. Nell'uno e nel-
Taltro caso la guerra deve reputarsi terminata quando la lotta a mano armata
abbia raggiunto il suo scopo, o mediante la costituzione dello Stato separato,
o mediante la vittoria del partito vincitore che sia riuscito nell* intento pel
quale la lotta a mano armata era stata iniziata, e non occorrerà in un caso
e nell'altro che sia stipulato un trattato di pace; col fatto compiuto e defi-
nitivo la guerra deve reputarsi terminata.
1546. — La guerra non potrà reputarsi finita con la semplice
cessazione delle ostilità, saranno però in tal caso applicate le regole
che concernono la sospensione d'armi o Tarmistizio.
1547. — L'occupazione militare, tutto che protratta a tempo
considerevole, e resa stabile mediante la costituzione di un Governo^
non potrà valere a far ritenere la guerra legalmente finita, se non
che quando la cessione del territorio militarmente occupato sia stata
riconosciuta o mediante un formale trattato di cessione, o mediante
altri atti equivalenti al trattato o al riconoscimento formale del
nuovo stato di cose.
Titolo XV. - Fine della guerra 583
Del trattato di pace.
1648. — Saranno reputate capaci a stipulare le condizioni della
pace le persone che si trovino nell'attualità nel possesso della
suprema autorità, e alle quali sia affidato il governo dello Stato.
Anche quando il partito nazionale della maggioranza abbia stabilito nn
Governo provvisorio surrogandolo al £k>vrano legittimo vinto o prigioniero, o
che abbia abdicato, o che per qual ri sia ragione trovisi impedito neirattua-
lità di esercitare i poteri sovrani, le persone che esercitino le funzioni della
sovranità, e che costituiscano di fatto il Governo, devono essere reputate com-
petenti a stipulare le condizioni deUa pace.
1640 — Il trattato di pace sarà reputato valido quando abbia
i requisiti richiesti per la validità di ogni altro trattato {Confr.
reg. 628, 638-39).
1660. — Spetta al vincitore il subordinare la conclusione della
pace a quelle condizioni che esso reputi le più adatte a soddisfare
ogni suo legittimo diritto.
Qualora però le condizioni imposte dal vincitore e che il vinto
non può rifiutare o discutere, siano veramente tanto onerose da
implicare la mina economica, politica o morale dello Stato vinto,
questo potrà provocare la riunione di una conferenza e sotto-
mettere ad essa le condizioni della pace. Deve ammettersi in tale
evenienza l'ingerenza collettiva per determinare le condizioni della
pace che meglio rispondano ai prìncipii della giustizia intemazio-
nale che il vincitore non può conculcare impunemente a danno
del vinto {Confr. reg. 487, 489, 1027, 1046).
1661. — La cessione forzata di una parte del territorio di uno
Stato vinto, potrà essere imposta come condizione della pace e
dovrà ritenersi valida quando sia stata stipulata nel trattato di
pace debitamente concluso e giusta le norme che devono governare
le cessioni territoriali tra Stato e Stato.
Ratifica del trattato di pace.
1652. — Qualora a norma della legge costituzionale la pace
non possa essere conclusa che sotto la condizione che il trattato
B^ hUbro 1 V, - Della tutela giuridica del Diritto internazionale
di pace sia ratificato dai corpi rappresentativi, la guerra dovrà
reputarsi terminata con la stipulazione del trattato di pace, ma
sotto la condizione risolutiva della ratifica. L'accordo concluso
circa i patti della pace dovrà però ritenersi efficace, e non potrà
quindi ritenersi rotto se non che quando i detti Corpi rappresenta-
tivi abbiano espressamente deliberato di non ratificare il trattato.
1663. — Dal momento in cui sia stato definitivamente decìso
di non ratificare il trattato di pace, ritornerà in pieno vigore il
Diritto di guerra e potranno essere ricominciati senz'altro gli atti
di ostilità.
1664. — In nessun caso potrà essere menomato il diritto spet-
tante alla parte interessata di provocare la riunione di una con-
ferenza e di sottomettere ad essa il trattato di pace a fine dì
ottenerne la rivocazione o la modificazione, qualora le condizioni
imposte dal vincitore possano essere reputate enormemente lesive
dei legittimi diritti dello Stato o in opposizione col Diritto inter-
nazionale.
Come il trattato debba essere eseguito.
1666. — I patti concordati col trattato di pace fino a che esso
non sia rivocato dovranno essere osservati lealmente ed in buona
fede ed essere ritenuti obbligatorii per lo Stato che li abbia sti-
pulati, anche se siano stati imposti dal vincitore a cagione della
sua forza militare preponderante, e se in virtù di essi siano state
modificate le condizioni storiche rispettive degli Stati combattenti
ed i diritti precedentemente da ciascuno di essi acquistati {Canfr.
r&g. 638).
Amnistia generale»
1666. — La conclusione della pace importa anche indipenden-
temente da patto espresso l'amnistia generale rispetto all' appli-
cazione del Diritto di guerra ai fatti politici, o militari compiuti
durante la guerra o connessi colla medesima. Essa però non potrà
Titolo XV. - Fine della guerra 585
valere a sospendere Tapplicazicme del Diritto comune ai reati com-
messi in tempo dì guerra.
1667. — Sarà reputata come conseguenza generale della con-
clusione della pace, la rinuncia da parte dell'uno e dell'altro Stato
belligerante ad ogni specie di azione relativa ai fatti che abbiano
motivato la guerra, e ad ogni dissidio e ad ogni vertenza che die
cagione alla medesima.
Applicazione del trattato di pace.
1668. — Qualora nel trattato di pace fosse stipulata la regola
dello statu quo ante bellum, essa dovrà essere interpretata ed appli-
cata in maniera da non pregiudicare i diritti acquisiti dai privati
durante la guerra, e, salvo dichiarazioni espresse in contrario, sa-
ranno osservate le seguenti regole.
1659. — n Sovrano reintegrato nel possesso dei suoi domini!
potrà ripristinare ogni cosa nelle condizioni anteriori per tutto ciò
che concerne la pubblica amministrazione, ma dovrà tener conto
delle conseguenze legali derivanti dall'occupazione militare dei ter-
ritori a lui restituiti. {Confr. reg. 1312, 1332.)
Esso non potrà esercitare i suoi diritti sovrani in modo retroat-
tivo e sarà tenuto a rispettare tutti i diritti acquisiti durante la
occupazione, sia che essi derivassero da contratti legalmente fatti,
sia che derivassero da sentenze rese durante l'occupazione e pas-
sate in cosa giudicata.
1660. — Incombe al Sovrano reintegrato il tener conto delle
leggi e dei regolamenti promulgati dall'autorità nemica, e delle
conseguenze legali che ne siano derivate durante l'interregno.
Egli potrà assoggettare all'autorità delle proprie leggi e regola^
menti, che ipso jure ipsoqm facto entrano in vigore, ogni fatto, ogni
diritto, ogni aspettativa, a cominciare dal momento in cui egli sìa
stato reintegrato, ma dovrà rispettare i diritti già perfetti ed ac*
quisitì dai privati durante l'occupazione militare nemica.
1661. — Ogni diritto spettante alla sovranità territoriale dovrà
^^ Libro IV. - Della iuUla giuridica del Diritto internaziotiaU
ritenersi immediatamente reintegrato anche rispetto al nemico che
aveva prima occupato militarmente il territorio restituito.
Le leggi poliUche ed il Diritto pubblico dello Stato devono rite-
nersi senz'altro immediatamente ripristinati nella loro piena auto-
rità, e colla promulgazione del trattato che ristabilisce lo «tatù
quo ante béUum^ deve ritenersi rivocata ogni modilBcazione ftitta
ad essi durante l'occupazione militare, salvo sempre i diritti ac-
quisiti dai privati.
1562. — La restituzione delle cose dovrà essere effettuata nello
stato in cui esse erano quando furono prese dal nemico, salvo sol-
tanto i cambiamenti avvenuti e le deteriorazioni, che siano state
la conseguenza naturale dei fatti o delle operazioni di guerra.
Applicando questa regola se ne può dedurre, che una piazza forte, ad esempio,
debba essere restituita neUo stato in cui essa era quando fu presa, sempre
ebe essa si trovi nel medesimo stato alla conclusione della pace. Supponendo
cbe durante la guerra essa fosse stata disarmata e le sue fortificazioni sman-
tellate, e che nulla fosse stato intomo a ciò disposto nel trattato di pace, la
parte, a cui la fortezza dovesse essere restituita, non potrebbe pretendere che
r altra facesse le opere per rimetterla nello staiu quo ante heìlum, A fare le
opere potrebbe essere costretta la parte contraria, se essa le avesse distrutte
prima di restituire la fortezza e dopo conclusa la pace.
Norme circa Tuli possidetis.
1663. — Qualora nel trattato di pace fosse stipulata la regola
dell'ubi possidetis, essa potrà valere per quanto concerna le cose
appartenenti all'uno o all'altro dei due Stati belligeranti, e delle
quali sia stato acquistato il possesso in conseguenza dei fatti di
guerra. Bisogna però ritenere salvi anche in questo caso i diritti
dei privati proprietari delle cose, se in conseguenza della guerra
fossero stati espropriati, e potessero avere il diritto al rifacimento
del danno.
1664. — Spetta alle paili, che stabilendo la regola dell' f^^J
possidetis nel trattato di pace abbiano inteso così di rinunciare
all'esercizio di ogni loro diritto per gli avvenimenti e mutamenti
sopravvenuti durante la guerra, il determinare l'obbligo rispettivo
relativo ad ogni diritto che possa competere ai privati pel rifaci-
Titolo XV. • Fine dèlia guerra ^7^
mento del danno da essi patito, sia che l'azione possa essere
esercitata da essi in conformità della legge dinanzi ai tribunali, sia
che possa essere esercitata soltanto in via amministrativa.
In mancanza di patto espresso si applicheranno per analogia
i principi! di Diritto comune, che concernono gli obblighi rispet-
tiyi in caso di successione di Stato a Stato.
Dei danni di guerra.
1566. — Ogni danno patrimoniale patito dai privati durante
la guerra, e che sia dimostrato avvenuto effettivamente in occa-
sione della medesima, dandone la prova specifica, fa nascere il
diritto di ottenere la riparazione del danno patito o mediante
razione in via giudiziaria, o mediante l'azione in via amministrativa.
La proposta regola si fonda sul concetto, che la gaerra è un rapporto fra
Stato e Stato, e che rinsieme degli atti durante la medesima compiuti devonsi
ritenere fatti e compiuti per tutelare i diritti e gFinteressi della comunità. Dal
che consegue che i cittadini debbano reputarsi responsabili di tutte le conse-
guenze della guerra uti universitas, e che essi come tali debbano sopportarne
le conseguenze. Per lo che se gli uni o gli altri patiscono poi individualmente
nn danno patrimoniale pei fatti di guerra, non debbono essi essere tenuti a
sopportarlo individualmente, come in ogni caso di danno patito per forza mag-
giore o in conseguenza di un evento fatale. U danno deve essere invece sop*
portato dalla comunità, perchè la guerra mira sempre a far rispettare i diritti
della comunità lottando colle armi contro lo Stato che voglia conculcarli. Deve
quindi reputarsi conforme ai principii naturali della giustizia e deirequità che
debba ammettersi ognora Fazione da parte del danneggiato affinchè i danni
individualmente da lui patiti pei fatti e per gli eventi di guerra siano ripartiti
fra tutti coloro che la comunità costituiscono: essi devono infatti cadere a
carico dei cittadini uti univereitae, e non già di coloro che uH 9inguH even-
tualmente tali danni abbiano patito.
Ma per ottenere il rifacimento del danno può sempre sperimentarsi Fazione
giudiziaria o deve sperimentarsi Fazione in via amministrativa?
Questa a noi pare la sola e vera questione controversa, perla quale con*
verrà tenere presenti le seguenti regole.
1666. — Sarà qualificato danno di guerra risarcibile soltanto
in via amministrativa ogni danno, che possa essere reputato come
conseguenza della fatale necessità e della forza maggiore e che
sia stato cagionato durante il combattimento e per le esigenze
del medesimo»
588 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto inUrnazi(màle
n concetto giuridico del fatto di guerra^ dell'urgenza e necessità
4i guerra dev'essere però ristretto a quello soltanto, che può riu-
scire necessario ed urgente di fieire e d' intraprendere nel luogo
in cui il nemico si trovi presente, e dove la lotta con lui trovisi im-
pegnata, o dove l'azione militare si svolga nell'attualità. Esso non
potrà essere allargato a tutto quello che durante la guerra possa
essere fatto od intrapreso con un disegno preordinato di difesa o
di offesa, e che possa essere reputato preventivamente utile ai fini
della medesima.
1667. — Spetterà ai privati l'azione giudiziaria per ottenere
il risarcimento del danno patito durante la guerra ogniqualvolta
<*he il danneggiamento della proprietà privata sia stato effettuato
fuori del caso dell'urgenza e della necessità di guerra, non ostante
che sia stato motivato dai bisogni preventivi della difesa.
Il danneggiamento come tale dovrà restare sommesso alle regole
che concernono i danni arrecati ai privati per ragione di pubblica
utilità, e governato a norma delle medesime rispetto al diritto,
«d alle azioni spettanti al danneggiato di essere restaurato del
danno patito.
1668. — Le distruzioni, le devastazioni e degradazioni della
proprietà avvenute durante la guerra in conseguenza di un disegno
preordinato di difesa o di offesa, non potranno essere reputate
fatti di guerra, e conseguenza della fatale necessità e della forza
maggiore, dato che fossero compiute là, ove nella attualità non
sìa impegnata la lotta e non si svolga l'azione militare.
La distinnone che noi abbiarao fatto colle due proposte regole può valere
non solo per determinare il carattere e la natura del diritto acquisito dai pri-
mati di ottenere il rifacimento del danno patito, ma per stabilire altresì se
Tobbligo del risarcimento del danno debba cadere a carico delFuna o delPaltra
delle di» parti belligeranti, quando tale obbligo non sia stato espressamente
regolato col trattato di pace.
Non si può contestare che la guerra abbia il carattere di fatto necessario
e di forza maggiore, ma non tutto qneilo che può essere Intrapreso per le
•esigenze della guerra può avere il carattere del fatto necessario e della forza
maggiore. Quando infatti il danneggiamento sia stato cagionato non durante il
combattimento, ma per Tinteresse pubblico bensi della difesa militare, non
può essere reputato quale conseguenza fatale della forza maggiore.
Bisogna senza dubbio ammettere che anche in tal caso le degradazioni della
proprietà siano la conseguenza delle pubbliche necessità, né si porebbe al
Titolo XV. - Fine della guerra
589
certo contestare !I diritto della sovranità, che deve provvedere alla difesa
dello Stato, di autorizzarle con completa autonomia. Bisogna non per tanto
considerare che tutto quello che sia fatto per le pubbliche necessità e per
interesse pubblico ha il carattere di fatto legittimo : che è vero che grinteressl
del privato devono rimanere sommessi e subordinati all*interesse pubblico^
ma che è pure vero che spetta poi alla sovraniti^., la quale per tutelare gli
interessi dello Stato abbia decretato i deterioramenti della proprietà privata^
il risarcire i proprietari di ogni danno ad essi cagionato per ragioni di pnb-
blica utilità. Conseguentemente il compenso ed il risarcimento del danno devona
essere governati piuttosto dalle norme che li regolano in caso di espropria-
zione per ragione di pubblica utilità che con quelle che regolano il danneg-
giamento cagionato dai fatti di guerra.
Tedi le note e i richiami al capitolo ultimo su tale materia della mia opera
Trattato di Diritto pubbUeo iniemae., tomo S"" , § ìSé% e la mia nota alla
sentenza della Corte d'appello di Lucca dell' 8 marzo 1880 nel Journal de
Droit intern. prive, 1883, pag. 78.
1569. — Incombe alle parti belligeranti che concludono un
trattato di pace, determinare senza equivoci a carico di quale di
esse debba essere posto l'obbligo delle indennità dovute ai privati
che ebbero a soffrire danni durante la guerra, e ritenere in mas-
sima conforme ai principìì di equità il risarcirli per quanto sia
possibile anche quando essi non possano secondo lo stretto Diritta
esercitare nessuna azione giudiziaria.
Effetto generale della pace.
1570. — Il trattato di pace debitamente concluso e legalmente
ratificato, produrrà come effetto generale ed immediato il far ces-
sare ipsojure ipsoque facto Tautorità del Diritto di guerra e tutti
gli effetti che ne conseguono, mentre esso è in vigore, e il richia*
mare in pieno vigore il Diritto internazionale durante la pace.
^90
CONCLUSIONE
Le regole da noi codificate non sono al certo quelle che nel-
l'attualità governano in tutto i rapporti intemazionali degli Stati
e dei popoli, né si può prevedere quando i Governi potranno ac-
<*ordarsi a proclamare un qual si sia complesso di regole giuridiche
come loro Diritto comune col proposito di dare così un ordina-
mento giuridico alla società, che di fatto trovasi tra di essi sta-
bilita. Proponendole noi con la forma di un codice, non abbiamo
inteso di affermare che si possa d'un tratto codificare il Diritto
internazionale e mediante la codificazione risolvere il problema
grave e difficoltoso di dare alla società degli Stati una base giu-
ridica, e molto meno poi col proporle con quella forma abbiamo
avuto la temeraria pretesa di legiferare. No: Il nostro intendimento
è stato bensì di mettere in luce che all'ordinamento giuridico della
società degli Stati potrebbe essere provveduto stabilendo fra di
«ssi un Diritto comune, che regolasse tutti i rapporti, che dalla
convivenza conseguono, e che si potrebbe trovar modo altresì per
assicurarne il rispetto e reprimerne le violazioni. Noi abbiamo
voluto tracciare una via ed additare il cammino colla ferma e
certa fidanza che altri saprà certamente fare opera pib perfetta
della nostra ricolmando le lacune ed escogitando regole migliori.
La codificazione del Diritto intemazionale non potrà essere l'opera
di uno 0 di pochi, ma sarà sibbene il risultato finale del lavoro
assiduo di molti scienziati e l'ultima espressione delle convinzioni
giuridiche, che in conseguenza della crescente coltura e civiltà
anderanno a mano a mano formandosi nella coscienza doi popoli
civili, e che dovranno indubitabilmente modificare la missione della
diplomazia e dei Governi i più liberali.
Conclusione 591
Al risultato definitivo non si potrà arrivare che in un avvenire
più 0 meno lontano, e sarà tanto più facile il vincere le difficoltà,
quanto più si procederà gradatamente, incominciando dal codificare
quelle parti del Diritto internazionale intomo alle quali si sono già
formate le convinzioni giuridiche comuni, e che urtano meno le
particolari condizioni sociali dei diversi paesi. Spetta frattanto a
ciascuno il contribuire, secondo le proprie forze, con le pubblica-
zioni, coU'insegnamento, colle discussioni e con ogni altro mezzo
alla progressiva formazione delle convinzioni giuridiche uniformi
intomo ai principii fondamentali, che devono presiedere all'ordi-
nata coesistenza degli Stati civili, per arrivare cosi ad elaborare
a mano a mano un sistema in corrispondenza dei bisogni attuati e
reali dei diversi Stati.
Io ho voluto come uomo di buona volontà portare il mio gra-
nello di sabbia per la costruzione del grande edifizio, ed ho stimato
opportuno l'esporre il risultato di tutti i miei studi sulle diverse
parti del Diritto intemazionale in un complesso di regole ridotto a
forma di codice col solo intendimento, come ebbi a dichiarare
nell'introduzione (1), di condensare le mie convinzioni scientifiche,
per esprimerle in proposizioni distinte e distribuite con ordine siste-
matico, a fine di esporle, per quanto mi era possibile, con la mag-
giore chiarezza e con la maggiore precisione. Questo è quello che
mi ero proposto di fare, e se non sono riescito a farlo bene, ho
cercato di adoperare tutte le mie forze per riuscirvi.
Per dare alla società intemazionale un assetto corrispondente ai
bisogni dell'epoca moderna e proclamare un complesso di regole,
che abbiano per tutti gli Stati autorità di legge, occorrerà l'inizia-
tiva da parte dei Govemi i più liberali, e tengo per fermo che si
arriverà a questo.
La società giuridica PRiiirriVA fu la famiglia, la finale sarà la
CONFEDERAZIONE GIURIDICA DEI POPOU QVILI.
(ì) Vedi la mia lettera di dedica, e Introduzione, § 25.
FINE.
jf^'BF:EiisrjDXGJSi I.
SUNTO STORICO
DEI PIÙ IMPORTANTI TRATTATI INTERNAZIONALI
Dall epoca della Riforma 1528 al I89G.
Considerazioni generali.
Leggendo la storia dei traltati ccmciusi lino al secolo nel quale viviamo^
si prova un sentimento di sconforto, perché si arriva a comprendere che
le regole dei rapporti intemazionali non hanno avuto altra base tranne di
quella degl'interessi accidentali e temporanei che in ciascuna epoca hanno
predominato, e che gli Stati, che le hanno stabilite in forza dei trattati fra
loro conclusi, non hanno avuto altro intendimento che quello di regolare i
fatti compiuti senza proporsi mai di accettare d'accordo un sistema di
regole giuridiche adatto ad assicurare la pace ed a prevenire la guerra in
avvenire (1).
Nell'epoca nella quale il Papato aveva acquistato tanta potenza da aspi-
rare al governo del mondo reputando soggetti alla sua suprema autorità i
popoli ed ì Re, le guerre furono fatte per eliminare il pericolo della Mo-
narchia universale, che si mirava a costituire con la forma di una comunanza
polhico-religiosa- teocratica o d'impero universale a capo di cui s'intendeva
porre il Papa.
11 movimento iniziato da una parte dagli scienziati, dall'altra dagli
uomini di azione che combatterono al principio del XVIi secolo per rifor-
mare e trasformare le basi della società internazionale mirò concordemente
(1) Ecco quello che scrive il Marchese De Saint-Yves d*ÀIacydre a proposito del
trattati : i Tous ces actes, fruit et semence de guerre, ne soni dictés par le canon,
que pour étre déchirés par les boulets s (Migsiomf de9 90uvwrains),
38 — Fiori?, Dir. intera, codif.
II Appendice L
a separare il Diritto pubblico dello Stato dal Diritto pubblico della Chiesa e
a rivendicare il principale diritto della personalità umana, quello cioè della
libertà di coscienza.
Nella lotta sanguinosa, che ne fu la conseguenza, gli avversarli si schie-
rarono in due campi, e combatterono accanitamente gli uni per assicurare
il trionfo delle idee sostenute dal Papato, e formarono quella che fu detta
la Lega CJattolica^ gli altri per ottenere il trionfo dei principii proclamati
da Lutero, che conducevano alla secolarizzazione della politica intemazio-
nale, e formarono V Unione Evangelica.
Le guerre combattute fra gli uni e gli altri in nome dei principii di
confessione religiosa furono nomate guerre di religione. Col trattato di
Augsburg (i545) la religione luterana acquistò una posizione legale a lato
di quella cattolica, ma il trionfo dei nuovi principii e del movimento iniziato
dai riformisti non fu assicurato che in seguito alla guerra, che fu detta dei
trentanni, e che terminò col trattato di pace stipulato a Westfalia nel 1648,
che segnò la fine dell'antico stato di cose, e l'inizio d*un nuovo regime, col
quale incominciò la storia moderna del Diritto intemazionale.
Con detto trattato fu infatti stabilito in massima la separazione degli
interessi della Chiesa da quelli dello Stato;' la libertà e l'eguaglianza dei
culti : il riconoscimento delle tre confessioni cattolica, luterana, calvinista.
Quel trattato però non provvide a risolvere il problema dell'equilibrio giù-
ridico della società intemazionale che sotto il punto di vista di regolare
soltanto i fatti compiuti e le vittorie della Riforma. Esso riconobbe l'indi-
pendenza degli Stati, ma nulla stabili per l'ordinata giuridica coesistenza
dei medesimi.
La lotta incessante e permanente prese diversa e nuova forma. Si trat-
tava di dovere garantire l'indipendenza dei nuovi Stati mediante quel trat-
tato riconosciuti, e d'impedire che risorgesse il pericolo della Monarchia
universale e fu immaginato di risolvere tale problema mantenendo fra
tutti gli Stati un certo equilibrio di forze, onde impedire la preponderanza
di qualcheduno di essi su gli altri.
Questa è la seconda epoca, nella quale le lunghe guerre combattute
mirarono a mantenere l'equilibrio politico, e siccome questo si voleva
mantenere nell'interesse delle Case regnanti, cosi ogni diritto dei popoli fu
conculcato coi trattati, che furono conclusi col solo fine di tutelare gl'interessi
dei Principi.
Divenuta la Francia potente durante il regno di Enrico lY e più ancora
durante quello di Luigi XIV le guerre furono fatte ed il sistema delie
Considerazioni storiche ni
alleanze orgranizzato per abbassare la preponderanza di lei. Con tale
inlendimento furono conclusi non pochi trattati, che ebbero piuttosto il
carattere di tregue consentite a solo fine di riprendere forza per tornare al
combattimento.
Quando da prima la Francia usci quasi vittoriosa dalla lotta, dettò essa
stessa le condizioni della pace col trattato di Nimega concluso nel 1678-79
e col trattato di Ryswich concluso nel 1697 per finire la guerra contro la
Germania, ma quando poi essa soggiacque vinta, e fu costretta ad accettare
le condizioni ad essa imposte dalla forza superiore delle Potenze alleate
ed a sottoscrivere la pace di Utrecht, con la quale rinunciò ai possedimenti
acquistati in virtù dei precedenti trattati, mostrò di abbandonare i suoi
ambiziosi progetti d'ingrandimento.
Il trattato di Utrecht non valse per altro che a risolvere il cosi detto
problema dell' equilibrio politico avuto riguardo ai fatti compiuti, ma sic-
come non fu stabilito nessun sistema di regole per mantenere ciascuno
Stato nella propria cerchia giuridica, cosi, appena le forze furono ristorate
nei pochi anni di pace, nacquero nuovi pretesti e nuove cagioni di guerra
alimentate ognora dalla necessità di mantenere T equilibrio. Da prima la
guerra di Polonia terminata col trattato di Vienna del 1738, poi quella per
la successione austriaca, che ebbe termine col trattato di Aquisgrana del
1748; poi la guerra che fu detta dei sette anni terminata col trattato di
Parigi del 1763 e l'altra a cui fu posto fine col trattato di Hubersboui^
nel 1763.
Sempre per mantenere il preteso equilibrio nell* interesse delle Dinastie
altre guerre furono combattute e ogni diritto dei popoli conculcato. Si esco-
gito il sistema delle alleanze armate e degli interventi per mantenere T equi-
lìbrio e conservare i possedimenti acquistati coi trattati, e basti rammentare
la triste applicazione fattane alla Polonia smembrata e partita nel 1777 e
nel 1793 in omaggio all'equilibrio politico e tacciamo di altri avvenimenti,
e delle guerre combattute, e delle alleanze concluse per organizzare la cosi
detta bilancia delle forze*
Tutto quello che caratterizza il movimento dei rapporti internazionali e
dei patti conclusi tra i Principi coi trattati stipulati fino al secolo XVIII si
può desumere da quello che scriveva Federico di Prussia, esprimendo la
generale convinzione ne\VAnii-M(ichiaveUo. e La tranquillité de l'Europe,
se fonde principalement sur le maintien de ce sage équilibre, par lequel la
force supérieure d'une Monarchie est contre-balancée par la puissance
réunie de quelques autres souverains. Si cet équilibre venait a manquer.
IV ^ Appendice L
il serait à craindre qu*il n'arrivàt une revolution unhrcrselle, et qii'une
nouvelle Monarchie ne s'étabiit sur les débris des Prìnces que ieur domi-
nation rendrait trop faibles (1) ».
Dopo la scoperta del Nuovo Mondo e della nuova via pel ti^ailco colle
indie gl'interessi mercantili servirono di base alla politica dei Governi.
Ciascuno volse il pensi^t) ad acquistare la supremazia commerciale e
ritenne che ad assicurarla fosse mestiere di confiscare a suo profitto il
monopolio degli scambii e delle esportazioni e di aeme ogni forma di
ostacoli alla libertà del commercio alimi ed allo sviluppo della produzione.
Cotesto falso indirizzo fu alimentato dalle false teorie a riguardo della pro-
sperità e della ricchezza. Si pensava che l'oro fosse la ricchezza, e che
ciascun Governo dovesse considerare come supremo interesse di regolare
ogni suo rapporto commerciale in maniera da importare la minore quantità
di merci e molto oro. Da ciò nacquero nuove cagioni di guerre. Ciascuno
Stato cercava di volgere le cose a suo esclusivo vantaggio, e se un altro
apriva al proprio commercio nuovi sbocchi o accresceva l' industria e il
traffico, si sentiva il bisogno d'impedire che esso si arricchisse oltre misurai
e si trovava un pretesto per fatigli la guerra coli' intendimento di ooetrìs-
gerlo a sottoscrivere un trattato di commercio, in virtù del quale il cosi
detto equilibrio mercantile potesse essere ristabilito.
I disordini che furono la conseguenza delle rivalità mercantili fiirono
maggiori e più considerevoli di quelli che derivarono dalla voluta neeessifà
dell'equilibrio politico. Da una parte gli Stati più potenti cercavano d'im-
porre ogni specie di restrizione al commercio degli altri coli' intendimento
di avere il monopolio del commercio, ed i più deboli talvolta subivano la
lo-^rge, tal' altra si alleavano per respingere la forza prevalente ed impone-
vano essi la le^e. Cosi ogni principio di diritto e di giustizia fu sacrificato
a seconda della forza prevalente dei vincitori. I Portoghesi per rendersi
padroni del commercio delle Indie pretesero al traffico esclusivo per la via
scoperta da Vasco de Gama e proibirono a tutti gli altri popoli di navigare
pel Capo di Buona Speranza. La Spagna aspirava a confiscare a suo pn^tto
il commercio col Messico, l'Inghilterra allargava i suoi possedimenti e fon-
dava ovunque colonie, e divenuta forte e potente dettava la legge a tutti e
coglieva ogni pretesto per dichiarare la guerra alle Potenze rivali e rovi-
nare il loro commercio. Le guerre poi furono uno strano miscuglio di ope-
razioni militari e mercantili, e affinchè durante esse non ne potessero trarre
(1) Frédéric, Anti-Machiavel. Pari. 3, chap, XXVI, p. 58,
ConsiderazUmi storiche V
▼an (aggio gli Stnti, che volevano rimaDere estranei e neutrali, si cereo di
annientare e paralizzare il commercio degli stessi neutrali durante la guerra
ed ogni pretesa fu sostenuta con la forza, e subita per debolezza.
I trattati concilisi nel XYII e XVIIl secolo sono la più sicura, prova della
grande concisione a riguardo. dei principii relativi alla libertà del com-
mercio ed a quelli della navigazione durante la guerra. Dal trovare in essi
talvolta stabilite, talvolta disdette le stesse regole, se ne può dedurre Tasso-
Iota mancanza di ogni criterio certo e sicuro da parte dei Governi, che le pro-
elamavano e le negavano, secondo le circostanze suggerivano. Basterebbe
per convincersene volgere l'attenzione alle regole, ohe ooaoernono i diritti
degli Stati neutrali durante la guerra e Teserciiio del diritto di preda da
parte dei b^igeranti rispetto al nemico ed ai neutrali. Parve che un. certo
sistema di principii potesse ritenersi stabilito col trattato di Versailles con-
cluso nel 1783, imperocché mediante esso furono accettate le regole pro-
clamate dalla lega della neutralità armata, eliminando cosi lo stato di cose
anteriore, quando cioè ogni diritto dei nemici e dei neutrali in tempo di
guerra marittima poteva essere definito a seconda della forza e delT interesse
degli Stati vittoriosi. Le r^pole in quel trattato stabilite acquistarono in
seguito maggiore autorità quando furono poste a base dei particolari accordi
lira i diversi Stati oonchisi; però siccome nulla era state provveduto per
assicurarne il rispetto, eosl accadde che i (Governi stessi, che le avevano
accettate, reputOBsero di poterle disconoscere e modificare con pieno
arbitrio.
Le condizioni anormali nelle quali fu combattuta la guerra della Rivo-
hizione Francese furono prese a pretesto per giustificare le violenze e gli
abusi commessi da una parte e dall'altra. Si volle legittimare ogni eccesso
eoi principio della rappresaglia, e col pretesto che ogni misura eccezionale
era resa necessaria dalle circostanze straordinarie nelle quali si trovava
l'Europa. Il fatto è, che tutti i principii del Diritto inlernazionale furono
violati, ed ogni arbitrio commesso a titolo di rìtorsi(»ie, ed i principii rela-
tivi ai diritti dei neutrali disconosciuti da quegli Stati medesimi, che li
avevano prochimatì, e non occorre entrare in particolari.
Quando cadde Bonaparte in conseguenza della coalizione delle Potenze
alteale contro di lui, l'Europa presentava un aspetta del tutto singolare.
Gli avvemmenti, che si erano compiuti duminte la rivoluzione avcano ope-
ralo una completa innovazione. L'autorità dei trattati era venuta meno ;
Tequilibrio dell'Europa scosso; alcuni Stati scomparsi, altri nuovi costituiti;
bisognava proprio rifare da capo l'edificio del riordinamento della società
VI Appendice L
degli Stati e risolvere il grave problema di assicurare l'equilibrio politico
fra i medesimi, e si pensò di provvedere a ciò riorganizzando gli Stati
secondo i pretesi diritti dei Sovrani legittimi, e ponendo il diritto storico a
fondamento della legittimità. Il lango lavorio fatto dai potentati convenuti
a Vienna per ristabilire il cosi detto equilibrio politico fu riassunto nell'Atto
solenne stipulato il 9 giugno 1815. 1 possedimenti territoriali furono partiti
secondo gli interessi delle Dinastie ; e a fine di assicurare poi l'assetto,
cosi come era stato stabilito, fu ammesso che i Principi potessero a vicenda
garantirsi i possedimenti a ciascuno di essi attribuiti, adoperando la forza
per impedire qualunque mutamento in avvenire.
In tal guisa quel famoso trattato stipulato a Vienna fece nascere nuove
cagioni di guerre, che dovevano essere la conseguenza necessaria della
lotta tra gl'interessi delle nazionalità conculcati, e quelli della legittimità
fondata sul Diritto storico, e che era stata posta a base dell'equilibrio.
Per tutelare gì* interessi delle Dinastie furono conclusi nuovi particolari
trattati, tra i quali primeggia quello famoso che fu detto della Santa Alleanza
stipulato il 26 settembre 1815 e che fu il primo atto della politica reazio-
naria dei Governi, i quali a fine d'impedire qualunque attentato all'equi-
librio stabilito a Vienna, affermarono il diritto delle grandi Potenze di
organizzare una suprema vigilanza nelle faccende inteme di tutti gli Stali,
e d'impedire e reprimere qualunque manifestazione da parte dei popoli,
che potesse turbare l'assetto politico dell'Europa come era stato stabilito a
Vienna.
In tal maniera fu organizzato il sistema degl'interventi armati, che
funestò l'Europa nella prima metà del secolo nostro, affermato e stabilito coi
trattati, e di cui fu fatta triste applicazione per reprimere i movimenti liberali
dei popoli nella Spagna, nel regno di Napoli, nel Portogallo ed in Piemonte.
Gli avvenimenti posteriori banno dimostrato come il Diritto pubblico
internazionale, cosi come era stato accettato e consacrato nei trattati, non
potesse reputarsi adatto a risolvere il problema dell'ordinamento giuridico
della società degli Stati. Ad effettuare questo un certo equilibrio deve repu-
tarsi pure indispensabile, ma ren*ore dei Governi è stato quello di voler
attuare l'equilibrio mediante la cosi detta bilancia delle forze, invece di
mirare a stabilire il limite giuridico dell'azione di ciascuno Stato proda*
mando i principii del Diritto, e provvedendo cosi alla tutela giuridica dei
medesimi.
Col trattato di Parigi del 1856 si può dire iniziato un nuovo indirizzo,
imperocché con quel trattato non solo furono regolate le conseguenze della
Considerazioni storiche VII
ffuerra combattuta contro la Russia, ma furono altresì proclamati alcuni
principii fondamentali del Diritto internazionale marittimo mediante la
solenne dichiarazione dei diritti e dei doveri dei belligeranti a riguardo dei
neutrali.
È vero che in quel trattato nulla trovasi stabilito per assicurare il
rispetto dei principii in virtù di esso proclamati : è però meritevole di con-
siderazione, la proposta che fu fatta da Clarendon, ed accettata, che cioè
per prevenire le calamità della guerra il Congresso faceva il voto che gli
Stati, tra i quali si fosse sollevata una controversia seria, prima di ricorrere
alle armi, avessero ricorso ai buoni ufBdi di una Potenza amica. Questo
voto amplificò il principio consacrato all'articolo 8 del trattato, nel quale
trovasi disposto che, qualora fosse sopravvenuto fra la Sublime Porta e
runa 0 più delle altre Potenze firmatarie un dissenso, che minacciasse il
mantenimento delle loro relazioni, la Sublime Porta e ciascuna di queste
Potenze, prima di ricorrere all'impiego della forza, dovessero porre le altre
parti contraenti in grado di prevenire una tale cnlaniità col nìezzo della
loro azione mediatrice.
Con tali precedenti, bisogna pure riconoscerlo, s' inizia un nuovo
indirizzo nell'ordinamento della società intemazionale, quello cioè che
consiste nel ritenere tutti gli Stati solidariamente cointeressati a provvedere
a che i principii di comune accordo stabiliti non fossero arbitrariamente
violati dall'una o dall'altra parte contraente, e quello della ingerenza col*
lettiva nell'esaminare in caso di controversia l'oggetto della disputa, inter-
venendo come Potenze mediatrici e trovasi inoltre affermato il generale
dovere di ogni Stato di non ricorrere alla guerra senza avere prima ricorso
ai buoni ufficii di una Potenza amica.
Non si può dire che in tali precedenti trovisi stabilito e determinato il
principio della tutela giuridica del Diritto comune intemazionale, ma non
si può disconoscere che vi si trovi bensì l'inizio di un nuovo ordinamento di
cose che col progresso della cultura e della civiltà potrà condurre a mettere
sotto un più giusto punto di vista il problema dell'ordinamento giuridico
della società intemazionale e della missione che dovrà essere attribuita ai
Congressi per provvedere a stabilire su migliori basi tutto il sistema del-
l'equilibrio giuridico.
I trattati conclusi posteriormente a quello di Parigi del 1856 hanno
sviluppato meglio questo nuovo concetto della tutela giuridica collettiva,
come mezzo efficace a mantenere l'ordinamento giuridico d'accordo sta-
bilito. Lo si trova infatti chiaramente enunciato nel trattato di Londra
TUI Appendice L
degli li maggio 1867, nel quale il regohinento stabilito a riguardo del
Lussemburgo fu posto sotto la sanzione della garanaa coUettÌTa éellf
Potenze segnatane dì quel trattato.
Anche nell'atto finale della Conferenza di Berlino del 26 febbraio 1885
trovasi all'articolo 12 stabilito come patto che le Potenze ehe sottosGrìssero
quell'atto dovessero ricorrere alla mediazione di uia • di parecchie Potenze
amiche prima di prendere le armi, e trovasi inoltre riservato ndla stessa
evenienza il diritto di potere ricorrere alla procedura dell'arbitrato.
Sono finalmente meritevoli di grande considerazione i trattati conclusi
tra le repubbliche dell'America Centrale, le quali hanno proYvednto ad
organizzare fra di loro una vera confederazione ed a stabilire mezri oppor-
tuni per assicurare la pace e prevenire la guerra*
Richiamiamo da ultimo T attenzione sul trattato di arbitrato generale
concluso tra gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna col quale sotto
certe riserve le parti s'impegnano a sottomettere tutte le controTersie ehe
possono nascere fra di loro ad un tribunale arbitrale (1).
Tenendo conto di tali precedenti ne consegue che il movimento iniziato
col Congresso di Parigi del 1856 procede a grado a grado, e quantunque
non si sia arrivati ancora a concludere un trattato generale per assicurare
l'ordinamento giuridico della società intemazionale ed i procedimenti
adatti ed obbligatorii a stabilire e mantenere in essa l'equilibrio giurìdico,
bisogna non di meno riconoscere che il problema della vita intemazionale
è stato posto sotto tale nuovo punto di vista e quello che è stato già fatto
può serrire ad alimentare più grande fidanza nell'avvenire.
(1) Non conosciamo il testo di tale trattato, ma il sunto datone col telegrafo*
a
TRATTATI
CONCLUSI DURANTE LE GUERRE RELIGIOSE*
Trattato di Madrid.
1526, Gennaio 14.
an. i526.
Col trattato di Madrid Francesco I di Francia, allora prigioniero, stipulò
di rìnuAziare ai suoi diritti sopra MilaAo, Genova, Napoli, le Fiandre e
l'Artois, e di trasferire air Imperatore Carlo V il possesso del Ducato di
Borgogna, con i territorii da questo dipendenti, cioè la contea di Charolais,
e le signorie di Noyers e di Chàteau-Chinon, come pure la contea di
Auxonne e il € Restart » o giurisdizione di San Lorenzo, essendo essi pro-
prietà dipendenti dalla Franca-Contea. Questi, ed altri onerosi ed umilianti
patti, i quali Francesco I accettò onde ottenere la sua libertà, non furono
poi da esso osservati, non avendo mai avuto in animo d'osservarli. Ed
* Questa esposizione dei provvedimenti sanzionati coi più importanti trattati è
in sostanza^ per quelli conclusi fino al 1840, conforme alFappendice che si trova
aggiunta alFopera di Theodore Woolsey, Tntroduction to the Study of Interna-
tional Law; fifth edttion, London 1879. Però a quello che ho desanto da Woolsey
ho tatto diverse modftftcazioni al testo originale dello scrittore a fine di Iheilitare
rindieazione di ciascun trattato; ho inoltre soppresse alenne parti ed altre ne ho
aggiunte, altre rifiitte per rendere più chiara l'esposizione ; tenendo presente il
testo dei trattati e le opere di Wiieaton, Histoire des progrès du Droit des gens,
Leipzig 1832, 2 voi.; e di Ooroussow, Résumé Historique des Principaux Traités
de Paix (Paris 1885).
Le date dei trattati indicano U giorno della loro ratifica, e sempre nello stUe
nuovo.
I trattati più antichi si riferiscono all'opera di Dumont, Corps universel diplo-
matique du Droit des gens, contenant un recueil des Traités d'alliance^ ecc.
Amsterdam de LaHaye, 1726-1731, 8 voi. in foglio (alcun! di questi diviso in due
parti).
Le citazioni dei trattati moderni si rilérisoono alla collezione di Martems e
dei suoi continuatori. Esse sono fatte nel seguente modo: Martens, Ree., oR., per
il Rectteil — Martens, Nouv. Rec.^ o N. i?., per il Nouveau Recueil — Murrard,
o Murhard-Samwer, ovvero Martens, Nouv. Ree. Gén,, o N. R. G., per U Nouveau
Recueil General.
X AfpendiiSB L m. 1SS6^
invero in una sna protesta (l), in data del giorno anteriore al trattato^ lo
dichiara nullo; allegando dinon averlo fatto di sua libera volonlà. Avendo
col mezzo di tale frode ottenuto d'essere messo in libertà, rifiutò, gli Stati
di Borgogna non volendo separarsi dalla Francia, di costituirsi prigioniera
a forma dei patti stipulati. A questi avvenimenti tennero dietro, la Santa
Lega (conclusa a Cognac, il 22 maggio 1526, fra il Papa Clemente VII,
Francesco I, Venezia, Firenze, ed il Duca di Milano, contro Carlo V) ed una
nuova guerra italiana.
Trattato di Catnbray o Paix des Barnes.
1529, Agosto 5 (2).
IB. 4589.
La pace delle Dame fu cosi chiamata a cagione dell'essere stata essa
conclusa da Mai^herìta d'Austria sorella dell'Imperatore, e Luisa di Savoia
madre di Francesco I. Con questo trattato, il quale non era altro cHe il
rinnovamento di quello di Madrid con alcune importanti modificazioni,
veniva a Francesco I garantito il possesso della Borgogna e dei terrìtorìi da
essa dipendenti ; dal canto suo rìnunziava alle Fiandre, all' Artois, ecc.,
come pure ai suoi diritti in Italia, abbandonando cosi i suoi alleati ed
annientando l'influenza francese in questa penisola. I suoi due figli, ostaggi
a Madrid, furono messi in libertà dietro promessa di pagare due milioni di
corone d'oro o ducati. I partigiani e gli eredi del Connestabile di Borbone,
dovevano essere reintegrati nelle loro proprietà e nella loro posizione civile.
Questo trattato, il quale di per se stesso era abbastanza umiliante, lo
divenne anche maggiormente, a cagione delle solenni formalità adottate in
occasione della sua ratìfica, come se facendo ciò si fosse voluto indicare,
che non si poteva prestare fede alla parola di Francesco I.
Il 29 di giugno di questo medesimo anno la pace fu conclusa a Barcel-
Iona ira il Papa e l'Imperatore, e fu pattuito che il Papa avrebbe posto
sul capo deir Imperatore la corona imperiale, gli avrebbe conferito l'inve-
stitura di Napoli, col diritto di nomina a ventiquattro sedi episcopali in
questo regno, e come feudo, libero dall' obbligo di corrispondere il tri-
buto di vassallaggio, — eccetto quello d'un palafreno. Carlo V a sua volta
prometteva di restaurare i congiunti del Papa, i Medici, i quali erano stati
esiliati, e dì porre un freno allo estendersi dell'eresia in Germania (3). Si
(1) DUMONT, IV, 1, 412.
(2) DUMONT, IV, 2, 7.
(3) DuMONT, IV, 2, 1-7.
u. IStO. Trattati conclusi durante le guerre religiose XI
dice, che in un articolo segreto fosse stipulato che il Papa non avrebbe dato
il consenso per il divorzio del Re d'Inghilterra colia zia dell'Imperatore*
Re ce 8 8 0 cmwenzwne fatta a Schmalkaldm.
1530, Dicembre 31.
■n. 1530.
Questa convenzione fu, come il preliminare della Lega, conclusa nello
stesso luogo il 6 febbraio 1531, fra una parte dei Principi e città Protestanti
onde prestarsi scambievole soccorso in caso che venissero assaliti a cagione
della loro religione (1). Fu rinnovata per dieci anni, ed assunse più vaste
proporzioni il 29 settembre 1536 (2). Per la contro-lega cattolica del
10 giugno 1538, vedi Dumont, iv, 164.
Pace di Gre 8 pi.
1544, Settembre 18.
an. 1544.
La pace di Crespi tra Francesco I di Francia e Carlo V imperatore fu
principalmente una ratifica di trattati anteriori, come quello di Cambray
e quello di Nizza (18 giugno 1538), il secondo dei quali fu una tregua dì
dieci anni.
CapUoiazicne di Witiemberg.
1547, Maggio 19.
in. 1547.
I Protestanti della Lega Schmalkaldm, avendo prese le armi contro
l'Imperatore Carlo V, senza successo, Giovanni Federigo, Elettore di Sas-
sonia, essendo stato fatto prigioniero alla battaglia di Hùhlberg, si sottomette
nella capitolazione di Wittemberg, avvenuta sotto questa data, alla perdita
della sua carica d'Elettore e del Principato, ed a rimanere in prigione, fino
a che sia per piacere all'Imperatore. L'Elettorato è trasferito dalla linea
Emestina a quella Albertina della casa di Sassonia, unitamente alle prero-
gative appartenenti al capo di questa. Ai figli del prigioniero Elettore ven-
gono concesse delle città, ed assegnati dei distrétti, come sarebbero Eisenach,
Weimar, Jena, Gotha, Saalfeld, e Coburgo, — questa città dovendo prima
andare a vantaggio di suo fratello (3). Da questa divisione ebbero origine i
ducati Sassoni.
(1) DoMONT, IV, 2, pp. 75, 78.
(2) Dumont, u. s., 141.
(8) Dumont, IV, 332.
in Appendice L an. i5l3.
Trattato di Passau (Passavia).
1552, Agosto 2.
Il Langravio di Assia fu messo in libertà, ed altri prìncipi Protestanti
furono reintegrati nelle loro onorificenze e nei loro beni, e la libertà di
culto fu promessa a coloro i quali professavano la confessione d'Augs-
burg, ecc. (1). Questo trattato servi di preliminare alla pace religiosa
conclusa fra gli Slati della Germania nell'anno 1555.
Pace di Augsburg {Augusta).
1555, Settembre 25.
In conseguenza di questo trattato dì pace fra i cattolici e i protestanti
della Germania, concluso a Augsburg in Baviera, la religione Luterana
acquistò una posizione legale a lato di quella Cattolica, ma la religione Rifor-
mata non guadagnò nessun privilegio. La pace comprendeva i cavalieri, i quali
possedevano terre dipendenti immediatamente dall'Impero, e le città tanto
imperiali che libere, come pure i più alti dignitari della Confederazione. 1
vassalli i quali professavano una relijgione differente da quella del loro
signore erano liberi d'emigrare trasportando i propri averi. La proprietà
della Chiesa, la quale era oramai paaeata nelle mani degli Stati Protestanti,
e non dipendeva immediatamente dair Impero, veniva ad essi rilasciata.
Tutti gli ecclesiastici i quali abiurassero la religione Cattolica onde abbrac-
ciare quella della confessione d'Augsbui^ (sia che fossero arcivescovi,
vescovi, prelati, o a qualunque altro ordine appartenessero), dovevano
perdere le loro prebende, ed i diritti che avevano per il passato godòti.
Questa clausola riconosciuta sotto il nome di reservatum ecclesiasHcufn
dividine la sorgente d'innumerevoli inconvenienti.
Unione e alleanza di Uirecht
1579, Gennaio 23.
an. «STO.
Col trattato di unione e di alleanza perpetua delle, provincie e città di
Olanda, Zelanda, Utrecht, ecc. che fu denominato Unione d'Utrecht ebbe
origine la Repubblica Olandese e le città alleate lurouo deuomiuale Pro-
vincie Unite (2).
(i) DUMONT, li. s., 3. 42.
(2) DiMONT, V, 1, 322.
Trattati concluui durante le gtien^e religiose XIB
Trattato di Cheraaco.
1631, Aprile 6.
n. 4631.
li trattato di Cherasco fu concluso fra Tlmperatore Ferdinando li a
Luigi XIll di Francia (1) onde mettere in esecuzione il trattato di Ratisbona
(Regensburg) deH8 ottobre 1630^ in yirtù del quale l'Imperatore, doveva
riconoscere Carlo Duca di Nevers conie Duca di Mantova e del Monfer-
rato <S). Ma Trino ed altri luoghi del Monferrato dovevano andare al
Duca di Savoia. I Francesi rimmziavano pure alle loro conquiste in
Italia. In un trattato segreto però, fra Francia e Savoia, veniva stabilito che
le migliori parti del Monferrato, la città d'Alba, e le sue vicinanze, dove-
vano essere cedute al Duca di Savoia, il quale alla sua volta avrebbe resti-
tuito al Re di Francia, Pinerolo, ed una strada la quale conduceva dalla
Francia a tale luogo, aprendo cosi la via ai Francesi, per la quale penetrare
in Italia. Questo trattato segreto ingannò il Papa, e sacrificò gl'interessi del
pretendente francese su Mantova (3).
Pace di Vestfalia,
1648, Ottobre 24.
an. 16i8.
Là pace di Vestfalia consiste dei due trattati di Mùnster e di Osnabruck.
Le parli stipulanti coli' Imperatore furono nel primo i Francesi, nel secondo
gli Svedesi, ma i più piccoli potentati della Germania furono pure rappre-
sentati. Questa pace pose fine alla guerra dei Trenl'.Ànni, e fece si che
regolari rapporti si stabilissero fra la maggior parte delle Potenze d'Europa.
Nello slesso anno, il 30 di gennaio, la Spagna e l'Olanda fecero un trattato
a Mùnster.
Alcuni dei più importanti documenti diplomatici anteriori a questa
(i:uerra, o fatti durante essa, e relativi ai dissidii avvenuti nell'Impero Ger*
manico, furono, V Unione Protestante, maggio 1608; la Z>€^a cattolica,
1610 (4); il Trailaio d'Ulnij 3 luglio 1620, in virtù del quale i principi
protestanti abbandonarono l'Elettore Palatino per rapporto a tutto ciò che
poteva concernere la Boemia (5); la Pace di Lubecca^ 22 maggio 1629, colla
(1) DOMONT, VI, 1, 9.
(2) DcMONT, V, 2, 615.
(3) Confr. Schlosser Weltgesch, XIV, 398.
(4) DuMONT, V, 2, 118.
(5) DuMONT, u. s. 369.
♦,
VI Appendice L
degli Stati e risolvere il grave problema di assicurare l'equilibrio politico
fra i medesimi, e si pensò di provvedere a ciò riorganizzando gli Stali
secondo i pretesi diritti dei Sovrani legittimi, e ponendo il diritto storico a
fondamento della legittimità. Il lungo lavorìo fatto dai potentati convenuti
a Vienna per ristabilire il cosi detto equilibrio politico fu riassunto nell'Atto
solenne stipulato il 9 giugno 1815. 1 possedimenti territoriali furono partiti
secondo gli interessi delle Dinastie ; e a fine di assicurare poi l'assetto,
cosi come era stato stabilito, fu ammesso che i Principi potessero a vicenda
garantirsi i possedimenti a ciascuno di essi attribuiti, adoperando la forza
per impedire qualunque mutamento in avvenire.
In tal guisa quel famoso trattato stipulato a Vienna fece nascere nuove
cagioni di guerre, che dovevano essere la conseguenza necessaria della
lotta tra gl'interessi delle nazionalità conculcati, e quelli della legittiinità
fondata sul Diritto storico, e che era stata posta a base dell' equilibrio.
Per tutelare gl'interessi delle Dinastie furono conclusi nuovi particolari
trattati, tra i quali primeggia quello famoso che fu detto della Santa Alleanza
stipulato il 26 settembre 1815 e che fu il primo atto della politica reazio-
naria dei Governi, i quali. a fme d'impedire qualunque attentato all'equi-
librio stabilito a Vienna, affermarono il diritto delle grandi Potenze di
organizzare una suprema vigilanza nelle faccende inteme di tutti gli Stati,
e d'impedire e reprimere qualunque manifestazione da parte dei popoli,
che potesse turbare l'assetto politico dell'Europa come era stato stabilito a
Vienna.
In tal maniera fu organizzato il sistema degl'interventi armati, che
funestò l'Europa nella prima metà del secolo nostro, affermato e stabilito coi
trattati, e di cui fu fatta triste applicazione per reprimere i movimenti liberali
dei popoli nella Spagna, nel regno di Napoli, nel Portogallo ed in Piemonte.
Gli avvenimenti posteriori hanno dimostrato come il Diritto pubblico
internazionale, cosi come era slato accettato e consacrato nei trattati, non
potesse reputarsi adatto a risolvere il problema dell'ordinamento giuridico
della società degli Stati. Ad effettuare questo un certo equilibrio deve repu-
tarsi pure indispensabile, ma Tensore dei Governi è stato quello di voler
attuare l'equilibrio mediante la cosi detta bilancia delle forze, invece di
mirare a stabilire il limite giurìdico dell'azione di ciascuno Stato proda*
mando i principii del Diritto, e provvedendo cosi alla tutela giurìdica dei
medesimi.
Col trattato di Parigi del 1856 sì può dire iniziato un nuovo indirizzo,
imperocché con quel trattato non solo furono regolate le conseguenze delia
Considerazioni storiche VII
guerra combattuta contro la Russia, ma furono altresì proclamati alcuni
principii fondamentali del Diritto intemazionale marittimo mediante la
solenne dichiarazione dei diritti e dei doveri dei belligeranti a riguardo dei
neutrali.
È vero che in quel trattato nulla trovasi stabilito per assicurare il
rispetto dei principii in virtù di esso proclamati : è però meritevole di con-
siderazione, la proposta che fu fatta da Glarendon, ed accettata, che cioè
per prevenire le calamità della guerra il Congresso faceva il voto che gli
Stati, tra i quali si fosse sollevata una controversia seria, prima di ricorrere
alle armi, avessero ricorso ai buoni ufficii di una Potenza amica. Questo
voto amplificò il principio consacrato all'articolo 8 del trattato, nel quale
trovasi disposto che, qualora fosse sopravvenuto fra la Sublime Porta e
runa 0 più delle altre Potenze firmatarie un dissenso, che minacciasse il
mantenimento delle loro relazioni, la Sublime Porta e ciascuna di queste
Potenze, prima di ricorrere all'impiego della forza, dovessero porre le altre
parti contraenti in grado di prevenire una tale calamità col mezzo della
loro azione mediatrice.
Con tali precedenti, bisogna pure riconoscerlo, s' inizia un nuovo
indirizzo nell'ordinamento della società internazionale, quello cioè che
consiste nel ritenere tutti gli Stati solidariamente cointeressati a provvedere
a che i principii di comune accordo stabiliti non fossero arbitrariamente
violati dall'una o dall'altra parte contraente, e quello della ingerenza col-
lettiva nell'esaminare in caso di controversia l'oggetto della disputa, inter-
venendo come Potenze mediatrici e trovasi inoltre affermato il generale
dovere di ogni Stato di non ricorrere alla guerra senza avere prima ricorso
ai buoni ufllcii di una Potenza amica.
^'on si può dire che in tali precedenti trovisi stabilito e determinato il
principio della tutela giuridica del Diritto comune intemazionale, ma non
si può disconoscere che vi si trovi bensì l'inizio di un nuovo ordinamento di
cose che col progresso della cultura e della civiltà potrà condurre a mettere
sotto un più giusto punto di vista il problema dell'ordinamento giuridico
della società intemazionale e della missione che dovrà essere attribuita ai
Congressi per provvedere a stabilire su migliori basi tutto il sistema del-
l'equilibrio giuridico.
I trattati conclusi posteriormente a quello di Parigi del 1856 hanno
sviluppato meglio questo nuovo concetto della tutela giuridica collettiva,
come mezzo efficace a mantenere l'ordinamento giurìdico d'accordo sta-
bilito. Lo si trova infatti chiaramente enunciato nel trattato di Londra
XVI Appendice L tn. i648.
Mindeti, di Halberstadt, e dì Camin, e l'arcivescovato di Magdebarg, o
piuttosto la più gran parte del suo territorio^ allorquando i diritti del pre-
sente amministratore, il Dnca di Sassonia, venissero a cessare. (Tale arci-
vescovato non passò nelle mani delia Gasa Prussiana che nel 1680).
Il diritto di collazione del vescovato di Camin, il quale i Duchi della
Pomerania Citeriore avevano per il passato avuto, doveva essere trasferito
alla Svezia, ma il diritto di patronato posseduto dall' antico Duca deUa
Pomerania Ulteriore, il territorio episcopale, e la parte ddla Pomerania
Citicriore non garantita alla Svezia dovevano andaro al Brandenbui^o*
Inoltre, al Mekienburg, invece di Wismar, venivano dati i territorii episco-
pali di Schwerin e di Ratzeburg con d«e commende o benefizi dei Cavalieri
di S. Giovanni posti nel Ducato, come pure Mirau e Nemerau, quest'ultimo
luogo passando nelle mani della linea di Gustrow, il rimanente in quelle
del ramo Sdiwerin. Di più, al Brunswick-Lùneburg, in compenso dei
diritti da esso posseduti e rinunziati in favore della Svezia, erano assegnati
il Brandenburg e il Mecklmburg, come pure le fondazioni monastiche di
Walkenreid e di Gròningen, ecc., e la perpetua alterna successione al vesco-
vato d'Osnabruck. Dopo la morte dell'attuale vescovo, le case di Bnmswidc
dovevano eleggere un suo successore Protestante, e durante il tranpo nel
quale questi rimanesse in ufficio l'arcivescovo diCologna avrebbe esercitati
i diritti episcopali, come metropoUtano, ma solamente sopra i Cattolici.
La Casa di Assia-Cassel riceveva l'Abbazia di Hersfeid o Hirschfeld,
come principato laico con diritto di sovranità sopra Sohaumburg ed altri
territorii, sui quali anticamente aveva dei diritti il Vescovo di Minden, una
indefinita di 600,000 talleri, e le veniva riconosciuto il diritto di partecipare
alla eredità di Marburg (i).
L'esiliata e spogliata Casa degli Elettori Palatini ricuperò il basso Pas-
tinato, ed il diritto alla riversione di quello aho ; ed un ottavo elettorato fu
creato in suo favore, essendoché l'antica dignità d'Elettore Palatino e l'alto
Palatinato, dovessero rimanere alla Baviera, fino all'estinzione della sua
linea ducale. Cosi i principi di Wurtembei^, Baden, Nassau, ecc., i quali
erano stati messi fuori della legge ed espulsi furono reintegrati nella loro
posizione (2).
A° Alla Svizzera fu riconosciuto il diritto d'essere separala ed indi-
pendente, come in fatto era stata per lungo tempo.
(1) Trattato di Osnabrùch, art. X-XV,
/2^ Trattato di Osnabriich, art. IV.
tD 1648. Trattati conclusi durante le guerre religiose . IVIl
5<^ L'Imperatore/ per rapporto a tutto quello che a:vrebbe potato
avere attinenza colla g;uerra, con la pace^ o con la legislazioneyiecc.v'dtìyevà
prendere norma dai voti della Dieta,' la quale si veniva cosi ad. ammettere
che fosse qualcòsa più d'un' assemblea destinata a dare puramente dei con-
sigli. I membri della Dieta-iOtteniiero non solo il diritto di contrarre
alleanza fra gli Stati da essi rappresèhtatiy ma con i principi stranieri purè,
purché nessun pregiudizio:fosse:per'derivare/hè all'Imperatore nò'airim»
péro, — restrizione, questayànsignificante,' la' quale: non poteva', impedire
che una cosi grande concessione potentemente, indebolisse rantorità del-
l'Imperatore, e l'unità dell'Impero. La corte imperiale' doveva essere com-
posta di membri appartenenti ad ambedue le religioni, ed in numero quasi
eguale; vale a dire l'Imperatore doveva nominare due presidenti e ventisei
assessori Cattolici, e due presidenti e ventiquattro assessori della Confes-
sione d'Augsburg. Se dei dispareri sorgessero: nella corte cagionati. dalla
differenza di fede religiosa dei suoi membri, la Dieta sarebbe chiamata a
decidere (1).
6® Fra i provvedimenti presi e concementi la religione i più impor-
tanti sono i seguenti: ^
. a) La libertà di culto garantita dal trattato di Passau, e dalla pace
religiosa d'Augsburg, fu confermata ai Luterani, ed estesa ai Riformati o
Calvinisti. Ma nell'Impero dovevano essere solamente ammesse la religione
cattolica, e le religioni di sopra menzionate (2) ;
b)l\ reservalum ecclesiasticum dei trattati anteriori, fu sostituito da
una regola la quale stabiliva che l'anno 1624 dovesse servire di norma a
fine di decidere quale dovesse essere la Confessione destinata ad avere il
possesso della proprietà ecclesiastica ; vale a dire che un benefizio, sia che
di esso avesse avuto l'investitura un Cattolico o un Protestante in gen-
naio 1624, avrebbe dovuto appartenere in perpetuo alla medesima religione
del beneficiario che in tale epoca l'avesse posseduto (3). Ma nel Palatinato,
in Baden, nel Wùrtembei^, ecc., in forza dell'atto di amnistia (4), tutto
doveva essere rimesso nello stato esistente prima delle < lotte Boeme > che
l'anno da servire di norma per l'Elettore Palatino e per i suoi alleati doveva
essere Tanno 1618; la qual cosa se altrimenti fosse stata fatta, avrebbe
(4) Art. vili, art. V.
(2) Art. V, § 1, art. VII.
(3) Art. V, § 2.
(4) Art. IV, §§ 6, 24, 26.
39 — Fiore, Dir, intern, codif.
XVIII Appendice L an. 1G48.
completamente cambiato la vecchia costituzione religiosa dei loro Stati. I
Protestanti pure a lungo insistettero onde far si che Tanno da servire per
essi dì norma fosse Tanno 1618^ ma essendoché molte delle contro-riforme
avessero avuto luogo fra quest'anno e Tanno 1624 nei dominii ereditari
delT Imperatore, questi non volle cedere, e cosi gli Svedesi desistettero
dalle loro pretese. Questo rifiuto dell'Imperatore fu cagione che la Riforma
venisse soppressa in Boemia, ed in una gran parte della Germania meri-
dionale. Inoltre, ai sudditi dell'Austria veniva creata una posizione molto
dura, essendoché l'amnistia concessa ad essi non includesse nessuna resti-
tuzione delle proprietà le quali loro erano state confiscate (i). Un'eccezione
però era fatta in favore d'alcuni individui appartenenti all'alta nobiltà Sle-
siana, ed a quella della città di Breslau: a tutti questi, quantunque sudditi
dell'Austria, si manteneva lo stesso diritto, che, anteriormente alla guerra,
avevano goduto, d'esercitare il culto protestante. Altri nobili della Slesia e
della bassa Austria unitamente ai loro sudditi ottenevano il diritto del culto
privaL), né si poteva loro ingiungere d'emigrare. Tre Chiese luterane
dovevano essere permesse in Slesia (2);
c)Se un beneficiario cambiasse di religione decadrebbe dal diritto di
investitura, senza però incorrere nella t'estituzione delle prebende percepite
per il passato, e senza che il suo onore e il suo buon nome ne soffrissero;
d) Se un sovrano territoriale cambiasse di religione (come sarebbe
se di Luterano si facesse Riformato), o estendesse la sua sovranità su d'un
paese dove un altro cuUo fosse stabilito, non avrebbe che il diritto di pra-
ticare la sua religione come un privato qualunque, né potrebbe cambiare
la chiesa esistente, o collocare negl'impieghi unicamente persone, le quali
professassero la propria fede. Se una comunità abbracciasse la religione
del nuovo sovrano, sarebbe libera di fare ciò, ma Tantico stato di cose per
rapporto alla Scuola e alla Chiesa dovrebbe continuare (3).
Uju8 reformandi dei vecchi trattati veniva ristabilito in tutti i territori
dipendenti immediatamente dall'Impero ed era attuato colle seguenti restri-
zioni. I sudditi, i quali non professavano la religione del loro sovrano, e
che possedevano proprietà ecclesiastiche fino dall'anno 1624, erano man-
tenuti nel possesso delle medesime. Dovevano pure continuare nel godi-
mento del diritto di dedicarsi al cullo sia privatamente sia pubblicamcule.
(1) Art IV, §§ 52, 53.
(2) Art. V, §§ 38, 39, 40.
(3) Art. Yui^gg 1, 2.
•D. 1618. Trattati conclusi durante le guerre religiose XIX
tutti coloro i quali tale diritto avevano goduto durante l'anno i62i, venendo
pure garantiti per rapporto a tutto quello che conseguentemente sarebbe
stato per derivare da questa concessione ad essi fatta. Ai sudditi, i quali
professavano una religione diversa da quella del loro sovrano, e che non
avevano il diritto di esercitare il loro culto, né pubblicamente nò privata-
mente, nelPanno sopra indicato, o che cambiassero religione dopo la pace,
veniva garantita la libertà di coscienza ed i vantaggi civili degli altri
cittadini.
Questa tolleranza consisteva nel permettere il libero esercizio del culto
esterno privatamente e pubblicamente, qualora vi fossero chiese a ciò desti-
nate; e nella concessione del diritto di potere mandare i figli a scuole esi-
stenti in altre località, o di farli istruire in famiglia da precettori, i quali di
questa professassero la fede.
Ad essi però poteva essere ingiunto d'emigrare, o potevano emigrare a
loro beneplacito. In questo caso sarebbero stati liberi di disporre dei loro
beni, e se loro fosse stato ordinato d'abbandonare il proprio paese, un
periodo di parecchi anni doveva esser loro concesso onde potessero fare ciò
a loro bell'agio (1).
La pace di Vestfalia, dice Wheaton {Istoria^ parte I, al principio), sta-
bili l'eguaglianza delle tre comunità religiose esistenti in Germania, cioè
della Cattolica, della Luterana e della Calvinista, e cercò d'opporre una
barriera perpetua ad ulteriori innovazioni religiose, e secolarizzazioni della
proprietà ecclesiastica. Nello stesso tempo essa rese gli Stati dell'Impero
quasi indipendenti dall'Imperatore, loro capo federale. Essa impedi che il
progresso verso l'unità nazionale della Germania continuasse a farsi sotto
la bandiera cattolica, e spianò la via al futuro sviluppo della potenza della
Prussia (la figlia della Riforma), la quale naturalmente si trovò in questo
modo collocata alla testa del partito Protestante, divenendo la rivale poli-
tica della casa d'Austria, la quale conservava pur sempre la sua antica
posizione di capo temporale della comunità Cattolica. Essa introdusse due
elementi stranieri nella interna costituzione dell'Impero (la Francia e la
Svezia, come mallevadrici della pace, e la Svezia come facente parte della
federazione), conferendo cosi a queste due Potenze un diritto perpetuo di
intervenire negli affari intemi della Germania.
Essa riservò ai singoli Stati la libertà di concludere alleanze, tanto fra
loro, quanto con le potenze straniere, a fine d'assicurare la propria esi-
(1) Art. V, §§ 36, 37, 39, 40.
XX ' Appendice L ' an. 1649.
stenza e stcnrezza, purché queste alleanze nonfosisero dirette contro T Im-
peratore e r Impero, né contrarie alla pubblica tranquillità, e alla pace di
Vestfalia. .;..;.,,.
Questa libertà contribuì a far si che il sistema federativo della Germania
fosse una nuova garanzia per il manteniménto dell' equilibrio generale del
potere in Europa. La federazione germanica, a cagione dell'.essere essa
posta nel centro dell' Europa, ed a cagione della sua organizzatone,, colla
quale si collegavano tanti interessi politici e religiosi, servi a mantenere
l'indipendenza e la tranquillità di tutti gli Stati vicini.
/ : . ■ j . ; * . .
• • • I • .
Pace di Munster.
-■:■.',
1648, Gennaio SO.
. : . . . 111.464^.
Mentre che si stava discutendo intorno alla pace di Vestfalia, la Spagna
e r Olanda facevano una pace separata a Mùnster. In forza di questo
trattato: > ..:••. . v
1 . La libertà e sovranità delle provincie unite era riconosciuta ; .
2. Ciascuna parte contraente riteneva i luoghi che possedeva. Cosi
l'Olanda guadagnò Boise-le-Duc, Hértogenbusch, Bergen-op-Zoom ' con
Breda nel Brabante, Hulst, Axel, ecc., nelle Fiandre, alcuni diritti a comune
colla Spagna nel Limburgo, ecc.;
3. La Schelda e certi canali navigabili connessi con essa furono chiusi,
ciò che fu cagione della decadenza d'Anversa;
4. La Spagna rinunziò ai luoghi i quali gli Olandesi avevano tolti al
Portogallo. Importanti concessioni commerciali furono fatte all'Olanda nelle
Indie Occidentali ed Orientali (1).
Trattato dei Pirenei,
4659, Novembre 7.
tn. 4659.
La pace dei Pirenei, pose fine ad una guerra di 20 anni, fra la Francia
e la Spagna, collegata con la lunga guerra germanica. Questa pace fu trat-
tata in un'isola del fiume Bidassoa, dai ministri dei due regni in persona.
Luigi de Raro, ed il cardinale Mazarino.
In virtù di questa pace il Principe di Condé era reintegrato nel possesso
dei suoi territori ed onorificenze^ — ottenendo però il dominio della Bor*
(i) DuMONT, VT, 1, 429.
an. i8S9. Trattati conclusi, durante ìe guerre religiose .ZZI
gogna invece di quello della Guienna; il Duca di Lorena otteneva di nuovo
il suo ducato, cedendo Mojenvic, il ducato di Bar e la contea di Qennont,
ed assumeva l'obbligo di dare libero passaggio alle truppe di Francia; il
Duca di Modena ed il Duca di Savoia, aUeati della Francia, venivano ricol-
locati nelle condizioni, nelle quali erano anteriormente |alla guerra,- ed il
Principe di Monaco, doveva èssere. messo in possesso dei suoi territori sotto
la giurisdizione del Re di Spagna, col diritto di alienarli, ecc. •
i In fona di quésto trattato, la Francia riceveva . l'Artois eccettuati
St-Omer e Aire, ed otteneva, pure dei luoghi nelle Fiandre', lo.Hainault, e
il Lussemburgo ; e sui : confini . della Spagna . le contee :di RousSilbn !e di
Confians eccettuate le parti di esse situate sui Pirenei, ed una porrione di
Cerdagne posta sul versante francese di questi monti.
La Spagna, sperando di poter risoggìogare il Portogallo, stipulava • con
la Francia che essa non avrebbe dato ad esso nessun aiuto. Finalmente il
matrimonio di Luigi XIV, con l'Infanta di Spagna, Maria Teresa, veniva
stabilito non solo in questo trattato, ma ancora in un contratto particolare
in data del medesimo; e fu stipulato che l'Infanta, per se stessa e per i
suoi discendenti, i quali potrebbe avere dal Re di Francia, in considerazione
d'una dote di 500,000^ corone d'oro, rìnunzierebbe per se stessa prima
del matrimonio, ed unitamente al Re di Francia dopo il matrimonio, a
qualunque diritto alla successione al trono di Spagna (1).
Questo trattato aumentò i vantaggi ottenuti dalla Francia con quello di
Mùnster ed assicurò il potere di lei in Europa.
Trattato cT Oliva e di Copenhagen.
1660, Maggio 80 e Giugno 6.
ao. itm.
Il trattato d'Oliva presso Danzica fu concluso fra il Re di Polonia, del
ramo primogenito della Casa di Wasa, gli alleati di lui, ed U Re di Svezia.
Il trattato di Copenhagen fu stipulato fira i Re di Danimarca e di Svezia.
Col primo trattato il Re di Polonia rinunziava per se stesso e per la
sua Imea a tutti i diritti sulla Svezia, Finlandia, ecc.; ricuperava la sua
supremazia sulla Curlandia, e su certe città come Harienbui^, Elbing, ecc.,
e cedeva alla Svezia quasi tutta l'Esthonia e la Li venia. Il ducato di Prussia
veniva del tutto sottratto, in favore dell'Eiettore di Brandenburg, all'alta
sovranità della Polonia (2).
(1) DuMONT, VI, 8, 264-398.
(S) DuMONT, n. 8.» 303-319.
xxa
Appendice L
•11.1660.
Il trattato di Copenhagen confermava in parte quello di Roetskild (o
Rotschiid, 8 marzo i558) (1).
Le Provincie di Halland, Schonen, Bieckingen, la piccola isola di Hween,
Bahns ed il suo droondario passavano alla Svezia, la quale restitituiva alla
Danimarca l'isola di Bomholm, e la città di Drontheim in Norvegia, con-
quistate durante la guerra, e rinùnziava ai suoi diritti sulla contea di Det«
menhorst e DKmarsch in Germania.
Degli accordi Airone pun^ fatti per rapporto ai diritti di passaggio degli
stretti Sund, è Beh.
' Il trattato d'Oliva fu garantito dalla Francia; la Francia, ringhilterra e
r Olanda garantirono.il trattato di Copenhagen*
(1) DCMONT, VI, 2, 205.
XXUI
TRATTATI
CONCLUSI AL TEMPO DI LUIGI XIV
Trattati di Breda.
1667, Luglio 31.
in. 1607
I Trattati di Breda furono conclusi fra l' Inghilterra e la Francia, l'In-
ghilterra e r Olanda^ l'Inghilterra e la Danimarca.
In virtù del primo trattato T Inghilterra restituiva alla Francia TAcadia
(Nuova Scozia), e ricuperava Antigua, Montserrat, e la parte inglese del
S. Cristoforo nelle Indie Occidentali.
II trattato fra l'Inghilterra e l'Olanda riconosceva lo statu quo del di
20 maggio 1667, avuto riguardo agli acquisti che le parti contraenti ave-
vano potuto fare l'una a spese dell'altra durante la guerra. In virtù di
questa clausola l'Inghilterra riteneva i Nuovi Paesi Bassi (Nuova York), e
l'Olanda il Surinam. Un altro articolo di molta importanza per l'Olanda
modificava la Legge inglese di navigazione del 1651, di tal maniera da per-
mettere che la mercanzia, la quale scendeva il Reno, potesse essere impor-
tata in Inghilterra dai bastimenti olandesi (1).
Trattato di triplice alleanza,
1668, Gennaio 23.
an. 1068.
('.on tale trattato fu conclusa VaUeaaza fra l'Inghilterra, l'Olanda e la
Svezia, onde pruuiuovere la pace tra la Francia e la Spagna (:2;.
Trattato di Lisbona.
1668, Febbraio 23.
an. iC68.
Il trattato di Lisbona fu concluso fra la Spagna e il Portojsrallo, e l'In-
ghilterra vintervenne come mediatrice e garante. L'indipendenza del
(1) DuMONT, Vn, 1, 40, 56.
(2) DuMONT, u. s., 68-70.
XXIV Appendice L m. 4668
Portogallo fu virtualmente riconosciuta per dato e fatto del trattare la
Spagna con esso ; e tutto il territorio, eccetto Ceuta in Affrica, fu resti-
tuito (1). '.
. Trattato diAix-la-Chapelle (Aquisgrana)*
1668, Maggio. '
an. i^lSR,
Nel maggio dello stesso anno 1668 un trattato di Ipace fu concluso tra
la Francia e la Spagna ad Aquisgrana, in conseguenza del quale i Francesi
ritennero i luoghi da. essi occupati' nei Paesi Bassi Spagnuoli, come —
Charleroiy Binche, Ath, Toumay/Oudenarde/ Lilla, Armentières,Gourtray,
Bruges, Fumes, il forte di Scarpe; — e la Franca Contea fu restituita alla
Spagna.
Pace di Nymwegen (Nimega).
16784679.
• te. I(n8-T9.
La pace di Nimega pose fine alla guerra olandese, da un Iato le parti
contraenti essendo la Francia, l'Inghilterra, la Svezia, 'ed' alcuni dei più
piccoli Stati dell'Impero, e dall'altro rÉlettore di Bràndèburgo, la Spagna,
l'Imperatóre, la Danimarca, ed alcuni dei più piccoli Stati di Germania/
Il Re d'Inghilterra (Carlo II) era stato obbligato, nel -i674, dal Par-
lamento a fare la pace con gli Olandési, ed una stretta alleanza veniva fttta
fra le due Potenze a Weslminster (3 marzo 1678).
I trattati stipulati a Nimega furono, quelli dell'Olanda colla Francia,
10 agosto 1678 ; della Spagna 'colla Francia, 17 settembre dello stesso
anno; dell'Imperatore colla Francia come pure colla Svezia, 5 febbraio 1679;
e dell'Olanda con la Svezia, Ì2 ottobre 1679. La Danimarca trattò con la
Francia a Fontainebleau il 2 settembre 1679, e colla Svezia a Lund il 26 set-
tembre .1679.
L'Elettore di Brandeburg fece un trattato colla Francia e con la Svezia
a St-6ermain-en-Laye, il 29 giugno 1679, e tralasciamo di fare menzione
di altre stipulazioni di minore importanza (2).
Con questa generale pacificazione l'Olanda era rimessa nel possesso di
tutti i luoghi, che i Francesi le avevano tolti durante la guerra ; ed .in un
articolo separato veniva stabilito che .dovevano essere restituiti al Prìndpe
d' Orango, Orango ed altri possedimenti situati nei domini del Re di Francia*
(1) DvMomr, Vn, 1, 70.
(2) DuìiOMT, n. 8., 351 e seg.
u. 1678-79. Trattati conclun al tempo di Luigi XIV XXT
, { 2) Alla Spagna venivano^retrocessi nei Paesi Bassi/ Charleroi,Binche;
Oudevarde, Ath, Courtcay (vedi trattato. d'Aix-la-ChapeUe,1668)y il terri-
torio al di là della Mosa, Ghent, il forte di Rodenhus, il distretto di ;Waes;
come pure la città ed.il ducato: di Limburgo; le città di Leuve e St-Ghilaiiip
e in Catalogna la città di Puycérda. La Spagna cedeva alla Francia tutta la;
Evinca Contea/ .Valenciennes, Cambra!, e il Cambrese, Aire,.Poperìngen,.
St-Omer, , Ypres, ecc. . . : , ;
-.-L'topenitore cedeva alla Francia Friburgo in Brisgpvia,.con diritto di.
passo da Bfeidacby ricuperava pei^ l'Impero Filisburgo (vedi trattato. di.
Vestfalia), ed otteneyarcbe al Duca di Lorena fosse. restituito il Djucato e gb
altriiposàes^V a, condizioni molto onerose però, e s'impegnava di ricollocare
iiPxincipi di FOrstenburg nella posizione nella quale essi erano prima della
giieiTa.'.: ••' i ;.'■"• , -.il . ; .
.:. Qtfesti trattati arrecarono grandi vantaggi alla Francia, per rapporto a
dèche concerneva, i suoi, confini 'Orientali, vantaggi i quali essa ottenne
Sjpecialmente a detriinento della;Spagna. .
,'. . 4) lia &vezia.rieiiperava:.qm!llo che la Danimarca le aveva tolto in
guerra, cioè Wismar, l'isola di Rugen; ecc* ed i Danesi s'impegnavano di
rinìettere il: duca: di Hetetein-Gottorp. nelle j condizioni nelle quali esso si
trovava: prima, che. cominciassero le ostilità. Di più, la Svezia ricuperava,
tutto dò che ;l'£lettore di Brandeburgo le aveva colla conquista tolto nella.
Pomèraniadteriofe, ma. cedeva il territorio al di là dell' Oder, eccettuate
le* città di Dam é Golnow (1). ,
'\ •
.Pace (U.Ryswyk. • .
1697, Settembre ao e Ottobre 30. .
u. 1097.
La pace di Ryswyk fu fatta in un palazzo vicino all'Aja. Questo trattato
pose fine ad una guerra, che aveva durato quasi dieci anni, la quale spesso
fu chiamata la guerra d'Orleans, combattuta tra la Francia e le principali
Potenze dell'Europa.
. Subito dopo la pace di Nimega Luigi XIV, col mezzo di Corti apposita-
mente, con vocale, Qi riunii (adoperando la espressione allora usata) al suo
regno parti del limitrofo territorio straniero; cosi prese Strasburgo nel 1681^
e commise altri ingiustificati atti d'aggressione. Conseguentemente furono
fatte delle leghe contro di lui, ma non approdarono a nulla, fino a che net
(1) Vedi Pace di Vestfalia.
XXVI Appendice L in. 1097
1686, molte delle Potenze germaniche non ne conclusero una a Àugsbui^,
a fine di reciprocamente proteggersi, la quale Ai sottoscritta a Vienna
nel i687.
- L'anno susseguente Luigi XIV cominciò una guerra aperta, inTadendo
l'Impero, ed adducendo a pretesto la necessità per esso esistente d'opporsi
a questa lega, e di ricuperare i diritti che sua cognata, la duchessa d'Or-
leans, aveva sulla proprietà allodiale del fratello di lei, come ultimo maschio
della linea Simmem degli Elettori Palatini, come pure d'ottenere ripara-
zione per gli affronti a lui fatti in occasione della disputata elezione dell'ar-
civescovo di Cotogna. Onde fargli fronte, un'alleanza fu conclusa a Vienna
dall'Olanda coli' Imperatore e con l'Impero il i2 maggio 1689, alla quale
l'Inghilterra, essendo sul trono Guglielmo IH, e la Spagna inseguito presero
parte, e colle quali agirono di concerto if Duca di Savoia ed il Re di Dani-
marca. Le parti contraenti s'impegnarono a negoziare con Luigi XIV sola-
mente sulle basi dei trattati di Vestfalia e dei Pirenei, di reintegrare il duca
di Lorena pienamente nei suoi diritti, — ed in un articolo separato, — di
garentire all'Imperatore ed ai suoi eredi la successione al trono di Spagna,
qualora Carlo II non lasciasse figli (1).
La pace di Ryswyk fu fatta in forza di trattati stipulati dalla Francia^
coir Inghilterra, colla Spagna, con l'Olanda e coli' Imperatore e l'Impero^
con i quali ultimi essa non ebbe luogo che il 30 ottobre 1697 <2).
1. L'Inghilterra e la Francia l'una all'altra restituivano quello che si
erano tolto durante la guerra ; Guglielmo d'Orange veniva riconosciuto
come legittimo Re della Grande Bretagna, Lui^i XIV promettendo di non
aiutare i nemici di lui, vale a dire, Giacomo II.
2. La Francia restituiva alla Spagna tutte le e riunioni i> fatte dopo
la pace di Nimej^a, oltantadiie luoghi eccettuati, come pure ciò che aveva
acquistalo durante la guerra.
3. L'Olanda retrocedeva Pondicherry, in India, alla Compagnia fran-
cese dell'India Orientale, ed otteneva dalla Francia considerevoli privilegi
commerciali.
4. Il Re di Francia cedeva tutte le sue a riunioni :» fatte con parti
dell'Impero eccettuata F Alsazia, la quale veniva cosi ad essere affatto sepa-
rata dall'Impero, divenendo parte integrale della Francia.
In un particolare articolo veniva stipulato che Strasburgo dovesse pas-
ti) DrMONT, VII, 2, 229-230, 2 'il. 267.
(2) DuMONT, u. s.. 399, 40S, :m, 'ril.
mi, l(j^. Trattali conclusi al tempo di Luigi XIV XXVIl
sare sotto il dominio della Francia ; di più altri articoli cedevano Breisacb
e Friburgo all'Imperatore, Filisburgo all'Impero (vedi Pace di Vestfalia);
restituivano il Ducato ZweibrQcken (Deuxponts) al Re di Svezia, come
Conte Palatino del Reno, e Mumpelgard (Honbeliard) al Wfirtemberg, ecc.;
provvedevano in favore del Duca di Lorena a forma delle concessioni fatte
dalla Francia al padre di lui nel 1670; ristabilivano nella sua sede vesco-
vile di Strasburgo e nel possesso d'altri diritti il Cardinale Fflrstenburg;
ordinavano che fossero rasi al suolo molti forti ; dichiaravano la navigazione
del Reno libera, ecc.
Nella pace di Ryswyk veniva confermato un trattato anteriore, del
29 agosto i696, tra Francia e Savoia, col quale Luigi XIV conveniva di
restituire, unitamente agli acquisti fatti durante la guerra, Pinerolo (vedi
Pace di Vestfalia, Pace di Cherasco) colle sue fortificazioni demolite (1).
Nel quarto articolo del trattato coli' Imperatore, in forza del quale sono
restituite le conquiste e le <k riunioni 2> eccettuata l'Alsazia (2), si riscontra
questa clausola: <l religione tamen Catholica Romana in locis sicrestitutis
in statu quo nunc est remanente :».
Durante l'occupazione francese di questi distretti la religione prote-
stante era stata in essi soppressa colla forza. I Protestanti rifiutarono di
riconoscere questa pace per questa cagione, e sostennero che essa rovesciava
dai suoi fondamenti la pace di Vestfalia. Tuttavia, la Dieta, la ratificò il
26 novembre 1697, ma aggiunse in un postscritto, che i Cattolici non avreb-
bero potuto valersi di questa clausola contro i Protestanti. Di più, fu detto
che essa concerneva solamente certe chiese fondate da Luigi XIV. L'Impe-
ratore confermò il voto della Dieta per rapporto alla ratificazione della
pace, ma passò sotto silenzio il postscritto. Subito dopo il Ministro francese
Sostenne che la clausola si riferiva alle chiese poste in i9fì& luoghi, e nelle
quali avevano detto la messa i cappellani che da tali località erano passati
eoi reggimenti.
Trattati deirAja,
1698, Ottobre 11. — 1700, Marzo 25.
an. 16d8.
Il primo trattato di spartizione fu concluso all'Aja l'il ottobre fra
Guglielmo III d'Inghilterra, l'Olanda, e Luigi XIV.
Guglielmo III temendo che fosse per accadere la morte di Carlo II —
l'ultimo della linea dì Haiigsburg — ed a cagione del non lasciare questo
(1) DuMONT, VII, 2, 368, 383; art. XVI del trattato con l'Olanda.
(2) DuMOM, u. s., 422.
XXVIII Appendice L • • \ an.4698.
...-•••■■--: ■ •'■■'
e^edi, forte dubitando di non potere riuscire ^ ad . impedire _ che la Spagna
•
cadesse sotto il dominio, della Francia, quando tale evento si yerificasse,,
amm^ente d'addivenire, ad una spartizione della Monarchia spagnuola.
Conseguentemente Napoli : e la Sicilia venivano assegnati al Delfino di,
Francia ; il Ducato ; di , Milano - all'Arciduca Carlo d'Austria secondogenito
dell'Imperatore, e la Spagna couri^Paesi Spagnuoli,e le colonie di lei, al
%lip. maggiore del Duca;dii Baviera (1). .. , .. :.^. ., . . - , . ,
•..JLgioyane principe bavarese,* moriva 1*8. febbraio 1699, all'età di sei.
anni, ed un nuovo trattato di spartitone era fatto tra le stesse Potenze,
({aOndra, 43 marzo, l'Aja, 25 marzo 1.70p). In esso veniva in generale stì-
p:ulato;che NappU^ la Sicilia, i Ducati di Lorejia, di Bar dovessero andare ai
Delfino : che il Duca di Lorena sarebbe trasferito al Ducato di Milano ; che
la Corona di Spagna, i Paesi Bassi, e le Indie dovessero essere trasferite
ajr Arciduca Carlo (2). , . • ,
; Eccettuata la spartizione della Polonia, nessun altro intervento più ver-
gognoso di questo, si riscontra nella storia. .
r
m
Pace'' di CarlowUz.
4699, Gennaio 26.
ui. 1699.
; La pace di Carlowitz consiste d'un trattato del Sultano col quale stipulò
una tregua di venticinque anni coli' Imperatore, e di due altri trattati del
medesimo Sultano, il primo dei quali col Re di Polonia, ed il secondo con
Venezia, le trattative dei quali furono fatte dagli ambasciatori delle due
Potenze cristiane. , , . , . ,
. Il Principe Eugenio avendo distrutto l'esercito torco a Zentha l'il set-
tembre 1697 , il Sultano riconosceva la.Transilvania come provincia austriaca,
e conveniva che la sponda meridionale del Danubio dovesse separare i
domini di lui dall'Ungheria, ecc. Venezia continuava a godere il possesso
di ciò che aveva in Grecia, eccettuato Lepanto^ ed in Dalmazia (dove i con-
fini erano stabiliti da. una serie di forti ceduti alla Repubblica) Castelnuovo
e Rifano presso Cattaro rimanevano veneziani (3).
(i) Ddmont, vii, 2, 442.
(2) DuicoNT, u. s., 477. — Per rapporto a tutto quello che dalle parti fti
innanzi onde giustificare il loro modo di agire verso la Spagna, imponendole, senza
averne il diritto, questi trattati, conf. Db Garden, II, 220 ss.j Smyth, Mod,Hùtory^
lecture XXIII.
(3) Di'MONT, u. s., 448-458.
Trattati conclusi al tempo di Luigi XIV XXIX
Pace di Utrecht e dì Rastadt,
1713, 1714.
I (l'attati d'Utrecht e di Rastadt, posero fine alla guerra di successione
alla corona di Spagna, la quale cominciò nel 1 '701.
Carlo II di Spagna aveva fatto un testamento in favore del Principe Elet*
tore di Baviera, nominandolo suo successore ; questi però mori giovanissimo
nel 1699. Avvenuta questa morte Carlo II si senti inclinato in favore' del-
l'Arciduca Carlo d'Austria, ed a vantaggio di questo fece un testamento, ina
siccome l'Austria indugiava ad acconsentire d'adempierne le condizioni,
esso fu persuaso dal partito francese, il quale era alla sua corte, di bruciare
il testamento, e di conferire la corona a Filippo Duca d' Angiò secondogenito
delDelfìno di Francia, e nel caso della morte di lui senza eredi, o del suo
innalzamento al trono nel suo proprio paese, al fratello che veniva dòpo di
esso, il Duca di Berry, e cosi in successione, all' Arciduca Carlo, al Duca, di
Savoia ed ai suoi figli, i- quali discendevano dàlia sorella di Filippo II di
Spagna. Qualunque cosa fosse per accadere, l'integrità della Monarchia
Spagnuola doveva essere mantenuta. . . i
II Re di Spagna mori il i^ novembre 1700, e Luigi XIV decise d'accet-
tare, alcune settimane dopo, Q testamento a 'favore di suo nipote^ quan-
tunque nell'estate dello stesso anno avesse preso parte al trattato di
spartizione, per non parlare delle rinunzie fatte nel trattato dei Pirenei (1).
Sul subito l'Inghilterra ed altri Stati riconobbero per cortesia il Borbone
come Re di Spagna; ma Luigi XIV avendo tei^versato in modo tale onde
non mettersi nella posizione da essere costretto di garantire che le coróne
di Francia e di Spagna rimarrebbero separate, ed avendo pure in occasione
della morte di Giacomo II d'Inghilterra (16 settembre 1701), violando la
pace di Ryswyk, riconosciuto il figlio di questi come Re d'Inghilterra, una
guerra divenne inevitabile ed essa non fu neppure impedita dalla morte di
Guglielmo III (2). '■
Un accordo fra Guglielmo III, il quale era il centro dell'opposizione alla
Francia, e l'Imperatore condusse alla Grande Alleanza iniziata il 7 set-
tembre 1701, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, e dall'Imperatore, ed alla
quale la Danimarca, rElcllore di Brandebui-go (o Re di Prussia;, il Porto-
(1) Vodi Ui]o Trattato.
(2) 8 marzo 1702.
XXX Appendice L an. 4710-! 4.
gallo, la Svezia, l'Impero, la Savoia, fecero dopo adesione. Scopo principale
deiralleanza era quello di compensare l'Imperatore per la perdita della
Monarchia Spagnuola, ed a questo fine d'impadronirsi dei Paesi Bassi spa-
gnuoli, del Ducato di Milano, delle Due Sicilie e dei porti della Toscana; di
assicurare all'Inghilterra ed all'Olanda tutte le conquiste, le quali esse avreb-
bero potuto fare nell'America spagnuola; e di fare la pace colla Francia,
solo a condizione che le due Corone di Francia e di Spagna non fossero mai
unite.
I principali alleati della Francia furono l'Elettore di Baviera e suo fra-
tello l'Arcivescovo di Colonia. L'Imperatore invase l'Italia nel 1701. La
guerra fu dichiarata dall'Inghilterra il 4 maggio 1702.
La pace d'Utrecht consiste di trattati separati fatti dalla Francia colla
Gran Bretagna, col Portogallo, colla Prussia, con la Savoia e con l'Olanda
<11 aprile 1713), e dalla Spagna colla Gran Bretagna (13 luglio), e colla
Savoia (13 agosto), i quali furono seguiti dai trattati della Spagna con
l'Olanda (26 giugno 1714), e col Portogallo (6 febbraio 1715), firmati nello
stesso luogo. U trattato di Rastadt (6 marzo 171.4), fatto dall'Imperatore
con la Francia in proprio e come rappresentante l'Impero, fu un poco
modificato e terminato a Baden, in Svizzera, il 7 settembre 1714.
Le più importanti stipulazioni di questi trattati furono le seguenti :
1. Nel suo trattato con la Gran Bretagna (1), la Francia cedeva o
meglio restituiva a tale regno la Baja d'Hudson, e gli stretti di St. Kitts,
Acadia (Nuova Scozia), Terra Nuova colle isole adiacenti — riservando
però Capo Bretone, e le isole poste all'imboccatura del S. Lorenzo, col
diritto di pesca lungo una considerevole parte della costa di Terra Nuova,
« di seccare il pesce sulla costa stessa.
Dunkerque doveva essere smantellata e colmato il suo porto. Veniva
riconosciuta la successione della casa d'Annover nel modo determinato dal
Parlamento. Le reciproche rinunzie fatte da Filippo Y di Spagna della corona
di Francia, e dai Duchi di Berry e d'Orleans di quella di Spagna, sono inse-
rite nel trattato, ed è dichiarato che per le^ inviolabile le due Corone
rimarranno separate ed indipendenti.
In un trattato commerciale della stessa data fra le medesime Potenze (2)
é stipulato fra le parti, che i bnstimenti di ciascheduna di loro saranno
liberi di trasportare mercanzie clie iiuu biauu di coutrabbaudu, e perdono
(1) DuMONT, VITI, 1, 339.
(2) DuMONT, u. s., 345.
n 1718-44. Trattati conclusi al tempo di Luigi XIV XXXI
che noK siano militari appartenenti ai nemici dell'altra parte. Lo stesso
principio è sanzionato nd trattato commerciale della stessa data tra la
Francia e T Olanda.
Nel trattato fra la Spagna e la Gran Bretagna (1), Gibilterra e Minorca
con Porto Mahon sono ceduti a questa Potenza; è solennemente garantita
la perpetua separazione delle Corone di Francia e di Spagna ; la Spagna si
impegna di non trasferire alla Francia, né a qualunque altra nazione, nessun
territorio o signorìa in America ; e la Gran Bretagna promette, nel caso
che la linea di Savoia venisse ad estinguersi, di fare tutto quello che
sarebbe per esserle possibile, onde far si che la Sicilia venisse riunita alla
Spa^a (2).
li 12"* articolo, tristamente celebre, concede esclusivamente ad una
Compagnia inglese, per lo spazio di trent'anni, da decorrere dalla data del
trattato, la importazione dei negri (el poeto de el assienio de negros) nel-
l'America spagnuola alle stesse condizioni che erano state accordate per
il passato ai Francesi cioè alla Compagnia francese della Guinea fondata
nel 1701.
2. Nel trattato della Francia con l'Olanda (3), la Francia s'impegna
di mettere nelle mani dell'Olanda onde essa li trasferisca alla Casa d'Austria
i Paesi Bassi spagnuoli, come essi erano dopo il trattato di Ryswyk, eccet«
tuata una parte della Gheldria ceduta alla Prussia, ed una porzione di ter-
ritorio nel Lussemburgo o Limbui^o da essere costituito in principato per
la Principessa Orsini; — la quale ultima convenzione però, a cagione
dell'opposizione fatta dall'Austria, mai fu portata ad effetto. Dei Paesi Bassi
francesi, Tournay, Foumes ed i loro distretti, Ypres, Poperingen, ecc., sono
ceduti ad identiche condizioni all'Olanda. La Francia acconsente d'adoprare
la sua influenza, onde fare abbandonare all'Elettore di Baviera qualunque
diritto, che esso, in virtù d'una cessione anteriore spagnuola del 1702 e
1712, potesse avere sui Paesi Bassi; ma la città e il ducato di Lussemburgo,
Namur e la sua contea, come pure Charleroi, dovevano essere sotto la
sovranità di lui, fino a che esso non fosse reintegrato nel possesso dei suoi
territori, e nella sua posizione sociale in Germania. Impegno solenne di
mantenere separate le Corone di Francia e di Spazia fu assunto tanto in
questo trattato come in quello posteriore delia Spagna con l'Olanda (4),
(1) DuMONT, vili, I, 393.
(2) Vedi Trattati con la Savoia.
(3) PUMONT, u. s., 366.
(4) DuMOKT, u. s., 427.
XXXII Appendice L aii.-l7t3-14.
essendo di quesf ultimo stata ritardata la conclusione a cagione della Prin-
cipessa Orsini, la quale avendo molta influenza sull'animo di Filippo V,
cercava d'ottenere per so un principato nei Paesi Bassi. In quésto* trattato
la Spagna s'impegnò d'impedire a tutte le nazioni/ tranne l'Olanda» di
commerciare colle Indie Orientali spagnuole. i
3. 1 trattati col Portogallo sono di minore importanza (1). .ti
La Francia rinunzia in favore del Portogallo, a qualunque suo. diritto
sul territorio chiamato il Capo del I^ord; fra l' Amàzone e il Vincenzo Pjnson
0 JapoCy ed ammette che allo stesso Portogallo appartengano, le due rive
dell' Àmazone ed il diritto di navigazione su quésto fiume. La Spagna cede
al Portogallo il territorio e la colonia di Sacramento situata sulla riva setten-
trionale'del La Piata. >
4. La Francia cede al Re di Prussia, in virtù del potere ricevuto dalla
Spagna, la Gheldria Superiore o Gheldria spagnuola, e riconosce i diritti di
lui sul principato di Neufchàtel (o Neuenburg) e Valengin in Svizzera» li re
di Prussia dal canto suo rinunzia a tutte le sue pretese per rapporto al
principato d'Orango e territori da questo dipendenti in Francia, riservan-
dosi però il diritto di portarne il titolo e di fare uso dello stemma di
esso (2).
5. La Spagna (3) conferma il Duca di Savoia nel possesso dell'isola
di Sicilia (già ceduta a mezzo d'un atto speciale fatto a Madrid il 10 giugno
1713) (4). Il dominio di tale isola dovea trasmettersi alla linea mascolina
del Duca — e questa estinguendosi — al ramo mascolino del Principe di
Carignano e di suo fratello. Se la linea di Savoia si estinguesse, l'isola
dovrebbe tornare in possesso della Spagna, e se la Imea Spagnuola venisse
a mancare in Spagna, la Casa di Savoia dovrebbe succedere al trono di
questo Stato. La Francia riconosce la cessione della Sicilia e restituisce alla
Savoia il territorio conquistalo durante la guerra; il confine della Francia
dal lato della contea di Nizza e del Piemonte è determinato dalla sommità
delle Alpi; e le cessioni fatte al Duca dall'Imperatore nel 1703, vale a dire,
la parte mantovana del Monferrato, le provincie d'Alessandria e di Valenza,
il paese posto fra il Po ed il Tanaro, e la Lomeilina, ecc., sono confermati
in ambedue i trattati (5).
(1) DOMONT, Vm, I, 353, 444.
(2) DUMONT, U. 8., 356.
(3) DUMONT, u. s., 401.
(4) Oi'MONT, u. s., 389.
(5) Dluont, u. s., 362.
tn. Ì713-14. Trattati concitisi al tempo di Luigi XIV XXXIII
Il Duca di Savoia fu incoronato Re di Sicilia a Palermo, nel 1713, ma
non venne riconosciuto né dal Papa né dall'Imperatore.
In virtù dei trattati di Rastadt e di Baden (1), la Francia s'impegna a
lasciare l'Imperatore padrone dei luoghi e degli Stati da esso occupati in
Italia (cioè il regno di Napoli, il ducato di Milano, l'isola di Sardegna, ed
i porti della Toscana), ed acconsente che esso prenda possesso dei Paesi
Bassi spagnuoli a forma del trattato con l'Olanda, cede l'Alt-Brisach, Fri-
burgo, la fortezza di Kehl, a seconda delle stipulazioni del trattato di
Ryswyk, il quale servi di base per gli accordi riguardanti la Germania.
L'Imperatore s'impegna di restaurare nei loro Stati, e nelle condizioni,
nelle quali essi erano anteriormente alla gueiTaUDuca di Baviera e l'Arci-
vescovo di Colonia.
Il trattato di Baden concede all'Imperatore di continuare a possedere i
ducati di Mantova e di Mirandola e la città di Comacchio. Nessuna disposi-
zione fu presa fra l'Imperatore e la Spagna, indugiando esso a riconoscere
il Borbone come Re, e Filippo Y, non acconsentendo allo smembramento
della Monarchia Spagnuola, essendoché ciò sarebbe stato per giovare allo
Imperatore.
/ trattati di barriera.
1709, Ottobre 29 — 1713, Gennaio 30 — 1715, Novembre 15.
an. 1700-13-15.
I trattati di barriera sono in numero di tre.
II trattato della Grande Alleanza concluso il 7 settembre 1701 all'Aja
aveva promesso agli Olandesi una barriera contro la Francia. Con lale
disegno furono fatti i due primi trattati di barriera, il 29 ottobre 1709, ed
il 30 gennaio 1713, cioè prima della pace d'Utrecht, fra la Gran Bre-
tagna e gli Stati Generali, essi disponevano di dare a questi nei Paesi Bassi
spagnuoli a titolo di barriera contro la Francia un certo numero di luoghi
fortificati, le guarnigioni dei quali dovevano essere pagate colle rendite
ritratte dal paese stesso ; ed il primo trattato, in un articolo separato, loro
faceva sperare che avrebbero potuto acquistare la Gheldria superiore ed
alcuni altri luoghi. U secondo trattato diminuiva il numero dei forti, che
essi dovevano occupare, e nulla diceva della Gheldria, la quale era stata
(1) DOMONT, Vm, 1, 415, 436.
40 — Fiore, Dir, interri, codif.
XXXIV Appendice L an. 170M3-Ì5.
promessa alla Prussia. La successione protestante essendo stata dalia legge
stabilita in Inghilterra ambedue i trattati impegnavano gli Stati G^n^iU a
mantenerla ed a difenderla.
Questi due trattati non approdarono a nulla.
II terzo trattato sottoscrìtto ad Anversa dalF Austria, dalla Gran Bre-
tagna e dairOlanda il 15 novembre 1715, stabiliva che l'Olanda doveva
cedere all'Austria i Paesi Bassi spagnuoli (tanto il territorio posseduto da
Carlo II di Spagna, quanto quello ceduto dalla Francia), T Austria promet-
tendo che essi sarebbero rimasti sotto il dominio austriaco, e che mai pas-
serebbero sotto quello della Francia o di qualunque altra Potenza. Un esercito
di circa 30,000 uomini, doveva essere colà mantenuto dall'Imperatore e
dagli Olandesi, fornendo il primo due terzi della truppa, ed i secondi un
terzo. Gli Olandesi si riservarono il diritto di tenere guarnigioni esclusiva-
mente a Namur, Tournay, Menin, Fumes, Ypres, Wameton e nel forte di
Knock, ed insieme all'Austria a Derdemonde: di riattare e fortificare le
città della barriera, ma di non fabbricare nuovi forti senza il permesso del-
l'Imperatore. Questi acconsentiva che essi avessero occupato al di là della
loro frontiera, nei Paesi Bassi austriaci, tutti quei forti che credevano
necessari alla difesa del paese in caso d'invasione, come pure tutto quel
territorio il quale, onde raggiungere questo fine, stimassero indispensabUe
per elevarvi delle trincee o per inondarlo. Esso cedeva loro pure Vento ed
altri luoghi della Gheldria, e si obbligava di pagare per il mantenimento
delle loro truppe 1,250,000 fiorini olandesi, ipotecati sulle entrate dei
Paesi Bassi.
Fu pure convenuto che i bastimenti ed i carichi, i quali andavano dalla
Gran Bretagna o dall'Olanda ai Paesi Bassi austriaci, avrebbero pagato
Io stesso dazio d'entrata e di uscita che nell'attualità, fino a che le tre
Potenze non avessero convenuto altrimenti in un trattato commerciale che
sarebbe fatto al più presto possibile, trattato il quale mai fu redatto.
La Gran Bretagna confermò e garanti questo trattato.
Dal non essere la convenzione commerciale, della quale abbiamo par-
lato, mai stata fatta, l'Austria trasse pretesto per considerare il trattato di
barriera come annullato (1).
(1) DuMONT, VII, 1, *243, 322, 458.
Trattati concludi al tempo di Luigi XIV XXXV
Trattato di triplice alleanza fra la Francia
la Gran Bretagna e V Olanda.
1717, Gennaio 4.
rn. ni7.
La triplice alleanza fra la Francia, la Gran Bretagna e l'Olanda, fu
conclusa a fme di mantenere in vigore il trattalo d'Utrecht, e di difendersi
scambievolmente in caso di attacco.
La Francia s'impegnava pure di non dare nessun soccorso al preten-
dente e di persuaderlo ad andare al di là delle Alpi (1).
Trattato di alleanza stipulato a Londra.
1718, Agosto 2.
an. 47i8.
La quadrupla alleanza conclusa a Londra dalla Francia e dalla Gran
Bretagna, fu cosi chiamata, essendoché le parti contraenti si proponessero '
di fare ad essa prendere parte l'Olanda (ciò che accadde il di 16 febbraio
1719), e l'Imperatore (il quale ne accettò le condizioni, il 16 settembre
1718) (2).
La pace non era ancora stata fatta fra l'Imperatore e la Spagna. L'Im-
peratore era malcontento dell'assetto che era stato dato alle cose in Italia,
e specialmente della cessione della Sicilia al Duca di Savoia. La Spagna,
essendo adesso sotto T influenza dell'intrigante e ambizioso Cardinale Albe-
roni, e mirando a recuperare ciò che aveva perduto a cagione della pace
d'Utrecht, cercò d'intorbidare i rapporti politici tra Francia ed Inghilterra.
La Sicilia e la Sard^a erano state invase dalle truppe della Spagna, ma
l'armata di questa venendo quasi distrutta dagl'Inglesi, ed essendo gli
eserciti di Francia e d'^.nghilterra entrati in Spagna, ed il Re trovando
l'impresa superiore alle sue forze, s'indusse a cedere, dimise l'Alberoni,
ed entrò a far parte dell'Alleanza nel 1720 (26 gennaio).
Il Puca di Savoia aveva fatto questo nel 1718.
Alcuni trattati difensivi, fatti nel 1721, dalla Spagna con la Francia e
colla Gran Bretagna, completano le disposizioni prese, e gli assetti stabi-
liti da queste Potenze. In conformità della quadrupla alleanza, e di altri
trattati fatti collo stesso spirito, la Spagna rinunziava ai Paesi Bassi, ed alla
(1) DuMONT, vili. i. 484.
(2) DUMONT, u. s., 531.
XXXVI AppemJice L an. 1718
parte spagiiuola dell'Italia; l'Imperatore rmunziava alla Monarchia di
Spagna, ceduta a Filippo Y in forza della pace d'Utrecht, e lo riconosceva
come legittimo sovrano di quel paese.
La Savoia e l'Imperatore facevano il cambio della Sicilia e della Sar-
degna, e la Spagna rinunzia va ai suoi diritti di riversione sulla Sicilia col com-
penso d'un diritto simile sopra la Sardegna. Fu pure convenuto che Livorno
sarebbe stato porto franco in perpetuo, e che i ducati italiani di Toscana,
Parma e Piacenza, a cagione della grande probabilità che si aveva, che le
linee mascoline dei Medici e dei Farnese s'estinguessero, dovessero essere
considerati come feudi mascolini dell'Impero, l'investitura dei quali sarebbe
data a Don Carlos di Spagna, ecc., e che in nessun caso potrebbero appar-
tenere alla corona di Spagna.
Cosi in virtù della pace d'Utrecht e di questi trattati ausiliari:
1. una barriera fu creata in favore dell'Olanda contro la Francia,
per dato e fatto d'avere concesso i Paesi Bassi spagnuoli all'Austria;
2. in forza del Diritto pubblico europeo la Francia e la Spagna non
potevano mai formare una sola monarchia;
3. l'Imperatore ricuperava parte dell'antica influenza germanica per
rapporto agli affari d'Italia;
4. il Duca di Savoia, a cagione dell'essere esso salito in potere come
Re di Sardegna, sempre più serviva a frustrare i disegni della Francia sul-
l'Italia, ed a tenere in freno l'idea del predominio dell'Austria su questa
penisola.
Le divergenze di minore importanza fra l'Imperatore e la Spagna fux^ono
discusse al Congresso di Cambray (dal 1722 in poi).
XXXVll
TRATTATI
CONCLUSI DOPO LA PACE DI UTRECHT
(Odo alla RiToloiione francese del 1789)
Trattalo di Pace di Paasarowitz.
1718, Luglio 21.
». i718.
La pace di Passarowitz fu conclusa fra l'Imperatore ed il Sultano, dopo
la vittoria del Principe Eugenio a Pelerwardein e la presa di Belgrado (1).
In virtù di questa pace l'Austria venne in possesso del Banato di Temeswar,
di Belgrado, d'una porzione della Serbia, e della Vallachia, ecc.
Trattato di Pace di Nystad.
1721, Agosto ao.
an. 472^
La pace di Nystad in Finlandia fu fatta fra la Svezia e lo Czar e questo
fu uno dei vari trattati nei quali la Svezia, adesso tenuta a freno dagli
Stati del regno, venne a patti coi suoi vicini.
Dopo la morte di Carlo XII, e dopo la caduta di GOrtz, la Svezia, l'in-
trigante alleata d'Alberoni, cede nel 1719 al Re d'Inghilterra, come Elet-
tore d'Annover, i ducati di Brema e Werden (2), per un milione di ris-
dollari (3); e nel 1720^ 1^ febbraio, alla Prussia Stettino ed i territori in
Pomerania, posti fra l'Oder e la Pehne,ecc., per il doppio di tale somma (4);
nello stesso anno, alla Danimarca il diritto di percepire dai bastimenti
svedesi la tassa di transito per il Sund e per il Belt, sborsando pure
ad essa 600,000 ris-dollari e promettendole Hi non immischiarsi negli
affari dello Schleswig e del Duca di Holstein-Gottorp, in considerazione
(1) DcMONT, Vili, 1, 520.
(2) Vedi Pace di Vestfalia.
(3) DuMONT, Vili, 2, 15.
(4) DUHONT, u. s., 21.
XXXVIII Appendice L u. 1721.
deir abbandono che la Danimarca aveva fatto delle sue conquiste sve-
desi (i).
La Francia e l'Inghilterra rimasero garanti per questa pace.
Nella Pace di Nystad (2), la Svezia cedette alla Russia la livonia,
l'Esthonia, i' Ingermanland, parte della Carelia, l'isola d' Oesel, Riga,
Revel, Wiborg, con altre città e forti, ecc., ad essa furono restituiti altri
luoghi della Finlandia, i quali Pietro il Grande aveva conquistati, e le
vennero pagati due milioni di ris-doUari.
La Svezia godette della pace per qualche tempo dopo, ma da questa
epoca in poi divenne per importanza politica inferiore alla Prussia e alla
Russia.
Trattato di Vienna.
1735, Ottobre 3 — 4738, Novembre 18.
ui.1735-38.
Nel 1735, 3 ottobre, fu concluso il Trattato preliminare di Vienna fra
il Re di Francia e T Imperatore. Quello definitivo fu poi sottoscrìtto il di
18 novembre 1738, e e' intervennero pure i Re di Sardegna e di Spagna,
e Don Carlos in quel momento possessore di Napoli e della Sicilia.
In forza di questo trattato il Duca di Lorena otteneva (in preveggenza
della imminente estinzione della linea mascolina della famiglia Medici), di
essere nominato Granduca di Toscana, col diritto di successione al Gran-
ducato nella sua famìglia; e l'esiliato Re di Polonia, Stanislao Leczinsky,
suocero di Luigi XV, abdicando alla corona di Polonia, otteneva in cambio
il ducato di Bar e quello di Lorena, col diritto di riversione alla Francia
allorquando la morte del titolare di questi ducati avesse luogo. Cosi la
Francia riacquistava i suoi diritti sulla Lorena. Napoli e la Sicilia, con i
porti della Toscana posseduti dall' Imperatore, erano ceduti a Don Carlos
Cfiglio maggiore di Filippo V, di Spa^a, nato dal secondo matrimonio di
questo con Elisabetta Farnese), il quale cosi fondava la seconda linea, o
linea napoletana dei Borboni spagnuoli. Il Duca di Savoia otteneva dal-
l'Austria la cessione della Sardegna col diritto di prendere il titolo di Re
di Sardegna e guadagnava i territori di Novara e di Tortona, come feudi
deirimpero, con diritto di giurisdizione noi distretto di Langhes. L'Impe-
ratore Carlo VI acquistava in assoluta proprietà Parma e Piacenza.
(i) DCMONT, VII, 1, -29.
(2) DUMONT, U. P., 30.
iD. i 735-38. Trattati concliMÌ dopo la pace di Utrecht XXXJX
La Francia garantiva la Prammatica Sanziane dell'Imperatore Carlo VI,
e la maggior parte delle Potenze europee facevano lo stesso ad epoche
diverse. In virtù di questa Prammatica (non avendo eredi maschi), esso
nominò la sua figlia maggiore erede di tutta la Monarchia Austriaca, e
per potere far questo acconsenti ad abbandonare una grande parte dei
suoi domini in Italia, come pure all'incorporazione dellsi Lorena alla
Erancia (1).
Trattato di Berlino.
1742, Luglio 28.
tn. iltì.
l preliminari della pace fra la Prussia e l'Austria furono concordati a
Breslavia. Il 28 luglio fu poi conclusa la pace di Berlino fra Federico II di
Prussia e Maria Teresa.
L'Austria cedeva tutta la Slesia, superiore ed inferiore (non inclusi i
principati di Tescben, la città di Tropavia, il territorio al di là dell'Oppa,
ed i distretti Moravi compresi nella Slesia Superiore) unitamente alla
Contea di Glatz.
Federigo II doveva pagare l' interesse del debito slesiano del defunto
Imperatore, e mantenere l'ordinamento religioso, nello stato nei quale si
trovava.
Trattato di pace di Dresda,
1745, Dicembre 25.
an. 4745.
La pace di Dresda confermava quella di Breslavia, e Federigo II rico-
nosceva il marito di Maria Teresa, il Granduca di Toscana, come
Imperatore.
Un atto col quale il Re d'Inghilterra garantiva la Slesia alla Prussia, è
unito al trattato.
La Sassonia, con un trattato fatto colla Prussia nello stesso tempo e
luogo, stipulava di pagare a questa un milione di ris-dollari, e di accor-
darle altri vantaggi (2),
(1) Wenck, Cedex Juris Gent., I, pp. 1-88.
(2) Wenxk, I, 734 e seg.; II, 191 e seg.
XL Appendice L
Trattato di pace di AiX'la-Chapelle (Aquisgrana).
1748, Aprile 30, Ottobre 18.
•D. 1748.
li 4748, 30 aprile, furono concordati i Preliminari della pace, e il
i8 ottobre fìi poi conclusa la Pace di Aquisgrana^ fra Francia, Grande Bre-
tagna, e Olanda, alla quale si associarono la Spagna, 1* Austria, la Sardegna,
Genova e Modena (i).
Questa pace pose fine alla guerra (la quale ebbe origine dalla succes-
sione al trono d'Austria), in virtù d'una scambievole restituzione delle
conquiste, e d'un generale ristabilimento di anteriori ed importanti trattati.
I ducati di Parma, Piacenza e Guastalla venivano assegnati all'Infante di
Spagna Don Filippo, essendo ceduti dai loro attuali possessori, l'Impera-
trice ed il Re di Sardegna (^quest'ultimo tenendo a feudo la città e parte
del ducato di Piacenza in forza del trattato di Worms del i743), col diritto
di riversione ai detti attuali possessori nel caso che Don Filippo morisse
senza lasciare discendenti maschi, o qualora il Re delle Due Sicilie eredi-
tasse il trono di Spagna.
Fra le stipulazioni anteriori richiamate in vigore, quella del pacto de
el assiento (che stabiliva il privilegio per l'importazione dei negri) (2) fu
espressamente menzionato. Nacque però un malinteso per rapporto a
codeste condizioni di pace, essendo stato una delle cause che spinsero l'In-
ghilterra contro la Spagna nel 1739.
« Mai forse, dice Lord Mahon parlando di questa pace, una guerra
a dopo avvenimenti tanto grandi, e tanto spargimento di sangue, terminò
<L ricollocando gli Slati, che avevano preso parte ad essa, quasi nelle stesse
« condizioni nelle quali si trovavano quando la cominciarono ».
Trat,tato di Napoli.
1759, Ottobre 3.
tn. 1759.
Il trattato di Napoli fu concluso fra l'Austria e Carlo III di Spagna e
le Due Sicilie. Con tale trattato fu stabilito che le Due Sicilie non potessero
essere mai unite alla corona di Spagna, eccetto che nel caso che la linea dei
Re spagnuoli della presente casa fosse ridotta ad una sola persona, e che
dovessero essere di nuovo separate, tostochè nascesse un Principe il quale
non fosse né Re di Spagna, né erede presuntivo (3;
(1) Wenck, II, 310 e seg.
(2) Vedi Trattato dUtrechL
(3^ Wenttc, III, 1i\ij.
Trattati conclusi dopo la pace di Utrecht XLà
Trattato di Parigi detto « Patto di famiglia i>.
4761, Agosto 15.
fto. 4701.
il trattato fra la Francia e la Spagna, concluso nel 1761 fu tenuto
segreto quando fu stipulato, e fu conosciuto poi col nome di Patto di fami-
glia. Fra le parti era stato stabilito che si doveva procurare che vi si asso-
ciassero il Re delle Due Sicilie, il Duca di Panna, e i due figliuoli del Re
di Spagna, escludendo qualunque altra persona che non fosse un Borbone.
Questo trattato obbligava le parti ad un'alleanza segreta offensiva e
difensiva; a fornire ciascuna di esse un numero determinato di truppe a
qualunque altra parte he facesse domanda ; a garantirsi scambievolmente
ì propri dominf come pure quelli degli altri due Borboni sovrani (1).
Si dice che in una convenzione segreta della stessa data, venisse stipu-
lato, che se la Francia fosse ancora in guerra con T Inghilterra lìì^ di
maggio 1762, la Spagna dovesse dichiarare a questa la guerra, e che la
Francia dovesse nello stesso tempo restituire Minorca alla Spagna.
Trattalo di pace di Parigi,
1763, Febbraio 10.
an. 1768.
Il trattato di pace di Parigi fu stipulato fra la Francia, la Spagna, T In-
ghilterra e il Portogallo, e fu completato còl trattato di pace di Huberts-
hurg (2) concluso il 15 febbraio dello stesso anno.
In virtù del primo trattato di pace, la grande lotta, la quale ebbe luogo
fra la Francia e l'Inghilterra, su tutto il mondo, e alla quale presero parte
la Spagna e il Portogallo, fu terminata in generale a vantaggio dell'Inghil-
terra ; ed in forza del secondo, ebbe fine la guerra dei sette anni combat-
tuta dall'Austria e dai suoi potenti alleati contro Federico il Grande.
La Francia, derogando alla sua politica secolare, entrò nel numero di
questi alleati nel maggio 1750.
Fu la Pace di Hubertsburg, che permise alla Prussia di terminare la
guerra, senza che essa perdesse territorio, rimanendo nella stessa posi-
zione, nella quale si trovava dopo i trattati di Dresda, di Berlino e di
Breslavia.
(1) Wenck, ut, 278 e sepf.: Martens. JRpcupH I, 16-28.
(2) Castello di caccia presso Meis^un in bassoiiia.
XLII Appendice L an. i'i63.
La Pace di Parigi fece si, che l'Inghilterra, la quale aveva spogliato la
Francia di una considerevole parte dei suoi possessi coloniali, potesse rite-
nere molti di essi, acquistando in autorità, specialmente sul continente
occidentale. Nell'America del Nord, la Francia rinunziò alle sue pretese
su d*Acadia, cedo il Canada, il Capo Bretone, e le isole e le coste del
San Lorenzo, riservandosi il diritto di pesca, lungo una parte della costa
di Terranova a forma del trattato d'Utrecht, e riserbandosi pure lo stesso
diritto nel Golfo di San Lorenzo, tre leghe lontano dalle coste inglesi, e ad
una distanza di quindici leghe dal Capo Bretone. Le isole di San Pietro e
Miquelon dovevano pure restare in potere della Francia, come luoghi di
ricovero per i di lei pescatori, a condizione che non vi fossero erette forti-
ficazioni. I Cattolici del Canada dovevano essere lasciati liberi di eserci-
tare il loro culto (art. IV-VI). Una linea che dividesse in due metà il
Mississipi e che partendo dal mezzo della sua sorgente andasse fino ad
Iberville, e che poi continuasse da questo punto attraverso i laghi Mau-
repas e Pontchartrain sino al Golfo del Messico, doveva servire di limite
al territorio delle due nazioni. Solamente Nuova-Orleans situata sulla
sponda orientale del Mississipi doveva rimanere francese (art. VII).
Con un trattato segreto fra Spagna e Francia, del 3 novembre 1762,
la Francia aveva già ceduto Luigiana e Nuova-Orleans alla Spagna, la
quale però non entrò in possesso del territorio cedutole che nel 1769.
Questo era un compenso per la Spagna, per la cessione, che essa doveva
fare alla Gran Bretagna, della Florida, cessione la quale era stata in
massima stabilita e che in questa pace fu conclusa (art. XX).
La Gran Bretagna conveniva di restituire alla Francia la Guadalupa,
la Mariagalante, la Desirade, la Martinica, Belle-Isle, S. Lucia, e le veniva
fatta la cessione di Granada, di S. Vincenzo, della Dominique e di Tobago
(articoli Vili, IX), nelle Indie Occidentali. Nell'Affrica riteneva il Senegal
e restituiva alla Francia Corea (art. X). Nelle Indie Orientali, le fortifica-
zioni e le fattorie che erano in possesso della Francia nel 1749, sulle coste
di Coromandel, d'Orissa e di Malabar e nel Bengala venivano pure resti-
tuite alla Francia, e questa si impegnava a non costruire forti e a non
tenere truppe nel Bengala, e rìnunziava a tutti gli acquisti fatti nel Coro-
mandel e ad Orissa fino dal 1749 (articolo XI). Dunquerque doveva essere
messa nelle condizioni nelle quali fu stipulato, che avrebbe dovuto essere,
nel trattalo di Aquisgrana e nei trattati anteriori. Minorca doveva essere
restituita agli Inglesi ; e i luoghi occupati dai Francesi in Germania dove-
vano essere evacuati e restituiti; le conquiste fatte a Cuba dall'Inghilterra
tn. 4763. Trattati concluH dopo la pace di Utrecht XLIII
dovevano essere retrocesse alla Spagna; le fortificazioni innalzate dagli
Inglesi nella Baja di Honduras ed in altre stazioni dell' America spagnuola,
dovevano essere demolite ; ma non si doveva impedire ai lavoranti di tali
località di tagliare e di trasportare il campeggio, ed ai sudditi spagnuoli
non si doveva concedere nessun diritto di pesca nelle vicinanze di Terra-
nuova (articoli XII-XIX) (i).
Trattato fra la Francia e Genova,
1768, Maggio 15.
an. 4768.
Un trattato sotto questa data fra Genova e Francia passava la Corsica
sotto il dominio francese, e ciò fmo a che la Repubblica non ne doman-
dasse la restituzione rimborsando tutte le spese.
I Genovesi avendo col loro tirannico governo cagionato una insurre-
zione, che essi non potevano domare, ed essendo stata repressa dalle
truppe francesi, gli isolani preferirono il dominio francese al giogo
genovese (2).
Trattato per la spartizione della Polonia,
un, Luglio 15.
an. 1772.
in codesto anno avvenne la prima spartizione della Polonia. Le dispo-
sizioni relative a questo smembramento, furono prese in trattati separati
fra la Russia e l'Austria, e la Russia e la Prussia, fatti sotto questa data.
Questi trattati, adducendo come ragione di tale misura, la necessità di
garantire dagli effetti delle discordie e guerre intestine della Polonia, gli
Stati con essa confinanti, dichiarano:
i° Che la Russia prenderà possesso del rimanente della Livonia
polacca, della parte del palatinato di Polock, la quale è posta a levante
della Dwina, del palatinato di Witepsk, delle due estremità di quello di
Minsk, e di lutto quello di Mscislav (o Mohilev). I confini del territorio
polacco separato dal rimanente della Polonia devono essere la Dwina nel
luogo ove le provincie di Polock, Witepsk e Minsk si incontrano, ed una
linea retta la quale da questo punto sia tirata fino in vicinanza della sor-
ci) Wenck, III, 329; Martens, Recueil, 1, 104-166.
(2) Wenck, u. s. ; Martens, u. s.
XtIT Appendice L nn. 1772.
gente del Drujac (o Truzec), e quindi lungo il corso di questo fiume e di
quello del Dnieper ;
^° La Russia garantisce all'Austria un territorio consistente della
Gallizìa Orientale, e della Lodomiria;
3° La Russia garantisce alla Prussia la Pomerania minore, eccetto
Danzica, una parte della Grande Polonia situata a ponente del Net2e, il
rimanente della Prussia polacca, vale a dire il palatinato di Harienborg
con la città d'Elbing, il vescovato di Warmia (o Ermeland), e il palatinato
di Culm, eccettuato Thom, il quale continuerà a formare parte della
Polonia (1).
In forza di questa scellerata convenzione, la Polonia perde cinque mi-
lioni di abitanti ed un terzo del suo territorio. La Dieta polacca fu spinta
colle minacce a cedere i suoi poteri ad una commissione, la quale nel-
l'agosto 1773, obbedì alle grandi Potenze, e acconsenti a questo smem-
bramento (2;.
Trattalo di Kutschuk,
1774, Liii;lio 21.
an. 4774.
11 trattato di Kutsc/ivk-Kaiìiardjl (villaggio (lolla Silistria), fu ronchiso
fra la Russia e la Turchia.
In virtù di tale trattato la Bessarabia, la Yalachia, e la Moldavia, veni-
vano restituite alla Turchia, la quale si impegnava di proteggere gli abi-
tanti dei due principali per rapporto alla loro religione, ecc., di ricevere
un chargé d^affaires del governatore od ospodaro di ciascun principato, e
di permettere ai ministri di Russia residenti a Costantinopoli di potere
intervenire in loro favore. Le isole dell'Arcipelago prese dalla Russia,
unilamenle alle località da essa occupate nella Georgia e nella Mingrelia
dovevano essere restituite.
La Russia otteneva la libera navigazione della sua marina di com-
mercio per il Mare Nero, per la Propontide o Mare di Marmara, per il
Danubio, e per le acque turche in generale. I forti d' Jenicale e di Kertsch
in Crimea, la città d'Azow ed il suo distretto, il castello di Kinburn posto
all'imboccatura del Dnieper, erano ceduti alla slessa Potenza.
Le due Potenze riconoscevano l'indipendenza dei Tartari della Crimea,
di Budjack, di Kuban, ecc. Degli accordi venivano stipulati, concernenti
(1) Wknck, III. 71 i: Martens, I, 591.
(•2) Martlns, II, 89 e seg.
an. Ì774. Trattati conclusi dopo la pace di Utrecht XLV
un ministro russo il quale doveva risiedere a Costantinopoli, e dei consoli
e loro interpreti, i quali dovevano essere stabiliti nei luoghi di com*
mercio (1).
Neirarticolo VII la Sublime Porta promette una efficace prolezione
della religione cristiana e delle sue chiese; e permette pure alla corte
imperiale di Russia di fare in qualunque occasione osservazioni alla Porta
in favore della sottomenzionata chiesa eretta in Costantinopoli, ed indicata
nell'articolo XIV. In tale articolo si legge che <l la suprema corte di Russia,
seguendo la regola stabilita dalle altre Potenze, avrà facoltà di fabbricare
oltre la chiesa di famiglia (la cappella di famiglia dell'ambasciatore), una
chiesa nel quartiere di Calata, e nella strada chiamata Reg-Uglù, la quale
chiesa sarà pubblica, ed avrà il nome di Chiesa russo-gi^eca: ed essa sarà
sempre sotto la protezione del ministro dell'Impero russo, e godrà non
molestata piena libertà nell'esercizio del culto, al quale essa sarà addetta d.
Nell'articolo Vili è permesso a tutti i sudditi dell'Impero russo di visi-
tare liberamente Gerusalemme, ed essi saranno esentati da pagare qua-
lunque tassa esibendo il loro passaporto.
Nell'articolo XVI, nel quale la Moldavia, ecc., sono restituite, la Su-
blime Porta promette di non porre ostacoli di nessuna sorta alla profes-
sione della fede cristiana, alla fabbricazione di nuove chiese ed al restauro
delle vecchie ; e si obbliga di restituire ai monasteri la proprietà loro tolta,
di riconoscere e rispettare il clero, usando verso di esso di tutti quei riguardi
dovuti alla posizione di lui.
L'articolo XVII contiene le stesse stipulazioni riguardanti le isole del-
l'Arcipelago ad esso restituite; e cosi parla pure l'articolo XXVIII, per
rapporto al ripristinamento della religione, delle chiese, e dei monasteri
nella Georgia e nella Mingrelia. Nell'articolo XXII, i due Imperi annullano
tutti i trattati anteriori onde rendere impossibile fra loro qualunque riven-
dicazione di diritti (2).
(i) Martens, II, 286. L'originale è in italiano.
In Russia si sono riportati a questo trattato, come a quello che conferisce allo
Czar un qualche particolare diritto di esercitare la sua protezione sopra i Cristiani
deirimpero ottomano. Ma tale diritto non si trova nel trattato.
(2) Sorprende che con stipulazioni come quelle del presente trattato si sia
voluto sostenere che esso conferiva alla Russia il diritto di esercitare un qual si sia
speciale piulellorulu.
XLVI Appendice L
Trattato di Teschen.
1779, Maggio 13.
an. 1779
Il trattato di pace di Teschen stipulato nella Slesia austriaca fu con-
cluso fra Federigo il Grande di Prussia e Maria Teresa Regina d'Austria (1).
La linea elettorale Bavarese delia casa di Wittelsbach essendo vicina
ad estinguersi, il prossimo erede era l'Elettore Palatino, il quale non aveva
figli legittimi, e dopo di lui il Duca di Zweibrùcken o Deux-Ponts. L' fan-
peratore Giuseppe, facendo delle ottime stipulazioni in favore dei figli
illegittimi deir Elettore Palatino indusse questi a cedere anticipatamente
tutta la Bassa Baviera ed altri territori alla Casa d'Austria. Federigo il
mirande avendo guadagnato alla sua causa il Duca di Deux-Ponts, unita-
mente all'Elettore di Sassonia ed al Duca di Mecklenburg, i quali avevano
diritto alla successione bavarese, si preparò ad opporsi colla forza a questo
ingrandimento dell'Austria. La guerra della successione bavarese fu piut-
tosto incontro di eserciti che una guerra, e terminò colla pace di Teschen,
le condizioni della quale furono dettate da Federigo il Grande. Esse furono:
lo Che l'Austria, invece di un territorio di duecentocinquanta miglia
quadrate germaniche, acquistava un distretto di trentaquattro fra il Da-
nubio, rinn e la Salza.
2<^ Che alla Prussia si confermava il diritto di successione ai prin-
cipati di Baireuth e d'Anspach, qualora le attuali famiglie, che li possede-
vano, venissero ad estinguersi.
d^ Che la Sassonia riceveva un compenso di sei milioni di fiorini
per i suoi diritti, ed il Mecklenburg acquistava il diritto di avere una sua
^'vopria corte suprema d'appello. L' Imperatore e l' Impero venivano
^i (chiesti di aderire al trattato, del quale erano parti mediatrici e garanti
l'Imperatrice di Russia ed il Re di Francia.
i^ Lega della neutralità armata.
1780, Febbraio 28.
Dichiarazione della Russia, colia quale mette in vigore la prima ueu*
tralità armata (2).
(1) Martens, II, 661.
(2) Martens, III, 158 e seg.
Trattati conclusi dopo la pace di Utrecht XLVl
Guerra per r indipendenza degli Stati Uniti d'America.
Pace di Parigi. — Pace di Versailles.
1783, Settembre 3.
». 4783.
La lotta sostenuta dalle colonie fondate in America per rivendicare la
loro indipendenza durò parecchi anni ; ed il prospero successo ne fu assi-
curato in conseguenza dell' alleanza della Francia. Essa terminò col ricono-
scimento dell'indipendenza degli Stati Uniti d'America da parte del Governo
inglese, avvenuto il 24 settembre 1782 e dei trattati di pace concordati il
13 settembre 1783, uno tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, l'altro tra
questa e la Francia.
I preliminari della pace cogli Stati Uniti furono conclusi il 30 novembre
i782, la pace definitiva col trattato sottoscritto a Parigi il 3 settembre 1783.
Con tale trattato la Gran Bretagna riconobbe l'indipendenza degli Stati
Uniti e concesse ad essi certi diritti di pesca. I confmi tra i detti Stati e i
possedimenti inglesi vennero fissati, e determinato come i debiti contratti
prima della guerra doveano essere unificati, ecc. (1).
I preliminari della pace colla Francia furono stipulati coi trattati con-
chiusi il 20 gennaio 1783 fra la Gran Bretagna da una parte, e la Francia
e la Spagna dall'altra e il 2 settembre 1783 con l'Olanda dall'altra parte.
La pace definitiva fu poi conclusa col trattato di Versailles ratificato il
3 settembre 1783 fra la Gran Bretagna, ìa Francia e la Spagna.
La Gran Bretagna restituiva in assoluto dominio alla Francia, le isole
di San Pietro e Miquelon, riconfermava ad essa i diritti che dal trattato
d'Utrecht, tanto sulla costa che nelle acque di Terranova, e relativi al
libero esercizio di pesca, le erano stati concessi; essa restituiva pure
S. Lucia, e cedeva Tobago nelle Indie Occidentali ; ricuperava Granada,
San Vincenzo, St. Dominique, S. Kitts, Nevis e Montserrat. Nell'Affrica,
il Senegal (vedi Pace di Parigi, 1763), veniva retrocesso alla Francia, e
Corea restituita. Nelle Indie Orientali fu fatta una restituzione generale dei
luoghi conquistati alla Francia durante la guerra. Gli articoli del trattato
d'Utrecht, e di altri trattati susseguenti riguardanti Dunquerque furono
abrogati. La Gran Bretagna cede alla Spagna Hinorca e Florida; la
Spagna restituì l'isola della Provvidenza e il Bahama e riconfermò il diritto
degli Inglesi di tagliare il campeggio (2), stabilendo i limiti dentro i quali
tale diritto poteva essere esercitato.
(1) Martens, III, 495, 553.
(2) Vedi Pace di Parigi 1763.
XLVIII Appendice L tn. 4783.
Gli Olandesi non fecero una pace definitiva coli' Inghilterra fino al
20 maggio 1784. Lo statuquo ante bellum servi di base a tale pace^ eccetto
che r Olanda cede Negapatum sulla costa di Coromandel (1).
Convenzione relativa alla Crimea.
1783, Dicembre 28.
an. i783.
Con la convenzione del 1783 furono incorporate la Crimea e la città di
Taman all'Impero russo (2).
Il fiume Kuban fu stabilito come confine fra il territorio russo e quello
turco.
(1) Martens, III, 503 e seg.
(2) Martens, m, 707.
XLIX
TRATTATI
CONCLUSI DURANTE LA RIVOLUZIONE FRANCESE
Dichiarazione di Pillnif^.
•1791, Agosto 27.
m. 47(H.
La dichiarazione di Pillnitz fu firmata dai sovrani d'Austria e di Prussia,
e si riferisce all'intervento negli affari della Francia (1).
Trattato di Jassy.
1792, Gennaio 9.
an. 4702.
La pace di Jassy fu conclusa col trattalo stipulato fra la Russia e la
Turchia il 9 gennaio 1792. La sponda sinistra del Dniester fu designata a
servire di confine fra i due Stati. Cosi il territorio posto fra il fiume e il
Bug unitamente a Oczakow divennero russi (2). La Porta si impegnò di
mantenere l'ordine lungo il Kuban fra i vicini della Russia.
2» e 3* sparUx>ione della Polonia,
1793, 1795.
an. i 703-95.
La seconda spartizione della Polonia fu fatta in forza di trattati fra la
Russia e il Re e la Repubblica di Polonia (Grodno, 13 luglio, e 16 ottobre;
rultimo fu un trattato d'alleanza), e di un trattato fra la Prussia e la Polonia
(Grodno, 25 settembre 1793). Quantunque la Russia avesse rinunziato per
sempre, nel trattato di cessione e di confìni, ad affacciare nell'avvenire dei
diritti, col pretesto di circostanze o avvenimenti qualunque che fossero
per sorgere su di qual si fosse provincia od anche piccolissima porzione di
territorio rimasto a formare parte della Polonia, e avesse garantito di
lasciare questa nel suo stato attuale ; pur tuttavia la terza spartizione ebbe
luo.;^o nel 1795, dopoché l'insurrezione del 1794 era terminata colla presa
(1) Martens, V, 260.
(2) Martens, V, 291.
41 — Fiche. Dir. iiitrm. cndif.
L Appendice L u. 1793.-95
di Varsavia fatta dalle truppe di Suvarow. A questo smembramento pre-
sero parte la Russia, l'Austria e la Prussia, e con una convenzione datata
da Pietroburgo, il 3 gennaio ed il 24 ottobre 1795, esse stabilirono i con-
fini, fra i loro respettivi acquisti, i quali comprendevano tutto dò che
ancora era rimasto della Polonia. Cosi queste Potenze occupavano T Au-
stria, tutta la Gallizia e la Lodomiria, o generalmente parlando il territorio
posto fra la Vistola e il Bug; la Russia, la Curlandia, la Samogizia, la Pic-
cola Polonia, la Lituania, la Volinia, e tutto il territorio situato ad oriente
del Bug e del Niemen ; la Prussia tutto il paese a ponente del Niemen e
della Vistola^ incluse Danzica, Thorn, e Varsavia, la vecchia capitale (1)..
> • , • • • • •
. . Coalizione coìitro la. Francia, i
1792 ed oltre.
an. 1709.
Alla coalizione contro la Francia presero parte successivamente lutti
gli Stati di Europa, se si eccettua la Svezia, la Danimarca, la Svizzera, la
Toscana, Venezia e Genova.
L'Impero germanico si lamentava particolarmente del niun conto che
l'Assemblea Costituente faceva dei diritti dei Principi dell* Impero, i quali
tenevano a feudo dei domini in Alsazia, ed oltre di questo tutti provavano,
specialmente dopo la morte di Luigi XVI, 21 gennaio 1793, disgusto e ter-
rore per rapporto ai principi della rivoluzione francese. Nel corso della
guerra la Francia repubblicana conquistò i Paesi Bassi austrìaci, l'Olanda
(la quale aveva adottato le idee della rivoluzione ed era divenuta alleata),
la Savoia, ed altri territori sulle frontiere: la Lombardia, Modena e le
legazioni dello Stato del Papa; essa costituì la Repubblica Cisalpina;
costrinse un numero dei suoi nemici ad un armistizio o alla pace ed all'al-
leanza; e fu spogliata unitamente alla sua confederata, l'Olanda, dei suoi
possessi all'estero, dalla potenza navale dell'Inghilterra, la quale annientò
pure le flotte dell'Olanda e della Spagna.
La Spagna fece la pace colla Francia nel 1795, e divenne alleata di
questa in forza del trattato di Sant'Ildefonso, il 19 agosto 1796.
I trattati, i quali maggiormente meritano di essere menzionati, ed in
virtù dei quali questa grande coalizione fu indebolita o spezzata, furono
(juelli della Francia colla Prussia e con T Austria. Quelli colia Sardegna a
col Papa meritano pure di essere ricordati.
(1) Marteks, V, 531 e seg.; VI, 168 e seg.
T l'aliali concìusi durcmte la Rivoluzione francese U
Trattato di Pacf* di Basilea. »
1795, Aprile 5.
un. 4795.
La Pace di Basilea fu conclusa il 15 aprile 1795, fra la Francia e la
Prussia.
La Prussia prometteva di non dare aiuto ai nemici della Repubblica
francese, né di permettere il loro passaggio attraverso i suoi territori.
A riguardo delle truppe francesi fu stabilito che esse potevano conti-
nuar^ ad occupare la sponda sinistra del Reno appartenente al Re di
Prussia, fino a che non fosse avvenuta una pace generale fra l'Impero e
la Francia. Le due parti contraenti si impegnavano a fare tutto quello che
loro poteva essere possibile, onde allontanare il teatro della guerra dal
nord della Germania. La Repubblica si impegnava ad accettare i buoni
uffici del Re di Prussia in favore dei principi dell* Impero, ì quali avessero
domandato la mediazione di lui, e che avessero manifestato il desiderio di
fare la pace colla Francia, e si impegnò inoltre a considerare come neutri
quei principi e quei possessi posti a ponente del Reno, in favore dei quali
il Re avrebbe interceduto. ,
In virtù di un trattato in data del 17 maggio, e stipulato dalle stesse
Potenze, nel medesimo luogo, una linea di confine veniva tirata nel mezzo
della Germania, ed i Francesi si impegnavano di considerare come neutrali
gli Stati situati al nord di questa linea, i quali osserverebbero una stretta
neutralità, come pure quelli collocati sulla riva destra del Mena e com-
presi dentro la linea. Quattro strade erano lasciate a[>3rte per le truppe
germaniche e francesi, lungo il Reno passando per Francoforte, e lungo la
sponda destra del Meno. — Questo trattato cedette alla Francia la sponda
sinistra del Reno, separò la Germania del Nord da quella del Sud e
situò la Prussia nella posizione di trarre profitto di qualunque cambia-
mento che potesse effettuarsi neir Impero in conseguenza delle conquiste
francesi (1).
»
Trattato tra la Francia e la Spagna,
. ' > 1795, Luglio 22. ,
an. 4795. ...
La pace fra la Francia e la Spagna fu fatta col trattato sottoscritto pari-
mente a Basilea. j
(1) Maktens, vi, 45-52.
LI! Appendice I. an. n95.
La Francia restituì le località al di là dei Pirenei occupate dalle truppe
francesi, e la Spagna cede alla Francia la parte spagnuola di San Domingo.
La casa Borbone di Spagna venne cosi a riconoscere la Repubblica fran-
cese (1).
Trattato di Parigi fra la Francia e la Sardegna.
1796, Maggio d5.
an. i79ft.
Il trattato concluso a Parigi fra il Re di Sardegna e la Repubblica fran-
cese fu ratificato iH5 maggio 1796 (2).
In virtù di esso la Sardegna rinunziò alla coalizione; cede alla Francia
la Savoia, colle contee di Nizza, di Tenda e di Beuil ; accettò la linea di
confine fra i due Stati; s'impegnò a respingere dai suoi territori gli emi-
grati francesi; concedè il diritto di passo attraverso i suoi domini alle
truppe francesi onde esse potessero andare in Italia e ritornare in Francia;
e permise che fossero occupate molte ed importanti fortezze, fino a che dei
trattati di commercio e di pace generale non fossero stati conclusi.
La. Repubblica batava fu compresa in questo ed in altri trattati, in con-
formità di una clausola contenuta nel trattato d'alleanza stipulato fra le due
Repubbliche, e sottoscritto all'Àja, il 16 maggio 1795 (3), la quale stabiliva
che nessuna pace poteva essere fatta dalla Francia con nessuno dei coaliz-
zati, se in essa non era inclusa la Repubblica delle Provincie Unite.
Trattato tra la Francia e il Papa.
1797, Febbraio 19.
an. 1797.
Il trattato di pace fra la Francia ed il Papa, fu firmato a Tolentino (nello
Stato Papale, e nella Legazione di Macerata). Le fondamenta di questo trat-
tato erano state in parte gettate, durante la discussione, intomo all'armi-
stizio fatto a Bologna, il 23 giugno 1796 (4). Il Papa acconsentiva di
abbandonare la coalizione: di cedere alla Francia Avignone, il Venasco, le
Legazioni di Bologna, di Ferrara, di Romagna: di permettere che Ancona
ed il suo territorio fossero occupati da truppe francesi sino a che non si
(1) Martens, vi, 124.
(2) Martens, VI, 211.
(3) Martens, VI, 88.
(4) Martens, VI, 239, IW.
tu. i797« Trattati conclusi durante la Hivolnzione francese IJ"
facesse una pace continentale ; esso conveniva pure di pagare 31 milioni di
lire, oltre i cinque milioni già pagali all*epoca deirarmistizio, di dare cento
capi d^ai'le, cinquecento manoscriUi, ecc.
Trattato di Campoformio.
1797, Ottobre 17.
an. 4797.
1 preliminari di pace fra la Repubblica francese e Tlmperafore furono
redalli a Leoben il 11 aprile 1797, piccola città della Sliria. Ad essi leiine
dietro il trattalo di pace definitiva fatto e sottoscritto vicino a Campoformio,
nel Friuli, e ratificato il 17 ottobre 1797 (1).
Questo importante trattato contiene i seguenti provvedimenti:
lo I Paesi Bassi austriaci erano ceduti alla Francia;
2<» Venezia essendo slata soggiogala ultimamente da Bonaparte, il
territorio di lei era diviso fra le parti contraenti e la Repubblica Cisalpina,
fondata il 29 giugno 1797. 1 Francesi presero le isole veneziane del Levante
— Corfù, Zante, Cefalonia, S. Maura, Corico, ecc., ed in generale tulli i
possedimenti veneti situati in Albania al di là del golfo di Lodrino ; e gli
Austriaci presero l'Istria, la Dalmazia, le isole veneziane dell' Adriatico, le
bocche di Cattare, la città di Venezia con le lagune, ed il territorio di lei
sulla terraferma italiana a levante ed a nord dell'Adige e del lago di Garda;
3° L'Imperatore riconosceva la Repubblica Cisalpina e rinunziava a
tutti i diritti, i quali esso avrebbe potuto avere prima della guerra, sul
territorio ad essa Repubblica incorporato. A questa Repubblica era annessa
la Lombardia austriaca, i distretti di Bergamo, di Brescia (ambedue veneti),
e di Cremona ; Mantova con la sua fortezza e distretto. Peschiera, la parte
dei possessi veneziani in Italia, posti a levante e a mezzogiorno del terri-
torio ultimamente ceduto all'Austria, Modena, Massa, Carrara, le Legazioni
di Bologna, di Ferrara, di Romagna ; Bonaparte aveva già separalo Chia-
venna, la Valtellina e Bormio dai Grigioni, invitandoli ad unirsi alla Repub-
blica Cisalpina ;
4* L'Imperatore si obbligava a cedere al Duca di Modena la Brisgovia,
come compenso per i suoi antichi possessi d'Italia;
50 Era poi stabilito che vi sarebbe stato un Congresso, il quale dove-
vasi adunare a Rasladl, e che sarebbe stato composto dei plenipotenziari
della Francia e dell'Impero, onde fare la pace fra queste Potenze.
60 In articoli segreti stipulati nello slesso tempo l'Imperatore accon-
(1) Martens, vi, 385, 420.
LIV .' ' • '^Aìypendìce 1, an. ITsn.
« ■ »
sentiva che la sinistra sponda del Reno dalla Svizzera alla Nette sopra
Andernaclì compresa la téU de poni di Manheim, e la città e fortezza di
Mainz, potessero appartenere alla Francia, é s'impegnava di far si da
indurre l'Impero, nel Congresso che dovea riunirsi, ad accettare questa
linea di confine. L'Imperatore prometteva pure, quando la pace fosse fatta
con l'Impero, di cedere alla Francia il Frickthal (nel cantone d'Ai^au, in
Svizzera) ed altri contigui possessi dell'Austria, perchè fossero riuniti alla
Repubblica elvetica. Esso cedeva pure alla Francia la contea di Falkenstein.
La Francia, alla sua volta, s'impegnava a porre l'opera sua affinchè fosse
dato all'Imperatore il vescovato di Salisburgo, e la parte della Baviera
situata fra tale vescovato, l'Inn, la Salza ed il Tirolo. Era inoltre stabilito
che nel caso che avvenisse che alla Prussia fosse restituito il territorio di
lei al di là del Reno, ciò che i Francesi desideravano di fare, essa non
avrebbe avuto nessun diritto d'ottenere nuovi acquisti e che sarebbero state
date delle indennità agli Stati dell'Impero, il territorio dei quali fosse stato
diminuito a cagione delle disposizioni prese mediante il trattato di pace tra
le parli concluse, o in conseguenza di quelle contemplate nel trattato fatto
con l'Impero.
Congresso di Rastadt,
1797-1799.
in. 1791.
Il Congresso di Rastadt fu aperto il 9 dicembre 1797, e chiuso nel-
l'aprile 1799, senza che fosse stato ottenuto nessun risultato definitivo, a
causa dell'atroce uccisione di due dei negoziatori francesi, commessa quando
essi tornavano in Francia. Nello spazio di tempo compreso fra queste due
date, la Svizzera, Roma e Napoli, erano state trasformate rispettivamente
nelle repubbliche Elvetica, Romana e Partenopea, delle quali le ultime due
non ebbero che una brevissima durata; il Re di Sardegna stanco delle con-
tinue vessazioni dei Francesi aveva rinunziato alla sua sovranità in Piemonte
in favore d'un governo provvisorio, ed era andato nell'isola di Sardegna;
una spedizione sotto Bonaparte era stata inviata in Egitto; e l'Austria si era
risoluta ad unirsi ad una seconda coalizione, della quale facevano parte la
Russia, l'Inghilterra, Napoli e la Turchia. I Francesi furono respinti da
Suvarow da quasi tutta l'Italia Superiore: e Roma e Napoli vennero
liberate dal loro dominio ; ma il ritirarsi dell'Imperatore di Russia dall'al-
leanza, e le grandi vittorie riportate a Marengo (14 triugno 1800) da Bona-
parte, adesso Primo Console, e da Moreau a Hoheiilinden (2 dicembre 1800)
disposero l'Austria a fare la pace.
Trattati conclusi durante la Rivoluzione francese LY
Seconda neutralità armata.
1800, Dicembre i5.
an. ffiOO.
Ili conseguenza delle convenzioni concluse dalla Russia colla Svezia é
colla Danimarca e con la Prussia il 18 dicembre 1800, fu stabilita la seconda
neutralità armata. L'affare della Freya, accaduto dopo la decisione di Sir
William Scott relativo al caso della Maria (1) (decisione che non ammise
il diritto di fare scortare i convogli di navi da una nave da guerra per farli
esentare dalla visita, e condannò la nave), non poteva considerarsi che
come un nuovo sforzo tendente a fondare colla violenza i prìncipi del diritto
intemazionale.
La vertenza intomo alla visita dei convogli marittimi fu poi terminata con
una convenzione sottoscritta a Copenhagen il 29 agosto 1800 fra la Gran
Bretagna e la Danimarca, e riservando ad un posteriore esame la questione
di diritto, fu convenuto che le navi danesi confiscate sarebbero state resti-
tuite, e che ad evitare altri simili litigi in avvenire il Governo danese si
sarebbe astenuto dal fare scortare i convogli di navi fino a tanto che la
questione non fosse stata decisa con una definitiva convenzione (2).
Mentre pendeva tuttora la controversia circa la visita dei convogli di
navi, l'Imperatore delle Russie, separandosi dall'Austria sua alleata, pro-
pose ai Governi danese, svedese e pmssiano, di concludere un trattato per
rinnovare i principi della neutralità armata del 1780. Furono cosi conclusi
due trattati il 16 dicembre 1800, uno tra la Russia e la Svezia, l'altro tra
la Russia e la Danimarca, e il 18 dello stesso mese un altro trattato fu
concluso tra la Russia e la Pmssia, e siccome a base di tutti codesti trattati
fu posto quanto la Russia avea proposto, cosi essi tutti presi nel loro insieme
formarono una specie di quadruplice alleanza, e tra gli altri principi in
virtù di tali trattati stabiliti si trova questo, che la dichiarazione del coman-
dante della nave da guerra, che a bordo delle navi mercantili da essa scor-
tate non vi fosse contrabbando di guerra, dovesse bastare ad impedire la
visita delle navi scortate.
L'Inghilterra si rifiutò di riconoscere codesto principio, addurendo che
era contrario agl'impegni assunti dalla Danimarca con la convenzione del
(1) RoBiNSON's, Rep., I,. 340-379.
(2) Wheaton, Histoire, part. lY, § 7-9. — Martens,. Jicc, yil^ 17. e seg. .,
LVI Appendice L an. 1800.
29 agosto, n Governo russo sostenne i diritti della Danimarca, ma la con-
troversia non fu poi decisa, perchè la guerra tra l'Inghilterra e le nazioni
del Baltico fu sospesa in seguito all'armistizio con la Danimarca, ed essendo
avvenuta la morte dell'Imperatore Paolo II, la lega per la neutralità da lui
formata fu sciolta (1).
Trattato di Lunéville.
1801, Febbraio 9.
tn. 4R01.
n trattato di Lunéville fu concluso il 9 febbraio 1801 fra la Francia e
l'Imperatore di Germania, il quale lo sottoscrìsse anche come rappresen-
tante l'Impero, benché senza anteriore autorizzazione della Dieta. Questa
però ratificò la pace subito dopo (2).
In questo trattato sono ripetute parecchie delle importanti stipulazioni
del trattato di Campoformio. L'Imperatore cede i Paesi Bassi austriaci, il
Frickthal e la contea di Falkenstein; la divisione dell'Italia del nord fu la
stessa, eccettoché l'Adige, dal punto nel quale esso lascia il Tirolo sino al
mare, fu indicato come limite occidentale del territorio austriaco; fu stabi-
lito che il Duca di Modena dovesse avere la Brisgovia come prima; si parlò
di nuovo d'indennità da concedersi dall'Impero ai principi, i territori dei
quali erano stati ceduti alla Francia. Rispetto alla sponda sinistra del Reno,
dal luogo dove esso lascia il territorio elvetico a quello ove esso entra nel
suolo batavo, fu convenuto che dovesse essere francese. Fu pure convenuto
che il Granduca di Toscana, fratello dell'Imperatore, avrebbe rinunziato
al suo ducato ed all'isola dell'Elba da questo dipendente, in favore del Duca
di Parma, e che sarebbe stato ricompensato con una indennità in Germania.
Fu dichiarato che il trattato abbracciava quattro repubbliche, Batava, Cisal-
pina, Elvetica e Ligure, l'indipendenza delle quali era garantita dalle parti
contraenti. Alla repubblica Ligure, erano stati dati dei feudi dell'Impero
dal trattato di Campoformio. A questi feudi l'Imperatore rinunziò col trat-
tato per sé stesso e per l'Impero.
Le disposizioni riguardanti il ducato di Parma erano già state soggette
di trattative fra la Francia ed il Re di Spagna, del quale il Duca era genero.
Col trattato di S. Ildefonso del 1^ ottobre 1800, era stato convenuto che
Parma e la Luigiana sarebbero slate cedute alla Francia, e col trattato di
(1) Confr. Wheatox cìt. e ScHOEUr^ voi. VI, p. 33 e seg.
(2) Maat£MS, vii, 296.
«0. 4801. Trattati conclusi durante la Rivoluzione francese LVII
Madrid (21 marzo 1801) (1) fu stipulato, come col trattato di Lunéville, che
i Duchi di Parma e di Toscana avrebbero rinunziato ai loro ducati^ e che il
primo avrebbe preso possesso della Toscana col titolo di Re (dopo thìamato
Re d'Etniria), e che esso avrebbe ceduto alla Francia la parte dell'isola
dell'Elba appartenente alla Toscana, ricevendo in compenso Piombino,
allora sotto il dominio del Re di Napoli.
Trattato di Amiens,
1802, Marzo 27.
ai. 1809.
La pace fra la Gran Bretagna da un lato, e le Repubbliche francese
e batava, e la Spagna, dall'altro, fu conclusa definitivamente col trattato di
Amiens sottoscritto il 27 marzo 1802. 1 preliminari di essa erano stati sot-
toscritti a Londra il l"* ottobre 1801.
L'Inghilterra rinunziò alle sue conquiste fatte a danno delle tre Potenze,
eccettuate la Trinità e Ceilan, le quali furono a lei rispettivamente cedute
dalla Spagna e dalla Repubblica baiava; Malta fu restituita all'Ordine di
San Giovanni di Gerusalemme ; i territori del Portogallo e della Turchia
furono conservati nella loro integrità come essi erano prima della guerra;
i confini della Guiana francese e portoghese furono rettificati; fu ricono-
sciuta la Repubblica delle sette Isole Ionie (tolte alla Francia dalle flotte
russa e turca nel 1798 e nell'anno successivo); la Francia promise un ade-
guato compenso alla Casa d' Grange per le perdite da lei fatte nei Paesi
Bassi; le truppe di Francia dovevano essere ritirate da Roma e da Napoli.
— La pace d' Amiens non fu che una tregua. La guerra scoppiava di nuovo
fra Francia ed Inghilterra, in poco meno d'un anno (2).
Ree è 8 0 rapporto della Commissione dell'Impero.
1803, Febbraio 25.
UI.1808.
Il rapporto della Commìssi<me straordinaria dell'Impero (o Recès), fìi
ratificato dalla Dieta il 24 marzo, e dall'Imperatore il 27 aprile (3).
Vari trattati, ultimo di tutti quello di Lunéville avevano stabilito che
ai Prìncipi germanici spodestati dovevano essere date delie indennità, e che
(1) Martens, vii, 336.
(2) Martens, VH, 877, 404.
(3) Martens, VII, 435 e seg.
Lvm ' •- "Appendice I. »•*«<»•
per parecchi Principi stranieri i quali avevano perduto le loro terre si
sarebbe dovuto provvedere con altri beni in Germania. Al Congresso di
Rastadt tutto questo formò oggetto principale delle trattative, e Ai conve-
nuto che i compensi si sarebbero ottenuti dalla proprietà ecclesiastica
secolarizzandola ; ma il Congresso si sciolse senza nulla concludere. Onde
risolvere quest'affare, la Dieta nominò (S ottobre i801) una deputazione o
commissione d'otto membri, quattro dei quali Elettori e quattro no, i quali
presero in esame il primo progetto d'indennità proposto dalla Francia e
dalla Russia, agendo esse come Potenze mediatrici, e, dopo avere fatto
molte modificazioni al progetto, presentarono il rapporto alla Dieta, la
quale lo adottò.
A vero dire tutto questo non era nient' altro che una formalità, poiché
l'intero piano era stato dettato da Napoleone, col quale la Russia agiva
adesso di concerto ; e mentre che la Commissione teneva le sue sedute, le
Potenze principali, o coloro i quali erano nelle buone grazie di lui, otten-
nero col mezzo di particolari trattati, in molti casi, indennità maggiori di
quelle che avevano diritto di domandare. L'attuazione di questi patti, non
era altro che un cambiamento prodotto nella costituzione dell'Impero, ma
esso perde di interesse e d'importanza a cagione dell'essere, ppco tempo
dopo, caduto l'Impero germanico.
In forza di queste stipulazioni :
i^ Tutto il territorio immediato della Chiesa veniva secolariziato,
eccetto che una piccola parte di quello di Magonza, e questo non bastando,
tutte le cinquantuna città imperiali meno sei ; cosi pure i villaggi i quali
erano nelle stesse condizioni, perdevano la loro qualità di proprietà imme-
diata della Chiesa, e passavano in possesso dei Principi i quali dovevano
essere indennizzati. Gli Arcivescovi di Colonia e di Triers, conseguentemente
perdettero coi propri territori la loro dignità elettorale. La sede di Magonza
fu trasferita a Ratisbona, l'Arcivescovo della quale doveva essere sempre
arcicancelliere, primate di Germania, uno degli elettori, e metropolitano
delle antiche provincie di Magonza, di Colonia, di Triers e di Salisbni^o.
Le sei città che rimanevano come Stati dell'Impero, erano Augusta, Norim-
berga, Francoforte, Amburgo, Lubecca e Brema;
2® I Principi in questa guisa indennizzati furono moltissimi ma noi
non possiamo dare il nome che di pochi. Cosi furono assegnati al Duca di
Toscana (vedi trattato di Lune ville) l'arcivescovato di Salisburgo, Berchtes-
gaden compreso in Salisburgo — un territorio sotto la giurisdizione di un
Principe insignito del grado di governatore — parte del vescovato di Passaa,
•D.I808. Trattati concluui durante la Rivoluzione francese LIX
e la più gran parte di quello di Eichstadt. Al Duca di Modena (vedi trattato
di Campoformio) la Brìsgovia e TOrtenau. Al Principe di Nassau-Dillem-
burg, già governatore d'Olanda (vedi trattato d' Amiens), col mezzo delFin-
tervento della Prussia, il vescovato di Corvey, Dortmund e varie abbazie.
Air Austria, in cambio dell'Ortenau, trasferito al Duca di Modena, gli
arcivescovati di Trento e di Brixen. Al Re di Prussia in luogo della Gheldria
... ,
e di Clèves posti a ponente del Reno, i vescovati di Hildesheim, Paderbom*,
e in parte Mùnster, con (parecchie città ed abbazie. Al Re d'Inghilterra,
come Elettore d'Annover, in compenso dei diritti da esso posseduti sul
territorio concesso a Nassau, ed alla Prussia il vescovato di Osnaburg.
Air Elettore Palatino di Baviera in vece di Deux-Ponts, Juliers, ecc., i vesco-
vati dì Bamberg, di Freisingen, d'Augsburg, ed in parte di Passau, le pro-
prietà di fondazione ecclesiastica nella città d'Augsburg; varie abbazie,
diciassette città ed altrettanti villaggi dell' impero. Al Duca di Wtìrtemberg,
nominato governatore d'Ellwangen, nove città imperiali e selle abbazie. Al
Margravio di Baden, il vescovato di Costanza, delle terre a levante del Renò,
appartenenti ai vescovati di Basilea, di Strasburgo e di Spires, una parte
del Palatinato del Reno con Eidelberga e Mannheim, dieci abbazie, sette
città, ecc., venendo cosi esso a raddoppiare il suo territorio. Ad Assia-
Darmstadt il ducato di Vestfalia con alcuni distretti di Magonza e del Pala-
tinato. Ad Assia-Cassel una piccola parte del territorio di Magonza. Al Duca
di Holsteìn-Oldenbui^ il vescovato di Lubecca (un territorio protestante) ed
alcune terre nelFAnnover e nel Munster;
3° Molti nuovi voti furono creati nell'assemblea dei Principi. Fu con-
ferita la dignità elettorale al Duca di Toscana, a Baden, a Wùrtemberg e
ad Assia-Cassel (con diritto di riversione ad Assia-Darmstadt), mentre che
gli Arcivescovi di Colonia e Triers perdevano la qualità di elettori a cagione
dell'essere stati i loro territori secolarizzati.
Trattato tra la Repuhhlwa francese e gli Stati Uniti d'America*
4803, Aprile 30.
an. 4803.
Un trattato fu sottoscritto a Parigi il 30 aprile i 803 fra la Repubblica
francese e gli Stati Uniti d'America, riguardante la cessione della Luisiana.
In virtù d'un trattato segreto firmato il 3 novembre 1762 a Fontainebleau
e pubblicato per la prima volta nel 1836, la Francia cedeva alla Spagna la
Luisiana e Nuova Orleans. In forza del trattato di S. Ildefonso {ì^ ottobre
LX Appendice L u. i803
1800), la Luisiana era retrocessa dalla Spagna alla Francia (1), come parie
d'un equivalente del possesso della Toscana ottenuto dal Duca di Parma.
Temendo adesso Napoleone che l'Inghilterra potesse impadronirsi della
Luisiana, la trasferì agli Stati Uniti « in tutto e per tutto cogli stessi diritti
che appartenevano alla Repubblica francese 2».
Il terzo articolo del trattato di S. Ildefonso l'aveva fatta passare sotto il
dominio della Francia, a questa trasferendo gli stessi diritti, i quali a quel-
l'epoca possedeva la Spagna, e che possedeva la Francia, quando tale ter-
ritorio era nelle mani di essa, diritti i quali a seconda del trattato potevano
farsi valere fondandosi anche sui trattati, che in seguito la Spagna avesse
potuto stipulare con altri Stati <i a fine di fare riconoscere il Duca di Parma
come Re d'Etruria x>. Cosi i limiti dei paese dato in proprietà agli Stati
Uniti non sono in nessun modo indicati.
Nel trattato trovaci stabilito che gli abitanti dovessero essere ammessi,
al più presto che fosse stato possibile, al godimento di tutti i diritti, van-
taggi e privilegi inerenti alla qualità di cittadini degli Stati Uniti, venendo
pure la loro proprietà e la loro religione nello stesso tempo rispettate. Gli
Stati Uniti s'impegnavano d'eseguire i trattati fatti dalla Spagna cogli Indiani.
Era inoltre stabilito che i bastimenti della Francia e della Spagna, ven^do
da questi paesi 0 dalle loro colonie carichi dei prodotti nazionali e di quelli
di queste, respettivamente, sarebbero stati i soli ammessi per dodici anni
nei porti del territorio ceduto, dovendo essere escluse le navi di qualunque
altra nazione.
In due convenzioni della stessa data fu poi stipulato che gli Stati Uniti
avrebbero pagato alla Francia, in forza della prima, una somma di sessanta
milioni di franchi (11 ,250,000 dì dollari, valutando il dollaro 5 franchi e Va))
ed in virtù della seconda una somma che non poteva eccedere 20,000,000
di franchi e la quale sarebbe stata destinata a coprire l'ammontare di un
capitale, del quale vari cittadini degli Stati Uniti erano tuttora creditori
della Francia, per provvisioni, per embarghi, e prede fatte in mare, e che
sarebbe stato pagato solo a coloro che avessero fatto debita domanda di
riconoscimento di credito dentro il termine menzionato nella convenzione
del 30 settembre 1800, ecc.
Il trattato firmato è scritto in francese ed inglese, ma è dichiarato che
l'originale è in francese. Esso fu ratificato a Washington il 21 ottobre 1803
De Garden (2) ci fa sapere che la Spagna, nel trattato di cessione alla
(1) Vedi Trattato di Madrid e la Pace di Lunéville, 1801.
(2) Vili, 50.
an. J803. Trattati conclusi durante la Rivoluzione francese LXI
Francia, si era riservato il diritto di preferenza o di scelta, qualora la
Francia avesse voluto disfarsi del territorio. La Spagna però non pensò a
far valere questo diritto, tanto è vero che essa acconsenti a questa aliena-
zione fino dal principio del 1804(1).
Trattato di pace di Presbtirgo.
1805, Dicembre 26.
an. 4805.
La pace fra TAustria e la Spag:na iìi conclusa col trattato sottoscritto a
Presbui^o il 26 dicembre 1805 (2).
Nel 1802 (21 settembre) il Piemonte veniva unito alla Francia, tutta
quella parte di esso almeno, la quale non era stata incorporata alla Repub-
blica Cisalpina. Nel 1803 la guerra era di nuovo dichiarata dall'Inghilterra
alla Francia, e per rappresaglia veniva occupato dalle truppe francesi
l'elettorato di Annover sebbene fosse uno Stato germanico. Nel 1804 (21
marzo) il Duca d'Enghien era arrestato su territorio tedesco — a Baden —
ed ucciso dopo un simulacro di sentenza.
L'indugio posto da Napoleone a dare un compenso al Re di Sardegna,
e le avvenute criminose violazioni del territorio germanico, sopra menzio-
nate, facilitarono una nuova coalizione fra l'Inghilterra, la Svezia e la
Russia, alla quale l'Austria aderì nel 1805.
Frattanto Napoleone era divenuto Imperatore dei Francesi nel 1804, e
Re d'Italia nel marzo 1805 — essendoché la Repubblica Cisalpina avesse
preso il titolo di Regno d'Italia — Lucca era stata eretta a principato ere-
ditario; la Repubblica Ligure era stata unita alla Francia; Parma, Piacenza
e Guastalla erano state dichiarate territorio francese da un semplice decreto
dell'Imperatore; e due delle creature di questi, il Duca di Wiirtemberg,
ed il Duca di Baviera, avevano di propria iniziativa preso il tìtolo di Re.
La guerra coli' Inghilterra, la quale non terminò che alla pace d'Europa
nel 1814, fece cessare i disastri cagionati dai tentativi che Napoleone faceva
per ricuperare San Domingo, annichilò le flotte di Francia e di Spagna alla
battaglia di Trafalgar, e dette agl'Inglesi il possesso di molte colonie fran-
cesi. La guerra coli' Austria fu decisa dopo una breve campagna, dalla capi-
tolazione d'Ulm e dalla battaglia d'Austerlitz.
(1) Martens, vii, conclusione. — I trattati del 1762 e di S. Udefonso si tre»
vano in Garden, u. s. L'ultimo al certo non ò in Maktìlns.
(2) Martens, VUI, 388.
LXn Appendice L u. 1805.
Col trattato di pace di Presburgo, che tenne subito dietro a questi avve-
nimenti, fu stabilito come appresso:
1** L'Austria riconosceva l'ordinamento dato dalla Francia all'Italia,
compresa l'unione di territorio di questa alla Francia — come nel caso del
Piemonte, di Genova (la Repubblica Ligure), di Parma e di Piacenza — ed
il nuovo governo organizzato in Lucca ed in Piombino;
2<> L'Austria rinunziò alla parte della Repubblica di Venezia, ceduta
ad essa dai trattati di Campoformio e di Lunéville, la quale doveva essere
unita al regno d'Italia. L'Imperatore di Francia era pure riconosciuto come
Re d'Italia; ma siccome le corone di Francia e d'Italia potevano essere
Qventualmente separate, l'Imperatore di Germania s'impegnò di riconoscere
il.successore, il quale Napoleone avrebbe nominato Re d'Italia;
3" Gli Elettori di Baviera e di Wùinemberg, avendo preso il titolo di
re senza abbandonare la Confederazione germanica, furono riconosciuti
dall'Austria in tale qualità;
40 L'Austria cede e consegnò al Re di Baviera il Margraviato di
Burgau, il principato d'Eichstadt, parte di Passau, il Tirolo, inclusi Brixen
e Trento, Yorarlberg ed altro territorio. Al Re di Wùrtemberg furono cedute
le cosi dette cinque città del Danubio, la contea superiore ed inferiore di
Hohenberg ed altre terre. All'Elettore di Baden furono assegnati la Brisgovia
e rOrtenau, la città di Costanza e la commenda di Meinau. Fu convenuto
che questi tre potentati avrebbero goduti degli stessi diritti d'assoluta sovra-
nità, i quali l'Imperatore ed il. Re di. Prussia godevano nei loro Stati;
5^ Salisburgo e Berchtesgaden, proprietà del Duca di Toscana in virtù
della pace di Lunéville, e del rapporto della deputazione dell' Impero,
furono tolte all'Arciduca Ferdinando e incorporate all'Impero austrìaco.
Come equivalente esso dovea avere il principato di Wùrzbui^, il quale
l'Imperatore dei Francesi s'impegnava d'ottenergli dal Re di Baviera, e la
dignità elettorale annessa a Salisburgo doveva essere trasferita a questo
nuovo territorio ;
6® Le Potenze contraenti disposero di due Stati germanici in una
maniera molto sommaria. La città d' Augsburg fu data al Re di Baviera, e la
carica di Grande Maestro dell' Ordine Teutonico, con i suoi privila e domini,
fu trasferita ad un qualche (Principe della Casa d'Austria (che l'Imperatore
dovea designare), con diritto di trasmetterla ai suoi discendenti maschi.
Questa umiliante pace di Presburgo, la quale fece perdere all'Austria
23,000 mif»lia quadrate di lerritorio, e quasi 3,000,000 d'abitanti, fu il pre-
ludio delia completa rovina dell'Impero Germanico.
Trattati concitisi durante la Rivoluzione francese LXIII
Confederazione del Reno.
1806, luglio 12.
ID iR06.
Nel 1806, 12 luglio^ fu sotloscrilto a Parigi il trattato per la Confede-
razione del Reno, la quale in principio fu rappresentata dai Re di Baviera
e di Wùrtemberg, dai Granduchi di Baden e di Assia-Darmstadt, dal Prin-
cipe prinìate di Germania (1), dal Duca di Berg, dai Principi di Nassau-
Usingen, e Nassau-Weilburg e da molti altri Principi (2).
A tutti questi, in seguito, furono aggiunti l'Elettore di Wiirzburg —
fratello dell* Imperatore (3) — TElettore di [Sassonia (il quale ebbe da
Napoleone il permesso, nel dicembre 1806, di prendere il titolo di Re), i
Duchi d'Oldemburg e Mecklenburg; cosi che la Germania si trovò divisa in
tre parti: Germania austriaca, prussiana e francese.
La Confederazione del Reno fu fatta conoscere alla Dieta il 1** agosto
1806, e di questa i membri rinunziarono alla loro unione coli* Impero ger-
manico — come la Lega aveva stabilito. — Subito dopo di questo avveni-
mento, r Imperatore pubblicava un atto col quale dichiarava abolito l'Impero,
deponendo la corona e sciogliendo tutti dagli obblighi di sudditanza. Da
questo momento egli non era che Imperatore d'Austria, titolo, il quale esso
aveva assunto due anni prima.
La Lega renana doveva avere la sua propria Dieta a Francoforte ; desti-
nata a formare un'alleanza colla Francia, offensiva e difensiva, per tutte le
guerre continentali; a determinare i contingenti da fornirsi dai membri, ecc.
Molte proprietà del vecchio Impero, comprese nel territorio della Confede-
razione, furono mediatizzate o passate nel dominio di qualcuno dei suoi
membri ; cosi Francoforte e Norimberga persero la loro indipendenza, e la
classe dei cavalieri, i quali tenevano a feudo dei territori immediatamente
dair Impero {Reicìisritter) fu abolita.
Trattato di pace di TUsit.
1807, Luglio 7.
an. 1807.
La pace di Tilsit fu fatta il 7 luglio 1807 dalla Russia, e il 9 luglio
seguente dalla Prussia, con Napoleone (4).
(1) Vedi Rapporto della Deputazione deliimpiio.
(2) Martens, Vili, 480 e seg.
(3) Vedi Pace di Presburg.
(4) Martens, VUI, 637, 661.
LXIV Appendice L an. 18C7.
Dopo la pace di Presburgo, Napoleone, divenuto sempre più ardito
neir eseguire le sue aggressioni ed i suoi piani d'ingrandimento, dichiarava
che i Borboni non dovevano più regnare in Napoli, e nominava suo fratello
Giuseppe Re di tale Stato ; convertiva l'Olanda in un regno, e la dava
all'altro fratello Luigi ; alle sue sorelle donava principati in Italia, e gittava
i fondamenti sui quali si proponeva di erigere una nobiltà imperiale, tratta
dai suoi generali e cortigiani, conferendo ad essa possessi appartenenti al
territorio conquistato. Verso la Prussia ed il suo irresoluto Re agiva in
modo subdolo ed insultante, impossessandosi d'Ansbach, prima che un
trattato a ciò fare gli desse diritto ; esso persuase il Re a cedere Clèves e
Wesel che venivano dati a Murat unitamente a Berg, proprietà ceduta dalla
Baviera, e l'obbligò ad occupare Annover nella speranza di suscitare una
collisione fra la Prussia e l'Inghilterra.
I consigli del partito patriottico tanto prevalsero che la guerra fu dichia-
rata; ma l'avvilimento dell'aristocrazia, la debolezza del Re e gli antiquati
ordinamenti militari fecero si che lo avere impugnato le armi non servisse
ad altro che a gettare il paese nella più grande prostrazione. La campagna
del 1806, in conseguenza delle battaglie di Jena e d'Awerstaedt, e di varie
capitolazioni, rese Napoleone padrone della maggior parte della Prussia
Germanica; esso entrò a Berlino, e là emanò il suo decreto (che porta U
nome di tale città) conforme al suo sistema continentale.
Neil' autunno del 1 806 le sue truppe penetrarono nella Polonia prussiana,
dove agenti francesi avevano suscitato una rivoluzione, e nel 1807, i Russi,
unica speranza della Prussia, furono disfatti a Friedland. L'intero regno era
adesso invaso e conquistato, ed il Re domandava con istanza la pace. Assi-
sterono in persona alle conferenze. Napoleone, lo Czar, e dopo la prima
adunanza, il Re di Prussia ; ed il risultato si fu che Alessandro affascinato
dal genio di Napoleone adottò le vedute di questo a riguardo dei suoi propri
interessi, ed abbandonò in fatto il suo alleato, il quale fu cosi costretto ad
accettare le più umilianti condizioni.
Colla pace di Tilsìt la Prussia rinunziò a tutto il suo territorio a ponente
dell'Elba, l' Annover inclusa — le quah provincie ottenute da Napoleone
unitamente ad altre, dovevano costituire il regno di Vestfalia sotto Girolamo
Bonaparte — e rinunziò pure alle terre acquistate colla seconda è terza
spartizione della Polonia, come pure alla parte meridionale della Prussia
occidentale. Questi possessi polacchi eretti a ducati di Varsavia — eccet-
tuato il distretto intorno a Bialystock, il quale era dato in possesso alla
Russia — insieme al circondario di Kotbus nella Bassa Lusazia, furono
iB. 1807. Trattati concltLsi durante la Rivoluzione francese LXV
ceduti al Re di Sassonia^ il quale doveva essere fatto Granduca di Varsavia,
ed il quale doveva avere il diritto di transito su d'una strada militare
? [traverso alla Prussia, fra la Sassonia e la Polonia.
Fu convenuto che Danzica, con due leghe di territorio intorno ad essa
dovesse essere un distretto indipendente sotto la protezione della Prussia
0 della Sassonia, e che i suoi porti dovessero essere chiusi al commercio
inglese durante la guerra marittima coli' Inghilterra. Alla Prussia fu resti-
tuito il rimanente del suo antico territorio, e cosi ad essa non restava allora
che la metà dei suoi 10,500,000 abitanti. Essa fu obbligata di riconoscere
le nuove creazioni di Napoleone, cioè la Confederazione del Reno, ed i Re
di Vestfalia, di Napoli e di Olanda (1).
In virtù di convenzioni fatte nel i808, la Prussia fu costretta a pagare
centocinquanta milioni di franchi, per contribuzioni straordinarie ed arre-
trati di entrate — i quali dopo furono ridotti a centoventi milioni — ed a
lasciare nelle mani dei Francesi i forti di Glogau, di Stettin e di Custrin,
fino a che non fosse stato effettuato il pagamento di detta somma, impe-
gnandosi pure di approvvisionare le truppe, e di concedere l'uso delle
strade militari fra questi forti fino all'epoca che essi non fossero sgombrati.
Il trattato colla Pussia contiene poche cose degne di essere notate e
che non trovansi già incluse nel trattato colla Prussia, se si eccettua il con-
senso dato da Napoleone al ristabilimento nei loro territori dei duchi di
Sassonia-Coburgo, d'Oldemburgo e di Heclemburgo-Schwerin, con la clau-
sola però che i porti dei due ultimi distretti dovessero essere occupati da
guarnigioni francesi, fino a che durasse la guerra con T Inghilterra. La
piccola signoria d'Jever nel Friedland orientale, la quale lo Czar aveva
ereditata dalla sua ava Caterina II, fu pure ceduta al Re di Vestfalia.
Articoli segreti annessi a questi trattati contengono le stipulazioni, colle
quali è stabilito : che le sette Isole Ionie sarebbero appartenute a Napo-
leone ; che se accadesse che TAnnover formasse parte del regno di Vest-
falia, sarebbe stato restituito alla Prussia un territorio posto sulla riva
occidentale dell'Elba, contenente da tre a quattrocentomila abitanti; chela
Prussia avrebbe falta causa comune colla Francia, nel caso che l'Inghil-
terra, il 1* dicembre 1807, non avesse acconsentilo ad una pace in confor-
mità dei veri principi del diritto marittimo (2).
Un trattato d'alleanza fra la Francia e la Russia, fatto nello stesso
(1) Martens, Nouv. rec.f 1, 102 ed oltre.
(2) De Garden, X, 234, non è in Martens.
42 — Fiore, Dir. inferii, codif.
1
LXVI Appendice L 10.4807.
giorno del trattato di pace, contiene dei provvedimenti degni di essere
notati :
!<» La Russia doveva fare causa comune colla Francia, se il 1® no-
vembre 1807 r Inghilterra non avesse concluso la pace fondata sulle basi
di un'eguale e perfetta indipendenza di tutte le bandiere sul mare, e sol
principio di restituire alla Francia ed ai suoi alleati le conquiste fatte fino
dal ÌSOò\
^ Se l'Inghilterra, per il l** dicembre, non avesse dato una risposta
soddisfacente intomo a questi punti, la Francia e la Russia dovevano ordi-
nare alle corti di Copenhagen, di Stoccolma e Lisbona, di chiudere i loro
porti agli Inglesi, e di dichiarare loro la guerra. Ma se l'Inghilterra avesse
accettato le proposte degli alleati, sarebbe stato restituito T Annover invece
delle colonie tolte alla Francia, ali* Olanda e alla Spagna.
L' Inghilterra, venuta a cognizione di questo articolo, bombardò Co-
penhagen e prese la flotta danese, nel settembre dello stesso anno ;
3<> Date certe circostanze, le parti si sarebbero messe d'accordo
onde sottrarre al giogo turco tutte le provincie dell'Impero ottomano in
Europa, eccettuate la Rumelia e la città di Costantinopoli (1).
Si parla pure di articoli segreti e quasi fantastici, stipulati fra i due
Imperatori, ed aggiunti ai sopra citati, dell'esistenza dei quali però non
si hanno prove degne di fede. La Russia doveva impossessarsi della Tur-
chia europea, ed aiutare colla sua flotta la Francia a prendere Gibilterra;
i Borboni di Spagna e la Casa di Braganza del Portogallo dovevano far
posto ad un Principe del sangue di Napoleone; il Papa doveva perdere il
suo potere temporale, ed il suo regno venire unito al regno d'Italia; le
città dell'Affrica, come Tunisi ed Algeri, dovevano essere occupate dai
Francesi, e date, quando avvenisse la pace generale, come compenso alla
Sardegna; la Francia avrebbe dovuto occupare Malta e l'Egitto; tutte la
bandiere, eccettuate quelle della Francia, della Spagna, dell'Italia e della
Russia sarebbero escluse dal Mediterraneo. Si parlò pure di attaccare la
potenza inglese in India.
Trattalo di Fontainebleatu
1807, Ottobre 27.
tn. 1807.
TI trattato se.^elo di Fonlainebleau fu concluso il 27 ottobre 1807 fra
la Francia e la Spagna con l'intendimento, da parte di Aapoieone, di unirsi
(1) De Garden, X, 234-237, non è in Màrtens.
)n. ìSffl. Trattati conclusi durante la Rivoluzionp francese tXVII
eolia Spagna per abbattere il Portogallo, ed ecco quello che fu tra le parti
concordato.
n Portogallo doveva essere diviso in tre parti esattamente determinate :
una doveva essere data al Re d'Etrurìa, invece della Toscana passata sotto
il dominio di Napoleone come Re d'Italia: una conferita a Godoy, principe
di pace col titolo di Principato di Algarve, ed una non doveva essere attri-
buita che dopo la pace, ad un Principe che avesse riconosciuto il protetto-
rato della Spagna.
Con altra convenzione fu fissato il numero, tanto delle truppe spagnuole
che d'altra nazionalità che dovevano essere impiegate (1). Conseguente*
mente, nello stesso autunno, il Portogallo fu occupato dal Maresciallo
Jiinot, e le truppe francesi avanzandosi pure nel nord della Spagna, la
trattano quasi come un paese conquistato. Si dice che un altro trattato
segreto contemplasse la cessione alla Francia delle provinole poste al nord
dell'Ebro, prendendo in cambio il Portogallo.
La Famiglia Reale di Spagna si allarma, e medita di fuggire in America.
Scoppiano delle sommosse, Godoy è deposto, e dopo molti intrighi, il tle
e suo figlio, i quali non erano punto d'accordo, si incontrano con Napo-
leone in Baiona; il padre si risolve ad abdicare alla Corona, ed il figlio
con gli altri due infanti firmano un atto di rinunzia. A Madrid una Giunta
viene persuasa a domandare che Giuseppe Bonaparte sia fatto Re. Esso è
nominato, e Murat occupa il posto di lui, come Re di Napoli.
Il coraggio spagnuolo si ridesta contro i Francesi. Ne segue una lunga
guerra, la quale strappa ai Francesi il Portogallo, e ricupera la Spagna,
in virtù dell'abilità di Wellington, delle risorse dell'Inghilterra e dell'osti*
nazione del carattere spagnuolo. Troppo ardua impresa per Napoleone si
era quella di dover mantenere un grande esercito nella penisola, e al
tempo stesso di essere obbligato a far fronte ai suoi nemici ad oriente,
cosicché, all'essersi esso posto in queste condizioni, ed alla spedizione di
Russia dev'essere attribuita la caduta di lui.
Trattato di Erfurth.
1808, Ottobre 12.
aa. 1808.
Napoleone, per compiere i suoi progetti nella Spagna e mantenere la
sua posizione nel resto dell'Europa, fu costretto ad allearsi con la Russia,
(l; AIarte.\s, Ree. VIE, 701.
LXYIII Appendice L in. 1808.
e sottoscrìsse un trattato segreto ad Erfurth, il 12 ottobre 1808, tutto a
vantaggio di Alessandro I.
Con tale trattato i due Sovrani rinnovarono l'alleanza sottoscritta a
Tilsit, e si impegnarono a procedere d'accordo nei n^oziati contro il
nemico. Rispetto all'Inghilterra fu tra di essi convenuto che sarebbe stato
proposto Yuti poMidetiSy esigendo da essa di riconoscere a vantaggio della
Russia il possesso della Finlandia, della Moldavia e della Valachia, e per
la Francia lo stato di cose da essa stabilito in Ispagna. Fu inoltre conve-
nuto che, se la cessione della Moldavia e della Yalachia alla Russia fosse
per far nascere una guerra fra essa e la Porta, Napoleone avrebbe adope-
rato i suoi buoni uffici in favore della Russia, ed il suo concorso efiettivo
contro la Turchia, se un altro Stato avesse preso il partito dì questa. Se
l'Austria avesse dichiarata la guerra alla Francia la Russia si impanava
a sostenere Napoleone contro l'Austria.
Trattato di Vienna o di Schònbrunn.
1809, Novembre 14.
•B. 1809.
Il trattato di Vienna fra l'Austria e la Francia fu sottoscrìtto da Napo-
leone il 14 ottobre a Schònbrunn, e dal nome di questa località, designato
qualche volta col titolo di trattato di pace di Schdnbrunn (1).
I disastri subiti dalla Prussia, neirullima guerra contro Napoleone,
avevano ridestato il sentimento della propria dignità nel popolo, e fatto si
che fosse provveduto ad ottenere migliori ordinamenti militari, e che
uomini intemerati salissero al potere ; avevano pure dato origine a molte
associazioni patriottiche (Tugendbunde). Lo stesso sentimento della dignità
germanica si ridestò per tutta l'Austria, e per tutti Ji paesi della Lega
renana. L'aristocrazia allemanna, la quale occupava le cariche di Stato,
punta dairalterigia dell'esito della guerra di Spagna, e nel convincimento
che si avrebbe potuto persuadere il popolo ad insorgere contro l'oppres-
sore, tanto si adoprò che a furia di intrighi riusci a far scoppiare la quarta
guerra dell'Austria contro la Francia rìvoluzionarìa, quantunque 0 popolo
germanico non fosse ad essa ancora preparato. In questa guerra la Prussia
fu obbligata a rìmanere neutrale; cosi che l'Austria non ebbe nessun
aiuto, essendoché la spedizione mandata dall'Inghilterra a Walch^ren arri-
(i) Martfns, Noìiv. Ih'c.y I, -210.
ta. 1809. Trattati conclusi durante la Bivoluzione francese LXIX
Tasse troppo tardi e non riuscisse nei suoi intenti. In una breve campagna
gli Austriaci, quantunque di poco inferiori in numero ai Francesi, ad
Aspem e a Wagram si scoraggirono, e l'armistizio di Znaym servi di pre-
liminare alla pace di Vienna e di Schóubrunn, la quale, considerando la
posizione in cui Napoleone si trovava, sarebbe stato da desiderarsi per lui,
che fosse stata una pace definitiva, lo che non poteva essere, a cagione
delle troppo dure condizioni che erano state dettate all'Austria.
Ecco i principali accordi stabiliti col trattato con cui fu conclusa la
pace, nella quale fu dichiarato che era compresa la Confederazione del
Reno, ed inclusi gli altri vassalli di Napoleone:
ì^ L'Austria metteva a disposizione di Napoleone, ed a vantaggio
della Confederazione del Reno, Salisburgo, Berchtesgaden e parte dell'Au-
stria superiore, consistente dello Inn-Viertel e dello Hausruck-Viertel.
Questo territorio veniva dato alla Baviera ;
ifi A Napoleone come Re d'Italia erano ceduti la contea di GOrz
(Gorizia) ed il principato di Falkenburg (Mootefalcone), formanti il Friuli
austriaco, la città e giurisdizione di Trieste, la Camiola, il distretto di
Villach nella Carinzia ed il paese posto a destra della Sava, dal punto nel
quale essa lascia la Carniola alla frontiera della Bosnia, o metà della
Croazia, il littorale ungarico, Fiume, l'Istria austriaca, ecc. Questi luoghi
divennero le provincie illiriche con un governo francese separato. Con
questa cessione l'Austria era tagliata fuori dal mare, ma le veniva concesso
di servirsi del porto di Fiume, eccetto che per il commercio ed i prodotti
dell'Inghilterra;
3° Al Re di Sassonia venivano ceduti alcuni villaggi boemi compresi
nella Sassonia, ed allo stesso Re, come Duca di Varsavia, la Galizia occi-
dentale & Nuova Galizia, come pure un distretto intomo a Cracovia, ed un
circondario nella Galizia orientale. Wieliczka e le cave del sale dovevano
essere in comune all'Austria ed al Ducato polacco|;
40 Alla Russia veniva ceduto un territorio nella parte la più orientale
della vecchia Galizia; il quale contenesse 400,000 abitanti e non compren-
desse la città di Brody ;
5^ L'Ordine teutonico essendo stato soppresso nei paesi della Confe-
derazione del Reno, l'Imperatore d'Austria rinunziava da parte dell'Arci-
duca Antonio, il quale era il Grande Maestro di quest'Ordine, a questa
carica conferitagli dalla pace di Presburgo, ed acconsentiva che fosse dis-
posto della proprietà esistente al di là dei confini che erano stati fatti
all'Austria. Agli impiegati dell'ordine venivano promesse delle pensioni*
LXX Appendice L tn. 1809
In articoli separati e segreti (1) l'Imperatore d'Austria si asso^ettava ad
una contribuzione militare di ottantacinque milioni di franchi, e conveniva
di ridurre il suo esercito a 150,000 uomini, comprendendo in questo
numero tutte le armi, e questo per tutta la durata della guerra marittima
della Francia contro l'Inghilterra.
Questa pace fece perdere all'Austria più di 43,000 miglia quadrate di
territorio con 4,500,000 di abitanti. I Tirolesi, i quali continuavano a fare
una resistenza eroica contro la Francia e la Baviera, furono abbandonati
al loro destino.
Trattato di Pace di Bukarest.
1812, Maggio 20.
tn. Ì812.
La guerra fra la Russia e la Turchia fu terminata col trattato di pace
stipulato a Bukarest il 90 maggio 1812. Con tale trattato fu stabilito che
il confine doveva seguire il cprso del Pruth, dal punto che esso lascia la
Moldavia a qneUo nel quale esso sbocca nel Danubio, ed il Danubio fino al
mare. In questo modo la Bessarabia, con le città d'Ismail e Eilia, ed una
parte della Moldavia, con le fortezze di Choezim e Bender, divenivano
russe. Altre conquiste furono restituite. Alla Serbia, la quale si era rivol-
tata, doveva essere concessa l'amnistia, e rimanere sotto la Turchia, ma
con amministrazione interna propria (2). La navigazione del Danubio
doveva essere libera per ambedue le nazioni, e gli stretti di Costantinopoli
dovevano rimanere aperti ai bastimenti di commercio russi, come pure a
quelli delle altre Potenze amiche della Porta, e che non avevano ancora
ottenuto questo privilegio.
(1) De Garden, XII, 136.
(2) Martens, Nouv, Ree, III, 397.
LXXi
TRATTATI
CONCLUSI PER LA CADUTA DI NAPOLEONE
1812-1814.
La pace di SchOnbrunn aveva umiliato l'ultimo nemico di Napoleone
capace di opporgli per terra una valida resistenza, e l'Imperatore d'Au-
stria, col dare subito dopo il consenso al matrimonio di sua figlia con l'Im-
peratore francese, aveva mostrato quanto debole esso si fosse, e nello
stesso tempo aveva fatto credere di essersi aggiogato alla politica del con-
quistatore. Prima ancora della quarta guerra coli' Austria , Napoleone
aveva attuato la politica d'unire parti d'Europa al suo Impero, invece di
esercitare su di esse la sua influenza, come aveva fatto in principio, col
mezzo dei suoi vassalli.
Un decreto, datato il 17 maggio 1809, dal suo campo a Vienna, incor-
porava ai suoi domini gli Slati papali. Nello stesso modo agiva per rap-
porto ad altre porzioni d'Italia. 11 distretto svizzero del Vallese veniva
assorbito nell'autunno del 1810. Nel marzo dello stesso anno (1) esso
costringeva suo fratello Luigi a cedere alla Francia tutta la parte del regno
d'Olanda, posta alla sinistra del Waal, o Brabante olandese, Zeeland e
parte della Gueldria. Subito dopo l'abdicazione e la fuga di Luigi (9 luglio
1810) l'intiera Olanda diveniva territorio francese (2). Un decreto del
Senato di Francia assoggettava allo stesso destino tutta la parte nord della
Germania, sino al mare presso Lubecca, comprendendovi Oldenburgo le
città anseatiche, Verden, porzioni dell' Annover e della Vestfalia, Lauen-
burgo, ecc. (3),
Contro questo modo di farla da padrone di fronte a ciò che concerneva
il Duca d'Oldenburgy l'Imperatore Alessandro, di questi prossimo parente^
(1) Martens, Nouv. Rec.j I, 327.
(2) Martens, u. s., 338.
(3) Martens, u. s., 346.
Lxxn Appendice L aa. 1812 14.
protestò, tanto più che già si era sentito offeso in occasione dell'ingrandi-
mento del Ducato di Varsavia fatto dalla pace di SchOnbninn. Conseguente-
mente esso attuò una politica commerciale ostile alle vedute di Napoleone,
lo che fu cagione che nel 1812, ambedue le fparti si preparassero alla
guerra. Le sole Potenze, le quali la Russia poteva sperare che agissero di
concerto con lei, erano l'Inghilterra e la Svezia. Fra l'Inghilterra e la
Russia nessuna difficoltà esisteva a che fra loro venisse fatta un'alleanza.
Ma la Svezia rifuggiva dall' esporsi al risentimento di Napoleone. Alla fine
avendo i Francesi occupato la Pomerania svedese, la Svezia si decise ad
allearsi collo Czar (il 12 marzo 1812), convenendo, nel caso di guerra, di
far occupare la Germania del Nord da 30^000 nomini, e ricevendo la pro-
messa di Alessandro che esso l'avrefidè aiutata ad acquistare la Norvegia.
L'Inghilterra e la Svezia si allearono in virtù della pace di Oerebro, il
13 luglio 1812 (l);~ed il 13 marzo 1813, l'Inghilterra assunse lo stesso
impegno che la Russia aveva assunto e che riguardava la Norvegia, pro-
mettendo inoltre un sussidio di un milione dì lire sterline alla Svezia,
cedendole l'isola di Guadalupa tolta ai Francesi (2).
Fu di somma importanza che durante la guerra, che era per seguire
la Svezia facesse si che l'esercito russo, il quale era in Finlandia, e che
doveva cooperare alla conquista della Norvegia, potesse essere impiegato
in Polonia, e che la pace dì Bukarest avesse lasciato un altro esercito lìbero
per agire contro l'invasore francese.
Napoleone alla sua volta faceva nuovi trattati d'alleanza colla Prussia
e con l'Austria (3). In articoli palesi e segreti del trattato prussiano era
convenuto che la Prussia avrebbe fatto causa comuno colla Francia, senza
essere obbligata a fornire truppe per guerre in Italia, in Turchia, 0 al di
là dei Pirenei; che le truppe le quali essa avrebbe dovuto mettere in cam-
pagna nel caso di guerra colla Russia dovessero ascendere a 20,000 uomini,
oltre quelle destinate per le guarnigioni ; che queste truppe avrebbero for-
mato un solo corpo d'armata, per quanto fosse possibile, ed avrebbero
servito di preferenza per la difesa delle provincie prussiane, ma che
dovrebbero essere, quando dovessero essere diversamente impiegate, sotto
la direzione francese; che qualunque parte della Prussia inclusa dentro la
linee delle operazioni militari, sarebbe aperta ai Francesi ed ai loro alleati,
(1) Martens, Nouv, Ree, I, 431.
(2) Martens, u. s., 558.
(3) 24 febbraio, 44 marzo 1812; Martexs, u. s., 417-431.
aa. f 81 2-44. Trattati conclusi per la caduta di Napoleone LXXIU
eccettuata la Slesia superiore e la città di Potsdam, e che la Prussia
avrebbe provveduto al vettovagliamento e alle munizioni da guerra del-
l'esercito francese, e che le spese nelle quali essa sarebbe incorsa, dovreb-
bero andare in sconto delle contribuzioni da lei ancora dovute alla Francia
a forma della pace di Tilsit.
Un aumento di territorio fu promesso alla Prussia, come indennità,
per le spese alle quali doveva andare incontro durante la guerra, quando
questa però avesse avuto un esito felice. Le guarnigioni francesi dovevano
continuare ad occupare le fortezze di Glogau, Cùstrìn e Stettin, ed ai
patriotti principali doveva essere ingiunto di lasciare il servizio del Re, e
non avere più con questi rapporti.
L'Austria stipulò di fornire, come proprio contingente, 30,000 soldati
e 60 pezzi di cannone, formanti quattro divisioni, sotto un comandante
austriaco, dipendente immediatamente dal suo proprio sovrano. L'inte-
grità della Turchia fu garantita. Fu pure convenuto che nel caso che
venisse ristabilito il regno di Polonia, l'Austria dovesse ritenere la Galizia,
0 qualora questa fosse unita alla monarchia polacca, dovesse avere in sua
vece le provincie illiriche, ed essere compensata per le spese della guerra
ottenendo qualche nuovo territorio.
Assicurato cosi alle spalle, e reso più forte dalle truppe dei suoi alleati,
Napoleone passò il Niemen il 24 giugno 1812; la stagione essendo troppo
avanzata per poter riuscire, e ritornò nello stesso autunno come un fug-
giasco, essendo il suo numeroso esercito stato quasi distrutto dalla guerra,
dalla fame e dal freddo. Lo sdegno del popolo germanico, e specialmente
dell'umiliata Prussia si ridestò contro il tiranno. Il primo impulso fu dato
dal comandante del contingente prussiano. Generale York, il quale, il
30 dicembre 1812, senza mandato del suo Sovrano, nella capitolazione col
Generale russo Diebitsch, convenne di rimanere neutrale, col suo esercito
accantonato in un distretto della Prussia orientale, e qualora il Re non
sanzionasse la convenzione di osservare la neutralità almeno per due
mesi (1).
Il Re si allarmò, ma fu spinto innanzi dall'ardire del popolo. Un trat-
tato, fatto non molto tempo dopo di questo, fra la Russia e la Prussia, il
quale non ha veduto la luce, si dice che stabilisse che la Prussia ricupere-
rebbe il territorio, il quale essa possedeva prima del 1806, eccettuato
TAnnover, e che fornirebbe 80,000 uomini per la guerra, la Russia alla
(1) Martens, Nouv. ReCj I, 556.
LXXIV Appendice L an. i8i3-i4«
sua volta fornendone 150,000. Si ricercava pure l'aiuto dell'Austria,
domandandone Talleanza, e quello dell'Inghilterra chiedendo ad essa sus-
sidi in favore della Prussia.
Il 19 marzo 1813 (1) fu fatta una convenzione fra la Russia e la
Prussia, nella quale si stabiliva di pubblicare un proclama, il quale invi-
tasse i Principi ed il popolo della Germania ad unirsi onde liberare il loro
paese, ed a chiunque dei Principi germanici, che non rispondesse a questo
appello dentro un dato tempo, si comminasse la pena della p^ita del
proprio territorio.
Venne pure oi^nizzato un Consiglio d'amministrazione, e ad esso
concessi pieni poteri, a fine di sostenere con energia la guerra, ed in par-
ticolare di occupare e tenere a freno quelle parti della Germania del Nord
tuttora sotto l'influenza francese.
Il 27 di marzo fu dichiarata la guerra alla Francia, formando i Prus-
siani in massa un esercito di volontari. 11 Duca di Mecklenburg, il Duca di
Anhalt-Dessau, la città d'Amburgo seguirono tosto l'esempio della Prussia.
Durante l'estate del 1813 furono fatti molti trattati relativi alla guerra, i
principali del quali furono :
ì^ Convenzioni a Reichenbach, fatte alla metà di giugno, fira la
Gran Bretagna da un lato, e la Russia e la Prussia dall'altro. Le parti si
impegnarono a proseguire la guerra con energia, dando la prima di esse
sussidi, e le altre mettendo in campagna 160,000 e 80,000 uomini respet-
tivamente. La Prussia promise di aiutare la Casa di Brunswick a ricu-
perare il suo territorio, e la Russia si impegnò a mettere a disposizione
dell'Inghilterra la propria armata (2);
S"" Il 5 giugno fu fatto un armistizio fra i belligeranti (l' Austria
agendo come mediatrice) il quale doveva continuare fino al 10 d'a^sto ;
frattanto un Congresso di pace sedeva a Praga, senza concludere, come si
aspettava, nulla (3);
3<> Alla fine l'Austria abbandonò Napoleone decisivamente, ed entrò
a far parte dell'alleanza delle tre grandi Potenze, in vn*tù di trattati sotto-
scrìtti a Toplitz, il 9 settembre, convenendo di fornire un contingente di
60,000 uomini, e di non fare la pace che in comune con gli alleali (4);
(1) Martens, Nouv. Rec.f I, 564.
(2) Martens, u. s., 568.
(3) Martens, u. s., 582.
(4) Martens, u. s., 590.
an. 161&-i4w Trattati conclusi per la caduta di Napoleone LXXV
4<> Si unirono agli alleati , la Baviera, in forza di un trattato coli' Au-
stria, datato rs ottobre, e nel corso dell'autunno (ma non prima che la
battaglia di Lipsia avesse deciso della campagna contro Napoleone) gli altri
membri della Confederazione renana, cosi che questa creazione dell'Impe-
ratore francese fu sciolta;
5* Nell'inverno, l'H gennaio 1814, Myrat, Re di Napoli, a fine di
conservare il suo regno, separò, in virtù di un trattato coli' Austria, la sua
causa da quella di Napoleone (1);
G*" I trattati di Kiel fatti dalla Danimarca colla Svezia e con la
Gran Bretagna, il 14 gennaio 1814, ed un trattato eolla Russia sotto-
scritto ad Annover, r8 febbraio 1814, separarono da Napoleone il suo
ultimo e stimabilissimo alleato. La Danimarca si impegnò a mettere in
armi per la guerra e sotto la direzione di Bernadette, Principe Reale di
Svezia, 10,000 uomini ; rinunziò al possesso della Norvegia in favore della
Svezia, la quale in contraccambio cedette alla Danimarca la Pomerania e
risola di Rùgen ; e le promise i suoi buoni uffici , onde farle ottenere delle
altre indennità nell'avvenire. L'Inghilterra si impegnò ad agire nello
stesso senso, e restituì alla Danimarca tutto il territorio toltole in guerra,
eccettuata l'Isola di Heligoland (2).
La Danimarca cede dopo alla Prussia con un trattato firmato a Vienna,
il 4 giugno 1815, la Pomerania svedese e Rùgen, ricevendo in contrac-
cambio il ducato di Lauenburg, eccettuato Vamty o giurisdizione del Podestà
di Neuhaus, due milioni di talleri, ed una considerevole somma di danaro
dovuta dalla Svezia (3).
Appena che gli eserciti alleati arrivarono al Reno ed entrarono in
Francia, furono fatte varie convenzioni tendenti a dar pace all'Europa, ed
a riordinarne le condizioni politiche. Le più importanti furono :
io II Congresso di Ghàtillon, dal di 5 febbraio al 19 marzo 1814,
nel quale Napoleone, sperando sempre di prendere il di sopra colla guerra,
fece patti tanto onerosi, che a nulla approdarono (4) ;
2» Mentre che questo Congresso sedeva, un nuovo trattato fu fatto
fra le quattro Potenze, a Chaumont, il 1* marzo del 1814. L'Inghilterra
doveva fornire alle altre Potenze un sussidio di cinque milioni di lire ster-
(1) Martens, iVoMv. Ree, I, 660.
(2) Martens, u. s., I, 766-683.
(3) Martens, u. s., II, 349.
(4) Confr. Martens, u. s., I, 688.
i'XXVI Appendice /. n. 4812^4.
line per Tanno Ì8N, e ciascona delle parti doveva tenere in campagna un
esercito di 1 50,000 nomini , aintarsi scambievolmente in caso d' al-
*
tacco, ecc. (1). Si dice che artìcoli segreti gettassero i fondamenti dell'or-
dinamento d'Enropa, tale qnale ih dopo adottato;
3« Capitolazione di Parigi il 31 marzo Ì8i4;
4'' Abdicazione di Napoleone in virtù di nn trattato fatto da esso con
l'Austria, Russia e Prussia, Vìi aprile, al quale l'Ing^ulterra accedette»
per rapporto ai punti principali, il 27 aprile. Napoleone rinunziava a qua-
lunque diritto di sovranità in Francia ed in qualunque altro paese, tanto
per sé stesso, come per i suoi discendenti e per la sua famiglia. I suoi
domini in Francia dovevano andare alla Corona. Esso e l'Imperatrice
potevano conservare i loro titoli vita naturale durante, ed i prossimi parenti
di lui avrebbero avuto diritto di portare il titolo di Principe della sua fami-
glia. Gli venne data l'Isola d'Elba, come suo principato, con una rendita
annua di due milioni di franchi, a carico della Francia, la metà dei quali
riversibili all'Imperatrice; [ed i ducati di Parma, Piacenza eGuastalla,
furono assegnati all'Imperatrice Maria Luisa. Al loro figlio fu concesso di
derivare il suo titolo da questi Ducati. Due milioni e mezzo di firanchi,
furono accordati come rendita annua, ai membri della sua famiglia ; fii
pure provveduto a Giuseppina e ad Eugenio Beauhamais. Napoleone
poteva avere a sua disposizione una corvetta armata ed una guardia di
400 uomini. Le Potenze alleate assicurano che la Francia avrebbe accet-
tato e garentito questo trattato (2).
Trattato di pace di Parigi.
1814, Maggio 30.
n. 1914.
Le guerre combattute dalle Potenze coalizzate contro Napoleone dettero
luogo a vart particolari trattati, ma la pace definitiva non fìi conclusa che
col trattato di Parigi, sottoscritto dalla Francia e dall'Austria il 30 maggio
1814 e nello stesso giorno e luogo lo stesso trattato di pace definitiva fu
concluso tra la Francia e la Russia, tra la Francia e la Gran Bretagna, e
tra la Francia e la Prussia.
Le principali condizioni tra le mentovate parti concordate furono le
seguenti, che cioè i confini della Francia sarebDero stati quelli che essa
(1) Martens, Nottv. Bec.^ I, 683.
(2) MartenSi u. s., 696.
an. 1814. Trattati conclusi pev la caduta di Napoleone LXXVn
aveva nel 1792. Fu soltanto ammessa qualche modificazione della fron-
tiera dalla parte dei dipartimenti del Nord, di Sambre-et-Meuse, della
Sarre e del Reno e fu concesso alla Francia di conservare Mulhouse^ Avi-
gnon, Montbéliardy e la sottoprefettura di Chambéry, e una parte delle sue
antiche colonie.
La Francia rinunziò a qualunque sovranità su di qualsiasi territorio in
Europa, situato al di là di questi limiti. Monaco rimase quello che era
prima del 4792.
La Gran Bretagna ritenne per sé Malta, Tabago, Santa Lucia, risola
di Francia con le sue dipendenze, e la parte di S. Domingo che la Spagna
avea ceduto alla Francia col trattato di Basilea del 1795 e che essa si impe-
gnava alla sua volta di retrocedere a Sua Maestà Cattolica.
Per rapporto a tutti gli altri luoghi tolti in guerra alla Francia, ed ai
diritti di pesca, ecc., fu stabilito che tutto dovesse essere messo nelle stesse
condizioni del 1792.
La Svezia restituì alla Francia la Guadalupa, ed il Portogallo le restituì
la Guiana francese, come essa era nell'epoca sopra menzionata.
Rispetto alla libera navigazione del Reno fu stabilito che sarebbe stata
regolata dal futuro Congresso.
Tutte le Potenze alleate nella guerra contro Napoleone presero l'im-
pegno di inviare a Vienna i loro plenipotenziari onde stabilire tutti gli
accordi, che dovevano completare quelli già presi col trattato di Parigi.
Con un articolo separato e segreto di questo trattato (1), le Potenze
alleate stabilirono di decidere solamente fra loro come disporre dei terri-
tori rinunziati dalla Francia nel trattato palese, e come creare rapporti, i
quali avessero per scopo di fondare in Europa un sistema di un giusto è
stabile equilibrio. Cosi la Francia non avrebbe dovuto avere nessuna inge-
renza per rapporto alle proposte che dovevano servire di base alle trat-
tative, delle quali era per occuparsi il Congresso di Vienna. Ma in fatto
però avvenne che lo scaltro ardire che Talleyrand mostrò al Congresso,
ed i dissensi sòrti in seno degli alleati valsero ad assicurare alla Francia
una {grandissima influenza.
(1) li quale si trova nel Murbaro, Nouv. SuppLy I, 329.
tXXYU Appendice L
Atto finale del Congresso di Vienna,
1815, Giugno 9.
L'atto finale del Congresso di Vienna è uno dei più importanti docu-
menti, sotto il punto di vista internazionale, dei tempi moderni.
Col trattato di pace del 1814, del quale abbiamo parlato, era stato
stabilito che un Congresso avrebbe dovuto adunarsi nello spazio di due
mesi, onde dare un finale assetto agli ordinamenti, ai quali in detto trat-
tato di pace si era posto mano ; tale Congresso però non fu aperto che il
!• novembre 1814, e terminò le sue sessioni 141 giugno 1815. Otto Po-
tenze presero parte ad esso: la Gran Bretagna, la Russia, TÀustrìa, la
Prussia, la Francia, la Spagna, il Portogallo e la Svezia; ma il rappresen-
tante spagnuolo rifiutò d'apporre la sua firma, a cagione delle misure che
erano state prese e che concernevano i tre Ducati italiani, di Parma, Pia-
cenza e Guastalla, come pure per altre cause che ferivano l'orgoglio
spagnuolo.
Il Congresso si trovò per qualche tempo imbarazzato a cagione della
Russia, la quale sosteneva di avere il diritto di appropriarsi l'intero gran-
ducato di Varsavia, e della Prussia, la quale voleva annettersi la Sassonia.
Ciò che si doveva fare del Belgio, era pure un problema di difficile solu-
zione. Nel marzo giunse al Congresso l'allarmante notizia che Napoleone
aveva lasciato l'Elba, che era sbarcato in Francia, che aveva ricuperato il
trono, senza colpo ferire. Esso fu messo fuori della legge in tutta l'Eu-
ropa, ed un nuovo patto fu stipulato a Vienna dalle quattro grandi Potenze,
il 25 di marzo, onde tenere in vigore il trattato di Parigi. La disfatta subita
nel giugno alla battaglia di Waterloo fece si che il tentativo fatto dall'uomo
fatale-, a fine di ricuperare il suo perduto potere, non riuscisse.
Il Congresso di Vienna non fu altro che un'adunanza di dittatori, i
quali si proponevano di dare assetto agli affari d'Europa a seconda delle
loro vedute arbitrarie, e che in sostanza esigevano che le Potenze di
secondo ordine si sottomettessero ai loro decreti, senza partecipare alle
loro deliberazioni. Per dare compimento alle disposizioni prese coli' Atto
finale una quantità di trattati speciali furono fatti, ed alcuni di essi vennero
annessi e dichiarati formare parte dell'Atto stesso (1).
(1) Per ciò che concerne TAtto finale, vedi Martens, N. Rec^ II, 379; Màrtens
e CussY, III, 61. — WiiEATON, Intern. Lato Appendix. — Klùber, Acten des
Wictmer congress; e confi*. Flassan, Histoire du Congrès de Vienne^ 3 volumest
Paris 1829.
tn. 1815. •4//(> (luoic del Congresso di Vienna LXXIX
I punti principali di questo Atto sono i seguenti :
i. Il Granducato di Varsavia fu unito all' Impero russo come regno
di Polonia, con un* amministrazione separata, ad eccezione però del terri-
torio restituito alla Prussia, sotto il nome di Granducato di Posen; dei
distretti della Galizia orientale tolti all'Austria dal trattato di Schònbrunn,
ed allora restituiti ; di Cracovia e d'un territorio intomo ad essa, che furono
costituiti in repubblica neutrale e libera, i privilegi della quale furono
determinati da un trattato atinesso all'Atto finale. Fu poi stipulato che i
Polacchi sudditi rispettivamente della Russia, dell'Austria e della Prussia,
avrebbero avuto una rappresentanza e istituzioni di carattere nazionale, e
rette da quella forma politica di governo, la quale ciascuna delle Potenze,
alle quali essi furono attribuiti, avrebbe creduto conveniente ed utile di
conceder loro.
2. La Prussia, avendo in*questo modo perduto una considerevole parte
delle sue spoglie polacche, desiderava ardentemente di appropriarsi l'intera
Sassonia, il Re della quale, come vassallo di Napoleone, non si voleva
prendere in considerazione nel nuovo assetto dato alla Germania; ma
l'Austria, gelosa, impedi che questo accadesse, dimodoché solamente
una parte della Sassonia, sette tredicesimi del territorio e due quinti
della popolazione divennero prussiani. Alla Prussia fu pure in generale
restituito il suo antico territorio che possedeva prima della pace di
Tilsit. I nuovi acquisti che essa fece sul lato orientale del Reno, oltre
la parte della Sassonia, della quale abbiamo parlato, furono una por-
zione di Fulda e di Hanau, la città di Wetzlar con il suo territorio ,
il ducato di Bei^, con terre una volta appartenenti al vescovato di
Colonia, ed ultimamente incorporate a questo ducato, il ducato di Westfalia
tale quale era sotto il Granduca di Assia, la contea di Dortmund, Corvey,
territori mediatizzati di molti Principi, ed i possessi della Cas^ di Nassau*
Dietz, ceduti dal Re dei Paesi Bassi, e altri equivalenti ricevuti in
cambio dei possedimenti appartenenti ad altri membri della Casa di
Nassau. Sulla riva occidentale del Reno la Prussia acquistò un territorio,
il quale anticamente formava per la maggior parte il ducato di Juliers ;
ottenne pure parte di Clòves, della Gheldria, e dei due arcivescovati di
Colonia e di Treves.
3. 11 Re della Gran Bretagna, come Re dell'Annover, riceveva dalla
Prussia, Hildesheim, Goslar, il Friesland orientale, la bassa contea di
Lingen e parte del Mùnster prussiano; e cedeva alla Prussia le parti del
ducato di Lauenburg posto a levante dell'Elba, ed altri piccoli distretti.
LXXX Appendice L in. 1815.
Laueiiburg fu subito trasferito alla Danimarca (i). Senza alcuna restrizione
doveva essere permesso ai mercanti prussiani il commercio sulFEms e ad
Embden che diveniva un porto annoverese, e TÀnnover s'impegnava a
mantenere il fiume navigabile nel percorso del dì lei territorio.
4r. L'Austria ricuperava quasi tutto quello che aveva perduto nel 1797,
col trattato di Campoformio o dopo, tanto che fosse in Germania quanto
fuori di essa, eccettuati i Paesi Bassi austriaci ; cosi acquistava quella parte
di suolo veneziano nella penisola, che Napoleone si era appropriata, e tutti
gli altri territori posti fra il Ticino, il Po e l'Adriatico, unitamente alla
Valtellina, a Bormio, a Chiavenna, una volta appartenente ai Grigioni, ed
alla già Repubblica di Ragusa.
5. Alla Baviera venivano dati il ducato di Wurzburg, tale quale era
stato fondato dal trattato di Presburg, nel 1805, ed il principato d'Aschaf-
fenburg, il quale formava parte del granducafo di Francoforte, appartenente
a Napoleone.
6. La città di Francoforte fu rimessa nelle condizioni nelle quali era
nel 1803.
7. Invece del ducato di Vestfalia, il Granduca di Assia acquistava un
territorio sulla sponda sinistra del Reno, e che ultimamente formava parte
del dipartimento di Mt. Tonnerre, contenente 140,000 abitanti. Il Langravio
di Assia Homburg veniva reintegrato nei suoi domini, dai quali era stato
espulso a cagione della Confederazione del Reno. Parecchi Principi, i sopra-
nominati, i Duchi d'Oldemburgo, Heclemburgo-Strelitz, Sassonia-Cobui^,
ebbero altri territori sulla frontiera prussiana al di là del Reno, già nel
dipartimento francese della Sarre, i quali dovevano essere posti sotto la
protezione della Prussia, e dovevano servire nei futuri assetti come di fra-
zioni da aggiungersi ad altri possedimenti. Tutte le terre germaniche situate
sulla riva sinistra del Reno, e delle quali non era stato disposto, venivano
date air Austria.
8. Fu stabilito che la Confederazione germanica, la quale veniva for*
mata, e della quale facevano parte il Re di Danimarca come Duca d'Holstein
ed il Re dei Paesi Bassi come Granduca di Lussemburgo, fosse rappresen-
tata da trentotto membri, i quali avessero diritti eguali e potessero disporre
di diciassette voti nelle adunanze ordinarie, e di sessantanove in quelle
generali, essendoché in queste si dovessero discutere le leggi organiche, ed
altri affari di grande importanza. La Dieta doveva essere permanente, sotto
(1) Vedi Paco «li Kid.
iB. 1815. Atto finale del Congresso di Vienna LXXXI.
la presidenza dell'Austria, riunirsi a Francoforte con facoltà d'aggiornarsi
per un tempo non maggiore di quattro mesi. Nelle adunanze generali due
terzi dei voti dovevano essere necessari, perchè una proposta passasse.
Siccome il fine, il quale la Confederazione si proponeva, era quello di pro-
teggere tutta la Germania, e ciascun membro di essa, contro gli attacchi di
Potenze straniere, cosi a nessuno dei suoi componenti veniva permesso di
trattare o fare né un armistizio né una pace, con qualunque Stato col quale
la Confederazione fosse in guerra. Le discussioni sorte fra i confederati
dovevano essere composte senza ricorrere alla forza delle armi, sottomet-
tendole alla Dieta, la quale interverrebbe fra le parti in prima istanza,
nominando una Commissione mediatrice e un AustràgalinstanZy o corte
suprema d'arbitrato, qualora fosse necessaria una sentenza giudiziale. Nel
caso estremo, quando un membro della Confederazione si ostinasse a non
volere accettare la sentenza, e si riputasse d'ottemperare alle sue ingiun-
zioni, potrebbe essere costretto ad obbedirvi col mezzo d'un intervento
militare eseguito da altri componenti la Confederazione, i quali non fossero
direttamente interessati nell'alTare.
Nell'Atto riguardante la costituzione federativa della Germania (1), il
quale è unito all'Atto finale, è dichiarato che negli Stati della Confedera-
zione vi doveano essere assemblee di Stati o di deputati {cine landesst&n-
(lliche verfa88ung)\ che tutte le Confessioni cristiane doveano godere degli
slessi diritti civili e politici, e che gli ostacoli posti all'esercizio dei diritti
civili degli ebrei, doveano essere per quanto fosse possibile remossi. Alla
nobiltà mediatizzata, la quale prima del 1806 dipendeva immediatamente
dall'Impero, venivano concessi dei privilegi a seconda del grado che i
membri di lei occupavano, riguardanti le tasse, le corti privilegiate, l'esen-
zione dal servizio militare, l'esercizio di giurisdizione civile e criminale in
prima istanza, quando i suoi possessi fossero assai vasti. All'Atto della
Confederazione furono fatti degli emendamenti nel 1820, nel 1832, nel 1834;
esso fu abolito nel 1848-1849, e ripristinato nel 1851.
9. Le Provincie Unite olandesi, con la più gran parte dei Paesi Bassi
austriaci, erano costituiti, come il trattato di Parigi aveva stabilito che
fossero, in Regno dei Paesi Bassi, sotto il Principe d'Orange-Nassau, ai
quali territori -veniva aggiunto il Granducato di Lussemburgo, che compren-
deva una parte del ducato di Bouillon non ceduta alla Francia, e questo
come compenso per la cessione fatta dalla famiglia d' Grange di possessi
(1) Martens, N, Beo,y II, 353.
43 — Fiore, Dir. intern. codif.
LXXXn Appendice L an. 1815
esistenti in Germania. Il Lussemburgo rimase Stato germanico e il Granduca
fu dichiarato membro della Dieta. La città di Lussemburgo doveva essere
una fortezza della Confederazione.
In una convenzione firmata a Londra, il 43 agosto 1814 (1), l'Inghil-
terra s'impegnava di restituire all'Olanda tutte le colonie, fattorie e stabi-
limenti commerciali, che essa aveva conquistati fino dal 1803, eccettuato il
Capo di Buona Speranza, Demarara, Essequibo e Berbice.
iO. La posizione della Svizzera fu determinata da una dichiarazione
delle Potenze componenti il Congresso, in data del 20 marzo 1815 (2), dal-
l'Atto col quale i Cantoni accedettero alla dichiarazione, il quale porta la
stessa data (3), e dall'Atto finale.
Fu stabilito che la Svizzera dovesse assumere la posizione di paese per-
petuamente neutrale, e onde raggiungere questo fine, il più che fosse pos-
sibile, un trattato col Re di Sardegna in data del 26 maggio 1815, stabili
che le Provincie di Chablais e di Faucigny, situate al mezzogiorno del lago
Lemano, e tutta la Savoia posta a nord d'Ugine, avrebbero presa la stessa
posizione neutrale. Agli antichi 19 Cantoni furono aggiunti quelli di Ginevra,
del Yallese e di Neufchàtel, quest'ultimo sotto la sovranità della Prussia; esso
vi rimase dalla pace d'Utrecht al 1848. Il territorio del Cantone di Ginevra
fu ingrandito, venendo ad esso ceduto un piccolo distretto della Savoia. Fa
dichiarato che le strade da Ginevra lungo il lago in direzione per Yersoix
alla Francia, quelle verso il Cantone di Yaud, e per la strada del Sempione
attraverso la Savoia verso il Yallese, dovessero essere esenti da tasse di
transito, e dalla visita delle mercanzie. L'antico vescovato di Basilea e
la maggior parte del territorio di Bienne furono uniti al Cantone di Berna.
11. La Sardegna guadagnò certe distese di terre, chiamate feudi
imperiali, i quali erano stati uniti alla Repubblica ligure di Napoleone, ed il
territorio della già Repubblica di Genova, inclusa l'isola di Capraja. I limiti
di questo regno sono quasi gli stessi di quelli del 1792, ma il confine della
Francia, come fu determinato dal primo trattato dì Parigi, doveva includere
una parte della Savoia, allora compresa nel dipartimento francese del Hout
Blanc, cioè il maggior numero delle sotto prefetture di Chambéry e d' Annecy.
12. L'arciduca Francesco d'Este, i suoi eredi e successori, dovevano
tenere a feudo i ducati di Modena, di Reggio e di Mirandola, i confini di
questi territori rimanendo quelli stessi che ad essi erano stati assegnati dal
(1) Martens, u. s., Ili, 57.
(2) Martens, N, Ree, II, 157.
(3) Ibid., 173.
ta. Ì81S. Atto finale del Congresso di Vienna LXXXin
trattato di Campoformio. All' arciduchessa Maria Beatrice d'Este, ed agli
eredi di lei e successori venivano dati a feudo i principati di Massa e di
Carrara, e le erano pure assegnati i feudi imperiali posti nella Lunigiana»
i quali ultimi avrebbero potuto essere cambiati con altre proprietà di
Modena o di Toscana, a volontà delle parti. — Al duca Ferdinando, della
hnea austriaca, ed ai suoi eredi e successori era restituita la Toscana, nelle
condizioni nelle quali si trovava prima del trattato di Lunéville, e a questo
territorio veniva aggiunta quella parte dell'Elba, che una volta era sotto
l'alto dominio del Re delle Due Sicilie, Piombino, certi feudi imperiali altra
volta compresi nella Toscana e VÉtai des Présides (lo Stato dei Presidi). —
I ducati di Parma, Piacenza, Guastalla, venivano concessi, come era stato
stabilito dal trattato d'abdicazione di Napoleone, all'Imperatrice Maria
Luisa, la riversibilità di questi territori — salvi gli antichi diritti di river-
sione dell'Austria e della Sardegna — dovea essere determinata da una
convenzione fatta dalle cinque Potenze principali e dalla Spagna. Tale con-
venzione fu stipulata a Parigi il 10 giugno 1817 (1). Essa riguardava par-
ticolarmente la casa ducale spagnuola di Lucca.
Il Congresso di Vienna, avea collocato l'Infanta Maria Luisa ed i suoi
eredi maschi in Lucca, eretta a ducato, aggiungendo alle entrate di questo
una rendita di 150 mila franchi, da essere pagata dall'Austria e dalla Toscana;
ed avea assegnato il diritto di riversione di esso alla Toscana, nel caso che
la linea venisse ad estinguersi, ovvero le fosse fatta un'altra posizione. U
duca di Toscana si era impegnato a cedere al duca di Modena certi distretti
ogni qual volta che la riversione avesse luogo, cioè quelli di Fivizzano, di
Pietrasanta e di Barga, ed altri. In virtù del trattato del di 10 giugno 1817,
di sopra menzionato, fu convenuto che, dopo la morte dell'Imperatrice
Maria Luisa, i ducati di lei di Parma, dì Piacenza e di Guastalla — ad
eccezione di certi distretti sulla sponda sinistra del Po, racchiusi nei domini
dell'Austria, i quali doveano essere concessi a tale Potenza — sarebbero
appartenuti alla Casa lucchese. La riversione di questi ducati, nel caso che
il ramo dell'Infante don Carlo Luigi s'estinguesse, doveva essere regolata
a seconda delle deliberazioni prese nel trattato d'Aix-la-Chapelle (1748),
e in un articolo separato del trattato del 1815 fra l'Austria e la Sar-
degna (2). Questo articolo separato confermava i diritti della Sardegna alla
riversione in suo favore del ducato di Piacenza, ma aggiungeva che la città
(1) Martens, N. Ree, IV, 416 et seq.
(2) Martens, N. Rec.f II, 298, e per l'articolo Murhard, XV, 41.
XilXXIV Appendice L au 1815
di Piacenza con un raggio di 2000 tese dall'orlo degli spalti dovesse appar-
tenere, in caso che una tale riversione avvenisse, all'Austria, la quale
avrebbe dato alla Sardegna in compenso un territorio contiguo, equivalente
per popolazione e per rendita.
Alla Santa Sede veniva restituito il possesso del suo antico territorio,
cioè le Marche con Camerino e loro dipendenze, Ponte Corvo, le lega-
zioni di Bologna, di Ravenna e di Ferrara, eccetto la parte di quest'ultima,
situata sulla riva sinislra del Po. L'Austria doveva avere il diritto di tenere
guarnigione in Ferrara e Comacchio.
Il Re di Napoli, Ferdinando IV, era ristabilito sul trono delle Due
Sicilie.
13. Gli alleati s'impegnarono di fare il loro possibile onde indurre la
Spagna a cedere al Portogallo divezza ed altri luoghi, da essa guadagnati
nel 1801, in forza del trattato di Badajos. La restituzione della Guiana
francese al Portogallo è stata di già menzionata.
14. Altre disposizioni furono prese dal Congresso e tra le più im-
portanti vanno annoverate quelle circa la navigazione fluviale e rispetto
alla tratta dei negri. Fu pure provveduto a ciò che concerne le regole atti-
nenti al rango degli ambasciatori (1).
Le disposizioni generali relative alla libertà di navigare pei fiumi, che
attraversino o che separino il territorio di diversi Stati, furono stabiliti agli
art. 108-115. Le Potenze firmatarie s'impegnarono di stabilire d'accordo
regole uniformi per tutelare la libertà di navigare, fissando tariffe uniformi
circa i diritti di navigazione, circa le imposte che potessero gravare il com-
mercio, circa l'esecuzione dei lavori che potessero occorrere per mante-
nere i fiumi nelle condizioni richieste pei bisogni del commercio e si obbli-
garono di nominare una Commissione per concordare un regolamento nel
senso il più favorevole della libertà del commercio e in base ai principii
generali stabiliti nei mentovati articoli.
Per quello poi che si riferisce all'abolizione della tratta dei negri la
Francia e l'Inghilterra si erano impegnate con l'articolo aggiunto al trat-
tato di Parigi del 30 maggio 1814 di propugnare nel Congresso l'abolizione
delia tratta. Le dette Potenze sottomisero quindi alle altre, che sottoscris-
sero il trattato, di riconoscere la necessità di provvedere a reprimere il
commercio dei negri dichiarato in opposizione della civiltà e del diritto
delle genti, ed una dichiarazione in questo senso fu sottoscritta dai pieni*
(1) Martens, u. s., 432.
tn. 1815. -^^to finale del Congresso di Vienna LXXX\
potenziar! il di 8 febbraio 1815^ colla quale, riconoscendo d'accordo che
il commercio conosciuto col nome di tratta dei negri dovesse essere riguar-
dato contrario ai principii del civile consorzio e della società universale,
s'impegnarono a provvedere con tutti i modi possibili per farlo cessare (1).
I trattati e le deliberazioni del Congresso di Vienna, unitamente a ciò
che fu stabilito a Parigi nel 1815, non ebbero in mira altro che un gran
namero di riordinamenti politici resi necessari dalla caduta dell'Impero
francese. Il nuovo ordine di cose era però tale da non escludere, che potesse
essere ben diversamente apprezzato ; che nuove combinazioni d'interessi
potessero essere rese necessarie, e che potesse essere eliminato ogni mo-
tivo di nuove aggressioni in avvenire. Tanto è vero, che giammai nella
storia del mondo un tanto vasto edifìzio estate demolito in cosi breve tempo.
Sessant'anni sono stati suflìcienti a cambiare la carta geografica politica
d'una gran parte d'Europa. L'Olanda ed il Belgio uniti nel 1815 furono
separati nel 1830. La Germania è divenuta un nuovo Impero sotto l'ege-
monia della Prussia, e l'Austria, che era a capo della Confederazione, da
questa è stata esclusa. La Danimarca è stata spogliata d'una gran parte del
suo territorio, ed ha cessato d'essere Potenza germanica. L'Austria, oltre
l'essere stata esclusa dalla Germania, ha perduto tutti i suoi possessi d'Italia.
Il regno delle Due Sicilie, la Lombardia, lo Stato ecclesiastico ed i princi-
pati si sono uniti ed hanno formato il Regno d'Italia. La Savoia e Nizza
sono slate unite alla Francia, e questa ha perduto l'Alsazia e la Lorena.
Tutti questi cambiamenti furono inaugurati dalla soppressione della
piccola Repubblica di Cracovia, e se si aggiungano ad essi quelli non con-
nessi col Congresso di Vienna, cioè l'indipendenza della Grecia, la perdita
fatta dalla Spagna di quasi tutte le sue colonie, e quelli riguardanti la forma
dì governo in Francia, ed i nuovi rapporti stabilitisi fra i principati Cri-
stiani esistenti in Turchia e l'Impero Turco, bisogna pure convenire che,
eccettuate la Gran Bretagna, la Svezia, la Norvegia, la Svizzera e la Russia,
non evvi alcun altro Stato, il quale non abbia, durante il periodo d'anni
ricordato, subito essenziali e violenti cambiamenti.
Nessun' altra serie d'avvenimenti svoltasi su questa terra ha giammai
fatto vedere in modo più luminoso di questa, ed in uno spazio di tempo
cosi breve, il poco valore degli assetti artificiali, e l'inanità degli sforzi
fatti dai sovrani onde fondare uno stato di cose atto a regolare, mediante
ordinamenti fondati principalmente sugl'interessi politici, futuri eventi.
(1) Wheaton, Histoire du droit des gois, I, 183.
LXXXVI Appendice L
Secondo trattato di Parigi.
1815, Novembre 20.
m. IMS.
II secondo trattato di Parigi fu stipulato dopo la caduta finale di Napo-
leone fra la Francia e ciascuna delle quattro grandi Potenze, e consiste di
quattro atti separati e dello stesso tenore.
In virtù di questo trattato i limiti della Francia dal lato del Belgio e
della Savoia, divenivano più ristretti di quello che fossero nella pace
del 1814, essendo stati portati indietro quasi al punto ne! quale si trova-
vano nel 1790. Conseguentemente, le fortezze di Philippeville e di Marìen-
bourg, con Tintero ducato di Bouillon, invece d'una parte di esso erano
trasferiti al regno dei Paesi Bassi ; Sarrelouis, Saarburg ed il corso del
Sarrer divenivano prussiani ; il forte di Landau ed un tratto di terra fran-
cese sulla destra del Lauter furono attribuiti alla Baviera: la metà del
ponte fra Strasburgo, e Kehl, a Baden ; ed a Baden pure veniva data una
porzione del distretto di Gex sul lago Lemano fra i Cantoni di Vaud e di
Ginevra; ed i distretti di Chambéry e d'Annecy erano restituiti alla Sar-
degna. La neutralità della Svizzera e d'una parte della Savoia veniva estesa
ad un distretto limitato da una linea tirata da Ugine (1), attraverso i laghi
d'Annecy e di Bourget fino al Rodano. La fortezza francese di Huningne
(Hùnningen), presso Basilea, doveva essere demolita.
Un'indennità di settecento milioni di franchi doveva essere pagata agli
alleati. Le loro truppe, non eccedendo il numero di 150,000, dovevano
occupare la Francia a spese di essa, risiedere in certi luoghi indicati, per
uno spazio di tempo non maggiore di cinque anni, e potevano essere
ritirate alla fine di tre anni, qualora la sicurezza dell'Europa lo per-
mettesse (2).
U trattato di Parigi del 30 maggio 1814 e l'Atto finale del Congresso di
Vienna del 9 giugno 1815 furono riconfermati, e mantenute tutte le dispo-
sizioni non modificate col nuovo trattato.
In forza d'una convenzione delle quattro Potenze e della Frància, fatta
a Parigi il 5 novembre 1815, le sette Isole Jonie dovevano costituire uno
Stato libero sotto il protettorato della Gran Bretagna, con un residente lord
gran commissario, nominato da questa Potenza, con un'assemblea legisla-
tiva, ecc.; delle forze militari delle isole doveva avere il comando la Gran
(1) Vedi Atto del Congresso di Vienna»
(2) Martens, N. Ree., II, 682.
tn. 1815 Secondo Trattato di Parigi LXXXVU
Bretagna, le guarnigioni dei forti dovevano essere inglesi e pagate dalla
Repabblica (4). I capilavori d'arte, che Napoleone aveva raccolti toglien*
doli da vari paesi d'Europa, furono restituiti in virtù d'una speciale con-
venzione ai loro antichi proprietari.
(i ) Martens u. s. 663. Queste isole, le qnali rimasero per molto tempo sotto
Venezia, per essere poi preda della Francia (Trattato di Campoformio 1797), e
per passare quindi, dopo essere state lasciate per un breve tempo a loro stesse
prima sotto la protezione turca, ed in seguito sotto quella russa, e per essere
restituite alla Francia (Pace di Tilsit 1807), ed a questa tolte in guerra dall'lnghil
terra, sono recentemente passate, dal protettorato inglese a formare parte de'
regno della Grecia, 1863.
Lxxxvm
TRATTATI
CONCLUSI DOPO QUELLO DI VIENNA
dal 181 S Ubo al 1896
Trattato della Santa Alleanza.
1815, Settembre 26.
m. 1815.
n trattato concluso a Parigi tra i sovrani d'Austria, di Russia e di
Prussia il 26 settembre 1815 fu detto Santa AUeanza, perchè i Sovrani,
che la sottoscrissero, dichiararono apparentemente di unirsi in misteriosa
lega per procedere in ogni affare d'interesse comune secondo i principi e
lo spirito del Vangelo, della religione e della giustizia e s'impegnarono di
adoperare ogni mezzo per costrìngere i proprii sudditi ad osservare i pre-
cetti cristiani. Lo scopo vero* dell' alleanza non trovasi per altro espresso, e
fu per questo che l'Inghilterra rifiutò ostinatamente di segnare quel docu-
mento, adducendo, il duca di Wellington, che lo scopo di quel trattato non
poteva essere compreso dal Parlamento inglese. In sostanza quello fu il
primo atto della politica reazionaria dei Governi, che s'impegnarono a pre-
starsi in ogni occasione assistenza, aiuto e soccorso esercitando un vigilante
sindacato sulle facendo interne di tutti gli Stati onde impedire e reprimere
qualunque manifestazione da parte dei popoli che potesse turbare l'assetto
politico dell'Europa come era stato stabilito a Vienna (1).
Trattato di Aix-la-Chapelle (Aquisgrana).
1818, Novembre 9.
an. Ì81R.
In virtù dei patti conclusi ad Aquisgrana tra la Francia e le Potenze
alleate cioè la Russia, l'Austria, l'Inghilterra e la Prussia fu stabilito, che
le cinque grandi Potenze si sarebbero poste d'accordo per prevenire qua-
lunque funesto effetto che potesse essere la conseguenza del movimento
(1) Trovasi riportato in appendice da Heffter, Droit int, ; e in nota a pag. 37,
voi. T, della 8* edizione della mia opera Diritto int» Pubblico; Torino, Unione
Tip.-Editrice.
aa. 1818. TrcUtati delVEpoca moderna LXXXIX
rivoluzionario, e che minacciasse la Francia. Cosi questa entrò a far parte
della Santa Alleanza col protocollo ivi sottoscrìtto il 21 novembre.
Fu pure stabilito ad Aquisgrana che le truppe degli alleati dovessero
evacuare la Francia l'ultimo giorno di novembre, o prima di quest'epoca,
e consegnare i forti nelle condizioni nelle quali essi erano quando furono
occupati. Una parte dell'indennità che la Francia dovea pagare, come era
stato stabilito nel 1815, e che era tuttora dalla medesima dovuta, le fu
condonata (1).
Congressi relativi agli interventi armati.
1820-1822.
an. 188&«.
Col trattato della Santa Alleanza le cinque grandi Potenze si erano
impegnate a prestarsi in ogni circostanza assistenza e soccorso. Tale patto
vago fu poi inteso nel senso che dovessero unire le loro forze per impe-
dire qualunque tentativo di mutamento politico in Europa che potesse tur-
bare la conservazione del principio monarchico, o mirare a modificare i
possedimenti territoriali come erano stati stabiliti nel Congresso di Vienna.
Conseguentemente l'Austria, la Prussia e la Russia Potenze alleate
si riunirono prima a Troppau nel ÌSW poi a Laybach nel 1821, indi a
Verona nel 1822, per concertare i mezzi adatti a sedare e reprimere i
movimenti rivoluzionari nella Spagna, nel Portogallo, in Napoli e nel Pie-
monte, e fu affidato all'Austria di reprimere coli' intervento armato, i
movimenti del partito rivoluzionario liberale in Piemonte e in Napoli.
Trattato di Akkerman.
1826, Ottobre 7.
an* 1826.
La convenzione d'Akkerman fra la Russia e la Turchia fu in generale
la riconferma del trattato di Bukarest del 1812, a riguardo dei privilegi
della Serbia. Fu restaurato il modo d'elezione degli Ospodari, della Mol-
davia e della Valacchia, fatta dai boiardi o nobili appartenenti al Divano o
Consiglio di ciascun principato, e fu stabilito che ciaschedun Ospodaro
dovesse rimanere in ufficio, se accettato dal Sultano, per sette anni, e che
potesse essere rieletto per un altro spazio di tempo eguale, purché nessun
grave addebito gli fosse stato imputato, né dalla Corte turca, né da quella
russa, né dal principato. Alla Russia fu data pure facoltà d'intervenire, a fine
di limitare il potere che il Sultano aveva di dimetterli dal loro ufficio (2).
(1) M4RTENS, Nouv, Rec, IV, 549-566.
(2) Martens, N, R,, vii, 1053; vedi particolarmente gli Atti separati.
XC Appendice L
Trattato di Londra.
1827, Luglio 6.
Il trattato di Londra fu stipulato fra la Gran Bretagna e la Russia, e vi
accedette dopo la Francia (1).
Queste Potenze offrirono la loro mediazione alla Turchia in favore della
Grecia, ed aveano proposto che questa dovesse essere costituita come uno
Stato vassallo sotto il Sultano a somiglianza dei Principati danubiani.
Con un articolo segreto però le Potenze stesse convennero che, se la
Porta nel termine di un mese non avesse accettata la mediazione, avreb-
bero prese le misure le più adatte per far cessare le ostilità.
I Greci accettarono Tarmistizio, i Turchi promisero di osservarlo, ma
non mantennero poi la promessa ; le flotte alleate, che stazionavano in
crociera per intimidire la flotta turca, si avvicinarono a Navarino. Ne seguì
un combattimento generale.
II 20 ottobre, la flotta turca fu distrutta a Navarino, e nel i828, le
(ruppe d'Ibrahim Pacha furono cacciate dalla Morea. I confini della Grecia
divenuta libera vennero cosi ingranditi.
Trattato fra la Russia e la Persia,
1829, Febbraio 22.
tii.1820.
Il trattato fra la Russia e la Persia fu firmato a Tourkmantchal, il 1828.
Con esso la Persia cedeva il khanato di Erivan, prometteva un'indennità dì
venti milioni di rubli di argento, e conveniva, come nel trattato ratificato a
Tiflis iH5 settembre 1814, che a nessun bastimento da guerra, la marina
da guerra russa eccettuata, sarebbe permesso di navigare il Caspio, il
([uale però rimaneva libero alle navi mercantili d'ambedue le nazioni (2).
In conseguenza di questo trattato di Tiflis, la Persia cedette alla Russia
sette khanati posti a mezzogiorno del Caucaso, che i Russi possedevano
all'epoca, nella quale tale trattato fu firmato, e rinunziò a qualunque
diritto sul Daghestan, sulla Georgia, sull'lmerizia, la Mingrelia^ TAb-
kasia, ecc. (3).
(1) Martens, u. s., vii, 282 e 463.
(2) Martexs, N. Ree, VII, 564.
(3) MAr.TtNS, u. s., IV, 88.
Trattati delVEpoca moderna XCI
Trattate di Adrianopolu
1829, Settembre 14.
n 48f9.
Il trattato d'AdrìanopoH fu stipulato fra la Russia e la Turchia (1).
La Russia restituiva le sue conquiste. Il Pruth dovea servire di confine
ai due paesi, come per il passato dalla frontiera della Moldavia fino al punto
in cui si getta in mare e che per S. Gioi|;io, o bocca meridionale, il confine
dovea seguire il Danubio, ed in maniera da far si che le isole del fiume
dovessero essere comprese nel territorio russo. I limiti a levante furono
fissati in modo tale che una parte dell'Armenia turca, con la città d' Akhal-
tzik e la fortezza di Akhalkalaki passasse sotto il dominio della Russia. La
Turchia concedelte pure che la sovranità della Russia si estendesse sopra
la Georgia, Tlmerizia, la Mingrelia, il Gouriel ed altri paesi caucasici. Ai
vascelli mercantili russi fu permesso il passaggio dei Dardanelli e del Bosforo,
0 in aitre parole, il Mar Nero, fu aperto alle navi appartenenti alle nazioni
in pace colla Turchia; la Russia ottenne il diritto di navigazione sul Danubio.
Le anteriori convenzioni riguardanti i Principati danubiani furono confer-
mate, e fu pure stabilito che gli Ospodarì dovessero essere nominati a vita
al loro ufficio, non potendo essere destituiti che nel caso che commettessero
UD delitto. La Russia arrivò cosi ad acquistare un più completo diritto di
intervenire negli affari politici dei Principati (2).
Trattato di Londra.
1831, Gennaio 26 e Novembre 15.
tt. ISSI
Col trattato di Londra del 26 genn. i831 fu fatta la definitiva sepa-
razione del Belgio dall'Olanda. Esso fu sottoscritto dalle cinque Potenze da
una parte e dal Belgio dall'altra (3). A tale trattato fu poi sostituito l'altro
sottoscritto dalle stesse Potenze il 15 novembre. Mediante tali trattati il
Belgio fu dichiarato Stato indipendente e neutro, e l'integrità e l'inviola-
bilità del suo territorio f\irono garantite dalle cinque grandi Potenze
segnatario.
(1) Martens, n. f., Ym, 148.
(8) Martems, n. s., p. 155.
(8) Martens, u. b., XI, 390.
1
XCU Aiyjyendice 1.
Convenzione di Londra.
1832, Maggio 7.
in. 483S.
Essa fu conclusa fra la Francia, T Inghilterra e la Russia da un lato, e
la Baviera dall'altro (1). La corona della Grecia, essendo questa stata eretta
a regno, venne offerta, in eonformità dei voti della nazione greca, al Re di
Baviera, per essere posta sul capo del secondogenito di lui Federigo Ottone,
il quale Faccettò. I confini del regno furono fissati mediante un trattato
eolia Turchia, a forma di un protocollo in data del 26 settembre 1831. Ud
imprestito al Re della Grecia fu garantito dalla Russia, e, subordinatamente
alla condizione dell'autorizzazione delle Camere e del Parlamento, dalla
Francia e dall'Inghilterra.
Trattato di Unkiar-Skelessi.
1833, Luglio 8.
■o.f8S3.
La convenzione di Unkiar-Skelessi fu conclusa fra la Russia e la Turchia
dopo le vittorie d'Ibrahim Pacha in Siria e nell'Asia Minore, e dopo la
pace di Kutaieh fatta dallo stesso Ibrahim colla Turchia il 6 ma^o 1832.
Le due parti fecero un'alleanza, stabilendo di difendersi scambievol-
mente nel caso che una di esse venisse assalita e che domandasse soccorso»
In un articolo segreto fu aggiunto, che la Russia esimeva la Turchia dal
prestare l'aiuto pattuito, a condizione che essa avesse chiuso i Dardanelli
per tutti i bastimenti da guerra stranieri (2).
In una protesta della Francia contro questo trattato, che fii considerato
da lei idoneo a cagionare un probabile intervento armato della Russia negli
affari intemi della Turchia, è detto che, qualora le circostanze lo richie-
dessero,, la Francia avrebbe agito come se tale trattato non esistesse (3). Se
la Russia, fosse riuscita a far mantenere gli impegni assunti con questa
convenzione verso di lei dalla Turchia, essa sarebbe arrivata a stabilire un
protettorato permanente su questa Potenza (4).
(1) Martens, u. s., X, 550.
(2) Martens, N. Rec.y XI, 655.
(3) Martens, u. s., 659.
(4) Confr. ciò che dice Wheaton dì questo trattato e dei trattati d'Akkerman •
d*AdrianopoIi, nella sua htoriaf parte 4, §§ 29, 30.
Trattati delV Epoca moderna XCIll
Trattato di Londra,
1840, Luglio 15.
•n. 4840.
La convenzione chiamata il Quadruplo Trattato dì Londra, fu conclusa
nel 1840 fra la Gran Bretagna, T Austria, la Prussia e la Russia da una
parte, e la Porta ottomana dair altra, collo scopo di pacificare il Levante
Tale convenzione ebbe origine da una domanda fatta dal Sultano onde
ottenere aiuto, essendo il suo impero messo in pericolo da Mehemet Ali,
Pacha d'Egitto, di lui ribelle vassallo, allora in Siria, e che minacciava dì
condurre un esercito verso Costantinopoli. U Sultano faceva conoscere a
quali condizioni esso avrebbe trattato con il Pacha. Se questi abbandonasse
i suoi ostili disegni dentro un dato numero di giorni avrebbe il Pachalik
d'Egitto per so stesso e per i suoi discendenti in linea retta, ed il titolo di
Pacha d'Acre, come pure la fortezza di San Giovanni d'Acre, ed il governo
della parte meridionale della Siria. Se esso indugiasse molto più del tempo
stabilito, la Siria non gli verrebbe più data. Se esso rifiutasse tutte le
offerte, sarebbe privato del suo Pachalik, e respinto al di là del territorio
da esso invaso; allora, se si sottomettesse, sarebbe reintegrato nel suo
governo egiziano, con diritto di trasmetterlo ai suoi discendenti diretti.
Le quattro Potenze convenivano d'inviare soccorsi per terra e per mare
a seconda dei mezzi dei quali ciascuna di esse era in grado di poter disporre.
Il Sultano faceva noto, che, se accadesse, che gli Stretti dei Dardanelli
ed il Bosforo, con la capitale dell'Impero, dovessero essere posti sotto la
salvaguardia delle Potenze contraenti, ciò dovrebbe essere considerato
come misura eccezionale, adottata dietro espressa domanda del Sultano, ed
in nessun modo atta ad invalidare l'antica regola, la quale proibiva ai basti-
menti da guerra delle Potenze straniere di entrare in codesti stretti. Le
quattro Potenze convennero di rispettare la regola.
Convenzione degli Stretti.
1841, Luglio 13.
tn. mi.
Nel 1841 un'altra Convenzione fu conclusa fra le stesse Potenze (alle
quali si unì la Francia) e la Porta per riconfermare il principio della chiu-
sura degli Stretti. Il Sultano dichiarò essere sua ferma volontà di inibire
a qual si fosse nave da guerra straniera di entrare negli stretti del Bosforo
e dei Dardanelli riservandosi il diritto di permettere, a piccole navi ordi*
xciv Appendice L an. ifUi.
narie, che issassero bandiera dì guerra, e che fossero impiegate nei pub*
blici servizi di Potenze amiche, di passare detti Stretti, parche proyredate
di un firmano. Egli presentò a tutte le Potenze, colle quali esso era in ter-
mini d'amicizia, questa Convenzione, richiedendole di accedervi. Le cinque
Potenze fecero conoscere il loro unanime proposito di conformarsi a questa
antica regola dell'Impero Ottomano e si impegnarono a rispettare la
volontà del Sultano.
Cosi la regola della chiusura di quegli Stretti entrò a far parte del
diritto pubblico scritto dell'Europa (1).
Trattato di Washington.
1842, Agosto 9.
111.1849.
D trattato di Washington fu concluso a fine di addivenire ad una retti-
ficazione di confini fra gli Stati Uniti ed i possessi inglesi del nord-est. Furono
pure, mediante tale trattato, stabilite certe regole da essere osservate per
rapporto airestradizione e furono prese alcune disposizioni onde soppri-
mere la tratta dei negri (2).
Convenzione relativa al Ducato di Lucca.
i844, Novembre 28.
.aa. f 8U.
Il trattato fra i duchi di Toscana, di Lucca e di Modena, fu fatto in pre-
visione della morte dell'imperatrice Maria Luisa, duchessa di Parma, che
accadde poi il 18 dicembre del 1847. Si volle regolare l'avvenimento,
quando il duca di Lucca avrebbe dovuto divenire duca di Parma, Piacenza
e Guastalla, e Lucca avrebbe dovuto passare sotto la Toscana (3). Il duca
dì Lucca (futuro duca di Parma) convenne di cedere a Modena Guastalla ed
il territorio parmense, posto sulla riva destra dell'Enza. Modena rinunziò
in favore della Toscana ai vicariati di Barga e di Pietra Santa (4) — ì
quali dovevano divenire modenesi quando Lucca andasse alla Toscana —
ed a vantaggio di Parma i distretti di Bazzane, e di Scurano sulla riva
sinistra dell'Enza. La Toscana cede a Parma le sue possessioni nella Luni-
(1) Martens, Nouv. Reo. gén., I, 156-207; II, 126-130. — WHKàTON, Historie^
82,38.
(2) Martens, Nouv, Ree. gén., in, 456.
(8) Vedi Congresso di Vienna, n. 12.
(4) Atto finale del Congresso di ViennOf art. CU.
an. 18U. Trattati delV Epoca moderna XGV
giana, Pontremoli, Bagnone e loro dipendenze. Questi assetti territoriali
assegnarono ai Ducati dei confini molto più ad essi confacenti, liberandoli
dalle enelaves (dai territori che facevano punta dentro i loro Stati). L'Au-
stria e la Sardegna — i diritti di riversione dei quali, ad esse conferiti dal
trattato di Aquisgrana, venivano in questo modo ad essere lesi, quelli cioè
dell'Austria per rapporto à Parma e Guastalla, e quelli della Sardegna a
riguardo di Piacenza — intervennero e modificarono tali loro diritti, di
maniera che il diritto di riversione in favore dell' Austria fosse trasferito
sul nuovo territorio parmense nella Lunigìana, il quale fa ceduto alla Sar-
degna come indennità per la perdita della città di Piacenza, la quale, in
virtù di un patto speciale del 20 maggio 1815, concluso a Vienna, doveva
divenire austrìaca tostochè il Ducato dello stesso nome, per diritto di river-
sione, andasse alla Sardegna (1).
Trattato di Guadalupa,
1848, Febbraio 2.
an. i848.
Col trattato di Guadalupa-Hidalgo, concluso nel 1848, il Texas, il Nuovo
Messico e la California Superiore venivano ceduti agli Stati Uniti, i quali
convenivano di restituire tutte le altre conquiste e di pagare al Messico
quindici milioni di dollari e di considerare come diretti contro di essi,
assumendone la responsabilità in proprio, tutti quei reclami tendenti ad
ottenere il riconoscimento di diritti che cittadini americani avessero soste-
nuto d'avere contro il Messico, tanto che per rapporto a tali reclami fosse
stato 0 che non fosse stato deciso, purché sempre però questi fossero stati
fatti prima della sottoscrizione del trattato (2).
Questione Danese.
18484852.
tn. 1848-5t.
Le discussioni riguardanti Io Schleswig-Holstein, tra la Danimarca e la
Germania, dettero origine a vari trattati.
Il trattato di Londra dell' 8 ma^o 1852, avendo stabilito in principio
l'integrità della monarchia danese e regolata la successione in caso che &
re di Danimarca venisse a morire senza discendenti maschi, parve avere
cosi tolto ogni pretesto di dissensi, ma la questione dei Ducati fu non per-
ei) Martens, N. R. gén., XV, 1-42.
(2) MURHARD, XIY, 7.
XCM Appendice L u. Ì848-5S.
tanto risollevata dopo dodici anni e risoluta a detrimento deUa monardiia
danese (1).
Vedi il trattato di pace di Beriino 10 luglio 1849, quello definitivo sotto-
scrìtto pure a Beriino il 27 luglio 1850, il trattato di Londra dell' 8 maggio
1852 e il trattato di Vienna del 30 ottobre 1864 in seguito*
Trattato di Parigi,
1856, Marzo 30.
an. 1896.
La guerra di Crimea terminò col trallalo concluso a Parigi nel 1856 fra
l'Austria, la Francia, la Gran Bretagna, la Russia, la Sardegna e la Porta
Ottomana. La Prussia fu pure invitata ad intervenire e prese parte a quanto
con tale trattato fu stipulato.
Le principali disposizioni, che in virtù di esso furono prese, sono le
seguenti :
lo II Mar Nero fu neutralizzato e dichiarato aperto al commercio di
tutte le nazioni e chiuso per le navi da guerra. Fu solo concesso, tanto alla
Porta che alla Russia, di mantenervi una piccola forza navale per il ser-
vizio di finanza, a condizione però che esse non tenessero arsenali sulle
sue coste. In armonia con questa disposizione, fu stabilito di mantenere in
vigore l'antico principio ammésso dalla Turchia, che cioè nessun basti-
mento da guerra potesse entrare nei Dardanelli e nel Bosforo, eecettnati i
piccoli vascelli addetti al servizio delle Legazioni delle Potenze amiche e
dei potentati ai quali, a seconda del trattato, fu attribuito il diritto di fare
stazionare certe navi alle bocche del Danubio (2) ;
2^ Il Danubio fu dichiarato aperto al commercio e la sua navigazione
assoggettata ai principii relativi ai fiumi che separano o attraversano più
Stati. Una Commissione fu istituita per provvedere a quanto potesse occor-
rere onde assicurare la libera navigazione del Danubio affidando alla mede-
sima di terminare il suo compito entro lo spazio di due anni e di sottomet-
tere alle Potenze medesime il risultato dei provvedimenti presi, dopo di
che sarebbe stato poi nominata una Commissione permanente per provve-
dere air esecuzione dei regolamenti approvati per mantenere la libera navi-
gazione del Danubio e delle sue imboccature (art. XVI-XVIII);
3^ I confini della Bessarabia furono un poco cambiati, a fine di togliere
alla Russia il comando delle bocche del Danubio, ed il tratto di territorio
(1) Martens, N. R. gén.p XY, 770,
(2) Articoli XI-XIV.
an. 1856. Trattato di Parigi del 1856. XCVII
COSÌ ceduto dalla Russia fu aggiunto alla Moldavia (articoli XX-XXVI).
« luoghi tolti in guerra alla Russia furono restituiti (art. IV).
4^ Alla Moldavia e alla Valacchia, come Stali posti sotto l'alto dominio
del Sultano, furono confermati dalla Sublime Porta i loro privilegi, venendo
questi garant ti dalle Potenze contraenti ; ma fu per altro stabilito che nessuna
esclusiva protezione avrebbe potuto essere esercitata su di tuli paesi da nes-
suno dei potentati rimasti garanti, né ammesso nessun separato diritto d'in-
tervenire negli affari intemi dei medesimi. La Moldavia e la Valacchia dove-
vano pure avere un' amministrazione nazionale indipendente, libertà di culto,
di legislazione, di commercio ; un esercito del paese e le loro leggi dove-
vano essere rivedute da una Commissione formata da tutte le parti contraenti .
La Sublime Porta s'impegnò ad ammettere la revisione delle leggi e
degli statuti in vigore nei detti Principati e per stabilire un completo
accordo a riguardo di tale revisione, fu convenuto che una Commissione
speciale, nominata d'accordo dalle Potenze medesime contraenti, si sarebbe
riunita a Bukarest e che colla cooperazione di un commissario della Porta
avrebbe preso cognizione dello stato delle cose dei Principati e proposte le
basi della loro futura organizzazione (art. XXIII) (1);
ò° La Serbia, continuando a godere dei suoi privilegi, fu posta sotto
la stessa guarentigia. Il diritto del Sultano di tenere guarnigioni in tale
paese fu però rispettato ;
6^ 11 Sultano fu ammesso a partecipare ai vantaggi del diritto pub-
blico europeo ed a quelli risultanti dall'azione collettiva ; ed al medesimo
fu assicurata l'indipendenza e l'integrità del suo Impero.
Il firmano del 18 febbraio 1856, il quale poneva tutti i Cristiani dimo-
ranti in Turchia, e che professavano i varii culti del Cristianesimo, allo
stesso livello dei Maomettani, quanto alla vita, alla proprietà ed alla reli-
gione, ecc., fu riconosciuto dalle altre Potenze, le quali però rinunziavnna
a qualunque diritto d'intervenire fra il Sultano ed i suoi sudditi o d'inge-
rirsi dell'amministrazione intema (art. VII-IX);
Le sei Potenze cristiane s' impegnarono di rispettare, ciascuna per la
propria parte, l'indipendenza e l'integrità dell'Impero Ottomano; esse si
obbligarono a guarentire in comune la stretta osservanza di questo impegno
e a considerare qualunque atto, che violasse la promessa fatta, come una
questione d'interesse generale (art. VII). Esse s'impegnarono pure a fare
(1) Per rigaardo aHa convenzione che organizzò i Principati, e che Ai firmata
a Parigi il 19 agosto 1858, vedi Martens, N. K gén., XVL 2, 50.
44 — Fiore, Dir. inteni. nodif.
XCVIII Appendice L as. 1856
il loro possibile onde impedire qualunque dissidio che potesse nascere fra
la Porta ed una o più delle Potenze firmatarie (art. Vili).
Uno speciale trattato, concernente gli Stretti, fu fatto tra Russia e Turchia.
Il fatto più importante^ che fu compiuto dal Congresso di Parigi è quello
della dichiarazione fatta dai plenipotenziari convenuti, prima di sciogliersi,
relativamente ai quattro principii che si dovevano considerare come diritto
comune delle Potenze contraenti e di quelle che avrebbero fatto adesione
in avvenire, a riguardo della guerra marittima, cioè :
ì^ La corsa è e rimane abolita ;
2^ La bandiera neutra copre la merce nemica, eccetto solo il con-
trabbando di guerra;
3<> La merce neutrale non è confiscabile a bordo di nave nemica,
eccetto solo il contrabbando di guerra ;
¥ Il blocco non è reputato obbligatorio se non quando sia effettivo.
I plenipotenziari formularono inoltre il seguente voto :
a Gli Stati, fra i quali sorgesse qualche dissidio, prima di ricorrere alle
armi ricorreranno ai buoni uffizi di una Potenza amica » (1).
Provvedimenti relativi ai Principati.
1858-1866.
an. 1858-66.
Dopo il trattato del 1856, col quale furono regolati i rapporti fra la
Russia e la Turchia, parecchi e nuovi assetti furono fatti, in virtù di nuove
stipulazioni, aggiunte a quelle di Parigi. Le principali di esse, le quali si
riferiscono ai Principati danubiani ed al Mar Nero, sono le seguenti:
1^ Un nuovo ordinamento fu dato ai Principati il 19 agosto 1858 dalle
selle Potenze adunatesi a Parigi (2). Fu stabilito che essi dovessero rima-
nere autonomi sotto Tallo dominio della Turchia e godere dei privilegi a
loro confermati dai diversi atti, particolarmente ààlYhaUi seheri/T (iecreio
imperiale) del 1834 e guarentito dalle sei Potenze: che il Governo doveva
essere affidato ad ospodari eletti a vita dall'Assemblea e dovevano avere
compito 35 anni d'età ed essere figli di genitori nati in uno dei Principati,
(1) d Les Plénipotentiaires n'hésitent pas à exprimer, au nom de leurs Gou-
vernements, le vccu qiie les États entre lesquels s'éleverait un dissentiment sérìeux,
avant d*en appelor aux armes, eussent recours, en tant qne les circonstances Tad-
mettraient, aux bons offìces d'une Puissance amie » .
Martens, N. R, gin., XV, 791. Protocole, n. 23. — Séance du 14 avrU1856.
(2) Martens, K R, gén., XVI, 2, 50.
an. i8584)6. Provvedimenti relativi ai Principati XCIX
che l'Assemblea sarebbe stata eletta per sette anni sotto la presidenza del
metropolitano, il quale ex officio si doveva ritenere chiamato a far parte di
tale corporazione, come dovevano reputarsi pure tali i vescovi aventi dio-
cesi. I requisiti necessari per essere elettori e per essere nominati rap-
presentanti furono determinati dalle Potenze firmatarie. Una Commissione
centrale composta di sedici membri, otto dei quali nominati dai Principati,
quattro dagli ospodari e quattro dalle Assemblee, fu istituita coirufficio di
vegliare all'andamento del Governo, di rivedere e preparare le leggi di
interesse comune ad ambedue i Principati e di codificarle.
I Principali manifestarono il desiderio di formare una più stretta unione
e di eleggere un principe straniero, ciò che era loro proibito di fare dalla
legge organica, ch'era stata fatta a Parigi nel i858. Nel 1859 le Assemblee
dei due Principati, avendo eletto il principe Couza (1), un protocollo del
6 settembre 1859 convalidò questa doppia nomina e con un firmano del
4 dicembre 1861, la Porta e le Potenze rimaste garanti permisero, fino a
che il governo di Couza durasse, questa violazione dell'ordinamento stabi-
lito nel 1858. La rivoluzione rovesciò il governo di Couza ed un governo
provvisorio fu nominato nell'estate del 1866. Il principe Carlo di Hohen-
zollem era stato proposto come successore di lui Gli ambasciatori delle
ideile Potenze si riunirono a Parigi nel 1866, ma non poterono fare altro
che accettare lo stato di cose imposto loro dai rivoluzionari dei Principati.
Il consenso della Turchia fu espresso in un firmano in data del 23 ottobre
1806, creando il principe Carlo principe dei Principati Uniti.
Egli fu fatto principe con titolo ereditario da trasmettersi in linea diretta
e qualora questa venisse ad estinguersi un firmano imperiale avrebbe ele-
valo a tale dignità il più anziano dei di lui discendenti. Esso s'impegnava
di rispettare i diritti del Sultano, di non conferire nessun ordine o decora-
zione, di aumentare il tributo, il quale fino allora era stato corrisposto, di
tenere un esercito, il quale non doveva oltrepassare i 30,000 uomini, di
non permettere che il suo territorio divenisse il punto di ritrovo dei distur-
batori della pace, d'osservare le convenzioni ed i trattati fatti fra il Sultano
e le altre Potenze, fino a che essi non violassero i diritti dei Principati e
di non concludere trattati direttamente colle Potenze straniere.
(1) Vedi a prova di questo. Articoli VI, VII; N. R. gén., XVI, "2, 50 et seg
Appendice L
Trattati colla Cina.
1858.
an. Ift»^
I trattati i quali hanno aperto i porti della Cina a parecchie delle
Potenze straniere meritano di essere considerati sotto il punto di vista dei
valore che hanno, inquantochè essi hanno reso applicabile a quei paesi il
Diritto intemazionale.
Nel trattato francese del 2C giugno 1858 èdetto>che gli agenti diploma-
tici avrebbero goduto nel luogo della loro dimora le immunità e i privilegi
ad essi guarentiti dal Diritto internazionale, vale a dire, che le loro per-
sone, la loro casa, la loro famiglia e le persone del loro seguito sarebbero
inviolabili. In virtù di tale trattato i consoli o gli agenti consolari possono
essere inviati a risiedere in certi porti marittimi o fluviali : è concesso il
diritto di fabbricare, nei porti aperti, case, chiese, scuole, ecc. : è per-
messo ai Francesi, provvisti di passaporto rilasciato ad essi dai loro con-
soli e dai loro agenti diplomatici, di frequentare i luoghi deirìntemo ed i
porti non aperti al commercio straniero. I membri di tutte le comunioni
cristiane possono godere della libertà personale e della libertà di culto, e
sono protetti i missionari i quali penetrano neir interno del paese, purché
sìeno provvisti del passaporto regolarizzato nel modo di sopra indicato.
Non è impedito a nessun cinese d'abbracciare il Cristianesimo (1).
Oostituzion» del Regno d* Italia (1869*1870)
Pace di Villa franca (1859, 11 luglio)— Trattato di Zurigo (1859, 10 nov.).
an. 1899.
La guerra tra F Austria, la Francia e la Sardegna, che ebbe luogo nel
1859, fu terminata coi preliminari di pace conclusi a Villafranca 1' 11 di
luglio, e col trattato di pace definitiva, sottoscritto a Zurigo, il 10 novembre
dello stesso anno (2).
I trattati tra le dette parti conclusi sono tre : due dei quali fra TAu-
stria, e ciascuna delle altre parti, ed uno, il quale le concerne tutte e tre.
L'Austria cede alla Francia, e la Francia trasferi alla Sardegna, quasi
tutta la Lombardia. La linea di confìne del territorio ceduto fu stabilita
(1) Martens, N. Ree. gén., XVII, 1, 2.
(2) Martens, XVI, 2, 516.
SD. i859. Costituzione del Regno d'Italia C.
che si dovesse estendere dal limite meridionale del Tirolo^ tracciata
lungo il Lago di Garda, attraverso il mezzo di questo lago, Ono in vici-
nanza della fortezza di Peschiera, dove s' incontrava colla circonferenza
d'una zona fatta da un raggio di 3500 metri in più della distanza che
esisteva dal centro del forte alla parte più estema delio spalto, e da
questo, ed intorno a tale circonferenza al punto dove questa raggiunge
il Mincio, per poi accompagnare il ramo principale di questo fiume fino
a Le Grazie, e per dirigersi da Le Grazie in linea retta al Po, per con-
tinuare il suo cammino lungo il principale ramo del Po fino a Luzzara,
dove l'antica linea di confine dei territori austriaco e sardo si incontrava
con tale fiume.
Fu pure convenuto, che l'Austria avrebbe ricevuto dalla Francia la
somma di quaranta milioni di fiorini come porzione del debito nazio-
nale del 1854, ed in contraccambio la Sardegna avrebbe pagato alla
Francia cento milioni di franchi in tanto consolidato cinque per cento,
olire sessanta milioni a titolo di rimborso per le spese di guerra. II
Governo sardo assumeva l'impegno di prendere sopra di sé tre quinti
del debito del Monte Lombardo- Veneto, o della banca dei prestiti.
Nel trattato fra la Francia e l'Austria, le due parti s'impegnavano
a favorire la formazione di una Confederazione italiana, a capo della
quale dovea essere posto il Papa, e stabilirono, che, quando tale Con-
federazione fosse stata fatta, sarebbe entrato a farne parte il Veneto,
avanzo dei dominii austriaci in Italia, rimanendo ciò non ostante sog-
getto alla corona austriaca. Nello stesso trattato ò detto che i diritti dei
duchi di Toscana, di Modena, e di Parma, ai loro domini, dovevano
reputarsi riservati, essendo essi rimasti estranei ai patti interceduti tra
le parti contraenti, e conseguentemente esclusi dal subire mutamenti
dei loro possedimenti territoriali senza il concorso delle Potenze, le quali
aveano firmato il trattato di Vienna del 1815, che tali possedimenti ad
essi garantiva.
Come conseguenza della cessione della Lombardia e col pretesto di
mantenere l'equilibrio politico, la Sardegna, in virtù di un trattato
firmato a Torino il 24 marzo 1860, cede alla Francia la Savoia, ed il
circondario di Nizza, senza modificare però lo stato delle cose coi prece-
denti trattati stabiliti a riguardo delle parti della Savoia vicino alla Sviz-
zera, che erano trasferite col vincolo della neutralità imposto nel 1815 (1).
(1) Martens, Nouv. Reo. gén., XVI, 2, 539.
cu Appendice L
Avvenimenti dopo il i859.
an. f 959.
Altri importanti mutamenti avvennero poi in Italia in cons^;ueuza
delia rivoluzione e dei plebisciti.
Le Provincie di Parma, avendo nominato un'Assemblea costituente
nel settembre 1859 ed avendo essa espresso il voto che le dette Pro-
vincie dovessero essere annesse al Regno Sardo, il Re di Sardegna accettò
la proposta di annessione il 15 settembre, ed affidò al Principe Eugenio
di Savoia la Reggenza delle province parmensi. Modena segui la stessa
via, avendo l'Assemblea costituente deliberato il 19 agosto l'annessione
delle province modenesi al Regno Sardo. La Romagna fece lo stesso e
con decreto del 18 marzo 1860 fu accettato il suo voto di annessione
alle altre province italiane per costituire il Regno d* Italia. La Toscana
fu pure annessa in conseguenza del plebiscito, ed ammessa a far parte
integrante dello Stato con decreto del 22 marzo 1860, e lo stesso accadde
delle province di Napoli, annesse con decreto del 17 dicembre dello
stesso anno, e votata poi e decretata l'annessione delle province sici-
liane, delle Marche, e dell'Umbria fu proclamata la costituzione del
Regno d'Italia nel 1861, quando Vittorio Emanuele II assumeva, in con-
formità della legge votata dal Parlamento italiano il 17 marzo di quel-
l'anno, il titolo di Re d' Italia per sé e suoi successori.
Restavano tuttora soggette all'Austria le province di Venezia e di
Mantova, ma l'Italia seppe opportunamente profittare della sopravvenuta
ostilità tra l'Austria e la Prussia e si alleò con quest'ultima sottoscrivendo
un trattato di alleanza offensiva e difensiva 1*8 aprile 1866. Conseguente-
mente mentre gli eserciti prussiani invadevano il territorio austrìaco l'eser-
cito italiano intraprendeva la guerra contro l'Austria per rivendicare le
province del Lombardo-Veneto. La guerra terminò presto. L'Austria vinta
a Sadowa dalla Prussia, fu costretta a domandare la mediazione della
Francia per stabilire le condizioni della pace ed arrestare gli eserciti vit-
toriosi che si avanzavano sulla strada di Vienna, e fu costretta a stabilire
le condizioni della pace colla Prussia e coli' Italia. Essa cede dapprima
all'Imperatore dei Francesi il regno Lombardo-Veneto col trattato concluso
colla Francia il 24 agosto 1866. Poi fu concluso il trattato di pace defini-
tivo tra l'Austria e l'Italia il 3 ottobre dello stesso anno, col quale l'Austria
acconsenti a che le province Lombardo- Venete potessero liberamente
esprimere col plebiscito la volontà di annettersi al Regno d' Italia, ed in
an. 4859. Trattati relatwi al Regno di arreda QU
conseguenza del voto del popolo l'annessione delle province di Venezia
e di Mantova fu decretala il 4 novembre 1866.
Fu altresì uno dei patti concordati fra l'Austria e la Francia col
mentovato trattato del 4866, che le frontiere del Veneto verso l'Austria
sarebbero state considerate come i limiti Ira i due Stati ; che il Governo
Italiano avrebbe preso a suo carico la parte del debito del Monte
Lombardo -Veneto, che in virtù dell'art. 7 del trattato di Zurigo era
rimasta a carico dell'Austria, e furono presi altresì opportuni accordi
per regolare la condizione degli abitanti e degli originarii delle province
cedute ; per determinare la partecipazione dei due Stati ai debiti e pre-
stiti dei territorii ceduti, alle concessioni delle ferrovie e a quanto potea
concernere gl'interessi reciproci delle parti contraenti.
Con tale trattato la costituzione del Regno d' Italia addivenne un fatto
compiuto e legalizzato rispetto all'Austria.
Nel 1870 anche le province Romane furono ammesse in conformità
del plebiscito a far parte integrante del Regno d' Italia col decreto del
9 ottobre di quell'anno, convaUdato poi con la legge del 31 dicembre dello
stesso anno.
Codesti avvenimenti presi nel loro insieme costituiscono uno dei fatti
più importanti contro l'assetto stabilito dal Congresso di Vienna e sulla
distribuzione dei possedimenti territoriali da esso garantiti.
Trattato di Londra relativo al Regno di Grecia.
1863, Luglio 13.
an. 4863.
Il trattato concernente il trono di Grecia fu concluso fra la Dani-
marca da un lato, la Francia, la Gran Bretagna e la Russia dall'altro,
in qualità di Potenze garanti e protettrici in virtù della convenzione del
7 maggio 1832. Ottone, appartenente alla casa di Baviera, re di Grecia,
era stato espulso da una rivoluzione, accaduta nell'autunno del 1862.
Dopo alcune trattative, la corona, dietro consiglio delle Potenze, fu offerta
dall'Assemblea greca ad un principe danese. In questo mentre la Gran
Bretagna fece sapere, che essa era pronta ad abbandonare il protetto-
rato delle isole Jonie, considerando che esse avrebbero potuto essere
unite alla Grecia, a condizione però che le Potenze, le quali erano parti
contraenti del trattato del 5 novembre 1815, volessero dare il loro con-
senso, e che la Grecia rimanesse monarchia. Il re di Danimarca prese
parte al trattato come rappresentante d'un membro della sua famiglia.
GIV Appendice L tn.
I principali articoli furono:
. 4. Il re di Danimarca, come rappreseniante del principe Giorgio —
figlio dei principe Cristiano — accettava per esso prìncipe Giorgio la
sovranità ereditaria della Grecia, che l'Assemblea gli aveva oflerta da
parte della nazione. Esso avrebbe però il nome di Giorgio 1^ e la Grecia
avrebbe formato una monarchia costituzionale indipendente.
2. Le isole Jonie avrebbero fatto parte della Grecia, qualora il Par-
lamento Jonio, e le Corti di Francia, d'Austria, di Russia e di Prussia,
avessero dato a ciò il loro consenso.
3. Le corone di Grecia e di Danimarca non avrebbero mai potato
fondersi in una sola, e cingere il capo d'un solo Re.
4. I successori legittimi di Giorgio I avrebbero professato la fede
della Chiesa ortodossa orientale.
5. La Gran Bretagna avrebbe consigliato il Governo delle Isole
Jonie ad aggiungere diecimila lire sterline alla lista civile del Re greco,
e le tre grandi Potenze di sopra menzionate avrebbero ceduto ciascuna
ogni anno quattromila lire sterline detratte dagl' interessi del debito con-
tratto dal Governo greco, onde fare una donazione al Re in di più della
lista civile fissata dalla legge dello Stato (1).
Unione delle Isole Jonie alla Grecia,
1864, Marzo 29.
n. 18B4.
II trattato, relativo all'unione delle isole Jonie colla Grecia, fra le tre
Potenze protettrici (sopra indicate) e la Grecia, in sostanza non fece altro,
che chiamare in vigore le disposizioni prese il iA novembre 1863 dalle
tre Potenze di già citate e dall'Austria.
Con tale trattato fu stabilito:
i . Che le sette isole Jonie avendo manifestato il loro consenso a
mezzo del loro Parlamento, ed essendo stato accettato l'abbandono fatto
da parte della Gran Bretagna del protettorato di lei su di esse, avrd>-
bero formato parte della monarchia greca.
2. Le isole di Corfù e di Paio colle loro dipendenze avrebbero
goduto una neutralità perpetua.
Nel trattato del 14 novembre 4863 era stato provveduto che questa
(1) Martens, N, R. gèli., XVII, 279; Annuaire des DeuohMondes del 186^
1863, XII. 999.
an. i864 Questione dei Ducati danesi CY
neutralità fosse estesa a tutte le isole Jonie e loro acque, ma in questo
trattato la neutralità fii più limitata, avendo il Governo greco manifestato
il desiderio che cosi si facesse.
3. Fu stabilite che dovessero rimanere in vigore tutti i trattati
commerciali esistenti y e che non dovesse essere fatto ad essi nessun
mutamento prima di quindici anni.
4. Fu assicurate il rispetto della Chiesa greca, riconosciuta la spe-
ciale protezione goduta dalla Chiesa cattolica romana, la libertà di culto,
r^uaglianzd civile a forma della Costituzione delle Isole in allora vigente.
5. L'aumento alla lista civile del re di Grecia, il quale a norma
del mentovato trattato del 13 luglio 1863, la Gran Bretagna dovea con-
sigliare di fare approvare, fu elTeltivamente approvato dall'Assemblea
legislativa delle Isole, e dalle tre Potenze.
6. A forma del trattato del 14 novembre 1863, le fortezze di Corfù
e loro dipendenze dovevano essere demolite prima che le truppe inglesi
le abbandonassero. Nulla essendo stato detto intomo a ciò in questo
trattato, i Greci desideravano di conservarle, ma esse furono smantellate
tanto quanto fu possibile.
7. Le tre Corti garantirono alle Isole la posizione che a loro spettava,
come parte del territorio di una monarchia costituzionale indipendente.
Questione dei Ducati Schleswig e Holstein.
La questione dei Ducati di Holstein e dello Schleswig, che avea cagio-
nato la guerra tra la Danimarca e la Prussia nel 1848, terminata poi
col trattato di Londra dell' 8 maggio 1852, fu risollevata, quando avvenne
la morte di Federico VII, il 13 novembre 1863.
I Ducati di Holstein e di Lauenburg, entrambi germanici, apparte-
nevano alla Danimarca, ed il Re danese avea fatto parte per tali Ducati
fin dal 1815 della Confederazione germanica. Secondo le antiche Carte
feudali essendo escluse le donne dalla sovranità, si sosteneva da una parte
che, quando la corona danese fosse restata senza successori di linea
maschile, quei Ducati dovessero essere separati dalla Danimarca. Questa
eventualità era stata prevista da Cristiano Vili Re di Danimarca, il quale,
essendo sul trono il di lui figlio Federigo VII, che, nonostante due mairi-
monii, era restato senza prole, promulgò un Decreto per regolare la
successione, onde impedire la separazione dei Ducati ed effettuare invece
il disegno di mantenerli uniti più strettamente al Regno.
evi Appendice L
Le tendenze che si manifestavano, specialmente nella Germania del
Nord, di attuare una maggiore unità politica tra tutti i paesi alemanni,
e l'ingerenza della Dieta di Francoforte a riguardo di tutti gli Stati e
Principati che formavano parte della (Confederazione germanica, fondata
sulla Costituzione di quella Confederazione, giustificavano Fazione con-
tinua della Dieta stessa, per impedire che quei Ducati fossero incorpo-
rali alla Danimarca ed attirare THolstein nell'unione germanica. Anzi
essendovi pure nello Schieswig, Ducato danese, molti di razza germanica,
perchè effettivamente, se si eccettui la parte nord di esso, ivi si parla
tedesco, si tendeva estendere a quel Ducato l'azione per aggregarlo alla
Germania e separarlo dalla Danimarca.
Queste due opposte tendenze hanno tenuto viva la cosi détta que-
stione danese, perchè da una parte i Re di Danimarca miravano ad incor-
porare più strettamente quei Ducati, e le Potenze germaniche, dall'altra,
miravano invece a separarli. Bisogna poi aggiungere a questo che il
Ducato di Holstein sopra tutto inclinava piuttosto verso la Germania.
Il trattato di Londra del 1852 non potè risolvere definitivamente la
controversia, perchè in esso la questione della successione fu riservata.
La Confederazione germanica non volle neanche accettare la Costituzione
pubblicata nel 1855 da Federico VII Re di Danimarca, perchè la con-
siderò ispirata dall' intenzione di unire più strettamente quei Ducati alla
Danimarca, mentre essa sosteneva che dovessero far parte della Confe-
derazione.
Quando avvenne la morte di Federico VII, il 13 novembre 1866, la
questione della successione ai Ducati divenne una contesa di attualità.
Il Duca di Glucksburg, Cristiano, sali sul trono, ma la Confederazione
germanica non riconobbe i suoi diritti ai Ducati come fondati sulla le^e
di successione, perchè essa non l'aveva approvata, e sosteneva invece
che si dovesse applicare l'antica legge. In virtù di questa diversi accam-
parono i loro diritti alla successione dei Ducati, e tra gli altri il Prin-
cipe d'Augustenbui^, il quale sostenendo di dover essere il successore,
dichiarava che avrebbe assunto il governo di quei paesi, che a lui spet-
tavano. Le sue pretese erano sostenute dalla Germania.
La questione si complicò poi, perchè Cristiano promulgò una Costi-
tuzione, in virtù della quale lo ScMeswig era incorporato propriamente
al regno. Le Potenze germaniche non vollero approvare tale Costituzione
e sostennero il movimento dei partigiani che domandavano che dovesse
essere revocata. Il re di Danimarca non volle accettare tali pretese a
Qitestione dei Ducati danesi GVll
dichiarava che avrebbe potuto abbondonare i suoi diritti sull' Holsteìn,
ma che intendeva conservare integri qaelli sullo Schleswig. Fu allora
che la Prussia e la Germania si reputarono sciolte dall'osservanza del
trattato di Londra^ perchè esso non era stato approvato dalla Dieta ed
avendo questa decretato V intervento armato per tutelare gì' interessi dei
Ducati tedeschi, l'Austria e la Prussia intervennero come Potenze federali,
od inlimarono a Cristiano IX, di ritirare nel termine di due giorni la
Costituzione da lui applicata allo Schleswig, o ve lo avrebbero costrello
colla forza.
Immediatamente il Jutland fu invaso dalle (ruppe federaU e la Dani-
marca fu vinta e costretta a cedere ; prima fu sottoscritto un armistizio
a Christiansfeld il 18 luglio; poi fu concluso il trattato di pace defini-
tivo a Vienna il 30 ottobre 1864.
Trattato di Vienna.
1864, Ottobre 30.
in. 4864.
Il trattato di pace definitivo, col quale ierininò la ^lerra contro la Dani-
marca, fu sottoscritto dalla Prussia, dall'Austria e dalla Danimarca. Le
condizioni imposte alla medesima furono : che il Re danese rinunziava
a tutti i suoi diritti sui Ducati di Schleswig, Holstein e Lauenburg a favore
dell'Imperatore d'Austria e del Re di Prussia, impegnandosi ad unifor-
marsi alle risoluzioni che sarebbero state prese per provvedere all'assetto
di tali paesi. Una parte dello Jutland compresa nello Schleswig, e situata
a mezzogiorno della linea di confine nord del distretto di Ribe, fu pure
ceduta dal Re di Danimarca per essere incorporata allo Schleswig. Fu
convenuto che la Prussia e l'Austria si sarebbero fatte rimborsare le spese
della guerra dai Ducati ; che la Danimarca avrebbe restituite tutte le navi
mercantili prussiane, austriache e germaniche, unitamente alle mercanzie
sovra di esse caricate e sequestrate durante la guerra, e quelle altresì
confiscate sulle navi neutrali. Fu inoltre provveduto al riparto del debito
pubblico e a regolare la condizione degli originarii dei paesi ceduti (1).
Questo trattato non fu neanche portato a cognizione della Dieta della
Confederazione germanica, perchè la Prussia e l'Austria intendevano
volgere a loro profitto esclusivo ì risultati della guerra. Il trattato concluso
aveva mfatti attribuito i Ducati ceduti all'Austria ed alla Prussia, e non
(1) Martens, Nouv. Ree. gén., XVII, 2, 474-486.
CVIll Appendice L an. 1864.
già a profitto dei pretendenti, il Duca d'Oldenburgoe il Principe d'Austen-
bourg. Le due Potenze vincitrici pensarono quindi di dividersi la conquista
fatta, e a questo iine sottoscrissero la convenzione di Gasteia.
Trattato di Ga$i€in.
1865, Agosto 14.
tn. 1865.
La convenzione di Gastein fra l'Austria e la Prussia fu conclusa per
dividersi i Ducali conquistati, e le parti contraenti convennero che i diritti
da esse acquistati in virtù del trattato del 30 ottobre 1864 sar^bero pas-
sati, per quello che concerneva THoIstein, all'Imperatore d'Austria, e per
quello che concerneva lo Schlesv^^ig al Re di Prussia. Fu pure convenuto,
che fino alla creazione di una flotta federale alemanna le due Potenze con-
traenti avrebbero potuto servirsi del porto di Kiel per le rispettive navi
da guerra, e che la Prussia avrebbe esercitato su di esso la polizia ed il
comando.
Essa era inoltre autorizzata a costruire le fortezze necessarie per la
difesa del porto, e sulla costa holsteinese gli stabilimenti marittimi corri-
spondenti allo scopo del porto militare.
Entrambe le Potenze si riservarono il diritto di avere una guarnigione
a Rendsbourg convenendo, che avrebbero alternato a vicenda il comando
di essa.
La Prussia si riservò il diritto di avere due strade militari attraverso
THolstein, l'una da Lubecca a Kiel, l'altra da Amburgo a Rendsbourg.
Le fu inoltre concesso di condurre attraverso il territorio holsteinese un
canale per congiungere il mare del nord al mare Baltico ; di acquistare i
terreni necessarii per scavare il canale secondo i suoi piani ; di sorvegliare
per mantenerlo in buone condizioni, e fissare inoltre la tassa di naviga-
zione, ohe doveva essere eguale per le navi di qualsiasi nazione.
L'Austria dichiarò di cedere alla Prussia ogni suo diritto sul Ducato
di Lauenburg, ottenendo da questa in pagamento la somma di 2,500,000
ris-doUari.
Questa convenzione di Gastein parve che dovesse risolvere definitiva-
mente la questione danese, ma gli avvenimenti successivi provarono come
la gelosia esistente fra l'Austria e la Prussia, ciascuna delle quali mirava
ad acquistare per sé l'egemonia germanica, dovea trovare nella questione
dei Ducati l'occasione per manifestarsi.
in. 1866. Pace di Nikolsbourg CIX
A riguardo delle altre Potenze, che erano restate estranee alla guerra,
giova notare, come esse considerarono le disposizioni prese a Vienna e a
Gastein, non solo contrarie ai trattati del 1815, e a quello di Londra del
1852, ma ai principii altresì del Diritto internazionale moderno. Queste
furono sopratutto le vedute del Governo francese e del Governo inglese, i
quali riguardarono come vere violazioni del Diritto intemazionale l'avere
disposto di quei Ducati, senza che né la Dieta vi avesse preso parte, né gli
abitanti, né coloro che vantavano diritti su di essi fossero stati richiesti
del loro consenso. Di ciò erano allarmati anche gli Stati di secondo ordine
della Germania. La Baviera, la Sassonia e Assia-d'Armstadt proponevano
che la Dieta dovesse occuparsi dell'affare dei Ducati, ed invitare le due
grandi Potenze a convocare nell'HoIstein un Parlamento, onde risolvere le
questioni che concernevano la costituzione dei Ducati, e Tammissione
dolio Srhleswig nella Confederazione: ma questa proposta non fu accettata
dalla Prussia.
Guerra tra TAustria e la Prussia.
Preliminari di Nikolsbourg.
1866, Luglio 26.
1 dissensi tra la Prussia e l'Austria, che già da lungo tempo esiste-
vano, a riguardo dell'influenza e della supremazia, che ciascuna di esse
intendeva esercitare nella Confederazione germanica, divennero più gravi
nel 1866 a proposito dell'esecuzione della convenzione di Gastein.
L'Austria si accorse che quella convenzione era tutta a vanta^io della
Prussia sua avversaria, e sosteneva, o per lo meno tollerava le pretese del
Duca di Augustembourg, mentre la Prussia, che mirava ad acquistare il
possesso esclusivo dei Ducati, combatteva quelle pretese, escludendo che
il Duca avesse alcun diritto sullo Schles^ig
Cosi divennero più vivi i dissensi fra queste due grandi Potenze, e sei
mesi scorsero in discussioni e trattative, e nell'armare e disarmare senza
che gli sforzi degli altri Governi per dirimere le mali intelligenze arrivassero
a far tornare in buona armonia le due Potenze rivali. Si aggiunse poi che
la Prussia per annientare l'influenza dell'Austria nella Confederazione
propose di riformarla e costituire un Parlamento, nel quale essa contava
di poter disporre della ma^oranza dei voti.
In conseguenza di ciò i rapporti fra quelle due Potenze divennero ostili,
e ne segui poi la guerra, non ostante gli sforzi riuniti della Francia, dell'In-
ghilterra e della Russia per evitarla.
ex Appendice L an.1886»
Le truppe prussiane entrarono nell' Holstein ed il GoTemo prussiano
dichiarò che esso lo faceva per esercitare il diritto di occupare Altona in
comune coirAustria ; questa invece dichiarava che la convenzione di Gastein
era violata, e che avrebbe considerato come caso di guerra, se le truppe
prussiane non fossero state tosto richiamate. Poi faceva appello alla Dieta
federale per ottenere l'esecuzione federale contro la Prussia, ma il Governo
prussiano sostenne di non riconoscere l'autorità della Dieta e dichiarò che
si riteneva sciolto dalla Confederazione fino a tanto che questa non avesse
accettato il piano di riforma. Cosi scoppiò la guerra. La Prussia era alleata
coli' Italia, alla quale avea promesso Venezia e le provincie soggette all'Au-
stria, come patto dell'alleanza concordata col trattato sottoscritto 1' 8 aprile
1866, e gelosamente tenuto segreto.
Gli Stati della Germania si divisero, e furono per l'Austria, la Sassonia,
l'Annover, Assia-Cassel, Assia-d'Armstadt, Nassau, Francoforte e gli Stati
Sud-germanici, tutti gli altri Stati Nord-germanici furono per la Prussia*
La guerra fu condotta con una rapidità ed una decisione sorprendente.
L'esercito annoverese fu obbligato a capitolare il 29 di giugno, ed i Prus-
siani di vittoria in vittoria, riportate sopra i Sassoni e gli Austriaci, disfe-
cero completamente l'esercito austriaco a Sadowa^^ aprendosi cosi la strada
per Vienna. L'Italia, intanto che aveva concluso un trattato di alleanza
oifensiva e difensiva colla Prussia, aveva pure dichiarata la guerra e attac-
cala l'Austria nelle province Lombardo- Venete. L'Imperatore d'Austria,
per arrestare gli eserciti alleati, pensò allora di domandare a Napoleone III
la sua mediazione e offri la Venezia alla Francia, sottoscrivendo con essa
il trattato di Vienna del 24 agosto 1866.
Questo avvenimento rallentò le ostilità, ma non le sospese ; i Prussiani
continuarono a marciare avanti ; gli Italiani scontenti di dover ricevere la
Venezia dalla Francia continuavano a lottare avanzandosi nel Tirolo e nel
Trentino. Nonostante ciò in conseguenza dcU'azione attiva della Francia
per far cessare la guerra, le proposte dei preliminari di pace furono accolte
da una parte e dall'altra, e sottoscritti a Nikolsbourg il 26 luglio.
Le condizioni concordate furono le seguenti : fu dichiarato che la mo-
narchia austriaca doveva essere mantenuta nella sua integrità, eccetto il
Regno Lombardo- Veneto ; che l'Imperatore d'Austria riconosceva la disso-
luzione dell'antica Confederazione germanica, e acconsentiva ad una nuova
organizzazione della medesima e della quale l'Austria non avrebbe fatto
parie; consentiva che gli Stati tedeschi posti al nord della linea del Meno
avessero contratto un'unione più stretta con la Prussia, e che quelli situati
u. i8G6. Pace di Nikoìsbourg CXI
al Sud avessero formato fra di loro una unione e che i rapporti di codesti
Stali uniti, con quelli uniti del Nord potessero essere regolati secondo gli
accordi fra essi Stati stabiliti; che l'Austria trasferiva alla Prussia tutti i diritti
da essa acquistati in virtù del trattato di Vienna, del 30 ottobre 1864, sui
Ducati di Holstein e di Schleswig, riservando soltanto agli abitanti del nord
dello Schleswig il diritto di manifestare col loro voto, se intendevano unirsi
alla Danimarca; essa assumeva inoltre l'impegno di pagare alla Prussia a
titolo d'indennità di gueiTa la somma di 40,000,000 di talleri.
Il re di Prussia assumeva l'impegno di mantenere nei cambiamenti
territoriali, che avrebbero avuto luogo in Germania, i confini attuali del
regno di Sassonia, si obbligava inoltre ad ottenere l'adesione dell'Italia ai
preliminari della pace ed alla conclusione della pace sulle basi concor-
date, appena l'Imperatore dei Francesi avesse posto il regno Lombardo-
Veneto a disposizione del Re d'Italia.
Stabilita con tale trattato la sospensione delle ostilità, prima che fosse
sottoscritto il trattato di pace definitivo, la Prussia concluse varii trattati
con gli Stati secondari della Confederazione germanica che si erano alleati
con l'Austria, ed impose ai medesimi di accettare le condizioni stipulate
tra essa e l'Austria coi preliminari di pace di Nikolsboui^, e determinò la
indennità di guerra che ciascuno di essi doveva pagare. Cosi essa fece col
Wùrtemberg, col trattato stipulato a Berlino il 13 agosto 1866; col Gran-
ducato di Baden, il 17 agosto; con la Baviera, il 28 agosto; col Granducato
dì Assia, il 3 settembre ; col Principato di Reuss, il 26 settembre.
Furono inoltre sottoscritti a Berlino i trattati d'alleanza ofTensiva e
difensiva, cioè quello del 18 agosto fra la Prussia da una parte e il Mec-
klcmburg-Schwerìn, Sassonia- Weimar, Mecklemburg-Strelitz, Oldenburg,
Brunswich, Sassonia- Altenburg,Sassonia-Coburgo-Gotha, Anhalt, Schwartz-
burg-Sondershausen , Schwartzburg-Rudolfstaldt, Waldeck, Reuss (linea
cadetta), Schaumburg-Lippe, Lippe, Lubecca, Brema e Amburgo dall'altra,
pel mantenimento della indipendenza, della integrità e della sicurezza
interna ed estema dei loro Stati.
Le parti contraenti si obbligavano alla difesa comune dei loro terrìtorii,
che esse si garantivano a reciprocità, e convenivano che lo scopo dell'al-
leanza tra essi conclusa sarebbe stato definitivamente determinato da una
costituzione federale, la quale sarebbe stata stabilita in conformità delle
proposte fatte dalla Pinissia, e da un Parlamento comune, che sarebbe
stato convocato ; che le truppe dei Governi alleati sarebbero state poste
sotto il comando del Re di Prussia, che sarebbero state regolate da con-
CXII Appendice L ao. 1806.
veDzioni particolari le prestazioni da ciascuno degli Stati alleati dovute
durante la guerra; che tutti i trattati e convenzioni conclusi precedente-
mente fra le parti sarebbero stati naantenuti in vigore.
I Governi alleati assumevano inoltre l'impegno di prendere le misure
necessarie per procedere all'elezione dei membri del Parlamento, il quale
sarebbe stato convocato di comune accordo con la Prussia, e che intanto
avrebbero inviato a Berlino i loro plenipotenziarii per concordare sulle
proposte fatte dal Governo prussiano, il progetto di Costituzione federale,
che doveva essere sottoposto al Parlamento.
L'alleanza cosi conclusa doveva durare fino a tanto che non fosse stata
costituita la nuova Confederazione, ed intanto la sua durata era fissata per
un anno. L'altro trattato d'alleanza ofiensiva e difensiva fu concluso il
22 agosto fra la Prussia e la Baviera alBerlino, ed in virtù di tale trattato
anche il Re di Baviera cede il comando supremo delle sue truppe al Re
di Pnissia.
Pace defiaitiva tra l'Austria e la Prussia.
Trattato di Praga.
i866, Agosto 23.
tD. Ì866,
La pace definitiva tra l'Austria e la Prussia fu conclusa col trattato di
Praga, fatto sulle basi dei preliminari stipulati a Nikolsbourg.
Le principali disposizioni concordale tra le parti furono le seguenti :
che cioè :
1. L'Imperatore d'Austria accedeva alla dichiarazione fatta dal rap-
presentante dell'Imperatore dei Francesi, che la Venezia sarebbe stata
rimessa dopo la pace all'Italia e acconsentiva a che il regno Lombardo-
Veneto fosse unito all'Italia.
2. L'Imperatore d'Austria riconosceva lo sciogHmento della Confe-
derazione germanica e acconsentiva a che la Germania potesse essere
organizzata senza la partecipazione dell'Impero d'Austria; riconosceva in
pari tempo l'unione federale, che sarebbe stata fondata dal Re di Prussia
tra gli Stati al nord della linea del Meno, e acconsentiva inoltre a che gli
Stati al sud di questa linea avessero potuto contrarre un'unione, i vincoli
della quale, colla Confederazione del nord, sarebbero stati stabiliti secondo
gii accordi delle parti.
3. L'Austria rinunciava a tutti i diritti attribuiti ad essa dal trattato
di Vienna, del 30 ottobre 1864, sullo Schleswig e sullo Holstein trasferendo
an. i800. Trattato di Praga CXIIl
tali diritti alla Prussia, riservando alle popolazioni del nord dello Schleswig
di poter essere unite alla Danimarca, qualora esse con voto liberamente
espresso avessero manifestato tale desiderio.
4. Il Re di Prussia assumeva l'impegno, conformemente ai desiderii
espressi dall'Imperatore d'Austria, di lasciar sussistere nella sua integrità
territoriale il regno di Sassonia riservandosi di fissare con un particolare
trattato col Re di Sassonia la situazione di questa nella Confederazione
del nord della Germania, e la parte delle spese di guerra ad essa attribuite,
e l'Imperatore d'Austria assumeva dal canto suo l'impegno di riconoscere
l'organizzazione della Confederazione del nord della Germania, come dal
Re di Prussia sarebbe stata stabilita.
5. L'indennità di guerra imposta all'Austria fu (issata a 20,000,000
di talleri.
Rispetto ai trattati anteriori conclusi fra le parti fu convenuto che
dovessero essere conservali in vigore quelli soltanto che non dovessero
reputarsi estinti in conseguenza dello scioglimento della Confederazione
germanica.
Questo trattato pose la Prussia a capo della Germania, escludendone
completamente l' Austria ; accrebbe i possedimenti territoriali di essa
aggiungendo a quello Stato una considerevole estensione di territorio e
4,000,000 e mezzo di abitanti; pose in potere della medesima i più im-
portanti porti di mare, che le resero possibile di accrescere la sua marina
militare, acquistando cosi una grande forza e una grande potenza.
Gli avvenimenti posteriori assicurarono la supremazia della Prussia.
In virtù della legge votata dalle Camere prussiane 11 20 settembre 1866
fìi decretata l'annessione di Annover, Assia-Elettorale, Nassau e Franco-
forte alla monarchia prussiana, e col trattato di Rerlino del 21 ottobre 1866
la Sassonia accettò le disposizioni del trattato di Praga relative ad essa.
Il 17 aprile 1867 fu effettuata la Confederazione della Germania del nord,
il che fu di per sé stesso un grande passo per attuare l'unità nazionale, a
cui le popolazioni germaniche aspiravano da lungo tempo. Nel 1870, in
seguilo all'iniziativa presa dal Re di Baviera, seguito poi dal Wùrtemberg
e dai Granducati di Baden e di Assia, la Dieta della Confederazione della
Germania dichiarò il 9 dicembre l'accessione degli Stali del sud della Ger-
mania all'Unione federale fondata dagli Stati del nord, e cosi la Confede-
razione germanica divenne l'Impero, la costituzione del quale ha esercitato
ed esercita una grande influenza nell'attualità su tutti gli avvenimenti
politici dell'epoca presente.
45 — Fiore, Dir, infern. nodif.
CXIV Appendice L
Guerra franco«germaiiic
QoettioB« M LasMmborgo.
Trattato di Londra.
1867, Maggio il.
in. 4887
La Francia aveva visto a malincuore T ingrandimento della Prussia in
seguilo alla guerra del 1866. Si dice che l'Imperatore Napoleone le avesse
lasciato le mani libere, perchè aveva avuto promessa da Bismark nel
convegno di Biarritz di ottenere un compenso territoriale dalla parte del
Reno. Deluso nella sua aspettativa era naturale l'antagonismo tra le due
Potenze. Questo crebbe, quando nel marzo del 1867 furono pubblicati i
trattati fino allora tenuti segreti d'alleanza offensiva e difensiva tra la
Prussia, la Baviera, il Wùrtemberg e il Granducato di Baden.
I dissensi incominciarono a proposito della questione del Lussem-
burgo.
II Re d'Olanda come Granduca del Lussembui^o era membro della
Confederazione germanica. Sciolta questa in seguilo agli avvenimenti
del 1866 il Limburgo e il Lussemburgo vennero a trovarsi in una posizione
veramente difficile, perchè la Prussia continuò a mantenere nella fortezza
di Lussemburgo la guarnigione che era in essa mantenuta, quando questo
Ducato faceva parte della Confederazione. La Francia aveva iniziato trat-
tative col Re d'Olanda per ottenere la cessione de) Granducato, ma solleva
naturalmente la questione se la Prussia avrebbe acconsentito a ritirare le
sue truppe. Questo faceva temere un grave dissenso tra le due Potenze e
la probabilità di una guerra.
Affine di evitarla una Conferenza fu riunita ad iniziativa del Re d'Olanda
a Londra e, avendovi preso parte T Austria, il Belgio, la Francia, la Gran
Bretagna, l'Italia, il Lussemburgo, la Russia e la Prussia, fu prima sotto-
scritto un protocollo, il 7 maggio 1867, e poi un trattato da tutte le Potenze
intervenute, l'il maggio dello stesso anno, onde regolare la questione del
Granducato.
In virtù di tale trattato fu stabilito che il Granducato di Lussemburgo
avrebbe continualo ad appartenere al Re dei Paesi Bassi come parte dei
possedimenti appartenenti alla dinastia di Orange-Nassau, ma che avrebbe
formato uno Stato neutro mantenendo la sua neutralità rispetto agli altri
SD. 1887. Guerra franco-prussiana CXV
Slati^ e che le parti contraenti, il Belgio solo eccettuato, essendo Stato
neutro esso stesso (1), sarebbero state obbligate a rispettare la neutralità
del Granducato, ed a proteggerla considerando la conservazione di essa
sotto la loro garanzia collettiva.
Fu inoltre convenuto che la città di Lussemburgo non sarebbe stata
considerata quale fortezza neutrale, come in passato, e che avrebbe cessato
di essere fortificata riservandosi il Re granduca, di mantenervi soltanto
quel numero di truppe necessarie per vegliare al mantenimento del buon
ordine, e che le truppe prussiane di guarnigione nella fortezza Tavrebbero
abbandonata, appena avvenuto lo scambio delle ratifiche del trattato. Il Re
granduca, dalla sua parte, prese V impegno di convertire quella piazza
forte in città aperta, e di non ristabilire in essa le fortificazioni, e di non
creare alcun stabilimento militare.
Così avendo dichiarato il Lìmburgo e il Lussemburgo parte integrante
del regno dei Paesi Bassi, ed assicurata la neutralità di essi, ogni contro-
versia tra la Francia e la Prussia fu assopita.
Questione della eandidalora HobeBiollera.
Pace di Versailles.
1871, Febbraio 26.
M. i87i.
I dissensi tra la Francia e la Germania, sopiti momentaneamente, rinac-
quero a proposito della candidatura alla Corona di Spagna.
Rovesciato il governo della Regina Isabella II dalla rivoluzione, la
Spagna cercava un Re. Il maresciallo Prim era riuscito a far accettare la
Corona di Spagna dal Principe Leopoldo Hohenzollern, a cui era stata
offerta. Il Re di Prussia, lontano parente e capo della Casa di lui, pareva
che approvasse tale candidatura al trono vacante di Spagna, ma questo
non accomodava al Governo francese, il quale si opponeva vivacemente
(1) L'articolo 2 del menzionato Trattato sottoscritto a Londra l'il maggio 1867
dall'Austria, dal Belgio, Gran Bretagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Prussia e Russia
dice cosi:
I Le grand-duché de Luxembourg formerà désormais un État perpétuellement
neutre. Il sera tenu d^observer cette neutralité envers les autres États. Les Hautes
Parties contractantes s*engagent à respecter le principe de nentralité stipulò par le
présent article. Ce principe est et demeure place soas la sanction de la garantie
collective des puissances signataires du présent traitó, à l'exception de la Belgique
qui est elle-méme un État neutre • •
CXVl Appt'iidice L an. 1871
alla detta candidatura, perchè diceva che cosi si miraTa a nstabiììie l'im-
pero di Carlo V, e quel Governo potè ottenere che lo stesso candidato vi
rinunziasse. Non contento del risultato ottenuto esso poi pretese che il Re
Guglielmo di Prussia dovesse fare una dichiarazione, che cioè esso non solo
approvava la rinunzia alla candidatura da parte di HohenzoUern, roa che
garantiva che mai sarebbe stata riproposta.
n Re di Prussia rifiutò recisamente di accondiscendere a tale richiesta^
e non volle più concedere ulteriori udienze all' ambasciatore francese, che
in seguito alle istruzioni ricevute insisteva. Questo accadeva ad Eois U
13 luglio 1870. Due giorni dopo Olivier, ministro degli Esteri, dichiarava
all'Assemblea legislativa che il rifiuto del Re di Prussia di dare udienza
all'ambasciatore francese doveva essere considerato come caso di guerra
e domandava un credito di 50,000,000 di franchi per fare la guerra alla
Germania. Molti deputati cercarono di opporsi, ma il credito fu votato, e
la guerra fu dichiarata con un proclama dell'Imperatore Napoleone pub-
blicato il 23 di luglio.
I principali avvenimenti di questa guerra furono i seguenti : 6 agosto,
battaglia di Wòrth o di FrOschwiller ; 16 agosto, battaglia di Mars-le-Tour,
presso Metz, e battaglia di Toul ; 18 agosto, battaglia di Metz; l^" settembre
battaglia di Sedan; 2 settembre, capitolazione di Sedan, furono fatti 100,000
prigionieri, l'imperatore Napoleone si arrese ai Prussiani; 4 settembre, a
Parigi il popolo domanda che sia dichiarata decaduta la dinastia, e procla-
mata la Repubblica; 19 settembre, Parigi è investita; 23 settembre, Toul
è presa ; 28 settembre, Strasburgo capitola; 27 ottobre, capitolazione di
Bazaine a Metz, e del suo numerosissimo esercito; 8 novembre, Verdun è
presa; 10 novembre, resa di Neuf-Brisach ; 12 dicembre, Phalsbourg si
arrende ; capitolazione di Parigi, al seguito d'una convenzione stipulata a
Versailles il 28 gennaio 1871, colla quale fu pure stabilito che vi sarebbe
stato un armistizio generale, eccetto che sul teatro della guerra al Sud-est
della Francia, e che piena libertà sarebbe stata concessa, in tutta la
Francia, di procedere alle elezioni onde nominare un'Assemblea legislativa.
I preliminari di pace furono conclusi a Versailles il 26 febbraio 1871
fra la Prussia (rappresentata dal Conte di Bishark), la Baviera, il WQr-
temberg e il Ducato di Baden da una parte, e la Francia dall'altra (rappre-
sentata da Thiers capo del potere esecutivo, e GmLio Favre ministro degli
literi). I principali provvedimenti furono i seguenti:
1. Continuazione dell'armistizio, sotto la condizione che dal 3 marzo
previo avviso di 3 giorni potessero essere riprese le ostilità.
in. 4871. Guerra franco-prussiana CXVII
2. Cessione da parte della Francia a favore dell'Impero germanico
di tutti i suoi diritti e titoli sui territori! situati all'est della frontiera
descritta e designata su di una carta del territorio, pubblicata a Berlino
nel settembre 1870 daHa divisione geografica dello Stato maggiore.
Il territorio cosi ceduto comprendeva principalmente l'Alsazia ed una
p|irte della Lorena; i dipartimenti del basso Reno e dell'alto Reno fino al
cantone di Belfort; una piccola parte di quella della Meurthe ed una gran
parte di quello della Mosella.
La Francia si obbligava a pagare alla Germania, a titolo d'indennità di
guerra, cinque miliardi, dei quali uno nel 1871, il resto entro tre anni, e
la Prussia si riservava il diritto di continuare ad occupare una parte del
territorio francese e di evacuarlo a misura che sarebbe stata pagata la
indennità di guerra.
Altri provvediménti concordati concernevano la restituzione dei pri-
gionieri e l'amministrazione dei dipartimenti francesi, che dovevano tut-
tora rimanere occupati dalie truppe tedesche.
Trattato di Pace di Francoforte*
i87i, Maggio 10.
«n. 4871.
La pace definitiva tra la Germania e la Francia fu conclusa col trattato
sottoscritto a Francoforte. Tale trattato rettificò i confini, che erano stati
fissati nel trattato preliminare. La città di Belfort col suo territorio fu
data alla Francia, e il Governo tedesco si mostrò disposto ad estendere il
raggio di questo territorio in maniera da comprendere altri villaggi, e la
parte occidentale dal cantone di Fontaine, ma alla condizione che il Governo
francese avesse acconsentito ad una rettifica di confini fra i limiti del Lus-
semburgo ed il fiume Ome, verso l'estremità nord dei territorii acquistati
dalla Prussia.
Altri articoli concernono la condizione dei Francesi orìginarii dei ter-
rit<HÌi ceduti o in essi domiciliati ; il regolamento del pagamento della
indennità di guerra, della consegna degli archivi, dei depositi fatti dai
Dipartimenti o Comuni dei paesi ceduti, ed altri oggetti d'interesse politico
ed amministrativo.
Con questo trattato le frontiere della Francia verso l'ovest furono
ridotte a quelle che erano tre secoli prima nel 1552 e il Re di Prussia, che
aveva preso già il titolo d'Imperatore di Germania, aggregò al suo Stato
1 ,597,765 abitanti.
CXVIU Appendice L
Conferenza e trattato di Londra,
1871, Marzo 13.
aa. 1871 .
IM3 marzo 4871 furono fatte a Londra, dalle Potenze le quali avevano
preso parte al trattato di Parigi del Ì856, alcune modificazioni riguardanti
la regola che neutralizzava il Mar Nero.
Nell'ottobre 1870 — subito dopo la caduta del secondo Impero — 3
Governo russo dichiarò alle altre Potenze firmatarie, che Tlmperatore non
si poteva più a lungo considerare obbligato ad osservare le restrizioni
del 1856, concementi i suoi diritti di sovranità sul Mar Nero, né la speciale
convenzione allora dalla Russia fatta colla Turchia, e che determinava il
numero e la grandezza delle navi, le quali queste due Potenze riverane
permettevano l'una all'altra di tenere nel Mar Nero. Le ragioni messe
innanzi in appoggio di queste rimostranze erano cosi frivole da far mera-
vigliare come si avesse animo di farle note. Esse erano: ì^ una insignifi-
cante dissonanza, fra il trattato principale del 1856, e la convenzione degli
Stretti ad esso annessa ; 2o che il trattato era stato violato dalle grandi
Potenze nella sua lettera e nel suo spirito, avendo esse riconosciuta Tunione
dei Principati danubiani fatta dalla rivoluzione ; 3^ che gli Stretti erano
stati aperti ai bastimenti da guerra stranieri, violando cosi i patti del trat-
tato; A^ che il modo di guerreggiare in mare era cambiato a cagione della
invenzione delle navi corazzate, cosicché i porti russi si trovavano esposti
ad attacchi improvvisi, da parte di nemici, i quali avrebbero potuto farsi
strada attraverso gli Stretti. Si adduceva inoltre che le stipulazioni del 1856
erano offensive ed umilianti per la Russia, e che probabilmente l'opinione
dell'Europa trovava giuste le osservazioni dell'Imperatore.
Le affermazioni della Russia furono prese in considerazione a Londra,
nel gennaio 1871, da una Conferenza, la quale determinò di annullare gli
artìcoli XI, Xin, XIV del trattato di Parigi, e la convenzione concernente
gli Stretti, stipulata fra la Russia e la Turchia (1), e vi fu sostituito il
seguente articolo : « Il principio della chiusura degli Stretti dei Dardanelli
e del Bosforo, stabilito dalla convenzione speciale del 30 marzo 1856, è
mantenuto col diritto, dalla parte di Sua Maestà imperiale il Sultano, di
(1) Al termine della prima seduta dei rappresentanti fu dichiarato (volAndo al
certo alludere al modo col quale aveva agito lo Czar) che nessuna Potenza poteva
sciogliersi dagli impegni di un trattato, né modificarne le stipulazioni se non
avesse prima ottenuto il consenso delle altre parti contraenti, col mezzo di ami-
chevoli Irattative (Il protocollo si trova nel Noni . Ree. gén.^ XVIII, pag. 278),
èD. 4871. Ckmferenza di Londra (1871) CJLIX
aprire detti Stretti in tempo di pace alle navi da guerra delle Potenze
ed amiche ed alleate, nel caso che la Sublime Porta lo credesse necessario
a fine di assicurare l'esecuzione del trattato di Parigi del 30 marzo 1856 9.
A questo trattato trovasi unita una convenzione fra la Russia e la Turchia,
.a quale abroga la convenzione degli Stretti che era stata stipulata a Parigi
fra la stessa Porta il 30 marzo 1856.
Cosi fu dato alla Russia di poter rivendicare il proprio diritto di
mantenere le sue flotte nel Mar ^ero, e fu concesso alla Turchia di poter
legalmente aprire in tempo di pace gli Stretti alle navi da guerra dei suoi
amici, i quali fossero nemici della Russia, onde garantirsi contro questa, e
farle rispettare il trattato.
Questione dell'Alabama.
Stati Uniti d* America e Gran Bretagna.
Trattato di Washington.
1871, Maggio 8.
n. 4874
La controversia tra gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna ebbe
origine in occasione della guerra combattuta in America tra gli Stati, che
(ormavano parte dell'Unione, i quali volevano separarsi nel 1861, in con-
seguenza dei dissensi avvenuti tra loro a proposito dell'abolizione o con-
servazione della schiavitù.
Il Governo degli Stati Uniti, il quale considerava i separatisti del Sud
come ribelli, sosteneva che quello della Gran Bretagna aveva serbata una
condotta ostile verso di lui, dal principio alla fine della ribellione, per
avere dato loro un appoggio morale riconoscendoli come belligeranti,
mentre non esistevano le condizioni per essere riconosciuti tali, ed inoltre
per avere mancato ai doveri della neutralità in conseguenza dell'avere
permesso che i medesimi, nelle acque territoriali inglesi, dopo avere fatto
costruire delle navi, le avessero armate ed equipaggiate per servirsene
nella guerra. Detto Governo adduceva inoltre che quello inglese aveva
permesso e tollerato che i belligeranti del Sud si fossero serviti dei porti
e delle acque inglesi per rinnovare ed aumentare le provvigioni militari ;
accrescere i loro armamenti ed assoldare uomini, e di aver mancato di
punire tutti coloro, che dentro la giurisdizione territoriale inglese avevano
violati i doveri della neutralità. Per queste ragioni tutte gli Stati Uniti
reclamavano dalla Gran Bretagna il rifacimento di ogni danno, che era
stalo cagionalo dalle navi corsare, armate dai separatisti per fare la guerra*
r.xx Appendice L aa. I8ìl.
Le lunghe discussioni agitate in via diplomatica tra i due Governi, che
fecero nascere il perìcolo di una guerra, condussero poi alla conclusione
del trattato concluso a Washington 1*8 ma^io 1871, col quale i due Go-
verni convennero di «ottometiersi ad un arbitrato per mettere fine a tutti
i dissensi relativi ai reclami fatti dagli Stati Uniti, e non accettati da
S. M. Britannica a proposito degli atti commes^ durante la guerra dalle
navi dei separatisti del Sud, e indicati sotto il nome generico di reclami
delTAlabama.
Avendo determinato col trattato stesso come il tribunale arbitrale
doveva essere costituito e le norme generali del procedimento» le parti si
trovarono d'accordo nello stabilire le regole secondo le quali gli arbitri
dovevano decidere le controversie insorte, ammettendo che esse parti
intendevano, che di tali regole, dovesse essere fatta speciale applicazione
alla questione, lasciando agli arbitri di tener conto altresì dei prìncipii di
Diritto internazionale, che con le regole concordate non fossero incom-
patibili'. Ed ecco le tre regole come furono concordate coU'articolo 6* del
mentovato trattato.
Un Governo neutrale è obbligato:
1. a fare tutte le diligenze per impedire nei limiti della sua giuris-
dizione territoriale, che una nave sia messa in grado di prendere il mare;
che sia armata od equipaggiata, quando codesto Governo abbia sufficienti
motivi per pensare che la detta nave sia destinata ad incrociare, a far atti
di guerra contro una Potenza, con la quale esso medesimo è in pace. Esso
deve egualmente fare tutte le diligenze necessarie per opporsi a che una
nave destinata a incrociare od a fare atti di guerra, come è detto qui sopra,
lasci i limiti della sua giurisdizione territoriale nel caso che fosse stata spe-
cialmente adattata, sia nel totale sia in parte, ad usi guerreschi ;
2. Un Governo neutrale non deve nò permettere nò tollerare che
uno dei belligeranti si serva dei suoi porti e delle sue acque come base
Hi operazione navale contro un altro belligerante; non deve permettere,
né tollerare, neppure che uno dei belligeranti rinnovi od aumenti le sue
provvigioni militari, che si procacci armi, o che recluti soldati;
3. Un Governo neutrale è obbligato di fare tutte le diligenze richieste
nei suoi porti e nelle sue acque a fine di prevenire ogni violazione delle
obbligazioni e dei doveri qui sopra annunziati, ed a procedere smche contro
tutte le persone, che si trovino nella sua giurisdizione.
Il Governo inglese ebbe cura di dichiarare che tali regole, come erano
state formulate, non potevano essere reputate come principio del diritto
«n, 4871, Questione delV Alabama CXX.
delle genti vigente al momento in coi avvennero i fatti, ai quali si riferi-
vano i reclami degli Stati Uniti, ma che non pertanto esso acconsentiva a
che gli arbitri, nel decidere le questioni sollevate in conseguenza dei
reclami, tenessero presenti le dette regole, come erano state formulate, a
fine di decidere se il Governo inglese avesse conformato la sua condotta
ad esse (art. VI).
Le parti contraenti convennero inoltre (art. VII) che, qualora il tribu-
nale avesse deciso che la Gran Bretagna avesse mancato ad uno o più dei
doveri prescritti dalle tre regole, avrebbe potuto condannarla a pagare agli
Stati Uniti una somma determinata come corrispettivo delle sue obbliga-
zioni come Potenza neutrale.
Le alte parti contraenti s' impegnavano a considerare le decisioni del
tribunale arbitrale come un aggiustamento completo, assoluto e definitivo
di tutte le vertenze relative ai reclami prodotti (art. XI).
Il tribunale arbitrale, in conformità di quanto era stato stabilito col
trattato, si riunì a Ginevra il 15 dicembre 1871, essendo stati nominati due
dei suoi membri, uno dall' Inghilterra e l'altro dagli Stati Uniti e gli altri
tre uno dalla Svizzera, uno dall'Italia ed uno dal Brasile.
I particolari relativi a questo afiare sono molto importanti, essendo'
sorti diversi incidenti e a riguardo del procedimento e a riguardo dei limiti
della competenza, tanto che parve che il tribunale arbitrale si dovesse
sciogliere senza potere risolvere la controversia. Pur tuttavia esso, essen-
dosi aggiornato secondo la decisione presa il 16 dicembre 1871, si riunì
novellamente il 15 giugno 1872 e dopo avere a lungo esaminato l'affare
rese la sua sentenza il 14 settembre dello stesso anno.
Avendo stabilito quale dovesse essere V interpretazione da darsi ad
alcuni punti delle tre regole tra i due Governi concordate col mentovato
trattato di Washington, esso ebbe a considerare che le circostanze tra le
quali erano avvenuti i fatti che avevano dato luogo ai reclami, erano tali
da fare ammettere, che il Governo di S. M. Britannica non aveva usato la
dovuta diligenza che, in conformità delle regole concordate, doveva rite-
nersi doverosa per ogni Governo che avesse dichiarata la neutralità, come
l'aveva dichiarala il Governo della regina col proclama del 13 maggio 1861 ;
che la diligenza dovuta da un Governo neutrale doveva essere valutata in
ragion diretta dei danni che potevano derivare per l'uno o per Taltro dei
belligeranti in conseguenza della mancata osservanza dei doveri della neu-
tralità; che il Governo di S. M. Britannica aveva mancato per omissione ai
doveri prescritti secondo Tuna o l'altra delle tre regole stabilite col trattato
CXXII Appendice L an. 187i
di Washington e, facendo poi l'applicazione dei principii alle navi Alabama,
Floriday Oreto, Shenandoah ritenne a maggioranza la Gran Bretagna tenuta
al rifacimento dei danni derivanti dalla sua omissione, e la condannò a
pagare in blocco agli Stati Uniti la somma di 15,500,000 dollari in oro a
titolo d'indennità.
Questa sentenza è stata considerata come uno dei fatti più importanti
per mettere in evidenza l'autorità dei tribunali arbitrali, addimostrando di
fatto come essi possano riuscire a risolvere gravi controversie intemazio-
nali fra le grandi Potenze. Molti principii di Diritto internazionale forono
discussi lungamente in occasione di questo affare.
Tra gli altri si trova pure questo, che cioè il privilegio diestraterritoria-
lità accordato alle navi da guerra è stato introdotto nel Diritto pubblico non
già come un diritto assoluto, ma soltanto come un procedimento di cortesìa
e di deferenza tra gli Stati, e che non potrebbe essere invocato per coprire gli
atti contrari alla neutralità da un Governo che potesse essere reputato col-
pevole delle conseguenze derivanti dalla violazione dei doveri da parte sua.
Nel trattato di Washington le parti contraenti si erano impegnate a con-
siderare le regole concordate non solo obbligatorie a riguardo della loro
condotta reciproca in avvenire, ma di portarle altresì a cognizione delle
altre Potenze marittime invitandole ad aderirvi (art. 6). In Inghilterra però
molti disapprovarono l'interpretazione data dagli arbitri alle tre regole e,
nella discussione avvenuta nel Parlamento inglese il 21 marzo 1873, fu
latta la mozione che, qualora il Governo della regina volesse portare a
cognizione degli altri Governi le regole concordate col trattato di Washington,
dovesse dichiarare che la Gran Bretagna non poteva accettare i principii
sui quali la sentenza arbitrale era stata fondata. Nell'attualità bisogna quindi
considerare quello che fu ritenuto e stabilito dal tribunale arbitrale di
Ginevra, come interpretazione ed applicazione fatta delle regole concordate
col trattato al caso particolare deciso e non già come una dichiarazione dei
principii del Diritto intemazionale obbligatori per tutti gli Stati o per altri
giudici, che fossero chiamati a decidere casi simiglianti.
Guerra RaBso^Turca.
Trattato di Berlino.
1878, Luglio 43.
an. 1878.
I moti insurrezionali scoppiati nell'Erzegovina nel 1875 e 1876, e i mas-
sacri commessi nella Bulgaria contro i Cristiani dai Circassi unitamente ad
altri Maomettani furono l'occasione della guerra tra la Russia e la Turchia.
tn.i878. Trattato di Berlini del 1878 CXXHl
La Serbia ed il Montenegro avevano cominciato la lotta l'una sotto il
prìncipe Milano ObrenawUchy l'altro sotto il principe Nicolas I. Pareva
che la Russia favorisse questi movimenti ; il principe Milano aveva posto
infatti alla festa del suo esercito un generale russo, Tchema^ieff; ma codesto
esercito, incompletamente oi^nizzato^ fu battuto, benché gloriosamente,
ad AlexinaU e a Deligrad. Il Montenegro aveva mostrato dal canto suo
un'indomabile energia, ma anche l'esercito del principe Nicolas sarebbe
stato sopraffatto dalle forze superiori, se la Russia non fosse intervenuta.
Essa colse il pretesto per intervenire dalle atrocità commesse nella Bul-
garia e dall'impotenza del Governo turco a reprimere i disordini nelle
Provincie insorte. Fa prima in seguito alle istanze del Governo russo riu-
nita una Conferenza a Costantinopoli, nel dicembre 1877, con lo scopo: di
far cessare quel deplorevole stato di cose e di migliorare la situazione
intema dell'Impero turco, onde impedire che fosse sollevata la questione
d'Oriente, che minacciava la tranquillità dell'Europa. Il risultato della Con-
ferenza fu il protocollo sottoscritto dalle Potenze intervenute a Londra il
31 marzo 1877, cioè dall' Austria-Ungheria, dalla Francia, dalla Germania,
dalla Gran Bretagna, dall'Italia e dalla Russia. I rappresentanti di detti
Stati presero atto della conclusione della pace colla Serbia ed eccitarono
la Porta ad attuare le riforme necessarie nei Principati e ad impedire che
si rinnovassero i massacri simili a quelli che avevano funestata la Bulgaria.
La Turchia non volle accettare alcun consiglio e la Russia profittando
di questa condotta di lei, con cui aveva indisposto tutti gli Stati e la stessa
Inghilterra (che si mostrava eccitata per i massacri commessi nella Bul-
garia), dichiarò la guerra alla Turchia. Essa fece assegnamento non solo
sul suo formidabile esercito, ma su qnello altresì delia Romania pronta a
combattere per acquistare la propria indipendenza, e sui movimenti insur-
rezionali che agitavano la Serbia, il Montenegro, la Bosnia, l'Erzegovina
ed anche le provincie della Grecia.
Il 27 giugno 1877 gii eserciti russi valicarono il Danubio.
L'esito della guerra fu sfavorevole alla Porta. La disfatta di Osman-
Pascià assicurò il trionfo della Russia egli eserciti di questa invasero i Bal-
cani e non vi era più modo di arrestare la loro marcia trionfale verso
Costantinopoli .
La Porta, appoggiata dall' Inghi terra, domandò un armistizio, che fu
sottoscritto a Kasanlik il 29 gennaio 1878; ma l'esercito russo continuò
nonostante la sua marcia su Adrianopoli e poco dopo su Costantinopoli il
10 febbraio. L'Inghilterra fu sorpresa di si rapidi risultati. La sua armata
CXXIV Appendice L aa. fSTS
entrò nel mare di Marmora per soccorrere la capitale minacciata ; ma il
trattato sottoscritto a Santo Stefano il 3 marzo 1878 pose termine alJa
guerra.
Il trattato dì Santo Stefano emozionò vivamente l'Europa e sopratutto
ringhiterra. Quel trattato infatti assicurava l'egemonia della Russia in
Oriente. Il Governo russo si era riservato il diritto di organizzare la Bul-
garia, stabilendo, ali* art. 7, che tutto dovesse essere fatto sotto la sorve-
glianza di un commissario russo e che per mantenere l'organizzazione e
l'amministrazione futura di quel Principato tutto sarebbe stato a questi
confidato; che avrebbe sorvegliato il nuovo ordine di cose esercitando a
tale effetto le sue funzioni per due anni ; che le (ruppe russe avrebbero
occupata la Bulgaria finché non fossero state organizzate le milizie indi-
gene ; che il Montenegro sì sarebbe costituito come Principato indipendente,
ma che le frontiere sarebbero state regolate dalla Russia d'accordo con
l'Austria; che nella Serbia, riconosciuta pure come indipendente, le fron-
tiere sarebbero state nello stesso modo determinate e che tutte le contro-
versie relative alle proprietà sarebbero state decìse da una Ciommissione
turco-serba assistita da un commissario russo ; che la Porta avrebbe pagato
a titolo d'indennità di guerra la somma di 1,450,000,000 di rubli, ma sic-
come non poteva pagarla, cosi avrebbe dato in correspettivo una conside-
revole estensione di territori, che dovevano essere reputati cedati alla
Russia in pagamento della convenuta indennità di guerra, la quale sarebbe
slata così ridotta a 300,000,000 di rubli.
Altri patti concordati annientavano completamente quanto trovavasi
stabilito col trattato di Parigi del 1856.
Appena fu conosciuto quel trattato l'Inghilterra prese il partito di mobi-
lizzare tutte le sue milìzie per impedire che esso avesse effetto. La
guerra generale era inevitabile, il Governo inglese aveva infatti chiamato
sotto le armi tutte le riserve ed anche i reggimenti delle Indie. L'impera-
tore delle Russie si arrestò dinanzi all'eventualità di una guerra generale,
e fu risoluto di sottomettere ad un Congresso di rivedere il trattato di Santo
Stefano e stabilire le condizioni della pace. Fu designata come sede del
Congresso Berlino, ed ivi fu riunito il 13 giugno 1878. Dopo un mese di
conferenze e di negoziati il trattato dì Santo Stefano fu modificato con
quello stipulato a Berlino e sottoscritto il 13 luglio 1878.
Siccome i provvedimenti mediante tale trattato stabiliti sono del mas-
simo interesse nell'attualità, noi riferiamo il testo di tale importante
documento :
111.1878. Trattato di Berlino del 1878 CXXV
Bulgaria.
ART. I. La Bulgarie est constituée en Principauté autonome et tributaire sous
la suzeraincté de S. M. le Sultan; elle aura un Gouvernement chrétien et une
rnilice nationalc.
Art. il La Principauté de Bulgarie comprendra ics territoires ci-aprcs:
La frontière suit, au Nord, la rive droite du iJanube depuis Tancienne fron-
tière de Servio, jusqu^àun point à determincr par une Commission européenne à
r£st de Silistrie et, de là, se dirige vers la mer Noirc au Sud de Mangalia, qui est
rattaché au tcrritoire roumain. La mer Noire forme la limite Est de la Bulgarie.
Au Sud, la frontière remonte, depuis son embouchure, le talweg du ruisseau près
duquel se trouvent les villages Hodzakioj, Selan-Kioj, Aivadsik, Kulibe, Sudzuluk;
traverse obliquement la vallèe du Deli Ramcik, passe au Sud de Belibe et de
Kemhalik et au Nord de Hadzimahale, après avoir franchi le Deli Kamcik à deux
kilomètres et demi en amont de Cengei; gagne la créte à un point situé en
Tckenlik et Aidos-Dredza et la suit par Earnabad Balkan au Nord de Rotei, jusqu'à
Demir Kapu. Elle continue par la chaine principale du grand ' Balkan, dont elle
suit tonte Tètendue jusqu'au sommet de Eosica.
Là elle quitte la créte du Balkan, descend vers le Sud entre les villages de
Pirtop et de Duzanci, laissés Tun à la Bulgarie et Tautre à la Roumélie orientale,
jusqu*au ruisseau de Tuzlu Dere, suit ce cours d'eau jusqu'à sa jonction avec la
Topolnica, puis cette rivière jusqu'à son confluent avec Smovskio Dere, près du
village de Petricero, laissant à la Roumélie orientale une zone de deux kilomètres
de rayon en amont de ce confluent, remonte entre les ruisseaux de Smovskio Dere
et la Kamenica suivant la ligne de partage des eaux, pour tourner au Sud-Ovest à
la hautcur de Yoinjak et gagner directement le point 875 de la carte de Tétat-
major aulrichien.
La ligne frontière coupé en lignc droite le bassin supérieur du ruisseau d'Ich-
timan Dere, passe entre Bogdina et Karaula, pour retrouver la ligne de partage
des eaux séparant les bassins de Tlsker et de la Marica, entre Camurli et Hadiilar,
suit cette ligne par les sommets de Velina Mogila, le col 531, Zmailica Yrh, Sum-
niatica et rejoint la limite administrative du Sandjak de Sofia entre Sivri et Tas
Cadir Tepe.
De Cadir Tepe, la frontière se dirigeant au Sud-Ovest suit la ligne de partage
des eaux entre les bassins de Mesta Karasa d*an coté, et de Struma Karasu de
Tautre, longe les crétcs des montagnes des Khodope appelées Demir Kapu, Iskof-
tepe, Kadimesar Balkan et Aiji Gedùk jusqu^à Kapetnik Balkan et se confond ainsi
avec Tancienne frontière administrative du Sandjak de Sofìa.
De Gapetnik Balkan, la frontière est indiquée par la ligne de partage des eaux
entre les vallées de la Rilska reka et de la Bistrika reka et suit le contre-fort
appelé Yodcnica Planina, pour descendre dans la vallèe de la Struma au confluent
de cette riviere avec la Biskra reka, laissant le village de Barakli à la Turquie. Elle
remonto alors au Sud du village de Jeesnika pour atteindre, par la ligne la plus
courte, la chaine de Goleraa Planina au sommet de Gitka et y rejoindre l'ancienne
CXXVl Appendice D aa. 19S.
admmistratiYe du Sandjak de Sofia, laissant toutefois à la Turquie li
totalité da bassin de la Suho reka.
Du mont Gitka, la frontière Ovest se dirige vers le mont Croi Yrh par leg
montagnes de Rarvena Jabuka, en suivant Tancienne limite administratÌTe dtt
Sandjak de Sofia, dans la parile supérieure des bassins d*Egrìsu et de la Lepnica,
gravit avec elle les crétes de Sabina polona et arrìve au mont Orni Yrh.
Du mont Crnl Yrh, la frontière suit la ligne de partage des eaux entre la
Struma et la Morawa par les sommets de Streser, Yilogolo et Mesid Planina, rejoint
par la Gacina, Crna Trava, Darvkowska et Drainica pian, puis, le Descani Kladanec
la ligne de partage des eaux de la Haute Sukowa et de la Morawa, va directe-
ment sur le Stol et en descend pour couper à iOOO mètres au Nord-Ovest du vfl-
lage de Segusa la route de Sofia a Pirot Elle remont en ligne droite sur la Yidlic
Planina et, de là, sur le mont Radocina dans la chalne de Kodza Balkan, laissant a
la Servie le village de Doikincie*et à la Bulgarie celui de Senakos.
Du sommet du mont Radocina la frontière suit vers TOvest la créte des Balkans
par Ciprovec Balkan et Stara Planina, jusqu'à Tancienne frontière orientale de la
Principauté de Servie près de la Eula Smiljova Guka, et, de là, cette ancienne fron-
tière jusqu*au Danube, qu'elle rejoint à Rakovitza.
Cette délimitation sera fìxée sur les lieux par la Gommission européenne, cu
les Puissances signataires seront représentées. Il est entendu :
1. Que cette Gommission prendra en considération la nécessité pour S. M. le
Sultan de pouvoir défendre les frontières du Balkan de la Roumélie orientale;
2. Qu' il ne pourra ètre èlcvé des fortifications dans nn rayon de dix kilo-
mètres autour de Samakow.
Art. III. Le prince de Bulgarie sera librement élu par la population et con-
firme par la Sublime Porte avec l'assentiment des Puissances. Aucun membre des
Dynasties régnantes des grandes Puissances européennes ne pourra ètre élu Prince
de Bulgarie.
En cas de vacance de la dignité princière, l'élection du nouveau Prince se fera
aax mémes conditions et dans les mémes formes.
Art. IV. Une assemblée de notables depuis convoquée la Bulgarie à Tirnovo,
elaborerà, avant Télection du Prince, le règlement organique de la Principauté.
Dans les localités où les Bulgares sont mélés à des populations turques, ron-
maines, grecques ou autres, il sera tenu compte des droits et des intéréts de ces
populations en ce qui concerne les éléctions et l'élaboration du règlement organique.
Art. V. Les disposi tions suivantes formeront la base du droit public de la
Bulgarie.
La distinction des croyances religieuses et des confessions ne pourra étre
opposée à personne comme un motif d'exclusion ou d'incapacité en ce qui concerne
la jouissance des droits civils et politiques, Tadmission aux emplois publics, fone-
tions et honneursou Texercice desdifTérents professions et Industries, dans quelque
localité que ce soit.
La liberté et la pratique extérieure de tous les cultes sont assurées à tona les
ressortissants de la Bulgarie aussi bien qu*aux étrangers, et aucune entrave ne
pourra ètre apportée soit à Torganisation hiérarchique deSiiilfi'érentes communionSy
Boit à leurs rapports avec leurs chefs spirituels.
«n.i878. Trattato di Berlino del 1878 GXXVU
Art. vi. L'administratioo provisoire de la Bulgarie sera dirigée jusqn'à Tachè-
▼ement da réglement organique par nn Gommissaire Imperiai* Russe. Un Com-
missaire Imperiai Ottoman ainsi que les Consuls délégués ad hoc par les autres
Puissances signataires da présent Traité seront appelées à l'assister, à Teffet de
contròler le fonctionnement de ce regime provisoire. £n cas de dissentiment eotre
les CoDSttls délégués, la majorité deciderà, et, en cas de divergences entre cette
majorité et le Gommissaire Imperiai Russe ou le Gommissaire Imperiai Ottoman,
les Reprósentnnts des Puissances signataires à ConstantiDople, réunis en Gonfé-
rence, devront prononcer.
Art. vii. Le regime provisoire ne poarra ótre prolongé au delà d*un délai de
neuf mois à partir de réchéanee des ratifications du présent Traité.
Lorsque le règlewettl organique sera termine, il sera procède immédiatement à
l'élection du Prince de Bulgarie. Aussitdt que le Prince aura été institué, la noii-
velle urganisatioa sera mise en vigueur, et la Principauté entrerà en pleine jouis-
sance de son autonomie.
Art. Vili. Les Traités de commerce et de navigation, ainsi que toutes les Gon-
ventions et arrangements conclus entre les Puissances étrangéres et la Porte, et
aujourd*hui en vigueur, sont maintenus dans la Principauté de Bulgarie, etaucun
changement n*y sera apporté à Tégard d'aucune Puissance avant qu'elle y ait donne
son consentement.
Aucun droit de transit ne sera prélevé en Bulgarie sur les marchandises tra-
versant cette Principauté.
Les nationaux et le commerce de toutes les Puissances y seront traités sur le
pied d'une parfaite égalité.
Les immunités et priviléges des sujets étrangers, ainsi que les droitsdejuridic-
tion et de protection consulaires tels qu'ils ont été établis par les Gapitulations et
les usages, resteront en pleine vigueur, tant qu'ils n*auront pas été modifiés du
consentement des Parties intéressées.
Art. IX. Le montant du tribut annuel, que la Principauté de Bulgarie payera
^ la Gour Suzeraine, en le versant à la Banque, que la Sublime Porte designerà
tiltérieurement, sera déterminé par un accord entre les Puissances signataires da
présent Traité, à la fin de la première année du fonctionnement de la nouvelle
organisation. Gè tribut sera établi sur le revenu moyen du territoire de la Prin-
cipauté.
La Bulgarie devant supporter une part de la dette publique de l'Empire, lorsque
les Puissances détermineront le tribut, elles prendront en considération la partie
de cette dette, qui pourrait ètre attribuée à la Principauté sur la base d'une équi-
table proportion.
Art. X. La Bulgarie est substituée au Gouvernement Imperiai Ottoman dans
-ses charges et obligations envers la Gompagnie du chemin de fer de Routschoak-
Varna, à partir de Téchange des ratifications du présent Traité. Le rèp^lement dea
comptes antérieurs est réservé à une entente entre la Sublime Porte, le Gouverne-
ment de la Principauté et l'administration de cette Gompagnie.
La Principauté de Bulgarie est méme substituée, pour sa part, aux engagements
<iue la Sublime Porte a contraclés tant envers l'Autriche-Hongrie qu'envers la
Compaguio puur Texploitation des chemins de fer de la Turquie d'Europe, par
CXXVIII Appendice L aa. fSTS
rappori à rachòvement et au raccordement ainsi qu'à rexploitation des lignes
férrées situées sur son territoire.
Les Conventions nécessaires pour régler ces questiona seront conclues entre
rAutriche-Hongrie, la Porte, la Servie et la Principauté de Bulgarie immédiatement
après la conclusi on de la paix.
Art. XI. L'armée ottomane ne séjournera plus en Bulgarie; toutes les anciennes
forteresses seront rasées aux fì*ais de la Principauté dans le délai d'un an, ou plus
tòt si faire se peut; le Gouvernement locai prendra immédiatement des mesures
pour les détruire et ne pourra en faire construire de nouvelles. La Sublime Porte
aura le droii de disposer à sa guise du matèrici de guerre et autres objets appar-
tenant au Gouvernement Ottoman et qui seraient restés dans les forteresses da
Danube déjà évacuées en vertu de rarmistice du 31 Janvier, ainsi que de ceux qui
se trouveraient dans les places fortes de Schoumla et de Yama.
Art. XII. Les propriótaires musulmans ou autres qui fixeraient leur residence
personnelle hors de la Principauté, pourront y conserver leors immeubles en )es
afiermant ou en les faisant administrer par des tiers.
Une Commission turco-bulgare sera chargée de régler, dans le courant de
deux années, toutes les afiaires relatives au mode d'aliénation, d*exp]oitation ou
d'nsage pour le compie de la Sublime Porte, des propriétés de TÉtat et des fon-
dations pienses (vakoufs), ainsi que les questiona relatives aux intéréts des parti-
cnliers qui ponrraient s'y trouver engagés.
Les ressortissants de la Principauté de Bulgarie qui voyageront ou séjoumeront
dans les autres parties de TEmpire Ottoman seront soumis aux antorités et anz
lois oUomanes.
Jiumelia Orientale.
Art. XIII. Il est formée au Sud des Balkans une province qui prendra le nom
de I Boumélie orientale i et qui resterà placée sous Tautorité polilique et militaire
directe de S. M. le Sultan dans des conditions d'autonomie administrative. Elle
aura un gouverneur general chrétien *.
Art. XIV. La Roumélie Orientale est limitée au^ord et au Nord-Ovest par la
Bulgarie et comprend les territoires inclus dans le trace suivant (segue la deter-
minnzione dei confini).
Art. XV. S. M. le Sultan aura le droit de pourvoir à la défense des frontières
de terre et de mer de la Province en élevant des fortifications sur ces frontières et
en y entretenanl des troupes.
L'ordre intéri eur est maintenu dans la Roumélie Orientale par une gendar-
merie indigène assistée d'une milicc locale.
Pour la composition de ces deux corps, dont les ofQciers sont nommés par le
Sultan, il sera tenu compie, suivant les localités, de la religion des habitants.
S. M. le Sullan s'engage à ne point employer des troupes irrégulières, telles
que bachibozouks et circassiens, dans les garnisons des frontières. Les troupes
n Colla rivoluzione del 18 settembre 1885 la Rumelia orientale dichiarò la
sua unione alla Bulgaria. II principe di Bulgaria è anche governatore della
Kumelia a nome del Sultano.
iB. 1878. Trattato di Berlino del 1878 CXXIX
rógulières destinées à ce service, ne pourront, en aucun cas, ètre cantonnées chez
les habitants. Lorsqu'elles traverseront la Province, elles ne pourront y faire de
séjour.
Art. XVI. Le Gouverneur general aura le droit d'appeler les troupes ottomanes
dans les cas où la sécurité intérieure ou eztérieure de la Provìnce se troaverait
menacé. Dans l'éventualité prévue, la Sublime Porte devra donner connaissance de
cette décision, ainsi que des nécessités qui la justifient, aux Représentants des Puis-
sances à Constantinople.
Art. XVII. Le Gouverneur general de la Roumélie Orientale sera nommé par
la Sublime Porte, avec l'assentiment des Puissances, pour un terme de cinq ans.
Art. XVIII. Immédiatemenfc après l'échange des ratifications du présent Traité,
une Commission européenne sera formée pour élaborer, d*accord avec la Porte
ottomane, l'organisation de la Roumélie Orientale. Cette Commission aura à déter-
miner, dans un délai de trois mois, les pouvoirs et les attributlons du gouverneur
general, ainsi que le regime administratif, judiciaire et financier de la Province»
en prenant pour point de départ les dilTérentes lois sur les vilayets et les proposi-
tions ùxìles dans la huitième séance de la Conférence de Constantinople.
L'ensemble des dispositions arrétées pour la Roumélie Orientale fera Tobjet
d'un fìrman imperiai, qui sera promulgué par la Sublime Porte et dont elle don-
nera communication aux Puissances.
Art. XIX. La Commission européenne sera chargée d'administrer, d*accord
avec la Sublime Porte, les finances de la Province jusqu'à Tachèvement de la nou-
velle organisation.
Art. XX. Les Traités, Conventions et arrangements interna tionaux, de quelque
nature qu' ils soient, conclus ou à conclure entre la Porte et les Puissances étran-
gères, seront applicables dans la Roumélie Orientale comme dans tout TEmpire
Ottoman. Les immunités et priviléges acquis aux étrangers, quelque soit leur
condition, seront respectés dans cette Province. La Sublime Porte s'engage à y
faire observer les lois générales de TEmpire sur la liberté religieuse en faveur de
tous lescultes.
Art. XXI. Les droits et obligations de la Sublime Porte en ce qui concerne lej
chemins de fer dans la Roumélie Orientale sont maintenus intégralement.
Art. XXII. L'elTectif du corps d*occupation russe en Bulgarie et dans la Rou*
mélie Orientale sera compose de six divisions d'infanterie et de deuz divisions de
cavalerie et n'excédera pas 50,000 hommes. Il sera maintenu aux frais du pays
occupé. Les troupes d' occupa tion conserveront leurs Communications avec la
Russie, non seulement par la Roumanie, d'apròs les arrangements à conclure entre
les deux États, mais nussi par les ports de 1^ Mer Noir, Vama e Bourgas, où elles
pourront organiser, pour la durée de Toccupation, les dépòts nécessaires.
La durée de Toccupation de la Roumélie Orientale et de la Bulgarie par les
troupes impériales russes est fixée à neuf mois, à dater de l'échange des ratifica-
tions du présent Traité.
Le Gouvernement Imperiai russe s'engage à terminer, dans un délai ultérieur,
de trois mois, le passage de ses troupes à travers la Roumanie et l'évacuation com-
plète de cette Principauté.
46 — Fiore, Dir. interri, codif.
C'XXX Appendice L ui. 1878.
Isola di Creta e Turchia d^ Europa,
Art. XXIII. La Sublime Porte s'engage à appliquer scrupnleusemeiìt dans Ttle
de Créte le règlement organique de 1868, en y apportant les modifica tions qui
seraient jugées équitables.
Dea règlements analogues adaptés aux besoins locauz, sauf en ce qui concerne
rexemption d' impòts accordée à la Créte, seront également introduits dans les
autres parties de la Turquie d'Europe pour lesquelles une organisation particulìère
n*a pas été prévue par le présent Traité.
La Sublime Porte chargera des Commissions spéciales, au sein desquelles Téle-
ment indigène sera largement représenté, d'élaborer les détails de ces nouveaux
règlements dans chaque Province.
Les projets d'organisation résultant de ces travaux seront soumis i Tezanien
de la Sublime Porte, qui, avant de promulguer les actes destinés à les mettre en
vigaeur, prendra l'avis de la Commission européenne institaée pour la Roumélie
Orientale.
Grecia.
Art. XXIV. Dans le cas où la Sublime Porte et la Grece ne parviendraient pas
à s'entendre sur la rectification de frontière indiquée dans le treizième Protocole
du Congrès de Berlin, l'Allemagne, TAutriche-Hongrie, la France, la Grande-Bre-
tagne, l'Italie e la Russie se réservent d'offrir leur médiation au deux Parties pour
faciliter les nègotiations.
Bosnia ed Erzegovina.
Art. XXV. Les Provinces de Bosnie et de Herzégovine seront occupées et
administrées par l'Autriche-Hongrie. Le Gouvernement d'Autriche-Hongrìe ne desi-
rant pas se charger de Tadministration du Sandjak de Novibazar, qui s'étend entre
la Servi e et le Montenegro dans la direction de Sud-Est, jusqu*au delà de Mitrovitza,
radministration ottomane continuerà d'y fonctionner. Néanmoins, afin d'assurer le
maintien du nouvel état politique ainsi que la liberté et la sécurité des voies de
communication, rAutriche-Hongrie se réserve le droit de tenir garnison et d'avoir
des routes militaires et commcrciales sur tonte l'étendue de cette partie de Tancien
vilayet de Bosnie.
À cet effet, Ics Gouvernenients d'Autriche et de Turquie se réservent de B*en-
tendre sur les détails.
Montenegro.
Art. XXVI. L'indépendance du Montenegro est reconnue par la Sublime Porte
et par toutes celles des Uautes Parties contractantes qui ne l'avaient pas encore
adinise.
it «878. Trattato di Berlino del 4878 CXXXr
Art. XX vii. Les Hautes Parties contractantes sont d*accord sur les conditions
guìvantes:
(Come alVart, V).
Art. XX Vili. Les nouvelles frontières de Montenegro sont fixées ainsi qu* il suit :
Le trace partant de l'illinobrdo, au Nord de KJobuk, descend sur la Trebiojcica
▼ers Grancarevo, qui reste à l'Herzégovine, puis remonte le cours de cette rivière
jusqu*à un certain point situé à un kilomètre en aval du confluent de la Capelica
et, de là, rejoint, par la ligne la plus courte, les hauteurs qui bordent la Tribinj
cica. Il se dirìge ensuite vers F ilatova laissant ce village au Montenegro, puis con*
tinue par les hauteurs dans la direction Nord, er se maintenant, autant quepossible,
à une distance de siz kiloroètres d' la route Bilek-Korito-Gacko, jusqu'au col situé
entre la Somina-Planina e* le mon* Curilo, d*où il se dirige à l'Es^ par Vratgocivi,
laissant ce village à THerzégovine, jusqu au mont Orline. À partir de ce point la
frontière, laissant Ravno au Montenegro, s'avance directement par le Nord-Nord-
£s* en traversant les sommets du Lebersnik et du Yolujak, puis descend par la
ligne la plus courte sur la Piva, qu*elle traverse, et rejoint la Tara en passant entre
Crkvica et Nedvina. De ce point elle remonte la Tara jusqu 'à Mojkovac, d*où elle
suit la créte du contre-for jusqu'à Siskojezero k partir de cette localité, elle se
confond avec Tandenne frontière jusqn'au village de Sekulare. De là la nouvelle
frontière se dirige par les crétes de la Mokra Planina, le village de Mokra restant
au Montenegro, puis elle gagne le point 2166 de la carte de Tétat-major autrichien
en suivant la chaine principale et la ligne de partage des eaux, entre le Lim d*un
coté et le Drin, ainsi que la Gievna (Zem) de Tautre.
Elle se confond ensuite avec les limites actuelles entre la tribù des Kuci Dreka-
lovici d*un coté, et la Kncka-Krajna ainsi que les tribus des Klementi et Gru di de
Tautre, jusqu*à la plaine de Podgorica, d'où elle se dirige sur Plavnica, laissant à
l'Albanie les tribus des Klementi, Grudi et Hoti.
De là la nouvelle frontière traverse le lac près de Ttlot de Gorica-Topal et, à
partir de Gorica-Topal, elle atteint directement les sommets de la créte, d'où elle
suit la ligne do partage des eaus entre Megured et Ralimed, laissant Mrkovic au
Montenegro et rejoignant la mer Adrìatique a Kruci.
Au Nord-Ovest, le trace sera forme par une ligne partant de la còte entre Ics
villages Susana et Zubci et aboutissant à la pointe extréme Sud-Est de la frontière
actuelle du Montenegro sur la Vrsuta-Planina
Art. XXIX. Antivari et son litoral sont annexés au Montenegro sous les con-
ditions suivantes:
Les contrées situées au Sud de ce torri toire, d'après la délìmitatìon ci-dessus
déterminée jusqu'à la Bojana y compris Dulcinijo, seront restituées à la Turquie.
La commune de Spica, jusqu*à la limite septentrionale du territoire indiqué
dans la description détaillée des frontières, sera incorporé à la Dalmatie.
Il y aura pleine et entiére liberté de navigation sur la Bojana pour le Monte
négro. Il ne sera pas construit de fortifications sur le parcours de ce fleuve, à
exception de celles qui seraient nécessaires à la défense locale de la place de
Scutari, lesquelles ne s'étendront pas au delà d'une distance de six kilomètres de
cette ville.
Le Montenegro ne pourra avoir ni bàtiments ni pavillons de guerre.
CXXXlI Appendice L an. 187&
Le port d*Àntivari et toutes les eaux du Montenegro resteront fermées anx bàti
ments de guerre de toutes les nations.
Les fortifications situées entre le lac et le litoral sur le terrìtoire monténégrin
seront rasées et U ne pourra en étre élevé de nouvelles dans cette zone.
La police marìtime et sanitaire, tant à Antivari quant le long de la còte da
Montenegro, aera exercée par rAutriche-Hongrie, au moyen de bàtime&ts Iég«rg
garde-còtes.
Le Montenegro adoptera la législation maritime en vìgueur en Dalmatie. De
8on coté rAutriche-Hongrie s'engage à accorder sa protection cousiilaire au pavillon
marchand monténégrin.
Le Montenegro devra s'entendre avec l'Autriche-Hongrie sur le droit de ooo-
struire et d'entretenir à traverà le nouveau terrìtoire monténégrin une roote et
un chemin de fer.
Une entiòre liberté de oommunication sera assurée sur ces voies.
Art. XXX.
{Come agli alinea 1 6 2 dell'art. XITj.
Art. XXXI. La Principauté du Montenegro s'entendra directement avec la
Porte Ottomane sur Tinstitution des Agents monténégrins à Gonstantinople et
dans certaines localités de l'Empire Ottoman où la nécessité en sera reoonnue.
Les Monténégrins, voyageant ou séjournant dans T Empire Ottoman» seront
soumis aux lois et aux autorités ottomanes, suivant les prindpes généraux du droit
international et les usages établis concemant les Monténégrins.
Art. XXXIL Les troupes du Montenegro seront tenues d'évacuer, dans un
délai de vingt jours à partir de Téchange des ratifications du présent Traité, ou
plus tòt si Ikire se peut, le terrìtoire qu'elles oocupent en ce moment en dehors
des nouvelles limites de la Principauté.
Les troupes ottomanes évacueront les territoires cédés au Montenegro dans le
méme délai de vingt jours. Il leur sera toutefois accordé un terme supplémentaire
de quinze jours, tant pour quitter les places-fortes et pour en retirer les apfiroTi-
sionnements et le matériel, que pour dresser Tinventaire des engins et objets qui
ne pourraient étre enlevés immédiatement.
Art. XXXIII. Le Montenegro devant supporter une partie de la dette publique
ottomane pour les nouveaux territoires qui lui sont attribués par le Traité de paix,
les Représentants des Puissances à Gonstantinople en détermineront le montant» de
concert avec la Sublime Porte, sur une base équitable.
Serbia.
Art. XXXIV. Les Hautes Parties contractantes reconnaissent l'indépendance
de la Principauté (*) de Servie, en la rattachant aux conditìons exposées dans Tar-
ticle suivant.
Art. XXXV. {Identico agli alin. 1 e 2 delVart. V).
Art. XXXVI. La Servie regoìt les territoires inclus dans la délimitation
ci-après :
(•) Con leg^e 6 marzo 1882 la Serbia si eresse a Regno*
an. 1878. Trattato di Berlino del 1878 CXX^UII
La nou velie frontière suit le trace actuel en remontant le thalweg de la Drima
depuis son confluent avec la Save, laissant à la Principaaté le Mali Zwornik et
Sackhar et continue à longer Tancienne limite de la Servie, josqu'an Kopaonik,
dont elle se détache au sommet de Kanilug. De là elle suit d'abord la limite occi-
dentale du Sandijak de Nisch par le contre-fort Sud du Kopaonik, par les crétes de
la Marica et Mrdar Planina, qui forme la ligne de partage des eaux entre les
bassins de libar et de la Sitnica d'un coté et celui de la Toplica de Tautre, laissant
Prepolac à la Turquie.
Elle toume ensuite vers le Sud, par la ligne de partage des eaux, entre la
Brvenica et la Medvedja, laissant tout le bassin de la Medve^ja à la Servie, suit la
créte de la Goljak Pianina (formant le partage des eaux entre le Kriva Kjeka d*un
coté et la Poljanica, la Veternica et la Morawa de Tautre), jusqu'au sommet de la
Poiljanica. Puis elle se dirige par le contre-fort de la Earpina Planina jusqu'au
confluent de la Roinska avec la Morawa, traverse cette rivière, remonte par la ligne
de partage des eaux entre le ruisseau Koinska et le ruisseau qui tombe dans la
Morawa prés de Neradovce, pour rejoindre la Planina Sv. Ilija, au-dessus de
Trgoviste. De ce point, elle suit la créte de Sv. Ilija jusqu'au mont Kljuc et, pas-
sant par les points indiqués sur la carte par 1516 et 1576 et par la Bobina Gora,
elle aboutit an mont Gmi Yrh.
À partir du mont Gmi Yrh, la nouvelle délimitation se confond avec celle de
la Bulgarie, c'est-à-dire :
La ligne frontière suit la ligne de partage des eaux entre la Struma et la
Morawa par les sommets du Streser, Vologolo et Mesid Planina ; rejoint par la
Gacina, Crna Trava, Darkovska et Drainica pian, puis les Descani Elandanec, la
ligne de partage des eaux de la haute Sukowa et de la Morawa, va directement
sur le Stol et en descend pour couper, à 1000 mètres au Nord-Ovest du village
de Segusa, la route de Sofia à Pirot. Elle remonte en ligne droite sur la Vidlié
Planina, et de là, sur le mont Radocina, dans la chaine du Kodza Balkan, laissant
à la Servie le village de Doikinci et à la Bulgarie celui de Senakos.
Du sommet du mont Radocina, la frontière suit vers le Nord-Ovest la créte
des Balkans par Ciprovec Balkans et Stara Planina jusqu'à l'ancienne frontière
orientale de la Principauté de Servio près la Eula Smi^jova Guka et de là, cette
ancienne frontière jusqu'au Danube, qu'elle rejoint à RakoAvitza.
Art. XXXVIL Jusqu*à la conclusion de nouveaux arrangements, rien ne sera
changé en Servie aux conditions actuelles des relations commerciales de la Prin-
cipauté avec les Pays étrangers.
(Identico al ^2 delVart. VITI).
( » §4 . . ).
Art. XXXVm (Identico ai §§ 2 e 3 delVart, X).
Art. XXXIX {Identico at §§ 1 6 2 delVarU XI7).
Art. XL. Jusqu'i la conclusion d'un Traité entre la Turquie et la Servie, lef
sujets serbes voyageant ou séjoumant dans I* Empire Olloinan seront traités sui
vant les principes généraux du droit intemational.
Art. XLI (Identico alVart. XXXII).
Art. XLII (Identico alVart. XXX JII).
(XXXIV Appendice L aB.48'8.
Rumenìa.
Art. XLIII. Les Hautes Parties contractanles reconnaisspnt !Mni1<^pendance de la
Roumanie en la rattachant aux conditions esposées dans les deux articles saivants
Art. XLIV (§§ 1 c 2 identici ai §§ 2 e 3 delVart. F).
Les nationaux de toiitos les Puissances, commer^nts ou aiitres, seront traités
en Roumanie, sana distinction de religion, sur le pied d*une parfaite égalité.
Art. XLV. La principaulé de Roumanie (') retrocède à S. M. TEmpereur de
Russie la portion du territoire de la Bessarabie détachée de la Russie ensuite du
Traile de Paris de 1856 limitée & l'ovest par le thalweg du Pruth, au midi par le
thalweg du bras de Kilia et Tembouchure de Stary-Stamboul.
Art. XLVI. Les lles formant le delta du Danubc, ainsi que Ttle des Serpents,
le Sandjak de Touitcha comprenant Ics districts (Cazas) de Kilia, Soulina, Mah-
moudié, Isaktcha, Touitcha, Matchin, Babadagh, Hirsovo, Kustendje, Medjidié, soni
réunis à la Rumanie. La Principauté reQoit en outre le territoire situé au Sud de la
Dobrutcha jusqu'à une ligne ayant son point de départ à Test de Silistrie et abou-
tissant à la mer Noire au sud de Mangalie.
Le trace des frontières sera fixé sur les lieux par la Commission européenne
fOMT la délimitation de la Bulgarie.
Art. XLVIL La question du partage des eaux et des pécheries sera soomise à
Tarbitrage de la Ck)mmission européenne du Danube.
Art. XLVIII. Aucun droit de transit ne sera prélevé en Roumanie sur les mar-
chandises traversant la Principauté.
Art. XLIX. Des Conventions pourront ètre condues par la Roumanie pour
régler les priviléges et attributions des consols en matière de protection. Les droits
acquis resteront en vigueur tant quMIs n'auront pas été modifiés d*un commus
accord entre la Principauté et les parties inléressées.
Art. L. Jusqu'à la conclusion d*un Traité réglant les priviléges et attributions
des Consuls entre la Turquie et la Roumanie, les sujets roumains voyageant oa
séjoumant dans l'Empire Ottoman et les sigets ottomans voyageant ou séjournant en
Roumanie jouiront des droits garantis aux sujets des autres Puissances européennes.
Art. li. En ce qui concerne les entreprises des travaux publics et autres de
mème nature, la Roumanie sera substituée pour tout le territoire cède anx droits
et obligations de la Sublime Porto.
Navigazione del Danubio.
Art. LII. Afin d'accroitre les garanties assurées à la liberté de la navigation
sur le Danube reconnue comme étant d'intérét européen, les Hautes Parties cou-
tractantes décident que toutes les forteresses et forti fìcations qui se trouvent sur
li' parcours du fleuve depuis les Portes-de-Fer jnsqu'à ses embouchures seront
rasées et quMl n'en sera pas élevé de nouvelles. Aucun bAtiment de guerre ne
(*) Con voto del 14-26 marzo 1881 dei rappresentanti del paese la Rumeni*
fu eretta a Regno,
tB.f878. Trattato di Berlino del iSlS GXXXY
pourra naviguer sur le Danube en aval dea Portes-de-Fer, à Texception des bàti<
ments légers destinés à la police fluviale et au service des douanes. Les station»
naires des Puissances aux embouchures du Danube pourront toutefois reroonter
jusqu'à Galatz.
Art. lui. La Commission européenne dn Danube, au sein de laquelle la Rou-
manie sera représentée, est maintenue dans ses fonctions et les exercera dorè-
navant jusqu'à Galatz dans une complète indépendance de Tautorìté territoriale*
Tous les Traités, arrangements, actes et décisions relatifs à ses droits, priviléges,
prérogatives et obligations sont confirmès.
Art. LIV. Une année avant Texpiration du terme assigné à la durée de la
Commission européenne, les Puissances se mettront d*accord sur la prolonga-
tion de ses pouvoirs ou sur les modiflcations qu'elles jugeraient nécessaire d'y
introduire.
Art. LV. Les règlements de navigation, de police fluviale et de surveillance
depuis les Portes-de-Fer jusqu*à Galatz seront élaborés par la Commission euro-
péenne, assislée de Délégués des États riverains et mis en harmonie avec ceux
qui ont cté ou seraient édictés pour le parcours en aval de Galatz.
Art. LVL La Commission européenne du Danube 8*entendra avec qui de droit
pour assurer l'entretien du phare sur lìle des Serpents.
Art. LVII. L'exécution des travaux destinés à faire disparattre les obstacles,
que les Portes-de-Fer et les Cataractes opposent à la navigation, est confiée à TAu-
triche-Hongrie. Les États riverains de cette partie du fleuve accorderont toutes
les facilités qui pourraient étre requises dans Tintérét de ces travaux.
Les dispositions de Tart 6 du Traité de Londres du 13 mars 1871 relatives au
droit de percevoir une taxe provisoire pour convrir les frais de ces travaux sont
maintenues en faveur de TAutriche-Hongrie.
Territofj delVAtia.
Art. LVIIL La Sublime Porte cède à l'Empire russe, en Asie, les territoires de
Ardahan, Ears et Batoum avec ce dernier port, ainsi que tous les territoires com
pris entre Tancienne frontière russe-turque et le trace suivant:
La nouvelle frontière, partant de la mer Noire, conformément à la ligna
déterminée par le Traité de San-Stefano, jusqu*à un point au nord-ovest de
Khorda et au sud de Artvin, se prolonge en ligne droite jusqu*à la rivière Tcho>
roukh, traverse* cette rivière et passe à Test de Aschmicheh en allant en ligne
droite au Sud pour rejoindre la frontière russe indiquée dans le Traité de San-
Stefeno à un point au sud de Nariman, en laissant la ville d'Olti à la Russie. Du
point indiqué près de Nariman, la frontière tourne à Test, passe par Tebrenek, qui
reste à la Russie, et s'avance jusqu'à Penneck TschaL
Elle suit cette rivière jusqu*à Bardouz, puis se dirige vers le sud, en laissant
Bardouz et Jonikioy à la Russie. D'un point à Tovest du village de Karaougan, la
frontière se dirige sur Medjingert, continue en ligne directe vers le sommet de
la montagne Kassadagh et longe la ligne de partage des eaux entre les
affluente de TAraxe au nord et ceux du Mourad Sou au sud, jusqu'à Tancienna
frontière de Russie.
CXXXVI Appendice L ». ìstR.
Art. LIX. S. M. TEmpereur de Russie dédare que son ìntention est d^éri^er
Bstoum en port frane, essentiellement commercial. .
Art. LX. La vallèe d'AIaschkerd et la ville de Bayazid, cédées à la Turquie par
Tart X du Traité de San-Stefano, font retour à la Turquie.
La Sublime Porte cède à la Perse la ville et le territoire de Khotour tei qn*il
a été déterminè par la Gommission mixte anglo^usse ponr la délimitation des fron-
tières de la Turquie et de la Perse.
Art. LXL La Sublime Porte s'engage à réaliser, sana plus de retard, les amé-
liorations et les réformes, qu*exigent les besoins locaux dans les provinces habi-
tées par les Arraéniens et à garantir leur sécurité contre les Circassiens et les
Kurdes. Elle donnera connaissance périodiquement des mesnres prises k cet effel,
aux Puissances, qui en surveilleront Texécution.
Liberia religiosa.
Art. LXn. La Sublime Porte ayant exprimé la volonté de maintenir le principe
de la liberté religieuse en y donnant Textention la plus large, les Parties contrae
tantes prennent acte de catte Déclaration spontanee.
Dans aucune partie de Y Empire Ottoman la différence de religion pourra
étrc opposèe à personne comme un motif d*exclusion ou d*incapacité en ce qui
concerne Tusage des droits civils et politiques et radmission aux emplois publics,
fonctions et honneurs ou Texercice des différentes professions et industries.
Tous seront admìs, sans distinction de religion, à témoigner devant les trt-
bunaux.
La libertè et la pratique extériciire de tous les cultes sont assurées à tous, et
aucune entrave ne pourra étre apportée soit à Torganisation hièrarchique des
différentes communions, soit à leurs rapporta avec les chefs spirituels.
Les ecclésiastiques, les pèlerins et les moines de toutes les nationalités voya-
geant dans la Turquie d'Europe ou la Turquie d'Asie jouiront des mémes droits,
avantages et priviléges.
Le droit de protection offìcielle est reconnu aux Agents diplomatiques et
consulaires des Puissances en Turquie, tant à Tégard des personnes susmention-
nées que de leurs établissements religieux, de bienfaisance et antres dans les
Lieux-Saints et ailleurs.
Les droits acquis à la France sont expressóment rèservés et il est bien entendu
que aucune atteinte ne pourra étre portée au statu quo dans les Lieux-Saints.
Les moines du mont Athos, quelquc soit leur pays d'origine, seront maintcnus
dans leurs possessions et avantages antérieurs, et jouiront, sans aucuno exception,
d'une entière égalité de droits et prérogatives.
Art. LXin. Le Traité de Paris du 30 mars 1856, ainsi que le Traité de Lon-
dres du 30 mars 1871 sont maintenus dans toutes celles de leurs dispositions qui
ne sont pas abrogècs ou modifiées par les stipulations qui précédent.
Art. LXIV. Le présent Traité sera ratifié et les ratifications en seront échan-
gées & Berlin dans un délai de trois semaines ou plus tot si faire se peut.
an. 1878. Trattato di Berlino del 1878 CXXXVII
En foi de quoi, les Plénipotentiaires respectifs 1 ont signé et y ont appose le
sccau de leurs armes.
Fait à Berlin le treiziéme jour du mois de juillet mil huit cent soixante-
dix-huit.
Atti conclusi per d«re esecusione al Trattato di Berlino.
1878-1880.
an. i 878-80.
Per dare esecuzione al trattato fatto a Berlino il 13 luglio 1878 gli Stati
che lo sottoscrissero hanno posteriormente stipulato i seguenti atti :
Rispetto alla Bulgaria^ essendo stato stabilito all'art. 46 di detto trat-
tato, che la frontiera ruraeno-bulgara sarebbe stata tracciata da una Com-
missione europea, ciascuno degli Slati firmatari nominò il proprio com-
missario e la Commissione europea cosi costituita tracciò la nuova frontiera
eoirAtto fatto a Costantinopoli il 17 dicembre 1878.
Rispetto alla Rumelia Orientale, provincia posta sotto l'autorità politica
e militare diretta del Sultano nella condizione di autonomia amministra-
tiva, a norma dell'art. 13 di detto trattato, essendo stato tra le parti stesse
convenuto all'art. 18, che l'organizzazione di tale provincia sarebbe stata
effettuata secondo lo statuto organico fatto dalla Commissione europea di
accordo con la Porta, tale statuto fu compilato a seconda era stato stabilito,
e approvato dagli Stati firmatari con l'Atto sottoscritto a Costantinopoli il
14 aprile 1879.
La frontiera tra la Bulgaria e la Rumelia orientale fu pure tracciata, a
norma dell'articolo 2 del mentovato trattato, dalla Commissione europea
nominata dallePotenze firmatarie, le quali sottoscrissero, il 14 agosto 1879,
l'Atto che stabilisce la detta frontiera, e coli' Atto del 19 agosto dello stesso
anno fu fissata la nuova frontiera della Serbia.
La frontiera danubiana della Bulgaria, quella tra questa e la Turchia
^Macedonia) e la frontiera fra la Bulgaria e la Serbia, furono tracciate dalla
Commissione europea e approvate dalle Potenze firmatarie coli' Alto fatto
a Costantinopoli il 28 settembre 1879. Le medesime Potenze sottoscrissero
il 25 ottobre l'Atto che stabilisce la frontiera meridionale della Rumelia
orientale. 1 confini tra la Turchia e il Montenegro furono rettificati col pro-
tocollo sottoscritto il 18 aprile 1880 e quelli tra la Grecia e la Turchia,
rettificati parimente col protocollo sottoscritto a Berlino il 1^ luglio 1880.
cxxxvm Appendice I.
Sviluppo del commeroio
e deirinoivilimento nelle regioni africano.
navigasione del Congo e del Niger.
Trattato di Berlino.
1885, Febbraio 26.
an.l88&
L'Atto generale della Conferenza riunita a Berlino per regolare di
comune accordo lo sviluppo del commercio e della civiltà nelle regioni
dell'Africa, e per assicurare la libera navigazione dei due principali fiumi
africani che sboccano nell'Oceano atlantico (il Congo ed il Niger) è uno
dei documenti molto importanti dei nostri tempi. Esso fu sottoscrìtto il
26 febbraio 1885 dalF Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca, Francia, Ger-
mania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Portogallo,
Russia, Spagna, Stali Uniti d'America, Svezia e Norvegia e dalla Turchia.
I mentovati Stati, aflìne di prevenire le contestazioni che avrebbero
potuto sorgere in occasione dell'occupazione di certe regioni dell'Africa e
mettersi d'accordo per stabilire norme direttive comuni a riguardo del-
l'azione che ciascuno di essi poteva esercitare coli' intendimento di accre-
scere il benessere materiale e morale degl'indigeni di quelle regioni, si
riunirono in Conferenza a Berlino (1) in seguito all'invito del Governo della
Germania d'accordo con quello francese e convennero come segue:
l"" Fu stabilito in massima la completa libertà del commercio nel
bacino del Congo, nelle imboccature di lui, e nei paesi circonvicini, e
furono determinati i limiti del bacino stesso e dei suoi affluenti, ai quali la
libertà dovea ritenersi applicata, tenendo conto, nel fare tale delimitaziont",
dei criteri geografici non solo, ma altresì di quelli economici.
Fu assicurata la libera navigazione alle navi di qualunque nazionalità
ammettendo per esse il libero accesso a tutto il littorale dei territori com-
presi entro i limiti fissati, a tutti i porti situati lungo le sponde del fiume,
concedendo alle navi di potere intraprendere qualunque specie di trasporto
ed esercitare il cabottaggio marittimo e fluviale con perfetta eguaglianza di
trattamento. Fu inoltre stabilito che le mercanzie importate nei territori
(1) La ratifica dell' Atto generale da parte di ciascuno degli Stati, che la sotto-
scrissero, fu fatta ad epoche diverse, però con un protocollo sottoscritto a Berlino,
il 19 aprile 1886, fu constatato la ratifica delFAtto generale col deposito delle rati-
fiche di ciascuno dogli Stati che Io avevano sottoscritto.
in. 1S85. Trattalo di Berlino i885 {Congo) CXXXIX
designati sarebbero state affrancale da ogni diritto di entrata e di transito
negando agli Stati rivieraschi d'imporre su di esse qual si fosse tassa,
eccetto solo quelle che potessero essere percette come un'equa compensa-
zione delle spese utili pel commercio e sempre con perfetta eguaglianza
dei nazionali e degli stranieri di qualsifosse paese.
2<^ Per assicurare l'esatta osservanza dei principi stabiliti col trattato,
e per provvedere alla libertà del commercio e della navigazione fu istituita
una Commissione internazionale analoga a quella istituita pel Danubio, e
furono conferite alla medesima speciali attribuzioni per sopraintendere ai
lavori occorrenti a rendere il fiume navigabile: per fissare le tariffe; ammi-
nistrare le rendite: vigilare all'osservanza delle disposizioni contenute nel
trattato (art. Vili e XVII-XXI).
Ad essa fu conferita altresì la facoltà di negoziare all'occorrenza in
suo nome un prestito per provvedere alle spese tecniche ed amministrative
(art. XXIII).
Affinchè poi la libertà commerciale, tanto largamente stabilita, non
incontrasse ostacoli in tempo di guerra, fu espressamente convenuto che
le regole stabilite dovessero rimanere in pieno vigore in tempo di guerra,
e che dovesse essere libero il commercio tanto dalla parte degli Stati neu-
trali quanto dei belligeranti, eccetto solo, durante la guerra, il trasporto
degli oggetti destinati ad uno dei belligeranti e considerati a seconda del
Diritto internazionale, quale contrabbando di guerra (art. XXV).
3" Per quello che concerne il Niger fu parimente convenuto di
applicare, quanto alla libertà della navigazione e del commercio, i mede-
simi principi che per il Congo, eccetto soltanto quelli che si riferiscono alla
Commissione internazionale (articoli XXVI-XXIX).
La Gran Bretagna, sotto il protettorato della quale si trovano la maggior
parte dei paesi lungo la parte navigabile ed esplorata di detto fiume, prese
formale impegno di facilitare la circolazione delle navi mercantili nelle
acque sotto il suo protettorato, e di proteggere i negozianti stranieri di
tutte le nazioni che volessero esercitare il commercio nelle regioni lungo
il corso del Niger soggetto alla sovranità di lei e lo stesso fece la Francia
(articoli XXX-XXXD).
Anche il commercio sul Niger fu assicurato in tempo di guerra come
quello sul Congo.
4® Fu provveduto alla diffusione della coltura e della civiltà, avendo
le parti contraenti assunto l'impegno di proteggere gl'indigeni, i missio-
nari^ i viaggiatori, e qualsiasi istituzione e intrapresa religiosa, scienti»
GXL Appendice L an. l>^>::^
fica, 0 di beneficenza creata ed organizzata coirintendimento d'istruire gli
indigeni e difi'ondere la civiltà.
La libertà di coscienza e la tolleranza religiosa fu espressamente garantita
(art. VI).
b^ A riguardo della tratta degli schiavi, che in quelle regioni era
praticata, le Potenze firmatarie non solo dichiararono che essa doveva
essere reputata assolutamente inibita, ma quelle di esse, che esercitayano
diritti di sovranità, assumevano altresì formale impegno di non permettere
che sui territori ad esse soletti potesse essere fatto in avvenire il com-
mercio degli schiavi o che i detti territori potessero servire come vie di tran-
sito per fare la tratta, e si obbligavano ad adoperare tutti i mezzi di cui
potevano disporre, per far cessare il commercio e la tratta degli schiavi,
e punire coloro che volessero esercitarli (articolo IX).
6<* Per stabilire norme di diritto comune a riguardo delle nuove
occupazioni delle coste e delle regioni africane non ancora occupate, le
Potenze firmatarie convennero che per l'avvenire, qualora una di esse
volesse prendere possesso di una regione del continente africano o acqui-
stare soltanto il protettorato, dovesse notificare ciò alle altre affine di met-
terle in condizione di far valere i loro diritti, o di fare secondo i casi i
giusti reclami.
Tutte dichiararono inoltre di riconoscere come obbligo comune quello
di assicurare nei territori del continente africano, che potessero essere da
ciascuna di esse occupati, l'ordine, la tranquillità ed il rispetto dei diritti
acquisiti, costituendo un potere con mezzi sufficienti per tutelare i diritti
dei privati e la libertà del commercio (art. XXXIV e XXXV).
Essendo stato espressamente stabilito dalle Potenze che sottoscrissero
l'Atto, che gli altri Stati avrebbero potuto aderire a quanto con esso trovasi
disposto, facendovi adesione e notificandola in via diplomatica agli Stati
firmatari per mezzo del Goterno dell'Impero germanico (art. XXXVII) è
meritevole dì essere notato che l'Associazione internazionale del Congo
notificò la sua adesione all'Atto generale della Conferenza di Berlino nello
stesso giorno in cui esso fu sottoscritto. Tale Associazione era stata istituita
con lo scopo di diffondere la civiltà nelle regioni africane, di fondare ivi
stabilimenti, tutelare il commercio, proteggere i missionari, i viaggiatori.
Essa aveva acquistato dai Capi delle tribù indigene una vasta estensione di
territorio che si estendeva a 3200 chilometri lungo le rive del fiume O)ngo ;
vi aveva eretto molti stabilimenti sotto la bandiera di essa Associazione,
applicando nelle ventidue stazioni, ivi da lei stabilite, un regime analogo
an. i888. Navigazione Canale Suez. Trattato di Costantinopoli \^^ CXLI
a quello dei paesi dell'Europa, ed in considerazione della sua missione
civilizzatrice era stata riconosciuta successivamente dall' Austria-Ungheria,
dal Belgio, dalla Danimarca, dalla Francia, dalla Germania, dalla Gran
Bretagna, dall'Italia, dai Paesi Bassi, dal Portogallo, dalla Russia, dalla
Spagna, dagli Stati Uniti del nord, dalla Svezia e Norvegia (1).
L'Associazione internazionale del Congo essendo stata ammessa a fare
adesione all'Atto della Conferenza di Berlino, era venuta ad acquistare
cosi la stessa posizione e gli stessi diritti di uno Stato indipendente. Questa
sua posizione è stata poi meglio stabilita in conseguenza dell'unione per-
sonale col Belgio, che avea preso una parte attiva all'organizzazione della
Associazione.
Questo avvenne in conseguenza dell'invito fatto al Re dei Belgi di
mettersi a capo del nuovo Stato, e dell'autorizzazione data dalle Camere
legislative nell'aprile 1885. In conseguenza di tutto ciò Leopoldo II è
oggidì Re dei Belgi e capo del nuovo Stato fondato in Africa dall' Associa*
ziane internazionale del Congo, e tale unione tra il Belgio ed il nuovo Stato
è esclusivamente personale a norma della legge votata dalle Camere legis-
lative e pubblicata dal Monitore Belga^ il 2 maggio 1885.
Nayiganone pel Canale di Saes.
Trattato di Costantinopoli.
1888» Dicembre 28.
an. 4888.
9
II libero traffico pel canale di Suez si in tempo di pace che in tempo di
guerra era stato considerato generalmente come indispensabile, affinchè
detto canale potesse soddisfare allo scopo pel quale era stato costruito,
quello cioè di servire come via di comunicazione per la libera navigazione
ed il commercio di tutti i popoli.
Al principio dell'anno 1883, 3 gennaio, il Governo inglese comunicò
in via diplomatica agli altri Governi l'invito di riunirsi in Conferenza per
stabilire d'accordo le norme adatte a garantire a tutti, si in tempo di pace
che in tempo di guerra, il libero uso del canale. La proposta non fu accet-
tata che nel 1885, quando le Potenze interessate con una dichiarazione,
sottoscritta il 12 marzo a Londra, convennero di riunirsi a Parigi il 30 per
concordare una Convenzione sulle basi proposte dal Governo inglese. La
Conferenza si riunì effettivamente a Parigi il 30 marzo, ed avendo la Francia
(1) Vedi Marteks, Nouveau recueil general, 2* serie, tomo X.
CXLII Appendice L an. ìS^.
presentato un proprio progetto di convenzione, i due progetti furono discussi
e fu poi deciso di nominare una Sotto-Commissione per redigere un pro-
getto defìnìtivo adottando per base i due progetti proposti dai Governi
francese ed inglese.
I) piogetto definitivo proposto non fu accettato dalla Commissione e
molte discussioni seguirono in via diplomatica per conciliare gl'interessi
legittimi di tutte le Potenze, senza offendere i diritti della Turchia, del-
l'Egitto e della Compagnia di Suez, ed eliminate poi tulle le difficoltà il
trattato definitivo fu concluso a Costantinopoli il 20 ottobre 1888 e sotto-
scritto dal! Austria-Ungheria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia,
Paesi Bassi, Spagna, Russia e Turchia e fu ratificato il 28 dicembre dello
stesso anno.
Con tale trattato il libero uso del canale di Suez è stato garantito in
tempo di pace e di guerra, ed ecco le principali disposizioni in esso
contenute:
1^ È stata stabilita la completa libertà di navigazione anche in tempo
di guerra per le navi mercantili o da guerra senza distinzione di bandiera,
impegnandosi le altre parti contraenti di non attentare al libero uso del
canale in tempo di guerra, ed escludendo rispetto ad esso 1* esercizio del
diritto dì blocco. Esse s'impegnavano altresì di rispettare il canale di acqaa
dolce indispensabile per mantenere il canale marittimo in condizione di
navigabilità e di astenersi dal fare qualunque tentativo per ostruirlo e
rispettare allresi il materiale, gli stabilimenti, le costruzioni e le opere si
del canale marittimo che di quello di acqua dolce.
2^ E slato stabilito che il canale marittimo dovrà restare aperto in
tempo di guerra come libero passaggio anche alle navi da iaierra dei bel>
ligeranti e che nessun diritto di guerra potrà essere esercitato dalle parti
contraenti con lo scopo di impedire la libera navigazione del canale e l'ac-
cesso ai porti di esso e cosi dentro un raggio di tre miglia fnarittime dai
porti del canale, nonostante che l'Impero ottomano possa essere una delle
Potenze belligeranti. Fu però convenuto che le navi da guerra dei bellige-
ranti non potranno nel canale e suoi porti d'accesso fare provvigioni di vet-
tovaglie 0 di altro, che dentro i limiti strettamente necessari ; che il tran-
sito delle navi da guerra pel canale dovrà essere eiTettuato nel più breve
termine a norma dei regolamenti in vigore e senza fermarsi oltre quanto
possa essere richiesto dalle necessità del servizio; che il soggiorno a Port-Sald
e nella rada di Suez non potrà oltrepassare ventiquattro ore, eccello, solo il
caso di rilascio forzalo, e che in tale evenienza bisognerà partire al più preste
an. 1888. Navigazione Canale Stiez. Trattato di Costantinopoli 1888 CXLIII
possibile; che un intervallo di ventiquattr' ore dovrà sempre passare tra
l'uscita da un porto d'accesso d'una nave belligerante, e la partenza d'una
nave appartenente alla Potenza nemica ; che in tempo di gueiTa le Potenze
belligeranti non potranno sbarcare né potranno prendere nel canale e
porti d'accesso, truppe, munizioni o materiali di guerra, ma che soltanto
nel caso di un impedimento accidentale del canale potranno sbarcare o
imbarcare nei porti d'accesso truppe frazionate a gruppi non eccedenti
mille uomini col materiale di guerra corrispondente; che si dovranno rite-
nere le prede asso^ettate sotto tutti i rispetti allo stesso regime che le
navi da guerra dei belligeranti ; che le Potenze non potranno mantenere
nelle acque del canale (compresovi il lago Timsah e i laghi amari) alcuna
nave da guerra, che però nei porti d'accesso di Port-Said e di Suez sarà
concesso ad esse di fare stazionare bastimenti da guerra il numero dei quali
non potrà eccedere due per ciascuna Potenza. Questo diritto peraltro non
potrà essere esercitato dai belligeranti.
3<^ Affine di assicurare la completa osservanza di quanto col trattato
trovasi stabilito le Potenze che lo hanno sottoscritto hanno convenuto che
gli Agenti diplomatici rispettivi residenti in Egitto sono chiamati a vegliare
all'esecuzione di esso, e che in qualunque circostanza la sicurezza o il
libero passaggio del canale potessero essere minacciate, dovranno riunirsi
sull'invito di tre di essi e sotto la presidenza del decano affine di constatare
i fatti e far conoscere al Governo del Kedivé il danno riconosciuto, e pro-
vocare le misure adatte ad assicurare la protezione ed il libero uso del
canale. Che in ogni caso poi essi dovranno riunirsi una volta l'anno per
constatare la buona esecuzione del trattato, la quale riunione deve aver
luogo sotto la presidenza d'un Commissario speciale a tale uopo nominato
dal Governo imperiale ottomano. Gli Agenti diplomatici così riuniti potranno
reclamare la soppressione di qualsisia opera e la dispersione di qualsisia
ammassamento, che sull'una o sull'altra riva del canale potessero avere
per scopo o per effetto di porre ostacolo alla libertà e alla completa sicu-
rezza della navigazione.
4^ Sono stati concordati inoltre gli opportuni provvedimenti per
tutelare i diritti sovrani del Governo egiziano e di quello del Sultano, con-
cedendo al primo la facoltà di prendere, dentro i limiti dei suoi poteri le
misure necessarie per fare rispettare l'esecuzione del trattato e qualora
non potesse disporre di mezzi sufficienti, di rivolgersi al Governo impe-
riale ottomano, il quale dovrà darne avviso alle altre Potenze che sotto-
scrissero la mentovata dichiarazione del 17 marzo 1885 per provvedere
CXLIV Appendice L
d'accordo con esse. È stato inoltre^ fatto salvo il diritto del Sultano e del
Kedivé di prendere le misure necessarie per la difesa dell'Egitto e il man-
tenimento dell'ordine pubblico, nel quale ultimo caso però le Potenze fir-
matarie dovranno essere informate dal Governo imperiale ottomano. In
ogni caso le misure che potessero essere prese non potranno creare ostacoli
al libero uso del canale.
5<> Le alte parti contraenti hanno convenuto finalmente che per
mantenere integro il principio dell'eguaglianza a riguardo di quello che
concerne il libero uso del canale, nessuna di esse avrebbe cercato mediante
accordi intemazionali di ottenere per sé vantaggi territoriali o commerciali
0 privilegi di sorta.
Con questo trattato il regime del canale di Suez è stato regolato nel
modo il più conforme agl'interessi generali collo scopo di mantenere a
questa grandiosa opera, il carattere umanitario ed assicurare il consegui-
mento dei lini pei quali fu ideata e compiuta.
Atto generale antischiavista.
Trattato di Bruxelles,
1890, Luglio 2.
an. 1890.
L'Atto generale per reprimere la tratta degli schiavi fu stipulato a
Bruxelles dai seguenti Stati : Austria-Ungheria, Belgio, Congo, Danimarca,
Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Persia, Portogallo,
Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Norvegia, Turchia e Zanzibar, i quali
si trovarono d'accordo nello stabilire i provvedimenti più adatti ad impedire
la tratta degli schiavi africani ed a proteggere efficacemente le popolazioni
mdigene dell'Africa contro coloro che fanno tuttora il nefando commercio
degli schiavi in quelle regioni.
Con tale intendimento i detti Stati stabilirono le misure che si devono
prendere per impedire la tratta all'interno dell'Africa e determinarono
quale debba essere la loro azione repressiva e protettrice nei luoghi di
origine della tratta, e le misure di vigilanza per impedire il trasporto ed il
traffico degli schiavi per terra e per mare.
A tal fine fu stabilito che quando gli ufficiali comandanti le navi da
guerra di uno degli Stati firmatarii incontrino nella zona determinata nel
trattato, ove si pratica la tratta, una nave sospetta del trasporto di schiavi
possano arrestarla e procedere alla visita e alla verìfica delle carte di bordo,
e qualora dalla visita ed ispezione di dette carte risulti che la nave arre-
an. 1800. Atto generale antischiavista. Trattato di Bruxelles 1890 GXLY
Stata sia colpevole di tratta o di un fatto relativo a tale delittuoso trasporto
commesso durante la traversata^ la nave da guerra potrà sequestrare la nave
colpevole e condurla nel porto più vicino della zona per deferirla all'au-
torità competente a giudicarla e punirla.
Gli Stati firmalarii s'impegnarono ad adoperare la vigilanza più attiva
per impedire l'importazione^ il transito, l'uscita ed il commercio degli
schiavi in tutti i loro possedimenti situati in Africa o altrove e dichiararono
che qualunque schiavo fuggitivo arrivasse alla frontiera dei loro possedi-
menti fosse reputato libero e che potesse reclamare la protezione delle
autorità per essere affrancato.
Gli Stati medesimi s'impegnarono inoltre a comunicarsi reciprocamente
tutte le informazioni utili per combattere la tratta e tutte le misure legi-
slative e amministrative prese per reprimerla. Con tale intendimento fu
istituito un Uffizio internazionale a Zanzibar nel quale ciascuno degli Stati
firmatarii poteva farsi rappresentare da un suo delegato. A tale uflKzio inter-
nazionale gli schiavi affrancati possono sempre ricorrere per essere protetti
nel godimento della loro libertà, ed inoltre sempre con l'intendimento di
proteggere gli schiavi liberati, gli Stati firmatarii s'impegnarono di stabiUre
nei loro possedimenti ufficii ed istituzioni speciali per affrancare e proteg-
gere gli schiavi nel godimento della loro libertà.
L'Atto generale anlisrhiavista è uno degli avvenimenti importanti dei
giorni nostri, e mediante esso si è voluto mettere un termine al più
nefando allentalo ai diritti della personalità umana dichiarando non solo
un reale il commercio degli schiavi, ma concordando le misure più adatte
per farlo cessare.
Diritto convenzionale
tra gli Sfati d'Europa relativo a materie d'interesse comune.
Atti dirersi.
4857-4897.
1857-97.
Gli Slati civili con l'intendimenlo di regolare d'accordo oggetti di reci-
proco comune interesse hanno stipulato ad epoche diverse non poche con-
venzioni, le quali costituiscono, rispetto a tutti coloro che le stipularono o
che ad esse abbiano in seguito fatta adesione, il diritto comune inter-
nazionale.
Le convenzioni sotto questo punto di vista sono parecchie e non
polendo enumerarle tutte, ci limitiamo a mentovare quelle che pel loro
o^gello sono le più importanti.
47 — Fiore. Dir. wterìi. codif.
CXJLVI Aìypendice L
Atti relativi alla navigazione sul Danubio,
1857-1883.
A norma di quanto era stato stabilito col trattato di Parigi del 30 marzo
1856 (articolo 1(5) affine di assicurare la Hbera navigazione del Danubio e
per mantenere il fiume nelle condizioni richieste per navigarlo facilmente
erano state istituite la Commissione europea e la Commissione fluviale
permanente, la prima per far eseguire i lavori necessari! per la naviga-
bilità; la seconda per redigere il regolamento e vegliare al mantenimento
della navigabilità del fiume dopo lo scioglimento della Commissione europea
(art. 17 e 18).
Il regolamento per la navigazione del Danubio era stato compilato
dalla Commissione secondo l'Atto stipulato a Vienna il 7 novembre 1857.
Siccome però i plenipotenziari! riuniti in conferenza a Parigi nel i858
(22 marzo, 19 agosto) non trovarono il regolamento, come era stato com-
pilato, conforme ai principi! stabiliti nel Congresso del 1856, rifiutarono
di approvarlo ed invitarono la Commissione a redigere un nuovo progetto
nello spazio di 6 mesi.
Tale nuovo regolamento non fta invece fatto che 8 anni dopo, ed il
nuovo progetto sottoscritto a Galatz, dall'Austria, Francia, Gran Bretagna,
Italia, Prussia, Russia e Turchia il 2 novembre 1865 e riveduto poi e
discusso nella Conferenza riunita a Parigi nel 1866 (1).
La Commissione europea, affine di provvedere alle spese occorrenti
per i lavori da fai^si, fu autorizzata a contrarre un prestito garantito dalla
Gran Bretagna, dalla Prussia, dall' Austria-Ungheria, dalla Francia, dal-
l'Italia e dalla Turchia con la condizione che dovesse essere ammortizzato
fino al 1883.
In seguito alla Conferenza, riunita a Londra il 13 marzo 1871, per
rivedere le clausole del trattato di Parigi del 1856 relative alla naviga-
zione del Mar Nero e del Danubio, le Potenze intervenute, cioè l'Austria,
la Francia, la Gran Bretagna, l'Italia, la Prussia, la Russia e la Turchia
col trattato da esse concluso il 24 aprile 1871 riconfermarona la Com-
missione europea stabilita in virtù dell'articolo 16 del Trattato di Parigi,
e convennero di mantenerla per un periodo ulteriore di 12 anni a contare
dal giorno in cui il trattato fu da esse sottoscritto, cioè fino all'aprile 1883
ed avendo provveduto all'esecuzione dei lavori occorrenti ed autorizzato
(1) Maiitcns, Nouv, ree. gén.y voi. XXYIU, pag. 166.
an. Ì857-83. Diritto comune convenzionale CXLVIl
le Poteaze rivierasche a riscuotere una tassa provvisoria di navigazione,
dichiararono coperti dalla neutralità tutte le opere e stabilimenti, di qual
si sia natura, fatti dalla Commissione europea in esecuzione del trattato di
Parigi e quelli altresì che sarebbero stati fatti in seguito.
La Commissione europea compilò un nuovo regolamento per la navi-
gazione e la polizia del Basso Danubio che fu sottoscritto a Galatz il
10 novembre 1875, e che andò in vigore il 1® marzo 1876.
II trattalo di Berlino del 1878 provvide tra le altre cose alla naviga-
zione del Danubio con le disposizioni contenute agli articoli 52-57. Le
parti firmatarie stabilirono che la Commissione europea del Danubio
dovesse essere mantenuta; che la Romania dovesse essere ammessa a farvi
parte; che le Potenze si sarebbero poste d'accordo per prolungare la
durata dei poteri di essa oltre il termine fissato nella mentovata Confe-
renza di Londra, cioè il 24 aprile 1883; che i regolamenti di navigazione
di polizia fluviale e di sorveglianza dalle Porte di ferro fino a Galatz sareb-
bero stali elaborati dalla Commissione europea assistita dagli Stati rivie-
raschi e posti in armonia con quelli già approvali o che lo potessero essere
in avvenire per il percorso oltre Galatz (art. 55).
In conseguenza di quanto era stato stabilito con tale trattato e per
mettere in armonia YAito pubblico del 2 novembre 1865 ed il Regola-
mento del 10 novembre 1875 con le nuove stipulazioni, fu compilato VAtto
addizionale all'Atto pubblico del 2 novembre 1865, ed il 19 maggio 1881
fu approvato il regolamento di navigazione e di polizia applicabile alla
parie del Danubio, compresa tra Galatz e le Bocche di detto fiume, da tutti
gli Slati che aveano firmati i precedenti Atti, aggiuntavi la Romania chia-
mala a parteciparvi secondo il Trattato di Berlino. Tale regolamento che
andò in vigore il 1^ luglio 1881 fece abrogare quello del 10 novembre 1875.
Essendo stato stabilito con Tart. 155 che tale regolamento poteva in
seguito essere modificato dalla Commissione europea, questa, con Tassi-
slenza dei delegati della Serbia e della Bulgaria compilò uno speciale rego-
lamento, il quale fu approvato il 16 novembre 1882 dalle Potenze, che
avevano sottoscritto quello del 28 maggio 1881.
Nel 1883, siccome spirava il termine fissato per la durata della Com-
missione europea, fu riunita una Conferenza a Londra, la quale estese da
Galatz a Braila la giurisdizione della Commissione europea, ne prorogò la
durata, stabili alcune norme per la navigazione, la polizìa fluviale, e la
sorveglianza e anche oltre il braccio di Chilia e adottò il nuovo regola-
mento di navigazione con l'Atto sottoscritto il 10 marzo 1883, Tale rego-
GXLMII Appendice L an. 185T-^
lamento trovasi annesso al trattato fatto a Londra e lo scambio delle ratifiche
fu constatato col protocollo sottoscritto il 21 agosto 1883: vi fece adesione
anche la Serbia con la nota del 20 agosto di detto anno (1).
Convenzioni per facilitare le corrispondente intemaxionaU.
Per facilitare la corrispondenza ordinaria mediante la Posta il maggior
numero degli Stati civili delle diverse parti del mondo stipulò la conven-
zione postale universale, che fu sottoscritta a Parigi il 1^ giugno 4878,
e che fu poi completata mediante l'atto addizionale concluso a Lisbona il
21 marzo 1885, e riveduta d'accordo nel Congresso a tal fme riunito a
Vienna il 4 luglio 1801.
Mediante tale convenzione non solo fu garantita la libertà del transito
della coiTispondenza in tutti gli Stati dell'Unione, ma furono ridotte al
minimo le tasse pel trasporto della medesima e pel servizio della Posta.
Alla convenzione trovasi annesso un regolamento. Un accordo concer-
nente lo scambio delle lettere con valore dichiarato fu pure concluso if
4 luglio 1891 fra un considerevole numero di Stati, e sotto la medesima
data un altro accordo per lo scambio dei pacchi postali e vaglia postali
fu sottoscritto.
A riguardo poi delle corrispondenze mantenute mediante il telegrafo,
in virtù dell'originaria convenzione telegrafica conclusa a Pietroburgo il
22 luglio 1875, un numero veramente considerevole di Stati delle diverse
parti del mondo si costituì in istato di unione per facilitare lo scambio dei
telegrammi. Delta convenzione fu poi riveduta e migliorata col regolamento
concordato a Berlino il 17 settembre 1885 e poscia coU'altro concordato
a Parigi il 21 giugno 1890.
Protezione dei cavi sottomarini.
Trattato di Parigi.
1884, Marzo 18.
an. Ì9^,
La convenzione sottoscritta a Parigi il 14 marzo 1884 e relativa alla
protezione dei cavi sottomarini fu stipulata coli' intendimento di assicurare
il mantenimento delle comunicazioni telegrafiche intemazionali eflettuate
I
(1) Vedi la Collezione dei trattati tra Vltalia e altri Stati, Voi. IX*
tn. 4884. Diritto comune convenzionale GXLIX
mediante i cavi sottomarini. Essa fu sottoscritta in origine da ventisei Stati,
ed altri posteriormente vi hanno fatto adesione (1).
Tra le parti contraenti fu convenuto che la rottura o il g:uasto di un
cavo sottomarino, fatto volontariamente o per negligenza colpevole, e che
potesse avere per risultato d'interrompere o di ostacolare, in tutto o in
parte, le comunicazioni telegrafiche dovesse essere punito senza pregiudizio
dell'azione civile e del rifacimento dei danni.
Fu tra di esse convenuto un sistema di regole opportune per tutelare
la costruzione dei cavi sottomarini ; le riparazioni occorrenti ad essi ; le
operazioni necessarie da parte delle navi destinate a porre o a riparare i
detti cavi, ed il modo di comportarsi delle navi che lungo la loro rotta
si trovassero vicine a quelle impiegate a porli o a ripararli. Fu altresì
determinato la competenza del tribunale chiamato a giudicare in caso di
violazione delle regole stipulate ed il procedimento relativo, e le parti
contraenti presero formale impegno di provocare dalle rispettive legislature
i provvedimenti legislativi occorrenti per assicurare l'esecuzione degli
obblighi assunti mediante la convenzione.
Nel protocollo di chiusura fu poi stabilito che la convenzione sarebbe
andata in vigore il 1« maggio 1888 sotto la condizione però, che, se a tale
epoca i Governi delle parti contraenti non avessero ancora adottate le
misure occorrenti per assicurarne il rispetto e l'esecuzione, dovessero
farlo senza ritardo
Unione per la pubblicazione delle tanffe doganali.
Bruxelles, 5 Luglio 1890.
an. 4890.
A fine di prestare un importante aiuto al commercio internazionale un
numero veramente considerevole di Stati dell'Europa e dell'America con-
cluse la convenzione del 5 luglio 1890 colla quale fu formata tra le parti
contraenti e le altre, che vi hanno poi fatto adesione, una vasta associazione
col titolo : Unione intemazionale per la pubblicazione deUe tariffe doganali.
Lo scopo di tale unione si è quello di pubblicare e far conoscere tanto
sollecitamente che possibile le tariffe doganali dei diversi paesi del mondo
(1) Gli Stati che sottoscrissero la convenzione sono ventisette: Austria-Ungheria,
Repubblica Argentina, Belgio, Brasile, Costarica, Danimarca, Francia, Germania,
Gran Bretagna, Grecia, Guatemala, Italia, Paesi Bassi, Persia, Portogallo, Humenia,
Russia, Sandomingo, Salvador, Serbia, Spagna, Stati Uniti d'America, Stati Uniti
di Columbia, Svezia e Norvegia, Torchia, Uraguay.
CL Appendice L m. 1890.
e le modificazioni che dette tariffe siano per subire in seguito. Fu quindi
con tale intendimento istituito a Bruxelles un Uffizio internazionale inca-
ricato di pubblicare le dette tariffe e le disposizioni It^slative e ammini-
strative che apportassero qualche modificazione delle medesime.
Trasporti sulle ferrovie internazionali.
Berna, 14 Ottobre 1890.
an. 4890.
Un diritto uniforme pel trasporto delle merci mediante le ferrovie
internazion^i fu stabilito tra T Austria-Ungheria, il Belgio, la Francia, i
Paesi Bassi, la Germania, l'Italia, la Russia e la Svizzera, mediante la
convenzione sottoscritta a Berna il H ottobre 1890.
Mediante tale convenzione le regole che concernono il trasporto delle
merci sulle ferrovie degli Stati firmatarii, in quanto agli obblighi imposti
allo speditore e alle Amministrazioni ferroviarie; alle responsabilità; alle
tariffe; ai danni ; al modo di fare la consegna e via dicendo furono stabilite.
Fu inoltre stipulato un regolamento per T esecuzione della convenzione, il
quale si considera come parte integrante della medesima.
Regole della rotta marittima e per evitare gli urti delle navi.
Le regole della rotta marittima stabilite per evitare gli urti delle navi
non furono concordate dagli Stati mediante una convenzione tra loro
stipulata. Essi non pertanto ne riconoscono l'obbligatorietà eie dette regole
costituiscono oggi il diritto comune di un numero considerevole di Stati.
Vedi la nota a reg, 838, pag, 335.
Lo stesso può dirsi del Codice internazionale pei segnali delle navi.
Vedi la nota a reg, 840, pag, 336.
Accordi relativi alla protezione della proprietà industriale
e della proprietà letteraria ed artistica.
L'unione intemazionale per la protezione della proprietà industriale fa
stabilita con la Convenzione sottoscritta a Berna il di 20 marzo 1883 dal
Belgio, Brasile, Francia, Guatemala, Paesi Bassi, Portogallo, San Salvador,
Serbia, Spagna e Svizzera, ai quali accedettero poi l'Equatore, la Gran
Bretagna, San Domingo, la Turchia ed altri Stati.
In seguito di tale accordo fu istituito un Uffizio intemazionale del-
l'Unione per la protezione della proprietà industriale in Berna e le spese
relative alla dotazione di tale Uffizio furono determinate e ripartite tra gli
Stali dell'Unione col Protocollo sottoscritto a Madrid il 15 aprile 1891.
Diritto comune convenzionale , CM
Nella conferenza riunita a Madrid furono pure sottoscritti altri tre pro-
tocolli, cioè il 1^ per la repressione della false indicazioni circa l'origine
delle merci ; il 2^ per la registrazione internazionale delle marche di fab«
brica ; il 3<» per l'interpretazione della convenzione di Berna del 20 marzo
1883, ma quest'ultimo, non essendo stato ratificato dalla Francia non fu
reso esecutivo, essendo stato stabilito, che non sarebbe entrato in vigore
che in seguito all'approvazione di tutti gli Stati firmatarii.
Conviene avvertire che il Guatemala, con sua nota dell'S novembre 1894
al Consiglio federale svizzero, denunciò la convenzione di Berna del
20 marzo 1883, e conseguentemente essa cessò dall'aver vigore rispetto a
detto Stato dopo 1*8 novembre 1895.
Per proteggere la proprietà letteraria ed artistica fu pure stabilita una
Unione internazionale mediante la convenzione sottoscritta a Berna il
9 settembre 1886 dai seguenti Stati, cioè il Belgio, la Francia, la Germania^
la Gran Bretagna, l'Haiti, l'Italia, la Spagna, la Svizzera e la Tunisia alla
quale aderirono poi il Lussemburgo il 20 giugno 1888 e il Principato di
Monaco il 30 maggio 1889 ed altri Stati. In forza del patto concordato
all'art. 16 di detta convenzione è stato istituito un uffizio intemazionale
denominato Ufficio dell'Unione intemazionale per la protezione delle opere
letterarie ed artistiche, stabilito a Berna sotto l'alta autorità dell'ammini-
strazione superiore della Confederazione svizzera e che funziona sotto la
sua sorveglianza.
Convenzione sanitaria.
Dresda, 15 AprUe 1893.
an. 1893.
La convenzione sanitaria fu sottoscritta a Dresda dall' Austria-Ungheria,
Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Bussia e
Svizzera e provvide a regolare il movimento dei viaggiatori e delle merci
in tempo di epidemia ed a stabilire le misure adatte ad evitare la propa-
gazione della medesima, e la importazione della stessa nei paesi incolumi.
Alla detta convenzione è annesso un regolamento che stabilisce i prov-
vedimenti opportuni da parte del Governo del paese contaminato e quelli
che devono prendersi alle frontiere e pel traffico sulle strade ferrate e per
la via di mare.
Convenzioni per incivilire la guerra.
La convenzione stipulata a Ginevra il 22 agosto 1864 fu ispirata dal
sentimento veramente umanitario di alleviare i mali irreparabili della
CUI , Appendi ice L
guerra e di provvedere a migliorare la sorte dei militari feriti. Essa fu
già in orìgine sottoscritta dai seguenti Stati: Francia, Svizzera, Belgio,
Paesi Bassi, Italia, Spagna, Danimarca, Baden, Russia, Assia, Porto-
gallo. Quasi tutti gli Stati civili però posteriormente hanno ad essa fatto
adesione e sarebbe lungo enumerarli tutti.
Alla detta convenzione furono poi a^unti alcuni articoli addizionali
colla convenzione sottoscritta pure a Ginevra il 20 ottobre 4868 e i quali
però furono accettati soltanto in massima dagli stessi Stati che avevano
sottoscritta la convenzione del 1 864.
Collo stesso intendimento fu stipulata la dichiarazione relativa alla proi-
bizione delle palle esplodenti in guerra, la quale fu pure originarìaiDente
sottoscrìtta il 29 novembre 1868 dall'Austria, Baviera, Belgio, Danimarca,
Francia, Confederazione della Germania del nord, Gran Bretagna, Grecia,
Italia, Paesi Bassi, Persia, Portogallo, Prussia, Svezia e Norvegia, Sviz-
zera, Turchia, Wùrtemberg, ma posteriormente quasi tutti gli altri Stati
hanno ad essa fatta adesione.
Nel proemio della detta dichiarazione è detto espressamente che il
progresso della civiltà deve avere per effetto di attenuare tanto che sia
possibile le calamità della guerra e che il solo scopo legittimo che gli Stati
belligeranti devono proporsi durante la medesima si é d'indebolire le forze
militari del nemico.
Un tentativo molto più importante per alleviare i mali della guerra
tanto quanto sia possibile, fu fatto in seguito all'invito di S. M. l'Impera-
tore di Russia qualche anno dopo la guerra franco-germanica, e a tal fine
fu riunita a Bruxelles una conferenza composta di generali, di uomini di
Stato e di giuristi di tutti i paesi d'Europa per concordare il progetto di
una convenzione intemazionale relativa alle leggi ed ai costumi della
guerra. Detta conferenza esaminò il progetto presentato dal Governo russo,
e dopo lunghe discussioni lo modificò in molti punti, e concordò un pro-
getto che avrebbe dovuto essere sottoposto ai Governi per stipulare una
dichiarazione internazionale su tale importante materia. Tale tentativo non
ha avuto seguito, e conseguentemente quel progetto non ha alcuna forza
obbligatoria, ma esso ha nonpertanto una grande autorità morale perchè
ricissume l'opinione illuminata degli uomini più competenti intorno alle
regole che converrebbe adottare per attenuare i disastri della guerra e
metterla in armonia con le esigenze della civiltà progredita.
CLIII
Becenti frattali ooaeloai tra gli Stati deirAmerica centrale
per stabilire on diritto comune.
Codificaxùme del Diritto intemazionale privato*
1888^0.
•0.1888-89.
I trattati conclusi tra le Repubbliche deirAmerica centrale in questi
ultimi anni coli' intendimento di stabilire fra di loro rapporti di unione e
di alleanza permanente fissando d'accordo un diritto comune ed i mezzi
opportuni per assicurarne il rispetto e l'osservanza sono al massimo grado
importanti e meritevoli di richiamare l'attenzione dei Governi europei,
degli uomini di Stato, e degli scienziati.
Le Repubbliche deirAmerica centrale, quelle doé di Costarica, Gua-
temala, Honduras, Nicaragua e Salvador, coli' intendimento di stabilire fra
di loro un diritto comune, avevano già stipulato un trattato generale di
pace, d'amicizia e di commercio, ed una Convenzione di estradizione sot-
toscritta a Guatemala il i6 febbraio 1887, e avevano provveduto altresì ad
assicurare il rispetto dei patti fra di esse conclusi, impegnandosi a ricono-
scere l'Autorità del Congresso dell'America centrale e a sottomettere ad
arbitri le vertenze che fra di loro potessero sorgere, qualora non avessero
potuto comporle mercè la mediazione delle altre repubbliche.
Nel 4888, sempre col proposito, come è dichiarato nel preambolo al
trattato, di stabilire un diritto internazionale comune dell'America centrale,
che fosse uniforme per tutte le Repubbliche sorelle e che valesse ad assi-
curare la loro futura unione, le stesse parti conclusero il trattato di Costa-
rica il 24 novembre di detto anno, e provvidero meglio a stabilire i mezzi
opportuni onde assicurare la pace e prevenire la guerra.
A riguardo della costituzione del Tribunale arbitrale, al quale secondo
il mentovato trattato del 1887 si erano impegnate a sottomettere qualunque
divergenza, esse provvidero che qualora i Governi dissidenti non si trovas-
sero d'accordo per designare Tarbitro nel termine di 30 giorni, l'arbitro
sarebbe stato designato tirando a sorte tre arbitri tra i seguenti Governi,
cioè: di Germania, Repubblica Argentina, Chili, Spagna, Stati Uniti,
Francia, Gran Bretagna, Messico e Svizzera. Il primo paese estratto a sorte
sarebbe designato come arbitro, e se egli non accettasse, sarebbe sostituito
dal secondo, e in caso di rifiuto sarebbe stato rimpiazzato dal terzo.
CLIV Appendice L an. 18-^S9.
S** Le palli contraenti ebbero a considerare che non ostante rìmpegno
da esse assunto di risolvere qualsiasi controversia per mezzo deirarbitrato
una rottura di fatto tra due o più delle Repubbliche alleate poteva solare
anche dopo che la questione fosse stata risoluta definitivamente da una
sentenza^arbitrale, se questa non fosse ese^ita, e se la mediazione offerta
dalle altre Repubbliche, non impegnate direttamente nella vertenza, non
fosse riuscita efficace, e, volendo determinare la linea di condotta di quelle
estranee alla contesa, convennero che, se il Congresso dell'America cen-
trale non fosse riunito per potere sottomettere alla decisione di esso la
questione insorta, i Governi estranei alla vertenza dovessero proyocare
immediatamente la riunione di un Congresso straordinario; che la parte
che si reputasse offesa dovesse presentare un memorandum per stabilire i
motivi dei suoi reclami : che tenendo presente tutti i documenti i plenipo-
tenziari riuniti in Congresso dovessero deliberare circa i mezzi più equi ed
efficaci per derimere la vertenza ; che se gli sforzi per comporre il litigio
mercè la mediazione non riuscissero efficaci, dovessero procedere a desi-
gnare un arbitrato, comunicando ciò ai plenipotenziari delle Repubbliche
litiganti.
È meritevole di particolare considerazione quanto trovasi disposto agli
articoli 6 e 7 del mentovato trattato.
Art. 6. Sarà considerato gravemente violato il Diritto dell'America
centrale da parte di un Governo, che non osserverà i patti conclusi ; che
non rispetterà la sentenza pronunciata: che invaderà ingiustamente il ter-
ritorio straniero senza aver ricorso ai procedimenti indicati innanzi : che
violerà il paragrafo 1 ^ dell'articolo V del trattato originale di pace, d'amicizia
e di commercio, il quale mira ad impedire l'oifanizzazione di fazioni
contro un Governo alleato, o l'art. VII che inibisce l'alleanza di una o di
più Repubbliche dell'America centratele une contro le altre.
Le Repubbliche non interessate direttamente nella questione potranno
intervenire in questi casi, anche con le armi, affine di far rispettare gli
accordi conclusi, o la sentenza e prestare soccorso ai paesi ingiustamente
attaccati. Esse se la intenderanno fra di loro e agiranno d'accordo con tale
intendimento. In nessun caso le Repubbliche potranno sposare la causa e
prestare moralmente o materialmente appoggio al Governo che avesse vio-
lato il diritto comune dell'America centrale.
Art. 7. Nessuna delle Repubbliche contraenti potrà concludere alleanze
generali o speciali, permanenti o transitorie, offensive o difensive, espresse
0 tacite nell'America centrale o al di fuori contro le altre Repubbliche
•B. Ì888-89. Recenti trattati delle Repubbliche americane CLV
alleate senza violare il diritto comune, ma due o più Repubbliche potranno
allearsi più strettamente ancora fra di loro di quello che lo siano col pre-
sente trattato per resistere alle Potenze straniere.
Col trattato sottoscritto a San Salvador iM5 ottobre 4889 i Governi di
Salvador, Costa-Rica, Guatemala, Honduras e Nicaragua hanno concluso
un patto di unione con cui fu stabilita fra di loro una vera e propria Con-
federazione (4).
L'altro fatto veramente importante, effettuato recentemente in America,
è quello dei trattati conclusi dai Governi 'delle Repubbliche dell'Uraguai,
Argentina, Bolivia, Brasile, Chili, Paraguay, Perù, coi quali viene ad essere
stabilito fra di esse un diritto comune a riguardo delle principali materie
che concernono il diritto penale, civile, e commerciale internazionale, il
diritto processuale e quello relativo alla proprietà letteraria, artistica ed
industriale, ed all'esercizio delle professioni liberali (2).
In conseguenza dell'iniziativa presa dalla Repubblica Argentina e da
quella dell' Uraguay un Congresso fu riunito a Montevideo il 28 agosto del
i888 per stabilire mediante un trattato un diritto uniforme relativo alle
diverse materie del diritto internazionale privato e presero parte ad esso i
Governi delle Repubbliche mentovate, che inviarono i loro rappresentanti
ufficiali, ed in seguito a lunghe discussioni furono conclusi e sottoscritti gli
speciali trattati che concernono il diritto internazionale penale, civile e
commerciale, quello relativo al diritto processuale e alla proprietà lette-
raria, artistica, industriale e professioni liberali. Cotesti trattati furono
sottoscritti dai plenipotenziari, in nome dei Governi da essi rappresentati,
con la dichiarazione di comunicarli agli altri Stati non- intervenuti al Con-
gresso, affinchè vi potessero aderire.
Tali trattati sono stati già presentati a ciascuna delle legislature delle
Repubbliche che li conclusero e sono stati già approvati da alcune di esse,
e lo saranno certamente dalle altre.
Questo avvenimento, noi dicevamo essere degno di grande considera-
zione, perchè è la più sicura prova che alla codificazione di certe parti del
Diritto internazionale, e sopra tutto di quelle che concernono il Diritto
(1) Il testo del trattato trovasi nella Revue SudrAméricaine, volume Vili,
pagina 422. Parigi, 15 dicembre 1889.
(2) Vedi il volume pubblicato per cura del Governo della Repubblica dell'Ura-
guay: Actas y Tratado9 celebrados por el Congrego internacional Sud-Ame»
ricano de Montevideo — Anexo a la Memoria del Miniaterio de Relaciones
exterioresj Montevideo 1889.
CLVI Appendice L m. 18^-^
internazionale privato, si può arrivare con minori difficoltà, e meritano di
essere sómmamente lodati i Governi delle Repubbliche mentovate, che ne
hanno dato la prova di fatto concordando e stabilendo un diritto comune
relativo alle materie le più importanti del Diritto internazionale privato. —
Essi hanno dato così un grande esempio di senno patrio ai Governi del-
l'Europa, mettendosi d'accordo per assicurare ed accrescere i benefici
della pace in luogo di sperperare le forze per accrescere gli armamenti e
contribuire con la pace armata e con le spese esorbitanti che costa^ ad
esaurire le forze produttive di ciascun paese.
CLVI
CONCLUSIONE
Gettando uno sguardo retrospettivo sull'insieme dei trattati, dei quali
abbiamo dato uu succinto cenno storico, se ne può dedurre, che il concetto
di porre il Diritto internazionale convenzionale sotto la tutela giuridica
collettiva delle parti stesse, che d'accordo lo abbiano stipulato, non si trova
espressamente stabilito dagli Stati europei, che nel trattato da essi concluso
IMI maggio 1867 per regolare la situazione politica del Granducato di
Lussemburgo.
NeirAlto finale della Conferenza di Berlino del i885, surriferito, si
trova in verità air articolo 12 stabilito come patto che, nei casi nei quali
venisse a sorgere tra le Potenze che sottoscrissero quell'Atto o di quelle
che in seguito vi aderissero, qualche dissenso serio a riguardo dei loro
diritti territoriali o del regime della libertà commerciale, esse dovessero
prima di prendere le armi ricorrere alla mediazione di una o di parecchie
Potenze amiche. Fu inoltre riservato nella stessa evenienza il diritto di
poter ricorrere alla procedura dell'arbitrato.
Ognuno però facilmente comprende come con disposizioni tanto vaghe
non si potrebbe al certo prevenire la guerra, e che neanche, laddove le
Potenze firmatarie si trovassero d'accordo di sottomettersi ad un arbitrato,
si troverebbe in quel trattato stabilito in quale maniera la parte che fosse
stata condannata potesse essere costretta con procedimenti giuridici ad osser-
vare la sentenza degli arbitri ; perlochè si ha sempre ragione di sostenere
che in nissun trattato si trovi stabilito alcun procedimento giuridico per
decidere efficacemente ogni controversia mediante l'arbitrato, e per costrin-
gere la parte, che sia condannata legalmente, a sottostare alla decisione
del tribunale arbitrale.
Nei trattati più recenti conclusi dalle Repubbliche americane, si trova
invece che l'autorità del Congresso per tutelare il diritto convenzionale e
per assicurarne il rispetto, è più chiaramente affermata e stabilita.
Quel trattato di alleanza può essere invero considerato sotto un certo
punto conforme a quello che era stato concluso per la costituzione della
Confederazione germanica. Bisogna non pertanto tener presente che lo
scopo dell'unione delle Repubbliche americane ò meglio determinato e che
non consiste principalmente nella tutela degl'interessi politici, ma in quella
CX.VII1 Appendice L
beasi di stabilire un diritto comune, e di assicurare la pace e prevenire
la guerra; l'autorità del Congresso e del tribunale arbitrale trovasi quindi
con più giusti criterii stabilita, e meglio regolata : trovasi inoltre ammessa
la facoltà di adoperare la forza delle armi, ma soltanto come mezzo coer-
citivo per ripristinare l'autorità del diritto violato.
Questo è certamente un primo passo di molto valore, che segnai! nuovo
indirizzo a cui devono tendere le alleanze degli Stati civili, quello cioè che
deve mirare a mettere in comune le loro forze per stabilire rapporti di
pace permanenti : assicurare il rispetto del diritto ed impedire Tarbitrio
(Vedi in questo senso il mio articolo suUa voce Alleanza nel v. Digesto
italiano -i).
La riorganizzazione poi dei Congressi e la missione che ad essi dovrà
essere attribuita, quella cioò di proclamare il Diritto comune ed assicu-
rarne il rispetto, in luogo di quella che è reputata principale nell'attualità^
vale a dire di regolare le conseguenze della guerra e di tutelare gl'interessi
politici delle Dinastie, si trova pure in gran parte effettuata nel trattato di
alleanza concluso da quelle Repubbliche.
A me sembra che per provvedere all'ordinamento giuridico della società
internazionale non si possa fare di meglio che svolgere e perfezionare il
concetto, che si trova nei mentovati trattati. Bisogna invero stabilire più
saldamente l'autorità dei Congressi attribuendo ad essi l'alta autorità di
prociajnare il diritto comune, che deve regolare gl'interessi pubblici in ter»
nazionali^ e di provvedere per tutelarne il rispetto. Questo l'ho sempre con
piena fede sviluppato e sostenuto nelle mie opere sul Diritto intemazio-
nale pubblico e privato.
Mei mio libro Nìiovo Diritto intemazionale pubblico, Milano 1865,
discorrendo dell'organizzazione dei Congressi internazionali sosteneva infatti
che si dovesse reputare conforme ai principi! di giustizia che i congressi
studiassero il modo di porre termine alle contese, proclamando i principii
per eliminarle o per risolverle (pagg. 276-77 e la traduzione francese fat-
tane da Pradier Fodere, Paris 1869, tom. II, pagg. 61-62). A proposito poi
dell'intervento, che io lo escludeva assolutamente in massima, come era
stato inteso nella storia, sosteneva non per tanto fin d'allora, die potesse
reputarsi legittima l'ingerenza colieitiva, laddove essa fosse attuata per
sostenere il Diritto o impedirne la violazione {ivi pag. 96 e traduzione
francese eit. pag, 225).
Nella seconda edizione della detta opera, avendo posto come principio
che non si potesse meglio provvedere alla tutela giuridica del Diritto inter*
Conclusione CLIX
nazionale fuori della guerra, che mettendolo sotto la garanzia collettiva
degli Siali slessi costituiti in società di fatto, sosteneva la legilliraità del-
l'ingerenza collettiva per ripristinare rautorità del Diritto violato e poneva
la seguente regola: ^Qualora un ordinamento di cose fosse concordato
con un trattato si deve ritenere sotto la garanzia collettiva di tutte le
Potenze firmatarie e potrebbe legittimare l'intervento, se quando fosse
slato promesso non fosse osservato» (pag. 441, voi. I, Diritto Inteim.
Pubblico, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1879, e la traduzione fran-
cese di Charles Antoine, tom. I, §§ 592 e 597 e seg., Paris, Pedone Lauriel,
1885. Vedi inoltre la 3^^ edizione pubblicata nel 1888 : Dei mezzi efficaci a
risolvere le controversie intemazionali durante la pace. Ivi trovasi un più
largo sviluppo del concetto della tutela giuridica del Diritto comune con-
venzionale, tom. II, pag. 541, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1888).
Gli studii da me fatti sullo stesso argomento hanno reso sempre più
salda la mia convinzione che cioè per dare alla società degli Stati un ordi-
namento giuridico bisogna trovare un sistema di tutela giuridica del Diritto
internazionale, e la sanzione del medesimo, con procedimenti giuridici più
razionali di quelli che neirattualilà siano adottati dai Governi, che riten-
gono come principale sostegno di ogni diritto la forza armata.
Volgendo l'attenzione all'insieme dei trattati si riesce a comprendere
che il sentimento della comunione giuridica si va ognora allargando nella
coscienza dei popoli civili, ma che il problema della tutela giuridica dei
diritti internazionali degli Stati e degli enti collettivi non è ancora nella
buona via di una pronta soluzione. Il tempo però vince tutto, e appiana
molte difficoltà. L'ordinamento giuridico della Società intemazionale non
può venire in un subito, né può essere al certo l'opera di un uomo o di
più, bisognerà procedere a grado a grado e deve ciascuno contribuirei
come le sue forze consentono, alla costruzione del grande edifizio.
Nissuno perda la ferma fidanza nella nota profezia di Mirabeau:
Le DnOIT SERA UN JOUR LE SOUVERAIN DU MOMDE.
I
CLX
-A.I»I>E3Srr)IODE3 II.
OPERE
relative ai Trattati internazionali ed alla Storia.
Barbeyrac. Histoire des aneiens traités — depuis 1496 a?ant J.-G. jasqii*en
813 de Tère chrétienne — Amsterdam 1795.
Quest'opera fu pubblicata per cura dell'editore Roosset come supplemento
all'opera di Dumont, e forma il primo volume dei supplementi; il seconda
e il terzo contengono i trattati conclusi dopo Tanno 315 al 1738, e questi
volumi furono compilati da Jean Rousset, il quale compilò pure il quarto e
quinto volume dei detti supplementi, che ccntengono il cerimoniale diplo-
matico delle corti di Europa.
Un altro supplemento all'opera di Duhont fu fatto da Jean Ives ix^
Saint-Priest e pubblicato col titolo Histoire des traités de paix et autres nègo-
ciations du XVIP siede, 1597-1679.
Egger. Études historiques sur les traités puhlics chez les Greca et ehsg ìes Romains
depuis les temps les plus aneiens jusqu^aux premiere siècles de Vére chrétienne^
Paris 1866, in -8*, Pedone-Lauriel.
Dumont. Corps universel diplomatique du droit des gens, cantenctnt un recueil
des traités d'allianees, ecc. — depuis 800 jusqu'à 1731 — (Amsterdam et
La Haye 1726- 1731, 8 voi. in-8»).
— Recueil de traités d'alliance, de paix et de commerce depuis la paix ds^
MUnster, 1740.
— Mémoires politiques pour servir à la parfaits inteUigsnee de la paix ds
Ryswick, 1699, 4 voi. in-12*.
Wenck. Cedex juris gentium recentissimi.
Quest'opera abbraccia il periodo di 37 anni (1736-1772) e fu pubblicata in
tre volumi a Lipsia nel 1781-1795, ed è la continuazione dell'opera di Dumont.
SclimaU88 (J.-J.). Corpus juris gentium academieum. Lipsiae 1730-1732;
2 voi. in-8».
— Corpus juris puhlici.
Quest'opera comprende il periodo dal 1439 al 1740; e per gli Stati del Nord
quello dal 1700 al 1743.
Mably. Droit public de V Europe fonde sur ìes traités, Paris 1744.
Di quest'opera fa pubblicata la seconda edizione, con osservazioni storiche,,
politiche e critiche di Rousset, Amsterdam 1748, Poi una nuova edizione accre^
Opere relative ai Trattati intemazionali ed alla Storia CLXI
seiuta dei principi] relativi al diritto pubblico fondato sui trattati e di un*in-
tro dazione di Mablt, e poi altre successive edizioni. La 5* edizione arriva
tino al 1773 con osservazioni di Rousset e fu pubblicata ad Amsterdam ed a
Lipsia nel 1773.
Koch. Abrégé de Vhistoire dea traités de paix entre les puisaancea de V Europe',
depui8 la paix de Westphalie (Bàie, t. I e II, 1796; t. Ili e IV, 1797).
L'autore avea promesso un quinto volume, ipa non potè scriverlo per la
morte che Io colse nel 1813. Fu però pubblicata una nuova edizione nella quale
la storia dei trattati è continuata fino al 1815 e questa apparve col seguente
titolo:
Schoell. Histoire abrégée dea traitéa de paix entre les puissancea de V Europe,
deputa la paix de Weatphalie, par feu M, de Kock, ouvrage etUièrement
refondu, augmerUé et continue juaqu'au Congrèa de Vienne et aux traitéa da
Paria de 1815 (Paris 1817 e 1818).
Garden (Gomte de). Hiatoire generale dea traitéa de paix et autrea tranaactiona
pHneipalea entre toutea lea puiaaancea de V Europe depuia la paix de Weatphalie
(Paris 1848-1859, 16 voi. in-8»).
Alcuni di questi volumi sono divisi in più parti.
Martens (6. F. de). Recueil dea prineipaux traitéa d^aUianee, de paix, de trève,
de neutralité, de commerce, de limitea, d^échange, etc, 1* édition (Gottingue
179M817, 7 voi. et 4 de supplément; 2* édition, 1817-1835, 8 volumes).
— Nouveau recueil de traitéa, 16 volumes.
— Nouveaux aupplémenta, 13 volumes.
Martens (G. F. de) et Murhard (F.). Nouveau recueil general dea prineipaux
traitéa de paix, d^aUiance, de trève, de neutralité, de commerce, de limitea,
d^écJiange, etc.; et de pluaieura autrea actea aervant à la connaiaaanee dea
relationa étrangèrea dea puiaaancea de V Europe, depuia 1761 juaqu*à préaent
(Gottingue, 52 voi. in-8»).
Riesce difficoltoso di servirsi della collezione di Martens, a cagione della
grande confusione che essa presenta per la distribuzione della materia. Nella
seconda edizione i sette volumi ed i quattro primi volumi di supplemento della
prima edizione furono fusi insieme formando in tutto otto volumi, dei quali
alcuni furono ripubblicati dallo stesso autore nel 1771-1818 e gli altri dal nipote
di lui, Gh. de Martens, nel 1826-1835. Ecco il contenuto di cotesti volumi: 1. 1,
trattati dal 1761 al 1770; t. II, dal 1771 al 1779; t. IH, dal 1780 al 1784; t. IV,
dal 1785 al 1790; t. V, dal 1791 al 1795; t. VI, dal 1795 al 1799; t. VII, dal 1800
al 1803; t. Vili, dal 1803 al 1808.
Il seguito ai primi quattro volumi di supplemento (t. V a XVI) ò conosciuto
sotto il nome di Nouveau recueil de traitéa, e di questi i primi quattro volumi,
che comprendono i trattati dal 1808 al 1819, furono pubblicati da G. F. Martens;
il quinto (1820-1822) dal nipote Ch. de Martens; i volumi da sei a nove (trat-
tati dal 1822 al 1831) da Saalfelt; i seguenti (trattati dal 1832 al 1839) da
Murhard, il quale pubblicò pure altri volumi col titolo Nouveaux aupplémenta,
i quali comprendono tutto il periodo anteriore al 1839.
Una tavola cronologica ed alfabetica fu pubblicata da Gh. de Martens
nel 1839 in due volumi, e questa contiene i trattati dal 1761 al 1802.
48 — Fiore, Dir. intern. codif»
CLXn Appendice U,
Nel 187& è stata pubblicata a Gottinga un'altra tarola generale: Tahle
generale du recueil des traiUs de 6. F. Martins et de $es eontinuaUurSt Got-
tingue 1874; Barite chroHohgique, 1876. Dieterìch.
La continuazione dell'opera di Martens, e Murhard è stata pubblicata col
seguente titolo:
Samwer et Hopf. Nouveau reeueU general de traUés et atUree aetes relatifs aux
rapports de droit intemaUonal. Ckmtmuation du reeueil de G. F. de Martens.
Archivee diplomatiquea. BeeueU de dipknnatie et d^hieUnre, Paris 1861-18714,
1* sèrie, 62 ?o]. Questa pubblicazione è continuata da M. Renault, 2« sèrie,
1880-1889, 19 volumes.
Plaasan (De). Hi^oire generale et raisonnée de la diplamaUe frangaise ou de la
politique de la Franee depuie la fimdatùm de la monarchie jusqu^à lafindu
règne de LouU XVI, avee dee tables ckronologiquee de tous les traitée conelu*
par la Franee, 2* édition corrigée et augmentóe. Paris 1811, 7 voi. in-8*.
— HieMre du Ckmgrèe de Vienne, 1814.
Prédóric n. Hietoire de la guerre de» Sept une.
— Histoire de mon temps,
Amelot M. Priliminaires dee traìiés faUe enire les roie de Franee et taus les
prinees de V Europe, depuis le règne de Charles VII. Paris 1692, tom. 8.
Saint-Priest. Histoire dee traUés de paix et autres négoeiations du XVUl^ siede,
depuis la paix de Vervims jmsqu'à la paix de Nimègue. Amsterdam 1735, t. 1
e 2, in-folio.
Martens F. ReeueU des traités et eonnentions eonclus par la Russie omc les
puissancea étrangères, publié d'ordre du Ministère des affairss éérangèr^g»
St-Pótersbourg 1874, Devrient.
Menangioa (de). Bépertoire des traités, convetUions et autres aetes priueipawe
de la Russie avee les puisaanees étrangàres depuis 1474 jusgu'à nos jours,
Paris 1874, Amyot.
BaeeoUa dei traUati e delle convenzioni conchiuse fra il regno d*Italia ed i
Oovemi esteri, ptMlicata per cura del Ministero degli affari esteri, 186S-
1889, Tol. 11.
Oal70 (Gharlei). Annales historiques de la revolution de VAmérigue latine, depuis
Vannée 1808 jusqu'à la reeonnaissance par les États européens de Vindépemr
dance de ce vaste eonti$tent, Besangon 1864-1667, 5 toL in-8^.
«*- Beouefl complet des traités, eonventions, eapitulaUons, armistiees, et autrm
aetes dipUomatiques de tous les États de VAmérique latine comprise entrs le
golf e du Mexique et le cap Hom, depuis Vannée 1493 jusqu*à nos jours
Besan^n 1862-1869, 11 voL in-8».
01«ro% (A. de). BeeueU des traités de la Franee, publié sous les auspiees du
ministre dee affaires étrangh'es, continue peer Jl. JuUs de Clereq, depttis le
tome 14, 1713-1885. Paris 1886. 14 voi. in-8».
AeuSB. Deutsche Staats, Canzley, i. XXXIX. Ulm 1793-1800, in-8*.
Sotto questo medesimo titolo furono pubblicate le seguenti continaasiont
Jahrgang, 1799, t. I-VIII, ivi, 1800-1801 ; Ja^^onp, 1800, t. I-V, ivi, 1802-1803;
Jahrgang, 1801, t. MII, ivi, 1802-1803.
Winkopp. Der rheinische Bund, herausgegeben. Frankf. 1806-1812, t. I^XX,
Opere relative ai Trattati intemazionali ed alla Storia GLXIIK
I primi Tolumi di questa collezione furono pubblicati a Parigi, in francese,
col titolo: Collection dea aetes, règUmente, ordonnanees et autres pièceB offieiellea
relatives à la Gonfédération du JRAtn. Paris 1808, t. MII. La collezione fu conti-
nuata col titolo: AUgemeine Correspondenz.
Neumanil. Reeueil dee iraitéB et eonventions e&ndue par VAutriéhe avee lee
. puieaanees étrangères depuie 1763 jursqu'à nò» jours, Leipzig et Vienne
1855-84, 18 Tolumi.
Martens et Onasy. Reeueil manuel et proHque dea traitéa, eonventiana et autrea
aetea diplomatiquea aur leaquels aont établia lea rapporta exiatanta aujotird^hui
entra lea divera Étata a<mveraina du globe, deputa Vannée 1 lSS,juaqu*à Vépoque
aetueUe. Leipzig 1846, 7 toI. in-8*.
Tetòt. Répertoire dea traitéa de paia, de commerce et é'alUance de 1493 à 1866.
Paris 1866-87.
Qhillany. Manuel dipiomatique, Reeueil dea traitéa européena lea plua importante
deputa la paix de Weatphalie juaque ety compria le tratte de Paria de 1866.
Tradaction fran^aise et introduciion par J. H. Schnitzler. 1856, 2 voi. in-8<'.
Onroussow. Résumé historique dea prineipaux traitéa de paix conelua entre lea
puiaaances européennea. Paris 1885, Lerouz.
Villefort. Reeueil dea traitéa, eonventiana, loia, decreta et autrea actea relatifa à
la paix de la Franee avec VAllemagne. Parts 1873-79, 5 volumes.
Angeberg. Le Congrèa de Vienne et lea traitéa de 1815, précédéa et auivia dea
actea diplomatiquea qui s*y rattachent, Paris 1863, 4 voi. in-8<> gr.
EUbUteriTe (Gomte d*) et Òossy (Paron Ferd. de). Reeueil dea traitéa de cam»
merce et èie navigation de la Franee avec lea puiaaaneea étrangèrea deputa la
paix de Weatphalie. Paris 1833-1839, 9 voi. in-8«.
Hertslai. Britiah and foreign Statea papera, a eolleelion of treatiae hettceen
foreign powera, and of treatiae and other documenta betiveen Great Britain
and foreign power a, relating to territorial arrangementa, peaee, commerce, etc,
Tol. 64. Per cura del Governo.
L^ultimo volume contiene T indice generale cronologico ed alfabetico dei
documenti contenuti in tutta la serie.
Janer (F.). Tratadoa de Eapaikt; Documentoa intemacionalea del reinado de
dona laabel II, deade 1843 à 1868. Barcelona 1869.
Lagemans (E. G.). Reeueil dea traitéa et conventiona conelua par le royaume
dea Paya-Baa avec lea puiaaaneea étrangìrea depuia 1813 juaqu^à noa joura,
U Haye 1858-1859, 4 voi. in-8^
Garda do la Vaga (D.). Reeueil dea traitéa et conventiona eoncernant le royaume
de Belgique, tom. IX, ÌB-8*. Bruxelles 1875, Decq.
Twi88 8ÌT Trarers. The Black-Book of AdmiraUg, toith Appendicea, London.
Pablication du gouvemement.
— Ade puUie relatif à la navigation dea embouchurea du Danube. Galatz 1876
Oatellani. La navigazione fluviale e la queatione del Danubio, Torino, Unione
Tipografico-Editrice, 1883.
Angeberg. Reeueil des traitéa, conventiona et actea diplomatiquea eoncernant
VAutriéhe et V Italie depuia 170^ juaqu'au commencement dea hoatilitéa (1859)
Paris 1859, in-8».
CLXIV Appendice il.
Angeberg. Recueil des traitéa, conventions et aetes dipìomaiigiies concernnnt In
Bologne (1762-1862). Paris 1862, in-8o.
Annuaire dea dexix Monde». Histoire generale des divers États. Paris 185U-1867,
in-8» gr.
Beaumont-Vassy (Vicomte de). Histoire des États européens deputa le Congrès
de Vienne, Paris 1843- 1853, 6 voi. in-8».
Bigelow (John). Les État-Unis d^Amérique en 1863; leur histoire politique,
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Vautorisation de Vauteur, par Georges Perrot, Paris 1868, in-8".
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jusquà la mort de Léopold II, traduite de l'nnglais par P. F. Henry. Paris
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— Ij Espagne sous les rois de la maison de Bourbon, ou mémoires relatifs à
Vhistoire de cette nation depuis Vavènement de Philippe V en 1100 Jusgu^à ìa
Opere relative ai Trattati intemazionali ed alla Storia CLXV
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taken from documents issued hy Presidente and Secretaires of State and front
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Leipzig 1856, 2 voi. in-8^
^ Précis historique des événements politiques les plus remarquahles qui se sont
passés de 1814 à 1859. Leipzig 1859, in•8^
Debranz de Saldapenna. La paix de Villafranca et les eonférences de Zurich.
3» édition, Paris 1859, gr. in-8^
— Le traiti de Paris du 30 mare 1856, étudié dans ses causes et ses effets par
le Correspondant diplomatique du < Consti tutionnel ». Paris 1859, gr. in-8^.
Bismarck (De). Diseours du prinee, Traduction franc^aise, Berlin 1885-1887,
14 voi. in-8».
Documents pour Vhistoire des relations diplomatiques de la Russie aree les
puissanees européennes occidentales, depuis la conclusion de la jmix generale
en 1814 jtuqu'à Congrès de Verone de 1822, publiés par le Miuistère des
affaires étrangòres. Saint-Pétersbourg 18231825, 2 voi. in-4".
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Lareleye (E. de). Les actes de la Conferente de BruxdUe et la partéeipaiion
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Lauriel, 3* tirage, iii-8<^.
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relative aux loie et eeutumes de la guerre. In-8®, Orléans, Golas.
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préalables, examen critiquef VII, 1875, nella Bevtie du droU intemationaL
Mo3niÌ6r (Gustave). Elude sur la Convention de Genève pour Vamélioratùm du
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— La question du Congo devant Vlnstitut de drait intemational,
•^ De quelquee fatte recente relatife à la Convention de Genève.
Khérédine. Réformes nécessaires aux États musulmane, 1* partie de ToaTrage
in ti tuie : La plus sùre direction pour connaitre VéteU des natione,par le génénU
Khérédine, ancien ministre èie la marine à Tunis, Traduit de Tarabe sous la
direction de Tauteur, 2* ed. in-8''. Paris 1875, Denta.
Oesterveich und die Orientalisehe Frage, Vienne 1875, Seidel.
Question d'Orient (La) précédée du conflit greco-bulgare, Comment on peut
apaiser ce conflit et résoudre la question d'Orient au prcfii dee mueuhnans
comme à celai des chrétiene, et faeiliter ainei le retour dee sehiematiquee d
V unite eatholique, Paris 1815, Dounìol.
Devauz (P.). Études politiques sur Vhistoire ancienne et moderne, et eur Vin^
fluence de Vétat de guerre et de Vétat de paix. Bruxelles 1875.
Favre ( J.). Le gouvernemént de la défenee nationale du ^^Janvier au ^juillet 187 1^
Derniers actes du gouvernemént de la défense; M. Thiers; La Commtme; Négo^
ciations et tratte de Francfort, Paris 1875, Plon el G*.
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politicai and geographical conditione of eentrai Asia, Londres 1875, Murray.
Serosoppi (E.). L* Empire Ottoman au point de mte polUique vere le milieu de la
2* moitié di XIX^ siede. Première partie: Des éUments constitutifs. Firenze
1875, Tip. Gooperativa, in-8*.
Pierantoni. Il progresso del diritto pubblico e delle genti. Modena 1860, 1 toL
Oechelhauger (W.). Der ZoUverein. Franckfort 1851.
Actas y tratados celehrados por el Congreeo intemaeional Sud'Amerieano de
Montevideo, anexo a la memoria del minieterio de relacionee exterioree. Monta*
video 1889.
Opere relative ai Trattati internazionali ed alla Storia GLXVII
De Testa (J.). Reeueil dee traités de la Porte Ottomane avec les puissances
étrangères, deputa le premier tratte conelu en 1536 entre Suleyman I et Fran-
gote Ijuequ'à nosjours, Paris 1877, tom. V.
Le Pùrtefeuille diplomatique et politique. Blue Book européen* Reeueil de docu-
menta internationaux et dee prineipaux travaux parus dane la presse périodique
européenne. Redige par J. E. Delannoy (V^ année, VieDne).
Volendo conoscere le opere recenti intorno ai fatti più importanti delFepoca
moderna ed i documenti relativi agli atti internazionali e segnatamente a quelli
che si riferiscono alla questione d'Oriente, ai trattati conclusi per stabilire un
diritto uniforme circa la proprietà letteraria ed artistica, circa la riforma giu-
diziaria in Egitto, la navigazione del canale di Suez, il commercio nelle regioni
Africane e via dicendo possono attingersi utili indicazioni iìe\V ^-nnuaire de
VJnstitut de Droit internalional e nella Bevue de Droit intemational, nella
quale sono meritevoli di speciale attenzione gli articoli scritti da Rolin Jaeque-
MYNS, Chronique de Droit intemational che contiene molte e complete notizie
storiche circa tutti gli avvenimenti piiiji-ecenti.
INDICE ALFABETICO-ANAUTICO
DEL
DIRITTO INTERNAZIONALE CODIFICATO
I numori ordinari si riferiscono ai paragrafi;
i numeri grassi si riferiscono ai numeri deir Introduzióne.
L
DIRITTO CODIFICATO
Abbandono d'alveo, dei fiumi di confine,
897.
Abbordaggio delle navi. Regole per pro-
venirlo, 835 e segg.; - regolamento in-
ternazionale al riguardo, 838 n. ; -
conseguenze , 84.8 ; - regolamento dei
danni, 849 ; - regola proposta al Con-
gresso di Anversa, ivi n. ; - tribunale
competente, 850.
Abdicazione del sovrano. Sospensione della
missione diplomatica, 440.
Accessione, come modo di acquisto della
sovranità territoriale, 194, 210.
Accettazione di impiego da Governo stra-
niero, 562.
Acque territoriali. Limitazione dei diritti
della sovranità su di esse, 904 e segg.
V. Mare territoriale.
Agenti consolari, 454.
— diplomatici. Oiurisdixione a loro ri-
guardo, 247 e segg.; - esenzione dalla
g. territoriale, 247 ; - offesa alla sovra-
nità dello Stato presso cui sono accre-
ditati, 248; - atti ostili, 249 ; - respon-
sabilità personale pei loro atti, 249 n.;
- assoggettamento alla g. penalo, 250;
- giurisdizione pei loro atti come pri-
vati, 251; - fondamento della esenzione
degli a. d. dalla giurisdizione localo,
251 n.; - azioni civili contro di essi,
49 — FiOKK, Dir. intern, codif\
252. — Extraterritorialità del palazzo
della Legazione e della casa deir agente
diplomatico, 333 e segg.; - osercizio
della giurisdizione a loro riguardo, 333;
- divieto dell'asilo, 334; - perquisizione
nella casa dell'a. d., 335, 336; - reato
commesso nella casa delFa. d., 337; -
asilo ad imputati di reati politici , 338
e segg. — Rappresentanxa dello Stato,
394 e segg. — Categorie^ 394. — A obi
spetta il diritto di inviarli^ 395 e segg.;
-governo rivoluzionario, 396; - paitito
rivoluzionario, 398. — Diritto di rifiutare
l'agente, 401. — Previo consenso dello
Stato presso cui T agente è mandato,
402 n. — Come si stabilisce il carattere
di rappresentante dello Stato, 403. —
Accettazione dell'a. d. nominato, 404 e
segg.; - previo aggradimento, 406 n. —
Estensione dei poteri , 407 e segg. ; -
istruzioni segrete, 408; - formalità di
Diritto diplomatico, 410. — Diritti^ 7,
411, 417; - inviolabilità personale, 411,
412. — Privilegi, 413 e segg.; - uso
loro, 414; - visite doganali, 415; - d.
di bandiera e di stemma, 416. — Extra-
territorialità^ 418 e segg.; - rapporti
dell' agente d. colla giurisdizione terri-
toriale, 418 ; - applicazione del Diritto
comune, 419. — Offese contro di essi, 421
Indice alfabettco-analttico
e seg. (Y.) - Inviolabilità della corrispon-
denza, 428 e segg. — Trattamento degli
agenti d. di Stati terzi, 430 e segg. — Di-
ritto delle persone addette alla Lega-
zione, 434 e segg.; - diritti e prerogative,
434; - funzionari addetti temporanea-
mente, 435; - ministro temporaneo, 436.
— Famiglia dell'agente d., 437. — Per-
sone addette al senizio, 438. — Ceri-
moniale diplomatico, 439. — Sospen-
sione della missione diplomatica, 440 ;
— effetto, 441. — Cessaxdone dei poteri,
442, 443. — Usurpatone delle funzioni
diplomatiche, 444. — Protezione dei cit-
tadini all' estero, 460. — A. diplomatici
del Capo della Chiesa, 599 e segg. —
Competenza a concludere trattati, 633.
— Salvacondotto in guerra, 1364. —
Trasporto , non assimilato al contrab-
bando, 1436.
Agostino (Sanf). Sulla persecuzione degli
eretici, 6 n.
« Agréaiion » , 406 n.
Aja (Conferenza dell'). Sua importanza, 28.
Alberigo Gentile. Suo posto nella storia
della scienza del Diritto internazionale,13.
— Sulla consuetudine come fonte del
Diritto internazionale, 89. — Sul Diritto
naturale, 4 n.
Albinaggio (Diritto di), 168 n.
Alleanza pacifica (Ti'attati di), 773 e segg.;
— definizione, 773; - oggetto, 774.
— politica (Trattati di), 766 e segg.; -
legittimità, 767, 768; - loro oggetto e
scopo odierni, 768 n.; - determinazione
dell'oggetto, 769. — Alleanza difensiva,
770; - a. offensiva, 770, 771; - esecu-
zione, 772.
« Allégeance ». Come non sia il fonda-
mento della soggezione del cittadino al
sovrano, 223 n.
Alto mare. Saluto delle navi in a. m., 375,
378. — Diritto di libera navigazione,
527. — Inviolabilità della proprietà pri-
vata, 537. — Libertà di navigazione, 816
e segg. — Esclusione di giurisdizione,
817. — Fermo di nave, 818. — Polizia a
bordo della n., 819 e segg. — Visita dello
n. che trasportano schiavi, 825 e segg.
(V. Navi). — Navi dedite alla pirateria,
830 e segg. ( V. Pirateria). — Saluto, 834
e segg. (V.) — Regole della navigazione,
835 e segg. (V.) — Visita delle navi, 1423
,(V. Diritto di visita).
Ambasciatori. Una delle categorie di agcoti
diplomatici (V.), 394.
Ambulanze militari. Obbligo dei bellige-
ranti per ciò che riguarda il loro trat-
tamento, 1218, 1245 e segg. — Loro
neutralità, 1245. — Contrassegno, 1247.
— Quando possa essere loro negato ogni
beneficio di neutralità, 1255. — Navi-am-
bulanze, equiparazione alle navi neu-
trali, 1300.
Amici della pace (Società dogli). Loro ori-
gine e sviluppo, 20 n.
Amministrazioni ferroviarie. Responsabi-
lità nei trasporti internazionali, 818 e
segg.
Amnistia generale alla conclusione della
pace, 1556.
Anarchia. Ingerenza collettiva nel caso
di a., 493.
Annessione di temtorio. V. Cessione,
Annullamento di trattato, 705 e segg. V.
TratUUi.
Apertura della successione di un cittadino
all'estero. Attribuzioni dei consoli, 470.
Arbitrato di Ginevra. Motivi particolari
della sua riuscita, 29.
— internazionale. L'arbitrato intemazio-
nale come forma di organizzazione giu-
ridica della Società internazionale, 23
e segg. — Come non basterebbe per
mutare completamente lo stato attuale
delle cose, 24. — L'arbitrato da poi
il 1815, ivi. — Motivi particolari della
riuscita dell'arbitrato di Ginevra, 25.
(V. Tribunale arbitrale).
Arbitri. V. Tribunale arbitrale.
Archivi consolari. Loro inviolabilità, 33U
e segg. — Abuso del privilegio, 332. —
Interpretazione della Convenziono con-
solare franco-italiana al riguardo, 332 n.
Aristotele. Suo limitato concetto della co-
munanza di Diritto fra i popoli, 5.
Armamenti. Loro esagerazione , conse-
guenza della mancanza di una tutela
giuridica del Diritto internazionale, 19.
— Gli armamenti e la questione sociale,
29. — Diritto degli Stati per ciò che
riguarda gli a., 156 e 156 n. — Fissa-
zione del loro limite da parte del Con-
gresso degli Stati, 1032 e segg.
Armata. Come formante parte della forza
militare in guen-a, 1161, 1169 e segg.
Armenia (Questione dell'), in relazione al
principio dell'ingerenza collettiva, 492 n.
del Diritto intemoMonale codificato
3
Armi (Commercio delle). Quando non
costituisce violazione della neutralità,
1404 n.
Armistizio, 1370 e segg. — Definizione,
1370. — Requisiti, 1371. — Potere di
stipularlo, 1372. — Scopo diretto, 1373.
— Durata, 1374. — Differenza dalla
pace, 1374 n. — Come deve essere re-
datto, 1375 e segg. — Perfezione, 1375.
— Scadenza, ivi, — Condizioni e mo-
dalità, 1376. — Obbligazioni reciproche
durante Ta., 1377, 1378. — Esecuzione,
1379. — Atti di ostilità durante Ta.,
1381, 1382.
Arruolamenti privati. Quando non costitui-
scono violazione della neutralità, 1404.
Arruolamento nella milizia straniera, come
rinunzia tacita alla cittadinanza, 562.
Asilo. Palazzi e casa addetti al ministro
straniero, 334. — Località addotte alla
Santa Sede, 354.
Assedio, 1188 e segg. — Effettività, 1190.
— Notificazione 1191. — Diritti rispetto
alle persone, 1 192 e segg. — Uscita dei
pacifici cittadini dalla piazza assediata,
1194 e segg.
Associazione internazionale del Congo, come
esempio di ente riconosciuto nei rapporti
internazionali, 39 n.
— per la riforma e la codificazione del
Diritto della genti, 13 n.
Associazioni aventi personalità internaz.,
38. — Capacità di concludere trattati, 629.
—ecclesiastiche. Personalità giurìdica, 607.
Atti dei Congressi, come fonte del D. in-
ternazionale positivo, 83.
— dei Governi, come fonte del D. inter-
nazionale positivo, 88.
— di ostilità. Fatti che possono essere
qualificati tali, 1408.
— esecutivi, in forza di sentenza di tri-
bunale straniero, 182 e n., 271.
— rivoluzionari. Come non sempre siano
soggetti al diritto applicabile ai ribelli, 50.
Atto di nazionalità della nave. 1012 e sojr^.
— Valore probatorio, 1012. — Conte-
nuto, 1013. — Convenienza di un Di-
ritto uniforme, 1014.
— generale antischiavista di Bruxelles del
1890, 548 n., 827 n.
— unilaterale. Regole di Diritto internazio-
nale stabilite con a. u., 10 n. — Obbli-
gazione internaz. assunta con a. u., 793.
— Obblig. assunte in gueiTa, 1361.
Autonomia dello Stato. V. Stato (Auto-
nomia dello).
Autorità delle leggi straniere. Il problema
deirautorità delle leggi straniere consi-
derato dal punto di vista dei Diritti
internazionali dell'uomo, 48 e segg.
Avarie oomuni (Regolamento delle), come
materia di trattati dVinteresso comune,
778.
Azioni possessorie. Straniero, 976 e segg.
Bagaglio degli agenti diplomatici, 413.
Baie. Estensione, 277. — Giurisdizione,
V. Mare territoriale.
Bande di ventura, 1174 e segg.
Bandiera falsa. Nave sotto b. f., 1481.
— marittima. Diritto d'inalberarla, 363 n.
— neutrale. V. Neutralità.
Bando. Quando può essere giustificato, 557.
Belgio. La costituzione del regno del Belgio
e ridea di nazionalità, 11.
Belligeranti. Concetto, 1160. — Forza mi-
litare, 1161. — Forza armata militar-
mente organizzata, 1162. — Abitanti,
1163. — Forza militare dello Stato, 1164
e segg. — Corpi franchi, 1167 e segg.;
- milizie di volontari, 1167 e segg.; -
leva in massa, 1168. — Armata, 1169
e segg; - armamento in corsa, 1170 e
segg. (V. Corsa). — Chi non ha diritto
di essere qualificato b., 1174 e segg. ; -
bande di ventura, 1174; - brigantaggio,
1175; - corpi volontari non apparte-
nenti alla forza militare, 1176 e segg.
— Navi mercantili, 1178. — Persone
addette al servizio delle milizie, 1181
e segg. — Diritti del b. contro le per-
sone di parte nemica, 1212 e segg. ; -
atti di ostilità incivili, 1214; - diniego
di quartiere, 1215; - diritti verso coloro
che cadono in potere del nemico, 1216
e segg. ; - trattamento dei feriti e delle
ambulanze militari, 1212. — Doveri dei
b. rispetto ai prigionieri di guerra, 1219
e sepg. (V. Prigionieri di guerra). —
Doveri dei b. rispetto ai feriti e malati,
1240 e sogg. — Doveri verso i morti
in battaglia, 1256 e segg. ; - seppelli-
mento, 1258; - constatazione dell'iden-
tità, 1259. — Diritti rispetto alle spie,
1264, 1265. — Id. id. alle guide, 1266,
1267. — Diritti dei b. contro le persone
che non facciano parte dell'esercito,
1274 e segg. — Trattamento dei disertori,
Indice alfabeiteo-analitieo
1276 e segg. — Diritti del b. sui beni
del nemico, 1278 e segg. (V. Ouerra).
— Doveri e diritti dei b. rispetto ai
neutrali, 1416 e segg., 1422 e segg.
(V. Neutralità). — Come il b. non possa
allargare a volontà la nozione del con-
trabbando di guerra, 1426 (V. Contrab-
bando). — Diritto del b. di inibire il
commercio di certi oggetti, 1428. —
Merce presunta diretta al b. nemico, 1430.
— Nave neutrale noleggiata da uno dei
b., 1431,
Belts. Tassa di passaggio dei B., 284 n.
Beni. Giurisdizione a loro riguardo, 268 e
segg. — Autorità su di essi della sovra-
nità territoriale, 966; - dominio emi-
nente, 967. — Diritto da applicarsi alle
cose mobili e immobili dello straniero
esistenti nel territorio dello Stato, 968
e segg.; - norme in mancanza di trat-
tati, 970 e segg. — Diritti del proprie-
tario sui beni che gU appartengono, 972
e segg. — Beni che possono essere og-
getto di proprietà privata, 973. — Espro-
priazione per causa di utilità pubblica,
974. — Possesso, 976 e segg. — Pro-
prietà letteraria ed artistica, 980 e segg.
(V.) — Nome commerciale, 988 e segg.
(V.) — Marche di fabbrica e di com-
mercio, 993 e segg. (V.) — Brevetto
d'invenzione, 1001 e segg. (V.)
— dello straniero. V. Beni.
— pati'imoniali dello Stato. V. Stato.
Bentham (Geremia). Sui rapporti fra Mo-
rale e Diritto, 19 n.
Blocco. In che consiste, 1449. — Contro
quali luoghi può essere effettuato, 1450
e segg. — Quando debba ritenersi le-
galmente stabilito, 1453 e segg. ; - come
esso debba ossero reale ed effettivo, 1453.
— B. notificato soltanto in via diplo-
matica, 1456, 1458. — Effetto della
temporanea sospensione dell' investi-
mento, 1457. — Notificazione speciale,
1459, 14(36. — Dilazione por uscire dal
luogo bloccato, 1461. — Doveri dei neu-
trali in caso di blocco, 1468. — Viola-
zione del b., 1404. — Diritti dei neutrali
in caso di b., 1465 e segg. — Appli-
cazione delle regole del b. alle navi
mercantili nemiche, 1468. — Sequestro
della nave nemica in caso di violazione
di b., 1524 e segg. (V. Preda).
-T- commerciale, come uno dei mezzi
ooercitiyi durante la pace, 78, 1126.
1135 e segg.; - concetto, 1135; - carat-
tere giuridico, 1136; - quando è lecito.
1137 ; - questione intomo alla saa legit-
timità, 1137 n. ; • efficacia. 113S; -
modalità, 1139; - diritti della s^iuadra
bloccante, 1140; - rottura di blocco, 1141
e segg. ; - rottura da parte di nave
militare, 1143.
Bluntschli. Suo progetto di una Confede-
razione degli Stati, 22.
Bolle pontificie. Diritti dello Stato a loro
riguardo, 55.
Bombardamento, 1196 e segg.; - quando
può essere usato, 1196; - notificaxioDe,
1197; - riguardi doverosi, 1198; - Uio
di proiettili esplodenti ed iocandiah.
1199; - quando costitoiace un mezzo
sleale di assalto, 1201.
Bosforo (Navigazione del). Sao regola-
mento, 890 n.
Bosnia (Questione della), in relazione al
prinoipio dell'ingerenza collettiva, 493 n.
Bottino di guerra, 1290 e segg. ; - in che
consiste, 1290; - appropriazioni per-
messe al soldato, 1291 ; - appropriazione
indebita, iri; - disposizioni del Codice
penale militare italiano, 1291 u.
Braccio seoolare. Bua inamroessibilità, 603.
Brevetto d'invenzione. Suo carattere di
privilegio, 1001 e segg. — Proteadono
intemazionale, 1003 e segg. ; - accordo,
1003, 1005; - caso in cui manchi rac-
cordo, 1004. — Espropriazione dell* in-
venzione dello straniero, 1006.
Brigantaggio, 1175.
Buoni uffici. Y. Congegni diplùmatici.
Busca (Reato di). Disposizioni del Codice
penale militare italiano, 1291 n.
Gabottaggio. Nei fiumi internazionali, 869.
- Riserva di esso ai cittadini nelle acque
territoriali, 907.
Calamità pubbliche. Dovere di assistenza
fra gli Stati, 521.
Canali navigabili internaz., 879 e segg.;
- libertà dì navigazione, 879; - diritti
della sovranità locale e dei concessio-
nari, 880; - regolamento del libero uso,
881 ; - principi cui deve informarsi, 882;
- tasse, 883; - blocco. 1451.
Candia (Questiono di), in relazione al prin-
cipio dell'ingerenza collettiva, 488 n.
Capitano. Determinaz. de' suoi poteri, 299.
del Diritto intemaxumale codificato
Capitolazione, 1353 e segg! — Iq che con-
sìste, 1353. — Forma, 1354. -— Sospen-
sione preliminare, 1355. — Oggetto,
1356. — Conseguenze, 1357 e segg. —
Osservanza delle condizioni , 1357 ; -
imposizione di condizioni disonorevoli,
«r». — Diiitti del belligerante che ha
ottenuto la e, 1358. — C. non neces-
saria, 1359. — Distruzioni e danneg-
giamenti da parte del capitolante, 1360.
Capitolazioni. Autorità dei principi procla-
mati al riguardo dal governo italiano,
88. — Origine, 747 n. — Concetto, 745.
— Scopo, 746. — Forza obbligatoria,
747. — Limitazione della gìm-isdizione
del sovrano temtoriale in virtù delle
C, 345, 348 n. e segg. -^ Condizione
giuridica dei distretti consolari dove sono
in vigore le C, 346. — Loro interpretaz.
e applicaz. restrittiva, 347. — Rapporti
fra il sovrano straniero e il sov. terri-
toriale, 348. — Reato commesso dallo
straniero dove sono in vigore le C, 348 n.
— Cessazione, 349, 748.
Capo della Chiesa. Y. Chiesa.
— dello Stato. V. Staio.
Carbon fossile. Il suo trasporto assimilato
al contrabbando, 1435.
Carte di bordo, 822 n., 1479 e segg.
Cartesio. Posto che tiene nella storia della
filosofia, 15.
« Cautio iudicatum solvi >, 168 n.
Cavi sottomarini. V. Telegrafi.
Censure ecclesiastiche. Esclusione di san-
zione civile, 589.
Cerimoniale diplomatico, 370, 439.
— internazionale, come espressione della
eguaglianza giuridica degli Stati, 367 e
segg. — Titolo dello Stato, 369. — Id.
del Sovrano, 370. — Persone della fa-
miglia del Sovrano, 391.
— marittimo. Cerimoniale stabilito da uno
Stato: osservanza facoltativa, 372; - id.
osservanza doverosa, 373. — Saluto umi-
liante, 374. — Saluto in alto mare, 375.
— C. concordato, 376 ; - significato della
sua inosservanza, 377. — Regole circa
il saluto delle navi in alto mare in man-
canza di accordo, 378. — Sparo del
cannone ; restituzione, 379. — Solennità,
380. — Saluto in alto mare, 834.
Cessazione delle ostilità. Non pon fine alla
gaerm, 1546.
Cessione (Trattato di), 727 e segg. ; - de-
finizione, 727; -effetto, 727, 729; -da
chi può essere fatto, 728; - t. di ces-
sione forzata, 729, 1551.
Cessione di territorio. La e. di t. nei riguardi
della personalità intemaz., 118 e segg.
— Quando diventa reale ed effettiva,
118. — Come non modifichi la perso-
nalità dello Stato cedente e dello Stato
cessionario, 119; -esempi, 119 n. —
Effetti relativamente ai trattati, 122. —
Id. rispetto ai terzi Stati, 123. — Effet-
tuazione della presa di possesso, 123 n.
— Effetti della cessione perfezionata,
124. — Consenso degli abitanti, 125. —
Diritto di opzione della cittadinanza,
126. — Regolamento degli effetti della
e, 127. — Successione nei diritti, 128
e segg. — Successione nelle attività e
passività, 129 n. — Diritti patrimoniali
acquisiti, 130. — Regolamento della con-
dizione dei funzionari, 131. — Id. degli
oneri finanziati, 132. — Riparto del de-
bito pubblico, 132 n. — Risoluzione
delle controversie, 133. — Effetti rela-
tivamente air amministrazione della giu-
stizia, 134. — Diritto transitorio, 135.
— La 0. di territorio come modo di ac-
quisto della sovranità territoriale, 194;
— regole al riguardo, 215 e segg. ; - ef-
fetto, 215; - modalità, 216. — Esten-
sione dei trattati al territorio annesso,
656 n.
Channing (Oiorgio). Sua opera in favore
della pace, 21 n.
Chiesa. La C. come persona della società
intemaz., 36,37 n. — Definizione, 37. —
Suoi diritti intemazionali, 34 e seg., 52,
58 e segg. ; - quando costituisce persona
giuridica, 59 ; - non può essere assimi-
lata allo Stato, 42 e seg., 60 e 61 n.;
— non può pretendere alla sovranità ter-
ritoriale, 61. — Regole intomo ai suoi
diritti e doveri internaz., 583 e segg.
(V.). — Condizioni per la sua persona-
lità internazionale, 583. — Ingerenza
del Governo, 592. — Diritto di rappre-
sentanza, 598 e segg. (V.). — Doveri
internaz., 601 e segg. — Braccio seco-
lare, 603. — Relazioni della C. collo
Stato, 604 e segg. — Sua posizione
intemazionale, 613 n. — Convenzioni
fra il Capo della Chiesa e il Capo dello
Stato, 786 e segg. (V. Concordati).
— (Capo della). Come la sua sovranità
è
ìndice eUfabético-anaHUeó
differisca essenzialmente da qaella che
appartiene al Capo dello Stato, 53 e segg.
— Diritti dello Stato per ciò che riguarda
le encicliche, le bolle e gli atti del Capo
della Chiesa in materia disciplinare, 55.
— Diritti di libero governo della Chiesa,
588 e segg.; - diffusione dei principi, 588;
— alta amministrazione, 589. — Sua in-
violabilità, 595 e segg. — Atti relativi
al dogma e atti relativi alla disciplina,
597. — Diritto di rappresentanza, 599 n.
— Riconoscimento delle leggi dello Stato,
608. — Tutela della sua dignità, 613.
Chiesa (Diritti e doveri internazion. della).
Personalità internaz. della Chiesa, 34 e
segg., 52, 588 e segg. — Sua libera
costituzione, 585 e segg. — Libero Go-
verno, 288 e segg. ; - dir. del Capo
della Chiesa, ivi (V.); - responsabilità
dei partecipanti al Governo dellaC.,590;
— ingerenza dello Stato, 592 ; - funzioni
amministrative connesse col Governo
della C, 594. — Inviolabilità del Capo
della C, 595 e segg. (V.) — Diritto di
rappresentanza, 598 e segg. — Doveri,
601 e segg. — Tutela giuridica, 612 e
segg. — Effetti dei concordati, 790.
— cattolica romana. Necessità di regolare
la sua posizione nella società internaz.,
37. — Come sia la sola che abbia per-
sonalità internaz., 41, 583 n. — Condi-
zioni por l'esercìzio dei diritti di persona
internaz., 584. — Posizione giuridica
rispetto alle altro professioni religiose,
604. — Sua personalità giuridica, 606.
— Sua posizione internaz.., 613 n. —
Sue relazioni diplomatiche, 54. — Come
il suo Capo non abbia la capacità di
conchiudere trattati, 58.
— e Stato. Come si possa riuscire a tro-
vare il giusto punto di equilibrio fra
di essi, 52 e segg. — Come i loro rap-
porti debbano essere stabiliti sulla baso
della separazione completa dei loro po-
teri, 53. — Diritti dello Stato di fronte
alla Chiesa, 54 e segg. — Rapporti fra
Chiesa e Stato, 604 e sogg. — Concor-
dati, 610 e segg. (V.).
Cittadinanza. Permanenza, 222. — Fon-
damento, 223 e segg. — Importanza,
560 n. — Diritti del cittadino all'estero,
553 e segg. — Diritto di eleggere e di
rinunziare alla e, 558 e segg. ; - rinunzia
in mala fede, 560, 561 ; - r. tacita, 562.
— Prove della cittadinanza, 563 e segg.:
- p. dell'acquisto, 563 ; - p. della iter-
dita, 564; - espatriazione ìq mala fe*je.
565. — Necessità di un D. uniforme, 567.
— Regole per l' attribuzione della e r>tl»
e segg.; - imposizione di c.^ 570; - e.
del figlio legittimo, 571 ; - e. del figli.-,
naturale, 571; - e. del figlio di genitori
ignoti, 572; - figlio di ex-cittadino. 574:
- acquisto per matrimonio, 575; - o.
della donna maritata. 576 ; - natar&liz-
zazione, 577 ; - rinuncia e perdita della
e. di origine, 578; - effetti del domicilio
civile nei riguardi della e, 579.
Cittadini all'estero (Protezione dei). Re-
gole al riguardo, 459 e segg. ; - da chi
dev'essere esercitata, 460; - lìuiìti^ 461
e segg. ; - p. illecita, 462 ; - p. dei natu-
ralizzati, 463; -p. per mezzo dei con-
soli, 464 e segg. (V. Consoli) ; - aper-
tura di successione all'estero; attrihuz.
dei consoli, 470 (V. Oittitdinafixa),
Cittadino. Diritti internazionali delPaonio
come cittadino, 45 n.
Clausola compromissoria, 1060.
— penale, nei trattati, 672.
Codice internazionale dei segnali, 840.
Codificazione del Diritto internazionale.
Entro quali limiti sia attualmente pos-
sibile, 66 e segg., 81. — Come sia con-
veniente proseguire l'opera iniziata dal
Congresso di Parigi del 1856, ivi.
Col berti smo. Uno degli ostacoli alla con-
cezione della comunità dei popoli, 8 e
segg.
Collettività. Loro diritti internazionali, 46.
— Conseguenze che derivano dal ricono-
scimento di tali diritti, 49 e segg.
Colonie. Loro condizione in rapporto alla
poi*sonalità internaz., 94 e segg. — Di-
ritto di emancipazione, 90. — Estensione
ad esse dei trattati, 656 n. — Le e. come
cose in possesso giuridico dello Stato,
953 e segg. ; - diritti della sovranità, 954;
- regime amministrativo ed economico,
955 ; - sfruttamento coloniale, 956.
Colonizzazione. Condizione perchè possa
dirsi legittima, 51.
Comandante della nave. Determinazione
de' suoi poteri disciplinari, 821.
e Gomitas gentium » . Come l'osservanza
delle regole di D. internaz. naturale non
sia un atto di pura cortesia, 15 n. —
Regole intorno alla eomitasg.^ 16 o segg.
del Diritto intefnaxdonaìe codifiecUo
- Cerchia dentro la quale essa deve valere
fra gli Stati, 19 n. — Sanzione, 28.
Comitati di soccorso. Quando la loro for-
mazione non costituisce violazione della
neutralità, 1404 n.
Commercio (Trattato di). Regole al ri-
guardo, 731 e segg.; - oggetto, 731, 732;
- principio cui devono essere informati,
733; - oggetto proprio, 734; - loro mas-
sma possibile estensione, 735; - esecu-
zione , 736 ; - clausola del trattamento
della nazione più favorita, 737 e segg.;
- estensione , 739 ; - durata, 739 ; - ef-
fetto del sopravvenire della gueiTa, 740 ;
- latifica, 741.
— delle armi. Quando non costituisce vio-
lazione della neutralità, 1404 n.
— di nolo. Riserva ai cittadini nelle acque
territoriali, 907.
— intemazionale. Il suo sviluppo nel se-
colo XIX, uno dei fattori dello sviluppo
dell'idea della comunità dei popoli, 12.
- Proibizione da parte di uno Stato, 190.
Comparizione personale. Degli agenti di-
plomatici, 420 n.; - dei consoli, 449, 451 .
Compromesso. Forma, 1075 e segg.; - estin-
zione e sospensione, 1080 e segg. ; - in-
terpretazione, 1092.
Comunione. Quando si verifica, 964 ; - ob-
bligo degli Stati comunisti, 965.
— giuridica. Come non possa dirsi che
non esista fra le genti, 4. — Suo svi-
luppo storico, 22 n. — Come non sia
completa fra tutte le genti, 24 n.
Comunità dei popoli (V. Società irUer-
naxionaU).
Concerto europeo (e americano). Quando
può considerarsi legittimo, 50, 77.
Concilio ecumenico. Esenzione dalla so-
vranità territoriale del luogo dov'è riu-
nito, 350 (V. Santa Sede).
Conclave. Esenzione dalla giurisdizione ter-
ritoriale del luogo dov'è riunito, 350
{V, Santa Sede.)
Concordato. Scopo, 610. — Carattere, 611.
- Regole intorno ai e, 788 e segg. ; -
definizione, 786; - loro ragion d'ossero,
786 n.; - carattere, 787; - come non
abbiano carattere di trattati, 58, 787 n. ;
- materia lecita di e, 788 ; - forza obbli-
gatoria, 789; - effetti su di essi del
mutamento della costituz. poUtica, 789
n. ; - valore giuridico quanto ai diritti
internaz. dell'uomo e della Chiesa, 790.
Condanna penale. Motivo di espulsione dello
straniero, 235.
Condorcet. Concorre a sviluppare i prìn-
cipi della comunità dei popoli, 16.
Confederazione (Trattati di), 762 e segg.;
- definizione, 762 ; - effetto fra le parti
e rispetto ai terzi, 763; - creazione di
personalità internaz., 764; - distinzione
dal patto federativo, 765.
— degli Stati. Come forma di organizza-
zione razionale della Società intema-
zionale, 22 e segg., 64; - critica, 23, 64.
— germanica. Come esempio di ente rico-
nosciuto noi rapporti intem., 39 n., 764 n.
— svizzera. Come esempio di Stato fede-
rativo, 90 n.
Conferenza. La C. come una delle istituz.
per la tutela giuridica del D. internaz.,
69 e seg., 1018. — Concetto, 1045 n. —
Regole al riguardo, 1044 e segg. — Co-
stituzione, 70, 1044; - come debba com-
prendere i rappresentanti dei popoli, 70,
1045 n. — Convocazione, 1045. — Com-
petenza, 1046 e segg. — Procedimento,
1047 e segg. — Sanzione delle sue de-
liberazioni, 72 e segg., 1054 e segg. —
La C. oome tribunale d'appello dalle deci-
sioni dei tribunali arbitrali, 1071 e segg.,
1109, 1112 e segg. ~ Trattati di inte-
resse comune, loro forza, 780. — Au-
torìzzazione di rappresaglie, 1132. —
C. per giudicare su condizioni di pace
imposte dal vincitore, 1150.
— dell' Aja. Sua importanza, 28.
— di Brnxelle del 1874 per il regolamento
del Diritto di guerra, 5. — Sua auto-
rità come fonte del Diritto intemazio-
nale positivo, 32.
— sanitaria di Vienna del 1874, 521 n.
Congegni diplomatici, come una delle isti-
tuzioni per la tutela giuridica del D.
internazionale, 1018, 1116 e segg. —
Buoni uffici, 1118 e segg.; -offerta, 1118;
- rifiuto di accettarli, 1116 e segg. ; -
doveri dello Stato che li offire, 1121. —
Mediazione, 1122 e segg.; - doveri dello
Stato mediatore, 1124 e segg.
Congressi (Atti dei). Come una delle fonti
del Diritto intemazionale, 83.
Congresso. Sua missione per ciò che riguarda
l'ordinamento giurìdico degli Stati, 62 e
segg. — Gli atti dei C. come fonte del
D. internaz. positivo, 28. — Forza ob-
bligatoria delle regolo riconosciute dagli
8
tndioe cUfabeHòO'OnaUUóo
Stati rìuniti in C, 12. — U C. come
una delle istituzioni per la tatela giuri-
dica del D. internaz., 1018 e segg. —
Scopo, 66. — OosHtuxùme^ 62 e segg. ,
1019 e segg.; - come debba compren-
dere i rappresentanti degli Stati, del po-
polo e del Diritto scientifico, 62, 1020 n.;
- come non debba essere un corpo per-
manente, 62, 1024 n. — Durata^ 1025.
— Autorità 77, 1026 e segg.; - com-
petenza rispetto agli Stati non apparte-
nenti all' Unione, 1028 ; - prevenzione
delle guerre, 1029; - fissazione del li-
mite degli armamenti, 1032 e segg.; -
forza delle sue decisioni, 1034. — Pro-
cedimento^ 1035 e segg. — Sanxdone
delle sue decisioni, 68 e segg., 1039
e segg.; - bando dall'Unione, 1040; -
mezzi coercitivi, 1041. — Esecuzione
delle decisioni del C. mediante la forza
armata, 1042 e segg.
Congresso di Parigi del 1856. Come abbia
iniziato l'opera di un oi^dinamento giuri-
dico della Società degli Stati, 18. —Come
convenga proseguirne l'opera, 66.
— di Vienna del 1815. Proclama la po-
testà assoluta dei monarchi, 10. — Sta-
bilisce il principio della legittimità, 488 n.
Conquiste pacifiche (Teoria delle), 756 n.,
761 n.
Consenso, nelle obbligazioni internazionali,
618; - e. tacito, 619.
Consolati. Inviolabilità degli archivi con-
solari, 330; - abuso del privilegio, 332;
- interpretazione della convenzione con-
solare franco-italiana al riguardo, 332 n.
— Distinzione del peraonale secondo la
legge ital., 455 n. — Stabilimento, 465.
Consoli. I consoli nei riguardi del diritto
di rappresentane^ ^ 445 e segg. ; - loro
carattere pubblico, 445, 446 n.; - exe-
qtuUur^ 466; - valore della sua con-
cessione, 468 n. ; - delegazione ad essi
delle funzioni diplomatiche, ivi; - pro-
tezione loro dovuta, 446; -prerogative,
447 e segg.; - consoli inviati, 448; -
esenzione dagli oneri municipali e fiscali,
452; - diritto di bandiera e di stemma,
453. — AttribuMoni secondo il diritto
convenzionale, 456 e segg. ; - duplice
loro aspetto, 457 n. ; - giurisdizione con-
tenziosa nei paesi incivili, 458. — Pro-
tezione dei cittadini all'estero, 460, 464
e segg.; - attribuzioni, 467 e segg.; -
rappresentanza dei connazionali a^ent
0 incapaci, 469; - attribuz. nel caso d
moi-te di un connazionale, 470; - id. pe-
ciò che riguarda la tutela o curatela, 47 \:
- id. nel caso di naufragio di n. mercai-
tile, 472; - tutela dell' osservanza d^ì
trattati e convenzioni, 473; - rimpatm
dei connazionali, 474.
Consoli stranieri. Giurisdizione sui e. sta-
nieri, 253 e segg. ; - e. esercì tant il
commercio, 254; -regolamento della oro
situazione rispetto alle autorità locali.
255, 256; - disposizioni delle confen-
zioni consolari al rìguardo, 266 n.
Consuetudine. — La e. come fonte d*l D.
internaz. positivo, 89. — C. intanaz.
in ordine all'esecuzione dei trattati. 667.
Continente americano. Dottrina di M«nn:<e.
494 n.
Contrabbando dì guerra, 1424 e segg. —
Concetto, 1424. — Oggetti di e. scooido
il Diritto comune, 1425 ; - come il belli-
gerante non possa allargare a voloitù
la nozione del e. di guerra, 1426, 1427 a..
- e. convenzionale, 1427. — Diritto d« 1
belligerante d' inibire il commercio ui
certi oggetti, 1428. — Destinazione deliri
merce o della nave, 1429 e segg.; - merci '
presunta diratta al belligerante, 1430:-
nave neutrale noleggiata da uno dei belli-
geranti, 1431. — Trasporti inibiti e as-
similati al e, 1432 e segg. ; - trasporto
di ufficiali e soldati, 1433 ; - id. di di-
spacci, 1434 ;-id. di carbon fossile, 1435.
- Trasporto degli agenti diplomatici,
1436. — Oggetti che non possono es-
sere compresi nel e, 1437 e segg.; -
trasporto delle valigie postali, 1438; -
id. di cittadini delle due parti belligeranti,
1439. — Sanzioni penali pel titsporto
del e, 1440 e segg.; - come non pos-
sano assumere carattere di pena, 1441;
- convenienza di un regolamento inter-
nazionale, 1442 ; - sanzioni penali se-
condo i principi generali del Dir. inter-
nazionale, 1443 e segg.; - confisca dol
e, 1443; - arresto della nave, 1444 e
^^S^-'ì ' partecipazione attiva della nave
alle ostilità, 1446; - come la confisca
della nave non possa essere, di regola,
giustificata, 1446 n. — Esclusione della
confisca del carico lecito, 1447. — Do-
vere degli Stati che sottoscrissero la di-
chiarazione di Parigi dol 1856, 1448. —
del DiriHo intemaxtanale oodifieato
d
Sequestro dalla nave per trasporto di e,
1523 (V. Preda).
Contrade deserte. Diritto di esplorasùoue,
196 e segg.
Contratto di trasporto, nei rapporti delle
ferrovie internazionali, 923 n., 924 u.
Contribuzioni di guerra, 1287 e segg. —
In che consiste, 1287 ; - obbligo del co-
mandante che la impone, 1288; - e. a
titolo di punizione, 1288 ; - misura, 1289;
- occupazione militare 1336. — Esen-
zione degli stranieri, 232.
(.'Onvenziono del 1884 per la protezione
dei cavi sottomarini, 939 n.
— di Berna del 1890 pel trasporto delle
merci in ferrovia, 916 n. — Id. id. del
1886 per la protezione della proprietà
letteraria ed ai-tistica, 983 n. — Id. id.
del 1890 pel servizio ferro vi aiio inter-
nazionale, 916 n.
— di Copenaga del 1857 pel riscatto delle
tasse di passaggio degli stretti del Sund
0 dei Belts, 284 n.
— di Di*esda del 1844 per la navigazione
dell'Elba, 5.
— di Ginevra, 1218, 1241 e segg.
— di Parigi del 1844 per la protezione
doi cavi sottonutrini, 939 n.
— preliminare. Forza obbligatoria, 646.
Ootìvenzioni consolari. Regole al riguardo,
742 0 segg.
— di guerra, 1340 e segg. — Definizione,
1340. — C. che debbono essere concluse
dalla supi-ema aatoribi dello Stato, 1341 ;
- convenzioni che possono essere concluse
dai comandanti militari. 1342. — Esecu-
zione, 1343. — Sospensione d'armi, 1344
e segg. (V.) — Capitolazione, 1353 e
segg. (V.) — Obbligazioni assunte con
atto unilaterale, 1361. — Salvacondotto,
1362 e segg. (V.) — Licenze, ivi (V.) —
Salvaguardia, 1368. 1369 (V.) -- Armi-
stizio, 1370 e segg. (V.) — Tregua, 1383.
- Preliminari di pace, 1384.
— giurid. popolari. V. Opinione pubblica.
Corpi fratkchi. Quando hanno qualità di
belligeranti, 1167 e sogg.
— moraU. Loro diritti internazionali, 68, 69.
— volontari. Quando hanno qualità di
belligeranti, 1161; - e. formanti parte
della forza militare, ivi; - e. non for-
manti parte della f. m., 1176, 1177.
Coi'poraesioni religiose. Personalità giuri-
dica, 607.
Corrispondenze postali, come materia dei
trattati d'interesse comune, 778. — Pi-
roscafi p. nella guerra marittima, 1303.
Corsa. Regole di D. internaz. sull' arma-
mento in corsa, 1170 e segg. — Lettere
di marca, 1173.
Cosa giudicata. Sentenze di tribunali stra-
nieri, 182 e n.
Cose. Distinzione, 812. — Esercizio del
diritto sulle e, 813. — C. oamuni^ 814
e segg. ; - alto mare, 816 e segg. (V.);
- fiumi internaz. navigabili, 851 e segg.
(V.); - stretti, 884 e segg. (V.) — Cose
che sono nel possesso giuridico di cia-
scuno Stato, 891 e segg.; - territorio,
891 e segg. (V.); - beni patrimoniali,
899 e segg. ; - acque territoriali, 904 e
segg. ; - strade e vie di comunicazione,
908 e segg. (V.); - istmi, 910 (V.); -
strade ferrate, 911 e segg. ; - linee tele-
grafiche, 925 e segg. (V.) ; - posta 940
e segg. (V.) ; - imposte, 944 e segg. (V.) ;
- sistema doganale, 947 e segg. (V.); -
colonie, 953 e segg. (V.); - serviti! in-
ternazionali, 959 e segg. (V.). — Cose
appartenenti ai privati^ 966 e segg.
Costituzione politica. Diritto del popolo, 46,
62. — Mutamento, 72; - sospensione
della missione diplomatica, 440 ; - effetto
sui trattati, 657, 713; - id. sui concor-
dati, 789. — La costituzione p. dello
Stato in rapporto alla sua personalità,
89 e segg. — Non intervento degli altri
Stati nelle questioni che la riguardano,
480, 485.
Credenze religiose. Ostacoli da esse frap-
posti alla concezione della comunità dei
popoli, 5.
Credito pubblico (Reati contro). Extrater-
ritorialità della legge penale a loro ri-
guardo, 239.
Cristianesimo. Suo concetto della fraternità
dei popoli, 5.
Culto ecclesiastico. Come nel suo sviluppo
esterno sia soggetto alle leggi dello Stato
nel quale è esercitato, 55.
Danni. Responsabilità dello Stato per d.
y. Obbligazioni intemaxioncUi.
— di guerra. Diritto dei privati alla rìpa-
raziooe, 1565 e segg. — Concetto del
danno di g., 1566.
Dardanelli (Navigazione nei). Suo regola-
mento, 890 n.
10
Indice cdfahetieo-analUico
Debito pubblico. Suo enorme aumento
causato dagli armamenti, 20. — Riparto
nelle cessioni di territorio, 132 n.
Delimitazione del territorio, 894.
Delitto civile. Ammissibile nei rapporti in-
ternazionali, 796 n.
Demanio pubblico. V. Patrimonio dello
Stato,
Denuncia dei trattati, 719.
Deposizione del sovrano. Sospensione della
missione diplomatica, 440.
Dichiarazione di guerra. V. Guerra.
— di Parigi del 1856. Regole dì Diritto
iuternaz. da essa poste, 5.
Diderot. Concorre a sviluppare i principi
della comunità dei popoli, 16.
Dinastie. Le d. regnanti e i diritti dei po-
poli, 64.
Diplomazia. Sua missione, 1116 n.
Diritti civili. Acquisto e godimento da
parte dello straniero, 167 e segg.
— dell* uomo. Loro intangibilità come re-
gola di Diritto internazionale imposta
dalle convinzioni giuridiche dei tempi, 6.
— di porto e di navigazione. Esonerazione
nel caso di rilascio forzato, 500 n.
— e doveri intemazionali della Chiesa.
V. Chiesa,
— internazionali deiruomo. V. Uomo,
— reali. Loro efficacia in relazione alla
sovranità territoriale, 270.
sulla nave. Legge da applicarsi, 1015
e segg.
Diritto cambiario, come materia di trattati
d'interesse comune, 778.
— comune internazionale. Necessità della
sua determinazione per risolvere il pro-
blema della organizzazione giuridica della
Società internazionale, 18. — Passi già
fatti al riguardo, itn. — Difficoltà mag-
giore che ossa presenta, 19, — Modo
di proclamarne le regole e di assicurarne
il rispetto, 60 e segg. — Come il diritto
di fissare tali regole non possa costituire
un privilegio di questo o di quello, 61. —
Come la logge comune della Società inter-
nazionale debba essere formulata e dichia-
rata obbligatoria da quelli che si trovano
associati di fatto, ivi,
— del genere umano. Come sia da pre-
ferirsi all'espressione « Diritto interna-
zionale >, 39.
— delle genti. Confronto coli' espressione
« Diritto internazionale » , 39.
Diritto di albinaggio, 168 n.
— di bandiera e di stemma. Degli agenti
diplomatici, 416; - dei consoli, 453; -
degli agenti consolari, 455.
— di esplorazione, 196 e segg.
— di guerra. Tentativo per regolarlo
(Conferenza di Bruxelles del 1874), 5
(V. Guerra),
— di Legazione. Y. Agenti diplomatici.
— d'imperio e di giurisdizione. Uno dei
diritti fondamentali dello Stato, 55. —
Concetto, 221. — Giurisdizione a ri-
guardo dei cittadini, 222 e segg. ; - cit-
tadini all'estero, 225, 226 ; - richiamo.
226. — Qiu^sdizione rispetto agli stra-
nieri, 228 e segg. ; - divieto di entrare
nel territorio, 228 ; - protezione del la-
voro nazionale, 229 ; - osservanza delle
leggi di sicurezza e di polizia, 230; -
trattamento, 231, 232; -espulsione, 233
e segg.(y.). — Giurisdizione penale, 238
e segg. ; - casi di extraterritorialità della
legge penale, 239 ; - reati di Diritto in-
temazionale^ 240, 241; - giurisdizione
rispetto ai pirati, 242 e segg. (V. Pira-
teria), — G. rispetto ai Ministri stra-
nieri, 247 e segg. (Y. Agenti diploma-
tid), — Id. id. ai consoli stranieri, 253
e segg. (Y. Consoli), — Id. id. ai so-
vrani stranieri, 257 e segg. (Y.). — Id.
id. agli Stati ed ai Governi stranieri, 259
e segg. (Y.). — Id. riguardo ai beni, 268
e segg. — G. sulle acque territoriali,
272 e segg. (Y. Mare territoriale), —
Sui fiumi, 279. — Sui golfi, 280. —
Sui laghi, 281. — Sui mari chiusi, 282.
— Sui mari mediterranei, 282. — Sugli
stretti, 284; - le tasse di passaggio de-
gli stretti del Sund e dei Belts, 284 n.
— G. rispetto ai porti, 290 e segg. (V.
Porti), — G. sulle navi mercantili, 294
e segg. (Y. Navi mercantili), — Id. sulle
navi da guerra, 305 e segg. (Y. Nari
da guerra). — Id. sulle navi postali, 314
e segg. (Y.) — Luoghi sottratti alla g.
della sovranità territoriale, 319 e segg.
(Y.); - extraterritorialità, 319 e segg.
(Y.); - perdita del privilegio dell'extra-
territorialità, 323 ; - località addette alle
Legazioni, 325 e segg. (Y. Legazioni) ;
— Consolati, 330 e segg. (Y.); - palazzi
e casa addetti al Ministro straniero, 833
e segg. (Y. Agenti diplomatici) ; - eser-
cito straniero acquartierato, 341 e segg.
del Diritto intsrtMxÀùnale eodifiecUo
11
(V.); - paesi in cui sono in vigore le
Capitolazioni, 345 e segg. (V. Oapitola-
xioni) \ - località addette alla Santa Sede,
350 e segg. (V. Santa Sede). — Rap-
porti dell'agente diplomatico (Y.) colla
giurisdizione territoriale, 418 a segg.
Diritto di visita, 1469 e segg. — In che
consiste, 1469. — Sua natura, 1460. —
Dove può essere fatta, 1471. — Navi
esentì, 1472. — Navi in convoglio, 1473,
1474; - visita di esse, 1475, 1476. —
Modo di procedere alla visita, 1477 e
segg. — Ricerche e ispezioni, 14d0; -
motivi fondati di sospetto, 1481. — Se-
questro della nave visitata, 1482. — D.
di visita delle navi che traspoi-tano
schiavi, 825 e segg.
— intemazionale. Come la parte più con-
siderevole del D. intern. si trovi tuttora
nel periodo di elaborazione, 79. — Sue
fonti (V. Fonti). — Definizione, 1.
— Denominazioni varie. In. — Eap-
porti che vi sono soggetti, ivi. — Par-
tizione, 2. — D. internaz. naturale, 3;
— regole ad esso conformi, 4. — D. in-
ternaz. positivo: sua partizione, 6; -
D. comune, D. particolare, 9, 10. —
Regole di D. intern. stabilite con atto
unilaterale, 10 n. — Forza obbligatoria, 11
0 segg. (V.). — Comitas gentium^ 16
e segg. (V.). — Come debba essere prov-
veduto alla sanziono del D. internaz.,
26 e segg. — Persone ed enti soggetti
al D. internazionale (Y. questa voce).
— Sua autorità su ogni persona della
Società internaz., 33. — Diritto d'inge-
renza collettiva per la sua tutela, ^7
e segg. (Y. Ingerenxa collettiva).
(Fonti del). Y. Fonti.
(Reati di). Giurisdizione, 240, 241.
(Scienza del). Come debba prestare il •
suo concorso per la soluzione completa del
problema della organizzazione giuridica
della Società intemazionale, 31 e segg.
— Sua missione, 39. — Suo metodo,
31.
(Tutela giuridica del) Y. Tutela.
privato. Il problema del d. internaz. •
priv. considerato dal punto di vista dei
diritti internazionali dell' uomo, 48 e segg.
— Come materia dei trattati di interesse
comune, 778. — Autorità delle leggi
straniere, 970, 971. — Sua Codificazione
nel codice civile italiano, 971 n.
Diritto positivo. Regole di D. p. che for-
mano oggi il Diritto comune degli Stati
civili, 5.
— scientifico. Autorità delle sue regole, 81.
— Sua efficacia pratica, 82. — La con-
corde opinione degli scrittori come una
delle fonti del D. internaz. positivo, 92.
— Come debba essere rappresentato nel
Congr. internaz., 1020 n.
— storico. Come fonte del D. internaz. po-
sitivo, 93. — Il D. storico e il D. dei
popoli, 64.
Disciplina. Atti del Capo della Chiesa in
materia di d., 597 n.
Discussione pubblica. Come mezzo per pre-
venire ed appianare le questioni intema-
zionali, 74 e segg.
Disertori. Accoglimento dei d. nemici, 1276;
— provocazione alla diserzione, 1276,
al. 2; - d. ripreso, 1277.
Dispacci (Trasporto di). Quando è assinìi-
lato al contrabbando, 1434.
Documenti diplomatici. Come fonte del
Diritto internazionale, 88.
Dogma. Atti del Capo della Chiesa rela-
tivi al d., 597 n.
Dolo nei trattati, 637, 640.
Domicilio civile, nei riguardi della citta-
dinanza, 579.
Donna maritata. Cittadinanza, 576.
Doveri di umanità, nei rapporti interna-
zionali, 476 n., 519 e segg.
— internazionali degli Stati. Y. Stati.
Egemonia, come violazione dell' equilibrio
giuridico fra gli Stati, 385.
Egitto. Sua lotta per l'indipendenza, 12.
Eguaglianza degli Stati. Concetto, 57. —
Il Dir. di eguaglianza come uno dei d.
fondamentali dello Stato, 55. — Regole
al riguardo, 358 e segg. — Principio,
358, 359. — Stati a cui nel fatto è
limitata, 560. — Atti conti-arì all'egua-
glianza, 361. — Diseguaglianze di fatto,
362 e segg. — Diniego del godimento
di certi diritti, 363. — Stati rispetto ai
quali può non ammettersi l'eguaglianza
giuridica, 364. — Rispetto alla perso-
nalità morale e dell'onore degli Stati,
366 e segg. — Il cerimoniale interna-
zionale come espressione della egua-
glianza giuridica degli Stati, 367 e segg.
— Lingua diplomatica, 371. — Equili-
brio politico, 381 e segg. (Y.).
12
Indice alfabetieo-afuUitteo
Eguaglianza e libertà. Come non siano
diritti territoriali, ma internazionali, 34
e segg.
Embargo, come atto di rappresaglia ille-
cito, 1134.
Emigrazione (Diritto di). Uno dei d. inter-
nazionali dell'uomo, 57.
Encicliche pontificie. Diritti dello Stato a
loro riguardo, 55.
Epidemie. Doveri di assistenza fra gli
Stati, 521.
Equilibrio giuridico fra gli Stati. Necessità
della sua determinazione per la organiz-
zazione giuridica della Società intema-
zionale, 32 e segg. — Sua legittimità
e necessità, 382 e segg. — Violazione,
384 e segg.
— mercantile. V. Teoria mereantile.
— politico fra gli Stati. La teoria dell' e-
quilibrio politico, uno degli ostacoli alla
concezione della comunità dei popoli ,
8 e segg. — Non necessario, 381. —
Cenni storici al riguardo, 381 n. -—In-
terventi armati per mantenerlo, 480 n.
Errore, nei trattati, 637.
Erzegovina (Questione dell'), e il prin-
cipio dell'ingerenza collettiva, 493 n.
Esame testimoniale, degli agenti diploma-
tici, 420 n.; - dei consoli, 419.
Esecuzione dei trattati, 665 e segg. (Y.
Trattati).
— forzata. Conti'o Stato straniero, 265 e segg.
Esercito straniero acquartierato. Limita-
zioni dell' esercizio della sovranità ter-
ritoriale a suo riguardo, 341 e segg.
Esilio. Quando può essere giustificato, 557.
Espatriazione. Libertà di e., 224. — E. in
mala fede, 565.
Esplorazione (Diritto di), 196 e segg.
Esportazione (Divieto di), come atto di
rappresaglia lecito, 1132.
Espropriazione. E. per causa di utilità
pubblica, 976. — E. forzata dei beni
privati in guen-a, 1280 e segg.
Espulsione dello straniero. Regole al ri-
guardo, 233 e sogg.
Estinzione dei trattati, 723 e segg.
Estradizione. Uno dei doveri intemazio-
nali degli Suti, 518, 782 n., 785 n.; -
fondamento secondo la legislazione ita-
liana, 785 n.
— (Trattati di), 781 e segg.; - definizione,
781; - effetto, 782, 784; - interpretazione,
785 ; - tratt. del Regno d' Italia, 783 n.
« EoaeqtuUur » . Sentenze di tribunali stra-
nieri, 178; - quando può essere negato,
180. — E, ai oonsoli, 466.
Extraterritorialità. In che consiste, 319;
— inesattezza del concetto della finzione
giuridica dell'extraterritorialità, 320 n.
— Località coperte dal privilegio, 321.
— Perdita del privilegio, 323, 324. —
Suo fondamento, 324 n. — Località ad-
dette alle legazioni, 325 e segg. (Y.
Legazioni). — Consolati, 380 e segg.
(V.). — Palazzi e casa addetti al Mini-
stro straniero (Y. Agenti diplomatici).
— Esercito straniero acquartierato, 341.
e segg. (Y). — Paesi ove sono in vigore
le Capitolazioni, 345 e segg. (Y. Capi-
tolaxdont). — Località addette alla Santa
Sede, 350 e segg. (Y. Santa Sede).
Fallimento (Diritto del), come materia di
trattati d'interesse comune, 778.
Fanali delle navi. Regole al riguardo, 842.
Faro (Diritti di). Esonerazione nel caso di
rilascio forzato, 500 n.
Fatti di guerra. Determinazione del con-
cetto in relazione al diritto al risarci-
mento dei danni, 1566 e segg.
Fatto illecito. Responsabilità dello Stato
per danni da esso derivati. Y. Obbliga-
xione intemaxionale.
Favoreggiamento (Reato di). Extraterrito-
rialità della legge penale a suo riguardo,
239.
Federico il Grande. Sull'equilibrio euro-
peo, 8.
Feriti e malati. Obbligo dei belligeranti
per ciò che riguarda il loro trattamento,
1218, 1240 e segg. — F. ricoverati in
case private, 1250. — F. già curati, 1251.
— Norme circa i feriti e malati nella
guerra marittima, 1253 e segg.
Ferrovie. Diritto al loro uso innocuo, 911
e segg. — Regolamento ferroviario in-
ternazionale, 914 e segg. (Y.). — Diritti
del nemico sulle f. dei privati nell'oi.'-
cupazione militare, 1337.
— internazionali. Guasto, giurisdizione,
241. — Regole circa il trasporto delle
merci, 917 e segg.; - responsabilità delle
Amministrazioni, 918 e segg.; - il con-
tratto di trasporto nei rapporti delle f.
internaz., 923 n., 924 n.
Feste di Corte. Cerimoniale marittimo, 380.
Figlio di genitori ignoti. Cittadinanza, 672.
del Diritto intemaxianale codifiecUo
13
Figlio legittimo. Cittadinanza, 571.
— naturale. Cittadinanza, 571.
Filosofia moderna. Cambiamento da essa
portato nello spirito delle masse, 29.
Fiume. Giurisdizione, 279.
Fiumi intemazionali. Accordi intervenuti
per assicurarne la libertà, 5. — Regole
a loro riguardo, 851 e segg.; - quali sono
reputati tali, 851; - f. percorrenti il ter-
ritorio di uno Stato solo, 852 -, - distin-
zione per ciò che riguarda la libei*tà del
commeroio intemaz., 852 n. — Regole
per la navigaz. dei f. internaz., 853 e
segg.; - Regolamento (di Vienna) per la
libera navigaz. dei fiumi, 856 n. — Di-
ritti e doveri degli Stati frontisti, 857,
858. — Regolamento di navig. fluviale
secondo i principi del D. comune, 859
e segg. — Tasse di navigazione, 862 e
segg.; - t. contrarie al D. intern., 862;
— d. degli Stati frontisti, 868 ; - commi-
surazione delle t., 864; - navi ad esse
soggette, 865; - t. abusive, 866; - per-
cezione, 867. — Pilotaggio obbligatorio,
868. — Cabotaggio, 869. — Tutela giu-
ridica dei regolamenti, 870 e sogg. —
Competenza per lo controversie circa la
navigazione fluviale, 872 e segg.; - e.
della Commissione intemazion. perma-
nente, 873; - e. dei tribunali territoriali,
874. — Fiume navigabile che scorre pel
territorio di uno Stato solo, 874; - di-
ritti dello Stato cui appartengono le due
rive, 875. — Navigazione dei fiumi in-
ternazionali secondo il Diritto positivo,
876 e segg. — Blocco delle loro imboc-
cature, 1451.
Fonti del Diritto internazionale positivo.
Trattati generali, 83. — Atti dei Con-
gressi, tifi. — Trattati particolari, 84.
— Legislazioni particolari, 87. — Atti
dei Governi, 88. — Consuetudini, 89.
— Convinzioni giuridiche popolari, ivi.
— Concorde opinione dogli scrittori, 92.
— Diritto storico, 93.
Fortezze, come cosa di patrimonio dello
Stato, 902.
Forza obbligatoria del D. intemazionale.
Principio, 11. —Regola riconosciuta dagli
Stati riuniti in Congresso, 12. — Interpre-
tazione delle regolo, 13. — Forza obbliga-
toria delle regole di D. internaz. naturale,
14, 15. — Come T osservanza di tali re-
gole non sia un atto di pura cortesia, 15 n.
Franchigia doganale, degli agenti diplo-
matici, 413, 415 n.
Funzionari pubblici. Responsabilità dello
Stato pei danni da essi recati. Y. Ob-
bligaxioni intemaxionali.
Funzioni ecclesiastiche. Come nel loro svi-
luppo estemo siano soggette alle leggi
dello Stato nel quale sono esercitate, 55.
Garanzia collettiva. Dei trattati stipulati
in Congi-essi e Conferenze, 780 (V. In-
gerenza collettiva^ Trattati),
Gente. Definizione, 43.
Genti incivili. Loro condizione giuridica
nei rapporti internaz., 46, 47.
Gestione d'affari. Come non crei una ob-
bligazione internaz., 792 n.
Ginevra (Arbitrato di). Motivi particolari
della sua riuscita, 25.
Giordano Bruno. Concorre ad emancipare
il pensiero dall'autorità della teologia, 15.
Giurisdizione. V. Diritto d'imperio e di
giurisdixione,
— consolare. V. Capitolaxioni.
— internazionale. Suadeterminazione, 174.
— La giurisd. e la competenza dei tribu-
nali dello Stato di fronte al D. pubblico
interno e di fronte al D. internaz., 174 n.
Giustizia naturale. Come la sua osservanza
fra gli Stati non sia un atto di pura
cortesia (oomitas gentium)^ 15 n., 476.
Golfi. Giurisdizione, 280.
Governo della Chiesa, 588 e segg. (Vedi
Chiesa).
— della nave. Norme generali al riguardo,
844 e segg.
— di fatto. Sovranità interna, 88 e n.
V. Stato (Riconoseimento di). — Diritto
di legazione, 396.
— nuovo. V. Stato {Riconoscimento di).
— provvisorio. Conseguenze internazionali
de' suoi atti, 114 e segg. (V. Guerra
civile).
— rivoluzionario. Sua condizione giuridica
rispetto agli altri Governi, 63. — Diritto
di legazione, 396. — Riconoscimento da
parto d'uno Stato neutrale, 1399 n.
(V. Guerra civile).
Grandi Potenze. Principio della loro egua-
glianza cogli Stati minori, 358 e segg.
Grecia antica. Suo concetto limitato della
comunanza di Diritto fra i popoli, 5.
— moderna. La proclamazione della sua
indipendenza e l'idea di nazionalità, 11.
14
Indice alfabetieo-analiiico
Grozio. Sao posto nella storia della scienza
del Diritto internazionale, 13. — Sulla
consuetudine come fonte del diritto, 89.
Guerra. Come causa di estinzione dei trat-
tati, 723, 740. — In che consiste, 1144.
— Quando può essere reputata legit-
tima, 1145. — Sua dichiarazione : ces-
sazione dei poteri delPagonte diploma-
tico, 442, 448 ; - regole al riguardo, 1146
e segg. — Quando la g. esiste ^ fttfto,
1150. — Quando potrà reputarsi rego-
larmente fatta, 1151. — Osservanza
delle leggi ed usi di g., 1152 e segg. —
Bfcttf immediati ideila g., 1155 e segg. ;
— poteri dei comandanti degli eserciti e
delle armate, 1157; - legge marziale,
1157; - istituzione dei tribunali mar-
ziali, 1158. — A chi spetti l'esercizio
dei diritti di g., 1159 e segg. (V. Bel-
Itgeranti). — Ostilità permesse, 1183 e
segg.; - ostilità in opposizione allo leggi
ed usi di g., 1185 e segg. — Mezzi
leciti di assalto e di difesa, 1184, 1187
e segg. — Assedio, 1188 e segg. (V.)
— Bombardamento, 1196 e segg. (V.)
— Distruzione ed incendio, 1202 e segg,
— Saccheggio, 1207, 1208. — Strata-
gemmi e sorprese, 1209 e segg. — Di-
ritti del belligerante contro le persone
di parte, nemica, 1212 e segg. (V. Bel-
ligerante).— Prigionieri di g., 1219 e
segg. (V.). — Ostaggi, 1237 e segg. —
Trattamento dei feriti e malati, 1240 e
segg. — Ambulanze, ospedali, servizio
sanitario, 1245 e segg. (V.). — Norme
circa i feriti e malati nella g. marittima,
1253 e segg. — Spie, 1260 e segg. —
Guide, 1266, 1267. — Parlamentari,
1268 e segg. (V.). — Trattamento dei
disertori, 1276 e segg. (V.). — Diritti
del b. sui boni del nemico, 1278 e segg. ;
— beni dello Stato, 1278; - inviolabilità
della proprietà privata, 1279; - espro-
priazione forzata dei beni privati, 1280;
— requisizioni, 1282 e segg. (V.); - con-
tribuzioni di g., 1287 e segg. (V.); -
bottino di g. 1200 e segg. (V.); - diritto
di preda nella g. marittima, 1292 e segg.
(V. Preda). — Occupazione militare e
sue conseguenze giuridiche, 1312 e segg.
(V. Occupazione in.). — Convenzioni di
g., 1340 e segg. (V.). — Neutralità, 1385
e segg. (V.). — Contrabbando di g., 1424
e segg. (V.). — Fine della g., 1545 e
segg. ; - quando la g. debba reputarsi
terminata, 1545; - cessazione delle osti-
lità, 1546; -occupazione militare, 1547
(V.); - trattato di pace, 154S o segg.
(V.) ; - norme circa Vutipossideits^ 1563
e segg. — Danni di g., 15G5 o scpg.
(V.). — Competeiaa del Congresso por
prevenire la g., 1029.
€Fnerra civile. La g. civile in relazione alla
personalità dello Stato, 107 e sogg. —
Quando ha luogo, 107, 108 n. — O-omo
sia un fatto di D. pubblico intorno^ lO>.
— Quando l'insurrezione devo esser»?
reputata come un fatto sommesso al
D. internaz., HO e 110 n. — Atti del
Governo provvisorio, 114. — Restaura-
zione; effetti, 115 e segg. — Diritto di
legazione, 396. — Non intervento, 482
e segg., 491 (V.). — Riconoscimento del
Gov. da parte d*uno Stato neutrale, 1399.
— dì secessione negli Stati Uniti. Suo
carattere di guerra civile, 108 n.
— marittima. V. Blocco^ Coniraòbando^
Diritto di visita^ Guerra^ Keittralilà.
Guide, in guerra, 1266, 1267.
Hobbes. Suo posto nella storia della scienza
del Diritto intemazionale, 13.
Hume. Combatte il mercantilismo, 15.
Immobili. Regolamento del D. degli stra-
nieri a loro riguardo, 170 e segg.
Imperatore di Germania. Capacità di con-
cludere trattati, 632 n.
Imperio (Diritto di). Uno dei d. fonda-
mentali dello Stato, 55 (V. Diritto),
Impero, come forma d'unione di Stati, 90 n.
— germanico, come esempio di ini pero di
Stati, 90 n.
Imposte, come formanti parte dei beni
appartenenti allo Stato, 944 e segg.; -
stranieri, 946. — Diritti del nemico
neir occupazione militare, 1838.
— personali dirette. Esenzione a favore
degli agenti diplomatici, 413; - id. id.
dei consoli, 452.
Indebito (Pagamento di). Come non crei
una obbligazione internazionale, 792 n.
Indipendenza (Diritto di). Uno dei d. fon-
damentali dello Stato, 55 (V. Auto-
nomia),
Infallibilità del Papa. Uno degli ostacoli alla
concezione della comunità dei popoli, 6.
Ingerenza collettiva. Il dovere di ingerenza
del Diritto intemoMonale codificato
15
collettiya per la tutela del D. ìntem.,
487 e sogg. ; - principio, 487 ; - quando
è legittima, 76, 488; - casi in cui ne
può sorgere il dovere, 490 e segg. —
I. collettiva per la tutela dell* extrater-
ritorialità delle località addette alla Santa
Sedo, 356. — Id. nel caso di minaccia
dell'equilibrio giuridico, 385. — Id. a
tutela dei diritti della Chiosa, 612. —
Id. noi oaso di imposizione di trattati
dì signoria, 760, 761. — Id. nel caso
di imposizione di sistemi doganali da
parte del vincitore, 962.
Insurrezione. Quando deve essere repu-
tata come un fatto sommesso al D. in-
ternaz., 110 e 110 n.
Interesse comune (Trattati di), 775 e segg. ;
- definizione, 776; - scopo, 776, 777;
- materia,778; - quando acquistano auto-
rità di legge intemaz., 779 ; - loro obbli-
gatorietà, 780; - gai-anzia collettiva,
ivi.
Interpretazione di trattati. V. Tratteci.
Interrogatorio dell'agente diplomat., 420 n.
Intervento. Come sia a dirsi illecito e arbi-
trario, 49. — Intervento armato, 476
e segg. — Gli interventi armati dopo il
trattato di Vienna del 1815, 480 n.
Inviati. Una delle categorie di agenti di-
plomatici (V.), 394.
Inviolabilità (Diritto di). Uno dei d. in-
temaz. dell'uomo, 57.
— personale, come uno dei diritti inter-
naz. dell'uomo, 540 e segg. — I. perso-
nale dei negri, 543 e segg. (V. Negri).
I[)oteca sulla nave. Diritto da applicarsi,
1015 e segg.
Isole. Formazione noi fiumi di confine, 898.
Istituto di Diritto intemazionale, 13 n.
Istituzioni per la tutela giuridica del Di-
ritto internaz. Y. Tutela giuridica.
Istmi. Diritto al loro uso innocuo, 910.
Istruzioni segrete. Valore, 408.
Laghi. Giurisdizione, 281.
Legati pontifici. Loro carattere, 599 n.
Legazione (Diritto di). V. Agenti diplo-
matici.
Legazioni. Extraterritorialità delle località
ad esse addette, 325 e segg. ; - abuso
del privilegio , 327 ; - come la Lega-
zione non possa considerarsi come parte
del territorio dello Stato rappresentato,
328 n., 329.
Legge marziale. Sua entrata in vigore, 1 157.
— Paese occupato militarmente, 1326.
— morale. Suo riconoscimento nei rap-
porti internaz., 476.
— penale. Sua territorialità, 238 e n. ; -
oasi di extraterritorialità, 239.
— straniera. D problema dell'autorità delle
leggi straniere considerato dal punto di
vista dei diritti internazionali dell'uomo,
48 e segg.
Leggi civili. Loro extraterritorialità in
quanto regolano i rapporti privati, 968 n.
— di sicurezza e di polizia. Osservanza
da parte dello straniero, 230.
— ed usi di guerra, 1152 e segg. — Ten-
tativo di codificazione, 1152 n. — Atti
di ostilità ad esse contrari, 1185 e segg.
Legislazioni particolari, come fonte del
D. internaz. positivo, 87.
Legittima difesa, nei riguardi del non in-
tervento, 483 n.
Legittimità (Principio di). Posto nel Con-
gresso di Vienna del 1815, 488 n.
Leibnitz. Suo posto nella storia della scienza
del Diritto internazionale, 13.
Lesione, nei trattati internasnonali, 712.
Lettere di marca. Quando possono essere *
rilasciate, 1172, 1173.
Leva in massa, in relazione alla qualità
di belligerante, 1168.
Libera attìTÌtà (Diritto di), 523 e segg.
— navigazione dei fiumi intemazionali. Kc-
golamento (di Vienna) al riguardo, 856 n.
Libero scambio. Sua connessione coli' idea
della comunità dei popoli, 15. — Regole
di diritto, 523 e segg.
Libertà (Diritto di). Uno dei d. fonda-
mentali dello Stato, 55.
— di coscienza, come uno dei diritti inter-
nazionali dell'uomo, 57, 549 e segg.
— di culto, come uno dei diritti internaz.
dell'uomo, 550.
— ed eguaglianza. Come non siano Diritti
territoriali, ma intemazionali, 34 e segg.
— personale, come uno dei diritti in-
temaz. dell'uomo, 57, 540 e segg.
Licenza, come convenzione di guerra, 1362.
Lido del maro, come cosa di patrimonio
dello Stato, 902.
Linea di confine, rispetto ai monti, 895;
- id. ai fiumi, 896.
Lingua diplomatica, 371.
Locke. Posto che tiene nella storia della
scienza politica, 14.
16
Indice alfaheHeo-analiiieo
« LoGUS regit aetum » . Applioazione della
regola agli atti fatti presso le legazioni,
329.
Lori mar. Sao progetto di una Confede-
razione degli Stati, 16.
Lutto pubbl. Cerimoniale marittimo, 380.
Mably. Concorre a sviluppare i principi della
comunità dei popoli, 18.
Machiavelli. Impulso da lui dato alla scienza
politica, 13 e segg.
Madagascar. Protettorato della Francia;
carattere, 755 n.
Malfattori (Consegna dei), come uno dei
doveri intemazionali degli Stati, 518,
782 n., 785 n.
Manovra della nave. Norme generali al
riguardo, 844 e segg.
Marche di fabbrica (Protezione delle),
come materia di trattati d'interesse co-
mune, 778. — Regole al riguardo, 993
e segg.; - eguaglianza di trattamento
degli stranieri e dei cittadini, 997 e
segg. ; - necessità di un Diritto comune
convenzionale, 1000.
Mare libero, 816 e segg. — Assimilazione
ad osso dei canali navigabili, 852.
— territoriale . Equiparato al territorio
reale, 193. — Estensione, 272. — Giu-
risdizione spettante al sovrano, 273 e
sogg. — Natura del diritto spettante
su di esso al sovrano, 275. — Ri-
serva della pesca ai cittadini, 276.
— Sua esclusione, 278. — Estensione
delle baie, 277. — Giurisdizione pénale
sullo acque territoriali, 285 e segg.; -
limitazione, 287. — Diritto di libera-
mente entrai-vi, 529 e segg., 530 n. —
Regole di navigazione, 847. — Cattura
di nave nemica nel m. t. di Stato neu-
trale, 1420. — Visita dello navi. 1423
(V. Diritto di visita).
Mari chiusi e mediterranei. Giurisdizione,
282, 383.
Massaua. C/essazione delle Capitolazioni,
349 n.
Matrimonio. Etfotti sulla cittadinanza. 575.
Mediazione. V. Cofigegni diplomatici.
Mendicità. Motivo di espulsione dello stra-
niero, 236.
Mercantilismo. Uno degli ostacoli alla con-
cessione della comunità dei popoli, 9 o
segg. — Economisti che lo combatte-
rono, 15.
Mercanzia neutrale. La regola ohe la m. n.
non è sequestrabile sotto bandiera ne-
mica, come regola del Diritto positivo
formante oggi il Diritto comune dogli
Stati civili, 1417 (V. Neuiralità).
Metodo della scienza del D. intemaz., 31.
Metternich. Sul principio di legittimità.
488 n.
Mezzi coercitivi. Quando sono giuatìficati,
488. — Mezzi coercitivi durante la paco.
1126 e segg.; - enumerazione, 1126; -
quando ne può esser lecito Puso, 1127.
1128. — Ritorsione, 1129 e segg. (V.).
— Rappresaglie, 1131 e segg, (V.). —
Blocco commerciale, 1136 e segg. (V.).
Militarismo. Sua esagerazione, conseguenza
della mancanza di una tutela giuridica
del Diritto intemaz., 19 — 11 mìL ta-
riamo e la questione sociale, 29.
Milizia straniera(Arru<damenio nella), come
rinunzia tacita alla cittadinanza. 562.
Ministri pubblici. Una deUe categorie di
agenti diplomatici (V.), 394.
— stranieri. Y. Agenti diplomatici ,
Ministro degli affari esteri. Rappresentanza
dello Stato, 393 n.
Missione diplomatica. Sospensione, 440.
V. Agenti diplomatici.
Monarchia assoluta. Rappresentanza dello
Stato, 393 n.
Monroe (Dottrina di), 494 n.
Montesquieu. Posto che tiene nella storia
della scienza politica, 14. — Sull'azione
civilizzatrice del commercio, 17.
Morte del sovrano. Sospensione della mis-
sione diplomatica, 440.
Mutua assistenza (Dovere di). Regolo al
riguardo, 495 e segg. — Casi in cui è
specialmente doverosa, 496. — Rifugio
di navi straniere, 497 e segg. — Si-
nistro di mare e naufragio, 502 e sogg.
— Amministrazione della giustizia, 511
e segg. (V. Rogatorie). — Giustizia pe-
nale, 516 e segg. ; - obbligo di conse-
gnare i malfattori, 518.
Naturalizzazione. Protezione air estero del
naturalizzato, 463. — La n. come modo
di acquisto della cittadinanza, 577.
Napoleone Bonaparte. Aspetto dell'Europa
alla sua caduta, 10.
Naufragio. Assistenza allo navi straniere,
502 e segg. ; - obbligo riguardo alle cose
salvate, 504, 507 e segg.
del Diritto intemaxdonale codificato
17
Nave (Polizia a bordo della). Regole al ri- \
guardo in alto mare, 819 e segg.; - a chi •
spetti, 819; - passeggeri stranieri, 820;
- poteri disciplinari del comandante,
821. — P. della navigazione, 822 e
segg. (V. Navigazione),
— (Sequestro di). V. Preda,
— abbandonata. Quando si reputa tale, 510.
— corsara. V. Armamento in corsa,
— mercantile. Diritto di imperio e di
giurisdizione sulle n. m., 294 e segg. ;
- giurisdizione locale, 294; - g. dello
Stato cui la n. appartiene per nazio-
nalità, 295; - osservanza delle leggi di
polizia e dei regolamenti locali, 196; -
parità di trattamento delle n. straniere,
297; - regolamento della loro condi-
zione giuridica, 298; - determinazione
dei poteri del capitano, 299 ; - giurisdi-
zione territoriale per le contestazioni
civili, 390; - giurisdizione penale, 301
e segg.; - g. dello Stato di cui la nave
ha la nazionalità, 301 ; - g. territoriale,
302 ; - atti istruttorii pei reati commessi
a bordo, 303; - riserva dell* intervento
del console, 304. — Naufragio ; attribu-
zioni del console, 472. — Esercizio della
polizia e della sorveglianza in alto maro,
823. — Visita delle n. che trasportano
schiavi, 825 e segg. — La n. m. come
oggetto di proprietà , 1007 e segg. ; -
applicazione della legge nazionale, 1007,
1008. — Sua nazionalità, 1009 e segg.
- Ipoteca e d. reali sulla n., 1015 e
segg. — Sequestro, come atto di rap-
presaglia illecito, 1134. — Atti di guerra
fatti da n. m., 1178 e segg. — Sequestro
e cattura nella guerra marittima, 1292
e segg., 1486 e segg. (V. Preda).
— neutrale. V. Neutralità.
Navi-ambulanze. Equiparate alle n. neu-
trali, 1300.
— da guerra. Definizione, 308. — Giurisdi-
zione a loro riguardo e sulle persone del
loro equipaggio, 305 e sogg. ; - entrata
nello acque territoriali, 305; - loro som-
messione alle leggi locali, 306; - giu-
risdizione territoriale, 307 ; - g. del co-
mandante, 309; - trattamento della n.
come nemica, 310; - quando la sovra-
nità ten-itoriale può esercitare diritti
di g. sulla n., 311 ; - limiti dell' extra-
territorialità della n., 311 n. ; - fatti
-commossi dall'equipaggio a terra, 313.
50 — Fiore, Dir, intem, codif.
— Le n. da guen*a come cosa di pa-
trimonio dello Stato, 902. — Divieto
alle n. da guerra di entrare nei porti,
292. — Bottura di blocco commerciale,
1143. — N. da guerra di belligerante
rifugiantesi in porto neutrale, 1408.
Navi nazionali. Equiparate al territorio
reale, 193.
— ospedali. Equiparate alle n. neutrali,
1300.
— postali. Giurisdizione sulle n. p., 314
e segg.; - loro assimilazione alle n. da
guerra, 316, 317 n. ; - responsabilità
del Governo pel ritardo del cammino,
317; - abuso della sua posizione da
parte della n., 318.
Navigazione. Polizia della n., 822 e segg. ;
- carte di bordo, 822; - polizia e sor-
veglianza in alto mare, 823, 824. —
Visita delle n. che trasportano schiavi,
825 e segg. — N. dedite alla pirateria,
830 e segg. — Saluto in alto mare,
834.
— (Regole della), 835 e segg. — Rego-
lamento internazionale per evitare gli
urti delle navi, 838. — Regole della nave
secondo le esigenze e la pratica degli
uomini di mare, 841. — R. concernenti
i fanali, 842. — Segnali acustici per la
nebbia, 843. . — Norme generali pel go-
verno della nave e per la manovra, 844
e segg. — Regole di n. nelle acque
territoriali, 847. — Id. id. nei fiumi in-
ternaz., 853 e segg.
Nazionalità. Attuazione delPidea di nazio-
nalità nel secolo XIX, 11 e segg. —
Diritti internazionali delle nazionalità, 34
e segg., 46.
— (Principio di). 11 principio di n. e
l'ordinamento giuridico della società in-
ternazionale, 67. — Id. id. nei riguardi
del D. internaz., 72 n.
— della nave. Condizioni, 1009. — N.
nemica, 1010. — Presunzione, 1011. —
Perdita, 1011 n. — Prova, 1012 e segg.
(V. Atto di n.)
Nazione. La n. come ente soggetto al
d. internaz., 40. — Definizione, 42. —
Sua condizione giuridica nei rapporti
internaz., 44, 45. — Como la n. non
sia persona internaz., 44 n. — Suoi
d. internaz., 62 e segg. — Il principio
di nazionalità e l'ordinamento giuridico
della società internaz., 67.
18
Indice alfabeiico-analitico
Negri. Loro inviolabilità personale, 543
e aegg.
— (Tratta dei). Repressione, 644 e segg.
- I/egge italiana, 545 n. — Trattato
di Berlino del 1885, 547 n. — Atto
generale antischiavista di Bruxelles del
1890, 548 n. — Come la tratta dei n.
non possa essere assimilata alla pira-
teria, 828 n.
Neutralità, 1385 e segg. — Concetto, 1385.
- N. volontaria, assoluta e convenzio-
nalo, 1386. — N. doverosa fra gli Stati
in Unione, 1387. — Tutela giuridica
collettiva della n. assoluta, 1388. — Chi
abbia diritto di essere reputato n., 1389
e segg.; - dichiaraz. di n., effetto, 1389;
- n. di pieno diritto, 1390; - perdita
del diritto di essere consideralo n., 1391 ;
- indivisibilità della n., 1392; — assi-
stenza indiretta a uno dei belligeranti,
1393. — DiHUi degli Stati n., 1394 e
segg. ; - come tali d. non possano es-
sere limitati a volontà dei belligeranti,
1396; - inviolabilità del territorio n.,
1397, 1398; - indipendenza nell'eser-
cizio dei diritti di sovranità, 1399; -
libertà del commercio pacifico, 1400;
- osservanza dei trattati da parte dei
belligeranti, 1401. — Doveri degli Stati
neutrali, 1402 e segg. ; - fgitti che possono
essere qualificati atti di ostilità, 1403;
- fatti che non escludono il manteni-
mento della n., 1404; - concessione di
rifugio ai belligeranti, 1406 e segg.; -
sbarco di prigionieri e abbandono di
prede in porto neutrale, 1409 e segg.
- Diligenza nell' osservare i doveri della
n., 1411 0 segg.; - colpa per la man-
cata diligenza, 1413 e segg. — Doveri
dei belligeranti rispetto ai n., 1416 e
segg.; - mercanzia n. a bordo di nave
nemica, 1417 ; - trattamento delle navi
n., 1418; - mercanzia nemica a bordo
di n. neutrale, 1419 ; - cattura di nave
nemica nelle acque territoriali di Stato
n., 1420; - libertà del commercio pa-
cifico, 1421. — Diritti dei b. rispetto
ai neutrali, 1422 e segg. — Doveri e
diritti dei n. in caso di blocco, 1463,
1464.
Nolo (Commercio di). Riserva ai cittadini
nelle acque territoriali, 007.
Nome commerciale. Tutela, 988 e segg.
Non intervento (Dovere di), come prin-
cipio di D. intemazionale imposto dalle
convinzioni giuridiche dei tempi, 6. —
Regole al riguardo, 478 e segg.; - in-
tervento morale e i. armato, 478; -
atti assolutamente incivili, 480; -rivo-
luzione e guerra civile, 482 e segg.; -
tutela dei pretesi diritti del Papato, 486.
Nunzi pontifici. Loro carattere, 599 n.
Obbligazioni intemazionali. Como possano
essere assunte solo dallo Stato, 57. —
Regole generali e fondamentali, 614 e
segg.; - fonti, 614; - oggetto, 615; -
effetto, 616 ; - natura e carattere, 616
n. ; - fondamento, 617; - consensualitii,
618; - consenso tacito, 619; - obbliga-
zione inefficace, 621. — O. bilaterali
e unilaterali, 622. — Distinzione, 623.
— I trattati come fonte delle obblig.
internazionali, 625 e segg. (V. Trattati).
— Obbl. nascenti non da convinzione.
792 e segg. ; - atti lesivi del d. di un altro
Stato, 792; - come il quasi contratto
non possa ammettersi come fonte à\
0. internaz., 792 n. — 0. nascente da
fatti leciti, 793 e segg.; - danno deri-
vante dairesercizio del pubblico potere,
794; - id. id. da fatto lecito, 795. -
0. nascente da fatto illecito, 796 e s&%p ;
— esercizio indebito dei pubblici poteri,
797. — Responsab. diretta e indiretta
dello Stato, 798. — Obbligaz. del rifa-
cimento del danno fondata sulla respon-
sabilità diretta, 799 e segg. ; - leggi e
procedimenti repressivi difettosi, 801;
— danni non prevenuti, 802; - diligenza
di cui lo Stato deve rispondere, 803,
804 ; - effetti dannosi non impediti, 805,
— Obbligaz. del rifacimento del danno
fondata sulla responsab. indiretta, 806
e segg. ; - responsab. pel fatto dei fun-
zionari pubblici, 806; - quando può
trasformarsi in responsab. diretta, 808;
— danno recato da privati, 809; - dan-
neggiato straniero, parità di tratta-
mento, 810. — Danni causati durante
la guerra, 811 (V. Guerra), — Ck)mo
i cittadini rispondano delle o. internaz.,
1133 n.
Occupazione, come modo di acquisto della
sovranità territoriale, 194. — Regole
al riguardo, 196 e segg. — Diritto di
esplorazione delle contrade desorte, 196.
— Regioni abitate da tribù selvaggi^^i
del Diritto intemaxionule codificato
19
198, 199. — Notificazione in via diplo-
matica, 200; - atto generale della Con-
ferenza di Berlino del 1885 al riguardo,
- 200 n. — Qaando roccupazione possa
ritenersi giuridicamente attuata, 201,
202 ; - atto generale della conferenza
di Boriino del 1885 al riguardo, 201 n.
- Occupazione di regione scoperta, 203
e segg. ; - periodo entro il quale deve
aver luogo, 205. — Effetti giuridici
dell' 0., 206 e segg. — L*o. di territorio
come mezzo per assicurare la esecuz.
di un trattato, 671.
Occupazione milit., 1312 e segg. — Quando
può ritenei*8i effettuata, 1312 e segg.
- Come si distingua dalla invasione
e dalla conquista, 1312 n. — Con-
seguenze immediate, 1315 e segg.; -
cessazione dell' esercizio pubblico delle
funzioni della sovranità locale, 1315;
- rapporti degli abitanti col sovrano,
1316 ; - mantenimento dell'ordine 1317 ;
- limiti dell'esercìzio della sovranità
da parte dell'autorità militare occu-
pante, 1318. — Diritti dell'occupante
rispetto alle persone, 1319 e segg.; -
giuramento di fedeltà dei magistrati e
impiegati civili, 1321. — Provvedimenti
di sicurezza, 1324 e segg. — Leggi e
condanne penali, 1326. — Diritti del-
l'occupante nell'esercizio del potere le-
gislativo, 1328 e segg. — Pubblica
amministrazione, 1331, 1332. — Diritti
dell'occupante rispetto ai beni, 1333 e
segg. — Ferrovie e telegrafi apparte-
nenti a privati, 1337. — D. dell'occu-
pante riguardo alle imposte, 1338. —
Servizi pubblici, 1339. — Non vale a far
ritenere la guerra legalmente finita, 1547.
Offeso agli agenti diplomatici, 421 e segg.;
- attentato, 421 ; - qualificazione del
reato, 422; - responsabilità del Governo,
423; - offesa recata da un funzionario
subalterno dello Stato, 424; - id. da
privati, 4^5; - responsabilità attenuata,
426; — offese estranee all'ufficio, 427.
Opinione pubblica. Sua crescente impor-
tanza, 78 e segg. — Le convinzioni
giuridiche popolari come una delle fonti
del D. interna*, positivo, 91. — Sua
forza nella risoluzione delle controversie
internazionali, 1128 n.
Opzione (Diritto di), nelle cessioni di ter-
ritorio, 126.
Ospedali. Doveri dei belligeranti a loro
riguardo, 1245 e segg. — Loro neutra-
lità, 1245. — Contrassegni, 1248. —
Diritti sul materiale, 1249. — Quando
possa essere negato ogni beneficio di
neutralità, 1255. — Navi-ospedali, equi-
parazione alle n. neutrali, 1300.
Ostaggi, 1237 e segg.
Pace (Trattato di), 1548 e segg. — Ca-
pacità di stipularlo, 1548. — Requisiti
per la sua validità, 1549. — Condizioni
imposte dal vincitore, 1550. — Cessione
forzata di territorio, 1551. — Ratifica,
1552 e segg. — Esecuzione, 1555. —
Amnistia generale, 1556. — Applica-
zione, 1558 e segg. ; - stipulazione dello
« statu quo ante bellum » , 1558; - di-
ritti del sovrano reintegrato, 1559 e segg. ;
- norme circa l' € uti posaidetia » , 1563,
1564. — Effetto generale della pace, 1570.
— armata, conseguenza della mancanza
di una tutela giuridica del Diritto inter-
nazionale, 19. — Associazioni per elimi-
narne gli inconvenienti, 21 n. — La
pace armata e la questione sociale, 29.
Pagamento di indebito. Come non crei una
obbligazione internaz., 792 n.
Palle esplodenti. Dichiarazione di Pietro-
burgo sul loro uso in tempo di gueiTa,
1186 n.
Papato. Come le sue esagerate pretese siano
state un ostacolo al riconoscimento di
una legge comune fra i popoli, 16. —
— Come esse siano state alimentate dal-
l'errore di considerare lo Stato come la
sola persona della società internazionale,
43 e segg. — Sua condizione giuridica
secondo il D. internaz., 61. 355, 486 n.
Parlamentare. Definizione, 1268. — Fa-
coltà di riceverlo, 1269, 1270; - pre-
cauzioni, 1271; - perdita del diritto di
inviolabilità, 1272. — Abuso del carat-
tere di p., 1273.
Parola d'onore dei prigionieri di gueiTa,
1233 e segg.
Passaporto. Effetti della sua mancanza,
523 n.
Pastori arabi. Applicazione ad essi del D.
internaz., 47 n.
Patrimonio dello Stato. V. Staio,
Patto federativo. Distinzione dal trattato di
confederazione, 765 ; - suo carattere, t»».
— verbale. Forza obbligatoria, 649.
20
Indice alfabetieo-afuUiiteo
Pensioni oiyili e militari. Regolamento nel
caso di cessiono di territorio, 130 n.,
132 n.
Pentarchia europea, dopo il Congresso di
Aquisgrana, 361 n.
Perquisizione. Nella casa dell'agente di-
plomatico, 335. — Nelle località addetto
alla Santa Sedo, 352.
Persecuzioni religiose. Contrarie al D. in-
temaz., 552.
Personalità internazionale. Acquisto, 70 e
segg. — Riconoscimento degli Stati, 73
e segg. (V.). — La Costituzione politica
dello Stato in rapporto alla sua perso-
nalità, 89 e segg. (V. CoatituMone po-
litica). — Unioni di Stati, 90 e segg.
(V.). — Colonie, 94 e segg. (V.). — Rap-
porto di protettorato, 97 e segg. (V. Pro-
tettorcUo). — Vassallaggio, 103 o segg.
(V.). — La guerra civile in relazione alla
personalità dello Stato, 107 e sogg. (V.
Otterrà civile). — Cessione di parte
del territorio, 118 e segg. (V. Cesatone).
— Annessione, 1 18 e segg. (V.). — Por-
dita della p. internaz., 137 e sogg. (V.).
— P. internaz. della Chiosa, 583 (V.
Chiesa). — Cessione mediante tratt.,
764.
(Perdita della). Cause, 136. — Incor-
porazione volontaria o forzata, 137. —
Effetto della perdita della p., 138. —
Quali trattati si estinguono, 138. — An-
nessione dello Stato a più Stati, 139.
— Obbligazioni patrimoniali dello Stato
estinto, 140.
— umana. Suoi diritti internazionali, 45
(V. Uomo).
Porsene (Reati contro le). Extraterritoria-
lità della leggo penale a loro riguardo,
239.
— (ed enti) soggetto al Diritto interna-
zionale. Concotto, 32. — Loro sogge-
zione al D. intern., 33. — Stato, 34 (V.).
— Uomo, 36 (V.). - Chiesa, 3C, 37 (V.).
— Enti morali che sono p., 38. — Ne-
cessità dol loro rioonos(M mento, 39. —
Condiziono giuridica del popolo e della
nazione nei rapporti internazionali, 40,
44 e segg. — Id. delle genti incivili,
46 e sofig. (V.). — Id. delle persone giu-
ridiche, 48 e segg. (V.).
— giuridiche. Come lo estendere la loro
attività all' estero non costituisca por
esse un Diritto intemazionale, 38 n. —
Come non si debba confondore la nozione
della personalità intemazionale con quella
della personalità giurìdica, 41 n. — Loro
condizione nei rapporti internazionali. 48
e 48 n. — La Chiesa come p. g., 59.
604 e segg.
Pesca, nelle acque territoriali, 276, 277 n.
Pesi e misure, come materia dei trattati
dMnteresse comune, 778.
Pilotaggio. Dirìtti di p.; esonerazione nel
caso di rilascio forzato, 500 n. — P.
obbligatorio, 868.
Pirateria. Giurisdizione, 241 e sog.; - atti
commessi per commissione di un Govemo,
243; - quando è ammessa la giurisdi-
zione penale internazionale, 244; - nave
pirata, 245 ; - sequestro. 246. — Regole
intomo alle navi dedite alla p., 830 e
segg.
Piroscafi postali, sottratti alle leggi della
guerra, 1303.
Platone. Suo limitato concetto della co-
munanza di Dirìtto fra i popoli, 5.
Plebiscito, nelle cessioni di terrìtorìo, 125 n.
Plenipotenziari. Competenza a concladere
trattati, 633.
Politica. Sua missione, 1116 n.
Polizia delle acque. Nave da guerra stra-
niera, 306.
— sanitaria. Nave da guerra straniera, 306.
Pomponaccio. Concorre ad emancipare il
pensiero dall'autorità della teologia, 15.
Popolazione. Mutamento in relazione alla
personalità dello Stato, 50.
Popolo. Come abbia anche diritti intema-
zionali, 34 e segg., 46. — Conseguenza
del riconoscimento di tali dirìtti. 49 e
segg., 40. — Definizione, 41. — Condi-
zione giuridica nei rapporti internaz., 44,
45. — Come il p. non sia persona inter-
naz., 44 n. — Suoi diritti internaz., 62 e
segg.
Porti. Giurìsdizione penale, 289. — Regole
sul diritto d'imperio e di giurisdizione
sui p., 290 e segg. — Chiusura e aper-
tura al commercio, 290. — Polizia e
tasse portuali, 291. — Divieto di entrata
delle navi da guerra, 292. — Navi col-
pite da sinistro dì mare, 293. — Diritto
di vietare Tuso dei porti agli stranieri,
293 n. — I p. come cosa di patrimonio
dello Stato, 902. — Loro chiusura corno
atto di rappresaglia, 1132. — Blocco e
chiusura, 1452.
del Diritto intemoMonaU codificaio
21
Posta internazionale, 940 e segg. ; - ob-
bligo degli Stati, 940; - loro poteri,
941 ; - tutela del servizio intemaz., 942 ;
— conyenzione per T Unione postale, 943.
Potere esecutivo. Sua autonomia, 185 e
^^SS- (^' Autonomia dello Stato).
— giudiziario. Sua autonomia, 172 e segg.
(Y. Autonomia dello Stato).
— legislativo. Sua autonomia, 172 e segg.
(V. Autonomia dello Stato).
— temporale. Non spetta alla Chiesa, 61,
355, 591. — Intervento per la sua tu-
tela, 486.
Preda nella guerra marittima, 1292 e segg.
— Principio deir inviolabilità delle navi
mercantili nemiche, 1292. — Come il
diritto di preda debba essere esercitato,
1293 e segg.; - tempo a partire dal quale
la p. può essere fatta, 1295; - salva-
condotto, 1298. — Navi e oggetti esenti
dalla cattura, 1297 e segg. ; - proprietà
privata neutrale a bordo di nave ne-
mica, 1297 : - proprietà nemica a bordo
di n. neutrale, ivi; - altri oasi di preda
contraria al Diritto, 1298 e segg.; - pi-
roscafi postali, 1303. — Chi può eser-
citare il d. di preda, 1304 e segg. —
Dove il d. di preda può essere eserci-
tato, 1306. — Equipaggi delle navi ne-
miche predate, 1307, 1308. — Sequestro
e validità della cattura, 1309, 1310. —
Navi mercantili nazionali riprese, 1311.
— Abbandono di p. in porto neutrale,
1409 e segg. — Sequestro e confisca
delle navi mercantili nemiche in tempo
di guerra, 1485 e segg. ; - loro carat-
tere eccezionale, 1485 ; - da chi e quando
può essere fatto il sequestro, 1489 e
segg. ; - conservazione delle cose se-
questrate , 1493 ; - quando la nave
sequestrata possa essere distrutta, 1494
e segg. ; - trattamento delle persone
che si trovano a bordo, 1497; - nave
sequestrata condotta in un porto del
belligerante, 1498 e segg. ; - compito
dell'autorità giudiziaria, 1501 e segg.; -
nave condotta in un porto neutrale,
1504 e segg. ; - tribunale competente
in materia di sequestro e di prede, 1506
e segg. (V. Tribunale delle prede)\ -
quando possa ritenersi legale il sequestro
della n., 1521; - quando debba rite-
nersi illegale, 1522; - sequestro per
trasporto di contrabbando, 1523 (T.
Oontrabbando)\ - id. in caso di viola-
zione del blocco, 1527 e segg. (Y.
Blocco) ; - sentenza relativa al sequestro,
1530 e segg. ; - come debbasi tener
distinto il giudizio circa la legalità e
regolarità del sequestro da quello che
concerne la confisca e la preda delle
cose sequestrate, 1532 n. ; - sentenza in
caso di distruzione della n. sequestrata,
1533; - giudizio circa la legalità della
preda, 1534; - quando una n. possa
essere confiscata, 1535 ; - quando possa
essere confisc. il carico, 1536; - quando
debba essere escluso il d. di preda, 1537
e segg. ; - n. nazionali riprese, 1541 e
segg. ; - sentenza del tribunale delle p.
e sua efficacia, 1542 e segg.
Preda bellica. Y. Bottino di guerra.
Prede (Tribunale delle), 1506 e segg. —
T. competente in materia di sequestro
e di prede, 1506, 1507. — Costituzione
del t., 1508 e segg. — T. costituito dal
belligerante, 1511 e segg. — T. inter-
nazionale, 1512 ; - sua competenza, 1513,
1514. — Procedimento, 1515 e segg.
— Giudizio circa la legalità e regolarità
del sequestro, 1518 e segg. (Y. Preda).
— Sentenza e sua efficacia, 1542 e segg.
Preliminari di pace, 1381.
Prescrizione, come modo di acquisto della
sovranità territoriale, 194. — Regole al
riguardo, 211 e segg. ; - condizioni, 212,
213; - tempo occorrente, 214.
Prestiti forzati. Esenzione degli stranieri,
232. — Id. degli agenti diplomatici, 413.
Prigionieri di guerra. Doveri dei bellige-
ranti a loro riguardo, 1219 e segg.; -
trattamento, 1219; -spogliazione, 1220;
- mantenimento, 1221; - rilascio in
parola, 1222. — Diritti, 1223 e segg. ;
- disarmo, 1223; - impiego in lavori,
1224 ; - internamento, 1225 ; - appli-
cazione delle leggi e dei regolamenti
militari, 1226. — Fuga, 1227. — Com-
plotto fi» p., 1228. — Convenzioni re-
lative allo scambio ed al rilascio, 1229
e segg. — Parola d'onore dei p., 1233
e segg. — Sbarco dei p. in porto neu-
trale, 1409 e segg.
Principe. Rappresentanza dello Stato, 393 n.
Privative industriali. Y. Brevetto d^inoen-'
Mone.
Procedimento penale. Contro T agente diplo-
matioo, 420 n. ; - oontro il console, 450.
2Ì
Indice alfabeiieo-analitico
Proprietà (Diritto di), come uno dei d.
iaternazionali dell'uomo, 57, 531 e segg.
— Sua inviolabilità, 581. — P. lette-
raria ed artistica, 533 e segg. (V.). —
Proprietà industriale, ivi (V. Brevetto
d' invenzione).
— (Reati contro la). Extraterritorialità della
legge penale a loro riguardo, 239.
— industriale. Sua inviolabilità, 533 (V.
Brevetto d'invenxdone),
— letteraria od artistica. Sua inviolabi-
lità, 533. — Tutela riguardo allo stra-
niero, 980 e segg. — Convenzione di
Berna del 1886 per la sua protezione,
983 n. — Opere meritevoli di prote-
zione, 984. — Condizioni, 985 e segg.
— privata. La sua inviolabilità come re-
gola di Diritto internazionale imposta
dalle convinzioni giuridiche dei tempi,
6. — Beni che ne possono essere og-
getto, 973. — Sua inviolabilità nei casi
di rappresaglia, 1133. — Id. nella guerra
continentale e marittima, 1279. — Id.
nell'occupazione militare, 1336.
Proroga dei trattati, 718 e segg. ; - p. ta-
cita, 720.
Protettorato (Rapporto di). 11 rapporto di
p. nei riguardi della pei'sonalità inter-
nazionale dello Stato protetto, 97 e segg.
— Annessione sotto forma di p., 100.
— Come il p. non possa sussistere a
tempo indeterminato, 100 n. — Suo
carattere eccezionale, 101. — Lotta fra
Stato protetto e Stato protettore, 102.
— (Trattati di). Definizione, 749. — Con-
dizioni per la loro validità, 750. — Forza
obbligatoria, 751, 753. — Effetti rispetto
ai terzi, 752. — Interpretazione, 754.
— Effetti rispetto allo Stato protetto,
755. — Distinzione dai trattati di si-
gnoria, 755 n.
Protezione dei cittadini all'estero. V. Cit-
tadini,
— del lavoro nazionale. Interdizione del
teiTitorio dello Stato agli stranieri, 229.
Protocolli. Come una delle fonti del Diritto
internazionale, 83.
Pufeudorf. Suo posto nella storia della
scienza del Diritto internazionale, 13.
Quasi-contratto. Non può ammettersi come
fonte di obbligazione internazionale ,
792 n.
Quesnay. Combatte il mercantilismo, 15.
Questione romana. Come sia stata creata
dall'errore di considerare lo Stato corno
la sola persona della Società internazio-
nale, 43. — Principi proclamati dal Go-
verno italiano al riguardo, 88. — Sua
soluzione razionale, 613 n.
— sociale. La q. 8. e la pace armata, 29.
Rappresaglie, come uno dei mezzi coer-
citivi durante la pace, 1126, 1131 e
s^Sg'i ~ concetto, 1131; - atti di r.
leciti, 1132, 1133; - r. contraria ali* or-
dine giuridico, 1133 alin., 1134; - r.
nella guerra marittima, 1292.
Rappresentanza (Diritto di) dello Stato,
uno dei d. fondamenti dello Stato, 55.
- A chi spetta, 386 e segg. ; - Bovrano,
387 e segg. (V.); - rappresentanti le-
gali, 392 e segg. (V. Agenti diploma-
tici^ Oonaoli).
— dei popoli, nel Congresso, 82, 1020 n.;
- nella Conferenza, 1045 n.
Ratifica dei trattati. Regolo al riguardo,
634 e segg. — Quando necessaria per
la perfezione del t., 634, 655; - obbligo
di dame comunicazione alle Camere:
effetto della non data comunicazione nei
riguardi internaz., 634 n. e segg. —
Effetto retroattivo, 655. — T. di com-
mercio, 741.
Razza. Il concetto della superiorità di razza
come ostacolo ai riconoscimento di una
legge comune fra i popoli, 3.
Reato. Inammissibile nei rapporti interna-
zionali, 796 u.
« Rebus sic stantibus » , come condiziono
dei trattati, 717, 748 n.
Regolamento feiTO viario internazionale, 91 5
e segg. ; - tutela giuridica collettiva,
916; - convenzione di Berna del 1890,
916 n.
Repubblica. Rappresent. dello Stato, 893 n.
Requisizione di guerra, 1282 e segg. ; - in
che consiste, 1282; - obblighi dei co-
mandanti militari che vi procedono,
1283 ; - requisizioni per mezzo dei mili-
tari, 1284; - modi da osservarsi, 1285;
- r. illecita, 1286.
Responsabilità dello Stato pei danni. Y. 06-
bligax^ioni interfiaxionali.
Restaurazione. Effetti nei riguardi inter-
nazionali, 115 e segg.
Revocazione di trattati, 705 e segg. (V.
Trattati).
del Diritto intemaxdonale codificato
2a
Bicerche scientifiche. Dovere di assistenza
fra gli Stati, 521.
Ricettazione (Beato di). Extratorri tori alita
della legge penale a sno riguardo, 239.
Bichiamo delFagente diplomatico. Cessa-
zione dei poteri, 442.
— di cittadini all'estero, 225, 227.
Bi conosci mento. Della regola giuridica,
effetto, 7, 12. — Della Chiesa, 59. —
Delle persone giuridiche, 48. — Dogli
enti morali, 39; - di ente morale stra-
niero, 69. — Di Stato (V. Stato),
Bifugio di navi straniere in porti nazio-
nali, 497 e segg.
Bilascio forzato di navi straniere, 499 e
segg. ; - esonerazione dai diritti di porto
e di navigazione,. 500 n. — Bilascio f.
di nave da guerra belligerante in porto
neutrale, 1408.
Binnovazione dei trattati, 718 e segg. (Y.
Trattati).
Bi torsione, come uno dei mezzi coercitivi
durante la pace, 1126, 1129 e segg.; -
concetto, 1129; - fondamento, 1129 n.
— B. iUecita, 1130.
Bivoluzione. Gli atti del partito rivolu-
zionario nei riguardi del Diritto inter-
nazionale, 65. — La rivoluzione ed il
dovere del non intervento, 482 e segg.
— francese. Come e perchè non sia arrivata
alla concez. della comunità dei popoli, 9.
Bogatorie. Doveri degli Stati al riguardo,
511 e segg.; - obbligo di procedervi,
514 e segg.
Bolin-Jaequemyns. Sulla missione dei fu-
turi Congressi, 68.
Boma antica. Concetto informatore della
sua politica, 5.
Bousseau. Concorre a sviluppare i principi
della comunità dei popoli, 16.
Saccheggio, 1207, 1208; - disposizioni del
Codice penale militare italiano, 1208 n.
Saluto delle navi. V. Cerimoniale marit-
timo.
Salvacondotto. Alle navi mercantili ne-
miche, 1296. — Begole al riguardo,
1362 e segg. — In che consiste, 1362.
— S. temporaneo e permanente, 1363.
— Norme, 1364. — Osservanza delle
condizioni, 1365. — Bevoca, 1366. —
Scadenza, 1367.
Salvaguardia. In ohe consiste, 1368. —
Portata, 1369.
Salvataggio. Uno dei doveri di mutua as-
sistenza, 503. — Disposizione del Co-
dice italiano di marina mercantile, 503
n. — Begole al riguardo, 505 e segg.
Santa Sede. Esenzione delle località ad-
dette alla S. S. dalla giurisdizione ter-
ritoriale, 350 e segg.; - limiti della loro
extraterritorialità, 352; - giurisdizione
territoriale, 353, 354; - obblighi delle
autorità ecclesiastiche, 354; - esclu-
sione della sovranità politica del Sommo
Pontefice, 355; - competenza dei tri-
bunali italiani, 355 n.; - violazione del-
r extraterritorialità , 356. — Diritto di
libera costituzione della Chiesa, 586.
Scambi internazionali. Il loro promuovi-
mento come materia dei trattati d'inte-
resse comune, 778.
Scienza. Uno dei fattori dello sviluppo
dell'idea della comunità dei popoli^ 12
e segg. V. Diritto scientifico.
— del Diritto intemazionale, 30; - suo
metodo, 31. V. Diritto intemaxdonale.
Segnali in mare. Codice internazionale al
riguardo, 840. — S. acustici per la
nebbia, 843.
Semi-sovranità. Come debba considerarsi
una anomalia secondo il D. intemazio-
nale, 106 n., 150 n.
Seneca. Sua concezione della comunità dei
popoli, 16.
Seni, come cosa di patrimonio dello Stato,
902.
Sentenza arbitrale. Y. Tribunale arbi-
trale.
Sentenze di tribunali stranieri. Y. Tribu-
ncUi stranieri.
Sequestro. Nelle località addette alla Santa
Sede, 352.
— dei beni dello Stato, come atto di rap-
presaglia lecito, 1132.
— di nave. Y. Preda.
Servitù coloniale, contraria al Diritto in-
ternazionale, 957 e segg.
— intemazionali. Concetto, 959 ; - come
non ogni limitazione dell'autonomia sia
servitù, 959 n.; - esempi, ivi; - inter-
pretazione, 960; - trasmissione, 961; -
estinzione, 962.
Servizio della navigazione. Nave da guerra
estera, 306.
— militare. In rapporto al diritto di espa-
triazione, 224.
— sanitario. Doveri dei belligeranti a suo
24
tndtoe cùfabetieo-'anatitico
riguardo, 1245 e segg. — Soa neutra-
lità, 1245. — Contrassegni, 1248. —
Quando possa essere negato ogni bene-
ficio di neutralità, 1255.
Servizio telegrafico, come materia dei trat-
tati d'interesse comune, 778.
Sicurezza dello Stato (Reati contro). Extra-
territorialità della legge penale a loro
riguardo, 239.
Signoria (Trattati di). Definizione, 756.
- Condizioni per la loro validità, 756.
- Effetti, 758, 759; - imposizione for-
zata, 760; - ingerenza collettiva, 761.
Sinistro di nave. Assistenza di navi stra-
niere, 502 e segg.
Sistema d'isolamento, 190.
— doganale, 947 e segg.; - poteri dei
singoli Stati, 947; - diversità di trat-
tamento di cittadini di Stati diversi, 948;
- unioni doganali, 949 ; - sistema do-
ganale imposto ad uno Stato, 951, 952.
Smith (Adamo). Dà forma scientifica alla
teoria del libero scambio, 15.
Società degli amici della pace, 20 n.
— degli Stati. V. Società internaxionale,
— internazionale. Considerazioni generali
sul suo ordinamento, 3 e segg. — Cause
per cui la soluzione del problema di
tale ordinamento ha fatto finora poca
strada, 4, 17 e segg. — Ostacoli alla con-
cezione della comunità dei popoli, 4 e
segg.; - difiidenza verso gli stranieri, 5;
- credenze religiose, ivi; - passiono delle
conquiste, ivi; - pretosa del papato all'in-
fallibilità, 6; - teoria dell'equilibrio poli-
tico, 7 esogg.; - id. id. mercantile, 8 e
spgg-i ■ guerre della Rivoluzione fran-
cese, 9 e segg.; - atto di Vienna del 1815
e trattato della Santa Alleanza, 10. —
Sviluppo dell'idea della comunità dei po-
poli nella seconda metà del secolo XIX,
12 e segg.; - suoi fattori, ivi; - com-
mercio internazionale, ivi; - scienza, 13
e segg. — Difficoltà del problema di dare
alla Società internazionale una forma di
organizzazione giuridica, 18. — Necessità
di determinare il Diritto comune interna-
zionale, 18 (V. Diritto). — Progetti for-
mati per dare alla Società internazionale
un ordinamento più razionale, 20; -l'or-
ganizzazione della umanità a Stato, 22 ;
- la Confederazione dogli Stati, 22 e segg.;
- critica, 23 e segg.; - l'arbitrato, 24; -
critica, 24 (V. Arbitrato internaxionale).
— Concorso che deve prestare la scienza
per la soluzione del problema, 31. —
Come si debba tenere la stessa via tenuta
per arrivare alla organizzazione giurìdica
della Società politica, 32. — Necessità
della determinazione dell'equilibrio giu-
ridico nella Società internazionale, 32 e
segg, — Come occorra determinare i di-
ritti internazionali dell'uomo, del popolo,
delle nazionalità, delle chiese e delle col-
lettività in genere, 34 e segg. — Chi
debba considerarsi come persona della
Società intemazionale, 46 e segg.; - lo
Stato, 40 ; - l'uomo, 40 ; - la Chiesa. 41.
— Come lo Stato non sia la sola persona
della Società internazionale, 43. — In-
sieme del sistema più efficace per dare
alla Società internazionale la sua vera
organizzazione politica, 56. — Modo di
proclamare le regole costituenti il Diritto
comune della Società internazionale e di
assicurai'ne il rispetto, 60 e segg. (Y. Di-
ritto comune). — Enti che devono re-
putai-si persona della s. internaz., 32 e
segg. (V. Persone), — La s. internaz.
e il principio di nazionalità ,67. —
Principio fondamentale dei suo ordina-
mento giuridico, 475 e n. (V. Doveri
intemaxionali degli StcUi), — I trat-
tati come forma di legislazione nella s.
internaz., 780.
Società straniere. Il regolamento della loro
condizione come materia dì trattati di
interesso comune. 778.
Solennità. Cerimoniale marittimo, 380.
Sommo Pontefice. Suoi poteri nelle loca-
lità addette alla Santa Sede, 351 e segg.
(V. Santa Sede). — Esclusione della so-
vranità politica, 61, 355, 591. — Rap-
porti col sovrano territoriale, 357, 593.
Sorprese di guerra. Quando lecite, 1209.
— S. inibite, 1210.
Sospensione d'armi, 1344 e segg. — In che
consiste, 1344. — Da chi può essere
conclusa, 1345. — Forma della richiesta,
1346. — Concessione doverosa, 1347.
— Conseguenze, 1348 e segg. — Forma,
1348. — Comunicaziono, 1349. — Sca-
denza, 1350. — Violazione, 1351.
Sovrani stranieri. Giurisdizione, 257 esegg.;
— atti di assoggettamento volontario
alla giurisdizione straniera, 258.
Sovranità. Concetto e limiti, 141 e segg.
— Diritto di autonomia, 148 e segg.
del Diritto intemaxionaìe eodifieato
25
(V. Autonomia dello Siato), — Indipen-
denza, 153 e segg. — D. d'imperio e
di giurisdizione, 221 e segg. (V.) — D. di
protezione dei cittadini, 459 e segg. (Y.
Protezione dei cittadini), — Possesso di
fatto, 117 n. — Possesso del territorio,
892. — Diritti rispetto al patrimonio
dello Stato, 902. — Id. sulle colonie,
954. — Cessazione deiresercizìo pub-
blico delle sue funzioni in seguito al-
l'occupazione militare, 1315. — Eser-
cizio durante questa, 1332. (V . Sovranità
territoriale).
Sovranità territ. Non spetta alla Chiesa, 61.
— Come la Chiesa vi sia sottratta, 586.
— Concetto, 191, 220 n. — Acqui-
sto, 194 e segg.; - acquisto durante
la pace, 194; - Sovranità durante la
guerra, 195. — Acquisto mediante oc-
cupazione, 1966 segg. (V. Oceupaxi&ne).
• — Id. mediante accessione, 210. — Id.
mediante la prescrizione, 211 e segg.
(V. PresorixÀone), — Id. mediante ces-
sione, 215 e segg. (V. Oesaione). — Eser-
cizio dei diritti di sovranità territoriale,
218 e segg. — Diritto d'imperio e di
giurisdizione, 221 e segg. (V.). — Luoghi
sottratti alla giurisdizione della s. t.,
319 e segg. (V. Diritto d'imperio e di
giurisdizione). — Limitazione per via
di servitù internazionale, 959 n. — Sog-
gezione ad essa dei beni dei privati,
966, 967.
Sovrano. Rappresentanza dello Stato, 387
e segg.; - s. decaduto, 390; - persone
della sua famiglia, 391 ; - morte , de-
posizione, abdicazione : sospensione della
missione diplomatica, 440.
— reintegrato. Diritti e doveri, 1559 e segg.
— spodestato. Rappresentanza dello Stato,
390, 396 n., 399.
Sparo del cannone, come forma di saluto,
379.
Spiagge, come cosa di patrimonio dello
Stato, 902.
Spie, 1260 e sogg. — Diritti del bellige-
rante rispetto ad osse, 1264 e segg.
Stati (Doveri internazionali degli). Prin-
cipio fondamentale dell' ordinamento
giuridico della s. internazionale, 475. —
Principali doveri, 477 ; - d. di non in-
tervento, 478 e segg. (V.); - d. di tu-
tela giuridica collettiva, 487 e segg. (V.
Ingerenza collettiva) ; - d. di mutua as-
sistenza, 495 e segg. (Y.); - d. di uma-
nità, 519 e segg. (Y.).
Stati frontisti. Y. Fiumi internaxionali.
— semi- sovrani. Come debbano conside-
rarsi una anomalia, 106 n. — Capacità di
stipulare trattati, 630; - esempi. 630 n.
Stato. Lo Stato come persona della Società
internazionale, 40. — Come sia una isti-
tuzione d'ordine essenzialmente diverso
dalla Chiesa, 42. — Come lo Stato non
sia la sola persona della Società intema-
zionale, 43. — Suoi diritti internazio-
nali, 45. — Definizione, 35. — Suoi di-
ritti internazionali, 49 e segg. — Quando
debba ritenei*si legalmente costituito, 49.
— Non necessario il riconoscimento
perchè esista come persona, 51 e 51 n.
— Suoi diritti fondamentali, 54, 55. —
Riconoscimento, 51, 51 n., 73 e segg.
(Y.). — La costituzione politica dello
Stato in rapporto alla sua personalità,
89 e sogg. — Perdita della personalità
136 e segg. (Y.). — Lo Stato come ente
politico e come persona giuridica, 260 n.
— Rapporti colla Chiesa, 604 e segg.
(V.. Chiesa).
— (Autonomia dello), Concetto, 47, 147.
— Limitazioni convenzionali, 146. — Id.
fondate su presunzioni, su induzioni e
sull'uso, 148. — Interpretazione delle
limitaz., 149. — Limitazioni contrario
al D. internaz.; 150. — Estinzione della
limitazione, 151. — Suo annullamento,
152. — Autonomia del potere legislativo^
157 e segg. (Concetto, 157; - ingerenza
straniera, 158 e sogg.; - modificazione
delie leggi su domanda di un tioverno
straniero, 163; - arbitrato al riguardo,
164; - insufficienza delle leggi dichia-
rata da un Congrosso, 165; - regola-
mento della condizione dogli stranieri,
166, Y. Straniero). — Autonomia del
potere giudixiaro^ 172 e segg. (Con-
cetto, 172; - limito, 173; - giurisdizione
internazionale, 174; - giurisdizione e
competenza dei tribunali dello Stato di
fronte al D. pubblico intemo e di fronte
alD. internaz., 174 n.; - autorità delle
sentenze civili dei tribunali stranieri,
175 e segg. V. Tribunali stranieri). —
Autonomia del potere esecutivo, 185 e
segg. (Concetto, 185; - ingerenza per
proteggere i propri cittadini, 186; - re-
clami in via diplomatica, 187 ; - giudizio
26
Indice alfahetico-analitico
su atti di amministrazione di un Go-
verno straniero, 188; - giurisprudenza
al riguardo , 188 n. ; limitazioni deri-
vanti dalla convivenza degli Stati, 189;
— Stato isolato, 190).
Stato (Capo dello). Come la sua sovranità
differisca essenzialmente da quella che
appartiene al Capo della Chiesa, 53.
— (Patrimonio dello). Natura del diritto
dello Stato su di esso, 813 n., 903.
— Cose formanti il p. dello Stato, 899
e segg. — Diritti della sovranità rispetto
ad essi, 903. — Diritti del nemico nel-
r occupazione militare, 1333 e segg.
— (Riconoscimento dello). Non richiesto
come condizione per la sua esistenza
come persona della società internaz.,
51 e 51 n. — Richiesto per l'esercizio
di fatto dei d. internazionali, 73. —
Quando necessario e quando opportuno,
74. — Libertà di giudizio dei Governi
al riguardo, 75. — R. in buona fede,
76. — R. in mala fede, 77. — Limite
e portata del r., 78. — Carattere ri-
spetto all'antico Stato, 79. — Ritardo
del r., 80. — Ingiustificato rifiuto, 81.
— Governo non avente diritto al r.,
82. — R. da parte di un Congresso, 83.
— Relazioni col nuovo Stato, 84. —
Forme di r. , 85. — Applicazione del
D. internaz. al nuovo Stato indipenden-
temente dal r., 86. — • Stato non rico-
nosciuto: obbligo dei tribunali e dello
autorità dogli altri Stati, 87 e 87 n. —
Sovranità interna dello Stato non rico-
nosciuto, 88.
— (Titolo dello), 369.
— d'assedio. Proclamazione nel paese occu-
pato militarmente, 1326.
— federativo. Come specie di unione di
Stati, 90 n. — Capacità giuridica inter-
nazionale dei singoli Stati, 91.
— protetto. V. Protettorato {Rapporto di),
— straniero (Giurisdizione sullo), 259 o
segg. — Lo Stato straniero come ente
politico e come persona giuridica, 260 n.;
— atti civili attinenti alla personalità
giuridica, 261 ; - lesioni da esso recate
neir esercizio dei potori sovrani, 262;-
Stato straniero attore, 263 ; - esecuzione
forzata contro, 265 e segg.
— vassallo. V. Vassallaggio,
* Statu quo ante bellum » . Applicazione,
1558.
Statuto personale. Sua autorità, 169.
— reale, 170.
Strade e vie di comunicazione. Diritto
all'uso innocuo, 908. — Facilitazione
delle comunicazioni, 909. — Le strade
nazionali, come beni patrimoniali dello
Stato, 902.
Straniero. Il problema dei diritti civili dello
straniero considerato dal punto di vista
dei diritti internazionali deiruomo, 46
e segg. — Regolamento deUa sua condi-
zione giuridica, 166 e segg. — Acquisto
e godimento dei d. civili, 167 e 167 n.
— Tendenza ad eliminare la differenza
fra cittadino e straniero, 168 n. — Auto-
rità del suo statuto personale, 169. —
Diritto relativo agli immobili, 170 e segg.
— Autorità territoriale o extraterrito-
riale delle leggi riguardo allo straniero,
171. — Diritto di vietare agli stranieri
l'uso dei porti, 293 n. — Lo straniero
nei riguardi dell'imposta, 946. — Di-
ritto da applicarsi alle sue cose esistenti
nel territorio dello Stato, 968, 972 e
segg. — Successione, 975. — Azioni pos-
sessorie, 976 e segg. — Diritti fondati
su fatti giuridici compiuti secondo la
legge territoriale, 978. — D. dei terzi,
979. — Proprietà letteraria ed ai-tistica,
980 e segg. — Norme commerciali,
988 e segg. — Marche di fabbrica e di
commercio, 993 e segg. (V.). — Priva-
tive industriali, 1001 e segg. (V.).
Stratagemmi di guerra. Quando leciti, 1209.
— Stratagemmi inibiti, 1210.
Stretti. Giurisdizione, 284; - le tasse di
passaggio degli stretti del Sund e dei
Belts, 284 n ; ' libertà degli stretti, 884 e
segg. ; - tasse di passaggio, 886 ; - limi-
tazione, 887 ; - abusivo, 888. — Limita-
zione della libertà, 889. — Blocco, 1451.
Suez (Canale di). Regolamento del suo
libero uso, 881 n., 882 n.
Sumner. Sull'eguaglianza degli Stati, 359 n.
Sund. Tasse di passaggio sul S., 284 n.
Tasse di navigazione. V. Canali naviga-
bili^ Fiumi intemazionali^ Stretti.
Telegrafi. Uso delle linee telegrafiche, 925
e segg. — Norme per l'esercizio inter-
nazionale della telegrafia, 930 e segg.;
— sospensione dell'uso, 932, 933; -di-
spacci di transito, 933 ; - violazione loro,
934. — Cavi sottomarini, guasto, 241 ;
del Diritto internewtonale eodifieato
27
- uso, 936 e segg. — Convenzione del
1884 per la protezione dei cavi sottoma-
rini, 939 n. — Diritti del nemico sui
telegrammi dei privati neir occupazione
militare, 1337.
Telesio. Concorre ad emancipare il pensiero
dall'autorità della teologia, 15.
Teocrazia. Uno degli ostacoli alla conce-
zione della comunità dei popoli, 5.
Teoria mercantile. Uno dogli ostacoli alla
concezione della comunità dei popoli, 9
e segg. — Economisti che la combatte-
rono, 15.
Territorialità (o extra-territorialità) della
legge. Il problema della territorialità (o
extra- ten'i tori alita) della legge conside-
rato dal punto di vista dei diritti inter-
nazionali deiruomo, 49.
Territorio. Costituzione, 192, 891 e segg.
- Suo mutamento in relazione alla
personalità dello Stato, 50. — Località
ad esso equiparate, 193. — Possesso
giuridico del territorio, 892. — Limiti
naturali e convenzionali , 893 ; - deli-
mitazione, 894; - linea di confine ri-
spetto ai monti, 895; - id. rispetto ai
fiumi, 896 ; - abbandono d'alveo, 897;
- isole, 898.
— neutrale. Inviolabilità, 1397 e segg.
Tertulliano. Suo concetto della repubblica
umana. 6.
Titolo dello Stato, 369.
— del Sovrano, 370.
Trasporti assimilati al contrabbando (V.
Contrabbando) .
— ferroviari internazionali, come materia
dei trattati d'interesse comune, 778.
Tratta dei negl'i. V. Negri,
Trattamento della nazione più favorita
(Clausola del), 737 e segg.
Trattati. Come solo lo Stato possa stipu-
lare trattati, 57, 616 n. — I trattati
come fonte di obbligaz. intoruaz. , 625
e segg. — Definizione, 626. — Trattati
nominati e innominati, 627; -efficacia,
628. — Requisiti per la loro validità,
628. — Capaoità, 629 e segg. ; - Steti
semisovrani, 630; - persone competenti
a concludere un trattato, 631 e segg. ;
- riserva della conclusione definitiva,
632; - competenza dei plenipotenziari
ed agenti diplomatici, 633; - ratifica,
634 n. (V.). — Consenso^ 637 e segg.;
- trattato conchiuso sotto l'impero della
forza nemica, 638 ; - trattato nullo per
violenza, 639; - id. per dolo, 640; -
come le regole del D. civile sui vizi del
consenso non possano applicarsi in tutto
ai trattati, 640 n. — J^aieria lecita^ 641
e segg. ; - trattati contro i diritti altrui,
643 ; - trattati in violazione della legge
costituz. 0 di una legge interna, 644.
— Requisiti di forma ^ 645 e segg.; -
convenz. preliminare, 646; - dichiaraz.
finale, 648; - patto verbale, 649. —
Inviolabilità^ 650 e segg. ; - trattato le-
sivo degli interessi morali ed economici
di uno degli Stati contraenti, 652. —
Effetti^ 654 e segg.; - ratifica, effetto
retroattivo, 655; - estensione temtoriale
della loro efficacia, 656; - successione
di sovranità, 658; - forza retroattiva,
659 ; - efifetti rispetto ai terzi , 660 e
segg. — Esecuxione^ 665 e segg.; - danni
eventuali da ossa derivanti, 668; -so-
spensione di essa, 669. — Mezzi leciti
per assicurare l'esecuzione, 670 e segg.;
- occupazione di ten'itorio, 671 ; - clau-
sola penale, 672; - garanzia da parte
di un terzo Stato, 673 e segg. ; - quando
ha luogo, 673; - estensione, 674; - ob-
bligazioni che ne derivano, 675 e segg.
— Interpretazione^ 678 e segg.; - inter-
pretazione grammaticale, 680 e segg.;
- interpretazione logica, 686 e segg. ; -
determinaz. dell' in terpretaz. delle parti,
691 ; - processi verbali e lavori prepa-
ratorì, 695; - autorità competente ad
interpretare un trattato, 696 e sogg. ; -
dichiaraz. o protocollo interpretativo,
697; - disaccordo delle parti, 698; -
interpretaz. del trattato come legge, 699.
— Controversie^ relative ad un trattato ;
autorità competente a risolverle, 750
e segg.; - distinzione fra trattato d'in-
teresse generale e trattato d'interesse
particolare, 701 n.; - competenza del tri-
bunale arbitralo, 702. — Annullamento ^
rivocaxione^ 705 e sogg. ; - abrogazione
formale, 708; - esempio, 708 n.; - giu-
dizio circa l'annullamento, 709 e segg. ;
- adduzione dei motivi, 709; - nullità
del trattato, 710; - lesione derivante
dalla sua esecuzione, 712; - mutamento
nella costituzione politica, 713; - oppo-
sizione a trattato precedente, 714 ; - im-
possibilità di esecuzione, 715;- condi-
zione rebus sic stantibus^ 717, 748 n. —
28
Indice alfaheiteO'anaìiiieo
Proroga e rinnovatone^ 718 e segg.; -
denuncia del trattato , 719 ; - proroga
tacita, 720. — Estinxione^ 722; - guerra,
723. — La sospensione dei trattati come
atto di rappresaglia lecito, 1132. — Ef-
fetto sui trattati della cessione di ter-
ritorio, 122. — Id. della perdita della
personalità internaz., 138.
Trattati di pace. V. Pcbce,
— generali. Come fonte del Diritto internaz.
positivo, 83.
— speciali. Come fonte del Diritto internaz.
positivo, 84. — Regole al riguardo, 724
e segg. — Specificazione dei trattati, 724;
— interpretazione, 725 ; - specie, 726. —
Trattati di cessione, 727 e segg. (V. Ges-
sione). — Trattati di commercio, 731 e
segg. (V. Comfnercio). — Convenzioni
consolari, 742 e segg. (V.). — Capitola-
zioni, 746 e segg. (V.). — Trattati di
protettorato, 749 e segg. (V. Protetto-
rato). — Trattati di signoria, 756 e segg.
(V. Signoria), — Trattati di vassallag-
gio, 756 e segg. (V. Vasaalktggio). —
Trattati di confederazione, 762 e segg.
(V. Con federazione). — Trattati di alle-
anza politica, 766 e segg. (V. Alleanza).
— Trattati di alleanza pacifica, 773 e
segg. (V. Alleanza). — Trattati di inte-
resse comune, 775 e segg. (V. Interesse
comune). — Trattati di estradizione, 781
e segg. (V. Estradizione). — Concor-
dati, 786 e segg. (V.). — Convenzione di
guerra (V.) e trattati di pace (V.), 791.
Tregua, 1383.
Tribù barbare. Come siano anch'esse sog-
gette al Diritto internazionale, 37. —
Conseguenze, 51.
Tribunale arbitrale, come una delle istitu-
zioni per la tutela giuridica del Diritto
internaz., 1018. — Regole al riguardo,
1056 e segg. — Costituzione, 1056. —
Sottomissione volontaria o forzata alla
sua giurisdizione, 1057. — Formazione
del trattato, 1059 e segg.; - clausola
compromissoria, 1060 ; - scelta degli ar-
bitri, 1061 e segg.; - loro numero, 1062.
— Capacità per essere arbitro, 1065 e
segg. — Rifiuto di sottomettersi alla giu-
risdizione arbitrale, 1069 e segg. — Ap-
pello alla Conferenza, 1071 e segg. —
Procedimento davanti al tribunale arbi-
trale, 1075 e segg. — Ricusazione del-
l'arbitro designato, 1084 e segg. — Giu-
dizio del tribunale arbitrale, 1066 e segg.;
- sede, 1088. — Norme per pronunziare
la sentenza, 1095 e segg.; - termine, 1096;
- proposta di transazione, 1097 ; - mag-
gioranza, 1098; - assenza di uno degli
arbitri, 1099; - assenza ingiustificata,
1100 e segg.^ - sottoscrizione della sen-
tenza, 1102; - motivazione, 1103. —
Efficacia della sentenza, 1104 e segg. ; -
notificazione, 1105; - deposito, 1106; -
oneri finanziari imposti dalla sentenza,
1107; - rifiuto di eseguire la sentenza,
1108; - rifiuto giustificato, 1109. —
Nullità della sentenza, 1110; - impogna-
zione, 1111. — Risoluzione delle contro-
versie relative a un trattato, 702, 706.
- Id. intomo alla violazione dei doveri
della neutralità, 1415. — Come il tribu-
nale arbitrale sia insufficiente a rìsolrere
qualsiasi controversia e ad appianare tatti
i conflitti, 69 e segg.
Tribunale internazionale delle prede, 1512;
- competenza, 1513.
Tribunali di guerra. Istituzione, 1158.
— stranieri. Autorità delle loro sentenze
civili^ 175 e segg. — Loro efficacia
extraterritoriale, 175. — Reqiusìti^ 176,
179. — Opportunità di trattati al riguardo,
177. — Concessione di exequatur^ 178;
- quando può esser negato, 180. — Re-
golamento del procedimento esecatìro,
181 . — Yalore delle sentenze straniere
come atto autentico, 182. — Antorìtà
delle sentenze penali^ 183, 184. — Atti
esecutivi in forza di sentenza pronunziata
all'estero, 271.
Tunisi. Cessazione delle Capitolaz., 349 n.
Turgot. Combatte il mercantilismo, 15.
Tutela giuridica del Diritto internazionale.
Come debba essere provveduto alla san-
zione del Diritto internazionale, 26 e segg.
- Istituzioni al riguardo, 1018 e segg. ;
- congresso, 1019 e segg. (V.); - confe-
renza, 1044 e segg. (V .) ; - tribunali arbi-
trali, 1056 e segg. (V.); - congegni di-
plomatici, 1116 e segg. (V.) (V. Diritto
comune intemazionale^ Società inter-
nazionale).
Ultimatufn^ 1146.
Umanità (Doveri di), nei rapporti intema-
zionali, 476 n.
Unione doganale germanica. Come esempio
dì alleanza pacifica, 774.
del Diritto inferttaAtofiale codificato
29
Unione postale. Obbligo degli Stati che la
sottoscrissero, 943.
Unioni di Stati, 90. — Loro specie, 90 n. —
Unione personale, 92. — Unione reale,
93. — Diritto di legazione, 395 n.
— doganali. Loro scopo, 949; - esempi,
949 n.
Uomo. L'uomo come poi'sona della società
intemazionale, 34 e segg., 40, 36, 37 n.
— Suoi diritti intemazionali, 45, 56, 57.
— (Diritti internazionali dell'). Regolo al
riguardo, 522 e segg. — Diritti di libera
attività, 523 e segg. — Diritti di libero
traffico, 527 e segg. — Diritti di pro-
prietà, 531 e segg. (V.). — Inviolabilità
e libertà personale, 540 e segg. (V.). —
Diritti di libertà di coscienza, 549 e segg.
(V.). — Diritti internazionali delFuomo
come cittadino, 553 e segg. (V. Cittctài-
nanxa), — Tutela giuridica, 582. —
Kffetto dei concordati, 790.
— (Doveri intemazionali dell*) , 580 e segg.
Urto delle navi. V. Abbordaggio.
Usi internazionali. Loro forza, 19 n.
Usurpazione di funzioni diplomatiche, 444.
*TJtipo88ÌdetÌ8* . Applicazione, 1563, 1564.
Vagabondaggio. Motivo di espulsione dello
straniero, 236.
Valigie postali. Non possono costituire con-
trabbando, 1438.
Vassallaggio. Quando ha luogo, 103. — Suo
carattere eccezionale, 104, 106 n. — Con-
dizione dello Stato vassallo, 105. — Di-
ritto di emancipazione, 106.
Vaticano. Sua condizione giuridica rispetto
alla sovranità territoriale, 355 n.
Vico (Giambattista). Suo concotto dell'u-
manità, 15. — Sulla comunità degli in-
teressi come generatrice della comunità
dei diritti, 17. — Sulle convinzioni giu-
ridiche popolari come fondamento del
Diritto delle genti, 4 n. — Sul concetto
di giurisdizione, 221 n.
Visita (Diritto di). V. Diritto,
— domiciliare. Nella casa dell'agente diplo-
matico, 336. — Nelle località addette
alla Santa Sede, 352.
Voltaire. Concorro a sviluppare i principi
della comunità dei popoli, 16.
Wheaton. Sua definizione del Diritto inter-
nazionale, 3 n.
Wolf. Suo posto nella storia della scienza
del Diritto internazionale, 13.
AVorcester. Sua opera in favore della pace,
21 n.
Zollverein, Come esempio di alleanza pa-
cifica, 774.
Zone d'influenza, 201 n.
IL
TRATTATI INTERNAZIONALI
Abdicazione di Napoleone, lxxvi.
Adrianopoli (Trattato di), del 1829 fra
Russia e Turchia, xci.
Aja (Trattato dell'), del 1698-1700 fra Gu-
glielmo III d'Inghilterra, Olanda e Luigi
XIV, xxvn;- progetti di spartizione della
Monarchia spagnuola, xxvm.
Akkerman (Trattato di), del 1826 fra Rus-
sia e Turchia, lxxxix.
Alabama (Questione doli'). Cenni, cxix e
segg. — Trattato di Washington del 1871,
oxx. — Arbitrato di Ginevra, cxx e segg.
Alba. Ceduta al Duca di Savoia (Chera-
sco, 1631), xm.
Alessandria. Ceduta al Duca di Savoia,
xxxii.
Alleanze armato. Origine del sistema, m.
Alsazia. Diviene parte integrale della Fran-
cia, XXVI, xxvn. — Ceduta all'Impero
germanico (Francoforte, 1871), cxvn.
America centrale (Stati dell'). Recenti trat-
tati conclusi fra essi per stabilire un
Diritto comune, cun e segg. — Tribu-
nale arbitrale per la risoluzione delle
loro questioni, ivi e cLvn.
Amiens (Trattato di), del 1802 fra Gran
30
Indice alfabetteo-anaiitieo
Bretagna, Repubblica Francese, Repub-
blica Baiava e Spagna, lyii.
Annessioni al regno d'Italia, cu.
Annover. Annesso alla Prussia (Praga,
1866), cxiii.
Anversa (TralUlo dì), del 1715 fra Austria,
Gran Bretagna e Olanda, xxxiv.
Aquisgrana (Trattalo di), del 166S tra
Francia e Spagna. — Id. di pace del
1748 tra Francia, Gran Bretagna, 0-
landa, ecc., xl. — Id. del 1818 tra Fran-
cia e Russia, Austria, Inghilterra e
Prussia, Lxxxviii.
Arbitrato di Ginevra, cxxi. — Valore dei
principi in esso applicati come regole
di Diritto internaz., cxxii.
Artois. Ceduto alla Francia (trattato dei
Pirenei, 1659), xxi.
Assia elettorale. Annessa alla Prussia
(Praga, 1866), cxiii.
• Assiento , (Patto delf), xxxi, xl.
Associazione internazionale del Congo.
Cenni al riguardo, cxl.
Atto generale antischiavista di Bruxelles
del 1890, cxLiv.
— finale del Congresso di Vienna, V.
Congresso,
Augusta (Pace di), del 1555, xii; - fa alla
religione luterana una posizione legale
a lato di quella cattolica, ivi] - reser-
vdtum ecclesiasticum^ ivi.
Austria. Trattamento fattole al Congiesso
di Vienna del 1815, lxxx. — Esclusa
dalla Confederazione germanica, cxii.
Avignone. Ceduto alla Rep. Francese, lii.
Barcellona (Trattato di), del 1529, fra il
Papa e Tlmperatore, x.
Barriera (Trattali di), del 1709, 1713 e
1715 fra la Gran Bretagna e gli Stati
Generali, xxxiii.
Basilea (Pace di), del 1795 tra Francia e
Prussia, LI ; - id. id. tra Francia e Spa-
gna, ivi.
Baviera. Sua trasformazione daE'eltorato
in Regno, lxii. — Trallamenlo fattole
al Conj?resso di Vienna del 1815. lxxx.
Belgio. È riconosciuto come Sialo indi-
pendente e neutro, xci.
Berlino (Congresso di), del 1878, cxxiv.
Berlino (Trallato di), del 1742 fra Fede-
rico Il di Prussia e Maria Teresa, xxxix.
~ Id. del 1866 di pace fra Prussia e Ba-
viera, CZH. — Id. del 1866 di alleanza
offensiva e difensiva fra Prussia e Ba-
viera, CXI. — Id. del 1866 di alleanza
fra Italia e Prussia, cu, ex. — Id. del
18ó6 di alleanza offensiva e difensiva fra
la Prussia e Stati della Germanisi, cxi.
— Id. del 1866 di pace fra Pmssia e
Wuilemberg, cxi. — Id. del 1866 dì
pace fra Prussia e Baden, cxi. — Id.
del 1866 di pace fra Prussia e Assia,
CXI. — Id. del 1866 di pace fra Prussia
e Reuss, cxi. — Id. del 1878 fra Russia,
Prussia, Austria, Francia, Inghilterra,
Italia e Turchia, cxxii e segg.; - patti
relativi alla Bulgaria, cxxv; - id. alla
Rumelia Orientale, cxxviii; - id. airi-
sola di Creta e alla Turchia d'Europa,
cxxx; - id. alla Grecia, tri; - id. alla
Bosnia ed Erzegovina, «rt; - id. al Mon-
tenegro, ivi; - id. alla Serbia, cxxxii;
— id. alla Rumenia, cxxxiv; - id. alla
navigazione del Danubio, ivi; - id. ai
territori delPAsia, cxxxv; - id. alla li-
bertà religiosa, cxxxti. — Atti conchiusi
per dare esecuzione al trattato, cxxxvii.
— Trattato del 1885 per lo sviluppo del
commercio e deirincivilimento nelle re-
gioni africane e per la libera navigazione
del Congo e del Niger, cxxxviii e segg.
Berna (Convenzione di), del 1883 per la
protezione della proprietà industriale,
CL. — Id. del 1886 per la protezione
della proprietà lelleraria ed artistica, cu.
— Id. del 1890 pei trasporti sulle fer-
rovie internazionali, cl.
Bessarabia. Restituita alla Turchia (Kut-
schuk, 1774), xliv. — Ceduta alla Russia
(Bukarest, 1812). lxx.
Beuil (Contea di). Ceduta alla Repubblica
francese, lii.
Blocco. Quando obbligatorio secondo la
Dichiarazione di Parigi del 1856, xcviii.
Bosforo. Stipulazioni dalla pace di Buka-
rest del 1812, LXX. — Id. del trattato
di Adrianopoli, 1829, xci. — Id. id. di
Londra, 1840, xeni. — Riconferma della
sua chiusura, xeni. — Disposizioni del
trallato di Parigi, 1856, xcvi.
Bosnia. Occupata ed amministrala dal-
l'Austria (Berlino, 1878), cxxx.
Breda (Trattato di), del 1667 fra Inghil-
terra e Francia, Inghilterra e Olanda,
Inghilterra e Danimarca, xxuu
del Diritto intemaxionale codificato
3?
Bruxelles (Atto generale di), del 1890 fra
Anstrìa-Ungherìa, Belgio, Congo, Dani-
marca, Francia, Germania, Gran Bje-
tagna, Italia, Paesi Bassi, Persia, Por-
togallo, Russia, Spagna, Stati Uniti,
Svezia e Norvegia per la repressione
della tratta degli schiavi, cxliv.
Bruxelles (Gonvenz. di), del 1890 per la
pubblicaz. delle tariffe doganali, cxlix.
Bucarest (Pace di), del ÌSÌ'i fra Russia e
Turchia, lxx.
Bulgaria (Principato di). Stipulazioni del
trattato di Berlino, 1878, ad esso rela-
tive, GXXY. — Atto di Costantinopoli,
1878, pel tracciamento della sua fron-
tiera, CXXXYU.
Buona Speranza (Capo di). Ritenuto dal-
ringhilterra, lxxxii.
Buoni uffizi. Dichiarazione di Parigi, del
1856, xcviii.
o
California superiore. Cessione agli Stati
Uniti, xcv.
Cambray (Trattato di), del 1529 fra Im-
pero e Francia, annienta T influenza
francese in Italia, x.
Campoformio (Trattato di), del 1797 tra
Napoleone e TAustria, un; - divisione
dei territori della Repubblica veneta,
ivi; - annessioni alla Repubblica Cisal-
pina, ivi; - altre stipulazioni, ivi,
Canada. Ceduto dalla Francia all'Inghil-
terra (Parigi, 1763), xlii.
Canale di Suez. Trattato di Costantino-
poli, 1888, per la navigazione, cxiii e
segg.
Candidatura Hohenzollern (Questione
della), CXY e segg.
Capo Bretone. Ceduto dalla Francia alla
Gran Bretagmi (Parigi. 1763, xlii.
Carlowitz (Pace di), del 1699 fra Sultano,
Imperatore, re di Polonia e Venezia,
XXVIII.
Carniola.CedutadairAustria a Napoleone I
(SchOnbrunn, 1809), lxix.
Casa di Savoia (Trattati riguardanti la).
Trattato di Cherasco del 1631, xiii; -
id. dei Pirenei del 1659, xxi; - pace
di Rydvyryk del 1697, xxvii; - id. di
Utrecht del 171 ^ xxix; - quadruplice
alleanza del 1718. xxxv ; - pace di
Aquisgrana del 1748, xl; - trattato del
1796 colla Repubblica francese, ui ; -
atto finale di Vienna del 1815, lxxxii;
- Convenzione relativa al Ducato di
Lucca, xciv. (V. Begno d'Italia),
Cattaro (Bocche di). Date all'Austria (Cam-
poformio), 1797. lui.
Cavi sottomarini (Protezione dei). Trattato
di Parigi del 1881 al riguardo, cxlviii.
Ceilan. Ceduta dalla Repubblica baiava
alla Gran Bietagna (Amiens, 180^2), lvii.
Chatillon (Congresso di), del 1814', lxxv.
Chaumont (Trattato di), del 1814 tra Gran
Bretagna, Prussia, Russia e Austria con-
tro Francia, lxxv.
Cherasco (Trattato di), del 1631 tra Tlm-
peratore Ferdinando li e Luigi XIII di
Francia, xiii.
Chiablese. Sua neutralizzazione, lxxxii.
Cina. Trattati colla Cina del 1858, e. —
Apertura dei suoi porti, ivi.
Città anseatiche. Incorporate alla Francia,
LXXI.
Gomacchio. Diritto di guarnigione dell' Au-
stria, LXXXIY.
Commissione internazionale per la navi-
gazione del Congo, cxxxix. — Id. per
la navig.del Danubio, xcvi, cxlyi esegg.
Confederazione della Germania del Nord.
Origine, cxiii.
— germanica. Disposizioni dell'Atto ge-
nerale di Vienna del 1815 a suo ri-
guardo, Lxxx e segg. — Suo sciogli-
mento, ex, cxii.
— italiana. Stipulata nei trattati di Zu-
rigo, CI.
— renana, sua formazione, LXin.
Congo (A sociazione intemazionale del).
Cenni al riguardo, cxl.
— (Bacino del). Libertà di commercio
e di navigazione, cxxxviii. — Commis-
sione internazionale, cxxxix.
— (Stato del). Sua unione col Belgio, cxl.
Congressi. Come per provvedere alPordi-
naniento giuridico della società interna-
zionale occorra attribuire ai Congressi
l'autorità di proclamare il Diritto co-
mune e di curarne il rispetto, cltiii.
Congresso di Berlino, del 1878, cxxiv. —
Id. di Chatillon del 1814, lxxv. — Id. di
Laybach del 1821 tra Austria, Prussia
e Russia, Lxxxix. — Id. di Montevideo
del 1888 per l'unificazione del D. in-
ternaz. privato fra le Repubbliche del-
l'America centrale, cly. — Id. di Rastadt
32
Indice alfahefico-analitieo
del 1797 99, lit. — Id. di Troppau dei
1820 tra Austria, Prussia e Russia,
Lxxxix. — Id. di Vienna del 1816: Cenni
storici, Lxxviii; - Atto finale, sue di-
sposizioni principali, lxxix e segg. ; -
stipulazioni relative alla Polonia, lxxix;
- id. alla Prussia, ir»; - airinghilterra,
M\ - airAustria, lxxx ; - alla Baviera,
iVi; - alla città di Francoforte, ivi\ -
alla Confederazione germanica, irt; -
al Regno dei Paesi Bassi, lxxxi ; - alla
Svizzera, lxxxii; - al Regno di Sar-
degna, ivi; - agli altri Stati italiani,
Lxxxiii; - alla navigazione fluviale,
LXXXiT; - all'abolizione della tratta dei
negri, ivi. — Come Tedifizio eretto al
Congresso di Vienna sia stato demolito,
LZXXV.
Convenzione di Bruxelles del 1890, per
la pubblicazione delle tariffe doganali,
CXLIX.
— di Ginevra, del 1864, per migliorare
la sorte dei militari feriti, cui.
— internazionale relativa alle leggi ed ai
costumi della guerra fProgelto di), clil
— postale universale, cxlvui.
Convogli marittimi (Visita dei). Questione
al riguardo, lv.
Copenhagen (Convenzione di), del 1800
fra Gran Bretagna e Danimarca sulla
questione della visita dei convogli ma-
rittimi, LY.
Copenhagen (Trattato di), del 1660 fra
Danimarca e Svezia, xxii.
Corea. Restituita airinghilterra dalla Fran-
cia (Parigi 1764), xlii.
Corfù. Sua neutralizzazione, cir.
Corsa. Abolita dalla Dichiarazione di Pa-
rigi del 1856, xcvni.
Corsica. Suo passaggio alla Francia, xliii.
Costantinopoli (Trattato di), del 1888 fra
Austria-Ungheria, Francia, Germania,
Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Spa-
gna, Russia e Turchia per la navfga-
zione del Canale di Suez, cxli e segg.
Costarica (Trattato dì), del 1888 fra le Re-
pubbliche dell'America centrale per as-
sicurare la pace e prevenire la guerra,
CLiii e segg.
Cracovia (Repubblica di). Costituzione
(Atto di Vienna, 1815), lxxix. — La sua
soppressione inaugura la serie di mu-
tamenti politici che demolirono Tedifizio
deirAtto di Vienna del 1815, lxxxy.
Crespi (Pace di), del I5U fra Francefco I
e Carlo V, xi.
Greta (Isola di). Stipulazioni del ti aitalo
di Berlino, 1878, ad essa relative, cxzx.
Crimea. Incorporata alla Russia, xltiii.
Gurlandia. Occupata dalla Russia nella
spartizione della Polonia, l.
ID
Dalmazia. Data air Austria (Campnformio,
1797), LUI.
Danubio (Navigazione del). Slipulazioni
della pace di Bukarest dei 1812, lxx.
— Id. del trattato di Adrianopoli, 1829,
xci. — Id. id. di Parigi, 1856, xcvi. —
Id. id. di Berlino. 1878, cxxxive segg.
— Commissione europea, xcvi, czlvi e
^^%%'\ ' Regolamenti da essa compi-
lati, ivi.
Danzica. Occupata dalla Prussia nella spe-
dizione della Polonia , l. — Eretta a
distretto indipendente, lxv.
Dardanelli. Slipulazioni della pace di Bu-
karest del 1812, lxx. — Id. del tratUto
di Adrianopoli, 1829, xci. — Id. id. di
Unkiar-Skelessi, 1833, xcii. — Id. id, di
Londra, 1840, xeni. — Riconferma della
loro chiusura, ivi. — Disposizioni del
trattato di Parigi, 1856, xcvi.
Dieta imperiale tedesca. Disposizioni del
tratUto di Westfalia del 1648 al ri-
guardo, XVII. — Id. deirAtto generale
di Vienna del 1815, lxxx e segg.
Diritto internazionale privato. Tentativo
di unificazione fra le Repubbliche del-
TAmerica centrale, ci.v.
— storico. Posto a base della legitti-
mità, VI.
Dresda (Convenzione sanitaria di), del
1893, CL1.
— (Pace di), del 1715 fra Federico II
di Prussia e Maria Teresa d* Austria,
xxxtx.
Ducati sassoni. Loro orìgine, xi.
Due Sicilie (Regno delle). TratUti che Io
riguardano : trattato di AqQÌsgrana,17i8,
xl; - id. di Napoli, 1759, ivi; - Atto
di Vienna, 1815, lxxxiv.
Dunkerque. Trattati che la riguardano:
Pace di Utrecht del 1718 (smantella-
mento), XXX ; - trattato di Parigi del
1763, XLii; - id. di Versailles del 1783,
XLVIL
del DiriUo itUemax4onale eodfifioaito
88
Editto di restituzione, del 1629, xir.
Elba (Isola d*). Assegnata in principato
a Napoleone I (Fontainebleau, 1814),
LZXYI.
Equilibrio mercantile (Politica dell"), it e
segg.
— polìtico. Origine del sistema, u. — Al-
leanze armate e interventi per man-
tenerlo nel secolo XTui, ni. — Suo rista-
bilimento per opera del Congresso di
Vienna, ti.
Erfurth (TratUto di), del 1806 tra Napo-
leone e la Russia, lzvii. •
Erzegovina. Occupata ed amministrata
dall'Austria (Berlino, 1878), czzx.
Esthonia. Ceduta dalla Svezia alla Russia
(pace di Nystad, 1731), xxxtiil
Faucìgny. Sua neutralizzazione, lxxxil
Federico di Pruss'a. Suirequilibrio poli-
tico, III.
Ferrara. Diritto di gnernigione deirAa-
strìa, LXxxiY.
Ferrovie internazionali (Trasporti nelle).
Convenzione di Berna del 1890 al ri-
guardo, CL.
Fiume. Ceduta dall' Austria a Napoleone I
(SchOnbrunn, 1809), lziz.
Fiumi internazionali. Disposizioni dell'Atto
finale di Vienna, 1815, intomo alla loro
navigazione, lzzxiv.
Florida. Ceduta dalla Spagna all'Inghil-
terra (Parigi, 1763), xlu; - ceduta alla
Spagna (Versailles, 1783), xlyii.
Fontainebleau (Trattato di), del 1807 tra
Francia e Spagna contro il Portogallo,
LXT1. -* Id. del 1814 fra Napoleone e
^Austria, Prussia e Russia (abdicazione
di Napoleone), lxxvi.
Franca Contea. Restituita alla Spagna
(Aquisgrana, 1668), xxiv. — Ceduta
dalla Spagna alla Francia (Nimega,
1678), XXV.
Francia (Isola di). Ritenuta dall'Inghil-
terra (Praga, 1814), lxxvii.
Francoforte. Annessa alla Prussia (Praga,
1866), cxiii.
Friuli austriaco. Ceduto dall'Austria a Na-
poleone I (SchOubiunn, 1809), uuz.
61 ^- FiOBS, Dir, inUm. oodif.
Gallìzia. Occupata dall'Austria nella Fpar«
tizione della Polonia, l.
Gastein (Trattato di), del 1865 fra Austria
e Prussia per la divisione dei ducati di
Schleswig e Holstein, cnn.
Genova (Repubblica di). Perde la Corsica,
XLiii. -- Viene unita al Piemonte (Atto
di Vienna, 1815), Lxxxir.
Gibilterra. Ceduta dalla Spagna alla Gran
Bretagna (Utrecht, 1713), xxxi.
Ginevra (Arbitrato di), cxx e segg.
— (Convenzione di), del 1864 per mli^io-
rare la sorte dei militari feriti, cui.
Gorizia (Contea di). Ceduta dall'Austria a
Napoleone I (SchOnbrunn, 1809), lxix.
Grande Alleanza (Trattato della) dell'Aja
del 1701, XXIX, xxui.
Grecia. Sua emancipazione dalla Turchia
(Londra, 1828), xc. — Sua eredoiie a
Regno, xcii. — Trattati relativi alla
sua corona; - convenzione di Londra
del 183:2, xcii ; - trattato di Londra del
1863, CHI. — Unione delle Isole Ionie,
Giv. — Stipulazioni del trattato di Ber-
lino, 1878, relative alla G., cxxx.
Guadalupa. Restituita alla Frauda (Pa-
rigi, 1763), XLii. - Id. id. (Parigi, 1814,
LXXVII.
Guadalupa-Hidalgo (Trattato di) del 1848,
XGv; - cessione del Texas, del Nuove
Messico e della California Superiore agli
Stati Uniti, fri.
Guastalla (Ducato di). Assegnato all'In-
fante di Spagna don Filippo, xi.. — Di-
chiarato territorio della Francia, lxi. —
Assegnato alla imperatrice Maria Luisa
(Fontainebleau, 1814), lxxvi. — Regola-
mento della sua riversione, lxxxiii, xcv.
Guerra. Suo carattere durante il sistema
dell'equilibrio mercantile, m.
— (Leggi e costumi della). Progetto di
convenzione intemazionale al riguardo,
olii.
— austro-prussiana del 1866. — Origine,
C1X. — Trattati ad essa relativi: pre-
liminari di Nikoisburg, tW; - trattato
di Praga del 1866, cxii e segg.
— dei Sette anni. Finita colla pace di
Hubertsburg del 1763, xli.
— dei Trent'annì. Finita colla pace di
Veflt&lia del 1648, xui.
B4
Indice alfabetieo-analitieo
Guerra di Orleans. Finita colla pace di
Ryswyk, xxv.
— franco-germanica del 1870-71. Cenni,
cxiv e segg. — Traltati ad essa relativi:
preliminari di Versailles» tW; - pace di
Francoforte del 1871, cxvii e segg.
— marittima. Regole ad essa relative
contenute nella Dichiarazione di Parigi
del 1856, xcviii.
— olandese. Finita colla pace di Nimega,
XXIV.
— per la successione austrìaca, xl; - fi-
nita colla pace di Aquisgrana, 1748, ivi.
— per la successione di Spagna. Cenni,
xzix. — Finisce colla pace di Utrecht
del 1713-14. ivi.
— russo-turca del 1877-78. Cenni, cxxu
e segg. — Trattati cui diede luogo:
t. di Santo Stefano, cxxiv; - t. di Ber-
lino del 1878, cxxiv e segg.
Guerre della Rivoluzione francese. Loro
carattere, ▼.
Huhertsburg (Pace di), del 1763, xli; -
pone fine alla guerra dei Sette anni, ivi.
Hudson (Baia d*). Ceduta dalla Francia
alla Gran Bretagna (Utrecht, 1713), xxx.
Impero germanico. Origine, cxiii.
— ottomano. Sua indipendenza ed inte-
grità assicurata dalle sei Potenze cri-
stiane, XGTir.
Ingerenza collettiva. Sua legittimità per
sostenere il Diritto o impedirne la vio-
lazione, GLYIII.
Interventi armati. Origine del sistema, ni.
— Gli interventi armati nella prima
metà del secolo xix, vi. — (Congressi
ad essi relativi, lxxxix.
Isole Ionie. Prese dalla Francia (Campo-
formio, 1797), LUI. — Riconoscimento
della Repubblica delle sette I. Ionie
(Amiens, 180:2), lvii. — Erette a Stato
libero sotto il protettorato dell'Inghil-
terra (Parigi, 1815), Lxxxvi. — Loro
unione alla Grecia, civ.
Istria. Data air Austria (Campoformio,1797)
un. — Ceduta a Napoleone I (SchOn-
brunn, 1809). lxix.
Italia (Regno d'). Trattati relativi alla sua
costituzione, e e segg.: preliminari di
Villafranca, 1859, ivi; - L di Zurìgo,
1859, Ci; - t. di Torino (Cessione dì
Savoia e Nizza), 1860, ci; - t di Ber-
lino, 1866 (Alleanza colla Prussia), cu;
- 1. di Vienna, 1866 (Cessione del Re^ no
lombardo- veneto alla Francia), tW; - L
di Vienna, 1866 (Pace fra Italia e Au-
stria), ivi. — Annessioni al Regno, cu.
lassy (Trattato di), del 1793 fra Russia e
Turchia, xlix.
Kasanlik (Armistizio di), cxxni.
Klel (Trattoti di), del 1814 fra Danimarca,
Svezia e Gran Bretagna contro la Fran-
cia, i.xxv.
Kutschuk (Trattato di). del 1774 tra Rusisia
e Turchia; - restituzione alla Turchia
della Bessarabia, della Valachia e della
Moldavia, ivi; - libera navigazione del
Mar Nero e del Mar di Marmara per la
Russia, ivi; - patti relativi alla profes-
sione della fede cristiana, xi.iy.
Lauenburg. Trasferito alla Danimarca
(Atto di Vienna, 1815), lxxx. — Ce-
duto dalla Danimarca alPAustrìa e alla
Prussia (Vienna, 1864), cvii; - ceduto
dalFAustria alla Prussia (Gastein, 1865),
CVIII.
L^yhach (Congresso di), del 18il tra Au-
stria, Prussia e Russia, lxxxix.
Leoben (Preliminari di), del 1797 tra Na-
poleone e l'Austria, lui.
Lega cattolica. Suoi intenti, it, zni.
Legazioni. Cedute alla Repubblica fran-
cese, Lii ; - annesse alla Repubblica
Cisalpina, lui. — Restituite al Papa
(Atto di Vienna, 1815), lxxxiv.
Libertà religiosa. Stipulazioni del trattato
di Berlino, 1878, sulla — nelP Impero
ottomano, cxxxvi.
Limburgo. Dichiarato parte integrante dei
Paesi Bassi, cxv.
Lisbona (Trattato di), del 1G6S fra Spagna
e Portogallo, xxiii.
Lituania. Occupata dalla Russia nella
spartizione della Polonki, l.
Livonia. Ceduta dalla Svezia alla Russia
(Pace di Nystad, 1721), xzxtui.
del Diritto intemaxionale codificato
85
Lodomiria. Occupata dairAnstria nella
spartizione della Polonia, l.
Lomellina. Ceduta al Duca di Savoia, xxxii.
Londra (Convenzione di) del 183:2 tra
Francia, Inghilterra e Russia e la Ba-
TÌera relativa alla corona di Grecia, xcii.
~ id. del 1871 sulla neutralizzazione
del Mar Nero, cxyiii.
— (TratUto di), del 18:27 fra Gran Bre-
tagnu e Russia per la emancipazione
delia Grecia, xc. — Id. del 1831 frale
cinque Potenze e il Belgio. Riconosci-
merlo del Belgio come Stiito indipend.
e neutro, xci. — Id. del 18 iO fra Gran
Bretagna, Austria, Prussia e Russia e
la Turchia per la pacificazione del Le-
vante, xeni. - Id. del 1863 fra Gran
Bretagna, Francia e Russia e la Dani-
marca relativo al Regno di Grecia, cni.
— Id. del 1867 tra Austria, Belgio,
Francia, Gran Bretagna, Italia, Lussem-
burgo, Russia e Prussia per regolare la
questione del Lus^embuigo, cxiv; -
Come sia il solo trattato in cui sia
espressamente stabilito il concetto Jeila
tutela giuridica collettiva del Diritto
internazionale convenzionale, clvii. —
Id. del 1871 fra Austria, Francia, Ger-
mania, Russia, Italia, Ingliillerra e Tur-
chia sulla neutralizzazione del Mar Nei o,
ex VI II.
Lorena. Ceduta in parte all'Impero ger-
manico (Francoforte, 1871), ex vii.
Lnbecca (Pace di), del 16:29, xiii.
Lucca (Ducato di). Convenzione ad esso
relativa doi I8ii, xciv. — Lucca eretta
a Principato ereditario, i.xi.
Luigiana. Ceduta dalla Francia alla Spagna
nel )76i, xi.ii ; - cessioni successive, i.ix.
Lunéville (Trattato di), del 1801 tra
Francia e Impero di Germania, lti.
Luoghi Santi. Stipulazioni al riguardo del
trattato di Berlino, 1878, cxxxvi.
Lussemburgo (Granducato di). Aggiunto
al Regno dei Paesi Bassi, lxxxi. —
Compreso nella Confederaz. germanica,
Lxxxii. — Questione del L. in seguilo
allo scioglimento di questa, cxiv. — Sua
neutralizzazione (Londra, 1867), ivi,
Madrid (Trattato di), del 15-26 tra Fran-
cesco I di Francia e Ciarlo V imperatore,
IX e segg. — Id. del 1801 tra Francia
e Spagna, lyii.
Mahon (Lord). Sulla pace di Aquisgrana, XL.
Malta. Restituita all'Ordine di S. Giovanni
di Gerusalemme (Amiens, 1802), lyh. —
Ritenuta dall'Inghilterra (Parigi, 1814),
Lxxvn.
Mar Caspio. Stipulazioni relative alla sua
navigazione, xc.
— di Marmare. Trattati che lo riguar-
dano: Kutschuk, 1774, xliy.
— Nero. Neutralizzato, aperto al com-
mercio di tutte le nazioni e chiuso alle
navi da guerra (Parigi, 1856), xcvi. —
Modificazione della regola della sua
neutralizzazione (Londra, 1871), cxviii.
Martinica. Restituita alla Francia (Parigi,
1763), XLii.
Massa e Carrara (Principati di). Assegnati
a Maria Beatrice d'Este, lxxxiii.
Mediatizzazione dei Principi tedeschi, LXXXI.
Merce nemica a bordo di nave neutrale.
Dichiarazione di Parigi del 1856, xcviii.
— neutrale a bordo di nave nemica.
Dichiarazione di Parigi del 1856, xcviii.
Minorca. Ceduta dalla Spagna alla Gran
Bretagna (Utrecht, 1713), xxxi; ceduta
alla Spagna (Versailles, 1783), xlvii.
Mirandola (Ducato di). Assegnato a Casa
d'Este (Atto di Vienna, 1815), lxxxi i.
Modena (Ducato di). Assegnato a Casa
d'Este (Atto di Vienna, 1815), lxxxii.
Moldavia. Restituita alla Turchia col trat-
tato di KuUchuk, 1774, xliv. — Pat-
tuita la sua cessione alla Russia fra
Napoleone e Alessandro I, lxvii. — Re-
golamento del modo di elezione del-
l'Ospodaro. Lxxxix. — Stipulazioni a
suo riguardo del trattato di Parigi, 1856,
xcvi.
Montefalcone (Principato di). Ceduto dal-
l'Austria a Napoleone I (SchOnbrunn,
1809), LXix.
Montenegro. Stipulazioni del trattato di
Berlino, 1878, ad esso relative, cxxx e
segg.
Montevideo (Congresso di), del 1888 per
l'unificazione del Diritto internazionale
privato fra le Repubbliche dell'America
centrale, clv.
MOnster (Pace di), del 1618 fra Spagna e
Olanda, xx; - riconoscimento delle
Provincie Unite, ivi\ - chiusura della
Schelda, ivi.
IndMé alfabe^iwhtmMHeo
Napoli.(Traltato di), del 1759 fra FAustria
e Carlo III di Spagna e le Due Si-
cilie, XL.
Nassau. Annesso alla Prussia (Praga, 1866),
GXIII.
Navigazione fluviale. Disposizioni deirAllo
finale di Vienna, 181 ó, lxxziv.
Neutralità. Regole sui doveri di un Go-
verno neutrale concordate nel trattato
di Washington del 1871, czx.
— armata. Prima lega, 1780, xl'vi. — Se-
conda lega, 1800, ly.
Nikolsbnrg (Preliminari di), del 1866 fra
Prussia e Austria, cix.
Nimega (Pace di), del 1778-79, xxiy; -
pone fine alla guerra olandese, ivi; -
sue principali stipulazioni, zxiv e segg.
Nizza (Contea di). Ceduta alla Repubblica
francese, ui. — Ceduta alla Francia, ci.
— (TratUto di), del 1538 tra Francesco 1
e Carlo V, xi.
Nuova Orleans. Ceduta dalla Francia alla
Spagna nel 1762, xlii.
Nuovo Messico. Cessione agli Stati Uniti,
XGV.
Nystad (Pace di), del 17:21 fra Svezia e
Russia, XXX va
Occupazioni africane. Regole stabilite al
riguardo dal trattato di Berlino, 1885,
CXL.
Oerebro (Pace di), del 1812 fra Inghilterra
e Screzia, lxxii.
Olanda. Conquistata dalla Repubblica fran-
cese, l. — Incorporata alla Francia, lxxi.
Oliva (Trattato di), del 1660 fra Polonia
e Svezia, xxi.
Ordine teutonico. Sua soppressione, lxix.
' Poeto de assimto ,, xxxi, xl.
Paesi Bassi (Regno dei). Sua costituzione,
LXXXI.
Palle esplodenti. Dichiarazione di Pietro-
burgo del 1868 relativa alla loro proi-
bizione, CLH.
Papato. Sua aspirazione all'impero uni-
versale, I.
Parigi (Dìchiarasione di) del 1856 iniomo
ad alcune regole della guerra marit-
tima, XCTIII.
^ (TratUto di), del 1761 di pace tra
Francia e Spagna, xli. — Id. del 1763
tra Francia, Spagna, Inghilterra e Por-
togallo, XLi. — Id. del 1 783 di pace fra
Gran Bretagna e Stati Uniti, xlyii. —
Id. del 1796 fra il Re di Sardegna e
la Repubblica francese, lii. — Id. del
1803 fra la Repubblica francese e gli
Stati Uniti di America, lix; - cessione
della Luigiana agli S. U., ivi. — Id.
del J806 per la Confederazione renana,
LXiii. — Id. del 1814 di pace tra Gran
Bretagna, Austria, Prussia e Russia e
la Francia, lxxvi — Id. del 1856 tra
Austria, Francia, Gran Bretag'na, Prus-
sia, Russia, Sardegna e Turchia, zcvi
0 s^SK-; ~ disposizioni relative al Mar
Nero, ivi; - id. alla navigazione del
Danubio, ivi; - ai confini territoriali,
ivi; - alla Moldavia e Valacchia, zctii ;
— alla Serbia, «m; • all*integrità dell^Iro-
pero ottomano, ivi, — Dichiarazione di
regole relative alla guerra marittima,
xcTui. — Come abbia iniziato un nuovo
indirizzo del Diritto internazionale, ti.
— Modificazioni apportatevi dal trat-
tato di Londra del 1871, gxtui. —
Trattato del 1884 per la protezione dei
cavi sottonuirini, csltiii.
Parma (Ducato di). Assegnalo air Infante
di Spagna Don Filippo (Aquisgrana,
1748), XL. — Ceduto alta Francia (Lu-
néville, 1801), lxi. — Assegnato alla
imperatrice Maria Luisa (Fontainebleau,
181i), LXXVI. — Regolamento della
sua riversione (Atto di Vienna, 1816),
LXXXIII, xcv.
Passarowitz (Pace di), del 1718 fra Plm-
peratore e il Sultano, xxxvl
Passau (Trattato di) del 1552, xii.
" Patto di famiglia , di Parigi del 1761
tra Francia e Spagna, xli.
Paxo. Sua neutralizzazione, git.
Piacenza (Ducato di). Assegnato ali* In-
fante di Spagna Don Filippo, xl. —
Dichiarato territorio della Francia, lxi.
— Assegnato alla imperatrice Marìa
Luisa (Fontainebleau, 1814), lxxvi. —
Regolam. della sua riversione, lxxxiii.
Piccola Polonia, Occupata dalla Russia
nella spartizione della Polonia, l.
éel Diritto intmrfHmifmaU codificato
87
Piemonte. Sna unione alla Francia nel
1802, Lxi.
Pietroburgo (Dichiarazione di), del 1868
relativa alla proibizione delle palle esplo-
denti in guerra, cui.
Pillnitz (Dichiarazione di), del 1791 fra
Austria e Prussia, xlix«
Pinerolo. Ceduta alla Francia (Gherasco,
1631), XIII. — Restituita al Duca di Sa-
voia, ZXTII.
Piombino. Unita al Granducato di Toscana
(Atto di Vienna, 1815), lzzxiii.
Pirenei (Trattato dei), del 1659 tra Francia
e Spagna, xx e segg ; - assicura il po-
tere della Francia in Europa, ivi.
Politica internazionale moderna. Sue varie
epoche, i e segg. — Epoca della lotta
per la sua secolarizzazione, ii. — Id.
deirequilibrio politico, ii e segg. — Id.
dell'equilibrio mercantile, iv e segg. —
La p. degli interessi dinastici (Congresso
di Vienna del 1815), ti. — • Nuova epoca
iniziata dal trattato di Parigi del 1856,
ivi. — Come i trattati posteriori ab-
biano sviluppato il concetto della tu-
tela giuridica collettiva, vn.
Polonia (Spartizione del'a). Prima sparti-
zione (TratUti del 1772), xliii. — Se-
conda spartizione (Trattati di Orodno
del 1793), XLix. — Terza spartizione
(Convenzione di Pietroburgo del 1795),l.
Pomerania. Ceduta dalla Svezia alla Da-
nimarca e dalla Danimarca alla Prussia,
LXXV.
Posen (Granducato di). Unito alla Prussia
(Atto di Vienna, 1815), lxxix.
Praga (Trattato di), del 1866 fra Prussia
e Austria, cxii e segg.
Presburgo (Pace di), del 1805 fra TAustria
e la Francia, lxi; - perdite con essa
fatte dairAustria, lxii.
Principati Uniti. Loro ordinamento, xcvin
e seg. (W . Moldavia, Rutnenia,Val(ichf a).
Prìncipi mediatizzati tedeschi. Disposizioni
dell'Atto generale di Vienna del 1815
a loro riguardo, lxxxi.
Proprietà industriale (Protezione della).
Convenzione di Berna del 1883 al ri-
guardo, CL.
^ letteraria ed artistica (Protezione della).
Convenzione di Berna del 1886 al ri-
guardo, GLI.
Protettorati. Regole stabilite dal trattato
di Berlino, 1885, per la loro iititux.,GXU
Provinde illiriche. Formazione (Schfin-
brunn, 1809), Lxn.
— Unite. Orìgine, XII ; - rìconoscimento,
XX. (V. Pace di MUnster.)
Prussia. Trattamento fattole al Ck>ngree80
di Vienna del 1815, lxxix. — Posta a
capo della Germania dal trattato di
Praga, 1866, cxnL
Quadruplice alleanza (Trattato di) del
1 718 fra Gran Bretagna, Francia, Olanda
e Imperatore, xxxv.
Questione danese. Trattati ad essa rela-
tivi, XGT.
— dell'Alabama, cxix e segg. — • Trat-
tato di Washington del 1871, cxx; —
Arbitrato di Ginevra, cxx e segg.
— del Lussemburgo, gxit.
Rapporto della Commissione delllmpero
del 1803, Lvii e segg. — Secolarìzza-
zione del terrìtorìo immediato della
Chiesa nell'Impero tedesco, lviii.
Rastadt (Congresso di), del 1797-1799,
LIT, LTUI.
Ratisbona (Trattoto di), del 1630 fra l'im-
peratore Ferdinando II e Luigi XIII di
Francia, xni. ~
* Recès , o Rapporto della Commissione
dell'Impero del 1803, lth; - secolariz-
zazione del territorio immediato della
Chiesa, LTm.
Reggio (Ducato di). Assegnato a Casa di
Este (Atto di Vienna, 1815), lxzxu.
Reichenl>ach (Convenzioni di), del 1813
fra Gran Bretagna, Russia e Prussia
contro Napoleone, lxzit.
Religione luterana. Acquista ima posi-
zione legale accanto a quella catto-
lica, XII.
Repubblica Cisalpina. Sua costituzione, l.
— Annessioni ad essa (atte col trattato
di Campoformio, lui. — Prende fl ti-
tolo di Regno dltalia, lxi.
— delle sette Isole Ionie. Sno ricono-
scimento (Amiens, 1802), ltu.
-- di Venezia. Divisione dei snoi territori
(Campoformio, 1717), Lin.
— Elvetica. Trasfonnaxione in esMt della
Svizzera, lxt.
38
Indice alfabetióo-anaUUóo
Repubblica Ligure. Compresa nel Irattdi
Ludo ville, lvi. — Unita alla Francia, lxi.
— Olandese, origine, xii.
— Partenopea. Trasformazione in essa
di Napoli, Liv.
— Romana. Trasformazione in essa di
Roma, LIT.
* Reservatum ecclesiasticum ,, xii, xvii.
Roma. Sua trasformazione nella Repub-
blica Romani, uv.
Rungen (Isola di) Ceduta dalla Svezia
alla Danimarca , poi dalla Danimarca
alla Prussia, lxxi.
Rumelia orientale (Provincia della). Sti-
pulazioni del trattato di Berlino, 1878,
ad essa relative, cxxviii. — Suo statuto
organico, cxxxvii.
Rumenia. Riconoscimento della sua indi-
pendenza e stipulazioni ad essa relative
del trattato di Vienna, 1878, cxxxiv.
Ry^wyk (Pace di), del 1697, xxv; - pone
fine alla guerra d'Orleans, ivi.
Samogizia. Occupati dalla Russia nella
spartizione della Polonia, l.
San Salvador (Trattato di), del 1889 di
Confederazione fra Repubbliche del-
l'America centrale, clv.
Santa Alleanza (TratUto della), del 1815
fra Austria, Prussia e Russia, lxxxviii.
— La Francia entra a farne parte,
Lxxxix. — Congressi relativi agli inter-
venti armati, lxxxix.
Santa Lucia. Ritenuta dairingbilterra (Pa-
rigi, I81i), LXXTII.
Sant'lldefonso (Trattato di), del 1796 di
alleanza tra Francia e Spagna, l. ~
Id. del 1800, lvi, lix e segg.
Santo Stefano (Trattato di), del 1878 fra
Russia e Turchia, cxxiv.
Sardegna (Isola di). Ceduta al duca di
Savoia, xxxvf.
Sassonia (Elettorato di). Trasferito dalla
linea Ernestina a quella Albertina, xi.
-^ (Regno di). Posizione fattagli dal trat-
tato di Praga, 1866, cxiir.
Savoia. Ceduta alla Repubblica francese
(Pai ii?i, 1896), Lii. — Ritorna al Re di
Sardegna (Alto di Vienna, 1815), lxxxu.
— Sua neutralizzazione, ivi. — Deter-
minazione de* suoi confini (Parigi, 1815),
Lxxxvi. — Ceduta alla Francia, ci.
Scbelda. Chiusura, xx.
Schiavi (Tratta degli). Disposizioni del-
TAtto finale di Vienna, 18 lo, per la
sua repressione, lxxxiv. — Id. del trat-
tato di Berlino, 1 ""Sd, cxl. — Id. delPAtto
generale apUschia vista di Bruxelles,
1890, cxLiv.
Schleswig e Holstein (Ducati di). Que-
stione dei, cv e segg. — Trattali ad
essa relativi: - Vienna, 1864, C7ii; -
Gastein, 1865, cviii; - Nikolsburg, 1866,
GXt; - Praga, 18 6, cxii.
Schmalkalden (Convenzione dì), del loSO,
XI; - Lega del 1531, in.
Schònbrunn (Trattato di), del 1809 fra
Napoleone e l'Austria, lxtiii.
Secolarizzazione del territorio immediato
della Chiesa nelPImp. germanico, ltiii.
Senegal. Retrocesso alla Francia dalla
Gran Bretagna, XLvn.
Serbia. Ottiene un'amministrazione in-
terna propria (Bukarest, 1812), lxx. ^
Stipulazioni a suo riguardo del trattato
di Parigi, 1856,xcvii. — Riconoscimento
della sua indipendenza e stipulazioni
relative del tratUto di Berlino,' 1878,
cxxxii e segg.
Sicilia (Isola di). Ceduta al duca di Sa-
voia, xxxn; - cambiata colla Sardegna,
XXX vi.
Società intemazionale. Nuovo indirizzo
iniziato nel suo ordinamento dal trat-
tato di Parigi del 1856, yu. — Come
per provvedere al suo ordinamento giu-
ridico occorra attribuire ai Congressi
l'autorità di proclamare il Diritto co-
mune e di curarne il rispetto, cltiii.
Spartizione della Monarchia spagnuola
(Trattati di), xxvn, xxyiil
— della Polonia (Trattati di). (V. PoUmia.)
Stati Uniti d'America. Riconoscimento
della loro indipendenza, xlyii.
Stato dei Presidi. Unito al Granducato di
Toscana (Atto di Vienna, 1815), Lxxxin.
Stettino. Ceduta dalla Svezia alla Prussia,
XXXVII.
Strasburgo. Presa da Luigi XIV nel 1681,
xxv.
Stretti (Convenzione degli), del 1841 fra
Gran Bretagna, Austria, Prussia, Russia
e la Turchia, xeni. — Modificazioni ap-
portatevi col trattato di Londra del
1871, cxTiii.
— (Chiusura degli). Come la i-egola della
del Diritto interttoMonaU eodifieato
66
• sia enlrata a far parte del Diritto
pubblico scritto dell'Earopa.
Suez (Canale di). Trattato di Costantino-
poli, i 888» per la sua navigazione, cxli
e segg.
Sund e Belts. Tassa di transito per essi
ceduta dalla Svezia alla Danimarca,
XXZVII.
Supremazia commerciale (Politica della),
IT e segg.
Svizzera. Le è riconosciuto il diritto di
essere separata e indipendente (Vest-
falia, 1648), XTi. — Trasformata in Re-
pubblica Elvetica, liv. — Posizione fat-
tale dall'Atto finale di Vienna del 1815,
Lzxxii; - sua neutralizzazione, M e
LXXXVI.
T
Tabago. Ritenuta dairinghilterra (Parigi,
1814), LZXYII.
Tariffe doganali (Pubblicazione delle).
Convenzione di Bruxelles del 1890 al
riguardo, cxux.
Tenda (Contea di). Ceduta alla Repubblica
francese, ui.
Terra Nuova. Ceduta dalla Francia alia
Qran Bretagna (Utrecht, 1713), xxx.
Teschen (Trattato di), del 1779 fra Fede-
rico il Grande di Prussia e Maria Te-
resa d'Austria, xlvi.
Texas. Cessione agli Stati Uniti, xcv.
Thorn. Occupato dalla Prussia nella spar-
tizione della Polonia, l.
Tiflis (Trattato di), del 18Ì9 fra Russia
e Persia, xc.
Tilsit (Trattato di) del 1807, di alleanza
fra Napoleone e la Russia, lxv, lxviii;
- art. segreti, lxvi. — Id. del 1807 di
pace fra Russia e Prussia e Napoleone,
LXiii e segg.; - suoi art. segreti, lxv.
Titolo. Ceduto dall* Austria alla Baviera
(Presburgo, 1805), lxii.
Tolentino (Trattato di), del 1797 fra la
Francia e il Papa, lii.
Toplitz (Trattati di), del 1818 fra Gran
Bretagna, Prussia, Russia e Austria
contro Napoleone, lxxiv.
Torino (TratUto di), del 1860 fra Sardegna
e Francia di cessione della Savoia e del
circondario di Nizza, ci.
Toscana. Restituita alla Gasa di Lorena
(Atto di Vienna, 181^), lxxxiii.
Tourkmantchal (TratUto di), del 1829 fra
Russia e Prussia, xc.
Trento. Ceduta dalF Austria alla Baviera;
(Presburgo, 1805), lxii.
Tribunale arbitrale fra Repubbliche del-
TAmerica centrale, gliii.
Trieste. Ceduta dall'Austria a Napoleone I
(ScbOnbrunn, 1809), lxix.
Trinità. Ceduta alla Gran Bretagna dalla
Spagna (Amìens, 1702), lvii.
Trino. Ceduta al Duca di Savoia (Che-
rasco, 1631), xiii.
Triplice alleanza (Trattoto di), del 1668
fra Inghilterra, Olanda e Svezia, xxiii.
— Id. del 1717 tra Francia, Gran Bre-
tagna e Olanda, xxxt.
Troppau (Congresso di), del 1890 fra Au-
stria, Prussia e Russia, lxxxix.
Turchia asiatica. Disposizioni del trattato
di Berlino, 1878, ad essa relative, cxxxv.
— europea. Stipulazioni del trattato di
Berlino, 1878, ad essa relative, cxxx.
TJ
Uffizio internazionale dell'Unione per la
protezione della proprietà industriale,
CL. — Id. per la protezione della pro-
prietà letteraria ed artistica, cu. •
Ulm (Trattato di), del 1620, xni.
Unione evangelica. Suoi intenti, n.
— internazionale per la protezione della
proprietà industriale, cl. — Id. per la
protezione della proprietà letteraria ed
artistica, cu.
Unkiar-Skelessi (Trattato di), del 1833
di alleanza fra Russia e Turchia, xc:i.
Utrecht (Pace di), del 171314,xxixe segg.;
- pone fine alla guerra per la succes-
sione di Spagna, xxix; - sue più im-
portanti stipulazioni, xxx e segg.
— (Unione di), del 1579, origine della
Repubblica olandese, xil
Valachia. Restituita alla Turchia col trat-
tato di Kutschuk, 1774, xuT. ^ Pattuita
la sua cessione alla Russia fra Napo-
leone e Alessandro I (Erfurth, 1808),
LXVIII. — Regolamento del modo di
elezione deirOspodaro, lxxxix. — Sti-
pulazione a suo riguardo del trattato
di Parigi del 1856, xcvu.
40
tndéoe eUfaheHeo-anaUUoo
Varsaria. Occupata dalla Prussia nella
spartizione della Polonia, l. — 11 Gran-
ducato di V. riunito alla Russia come
Regno di Polonia (Atto di Vienna, 1815),
LXZIX.
Venezia (Repubblica di). Divistone del suo
territorio (Gampoformio, 1797), lui.
Verona (Ck)ngres8o di), del 183S fra An-
strìa, Prussia e Russia, lxxzix.
Versailles (TratUto di), del 1783 fra Gran
Bretagna, Francia e Spagna, xltii.
Vestfalia (Regno di), sua formazione, lzit.
*— (Trattato di). Proclama la separazione
degl'interessi della Chiesa da quelli dello
Stato, II. — Come da esso cominci la
storia moderna del D. internazionale,
fri. — Come non provvedesse a risol-
vere il problema deirequilibrio giuri-
dico, tri, — Suoi principali provvedi-
menti, ziv; - relativi alla Svezia, <pt; -
alla Francia, zv; - agli Stati dell*Im-
pero, ivi; - alla Svizzera, zvi; - alla
Dieta imperiale, xvii,* - alla religione,
tri, — Come abbia spianato la via allo
sviluppo della potenza della Prussia, ziz.
Vienna (Trattato di), del 1735-1738 tra
Francia e Impero, xzxviii. — Id. del
1809 fra Napoleone e TAustria, lxviii.
— Id. del 1816. (V. Congresso di Vienna,)
— Id. de) 1864 fra Prussia, Russia e
Danimarca relative alla questione dei
ducati di Schleswig e Holsteln, em e
s^??- — ^d- <^6l 1^6 fcsL Austria e Fran-
cia (Cessione del Regno Lombardo- Ve-
neto), GII, ex. — Id. del 1866 di pace
tm Italia e Austria, gil — Id. del 1866
fra Austria e Francia (Cessione del
regno Lombardo- Veneto), cu.
ViUafranca (Preliminari di pace di), del
1859, G.
Volinia. Occupata dalla Russia nella spar-
tizione della Polonia^ l.
Washington (TratUto di), del 1871 fra
ringhilterra e gli Stati Uniti per la que-
stione deir Alabama, cxx.
Wheaton. Sulla pace di Vestfalia, xrx.
Wittemberg (Capitolazione di), del 1647,
XI ; - trasferimento dell* Elettorato di
Sassonia dalla linea ErnesUna a quella
Albertina, tvt; - origine dei dacatì aas-
soni, ivi.
Wurtemberg. Sua trasformazione da Elet-
torato in Regno, lxil
z
Zurigo (Trattati di), del 1859 fra Anstrìa
e Sardegna, fhi Austria e Francia e fra
Austria, Sardegna e Francia, e e segg.
FiNK DEL VOLTJMtt
il
INDICE DELLE MATERIE
Ai lOEi LKTTOBi Pog, 1
INTRODUZIONE.
CAPITOLO I. — Considerazioni generali cmll^ordinamento della
società intemasionale » 3
1. Considerazioni storiche sul concetto di una comunità di diritto fra i
diversi popoli. — 2. Condizione attuale dolla Società degli Stati. —
3. Necessità di darle una forma di organizzazione più razionale e di
trovare un sistema di protezione del diritto da cui questa debba essere
retta. — 4. Insufficienza dei vari progetti formati al riguardo. — 5. Il
concorso delle scienze e di tutte le forze intellettuali dei vari paesi e
indispensabile per risolvere il problema in modo completo.
CAPITOLO n. — La vera missione della scienza. I diritti inter-
nazionali dello Stato, dell'uomo, delle collettività — delle
Chiese, delle genti non incivilite » 31
6. Come la scienza del Diritto internazionale deve prestare il suo con-
corso per la soluzione completa del problema della organizzazione giuri-
dica della Società intertiazionale. — 7. Via tenuta finora. — 8. Necessità
di determinare i diritti di tutti quelli che fanno parte della Società inter-
nazionale. — 9. I soggetti del Diritto internazionale. — 10. Gli Stati,
ruomo, i popoli, le nazionalità, le Chiese, le collettività. — 11. Diritti
intemazionali appartenenti a ciascuno di questi soggetti. — 12. La col-
lettività come soggetto del diritto internazionale. — 13. L* equilibrio fra
la Chiesa e lo Stato. — 14. Linee generali del sistema più efficace per
dare alla Società internazionale la sua vera organizzazione.
CAPITOLO HL — Bella proclamazione del Diritto intemazio-
nale e della sua tutela giuridica » 60
15. Modo in cui la legge comune dev'essere promulgata. — 16. Il
Congresso: sua autorità. — 17. Modo di sua costituzione. — 18. La
Confederazione degli Stati come mezzo per mantenere 1* ordine nella Società
intemazionale. — 19. La codificazione del Diritto intemazionale. —
20. Modo di dare piena efficacia alla giurisdizione internazionale. —
21. La oonferenza. — 22. La giurisdizione arbitrale. — 23. Modo di
dare ad essa pieaa efficacia. — 24. L'azione diplomatica, i buoni uffici,
la mediazione. — 25. Efficacia della discussione pubblica. — 26. Mezzi
coercitivi all'infuori della guerra. — 27. Conclusione.
42
tfuUee delle materie
CAPITOLO rv. — Objetto del presente Volume. — Fonti delle
regole giuridiche in esso riunite. — Partixione della trat-
tazione Pitg.
28. Si espone il concetto della trattazione. — 29. Si spiega il titolo
dato al presente volume. — 30. Efficacia pratica del Diritto scientifico.
— 31. Fonti alle quali sono state attinte le regole codificate. — 32. Im-
portanza delle convinzioni giuridiche- popolari. — 33. Gli scrittori e il
Diritto storico. — 34. Partizione di tutta la trattazione.
79
PRINCIPII FONDAMENTALI.
Il Dirìtto intemazionale e la sua definizione 1
Partizione generale 2-5
Partizione del Diritto internazionale positivo 6-10
Forza obbligatoria del Diritto intemazionale 11-16
Della < comitas gentium » 16-20
Impero e portata del Diritto internazionale 21-25
Tutela giuridica del Diritto internazionale 26-29 .
La scienza del Diritto internazionale 30, 31 . .
Pag.
97
tri
99
100
102
104
106
107
LIBRO PRIMO.
Delle persone e degli enti soggetti al Diritto intemasio-
nàle Pag. 108
PARTE QENEBAIiE. — Diritti intemanonali delle persone e
degli enti
A chi possa essere attribuito il carattere di persona 32,33 . . .
Lo Stato è persona 34, 35
L'uomo e la Chiesa sono persone della società intemazionale 36, 37
Enti morali che sono persone 38, 39
> soggetti al Diritto intemazionale 40-43
Condizione giuridica del popolo, della nazione 44, ^
> delle genti incivili 46,47
> delle persone giuridiche 48
Diritti intemazionali dello Stato 49-55
» » dell'uomo 56, 57
» » della Chiesa 58-61
» » del popolo e delle nazioni 62-67
» > dei Corpi morali 68, 69
FABTE SPECIAIiE. — Acquisto, godimento, esercizio e perdita
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dei diritti — Doveri internazionali
TITOLO I. — Della personalità 70-72
Riconoscimento di uno Stato 73-88
Della costituzione politica dello Stato in rapporto alla sua perso
nalità 89-93
Condizione delle colonie 94-96
Rapporto di protettorato 97-102
VassaUaggio 103-106
La guerra cinle in ralazione alla personalità dello Stato 107-117 .
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Indice delle materie
43
Cessione e annessione 118-135 Pttg 132
Come h) Stato perde la sua personalità 186-140 » 139
TITOLO II. — Autonomia ed indipendenza della sovranità delio Stato 141-145
Del diritto di autonomia 146-152
Dell'indipendenza della sovranità 153-156
Autonomia del potere legislativo 157-171
» » > giudiziario 172-174
Autorità delle sentenze civili dei tribunali stranieri 175-178 • . .
Principii razionali circa l'efficacia d'una sentenza civile straniera 179-182
Autorità delle sentenze penali straniere 183, 184
Autonomia del potere esecutivo 185-190
TITOLO III. — Acquisto della sovranità territoriale 191-195 . . .
Acquisto della sovranità mediante l'occnpazione 196-200 ....
Quando T occupazione possa ritenersi giuridicamente attuata 201,202
Scoperta di una regione e sua occupazione 203-205
Effetti giuridici dell'occupazione 206-209
Acquisto della sovranità mediante accessione 210
» > » per prescrizione 211-213
Tempo per attuare la prescrizione 214
Acquisto della sovranrtà mediante cessione 215-217
Esercizio dei diritti di sovranità territoriale 218-220
TITOLO lY. — Diritto d'Imperio e di giurisdizione 221 ... .
Qiurisdizione a riguardo dei cittadini 222-227
> rispetto agli stranieri 228-232
Espulsione degli stranieri 233-237
Della giurisdizione penale 238-241
Giurisdizione penale rispetto ai pirati 242-246
> rispetto ai ministri sti'anierì 247-252
» 9 ai consoli stranieri 253-256
» > ai Sovrani sti*anieri 257, 258
» » agli Stati ed ai Governi stranieri 259-267 .
> a riguardo dei beni 268-271 .
sulle acque territoriali 272-278
sui fiumi, golfi, laghi mediterranei 279-283 . . .
sugli strotti 284
penale sulle acque territoriali 285-289
rispetto ai porti e alle rade 290-293
sulle navi mercantili 294-300
penale sulle navi mercantili 301-304
a riguardo delle navi da gueiTa e delle persone del
equipaggio 305-313
rispetto alle navi postali 314-318
loro
TITOLO V. — Luoghi sottratti alla giuriadlziono delia sovranità torri
toriale
DoU'estraterritorialità 319, 320
Località sottratte alla giurisdizione del Sovrano territoriale 321,322
Come si perde il privilegio dell' estraterrìtorialità 323, 324 ....
Località addette alle legazioni 325-329
Consolati 330-332
Palazzi e oasa addetti al ministro straniero 333-340
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44 Tndiee détte nuUeru
Gìnrisdìzìone rispetto all^esercito straniero aoqoartierato 341-344 Pag
Paesi ove sono in vigore le Gafùtolazioni 345-349 * .
Località addette alla Santa Sede 350-357
TITOLO VI. — Dell'eguaglianza giuridica degli Stati 358-361 . . .
Disugnaglianze di fatto 362-365
Rispetto della personalità morale e dell'onore 366-371
Cerimoniale marittimo 372-380
Equilibrio politico 381-385
TITOLO Vn. — Del diritto di rappresentanza 386, 387 .... .
H Sovrano e la sna famiglia 388-391
Rappresentanti legali dello Stato 392-394
A chi spetta il diritto d'inviare gli agenti diplomatici 395-402 . .
Come il carattere di rappresentante dello Stato si stabilisca 403
Accettazione dell'agente diplomatico nominato 404-406
Estensione dei poteri dell'agente diplomatico 407-410
Diritti degli agenti diplomatici 411, 412
Privilegi e prerogative degli agenti diplomatici 413-417 ....
Dell' estratorritorialità degli agenti diplomatici 418-420
Offese contro i ministri stranieri 421-427
Inviolabilità della corrispondenza 428, 429
Esercizio del diritto di Legazione a rigaardo dei terzi Stati 430-433
Diritto delle persone addette alla Legazione 434-438
Ricevimento degli agenti diplomatici, precedenza, visite ufficiali 439
Sospensione della missione e dei poteri di un agente diplomatico 440, 441
Cessazione dei poteri dell'agente diplomatico 442,443
Usurpazione delle funzioni diplomatiche, 444
Consoli 445, 446
Prerogative dei consoli secondo il Diritto comune 447-453 . . .
Degli agenti consolari 454, 455
Attribuzione dei consoli secondo il Diritto convenzionale 456-458 .
TITOLO Yin. - Della protezione del cittadini 459, 460
Giusti limiti della protezione 461-463
Protezione esercitata per mezzo dei consoli 464-466
Attribuzioni dei consoli 467-474
TITOLO IX. — Doveri internazionali degli Stati 475-477 ....
Dovere di non intervento 478-486
» d'ingerenza collettiva per la tutela del Diritto intemazionale
487-489
Si enunciano i casi, nei quali può sorgere il dovere d'ingerenza col
lettiva 490-494
Dovere di mutua assistenza 495, 496
Assistenza alle navi straniere ohe domandino rifugio 497-501 . .
> » » » in caso di sinistro di mare o di naufra
gio 502-504
Regole riguardo al salvataggio 505-510
Assistenza per facilitare l'amministrazione della giustizia 511-513 .
Obbligo di procedere all'esecuzione di una rogatoria 514, 515 . .
Assistenza per l'amministrazione della giustizia penale 516-518 . .
Doveri di umanità 519-521
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Indice delle materie
45
TITOLO X. — Dei diritti e doveri internazionali deil'uomo 522 .
Diritto di libera attività 523-526
* di libero traffico 527-530
» di proprietà 531-539
Inviolabilità e libertà personale 540-542
> personale dei negri 543-548
Diritto di libertà di coscienza 549-552
Diritti internazionali dell'uomo come cittadino 553-557
Diritto di eleggere e rinunciare alla cittadinanza 558-562 ....
Prova della cittadinanza 563-566
Necessità di un diritto uniforme relativamente alla cittadinanza 567, 568
Regole por l'attribuzione della cittadinanza 569-579
Doveri internazionali dell'uomo 580, 581
Tutela giuridica dei diritti intemazionali dell'uomo 582 ....
TITOLO XI. — Dei diritti e doveri intemazionaii delia Chieea 583, 584
Libera costituzione della Chiesa 585-587
Libero governo della Chiesa 588-594
Inviolabilità del Capo della Chiosa 595-597
Diritto di rappresentanza della Chiesa 598-600
Doveri intemazionali della Chiesa 601-603
Relazioni della Chiesa collo Stato 604-611
Tutela giuridica doi dirìtti e doveri intemazionali della Chiesa 612, 613
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LIBRO SECONDO.
Delle obbligazioni intemazionali Pag. 289
TITOLO I. — Regole generali e fondamentali 614-621
Natura diversa delle obbligazioni 622-624
TITOLO II. — Dei Trattati e dei requisiti per la loro validità . . .
Dei Trattati in generale 625-627
Requisiti per la validità di un Trattato 628
Della capacità per concludere un Trattato 629, 630 . . .
Delle persone competenti a concludere un Trattato 631-633
Della ratifica del Trattato 634-636
Del consenso richiesto per la validità d*un Trattato 637-640
Materia lecita 641-644
Requisiti estrinseci e di forma 645-649
TITOLO III. — Efficacia dei Trattati e loro eeecuzione . . . .
Inviolabilità doi Trattati 650-653
Effetti dei Trattati 654-659
» » > rispetto ai terzi 660-664
Esecuzione dei Trattati 665-669
Dei mezzi leciti per assicurare l'esecuzione dei Trattati 670-672 .
Garanzia da parte di un terzo Stato 673, 674
Obbligazioni derivanti dalla garanzia 675-677
Interpretazione dei Trattati 678, 679
Regole di interpretazione grammaticale 680-685
» > » logica 686-695
Autorità competente ad interpretare on Trattato 696-699 . . .
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46 Indice delle maierie
Autorità competente a risolvere le cootroversie relative ad un Trattato
700-704 Poff. 312
TITOLO IV. — Annullamento, rivooazione, estinzione dei Trattati 705-708
Giudizio circa Tannullamento di un Trattato 709-717
Proroga o rinnovamento dei Trattati 718-721 . »
Estinzione dei Trattati 722, 723
TITOLO V. — Del Trattati speciali 724-726
Trattati di cessione 727-730
» di commercio 731-741
Convenzioni consolari 742-744
Capitolazioni 745-748
Trattato di protettorato 749-755
Trattati di signoria e di vassallaggio 756-761
Trattato di confederazione 762-765
» di alleanza politica 766-772
» » pacifica 773, 774
Trattati dMnteresso comune 775-780
Trattato di estradizione 781-785
Delle convenzioni tra il Capo della Chiesa e il Capo dello Stato. Con
cordati 786-790
Convenzioni di guerra e trattato di pace 791
TITOLO VI. — Obbligazioni internazionali che nascono senza conven
zlone 792
Obbligazioni nascenti da fatti leciti 793-795
Obbligazione nascente da fatto illecito 796-798
» del rifacimento del danno fondata sulla responsabilità diretta
799-805
Obbligazione di rifacimento del danno per responsabilità indiretta
806-811
LIBRO TERZO.
315
316
319
320
321
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ivi
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352
Delle cose e dei beni nei loro rapporti col Diritto intemazio-
nale 812, 813 Pag. 355
TITOLO I. — Regole internazionali circa le cose comuni 814, 815 . > 356
Libero mare, libera navigazione 816-818 » tr»
Polizia a bordo della nave in alto mare 819-821 « 357
» della navigazione 822-824 » 358
Visita delle navi che trasportino schiavi 825-829 > 359
Navi dedite alla pirateria 830-833 * 360
Diritti al saluto 834 » 361
Regole della navigazione 835-840 » 362
» » ^ secondo le esigenze e la pratica degli uomini
di maro 841 » 364
Regole concernenti i fanali 842 ^ iVt"
Segnali acustici per la nebbia 843 > 365
Norme generali pel governo della nave e per la manovra 844-846 . » ivi
Regole di navigazione nelle acque territoriali 847 » 366
Conseguenze in caso di urti di navi {abordage) 848 » 367
Regolam*ento dei danni in caso ^^abordage 849 * ivi
Indice delle materie 47
Regole circa il tribuDale competente 850 Pag. 368
369
371
372
Fiumi internazionali 851, 852
Regole per la navigazione dei fiumi intemazionali 853-856 . . .
Diritti 0 doveri degli Stati frontisti 857, 858
Regolamento di navigazione fluviale secondo i principi! del Diritto
comune 859-861
Regolo circa le tasse di navigazione noi fiumi internazionali 862-867
Pilotaggio obbligatorio 868
Cabottaggio 869
Tutela giuridica dei regolamenti 870, 871
Ck>mpetenza per le controvei*sie circa la navigazione fluviale 872, 873
Fiume navigabile che scoiTa pel territorio di un solo Stato 874, 875
Navigazione dei fiumi internazionali secondo il diritto positivo 876-878
Canali navigabili artificiali 879-883
Libertà degli Stretti 884-888
Limitazione alla libertà degli Stretti 889, 890
TITOLO II. — Delle cose ohe eono nel poeeeeeo oiurldico di ciaecuno
Stato
Territorio dello Stato e sue adiacenze 891, 892
Limiti del territorio 893, 894
Linea di confine rispetto ai monti 895
» » » ai fiumi 896-898
Beni patrimoniali di ciascuno Stato 899-902
Diritti della sovranità rispetto al patrimonio dello Stato 903 . . .
Limitazione dei diritti sulle acque ten-itoriali 904-906
Cabottaggio riservato ai cittadini 907
Uso delle strade e delle vie di comunicazione 908, 909 ....
> innocuo degli istmi 910
» » delle strade ferrate 911-913
Regolamento ferroviario internazionale 914-916
Regole circa il trasporto delle merci sulle ferrovie internazionali 917-924
Uso delle linee telegrafiche 925-929
Norme per T esercizio internazionale della telegrafia 930-933 . . .
Violazione dei dispacci di transito 934, 935
Cavi sottomarini 936-939
Servizio internazionale della Posta '940-943
Delle imposte 944-946
Sistoma doganale 947-950
» » imposto ad uno Stato 951, 952
Colonie 953-958
Servitù intemazionali 959-963
Della comunione 964, 965
TITOLO m. — Dei beni appartenenti ai privati 966-969 ....
Norme in mancanza di trattati 970, 971
Diritti dol proprietario sui boni che gli appartengono 972-979
Proprietà letteraria ed artistica 980-983
Opero meritevoli di protezione 984
Condizioni per la protezione della proprietà letteraria 985-987 .
Nome commerciale 988-992
Protezione delle marche di fabbrica e di commercio 993-996.
Eguaglianza di trattamento degli stranieri e dei cittadini 997-999
Necessità di un Diritto comune convenzionale 1000
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48 Indice delle materie
Priyilegio fondato sul brevetto dMnyenzione 1001, 1002 . . . Pag. 414
Protezione intemazionale dei brevetti 1003-1006 » 415
Della nave mercantile e dei suoi diritti 1007, 1006 > 416
Nazionalità della nave mercantile 1009-1011 , '. > ivi
Prova della nazionalità della nave 1012-1014 > 417
Ipoteca e diritti reali sulla nave 1015-1017 » 418
LIBRO QUARTO.
Della tutela giuridioa del Diritto intemaraonale e dei messi
per risolvere le controversie intemasionalì 1018 . . Pag, 420
TITOLO I. — Delle istituzioni per la tutela giuridica del Diritto intoma-
zionale
Del Congresso e della sua costituzione 1019-1024
Durata del Congresso 1025
Autorità del Congresso 1026-1034
Procedimento 1035-1038
Sanzione delle decisioni di un Congresso 1039-1041
Esecuzioni delle decisioni del Congresso mediante la forza armata
1042, 1043
Della Conferenza 1044, 1045
Competenza della Conferenza 1046
Procedimento 1047-1053
Sanzione delle deliberazioni di una Conferenza 1054, 1055 . . .
Del Tribunale arbitrale 1056-1058
Formazione del Tribunale arbitrale 1059-1064
Capacità per essere arbitro 1065-1068
Rifiuto di sottomettersi alla giurisdizione arbitrale 1069, 1070 . .
Appello alla Conferenza 1071-1074
Procedimento dinanzi al Tribunale arbitrale 1075-1079
Estinzione o sospensione del compromesso 1080-1083
Della ricusazione deirarbitro designato 1084, 1065
Giudizio del Tribunale arbitrale 1086-1094
Norme per pronunciare la sentenza 1095-1103
Efficacia della sentenza 1104-1109
Motivi di nullità di una sentenza arbitrale 1110-1115
Dei congegni diplomatici 1116, 1117
Buoni uffici 1118-1121
Mediazione 1122-1125
TITOLO IL -^ Del mezzi coercitivi durante la pace 1126 ... .
Quando l'uso dei mozzi coercitivi può essere lecito 1127, 1128 . .
Della ritorsione 1129, 1130
Delle rappresaglie 1131-1134
Del blocco commerciale 1135-1143
TITOLO III. — Delia guerra e dei suoi efTeiti generali 1144
Quando la guerra può essere reputata legittima 1145 . .
Della dichiarazione di guerra 1146-1149
Quando la guerra esista di fatto 1150
» » potrà reputarsi' regolarmente fatta 1151 .
Leggi ed usi di guerra 1152-1154
Metti immediati della guerra 1155-U58
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Indice delle materie 49
TITOLO lY. — A ohi spetti l'Meroizio dei diritti delia guerra 1159 Pag. 463
Chi può essere qualificato belligoraDte 1160-1163 > ivi
Forza militare dello Stato 1164-1166 » 464
Corpi franchi - Milizie di volontari 1167, 1168 » m
Armata 1169-1173 » 465
Chi non ha diritto di essere qualificato belligerante 1174-1177 . . » 466
Navi mercantili che facciano atti di guerra 1178-1180 » 467
Persone addette al servizio delle milizie 1181, 1182 » 468
TITOLO V. — Oetiiità permeeee in guerra — iNezzi d'aeeaito e di difésa
1183, 1184
Ostilità in opposizione alle leggi ed agli usi di guerra 1185, 1186 .
Mezzi leciti per l'assalto e la difesa 1187
Assedio e blocco 1188-1191
Diritti rispetto alle persone in caso d'assedio 1192-1195 ....
Del bombardamento 1196-1201
Distruzione ed incendio 1202-1206
Saccheggio 1207, 1208
Stratagemmi e sorpreso 1200-1211
TITOLO VI. — Diritti dei lieiiigerante oontro ie persone di parte nemica
Diritti durante il combattimento 1212, 1213
Atti di ostilità inibiti 1214, 1215
Diritti verso coloro che cadono in potere del nemico 1216-1218
Doveri dei belligeranti rispetto ai prigionieri dì guerra 1219-1222 .
Diritti rispetto ai prigionieri di guerra 1223-1228
Convenzioni relativo allo scambio ed al rilascio dei prigionieri 1229-1232
Parola d'onore dei prigionieri 1233-1236
Degli ostaggi 1237-1239
Doveri dei belligeranti riguardo ai feriti e malati 1240-1244 . . .
Ambulanze, ospedali, servizio sanitario 1245-1248
Diritti sul materiale degli ospedali 1249
Feriti ricoverati in case private 1250
. già curati 1251, 1252
Norme circa i feriti o malati nella guerra marittima 1253, 1254
Quando possa essere negato ogni beneficio di neutralità 1255 . .
Doveri verso i morti in battaglia 1256-1259
Delle spie 1260-1263
Diritti pei belligeranti rispetto alle spie 1264, 1265
Delle guide 1266, 1267
Dei parlamentari 1268-1273
Diritti dei belligeranti contro le persone che non facciano parte dell' eser
cito 1274, 1275
Dei disertori 1276, 1277
TITOLO yn. — Diritti dei lieliigerante sui beni del nemico 1278, 1279
Espropriazione forzata dei beni privati 1280, 1281 > ivi
Delle requisizioni 1282-1286 » 495
Delle contribuzioni di guerra 1287-1289 » 496
Bottino di guen-a 1290, 1291 » 497
Diritto di preda nella guerra marittima 1292 » 498
Come il diritto di preda debba essere esercitato 1293-1296 . . . > ivi
Navi e oggetti esenti dalla cattura 1297-1302 > 499
52 — FioBK, Dir, intern, codif.
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Indice deUe matèrie
Piroscafi postali 1303 Pag, 500
Chi può esercitare il diritto di preda e dove 1304-1306 . . . . > 501
Equipaggi delle navi nemiche predate 1307, 1308 > 502
Sequestro e Talidità della cattura 1309, 1310 > tri
Navi mercantili nazionali ripreso 1311 > 503
TITOLO Vili. — Dell'occupazione militare e delle eue conseguenze giuri
diche 1312
Come r occupazione diventi effettiva 1313,13 14
Conseguenze immediate doU'occupazione militare 1315-1318 . .
Diritti dell'occupante rispetto alle persone 1319-1323 ....
Provvedimenti di sicurezza 1324, 1325
Leggi- e condanne penali 1326, 1327
Diritti dell'occupante nell'esercizio del potere legislativo 1328-1330
Pubblica amministrazione 1331, 1332
Diritti dell'occupante rispetto ai beni 1333-1336
Ferrovie e telegrafi appartenenti ai privati 1337
Diritti dell'occupante a riguardo delle imposte 1338
Servizi pubblici 1339
TITOLO IX. — Delle Convenzioni di guerra 1340-1343 .
Sospensione d'armi 1344-1347 ^,
Conseguenze delle sospensioni d'armi 1348-1352 . . .
Capitolazione 1353-1355
Quello che può formare oggetto della capitolazione 1356
Conseguenze della capitolazione 1357-1360
Obbligazioni assunte con atto unilaterale 1361 . . .
Salvacondotto. Licenze 1362-1367
Salvaguardia 1368, 1369
Dell'armistizio 1370-1374
Come la convenzione debba essere redatta 1375, 1376 .
Obbligazioni reciproche durante l'armistizio 1377, 1378 .
Come l'armistizio dev'essere eseguito 1379, 1380 . .
Atti di ostilità durante l'armistizio 1381, 1382 . . .
Della tregua 1383
Preliminari della pace 1384
TITOLO X. — Delia neutralità, e dei diritti e del doveri che ne conseguono
Concotto e natura della neutralità 1385-1388
Chi abbia diritto di essere reputato neutrale 1389-1393 ....
Diritti degli Stati neutrali 1394-1396
Inviolabilità del torritorio neutrale 1897, 1398
Indipendenza nell'esercizio dei diritti di sovranità 1399 ....
Libertà del commercio pacifico 1400, 1401
Doveri degli Stati neutrali 1402
Fatti che possono essere qualificati atti di ostilità 1403 ....
Fatti che non escludono il mantenimento della neutralità 1404, 1405
Belligeranti rifugiati nei porti o nel teiTitorio neutrale 1406-1408 .
Prigionieri sbarcati, e prede abbandonate in un porto neutrale 1409, 1410
Diligenza nell'ossorvare i doveri della neutralità 1411, 1412 . . .
Colpa per la mancata diligenza 1413, 1414
Giudizio arbitrale 1415
Doveri dei belligeranti rispetto ai neutrali 1416-1421
Diritti dei belligeranti rispetto ai neutrali 1422, 1423
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Indice dette materie 51
TITOLO XI. — Del oontrabbando di guerra 1424 Pag, 538
Oggetti di contrabbando secondo il Diritto comune 1425 .... » ivi
H belligerante non può allargare a volontà la nozione del contrabbando
di guerra 1426 » 539
Contrabbando di guerra convenzionale 1427 » 540
Diritto del belligerante d^inibiro il commercio di certi oggetti 1428 » 541
Destinazione della merce o della nave 1429-1431 ' * ivi
Trasporti inibiti ed assimilati al contrabbando di guerra 1432 . . » 542
Trasporto di soldati e ufficiali 1433 * ivi
^ di dispacci 1434 » 543
> del carbon fossile 1435 > 544
> degli agenti diplomatici 1436 * ivi
Oggetti cbe non possono essere compresi nel contrabbando di guerra
1437-1439 ^ ivi
Sanzioni penali pel trasporto del contrabbando di guerra 1440-1442 » 545
> » secondo i principii generali del Diritto intemazionale
1443-1448
TITOLO XII. — Del blocco e del suol rapporti coi neutrali ....
In che consista il blocco e contro quali luoghi possa essere effettuato
1449-1452
Quando il blocco debba ritenersi legalmente stabilito 1453-1455 . .
Blocco notificato soltanto in via diplomatica 1456
Temporanea sospensione deir investi mento 1457 ' .
Notificazione diplomatica del blocco 1458
» speciale del blooco 1459, 1460
Dilazione per uscire dal luogo bloccato 1461, 1462
Doveri dei neutrali in caso di blocco 1463, 1464
Diritti dei neutrali in caso di blocco 1465-1467
Applicazione delle regole del blocco alle navi mercantili nemiche 1468
TITOLO Xm. — Del diritto di visita
Concetto e natura del diritto di visita 1469, 1470
Dove si può procedere alla visita 1471 ....
Navi esenti dalla visita 1472
» in convoglio 1473, 1474 . . . . ^ . .
Visita delle navi in convoglio 1475, 1476 . . .
Modo di procedere alla visita 1477-1479 . . .
Ricerche e ispezioni 1480-1482
Sequestro della nave visitata 1483, 1484 . . .
TITOLO XIY. — Del sequestro e della confisca durante la guerra marit
tima e del giudizio relativi alle prede 1485
Da chi e quando possa essere fatto il sequestro 1486-1488 . . .
Formalità del sequestro secondo il Diritto comune 1489-1492 . . .
Conservazione delle cose sequestrate 1493
Quando la nave sequestrata possa essere distrutta 1494-1496 . .
Delle persone che si trovino a bordo 1497
Nave sequestrata condotta in un porto del belligerante 1498-1500 .
Compito dell'autorità giudiziaria 1501-1503
Nave condotta in un porto neutrale 1504, 1505
Del Tribunale competente in materia di sequestro e di prede 1506, 1507
Costituzione del Tribunale delle prede 1508-1510
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indice dette mcùerte
Tribunale speciale delle prede costituito dal belligerante 1511, 1512. Pag,
Competenza del Tribunale internazionale 1513, 1514
Procedimento dinanzi al Tribunale delle prede 1515*1517 ....
Giudizio circa la legalità e regolarità del sequestro 1518-1520 . .
Quando possa ritenersi legale il sequestro della naye 1521 . . .
> debba ritenersi illegale il sequestro 1522
Sequestro pel trasporto del contrabbando 1523-1526
» in caso di violazione del blocco 1527-1529
Sentenza relativa al sequestro 1530-1532
» in caso di distruzione della nave sequestrata 1533 . . .
Giudizio circa la legalità della preda 1534
Quando una nave possa essere confiscata 1535
> il carico di una nave possa essere confiscato 1536 . . .
» debba essere escluso il diritto di preda 1537-1539 . . .
Navi nazionali riprese 1540, 1541
Della sentenza del Tribunale delle prede e della sua efficacia 1542-1544
TITOLO XY. — Fine della ouerra
Quando la guerra debba reputarsi terminata 1545-1547
Del trattato di pace 1548-1551
Ratifica del trattato di pace 1552-1554
Come il trattato debba essere eseguito 1555 . . . .
Amnistia generale 1556, 1557
Applicazione del trattato di pace 1558-1562 . . . .
Norme t;irca Vuti poasidetie 1563-1564
Dei danni di guerra 1565-1569
Effetto generale della paco 1570
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Indice ddU materie
53
A.T=>FElTX)IOE I,
SUNTO STORIOO
dei più importanti Trattati Internazionalf
dall'epoca deUa Riforn» 1526 al 1896.
CONSIDERAZIONI GENERALI . . , Pag.
Trattati conclusi durante le guerre reliffiose:
Trattato di Madrid (1626, gennaio 14)
Trattato di Gambray, o Paix des Dames (1529, agosto 5)
Recess o convenzione fatta a Schmalkalden (1530, dicembre 31)
Pace di Crespi (1544, settembre 18)
Capitolazione di Wittemberg (1547, maggio 19)
Trattato di Passau (Passavia) (1552, agosto 2)
Pace di Augsburg (Augusta) (1555, settembie 25)
Unione e alleanza di Utrecht (1579, gennaio 28)
TratUto di Cherasco (1631, aprile 6)
Pace di Westfalia (1648, ottobre 24)
Pace di Mflnster (1648, gennaio 30)
Trattato dei Pirenei (1659, novembre 7)
Trattato d'Oliva e di Copenaghen (1660, maggio 30 e giugno 6)
Trattati conclusi al tempo di Luiffi XIV:
Trattati di Breda (1667, luglio 31)
Trattato di triplice alleanza (1668, gennaio 23)
Trattato di Lisbona (1668, febbraio 23)
Trattato di Aiz-la-Chapelle (Aquisgrana) (1668, maggio) . • .
Pace di Nymwegen (Nimega) (1678-1679)
Pace di Ryswyk (1697, settembre SO e ottobre 30)
TratUti dell'Aja (1698. ottobre 11 — 1700, marzo 25) ...
Pace di Carlowitz (1699, gennaio 26)
Pace di Utrecht e di Hastadt (1713, 1714)
I trattati di barriera (1709, ottobre 29 — 1718, gennaio 30 —
1715, novembre 15)
Trattato di triplice alleanza fra la Francia, la Gran Bretagna e
rOlanda (1717, gennaio l)
Trattato di quadruplice alleanza stipulato a Londra (1718, agosto 2)
Trattati conclusi dopo la pace di Utrecht (fino cdla
BiTolusione fìranoese del 1780):
TratUto di pace di Passarowìtz (1718, luglio SI)
Trattato di pace di NysUd (1721,^ agosto 30)
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Indie$ détte materie
Trattato di Vienna (1785, ottobre 8 — 1788, novembre 18). Pag,
TratUto di Berlino (1742. luglio 28)
Trattato di pace di Dresda (1746, dicembre 95)
Trattato di pace di Aiz-la-Ctiapelle (Aqaiagrana) (1748, aprile 30,
ottobre 18)
Trattato di Napoli (1759, ottobre 3)
TratUto di Parigi detto * Patto di famiglia , (1761, agosto 15) •
TratUto di pace di Parigi (1763, febbraio 10)
^ Trattato fra la Francia e Genova (1768, maggio \b) . . • •
TratUto per la spartizione della Polonia (1772, luglio 11) . .
TratUto di KuUcbuk (1774, loglio SI)
TratUto di Teschen (1779, maggio 13)
1* Lega della neatraliU armaU (1780, febbraio 28)
Guerra per Tindipendenza degli SUti Uniti d'America — Pace di
Parigi — Pace di Versailles (1783, settembre 3)
Convenzione relativa alla Crimea (1783, dicembre 28). . . .
Trattati oonolusi durante la Rivoluzione fìranoeee:
Dicbiarazione di PUlnitz (17dl, agosto 27)
TratUto di Jassy (1792, gennaio 9)
2* e 8^ spartizione della Polonia (1793, 1795). .•••..
Coalizione contro la Francia (1792 ed oltre)
TratUto di pace di Basilea (1795, aprile 5)
Trattato di Basilea tra la Francia e la Spagna (1795, luglio 22)
TratUto di Parigi tra la Francia e la Sardegna (1796, maggio 15)
TratUto di Tolentino tra la Francia e il Papa (1797, febbraio 19)
TratUto di Campoformio (1797, ottobre 17)
Congresso di RasUdt (17971799)
Seconda neutraliU armata (1800, dicembre 15)
TratUto di Lunéville (1801. febbraio 9)
TratUto di Amiens (1802, marzo 27)
Recès o rapporto della Commissione dell'Impero (1803, febbraio 25)
TratUto tra la Repubblica francese e gli SUti Uniti d'America
(1803, aprile 30)
TratUto di pace di Presburgo (1805, dicembre 26)
Confederazione del Reno (1806, luglio 12)
TratUto di pace dì Tilsit (1807, luglio 7) ... *
TratUto di FonUinebleau (1807, ottobre 27)
TratUto di Erfurth (1808, ottobre 12)
TratUto di Vienna o di SchOnbrunn (1809, novembre 14) . .
TratUto di pace di Bukarest (1812, maggio 20)
Trattati oonolusi per la oaduta di Napoleone (1812-1814)
Trattato di pace di Parigi (1814, maggio 80)
Atto finale del Congresso di Vienna (1814, giugno 9) . . . .
Secondo tratUto di Parigi (1815, norembre 20)
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Trattati oonoluai dopo quello di Vienna dal 1815 al 1896:
TratUto della Santa Alleanza (1815, settembre 26) . . . . Pag, lxxxtih
TratUto di Aix-laChapelle (Aquisgrana) (1818, novembre 9) . , ivi
Congressi relativi agli interventi armati (1820-1822) , lxxxix
TratUto di Akkerman (1826, ottobre 7) , ivt
TratUto di Londra (1827, luglio 6) xe
Indice delle materie
55
Trattato fra la Russia e la Persia (1829, febbraio 22) . . .
Trattato di Adrianopoli (1829, settembre 14)
Trattato di Londra (1831, gennaio 26 e novembre 15). '. • .
Convenzione di Londra (1832, maggio 7) ........
TratUto di Unkiar-Skelessi (1833, luglio 8)
TratUto di Londra (1840, luglio 15)
Convenzione degli Stretti (1841, luglio 13) ....... .
Trattato dì Washington (1842, agosto 9)
Convenzione relativa al Ducato di Lucca (1844, novembre 28)
TratUto di Guadalupa (1848, febbraio 2} .
Questione danese (1848 1852) . .'
Trattato di Parigi (1856, marzo 30) . .
Provvedimenti relativi ai Principati (1858 1866)
TratUti colla Gina (1858)
CoatUuzione del Regno d'Italia (1859-1870) — Pace di VillafiFanca
(1859, luglio 11) - Trattato di Zurigo (1859, novembre 10)
Avvenimenti dopo il 1859 ^
Trattato di Londra relativo ài Regno di Grecia (1863, luglio 13)
IJniope delle Isole Ionie alla Grecia (1864, marzo 29). . . .
Questione dei ducati SchUewig e Holstein
Trattato di Vienna (1864, ottobre 30j
Trattato di Gastein (1865, agosto 14)
Guerra tra V Austria e la Prussia — Preliminari di Nikolsbcurg
(1866, luglio 26)
Pace definitiva tra V Austria e la Prussia — Trattato di Praga
(1866, agosto 23)
Guerra franco-germanica: Questione del Lussemburgo — Trattato
di Londra (1867, maggio 11)
Questione della candidatura Hohenzollem r- Pace di Versailles
(1871, febbraio 26)
Trattato di pace di Francoforte (1871, maggio 10)
Conferenza e Trattato di Londra (1871, marzo 13)
Questione dell'Alabama (Stati Uniti d'America e Gran Bretagna) —
Trattato di Washington (1871, maggio 8)
Guerra russo-turca — Trattato di Berlino (1878, luglio 13). .
Atti conclusi per dare esecuzione al Trattato di Berlino (1878 1880)
Sviluppo del commercio e delV incivilimento nelle regioni africane.
Libera navigazione del Congo e del Niger
Trattato di Berlino (1885, febbraio 26)
Navigazione pel Canale di Suez
TratUto di CosUntinopoli (1888, dicembre 28)
TratUto di Bruxelles (1890, luglio 2)
Diritto convenzionale tra gli Stati d'Europa relativo a materie di
interesse comune
Atti diversi
Eecenti Trattati conclusi tra gli Stati delV America centrale per
stabilire un Diritto comune
Codificazione del Diritto internazionale privato (1888 1889) . .
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CONCLUSIONE
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M indice àdle mauri*
^FrEsnsriDioB II.
opere relative ai Trattati intemazionali ed alla Storia . • • • Pag. clz
INDICE ALFABETICO ANALITICO
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DIRITTO INTERNAZIONALE CODIFICATO
r. Diritto codificato Pag. 1
II. Trattati internazionali ...•.••..•••••• . 2ìl
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