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Full text of "Il diritto internazionale codificato : e la sua sanzione giuridica : studii"

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IL  DIRITTO  INTERNAZIONALE 


CODIFICATO 


Opere  pubblicate  dal  Professore  PASQUALE  FIORE 

ELEMENTI  DI  DIRITTO  Costituzionale  e  Amministrativo  (Cremona  1862)  [esaurito). 

NUOVO  DIRITTO  Internazionale  Pubblico  (Milano  1865),  voi.  1,  in-8»  {esaurito). 

ELEMENTI  DI  DIRITTO  INTERNAZIONALE  PRIVATO  (Torino,  Unione  Tip.-Editrice). 
Quarta  tiratura L.    5 

DEL  FALLIMENTO  secondo  il  Diritto  Intemaz.  Priv.  (esaurito)  (Pisa,  Nistri,  1873). 

EFFETTI  INTERNAZIONALI  DELLE  SENTENZE  e  degli  atti  in  materia  civile 
(Loescher,  1874) ^    5 

DELLA  GIURISDIZIONE  PENALE  relativamente  ai  reati  commessi  all'estero  (Pisa, 
Nistri,  1875)  (esaurito),  rifusa  neìV opera  sulle  Sentenze  penali. 

EFFETTI  estraterritoriali  delle  sentenze  penali.  Della  estradizione  (Loescher,  1877) .     „  10 

SUL  PROBLEMA  internazionale  della  Società  giuridica  degli  Stati  (Torino,  Stamperia 
Reale.  1878  (esaurito)^  Vedi  Aiti  delV Accademia  delle   Scienze  morali  di  Torino). 

DELLE  AGGREGAZIONI  legittime  secondo  il  Diritto  Internazionale  (Torino  1879, 
(esaurito),  si  trova  negli  Atti  deW Accademia  delle  Sciense). 

DELL'ADOZIONE  (Monografia  nel  Digesto  Italiano). 

DEGLI  AGENTI  DIPLOMATICI  (Monografia  nel  Digesto  Italiano). 

DELLE  DISPOSIZIONI  GENERALI  sulla  pubblicazione  deUe  leggi,  volumi  2  (Napoli, 
1886-^7,  Marghieri  editore) ,24 

DIRITTO  INTERNAZIONALE  PRIVATO.  Terza  edizione  interamente  rifatU  e  consi- 
derevolmente ampliata  (Leggi  civili,  VoL  I  e  II).  (Torino,  Unione  Tip.-Editrice)    „  16 
Voi.  Ili  (SucceA-iioni).  {DUmminenie  pubblicazione). 

IL  DIRITTO  CIVILE  ITALIANO.  Voi.  U:  Delle  Persone,  1889  (Marghieri,  edit). 

SULLA  CONTROVERSIA  DEL  DIVORZIO  IN  ITALIA  (Torino,  Unione  Tip.-Ed.) .     „     1 

TRATTATO  DI  DIRITTO  INTERNAZIONALE  PUBBLICO,  terza  edizione  intiera- 
mente riveduta  e  considerevolmente  ampliata.  Voi.  3  (Torino,  Unione  Tip.-Edit.)  «  30 

DELLA  PERSONALITÀ  GIURIDICA  dei  Corpi  morali  e  della  Personalità  giuridica 
dello  Stato  airintemo  e  all'estero  (Torino,  Unione  Tip.-Editrice,  1895). 

Traduzioni  pubblicate  in  Francia. 

NOUVEAU  DROIT  INTERNATIONAL  PUBLIC,  traduit,  annoté,  précède  d'une  intro- 
duction  par  Pradier-Fodéré  (Paris,  G.  Pedone  Lauriel),  voi.  2,  in-S®,  ipuisé. 

DROIT  INTERNATIONAL  PRIVE,  traduit  de  l'italien,  annoté  et  suivi  d'une  Appendice 
de  Tauteur  comprenant  le  demier  état  de  la  législation  et  de  la  jurisprudence,  par 
Pradier-Fodéré  (Paris,  G.  Pedone  Lauriel),  ipuisé. 

TRAITE  DE  DROIT  PÉNAL  INTERNATIONAL  et  de  l'extradition,  traduit,  annotò  et 
mis  au  courant  du  Droit  fran^ais,  par  Charles  Autoine  (Paris,  G.  Pedone  Lauriel), 
voi.  2 Fr.  18 

DROIT  INTERNATIONAL  PUBLIC,  traduit  et  annotò  par  Charies  Antoine.  Deuxième 
édit,  1885  (Paris,  G.  Pedone  Lauriel),  voi.  3 „  .S7 

DROIT  INTERNATIONAL  PRIVE,  traduit,  annoté  et  mis  au  courant  du  Droit  fran^ais 
par  Charles  Antoine,  Président  du  Tribimal  de  Doullens.  Deuxième  édit.  compiè- 
tement  refondue,  1890-91  (Paris,  Pedone-Lauriel) „  20 

LE  DROIT  INTERNATIONAL  CODIFIÉ.  It^n»  édit.  ital.  traduite  par  A.  Chrétien,  Pro- 
fesseur  de  la  Faculté  de  Nancy  (Pari»,  Chevalier  Marescq,  1889 „  10 

LA  QUESTION  EUROPÉENNE,  une  solution  (Paris,  Chevalier  Marescq,  1890). 

Traduzioni  pubblicate  in  Spagna. 

DERECHO  INTERNACIONAL  PRIVADO,  version  de  Garcia  Moreno,  aumentada  con 
un'apendice  del  autor  y  un  prologo  de  Martos  (Madrid,  F.  Gongora,  1878),  voi.  2  .  L.  24 

TRATADO  DE  DERECHO  INTERNACIONAL  PUBLIGO,  vertido  al  castellano  par 
Garcia  Moreno,  T.  3  (Madrid.  F.  Gongora,  1882).  2d?  edicion,  T.  4  (1894)   .    .     „  28 

TRATADO  DE  DERECHO  PENAL  INTERNACIONAL,  traducido,  anotado  y  aumen- 
tado  con  dos  apendices  por  la  Direcion  de  la  Revista  de  legislacion  y  jurisprudencia, 
1  volume  Kr.  8»  (Madrid  1880) 32 

DERECHO  INTERNACIONAL  PRIVADO  (Leyes  civiles),  version  castellana  anoUdapor 
D.  Alftjo  Garcia  Moreno  con  un  prologo  di  Romero  Giron.  Madrid.  Gongora,  tomo  I-III»  13 

EFECTOS  INTERNACIONALES  de  las  sentencias  de  los  tribunales,  version  castellana 
par  Garcia  Moreno  (Madrid  1888Ì. 

DE  LA  IRRETROACTIVIDAD  E  INTERPRETACION  DE  LAS  LEGES.  Estudo  cri- 
tico v  d»»  leeÌRlar.ion  comoarada  tradunido  par  De  Paz  (Madrid  1893). 

EL  DERECHO  INTERNACIONAL  CODIFICADO  y  su  sancion  jiiridica:  version  Castel- 
lana  por  Garcia  Moreno.  Gongora,  Madrid,  T.  II,  1891). 


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ORDINAMENTO  GIURIDICO 
DELLA    SOCIKTA   DEGLI   STATI 


DIRITTO  INTERNAZIONALE 

CODIFICATO 

E  LA  SUA  SANZIONE  GIURIDICA 


PASQUALE   FIORE 

Prortvjore  ordiiurÌD  di  tNiiiio  lukniijniiak'.  o  di  UJrillu  ITiviiu  (niiipuniUi  dtll'Unitcrsilì  <li  Kaiinl). 
Hruljro  dgtl'lfitimtii  di  DirìlLa  [DUrrnuimaic. 


SDITO  STORICO  DEI  PIÙ  IMPORTANTI  TRATTITI  JNTIRni/.IOK lU 


Terza  Edizioke 
inlieriDenle  rifalla  e  ampliala 


TORINO 

UNIONE  TIPOGRAFICO-EDITRICE 


MILANO  —  ROMA  -  NAPOH 
1900 


PHOPRIETA    LETTEKARIA 


^ .  Ma^  Ji/^  /fe3 


AI  PROFESSORI  DI  DIRITTO  INTERNAZIONALE 

DELLE    UNIVERSITÀ    ITALIANE 


allusirì  CoUeghi, 


Offro  e  dedico  a  Voi  questo  volume,  nel  quale  ho  cercato  dì 
riassumere  tutto  quello  che  ho  potuto  imparare  studiando  la 
scienza  del  Dirìtto  internazionale,  alla  quale  ho  consacrato 
massimamente  le  mie  déboli  forze. 

Voi  sapete,  che  fin  da  quando  osai  di  esporre  le  mie  opinioni 
nel  volume  sul  Diritto  internazionale  pubblico  stampato  w^/ 1865, 
ho  contimmto  senza  vanità  e  senza  pretese  a  proseguire  con 
sollecitudine  gli  sttulii  intorno  al  problema  veramente  complicato, 
a  risolvere  il  quale  tutti  miriamo,  e  che  consiste  nelV  elaborare 
un  sistema  diprincipii  razionali  i  più  adatti  a  dare  alla  Società 
internazionale  un  ordinamento  giuridico. 

La  difficoltà  di  far  bene  Vho  compresa  tanto  meglio,  quanto 
più  collo  studio  incessante  mi  è  parso  molto  più  malagevole 
riuscire  nel  mio  intento.  Non  mi  sono  però  scoraggiato  per 
questo,  perchè  ho  avuto  ed  ho  ttdtora  ferma  fidanza,  che  voìrete 
almeno  valutare  con  benevolenza  il  costante  e  tenace  proposito 
di  un  uomo  di  buona  volontà  che  ha  fatto  quanto  poteva  per 
riuscirvi. 

Spiego  al  Capitolo  HI  delV introduzione  le  ragioni  che  mi 
hanno  guidato  nel  presentarvi  il  complesso  dei  p7inci2m  del 
Diritto  internazionale  sotto  la  forma  di  codice.  Spero  che  le 
spiegazioni  da  me  date  varranno  ad  allontanare  la  sfavorevole 


apprensione,  che  può  derivare  a  prima  vista  dal  titolo  dato  ai 
miei  studila  e  che  potrebbe  spingervi  a  giudicare  ardito  e 
temerario  U  mio  intendimento. 

L'esposizione  del  Diritto  internazionale  con  tale  sistema  era 
stata  adottata  la  prima  vòlta  dal  nostro  concittadino  Paroldo, 
e  V esempio  suo  trovò  imitatori  e  principalmente  in  Germania 
Bluntschli  e  in  America  Field.  Ora  a  me  è  sembrato,  che  la 
scuola  italiana  non  dovesse  dimenticare,  ma  che  dovesse  bensì 
continuare  ad  imitare  Vesempio  dato  dal  noto  concittadino. 

Vogliate  quindi.  Illustri  Colleghi,  considerare  questo  volume 
che  vi  offro,  come  una  forma  di  sistema  ed  un  indirizzo  di 
studii.  Consacrando  la  vostra  intelligenza  ed  il  vostro  vigore  al 
certo  più  forti  del  mio  a  migliorare  tutto  il  sistema,  ed  eccitando 
inoltre  i  giovani  studiosi  della  vostra  scuola  a  proseguire  per  la 
stessa  via  indicata  dal  Paroldo,  si  arriverà  sicuramente  a  fare 
opera  più  per  fetta  e  più  proficua  di  quella  che  io  ho  potuto  ed  ho 
saputo  fare. 


Napoli,  Gennaio  1897. 


Prof  Pasquale  Fiore. 


AI  MIEI  LETTORI 


I  tre  primi  capitoli  di  questo  Toinme  sono  la  ripro- 
duzione dei  discorsi  da  me  fatti  a  Bruxelles  nel  mese  di 
aprile  del  1899  alla  «  Conférence  da  Jeune  Beurreau  ». 
Furono  pronunziati  in  francese,  e  reputai  poi  opportuno 
di  aggiungervi  alcune  note  e  di  stamparli  in  pochissimi 
esemplari  i  quali  si  trovano  soltanto  nelle  principali  biblio- 
teche nazionali. 

Sono  stati  tradotti  dairoriginale  francese  dall'avvocato 
Ludovico  Eusebio,  ed  ho  stimato  opportuno  di  riprodurli 
come  introduzione  al  presente  volume,  perchè  riassumono 
tutto  il  concetto  che  mi  avea  guidato  quando  lo  avea 
scrìtto  e  pubblicato  nel  1890.  Quando  nel  1898  ne  feci  la 
seconda  edizione  alcune  parti  furono  del  tutto  rifatte, 
altre  ampliate. 

Questa  terza  edizione  ha  di  nuovo  solo  Tintroduzìone, 
e  per  la  parte  che  concerne  Tesposizione  a  forma  di  codice 
è  la  riproduzione  esatta  della  seconda  edizione  che  fu 
stereotipata.  Non  ho  potuto  quindi  fare  alcuna  correzione 
alla  parte  stampata  colla  stereotipia  per  Io  che  conviene 
riferirsi  alPanno  in  cui  essa  fu  scritta  cioè  nel  1897.  Questo 
avverto  perchè  talvolta  il  mio  modo  di  discorrere  si  rife- 
risce agli  avvenimenti  dei  giorni  nei  quali  il  volume  fu 
da  me  scritto.  Non  trovo  in  vero  ragione  da  farmi  credere 
che  avrei  mutato  qualcosa  nella  sostanza,  ma  nella  forma 
però  qualche  cosa  avrei  certo  modificato  riscrivendo  alcune 
parti  oggi. 


1  —  £!ioBE,  Dir,  intem.  codif. 


INTRODUZIONE 


CAPITOLO  I. 

Considerazioni   generali   sull'ordinamento 
della  società  internazionale. 

1.  Considerazioni  storiche  sul  concotto  di  una  comunità  di  diritto  fra  i  diversi 
popoli.  —  2.  Condizione  attualo  della  Società  degli  Stati.  —  3.  Necessità 
di  darle  una  forma  di  organizzazione  più  razionalo  e  di  trovare  un  sistema 
di  protezione  del  diritto  da  cui  questa  debba  essere  retta.  —  4.  Insuffi- 
cienza dei  vaii  progetti  formati  al  riguardo.  —  5.  Il  concorso  delle  scienze 
e  di  tutte  le  forze  intellettuali  dei  vari  paesi  è  indispensabile  per  risolvere 
il  problema  in  modo  completo. 

!•  Il  problema  che  oggi  si  impone  è  quello  di  giungere  a  dare 
alla  società  internazionale  una  forma  di  organizzazione  più  razio- 
nale. La  sua  attuale  condizione  presenta,  invero,  difetti  visibili. 
I  pubblicisti,  malgrado  il  loro  lungo  lavoro,  non  sono  giunti  a 
mettersi  d'accordo  intorno  ai  principi,  da  cui  la  società  interna- 
zionale dev'essere  retta.  I  Governi,  dal  canto  loro,  hanno  accettato 
certe  regole  cui  hanno  attribuito  autorità  di  diritto  comune  ;  ma, 
di  tali  regole,  quelle  che  già  hanno  una  base  solida  e  ferma  non 
rappresentano  che  una  parte  minima. 

La  difficoltà  maggiore  è  quella  di  assicurare  il  rispetto  alle 
regole  fissate.  Nella  società  civile  non  vi  sono  soltanto  leggi  e 
codici  per  determinare  e  regolare  l'attività,  la  libertà,  gli  atti; 
vi  sono  anche  tribunali  e  mezzi  legali  di  coercizione  nettamente 
stabiliti  per  impedire  e  reprimere  la  violazione  delle  leggi. 


4  Introduzione  —  Capitolo  I. 

Nella  società  intemazionale,  invece,  non  vi  è  né  una  autorità 
superiore,  la  quale  abbia  il  potere  di  impedire  che  Tuno  o  Taltro 
abusi  della  sua  forza  per  violare  il  diritto  altrui,  né  vi  sono  isti- 
tuzioni giuridiche  riconosciute  di  comune  accordo  per  dirimere  le 
questioni  che  possono  sorgere  dagli  abusi  della  libertà.  Ogni  Stato 
deve  provvedere  a  difendere  esso  i  suoi  diritti,  e  quando  uno 
Stato  subisca  una  lesione,  esso  non  ha  altro  mezzo  fuorché  quello 
di  ricorrere  a  rappresaglie,  e,  in  ultima  istanza,  alla  forza  delle 
armi  ed  all'espediente  rovinoso  della  guerra. 

Or,  considerando  questi  vizi  capitali,  non  verrebbe  egli  fatto 
di  reputare  come  vano  il  movimento  intellettuale  e  politico  moderno 
che  mira  a  raggiungere  il  nobile  fine  di  trovare  un  sistema  di 
organizzazione  giuridica  della  società  intemazionale? 

Come  spiegarsi  il  fatto  che,  malgrado  un  lungo  lavoro  e  mal- 
grado il  tempo  trascorso,  la  soluzione  di  questo  problema  sia  ancora 
così  poco  progredita?  E  che  cosa  si  é  fatto  finora  per  risolvere 
tale  problema?  A  qual  punto  si  trova  la  sua  soluzione?  Che  cosa 
possiamo  noi  sperare  al  presente  ?  E  che  cosa  deve  farsi  per  arrivare 
alla  soluzione  in  avvenire? 

Tali  questioni  sono  veramente  larghe  e  complesse.  Per  andare 
al  fondo  delle  cose,  converrebbe  studiare  il  presente  nel  passato; 
scrutare  la  storia  pubblica  e  la  storia  segreta  della  diplomazia; 
indagare  i  moventi  segreti  di  molti  avvenimenti  ;  esporre  le  cause 
che  hanno  impedito  finora  e  che  ancor  oggi  impediscono  di  stabi- 
lire fra  tutti  gli  Stati  o  almeno  fra  tutti  i  paesi  inciviliti  una  vera 
comunità  di  diritto  e  di  dare  alla  società  intemazionale  forma  di 
vera  società  giuridica. 

Per  svolgere  in  modo  completo  l'argomento,  vi  vorrebbero  grossi 
volumi;  qui  intendo  limitarmi  ad  una  esposizione  rapida  per  dare 
dì  esso  un'idea  generale  e  sommaria. 

Occorre  anzitutto  considerare  che,  se  la  soluzione  del  problema 
ha  fatto  così  poca  strada,  ciò  dipende  da  che  il  problema  stesso 
ò  stato  posto  tardi.  E  invero,  non  si  poteva  pensare  ad  una  comu- 
nità giuridica  prima  che  fra  gli  Stati  la  vera  idea  della  loro 
comunità   fosse  nata.  Or,  alla  concezione  di  tale  comunità  gravi 


Gonsideraxùmi  generali  sulla  aoeielà  iniernaxionale  5 

ostacoli  si  opposero.  Ed  anzitutto,  la  tendenza  di  ogni  popolo  a 
vivere  isoiato  e  a  nudriro  sentimenti  di  diffidenza  verso  gli  stra- 
nieri. Di  qui  la  falsa  idea  di  restringere  la  comunità  ai  soli  popoli 
appartenenti  alla  stessa  patria.  Fu  questo  il  caso  della  Grecia  (1). 

La  comunanza  di  lingua,  di  genio  artistico  e  scientifico,  di 
religione  e  di  costumi  fra  le  varie  città  elleniche,  fece  si  che  si 
ammettesse  un  legame  fra  esse,  ma  non  fra  esse  e  gli  stranieri. 
I  Greci  consideravano  come  barbari  i  popoli  che  non  appartene- 
vano alla  Grecia;  e  i  filosofi  favorivano  queste  tendenze  orgogliose. 
Platone,  infatti,  considerava  l'umanità  come  divisa  in  Greci  e 
Barbari;  ed  Aristotele  insegnava  che  tutti  gli  altri  popoli  erano 
barbari  e  predestinati  da  natura  ad  essere  soggetti  ai  Greci. 

Un  altro  ostacolo  fu  la  pretesa  superiorità  di  certe  razze  fon- 
data nelle  loro  credenze  religiose.  Fu  questo  il  caso  degli  Stati 
teocratici,  i  quali  consideravano  come  fuori  del  diritto  comune 
tutti  i  popoli  che  non  partecipavano  a  tali  loro  credenze. 

Anche  la  passione  smodata  delle  conquiste  rappresentò  un  altro 
ostacolo.  Cosi,  la  politica  dei  Bomani  nei  loro  rapporti  con  gli 
altri  popoli  fu  inspirata  dalla  smodata  passione  di  dominarli  e  di 
assoggettarli  per  realizzare  l'orgoglioso  disegno  di  fare  di  tutti  i 
popoli  altrettante  colonie  dell'Impero  (2). 

Cristo,  col  proclamare  la  unità  del  genere  umano  e  la  frater- 
nità di  tutti  i  popoli,  diede  il  vero  concetto  della  umanità  e  della 
fraternità  di  tutti  i  popoli:  e  non  vi  sono  nò  Ebrei  nò  Greci,  nò 
schiavi  nò  liberi,  imperocchò  voi  siete  tutti  fratelli  in  Gesù  Cristo  (3). 
La  vera  idea  dell'umanità  secondo  la  dottrina  di  Cristo  ò  più  larga 
e  completa  di  quella  che  ne  abbiano  tutte  le  filosofie  del  mondo. 


(1)  Pastobet,  Histoire  de  la  légielation,  t.  V,  5  e  372-73;  Montesquu-ìu, 
Esprit  des  lois.  XXI,  7;  Herod,  lib.  VII,  §  133. 

(2)  Obtolan,  Hist.  de  la  législ.  Romaine  (Politique  extérieure  de  Rome); 
Làubekt,  Hist.  du  Dr,  des  gens,  t.  Ili  ;  Osenbrukggen,  De  jure  belli  et  pacis 
Roman. 

(3)  Non  est  Jttdaeus  neque  Oraecus;  non  est  servus  ncque  liher;  non 
est  masculus  neque  foemina,  Omnes  enim  vos  unum  estis  in  Christo  Jesu 
(Epist.  Pauli  ad  Oalatos,  3-28).  Vedi  pure  in  Romanos,  UI,  28-29  ;  Coloss. 
Ili,  U,  Confr.  Laubbnt,  Èist.^  yoL  4*". 


6  Introduxdone  —  Capitolo  I, 

Tertulliano  diceva,  infatti,  che  il  mondo  doveva  formare  tutto  una 
sola  repubblica:  e  Io  non  conosco  —  ei  diceva  —  che  una  sola 
repubblica il  mondo  >  (1).  La  sua  dottrina  avrebbe  certa- 
mente condotto  alla  concezione  della  comunità  fra  tutti  i  popoli 
dell'universo;  ma  pur  troppo  un  nuovo  ostacolo  sopravvenne  a 
ritardare  questo  grande  risultato. 

Il  più  funesto  errore  del  Papato  fu  quello  di  credere  che  esso 
solo  fosse  nel  possesso  esclusivo  della  verità  e  che  tutti  dovessero, 
a  loro  malgrado  ed  anche  colla  forza,  essere  richiamati  alla  fede. 

Gesù  Cristo  rispondendo  a  San  Tomaso  che  gli  domandava  come 
avesse  a  trovare  la  sua  via,  rispondeva  :  e  Io  sono  la  verità  e  la 
vita;  nessuno  va  al  padre  se  non  per  me  >. 

Il  Papa,  come  vicario  di  Cristo,  immaginò  che  esso  solo  fosse 
in  possesso  della  verità,  e  proclamò  che  tutti  quelli  che  non  segui- 
vano la  sua  dottrina  erano  perduti.  Di  qui  la  intolleranza,  la  per- 
secuzione per  soffocare  la  eresia;  di  qui  la  falsa  idea  che  fosse 
opera  di  carità  combattere  quelli  che  non  seguivano  la  dottrina  del 
papato  (2). 

E  così  si  arrivò  a  stabilire  una  nuova  forma  di  dualismo  fra 
i  cristiani  ortodossi  e  gli  eretici.  A  quel  modo  che  i  Greci  consi- 
deravano gli  stranieri  come  barbari  e  fuori  del  diritto  comune, 
così  il  Papato  considerò  come  fuori  del  diritto  comune  quelli  che 
non  seguivano  la  sua  dottrina.  I  Principi  cattolici  furono  spinti  a 
impiegare  le  armi  per  sostenere  la  fede;  e  le  più  crudeli  guerre 
contro  gli  eretici  e  gli  infedeli  furono  intraprese  in  nome  della 
religione  di  Cristo,  religione  di  pace  e  di  amore  (3). 


(1)  Unam  omnium  rempublicam  agnoseimus^  mundum^  Apol.  39. 

(2)  S.  Accostino,  Epist.  185.  De  correciione  Donatistorum^  n."  13  ;  Ivi 
cap.  28  dice  «  An  non  pertinet  ad  diligentiam  pastoralem^  eiiam  illaa  oves^ 
quae  non  violenter  ereptae^  sed  blande  leniterque  sedueiae^  a  grege  aberra- 
verini^  et  ab  alienis  coeperint  possideri^  inventas  ad  ovile  dominicum^  ai 
resistere  voluerint^  flagellorum  terroribus,  vel  etiam  doloribus  revocare?  Sic 
enim  error  corrigendua  eat  ovia^  ut  non  in  ea  corrumpaiur  aignaculum 
Redemptoria  *  ;  Coofr.  S.  Bkrnakdo,  tn  cantica^  Sermo  66,  n.**  12  ;  Baronius, 
Ann.^  anno  385,  t.  IV;  Bàrbkyrac,  Tratte  de  la  morale  dea  Pèrea;  S.  Gio- 
VANia  Crisostomo,  Homilia  in  Paalm,  43.  Alieni  filii  qui  aunt,  B. 

(3)  Vedi  Robertson,  Hiatory  of  America, 


Con3tderaxioni  generali  sulla  società  intemaxdonale  7 

Fu  Tepoca  sanguinosa  delle  guerre  di  religione.  L'orribile  guerra 
degli  Albigesi,  le  crociate,  le  lotte  accanite  contro  i  protestanti, 
furono  conseguenza  delle  pretese  esagerate  del  Papato  di  costrin- 
gere colla  forza  il-  genere  umano  ad  accettare  la  unità  della  fede. 

Oettiamo  un  velo  sulla  storia 

La  reazione  non  tardò. 

Si  combattè  per  la  separazione  del  Diritto  pubblico  dello  Stato 
dal  Diritto  pubblico  delia  Chiesa,  per  la  rivendicazione  dell'attri- 
buto essenziale  della  personalità  umana,  il  diritto  alla  libertà  di 
coscienza  ;  si  combattè  per  far  ammettere  la  libertà  e  la  eguaglianza 
dei  culti  delle  tre  Chiese  :  la  cattolica,  la  luterana  e  la  calvinista. 
La  Biforma  riuscì  a  trionfare  e  le  vittorie  da  lei  riportate 
furono  consacrate  nella  pace  di  Yestfalia,  la  quale  riconobbe  un 
principio  di  comunità  fra  i  popoli  di  credenze  diverse  (1). 

Tuttavia,  la  lotta  assunse  una  forma  nuova,  poiché  le  idee 
relative  alla  base  della  vera  comunità  ed  ai  principi  razionali 
destinati  a  proteggerla,  facevano  difetto. 

Non  possiamo  entrare  nei  particolari,  che  per  ciò  ci  bisognerebbe 
rifare  tutta  la  strada  serpeggiante  che  i  popoli  furono  costretti  di 
seguire  sotto  la  pressione  delle  circostanze,  delle  false  idee  intorno 
al  fondamento  della  grandezza  politica  e  della  prosperità  economica 
di  ogni  paese.  Noi  dovremmo  mettere  in  luce  la  storia  segreta 
della  politica  e  della  diplomazia  dei  diversi  paesi  ;  dovremmo  esporre 
gli  errori  del  sistema  noto  sotto  il  nome  di  e  colbertìsmo  > ,  sistema 
che  falsò  la  missione  dello  Stato,  la  base  dei  rapporti  commerciali 
e  il  vincolo  della  comunità  fra  i  vari  paesi  del  mondo. 

Si  era  immaginato  che  per  salvaguardare  la  indipendenza  degli 
Stati  era  indispensabile  impedire  che  il  pericolo  della  monarchia 
universale  potesse  risorgere  e  che  bisognava  mantenere  fra  gli  Stati 
un  certo  equilibrio  della  forza  per  rendere  impossibile  la  prepon- 
deranza di  uno  di  essi  sugli  altri. 


(1)  Vedi  per  T  influenza  esercitata  da  Bichklieu:  Montkil,  Hist,  dee  Franpais^ 
t.  VII,  p.  114;  GHAMnoN,  Mémoire;  Mémoire  du  cardinal  de  Beix;  Li- 
Yàssob,  Histaire  de  Louis  XTII^  t.  X  ;  Caussik,  Mém.  de  Riekelieu. 


8  Introduxdone  —  Capitolo  I. 

U  grande  Federico,  facendosi  l'interprete  delle  convinzioni  gene- 
rali di  allora,  scriveva  nel  suo  Anti-Machiavelli.  «  La  tranquillità 
dell'Europa  si  fonda  principalmente  sul  mantenimento  di  quel 
sapiente  equilibrio,  per  cui  la  forza  superiore  di  una  monarchia  è 
bilanciata  dalla  potenza  unita  di  alcuni  altri  sovrani  »   (1). 

Quanti  avvenimenti!  Quante  lotte!  Quante  alleanze  contratte 
e  rotte!  Quanti  trattati  firmati  e  violati,  intesi  a  impedire  la  pre- 
ponderanza dell'uno  o  dell'altro  e  destinati  sempre  a  stabilire 
l'equilibrio  europeo  e  la  famosa  bilancia  delle  forze! 

Quando  la  Francia,  ai  tempi  di  Enrico  lY  e  più  ancora  durante 
il  regno  di  Luigi  XIY  diventò  potente  e  temuta,  gli  altri  Stati  si 
allearono  contro  di  lei  per  indebolirla;  e  la  Francia,  che  aveva 
dettato  le  condizioni  della  pace  nel  trattato  di  Nimega  del  1678 
e  nel  trattato  di  Byswick  del  1697,  fu  costretta  a  sottomettersi 
alle  condizioni  imposte  dalle  potenze  alleate  ed  a  firmare  il  trattato 
di  Utrecht  con  cui  essa  rinunzia  va  ai  suoi  progetti  di  ingrandimento. 
E  per  mantenere  l'equilibrio  altre  guerre  furono  intraprese  ;  così, 
la  guerra  di  Polonia  terminata  col  trattato  di  Vienna  del  1738  e 
la  guerra  per  la  successione  d'Austria  che  mise  capo  al  trattato 
di  Aquisgrana  del  1748;  così  la  guerra  dei  Sette  Anni  cui  pose 
fine  il  trattato  di  Parigi  del  1763.  Sarebbe  troppo  lungo  lo  enu- 
merare tutte  le  lotte  sanguinose  eccitate  ed  alimentate  dalla  tema 
della  preponderanza. 

Dopo  la  scoperta  del  Nuovo  Mondo  e  della  nuova  Strada  per 
le  Indie,  la  lotta  aveva  preso  una  forma  nuova.  Ogni  Stato  cercò 
di  acquistare  la  superiorità  commerciale  e  immaginò  che  a  tale 
effetto  gli  bisognasse  confiscare  a  suo  profitto  il  monopolio  degli 
scambi  e  delle  esportazioni  e  creare  ogni  maniera  di  ostacoli  alla 
libertà  di  commercio  degli  altri  ed  allo  sviluppo  della  loro  produ- 
zione. Fu  questa  l'origine  di  nuove  guerre  fatte  per  mantenere  il 
cosidetto  €  equilibrio  mercantile  ».  I  disordini  cui  die'  luogo  il 
falso  sistema  che  porta  nella  storia  il  nome  di  <  Golbertismo  » 
furono  non  meno  gravi  di  quelli  che  derivarono  dalla  pretesa  necessità 


(1)  Fbìdìric,  Anti'Machiavel,  part.  3"",  chap.  XXVI,  p.  58. 


Gonsideraxdani  generali  sulla  società  internazionale  9 

di  un  equilìbrio  politico.  Si  era  sempre  alla  ricerca  di  pretesti  per 
fare  la  guerra,  allo  scopo  di  costringere  le  potenze  rivali  a  firmare 
un  trattato  di  commercio  a  profitto  del  vincitore  (1). 

I  trattati  conchiusi  nei  secoli  XVII  e  XYIII  in  seguito  alle 
guerre  mercantili  dimostrano  chiaramente  la  confusione  che  regnava 
riguardo  alla  libertà  del  commercio  e  della  navigazione: 

La  confusione  che  regnava  per  ciò  che  concerne  i  diritti  degli 
Stati  neutri  durante  la  guerra  non  cominciò  ad  essere  dissipata 
che  dalle  leghe  della  neutralità  armata  del  1789  e  del  1800.  Tuttavia, 
quegli  stessi  Governi  che  avevano  ammesso  le  regole  riguardanti 
gli  Stati  neutrali,  le  disconoscevano  o  le  modificavano  a  libito, 
perchò  non  vi  era  altro  mezzo  per  assicurarne  il  rispetto  tranne 
l'impiego  della  forza. 

Potevasi  mai  concepire  l'idea  di  una  comunità  mentre  preva- 
levano le  false  idee  intorno  alla  prosperità  e  alla  ricchezza  delle 
nazioni,  mentre  ogni  Governo  si  proponeva  di  organizzare  le  suie 
relazioni  commerciali  in  modo  da  importare  quanto  più  oro  e  quanto 
meno  merci  gli  era  possibile,  per  ristabilire  il  preteso  equilibrio 
mercantile? 

La  confusione  che  regnava  intorno  al  criterio  della  prosperità 
e  della  ricchezza  delle  nazioni  spiega  facilmente  come  il  concetto 
della  vera  comunità  non  fosse  possibile. 

E  cosi  si  arriva  alla  Bivoluzione  francese  sempre  in  mezzo  al 
più  grande  disordine  e  ad  idee  sbagliate  per  ciò  che  riguarda  gli 
interessi  di  ogni  nazione,  gli  interessi  comuni  e  i  giusti  principi 
atti  a  salvaguardare  la  indipendenza  di  ogni  Stato. 

Le  condizioni  anormali  in  cui  furono  intraprese  le  guerre  della 
Rivoluzione  francese  poterono  servire  di  pretesto  per  giustificare 
le  violenze  e  gli  abusi  che  si  commisero  da  una  parte  e  dall'altra. 
Il  fatto  si  è  che  gli  atti  più  arbitrari  furono  giustificati  come  rap- 
presaglie, e  che  tutti  i  principi  del  Diritto  internazionale  furono 


(1)  Campbbll,  lAfes  of  the  Ghancellors^  t.  V,  p.  89.  —  Vedi  pure  il 
Discorso  del  Conte  Sh^ftesbubt,  Lord  Cancelliere,  quando  voleva  dimostrare 
che  era  tempo  di  fare  la  guerra  all'Olanda  {Parlament  Hist.,  t.  IV,  p.  587). 


10  Introdtix^ìone  —  Capitolo  I. 

calpestati.  La  condizione  degli  Stati  neutmli  peggiorò.  Quegli  stessi 
Stati  che  avevano  solennemente  proclamato  ì  diritti  dei  neutri  li 
disconobbero. 

Alla  caduta  di  Bonaparte  l'Europa  presentava  un  aspetto  nuovo. 
Certi  Stati  erano  scomparsi  ed  altri  erano  sorti.  L'autorità  della 
pace  di  Vestfalia  era  stata  disconosciuta,  l'equilibrio  tutt' affatto 
turbato.  Trattavasi  di  provvedere  alla  organizzazione  definitiva 
dell'Europa,  di  fissare  su  una  base  più  solida  la  vera  idea  della 
comunità  degli  interessi  e  di  stabilire  in  modo  conveniente  il  giusto 
principio   dell'equilibrio. 

L'esperienza  del  passato  avrebbe  dovuto  mostrare  ai  potenti 
alleati  che  per  assicurare  la  regolare  coesistenza  degli  Stati  e  per 
salvaguardare  la  loro  indipendenza  e  i  loro  diritti,  una  certa  forma 
di  equilibrio  era  indispensabile;  ma  che  occorreva  fondarlo  su  altre 
basi.  Pur  troppo,  nell'orgoglio  della  loro  vittoria,  le  Potenze  non 
pensarono  che  a  salvaguardare  i  pretesi  diritti  dei  sovrani  legittimi 
e  delle  dinastie,  prendendo  il  diritto  storico  come  base  della  legit- 
timità. Allo  scopo  di  ristabilire  l'ìBquilibrio,  si  pensò  a  ristabilire 
i  possessi  territoriali  nello  stato  in  cui  erano  prima  della  Rivolu- 
zione francese;  e  per  assicurare  la  stabilità  dell'opera  così  compiuta, 
le  grandi  Potenze,  a  guisa  di  dittatori,  decisero  di  garantirsi  reci- 
procamente le  possessioni  che  si  erano  attribuite  in  base  ai  loro 
pretesi  diritti  legìttimi,  impegnandosi  a  intervenire  e  ad  impiegare 
la  forza  per  reprimere  qualsiasi  intrapresa  contro  l'equilibrio  che 
esse  avevano  stabilito.  Il  loro  lavoro  faticoso  fu  riassunto  nell'Atto 
finale  firmato  a  Yieuna  il  9  giugno  1815  e  completato  dal  trattato 
della  Santa  Alleanza. 

Si  arriva  così  al  principio  del  secolo  e  la  vera  concezione  della 
comunità  non  era  formata  ancora. 

Si  era,  infatti,  immaginato  che  l'interesse  supremo  della  società 
internazionale  si  assomma3se  nella  tutela  dei  pretesi  diritti  dei 
Sovrani  legittimi  e  delle  dinastie  e  che  base  della  legittimità  fosse 
il  diritto  storico.  Si  era  immaginato  che  il  potere  dei  Monarchi 
legittimi  fosse  assoluto;  che  i  popoli  non  avessero  diritti;  che  il 
loro  interesse  fosse  come  personificato  nell'interesse  del  Principe; 


Gonsideraxiani  generali  sulla  società  intef*naxionale  11 

che  le  monarchie  legittime  potessero  attribuirsi  possessioni  loro 
appartenenti  secondo  il  diritto  storico,  senza  tener  conto  degli 
interessi  del  popoli  e  della  situazione  morale  dei  diversi  paesi. 

Era  tutt'affatto  naturale  che  il  problema  della  organizzazione 
intemazionale  non  fosse  ancora  ben  posto.  Una  organizzazione  coor- 
dinata allo  scopo  principale  di  salvaguardare  i  pretesi  diritti  dei 
Sovrani  legittimi  e  delle  dinastie,  poteva  essa  costituire  il  vero 
principio  di  una  organizzazione  razionale? 

La  lotta  doveva  essere  la  conseguenza  del  sistema  concepito  e 
della  manifesta  violazione  della  libertà  dei  popoli  e  dei  loro  diritti 
sacrificati. 

I  Governi,  secondo  l'accordo  e  i  patti  fra  essi  conchiusi  col 
famoso  trattato  della  Santa  Alleanza,  cercarono  di  soffocare  ed 
arrestare  le  cosidette  idee  rivoluzionarie;  essi  organizzarono  il  sistema 
dell'intervento  armato  per  fare  la  guerra  alla  libertà  e  ai  diritti 
delle  nazionalità;  ma  tutti  gli  eserciti  non  ebbero  forza  bastante 
per  mantenere  l'equilibrio  politico  stabilito  a  Vienna  sotto  la  ispi- 
razione di  Metternich. 

II  primo  grande  successo  della  nuova  idea  che  proclamava  i 
diritti  inalienabili  delle  nazionalità  contro  i  pretesi  diritti  delle 
monarchie  legittime,  fu  ottenuto  dalla  Grecia. 

La  sua  lotta  accanita  per  difendere  la  sua  indipendenza  e  il 
suo  diritto  ad  affrancarsi  dalla  dominazione  ottomana,  cominciata 
nel  1821,  continuò  sino  al  1829,  nel  qual  anno  il  Sultano  fu 
costretto  a  firmare  il  trattato  di  Andrinopoli,  col  quale  le  provincie 
greche  furono  costituite  in  Stato  indipendente,  alla  testa  del  quale 
fu  messo  il  principe  Ottone  di  Baviera  che  prose  il  titolo  di  Re. 

Nelle  Provincie  belghe,  che  formavano  parte  del  regno  dei  Paesi 
Bassi,  la  rivoluzione  fu  parimenti  inspirata  dal  grande  sentimento 
della  difesa  degli  interessi  nazionali. 

Essa  ebbe  per  risultato  definitivo  la  separazione  del  Belgio  dal- 
l'Olanda e  la  creazione  del  regno  del  Belgio  in  Stato  indipendente. 
Questa  indipendenza  fu  consacrata  dal  trattato  conchiuso  a  Londra 
il  15  novembre  1831  e  riconosciuta  dallo  stesso  Be  dei  Paesi  Bassi 
nel  trattato  di  Londra  del  19  aprile  1839. 


12  Introdttxione  —  Capitolo  I, 

L' Egitto  era  insorto  alla  sua  volta  per  conquistare  la  sua  indi- 
pendenza, sotto  l'impulso  di  Mehemed  Ali;  e  la  lotta  continuò 
sino  al  giorno  in  cui,  col  trattato  di  Londra  del  1840,  fu  rico- 
nosciuto il  diritto  ereditario  di  Mehemed  Ali  a  governare  l'Egitto 
sotto  l'alta  sovranità  della  Porta. 

Sopravvennero  in  seguito  i  movimenti  politici  che  turbarono 
profondamente  la  Francia,  la  Germania,  l'Ungheria,  l'Italia  durante 
gli  anni  1848  e  1849.  Il  risultato  finale  fu  di  ridurre  a  poco  a 
poco  al  nulla  il  sogno  insensato  di  Metternich  (vale  a  dire  l'equi- 
librio politico  stabilito  nel  1815),  e  di  mutare  tutt'affatto  la  base 
della  legittimità.  Alla  sovranità  di  diritto  divino  fu  sostituita  quella 
del  libero  suffragio  del  popolo. 

Il  movimento  essenzialmente  democratico  che  mise  capo  alla 
rivoluzione  del  1848  fu  una  reazione  energica  contro  lo  spirito  della 
Santa  Alleanza.  L'essersi  fatto  una  parte  più  larga  alla  rappresen- 
tanza degli  interessi  popolari,  il  controllo  esercitato  dall'opinione 
pubblica  sulla  politica  interna  ed  estera  della  maggior  parte  dei 
paesi,  lo  sviluppo  prodigioso  dei  rapporti  commerciali  mirabilmente 
accresciuto  dalla  facilità  e  rapidità  dellQ  comunicazioni  intemazio- 
nali —  tutto  contribuì  a  distrurre  molti  pregiudizi,  a  sviluppare 
il  sentimento  della  solidarietà  degli  interessi  ed  a  mettere  in  evi- 
denza il  vero  princìpio  della  comunità. 

A  poco  a  poco,  infatti,  si  arrivò  a  capire  come,  per  giungere 
ad  assicurare  il  benessere  di  ogni  paese  e  lo  sviluppo  della  pro- 
sperità nazionale,  fosse  indispensabile  provvedere  allo  sviluppo  dei 
rapporti  intemazionali,  garantire  e  salvaguardare  gli  interessi 
comuni. 

8,  Questa  grande  idea  fu  compresa  con  maggior  chiarezza  durante 
la  seconda  metà  del  secolo  ed  essa  fu  il  risultato  di  due  potenti 
fattori.  Uno  di  essi  fu  lo  sviluppo  del  commercio  intemazionale, 
il  quale  diventò  una  potente  ruota  della  civiltà  e  contribuì  eSetti- 
vamente  a  stabilire  legami  permanenti  fra  le  diverse  nazioni.  L'altro 
fattore,  piìi  potente  ancora,  fu  determinato  dalle  forze  vive  e  di  tanta 
ef&cacia  della  scienza,  la  quale  certo  contribuì  più  direttamente  a 
demolire  il  passato  e,  dopo  averlo  demolito,  a  edificare  sulle  sue  rovine. 


Consideraxùmi  generali  sulla  società  intemaxionale  13 

Sarebbe  lungo  il  ricordare,  anche  rapidissimamente,  i  lavoratori 
che  contribuirono  ad  abbattere  l'edificio  della  politica  e  ad  innalzare 
il  monumento  della  ciyiltà  moderna  basato  nella  grande  idea  della 
umanità. 

Mi  limiterò  a  ricordare  solo  alcuni  dei  principali  lavoratori. 

Fra  i  pubblicisti,  il  merito  di  aver  emancipato  la  scienza  del 
Diritto  internazionale  dall'autorità  della  teologia  e  di  averle  dato 
nn  fondamento  l'azionale,  spetta  all'italiano  Alberigo  Gentile.  Ei 
diede  il  primo  impulso  alla  scienza  moderna  coH'insegnare  che  le 
regole  della  giustizia  dovevano  essere  dedotte  dalla  ragione  naturale. 

¥u  seguito  da  Grozio,  il  quale  perfezionò  l'opera  sua.  I  due 
sapienti  diedero  il  primo  forte  impulso  alla  attività  intellettuale 
intesa  ad  aprire  la  via,  a  distruggere  tutto  il  passato  e,  dopo  averlo 
distrutto,  a  edificare  di  nuovo.  Fi*a  quelli  che  hapno  compiuto 
quest'opera  vanno  citati  specialmente  Hobbes  (1),  Pufendorf  (2), 
Leibnitz  (3),  Wolf  (4).  Poi  viene  la  lunga  schiera  degli  altri  scrittori 
che  ricercarono  e  chiarirono  le  regole  della  condotta  degli  Stati  e 
indicarono  le  vere  basi  dei  rapporti  internazionali. 

Fra  quelli  che  diedero  il  primo  impulso  alla  scienza  politica, 
possiamo  a  ragione  essere  orgogliosi  di  rammentare  il  nostro  Machia- 
velli. Lo  si  deve  infatti  annoverare  fra  gli  autori  che  primi 
applicarono  alla  politica  il  metodo  storico  e  sperimentale.  Il  suo 
gran  merito  è  quello  di  aver  studiato  con  cura  le  cause  da  cui 
dipendono  lo  stabilimento,  la  consei*vazione,  la  prosperità  e  la  caduta 
degli  Stati  e  di  averci  lasciato  la  più  vasta  serie  di  osservazioni 
profonde  sui  rapporti  che  intercedono  fra  i  fatti  e  le  cause  da  cui 
deprivano.  Lo  sforzo  del  suo  genio  originale  fu  inteso  a  separare  il 
fine  dello  Stato  dal  fine  della  Chiesa  romana  e  a  considerare  il 
problema  dell'arte  di  governare  indipendentemente  dall'autorità  della 


(1)  De  eive.  Pari  sii  s  1646. 

(2)  De  jure  naiurae  et  geniinm;  De  o/pctis  hominis  et  ci  vis;  specimen 
eontroversiarum  eitra  jus  naturale. 

(3)  Godex  juris  gentium  diplomaticus, 

(4)  JìM  naturae  methodo  scientifica  pertractatum. 


14  Introduzione  —  GapUolo  l, 

teologia.  La  conseguenza  fa  l'affrancamento  dei  governi  dall'auto- 
rità  predominante  della  Chiesa. 

I  calunniatori  del  grande  pensatore  italiano  dissero  che  esso  non 
tenne  conto  abbastanza  delle  leggi  della  giustizia  e  che  considerò 
l'arte  di  governare  piuttosto  dal  punto  di  vista  del  successo  che  da 
quello  del  diritto.  È  per  questo  che  di  lui  fu  detto  aver  egli  posto 
a  base  della  politica  la  utilità.  Ma,  astrazion  fatta  dai  difetti  del 
suo  sistema,  è  fuori  d'ogni  dubbio  che  Machiavelli  ha  reso  il  più 
grande  servigio  alla  civiltà,  eliminando  la  falsa  idea  che  lo  Stato 
dovesse  essere  considerato  come  soggetto  alla  Chiesa  e  che  il  Papato 
potesse  attribuirsi  il  diritto  di  comandare  ai  Be.  La  preponderanza 
del  Papato  e  la  soggezione  dello  Stato  alla  tutela  della  Chiesa  furono 
ridotte  a  niente  in  seguito  alla  grande  idea  di  Machiavelli,  che 
consistette  nel  separare  la  politica  dall'autorità  della  Chiesa  e  nel 
dare  ai  Governi  e  alla  politica  una  nuova  base  e  un  fine  proprio. 

Gli  autori  che  vennero  dopo  di  lui,  approfittando  della  direzione 
che  esso  aveva  dato  e  rettificando  i  principi  della  sua  dottrina,  la 
resero  più  sicura  e  più  proficua,  e  giunsero  a  ricostruire  la  teoria 
del  governo  sulla  base  dei  veri  principi. 

Fra  essi  ci  limiteremo  a  ricordare  Locke  in  Inghilterra  e  Mon- 
tesquieu in  Francia. 

Locke  (1)  ci  lasciò,  nel  suo  Saggio  sul  Oovenio  civile,  la  più 
liberale  teoria  delle  monarchie  costituzionali  e  della  legittimità  dei 
poteri.  La  sua  opera  fu  perfezionata  e  completata  da  Montesquieu 
il  quale  difese  i  diritti  della  umanità,  chiarì  e  sviluppò  i  giusti 
principii  della  grandezza  degli  Stati,  e  generalizzò  la  teoria  della 
saggia  politica.  La  scienza  della  politica,  indipendentemente  dal- 
l'autorità della  Chiesa,  entrò  a  mano  a  mano  nel  dominio  dell'at- 
tività intellettuale;  e  troppo  lungo  sarebbe  enumerare  gli  autori 
che  contribuirono  al  grande  lavoro  di  distruzione  e  di  riedificazione 
per  determinare  il  vero  principio  della  saviezza  politica. 


(U  La  sua  opera  ♦  Two  ireatises  on  Government  >  fu  pubblicata  nel  1690, 
fu  poi  tradotta  in  francese  «  Essai  du  gouvemement  civil  ». 


Consideraxioni  generali  sulla  società  intemaxionale  15 

Fra  gli  economisti  che  più  contribuirono  a  mettere  in  hice  il 
fanesto  errore  del  sistema  mercantile,  si  deyono  ricordare  Hame, 
Qaesnay  e  Turgot,  i  quali  intravvidero  la  grande  idea  essere  la 
libertà  condizione  principale  della  prosperità  commerciale  (1).  La 
vera  dottrina  del  libero  scambio,  che  determinò  la  grande  rivolu- 
zione avvenuta  nella  vita  economica  e  nella  stessa  esistenza  politica 
degli  Stati,  fu  poi  ridotta  alla  forma  scientifica  più  perfetta  da 
Adamo  Smith.  La  sua  opera  sulla  Ricchezza  delle  Nazioni  distrusse 
fino  alla  sua  base  la  falsa  teoria  del  protezionismo. 

Fra  i  filosofi  potrei  ricordare  i  nostrani  Fomponaccio,  Oiordano 
Bruno  e  Telesio,  che  lavorarono  per  emancipare  il  pensiero  dalla  cieca 
autorità  della  teologia;  ma  la  rivoluzione  più  decisiva  per  assicurare 
il  predominio  della  ragione  fu  certamente  operata  da  Cartesio.  Ei 
fece  per  la  filosofia  ciò  che  Lutero  aveva  cominciato  a  fare  per  la 
religione  ;  ciò  che  Machiavelli  aveva  fatto  in  teoria  e  che  Richelieu 
e  Cromwell  avevano  fatto  in  pratica  per  la  politica  ;  ciò  che  Galileo 
aveva  compiuto  nel  campo  delle  scienze  fisiche.  Cartesio,  emanci-  . 
pandosi  dalla  tradizione  e  dall'autorità,  affidandosi  alle  forze  del- 
l'intelligenza, incominciò  il  più  grande  lavoro  di  distruzione  del 
passato.  Non  si  potrà  forse  dire  che  esso  sia  stato  un  genio  crea- 
tore, giacché  egli  seppe  distruggere  più  che  non  abbia  edificato; 
ma  senza  di  lui  non  avremmo  avuto  la  filosofia  liberale  ed  uma- 
nitaria del  secolo  XYIIL  Dopo  di  lui  troviamo  Giambattista  Yico 
che,  poggiato  sulle  forze  della  ragione,  giunse  a  concepire  la  grande 
idea  che  l'umanità  è  un  organismo  di  cui  i  popoli  sono  gli  elementi 
e  a  descrivere  il  circolo  ideale  entro  al  quale,  secondo  lui,  il  mondo 
si  aggira  (2). 

Dopo  Cartesio  e  Yico,  l'opera  dei  filosofi  procede  rapidissima; 
e  quando  si  arriva  alla  fine  diel  secolo  XYIII  si  trova  che  i  filo- 
sofi, sempre  poggiati  sulle  forze  della  ragione,  avevano  rivendicato 
i  diritti  dell'uomo  e  preparato  la  Bivoluzione  che  scoppiò  nel  1789. 


(1)  Confr.  BuGKLK,  Histoire  de  la  eivilisation  en  Angleterre. 

(2)  Confr.  Febraih,  La  mente  di  0.  B.   Vico, 


16  IfUroduxdone  —  Capitolo  L 

Voltaire  (1),  Mably  (2),  Diderot  (3),  Rousseau  (4),  tutti  avevano 
difeso  il  diritto  deirumanità,  la  emancipazione  dei  servi,  la  sop- 
pressione della  guerra,  il  vero  obbiettivo  della  politica  che,  come 
diceva  Mablj,  doveva  consistere  nell'essere  giusti.  Si  arriva  così  a 
Gondorcet,  il  quale  nel  suo  progetto  di  costituzione  propose  di  rego- 
lare la  condotta  della  Repubblica  francese  verso  le  altre  nazioni  (5). 

Passo  sotto  silenzio  gli  altri  non  meno  grandi  lavoratori  che 
contribuirono  a  distruggere  il  passato  e  a  sviluppare  i  giusti  principi 
della  comunità. 

Una  cosa  è  certa  ed  è  che  di  grado  in  grado  noi  siamo  arrivati 
a  comprendere  la  grande  concezione  formulata  da  Seneca:  e  Tutto 
questo  mondo  che  tu  vedi  e  che  racchiude  le  cose  divine  ed  umane 
è  uno...  Noi  siamo  le  membra  di  un  gran  corpo.  In  nessun  luogo 
l'uomo  è  straniero...  La  sua  vera  patria  è  l'universo  »  (6). 

Ma  per  rendere  chiara  a  tutti  questa  concezione  era  mestieri 
rendere  evidente  a  tutti  la  giusta  idea  intravvista  da  Ilume,  da 
Quesnay  e  da  Turgot,  cioè  che  la  libertà  è  la  condizione  principale 
della  prosperità  commerciale. 

Era  mestieri  che  tutti  comprendessero  come  per  il  vantaggio 
di  ogni  singolo  popolo  si  dovesse  al  disopra  degli  interessi  egoi- 
stici del  proprio  paese  porre  gli  interessi  solidali  di  tutti  i  paesi 
inciviliti. 

Era  mestieri  che  la  opinione  pubblica  giungesse  a  comprendere 
la  necessità  e  la  utilità  della  comunità  delle  nazioni  incivilite. 

Or,  tutto  ciò  non  ha  potuto  effettuarsi  se  non  durante  il  nostro 
secolo  e  specialmente  durante  gli  ultimi  cinquant'anni. 


(1)  Correspondance  de  Voltaire  et  de  Catherine  II;  Dictionnaire  philo- 
sophiqtie  (parole  Supplice,  Torture);  Extrait  d'un  niémoire  pour  Ventitré 
aòolition  de  la  servitude  en  France;  Satire,  la  tactique  (Odes  XVIII,  Dia- 
loguos  XXIV);  —  Éloge  funebre  des  offlciers  morts  en  1841, 

(2)  Elude  de  l'histoire;  Observations  sur  Vhistoire  de  la  Grece, 
(B)  Frammenta  politiques. 

(4)  Èmile, 

(5)  Projet  de  Constitution  fran^aìse,  tit.  XIII;  Moniteur,  1793,  p.  235; 
(FjHvres  de  Gondorcet,  t.  X,  p.  580.  Vedi  pure  Lettres  d'un  citoyen  dea  État- 
UnÌ8  à  un  fran^is,  Q^uvres,  t.  IX,  p.  97. 

(6)  Epist.  95. 


CansideraMont  generali  sulla  società  intemavUmale  1 7 

E  facile  quindi  spiegarsi  perchè  il  problema  dell'organizzazione 
giarìdica  della  società  internazionale  abbia  fatto  così  poca  strada 
verso  la  sua  soluzione.  La  società  internazionale  non  poteva  pro- 
porsi di  darsi  una  forma  razionale  di  organizzazione  se  non  dopo 
aver  acquistato  la  giusta  idea  della  sua  comunità  ed  essere  giunta 
inoltre  all'alta  concezione  del  suo  più  razionale  fondamento. 

Giambattista  Yico,  nella  sua  profonda  opera  La  Scienza  nuova, 
aveva  scritto  non  potere  la  comunità  dei  diritti  nascere  che  dalla 
comunità  degli  interessi,  la  quale,  com'egli  si  esprimeva^  può  susci- 
tare presso  tutte  le  nazioni  certe  idee  uniformi  intorno  alla  necessità 
della  loro  società  e  intorno  alla  utilità  di  ciascuna  di  esse  (1). 

Montesquieu,  nella  sua  celebre  opera  su  Lo  spirito  delle  leggi 
aveva  anch'esso  annunziato  che  la  grande  idea  della  comunità  sarebbe 
stata  l'effetto  naturale  del  commercio,  e  Lo  spirito  del  commercio 
—  ei  diceva  —  unisce  le  nazioni.  Tutte  le  unioni  sono  fondate  su 
mutui  bisogni.  Due  nazioni  che  negoziano  fra  loro  si  rendono  reci- 
procamente dipendenti.  Se  l'una  ha  interesse  a  comperare,  l'altra 
ha  interesse  a  vendere  :». 

Or,  se  si  consideri  che  tutto  ciò  non  è  avvenuto  che  tardi,  cioè 
durante  la  seconda  metà  del  nostro  secolo,  si  comprende  come  il 
problema  abbia  fatto  così  poco  cammino. 

Infatti,  esso  non  fu  nettamente  posto  che  assai  tardi. 

Nei  nostri  tempi  la  generalità  è  arrivata  alla  fine  a  capire  il 
concetto  della  vera  comunità,  e  oramai  l'idea  di  dare  alla  società 
internazionale  un  modo  piìi  razionale  di  organizzazione  forma 
l'animo  del  movimento  intellettuale,  parlamentare,  scientifico  e 
popolare  moderno;  ed  è  una  idea  che  ormai  non  si  riuscirà  più 
a  strappare  dallo  spirito  del  mondo  incivilito.  Essa  si  imporrà  irre- 
sistibilmente e  sempre  più  urgente  alle  meditazioni  degli  uomini 
di  Stato  e  alle  aspirazioni  dei  popoli.  Che  importa  che  la  sua 
realizzazione  sia  ancora  più  o  meno  lontana!    Ogni   idea  nuova 


(1)  Vedi  la  sua  dissertazione  stampata  nel  1725  col  titolo  Prtncipii  di  una 
scienxa  nuova  intorno  alla  natura  delle  Naxioni  per  li  quali  si  ritrovano 
Altri  pRiKcipn  del  Dibitto  naturale  delle  oenti. 

2  —  Fighe,  Dir.  intem,  eodif. 


18  Iniroduxione  —  Capitolo  I, 

cammina,  sia  pure  lentamente,  ma  cammina,  con  movimento  sicuro, 
in  virtù  del  suo  primo  impulso,  senza  poter  arrestarsi  mai.  Essa  si 
ingrandisce,  diventa  di  un  valore  sempre  piii  grande,  sempre  più 
potente.  Essa  si  propaga  nella  coscienza  delle  masse  e  a  poco  a 
poco  diventa  una  convinzione  popolare;  finalmente,  essa  arriva  a 
dominare  tutti  i  fatti,  a  esercitare  un  impero  onnipotente  su  tutte 
le  intelligenze,  ossa  diventa  come  là  religione  dell'epoca  fino  al 
giorno  in  cui  finisce  col  trionfare. 

È  questa  la  storia  di  ogni  idea  riformatrice. 

E  sarà  questa  la  storia  della  grande  idea  della  comunità  dei 
popoli  e  della  necessità  di  dare  alla  società  loro  una  forma  di 
organizzazione  razionale. 

Il  risultato  definitivo  non  sarà  l'opera  nò  d'oggi  né  di  domani. 
Esso  sarà  l'opera  del  tempo;  sarà  l'espressione  ultima  del  progresso 
incessante  della  civiltà.  Esso  non  sarà  completamente  realizzato 
che  in  un  avvenire  più  o  meno  lontano. 

Quello  che  massimamente  importa  si  è  di  mettersi  sulla  giusta 
via  per  arrivarvi. 

3.  Sarebbe  un  errore  il  dissimularsi  che  il  problema  di  dare  alla 
società  internazionale  una  forma  di  organizzazione  giuridica  sia 
veramente  un  problema  complesso  e  non  certo  di  facile  soluzione. 

Per  risolverlo  in  modo  completo  occorre  anzitutto  determinare 
il  Diritto  comune  che  deve  reggere  la  comunità  delle  nazioni  civili, 
poi  provvedere  alla  tutela  di  questo  Diritto  comune  e  determinare 
da  ultimo  i  mezzi  efficaci  per  dirimere  i  conflitti  e  le  divergenze 
che  possono  sorgere. 

Per  ciò  che  concerne  il  riconoscimento  di  un  Diritto  comune,  non 
dirò  già  certo  che  molto  siasi  già  fatto  per  stabilirlo,  ma  che  si 
è  cominciato  già  a  fare  qualche  cosa.  Il  trattato  di  Parigi  del  1856, 
infatti,  segna  a  questo  riguardo  Un  grande  progresso.  Le  grandi 
Potenze,  invece  di  limitare  la  loro  missione  a  regolare  le  conse- 
guenze della  guerra,  com'erasi  fatto  nel  passato,  stabilirono  regole 
uniformi  riguardo  al  diritto  dei  neutri  e  ai  diritti  dei  belligeranti 
durante  la  guerra  marittima. 


Considerazioni  generali  sulla  società  intemaxùmale  19 

Più  tardi,  molti  trattati  farono  conchiusi,  intesi  ad  assicurare  i 
bisogni  del  commercio,  la  protezione  della  proprietà  e  dell'indu- 
stria, la  libertà  di  navigazione  sui  fiumi,  l'abolizione  della  tratta 
dei  negri,  lo  sviluppo  della  civiltà  e  del  commercio  nelle  regioni 
dell'Africa  e  per  regolare  in  modo  uniforme  altri  interessi  comuni. 
Troppo  lungo  sarebbe  lo  enumerarli.  Si  era  perfino  proposto  di 
stabilire  un  Diritto  comune  per  incivilire  la  guerra  e  limitare  il 
più  possibile  i  suoi  mali  e  i  suoi  pericoli.  I  delegati  dei  Governi, 
infatti,  si  riunirono,  per  disciplinare  la  guerra,  a  Bruxelles  nel  1874. 
•  Lo  ripeto,  l'idea  di  riconoscere  l' interesse  collettivo  che  tutti  gli 
Stati  hanno  a  regolare  certe  materie  concernenti  i  bisogni  generali, 
ha  già  fatto  strada. 

Finora,  la  difficoltà  maggiore  e  che  fu  considerata  quasi  come 
insormontabile  è  quella  di  trovare  una  forma  di  protezione  giuri- 
dica del  Diritto  comune  e  mezzi  legali  per  risolvere  le  divergenze 
e  costringere  tutti  a  rispettare  le  regole  fissate.  La  mancanza  di  una 
autorità  superiore  e  di  istituzioni  giuridiche  ha  fatto  sì  che  ogni  Stato 
non  abbia  potuto  trovare  altra  forma  efficace  di  tutela  dei  propri 
diritti  che  quella  di  far  valere  la  propria  potenza  militare  e  quella 
dei  propri  alleati. 

Da  ciò  è  provenuto  nataralmento  che  ogni  Stato  non  potendo 
contare  che  sulla  propria  potenza  militare,  abbia  cercato  di  diven- 
tare il  più  forte.  Gli  altri  Stati,  per.  non  essere  superati  dalla  po- 
tenza militare  di  quello  fra  essi  che  mirava  alla  preponderanza, 
sono  stati  alla  loro  volta  spinti  ad  accrescere  la  loro  potenza  mili- 
tare per  controbilanciare  la  forza  della  potenza  rivale. 

Il  risultato  di  questa  deplorevole  situazione  è  stato  il  regime 
degli  armamenti  a  oltranza;  e  la  vita  dei  Governi  di  tutti  i  paesi 
è  stata  fatalmente  assorbita  dall'ambizione  di  diventare  il  più  forte. 
La  scienza  avendo  ogni  giorno  sempre  più  perfezionato  1  mezzi  di 
attacco,  che  rendono  inutili  i  vecchi  mezzi  di  difesa,  ha  fatto  na- 
scere l'imperiosa  necessità  per  ogni  Stato  di  continuamente  modi- 
ficare il  proprio  sistema  di  difesa  per  opporre  una  valida  resistenza 
ai  sempre  più  potenti  mezzi  di  attacco  di  quello  fra  essi  che  pensa 
ad  ottenere  la  preponderanza. 


20  Introduzione  —  Capitolo  I. 

Si  ò,  COSÌ,  giunti  al  punto  che  la  massima  parte  dei  redditi  di  ogni 
paese  sono  assorbiti  dalle  spese  per  gli  armamenti  e  che  le  esigenze 
di  tutti  i  pubblici  servizi  sono  dappertutto  subordinate  alle  esigenze 
del  ministero  della  guerra.  Le  risorse  ordinarie  non  essendo  sempre 
sufficienti  all'uopo,  si  è  dovuto  ricorrere  alle  risorse  straordinarie 
e  ai  prestiti. 

Il  fatto  si  è  che  le  spese  imposte  alle  sei  grandi  Potenze  d'Europa 
per  il  mantenimento  delle  loro  forze  militari  sono  salite  alla  somma 
enorme  di  quattro  miliardi  e  settecento  quaranta  milioni;  e  le  spese 
straordinarie  inscritte  nei  bilanci  della  guerra  durante  gli  ultimi 
venti  anni  sono  salite  a  circa  cinquanta  miliardi. 

Il  debito  pubblico  degli  Stati  europei,  che  nel  1866  era  di  soli 
66  miliardi,  è  ora  di  122  miliardi  e  890  milioni;  e  gli  interessi 
annuali  e  l'ammortamento  di  un  tanto  capitale  ammontano  a  5  mi- 
liardi e  743  milioni. 

E  ciò  che  è  veramente  più  notevole  si  è  che  non  si  trova  un 
solo  Governo,  il  quale  possa  ammettere  che  il  suo  paese  sia  abba- 
stanza armato.  Basti  dire  che  in  Francia,  durante  l'ultima  discus- 
sione del  bilancio  della  guerra,  il  signor  De  Freycinet  proponeva 
solennemente  un  nuovo  aumento  delle  forze  militari,  adducendo  il 
pretesto  che  esse  erano  inferiori  a  quelle  della  Germania  e  che  era 
indispensabile  accrescerle  nel  piede  di  pace  per  non  rimanere 
indietro.  E  nello  stesso  tempo  la  commissione  del  bilancio  della 
guerra  in  Germania  accettava  la  mozione  di  aumentare  progressi- 
vamente il  piede  di  pace  delle  forze  militari  dell'Impero! 

Di  fronte  a  un  tale  stato  di  cose,  un  movimento  era  già  inco- 
minciato in  tutti  i  paesi  per  protestare  contro  il  flagello  della  pace 
armata,  che  ha  convertito  il  mondo  civile  in  una  vasta  fabbrica 
d'armi.  I  lamenti,  i  reclami  contro  i  mali  che  di  questa  fatale  esa- 
gerazione del  militarismo  sono  la  conseguenza,  sono  poi  divenuti  più 
frequenti  in  questi  ultimi  anni  e  più  generali  (1). 

(1)  Le  Associazioni  por  eliminare  gì*  inconvonienti  della  paco  armata  ed  i 
pericoli  della  guerra  sorsero  da  prima  in  America  e  poi  si  diffusero  in  Europa. 
Secondo  ne  riferisce  il  Bureau  International  de  la  paix^  se  no  contano  94, 
delle  quali  54  in  America  e  40  in  Europa. 

Le  prime  Società  degli  amici  della  pace  furono  istituite  in  America.  Uno  dei 


Consideraxùmi  generali  sulla  società  intemazionale  21 

Pubblicisti,  uomini  di  Stato,  associazioni  di  industriali,  operai, 
persone  appartenenti  a  tutte  le  classi  lavoratrici,  tutti  si  sono  tro- 
vati d'accordo  sulla  necessità  di  stabilire  su  basi  più  razionali  l'orga- 
nizzazione della  società  internazionale  e  di  trovare  il  mezzo  di  elimi- 
nare questa  disastrosa  condizione  di  cose  che  pone  come  principale 
garanzia  dei  diritti  di  ogni  paese  la  sua  potenza  militare  e,  in  ultima 
istanza,  la  guerra. 

4.  Diversi  progetti  furono  formati  allo  scopo  di  dare  alla  società 
internazionale  un  ordinamento  più  razionale.  Non  è  certo  questo 
il  momento  di  esporre  tutte  le  proposte  che  con  tale  nobile  inten- 


primi  fautori  dol  movimento  fu  il  Worcester,  curato,  che  fondò  a  Boston  un 

giornale  religioso,  col  quale  rìobiamò  l'attenzione  sui  mali  della  guerra.  Fu 

seguito  da  Giorgio  Channing,  il  quale  vi  richiamò  T  attenzione  del  Congresso 

degli  Stati  Uniti  con  una  Memoria  ad  esso  diretta,  nella  quale  cosi  scriveva: 

«  Noi  siamo  persuasi  che  un  Governo  sinceramente  disposto  ad  assumere  la 

«  grande  e  sublime  azione  di  pacificazione  del  mondo  non  mancherebbe  di 

«  mezzi  per  conseguire  il  proprio  fine.  In  grazia  degli  sforzi  perseveranti  e 

«  saggi  di  un  tal  Governo,  principii  più  miti  prevarrebbero  nel  regolamento 

<  delle  controversie  internazionali ,   le  divergenze  fra   le   nazioni   potrebbero 

«  deferirsi   ad  un  arbitrato  imparziale  ed  i  popoli  potrebbero  intendersi  per 

e  ridurre  i  loro  ordinamenti  militai'i,  tanto  considerevoli  e  rovinosi  >. 

H  movimento  si  diffuse  dair America  in  Europa  e  principalmente  in  Inghil- 
terra, ove  la  Società  degli  amici  della  pace  fondò  un  giornale  col  titolo:  The 
Herald  of  peaee  (vedi  per  maggiori  particolari  V  opera  citata  di  Descàmps  e 
l'opuscolo  di  Gatellani:  Im  propaganda  della  pace).  Non  vogliamo  però  omettere 
di  rammentare  che  nel  1873  fu  istituita  a  Londra  T Associazione  per  la  riforma 
e  la  codificazione  del  Diritto  delle  genti,  la  quale  adottò  poi  nel  1894  il  nome 
di  International  Lato  Aaeociation;  che  nello  stesso  anno  1873,  in  seguito 
alla  ispirazione  da  paile  di  Lieber  e  Miles,  americani,  e  di  Moynier  di  Ginevra, 
fu  istituito  per  opera  di  Rolin-Jabqur&cyns,  Bluntschu,  Manche  ed  altri  l'Isti- 
tuto dì  Diritto  intemazionale  con  nobili  e  veramente  serii  ideali  da  parte  di 
coloro  che  ne  progettarono  e  ne  effettuarono  la  fondazione  per  promuovere 
il  progresso  del  Diritto  intemazionale  e  che  avrebbe  dato  certamente  il -più 
serio  e  il  più  importante  contributo,  se  Tistituzione  fosse  stata  sempre  man- 
tenuta dentro  la  cerchia  della  sua  nobile  e  seria  finalità,  e  non  ne  fosse  invece 
ritardato  lo  sviluppo,  come  malauguratamente  sovente  accade  delle  cose  umane. 

La  propaganda  in  favore  dell'arbitrato  come  mezzo  per  eliminare  la  guerra 
è  andata  poi  crescendo  rapidamente,  ed  al  movimento  è  stata  data  maggiore 
unità  d'indirizzo  in  seguito  ai  Congressi  universali,  nei  quali  le  Associazioni  di 
diversi  paesi  si  sono  trovate  unite  coli' intendimento  di  associare  le  forze  nel 
conseguimento  dello  scopo  comune.  Gli  Americani  sono  sempre  in  prima  linea. 
I  giuristi  di  tale  paese  si  unirono  nel  1888  in  Congresso  a  Lisbona  con  i  giu- 
risti spagnuoli  e  portoghesi  per  sostenere  la  necessità  d'istituire  un  tribunale 
arbitrale,  e  molto  importante  riusci  il  Pc^n-Ameriean  Oongres  riunitosi  negli 
Stati  Uniti  d'America  in  seguito  all'iniziativa  presa  dal  sig.  Blain. 


22  Introduxione  —  Capitolo  I. 

dimenio  sono  state  fatte.  Le  une  emanano  da  scienziati  e  da 
associazioni  scientifiche,  che  hanno  studiato  la  soluzione  di  questo 
complicato  problema;  le*  altre  riassumono  il  sentimento  generale 
manifestato  dalle  associazioni  in  clamorose  assemblee. 

Bluntscbli  aveva  concepito  Tidea  che  l'umanità  dovesse  essere 
organizzata  come  un  grande  Stato  di  cui  tutti  gli  Stati  dovevano 
essere  i  membri. 

Secondo  il  suo  modo  di  vedere  tale  sarebbe  la  formola  ultima 
dello  Stato  nella  sua  manifestazione  più  elevata. 

Il  celebre  pubblicista  sostenne  che  per  la  realizzazione  delia 
sua  idea  non  vi  era  punto  bisogno  nò  di  impero,  né  di  monarchia 
universale,  ma  che  si  sarebbe  potuto  ottenere  lo  stesso  risultato 
mediante  la  confederazione  o  unione  degli  Stati.  La  sua  idea  era 
grande;  ma  ci  pare  che  essa  non  abbia  probabilità  alcuna  di  ese- 
cuzione pratica.  L'umanità  organizzata  come  uno  Stato  pare  a  noi 
una  concezione  ideale  come  la  Repubblica  di  Platone  e  la  Utopia 
di  Tomaso  Moro.  È  certo  ammissibile  che  fra  gli  uomini  aventi 
la  stessa  comunanza  di  origine,  di  tradizioni,  di  lingua  e  che  si  tro- 
vano nelle  stesse  condizioni  sociali  e  morali  si  sviluppi  una  certa 
comunanza  d'interessi,  da  cui  derivano  la  loro  unità  e  la  organiz- 
zazione loro  come  Stato,  ma  ci  sembra  oltremodo  difficile  che  si 
possa  arrivare  a  realizzare  lo  stesso  risultato  pei  diversi  popoli 
dell'universo. 

Senza  voler  contestare  la  unità  dell'umano  genere,  è  un  fatto 
che  la  civiltà  descrive  una  parabola  e  che  le  diverse  condizioni 
morali  in  cui  ogni  nazione  si  trova,  determineranno  sempre  certe 
differenze  nello  sviluppo  intellettuale  e  nella  civiltà  dei  popoli  che 
abitano  le  diverse  regioni  dell'universo. 

Il  progetto  di  dare  alla  società  degli  Stati  la  forma  di  una 
Confederazione  con  un  potere  legislativo  proprio,  con  un  poter© 
giudiziario  internazionale,  con  un  potere  esecutivo  posto  all' infuori 
e  al  dissopra  dei  poteri  dei  vari  Stati,  formò  la  base  seducente  dei 
numerosi  progetti  che  furono  a  tale  scopo  immaginati,  a  comin- 
ciare da  Sullj,  Kant,  Bentham,  Bousseau,  e  venendo  fino  ai 
contemporanei  fra  cui  si  trovano  Malardies,  Lovimer  ed  altri.  Si  è 


Considerazioni  genercUi  sulla  società  intemaxionale  23 

generalmente  proposto  di  costituire  un  Congresso  permanente,  di 
attribuire  ai  rappresentanti  dei  diversi  Stati  confederati  un  voto 
proporzionale  al  grado  reale  di  potenza  e  d'importanza  di  ogni  sin- 
golo Stato  e  di  mettere  a  disposizione  del  potere  centrale  una 
forza  armata  bastevole  per  far  rispettare  le  sue  decisioni. 

A  nostro  avviso  per  quanto  questi  progetti  appaiano  a  prima 
veduta  seducenti,  con  essi  si  riuscirebbe  piuttosto  a  perpetuare, 
anziché  a  prevenire  ed  eliminare  gli  inconvenienti  che  si  mira  a 
rimuovere.  Infatti,  si  arriverebbe  ad  organizzare  la  preponderanza 
delle  grandi  Potenze  a  detrimento  della  indipendenza  degli  Stati 
piccoli.  Avverrebbe  ciò  che  avviene  nei  fallimenti:  ogni  creditore 
avendo  un  voto  proporzionale  al  suo  credito,  basta  spesso  soddisfare 
le  pretese  del  più  interessato  a  detrimento  degli  interessi  dei  cre- 
ditori minori. 

Non  posso  entrare  qui  nei  particolari. 

In  questi  ultimi  anni  le  manifestazioni  contro  la  pace  armata 
essendo  diventate  piti  generali,  la  proposta,  che  è  stata  considerata 

come  la  espressione  del  sentimento  comune  per  effettuare  l'intento 
di  rendere  inutili  gli  armamenti  e  di  eliminare  del  tutto  la  guerra, 

è  quella  dell'  «  arbitrato  >  come  mezzo  giuridico  di  risolvere  paci- 
ficamente tutte  le  divergenze  intemazionali. 

Questa  proposta  ha  formato  oggetto  del  programma  comune 
delle  associazioni  scientifiche  e  giuridiche,  delle  associazioni  dei 
filantropi,  degli  uomini  politici  e  delle  classi  lavoratrici  di  tutti  i 
paesi.  Specialmente  le  associazioni  per  la  pace  hanno  fatto  la  più 
estesa  propaganda  in  favore  dell'arbitrato,  e  parecchie  ne  furono 
costituite  allo  scopo  di  accreditarlo  come  il  mezzo  più  efficace  per 
eliminare  il  flagello  della  pace  armata. 

Esse  si  sono  trovate  tutte  d'accordo  nel  proclamare  che  la  orga- 
nizzazione giuridica  della  società  internazionale  possa  venir  realiz- 
zata quando  tutti  gli  Stati  si  impegnino  a  sottoporre  all'arbitrato  la 
soluzione  delle  loro  contestazioni.  Si  è  immaginato  che  si  potrebbe 
in  tal  modo  attuare  il  disarmo  generale  ed  eliminare  la  guerra  (1). 


(1)  Quella  poi  che  ha  dato  e  dà  al  movimento  il  carattere  dì  azione  vera- 
mente intemazionale,  si  e  Tassociazione  interparlamentai'e  per  promuovere  lo 


24  Introduxtone  —  Capitolo  I, 

L'aspirazione  è  nobile  ed  umanitaria;  ma  par  supponendo  che 
Tarbitrato  sia  riconosciato  e  che  tutti  gli  Stati  si  obblighino  ad 
assoggettarvisi,  basterebbe  ciò  per  mutare  completamente  lo  stato 
attuale  delle  cose? 

II  problema  complicato  ed  arduo  di  dare  alla  società  intema- 
zionale una  organizzazione  giuridica  verrebbe  forse,  in  questa  guisa, 
ad  essere  risolto  in  modo  completo?  li  disordine  attuale,  conse- 
guenza degli  armamenti,  potrebbe  essere  completamente  eliminato? 
Ne  dubito  assai. 

Per  risolvere  il  problema  in  modo  completo  occorre  ridurre  al 
nulla  l'arbitrio  ed  eliminare  nella  società  internazionale  l'onnipo- 
tenza della  forza.  Or,  non  oso  sperare  che,  pur  supposto  che  la 
giurisdizione  arbitrale  fosse  riconosciuta,  si  potesse  realizzare  tale 
programma  e  giungere  ad  escludere  la  necessità  degli  armamenti 
ed  eliminare  il  pericolo  della  guerra. 

La  fiducia  nell'arbitrato  è  diventata  popolare  specialmente  da 
poi  che  il  grande  litigio  fra  gli  Stati  Uniti  e  l'Lighilterra  fu  defi- 
nito dal  Tribunale  arbitrale  di  Ginevra.  È  questo,  dal  punto  di  vista 
della  gravità  del  litigio  risolto,  il  solo  caso  veramente  importante 
di  arbitrato.  Le  altre  questioni  state  definite  mediante  l'arbitrato 
sono  importanti,  ma  dal  punto  di  vista  del  numero,  piuttosto  che 
dal  punto  di  vista  della  materia.  Da  poi  il  1815  si  contano  sessanta 
casi  di  arbitrato,  cui  gli  Stati  Uniti  parteciparono  per  trentadue 
e  la  Gran  Bretagna  per  venti;  però  non  si  trova  un  solo  caso  di 
un  vero  litigio  internazionale  simile  a  quello  noto  sotto  il  nome 
di  e  Questione  dell'Alabama  »  litigio  che  avrebbe  reso  inevitabile 
la  guerra  se  non  si  fosse  giunti  a  definirlo  mediante  l'arbitrato. 


stabilimento  dell'arbitiato  quale  sistema  di  procedura  adatto  a  risolvere  le  con- 
troversie internazionali  e  prevenire  la  guerra. 

La  prima  di  dotto  conferenze  si  riunì  a  Parigi  nel  giugno  1889  sotto  la 
presidenza  di  Jules  Simon;  la  seconda  a  Londra  nel  1890  presieduta  da  Lord 
Herschell  ;  la  terza  a  Roma  nel  1891  presieduta  da  Biancheri  ;  la  quarta  a 
Berna  nel  1892  sotto  la  presidenza  del  sig.  Droz;  la  quinta  all'Aia  nel  1894 
presieduta  dal  sig.  Rohasen  ;  la  sesta  a  Bruxelles  nel  1895  sotto  la  presidenza 
del  senatore  Descamps,  e  la  settima  si  è  riunita  a  Buda-Pest  nello  scorso  anno. 


Gonsideraxdoni  generali  atdla  società  intemaxionale  25 

Secondo  me,  lo  ripeto,  ò  per  altro  una  vera  esageitizione  lo 
immaginare  che  stando  sempre  le  cose  come  ora  si  trovano  Tarbi- 
irato  possa  ognora  scongiurare  la  guerra  e  che,  una  voltji  ricono- 
sciuta generalmente  la  giurisdizione  arbitrale,  ciò  possa  bastare 
per  arrivare  al  disarmo. 

Per  quello  che  concerne  il  litigio  fra  gli  Stati  Uniti  e  la  Gran 
Bretagna^  ciò  che  principalmente  contribuì  a  far  evitare  la  guerra 
fa  che  il  Governo  inglese  era  convinto  che  il  meglio  per  lui  era 
di  trarsi  fuori  dalla  difficoltà  in  cui  si  era  messo  senza  ricorrere 
alle  armi.  Il  Governo  comprendeva  benissimo  che,  una  volta  impe- 
gnata la  guerra,  gli  Stati  Uniti  avrebbero  bloccato  i  porti  del  nord 
e  del  sud  dell'  Inghilterra  e  che,  il  commercio  del  cotone  essendo 
interrotto,  sarebbe  bisognato  provvedere  al  mantenimento  di  cin- 
quecento mila  operai  impiegati  nelle  fabbriche.  Dal  canto  suo  il 
Governo  degli  Stati  Uniti  comprendeva  come  T  interesse  del  suo 
paese  richiedesse  una  soluzione  pacifica.  I  due  Governi  erano  disposti 
a  trovare  un  espediente,  una  soluzione  che  desse  soddisfazione 
all'orgoglio  nazionale  degli  Stati  Uniti  senza  ferire  quello  del- 
l'Inghilterra. Ecco  il  segreto  dell'arbitrato  di  Ginevra. 

Certo,  non  è  mio  pensiero  diminuire  la  importanza  di  quel- 
l'arbitrato. Fu  grande  merito  degli  uomini  di  Stato  che  erano  al 
Governo  quello  di  aver  ben  compreso  i  veri  interessi  del  loro  paese 
e  di  aver  avuto  la  forza  e  il  talento  di  condurre  a  buon  fine  nego- 
ziati, durati  ben  sei  anni,  per  salvarli.  Quante  difficoltà  non  si 
dovettero  superare  per  giungere  a  concludere  il  trattato  di  Washington, 
con  cui  fu  stabilito  il  compromesso!  Quale  ammirabile  saviezza 
politica  negli  uomini  di  Stato  per  dominare  le  lunghe  e  vivaci 
discussioni,  gli  eccitamenti  della  stampa,  i  rimprocci  della  oppo- 
sizione parlamentare  che  cercava  di  spingere  i  due  paesi  alla 
guerra. 

Ed  anche  fu  gran  merito  dei  giuristi  chiamati  a  formare  il 
tribunale  arbitrale  quello  di  aver  trovato  modo  di  pronunziare  una 
sentenza  tale  da  poter  essere  accettata  da  entrambe  le  parti;  ed 
è  con  vero  orgoglio  nazionale  che  io  ricordo  che  il  presidente  del 
tribunale  arbitrale  fu  un  italiano,  il  conte  Sclopis. 


26  Introduzione  —  Capitolo  1, 

Ma  il  volere,  da  ciò  che  avvenne  nella  questione  anglo-ame- 
ricana, dedurre  che  siasi  trovato  in  questo  precedente  la  soluzione 
del  gra^e  problema  ;  lo  immaginarsi  che  col  proclamare,  nello  stato 
attuale  delle  cose,  l'arbitrato  come  forma  ordinaria  di  giustizia 
internazionale,  si  possa  arrivare  ad  eliminare  la  guerra  e  a  far 
accettare  la  proposta  del  disarmo  è,  pare  a  me,  una  grande  illusione. 

Riconosco,  certo,  la  grande  importanza  deirarbitrato  ;  solo,  non 
so  indurmi  ad  ammettere  che,  quando  un  grande  numero  di  Stati 
0  anche  tutti  quelli  che  già  si  trovano  riuniti  in  Conferenza  all'Aja, 
si  mettessero  d'accordo  per  firmare  un  trattato  generale  di  arbitrato, 
ciò  potesse  bastare  per  porre  fine  alla  preponderanza  della  forza 
militare  e  per  provvedere  in  modo  definitivo  alla  organizzazione 
giuridica  della  società  intemazionale. 

Bisogna  anzitutto  considerare  che  l'impegno  generale  di  assog- 
gettarsi all'arbitrato  è,  per  quegli  stessi  che  lo  propongono,  subor- 
dinato alla  riserva  ohe  l'onore  e  la  dignità  nazionale  non  ne  siano 
compromessi. 

Or,  dove  cercheremo  noi  le  regole  per  decidere  se  l'onore  o  la 
dignità  nazionale  siano  o  non  siano  compromessi? 

Le  difficoltà  nate  fra  l'Inghilterra  e  gli  Stati  Uniti  furono 
felicemente  superate  grazie  al  buon  volere  dei  due  Governi,  i  quali 
volevano  arrivare  ad  una  soluzione  pacifica.  Sarebbe  stato  lo  stesso 
ove  l'uno  o  l'altro  avesse  ritenuto  la  guerra  favorevole  alla  sua 
politica? 

Chi  avrebbe  potuto  impedirgli  di  sostenere  che  la  dignità  nazionale 
era  compromessa? 

Occorre  inoltre  tener  conto  di  ciò,  che  cioè  la  necessità  degli 
armamenti  e  la  emulazione  di  diventare  il  più  forte,  non  si  impon- 
gono già  allo  scopo  di  far  prevalere  la  potenza  militare  nella 
soluzione  di  qualsiasi  specie  di  controversie,  come  quelle  che  con- 
cernono la  delimitazione  delle  frontiere,  l'esercizio  della  pesca  in 
certi  mari,  le  indennità  dovute  pei  danni  e  somiglianti  dissensi. 
Ognuna  delle  grandi  Potenze  cerca  di  diventare  la  piii  forte  per 
far  valere  la  sua  preponderanza  nelle  vere  questioni  intemazionali, 
come  nella  questione  d'Oriente  e  del  Mediterraneo.  Or,  chi  con- 


Conaideraxioni  generali  sulla  società  intemaxionale  27 

Sideri  che  le  controversie  sa  questi  punti,  come  sulle  questioni  di 
espansione  coloniale,  o  di  influenza  in  Affrica  e  in  Cina,  non 
potrebbero  formar  materia  di  arbitrato,  deve  riconoscere  tutt'affatto 
naturale  che  ognuna  delle  grandi  Potenze,  non  potendo,  in  caso 
di  questioni  relative  a  tali  obbietti,  contare  che  sulla  propria  forza 
militare  e  su  quella  dei  propri  alleati,  cerchi  di  essere  la  più  forte. 

I  nobili  sforzi  degli  scienziati  e  degli  istituti  scientifici  per 
accreditare  l'arbitrato,  la  propaganda  che  a  favore  di  esso  è  fatta 
da  tutte  le  associazioni  della  pace  d'Europa  e  d'America,  dovranno 
per  avventura  essere  considerati  come  uno  sforzo  vano  ed  illusorio? 

La  costante  perseveranza  e  l'ammirabile  saggezza  degli  uomini 
politici,  le  mozioni  fatte  ai  Parlamenti  per  spingere  i  Governi  ad 
obbligarsi  di  deferire  all'arbitrato  le  controversie  internazionali, 
devono  essere  considerate  come  aspirazioni  senza  risultato  e  senza 
effetto  pratico? 

No,  assolutamente  no. 

II  movimento  del  secolo  —  movimento,  che  ha  acquistato  in 
questi  ultimi  tempi  una  maggiore  unità  di  direzione,  in  seguito 
alla  concentrazione  di  tutti  gli  sforzi  in  favore  dell'arbitrato  — 
deve  reputarsi  indubitabilmente  come  la  piìi  grandiosa  opera  della 
civiltà. 

I  voti  a  favore  dell'arbitrato  emessi  nei  Congressi  degli  scienziati, 
nei  Parlamenti,  nelle  Assemblee  popolari,  sono  stati  la  più  solenne 
espressione  del  sentimento  generale,  il  quale  protesta  contro  la  pace 
armata;  essi  sono  stati  la  manifestazione  luminosa  dell'idea  che  è 
nella  mente  di  tutti,  cioè  che  occorre  dare  una  direzione  nuova 
alla  politica  intemazionale  e  che  i  Governi,  in  vece  di  continuare 
a  fare  assegnamento  sulla  forza,  devono  riconoscere  che  il  dovere 
supremo  che  loro  si  impone  è  quello  di  sottomettersi  alla  giustizia. 

E  chi  oserà  negare  che  la  propaganda  umanitaria  non  abbia  già 
avuto  un  grande  successo  pratico?  Essa  aveva  già  trovato  un'  eco 
nei  Parlamenti;  ma  in  seguito,  siccome  il  successo  è  sempre  il 
frutto  della  perseveranza,  così  il  sentimento  generale  contro  il 
flagello  della  pace  armata  ha  raggiunto  il  suo  scopo  e  si  è  pro- 
pagato nelle  più  alte  sfere.  Il  Sovrano  di  un  potente  Impero  ha 


28  Introduzione  —  Capitolo  I. 

avuto  alla  fine  il  coraggio  di  dichiarare  solennemente  agli  altri 
Governi  che  la  pace  armata  è  una  mina  per  tatti,  che  bisogna 
assolutamente  trovare  un  rimedio  a  questa  necessità  di  continui 
armamenti  e  che  a  tutti  i  Sovrani  s'impone  il  dovere  supremo  di 
avvisare  ai  mezzi  per  prevenire  le  calamità  da  cui  il  mondo  intiero 
è  minacciato  ;  per  lo  che  esso,  lo  Czar,  invitava  tutti  i  Governi  a 
riunirsi  in  Conferenza  per  mettersi  d'accordo  sui  provvedimenti  i 
più  adatti  e  i  più  opportuni. 

Ohi  oserà  negare  che  la  Conferenza  intemazionale,  in  seguito 
all'invito,  riunita  all'Aja  non  sia  stato  il  più  grande  avvenimento 
del  giorno?  (l). 

Quanto  a  me  penso  che  la  Conferenza  dell' Aja,  qualunque  ne 
sia  per  essere  il  risultato,  è  un  avvenimento  di  primo  ordine,  in 
quanto  questa  riunione  di  diplomatici  rappresenta  il  riconoscimento 
da  parte  dei  Governi  di  ciò  che  è  nella  coscienza  delle  nazioni  civili, 
cioè  che  la  politica  non  deve  continuare  a  sovrapporsi  al  diritto; 
che  i  Governi  non  devono  continuare  a  fare  assegnamento  sulle 
loro  forze  militari  per  sostenere  l'arbitrio,  ma  che  loro  si  impone 
il  dovere  di  inclinarsi  davanti  alla  giustìzia. 

La  Conferenza  dell' Aja  è  senza  dubbio  un  omaggio  di  altissimo 
valore  che  la  politica  ha  reso  alla  coltura  e  alla  civiltà. 

Non  è  il  momento  di  abbandonarsi  alla  corrente  delle  supposi- 
zioni intorno  al  risultato  che  la  Conferenza  sarà  per  avere.  Sarebbe 
veramente  sperar  troppo  lo  sperare  che  i  Governi  potessero  met- 
tersi d'accordo  per  ciò  che  riguarda  il  disarmo  generale  o  parziale. 
Perchè  potessero  mettersi  d'accordo  su  questo  punto  occorrerebbe 
certo,  che  prima  e  fin  d'ora  fossero  regolate  le  numerose  questioni 
che  rendono  gli  armamenti  indispensabili;  questioni  ad  un  tempo 
complicate,  delicate,  scottanti,  che  eccitano  la  lotta  dei  più  gravi 
interessi  politici  e  che  attengono  alla  vita  di  ogni  paese. 

Il  fatto  è  che  la  questione  è  stata  messa  sul  tappeto  e  che  i 
Governi  hanno  riconosciuto  essere  loro  dovere  studiarla  per  risolverla. 


(l)  Vodi  quello  che  ne  avevamo  scritto  appena  pubblicata  la  nota  di  Nicolò  II 
al  conte  Mouraview  nella  Revue  generale  de  Droit  int.  public^  t.  Y,  1898, 
pag.  732. 


Considerazioni  generali  sulla  società  intemaxionale  29 

essa  rimarrà  quindi   aperta,    ed  è  proprio  il  caso  di  dire:  cosa 
Fatta  capo  ha. 

I  Governi  debbono  pare  rendersi  conto  di  ciò  che  nissuno  può 
contraddire,  che  cioè  l'abbominevole  regime  della  pace  armata  è 
un  peso  schiacciante  per  tutti.  Essi  avrebbero  torto  di  dissimularsi 
che  la  cosidetta  <  questione  sociale  »  cresce  di  giorno  in  giorno. 
Essi  devono  pur  riconoscere  che  gli  eccessi  ognora  crescenti  del 
militarismo  oppongono  sempre  nuovi  ostacoli  allo  sviluppo  della 
industria,  del  commercio  e  della  divisione  internazionale  dei  lavori 
della  pace. 

Essi  non  possono  disconoscere  che  i  lavoratori  reclamino  un  mag- 
gior benessere  e  maggiori  agì  nella  vita,  una  più  larga  partecipa- 
zione al  profitto  dell'industria,  una  più  giusta  ripartizione  della 
produzione  fra  capitale  e  lavoro. 

Ed  anche  occorre  aggiungere  che  la  filosofia  moderna  ha  prodotto 
un  notevole  cambiamento  nello  spirito  delle  masse. 

II  popolo  era  un  tempo  più  disposto  a  tollerare  le  sofferenze  e 
le  privazioni  nella  vita  presente,  sotto  V  influenza  di  un  ideale  più 
elevato  di  godimenti  e  di  ricompense  nella  vita  futura.  Le  terribili 
minaccio  di  tormenti  eterni,  che  la  fede  di  tutte  le  credenze  faceva 
pesare  sulla  vita  degli  uomini,  erano  più  che  sufficienti  per  inspi- 
rare l'orrore  delle  azioni  vili  e  per  alimentare  la  virtù  del  sacrifizio. 
Oggi,  le  masse  non  pensano  che  ad  ottenere  ciò  che  meglio  loro 
conviene;  esse  domandano  il  godimento  nel  presente. 

I  Governi  avrebbero  torto  se  non  volessero  vedere  come,  per 
dominare  questo  movimento  ognor  crescente,  sia  di  suprema  neces- 
sità cercare  anzitutto  un  nuovo  sistema  di  equilibrio  nella  politica 
internazionale,  far  cessare  questa  disastrosa  pace  armata  e  questo 
continuo  bisogno  di  armamenti  senza  posa,  che  ritardano  lo  sviluppo 
della  ricchezza  ed  impediscono  di  dar  soddisfazione  alle  giuste  esi- 
genze della  classe  operaia  reclamante  ad  un  tempo  pace,  lavoro 
e  benessere. 

B.  Pare  a  me  che  la  soluzione  completa  del  problema  non  potrà 
esser  opera  della  diplomazia,  dovrà  bensì  esser  opera  dell'unione 
delle  forze  di  tutti  i  paesi  civili.   Coirunione   delle   forze  e  colla 


30  Introduzione  —  Capitolo  I. 

propaganda  si  ottenne  il  grande  risultato  di  porre  il  problema  e 
di  far  riconoscere  alla  diplomazia  la  necessità  di  risolverlo.  Ora 
occorre  il  concorso  delle  forze  intellettuali  di  tutti  i  paesi  per 
indicare  alla  diplomazia  quale  deve  essere  la  soluzione.  Se  la  scienza 
riunisce  tutte  le  sue  forze  e  le  converge  verso  lo  scopo  di  risolvere 
il  problema  dell'organizzazione  della  società  delle  nazioni,  potrà 
essa  fallire  allo  scopo? 

Quando  si  consideri  che  la  scienza,  propostasi  ^i  rivendicare  i 
diritti  della  individualità  umana,  diede  come  risultato  la  memora- 
bile proclamazione  dei  diritti  dell'uomo  del  1789;  quando  si  consi- 
deri che  la  scienza  ha  saputo  dettare  le  regole  giuridiche  per  la 
organizzazione  razionale  della  famiglia,  del  comune  e  dello  Stato; 
che  essa  ha  saputo  dettare  le  regole  della  società  politica  oggi 
conosciute,  come  principi  intangibili,  nelle  costituzioni  di  tutti  i 
paesi  civili;  chi  oserà  supporre  che  la  scienza  moderna  possa 
rimanere  impotente  nei  suoi  sforzi  per  dare  una  organizzazione 
razionale  alla  società  dei  paesi  inciviliti? 

Si  può  forse  ammettere  che  il  disordine  attuale  si  debba  cosi 
protrarre  a  tempo  indefinito?  Si  oserà  supporre  che  la  scienza  non 
possa  compiere  la  sua  missione? 

No.  Non  arrido  eerto  fortuna  a  chi,  scoraggiato  del  presente,  si 
accascia,  e  perde  la  fede  nell'avvenire! 

Tutta  la  difficoltà  consiste  nel  prendere  il  buon  cammino  e  di 
concentrare  le  forze  intellettuali  in  guisa  da  raccoglierle  tutte  nel- 
l'intento di  risolvere  il  problema  in  modo  completo. 

Qual'è  la  via  che  la  scienza  deve  tenere?  Qual'ò  l'obbiettivo  a 
cui  essa  deve  costantemente  mirare? 


//  nuoto  indirixxo  della  scienxa  31 


CAPITOLO  IL 

X^a  vera  missione  della  scienza.  I  diritti  internazio- 
nali dello  Stato,  dell*uomo,  dellie  coUettivitèt  —  delle 
Clìiese,  delle  genti  non  incivilite. 

6.  Come  la  scienza  del  Diritto  internazionale  deve  prestaro  il  suo  concorso  per  la 
sohizione  completa  del  problema  della  organizzazione  giuridica  della  società 
internazionale.  —  7.  Via  tenuta  finora.  —  8.  Necessità  di  determinare  i  diritti 
di  tutti  quelli  che  fanno  parte  della  società  internazionale.  —  9. 1  soggetti 
del  Diritto  internazionale.  —  10.  Gli  Stati,  l'uomo,  i  popoli,  le  nazionalità, 
le  Chiese,  le  collettività.  —  11.  Diritti  internazionali  appartenenti  a  ciascuno 
di  questi  soggetti.  —  12.  La  coUettivitìi  come  soggetto  del  diritto  intema- 
zionale. —  13.  L'equilibrio  fra  la  Chiesa  e  lo  Stato.  —  14.  Linee  generali 
del  sistema  più  efficace  per  dare  alla  società  internazionale  la  sua  vera 
organizzazione. 

6.  Affinchè  la  scienza  possa  portare  il  suo  efficace  concorso  alla 
solazione  del  problema  della  organizzazione  giuridica  della  società 
internazionale,  è  indispensabile  ricercare  e  fissare  le  regole  di  tutti 
i  rapporti  che  intercedono  fm  quelli  che  di  tale  società  fanno  parte. 
Epperò,  occorre  anzitutto  determinare  quali  siano  le  persone  o  gli 
individui  fra  cui  tali  rapporti  possono  sorgere;  occorre  precisare  i 
diritti  e  i  doveri  che  da  tali  rapporti  possono  derivare;  occorre 
fissare  le  regole  per  governarli  e  per  tutelare  i  diritti,  ed  assicurare 
l'osservanza  dei  doveri  da  parte  di  ciascuno. 

Non  si  può  concepire  associazione  alcuna  di  esseri  liberi  bene 
organizzata  senza  una  legge,  la  quale  stabilisca  una  regola  di  equi- 
librio 0  una  certa  regola  di  proporzione  fra  ciò  che  ciascuno  può 
fare  e  ciò  che  ciascuno  deve  astenersi  dal  fare.  Questa  regola  di 
equilibrio  o  di  proporzione  può  assicurare  l'organizzazione  razionale 
della  comunità  e  se  inoltre  si  ammettano  mezzi  legali  per  la  tutela 
dei  diritti  di  ciascuno,  sarà  così  possibile  attuare  il  rispetto  dovuto 
alla  personalità  di  ciascuno  e  lo  sviluppo  della  sua  libertà  nei  suoi 
rapporti  cogli  altri. 

E  inutile  proporsi  di  dare  alla  società  internazionale  una  forma  di 
organizzazione  bene  ordinata,  se  non  si  determini  ciò  che  appartiene 


32  Introduzione  —  Capitolo  II. 

airuno  e  aU'altrd^  ciò  che  ciascuno  può  fare  e  ciò  che  ciascuno 
non  debba  fare.  Fintantoché  questa  legge  certa  di  proporzione  non 
sia  trovata,  è  impossibile  che  la  società  intemazionale  abbia  una 
forma  di  organizzazione  giuridica. 

Due  grandi  repubbliche  vi  sono.  L'una  è  quella  che  non  ha 
limiti  alla  sua  estensione:  essa  comprende  tutti  quelli  che  sono 
uniti  dal  legame  della  civiltà.  L'altra  è  la  repubblica  che  è  formata 
dagli  uomini,  uniti  da  interessi  civili,  sociali  e  politici,  la  quale 
assume  la  forma  di  Stato.  I  principi  per  la  organizzazione  giuridica 
dell'una  repubblica  e  dell'altra  non  possono  essere  sostanzialmente 
diversi. 

Per  dare  all'una  e  all'altra  forma  di  repubblica  una  organizza- 
zione razionale  ed  ordinata,  occorre  trovare  un  sistema  di  equili- 
brio giuridico,  cioè  determinare  la  regola  della  proporzione  fra  ciò 
che  ciascuno  può  fare  e  ciò  che  ciascuno  non  ha  il  diritto  di  fare. 
Ora  mi  pare  che  per  arrivare  a  mettere  in  atto  l'organizzazione 
giuridica  della  grande  repubblica,  della  Magna  civitas,  sia  indi- 
spensabile tenere  la  stessa  via  che  si  è  tenuto  per  arrivare  alla 
organizzazione  giuridica  della  società  politica. 

La  organizzazione  giurìdica  della  società  politica  è  stato  il  risul- 
tato finale  della  grande  idea  della  libertà  politica  e  della  egua- 
glianza giuridica,  proclamata  dai  filosofi  e  dai  pubblicisti  dei  secoli 
passati,  0  che  ha  formato  l'anima  del  movimento  intellettuale  e  delle 
aspirazioni  popolari  fino  al  giorno,  in  cui  i  popoli  arrivarono  alla 
rivendicazione  dei  diritti  dell'uomo  di  fronte  alla  sovranità.  L'opera 
fu  compiuta  dalla  Rivoluzione.  La  storia  le  dette  il  nome  di  Rivo- 
luzione francese;  in  realtà,  ossa  fu  la  rivoluzione  dello  spirito 
umano;  essa  fu  il  risultato  del  concorso  delle  forzo  intellettuali  di 
tutti  ì  paesi  che,  alla  fine  del  secolo  scorso,  fecero  proclamare  i 
diritti  dell'uomo  di  fronte  alla  sovranità. 

La  dichiarazione  dei  diritti  dell'uomo  ci  fece  scoprire  certe  regole 
di  proporzione  e  condusse  a  mano  a  mano  a  stabilire  l'equilibrio 
giuridico  nella  società  politica.  Non  dirò  già  che  tutto  questo  siasi 
fatto  in  modo  perfetto  e  completo;  pure,  a  mio  avviso,  la  dichia- 
razione dei  diritti  di  tutti  quelli  che  fanno  parte  della  comunità 


Il  nuovo  tfMrixobo  della  soiewca  33 

politica  e  il  rioonoscimento  dei  diritti  dell' aomo  di  fronte  al  Sovrano 
permisero  di  fissare  la  base  dell'equilibrio  giuridico.  Questo  equi- 
librio è  fondato  sul  principio  che  nell'interno  di  ogni  Stato  il  So- 
vrano non  è  punto  onnipotente,  e  che  di  rincontro  al  potere  assoluto 
del  Be  stanno  i  diritti  intangibili  dell'uomo.  Si  è  giunti  quindi  ad 
opporre  i  diritti  dell'uomo  come  una  forza  di  resistenza  ai  diritti 
del  Be  ;  diritti,  che  un  tempo  erano  assoluti.  Si  poterono  determi- 
nare le  regole  di  proporzione  fra  ciò  che  il  Be  può  fare  e  ciò  che 
esso  non  ha  il  diritto  di  fare.  Oggi  il  lavoro  continua;  trattasi  di 
perfezionare  il  principio  dell'equilibrio,  già  acquisito;  trattasi  di 
meglio  determinare  i  diritti  degli  individui,  i  diritti  sociali  e  i 
diritti  delle  collettività,  di  rincontro  ài  diritti  della  sovranità.  II 
lavorìo  intende  a  chiarire  ognora,  a  spiegare,  a  determinare  meglio 
i  diritti  di  ciascuno,  nello  scopo  di  meglio  fissare  e  determinare 
il  campo  delle  libertà,  e  determinare  ognora  meglio  la  giusta  regola 
dì  proporzione. 

Nella  società  intemazionale  il  disordine,  la  confusione,  la  man- 
canza di  organizzazione  giuridica  derivano  da  ciò,  che  finora  non 
si  è  pensato  se  non  ad  ammettere  dapprima  i  diritti  delle  dinastie, 
poi  i  diritti  degli  Stati,  come  se  la  società  internazionale  fosse 
formata  soltanto  dagli  Stati  e  dai  Ooverni  che  questi  rappresentano; 
come  se,  all' infuori  dello  Stato,  nessuno  potesse  avere  la  capacità 
di  possedere  e  di  esercitare  diritti  intemazionali.  Ne  risultò  che 
lo  Stato  si  considerò  come  onnipotente,  che  la  politica  si  sovrappose 
al  diritto  e  che  gli  interessi  egoistici  e  temperar!  dei  governanti 
prevalsero  e  tuttora  prevalgono  sugli  interessi  generali  e  sulle  esi- 
genze di  tutti  quelli  che  della  società  internazionale  fanno  parte. 
Alla  fine  a  cagione  del  difetto  di  sicure  regole  giuridiche,  ebbe 
talora  ma^ior  forza  l'arbitrio  e  si  appoggiò  sulla  potenza  militare, 
la  quale  venne  ad  esercitare  effettivamente  il  predominio  sul  mondo. 

Se  si  vuole  por  fine  a  questa  situazione  anormale  e  al  disordine 
che  ne  deriva,  bisogna  opporre  una  forza  di  resistenza  alla  forza 
onnipotente  della  politica  e  dell'arbitrio.  E  per  questo  sembra  a 
me  indispensabile  determinare  e  rivendicare  i  diritti  intemazionali, 
che  appartengono  a  tutti  quelli  che  della  società  intemazionale 
3  —  FiOBX,  Dir,  ifUem,  codif. 


34  Introduzione  —   Capitolo  IL 

fanno  parte  ed  allargare  la  grande  idea  della  libertà  e  della  egua- 
glianza giarìdica,  riconoscendo  che  la  libertà  e  la  eguaglianza  non  sono 
punto  diritti  territoriali,  ma  che  sono  bensì  diritti  intemazionali. 

Bisogna  spingere  lo  sguardo  in  alto  e  non  guardare  le  cose  sotto 
il  punto  di  vista  ristretto  di  ogni  singolo  paese  e  di  ogni  singola 
comunità  politica;  occorre  allargare  la  concezione  della  libertà  e 
della  eguaglianza  giuridica  ed  estenderla  a  tutti  i  paesi  del  mondo; 
occorre  riconoscere  la  libertà  e  la  eguaglianza  giuridica  come  di- 
ritti internazionali  di  quanti  fanno  parte  di  quella  grande  repub- 
blica che  è  costituita  dal  genere  umano  e  che  io  chiamo  Magna 
OivitcLs.  Occorre  rivendicare  i  diritti  intemazionali  non  soltanto 
in  favore  della  personalità  umana,  ma  in  favore  altresì  di  tutte  le 
collettività  che,  in  virtù  della  libertà  stessa ,  nascono  dal  riunirsi 
che  fanno  individui  aventi  un  legame  comune  o  un  comune  scopo 
e  congiunti  tra  loro  non  già  da  interessi  territoriali,  ma  da  inte- 
ressi generali,  o  per  dir  meglio,  da  interessi  intemazionali. 

Occorre  determinare  e  rivendicare  a  mio  modo  di  vedere  i  diritti 
internazionali  dell'uomo,  i  diritti  intemazionali  del  popolo,  i  diritti 
internazionali  delle  nazionalità,  i  diritti  internazionali  delle  Chiese 
e  delle  altre  forme  di  collettività  formate  in  virtù  della  libertà 
intemazionale  in  uno  scopo  d'interesse  intemazionale.  Occorre  riven* 
dicare  anche  i  diritti  internazionali  delle  genti  non  incivilite. 

*?•  Mi  sembra  invero  che  i  pubblicisti,  i  quali  si  sono  proposti 
di  risolvere  il  grave  e  complesso  problema  della  organizzazione 
giuridica  della  società  intemazionale,  non  si  siano  posti  in  grado 
di  guardare  le  cose  sotto  il  loro  giusto  punto  di  vista. 

Essi  hanno  cominciato  a  mettersi  fuori  della  buona  strada  con 
quel  loro  considerare  la  società  internazionale  come  la  società  ri- 
sultante dalla  unione  degli  Stati  tali  quali  esistono  o  come  furono 
costituiti  dagli  avvenimenti  storici,  e  coU'insegnare  poi  che  la 
scienza  del  Diritto  internazionale  debba  proporsi  di  ricercare  le  re- 
gole destinate  a  determinare,  reggere  e  tutelare  i  diritti  degli 
Stati  costituiti. 

Secondo  la  loro  nozione  bisognerebbe  supporre  che  i  rapporti 
internazionali  non  possano  nascere  e  svilupparsi  che  fra  gli  Stati, 


Il  nttopo  indirÙMo  della  aotenxa  '65 

e  che  la  legge  che  deve  goyemare  la  società  stessa  non  possa 
interessare  se  non  esclusivamente  gli  Stati. 

Or,  i  pubblicisti  dei  quali  parlo,  hanno  pei-so  di  vista  che  nella 
grande  società,  nella  Magna  Civiias  trovasi  anzitutto  l'uomo  colla 
sua  personalità  e  coi  diritti  che  gli  appartengono,  in  quanto  è  uomo, 
ed  indipendentemente  dalia  sua  condizione  di  cittadino  di  uno  Stato. 

Può  forse  ammettersi  che  l'uomo  di  fronte  all'umanità  e  alla 
legge  che  deve  governarla  perda  la  individualità  sua,  come  una 
goccia  d'acqua  che  cade  nell'Oceano? 

No.  L'uomo  ha  i  proprii  diritti  nei  suoi  rapporti  con  gli  altri 
uomini  e  nella  sfera  delle  loro  relazioni  private.  Esso  ha  i  proprii 
diritti  nei  suoi  rapporti  colla  sovranità,  cioè  nella  sfera  delle  relazioni 
pubbliche  e  politiche.  Esso  ha  inoltre  i  proprii  diritti  nei  suoi 
rapporti  con  tutti  gli  uomini  e  con  tutte  le  sovranità  del  mondo. 

La  sua  personalità  gli  attribuisce  non  soltanto  i  diritti  civili  e  i  diritti 
politici;  ma  gli  attribuisce  altresì  i  diritti  internazionali.  All'uomo 
spetta  infatti,  di  fronte  a  tutti  gli  Stati  del  mondo  il  diritto  di 
scegliere  la  sua  cittadinanza  e  di  rinunziare  a  quella  già  acquisita 
per  sceglierne  un'altra;  esso  ha  il  diritto  d'individualità  personale 
e  di  libertà;  ha  il  diritto  di  acquistare  dovunque  la  proprietà  e 
di  esigere  che  essa  sia  rispettata  ;  ha  diritto  alla  libertà  di  coscienza, 
diritto  al  libero  esercizio  delia  sua  attività,  diritto  al  commercio 
internazionale.  Sono  questi  propriamente  i  diritti  intemazionali  che 
appartengono  all'uomo  come  tale:  sono  i  diritti  della  personalità 
umana  indipendentemente  dal  vincolo  che  lega  ciascuno,  come  citta- 
dino, a  uno  Stato  determinato. 

8.  Or,  io  domando  a  quelli  che  si  propongono  di  ricercare  i  giusti 
principi  della  organizzazione  internazionale:  non  è  egli  vero  che 
bisogna  anzitutto  stabilire  la  regola  di  proporzione  di  tutte  le  atti- 
vità e  di  tutti  i  rapporti?  Che  bisogna  conseguentemente  determi- 
nare le  norme  che  nella  società  internazionale  debbono  governare 
i  rapporti  fra  la  personalità  dell'uomo  e  gli  Stati  ? 

Ma  non  è  tutto. 

Nella  Magna  Civita^  si  trovano  anche  le  collettività,  lo  quali 
hanno  la  loro  individualità  propria.  Una  di  esse  è  quella  formata 


36  Introduxione  —  Capitolo  II, 

dalla  agglomerazione  degli  individui  costìtaenti  il  popolo.  Qaesta 
collettività  può  avere  uno  scopo  tntt'affatto  diverso  da  quello  dello 
Stato  costituito  ;  essa  può  esercitare  la  sua  libertà  e  l'attività  sua 
per  diventare  uno  Stato  o  per  modificare  la  costituzione  politica 
della  comunità,  o  per  separarsi  dallo  Stato  cui  si  trova  unita  e 
unirsi  ad  un  altro  Stato  o  per  darsi  una  organizzazione  politica 
indipendente. 

Or,  la  scienza,  la  quale  deve  proporsi  di  eliminare  Tarbitrio  e 
la  preponderanza  della  forza,  non  deve  essa  cercare  di  determi- 
nare i  diritti  dei  popoli  di  fronte  agli  Stati  e  ai  Governi,  e  fissare 
le  regole  che  devono  governarli,  e  i  mezzi  di  tutela  giuridica  atti 
a  garantirli  e  a  salvaguardarli? 

Quando  ci  si  propone  di  stabilire  un  sistema  di  equilibrio  giu- 
ridico, non  ò  egli  necessario  determinare  se  l'azione  diplomatica, 
che  impedisca  a  un  popolo  di  esercitare  l'imprescrittibile  diritto 
della  sua  libertà,  possa  reputarsi  come  legittima,  o  se  non  debba 
riguardarsi  piuttosto  come  illegittima? 

Ed  un'altra  forma  di  unione  e  di  aggregazione  si  trova  nella  società 
intemazionale,  quella  che  risulta  dalla  affinità  naturale  degli  indi- 
vidui, la  cui  comunione  di  sentimenti  e  la  cui  tendenza  all'unione 
derivano  dall'identità  di  razza,  di  lingua,  di  tradizioni,  di  aspira- 
zioni e  dal  tutt'insieme  delle  circostanze  etnografiche,  geografiche 
e  morali.  Sono  queste  le  nazionalità.  Il  sentimento  di  unità  mo- 
rale, che  anima  gli  individui  appartenenti  alla  stessa  ra2£2a,  che 
parlano  la  stessa  lingua,  che  hanno  attraversato  per  secoli  le  stesse 
vicende,  che  hanno  provato  le  stesse  gioie  e  gli  stessi  dolori,  man- 
tenendo sempre  le  stesse  aspirazioni,  dev'essere  dalla  scienza  stu- 
diato come  quello  che  costituisce  il  fondamento  dei  diritti  basati 
sulla  nazionalità. 

Una  associazione  non  meno  importante  è  quella  che  risulta 
dalla  libertà  di  coscienza. 

Un  numero  più  o  meno  considerevole  di  individui,  per  la  iden- 
tità delle  loro  credenze  e  dell'osservanza  della  stessa  legge  religiosa, 
si  trovano  di  fatto  riuniti  in  società,  riconoscono  liberamente  l'au- 
torità di  un  capo:  questa  associazione  è  la  Chiesa. 


//  nuovo  indirixaoo  della  èctenxa  37 

Non  si  può  non  riconoscere  che  la  Chiesa  sia  una  collettività 
naturale  risultante  dalla  libertà.  Infatti,  tutti  i  fedeli  professanti 
la  stessa  fede  ed  aventi  la  stessa  credenza  possono  liberamente 
formare  una  congregazione  spirituale  e  sottomettersi  all'autorità 
del  loro  capo  supremo,  il  quale,  senza  impiegare  mezzi  coercitivi, 
pure  esercita  rispetto  ad  essi  la  sua  autorità  morale. 

Le  Chiese  si  trovano  esse  pure  nella  società  internazionale,  e  fra 
tutte  il  primato  spetta  alla  Chiesa  cattolica  cementata  dal  lavorìo 
di  diciannove  secoli  e  conservata  dalla  più  compatta  e  più  potente 
gerarchia  del  mondo. 

La  Chiesa  cattòlica  ha  rapporti  con  tutti  gli  Stati  e  da  questi 
rapporti  di  &tto  derivano  certi  diritti  e  certi  doveri  interessanti 
non  solo  il  Diritto  pubblico  dei  singoli  paesi,  ma  anche,  sotto 
certi  rispetti,  la  società  intemazionale.  La  scienza  del  Diritto  inter- 
nazionale, la  quale  deve  trovare  le  regole  di  proporzione  fra  tutte 
le  individualità  e  fra  tutte  le  collettività  formanti  parte  del  genere 
umano,  non  dovrà  essa  occuparsi  di  regolare  la  posizione  della 
Chiesa  romana  rispetto  agli  Stati?  Essa  deve  occuparsene,  se  pur 
vuole  non  trascurare  alcuno  degli  elementi  che  devono  formare 
obbietto  della  ricerca  delle  regole  di  proporzione. 

Ti  sono  altre  forme  di  associazioni,  meno  importanti  delle  Chiese, 
e  delle  quali  occorre  pure  tener  conto;  intendo  parlare  delle  asso- 
ciazioni di  uomini,  i  quali  senza  avere  una  certa  organizzazione 
politica,  sono  però  riuniti  sotto  Tautorità  di  un  capo,  a  forma  di 
tribù  0  di  altre  forme  di  aggregazioni  analoghe. 

Non  si  può,  certo,  negare  alle  stesse  tribù  barbare,  qualunque 
si  sia  il  loro  grado  di  coltura,  la  capacità  di  essere  reputate  sog- 
gette al  Diritto  internazionale. 

Anche  a  voler  supporre  che  esse  manchino  di  qualsiasi  forma 
di  organizzazione  politica  e  che  vivano  di  vita  propria  sul  territorio 
che  esse  occupano,  il  Diritto  internazionale,  in  quanto  tutela  ì  diritti 
della  personalità  umana,  deve  pur  essere  loro  applicato. 

Le  tribù  barbare  poi  che  riconoscono  l'autorità  di  un  capo  non 
possono  essere  considerate  come  persone  della  Magna  OivitaSy  deve 
non  per  tanto  ammettersi  che  non  le  possa  essere  negato  Tappli- 


3d  tfUroduxdone  —  Capitolo  IL 

cazione  del  Diritto  internazionale  per  il  regolamento  dei  rapporti 
di  fatto  che  vengono  a  stabilirsi  fra  esse  e  gli  Stati  inciviliti. 
Certo,  non  si  potrebbe  ammettere  Teguaglianza  giuridica  fra  le 
genti  incivilite  e  le  genti  non  incivilite,  pur  volendo  limitare  tale 
eguaglianza  al  godimento  dei  diritti  che  loro  appartengono.  L'egua- 
glianza giuridica  richiede  una  certa  uniformità  per  ciò  che  riguarda 
le  nozioni  giuridiche  fondamentali,  indispensabili  sempre  per  la 
comunità  di  diritto.  Ma  convien  pur  riconoscere  che  nessun  popolo 
non  incivilito,  nessuna  tribù  barbara  può  trovarsi  fuori  del  Diritto 
dell'umanità.  Yi  sono  altresì  associazioni  costituite  per  uno  scopo 
internazionale,  le  quali,  una  volta  riconosciute  come  tali  dagli  Stati, 
possono  esercitare  la  loro  attività  nella  sfera  intemazionale.  Esse 
pure  devono,  nel  godimento  dei  diritti  intemazionali  che  loro  siano 
stati  attribuiti,  essere  regolate  dal  Diritto  intemazionale  (1). 

9.  Dalle  cose  ora  dette  risulta  che  la  scienza  non  debba  limitare  il 
suo  lavoro  alla  ricerca  e  alla  determinazione  delle  regole  che  devono 
governare  i  rapporti  fra  gli  Stati  costituiti.  Per  risolvere  in  modo 
completo  il  problema  deirequilibrio  giuridico  ed  arrivare  alla  orga- 
nizzazione razionale  della  società  internazionale  è  indispensabile 


(1)  Certe  forme  dì  collettività  sono  il  risultato  della  libertà  di  associazione 
pel  conseguimento  di  uno  scopo  di  interesse  comune  e  vengono  formate  nei- 
l'interno  di  ogni  Stato.  Tali  collettività  assumono  talvolta  la  condiziono  di  persone 
giuridiche  quando  la  sovranità  dolio  Stato,  in  considerazione  del  loro  scopo  di 
utilità  pubblica,  abbia  attribuito  loro  la  personalità  e  la  capacità  di  esercitare  i 
diritti  necessaii  por  T attuazione  dello  scopo  cui  l'associazione  intende.  Per 
quanto  tali  associazioni  possano  esercitare  la  loro  attività  in  paesi  esteri,  non 
per  ciò  si  potrebbe  sostenere  che  esse  possano  reclamare  la  capacità  di  estendere, 
di  pieno  diritto,  la  loro  sfera  d'azione  airestoro.  Ciò  non  può  infatti  costituire 
per  tali  associazioni  un  diritto  internazionale.  La  sovranità  di  ogni  singolo  Stato 
può  riconoscere  le  persone  giuridiche  ed  attribuir  loro  la  capacità  di  esercitare 
certi  diritti  nell'ambito  però  del  territorio  soggetto  alla  propria  autorità.  Si  può 
andare  fino  a  reputar  conforme  all'interesse  generale  che  certe  asBOciazioni  esten- 
dano la  loro  sfera  d'aziono  al  di  là  delle  frontiere,  senza  che  però  si  possa 
sostenere  che  ciò  possa  aver  luogo  di  pieno  diritto.  L'autorizzazione  preventiva 
della  sovranità  estera  accordata  sotto  la  forma  di  un  riconoscimento  o  altrimenti, 
deve  sempre  considerarsi  come  indispensabile. 

Tutto  quello  che  abbiamo  dotto  a  proposito  dei  diritti  intemazionali  delle 
collettività  si  riferisce  alle  collettività  che  esistono  jure  suo^  a  quelle  cioè  per 
le  quali  l'organizzamento  è  un  fatto  naturale,  cioè  il  risultato  dei  fattori  naturali 
e  che  si  devono  reputare  esistenti  indipendentemente  dal  diritto  territoriale,  quali 
sono  ad  esempio  la  naxione^  il  popolo. 


Dei  soggetti  del  Diritto  intemaxionale  39 

che  gli  scienziati  ricerchino  e  fissino  le  regole  di  tutti  i  rapporti 
di  fatto  e  di  diritto  intercedenti  fra  quelli  che  della  società  inter- 
nazionale fanno  parte. 

Sia  che  questi  rapporti  sorgano  fra  Stati  e  Stati  o  fra  individui 
e  Stati  o  fra  collettiTìtà  di  individui  e  Stati,  sempre  quando,  per 
la  loro  natura,  per  il  loro  scopo,  per  il  loro  sviluppo,  tali  rapporti 
non  possano  essere  ritenuti  di  interesse  meramente  territoriale,  la 
scienza  deve  occuparsene.  Essa  deve  ricercare  e  fissare  le  regole 
per  governarli  e  disciplinarli. 

Si  comprende  facilmente  com'io  assegni  alla  scienza  del  Diritto 
internazionale  una  missione  più  elevata  e  più  larga  di  quanto  a 
tutta  prima  si  possa  immaginare.  Se  possibile  mi  fosse,  vorrei  quasi 
cambiarne  la  denominazione  per  meglio  precisare  lo  scopo.  La 
denominazione  attuale  non  risponde  esattamente  all'idea  che  si 
intende  significare.  L'espressione  DiHtio  intemazionale  designa  il 
diritto  fra  nazione  e  nazione,  il  diritto  fra  gli  Stati;  l'espressione 
Diritto  delle  genti  è  già  preferibile;  ma  per  indicare  più  esattamente 
lo  scopo  della  scienza  meglio  ancora  sarebbe  servirsi  dell'espressione 
Diritto  del  genere  umano,  essendo  questa  la  denominazione  collettiva 
che  abbraccia  la  grande  repubblica  formata  da  tutti  gli  esseri  con- 
siderati individualmente  o  esistenti  sotto  la  forma  di  individualità 
collettive. 

Secondo  il  mio  modo  di  vedere  Io  scopo  del  Diritto  internazionale 
dovrebbe  essere  di  ricercare  e  determinare  i  diritti  internazionali  che 
devono  essere  attribuiti  a  ciascuno  di  quelli  che  di  tale  società  fanno 
parte,  per  ricercare  e  determinare  le  regole  giuridiche  dei  loro 
diritti  e  dei  loro  doveri  e  i  mezzi  legali  per  tutelarli.  Or,  per  questo 
è  necessario  anzitutto  determinare  quali  siano  le  persone  e  i  sog- 
getti, cui  i  dinttì  appartengono  e  che  possono  tali  diritti  reclamare. 

IO.  Chi  può  essere  considerato  come  una  persona  della  società 
intemazionale? 

Chi,  pur  non  essendo  persona,  ma  formando  tuttavia  parte  della 
società  intemazionale,  può  reclamare  che  si  rispetti  la  sua  indivi- 
dualità ed  esigere  che  i  suoi  rapporti  colle  persone  formanti  parte 
della  comunità  siano  regolati  dal  Diritto  intemazionale? 


40  IfUrodwUons  —  Capitolo  II, 

A  mìo  avYiso  devesi  considerare  come  persona  della  società  inter- 
nazionale ogni  essere  ed  ogni  istituzione  avente  la  sna  individualità 
in  virtù  del  suo  proprio  diritto  ed  esercitante  la  sua  attività  in 
tutte  le  regioni  del  mondo. 

L'individualità  è  sempre  la  caratteristica  essenziale  di  qualsi- 
voglia persona.  Ma  per  essere  persona  della  società  intemazionale 
occorre  che  la  individualità  appartenga  all'Ente  per  diritto  proprio, 
e  non  già  in  forza  di  quale  si  sia  forma  di  concessione  della 
sovranità  territoriale. 

Ogni  qualvolta  che  la  individualità  sia  conseguenza  di  un  atto 
della  sovranità  territoriale,  ciò  può  bastare  per  ammettere  ohe  l'Ente 
morale  o  la  istituzione  possa  essere  reputata  persona  nei  limiti 
entro  ai  quali  il  Sovrano,  che  ha  concesso  la  personalità,  esercita 
il  suo  impero  e  la  sua  autorità. 

Da  questi  principi  consegue  che  si  debbono  considerare  come 
persone  del  Diritto  intemazionale  lo  Stato,  l'uomo  e  la  Chiesa.  A 
ciascuno  di  essi  appartiene  infatti  la  individualità  in  virtù  del  suo 
diritto.  Non  si  può  negare  che  lo  Stato  possieda  la  individualità 
jure  suo  e  che  tale  individualità  esso  acquisti  come  appena,  in 
forza  della  sua  costituzione  politica,  esso  esiste  come  Stato. 

È  lecito  discutere  sul  punto  se  l'uomo  debba  venir  considerato 
come  persona  della  società  intemazionale.  È  fuori  di  dubbio  che 
l'uomo  sia  una  persona  nei  suoi  rapporti  colla  società  civile  e  colla 
iocietà  politica.  Ma  che  egli  debba  essere  considerato  come  una 
persona  nella  società  internazionale,  lo  si  può,  a  primo  aspetto, 
contestare. 

Quanto  a  me,  non  pretendo  certo  sostenere  che  l'uomo  sia  una 
persona  della  società  intemazionale  allo  stesso  titolo  per  cui  lo  è 
lo  Stato,  0  che  esso  possa  acquistare  od  esercitare  i  diritti  che 
appartengono  allo  Stato  o  contrarre  ed  adempiere  obbligazioni  inter- 
nazionali allo  stesso  titolo  per  cui  può  contrarle  ed  adempierle 
un  Governo.  Solo  sostengo  che  l'uomo,  dal  momento  che  esso  esiste 
come  tale,  esiste  con  la  individualità  che  gli  appartiene  jure  suo; 
che  esso  esiste  colla  sua  libertà  e  colla  sua  capacità  di  esercitare 
l'attività  sua  non  solo  come  cittadino,  nei  suoi  rapporti  col  Grovemo 


Dei  aoggéUi  del  DirUio  intemazionale  41 

dello  Stato  cai  appartiene,  ma  anche  rispetto  a  tutti  i  Governi  del 
mondo  e  che  esso  può,  rispetto  a  tatti,  reclamare  il  rispetto  delia 
saa  propria  personalità  e  dei  diritti  che  gli  appartengono  non  come 
cittadino,  ma  come  uomo.  La  personalità  jure  stw  appartiene  in 
prima  all'aomo  qaando  noi  lo  consideriamo  nella  società  civile  e 
nella  società  politica  risaltante  dallo  Stato,  di  cai  è  cittadino;  ma 
bisogna  inoltre  ammettere  che  l'aomo  debba  essere  considerato 
jure  suo  come  persona,  coi  diritti  che  riguardano  la  personalità 
sua,  di  fronte  a  tutti  gli  Stati  del  mondo. 

La  difficoltà  ò  più  grande,  qaando  trattasi  di  considerare  la  Chiesa 
come  una  persona  della  Magna  Civitas.  Per  dissipare  ogni  malin- 
teso premetterò  che  il  mio  discorso  si  riferisce  a  tutte  le  Chiese. 
Solo,  importa  considerare,  che  non  tutte  hanno  acquisito,  di  fatto, 
la  posizione  di  vera  istituzione  intemazionale.  Attualmente,  vera 
istituzione  intemazionale  è  solo  la  Chiesa  Cattolica  Romana.  Essa 
non  ha  soltanto,  come  le  altre  Chiese,  la  sua  individualità  jure  suo, 
ma  essa  ha  di  più  la  sua  organizzazione  intemazionale;  essa  esercita 
i  suoi  diritti,  essa  sviluppa  la  sua  attività  in  tutte  le  regioni  della 
terra.  Certo,  anche  le  altre  Chiese  potranno  un  giorno  acquistare 
la  posizione  di  istituzione  internazionale  ;  ed  allora,  ciò  che  io  dico 
avrà  la  sua  applicazione  rispetto  a  tutte  le  Chiese  aventi  di  fatto 
una  tale  situazione.  Ma,  lo  ripeto,  la  posizione  di  vera  istituzione 
intemazionale  appartiene  di  preferenza  oggidì  alla  Chiesa  Cattolica 
fiomana.  Epperò,  riconoscendo  com'essa  sia  di  fatto  una  istituzione 
intemazionale  e  considerando  che  la  sua  personalità,  cioè  la  sua 
individualità  come  tale,  le  spetta  per  diritto  proprio,  jure  suo,  am- 
metto che  la  si  debba  considerare  come  una  persona  internazionale  (1). 


(1)  Importa  non  confondere  la  nozione  della  personalità  intemazionale,  quale 
io  la  intendo,  colla  nozione  della  personalità  giuridica. 

Secondo  il  mio  modo  di  vedere  la  pereonalità  internazionale  appai*tiene  ad 
ogni  Ente  e  ad  ogni  istituzione  che  ha  de  jure  la  sua  propria  individualità  e 
che  possiede  ytire  suo  la  capacità  di  sviluppare  la  sua  attività  nella  società  inter- 
nazionale secondo  le  regole  da  cui  questa  dev'essere  retta.  Data  tale  condizione 
di  cose  ne  consegne  che  tale  essere  o  tale  istituzione  possa  reclamare  la  perso- 
nalità intemazionale  ed  il  godimento  dei  diritti  che,  sempre  tenendo  conto,  ben 


42  Introduzione  —  Capitolo  IL 

Nel  genere  amano  si  trovano  due  istituzioni,  lo  Stato  e  la  Chiesa, 
e  che  certo  sono  istituzioni  di  un  ordine  sostanzialmente  diverso. 

Lo  Stato  è,  infatti,  una  istituzione  politica,  che  deriva  la  sua 
esistenza  dalla  libertà  politica  e  che  possiede  il  suo  potere  per  go- 
vernare tutti  i  rapporti  che  sorgono  e  si  sviluppano  nel  campo  in 
cui  si  trovano  gii  interessi  nazionali,  civili  e  sociali. 

La  Chiesa  è  una  istituzione  etica,  che  deriva  il  suo  essere 
dalla  libertà  di  coscienza  ed  esisto  per  virtù  del  sentimento  reli- 
gioso. Essa  trovasi  organizzata  sotto  l'autorità  di  un  capo,  che  non 
ha  altro  potere  fuorché  quello  di  mantenere  i  principi  della  fede 
e  di  proclamare  il  dogma  per  quelli  che  vogliono  liberamente  e 
spontaneamente  accettarlo.  Le  sue  funzioni  si  esercitano  rispetto 
alle  anime  e  nel  campo  della  coscienza. 


inteso,  della  sua  natura  e  della  sua  finalità,  gli  appartengono  nella  società  inter- 
nazionale e  che  costituiscono  i  suoi  diritti  internazionali. 

La  personalità  giuridica,  per  contro,  può  appartenere  a  qualsiasi  collettività, 
che  non  abbia  la  sua  propria  individualità  de  jure^  ma  a  cui  la  individualità 
sia  stata  attribuita  dal  potere  sovrano,  il  quale  nel  tempo  stesso  gli  abbia  confe- 
rito il  godimento  di  certi  diritti. 

Chi  consideri  come  una  cosa  sia  sostanzialmente  diversa  dall'altra,  compren- 
derà facilmente  come,  attribuendo  alla  Chiesa  la  personalità  internazionale,  non 
vengo  con  ciò  ad  ammettere  che  ossa  possa  reclamare  di  essere  considerata  de 
jure  come  pei-sona  giuridica  internazionale. 

Non  mi  è  mai  caduto  in  pensiero  che  la  Chiesa  potesse  essere  reputata /ur^ 
suo  una  persona  giuridica  internazionale,  lo  che  implicherebbe  ammetterò  che 
essa  potesse  de  jure  reclamare  la  capacità  di  esercitare  diritti  patrimoniali. 

Questa  capacità  non  appartiene  affatto  alla  Chiesa  come  istituzione  intema- 
zionale, perchè  il  godimento  dei  diritti  patrimoniali,  fatta  ragione  della  sua  natura 
e  della  sua  finalità,  non  le  è  punto  indispensabile.  Epperò,  nessuna  Chiesa,  nep- 
pure la  Chiesa  Cattolica,  può  essere  reputata  persona  giuridica,  se  tale  condi- 
zione non  lo  sia  attribuita  dal  sovrano  dello  Stato  e  in  conformità  del  Diritto 
territoriale  (vedi  la  1'  edizione  della  presente  opera  tradotta  da  M.  Chrétien, 
regolo  31,  441,  442,  456,  464,  466  e  Diritto  internazionale  pubblico ^  3'  ediz., 
Torino  1887  ;  Dei  diritti  internazionali  della  Chiesa^  pag.  485  e  seg.). 

Solo  lo  Stato  è  de  jure  una  persona  internazionale  e  una  persona  giuridica 
internazionale,  essendoché  la  capacità  giuridica  e  il  godimento  dei  diritti  patri- 
moniali gli  appartengono  in  quanto  è  Stato,  tale  godimento  essendo  indispensa- 
bile perchè  lo  Stato  possa  sussistere  come  tale  e  conseguire  i  fini  per  cui  è 
costituito  (vedi  il  mio  Consulto  sulla  controversia  fra  la  Grecia  e  la  Rumenia  per 
la  successione  Zappa  e  il  mio  opuscolo:  Della  personalità  giuridica  dei  Corpi 
morali  e  della  Personalità  giuridica  dello  Stato  air  intemo  ed  all'estero, 
Torino,  Unione  tipografico-editrice,  1895  e  Tratado  de  Dereeho  Intemacional 
Publieo^  2'  edicion  1894,  tomo  1",  capo  VII,  De  lapersofialitad  eivil  del  Esiodo), 


La  questione  romana  43 

Per  parte  mia,  prendendo  le  cose  di  questo  mondo,  qaali  Dio, 
la  storia  e  la  libertà  le  hanno  formate,  non  oso  disconoscere  il 
fatto  storico.  Constato  nella  società  internazionale  la  esistenza  del- 
l'uomo colla  personalità  che  gli  appartiene  jiire  suo.  Constato  la 
esistenza  dello  Stato,  il  quale,  una  volta  costituito  in  virtù  della 
libertà  politica  degli  associati,  possiede  anch'esso  la  sua  personalità 
ipsojure  ipsoque  facto.  Constato  la  esistenza  della  Chiesa  organiz- 
zata sotto  la  forma  di  istituzione  intemazionale.  Sono  tre  persona- 
lità aventi  ciascuna  una  natura  e  una  condizione  giuridica  diversa. 

La  capacità  ad  essere  considerato  come  soggetto  di  Diritto  inter- 
nazionale è  essa  un  privilegio  esclusivo  dello  Stato?  E  non  vi  ò 
nella  società  internazionale  alcun'altra  individualità  cui  apparten- 
gano diritti  internazionali? 

Pur  ammettendo  che  nessuno  possa  reclamare  i  diritti  interna- 
zionali appartenenti  allo  Stato  e  che  quindi  nessuno  possa  avere, 
come  soggetto  di  Diritto  internazionale,  la  stessa  capacità  che  ha 
lo  Stato,  come  si  potrebbe  negare  assolutamente  alle  altre  indivi- 
dualità, che  di  fatto  si  trovano  nella  società  intemazionale,  il  diritto 
di  reclamare  i  loro  propri  diritti  internazionali  e  di  essere  consi- 
derate come  soggetti  aventi  la  capacità  di  goderli? 

CoU'insegnare  che  solo  lo  Stato  debba  essere  considerato  come 
persona  della  Magna  Civitas,  i  pubblicisti  arrivarono  a  giustificare 
innanzi  tutto  il  deplorevole  errore  che  i  diritti  dell'uomo,  i  diritti  della 
personalità  umana  esistano  unicamente  di  fronte  al  Diritto  pubblico 
intemo,  mia  non  esistano  jure  proprio  di  fronte  al  Diritto  inter- 
nazionale. Da  ciò,  derivò  poi  che  lo  straniero  potè  essere  messo 
fuori  del  Diritto  comune  altresì  per  ciò  che  concerne  il  godimento 
dei  diritti  dell'uomo  e  dei  diritti  civili. 

Questa  stessa  falsa  teoria  che  solo  lo  Stato  sia  persona  internazio- 
nale e  che  esso  solo  possa  avere  il  godimento  dei  diritti  internazio- 
nali ebbe  poi  per  risultato  di  creare  la  così  detta  Questione  romana. 
I  partigiani  dei  Papi,  facendosi  forti  deirinsegnamento  dei  pubbli- 
cisti, che  cioè  solo  lo  Stato  sia  persona  di  Diritto  delle  genti,  sol- 
levarono la  pretesa  del  potere  temporale  e  la  loro  pretesa  ha 
una  giustificazione.  Essi  adducono  che  di  fatto  la  Chiesa  romana 


44  Introduzione  —  Oapitolo  II. 

esercita  certi  diritti  intemazionali,  che  essa  mantiene  effettivamente 
rapporti  internazionali;  avendo  il  suo  Capo  il  diritto  di  legazione 
e  potendo  esso  conchiadere  concordati.  Ora  dato  che  lo  Stato  sol- 
tanto paò  essere  persona  intemazionale,  pareva  naturale  ai  parti- 
giani del  Papa  il  sostenere  che,  per  poter  il  Papa  esercitare  rego- 
larmente e  in  modo  sicuro  le  sue  funzioni  come  capo  della  Chiesa, 
per  avere  garanzie  complete,  la  Chiesa  dovesse  avere  una  forma 
di  organizzazione  politica  come  Stato,  e  che  al  Papa  come  sovrano 
della  Chiesa  dovesse  essere  attribuito  un  possedimento  territoriale 
e  un  potere  temporale. 

É  così,  col  fare  falsa  strada;  i  pubblicisti  hanno  alimentato  le 
pretese  del  papato;  e  colla  loro  teoria  sono  arrivati  quasi  a  giusti- 
fìcare  il  più  strano  sofisma  del  papato  e  dei  suoi  partigiani  intomo 
alla  pretesa  necessità  del  potere  temporale  e  della  sovranità  politica 
del  Papa. 

Se  si  vuole  realizzare  il  vero  equilibrio  politico  occorre  mettere 
ogni  cosa  al  suo  posto;  occorre  riconoscere  a  ciascuno  ciò  che  gli 
spetta,  ma  anche  negargli  ciò  che  non  gli  spetta. 

Ecco  la  spiegazione  della  mia  teoria.  Io  mi  inspiro  al  precetto 
dei  Bomani:  unicuique  suum. 

11.  Quali  sono  i  diritti  internazionali  che  devono  essere  attribuiti 
a  ciascuno? 

E  come,  mediante  la  dichiarazione  dei  diritti  spettanti  a  ciascuno, 
si  potrà  condurre  ad  effetto  l'equilibrio  politico? 

Non  è  questo  il  momento  di  esporre  in  modo  completo  i  diritti 
internazionali  dello  Stato,  dell'uomo,  della  Chiesa,  delle  collettività, 
dei  nomadi,  dei  barbari.  Tutto  ciò  formerà  l'obbietto  delle  nostre 
ricerche,  ora  basta  insistere  sul  punto  fondamentale,  che  cioè  per 
effettuare  l'equilibrio  giuridico  è  assolutamente  necessario  fissare  il 
limite  giuridico  dell'attività  di  ciascuno  e  che  per  questo  importa 
determinare  e  riconoscere  i  diritti  internazionali  di  ciascuno,  cioè 
dello  Stato,  dell'uomo  e  delle  collettività,  dei  popoli  inciviliti  e  dei 
popoli  non  inciviliti.  Quando  siano  determinati  i  diritti,  bisognerà 
pur  riconoscere  che  la  libertà  che  può  appartenere  ad  ogni  Sovra- 
nità nei  suoi  rapporti  con  le  altre  Sovranità,  cogli  uomini  e  colle 


/  diritti  delVuomo  45 

collettività,  non  può  consistere,  se  non  nel  potere  di  esercitare  i 
propri  diritti  e  la  propria  attività,  senza  invadere  la  sfera  giuridica 
nella  quale  stanno  i  diritti  altrui. 

Si  ammette  generalmente  che  i  diritti  internazionali  degli  Stati 
sono  i  diritti  di  autonomia  e  di  indipendenza,  il  diritto  di  impe- 
rium  e  di  giurisdizione,  il  diritto  di  eguaglianza,  il  diritto  di  do- 
minio eminente,  il  diritto  di  rappresentanza.  Anche  si  insegna  che 
questi  diritti  devono  essere  reputati  assoluti.  Solo,  siccome  non  si 
considera  che  vi  sono  anche  i  diritti  internazionali  dell'uomo  e 
delle  collettività  e  che  questi  diritti  devono  essere  reputati  intan- 
gibili, si  è  arrivati,  nella  società  internazionale,  all'arbitrario.  Tutto, 
infatti,  si  giustifica  in  virtù  del  diritto  di  autonomia  dello  Stato  e, 
allo  scopo  poi  di  potere  difendere  ogni  pretesa,  gli  Stati  cercano 
di  accrescere  senza  posa  le  loro  forze  militari. 

Se  si  vuole  opporre  una  forza  giuridica  di  resistenza  alla  forza 
onnipotente  dell'arbitrio,  occorre  riconoscere  i  diritti  internazionali 
dell'uomo  e  delle  collettività. 

I  diritti  dell'uomo  sono  il  diritto  di  libertà,  il  diritto  di  invio- 
labilità personale,  il  diritto  di  scegliere  la  cittadinanza,  di  rinun- 
ziare a  quella  che  fu  acquistata  e  sceglierne  un'altra,  il  diritto 
di  proprietà,  il  diritto  di  libertà  di  coscienza,  il  diritto  di  libera 
attività  e  di  commercio  intemazionale,  il  diritto  di  emigrare.  Essi 
sono  i  diritti  intemazionali  della  personalità  umana  (1). 


(1)  A  parte  i  diritti  internazionali  che  ad  ognuno  appartengono  come  uomo^ 
noi  riconosciamo  per  ognuno  anche  i  diritti  internazionali  che  ad  esso  appartengono 
conìe  cittadino. 

£  invero,  la  condizione  di  cittadino  di  uno  Stato  è  la  base  dei  diritti  civili, 
dei  diritti  politici  e  di  certi  diritti  internazionali.  I  diritti  civili  trovano  il  loro 
fondamento  sulla  legge  di  ogni  paese,  la  quale  dichiara,  regola  e  tutela  certi 
diritti  il  cui  godimento  è  esclusivamente  riservato  ai  cittadini  dello  Stato.  I  diritti 
politici  trovano  il  fondamento  loro  sulla  costituzione  di  ogni  singolo  Stato.  I  diritti 
internazionali  deiruomo  come  cittadino  trovano  il  loro  fondamento  sui  Trattati 
conchiusi  fra  lo  Stato  di  cui  la  persona  è  cittadino  e  altri  Stati. 

Ogni  persona  che  faccia  parte  di  uno  Stato  come  cittadino  ha  diritto,  anzitutto, 
di  reclamare  la  protezione  del  Sovrano  e  del  Governo  del  suo  paese  contro  qual- 
siasi Stato  o  Governo  che  volesse  ai'bitrariamente  violare  i  diritti  che  secondo 
il  Diritto  internazionale  gli  appartengono. 

Ma  oltre  a  ciò  ogni  individuo  appai'tenente  ad  uno  Stato  come  cittadino  può 
noli* esercizio  del  suo  commercio  e  della  sua  attività  all'estero  reclamare  e4 


46  Introduxione  —  Capitolo  II. 

A  qualunque  razza  Tuomo  appartenga,  quale  si  sia  il  suo  grado 
di  cultura,  viva  esso  in  associazione  politica  o  meni  esso  una  esi- 
stenza nomade,  l'uomo  non  perde  mai  le  caratteristiche  e  gli  attri- 
buti dell'umana  natura  ;  esso,  quindi,  non  perde  mai  i  diritti  che 
sempre  e  dappertutto  devono  essere  attribuiti  alla  personalità  umana. 
Bevesi  ammettere  conseguentemente  che  esso  possa  reclamare  tali 
diritti  in  tutte  le  parti  del  mondo,  che  possa  dappertutto  esigerne 
il  rispetto,  averne  in  ogni  paese  il  godimento,  alla  sola  condizione 
di  riconoscere  l'autorità  delle  leggi  territoriali  e  di  osservarne  le 
disposizioni. 

Le  collettività  altro  non  sono  che  agglomerazioni  di  individui 
uniti  da  un  vincolo  comune  o  in  uno  scopo  comune.  E  naturale 
che  le  collettività  abbiano  i  loro  diritti  intemazionali,  come  gli 
uomini  da  cui  esse  sono  formate. 

Non  si  possono  negare  al  popolo  i  suoi  diritti  internazionali. 
Il  principale  fra  questi  diritti  è  la  libertà  di  stabilire  e  di  modi* 
ficare  la  propria  costituzione  politica,  il  diritto  di  darsi  il  governo 
che  esso  ritiene  meglio  adatto  ad  assicurare  i  diritti  dell'associa- 
zione e  di  esigere  che  il  Governo  così  stabilito  sia  dagli  altri  Go- 
verni riconosciuto  come  un  Governo  legittimo  dal  momento  che 
esso  si  trovi  di  fatto  in  possesso  dei  diritti  di  sovranità. 

Le  nazionalità  hanno  del  pari  i  loro  diritti  intemazionali,  fra  cui 
principale  è  quello  di  non  essere  costrette  a  rimaner  comprese  in 
questa  o  in  quella  associazione  politica,  ma  di  potere  liberamente 
aggregarsi  secondo  le  loro  aspirazioni  naturali  e  le  loro  affinità. 

Parlerò  più  oltre  delle  Chiese  e  delle  altre  collettività.  Vediamo 
ora  le  conseguenze  che  derivano  dalle  cose  già  esposte. 

Bisogna  corto  ammettere  che  ad  ogni  Stato  ed  al  Governo  che 
lo  rappresenta  devono  essere  attribuite  l'autonomia  e  la  indipen- 

ottonore  il  godimento  di  qualsiasi  diritto  privato,  di  qualsiasi  facoltà,  di  qualsia$^i 
vantaggio,  di  qualsiasi  privilegio  attribuito  ai  rispettivi  cittadini  dai  trattati 
conchiusi  fra  Stato  e  Stato. 

I  trattati  di  commercio,  le  convenzioni  consolari,  quelle  sul  rispetto  della 
proprietà  letteraria,  artistica,  industriale  e  via  dicendo,  sono  il  fondamento  di 
speciali  diritti,  dei  quali  possono  godere  solo  coloro  che,  come  cittadini,  appar- 
tengono agli  Stati  che  abbiano  conchiuso  i  detti  trattati. 


/  diritti  delVuofno  47 

denza.  Ma  quale  dev'essere  rautonomia  e  T indipendenza  che  ad 
essi  paò  essere  attribuita?  Si  può  forse  trattare  dell'autonomia  e 
dell'indipendenza  di  potere  arbitrario?  Evidentemente  no. 

Ogni  potere  sovrano  trova  il  suo  giusto  limite  nel  rispetto  dovuto 
ai  diritti  intemazionali  degli  altri  membri  della  società  internazionale. 

Ogni  Sovrano  non  può  pretendere  che  alla  libertà  e  alla  indi- 
pendenza compatibili  colle  esigenze  della  società  internazionale. 
Esso  è  quindi  tenuto  ad  esercitare  i  suoi  poteri  in  modo  da  non 
ledere  i  diritti  e  gli  interessi  legittimi  degli  altri  Governi,  e  altresì 
in  modo  da  non  ledere  né  i  diritti  internazionali  dell'uomo  o  delle 
comunità,  né  le  esigenze  generali  della  società  intemazionale. 

L'autonomia  non  potrà  per  certo  essere  assoluta  unicamente  a 
vantaggio  dello  Stato.  Nella  società  internazionale  vi  sono  ancora 
altre  individualità  rivestite  di  diritti  intemazionali  ;  or,  è  di  tutta 
evidenza  che,  per  mantenere  il  principio  dell'equilibrio  e  la  regola 
della  giusta  proporzione,  l'autonomia  dello  Stato  vuol  essere  con- 
ciliata col  rispetto  dovuto  ai  diritti  altrui. 

Dai  principi  finora  esposti  ne  risulta  che  uno  Stato  non  possa 
proibire  agii  stranieri  di  entrare  nel  suo  territorio  né  assoggettarli 
a  misure  vessatorie.  Esso  non  può  espellerli  senza  una  sufficiente 
ragione.  Esso  non  può  proibire  ai  suoi  nazionali  di  rinunziare  alla 
loro  cittadinanza  per  acquistarne  un'altra.  Esso  non  può  subordi- 
nare il  diritto  di  rinunziare  alla  cittadinanza  di  origine,  alla 
necessità  di  una  preventiva  autorizzazione. 

Non  si  può  mettere  in  dubbio  che  ad  ogni  sovranità  appartenga 
il  diritto  eminente  sul  territorio  soggetto  al  suo  impero;  ma  da 
ciò  non  si  potrebbe  certo  dedurre  che  il  Sovrano  possa,  in  virtù 
del  suo  diritto  di  sovranità,  negare  allo  straniero  il  diritto  di 
acquistare  la  proprietà  e  di  trasmetterla,  sotto  l'osservanza  delle 
condizioni  sancite  dalla  legge  territoriale. 

Il  Sovrano  non  può,  in  virtù  della  sua  autonomia,  colpire  lo 
straniero  colla  incapacità  di  acquistare,  nel  territorio  dello  Stato, 
qualsiasi  proprietà  mobiliare  od  immobiliare  alle  stesse  condizioni 
dei  nazionali,  o  negargli  il  godimento  dei  particolari  diritti  compresi 
nel  diritto  generale  di  proprietà.  Una  tale  misura  non   potrebbe 


48  Introduxione  —  Capitolo  II. 

essere  legittima  se  non  in  quanto,  per  serie  ragioni  di  ordine  pub- 
blico 0  di  interesse  sociale,  la  proprietà  di  certe  determinate  cose 
fosse  riservata  esclasivamente  ai  cittadini. 

Per  chi  accetta  la  mia  teorìa  intomo  ai  diritti  internazionali 
dell'aomo,  il  problema  che  forma  l'objetto  del  Diritto  intemazionale 
privato  e  che  concerne  l'autorità  delle  leggi  straniere  viene  a  porsi 
in  modo  tutt'affatto  diverso. 

In  linea  di  principio  si  deve  ammettere  innanzi  tutto  che  il 
godimento  da  parte  degli  stranieri  dei  diritti  civili,  non  possa  repu- 
tarsi come  una  concessione  graziosa  dipendente  dal  potere  arbitrario 
di  ogni  sovranità;  bensì  dev'essere  considerato  come  il  riconosci- 
mento giuridico  dei  diritti  intemazionali  dell'uomo. 

Si  deve  inoltre  riconoscere  che  ogni  persona  ha  non  solo  il 
diritto  di  scegliere  liberamente  lo  Stato  a  cui  intende  appartenere, 
ma  che  ha  altresì  il  diritto  di  reclamare  che  la  legge  dello  Stato 
a  cui  egli  appartiene,  da  cui  dipendono  la  sua  condizione  giurìdica 
e  i  suoi  diritti  civili,  il  suo  stato  personale  e  di  famiglia  e  i  diritti 
privati  che  ne  derivano,  sia  riconosciuta  nei  paesi  stranieri,  e  che 
essa  sia  a  tali  rapporti  applicata,  a  condizione  però  che  dall'ap- 
plicazione di  tale  legge  non  risulti  alcuna  ofTesa  al  Diritto  pubblico 
territoriale,  né  alle  leggi  che  riguardino  l'ordine  pubblico  o  che 
tutelino  il  Diritto  sociale. 

Non  si  potrebbe,  quindi,  sostenere  l'opinione  manifestata  dal 
FcELix  che  «  i  legislatori,  le  autorità  pubbliche,  i  tribunali  e  gli 
scrittori,  nell' ammettere  l'applicazione  delle  leggi  straniere,  si 
lasciano  guidare  non  da  una  obbligazione,  di  cui  si  può  pretendere 
la  osservanza,  ma  unicamente  da  considerazioni  di  reciproca  utilità  e 
di  reciproca  convenienza,  ex  comiiate;  et  reciprocam  uiiliiaietn  »  (1). 

Bisogna  invece  ammettere  che  nessun  Sovrano  abbia  un  potere 
discrezionale  assoluto  e  illimitato  di  riconoscere  o  di  non  ricono- 
scere il  godimento  dei  diritti  civili  spettanti  agli  stranieri  o  di 
subordinarlo  alla  condizione  della  reciprocità,  secondo  meglio  gli 


(1)  Titolo  preliminare  del  suo  Trattato  di  Diritto  inlerfiaxionale  privato^ 
Qap.  Ili,  n.  11. 


/  diritti  deU'uamo  49 

conyenga,  ma  che  si  deve  inyece  considerare  come  una  vera  yìo- 
lazione  dei  diritti  intemazionali  deiruomò,  il  negare  allo  straniero 
il  diritto  di  pretendere  l'applicazione  del  suo  statuto  personale. 

Cosi  pure  deve  ammettersi  che  nessun  Sovrano  possa,  in  virtù 
della  sua  autonomia,  legittimare  le  rappresaglie  giuridiche  fondan- 
dosi sulla  regola  della  reciprocità. 

Insomma,  col  ritenere  che  l'autorità  territoriale  o  extra-territo- 
riale di  ogni  legge  non  dipende  punto  dal  dominio  esclusivo  del- 
l'autonomia,  ma  che  deve  bensì  essere  determinata,  tenendo  conto 
dei  diritti  intemazionali  dell'uomo,  della  natura  di  ogni  singolo 
rapporto,  degli  interessi  sociali  e  degli  interessi  intemazionali,  il 
problema  del  Diritto  intemazionale  privato  viene  ad  esser  posto 
sulla  sua  vera  base  giuridica.  Esso  si  assomma,  infatti,  nel  rico- 
noscere il  dominio  razionale  di  ciascuna  legge  basata  sulla  com- 
petenza legislativa  di  ogni  sovranità  e  nella  sommissione  di  ogni 
rapporto  alla  legge  che  deve  governarlo,  secondo  la  natura  del 
rapporto  stesso  ed  i  principi  della  competenza  legislativa,  salve  le 
giuste  limitazioni,  che  nell'applicazione  delle  leggi  straniere  sono 
imposte  dalle  esigenze  d'interesse  politico  e  d'interesse  sociale 
affermantìsi  in  ogni  Stato  (1). 

13.  Indichiamo  rapidamente  alcune  delle  conseguenze  che,  dal 
punto  di  vista  dell'equilibrio  giuridico,  derivano  dal  riconoscimento 
dei  diritti  intemazionali  delle  collettività.  Ritenuto  che  ogni  popolo 
abbia  il  diritto  di  stabilire  e  di  modificare  la  sua  costituzione  poli- 
tica e  di  darsi  il  governo  che  meglio  gli  convenga,  ne  consegue 
naturalmente  che  gli  Stati  e  i  Governi  non  possano  ingerirsi  negli 
affari  interni  di  un  paese  estero,  allo  scopo  di  impedire  o  di  intralciare 
il  libero  esercizio  del  diritto  intemazionale  appartenente  al  popolo. 
Bevasi  quindi  considerare  come  assolutamente  illecita  ed  arbitraria 
qualsiasi  forma  di  intervento,  vuoi  armato,  vuoi  morale.  ì^è  l'in- 
tervento, in  quello  che  esso  miri  ad  impedire  che   un  popolo 


(l)  Vedi  la  mia  Opera:  Diritto  intemaxdonale  privato^  3»  ediz.,  cap.  Y, 
Principi  fondamentali^  Torino,  Unione  Tipografico-Editrice,  1888,  tradotta  in 
francese  da  Charles  Antoine  (Parigi  1890,  Pedone-Laoi'iel)  e  in  spagnuolo  da 
Garcia  Moreno  (Madrid  1888,  Qongora  ed.). 

4  —  FiOBB,  Dir,  iniern,  codif. 


50  Introduxione  —  Capitolo  II, 

modifichi  la  costituzione  politica  dello  Stato  e  la  forma  del  Governo, 
potrebbe  venire  giustificato  col  pretesto  che  esso  sia  necessario  per 
salvaguardare  gli  interessi  generali. 

La  ingerenza  collettiva  delle  grandi  Potenze,  allo  scopo  di  man- 
tenere colla  forza  uno  stato  di  cose  in  violazione  del  diritto  che 
a  ciascun  popolo  compete  secondo  il  Diritto  internazionale,  non 
può  essere  legittimato  dall'accordo  di  tali  Potenze.  Queste  non 
possono,  in  virtù  della  loro  autonomia,  accordarsi  per  regolare  a 
modo  loro  gli  affari  interni  degli  altri  Stati.  Il  e  concerto  euro- 
peo »  e  il  €  concerto  americano  »  non  bastano  di  certo  per  tutto 
giustificare.  Il  concerto  europeo  deve,  senza  dubbio,  essere  reputato 
legittimo,  quando  abbia  per  iscopo  la  protezioAe  giuridica  del  Diritto 
intemazionale;  ma  non  può  più  essere  legittimo  quando  sia  for- 
mato allo  scopo  di  mantenere  uno  stato  di  cose  in  opposizione  ai 
diritti  internazionali  spettanti  ai  popoli  ed  alle  nazionalità. 

In  questi  ultimi  anni,  specie  nella  questione  di  Greta,  il  così 
detto  concerto  europeo  fu  formato  con  l'intendimento  di  agire 
d'accordo  per  assicurare  il  rispetto  di  uno  stato  di  cose  che  non 
era  punto  in  armonia  coi  principi  che,  secondo  il  nostro  sistema, 
debbono  reggere  la  società  internazionale.  Le  grandi  Potenze,  non 
potendo  mettersi  d'accordo  per  regolare  il  nuovo  ordine  di  cose, 
che  dev'essere  la  conseguenza  della  emancipazione  delle  provinole 
cristiane,  s'intesero  sulla  necessità  di  mantenere  la  integrità  del- 
l'Impero ottomano  e  subordinarono  poi  le  giuste  aspirazioni  dei 
Cretesi  a  tale  voluta  necessità. 

Nell'ordine  di  idee  che  io  difendo,  il  concerto  europeo  avrebbe 
dovuto  costringere  gli  altri  Stati,  compresa  la  Grecia,  a  non  met- 
tere ostacolo  al  diritto  spettante  al  popolo  cretese  di  darsi  la  costi- 
tuzione politica  più  conforme  alle  sue  aspirazioni  nazionali. 

Dai  principi  che  noi  esponiamo  anche  ne  risulta  che  avendo  il 
popolo  il  diritto  di  provvedere  alla  sua  costituzione  politica  e  di 
lottare  per  modificarla  o  cambiarla,  si  deve  ammettere  che  gli  atti 
del  partito  rivoluzionario,  intesi  a  rovesciare  un  Governo  costituito, 
non  possano  essere  soggetti  sempre  al  Diritto  penale  applicabile 
ai  ribelli,  e  che  quando  la  lotta  armata  prenda  carattere  di  vera 


/  diritti  deUe  eoUettinHà  51 

guerra  civile,  i  ribelli  abbiano  il  diritto  di  essere  considerati  come 
belligeranti. 

Dal  riconoscimento  dei  diritti  intemazionali  delle  nazionalità 
risalta  pare  che  gli  sforzi  di  popolazioni  aventi  la  stessa  naziona* 
lità,  intesi  ad  arrivare  alla  formazione  di  uno  Stato  nazionale,  non 
possano  essere  soffocati,  ma  che  debbano  bensì  essere  rispettati 
come  conseguenza  di  un  diritto  legittimo. 

Non  si  può  giustificare  l'impiego  di  mezzi  coercitivi  per  man- 
tenere uno  stato  di  cose  in  opposizione  colle  aspirazioni  nazionali, 
fondandosi  su  pretesi  diritti  dinastici  o  sui  trattati.  Nò  i  diritti 
storici  fondati  sui  trattati  nò  la  prescrizione  possono  avere  per 
effetto  di  annientare  o  sminuire  il  diritto  spettante  alle  naziona- 
lità di  costituirsi  a  Stati. 

Ammessi  i  diritti  internazionali  a  favore  dei  paesi  non  inciviliti, 
si  arriva  facilmente  a  fissare  i  principi  che  devono  eliminare  la 
falsa  idea  che  questi  paesi  possano  riputarsi  come  posti  fuori  del 
Diritto  comune.  Certo,  le  tribù  non  incivilite  non  sono  nella  stessa 
condizione  dei  popoli  inciviliti  ;  la  legge  comune  non  può  essere 
applicata  nello  stesso  modo,  quale  si  sia  il  grado  di  cultura;  pure, 
non  si  può  immaginare  che  una  forma  qualsiasi  di  agglomerazione 
(li  individui  possa  trovarsi  fuori  del  Diritto  internazionale. 

Certo,  non  si  può,  in  linea  di  principio,  combattere  la  coloniz- 
zazione e  la  estensione  coloniale  ;  si  deve  pure  ammettere  che  una 
certa  proporzione  sia  necessaria  fra  la  popolazione  e  il  territorio, 
e  che  i  paesi  inciviliti,  per  dare  nuovi  sbocchi  alla  loro  sempre 
crescente  attività,  abbiano  bisogno  di  allargare  le  loro  attuali  pos- 
sessioni e  di  occupare  le  parti  di  territorio  di  cui  i  non  inciviliti 
non  possono  profittare.  Bisogna  non  pertanto  ammettere  che  la 
colonizzazione  non  possa  essere  legittima,  se  non  alla  condizione 
che  essa  sia  esercitata  in  modo  da  non  calpestare  i  diritti  inter- 
nazionali dei  paesi  non  inciviliti. 

La  questione  della  colonizzazione  nei  suoi  rapporti  colla  auto- 
nomia e  coi  diritti  internazionali  appartenenti  alle  tribù  barbare, 
è  una  questione  complessa  e  non  ò  il  caso  di  qui  trattarla.  Solo 
sostengo  non  poter  essa  venir  risolta  in  modo  razionale  ed  equo 


52  Introduxione  —  Capitolo  II, 

se  non  riconoBcendo  e  rispettando  i  diritti  intemazionali  dei  paesi 
barbari  e  non  inciviliti  di  fronte  ai  paesi  inciviliti. 

13*  Ed  ora  passo  ad  esaminare  rapidamente  la  questione  del  come 
si  potrebbe  riuscire  a  trovare  il  giusto  punto  di  equilibrio  fira  la 
Chiesa  e  lo  Stato. 

Ho  detto  come  alla  Chiesa  debbano  essere  attribuiti  certi  diritti 
intemazionali  e  come  si  debba  riconoscere  la  sua  individualità  e 
la  personalità  sua  per  ciò  che  concerne  la  facoltà  di  godere  e  di 
esercitare  i  diritti  che  ad  essa  appartengono. 

Ora  per  ben  determinare  la  posizione  internazionale  della  Chiesa 
e  per  fissare  al  giusto  il  principio  dell'equilibrio  nei  rapporti  fra 
essa  Chiesa  e  lo  Stato,  importa  tener  conto  del  fatto  che  la  Chiesa 
è  una  istituzione  di  ordine  spirituale,  e  che  essa  può  reclamare 
la  sua  individualità  e  la  sua  esistenza  jure  suo,  solo,  ben  inteso, 
nel  campo  determinato  dalla  sita  natura  e  dalla  sua  finalità. 

La  Chiesa  può  di  certo  esigere  il  rispetto  dei  suoi  diritti  inter- 
nazionali di  fronte  a  tutti  gli  Stati  del  mondo.  Ma  quali  sono 
questi  diritti  intemazionali?  Eccoli: 

a)  Libertà  di  formazione  e  di  organizzazione  in  tutte  le  regioni 
del  mondo; 

b)  Libertà  nel  capo  della  Chiesa  di  comunicare  coi  fedeli  per 
mantenere  la  unità  del  dogma  e  della  credenza,  senza  ricorso  a 
mezzi  coercitivi; 

e)  Libertà  di  governo  nell'ambito  della  missione  ch'essa  Chiesa 
ha,  come  istituzione  di  ordine  spirituale. 

È  questo  il  campo  dell'autonomia  e  della  indipendenza  della 
Chiesa,  il  campo  della  sua  individualità  e  della  sua  personalità 
esistente  jure  suo.  Al  di  là  di  questo  campo  s'incontra  il  diritto 
dello  Stato,  s'incontrano  i  diritti  delle  altre  collettività. 

A  voler  ben  considerare  ogni  cosa,  tutto  si  assomma  nel  diritto 
di  libertà  di  coscienza,  diritto  intangibile  della  personalità  umana, 
che  prende  la  forma  di  diritto  collettivo  ogni  volta  che  i  fedeli 
aventi  la  stessa  credenza  e  sparsi  nelle  diverse  parti  del  mondo 
formino  una  associazione  religiosa  e  riconoscano  un  capo  e  alla 
sua  suprema  autorità  si  sottomettano. 


Lo  8UUo  e  la  Chiesa  53 

Per  non  recare  offesa  al  diritto  di  libertà  di  coscienza  -*  diritto, 
che  in  qneste  circostanze  diventa  un  diritto  coUettiyo  —  si  deve 
pur  ammettere  che  il  Capo  riconosciuto  da  qaesta  libera  associa- 
zione debba  avere  la  massima  libertà  nel  governarla,  entro  Tarn- 
bito  giuridicamente  determinato  dalla  natura  delia  istituzione  stessa, 
la  quale  costituisce  una  vera  comunità  spirituale. 

Per  determinare  poi  in  che  debba  consistere  tale  libertà  e  per 
stabilire  al  giusto  quale  sia  la  sfera  dell'autonomia  della  Chiesa, 
e  di  quella  dello  Stato,  conviene  studiare  con  grande  accuratezza 
la  natura  delle  due  istituzioni  e  dei  loro  rapporti. 

Secondo  il  mio  modo  di  vedere  i  rapporti  fra  lo  Stato  e  ia  Chiesa 
non  si  possono  intendere  giustamente  che  ammettendo  come  prin- 
cipio che  la  sovranità  che  appartiene  al  Capo  dello  Stato  differisca 
sostanzialmente  —  per  la  sua  natura,  per  il  suo  carattere,  pei  suoi 
poteri,  per  la  sua  finalità  —  dalla  sovranità  che  appartiene  al 
Capo  della  Chiesa. 

Il  giusto  principio  dell'equilibrio  fra  lo  Stato  e  la  Chiesa  ver- 
rebbe ad  essere  facilmente  fissato  quando  si  ammettesse  che  a  cia- 
scuno di  essi  si  appartiene  di  esercitare  i  suoi  diritti,  i  suoi  poteri 
e  le  sue  funzioni  nella  sua  propria  sfera  giuridica.  Ciò  vuol  dire 
che  i  loro  rapporti  devono  essere  stabiliti  sulla  base  della  separa- 
zione completa  dei  loro  poteri. 

Epperò  si  deve  ammettere  che  ogni  Chiesa,  per  quanto  riguarda 
la  sua  costituzione,  la  sua  organizzazione  e  il  suo  governo  spirituale, 
debb'essere  sottratta  alla  giurisdizione  di  qualsiasi  sovranità  terri- 
toriale e  che  nessuno  Stato  possa  porre  impacci  alla  libertà  della 
Chiesa  in  ciò  che  riguarda  la  sua  organizzazione  e  l'esercizio  di 

ogni  autorità  spirituale  rispetto  ai  fedeli. 
Il  Capo  della  Chiesa  avendo  il  diritto  di  provvedere  liberamente  a 

ciò  che  concerne  l'alta  amministrazione  della  comunione,  deve  ben 
avere  il  diritto  di  comunicare  con  tutto  il  clero  e  colle  persone  che 
esercitano  le  funzioni  spirituali;  di  convocare  i  concili  e  le  sinodi; 
di  esercitare  il  suo  potere  ecclesiastico  legislativo  nelle  forme  cano- 
niche, esclusa  però  qualsiasi  azione  coercitiva,  ed  escluso  qualsiasi 
appoggio  da  parte  dell'autorità  pubblica,  contro  le  persone  che  non 


54  Introduxdone  —  Capitolo  IL 

volessero  spontaneamente  accettare  le  prescrizioni  canoniche,  ma 
che  preferissero  abbandonare  la  loro  confessione  religiosa. 

Devesi  inoltre  riconoscere  che  le  persone  che,  prendendo  parte 
all'alta  amministrazione  della  Chiesa,  esercitano  le  funzioni  spiri- 
tuali nelle  congregazioni,  nelle  sinodi,  nei  concili,  non  possano 
essere  responsabili  verso  il  Capo  dello  Stato,  sempre  quando  ben 
inteso,  l'esercizio  delle  loro  funzioni  abbia  per  oggetto  il  regolamento 
e  lo  sviluppo  degli  interessi  spirituali  della  Chiesa. 

Qualsiasi  ingerenza  del  Governo  dello  Stato,  in  tutto  ciò  che  con- 
cerne gli  atti  dell'alta  amministrazione  della  Chiesa,  a  condizione 
però  che  tali  atti  sempre  si  contengano  nel  campo  degli  interessi 
spirituali,  dev'essere  considerata  come  illegale  e  contraria  ai  principi 
del  Diritto  internazionale. 

Ecco,  in  succinto,  quali  sono  i  diritti  che  alla  Chiesa  apparten- 
gono di  fronte  a  tutti  i  Governi  del  mondo  e  che  perciò  ho  chiamato 
diritti  internazionali  della  Chiesa. 

Ed  ora  vediamo  quali  sono  i  diritti  che  appartengono  allo  Stato, 
secondo  la  sua  natura,  come  istituzione  politica  di  fronte  alla  Chiesa. 

La  sovranità  di  ogni  Stato  ha  bene  il  diritto  di  tutelare  gl'inte- 
ressi  della  comunità  politica  e  di  assoggettare  alle  proprie  leggi  le 
persone  e  gli  atti  di  chiunque,  ogni  qualvolta  gli  interessi  sociali 
siano  in  causa. 

Spetta  quindi  ad  ogni  Sovrano  di  controllare  gli  atti  di  qualsiasi 
forma  di  associazione,  di  qualsiasi  forma  di  collettività,  opperò  di 
qualsiasi  Chiesa,  non  esclusa  la  Chiesa  cattolica  romana,  ogni  qual- 
volta tali  atti  escano  dal  campo  religioso  e  spirituale  e  rientrino 
nel  campo  del  Diritto  pubblico  interno. 

Da  ciò  risulta,  anzitutto,  che  la  Chiesa  cattolica  romana,  per 
quanto  sia  da  noi  considerata  come  una  istituzione  intemazionale, 
tuttavia  non  può  stabilire  le  sue  relazioni  diplomatiche  con  uno 
Stato  se  non  previo  consenso  da  parte  della  sovranità  dello  Stato 
stesso. 

In  ogni  caso  poi  essa  non  può  reclamare  la  capacità  di  acqui- 
stare beni  e  di  trasmetterli,  essendoché  appartenga  ognora  a  cia- 
scheduna sovranità  di  accordare  o  di  negare  la  personalità  giuridica 


Lo  Sudo  e  la  Chiesa  55 

a  qualsiasi  associazione  che  si  trori  nello  Stato,  e  cosi  dev'essere 
per  rispetto  alla  Chiesa.  Per  quello  poi  che  si  riferisce  agli  atti 
di  governo  non  si  può  contraddire  che  la  ingerenza  del  Sovrano 
dello  Stato  sia  sempre  legittima  ogni  qualvolta  il  Capo  della  Chiesa, 
facendo  del  suo  potere  spirituale  un  indebito  uso,  cerchi,  colla 
dottrina  da  lui  promulgata,  di  eccitare  o  spingere  i  credenti  a 
disconoscere  le  leggi  dello  Stato  o  a  compiere  atti  esterni  contrari 
ai  diritti  ed  agli  interessi  dello  Stato. 

Pur  ammettendo  che  si  debba  sempre  rispettare  la  inviolabilità 
del  Capo  della  Chiesa,  anche  quando  eserciti  indebitamente  il  suo 
potere  nelle  forme  canoniche,  si  deve  pur  riconoscere  il  diritto 
spettante  al  Sovrano  di  ogni  Stato  di  proteggere  gli  interessi  della 
comunità  politica  contro  qualsiasi  attentato  da  parte  del  potere 
ecclesiastico.  Il  Sovrano  quindi,  di  fronte  ad  Encicliche,  Bolle,  Atti 
in  materia  disciplinare,  che  fossero  in  opposizione  al  diritto  dello 
Stato,  potrebbe  proibire  che  venissero  pubblicamente  affisse,  e  che 
giungessero  a  conoscenza  dei  fedeli.  Potrà  inoltre  assoggettare  alle 
leggi  vigenti  ed  alle  sanzioni  della  legge  penale  le  persone  che, 
in  seguito  ad  eccitamenti  delle  autorità  ecclesiastiche  nell'esercizio 
delle  loro  funzioni,  abbiano  attentato  ai  diritti  delio  Stato.  Infine, 
potrà  impedire  che  la  dottrina  contraria  al  diritto  dello  Stato  sia 
promulgata  da  quelli  che  devono  obbedire  alle  autorità  ecclesiastiche 
superiori. 

Uhictiique  suum. 

Il  Sovrano  dello  Stato  non  può  entrare  nel  dominio  della  co> 
scienza,  ma  ben  ha  il  diritto  di  reprimere  qualsiasi  atto  esterno 
contrario  ai  diritti  ed  agli  interessi  dello  Stato  e  di  chiamare  gli 
autori  a  risponderne  a  termini  delle  leggi  vigenti,  anche  se  tali  atti 
siano  stati  da  essi  compiuti  in  virtù  dell'obbedienza  o  sotto  l'impulso 
del  sentimento  religioso. 

Epperò,  ogni  Chiesa  deve,  per  ciò  che  concerne  lo  sviluppo  estemo 
delle  sue  funzioni  ed  il  culto,  rimanere  sempre  soggetta  alle  leggi 
dello  Stato,  nel  quale  le  funzioni  esteriori  ed  il  culto  vengono  eser- 
citati, i  suoi  rapporti  venendo  naturalmente  a  cadere  nel  campo  del 
Diritto  pubblico  interno. 


56  IfUroduxtone  —  Oapttolo  li. 

Le  Stesse  funzioni  amministrative  connesse  al  governo  della  Chiesa 
devono  essere  soggette  al  Diritto  comune  vigente  nello  Stato  in  cui 
tali  funzioni  amministrative  vengano  esercitate,  ogni  qualvolta  tale 
esercizio  implichi  rapporti  che  rientrino  nel  campo  del  Diritto 
pubblico  territoriale  o  del  Diritto  privato. 

La  indipendenza  del  Governo  ecclesiastico  a  mo'  d'esempio  non 
verrebbe  certo  ad  esser  lesa  da  ciò  che  le  controversie  che  potessero 
sorgere  fra  l'amministrazione  e  i  privati  in  seguito  ad  atti  ammi- 
nistrativi venissero  deferite  alla  giurisdizione  ordinaria.  Supposto, 
ohe  il  Capo  di  una  Congregazione  pontificia  abbia  stipulato,  per 
i  bisogni  dell'Amministrazione,  un  contratto  e  che  da  questo  con- 
tratto sorgano  questioni  contenziose,  si  vorrà  per  avventura  disco- 
noscere la  competenza  dei  tribunali  ordinari  nel  risolvere  la  con- 
troversia 0  sostenere  che  ammettendo  tale  autorità  l'indipendenza 
del  governo  ecclesiastico  ne  verrebbe  ad  essere  lesa?  Secondo  il 
nostro  sistema,  no  certo. 

Insomma,  i  rapporti  fra  lo  Stato  e  la  Chiesa  debbono  poggiare 
sulla  base  della  libertà  e  della  indipendenza  reciproca.  Libera 
Chiesa  e  Libero  Stato,  sempre,  beninteso,  nel  senso  che  la 
libertà,  che  ciascuno  di  essi  può  reclamare,  consista  nella  libertà 
di  esercitare  i  etwi  poteri  e  di  sviluppare  la  sua  attività  nella 
sfera  del  proprio  diritto. 

A  ogni  Stato  conseguentemente  si  impone  il  dovere  di  abrogare 
tutte  le  leggi  restrittive  della  libertà  della  Chiesa  e  di  escludere  com- 
pletamente la  ingerenza  dell'autorità  politica  da  tutto  ciò  che  riguarda 
lo  esercizio  del  potere  spirituale  e  delle  funzioni  ecclesiastiche. 

A  ogni  Chiesa  e  al  Capo  della  Chiesa  cattolica  romana  si  impone 
il  dovere  di  rinunziare  a  qualsiasi  pretesa  di  sovranità  territoriale 
ed  a  qualsiasi  esercizio  dei  diritti  della  sovranità  politica. 

14u  Quanto  ho  finora  esposto  permette  di  comprendere  in  modo 
generale  l'insieme  del  sistema  che,  a  mio  avviso,  può  essere  il  più 
efficace  per  dare  alla  società  internazionale  la  sua  vera  organizza- 
zione politica.  Bisogna  proporsi  di  arrivare  alla  dichiarazione  e  alla 
rivendicazione  dei  diritti  di  tutti  quelli  che  fonno  parte  della  società 
intemazionale.  Bisogna  allargare  il  concetto  della  libertà  e  della 


Gaptwiià  di  eonoludere  i  trtUiati  57 

egoaglianza  col  considerare  Tana  e  l'altra  non  solo  come  diritti 
territoriali,  ma  come  diritti  internazionali. 

Tattavia,  por  accettando  la  concezione  della  libertà  intemazionale 
e  della  eguaglianza  giuridica  internazionale  in  favore  di  tutti  quelli 
che  della  società  internazionale  fanno  parte,  non  vuoisi  però  ammet- 
tere che  tutti  possano  reclamare  la  stessa  condizione  giuridica  e  la 
stessa  capacità  giuridica. 

La  eguaglianza  giuridica  intemazionale  vuol  dire  che  ognuno 
debba  essere  eguale  agli  altri  quanto  alla  capacità  giuridica  deter- 
minata  dalla  sua  condizione  giuridica  ed  al  godimento  ed  al  libero 
esercizio  dei  proprii  diritti. 

Così,  è  di  tutta  evidenza,  che  tutti  i  diritti  intemazionali  appar- 
tenenti allo  Stato  non  possano  essere  reclamati  dagli  individui,  dai 
popoli,  dalle  nazionalità,  dalle  Chiese  e  dalle  altre  collettività.  A 
ognuno  non  può  essere  attribuito  se  non  il  diritto  che  gli  appar- 
tiene secondo  la  sua  propria  condizione  giuridica. 

£  cosa  tanto  chiara  e  manifesta,  ad  esempio,  che  la  capacità  di 
conchiudere  trattati  non  possa  essere  attribuita  se  non  allo  Stato,  ciò 
per  altro  deriva  da  che  lo  Stato  sia  il  solo  che  possa  contrarre  una 
obbligazione  internazionale  ed  essere  il  soggetto  atto  a  stipulare 
un  trattato.  Né  l'uomo,  nò  la  nazione,  né  il  popolo  (prima  che 
esso  sia  costituito  a  Stato),  nò  le  Chiese,  nò  le  altre  associazioni 
possono  conchiudere  un  trattato  o  contrarre  una  vera  obbligazione 
intemazionale. 

L'obbligazione  intemazionale,  a  differenza  dall'obbligazione  che 
può  esistere  fira  privati  in  materia  civile  o  commerciale,  ò,  per  la 
sua  natura  e  per  la  sua  materia,  una  obbligazione  di  Diritto  pub- 
blico e  di  Diritto  politico.  Un  trattato  sia  che  abbia  per  oggetto 
l'obbligazione  di  dare,  di  fare  o  di  non  fare  una  cosa,  o  che  abbia 
per  oggetto  di  regolare  o  limitare  l'esercizio  dei  rispettivi  diritti  o 
di  far  cessare  o  modificare  obbligazioni  anteriori  non  può  essere 
stipulato  fuorché  dallo  Stato,  essendoché  l'obbligazione  intemazio- 
nale non  possa  essere  assunta  fuorché  dallo  Stato.  Questa  ha  infatti 
sempre  la  caratteristica  di  obbligazione  o  di  natura  patrimoniale 
e  affettante  realmente  la  vita  economica  e  gli  interessi  finanziari 


58  Introduxione  —  Capitolo  II. 

di  tutta  la  comunità,  o  di  natura  politica  affettante  la  vita  e  la 
personalità  dello  Stato.  A  tutta  evidenza  quindi  solo  Io  Stato  può 
stipulare  un  trattato,  essendochò  Tobblìgazione  contratta  mediante 
trattato  sia  una  obbligazione  di  Diritto  pubblico  e  di  Diritto  poli- 
tico, e  rappresenti  sempre  un'obbligazione  della  comunità  politica 
uti  universitas. 

Per  me  è  chiaro  che  la  capacità  per  contrarre  una  obbligazione 
di  tal  natura  non  possa  essere  attribuita  che  allo  Stato  che  è  un 
istituzione  politica  e  pubblica.  La  mia  teoria  quindi  non  con- 
traddice punto  all'aforisma  dei  pubblicisti,  secondo  cui,  solo  lo 
Stato  può  essere  considerato  come  soggetto  capace  di  assumere 
una  obbligazione  internazionale  di  fronte  ad  altri  Stati  e  di  sot- 
toscrivere un  trattato  ;  aforisma,  dal  quale  essi  hanno  dedotto  che 
solo  lo  Stato  debba  essere  considerato  come  soggetto  di  Diritto 
internazionale.  Siccome  tutti  devono  trovarsi  d'accordo  nel  ricono- 
scere che  la  capacità  di  ciascheduno  dipenda  dalla  sua  condizione 
giuridica,  così  deve  riuscire  facile  comprendere  che  coirammettere 
che  nella  società  internazionale  si  trovino  più  individualità  e  più. 
collettività,  e  che  tutte  debbano  essore  reputate  soggette  di  Diritto 
internazionale,  non  si  vien  punto  ad  ammettere  che  tutte  abbiano 
la  stessa  condizione  giuridica  e  la  medesima  capacità. 

Nemmeno  il  Capo  della  Chiesa  romana  ha  la  capacità  di  conclu- 
dere trattati.  Tale  capacità  deve  essergli  negata  per  la  semplice 
ragione  che  la  Chiesa  non  è  una  istituzione  politica,  bensì  una 
istituzione  d'ordine  religioso;  per  lo  che  non  le  può  competere 
la  capacità  di  assumere  una  obbligazione  di  natura  politica.  Nessuno 
può  impedire  al  Capo  della  Chiesa  di  conchiudere  coi  Sovrani  dei 
vari  Stati  le  convenzioni  intese  a  regolare  d'accordo  lo  esercizio 
dei  loro  poteri  per  ciò  che  concerne  certe  materie  di  interesse  comune. 
Ma  queste  convenzioni,  che  diconsi  e  Concordati  »  siccome  si  rife- 
riscono sempre  a  materie  d'interesse  pubblico  intemo,  così  come  tali 
cadono  nel  dominio  del  Diritto  pubblico  di  ogni  Stato  e  non  in 
quello  del  Diritto  internazionale. 

Tutto  quello  che  siamo  andati  dicendo  può  servire  per  indicare 
a  larghi  tratti  la  via  che  bisogna  seguire  per  arrivare  a  dare  alla 


Gapcteiià  di  eoneludere  i  trattati  59 

società  internazionale  la  propria  organizzazione  giurìdica.  Il  cammino 
per  arrivare  alla  meta  sarà  lungo  e  non  si  potrà  venirne  a  capo 
che  in  un  avvenire  più  o  meno  lontano.  Sarà  questa  opera  del 
tempo  e  della  civiltà;  sarà  il  risultato  finale  della  evoluzione  che 
deve  compiersi  mediante  il  concorso  delle  forze  intellettuali  di 
tutti  i  paesi  inciviliti. 

Bisogna  mettersi  bene  in  mente  che  per  arrivare  a  determinare 
i  principi  dell'equilibrio  ed  a  regolare  lo  esercizio  dei  diritti  e  della 
libertà  nello  Stato  moderno  fu  mestieri  correggere  molte  opinioni 
erronee,  distruggere  molti  pregiudizi,  percorrere  diverai  cicli.  Prepon- 
deranza della  casta  sacerdotale;  privilegi  di  classe;  autocrazia  dei 
monarchi;  preminenza  della  politica  dinastica;  sovranità  del  popolo, 
sovranità  parlamentare. 

E  lo  stesso  sarà  per  raggiungere  l'arduo,  complesso,  e  difficile 
termine  della  organizzazione  giuridica  della  società  internazionale. 
Non  vi  si  potrà  arrivare  che  percorrendo  diversi  cicli.  Sarà  questo 
il  compito  della  scienza  e  l'opera  del  tempo  e  della  civiltà. 

I  sapienti  dei  secoli  passati  hanno  camminato  senza  indugio  ed 
hanno  combattuto  con  perseveranza  uniti  sotto  il  segnacolo  :  Egua- 
glianza e  Libertà.  I  loro  sforzi  ci  hanno  procurato  il  grande  bene- 
fizio della  organizzazione  della  comunità  politica.  A  noi  incombe 
di  prendere  il  buon  cammino  e  di  combattere  uniti  sotto  il  segnacolo  : 
Umanità,  Fraternità,  Cosmopolitismo,  allo  scopo  di  dare  ai  nostri 
successori  la  organizzazione  razionale  della  società  intemazionale. 


60  Introduxdane  —  Gapùolo  III, 


CAPITOLO  HI. 

Della  proolaxnasdone  del  Diritto  internazionale 
e  della  sua  tutela  giuridioa. 

15.  Modo  in  cui  1a  logge  comnae  dev'ossero  promulgata.  —  16.  U  Congresso: 
sua  autorità.  —  17.  Modo  di  sua  costituzione.  —  18.  La  Confoderasione  degli 
Stati  come  mezzo  per  mantenere  T ordine  nella  società  intemazionale.  — 
19.  La  codificazione  del  diritto  internazionale.  —  20.  Modo  di  dai-e  piena  effi- 
cacia alla  giurìsdizione  intemazionale.  —  21.  La  Conferenza.  —  22.  La  giu- 
risdizione arbitrale.  —  23.  Modo  di  dare  ad  essa  piena  efficacia.  —  24.  L'azione 
diplomatica,  i  buoni  uffici,  la  mediazione.  —  25.  Efficacia  della  discussione 
pubblica.  —  26.  Mezzi  coercitivi  ali*  infuori  della  guerra.  —  27.  Conclusione. 

16.  Una  delie  grandi  difficoltà  che  si  devono  superare  per  venir  a 
capo  del  notevole  progresso,  di  cui  la  scienza  deve  proporsi  la  realiz- 
zazione, sta  nel  trovare  un  modo  di  proclamare  le  regole  che  devono 
costituire  il  Diritto  comune,  di  dar  loro  la  forma  di  legge  obbliga- 
toria e  di  assicurarne  inoltre  il  rispetto  da  parte  di  tutti. 

E  questa  difficoltà  è  tanto  più  grave  e  complessa  in  quanto  non 
si  può  ammettere  che  vi  sia  uno  Stato  il  quale  abbia,  di  fronte 
agli  altri  Stati,  un'  autorità  superiore,  la  quale  gli  permetta  di  det- 
tare la  legge  a  tutti.  D'altra  parte,  un'autorità  di  tal  fatta  non  può 
essere  conferita  alle  grandi  Potenze  di  fronte  agli  Stati  secondari. 

A  partire  dal  Congresso  di  Aquisgrana  del  1818  le  cinque  grandi 
Potenze  d'Europa  si  immaginarono  di  avere  il  diritto  di  costituirsi 
come  un  Consiglio  permanente  per  regolare  d'accordo  gli  affari 
europei  ed  esercitare  una  vera  preponderanza  riguardo  agli  Stati 
di  importanza  minore.  Solo  lo  sviluppo  di  idee  giuridiche  più  esatte 
ed  il  progresso  della  civiltà  tolsero  ogni  forza  al  Consiglio  che  esse 
avevano  formato  sotto  il  nome  di  Pentarchia.  Il  principio  della 
eguaglianza  giuridica  degli  Stati  toglie  che  si  possa  attribuire  agli 
uni  il  diritto  di  dettar  la  legge  agli  altri. 

Importa  non  dimenticare  che  la  legge  comune  della  società  inter- 
nazionale deve  proporsi  di  dichiarare  e  garantire  i  diritti  di  tutti, 


Proclamaxione  del  Diritto  intemaxi&nale  61 

6  di  re^ere  tatti  i  rapporti,  tatti  gli  interessi  di  qaelii  che  di 
tale  società  fanno  parte.  Questa  legge  non  deve  essere  proclamata 
unicamente  nell'  interesse  djagli  Stati  e  dei  Governi  ;  essa  dev'essere 
proclamata  anche  per  salvaguardare  i  diritti  dei  popoli,  i  diritti 
delle  nazionalità,  i  diritti  delle  collettività,  che  devono  anch'esse, 
nei  loro  rapporti  fra  loro  e  collo  Stato,  essere  rette  dalla  legge 
comune,  allo  scopo  di  mantenere  la  regola  dell'equilibrio  di  tutte 
le  attività  e  di  fissare  la  regola  di  proporzione  fra  ciò  che  ciascuno 
può  fare  e  ciò  che  ciascuno  non  ha  il  diritto  di  fare. 

Posto  ora  che  la  legge  della  società  internazionale  debba  essere 
proclamata  nell'interesse  di  tutti  quelli  che  ne  fanno  parte,  deve 
riuscire  chiaro  che  il  diritto  di  fissare  cotesta  legge  comune  non 
possa  costituire  il  privilegio  di  questo  o  di  quello.  Conviene  inoltre 
avvertire  che  siccome  tutte  le  umane  cose  sono  soggette  alla  legge 
della  evoluzione,  così  dev'esservi  soggetta  la  legge  dei  rapporti 
intemazionali  nelle  varie  epoche.  Bisogna  quindi  che  le  leggi  che 
devono  reggere  nel  presente  le  relazioni  giuridiche  nella  società 
intemazionale  non  ritardino  i  progressi  futuri,  e  che  si  tenga  debito 
conto  dell'evoluzione  che  esse  devono  subire.  Tali  leggi  non  possono 
essere  qualcosa  di  immutabile  e  di  permanente.  Bisognerà  invece 
determinare  le  leggi  meglio  adatte  a  reggere  in  ogni  epoca  la  società 
internazionale,  e  con  tale  intendimento  occorrerà  tener  conto  delle 
condizioni  storiche,  che  sono  il  risultato  dell'attività  intellettuale, 
della  cultura  e  del  progresso  della  civiltà. 

Questa  ò,  del  resto,  la  regola  generale  di  ogni  ramo  dell'umano 
Biritto.  L'uomo  non  può  trovare  né  dettare  regole  assolute,  immu- 
tabili e  permanenti.  Egli  non  deve  certo  dimenticare  che  le  leggi 
che  devono  governare  ogni  forma  di  rapporti  devono  essere  basate 
sui  prìncipi  della  giustizia  naturale,  però,  siccome  deve  sempre 
tener  conto  delle  esigenze  storiche,  così  deve  ognora  proporsi  di 
trovare  le  regole  giuridiche  che,  fatta  ragiono  delle  circostanze  del 
momento,  meglio  convengano. 

Ba  tutto  ciò  ne  risulta  che  la  legge  comune  della  società  inter- 
nazionale deve  essere  formulata  e  dichiarata  obbligatoria  da  qaelli 
che  si  trovano  associati  di  fatto,  e  che  sono  interessati  a  darsi  uq^ 


62  Introduxione  —  Capitolo  III. 

legge  allo  scopo  di  stabilire  l'ordine  della  loro  coesistenza.  Ed 
anche  ne  risalta  che,  di^fioichè  tale  legge  deve  seguire  la  eroln- 
amme,  non  sarebbe  punto  utile  costituire  un  potere  legislativo 
permanente. 

16.  Così  stando  le  cose,  il  miglior  partito,  a  mio  avviso,  sarebbe 
quello  di  formare  un'Assemblea  legislativa  mediante  rappresentanti 
di  tutti  quelli  che  nella  società  internazionale  si  trovano  di  fatto 
in  rapporti  fra  loro,  e  che  si  propongono  di  organizzarsi  in  unione 
giurìdica  e  di  darsi  una  legge  comune.  L'Assemblea  così  costituita 
sarebbe  il  Congresso.  Esso  dovrebbe  essere  composto  dei  rappre- 
sentanti di  tutti  gli  Stati  che  si  propongono  di  costituirsi  in  unione 
e  di  membri  eletti  direttamente  dalle  popolazioni  di  tali  Stati. 

Il  Congresso,  a  mio  modo  di  vedere,  non  dovrebbe  essere  una 
istituzione  permanente.  Esso  dovrebbe  essere  convocato  e  costituito 
ogni  volta  che  lo  sviluppo  delle  esigenze  storiche  nella  società 
intemazionale  reclamasse  la  dichiarazione  di  regole  nuove  o  la 
modificazione  delle  regole  esistenti.  Esso  dovrebbe  quindi  durare 
fino  al  compimento  dei  lavori  che  avessero  motivato  la  sua  riunione 
e,  compiuti  tali  lavori,  sciogliersi.  Esso  non  dovrebbe  esercitare 
di  nuovo  le  sue  funzioni  se  non  in  seguito  a  una  nuova  riunione 
e  ad  una  nuova  costituzione  di  esso  motivata  da  esigenze  nuove. 

Spiego  la  mia  idea. 

Reputo  indispensabile  che  l'Assemblea  comprenda  non  solo  i 
rappresentanti  degli  Stati,  ma  anche  i  rappresentanti  del  popolo. 
Come  ho  dimostrato,  il  popolo  ha  i  suoi  diritti  internazionali  che 
possono  essere  diversi  dai  diritti  internazionali  spettanti  allo  Stato. 

Ho  detto  come  mi  sombri  indispensabile  non  ammettere  la  per- 
manenza dei  poteri  dell'Assemblea  incaricata  di  proclamare  le  leggi 
della  società  internazionale.  Ogni  specie  di  legge  umana  deve  seguire 
il  movimento  progressivo  della  evoluzione,  opperò,  vi  ha  incompa- 
tibilità fra  questa  esigenza  e  qualsiasi  forma  di  autorità  permanente. 

IT.  Come  dev'essere  costituito  il  Congresso? 

Per  ciò  che  concerne  i  rappresentanti  degli  Stati,  ammetto  che 
essi  siano  designati  dal  Sovrano  di  ogni  Stato,  in  numero  di  due, 
ad  esempio,  senza  fare  differenza  alcuna  fra  ì  grandi  Stati  e  gli 


ProeianuMiome  del  Diritto  intemaxionale  63 

Stati  piccoli.  Ciò  pare  a  me  indispensabile  per  dare  all'Assemblea 
il  sao  vero  carattere.  Se  le  grandi  Potenze  fossero  autorizzate  ad 
avere  an  numero  di  rappresentanti  maggiore,  o  se  i  loro  rappresen- 
tanti disponessero  di  un  maggior  numero  di  voti,  si  verrebbe  a 
costituire  così  la  egemonia  delle  grandi  Potenze,  e  ad  ammettere 
indirettamente  che  una  superiorità  di  forza  possa  essere  il  fonda- 
mento di  una  pretesa  superiorità  giuridica. 

La  vera  organizzazione  giuridica  della  società  intemazionale  non 
potrà  effettuarsi  se  non  alla  condizione  che  tutti  gli  Stati,  quando 
si  tratti  di  elaborare  la  legge  comune,  siano  in  condizioni  di 
eguaglianza  giuridica.  La  legge  comune  non  riguarda  né  l'interesse 
dell'uno  né  l'interesse  dell'altro;  essa  riguarda  gli  interessi  gene- 
rali di  tutta  la  società.  Epperò,  si  deve  ammettere  che  tutti  gli 
Stati,  che  vogliono  organizzare  la  loro  unione,  siano  egualmente 
interessati,  in  quanto  Stati,  a  formolare  la  legge  comune  dei  loro 
rapporti. 

I  rappresentanti  del  popolo  al  Congresso  dovrebbero  essere  eletti 
dal  popolo  stesso  mediante  un  sistema  di  elezione  speciale  fissato 
dalla  legge  di  ciascun  paese  e  diverso  da  quello  che  fosse  stabilito 
per  la  elezione  politica.  Pare  a  me  che  la  legge  elettorale  per  la 
scelta  dei  rappresentanti  del  popolo  al  Congresso  debba  poggiare 
sul  voto  ristretto  e  limitato.  Trattasi,  infatti,  di  riuscire  ad  una 
scelta  illuminata,  per  lo  che  mi  sembra  conveniente,  che  l'eletto- 
rato venga  limitato  alle  classi  istrutte. 

Mi  pare  superfluo  d'entrare  ora  in  particolari;  ciò  che  voglio 
mettere  in  rilievo  è  che  a  me  pare  necessario  di  regolare  con  una 
legge  speciale  l'elettorato  per  la  rappresentanza  popolare  al  Con- 
gresso. Non  posso  ammettere  che  i  rappresentanti  siano  designati 
dal  Parlamento,  essendoché  nei  governi  parlamentari  la  maggio- 
ranza rappresenti  la  politica  attuale  del  governo,  e  quindi  i  membri 
del  Congresso  eletti  dalla  maggioranza  non  servirebbero  che  a  raf- 
forzare la  politica  dominante. 

L'Assemblea  o  Congrosso,  così  com'io  l'intendo,  non  dovrebbe 
essere  costituita  come  un'Assemblea  permanente.  Essa  non  dovrebbe 
diventare  una  istituzione  immobilizzata  dalla  forza  della  tradizione. 


64  Introduxùme  —  Capitolo  III, 

Essa  dovi'ebbe  bensì  essere  l'Assemblea  costituita  a  quella  tal  epoca 
per  regolare  quei  tali  interessi  intemazionali.  Sono  convinto  che 
l'ordine  di  cose  che  patrocino  non  potrà  realizzarsi  nò  oggi  né  in 
un'avvenire  prossimo.  Dirò  solo  che  se  propongo  tale  sistema  ciò 
è,  perchè  considero  come  insufficienti  gli  altri  sistemi  proposti. 
Invero,  questi  sistemi  o  implicano  la  necessità  irrecusabile  di  tra- 
sformare da  cima  a  fondo  la  organizzazione  della  società  intema- 
zionale, diventando  così  irrealizzabili,  o  mettono  capo  alla  organiz- 
zazione della  superiorità  delle  grandi  Potenze  di  fronte  ai  piccoli 
Stati  e  possono  condurre  ad  effettuare  la  preponderanza  della  poli- 
tica sul  Diritto,  diventando  così  pericolosi. 

18.  Nel  volume  da  me  pubblicato  nel  1865  avevo  discusso  la 
proposta  della  Confederazione  degli  Stati  come  mezzo  per  mantenere 
l'ordine  nella  società  internazionale  e  sopprimere  la  guerra.  Pa- 
recchi giuristi,  riconoscendo  la  necessità  di  stabilire  un  potere 
supremo  per  far  scomparire  dalla  società  internazionale  questo 
stato  di  agitazione  permanente  e  costituire  una  autorità,  la  quale 
non  ledesse  la  indipendenza  degli  Stati,  pensarono  alla  Confede- 
razione. Questa  Confederazione  dovrebbe  essere  organizzata  come 
una  vera  associazione  fra  eguali,  e  tutti  i  membri  posti  in  uno 
stato  tale  di  dipendenza,  che  ogni  atto  arbitrario  da  parte  dell'uno 
0  dell'altro  potesse  essere  interdetto. 

E  il  progetto  ideato  da  Rousseau  nel  suo  sommario  di  Progetto 
della  pace  perpetua.  Tutte  le  Potenze  europee  si  unirebbero  in  una 
confederazione;  un  potere  legislativo  rappresenterebbe  il  potere 
centrale  ed  avrebbe  la  facoltà  di  dettar  leggi  e  fare  regolamenti 
generali  per  il  governo  della  Confederazione;  un  potere  giudiziario 
sarebbe  incaricato  dell'applicazione  dei  regolamenti  per  dirimere 
ogni  specie  di  controversia;  un'autorità  centrale  avrebbe  il  potere 
coercitivo  per  costringere  gli  Stati  confederati  a  rispettare  la  legge 
comune  e  richiamarli  all'osservanza  dei  loro  doveri. 

Questo  progetto  trovò  parecchi  partigiani. 

Il  suo  difetto  principale  sta  nell'aver  voluto  proporsi  di  formare 
una  confederazione  di  soli  Sovrani,  prendendo  per  modello  la  Con- 
federazione germanica,  e  di  aver  immaginato  di  creare  un  potere 


Proclamaxiane  del  Diritto  intemascianale  65 

centrale  armato  nello  scopo  di  eliminare  la  preponderanza  militare. 
Noi  lo  domandiamo  ai  partigiani  di  questa  forma  di  organizzazione 
giuridica:  come  si  potrà  in  tal  modo  riuscire  ad  assicurare  il  trionfo 
della  giustizia?  Questa  non  si  trova  sempre  là  dove  dominano  gli 
interessi  politici ,  bensì  essa  è ,  nella  sua  forma  più  pura ,  nella 
coscienza  del  popolo  e  nel  dominio  impersonale  della  pubblica 
opinione.  £  come  si  potrà  stabilire  inoltre  in  modo  duraturo 
r  equilibrio  giuridico  fra  l'interesse  delle  grandi  Potenze  e  quello 
delle  collettività  e  delle  nazionalità?  (1). 

É  un  fatto  che  la  società  internazionale  si  trova  formata  dagli 
Stati,  dagli  uomini  e  dalle  collettività  e  che  a  ciascuno  di  questi 
membri  appartengono  dirìtti  intemazionali  di  fronte  agli  altri.  Ora 
mi  sembra  che  secondo  il  naturai  corso  delle  cose  l'associazione 
stessa,  così  come  essa  trovasi  formata,  dovrebbe  concorrere  ad 
elaborare  la  legge  della  sua  organizzazione. 

Queste  due  considerazioni  mi  hanno  addirittura  persuaso  che  il 
concorso  di  tutti  gli  interessati  debba  reputarsi  indispensabile.  Non 
potrei  ammettere  la  superiorità  delle  grandi  Potenze  di  fronte  ai 
piccoli  Stati.  Non  potrei  ammettere  l'autorità  esclusiva  dei  Governi. 
Non  potrei  ammettere  privilegi.  La  cosa  migliore  ò  che  tutti  i 
cointeressati  contribuiscano  ad  elaborare  la  loro  legge  comune. 

Per  mandare  ad  effetto  ciò  che  propongo  non  è  punto  necessario 
cambiare  da  cima  a  fondo  l'organizzazione  attuale   della  società 


(1)  Avevo  combattuto  l'idea  della  Confederazione  con  un  potere  centralo  per- 
manente anche  nel  volume  pubblicato  nel  1865,  ed  ecco  quello  che  allora  scrissi  : 

«  Noi  domandiamo  ai  fautori  del  Congresso  permanente  e  del  Tribunale 
«  internazionale:  chi  ci  assicura  che  in  questo  Congresso  di  principi  regnerà 
«  veramente  la  giustizia?  Per  sperarlo  bisognerebbe  prima  convertire  i  Sovrani, 
«  i  quali  sono  i  più  ostinati  peccatori  che  siano  mai  vissuti  su  questa  tena. 
«  E  se  nel  Congresso  permanente  l'interesse  delle  grandi  Potenze  prendesse  il 

<  posto  del  giusto,  si  arriverebbe  a  legittimare  la  loro  onnipotenza,   mettendo 

<  a  loro  disposizione  tutta  la  forza  armata^  paralizzando  gli  altri  Stati  e  condan- 
«  nandoli  all'inazione...  Se  nella  Confederazione  germanica,  che  è  st«'ito  il  preco- 
«  dente,  da  cui  hanno  attinto  il  progetto  della  Confederazione  europea,  l'interesso 
«  degli  Stati  minori  è  sacrificato  a  quello  delle  due  grandi  Potenze  che  vi  entrano, 
«  perchè  non  supporre  che  succeda  lo  stosso  nella  Confederazione  europea?  » 
(Opera  citata,  capo  VI,  Della  Confederazione  degli  Stati  come  mexxo  per 
prevenire  la  guerra^  pag.  350,  edizione  francese,  tomo  II,  pag.  190-191j. 

5  —  FiORK,  Dir.  intern,  codif. 


66  Introduxdone  —  Capitolo  III. 

intemazionale  ;  basta  perfezionarla.  Del  resto,  noi  siamo  già  sulla 
buona  via.  All'Aja,  tutti  gli  Stati,  grandi  e  piccoli,  furono  invitati. 
Il  precedente  è  importante.  Fu  così  infatti  riconosciuto  che  la  società 
intemazionale  degli  Stati  deve  rappresentare  una  vera  associazione 
fra  eguali,  e  che  una  Assemblea  riunita  per  fare  regolamenti  ge- 
nerali non  possa  essere  costituita  unicamente  dalle  grandi  Potenze. 

Che  cosa  manca  ancora  perchè  una  tale  Assemblea  rivesta  in 
modo  completo  la  forma  che  io  propongo  ?  La  rappresentanza 
popolare.  E  questa,  è  dato  sperarlo,  non  mancherà  nell'avvenire. 
Forse  l'associazione  interparlamentare,  già  formata,  potrebbe  intanto 
reclamare  ed  ottenere  una  rappresentanza  parlamentare. 

19.  Quale  dovrebb'essere  lo  scopo  dell'Assemblea  organizzata 
nel  modo  ora  indicato?  Potrà  essa  proporsi  di  redigere  un  codice 
intemazionale  colla  nobile  intenzione  di  dare  alla  società  intema- 
zionale un  vero  digesto  di  leggi? 

L'idea  di  codificare  il  Diritto  internazionale  fu  sostenuta  come 
uno  dei  mezzi  con  cui  provvedere  alla  organizzazione  giuridica 
della  società  intemazionale. 

Osservo,  anzitutto,  che  la  codificazione  di  una  parte  del  Diritto, 
quale  questa  si  sia,  non  può  essere  che  il  risultato  definitivo  di 
un  lungo  lavoro  di  preparazione  e  di  elaborazione  scientifica.  La 
codificazione  del  Diritto  internazionale,  anche  a  volerla  limitata  ai 
soli  Stati  inciviliti,  sarebbe  certo  una  intrapresa  intempestiva;  sa- 
rebbe cosa  imprudente  ed  inopportuna  se  l'Assemblea  si  proponesse 
un  compito  di  tal  fatta.  Secondo  me,  la  missione  dell'Assemblea 
dev'essere  di  fissare  d'  accordo  le  regole  del  Diritto  comune,  che 
possono  dare  una  base  nuova  di  organizzazione  alla  società  inter- 
nazionale, e  por  fine  alla  situazione  attuale  nella  quale  «la  forza 
prevale  sul  diritto  ».  Se  si  vuole  esser  pratici,  bisogna  pure  non 
esagerar  nulla  e  procedere  passo  passo. 

Si  dovrebbe  proseguire  l'opera  iniziata  al  Congresso  di  Parigi 
del  1856  e  limitarsi  a  fissare  le  regole  del  modus  viveiidi  più  urgenti 
e  pili  generalmente  proclamate  in  ogni  epoca.  Il  Congrosso  di 
Parigi  fissò  le  regole  del  Diritto  comune  riguardo  alle  obbligazioni 
derivanti  dalla  neutralità,  all'abolizione  della  corsa  e  ai  diritti  dei 


TtUeta  giuridica  del  Diritto  intemaxionaU  67 

belligeranti  durante  la  gaerra  marittima.  Le  regole  proclamate 
non  erano  altro  che  la  espressione  e  la  dichiarazione  dei  principi 
giuridici,  che  un  lungo  lavoro  scientifico  avoya  elaborati,  e  che 
erano  reclamati  dalla  opinione  pubblica  dei  paesi  inciviliti.  Il  par- 
tito più  saggio  è  quello  di  proseguire  l'opera  già  iniziata  fissando 
le  regole  che,  per  essere  reclamate  dalla  coscienza  pubblica,  pre- 
sentano maggior  probabilità  di  accordo,  e  di  provvedere  a  che  le 
regole  stabilite  rimangano  sotto  la  garanzia  collettiva  degli  Stati 
da  cui  saranno  state  fissate.  Converrà  poi  aspettare  che  l'accordo 
sui  punti  più  controversi  sia  facilitato  dalla  scienza  e  dalla  civiltà, 
e  che  intomo  a  certi  punti  di  interesse  comune  siasi  formata  una 
opinione  comune  circa  la  necessità  di  una  codificazione  parziale  (1). 


(1)  Ciò  che  noi  abbiamo  avuto  l'onore  di  dire  nelle  Conferenze  fatte  a  Bruxelles 
e  che  riproduciamo  in  queste  pagine  avea  formato  il  nostro  fermo  convinci- 
mento fin  da  quando  avevamo  volto  il  nostro  pensiero  a  codesta  materia  tanto 
complicata  deirordinamento  giuridico  della  società  internazionale,  e  ci  sia  con- 
sentito di  riportare  quello  che  ne  avevamo  scritto  alla  pagina  277  del  volume 
da  noi  pubblicato  nel  1865  {Nuovo  Diritto  intern.  pubb.  secondo  i  bisogni  della 
civiltà  moderna^  Milano  1865)  : 

«  I  Congressi,  secondo  noi,  non  devono  proporsi  di  porre  termine  alle  guerre 
«  e  alle  contese,  ma  devono  studiare  il  modo  come  prevenirle  ed  allontanarle, 
«  e  dopo  il  Congrosso  di  Parigi,  che  ha  iniziato  un'era  nuova  nella  storia  della 
«  diplomazia,  noi  speriamo  che  lo  adunanze  dei  principi  saranno  por  riuscire  assai 

<  utili  e  profittevoli  per  quanto  finora  siano  state  nocive  e  dannose.  Il  Congi'esso 

<  di  Vienna,  secondo   noi,  è  l'ultima  formula  di  quello  che  i  Congi*essi  sono 
«  stati  pel  passato;  il  Congrosso  di  Parigi  è  l'inizio  di  quello  che  saranno  i 

<  Congressi  per  l'avvenire,  in  modo  che  il  primo  chiude  la  storia  antica  della 
«  diplomazìa,  il  secondo  ne  comincia  la  storia  moderna. 

«  Noi  sappiamo  che  le  riforme  non  si  compiono  in  breve  tempo.  A  rad- 
«  drizzare  e  sedare  le  intrinseche  perturbazioni  del  diritto  non  si  arriverà  che 
«  a  grado  a  grado  con  riformo  successivo  e  con  transazioni  continue-,  ma  noi 
«  siamo  certi  che  l'opinione  pubblica,  quest'egida  onnipossente  del  diritto 
«  pubblico  dell'avvenire,  colle  sue  cento  voci,  come  Argo  co'  suoi  cento  occhi, 

<  richiamerà  i  Congressi  nella  loro  vera  via  ». 
Ed  alla  pagina  293  così  si  legge: 

«  Noi  speriamo  che  il  programma  iniziato  dal  Congresso  di  Parigi  sarà  svolto 
«  pili  compiutamente  in  un  altro  generale  Congresso  europeo,  e  desideriamo 
«  che  questo  Congresso  importante  non  si  riunisca  dopo  una  sanguinosa  guerra, 
«  ma  durante  la  paco,  per  stabilire  i  principii  del  nuovo  Diritto,  che  devono 

<  essere  il  fondamento  dell'odierno  ordinamento  sociale. 

«  Lo  Potenze  europee  non  vollero  accettare  l'invito  della  Francia  di  riunirsi 
«  in  Congresso  per  risolvere  tante  questioni,  che  obbligano  TEuropa  ad  essere 
«  armata  in  tempo  di  pace,  minacciando  la  libertà  dei  popoli  e  danneggiando 


68  Introduxione  —  Capitolo  III, 

Non  posso  meglio  esprimere  la  giusta  missione  dei  futuri  Con- 
gressi per  ciò  che  attiene  alia  codificazione  del  diritto  internazio- 
nale che  riferendomi  a  ciò  che  scrisse  il  signor  Rolin-Jaequemjns: 
e  I  progressi  della  scienza  e  del  diritto  in  questa  materia  della 
codificazione  debbono  somigliare  un  poco  a  ciò  che  sono,  presso  la 
foce  delPEscaut,  le  terre  coltivate  sullo  spazio  coperto  un  giorno 
dai  flutti.  Il  ririerasco  paziente  ed  esperto  non  si  aflEretta  punto 
ad  arginare  Io  spazio  abbandonato  dalle  acque,  per  tema  che  un 
ritorno  impetuoso  della  marea  non  gli  rapisca  più  di  quanto  esso 
si  è  affrettato  a  far  suo.  Egli  aspetta  che,  com'egli  si  esprime, 
l'ali uTione  sia  matura.  Similmente,  la  codificazione  del  diritto  in- 
ternazionale dev'essere  come  un  arginamento  graduale  delle  parti 
mature  del  diritto  contro  i  flutti  dell'arbitrio  »  (1). 

SO.  Col  discorso  fatto  finora  ho  cercato  di  indicare  un  sistema 
per  arrivare  a  dare  alla  società  internazionale  la  legge  che  deve 
reggerla.  Ma  ciò  non  basta.  Bisogna  trovar  anche  il  modo  di  assicu- 
rare il  rispetto  delle  regole  stabilite  por  appianare  le  controversie. 
Bisogna  inoltre  trovare,  come  modo  di  coercizione,  un  sistema  più 
razionale  che  non  sia  il  ricorso  alle  armi. 

Metto  da  parte  la  costituzione  di  un  tribunale  internazionale  per- 
manente; e  per  ora  ripeto  che  reputo  insuf&ciente,  l'arbitrato. 


*  la  ricchezza  pubblica.  Ma  fu  solo  Tinteresse  e  l'amore  della  falsa  politica 
«  tradizionale  che  consigliò  alcune  dello  gì*andi  Potenze  a  rifiutare  l'invito, 
€  perchè  esse  ben  compresero  la  necessità  di  adottare  nuovi  principi  contrari  alla 
«  politica  che  fino  allora  avevano  seguita  e  che  ancora  si  propongono  sostenere. 
«  Ma  la  necessità  di  un  generale  Congresso  è  sentita  anche  dalle  Potenze  restìe, 
«  e  quello  che  le  chiamerà  a  discutere  sulle  questioni  che  hanno  rimescolato 
«  e  che  agitano  tuttavia  l'Europa  sarà  la  forza  degli  avvenimenti  e  la  potenza 
«  indistruttibile  deiropinione  pubblica. 

<  L'egida  più  potente  del  diritto  dei  popoli  e  la  forza  più  energica  por  porre 
«  termine  allo  perturbazioni  esteriori  degli  Stati  è  l'opinione  pubblica,  questa 
«  regina  del  mondo,  come  la  chiama  Pascal.  Il  segreto  della  sua  potenza  vuole 
«  negarsi  dalla  diplomazia,  ma  è  pure  un  fatto  che  la  diplomazia  o  presto  o 
«  tardi  è  obbligata  ad  ascoltarla,  perchè  essa  è  implacabile,  indisciplinabile, 
«  immutabile.  Essa  non  può  essere  vinta  dall'interesse,  né  soggiogata  colla 
«  forza  per  una  sola  ragiono,  che  è  impersonale.  La  forza  della  opinione  publ)lica 
«  è  nella  sua  imparzialità;  e  noi  abbiamo  ferma  fiducia  che  l'opinione  pubblica 
«  richiamerà  le  Potenze  in  Congresso  e  le  obbligherà  a  riconoscere  i  principi 
€  del  diritto  finora  conculcati  e  manomessi  per  l'interesse  dei  sovrani  ». 

(1)  Revue  de  Dr.  iniern.^  t.  IX,  pag.  147. 


Tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale  69 

II  tribunale  arbitrale  non  può  reputarsi  certo  come  sufficiente 
a  risolyere  qualsiasi  specie  di  controversie,  e  ad  appianare  tutti 
i  conflitti. 

Yi  sono  conflitti  che  gli  sfuggono  perchè  toccano  gli  interessi 
generali  e  la  vita  della  società  intemazionale  e  che  per  ciò  non 
potrebbero  yenire  a  lui  sottoposti. 

Pur  riconoscendo  quindi  la  importanza  dell'arbitrato,  mi  pro- 
nuncio per  una  istituzione  diversa,  per  la  f  Conferenza  > ,  la  quale 
diventerebbe  come  una  specie  di  tribunale  arbitrale  per  quei  con- 
flitti che  per  la  loro  natura  ed  il  loro  obbietto  non  possono  essere 
sottoposti  all'arbitrato. 

Secondo  il  mio  modo  di  vedere  la  Conferenza  dovrebbe  rappre- 
sentare una  specie  di  potere  esecutivo  e  di  potere  giudiziario.  Essa 
non  dovrebbe  essere  un  corpo  permanente,  ma  una  istituzione  avente 
uno  scopo  determinato  e  che  si  dovrebbe  costituire  tutte  le  volte 
che  le  circostanze  rendessero  il  suo  impiego  necessario.  Essa  do- 
vrebbe avere  il  potere  di  far  rispettare  le  leggi  internazionali  pro- 
clamate dal  Congresso,  di  prevenire  le  perturbazioni  risultanti  dalla 
loro  inosservanza  e  di  applicarle  per  risolvere  i  conflitti  di  ordine 
complesso,  che  potessero  turbare  la  pace  e  la  organizzazione  giuridica 
della  società  internazionale.  La  Conferenza  dovrebbe  quindi,  a  mio  av- 
viso, rappresentare  come  una  specie  dì  tribunale  arbitrale,  ma  di  un 
ordine  più  elevato.  La  sua  missione  sarebbe  di  mantenere  nella 
società  intemazionale  la  organizzazione  giuridica  quale  fosse  stata 
fissata  dal  Congresso,  di  far  rispettare  le  leggi  intemazionali  da 
questo  proclamate,  e  di  prevenire  le  perturbazioni  intemazionali. 

Per  arrivare  alla  vera  organizzazione  intemazionale  bisogna  pro- 
porsi di  ricercare  in  tutto  il  principio  dell'equilibrio,  e  di  preci- 
sare le  funzioni  di  ogni  singola  istituzione.  L'arbitrato  è  una  isti- 
tuzione utile,  e  se,  nelle  condizioni  attuali,  i  governi  cominciano 
a  riconoscere  essere  profittevole  il  risolvere  le  questioni  pacifica- 
mente e  si  impegnano  a  sottomettersi  all'arbitrato,  pur  accettandolo 
in  modo  più  o  meno  limitato,  vi  ha  in  ciò  una  espressione  mani- 
festa della  volontà  loro  di  prevenire  le  perturbazioni  internazionali. 
Ma,   lo  ripeto,  le  questioni  internazionali  che  possono  turbare 


70  tntrodvMione  —  Capitolo  III, 

profondamente  le  relazioni  pacifiche  e  produrre  una  conflagrazione 
generale  sono  appunto  quelle  di  natura  complessa,  che  non  possono 
essere  sottoposte  all'arbitrato. 

Sono  questi  i  conflitti  che  dovrebbero  essere  deferiti  alla  Confe- 
renza. Siccome  essi  non  accadono  tutti  i  giorni,  non  è  punto  indi- 
spensabile che  la  Conferenza  sia  una  istituzione  permanente,  fissa 
non  dovrebbe  venir  costituita  che  quando  venisse  a  sorgere  una 
contestazione  compresa  nella  cerchia  delia  sua  giurisdizione. 

81.  E  come  dovrebbe  la  Conferenza  essere  formata? 

Secondo  me,  essa  dovrebbe  comprendere  due  delegati  di  ciascuna 
delle  grandi  Potenze,  designati  dai  Governi  di  queste  al  momento 
della  sua  riunione:  i  delegati  del  Qoverno  o  dei  Ooverni  aventi 
un  interesse  diretto  nell'aSare  sottoposto  alle  deliberazioni  della 
Conferenza:  e  dovrebbe  inoltre  comprendere  i  rappresentanti  del 
popolo  eletti  nel  loro  seno  dai  membri  eletti  dal  popolo  pel  Con- 
gresso (1). 

I  delegati  delle  grandi  Potenze  e  i  rappresentanti  dei  popoli 
dovrebbero  avere  voto  deliberativo.  I  rappresentanti  degli  Stati  aventi 
un  interesse  diretto  nella  questione  pendente  dovrebbero  prendere 
parte  a  tutte  le  discussioni,  ma  senza  voto. 

Secondo  il  sistema  che  propongo  ciascuno  degli  Stati  formanti 
parte  dell'  Unione  potrebbe  provocare  la  riunione  della  Conferenza. 
Questo  avrebbe  luogo  tutte  le  volte  che  una  contestazione  venisse 
a  sorgere  fra  due  o  più  Stati  riguardo  alla  interpretazione  di  una 
regola  di  Diritto  proclamata  dal  Congresso  o  riguardo  a  un  prin- 
cipio qualunque  di  Diritto  comune,  quando  la  questione  non  avesse 
potuto  venir  risolta  in  via  diplomatica. 

813.  Arrivo  alla  giurisdizione  arbitrale. 

Lo  scopo  dell'arbitrato  deve  essere  quello  di  statuire  su  tutte  le 
questioni  d'interesse  particolare  sorte  fra  due  o  più  Stati  e  di  diri- 


(1)  A  fine  di  spiegare  il  mio  concetto  dico  che  come  il  consiglio  comunale  o  pro- 
vinciale scoglio  nel  suo  sono  la  Giunta,  così  i  membri  elotti  dal  popolo  pel  Con- 
gresso, prima  che  il  Congresso  venga  a  scioglierai,  dovrebbero  eleggere  nel  loro 
seno  i  membri  che  dovrebbero  formare  parto  della  Conferenza  quando  ne  fosse 
il  caso.  Tali  membri  designati  per  la  Conferenza  potrebbero  essere  7  ad  es.  o  più. 


Tutela  giuridica  del  Diritto  intemaxionale  71 

merle  secondo  le  regole  del  Diritto  comune  stabilito  dal  Congresso 
0  secondo  le  regole  risaltanti  dai  trattati  conciliasi  fra  le  parti  in 
caosa. 

Tutto  ciò  che  concerne  la  formazione  del  tribunale  arbitrale  — 
scelta  degli  arbitri,  capacità  richiesta  per  poter  essere  investito  della 
funzione  di  arbitro,  procedura  davanti  al  tribunale  arbitrale  a 
cominciare  dal  compromesso,  sua  estinzione  o  sospensione,  regole 
che  il  tribunale  arbitrale  deve  seguire  per  la  pronunzia  della 
sentenza  e  per  la  efficacia  di  questa,  caase  di  nullità  che  possono 
autorizzare  le  parti  ad  impugnare  la  sentenza  pronunziata  —  tutto 
ciò  dovrebbe  formare  oggetto  di  un  regolamento  generale  deliberato 
dal  Congresso. 

È  inutile  discutere  qui  i  principi  relativi  al  regolamento  gene- 
rale in  materia  di  arbitrato.  Trattasi  solo  di  determinare  ciò  che 
ci  sembra  indispensabile  per  dare  all'arbitrato  la  sua  vera  efficacia. 

Facciamo  l' ipotesi  che  si  tratti  di  una  questione  d'interesse  parti- 
colare, per  cui  come  abbiamo  già  detto  si  deve  riconoscere  la  giuris- 
dizione arbitrale,  e  che  l'una  o  l'altra  delle  parti  si  rifiuti  di  deferirla 
agli  arbitri,  minacciando  di  turbare  le  relazioni  pacifiche,  in  tal  caso 
sorgerebbe  di  certo  una  questione  d'interesse  generale.  Infatti,  è 
interesse  comune  quello  di  prevenire  le  perturbazioni  che  minaccino 
0  turbino  le  relazioni  pacifiche  fra  gli  Stati.  Non  bisogna  già  farsi 
a  credere,  che  un  atto  arbitrario  nella  società  intemazionale  costi- 
tuisca un  pericolo,  solo  per  quegli  contro  cui  l'atto  abusivo  sia  diretto. 

Non  si  può  a  mio  modo  di  vedere  ammettere  che  possa  abbando- 
narsi all'arbitrio  dell'una  o  dell'altra  parte  di  sottomettersi  o  di 
non  sottomettersi  all'arbitrato,  e  di  decidere,  come  meglio  le  convenga, 
se  essa  si  trovi  o  non  si  trovi  in  uno  dei  casi  in  cui  sia  tenuta  di 
assoggettarsi  all'arbitrato.  Per  eliminare  i  disordini  della  società 
intemazionale  è  assolutamente  necessario  eliminare  l'arbitrio.  Se 
si  lascia  aperta  la  via  all'autonomia  arbitraria,  la  vera  organizza- 
zione giuridica  non  potrà  realizzarsi  che  in  apparenza.  Non  posso 
arrivare  fino  al  punto  di  considerare  l'arbitrato  come  un'istituzione 
adatta  ad  eliminare  in  modo  assoluto  qualsiasi  pericolo  di  confla- 
grazione, ma  sostengo  che  le  si  debba  attribuire  piena  efficacia 


72  Introdùxdone  —  Gapiiolo  IIL 

per  eliminare  ogni  motivo  di  perturbazione,  quando  l'oggetto  del 
litigio  rientri  nella  cerchia  della  giurisdizione  arbitrale. 

Ammetto  quindi  che  la  sommessione  alla  giurisdizione  arbitrale 
possa,  se  non  sia  volontaria,  venire  imposta. 

La  sommessione  volontaria  risalterebbe  sempre  da  una  clausola 
espressa  di  un  trattato,  col  quale  le  parti  avessero  convenuto  di  sot- 
toporre ad  arbitri  qualunque  litigio  che  venisse  fra  esse  a  sorgere, 
0  da  un  compromesso  speciale,  con  cui  esse  si  fossero  obbligate  a 
deferire  ad  arbitri  una  contestazione  giuridica  determinata. 

La  giurisdizione  arbitrale  forzata  dovrebbe  risultare  dalla  deli- 
berazione della  Conferenza,  la  quale,  riconoscendo  che  l'affare  liti- 
gioso sia  di  natura  tale  da  dover  esser  definito  da  arbitri,  imponesse 
alle  parti,  in  mancanza  di  un  compromesso,  di  sottomettervisi. 
Yi  sarebbe  in  tal  caso  la  sommissione  forzata  al  tribunale  arbitrale 
in  seguito  della  deliberazione  della  Conferenza. 

83.  Accettando  laconcezione  della  Conferenza  cosicome  io  l'intendo, 
la  missione  della  medesima  sarebbe  di  prevenire  ogni  specie  di  pertur- 
bazione che  potesse  turbare  la  pace,  e  quindi  dovrebbe  essere  a  ragione 
attribuito  alla  medesima  di  dare  alla  giurisdizione  arbitrale  tutta  la  sua 
forza  e  di  decidere  che  le  parti  dovessero  sottomettersi  all'arbitrato, 
nel  caso  in  cui  la  materia  rientrasse  nella  giurisdizione  arbitrale. 

Cosi  pure  la  Conferenza  dovrebbe  essere  competente  per  obbli- 
gare le  parti  a  riconoscere  ed  eseguire  la  sentenza  degli  arbitri. 

Ecco  come  mi  immagino  potrebbe  procedersi.  Supponiamo  che 
venga  a  sorgere  una  contestazione  fra  due  o  più  Stati  e  che,  in 
mancanza  di  un  impegno  contrattuale,  una  delle  parti  sostenga 
che,  l'affare,  essendo  di  natura  tale  da  dover  esser  definito  da 
arbitri,  essa  è  pronta  a  sottomettervisi,  e  che  notifichi  tale  sua 
decisione  all'altra  parte.  Ove,  in  seguito  a  questa  notificazione 
diplomatica,  l'altra  parte  persista  a  sostenere  le  sue  pretese  e  che 
rifiuti  dì  sottomettersi  alla  giurisdizione  arbitrale,  la  parte  con- 
traria, dopo  aver  fatto  constatare  l'arbitrario  rifiuto,  potrebbe  appel- 
larsene alla  Conferenza  e  questa  imporre  l'arbitrato. 

L'appello  alla  Conferenza  potrebbe  avere  luogo  eziandio  nel 
caso  in  cui,  pur  essendovi  un  precedente  compromesso,  il  rifiuto 


Tutela  giuridica  del  Diritto  intemaxdonale  73 

di  sottomettersi  all'arbitrato  venisse  opposto  col  pretesto  che  Tog- 
getto  del  litigio  doTosse  riguardarsi  come  all'infaorì  dei  termini  della 
clausola  compromissoria,  o  quando  ana  delle  parti  sostenesse  non 
potere  l'oggetto  del  litigio,  per  le  particolari  circostanze  dell'affare, 
essere  sottoposto  all'arbitrato,  nonostante  l'impegno  convenzional- 
mente assunto  dall'una  parte  e  dall'altra  di  deferire  ad  arbitri 
qualsiasi  controversia. 

Ed  ora  supponiamo  che  la  parte  condannata  dal  tribunale  arbitrale 
si  rifiuti  di  eseguire  la  sentenza. 

Occorre  pure,  quando  si  voglia  sul  serio  rendere  efficace  l'ar- 
bitrato, provvedere  ad  assicurare  la  esecuzione  della  sentenza  e  la  sua 
autorità.  La  sentenza  degli  arbitri  deve,  in  linea  di  principio,  esser 
considerata  come  definitiva,  e  come  formante  la  soluzione  completa 
dellaquestione  stata  loro  sottoposta  ;  opperò,  le  parti  devono  riconoscere 
nella  decisione  del  tribunale  arbitrale  l'autorità  di  cosa  giudicata 
ed  eseguirla  lealmente,  senza  alcuna  restrizione  o  riserva.  Se  una 
delle  parti  si  rifiuti  formalmente  di  eseguire  la  sentenza  arbitrale  e 
messa  in  mora  dall'altra  parte,  persista  nel  rifiuto,  bisogna  poter 
decidere  se  il  rifiuto  sia  legittimo  o  arbitrario.  La  decisione  di  tale 
questione  dovrebbe  pure  essere  deferita  alla  Conferenza. 

Potrebbe  avvenire  che  il  rifiuto  di  eseguire  una  sentenza  arbi- 
trale potesse  essere  giustificato  pel  motivo  della  nullità  della  sentenza. 
Per  potersi  decidere  secoDdo  giustizia  intomo  a  ciò  occorrerebbe 
che  nel  regolamento  generale  in  materia  di  arbitrato  redatto  dal 
Congresso  fossero  determinati  e  stabiliti  i  motivi  di  nullità,  che 
contro  una  sentenza  arbitrale  potessero  venire  addotti.  E  sarebbe 
tutt'affatto  naturale  il  rimettersi  alla  Conferenza,  (la  quale,  nel 
nostro  sistenu,  dovrebbe  avere  per  missione  di  far  rispettare  le  regole 
proclamate  dal  Congresso),  affinchè  essa  decidesse  se  il  rifiuto  di 
eseguire  la  sentenza  arbitrale  pel  motivo  della  sua  nullità  dovesse 
dirsi  legittimo  od  arbitrario.  La  Conferenza,  attenendosi  quindi  al 
regolamento  generale  promulgato  dal  Congresso,  dovrebbe  decidere 
se  sussistesse  o  no  l'addotto  motivo  di  nullità  e,  secondo  il  caso, 
sospendere  totalmente  o  parzialmente  la  esecuzione  od  obbligare 
la  parte  condannata  ad  eseguire  la  sentenza. 


74  Introduxione  —  Capitolo  III. 

Non  entro  in  altri  particolari.  Pel  momento,  non  si  tratta  che 
di  tracciare  le  linee  generali. 

S^.  Mezzi  efficaci  per  prerenire  le  perturbazioni  internazionali  sono 
anche  a  considerarsi  l'azione  diplomatica,  i  buoni  uffici,  la  mediazione. 

Non  è  solo  per  compiere  un  dovere  di  umanità  che  ogni  GoTerno, 
al  sorgere  di  un  litigio  fra  due  Stati,  debba  prestare  il  suo  concorso 
ed  impiegare  la  sua  influenza  morale  per  comporlo,  ma  ò  anche 
per  provvedere  al  benessere  del  proprio  paese.  Ai  giorni  nostri  gli 
interessi  di  tutti  i  paesi  sono  così  strettamente  legati  fra  loro  che 
nulla  può,  in  qualsiasi  parte  del  mondo,  succedere,  che  rimaner 
possa  un  fatto  isolato  o  un  fatto  che  tocchi  unicamente  gli  interessi 
particolari  delle  parti  in  causa.  Il  commercio  intemazionale  ha 
fatto  della  divisione  del  lavoro  e  del  mantenimento  delle  relazioni 
pacifiche  fra  tutti  gli  Stati  una  necessità  suprema.  Una  pertur- 
bazione qualunque  è  sempre  causa  di  una  perturbazione  economica 
e  morale  neirinterno  di  ogni  Stato.  La  vera  missione  della  politica 
prudente  e  della  diplomazia  avveduta  è  quella  di  conciliare  gli 
interessi  di  ogni  paese  con  quelli  degli  altri  paesi.  Ogni  forma  di 
azione  diplomatica  per  appianare  i  conflitti  deve  essere  quindi 
considerata  non  soltanto  come  un  atto  di  umanità,  ma  come  un 
atto  di  savia  politica.  Importa  prevenire  le  perturbazioni  interna- 
zionali per  salvaguardare  gli  interessi  nazionali  (1). 

85.  Un  mezzo,  che  potrà  efficacemente  contribuire  ad  appianare 
le  contestazioni  e  a  prevenire  i  veri  litigi  è  quello  della  discussione 
pubblica.  Importa  stabilire  nettamente  davanti  alla  opinione  pub- 
blica di  che  cosa  si  tratti  e  darle  occasione  di  pronunziarsi. 

La  potenza  misteriosa  della  opinione  pubblica  diventa  sempre 
più  grande,  oggi  che  il  telegrafo  ci  informa,  per  cosi  dire  colla 
rapidità  del  pensiero,  di  ciò  che  avviene  nei  paesi  lontani.  A  misura 
che  il  sentimento  di  solidarietà  dei  popoli  inciviliti  si  andrà  svi- 
luppando, essi  comprenderanno  sempre  meglio  l'interesse  comune 
che  essi  hanno  ad  assicurare  la  prevalenza  dei  principi  di  giustizia 


(1)  Vedi  r  articolo  da  me  pubblicato  nel  Digesto  italiano^  voce  «  Agenti 
Diplomatici  »  §  335  e  seg.,  Della  pera  missione  della  Diplomaxda. 


Tutèla  giuridica  del  Diritto  intemasUoncUe  75 

sa  quelli  della  politica.  L'opinione  pabblica  sarà  sempre  più  illu- 
minata a  misura  che  più  larga  sarà  la  parte  che  la  rappresentanza 
popolare  prenderà  nel  governo  della  cosa  pubblica  e  nella  direzione 
della  politica  esterna.  Nell'interno  di  ogni  Stato  la  opinione  pub- 
blica può  essere  ìuHuonzata  e  corrotta  dagli  artifizi  dei  politicastri; 
l'opinione  pubblica  del  mondo  intiero  è  sempre  imparziale,  come 
quella  che  è  sempre  impersonale  e  disinteressata.  Essa  è  chiamata 
ad  esercitare  una  forza  morale  sempre  piìi  efficace  sulla  diplomazia. 
La  discussione  essendo  fatta  alla  luce  del  sole,  diventerà  difficile 
che  la  politica  continui  a  prevalere  sul  Diritto  e  che  i  Governi 
turbino  impunemente  la  società  internazionale. 

Questo  scopo  mi  fa  ammettere  come  una  delle  regole  di  Diritto 
comune,  che  il  Congresso  potrà  proclamare,  potrebbe  essere  questa 
che  cioè  sempre  quando  una  contestazione  sia  sòrta  fra  gli  Stati 
ielV unione  e  che  mediante  negoziati  diplomatici,  mediante  buoni 
uffici  e  mediante  la  mediazione  non  siasi  giunto  ad  appianarla, 
le  parti  debbano  far  conoscere  la  causa  del  loro  litigio  agli  altri 
Stati. 

Lo  Stato  che  si  pretendesse  leso  dovrebbe  essere  tenuto  a  specifi- 
care in  una  nota  diplomatica  indirizzata  agli  altri  Governi  i  motivi 
su  cui  esso  fondi  i  suoi  reclami.  La  parte  contraria  dovrebbe  alla 
sua  volta  essere  tenuta  a  giustificare  la  sua  condotta  mediante  una 
nota  diplomatica  indirizzata  egualmente  a  tutti  i  Governi. 

Tutte  le  comunicazioni  dovrebbero  essere  rese  pubbliche  per  ren- 
dere più  illuminata  la  discussione  e  porre  nettamente  davanti  alla 
opinione  pubblica  i  termini  della  contestazione  intemazionale. 

Se,  in  seguito  alla  pubblica  discussione,  la  parte  che  avesse  torto 
persistesse  nelle  sue  pretese,  la  questione  potrebbe  essere  deferita 
alla  Conferenza,  la  quale  deciderebbe  se  la  materia  del  litigio  dovesse 
riputarsi  di  competenza  del  tribunale  arbitrale  o  di  competenza 
propria. 

Nel  primo  caso  essa  ordinerebbe  che  il  litigio  fosae  sottoposto 
alla  giurisdizione  arbitrale;  e  l'arbitrato  sarebbe  quindi  imposto. 

Se  la  materia  del  litìgio  fosse  complessa,  se  vi  fosse  un  vero 
pericolo  che  le  relazioni  pacifiche  fra  gli  Stati  costituiti  in  Unione 


76  Introduzione  —  Capitolo  III.  . 

potessero  venire  turbate,  la  Conferenza  potrebbe  decretare  le  misure 
coercitive  necessarie  per  assicurare  il  rispetto  del  Diritto  comune,  da 
cui  la  società  intemazionale  dev'essere  retta. 

Nell'ordine  d'idee  da  me  seguito  si  può  di  ragione  giustificare 
l'ingerenza  collettiva  ogni  qual  volta  sia  il  caso  di  assicurare 
l'autorità  e  la  protezione  del  Diritto  comune. 

Bisogna  infatti  ammettere  che  spetti  a  tutti  gli  Stati  costituiti 
in  Unione  di  assicurare  il  rispetto  del  Diritto  comune  da  essi  fis- 
sato e  di  restaurarne  l'autorità  mediante  misure  legali  determinate 
secondo  il  Diritto  internazionale.  Il  Diritto  particolare  stabilito  fra 
due  0  più  Stati  mediante  trattati  da  essi  conchiusi  può  essere  sotto- 
posto ai  mezzi  di  protezione  convenuti,  purché  questi  non  siano 
contrari  al  Diritto  comune.  Per  la  protezione  poi  del  Diritto  comune 
non  si  potrebbe  trovare  forma  più  ef&cace  che  la  tutela  giuridica 
collettiva  degli  Stati  associati.  La  Conferenza,  che  secondo  il  nostro 
sistema  deve  assicurare  il  rispetto  del  Diritto  internazionale  riguardo 
a  tutti,  dev'essere  meritamente  ritenuta  competente  per  decretare 
le  misure  meglio  atte  a  realizzare  questo  scopo. 

La  Conferenza  sarebbe  quindi  competente  a  decidere  se  uno  Stato 
0  un  popolo  avesse  violato  coi  suoi  atti  il  Diritto  comune,  e  per 
reprimere  l'attentato  ingiusto,  dovrebbe  avere  il  potere  anzitutto 
di  decretare  che  si  facesse  ricorso  a  tutti  i  mezzi  pacifici  per  risol- 
vere i  litigi,  vale  a  dire  ai  buoni  uffici,  alla  mediaxiorèe  e  a  tutte 
le  forme  di  azione  diplomatica.  Essa  potrebbe  quindi  affidare  ad  uno 
Stato  la  missione  di  farla  rispetto  alle  parti  da  mediatore.  In  tal 
caso,  affinchè  lo  Stato  designato  come  mediatore  potesse  essere  in 
grado  di  adempire  convenientemente  la  missione  statagli  affidata, 
dovrebbe  avere  il  Diritto  di  domandar  comunicazione  di  tutti  i 
documenti  relativi  al  conflitto,  di  prendere  esatta  conoscenza  della 
contestazione  e  delle  fatte  negoziazioni  e  di  esaminare  con  cura  i 
documenti  giustificativi  di  tutte  le  parti.  Esso  dovrebbe  apprezzare 
in  buona  fede  e  con  imparzialità  le  ragioni  addotte  in  appoggio 
delle  reciproche  pretese,  astenendosi  in  modo  assoluto  dal  far  valere 
la  sua  autorità  in  favore  dell'una  o  dell'altra  delle  parti,  e  dovrebbe 
agire  come  un  conciliatore  avveduto  e  prudente  per  i4)pianare  tutte 


Tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale  77 

le  difficoltà  e  condurre  gli  avversari  ad  accordarsi  o  ad  accettare  una 
ragionevole  transazione. 

Se  ciò  non  bastasse,  se  la  parte  che  avesse  torto  persistesse  a 
non  sottomettersi,  la  Conferenza  potrebbe  infine  decretare  l'impiego 
dei  mezzi  coercitivi  autorizzati  durante  la  pace,  senza  ricorrere 
ai  mezzi  disastrosi  e  terribili  della  guerra. 

È  il  caso,  questo,  della  legittimità  dell'ingerenza  collettiva  o  del 
così  detto  €  concerto  europeo  >  od  «  americano  > .  Il  concerto  non 
può  essere  da  tanto  da  costringere  tutti  ad  accettare  ciò  che  le 
grandi  Potenze  abbiano  stabilito,  ma  esso  deve  essere  considerato 
come  legittimo  e  come  conforme  al  buon  diritto  se  assume  la 
forma  di  misura  di  protezione  collettiva  intesa  ad  assicurare  o  a 
restaurare  l'autorità  del  Diritto  comune  violato  da  imo  Stato  o  ad 
applicare  le  misure  coercitive  pacifiche  decretate  dalla  Conferenza 
contro  lo  Stato  che  si  ribelli. 

S6.  Ritengo  inutile  esaminare  qui  a  fondo  quali  potrebbero  essere 
i  mezzi  coercitivi  leciti  all'infuori  della  guerra.  In  linea  di  principio, 
nessuno  può  negare  che  se  uno  Stato  non  voglia  rispettare  il  Diritto 
comune,  osservare  la  deliberazione  della  Conferenza,  eseguire  la 
sentenza  di  un  tribunale  arbitrale,  la  Conferenza  debba  avere  il  diritto 
di  decretare  le  misuro  coercitive  lecite  durante  la  pace.  Nel  nostro 
sistema,  queste  misure  coercitive  lecite  dovrebbero  essere  deter- 
minate dal  Congresso.  Tutto  ciò  che  attiene  agli  interessi  generali 
rientra  nella  sua  competenza.  Spetta  a  lui  di  regolare  la  società 
intemazionale  formata  dagli  Stati  costituenti  V  Unione  e  stabilire 
le  regole  per  la  tutela  giuridica  collettiva  del  Diritto  comune.  Esso 
deve  aver  anche  il  potere  di  fissare  le  misure  straordinarie  intese 
a  prevenire  una  guerra  imminente  o,  quando  essa  sia  incomiciata, 
ad  arrestarne  le  conseguenze  disastrose  (1). 


(1)  Il  concetto  sul  quale  mi  fondo,  di  darò  cioè  ai  Congressi  una  missione 
ben  diversa  da  quella  che  essi  hanno  nell'attualità  e  di  considerare  tale  riforma 
come  Tespediente  più  opportuno  per  l'ordinamento  giuridico  della  società  inter- 
nazionale, ha  formato  il  mio  costante  convincimento  fino  dai  primordi  dei  miei 
studi  su  tale  argomento.  Nel  volume  pubblicato  a  Milano  nel  1865  col  titolo: 
Nuovo  Dir,  intern,  pubb,  secondo  i  bisogni  della  civiltà  moderna^  che  fu 
tradotto  in  francese  da  Pradier-Fodéré  nel  1868  aveva  dimostrata  la  necessità 


78  IntroduMone  —  Capitolo  III. 

Ammetto  fra  queste  misure  coercitive  il  blocco  commerciale  o  blocco 
pacifico,  alla  condizione,  beninteso,  che  al  blocco  commerciale 
durante  la  pace  non  si  attribuisca  lo  stesso  carattere  del  blocco 
praticato  durante  la  guerra.  Del  resto,  mi  riferisco  a  quanto  sarà 
detto  in  seguito. 

37.  Il  sistema  che  ho  esposto  è  quello  che  mi  ha  guidato  in  tutto 
lo  studio  dei  principii  che  andrò  esponendo  in  seguito,  pur  ricono- 
scendo che  non  si  possa  fare  assegnamento  sopra  la  sua  realizza- 
zione completa  immediata.  La  grande  riforma  che  difendo  esige 
l'assistenza  del  tempo  e  della  evoluzione.  Ho  voluto  indicare  sol- 
tanto la  via  per  la  quale,  a  mio  modo  di  vedere,  conviene  mettersi, 
coir  intendimento  di  eccitare  poi  gli  altri  a  prestare  il  concorso  più 
efficace  delle  loro  forze  intellettuali. 

L'assistenza  verrà  specialmente  dal  crescente  sviluppo  del  com- 
mercio intemazionale  e  dal  progresso  della  civiltà.  Questi  due  potenti 
fattori  continueranno  a  cementare,  a  consolidare  e  ad  estendere,  i 
legami  fra  i  popoli  inciviliti  ed  a  sempre  più  diffóndere  le  stesse 
aspirazioni,  gli  stessi  sentimenti,  le  stesse  idee  intorno  agli  inte- 
ressi comuni.  Invece  di  una  Confederazione  di  Stati  si  realizzerà 
la  Confederazione  dei  popoli  inciviliti.  Tutti  si  troveranno  d'accordo 
nel  considerare  la  guerra  come  il  più  funesto  dei  flagelli;  e  me- 
diante l'unione  delle  loro  forze  obbligheranno  i  Governi  a  rinun- 
ziare alle  aspirazioni  di  grandezza  militare  ed  a  considerare  la 
guerra  come  il  più  grande  dei  delitti. 

Per  conto  mio,  non  perderò  mai  la  mia  fede. 

L'unità  primitiva  del  genere  umano  fu  la  famiglia; 
runità  finale  sarà  la  Confederazione  giuridica  delle  nazioni 
civili. 


di  dare  ai  Congressi  Talta  missione  di  concordare  le  regole  generali  del  Diritto 
delle  genti  ed  aveva  sostenuto  che  in  tali  Congressi  avrebbero  dovuto  inter- 
venire i  rappresentanti  di  tutti  gli  Stati  e  senza  fare  differenza  fra  grandi  e 
minori  Potenze.  —  Vedi  il  capo  XTII  di  detta  opera  Principii  direttivi  dei 
Congressi  internax tonali^  pag.  272,  e  l' importante  nota  di  Pradier-Fodéré  al 
detto  capitolo  nella  traduzione  francese,  tomo  II,  pag.  64. 


Gancetto  della  irtUtaxione  79 


CAPITOLO  IV. 

Objetto  del  presente  Volume.  —  Fonti  delle  regole 
giurìdiche  in  esso  riunite.  —  Partizione  della  trat- 
tazione. 

28.  Sì  espone  il  concetto  della  trattazione.  —  29.  Si  spiega  il  titolo  dato  al 
presente  volume.  —  30.  Efficacia  pratica  del  Diritto  scientifico.  —  31.  Fonti 
alle  quali  sono  state  attinte  le  regole  codificate.  —  82.  Importanza  delle 
convinzioni  giuridiche  popolari.  —  33.  Gli  scrittori  e  il  Diritto  storico.  — 
34.  Partizione  di  tutta  la  trattazione. 

88.  Dalle  cose  discorse  nei  capitoli  antecedenti  riesce  facile 
comprendere  come  il  Diritto  intemazionale  sia  uno  dei  rami  dell'En- 
ciclopedia  giaridica,  che  trovasi  tuttora  nel  periodo  di  elaborazione. 
Colui  qaindi  che  si  proponga  di  esporlo,  non  può  limitarsi  a  fare 
Tesposizione  dottrinale  del  Diritto  esistente,  così  come  può  essere 
opportunamente  fatto  rispetto  al  Diritto  civile,  al  Diritto  commer- 
ciale ed  agli  altri  rami  del  Diritto  positivo,  a  riguardo  dei  quali  si 
trova  un  complesso  di  leggi  ridotte  a  sistema  in  un  codice.  Abbiamo 
già  avvertito  che  le  regole  di  Diritto  internazionale,  che  hanno  al 
presente  autorità  di  legge  positiva,  non  sono  di  molto  numero,  e  che 
ad  esse  manca  altresì  la  vera  e  propria  sanzione  giuridica. 

Lo  scienziato  si  trova  naturalmente  costretto  a  volgere  lo  sguardo 
non  solo  al  presente,  ma  più  che  mai  airavvenire,  ed  a  far  tesoro 
della  sua  osservazione,  della  ragione,  e  della  induzione  per  completare 
e  migliorare  il  Diritto  esistente  e  preparare  la  sua  progressiva  eia- 
borazione.  Si  tratta  in  sostanza  di  arrivare  a  ridurre  a  sistema  quel 
complesso  di  regole  che  dovrebbero  formare  il  Diritto  comune  degli 
Stati  civili,  e  che  siano  adatte  ad  effettuare  Torganizzamento  giuridico 
della  loro  società. 

Intendendo  così  la  cosa,  noi  ci  siamo  proposti  di  esporre  il 
Diritto  internazionale  tenendo  conto  del  Diritto  esistente  e  del 
Diritto  realizzabile.  Vale  quanto  dire  che  ci  siamo  proposti  di  ridurre 
a  sistema  quel  complesso  di  regole  che  corrispondono  per  una  parte 
a  quelle  che  trovansi  adottate  dagli  Stati  medesimi  nei  trattati 
generali,  nelle  loro  legislazioni,  o  da  essi  riconosciute  nei  documenti 


80  Introduzione  —  Capitolo  IV, 

diplomatici  e  che  corrispondono  d'altra  parte  a  quelle  che  trovano 
già  il  substrato  delle  convinzioni  popolari  formatesi  all'epoca  nostra, 
0  del  pensiero  comune  degli  scienziati  e  dei  giuristi  più  illumi- 
nati. È  quindi  ben  naturale  che  il  complesso  delle  regole  sistema- 
ticamente riunite  nel  presente  volume  rappresenti  per  una  parte  il 
Diritto  intemazionale  deirattualità,  per  l'altra  quello  dell'avvenire. 
Nel  tutto  insieme  esso  costituisce  per  altro  quel  sistema  che  a  nostro 
avviso  potrebbe  servire  per  dare  alla  società  internazionale  il  sao 
ordinamento  giuridico. 

89.  Noi  presentiamo  tutto  cotesto  complesso  di  regole  giuridiche 
secondo  il  diritto  storico,  il  diritto  scientifico  e  il  diritto  razionale, 
col  titolo:  Diritto  ìnteriiRzionalc  codiflcato. 

Tale  titolo  denota  di  per  se  stesso  che  non  si  tratta  d'un  sistema 
di  regole  giuridiche  che  abbiano  la  medesima  autorità  che  quelle, 
le  quali  si  trovano  riunite  in  un  codice.  Noi  non  abbiamo  infatti 
posto  il  titolo  di  Codice  di  Diritto  internazionale,  che  avrebbe 
certamente  falsato  il  nostro  intendimento.  Abbiamo  invece  vo- 
luto seguire  l'esempio  già  dato  tra  i  primi  dal  giurista  genovese 
Paroldo  (1)  e  poi  da  Petrusheveez  (2),  Bluntschli  (3),  Field  (4)  ed 
altri,  e  ci  siamo  proposti  di  esporre  le  regole  del  Diritto  intemazionale 
ridotto  a  forma  di  codice  col  precipuo  intendimento  di  presentare 
così  un  sistema,  per  quanto  fosse  possibile,  ordinato  e  completo. 

Neanche  si  deve  supporre  che  il  Diritto  intemazionale  codificato, 
così  come  noi  lo  presentiamo,  potesse  essere  considerato  come  un 
progetto  di  codice  intemazionale  da  essere  proposto  ai  Governi  colla 
fiducia  che  esso  potesse  essere  adottato  nel  suo  insieme.  Questo 
neanche  è  stato  al  certo  il  nostro  intendimento.  Abbiamo  ferma 
fidanza  che  un  giorno  potrà  pure  realizzarsi  rispetto  alla  società 
internazionale  la  nota  profezia  del  Mirabeau:  «  Le  droit  sera  un 
jour  le  souverain  du  monde  !  >  ma  l'immaginare  che  i  Governi  potes- 
sero d'un  tratto  concordare  un  sistema  di  regolo  completo  in  tutte 

(1)  Saggio  di  codì/icax ione  del  Dir.  intern. 

(2)  Prèda  d'un  Gode  du  Dr.  intern. 

(3)  Das  moderne   Vòlkcrrecht   der  civilisirten   Sia  fonala   Eechtabuch  mit 
Erlà'uterungrn.  Droit  International  codifU^  traduit  par  Lardy. 

(4)  Outlines  of  an  intemational  Code^  2"  ediz. 


Ganeeiio  della  trattatone  81 

le  sue  parti  e  codificato,  questo  ci  sembra  yeramente  lo  stesso  che 
ragheggiare  realizzabile  un'  intrapresa  immaginaria  ed  intempestiva. 

E  nostro  fermo  convincimento  che  nella  società  internazionale 
debba  cessare  l'assoluta  preponderanza  della  forza  e  che  debba  essere 
sostituita  ad  essa  l'autorità  del  Diritto,  ma  siamo  pure  convinti, 
che  tanto  più  sicuramente  si  potrà  raggiungere  lo  scopo,  quanto 
meglio  si  seguirà  il  savio  partito  di  procedere  grado  a  grado  e 
secondo  le  opportunità.  Sarebbe  veramente  troppo  il  concepire 
l'idea  della  codificazione  di  tutto  il  Diritto  internazionale.  Si  potrà 
invece  effettuare  la  codificazione  parziale  di  quei  soggetti,  intorno 
ai  quali  si  sono  formate  le  convinzioni  giuridiche  comuni,  aspet- 
tando poi  che  la  cultura,  la  civiltà,  il  progresso  e  l'intreccio 
degl'interessi  economici,  che  risulta  costantemente  dall'intreccio 
dei  rapporti  commerciali,  renda  possibile  di  procedere  sempre 
innanzi  nella  particolare  codificazione  di  altri  soggetti  di  interesse 
comune.  Ogni  passo  che  si  farà  sarà  una  nuova  conquista  per  assi- 
curare la  sovranità  del  Diritto  nel  mondo,  ma  bisognerà  aspettare 
che  il  prezioso  frutto  sia  maturo,  e  sarà  ognora  indispensabile 
che  si  proceda  gradatamente. 

Ed  ora  che  abbiamo  eliminati  gli  equivoci,  chiarito  il  nostro 
intendimento,  e  spiegato  il  titolo  da  noi  dato  a  questo  volume, 
reputiamo  avvertire  che  abbiamo  cercato  di  spiegare  nelle  note 
quali  siano  le  regole  che  hanno  autorità  di  Diritto  positivo,  e  quali 
quelle  che  devono  avere  l'autorità  del  Diritto  scientifico.  Queste 
pure,  nella  materia  di  cui  si  tratta,  non  hanno  l'autorità  soltanto 
che  all'opinione  degli  scrittori  dev'essere  attribuita.  Bisogna  infatti 
avvertire  che  le  regole  di  Diritto  elaborate  dagli  scienziati  acqui- 
stano un'importanza  ed  un'efficienza  pratica  tanto  maggiore,  quanto 
più  manca  un  sistema  di  regole  positive  e  concrete  accettate  dagli 
Stati  mediante  l'accordo  reciproco  intomo  ad  esse.  Le  regole  sta- 
bilite in  forza  della  concorde  opinione  dei  principali  pubblicisti 
intorno  ad  un  dato  principio,  acquistano  quindi  autorità  effettiva 
anche  rispetto  ai  Governi,  essendoché  non  si  possa  al  certo  disco- 
noscere, che  quando  i  pubblicisti  più  rispettati  di  diversi  paesi  si 
trovino  d'accordo  nel  sostenere  una  regola  di  Diritto,  tale  circo- 

6  —  FiOBE,  Dir,  intem.  codif. 


82  Introduxione  —  Capitolo  IV. 

stanza  debba  avere  un  peso  grandissimo  in  favore  della  legittimità 
del  principio.  Dalle  quali  cose  discende,  che  anche  le  regole  ela- 
borate dai  giuristi,  tuttoché  non  abbiano  ancora  nell'attualità  forza 
di  legge  positiva  in  forza  del  consentimento  degli  Stati,  hanno 
non  per  tanto  un'importanza  e  un'efficienza  pratica,  essendoché  i 
Governi  stessi  non  possano  fare  a  meno  di  considerarle  come  la 
piii  esatta  espressione  del  sentimento  giuridico  dei  tempi,  né  pos- 
sano disconoscere  l'obbligo  reciproco  di  attenersi  ad  esse  nei  loro 
mutui  rapporti  (1). 

30.  Bisogna  avvertire,  che  in  massima  l'autorità  e  l'efficienza 
pratica  del  Diritto  scientifico  tanto  é  maggiore,  quanto  più  è  ristretto 
il  campo  del  Diritto  positivo.  Anche  quando  le  leggi  positive  siano 
ridotte  a  sistema  colla  forma  della  codificazione,  i  principii  giuri- 
dici, che  possono  ritenersi  stabiliti  in  forza  del  Diritto  scientifico, 
esercitano  ognora  la  loro  autorità  nei  casi,  nei  quali  trovasi  man- 
cante la  legge,  e  non  puossi  supplire  a  tale  mancamento  applicando 
le  disposizioni  di  Diritto  positivo  sancite  per  regolare  casi  simili  o 
materie  analoghe. 

I  legislatori  di  tutti  i  paesi,  riconoscendo  che  nessun  sistema 
di  leggi  positive  possa  riuscire  tanto  completo  e  tanto  perfetto  da 
riassumere  tutte  le  regole  adatte  a  governare  ogni  caso,  ed  a 
risolvere  ogni  controversia,  e  considerando  che  bisogna  pure  che 
non  debba  mancare  la  regola  di  Diritto  applicabile  a  qualsiasi 
caso,  dispongono  concordemente  che,  quando  manchi  la  regola  di 
Diritto  positivo  applicabile  ad  un  dato  caso,  e  non  si  possa  decidere 
neanche  ricorrendo  alle  disposizioni  che  regolano  casi  simili  o  ana- 
loghi, si  dovrà  decidere  secondo  i  principii  del  Diritto.  Ora  tutti 
sono  concordi  nel  riconoscere  che  i  principii  generali  del  Diritto 
sono  precisamente  quelli  fissati  dai  giuristi,  i  quali  in  ciascuna 
epoca  interpretando  il  pensiero  giuridico  rispetto  all'attuale  stato 


(1)  Solent  autem  gentium  sententiae  de  eo  quod  inter  illas  justum  esse  dcbet 
triplici  modo  manifestari,  moribiis  seilicet  et  uau^  pactis  et  foederibus,  et  tacita 
approbatione  juris  regularum  a  prudentibus^  ex  ipsis  rerum  causis  per  inter- 
pretationem  et  per  rationem  deductarum,  —  VAimKÒNia,  Doctrina  juris  pkilo- 
sophiea^  n.  146. 


Fonti  83 

delle  cose,  elaboraDo  le  regole  corrispondenti  al  bisogni  della  vita 
reale. 

I  principii  secondo  il  Diritto  scientifico,  hanno  qaindi  ognora 
la  loro  aatorità  e  la  loro  efficienza  pratica  anche  nel  caso  in  cui 
le  regole  giuridiche  concrete  e  positive  siano  ridotte  a  sistema  e  a 
forma  di  codice.  Essi  l'hanno  per  quella  parte  che  non  possa  rite- 
nersi compresa  nella  materia  codificata.  Essi  l'hanno  ogni  qual 
volta  che  un  caso  non  si  possa  decidere  secondo  le  regole  sancite 
dal  legislatore.  L'efficienza  pratica  di  detti  principii  è  sempre 
certa  e  sicura  pel  motivo  che  il  giudice  non  possa  rifiutarsi  di 
giudicare  col  pretesto  che  manchi  la  legge  o  che  essa  sia  insuffi- 
ciente, e  che  il  legislatore  gì'  impone  di  decidere  il  caso,  qualunque 
esso  sia;  per  lo  che  il  giudice  è  tenuto  a  deciderlo  secondo  i 
principii  del  Diritto  scientìfico,  quando  egli  non  trovi  la  regola 
di  Diritto  positivo  sancita  dal  legislatore. 

Dalle  quali  cose  riesce  facile  comprendere  che,  siccome  l'autorità 
del  Diritto  scientifico  diventa  tanto  maggiore,  quanto  più  insufficiente 
è  la  legge  positiva,  così  nella  materia  del  Diritto  internazionale  deve 
essere  molto  grande  e  considerevolmente  esteso  il  campo  della  sua 
autorità,  per  la  semplice  considerazione  che  è  molto  ristretto  il 
campo  della  legge  positiva  attualmente  in  vigore. 

31.  Ed  ora  diciamo  quali  siano  lo  fonti  dalle  quali  abbiamo 
attinte  le  regole  giuridiche. 

La  principale  fonte,  alla  quale  sono  state  attinte  le  nostre  regole 
si  è  stata  quella  dei  trattati  generali.  Questi  non  sono  veramente 
molti,  ma  vanno  di  giorno  in  giorno  aumentando,  e  costituiscono 
la  fonte  più  proficua  del  Diritto  positivo,  essendoché  rappresentano 
il  Diritto  uniforme  accettato  per  reciproco  consenso  dalle  parti  che 
sottoscrissero  tali  trattati  e  da  quelle  che  vi  abbiano  fatto  adesione. 

Abbiamo  inolti'e  dato  grande  importanza  agli  atti  dei  Congressi, 
e  sopratutto  alle  dichiarazioni  fatte  dai  rappresentanti  dei  Go- 
verni nei  protocolli  relativi,  dovendosi  considerare  tali  dichiara- 
zioni da  parte  di  essi  come  l'espressione  del  sentimento  comune 
dei  Governi  rappresentati.  Anche  quando  certe  norme  non  abbiano 
ancora  avuto  l'autorità  di  legge  e  di  Diritto  positivo  in  virtù  del 


84  Iniroduxione  —  Capitolo  IV, 

comune  oonsentimento  degli  Stati  rappresentati,  deve  non  per  tanto 
reputarsi  di  gran  momento  che  un  numero  considerevole  di  Ple- 
nipotenziari, riuniti  per  concordare  un  Diritto  comune,  si  siano 
trovati  d'accordo  nel  redigere  un  progetto,  coli' intendimento  di 
sottoporlo  all'approvazione  dei  rispettivi  Governi.  Non  puossi  al 
certo  dire  che  mediante  tale  accordo  le  regole  progettate  possano 
avere  autorità  di  legge,  ma  non  puossi  escludere  che  esse  debbano 
avere  una  grande  autorità,  come  espressione  del  convincimento 
comune  dei  rappresentanti  degli  Stati,  intomo  alle  regole  che 
secondo  essi  dovrebbero  essere  stabilite  come  legge. 

Così  va  detto  a  modo  d'esempio  delle  regole  concordate  nella 
Conferenza  di  Bruxelles  del  27  agosto  1874,  circa  le  leggi  e  gli 
usi  della  guerra.  Il  progetto  presentato  alla  Conferenza,  riunita  in 
seguito  all'invito  della  Bussia,  fu  redatto  colle  opportune  modìfi< 
cazioni  concordate  dopo  lunga  discussione.  Esso  non  fu  definiti- 
vamente approvato  e  proclamato  obbligatorio  a  riguardo  di  tutti 
gli  Stati  rappresentati  nella  Conferenza  per  le  difficoltà  sopravve- 
nute,  ma  ha  nonpertanto  un  grande  valore.  Non  si  può  infatti 
disconoscere  che,  avendo  i  Governi  sentito  il  bisogno  di  stabilire 
mediante  un  generale  accordo,  norme  giuridiche  concrete  e  posi- 
tive circa  i  loro  rapporti  durante  la  guerra,  a  fine  di  diminuire, 
per  quanto  è  possibile,  i  danni  che  essa  arreca  agli  Stati  neutrali 
ed  ai  cittadini  delle  parti  belligeranti,  che  non  prendono  parte  attiva 
alle  operazioni  militari,  ed  essendosi  riuniti  con  tale  intendimento 
in  Conferenza,  debba  essere  attribuito  un  grande  valore  alle  regole 
concordate  dai  plenipotenziari  a  forma  di  progetto,   coli' intendi- 
mento di  sottoporlo  ai  rispettivi  Governi  per  essere  definitivamente 
approvato. 

I  Trattati  particolari,  quelli  cioè  conclusi  fra  due  o  più  Stati  per 
loro  particolari  interessi,  li  abbiamo  considerati,  come  essi  devono 
reputarsi,  quale  fonte  di  regole  giuridiche  obbligatorie  rispetto  agli 
Stati  soltanto,  tra  i  quali  essi  furono  stipulati. 

Dobbiamo  non  per  tanto  osservare,  che  relativamente  ad  alcuni  sog- 
getti codesti  trattati  possono  essere  pure  considerati  come  proficua 
fonte  di  regole  giuridiche  di  Diritto  comune  internazionale,  alle  quali 


Fonti  85 

può  essere  attribuita  autorità  effettiva  rispetto  a  tutti  gli  Stati,  non 
ostante  che  esse  non  abbiano  avuto  ancora  il  consentimento  gene- 
rale da  parte  di  essi,  nò  siano  state  elevate  a  regole  di  Diritto 
concrete  e  positive  mediante  l'accordo  reciproco  dei  medesimi. 

Su  questo  punto  però  conviene  bene  intendersi.  I  trattati  parti- 
colari a  rigore  rappresentano  il  complesso  di  regole  positive  ed 
obbligatorie  concordate  fra  gli  Stati,  che  li  abbiano  stipulati,  e  che 
devono  essere  reputate  reciprocamente  obbligatorie  in  forza  del  loro 
consentimento.  Bisogna  non  per  tanto  avvertire  che,  sopratutto  nei 
trattati  particolari  conclusi  dopo  il  1856  su  materie  d'interesse 
comune,  si  trova  una  certa  uniformità  di  principii.  Ora  ci  sembra 
che  cotesta  uniformità  debba  avere  un  grande  valore  per  attribuire 
a  quelle  regole,  rispetto  alle  quali  la  gran  parte  degli  Stati  civili 
si  trovano  d'accordo,  l'autorità  stessa  del  Diritto  comune,  conside- 
randole tali  a  riguardo  di  tutti  gli  Stati,  che  si  trovano  allo  stesso 
livello  di  cultura  e  di  civiltà. 

Così  può  dirsi  ad  esempio  di  certe  regole  uniformi  relative  ai 
diritti  dei  consoli,  alla  estradizione  dei  malfattori,  alla  protezione 
delle  marche  di  fabbrica  e  di  commercio  e  via  dicendo.  Non  si  può 
al  certo  sostenere  ohe  le  regole  giuridiche  contenute  in  più  trattati 
particolari  possano  avere  l'autorità  del  Diritto  positivo,  non  solo 
tra  le  parti  che  cotesti  trattati  conclusero,  ma  altresì  a  riguardo 
di  coloro  che  non  li  abbiano  stipulati*.  Ogni  trattato  non  può  essere 
di  per  sé  stesso  che  un  titolo  giuridico  sufficiente  ed  efficace  ad 
attribuire  alle  parti  quei  diritti  reciproci  che  conseguono  dai  patti 
stipulati,  e  coU'obbligo  reciproco  di  eseguire  ed  osservare  gl'im- 
pegni assunti.  Noi  abbiamo  non  per  tanto  detto  che  i  trattati  parti- 
colari possono  essere  considerati  come  una  fonte  di  Diritto  comune 
intemazionale,  perchè  ci  sembra  che  quello,  in  cui  essi  tutti  sono 
uniformi,  debba  essere  ritenuto  come  un  indiretto  riconoscimento  del 
Diritto  comune  degli  Stati  civili,  e  quantunque  quindi  tale  Diritto 
uniforme,  che  trovasi  consacrato  nei  trattati  particolari,  non  abbia 
a  rigore  l'autorità  vera  del  Diritto  comune,  pur  non  di  meno  esso 
rappresenta  quello  ohe  con  minori  difficoltà  può  essere  dichiarato 
tale  mediante  una  dichiarazione  collettiva. 


S6  Tntrodztxdone  —  Capitolo  IV. 

Abbiamo  tenuto  conto  altresì  delle  legislazioni  particolari  degli 
Stati  civili,  perchè  ci  sembra  che  esse  pure  debbano  essere  consi- 
derate come  una  proficua  fonte  del  Diritto  internazionale,  poten- 
dosi desumere  dalle  medesime,  sopratutto  quando  esse  regolino  in 
modo  uniforme  rapporti  di  Diritto  intemazionale,  le  regole  che 
dovrebbero  costituire  il  Diritto  comune  della  società  internazionale. 
Anche  però  intorno  a  questo  punto  conviene  bene  intenderci  per 
eliminare  ogni  equivoco. 

La  legge  proclamata  da  ogni  sovrano  non  può  avere  autorità 
imperativa,  che  rispetto  a  coloro,  i  quali  devono  reputarsi  som- 
messi air  imperio  del  legislatore,  ed  a  riguardo  di  essi  soltanto 
assume  il  carattere  di  regola  di  Diritto  positivo.  Anche  quando  il 
legislatore  di  un  paese  proclami  e  sancisca  con  legge  regole  di 
Diritto  internazionale  pubblico  o  privato,  la  legge  non  perde  per 
questo  il  carattere  proprio,  quello  cioè  di  Diritto  particola^  dello 
Stato,  0  di  Diritto  civile,  inteso  nel  significato  ad  esso  attribuito 
dai  giuristi  romani,  -vale  a  dire  deir^u^  qtiod  quisque  populus  ipse 
sibi  constituit  et  proprinm  ipsitis  civitaiis  est,  qtiod  vocaiur  jtjs 
civn.E,  quia  qiMsi  jtis  proprinm  ipsitis  civitaiis  (1). 

Così  nella  legislazione  italiana  a  modo  d'esempio  troviamo,  che 
nel  regolamento  pel  servizio  delle  armate  italiane  in  guerra  sono 
formulate  molte  regole  che  concernono  il  Diritto  intemazionale 
durante  la  guerra  (2). 

Altre  disposizioni  consimili  si  trovano  nel  codice  penale  militare. 
Altre  nel  codice  di  marina  mercantile,  il  quale  contiene  un  titolo 
sul  Diritto  marittimo  in  tempo  di  guerra,  e  determina  gli  atti  di 
guerra,  che  si  possono  esercitare  lecitamente:  il  trattamento  delle 
navi  e  mercanzie  neutrali:  i  doveri  della  neutralità:  la  enumera- 
zione delle   materie  di   contrabbando  di  guerra:   e   via  dicendo. 

Nelle  legislazioni  degli  altri  paesi  civili  troviamo  pure  alcune 
parti,  che  regolano  rapporti  di  Diritto  internazionale,  e  ci  basti 
rammentare  che  negli  Stati  Uniti  d'America  le  istruzioni  per  le 


(1)  V.  L.  9,  Dig.  de  justitia  et  jure  (1,  1). 

(2)  Vedi  il  regolamento  approvato  coi  R.  Decreto  26  novembre  1882. 


armate  in  campagna  pubblicate  nell'anno  1863  contengono  un  sistema 
completo  di  leggi  intemazionali  durante  la  guerra,  rese  obbligatorie 
dal  legislatore  degli  Stati  Uniti  per  le  armate  di  quel  paese  durante 
lo  stato  di  guerra.  Taciamo  delle  leggi  particolari  pubblicate  in 
Francia;  del  regolamento  pubblicato  in  Bussìa  e  ria  dicendo. 

Ora  bisogna  porre  bene  mente  a  questo,  che  cioè  le  leggi  parti- 
colari dei  vari  Stati,  anche  in  quello  che  proclamano  principii  e 
regole  di  Diritto  internazionale,  non  possono  avere  autorità  che  nel 
territorio  su  cui  comanda  il  legislatore,  o  sulle  persone  soggette 
all'autorità  del  medesimo,  per  lo  che  esse  pure  devono  esser  con- 
siderate come  Vjtis  proprium  ipsius  civitatis.  Il  legislatore  di  uno 
Stato  non  potrebbe  certo  avere  la  strana  pretesa  di  dettar  legge 
al  mondo  e  sancire  regole  di  Diritto  internazionale,  che  avessero 
la  stessa  autorità  di  legge  a  riguardo  di  tutti  gli  altri  Stati,  coi 
quali  esso  si  trovasse  in  rapporto. 

Dobbiamo  nonpertanto  osservare  che,  siccome  la  comonanza 
d'idee  e  di  sentimenti  giuridici  tra  i  giuristi  valgono  ad  attribuire 
autorità  a  quei  principii,  intomo  ai  quali  essi  si  trovano  d'accordo, 
così  le  regole  di  Diritto  internazionale  accolte  e  sancite  nelle  legisla- 
zioni di  un  considerevole  numero  di  Stati  civili,  devono  avere  una 
più  grande  autorità.  Posto  infatti  che  le  leggi  siano  la  espressione 
più  elevata  delle  convinzioni  giuridiche,  che  formano  il  patrimonio 
del  popolo  in  ciascuna  data  epoca,  ne  consegue  che,  quando  più 
legislazioni  si  trovino  concordi  nel  dichiarare  certe  regole  di  Diritto 
intemazionale,  tale  circostanza  debba  valere  per  fare  attribuire  a 
quelle  regole  l'autorità  del  Diritto  comune.  Non  si  può  infatti 
fare  a  meno  di  riguardarle  come  l'espressione  delle  convinzioni 
giuridiche  dei  popoli  civili  in  quella  data  epoca. 

A  render  più  chiaro  il  nostro  concetto  volgiamo  l'attenzione 
all'uniformità  che  s'incontra  oggi  in  tutte  le  legislazioni  degli  Stati 
civili  a  riguardo  della  condizione  dello  straniero  e  dell'  acquisto 
e  godimento  dei  diritti  civili  propriamente  detti  :  della  inviolabilità 
della  proprietà  privata  :  del  diritto  di  eleggere  e  di  mutare  la  pro- 
pria cittadinanza,  senza  il  previo  consentimento  del  Governo,  e  via 
dicendo.  L'uniformità  di  regole  giuridiche  che  si  incontra  su  tal 


88  IfUroduxione  —  Capitolo  IV. 

punto  denota  che  le  leggi  particolari  degli  Stati  civili,  hanno  in 
sostanza  dichiarato  regole  di  Diritto  comune  intemazionale. 

Anche  gli  atti  di  Governo  nei  loro  rapporti  diplomatici  li  ab> 
biamo  reputati  come  una  fonte  proficua  delle  regole  di  Diritto 
interuazionale.  Bisogua  infatti  considerare,  che  rigorosamente  par- 
lando, anche  quando  i  Governi  accettino  senza  contestazione  e 
senza  riserva  certi  principii  dì  Diritto  internazionale,  affermati 
e  solennemente  proclamati  in  atti  diplomatici,  tale  circostanza  aon 
possa  al  certo  valere  per  attribuire  ad  essi  autorità  di  regola  posi- 
tiva. Osserviamo  nonpertanto,  che  i  principii  generali  proclamati 
nei  documenti  diplomatici  da  uua  parte,  e  tacitamente  accettati 
dalle  altre,  devono  avere  indubbiamente  una  grande  autorità  rispetto 
a  ciascuna  di  loro,  perchè  raccordo  tacito  intorno  ad  essi  deve 
equivalere  ad  una  tacita  e  solenne  ricoguizione  della  giustizia  dei 
principii  stessi. 

Così  deve  dirsi  a  modo  d'esempio  dei  principii  relativi  alla  così 
detta  questione  romana  solennemente  proclamati  ed  affermati  nella 
nota  diplomatica  circolare  del  Governo  italiano,  quando  nel  1870 
le  Provincie  romane  prima  soggette  al  Papa  furono  annesse  al 
Regno  d'Italia.  In  cotesta  nota  fu  proclamato  il  principio  che  i 
Romaai  avevano  il  diritto  di  usare  come  avevano  usato  della  loro 
naturale  libertà  di  annettersi  al  Regno  d'Italia  e  che  la  loro  volontà 
solennemente  manifestata  col  plebiscito  doveva  essere  rispettata. 

Avendo  tutti  i  Governi  accettato  senza  contestazione  cotesto 
principio,  esso  deve  oggi  essere  reputato  come  una  vera  regola 
di  Diritto  interuazionale  e  deve  essere  conseguentemente  escluso 
come  contrario  al  Diritto  pubblico  moderno  il  principio  sofistico 
messo  innanzi  dai  fautori  del  Papato,  i  quali  avevano  sostenuto, 
che,  per  tutelare  i  pretesi  interessi  del  Papa  e  la  voluta  necessità 
del  dominio  temporale,  i  Romani  dovevano  essere  reputati  fuori 
del  Diritto  comune,  e  la  libertà  politica  di  essi  confiscata  a  beneficio 
del  Papato  disconoscendo  la  forza  del  plebiscito. 

Lo  stesso  può  dirsi  dell'affermazione  di  principii  fatta  a  riguardo 
del  valore  e  della  cessazione  delle  capitolazioni  nella  nota  diplo- 
matica comunicata  dal  Governo  italiano  in  occasione  dei  piovve- 


Fanti  89 

dimenti  emanati  dalle  aatorità  italiane  a  Massauah,  e  di  quelli 
enunciati  dal  Governo  francese  a  proposito  del  cessato  rigore  delle 
capitolazioni  a  Tunisi  e  via  dicendo. 

Abbiamo  pure  data  la  giusta  importanza  alla  consuetudine 
avendo  considerato  l'osservanza  reciproca  ed  uniforme  della  stessa 
regola  di  Diritto  e  la  sua  applicazione  costante  ai  casi  analoghi, 
sufficiente  per  attribuire  alla  regola  osservata  in  virtù  del  consen- 
timento tacito,  la  stessa  autoìrità  che  a  quella  stabilita  in  forza  del 
consentimento  espresso. 

La  consuetudine  è  stata  reputata  in  tutti  i  tempi  come  uno  dei 
fattori  del  Diritto  positivo,  imperocché  ogni  qual  volta  si  è  trovata 
mancante  la  regola  positiva  e  concreta  di  un  dato  rapporto  giuri- 
dico, è  stato  reputato  più  ragionevole  di  considerare  come  regola 
del  medesimo  quella  stabilita  colla  costante  osservanza.  Questo 
principio  fu  posto  innanzi  da  Alberico  Gentile,  il  quale  facendosi 
a  ricercare  nel  suo  famoso  libro  del  Diritto  di  guerra  le  fonti  a  cui 
attingere  le  regole  di  giustizia,  che  in  guerra  devono  essere  osser- 
vate, dette  la  giusta  importanza  alla  consuetudine,  imperocché  egli 
disse  :  e  Sebbene  non  sia  da  giudicare  per  via  di  esempi,  conforme 
è  detto  in  una  legge  lodatissima  di  Giustiniano,  pure  é  un  fatto, 
che  dagli  esempi  é  aperta  la  via  a  probabili  congetture,  e  nel  dubbio 
piuttosto  si  deve  giudicare  secondo  gli  esempi  e  secondo  ciò  che 
è  passato  in  consuetudine.  Non  é  al  certo  C/Onveniente  di  mutare 
ciò  che  fu  osservato  in  modo  certo  e  costante  >  (1). 

Anche  Grozio  sostenne  che  la  consuetudine  tra  gli  Stati  deve  tener 
luogo  di  legge:  nec  negamus,  egli  dice,  mores  vim  poeti  accipere{2). 

38.  Abbiamo  inoltre  dato  gran  peso  alle  convinzioni  giuridiche 
che  in  forza  dello  sviluppo  crescente  dalla  civiltà  e  della  cultura 
si  sono  mano  mano  andate  formando  e  sviluppando  nella  coscienza 
dei  popoli  civili. 

È  un  fatto,  che  nessuno  vorrà  disconoscere,  che  la  comunanza 
d'interessi  tra  le  genti  di  paesi  diversi,  che  é  stata  la  conseguenza 


(1)  ÀLBEBicus  Gentius,  De  jure  belli^  tradotto  da  Fiobini,  cap.  I,  lib.  I,  n.  6. 

(2)  Lib.  U,  cap.  V,  n.  24. 


90  IfUroduxiane  —  Capitolo  IV. 

dell'allargato  commercio  internazionale,  della  civiltà  e  della  cul- 
tura, e  la  comunanza  delle  idee  intomo  alle  condizioni,  che  devono 
reputarsi  richieste  per  l'ordinamento  giuridico  della  società  inter- 
nazionale, abbiano  fatto  nascere  tra  i  popoli  civili  certe  convinzioni 
uniformi  intorno  alle  regole  giuridiche  che  dovrebbero  governare  la 
società  internazionale,  affinchè  potesse  essere  efEettuato  l'ordinato 
sviluppo  di  tutte  le  attività:  il  riconoscimento  e  la  tutela  dei  diritti 
di  ciascuno,  e  il  soddisfacimento  delle  reciproche  utilità.  Cotesto 
convinzioni,  alle  quali  accenniamo,  non  si  può  dire  al  certo  che 
siano  chiaramente  proclamate  e  stabilite  da  un  organo,  che  abbia 
il  potere  di  formularle,  esse  non  pertanto  si  affermano  colla  forma 
di  sentimento  popolare,  il  quale  è  il  riflesso  e  la  rivelazione  della 
coscienza  pubblica,  che  intende  e  rivendica  l'osservanza  di  certi 
principii,  che  devono  essere  reputati  come  indispensabili  all'ordinata 
convivenza  ed  alla  tutela  dei  diritti  di  ciascuno  nella  società  inter- 
nazionale. 

Cotesti  principii  non  hanno  avuto  veramente  un  solenne  ricono- 
scimento,  come  quelli  che  sono  stati  consacrati  dai  Governi  nei 
trattati,  o  che  sono  stati  da  essi  proclamati  negli  atti  diplomatici, 
pur  nondimeno  esercitano  una  grande  autorità,  la  quale  proviene 
dalla  forza  misteriora  e  incontestabile  della  pubblica  opinione,  che 
esercita  tanto  efficacemente  la  sua  influenza  nel  determinare  la  con- 
dotta dei  Governi,  spingendoli  ad  osservare  quei  principii  della  giu- 
stizia naturale,  che  meglio  corrispondono  alle  esigenze  storiche  e  mo- 
rali, come  esse  sono  intese  dalla  ragione  e  dalla  coscienza  universale. 

E  per  altro  un  fatto  che  i  Governi  stessi  sentono  la  potenza 
misteriosa  della  pubblica  opinione  la  quale  esercita  una  grande 
influenza  a  riguardo  delle  regole  che  essi  devono  H)sservare  nella 
loro  reciproca  condotta,  e  che  ne  rispettano  i  dettami,  osservando 
p  per  lo  meno  astenendosi  dal  conculcare  quei  principii,  intorno 
ai  quali  si  è  già  formato  il  sentimento  giuridico  comune  ed  uniforme. 

A  sicura  prova  di  ciò  che  affermiamo  deve  bastare  di  meditare 
sulla  storia  della  diplomazia  e  di  leggere  in  essa  certi  principii 
registrati,  e  che  oramai  tutti  i  Governi  rispettano  in  omaggio  alle 
esigenze  dell'opinione  pubblica,  e  richiamare  quello  che  abbiamo 


Fonti  91 

già  detto  innanzi  nel  capitolo  I*.  Ora  ci  limitiamo  a  ripetere  che 
le  convinzioni  giuridiche  popolari  devono  essere  la  fonte  più  sicara 
del  Diritto  intemazionale,  e  noi  ne  abbiamo  tenuto  il  massimo 
conto,  perchò  siamo  convinti  che  le  regole,  le  quali  si  trovano  nella 
coscienza  comune  dei  popoli,  che  sono  in  rapporto  fra  di  loro,  devono 
essere  reputate  l'espressione  la  più  esatta  di  certe  necessità  morali 
e  dei  principii  della  giustizia  sociale,  che  si  sono  andati  sviluppando 
in  conseguenza  dell' incivilimento  e  della  cultura  in  ciascuna  epoca. 
Yogliamo  anzi  soggiungere,  che  i  pubblicisti  e  gli  statisti,  i  quali 
si  propongono  di  ricercare  e  stabilire  le  norme  giuridiche  dei  rap- 
porti internazionali  e  della  condotta  degli  Stati,  devono  volgere 
principalmente  l'attenzione  al  sentimento  popolare  comune  intorno 
a  codesti  rapporti,  che  è  il  riflesso  dell'opinione  pubblica.  Questa 
si  forma  mediante  le  rapide  comunicazioni  mantenute  dalla  stampa 
e  dal  telegrafo  tra  le  genti  abitanti  regioni  diverse,  ed  è  il  risultato 
finale  dello  sviluppo  di  pensieri  e  di  sentimenti  uniformi  intomo 
ad  ogni  avvenimento  che  accade  nei  due  mondi  ;  intomo  ai  reciproci 
bisogni  ed  alle  reciproche  utilità;  intorno  alle  comuni  esigenze 
per  l'ordinato  sviluppo  dei  loro  rapporti  ed  alle  condizioni  che  i 
Governi  dei  varii  Stati  devono  riconoscere  come  indispensabili  per 
mantenere  l'ordinamento  attuale  ed  effettivo  della  società  intema- 
zionale in  armonia  coi  diritti  e  cogli  interessi  internazionali.  Essa 
non  esercita  al  presente  tutta  la  sua  potente  e  misteriosa  influenza 
sulla  vita  intemazionale,  perchò  non  ha  acquistato  ancora  tutta 
la  sua  forza  e  la  sua  efficace  rappresentanza,  ma  siamo  cejti  che 
col  tempo  diventerà  la  fonte  più  proficua  delle  regole  giuridiche, 
le  quali  dovranno  essere  accettate  dai  Governi  come  norma  della 
loro  condotta.  A  misura  che  la  pubblica  opinione  sarà  più  illumi- 
nata, più  sviluppata  e  più  concorde,  andrà  acquistando  più  grande 
e  più  efficace  autorità  (1). 


(1)  Noi  avevamo  considerato  e  consideriamo  T opinione  pubblica  illaminata 
e  sviluppata  in  forza  della  cultura  e  della  civiltà  come  il  fattore  principale 
della  riforma  del  Diritto  intemazionale. 

A  pagine  347  della  citata  opera  pubblicata  nel  1865  cosi  scrivevamo  :  <  Noi 
<  stimiamo  che,  senza  creare  un  tribunale  armato,  la  garanzia  più  potente 
«  dev'essere  la  pubblica  opinione:  questa,  secondo  noi,  dev'essere  l'egida  e  la 


92  Introduzione  —  Capitolo  IV, 

33.  La  fonte  più  importante,  dalla  quale  abbiamo  attinto  il 
complesso  delle  regole  sistematicamente  riunite  in  codesto  volume 
si  ò  stata  l'uniforme  opinione  degli  scrittori  più  illuminati  intorno 
alle  norme  giuridiche  dei  rapporti  internassionali  in  corrispondenza 
dei  bisogni  attuali  e  reali  della  società  internazionale.  Noi  abbiamo 
&tto  tesoro  della  dottrina  di  tutti  coloro,  che  si  sono  consacrati 
a  ricercare,  a  discutere,  ad  elaborare  e  ad  esporre  le  regole  giuri- 
diche, che  devono  essere  reputate  le  più  adatte  a  stabilire  tra  gli 
Stati,  che  vivono  in  società  di  fatto  una  comunione  di  diritto,  e 
non  possiamo  veramente  dire  quali  e  quanti  siano  gli  scrittori, 
studiando  i  quali  abbiamo  formati  i  nostri  convincimenti. 

Abbiamo  studiato  principalmente  sulle  opere  di  PhilUmore  (1), 
Calvo  (2),  Heffter  (3),  Wheaton  (4),  Vaitel  (5),  Pradier-Fodéré  (6), 
Lawrence  (7),  BlunUchli  (8),  Field  (9),  Woolsey  (10),  Halleck  (11), 

e  garanzia  del  Diritto,  essa  è  il  migliore  e  più  imparziale  tribunale.  Noi  non 
e  vogliamo  tra  i  popoli  la  coazione  materiale,  ma  la  coazione  morale,  e  questa 
«  non  possiamo  concepirla  altrimenti  ohe  nella  misteriosa  potenza  della  pub- 

<  bltca  opinione,  potenza  tuttavia  sconosciuta,  perchè  non  ancora  si  mani- 
«  festa  in  tutta  la  sua  forza,  ma  che  si  manifesterà  forte  ed  onnipotente  quando 
«  sarà  illuminata  dalla  coscienza  de^  suoi  diritti  » . 

Continuando  il  nostro  ragionamento  per  combattere  Tidea  dei  progetti  dì 
confederazione  concludevamo  mettendo  in  rilievo  la  potenza  della  pubblica 
opinione,  od  esprimevamo  cosi  il  nostro  concetto: 

<  Come  i  principii  della  giustizia  cho  regolano  i  rapporti  degl*  individui  nelle 
«  particolari  società,  essendosi  resi  chiari  innanzi  la  coscienza  sociale  ed  alla 

<  opinione  pubblica,  reggono  e  governano  le  civili  società,  nella  stessa  guisa 
€  i  principii  della  giustizia,  che  devono  regolare  i  rappoi-ti  intemazionali  ren- 

<  dendosi  chiari  innanzi  alle  coscienze  nazionali  ed  air  opinione  pubblica  reg- 
«  goranno  e  governeranno  la  società  intemazionale  ». 

(1)  International  Late,  2'  ed.,  1874. 

(2)  Le  Droit  intem.  théorique  et  pratique,  1872. 

(3)  Dos  europàisehe  V'ólkerrecht  der  Oegenwart^  traduit  par  Brroson,  1873. 

(4)  Elements  of  intem.  Lato,  New- York  1836. 

(5)  Droit  dee  gene  mie  au  courant  dee  progrèe  du  Droit  ptiblie  moderne 
par  Pius)ij£B-FoDÉR£,  1863. 

(6)  Traiti  du  Droit  intem.  public  européen  et  amérieain,  1885-1894. 

(7)  Commentaire  sur  les  éléments  du  Droit  intem.  et  sur  V  hiatoire  dee 
progrès  du  Droit  dee  gens,  de  Whkaton,  Leipzig  1868-1873. 

(8)  Das  moderne  V'ólkerrecht  der  eivUisirten  staten  aìs  Rechtsbueh  mit 
Erlàuterungen,  traduit  par  Lardy. 

(9)  Outlines  of  an  intemcUional  Code,  2»  ed.,  London-New- York  1876. 

(10)  Introduc.  to  the  study  of  intem.  Law,  New- York  1875. 

(11)  IntematiomU  Law,  S.  Francisco  1861. 


Partixdane  della  traitaxione  93 

Hall  (1),  Mariens  (2),  Ritier  (3)  ed  altri  non  pochi,  dei  quali  se 
taciamo,  non  è  già  perchè  non  ne  abbiamo  profittato,  ma  perchè 
andremmo  per  le  lunghe  se  volessimo  enumerarli  tutti. 

Al  Diritto  storico  abbiamo  data  la  giusta  limitata  impor- 
tanza. Non  potevamo  infatti  attingere  largamente  a  codesta  fonte, 
imperocché  esso  rappresenti  sovente  le  transazioni  che  sono  state 
le  conseguenze  delle  condizioni  anormali,  nelle  quali  si  è  trovata  la 
società  internazionale  pel  predominio  soverchiante  della  politica,  e 
talvolta  è  stato  il  risultato  accettato  per  la  necessità  delle  cose 
in  uno  di  quei  momenti  critici  della  vita  dei  popoli.  Essendoci 
proposto  di  compilare  un  sistema  di  regole  adatto  ad  eliminare 
ogni  forma  di  arbitrio,  e  a  dare  un  ordinamento  giuridico  alla  so- 
cietà internazionale,  era  indispensabile  di  non  considerare  il  Diritto 
storico  come  una  fonte  sicura.  Nella  storia  dei  rapporti  intemazio- 
nali si  trovano  invero  consacrati  molti  principi!,  che  sono  in  oppo- 
sizione con  quelli  del  Diritto  razionale  e  non  può  certo  riuscire 
opportuno  di  elevare  il  fatto  a  diritto,  ma  conviene  bensì  tenere 
sempre  presente  la  regola  di  Paolo  :  t  Quod  vero  cantra  rationem 
juris  recepium  est  non  est  producendum  ad  consequentiam  >  (4). 

3-4.  Per  quello  che  concerne  la  partizione  di  tutta  la  trattazione 
ecco  i  criteri  che  ci  hanno  guidati. 

Per  procedere  ordinatamente  era  necessario  innanzi  tutto  deter- 
minare in  generale  il  concetto  del  Diritto  che  deve  governare  ogni 
forma  di  rapporto,  che  può  nascere  e  svolgersi  nella  società  inter- 
nazionale, e  precisare  quale  essosia:  stabilire  il  fondamento  della 
sua  autorità:  distinguere  le  diverse  forme  che  esso  Diritto  può 
assumere  :  la  portata  e  Testensione  del  suo  imperio  :  la  sua  tutela 
giuridica.  A  tali  obbietti  si  riferiscono  le  regole  riunite  nella  parte 
preliminare  col  titolo  Principii  fondamentali. 

Determinato  e  precisato  il  concetto  del  Diritto  internazionale, 
abbiamo  divisa  tutta  la  trattazione  in  quattro  libri,  cioè: 


(1)  International  Lato,  Oxford,  2'  ed.,  1886. 

(2)  Préeis  du  Droit  des  gens^  avee  notes  de  Pinhkiro-Fkrrkira,  1858, 

(3)  Prineipes  du  Droit  dea  gens,  1896. 

(4)  L.  48,  Dig.  de  legihus  (1,  3). 


94  IntroduMone  —  Capitolo  IV. 

Luiiio  PBiHO  :  Delle  perecne  e  degli  enti  soggetti  al  Diritto  inter- 
nazionale. 

Libro  secondo:  Delle  obbligazioni. 

Libro  terzo:  Dei  beni  come  oggetti  del  Diritto  internazionale. 

Libro  quarto  :  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale. 

Stabilita  la  nozione  ed  il  concetto  del  Diritto,  sorgeva  natural- 
mente la  necessità  di  determinare  chi  dovesse  reputarsi  sommesso 
airautorità  di  esso,  il  subjectum  jnris,  vale  a  dire  gli  enti  che 
nei  loro  rapporti  e  nelle  loro  azioni  devono  essere  assoggettati, 
subjecti,  alle  norme  del  Diritto,  o  occorreva  inoltre  determinare  come 
i  diritti  spettanti  a  ciascuno  possano  essere  acquistati,  sviluppati 
0  perduti,  e  quali  siano  i  loro  doveri  rispettivi. 

A  questo  si  riferisce  il  Libro  primo,  il  quale  è  divìso  in  due 
parti. 

Nella  prima.  Parte  generale,  trovasi  determinato  il  concetto  della 
persona  e  precisato  chi  possa  essere  subbietto  del  Diritto  inter- 
nazionale come  tale.  Siccome  poi  nella  società  internazionale  si 
trovano  pure  enti  (Popolo^  Nazioni,  Aggregazioni,  ecc.),  i  quali 
tutto  che  non  siano  persone  internazionali,  devono  non  per  tanto 
essere  assoggettate  nei  loro  rapporti  e  nelle  loro  azioni  alle  norme 
del  Diritto,  cosi  era  indispensabile  comprendere  nella  parte  gene- 
rale, oltre  che  le  persone  propriamente  dette,  altresì  gli  enti  sog- 
getti al  Diritto  intemazionale  e  determinare  i  diritti  e  i  doveri 
che  a  ciascuno  di  essi,  secondo  la  sua  propria  natura,  debbono 
essere  attribuiti. 

Determinati  i  diritti  ed  i  doveri  a  ciascuno  spettanti,  facea  di 
mestieri  di  precisare  come  ciascun  singolo  diritto  potesse  essere 
acquistato  o  perduto,  e  con  quali  norme  giuridiche  no  dovesse 
essere  governato  il  godimento  e  l'esercizio,  e  precisare  inoltre  i 
doveri  correlativi  ai  singoli  diritti. 

A  questo  si  riferisce  la  parte  seconda  del  libro  1*,  Parte  spe- 
ciale, nella  quale  trovansi  stabilite  le  norme  giuridiche  relative 
all'acquisto,  al  godimento,  airesorcizio  ed  alla  perdita  di  ciascun 
singolo  diritto  e  quelle  che  concernono  i  doveri  fondamentali  di 
ciascuno.  Questa  parte  speciale  trovasi  quindi  divisa  in  tanti  titoli, 


Pariixione  della  trcUtaxione  95 

qaanti  sono  i  vari  diritti  e  i  doveri  rispetto  ai  qaali  si  è  cercato 
di  determinare  le  regole  giuridiche  speciali  circa  l'acquisto,  il  godi- 
mento, l'esercizio  e  la  perdita  dei  diritti,  ed  il  fondamento  e  lo 
sviluppo  dei  doveri  reciproci. 

Il  LiBBO  SECONDO  SÌ  riferisce  alle  obUìgszioni,  e  ne  abbiamo 
trattato  dopo  avere  esposto  mA  Libro  P  i  diritti  e  i  doveri  inter- 
nazionali delle  poime,  perchè  le  obbligazioni  originano  pure  diritti 
e  doveri  personali  tra  le  parti  obbligate  e  devono  essere  conseguen- 
temente considerate  come  il  complemento  dei  rapporti  personali. 

La  difTerenza  tra  i  diritti  e  doveri  personali,  dei  quali  abbiamo 
discorso  nel  Libro  /*,  e  quelli  a  cui  si  riferisce  il  Libro  11**^  con- 
siste infatti  in  questo,  che  cioè  i  primi  derivano  dalla  condizione 
stessa  delle  persone  e  trovano  il  fondamento  sui  rapporti  naturali 
delle  medesime,  i  secondi  invece  derivano  dall'impegno  volonta- 
riamente assunto  da  uno  Stato  verso  dell'altro  di  dare,  di  fare  o 
non  fare,  di  prestare  qualche  cosa,  ovvero  derivano  da  fatti  volon- 
tari compiuti  dalla  sovranità  nell'esercizio  e  nello  sviluppo  delle 
sue  potestà. 
•  Questo  libro  è  pure  diviso  in  titoli. 

Premessi  i  principii  fondamentali  che  comprendono  le  norme 
giuridiche  relative  alla  obbligazione  in  generale,  alle  sue  diverse 
specie  ed  alle  fonti  da  cui  essa  può  derivare,  sono  poi  contemplate 
in  titoli  separati  le  obbligazioni  che  trovano  il  loro  fondamento 
sui  patti,  sulle  convenzioni  e  sui  trattati  e  da  ultimo  quelle  che 
derivano  dai  fatti  compiuti  nell'esercizio  dei  diritti  di  sovranità 
(responsabilità  pei  danni  cagionati  dallo  Stato).  Una  parte  del  tutto 
speciale  è  quella  che  concerne  i  vari  trattati  speciali,  rispetto  ai 
quali  sono  stabilite  le  regole  relative  alla  loro  esecuzione  o  alla 
loro  estinzione. 

Il  Libro  terzo  si  riferisce  ai  beni  come  oggetti  del  Diritto  nei 
loro  rapporti  col  Diritto  internazionale.  Questo  libro  è  pure  diviso 
in  tanti  titoli,  quante  sono  le  diverse  categorie  dei  beni  che  possono 
essere  oggetto  del  Diritto.  Si  trovano  quindi  stabilite  in  esso  le 
regole  giuridiche: 

a)  rispetto  alle  cose  comuni  {mare,  fiumi  navigabili,  ecc.); 


96  Introduzione  —  Capitolo  IV, 

b)  rispetto  alle  cose  pubbliche,  di  quelle  cioè  che  sono  nel 
possesso  giuridico  di  ciascuno  Stato,  a  riguardo  delle  quali  il  Serrano 
dello  Stato  è  tenuto  ad  esercitare  i  proprii  diritti,  in  armonia  perù 
col  Diritto  intemazionale  (vie  di  comunicazione,  strade  ferrale  inter- 
nazionali, telegrafi  internazionali,  dazi  di  confine,  ecc.); 

e)  rispetto  ai  beni  appartenenti  ai  privati  sempre  nei  loro 
rapporti  col  Diritto  internazionale  (beni  esistenti  all'estero:  pro- 
prietà letteraria  artistica  o  industriale:  nave  mercantile,  ecc.). 

Il  Libro  quarto,  che  si  riferisce  alla  tutela  giuridica  del  Diritto 
intemazionale,  trovasi  diviso  in  due  Parti: 

Parte  prima:  e  Tutela  giuridica  effettuata  mediante  procedi- 
menti pacifici  » . 

Parte  seconda  :  e  Tutela  giuridica  effettuata  mediante  la  guerra  > . 

Nella  Parte  prima  trovansi  le  regole  adatte  a  determinare  i  mezzi 
di  tutela  giuridica  secondo  il  Diritto  comune  durante  la  pace,  ed 
inoltre  le  procedure  per  risolvere  le  controversie  nascenti  dalla 
violazione  del  Diritto  da  parte  dell'uno  o  dell'altro  (mediazione: 
arbitrati:  conferenze,  ecc.),  e  in  fine  i  mezzi  coercitivi  per  ripri- 
stinare l'autorità  del  Diritto,  senza  ricorrere  all'espediente  estremo 
della  guerra  (rappresaglie:  blocco  pacifico:  ecc.). 

La  Parte  seconda  contempla  in  modo  speciale  Io  stato  di  guerra 
e  trovansi  stabilite  le  norme  giuridiche  relative  alla  sua  legalità, 
ai  diritti  e  ai  doveri  che  ne  conseguono  tra  coloro  che  la  fanno, 
i  belligeranti,  e  rispetto  a  coloro  che  non  prendono  parte  ad  essa, 
i  neutrali,  e  quelle  relative  all'esercizio  dei  diritti  di  guerra,  alla 
tutela  giuridica  dei  medesimi,  ai  diritti  e  doveri  dei  neutrali,  alla 
cessazione  dello  stato  di  guerra. 

L'Appendice  contiene  il  sunto  dei  principali  trattati  coi  quali  nelle 
diverse  epoche  è  stato  provveduto  a  regolare  secondo  le  contin- 
genze le  relazioni  internazionali. 


97 


PRINCIPII  FONDAMENTALI 


Il  Diritto  internazionale  e  sua  definizione. 

1.  U  Diritto  internazionale  è  un  complesso  di  norme  atte  a 
determinare,  regolare  e  tatelare  giuridicamente  i  diritti  e  doveri 
degli  Stati  ed  i  diritti  e  doveri  degl'individui  e  degli  enti  nei  loro 
rapporti  fra  di  loro  e  con  gli  Stati  ogni  qual  volta  che  tali  rapporti 
interessino  o  possano  interessare  la  società  intemazionale. 

Diritto  intemaxionale^  presa  la  parola  come  essa  suona,  denoterebbe  Diritto 
che  concerne  le  relazioni  tra  due  nazioni  o  più.  Tale  denominazione  non  cor- 
risponde quindi  ai  giusto  concetto  che  con  essa  s'intende  esprimere.  Non  si 
potrebbe  neanche  sostituirvi  T espressione  Diritto  interstatale,  perchè  questa 
denoterebbe  soltanto  il  Diritto  che  concerne  le  relazioni  tra  due  Stati  o  più. 
Neanche  potrebbe  essere  migliore  T espressione  Diritto  delle  genti  o  l'altra 
Diritto  deWumanità  o  Diritto  pubblico  estemo.  Meglio  sarebbe  denominarlo 
Diritto  del  Genere  Umano,  che  è  il  termine  collettivo  che  abbraccia  e  comprende 
tutti  gli  enti  riguardati  individualmente,  o  congiunti  tra  loro  da  un  vincolo  o 
da  una  ragione  comune,  i  quali  formano  il  Genere  umano. 

Partizione  generale. 

8.  Il  Diritto  intemazionale  ò  naturale  o  razionale,  e  positivo. 

3.  Il  Diritto  intemazionale  naturale  consiste  nel  complesso  delle 
regole  giuridiche  che  avuto  riguardo  alla  condizione  delle  persone 
che  coesistono  nella  magna  civitas  ed  alle  esigenze  storiche  e 
morali  la  ragione  umana  intende,  induce  ev  deduce  dai  princìpii 
della  giustizia  naturale,  come  le  più  adatte  ad  effettuare  l'ordinata 
convivenza,  ed  a  governare  i  rapporti  di  fatto  e  di  diritto  che  inte- 
ressino la  società  internazionale. 

I  principii  della  giustizia  naturale  esistono  nella  coscienza  del  popolo  e  si 
svolgono  a  grado  a  grado  mediante  la  cultura  e  la  civiltà.  La  ragione  li  intende 
0  li  comprende  come  norme  razionali  per  T  ordinato  sviluppo  di  ogni  rapporto, 
avuto  riguardo  alla  natura  del  rapporto  stesso,  ed  alle  esigenze  storiche  e  morali. 
In  ogni  ramo  del  Diritto  si  riscontra  quindi  un  periodo  di  lenta  elaborazione. 
Il  Diritto  positivo  ha  cominciato  coli' esistere  prima  come  precetto  razionale  o 
di  giustizia  naturale,  poi  ha  avuto  forma  di  legge. 

7  —  Fiore,  Dir.  intern.  codif. 


98  Princìpii  fondamentali 

Lo  stesso  fatto  si  è  yerificato  rispetto  al  Diritto  internazionale.  Le  norme 
razionali  per  l'ordinata  convivenza,  prima  ohe  fossero  state  ridotte  a  regole 
giuridiohe,  ed  accettate  dagli  Stati  come  norme  di  Diritto  positivo,  hanno 
seguita  la  legge  del  graduale  svolgimento  e  della  evoluzione,  e  la  loro  elabo- 
razione è  stata  l'opera  della  cultura  e  del  progresso.  I  Governi  per  altro  non 
hanno  disconosciuto  del  tutto  la  forza  obbligatoria  doi  precetti  del  Diritto  delle 
genti  razionale  o  naturale. 

Fin  dal  1753  il  Governo  inglese,  rispondendo  al  Governo  prussiano,  diceva: 

*  11  diritto  delle  genti  è  fondato  sulla  giustizia,  suH'equità,  sulla  convenienza 

*  e  sulla  ragione  delle  cose  e  confermato  dal  lungo  uso  ,.  Phillihore,  voi.  I, 
cap.  Ili,  §  20.  Vedi  il  manifesto  della  Gran  Brettagna  alla  Russia  del  1780  e 
la  Circolare  del  Governo  russo  alle  Potenze  alleate,  nella  mia  Opera  Diritto 
internazionale  pubblico^  voi.  I,  3'  edizione,  §  179.  Gonf.  Bluntschli,  Le  dr.  inL 
codifié,  Introduc,  e  regola  3.  Calvo,  Diritto  internazionale,  tom.  I.  Principes. 
Renault,  Introduc,  à  Vélude  du  Droit  intern.,  §§  1-19. 

Wheaton,  Droit  intem.,  chap.  I,  §  11.  definisce  il  Diritto  intemazionale  *  Ten- 

*  semble  des  règles  de  conduite  que  la  raison  déduit,  comme  étant  conformes 
'^  à  la  justice  de  la  nature  de  la  société  qui  eziste  parmi  les  nations  indépen- 

*  dantes  ,. 

Se  i  precetti  della  giustizia  naturale  non  dovessero  esercitare  alcuna  auto- 
rità nel  governare  la  condotta  degli  Stati  si  arriverebbe  ad  escludere  la  corou- 
nione  giuridica  fra  i  medesimi,  nel  caso  in  cui  le  regole  della  loro  condotta  non 
si  trovassero  stabilite  mediante  trattati:  lo  che  è  assurdo. 

4.  —  Sarà  considerata  conforme  ai  principii  del  Diritto  natu- 
rale ogni  regola  ammessa  dai  filosofi,  dai  sapienti,  dai  pubblicisti, 
dagli  statisti  o  dai  Governi  negli  atti  diplomatici,  e  quelle  sopra- 
tutto intomo  alle  quali  si  sono  formate  le  convinzioni  giuridiche 
popolari. 

Codesta  regola  trova  il  suo  fondamento  sul  concetto  espresso  da  Alberigo 
Gentile  che  cioè,  come  egli  dice,  i  veri  filosofi,  i  sapienti  veri  usano  ragionare 
secondo  il  Diritto  naturale.  Dejure  belli,  lib.  I,  cap.  I,  §  5.  Essa  fu  poi  ammessa 
più  largamente  da  Grozio  che  fondò  suiraccordo  universale  dei  filosofi,  storici, 
poeti,  oratori  le  regole  del  Diritto  delle  genti. 

Vico  considerò  le  convinzioni  giuridiche  popolari  come  il  fondamento  pre- 
cipuo del  Diritto  delle  genti.  *  Unite  più  nazioni  di  lingue  diverse  (egli  scrive) 
^  in  pensieri  conformi  per  cagioni  di  guerre,  di  alleanze  e  commerci,  nacque 

*  il  Diritto  naturale  del  genere  umano  da  idee  uniformi  in  tutte  le  nazioni 

*  intomo  alle  umane  necessità  e  utilità  di  ciascheduna  di  esse.  ,  Vedi  il  suo 
opuscolo  :  PrineipH  di  una  scienza  nuova  intomo  alla  natura  deUe  nazioni,  per 
li  qiMli  si  ritrovano  altri  principii  del  Diritto  naturale  delle  genti.  (Edizione 
di  12  fogli  fatU  a  Napoli  da  Felice  Mosca  nel  1725.) 

5.  —  Il  Diritto  internazionale  positivo  è  quello  stabilito  for- 
malmente in  virtù  della  volontà  degli  Stati  che  si  trovino  in  certi 
rapporti  e  che  mediante  il  loro  consenso  espresso  o  tacito  si  siano 
accordati  a  subordinarli  a  certe  regole  giuridiche. 


Frineipii  fondamentali  ^ 


Partizione  del  Diritto  internazionale  positivo. 

6.  —  II  Diritto  internazionale  positivo  si  divide  in  diritto  comune 
e  diritto  particolare. 

II  Diritto  comune  consiste  nelle  regole  giurìdiche  solennemente 
riconosciute  dagli  Stati  associati,  i  quali,  mediante  il  loro  con- 
senso espresso  o  tacito,  abbiano  attribuito  Tautorità  di  legge  ad 
una  data  regola  a  riguardo  dei  rapporti  ad  essa  soggetti. 

Gli  Stati  non  possono  ritenersi  sommessi  airautorità  di  alcuno  che  abbia 
rispetto  agli  altri  il  potere  di  far  leggi.  Spetta  alla  sovranità  degli  Stati  che 
trovansi  di  fatto  associati  di  riconoscere,  formulare  e  stabilire  le  regole  con- 
crete di  Diritto  internazionale  obbligatorie  per  essi,  attribuendo  alle  dette  regole 
l'autorità  di  legge  positiva. 

7.  —  Il  solenne  riconoscimento  di  una  regola  giuridica  da  parte 
degli  Stati  civili  vale  ad  attribuire  alla  regola  stabilita  Tautorità  di 
legge,  non  solo  rispetto  agli  Stati  che  l'abbiano  solennemente  rico- 
nosciuta, ma  a  quelli  altresì  che  in  seguito  vi  abbiano  fatto  adesione* 

8.  —  Deve  attribuirsi  l'autorità  dì  legge  positiva  alla  consue- 
tudìne  giuridica,  la  quale  risulta  dall'osservanza  costante  e  non 
equivoca  di  una  data  regola  da  parte  di  un  numero  considere- 
vole di  Stati,  a  riguardo  di  fatti  o  di  atti  di  comune  interesse. 

9.  —  Il  Diritto  positivo  particolare  è  il  complesso  delle  regole 
stabilite  fra  due  o  più  Stati  mediante  i  trattati  fra  di  loro  stipu* 
lati,  o  mediante  la  costante  reciproca  subordinazione  dei  loro  atti 
ad  una  data  norma  giuridica. 

Esso  deve  essere  reputato  come  legge  positiva  convenzionale 
stabilita  mediante  il  trattato  e  duratura  fino  a  tanto  ch'esso  debba 
reputarsi  in  vigore. 

10.  —  Si  deve  reputare  altresì  come  regola  di  Diritto  positivo 
ogni  regola  che  uno  Stato  stabilisca  con  atto  unilaterale  come 
norma  di  rapporti  internazionali.  Una  regola  cosi  stabilita  deve 
avere  la  stessa  autorità  di  ogni  legge  intema,  e  lo  Stato  non  può 
disconoscerne  la  forza  obbligatoria,  o  limitarne  arbitrariamente 
Vapplicazione,  fino  a  tanto  che  non  l'abbia  solennemente  abrogata. 


*^  Ptineipii  fondamentali 

Ogni  Stato  può  obbligarsi  con  atto  unilaterale  (legge  intema,  manifesto,  nota 
diplomatica  e  simili)  ad  osservare  certe  regole  di  Diritto  internazionale,  e 
quantunque  egli  non  possa  domandare  ed  esigere  a  reciprocità  T  osservanza 
della  stessa  regola  da  parte  degli  altri  Stati,  salvo  che  essi  non  si  siano  a  ciò 
obbligati  mediante  trattato,  pure  deve  ritenersi  obbligato  all'osservanza  costante 
della  regola  da  lui  proclamata  fino  a  tanto  che  non  abbia  revocato  Tatto  da 
lui  promulgato.  In  tali  evenienze,  quantunque  non  vi  sia  vera  e  propria  obbli- 
gazione giuridica  correspettiva,  evvi  non  per  tanto  vera  obbligazione  giurìdica  da 
parte  dello  Stato  che  spontaneamente  promise  e  contrasse  l'impegno  di  osser- 
vare una  data  regola.  Non  mancano  esempi  di  regole  di  Diritto  intemazioDale 
stabilite  con  atto  unilaterale  e  parecchi  ne  troviamo  nella  legislazione  italiana. 

Le  regole  di  Diritto  internazionale  adatte  a  determinare  la  competenza  legis- 
lativa rispetto  alla  condizione  degli  stranieri,  alla  loro  capacità,  ai  loro  rap- 
porti di  famiglia,  alla  loro  successione  e  via  dicendo,  trovansi  stabilite  nelle 
disposizioni  generali  del  nostro  codice  civile.  £sse,  quantunque  formino  parte 
del  Diritto  territoriale,  sono  non  di  meno  regole  vere  e  proprie  di  Diritto  inter- 
nazionale, alle  quali  il  legislatore  ha  attribuito  l'autorità  di  legge  positiva  a 
riguardo  dei  rapporti  internazionali  ad  esse  soggetti. 

Lo  stesso  va  detto  delle  regole  relative  all'autorità  estraterritoriale  dei  giu- 
dicati stranieri  in  materia  civile  che  trovansi  sancite  nel  Cod.  di  procedura 
civile,  tit.  zìi. 

Nella  legge  sulle  prerogative  del  Sommo  Pontefice  e  della  Santa  Sede  del 
13  maggio  1871,  trovansi  stabilite  alcune  regole  che  concernono  i  diritti  inter- 
nazionali del  Papa  e  della  Chiesa. 

Nel  regolamento  pel  servizio  delle  truppe  in  guerra  del  26  novembre  1883, 
trovansi  pure  stabilite  le  regole  di  Diritto  internazionale  in  tempo  di  guerra, 
che  sono  obbligatorie  per  l'esercito  e  l'armata  italiana,  e  taciamo  di  parecchie 
altre.  Tutte  cotesto  regole  di  Diritto  internazionale,  e  quelle  che  trovansi  nelle 
altre  parti  della  legislazione  nostra,  costituiscono  il  Diritto  intemazionale  parti- 
colare dello  Stato  italiano,  al  quale  la  sovranità  con  atto  unilaterale  ha  attri- 
buita l'autorità  di  legge  positiva  rispetto  alle  persone  che  sono  soggette  al  sno 
imperio,  e  rispetto  ai  tribunali  italiani  i  quali  sono  tenuti  ad  applicarle  quando 
si  tratti  di  risolvere  controversie  di  Diritto  intemazionale  relative  alle  materie, 
alle  quali  le  regole  sancite  dal  nostro  legislatore  si  riferiscono. 


Forza  obbligatoria  del  DiHtto  internazionale. 

11.  —  Le  regole  di  Diritto  internazionale  positivo  devono  avere 
autorità  imperativa  a  riguardo  di  tutti  gli  Stati  che  le  abbiano 
riconosciute,  e  la  stretta  osservanza  delle  medesime  deve  essere 
considerata  come  un  diritto  e  un  dovere  reciproco,  fino  a  quando 
gli  Stati  medesimi  non  le  abbiano  con  atto  solenne  revocate. 

12.  —  Ogni  qual  volta  che  una  data  regola  sia  stata  solenne* 
mente  riconosciuta  dagli  Stati  riuniti  in  Congresso,  non  lice  ad 
una  delle  parti  di  disconoscerne  la  forza  obbligatoria  o  di  repu- 


Frincipii  fondamentali  101 

tarsi  esonerata  dalFosservarla  o  di  modificarne  la  portata,  senza 
il  consentimento  espresso  delle  altre  parti  contraenti. 

II  fondamento  di  codesta  regola  riposa  sul  concetto  che  il  solenne  rìcono- 
scimenlo  di  nna  regola  giuridica  da  parte  degli  Stati  civili,  che  Tabbiano  sta- 
bilita in  congresso  o  che  in  seguito  vi  abbiano  fatto  adesione,  deve  valere 
ad  attribuire  alla  regola  stabilita  Tautorità  del  Diritto  positivo  ed  a  porre  quella 
data  regola  giuridica  sotto  la  tutela  collettiva  degli  Stati  medesimi  che  Tab- 
biano  proclamata.  Conseguentemente  uno  Stato  che,  avendo  riconosciuta  Tan- 
torità  di  una  data  legge,  si  proponesse  poi  di  non  osservarla  rispetto  alFuno 
o  all'altro  degli  Stati  firmatari,  non  violerebbe  soltanto  il  diritto  dello  Slato 
rispetto  al  quale  si  proponesse  di  compiere  Ja  violazione,  ma  violerebbe  bensì 
il  diritto  di  tutte  le  Parti  firmatarie,  perchò  il  solenne  impegno  di  rispettare 
una  data  regola  deve  ritenersi  preso  a  riguardo  di  tutte  le  parti  contraenti. 

La  mentovata  regola  trovasi  stabilita  nella  dichiarazione  fatta  dai  plenipo- 
tenziari nella  conferenza  di  Londra  del  17  gennaio  1871  circa  la  forza  obbli- 
gatoria dei  trattati  generali. 

Vedi  inoltre  le  regole  circa  la  tutela  giuridica  del  Diritto  comune  reg.  25, 28. 
Il  discorso  di  Colden,  voi.  II,  pag.  300,  e  la  mia  opera  Dir.  pubh.  inter,, 
voi.  I,  §  57072. 

13.  —  Neirapplicare  le  regole  di  Diritto  internazionale  positivo 
non  è  lecito  attribuirvi  altro  senso,  che  quello  che  risulta  mani- 
festamente dal  significato  proprio  delle  parole,  avuto  riguardo  alla 
connessione  delle  medesime  ed  alla  chiara  ed  esplicita  intenzione 
delle  parti.  Dovrà  non  per  tanto  considerarsi  obbligatoria  la  stessa 
regola  per  i  casi  analoghi. 

14.  —  Le  regole  di  Diritto  intemazionale  naturale  o  razionale 
devono  avere  la  stessa  autorità  imperativa  che  i  principii  della 
giustizia  naturale.  Non  potrà  reputarsi  quindi  in  balìa  ed  arbìtrio 
di  ciascuno  Stato  l'osservare  o  non  osservare  le  dette  regole,  non 
potendosi  nessuno  sottrarre  all'adempimento  dei  doveri  di  giustizia 
naturale. 

15.  —  Incombe  sopratutto  agli  Stati  civili  di  ritenere  ognora 
obbligatoria  per  essi,  in  ogni  rapporto  che  concerne  la  società 
internazionale,  la  regola  che  sia  la  più  conforme  ai  principii  razio- 
nali del  Diritto  internazionale,  avuto  riguardo  alle  particolari  cir- 
costanze con  diligenza  accertate  e  maturamente  ponderate. 

Godeste  due  regole  mirano  a  prevenire  il  deplorevole  equivoco,  che  cioè  tutto 
quello  che  non  possa  reputarsi  stabilito  come  diritto  e  dovere  reciproco  degli 
Stati  in  forza  dei  solenni  impegni  da  essi  assunti  mediante  trattati  od  altri- 
menti, debba  reputarsi  nel  campo  del  loro  arbitrio.  Che  quindi  ciascuno  a  suo 
piacimento  possa  osservare  o  non  osservare  le  regole  dettate  dalla  giustizia 


102  Principìi  fondamentali 

natu/ale,  e  che  Tosser^anza  delle  medesime  (quando  aYTenga)  passa  reputarsi 
come  UQ  atto  di  cortesia  {Comitaa  gentium). 

Sa  tale  inesatto  concetto  si  sono  fondati  alcuni  scrittori  per  sostenere,  che 
quando  manca  un  trattato  generale  o  particolare,  che  è  senza  dubbio  il  titolo 
giurìdico  perfetto  da  cui  deriva  il  diritto  e  il  dovere  giuridico  reciproco  di  esi- 
gere l'osservanza  delle  regole  stipulate,  ciascuno  Stato  possa  a  piaci  memo 
rispettare  o  non  rispettare  il  Diritto  internazionale,  e  che  il  rispettarlo  debba 
reputarsi  come  suggerito  dalla  eomitas  gentium.  Vedi  in  questo  senso  Foelix» 
Traile  de  Dr.  int.  prive,  chap.  3.  n.  9,  11,  v.  I. 

Accolgono  lo  stesso  erroneo  concetto  tutti  gli  scrittori,  che  nel  determinare 
i  diritti  ed  i  doveri  internazionali  degli  Stati  fanno  una  distinzione  tra  i  diritti 
perfetti  e  i  diritti  imperfetti,  e  che  considerano  come  diritto  perfetto  quello 
che  si  fonda  sulla  legge,  e  quello  poi  a  cui  uno  Stato  non  sia  obbligato  per 
trattato,  dicono  che  trovasi  nel  campo  della  libertà,  e  lo  reputano  come  materia 
della  comitas.  Vedi  Travers  Twiss,  The  law  of  nation9f  Part.  ]\  chap.  I,  §  13. 

L'osservanza  dei  precetti  della  giustizia  naturale  non  può  reputarsi  nel  campo 
vero  e  proprio  deirarbitrio,  né  può  ammettersi  che  sia  in  balia  di  ciascuno  il 
rispettare  o  non  rispettare  i  precetti  della  giustizia  naturale.  Incombe  così  agli 
individui  come  agli  Stati  di  riconoscere  la  loro  autorità  e  la  loro  forza  obbli- 
gatoria, e  l'osservanza  dei  medesimi  non  è  un  atto  di  cortesia,  ma  un  dovere 
giuridico  naturale. 

L'obbligazione  di  rispettare  i  principii  del  Diritto  internazionalei  tanto  nei 
loro  rapporti  reciproci  che  nei  loro  rapporti  cogli  altri  Stati,  trovasi  stabilita 
dalle  cinque  grandi  Potenze  europee  nel  Congresso  di  Aquisgrana,  colla  dichia- 
razione del  15  novembre  1818,  che  suona  così:  *  Les  Souverains,  en  formant 

*  cette  union  auguste,  ont  regardé  comme  la  base  fondamentale  leur  invariabie 

*  résolution  de  ne  jamais  s'écarter  ni  entre  euz  ni  dans  leurs  relations  avec 
'^  d'autres  États,  de  l'observatìon  la  plus  stricte  des  principes  du  Droit  dee  gens, 

*  principes  qui,  dans  leur  application  à  un  état  de  paix  permanent,  peuvent 
'  seuls  garantir  effìcacement  l'indépendance  dexbaquc  guuvernement  et  la  sta- 

*  bìlité  de  l'association  generale  ,. 


Della  ^  comitas  gentium 


»• 


16.  —  Può  ritenersi  fondata  sulla  comitas  gentium  ogni  regola 
che  non  sia  stabilita  dal  Diritto  internazionale  positivo  comune, 
convenzionale  o  particolare,  e  che  non  derivi  dai  principii  della 
giustizia  naturale,  ma  che  consista  neiradempimento  di  certi  usi 
conformi  alle  reciproche  utilità  degli  Stati,  ed  ai  loro  amichevoli 
rapporti,  sempre  che  essi  non  siano  in  opposizione  col  Diritto 
internazionale. 

17.  —  Ogni  Stato  che  {oh  comitatem)  abbia  volontariamente  osser- 
vato certe  norme  di  condotta  rispetto  ad  un  altro  Stato,  può  esi- 
gere che*  questi  osservi  la  regola  delle  reciprocità  nelle  stesse 


Frineipii  fondamentali  ^^ 

circostanze.  Esso  però  non  può  accampare  un  diritto  perCetto  a 
riguardo  di  ciò. 

18.  —  Incombe  agli  Stati  di  farsi,  durante  la  pace,  il  massimo 
bene,  senza  nuocere  ai  loro  interessi:  di  aiutarsi  con  reciproca 
benevolenza,  e  di  cooperare  ad  accrescere  le  utilità  generali  ogni 
qual  volta  che  ciò  possa  essere  fatto,  senza  arrecare  alcun  nocu- 
mento diretto  o  indiretto  alla  prosperità  del  popolo. 

19.  —  Dovrà  ritenersi  ognora  obbligatorio  fra  gli  Stati  civili 
{ob  comitatem)  Tadempimento  d'ogni  dovere  che  possa  ritenersi  fon- 
dato sui  principii  della  morale  sociale.  Esso  deve  però  reputarsi 
ognora  un  obbligo  morale. 

Le  regole  sopra  stabilite  mirano  a  determinare  la  cerchia,  dentro  la  quale 
deve  valere  tra  gli  Stati  la  comitas  gentium.  Oltre  i  doveri  giuridici  che  hanno 
per  base  il  diritto  positivo,  ed  i  doveri  naturali  che  hanno  per  base  i  precetti 
della  giustizia  naturale,  in  forza  dei  quali  uno  può  esigere  da  un  altro  che  esso 
faccia  o  non  faccia,  dia  o  presti  una  determinata  cosa,  che  ò  Tobbietto  deirobbli- 
gazione  naturale,  vi  sono  pure  tra  gli  Stati  doveri  morali  ed  altri  fondati  sulle 
reciproche  utilità.  D  precetto  di  Ulpiano,  honetie  invere,  che  stabilisce  la  base  ra- 
zionale dell*equilibrio  di  tutte  le  attività,  deve  valere  sia  a  riguardo  degrindividui 
che  a  riguardo  degli  Stati.  I  doveri  che  derivano  dalla  morale  sono  più  estesi  di 
quelli  che  derivano  dalla  legge  e  dal  Diritto  naturale.  Non  omne  quod  licet  hone- 
8tum  est.  L.  144,  Dig.  50, 17.*  Si  le  Droit  a  le  méme  centre  que  la  morale,  il  n'a  pas 
la  m6me  circonférence.  „  Bentham,  Tratte  de  lég,  eiv,  et  pén,,  T.  I,  eh.  XII,  p.  93, 

L'adempimento  di  cotesti  doveri  può  essere  compreso  più  o  meno  largamente, 
secondo  che  più  o  meno  largamente  s'intendono  i  principii  della  morale  sociale. 
La  civiltà  e  la  cultura  tendono  ad  allargarne  la  portata.  Tali  sono  ì  doveri  di 
reciproca  assistenza  in  caso  dlndigenza  e  di  pubbliche  calamità  :  il  dovere  di 
mutuo  soccorso  e  gli  altri  ai  quali  si  riferiscono  le  regole  del  tit.  IX,  lib.  I. 

Vi  sono  altri  doveri  che  derivano  dalla  reciproca  utilità,  essi  trovano  la  loro 
base  sugli  usi  intemazionali.  Questi  non  hanno  forza  giuridica  obbligatoria, 
così  come  Tha  la  consuetudine  intemazionale:  però  l'osservanza  degli  usi  si 
impone  in  considerazione  dell'utilità  che  può  ricavare  ogni  Stato  che  li  osservi 
dall'osservanza  degli  stessi  usi  da  parte  degli  altri,  e  per  prevenire  una  ritor- 
sione o  per  non  vedere  sospendere  quei  dati  usi,  che  si  abbia  interesse  di  con- 
servare, o  a  fine  di  evitare  che  la  sospensione  dì  un  uso  potesse  essere  interpre- 
tata  come  una  manifestazione  ostile  verso  una  nazione  amica.  Tali  sono,  a  modo 
d'esempio,  gli  usi  che  si  osservano  nelle  visite  che  si  fanno  ai  sovrani,  nel 
ricevimento  degli  agenti  diplomatici  e  via  dicendo  :  gli  usi  relativi  all'approdo 
ed  alla  visita  dei  vapori  postali  e  via  dicendo. 

Altre  regole  di  condotta  sono  fondate  sul  cerimoniale  diplomatico,  e  le  regole 
che  in  virtù  di  esso  sono  dichiarate  reciprocamente  obbligatorie,  hanno  la  stessa 
forza  che  la  civiltà  attribuisce  alle  regole  di  cortesia. 

20.  —  Nessuno  Stato  può  costringere  un  altro  ad  osservare 
le  regole  della  comitas  gentium,  né  Tuno  può  considerare  la  non 


*^*  PrincipU  fondamentali 

osservanza  da  parte  dell'altro  come  ingiuriosa  ed  ostile.  Tale 
fatto  legittimerà  soltanto  la  ritorsione. 


Impero  e  portata  del  Diritto  internazionale. 

m 

21.  —  Il  Diritto  internazionale  dev'essere  considerato  come  leppo 
comune  del  genere  umano  e  deve  mirare  all'organizzazione  giu- 
ridica dell'umanità. 

Il  genere  umano  è  il  termine  collettivo  che  abbraccia  e  comprende  tutU  gli 
enti  isolatamente  presi  o  congiunti  tra  loro,-  i  quali  vìvono  nella  società  delle 
società  che  dicesi  umanità. 

Nessuno  degli  enti  umani,  siano  essi  enti  individui,  come  è  Tuomo;  siano 
essi  enti  morali  (quelli  cioè  che  risultano  da  un  numero  più  o  meno  grande 
di  uomini  congiunti  tra  loro  da  una  causa,  da  un  fine  o  da  una  ragione  comune), 
può  trovarsi  fuori  della  comunione  giuridica,  che  ha  per  base  la  natura  umana 
e  che  deve  comprendere  ed  abbracciare  tutti  gli  enti,  che  hanno  natura  e  con- 
dizione umana. 

Gli  Stati,  trovandosi  in  rapporti  di  fatto,  sentono  a  preferenza  la  necessità 
di  stabilire  fra  di  loro  una  comunione  giuridica,  questa  deve  però  abbracciare 
anche  i  rapporti  che  intercedono  tra  le  aggregazioni  di  uomini,  qualunque  sia 
la  causa  e  la  ragione  del  loro  congiungimento,  in  quello  che  tali  rapporti  pos- 
sono interessare  Tordinamento  giuridico  della  società  delle  società,  vale  a  dire 
deirumanità.  La  civiltà  ed  il  commercio  tendono  ad  allargare  incessantemente 
i  rapporti  di  fatto  tra  tutti  coloro  che  abitano  le  diverse  parti  del  mondo,  ed 
a  rivendicare  a  riguardo  di  tutti  gli  uomini  il  rispetto  dei  diritti  che  spettano 
alla  natura  umana  come  tale.  L'organamento  giuridico  d'ogni  forma  di  atti- 
vità, che  può  interessare  il  genere  umano,  questa  deve  essere  l'ultima  mèta 
del  Diritto  internazionale. 

22.  —  Il  Diritto  internazionale  sarà  applicato  a  tutti  gli  Stati 
che  si  trovino  in  attuale  società  di  fatto,  qualunque  sia  la  loro 
costituzione  politica  e  la  loro  confessione  religiosa:  a  tutti  gli 
uomini,  qualunque  sia  la  loro  razza  e  la  diversità  del  loro  colore  : 
a  tutti  i  rapporti  che  vengano  a  nascere  in  qualunque  parte  del 
mondo,  sempre  che  essi,  per  la  loro  natura  e  per  il  loro  sviluppo, 
interessino  la  società  internazionale  e  che  possano  cadere  sotto 
l'impero  della  legge  che  deve  governarla. 

Gli  Stati,  non  potendo  nessuno  di  essi  vivere  nella  condizione  desolamento, 
si  trovano  necessariamente  in  rapporto  ed  in  società  di  fatto,  lo  che  rende 
indispensabile  di  riconoscere  e  di  stabilire  a  riguardo  di  essi  sopratutto  la 
comunione  giuridica,  senza  della  quale  la  loro  società  di  fatto  non  potrebbe 
sussistere,  mantenersi  e  prosperare. 

Vi  sono  per  altro  rapporti  che  intercedono  tra  uomini  abitanti  le  diverse 


Prineipii  fondamentali  105 

regioni  del  mondo,  qnalnnque  aia  la  loro  orìgine,  e  tra  le  aggregazioni  di  uomini, 
qualunque  sia  la  causa  del  loro  congiungimento,  i  quali  interessano  o  possono 
interessare  Tordinamento  giurìdico  della  società  delle  società,  e  codesti  rap- 
porti devonsi  pure  ritenere  compresi  nella  comunione  giurìdica  deirumanitlu 
Nei  tempi  antichi  la  comìinione  giurìdica  non  fu  ammessa  tra  le  genti  che 
non  appartenevano  alla  stessa  patrìa  o  che  non  professavano  la  medesima  fede 
(Vedi  Jntrod.,  n*  3).  Il  Diritto  intemazionale  fu  quindi  limitato  agli  Stati  crì- 
stiani.  Fu  dopo  il  Congresso  di  Westfalia  che  esso  fu  reputato  applicabile  a 
tutti  i  popoli  senza  considerazione  della  loro  confessione  religiosa.  In  seguito 
esso  fa  considerato  come  il  diritto  esclusivo  degli  Stati  civili  e  denominato 
Diritto  intemazionale  europeo.  Oggi  nessuno  degli  Stati  delPAsia,  deir Africa 
e  delle  altre  regioni  del  mondo,  è  reputato  fuori  della  comunione  giuridica,  e 
conseguentemente  il  Diritto  internazionale  (salvo  le  limitazioni  ammesse  per 
le  sue  applicazioni  in  considerazione  delle  condizioni  storiche  e  morali  delle 
genti,  alle  quali  va  applicato)  ha  esteso  il  suo  impero  rispetto  a  tutte  le  genti 
che  abitano  le  diverse  regioni  del  mondo,  ed  ha  acquistato  il  suo  carattere 
vero,  quello  cioè  di  Diritto  delFumanità  o  Diritto  del  genere  umano. 

23.  —  Il  dominio  pieno  ed  intero  del  Diritto  internazionale 
sulla  base  della  perfetta  eguaglianza  giuridica  dovrà  di  fatto  rite- 
nersi limitato  a  quegli  Stati  presso  i  quali,  in  considerazione  della 
loro  cultura  e  civiltà,  devono  reputarsi  sviluppati  i  prineipii  giu- 
ridici fondamentali,  che  sono  indispensabili  ad  effettuare  tra  di  essi 
la  comunità  di  diritto. 

24.  —  ,Uno  Stato,  il  quale,  o  per  la  mancanza  di  cultura  o  di 
pregiudizi  tradizionali,  o  per  la  sua  costituzione  politica,  o  per  gli 
usi  e  credenze  religiose,  non  si  trovi  in  condizioni  tali  da  potere 
garentire  il  rispetto  e  l'osservanza  del  Diritto  intemazionale,  non 
potrà  domandarne  l'applicazione  con  perfetta  eguaglianza,  fino  a 
tanto  che  esso  non  abbia  mutato  l'ordinamento  interno  siffatta- 
mente da  poter  essere  reputato  in  grado  di  mantenere  e  tutelare 
il  rispetto  delle  regole  di  Diritto  intemazionale  e  di  poter  dare  suf- 
ficiente garanzia  per  questo. 

Nessuno  può  disconoscere  che  sono  notabili  le  gradazioni  di  cultura  nei  vari 
paesi  del  mondo,  dal  che  proviene  che  manchi  di  fatto  la  comunione  giuridica 
completa  fra  tutte  le  genti  che  fanno  parte  del  genere  umano.  Aggiungiamo 
che  cotesta  comunione  non  potrà  mai  essere  effettuata  in  modo  eguale  ed  uni- 
forme rispetto  a  tutti,  perchè  mai  potrà  arrivare  il  tempo,  in  cui  la  civiltà  e 
la  cultura  siano  diffuse  in  modo  uniforme  in  tutte  le  regioni  del  mondo.  La 
storia  ci  ammaestra  e  ci  insegna,  che  la  civiltà  descrive  pure  le  sue  parabole, 
che  il  nostro  Vico  espose  nei  suoi  profondi  studi  sul  corso  e  ricorso  delle 
nazioni.  Da  questo  ne  consegue,  che  la  comunione'giuridica  può  di  fatto  rite- 
nersi completa  rispetto  a  certi  paesi  che  si  trovano  a  un  certo  livello  di  cui- 
tura  e  di  civiltà,  e  che  deve  invece  ritenersi  di  fatto  limitata  rispetto  agli  altri 


Iw  Principi i  fondamentali 

che  non  sono  tuttora  pervenuti  a  quel  certo  livello  di  coltura  e  di  civiltà.  È 
però  un  fatto  che,  siccome  si  allarga  la  base  dei  reciproci  bisogni  economici  e 
4;ommerciali  tra  i  popoli  che  abitano  le  diverse  regioni  del  mondo,  così  si  allarga 
il  campo  della  loro  comunità  e  si  estende  altresì  la  portata  del  Diritto  inter- 
nazionale. 

25.  —  Incombe  agli  Stati  civili  di  favorire  lo  sviluppo  a  grado 
a  grado  delFimpero  del  Diritto  intemazionale  in  tutte  le  regioni 
del  mondo,  assoggettando  ad  esso  i  rapporti  che  si  vanno  a  mano 
a  mano  stabilendo  tra  i  popoli  civili  e  gl'incivili. 


Tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale. 

26.  —  Il  Diritto  intemazionale  deve  essere  reputato  sotto  la 
protezione  giuridica  e  la  tutela  collettiva  degli  Stati,  che  vivono 
in  società  di  fatto.  Incombe  ai  medesimi  di  assicurarne  il  rispetto 
e  di  ripristinarne  l'autorità  in  caso  di  arbitraria  violazione,  coi 
mezzi  legali  di  procedura  che  saranno  stabiliti  al  Libro  IV. 

27.  —  Alla  tutela  del  Diritto  particolare  potranno  provvedere 
le  parti  medesime,  che  lo  avranno  stabilito,  mediante  le  procedure 
legali  concordate,  purché  queste  siano  permesse  secondo  il  Diritlo 
internazionale,  o  non  siano  in  contraddizione  con  esso. 

28.  —  L'osservanza  delle  regole  fondate  sulla  comitas  gentium 
non  può  essere  assicurata  mediante  qualche  procedimento  legale. 
Può  però  essere  biasimato  uno  Stato  che  senza  giustificate  ragioni 
non  le  abbia  osservate. 

29.  —  Incombe  agli  Stati  civili  di  provvedere  ad  assicurare  il 
rispetto  del  Diritto  internazionale  ed  a  ripristinarne  l'autorità  in 
caso  d'arbitraria  violazione,  mediante  istituzioni  giuridiche  adatte 
e  che  mirino  ad  evitare  fra  di  loro  la  necessità  della  guerra. 

Le  reg;ole  proposte  mirano  a  stabilire  in  massima  come  debba  essere  prov 
veduto  alla  sanzione  del  Diritto  internazionale  a  fine  di  assicurarne  il  rispetto 
e  di  provvedere  a  ripristinarne  Tautorità  in  caso  di  violazione.  Àgli  Stati  in- 
combe il  dovere  solidale  di  prevenire  ed  impedire  la  violazione  del  Diritto 
internazionale,  e  le  regole  relative  trovansi  esposte  al  titolo  IX  del  Libro  L 
l  metodi  poi  che  devono  reputarsi  adatti  per  ripristinare  Tautorità  del  Diritto, 
e  le  regole  concrete  relative  al  procedimento  che  potrà  reputarsi  efficace  a 
coDset?uìre  lo  scopo,  saranno  determinati  ed  esposti  al  Libro  IV,  che  a  tale 
materia  si  riferisce. 


Frincipii  fondamentali  107 

La  scienza  del  Diritto  intemazionale. 

30.  —  La  scienza  del  Diritto  internazionale  è  quella  che,  stu- 
diando la  natura  dei  rapporti  che  derivano  dalla  coesistenza  degli 
Stati  e  dai  fatti  che  possono  interessare  la  società  internazionale, 

ricerca,  determina  e  formula  le  regole  giuridiche  le  più  adatte  a 
governarli. 

31.  —  Incombe  allo  scienziato  di  procedere  con  metodo  filo- 
sofico storico  e  di  giovarsi  dell'induzione  e  della  deduzione  per 
trovare  nell'ordinamento  giuridico  del  passato  e  del  presente  Tad- 
dentellato  dei  progressi  futuri  del  Diritto  internazionale. 


108  Libro  I.  -  Delie  persone 


LIBRO  I. 


DELLE   PERSONE 

E  DEGLI  ENTI  SOGGETTI  AL  DIFUTTO  INTERNAZIONALE 


PARTE    GENERALE. 


DIRITTI   INTERNAZIONALI    DELLE    PERSONE    E   DEGLI    ENTI. 

9. 


A  chi  possa  essere  attribuito  il  carattere  di  persona. 

32.  —  Deve  reputarsi  persona  della  società  internazionate  ogni 
ente  che  ha  l'individualità  Jwre  suo  ed  indipendente  dal  Diritto 
territoriale:  una  sfera  di  azione  che  può  estendersi  in  tutte  le 
regioni  dell'universo,  e  la  capacità  di  essere  soggetto  al  Diritto 
internazionale. 

33.  —  Ogni  persona  della  società  internazionale  che  esiste  jure 
suo,  deve  riconoscere  nelle  sue  relazioni  colle  altre  l'autorità  del 
Diritto  internazionale,  che  deve  governare  l'acquisto  e  l'esercizio 
dei  diritti  internazionali  e  l'adempimento  delle  reciproche  obbli- 
gazioni giuridiche. 

Lo  Stato  è  persona. 

34.  —  Lo  Stato  è  di  pieno  diritto  persona  della  magna  civitas, 
e  deve  ritenersi  naturalmente  soggetto  al  Diritto  internazionale, 
e  dotato  della  capacità  nelle  sue  relazioni  cogli  altri  Stati  d'acqui- 
stare e  di  esercitare  i  diritti  internazionali  che  a  lui  appartengono 
come  Stato  ed  adempiere  le  proprie  obbligazioni  giuridiche. 


Parte  generali  lOO 

36.  —  Dev'essere  riputato  Stato  la  società  politica  formata  da 
una  considerevole  moltitudine  di  uomini,  abitanti  un  determinato 
territorio  e  subordinati  alla  suprema  potestà  del  sovrano,  il  quale 
abbia  il  potere  ed  i  mezzi  adatti  a  mantenere,  mediante  la  legge, 
l'ordinamento  politico  dell'associazione,  e  a  tutelare  il  diritto  dei 
consociati,  e  capace  di  assumere  la  responsabilità  dei  propri  atti 
nelle  sue  relazioni  internazionali. 


Li  uomo  e  la  Chiesa  sono  persone  della  società  internazionale. 

36.  —  Devono  reputarsi  altresì  come  persone  della  magna  civitas 
l'uomo  e  la  Chiesa. 

37.  —  S'intende  per  Chiesa  una  considerevole  moltitudine  di 
uomini  sparsi  nelle  diverse  regioni  del  mondo  e  spontaneamente 
e  liberamente  uniti  in  consorzio  religioso  dal  vincolo  della  fede 
comune,  sotto  la  suprema  autorità  di  un  capo,  che  mantenga  la 
unità  del  dogma  e  della  credenza  rispetto  a  tutti,  e  che  provveda 
al  governo  dell'associazione  senza  mezzi  coercitivi. 

La  condizione  sostanziale  affinchè  un  ente  possa  essere  reputato  persona  è 
questa,  che  cioè  esso  abbia  VìndìvidnsAìik  jure  suo:  e  volontà,  libertà  e  capa- 
cità di  avere  rapporti  o  relazioni  giuridiche  cogli  altri  enti,  che  fanno  parte 
della  medesima  società. 

Lo  Stato  ha  rindividualità  jure  suo,  che  proviene  dalla  sua  costituzione  poli- 
tica come  Stato,  ed  ognuno  ammette  che  debba  essere  reputato  come  persona 
della  magna  civitas.  Anzi  Taforìsmo  accettato  dalla  generalità  si  è  che  lo  Stato 
soltanto  possa  essere  considerato  come  persona  della  magna  civitas. 

Un  primo  ostacolo  s'incontra  neiram mettere  che  Tuomo  possa  essere  repu- 
tato persona  di  fronte  al  Diritto  internazionale.  Tale  ostacolo  si  spiega  per 
altro  se  si  consideri,  che  per  ammettere  il  concetto  che  Tuomo  è  persona  o 
soggetto  di  diritto  jure  suo  di  fronte  al  Diritto  pubblico  interno  occorse  prima 
tutta  la  evoluzione,  da  cui  nacque  poi  la  rivoluzione  fatta  per  rivendicare  i 
diritti  deiruomo  di  fronte  al  potere  onnipotente  dello  Stato. 

Mettendo  da  parte  Taforismo  e  spingendo  lo  sguardo  addentro  si  deve  ammet- 
tere che  Tuomo  sia  naturalmente  persona  di  fronte  al  Diritto  civile,  di  fronte 
al  Diritto  pubblico,  e  altresì  di  fronte  al  Diritto  internazionale.  Dovrebbe  infatti 
ognuno  attentamente  considerare  che  dal  momento  che  Tuomo  esiste,  egli  esiste 
come  individuo  dotato  di  libertà  e  di  attività  e  capace  di  entrare  in  rapporti 
non  soltanto  cogli  altri  uomini,  e  col  Governo  del  paese  cui  egli  appartiene 
come  cittadino,  ma  bensì  cogli  uomini  e  coi  Governi  dei  paesi  stranieri.  La 
sua  attività  può  infatti  esplicarsi  senza  limitazioni  territoriali. 

Ora  non  si  può  al  certo  sostenere  che  Tuomo,  in  tutte  le  forme  di  rapporti 


1 10  Libro  L  •  Delle  persone 

nazionali  e  internazionali,  non  debba  essere  reputato  sempre  come  soggetto 
di  diritti.  Bisogna  conseguentemente  ammettere,  che  TindiTìduo,  il  quale  abbia 
natura  umana  dev'essere  reputato  come  persona  di  fronte  al  Diritto  intemazio- 
nale, essendoché  esso  nelle  relazioni  internazionali  è  sempre  soggetto  di  diritto. 

Dicendo  che  l'uomo  sia  persona  di  fronte  al  Diritto  intemazionale,  non  si 
intende  al  certo  di  dire  che  esso  sia  persona  così  come  è  persona  lo  Stato,  o 
che  esso  possa  acquistare  ed  esercitare  nella  società  internazionale  i  diritti 
che  appartengono  allo  Stato  o  assumere  e  mantenere  le  obbligazioni  ginri- 
<iiche  internazionali  così  come  lo  Stato  può  fare.  É  persona  lo  Stato  ed  è 
persona  Tuomo  di  fronte  al  Diritto  internazionale;  ma  siccome  altra  cosa  è 
la  personalità  dello  Stato  e  ben  altra  cosa  è  la  personalità  dell'uomo,  cosi  i 
diritti  internazionali  che  appartengono  all'uno  e  all'altro  e  che  riposano  sulla 
base  della  loro  natura  e  della  loro  personalità,  sono  distinti  e  diversi. 

Nessuno  può  negare  che  all'uomo  debbano  essere  attribuiti  certi  diritti  che 
trovano  per  base  la  natura  umana  e  che  devono  reputarsi  indipendenti  dalla 
fiua  condizione  di  cittadino  di  uno  Stato  determinato.  Nessuno  conseguente- 
mente deve  disconoscere  che  l'uomo  deve  essere  reputato  soggetto  rispetto  a 
tutti  quei  diritti,  che  trovano  per  base  la  natura  umana,  e  siccome  rispetto  ad 
«ssi  deve  essere  reputato  soggetto  senza  limitazioni  territoriali,  così  riesce 
chiaro  che  l'uomo  pure  deve  essere  reputato  persona  della  magna  eivUas. 

Maggiore  resistenza  s'incontra  nell'ammettere  che  la  Chiesa  possa  essere 
considerata  come  persona  della  magna  civitas.  Il  nostro  concetto,  che  meglio 
sarà  determinato  in  seguito,  può  ingenerare  una  deplorevole  confusione  se  uno 
non  si  ponga  bene  in  mente  quale  sia  giustamente  ed  esattamente  la  nozione 
della  personalità  che  s'intende  attribuire  alla  Chiesa.  Dicendo  noi  che  ò  per- 
sona la  Chiesa  e  che  è  persona  lo  Stato,  non  intendiamo  dire  che  vi  sia  o  che 
vi  possa  essere  qualche  cosa  di  comune  fra  l'una  e  l'altro  rispetto  alla  propria 
cerchia  giuridica  ed  alla  capacità  che  all'una  e  all'altro  può  essere  attribuita. 
Niente  affatto.  Diciamo  bensì  che  essa  è  persona  di  fronte  al  Diritto  inter- 
nazionale nel  senso  cioè  che,  siccome  essa  è  un'istituzione  che  esiste  Jur^  suo 
ed  indipendentemente  dal  Diritto  territoriale:  che  ha  come  tale  la  propria 
individualità  ed  una  sfera  di  attività  che  non  può  essere  ristretta  in  una  deter- 
*  minata  regione,  ma  che  può  estendersi  bensì  in  ogni  parte  del  mondo,  così 
deve  ritenersi  jure  suo  soggetta  al  Diritto  internazionale  e  capace  nelle  sue 
relazioni  cogli  Stati  di  acquistare  ed  esercitare  i  diritti  internazionali  che  ad 
essa  appartengono  come  consorzio  di  uomini  associati  dalla  stessa  credenza  reli- 
giosa. Cotesti  diritti  sono  determinati  alla  reg.  57  e  al  titolo  XI,  Parte  speciale, 
di  questo  libro. 

11  giusto  concetto  è  stato  alterato  e  frainteso  da  coloro  che  ci  hanno  voluto 
attribuire  un'opinione  che  non  abbiamo  mai  sostenuta,  che  cioè  la  Chiesa 
debba  essere  reputata  jure  suo  una  persona  giuridica  internazionale.  U  profes- 
sore Scaduto  ha  falsato  il  nostro  concetto  fondandosi  su  tale  deplorevole  eqoi* 
voco,  e  non  ha  avvertito  che  abbiamo  sempre  ed  espressamente  sostenuto  che 
nessuna  Chiesa,  compresa  la  Cattolica,  può  essere  reputata  come  persona 
giuridica,  vale  a  dire  colla  capacità  di  esercitare  diritti  patrimoniali,  se  tale 
capacità  non  venga  ad  essa  attribuita  dal  sovrano  dello  Stato  ed  in  forza  del 
Diritto  territoriale.  Vedi  la  nota  alla  regola  31  della  1*  edizione  Diritto  intema- 
zionale codif.,  le  regole  441,  442,  456,  464,  465  e  466,  ivi  Diritto  intemazionale 
pubblico^  3*  ediz.,  voi.  I,  Dei  diritti  e  dei  doveri  intemazionali  detta  Chiesa 
I  691.  Vedi  in  seguito  regole  e  note  ai  titoloni  del  presente  volu  me. 


Parte  generaU  111 

Enti  mm'ali  che  sono  peìsone. 

38.  —  La .  condizione  di  persona  può  essere  attribuita  a  certi 
enli  morali  costituiti  per  determinati  fini  d'interesse  internazio- 
nale ogniqualvolta  che  la  capacità  per  l'acquisto  e  l'esercizio 
di  certi  diritti  sia  stata  attribuita  ad  essi  per  effettuare  le  fina- 
lità d'interesse  internazionale  per  le  quali  tali  enti  siano  stati 
costituiti. 

39.  —  La  personalità  internazionale  di  taK  enti  non  può  esi- 
stere che  in  forza  del  riconoscimento  degli  Stati  e  non  potrà 
esplicarsi  che  a  riguardo  di  quegli  Stati  soltanto  che  l'avessero 
riconosciuta. 

Non  mancano  esempi  di  casi,  nei  quali  la  capacità  ad  esercitare  certi  diritti 
internazionali  è  stata  attribuita  a  certi  enti  in  forza  del  consenso  degli  Stati. 
Ne  porge  un  esempio  la  Confederazione  germanica  ed  un  altro  TAssociazione 
intemazionale  del  Congo,  la  quale  venne  riconosciuta  dairAustria-Ungheria, 
dal  Belgio,  dalla  Danimarca,  dalla  Francia,  dalla  Germania,  dalla  Gran  Bret- 
tagna, dair  Italia,  dai  Paesi  Bassi,  dal  Portogallo,  dalla  Russia,  dalla  Spagna, 
dagli  Stati  Uniti  del  Nord,  dalla  Svezia  e  Norvegia.  (Vedi  Nouveau  recueil  ge- 
neral de  Traités  -  eontinuati&n  de  Martens,  par  Julea  Hopf;  2°**  sèrie,  t.  X,  1885; 
e  1*  importante  opera  del  Gatellani  :  Le  coionie  e  la  Conferenza  di  Berlino, 
cap.  VlIIy  Associazione  intemazionale  del  Congo,  pag.  499.) 

Enti  soggetti  al  Diritto  intemazionale. 

40.  —  Devono  reputarsi  sommessi  al  Diritto  internazionale  gli 
enti  formati  dall'unione  di  uomini  congiunti  da  una  causa,  da  una 
ragione  o  da  un  fine  comune  in  quello  che  nell'esercizio  dei  loro 
diritti  o  nello  sviluppo  della  loro  attività  interessino  la  società 
internazionale.  Tali  sono: 

a)  Il  Popolo. 

b)  La  Nazione. 

e)  Le  genti  incivili. 

41.  —  Il  Popolo  è  una  congregazione  di  uomini  abitanti  la 
medesima  regione,  uniti  in  vincolo  comune  dalla  comunanza  di 
aspirazione  e  d'interessi  economici,  politici  e  sociali. 

42.  —  La  Nazione  è  un  aggregato  di  uomini  aventi  la  mede- 
sima origine  e  la  medesima  schiatta,  parlanti  la  medesima  lìngua. 


Il*  Libro  L  '  Delle  persane 

abitanti  la  stessa  regione  e  uniti  in  vincolo  comune  dalla  comu- 
nanza di  tradizioni,  di  aspirazioni,  di  affetti,  di  tendenze  morali, 
uniformi  e  costanti. 

43.  —  Gente  dinota  una  congregazione  di  uomini  formata  da 
più  famiglie  e  mancante  di  qualsiasi  forma  di  organizzazione 
politica. 

Condizione  giuridica  del  popolo^  della  nazione. 

44.  —  II  popolo  e  la  nazione  non  possono  essere  reputati  di 
per  se  stessi  come  persone  della  magna  civitas  e  non  possono 
vantare  la  capacità  di  esercitare  i  diritti  e  di  assumere  le  obbliga- 
zioni internazionali  spettanti  agli  Stati  che  allorquando  essi  siano 
politicamente  organizzati  e  costituiti  come  tali.  Però  nell'esercizio 
dei  diritti  che  trovano  per  base  la  natura  umana  e  che  possono 
mteressare  la  società  internazionale  devono  rimanere  soggetti  al 
Diritto  intemazionale. 

U  carattere  distintivo  della  persona  è  Tindividualità ,  ed  il  requisito  carat- 
teristico della  personalità  internazionale  si  è  quello  deirindividualità  indipen- 
dente dal  diritto  territoriale  ed  una  sfera  di  attività  che  non  può  essere  cir- 
coscritta dentro  confini  territoriali.  Noi  neghiamo  quindi  il  carattere  di  persona 
internazionale  al  popolo  ed  alla  nazione,  perchè  all'uno  e  all'altra  manca  il 
requisito  della  individualità,  lì  vincolo  della  comunione  idoneo  a  fare  di  un 
aggregato  di  uomini  un  popolo  o  una  nazione  non  è  sufficiente  a  dare  allo 
aggregato  stesso  la  propria  individualità,  se  non  che  quando  gli  uomini  aggre- 
gati dal  vincolo  comune  abbiano  reso  effettivo  il  loro  congiungimento,  dando 
a  se  medesimi  una  determinata  costituzione  politica,  vale  a  dire  costituendo 
un  Governo  che  personifichi  e  rappresenti  il  principio  della  loro  unità.  Fino 
a  tanto  che  il  popolo  o  la  nazione  non  arrivino  a  tale  risultato  finale  si  deve 
ritenere  che  essi  si  trovino  nel  momento  di  evoluzione  per  divenire  persona; 
per  lo  che  essi  si  devono  pure  reputare  dotati  di  certi  diritti,  che  trovano  illoio 
fondamento  nella  natura  umana,  e  che  ad  essi  appartengono  secondo  il  Diritto 
internazionale.  In  sostanza  essi  non  sono  effettivamente  persone,  ma  (mi  si 
faccia  buona  Tespressione)  sono  persone  in  fieri,  sono  persone  nel  divenire. 
Il  Diritto  civile  considera  come  soggetto  di  diritto  anche  il  nascituro.  11  popolo 
e  la  nazione  di  fronte  al  Diritto  internazionale  noi  lo  concepiamo  come  il  nasci- 
turo di  fronte  al  Diritto  civile. 

45.  —  I  diritti  internazionali  del  popolo  e  delle  nazioni  sono 
da  considerarsi  come  indipendenti  e  distinti  da  quelli  che  spet- 
tano allo  Stato. 


Parte  generàlt  113 

Condizione  delle  genti  incivili. 

46.  —  Le  genti  nomadi,  anche  quando  riconoscano  Tautorìtà 
di  un  capo,  non  possono  de  jure  essere  reputate  come  persone 
della  magna  civUas;  però,  a  riguardo  di  quei  rapporti  di  fatto  che 
vengono  a  stabilirsi  tra  di  loro  e  gli  Stati  legalmente  costituiti, 
possono  invocare  Tapplicazione  del  Diritto  internazionale,  in  certo 
modo  analogo  agli  Stati  e  limitatamente  ai  rapporti  suddetti. 

47.  —  Le  genti  incivili,  qualunque  sia  il  grado  di  loro  cultura 
e  mancanti  di  qualsisia  forma  di  organizzazione  politica,  che  vivono 
alla  loro  maniera  sul  territorio  da  esse  occupato,  devono  ritenersi 
soggette  al  Diritto  intemazionale,  in  quello  che  esso  tutela  i  diritti 
della  personalità  umana. 

Applicando  ijnesta  regola»  bisogna  ammettere  che  le  genti,  che  occupano 
certe  regioni,  come  i  pastori  arabi,  consacrati  alla  coltivazione  della  terra  ed 
airesercizio  della  caccia,  non  possano  essere  trattati  con  ingiustizia  e  spogliati 
dei  loro  dominii  con  crudeltà.  11  Diritto  internazionale  dev^essere  bensì  applicato 
ad  essi  come  consiglia  la  giustizia  naturale  ed  osservando  i  doveri  generali  che 
derivano  dall*obbligo  di  rispettare  i  diritti  deiruomo  e  della  personalità  umana. 

Condizione  delle  persone  giuridiche. 

48.  —  Gli  enti  collettivi  a  cui  la  legge  d'uno  Stato  attribuisca 
la  personalità  e  la  capacità  ad  esercitare  certi  diritti,  anche  quando, 
avuto  riguardo  alla  loro  natura,  potessero  avere  una  sfera  d'azione 
nei  paesi  stranieri,  non  possono  essere  reputati  come  soggetti  di 
Diritto  fuori  dello  Stato  che  li  abbia  istituiti,  che  sotto  la  condi- 
zione del  previo  riconoscimento  da  parte  della  sovranità  straniera 
e  soltanto  rispetto  a  ciascuno  degli  Stati  che  li  abbia  riconosciuti. 

Questa  regola  si  applica  alle  persone  giuridiche  propriamente  dette,  che  con- 
sistono in  qualsisia  forma  di  aggregazione  di  uomini,  di  beni  o  di  diritti,  a  cui 
il  sovrano  di  uno  Stato  abbia  attribuita  la  personalità  e  la  capacità  di  eser- 
citare quei  diritti,  che  siano  reputati  idonei  ad  effettuare  le  finalità  di  pub- 
blica utilità,  p<gr  le  quali  la  personalità  giurìdica  sia  stata  attribuita  aU*aggre- 
gazione  suddetta.  Anche  quando  per  effettuare  le  finalità,  in  considerazione 
delle  quali  la  personalità  sia  attribuita  agli  enti  collettivi,  possa  reputarsi  indi- 
spensabile 0  per  lo  meno  dUnteresse  generale,  che  essi  allarghino  la  loro  sfera 
di  azione  nei  paesi  stranieri,  non  si  può  sostenere  che  ciò  possa  essere  ammesso 
senza  la  previa  antorizzazione  della  pubblica  potestà  dello  Stato  straniero,  data 

8  —  Fiori,  Dir.  intertt.  codif. 


ill4  Lihrv  L  -  DéUt  persone 

colla  forma  del  riconoscimento  o  altrimenti.  Quello  che  abbiamo  detto  della 
nazione,  del  popola  e  delle  genti  non  si  può  applicare  agli  enti  collettivi  o 
persone  giuridiche.  I  primi  è  vero  che  non  hanno  la  propria  individualità, 
però  il  vincolo  d'unione  trova  per  base  la  natura  umana  e  come  causa  effi* 
ciente  i  fattori  naturali.  Rispetto  ai  secondi  invece  il  vincolo  d*unione  pro- 
viene dalla  loro  finalità,  in  considerazione  della  quale  la  sovranità  abbia  attri- 
buito ad  essi  la  capacilà  di  essere  soggetti  di  Diritto,  ogni  qual  volta  che  ha 
ritenuto  la  loro  finalità  di  pubblica  utilità.  Deve  quindi  riuscire  evidente  che 
essi  non  possono  de  jure  allargare  la  loro  sfera  di  azione  nei  paesi  stranieri 
senza  il  previo  riconoscimento  o  la  previa  autorizzazione  della  pubblica  potestà 
del  medesimo.  Gonf.  le  nostre  opere  :  Dir.  intern,  priv,^  3'  ediz.,  voi.  I,  parte 
speciale,  cap.  Il*  —  Coneultazi&né  suUa  controversia  tra  la  Oreeia  e  la  Romania. 
Successione  Zappa,  —  Delia  personalità  giuridica  dei  corpi  morali  p  estratto 
dalla  Giurisprudenza  italiana,  voi.  XLVI-XLVIL 


Diritti  internazionali  dello  Stato. 

49.  —  Ogni  Stato,  nelle  sue  relazioni  cogli  altri  Stati,  deve 
ritenersi  legalmente  costituito  ogni  qual  volta  che  esso  abbia  una 
qualsisia  forma  di  costituzione  politica  ed  un  Governo  idoneo  a 
mantenere  le  relazioni  esteriori  cogli  altri  Governi  e  ad  assumere 
la  responsabilità  dei  proprii  atti. 

50.  —  La  personalità  dello  Stato  deve  reputarsi  integra,  e  la 
continuità  della  sua  esistenza  come  se  non  fosse  stata  mai  rotta, 
finché  non  accada  ch'esso  perda  i  requisiti  sostanziali  alla  sua 
esistenza  come  corpo  politico. 

Il  mutamento  e  la  diminuzione  della  popolazione  e  dei  posse* 
dimenti  territoriali  non  modificano  la  personalità  dello  Stato. 

61.  —  Ogni  Stato  legalmente  costituito  dev'essere  considerato 
persona  della  società  internazionale,  indipendentemente  dalla 
formalità  del  riconoscimento,  e  capace  di  esercitare  de  Jure  quei 
diritti  che  devono  essere  reputati  suoi  diritti  internazionali  fon- 
damentali, e  di  assumere  obbligazioni  internazionali  nelle  sue  rela- 
zioni cogli  altri  Stati. 

Dal  momento  in  cui  lo  Stato  è  costituito,  esiste  come  persona  jure  mo,  e 
deve  reputarsi  investito  di  tutti  quei  diritti  che  devono  essere  considerati 
come  suoi  diritti  fondamentali,  vale  a  dire  di  quelli  ohe,  avulo  rigfuardo  alla 
natura  di  esso  Stato  come  istituzione,  si  debbono  considerare  indispensabili 
affìnchè  esso  posna  effettuare  le  finalità  dMnteresse  sociale  per  le  quali  è  costi- 
tuito. Il  riconoscimento  da  parte  degli  Stati  stranieri  non  può  reputarsi  a  ciò 
richiesto.  Ogni  Stato  può  liberamente  stabilire  o  non  stabilire  rapporti  eoa 


Pa  r/v^  {lenerah  115 

uno  Stato  straniero,  ma  non  può  a  suo  piacimento  ed  arbitrio  ammettara  o 
non  ammettere  che  lo  Stato  straniero  sia  una  persona  della  magna  civitaa  e 
colla  naturale  capacità  di  esercitare  quei  diritti  che  devono  essere  considerati 
appartenenti  a  lui  jure  proprio  come  persona.  Conseguentemente  i  rapporti  di 
fatto  tra  uno  Stato  ed  un  altro  devono  ognora  reputarsi  sommessi  al  Diritto 
internazionale  indipendentemente  dal  riconoscimento.  (Vedi  i  miei  scritti  Con- 
suìtazìoné  sulla  coniroarBia  tra  la  Grecia  e  la  Romania^  Successione  Zappa, 
Della  personalità  giuridica  dei  corpi  morali  e  della  personalità  giuridica  dello 
Stato  alVinterno  e  altestero) 

52.  —  Ogni  Stato  che  sia  entrato  in  rapporti  con  un  altro  Stato, 
deve  ritenersi  ipso  jure  ipsoque  facto  ammesso  ad  esercitare  ogni 
diritto  fondamentale  che  spetta  jure  proprio  allo  Stato  come  tale  e 
senza  che  occorra  per  questo  alcun  atto  di  pubblico  supremo  potere. 

63.  —  Le  limitazioni  relative  all'esercizio  dei  diritti  internazio- 
nali spettanti  jure  proprio  ad  ogni  Stato  non  possono  ammettersi 
per  analogia  o  per  induzione,  ma  devono  risultare  espressamente 
o  dai  solenni  trattati  generali  o  dai  trattati  speciali  conclusi  fra 
i  due  Stati  per  reprolare  lo  stabilimento  delle  loro  relazioni  diplo- 
matiche o  dalla  legge  costituzionale  dei  rispettivi  paesi. 

In  massima  bisogna  ritenere  che  siccome  lo  Stato  non  può  mancare  dei 
propri  diritti  fondamentali  per  potere  esistere  come  tale  nelle  sue  relazioni  di 
fatto  con  un  altro  Stato,  così  possa  vantare  il  godimento  dei  propri  diritti  fon- 
<ìamenta]i  senza  riserva. 

54.  —  Sono  diritti  fondamentali  dello  Stato  quelli  che  si  deb- 
bono considerare  indispensabili  affinchè  esso  possa  sussistere  giu- 
ritlicamente  ed  avere  i  suoi  caratteri  distintivi  come  Stato. 

55.  —  I  diritti  fondamentali  devono  essere  reputati  assoluti, 
inalienabili  ed  intangibili,  ed  essi  sono: 

a)  il  diritto  di  autonomia,  d'indipendenza  e  di  libertà; 

b)  il  diritto  di  eguaglianza;  ^ 

e)  il  diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione; 
d)  il  diritto  di  rappresentanza. 


Diritti  internazionali  deìViwmo. 

56.  —  I  diritti  internazionali  dell'uomo  sono  quelli  che  appar- 
tengono a  ciascuno  come  uomo,  e  non  come  cittadino  di  un 


116  Libro  L  -  Delle  persone 

determinato  Stato.  Questi  sono  i  dirftti  della  personalità  umana 
secondo  il  Diritto  internazionale. 

57.  —  Saranno  principalmente  reputati  diritti  internazionali 
dell'uomo  : 

a)  il  diritto  d'inviolabilità  e  di  libertà  personale; 

b)  il  diritto  di  eliggere  la  cittadinanza  di  uno  Stato,  di  rinun- 
ziare a  quella  acquistata  e  di  sceglierne  un'altra; 

e)  il  diritto  di  emigrare; 

d)  il  diritto  di  libera  attività  e  di  commercio  internazionale; 

e)  il  diritto  di  proprietà; 

f)  il  diritto  di  libertà  di  coscienza. 


Diritti  internazionali  della  Chiesa. 

58.  —  I  diritti  internazionali  di  ogni  Chiesa  sono  quelli  che  ad 
essa  appartengono  come  consorzio  religioso  e  come  istituzione 
pubblica  universale. 

Questi  sono: 
a)  libertà  della  sua  costituzione  e  della  sua  organizzazione  in 
ogni  regione  del  mondo; 

b)  libero  governo  nella  cerchia  determinata  dalla  finalità  di 
essa  come  istituzione  spirituale  ; 

e)  libera  comunicazione  del  capo  di  essa  con  tutto  il  sacer- 
dozio e  coi  fedeli. 

69.  —  Nessuna  Chiesa  potrà  pretendere  di  essere  considerata 
come  persona  giuridica  ed  esercitare  diritti  patrimoniali  o  tem- 
porali, se  non  quando  tale  capacità  sia  stata  ad  essa  attribuita 
e  riconosciuta  dal  sovrano  dello  Stato  e  colle  limitazioni  stabi- 
lite in  forza  della  legge  di  ciascun  paese. 

60.  —  Nessuna  Chiesa  potrà  pretendere  di  essere  assimilata 
ad  uno  Stato  ed  esercitare  i  diritti  internazionali  che  ad  esso  spet- 
tano e  neanche  pretendere  che  il  suo  capo  goda  dei  diritti  e  delle 
prerogative  che  spettano  al  sovrano  dì  uno  Stato  secondo  il  Diritto 
politico  ed  il  Diritto  internazionale. 


Parte  generale  117 

6].  —  Nessuna  Chiesa  potrà  pretendere  che  debba  reputarsi 
indispensabile  per  la  sua  indipendenza  e  per  la  sua  libertà  quaU 
sista  base  di  sovranità  territoriale,  né  qualunque  esercizio  dei 
diritti  della  sovranità  f^olitica,  segnatamente  quello  della  giurisdi- 
zione ordinaria  in  materia  giudiziaria  e  di  qualsisia  altro  potere 
temporale. 

Le  regole  su  esposte  serrano  ad  eliminare  ogni  equivoco  rispetto  a  tntto 
quello  che  concerne  la  condizione  (purìdica  della  Chiesa  e  del  Papato  secondo 
il  Diritto  intemazionale.  Avendo  ammesso  che  alFuomo  spettano  certi  diritti 
intemazionali,  queUi  cioè  che  trovano'per  base  la  natura  umana,  ammettiamo 
conseguentemente  che  la  congregazione  degli  uomini  uniti  in  vincolo  comune 
dalla  medesima  fede  e  riuniti  di  fatto  in  consorzio  religioso,  assume  pure  la 
condizione  di  soggetto  del  Diritto  internazionale.  Abbiamo  però  sempre  e  costan- 
temente escluso  qualsisia  analogia  o  somiglianza  tra  i  diritti  che  spettano  alla 
Chiesa  e  quelli  che  spettano  allo  Stato.  È  caduto  in  un  deplorevole  equivoco  il 
prof.  Scaduto  quando  ha  creduto  che  la  nostra  teoria  fosse  conforme  a  quella  di 
Corsi  (?1).  Questi  ammette  che  il  Papa  goda  nelPattualità  di  una  vera  e  propria 
sovranità  territoriale.  (Vedi  *  La  situazione  attuale  deUa  Santa  Sede  nel  Diritto 
intemazionale,,  parte  III,  estratto  dal  giornale  La  ^^^e,  fase.  22  e  23,voL  1 1886.) 

Noi  invece  abbiamo  sempre  escluso  qualsisia  pretesa  di  sovranità  territoriale 
ed  abbiamo  combattuto  vivamente  1*  equivoco  della  capitolazione  di  Roma  del 
20  settembre  1870,  sul  quale  si  fonda  il  Corsi  per  arrivare  a  conclusioni  so- 
fitanzialmente  e  diametralmente  opposte.  (Vedi:  Fiori,  Dir.  pubb,  iniemaziofiaUf 
3'  ediz.  1887,  voi.  I,  §  705  e  seguenti;  Dir.  intem.  eodif,^  1*  ediz.,  regola  465-466.) 
Bisogna  supporre  che  il  prof.  Scaduto  non  abbia  letto  le  mie  opere  o  che  non 
abbia  inteso  al  giusto  la  nostra  teorìa. 


Diritti  intemazionali  del  popolo  e  delle  nazioni. 


62.  —  Ogni  popolo  ha  il  diritto  di  stabilire  e  modificare  la 
propria  costituzione  politica,  di  costituire  quel  Governo  che  esso 
reputi  il  più  adatto  a  tutelare  i  diritti  degli  associati  e  può  esi- 
gere che  al  Governo  da  esso  costituito  ne'  suoi  rapporti  cogli 
filtri  Governi  sia  applicato  il  Diritto  internazionale. 

63.  —  Un  Governo  costituito  dal  popolo  in  seguito  ad  una 
rivoluzione,  il  quale  sia  di  fatto  in  possesso  dei  diritti  di  sovra- 
nità, dev'essere  considerato  rispetto  a  coloro  che  Tabbiano  costi- 
tuito come  un  Governo  di  diritto,  rispetto  agli  altri  Governi  deve 
^sere  considerato  come  un  Governo  di  fatto  e  reputato  nelle  sue 
relazioni  con  essi  come  soggetto  al  Diritto  internazionale. 


^^"  Libro  L  -  DeUe  persatie 

64.  —  Non  lice  in  nome  dei  pretesi  diritti  delle  dinastie  regnanti 
o  del  diritto  storico  consacrato  nei  trattati  limitare  il  diritto  spet* 
tante  alle  genti  di  aggregarsi  politicamente  e  di  costituire  il  supremo 
I>otere  del  sovrano  conforme  ai  voti  della^maggioranza. 

65.  —  Gli  atti  del  partito  rivoluzionario,  il  quale  tende  a  rove** 
sciare  un  Governo  costituito  ed  a  costituirne  un  altro,  devono  essere 
assoggettati  al  Diritto  pubblico  per  tutti  i  rapporti  airintemo,  ed 
al  Diritto  intemazionale  per  tutti  i  rapporti  che  ne  possono  deri* 
vare  all'estero. 

Applicando  questa  regola  ne  consegne  che  durante  la  guerra  civile  il  par- 
tito  rivoluzionario  che  combatte  contro  il  potere  costituito,  date  certe  circo- 
stanze che  saranno  determinate  in  seguito,  non  può  essere  assoggettato  al  Diritta 
penale  che  deve  essere  applicato  ai  ribelli,  ma  che  deve  essere  assoggettato 
bensì  al  Diritto  internazionale,  riconoscendo  ai  combattenti  la  qualificazione 
dei  belligeranti. 

66.  —  Il  diritto  spettante  alle  genti  di  costituirai  a  Stato  deve 
essere  massimamente  protetto  ogni  qual  volta  che  esso  sia  in 
una  libera  e  spontanea  manifestazione  di  sentimenti  e  tendenze 
nazionali. 

67.  —  Dovrà  reputarsi  d'interesse  comune  della  società  inter- 
nazionale,  per  rendere  solido  e  stabile  l'ordinamento  giuridico  della 
medesima,  che  gli  Stati  siano  formati  da  genti  unite  in  vincolo 
comune  da  caratteri  nazionali. 

Questa  regola  può  valere  a  tutelare  e  sostenere  i  diritti  delle  nazionalità  ed 
a  fare  ammettere  che  secondo  il  Diritto  intemazionale  la  formazione  degli 
Stati  nazionali  debba  essere  a  preferenza  favorita.  Né  prescrizione,  né  pretesi 
diritti  dinastici,  né  trattati,  né  diritti  storici  di  qualsiasi  natura  dovrebbero 
valere  a  scemare  il  diritto  spettante  alle  genti,  che  siano  attratte  dai  fattori 
nazionali  ad  associarsi  ed  organizzarsi  politicamente,  di  essere  protette,  e  sopra- 
tutto poi  quando  esse  siano  assoggettate  colla  forza,  col  raggiro  e  coirastuzia 
ad  un  supremo  potere  che  sia  in  opposizione  con  le  loro  natondi  tendenze  e 
con  le  loro  costanti  aspirazioni  nazionali. 


Diritti  internazionali  dei  Corpi  morali. 

68.  —  Un  corpo  morale,  al  quale  sia  stata  attribuita  )a  per- 
sonalità e  la  capacità  ad  esercitare  certi  diritti  civili  dalla  sovra* 
nità  di  uno  Stato,  non  può  pretendere  di  esercitare  e  godere  in 


Part$  generaU  119 

paese  straniero  i  suoi  diiilti  civili,  né  vantare  la  capacità  giuridica 
di  obbligarsi,  che  sotto  la  condizione  della  previa  autorizzazione 
espressa  o  tacita  da  parte  della  pubblica  potestà  dello  Stato 
straniero. 

69.  —  Ogni  qual  volta  la  sovranità  di  uno  Stato  abbia  rico- 
nosciata  tacitamente  o  espressamente  la  personalità  giuridica  di 
un  corpo  morale  straniero,  ciò  equivarrà  a  riconoscere  in  esso  la 
capacità  ad  esercitare  quei  diritti  civili  che  gli  spettano  secondo 
lo  statuto  personale,  salvo  le  limitazioni  sancite  dalla  legge  ter- 
ritoriale e  sotto  le  condizioni  da  essa  legge  sanzionate. 


120 


Libro  L  -  Delle  peraofie  —  Parte  speciale 


PARTE  SPECIALE. 

ACQUISTO,    GODIMENTO,    ESERCIZIO   E   PERDITA   DEI   DIRITTI. 

DOVERI    INTERNAZIONALI. 


TITOLO   I. 
Della  personalità. 

70.  —  Ogni  Stato  acquista  jure  suo  ì  diritti  che  gli  apparten- 
gono come  persona  ogni  qual  volta  che  esso  possa  ritenersi  le- 
galmente costituito  {Conf.  regola  35). 

71.  —  n  Diritto  intemazionale  deve  applicarsi  agli  Stati  così 
come  sono,  e  come  li  ha  fatti  la  storia,  e  ciascuno  di  essi,  indi- 
pendentemente da  quanto  concerne  la  legittimità  della  sua  costi- 
tuzione politica,  dev'essere  reputato  come  persona  della  società 
intemazionale. 

72.  -^  La  costituzione  politica  di  uno  Stato  e  i  mutamenti  della 
medesima  devono  essere  considerati  come  fatti  di  Diritto  pubblico 
interno,  sempre  che  essi  siano  compiuti  senza  offendere  il  Diritto 
internazionale,  o  attentare  direttamente  o  indirettamente  all'ordi- 
namento giuridico  della  società  degli  Stati. 

La  legittima  costituzione  di  uno  Stato  è  una  questione  di  Diritto  costituzio- 
nale. Bisogna  infatti  decidere  in  conformità  dei  principii,  che  devono  governare 
la  legittimità  dei  potori  costituiti,  se  una  determinata  costituzione  politica  possa 
o  no  reputarsi  legittima.  Il  Diritto  intemazionale  deve  favorire  e  proteggere  la 
formazione  degli  Stati  nazionali,  ma  non  si  potrebbe,  neanche  in  nome  delle 
volute  leggi  deUe  nazionalità,  giustificare  Taggregazione  e  la  disgregazione 
delle  genti,  avuto  anche  riguardo  ai  loro  caratteri  nazionali  e  contro  la  comune 
propria  volontà  ed  il  loro  consentimento  manifesto,  spontaneo^e'Biiicero  della 
loro  unione  politica. 


Titi^o  L  '  Della  personalità  l*i 


Riconoscimento  di  uno  Stato. 

73.  —  Nessuno  Stato  può  godere  ed  esercitare  di  fatto  i  suoi 
diritti  intemazionali  di  fronte  agli  altri  Stati,  se  non  che  quando 
sia  entrato  in  relazione  con  essi,  o  sia  stato  da  essi  riconosciutot 

Qnantanqne  lo  Stato  debba  essere  reputato  jure  suo  come  persona  anche 
ne*  suoi  rapporti  colla  società  intemazionale,  e  come  tale  capace  di  diritti  e 
di  obbligazioni  intemazionali,  pur  non  di  meno  il  godimento  e  Tesercizio  effet- 
tivo di  ogni  diritto  che  allo  Stato  appartiene,  devono  reputarsi  sempre  subor- 
dinati alla  condizione  che  esso  sia  entrato  in  rapporti  attuali  con  gli  altri  Stati, 
lo  che  si  effettua  mediante  il  riconoscimento. 

74.  —  Il  riconoscimento  è  necessario  soltanto  quando  si  sia 
formato  uno  Stato  nuovo  mediante  la  separazione  di  una  parte 
da  uno  Stato  antico,  o  mediante  la  riunione  di  più  Stati  che  si 
sieno  costituiti  in  uno  Stato  solo. 

n  riconoscimento  può  essere  opportuno  quando  un  nuovo  ter- 
ritorio sia  stato  aggiunto  ad  un  nuovo  Stato,  e  s'intenda  rico- 
noscerlo come  parte  integrante  dei  dominii  di  esso,  o  quando  sia 
avvenuto  il  mutamento  della  costituzione  politica  di  uno  Stato. 

76.  —  Ciascun  Governo  ha  diritto  di  giudicare  liberamente  e 
nella  maniera  la  più  indipendente  tutte  le  circostanze  che  fac- 
ciano stimare  opportuno  il  riconoscimento  di  uno  Stato  nuovo, 
e  non  è  tenuto  a  rendere  conto  del  suo  operato  agli  altri 
Governi,  i  quali  giudicassero  intempestivo  o  tardivo  il  ricono- 
scimento. 

76.  —  Il  riconoscimento  può  essere  considerato  in  buona  fede^ 
se  sia  fatto  quando  il  nuovo  organismo  politico  abbia  acquistato 
una  certa  solidità,  quando  cioè  non  manchino  ad  esso  il  potere 
ed  i  mezzi  per  esercitare  i  diritti  e  le  funzioni  dello  Stato,  tute- 
lando l'ordine,  amministrando  la  giustizia  ed  assumendo  la  respon- 
sabilità dei  propri  atti. 

77.  —  Si  deve  considerare  in  mala  fede  il  riconoscimento  di 
un  nuovo  Stato  fatto  mentre  durino  le  ostilità  e  mentre  continui 
la  lotta  tra  l'antico  Governo,  che  cerchi  di  ristabilire  con  la  forza 
l'ordine  di  cose  preesistente,  ed  il  partito  momentaneamente 


122  Libro  1.  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

vittorioso,  che  non  sia  riuscito  a  costituire  un  Governo  solido 
ed  autorevole. 

78.  —  Il  riconoscimento  dev'essere  limitato  a  quanto  apparisce 
di  fatto^  e  non  può  valere  mai  ad  esprìmere  Tapprovazione  dei 
mezzi  che  possano  avere  assicurato  l'esito,  né  Tapprezzamento  della 
giustizia  dei  medesimi,  o  la  legittimità  del  nuovo  ordine  di  cose. 

79.  —  Il  riconoscimento  di  un  nuovo  Stato  da  parte  dei  terzi 
Stati  non  può  dare  un  giusto  motivo  di  dolersene  all'antico  Stato^ 
né  potrà  essere  considerato  come  atto  ostile,  sempreché  esso  non 
possa  per  le  circostanze  equivalere  ad  un  appoggio  morale  dato 
al  nuovo  Governo  contro  l'antico. 

80.  --  Si  deve  considerare  come  regola  di  saggia  politica  di 
non  ritardare  il  riconoscimento  d'ogni  Stato  che  si  sia  di  fatto 
costituito  indipendente,  e  non  può  essere  di  ostacolo  a  ciò  che 
l'antico  Governo  adoperi  ogni  mezzo  per  impedire  ai  terzi  di  rico- 
noscere il  nuovo  Stato  e  per  riacquistare  i  possedimenti  perdati. 

81.  —  Si  deve  reputare  contro  i  principii  del  Diritto  intema- 
zionale  l'ingiustificato  rifiuto  di  riconoscere  un  nuovo  Stato  che 
sia  di  fatto  indipendente. 

82.  *—  Un  nuovo  Governo  il  quale  proclami  principii  sovver- 
sivi ed  in  opposizione  alle  leggi  fondamentali  del  Diritto  sociale 
o  del  Diritto  comune  intemazionale,  e  che  attenti  cosi  o  altrimenti 
alle  basi  della  società  giuridica  degli  Stati,  non  avrà  alcun  diritto 
di  essere  riconosciuto  e  di  godere  le  prerogative  che  sono  garan* 
tite  dal  Diritto  internazionale  ai  poteri  sovrani  legalmente  costituiti. 

83.  —  Il  riconoscimento  di  un  nuovo  Stato  da  parte  di  un  Con- 
gresso è  decisivo  a  risguardo  della  legalità  e  della  legittimità  del 
nuovo  ordine  di  cose,  e  deve  essere  reputato  efficace  rispetto  a 
tutti,  compreso  l'antico  Stato,  e  può  aver  luogo,  anche  quando 
per  le  circostanze  possa  essere  valutato  come  un  appoggio  morale 
dato  al  nuovo  organismo  politico  rispetto  all'antico. 

84.  —  Lo  stabilire,  il  mantenere  o  l'interrompere  le  relazioni 
con  un  nuovo  Stato  o  con  un  nuovo  Governo  é  un  diritto  che 
appartiene  al  sovrano  di  ciascun  paese  e  che  dev'essere  da  esso 
esercitato  secondo  il  Diritto  pubblico  interno* 


TUdo  L  -  Detta  personalità  l^B 

85.  —  Non  è  necessario  un  atto  formale  pel  riconoscimento 
dì  un  nuovo  Stato  o  di  un  nuovo  Governo.  Ogni  qual  volta  che 
le  relazioni  diplomatiche  siano  state  di  fatto  con  esso  stabilite^ 
questo  equivale  al  riconoscimento  formale. 

Possono  essere  diversi  gli  atti,  mediante  i  quali  senza  il  riconoscimentp  for* 
male  venga  riconosciuto  un  nuovo  Stato  o  un  nuovo  Govemo.  Lo  stabilimento- 
degli  agenti  consolari,  la  conclusione  di  una  convenzione  internazionale,  Tarn* 
missione  del  nuovo  Stato  come  tale  in  un  trattato  stipulato  con  altri  Stati,  ed 
altri  atti  somiglianti  idonei  a  constatare  lo  stabilimento  delle  relazioni  diploma- 
ticbe,  possono  equivalere  alPatto  formale  di  riconoscimento. 

86.  —  Ogni  nuovo  Governo,  indipendentemente  dal  riconosci- 
mento, può  domandare  Tapplicazione  del  Diritto  internazionale  ed 
assumere  obbligazioni  internazionali  rispetto  agli  altri  Stati,  coi 
quali  esso  entri  di  fatto  in  relazione  {Conf.  reg.  62). 

87.  —  I  tribunali  del  paese,  che  non  abbia  riconosciuto  il  nuovo 
Stato  o  il  nuovo  Govenio,  e  le  autorità  pubbliche  sono  tenuti  a 
considerare,  per  tutto  quello  che  concerne  i  rapporti  internazionali^ 
inalterato  l'antico  stato  di  cose,  fino  a  tanto  che  non  abbia  avuto 
luogo  il  riconoscimento  da  parte  del  Governo  del  proprio  paese. 

Per  chiarire  1*  intelligenza  delle  due  esposte  regole  conviene  avvertire,  che 
appena  uno  Stato  o  un  Governo  sia  costituito,  il  sovrano  di  esso  non  solo  deve 
essere  reputato  in  possesso  dei  diritti  sovrani  airinUrno  indipendentemente 
dal  riconoscimento,  ma  deve  essere  altresì  considerato  come  sommesso  al  Diritto- 
internazionale  ne*  suoi  rapporti  di  fatto  cogli  altri  Stati,  che  non  lo  avessero* 
riconosciuto.  Però  il  Sovrano  può  esercitare  in  tutta  la  pienezza  i  diritti  d> 
sovranità  soltanto  airinterno,  ma  non  potrebbe  pretendere  che  dovesse  essere 
lo  stesso  per  tutto  quello  che  concerne  Tesercizio  di  tali  diritti  nelle  relazioni 
esteriori  rispetto  agli  Stati  che  non  l'avessero  riconosciuto.  Gli  ufficiali  pub* 
blici  conseguentemente  e  le  Corti  di  giustizia  potrebbero  disconoscere  il  valore 
degli  atti  del  nuovo  Governo  fino  a  quando  non  si  fosse  verificato  il  riconosci- 
mento del  nuovo  stato  di  cose  da  parte  del  Governo  del  loro  proprio  paese. 
Laonde  se  il  nuovo  Governo  avesse  con  nuove  leggi  mutato  il  Diritto  pubblico 
esteriore  che  preesisteva,  modificando  ad  esempio  le  leggi  relative  airestradizione 
dei  malfattori  o  queUe  relative  alla  condizione  degli  stranieri  e  via  dicendo,  le 
Corti  di  giustizia  e  le  pubbliche  autorità  del  paese,  che  non  avesse  riconosciuta 
il  nuovo  Stato,  potrebbero  non  tener  conto  di  dette  leggi,  e  potrebbero  invece 
considerare  l'antico  stato  di  cose  come  tuttora  in  vigore.  Gonf.  Pbilliiioiii,  Inter- 
national Law,  voi.  Il,  chap.  iv,  §  22,  p.  33  ;  Calvo,  Droit  intem.,  §  99  e  seg. 

88.  —  Ogni  nuovo  Stato  esercita  pienamente  i  diritti  di  sovra- 
nità interna  indipendentemente  dal  riconoscimento,  ed  incombe 
alle  autorità  ed  ai  tribunali  stranieri  riconoscerne  gli  effetti  giuridici. 


124  Libro  1.  -  Delle  persofte  —  Parte  speciale 

Il  potere  costituito  deve  reputarsi  investito  di  ogni  diritto  di  sovranità  ainn- 
temo  appena  il  popolo  abbia  stabilito  o  accettato  un  Governo  che  di  fatto 
«Berciti  i  poteri  sovrani,  e  Tesercizio  di  tali  diritti  può  produrre  i  suoi  effetti 
nei  paesi  stranieri  indipendentemente  dal  riconoscimento. 

La  Corte  suprema  di  Washington  dichiarò  nel  1808  che  i  diritti  sovrani  degli 
Stati  Uniti  deirAmerica  del  Nord  dovevano  essere  considerati  pieni  ed  integri 
dal  giorno  in  cui  essi  proclamarono  la  loro  indipendenza,  cioè  dal  4  luglio  1776, 
ed  in&ipendentemente  dal  riconoscimento  da  parte  deiringhilterra,che  avvenne 
col  Trattato  del  1782. 

La  Corte  di  Cassazione  di  Torino  decise  con  ragione  che  un  privato  che 
avesse  pagato  all'antico  Governo  le  annualità  per  qualsiasi  titolo  dovute  alla 
sovranità  territoriale,  non  sarebbe  validamente  liberato,  né  potrebbe  addurre 
la  mancanza  di  riconoscimento,  e  la  sua  buona  fede,  per  dedurre  la  validità 
del  pagamento.  I  diritti  di  sovranità  intema  spettano  in  tutta  la  loro  pienezza 
^i  Governo  di  fatto  (Cass.  1  luglio  1869.  Oiuriapf faenza,  1869,  526). 


Della  costituzione  politica  dello  Stato 
in  rappoHo  alla  stia  personalità. 

89.  —  La  costituzione  politica  degli  Stati  è  un  fatto  indiffe- 
rente di  fronte  al  Diritto  internazionale  :  lo  stabilimento  però  del 
potere  sovrano  secondo  la  costituzione  può  determinare  la  per- 
sonalità internazionale  dell'organismo  politico  in  rapporto  all'e- 
sercizio e  godimento  dei  diritti  internazionali. 

90,  —  Ogni  qual  volta  che  più  Stati  trovinsi  uniti  in  forza  di 
patto  costituzionale,  qualunque  sia  la  forma  della  loro  unione, 
devono  essere  reputati  come  una  sola  persona  nel  consorzio  inter- 
nazionale, se  per  l'esercizio  dei  diritti  intemazionali  e  per  assu- 
mere obbligazioni  efficaci  sia  costituito  un  potere  centrale,  il  quale 
rappresenti  nella  società  internazionale  gli  Stati  uniti  per  lutto 
quello  che  concerne  la  tutela  dei  loro  diritti  e  dei  loro  interessi 
nei  rapporti  cogli  altri  Stati. 

Vi  sono  diverse  forme  di  unione,  di  cui  le  principali  sono  lo  Stato  fede* 
j-ativo,  come  è  quello  degli  Slati  Uniti  d'America  e  la  Confederazione  svizzera, 
«  r  Impero,  che  risulta  da  un  certo  numero  di  Stati  i  quali  abbiano  una  certa 
indipendenza,  limitata  dal  patto  della  loro  unione,  per  tutto  quello  che  concerne 
rinteresse  comune.  Un  vero  e  proprio  impero  di  Stati  (Staatenreich)  è  quello 
dell'Impero  germanico,  il  quale  presenta  un  carattere  proprio  per  la  circostanza 
che  manca  la  costituzione  di  un  potere  centrale,  come  si  trova  negli  Stati  fede- 
rativi, nei  quali  i  poteri  sovrani  federali  sussistono  separati  da  quelli  che  appar- 
tengono ai  sìngoli  Stali  confederati.  Nell'Impero  germanico  il  Re  di  Prussia  è 
r  Imperatore,  per  lo  che  riunisce  la  corona  imperiale  e  la  corona  di  Prussia* 


Titolo  I.  -  DeUa  personalità  125 

91.  —  Non  osta  che,  quando  più  Stati  uniti  col  patto  federale 
0  altrimenti  formano  una  persona  sola  nel  consorzio  internazionale, 
sia  attribuita  ai  singoli  Stati  la  capacità  giuridica  internazionale  a 
riguardo  di  certi  limitati  interessi  fra  di  loro  e  gli  altri  Stati.  In  questo 
caso  però  non  potrebbe  essere  attribuita  ad  essi  nessun'altra  facoltà, 
che  quella  di  esercitare  diritti  ed  assumere  obbligazioni  d' interesse 
particolare,  mediante  ì  trattati  stipulati  dentro  i  limiti  della  capa- 
cità giuridica  ad  essi  attribuita  secondo  la  legge  costituzionale. 

92.  —  Quando  due  Stati ,  rimanendo  ciascuno  autonomo  ed 
indipendente,  siano  rappresentati  da  una  medesima  persona  che 
è  sovrano  dell'uno  e  dell'altro  Stato,  essi  nei  rapporti  interna- 
zionali costituiscono  due  personalità  separate  e  distinte. 

Un  esempio  ne  porge  lo  Stato  del  Congo  e  del  Belgio.  Vedi  diversi  esempi 
di  unione  personale  nell'opera  di  Alphoksb  Ritier,  Brine,  de  Droit  dea  gene, 
tom.  l**,  pag.  94. 

03.  —  Quando  due  Stati  originariamente  distinti  e  separati 
siano  incorporati  e  formino  uno  Stato  solo,  riconoscendo  in  forza 
della  loro  costituzione  la  suprema  autorità  dello  stesso  sovrano, 
tale  forma  di  unione  varrà  ad  attribuire  ad  essi  una  sola  per- 
sonalità nei  rapporti  intemazionali. 

Questa  ò  la  forma  di  unione  che  dlcesi  unione  reale  (incorporate  union)  e 
si  verifica  quando  in  virtù  del  patto  costituzionale  due  o  più  Stati,  conservando 
la  loro  propria  individualità  nei  rapporti  di  diritto  pubblico  interno,  ricono- 
scono il  medesimo  potere  sovrano  per  tutto  quello  cbe  concerne  le  relazioni 
internazionali  di  essi  Stati.  Un  esempio  ne  porge  il  Regno  unito  della  Gran 
Brettagna  formato  dai  regni  d*  Inghilterra  e  di  Scozia  dopo  il  1707  e  dairirlanda 
nel  1801.  L'unione  tra  TAustria  e  FUngheria  ò  pure  considerata  come  unione 
reale;  lo  stesso  deve  dirsi  deirunione  tra  la  Svezia  e  la  Norvegia. 

Questa  forma  di  unione  ò  suscettibile  di  diverse  gradazioni  e  conviene  rife- 
rirsi al  patto  costituzionale  di  unione  per  determinare  in  che  gli  Stati  con- 
servino la  loro  propria  individualità  nei  rapporti  interni,  e  precisare  la  loro 
incorporazione  nei  rapporti  internazionali.  Gonfr.  Rivibr,  Princ.  de  Droit  de» 
gene,  §  21  ;  Calvo,  tom.  1*',  §  47. 

Condizione  delle  colonie. 

94.  —  Quando  un  paese  trovasi  di  fatto  sotto  la  dipendenza 
di  uno  Stato  straniero,  in  guisa  che  esso  formi  una  colonia 
del  medesimo,  dev'essere  considerato  destituito  di  personalità 


^26  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

intemazionale  fino  a  tanto  che  duri  effettivamente  e  realmente  la 
sua  dipendenza  fondata  sul  rapporto  coloniale. 

96.  —  Le  colonie,  qualunque  sia  il  grado  di  loro  indipendenza,  per 
tutto  quello  che  concerne  Tamministrazione  dei  domimi  coloniali  e  la 
loro  capacità  a  fare  certi  determinati  atti,  che  entrino  nel  dominio  del 
Diritto  intemazionale,  devono  essere  considerate  come  aggregate 
allo  Stato  da  cui  dipendono,  finché  duri  effettivamente  la  loro  dipen» 
denza  ed  esse  non  arrivino  ad  emanciparsi  dalla  soggezione  alla 
metropoli,  costituendo  un  Governo  autonomo  ed  indipendente. 


La  condizione  giuridica  delle  colonie,  le  diverse  gradazioni  della  loro  dipendi 
politica,  la  capacità  a  fare  certi  determinati  atti  nei  loro  rapporti  coi  paesi  stra- 
nieri non  possono  essere  determinate  che  riferendosi  alle  leggi  speciali  emanate 
dallo  Stato  a  cui  la  colonia  appartiene  e  alle  successive  vicende  che  hanno  potuto 
modificare  di  diritto  o  di  fatto  la  condizione  di  ciascuna  colonia.  Si  può  soltanto 
stabilire  in  massima,  che  finché  la  dipendenza  sussiste  e  la  colonia  non  arrivi  ad 
emanciparsi  completamente  dallo  Stato  dominante,  la  sovranità  del  medesimo  per 
tutto  quello  che  concerne  le  sue  funzioni  ed  i  suoi  diritti,  che  entrano  nel  carni  io 
-del  Diritto  internazionale,  si  espande  nei  domini  coloniali,  i  quali  devono  essere 
di  fatto  considerati  come  possedimenti  dello  Statò,  a  cui  la  colonia  appartiene. 
Vedi  r  importante  opera  del  Catkllaki,  Le  colonie  e  la  Conferenza  di  Berlino, 

96.  —  Il  diritto  spettante  alle  colonie  di  emanciparsi  dalla  loro 
soggezione  alle  metropoli  e  di  costituire  un  Governo  proprio  ed 
indipendente  è  un  diritto  legìttimo,  come  quello  spettante  a  ciascun 
popolo  ed  a  ciascuna  nazione.  La  lotta  tra  i  coloni  e  lo  Stato  a 
cui  la  colonia  appartiene,  deve  rimanere  sommessa  alle  stesse  regole 
della  guerra  civile  fatta  per  costituire  un  Governo  secondo  la 
volontà  della  maggioranza. 


Rapporto  di  protettorato. 

97.  —  Uno  Stato  che  non  si  trovi  nelle  stesse  condizioni  di 
cultura  e  di  civiltà  degli  Stati  civili,  o  che  per  la  sua  debolezza 
non  abbia  mezzi  sufficienti  per  tutelare  i  propri  diritti,  può  met- 
tersi sotto  la  protezione  di  uno  Stato  più  potente  e  consentire  a 
<^he  sia  da  esso  rappresentato  nella  società  internazionale  e  negli 
^tti  che  cadono  nel  dominio  del  Diritto  internazionale. 

98.  —  Il  rapporto  di  protettorato  non  può  ritenersi  stabilito 
<:he  in  forza  di  consentimento  espresso  e,  quando  esso  sussiste^ 


Titolo  I.  -  Della  perMìiaìità  127 

la  capacità  giuridica  dello  Stato  protetto,  in  quello  che  concerne 
Tcsercizio  dei  poteri  sovrani  nei  rapporti  internazionali,  deve  rite- 
nersi limitata  a  seconda  dei  patti  stipulati  nel  trattato  di  protettorato 

99.  —  Ogni  qual  volta  che  in  virtù  dei  patti  stipulati  nel  trat- 
tato di  protezione  non  solo  venga  tolta  allo  Stato  protetto  ogn 
capacità  di  diritto  e  di  fatto  nei  rapporti  internazionali,  ma  sia 
inoltre  assoggettato  allo  Stato  protettore  anche  neiresercizio  dei 
poteri  sovrani  nei  rapporti  airintemo,  questo  costituirebbe  una 
vera  annessione  sotto  la  forma  di  protettorato. 

100.  ^-  Il  protettorato,  tuttoché  stabilito  mediante  trattato,  non 
potrà  essere  reputato  efficace  rispetto  agli  altri  Stati,  che  in  con- 
seguenza del  riconoscimento  del  rapporto  di  protettorato  da  parte 
di  essi. 

Il  rapporto  di  protettorato  introdotto  nei  tempi  moderni  costituisce  di  per 
sé  una  vera  anomalia  come  la  guzeraineté  ed  il  vassallaggio.  In  sostanza  col 
protettorato  si  viene  a  stabilire  un  patto  anormale  tra  uno  Stato  più  forte  e 
uno  Stato  debole,  in  virtù  del  quale  uno  garantisce  alPaltro  resistenza  e  Teser- 
•cizio  più  o  meno  limitato  dei  diritti  sovrani  airinterno,  e  Taltro  consente  di 
rimanere  sommesso  per  tutto  quello  che  concerne  la  sua  vita  internazionale  ed 
i  suoi  atti  in  rapporto  cogli  altri  Stati  alla  sovranità  dello  Stato  protettore.  Cosi 
si  viene  a  stabilire  il  dualismo  rispetto  al  potere  sovrano  dello  Stato  protetto, 
ammettendo  che  esso  possa  essere  sovrano  sotto  certo  rispetto,  e  non  sovrano  e 
subordinato  alla  sovranità  straniera  sotto  un  altro  rispetto.  Siccome  la  sovranità 
tende  naturalmente  alFunità  ed  esclude  conseguentemente  il  dualismo,  così  deve 
riuscire  evidente, che  il  rapporto  di  protettorato  non  può  sussistere  a  tempo  inde- 
finito, ma  che  deve  invece  ritenersi  destinato  a  sparire  o  colla  completa  incorpo- 
razione dello  Stato  protetto  o  colla  sua  emancipazione  dallo  Stato  protettore. 

101.  —  La  condizione  giuridica  derivante  dal  protettorato  deve 
reputarsi  eccezionale  e  può  essere  equiparata  a  quella  d'^in  minore 
sotto  tutela  o  di  una  persona  alieni  juris  per  difetto  di  capacità, 
e  può  sussistere  fino  a  tanto  che  sussistono  le  circostanze  che  lo 
abbiano  motivato. 

Lo  Stato  protettore  non  può,  in  forza  del  patto  di  protettorato 
stabilito  ed  accettato,  vantare  il  diritto  assoluto  di  costringere  colla 
forza  lo  Stato  protetto  a  rimanere  soggetto  alla  sua  protezione. 

102.  —  Ogni  forma  di  lotta,  anche  a  mano  armata,  tra  lo  Stato 
protetto  e  lo  Stato  protettore  per  rompere  ed  annullare  il  rap- 
porto di  protettorato  deve  rimanere  sommessa  alle  stesse  norme 
che  ogni  forma  di  guerra  per  una  controversia  d'interesse  pubblico. 


J28  Libro  L  •  Delle  persone  —  Farle  speciale 


Vassallaggio. 

103.  —  Quando  uno  Stato,  neiresercizio  de'  suoi  poteri  sovrani, 
sia  di  diritto  e  di  fatto  subordinato  alla  sovranità  di  un  altro  Stato, 
e  trovisi  nella  condizione  di  non  poter  esercitare  con  piena  auto- 
nomia i  suoi  diritti  sovrani  all'interno  e  di  non  poter  esercitare 
diritti  ed  assumere  obbligazioni  intemazionali  che  coir  interme- 
diario dello  Stato  che  eserciti  Talta  sovranità,  dev'essere  reputato 
Stato  vassallo  dell'altro,  che  è  Stato  suzerain. 

104*  ^  Il  rapporto  di  vassallaggio  dev'essere  reputato  eccezio- 
nale ed  anomalo  e  le  conseguenze  che  ne  derivano  nel  campo  del 
Diritto  internazionale  devono  essere  necessariamente  ristrette  come 
quelle  che  conseguono  da  ogni  forma  di  servaggio. 

105«  —  Finché  sussiste  la  subordinazione  dello  Stato  vassallo 
rispetto  a  quello  cui  spetti  l'alta  sovranità,  non  compete  allo  Stato 
vassallo  la  personalità  internazionale. 

106.  —  Il  movimento  degli  Stati  vassalli  per  acquistare  la  com- 
piuta indipendenza  e  per  sottrarsi  dalla  loro  subordinazione  allo 
Stato  suzerain  deve  essere  reputato  conforme  al  loro  legittimo 
diritto  e  protetto  secondo  i  principi!  del  Diritto  intemazionale. 

La  lotta  a  mano  armata  tra  lo  Stato  vassallo  e  Io  Stato  suzerain 
deve  rimanere  sommessa  alle  regole  che  concernono  ogni  forma 
di  guerra. 

Il  rapporto  di  subordinazione  tra  lo  Stato  vassallo  e  lo  Stato  euzerain  è 
più  esteso  di  quello  derivante  dal  protettorato  e  può  assumere  diverse  forme» 
le  quali  sono  state  la  conseguenza  dei  vincoli  feudali,  sui  quali  tu  stabilito  il 
vassallaggio.  La  cultura  e  la  civiltà  tendono  a  stabilire  il  principio  deU*iiiiJtà 
nella  sovranità,  perchè  in  sostanza  il  dualismo  non  può  sussistere,  e  la  storia 
ce  ne  ammaestra.  La  condizione  degli  Stati  vassalli  della  Turchia  è  stata  modi- 
ficata coi  patti  stipulati  col  trattato  di  Berlino  del  1878.  La  semi-sovranità 
Seve  essere  considerata  una  anomalìa  secondo  il  Diritto  internazionale  moderno 
perchè  implica  una  capitis  diminutio  e  conseguentemente  col  progresso  deUa 
cultura,  nei  paesi  tuttora  soggetti  alFalta  sovranità  straniera,  la  subordinajdono 
dei  medesimi  deve  tendere  naturalmente  a  disparire. 

Vedi  per  la  condizione  attuale  degli  Stati  semi-sovrani  :  Calvo,  Dr,  intemaL, 
vul.  I,  §^  &i.  Pradieb-FcDérf.,  tom.  i,  86,  HO.  Rivier,  cU.,  tomo  i,  §  é,  pag.  7a 


lUolo  1.  -  Della  personalità  129 


La  guerra  civile 
in  relazione  alla  personalità  dello  Stato. 

107.  — >  Ogni  forma  di  lotta  intestina  fatta  mediante  la  forza 
armata  e  militarmente  organizzata  tra  cittadini  soggetti  allo  stesso 
sovrano,  o  tra  paesi  sommessi  al  potere  supremo  della  medesima 
sovranità,  per  una  controversia  di  Diritto  costituzionale^  costituisce 
la  guerra  civile. 

108.  —  La  rivoluzione  e  la  guerra  civile  in  quanto  tendono 
a  modificare  mediante  la  forza  armata  l'esercizio  dei  poteri  sovrani^ 
0  a  modificare  il  patto  costituzionale,  in  forza  del  quale  più  paesi 
trovansi  sommessi  alla  medesima  sovranità,  devonsi  considerare 
come  fatti  di  Diritto  pubblico  interno. 

Non  può  essere  reputata  gaerra  civile  quella  soltanto  che  risulta  dallMnsor* 
gere  dei  cittadini  dello  stesso  Stato,  quando  essi  organizzati  militarmente  com- 
battano «contro  le  forze  del  Governo  costituito  per  modificare  la  costituzione 
politica  dello  Stato,  e  Tesercizio  dei  poteri  sovrani.  Lo  stesso  carattere  deve 
essere  attribuito  altresì  alla  lotta  che  interviene  tra  due  o  più  Stati,  che  in 
forza  del  patto  di  loro  unione  si  trovino  sommessi  al  medesimo  potere  sovrano 
0  col  rapporto  di  subordinazione  reale  come  accade  per  gli  Stati  semi-sovrani 
0  in  forza  del  rapporto  di  unione  reale,  come  accade  per  gli  Stati  incorpo- 
rati, o  in  forza  del  rapporto  di  unione  federale,  come  accade  per  gli  Stati  costi- 
tuiti a  forma  di  confederazione,  o  per  lo  Stato  o  Impero  federativo.  Ogni  qual 
volta  che  in  forza  del  patto  costituzionale  o  del  trattato  di  unione  gli  Stati 
uniti  o  incorporati  abbiano  una  sola  personalità  internazionale  e  la  lotta  fra 
loro  mh-i  a  rompere  il  patto  di  loro  unione,  ed  a  modificare  Io  stabilimento 
della  loro  personalità  intemazionale^  essa  deve  essere  considerata  guerra  civile. 
Conseguentemente  per  riferirci  agli  esempi  accaduti  nei  tempi  moderni,  non 
solo  la  guerra  tra  i  partigiani  della  regina  D.  Maria  e  quelli  di  D.  Miguel 
nel  Portogallo;  quella  tra  i  partigiani  d*Isabell9  li  e  quelli  dì  D.  Carlos  nella 
Spagna  presentano  i  caratteri  di  guerra  civile,  ma  tale  carattere  deve  essere 
attribuito  altresì  alla  guerra  di  secessione  negli  Stati  Uniti  di  America,  com- 
battuta dal  1860  al  1865,  ed  a  quella  tra  le  colonie  e  lo  Stato  a  cui  esse  ap- 
partengono, per  la  loro  emancipazione,  quale  attualmente  si  combatte  a  Cuba. 
(Conf.  Calvo,  DroU  internata  tom.  i,  §  84*  e  seg.,  tom.  iv,  §  1882  e  seg.;  e 
RiviEB,  citato,  tom.  i,  pag.  83  e  seg.,  toni,  ii,  pag.  213  e  seg.:  Pradier- Fodere, 
Tratte  de  Dr,  int,  pub.,  tom.  i,  §  378.) 

109.  —  Lo  Stato  non  perde  ipso  facto  la  sua  personalità  inter- 
nazionale pél  sopravvenire  della  guerra  civile.  Dovranno  quindi  ri- 
tenersi integri  l'esercizio  de'  suoi  diritti  sovrani  ne'  suoi  rapporti 

9  —  Fiore,  Dir,  intera,  codif. 


130  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

cogli  altri  Stati  e  Tobbligo  di  adempiere  le  sue  obbligazioni  verso  i 
medesimi,  salvo  che  per  le  sopravvenute  circostanze  di  fatto  riesca 
effettivamente  o  moralmente  impossibile  l'adempimento  di  esse. 

110.  —  Il  potere  sovrano,  così  come  trovasi  stabilito  in  forza 
della  costituzione  politica  o  del  patto  di  unione,  può  trattare  i 
partigiani  come  ribelli  ed  assoggettare  gli  alti  da  parte  di  loro 
alle  leggi  inteme.  Qualora  però  il  partito  combattente  arrivi  ad 
organizzarsi  militarmente  ponendosi  in  possesso  di  una  parte  del 
territorio  dello  Stato,  ed  abbia  una  forza  armata  sufficiente  per 
sostenere  il  movimento  insurrezionale  contro  la  forza  armata  del 
Governo,  ed  osservi  durante  la  lotta  le  leggi  della  guerra,  il  sovrano 
dello  Stato  non  potrà  considerare  gl'insorti  come  malfattori  fuori 
del  Diritto  internazionale. 

Riesce  molto  difficile  il  determinare  con  regole  precise  fino  a  qual  punto 
un  movimento  insurrezionale  possa  essere  assoggettato  alle  leggi  penali  ed  i 
combattenti  trattati  come  ribelli  traditori,  e  quando  gli  atti  da  parte  di  loro 
entrino  nella  sfera  del  Diritto  internazionale,  ammettendo  in  favore  dei  com- 
battenti i  diritti  cbe  spettano  ai  belligeranti.  Tutto  dipende  dalie  circostanze, 
dalla  durata  e  dalla  estensione  del  movimento  insurrezionale,  dai  mezzi  dei 
quali  dispongono  gl'insorti  per  fare  trionfare  i  loro  principii.  Quando  Tinsur- 
rezione  per  la  sua  gravità  dev'essere  considerata  come  il  risultato  della  volontà 
collettiva  di  un  numero  tanto  considerevole  di  persone,  che  se  non  costituisce 
ancora  la  maggioranza  tende  non  per  tanto  a  costituirla,  ed  il  partito,  per  gli 
elementi  di  forza  dei  quali  dispone,  riesca  a  soverchiare  tutti  i  mezzi  ordiuarì 
della  giustizia  repressiva,  tale  stato  di  cose  eccezionale  deve  essere  reputato 
come  un  fatto  sommesso  al  Diritto  internazionale. 

111.  —  La  guerra  civile,  e  la  temporanea  condizione  di  anar- 
chia, non  rompe  ipso  facto  l'unità  dello  Stato.  Quando  nondimeno 
gl'insorti  arrivino  a  costituire  un  Governo  che  di  fatto  eserciti  le 
funzioni  ed  i  poteri  della  sovranità,  la  personalità  dello  Stato  si 
deve  considerare  provvisoriamente  divisa  in  due.  Tale  posizione 
provvisoria  potrà  divenire  definitiva  se  non  si  arrivi  a  ripristi- 
nare in  integro  il  primiero  stato  di  cose  in  conseguenza  dell'assog- 
gettamento e  della  restaurazione  e  si  verifichi  invece  la  costitu- 
zione di  uno  Stato  separato. 

112.  —  La  divisione  di  uno  Stato  in  due  o  più  Stati  distinti 
ed  indipendenti  non  diviene  effettiva  e  definitiva  rispetto  agli  altri 

.  Stati,  che  quando  la  costituzione  del  nuovo  Stato  formato  con  le 


Titolo  I.  -  Della  personalità  131 

Provincie  separate  sia  divenuto  un  fatto  compiuto,  e  la  perso- 
nalità di  esso  sia  stata  riconosciuta. 

113.  —  Indipendentemente  dal  riconoscimento  si  potranno  non 
pertanto  qualificare  come  fatti  di  guerra  quelli  che  sieno  com- 
piuti nella  lotta  fra  i  due  partiti  durante  la  guerra  civile,  purché 
questa  sia  fatta  in  conformità  del  Diritto  internazionale,  e  degli 
usi  riconosciuti  dai  popoli  civili. 

Applicando  questa  regola  bisogna  ammettere,  che,  qnando  pare  non  fosse 
stata  formalmente  riconosciuta  la  qualificazione  di  belligerante  al  partito  della 
rivoluzione,  non  potrebbe- essere  considerato  come  atto  di  pirateria  la  preda 
fatta  da  esso  della  proprietà  di  parte  contraria  conforme  agli  usi  della  guerra, 
De  potrebbero  quindi  essere  applicate  le  regole  di  Diritto  intemazionale  che 
esporremo  in  seguito  a  riguardo  del  reato  di  pirateria. 

114.  —  Dovranno  parimente  essere  reputati,  indipendentemente 
dal  riconoscimento,  come  atti  di  governo,  gli  atti  del  Governo 
provvisorio.  Per  le  conseguenze  intemazionali  dei  medesimi  biso- 
gnerà applicare  le  regole  che  concernono  l'occupazione  militare. 

116.  —  Qualora  avvenisse  la  restaurazione,  ed  il  Sovrano  spo* 
destato  dalla  rivoluzione  riacquistasse  i  territori  perduti,  bisognerà 
applicare  ai  fatti  compiuti  durante  la  guerra  civile  le  regole  che 
concernono  lo  statu  <]UO  ante  bellum. 

116.  —  La  restaurazione  importa  che  il  Sovrano  rientri  nel 
pieno  godimento  de'  suoi  diritti  internazionali,  e  che  lo  Stato  riac- 
quisti integralmente  la  sua  personalità,  come  se  per  rapporto  a 
questo  non  vi  fosse  stata  alcuna  interruzione  o  discontinuità,  salvo 
però  il  rispetto  dei  diritti  perfetti  integralmente  acquistati  dai  terzi 
durante  l'interregno  prima  della  restaurazione. 

117.  —  Il  Governo  restaurato  non  potrà  disconoscere  gli  effetti 
intemazionali  degli  atti  compiuti  dal  Governo  provvisorio  in  con- 
formità del  Diritto  internazionale,  ne  potrà  fare  un  uso  retroat- 
tivo de'  suoi  diritti  rispetto  ai  privati,  anche  quando  questi  siano 
cittadini  di  quegli  Stati,  che  non  avevano  riconosciuto  il  partito 
della  rivoluzione. 

D  fondamento  di  cotesta  regola  riposa  sul  concetto  che,  nei  rapporti  del 
Diritto  pubblico  interno,  colui,  che  è  nel  possesso  di  fatto  del  potere  sovrano, 
può  esercitare  tutti  i  diritti  e  le  funzioni  della  sovranità ,  ed  assoggettare  i 
privati,  sieno  essi  cittadini  o  stranieri,  a  riconoscere  la  forza  del  suo  impero 
e  Vautorità  de*  suoi  attL 


132 


Libro  L  •  Delle  persone  —  Parte  epecUde 


Cessione  e  annessione. 

118.  —  La  cessione  di  una  parte  del  territorio  di  uno  Stato 
ad  un  altro  Stato  o  forzatamente  in  seguito  d'una  guerra,  o  volon- 
tariamente mediante  vendita,  permuta  o  donazione,  non  può  dive- 
nire reale  ed  effettiva  che  in  forza  di  trattato  concluso  in  confort 
mità  delle  regole  che  devono  governare  le  cessioni  territoriali  fra 
gli  Stati  e  la  validità  dei  patti  relativi. 

Confronta  al  Libro  II  le  regole  sulla  validità  dei  trattati  di  cessione  territoriale. 

119.  —  La  cessione  di  una  o  più  provincie  appartenenti  ad 
uno  Stato  e  l'annessione  di  esse  da  parte  dell'altro  modificano 
l'esercizio  dei  rispettivi  diritti  sovrani,  ma  non  producono  alcuna 
modificazione  rispetto  alla  personalità  intemazionale  dello  Stato 
cedente  e  dello  Stato  cessionario. 

Gonf.  regola  50. 

La  personalità  della  Francia  non  è  stata  modificata  per  le  cessioni  di  terri- 
torio fatte  da  essa  in  conseguenza  delle  guerre  del  1814-15  e  del  1871.  La  per- 
sonalità deir  Austria  non  è  rimasta  modificata  in  forza  della  cessione  della 
Lombardia  nel  1859  e  della  Venezia  nel  1866.  La  personalità  del  regno  d*Italia 
non  è  stata  modificata  in  forza  della  volontaria  cessione  di  Nizza  e  di  Savoia 
alla  Francia,  cedute  col  trattato  del  24  marzo  1860. 

Non  mancano  esempi  di  cessioni  concordate  con  Trattati  in  correspettivo  di 
un  prezzo  stabilito,  come  accadde  per  la  Lnigiana  venduta  dal  primo  Console 
di  Francia  agli  Stati  Uniti  col  Trattato  di  Parigi  del  1803,  e  dell*Amerìca  russai 
ceduta  nel  1878  per  7  milioni  e  200  dollari.  Vedi  altri  esempi  in  Calvo,  §  29^> 
e  seg.;  Rivier,  tom.  1,  pag.  197  e  seg. 

120.  —  Le  modificazioni  dell'esercizio  dei  rispettivi  diritti  di 
sovranità  relativamente  al  territorio  ceduto  si  riterranno  effet- 
tuate a  cominciare  dal  giorno  in  cui  il  trattato  di  cessione  sarà 
divenuto  esecutorio. 

La  ratifica  del  trattato  non  può  reputarsi  sufficiente  a  rendere  effettiva  la 
cessione  per  tutte  le  conseguenze  che  ne  possono  derivare.  Se  in  forza  della 
legge  dello  Stato  cedente  o  cessionario,  i  mutaroeilti  dei  possedimenti  territo- 
riali siano  subordinati  alla  condizione  sine  qua  non  deirapprovazione  dei  corpi 
rappresentativi,  come  è  ad  esempio  secondo  lo  Statuto  italiano  art  5*.  U  Trat- 
tato di  cessione  non  potendo  avere  effetto  se  non  dopo  Tapprovazione  del  Par- 
lamento, è  naturale  che  debba  essere  subordinato  a  tale  approvazione  ogni 
effetto  derivante  dal  trattato  di  cessione. 

Nel  Trattato  tra  lltalia  e  la  Fraticia  trovasi  disposto  all'art.  7  come  segue: 


Titolo  L  '  Della  personalità  133 

'  Pour  la  Sardaigne  le  présent  Traile  sera  ezécutoire  aussitòt  qne  lasanction 
'  legislative  nécessaire  aura  été  doonée  par  le  Parlement  ^. 

Le  ratifiche  del  Trattato  non  per  tanto  furono  scambiate  tra  le  parti  con- 
traenti entro  dieci  giorni  dalla  sottoscrizione  secondo  il  patto  stipulato  all'art  8. 

121.  —  Divenuto  esecutorio  il  Trattato  e  verificatasi  la  presa 
di  possesso  del  territorio  ceduto,  il  Diritto  pubblico  e  il  Diritto 
politico  in  vigore  devono  ritenersi  estesi  al  territorio  annesso  senza 
bisogno  di  dichiarazione. 

Gonfr.  Corte  di  Torino  24  mess.  Anno  zui.  Journ,  du  Pari,  e  la  nota  iri 
Gass.  fran.,  6  juillet  1833,  Siret  1834,  1,  338. 

122.  —  I  trattati  intemazionali  ed  ogni  diritto  che  deve  essere 
attribuito  alla  sovranità  relativamente  ai  suoi  possedimenti  terri- 
toriali devono  ritenersi  senz'altro  estesi  al  territorio  annesso. 

Gessano  parimente  dall'essere  applicabili  al  territorio  ceduto  i 
trattati  intemazionali  stipulati  dal  sovrano  cedente  e  cosi  pure 
cessa  ipso  jure  ipsoque  facto  l'esercizio  di  ogni  diritto  internazio- 
nale da  parte  dell'antico  sovrano  relativamente  ai  suoi  possedi- 
menti territoriali,  salvo  però  i  patti  espressamente  concordati  nel 
trattato  di  cessione. 

La  Corte  di  Aix  ritenne  la  prima  parte  della  regola  stabilita  nella  sua  sen* 
tenza  delPS  novembre  1875,  Siret  1876,  2,  134. 

I  tribunali  alemanni  decisero,  che  la  convenzione  franco- svìzzera  del  15  giu- 
gno 1869  non  poteva  ritenersi  più  in  vigore  nell'Alsazia- Lorena.  Trib.  Malhouse, 
31  octobre  1885  et  Trib.  super.  Colmar,  2  avril  1886.  Journal  dee  trib,  de  Law 
eanne,  25  juìn  18S6. 

123.  —  Rispetto  ai  terzi  Stati,  gli  effetti  derivanti  dalla  cessione 
relativamente  all'applicabilità  dei  trattati  possono  ritenersi  subordi- 
nati al  riconoscimento  da  parte  di  loro  del  mutamento  effettuato. 

Tale  riconoscimento  per  altro  non  potrà  reputarsi  sostanzial- 
mente richiesto  per  tutto  quello  che  concerne  i  diritti  rispettivi 
spettanti  alle  sovranità  anche  nella  sfera  dei  I^ro  rapporti  inter- 
nazionali in  conseguenza  delle  avvenute  modificazioni  dei  loro 
possedimenti  territoriali. 

La  presa  di  possesso  da  parte  dello  Stato  cessionario  deve  ritenersi  effet- 
tuata  senz'altro  al  momento  in  cui  il  Trattato  sia  divenuto  esecutorio.  Ordi- 
nariamente questo  determina  pure  certe  formalità  che  devono  essere  osservate 
dall'una  e  dalFaltra  delle  parti  contraenti.  La  pubblicazione  del  trattato  ed  un 
manifesto  o  proclama  agli  abitanti  del  territorio  ceduto  per  rendere  pubblica 
e  notoria  l'avvenuta  cessione  deve  ritenersi  ognora  indispensabile. 


134  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

124.  —  La  cessione  di  un  territorio,  allorché  sia  perfezionata 
mediante  la  presa  di  possesso  effettiva  da  parte  dello  Stato  ces- 
sionario, importa  ipso  jure  ipsoque  facto  la  rinuncia  da  parte  delio 
Stato  cedente  ad  esercitare  ogni  diritto  di  sovranità  rispetto  al 
territorio  ceduto.  I  rapporti  però  tra  la  sovranità  acquirente  e  gli 
abitanti  del  territorio  ceduto  devono  rimanere  sommessi  alle  regole 
di  Diritto  costituzionale  che  concernono  lo  stabilimento  della  so- 
vranità. 

Ordinariamente  la  formale  rinuncia  a  tutti  i  diritti  di  sovranità  trovasi  espli- 
citamente stipulata.  Nel  Trattato  di  Vienna  del  9  giugno  1815  rispetto  aUe  ces- 
sioni concordate ,  trovasi  costantemente  la  forma  della  rinuncia  :  *  Renonce 

*  à  perpetuile  pour  lui  et  tous  ses  descendants  et  successeurs  en  faveur  de 

*  S.  M.  à  tous  ses  droits  sur  les  provinces  etc.  , 

125.  —  Quantunque  il  consentimento  degli  abitanti  del  terri- 
torio ceduto  non  possa  ritenersi  indispensabile  per  l'efficacia  della 
cessione,  dovrà  nonpertanto  reputarsi  preferibile  per  eliminare 
ogni  presupposto  di  resistenza  da  parte  dei  medesimi. 

Sarà  per  lo  meno  opportuno  il  voto  dei  rappresentanti  della 
'popolazione  del  paese  ceduto. 

Secondo  il  Diritto  moderno  lo  Stato  non  è  come  patrimonio  del  sovrano,  e 
molto  meno  poi  gli  abitanti  del  territorio  come  un  accessorio  dei  possedimenti 
territoriali  della  sovranità.  U  consentimento  quindi  degli  abitanti  non  può  essere 
considerato  come  una  formalità  dei  tutto  indifferente.  Siccome  però  le  ragioni 
che  possono  giustificare  una  cessione  territoriale  sono  d* interesse  pubblico, 
sarebbe  pericoloso  l'ammettere  in  massima  che  una  cessione  non  possa  dive- 
nire effettiva  che  sotto  la  condizione  di  essere  accettata  dalla  maggioranza 
colla  forma  del  plebiscito.  U  voto  dei  rappresentanti  della  popolazione  dei  paese 
ceduto  dovrebbe  reputarsi  opportuno.  Vedi  la  mia  opera  Dir,  intem,  pubb., 
3*  ediz.,  voi.  il,  pag.  379,  §  1111  e  seg.;  Gonf.  Rouàrd  db  Card,  Les  annexiotu 
et  les  plébiscites  dans  Vhisioire  cotUemporaine.  Lodijenski,  Des  plébiseites  en  DraU 
intern.,  1883. 

In  parecchi  trattati  la  formalità  del  plebiscito  trovasi  stabilita.  Vedi  art  1* 
del  Trattato  di  Torino  del  24  marzo  1860  per  la  cessione  di  Nizza  e  di  Savoia. 
Trovasi  pure  accennato  sotto  forma  di  condizione  nel  Trattato  di  Vienna  del 
93  agosto  1866  tra  TAustria  e  la  Prussia  all'art.  6.  Tale  disposizione  fa  però 
modificata  colla  convenzione  degli  11  ottobre  1878. 

lì  patto  più  conforme  ai  principi!  razionali  è  quello  che  trovasi  stabilito  nel 
Trattato  del  10  agosto  1877  tra  la  Svezia  e  la  Francia  per  la  retrocessione 
dell'isola  di  Saint-Barthélemy,  art.  1^: 

'  S.  M.  le  Roi  de  Suòde  et  de  Norvège  retrocède  à  la  France  lìle  de  Saint- 

*  Barthélemy  et  renonce, en  conséquence,  pour  lui  et  tous  ses  descendants  et  sne 

*  cesseurs,  à  ses  droits  et  Utres  sur  la  dite  colonie.  Gette  rétrocession  est  faite  sons 

*  la  réserve  ezpresse  du  consentement  de  la  population  de  Saint-Barthéleniy  ^ 


Titolo  L  '  Della  per$onalHà  *35 

126.  — -  In  ogni  caso  di  cessione  volontaria  o  forzata  incombe 
alle  parti  contraenti  lasciare  nella  piena  libertà  di  ciascuno  il 
conservare  la  cittadinanza  dello  Stato  cedente  o  l'acquistare  quella 
delio  Stato  cessionario,  accordando  garanzie  reali  per  lo  spon- 
taneo e  libero  esercizio  di  tale  diritto. 

Nel  Trattato  del  30  maggio  1814  fu  accordato  all*art.  17  uno  spazio  di  sei 
anni  agii  abitanti  per  disporre  deUe  loro  proprietà  e  ritirarsi  nel  paese  di  loro 
libera  scelta. 

li  diritto  di  opzione  per  la  cittadinanza  è  stato  ammesso  in  favore  degli 
abitanti  ed  originari  dei  territori  ceduti,  ma  non  sempre  con  sufficienti  garanzie 
per  assicurarne  il  libero  esercizio.  Vedi  Trattato  di  Parigi  del  1866  art.  31;  di 
Zurigo  del  10  novembre  1859  art.  12;  di  Torino  24  marzo  1860  art.  6.  Gonf. 
le  osservazioni  critiche  sulle  condizioni  stabilite  per  l'esercizio  di  tale  diritto 
nella  mia  opera  :  Dir.  intém,  priv,,  8*  ediz.,  voi.  1**,  §  386  e  seg. 

127.  —  Tutti  gli  effetti  derivanti  dalla  cessione  che  concernono 
le  obbligazioni  contratte  dal  Governo  cessionario  coi  privati;  la 
partizione  del  debito  pubblico;  il  godimento  delle  cose  apparte- 
nenti al  demanio  pubblico;  le  delimitazioni  territoriali  o  simili 
devono  essere  determinati  in  massima  dal  trattato  di  cessione  e 
governati  conseguentemente  dai  patti  espressamente  consentiti. 

128.  —  Per  tutto  quello  che  non  sia  stato  espressamente  rego- 
lato mediante  patto  espresso,  dovrà  ammettersi  in  massima  che 
il  Governo  cessionario  succede  nei  diritti  e  nelle  obbligazioni  ine- 
renti all'esercizio  del  potere  pubblico  e  che  possono  reputarsi 
annessi  e  connessi  col  territorio  ceduto,  o  che  risultino  da  con- 
tratti stipulati  dal  Governo  cedente  per  oggetto  d'interesse  pub* 
blico  relativo  al  territorio  ceduto. 

Xel  Trattato  di  Vienna  del  3  ottobre  1866  tale  regola  trovasi  espressamente 
concordata  alKart.  8,  che  dice  cosi:  "  Le  Gouvernement  de  Sa  Majesté  le  Roi 

*  d'Italie  succède  anx  droits  et  obligations  résultants  des  contrats  régulièrement 
'  stipulós  par  TAdministration  Autrichienne  pour  des  objets  d' intérdt  public 

*  concemants  spécialement  le  pays  cède  „.  Vedi  patto  conforme  nel  Trattato  di 
Vienna  30  ottobre  1864  tra  TAustria,  la  Prussia  e  la  Danimarca,  art.  17. 

129.  —  Salvo  sempre  le  riserve  che  devono  essere  fatte  rispetto 
all'analogia  tra  la  successione  secondo  il  Diritto  civile  e  quella 
secondo  il  Diritto  pubblico,  dovrà  ammettersi  che  colla  cessione 
si  compie  una  specie  di  successione  nelle  attività  e  passività  da 
parte^dello  Stato  cessionario  allo  Stato  cedente  e  che  conseguen- 


136 


Libro  L  •  Belle  persone  —  Parte  speciale 


temente  il  primo  deve  essere  considerato  come  un  successorea 
titolo  universale  limitatamente  a  quello  che  può  reputarsi  annesso 
al  territorio  ceduto. 

Confronta:  Gass.  di  Palermo  7  gennaio  1868  (QazzeUadei  Tribunali,  1868, 
257);  e  15  gennaio  1871  Giurispr,,  voi.  Vili,  616.  Vedi  Tart.  8  del  TratUio  di 
pace  tra  T Austria  e  Tltalia  del  8  ottobre  1866. 

Per  quello  che  concerne  le  attività,  è  naturale  Tarn  mettere  che  tutti  i  beni 
appartenenti  al  demanio  pubblico  passino  allo  Stato  cessionario  col  terrìtoiio 
di  cui  essi  fanno  parte.  Data  pure  l'ipotesi  che  nel  territorio  ceduto  si  trova^^e 
uno  stabilimento  pubblico  o  una  fondazione  di  beneficenza  a  vantaggio  di  tulli 
i  cittadini  dello  Stato  cedente,  e  che  non  fosse  stata  domandata  alcuna  ìndeo- 
nità  per  sopperire  all'onere  dello  Stato  cedente,  che  dovrebbe  con  nuove  spe^e 
provvedere  ai  bisogni  dei  cittadini,  non  potrebbe  essere  il  caso  di  domandare 
un'indennità  in  mancanza  di  patto  espresso. 

In  massima  deve  ritenersi  che  il  territorio  con  tutti  i  suoi  accessori  e  con 
tutto  quello  che  appartiene  al  demanio  pubblico  passino  allo  Stato  cessionario 
il  quale  ha  il  diritto  di  godere  di  tutti  i  vantaggi  dei  possedimenti  territoriali 
acquisiti,  e  senz'obbligo  di  pagare  una  retribuzione  allo  Stato  cedente  in  man- 
canza di  patto  espresso  in  ordine  a  ciò. 

Per  quello  che  concerne  le  passività,  bisogna  tener  presente  che  la  perso- 
nalità dello  Stato  cedente  rimane  integra  nonostante  l'avvenuta  cessione  di  una 
parte  del  territorio,  dal  che  ne  consegue  che  le  obbligazioni  da  esso  assunte 
devono  sussistere  a  carico  di  lui,  nonostante  che  siano*  coliegate  nella  loro 
orìgine  col  territorio  ceduto,  ogni  qual  volta  che  esse,  per  la  loro  natura  e 
la  loro  finalità,  devono  essere  considerate  come  obbligazioni  patrimoniali  nel- 
rinteresse  dello  Stato  cedente.  Così  a  modo  d'esempio  le  obbligazioni  assunte 
per  opere  di  difesa  fatte  sul  territorio  ceduto  dallo  Stato  cedente,  e  le  inden- 
nità da  esso  dovute  ai  privati,  non  potrebbero  essere  poste  a  carico  dello  Stato 
cessionario,  se  non  fosse  stato  espressamente  pattuito  nel  trattato,  perchè 
rimanendo  integra  la  personalità  dello  Stato  cedente,  le  obbligazioni  relative 
agl'interessi  generali  dello  Stato  stesso,  anche  quando  potessero  essere  la  con- 
seguenza di  fatti  avvenuti  e  posti  in  essere  sul  territorio  ceduto,  non  potreb- 
bero essere  poste  a  carico  dello  Stato  cessionario. 

Le  obbligazioni  invece  assunte  dal  Governo  dello  Stato  cedente  per  un  og- 
getto d'interesse  pubblico  relativo  al  territorio  ceduto,  devono  naturalmente 
trapassare  allo  Stato  cessionario  come  ad  un  successore  nelle  passività.  Tale 
sarebbe  il  caso  se  per  costruire  uno  stabilimento  pubblico  nel  territorio  ceduto, 
il  quale  naturalmente  passerebbe  col  territorio  stesso  allo  Stato  cessionario, 
lo  Stato  cedente  avesse  concluso  un  contratto  di  appalto,  o  effettuato  delle 
espropriazioni  per  le  quali  dovesse  pagarsi  l'indennità. 

Conf.:  la  mia  opera  Dir.  intern,  pubb.^  3*  ediz.,  voi.  1,  §  !S9  e  seg.  Philli- 
MORE,  Int.  lato,  voi.  I,  §  137;  Bluntschli,  Dr.  intern.  codifié,  §§  66,47;  Field, 
Int.  code  (art.  2i);  Fusi  nato,  neWEncicl.  giuria,  ital.,  voce  Annessione. 

130.  —  I  diritti  patrimoniali  acquisiti  dai  privati  e  relativi  al 
territorio  ceduto  dovranno  essere  rispettati,  purché  però  si  tratti 
di  diritti  perfetti  e  integralmente  acquistati. 

Dovranno  altresì  essere  rispettati  i  diritti  acquisiti  dai  pubblici 


Titolo  L  -  Della  itersonalità  137 

funzionari  neiresercizio  delle  loro  funzioni  amministrative  nel  ter- 
ritorio ceduto. 

La  prima  parte  della  regola  deve  essere  applicata  ai  diritti  che  possono 
essere  considerati  acquisiti  secondo  i  princìpii  dei  Diritto  comune,  e  non  alle 
aspettative  e  ai  godimenti  fondati  snlFabuso  e  sull'acquiescenza  da  parte  del 
Governo  cessato. 

Per  i  diritti  acquisiti  dai  pubblici  funzionari,  che  esercitavano  il  loro  ufficio 
nel  terrìtorìo  ceduto,  vi  provvedono  ordinariamente  i  trattati  di  cessione.  Nel 
Trattato  di  Vienna  del  3  ottobre  1866  trovasi  cosi  disposto  all'art.  17: 

*  Le  pensioni  sia  civili  che  militari  regolarmente  liquidate  e  che  erano  a 

*  carico  delle  casse  pubbliche  del  Regno  Lombardo- Veneto,  continueranno  a 

*  restare  acquisite  ai  loro  titolari  e,  se  sia  il  caso,  alle  loro  vedove  e  ai  loro 
'figli  e  saranno  soddisfatte  all'avvenire  dal  Governo  di  S.  M.  Italiana  ,. 

In  ogni  caso  per  altro,  anche  quando  non  si  fosse  provveduto  col  trattato, 
deve  ognora  reputarsi  conforme  ai  principii  della  giustizia  il  tener  conto  dei 
diruti  acquisiti  dai  funzionari  pubblici  nell'esercizio  delle  loro  funzioni. 

131.  —  Incombe  alla  sovranità  del  paese  ceduto,  salvo  sempre 
il  diritto  ad  essa  spettante  di  provvedere  con  piena  indipendenza 
all'amministrazione  e  alla  condizione  dei  pubblici  funzionari  ad 
essa  addetti,  di  esercitare  tale  suo  diritto  con  moderazione  e  nei 
limiti  delle  pubbliche  necessità. 

Incombe  in  ogni  caso  alle  sovranità  dello  Stato  cedente  e  dello 
Stato  cessionario  di  regolare  la  condizione  dei  funzionari  ammi- 
nistrativi secondo  i  principii  dell'equità. 

Nel  Trattato  di  Vienna  del  1866  fu  a  tale  riguardo  cosi  provveduto,  art.  15: 
"  Gl'impiegati  civili  originari  del  Regno  Lombardo- Veneto,  avranno  la  scelta 
'sia  di  restare  al  servizio  dell' Austria,  sia  di  entrare  neir  amministrazione 
'  italiana,  nel  qual  caso  il  Governo  di  S.  M.  il  Re  d'Italia  si  obbliga  o  di  col- 

*  locarli  nelle  funzioni  analoghe  a  quelle  che  essi  avevano,  o  di  assegnare  loro 

*  la  pensione  di  cui  l'ammontare  sarà  fissato  secondo  le  leggi  ed  i  regolamenti 
*in  vigore  in  Austria  .. 

Col  decreto  del  19  luglio  1866  il  Governo  italiano  cosi  provvide  alla  sorte 
degl'impiegati  amministratici:  '  Senza  pregiudizio  di  speciali  provvedimenti 
'  vengono  mantenuti  fino  a  nuoya  disposizione  in  ufficio  coU'annesso  stipendio 
'  tutti  gl'impiegati  nelle  provincie  venete,  salvo  quelli  i  quali  avessero  seguita 
'  Tarmata  austriaca  o  in  altro  modo  si  fossero  allontanati  dalla  loro  residenza 
'all'avvicinarsi  dell'esercito  nazionale,  i  quali  sono  considerati  come  dimis- 


*  sionari  ,, 


132.  —  Tutti  gli  oneri  a  carico  della  sovranità  dello  Stato 
cessionario  o  dello  Stato  cedente  in  conseguenza  della  soprav- 
venuta modificazione  dei  loro  possedimenti  territoriali  e  che  gra- 
vino il  bilancio  rispettivo  dei  due  Stati  dovranno  essere  regolati 


^^  Libro  I.  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

dal  trattato  di  cessione.  In  mancanza  di  patti  espressi  dovranno 
essere  ripartiti  equamente  in  base  all'importanza  economica  ók  \ 
territorio  ceduto,  tenendo  conto  dell'ammontare  proporzionale  delie 
imposte  a  carico  del  medesimo. 

La  proposta  regola  deve  ritenersi  fondata  sai  concetto  che  ciascuno  Stato 
deve  attingere  tutto  quello  che  gli  fa  bisogno  per  Tadempimento  degli  oneri 
finanziari  a  carico  di  lui  dalle  contribuzioni,  che  sono  pagate  dai  cittadini  a 
vantaggio  dei  quali  la  sovranità  esercita  le  pubbliche  funzioni:  e  che  P am- 
montare delle  imposte,  avuto  riguardo  a  ciascuna  circoscrizione  finanziaria,  ce 
determina  Timportanza  economica  sociale. 

Se  nel  trattato  non  fosse  stato  espressamente  disposto  per  la  ripartizione  degli 
oneri  finanziari,  che  in  conseguenza  deiravvenuta  cessione  dovrebbero  essere 
posti  a  carico  dello  Stato  cessionario,  dovrebbe  reputarsi  giusto  ed  equo,  avuto 
riguardo  alla  diminuzione  proporzionale  efifettiva  che  il  bilancio  attivo  dello 
Stalo  cedente  venisse  a  soffrire,  in  conseguenza  dell'avvenuta  diminuzione  dei 
suoi  possedimenti  territoriali,  dMndennizzarlo ,  ponendo  a  carico  dello  Stato 
cessionario  Tonere  proporzionale. 

Tale  principio  può  valere  per  determinare  il  riparto  proporzionale  del  debito 
pubblico:  l'obbligo  pel  pagamento  delle  pensioni  a  carico  deiramministrazione 
finanziaria,  e  ogni  altra  specie  di  obbligazione  patrimoniale  a  carico  del  fisco. 

La  decisione  di  ogni  controversia  relativa  a  tali  obbietti  dovrebb'essere  defe- 
rita ad  una  commissione  mista. 

I  trattati  ordinariamente  vi  provvedono. 

La  Francia  prese  a  suo  carico  una  parte  del  debito  sardo  in  conseguenza 
della  cessione  di  Nizza  e  Savoia,  e  fu  riservata  ad  una  commissione  mista  di 
fissare  la  parte  contributiva  a  carico  di  essa:  art.  4^  del  Trattato  24  marzo  1860. 

Gol  Trattato  di  Zurigo  del  10  novembre  1859  in  conseguenza  della  cessione 
della  Lombardia  fu  convenuto  alPart.  5^,  che  il  Governo  di  S.  M.  il  Re  di  Sar- 
degna prendeva  a  suo  carico  i  '/s  del  debito  del  monte  lombardo- veneto  ed 
una  parte  del  prestito  nazionale  del  1854.  Vedi  pure  Trattato  di  Berlino  del 
1878  art.  9  per  la  Bulgaria,  art.  33  pel  Montenegro. 

Pel  pagamento  delle  pensioni  in  conseguenza  della  cessione  delPAlsazia  e 
Lorena,  fu  cosi  provveduto  colla  convenzione  addizionale  franco-germanica 
degli  11  dicembre  1871  :  "  n  Governo  tedesco  riconosce  ed  assume  a  proprio 
carico  le  pensioni  civili  ed  ecclesiastiche  regolarmente  ottenute  e  liquidate  fino 
al  2  marzo  1871  (data  della  ratìfica  dei  preliminari  di  pace),  a  vantaggio  sia 
dMndividui  nativi  dei  territori  ceduti,  sia  delle  loro  vedove  e  dei  loro  orfani, 
purché  coloro  che  godono  di  tali  pensioni  abbiano  domicilio  nel  territorio  del- 
rimpero  germanico  ,. 

133.  —  Tutte  le  controversie  che  concernono  il  riparto  delle 
obbligazioni  finanziarie  a  carico  del  fisco  tra  lo  Stato  cedente  e 
lo  Stato  cessionario,  alle  quali  non  sia  stato  provveduto  col  trat* 
tato  o  che  possano  nascere  nell'esecuzione  dei  patti  concordati, 
dovranno  essere  risolute  da  una  commissione  mista,  attenendosi 
alle  norme  di  procedura  per  i  giudizi  arbitrali. 


Titolo  L  '  Della  personalUà  139 

134.  —  La  cessione  di  un  territorio  arrestando  l'esercizio  di 
ogni  diritto  di  sovranità  dalla  parte  dello  Stato  cedente  a  con* 
tare  dal  giorno  in  cui  essa  sia  divenuta  perfetta,  la  giustizia  dovrà 
essere  resa  ed  i  giudicati  dovranno  essere  eseguiti  nel  territorio 
ceduto  in  nome  della  sovranità  dello  Stato  cessionario.  Le  leggi 
del  medesimo  si  applicheranno  eziandio  ai  procedimenti  in  corso, 
salvo  soltanto  il  rispetto  dei  diritti  acquisiti  in  forza  delle  sen- 
tenze definitive,  che  abbiano  il  carattere  di  cosa  giudicatalo  in 
forza  di  atti  di  procedura  fatti  e  compiuti  prima  dell'avvenuta 
cessione. 

135.  —  Per  tutto  quello  che  concerne  i  giudizi  in  materia  civile 
0  in  materia  penale  resi  anteriormente  alla  cessione  e  le  proce- 
dure in  corso  al  momento  in  cui  essa  sia  divenuta  perfetta,  saranno 
applicate  le  regole  di  Diritto  transitorio  che  concernono  i  giudizi^ 
le  giurisdizioni  ed  i  procedimenti  nel  caso  che  ad  una  legge  antica 
sia  surrogata  una  legge  nuova. 

Le  dae  esposte  regole  sono  la  giusta  conseguenza  del  principio  che  la  ces- 
sione importa  sostituzione  di  una  sovranità  all'altra,  e  che  per  tutto  quello 
che  concerne  il  Diritto  pubblico,  del  quale  fanno  parte  le  leggi  di  polizia,  le 
leggi  penali  e  quelle  relative  ai  giudizi,  alle  giurisdizioni  ed  alle  procedure,, 
entrano  in  vigore  le  leggi  dello  Stato  cessionario  a  cominciare  dal  momento 
dell'avvenuta  cessione,  salvo  soltanto  il  rispetto  dei  diritti  acquisiti.  La  legge 
delio  Stato  cessionario  assume  quindi,  rispetto  al  territorio  ceduto,  la  stessa 
autorità  che  ha  ogni  legge  nuova.  È  naturale  conseguentemente  che,  per  tutti 
gli  effetti  che  può  avere  cotesta  legge  nuova  rispetto  ai  rapporti  giuridici  deri- 
vanti dai  giudizi  e  dai  procedimenti  iniziati  o  compiuti  prima  delVavvenuta 
cessione,  debbano  applicarsi  le  regole  di  Diritto  transitorio  che  governano  le 
conseguenze  del  cominciato  vigore  di  ogni  nuova  legge. 


Come  lo  Siato  perde  la  sua  personalità, 

136.  —  Uno  Stato  perde  la  sua  personalità  quando  cessi  di 
formare  un'associazione  politica  a  sé,  ed  indipendente.  Tale  fatta 
può  essere  la  conseguenza: 

a)  della  volontaria  incorporazione  sua  ad  un  altro  Stato; 

i)  della  volontaria  riunione  di  più  Stati,  che  ne  abbiano  for» 
mate  uno  nuovo,  e  maggiore; 

e)  della  forzata  incorporazione  sua  ad  un  altro  Stato  in  seguito 


140  Libro  L  •  DeUe  persone    -  Parte  speciale 

a  conquista  e  ad  assoggettamento  legalizzato  in  conformità  del 
Diritto  intemazionale. 

137.  —  La  volontaria  o  forzata  incorporazione  di  uno  Stato 
ad  un  altro  importa  la  perdita  della  personalità  soltanto  dello 
Stato  incorporato.  La  volontaria  unione  di  più  Stati  in  uno  importa 
la  perdita  della  personalità  di  tutti  gli  Stati  uniti. 

Un  esempio  del  primo  caso  ci  è  dato  dairanDeflsione  del  Texas  agli  Stati 
Uniti  d'America  avvenuta  nel  1843:  del  secondo  ci  è  offerto  dalla  volontaria 
unione  degli  antichi  Stati  itaiianii  e  dalla  costituzione  del  Regno  dltalia.  Colla 
costituzione  di  questo  non  solo  venne  a  mancare  la  personalità  deirea;  Regno 
delle  due  Sicilie,  deìVex  ducato  di  Toscana  e  di  quello  di  Parma  e  degli  altri 
Stati,  ma  venne  a  mancare  altresì  la  personalità  del  Regno  di  Sardegna,  e 
dalla  riunione  di  tutti  codesti  Stati  nacque  la  nuova  personalità,  quella  cioè 
che  oggi  ha  il  Regno  dltalia. 

138.  —  Allorché  uno  Stato  perde  la  sua  personalità  cessa  ipso 
jure  ipsoque  facto  l'esercizio  da  parte  sua  di  ogni  diritto  sovrano 
nei  rapporti  internazionali,  e  vi  succede  lo  Stato  al  quale  esso  sia 
incorporato,  o  quello  che  venga  ad  essere  formato  mediante  la 
riunione  di  più  Stati. 

Dovranno  conseguentemente  reputarsi  estinti  i  trattati  da  esso 
stipulati,  salvo  però  quelli  che  concernono  il  territorio,  e  salvo 
inoltre  i  diritti  acquisiti  in  forza  di  essi  dai  terzi  Stati  o  dai  privati. 

La  regola  deve  essere  applicata  all^esercizio  attivo  e  passivo  dei  diritti  che 
appartenevano  allo  Stato  sovrano  che  abbia  cessato  di  esistere.  U  concetto 
della  successione  nelle  attività  e  passività,  applicabile  per  quanto  esso  lo  sia 
nei  rapporti  di  Diritto  pubblico  e  privato  in  caso  di  cessione  di  una  parte 
del  territorio  dello  Stato,  va  mantenuto  con  più  ragione  quando  uno  Stato 
finisca  di  esistere  e  si  verifichi  la  sua  annessione,  o  quando  più  Stati  finiscano 
di  esistere  in  forza  della  loro  fusione  per  formare  un  solo  Stato.  La  perso- 
nalità internazionale  viene  certamente  a  sparire,  ma,  siccome  non  spariscono  la 
popolazione  e  il  territorio,  così  la  personalità  eeonomioa  e  la  personalità  terri- 
toriale dello  Stato  estinto  non  spariscono  e  rispetto  ad  esse  deve  ammettersi 
che  tutto  passi  attivamente  e  passivamente  al  successore,  che  è  il  continuatore 
della  personalità  economica  e  della  personalità  patrimoniale  dello  Stato  estinto. 

Quando  si  verificò  Tannessione  dell'Annover,  dell* Assia-Elettorale,  del  ducato 
di  Nassau  e  della  città  di  Francoforte  sul  Meno,  la  Prussia,  colla  le|^  del  22  set 
tembre  18ii6,  si  dichiarò  responsabile  dei  debiti  e  di  tutte  le  obbligazioni  Inter* 
nazionali  di  detti  Stati. 

Per  quello  che  concerne  i  trattati,  non  si  può  dire  che  tutti  debbano  rima- 
nere estinti,  perchè  viene  a  mancare  il  soggetto  dell'obbligazione  intemazionale. 
Bisogna  invece  ammettere  che  i  trattati  stipulati  dallo  Stato  estinto  da  cui 
derivino  diritti  quesiti,  devono  essere  rispettati  dallo  Stato  successore  fino  a 
twto  ohe  non  siano  espressamente  rinnovati.  Saranno  conseguentemente  estinti 


lUolo  L  '  Della  personalità  141 

i  trattati  di  estradizione,  i  trattati  di  alleanza  e  gii  altri  somiglianti,  clie  sono 
connessi  coU^esercizio  dei  diritti  soTrani,  ma  non  potrebbero  reputarsi  estinti 
ipsojure  ipso^ue  facto  ì  trattati  relativi  alle  frontiere,  ai  canali  navigabili,  alle 
vie  di  comunicazione  e  simili.  Rispetto  ai  trattati  di  commercio,  per  quella 
parte  soltanto  clie  concerne  i  diritti  privati,  se  non  fosse  spirato  il  termine 
per  denonciarli,  dovrebbero  essere  rispettati  dallo  Stato  successore.  Per  quella 
parte  invece  che  concerne  Tesercizio  dei  diritti  sovrani,  come  a  modo  d'esempio 
sarebbero  Tesercizio  delle  funzioni  consolari  nei  territori  rispettivi:  le  norme 
concordate  per  la  esecuzione  dei  giudicati,  e  via  dicendo,  dovrebbero  ritenersi 
estinti  in  conseguenza  delia  cessazione  dei  diritti  sovrani  nei  rapporti  inter- 
nazionali. 

Quando  cessò  di  esistere  Io  Stato  del  Texas  in  conseguenza  della  sua  annes< 
sione  agli  Stati  Uniti,  la  Francia  e  Tlnghilterra  notificarono  per  mezzo  de) 
loro  ministro  al  Governo  terese,  che  avrebbero  considerato  sempre  in  vigore 
i  trattati  di  commercio  precedentemente  conclusi,  ed  obbligatorio  T  adempì 
mento  delle  obbligazioni  finanziare  da*  esso  Governo  assunte.  Lawrxnck,  Com^ 
mentaire,  voL  I,  pag.  210. 

139.  —  Quando  uno  Stato  venga  a  cessare  di  esistere,  e  si 
verifichi  la  sua  annessione  a  diversi  Stati,  la  successione  nelle 
attività  e  nelle  passività  dello  Stato  estinto  avrà  luogo  in  partì 
proporzionali  rispetto  agli  Stati  successori,  e  la  proporzione  sarà 
determinata  tenendo  conto  principalmente  dell'ammontare  totale 
delle  imposte  personali  e  reali  che  erano  percette  dagli  abitanti 
e  dai  fondi  della  parte  del  territorio  annesso. 

Per  l'attribuzione  dei  beni  demaniali  ai  diversi  Stati  successori 
si  applicheranno  le  stesse  regole  che  in  caso  di  cessione. 

140.  —  Tutte  le  obbligazioni  patrimoniali  assunte  dallo  Stato 
estinto  devono  essere  adempiute  dallo  Stato  successore,  ed  incombe 
al  medesimo  di  rispettare  ì  diritti  acquisiti  dai  privati  rispetto  al 
patrimonio  dello  Stato,  sempre  che  essi  abbiano  il  carattere  di 
diritti  perfetti  e  non  di  semplici  facoltà  o  aspettative. 


142  Libro  I.  -  DeUe  persone  —  Parte  special* 


TITOLO  II. 
Autonomia  ed  indipendenza  della  sovranità  dello  Stato. 

141.  —  La  sovranità  spettante  a  ciascuno  Stato  ne'  suoi  rap- 
porti cogli  altri  Stati,  consiste  nella  potenza  giuridica  di  operare 
<;on  indipendenza  e  senza  ostacoli  da  parte  di  essi  entro  i  limiti 
fissati  dal  Diritto  internazionale. 

142.  —  Ciascuno  Stato  non  potrà  pretendere,  che  la  libertà  e 
l'indipendenza  compatibili  con  quelle  degli  altri  Stati,  i  quali  coe- 
sistono nella  Magna  Civitas^  e  con  le  esigenze  deirordinata  con- 
vivenza. 

143.  —  Ogni  Governo,  indipendentemente  dagli  obblighi  assunti 
coi  trattati,  è  tenuto  ad  esercitare  i  poteri  sovrani  in  modo  tale 
da  non  ledere  i  diritti  e  gl'interessi  legittimi  degli  altri  Governi. 

144.  —  Dovrà  essere  reputato  in  opposizione  col  Diritto  inter- 
nazionale altresì  il  fatto  di  un  Governo,  che  eserciti  i  poteri  so- 
vrani in  maniera  da  ledere  o  nuocere  indirettamente  ai  diritti 
privati  degli  stranieri. 

145.  —  La  libertà  e  l'indipendenza  di  ciascuno  Stato  nello  svi- 
luppo e  nell'esercizio  dei  diritti  di  sovranità  interna  devono  espli- 
carsi colla  giusta  limitazione  del  riguardo  dovuto  ai  legittimi 
interessi  della  società  internazionale. 


Del  dritto  di  autonomia. 

146.  —  Si  deve  presumere  in  massima  che  ciascuno  Stato  abbia 
l'autonomia  completa,  e  bisogna  ritenere  questa  di  sua  natura 
indivisìbile.  Può  nonpertanto  uno  Stato  patteggiare  in  forza  di 
un  trattato  qualche  limitazione  nell'esercizio  de'  suoi  poteri  so- 
vrani, purché  però  essa  sia  stipulata  in  termini  chiari,  precisi,  e 


Titolo  IL  -  Autonomia  ddla  sovranità  '^*' 

non  equivoci,  e  non  sia  contraria  ai  principii  del  Diritto  inter* 
nazionale. 

147.  —  L'autonomia  consiste  nel  diritto  spettante  a  ciascuno 
Stato  di  stabilire  o  modificare  la  propria  costituzione  politica, 
e  di  esercitare  liberamente  all'interno  tutti  i  poteri  e  tutte  le  fun- 
zioni della  sovranità,  senza  violare  il  Diritto  internazionale,  esclu- 
dendo a  riguardo  di  ciò,  e  di  quanto  può  concernere  i  rapporti 
dì  Diritto  pubblico  interno,  qual  si  sia  ingerenza  diretta  o  indi- 
retta da  parte  degli  altri  Stati. 

148.  —  Nessuna  limitazione  dell'autonomia  potrà  essere  fondata 
sulle  presunzioni  od  induzioni  e  neanche  sull'uso,  benché  pro- 
tratto per  un  tempo  considerevole. 

149.  —  Ogni  limitazione  dev'essere  considerata  come  un  diritto 
eccezionale,  ed  interpretata  quindi  nel  senso  il  più  ristretto  :  nel 
modo  più  convenevole  allo  Stato,  al  quale  sia  stata  imposta  :  ed 
il  meno  lesivo  della  sua  naturale  libertà. 

150.  —  Dovrà  essere  ritenuta  in  opposizione  col  Diritto  inter- 
nazionale moderno  una  limitazione  forzata  dell'autonomia  e 
dell'indipendenza  di  uno  Stato,  quando  essa  sia  di  tanto  mo- 
mento da  togliergli  l'integrità  della  capacità  giuridica  intema- 
zionale, ponendo  il  detto  Stato  rispetto  ad  un  altro  nei  rapporti 
di  vassallaggio. 

Tale  limitazione  imposta  colla  forza  non  potrà  essere  valida,  se 
non  quando  sia  riconosciuta  e  ratificata  da  un  Congresso. 

U  Diritto  intemazionale  moderno  deve  mirare  a  far  sparire  Tanomalia  degli 
Stati  semi-sovrani,  perchè  la  storia  ci  ammaestra  che  qualunque  rapporto  di 
subordinazione  e  di  vassallaggio  fra  due  Stali  è  cagione  permanente  di  tur- 
bamenti intemazionali  e  di  perturbazioni  sociali.  Il  dualismo  nell'esercizio  de 
poteri  sovrani  è  incompatibile,  perchè  la  sovranità  deve  essere  una  ed  indi- 
visibile. Dall'avere  il  Diritto  internazionale  antico  ammesso  gli  Stati  semi- 
sovrani, ne  è  derivata  la  lotta  permanente  tra  gli  Stati  vassalli  (che  hanno 
combattuto  per  acquistare  la  completa  indipendenza)  e  lo  Stato  che  esercitava 
Talta  sovranità,  il  quale  ha  adoperato  ogni  mezzo  per  mantenerli  ad  esso  sog- 
getti. Le  guerre  sanguinose  combattute  per  Tindipendenza  dei  Principati  Danu- 
biani  e  le  rovinose  conseguenze  che  sono  derivate  dalla  semi-sovranità  degli 
•Stati  soggetti  alla  Turchia,  sono  un  eloquente  ammaestramento. 

151.  —  La  limitazione  può  rimanere  estinta  con  la  convenzione 
contraria,  con  la  rinuncia  espressa  o  tacita,  e  con  tutti  i  modi, 


1^^  Libro  £.  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

coi  quali  sì  può  verificare  la  risoluzione  delle  convenzioni  inter- 
nazionali. 

152.  —  Si  dovrà  considerare  annullata  altresì  la  limitazione 
quando  le  cose  sìeno  mutate  siffattamente,  che,  se  esse  fossero 
state  sussistenti  al  momento,  in  cui  la  limitazione  fosse  stata  sta- 
bilita, essa  non  sarebbe  stata  valida. 

Questo  principio  potrebbe  trovare  la  sua  applicazione  neiripotesi  che  sia  stata 
stabilita  e  proclamata  una  nuova  regola  di  Diritto  comune  intemazionaie,  e 
che  la  limitazione  patteggiata  fra  due  Stati  si  trovasse  in  opposizione  con  tale 
regola.  Come  diremo  in  seguito  (Libro  II),  le  convenzioni  particolari  in  op^ 
posizione  col  Diritto  comune  internazionale  non  sono  valide. 


Dell^  indipendenza  della  sovranità. 

153.  —  L'indipendenza  consiste  nella  più  completa  padronanza 
di  sé  stesso  {self-government),  vale  a  dire  nel  diritto  assoluto  spet- 
tante a  ciascuno  Stato  sovrano  di  non  tollerare,  e  d'impedire  che 
nel  territorio  soggetto  alla  sua  sovranità  sia  esercitato  alcun  atto, 
o  che  si  compia  un  fatto  di  qual  si  sia  natura,  che  diretta- 
mente o  indirettamente  implichi  o  possa  implicare  l'esercizio  della 
pubblica  aucioritas,  deìVimperium,  della  jurisdictio  da  parte  di 
sovranità  straniera. 

154.  —  Ciascuno  Stato  potrà  colla  più  completa  indipendenza 
provvedere  alla  propria  conservazione,  al  proprio  benessere  ed 
al  proprio  sviluppo,  e  la  sua  completa  libertà  a  riguardo  di  ciò 
non  potrà  essere  limitata  in  considerazione  dei  pregiudizi  even- 
tuali, che  possono  derivare  dall'accrescimento  continuo  e  progres- 
sivo della  sua  potenza  economica,  intellettiva  e  morale,  attuata 
senza  lesione  dei  diritti  altrui. 

155.  —  Ciascheduna  sovranità  potrà  provvedere  con  completa 
indipendenza  alla  difesa  dello  Stato  organizzando  l'esercito  e  l'ar- 
mata: ergendo  fortificazioni:  combinando  alleanze:  prendendo  i 
provvedimenti  di  qual  si  sìa  natura  atti  allo  scopo  e  senza  subire 
limitazioni  o  proibizioni  di  sorta  da  parte  di  sovranità  straniera. 

156.  —  Il  diritto  però  di  accrescere  la  propria  potenza  militare 
spettante  a  ciascuno  Stato  dovrà  essere  ognora  esercitato  dentro 


Titolo  IL  -  Autonomia  ddla  sovranità  145 

i  giusti  limiti  stabiliti  dal  Diritto  cornane,  come  sarà  determinato 
in  seguito,  e  non  potrà  essere  esteso  in  guisa  da  compromettere 
la  sicurezza  dei  terzi. 

Questa  regola  è  fondata  snl  concetto  di  limitare  gli  armamenti  secondo  le 
norme  che  laranno  in  seguito  stabilite,  non  potendosi  ammettere  che  uno  Stato 
in  virtù  della  sua  libertà  possa,  senza  giustificati  motivi,  accrescere  smisura- 
tamente la  sua  forza  di  terra  o  di  mare,  addestrarsi  alla  guerra,  ed  aumen* 
tare  cosi  le  ingenti  spese  dell*  armamento  per  conservare  la  pace.  Gli  arma- 
menti esagerati  possono  essere  considerati  ognora  come  lesivi  degl'interessi 
comuni  e  dare  giusti  motivi  di  domandare  e  ricevere  spiegazioni,  e  sopratutto 
poi  quando  si  può  presumere  ch*essi  siano  diretti  contro  uno  Stato. 


Autonomia  del  potere  legislativo. 

157.  ^  Ciascuna  sovranità  dev'essere  considerata  indipendente 
assolutamente  in  quanto  a  fare  e  modificare  le  leggi,  e  ad  assog- 
gettare ai  suoi  precetti  legislativi  le  persone,  i  beni  ed  i  fatti  giu- 
rìdici, purché  però  tale  potere  sia  esercitato  entro  i  limiti  della 
competenza  speciale,  che  dev'essere  attribuita  al  legislatore  di  cia- 
scuno Stato  in  concorrenza  dei  legislatori  di  Stati  stranieri,  e  che 
non  offenda  i  diritti  internazionali  dell'uomo. 

168.  —  Qualunque  ingerenza  da  parte  di  una  sovranità  stra- 
niera per  costringere  un*altra  sovranità  a  modificare  le  leggi  in 
conformità  dei  principii  liberali  e  progressivi,  si  deve  considerare 
come  illegittima  e  contraria  al  diritto  d'indipendenza  degli  Stati. 

169.  —  Il  pretesto  di  proteggere  gl'interessi  nazionali  non  potrà 
valere  a  giustificare  l'ingerenza  del  Governo  di  uno  Stato  a  riguardo 
del  sistema  legislativo  di  un  altro  Stato. 

160.  —  Incombe  però  al  legislatore  di  ogni  paese  di  provvedere 
a  che  il  sistema  delia  propria  legislazione  sia  sufficiente  ad  assi- 
curare il  rispetto  del  Diritto  internazionale  ed  a  punire  le  offese 
contro  il  medesimo. 

161.  —  A  ciascuno  Stato  spetta  il  potere  esclusivo  di  giudicare 
della  bontà  delle  proprie  leggi,  e  dell'opportunità  e  dell'efficacia 
delle  medesime  per  la  tutela  del  Diritto  internazionale. 

162.  —  La  semplice  affermazione  da  parte  di  un  Governo  stra- 
niero, che  le  leggi  di  uno  Stato  non  siano  sufficienti  a  tutelare 

10  —  FiORK,  Dir,  intern.  codif. 


146  Libro  I.  -  Delle  persane  -^  Parte  speciale 

l'osservanza  del  Diritto  internazionale,  non  può  valere  ad  attri- 
buirgli il  diritto  di  esigere  che  il  Governo  estero  modifichi  il  sistema 
legislativo  del  proprio  Stato. 

163.  —  Ciascun  Governo  però,  che  voglia  agire  lealmente  ed 
onorevolmente  rispetto  agli  altri,  deve  prendere  in  considerazione 
la  domanda  di  un  Governo  straniero,  colla  quale  questi  richieda 
leggi  più  adatte  a  garantire  i  propri  diritti  intemazionali.  Se,  esa- 
minata la  richiesta  in  tutta  buona  fede,  sia  il  caso  di  riconoscerla 
ben  fondata,  incombe  ad  esso  di  aderire. 

164.  —  Qualora  il  Governo  richiesto  opponesse  un  rifiuto  peren- 
torio, e  Taltro  stimasse  tale  procedimento  poco  corretto,  potrebbe 
essere  il  caso  di  deferire  la  vertenza  ad  un  arbitrato,  e  se  le  parti 
si  fossero  cosi  accordate,  e  gli  arbitri  avessero  riconosciuta  ben 
fondata  la  domanda,  lo  Stato,  le  di  cui  leggi  fossero  state  rite- 
nute imperfette,  dovrà  uniformarsi  alla  decisione  arbitrale. 

165.  —  Laddove  un  sistema  legislativo  di  uno  Stato  sia  giu- 
dicato insufficiente  ad  assicurare  il  rispetto  del  Diritto  interna- 
zionale da  un  Congresso,  il  quale  abbia  riconosciuto  la  necessità 
di  opportune  modificazioni,  lo  Stato  non  potrà  rifiutarsi  di  aderire 
a  tale  rimostranza  collettiva,  e  dovrà  modificare  le  leggi  esistenti 
e  ricolmare  le  lacune,  a  meno  che  non  voglia  mettersi  fuori  del 
Diritto  intemazionale. 

155.  —  La  potestà  spettante  a  ciascun  sovrano  di  regolare  libe- 
ramente colle  proprie  leggi  le  questioni  relative  alla  condizione 
giurìdica  degli  stranieri,  ai  loro  diritti  sui  beni,  alle  successioni, 
air  esecuzione  delle  sentenze  straniere  e  simili,  deve  essere  eser- 
citata in  guisa  da  conciliare  l'indipendenza  di  ciascuno  Stato  con 
gl'interessi  generali  e  col  Diritto  intemazionale. 

167.  —  Viola  il  Diritto  internazionale  uno  Stato  che  neghi 
agli  stranieri  di  acquistare  e  di  godere  alla  pari  dei  cittadini  i 
diritti  privati  o  civili,  salvo  quelli  che  per  ragioni  d'interesse  pub- 
blico siano  riservati  esclusivamente  ai  cittadini,  o  che  legalizzi 
la  rappresaglia  giuridica  rispetto  al  godimento  di  quei  diritti 
che  devono  essere  reputati  diritti  naturali  o  diritti  internazionali 
deiruomo. 


Titolo  IL  -  Autonomia  della  sovranità  147 

S  rispetto  dei  diritti  intemazionali  dell'uomo  che  trovansi  determinati  alle 
regole  56  e  57,  ed  esplicati  colle  regole  del  tit  X  di  questo  libro,  non  può 
essere  subordinato  alla  condizione  della  reciprocità,  non  può  ammettersi  con- 
seguentemente che  possa  essere  legalizzata  a  riguardo  di  tale  diritto  la  rap* 
prosaica  giuridica  negando,  a  modo  d'esempio,  allo  straniero  il  diritto  di 
proprietà  e  quello  di  trasmetterla  ai  suoi  successori,  quando  lo  Stato  stra* 
niero  pratichi  lo  stesso  a  riguardo  degli  stranieri. 

Il  rispetto  del  Diritto  intemazionale  non  può  essere  subordinato  alla  con- 
dizione della  reciprocità. 

168.  —  Sarà  considerata  in  opposizione  col  Diritto  intemazio- 
nale ogni  legge  che  neghi  allo  straniero  d'invocare  l'applicazione 
delle  leggi  vigenti  nello  Stato,  che  proteggono  la  personalità  e  la 
proprietà,  o  che  stabilisca  una  diversità  di  trattamento  a  tale 
riguardo  per  la  sola  circostanza  dell'estraneità. 

Le  legislazioni  dei  paesi  più  civili  mirano  ad  eliminare  ai  tempi  nostri  la 
differenza  fra  cittadini  e  stranieri  per  quello  che  concerne  il  godimento  dei 
diritti  civili.  Un  mirabile  esempio  è  stato  dato  dal  legislatore  italiano ,  che 
ha  consacrato  la  massima  dell'articolo  3  del  Codice  civile,  ed  ha  equiparata 
la  condizione  giuridica  dello  straniero  a  quella  del  cittadino  a  riguardo  del 
godimento  dei  diritti  privati  o  civili  (Confr.  quello  che  ne  scrive  Laurent, 
Droìt  eh.  ini,,  tom.  2,  §  38,  pag.  65).  Non  può  essere  al  certo  contestato  il 
diritto  della  sovranità  di  riservare,  per  ragioni  dMnteresse  pubblico,  il  godi- 
mento di  alcuni  speciali  diritti  ai  cittadini,  e  questo  deve  reputarsi  nel  campo 
deirautonomia  legislativa,  ma  non  si  potrebbe  in  forza  delFautonomia  ripri- 
stinare un  sistema  di  legge  che  ponesse  gli  stranieri  fuori  del  Diritto  comune 
rispetto  all'acquisto  ed  al  godimento  dei  diritti  civili,  o  giustificare  tutte  le 
esorbitanze  che  su  di  essi  gravavano  e  che  furono  denominate  Diritto  di  albi- 
naggio.  Neanche  la  eautio  itidicaiutn  solvi  o  eautio  prò  expensia  imposta  allo 
straniero,  che  voglia  far  valere  le  proprie  ragioni  in  giudizio,  può  essere 
giustificata  secondo  i  più  giusti  principii  del  Diritto  intemazionale  moderno. 
In  Italia  non  solo  non  è  richiesto  allo  straniero,  che  adisca  i  tribunali  per 
domandare  giustizia,  che  presti  cauzione  per  le  spese  del  giudizio,  ma  con 
vedute  veramente  liberali  il  legislatore  avendo  disposto  colle  leggi  del  6  di- 
cembre 1865  e  19  luglio  1880  che  in  certi  casi  si  può  ottenere  il  patrocinio 
gratuito  e  le  spese  giudiziarie  a  credito,  ha  applicato  il  beneficio  di  tali  leggi 
anche  agli  stranieri  che  si  trovino  nelle  condizioni  prescritte  dalla  legge  per 
i  cittadini  (art.  8  della  legge  6  dicembre  1865). 

Vedi  le  mie  opere  Diritto  intem,  priv.,  3'  ediz.,  voi.  L  Preliminari  eap.  IL 
Parte  speciale,  libro  I,  capit.  L  Torino  1888;  Dello  staio  e  della  condizione 
giurid,  deUe  persone,  Napoli  1893,  edit.  Marghieri,  voi.  I,  tit.  I,  sez.  II;  Della 
condizione  giuridica  dello  straniero,  pag.  178  e  seg. 

169.  —  Non  lice  in  forza  dell'autonomia  legislativa  d'assog- 
gettare gli  stranieri  alle  leggi  territoriali  che  concernono  lo  stato 
personale  ed  i  rapporti  di  famiglia,  e  disconoscere  ogni  autorità 
allo  statuto  personale  dello  straniero,  salvo  i  casi  nei  quali  ciò 


1^8  Libro  IL  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

possa  essere  richiesto  per  mantenere  integra  l'autorità  delle  !f  giri 
di  ordine  pubblico,  o  di  quelle  relative  al  buon  costume,  o  di 
quelle  che  mirino  a  tutelare  il  Diritto  sociale. 

170.  —  Ogni  sistema  di  leggi  che  attribuisca  il  carattere  di 
statuto  reale  o  territoriale  a  qualsisia  disposizione  che  abbia  per 
oggetto  grimmobilì  e  che  assoggetti  ogni  rapporto,  di  qualunque 
natura  si  sia,  ed  ogni  diritto  sulle  cose,  chiunque  sia  la  persona 
a  cui  esse  appartengono,  alla  legge  territoriale,  deve  ritenersi  in 
opposizione  coi  principii  razionali  del  Diritto  internazionale  pri- 
vato, che  stabiliscono,  determinano  e  limitano  la  potestà  legisla- 
tiva di  ciascuna  sovranità. 

171.  —  La  potestà  legislativa  della  sovranità  territoriale  e  della 
sovranità  straniera  per  quanto  riguarda  i  diritti  del  proprietario 
sulle  cose  mobili  o  sulle  cose  immobili:  l'acquisto  della  proprietà: 
il  suo  trasferimento  mediante  atto  tra  i  vivi  o  di  ultima  volontà: 
le  forme  estrinseche  degli  atti  a  ciò  idonei:  l'esercizio  di  ogni 
diritto  relativo  alle  cose,  dovrà  essere  fissata  e  determinata  mediante 
accordo  fra  gli  Stati,  stabilendo  regole  uniformi  circa  l'autonomia 
e  la  competenza  legislativa  di  ciascuna  sovranità,  e  circa  l'auto- 
rità territoriale  o  estraterritoriale  delle  leggi  da  essa  emanate. 

Mancando  tale  accordo,  l'autorità  territoriale  o  estraterritoriale 
di  ciascuna  legge  non  potrà  ritenersi  nel  campo  esclusivo  della 
autonomia,  ma  dovrà  essere  bensì  determinata  in  conformità  dei 
principii  razionali  del  Diritto  internazionale  privato. 

Queste  regole  mirano  a  stabilire  in  principio,  che  la  sovranità  dello  Stato 
non  può  in  virtù  del  suo  dominio  eminente  su  tutto  il  territorio  assogget- 
tare alle  proprie  leggi  ogni  rapporto  di  diritto  privato  sugrimmoblli,  ed  il 
diritto  di  trasferirli  mediante  successione  ed  altrimenti,  e  ad  ammettere  che  la 
competenza  legislativa  di  ciascuna  sovranità  in  concorrenza  colle  altre  deve 
essere  fissata  in  modo  uniforme  mediante  regole  concordate  coi  trattati  o 
secondo  i  principii  razionali  del  Diritto.  U  precisare  poi  quali  siano  tali  re- 
gole adatte  a  stabilire  il  vero  limite  razionale  deirautorità  di  ciascuna  legge 
onde  eliminare  così  i  conflitti  fra  le  leggi  di  Stati  diversi,  questo  appartiene 
al  Diritto  internazionale  privato,  e  dovrà  essere  determinato  tenendo  conto 
delle  regole  speciali  che  tale  materia  concernono.  (Vedi  su  tale  soggetto  la 
mia  opera:  SuìV autorità  e  sulV applicazione  delle  leggi  straniere, o  Diritto  in- 
ternazionale privato,  3*  edizione,  Torino,  Unione  tipografico-editrice,  1888;  e 
la  traduzione  francese  fatta  da  Ch.  Antoine,  Paris,  Pedone-La urìel.) 

Confr.  Tart.  di  Demangeat,  Introduction  a  Gluket  Journal  du  Droit  intera 
national  prive,  tom.  L 


Titolo  IL  -  Autonomia  della  sovranità  149 


Autoììomia  del  potere  giudiziario. 

172.  —  Ciascuna  sovranità  è  completamente  indipendente  nel* 
Tesercizio  del  potere  giudiziario,  che  ad  essa  spetta,  e  può  fissare 
le  giurisdizioni  territoriali  e  determinare  la  competenza  dei  pro- 
prii  magistrati  riguardo  ad  ogni  controversia  relativa  alle  persone, 
alle  cose,  alle  obbligazioni  e  ad  altri  oggetti. 

173.  —  Nessuna  sovranità  però  potrà  colla  propria  legge  attri- 
buire giurisdizione  ai  propri  tribunali  in  opposizione  colle  regole 
o  coi  principii  di  giurisdizione  internazionale.  Qualora  essa  attri- 
buisse giurisdizione  e  competenza  ai  propri  tribunali  usurpando 
la  potestas  judicandi  spettante  ad  altra  sovranità,  tale  fatto  dovrà 
essere  reputato  arbitrario,  ed  in  opposizione  col  Diritto  interna- 
zionale. 

174.  —  Le  regole,  colle  quali  dev'essere  determinato,  quale  sia 
la  sovranità,  a  cui  deve  spettare  a  preferenza  la  potestas  cogno- 
scendi  et  decidendi  causam^  costituiscono  le  norme  di  giurisdizione 
internazionale,  e  dovranno  essere  fissate  per  comune  consenso 
degli  Stati ,  o  dovranno  essere  dedotte  dai  generali  principii  del 
Diritto  internazionale,  come  in  ogni  altro  caso  in  cui  manchi  la 
regola  di  Diritto  positivo. 

Queste  regole  mirano  a  mantenere  ben  distìnte  le  due  questioni.  Quella  cioè 
che  concerne  la  giurisdizione  e  la  competenza  ne*  suoi  rapporti  col  Diritto 
pubblico  interno,  e  quella  che  concerne  il  diritto  di  giurisdizione,  che  può 
spettare  alla  sovranità  d'uno  Stato  o  a  quella  di  un  altro  in  caso  di  concor- 
renza dei  rispettivi  diritti  dì  giudicare  una  determinata  causa,  la  quale  è  una 
questione  vera  e  propria  di  giurisdizione  secondo  il  Diritto  internazionale.  Dato 
che  la  factUtas  eognoseendi  et  decidendi  causam  spetti  al  sovrano  dello  Stato, 
è  ben  naturale  che  debba  reputarsi  nel  campo  della  sua  autonomia  il  deter- 
minare a  quale  delle  magistrature  dello  Stato  debba  essere  attribuita  la  giu- 
risdizione e  quale  debba  ritenersi  il  giudice  competente.  In  questo  caso  la 
questione  dovendo  essere  considerata  d'interesse  territoriale,  può  alla  pari  di 
ogni  altra  questione  di  Diritto  pubblico  interno,  essere  regolata  dal  sovrano 
dello. Stato  con  autonomia  ed  indipendenza.  Spetta  infatti  a  lui  non  solo  di 
determinare  come  il  potere  giudiziario  debba  essere  istituito,  ma  di  determi- 
nare altresì  quale  sia  il  limite,  la  linea  di  demarcazione  della  potestas  judi- 
candi attribuita  alle  diverse  magistrature,  lo  che  significa  determinare  la  giu- 
risdizione di  ciascheduna  di  esse.  Spetta  inoltre  al  sovrano  di  determinare 


150  Libro  1.  -  Delle  persane  —  Fatie  spedale 

quale  dei  magistrati,  cui  spetti  secondo  la  legge  la  giurisdizione,  abbia  il  dirìtlo 
di  giudicare  quella  determinata  causa  di  quel  dato  valore,  natura  e  quantità, 
lo  che  equivale  a  determinare  e  stabilire  la  competenza  propriamente  detta, 
Tale  a  dire  quale  sia  il  giudice  cui  spetti  la  potestà  di  statuire  e  decidere 
ciascun  determinato  affare  contenzioso,  o  di  spedire  ciascun  determinato  atto 
di  giurisdizione  volontaria. 

La  questione  ha  ben  altro  carattere  ed  è  sostanzialmente  diversa,  quando 
si  tratti  di  decidere  se  la  facultas  cognoscendi  et  decidendi  causatn  spetti  ai 
tribunali  italiani,  a  modo  d'esempio,  ai  tribunali  francesi,  o  a  quelli  dell^Impero 
germanico.  In  tale  caso  la  questione  non  è  più  di  Diritto  pubblico  interno, 
ma  è  bensì  una  questione  di  Diritto  internazionale.  Si  tratta  infatti  di  deci- 
dere, dato  il  caso  di  concorrenza  di  diritti  da  parte  di  sovranità  di  Stati  diversi, 
circa  la  potestas  cognoscendi  et  decidendi  causatn,  se  tale  potestà  debba  essere 
attribuita  alla  sovranità  italiana,  alla  sovranità  francese,  o  alla  sovranità  dello 
Impero  germanico.  Ora  ciascuno  deve  comprendere  che  non  si  potrebbe  ammet- 
tere che,  in  forza  dell'autonomia,  la  sovranità  d'uno  Stato  potesse  usurpare 
la  giurisdizione  spettante  alla  sovranità  d'uno  Stato  straniero,  e  che  facendolo 
potesse  farlo  senza  violare  i  principii  del  Diritto  internazionale.  £sempi  di 
giurisdizione  arbitrariamente  attribuita  non  ne  mancano,  e  uno  ne  porge  la 
massima  che  trovasi  sancita  all'articolo  14  del  Codice  civile  francese,  e  non 
ò  il  caso  di  dimostrarne  ora  l'anomalìa.  Rammentiamo  soltanto  che  abbiamo 
costantemente  dimostrato  come  sia  indispensabile  tenere  distinte  le  due  que- 
stioni, ed  ammettere  regole  ben  diverse  rispetto  alla  giurisdizione  ed  alla  com- 
petenza del  giudice  di  fronte  al  Diritto  pubblico  interno  e  di  fronte  al  Diritto 
internazionale  (Vedi  le  mie  opere:  Effetti  internaz,  delle  sentenze  (mat.  civ.), 
cap.  Ili,  §  3,  Torino  1875.  Nota  alla  sentenza  della  Corte  di  Catania  del 
22  marzo  1879,  nel  Foro  italiano  1879,  pag.  714.  Diritto  internaz.  pubblico, 
3"  ediz.,  Torino  1887,  §§  40^2,  405.  —  Sulle  disposizioni  generali  delle  leggi, 
Napoli  1886  (edit.  Marghierij,  tomo  I,  §§  454  a  4n8). 

I  principii  da  noi  sostenuti  furono  la  prima  volta  accolti  dalla  Corte  di 
Firenze  nella  sua  sentenza  del  2  dicembre  1882  in  causa  Blanc  e.  TrafTord. 
La  Corte  disse  :  '  La  questione  di  sapere  quale  tra  due  tribunali  d'uno  Stato 

*  straniero  sia  competente,  deve  risolversi  secondo  la  legge  del  paese  in  coi 

*  seguì  il  giudizio;  ma  quando  invece  i  tribunali,  della  cui  giurisdizione  si 
**  contende,  non  appartengono  ad  un  medesimo  Stato,  la  questione  va  decisa 

*  secondo  i  principii  del  Diritto  internazionale  ,  (Vedi  il  Foro  italiano  anno  1882, 
1.  pag.  1148). 


Autorità  delle  sentenze  civili  dei  tribunali  stranieri. 

175.  —  Ogni  sentenza  di  tribunale  straniero  in  materia  civile 
potrà  essere  prodotta  e  potrà  avere  l'autorità  della  cosa  giudicata, 
supposto  che  ad  essa  non  manchino  i  requisiti  per  attribuirle  effi- 
cacia estraterritoriale. 

176.  —  I  requisiti  indispensabili  per  V  autorità  estraterritoriale 
delle  sentenze  civili  dovranno  essere  determinati  e  fissati  dagli 


Titolo  IL  '  Autonomia  della  sovranità  151 

Stati  mediante  l'accordo  reciproco.  In  mancanza  di  questo  la  sovra- 
nità dello  Stato,  nel  quale  la  sentenza  straniera  si  ruol  far  valere, 
avrà  piena  facoltà  di  subordinarne  il  riconoscimento  alla  condi- 
zione di  date  garanzie  legali,  e  potrà  in  ogni  caso  disconoscere 
l'autorità  del  giudicato,  se  gli  effetti,  che  da  questo  si  vogliono 
derivare,  siano  in  opposizione  col  Diritto  pubblico,  o  con  una  legge 
di  ordine  pubblico. 

177.  —  Incombe  agli  Stati  di  stabilire  mediante  trattato  le  norme 
circarautorità  estraterritorialeeresecuzionedellesentenze  straniere. 

È  riconosciata  generalmente  la  comune  recìproca  utilità  di  regolare  mediante 
no  trattato  Tesecazione  deUe  sentenze  straniere,  ma  non  ancora  si  è  arrivati 
a  mettersi  d*accordo,  non  ostante  che  rari  tentativi  siano  stati  fatti  per  effet- 
tuare rintento. 

Una  conferenza  era  stata  progettata  e  doveva  riunirsi  in  Roma  in  seguito 
airinvito  di  Mancini,  ministro,  ma  non  ebbe  luogo.  Certa  cosa  è  che  per  sta- 
bilire un  Diritto  uniforme  in  materia  di  esecuzione  di  sentenze  straniere  occorre 
un  trattato.  Mediante  esso  dovrebbero  essere  fissate  le  regole  di  giurisdizione 
intemazionale,  lasciando  alFautonomia  di  ciascuno  Stato  quelle  di  giurisdizione 
territoriale  e  di  competenza  :  quelle  relative  alla  citazione  degli  stranieri  assenti: 
alÌ*esecuzlone  delle  commissioni  rogatorie:  e  quelle  in  generale  che  concernono 
i  requisiti  per  Tefficacia  estraterritorìale  delle  sentenze.  In  tal  modo  le  sen- 
tenze pronunciate  dai  tribunali  rispettivi  degli  Stati,  che  avessero  concluso  il 
trattato,  potrebbero  avere  la  forza  giuridica  della  rea  Judicata  nei  territori  delle 
parti  contraenti,  e  qualora  fossero  definitive  ed  eseguibili  secondo  la  legge 
dello  Stato  in  cui  fossero  state  rese,  potrebbero  essere  reputate  definitive  ed 
eseguibili  nei  paesi  degli  Stati  in  unione,  sotto  la  sola  condizione  déiV exequatur 
ad  esse  concesso  dal  tribunale  territoriale  competente.  Quando  si  arriverà  a 
questo,  senza  fare  alcuna  differenza  se  la  sentenza  sia  stata  pronunziata  contro 
un  cittadino  dello  Stato  in  cui  deve  eseguirsi,  o  contro  uno  straniero,  il  tri- 
bunale competente  del  paese  in  cui  la  sentenza  si  voglia  far  valere,  dovrebbe 
limitarsi  ad  esaminare  se  essa  sia  stata  pronunciata  in  conformità  delle  regole 
di  Diritto  intemazionale  stabilite  con  trattato,  e  la  esecutorietà  non  potrebbe 
essere  negata  che  a  quelle  sentenze  soltanto  che  fossero  state  pronunciate  o 
violando  le  regole  dì  giurisdizione  intemazionale,  o  che  non  fossero  conformi 
alle  norme  stipulate  mediante  il  trattato. 

178.  —  Finché  non  sarà  stabilito  un  Diritto  uniforme  mediante 
trattato  intemazionale,  incombe  ai  sovrani  degli  Stati  civili  di  auto- 
rizzare i  propri  tribunali  a  riconoscere  T  efficacia  delle  sentenze 
straniere,  e  a  concedere  V exequatur  ad  esse  senza  ridiscutere  il 
merito  del  giudicato,  ma  limitandosi  soltanto  ad  esaminare  se  la 
sentenza  estera  abbia  ì  requisiti  legali  per  la  sua  efficacia  estra- 
territorìale secondo  i  principii  del  Diritto  intemazionale» 


152  Libro  L  •  Delle  persone  —  Parte  speciale 


Principii  razionali 
circa  Vefficacia  di  una  sentenza  civile  straniera. 

179.  —  I  requisiti  richiesti  per  l'efficacia  estraterritoriale  di  una 
sentenza  civile  straniera  secondo  i  principii  razionali  del  Diritto 
internazionale  sono: 

a)  che  essa  sia  stata  pronunciata  dal  tribunale  competente 
secondo  la  legge  dello  Stato  in  cui  segui  il  giudizio; 

h)  che  la  parte  contro  cui  la  sentenza  si  vuol  far  valere  sìa 
stata  regolarmente  citata  e  rappresentata,  o  legalmente  contumace. 
tenuto  conto  delle  norme  per  la  citazione  degli  stranieri  assenti 
secondo  la  legge  del  luogo  in  cui  segui  il  giudizio; 

e)  che  essa  non  manchi  del  tutto  di  motivazione,  e  che  non 
contenga  contraddizioni  evidenti  nel  dispositivo; 

d)  che  non  sia  stata  pronunciata  violando  le  regole  di  Diritto 
intemazionale  privato  sancite  con  legge  dal  sovrano  dello  Stato, 
in  cui  la  sentenza  si  vuol  far  valere  o  violando  le  regole  del  Di- 
ritto intemazionale  privato  che  fossero  state  concordate  mediante 
trattato. 

180.  —  Vexequatur  potrà  essere  negato: 

a)  quando  le  conseguenze  legali,  che  in  forza  della  sentenza  si 
vogliono  dedurre,  o  quando  il  fatto  giuridico,  che  mediante  essa 
si  voglia  porre  in  essere,  importino  oflfesa  o  lesione  dell'ordine 
pubblico  o  del  Diritto  pubblico  territoriale; 

b)  quando  la  sentenza  essendo  stata  pronunciata  contro  di 
un  cittadino  dello  Stato,  nel  quale  deve  essere  portata  ad  esecu- 
zione, ed  avendo  il  giudice  straniero  deciso  applicando  la  legge 
di  cotesto  Stato,  avesse  errato  a  riguardo  del  Diritto  in  esso  Stato 
vigente  ; 

e)  quando  il  mezzo  di  esecuzione  decretato  dal  giudice  stra- 
niero sia  inibito  a  norma  della  legge  territoriale. 

181.  —  Spetta  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  di  regolare  colle 
proprie  leggi  le  forme  e  le  procedure  per  l'esecuzione  delle  sen* 


Titolo  IL  '  Autonomìa  della  sovranità  153 

tenze  straniere,  la  competenza  del  tribunale,  e  tutto  quello  che 
concerne  il  giudizio,  i  gradi  di  giurisdizione,  le  opposizioni,  gli 
incidenti  ed  i  rimedi  durante  il  procedimento  esecutivo. 

182.  —  Ogni  sentenza  straniera ,  indipendentemente  dall'  exe- 
quatur^  potrà  avere  il  valore  che  deve  essere  attribuito  ad  un  atto 
autentico,  e  la  sua  forza  probante  come  tale.  Essa  non  potrà  però 
avere  la  forza  giuridica  della  rea  judicata  in  contraddittorio  della 
parte  interessata,  se  non  quando  il  tribunale  competente  dello 
Stato  abbia  dichiarato,  nelle  forme  stabilite  dal  codice  di  proce- 
dura civile  del  paese,  che  essa  può  avere  esecuzione. 

L'esposta  regola  mira  a  stabilire  che  la  forza  giuridica  che  la  sentenza  ha 
in  quanto  essa  costituisce  la  cosa  giudicata,  e  che  secondo  la  legge  ha  in  sé 
la  presunzione  legale  che  dispensa  da  qualunque  prova  colui  a  favore  del  quale 
essa  ha  luogo,  non  può  essere  attribuita  alla  sentenza  straniera  in  contraddit- 
torio delle  parti,  se  non  che  quando  il  magistrato  competente  abbia  ricono- 
sciuto in  essa  i  requisiti  legali  richiesti  secondo  la  legge,  affinchè  possa  essere 
attribuita  Tautorità  di  cosa  giudicata  alla  sentenza  straniera.  Per  lo  che  anche 
per  questo  occorre  il  giudizio  e  Yexequatur, 

Quando  si  tratta  di  voler  procedere  agli  atti  esecutivi  in  un  paese,  in  forza 
di  sentenza  pronunciata  da  tribunale  straniero,  incombe  al  magistrato  non 
solo  di  riconoscere  che  alla  sentenza  straniera  può  essere  attribuita  Tauto- 
rità  della  cosa  giudicata,  ma  di  dare  altresì  ad  essa  la  forza  esecutiva,  decre- 
tandone Tesecutorietà.  Però,  anche  quando  non  si  tratti  di  procedere  ad  atti 
materiali  e  coattivi,  ma  di  opporre  la  sentenza  straniera  in  contraddittorio, 
invocando  la  presunzione  legale  che  spetta  aUa  cosa  giudicata,  bisogna  pure 
che  il  magistrato,  che  è  chiamato  ad  attribuire  alla  sentenza  straniera  Tauto- 
rità  della  cosa  giudicata  relativamente  a  ciò  che  abbia  formato  il  soggetto  del 
giudizio,  accerti  innanzi  tutto  ch'essa  non  manchi  dei  requisiti  sostanziali  per 
essere  reputata  una  sentenza.  La  presunzione  legale  che  la  legge  attribuisce 
alla  cosa  giudicata  e  che  dispensa  da  qualunque  prova  quegli  a  cui  favore 
la  sentenza  sia  stata  pronunciata,  non  può  aver  luogo  se  non  quando  sia  inter- 
ceduto tra  le  parti  un  regolare  giudizio  dinanzi  al  magistrato  competente,  e 
ciò  dev'essere  accertato,  quando  si  tratti  di  giudizio  seguUo  all'estero.  Gonfr. 
la  mia  opera:  Disposiz.  generali  sulV applicazione,  sulla  pubblicazione  e  inter- 
pretazione delle  leggi,  Napoli  1887,  editore  Marghieri,  tom.  II,  §§  908-913. 


Autorità  delle  sentenze  penali  straniere. 

183.  —  Nessuna  sentenza  penale  straniera  potrà  avere  l'autorità 
della  cosa  giudicata,  né  potrà  essere  eseguita  fuori  del  territorio, 
ove  fa  pronunciata;  essa  non  potrà  inoltre  produrre  gli  effetti 


154  Libro  I.  -  Délle  persone  —  Parte  speciale 

legali  derivanti  dalla  condanna  penale,  salvo  il  caso  di  espressa 
disposizione  della  legge  riguardo  ai  cittadini  condannati  all'estero. 

184.  —  Spetta  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  di  stabilire  con 
legge,  se  una  condanna  penale  straniera  possa  produrre  rispetto 
al  cittadino  condannato  Tinterdizione  dai  pubblici  uffici  o  qualche 
altra  incapacità,  che  derivi  dalla  condanna  penale  pronunciata  dai 
tribunali  nazionali. 

Le  condizioni  sotto  le  quali  tali  effetti  possono  essere  attribuiti 
sono  nel  dominio  assoluto  di  ciascuna  sovranità  e  non  possono 
formare  oggetto  di  trattato. 

La  legge  penale  forma  parte  del  Diritto  pubblico  di  ciascun  paese,  e  con- 
seguentemente la  sua  autorità  è  in  massima  esclusivamente  territoriale»  salvo 
quei  pochi  casi  nei  quali  può  essere  attribuita  ad  essa  rautorità  estraterrìtoriale. 

L'azione  penale  però  è  sempre  ed  in  ogni  caso  esclusivamente  territoriale» 
e  cosi  deve  ritenersi  pure  esclusivamente  territoriale  la  forza  esecutiva  della 
sentenza  penale.  La  condanna  penale  importa  infatti  la  restrizione  del  libero 
esercizio  dei  diritti  e  della  libertà  personale,  e  non  si  può  ammettere  ch*essa 
possa  produrre  tali  effetti  fuori  del  territorio  sul  quale  impera  la  sovranità, 
in  nome  della  quale  fu  esercitata  Fazione  penale  e  fu  pronunciata  la  condanna. 
La  sovranità  può  non  per  tanto  decretare  che,  date  certe  condizioni  da  essa 
determinate,  alcuni  effetti  legali  che  derivano  dallo  stato  di  condannato  pos- 
sano derivare  dalla  condanna  pronunciata  all'estero  contro  un  cittadino. 

Il  legislatore  italiano  cosi  dispone  a  tale  riguardo,  articolo  7  Codice  penale 
del  1890: 

*  Se  contro  il  cittadino,  per  un  delitto  commesso  in  territorio  estero,  che 
"  non  sia  uno  di  quelli,  pei  quali  non  sia  ammessa  Testradizione,  sia  stata 
**  pronunziata  all'estero  una  condanna,  che  secondo  la  legge  italiana  impor- 

*  terebbe,  come  pena  o  come  effetto  penale,  l'interdizione  dai  pubblici  uCBci 
'  o  altra  incapacità,  l'Autorità  giudiziaria  sull'istanza  del  Pubblico  Ministero, 
'  può  dichiarare  che  la  sentenza  pronunziata  all'estero  produce  nel  Regno  la 
'  interdizione  o  l'incapacità  suddetta;  salvo  al  condannato  il  diritto  di  cbie- 
■  dere  che,  prima  di  provvedere  sull'istanza  del  Pubblico  Ministero,  si  rinnovi 

*  il  giudizio  seguito  all'estero  ,.  Vedi  pure  artìcolo  9  del  God.  pen.  badese  e 
art.  37  del  God.  pen.  germanico. 


Autonomia  del  pote7'e  esecutivo. 

185.  —  Il  sovrano  dello  Stato  ha  il  diritto  esclusivo  di  prov- 
vedere colla  più  completa  indipendenza  all'esecuzione  delle  leggi 
dello  Stato,  ed  a  tutti  gli  atti  di  pubblica  amministrazione,  e  non 
è  tenuto  a  rendere  conto  della  sua  condotta,  che  ai  poteri  costi- 
tuiti secondo  le  leggi  costituzionali. 


Titolo  II.  -  Autonomia  della  iovranità  1^ 

186.  —  LMngerenza  negli  atti  di  pubblica  amministrazione  di 
uno  Stato  estero  non  può  essere  giustificata  col  pretesto  di  prò* 
teggere  gl'interessi  dei  cittadini.  La  protezione  sotto  tale  rispetto 
dovrà  essere  reputata  sopratutto  contro  il  Diritto,  ogni  qual  volta 
che  essa  sia  ordinata  allo  scopo  di  ottenere  ai  cittadini  residenti 
nello  Stato  estero  una  posizione  privilegiata. 

187.  —  Un  Governo  però  che  si  creda  leso  dagli  atti  del  potere 
esecutivo  straniero,  o  che  riconosca  lesi  da  tali  atti  gF  interessi 
dei  propri  cittadini,  potrà  fare  i  suoi  reclami  per  la  via  diplomatica 
e,  quando  ne  sia  il  caso,  esercitare  le  azioni  giudiziarie  dinanzi  ai 
tribunali  del  paese  straniero  in  conformità  delle  leggi  ivi  vigenti 
per  la  tutela  de'  suoi  diritti  lesi  dagli  atti  d'amministrazione  o  in 
forza  dell'abuso  del  potere  esecutivo. 

Le  regole  sopra  stabilite  sono  fondate  sul  giosto  concetto  dell*! ndi pendenza 
delle  sovranità  neiresercizio  dei  loro  poteri  e  delle  loro  funzioni  airinterno 
dello  Stato.  Siccome  però  incombe  a  ciascuna  sovranità  di  esercitare  i  snoi 
poteri  senza  ledere  gl'interessi  dei  Governi  e  dei  cittadini  stranieri,  così,  se 
Tamministrazione  di  un  paese  fosse  tanto  disordinata,  come  avviene,  a  modo 
d'esempio,  in  Turchia,  non  può  essere  vietato  ai  Governi  stranieri  di  tutelare 
in  via  diplomatica  grinteressi  propri  e  dei  propri  cittadini,  facendo  le  oppor- 
tune rimostranze  al  Governo  straniero  per  ottenere  da  esso  che  Tamministra- 
zione  sia  riordinata,  e  massimamente  poi  se  si  tratti  delPamministrazione  finan- 
ziaria, la  qaale,  se  disordinata  e  corrotta,  può  arrecare  gravi  e  seri  detrimenti 
patrimoniali  ai  Governi  ed  ai  privati  stranieri. 

Qualora  poi  fosse  il  caso  di  una  vera  lesione  di  diritti  patrimoniali,  l'azione 
giudiziaria  potrebbe  essere  esercitata  nei  casi  e  colle  norme  stabilite  in  seguito 
aUe  regole  257-266. 

188.  —  Non  può  essere  attribuita  competenza  ai  tribunali  dello 
Stato  per  giudicare  e  decidere  circa  le  lesioni  patite  dai  cittadini 
che  adducessero  di  essere  stati  danneggiati  dagli  atti  d'ammini- 
strazione di  un  Governo  straniero. 

Il  fondamento  di  questa  regola  riposa  sul  principio  di  Diritto  internazionale 
generalmente  riconosciuto,  che  la  giurisdizione  rispetto  agli  atti  d'amministra- 
zione appartiene  alla  sovranità,  in  nome  della  quale  gli  atti  siano  stati  fatti, 
e  che  il  sottomettere  gli  atti  di  a mminis trazione  d'una  sovranità  alla  giurisdi- 
zione d'una  sovranità  straniera  equivarrebbe  a  sottomettere  la  sovranità  alla 
sovranità. 

Vedi  in  senso  conforme  la  decisione  del  Tribunale  civile  della  Senna,  del 
2  maggio  1828,  nella  causa  Ternani •  Gandolphe  e.  la  Repubblica  di  Haiti: 

'  Attendu  —  egli  disse,  —  qu'il  est  des  principes  consacrés  par  le  Droit  des 
*  gens  que  les  États  sont  indépendants  les  uns  des  autres;  que  la  conséquence 


156  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

*  la  plus  immediate  est  le  droit  de  jurìdiction  qae  chaque  natfon  eonserre 

*  pour  juger  tons  ies  actes  quelconques  émanés  d*elle;  qae  soamettre  les  engagé* 
'  ments  d'une  nation  &  la  juridiction  d'une  autre  natìon  c'est  nécessaìrement 

*  dter  à  la  première  son  indépendance  et  la  rendre  sujette  de  Tantre,  à  la 

*  décision  de  laqueiie  elle  serait  forcée  d'obéir...  ,. 

La  Corte  di  Cassazione  francese  ritenne  lo  stesso  principio  colla  sentenza 
da  essa  pronunciata  nella  causa  tra  ì  sigg.  Lambège  e  Ponjol  e  il  Governo 
spagnuolo: 

**  Attenda  que  T  indépendance  réciproque  des  États  est  Tun  des  principes 

*  les  plus  nniversellement  reconnus  du  Droit  des  gens  ;  que  de  ce  pi:;incipe  il 

*  resulto  qu'un  Gouvernement  ne  peut  étre  soumis  pour  les  engagements  qa^il 
"  contraete  &  la  juridiction  d'un  État  étranger;  qu'en  effet  le  droit  de  juri- 

*  diction  qui  appartient  à  chaque  Gouvernement  pour  juger  les  différends  nès 

*  à  Toccasion  des  actes  émanés  de  lui ,  est  un  droit  inhérent  à  son  aatorité 

*  souveraine,  qu'un  autre  Gouvernement  ne  saurait  s'attribuer  sans  s'exposer 

*  à  altérer  leurs  rapports  respectifs...  „. 

Vedi  le  mie  opere:  Diritto  intemazionale  pubblico,  tomo  I,  §  418,  e  Far- 
ticolo  sulla  voce  Agenti  diplomatici,  nel  Digesto  ital.,  n*  211-217.  Dalloz, 
Jurisprud.  gin.  1849,  1.  5. 

189.  —  L'indipendenza  del  potere  amministrativo  di  ciascuno 
Stato  dev'essere  conciliata  colle  necessità,  che  derivano  dalla  con- 
vivenza degli  Stati,  che  sono  fra  loro  in  società  dì  fatto. 

190.  —  Uno  Slato  che  volesse  attuare  il  sistema  del  suo  com- 
pleto isolamento  potrà  essere  reputato  in  opposizione  coi  prin- 
cipii  del  Diritto  intemazionale,  e  potrà  giustificare  l'ingerenza  col- 
lettiva da  parte  degli  altri  Stati,  onde  far  cessare  uno  stato  di 
cose  anormale  e  contro  gl'interessi  generali  delPumanità. 

Questo  dovrà  ammettersi  soprattutto  rispetto  ad  uno  Stato, 
che  proibendo  ogni  commercio  internazionale  facesse  cosi  man- 
care agli  altri  Stati  oggetti  di  prima  necessità,  o  che  inibisse  asso- 
lutamente l'uso  innocuo  delle  vie  di  comunicazione,  delle  linee 
telegrafiche,  degli  stabilimenti  pubblici  e  di  quello  che  è  indi- 
spensabile per  soddisfare  ai  bisogni  intellettivi  o  morali  di  tutti 

popoli  civili. 

In  forza  di  questa  regola  si  può  spiegare  come  giustamente  sia  stato  imposto 
alla  Cina  di  aprire  qualcuno  de'  suoi  porti  al  commercio,  per  la  necessità  neUa 
quale  si  trovavano  gli  Stati  europei  di  esportare  Toppio  che  trovasi  in  queUe 
regioni.  Lo  Stato  di  assoluto  isolamento  in  cui  voleva  restare  la  Gina,  motivò 
la  guerra  che  le  fecero  gl'Inglesi  per  costringerla  ad  abbandonare  le  sue  false 
idee  d'immaginaria  superiorità  ed  a  concludere  il  Trattato  di  pace  di  Nanking 
ne)  1842,  col  quale  le  prime  relazioni  commerciali  col  Celeste  Impero  furono 
stabilite. 


Titolo  UL  •  Acquisto  della  sovrana^  urixt^iriuU  157 


TITOLO  IH. 
Acquisto  della  sovranità  territoriale, 

191.  —  La  sovranità  territoriale  consiste  nel  diritto  esclasivo 
d'alto  dominio,  d'imperio  e  di  giurisdizione  spettante  al  sovrano 
secondo  il  Diritto  internazionale  su  tutto  il  territorio  dello  Stato 
e  su  tutte  le  località  assimilate  ad  esso. 

192.  —  Il  territorio  reale  di  ciascuno  Stato  è  costituito  dalla 
regione  occupata  da'  suoi  cittadini,  la  quale  è  nel  possesso  giu- 
ridico della  sovranità  territoriale,  e  che  comprende  tutta  l'esten- 
sione che  si  trova  contenuta  dentro  i  limiti  o  frontiere  dello  Stato, 
le  quali  costituiscono  la  linea  di  separazione  dalle  regioni  limi- 
trofe che  sono  nel  possesso  giuridico  di  altra  sovranità. 

193.  —  Devono  essere  equiparate  al  territorio  reale  quelle  loca- 
lità, che  secondo  il  Diritto  internazionale  sono  considerato  come 
sue  adiacenze  e  che  devono  essere  reputate  soggette  all'imperio 
ed  alla  giurisdizione  del  Sovrano  territoriale.  Tali  sono: 

a)  il  mare  territoriale; 

l)  le  acque  dei  fiumi  e  dei  laghi  che  dividono  Io  Slato  dagli 
Stati  limitrofi; 
e)  le  isole; 
d)  le  navi  nazionali. 


Acquisto  della  sovranità  territoriale. 

194.  —  D  possesso  giuridico  di  un  territorio  da  parte  di  uno 
Stato  potrà  essere  effettuato  durante  la  pace: 

a)  mediante  l'occupazione,  l'accessione,  la  prescrizione  rispetto 
alle  regioni  che  non  siano  nel  possesso  giuridico  di  altra  sovra- 
nità o  che  debbano  reputarsi  da  essa  abbandonate. 


158  Libro  I.  •  Delle  persone  —  Parte  spedale 

b)  mediante  la  cessione  volontaria  fatta  con  o  senza  corre- 
spettivo,  da  coiaio  eoi  il  territariò  ceduto  apparteneva.  * 

195.  —  Il  possesso  giuridico  d'un  territorio  può  essere  effettuato 
durante  la  guerra  : 

a)  mediante  l'occupazione  che  abbia  il  carattere  di  occupa- 
zione militare  secondo  il  Diritto  internazionale  e  che  potrà  rite- 
nersi effettuata,  su  quella  parte  soltanto  del  territorio,  sulla  quale 
nell'attualità  sia  cessato  di  fatto  l'esercizio  dell'autorità  sovrana 
per  parte  del  Sovrano  territoriale  e  sia  passata  nelle  mani  del 
Sovrano  belligerante,  che  col  suo  esercito  o  colla  sua  annata  se 
ne  sia  impadronito  e  ne  mantenga  il  possesso. 

b)  mediante  la  cessione  forzata  imposta  come  condizione  della 
pace  e  stipulata  col  trattato  debitamente  ratificato. 


Acquisto  della  sovranità  mediante  V occupazione. 

196.  —  Ogni  Stato  ha  diritto  di  esplorare  o  fare  esplorare  le  con- 
trada «deserte  e  mancanti  di  padrone  ed  occupandole  può  acqui- 
starne il  possesso  giuridico.  L'acquisto  della  sovranità  territoriale 
mediante  occupazione  non  potrà  essere  effettuato,  che  rispetto 
alle  regioni  soltanto,  che  non  siano  nel  dominio  di  alcun'altra 
sovranità. 

197.  —  Non  potranno  essere  considerate  come  mancanti  di  pa- 
drone le  regioni  che  siano  in  un  continente  abitato  da  popoli  civili 
e  che  abbiano  Governi  stabiliti,  tuttoché  tali  regioni  non  siano  nel- 
l'attualità occupate  interamente  dal  popolo.  Dovrà  quindi  essere 
considerata  in  opposizione  col  Diritto  intemazionale  la  pretesa  di 
uno  Stato  che  volesse  applicare  a  tali  regioni  i  principii  generali 
del  Diritto  internazionale  che  concernono  la  colonizzazione  delle 
regioni  vacanti  di  Sovrano. 

198.  —  Le  regioni,  che  non  siano  nel  possesso  giurìdico  di  alcuno 
Stato  civile,  ma  che  siano  abitate  da  tribù  selvagge,  possono  essere 
acquistate  mediante  l'occupazione,  limitatamente  però  a  quelle 
parti  delle  quali  dette  tribù  non  profittino,  e  a  cui  per  la  loro 


Tìtolo  111.  -  Acquisto  della  sovranità  territoriale  159 

sproporzionata  estensione  non  possano  applicarsi  i  mezzi  ordinari 
per  la  produzione. 

199.  —  Incombe  allo  Stato,  che  voglia  occupare  le  terre  abi- 
tate da  tribù  selvagge,  di  pagare  una  indennità,  se  ne  voglia  otte- 
nere la  regolare  cessione,  o  di  adoperare  le  misure  le  meno  nocive 
a  fine  di  costringere  gli  abitanti  a  ritirarsi  in  una  parte  del  ter- 
ritorio, onde  lasciare  libere  le  terre  esuberanti  die  esso  intende 
occupare  per  attuarvi  il  sistema  della  eoTonizzazione. 

200.  —  Incombe  allo  Stato,  che  avendo  occupato  una  costa  o 
un  territorio,  che  non  sia  nel  dominio  di  alcun'aUra  sovranità, 
intenda  di  stabilire  e  mantenere  il  possesso  giuridico  di  esso,  di 
notificare  in  vìa  diplomatica  tale  sua  determinazione,  affinchè  ogni 
Stato,  che  possa  avere  interesse,  sia  così  avvertito  onde  essere  in 
grado  di  far  valere,  occorrendo,  i  propri  diritti. 

Neiratio  generale  e  finale  della  Conferenza  di  Berlino  sottoscritto  il  26  feb- 
braio 1885  dair Austria-Ungheria,  Belgio,  Danimarca,  Francia,  Germania,  Gran 
Brettagna,  Italia,  Paesi  Bassi,  Lussemburgo,  Portogallo,  Russia,  Spagna,  Stati 
Uniti  d'America,  Svezia  e  Norvegia,  Turchia,  furono  stabilite  le  seguenti  regole 
per  le  nuove  occupazioni  delle  regioni  del  continente  africano: 

*  Art.  34.  —  La  Puissance  qui  dorénavant  prendra  possession  d^un  terrì- 
toìre  sur  les  cdtes  dn  continent  africain,  situé  en  dehors  de  ses  possessions 
actuelles,  ou  qui,  n'en  ayant  pas  eu  jusque  là,  viendrait  à  en  acquérir,  et  de 
mème,  la  Puissance  qui  y  assumerà  un  protectorat,  accompagnerà  Tacte  respectif 
d*une  notification  adressée  aux  autres  Puìssances  signataires  du  présent  Acte, 
a  fin  de  les  mettre  à  mème  de  faire  valoir,  s'il  y  a  lieu,  leurs  réclamations. 

*  Art.  35.  —  Les  Puissances  signataires  du  présent  Acte  reconnaissent 
robligation  d*assurer  dans  les  territoires  occupés  par  elles  sur  les  cdtes  du 
continent  africain,  Texistence  d*une  autorìté  sufRsante  pour  faire  respecter 
les  droits  acquis,  et,  le  cas  échéant,  la  liberté  da  commerce  et  du  transit  dans  les 
conditions  où  elle  serait  stipulée  ,. 

Quando  V occupazione  possa  ritenersi  giuridicamente  attuata, 

201.  —  L'occupazione  di  un  territorio,  quando  possa  aver  luogo 
a  norma  delle  regole  precedenti,  non  si  potrà  ritenere  attuata  se 
non  quando  il  possesso  di  esso  da  parte  dello  Stato  occupante 
sìa  divenuto  effettivo,  non  interrotto  e  permanente.  A  ciò  non 
potrà  essere  ritenuta  sufficiente  la  sola  notificazione  diplomatica. 

In  forza  di  quanto  trovasi  stabilito  agli  articoli  34  e  35  deiratto  generale 
della  Conferenza  di  Berlino  sopra  riportati  non  è  richiesto   che  U  possesso 


ICO 


Libro  L  -  Velie  persone  —  F^prte  speciale 


diventi  effettivo  per  Toccupazione  delle  coste  del  continente  africano,  ma  sol- 
tanto la  notificazione  diplomatica.  Neanche  si  richiede  per  rendere  eflettiTO 
il  possesso  che  nelle  regioni  occupate  sia  costituita  un'autorità  sufficiente  a 
fare  rispettare  i  diritti  acquisiti  ;  perchò  all'art.  35  le  Potenze  segnatario  rico- 
noscono l'obbligo  di  assicurare  i  loro  possessi  territoriali  mediante  "  Texistence 
d'une  autorité  suffisante  pour  l'aire  respecter  les  droits  acquis  , ,  ma  non  con- 
siderano questa  come  una  condizione  per  rendere  il  possesso  effetti ¥o.« 

Tale  posizione  di  cose  rende  naturalmente  inevitabili  i  conflitti  tra  gli  Stati 
colonizzatori,  quando  si  tratta  di  determinare  l'estensione  della  regione  sulla 
quale  in  forza  del  protettorato  deve  ritenersi  effettuata  l'occupazione  da  parte 
di  ciascuno,  o,  come  si  è  detto  in  linguaggio  diplomatico»  la  zona  d'inflnenza, 
y Hinterland,  Ad  eliminare  tali  conflitti  mirano  i  trattati  che  si  vanno  stipu- 
lando per  determinare  le  rispettive  zone  d'influenza  nell'Africa.  Uno  ne  ha 
concluso  l'Italia  con  la  Gran  Brettagna  il  24  marzo  1891  {Protocollo  per  deter- 
minare le  rispettive  zone  d'influenza  nelV Africa  Orientale), 

Vedi  pure  le  Convenzioni  del  :24  dicembre  1885  tra  la  Francia  e  la  Ger- 
mania, del  5  agosto  1890  della  Francia  coll'lnghilterra  e  quella  della  Germania 
colla  Gran  Brettagna  del  15  novembre  1893. 

202.  —  L'occupazione  di  una  regione  non  dovrebbe  ritenersi  at- 
tuata se  non  quando  lo  Stato  occupante,  oltre  l'erezione  di  qualche 
sìmbolo  per  stabilire  i  propri  diritti  di  sovranità,  avesse  de  facto 
fatti  atti  di  possesso,  erigendo  stabilimenti,  provvedendo  all'am- 
ministrazione  o  facendo  qual  si  sia  altra  cosa  idonea  a  stabilire  lo 
acquisto  reale  del  possesso  di  quella  terra  in  nome  della  sovranità. 


Scoperta  di  una  regione  e  sua  occupazione. 

203.  —  La  semplice  scoperta  di  una  terra,  benché  accompa- 
gnata dall'erezione  dì  un  sìmbolo  qualunque  di  sovranità,  non  può 
valere  a  costituire  in  facto  l'acquisto  del  possesso  giurìdico  di  quella 
terra  in  nome  delia  sovranità. 

204.  —  La  scoperta  di  una  regione  deserta  e  disoccupata,  (atta 
da  privati  senza  commissione  del  Governo  o  senza  l'appoggio  o 
l'approvazione  del  medesimo,  non  può  ritenersi  fatta  in  nome 
dello  Stato,  dì  cui  sia  cittadino  lo  scopritore,  ed  attribuire  alla 
sovranità  il  diritto  dì  procedere  all'occupazione  di  essa  regione  a 
preferenza  dì  ogni  altra  sovranità.  Se  però  il  Governo  dello  Stato, 
di  cui  sìa  cittadino  Io  scopritore,  venuto  a  cognizione  della  cosa 
abbia  notìficato  diplomaticamente  di  volerne  cavare  profitto  e 
volere  procedere  all'occupazione  della  regione  scopertai  il  diritto 


Titolo  111.  '  AcquùUo  della  sovranità  territoriale  161 

SUO  dev'essere  rispettato  a  preferenza  di  ogni  altro,  fino  a  tanto 
che  non  sia  decorso  un  tempo  ragionevole  a  far  presumere  che 
esso  non  voglia  o  non  possa  effettuare  il  proposito  di  occupare 
quella  regione. 

205.  —  Il  periodo  di  tempo,  entro  il  quale  una  terra  scoperta 
dovrebbe  essere  effettivamente  occupala,  dovrà  essere  stabilito  in 
modo  uniforme  da  un  Congresso.  Mancando  tale  dichiarazione, 
il  tempo  ragionevole  per  effettuare  T  occupazione  potrebbe  rite- 
nersi stabilito  a  trentanni.  Decorso  inutilmente  tale  periodo  di 
anni,  se  il  Governo  non  avesse  fatto  alcun  atto  idoneo  a  stabi- 
lire il  possesso  reale  ed  effettivo  in  nome  dello  Stato,  questo  equi- 
varrà a  rinunzia  tacita  di  ogni  diritto  derivante  dalla  scoperta  e 
dall'  occupazione. 


Effetti  giuridici  delV occupazione» 

206.  —  Quando  l'occupazione  debba  ritenersi  effettiva  non  potrà 
reputarsi  limitata  a  quella  parte  della  regione  nella  quale  in  nome 
della  sovranità  siano  stati  fatti  atti  di  possesso,  ma  dovrà  bensì 
ritenersi  estesa  a  tutta  quella  parte  del  territorio  che  secondo  i 
principii  ragionevoli  e  secondo  la  natura  delle  cose  debba  essere 
considerata  come  un'universitas. 

Questa  regola  riposa  sol  concetto  che  al  possesso  giuridico  da  parte  di 
uno  Stato  non  possono  essere  applicati  i  principii  circa  la  presa  di  possesso 
da  parte  di  un  privato.  Rispetto  a  questi  oltre  l'intenzione  del  possedere  la 
cosa  per  sottoporla  aU'esercizio  del  proprio  diritto  ò  condizione  indispensabile 
il  tenerla  in  proprio  potere  o  il  poterne  avere  la  fisica  disponibilità.  Rispetto 
invece  aUa  sovranità  la  presa  di  possesso  deve  ritenersi  estesa  a  tutta  quella 
estensione  di  territorio,  che  formi  di  per  se  stessa  un'unità,  e  che  possa  essere 
difesa  dallo  Stato,  che  se  ne  sia  impossessato. 

207.  —  Gli  effetti  della  presa  di  possesso  non  potranno  essere 
estesi  oltre  ì  limiti  giusti  e  ragionevoli.  Essa  non  potrà  estendersi 
là  ove  s'incontrassero  diritti  già  acquisiti  da  altra  sovranità,  tut- 
toché da  questa  non  esercitati,  salvo  il  caso  di  presunzione 
d'abbandono,  né  oltre  i  limiti  determinati  dalla  condizione  geo- 
grafica del  terreno  e  dai  confini  naturali,  né  oltre  quella  ragionevole 

11  —  FiofiE,  Dir.  interri .  codif. 


162  Libro  •/.  •  Delle  persone  —  Parte  speciale 

estensione  di  territorio,  di  cui  lo  Stato  occupante  può  profittare 
e  sul  quale  eserciti  di  fatto  i  suoi  diritti  di  sovranità. 

208.  —  Uno  Stato  che  abbia  preso  possesso  di  una  parte  di 
territorio  occupato  da  tribù  selvagge  non  associate  politicamente, 
si  deve  considerare  come  possessore  non  solo  delle  regioni  da 
esso  occupate,  ma  di  quelle  altresì  delle  quali  abbia  concesso  l'uso 
ai  selvaggi  a  titolo  privato.  I  diritti  di  sovranità  acquisiti  dallo 
Stato  occupante  non  potranno  essere  invalidati  da  un  terzo  Stato, 
il  quale  dopo  la  scoperta  ed  occupazione  effettiva  di  questo  ter- 
ritorio adduca  di  averlo  pur  esso  per  intero  acquistato  dai  sel- 
vaggi 0  di  averne  acquistata  quella  parte  compresa  nei  limiti  ter- 
ritoriali della  regione  appartenente  all'altro  primo  occupante  e 
della  quale  questi  abbia  riservato  il  godimento  ai  selvagp. 

200.  —  Ogni  Stato  che  abbia  occupato  un  territorio  che  non 
si  trovi  dentro  i  limiti. territoriali  di  alcuna  sovranità  e  che  possa 
giustificare  il  suo  acquisto  effettuato  senza  attentare  ai  diritti  per- 
sonali degli  indigeni,  e  con  Tintendimento  di  stabilirvi  una  colonia, 
deve  ritenersi  di  pieno  diritto  chiamato  ad  assumere  il  protetto- 
rato degl'  indigeni  ed  a  costituire  sul  territorio  occupato  un'auto- 
rità con  mezzi  e  poteri  sufficienti  a  tutelare  l'ordine,  la  libertà, 
il  commercio  ed  a  diffondere  la  civiltà. 


Acquisto  della  sovranità  mediante  accessione, 

210.  —  Ogni  Stato  acquista  il  possesso  giuridico  dì  tutte  le 
cose  che  in  conseguenza  delle  cause  naturali  vengano  ad  aggiun* 
gersi  in  modo  permanente  al  territorio  che  già  si  trovi  nei  limiti 
de'  suoi  possedimenti  territoriali. 


Acquisto  della  sovranità  per  prescrizione^ 

211.  —  Uno  Stato,  il  quale  eserciti  in  modo  notorio  e  continuo 
i  suoi  diritti  di  sovranità  rispetto  a  certe  località  che  si  trovino 
tra  i  confini  suoi  e  quelli  di  uno  Stato  limitrofo,  o  tra  i  suoi  pos- 


Titolo  III.  -  Acquieto  della  sovranità  torrUoriaU  168 

sedimenti  e  quelli  appartenenti  ad  un  altro  Stato,  può  acquistare 
il  possesso  giuridico  di  tali  località  mediante  prescrizione. 

212.  —  La  prescrizione  non  potrà  ritenersi  effettuata  tra  due 
Stati  in  guisa  da  modificare  i  diritti  rispettivi  di  sovranità  su  certe 
limitate  località,  se  non  quando  il  possesso  giuridico  di  esse  riu- 
nisca le  seguenti  condizioni,  che  cioè  sia  notorio,  non  interrotto 
e  prolungato  per  un  tempo  sufficiente  a  legittimare  la  presun- 
zione deirabbandono  dei  diritti  sovrani  da  parte  d'uno  Stato  e 
dell'acquisto  di  tali  diritti  per  parte  dell'altro. 

213.  —  L'acquisto  mediante  prescrizione  può  essere  effettuato 
rispetto  alle  regioni  di  cui  uno  Stato  abbia  acquistato  il  possesso 
mediante  l'occupazione  effettiva,  qualora  lo  Stato  occupante  abbia 
abbandonato  temporaneamente  tali  regioni  e  durante  l'interru- 
zione dell'occupazione  un  altro  Slato  abbia  su  di  esse  acquistato 
diritti  ed  abbia  fatto  atti  di  sovranità  esercitati  sotto  le  condi- 
zioni e  pel  tempo  sufficiente  ad  ammettere  la  prescrizione. 

Molle  discussioni  a  proposito  dei  diritti  di  sovramtà  di  diverse  regioni  del 
coDliDente  americano  hanno  avuto  luogo  tra  gli  Stati  deirEuropa,cbe  fondavano 
i  loro  titoli  o  sulla  priorità  deiroccupazione  o  sul  lungo  possesso.  Vedi  su  tale 
soggetto  le  discussioni  tra  Tlnghilterra  e  gli  Stati  Uniti  a  riguardo  deirOregon  ; 
quella  tra  l'Inghilterra  e  la  Repubblica  Argentina  pei  dominii  delle  isole 
Malouìnes,  e  tra  questa  e  il  Chili  a  proposito  dei  rispettivi  dominii  nella  Pata- 
gonia, e  la  controversia  a  proposito  dell'arcipelago  delle  Caroline  e  di  Palaos 
in  Calvo,  Droit  intern.  public,  §§  ?83  e  seg.,  1692  e  seg. 

Tempo  per  attuare  la  prescrizione. 

214.  **  La  durata  del  tempo  occorrente  all'acquisto  mediante 
prescrizione  dovrà  essere  stabilita  mediante  l'accordo  degli  Stati. 
Mancando  questo  converrà  fissarla  in  maniera  da  potere  fondare 
su  tale  fatto  la  presunzione  legale  dell'acquisto  del  diritto  per 
parte  di  uno  Stato  e  della  tacita  rinunzia  per  parte  dell'altro. 

Tale  presunzione  dovrà  ammettersi  quando  l'esercizio  dei  diritti 
sovrani  sia  stato  protratto  per  lo  spazio  di  cinquant'anni. 

Trattandosi  di  una  estensione  di  territorio  considerevole  la  durata 
del  tempo  sufficiente  a  legittimare  l'acquislo  polrebb  e^seie  limi- 
tato ad  anni  trenta. 


1^  Libro  I.  '  Delle  persone  —  Parte  tpeeiah 

Occorrerà  nell'uno  e  nell'altro  caso  che  l'esercizio  dei  diritti 
di  sovranità  sia  stato  notorio,  non  interrotto  e  non  equivoco. 


Acquisto  della  sovranità  mediante  cessione. 

215.  —  La  cessione  di  un  territorio  appartenente  ad  uno  Stato, 
fatta  volontariamente  dal  suo  Sovrano  a  norma  delle  leggi  costi- 
tuzionali a  fine  di  rinunciare  ad  ogni  diritto  sovrano  su  detto  ter- 
ritorio e  trasferire  tali  diritti  al  Sovrano  di  altro  Stato,  opera  la 
perdita  del  possesso  territoriale  da  parte  dello  Stato  cedente  e 
l'acquisto  per  parte  dello  Stato  cessionario. 

216.  —  La  cessione  può  aver  luogo  con  o  senza  correspettivo, 
e  quando  sia  stipulata  mediante  trattato  e  questo  debba  repu- 
tarsi validamente  fatto  a  norma  delle  regole  che  concernono  la 
validità  dei  trattati  intemazionali ,  dev'essere  efficace  ad  attri- 
buire il  possesso  giuridico  del  territorio  che  abbia  formato  obbietto 
della  convenzione. 

Non  mancano  esempi  di  cessioni  volontarie  concordate  mediante  conven- 
zione conclusa  tra  due  Stati.  I  possedimenti  russi  furono  ceduti  agli  Stati  Uniti 
di  America  per  7.200.000  dollari.  Una  cessione  a  titolo  gratuito  è  quella  avve- 
nuta tra  la  Francia  e  l'Italia  rispetto  alla  Savoia  ed  al  circondario  di  Nizza, 
ceduti  col  trattato  stipulato  a  Torino  il  24  marzo  1860. 

217.  —  La  cessione  forzata  imposta  come  condizione  della  pace 
produce  la  perdita  del  possesso  giuridico  del  territorio  ceduto  da 
parte  dello  Stato  cedente  e  l'acquisto  da  parte  di  quello  a  favore 
del  quale  la  cessione  sia  stata  stipulata. 

Per  la  validità  di  questa  bisognerà  tener  presenti  le  regole  che 
concernono  i  trattati  di  pace  e  le  convenzioni  che  regolano  le 
conseguenze  della  guerra. 

Esercizio  dei  diritti  di  sovranità  territoriale. 

218.  —  Incombe  a  tutti  gli  Stati,  i  quali  sono  in  società  di  fatto, 
di  riconoscere  che  al  Sovrano  dello  Stato  che  ha  il  possesso  giu- 
ridico di  un  territorio  spetta  l'esercizio  esclusivo  dei  diritti  di 
sovranità  territoriale  secondo  il  Diritto  internazionale. 


TUolo  Uh  -  Acquino  déUa  aovranUà  ittrrHoriaU  16S 

219.  —  La  sovranità  territoriale  non  può  essere  reputata  come 
un  diritto  patrimoniale  e  non  può  attribuire  al  Sovrano  dello  Stato 
la  proprietà  del  territorio,  ma  bensì  soltanto  l'alto  dominio  su 
tutte  le  regioni  che  sono  nel  suo  possesso  giuridico. 

220.  —  Incombe  al  Sovrano  territoriale  di  esercitare  i  propri 
diritti  colle  giuste  limitazioni  che  sono  imposte  secondo  il  Diritto 
intemazionale  e  tenuto  conto  delle  esigenze  della  convivenza  e 
delle  utilità  generali. 

Le  precedenti  regole  tendono  a  stabilire  nei  rapporti  tra  la  sovranità  ed  H 
territorio  quello  che  deve  essere  reputato  nel  campo  del  Diritto  pubblico  interno 
o  in  qnello  del  Diritto  internazionale. 

Secondo  il  Diritto  pubblico  intemo  ì  diritti  del  sovrano  rispetto  alle  varie 
parti  del  territorio  possono  essere  diversi,  secondo  che  si  tratti  di  beni  che 
costituiscono  la  proprietà  pubblica,  e  dei  quali  è  dato  a  ciascuno  di  godere  sotto 
Tosservanza  delle  leggi  e  dei  regolamenti;  o  di  queUi  che  costituiscono  il 
patrimonio  dello  Stato,  e  dei  quali  il  godimento  è  attribuito  al  capo  dello 
StatOj  che  può  esercitare  i  diritti  di  proprietà  a  riguardo  di  quelli  che  costi- 
tuiscono il  patrimonio  della  Corona;  o  di  quelli  finalmente  che  costituiscono  la 
proprietà  privata,  la  quale  deve  essere  reputata  inviolabile,  salvo  le  limitazioni 
imposte  secondo  la  legge  costituzionale. 

Di  fronte  al  Diritto  intemazionale  la  sovraiOtà  territoriale  consiste  nelPalto 
dominio  spettante  al  sovrano  del  territorio  in  confronto  di  tatti  gli  altri 
sovrani,  vale  a  dire  nel  diritto  esclusivo  delFaif dort to« ,  àitllHmperiufny  della 
juriadicHo  rispetto  a  tutte  le  regioni  che  sono  nel  possesso  giuridico  dì  lui. 
Cotesto  diritto  non  ha  nulla  a  che  fare  con  qnelR>  che  proviene  dal  diritto  di 
proprietà,  perchè  in  sostanza  lo  Stato  non  è  patrimonio  del  sovrano,  e  molto 
meno  il  territorio  può  essere  reputato  quale  proprietà  del  sovrano  territoriale* 

Conviene  poi  inoltre  avvertire  che,  siccome  ogni  diritto  sovrano  trova  le 
giuste  limitazioni  in  forza  delle  esigenze  richieste  per  l'ordinata  convivenza 
e  per  la  tutela  degF interessi  generali,  cosi  anche  il  diritto  di  alto  dominio 
spettante  al  sovrano  territoriale  deve  subire  le  necessarie  limitazioni,  che  sono 
la  conseguenza  delle  esigenze  della  convivenza. 


166  Libro  /.  •  Delle  persone  —  Parte  speciale 


TITOLO  IV. 
Diritto  d'imperio  e  di  ffiunsdizìone. 

221. — II  diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione  spettante  al  Sovrano 
dello  Stato  in  virtù  del  dominio  eminente  su  tutto  il  territorio 
consiste  nella  suprema  potestà  di  assoggettare  le  persone,  e  le 
cose  che  formano  parte  del  territorio,  alle  leggi  da  lui  fatte  per 
tutelare  i  diritti  sociali,  i  diritti  privati  e  quelli  dello  Stato  e  por 
tutelare  inoltre  gUnteressi  generali  ed  assicurare  il  rispetto  del 
Diritto  internazionale. 

Il  diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione  personale,  che  concerne 
soltanto  i  cittadini,  trova  il  suo  fondamento  sul  carattere  di  citta* 
dinanza,  e  si  esplica  anche  rispetto  ai  cittadini  residenti  all'estero. 

Noi  intendiamo  in  questo  luogo  la  giurisdizione  secondo  il  concetto  di  Vico, 
Tale  a  dire  come  suprema  potestà  di  proclamare  colla  legge  il  Diritto  e  di 
assicurarne  il  rispetto.  Juris-dictio  (egli  dice)  est  formtda  quam  site  scripto  sive 
edictOf  or  do  vel  Sex^  animo  Juris  condendi,  emittit;  guod  proprium  est  jus  edere 
(De  uno  univ.  juris  principio  et  fine  uno), 

U  quale  concetto  va  completato  con  quello  di  Voet:  Vana  et  elusoria  sii 
omnis  juris-dictio  nisi  nervos  hahet  imperii,  quibus  ad  óbedientiam  adducantur 
contumaces  et  executionem  decreta  sortiantur.  Ad  Pand.y  L.  II,  tit.  I,  n®  42. 


Giurisdizione  a  riguardo  dei  cUtadini. 

222.  ^  La  soggezione  dei  cittadini  alla  giurisdizione  del  Sovrano 
dello  Stato,  cui  essi  appartengono,  dovrà  essere  reputata  perma- 
nente fino  a  tanto  che  essi  conservino  la  cittadinanza  acquistata. 

223.  —  Il  rapporto,  che  lega  il  cittadino  al  Sovrano  dello  Stato, 
dovrà  ritenersi  fondato  sulla  libera  elezione  da  parte  di  lui  e  non 
già  snlV allégeance,  e  dovrà  essere  considerato  duraturo  fino  a  quando 
la  persona  non  abbia  con  atto  formale  rinunciato  alla  sua  patria, 
o  non  si  sia  naturalizzato  all'estero. 


TUolo  IV.  '  Diruto  d'imperio  e  di  giurisdiziùné  167 

UaHéfféOHce  è  stata  considerata  come  un  vincolo  permanente  col  quale 
ciascuno  rimane  legato  al  sovrano  dello  Stato,  di  cui  esso  sia  nato  cittadino 
e  che  persiste  sempre  e  che  non  può  essere  mai  rotto  mediante  qnahisia  fatto 
personale  da  parte  della  persona  vincolata  sen^a  il  eonsènftmento  del  principe» 
al  quale  esso  deve  reputarsi  sempre  sommesso. 

In  forza  di  tale  rapporto  le  leggi  di  alcuni  Stati  hanno  ammesso  Tobhligo 
permanente  di  fedeltà  e  di  ubbidienza  da  parte  del  rìttadino  verso  il  sovrano 
del  paese  d^origine,  e  gli  hanno  negato  il  diritto  di  espatriare  e  di  naturaliz- 
zarsi airestero»  senza  il  beneplacito  del  sovrano.  In  certi  paesi  Vallégeance  ò 
stata  considerata  un  rapporto  tanto  assoluto  e  permanente  da  qualificarlo 
inalienabile  ed  imprescrittibile ,  non  ostante  qualunque  fatto  personale  per 
ripudiarlo. 

Era  così  secondo  la  legge  federale  svìzzera  anteriore  a  quella  pubblicata 
il  6  luglio  1876,  ed  in  Inghilterra  prima  che  fosse  pubblicata  la  legge  del 
12  maggio  1870,  la  quale  ha  ammesso  che  l'inglese  possa  rompere  il  rapporto 
derivante  àM aìlégeance  naturalizzandosi  alKestero. 

Il  rapporto  derivante  àiìX^allégeance  considerato  come  assoluto,  inalienabile, 
imprescrittibile  deve  reputarsi  in  opposizione  coi  diritti  intemazionali  del- 
Tuomo.  Vedi  le  regole  al  Titolo  X. 

Ck)nfronti  Bonfils,  Droit  inUrnational  public^  §  423L 

224.  —  Il  Sovrano  dello  Stato  non  può  imporre  ai  cittadini 
l'obbligo  di  ottenere  la  sua  previa  autorizzazione  per  potere  espa- 
triare e  per  acquistare  un'altra  cittadinanza.  Potrà  però  assog- 
gettare coloro,  che  volessero  espatriare,  ad  adempiere  prima  agli 
obblighi  verso  la  patria  originaria  e  a  prestare  il  servizio  mili- 
tare. Potrà  inoltre  trattare  come  ribelle  chiunque  abbia  portato 
le  armi  contro  la  patria  originaria. 

226.  —  Compete  alla  sovranità  il  diritto  di  regolare  colle  proprie 
leggi  i  diritti  privati  dei  cittadini  che  si  trovino  all'estero,  nel 
senso  però  di  assoggettare  il  godimento  di  codesti  diritti  alle 
regole  di  Diritto  intemazionale  pubblico  e  privato. 

Spetta  ad  essa  altresì  il  diritto  di  richiamare  ì  cittadini  che 
dimorino  all'estero,  quando  la  loro  opera  sia  necessaria  per  la 
difesa  del  paese  e  per  l'adempimento  dell'obbligo  del  servizio 
militare. 

226.  —  La  sovranità  però  non  potrà,  in  virtù  di  tale  diritto, 
fere  direttamente  o  indirettamente  in  nome  proprio  alcun  atto  di 
comando  o  di  coercizione  a  riguardo  dei  cittadini  che  si  trovino 
all'estero  per  costringerli  all'ubbidienza,  ma  soltanto  potrà  doman- 
dare conto  ad  essi,  quando  ritornino  in  patria,  se  dimorando 
all'estero  abbiano  violato  le  leggi  che  li  obbligavano,  e  quando 


168 


Libro  L  '  Delle  persane  —  Parte  epeeiàU 


sia  il  caso  assoggettarli  alle  conseguenze  penali  sancite  colla 
propria  legge, 

227.  —  Non  si  ha  il  diritto  di  esigere  che  il  Governo  straniero 
presti  il  suo  appoggio  per  l'esecuzione  dell'ordine  dì  richiamo  dei 
cittadini  da  parte  del  Governo  nazionale. 

Giurisdizione  rispetto  agli  stranieri. 

228.  —  Nessun  Governo  potrà  avere  il  diritto  di  inibire  in 
modo  generale  e  permanente  agli  stranieri  di  entrare  liberamente 
nel  territorio  dello  Stato.  Però  per  ragioni  d'interesse  pubblico  o 
per  motivi  ben  gravi  il  divieto  di  entrare  nel  territorio  dello  Stato 
può  essere  giustificato  come  provvedimento  provvisorio  rispetto 
a  certe  categorie  di  stranieri. 

220.  —  Il  diritto  spettante  allo  Stato  di  proibire  temporanea- 
mente l'entrata  degli  stranieri  non  può  essere  fondato  sul  motivo 
di  proteggere  il  lavoro  nazionale. 

230.  —  Ogni  persona,  che  entri  volontariamente  in  un  paese 
straniero,  è  tenuta  a  sottomettersi  durante  il  suo  soggiorno  alle 
leggi  dì  sicurezza  ed  a  quelle  di  polizia.  Essa  non  avrà  ragione 
di  lamentarsi  se  tali  leggi,  per  quanto  elleno  siano  più  o  meno 
giuste,  onerose  e  conformi  o  contrarie  a  quelle  della  sua  patria, 
e  degli  altri  Stati  civili,  siano  a  lei  applicate,  purché  però  siano 
osservate  le  stesse  formalità  di  procedimento  e  fatte  salve  le 
stesse  garanzie  legali  stabilite  per  la  loro  applicazione  ai  cittadini 
dello  Stato. 

231.  —  Salvo  il  diritto  di  ciascun  Governo  di  assoggettare  gli 
stranieri,  che  vogliano  soggiornare,  al  pagamento  di  certe  contri* 
buzioni  personali,  non  si  potrà  mai  giustificare  Tatto  di  un  Go- 
verno che  costringesse  gli  stranieri,  che  intendano  soggiornare 
nel  territorio  dello  Stato,  a  contribuzioni  eccessive  e  a  continue 
estorsioni. 

232.  —  Non  è  conforme  ai  prìncipii  del  Diritto  ed  alle  consue- 
tudini internazionali  di  assoggettare  gli  stranieri,  i  quali  non  siano 
stabilmente  domiciliati,  ai  servigi  civilie- militarismi  prestiti  forzati^ 


Titolo  IV.  .  Diruto  cTitnpeHo  é  di  giurisdizione  101) 

alle  contribuzioni  di  guerra  ed  a  qualunque  altra  contribuzione 
straordinaria. 

Agli  oneri  suddetti  potranno  essere  obbligati  gli  stranieri  sta- 
bilmente domiciliati,  purché  si  conceda  loro  un  tempo  ragionevole 
per  potere  trasferire  il  proprio  domicilio  altrove,  se  non  volessero 
assoggettarsi  alle  nuove  leggi  promulgate  dopo  lo  stabilimento 
di  esso. 

Espulsione  degli  stranieri. 

233.  —  Incombe  agli  Stati  civili  di  regolare  con  legge  l'espul- 
sione degli  stranieri  nei  casi  ordinari  e  straordinari,  e  di  escludere 
ogni  atto  arbitrario  ritenendolo  come  lesivo  della  libertà  e  della 
inviolabilità  della  persona. 

234.  —  Il  diritto  di  espellere  uno  straniero  con  provvedimento 
amministrativo  potrà  essere  ammesso  in  via  eccezionale,  allorché 
vi  fossero  gravi  ragioni  di  ordine  pubblico  per  giustificarlo.  Il  Go- 
verno del  paese,  a  cui  appartenesse  l'espulso,  potrà  però  doman- 
dare ognora  una  spiegazione,  e  la  comunicazione  delle  ragioni, 
che  avessero  motivato  Tespulsione.  Contro  tale  provvedimento  in 
via  amnoinistrativa  dovrebbe  però  essere  riservato  all'espulso  il 
diritto  di  fare  opposizione  in  via  giudiziaria,  e  di  sottomettere  ai 
tribunali  di  giudicare  e  di  sentenziare  se  sussistano,  secondo  la 
legge,  le  circostanze  dell'espulsione, 

235.  —  La  sovranità  potrà  espellere  ognora  uno  straniero,  che 
sia  stato  condannato  ad  una  pena  criminale  o  correzionale,  alla 
quale  per  disposizione  di  legge  sia  aggiunta  l'espulsione,  quando 
il  reo  sia  straniero. 

Vedi  su  tale  soggetto  Fiore,  Tratte  du  Droit  penai  internata  Paris  ISSO, 
tom.  I,  chap.  H.  Du  droit  d^expuUer  Vétranger,  ove  trovansi  riportate  le  leggi 
vìgenti  nei  diversi  paesi  a  rigaardo  deirespulsione  degli  stranieri. 

236.  —  L'espulsione  dello  straniero  potrà  essere  giustificata  se 
esso  trovisi  in  condizione  di  mendicità  o  di  vagabondaggio  ;  se  esso 
siasi  stabilito  nel  territorio  dello  Stato  clandestinamente  e  sotto 
falsi  nomi;  se  esso  trovisi  affetto  da  malattia  contagiosa  e  che 
per  la  sua  natura  possa  compromettere  la  salute  pubblica. 


170  Libro  1.  '  Delle  persone  —  Parte  speciale 

237.  —  L'espulsione  in  massa  degli  stranieri  cittadini  di  uno 
Stato  non  potrà  essere  giustificata,  se  non  quando  possa  essere 
data  la  prova  di  avere  essi  violati  i  principii  del  Diritto  intema- 
zionale 0  di  cagionare  con  la  loro  presenza  un  tur]}aniento  g^e- 
rale  dell'ordine  pubblico  e  della  pubblica  tranquillità. 

L'espulsione  in  tali  circostanze  potrà  essere  giustificata,  quanto 
alla  sua  durata,  fino  a  quando  durino  le  pubbliche  necessità,  che 
l'abbiano  motivata. 


Della  giurisdizione  penale. 

238.  —  Nessuna  sovranità  potrà  esercitare  l'azione  penale  o 
fare  un  atto  di  qualsisia  natura  che  implichi  esercizio  di  giurisdi- 
zione penale  sul  territorio  soggetto  ad  altra  sovranità.  Può  però 
attribuire  alla  propria  legge  penale  autorità  estraterritoriale  in  certi 
casi  determinati  e  specificati,  e  chiamare  colui  che  l'abbia  violata 
all'estero  a  subire  il  giudizio  dinanzi  ai  propri!  tribunali,  nel  caso 
che  si  sia  arrivati  ad  impossessarsi  di  esso  o  che  si  sia  doman- 
data e  ottenuta  la  regolare  estradizione. 

Non  si  può  al  certo  ammettere  l*autorità  estraterritoriale  assoluta  del  Diritto 
penale  come  alcuni  hanno  sostenuto,  e  neanche  sì  può  accogliere  ropinione 
di  coloro,  ì  quali  pensano  che  la  legge  penale  di  ogni  paese  debba  avere 
rispetto  ai  cittadini  di  esso  la  stessa  autorità  dello  statuto  personale  ;  ma  si 
può  bensì  ritenere  giusta  e  fondata  la  teorìa  la  quale  ammette  che  in  quei 
determinati  casi,  nei  quali  in  forza  degli  stessi  principi!  che  legittimano  la 
tutela  giuridica  del  Diritto  mediante  sanzioni  penali,  questa  debba  estendersi 
anche  neiripotesi  che  la  lesione  venga  a  verificarsi  in  conseguenza  della  lesione 
avvenuta  in  forza  di  reato  consumato  in  paese  straniero,  la  sovranità  dello  Stato 
possa  avere  il  diritto  di  punire  tali  reati,  e  che  si  debba  quindi  in  cotesti 
determinati  casi  attribuire  autorìtà  estraterrìtorìale  alla  legge  penale. 

In  quest^ordine  d'idee  tutto  si  riduce  a  determinare  ì  casi  nei  quali  Tanto- 
rità  estraterritoriale  della  legge  penale  possa  essere  giustificata. 

Gonf.  su  tale  soggetto  :  Fiore,  Effetti  intemazionaH  delle  sentente  p^nàU  • 
della  estradizione ^  Gap.  2^  Della  giurisdizione  penale  relativamente  ai  reati 
commessi  aW estero,  n®  12  e  seg.;  e  Traiti  de  Droit  penai  intemational,  tradnit 
par  Charles  Antoine,  Parìs  1880.  tom.  I.  Du  droit  de  reprimer  les  déUts  eommis 
hors  du  territoire  de  VÉtat,  n°  43  e  seg. 

239.  —  Potrà  essere  attribuita  autorità  estraterritoriale  alla  legge 
penale  rispetto  principalmente  ai  seguenti  reati: 


TUcXo  IV.  -  Diritto  dUmperto  e  di  qiurisdizhne  17! 

« 

a)  reati  contro  la  sicurezza  dello  Stato  e  contro  il  credito 
pubblico; 

b)  reati  contro  la  proprietà  o  contro  le  persone,  quando  il 
colpevole  si  sia  recato  nel  paese  straniero,  ove  il  divieto  non  esi- 
steva, per  consumare  impunemente  un  fatto  in  frode  della  legge 
del  paese,  la  quale  dichiari  quel  dato  fatto  punibile; 

e)  reati  di  ricettazione  e  favoreggiamento,  quando  cioè  i  fnitti 
di  un  reato  commesso  nello  Stato  siano  stati  trasportati  dolosa- 
mente dentro  i  confini  di  un  altro  Stato; 

d)  quando  l'autore  del  reato  commesso  nello  Stato  sia  stato 
eccitato,  consigliato,  incoraggiato  a  commetterlo,  da  chi  dimorava 
all'estero. 

240.  —  Apparterrà  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  la  giurisdi- 
zione penale  rispetto  ad  uno,  che  sia  imputato  di  avere  commesso 
un  fatto  qualificato  reato  secondo  il  Diritto  internazionale. 

241.  —  Dovranno  essere  considerati  come  compresi  nella  pre- 
cedente regola: 

a)  la  pirateria  e  qualunque  fatto  che  si  riferisca  ad  essa; 
h)  i  guasti,  la  distruzione  o  la  alterazione  dei  telegrafi  sotto- 
marini o  di  una  parte  qualunque  degli  apparati  annessi; 

e)  i  guasti  e  la  distruzione  di  una  strada  ferrata  internazionale, 
di  canali  o  opere  destinate  all'uso  comune,  arre^^ati  con  intenzione 
dolosa  in  tempo  di  pace  ;  o  da  chi  non  era  autorizzato  ad  arre- 
carli in  tempo  di  guerra. 

Giurisdizione  penale  rispetto  ai  pirati. 

242.  —  Sarà  considerato  come  pirateria  qualunque  atto  com* 
messo  in  alto  mare  con  violenza  a  scopo  di  furto  o  di  depreda- 
zione da  una  nave,  a  cui  manchi  il  mandato  o  la  lettera  di  marca 
rilasciata  da  un  Governo  riconosciuto,  e  quando  l'attentato  sia 
diretto  indistintamente  contro  le  navi  di  qualsisia  paese. 

243.  —  Non  potrà  essere  qualificato  come  pirateria  il  fatto  di 
una  nave,  che  abbia  commessi  atti  di  violenza  o  di  depredazione 
per  commissione  di  un  Governo  contro  le  navi  di  un  determmato 


172  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

paese,  anche  quando  il  comandante  di  essa  abbia  ecceduto  i  limiti 
della  commissione.  Dovrà  però  in  tal  caso  l'autore  del  fatto  essere 
tenuto  a  rispondere,  anche  penalmente,  per  avere  ecceduto  i 
limiti  della  commissione,  e  dovrà  sempre  ritenersi  responsabile  il 
Governo  che  ad  esso  dette  la  commissione. 

244.  —  La  giurisdizione  penale  internazionale  pel  reato  di  pira- 
teria potrà  essere  ammessa  soltanto  quando  sussistano  tutti  gli 
estremi  per  potere  essere  Tatto  qualificato  pirateria  secondo  i 
principi!  del  Diritto  internazionale. 

La  legge  particolare  di  uno  Stato,  che  qualifichi  atti  di  pira- 
teria fatti,  che  non  siano  tali  secondo  il  Diritto  internazionale,  non 
può  essere  applicata  per  attribuire  al  reato  tale  qualifica  e  per 
giustificare  la  giurisdizione  del  Sovrano,  che  abbia  promulgata  la 
legge,  a  fine  di  punirne  Fautore  come  se  si  trattasse  del  reato 
vero  e  proprio  di  pirateria. 

246.  —  La  nave  dedita  alla  pirateria,  che  abbia  o  che  non  abbia 
la  bandiera  di  uno  Stato  e  le  carte  di  bordo,  potrà  essere  assog- 
gettata alla  giurisdizione  di  qualunque  sovranità,  che  Tabbia  in 
suo  potere. 

246.  —  Chiunque  abbia  le  prove  che  una  nave  sia  colpevole 
di  piraterìa,  o  abbia  gravi  motivi  per  sospettarla  tale,  potrà  seque- 
strarla, ma  dovrà  condurla  nel  porto  di  uno  Stato,  perchè  vi  sia 
giudicata. 

Qualora  gli  atti  di  pirateria  fossero  stati  commessi  nelle  acque 
territoriali  di  uno  Stato,  la  giurisdizione  del  medesimo  dovrà  essere 
a  preferenza  riconosciuta. 

Giìirisdizione  rispetto  ai  Ministri  stranieri. 

247.  —  Gli  agenti  diplomatici  stranieri  saranno  esenti  dalle  giu- 
risdizioni territoriali  per  tutti  gli  atti  da  essi  fatti  nella  loro  qualità 
come  tali  o  come  rivestiti  del  carattere  di  pubblici  funzionari  o 
agenti  di  Governi  stranieri.  Essi  avranno  il  diritto  di  adempiere 
la  loro  missione  colla  più  completa  indipendenza,  e  non  saranno 
tenuti  a  rispondere  personalmente,  se,  adempiendo  la  loro  nUs- 


Titolo  IV  '  Diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione  *'^ 

sione  secondo  il  mandato  espresso  ricevuto  dal  proprio  Governo, 
abbiano  coi  loro  atti  offeso  il  Sovrano  o  il  Governo  dello  Stato 
presso  cui  siano  accreditati. 

Confronti  per  quello  che  concerne  i  diritti  e  le  prerogative  dei  ministri 
stranieri  le  regole  contenute  al  titolo  VII.  Diritti  e  prerogative  degli  agentt 
diplomatici, 

248.  —  Il  ministro  straniero,  il  quale,  nell'esercizio  delle  sue 
funzioni,  come  tale  arrecasse  offesa  alla  sovranità  dello  Stato, 
potrà  essere  rinviato,  ma  non  punito  come  colpevole.  Incombe 
però  allo  Stato  rappresentato  di  disconoscere  gli  atti  del  mini- 
stro e  di  dare  le  dovute  riparazioni,  senza  di  che  sarà  esso  te- 
nuto a  rispondere  degli  atti  da  lui  fatti  e  dell'offesa  da  lui  arre- 
cata nella  sua  qualità  di  rappresentante  dello  Stato. 

249.  —  Qualora  gli  atti  del  ministro  straniero  abbiano  il 
carattere  di  atti  ostili,  il  Governo  dello  Stato,  presso  cui  è  accre- 
ditato, potrà  trattenerlo  fino  a  tanto  che  il  Governo  rappresen- 
tato non  abbia  dato  corso  ai  reclami  fatti,  e  !a  controversia  fra 
i  due  Governi  non  sia  stata  appianata.  Che  se  in  conseguenza 
di  tali  divergenze  fosse  dichiarata  la  guerra  tra  i  due  Stati,  il 
ministro  straniero  potrà  essere  trattenuto  come  un  prigioniero 
di  guerra. 

Queste  regole  riposano  sul  concetto  che  il  ministro  straniero  in  quello  che 
eserciti  funzioni  in  nome  dello  Stato  rappresentato,  o  che  faccia  atti  in  nome 
del  Governo  da  cui  sia  stato  accreditato,  non  può  essere  tenuto  a  risponderne 
personalmente,  perchè  in  forza  del  suo  carattere  rappresentativo  egli  rappre* 
senta  ne*  suoi  atti  Io  Stato  straniero.  Le  conseguenze  quindi  che  ne  possono 
derivare,  qualora  gli  atti  del  ministro  straniero  facciano  nascere  una  contro- 
versia fra  i  due  Governi,  devono  rimanere  sommesse  alle  regole  generali  che 
concernono  le  controversie  fra  Stato  e  Stato,  e  devono  quindi  essere  risolute 
colle  norme  di  Diritto  comune,  come  in  ogni  caso  in  cui  nasca  una  contro- 
versia di  Diritto  internazionale  tra  due  sovranità. 

• 

250.  —  Qualora  gli  agenti  diplomatici  abusino  della  loro  po- 
sizione per  attentare  ai  diritti  dello  Stato  presso  cui  siano  accre- 
ditati, 0  per  violare  i  diritti  dei  privati  protetti  dalla  legge  penale, 
potranno  essere  assoggettati  alla  giurisdizione  penale  del  Sovrano 
presso  cui  sono  accreditati,  salvo  i  necessari  temperamenti  per 
tutelare  la  dignità  dello  Stato  rappresentato. 


i74  Libro  L  -  DeUe  pèrsone  —  Parte  speciale 

261.  -—  Le  persone,  che  dimorano  in  uno  Stato  in  qualità  di 
rappresentanti  di  uno  Stato  estero,  potranno  essere  assoggettate 
alle  giurisdizioni  territoriali  ordinarie  per  tutti  gli  atti  da  esse  fatti 
come  privati,  o  nella  sfera  del  Diritto  privato,  e  per  quelli  al- 
tresì che  esse  facciano  senza  mandato  espresso  o  commissione 
tacita  del  proprio  Governo  o  che  non  possano  ritenersi  com- 
presi nel  mandato  o  nella  commissione  ad  esse  data. 

Le  regole  sopra  stabilite  mirano  a  determinare  al  giuslo  la  estraterrìtorialità 
della  quale  si  dicono  coperti  i  rappresentanti  di  Stati  stranieri. 

Lasciando  da  parte  ogni  finzione  giurìdica  conviene  piuttosto  riconoscere,  che 
secondo  la  natura  delle  cose  il  rappresentante  di  uno  Stato  straniero  in  tutti 
gli  atti  che  esso  fa,  come  rivestito  del  carattere  pubblico,  non  può  essere  sot^ 
tomesso  alla  giurisdizione  dello  Slato  presso  del  quale  egli  è  accreditato.  Egli 
infatti  rappresenta  la  sovranità  stessa  del  sovrano,  da  cui  fu  inviato,  e  non 
può  essere  sommesso  alla  giurisdizione,  perchè  siccome  questa  non  esiste  indi- 
pendentemente dalla  sovranità,  il  sottometterlo  alla  giurisdizione  del  sovrano 
territoriale  equivarrebbe  a  sottomettere  la  sovranità  da  lui  rappresentata. 

Molto  a  proposito  può  riuscire  quello  che  disse  la  Corte  di  Parigi  nella 
causa  Masse  : 

*  Gonsidérant  que  Tindépendance  réciproque  des  États  est  consacrée  par 

*  le  Droit  des  gens...  ;  que  prétendre  de  soumettre  à  la  justice  le  soureraio 

*  d' un  autre  pays ,  c'est-à-dire  au  droit  de  juridiction  et  de  commandement 
'^  du  juge  d'un  pays  étranger,  ce  serait  evidemment  violer  une  souverainete 

*  etrangère,  et  blesser  en  cette  partie  le  Droit  des  gens...;  que  rincompélence 
'  du  tribunal  était  à  cet^gard  d*ordre  public  et  absolu... .  (Paris,  23  aóut  ISTu. 
Journ.  du  Palaie,  1871,  p.  73.) 

Non  è  quindi  per  la  finzione  della  estraterrìtorialità,  ma  in  forza  del  priD- 
cipio  della  reciproca  indipendenza  delle  sovranità,  che  i  ministri  stranieri 
devono  essere  esenti  dalla  giurisdizione  in  tutti  gli  atti  che  essi  fanno  comi 
rappresentanti  dello  Stato  da  cui  sono  accreditati. 

Nei  rapporti  poi  di  Diritto  privato  non  si  può  sostenere  la  loro  esenzione 
dalla  giurisdizione  territoriale,  perchè  detti  rapporti  sono  sempre  gli  stessi  sia 
che  le  parti  tra  le  quali  intercedano  siano  entrambe  due  prìvati,  sia  che  Tana 
o  l'altra  di  esse  sia  un  ministro  straniero. 

La  vendita,  la  locazione,  il  deposito,  e  via  dicendo,  non  mutano  natura, 
carattere  e  sostanza  se,  a  modo  d'esempio,  il  ministro  straniero  sia  egli  H 
compratore  o  il  venditore.  (Vedi  Fiore  sulla  voce  Agenti  dipUmatici  nel 
D.gesto  ital.,  §  171  e  seg.,  e  Diritto  internaz. pubbl.,  3*  ediz.,  tom.  JI,  §§  1  m  1229. 
Oonfr.:  FERAUD-GmAUD,  États  et  souverains  devant  les  tribunaux  étrangtrt, 
tom.  II,  Paris  1895,  appendice.) 

252.  —  Gli  atti  fatti  da  un  ministro  straniero  nella  sua  qualità 
dì  rappresentante  dello  Stato  estero,  i  quali  importino  conseguenze 
civili  ed  obbligazioni  civili,  potranno  legittimare  le  azioni  civili  da 
parte  degl'interessati  e  la  giurisdizione  dei  tribunali  ordinari 
competenti  nei  casi  e  colle  norme  che  concernono  Fesercizio  delle 


Titolo  IV,  -  Diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione  ^^ 

azioni  civili  e  la  competenza  dei  tribunali  rispetto  agli  atti  fatti 
da  un  Governo  straniero. 

in  forza  di  qnesta  regola  si  deve  ammettere  che  il  Ministro  straniero  non 
può  essere  personalmente  responsabile  neanche  delle  conseguenze  civili  che 
possono  derivare  dagli  atti  da  lui  compinti  nella  sua  qualità  di  agente  diplo- 
matico e  di  rappresentante  dello  Stato  estero:  però,  siccome  gli  Stati  stranieri 
ed  i  Governi  stranieri  possono  in  certi  casi  essere  sommessi  alle  giurisdizioni 
ordinarie  per  le  conseguenze  civili  che  possono  derivare  dagli  atti  di  gestione 
0  di  amministrazione  compiuti  in  loro  nome  dai  pubblici  funzionari,  cosi  deve 
ammettersi  che  i  ministri  stranieri  siano  tenuti  a  risponderne  nei  casi  e  sotto 
le  condizioni  nei  quali  vi  può  essere  tenuto  lo  Stato  da  essi  rappresentato. 

Vedi  in  seguito  le  regole  che  concernono  la  giurisdizione  rispetto  agli  Stati 
ed  ai  Governi  stranieri  e  confronti  il  mio  articolo  pubblicato  nel  Digesto  italiano 
sotto  la  voce  Agenti  diplomatici,  §  224  e  seg. 


Giurisdizione  rispetto  ai  coììsoU  strame)'i. 

253.  —  I  consoli  stranieri  non  saranno  sommessi  alle  giuris- 
dizioni territoriali  per  gli  atti  da  essi  compiuti  nella  loro  qualità 
di  ufficiali  rivestiti  di  carattere  pubblico  ed  in  conformità  delle 
leggi,  dei  regolamenti  e  della  competenza  ad  essi  spettante  se- 
condo la  convenzione  consolare  e  gli  accordi  interceduti  fra  i 
due  Stati. 

Se  però  tali  atti  importassero  conseguenze  civili  e  potessero 
legittimare  l'azione  civile  contro  il  Governo  del  loro  paese  la  com- 
petenza dei  tribunali  territoriali  si  potrà  ammettere  colle  norme 
che  concernono  la  giurisdizione  rispetto  ai  Governi  ed  agli  Stati 
stranieri. 

Per  chiarire  la  proposta  regola  conviene  tener  presente  che  gli  ufficiali 
pubblici,  quantunque  non  siano  tenuti  personalmente  a  rispondere  degli  atti 
fatti  come  pubblici  funzionari,  possono  nondimeno  in  certi  casi  impegnare  lo 
Stato,  che  può  essere  tenuto  per  essi  a  risponderne. 

11  caso  è  stato  discusso  dinanzi  ai  tribunali  italiani  a  proposito  dell'obbligo 
assunto  dal  Console  greco  in  tale  sna  qualità  di  pagare  le  spese  dovute  al 
Manicomio  di  Aversa,  ove  egli  avea  richiesto  che  fosse  ricoverata  una  greca 
demente.  SullMstanza  deirAmministrazione  del  Manicomio  pel  mancato  paga- 
mento i  tribunali  italiaiii  si  dichiararono  competenti.  La  Corte  di  Cassazione 
di  NapòU  decidendo  tale  causa  coUa  sna  sentenza  del  16  marzo  1886  ritenne 
che  il  console  straniero,  e  per  lui  lo  Stato  che  gli  delegò  le  funzioni  consolari 
per  le  obbligazioni  civili  contratte  nel  Regno  a  favore  di  cittadini  del  suo  paese 
non  è  sottratto  alla  giurisdizione  dei  tribunali  dello  Stato.  Giurisprudenza 


^  '"  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

italiana,  causa  Typaldos  console  di  Grecia  e.  Manicomio  di  Aversa,  anno  1886» 
parte  I,  sezione  I,  228. 

Vedi  pure  sentenza  della  Corte  di  Catania  del  16  agosto  1888  in  causa 
Leva  e.  Belfiore  neUa  Giurisp.  catanese  1888,  pag.  189. 

254.  —  I  consoli  che  esercitano  il  commercio  o  che  facciano 
atti  nel  campo  delle  materie  civili  d'interesse  privato  saranno 
sonmiessi  interamente  per  tutto  quello  che  concerne  i  fatti  di 
commercio ,  gli  atti  civili  e  le  controversie  ad  essi  relative  alle 
giurisdizioni  del  paese  ove  il  commercio  sia  da  essi  esercitato  od 
ove  siano  stati  posti  in  essere  gli  atti  civili. 

Anche  quando  coUa  convenzione  consolare  trovasi  stabilito  che  i  eonsofi 
rispettivi  debbano  godere  a  reciprocità  certe  esenzioni,  prerogative,  immunità 
e  privilegi  non  si  può  mai  sostenere  che  essi  ne  possano  godere  nel  caso  che 
esercitino  il  commercio  e  a  riguardo  di  fatti  relativi  ad  esso  o  a  rapporti 
civili  e  privati. 

Nel  protocollo  sottoscritto  tra  1*  Italia  e  la  Romania  per  precisare  rintelli- 
genza  della  convenzione  consolare  tra  di  essi  conclusa  fu  cosi  con  venato: 
"  Il  demeure  entendu  que  les  consuls  respectifs,  sMls  sont  négociants,  seront 
**  entièrement  soumis,  en  ce  qui  concerne  Tarrét  proventi f  pour  faits  de  coni- 
*  merce ,  à  la  législation  du  pays  dans  lequel  ils  ezercent  leurs  fonctions ,. 
(Bucarest,  13  marzo  1881,  Collezione  dei  trattati  e  convenzioni  tra  1*  Italia  e  gli 
Stati  stranieri,  voi.  10,  pagina  799.) 

255.  —  Incombe  alla  sovranità  di  regolare  l'esercìzio  delle 
giurisdizioni  e  di  ogni  diritto  da  parte  delle  autorità  locali  rispetto 
al  console  straniero  coi  temperamenti  e  le  considerazioni  a  lui 
dovute  pel  carattere  pubblico  del  quale  è  rivestito,  e  di  tutelare 
tutte  le  immunità,  diritti,  privilegi  ed  esenzioni  accordati  ad  esso 
secondo  la  convenzione  consolare  o  il  Diritto  comune. 

256.  —  Si  dovrà  ritenere  in  massima  che,  quantunque  1  con- 
soli non  possano  godere  tutti  i  diritti  e  tutti  i  privilegi  che  spet- 
tano agli  agenti  diplomatici,  devono  non  di  meno  avere  tutte  le 
garanzie  per  la  loro  sicurezza  personale,  la  piena  libertà  per  eser- 
citare convenientemente  le  loro  funzioni  ed  il  concorso  efficace 
delle  autorità  locali  per  i  provvedimenti  che  essi  dovessero  prendere 
per  l'esercizio  delle  loro  funzioni. 

Nella  maggior  parte  delle  convenzioni  consolari,  qiuantnnqne  i  consoli  e  gii 
agenti  consolari  non  siano  dichiarati  esenti  dalle  ginrisdizioni  territoriali»  trovasi 
ammesso  come  regola  che  essi  non  possano  essere  arrestati  tranne  che  nel 
caso  che  abbiano  commessi  reati  gravi.  Nella  convenzione  tra  lltalia  e  TAustrìa 
del  15  maggio  1874  ò  così  disposto  a  tale  riguardo  ali*articolo  5;  *  Les^  consols 


Titolo  IV.  -  DiriUo  d'imperio  é  di  giurisdizione  Ì71 

*  généraox,  consnlB,  viee-consuls  et  agents  consulaires,  sujets  de  la  haute  partie 
'  contractante  qni  les  a  nomraés ,  jouiront  de  V  iromunité  personelle  et  ne 

*  poorront  étre  ni  arrètés,  ni  etnprìsonnés,  si  ce  n^est  pour  une  infraction 
'  qni  soit,  8i  elle  a  étó  commise  en  Aotriche^Hongrìe,  considérée  comme  erime 
'  en  verta  des  lois  antricbiennes ,  ou  frappée  de  peines  graves  par  la  lo 
'  hongroise ,  ou  bien  à  laquelle ,  dans  le  cas  où  V  infraction  a  été  commise 

*  en  Italie,  la  loi  italienne  applique  une  peine  crìminelle  ,. 

La  stessa  disposizione  si  trova  nella  convenzione  consolare  colla  Russia  del 
16  aprile  1875,  nella  quale  anche  per  i  fatti  sommessi  alla  legge  penale  Tarresto 
non  ò  ammesso  che  quando  i  detti  fatti  importino  una  pena  superiore  ad  un 
anno  di  carcere.  Convenzione  16i28  aprile  1875,  articolo  2,  comma  2^. 

NB.  A  complemento  delle  regole  esposte  confronti  quelle  che  concernono  i 
diritti  e  le  prerogative  dei  consoli,  che  trovansi  al  titolo  VII. 


Giurisdizione  rispetto  ai  Sovrani  stranieri. 

257.  —  I  Sovrani  stranieri,  che  in  tale  loro  qualità  si  trovino 
nei  dominii  di  altra  Sovranità,  non  potranno  come  tali  essere 
assoggettati  in.  nessun  caso  alle  giurisdizioni  ordinarie. 

Nessuna  differenza  potrà  essere  fatta  a  riguardo  di  ciò  se  il 
capo  dello  Stato  sia  principe,  re,  imperatore,  o  presidente  di 
repubblica. 

Qualora  però  essi  abusassero  della  loro  posizione  per  eccitare 
torbidi,  o  per  attentare  alla  sicurezza  dello  Stato,  potrebbero  essere 
obbligati  a  partire,  e  nel  caso  che  avessero  commessi  atti  ostili 
gravissimi,  potrebbero  essere  trattati  come  prigionieri  di  guerra. 

258.  —  Un  Sovrano,  il  quale  facesse  atti,  in  virtù  dei  quali  esso 
volontariamente  venisse  ad  assoggettarsi  alla  giurisdizione  della 
sovranità  straniera,  non  potrebbe  pretendere  di  sottrarsi  ad  essa, 
quando  ciò  ridondasse  a  suo  vantaggio. 

Dovranno  ritenersi  compresi  in  tale  regola: 

a)  il  caso  di  un  Sovrano,  che  acquistasse  beni  immobili  in 
estero  Stato,  rispetto  ai  quali  non  potrebbe  sottrarsi  all'impero 
delle  leggi  territoriali,  che  concernono  la  proprietà; 

b)  il  caso  di  un  Sovrano,  che  prendesse  servizio  nell'esercito 
di  uno  Stato  straniero; 

e)  il  caso  di  un  Sovrano,  che  si  facesse  intraprenditore  di 
servizi  pubblici,  come  potrebbe  essere  T  esercizio  di  una  strada 
ferrata  e  simili  casi; 

12  —  Fiow-:,  Dir.  interri,  codif. 


178  Libro  1.  -  DeUe  persone  —  Parte  spedale 

d)  il  caso  di  un  Sovrano,  che  in  qualità  di  rappresentante 
dello  Stato  avesse  iniziato  un  giudizio  come  attore  senza  costi- 
tuire un  pubblico  ufficiale  per  essere  rappresentato,  e  per  rispon- 
dere alle  contro-azioni  del  convenuto. 

Nella  cansa  contro  il  Kedivò  di  Egitto,  che  aveva  destinato  una  nave  dello 
Stato  per  il  trasporto  di  merci  noleggiandola,  fu  ammessa  la  giurisdizione  dei 
tribunali  ordinari  (Vedi  la  sentenza  deWJUa  Corte  deWAmmiiraglUao  inglese, 
Londra,  7  maggia  1873,  Journal  de  Droit  int,  prive,  1874,  pag.  36). 

Nella  causa  contro  HuUet,  promossa  dal  re  di  Spagna,  che  aveva  iniziato 
il  giudizio  come  principe  sovrano,  i  tribunali  americani  si  dichiararono  com- 
petenti a  sottometterlo  alla  propria  giurisdizione  {ne  King  of  Spain  cs,  Eulkt 
Clerkf  Seports  of  Lord,  voi.  I,  pag.  333). 

Vedi  Fiore,  Diritto  pubbl.  intem,,  3*  edizione,  e  la  ?oce  Agenti  diplomatiti 
nel  Digesto  italiano  §§  193  e  seg. 


Giurisdizione  rispetto  agli  Stati 
ed  ai  Governi  stranieri. 

259.  —  Lo  Stato  straniero,  in  quanto  è  un'istituzione  poli- 
tica ed  in  quello  che  eserciti  come  tale  i  suoi  diritti  e  le  sue 
funzioni  sovrane ,  o  che  faccia  atti  di  Governo ,  non  può  essere 
assoggettato  alle  giurisdizioni  ordinarie  e  segnatamente  a  quelle 
del  paese  di  cui  siano  cittadini  coloro  che  da  tali  atti  si  dicono  Iesi 

Confronti  le  regole  185-86-87  precedenti. 

260.  —  Lo  Stato  straniero,  in  quello  che  assume  il  carattere 
di  persona  giuridica,  e  che  in  tale  qualità  faccia  atti  che  per  la 
loro  natura  entrino  nel  campo  dei  rapporti  civili,  non  può  essere 
sottratto  alle  giurisdizioni  ordinarie  ed  alle  regole  che  governano 
l'esercizio  delle  azioni  giudiziarie,  per  tutte  le  conseguenze  che 
dai  detti  atti  possono  derivare. 

Per  comprendere  esattamente  il  valore  delle  due  proposte  regole  conTiene 
avvertire  che  lo  Stato  può  essere  considerato  sotto  un  doppio  rispetto,  come 
«nte  politico  cioè  e  come  persona  giuridica.  Sotto  il  primo  rispetto  gli  atti  da 
lui  fatti  implicano  sempre  l'esercizio  del  potere  sovrano,  e  devono  rimanen 
sommessi  al  Diritto  pubblico  e  costituzionale  per  le  conseguenze  aU^ioteno, 
e  al  Diritto  internazionale  per  le  conseguenze  alFestero,  e  devono  oonsegoen- 
temente  essere  sottratti  alle  giurisdizioni  ordinarie.  La  cosa  va  diversamenta 
per  quanto  attiene  agli  atti  fatti  dallo  Stato  come  persona  giurìdica.  Esso 
infatti  come  tale  ha  capacità  di  obbligarsi,  di  contrattare,  di  acquistare  beni  t 


Titolo  IV.  -  Diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione  179 

titolo  privato,  di  contrarre  debiti  e  di  fare  tutti  gli  atti  della  vita  civile  come 
ogni  altra  persona  giuridica.  Ora,  siccome  in  tali  atti  non  è  in  causa  la  sovra- 
nità,  e,  avuto  riguardo  alla  natura  delle  cose,  essi  devono  ritenersi  nel  campo 
dei  rapporti  di  Diritto  privato,  così  ne  consegue,  che  i  principii  che  tali  atti 
devoDO  governare,  quelli  compresi  delle  conseguenze  civili  e  delle  azioni  giu- 
diziarie, non  possono  essere  diversi  da  quelli  che  concernono  tali  rapporti, 
quando  derivino  da  fatti  posti  in  essere  da  un  privato  o  da  una  società  o 
da  una  istituzione  dotata  di  personalità  giuridica.  Un  contratto  di  compra- 
vendita non  muta  natura  e  carattere,  se  le  parti  contraenti  siano  due  privati 
0  se  una  di  esse  sia  invece  una  società,  una  fondazione,  un'istituzione,  uno 
Stato  od  un  Governo  straniero.  Confr.  Cassazione  di  Roma,  sezioni  unite, 
30  maggio  1869,  Comune  di  Firenze  e.  Pontonari,  Foro  italiano  1879,  1190. 
—  Cassazione  Firenze  27  novembre  1879,  Lucchi  contro  Comune  di  Firenze, 
ivi  1879,  1073. 

Non  può  quindi  disconvenirsi  che  le  regole  di  Diritto  comune  relative  ai 
rapporti  contrattuali,  alle  conseguenze  che  ne  possono  derivare  ed  alle  azioni 
giudiziarie  che  si  possono  sperimentare,  devono  essere  applicate  anche  quando 
tale  contratto  sia  stato  concluso  da  un  Governo  straniero  nell'interesse  patri* 
moniale  di  uno  Stato  straniero. 

Con  questa  distinzione  che  noi  avevamo  stabilita  con  lo  stesso  ragionamento 
nell'articolo  sugli  Agenti  diplomatici  pubblicato  nel  Digesto  italiano  (Vedi  ivi 
tomo  II,  pag.  915,  n.  217),  può  e^ssere  determinato  quando  debba  ammettersi 
e  quando  debba  escludersi  la  giurisdizione  rispetto  agli  Stati  ed  ai  Governi 
stranieri. 

261.  —  Saranno  reputati  atti  civili  attinenti  alla  personalità 
giaridica  dello  Stato  straniero  quelli  nei  quali  non  sia  in  causa 
la  sovranità,  ma  che  concernono  bensì  i  rapporti  patrimoniali» 
che  per  la  loro  natura  non  affettano  la  personalità  dello  Stato 
come  istituzione  politica. 

Tali  sono: 

a)  gli  atti  ed  i  contratti  conclusi  per  la  gestione  ed  i  bisogni 
della  gestione; 

b)  gli  acquisti  d'immobili  o  di  mobili  per  contratto,  o  a  titolo 
particolare,  o  a  titolo  universale  in  caso  di  successione; 

e)  gli  atti  che  concernono  l'esercizio  d'intraprese  industriali 
0  commerciali,  comprese  quelle  che  pel  loro  sviluppo  si  svolgano 
nel  territorio  dello  Stato; 

(Q  gli  altri  atti  somiglianti  che  possono  ritenersi  compiuti  dallo 
Stato  estero  come  persona  civile,  e  che  non  affettano  la  sua  per- 
sonalità politica. 

262.  —  Gli  '  Stati  stranieri  non  possono  ritenersi  sommessi  alle 
giurisdizioni  ordinarie  per  ragione  dei  danni  e  delle  lesioni  patiti 


180  Libro  L  -  DéUe  persone  —  Parte  speciale 

dai  cittadini,  in  conseguenza  di  fatti  da  lui  posti  in  essere  nello 
esercizio  de'  suoi  poteri  sovrani. 

La  responsabilità  dello  Stato  per  tali  fatti  e  l'obbligo  del  rifa- 
cimento del  danno  devono  rimanere  sommessi  alle  regole  che  con- 
cernono le  obbligazioni  internazionali  dello  Stato  e  la  sua  respon- 
sabilità, come  sono  stabilite  al  libro  IL 

263.  —  Lo  Stato  straniero  dovrà  ritenersi  sommesso  alla 
giurisdizione  territoriale  nel  caso  che  esso  medesimo  abbia  ini- 
ziata per  qual  si  sia  motivo  l'azione  come  attore,  o  se  citato  come 
convenuto  non  abbia  declinata  la  giurisdizione,  mentre  potea  dò 
fare,  e  si  sia  invece  costituito  e  difeso. 

264.  —  Ogniqualvolta  che  sia  il  caso  di  ammettere  la  som- 
missione dello  Stato  straniero  alle  giurisdizioni  ordinarie  saranno 
osservate  le  regole  di  Diritto  comune  vigenti  nel  paese  ove  siegue 
il  giudizio  in  tutto  quello  che  concerne  l'esercizio  dell'azione  ed 
il  procedimento. 

265.  —  Non  si  potrà  procedere  all'esecuzione  coattiva  della 
condanna  pronunciata  contro  uno  Stato  straniero ,  né  si  potrà 
eseguire  il  sequestro  dei  beni  o  delle  rendite  a  lui  appartenenti, 
ma  si  dovrà  bensì  provvedere  in  via  diplomatica,  osservandole 
norme  del  procedimento  amministrativo:  salvo  però  il  caso  che 
lo  Stato  estero  possedesse  a  titolo  privato  beni  immobili  nel  paese 
ove  la  sentenza  fu  pronunciata. 

La  proposta  regola  si  fonda  sul  giasto  concetto  che  cioè  ai  beni  apparte- 
nenti allo  Stato  non  si  possono  applicare  le  stesse  regole  che  a  quelli  appar- 
tenenti ai  privati  quando  si  tratti  di  tutelare  gl'interessi  del  creditore  me- 
diante gli  atti  esecativi  sui  beni.  I  beni  dello  Stato  sono  destinati  a  soddisfare 
i  bisogni  pubblici,  e  riesce  facile  comprendere  che  le  vie  ordinarie  di  esecu- 
zione devono  reputarsi  incompatibili  con  la  gestione  del  patrimonio  dello  Stato 
e  con  le  finalità  cui  sono  destinati  i  capitali  e  le  rendite  del  medesimo. 

L'ostacolo  che  s'incontra  inevitabilmente  quando  si  tratta  di  eseguire  om 
sentenza  contro  uno  Stato  straniero  non  può  per  altro  essere  un  argomento 
decisivo  per  rendere  frustranea  anche  la  giurisdizione,  imperocché  non  poi 
contestarsi  il  diritto  dell'attore  di  richiedere  al  tribunale  competente  che  dichiari 
il  diritto  contestato  e  condanni  lo  Stato  straniero  non  ostante  che  quando 
abbia  ottenuto  la  sentenza  non  possa  far  valere  i  suoi  diritti  che  nelle  forme 
e  sotto  le  condizioni  prescritte  secondo  il  Diritto  pubblico  ed  il  Diritto  inter- 
nazionale. 

Gonfr.  la  sentenza  della  Corte  di  Lucca  del  22  marzo  1887,  Hampson  lootio 
Bey  di  Tunisi,  Foro  italiano  1887,  1,  474. 


Titolo  IV.  -  Diritto  éC imperio  e  di  giurisdizione  ^^1 

266.  —  Anche  quando  la  sommissione  dello  Stato  straniero 
non  possa  essere  esclusa,  incombe  al  Governo  dello  Stato  di 
provvedere  a  che  non  sia  autorizzato  Io  sperimento  delle  azioni 
civili  senza  averne  prima  informato  in  via  diplomatica  il  Governo 
dello  Stato  straniero,  ed  espletati  gli  opportuni  tentativi  per  acco- 
modare la  vertenza  all'amichevole. 

267.  —  Incombe  allo  Stato  straniero^ogni  qual  volta  che  abbia 
rifiutato  dì  riconoscere  le  istanze  dell'attore  di  provvedere  in  via 
amministrativa,  e  che  non  sia  il  caso  di  escludere  l'azione  giudiziaria 
contro  di  lui  istituita,  di  sottomettersi  alle  regole  di  procedimento 
vigenti  nel  luogo  ove  deve  seguire  il  giudizio  e  di  nominare  chi 
debba  rappresentarlo.  In  mancanza  di  ciò  si  potrà  esperire  l'azione 
giudiziaria  osservando  le  norme  di  procedimento  secondo  il  Di- 
ritto comune,  come  nei  caso  di  azione  civile  istituita  contro  le 
amministrazioni  pubbliche  dello  Stato. 

Giurisdizione  a  riguardo  dei  beni. 

268.  —  Tutte  le  cose,  che  si  trovino  attualmente  nel  territorio 
di  uno  Stato,  devono  essere  considerate  sommesse  all'imperio  ed 
alla  giurisdizione  del  Sovrano  territoriale. 

269.  —  Chiunque  acquisti  un  immobile  esistente  nel  territorio 
di  uno  Stato,  o  che  ivi  trasporti  una  cosa  mobile  a  lui  apparte- 
nente, è  tenuto  a  sottostare  a  tutte  quelle  leggi,  che  regolano  la 
proprietà  ed  il  possesso  delle  cose  immobili  e  mobili,  avuto  ri- 
guardo agli  interessi  generali,  alla  tutela  del  Diritto  sociale,  e  dei 
diritti  dei  terzi. 

270.  —  Nessun  diritto  reale  sulle  cose  esistenti  nel  territorio 
di  uno  Stato,  qualunque  sia  la  sua  origine,  potrà  essere  efficace 
che  in  conformità  della  legge  emanata  dalla  sovranità  territoriale. 

Nessun  rapporto  giuridico  a  riguardo  di  cose  esistenti  nel  ter- 
ritorio di  uno  Stato  potrà  essere  efficace,  se  dallo  svolgimento  o 
dal  riconoscimento  di  detto  rapporto  ne  derivi  offesa  diretta  o 
indiretta  al  Diritto  pubblico  territoriale,  o  alle  leggi  che  concernono 
i  beni  e  che  siano  considerate  di  ordine  pubblico. 


182  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

Anche  quando  il  diritto  sulla  cosa  esistente  in  un  paese  possa  ritenersi  fon- 
dato sulla  legge  straniera,  tale  diritto  potrà  essere  efficace  come^'u«  adrmi, 
ma  il  diritto  reale  propriamente  detto,  Vjus  in  re,  non  può  essere  acquistato 
che  in  conformità  di  quanto  dispone  la  legge  territoriale.  Questo  deriva  dal 
giusto  concetto  che  cioè  il  territorio,  con  tutto  quello  che  esso  contiene,  de?e 
essere  considerato  come  la  base  ed  il  limite  deirimperio  e  della  giurisdixione 
reale  di  ciascun  sovrano. 

Vedi  in  seguito  Libro  IQ.  Dei  beni  appartenenti  ai  privati  nei  loro  rapporti 
col  Dir,  intemaz,  Gonf.  Fiore,  Dir,  intemaz.  priv.,  3*  ediz.  tomo  I,  parte 
generale,  cap.  III.  Ddla  legge  che  deve  regolare  i  diritti  reali,  —  Dikhjl,  I  di- 
ritti reali  conaiderati  nel  Dir.  intem,  privatOy  Torino  1895,  Unione  Tip.  Edit 

271.  —  Nessun  atto  di  esecuzione  in  forza  di  contratto  fatto 
all'estero  o  di  sentenza  pronunziata  da  tribunale  straniero  a  ri- 
guardo delle  cose  esistenti  sul  territorio  di  uno  Stato  potrà  essere 
iniziato  e  compiuto,  se  non  che  quando  gli  atti  esecutivi  siano 
stati  previamente  autorizzati  dalla  sovranità  territoriale  in  confor- 
mità delle  leggi  da  essa  emanate.  La  forza  esecutiva  degli  atti  e 
delle  sentenze  non  potrà  derivare  da  sovranità  straniera  senza 
offesa  diretta  del  diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione  spettante 
esclusivamente  a  ciascuno  Stato  sul  proprio  territorio. 


Giurisdizione  sulle  acque  territoriali. 

272.  —  Il  mare  territoriale  è  costituito  dalle  acque  che  bagnano 
le  coste  di  ciascuno  Stato  fino  alla  distanza  determinata  dalia 
necessità  della  sua  difesa  e  dal  bisogno  di  tutelare  la  sicurezza 
del  territorio  e  di  proteggere  gl'interessi  del  commercio  e  quelli 
del  fisco. 

L'estensione  delle  acque  territoriali,  secondo  il  Diritto  consue- 
tudinario, dovrà  ritenersi  fissata  a  tre  miglia  marine  dalla  costa 
a  cominciare  dal  punto  della  marea  bassa. 

D  limite  di  tre  miglia  marine  si  considera  oramai  come  generalmente  fissato 
per  determinare  la  zona  del  mare  sulla  quale  la  sovranità  può  esercitare  la 
giurisdizione.  Vedi  Calvo,  Droit  internat.  public,  §  355,  4*  édit,  1887. 

"  Telle  est  la  limite,  egli  scrive,  qui  a  été  généralement  reconnue  par  ]et 

*  conventions  internationales,  notamment  par  Tarticle  premier  du  traile  da 
■  20  octobre  1818  entro  TAngleterre  et  les  États  Unis  d*Amérique,  par  ]a  loi 

*  belge  du  7  juin  1832,  par  les  articles  9  et  10  du  traité  du  3  aoùt  1839  et 

*  rariicle  preuiìerdecehii  du  ltnoYeiiibiel5>b7€iitie-4a.Erance.et  r.Anglcterrc«, 


Titolo  IV,  '  Diritto '^imperio  e  di  giurisdizione  183 

273.  —  Ciascuno  Stato  è  tenuto  ad  esercitare  tutti  i  diritti, 
che  derivano  dal  dominio  delle  acque  territoriali,  in  maniera  da 
non  ledere  quelli  che  spettano  ai  naviganti,  che  per  i  bisogni 
della  navigazione  pacifica  intendono  attraversare  le  dette  acque 
destinate  a  servire  pel  passaggio  al  mare  libero. 

274.  —  Compete  a  ciascun  Sovrano  il  diritto  esclusivo  di  rego- 
lare colle  proprie  leggi  tutto  ciò  che  concerne  la  polizia  della  navi- 
gazione nelle  acque  territoriali,  l'approdo,  l'obbligo  del  pilota 
locale,  l'entrata  nei  porti,  la  libera  pratica,  le  quarantene  e  simili  ; 
di  stabilire  una  sorveglianza  attiva  per  fare  rispettare  le  leggi  ed 
i  regolamenti,  e  di  assoggettare  i  violatori  dei  medesimi  alle  san- 
zioni penali  da  esso  preventivamente  sancite. 

275.  —  Nessuno  Stato  potrà  avere  sulle  acque  territoriali  un 
vero  diritto  di  proprietà,  ma  unicamente  quello  di  giurisdizione 
per  quanto  concerne  la  sicurezza  e  la  difesa.  Non  potrà  inibire 
l'uso  innocuo  delle  acque  medesime,  né  assoggettare  le  navi  mer- 
cantili, che  le  attraversino,  a  pagare  un  diritto  di  transito  o  di 
navigazione,  come  può  fare  rispetto  alle  navi  che  volessero  appro- 
dare od  entrare  nei  porti  dello  Stato,  né  potrà  con  leggi  e  rego- 
lamenti rendere  il  transito  oneroso  e  difficile. 

276.  —  Appartiene  a  ciascuna  sovranità  il  diritto  di  riservare 
la  pesca  del  pesce  e  di  tutti  i  prodotti  sottomarini  nelle  acque 
territoriali  ai  cittadini  dello  Stato,  e  di  regolare  mediante  i  trat- 
tati di  commercio  e  di  navigazione  l'esercizio  della  pesca  da  parte 
dei  cittadini  di  un  altro  Stato. 

277.  —  Per  le  baie  l'estensione  di  3  miglia  marine  sarà  deter- 
minata a  cominciare  da  una  linea  retta  tirata  a  traverso  la  baia 
nella  parte  intema  di  essa,  ove  la  distanza  tra  le  due  coste  della 
baia  è  di  sei  miglia  marine. 

L^esercizio  della  pesca  nelle  acque  territoriali  trovasi  regolato  generalmente 
dai  trattati  di  commercio  o  da  convenzioni  particolari  fatte  su  tale  soggetto. 
In  parecchi  trattati  conclusi  dairitalia  la  pesca  nelle  acque  territoriali  italiane 
è  riservata  ai  nazionali:  così  trovasi  disposto  nel  trattato  coirAustria-Ungheria 
del  6  dicembre  1891  art.  18.  in  quello  col  Messico  del  16  aprile  1890  art.  17 
ed  in  altri.  La  delimitazione  della  linea  di  pesca  nella  baia  di  Mentone  fu 
fissata  colla  convenzione  fra  1*  Italia  e  la  Francia  del  18  giugno  1892.  Non 
mancano  esempi  di  trattati  nei  quali  tale  riserva  non  trovasi  stipulata.  Conviene 


*o*  Libro  L  •  DeUe  peréone  —  Parte  speciale 

in  ogni  caso  riferirsi  alle  convenzioni  particolari  per  decidere  se  debba  o  no 
ammettersi  la  riserva  della  pesca  nelle  acque  territoriali  a  favore  dei  nazio- 
nali, ed  in  massima  dovrebbe  ammettersi  il  privilegio,  qnando  non  esiste  un 
trattato  di  commercio. 

278. —  Qualora  nel  trattato  di  commereio  stipulato  fra  due  Stati 
non  vi  sia  alcuna  riserva  relativamente  al  diritto  di  pesca  nelle 
acque  territoriali  rispettive,  ed  i  cittadini  degli  Stati  delle  parti 
contraenti  siano  ammessi  a  godere  gli  stessi  vantaggi  dei  nazich 
naii  o  quelli  concessi  allo  Stato  il  più  favorito,  la  riserva  della 
pesca  a  favore  dei  nazionali  nelle  acque  territoriali  rispettive  dovrà 
ritenersi  esclusa. 


Giurisdizione  sui  fiumi,  golfi,  laghi  mediterranei, 

279.  —  Il  diritto  di  giurisdizione  spettante  alla  sovranità  di  cia- 
scuno degli  Stati  che  siano  attraversati  o  separati  da  un  fiume, 
sarà  determinato  con  le  stesse  norme  che  concernono  il  diritto 
rispettivo  degli  Stati  frontisti  sulla  parte  di  fiume  soggetta  al  loro 
dominio. 

280.  —  La  giurisdizione  rispetto  ai  golfi  sarà  determinata  rite- 
nendo in  principio  fissato  il  limite  alia  distanza  di  tre  miglia  marine 
dalla  costa.  Se  però  l'apertura  dei  medesimi  non  sia  maggiore 
del  tiro  del  cannone  le  tre  miglia  saranno  calcolate  a  partire  da 
una  linea  retta  tirata  da  un  capo  all'altro. 

281.  —  La  giurisdizione  sui  laghi,  che  si  trovino  situati  fra  i 
territori  di  due  Stati,  sarà  fissata  fino  alla  metà  del  lago  rispetto 
a  ciascuno  degli  Stati  confinanti,  che  possegga  una  sola  sponda 
di  esso;  rispetto  allo  Stato  che  possedesse  tutte  e  due  le  sponde 
di  una  parte  del  lago,  la  giurisdizione  s'intenderà  stabilita  a 
riguardo  di  esso,  su  quella  parte  di  lago  compresa  fra  le  dette 
sponde. 

282.  —  Ai  mari  chiusi  saranno  applicate  per  le  giurisdizioni  le 
stesse  regole  stabilite  per  i  laghi. 

Si  dice  mare  chiuso  quello  che  si  trova  nel  territorio  di  nno  o  più  Stati  e 
che  non  comunica  coirOceano  come  sono  il  Mare  Morto  ed  il  Mare  Caspio. 


Titolo  IV.  '  Diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione  185 

283.  —  La  giurisdizione  sui  mari  mediterranei  sarà  regolata 
colle  stesse  regole  che  a  riguardo  del  mare,  salvo  le  modificazioni 
stabilite  coi  trattati  internazionali.  Nessuna  sovranità  potrà  repu- 
tare un  mare  mediterraneo  nel  suo  dominio,  neanche  se  posse- 
desse tutte  le  coste  che  lo  circondino  e  lo  stretto  a  mezzo  del 
quale  esso  comunicasse  coir  Oceano,  in  maniera  da  poterne  fisi* 
camente  impedire  l'accesso. 


'  Oiurisdizione  sugli  stretti. 

284.  —  La  giurisdizione  spettante  alla  sovranità  dello  Stato,  che 
possiede  il  territorio  attraversato  da  uno  stretto,  potrà  essere  am- 
messa limitatamente  soltanto  alla  potestà  ad  essa  spettante  di 
provvedere  alla  polizia  dello  stretto  ed  alla  propria  sicurezza  e 
difesa. 

Nessun  Sovrano  potrà  essere  considerato  come  proprietario  dello 
stretto,  né  potrà  assoggettarne  l'uso  a  tasse  di  passaggio  e  di 
transito,  salvo  però  il  suo  diritto  di  essere  indennizzato  delle  spese 
che  siano  sopportate  per  mantenere  lo  stretto  in  condizione  di 
navigabilità,  e  per  prevenire  i  pericoli  del  traffico. 

La  Danimarca  ha  imposto  per  lungo  tempo  alle  navi  mercantili,  che  traver- 
savano gli  stretti  del  Sund  e  dei  Belts  pel  traffico  col  mar  Baltico,  di  pagare 
le  tasse  di  passaggio.  Tali  diritti,  fìssati  e  riconosciuti  per  la  prima  volta  col 
trattato  concluso  nel  1645  tra  il  Governo  danese  e  gli  Stati  generali  delle  prò- 
vìnci  e  unite,  furono  posteriormente  anche  riconosciuti  dagli  altri  Stati  e  segna- 
tamente dalla  Francia  nei  trattati  del  1663  e  del  1742.  Posteriormente,  siccome 
l^am  montare  delle  percezioni  a  tale  titolo  da  parte  del  Governo  danese  era 
di  gran  lunga  superiore  alle  spese  che  esso  sopportava  pei  servizi  della  navi- 
gazione e  assumeva  conseguentemente  il  carattere  di  una  vera  tassa  di  pas- 
saggio a  carico  del  commercio  intemazionale,  cosi  in  seguito  ai  giusti  reclami 
sopratutto  da  parte  del  Governo  degli  Stati  Uniti  d^Amerìca,  perchè  cessasse 
tale  abuso,  fu  conclusa  la  convenzione  di  Gopenhague  il  14  marzo  1867  tra 
la  Danimarca  da  una  parte  e  TAustria,  il  Belgio,  la  Francia,  la  Gran  Brettagna, 
FAnnover,  Hecklemburg-Schwerin ,  Oldenburg,  1  Paesi  Bassi,  la  Prussia,  la 
Russia,  la  Svezia  e  Norvegia,  le  città  Anseatiche  di  Lubeck,  Brema,  Amburgo 
dair altra,  e  T indennità  fu  fissata  pagando  una  volta  tanto  la  somma  di 
91.434-975  fr. 

Gonfr.  le  regole  che  trovansi  al  Libro  III  Sulla  libertà  degli  stretti, 


186  Libro  L  -  DeUe  persane  —  Parte  spedale 


Giiirisdizione  penale  sulle  acque  territoriali. 

286.  —  Le  acque  territoriali  non  potranno  essere  assimilate  in 
tutta  la  loro  estensione  al  territorio  reale  sotto  il  punto  di  vista 
dell'applicazione  della  legge  penale  territoriale  ai  delitti  su  di  esse 
commessi. 

Incombe  agli  Stati  di  stabilire  d'accordo  la  estensione  delle 
acque  territoriali  sotto  il  punto  di  vista  dell'esercizio  della  giu- 
risdizione penale. 

286. — In  mancanza  di  accordo  internazionale  spetta  alla  sovra- 
nità territoriale  di  stabilire  con  legge  come  e  fino  a  qual  limite 
debba  essere  esercitata  la  giurisdizione  penale  nelle  acque  terri- 
toriali. 

Nella  Gran  Brettagna  tale  materia  fu  regolata  con  la  legge  promulgata  nel  1878 
(An  aet  io  regulate  the  law  rekUing  io  the  trial  of  offencee  eammitted  in  the 
Bea,  41  e  42  Yict.,  e.  73). 

L'art  7  di  detta  legge  dice:  *  Sotto  il  punto  di  vista  dei  delitti  sottomessi 
con  la  presente  legge  alla  giurisdizione  dell* Ammiragliato,  le  acque  territoriali 
comprendono  tutta  la  porzione  del  pieno  mare  situata  fino  ad  una  lega  marit- 
tima (3  miglia)  dalla  costa  misurata  a  marea  bassa  ,. 

287.  —  Deve  ognora  ritenersi  conforme  ai  più  giusti  principi! 
di  Diritto  internazionale  l'attribuire  la  giurisdizione  penale  alla 
sovranità  dello  Stato,  rispetto  ad  ogni  reato  commesso  nelle  acque 
territoriali  fino  all'estensione  di  un  miglio  dalla  costa  a  contare 
dal  limite  della  bassa  marea,  e  al  di  là  di  tale  limite  assimilare 
sotto  il  punto  di  vista  della  giurisdizione  penale  le  acque  terri- 
toriali airalto  mare. 

La  discussione  di  principio  nacque  in  Inghilterra  a  proposito  del  reato  acca* 
duto  nelle  acque  territoriali  inglesi  alla  distanza  di  circa  3  miglia  marine  nel 
caso  della  nave  Franeonia,  e  fu  vivamente  contestato  che  romicidio  per 
imprudenza,  imputato  al  capitano  di  detta  nave  tedesca,  potesse  ritenersi  com* 
messo  in  territorio  inglese.  Quando  il  fatto  avvenne  nel  1877  non  era  stata 
promulgata  la  legge,  e  il  Phillimore  giudice  dell'Alta  Corte  sosteneva  che  le 
acque  territoriali  non  potevano  essere  assimilate  per  tutta  la  loro  estensione 
al  territorio  reale  sotto  il  punto  di  vista  della  giurisdizione  penale. 

Quando  poi  fu  discussa  la  legge  promulgata  nel  1878,  il  principio,  che  con 
essa  si  volle  stabilire,  fu  vivamente  combattuto  nella  Camera  dei  Lords  nelle 
tornate  del  12  e  15  agosto  di  detto  anno,  e  nella  Camera  dei  Comuni  da  sir 
Giorgio  6o\vyer.  Phillimore  sostenne  sempre  che  il  Parlamento  inglese  non 


TU<do  IV.  -  Diritto  d'imperio  e  di  giuri$dizion$  1^7 

poteva  stabilire  una  giarisdizione  penale  in  opposizione  al  Diritto  intemazio- 
nale, e  questa  fu  pare  Fopinione  sostenuta  dal  Lord  Ghief  of  Juslice. 

288.  —  A  ciascuno  Stato  deve  essere  attribuita  la  giurisdizione 
penale  a  riguardo  di  ogni  reato  commesso  nei  porti,  salvo  però 
le  regole  che  concernono  i  reati  commessi  a  bordo  delle  navi 
mercantili  straniere,  che  trovansi  ancorate. 

289.  —  La  giurisdizione  penale  sulle  isole  adiacenti  alle  acque 
territoriali  sarà  attribuita  al  Sovrano  territoriale,  cui  spetta  la 
giurisdizione  sulle  acque.  Rispetto  alle  isole  non  appartenenti  a 
nessuno  Stato  e  di  recente  scoperte,  la  giurisdizione  penale  sarà 
attribuita  allo  Stato  di  cui  fosse  cittadino  colui,  che  ivi  avesse 
commesso  il  reato. 


Giurisdizione  rispetto  ai  porti  e  alle  rade. 

290.  —  Ciascuno  Stato  ha  diritto  di  dichiarare  aperti  o  chiusi 
al  commercio  i  porti  di  mare.  Qualora  però  esso  conceda  la  facoltà 
di  esportare  da  essi  mercanzie  od  importarvene,  le  navi  mercantili 
di  qualunque  paese  potranno  entrare  in  detti  porti  sotto  la  ga- 
ranzia del  Diritto  intemazionale  ed  indipendentemente  dai  trattati: 
e,  salvo  l'osservanza  delle  leggi  e  regolamenti  territoriali,  e  l'ob- 
bligo di  pagare  tutte  le  imposte  doganali  e  fiscali,  potranno  caricare 
e  scaricare  le  merci  e  fare  le  opportune  operazioni  commerciali. 

291.  —  Ciascuno  Stato  potrà  applicare  le  proprie  leggi  ed  i 
regolamenti  per  tutto  ciò  che  riguarda  la  polizia  dei  porti  :  il  cari- 
camento e  scaricamento  dei  bastimenti:  la  sicurezza  e  la  custodia 
delle  merci  :  e  potrà  inoltre  assoggettare  coloro,  che  entrino  per 
farvi  operazioni  di  commercio,  a  pagare  i  diritti  di  tonnellaggio, 
di  faro,  di  porto,  di  pilotaggio  e  simili ,  e  non  dovrà  reputarsi 
contro  il  Diritto  internazionale  se  a  riguardo  di  ciò  le  navi  di 
certi  paesi,  in  virtù  dei  trattati  esistenti,  abbiano  un  trattamento 
più  favorevole. 

292.  —  Ciascuno  Stato  può  per  ragioni  d'interesse  pubblico  proi- 
bire l'entrata  nei  propri  porti  alle  navi  da  guerra,  salvo  il  caso  di 
forza  maggiore,  e  può  determinare  le  condizioni  dell'entrata  di  esse. 


188  Libro  L  •  DeUe  persone  —  Parte  speciale 

293.  —  In  nessun  caso  il  Sovrano  potrà  negare  Tentrata  nei 
porti  non  aperti  al  commercio  o  l'approdo  alle  rade  alle  navi, 
che  siano  costrette  a  rifugiarvisi  per  sinistri  di  mare,  o  per  qual- 
siasi causa  di  forza  maggiore.  Incombe  a  ciascuno  Stato  di  consi* 
derare  le  dette  navi  sotto  la  tutela  del  Diritto  intemazionale  per 
quanto  concerne  la  proprietà  dì  esse  e  del  carico,  e  dì  trattarle 
con  umanità,  e  (salvo  le  precauzioni  che  potrebbero  essere  giu- 
dicate convenienti  dall'autorità  territoriale  a  fine  di  evitare  e 
prevenire  le  frodi)  concedere  ad  esse,  sotto  l'osservanza  delle 
leggi  e  dei  regolamenti  locali,  di  riparare  alle  avarìe,  e  di  fare 
quanto  possa  occorrere  per  mettersi  in  grado  di  continuare  il 
viaggio. 

I  porti  formano  parte  della  proprietà  pubblica  dello  Stato,  ed  è  natnrale 
che  ì  diritti  giurisdizionali  spettanti  alla  sovranità  territoriale  a  riguardo  di 
essi  debbano  essere  più  estesi  che  quelli  i  quali  sono  ad  essa  aitribniti  sulle 
acque  territoriali.  Conseguentemente  deve  ammettersi  che  la  sovranità  non 
solo  possa  in  massima  concedere,  o  negare  agli  stranieri  Tuso  dei  porti  dello 
Stato  per  ragioni  dMnteresse  pubblico,  ma  che  possa  altresì  subordinarne  il 
godimento  a  certe  condizioni ,  comprese  quelle  di  pagare  un  corrispettivo  a 
vantaggio  del  fisco. 


Giurisdizione  sulle  navi  mercantili. 

294.  —  Ogni  nave  mercantile,  che  entri  nelle  acque  territoriali 
straniere,  dovrà  essere  soggetta  alla  giurisdizione  del  Sovrano, 
che  impera  sulle  acque,  e  spetterà  a  questi  il  diritto  di  regolare 
con  le  sue  leggi  ogni  fatto  che  concerna  i  rapporti  estemi  della 
medesima,  e  gli  atti  che  essa  sia  per  compiere  per  i  bisogni  della 
navigazione  o  per  l'esercizio  del  commercio. 

295.  —  Ogni  nave  mercantile  però,  dovrà  essere  ritenuta  altresì 
soggetta  alla  giurisdizione  dello  Stato,  al  quale  essa  appartiene 
per  nazionalità,  e  finché  non  perda  il  suo  carattere  come  tale, 
anche  quando  entri  nelle  acque  territoriali  straniere,  non  potrà 
reputarsi  sottratta  del  tutto  alla  giurisdizione  del  sovrano  dello 
Stato  a  cui  appartiene. 

296.  —  Incombe  alle  navi  mercantili  che  entrino  nelle  acqne 
territoriali  o  nei  porti   stranieri  di  riconoscere  Tautorità  delle 


Titolo  IV.  -  Diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione 


18» 


leggi  di  polizia  e  tutte  le  disposizioni  regolamentari  ivi  vigenti 
che  concernono: 

cO  l'entrata  e  l'uscita  delle  navi; 

h)  gli  ancoraggi  e  gli  ormeggi  ; 

e)  rimbarco  e  lo  sbarco  dei  passeggieri; 

d)  rimbarco  e  lo  sbarco  e  il  deposito  delle  merci  e  delle 
zavorre  ; 

e)  l'uso  dei  fuochi  e  le  precauzioni  contro  gl'incendi  ; 

f)  e  tutto  quanto  concerne  la  polizia  e  la  sicurezza  del 
porto  o  rada  e  sue  dipendenze. 

297.  —  Incombe  alla  sovranità  territoriale  l'applicare  alle 
navi  straniere,  che  entrino  in  un  porto  aperto,  le  leggi  e  i  rego- 
lamenti che  le  concernono  con  parità  dì  trattamento,  salvo  sol- 
tanto le  eccezioni  che  possono  risultare  dai  trattati. 

Incombe  inoltre  alla  medesima  il  non  impedire  che  le  auto- 
rità del  paese  a  cui  appartiene  la  nave  straniera  esercitino  ì  loro 
poteri  rispetto  alla  medesima  in  conformità  dei  trattati  esistenti 
e  del  Diritto  comune. 

Questa  regola  si  riferisce  alFesercizio  dei  poteri  spettanti  ai  consoli  ed  agli 
agenti  consolari  rispetto  alla  marina  mercantile  e  ohe  sono  ad  essi  attribuiti 
dal  CSodice  di  commercio  o  da  quello  per  la  marina  mercantile  del  paese  a 
cui  appartiene  il  console.  A  norma  della  legge  consolare  italiana  art.  26,  i 
consoli  italiani  possono  infliggere  pene  disciplinari  per  le  infrazioni  di  disci- 
plina commesse  dai  marinai  dei  bastimenti  mercantili  italiani,  ed  hanno  inoltre 
altre  attribuzioni  determinate  dalle  leggi  e  dai  regolamenti  italiani. 

298. — Le  leggi  dello  Stato,  di  cui  la  nave  ha  il  carattere  nazio- 
nale, avranno  autorità  a  regolarne  dovunque  la  condizione  giu- 
ridica, in  quanto  è  oggetto  di  proprietà,  il  valido  trasferimento 
di  essa,  le  obbligazioni  e  responsabilità  dei  proprietari,  i  rapporti 
tra  il  comandante  di  essa  e  la  gente  di  mare,  salvo  le  regole  di 
Diritto  intemazionale  privato,  che  devono  governare  i  rapporti 
privati  e  i  diritti  acquisiti  sulla  nave  dai  creditori  di  essa,  nel 
paese  ove  essa  nell'attualità  si  trovi. 

Le  regole  sopra  stabilite  sono  fondate  sulla  dottrina  degli  scrittori  e  sulla 
giurisprudenza,  come  trovasi  più  laiigamente  esposto  nelle  seguenti  mie  opere  : 

FiORK,  Trattato  di  Diritto  intemaz.  pubblico,  ^  ediz.  1879,  tomo  I,  §  529 
e  seg.,  tradotto  in  francese  da  Charles  Antoine,  Paris  1885,  §  535  e  seg,  — 


^^  lAhro  L  '  Delle  persone  —  Parte  speaiale 

La  nave  eommerciale  né"  suoi  rapporti  col  Diritto  intemazionale  nel  giornale 
La  Legge,  anno  1882,  studi  teorico-pratici,  pag.  317;  3^  ediz.  delia  mia  men- 
tovata opera  Trattato  di  Diritto  internaz,  pubblico,  toni.  I,  §§  513*520,etom.lI, 
§  984  e  seg.  Gonf.  Galyo,  DroU  internai.,  tom.  I,  §  459  e  seg. 

Nel  Congresso  di  Anversa  del  1885  fu  votata  la  seguente  regola:  *  Lespon- 
Yoirs  du  capitaine  pour  pourvoir  aox  besoins  pressants  du  navire,  rhypothéq[aer 
ou  le  vendre,  contracter  un  emprunt  à  la  grosse  sont  déterminés  par  la  loi 
du  pavillon,  sauf  à  lui  à  se  conformer  quant  à  la  forme  des  actes,  soitàla 
loi  du  pavillon,  soit  à  la  loi  du  port  où  il  accomplit  ses  opérations  .. 

299.  —  I  poteri  del  capitano  sia  rispetto  a  tutte  le  persone  che 
trovinsi  a  bordo  della  nave,  sia  rispetto  alla  nave  stessa  ed  ai 
provvedimenti  e  agli  atti  che  esso  possa  decretare  a  fine  di  sop- 
perire ai  bisogni  della  navigazione  dovranno  essere  determinati 
in  conformità  della  legge  nazionale  della  nave;  salvo  però  per 
tutto  quello  che  concerne  l'esercizio  di  tali  poteri  nelle  acque  ter- 
ritoriali, l'osservanza  delle  disposizioni  speciali  della  legge  locale. 

Gonf.  Il  parere  del  Consiglio  di  Stato  frane,  del  20  nov.  1806,  a  proposito 
di  fatti  delittuosi  accaduti  sulle  navi  americane  Le  Newton  e  La  Sally,  e 
Vincent,  Dictionnaire  de  Dr,  intem.  prive,  tom.  1, 1887-89,  v.  Navire,  pag.  616. 

300.  —  Tutte  le  contestazioni  d'interesse  civile,  che  possono 
nascere  tra  il  capitano  o  le  persone  doirequipaggio  e  coloro  che 
siano  estranei  alla  nave,  comprese  quelle  che  concernono  il  pa- 
gamento dei  diritti,  tasse  e  contribuzioni  dovute  dalla  nave  stra- 
niera, devono  rimanere  sommesse  alle  giurisdizioni  territoriali  e  alle 
regole  del  Diritto  comune  vigente  nel  paese,  ove  la  nave  si  trovi. 


Giurisdizione  penale  sulle  navi  mercantili. 

301.  —  La  giurisdizione  penale  a  riguardo  di  fatti  delittuoa 
accaduti  a  bordo  di  una  nave  mercantile  che  si  trova  nel  porto 
straniero,  spetterà  al  sovrano  dello  Stato  di  cui  la  nave  ha  la 
nazionalità,  purché  però  tali  fatti  non  abbiano  avuto  conseguenze 
esteriori  o  che  possano  interessare  la  sicurezza  e  la  polizia  del  porto. 

308.  —  La  giurisdizione  penale  spetterà  al  Sovrano  territoriale 
ogni  qual  volta  che  i  fatti  delittuosi,  benché  commessi  a  bordo 
di  una  nave  straniera,  abbiano  avuto  o  possano  avere  conseguenze 
Gl'esterno. 


TUcio  IV.  -  Diritto  d'imperio  $  di  giurisdizione  191 

Questo  dovrà  ammettersi  principalmente  nei  seguenti  casi: 

a)  qualora  un  reato,  benché  commesso  a  bordo  tra  persone 
dell'equipaggio,  possa  compromettere  la  sicurezza  e  la  tranquillità 
pubblica; 

b)  quando  i  fatti  delittuosi  abbiano  avuto  il  cominciamento 
fuori  della  nave,  e  siano  stati  compiuti  a  bordo  di  essa; 

e)  quando  il  comandante  di  bordo  si  mostri  impotente  a  repri- 
mere un  reato,  richiedendo  esso  medesimo  l'intervento  dell'au- 
torità  locale. 

303.  —  A  riguardo  dei  reati  gravi  secondo  il  Diritto  comune  e 
commessi  a  bordo,  e  che  non  abbiano  avuto  conseguenze  este- 
riori, dovrà  ammettersi  il  diritto  della  sovranità  territoriale  d'in- 
tervenire a  fine  di  fare  gli  atti  istruttorii  opportuni,  onde  con- 
servare le  prove  ed  il  corpo  del  reato,  salvo  poi  a  deferire  il 
colpevole  ai  tribunali  dello  Stato,  a  cui  la  nave  appartenga,  affinchè 
possa  essere  giudicato  in  conformità  della  legge,  che  su  di  essa 
impera. 

La  Corte  di  cassazione  francese  nella  causa  Jally  disse:  '  Attenda  queles 
bàtiments  de  commerce,  entrant  dans  le  port  d'une  nation  autre  que  elle  à 
laqnelle  ils  appartìennent,  ne  pourraient  ètre  soustraits  à  la  jurìdiction  terri- 
toriale, toutes  les  fois  que  Tìntérèt  de  TÉtat,  dont  ce  port  fait  partie,  se  trouve 
engagé,  sans  danger  pour  le  bon  ordre  et  pour  la  dignitó  du  Gouvemement... , 
Gass.  25  fév.  1859  Journal  du  Palaie  (1859,  420).  Vedi  ivi  le  osservazioni  del 
relatore  e  la  nota.  Gonfr.  per  la  Giurisprudenza  delle  Corti  americane  la  mia 
opera  Dir.  intem,  pub.  3*  ediz.  §  18,  e  Calvo,  Droit  internai,y  §  462  e  seg. 

304.  —  Incombe  alle  autorità  locali,  quando  sia  il  caso  di  pro- 
cedere a  qualsisia  atto  giurisdizionale  a  riguardo  di  navi  straniere 
che  si  trovino  nelle  acque  territoriali ,  il  prevenirne  il  console 
nazionale  o  chi  lo  rappresenti  e  non  procedere  agli  atti  senza  il 
suo  intervento  ogni  qualvolta  che  ciò  possa  essere  fatto  senza 
inconvenienti. 

Questa  regola  si  fonda  sul  principio  generale  di  Diritto  intemazionale  che 
i  consoli  sono  i  naturali  protettori  riconosciuti  dei  cittadini  dello  Stato  dal 
quale  sono  istituiti  e  del  loro  commercio.  In  certe  convenzioni  trovasi  espres- 
samente stabilita  tale  riserva.  L*art.  12  della  convenzione  consolare  tra  lìtalia 
e  la  Francia  cosi  dispone  :  *  D  est  convenu  que  les  fonctionnaires  de  Tordre 
judiciaire,  et  les  officiers  et  agents  de  la  donane  ne  pourront  en  aucun  cas 
opérer  ni  visites  ni  recherches  à  bord  des  navires  sans  étre  accompagnés  par 
le  Gonsul  ou  Vice*eonsul  de  la  nation  à  laquelle  ces  navires  appartiennent 


192 


Libro  7.  -  Delle  persane  —  Parte  epeciale 


ils  d€vront  également  prevenir  en  temps  opportan  les  dìts  agents 
pour  qu*ils  assistent  aux  déclaratioos  que  les  capitaines  et  les  éqoipages  anront 
à  faire  devant  les  tribunaux  et  dans  les  administrations  locales  à  ftn  d*éTÌter 
ainsi  tonte  erreur  on  fansse  interprótation,  qni  ponrrait  nnire  à  Tezacta  admì- 
nistration  de  la  justìce. 

*  La  citation  qni  sera  adressée  à  cet  effet  anx  Gonsnls  et  Vice-consnls  indi- 
qnera  nne  henre  précise,  et  si  les  Gonsnls  et  Vice-consnls  négUgeraìent  de  s>f 
rendre  en  personne  on  de  s'y  faire  repréeenter  par  un  dólégné,  il  aera  pro- 
cèdo en  leur  absence  ,. 


Giurisdizione  a  riguardo  delle  navi  da  guerra 
e  delle  persone  del  loro  equipaggio. 

305*  —  Spetta  al  Sovrano  territoriale  il  diritto  di  determinare 
le  condizioni,  sotto  le  quali  possa  essere  concesso  alle  navi  da 
guerra  di  entrare  nei  limiti  delle  acque  territoriali,  ed  in  dati  casi 
quello  di  proibire  altresì  alle  navi  medesime  di  entrare  o  di  restare 
entro  cotesti  limiti. 

306.  —  Le  navi  da  guerra  che  entrino  nelle  acque  territoriali 
di  uno  Stato  straniero,  saranno  sommesse  alla  legge  locale  in 
quello  che  concerne  la  polizia  sanitaria,  la  polizia  delle  acque  e 
il  servizio  della  navigazione,  e  per  tutto  il  resto  in  generale  saranno 
interamente  sommesse  alla  legge  dello  Stato  al  quale  appartengono. 

Le  regole  che  noi  proponiamo  sono  fondate  snl  concetto  che  avevamo  so- 
stenuto, che  cioè  la  sovranità  territoriale  non  pnò  essere  mai  spogliata  asso- 
lutamente de*  suoi  diritti  giurisdizionali  neanche  rispetto  alla  nave  da  guerra 
straniera  che  entri  nelle  acque  territoriali.  Vedi  Fiori,  Trattato  di  Diritto  inter- 
nazionale pubblico,  3*  ediz.,  1887,  voi.  I,  §§  521-530. 

307.  —  La  sovranità  territoriale  non  avrà  alcun  diritto  di  giu- 
risdizione a  riguardo  di  una  nave  da  guerra,  che  col  suo  consenso 
sia  entrata  nelle  acque  territoriali,  e  che  osservi  tutte  le  condi- 
zioni, sotto  le  quali  sia  stato  ad  essa  concesso  di  entrare  o  di 
restare.  Essa  non  potrà  ingerirsi  di  quanto  accade  all'interno  della 
nave,  neanche  nell'ipotesi  che  si  tratti  di  reati  gravissimi  com- 
messi dalle  persone  dell'equipaggio. 

.    308.  —  Sarà  reputata  nave  da  guerra  ogni  bastimento  di  qua- 
lunque forma  e  grandezza  autorizzata,  secondo  la  legge   dello 


Titolo  IV.-  Di  rUto  éTimperio  e  di  giurisdiz lotte  193 

Stato  a  cui  appartiene,  ad  inalberare  la  bandiera  militare  sotto 
il  comando  di  un  ufficiale  della  marina  militare. 

309.  —  Il  comandante  di  una  nave  da  guerra,  il  quale  entri 
nelle  acque  territoriali  di  uno  Stato  a  fine  di  compiere  un  fatto 
per  commissione  del  Governo  dello  Stato,  al  quale  la  nave  appar- 
tenga, o  colla  tacita  autorizzazione  di  lui,  non  potrà  essere  assog- 
gettato per  questo  alle  giurisdizioni  ordinarie. 

La  sovranità  territoriale  avrà  però  piena  facoltà  di  ritenere  di 
tutto  responsabile  lo  Stato  cui  la  nave  appartiene,  e  di  fare  intanto 
quanto  stimi  opportuno  per  la  difesa  dello  Stato,  e  per  la  tutela 
dei  propri  diritti  e  dell'ordine  pubblico. 

310.  —  Qualora  una  nave  da  guerra  senza  commissione  del 
proprio  Governo  o  senza  la  sua  presunta  tacita  autorizzazione 
sia  divenuta  strumento  materiale  per  consumare  fatti  contro  i 
diritti  di  uno  Stato,  la  sovranità  di  questo  avrà  il  diritto  di  per- 
seguitare gli  autori  del  fatto,  o  di  esigere  ch'essi  siano  puniti  dallo 
Slato,  cui  la  nave  appartenga,  e  potrà  trattare  la  nave  come  ne- 
mica, senza  però  estendere  allo  Stato  cui  essa  appartenga  le  leggi 
della  guerra,  dato  che  venga  accertato  che  il  Governo  straniero 
né  era  consapevole  del  fatto,  né  aveva  potuto  impedirlo. 

Vedi  le  sentenze  della  Corte  d^Aix  6  agosto  1832  e  della  Corte  di  cassazione 
francese  7  settembre  1832  nella  celebre  causa  della  naYe  Carlo  Alberto  e 
l'importante  requisitoria  di  Dupin  nel  Journal  du  Palais  1833|  pag.  1457.  Vedi 
inoltre  la  corrispondenza  diplomatica  tra  il  Governo  sardo  e  quello  delle  Due 
Sicilie  nel  caso  ben  noto  della  nave  Cagliari  nel  giugno  1857,  e  Fiore,  Droit 
penai  intern.f  tom.  I,  n®  15. 

311.  —  La  sovranità  territoriale  potrà  esercitare  i  suoi  diritti 
giurisdizionali  a  riguardo  di  una  nave  da  guerra  straniera,  che 
si  trovi  nelle  acque  territoriali,  quando  possa  dare  la  prova,  che  a 
bordo  siano  accaduti  fatti  tali  da  rendere  certo,  imminente  e  grave 
il  pericolo  di  vedere  compromessa  la  tranquillità  del  porto,  o  la 
sicurezza  pubblica;  o  quando,  esistendo  prove  non  dubbie,  ma 
sicure  della  reità  del  comandante,  imputato  di  crimine,  nasca 
l'urgente  necessità  di  procedere  contro  di  esso,  a  fine  di  assicu- 
rarsi della  sua  persona;  o  quando  il  comandante  stesso  della  nave 
abbia  esso  medesimo  recluuiato  Tintervento  dell'autorità  locale. 

13  —  Fior»,  Dir,  tntern.  codif. 


194  Libro  I.  -  DeUe  persone  —  Parte  speciale 

Questa  regola  mira  a  mantenere  nello  stretto  campo  giurìdico  la  preroga- 
tiva deirestraterritorialità  ammessa  secondo  il  Diritto  internazionale  a  favore 
delle  navi  da  guerra.  Se  a  bordo  accadesse  una  ribellione  contro  il  coman- 
dante della  nave  ed  esso  fosse  impotente  a  sedarla  e  restasse  destituito  d^ogni 
autorità,  o  se  la  nave  da  guerra  divenisse  un  luogo  d'asilo  per  commettere  reati 
di  Diritto  comune  (eccitazione  alla  rivolta  mediante  la  stampa  clandestina, 
falsificazione  dei  titoli  e  delle  monete  dello  Stato),  la  sovranità  territoriale  non 
potrebbe  ritenersi  destituita  de'  suoi  poteri  per  reprimere  tali  reatL  (Vedt 
Vopera  innanzi  citata,) 

312.  —  Nei  casi  contemplati  dalla  regola  precedente,  lo  Siato  al 
quale  la  nave  appartenga,  potrà  esigere  che  gli  autori  del  reato  com- 
messo nelle  acque  territoriali,  che  si  trovino  in  potere  delle  autorità 
locali,  siano  ad  esso  consegnati  per  essere  giudicati  dai  propri  tribu- 
nali, ma  esso  dovrà  in  ogni  caso  domandare  e  ottenerne  Testradizione. 

313.  —  La  sovranità  territoriale  eserciterà  la  sua  giurisdizione 

sulle  persone  dell'equipaggio  di  una  nave  da  guerra  straniera  per 

i  fatti  da  esse  commessi  a  terra,  e  le  autorità  locali  potranno  quindi 

esercitare  i  loro  poteri  di  arrestare,  giudicare  e  punire  il  delinquente 

secondo  il  Diritto  comune,  a  condizione  però  che  esse  arrivino  ad 

impossessarsi  del  colpevole  prima  che  esso  sia  ritornato  a  bordo 

della  nave  o  sull'imbarcazione  addetta  al  servizio  della  medesima. 

Vedi  in  conformità  la  sentenza  della  Gass.  francese  nella  causa  del  marinaio 
Der  appartenente  alla  corvetta  inglese  Pearl,  del  29  febbraio  1868,  nel  Journal 
du  PalaiSf  e  la  requisitoria  ivi  anno  1868,  pag.  905. 


Giurisdizione  rispetto  alle  navi  postali, 

314.  —  Le  navi  addette  al  servizio  postale,  sia  che  apparten- 
gano ad  uno  Stato,  sia  che  appartengano  a  società  private,  devono 
essere  reputate  sotto  la  protezione  del  Diritto  internazionale  per 
tutto  quello,  che  concerne  il  servizio  postale  ad  esse  affidato. 

315.  —  La  giurisdizione  rispetto  alle  navi  postali  deve  essere 
governata  in  conformità  delle  regole  stabilite  coi  trattati.  In  man- 
canza di  questi  dovrà  essere  esercitata  con  giusti  temperamenti 
e  con  le  limitazioni  che  secondo  il  Diritto  comune  devono  rite- 
nersi imposte  in  considerazione  della  natura  del  servizio  e  degli 
interessi  internazionali  che  possono  essere  pregiudicati  dalla  man- 
cata regolarità  della  corrispondenza. 


Titolo  IV,  -  Diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione  *95 

316.  —  Dovrà  reputarsi  ognora  più  conforme  al  Diritto  comune 
Tassimilare  le  navi  postali  piuttosto  alle  navi  da  guerra,  che  a 
quelle  di  commercio  e  di  astenersi  a  riguardo  di  esse  da  qualunque 
atto  di  giurisdizione  e  da  qualunque  procedimento  di  polizia,  che 
non  sia  motivato  da  imperiosa  necessità. 

317.  —  Un  Governo  che  senza  gravi  ragioni  ed  imperiose  neces- 
sità ritardasse  il  cammino  di  una  nave  postale,  potrà  essere  chia- 
mato a  rispondere  dei  danni  derivanti  dal  ritardo  della  corrispon- 
denza, rispetto  a  coloro  che  siano  stati  effettivamente  e  realmente 
da  tale  ritardo  pregiudicati. 

In  parecchie  convenzioni  le  navi  addette  al  servizio  della  posta  sono  assi- 
milate alle  navi  da  guerra. 

Nella  convenzione  postale  tra  Tltalia  e  la  Francia  del  3  marzo  1S69  trovasi 
così  disposto  alPart.  6  :  *  Lorsque  les  paquebots  employés  par  Fadministration 
des  postes  de  France,  od  par  Tadministration  des  postes  italiennes,  pour  le 
transport  des  correspondances  dans  la  Mediterranée,  seront  des  bàtimenis 
nationaux,  propriété  de  TÉtat,  ou  des  b&timents  frétés  ou  subventionnés  par 
l'Età t»  ìls  seront  considérés  et  regus  comme  vaisseaux  de  guerre  dans  les  ports 
des  deux  pays,  où  ils  aborderont  réguliòrement  ou  accidentellement,  et  ils  y 
joniront  des  mémes  honneurs  et  priviléges. 

*  Ges  paquebots  seront  exempts  dans  les  dits  ports,  tant  à  leur  entrée  qu'à 
leur  sortie,  de  tous  droits  de  tonnage,  de  navigation  et  de  port,  k  moins 
quMls  ne  prennent  ou  ne  débarquent  des  marchandises,  auquel  cas  il  paie- 
ront  ces  droits  sur  le  mèine  pied  que  les  bàtiments  nationaux.  Ils  ne  pour* 
ront,  à  aucun  ti  tre,  dtre  dótonrnés  de  leur  desti  nation,  ni  ètre  sujets  à  saisie- 
arrét,  embargo  ou  arrét  de  prince  ,. 

318.  —  Nessuna  nave  potrà  reclamare  le  considerazioni  ed.i 
privilegi  che  le  sono  dovuti  per  l'importanza  del  servizio  postale, 
ogni  qual  volta  che  essa  della  sua  posizione  abbia  abusato  per 
eludere  e  violare  le  leggi  e  i  regolamenti  vigenti  nel  porto  stra- 
niero, nel  quale  per  ragioni  di  servìzio  essa  sia  entrata. 

Tale  sarà  il  caso  d'una  nave  postale  che  tentasse  di  eseguire 
un  contrabbando  :  o  che  nelle  acque  territoriali  dello  Stato  avesse 
accettato  a  bordo  malfattori  perseguitati  dalla  giustizia:  o  che, 
avendoli  accolti  a  bordo  altrove,  tentasse  di  sbarcarli  nelle  acque 
territoriali  dello  Stato:  o  che  in  qual  si  sia  altra  maniera  avesse 
abusato  della  sua  posizione  per  violare  le  leggi  doganali,  o  quelle 
penali,  o  quelle  di  polizia. 


jo^  Libro  I.  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 


TITOLO  V. 

Luogrlii  sottratti  alla  giurisdizione 
della  sovranità  territoriale. 


DeWestratenntorialità, 

319.  —  L'estraterritorialità  consiste  nel  privilegio  dell'esenzione 
dalla  giurisdizione  della  sovranità  territoriale. 

Essa  implica  la  limitazione  dei  diritti  e  dei  poteri  giurisdizio- 
nali spettanti  alla  sovranità  territoriale,  e  concerne  certe  persone 
{Sovrani  stranieri,  agenti  diplomatici,  Papa)  e  certi  luoghi  o  cose. 

Vedi  per  restraterritorialità  dei  ministri  e  dei  sovrani  stranieri  le  redole  al 
titolo  precedentCì  e  per  quello  che  concerne  il  Papa  le  regole  al  titolo  XL 

320. —  L'estraterritorialità  non  può  sussìstere  come  finzione 
giuridica  completa  ed  assoluta,  ma  soltanto  dentro  i  limiti  fissati 
secondo  il  Diritto  internazionale. 

La  parola  estraterritorìalità  è  consacrata  dall'uso,  ma,  come  bene  osserra 
Bonfils  {Manuel  de  Droit  intem.  public)^  è  una  cattiva  ed  inesatta  espressione. 
Secondo  Topinione  dei  pubblicisti  essa  implica  una  finzione  giuridica  in  forza 
della  quale  le  persone,  che  godono  della  così  detta  estraterri tonalità ,  sono 
reputate  come  se  non  risiedessero  nel  territorio  dello  Stato  ove  neU^attnalìtà 
si  trovino,  e  come  se  i  luoghi  o  le  cose  coperte  dal  privilegio  dell'estraterrì- 
torialità  non  facessero  parte  del  territorio  dello  Stato  nel  quale  effettivamente 
esse  siano  situate.  Posto  tale  inesatto  concetto,  ne  sono  poi  derivate  tutte  le 
inesatte  conseguenze,  che  si  sono  volute  sostenere  fondandosi  sulla  pretesa 
finzione  giuridica. 

Non  è  il  caso  di  esporre  come  il  concetto  della  finzione  giuridica  sia  fogin- 
stificabile,  rammentiamo  soltanto,  che  l'abbiamo  sempre  combattuto,  perchè 
ci  è  sembrato  che  il  volere  riguardare  come  fuori  del  territorio  chi  vive  in 
mezzo  a  noi  o  le  cose  che  fanno  effettivamente  parte  dei  territorio  dello  Stato, 
non  può  reputarsi  più  ragionevole  di  quello  che  sia  il  volere  considerare  morto 
Fuomo  vivo,  al  che  si  era  arrivati  colla  finzione  giuridica  della  morte  civile. 

Vedi  i  miei  libri  ;  Effetti  intem,  delle  sentenze  penali  (Loescher  1877,  cap.  vu, 
§  412);  Droit  penai  international,  traduit  par  M.  Antoine,  1880  (§§  ìf^  a  26  • 
la  nota  1  al  §  39,  pag.  36);  Trattato  di  Diritto  intern.  pubblico,  vol.I,§§  488  491. 
voi.  II,  §  1196;  Diritto  intem.  privato,  3»  ediz.  1888,  voi  I.  Lrggi  civili.  §  241, 
Toce  Agenti  diplomatici  nel  Digesto  italiano,  §  171  e  seg. 


Titolo  V.  .  DeWestraterritorialità  197 


Località  sottratte  alla  givrisdizione 
del  Sovrano  territoriale. 

321.  —  Le  località  sottratte  alla  giurisdizione  del  Sovrano 
lerritorìale  che,  secondo  il  Diritto  internazionale,  sono  coperte  dìil 
privilegio  deirestraterritorialità  sono: 

a)  gli  Uffizi  addetti  alle  legazioni  straniere  e  gli  archivi  con- 
solari ; 

b)  lo  spazio  nel  quale  si  trovi  acquartierato,  col  consenso 
del  Sovrano,  un  esercito  straniero; 

e)  le  località  destinate  ad  abituale  residenza  del  Sommo  Pon- 
tefice e  quelle  addette  alla  Santa  Sede,  o  per  la  riunione  di  un 
Conclave  o  di  un  Concilio  ecumenico,  o  come  uffizio  delle  Con- 
gregazioni pontificie  e  dell'alta  amministrazione  della  Chiesa. 

322«  —  Il  Sovrano  territoriale  non  potrà  esercitare  alcun  atto 
di  giurisdizione  sui  luoghi  coperti  dairestraterritorialità,  non  potrà 
procedere  a  visite,  a  ispezioni  di  carte,  di  documenti,  di  libri  o 
registri,  e  a  perquisizione  di  qual  si  sia  natura. 

Conìe  si  perde  il  privilegio  delVestrateìritorialità. 

323.  —  Ogni  località,  che  debba  reputarsi  sottratta  alla  giurisdi- 
zione del  Sovrano  territoriale,  perderà  il  privilegio  deirestraterri- 
torialità se  si  sia  abusato  della  prerogativa  per  servirsi  della  località 
a  scopo  diverso  da  quello  per  cui  il  privilegio  deirestraterrito- 
rialità è  stato  ad  essa  attribuito. 

Occorre  però  che  Vabuso  della  prerogativa  deirestraterritoria- 
lità sia  previamente  accertato,  e  che  se  ne  possa  dare  prova  piena 
e  concludente. 

324.  —  Il  Sovrano  dello  Stato  che,  non  potendo  dare  la  prova 
piena  e  concludente  dell'abuso  della  prerogativa,  facesse  un  atto 
qual  si  sia  di  giurisdizione  in  una  località  coperta  col  privilegio 
della  estraterritorialità,  sarà  tenuto  a  risponderne,  e  non  solo  verso 


1 


198  Libro  L  •  Delle  persone  —  Paf\f  speciale 

Io  Stato  offeso  per  la  violazione  deirestraterrìtorìalità,  ma  verso 
gli  altri  Stati  altresì  che  si  fossero  accordati  nel  riconoscere  il 
privilegio  deirestraterritorialità  rispetto  a  certe  determinate  località. 

In  TÌrtù  di  questa  regola  si  viene  ad  ammettere  che  la  violazione  della 
estraterri tonalità  dev*essere  repatata  una  violazione  del  Diritto  intemazionalet 
6  che  può  legittimare  Tingerenza  collettiva  di  tutti  gli  Stati  civili.  Come  d*altra 
parte  si  viene  ad  ammettere  altresì  che,  siccome  restraterritorialità  riposa 
snirimperiosa  necessità  della  tutela  ginridìca  del  Diritto  intemazionale  e  che 
sussiste  avuto  riguardo  soltanto  al  fine  pel  quale  alle  suddette  località  è  at- 
tribuita, così  Tatto  da  parte  di  colui,  che  avesse  snaturato  il  fine  o  Toggetto 
deirestraterritorialità,  giustificherebbe  la  giurisdizione  ordinaria  rispetto  alle 
località  stesse. 


Località  addette  alle  legazioni. 

325.  —  Saranno  sottratte  assolutamente  alla  giurisdizione  della 
sovranità  territoriale  le  località  nelle  quali  si  trova  rarchivio  della 
legazione,  e  quelle  che  sono  destinate  a  contenere  i  documenti  di 
cancellerìa  e  le  carte,  gli  oggetti  e  tutto  quello  che  abbia  atti- 
nenza diretta  col  servizio  pubblico  e  colle  pubbliche  funzioni  del 
ministro  straniero  accreditato,  e  le  dette  località  saranno  coperte 
dal  privilegio  deirestraterritorialità. 

326.  —  Viola  il  Diritto  internazionale  il  Sovrano  territoriale  che. 
per  qual  si  sia  motivo,  faccia  atti  di  giurisdizione  o  di  perqui- 
sizione nelle  località  specificate  nella  regola  precedente,  e  sarà 
in  ogni  caso  tenuto  a  risponderne  rispetto  allo  Stato  rappresen- 
tato colle  forme  e  colle  procedure  di  Diritto  comune  ammesse 
per  qual  si  sia  violazione  del  Diritto  intemazionale. 

327.  —  Incombe  agli  agenti  diplomatici  il  non  far  servire  le 
località  addette  ad  uso  di  archivio  o  destinate  esclusivamente  al 
servizio  pubblico  della  legazione  ad  altre  finalità,  e  il  non  abusare 
del  privilegio  deirestraterritorialità  di  dette  località  per  sottrarre 
persone  o  cose  alla  giurisdizione  della  sovranità  territoriale. 

In  caso  di  abuso  da  parte  dell'agente  diplomatico,  sarà  tenuto 
a  risponderne  lo  Stato  da  esso  rappresentato,  come  in  ogni  altro 
caso  in  cui  si  venga  a  verificare  la  violazione  delle  regole  di 
Diritto  comune  a  riguardo  deirestraterritorialità. 


Titolo  r.  -  DaCtttraUrritorialità  *'^^ 

328.  —  L'estraterritorialità  da  cui  deve  ritenereì  coperta  la 
legazione  straniera,  non  può  estendersi  fino  al  punto  di  farla 
considerare  come  territorio  dello  Stato  rappresentato  e  di  ritenere 
come  fatti  all'estero  tutti  gli  atti  della  vita  civile  compiuti  nelle 
località  addette  alla  legazione. 

Le  precedenti  regole  tendono  a  stabilire  entro  i  giusti  confini  il  concetto 
della  estraterritorìalità.  Secondo  il  Diritto  internazionale  questa  deve  ammet- 
tersi come  assolata  e  senza  limitazioni  di  sorta,  per  tutto  quello  che  deve 
reputarsi  richiesto  e  indispensabile  per  mantenere  le  relazioni  diplomatiche 
fra  gli  Stati  e  per  tutelare  la  loro  reciproca  indipendenza. 

Deve  ammettersi  quindi  come  assolata  la  estraterritorìalità  delle  località, 
nelle  quali  si  trovino  i  dispacci,  la  corrispondenza,  Parchi vio  e  tutto  quello 
che  abbia  attinenza  colFesercizio  delle  pubbliche  ftinzioni  del  ministro  stra- 
niero, e  se  mai  l'obbligo  delle  autorità  locali  di  astenersi  da  qualunque  pro- 
cedimento e  da  qualunque  atto  giurisdizionale  rispetto  alle  dette  località  non 
fosse  assoluto,  il  mantenimento  delle  legazioni  e  le  relazioni  diplomatiche 
fra  gli  Stati  non  sarebbero  possibili.  Non  si  può  nonpertanto  esagerare  sif- 
fattamente il  privilegio  deirestraterritorialità  da  ammettere  che  la  legazione 
possa  essere  in  tutto  e  per  tutto  reputata  come  una  parte  del  territorio  dello 
Stato  rappresentato,  ed  in  maniera  da  fare  considerare  gli  atti  fatti  nella 
legazione  come  se  fossero  fatti  nel  paese  straniero,  al  quale  la  legazione  ap- 
partenga. Questo  equivarrebbe  a  fare  ammettere  nella  capitale  di  ogni  Stato 
tanti  possedimenti  territoriali  di  sovranità  straniere,  quante  fossero  le  lega- 
zioni straniere  ivi  stabilite.  L*estraterrìtorialità  deve  essere  considerata  asso- 
lata, avuto  riguardo  però  alia  finalità  per  la  quale  secondo  il  Diritto  interna- 
zionale deve  considerarsi  stabilita. 

329.  —  I  matrimoni  celebrati  nell'ambasciata  straniera  e  gli  atti 
della  vita  civile  ivi  fatti  non  possono  essere  reputati  come  atti 
fatti  in  paese  estero,  ma  devono  rimanere  sommessi  alla  regola 
di  Diritto  comune,  locus  regit  actum,  salvo  i  patti  stipulati  con 
trattato. 

Secondo  le  regole  consacrate  nei  trattati,  si  ammette  generalmente  che, 
quando  gli  sposi  siano  dello  stesso  paese  dell'agente  diplomatico  o  del  con- 
sole, possano  celebrare  il  matrimonio  nella  legazione  o  neiruffìcio  consolare 
seguendo  le  forme  richieste  secondo  la  loro  legge  nazionale.  Questo  è  del 
resto  nna  regola  generale,  che  cioè  secondo  il  Diritto  consuetudinario  è  con- 
cesso ai  contraenti  di  seguire  all'estero  le  forme  della  loro  lejgge  nazionale, 
cpiando  essa  sia  eomune  a  tutte  le  parti. 

In  forza  dell*estraterrìtorialità  delle  legazioni  si  ò  poi  immaginato  che  un 
matrimonio  celebrato  all'ambasciata  potesse  essere  considerato  come  se  fosse 
celebrato  nel  paese,  a  cui  appartenga  la  legazione,  e  che  si  potessero  seguire 
le  forme  richieste  secondo  la  legge  di  detto  paese.  Oggi  però  prevale  il  prin- 
cipio conforme  a  quello  enunciato  nella  regola. 

Vedi  in  conferma  la  sentenza  del  Tribunale  civile  della  Senna  a  proposito 
dì  an  matrimonio  celebrato  a  Parigi  nell'Ambasciata  inglese  tra  una  francese 


200 


Libro  L  -  Delle  jyersone  —  FaHe  speciale 


ed  un  iniflese..  '  Attendu,  en  effet,  disse  il  Tribunale,  que  si  l*hòtel  (TiiDe 
ambassade  doit,  selon  le  Droit  des  gens,  étre  regardé  comme  terrìtoire  de  la 
nation  que  représente  Tambassadeur,  ce  n^est  qu^au  point  de  vue  des  immu* 
nitós  consacrées  par  les  traités  internaiionaux  au  profit  des  agents  diploma- 
tìques,  mais  que  cette  fiction  d*eztraierritorìalité  ne  saurait  étre  étendue  ani 
actes  de  la  vie  civile,  ìntéressant  les  indigènes  du  pays  près  duquel  esta^ 
credile  Tambassadeur  ; 

"  Que  c^est  donc  en  Franco  et  sur  le  territoire  frangais,  que  se  tronvaieot 
Horgan  et  la  demoiselle  French  lorsqu'ils  ont  contraete  Tacte  du  i23  noTem- 
bre  1867...  ,. 

Tribunal  de  la  Seine,  23  nov.  1867.  Clunet,  Journ.  de  Droit  internatio- 
nal  prive  f  1874,  pag.  71.  Vedi  per  la  corrispondenza  diplomatica  su  tale 
soggetto:  Fiore,  Agenti  diplomatici  nel  Digesto  ital.  e  Dir.  intem.  pM^ 
3'  ediz.,  voi.  2«,  §  1231  e  seg. 


Consolati. 

330.  —  I  consolati  non  si  possono  ritenere  coperti  dal  privi- 
legio deirestraterritorialìtà,  saranno  però  reputati  inviolabili  gli 
archivi  consolari,  e  le  autorità  locali  non  potranno  sotto  alcun 
pretesto  fare  atti  di  perquisizione  nelle  dette  località,  visitare  e 
sequestrare  i  documenti  di  cancelleria  e  le  carte  ed  oggetti  che 
abbiano  attinenza  diretta  col  servizio  e  le  funzioni  consolari. 

331.  —  Incombe  ai  consoli  il  destinare  un  locale  speciale  pel 
deposito  di  tutti  i  documenti  di  cancelleria  e  di  servizio,  il  darne 
previamente  la  indicazione  descrittiva  in  via  ufficiale  alle  auto- 
rità del  paese:  il  distinguere  perfettamente  la  località  o  le  loca- 
lità destinate  a  tale  scopo  :  e  il  non  adoperare  l'archivio  consolare 
ad  altro  fine,  tenendo  in  località  separate  i  libri  e  carte  relativi 
al  commercio  o  airindustria,  che  volessero  esercitare,  e  in  gene- 
rale tutti  i  documenti  di  affari,  che  non  abbiano  attinenza  diretta 
col  loro  servizio  e  colle  loro  funzioni. 

332.  —  Qualora  i  consoli  abusassero  della  inviolabilità  dello 
archivio  consolare  per  sottrarre  documenti,  oggetti  ed  altro  di  che 
fossero  richiesti  dall'Autorità  giudiziaria  locale,  questa  potrebbe 
immediatamente  decretare  tutti  i  provvedimenti  i  più  adatti  per 
l'esercizio  de'  suoi  poteri  giurisdizionali,  e  provvedere  in  via 
diplomatica  a  richianiare  il  console  all'osservanza  dei  propri 
doveri. 


Titolo  F.  .  Dell'eetraterrttorialità  201 

Nell'aocordo  interceduto  tra  V  Italia  e  la  Franoia  a  proposito  dell*  interpre- 
tazione dell'art.  5  della  convenzione  consolare  del  26  luglio  1882,  relativo 
all'inviolabilità  degli  archivi  consolari,  fu  stabilito: 

<  Art  1.  Les  mots  €  Arobives  consulaires  >  s'appliquent  exdusivement  à 
l'ensemble  dea  pièces  de  chanoellerie  et  autres  se  rattachant  directement  au 
service,  ainsi  qu'au  locai  spéoialement  affecté  au  dépdt  de  ces  pièces. 

<  Art.  2.  Il  est  ezprossément  interdìt  auz  consuls  généraux,  vioe-consuls 
et  agent  consulaires  de  piacer  dans  le  locai  afiecté  aux  archives,  des  docu- 
ments  et  objets  qui  n'auraient  pas  ce  caractère. 

e  Les  cbambres  cu  la  chambre  constìtuant  ce  locai  devront  étre  parfaitement 
distinotes  des  pièces  servant  à  l'habitation  partìculière  du  consul  et  ne  pour- 
ront  ètre  aifectées  à  d' autres  usages  ». 


Palazzi  e  casa  addetti  al  ministro  straniero. 

333.  —  La  giurisdizione  da  parte  del  Sovrano  territoriale  a 
riguardo  dei  palazzi  addetti  alle  legazioni  straniere,  ed  a  riguardo 
altresì  delle  case  addette  ad  uso  di  abitazione  di  un  ministro  o 
di  un  ambasciatore  straniero,  dovrà  essere  esercitata  colle  giuste 
limitazioni  che  devono  ritenersi  imposte  in  ogni  caso  dal  rispetto 
dovuto  alla  legittima  rappresentanza  degli  Stati  ed  alla  reciproca 
indipendenza  della  sovranità. 

33^  —  Incombe  al  ministro  straniero  il  non  dare  asilo  nelle 
località  addette  ad  uso  di  sua  abitazione  o  di  residenza  a  chiun- 
que sia  imputato  d'un  reato  comune,  e  perseguitato  come  tale 
dalle  Autorità  locali;  ma  deve  bensì  inibirgli  di  rifugiarsi  nelle 
località  suddette,  e  consegnarlo  alle  Autorità  competenti  se  esso 
Ti  si  sia  arbitrariamente  rifugiato. 

33&.  —  Le  Autorità  locali  non  potranno  mai  procedere  ad  atti 
di  perquisizione  nella  casa  abitata  da  un  ministro  straniero,  colle 
stesse  norme  che  rispetto  airabitazione  di  un  privato. 

La  giurisdizione  del  sovrano  territoriale  a  riguardo  non  solo  della 
casa  addetta  ad  uso  d'abitazione  di  un  ministro  o  d'un  amba- 
sciatore, ma  altresì  dei  luoghi  da  lui  scelti  per  sua  residenza,  dovrà 
essere  in  ogni  evento  esercitata  colle  giuste  limitazioni  imposte 
dal  rispetto  dovuto  a  chi  rappresenta  uno  Stato  amico. 

336.  —  Qualora  per  le  necessità  della  giustizia  si  dovesse 
eseguire  una  visita  domiciliare  per  impossessarsi  d*un  malfattore 


202  Libro  1.  -  Delle  persone  —  Parte  specìaìe 

fuggitivo  rifugiatosi  neirabitazione  d'un  ministro,  bisognerà  otte- 
nere l'assenso  di  lui,  o  interporre  i  buoni  uffici  del  ministro  degli 
affari  esteri  per  ottenerlo  :  e  se  mai  fosse  il  caso  di  eseguire  una 
visita  domiciliare  contro  il  beneplacito  del  ministro  straniero,  biso- 
gnerebbe constatare  le  gravi  necessità  che  avessero  motivato  tale 
procedimento  e  la  moderazione  colla  quale  fosse  stato  eseguito. 
Le  Autorità  locali  potranno  però  prendere  immediatamente  in 
ogni  evenienza  i  provvedimenti  opportuni  per  assicurare  il  corso 
regolare  della  giustizia. 

Le  precedenti  regole  mirano  ad  eliminare  il  falso  concetto  che  la  casa  del 
ministro  straniero  possa  essere  considerata  come  un  luogo  d'asilo  per  met- 
tere al  sicuro  i  malfattori,  e  che  possa  essere  sottratta  del  tutto  al  potere 
giurisdizionale  della  sovranità  territoriale.  I  riguardi  dovuti  a  chi  rappresenta 
uno  Stato  amico  vengono  a  mancare,  se  il  ministro  ne  voglia  profittare  per 
proteggere  i  malfattori  contro  la  legge.  Calvo  riporta  diversi  casi  che  con- 
fermano le  regole  stabilite.  Il  duca  di  Riperda  fu  arrestato  nella  casa  del- 
Tambasciatore  inglese  a  Madrid.  Le  autorità  svedesi  fecero  circondare  la  casa 
dell'ambasciatore  inglese  a  Stocolma  che  si  rifiutava  di  consegnare  un  mal- 
fattore che  ivi  erasi  rifugiato.  Calvo,  Droit  int  publ.^  §  513  e  seg. 

Vedi  Fiore,  Effetti  internaz.  delle  sentenze  penali  e  delV estradizione,  §  417: 
Droit  penai  internai.,  tom.  I,  §  27,  e  l'articolo  sulla  voce  Agenti  diplomatici 
nel  Digesto  italiano,  §  6,  nn.  243-264. 

337.  —  Qualora  fosse  stato  commesso  un  reato  nella  casa  di 
un  ministro  straniero,  salvo  sempre  gli  opportuni  temperamenti 
coi  quali  si  deve  procedere  agli  atti  di  giurisdizione  penale  per 
impossessarsi  del  colpevole,  i  diritti  della  sovranità  territoriale  di 
giudicare  e  punire  devono  essere  considerati  integri  come  in  ogni 
caso  di  reato  commesso  nel  territorio  dello  Stato. 

Vedi  in  appoggio  della  detta  regola  le  sentenze  della  Corte  di  Cassazione 
francese  dell'I!  giugno  1852  e  13  ottobre  1865  a  proposito  di  un  tentato  as- 
sassinio nella  casa  dell'Ambasciata  russa,  Journal  du  Palaie^  1S53,  2,  57; 
1866,  51;  e  la  sentenza  del  Tribunale  dell'Impero  germanico  del  ^6  novem* 
bre  1880  nel  Journal  du  Droit  intern.  prive,  1882,  pag.  326. 

338.  —  Non  saranno  mai  giustificabili  atti  di  perquisizione  nella 
casa  del  ministro  straniero,  il  quale  abbia  ivi  dato  asilo  ad  un 
imputato  di  reato  politico. 

Incombe  alle  autorità  locali  il  rispettare  la  protezione  concessa  ad 
un  prevenuto  di  reato  politico  dal  Governo  straniero  rappresentato 
dal  suo  ministro  e  l'astenersi  in  tal  caso  da  qualunque  procedimento 


Titolo  V.  -  DelVestraUrrUorialità  20;^ 

339.  —  Non  potrà  però  il  ministro  straniero  spingere  la  pro- 
tezione ai  prevenuti  politici  fino  al  punto  da  concedere  ad  essi 
il  rifugio  per  cospirare  e  per  attentare  alle  istituzioni  politiche 
dello  Stato. 

340. —  Incombe  al  Governo  rappresentato  il  provvedere  a  che 
la  legazione  non  serva  di  asilo  per  cospirare  contro  il  Governo 
di  uno  Stato  amico,  ed  in  mancanza  sarà  esso  stesso  tenuto  a 
rispondere  come  in  ogni  altro  caso  di  violazione  delle  buone 
relazioni  diplomatiche. 

L*asilo  concesso  nelle  legazioni  per  i  prevenuti  di  reati  politici  è  general- 
mente ammesso,  ma  sarebbe  eccessivo  di  farlo  servire  per  attentare  alla  sica- 
rezza  dello  Stato. 

Confr.  Calvo,  Droit  internat.,  tom.  3,  §  1521. 


Giurisdizione  rispetto  alVesercito  straniero  acquartierato. 

341.  —  La  sovranità  territoriale,  la  quale  abbia  conceduto  ad 
un  esercito  straniero  di  passare  per  il  suo  territorio,  non  potrà 
esercitare  giurisdizione  sullo  spazio  da  lui  occupato  pel  tempo 
durante  il  quale  vi  rimanga  acquartierato. 

La  giurisdizione  a  riguardo  dei  reati  militari  e  dei  reati  comuni 
commessi  nel  perimetro  dell'accampamento  spetterà  esclusivamente 
alla  sovranità  dello  Stato,  al  quale  l'esercito  appartenga. 

342.  —  Sarà  attribuita  alla  sovranità  territoriale  la  giurisdizione 
rispetto  alle  persone  appartenenti  all'esercito  straniero,  le  quali 
fuori  del  perimetro  dell'accampamento  abbiano  violato  le  leggi 
territoriali  di  polizia  e  di  sicurezza. 

343. —  Incombe  alla  sovranità  teiTitorialc  il  consegnare  senz'al- 
tro all'autorità  militare  una  persona  appartenente  all'esercito,  che 
dopo  avere  commesso  un  reato  nel  pcrimotro  dcll'accampamenlo^ 
sia  evasa,  rifugiandosi  nel  territorio  dello  Stato. 

344.  —  Incombe  all'autorità  militare  il  consegnare  alle  autorità 
locali  le  persone,  le  quali,  ricercate  dalla  giustizia  per  un  reato 
comune,  si  siano  rifugiate  nel  recinto  dell'accampamento. 


^4  Libro  L  '  Delle  persone  —  Parie  speciale 

Paesi  ove  sono  in  vigofe  le  capitolazioni. 

345.  —  Il  Sovrano  territoriale,  il  quale  in  virtù  di  capitolazioni 
o  di  trattati  abbia  concesso  a  Sovrano  straniero  di  esercitare  la 
giurisdizione  per  mezzo  dei  consoli  o  degli  agenti  consolari  rispetto 
ai  cittadini,  dovrà  ritenere  cosi  limitata  la  sua  giurisdizione  territo- 
riale e  dovrà  riconoscere  che  nei  casi  contemplati  dalle  capitolazioni, 
dai  trattati  e  secondo  il  Diritto  consuetudinario,  la  giurisdizione 
debba  essere  esercitata  dai  consoli  in  conformità  delle  norme  sti- 
pulate colle  capitolazioni  stesse  o  coi  trattati  o  consuetudinarie. 

346.  —  I  distretti  consolari,  nei  quali  sono  in  vigore  le  capi- 
tolazioni, non  potranno  però  essere  reputati  come  territorio  dello 
Stato,  che  in  virtù  delle  capitolazioni  vi  eserciti  giurisdizione,  ne 
potrà  ammettersi  a  riguardo  di  essi  la  conseguente  finzione  della 
€straterritorialità  assoluta. 

347.  —  La  limitazione  dei  diritti  giurisdizionali  spettanti  alla 
sovranità  territoriale  fondata  sulle  capitolazioni  dovrà  essere  riguar- 
data come  un  fatto  eccezionale  che  deroga  alle  regole  di  Diritto 
comune  e  deve  essere  intesa  ed  applicata  in  senso  restrittivo  alla 
pari  di  ogni  legge  speciale  ed  eccezionale  che  restringa  il  libero 
esercizio  dei  diritti  della  sovranità. 

La  limitazione  non  potrà  essere  estesa  oltre  i  casi  e  circostanze 
^espressi  o  contemplati  nelle  capitolazioni. 

348.  —  I  rapporti  di  Diritto  pubblico  e  di  Diritto  privato  inter- 
nazionale tra  il  Sovrano  straniero  che  eserciti  giurisdizione  nel 
paese  ove  siano  in  vigore  le  capitolazioni  ed  il  Sovrano  territoriale 
•dovranno  essere  regolati  dalle  stesse  norme  che  tra  le  sovranità 
di  Stati  diversi,  in  ogni  caso  non  contemplato  dalle  capitolazioni, 
dai  trattati  e  dal  Diritto  consuetudinario. 

Le  regole  su  esposte  derivano  dal  giusto  concetto  che  il  regime  delle  capi- 
tolazioni deroga  al  Diritto  comune  rispetto  alFesercìzio  della  giurisdizione. 
La  sovranità  territoriale  subisce  infatti  una  limitazione  ben  considerevole  ai 
suoi  diritti  giurisdizionali,  ed  è  tenuta  a  sofTrire  die  la  sovranità  straniera 
eserciti  diritti  giurisdizionali  rispetto  ai  nazionali,  ciie  dimorino  nel  territorio 
dello  Stato.  Vedi  pel  regime  delle  capitolazioni:  Contuzzi,  Il  Diritto  interna' 
rionale  nella  sua  appUcahiìità  in  Oriente,  Napoli  1885. 


Titolo  V.  •  DelVestraterrUorialità  205^ 

Tutto  ciò  però  non  può  arrivare  a  fare  ammettere  che  la  sovranità  terri- 
toriale sia  svestita  del  tutto  di  ogni  dominio  e  di  ogni  autorità  rispetto  al 
distretto  consolare  straniero,  come  se  esso  fosse  parte  del  territorio  dello 
Stato,  che  eserciti  in  forza  delle  capitolazioni  i  diritti  giurisdizionali. 

Vedi  in  conformità  la  sentenza  della  Gass.  di  Roma  del  26  nov.  1888,  ia 
causa  Russo,  la  quale  ritenne  che  il  reato  commesso  da  nn  cittadino  italiano 
in  paese  ove  è  consentito  Tesercizio  della  ginrìsdixione  consolare  (Smirne), 
benché  soggetto  alle  leggi  italiane  e  giudicabile  da  giudici  italiani,  non  poteva 
essere  riguardato  come  reato  avvenuto  nel  Regno,  ma  doveva  essere  consi- 
derato  come  reato  avvenuto  ali*estero.  Foro  italiano,  anno  1889,  p.  2*,  pa- 
gina 3  ;  e  Pomodoro,  Le  capitolazioni  e  la  giuris^dizione  consolare  negli  scali 
del  Levante,  nel  giornale  '^  La  Legge  „  anno  1889,  voi.  I;  Confr.  Fiore,  Di- 
riUo  inUrn,  priv,,  3*  ediz.,  tomo  1,  §  240. 

349.  —  Il  regime  delle  capitolazioni  e  le  conseguenti  limita- 
zioni dei  diritti  giurisdizionali  delle  sovranità  territoriali  devono 
ritenersi  cessati  di  fatto  e  di  diritto  se  il  paese,  óve  le  capitola- 
zioni siano  in  vigore,  venga  annesso  ad  uno  Stato  indipendente, 
mettendosi  in  pari  condizioni  di  ogni  Stato  civile,  o  se  la  sovra- 
nità di  uno  Stato  civile  assuma  essa  Tesercizio  effettivo  del  diritto 
di  protettorato. 

Il  principio  si  può  ritenere  accettato,  avendo  tutti  i  Governi  riconosciuto 
che  non  si  possono  ritenere  più  in  vigore  le  capitolazioni  nei  paesi  ove  era 
prima  stabOita  Tamministr azione  musulmana  e  ove  ò  stata  poi  stabilita  Tam- 
ministrazione  cristiana  e  civile  in  seguito  all'occupazione  di  detti  paesi  da 
parte  di  Stati  civili,  come  è  accaduto  per  Massaua;  o  in  seguito  a  protetto- 
rato da  parte  di  Stato  civile,  come  è  accaduto  a  Tunisi. 


Località  addette  alla  Santa  Sede. 

350.  —  Saranno  sottratte  alla  giurisdizione  territoriale  tutte  le 
località  addette  al  governo  della  Chiesa  e  nelle  quali  la  Santa. 
Sede  eserciti  i  poteri  spirituali  e  le  sue  funzioni,  cioè  i  luoghi 
scelti  dal  Papa  come  sua  residenza  abituale  o  temporanea,  quelli 
destinati  come  stabilimento  delle  Congregazioni  e  degli  alti  uffìzi 
ecclesiastici,  quelli  nei  quali  si  trovi  riunito  un  Conclave  o  un 
Concilio  ecumenico. 

351.  —  Il  Sommo  Pontefice  potrà  in  tutte  le  località  addette 
alla  Santa  Sede  esercitare  colla  più  completa  indipendenza  il  supremo 
potere  ch'esso  ha  come  capo  della  Chiesa  e  provvedere  mediante 


206 


Libro  I.  •  Delle  persone  —  PaHe  speciale 


le  Congregazioni  e  gli  Uffizi  da  esso  istituiti  a  quanto  possa  con- 
cernere l'organamento  del  governo  della  Chiesa  e  rammìnistia- 
2ione  intema  della  medesima. 

352.  -—  L'estraterritorialità  delle  località  addette  allo  stabili- 
mento della  Santa  Sede  deve  essere  reputata  integra  ed  assoluta 
per  tutto  quello  che  concerne  l'esercizio  in  esse  dei  poteri  spettanti 
al  Papa  e  delle  funzioni  di  alta  amministrazione  della  Chiesa  da 
parte  delle  autorità  ecclesiastiche,  delle  congregazioni  e  degli  uffizi 
istituiti  per  l'esercizio  del  potere  ecclesiastico.  Sarà  inibito  in  ogni 
caso  di  procedere  a  visite^  perquisizioni  o  sequestro  di  carte,  docu- 
menti, libri  0  registri  negli  uffizi  e  congregazioni  pontificie  riie- 
stiti  di  attribuzioni  spirituali. 

363.  —  Per  tutto  quello  che  non  concerne  il  governo  della  Chiesa 
«  le  funzioni  di  amministrazione  per  l'esercizio  del  potere  spiri- 
tuale dovrà  ammettersi  la  giurisdizione  della  sovranità  territoriale, 
salvo  sempre  però  le  necessarie  limitazioni  richieste  per  mante- 
nere integre  ed  assolute  l'inviolabilità  del  Sommo  Pontefice,  la 
«straterritorialità  della  Santa  Sede  e  l'indipendenza  di  tutti  coloro, 
che  partecipando  al  governo  della  Chiesa,  abbiano  compiuti  nelle 
dette  località  atti  nell'esercizio  del  potere  spirituale. 

354.  —  Incombe  alle  autorità  ecclesiastiche  l'inibire  che  le 
località  addette  alla  Santa  Sede  servano  come  luogo  d'asilo  a  mal- 
fattori punibili  secondo  il  Diritto  comune  o  per  commettere  in 
dette  località  fatti  gravi  contro  la  sicurezza  interna  dello  Stato,  e 
saranno  tenute  ad  autorizzare  gli  atti  da  parte  delle  pubbliche 
autorità  locali  che  secondo  il  caso  possano  reputarsi  richiesti  pel 
corso  regolare  della  giustizia. 

La  giurisdizione  della  sovranità  territoriale  in  caso  di  tali  avve- 
nimenti straordinari  dovrà  ammettersi  dentro  i  limiti  però  stret- 
tamente necessari  a  tutelare  la  sicurezza  pubblica  e  a  mante- 
nere integro  il  rispetto  delle  leggi  di  polizia  e  delle  leggi  penali 
territoriali. 

L*articolo  7  della  legge  13  maggio  1871  sulle  prerogative  del  Sommo  Pon- 
tefice e  della  Santa  Sede  dispone  :  '^  Nessun  ufficiale  della  pubblica  autorità  od 
agente  può,  per  esercitare  atto  del  proprio  ufficio»  introdursi  nei  palazzi  e 
luoghi  di  abituale   residenza  o  temporanea   dimora  del  Sommo  Pontefice,  o 


Titolo  V.  '  DelVestraterritorialUà 


'201 


nei  quali  si  troyi  radunato  un  Conclave  o  un  Concilio  ecumenico,  se  non  auto- 
rizzato dal  Sommo  Pontefice,  dal  Conclave  o  dal  Concilio  y. 

In  forza  di  tale  articolo  si  ammette  indirettamente,  che  le  pubbliche  auto- 
rità, in  caso  di  avvenimenti  straordinari,  possono  esercitare  le  loro  attribu- 
zioni giurisdizionali  nelle  località  coperte  dal  privilegio  deirestraterritorialità« 
È  vero  che  Tantorizzazione  da  parte  del  Sommo  Pontefice,  del  Conclave,  o  del 
Concìlio  è  posta  come  condizione  per  Tesercizio  degli  atti  giurisdizionali,  ma 
questo  deve  ritenersi  stabilito  per  mantenere  integro  il  rispetto  dovuto  alla 
suprema  potestà  ecclesiastica,  e  per  la  giusta  considerazione  che,  quando  essi 
abbiano  rìconoscinto  che  le  esigenze  della  giustizia  richiedano  Tesercizio  degli 
atti  giurisdizionali  da  parte  delle  autorità  locali,  non  si  potrebbe  assoluta- 
mente presumere  che  dovessero  rifiutare  Tautorizzazione  di  procedere  secondo 
la  legge. 

355.  —  Nessuna  giurisdizione  che  implichi  Tesercizio  dei  poteri 
0  delle  funzioni  della  sovranità  politica  potrà  essere  attribuita  al 
Sommo  Pontefice,  neanche  dentro  i  limiti  delle  località  coperte 
dal  privilegio  della  estraterritorialità. 

Le  regole  sopra  stabilite  mirano  a  determinare  al  giusto  la  cerchia  giuri- 
dica, dentro  la  quale  la  limitazione  dei  diritti  giurisdizionali  della  sovranità 
territoriale  deve  essere  repatata  integra  ed  assoluta.  L*estraterritorialità  delle 
lucalità  destinate  per  lo  stabilimento  della  Santa  Sede  non  può  patire  eccezioni, 
perchè,  se  tutto  quello,  che  concerne  il  governo  della  Chiesa  e  lo  sviluppo 
esteriore  dei  poteri  e  delle  funzioni  del  capo  di  essa  e  di  tutte  le  autorità 
ecclesiastiche,  non  fosse  sottratto  completamente  alla  giurisdizione  ordinaria 
e  airimpero  della  sovranità  territoriale,  sarebbe  impossibile  d*assicarare  al 
Sommo  Pontefice  ed  alla  Santa  Sede  la  completa  libertà  di  esistenza,  di  go- 
verno e  di  esercizio  di  tutte  le  funzioni  spirituali.  Bisogna  conseguentemente 
ritenere  che  Testraterritorialità  delle  locsdità  addette  allo  stabilimento  della 
Santa  Sede  deve  essere  assoluta,  come  assoluta  deve  essere  Testraterritoria- 
lità  degli  uffizi  addetti  alla  legazione.  Conviene  però  considerare,  che  per 
Tesercizio  di  alta  amministrazione  e  di  governo  della  Chiesa  occorrono  pa- 
recchi edifizi  situati  nelle  diverse  parti  della  città  di  Roma  e  che  il  Vati- 
cano è  di  per  sé  stesso  una  vasta  regione,  che  comprende,  oltre  la  parte 
addetta  a  residenza  abituale  o  temporanea  del  Papa,  considerevoli  località, 
nelle  quali  dimorano  in  grande  numero  (20  mila  circa)  persone  non  addette 
alPesercizio  del  potere  spirituale,  e  che  la  maggior  parte  di  esse  sono  citta- 
dini italiani.  Ora  non  si  può  al  cerio  ammettere,  che  tutti  cotesti  edifizi 
ed  una  regione  tanto  estesa  possano  essere  coperti  deirestraterritorialità 
assoluta,  in  guisa  da  ritenere  luoghi,  abitazioni  e  persone  sottratte  del  tutto 
alla  giurisdizione  della  sovranità  territoriale,  come  se  si  trattasse  di  terri- 
torio straniero  soggetto  all'imperio  di  una  sovranità  politica  straniera. 

La  sovranità  territoriale  impera  innanzi  tutto  colle  sue  leggi  sulle  persone, 
che  dimorano  nelle  dette  località,  e  che  fanno  atti  nelle  relazioni  private  e 
civili;  per  lo  che,  in  quello  che  concerne  gli  atti  di  stato  civile,  le  persone, 
che  dimorano  nel  Vaticano,  sono  considerate  dimoranti  in  territorio  italiano 
e  riconoscono  di  fatto  Tautorità  della  legge  italiana,  se  vogliono  celebrare  il 
matrimonio  o  fare  atto  della  vita  civile  e  via  dicendo. 


208 


Libro  L  '  Delle  persone  —  Parte  spedale 


Per  le  contestazioni  che  possono  nascere  in  occasione  di  atti  o  di  fatti  com- 
pì utì  nel  Vaticano  e  che  non  riguardino  Tamministrazione  della  Chiesa,  ma 
grinteressi  patrimoniali  e  priyati  delle  persone,  la  competenza  dei  tribunali 
italiani  non  può  essere  contestata.  Non  potrebbe  infatti  attribuirsi  al  capo 
della  Chiesa  il  potere  di  istituire  tribunali  per  decidere  controversie  di  diritto 
eÌTÌle. 

La  competenza  dei  tribunali  italiani  fu  di  fatto  riconosciuta  nella  causa 
Martinucci-Theodoli  con  sentenza  della  CSorte  d'Appello  di  Roma  del  9  no- 
vembre 1882,  Faro  Italiano,  1883,  I,  663. 

Nel  caso  poi  che  occorresse  di  reprimere  reati  di  Diritto  comune  commessi 
nelle  località  addette  alla  Santa  Sede,  e  da  persone  che  non  partecipano  al 
governo  della  Chiesa,  la  giurisdizione  della  sovranità  territoriale  non  potrebbe 
al  certo  essere  contestata.  Si  può  infatti  ammettere  che,  per  mantenere  integro 
il  libero  governo  della  Chiesa,  coloro  che  esercitando  le  funzioni  ad  essi  attri- 
buite avessero  abusato  dolosamente  dei  loro  poteri,  potessero  ritenersi  respon- 
sabili verso  il  capo  della  Chiesa,  ma  i  privati ,  che  avessero  commessi  reati 
punibili  secondo  il  Diritto  comune,  non  potrebbero  al  certo  essere  giudicati 
e  puniti  dal  Sommo  Pontefice;  per  lo  che  deve  ammettersi  la  giurisdizione 
penale  a  riguardo  di  cotesti  delinquenti  da  parte  della  Sovranità  territoriale. 

356.  — La  violazione  deirestraterrìtorialità  delle  località  addette 
allo  stabilimento  della  Santa  Sede  dovrà  essere  reputata  come  vio- 
lazione delle  regole  di  Diritto  intemazionale,  e  legittimerà  la  tutela 
giuridica  collettiva  da  parte  degli  altri  Stati. 

Posto  che  r  indipendenza  del  capo  della  Chiesa  e  restraterritorìalità  della 
Santa  Sede  debbano  essere  reputate  fondate  sul  Diritto  intemazionale  comune. 
il  rispetto  o  la  violazione  della  estraterri tonalità  non  possono  essere  considtr 
rati  come  questioni  d*interesse  territoriale. 

357.  —  I  rapporti  fra  il  sovrano  territoriale  e  il  capo  delb 
C4hiesa  o  le  autorità  ecclesiastiche  saranno  determinati  in  confor- 
mità delle  regole  stabilite  ai  ^loio  XI. 


TUoh  VI.  '  DtW eguaglianza  giuridica  degli  StaU  209 


TITOLO  VI. 
Dell'eguasrlianza  giuridica  degli  Stati. 

358.  —  Ciascuno  Stato  ha  il  diritto  di  essere  considerato  nella 
società  internazionale  al  pari  degli  altri  per  quanto  attiene  alla 
sua  capacità  giuridica,  all'esercizio  de'  suoi  diritti  ed  all'adempia 
mento  delle  sue  obbligazioni. 

369.  —  La  maggiore  o  minore  estensione  del  territorio,  il  numero 
della  popolazione,  la  potenza  economica  o  militare  non  possono 
modificare  per  nulla  l'uguaglianza  giuridica  degli  Stati  in  tutto 
quello  che  attiene  al  godimento  dei  loro  diritti  e  all'adempi- 
mento dei  loro  doveri. 

L'eguaglianza  degli  Stati,  disse  Sumner  al  Senato  americano  il  23  marzo  1871, 
è  lui  principio  di  Diritto  intemazionale  allo  stesso  titolo  che  Tegaaglianza 
dei  cittadini  è  nn  assioma  della  nostra  dichiarazione  d*indipendenza.  Non  si 
può  fare  ad  un  popolo  piccolo  e  debole  quello  che  non  si  farebbe  ad  nn  popolo 
grande  e  potente  o  che  noi  non  sofifriremmo  se  fosse  fatto  contro  noi  stessi. 

360.  —  La  piena  ed  intera  uguaglianza  giuridica  dovrà  però 
ritenersi  limitata  nel  fatto  a  quegli  Stati,  presso  i  quali  devono 
reputarsi  sviluppate  quelle  idee  giuridiche  fondamentali,  che 
sono  indispensabili  ad  attuare  la  comunità  di  Diritto  e  la  giuridica 
convivenza. 

361.  —  Qualunque  atto  di  giurisdizione  delle  grandi  Potenze 
riguardo  a  quelle  d'importanza  inferiore,  o  la  pretesa  di  risolvere 
controversie,  nelle  quali  queste  fossero  interessate,  senza  conce- 
dere alle  medesime  la  facoltà  di  farsi  rappresentare  e  di  far  valere 
e  discutere  le  proprie  ragioni,  deve  essere  ritenuto  in  opposizione 
coll'uguaglianza  giuridica  di  tutti  gli  Stati. 

Nessun  popolo  libero  e  sovrano  può  essere  costretto  a  riconoscere  chi  è 
più  potente  e  più  forte  come  un  suo  superiore  legittimo  e  sottostare  alle 
sue  decisioni.  Dopo  il  Congresso  di  Aqnisgrana  del  1818  le  cinque  grandi 
Potenze  europee  l'Austria,  la  Francia*  la  Gran  Brettagna,  la  Prussia  e  la  Russia 
pensarono  di  costituirsi  come  un  sinedrio  permanente  per  cooperare  d'ac 
cordo  a  regolare  gli  affari  di  £uropa.  Lo  sviluppo  delle  più  giuste  idee  del 

14  —  Fiore,  Dir.  inicrn.  codif. 


SIO  Libro  L  •  DeSU  persone  —  Parte  spectaU 

Diritto  e  raccrescìmento  della  cultura  hanno  rotto  la  forza  della  Pentarchia, 
quantunque  però,  in  conseguenza  della  prevalenza  della  politica  nella  viti 
intemazionale,  le  grandi  Potenze  mirino  sempre  ad  arrogarsi  una  eerta  potestà 
di  egemonia,  che  pure  col  tempo  dovrà  essere  ridotta  dentro  i  più  giusti  limitL 
Di  fronte  al  Diritto  non  vi  sono  Stati  maggiori  e  minori.  Bene  scrisse 
Victor  Hugo  :  *  La  grandeur  d*un  peuple  ne  se  mesure  pas  plus  au  nombre 
'  que  la  grandenr  d*nn  homme  se  mesure  à  la  taille  ..  Lettre  de  Vidar  Eugo 
à  M.  le  Pasteur  Bost  de  Genèpe,  17  nov.  1862. 


Disuguaglianze  di  fatto. 

362.  —  L'uguaglianza  giuridica  tra  gli  Stati  non  potrà  impli- 
care l'uguaglianza  di  fatto.  If  naturale  sviluppo  di  ciascheduno 
di  essi  e  l'accrescimento  della  potenza,  che  siano  la  conseguenza 
del  progresso  incessante  delle  forze  intellettuali  e  naturali,  e  le 
disuguaglianze  di  fatto  che  ne  derivino,  dovranno  essere  rìspet* 
tate  come  effetto  naturale  della  stessa  libertà  giurìdica. 

363.  —  II  godimento  di  quei  diritti,  pei  quali  è  richiesto  mi 
complesso  di  date  chrcostanze  di  fatto,  potrà  essere  negato  a  qifegli 
Stati  che  manchino  nell'attualità  di  quelle  date  circostanze  neces- 
sarie al  godimento  o  all'esercizio  del  diritto. 

Si  comprende,  a  modo  d'esempio,  che  il  diritto  d*inalberare  la  bandien 
marittima  non  può  competere  ad  uno  Stato  che  non  abbia  coste  marittime, 
e  che  era  quindi  mal  fondata  la  pretesa  della  Svizzera,  che  voleva  inalberare 
la  bandiera  marittima  della  Confederazione  in  alto  mare. 

364.  —  Uno  Stato,  il  quale  o  per  pregiudizi  tradizionali,  o  per 
l'ordinamento  interno,  o  per  gli  usi  e  credenze  religiose  non  si 
trovi  in  condizioni  tali  da  poter  adempiere  verso  gli  altri  Stati 
ai  doveri  internazionali,  non  potrà  domandare  il  pieno  godimento 
dei  diritti  intemazionali  con  perfetta  uguaglianza,  fino  a  tanto  che 
esso  non  abbia  mutato  l'ordinamento  interno  sì  fattamente  da 
poter  essere  reputato  in  grado  di  adempiere  i  doveri  intema- 
zionali e  di  poter  dare  sufficienti  garanzie  per  questo. 

365.  —  Gli  Stati  però,  che  avessero  rapporti  di  fatto  con  uno 
Stato,  rispetto  al  quale  non  potesse  ammettersi  l'uguaglianza  giu- 
ridica, dovranno  osservare  sempre  le  regole  ed  i  patti  concordati 
mediante  le  convenzioni  concluse.  Rispetto  poi  alle  regole  di  Diritto 


TUolo  VI .  DeWeguagliama  giuridica  digli  StaH  211 

comune  internazionale  essi  dorranno  osservare  quelle  che,  tenuto 
conto  delle  condizioni  sociali  di  fatto  dello  Stato  non  civile,  siano 
compatibili  colla  tutela  e  colla  difesa  dei  diritti  pubblici  e  privati. 

Rispetto  della  personalità  morale  e  delVonore. 

366.  —  Tutti  gli  Stati,  siano  essi  maggiori  o  minori.  Imperli 
Regni,  Repubbliche,  Principati,  Ducati,  hanno  diritto  eguale  al 
rispetto  della  loro  personalità  e  della  loro  dignità  morale,  e  a 
ciascuno  di  essi  compete  il  diritto  di  esigere  la  soddisfazione  dovuta 
in  caso  di  qual  si  sia  attentato  alla  sua  personalità  o  alla  sua 
dignità. 

367.  —  Le  onorificenze  dovute  allo  Stato  ed  al  Sovrano,  che  lo 
rappresenti,  in  considerazione  del  titolo  e  della  posizione  inter- 
nazionale di  esso  dovranno  essere  regolate  secondo  il  cerimoniale 
intemazionale  d'uso  e  gli  accordi  stabiliti. 

368.  —  Nessuna  regola  di  cerimoniale  intemazionale,  sia  essa 
fondata  sull'uso  o  sui  trattati,  potrà  valere  in  quello  che  essa 
offenda  la  dignità  morale  di  uno  Stato. 

369.  —  Ciascuno  Stato  ha  il  diritto  di  prendere  il  titolo  cor- 
rispondente alla  sua  importanza  ed  alla  sua  posizione  interna- 
zionale. Il  titolo  più  elevato  però  non  potrà  attribuire  ad  esso 
una  posizione  giuridica  superiore,  ma  soltanto  il  diritto  a  certe 
onorificenze  stabilite  mediante  gli  usi  intemazionali  o  i  trattati* 

In  caso  di  mutamento  del  titolo  originario  il  riconoscimento 
da  parte  degli  altri  Govemi  deve  essere  reputato  necessario  per 
la  ricognizione  del  nuovo  titolo  nei  rapporti  intemazionali. 

370.  —  Ciascun  Sovrano  nelle  sue  lelazioni  diplomatiche  cogli 
altri  Sovrani  avrà  il  diritto  di  usare  il  titolo  che  gli  appartiene 
e  di  esigere  che  sia  dagli  altri  ad  esso  attribuito. 

Rispetto  poi  alla  corrispondenza  ciascuno  dovrà  osservare  le 
forme  stabilite  secondo  il  cerimoniale  diploniatico,  e  cosi  pure 
riguardo  alla  precedenza  in  caso  di  convegno. 

371.  —  Non  potrebbe  essere  reputato  contrario  alla  dignità  degli 
Stati  se  di  comune  accordo  tutti  stabilissero  di  adoperare  la  lingua 


212  Libro  L  -  JDdle  persone  —  Parte  speciale 

francese,  che  è  a  tutti  nota,  nella  corrispondenza  diplomatica.  La 
dignità  dovrebbe  invece  ritenersi  offesa,  se  uno  Stato  volesse  im- 
porre ad  un  altro  o  a  più  la  propria  lingua  negli  atti  diplomatici 


Cerimoniale  marittimo. 

372.  —  Ciascuno  Stato  ha  diritto  di  stabilire  le  regole  del  ceri- 
moniale marittimo,  che  le  navi  nazionali  devono  osservare  tra  di 
loro,  ed  anche  rispetto  alle  navi  straniere,  ma  non  potrà  esigere 
che  tali  regole  siano  ritenute  obbligatorie  a  reciprocità  dagli  altri 
Stati,  salvo  solo  il  caso  di  espressa  convenzione  ti*a  di  loro. 

373.  — -  Ciascuna  sovranità  potrà  dichiarare  doverosa  l'osser- 
vanza del  cerimoniale  marittimo  da  essa  stabilito  per  le  navi  stra- 
niere, che  attraversino  le  acque  territoriali  soggette  alla  sua  giu- 
risdizione, o  che  entrino  nei  porti. 

374.  — -  Non  potrà  in  nessun  caso  essere  legittimata  la  maniera 
di  procedere  di  un  Sovrano,  che  imponga  alle  navi  straniere,  che 
entrino  nelle  acque  soggette  alla  propria  giurisdizione,  un  modo 
di  saluto,  che  sotto  di  un  punto  di  vista  generale  potrebbe  essere 
reputato  umiliante  ed  offensivo  da  parte  di  chi  lo  dovesse  rendere» 

Tale  dovrebbe  essere  riguardato  il  saluto  reso  con  abbassare 
la  bandiera  o  in  qualunque  altra  forma  che  potesse  essere  con- 
siderata come  atto  di  soggezione,  e  cosi  pure  dovrebbe  essere 
reputato  quello  collo  sparo  del  cannone,  qualora  l'altro  non  avesse 
l'obbligo  di  restituirlo  a  chi  l'avesse  per  il  primo  fatto. 

375.  —  Le  norme  circa  il  saluto  delle  navi  che  s'incontrino  in 
alto  mare,  e  quanto  concerne  il  cerimoniale  marittimo,  dovranno 
essere  stabilite  di  comune  accordo:  in  mancanza  dovranno  essere 
osservate  le  regole  fondate  sul  Diritto  consuetudinario  e  sulla 
comitas  gentium. 

376.  —  Qualora  le  regole  del  cerimoniale  da  osservarsi  a  reci- 
procità fossero  stabilite  mediante  trattato,  l'omissione  delle  mede- 
sime potrà  giustificare  una  rimostranza  e  far  nascere  il  diritto 
di  domandare  ed  ottenere  una  spiegazione. 


TUolo  VL  -  DelV eguaglianza  giuridica  degli  Stati  213 

377.  —  L'inosservanza  delle  regole  del  cerimoniale  concordato 
non  potrà  però  essere  di  per  sé  stessa  sufficiente  a  far  presu- 
mere l'intenzione  di  offendere,  da  parte  di  colui  che  avesse  man- 
cato, salvo  il  caso  soltanto  che  i  precedenti  bene  accertati  e 
le  circostanze  bene  ponderate  autorizzassero  a  congetturare  il 
contrario. 

378.  —  In  mancanza  di  accordi  circa  il  saluto  delle  navi  che 
s'incontrino  in  alto  mare  converrà  attenersi  alle  regole  consacrate 
dall'uso,  e  queste  sono  le  seguenti: 

Le  navi  mercantili  che  s'incontrano  in  alto  mare  non  sono  tenute 
al  saluto. 

Le  navi  da  guerra  si  devono  ritenere  obbligate  al  saluto.  Quella 
di  grado  inferiore  dovrà  salutare  la  prima.  Quando  siano  di  grado 
eguale  la  prima  a  salutare  dev'essere  quella  che  cammini  sotto 
vento. 

Una  nave  da  guerra  deve  salutare  la  prima  quando  sì  avvi- 
cini ad  una  fortezza,  o  a  una  piazza  marittima,  o  da  questa  si 
allontani:  quando  incontri  una  squadra:  quando  incontri  una  nave 
che  abbia  a  bordo  un  Sovrano,  un  membro  di  una  famiglia  reale 
o  un  ambasciatore. 

Una  squadra  ausiliare  deve  salutare  la  prima  una  squadra 
principale. 

379.  —  Il  saluto  reso  con  Io  sparo  del  cannone  dev'essere  resti- 
tuito con  eguale  numero  di  spari.  Può  però  la  nave,  che  risponde 
al  saluto  e  che  sia  di  grado  superiore  a  quella  alla  quale  lo 
rende,  rispondere  tirando  un  qualche  colpo  di  meno.  Questo  per 
altro  non  potrà  essere  motivato  dalla  considerazione  della  maggiore 
potenza  marittima  dello  Stato,  al  quale  appartenga  una  nave  di 
grado  eguale. 

380. — Nelle  circostanze  di  solennità,  di  feste  di  Corte,  di  lutto, 
le  navi  da  guerra  straniere  dovranno  osservare  le  norme  stabi* 
lite  dal  regolamento  dello  Stato  a  cui  il  porto  appartiene.  I  coman- 
danti delle  navi,  i  quali  non  volessero,  o  che  stimassero  di  non 
potervìsi  uniformare,  dovranno  allontanarsi  dal  porto. 


214  Libfo  L  '  Delle  persone  —  Parte  speciale 


Equilibrio  politico. 

381.  —  L'equilibrio  delle  forze,  o  il  cosi  detto  equilìbrio  poli- 
tico non  deve  essere  reputato  necessario  tra  gli  Stati  por  prov- 
yedere  alla  loro  tutela  ed  alla  loro  conservazione.  Ogni  Stato  dovrà 
subire  le  modificazioni  e  le  trasformazioni  che  possono  essere  la 
conseguenza  dei  fatti  storici  e  potrà  accrescere  la  sua  potenza 
dentro  i  limiti  del  Diritto,  senza  ammettere  che  per  questo  possa 
dirsi  offeso  il  diritto  degli  altri  Stati  alla  loro  conservazione  e  alla 
loro  tutela. 

Il  concetto  deirequilibrio  delle  forze  e  della  potenza  materiale  ed  effettiva 
degli  Stati  come  mezzo  necessario  per  garentire  Tindipendenza  di  ciascuno 
fa  posto  innanzi  nel  secolo  zv  per  impedire  che  Toltrepossanza  delibano  o 
deirai tro  lo  mettesse  in  grado  di  dettar  la  legge  a  tutti.  NelPart.  9  del  trat- 
tato di  Utrecht  del  13  luglio  1713,  trovasi  Tespressione  de  justutn  potentiae 
aequUibrium.  Il  Fénélon  ((Euvres,  tom.  3,  pag.  361,  ediz.  1835)  ne  aveva  di- 
mostrata la  necessità  per  moderare  la  potenza  crescente  della  casa  d^Àustrìa 
sotto  Carlo  V,  e  da  quell'epoca  fino  ai  giorni  nostri  la  politica  degli  uomini 
di  Stato  ha  mirato  costantemente  a  mantenere  il  cosi  detto  equilìbrio  delle 
forze  ed  a  riparare  i  turbamenti  che  sono  stati  la  conseguenza  o  delPaccre- 
scimento  dei  possedimenti  territoriali  o  delle  conquiste  effettuate  colle  vit- 
torie. Nel  Congresso  di  Vienna  la  ripartizione  dei  possedimenti  territoriali 
fu  giustificata  col  concetto  di  mantenere  Tequilibrìo.  Lo  smembramento  della 
Polonia  fu  giustificato  collo  stesso  argomento. 

Anche  Tannessione  di  Nizza  e  Savoia  fu  reclamata  per  la  necessità  di  rista- 
bilire Tequilibrio  rotto  per  la  costituzione  e  Tingrandi mento  del  regno  di 
Italia.  Il  mantenimento  della  Turchia  è  stato  reputato  pure  indispensabile 
per  non  turbare  il  così  detto  equilibrio  politico,  che  verrebbe  certamente  tur- 
bato, se  i  possedimenti  territoriali  della  Porta  in  Europa  dovessero  essere 
ripartiti  tra  coloro  che  vi  aspirano;  ed  oggi  che  scrìviamo  gli  uomini  di  Stato 
si  trovano  d'accordo  nel  sostenere  in  Turchia  uno  stato  di  cose  che  non  fa 
onore  né  alla  cristianità,  nò  alla  civiltà,  pel  timore  deirinevitabile  turbamento 
dell'equilibrio  politico  e  della  difficoltà  di  ricostituirlo  ripartendosi  1  possedi- 
menti turchi  in  Europa. 

Molto  si  è  scritto  per  spiegare  questo  indeterminato  concetto.  Utili  ind^ 
cazioni  si  trovano  nelParticolo  di  Nts,  La  théoHe  de  TéquUibre  europhn^ 
Bevue  de  Dr.  tntem,,  t.  XYI,  1893,  e  neU*opera  di  Stuolitz,  De  VéqutVbre 
pciitique,  du  Ugitimisme  et  du  principe  dee  nationàlités  (en  russe),  1889-1892, 
traduc.  fran^ise,  1898. 

382.  —  Dovrà  ognora  reputarsi  legittimo  e  necessario  tra  gli 
Stati  Tequilibrio  giuridico,  quello  cioè  che  deve  mirare  a  stabi- 
lire il  limite  giuridico  dell'azione  di  ciascuno  ed  a  sottomettere 
la  condotta  di  tutti  ai  principii  del  Diritto  internazionale. 


Titolo  VI.  -  DdTeguaglianza  giurìdica  degli  Stati  215 

383.  —  Ogni  stato  per  quanto  sia  piccolo  e  debole  per  terri- 
torio e  popolazione  dovrà  esistere  e  svilupparsi  accanto  agli  Stati 
più  forti  sotto  la  tutela  del  Diritto  internazionale,  il  quale  deve 
essere  ognora  sotto  la  garanzia  collettiva  di  tutti  gli  Stati,  che 
vivono  in  società  di  fatto. 

384.  —  Il  procedimento  di  uno  Stato ,  il  quale  in  qualunque 
si  sia  maniera  accrescesse,  o  mirasse  ad  accrescere  la  propria 
potenza  violando  il  Diritto  intemazionale  a  danno  di  uno  Stato  più 
debole,  sarà  considerato  una  violazione  dell'equilibrio  giuridico, 
e  potrà,  secondo  i  casi,  essere  •  reputato  come  una  minaccia,  un 
tentativo  di  violazione,  e  giustificare  l'ingerenza  collettiva  da  parte 
degli  altri  Stati. 

386.  —  Qualora  uno  Stato,  abusando  della  sua  crescente  potenza, 
aspirasse  alla  egemonia  e  si  proponesse  di  stabilire  e  mantenere 
la  sua  preminenza  effettiva  sul  continente  o  sul  mare,  tale  ten- 
tativo costituirebbe  una  reale  minaccia  dell'equilibrio  giuridico  e 
potrebbe  giustificare  la  resistenza  collettiva  da  parte  degli  altri 
Stati. 


•  Il 


216  Libro  1.  '  Delle  persane  —  Farte  spedaU 


TITOLO  VII. 
Del  diritto  di  rappreeentanza. 

386.  —  n  diritto  di  rappresentare  lo  Stato  nelle  relazioni  che 
esso  ha  cogli  altri  Stati  deve  essere  attribuito  ed  esercitato  da 
coloro  ai  quali  sia  affidato  nell'attualità  l'esercizio  del  potere  so- 
vrano. Tali  sono: 

a)  il  Sovrano  o  il  capo  dello  Stato; 

b)  le  persone  che  secondo  la  legge  costituzionale  esercitino 
nell'attualità  i  poteri  della  sovranità; 

e)  gli  agenti  diplomatici. 

387.  —  La  persona,  che  in  qualità  di  Sovrano  regna  e  governa, 
è  di  pieno  diritto  il  rappresentante  legale  dello  Stato,  e  può  come 
tale  esercitare  nei  rapporti  intemazionali  il  pubblico  potere  a  lei 
attribuito  secondo  la  legge  costituzionale. 

Il  Sovrano  e  la  sua  famiglia. 

388.  —  Il  Sovrano,  in  tutto  quello  che  fa  come  rappresentante 
dello  Stato,  deve  essere  reputato  sotto  la  tutela  del  Diritto  inter- 
nazionale e  come  investito  del  godimento  dei  diritti  spettanti  allo 
Stato. 

Nissuna  differenza  potrà  essere  fatta  sotto  questo  rispetto  tra 
Stato  e  Stato,  sia  il  capo  di  esso  principe,  re,  imperatore  o  pre- 
sidente di  repubblica. 

389.  —  Colui  che  sia  nel  possesso  di  fatto  del  potere  sovrano 
deve  essere  reputato  come  rappresentante  legale  dello  Stato  rispetto 
a  coloro  che  abbiano  riconosciuta  l'attuale  condizione  di  cose,  o 
che  siano  entrati  in  rapporti  di  fatto  col  Governo  provvisorio  da 
lui  costituito,  ifionfr.  reg;  63,  84,  86.) 


Titolo  VII.  -  Del  diritto  di  rappresentanza  **' 

390.  "—  Colui  che  perde  dì  fatto  Tesercizio  del  potere  sovrano 
cessa  dal  rappresentare  ne'  suoi  atti  lo  Stato  fino  a  tanto  che 
non  sia  reintegrato  nel  lìbero  esercìzio  della  sovranità. 

La  storia  registra  parecchi  esempi  di  sovrani  decaduti  e  spogliati  della 
loro  suprema  autorità.  Anche  quando  tale  fatto  sia  temporaneo,  le  convenienze 
potranno  certamente  guidare  gli  altri  sovrani  nel  decidere  se  essi  devono  o 
no  continuare  ad  accordare  al  sovrano  decaduto  i  titoli  e  gli  onori  prece- 
denti, ma,  per  quello  che  si  riferisce  alla  legittima  rappresentanza  dello  Stato 
nei  rapporti  internazionali,  non  si  può  ammettere  che  il  sovrano  decaduto 
possa  ne*  suoi  atti  rappresentare  lo  Stato,  mentre  di  fatto  egli  trovasi  spo- 
gliato del  pubblico  potere  e  della  condizione  giuridica  di  capo  dello  Stato. 
Nei  rapporti  internazionali  è  sovrano  qui  de  facto  regit,  ed  esso  quindi  deve 
essere  reputato  come  rappresentante  legale  dello  Stato  rispetto  agli  altri  Stati 
che  intendono  mantenere  i  loro  rapporti  intemazionali,  o  che  intendono  en- 
trare in  tali  rapporti  se  li  avessero  provvisoriamente  interrotti. 

391.  —  Le  persone  appartenenti  alla  famiglia  del  Sovrano 
non  possono  partecipare  al  godimento  dei  diritti  attribuiti  a  lui 
come  rappresentante  dello  Stato,  ma  devono  non  per  tanto  essere 
reputate  sotto  la  protezione  del  Diritto  internazionale  e  godere 
i  tliritti  e  le  prerogative  che  secondo  gli  usi  e  il  cerimoniale 
internazionale  spettano  ai  membri  delle  famìglie  sovrane  regnanti. 


Rappresentanti  legali  dello  Stato. 

392.  —  La  persona  o  le  persone,  che  devono  essere  riconosciute 
come  investite  del  diritto  di  rappresentare  nei  loro  atti  lo  Stato, 
sono  quelle  determinate  dalla  legge  costituzionale. 

393.  —  Ogni  persona,  che,  avendone  la  potestà  secondo  la 
legge  costituzionale,  faccia  atti,  o  che  assuma  obbligazioni,  in 
nome  dello  Stato,  dovrà  essere  ritenuta  capace  a  rappresentarlo, 
e  ad  obbligarlo  sotto  le  condizioni  ed  entro  i  limiti  della  rappre- 
sentanza legale,  di  cui  secondo  la  legge  costituzionale  è  investita. 

Secondo  la  costituzione  delle  monarchie  assolute  il  diritto  di  rappresentare 
lo  Stato  è  attribuito  interamente  al  Principe:  secondo  quella  delle  monarchie 
nippresentative  invece  è  attribuito  in  massima  al  Goyemo,  e  quindi  gli  atti 
del  Principe  non  importano  sempre  obbligazione  dello  Stato,  ma  talvolta  è 
ùidispensabile  che  siano  controfirmati  dal  Ministro  responsabile,  tal'  altra  ohe 
Biano  ratificati  dal  Parlamento.  Nelle  repubbliche  la  rappresentanza  è  attribuita 
ftl  potere  esecutivo  o  al  Presidente,  ma  questi  dev'essere  assistito  dal  Senato. 


218 


Libro  L  -  Delle  persone  —  Patie  speciale 


Di  tutto  ciò  conviene  tenere  molto  conto  per  decidere  se  Tatto  fatto  da  uno 
che  abbia  trattato  in  nome  dello  Stato,  debba  essere  ritardato  valido  ed  obbli- 
gatorio per  lo  Stato  stesso.  A  ciò  non  può  bastare  che  esso  sia  fatto  da  chi 
abbia  la  direzione  degli  affari  esteri,  ma  è  indispensabile,  che  la  persona  sia 
capace  di  rappresentare  in  quell'atto  lo  Stato,  tenendo  conto  della  costituzione 
politica  vigente  nel  paese  al  momento  in  cui  Tatto  sia  stato  fatto.  Presso  tutti 
gli  Stati  trovasi  un  ministero  speciale  istituito  per  gli  affari  internazionali,  e 
questo  è  il  ministro  degli  affari  esteri,  che  centralizza  Tesercizio  dei  poteri  che 
appartengono  al  Governo  nei  rapporti  coi  Governi  stranieri.  Essendo  egli  il 
capo  del  corpo  diplomatico  ed  essendo  chiamato  a  fare  le  comunicazioni  uffi- 
ciali in  nome  dello  Stato  agli  Stati  stranieri,  riesce  chiaro,  che  negli  atti,  che 
egli  compie,  dentro  i  limiti  dei  poteri  che  gli  appartengono  secondo  la  legge 
costituzionale,  rappresenta  lo  Stato. 

394.  —  Devono  essere  reputati  come  rappresentanti  legali  dello 
Stato  gli  agenti  diplomatici,  ai  quali  secondo  il  Diritto  intema- 
zionale è  attribuita  la  facoltà  di  mantenere  i  rapporti  diplomatici 
fra  Stato  e  Stato  e  di  rappresentare  officialmente  nei  loro  atti  lo 
Stato  per  delegazione  da  parte  del  Sovrano  di  lui« 
Tali  sono: 
gli  ambasciatori  ordinari  e  straordinari, 
i  Ministri  pubblici, 
gl'inviati  straordinari  od  incaricati  d'affari. 

La  triplice  categoria  delle  persone  chiamate  a  rappresentare  Io  Stato  nelle 
relazioni  internazionali  vale  a  stabilire  la  loro  posizione  gerarchica  e  a  deter- 
minare altresì  certi  speciali  diritti  e  considerazioni  a  ciascuna  di  esse  dovuti 
a  cagione  delia  loro  posizione  gerarchica.  Sotto  la  categoria  di  Ministri  pub- 
blici devono  reputarsi  compresi  quelli  di  prima  e  di  seconda  classe,  i  Ministri 
residenti  e  quelli  straordinari  o  inviati  temporaneamente  per  trattare  affari 
speciali.  La  differenza  della  loro  posizione,  avuto  riguardo  allo  scopo  pel 
quale  sono  nominati  ed  al  loro  grado  gerarchico,  può  valere  ad  attribuire  certi 
diritti  e  certe  prerogative  secondo  il  cerimoniale  diplomatico,  ed  a  fissare 
altresì  la  loro  posizione  come  parte  del  corpo  diplomatico,  ma  non  influisce 
sulla  condizione  giuridica  di  essi  in  quello  che  rappresentano  nei  loro  atti 
lo  Stato. 

Nella  terza  categoria  di  inviati  straordinari  possono  essere  compresi  tutti 
coloro,  ai  quali  sia  affidato  di  rappresentare  lo  Stato  provvisoriamente.  Possono 
quindi  esservi  compresi  i  commissari  incaricati  di  rappresentare  il  proprio 
Governo  per  trattare  certi  speciali  affari,  e  altresì  i  consoli,  dato  il  caso  che 
venisse  affidata  ad  essi  temporaneamente  una  missione  diplomatica  dal  proprio 
Governo.  La  posizione  gerarchica  delle  persone  non  muta  la  sostanza  della 
cosa,  perchò  è  sempre  la  natura  della  delegazione  ed  il  mandato,  in  virtù  di 
essa  conferito,  quello  che  deve  decidere  se  vi  sia  o  no  nella  trattazione  "di  un 
dato  aiXare  la  j:àppré66ìiifimz)r-ièg(ile  tieiio'^Stato* 


TUolo  VII.  '  Da  diritto  di  rappresentanza  219 


A  chi  spetta  il  diritto  dHnviare  gli  agenti  diplomatici. 

395.  —  Ciascuno  Stalo  indipendente,  al  quale  spetta  la  perso- 
nalità intemazionale,  ha  il  diritto  di  essere  rappresentato  nelle 
sue  relazioni  cogli  altri  Stati  dagli  agenti  diplomatici,  che  siano 
investiti  di  tale  pubblico  potere  secondo  la  legge  costituzio- 
nale. Tale  diritto  spetta  altresì  a  qualunque  aggregazione,  alla 
quale  sia  stata  attribuita  la  personalità  intemazionale  secondo  le 
regole  38,  39,  stabilite  al  titolo  L 

In  Tirtù  di  questa  regola  bisogna  ammettere  che,  se  fra  più  Stati  indipen- 
denti fosse  effettuala  MiHUnione  per  uno  scopo  determinato,  e  la  personalità 
intemazionale  di  tale  Unione  fosse  riconosciuta,  vi  potrebb* essere  una  rap- 
presentanza internazionale  degli  Stati  Uniti  limitata  allo  scopo  della  loro  unione. 
La  Confederazione  germanica  del  Nord  del  1867  ci  porge  Tesempio  di  tale 
specie  di  unione  e  di  rappresentanza.  Un  Impero  federativo,  che  non  avesse 
la  forma  unitaria,  come  era  l'Impero  germanico  del  1871,  qualora  lasciasse 
sussistere  la  personalità  degli  Stati  confederati,  potrebbe  pure  dar  luogo  ad 
una  duplice  rappresentanza  in  corrispondenza  della  duplice  personalità. 

396.  —  II  diritto  di  mantenere  le  relazioni  intemazionali  me- 
diante gli  agenti  diplomatici  può  essere  attribuito  ad  un  Governo 
costituito  in  seguito  alla  rivoluzione  o  alla  guerra  civile,  ogni  qual 
volta  che  esso  sia  nel  possesso  attuale  ed  effettivo  del  pubblico 
potere  e  delle  funzioni  sovrane  e  che  sia  stato  riconosciuto. 

In  virtù  di  questa  regola  si  deve  ammettere,  che  il  diritto  di  Legazione  viene 
a  cessare  del  tulto  e  rispetto  a  tutti  riguardo  al  Principe  spodestato,  che  non 
sia  più  Sovrano  di  fatto,  anche  quando  esso  tenti  di  essere  restaurato.  Tale 
diritto  non  può  competere  che  a  chi  de  facto  regit, 

397.  —  Compete  a  ciascun  Governo  il  decidere  con  piena 
libertà,  se  le  relazioni  diplomatiche  col  Sovrano  rovesciato  deb- 
bano ritenersi  rotte  e  stabilite  quelle  col  nuovo  Governo  costituito. 
Non  potranno  però  essere  reputate  stabilite  bona  fide  le  relazioni 
diplomatiche  col  partito  rivoluzionario,  che  non  sia  riuscito  al 
costituire  un  Governo  regolare,  e  mentre  duri  ancora  la  lotta,  e 
non  si  arrivi  ad  accertare  se  il  Sovrano  rovesciato  possa  o  no 
ristabilire  la  propria  autorità. 

398.  —  Il  partito  rivoluzionario  può  durante  la  lotta  fare  comu- 
nicazioni cogli  altri  Governi  per  mezzo  di  commissari  o  di  agenti 


520  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

da  esso  inviati,  ma  né  questo  potrà  essere  considerato  diritto  di 
legazione,  né  i  commissari  e  gli  agenti  potranno  avere  il  carattere 
di  agenti  diplomatici. 

Quantunque  debba  essere  reputato  nel  prudente  arbitrio  di  ogni  Governo 
di  stabilire  o  no  le  relazioni  diplomatiche  con  un  Governo  costituito  in  seguito 
ad  una  rivoluzione  o  ad  una  guerra  civile,  la  prudenza  politica  deve  sugge- 
rire di  non  accettare  gli  agenti  diplomatici,  se  non  quando  il  nuovo  Governo 
costituito  non  solo  sia  di  fatto  nel  possesso  dei  diritti  di  sovranità ,  ma  che 
presenti  inoltre  quella  stabilità  necessaria  per  potere  essere  considerato  capace 
di  assumere  la  responsabilità  dei  proprii  atti,  e  di  quelli  del  popolo  alla  testa 
del  quale  esso  si  trovi. 

399.  —  Il  Governo  di  un  Sovrano  spotestato  dovrà  essere  rite- 
nuto decaduto  dal  diritto  di  mantenere  le  relazioni  diplomatiche 
cogli  altri  Stati,  e  non  potrà  attribuire  il  diritto  di  rappresen- 
tanza dello  Stato  agli  agenti  diplomatici  da  lui  nominati. 

400.  —  Il  diritto  di  accreditare  gli  agenti  diplomatici  non  può  in 
nessun  caso  essere  esercitato  che  riguardo  allo  Stato  che  intenda 
mantenere  con  Taltro  rapporti  diplomatici  mediante  legazioni  per- 
manenti, 0  negoziare  con  luì  per  concludere  un  affare  determinato. 

401.  —  Ogni  Governo  può  inviare  un  agente  diplomatico  col 
mandato  di  adempiere  in  nome  delio  Stato  una  speciale  missione 
presso  un  altro  Governo  senza  bisogno  di  previo  accordo.  Spetta 
però  al  Governo,  presso  cui  l'agente  diplomatico  sia  inviato,  la 
facoltà  di  riceverlo  o  di  non  riceverlo  nella  sua  qualità  come  tale. 
Tale  diritto  di  rifiuto  deve  ammettersi  sopratutto,  se  il  Governo 
reputasse  la  missione  contro  gFinteressi  dello  Stato  o  il  ricevi- 
mento inconciliabile  colla  dignità  del  medesimo. 

402.  —  L*  invio  senza  previo  accordo  di  un  agente  diplomatico 
incaricato  d'una  missione,  che  un  altro  Governo  ritiene  contro 
gl'interessi  o  contro  la  dignità  del  proprio  Stato,  non  potrà  essere 
considerato  atto  ostile,  come  non  potrà  essere  considerato  tale  il 
rifiuto  non  motivato. 

Queste  due  regole  devono  ritenersi  fondate  sul  concetto,  che  rinvio  di  un 
agente  diplomatico  è  atto  di  sovranità,  laonde  deve  ammettersi  la  più  completa 
indipendenza,  ma  siccome  il  mantenimento  delle  relazioni  diplomatiche  pre- 
suppone il  consenso  espresso  o  tacito  da  parte  dello  Stato  presso  cui  l'agente 
diplomatico  sia  inviato,  perciò,  quando  non  vi  sia  stato  tale  previo  consenso 
generale  o  speciale,  può  ognora  il  Governo  rifiutare  senza  dare  spiegazione 
un  diplomatico  incaricato  di  una  determinata  missione. 


Titolo  VII.  '  Del  diritto  di  rappresentanza  22! 


Come  il  carattere  di  rappresentante  dello  Stato  si  stabilisca. 

403.  —  Il  carattere  pubblico  di  rappresentante  dello  Stato  si 
stabilisce  mediante  la  nomina  di  una  o  più  persone  in  tale  qualità 
da  parte  del  Sovrano  dello  Stato,  che  le  invia,  e  la  notificazione 
ufficiale  fatta  ed  accettata  espressamente  o  tacitamente  dal  6o» 
verno  presso  di  cui  l'agente  diplomatico  è  inviato. 


Accettazione  dell'agente  diplomatico  nominato. 

404.  —  Uno  Stato,  il  quale  abbia  acconsentito  a  mantenere  le 
relazioni  diplomatiche  con  un  altro  Stato,  non  può  rifiutarsi  di 
accettare  l'agente  diplomatico  nominato,  salvo  il  caso  di  rifiuto 
motivato  da  ragioni  personali. 

405.  —  L'assenso  preventivo,  o  Taggradimento  della  persona 
investita  della  qualità  di  agente  diplomatico  non  può  reputarsi 
necessario  a  stabilire  il  carattere  dell'inviato.  Può  non  ostante  un 
Grovemo  rifiutarsi  di  ricevere  in  qualità  di  Ministro  uno,  che  sia 
cittadino  dello  Stato,  o  che  per  gravi  ragioni  personali,  che  do- 
vranno essere  dichiarate,  sia  da  reputarsi  inadatto  a  mantenere 
i  buoni  rapporti  fra  i  due  Governi. 

406.  —  Il  rifiuto  di  ricevere  in  qualità  di  agente  diplomatica 
una  determinata  persona,  toglie  a  questa  il  carattere  pubblico^ 
che  essa  ha  come  tale  secondo  il  Diritto  internazionale.  Tale  atto 
può  valere  a  mettere  l'altro  Governo  in  grado  d'interrompere  le 
relazioni  diplomatiche,  se  esso  reputi  il  rifiuto  non  giustificato,  o 
se  non  voglia  nominare  altra  persona  in  qualità  di  rappresentante 
dello  Stato. 

Siccome  la  finalità  delle  legazioni  permanenti  è  quella  di  mantenere  i 
buoni  rapporti  fra  i  due  Governi,  e  questi  non  possono  al  certo  essere  man- 
tenuti da  persone,  che  non  siano  gradite,  e  che  non  ispirino  completa  fiducia, 
cosi  l'uso  più  generale,  ò  che  ogni  Governo  prima  di  nominare  la  persona,  che 
presso  deiraltro  vuole  accreditare,  faccia  presentire  chi  abbia  scelto,  ed  ot- 
tenga il  gradimento  del  Governo.  Questo  si  dice  in  linguaggio  diplomatico 
aggréation,  ma  non  si  può    reputare   indispensabile  e  come   condizione  per 


222  Libro  L  •  Delle  persone  —  Parte  speciale 

Tesercizio  del  diritto  di  legazione.  Con  viene  non  per  tanto  avvertire  che,  sic- 
come il  reciproco  consenso  deve  ognora  reputarsi  indispensabile  in  massima 
per  istituire  e  mantenere  le  legazioni,  cosi  un  Governo,  anche  quando  abbia  pre- 
viamente acconsentito,  può  revocare  il  suo  consenso  e  rifiutarsi  di  ricevere 
un  inviato  a  cagione  di  speciali  condizioni.  Si  comprende  poi  che  se  tale  rifiuto 
fosse  arbitrario,  ostinato  e  non  giustificato,  potrebbe  alterare  i  buoni  rapporti 
diplomatici  e  anche  interromperli. 

In  massima  bisogna  ritenere  che  la  nomina  delFagente  diplomatico  è  atto 
di  sovranità,  e  che  non  può  essere  subordinata  alla  condizione  del  previo 
aggradimento. 


Estemione  dei  poteri  delVagente  diplomatico. 

407.  —  Il  mandato  conferito  all'agente  diplomatico  e  l'esten- 
sione del  potere,  ch'esso  ha  come  rappresentante  dello  Stato,  dal 
quale  è  accreditato,  sono  determinati  dalle  credenziali  o  lettere 
dì  credito.  Tale  mandato  e  tali  poteri  possono  essere  poi  speci- 
ficati colle  note  ufficiali  comunicate  al  Sovrano  o  al  Governo  in 
forma  diplomatica  in  nome  del  proprio  Governo. 

408.  —  Le  istruzioni  segrete,  e  non  comunicate  in  forma  diplo- 
matica, date  dal  Governo  al  proprio  Ministro,  non  possono  valere 
a  modificare  la  delegazione  dei  poteri  a  lui  conferiti,  come  risulti 
dalle  credenziali  e  dalle  note  ufficialmente  comunicate  in  vìa 
diplomatica. 

409.  —  L'agente  diplomatico  rappresenta  legalmente  e  valida- 
mente ne'  suoi  atti  lo  Stato,  dal  quale  fu  accreditato,  in  tutto 
quello  ch'egli  fa  dentro  i  limiti  del  potere  generale  a  lui  dato  colle 
credenziali,  e  del  potere  speciale,  dato  con  atto  separato  per  nego- 
ziare e  concludere  un  determinato  affare,  ostensibile  e  notificato. 

Le  obbligazioni  assunte  dall'agente  diplomatico  in  nome  dello 
Stato  da  esso  rappresentato  dentro  i  limiti  della  delegazione  dei 
poteri  ad  esso  conferiti  e  notificati  obbligano  lo  Stato  subordina- 
tamente alle  regole  stabilite  innanzi. 

410.  —  Le  formalità  da  osservarsi  nella  presentazione  delle  cre- 
denziali, nella  notifica/ione  delle  note  e  degli  atti  diplomatici, 
saranno  determinate  secondo  il  cerimoniale  e  le  regole  del  Diritto 
diplomatico. 


Titolo  Vii.  '  Del  diritto  di  rappresentanza  ^23 


Diritti  degli  agenti  diplomatici. 

411.  —  L'agente  diplomatico  ha  diritto  alla  inviolabilità  per- 
sonale, ed  alla  completa  indipendenza  in  tutto  quello  che  esso 
faccia  nella  sua  qualità  di  rappresentante  dello  Stato.  Per  tutti 
gli  atti  da  esso  fatti  come  tale,  e  finché  debba  reputarsi  legal- 
mente investito  dell'alto  ufficio  pubblico  a  lui  conferito,  egli  può 
essere  tenuto  a  risponderne  personalmente  rispetto  soltanto  al 
proprio  Governo.  In  riguardo  *poi  dello  Stato,  presso  cui  fu  accre- 
ditato, gli  atti  da  lui  fatti  in  nome  del  proprio  Governo  possono 
far  nascere  solo  la  responsabilità  dello  Stato,  da  cui  fu  inviato; 
la  quale  dovrà  essere  determinata  e  retta  a  norma  delle  regole, 
che  devono  governare  la  responsabilità  degli  Stati. 

Applicando  questa  regola  può  essere  ammessa  ]*invìolabilità  dei  ministri 
stranieri,  ma  soltanto  nelFesercizio  delle  loro  pubbliche  funzioni  ed  escludendo 
Timmunità  e  la  completa  esenzione  dalle  giurisdizioni  territoriali  per  tutti 
gli  atti  deUa  vita  civile  e  per  quelli  da  essi  fatti  nel  campo  dei  rapporti  pri- 
vati. Vedi  per  questo  le  regole  247-252. 

412.  —  La  inviolabilità  personale  alla  quale  ha  diritto  il  Ministro 
straniero  deve  valere  tanto  in  tempo  di  pace  quanto  in  quello  di 
guerra.  In  tale  eventualità  però  egli  non  potrà  goderne,  che  durante 
quel  ragionevole  periodo  di  tempo  che  potrà  occorrere  per  abban- 
donare la  sua  residenza  e  ritornare  nel  proprio  Stato. 

Privilegi  e  prerogative  degli  agenti  diplomatici. 

413.  —  Dev'essere  attribuito  all'agente  diplomatico  il  godimento 
di  quei  diritti  privilegiati,  che  devono  reputarsi  secondo  la  con- 
suetudine internazionale  richiesti  per  rendere  completa  la  sua  indi- 
pendenza. Tali  sono: 

a)  l'esenzione  dalla  visita  del  suo  bagaglio  e  di  qualunque 
collo  a  lui  diretto  coi  suggelli  del  proprio  Governo; 

b)  il  godere  di  tutte  quelle  speciali  onorificenze  e  distinzioni 
che  secondo  gli  usi  ed  il  cerimoniale  sono  dovute  ad  esso  avuto 
riguardo  alla  sua  classe  ed  alla  sua  posizione  gerarchica; 


224  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  spedale 

c)  Tesercizio  del  culto  della  propria  religione,  e  la  conseguente 
facoltà  di  avere  una  cappella  e  le  persone  per  celebrarvi  le  fun- 
zioni religiose; 

d)  l'esenzione  dal  pagamento  delle  imposte  personali  dirette 
e  di  quelle  sul  capitale  e  dei  prestiti  forzati;  dalle  imposte  di 
guerra,  dagli  oneri  a  cui  sono  tenuti  specialmente  i  cittadini,  come 
è  l'obbligo  dell'alloggio  militare,  l'imposta  di  famiglia  o  focatico  e 
via  dicendo; 

e)  la  franchigia  delle  imposte  doganali. 

414.  —  Incombe  all'agente  diplomatico  il  servirsi  con  dignità  e 
in  buona  fede  dei  privilegi  e  delle  franchigie,  di  cui  può  godere, 
e  il  non  giovarsene  sopratutto  a  scopo  commerciale  o  per  favo- 
rire i  terzi. 

415.  —  Non  potrà  essere  inibito  agli  agenti  di  dogana  di  fare 
con  i  dovuti  riguardi  le  generali  ispezioni  alle  merci  dirette  allo 
agente  diplomatico,  salvo  però  il  caso  che  esso  avesse  formal- 
mento  assicurato,  che  i  colli  non  contenessero  merci  proibite  o 
destinate  ad  usi  commerciali,  e  salvo  inoltre  i  colli  controsegnati 
coi  sigilli  dello  Stato,  i  quali  non  potrebbero  mai  ed  in  nessun 
caso  essere  soggetti  alla  visita  doganale,  ma  dovranno  bensì  essere 
reputati  inviolabili  come  la  corrispondenza. 

Tutti  gli  scrittori  sono  concordi  neirammettere  che  i  privilegi  e  le  fran- 
chigie, dei  quali  può  godere  Tagente  diplomatico,  non  possono  essere  deter* 
minati  con  regole  uniformi  e  assolute  come  se  fossero  fondate  sul  Diritto 
comune  internazionale.  Essi  riposano  bensì  sulla  comitae  gentium  e  devono 
essere  governati  o  dalle  convenzioni  o  dagli  usi  o  dalla  reciprocità.  L'esen- 
zione dall'imposte  sopratutto,  e  la  franchigia  doganale  non  trovano  al  certo 
un  fondamento  giuridico,  anzi  a  rigore  si  potrebbe  dire  che,  siccome  Tagente 
diplomatico  deve  pagare  le  imposte  sul  consumo,  cosi  deve  pagare  quelle 
sulle  mercanzie  introdotte  per  i  suoi  bisogni  personali.  Gonf.  Heffter,  DroU 
internata,  §  217.  Pradisr-Fodéré,  Cours  de  Droit  diplom.,  pag.  45,  tom.  II. 
Calvo,  Droit  internat.,  1529  e  seg.  Bluntschli,  regole  242-223. 

416.  —  L'agente  diplomatico,  che  abbia  una  missione  perma- 
nente, ha  il  diritto  di  inalberare  alla  sua  residenza  ufficiale  la 
bandiera  dello  Stato  da  lui  rappresentato,  o  far  conoscere  me- 
diante uno  stemma  o  una  iscrizione  affissavi,  il  carattere  pubblico 
di  rappresentante  dello  Stato  estero. 


TUolo  VII.  -  DH  diritto  di  rappresentanza  ^^ 

417.  —  Gli  agenti  diplomatici  hanno  il  diritto  di  esercitare  tutte 
le  funzioni  attribuite  ad  essi  secondo  la  legge  dello  Stato  rappre- 
sentato,  salvo  solo,  quanto  all'esercizio  di  certe  determinate  fun* 
zioni,  il  caso  di  espressa  riserva,  fatta  dal  Governo  dello  Stato  ove 
la  Legazione  trovisi  stabilita. 

Questa  regola  ò  fondata  sul  concetto,  che  quando  uno  Stato  accetta  pre 
viamente  che  un  altro  stabilisca  una  legazione,  acconsente  cosi  implìcita- 
mente a  che  gli  agenti  diplomatici  inviati  esercitino  rispetto  ai  nazionali 
tutte  le  attribuzioni  secondo  la  legge  dello  Stato  rappresentato.  Così  va  detto 
della  legalizzazione  di  documenti,  del  ricevimento  di  testamenti,  di  certi  atti 
dello  stato  civile,  compresa  la  celebrazione  del  matrimonio  tra  nazionali, 
pei  quali  atti,  quando  non  sia  stata  fatta  alcuna  riserva  nello  stabilimento 
della  legazione,  o  non  venga  fatta  in  prosieguo  da  parte  del  Governo,  che  ne 
ha  sempre  il  diritto,  deve  ammettersi  che  Tagente  diplomatico  possa,  senza 
consenso  speciale  del  Governo  presso  cui  è  accreditato,  esercitare  tutte  le  fun- 
zioni rispetto  ai  cittadini  del  proprio  Stato. 


DelVestraterritorialità  degli  agenti  diplomatici. 

418.  —  Non  compete  all'agente  diplomatico  il  diritto  dell' im- 
munità né  quello  della  completa  ed  assoluta  esenzione  dalla  giu- 
risdizione civile  e  penale  del  paese  presso  il  quale  è  accreditato. 

I  rapporti  di  lui  colle  giurisdizioni  territoriali  devono  essere 
determinati  in  conformità  delle  regole  stabilite  al  titolo  IV. 

Gonfr.  le  regole  947-25S,  325-329  e  333-310. 

419.  —  L'agente  diplomatico  ha  ognora  il  diritto  di  esigere, 
che,  quando  sia  il  caso  di  applicargli  il  Diritto  comune,  questo 
sia  fatto  con  i  dovuti  riguardi  per  l'alta  sua  dignità  e  pel  carat- 
tere che  esso  ha  come  rappresentante  di  Stato  estero. 

420.  —  Incombe  ai  Governi  l'agire  in  ogni  caso  rispetto  ad 

un  Ministro  pubblico  straniero  in  maniera  da  salvare  la  dignità 

dello  Stato  rappresentato. 

In  virtù  delle  due  regole  precedenti  si  deve  ammettere,  che,  quando  sia  il 
caso  di  notificare  atti  o  di  eseguire  sentenze  o  di  compiere  atti  d'istruzione 
e  di  procedura  nella  casa  abitata  da  un  ministro  straniero,  o  di  assogget« 
tarlo  personalmente  al  Diritto  comune,  come  sarebbe  il  caso  di  ottenere  da 
lui  risposta  ad  un  interrogatorio  o  una  deposizione  testimoniale ,  tali,  atti, 
quando  possano  essere  fatti,  devono  essere  sempre  compiuti  con  tutti  i  ri* 
guardi  dovuti  per  Talta  dignità,  di  cui  il  rappresentante  di  Stato  straniero  è 

15  —  FioHB,  Dir.  intern.  eodif. 


226  Libro  L  •  Delle  persane  —  Parte  speciale 

rivestito.  Occorreranno  quindi  secondo  le  circostanze  i  buoni  uffici  per  pro- 
cedere a  qual  si  sia  atto  nella  casa  del  ministro,  salvo  le  misure  di  vigilanza 
pel  regolare  corso  della  giustizia.  Doyrà  pure  ammettersi,  che  l'agente  diplo- 
matico non  debba  essere  tenuto  a  comparire  personalmente  dinanzi  al  Tribunale 
per  rispondere  airinterrogatorio,  e  per  fare  testimonianza,  ma  che  il  giudice 
delegato  possa  compiere  tali  atti  al  domicilio  del  medesimo,  fissando  previa- 
mente il  modo  più  conveniente  per  farlo.  Quando  poi  sia  il  caso  di  dover  proce- 
dere contro  lui,  il  previo  avviso  al  Governo  da  lui  rappresentato,  deve  reputarsi 
indispensabile  a  tutelare  la  dignità  del  medesimo,  mettendolo  in  grado  di 
provvedere  secondo  le  circostanze  col  togliere  il  carattere  di  rappresentante 
dello  Stato,  a  colui  che  colla  sua  condotta  se  ne  fosse  reso  indegno,  e  ren- 
dendo  cosi  meno  difficoltoso  l'espletare  gli  atti  di  procedimento. 


Offese  contro  i  Minisiri  stranieri. 

421.  —  L'attentato  ad  un  rappresentante  di  Stato  estero  nella 
sua  qualità  come  tale,  dovrà  essere  reputato  violazione  del  Diritto 
intemazionale.  Esso  potrà  secondo  i  casi  implicare  la  responsa- 
bilità del  Governo,  ed  essere  qualificato  come  fatto,  che  abbia 
violato  il  Diritto  comune  della  società  internazionale  (cow/r.  reg,  324 
e  429),  0  come  una  violazione  dei  diritti  dello  Stato  rappresentato. 

422.  —  L'offesa  al  Ministro  straniero  da  parte  di  privati  non 
potrà  costituire  rispetto  ad  essi  il  reato  qualificato,  se  non  quando 
gli  autori  deir offesa  avessero  conosciuto  o  non  avessero  potuto 
ignorare  la  qualità  della  persona. 

423.  —  La  responsabilità  diretta  del  Governo  a  cagione  della 
offesa  patita  dal  Ministro  straniero  dovrà  ammettersi,  quando  la 
offesa  sia  stata  arrecata  da  un  funzionario  incaricato  di  mante* 
nere  le  relazioni  diplomatiche,  dato  che  colla  maggiore  solleci- 
tudine il  Capo  del  Governo  non  abbia  disconosciuto  l'operato  del 
medesimo. 

424.  —  Nel  caso  di  offesa  arrecata  all'agente  diplomatico  da 
un  funzionario  subalterno  dello  Stato,  se  il  Governo  avuta  notizia 
del  fatto  non  avesse  voluto  dare  la  dovuta  necessaria  riparazione, 
ne  assumerebbe  esso  la  responsabilità. 

426.  —  Vi  sarà  responsabilità  del  Governo  nel  caso  di  offesa 
da  parte  di  privati,  qualora  esso  non  abbia  adoperato  ogni  cura 
per  scovrirne  gli  autori  e  punirli:  o  se  non  abbia  presi  gii  oppor- 


Titolo  VII  -  Del  diritto  di  rappresentanza  227 

tani  proTvedimenti  per  impedire  che  l'offesa  fosse  arrecata  come 
le  dreostanze  lo  facevano  presumere  :  se  non  abbia  impedito  che 
fosse  consumata:  se  non  abbia  fatto  per  parte  sua  tutto  quello, 
che  nei  limiti  stabiliti  dalla  costituzione  dello  Stato  e  dalle  leggi 
in  vigore  poteva  essere  fatto  per  prevenire  l'attentato. 

426.  —  La  responsabilità  del  Governo  dovrà  essere  in  ogni  caso 
attenuata  di  molto,  quando  l'offesa  ricevuta  da  un  agente  diplo- 
matico straniero  sia  dipesa  da  imprudenza  da  parte  di  lui,  e  più 
ancora  quando  sia  stata  motivata  da  atti  equivalenti  ad  una  vera 
provocazione. 

Le  leggi  dei  di?ersi  Stati  provvedono  in  vario  modo  per  punire  le  offese 
fatte  ai  ministri  stranieri.  In  Inghilterra  trovasi  una  legge  speciale  a  tale 
rignardo:  *An  ad  far  presermng  the  privileges  of  ambassador  and  other  public 
minister  of  foreign  princes  and  States  ,  (Statuto  di  Anna,  VII,  cap.  XII). 

In  altri  paesi  si  trovano  disposizioni  speciali  nel  Codice  penale  :  in  altri  si 
applica  il  Diritto  comune  per  la  punizione  dei  reati  qualificati  contro  gli  uf- 
ficiali pubblici.  Pradier-Fodéró  opina  che  in  caso  dì  offesa  di  un  ambascia- 
tore di  Stato  straniero  siano  applicabili  gli  articoli  84,  85  del  Cod.  penale 
francese,  che  puniscono  gli  atti  ostili  che  abbiano  esposto  lo  Stato  ad  una 
dichiarazione  di  guerra  (Courè  de  DroU  diplomatique^  tom.  Il,  pag.  13). 

Vedi  Fiore,  voce  "  Agènti  diplomatici  ,  nel  Digesto  italiano  n.  86  e  seg., 
ove  sono  riportate  le  leggi  dei  diversi  paesi  a  tale  riguardo. 

427.  —  Le  offese  personali  fatte  al  Ministro  straniero,  le  quali 
per  la  natura  dei  fatti,  che  l'abbiano  motivate,  si  debbano  presu- 
mere interamente  estranee  al  suo  ufficio,  non  potranno  dar  luogo 
a  reclami  diplomatici,  tranne  che  per  ottenere  le  dovute  spiegazioni. 


Inviolabilità  della  corrispondenza. 

428.  —  Spetta  all'agente  diplomatico  il  diritto  di  mantenere 
libera  corrispondenza  col  proprio  Governo,  sia  coi  mezzi  ordinarli 
sia  per  mezzo  dei  corrieri  destinati  a  portare  dispacci.  La  corri- 
spondenza così  mantenuta  sarà  reputata  inviolabile,  e  anche  quando 
vengano  a  rompersi  le  relazioni  diplomatiche  ed  a  cessare  lo  stato 
di  pace  sarà  inviolabile  la  corrispondenza  durante  quel  periodo 
di  tempo  ragionevole  che  dovrà  essere  ognora  accordato  all'a- 
gente  diplomatico  per  abbandonare  il  luogo  di  sua  residenza. 


228  Libro  L  •  Delle  persone  —  Parte  speciale 

429.  —  La  violazione  dei  segreti  di  Stato  e  della  corrispondenza 
ufficiale  degli  agenti  diplomatici  col  proprio  Governo  dovrà  essere 
riguardata  come  una  violazione  del  Diritto  internazionale  ed  anche 
quando  avvenga  pel  fatto  dei  terzi  Stati. 

Per  la  responsabilità  diretta  o  indiretta  del  Governo  in  conse- 
guenza di  tale  grave  attentato  dovranno  essere  applicate  le  stesse 
regole  che  per  le  offese  fatte  all'agente  diplomatico. 

Vedi  regole  421  e  seg. 

Esercizio  del  diritto  di  Legazione  a  riguardo  dei  terzi  Stati. 

430.  —  Il  carattere  pubblico  di  agente  diplomatico  non  potrà 
ritenersi  stabilito  a  riguardo  dei  terzi  Stati,  che  non  abbiano  pre- 
viamente acconsentito  a  riconoscere  un  Ministro  straniero  nella 
sua  qualità  come  tale. 

431.  —  Incombe  ognora  agli  Stati,  che  intendono  mantenere 
buone  relazioni,  il  trattare  gl'inviati  diplomatici  di  altri  Governi, 
che  attraversino  il  territorio  per  recarsi  al  luogo  di  loro  destina- 
zione, e  che  con  documenti  ufficiali  degni  di  fede  stabiliscano  la 
loro  qualità  di  rappresentanti  dello  Stato,  con  tutti  quei  riguardi 
e  considerazioni  dovuti  per  l'alta  dignità  di  cui  sono  rivestiti. 

432.  —  Gli  agenti  diplomatici,  i  quali  con  documenti  ufficiali 
idonei  a  far  riconoscere  la  loro  qualità  stabiliscano  il  carattere 
pubblico,  di  cui  sono  investiti,  devono  esser  reputati  sotto  la  pro- 
tezione del  Diritto  internazionale,  e  possono  esigere  anche  nei 
terzi  Stati  il  rispetto  dovuto  ad  essi  per  la  loro  qualità  di  rap- 
presentanti dello  Stato,  ed  il  godimento  di  quei  diritti,  che  devono 
reputarsi  indispensabili  per  l'adempimento  della  loro  missione. 

433.  —  Nessun  Governo  può  porre  ostacoli  alla  libertà  del  com- 
mercio diplomatico  dei  terzi  Stati  o  ritenersi  autorizzato,  a  fine 
di  tutelare  i  propri  interessi,  a  turbarlo  o  renderlo  difficile;  esso 
può  soltanto  prendere  gli  opportuni  provvedimenti  per  tutelare 
la  sicurezza  e  la  difesa  dello  Stato. 

In  virtù  di  questa  regola  si  deve  ammettere,  che  non  si  può  impedire  asso- 
lutamente ad  un  agente  diplomatico  :iU-dniero  di  attraversare  il  territorio  per 


Titolo  VII,  -  Del  dùcuto  di  rappresentanza 


229 


recarsi  al  luogo  di  destinazione  o  ritornarvi,  e  che  le  violenze  contro  la  sua 
persona  devono  in  ogni  caso  essere  reputate  come  un  fatto  commesso  in  vio* 
lazione  del  Diritto  intemazionale.  Può  però  un  Governo,  quando  le  necessità 
della  sicnrezza  lo  esigano,  prendere  tutte  le  precauzioni  per  tutelare  gli  inte- 
ressi dello  Stato.  Cosi  pnò  imporre  alPagente  diplomatico  di  non  soggiornare, 
o  tracciargli  preventivamente  il  cammino  per  attraversare  lo  Stato,  e  via  dicendo. 


Diritto  delle  persone  addette  alla  Legazione. 

434.  —  Le  persone  addette  alla  Legazione,  le  quali  esercitano 
pubbliche  funzioni  secondo  la  legge  dello  Stato  rappresentato,  e 
che  siano  state  in  tale  qualità  ufficialmente  riconosciute  dal  Go- 
verno, presso  cui  la  Legazione  è  stabilita,  devono  godere  i  diritti 
e  le  prerogative  degli  agenti  diplomatici  neiradempimento  delle 
loro  funzioni  che  sono  indispensabili  per  l'esercizio  del  diritto  di 
Legazione  da  parte  dello  Stato  rappresentato. 

435.  —  I  funzionari  temporaneamente  addetti  alla  Legazione, 
quando  la  loro  posizione  ufficiale  come  tali  sia  stata  notificata  al  Mi- 
nistro degli  esteri  dello  Stato  ove  la  Legazione  è  stabilita,  e  siano 
state  al  medesimo  notificate  altresì  le  incombenze  ad  essi  affidate, 
dovranno  essere  considerati  come  parte  integrante  della  Legazione, 
e  godranno,  per  quanto  concerne  l'adempimento  delle  funzioni  ad 
essi  affidate,  i  diritti  e  le  prerogative  di  cui  secondo  il  Diritto  inter« 
nazionale  devono  godere  coloro,  che  fanno  atti  in  nome  dello  Stato. 

436.  —  Un  funzionario  addetto  alla  Legazione,  il  quale  in  caso 
di  morte  o  di  assenza  del  Ministro  straniero  sia  incaricato  di 
rappresentarlo,  avrà  il  carattere  di  un  Ministro  temporaneo  e  godrà 
durante  tale  tempo  tutti  i  poteri,  i  diritti  e  le  prerogative  del- 
l'agente diplomatico  principale  da  esso  rappresentato. 

437.  —  Le  persone  componenti  la  famiglia  del  Ministro  non 
godranno  altri  diritti  ed  altre  prerogative  tranne  quelle  dovute 
secondo  le  convenienze  ed  il  cerimoniale  diplomatico  ad  esse  in 
considerazione  dell'alta  dignità  di  cui  è  rivestito  il  Ministro  come 
capo  della  famiglia.  A  tali  persone  non  potranno  competere  ì 
diritti  e  le  prerogative,  che  secondo  il  Diritto  internazionale  spet- 
tano a  coloro  che  rappresentano  lo  Stato. 


230 


Libro  L  '  DelU  persone  —  Fai^  speciale 


Siccome  tutti  i  diritti  e  tutte  le  prerogative  che  spettano  secondo  il  Dirìtto 
intemazionale  ai  ministri  stranieri,  trovano  il  loro  fondamento  sul  concetto 
che  essi  rappresentano  nei  loro  atti  lo  Stato  e  che  Tindipendenza  delle  sovra* 
nità  osta  a  che  Tnna  eserciti  giurisdizione  secondo  il  Diritto  cornane  sugli  atti 
che  Taltra  faccia  o  direttamente  o  per  mezzo  di  suo  mandatario,  così  da  questo 
ne  consegue  che  lo  stesso  diritto  deve  essere  attrihuito  alle  persone  addette 
alla  Legazione,  in  quello  che  esse  facciano  atti  o  esercitino  pubbliche  funzioni 
per  delegazione  della  sovranità  dello  Stato  rappresentato. 

La  moglie  del  Ministro  straniero  non  può  a  rigore  partecipare  ai  diritti  ed 
alle  immunità  che  a  lui  competono;  però  ale!  spetta  il  diritto  di  partecipare 
alla  dignità  ed  al  rispetto  dovuto  al  marito,  e  non  si  può  mettere  in  dubbio 
che  rindipendenza  di  cui  egli  deve  godere  ed  il  rispetto  eccezionale  a  cui  ha 
diritto  in  ogni  caso,  per  Talta  dignità  di  cui  è  rivestito,  debbano  estendersi  più 
ehe  ad  ogni  altra  persona  alla  moglie  ed  alla  famiglia. 

Vedi  Martens,  Guide  diplomatique,  tom.  I,  p.  79. 

438.  ^  Le  persone  addette  al  servizio  di  un  ministro  o  di 
un  ambasciatore  straniero  non  possono  godere  alcun  privilegio,  ma 
devono  bensì  rimanere  sommesse  alle  giurisdizioni  ordinarie  anche 
pei  fatti  da  esse  commessi  nell'esercizio  delle  loro  incombenze. 

Le  autorità  locali  però  devono  agire  ognora  con  riserva  e  con 
prudenza  pel  rispetto  dovuto  all'agente  diplomatico  ed  agli  ob- 
blighi imperiosi  di  cortesia  da  parte  del  Governo  presso  cui  esso 
è  accreditato. 

In  ogni  questione  che  concerne  gli  agenti  diplomatici  e  le  persone  del  loro 
seguito  conviene  distinguere  sempre  quello  che  può  ritenersi  fondato  sugli 
stretti  prìncipii  del  Diritto  e  quello  che  può  essere  suggerito  dal  tatto  e  dalla 
prudenza  politica.  Riesce  facile  comprendere  che  per  mantenere  i  buoni  rap- 
porti col  Governo  rappresentato  conviene  agire  con  molto  tatto,  anche  quando 
si  tratti,  a  modo  d*esempio,  di  applicare  i  regolamenti  di  polizia  al  cocchiere 
di  un  ministro  straniero,  che  li  abbia  violati.  Piuttosto  che  ispirarsi  al  rigorosi 
prìncipii  del  Diritto,  conviene  tener  presenti  le  regole  di  cortesia  da  parte 
del  Governo  presso  cui  il  ministro  straniero  è  accreditato. 

Confronti  la  sentenza  della  Cassazione  francese  dellll  giugno  1852,  Journal 
du  Palaia,  1852,  tom.  II,  pag.  57. 

Vedi  pure  il  caso  del  cocchiere  deirambasciatore  francese  a  Berlino  nel  1688 
in  Calvo,  Droit  internat,,  tom.  VI,  §  315. 


Ricmimento  degli  agenti  diplomatici^ 
precedenza,  visite  ufficialù 

439.  —  Tutto  quello,  che  concerne  le  formalità  da  osservarsi 
nel  ricevimento  degli  agenti  diplomatici,  nella  presentazione  delle 


Titolo  VII.  •  Del  diritto  di  rappresentanza  231 

credenzìaK,  e  simili  sarà  determinalo  dal  Diritto  diplomatico  e  dal 
eerìmoDialeY  e  non  dovrà  essere  compreso  tra  i  diritti  e  prero- 
gative spettanti  ai  Ministri  in  virtù  del  carattere  dì  rappresentanti 
dello  Stato. 

L'.ag^te  diplomatico  potrà  però  esigere,  che  le  regole  stabilite 
secondo  il  Diritto  diplomatico,  il  cerimoniale,  e  gli  usi,  siano 
osservati,  e  domandare  ed  ottenere  una  spiegazione  in  caso  di 
inosservanza,  a  fine  di  eliminare  qual  si  sia  intenzione  che  il  Go- 
verno abbia  volato  arrecare  offesa  allo  Stato  da  lui  rappresentato. 

Le  regole  del  cerimoniale  diplomatico  non  possono  formar  parte  dì  questa 
trattazione. 

Sospensione  della  missione 
e  dei  poteri  di  un  agente  diplomatico. 

440.  —  La  missione  diplomatica  deve  ritenersi  sospesa: 

a)  in  caso  di  morte,  di  deposizione  o  abdicazione  del  capo 
dello  Stato,  da  cui  il  Ministro  fu  accreditato,  fino  a  tanto  che 
questi  non  sia  stato  ufficialmente  incaricato  dal  successore  al  trono 
di  fare  la  notificazione  dell'avvenuto  mutamento; 

h)  quando  nell'uno  e  nell'altro  Stato  in  seguito  ad  una  rivo- 
luzione od  altrimenti  venga  ad  essere  mutata  la  costituzione  poli- 
tica o  avvengano  fatti  tanto  importanti,  che  di  per  sé  stessi  e 
per  la  natura  delle  cose  debbano  essere  reputati  tali  da  modi- 
ficare l'indirizzo  politico  del  Governo  nell'uno  o  nell'altro  paese  ; 

e)  per  cause  personali,  quando  cioè  l'agente  diplomatico  sia 
di  fatto  impedito  di  adempiere  le  incombenze  ad  esso  affidate  ; 

d)  colla  rinunzia  da  parte  dell'agente  diplomatico,  fino  a  tanto 
che  questa  non  sia  stata  accettata. 

Il  fondamento  di  questa  regola  riposa  snl  concetto,  che  quantunque  la  per- 
sonalità dello  Stato  non  Tenga  a  subire  una  sostanziale  modificazione  quando 
muti  il  Capo  di  esso,  o  quando  sia  modificata  la  forma  del  governo,  pure  sic- 
come certi  avvenimenti  importanti  possono  modificare  Tindirizzo  politico  e  le 
conseguenti  relazioni  fra  i  Governi  dei  due  paesi,  cosi  occorre  che  i  negoziati 
in  corso  siano  sospesi,  fino  a  tanto  che  il  nuovo  ordine  di  cose  non  sia  sta- 
bilito, e  Vagente  diplomatico  non  abbia  o  direttamente  ojndirettamente  la 
riconferma  della  sua  posizione  ufficiale. 


232  Libro  L  -  DéUé  persone  ~  Parte  speciale 

441.  ^  In  qualunque  maniera  debba  ritenersi  sospesa  la  mis- 
sione diplomatica,  questo  non  fa  cessare  ipso  facto  nell'agente 
diplomatico  il  carattere  di  rappresentante  dello  Stato,  ed  il  con« 
seguente  godimento  dei  diritti  e  delle  prerogative  che,  secondo 
il  Diritto  internazionale,  spettano  a  lui  come  tale. 


Cessazione  dei  poteri  delVagente  diplomatico. 

442.  —  La  missione  diplomatica  cessa,  e  finiscono  i  poteri  che 
in  virtù  di  essa  sono  attribuiti: 

a)  quando  l'agente  diplomatico  sia  stato  inviato  per  un  affare 
speciale  e  questo  sìa  stato  compiuto; 

b)  quando  esso  sia  richiamato  dal  proprio  Governo,  o  rin- 
viato da  quello  presso  cui  era  accreditato  ; 

e)  colla  rinunzia  espressa  da  parte  di  lui,  accettata  ufficial- 
mente dal  proprio  Governo  e  notificata  a  quello  presso  cui  era 
accreditato  ; 

d)  quando  l'agente  diplomatico,  essendosi  reso  colpevole  di 
un  crimine,  pel  quale  debba  ammettersi  la  soggezione  alla  giu- 
risdizione penale  territoriale,  si  trovi  in  arresto  nel  territorio  dello 
Stato  presso  cui  fu  accreditato  ; 

e)  in  conseguenza  della  guerra  dichiarata  fra  i  due  Stati. 

443.  —  Sia  nel  caso  che  il  ministro  straniero  venga  rinviato 
dal  Governo,  sia  in  quello  della  guerra  dichiarata  fra  i  due  Stati 
o  di  altro  avvenimento,  che  renda  impossibile  di  continuare  a 
mantenere  le  relazioni  diplomatiche,  dovrà  essere  sempre  accor- 
dato al  ministro  un  tempo  sufficiente  e  ragionevole  onde  trasfe- 
rirsi nel  proprio  paese  e  far  salve  le  prerogative  d'inviolabilità 
e  di  sicurezza  personale  ad  esso  spettanti. 


Usurpazione  delle  funzioni  diplomatiche. 

444.  —  Chiunque  assumesse  la  missione  di  rappresentare  uffi- 
cialmente uno  Stato  ne' suoi  rapporti  con  altri  Stati  senza  avere 


TUdo  rn.  -  Da  diruto  di  rappresentanza  233 

legaìmente  tale  qualità,  sarà  reputato  colpevole  di  reato  contro 
il  Diritto  intemazionale  e  potrà  essere  punito,  oltre  che  nel  proprio 
paese,  altresì  in  quello  ove  esso  avesse  usurpata  la  qualità  d'agente 
diplomatico. 


Consoli. 

445.  —  T  consoli  non  hanno  vera  e  propria  qualità  di  rap- 
presentare Io  Stato  nelle  sue  relazioni  politico-internazionali,  e 
non  fanno  parte  degli  agenti  diplomatici.  Essi  devono  però  essere 
reputati  rivestiti  di  carattere  pubblico,  e  considerati  quali  man- 
datari ufficiali  del  Governo  da  cui  sono  nominati,  nell'adempiere 
la  loro  missione  e  nell'esercizio  delle  attribuzioni  che  ad  essi  spet- 
tano secondo  il  Diritto  internazionale. 

Qualora  però  sia  delegato  ad  essi  anche  l'esercizio  delle  fun- 
zioni diplomatiche,  devono  rimanere  sommessi  alle  regole  che 
concernono  gli  agenti  diplomatici  per  le  funzioni  da  essi  eserci- 
tate in  forza  della  delegazione  e  soltanto  dentro  i  limiti  fìssati 
dalla  delegazione  stessa. 

446.  —  Incombe  ad  ogni  Stato,  che  abbia  ufficialmente  rice- 
vuto un  console  nominato  da  Governo  straniero,  il  ritenere  che 
esso  debba  essere  reputato  sotto  la  protezione  del  Diritto  interna- 
zionale per  tutto  quello  che  concerne  i  diritti  e  le  prerogative 
spettanti  ai  consoli  secondo  il  Diritto  comune,  e  per  l'esercizio 
attuale  di  tutte  le  funzioni  ad  esso  attribuite  in  forza  delle  con- 
venzioni speciali  concluse  con  lo  Stato  che  lo  abbia  nominato. 

Qaantniique  i  consoli  non  possano  reputarsi  investiti  di  carattere  rappre* 
sentativo,  6  non  possano  quindi  avere  il  godimento  dei  diritti  e  delle  prero* 
gative  spettanti  agli  agenti  diplomatici,  pur  non  di  meno,  siccome  non  si  può 
dubitare  che  essi  debbano  reputarsi  rivestiti  di  carattere  pubblico,  così  conviene 
ammettere  che  quei  diritti  e  quei  vantaggi,  che  possono  ritenersi  inerenti  al 
carattere  pubblico,  debbano  reputarsi  spettanti  al  console  in  forza  del  Diritto 
comune  intemazionale.  Deve  poi  ammettersi  che  essi  possono  godere  inoltre 
i  diritti  e  le  prerogative  concordati  in  forza  delle  speciali  convenzioni  concluse 
fra  i  due  Stati,  e  che  possono  esercitare  le  finzioni  spettanti  ad  essi  a  seconda 
dellQ  convenzioni  stesse,  ed  anche  per  il  godimento  dei  diritti  e  per  Tesercizio 
delle  funzioni  secondo  la  convenzione  consolare,  essi  devono  essere  reputati 
sotto  la  protezione  del  Diritto  intemazionale,  vale^  dire  del  Diritto  interna- 


234  lÀbro  L  -  Dèlie  persone  —  tane  aptciuie 

sionale  particolare  stabilito  fra  i  due  Stati  in  forza  dei  trattato  o  della  con 
Yenzione  consolare.  Vedi  Bonfils,  Droit  itUernationalj  §§  733  e  seg. 


Prerogative  dei  consoli  secondo  il  Diritto  comune. 

447.  —  I  diritti  e  le  prerogative  spettanti  ai  consoli  secondo 
il  Diritto  comune,  potranno  essere  attribuiti  soltanto  ai  consoli 
inviati  {consules  mi88i\  a  quelli  cioè  che  siano  cittadini  dello  Stato 
il  quale  li  abbia  nominati  espressamente  per  esercitare  le  funzioni 
consolari  e  con  divieto  di  esercitare  il  commercio  o  l'industria. 

448.  —  I  consoli  inviati,  siano  essi  consoli  generali,  consoli, 
o  vice-consoli,  ogni  qual  volta  che  siano  ammessi  e  riconosciuti 
nella  loro  qualità  come  tali,  secondo  le  regole  e  le  formalità  sta- 
bilite nel  paese,  ove  devono  esercitare  il  loro  ufficio,  non  saranno 
personalmente  responsabili  degli  atti  da  essi  fatti  e  compiuti  quali 
mandatari  ufficiali  del  Governo  da  cui  sono  nominati,  e  dentro 
i  limiti  delle  attribuzioni  ad  essi  spettanti  in  forza  del  mandato 
ufficiale,  ed  in  quanto  sono  come  tali  rivestiti  del  carattere  di 
funzionari  pubblici. 

Per  gli  alti  da  essi  compiuti  nella  loro  qualità  ufficiale  e  dentro 
i  limiti  della  loro  competenza  sarà  tenuto  a  risponderne  il  Governo 
che  li  abbia  nominati. 

Confronti  per  quello  che  concerne  la  sommissione  del  console  alle  giurisdi- 
zioni ordinarie  le  regole  253-256,  e  per  la  responsabilità  civile  o  intemazionale 
dello  Stato  straniero  le  regole  259-267. 

449.  —  I  consoli  devono  essere  completamente  tutelati  nello 
esercizio  delle  loro  funzioni,  e  non  possono  essere  arrestati  o  dete- 
nuti tranne  che  per  reati  colpiti  da  pena  grave.  Essi  non  possono 
essere  costretti  a  comparire  cotne  testimoni  dinanzi  ai  tribunali 
locali,  né  a  comparire  personalmente  per  l'istruzione  di  un  pro- 
cesso penale,  ma  le  loro  dichiarazioni  dovranno  essere  richieste 
o  in  iscritto,  o  recandosi  al  loro  domicilio. 

450.  —  Incombe  in  ogni  caso  alle  autorità  locali  il  procedere 
rispetto  ad  un  console  straniero  coi  riguardi  a  lui  dovuti  in  conside- 
razione del  carattere  pubblico  di  cui  è  rivestito,  e  quando  sia  il  caso 


lìtolo  VII.  •  Del  diriUo  di  rappruentanta  235 

di  doverlo  assoggettare  ai  procedimenti  penali  per  reati  gravi  da  lui 
commessi,  rinformarne  il  Governo  del  paese  a  cui  il  console  appar- 
tiene, e  possibilmente  sospendere  il  procedimento  fino  a  tanto 
che  il  Governo  non  abbia  sollecitamente  provveduto. 

Le  regole  proposte  mirano  a  tutelare  Tesercizio  delle  funzioni  consolari  ed 
a  prevenire  i  danni  eventuali  che  ne  potrebbero  conseguire  se  i  consoli  fossero 
impediti  o  ritardati  neiresercitarle.  Nella  maggior  parte  delle  convenzioni  con- 
solari si  trova  per  questo  stabilito  in  massima  che  i  consoli  inviati  non  possono 
essere  arrestati  se  non  quando  si  tratti  di  reaU  che  la  legislazione  locale  qualifica 
crimini  e  punisce  come  tali.  Si  trova  inoltre  stabilito  che  i  consoli  non  possono 
essere  forzati  a  comparire  come  testimoni  davanti  al  tribunale  del  paese  in 
cui  risiedono.  Vedi  Convenzione  consolare  tra  Fltalia  e  gli  Stati  Uniti  8  feb- 
braio 186S,art  Sei-;  coli* Austria-Ungheria  del  16  maggio  1874,  art.  4  e  5; 
tra  gli  SUti  Uniti  e  il  Belgio  del  5  dicembre  1868;  Italia  e  Francia  S6  lu^io  1862, 
articoli  S  e  3. 

45L  —  In  ogni  caso,  in  cui  la  comparizione  personale  dinanzi 
ai  tribunali  locali  sia  indispensabile,  il  console  non  potrà  rifiu- 
tarsi, ma  incombe  alle  autorità  locali  l'invitarlo  a  comparire,  ser- 
bando ogni  possibile  riguardo  alla  dignità  di  lui  ed  ai  doveri  della 
sua  carica. 

452.  —  Spetta  ai  consoli  il  diritto  di  essere  esenti  dagli  oneri 
municipali  o  fiscali  imposti  ai  cittadini  o  agli  stranieri  domiciliati. 
Essi  godranno  quindi  l'esenzione  dall'alloggio  militare,  dal  servizio 
nella  milizia  e  da  ogni  servizio  pubblico  di  carattere  municipale. 
Saranno  parimente  esenti  dall'obbligo  di  pagare  le  contribuzioni 
militari  e  le  contribuzioni  dirette  pei'sonali,  mobiliari,  o  suntuarie, 
imposte  dallo  Stato,  dalla  Provincia,  o  dal  Comune,  salvo  però 
che  non  possedessero  beni  immobili,  o  che  non  esercitassero  una 
professione. 

453.  —  I  consoli  potranno  collocare  sopra  la  porta  esterna 
del  loro  ufficio  o  abitazione  lo  stemma  delio  Stato  a  cui  appar- 
tengono,  con  l'iscrizione:  Consolato. 

Potranno  inoltre  inalberare  la  bandiera  del  loro  paese  sulla 
loro  abitazione  od  uffizio,  quando  non  risiedano  nella  capitale 
ove  si  trovi  la  legazione  del  loro  paese. 

Per  la  in?iolabilità  degli  uffici  consolari  confronti  le  regole  330-333. 


236  Libro  L  -  DélU  versone  —  Parte  soeeicdé 


Degli  agenti  consolari. 

454.  —  Gli  agenti  consolari,  siano  essi  cittadini  dello  Stato 
da  cui  sono  nominati,  o  di  quello  ove  esercitano  le  loro  funzioni, 
non  godranno  gli  stessi  diritti  dei  consoli  della  prima  categoria. 

Essi  però,  negli  atti  che  compiono  nell'esercizio  della  loro  carica, 
in  base  alla  commissione  avuta  dal  Governo  straniero  dentro  i 
limiti  della  loro  speciale  competenza,  non  sono  responsabili  per- 
sonalmente. 

455.  —  Gli  agenti  consolari  potranno  collocare  sopra  la  porta 
esterna  del  loro  ufficio  od  abitazione  lo  stemma  dello  Stato  stra- 
niero, coiriscrizione  :  Agenzia  consolare. 

Secondo  la  legge  italiana  il  personale  dei  consolati  è  diviso  in  dne  categorìe, 
quelli  cioè  che  non  possono  esercitare  il  commercio  e  che  devono  essere  cit- 
tadini italiani,  e  quelli  della  seconda  categoria  che  possono  esercitare  il  com- 
mercio ed  essere  stranieri.  Questi  sono  denominati  vice-consoli  o  agenti 
consolari. 


Attribuzione  dei  consoli 
secondo  il  Diritto  convenzionale. 

456.  —  Le  funzioni  dei  consoli,  le  loro  attribuzioni,  ì  loro 
diritti  ed  i  loro  doveri,  secondo  il  Diritto  convenzionale,  devono 
essere  determinati  a  seconda  della  convenzione  conclusa  tra  lo 
Stato  a  cui  il  console  appartenga  e  quello  in  cui  egli  eserciti  il 
suo  ufficio. 

457.  —  Il  console  non  può  legalmente  esercitare  nessuna  fun- 
zione rispetto  ai  nazionali,  se  non  quando  egli  ne  abbia  la  com- 
petenza speciale  in  forza  delle  leggi  e  dei  regolamenti  dello  Stato 
che  lo  abbia  nominato. 

Esso  però  non  potrà  effettivamente  esercitare  ogni  funzione  a 
lui  attribuita  secondo  la  sua  legge  nazionale,  se  non  quando  l'eser- 
cizio debba  reputarsi  consentito  in  forza  del  trattato  concluso  tra 
i  due  Stati. 


Titolo  VII,  '  Del  diritto  di  rappresentanza  i237 

Conviene  considerare  ogni  attribuzione  del  console  sotto  nn  duplice  punto 
di  TÌsta:  dì  fronte  cioè  alla  legge  dello  Stalo  cui  esso  appartiene  e  di  fronte 
a  quella  del  paese  ove  il  console  trovasi  stabilito.  Sotto  il  primo  punto  di 
vista  il  console  è  un  ufficiale  pubblico,  e  ogni  forma  della  sua  competenza 
come  tale  deve  essere  fondata  sulla  legge  completata  dai  regolamenti  e  dalle 
istruzioni  ministeriali.  Non  può  per  altro  reputarsi  sufficiente  che  la  legge  nazio- 
nale conferisca  al  console  una  data  attribuzione  per  dedurne  che  egli  possa 
esercitarla  nel  paese  ove  si  trovi  ufficialmente  stabilito.  Bisogna  invece  sotto 
tale  rispetto  tener  conto  della  legge  territoriale  e  del  trattato.  Nessuna  delle 
attribuzioni  spettanti  al  console  secondo  la  sua  legge  nazionale  può  essere 
esercitata,  quando  vi  osti  la  legge  territoriale  :  ed  è  per  questo  che  Tesercizio 
effettivo  delle  attribuzioni  consolari  deve  essere  determinato  in  base  alla  con- 
venzione consolare  ed  al  rispetto  della  legge  territoriale. 

Vedi  per  le  attribuzioni  dei  consoli,  come  protettore  legale  dei  nazionali, 
le  regole  stabilite  al  Titolo  Vili. 

468.  —  L'esercizio  della  giurisdizione  contenziosa  in  materia 
civile  e  delia  giurisdizione  penale  può  essere  attribuito  al  consoli 
nei  paesi  incivili,  dato  che  tale  potere  possa  ritenersi  fondato  sui 
tratte  J^  o  sulle  capitolazioni  in  vigore  conclusi  tra  Io  Stato  stra- 
niero in  nome  di  cui  la  giurisdizione  sia  esercitata,  e  quello  ove 
i  tribunali  consolari  trovlnsi  istituiti. 

Per  Fesereizio  della  giurisdizione  nei  paesi  ove  sono  in  vigore  le  capitola* 
zioni  confronti  le  regole  345-349. 

Vedi  pure:  Gontuzzi,  La  istituzione  dei  consolati  ed  il  Diritto  internazio- 
nale europeo  neUa  sua  applieabilUà  in  Oriente,  Napoli  1885;  Fsraud  Giraud, 
De  la  Juridietion  frangaise  dans  les  échelles  du  Levante  Farìs  1866;  Lawrence, 
Études  sur  la  juridietion  consulaire  en  ^uys  chréliens  et  en  pays  non  chré- 
tiens,  Leipzig  1880. 


238 


Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speeiak 


TITOLO  Vili. 


Della  protezione  dei  cittadini. 


469.  —  Spetta  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  il  diritto  di  pro- 
teggere e  difendere  i  cittadini  residenti  all'estero  con  ogni  mezzo 
che  debba  reputarsi  lecito  secondo  il  Diritto  internazionale,  e 
d'impedire  qualsisia  procedimento  arbitrario  a  riguardo  dei  mede- 
simi, ed  in  caso  di  lesione  tutelare  i  loro  diritti  nel  legale  eser- 
cizio delle  azioni  da  essi  intentate  per  ottenere  la  riparazione  di 
ogni  danno  e  di  qualsisia  ingiustizia  patita,  e  di  esìgere,  secondo 
le  circostanze,  le  opportune  garanzie  adatte  a  prevenire  i  proce- 
dimenti arbitrari  nell'avvenire. 

460.  —  Il  diritto  di  proteggere  i  cittadini  all'estero  deve  essere 
esercitato  principalmente  dal  sovrano  dello  Stato,  e  dagli  agenti 
diplomatici,  ai  quali  è  attribuita  la  rappresentanza  legale  del  me- 
desimo, e  può  essere  esercitata  dai  consoli  nei  paesi,  ove  essi 
trovansi  stabiliti,  e  dentro  i  limiti  fissati  dalla  convenzione  con- 
solare^ che  determini  le  attribuzioni  dei  consoli  nei  territori 
rispettivi. 

Le  regole  enunciate  mirano  a  stabilire  il  principio  della  tutela  giuridica  dei 
diritti  dell'uomo  nella  società  internazionale.  Anche  nell'ipotesi  che  tali  diritti 
non  siano  riconosciuti  mediante  trattati  devono  reputarsi  ognora  sotto  la  tutela 
giuridica  della  sovranità  dello  Stato,  di  cui  Tuomo  è  cittadino,  la  quale  non 
ha  soltanto  il  diritto,  ma  bensì  il  dovere  di  proteggere  i  cittadini  dimoranti 
all'estero ,  e  di  domandare  che  siano  ad  essi  applicate  le  leggi,  che  devono 
tutelare  la  persona  umana  ed  i  suoi  diritti.  Avviene  più  frequentemente  che 
l'obbligo  reciproco  di  rispettare  i  diritti  della  personalità  umana,  che  trovansi 
determinati  in  seguito  al  titolo  X,  sia  riconosciuto  a  reciprocità  mediante  trat- 
tato, ma  non  sì  deve  immaginare  che  l'obbligo  di  rispettare  tali  diritti  non 
sussista  del  tutto  quando  manchi  il  trattato,  e  che  le  arbitrarie  lesioni  da  parte 
della  sovranità  del  paese  dei  diritti  personali  del  cittadino  residente  aiKestero 
escludano  il  diritto  della  sovranità  di  difendere  ed  appoggiare  i  giusti  reclami 
dei  cittadini  quando  manchi  il  trattalo. 


Titoh  Vili  '  Della  pr<^4ziane  dei  cittadini  239 


Giusti  limiti  della  protezione. 

461.  —  Incombe  ai  Crovemi  il  non  esagerare  razione  diplo- 
matica vòlta  al  giusto  fine  dì  proteggere  i  cittadini,  in  modo  da 
convertirla  da  una  questione  privata  in  una  questione  nazionale, 
eccetto  che  pel  £atto  e  per  le  circostanze  sia  implicata  nel  caso 
particolare  la  dignità  dello  Stato. 

462.  -—  Sarà  reputata  illecita  ed  ingiustificabile  la  protezione, 
quando  sia  ordinata  allo  scopo  di  ottenere  ai  cittadini  residenti 
all'estero  una  posizione  privilegiata; 

quando  sia  esercitata  colFìntendimento  di  sostituire  Fazione 
diplomatica  a  quella  delle  giurisdizioni  territoriali; 

quando  sia  esagerata  in  maniera  da  equivalere  ad  una  tal  quale 
pressione  da  parte  del  Governo  di  uno  Stato  forte  e  potente  per 
ottenere  indebiti  vantaggi  ai  cittadini  o  l'esenzione  dall'adempi- 
mento degli  obblighi  legalmente  derivanti  dalla  legge  territoriale. 

Le  regole  enunciate  mirano  ad  escludere  la  indebita  protezione  da  parte 
dei  Governi  più  forti,  i  quali  talvolta  hanno  preteso  di  ottenere  dai  Governi 
più  deboli,  che  i  cittadini  stabiliti  alPestero  per  ragioni  commerciali  o  per 
esercitarvi  l'industria  non  fossero  assoggettati  alle  le|^  locali,  o  che  potessero 
ottenere  in  via  amministrativa  la  tutela  dei  loro  diritti,  non  ostante  che  non 
fossero  mancati  i  mezzi  legali  per  ottenerla  mediante  le  azioni  giudiziarie. 

Fra  i  vari  casi  di  protezione  indebita,  vedi  quello  di  Mac  Donald  riportato 
da  Calvo,  Droit  inUrnat.,  4'  ed.,  §  1279.  Gonfr.  Fiori,  Dir.  intern.  pubblico, 
3*  ediz.,  voL  i,  pag.  412  e  seg. 

463.  —  Il  diritto  di  protezione  spettante  alla  sovranità  di  cia- 
scuno Stato  si  potrà  esercitare  anche  a  riguardo  dei  naturalizzati, 
purché  però  non  miri  a  proteggerli  contro  Io  Stato  di  cui  origi- 
nariamente erano  cittadini,  a  fine  di  sottrarli  dall'adempimento 
degli  obblighi  che  devono  reputarsi  sussistenti  non  ostante  l'espa- 
triazione. 

La  proposta  regola  mira  ad  escludere  la  protezione  di  un  naturalizzato 
eontro  il  suo  paese  di  origine,  nel  caso  che  egli  fosse  tenuto  ad  adempiere 
certi  obblighi  non  soddisfatti  prima  delFespatriazione,  come  ò  ad  esempio  quello 
del  servizio  militare.  Nel  caso  di  Meyer  cittadino  prussiano  naturalizzato  in 
America,  e  che  ritornato  in  Prussia  fti  costretto  al  servizio  militare,  i  giusti 


240  Libro  L  -  Delle  per$one  —  Farle  speciale 

principii  a  tale  riguardo  trovansi  stabiliti  nella  nota  del  barone  Manheufiel 
ministro  degli  Slati  Uniti  al  sig.  Fay  del  22  ottobre  1851 
*  Quando  una  persona  ottiene  la  naturalizzazione  in  un  paese  straniero,  il 

*  Governo  di  questo  paese  non  può  mai -ammettere  che  con  tale  atto  essa  sia 
"  liberata  dalle  obbligazioni,  alle  quali  era  tenuta  prima  della  sua  natnralìz- 
"  zazione.  Io  aggiungo ,  che  in  tutti  i  casi  simili  a  quello  del  Meyer  non  si 

*  tratta  pel  Governo  prussiano  di  prendere  un  cittadino  americano  per  incor* 
"  porarlo  airarmata,  ma  di  mantenere  il  rispetto  dovuto  alla  legge  e  di  assi- 

*  curarne  Tesecuzione.  £  se  il  Governo  di  S.  M.  si  propone  di  fare  eseguire 
**  la  legge  contro  un  prussiano  sul  territorio  prussiano ,  io  desidero  persua* 
**  dermi,  che  il  Governo  degli  Stati  Uniti  ha  troppo  rispetto  per  la  sua  dignità 

*  per  volersi  opporre  ,  (Gongress  Documents,  1852,  n.  38). 


Protezione  esercitata  per  mezzo  dei  consoli. 

464.  —  Incombe  ai  consoli  dello  Stato,  che  li  abbia  a  tale 
ufficio  deputati,  il  proteggere  grinteressi  privati  dei  cittadini  di 
lui  e  specialmente  quelli  nascenti  dall'esercizio  del  commercio. 

465.  —  Lo  stabilimento  dei  consolati  nelle  città  rispettive  deve 
dipendere  dal  libero  accordo  degli  Stati  espresso  mediante  con- 
venzione stipulata.  Deve  però  reputarsi  in  opposizione  con  i 
buoni  rapporti  internazionali  il  rifiuto  arbitrario  di  stabilire  ì  con-^ 
solati  nei  paesi  nei  quali  sia  importante  l'esercizio  del  commercio 
tra  i  cittadini  dei  due  Stati. 

Quantunque  lo  stabilimento  dei  consolati  debba  reputarsi  nella  sfera  della 
libertà  reciproca  delle  sovranità,  pur  non  di  meno  considerando  che  là,  ove 
le  relazioni  commerciali  siano  di  fatto  importanti,  Tinteresse  reciproco  degli 
Stati,  che  intendono  mantenere  i  loro  buoni  rapporti,  esige  di  favorire  le  isti* 
tuzioni  adatte  allo  sviluppo  del  commercio  ed  alla  tutela  degrinteressì  pub- 
blici e  privati  che  ne  derivano,  si  può  con  ragione  ritenere  il  rifiuto  arbitrario 
di  stabilire  i  consolati  come  un'attitudine  non  al  certo  benevola  pel  mante- 
nimento dei  buoni  rapporti  internazionali,  e  potrebbe  essere  pure  considerato 
offensivo  da  parte  dello  Stato,  che  per  proteggere  gl'interessi  dei  cittadini 
intenda  stabilire  i  consolati. 

466.  —  Un  console  non  potrà  esercitare  le  funzioni  che  a  lui 
spettano  nel  paese  ove  il  consolato  sia  stabilito  se  non  dal 
momento  in  cui  il  suo  carattere  pubblico  sia  stato  riconosciuto 
ufficialmente  mediante  un  atto  del  Governo  di  detto  paese. 

Si  denomina  comunemente  exequatur  Tatto  col  quale  il  Governo  dà  ufficial- 
mente Fordine  alle  autorità  locali  o  provinciali  di  riconoscere  il  console  straniero 
nella  sua  qualità  come  tale,  ed  esso  deve  reputarsi  indibpensabiie  a  stabilire 
le  relazioni  ufficiali  tra  il  console  e  le  dette  autorità. 


Titolo  rni.  '  DtOd  protezione  dei. cittadini  241 


Attrihuziani  del  consoli. 

467.  —  Le  attribuzioni  spettanti  ai  consoli  neiresercizio  delle 
loro  funzioni  come  tali  devono  reputarsi  essere  quelle  che  si  tro- 
vano per  reciproco  accordo  determinate  tra  i  due  Stati  nella 
convenzione  relativa  allo  stabilimento  dei  consolati. 

468.  —  Indipendentemente  dai  patti  stipulati  nella  convenzione 
consolare  deve  ritenersi  insito  nel  carattere,  che  i  consoli  hanno 
quali  protettori  dei  cittadini  dello  Stato,  da  cui  sono  istituiti,  il 
diritto  di  esercitare  riguardo  ad  essi  tutte  le  attribuzioni  in  via 
amministrativa,  o  di  giurisdizione  volontaria  in  conformità  della 
loro  legge  nazionale,  quando  non  vi  sia  espressa  disposizione  con- 
traria secondo  la  legge  territoriale. 

Quando  i  eonsolati  siano  istituiti  in  forza  di  convenzione  stipulata  fra  due 
Stati,  bisogna  ritenere  in  massima,  che  la  sovranità,  la  quale  concede  Vexe» 
quatur^  viene  con  ciò  a  riconoscere,  che  il  console  straniero,  rispetto  ai  cit- 
tadini dello  Stato,  che  lo  abbia  nominato,  possa  esercitare  tutte  le  attribuzioni 
che  a  lui  spettano  riguardo  ad  essi,  a  seconda  della  legge  dello  Stato  stra- 
niero. CSonseguentemente,  quando  nella  convenzione  relativa  non  sia  stata  fatta 
alcuna  riserva,  o  quando  non  sMncontri  Tostacolo  d*una  disposizione  della 
legge  territoriale,  che  limiti  Tesercizio  di  qualche  attribuzione  da  parte  dei 
consoli,  deve  ritenersi  in  massima,  che  essi  siano  autorizzati  ad  esercitare  le 
loro  attribuzioni  rispetto  ai  cittadini  dello  Stato  straniero  secondo  la  legge 
nazionale,  salvo  sempre  Tosservanza  della  legge  territoriale  nei  loro  rapporti 
colle  autorità  locali.  Così  va  detto,  a  modo  d^esempio,  del  diritto  dì  celebrare 
i  matrimoni  tra  i  nazionali  nell^ufficio  consolare;  del  diritto  di  esigere  ed  otte- 
nere le  dichiarazioni  del  capitano  di  una  nave  mercantile  nazionale;  di  rego« 
lare  le  vertenze  sopravvenute  durante  la  navigazione  tra  lui  e  le  persone 
deirequipaggio,  e  via  dicendo.  Anche  quando  nella  convenzione  consolare  non 
fosse  stato  espressamente  provveduto,  non  sì  potrebbe  escludere  il  diritto  del 
console  di  esercitare  le  dette  attribuzioni  e  le  altre  somiglianti. 

469.  —  I  consoli  devono  ritenersi  ognora  autorizzati  a  rap- 
presentare nei  paesi  stranieri  i  diritti  dei  loro  nazionali  assenti 
o  incapaci  di  esercitare  da  sé  i  loro  diritti  e  non  legalmente 
rappresentati,  e  di  prendere  tutti  i  provvedimenti,  che  secondo  i 
casi  potessero  essere  necessari  o  utili  per  tutelare  ogni  diritto 
ed  ogni  interesse  dei  medesimi. 

Essi  non  potranno  a  tal  line  fare  alcun  atto  d'imperio  e  di 

16  —  Fiore,  Dir.  intera,  codif. 


242  Libro  f.  •  Delle  peraoììe  —  Parte  spretale 

giurisdizione,  quando  non  siano  a  ciò  autorizzati  dalla  conven- 
zione consolare,  ma  potranno  ognora  fare  presso  le  autorità  locali 
o  presso  il  Governo  del  paese  i  passi  opportuni  per  la  tutela  e 
la  conservazione  dei  diritti  compromessi,  e  le  istanze,  le  proteste 
e  gli  atti  conservativi  di  qualsisia  natura,  che  possano  stimare 
opportuni  per  proteggere  gì'  interessi  degli  assenti  o  degFinca- 
paci  legalmente  non  rappresentati. 

470.  —  I  consoli  non  potranno  in  caso  di  morte  di  un  nazio- 
nale apporre  i  sigilli  sui  beni  del  defunto  esistenti  nel  paese  ove 
trovinsi  stabiliti,  se  non  siano  a  ciò  autorizzati  dalla  convenzione 
consolare,  ma  potranno  richiedere  ufficialmente  alle  autorità  locali 
di  provvedere  alla  tutela  e  alla  conservazione  dei  beni  ereditari 
e  dei  diritti  successorii:  potranno  assistere  a  tutte  le  operazioni 
per  procedere  all'apposizione  e  levata  dei  sigilli,  alla  formaziore 
dell'inventario,  alla  sottoscrizione  dei  processi  verbali,  alla  ven- 
dita degli  oggetti  mobili  della  successione  che  potessero  dete- 
riorarsi :  potranno  a  tal  fine  richiedere  che  le  autorità  locali  diano 
loro  avviso  per  informarli,  quando  esse  intendano  procedere  a 
tali  atti,  e  sollecitarne  il  pronto  ed  esatto  compimento  :  potranno 
inoltre  richiedere  che  gli  efi'etti  e  i  valori  inventariati  siano  debi- 
tamente conservati  e  vigilarne  la  conservazione:  che  i  crediti 
realizzati  siano  depositati  nelle  casse  pubbliche,  affinchè  diventino 
fruttiferi,  ricuperare  i  crediti  del  defunto  e  sollecitarne  coi  mezzi 
legali  il  pagamento  :  potranno  fare,  in  una  parola,  nel  paese  stra- 
niero tutto  quello  che  siano  autorizzati  a  fare  secondo  la  legge 
gl'interessati  stessi,  dato  che  essi  siano  assenti  o  non  legalmente 
rappresentati,  e,  se  gl'interessati  nazionali  siano  presenti  o  legal- 
mente rappresentati,  assisterli  e  proteggerli  per  ottenere  l'esatto 
adempimento  della  legge  e  l'esatto  compimento  di  tutti  i  proce- 
dimenti idonei  alla  conservazione  dei  loro  diritti. 

471.  —  I  consoli  non  potranno,  quando  non  siano  a  ciò  auto- 
rizzati dalla  convenzione  consolare,  organizzare  la  tutela  o  cura- 
tela in  conformità  della  legge  del  paese  al  quale  appartengono, 
ma  potranno  ognora  vegliare  nell'interesse  degli  eredi  a  che  la 
tutela  sia  debitamente  istituita  e  vigilarne  il  regolare  funziona- 


Titolo  Vili,  -  Della  protezione  dei  cittadini  243 

mento,  reclamando,  quando  sia  il  caso,  alle  autorità  competenti 
ed  assistendo  dinanzi  ai  tribunali  gl'interessati  nel  sostenere  i  loro 
legittimi  diritti. 

472.  —  Incombe  ai  consoli,  nel  caso  che  una  nave  mercantile 
nazionale  si  trovi  in  pericolo  o  che  patisca  un  sinistro  di  mare 
0  un  naufiragio,  provvedere  all'assistenza  della  medesima  o  al 
salvataggio,  e  dirigere  tutte  le  operazioni  relative  e  provocare 
ufficialmente,  quando  ne  sia  il  caso,  Tintervento  delle  autorità 
locali  per  essere  assistiti  e  per  ottenere  la  pronta  e  sicura  ese- 
cuzione di  quanto  possa  occorrere  per  riparare  i  danni  provenienti 
dal  sinistro  o  dal  naufragio. 

473.  —  Incombe  ai  consoli  tutelare  l'esatta  osservanza  dei 
trattati  e  delle  convenzioni  esistenti  tra  i  due  paesi  e  reclamare 
sopratutto  contro  qualunque  violazione  a  danno  dei  nazionali  e 
contro  qualunque  offesa  ai  diritti  ad  essi  nazionali  spettanti,  in 
forza  di  detti  trattati  e  convenzioni.  E  qualora  i  reclami  da  essi 
fatti  non  fossero  accolti  dalle  autorità  locali  incombe  ad  essi 
ricorrere  agli  agenti  diplomatici  del  proprio  paese  o  informarne 
il  Governo  dello  Stato  nel  quale  essi  risiedono. 

474.  —  Incombe  ai  consoli  provvedere  al  rimpatrio  dei  nazio- 
nali indigenti  e  soccorrere  coloro  che  si  trovino  in  eccezionali 
circostanze  di  bisogno  e  di  soccorso. 

Le  regole  proposte  possono  trovare  la  loro  applicazione  neiripotesi  che  dae 
Stati  si  siano  trovati  d*accordo  neiristitnire  i  consolati,  e  che  Tuno  o  Taltro 
di  essi  abbia  nominato  il  console  prima  che  sia  conclusa  e  stipulata  la  con- 
venzione consolare  per  determinare  Tesercizio  delle  attribuzioni  consolari. 

Bisogna  in  tal  caso  ritenere  che,  siccome  nel  carattere  e  neiruffizio  di  console 
è  insito  il  diritto  di  tutelare  e  proteggere  gl'interessi  dei  nazionali,  cosi  deve 
ammettersi  che  il  console  possa  esercitare  tale  diritto  di  protezione  secondo 
i  principii  del  Diritto  comune  intemazionale,  e  che  conseguentemente  non 
possa  fare  alcun  atto  dMmperio,  ma  che  debba  essere  ammesso  bensì  ad  ini- 
ziare tutti  quei  procedimenti,  coi  quali  si  esplicano  il  diritto  ed  il  dovere  di 
protezione  inerenti  al  suo  uffizio. 


244  Libfo  L  -  Delle  persone  —  Paiate  speciaU 


TITOLO  IX. 


Doveri  intemazionali  degli  Stati. 


475.  —  Ciascheduno  Stato  è  tenuto  a  rispettare  i  diritti  inter- 
nazionali degli  altri  che  vivono  nella  società  internazionale,  e  ad 
esercitare  tutte  le  funzioni,  tutte  le  attività  e  tutti  i  diritti  che  gli 
appartengono  in  maniera  da  non  ledere  il  diritto  altrui. 

Qaesta  regola  vale  a  stabilire  il  principio  generale  dell^equìlibrìo  o  dell^or- 
dinamento  giuridico  della  società  intemazionale,  la  quale  non  può  essere 
mantenuta  e  conservata,  che  a  condizione  che  uno  non  invada  la  cerchia  dei 
diritti  delFaltro,  e  che  dia  agli  altri  quello  che  è  ad  essi  dovuto.  Non  pnò 
concepirsi  coesistenza  di  persone,  che  hanno  diritti  identici,  senza  presupporre 
che  sia  costantemente  mantenuta  fra  di  esse  quella  certa  necessaria  legge  di 
proporzione  tra  le  loro  azioni  e  le  loro  inazioni,  senza  di  che  la  loro  coesi- 
stenza riuscirebbe  impossibile.  I  diritti  spettanti  agli  Stati  ed  esposti  nel  titolo 
antecedente,  hanno  come  complemento  necessario  i  doveri,  che  ciascuno  è 
tenuto  ad  osservare. 

476.  —  Incombe  altresì  agli  Stati  ed  ai  Governi,  che  ii  rappre- 
sentano, il  riconoscere  l'autorità  della  legge  morale  e  della  giu- 
stizia naturale,  e  non  violarne  i  precetti  durante  la  pace,  e 
quando  sopravvenga  la  guerra. 

La  legge  morale,  siccome  deve  regolare  tutti  i  rapporti  degli  esseri  ragio- 
nevoli, così  deve  regolare  quelli,  che  nascono  tra  i  popoli  civili,  che  convi- 
vono nella  società  universale.  L'osservanza  dei  precetti,  che  essa  impone, 
caratterizza  la  civiltà  ed  origina  tutti  quei  doveri  che  sono  denominati  dweri 
di  umanità, 

AT7,  —  I  principali  doveri  intemazionali  degli  Stati  sono: 
a)  il  dovere  di  non  intervento; 

V)  il  dovere  di  tutela  giuridica  collettiva  del  Diritto  interna- 
zionale ; 

e)  il  dovere  di  reciproca  e  mutua  assistenza; 
d)  i  doveri  dì  umanità. 
Incombe   inoltre  agli   Stati  il  dovere   generale  di  adempiere 
lealmente  ed  in  buona  fede  le  obbligazioni  assunte  in  forza  di 


Titolo  IX.  '  Doviri  intemazionali  degli  Stati  245 

trattati,  di  patti  espressi  o  taciti,  o  che  derivino  da  fatti  da  essi 
compiuti  nella  società  intemazionale. 

Detennineremo  in  particolare  le  obbligazioni  che  possono  deriyare  nei  rap- 
porti intemazionali  dai  fatti  leciti  o  illeciti  compiuti  dal  Governo  di  uno  Stato 
nel  Libro  II,  titolo  ultimo,  nel  quale  saranno  esposte  le  regole  relative  alla 
responsabilità  dello  Stato. 


Dovep'e  di  non  intervento. 

478.  — -  Ciascuno  Stato  è  tenuto  a  non  intromettersi  negli  affari 
degli  altri  Stati,  con  l'intendimento  d'impedire  o  di  ostacolare  il 
libero  ed  indipendente  esercizio  dei  diritti  di  sovranità  spettanti 
ad  essi  all'interno,  ed  il  libero  sviluppo  di  tutte  le  funzioni  del 
Governo. 

L'ingerenza  in  tali  faccende,  effettuata  mediante  l'impiego  della 
forza  morale,  costituisce  l'intervento  morale,  quello  effettuato 
mediante  la  forza  militare  costituisce  l'intervento  armato. 

470.  —  L'intervento  morale  e  l'intervento  armato  sono  asso- 
lutamente illeciti,  e  devono  essere  sempre  reputati  quale  viola- 
zione del  Diritto  intemazionale. 

480.  —  Si  deve  ritenere  assolutamente  inibito: 

a)  l'impedire  che  un  popolo  modifichi  la  costituzione  poli- 
tica dello  Stato,  o  la  forma  del  Governo; 

b)  l'ostacolare  il  libero  sviluppo  del  Governo  costituito  o  della 
pubblica  ammim'strazione  ; 

e)  l'ingerirsi  nell'esercizio  del  potere  legislativo,  ostacolando 
in  qualunque  maniera  il  diritto  spettante  a  ciascuno  Stato  di  fare 
le  leggi  con  completa  indipendenza; 

d)  l'influire  sulle  nomine  agl'impieghi  pubblici  e  sulla  scelta 
delle  persone  chiamate  ad  esercitare  le  funzioni  sovrane; 

e)  qualunque  aggressione  diretta  o  indiretta  all'autonomia  e 
all'indipendenza  della  sovranità. 

n  dovere  di  non  intervento  in  ogni  questione  che  concerne  la  costituzione 
politica  dello  Stato  ed  il  libero  esercizio  di  ogni  potere  e  di  ogni  funzione 
sovrana  all^intemo  dello  Stato  è  la  condizione  indispensabile,  affinchè  Tanto- 
nomia  e  T  indipendenza  dello  Stato  diventi  reale  ed  effettiva.  Ogni  diritto  è 


246  Libro  I.  •  Delle  persone  -—  Parte  speciale 

correlativo  ad  un  dovere,  e  deve  riuscire  chiaro  che  i  diritti  di  sovranità,  che 
sono  stati  sviluppati  nei  titoli  precedenti,  importano  il  dovere  correlativo  del 
rispetto  e  deirastensione  da  qualsisia  attentato  da  parte  degli  altri.  Tale  dovere 
è  stato  più  generalmente  riconosciuto  nella  seconda  metà  di  questo  secolo. 
Dopo  il  trattato  di  Vienna  del  1815,  che  pose  come  base  della  nuova  orga- 
nizzazione dell'Europa  di  mantenere  e  tutelare  i  possedimenti  territoriali  attri- 
buiti alle  dinastie  regnanti,  ed  i  diritti  a  ciascuna  di  esse  attribuiti  in  forza 
del  mentovato  trattato,  gP interventi  armati  furono  giustificati  dalla  pretesa 
necessità  di  mantenere  Torganamento  dell'Europa  come  era  stato  stabilito,  e 
di  non  turbare  Tequilibrio  politico.  Vedi  la  storia  degrinterventi  armati  per 
arrestare  il  movimento  liberale  nella  Spagna,  a  Napoli,  nel  Portogallo  e  altrove 
in  Calvo,  Drait  intemat,  tom.  I,  §  168  e  seg. 

481.  —  II  pretesto  di  tutelare  grinteressi  nazionali  e  quelli  dei  cit- 
tadini non  può  mai  valere  a  legittimare  il  vero  e  proprio  intervento* 

482.  —  Il  dovere  di  non  intervento  non  vien  meno,  laddove 
un  popolo,  senza  violare  il  Diritto  internazionale,  risolva  con  una 
rivoluzione  all' intemo  una  quistione  di  Diritto  costituzionale,  e 
provveda  siccome  stimi  meglio  all'ordinamento  dello  Stato. 

Il  danno  mediato,  il  perìcolo,  il  pregiudizio,  l'offesa  degl'inte- 
ressi e  delle  aspettative,  che  possono  essere  conseguenza  indiretta 
d'una  rivoluzione  all'interno  e  della  guerra  civile,  non  fanno  nascere 
nessun  diritto  d'intervento  armato. 

483.  —  Qualora  la  rivoluzione  o  la  guerra  civile  in  uno  Stato 
cagioni  una  lesione  reale  ed  attuale  dei  diritti  di  un  altro  Stato, 
questo  potrà  difendersi  con  tutti  i  mezzi  consentiti  dal  Diritto 
internazionale. 

Chi  provvede  alla  tutela  del  proprio  diritto  non  arreca  con  ciò  ingiuria  ad 
altri.  Deve  ritenersi  inibito  d'ingerirsi  negli  affari  politici  interni  di  un  paese 
straniero,  ed  illecito  d'impiegare  la  forza  morale  o  materiale  per  far  prevaler* 
la  propria  volontà,  o  i  propri  intendimenti.  Se  però  il  partito  della  rivoluzione 
per  fare  proseliti  alla  propria  causa  cercasse  di  sovvertire  le  istituzioni  poli* 
tiche  di  uno  Stato  limitrofo,  il  diritto,  che  a  ciascuno  Stato  spetta,  di  provve- 
dere con  ogni  mezzo  alla  difesa  di  sé  stesso,  giustificherebbe  la  resistenza  e 
razione  secondo  i  casi.  Tale  avvemmento  potrebbe  condurre  pure  all'impiego 
della  forza  armata  per  respingere  V  ingiusta  invasione  e  gli  effetti  diretti  ed 
immediati  da  parte  del  partito  rivoluzionario,  ma  tutto  questo  non  potrebbe 
al  certo  denominarsi  intervento,  ma  dovrebbe  bensì  essere  apprezzato  coi 
principii  che  devono  governare  il  diritto  di  legittima  difesa,  e  potrebbe  far 
nascere  pure  il  casus  belli,  ma  non  può  essere  qualificato  intervento. 

484.  —  L'intervento  in  caso  di  guerra  civile  non  potrà  dive- 
nire lecito,  se  sia  effettuato  col  consenso  formale  del  Governo, 
reso  impotente  a  dominare  la  rivoluzione. 


Titolo  IX.  '  DoveH  internazionali  degli  Sfati  ^7 

485,  —  Non  potrà  essere  giustificato  T  intervento  armato  per 
mantenere  l'ordinamento  politico  di  uno  Stato,  qualora  esso  fosse 
effettuato  in  virtù  di  un  patto  espresso  in  un  trattato  preceden- 
temente concluso  tra  i  Governi,  o  in  virtù  d'una  clausola  in  esso 
espressa  ad  oggetto  di  garantire  la  costituzione  politica  o  i  pre» 
tesi  diritti  delle  dinastie. 

Onesta  regola  riposa  sol  concetto,  che  il  diritto  di  provvedere  all'ordina- 
mento intemo  dello  Stato  ed  alla  sna  costituzione  politica  appartiene  origi- 
nariamente ed  assolutamente  al  popolo,  e  che  non  possono  i  sovrani  mediante 
patti  e  trattati  togliergli  la  facoltà  piena  e  completa  di  amministrare  e  gover* 
nare  sé  stesso  nella  maniera  la  più  indipendente.  I  pretesi  diritti  delle  dinastie 
regnanti  fondati  snl  Diritto  storico  o  sn  di  altri  titoli  non  possono  menomare 
mai  i  diritti  intemazionali  dei  popoli  e  delle  nazioni,  e  conseguentemente  non 
possono  legittimare  Tnso  della  forza  armata  e  Taiuto  da  parte  di  Stati  stranieri 
effettuato  mediante  Tintervento.  —  Non  cade  sotto  il  precetto  di  questa  regola 
Falleanza  difensiva  fra  due  Stati,  la  (juale  può  legittimare  il  soccorso  armato, 
quando  vi  sia  il  casus  foederis,  ma  per  difendere  i  diritti  dello  Stato,  o  quelli 
del  popolo,  e  non  già  quelli  del  Governo  o  delle  dinastie  contro  il  popolo. 

486.  —  Il  dovere  assoluto  di  non  intervento  negli  affari  intemi 
di  uno  Stato  non  può  subire  alcuna  modificazione  pel  pretesto 
di  tutelare  i  voluti  diritti  del  Papato,  e  le  sue  pretese  al  potere 
temporale. 

Uno  dei  più  speciosi  sofismi  del  Papato  e  de'  suoi  fautori  è  stato  quello 
deUa  pretesa  necessità  del  domìnio  temporale  e  della  sovranità  politica  del 
Papa  per  assicurargli  la  più  complèta  indipendenza  neiresercizio  delle  sue  fun- 
zioni come  Capo  della  Chiesa.  Fu  in  forza  di  tale  sofisma  che  si  cercò  legitti- 
mare l'intervento  a  Roma  da  parte  della  Francia,  la  quale  mantenne  ivi  le 
sue  milizie  armate  fino  al  1870,  adducendo  che  lo  faceva  per  tutelare  gK  in- 
teressi della  Chiesa  Cattolica  e  Tindi  pendenza  del  suo  Capo.  Le  regole  36-37, 
68-61,  350-356,  esposte  in  questo  Libro,  e  quelle  seguenti  al  titolo  xi,  escludono 
la  necessità  della  sovranità  politica  e  temporale  come  condizione  indispen- 
sabile per  la  libertà  della  Chiesa  e  Ti ndi pendenza  del  Papato.  Qualche  tentativo 
è  stato  fatto,  dai  vescovi  cattolici  sopratutto,  per  spingere  i  Governi  a  interve- 
nire a  Roma  per  ripristinare  il  Papa  nel  possesso  della  sua  sovranità  temporale, 
ma  oramai  può  ritenersi  come  stabilito  che  l'intervento  per  tale  motivo  debba 
reputarsi  in  opposizione  coi  principii  del  Diritto  internazionale  moderno. 


Dovere  (^ingerenza  collettiva  per  la  tutela 
del  Diritto  inte?'nazionale. 

487.  —  Incombe  agli  Stati  che  si  trovino  di  fatto  in  società 
intemazionale  il  ritenersi  solidarinmente  interessati  nell'assicurare 


248  Libro  7.  -  Delle  persone  —  Parte  speetale 

il  rispetto  del  Diritto  internazionale  e  nel  ripristinarne  l'autorità 
in  caso  di  arbitraria  violazione  con  ogni  mezzo  lecito  secondo  il 
Diritto  internazionale. 

Mancando  tra  ^li  Stati  un  superiore  legittimo,  e  dovendosi  ritenere  pnre 
indispensabile  la  tutela  giurìdica  del  Diritto  intemazionale,  affinchè  Fordina- 
mento  giuridico  per  comune  consenso  da  essi  stabilito  per  la  loro  ordinata 
convivenza  sia  mantenuto  integro,  e  non  violato  impunemente  da  parte  del- 
l'uno o  deiraltro,  ci  sembra  che  non  possa  altrimenti  raggiungersi  lo  scopo, 
che  ammettendo  il  diritto  di  garanzia  collettiva  ed  il  dovere  d'ingerenza  col* 
lettiva,  quando  si  tratti  d'impedire  le  violazioni  del  Diritto  comune  interna- 
zionale ed  il  ripristinamento  delPautorità  di  esso.  Questa  suprema  necessità 
della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale,  e  della  conseguente  necessità 
di  metterlo  sotto  la  garanzia  collettiva  di  tutti  gli  Stati,  che  vivono  in  società 
di  fatto,  giustifica  ogni  mezzo,  stabilito  d'accordo,  per  ripristinarne  l'autorità, 
non  esdusi  i  mezzi  coercitivi  per  costringere  i  refrattari  alFosservanza  della 
legge,  e  può  nei  casi  estremi  giustificare  anche  Timpiego  della  forza  armata  e 
della  guerra.  Tutto  ciò  però,  quando  ne  sia  il  caso,  si  riassume  nel  concetto  della 
tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale,  e  non  può  avere  nulla  di  comune 
con  quello,  che  si  è  denominato  intervento.  Noi  consideriamo  l'ingerenza  col- 
lettiva, nei  casi  come  sopra  determinati,  come  un  diritto  ed  un  dovere  degli 
Stati  che  vivono  in  società  di  fatto,  perchè  incombe  a  ciascuno  di  essi,  e  a 
tutti  collettivamente  presi,  il  mantenere  salda  ed  incolume  l'autorità  del  Diritto 
internazionale,  e  il  restaurarne  il  rispetto  in  caso  di  violazione,  dovendosi 
reputare  tutti  solidari  amente  interessati  a  mantenere  saldi  e  fermi  i  principii 
dell'ordinamento  giuridico  della  società  internazionale. 

488.  —  L'ingerenza  collettiva  non  può  essere  legittimata  che 
soltanto  quando  abbia  per  fondamente  la  tutela  giuridica  del  Diritto 
internazionale.  I  mezzi  coercitivi  non  potranno  quindi  essere  giu- 
stificati che  quando  siano  adoperati  contro  uno  Stato  o  contro 
un  popolo,  che  co'  suoi  atti  violi  il  Diritto  intemazionale. 

Questa  regola  mira  a  stabilire  il  giusto  concetto  della  ingerenza  collettiva 
e  della  sua  legittimità.  Non  si  può  ammettere  in  massima,  che  tutto  quello 
che  le  grandi  Potenze  abbiano  d'accordo  stabilito,  possa  essere  giustificato  in 
forza  del  così  detto  concerto  europeo  o  americano,  e  che  si  possa  poi  conse- 
guentemente giustificare  l'uso  dei  mezzi  coercitivi  per  eseguire  e  far  rispettare 
quanto  sia  stato  d'accordo  stabilito.  Accogliendo  questo  concetto  si  arriverebbe 
sotto  altra  forma  a  ripristinare  quello  stato  di  cose,  che  fu  la  conseguenza 
del  concerto  stabilito  nel  Congresso  dei  potentati  a  Vienna  nel  1815.  In  quel 
Congresso  fu  immaginato,  che  per  mantenere  il  così  detto  equilibrio  politico 
ed  assicurare  la  pace  si  dovesse  ritenere  indispensabile  i  conservare  il  posse- 
dimenti territoriali  sotto  il  dominio  delle  dinastie  regnanti,  alle  quali  essi  erano 
stati  attribuiti,  e  che  si  potessero  adoperare  i  mezzi  coercitivi  contro  coloro» 
che  avessero  turbato  l'ordinamento  di  cose,  come  era  stato  dai  potentati  mede- 
simi stabilito.  Fu  questo  falso  concetto  che  ispirò  poi  il  concerto  europeo  che 
decretò  a  Laybach  nel  1811  e  a  Verona  nel  1822  gl'interventi  armati  a  Napoli, 


TUolo  IX.  -  D  veri  internazionali  degli  Stati  249 

nel  Piemonte. e  nella  Spagna.  Oggi  le  grandi  Potenze  mirano  ad  assicurare 
il  trionfo  della  politica  dominante,  e  se  potesse  bastare  il  loro  accordo  per 
imporre  a  tutti  il  rispetto  delle  loro  vedute  politiche,  bisognerebbe  ammettere 
che  il  COSA  detto  concerto  europeo  potesse  consolidare  Tautocrazia  della  politica 
dei  GoTemi  più  potenti  e  giustificare  Tuso  della  forza  per  mantenerla. 

Ognuno  deve  comprendere  che  si  ritornerebbe  così  a  quella  condizione  di 
cose,  che  fu  la  conseguenza  del  falso  principio  della  legitlimità  stabilito  col 
trattato  di  Vienna  del  1816.  In  fona  di  quel  principio  Metternich  disconosceya 
i  diritti  più  sacri  e  più  intangibili  del  popolo,  promulgando  che  nessun  diritto 
poteva  esso  vantare  di  fronte  al  principe.  "  Les  cbangements  utiles  ou  néces- 

*  saires  dans  la  législation  et  dans  Tadministration  des  États  (così  egli  seri* 
"  veva  nella  sua  nota  del  12  maggio  18S1  daLaibach)  ne  doivent  émaner  que 
'  de  la  volonté  libre,  de  Timpulsion  réfléchie  et  éclairée,  de  ceux  que  Dieu  a 

*  rendns  responsables  du  ponvoir.  Tout  ce  qui  sort  de  cette  ligne,  conduit  néces- 

*  sairement  au  désordre,  aux  houle venements,  à  des  maux  bien  plus  insuppor- 
'  tables  que  ceux  que  Fon  prétend  guérir.  Pénétrés  de  cette  vérité  étemelle, 

*  les  souverains  n^ont  pas  hésité  à  la  proclamer  avec  franchise  et  vigueur, 

*  ila  ont  déclaré,  qu'en  respectant  les  droits  et  Tindépendance  de  tout  pouvoir 

*  légitime,  ils  regardaient  comme  légalement  nulle,  et  désavouée  par  les  prin- 
'  cipes  qui  constituent  le  Droit  public  de  FEurope,  tonte  prétendue  réforme 
'  opérée  par  la  révolte  et  la  force  ouverte.  Us  ont  agi  en  conséquence  de 
'  cette  déclaration  dans  les  événements  de  Naples  et  dans  ceux  du  Piémont.  „ 

LMngerenxa  collettiva  deve  ammettersi  e  reputarsi  doverosa  e  legittima,  ma 
quando  miri  ad  assicurare  il  rispetto  del  Diritto  intemazionale,  e  non  già  quando 
miri  ad  assicurare  il  trionfo  delle  vedute  politiche  dei  Governi  più  potenti  di 
concerto  accettate. 

Nella  questione  di  Greta  o  Gandia,  che  si  agita  mentre  scriviamo  questa 
pagina,  noi  non  possiamo  disconvenire  che  T  ingerenza  delle  grandi  Potenze 
sUmpone  come  un  dovere  intemazionale  delle  medesime  di  procedere  d*accordo 
nella  soluzione  della  questione  d^Oriente,  anzi  siamo  convinti  che  il  più  impe- 
rioso dovere  sarebbe  di  non  ritardarne  la  soluzione  in  armonia  coi  più  giusti 
principii  del  Diritto  intemazionale  modemo.  11  concerio  europeo  si  è  però 
effettuato  per  mantenere  le  vedute  politiche  dei  Governi  più  potenti,  che  inten- 
dono conservare  Tintegrità  dell'Impero  ottomano  per  la  principale  ragione  che 
non  si  trovano  tutti  d'accordo  nel  regolare  il  nuovo  ordinamento  di  cose 
che  sarebbe  la  conseguenza  del  disgregamento  delle  provincie  cristiane  sog- 
gette in  forza  del  Diritto  storico  all'autorità  del  sovrano  musulmano,  e  che 
prevedono  il  perìcolo  di  una  guerra  europea  se  l'integrità  dell'Impero  ottomano 
non  fosse  mantenuta. 

n  bombardamento  effettuato  a  Candia,  e  la  minaccia  del  blocco  del  Pireo 
per  costringere  tutti  ad  accettare  la  legge  fatta  dal  concerto  europeo,  che  cioò 
debba  essere  conservata  V  integrità  dell'  Impero  ottomano ,  e  che  le  giuste 
aspirazioni  dei  Gandiotti  o  Gretesi  debbano  essere  subordinate  a  questa 
suprema  necessità  posta  e  voluta  dal  concerto  europeo,  non  ò  al  certo  in 
armonia  col  principio  che  informa  la  regola  da  noi  proposta.  I  mezzi  coercitivi 
avrebbero  potuto  essere  giustificati  per  costringere  tutti,  la  Grecia  compresa, 
a  non  ostacolare  il  diritto  spettante  al  popolo  di  Greta  o  Gandia  di  dare  a 
sé  la  costituzione  politica  la  più  conforme  alle  aspirazioni  nazionali,  e  con 
completa  autonomia  e  indipendenza.  I  tempi  per  altro  non  sono  ancora  maturi 
per  dare -^*ìngerenza^ collettiva^  che- in  massima  deve  ammetterai  come  giusta 


250 


Libro  I,  -  DelU  persene  —  Parte  speciale 


e  legittima,  norme  razionali  per  regolarne  Tesercizio  e  lo  sviluppo,  e  converrà 
aspettare  che  Topinione  pubblica,  che  in  questa  circostanza  ha  affermata  la 
sna  potenza  e  la  sua  forza,  acquisti  maggiore  influenza  nella  direzione  della 
politica  internazionale. 

489.  —  Ogni  qual  volta  che  in  seguito  all'ingerenza  collettiva 
si  venga  a  constatare  e  a  riconoscere  che  uno  Stato  o  un  popolo 
abbia  ne'  suoi  atti  realmente  violato  il  Diritto  delle  genti,  incombe 
agli  Stati  cosi  riuniti  il  reprimere  l'ingiusto  attentato  con  ogni 
mezzo  pacifico,  e  da  ultimo  coi  mezzi  coercitivi  d'accordo  stabiliti. 


Si  enunciano  i  casi,  nei  quali  può  sorgere 
il  dovere  d^ingerenza  collettiva. 

400.  —  Il  dovere  di  ingerenza  e  di  tutela  giuridica  collettiva 
nasce  tra  gli  Stati  ogni  qual  volta  che  sia  il  caso  di  tutelare  o 
ripristinare  l'autorità  del  Diritto  comune,  leso  da  uno  o  da  più 
Stati,  ed  i  casi  non  possono  quindi  enumerarsi  in  modo  tassativo. 

491.  —  Dovrà  reputarsi  doverosa  l'ingerenza  collettiva  anche 
nel  caso  di  lotta  intestina,  qualora  i  partiti  combattenti,  nell'eser- 
cizio dei  loro  poteri,  violassero  quei  diritti  che  devono  reputarsi 
Diritti  intemazionali  della  personalità  umana,  e  che  gli  attentati 
alla  medesima  per  la  loro  importanza  e  per  la  loro  enormità  assu- 
mino  il  carattere  di  manifesta  violazione  delle  leggi  di  guerra, 
secondo  il  Diritto  comune. 

Le  lotte  intestine  devono  essere  considerate  in  massima  come  questioni  di 
Diritto  pubblico  interno,  ma  se  durante  le  medesime  accadessero  massacri, 
spogliazioni,  carnificine,  e  né  Tuna  né  Taltra  dèlie  parti  combattenti  avesse 
il  potere  ed  i  mezzi  per  impedire  tali  enormità,  per  lo  che  gli  oltraggi  con- 
tinui ai  diritti  della  personalità  umana  assumessero  tale  carattere  che  non  si 
potesse  fare  a  meno  di  considerare  la  condizione  delle  cose  come  una  mani- 
festa violazione  del  Diritto  comune  intemazionale,  non  si  potrebbe  al  certo 
ammettere  che,  solo  perchè  la  violazione  del  Diritto  intemazionale  viene  ad 
essere  effettuata  airinterno  dello  Stato,  gli  altri  Stati  debbano  rimanere  indiffe- 
renti e  lasciar  correre.  Non  diciamo  che  uno  o  due  Stati  debbano  essere  auto- 
rizzati ad  immischiarsene,  e  ad  intervenire,  ma  diciamo  che  si  debba  reputare 
doveroso  da  parte  di  tutti  di  occuparsene  collettivamente,  e  che  quando  essi 
si  trovino  d*accordo  nel  riconoscere  nel  complesso  dei  fatti  la  violazione 
manifesta  del  Diritto  intemazionale,  devono  sentirsi  tenuti  ad  impedire  tale 
violazione  ed  a  reprimere  gli  arbitrii. 


Titolo  IX.  '  Doveri  inUmazionali  degli  Stati  25) 

Non  possiitmo  entrare  in  particolari,  ma  ognuno  deve  comprendere  che  t 
massacri  dei  Cristiani  da  parte  dei  Masnlmani  incoraggiati  dairindìfferenza  s» 
non  si  voglia  dire  dalla  complicità  delle  autorità  turche  in  Siria  nel  1850  e 
quelli  commessi  in  Bulgaria  nel  1876  presentano  il  caso  evidente  che  cade 
sotto  il  principio  della  proposta  regola. 

492.  —  Dovrà  essere  reputata  doverosa  l'ingerenza  collettiva 
se,  concordato  un  ordinamento  di  cose  con  un  trattato  generale^ 
una  delle  parti  contraenti  non  adempisse  a'  suoi  impegni  assunti 
e  ledesse  cosi  il  Diritto  delle  genti,  a  favore  delle  quali  tali  impegni 
siano  stati  imposti  e  stabiliti. 

La  proposta  regola  trova  la  più  certa  e  sicura  applicazione  rispetto  a  quanto 
è  accaduto  e  accade  in  Turchia. 

Oltre  che  in  forza  del  principio  generale,  sul  quale  si  fonda  Tingerenza  col- 
lettiva neiresigere  la  tutela  delle  persone  e  della  libertà  delle  confessioni  reli- 
giose, che  sono  diritti  inviolabili  e  intangibili  della  personalità  umana,  evvi 
rispetto  alla  Turchia  il  diritto  ed  il  dovere  positivo  di  esigere  Tadempimento 
deglMm pegni  da  essa  assunti  in  forza  deirart.  61  del  Trattato  di  Berlino  de) 
13  luglio  1878.  Con  tale  articolo  la  Sublime  Porta  s*impegnò  *  ad  effettuare 

*  senza  ritardo  i  miglioramenti  e  le  riforme  richiesti  secondo  i  bisogni  locali 

*  nelle  Provincie  abitate  dagli  Armeni,  e  a  garantire  la  loro  sicurezza  contro 

*  i  Circassi  ed  i  Kurdi.  Essa  s'impegnò  inoltre  a  dare  periodicamente  comu- 

*  nicazione  dei  provvedimenti  effettuati  a  tale  effetto  alle  Potenze  firmatarie,. 
'  che  ne  avrebbero  sorvegliato  V esecuzione  ,.  In  tale  articolo  il  diritto  d'inge- 
renza collettiva  trovasi  apertamente  consacrato,  e  se  le  Potenze  firmatarie 
avessero  ascoltato  le  giuste  rimostranze  fatte  dagli  Armeni,  che  reclamavano 
Tappoggio  deir  Europa  per  costringere  la  Turchia  Rd  effettuare  le  opportune 
riforme,  le  cose  non  sarebbero  arrivate  al  punto  in  cui  si  trovano  oggi.  L'in- 
gerenza e  rintervento  collettivo  sono  stati  invece  effettuati  per  garantire  Tin- 
tegrità  deUlmpero  ottomano  II 

493.  —  Potrà  essere  giustificata  l'ingerenza  collettiva,  tuttoché 
non  sia  doverosa,  quando  essa  miri  a  far  cessare  lo  stato  di  anar- 
chia gravemente  dannoso  agl'interessi  generali,  il  quale  si  pro- 
lunghi notabilmente,  danneggiando  il  commercio  internazionale  e 
l'industria. 

Nel  luglio  1876  la  rivoluzione,  che  scoppiò  nell*  Erzegovina  e  nella  Bosnia, 
prolungata  col  perìcolo  di  compromettere  la  pace  generale,  motivò  ringeienza 
da  parte  della  Germania,  dell' Austria-Ungheria,  della  Russia,  della  Francia  e 
dell'Italia,  che  offrirono  la  loro  mediazione  per  facilitare  la  pacificazione  di 
quelle  Provincie  soggette  alla  Turchia.  L'Inghilterra  non  volle  associarsi,  perchè, 
siccome  scrìsse  Lord  Derby  nella  sua  nota  del  24  agosto  di  quell'anno,  pareva 
al  Governo  inglese  che  l'ingerenza  avrebbe  incoraggiata  l'insurrezione  e  avrebbe 
avuto  il  carattere  d'inframmettersi  negli  affari  interni  dellMmpero.  Non  è  questo 
U  luogo  per  discutere  le  vedute  politiche  dei  Governi  in  quella  circostanza 
diciamo  soltanto,  che  in  casi  e  circostanze  somiglianti  a  quelli  dell'Erzegovina 


252  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

e  della  Bosnia  nel  1875,  l'ingerenza  collettiva,  se  non  deve  reputarsi  doverosa, 
deve  essere  considerata  lecita  e  giustificabile.  Il  punto  importante  e  sostan- 
ziale in  tale  faccenda  è  che  si  verifichi  raccordo  circa  Tutilità  e  l'opportunità 
deir ingerenza  collettiva,  o  in  altre  parole  che  un  numero  considerevole  di 
Stati,  che  rappresentino  la  maggioranza,  riconoscano  che,  avuto  riguardo  alle 
circostanze,  sia  il  caso  delFingerenza  collettiva. 

Esclusa  in  questioni  tanto  delicate  la  prevalenza  degli  apprezzamenti  sin- 
golari, ed  ammessa  invece  come  sostanziale  la.  necessità  dell'accordo,  non  di 
due  o  più  Stati,  ma  della  maggioranza  di  quelli,  ai  quali  incombe  massima- 
mente il  mantenere  l'ordinamento  giuridico  della  loro  convivenza,  si  deve 
ritenere  allontanato  il  pericolo,  che  la  regola,  così  come  trovasi  proposta,  lasci 
aperto  l'adito  all'arbitrio. 

Gli  argomenti  addolti  nella  nota  redatta  il  30  dicembre  1875  per  giustificare 
l'ingerenza  collettiva  per  la  rivolta  della  Erzegovina  e  della  Bosnia  contro  la 
Turchia  ci  sembrano  adatti  a  giustificarla.  *  L'état  d'anarchie  qui  sévit  dans 

*  les  provinces  nord-ouest  de  la  Turquie,  dice  la  mentovata  nota,  n'implique 

*  pas  seulement  des  difficultés  pour  la  Porte;  il  recèle  aussl  des  graves  dangers 
^  pour  la  paix  generale,  et  les  divers  États  européens  ne  sauraient  voir  d'un 

*  oeil  indifférent  se  perpétuer,  et  s'aggraver  une  situati on  qui  dès  à  présent 

*  pòse  lourdement  sur  le  commerce  et  l'industrie,  et  qui,  en  ébranlant  chaque 

*  jour  davantage  la  confiance  du  public  dans  le  maintien  de  la  paix,  tend  à 

*  compromettre  tous  les  intéréts.  , 

494. — Le  regole  circa  l'ingerenza  collettiva  devono  essere  appli- 
cate senza  differenza,  sia  ai  fatti  compiuti  in  Eurppa,  sia  a  quelli 
avvenuti  nel  continente  americano. 

Tutti  gli  Stati  tra  i  quali  trovinsi  stabiliti  rapporti  e  relazioni 
internazionali  devono  reputarsi  solidariamente  cointeressati  nel 
mantenere  Tautorità  del  Diritto  internazionale  e  nel  reprimerne  le 
violazioni,  a  fine  di  conservare  l'ordinamento  giuridico  della  società 
internazionale  e  tutelare  gl'interessi  comuni. 

Questa  regola  mira  ad  eliminare  completamente  la  così  detta  dottrina  di 
Monrofi,  la  quale  sì  riassume  in  questo,  che  cioè  gli  Stati  Uniti  d'America 
devono  considerare  come  regola  unica  e  costante  di  condotta  di  non  immi- 
schiarsi negli  affari  interni  dell'Europa,  ma  che  allo  stesso  tempo  non  devono 
mai  permettere  all'Europa  d'immischiarsi  in  quelli  dell'America.  Questa  fu  la 
dottrina  accettata  poi  dagli  Stati  deU'America  del  Sud  e  che  si  considera  oggi 
come  una  regola  di  Diritto  americano.  Gfr.  Pradier-Fodérì,  Droit  intern.j  §  365. 


Dovere  di  mutua  assistenza. 

495.  —  Incombe  agli  Stati  civili  il  sentirsi  solidariamente  tenuti 
indipendentemente  dai  trattati  alla  mutua  assistenza  ed  a  fare  ciò 
che  può  occorrere  per  soddisfare  le  esigenze  dell'ordinata  convi- 


Titolo  IX.  •  Doveri  internazionali  degli  Stati  253 

venza,  e  quello  che  può  servire  ad  accrescere  le  reciproche  uti- 
lità ed  a  tutelare  grinteressi  intemazionali. 

496.  —  L'assistenza  dovrà  reputarsi  sopratutto  doverosa: 

a)  in  caso  di  navi  che  cerchino  rifugio  per  i  bisogni  della 
navigazione,  o  che  corrano  pericolo  di  naufragare; 

b)  in  caso  di  naufragio; 

e)  in  caso  di  atti  richiesti  per  Tamministrazione  della  giu- 
stizia o  per  l'istruzione  dei  processi. 


Assistenza  alle  navi  straniere  che  domandino  rifugio. 

497.  —  Incombe  a  ciascuno  Stato,  indipendentemente  dai  trat- 
tati, di  ricevere  nei  propri  porti  le  navi  straniere,  siano  esse  da 
guerra  o  private,  le  quali  cerchino  rifugio  per  riparare  i  danni 
patiti  per  sinistro  di  mare,  o  per  provvedersi  di  quanto  loro  possa 
occorrere  per  le  necessità  della  navigazione. 

498.  —  Le  navi  straniere,  le  quali  siano  costrette  per  qualsiasi 
motivo  di  forza  maggiore  ad  entrare  nelle  acque  territoriali  d'uno 
Stato,  devono  essere  protette  e  non  assoggettate  al  Diritto  comune, 
applicabile  a  quelle  che  vi  entrano  per  farvi  operazioni  di  com- 
mercio. 

499.  —  In  caso  di  rilascio  forzato,  le  navi  potranno  entrare  nei 
porti,  sieno  essi  chiusi  o  aperti  al  commercio,  o  approdare  alle 
rade,  alle  baie  ed  alle  spiagge  liberamente,  inalberando  però  ì 
segnali  d'uso  adottati  per  constatare  l'approdo  per  rilascio  forzato. 

600.  —  In  caso  di  rilascio  forzato  non  saranno  considerate  come 
operazioni  di  commercio  lo  sbarco  e  il  ricaricamento  delle  merci 
eseguiti  per  far  riparare  la  nave:  il  trasbordo  delle  merci  su  di 
un'altra  nave,  nel  caso  che  la  prima  si  sia  resa  innavigabile:  le 
spese  necessarie  pel  vettovagliamento  dell'equipaggio  :  la  vendita 
delle  merci  avariate  quando  l'Amministrazione  delle  dogane  Io 
abbia  riconosciuto  e  ne  abbia  data  l'autorizzazione. 

Disposizioni  uniformi  si  trovano  in  parecchi  trattati  che  esonerano  le  nav* 
in  caso  di  rilascio  forzato  dagli  oneri  imposti  come  diritto  di  porto  o  di  navi- 
gazione (Vedi  il  trattato  di  navigazione  tra  lltalia  e  la  Francia  del  13  giugno  1862, 


254  Libro  /.  -  Delle  peritone  —  Parte  speciale 

art.  il).  In  alcuni  trovasi  soltanto  eccettuato  il  diritto  di  pilotaggio  e  di  faro. 
Vedi  il  trattato  di  pilotaggio  tra  la  Francia  e  S.  Salvatore  2  gennaio  1858, 
articolo  15. 

A  noi  sembra  che  ogni  diritto  fiscale  da  parte  dello  Stato  debba  venir  meno 
rispetto  alla  nave  che  entri  nelle  acque  territoriali  per  rilascio  forzato  :  eccet- 
tuiamo soltanto  i  compensi  dovuti  ai  privati,  che  avessero  prestato  ropera, 
«ome  sarebbe  quello  dovuto  ai  piloti  locali,  te  fonens  stati  adoperalL  Man- 
«néo  il  tomaio,  ofBft  coaUoferafa  deve  essere  risoluta  in  via  amministrativa, 
fleeondo  i  principii  dell'equità.  Certa  cosa  è,  che  Timporre  alle  navi  in  rilascio 
forzato  gli  oneri  gravanti  su  quelle  che  entrino  nelle  acque  territoriali  per 
operazioni  di  commercio,  ed  il  considerare  come  operazioni  di  commercio 
quelle  che  siano  fatte  dalla  nave  per  le  necessità  del  caso  a  fine  di  essere 
in  grado  di  navigare,  deve  reputarsi  in  opposizione  coi  principii  del  Diritto 
internazionale  e  col  dovere  di  mutua  assistenza. 

501.  —  Incombe  alle  navi  che  approdino  per  rilascio  forzato 
di  conformarsi  rigorosamente  alle  condizioni  che  saranno  imposte 
dalle  autorità  locali. 

Tali  condizioni  però  non  devono  essere  eccessive  ed  inconci- 
liabili coH'esercizio  del  diritto  di  rilascio  forzato  e  colle  urgenti 
^circostanze  del  caso. 


Assisteììza  alle  navi  straniere 
In  caso  di  sinistro  di  mare  o  di  naufragio. 

502.  —  È  doveroso  per  gli  Stati  di  fare  quanto  possa  occor- 
rere onde  ovviare  al  pericolo  che  si  verifichi  il  naufragio,  l'are- 
namento, 0  Tinvestimento  delle  navi  nelle  acque  territoriali,  e  di 
provvedere  a  che  quelle  che  si  trovino  in  pericolo  siano  soccorse. 

503.  —  Nel  caso  di  naufragio  o  di  altro  sinistro  di  una  nave 
straniera  nelle  acque  territoriali  dello  Stato,  incombe  alle  auto- 
rità locali  di  provvedere  al  soccorso  dei  naufraghi  e  di  assistere 
il  console  dello  Stato  cui  la  nave  appartenga,  ed  in  mancanza  di 
questo  il  capitano  della  nave,  in  tutte  le  operazioni  occorrenti 
per  procedere  al  salvataggio  della  nave  ed  al  ricupero  degli  oggetti 
naufragati. 

Qualora  manchi  chi  possa  occuparsi  del  salvataggio  e  del  ricu- 
pero, dovrà  reputarsi  a  ciò  tenuta  Tautorità  marittima  del  porto, 
o  Tautorità  civile  della  costa  ove  il  sinistro  sia  avvenuto. 


Titolo  IX.  '  Doveri  internazionali  degli  Stati  255 

L'obbligo  di  soccorrere  le  navi  pericolanti  è  un  dovere  di  umanità,  ma  non 
mancano  esempi  di  legislazione  di  Stati  civili,  che  ne  hanno  fatto  un  vero 
obbligo  giuridico.  11  legislatore  italiano  nel  codice  civile  della  marina  mercan- 
tile in  vigore  cosi  dispone  alFart.  120  :  *  Il  capitano  di  un  legno  nazionale, 

*  il  quale  incontri  qualche  nave,  anche  straniera  o  nemica,  in  pericolo  di  per- 

*  dersi  deve  accorrere  in  suo  aiuto  e  prestarle  ogni  possibile  assistenza  ,. 
All*articolo  385  trovasi  poi  comminata  la  pena  della  multa  da  L.  200  a  1000 
se  il  capitano  o  il  padrone  di  una  nave  nazionale,  potendo,  non  abbia  prestato 
soccorso  ad  una  nave  pericolante,  ed  inoltre  la  sospensione  dalPesercizio  delle 
sne  funzioni  da  sei  mesi  ad  un  anno. 

604.  —  Dev'essere  escluso  da  parte  dello  Stato  qual  si  sia  dicUlo 
di  regalia,  o  qual  si  sia  diritto  fiscale  sugli  avanzi  ÒA  oanfragio  e 
sulla  nave  naufragata  nelle  sue  acque  ieirftcrìall,  come  altresì  il 
diritto  di  appropriarsi  le  cose  gettate  dal  mare  sulle  sue  coste, 
in  conseguenza  di  naufragio  o  di  sinistro  avvenuto  in  alto  mare* 
Esso  potrà  esigere  soltanto  il  rimborso  delle  spese  sopportate  pel 
salvataggio  e  pel  mantenimento  ed  il  rimpatrio  dei  naufraghi 
stranieri. 


Regole  riguardo  al  salvataggio. 

505.  —  L'organizzazione  del  servizio  di  salvataggio  essendo  un 
atto  d'amministrazione  doveroso  per  Io  Stato,  non  può  dar  luogo 
a  che  il  Governo,  che  sostiene  le  spese  occorrenti  per  tale  ser- 
vizio, possa  domandarne  il  rimborso  allo  Stato  straniero,  al  quale 
appartenesse  la  nave,  o  di  cui  fossero  cittadini  i  naufraghi  salvati. 

506.  —  Incombe  a  ciascuno  Stato  il  provvedere  a  che,  chiun- 
que abbia  raccolti  oggetti  provenienti  da  naufragio,  o  da  altro 
sinistro  di  mare,  ne  faccia  immediatamente  la  consegna  all'auto- 
rità locale  competente,  e  l'impedire  l'appropriazione  di  tali  oggetti, 
e  altresì  limitare  le  pretese  delle  persone  che  abbiano  dirette 
le  operazioni  del  ricupero  e  di  quelle  che  le  abbiano  eseguite,  o 
che  spontaneamente  abbiano  prestato  assistenza  alla  nave  in  peri- 
colo, riducendole  al  rimborso  delle  spese  e  ad  una  mercede  pro- 
porzionata al  servizio  prestato  ed  alla  prontezza  con  cui  fu  reso: 
al  pericolo  incorso  nell'eseguire  il  salvamento  :  all'importanza  delle 
cose  salvate. 


256  Libro  L  -  Delle  pertone  —  Parte  spedale 

507.  —  Tutte  le  cose  salvate  dal  naufi-agio  dovranno  essere 
custodite  e  tenute  a  disposizione  di  coloro  cui  esse  appartengano, 
a  cura  deirautorità  locale,  la  quale  sarà  tenuta  a  pubblicare 
mediante  avvisi  l'avvenuto  salvamento,  e  a  diffidare  gl'interessati, 
che  vantassero  diritti  sulle  cose  salvate,  a  giustificare  le  loro  ra- 
gioni, onde  ottenere  la  consegna  degli  oggetti  ricuperati. 

508.  —  L'autorità  locale  potrà  ordinare  la  vendita  ai  pubblici 
incanti  delle  merci  e  degli  oggetti  che  non  si  potessero  conser- 
vare, o  la  custodia  dei  quali  importasse  una  spesa  grave,  e  tenere 
il  prezzo  ritratto  a  disposizione  dei  proprietari  degli  oggetti  perduti. 

Essa  potrà  inoltre  ordinare  la  vendita  degli  oggetti  salvati,  ogni 
qualvolta  che  tale  espediente  fosse  necessario  per  soddisfare  le 
spese  di  ricupero  e  per  provvedere  agli  alimenti  ed  al  rimpatrio 
dei  naufraghi  salvati. 

509.  —  Lo  Stato  potrà  far  suoi  gli  oggetti  salvati  o  il  prezzo 
di  quelli  venduti  solamente  quando,  decorso  un  tempo  ragione- 
vole dopo  i  pubblici  avvisi  per  mettere  in  grado  grinteressati  a 
reclamarli,  nessuno  lo  abbia  fatto,  e  le  cose  salvate  dovessero 
considerarsi  vacanti  di  padroni. 

510.  —  Sarà  reputata  come  abbandonata  dai  proprietari,  o  dagli 
interessati  nella  nave  o  nel  carico,  una  nave  sommersa  nelle  acque 
territoriali,  senza  lasciare  traccia  apparente,  qualora  dopo  i  pub- 
blici avvisi  nessuno  sia  comparso  per  fare  o  promuovere  le  ope- 
razioni di  ricupero  entro  un  termine  ragionevole  fissato  nell'avviso 
pubblicato  (3  mesi)^  o  quando  gl'interessati,  dopo  aver  posto  mano 
alle  operazioni  di  ricupero,  le  avessero  abbandonate  e  facessero 
decorrere  un  tempo  ragionevole  (4  mesi)  per  presumere  la  loro 
intenzione  d'abbandonare  la  nave  ed  il  carico.  Tali  oggetti  potranno 
essere  attribuiti  a  profìtto  del  fisco,  o  di  coloro  che  in  fondo  al 
mare  li  avessero  rinvenuti. 

Le  regole  proposte  sono  in  gran  parte  conformi  a  quelle  che  troransi  san- 
zionate nella  legislazione  italiana  :  capo  12,  tit.  2*,  Cod,  per  la  marina  mereantUe. 

Gii  statati  delle  città  marittime  italiane  consacravano  già  i  principi i  più 
liberali  rispetto  all'assistenza  in  caso  di  sinistro  o  di  nanfraj^io. 

Vedi  lo  Statuto  di  Pisa  del  1160,  Coneiituta  imim:  Pardessus,  £os<  mariHmes 
(T.  IV,  p.  583).  SUtuto  di  Rimini  1303:  Pardessus,  Loie  marUimes  (T.  V,  p.  113J. 


TU€Ìa  JOC  •  Daeeri-ùUemazionaU  degli  Stati  257 


Assistenza  per  facilitare  V ammimstrazime 
della  giustizia  (rogatorie). 

61L  —  Dovrà  essere  considerato  come  un  dovere  dì  mutua 
assistenza  quello  che  incombe  agli  Stati,  indipendentemente  dai 
trattati,  di  fare  quanto  possa  occorrere  a  reciprocità  per  facili- 
tare l'amministrazione  della  giustizia  in  materia  civile  e  penale. 

612.  —  Incombe  agli  Stati  civili,  a  fine  di  rendere  più  spe- 
dito U  procedimento,  permettere  la  corrispondenza  diretta  fra 
le  rispettive  magistrature,  e  rendere  doveroso  per  le  medesime 
il  dar  corso  alle  rogatorie  fatte  dal  giudice  straniero  e  il  pro" 
cedere  ad  esame  di  testimoni,  a  perizie,  ad  interrogatorii,  o  agli 
atti  istruttorii  di  qualunque  si  sia  natura  occorrenti  per  Tammi- 
nistrazione  della  giustizia,  quando  ne  siano  richieste  dal  tribunale 
straniero  investito  della  causa,  purché  non  vi  si  opponga  il  Diritto 
pubblico  dello  Stato,  nel  quale  deve  essere  eseguita  la  richiesta 
o  rogatoria. 

Troviamo  t?.le  regola  adottata  nella  convenzione  tra  T Austria  e  T Italia 
degli  11-21  giugno  1867,  con  la  quale  i  due  Gk> verni  consentirono  a  recipro- 
cità, nell'interesse  della  speditezza  della  procedura  civile  e  penale,  a  che  le 
autorità  giudiziarie  limitrofe  potessero  corrispondere  direttamente  tra  di  loro 
in  certi  casi. 

L*art  171  della  legge  consolare  italiana  così  dispone:  '  I  consoli  sono  anto- 

*  rizzati  ad  eseguire  le  commissioni  rogatorie  che   vengono  loro  indirizzate 

*  da  tribunali  stranieri  a  fine  di  procedere  a  visite,  perizie  ed  esami  di  testi- 

*  moni,  ed  a  ricevere  dichiarazioni  di  nazionali  stabiliti  o  di  passaggio  nel 

*  distretto  del  consolato  ,. 

513.  —  Spetterà  però  in  ogni  caso  al  giudice  richiesto  il  deci- 
dere circa  la  legalità  della  domanda  e  l'opportunità  di  eseguirla 
e  circa  la  propria  competenza. 

In  caso  d'incompetenza  territoriale  incombe  al  tribunale  richiesto 
il  trasmettere  la  commissione  rogatoria  al  tribunale  competentei 
dandone  avviso  al  tribunale  richiedente, 

17  —  Fiore,  Dir.  intern.  codif. 


258  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 


Obbligo  di  procedere  alVesecuzione 
di  una  7'ogatoria. 

614.  —  n  diritto  perfetto  di  richiedere  a  un  tribunale  straniero 
di  procedere  a  un  atto  d'istruzione  e  Tobbligo  giuridico  di  dare 
corso  alla  rogatoria  non  sussistono,  quando  manchi  una  speciale 
convenzione  fra  i  due  Stati.  La  ridiiesta  però  potrà  sempre  essere 
fatta  ed  eseguita  in  forza  del  reciproco  dovere  di  mutua  assistenza. 

Quando  la  richiesta  sia  eoa  fatta  ed  eseguita,  implica  l'obbligo 
della  reciprocità. 

615.  —  Il  magistrato  richiesto  applicherà  nell'eseguire  la  roga- 
toria la  legge  del  proprio  paese  per  ogni  formalità  procedurale 
relativa  all'esecuzione,  salvo  che  per  le  necessità  della  giustizia 
straniera  una  speciale  forma  di  procedimento  sia  richiesta  e  desi- 
gnata nella  rogatoria,  e  che  non  si  opponga  la  legge  dello  Stato 
per  eseguirla  colle  formalità  procedurali  richieste. 

La  proposta  regola  mira  ad  eliminare  la  difficoltà  che  può  nascere  nellMpo- 
tesi,  che  secondo  la  legge  dello  Stato  straniero  Tatto  istrattorio  non  possa 
essere  efficace  ai  fini  del  giudizio ,  se  non  quando  sia  fatto  con  certe  deter- 
minate formalità  procedurali.  In  tal  caso,  sempre  in  forza  del  dovere  di  mutua 
assistenza y  il  magistrato  richiesto  potrà,  solo  quando  non  vi  si  opponga  la 
legge  territoriale  e  la  formalità  richiesta  sia  praticabile,  compiere  Tatto  colle 
formalità  designate  nella  rogatoria. 


Assistenza  per  V ammmistr azione 
della  giustizia  penale. 

516.  —  In  forza  del  dovere  di  mutua  assistenza  ed  indipen- 
dentemente dai  trattati,  il  magistrato  competente  per  ristr^uzione 
di  im  processo  penale  potrà  richiedere  al  magistrato  straniero  di 
fare  dentro  i  limiti  della  sua  giurisdizione  un  atto  istruttorio  nello 
interesse  della  giustizia,  ed  il  magistrato  richiesto  potrà  darvi  ese- 


Titolo  IX.  '  Doveri  internazionali  degli  Slati  259 

cazione,  purché  non  sì  tratti  di  processo  per  un  reato  politico, 
o  connesso  con  uno  di  natura  politico. 

Tale  dovere  deve  ritenersi  sussistente  a  reciprocità  anche  quando 
il  processo  sia  istruito  contro  un  cittadino  dello  Stato  richiesto, 
del  quale  la  giustizia  straniera  si  sia  impossessato  per  giudicarlo. 

517.  —  Incombe  agli  Stati,  in  forza  del  dovere  di  mutua  assi- 
stenza, il  cooperare  a  che  un  prevenuto  di  reato  comune  non 
goda  l'impunità,  e  che  non  sia  sottratto  al  giudizio  del  tribunale 
competente  ed  all'espiazione  della  pena  a  cui  sia  stato  condannato. 

618.  —  Devono  gli  Stati  civili  per  cooperare  efficacemente 
all'ammioistrazione  della  giustizia  penale  regolare  l'obbligo  reci- 
proco di  consegnarsi  i  malfattori  fuggitivi,  imputati  di  un  reato 
comune,  e  non  connesso  con  un  reato  politico,  mediante  le  con- 
venzioni di  estradizione. 

Mancando  la  convenzione  di  estradizione,  o  quando  si  tratti  di 
reato  che  non  trovisi  in  essa  contemplato,  incombe  agli  Stati 
civili  o  il  consegnare  il  malfattore  fuggitivo  allo  Stato  ove  fu 
commesso  il  reato,  se  sia  da  lui  richiesto,  o  l'offrirne  l'estra- 
dizione, o  il  punirlo,  sempre  che  però  si  tratti  di  reato  grave  e 
che  importi,  giusta  la  legge  penale  territoriale  e  quella  dello  Statò 
ove  il  reato  fu  commesso,  una  pena  restrittiva  della  libertà  per- 
sonale non  inferiore  a  3  anni,  e  che  l'imputato  non  sia  cittadino 
dello  Stato  ove  nell'attualità  si  trovi. 

La  proposta  regola  mira  a  stabilire  che  robbligo  reciproco  degli  Stati,  che 
hanno  a  cuore  il  mantenimento  deirordine  e  della  sicurezza  generale,  di  con- 
segnare il  malfattore  al  suo  giudice  naturale  (che  è  quello  del  luogo  ove  egli 
commise  il  reato),  affinchè  sia  giudicato  e  punito ,  deve  essere  reputato  una 
conseguenza  del  dovere  di  mutua  assistenza  intemazionale.  A  noi  sembra  che 
ciascuno  Stato  sia  tenuto  a  consegnare  un  malfattore  fuggitivo  rifugiatosi  nel 
suo  territorio,  quando  dalle  circostanze  accertate  e  riconosciute  dairautorità 
giudiziaria  territoriale  risulti  la  fondata  presunzione  della  reità  delFimputato, 
«  che  tale  obbligo  debba  ammettersi  indipendentemente  dai  trattati.  (Vedi  pel 
maggiore  sviluppo  la  mia  opera  *  Effetti  internazionali  delle  sentenze  penali  e 
delTestradSzione  ^  Tonno,  Loescher,  1876;  e  Droit  penai  iniernational,traduit 
par  ÀNToufB,  Paris,  Pédone-Lauriel.) 

n  nuovo  codice  penale  italiano  consacra  il  principio  che  lo  straniero,  che 
abbia  commesso  un  reato  all'estero  a  danno  di  un  altro  straniero,  per  il  quale 
la  legge  italiana  stabilisca  una  pena  restrittiva  della  libertà  personale  non  infe- 
riore nel  minimo  ai  3  anni,  deve  essere  punito  anche  se  non  esista  trattato 
di  estradizione,  e  che  in  tal  caso  questa  debba  essere  offerta  dal  Governo 


260  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

italiano  a  quello  del  luo^  in  cui  il  colpevole  abbia  commesso  il  delitto,  o  a 
quello  della  sua  patria,  e  che  qualora  né  Tuno  né  Taltro  abbia  accettato  Tof- 
ferta  estradizione,  a  richiesta  del  Ministro  della  giustizia  debba  essere  giudicato 
dai  tribunali  italiani,  e  punito,  salvo  le  decretate  diminuzioni  della  pena.  Art.  6, 


Doveri  di  umanità. 

519.  —  Incombe  a  ciascheduno  Stato  civile  l'agire  ne'  suoi 
rapporti  cogli  altri  Stati  secondo  i  principi!  della  legge  morale  e 
di  umanità,  l'astenersi  dal  fare  quello  che  possa  essere  contrario 
al  loro  benessere,  o  arrecare  pregiudizio  ad  essi,  e  il  cooperare  in 
tutto  ciò  che  può  ritenersi  richiesto  per  la  tutela  della  prosperità 
e  del  benessere  generale. 

620.  —  Nessuno  Stato  può  costringere  un  altro  ad  osservare 
i  doveri  di  umanità,  né  Tuno  può  considerare  il  rifiuto  da  parte 
dell'altro  come  ingiurioso  ed  ostile. 

Però  quando  il  rifiuto  arrechi  un  danno  reale  agli  altri  Stati  e 
non  sia  giustificato,  potrà  dare  motivo  ad  una  rimostranza  col- 
lettiva a  fine  di  tutelare  gl'interessi  comuni. 

Tf'adempimenlo  dei  doveri  di  umanità  non  importa  un*obbligazione  giuridica, 
ma  deriva  dalla  legge  naturale.  Il  precetto  honeste  vivere  s'impone  agli  Stati 
civili  come  a  tutti  coloro  che  vogliono  agire  secondo  i  principii  della  giu- 
stizia naturale.  Tale  precetto  sì  comprende  senza  bisogno  di  dimostrazione  e 
nessuna  potenza  di  dialettica  varrebbe  mai  ad  accrescere  di  esso  la  chiarezza 
e  la  forza. 

Si  deve  quindi  ammettere  che  Tadempimento  dei  doveri  morali  debba  repu- 
tarsi in  massima  nel  campo  del  prudente  arbitrio  di  ciascun  Governo.  Diciamo 
non  per  tanto  che  il  rifiuto  arbitrario  e  persistente  non  può  in  ogni  caso  essere 
giustificato.  Così,  a  modo  d'esempio,  non  si  può  ammettere  che  uno  Stato 
possa  rifiutare  arbitrariamente  di  ricevere  una  missione  scientifica,  che  si  pro- 
ponga di  studiare  sopra  luogo  una  malattia  contagiosa  per  escogitare  la  ragione 
del  nascere,  del  crescere,  del  propagarsi  del  contagio.  Tale  rifiuto  non  giusti- 
ficato può  fornire  un  fondato  motivo  ai  reclami  per  parte  degli  altri  Stati. 

521.  —  Dovrà  ritenersi  come  fondato  sulla  legge  morale  il  dovere 
di  mutuo  soccorso  per  prevenire  le  pubbliche  calamità. 

Sono  conseguenze  di  tale  dovere: 
a)  la  reciproca  cooperazione  onde  impedire  l'allargarsi  delle 
epidemie  ; 


TUcio  IX.  '  Doveri  internazionali  degli  Stati  261 

ft)  il  favorire  le  ricerche  scientifiche  fatte  con  rintendimento 
di  conoscere  eerte  malattie  contagiose  e  prevenire  la  propagazione 
delle  medesime; 

e)  le  misure  sanitarie  per  impedire  con  sollecitudine  che  le 
malattìe  contagiose  siano  diffuse; 

d)  il  promuovere  le  conferenze  sanitarie  ed  il  facilitare  la  solu* 
zione  delle  questioni  relative  alla  sanità  pubblica  nei  loro  rap* 
porti  cogl'interessi  intemazionali; 

e)  il  soccorrere  gli  stranieri  indigenti,  curarli  se  ammalati,  e 
provvedere  alle  spese  pel  rimpatrio  degli  abbandonati. 

Nella  conferenza  sanitaria  di  "^enna  riunitasi  il  V  agosto  1874  fu  emesso 
un  voto  riguardo  air  istituzione  di  una  commissione  internazionale  perma- 
nente per  studiare  e  prevenire  le  malattie  epidemiche,  e  fa  compilato  un  pro- 
getto pel  suo  funzionamento.  Ora  non  si  può  al  certo  dubitare  che  le  ricerche 
reputate  utili  per  Tetiologia  ed  il  regime  profilattico  del  colera,  della  peste  e 
delle  altre  malattie  epidemiche  debbano  essere  considerate  dMnteresse  generale 
ed  umanitario  e  che  debba  essere  reputato  doveroso  per  ciascheduno  Stato 
il  non  ostacolare  le  ricerche  fatte  sopra  luogo  con  tale  intendimento. 


2^2  Libro  L  -  Delle  persone  —  Farle  speciaìe 


TITOLO  X. 
Dei  'diritti  e  doveri  intemazionali  dell'uomo. 

522.  —  L'uomo,  a  qualunque  razza  appartenga,  qualunque  sia 
il  suo  grado  di  cultura  e  il  suo  colorito,  e  tanto  che  viva  in  asso- 
ciazione politica,  quanto  che  conduca  una  vita  nomade,  non  perde 
i  diritti  della  personalità  umana,  che  ad  esso  spettano  secondo 
il  Diritto  internazionale,  e  potrà  esigerne  il  rispetto  dovunque  e 
domandarne  il  godimento  e  l'esercizio,  sotto  la  condizione  di  rico- 
noscere l'autorità  delle  leggi  territoriali  e  di  osservare  quanto  esse 
dispongono. 

Gonfr.  reg.  1,  31,  35. 

Diritto  di  libera  attività. 

523.  —  Ogni  uomo,  sia  esso  cittadino  di  uno  Stato,  o  formi 
parte  d'una  tribù  nomade,  o  sia  abitante  di  regioni  incivili,  ha 
il  diritto  di  entrare  liberamente  in  qualunque  parte  del  territorio 
d'uno  Stato  aperto  al  commercio,  e  di  soggiornarvi,  purché  si 
assoggetti  a  tutte  le  leggi  in  vigore  ed  a  quelle  speciali,  che  per 
tutelare  la  pubblica  sanità,  o  per  motivo  di  polizia  o  di  sicurezza 
siano  applicabili  agli  stranieri. 

Questa  regola  tende  ad  escludere  la  necessità  del  passaporto  da  parte  dei 
forestieri,  che  vogliono  entrare  nel  territorio  di  uno  Stato.  Il  passaporto  può 
riuscire  sempre  utile  a  stabilire  il  carattere  di  cittadinanza,  e  a  dame  prima 
facie  la  prova,  ma  siccome  il  diritto  di  trafficare  liberamente  non  può  essere 
riservato  soltanto  a  coloro  che  certifichino  di  essere  cittadini  di  uno  Stato, 
così  la  mancanza  del  passaporto  non  può  essere  un  motivo  per  negare  a  chi 
ne  sia  privo  la  libertà  di  entrare  e  di  trafficare. 

624.  —  Dovranno  essere  considerate  contro  il  diritto  intema- 
zionale di  libera  attività  dell'uomo  le  esagerate  misure  preventive 
imposte  dai  Governi  a  coloro  che  non  siano  cittadini  dello  Stato, 
per  permettere  ad  essi  di  entrare  nel  territorio  e  soggiornarvi,  e 


l^oh  X  -  Dei  diritti  e  doveri  internazianali  délVuomo  263 

l'impedire  ai  medesimi,  senza  un  motivo  ragionevole  di  ordine 
pubblico,  di  circolarvi  liberamente. 

525.  —  Compete  però  a  ciascun  Governo  il  diritto  di  regolare 
con  leggi  speciali  l'entrata  degli  stranieri  nel  territorio  dello  Stato 
e  di  stabilire  le  condizioni  per  il  loro  soggiorno,  per  l'esercizio 
delle  professioni,  delle  arti  e  dei  mestieri,  in  armonia  cogl'inte- 
ressi  sociali,  economici  e  politici  dello  Stato. 

526. —  Ogni  forestiero  che  sia  entrato  nel  territorio  d'uno  Stato 
potrà  liberamente  uscirne  senza  bisogno  di  autorizzazione  del 
Governo,  eccetto  solo  il  caso  che  in  forza  deUe  leggi  in  vigore  sia 
stato  temporaneamente  privato  della  libertà  personale. 

Diruto  di  libero  traffico. 

527.  —  Ogni  uomo  ha  diritto  di  navigare  liberamente  per  l'alto 
mare  e  per  le  acque  non  comprese  nel  dominio  territoriale  di  nes- 
suna sovranità,  e  d'invocare  la  protezione  del  Diritto  intemazio- 
nale, purché  ne  riconosca  e  ne  osservi  le  leggi. 

528.  —  Ogni  uomo  però  che  voglia  navigare  liberamente  per 
l'alto  miare,  sarà  tenuto  ad  osservare  le  regole  che  concernono  la 
navigazione  e  le  leggi  internazionali  che  proteggono  le  persone 
e  le  cose  durante  la  medesima. 

520.  —  Ogni  uomo  può  entrare  nelle  acque  territoriali  di  una 
sovranità  ed  invocare  la  protezione  del  Diritto  internazionale, 
purché  osservi  le  leggi  ed  i  regolamenti  emanati  dalla  sovranità 
territoriale. 

530.  —  Ogni  uomo  ha  il  diritto  dell'uso  legale  ed  innocente 
delle  vie  dì  comunicazione  per  terra  e  per  mare  e  di  quanto  possa 
riuscire  utile  al  libero  esercizio  del  commercio  lecito,  rispettando 
però  le  leggi  vigenti  nello  Stato  ed  i  regolamenti. 

In  Yirtù  di  qaesta  regola  si  deve  ammettere,  che  il  libero  traffico,  e  il  navigare 
per  le  acque  territoriali  di  uno  Stato  debbano  essere  riguardati  come  un  vero 
diritto  deiruomo,  ogni  qual  volta  che  colui,  che  ciò  voglia  fare,  si  assoggetti 
alle  leggi  ivi  imperanti.  Tale  diritto  non  può  al  certo  essere  considerato  come 
fondato  sui  trattati,  e  spettante  quindi  solamente  ai  cittadini  dello  Stato,  che 
li  avesse  stipulati.  Nissnna  sovranità,  che  non  voglia  conculcare  i  principii 


264  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  specole 

del  Diritto  internazioaale,  può  negare  arbitrariamente  al  forestiere,  anche  quando 
egli  non  abbia  il  carattere  di  cittadino  di  uno  Stato,  Tuso  legale  ed  innocuo 
delle  vie  di  comunicazione,  e  la  facoltà  di  entrare  nel  territorio. 


Diritto  di  proprietà. 

631.  —  La  proprietà  individuale  dovrà  reputarsi  inviolabile, 
secondo  il  Diritto  intemazionale,  sotto  tutte  le  forme  che  essa 
può  assumere. 

632.  —  Ogni  uomo  può  esercitare  la  sua  attività  rispetto  alle 
cose,  ovunque  esse  siano  situate,  ed  acquistarne  la  proprietà  sotto 
le  condizioni  stabilite  e  determinate  dalle  leggi  imperanti  nel  ter- 
ritorio ove  tali  cose  si  trovino. 

633.  —  Saranno  riguardate  inviolabili  anche  la  proprietà  lette- 
raria ed  artistica,  e  la  proprietà  industriale. 

634.  —  Il  diritto  spettante  all'autore  d'una  produzione  intel- 
lettuale, qual  si  sia,  di  ottenere  la  garanzia  giuridica  di  tale  diritto 
sotto  le  condizioni  determinate  dalla  legge,  dovrà  essere  conside- 
rato come  un  vero  diritto  internazionale  dell'uomo,  ad  esso  spet- 
tante indipendentemente  dalla  qualità  di  cittadino. 

635.  —  Incombe  agli  Stati  civili  il  concordare  mediante  trat- 
tato la  protezione  e  la  garanzia  giuridica  della  proprietà  letteraria 
e  della  proprietà  artistica,  ma  indipendentemente  dai  trattati  la 
inviolabilità  di  tali  proprietà  deve  essere  tutelata  dal  Diritto  in- 
ternazionale e  considerata  come  fondata  sul  rispetto  dovuto  alla 
personalità  dell'uomo  nelle  più  nobili  delle  sue  funzioni  e  delle 
sue  attività. 

Le  regole  su  esposte  mirano  a  mettere  sotto  il  punto  di  vista  giuridico  il 
diritto  di  proprietà  e  la  sua  Inviolabilità;  questa  non  potrà  essere  reputata 
come  una  graziosa  concessione  del  principe,  nò  eom«  un  diritto  fondato  sui 
trattati,  né  come  un  privilegio  di  cui  può  godere  soltanto  il  cittadino.  La  pro- 
prietà costituisce  il  diritto  più  sacro  della  personalità  umana,  perchè  è  il  risul- 
tato dell*attività  stessa  deUa  persona  manifestata  e  sviluppata  mediante  il 
lavoro.  Essa  deve  essere  conseguentemente  considerata  come  un  diritto  del- 
Tuomo  e  gli  deve  essere  attribuito  come  tale  il  carattere  di  diritto  intema- 
zionale dell*uomo  per  la  giusta  considerazione  che  i  diritti  delia  personalità 
umana  non  possono  essere  ristretti  dentro  1  confini  territoriali  di  questo  o  di 
quel  paese. 


Titolo  X  -  DH  diriUi  $  doperi  hUemoMionali  dOTuomo)  ^^ 

536.  —  Salvo  il  diritto  spettante  a  ciascuno  Stato  di  subordi- 
nare la  protezione  della  proprietà  letteraria,  artistica  ed  industriale 
a  certe  condizioni  legali  previamente  determinate,  si  deve  non  per 
tanto  ammettere  che  violi  il  Diritto  internazionale  uno  Stato  che 
non  sancisca  la  parità  di  trattamento  tra  i  cittadini  e  gli  stranieri. 

637.  —  La  proprietà  privata,  a  chiunque  essa  appartenga,  dovrà 
essere  reputata  inviolabile  anche  in  alto  mare,  eccetto  che  nei 
casi  e  nelle  circostanze  determinati  secondo  il  Diritto  intemazio- 
nale rispetto  alla  proprietà  privata  in  tempo  di  guerra. 

538.  —  Viola  il  Diritto  internazionale  uno  Stato  che  inibisca, 
a  chiunque  non  sia  cittadino  di  esso,  di  acquistare  la  proprietà 
mobile  od  immobile  sotto  le  medesime  condizioni  legali  stabUite 
pei  cittadini,  o  che  vieti  il  godimento  dei  diritti  privati  compresi 
in  quello  di  proprietà,  salvo  il  caso  però  che,  per  ragioni  d'ordine 
pubblico  o  d'interesse  sociale,  l'acquisto  della  proprietà  di  certi 
determinati  oggetti  sia  riservato  esclusivamente  ai  cittadini,  o  che 
il  godimento  di  certi  diritti  annessi  alla  proprietà  immobiliare  sia 
attribuito  esclusivamente  ai  medesimi,  in  considerazione  della 
natura  di  tali  diritti,  e  della  loro  connessione  con  certe  pubbliche 
funzioni  o  col  Diritto  politico. 

539.  —  Le  regole  che  gli  Stati  civili  devono  ritenere  obbliga- 
torie per  assicurare  la  tutela  e  la  protezione  della  proprietà  sa- 
ranno stabilite  a  parte  nel  libro  lU. 


Inviolabilità  e  libertà  personale. 

540.  —  Ogni  ugmo  è  personalmente  inviolabile  nella  sua  qua- 
lità come  tale,  e  qualunque  attentato  alla  sua  persona  ed  alla 
sua  libertà  personale  dev'essere  considerato  contro  il  Diritto  inter- 
nazionale, che  protegge  l'uomo,  anche  quando  esso  non  formi 
parte  d'un  corpo  politico  organizzato  a  Stato. 

541.  —  Ogni  uomo,  indipendentemente  dai  trattati,  avrà  la  piena 
libertà,  sotto  la  condizione  di  osservare  le  leggi  territoriali,  d'eser- 
citare la  libertà  civile  e  tutti  i  diritti  che  ne  derivano ,  e  potrà 


266  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

esigere  che  la  sua  libertà  sia  rispettata  dentro  i  limiti  fissati  dalla 
legge  territoriale,  e  protetta  e  garantita  con  tutti  i  procedimenti 
legali  e  giudiziari  ammessi  e  riconosciuti  a  favore  dei  cittadinL 
542.  —  Il  diritto  di  libertà  e  d'inviolabilità  personale  non  può 
essere  negato  a  nessun  uomo,  a  qualunque  razza  egli  appartenga 
e  qualunque  sia  il  suo  colorito. 


Inviolabilità  personale  dei  negri. 

543.  —  Viola  il  Diritto  internazionale  ogni  Stato  che  disconosce 
ai  negri  i  diritti  della  personalità  umana,  e  che  concede  la  facoltà 
di  comprarli  e  di  venderli,  ammettendo  riguardo  a  loro  un  diritto  di 
proprietà. 

544.  —  Il  commercio  dei  negri,  sotto  qualunque  forma  esso 
venga  praticato,  ed  anche  quando  sia  fatto  coirautorizzazione  o 
colla  tolleranza  dello  Stato  in  cui  abbia  luogo,  dev'essere  riguardato 
come  un  attentato  ai  diritti  della  personalità  umana  e  dichiarato 
assolutamente  illecito  e  contro  il  Diritto  intemazionale. 

545.  —  Incombe  ad  ogni  Stato  civile  il  fare  quanto  sia  neces- 
sario per  tutelare  l'inviolabilità  personale  dei  negri,  e  l'adope- 
rare tutti  i  mezzi  di  cui  può  disporre  onde  far  cessare  il  loro  nefando 
commercio  e  punire  coloro  che  vi  si  consacrano,  o  che  diretta- 
mente o  indirettamente  vi  partecipano. 

U  legislatore  italiano  panisce  severamente  la  tratta  di  schiavi  con  le  pene 
stabilite  per  la  repressione  dei  reati  marittimi  al  capo  V  del  Codice  della  ma- 
rina mercantile.  All'art.  337  il  legislatore  dispone  che  si  reputerà  commesso 
il  reato  di  tratta,  sempre  che  uno  schiavo  sia  stato  trattato  come  tale  a  bordo 
di  una  nave  nazionale.  Esso  panisce  altresì  il  tentativo*  che  ritiene  consumato 
quando  una  nave  sia  annata  pel  trasporto  di  schiavi  e  che  sia  stata  cosi  sor- 
presa prima  che  il  fatto  di  tratta  abbia  avuto  luogo,  art.  340-41. 

546.  —  Ogni  schiavo,  anche  quando  comprato  ove  il  commercio 
sia  dichiarato  lecito,  dovrà  essere  reputato  libero  ed  inviolabile 
nella  sua  persona  appena  che  metta  il  piede  sul  territorio  d'uno 
Stato  civile,  il  quale  sarà  tenuto  a  tutelare  la  libertà  di  lui  e  a 
far  rispettare  riaviolabilità  della  persona. 


liU^o  X,  -  Dei  dxriui  t  doveri  irUernagionali  ddVuomo  267 

Questa  regola  è  stata  poi  consacrata  D6U*atto  antischiavista  del  3  luglio  1899. 
L*art.  V  infatti  così  dispone:  *  Tont  esclave  fugitif  qni,  sor  le  continent  recla- 
merà la  protection  dea  Paissances  signataires,  deyra  Tobtenir  et  sera  re^u  dans 
les  campa  et  stations  offieiellement  établis  par  elles  ou  à  bord  des  bAtiments 
de  TEtat  naTiguant  sur  les  lacs  et  rivières.  Les  stations  et  les  bateanx  privés 
ne  sont  admis  à  exercer  le  droit  d^asile  qne  sous  la  réserve  du  consenteroent 
préalable  de  TEtat  ,. 

_  • 

547.  —  Incombe  a  tutti  gli  Stati  civili  il  concordare  gli  oppor» 
tuni  provvedimenti  onde  far  cessare  il  commercio  degli  schiavi 
nelle  regioni  ove  tuttora  è  esercitato,  ritenendo  illecito  non  solo 
tale  commercio,  ma  altresì  tutte  le  operazioni  fatte  sulla  terra 
o  sul  mare  per  mantenerlo  ed  esercitarlo. 

Incombe  inoltre  ad  essi  l'esercitare  tutta  Tinfiuenza  per  costrin- 
gere i  Sovrani  dei  paesi  incivili,  che  permettono  il  commercio  degli 
schiavi,  a  farlo  cessare. 

Questa  regola  trovasi  consacrata  all'art.  9  del  trattato  di  Berlino  del  26  feb- 
braio 1885,  e  forma  il  Diritto  comune  dei  seguenti  Stati:  Austria-Ungheria, 
Belgio,  Danimarca,  Francia,  Germania,  Gran  Brettagna,  Italia,  Paesi  Bassi  e  Lu- 
semboigo,  Portogallo,  Russia,  Spagna,  Stati  Uniti  d*Amerìca,  Svezia  e  Norvegia 
e  Turchia,  i  quali  stipularono  la  seguente  dichiarazione  relativa  alla  tratta  di 
schiavi,  art.  9:  '  Gonformément  aux  principes  du  Droit  des  gens  tels  quMIs 
sont  reeonnns  par  les  Paissances  signataires,  la  tndte  des  esdaves  étant  inter* 
dite,  et  les  opérations  qui,  sur  terre  ou  sur  mer,  fournissent  des  esclaves  à 
la  traite  devant  Atre  également  considérées  comme  interdites,  les  Puissances 
qui  exercent  ou  qui  ezerceront  des  droits  de  souveraineté  ou  une  influence 
dans  les  territoires  formant  le  bassin  conventionnel  da  Congo  dóclarent  qne 
ces  territoires  ne  pourront  servir  ni  de  marche  ni  de  voie  de  transit  pour 
la  traite  des  esclaves  de  quelque  race  que  ce  soit.  Ghacune  de  ces  Puissances 
8*engage  à  emi^oyer  tons  les  moyens  en  son  pcAivoir  pour  meltre  fin  à  ce 
commerce  et  pour  punir  ceux  qui  8*en  occupent ,. 

548.  —  Le  regole  concordate  nell'Atto  generale  sottoscritto  a 
Bruxelles  il  2  luglio  1890  per  reprimere  la  tratta  dei  negri  devono 
essere  considerate  come  l'espressione  dei  principii  reclamati  dalla 
civiltà  per  tutelare  la  libertà  individuale  e  Tinviolabilità  della  per- 
sona umana,  e  devono  essere  reputate  obbligatorie  per  tutti  gli 
Stati  civili. 

L*atto  generale  antischiavista  stipulato  a  Bruxelles  il  2  luglio  1890,  fu  sot. 
toscrìtto  dair Austria-Ungheria,  Belgio,  Congo,  Danimarca,  Francia,  Germania^ 
Gran  Brettagna,  Italia,  Paesi  Bassi,  Persia,  Portogallo,  Russia,  Spagna,  Stati 
Uniti,  Svezia  e  Norvegia,  Turchia  e  Zanzibar.  In  forza  di  tale  trattato  le  Potenze 
segnatario  concordarono  le  disposizioni  le  più  efficaci  per  assicurare  la  repres- 
sione della  tratta  di  schiavi  nelle  zone  marittime  ove  essa  esiste  tuttora.  Oltre 


268  Libro  L  •  Delle  persone  —  Parte  speciale 

ai  provvedimenti  adatti  ad  impedire  il  trasporto  di  schiavi,  ammettendo  no 
diritto  reciproco  di  vigilanza  ed  il  diritto  reciproco  di  visita,  ricerca  e  sequestro 
delle  navi  addette  a  trasportare  schiavi  (art  23),  le  Potenze  segnatane  con- 
cordarono altresì  mezzi  più  efficaci  per  combattere  la  tratta  all'interno  del* 
r Africa  nei  laoghi  d'origine  (art.  1)  ;  per  vigilare  le  carovane  lungo  le  strade 
per  le  quali  il  traffico  di  schiavi  per  terra  ò  fatto  (art.  XV  e  XIX).  Esse  con- 
cordarono altresì  i  provvedimenti  più  opportuni  per  proteggere  gli  schiavi 
liberati  e  per  fondare  stabilimenti  di  rifugio  per  favorire  la  liberazione  degli 
schiavi  (art.  LXXXVI). 


Diritto  di  libertà  di  coscienza. 

649.  —  Ciascuno  può  liberamente  accettare,  conservare  e  mutare 
la  propria  confessione  religiosa,  e  non  potrà  essere  tenuto  a  ren- 
derne conto  a  nessuno. 

II  diritto  di  libera  confessione  religiosa  sarà  reputato  uno  dei 
diritti  internazionali  dell'uomo. 

550.  —  Sarà  reputato  parimente  sacro  ed  inviolabile  il  culto 
della  propria  religione,  e  libero  l'esercizio  di  esso,  sempre  che 
non  vi  sia  nulla  di  vietato  dalla  legge  territoriale,  o  che  possa 
ritenersi  in  opposizione  alle  leggi  di  polizia  dello  Stato,  o  all'ordine 
pubblico. 

551.  —  Viola  il  Diritto  intemazionale  uno  Stato  che  subordini 
il  godimento  dei  diritti  civili  alla  confessione  religiosa,  o  che  eser- 
citi ogni  maniera  d'influenza  per  costringere  gli  stranieri  a  mutare 
la  loro  confessione  religiósa,  perseguitandoli  o  vessandoli  pel  rifiuto 
da  essi  dato  di  cambiarla,  o  assoggettandoli  ad  interrogazioni  per 
conoscere  le  loro  credenze  religiose. 

552.  —  La  persecuzione  religiosa  sarà  considerata  come  un 
fittentato  al  Diritto  intemazionale  ed  una  violazione  grave  da  parte 
dello  Stato  che  l'abbia  autorizzata,  o  che  non  faccia  quanto  possa 
occorrere  per  impedirla. 

Diritti  internazionali  delVuomo  come  cittadino. 

553.  —  Ogni  persona  che  formi  parte  d'uno  Stato  come  cit- 
tadino di  esso,  ha  diritto  a  che  il  carattere  di  cittadinanza  sia 


Titolo  X.  •  Dei  diritti  e  doveri  internazionali  deiruomo  ^^^ 

dovunque  riconosciuto  e  rispettato,  e  potrà  invocare  la  protezione 
del  Sovrano  e  del  Governo  dello  Stato  cui  appartiene,  contro 
qualunque  Stato  o  qualunque  Governo  che  volesse  arbitrariamente 
conculcare  i  diritti  che  gli  spettano,  secondo  il  Diritto  inter- 
nazionale. 

564.  —  Colui  che  appartiene  ad  uno  Stato  come  cittadino,  e 
che  possa  stabilire  e  provare  il  suo  carattere  come  tale,  avrà  il 
diritto  d'esercitare  il  commercio  all'estero  a  norma  dei  trattati 
conclusi  ed  in  vigore  tra  lo  Stato  di  cui  esso  sia  cittadino  e  quello 
in  cui  voglia  esercitare  il  commercio,  e  di  domandare  ed  ottenere 
il  godimento  d'ogni  altro  diritto  privato,  che  trovi  il  suo  fonda- 
mento sui  trattati  stipulati. 

565.  —  Indipendentemente  dai  trattati,  incombe  ad  ogni  Stato, 
secondo  i  più  giusti  principii  del  Diritto  internazionale,  il  rico- 
noscere che  colui  che  sia  cittadino  di  Stato  straniero  ha  il  diritto 
d' invocare  la  legge  dello  Stato  cui  appartiene,  a  fine  di  stabilire 
la  sua  condizione  civile,  il  suo  stato  personale  e  di  famìglia  e  i 
diritti  privati  che  gli  spettano,  purché  il  riconoscere  l'autorità  della 
legge  estera  e  gli  effetti  che  ne  possono  derivare  non  importino 
alcuna  lesione  od  offesa  del  Diritto  pubblico  territoriale,  o  non 
deroghino  alle  leggi  d'ordine  pubblico,  o  a  quelle  relative  al  buon 
costume,  e  purché  il  cittadino  straniero,  a  riguardo  dell'esercizio 
dei  diritti  privati  a  lui  spettanti  secondo  le  leggi  della  sua  patria^ 
si  assoggetti  alla  legge  territoriale. 

666.  —  Deve  essere  riguardato  come  un  diritto  dell'uomo,  in 
quanto  è  cittadino,  quello  di  rimanere  nel  territorio  dello  Stato 
di  cui  formi  parte,  e  di  non  poterne  essere  espulso  per  motivi 
di  sicurezza  interna. 

657.  —  Viola  il  Diritto  internazionale  uno  Stato  che,  per 
liberarsi  dai  cittadini  malfattori,  o  dalle  persone  affette  da  ma- 
lattie contagiose,  li  condanni  all'esilio,  al  bando,  alla  depor- 
tazione. 

La  pena  del  bando  e  dell'esilio  dallo  Stato  potrà  essere  giu- 
stificata rispetto  ai  cittadini,  solamente  quando  sia  limitata  ai  soli 
delitti  politici. 


-'^  Libt'o  1.  •  Delle  penai t  —  VarU  speciale 


Diritto  di  eleggere  e  rinunciare  alla  cittadinanza. 

558.  —  Ogni  individuo,  che  abbia  la  capacità  giuridica  per  eser- 
citare i  diritti  civili,  può  liberamente  scegliere  lo  Stato  al  quale 
intenda  appartenere,  e  può  rinunziare  alla  cittadinanza  acquistata 
ed  acquistarne  una  diversa,  purché  però  la  dichiarazione  per 
mutarla  sia  fatta  in  buona  fede,  sia  effettiva,  e  manifestata  colle 
forme  e  sotto  le  condizioni  stabilite  dalla  legge  dello  Stato  di  cui 
la  persona  vuole  rinunziare  la  cittadinanza. 

559.  —  Il  diritto  di  rinunziare' alla  cittadinanza  originaria  e  di 
acquistarne  una  diversa  deve  essere  considerato  come  un  diritto 
personale  di  ciascuno,  e  non  potrà  essere  subordinato  alla  previa 
autorizzazione  del  Sovrano  delio  Stato,  di  cui  la  persona  era 
cittadino. 

560.  — .  La  rinunzia  alla  cittadinanza  originaria  non  potrà  essere 
efficace  a  rompere  tutti  i  legami  che  vincolano  ciascuna  persona 
allo  Stato  ed  a  far  cessare  i  doveri  verso  di  lui,  quando  dai 
fatti  e  dalle  circostanze  sì  possa  presumere  che  tale  rinunzia  abbia 
avuto  luogo  in  mala  fede.  Tale  dovrà  essere  reputata  nel  caso 
di  uno  che  abbia  abbandonato  la  sua  patria  a  fine  di  sottrarsi 
agli  oneri  civici,  o  di  esimersi  dal  servizio  militare. 

561.  —  Dovrà  presumersi  la  mala  fede  per  parte  di  uno  che, 
mentre  abbia  dichiarato  di  rinunciare  alla  cittadinanza  origi- 
naria, abbia  effettivamente  continuato  a  conservare  la  sede  prin- 
cipale dei  propri  affari  ed  interessi  nello  Stato  di  cui  era  prima 
cittadino. 

562.  —  La  rinunzia  alla  cittadinanza  originaria  potrà  essere 
tacita,  e  questo  dovrà  ammettersi  nel  caso  di  uno  che  abbia  posto 
un  fatto  volontario  incompatibile  con  la  sua  condizione  di  citta- 
dino dello  Stato. 

Sarà  reputato  tale  Tavere  accettato  un  impiego  da  un  Governo 
straniero  senza  previa  autorizzazione  del  Governo  nazionale,  o 
Tessersi  arruolato  nella  milizia  straniera. 


Titolo  X  •  Dei  diritti  e  doveri  intemazionali  delVuomo  271 


Prova  della  cittadinanza. 

663.  —  Ogni  individuo  che  reclami  la  cittadinanza  d*uno  Stato 
deve  darne  la  prova,  e  questa  dovrà  essere  valutata  a  norma 
della  legge  dello  Stalo,  a  cui  l'individuo  intenda  dimostrare  di 
appartenere. 

Fino  a  tanto  che  l'acquisto  della  nuova  cittadinanza  non  sia 
debitamente  provato,  si  deve  presumere  che  Tindividuo  abbia  con- 
servata la  sua  cittadinanza  di  origine. 

664.  —  L'individuo,  che  sostiene  d'avere  perduta  la  cittadinanza 
d'uno  Stato,  deve  darne  la  prova  e  dimostrare  di  avere  acqui- 
stata quella  straniera.  Cotesta  perdita  non  potrà  ritenersi  effet- 
tuata, se  non  quando  l'individuo,  che  abbia  acquistata  la  cittadi- 
nanza straniera,  abbia  avuto  la  capacità  giuridica  per  fare  ciò 
secondo  la  legge  dello  Stato  di  cui  esso  era  cittadino,  e  quando 
tutte  le  condizioni  secondo  questa  prescritte  per  poter  ammet- 
tere tale  perdita  possano  ritenersi  avverate. 

Queste  dae  regole  tendono  ad  ovviare  airincon veniente  di  potersi  trovare 
uno  mancante  di  una  data  cittadinanza  o  che  possa  trovarsi  allo  stesso  tempo 
cittadino  di  due  Stati. 

665.  —  Non  viola  il  Diritto  intemazionale  uno  Stato  che  prov- 
vede colle  sue  leggi  interne  ad  impedire  Tespatriazione  effettuata 
in  mala  fede. 

666.  —  Nessuno  potrà  essere  reputato  cittadino  di  due  Stati, 
e  ciascuno  dovrà  avere  in  massima  una  determinata  cittadinanza. 

Incombe  agli  Stati  l'accordarsi  nello  stabilire  regole  uniformi 
per  l'acquisto  e  per  la  perdita  della  cittadinanza ,  e  l'eliminare 
Tinconveniente  della  duplicità  o  della  mancanza  della  medesima. 

La  cittadinanza  ha  un'importanza  grandissima,  e  non  solo  di  fronte  al  Di- 
ritto pubblico  ed  al  Diritto  civile  di  ciascun  paese ,  ma  altresì  di  fronte  al 
Diritto  intemazionale.  Essa  ò  infatti  il  fondamento  dei  diritti  politici,  quelli 
cioè  che  sono  una  prerogativa  esclusiva  dei  cittadini,  ed  è  pure  il  fondamento 
di  quei  diritti  civili,  dei  quali  il  legislatore  riserva  il  godimento  a  coloro  sol- 
tanto che  devono  essere  reputati  cittadini  dello  Stato.  Per  gli  altri  poi,  dei 
quali  il  godimento  è  concesso  ai  cittadini  ed  agli  stranieri,  siccome  la  misura 


272 


Libro  L  '  Delle  persone  —  Parte  speciale 


del  diritto,  e  la  maniera  di  goderne  devono  dipendere  dallo  statuto  personale, 
il  quale  stabilisce  la  condizione  civile  di  ciascuno  e  i  suoi  diritti  personali  e 
di  famiglia,  e  viene  ad  essere  determinato  An  considerazione  della  cittadinanza, 
cosi  riesce  chiaro  che,  dovendo  ciascuno  godere  ì  diritti  civili  e  privati,  che 
gli  spettano,  secondo  la  propria  legge  personale,  la  cittadinanza  è  decisiva  per 
determinare  in  concreto  ed  in  modo  positivo  quali  siano  i  diritti  privati  e  civili 
che  a  ciascuna  persona  spettino. 

Di  fronte  finalmente  al  Diritto  internazionale,  siccome  ogni  persona  può 
accampare  il  diritto  di  godere  nei  rapporti  intemazionali  di  tutte  le  facoltà,  di 
tutti  i  vantaggi  e  di  tutti  i  privilegi,  che  in  forza  di  trattati  stipulati  tra  Stato 
e  Stato  siano  attribuiti  ai  cittadini  rispettivi,  riesce  chiaro  che  la  cittadinanza 
è  decisiva  per  determinare  il  godimento  di  tutti  i  diritti  privati,  che  si  vogliono 
fondare  sui  trattati  conclusi  ed  in  vigore. 

Vedi  Fiore,  Dello  stato  e  della  condizione  giuridica  delle  persone  secondo  la 
legge  civile^  Napoli  1893,  editore  Marghieri,  tomo  I,  pag.  20. 


Necessità  di  un  Diritto  uniforme  relativamente 

alla  cittadinanza. 

567.  —  Incombe  a  tutti  gli  Stati  civili  il  concordare  regole 
uniformi  circa  le  norme  fondamentali  per  l'acquisto ,  la  perdita 
ed  il  mutamento  della  cittadinanza,  e  il  conciliare  il  rispetto  dovuto 
alla  libertà  di  ciascuno  di  scegliere  liberamente  lo  Stato  al  quale 
intende  appartenere,  colla  reciproca  utilità  di  eliminare  ogni  incer- 
tezza riguardo  alla  cittadinanza. 

Tenendo  conto  dell'importanza  che  la  cittadinanza  ha  anche  di  fronte  ai 
Diritto  internazionale,  si  comprende  come  sia  di  sommo  interesse  perTeser- 
cizio  e  lo  sviluppo  giuridico  dei  diritti  dell'uomo,  che  ciascuno  abbia  una  deter- 
minata cittadinanza,  e  che  non  si  trovi  nella  condizione  di  esserne  mancante 
del  tutto,  o  di  avere  simultaneamente  la  cittadinanza  di  Stati  diversi.  Pur  am- 
mettendo la  libertà  di  ciascuno  riguardo  all*eliggere,  conservare,  e  mutare  la 
propria  cittadinanza,  bisogna  non  per  tanto  escludere  1*  inconveniente  gravis- 
simo, che  deriva  dal  trovarsi  talvolta  una  persona  senza  una  cittadinanza 
determinata,  talvolta  un'altra  che  nel  tempo  stesso  abbia  la  cittadinanza  di 
due  Stati  diversi.  Ciò  dipende  da  che  i  legislatori,  usando  del  loro  diritto 
di  autonomia,  e  non  essendovi  alcuna  limitazione  riguardo  ai  principii  fon- 
damentali in  materia  di  cittadinanza,  e  promulgando  ciascuno  la  legge  della 
cittadinanza  come  meglio  gli  garba,  rendono  cosi  possibile  talvolta  la  con- 
dizione della  persona  senza  patria.  Tali  anomalie  non  potranno  sparire  che  in 
conseguenza  di  un  accordo  circa  i  principii  fondamentali,  i  quali  dovrebbero 
essere  rispettati  da  tutte  le  leggi  territoriali. 

568.  —  Spetterà  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  di  detemii- 
nare  e  fisijai-e  le  condizioni  per  l'acquisto  della  cittadinanza,  per 


TUolo  X.  '  Dei  difitti  e  doveri  intemazionali  delVuomo  t73 

la  sua  conservazione  e  per  il  suo  riacquisto,  sotto  condizione 
però  di  non  violare  i  principii  fondamentali  che  di  comune  accordo 
siano  stati  stabiliti. 


Bff/ole  per  Vattribuzione  della  cittadinanza. 

569-  —  Finché  non  sarà  concordato  un  Diritto  uniforme  in 
materia  di  cittadinanza,  incombe  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  il 
mettere  la  propria  legislazione  in  armonia  coi  seguenti  principii 
del  Diritto  internazionale. 

570.  —  Dovrà  essere  reputato  contrario  ai  diritti  dell'uomo 
l'imporre  la  cittadinanza  ad  uno  contro  sua  volontà  espressa  o 
presunta. 

Sarà  considerato  tale  il  dichiarare  cittadini  tutti  coloro  che 
nascano  nel  territorio  dello  Stato. 

671.  —  Dovrà  reputarsi  conforme  alla  volontà  presunta  di  eia* 
scuna  persona  l'attribuire  al  figlio  legittimo  la  cittadinanza  del 
padre  fino  all'età  maggiore,  e  fino  a  quando  esso,  con  un  fatto 
volontario,  non  ne  abbia  acquistata  un'altra  dì  sua  elezione,  e 
l'attribuire  al  figlio  naturale  la  cittadinanza  del  padre,  se  questi 
lo  abbia  riconosciuto,  o  quella  della  madre  se  sia  stato  riconosciuto 
soltanto  da  lei. 

672.  —  Colui  che  sia  nato  nel  territorio  d'uno  Stato  da  genitori 
ignoti,  sarà  reputato  cittadino  dello  Stato  in  cui  ne  sia  avvenuta 
la  nascita. 

Qualora  però  durante  la  minorennità  il  padre  straniero  lo  abbia 
legalmente  riconosciuto,  il  figlio  seguirà  la  condizione  di  lui.  Se 
sia  riconosciuto  simultaneamente  dal  padre  e  dalla  madre,  seguirà 
a  preferenza  la  condizione  del  padre. 

673.  —  Il  figlio  che  avrà  acquistato  per  nascita  la  cittadinanza 
attribuita  al  genitore  di  lui  la  conserverà  fino  all'età  maggiore. 

574.  —  Qualora  il  genitore  perdesse  la  propria  cittadinanza  ed 
acquistasse  la  cittadinanza  straniera,  il  figlio  non  seguirà  la  con- 
dizione di  lui  se  non  quando,  giimto  all'età  maggiore,  determinata 

18  —  Fiore,  Dir.  intem,  codif. 


274  Libro  L  -  Delle  persone  —  Parte  spedale 

secondo  la  legge  della  sua  patria  originaria,  dichiarì  di  volere 
seguire  la  condizione  del  proprio  genitore. 

676  -^  La  donna  cittadina  che  si  mariti  ad  uno  straniero  perde 
la  propria  cittadinanza  ed  acquista  quella  del  marito. 

676.  —  La  donna  maritata  non  avrà  il  diritto  di  mutare  la  cit- 
tadinanza da  essa  acquistata  col  matrimonio,  che  quando  questo 
sia  sciolto.  Durante  il  matrimonio  essa  potrà  però  seguire  libe- 
ramente la  condizione  del  marito,  se  questi  acquistasse  una  nuova 
cittadinanza. 

Sarà  lo  stesso  in  caso  di  separazione  personale. 

677.  —  Nessuno  potrà  acquistare  la  cittadinanza  d'uno  Stato 
mediante  la  naturalizzazione,  se  prima  non  abbia  rinunziato  alla 
cittadinanza  originaria  e  non  dia  la  prova,  in  conformità  della 
legge  dello  Stato  di  cui  era  cittadino,  di  avere  perduta  la  citta- 
dinanza d'origine. 

678.  —  Nessuno  può  rinunciare  alla  cittadinanza  d'origine  o 
subire  la  perdita  della  medesima,  se  non  quando  abbia  acquistata 
la  cittadinanza  straniera,  e  non  ne  dia  la  prova  secondo  la  legge 
del  paese  straniero. 

In  ogni  caso  di  dubbio  la  presunzione  legale  sarà  ognora  per 
la  conservazione  della  cittadinanza  originaria. 

Le  ra^oni  sulle  quali  ci  sembrano  fondate  le  regole  sopra  enunciate  tro* 
yansi  sviluppate  nelle  nostre  opere,  cioè:  Fiore,  Diritto  inter,  privato,  3*  ediz. 
-(Unione  tip.  editrice,  1888),  voi.  I,  Leggi  civili,  parte  speciale,  cap.  III.  Vedi  la 
traduzione  francese  di  Charles  Antoine  e  la  traduzione  spag^uola  di  Garcia 
Moreno.  Fiore,  Sulle  disposizioni  generali  delV applicazione  e  interpretazione 
delle  leggi  (Napoli,  Marghìeri,  1890),  voL  II,  cap.  11,  Della  cittadinanza  in  rap- 
porto alla  legge  personale. 

Le  regole  a  riguardo  dei  figli  minori  e  della  donna  maritata  tendono  ad 
escludere  che  lo  stato  di  cittadinanza  acquistato  da  essi. colla  nascita  o  col 
matrimonio  possa  essere  mutato  a  volontà  del  padre  o  del  marito,  ed  a  sta- 
bilire che  lo  status  civitatis  è  un  diritto  personale,  che  appartiene  a  ciascuna 
persona,  e  di  cui  essa  soltanto  ha  diritto  di  disporre,  quando  ne  abbia  la 
capacità. 

Vedi  per  quello  che  concerne  le  quistioni  di  cittadinanza  secondo  il  Diritto 
.civile  italiano:  Fiore,  Commento  del  Diritto  civile  italiano:  Della  condizione  giuri- 
dica delle  persone  (Margbieri  editore,  Napoli  1889),  Tit.  1^  Della  cittadinanza. 

579.  -^  Il  domicilio  civile  non  potrà  valere  in  massima  ad  acqui- 
stare la  cittadinanza,  se  non*' quando  sia  stabilito  e  mantenuto 


Titolo  X.  -  Dei  diruti  $  doveri  internazionali  delVuomo  *'^ 

senza  interruzione  per  un  tempo  determinato  (10  anni  almeno) 
da  uno  che  abbia  abbandonato  la  patria  colla  manifesta  inten- 
zione di  non  ritornarvi  più. 

Quantunque  i  rapporti,  che  derivano  dal  domicilio,  e  quelli  che  derivano  dalla 
cittadinanza,  siano  di  natura  diversa,  pur  non  di  meno,  siccome  la  popolazione 
effettiva  di  ciascun  paese  ò  formata  da  coloro,  che  vi  sono  stabiliti  perma- 
aentemente,  e  che  hanno  in  esso  il  centro  dei  propri  affari  e  dei  propri  inte- 
ressi, e  questo  fa  sì  che  col  domicilio  reale  vengano  a  stabilirsi  certi  legami 
fra  le  persone  domiciliate  ed  il  Sovrano  del  paese,  così  bisogna  ammettere  che, 
quando  tale  fatto  sia  protratto  per  un  tempo  ragionevole  a  far  presumere  la 
volontà  di  far  parte  della  popolazione  effettiva,  e  d'altra  parte  poi  colui,  che 
abbia  stabilito  il  domicilio,  abbia  abbandonato  la  patria,  manifestando  Tinten- 
zione  di  non  farvi  più  ritomo,  tale  complesso  di  circostanze  può .  equivalere  alla 
tacita  rinunzia  della  cittadinanza  originaria ,  e.  alla  tacita  elezione  di  quella 
del  paese,  ove  uno  abbia  fissato  il  suo  domicilio.  Questo  ci  sembra  che  si 
possa  ammettere  se  il  domicilio  sia  mantenuto  da  uno  straniero  per  dieci  anni 
senza  alcuna  dichiarazione  di  volersi  riservare  i  suoi  diritti  come  cittadino 
dello  Stato  estero.  Tale  effetto  non  dovrebb*essere  attribuito  al  domicilio  sta- 
bilito per  ragioni  di  commercio,  ma  sarebbe  ragionevole  Tammetterlo  in  caso 
di  domicilio  civile. 

Vedi  Fiore,  Diritto  intern.  priv.,  2*  ediz.,  1874,  Appendice,  pag.  552. 


Doveri  internazionali  delVtiomo. 

580.  —  Nissuno  può  invocare  la  protezione  del  Diritto  inter- 
nazionale e  avvantaggiarsi  del  godimento  e  dell'esercizio  dei  diritti, 
che  secondo  esso  a  ciascuna  persona  spettano,  se  non  a  con- 
dizione di  riconoscerne  Tautorità  e  dì  osservarne  i  precetti. 

581.  ~  Ogni  persona  che,  navigando  per  l'alto  mare,  non 
osservi  le  regole  della  navigazione,  o  commetta  un  reato  che 
sia  qualificato  tra  quelli  punibili  secondo  il  Diritto  internazio- 
nale, sarà  tenuta  a  risponderne  in  conformità  del  medesimo. 

Tale  sarà  il  caso  di  uno  che  navigasse  senza  osservare  le  norme 
della  rotta  marittima,  o  che  esercitasse  la  pirateria,  o  che  dolo- 
samente guastasse  e  distruggesse  le  opere  destinate  all'uso  comune 
di  tutti  i  popoli,  come  i  telegrafi  sottomarini  e  gli  apparati  annessi, 
i  canali  che  servono  alla  navigazione  oceanica  e  somiglianti  opere 
utili  ai  bisogni  internazionali. 


276 


Libro  I.  '  DeUe  penone  —  Parte  speciale 


Tutèla  giuridica  dei  diritti  internazimali  délVuomo. 

682.  ^  I  diritti  intemazionali  dell'uomo  sono  sotto  la  tutela 
giuridica  collettiva  di  tutti  gli  Stati  civili,  e  l'attentato  ai  mede- 
simi sarà  considerato  come  una  violazione  del  Diritto  intemazio- 
nale, che  potrà  legittimare  Tingerenza  di  tutti  gli  Stati  civili  in 
conformità  delle  regole  stabilite  in  questo  Libro  e  di  quelle  circa 
la  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale,  che  saranno  stabilii  e 
al  Libro  IV. 

Vedi  al  titolo  precedente  le  regole  che  concernono  il  dovere  d*  ingresso 
collettivo. 


Titolo  XI,  '  Dti  dèrmi  e  doveri  intemazionali  deUa  Chiesa         ^^7 


TITOLO  XI. 

Dei  diritti  •  doveri  intemasionali 
della  Ohiess. 

583.  —  Nessuna  Chiesa  potrà  assumere  la  condizione  giurìdica 
di  persona  della  magna  civiias  se  non  quando  la  sua  costituzione 
e  la  sua  organizzazione  attuale  abbia  di  fatto  il  carattere  di  con- 
fessione universale  ed  internazionale. 

€k>Dfr.  reg.  8M3,  36-87,  58-61. 

La  Chiesa  è  il  risultato  del  diritto  di  libertà  di  coscienza,  ohe  appartiene  a 
eiasciis  nomo,  e  che  abitiamo  detto  doTer  essere  considerato  come  uno  dei 
diritti  intemazionali  di  Ini.  Essa  però  non  può  reputarsi  esistente,  se  non  quando 
vn  numero  piò  o  meno  considerevole  di  nomini,  associati  dalla  fede  comune, 
si  siano  riuniti  di  fatto  in  consorzio  ed  abbiano  formato  una  comunione  spi- 
rituale, riconoscendo  spontaneamente  un  Capo  supremo,  che  eserciti  un^autorìtà 
morale  di  direzione  e  di  governo  su  di  loro  tutti  credenti,  o  in  altri  termini 
quando  essa  abbia  assunto  la  forma  di  un'istituzione. 

n  diritto  personale  di  libertà  di  coscienza  spettante  a  ciascun  uomo  deve 
essere  protetto  dal  Diritto  intemazionale,  come  ogni  altro  dei  diritti  delFuomo. 
Ora  conviene  considerare  che  tale  diritto  sì  può  manifestare  come  sentimento 
coUettivo  di  una  considerevole  molUtndine  di  credenti,  che,  riuniti  dalla  mede- 
sima fede  e  riconoscendo  la  suprema  autorità  di  un  CSapo,  chiamato  a  man- 
tenere Tunità  del  dogma  e  della  credenza,  costituiscano  un  consorzio  religioso. 
Questo  pare  dev'essere  protetto  dal  UiriUo  intemazionale  in  virtù  degli  stessi 
principii,  che  devono  assicurare  il  rispetto  della  libertà  di  coscienza  come 
diritto  individuale. 

Affinchè  però  una  Chiesa  possa  assumere  la  condizione  di  persona  interna- 
zionale, occorrono  certe  circostanze  di  fatto,  così  come  accade  rispetto  alVasso- 
dazione  politica  che  intenda  di  assumere  la  condizione  di  Stato.  Una  molti- 
tndme  ben  considerevole  di  credenti  sparsi  nelle  diverse  regioni  del  mondo: 
un  Papa  che  eserciti  rispetto  ad  essi  la  suprema  autorità  di  governo  e  di 
disciplina:  un  sacerdozio  che  presti  ad  esso  obbedienza,  e  via  dicendo,  sono 
ekeostanse  che  sì  devono  verificare,  affinchè  la  Chiesa  possa  di  fktto  accam- 
pare il  diritto  di  essere  considerata  come  una  persona  intemazionale.  Questo 
non  si  può  dire  che  nell'attualità  si  verifichi  di  ogni  Chiesa,,  ma  soltanto  bensì 
della  Chiesa  cattolica  romana. 

Senza  accettare  il  concetto  che  di  essa  hanno  i  fautori  del  Papato  ed  i  Papi 
stessi,  e  prendendola  tale  quale  essa  è,  e  come  Dio  stesso,  o  come  i  tempi,  la 
Iradhcione  e  la  storia  Thanno  fatta,  non  giova  disconoscere  che  essa  solamente» 


278  Libro  1.  -  Delle  persone  —  ParU  apeciale 

a  preferenza  di  ogni  altra  Chiesa,  presenta  Taspetto  di  unMstitnzione  mondiale, 
ammirabile  per  la  costruzione  del  suo  organismo,  a  mano  a  mano  cementato 
dall'opera  di  diciotto  secoli  e  conservato  dalla  gerarchia  la  più  compatta  e  la 
più  potente  che  mai  abbia  veduto  il  mondo. 

Non  puossi  escludere  che  un'altra  Chiesa,  qualunque,  possa  acquistare  di 
fatto  la  posizione  che  oggi  ha  quella  cattolica  romana,  e  che  verificandosi  le 
stesse  circostanze  possa  accampare  il  diritto  che  a  ciascuna  Chiesa  spetta,  di 
assumere  la  posizione  di  persona  della  magna  cìvitae;  ma  oggi  a  noi  sembra 
che  soltanto  la  Chiesa  cattolica  romana  si  trovi  nella  condizione  d*essere  repa- 
tata  quale  persona  di  fronte  al  Diritto  internazionale. 

684.  —  La  Chiesa  cattolica  romana  può  assumere  neirattua- 
lità  la  condizione  di  persona  internazionale.  Essa  non  può  però 
stabilire  relazioni  ed  esercitare  i  suoi  diritti  intemazionali  come 
tale  di  fronte  ad  uno  Stato,  se  non  quando  la  sovranità  di  lui 
abbia  a  ciò  acconsentito. 

Conviene  avvertire  attentamente  che  una  cosa  è  la  personalità  ed  un'altra 
cosa  è  l'esercizio  ed  il  godimento  dei  diritti  che  alla  persona  appartengono» 
La  Chiesa,  in  quanto  è  un'istituzione  intemazionale,  può  assumere /ur«  suo 
la  condizione  di  persona  intemazionale,  ma  non  può  pretendere  come  tale  di 
entrare  in  rapporti  con  uno  Stato  e  di  esercitare  e  godere  di  fatto  i  diritti 
internazionali  di  fronte  a  lui,  che  previo  il  consentimento  da  parte  della  sovra- 
nità  dello  Stato  (Conf.  reg.  73  e  seg.). 


Libera  costituzione  della  Chiesa. 

585.  —  Tutti  i  fedeli  che  hanno  la  medesima  credenza,  tutto- 
ché si  trovino  sparsi  nelle  diverse  regioni  del  mondo,  possono 
formare  un'associazione  religiosa  e  riconoscere  la  suprema  auto- 
rità di  un  Capo  che  eserciti  l'autorità  spirituale  a  riguardo  di  essi 
tutti,  e  costituirsi  come  Chiesa. 

586.  —  La  Chiesa,  in  tutto  quello  che  concerne  la  sua  costi- 
tuzione, la  sua  organizzazione  ed  il  suo  governo  spirituale,  sarà 
sottratta  alla  giurisdizione  di  qualsisia  sovranità  territoriale. 

Tale  diritto  deve  essere  attribuito  nell'attualità  alla  Santa 
Sede  e  a  tutte  le  persone  che  esercitano  la  potestà  ecclesiastica 
a  riguardo  dei  fedeli,  cioè  al  Sommo  Pontefice,  e  a  coloro  ai 
quali  è  affidato  l'esercizio  del  potere  spirituale  a  riguardo  dei 
credenti. 


Titolo  XL  '  Dei  diritti  e  doveri  intemazionali  della  Chiesa  ^^ 

687.  —  Viola  il  Diritto*  internazionale  ogni  Stato  che  manometta 
la  libertà  della  CShiesa  a  riguardo  di  quanto  concerne  la  sua  orga- 
nizzazione e  l'esercizio  di  ogni  autorità  spirituale  rispetto  ai  fedeli. 


Libero  governo  della  (hiem. 

588.  —  n  diritto  di  libertà  di  governo  può  essere  attribuito  al 
Capo  della  Chiesa  soltanto  dentro  la  cerchia  giuridica  determi- 
nata dalla  natura  della  sua  autorità  e  dai  fini  della  Chiesa  come 
comunione  spirituale. 

Esso  consisterà  nella  libera  promulgazione  e  nella  libera  dif- 
fusione dei  principiì  della  credenza  e  della  fede  a  coloro  che  spon- 
taneamente intendano  accettarli  :  nel  dare  liberamente  precetti  ai 
fedeli,  illustrando  i  principi!  della  credenza:  nel  dare  le  norme  della 
disciplina  e  del  culto  e  senza  mezzi  coercitivi  diretti  o  indiretti. 

689.  —  Spetta  al  Capo  della  Chiesa  il  diritto  di  provvedere  libe- 
ramente a  quanto  concerne  Talta  amministrazione  della  medesima. 

Esso  potrà  a  tal  fine  comunicare  con  tutto  il  sacerdozio  e  le 
persone  addette  all'esercizio  delle  funzioni  spirituali;  convocare 
e  celebrare  ì  Concilii  ed  i  Sinodi  ;  esercitare  nelle  forme  canoniche 
il  suo  potere  ecclesiastico  legislativo  ;  comminare  le  censure,  esclu- 
dendo però  ogni  sanzione  civile  ed  ogni  appoggio  dell'autorità 
politica  contro  coloro  che  non  volessero  spontaneamente  accet- 
tare ed  osservare  i  suoi  precetti,  o  che  preferissero  di  abbando- 
nare la  propria  confessione  religiosa. 

É 

690.  —  Coloro  che  partecipano  all'alto  governo  della  Chiesa, 
e  che  nelle  Congregazioni,  nei  Sinodi,  nei  Concilii  esercitano  atti 
del  potere  spirituale,  saranno  a  riguardo  di  ciò  responsabili  verso 
il  Capo  della  Chiesa.  Essi  non  saranno  tenuti  a  rispondere  verso  il 
Capo  dello  Stato  che  nel  caso  contemplato  dalla  regola  597. 

691.  —  Nessuna  giurisdizione,  però,  che  implichi  l'esercizio  delle 
funzioni  della  sovranità  politica,  potrà  essere  attribuita  al  Sommo 
Pontefice,  neanche  dentro  i  limiti  delle  località  coperte  dal  privi* 
legio  delFestraterritorialità. 


280  Libro  I.  -  Delle  persone  —  Parte  speciale 

692.  — «  Qualunque  ingerenza  da  parte  del  Governo  dello  Stato 
in  tutto  quello  che  possa  concernere  gli  atti  di  alta  amministra** 
zìone  della  Chiesa  sarà  reputata  illegale  ed  in  opposizione  coi 
princìpii  del  Diritto  internazionale. 

693.  —  Il  Sommo  Pontefice  sarà  sottratto  da  qualsiasi  som- 
missione ai  poteri  ordinari  dello  Stato,  altresì  in  quello  che  eser- 
cita le  funzioni  di  alta  amministrazione  relativamente  ai  patrimoni 
da  esso  attribuiti  alle  Congregazioni  e  agli  Uffizi  da  esso  istituiti 
per  l'esercizio  del  potere  spirituale. 

694.  —  L'esercizio  però  delle  funzioni  amministrative  connesse 
col  governo  della  Chiesa,  qualora  siano  esplicate  in  maniera  da 
entrare  nel  campo  del  Diritto  pubblico  territoriale  o  del  Diritto 
privato,  saranno  soggette  al  Diritto  comune  vigente  nello  Stato, 
ove  tali  funzioni  amministrative  siano  esercitate. 

Questa  regola  tende  a  distinguere  quello  che  appartiene  all'alto  governo  della 
Chiesa,  e  che  mira  aUo  sviluppo  degrinteressi  spirituali  di  essa,  da  quello  che 
riguarda  la  gestione  e  quanto  possa  occorrere  per  le  finzioni  amministrative 
del  governo  stesso.  Queste  funzioni  amministrative  devono  rimanere  soggette 
alle  leggi  delio  Stato,  ogni  qual  volta  che  per  la  natura  d^le  cose  esse  entrino 
nel  campo  del  Diritto  pubblico  territoriale  o  del  Diritto  privato.  La  indipen- 
denza del  governo  ecclesiastico  non  si  può  dire  violata  se  le  Congregazioni 
o  gli  organi,  ai  quali  è  affidata  a  modo  d^esempio  Tamministrazione  della  Santa 
Sede,  facendo  un  contratto,  che  dia  poi  luogo  a  controversie  di  Diritto  privato, 
siano  a  cagione  di  tale  contratto  assoggettati  alle  leggi  comuni  ed  alle  giurisdi- 
zioni ordinarie.  Un  contratto  o  un  qual  sia  rapporto  di  Diritto  privato  non 
può  perdere  la  sua  natura  come  tale,  solo  perchè  figuri  in  esso  come  parto 
chi  sia  preposto  al  governo  della  Chiesa. 


Inviolabilità  del  Capo  della  Chiesa. 

595.  *-  Il  Capo  della  Chiesa  sarà  indipendente  e  personalmente 
inviolabile  in  quello  che  concerne  l'esercizio  della  suprema  auto* 
rità,  ch'egli  ha  come  preposto  al  governo  di  essa,  e  Capo  della 
gerarchia  e  del  sacerdozio. 

596.  -^  Nessuna  sovranità  potrà,  senza  violare  la  libertà  inter- 
nazionale della  Chiesa,  dichiarare  responsabile  il  Capo  di  essa,  o 
sindacare  l'uso  ch'esso  avesse  fatto  del  suo  potere  spirituale,  pro- 
mulgando il  dogma,  la  dottrina  e  le  regole  da  esso  suggerite  come 


TUolo  XI.  •  DH  dirim  €  dwtri  inUmazionali  detta  CktMa         S81 

norma  della  fede  e  dei  sentimenti  dei  credenti,  né  potrà  dichia- 
rare responsabili  coloro  che  nel  santuario  della  loro  coscienza  le 

accettino  per  osservarle. 

697.  —  L'ingerenza  e  l'azione  del  Sovrano  dello  Stato  sarà 
però  giustificata  se  la  dottrina  sia  promulgata  per  eccitare  e  per 
spingere  i  credenti  ad  atti  esteriori,  che  siano  contrari  agi' in- 
teressi dello  Stato  ed  agli  ordinamenti  pubblici. 

Tutti  coloro  che  in  conseguenza  della  dottrina  o  del  sentimento 
religioso  abbiano  iatto  atti  esterni  in  opposizione  ai  diritti  ed  agli 
interessi  dello  Stato,  saranno  tenuti  a  risponderne  secondo  le  leggi 
vigenti  e  le  norme  del  Diritto  comune. 

Qnesta  regola  tende  ad  ammettere  che  il  Capo  della  Chiesa  dev*es9ere  asso- 
latamente libero  ed  irresponsabile  di  esercitare  in  ogni  forma  canonica  il  suo 
potere,  tanto  circa  materie  dommatiche,  quanto  circa  materie  disciplinari,  e 
quindi  anche  quando  esso  porti  gli  Atti  della  Chiesa  a  conoscenza  dei  fedeli 
che  intendano  spontaneamente  accettarli  in  coscienza.  Questo  però  può  essere 
detto  in  modo  assoluto  rispetto  agli  Atti  che  si  riferiscono  al  dogma,  i  quali 
concernono  la  fede  e  non  hanno  applicazioni  fuori  della  coscienza  del  credente. 
Non  può  essere  Io  stesso  degli  Atti  in  materia  di  disciplina,  perchè,  siccome 
questi  danno  ai  fedeli  le  norme  delFagire,  così,  se  Tautorità  ecclesiastica  mirasse 
con  tali  Atti  ad  eccitare  i  fedeli  a  fare  opposizione  al  Diritto  pubblico  dello 
Stato  ed  agli  ordinamenti  civili  e  politici,  questo  farebbe  naturalmente  nascere 
il  diritto  dello  Stato  di  difendere  so  stesso  contro  gli  attentati  da  parte  della 
potestà  ecclesiastica,  e  di  vietare  anche  che  tali  Atti  fossero  portati  a  cono- 
scenza dei  fedeli,  inibendone  la  pubblicazione,  oltre  poi  il  diritto  di  assogget- 
tare alle  sanzioni  penali  coloro  che,  in  conseguenza  dei  suggerimenti  e  delle 
norme  promulgate  dalla  suprema  autorità  ecclesiastica,  avessero  attentato  ai 
diritti  dello  SUto. 


Diritto  di  rappresentanza  della  Chiesa. 

608.  —  Ogni  Chiesa  che  sia  stata  riconosciuta  come  una  per« 
sona  della  magna  eiviias  potrà  essere  rappresentata  presso  i  Uovemi 
che  vi  abbiano  acconsentito,  da  coloro  ai  quali  tale  missione  sia 
stata  affidata. 

599.  —  II  diritto  di  rappresentanza  spettante  alla  Chiesa  non 
potrà  mai  essere  equiparato  al  diritto  di  Legazione  spettante  agli 
Stati,  né  per  questo  la  Chiesa  potrà  essere  reputata  simile  ad 
uno  Stato* 


*°*  Libro  L  •  Delle  persone  —  Parte  speciale 

Il  diritto  spettante  al  Capo  della  Chiesa  di  mantenere  relazioni  dirette  col 
Capo  dello  Stato,  che  7i  abbia  acconsentito,  trova  il  suo  fondamento  sui  prin- 
cipii  di  Diritto  pubblico  interno  e  su  quelli  del  Diritto  internazionale.  Essendo 
frequenti  i  rapporti  tra  Tautorità  politica  e  Tautorità  ecclesiastica  per  Teser- 
cizio  del  culto»  deiramministrazione  e  dello  sviluppo  esteriore  delle  funzioni 
ecclesiastiche  medesime,  non  può  escludersi  il  diritto  spettante  al  Sovrano  di 
ciascuno  Stato  di  regolare  tutto  ciò  d'accordo  col  Capo  della  Chiesa  e  di  con* 
eludere,  quando  sia  il  caso,  anche  un  concordato;  e  non  può  neanche  esclu- 
dersi il  diritto  reciproco  del  Capo  dello  Stato  e  di  quello  della  Chiesa  di  man- 
tenere d'accordo  gli  agenti  diplomatici,  a  fine  di  regolare  le  materie  che  abbiano 
formato  oggetto  dì  concordato,  o  sulle  quali,  senza  avere  concluso  un  concor- 
dato, di  fatto  le  due  autorità  intendano  procedere  d'accordo. 

Tutto  ciò  può  valere  a  spiegare  quale  esso  sia  il  carattere  vero  degli  agenti 
(nuneù  legati  e  simili)  destinati  a  mantenere  i  buoni  rapporti  tra  il  Capo  della 
Chiesa  e  il  Capo  dello  Stato.  Si  comprende  come,  in  forza  dell'indipendenza 
personale  spettante  al  Capo  della  Chiesa,  in  quello  che  concerne  l'esercizio 
della  suprema  autorità,  debba  ammettersi  la  indipendenza  alUresì  delle  persone 
che  siano  da  lui  delegate  per  rappresentarlo  nell'esercizio  della  sua  suprema 
autorità  presso  i  Governi  che  tali  rapporti  abbiano  voluto  stabilire.  Ma  in  tutto 
ciò  non  si  può  trovare  nulla  che  assimili  la  Chiesa  allo  Stato  nell'esercizio  del 
Diritto  di  legazione.  Deve  bastare  il  considerare  che  gli  agenti  diplomatici  dello 
Stato  rappresentano  la  sovranità  politica  nell'esercizio  delle  sue  funzioni  politiche 
nei  rapporti  col  Governo  straniero,  e  gli  agenti  diplomatici  del  Papa  rappre- 
sentano il  Capo  della  Chiesa  nell'esercizio  della  sua  autorità  spirituale  in  rap- 
porto al  Governo  straniero  che  vi  abbia  acconsentito.  Tanto  è  quindi  sostanziale 
la  differenza  tra  una  cosa  e  l'altra,  quanto  lo  è  la  differenza  fra  Stato  e  Chiesa; 
sovranità  politica  ed  autorità  spirituale  ;  funzioni  politiche  e  poteri  spirituali. 

600.  —  Gli  agenti  diplomatici  del  Papa  saranno  reputati  dovun- 
que sotto  la  protezione  del  Diritto  internazionale,  per  quello  che 
concerne  il  rispetto  dovuto  al  loro  carattere  pubblico  e  la  libertà 
d'esercitare  la  loro  missione. 

Essi  godranno  in  ciascuno  Stato  i  diritti  e  le  prerogative  spet- 
tanti agli  agenti  diplomatici,  secondo  il  Diritto  intemazionale  e 
secondo  la  legge  dello  Stato  che  voglia  accettarli  come  tali. 

Secondo  l'articolo  11  della  legge  sulle  prerogative  del  Sommo  Pontefice,  del 
13  maggio  1871,  è  così  disposto:  *  Gl'inviati  dei  Governi  esteri  presso  Sua  San- 

*  tità  godono  nel  Regno  di  tutte  le  prerogative  ed  immunità  che  spettano  agli 

*  agenti  diplomatici,  secondo  il  Diritto  intemazionale. 

*  Alle  offese  contro  di  essi  sono  estese  le  sanzioni  penali  per  le  offese  agli 

*  inviati  delle  Potenze  estere  presso  il  Governo  italiano. 

*  Agli  inviati  di  Sua  Santità  presso  1  Governi  esteri  sono  assicurate  nel  ter- 

*  ritorio  del  Regno  le  prerogative  ed  immunità  d'uso,  secondo  lo  stesso  Diritto, 

*  nel  recarsi  al  luogo  di  loro  missione  e  nel  ritornare  ,. 

Dalla  disposizione  di  tale  articolo  risulta  chiaro,  che  non  è  esatto  il  concetto 
di  coloro,  i  quali  insegnano  che  in  forza  della  legge  del  1871  è  stato  attribuito 
al  Papa  il  diritto  di  Legazione.  Il  diritto  spettante  al  Capo  della  Chiesa  dì 


Titolo  XL  •  Dei  diritti  e  doveri  intemazionali  della  Chiesa  283 

mantenere  relazioni  dirette  col  Capo  di  uno  Stato  che  vi  abbia  acconsentita 
non  proviene  al  certo  dalla  legge  italiana,  né  verrebbe  meno  se  la  legge  del  1871 
fosse  abrogata.  Il  mantenere  relazioni  col  Capo  della  Chiesa  mediante  agenti 
rivestiti  di  carattere  pubblico  è,  rispetto  allo  Stato  straniero  che  ciò  voglia 
fare,  atto  di  sovranità  nel  campo  della  sua  autonomia.  Quello  che  il  Governa 
straniero  non  potrebbe  pretendere  si  è  che  gli  agenti  da  lui  inviati  ed  accre- 
ditati presso  il  Capo  della  Chiesa  godessero  nel  Regno  d^ltalia  le  prerogative 
e  le  immunità  che  spettano  agli  agenti  diplomatici,  secondo  il  Diritto  inter-^ 
nazionale.  Come,  d*altra  parte,  il  Papa  non  potrebbe  pretendere  che  grinviati 
da  lui  godessero  nel  Regno  d'Italia  le  stesse  prerogative  e  le  stesse  immu- 
nità, mentre  si  recano  al  luogo  di  loro  missione  o  vi  ritornano. 
Questo  è  quanto  è  stato  concesso  coirart.  11  della  mentovata  legge. 


Doveri  iniernazionali  della  Chiesa. 

m 

601.  -~  Incombe  ad  ogni  Chiesa  Tesercitare  tutte  le  facoltà 
che  ad  essa  spettano  dentro  i  limiti  giuridici  determinati  dalla 
natura  stessa  dell'istituzione,  e  l'agire  sulle  anime  con  mezzi 
meramente  spirituali,  e  senza  entrare  nel  campo  in  cui  deve  eser- 
citare i  suoi  diritti  Io  Stato,  o  attentare  direttamente  o  indiret- 
tamente alla  sicurezza  ed  agl'interessi  politici  del  medesimo. 

602. —  Incombe  al  Capo  della  Chiesa  ed  alle  autorità  che  eser* 
citano  le  funzioni  di  governo  da  esso  delegate  di  astenersi  dallo 
adoperare  qualunque  mezzo  esterno  coercitivo,  diretto  o  indiretto, 
per  regolare  e  mantenere  la  disciplina,  e  di  astenersi  altresì  dal- 
l'invocare  ogni  sanzione  civile  e  qual  si  sìa  forma  di  appoggio 
da  parte  dell'autorità  politica,  per  quanto  concerne  le  materie 
dommatiche  e  le  materie  disciplinari. 

603.  —  Viola  il  Diritto  intemazionale  ed  il  diritto  di  libertà  di 
coscienza  spettante  a  ciascun  uomo  l'autorità  ecclesiastica,  la  quale 
eserciti  i  suoi  poteri  e  le  sue  funzioni  coll'appoggio  dell'autorità 
politica,  anche  quando  questo  sia  prestalo  in  conseguenza  di  previ! 
accordi  tra  le  due  autorità. 

li  dazioni  della  Chiesa  collo  Sfato. 

604.  —  La  Chiesa  cattolica  romana,  di  fronte  al  Diritto  pub- 
blico di  ciascuno  Stato,  dovrà  essere  reputata  nella  medesima 


284  Libro  I.  -  Delle  persone  —  Parte  speciale) 

posizione  giuridica  di  ogni  altra  confessione  religiosa^  e  non  potrà 
pretendere  alcun  privilegio  né  prerogative  speciali,  ma  solo  il  godi- 
mento dei  diritti  internazionali  che  possono  ad  essa  spettare  nel- 
Tattualità,  avuto  riguardo  alle  speciali  circostanze  storiche  e  di 
fatto ,  nelle  quali  essa  effettivamente  si  trova  a  confronto  delle 
altre  confessioni  religiose. 

Incombe  a  ciascuno  Stato  il  regolare,  mediante  il  Diritto  pub- 
blico interno,  la  condizione  giuridica  delle  Chiese,  in  maniera  da 
non  offendere  i  diritti  che  ad  ognuna  di  esse  spettano,  a  seconda 
del  Diritto  internazionale  (vedi  reg.  32-33,  36-37,  58-61). 

605.  —  Ogni  Chiesa,  per  quello  che  concerne  lo  sviluppo  este- 
riore delle  sue  funzioni  ed  il  culto,  sarà  soggetta  alle  leggi  dello 
Stato  in  cui  tali  funzioni  esteriori  e  tale  culto  saranno  esercitati, 
ed  i  rapporti  di  essa  colla  sovranità  dello  Stato  saranno  repu- 
tati nel  dominio  esclusivo  del  Diritto  pubblico  intemo. 

606.  —  La  Chiesa  cattolica  non  potrà  pretendere  di  essere  con- 
siderata come  persona  giuridica  ed  esercitare  i  diritti  civili  che 
a  questa  competono,  se  non  quando  la  personalità  giuridica  sia 
stata  ad  essa  attribuita  e  riconosciuta  dal  Sovrano  dello  Stato. 

607.  -^  Spetta  altresì  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  il  diritto 
di  riconoscere  o  negare  la  personalità-  giuridica  delle  Associazioni 
ecclesiastiche  e  delle  Corporazioni  religiose. 

608. — Ciascuno  Stato  deve  tutelare  la  piena  libertà  delle  auto- 
rità ecclesiastiche  nell'adempimento  di  tutte  le  funzioni  del  loro 
ministero  ecclesiastico  circa  le  materie  dommatiche,  Tamministra- 
zione  dei  sacramenti,  la  promulgazione  della  dottrina  ecclesiastica, 
sempre  che  tali  atti  siano  compiuti  senza  ledere  i  diritti  dello 
Stato  e  il  diritto  di  libertà  di  coscienza  che  a  ciascuna  persona 
spetta. 

Incombe  però  al  Capo  della  Chiesa  il  riconoscere  le  leggi  di 
ciascuno  Stato  riguardo  all'esercizio  delle  funzioni  di  governo, 
in  quello  che  tali  funzioni  implichino  nel  loro  esercizio  atti  este- 
riori, ed  in  quello  altresì  che  concerna  l'esercizio  esteriore  del  culto. 

609.  —  Ciascuno  Stato  sarà  tenuto  ad  abolire  le  leggi  che  restrin- 
gano indebitamente  la  libertà  della  Chiesa  neiresercizio  ddle  fun- 


TUolo  XL  -  Dei  diritti  e  doveri  intemazionali  della  Chiesa  ^^5 

zionì  ecclesiastiche,  o  che  ammettano  la  ingerenza  deirautorità 
politica  nel  governo  spirituale  della  medesima. 

Questa  regola  tende  a  stabilire  la  separazione  completa  delle  finzioni  della 
sovranità  politica  da  quelle  che  spettano  al  Capo  della  Chiesa,  e  ad  escludere 
conseguentemente  F  ingerenza  del  potere  politico  riguardo  air  esercizio  del 
potere  spirituale. 

610.  —  Le  norme  per  determinare  la  condÌ£Ìone  giuridica  della 
CSiiesa  per  quello  che  concerne  l'esercizio  de'  suoi  diritti  e  do- 
yeri  in  ciascuno  Stato  potranno  formare  oggetto  di  concordato 
concluso  tra  TI  Capo  della  Chiesa  ed  il  Sovrano  dello  Stato,  a 
norma  deUa  legge  costituzionale  di  questo. 

611.  —  n  concordato  non  è  un  trattato  intemazionale  concluso 
ti*a  Stato  e  Stato,  ma  dovrà  essere  riguardato  come  legge  di 
Diritto  pubblico  interno.  Però,  se  mediante  esso  i  diritti  inter- 
nazionali della  Chiesa  fossero  stati  determinati  e  riconosciuti,  e 
cessato  poi  dall'essere  esso  in  vigore  i  diritti  suddetti  fossero  vio* 
lati,  spetterebbe  alla  Chiesa  d'invocare  la  protezione  del  Diritto 
intemazionale^  a  fine  di  ottenere  il  rispetto  dei  diritti  internazionali 
che  ad  essa  spettano  indipendentemente  da  trattati  e  da  concordati. 


Tutela  giuridica  dei  diritti 
e  doveri  internazionali  della  Chiesa. 

612.  —  I  diritti  ed  i  doveri  intemazionali  della  Chiesa  saranno 
considerati,  al  pari  di  tutti  i  diritti  spettanti  alle  persone  della 
società  intemazionale,  sotto  la  garanzia  collettiva  di  tutti  gli  Stati 
che  vivono  in  società  di  fatto,  e  resteranno  sommessi  alle  regole 
circa  r  ingerenza  collettiva  e  a  quelle  circa  la  tutela  giuridica  dei 
diritti  internazionali,  che  saranno  esposte  in  seguito. 

613.  —  Alla  tutela  della  dignità  del  Capo  della  Chiesa  ed  al 
rispetto  ad  esso  dovuto  in  considerazione  della  sua  alta  autorità, 
sarà  provveduto  in  conformità  della  legge  intema  di  ciascuno  Stato, 

Le  regole  che  sono  state  da  noi  proposte  in  questo  titolo,  prese  nel  loro 
complesso,  mirano  a  stabilire  la  posizione  internazionale  della  Chiesa,  avuto 
riguardo  ai  prìncipii  giuridici  che  la  concernono  come  istituzione  che  esiste 


*^  Libro  L  '  Delle  persone  —  Parte  apeciaìe 

dì  per  8Ò  ed  indipendeQtemente  dal  Diritto  territoriale,  e  la  posizione  dello 
Stato  che  neiresplicamento  de*  suoi  diritti  e  delle  sue  potestà  territoriali  si 
trova  inevitabilmente  in  rapporto  còlla  Chiesa. 

Posto  il  concetto  da  cui  siamo  partiti,  che  cioè  il  carattere  sostanziale  de'  a 
persona  {subjectutn  juris)  sia  Tìndividualità  jure  suo  delFessere  intelligente  e 
libero,  e  che  il  carattere  distintivo  del  suhjectum  juris  di  fronte  al  Diritto  inter- 
nazionale sia  rindividualità  jure  suo  ed  una  sfera  giuridica  non  ristretta  in 
limiti  territoriali,  non  potevamo  fare  a  meno  di  ammettere  che  il  consorzio 
religioso,  quando  acquisti  la  propria  individuala à  in  forza  dell'unità  della  fede, 
della  disciplina  e  del  culto  sotto  la  suprema  autorità  di  un  Capo,  e  che  inoltre 
assuma  come  tale  la  posizione  d^istituzione  internazionale,  debba  essere  reputato 
persona  di  fronte  al  Diritto  internazionale. 

Ora  giova  avvertire  che  ad  ogni  persona  spettano  i  propri  diritti  naturali, 
quelli  cioè  che  gli  competono,  avuto  riguardo  alla  sua  natura  ed  alla  sua  fina- 
lità. Il  legislatore  austriaco  riconosce  che  Tuomo  ha  diritti  naturali  perchè  è 
persona  (art.  16,  Cod.  civ.).  Noi  abbiamo  quindi  cercato  di  determinare  quali 
siano  i  diritti  naturali  della  Chiesa  come  persona  internazionale  e  quali  siano 
i  diritti  dello  Stato  ne*  suoi  rapporti  colla  Chiesa,  che,  come  associazione  e 
4some  istituzione,  nello  sviluppo  delle  sue  funzioni  viene  in  contatto  colla  sovra- 
nità territoriale  e  con  le  leggi  territoriali. 

Soltanto  determinando  accuratamente  la  cerchia  giuridica  delPuna  e  dell'altra 
Individualità,  Stato  e  Chiesa,  ed  i  diritti  che  a  ciascuna  di  esse  competono, 
secondo  la  sua  natura  e  la  sua  finalità,  puossi  risolvere  la  questione  tanto 
complicata  dei  rapporti  tra  lo  Stato  e  la  Chiesa  e  quella  veramente  difP.col- 
tosa  e  delicata  della  posizione  giuridica  internazionale  deUa  Chiesa  cattolica 
romana. 

Noi  ci  siamo  proposti  di  escogitare  un  sistema  che  renda  possibile  di  risol- 
vere razionalmente  la  cosi  detta  questione  romana,  e  quella  dei  rapporti  tra 
Stato  e  Chiesa. 

Non  potendo  disconoscere  il  fatto  storico,  che  cioè  la  Chiesa  cattolica  romana 
abbia  nell'attualità  la  posizione  d'istituzione  internazionale,  né  potendo  con- 
testare il  diritto  che  certamente  le  spetta  di  essere  autonoma  ed  indipendente 
in  tutto  quello  che  la  concerne  come  istituzione  spirituale,  e  libera  in  tutti 
gli  atti  di  governo  rispetto  ai  fedeli  sparsi  nelle  diverse  regioni  del  mondo, 
•abbiamo  ammesso  ch'essa  possa  assumere  la  condizione  di  persona  interna- 
zionale, quantunque  non  sia  uno  Stato.  Dato  il  falso  supposto  che  lo  Stato 
soltanto  debba  essere  reputato  persona  internazionale,  i  fautori  del  Papato  e 
ì  Papi  stessi  hanno  accampato  la  loro  pretesa  al  cosi  detto  Potere  temporale, 
adducendo  che,  se  lo  Stato  soltanto  potesse  assumere  la  condizione  di  persona 
internazionale,  la  Chiesa  dovrebbe  essere  uno  Stato  per  poterla  assumere. 
Avendo  invece  ammesso  e  dimostrato  che  la  Chiesa  può  assumere  la  condi- 
zione di  persona  internazionale,  quantunque  essa  non  sia  uno  Stato,  ed  avendo 
determinato  i  diritti  internazionali  che  le  spettano  come  istituzione  interna- 
zionale (dentro  i  limiti  però  della  sua  natura  come  istituzione  spirituale,  e 
della  sua  finalità  morale),  cade  del  tutto  ogni  pretesa  di  potere  politico  e 
temporale. 

L'autonomia  dello  Stato,  d'altra  parte,  nell'esplicamento  delle  sue  potestà 
rispetto  ad  ogni  forma  di  associazione,  non  può  venire  limitata  riguardo  alle 
Chiese  che  esistono  nello  Stato  (non  esclusa  la  Cattolica  romana)  in  quello 
che  esse  nello  sviluppo  delle  luru  funzioni  e  neiresercìzio  del  culto  vengano 


Titolo  XI.  -  Dei  diritti  e  doveri  internazionali  della  Chiesa  ^^ 

In  contatto  colla  legge  territoriale.  Tutto  si  concilia  ed  ogni  dissenso  resta 
eliminato  ritenendo  sempre  come  certo  e  fermo  che  ciascuna  delle  due  isti- 
Inzioni  dev^essere  autonoma,  libera  ed  indipendente  neiresplicarsi  nella  propria 
cerchia  giuridica,  e  che  conseguentemente  Tautonomia  dello  Stato  dev^essere 
ognora  saldamente  mantenuta  in  tutto  quello  che  concerne  la  conservazione 
e  la  tutela  degrinteressi  pubblici  e  degFinteressi  politici,  ma  che  deve  non  per 
tanto  trovare  un  limite  nel  rispetto  dovuto  ai  diritti  naturali  della  Chiesa.  Se  tali 
diritti  fossero  determinati  e  stabiliti  mediante  una  solenne  dichiarazione  fatta  in 
Congresso,  ogni  controversia  sarebbe  eliminata  in  massima,  dovendosi  ritenere 
Tautonomia  dello  Stato  di  fronte  alla  Chiesa,  sotto  la  condizione  ch'esso  non 
entri  neUa  cerchia  giuridica  della  Chiesa  e  non  attenti  a  quelli  che  sarebbero 
dichiarati  diritti  intemazionali  deUa  medesima.  Come  d'altra  parte  la  libertà 
e  rindìpendenza  della  Chiesa  consisterebbero  nel  godimento  dei  diritti  interna- 
zionali ad  essa  spettanti  e  riconosciuti  e  dichiarati  tali  in  Congresso.  Per  tutto 
il  resto  dovrebbe  ammettersi  il  suo  assoggettamento  alla  sovranità  ed  al  Diritto 
territoriale. 

Resterebbe  peraltro  la  difficoltà  che  può  nascere  nel  caso  di  conflitto  tra 
le  due  istituzioni,  quando  Tuna  affermi  che  Taltra  sia  entrata  nella  propria 
cerchia  giuridica,  e  questa  ci  pare  una  delle  controversie  che  evidentemente 
andrebbe  risoluta  coi  mezzi  pacifici,  quali  sono  i  buoni  uffici,  o  la  mediazione 
di  Potenze  amiche,  e  da  ultimo  coll'arbitrato,  o  dalla  Conferenza,  come  spie- 
gheremo al  Libro  IV. 


Titolo  l.  -  Regole  generali  289 


LIBRO  n. 

DELLE  OBBLIGAZIONI  INTERNAZIONALI 


TITOLO  I. 
"Regole  generali  e  fondamentali. 

614.  —  Le  obbligazioni  internazionali  intercedono  tra  Stato  e 
Stato  e  derivano  dai  trattati,  dagli  Atti  {cartello^  manifesti,  dichiara^ 
2?ton»,  ecc.)  e  dai  fatti  che  implichino  effetti  e  rapporti  intemazionali, 
volontariamente  posti  in  essere  da  chi  eserciti  il  potere  sovrano* 

615.  —  Gli  Stati  possono,  mediante  il  loro  consenso  espressa 
o  tacito,  assumere  l'impegno  Tuno  verso  dell'altro  di  dare,  di 
fare,  o  di  non  fare  qualche  cosa:  regolare  o  limitare  l'esercizio 
dei  loro  diritti  rispettivi  :  risolvere  o  modificare  gl'impegni  prece- 
dentemente assunti. 

616.  —  Ogni  obbligazione  assunta  da  uno  Stato  verso  dell'altro 
fa  nascere  da  parte  di  colui,  a  favore  del  quale  l'impegno  sus* 
siste,  il  diritto  personale  di  esigerne  l'adempimento. 

Le  regole  proposte  mirano  a  stabilire  la  natura  ed  il  carattere  vero  del- 
Tobbligazione  intemazionale  ed  a  determinare  qnale  sia  il  soggetto  deirobbli- 
gazione  stessa. 

L*obbligazione  internazionale,  a  differenza  di  quella  che  può  sussistere  nel 
campo  delle  materie  cìtìIì  e  commerciali  tra  privati,  è  per  la  sua  natura  e 
pella  sua  materia  nn*obbligazione  di  Diritto  pubblico,  la  quale,  da  che  faccia 
nascere  impegni  e  diritti  di  natura  patrimoniale,  sia  che  miri  a  regolare  o 
limitare  Tesercizio  dei  rispettivi  diritti  sovrani,  implica  ognora  un  impegno 
assunto  dallo  Stato,  come  persona,  verso  uno  o  più  Stati,  coi  quali  egli  si  trovi 
in  relazione  nella  società  intemazionale. 

Crimpegni  di  natura  patrimoniale  affettano  infatti  la  vita  economica  e  glMn- 
teressi  finanziari  dello  Stato,  in  quanto  è  persona,  e  non  gravano  al  certo  i 
singoli  individui,  dai  quali  lo  Stato  è  formato,  ma  la  comunione  polìtica  con- 
siderata nella  sua  individualità  come  imiversHas,  e  quod  dehet  universUoè  sin- 
gtUi  non  dthent^  e  quid  univeraitati  debetur,  singulia  non  debetur. 

Dal  che  consegue  che  il  soggetto  proprio  deirobbligazione  internazionale 

19  —  Fiour-,  Dir.  intern.  codif. 


290  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

anche  qnandcv  essa  consista  neirimpegno  di  darei  di  fare  o  di  non  fare,  non 
può  essere  che  lo  Stato. 

Lo  stesso  va  detto  delle  obbligazioni,  che  possono  conseguire  dai  fatti  che 
implichino  effetti  e  rapporti  internazionali,  perchè  riesce  evidente,  che  lo  Stato 
soltanto  come  univeraitas  può  assumere  la  responsabilità  derivante  dall'eser- 
cizio dei  poteri  sovrani  nei  rapporti  internazionali. 

Le  obbligazioni  poi  che  mirino  a  regolare  o  limitare  l'esercizio  dei  rispettivi 
diritti  sovrani  non  possono  essere  assunte  che  dagli  Stati.  Questi  soltanto 
mediante  l'accordo  reciproco  possono  stabilire  le  regole  particolari  dei  loro 
rapporti  rispettivi,  ed  impegnarsi  a  subordinare  i  loro  atti  alle  norme  giurì- 
diche particolari  mediante  l'accordo  stabilite,  così  come  mediante  l'accordo 
comune  gli  Stati  possono  riconoscere  la  forza  obbligatoria  di  una  data  regola 
giuridica  attribuendole  l'autorìtà  di  legge  comune. 

Da  tutto  ciò  riesce  evidente,  che  lo  Stato  soltanto  può  assumere  un'obbli- 
gazione internazionale,  e  che  conseguentemente  esso  soltanto  può  reputarsi 
soggetto  capace  di  obbligarsi  internazionalmente. 

Uno  degli  argomenti  addotti  da  coloro,  che  hanno  sostenuto  tenacemente 
l'aforisma  che  lo  Stato  soltanto  può  essere  reputato  soggetto  di  Diritto  inter- 
nazionale, si  è  stato  questo,  che  cioè  lo  Stato  soltanto  può  stipulare  un  trattato, 
ma  tale  argomento  può  giovare  ben  poco  al  loro  assunto  se  si  consideri 
che  la  capacità  di  ciascuno  è  determinata  daila  sua  condizione  giuridica.  Am- 
mettiamo anche  noi  che  lo  Stato  soltanto  possa  assumere  una  vera  e  propria 
obbligazione  intemazionale,  ma  ciò  non  disdice  tutto  quello  che  abbiamo 
esposto  nel  Libro  I  a  riguardo  delle  persone  e  degli  enti  soggetti  al  Diritto 
internazionale,  si  spiega  invece  colla  semplice  ed  ovvia  considerazione, 
<:he  egli  soltanto  può  ritenersi  a  ciò  capace.  Giova  infatti  ripetere,  che  la 
capacità  giuridica  di  ciascuno  dipende  sostanzialmente  dalla  sua  condizione 
giuridica,  e  tener  sempre  presente  che  avendo  noi  ammesso  che  l'uomo  e  la 
Chiesa  sono  persone  della  società  internazionale,  abbiamo  non  per  tanto 
sempre  mantenuto,  che  la  condizione  giuridica  di  ciascheduno  di  essi  è  sostan- 
zialmente diversa  da  quella  dello  Stato.  Deve  conseguentemente  riuscire  evidente 
che  sostanzialmente  diversa  debba  essere  altresì  la  capacità.  E  questo  spiega 
perchè  lo  Stato  soltanto  può  stipulare  un  trattato.  Egli  soltanto  è  capace  di  assu- 
mere obbligazioni  internazionali,  perchè  l'obbligazione  internazionale  avendo 
di  per  sé  la  natura  sostanziale  di  obbligazione  politica  e  pubblica  non  può 
essere  assunta  che  dallo  Stato,  che  è  un'istituzione  politica  e  pubblica  ;  per 
lo  che  noi  pure  riteniamo  in  massima  che  lo  Stato  soltanto  può  essere  soggetto 
capace  di  obbligazioni  internazionali. 

617.  —  La  base  di  ogni  obbligazione  positiva  assunta  da  uno 
Stato  verso  dell'altro  è  il  consenso  espresso  o  tacito* 

La  proposta  regola  bisogna  intenderla  nel  senso  che  mediante  il  reciproco 
consenso  gli  Stati  possono  attribuire  autorità  di  legge  alle  norme  concordate, 
e  non  già  che  il  consenso  reciproco  possa  bastare  per  creare  quale  si  sia 
obbligazione.  11  potere  sovrano,  quanto  al  creare  col  consenso  un'obbligazione, 
trova  il  limite  principale  della  materia  lecita,  e  dei  requisiti  sostanziali  per 
la  validità  del  consenso.  (Vedi  reg.  641  e  seg,) 

618.  —  Due  o  più  Stati,  i  quali  con  parole  o  atti  equivalenti 
alle  parole  abbiano  manifestato  l'accordo  delle  loro  volontà  di 


Titolo  L  •  Btgde  generali  291 

assumere  certe  obbligazioni  reciproche,  che  stabiliscano  o  modi- 
fichino i  loro  diritti  rispettiyiy  o  che  regolino,  o  sciolgano,  o  limi- 
tino un  rapporto  giuridico  relativo  ad  oggetti,  che  possano  essere 
materia  lecita  di  convenzione,  devono  ritenersi  reciprocamente 
obbligati  in  forza  del  loro  consenso  espressamente  manifestato. 

619.  —  Ogni  Stato,  che  ne'  suoi  mutui  rapporti  con  un  altro 
abbia  volontariamente  osservato  una  norma  costante  di  condotta 
risultante  da  una  serie  di  atti  non  equivoci,  uniformi,  notori, 
continui  e  non  contrari  al  Diritto  internazionale,  dovrà  ritenersi 
obbligato  in  forza  di  tacito  consenso  ad  osservare  la  stessa  norma 
di  condotta,  fino  a  tanto  che  non  abbia  espressamente  dichia- 
rato di  non  volere  per  l'avvenire  continuare  ad  osservarla,  o  che 
non  vengano  a  verificarsi  avvenimenti  tali  che  ne  impediscano  la 
osservanza. 

620.  —  Nessuna  obbligazione  consensuale  sarà  reputata  efficace 
se  essa  sia  opposta  o  in  contraddizione  con  una  regola  di  Diriilo 
comune  internazionale. 

621.  —  Ogni  Stato,  che  sia  tenuto  a  rispondere  verso  un  altro 
Stato  degli  effetti,  delle  conseguenze  internazionali  e  del  danni 
cagionati  nell'esercizio  dei  poteri  sovrani,  sarà  reputato  a  ciò 
senz'altro  legalmente  obbligato. 


Natura  diversa  delle  obbligazioni. 

622.  —  Le  obbligazioni  consensuali  fra  gli  Stati  sono  bilaterali 

o  unilaterali. 

Le  prime  sono  quelle  colle  quali  le  parti  contraenti  si  obbli- 
gano reciprocamente  le  une  verso  le  altre. 

L'obbligazione  unilaterale  è  quella  assunta  da  uno  Stato,  che 
si  obblighi  verso  uno  o  più  Stati,  senza  che^  questi  assumano 
un'obbligazione  corrispettiva  verso  di  lui. 

623.  —  Le  obbligazioni  assunte  dagli  Stati  si  possono  general- 
mente distinguere  in 

a)  positive  e  negative; 


292  Libro  IL  •  Delle  óbbligaziom 

h)  semplici  e  condizionali; 
e)  congiuntive  o  alternative; 

d)  principali  ed  accessorie; 

e)  determinate,  alternative,  facoltative; 

f)  divisibili  ed  indivisibili; 

g)  a  tempo  determinato  ed  indeterminato. 

624.  —  Il  contenuto  di  ciascuna  obbligazione,  avuto  riguardo 
alla  sua  natura,  dovrà  essere  determinato  a  norma  dei  principii 
generali  del  Diritto  comune  e  del  Diritto  naturale,  tanto  però 
quanto  sia  ammissibile  Tassimilazione  fra  le  obbligazioni  assunte 
dai  privati  e  quelle  assunte  dagli  Stati. 

Quantunque  i  principii  generali  del  Diritto  comune  e  del  Diritto  naturale 
relativi  alle  obbligazioni  consensuali,  alia  loro  natura  ed  alle  conseguenze  che  ne 
derivano,  non  possono  essere  sostanzialmente  diversi  quando  si  tratti  di  obbli- 
gazioni assunte  dagli  Stati,  pur  non  di  meno  sarebbe  un  manifesto  errore 
l'ammettere  un*assimilazione  completa  tra  le  obbligazioni  civili  e  le  obbliga- 
zioni internazionali. 

*"  Quoique  les  principes  générauz,  dice  Ortolan,  qui  les  régissent,  soient  les 

*  mèmes,  les  États,  grandes  agglomérations  coUectìves,  diffèrent  trop  des  par- 
^  ticuliers,  simples  individua,  dans  leur  nature,  dans  leur  mode  de  résolutìon 
'  et  d'action,  dans  leur  intérèts,  et  dans  les  choses  qui  font  Tobjet  de  cet 
**  intérét,  pour  qu'on  puisse  tirer  de  ces  règles  générales  les  mémes  consé- 
'^  quences  de  détail  et  d'application  à  Tégard  des  unes,  qu'à  Tégard  des  autrea 

*  de  ces  conventions.  ,  Diplomatie  de  la  mer,  liv.  i,  chap.  y,  p.  82. 


TUolo  IL  -  DH  Trattati  e  dei  requisiti  per  la  loro  validità  ^3 


TITOLO  n. 


Dei  Trattati  é  dei  requisiti  per  la  loro  validità. 


Dei  Trattati  in  generale. 

625.  —  Ogni  convenzione  fra  due  o  più  Stati,  compilata  in 
iscritto  e  fatta  con  Io  scopo  di  creare  in  virtù  di  essa  un'obbli* 
gazìone,  o  di  risolverne  una  già  preesistente,  o  di  modificarla^ 
denominasi  Trattato. 

626.  —  I  trattati  possono  essere  distinti  in  noìninati  ed  inno^ 
minati. 

I  primi  sono  quelli  i  quali,  secondo  il  Diritto  internazionale, 
sono  indicati  con  un  nome  particolare  desunto  dall'oggetto  che 
formi  materia  dell'accordo.  Tali  s<hio  ì  trattati  di  commercio,  di 
cessione  territoriale,  di  estradizione  e  simili. 

I  trattali  innominati  sono  quelli  conclusi  a  riguardo  d'oggetti 
diversi  e  che  non  hanno  un  nome  proprio,  ma  che  nonpertanto 
concernono  certi  interessi  politici,  o  certi  interessi  sociali  degli 
Stati.  Essi  sono  denominati  più  comunemente  convenzioni. 

627.  —  Qualunque  sia  la  denominazione  data  all'atto  fatto  in 
iscrìttura  dalla  sovranità  dello  Stato  per  dichiarare  la  sua  volontà 
dì  obbligarsi,  dovrà  reputarsi  sussistente  l'obbligazione  interna- 
zionale con  tutti  i  suoi  effetti,  ogni  qual  volta  che  non  manchino 
all'atto  i  requisiti  sostanziali  per  la  sua  validità. 

Nella  pratica  gli  atti  fatti  in  iscrittnra  che  contengono  i  patti  interceduti  e 
stipulati  fra  due  o  più  Stati  sono  denominati  talvolta  trattati,  tal'altra  con- 
venzioni, dichiarazioni,  cartelli,  accordo,  protocollo  e  simili.  Tale  diversa 
denominazione  per  altro  non  muta  la  sostanza  della  cosa,  perchè  la  volontà 
di  obbligarsi  può  essere  dichiarata  in  iscrìtto,  denominando  Tatto  nell'una  o 
nell'altra  maniera.  Secondo  l'usanza  più  comune  si  è  riservata  la  denomina- 
zione di  trattato  agli  atti  più  importanti,  quali  sono  ad  esempio  quelli  relativi 
al  commercio  edalla  navigazione;  quella  di  convenzione  agli  atti  meno  impor- 
tanti, come  ad  esempio  per  la  pubblicazione  delle  tariffe  doganali  per  lo 


294  Libro  IL  •  Delle  òbbligimoni 

scambio  dei  pacchi  postali,  per  regolare  il  trasporto  delle  merci  in  ferrovia, 
e  via  dicendo.  Si  sono  poi  denominate  dichiarazioni  o  semplicemente  accordi 
i  patti  relativi  ad  oggetti  singolari,  come  ad  esempio  per  stabilire  d'accordo 
rinterpretazione  di  qualche  articolo  di  un  trattato,  per  assumere  Timpegno 
di  comunicarsi  certi  atti  (atti  di  censimento,  atti  di  stato  civile,  servizio 
d*informazione). 


Requisiti  per  la  validità  di  un  Trattato. 

628.  —  I  requisiti  necessari  per  la  validità  di  ogni  trattalo  sono: 

a)  la  capacità  delle  parti; 

b)  il  consenso  reciproco  legalmente  espresso; 

e)  l'oggetto  lecito  e  possibile,  secondo  i  principii  del  Diritto 
internazionale. 

Vedi  la  mia  opera  Trattato  di  Dir,  intern.  pubhlieOf  3'  ed.,  voi.  ii.  Condizioni 
intrinseche  per  la  validità  di  un  trattato,  pag.  273  e  seg. 


Della  capacità  per  concludente  un  Trattato. 

629.  —  Ogni  Stato,  che  abbia  il  godimento  dei  diritti  di  sovra- 
nità, dovrà  ritenersi  capace  in  massima  a  concludere  un  trattato, 
ad  assumere  mediante  esso  obbligazioni  giuridiche  verso  l'altra 
parte  contraente,  o  ad  acquistare  diritti  rispetto  alla  medesima, 
salvo  però  la  limitazione  fissata  alla  regola  620. 

La  capacità  potrà  spettare  inoltre  a  quelle  associazioni  alle  quali 
sìa  stata  attribuita  la  personalità  internazionale  {Confr,  reg.  38),  nei 
limiti  però  del  fine  e  dello  scopo,  pei  quali  la  personalità  fu  rico- 
nosciuta e  fino  a  tanto  che  questa  non  debba  ritenersi  estinta. 

L* Associazione  internazionale  del  Congo,  alla  quale  fu  attribuita  la  personalità 
internazionale  limitatamente  al  fine  pel  quale  essa  era  stata  formalmente  rico- 
nosciuta, fu  reputata  capace  di  concludere  trattati  e  ne  concluse  parecchi  e  uno 
coiritalia  il  19  dicembre  1884. 

L^associazione  doganale  degli  Stati  della  Germania,  denominata  ZoUvereiVf 
potè  pure  concludere  e  concluse  in  proprio  nome  parecchi  trattati,  fino  a 
tanto  che  non  venne  a  perdere  la  sua  personalità  internazionale  colla  costi- 
tuzione dell'Impero  germanico. 

630.  —  La  capacità  a  concludere  un  trattato  dovrà  essere  attri- 
buita altresì  a  quegli  Stati,  ai  quali  non  spetti  integralmente  la 


Titolo  IL  '  Dei  TraUati  e  dei  requisiti  per  la  laro  validità  ^^ 

personalità  intemazionale,  purché  la  facoltà  di  concludere  patti 
relativi  ad  oggetti  di  loro  particolare  interesse  sia  riservata  ad 
essi,  secondo  la  legge  costituzionale  della  loro  unione  (dato  che 
si  tratti  di  diversi  Stati  particolari  che  abbiano  formato  uno  Stato 
composto  o  federativo),  o  purché  siano  osservate  le  condizioni 
stabilite  col  trattato  che  regoli  i  rapporti  di  essi  con  lo  Stato,  a 
cui  siano  uniti  col  vincolo  del  protettorato  o  della  soggezione. 
La  capacità  a  concludere  trattati  potrà  ammettersi  nell'uno  e 
nell'altro  caso,  soltanto  dentro  i  limiti  fissati  dal  patto  costitu- 
zionale, o  dal  trattato. 

Un  esempio  della  limitazione  della  capacità  a  concludere  trattati  imposta 
allo  Stato  tribntario  ci  vien  dato  dal  trattato  di  Berlino  del  13  luglio  1878. 
L'art.  8  dispone  che  i  trattati  di  commercio  e  di  navigazione,  come  pure  le 
convenzioni  ed  accordi  conclusi  tra  le  Potenze  straniere  e  la  Porta,  in  vigore, 
continueranno  ad  essere  applicati  nel  Principato  di  Bulgaria  e  che  nessun 
mutamento  potrà  essere  apportato  ad  essi  rispetto  ad  alcun^altra  Potenza  senza 
il  previo  consentimento  della  Porta.  Lo  stesso  trovasi  stabilito  all'articolo  20 
per  la  Romelia  orientale.  B  Montenegro  invece,  la  Serbia  e  la  Romaica,  essendo 
stati  affrancati  dalla  loro  dipendenza  alla  Porta,  sono  capaci  oggi  di  conclu- 
dere trattati  come  tutti  gli  Stati  che  hanno  il  pieno  godimento  dei  diritti  di 
sovranità. 


Delle  persone  competenti  a  concludere  un  Trattato. 

631.  —  Dovranno  ritenersi  competenti  a  concludere  un  trattato 
in  nome  dello  Stato  le  persone  soltanto  che  hanno  diritto  di  rap- 
presentarlo e  di  esercitare  il  potere  sovrano,  e  che,  secondo  le 
leggi  costituzionali,  sieno  reputate  capaci  ad  acconsentire  a  che 
il  trattato  istesso  sia  definitivamente  stipulato. 

632.  —  Qualora,  secondo  la  legge  costituzionale  di  uno  Stato, 
sia  attribuita  al  capo  del  potere  esecutivo  la  facoltà  di  negoziare 
ì  trattati,  riservando  ad  un  altro  corpo  dello  Stato  di  acconsen* 
tire  alla  loro  conclusione  definitiva,  converrà  attenersi  alle  norme 
sancite  secondo  la  costituzione  per  determinare  la  competenza  a 
concluderli  definitivamente. 

Secondo  la  costituzione  dell' Impero  tedesco,  art.  11,  T  Imperatore  rappre- 
SMita  rimpero  nelle  relazioni  intemazionali,  dichiara  la  guerra  e  fa  la  pace 


296  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

in  nome  delllmpero,  conclude  le  alleanze  e  le  altre  conyenzioni  cogli  Stati 
stranieri.  Se  però  i  trattati  cogli  Stati  stranieri  si  riferiscono  ad  oggetti  che, 
secondo  Tart  4,  appartengono  al  dominio  della  legislazione  dell*Impero,  il  con* 
senso  del  Consiglio  federale  è  necessario  per  la  loro  conclusione  e  Fapproya- 
zione  del  Reichstag  per  la  loro  validità. 

L^art.  4  menziona  le  materie  che  concernono  la  nazionalità,  lo  stabilimento 
e  la  polizia  degli  stranieri,  la  legislazione  delle  dogane  e  del  commercio,  ecc. 

Riesce  chiaro  che,  in  forza  del  mentovato  art.  11,  Tlmperatore  non  ha  la 
capacità  per  consentire  la  conclusione  dei  trattati  di  commercio,  di  dogana  e 
deUe  altre  materie  specificate  aU*articolo  4.  Vedi  nella  mia  Opera  Diritto  ink 
pubblico  altri  particolari  al  §  t019. 

633.  —  I  plenipotenziari,  i  ministri  e  gli  agenti  diplomatici,  dele* 
gati  a  rappresentare  lo.  Stato  nel  concludere  un  trattato,  devono 
ritenersi  competenti,  ogni  qual  volta  che  essi  abbiano  negoziato 
in  virtù  del  pieno  potere  ufficiale  legalmente  ad  essi  conferito  e 
notificato  e  dentro  ì  limiti  giuridici  del  potere  stesso,  subor- 
dinatamente però  alla  competenza  della  persona  stessa  che  delegò 
il  potere,  tenendo  fermo  quello  che  è  detto  nella  regola  precedente. 


/  Della  ratifica  del  Trattato. 

634.  —  La  ratifica  dovrà  ritenersi  indispensabile  a  rendere  il 
trattato  definitivo  ogni  qualvolta  che  sia  stata  stabilita  come  con- 
dizione dai  plenipotenziari,  quando  il  trattato  fu  da  essi  negoziato 
e  concluso,  o  quando  sia  prescritta  secondo  la  legge  costituzio- 
nale dello  Stato,  a  fine  di  rendere  il  trattato  obbligatorio  per 
lo  Stato  stesso. 

Sì  nell'uno  che  nell'altro  caso  il  trattato  non  potrà  ritenersi 
giuridicamente  perfetto  che  dal  momento  in  cui  sia  stato  legal- 
mente ratificato. 

Secondo  la  legge  costituzionale  di  alcuni  Stati  è  disposto  che  il  Sovrano 
può  concludere  i  trattati,  ma  che  alcuni  di  essi  (come  sono  ad  esempio,  secondo 
la  costituzione  italiana,  quelli  che  importano  onere  alla  finanza  o  variazioni 
del  territorio  dello  Stato)  non  diventano  effettivi  se  non  dopo  ottenuto  Tassenso 
delle  Camere  legislative. 

Rispetto  ad  altri  trattati  è  attribuito  al  Capo  supremo  delio  Stato  la  facoltà 
di  concluderli,  imponendogli  l'obbligo  soltanto  di  darne  notizia  alle  Camere, 
quando  Tinteresse  e  la  sicurezza  dello  Stato  stesso  il  permettano  (Vedi  S$a» 
luto  italiano,  art.  5). 


TUolo  IL  -  Dei  Trattati  e  dei  reguisUi  per  la  loro  validità  ^7 

Riesce  «evideate  che,  Tapprovazione  delle  Camere  legislative  per  i  trattati 
della  prima  categoria  essendo  richiesta  per  renderli  definitivi,  essi  non  pos- 
sono acquistare  esistenza  giuridica  nei  rapporti  intemazionali  e  dar  luogo  alla 
obbligazione  giuridica  tra  Stato  e  Stato,  che  a  cominciare  dal  momento  in 
cui  le  CSamere  legislative  vi  abbiano  acconsentito  e  li  abbiano  approvati. 

Rispetto  ai  trattati  dell'altra  categoria,  potendo  il  Sovrano  come  Capo  supremo 
dello  Stato  concluderli  senz'altro,  è  naturale  ch'esso  possa  delegare  tale  facoltà 
ad  un  plenipotenziario,  munito  del  pieno  potere  di  concluderli  definitivamente, 
indipendente  da  ogni  ratifica  da  parte  di  lui  come  Sovrano.  L'obbligo  di  darne 
comunicazione  alle  Camere,  dato  pure  che  fosse  imposto  secondo  la  Costitu- 
zione dello  Stato,  dovrebbe  riguardarsi  senza  dubbio  come  questione  di  Diritto 
pubblico  intemo,  e  la  mancanza  di  tale  formalità  potrebbe  al  certo  avere  una 
influenza  riguardo  al  rendere  il  trattato  legge  dello  Stato,  nel  senso  cioè  che, 
mancando  la  richiesta  formalità  della  notizia  data  alle  Camere,  verrebbe 
a  mancare  la  forma  essenziale  di  pubblicità  richiesta  secondo  lo  Statuto,  affin- 
chè il  trattato  concluso  dal  Capo  dello  Stato  avesse,  rispetto  a  tutti,  l'auto- 
rità dì  legge,  n  trattato  però,  sotto  il  rispetto  delle  obblig^izioni  inlernazionali 
assunte,  dovrebbe  ritenersi  definitivo  e  perfetto,  indipendentemente  dalla  notizia 
datane  alle  Camere  legislative.  —  Dobbiamo  inoltre  avvertire  che  il  trattato  con- 
cluso da  un  plenipotenziario  (intendendo  sempre  parlare  dei  trattati  della  seconda 
categoria)  dovrebbe  in  massima  ritenersi  definitivo  e  perfetto  dal  giorno  in  cui 
fu  sottoscritto  in  base  ai  pieni  poteri  conferiti  dal  Sovrano  senza  alcuna  riserva 
di  ratifica,  dato  che  tale  riserva  non  sia  stata  fatta  dai  plenipotenziari  che 
abbiano  concluso  il  trattato.  La  ragione  è  perchè,  quando  i  rappresentanti  degli 
Stati  contraenti,  avendo  il  pieno  potere  officiale,  abbiano  concluso  il  trattato 
entro  i  limiti  di  tale  potere  ed  abbiano  sottoscritto  il  protocollo  definitivo,  tale 
atto  solenne  deve  ritenersi  perfetto  ed  idoneo  ad  obbligare  definitivamente  le 
parti  contraenti,  in  nome  delle  quali  i  plenipotenziari  negoziarono  e  conclu- 
sero il  trattato.  Volendosi  diversamente  subordinare  tutto  alla  condizione 
della  ratifica,  bisogna  stipulare  espressamente  tale  riserva  nel  protocollo. 

635.  —  Qualora  la  persona  delegata  a  rappresentare  lo  Stato 
nel  concludere  un  trattato  avesse  sottoscritto  il  protocollo  defi- 
nitivo senza  alcuna  riserva  di  ratifica  od  approvazione  dei  corpi 
rappresentativi,  e  l'assenso  da  parte  di  questi  fosse  indispensa- 
bile, secondo  la  legge  costituzionale  dello  Stato  contraente,  il 
trattato  dovrà  ritenersi  assolutamente  inefficace  a  riguardo  dello 
Stato,  dato  che  i  corpi  rappresentativi  abbiano  rifiutato  d'appro- 
varlo o  ratificarlo. 

636.  —  Qualora  l'approvazione  per  parte  delle  Camere  legisla- 
tive non  fosse  richiesta  secondo  la  legge  costituzionale  dello  Stato, 
ma  il  Sovrano  di  questo  nel  conferire  al  plenipotenziario  il  pieno 
potere  per  concludere  il  trattato  avesse  imposto  a  lui,  colle  istru- 
zioni segrete,  dì  concludere  sotto  la  condizione  sospensiva  della 
ratifica,  ed  il  plenipotenziario  non  avesse  tenuto  conto  di  tali 


298  Libro  IL  .  Delle  oMigazianiì 

istruzioni  ed  avesse  invece  sottoscritto  il  protocollo  definitivo,  il 
trattato  cosi  sottoscritto  dovrà  ritenersi  definitivo  ed  obbligatorio 
senz'altro  per  lo  Stato  rappresentato.  Il  plenipotenziario  potrà 
esser  tenuto  a  rispondere  dinanzi  al  Governo  e  punito  secondo 
le  leggi  dello  Stato  per  Tinosservanza  delle  istruzioni  segrete,  ma 
la  violazione  di  queste  non  potrà  influire  sull'esistenza  e  validità 
dell'obbligazione  internazionale. 


Del  consenso  richiesto  per  la  validità  (Vun  Trattato, 

637.  —  I  trattati  conclusi  tra  gli  Stati  devono  essere  libera- 
mente consentiti. 

Non  sarà  valido  il  consenso,  se  sia  stato  dato  per  errore,  estorto 
con  violenza,  o  carpito  con  dolo. 

638.  —  Non  potrà  ritenersi  mancante  la  libertà  di  consenso, 
qualora  il  trattato  sia  stato  acconsentito  sotto  l'impero  della  forza 
nemica  che  abbia  occupato  una  parte  del  territorio,  minacciando 
più  gravi  rovine  se  le  condizioni  proposte  non  fossero. state  ac- 
cettate. 

Ponendo  questo  principio  in  massima,  non  intendiamo  di  sostenere  che  qual- 
siasi condizione  imposta  dal  vincitore  al  vinto,  e  accettata  mediante  trattato, 
debba  ritenersi  liberamente  consentita  e  valido  11  consenso  prestato.  Bisognerà 
a  questo  riguardo  tener  presenti  le  regole  che  concernono  i  trattati  di  pace, 
e  quello  che  può  formare  materia  lecita  di  convenzione  tra  il  vincitore  ed  il 
vinto.  Diciamo  nonpertanto  che  qualora  la  parte  cui  spettasse  il  diritto  di 
adoperare  le  forze  militari,  avesse  occupato  il  territorio  del  nemico  per  costrìn- 
gerlo, suo  malgrado,  a  riconoscere  un  diritto  controverso,  o  a  riparare  una 
offesa,  e  imponesse  con  tale  intendimento  al  vinto  di  sottoscrivere  il  trattato, 
la  circostanza  deiravere  questi  acconsentito  solo  per  evitare  maggiori  rovine, 
non  può  essere  di  per  sé  stessa  una  ragione  sufficiente  onde  ridurre  al  nulla 
il  trattato  sottoscritto,  adducendo  di  essere  mancata  da  parte  di  lui  vìnto  la 
piena  libertà  del  consenso  al  momento  in  cui  lo  sottoscrisse. 

639.  —  La  violenza  usata  da  una  parte  contro  l'altra  che  sotto- 
scrisse il  trattato  sarà  causa  di  nullità,  soltanto  quando  vi  sia  stata 
vera  violenza  fisica,  ossia  quando  la  persona  che  abbia  sottoscritto 
il  trattato  sia  stata  a  ciò  costretta  con  atti  esteriori,  che  le  abbiano 
tolto  la  libertà  ed  il  tranquillo  giudicare. 


TiMo  IL  -  Dei  Trattati  e  dei  requisiti  per  la  loro  validità  299 

Tale- sarebbe  il  caso  di  nn  trattato  sottoscritto  da  un  Sovrano  caduto  in 
potere  del  nemico,  e  costretto  a  sottoscriverlo  con  violenze  personali,  o  con 
mezzi  idonei  ad  incutere  ragionevole  timore. 

640.  —  Il  dolo  potrà  essere  reputato  causa  di  nullità  del  ti*at- 
tato,  soltanto  quando  i  raggiri  usati  dall'altra  parte  contraente 
sieno  stati  tali  da  indurre  la  parte  opposta  in  errore  a  riguardo 
di  quello  che  formava  oggetto  della  stipulazione. 

Questa  regola  può  trovare  la  sua  applicazione  solo  nei  casi  di  trattati  sotto- 
lerìtti  da  un  plenipotenziario  munito  di  pieno  potere  assoluto,  e  con  facoltà 
di  eonclndere  senza  la  condizione  della  ratifica.  I  raggiri  diplomatici  usati  da 
nna  parte,  anche  quando  fossero  tali  che  Taltra  senza  di  essi  non  avrebbe 
sottoscritto  il  trattato,  non  potrebbero  essere  di  per  sé  stessi  causa  di  nullità. 
Le  regole  di  Diritto  civile  relative  alla  validità  delle  obbligazioni  ed  ai  vizi 
del  consenso,  non  possono  applicarsi  in  tutto  ai  trattati  internazionali,  i  quali, 
benché  sieno  convenzioni  consensuali,  non  possono  essere  assoggettati  alle 
stesse  regole  delle  convenzioni  consensuali  tra  privati,  essendo  che  grinteressi 
generali  dell'umanità  esigano  che  i  trattati  sieno  rispettati,  e  che  le  regole  che 
concernono  la  violenza,  i  raggiri  e  Terrore,  come  cause  che  viziano  il  con- 
senso nei  contratti  tra  privati,  debbano  subire  importanti  modificazioni  nel 
caso  di  convenzioni  intemazionali  concluse  tra  gli  Stati. 


Matma  lecita. 

641.  —  Nessuno  Stato  può  in  virtù  di  un  trattato  obbligarsi 
a  fare  quello  cbe  sia  contro  il  Diritto  Internazionale  positivo,  o 
contro  ì  precetti  della  morale  e  della  giustizia  universale. 

Nessuno  Stato  può  con  trattato  rinunciare  in  modo  assoluto 
a'  suoi  diritti  fondamentali  enumerati  alla  regola  54. 

642.  —  Dovrà  ritenersi  materia  lecita  di  contrattazione  tra  gli 
Stati,  soltanto  quello  che  concerne  gTinteressi  pubblici  dello  Stato^ 
e  che,  secondo  i  principi!  del  Diritto  comune,  può  essere  reputato 
nel  potere  convenzionale  delle  parti  contraenti. 

643.  —  Non  potrà  formare  oggetto  di  patto  tra  due  Stati  la 
lesione  dei  diritti  altrui,  né  sarà  materia  lecita  di  trattato  l'impegno 
assunto  mediante  esso  di  violare  un'obbligazione  verso  un  altro 
Stato,  alla  quale  una  delle  parti  fosse  tenuta  in  forza  di  trattato 
precedentemente  stipulato. 


300  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

644.  —  Non  sarà  materia  lecita  di  trattato  quello  che  impli- 
casse la  violazione  diretta  della  legge  costituzionale  dell'uno  o 
dell'altro  degli  Stati  contraenti. 

Non  potrà  però  ritenersi  nullo  per  difetto  della  materia  un  trat- 
tato, se  quello,  che  avesse  formato  oggetto  della  convenzione,  fosse 
contrario  ad  una  legge  interna  dell'uno  o  dell'altro  paese. 

La  violazione  della  legge  costituzionale  renderebbe  nullo  il  trattato  per 
difetto  della  materia,  perchè  il  Sovrano  di  uno  Stato  non  ò  competente  a  vio- 
lare la  Costituzione»  e  Taltra  parte  non  può  o  non  deve  ignorare  la  legge 
•costituzionale ,  che  ò  la  base  del  potere  sovrano.  La  violazione  dì  una  lei^e 
interna  può  ritenersi  pure  come  abuso  dell*  autorità  regia,  salvo  il  caso  cJie 
il  Sovrano  avesse  stipulato  il  trattato  col  convincimento  di  potere  senza  dif- 
ficoltà modificare  le  leggi  interne,  onde  mettere  così  la  propria  legislazione  in 
armonia  con  gl'impegni  intemazionali  assunti  col  trattato.  Ma  fosse  pure  in 
vigore  tuttora  una  legge  contraria  al  trattato,  questo  farebbe  nascere  sempre 
una  quistione  di  Diritto  pubblico  intemo:  darebbe  luogo  alla  responsabilità 
politica  del  Governo  dinanzi  ai  rappresentanti  della  nazione:  legittimerebbe 
da  parte  dei  tribunali  il  rifiuto  di  riconoscere  gli  effetti  del  trattato,  in  quello 
•che  esso  violasse  la  legge  interna  in  vigore:  ma  tutto  questo  non  potrebbe 
valere  per  ridurre  al  nulla  il  trattato  come  convenzione  internazionale  tra 
Stato  e  Stato. 


Requisiti  estrinseci  o  di  forma. 

645.  —  I  trattati  internazionali  devono  essere  redatti  in  iscritto 
e  non  acquistano  la  loro  forma  perfetta  se  non  quando  sieno 
stati  sottoscritti  da  tutte  le  parti  tra  le  quali  essi  furono  conclusi. 

646.  —  L'accordo  su  certi  articoli  di  un  trattato,  anche  quando 
sia  redatto  in  iscritto  e  sottoscritto  dalle  parti  contraenti,  non 
può  essere  considerato  come  obbligazione  reciproca  perfetta  rispetto 
ai  patti  concordati,  indipendentemente  dalla  conclusione  e  sotto- 
scrizione definitiva  del  trattato. 

Qualora  però  i  patti  concordati  e  sottoscritti  potessero  essere 
riguardati  come  convenzione  preliminare,  conclusa  a  fine  di  sta- 
bilire le  reciproche  obbligazioni  nello  staiu  juo,  essi  dovrebbero 
ritenersi  perfetti  e  validi,  finché  non  si  arrivasse  a  concludere  il 
trattato  definitivo  o  a  dichiarare  formalmente  di  ritenersi  sciolti 
da  qualunque  precedente  impegno. 


Titolo  IL  '  Dei  trattati  e  dei  requisiti  per  la  loro  validità  301 

647.  —  Allorquando  nel  negoziare  un  trattato  sia  intervenuto 
l'accordo  reciproco  su  diversi  oggetti  distinti,  connessi,  principali 
o  accessori,  e  tale  accordo  sia  stato  redatto  in  iscritto,  e  sotto- 
scritto dalle  partì,  il  tutto  non  sarà  obbligatorio  per  esse,  se  non 
quando  vi  sia  stata  una  dichiarazione  finale  scritta  e  sottoscritta, 
con  la  quale  sia  constatato  l'accordo  su  tutte  le  singole  parti  che 
devono  ritenersi  formare  Tinsienie  del  trattato  e  come  un  sol  tutto. 

648.  —  La  forma,  con  la  quale  può  essere  redatto  in  iscritto 
il  reciproco  accordo  intervenuto  tra  le  parti  contraenti,  può  essere 
diversa  secondo  la  maggiore  o  minore  importanza  di  quello  che 
abbia  formato  oggetto  della  convenzione.  Dovrà  ritenersi  quindi 
sufficiente  una  dichiarazione  scritta  e  sottoscritta  dalle  persone 
ufficialmente  designate,  o  Io  scambio  in  via  diplomatica  di  due 
cartelli,  due  note,  o  due  manifesti  sottoscritti  da  ciasciuia  delle 
due  parti  contraenti. 

649.  —  Le  obbligazioni  internazionali  intorno  ad  oggetti  par» 
ticolari  potranno  essere  valide  rispetto  alla  forma,  anche  quando 
quello  che  abbia  formato  oggetto  dell'accordo  non  sia  redatto  ii> 
iscritto,  e  sia  stato  conchiuso  mediante  patto  verbale,  purché  però 
possa  essere  constatato  l'accordo  e  possa  essere  data  la  prova  di 
quello  che  sia  stato  consentito  tra  le  parti. 

Questa  regola  può  trovare  la  sua  applicazione  Del  caso  di  patti  preliminari 
conclusi  in  tempo  di  guerra  dalle  persone  debitamente  autorizzate,  e  che, 
quantunque  concordati  Terbalmente,  devono  ritenersi  obbligatorii  come  le  con- 
venzioni scritte. 


^^  Libro  IL  •  Delle  obbligazioni 


TITOLO  III. 
Bfflcaoia  dei  Trattati  e  loro  esecuzione. 


Inviolabilità  dei  Trattati. 

660.  —  Le  convenzioni  internazionali  debitamente  stipulate 
devono  avere  tra  le  parti  la  stessa  autorità  della  legge  e  devono 
ritenersi  inviolabili. 

Non  possono  essere  revocate  che  per  mutuo  consenso  delle 
parti  0  per  cause  determinate  secondo  il  Diritto  internazionale, 
e  constatate  e  riconosciute  a  ciò  efficaci  a  norma  di  quanto  esso 
dispone. 

65L  —  Ogni  trattato  obbliga  le  parti  non  solo  a  tutto  ciò  che 
fu  formalmente  da  ciascuna  di  esse  promesso,  ma  altresì  a  quello 
che,  secondo  Tequità,  Tuso  e  le  regole  del  Diritto  internazionale 
deve  essere  considerato  come  virtualmente  compreso  in  quello  che 
fu  promesso. 

662.  —  La  lesione  degl'interessi  morali  ed  economici  che  pos- 
sono derivare  dalla  leale  esecuzione  di  un  trattato  debitamente 
stipulato,  non  può  essere  una  ragione  sufficiente  per  violarlo. 
{Confr,  reg,  668). 

Ogni  Governo  deve  conoscere  perfettamente  quello  a  cui  consente,  e  se  per 
imprudenza  avesse  acconsentito  senza  essere  sufficientemente  illuminato,  do- 
vrebbe subire  le  conseguenze  della  sua  imprudenza  e  non  pretendere  dì  disco- 
noscere l'autorità  del  trattato  e  di  violare  gì*  impegni  assunti,  ad  ducendo  la 
lesione  degrinteressi  dello  Stato  e  i  pregiudizi  che  ne  potessero  derivare. 

663.  —  Qualunque  trattato  valido  fa  nascrere  non  solo  il  diritto 
perfetto  di  esigere  dalla  parte  obbligata  l'adempimento  degli  obbli- 
ghi assunti,  ma  quello  altresì  d'impedire  ai  terzi  Stati,  che  non 
abbiano  un  interesse  attuale,  d'ingerirsi  in  quello  che  formò  oggetto 
dell'accordo  o  di  portare  il  menomo  ostacolo  a  che  l'esecuzione 
del  trattato  possa  essere  lealmente  compiuta. 


Titolo  III,  '  Efficadu  dei-  TrattaU-  e  low  esecuzione 


303 


EffeUi  dei  Trattati. 

664.  —  Ogni  trattato  non  produce  i  suoi  effetti  che  a  comin- 
ciare dal  momento  in  cui  esso  deve  reputarsi  legalmente  perfetto 
come  tale. 

665.  —  Qualora  per  l'esistenza  legale  di  un  trattato  concluso 
e  sottoscritto  fosse  necessaria  la  ratifica  {veci,  reg.  632\  esso  non 
produrrà  i  suoi  efifetti  che  dal  momento  in  cui  sia  stato  ratificato. 

Possono  per  altro  le  parti  contraenti  stipulare  che,  quando  il 
trattato  sia  ratificato,  i  suoi  effetti  debbano  essere  riportati  al 
momento  in  cui  esso  sia  stato  sottoscritto.  Per  questo  occorrerà 
una  dichiarazione  espressa. 

656.  —  Le  convenzioni  internazionali  devono  ritenersi  in  mas- 
sima efficaci  su  tutto  il  territorio  dello  Stato  e  devono  ritenersi 
estese  attivamente  e  passivamente  a  tutte  le  sue  adiacenze,  a 
meno  che  non  risulti  il  contrario,  o  da  una  clausola  speciale 
espressa  nella  convenzione,  o  dalla  natura  stessa  del  trattato,  o 
dai  prìncipii  generali  del  Diritto  comune. 

Questa  regola  può  valere  a  risolvere  la  questione  so  i  trattati  conclusi  dallo 
Stato  debbano  essere  estesi  alle  sue  colonie,  a*  suoi  possedimenti  airestero, 
ed  alle  provincia  al  medesimo  annesse  dopo  la  conclusione  del  trattato.  Bisogna 
a  tale  rignardo  tener  presente  la  convenzione  stessa  e  considerare  se  in  essa 
sia  stata  o  no  fatta  alcuna  riserva  rispetto  alle  colonie,  ed  a  riguardo  poi  dei 
possedimenti  e  delle  provincie  annesse,  volgere  Tattenzione  alla  forma  della 
loro  costituzione  e  deUa  loro  unione  allo  Stato  che  stipulò  il  trattato. 

657.  —  Ogni  trattato  deve  produrre  tutti  ì  suoi  effetti  anche 
quando  venga  a  verificarsi  qualche  modificazione  circa  la  forma 
del  Grovemo  o  la  costituzione  interna  dello  Stato,  salvo  quanto 
è  stabilito  dalla  regola  713. 

Esso  deve  ritenersi  efficace  rispetto  allo  Stato  in  nome  del  quale 
fa  stipulato,  finché  di  questi  sussista  la  personalità  intemazionale. 

658.  —  I  trattati  stipulati  dal  Sovrano  dello  Stato,  sempre  che 
debbano  ritenersi  legalmente  e  validamente  fatti,  sono  trasmessi 
attivamente  e  passivamente  a  chi  succeda  a  titolo  universale  nei 


304  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

diritti  di  sovranità,  e  in  conformità  delle  regole  che  devono  gover- 
narae  le  cessioni  e  le  annessioni. 

659.  —  I  trattati  conclusi  per  regolare  materie  d'interesse  pub- 
blico o  sociale  degli  Stati  contraenti  estendono  i  loro  effetti  anche 
ai  rapporti  giuridici  nati  prima  della  stipulazione  di  essi,  salvo 
il  caso  di  dichiarazione  espressa  in  contrario. 

Qualora  però  applicando  un  trattato  a  fatti  e  rapporti  giuri- 
dici anteriori  alla  sua  stipulazione,  ne  derivasse  la  lesione  o  la 
menomazione  dei  diritti  privati  già  perfetti  e  individualmente  acqui- 
siti, esso  non  potrà  ritenersi  a  ciò  efficace. 

Questa  reg^ola  concerne  la  forza  retroattiva  di  un  trattato,  e  per  chiarire 
il  concetto  conviene  considerare  che  ì  trattati  hanno  Tautorìtà  di  legge  anche 
per  gli  effetti  che  da  essi  derivano  a  riguardo  dei  diritti  spettanti  ai  privati. 
Nelle  materie  di  Diritto  pubblico  non  può  valere  il  rispetto  dovuto  ai  diritti 
già  acquistati.  Così,  se  con  trattato  fossero  modificate  le  regole  circa  la  com- 
petenza dei  tribunali  dei  due  Stati  contraenti,  o  circa  l'esecuzione  delle  sentenze 
straniere  nei  territori  rispettivi,  i  privati  dell'uno  e  dell'altro  paese  non  potreb- 
bero pretendere  che  alle  controversie  nate  fra  di  essi  prima  della  stipulazione 
del  trattato  dovessero  essere  applicate  le  regole  anteriormente  vigenti,  circa 
la  competenza  e  l'esecuzione  dei  giudicati.  Trattandosi  di  materie  di  Diritto 
pubblico  e  di  ordine  sociale,  non  sarebbe  il  caso  di  ammettere  diritti  acqui* 
siti  da  parte  dei  privati  per  disconoscere  l'autorità  delle  nuove  regole  col  trai* 
tato  sancite.  Se  invece  il  trattato  modificasse,  ad  esempio,  le  regole  circa 
l'acquisto  o  la  perdita  della  cittadinanza,  le  norme  mediante  esso  sancite  non 
potrebbero  essere  applicate  a  coloro  che  fossero  già  cittadini  deU'uno  o  del- 
l'altro dei  due  Stati  contraenti,  o  che  vi  avessero  perduta  la  cittadinanza;  e 
così  pure  dovrebbe  dirsi  di  un  trattato  che  comprendesse  nei  diritti  di  pro- 
prietà letteraria  anche  quello  di  impedire  la  traduzione  e  che  non  potrebbe 
essere  applicato  alle  traduzioni  già  fatte  prima  della  sua  stipulazione.  Conf.  la 
mia  opera:  DelU  disp»  generali  sulla  pubblicazione  e  interp.  delle  leggi  (Mar- 
ghierì  1886),  voi.  I.  SuUa  irretroattività  delle  leggi,  cap.  II,  §§  37  e  seg.  Vedi 
ivi,  §  34.  Vedi  inoltre  la  mia  opera:  De  la  irretroactividad  e*  interpretaeion 
de  laa  leyes,  Madrid  1893.  Ivi,  De  la  retroaetividad  «'  irretroactividad  de  lav 
leyee  de  procedimento  en  loa  judidos  civiles,  pag.  429. 


Effetti  dei  Trattati  rispetto  ai  terzi. 

660.  —  Un  trattato  non  può  stabilire,  modificare,  estendere  o 
estinguere  diritti,  che  tra  quegli  Stati  soltanto  che  lo  conclusero 
in  qualità  di  parti  contraenti.  Rispetto  ai  terzi  che  non  vi  par- 
teciparono, esso  dovrà  riguardarsi  come  rea  inter  alias  oda. 


Titolo  111,  -  Efficacia  dei  Trattati  e  loro  esecuzione  305 

661.  —  Qualora  due  o  più  Stati  nel  concludere  un  trattato  aves- 
sero tra  di  loro  patteggiato  qualche  cosa  a  pregiudizio  di  un  terzo 
Stato,  tale  disposizione  dovrà  ritenersi  inefficace  rispetto  allo  Stato 
che  non  prese  parte  al  trattato,  e  senza  che  a  ciò  sia  necessaria 
alcuna  protesta  da  parte  di  esso. 

662.  —  Laddove  in  un  trattato  fosse  stato  stipulato  qualche 
cosa  a  vantaggio  di  un  terzo  Stato,  tale  clausola  non  diventerebbe 
perfetta  ed  efficace  rispetto  al  terzo  Stato,  che  nel  solo  caso  che 
esso  avesse  dichiarato  di  volerne  profittare. 

663.  —  La  mancanza  di  accettazione  da  parte  del  terzo  Stato 
non  potrebbe  influire  sull'efficacia  del  trattato,  eccetto  solo  il  caso 
che  l'accettazione  di  lui  avesse  formato  parte  integrante  e  prin- 
cipale dell'accordo,  in  guisa  che  la  stipulazione  del  trattato  dovesse 
ritenersi  subordinata  all'accettazione  del  medesimo. 

664.  —  Nessuna  stipulazione  potrà  ritenersi  valida  ed  efficace, 
se  non  quando  sia  stata  consentita  da  ciascuna  delle  parti  con- 
traenti in  suo  proprio  nome.  Qualora  una  di  esse,  ad  insaputa 
del  terzo  Stato,  avesse  promesso  un  fatto  da  parte  di  questi,  assu- 
mendo l'impegno  di  ottenerne  l'adesione,  sarebbe  tenuta  ad  ado- 
perare i  suoi  buoni  uffici  presso  il  medesimo  per  ottenere  l'appro- 
vazione di  quelle  clausole  che  lo  concernessero  ;  ma  non  sarebbe 
tenuta  a  nulla  se,  nella  fiducia  di  conseguire  co'  suoi  buoni  ufQci 
l'intento,  ne  avesse  assunto  l'impegno,  e  non  fosse  poi  arrivata 
con  tutti  i  mezzi  in  buona  fede  adoperati  ad  ottenere  la  sperata 
adesione. 


Esecuzione  dei  Trattati. 

665.  —  I  trattati  internazionali  devono  essere  riguardati  come 
contratti  in  buona  fede  e  come  tali  eseguiti.  Spetta  ognora  alle 
parti  obbligate  di  prestare  non  solo  quello  ch'esse  abbiano  espres- 
samente stipulato,  ma  quello  altresì  che  si  deve  presumere  essere 
stato  nella  loro  intenzione  comune  di  stipulare,  valutata  la  materia 
e  la  natura  del  trattato. 

20  —  Fiora,  Dir,  intem.  codif 


306  Libro  H.  -  DdU  omigazUmi 

666.  —  A  iiiuna  delle  parli  potrà  essere  lecito  di  variare  o 
aggiungere  alcuna  modalità  nella  esecuzione  del  trattato,  nem- 
meno quando  tale  modalità  possa  parere  che  sia  a  vantaggio  del- 
l'altra parte. 

667.  —  La  consuetudine  internazionale  non  può  valere  per 
modificare  quello  che  fu  espressamente  stipulato;  ma  per  quello 
invece  che  non  abbia  formato  materia  di  dichiarazione  espressa, 
e  intorno  a  cui  non  sia  stato  disposto  e  provveduto  dal  trattato 
stesso,  si  dovrà  ritenere  che  le  parti  abbiano  inteso  di  riportarsi 
alle  consuetudini  per  le  modalità  dell'esecuzione. 

668.  —  Si  dovrà  ritenere  come  principio  fondamentale  del  Diritto 
relativo  ai  trattati,  che  nessuna  delle  partì,  che  abbia  sottoscritto 
un  trattato,  possa  di  sua  volontà  reputarsi  esonerata  dall'eseguirlo 
integralmente  e  in  buona  fede  a  causa  delle  mutate  circostanze 
o  dei  pregiudizi  eventuali  derivanti  dall'esecuzione  di  esso. 

In  massima  biso^^na  ritenere  che  la  lesione  ed  i  danni  evenluali  che  pos- 
sono derivare  dairesecuzione  di  un  trattato  non  potrebbero  essere  una  ragione 
sufficiente  per  legittimare  il  rifiuto  di  eseguirlo  da  parte  dello  Stato  che  si 
dica  leso.  Nelle  materie  dHnteresse  privato  e  nei  contratti  civili  si  è  potato 
stabilire  che  la  lesione,  oltre  certi  limiti,  possa  essere  giusta  cagione  per  sospen- 
dere l'esecuzione  del  contratto  e  per  promuovere  ristanza  di  annullamento; 
ma  nei  rapporti  internazionali,  se  uno  Stato  potesse,  dopo  aver  concluso  un 
trattato,  sospenderne  di  sua  propria  autorità  Tesecuzione,  adducendo  per  mo- 
tivi la  lesione  ed  i  danni  eventuali,  si  ammetterebbe  così  un  pericoloso  pretesto 
per  scuotere  la  fede  dovuta  nella  inviolabilità  dei  trattati. 

Vedi  la  mia  opera  :  Trattato  di  Diritto  intemazionale,  3'  ediz.  Voi.  II,  Invio- 
làbaUà  dei  TraUati,  §  1030. 

Vi  possono  però  essere  casi  eccezionali  nei  quali,  per  gli  avvenimenti  so- 
pravvenuti, dovendosi  rispettare  la  regola  della  inviolabilità  del  trattato,  ne 
potrebbe  essere  compromessa  la  vita  politica  ed  economica  dello  Stato.  In  tale 
caso  però  non  diciamo  che  lo  Stato  possa  esso  medesimo  decidere  se  debba 
essere  esonerato  dall^osservanza  del  trattato,  ma  diciamo  che  possa  sottoporre 
la  sua  istanza  ad  un  tribunale  arbitrale  o  ad  una  conferenza. 

669.  —  Laddove  una  delle  parti  dichiarasse  di  sospendere,  e 
sospendesse,  l'esecuzione  del  trattato  da  essa  sottoscritto,  la  sospen- 
sione di  fatto  della  sua  esecuzione  da  parte  di  lei  varrà  senz'altro 
ad  autorizzare  le  altre  parti  contraenti  a  sospenderne  alia  lor  volta 
l'esecuzione.  Tale  stato  di  fatto  potrà  soltanto  rendere  l'esecu- 
zione del  trattato  temporaneamente  sospesa,  ma  non  importerà 


Titolo  III.  •  Efficacia  dei  Trattati  e  foro  esecuzione  3^7 

• 

scioglimento  e  revocazione,  se  non  quando  la  convenienza  di  risol- 
vere il  trattato  sia  riconosciuta  dalle  stesse  parti  contraenti,  in 
seguito  a  trattative  amichevoli,  o  che  l'istanza  della  parte,  che 
domandi  la  risoluzione,  sia  riconosciuta  fondata  in  diritto  da  un 
tribunale  arbitrale,  o  da  una  Conferenza  in  contraddittorio  dell'altra 
parte,  che  insista  pel  mantenimento  e  l'esecuzione  del  trattalo. 


Dei  mezzi  leciti 
per  assicurare  Vesecuzione  dei  Trattoti. 

670.  —  Nel  trattato  medesimo,  o  con  convenzione  particolare 
ed  accessoria,  possono  le  parti  garantire  l'esecuzione  delle  obbli- 
gazioni assunte,  assicurandone  l'adempimento  con  garanzie  reali, 
o  con  uno  dei  mezzi  leciti,  secondo  il  Diritto  internazionale. 

671.  —  Dovrà  essere  reputata  una  delle  forme  lecite  di  garanzia 
reale  di  assicurare  l'esecuzione  delle  obbligazioni  contratte,  con- 
cedendo all'altra  parte  contraente  di  occupare  una  parte  di  terri- 
torio fino  all'adempimento  di  esse. 

Potrà  del  pari  essere  prestata  una  cauzione,  onde  assicurare 
il  pagamento  d'una  determinata  somma,  che  l'altra  parte  si  sia 
obbligata  di  pagare,  o  pattuire  l'intervento  di  un  terzo  Stato  come 
garante. 

Potranno  inoltre  essere  concordati  altri  mezzi  di  sicurtà,  purché 
non  siano  contrari  ai  principii  generali  del  Diritto  internazionale. 

672.  —  Dovrà  essere  reputato  lecito  per  le  parti  di  convenire 
una  clausola  penale  in  caso  d'inadempimento.  Quello  però  che 
non  può  formare  oggetto  di  convenzione  internazionale  lecita,  non 
potrebbe  essere  stipulato  sotto  la  forma  di  clausola  penale  in  caso 
di  non  esecuzione. 

Oaranzia  da  ^mrte  di  un  terzo  Stato, 

673.  —  Un  terzo  Stato  non  potrà  essere  reputato  garante  delle 
obbligazioni  assunte  dalla  parte  contraente,  se  non  in  virtù  di 


308  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

patto  esplìcito,  certo,  ed  accettato  con  le  forme  stabilite  per  la 
stipulazione  dei  trattati. 

L'obbligo  della  garanzia  non  potrà  essere  desunto  dal  semplice 
fatto  dell'avere  esso  Stato  preso  parte  alle  negoziazioni  come 
mediatore. 

674.  —  Laddove  la  garanzia  fosse  stata  esplicitamente  consen*^ 
tita,  e  non  fosse  stata  limitata  a  certe  determinate  obbligazioni 
assunte  col  trattato,  si  dovrà  ritenere  come  data  ed  accettata 
per  l'adempimento  di  tutte  le  obbligazioni  dal  trattato  stesso 
risultanti. 


Obbligazioni  derivanti  dalla  garanzia. 

675.  —  Lo  Stato  garante  delle  obbligazioni  generali  assunte  da 
un  altro  Stato  con  un  trattato  è  tenuto,  quando  ciò  sia  richiesto 
dalla  parte  interessata,  a  prestare  l'opera  sua  per  costringere 
l'altra  all'esecuzione  del  trattato  coi  mezzi  permessi  secondo  il 
Diritto  internazionale.  Esso  non  potrà  essere  obbligato  al  rifaci* 
mento  del  danno  verso  lo  Stato  che  contò  sulla  sua  garanzia, 
se,  avendo  fatto  quanto  fosse  stato  in  suo  potere  di  fare,  senza 
pregiudìzio  de'  suoi  propri  diritti,  non  fosse  riuscito  a  fare  ese- 
guire il  trattato. 

676.  —  Lo  Stato  garante  non  potrà  essere  tenuto  a  dare  esso 
stesso  quello  che  l'altro  Stato  promise  di  dare  e  non  dette,  se 
non  nel  solo  caso  di  pagamento  di  una  data  somma,  dato  che 
con  dichiarazione  espressa  esso  avesse  prestato  cauzione,  o  si 
fosse  reso  fideiussore. 

677.  —  Non  lice  allo  Stato  garante  di  adoperare  qualunque 
mezzo  coercitivo  lecito  secondo  il  Diritto  intemazionale,  a  fine 
di  costringere  tutte  due  le  parti  ad  eseguire  forzatamente  il  trat- 
tato, eccetto  il  caso  che  esso  ne  abbia  interesse  attuale,  fondato 
sul  motivo  che  la  mancata  esecuzione  arrechi  una  iebione  reale 
ed  effettiva  de'  suoi  propri  diritti. 


Titolo  III.  -  Efficacia  dti  Trattati  e  loro  esecuzicne  309 


Interpretazione  dei  Trattati. 

678.  —  ^interpretazione  di  un  trattato  può  aver  luogo: 

a)  quando  le  parole  adoperate  per  compilare  ì  patti  concor- 
dati fra  le  parti  non  abbiano  un  significato  ben  determinato,  e 
quindi  non  rendano  un  concetto  chiaro  ed  esatto  {quando  non 
apparet  quod  actum  est); 

h)  quando  la  compilazione,  tuttoché  di  per  sé  stessa  chiara, 
non  renda  precisamente  ed  esattamente  il  concetto  delle  parti; 

e)  quando  le  disposizioni  generali  contenute  nel  trattato  non 
sìeno  con  certezza  applicabili  in  un  dato  caso  particolare; 

d)  quando  le  circostanze  sopravvenute  facciano  nascere  qual- 
che contraddizione  Ira  Fattuale  stato  di  cose  e  le  disposizioni  del 
trattato,  o  fra  quelle  di  due  trattati  tra  le  stesse  parti  conclusi. 

679.  —  Ogni  forma  d'interpretazione  può  tendere  o  a  deter- 
minare il  senso  d'espressioni  oscure  o  mal  costruite,  ed  allora 
dicesi  grammaticale,  od  a  precisare  il  concetto  ed  il  contenuto 
dell'obbligazione,  e  dicesi  logica. 


Ber/ole  di  interpretazione  grammaticale. 

680.  —  Non  si  deve  interpretare  quello  che  non  ha  bisogno  di 
interpretazione. 

681.  — *  Il  significato  delle  parole  adoperate  deve  essere  preci- 
sato e  determinato,  secondo  l'uso  comune,  piuttosto  che  coll'attri- 
i>uire  ad  esse  un  senso  diverso,  secondo  la  maggiore  proprietà  e 
maggiore  finezza  della  lingua. 

682.  —  Ogni  difetto  di  costruzione  o  di  sintassi  dovrà  essere 
eliminato,  tenendo  conto  di  quello  che  precede  e  di  quello  che 
segue. 

683.  —  Una  parola  che  abbia  significati  diversi  potrà  riteneisi 
Adoperata  oca  in  un  senso  ed  ora  in  un  altro,  quando  questo 
risulti  chiaramente  dall'uso  di  essa  fatto  in  ciascuna  disposizione. 


310  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

684.  —  Le  parole  tecniche  adoperate  nel  trattato  dovranno 
essere  intese  nel  senso  che  esse  hanno,  secondo  i  maestri  del- 
l'arte, piuttosto  che  nel  senso  volgare. 

685.  —  Le  parole  che  abbiano  un  significato  giuridico  diverso 
nell'uno  e  nell'altro  Stato,  si  devono  ritenere  adoperate  secondo 
che  esse  sono  intese  nello  Stato,  al  quale  la  disposizione  del  trat- 
tato si  riferisse. 


Begole  {^interpretazione  logica. 

686.  —  Il  concetto  delle  parti  ed  il  contenuto  dell'obbligazione 
dovrà  essere  determinato  non  tanto  con  le  parole  scritte  e  la  let- 
tera morta,  quanto  con  la  vera  intenzione  dei  contraenti  {in  fide 
semper  autem  quid  senaeris  non  quid  dixeris  cogitandum), 

687.  —  La  forza  e  l'estensione  di  ogni  obbligazione  assunta 
dovranno  essere  interpretate  nel  senso  il  più  favorevole  agl'inte- 
ressi generali,  o  a  quelli  dei  rispettivi  paesi,  anche  quando  tale 
interpretazione  non  favorisse  gl'interessi  delle  Dinastie. 

688.  —  Ogni  disposizione  dovrà  essere  intesa  nel  senso  il  più 
equo  e  il  più  liberale,  e  sempre  in  modo  che  possa  produrre  un 
effetto  utile,  ed  eliminando  l'interpretazione,  che  condurrebbe  ad 
un  risultato  impraticabile,  o  più  oneroso  e  meno  favorevole  alla 
parte  obbligata. 

689.  —  Converrà  preferire  sempre  l'interpretazione,  che  conduca 
a  non  derogare  al  Diritto  pubblico  di  una  delle  parti  contraenti. 
Dovrà  essere  interpretata  strettamente  qual  si  sia  clausola  che 
importi  deroga  al  Diritto  comune  internazionale. 

690.  —  Una  clausola,  la  quale  abbia  di  per  sé  stessa  un  senso 
determinato  e  il  più  preciso  secondo  la  natura  delle  cose,  dovrà 
essere  cosi  interpretata,  anche  quando  importasse  deroga  ad  una 
legge  interna  dell'uno  o  dell'altro  degli  Stati  contraenti. 

69L  —  L'intenzione  delle  parti  a  riguardo  di  ciascuna  dispo- 
sizione dovrà  essere  determinata  tenendo  presente  l'insieme  del 
trattato,  e  considerando  questo  come  un  tutto  indivisibile  ed 
omogeneo. 


Titolo  IIL  '  Efficacia  dei  Trattati  e  loro  esecuzione  31  ^ 

692.  —  Le  ambiguità  potranno  essere  eliminate,  tenendo  conto 
dì  quello  che  trovasi  disposto  in  trattati  analoghi,  conclusi  dalle 
parti  contraenti. 

Non  sarà  lecito  però  attenersi  all'analogìa  per  dare  ad  una  dispo- 
sizione chiara  ed  esplicita  un'interpretazione  estensiva  che  equi- 
valga a  sostituire  nel  trattato  idee  nuove,  in  luogo  di  quello  che 
sia  stato  veramente  inteso  dalle  parti. 

603. — Nessuna  disposizione  potrà  essere  interpretata  in  maniera 
che  ne  derivasse  una  conseguenza  che  offendesse  i  principii  del 
Diritto  internazionale,  o  quelli  che  lo  Stato  contraente  avesse  sem- 
pre e  costantemente  seguiti  ne'  suoi  rapporti  con  gli  altri  Stati^ 
o  che  fosse  in  contraddizione  colle  disposizioni  contenute  in  altri 
trattati  conclusi  fra  le  stesse  parti. 

694.  —  Lo  spirito  di  ogni  disposizione  dovrà  essere  determi- 
nato tenendo  conto  dei  motivi,  come  risultino  dalle  discussioni 
relative  ai  patti  stipulati,  contenute  nei  processi  verbali  e  nei  lavori 
preparatorìi,  che  precedettero  la  compilazione  del  trattato. 

695.  —  Non  potrà  darsi  ad  un  trattato  interpretazione  vera- 
mente estensiva,  applicando  a  tal  fine  le  regole  che  concernono 
l'interpretazione  delle  leggi  ;  ma  converrà  riferirsi  sempre  all'inten- 
zione delle  parti  contraenti,  escludendo  l'applicazione  d'una  dispo- 
sizione fra  di  esse  concordata  a  casi  non  preveduti. 


Autorità  competente  ad  interpretare  un  Trattato. 

696.  —  Il  trattato,  come  atto  politico,  non  può  essere  inter- 
pretato che  dalle  parti  stesse  che  lo  abbiano  stipulato. 

I  dubbi  circa  il  valore  dei  patti  concordati  potranno  ognora 
essere  rimossi  da  esse  mediante  una  dichiarazione,  o  la  sotto- 
scrizione di  un  protocollo. 

697.  —  L'interpretazione  delle  clausole  dubbiose  di  un  trat- 
tato, fatta  mediante  una  dichiarazione  o  un  protocollo,  sarà  repu- 
tata legale  ed  autentica,  ogni  qualvolta  che  essa  abbia  i  requisiti 
richiesti  per  la  validità  d'ogni  convenzione  fra  due  Stati. 


312  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

698.  —  Qualora  le  parti  contraenti  non  si  trovino  d'accordo 
circa  rinterpretazione  del  trattato,  e  non  arrivino  a  mettersi  d'ac^ 
cordo  per  spiegare  mediante  una  dichiarazione  il  valore  dei  patti 
concordati,  tale  controversia  dovrà  essere  risoluta  colle  stesse  norme 
e  gli  stessi  procedimenti  che  ogni  altra  relativa  all'esecuzione  d'un 
trattato. 

699.  —  Il  trattato,  in  quanto  ha  il  carattere  di  legge,  potrà 
essere  interpretato  dai  tribunali,  quando  sia  il  caso  d'applicarlo 
nell'interesse  dei  privati.  Tale  interpretazione  però  non  avrà  che 
il  valore  dell'interpretazione  di  ogni  altra  disposizione  legislativa, 
e  non  potrà  ritenersi  efficace  che  all'interno  dello  Stato  cui  appar- 
tenga il  tribunale  giudicante.  Essa  non  eserciterà  alcun'influenza 
circa  l'interpretazione  del  trattato  come  atto  politico,  tranne  nel 
caso  che  essa  sia  espressamente  o  tacitamente  accettata  dalle  parti 
contraenti. 

Per  determinare  il  yalore  delle  proposte  regole  conviene  avvertire  che  ogni 
trattato,  in  quanto  determina  i  diritti  rispettivi  degli  Stati  contraenti,  e  stabi- 
lisce la  legge  comune  dei  loro  rapporti  rispetto  a  tutto  ciò  che  abbia  formato 
oggetto  della  loro  convenzione,  è  atto  di  sovranità,  e  conseguentemente,  sic- 
come la  interpretazione  dei  patti  concordati  concerne  sempre  la  determinaxione 
dei  rispettivi  diritti  sovrani,  così  deve  riuscire  evidente  che  il  trattato  sotto 
tale  punto  di  vista  non  può  essere  interpretato  che  dalle  stesse  parti  con- 
traenti, e  che  Tatto,  mediante  il  quale  rinterpretazione  sia  consentita,  deve 
avere  gli  stessi  requisiti  intrinseci  ed  estrinseci  di  ogni  altra  convenzione  tra 
Stato  e  Stato. 

n  trattato  può  essere  però  considerato  come  legge  dello  Stato  che  lo  abbia 
promulgato,  e  i  tribunali  che  siano  chiamati  ad  applicarlo  per  gli  effetti  che 
ne  possono  conseguire  nel  campo  del  Diritto  privato  e  del  Diritto  pubblico 
intemo  possono  interpretarlo  così  come  hanno  potestà  di  fare  ogni  qualvolta 
che  devono  risolvere  una  contestazione  applicando  la  legge. 

Confronti  Gass.  frane.  30  juin  1884,  Journal  du  Drott  ìnternaL  prive,  1885, 
pag.  307;  6  janvier  1873,  Dalloz  1873,  1,  117;  6  janvier  1861,  Journal  du 
Palaia  1861,  1149;  Gass.  di  Firenze  3  luglio  1874,  Bettini,  XXVI,  1,  866;  Cass. 
di  Roma  12  giugno  1885,  giornale  La  Legge,  anno  XXV,  voi.  II,  pag.  365. 

Avi  or  Uà  competente  a  risolvere  le  controversie 
relative  ad  un  Trattato. 

700.  —  Ogni  controversia  che  possa  nascere  in  occasione  della 
esecuzione  di  un  trattato  d'interesse  particolare  concluso  tra  due 


Tìiolo  ni,  -  Efficacia  da  Trattati  e  hro  esecuzione  313 

o  più  Stati,  dovrà  essere  sottoposta  alla  decisione  di  un  tribu- 
nale arbitrale,  il  quale  sarà  costituito  e  funzionerà  con  le  norme 
cbe  trovansi  stabilite  relativamente  alla  procedura  arbitrale. 

70L  —  Ogni  controversia  che  possa  nascere  relativamente  alla 
esecuzione,  o  all'annullamento  di  un  trattato  d'interesse  generale, 
dovrà  essere  sottoposta  alla  decisione  di  una  Conferenza,  che 
sarà  costituita  e  funzionerà  colle  norme  che  trovansi  stabilite  al 
libro  IV. 

Una  differenza  va  fatta  fra  i  trattati  d'interesse  particolare  e  quelli  dMnte- 
resse  generale,  e  non  è  sul  numero  degli  Stati  che  lo  abbiano  stipulato  che 
m  può  fondare  la  distinzione  tra  gli  uni  e  gli  altri,  ma  bisogna  bensì  pren- 
dere in  considerazione  Toggetto  e  la  materia  di  esso.  Un  trattato  di  associa- 
zione doganale,  ad  esempio»  o  uno  relativo  alla  proprietà  letteraria,  o  all'eser- 
cizio del  servizio  intemazionale  della  posta,  può  essere  concluso  fra  più  Stati, 
ma  deve  reputarsi  ognora,  in  considerazione  del  suo  oggetto  e  della  sua  materia, 
quale  trattato  d'interesse  particolare.  Un  trattato  invece  relativo  alla  naviga- 
lione  dei  fiumi  intemazionali,  all'abolizione  del  commercio  degli  schiavi,  o 
che  restringa  la  libertà  d'azione  di  uno  Stato  per  la  tutela  degl'interessi  comuni, 
dev'essere  considerato  ognora  quale  trattato  d'interesse  generale.  Ora  ammet- 
tendo in  massima  che  tutte  le  controversie  relative  all'esecuzione  o  all'annul- 
lamento di  un  trattato  non  possano  essere  decise  dalle  parti  stesse  interessate, 
ci  sembra  che  l'autorità  competente  a  risolverle  non  possa  essere  sempre  un 
tribunale  arbitrala.  Noi  opiniamo  infatti  che  in  tutte  le  questioni  che  concer- 
nono gl'interessi  comuni,  bisogni  ammettere  sempre  il  diritto  dell'ingerenza 
collettiva  ed  i  procedimenti  Idonei  per  la  tutela  giuridica  degl'interessi  comuni. 
Distingueremo  nel  libro  IV  l'organamento  e  le  funzioni  del  Tribunale  arbitrale 
«  della  Conferenza,  e  tenendo  presente  tale  distinzione  si  ppò  comprendere 
perchè  facciamo  la  distinzione  tra  i  trattati  d'interesse  particolare  e  quelli  di 
interesse  generale,  anche  per  determinare  l'autorità  competente  a  risolvere  le 
controversie  ad  essi  relative. 

702.  —  La  competenza  del  tribunale  arbitrale  a  riguardo  di 
ogni  controversia  relativa  ad  un  trattato  dovrà  ritenersi  fondata 
sui  prìncipii  generali  del  Diritto  comune,  e  reputarsi  obbligatoria 
anche  quando  le  parti  contraenti  non  abbiano  assunto  con  patto 
espresso  l'obbligo  di  deferire  ad  un  tribunale  arbitrale  le  contro- 
versie che  potessero  sorgere  nell'interpretazione  ed  esecuzione  del 
trattato  fra  di  esse  concluso. 

703.  -:-  Qualora  le  parti  abbiano  con  patto  espresso  stipulato 
l'obbligo  di  sottomettersi  alla  giurisdizione  arbitrale  per  le  contro- 
versie relative  al  trattato,  o  per  ogni  divergenza  che  potesse  nascere 


31^  Libro  li.  -  Delle  obbligazioni 

fra  di  loro,  e  avessero  fissato  d'accordo  le  norme  per  costituire 
il  tribunale  arbitrale  e  per  l'esercizio  delle  funzioni  ad  esso  spet- 
tanti, esse  dovranno  ritenersi  giuridicamente  obbligate  ad  atte- 
nersi ai  patti  convenuti. 

704.  —  Qualora  le  parti  non  abbiano  stipulato  alcun  patto 
circa  l'obbligo  di  sottomettersi  alla  giurisdizione  arbitrale,  e  sorta 
una  controversia  in  occasione  dell'esecuzione  del  trattato  una  di 
esse  proponga  di  deferirne  la  decisione  ad  un  tribunale  arbitrale 
e  l'altra  rifiuti  di  aderirvi,  tale  divergenza  assumerà  il  carattere 
di  controversia  fra  Stato  e  Stato,  e  dovrà  essere  risoluta  colle 
norme  che  concernono  ogni  controversia  di  Diritto  intemazionale 
e  che  trovansi  stabilite  al  libro  IV. 


Titolo  IV,  '  AnnuUamento,  ritocazione^  estinzione  dei  Trattati  315 


TITOLO  IV. 
Annullamento,  rivocazionei  estinzione  dei  Trattati. 

705.  —  Secondo  i  principi!  del  Diritto  comune,  nessun  trattato 
potrà  ritenersi  legalmente  annullato  o  rivocato,  fino  a  tanto  che 
l'annullamento  o  la  ri  vocazione  di  esso  non  sia  stata  pronunciata 
da  un  tribunale  arbitrale. 

Fino  a  tal  momento  la  parte  che  vuole  mantenere  in  vita  il 
trattato  può  esigerne  l'esecuzione. 

706.  —  Sarà  lecito  alla  parte,  che  abbia  sufficienti  ragioni  per 
presumere  di  avere  il  diritto  di  domandare  la  risoluzione  o  la 
rivocazione  del  trattato,  di  sospenderne  la  esecuzione.  Essa  sarà 
però  tenuta  a  denunciare  ciò  all'altra  parte  in  via  diplomatica, 
e  qualora  non  si  stabilisca  fra  di  esse  l'accordo  circa  la  rivocazione 
del  trattato,  essa  sarà  tenuta  a  fare  l'istanza  formale  per  far  deci- 
dere la  controversia  da  un  tribunale  arbitrale  o  dalla  Conferenza. 

707.  —  Qualora  avvenga  di  fatto  la  sospensione  dell'esecu- 
zione del  trattato  da  parte  di  uno  dei  due  Slati  contraenti,  in 
seguito  alla  formale  istanza  per  la  risoluzione  del  trattato,  e  vi 
sia  acquiescenza  da  parte  dell'altro  Stato,  che  ne  sospenda  a  sua 
volta  l'esecuzione,  questo  equivarrà  a  ritenere  risoluto  il  trattato 
per  tacito  reciproco  accordo. 

708.  —  Dovrà  ognora  reputarsi  sommamente  vantaggioso  sotto 
il  punto  di  vista  degl'interessi  generali  che,  quando  due  o  più  Stati 
si  accordino  tacitamente  circa  la  rivocazione  di  un  trattato  fra  di 
essi  concluso,  il  trattato  sia  legalmente  e  formalmente  abrogato, 
a  fine  di  eliminare  così  ogni  equivoco  ed  ogni  cagione  di  turba- 
mento delle  relazioni  pacifiche  fra  gli  Stati  contraenti. 

Dopo  la  caduta  del  2*  Impero,  il  Governo  russo  informò  neirottobre  1870 
le  Potenze  che  avevano  sottoscritto  il  trattato  di  Parigi  del  1856,  che,  in  con- 
seguenxa  delle  addotte  violazioni  dei  patti  stipulati  circa  la  neutralità  del  Mar 


316  zji,r^  Il  .  D^Uf.  obbligazioni 

Nero,  la  Russia  si  riteneva  sciolta  dagli  obblighi  imposti  circa  il  diritto  di 
mantenére  le  sue  flotte  nel  Mar  Nero,  e  le  invitò  a  riunirsi  in  Conferenza  per 
modificare  i  patti  stipulati  col  mentovato  trattato.  Così  ebbe  luogo  la  Confe- 
renza ed  il  trattato  di  Londra  del  13  marzo  1871,  con  cui  furono  abrogati  gli 
articoli  11,  13,  14  del  trattato  di  Parigi. 


Giudizio  circa  r annullamento  di  un  Tì-attato. 

709.  —  La  parte,  la  quale  abbia  fatto  formale  istanza  per  far 
pronunciare  Tannullamento  di  un  trattato  da  essa  sottoscritto, 
sarà  tenuta  ad  allegare  i  motivi  sui  quali  intende  fondare  la  sua 
domanda  di  annullamento  e  a  dare  la  prova  dei  fatti  addotti. 

710.  —  Il  diritto  della  parte  che  domandi  TannuIIamento  di  un 
trattato  dovrà  ritenersi  ben  fondato,  se  sia  constatato  e  riconosciuto 
che  il  trattato  manchi  di  uno  dei  requisiti  essenziali  a  riguardo 
della  capacità,  del  consenso,  o  della  materia  lecita,  e  che  tale  man- 
canza costituisca  di  per  sé  stessa  il  vizio  intrinseco  della  nullità. 

711.  —  Non  potrà  ritenersi  fondata  l'istanza  d'annullamento 
sul  motivo  che  le  circostanze  siano  mutate  in  modo  che  se  fos- 
sero esistite  nel  momento  in  cui  il  trattato  fu  concluso  sarebbero 
state  un  grave  ostacolo  per  la  sua  conclusione. 

712.  —  Non  può  essere  reputato  motivo  sufficiente  per  doman- 
dare l'annullamento  del  trattato  quello  della  lesione  derivante  dalla 
sua  esecuzione. 

Anche  quando  uno  Stato  abbia  stipulato  il  trattato  senza  perfetta  cogni- 
zione di  causa,  o  per  imprudenza,  dev'essere  tenuto  a  subirne  le  conseguenze, 
e  non  potrà  essere  autorizzato  a  domandarne  la  rescissione  pel  motivo  della 
lesione. 

Neanche  se  per  le  mutate  circostanze  lo  Stato  venisse  a  patire  gravissimi 
pregiudizi  neiresecuzione  del  trattato  concluso,  non  potrebbe  per  questo  esi- 
mersi daireseguirlo.  Se  mai  si  potesse  ammettere  che  uno  Stato  potesse  ritor- 
nare sugli  obblighi  assunti  col  trattato  e  disconoscerli  quando  si  trovasse  leso, 
a  che  si  ridurrebbe  la  fede  dei  patti  consentiti  e  Tin violabili tà  dei  trattati  inter- 
nazionali? Le  leggi  civili  hanno  potuto  ammettere  la  rescissione  dei  contratti 
pel  motivo  della  lesione,  perchè  neirannullamento  di  essi  non  sono  implicati 
che  gl'interessi  dei  privati,  ma  nei  trattati  sono  implicati  gl'interessi  pubblici 
ed  internazionali,  ed  il  mantenere  salda  ed  inconcussa  Tinviolabilità  di  essi  è 
al  certo  il  massimo  interesse  internazionale. 

713.  —  Il  mutamento  avvenuto  nella  costituzione  polìtica  del- 
l'uno o  dell'altro  dei  due  Stati  non  si  può  considerare  come  un 


Titolo  IV.  -  Annullamento,  rivoccuione,  estinzione  dei  Trattati  •17 

giusto  motivo  per  provocare  rannullamento  del  trattato,  eccetto 
solo  il  caso  che  la  nuova  costituzione  politica  rendesse  il  trattato 
assolutamente  ineseguibile  in  tutto  o  in  parte. 

Gonflronta  regola  657. 

714.  —  Qualora  un  trattato  concluso  fra  due  o  più  Stati  fosse 
in  opposizione  con  un  altro  trattato,  da  una  delle  parti  prece- 
dentemente concluso  con  un  altro  Stato,  questi  potrebbe  doman- 
dare l'annullamento  del  trattato  posteriore,  di  cui  formò  materia 
la  lesione  dei  diritti  da  lui  precedentemente  acquistati. 

Qualora  però  l'istanza  d'annullamento  fosse  riconosciuta  ben 
fondata,  resterebbe  integra  la  responsabilità  dello  Stato  che  avesse 
promesso  quello  che  sapeva  di  non  potere  o  di  non  dover  pro- 
mettere, e  bisognerebbe  applicarvi  le  regole  che  concernono  la 
responsabilità  internazionale  e  le  obbligazioni  che  ne  conseguono. 

Le  ragioni  sulle  quali  fondiamo  la  regola  da  noi  proposta  e  che  non  è  in 
armonia  con  quella  proposta  da  Bluntschli,  regola  414,  Droit  intern.  codifié, 
erano  state  spiegate  al  §  1033  dell'opera  :  Trattato  di  Diritto  intemaz,  pub" 
blico,  3*  ediz.  da  noi  pubblicata.  Sosteniamo  Tannullamento  del  secondo  trat- 
tato, fondandoci  sul  principio  stabilito  alla  regola  641,  circa  la  materia  lecita. 
Ammettiamo  poi  Tobbligazione  derÌTante  dalia  responsabilità  intemazionale 
dello  Stato,  perchè  la  riteniamo  fondata  sui  fatto  illecito  da  parte  sua,  che  con* 
siste  nelFavere  esso  stipulato  un  trattato  che  sapeva  di  non  potere  e  non  dovere 
stipulare. 

Vedi  in  seguito,  Titolo  VI,  le  regole  circa  la  responsabilità  internazionale 
dello  Stato. 

716.  —  Qualora  sorgesse  l'impossibilità  dì  eseguire  ui^  trat- 
tato a  riguardo  soltanto  di  alcuni  dei  patti  concordati,  dovrà 
ammettersi  l'istanza  della  parte  interessata  a  domandare  l'abro- 
gazione dei  patti  a  riguardo  dei  quali  si  sia  verificata  l'impossi- 
bilità di  esecuzione. 

Spetterà  all'altra  parte  o  di  aderire  alla  domanda  fatta  per  la 
risoluzione  parziale  dei  patti  concordati  e  mantenere  in  vita  tutto 
il  resto,  o  di  domandare  la  risoluzione  dell'intero  trattato. 

In  mancanza  d'accordo  intorno  a  ciò,  la  vertenza  dovrà  essere 
deferita  a  un  tribunale  arbitrale,  il  quale  dovrà  decidere  da  prima 
se  sussista  rimpossibilità  di  eseguire  una  parte  dei  patti  concor- 
dati)  e  poi  circa  gli  effetti  che  ne  possono  conseguire. 


318  £i6ro  //.  -  Delle  obbligazioni 

716.  —  Qualora  per  Tesecuzione  di  un  trattato  fossero  neces- 
sari i  provvedimenti  legislativi,  ed  il  Governo  dello  Stato  a  ciò 
tenuto  non  vi  provvedesse,  spetterà  all'altra  parte  il  diritto  di 
sospendere  Tesecuzione  del  trattato,  fino  a  tanto  che  i  provve- 
dimenti  legislativi  non  siano  presi  dal  Governo  a  norma  degl'im- 
pegni assunti,  0  di  domandare  l'annullamento  del  trattato  per 
l'avvenuta  mancanza  di  esecuzione  da  parte  dell'altro  Stato. 

Resterà  però  sempre  integra  la  responsabilità  internazionale 
dello  Stato,  che  non  abbia  adempiuti  gl'impegni  assunti. 

717.  —  Qualora  un  trattato  sia  stato  concluso  in  considera- 
zione di  un  ordine  di  fatti,  e  col  tempo  questi  siano  stati  modificati 
in  maniera  che  sia  venuto  a  mancare  del  tutto  quello  che  aveva 
formato  originariamente  l'oggetto  della  convenzione,  il  trattato  potrà 
essere  annullato  se  l'autorità  competente,  come  alle  regole  700 
e  seg.,  lo  riconosca  e  dichiarì  non  obbligatorio,  perchè  mancante 
di  oggetto  e  di  causa,  pel  futuro,  a  cagione  dei  verificatisi  muta- 
menti di  fatto. 

La  proposta  regola  esclude  il  falso  supposto  che  ogni  trattato  debba  repu- 
tarsi subordinato  alla  condizione  rebus  sic  stantibust  ed  esclude  inoltre  che 
anche  quando  un  determinato  ordine  di  fatti  abbia  formato  la  base  e  la  con- 
dizione sostanziale  del  trattato,  venendo  esso  a  mancare,  il  trattato  possa  rite* 
nersi  non  obbligatorio  a  giudizio  della  parte  interessata.  Bisogna  invece  esclu- 
dere ogni  dubbio  riguardo  alla  obbligatorietà  dei  trattati  conclusi  e  mantenere 
fermo  il  principio  della  loro  inviolabilità,  fino  a  tanto  che  la  parte  interessata 
a  promuoverne  Tannullamento  non  ne  abbia  fatta  Tistanza,  e  questa  non  sia 
stata  riconosciuta  fondata  in  diritto  dall'autorità  competente  a  risolvere  ogni 
controversia  circa  Tannullamento  di  un  trattato.  Non  si  poteva  al  certo  esclu- 
dere il  diritto  della  Russia  di  domandare  nel  1870  che  fossero  riconosciuti 
insussistenti  per  le  mutate  circostanze  gii  obblighi  da  essa  assunti  col  Trat- 
tato di  Parigi  del  1856  rispetto  alla  navigazione  del  Mar  Nero  ;  ma  d*altra  parte 
non  si  poteva  ammettere  che  essa  potesse  apprezzare  da  sé  se  gli  impegni 
assunti  dovessero  per  le  mutate  circostanze  reputarsi  inefficaci.  In  ogni  caso 
somigliante  il  giudizio  e  la  decisione  d*una  Conferenza  deve  ognora  reputarsi 
indispensabile,  e  qualora  un  presupposto  abbia  costituito  l'oggetto  sostanziale 
del  trattato,  ed  in  seguito  sia  venuto  a  mancare  del  tatto,  la  risoluzione  e 
TannuUamento  delle  obbligazioni  assunte  devono  essere  ammessi  come  in  ogni 
caso  in  cui  si  tratti  di  convenzione  mancante  di  oggetto  e  di  causa. 

Conviene  però  avvertire  attentamente  di  non  confondere  la  teorìa  che  noi 
sosteniamo  con  quella  dei  pubblicisti  che  subordinano  Te f Acacia  di  un  trattato 
alla  condizione  rebus  sic  stantibus.  Noi  ammettiamo  la  risoluzione  nel  solo  caso 
che  il  fatto  presupposto  sia  stato  Toggetlo  sostanziale  dell'accordo  e  che  sia 
venuto  meno  del  tutto  in  prosieguo,  perchè  ci  sembra  che  la  piesupposizionei 


Titolo  IV.  •  Annullamento,  rivocazione,  estinzione  dei  Trattati  319 

nel  caso  da  noi  contemplato,  assuma  il  carattere  vero  e  proprio  di  coDdìxione 
risolutiva  tacita.  Dato  infatti  che  il  trattato  sia  stato  stipulato  per  regolare  un 
fatto  presupposto  e  sostanziale  :  dato  che  questo  sia  stato  Toggetto  principale 
deiraccordo,  non  si  può  fare  a  meno  di  ammettere  che  il  consenso  reciproco 
debba  reputarsi  subordinato  alla  condizione  tacita,  che  cioè  venendo  a  man- 
care del  Lutto  l'oggetto  delPaccordo  esso  non  debba  avere  in  futuro  effetto 
giuridico. 

Cionfr.  la  nota  a  reg.  748. 


Proroga  o  rinnovamento  dei  Trattati. 

718.  —  Qualora  nel  trattato  sia  stabilito  per  patto  espresso 
che  allo  spirare  del  termine  obbligatorio  il  trattato  s'intenderebbe 
prorogato  d'anno  in  anno,  o  per  un  tempo  più  lungo,  se  Tuna 
o  Taltra  delle  parti  non  avesse  manifestato  dentro  un  certo  ter- 
mine fissato  la  sua  intenzione  dì  fame  cessare  gli  effetti,  tale  patto 
equivarrà  a  mantenere  il  trattato  in  vigore,  fino  a  tanto  ch'esso 
non  sia  stato  officialmente  denunciato. 

719.  —  Incombe  alla  parte  che  voglia  valersi  del  suo  diritto 
di  denunciare  il  trattato  il  farlo  mediante  atto  officialmente  noti- 
ficato in  via  diplomatica. 

Incombe  alla  parte  a  cui  sia  stato  notificato  in  via  diplomatica 
Tatto  di  denuncia  il  notificare  nella  stessa  forma  di  averne  preso 
atto,  ma  anche  in  mancanza  di  tale  ultima  formalità  il  trattato 
cesserebbe  di  essere  in  vigore  al  termine  notificato  nell'atto  di 
denuncia. 

720.  —  Laddove  col  trattato  non  sia  slato  stipulato  il  patto 
della  tacita  proroga,  e  spirato  il  termine  obbligatorio  le  parti  con- 
traenti abbiano  continuato  ad  osservare  a  reciprocità  i  patti  concor- 
dati, il  trattato  potrà  ritenersi  così  tacitamente  rinnovato,  se  la 
recìproca  osservanza  delle  clausole  convenzionali  da  parte  dei 
Governi  dei  due  Stati  risulti  in  modo  formale  ed  esplicito,  e  sìa 
tale  da  constatare  nettamente  la  loro  mutua  intenzione  di  man- 
tenere in  vigore  il  trattato  dopo  spirato  il  termine  obbligatorio. 

721.  —  La  reciproca  osservanza  di  certe  regole  di  Diritto  comune 
intemazionale  che  si  trovavano  pure  stabilite  per  mutuo  accordo  nel 
trattato  non  può  bastare  a  caratterizzare  nettamente  l'intenzione 


3*0  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

delle  parti  contraenti  di  mantenere  in  vigore  il  trattato  dopo  spi- 
rato il  termine  obbligatorio. 

Confronti  la  causa  discussa  dinanzi  alla  Cassazione  francese  a  proposito  deUa 
tacita  rinnovazione  della  Convenzione  consolare  tra  la  Francia  e  gli  Stati  Uniti 
d* America,  e  le  conclusioni  del  procuratore  generale  Dupin.  Gass.,  24  juiliet  1861 
Journal  du  Palaia,  1861,  pag.  1149. 


Estinzione  dei  Trattati. 

722.  —  I  trattati  si  estinguono  di  pieno  diritto: 

a)  col  reciproco  consenso  delle  parti  obbligate; 

b)  con  la  prestazione  della  cosa  dovuta; 

e)  con  lo  spirare  del  termine  fissato  nella  stipulazione,  quando 
non  sia  prorogato  per  volontà  delle  parti; 

d)  colla  rinuncia  espressa  da  parte  dello  Stato  che  sia  il  solo 
interessato  a  mantenere  in  vigore  il  trattato; 

e)  col  verificarsi  della  condizione  risolutiva; 

f)  coll'annientamento  completo,  fortuito  e  non  colpevole  della 
cosa  che  abbia  formato  oggetto  della  convenzione. 

723.  —  I  trattati  non  si  estinguono  ipsojure  ipsoque  facto  col 
sopravvenire  della  guerra  tra  gli  Stati  che  li  abbiano  conclusi, 
ma  cessano  bensì  dall'avere  esecuzione  e  devono  ritenersi  ipso 
iure  ipsoque  facto  sospesi  tutti  quei  patti  concordati  fra  i  due 
Stati,  che  siano  incompatibili  col  sopravvenuto  evento  della  guerra. 

Il  principio  posto  innanzi  da  alcuni  pubblicisti,  che  cioè,  a  meno  di  stipu- 
lazione formale  contraria,  i  trattati  si  estinguono  in  conseguenza  d'una  dichia- 
razione di  guerra  che  ne  sospende  o  ne  distrugge  tutti  gli  effetti  (vedi  Calvo, 
DroU  internat.,  4"^  édict.,  §  362),  non  ci  pare  conciliabile  con  i  prìncipii  del 
Diritto  moderno,  che  mira  a  restringere  gli  effetti  della  guerra  ai  rapporti 
tra  Stato  e  Stato.  Anche  però  i  trattati  che  tali  rapporti  concernono  non  pos- 
sono al  certo  ritenersi  tutti  estinti  o  sospesi  pel  sopravvenire  della  guerra 
Confronti  la  mia  opera:  Trattato  di  Diritto  internazionale pubbUeo,  3*  edizione 
voi.  Ili,  §  ;390. 


Tttoio  r.  -  Dei  Trattati  speciali  321 


TITOLO  V. 
Dei  Trattati  speciali. 

724.  —  Ogni  trattato  sarà  specificato  a  seconda  del  suo  oggetto 
e  del  suo  contenuto,  e  non  soltanto  per  la  denominazione  prescelta 
dalle  parti. 

La  proposta  regola  si  fonda  sul  savio  precetto  :  plus  valet  quod  agitur  quam 
quod  simìdate  eoncipUur,  Ha  potuto  accadere  che  due  Stati  abbiano  denomi- 
nato, a  modo  d^esempio,  trattato  di  unione  doganale  una  convenzione  fra  essi 
conclusa  per  regolare  .l'esercizio  del  commercio.  Dato  che  avuto  riguardo  ai 
patti  concordati  risulti  che  la  convenzione  non  abbia  la  natura,  il  carattere 
ed  i  requisiti  per  considerarla  come  un  trattato  di  unione  doganale,  non  si 
potrebbe  sostenere  che  essa  dovesse  reputarsi  tale  solo  perchè  le  parti  Tabbiano 
così  denominata.  Qualora  risulti  che  la  convenzione  sia  in  sostanza  un  trat- 
tato di  commercio,  esso  produrrà  i  suoi  effetti  come  tale  rispetto  agli  altri 
Stati  che  abbiano  pure  concluso  un  trattato  di  commercio,  se  essi  potessero 
avere  il  diritto  al  trattamento  della  nazione  più  favorita. 

Così  pure  si  denominano  talvolta  trattati  di  commercio  convenzioni  le  quali, 
oltre  che  i  patti  relativi  all'esercizio  del  commercio,  contengono  altresì  patti 
relativi  alla  protezione  della  proprietà  letteraria  o  industriale,  all'istituzione 
dei  consolati,  alFestradizione  dei  malfattori,  e  via  dicendo.  Ora  bisogna  pure 
volgere  Tattenzione  alla  materia  ed  all'oggetto  delle  speciali  convenzioni  unite 
insieme  col  titolo  trattato  di  commercio  e  tener  presente  che  la  denomina- 
zione non  può  mutare  la  sostanza  della  cosa. 

725.  —  Ogni  trattato  speciale  dev'essere  apprezzato,  eseguito 
ed  interpretato,  oltre  che  in  conformità  delle  regole  generali  circa 
i  requisiti  e  gli  effetti  di  ogni  trattato,  altresì  a  seconda  di  quelle 
che  lo  concernono,  avuto  riguardo  alla  sua  speciale  natura  ed  al 
suo  oggetto  determinato. 

726.  —  I  trattati  speciali  possono  essere  tanti  quante  sono 
le  materie  che  possono  formare  oggetto  dei  rapporti  internazio- 
nali degli  Stati  e  dei  loro  accordi  relativi  ad  interessi  reciproci. 

Ci  sembra  inutile  di  fare  una  classificazione  dei  trattati  e  ci  riferiamo  a 
quello  che  ne  avevamo  scritto  in  proposito  nell'opera  :  Diritto  internazionale 
pubblico,  voi.  II,  §  1008.  Oggi  sopratutto  che  i  rapporti  internazionali  tra  gli 
Stati  si  sono  notabilmente  allargati  ed  è  conseguentemente  cresciuta  la  neces- 
sità di  regolarli  mediante  convenzioni  e  trattati,  si  ha  ragione  di  dire  che  la 
enumerazione  sarebbe  lunga,  e  ci  sembra  meglio  di  non  proporci  di  farla« 

21  —  FioPE,  Dir,  intern.  codif. 


3!22  Libro  IL  -  DeUe  obblioagiont 


Trattati  di  cessione. 

727.  —  n  trattato  di  cessione  è  quello  mediante  il  quale  uno 
Stato  cede  ad  un  altro  Stato  una  parte  di  territorio,  che  gli  appar- 
tiene, rinunziando  su  di  esso  ai  suoi  diritti  di  sovranità. 

Tale  trattato,  purché  sia  legalmente  stipulato  e  che  sia  fornito 
di  tutti  i  requisiti  richiesti  per  potere  essere  reputato  valido,  pro- 
duce l'effetto  di  operare  la  perdita  dei  diritti  di  sovranità  sul  ter- 
ritorio ceduto  da  parte  dello  Stato  cedente,  e  l'acquisto  di  essi  da 
parte  dello  Stato  cessionario  (vedi  reg.  215,  216). 

728.  —  Qualunque  trattato  pacifico  di  cessione  volontaria  di 
una  parte  di  territorio  non  potrà  ritenersi  valido,  se  non  quando 
sia  stato  fatto  da  coloro,  che  secondo  le  leggi  costituzionali  del 
paese  cedutone  abbiano  il  potere,  e  stipulato  con  le  forme  richieste 
secondo  il  Diritto  pubblico  intemo  ed  estemo  (vedi  reg.  632). 

729.  —  Gli  effetti  del  trattato  di  cessione  sia  in  quello  che  esso 
modifichi  l'esercizio  dei  rispettivi  diritti  sovrani,  sia  in  quello  che 
può  concernere  i  diritti  spettanti  ai  privati,  devono  essere  deter- 
minati tenendo  conto  delle  regole  circa  la  cessione  e  annessione. 

Vedi  le  regole  etabìlite  al  Libro  I,  118  a  135. 

730.  —  Salvo  la  questione  del  diritto,  che  può  spettare  al  vin- 
citore di  subordinare  la  conclusione  della  pace  alla  condizione 
della  cessione  di  una  parte  di  territorio  ;  salvo  pure  la  questione 
dell'opportunità  di  trarre  profitto  dalla  fortuna  delle  armi  e  d'im- 
porre al  vinto  tale  condizione,  i  trattati  di  cessione  territoriale 
forzata  legalmente  conclusi  (come  alla  reg.  728),  devono  ritenersi 
validi  fra  le  parti  contraenti,  purché  le  regole  generali  di  Diritto  in- 
ternazionale, relative  alla  validità  dei  trattati,  sieno  slate  osservate. 

Trattati  di  commercio. 

731.  —  I  trattati  di  commercio  devono  avere  per  oggetto  prin- 
cipale di  regolare  le  relazioni  commerciali  tra  gli  Stati  contraenti 


Titolo  V,  -  Dei  Trattati  speciali  323 

coirintendimento  di  tutelare,  allargare  e  sviluppare  la  libertà  di 
commercio. 

732.  —  Incombe  agli  Stati  Io  stipulare  i  trattati  di  commercio  per 
facilitare  gli  scambi,  togliere  gli  ostacoli  al  libero  movimento  dei 
prodotti  della  terra  e  dell'industria,  tutelare  la  libertà  della  con- 
correnza, piuttosto  che  per  organizzare  direttamente  o  indiretta- 
mente un  sistema  di  protezionismo  o  per  stabilire  qualsisia  forma  di 
restrizione  all'esercizio  del  libero  commercio  nell'interesse  del  fisco. 

733.  —  I  trattati  di  commercio  devono  essere  basati  sulla  più 
completa  parità  di  trattamento  nel  senso  di  assicurare  vantaggi 
equivalenti  e  proporzionalmente  eguali  agli  Stati  contraenti  ed  ai 
loro  cittadini  e  senza  che  una  delle  parti  metta  a  profitto  la  sua 
preponderanza  e  la  sua  maggiore  potenza  per  fare  accettare  dal- 
l'altra più  debole  o  meno  potente  condizioni  meno  favorevoli  o 
più  onerose. 

734.  —  Possono  gli  Stati  regolare  mediante  trattato  di  com- 
mercio tutti  i  fatti  ed  i  rapporti  che  si  riferiscono  alle  loro  rela- 
zioni internazionali,  ma  il  loro  oggetto  proprio  è  di  regolare  la 
importazione  e  l'esportazione,  il  transito,  il  trasbordo  e  il  deposito 
delle  merci,  le  tariffe  di  dogana,  i  diritti  di  navigazione,  le  qua- 
rantene, il  cabotaggio,  la  pesca  e  gli  altri  fatti  che  hanno  attinenza 
all'esercizio  del  commercio. 

736.  —  Incombe  a  ciascuno  Stato  l'allargare  la  conclusione 
dei  trattati  di  commercio  col  maggiore  possibile  numero  di  Stati, 
a  fine  di  rendere  così  più  larga  la  libertà  degli  scambi  internazionali, 
e  provvedere  alla  maggiore  reciproca  utilità  collo  sviluppo  della 
concorrenza. 

Le  regole  suesposte  mirano  a  tradurre  in  atto  i  princìpiì  proclamati  dalla 
seienza  moderna,  che  cioò  la  maggiore  reciproca  utilità  di  tntti  gli  Stati  che 
vogliono  assicurare  lo  sviluppo  ed  il  movimento  dei  diversi  rami  di  ricchezza 
nazionale,  consiste  nel  moltiplicare  viemmaggiormente  gli  scambi  intemazio- 
nali ed  allargare  la  concorrenza.  Senza  concorrenza  Tindustria  nazionale  non 
può  prosperare,  ma  resta  stazionaria,  e  se  T industria  non  fosse  eccitata  ed 
incoraggiata  alla  produzione  dalla  concorrenza,  mancherebbe  la  prosperità  e 
l*accrescimento  dei  capitali  indispensabili  per  lo  sviluppo  deiragricoltura.  Si 
intende  benissimo  che,  per  sostenere  l'attrito  degli  scambi  internazionali  e  la 
concorrenza  straniera,  debba  riuscire  indispensabile  il  migliorare  ed  incorag- 
giare  Tindustria  nazionale,  e  questo  dev'essere  il  compito  di  ciascun  Governo; 


3**  Libro  IL  -  Delle  obbliffazioni 

ma  certa  cosa  è  che  la  prosperità  pubblica  e  la  ricchezza  nazionale  non  potreb- 
bero effettuarsi  ed  accrescersi  senza  lo  sviluppo  di  tutti  gli  elementi  che  la 
costituiscono,  e  che  tale  sviluppo  è  incatenato  dalle  leggi  della  libertà  di  pro- 
duzione, di  movimento,  di  concorrenza  e  di  scambi  internazionali.  Incombe 
a  ciascun  Governo  il  migliorare  Tagricoltura  e  l'industria  del  proprio  paese, 
affinchè  esse  non  si  trovino  in  condizione  d'inferiorità  nel  sostenere  la  lotta 
della  concorrenza  straniera  e  degli  scambi  internazionali,  e  lì  è  tutto  il  segreto 
della  pubblica  prosperità. 

736.  —  I  trattati  di  commercio  devono  eseguirsi  colla  più  scru- 
polosa lealtà  e  buona  fede,  ed  incombe  ai  Governi  l'esaminare 
e  ponderare  diligentemente  gl'impegni  che  siano  per  assumere  in 
un  trattato  di  commercio  e  l'evitare  assolutamente  di  adoperare 
qualsisia  sotterfugio  per  non  mantenere  lealmente  gl'impegni  presi. 

737.  ^  La  clausola  generale,  colla  quale  si  accorda  allo  Stato 
con  cui  il  trattato  di  commercio  è  concluso  il  trattamento  della 
nazione  più  favorita,  quando  sia  stipulato  senza  alcuna  determi- 
nazione e  condizione,  implica  la  facoltà  di  godere  qualunque  favore, 
che  in  forza  di  trattato  di  commercio  venga  ad  essere  concesso  ad 
un  altro  Stato. 

738.  —  Qualora  uno  Stato,  che  in  forza  della  clausola  del  trat- 
tamento della  nazione  più  favorita  voglia  profittare  di  tale  bene- 
ficio, e  godere  di  una  concessione  più  favorevole  fatta  ad  altro 
Stato,  abbia  ciò  dichiarato  formalmente  in  vìa  diplomatica,  e  tale 
suo  diritto  sia  stato  riconosciuto  in  via  diplomatica,  o  tacitamente 
ammesso  senza  contestazione  dall'altra  parte  contraente,  il  favore 
acquisito  in  forza  della  clausola  si  reputerà  come  complemento 
dei  diritti  spettanti  allo  Stato  favorito  in  virtù  del  trattato  di  com- 
mercio da  lui  concluso,  e  durerà  fino  allo  spirare  del  trattato  stesso. 

Se  tale  dichiarazione  non  sia  stata  fatta  in  via  diplomatica,  e 
il  trattato  più  favorevole  concluso  col  terzo  Stato  venga  a  spirare, 
prima  che  l'altro  ne  abbia  profittato,  o  che  abbia  dichiarato  di 
volerne  profittare,  la  dichiarazione  tardiva  non  sarà  efficace,  se 
essa  venga  ad  essere  fatta,  dopo  che  il  trattato  col  terzo  Stato  più. 
favorito  sia  estinto. 

La  ragione  della  proposta  regola  ci  sembra  fondata  sul  concetto  che  i  trat- 
tati conclusi  coi  terzi  Stati  non  implicano  godimento  di  diritti  rispetto  a  coloro 
che,  pur  potendoli  godere,  non  si  siano  curati  di  profittarne.  La  dichiarazione 
tardiva  d'altra  parte*  non  potrebbe  essere  efficace,  se  venga  fatta  nel  momento. 


Titolo  V.  -  Dei  Trattati  speciali  325 

Bel  qaale,  essendo  estinto  il  trattato,  sia  venota  cosi  a  mancare  la  conces- 
sione del  favore.  Il  terzo  Stato  non  potrebbe  dichiarare  di  voler  profittare  di 
an  favore  che  più  non  esiste,  quando  egli  manifesti  tale  volontà.  Quando  invece 
concesso  il  favore  il  terzo  Stato  abbia  dichiarato  formalmente  di  volerne  pro- 
fittare, in  forza  del  patto  stipulato  nel  trattato  da  lui  concluso,  l'acquisto  del 
favore  deve  reputarsi  un  diritto  perfetto  e  complementare  di  quelli  da  esso 
acquistati  in  forza  del  trattato,  ed  è  naturale  che  debba  poi  perdurare  fino 
alla  durata  del  trattato,  ed  indipendentemente  dalla  durata  o  dall*estinzione 
del  trattato  colFaltr    Stato  concluso. 

739  —  I  trattati  di  commercio,  quando  non  vi  sia  espressa 
disposizione  contraria,  si  estendono  a  tutti  i  possedimenti  degli 
Stati  contraenti  ac^  ess*  appartenenti  nel  momento  della  conclu- 
sione del  trattato  ed  in  avvenire. 

Essi  devono  reputarsi  in  vigore  fino  allo  spirare  del  termine  sta- 
bilito nel  trattato,  salve  che  non  siano  prorogati  in  forza  di  patto 
espresse  o  di  tacito  consentimento,  nel  qual  caso  essi  saranno 
reciprocament  obbligatori,  fino  a  che  Tuna  o  Taltra  delle  parti 
contraenti  non  abbia  in  vìa  diplomatica  notificata  la  sua  intenzione 
di  fame  cessare  l'effetto  a  partire  dal  giorno  denunziato  nell'atto 
stesso  notificato. 

740.  —  I  trattati  di  commercio  non  possono  reputarsi  ipso  jure 
ipsoque  facto  estinti  pel  sopravvenire  della  guerra,  ma  devono  bensì 
ritenersi  sospesi  quelli  soltanto  dei  quali  l'osservanza  sia  inconci- 
liabile coH'esercizio  dei  diritti  di  guerra.  È  però  sommamente  utile, 
che  le  parti  contraenti  nello  stipulare  il  trattato  dichiarino  espres- 
samente, quali  siano  ì  patti  che  devono  mantenersi  in  vigore,  non 
ostante  che  sopravvenga  la  guerra. 

741.  —  I  trattati  di  commercio,  benché  debitamente  stipulati, 
non  producono  i  loro  effetti  che  quando  siano  ratificati  in  confor- 
mità della  legge  costituzionale  di  ciascuno  degli  Stati  contraenti, 
ed  a  contare  dal  giorno  dello  scambio  delle  ratifiche. 

Convenzioni  consolari. 

742.  —  Le  convenzioni  consolari  sono  gli  accordi  conclusi  fira 
due  Stati  per  determinare:  i  diritti  e  le  prerogative  dei  consoli,  che 
siano  istituiti  nei  territori  rispettivi  ;  le  funzioni  ad  essi  attribuite  ; 


326  Libro  IL  -  DélU  obbìigcuiioni 

l'esercizio  dei  diritti  e  delle  obbligazioni  che  ne  derivino;  i  rapporti 
colla  legge  e  colle  autorità  territoriali  delle  persone  addette  ai 
consolati  nella  loro  qualità  di  consoli,  vice-consoli,  agenti  conso- 
lari, cancellieri  o  segretari. 

743.  —  Incombe  agli  Stati  l'allargare  quanto  è  possibile  la 
conclusione  dei  trattati  consolari,  a  fine  di  provvedere  mediante 
essi  alla  protezione  dei  cittadini,  che  si  trovino  nei  paesi  stranieri, 
ed  all'assistenza  ad  essi  dovuta  per  facilitare  loro  lo  sviluppo  e 
l'esercizio  del  commercio. 

744.  —  I  trattati  consolari  tanto  più  riusciranno  completi,  utili 
ed  efficaci,  quanto  meglio  regoleranno  ogni  rapporto  che  può  repu- 
tarsi connesso  coU'istituzione  dei  consolati. 

GonfroDta  per  la  estensione  di  tali  rapporti  e  qneUo  che  può  esser  utile  oggetto 
delle  convenzioni  consolari  le  regole  353-256,  330-332, 345-349,  445-458,-464-474. 


Capitolazioni. 

746.  —  Le  capitolazioni  dinotano  il  complesso  delle  convenzioni 
concluse  a  termine  non  definito  per  determinare  e  regolare  i  rap- 
porti tra  gli  Stati  civili  coir  Impero  ottomano  e  con  gli  Stati  bar- 
bari 0  incivili  in  tutto  quello  che  concerne  Tesercizio  rispettivo  dei 
diritti  sovrani  a  riguardo  dei  propri  cittadini  dimoranti  in  quelle 
regioni,  le  prerogative  e  privilegi  degli  agenti  diplomatici  o  con- 
solari destinati  a  proteggerli  e  le  attribuzioni  delle  rispettive  auto- 
rità a  riguardo  dell'amministrazione  della  giustizia  civile  e  penale. 

746.  —  Le  capitolazioni  mirano  generalmente  a  stabilire  d'ac- 
cordo un  regime  convenzionale,  che  deroga  al  Diritto  comune,  e 
non  possono  sussistere  che  in  conseguenza  della  disparata  condi- 
zione di  civiltà,  in  cui  si  trovano  alcuni  Stati  africani  o  asiatici 
e  gli  altri  Stati  barbarici,  nei  quali  a  cagione  dello  stato  di  bar- 
barie, della  prevalenza  del  fanatismo  religioso,  e  della  minore 
civiltà,  si  rende  impossibile  la  perfetta  eguaglianza  di  condizione 
giuridica  pel  mutuo  e  reciproco  esercizio  dei  rispettivi  diritti 
sovrani. 


Titolo  V.  -  Dei  Trattati  speciali  327 

747.  —  Le  capitolazioni,  quantunque  stabiliscano  un  regime 
eccezionale,  devono  reputarsi  efficaci  ed  obbligatorie,  anche  in 
quello  che  deroghino  al  Diritto  comune  intemazionale  é  non  ostante 
che  siano  contrarie  alle  regole  mediante  esso  stabilite,  fino  a  tanto 
che  non  siano  rivocate  mediante  il  reciproco  consentimento  degli 
Stati  fra  i  quali  hanno  vigore. 

Devono  quindi  ritenersi  obbligatori  non  solo  i  patti  mediante 
esse  stipulati,  e  gli  effetti  che  naturalmente  da  essi  derivano,  ma 
le  regole  altresì  che  possono  reputarsi  stabilite  mediante  la  con- 
suetudine e  la  costante  osservanza  nell'applicare  i  patti  stipulati, 
e  nell'esercizio  delle  funzioni  in  forza  dei  patti  stessi  attribuite  alle 
autorità  rispettive.  Confr,  reg,  345-349. 

n  regime  delle  capitolazioni  è  stato  la  consegnenza  necessaria  delle  rela- 
lioni  commerciali  stabilite  da  prima  coli* Impero  ottomano,  e  poi  cogli  altri 
principali  Stati  afHcani  e  asiatici  (Zanzibar,  Madagascar,  Persia,  Siam,  Gina,  ecc.), 
nei  qnali  Tesercizio  del  commercio  da  parte  degli  Europei»  la  sicurezza  delle 
proprietà  e  delle  persone,  e  Tammini strazione  della  giustizia  civile  e  penale, 
troTavano  nn  ostacolo  insormontabile  nella  condizione  di  barbarie  in  cui  si 
trovaTano  detti  paesi  e  nel  difetto  delle  leggi  e  del  Governo;  per  lo  che  era 
impossibile  la  completa  comunanza  di  diritto. 

Vedi  per  quello  che  concerne  Torigine  storica  delle  capitolazioni  e  le  con» 
venzioni  successivamente  concluse  e  rinnovate:  Fébaud-Giraud ,  Dt  la  juri- 
dietion  franfaise  dans  les  Échelìes  du  Lerant  et  de  Barbar ie^  et  lesjuftices  mixtea 
dans  le»  pays  hors  ehrétienté,  Bknoit,  Éiude  »ur  le$  capitulations  entre  VEmpirt 
ottoman  et  la  France^  Paris  1890.  Pradibr-Fodér^,  La  question  des  capitala- 
tions  en  Orient,  R.  D.  1 ,  1869,  p.  118.  Bonfils,  Manuel  de  Droit  int.  public, 
pag.  433.  GoNTUZzi,  Il  Dir,  intern.  nella  sua  applicabilità  in  Oriente.  Olivi  Luior, 
Sulla  voce  CapitclcutUmi  nel  Digesto  italiano. 

748.  —  Le  capitolazioni,  quantunque  concluse  a  termine  non 
definito,  non  possono  essere  mantenute  in  vigore  quando  le  con- 
dizioni presupposte  per  giustificarle  siano  venute  a  mancare  del 
tutto  e  conseguentemente  esse  abbiano  così  perduto  pel  futuro 
ogni  ragion  d'essere. 

Qualora  Tuna  parte  non  volesse  in  tale  evenienza  consentire 
a  rivocarle,  Taltra  avrebbe  sempre  il  diritto  di  promuoverne  la 
risoluzione. 

La  proposta  regola  si  fonda  sul  giusto  concetto  che  quando  un  dato  stato 
di  cose  o  di  fatti  sia  stato  l'oggetto  principale  e  sostanziale  dell'accordo  e 
venga  meno  del  tutto  in  seguito,  il  trattato,  benché  valido  ed  efficace  ab 
initio,  perde  pel  futuro  ogni  ragion  d'essere,  dovendosi  reputare  mancante  di 


328  Libro  TI.  -  Ddìe  cbhUgazhni 

oggetto  e  di  causa.  Come  è  detto  alla  regola  717,  non  si  può  ammettere  in 
generale  che  i  trattati  debbano  essere  subordinati  alla  condizione  risolutiva 
rébìM  aie  stantibus,  perchè  si  scuoterebbe  così  la  forza  obbligatoria  del  Diritto 
convenzionale,  ma  si  deve  ammettere  anche  per  i  trattati  il  giusto  concetto 
che  quando  la  presupposizione  costituisca  Toggetto  sostanziale  della  conven- 
zione e  venga  a  mancare,  la  convenzione  dev*essere  risoluta,  perchè  essa  dal 
momento  in  cui  il  presupposto  sia  venuto  a  mancare,  non  può  essere  consi- 
derata altrimenti  che  come  una  convenzione  mancante  di  oggetto  e  di  causa. 
La  presupposizione  che  abbia  i  requisiti  indicati  assume  veramente  il  carat- 
tere di  condizione  risolutiva,  ed  è  Tunico  caso  in  cui  può  trovare  giusta  appli- 
cazione la  massima  rébtis  sic  stantibus.  Cosi  può  dirsi  con  ragione  delle  capi- 
tolazioni concluse  pel  presupposto  dello  stato  di  barbarie.  Dato  che  questo 
venga  a  mancare,  le  capitolazioni  non  possono  più  avere  ragione  d'essere. 
Anche  nel  Giappone  erano  in  vigore  le  capitolazioni,  ma  oggi  che  quello  Stato 
ha  fatto  tanti  progressi ,  che  non  può  essere  al  certo  reputato  in  condizione 
inferiore  degli  Stati  dell'Europa  e  dell'America,  il  mancato  presupposto  dello 
stato  di  barb|irie  ha  fatto  venir  meno  del  tutto  la  ragion  d'essere  delle  capi- 
tolazioni. Per  lo  che  la  Germania,  Tlnghilterra,  gli  Stati  Uniti,  la  Francia  hanno 
concluso  accordi  che  abrogano  il  regime  delle  capitolazioni;  ma  se  non  l'aves- 
sero fatto,  il  Giappone  avrebbe  avuto  diritto  di  domandare  che  le  capitolazioni 
fossero  abrogate,  e  tale  suo  diritto  non  poteva  al  certo  essere  contestato. 
Confronta  regola  717. 


Trattato  di  protettorato. 

749.  —  Il  trattato  di  protettorato  è  quello  mediante  il  quale  uno 
Stato  debolo  o  barbaresco  che  assume  la  condizione  di  Stato  pro- 
tetto, ed  un  altro  più  forte  e  civile,  che  assume  la  condizione  di 
Stato  protettore,  stabiliscono  d'accordo  le  limitazioni  convenzionali 
all'esercizio  della  sovranità  dello  Stato  protetto,  e  l'ampliamento 
dell'esercìzio  della  sovranità  dello  Stato  protettore  nelle  relazioni 
internazionali.  {Confr.  reg.  97-102.) 

750.  —  Il  trattato  di  protettorato,  sia  esso  concluso  in  seguito 
a  volontaria  richiesta  fatta  da  una  delle  parti  ed  accettata  dal*- 
l'altra,  sia  esso  forzatamente  imposto  da  una  parte  ed  accettata 
dall'altra  può  essere  valido  soltanto,  quando  non  manchi  la  libertà 
del  consenso  richiesta  per  la  validità  di  un  trattato.  {Confronta 
reg.  637-640.) 

751.  —  Il  trattato  di  protettorato  quando  sia  debitamente  con- 
cluso, e  non  possa  ritenersi  legalmente  rivocato,  deve  reputarsi 
obbligatorio  per  le  parti  che  lo  stipularono,  ed  incombe  a  ciascuna 


Titolo  V.  '  Dei  Trattati  speciali  329 

di  esse  Tesegoire  integralmente  le  clausole  consentite,  anche  se 
l'esecuzione  possa  reputarsi  onerosa  od  ingiuriosa,  salvo  il  diriilo 
ad  entrambe  esse  parti  spettante  di  provocare  la  sospensione  del 
trattato,  o  di  denunciarlo,  osservando  le  regole  di  Diritto  comune 
per  la  sospensione  o  denuncia  di  un  trattato  in  vigore. 

752.  —  Il  trattato  di  protettorato  produrrà  tutti  i  suoi  effetti 
nelle  relazioni  internazionali  rispetto  agli  Stati,  ai  quali  i  patti  so- 
stanziali siano  stati  notificati  in  via  diplomatica,  e  non  contestati, 
ed  a  cominciare  dal  giorno  della  fatta  notificazione. 

753.  —  Tutti  gli  effetti,  che  possono  derivare  dal  trattato  di  prò- 
lettorato  riguardo  agli  atti  intemazionali  fatti  dallo  Stato  protet- 
tore, o  dallo  Stato  protetto,  per  quello  che  concerne  il  loro  valore 
giuridico,  o  la  loro  inefficacia  o  invalidità,  devono  essere  deter- 
minati in  base  ai  patti  stipulati  ed  alle  limitazioni  delle  regole  del 
Diritto  comune  in  forza  del  trattato  consentite,  fino  a  tanto  che 
esso  debba  reputarsi  in  vigore. 

In  caso  che  Tuna  o  Tallra  delle  parti  facesse  uso  del  suo  diritto 
di  sospendere  il  trattato  di  protettorato  o  di  denunciarlo,  gli  effetti 
della  sospensione  o  della  denuncia  rispetto  ai  terzi  Stati,  fino  a 
tanto  che  il  trattato  non  sia  definitivamente  rivocato,  saranno  de- 
terminati tenendo  conto  delle  regole  di  Diritto  comune,  che  con- 
cernono gli  effetti  della  sospensione  o  denuncia  di  un  trattato 
in  vigore. 

764.  —  Il  trattato  di  protettorato,  siccome  stabilisce  una  con- 
dizione giurìdica  eccezionale  e  limita  il  libero  esercizio  dei  diritti 
spettanti  agli  Stati  sovrani,  così  deve  essere  interpretato  rigorosa- 
mente, e  sempre  nel  senso  il  meno  sfavorevole  alla  libertà  dello 
Stato  protetto.  In  ogni  caso  di  dubbio  devono  valere  le  regole  che 
concernono  l'interpretazione  delle  leggi  eccezionali  e  delle  dispo- 
sizioni limitative  della  libertà  delle  persone. 

755.  —  Il  trattato  di  protettorato,  quando  debba  reputarsi  effi- 
cace (al  che  occorre  che  il  rapporto  di  protettorato  possa  reputarsi 
stabilito  in  modo  certo  e  non  equivoco,  che  esso  effettivamente 
sussista,  e  che  sia  stato  espressamente  o  tacitamente  riconosciuto), 
produrrà  tutti  i  suoi  effetti  a  riguardo  delle  modificazioni,  che  ne 


330  Libro  li,  -  Delle  obbligazioni 

conseguono  rispetto  alla  personalità  internazionale  dello  Stato  pro- 
tetto e  delle  limitazioni  della  sua  capacità  nel  concludere  trattati, 
neirassumere  obbligazioni  internazionali,  nel  mantenere  le  rela- 
zioni diplomatiche  ed  in  tutti  gli  atti,  nei  quali  si  esplica  la  per- 
sonalità internazionale  di  ciascuno  Stato. 

Gli  atti  però  compiuti  dallo  Stato  protetto,  prima  che  il  rap- 
porto di  protettorato  sia  stato  stabilito,  che  implichino  diritti  per- 
fetti acquisiti  da  terzi  Stati,  continueranno  a  produrre  i  loro  effetti, 
salvo  il  caso  in  cui  essi  siano  decisamente  incompatibili  colla  nuova 
condizione  di  cose  mediante  il  protettorato  stabilita,  e  fino  a  che 
il  valore  giuridico  degli  atti  stessi  non  venga  annullato  in  confor- 
mità delle  regole  di  Diritto  comune,  o  che  non  si  verifichi  la  loro 
estinzione  per  lo  spirare  del  termine  stabilito  per  la  loro  durata. 

Confr.  reg.  97  a  102  e  657,  713. 

Il  rapporto  di  protettorato,  quando  già  yalidamente  stabilito,  equivale  al 
mutamento  della  costituzione  politica  dello  Stato  protetto,  e  tutte  le  conse- 
guenze che  ne  possono  derivare,  rispetto  alle  modificazioni  che  ne  conseguono 
a  riguardo  della  personalità  internazionale  dello  Stato  protetto,  devono  essere,  a 
nostro  modo  di  vedere,  determinate  cogli  stessi  principii  che  nel  caso  in  cui  venga 
a  verificarsi  un  mutamento  sostanziale  della  legge  costituzionale  d'uno  Stato. 

Conviene  però  avvertire  attentamente  che  il  rapporto  di  protettorato,  come 
noi  rintendiamo,  non  può  comprendere  ogni  forma  di  dipendenza  politica, 
economica  ed  amministrativa,  nella  quale  certi  Stati  civili  intendono  mettere 
i  paesi  incivili  e  barbareschi,  e  che  denominano  pure  protettorato,  per  masche- 
rare certe  forme  indirette  di  conquista  e  di  soggiogamento,  che  sono  la  con- 
seguenza della  cosi  detta  politica  coloniale  e  che  costituiscono  in  sostanza  il 
rapporto  di  signoria,  o  dì  vassallaggio,  di  sommissione,  di  dipendenza,  e  che 
fanno  dello  Stato  protetto  uno  Stato  semi-sovrano.  Cotesti  rapporti  possono 
pure  stabilirsi  mediante  trattati,  ma  in  sostanza  essi  importano  dominio,  giu- 
risdizione e  sommessione  della  sovranità  nell'esercizio  delle  sue  funzioni  all'in- 
terno, vale  a  dire  dipendenza  mediata  o  immediata  della  sovranità  sotto  ogni 
rispetto.  Il  protettorato  vero  e  proprio  implica  protezione  ed  assistenza  per 
promuovere  lo  sviluppo  della  civiltà  nei  paesi  incivili  ;  difesa  saviamente  ordi- 
nata, piuttosto  che  signoria,  per  lo  che  il  suo  carattere  giuridico  vero  con- 
siste nell'assistenza  e  protezione  dello  Stato  protetto  nelle  relazioni  internazio- 
nali. Esso  può  quindi,  rigorosamente  parlando,  modificare  soltanto  la  personalità 
internazionale  dello  Stato  protetto.  Che  se  poi  il  protettorato  miri  a  modificare 
pure  la  personalità  dello  Stato  protetto  nell'esercizio  delle  funzioni  sovrane 
all'interno,  allora  esso  acquista  carattere  diverso. 

I  rapporti  originariamente  stabiliti  col  trattato  del  17  dicembre  1886  tra  la 
Repubblica  francese  e  la  regina  di  Madagascar,  sono  stati  qualificati  sempre 
protettorato;  ma  il  risultato  finale  consacrato  nella  legge  del  6  agosto  1896,  che 
ha  dichiarato  francese  l'isola  di  Madagascar  con  le  isole  che  ne  dipendono, 
spiega  qual  era  il  carattere  vero  del  protettorato. 


Titolo  V.  -  Dei  Trattati  speciali  331 

Vedi  sn]]a  questione  dei  protettorato,  Despagnst,  Essai  sur  les  protectorats\ 
Wilhelm,  Tliéorie  juridique  des  protectoì'atSf  nel  Journal  de  Vr,  itit.  prive,  1890, 
pag.  204;  Pjc,  Influence  de  V  étàblissement  d'un  protectorat,  nella  Bevue  gene- 
rale de  Droit  intem,  public ,  anno  1896,  pag.  613,  e  gli  autori  da  lui  citati 
nelle  note;  Catellani  ,  Nota  critica  sugli  ultimi  studi  sui  protettorato,  nella 
Bivista  itah  per  le  scienze  giuridiche,  voi.  XXIII,  fascicolo  V,  e  gli  autori  da 
lui  citati. 


Trattati  di  sigììorta  e  di  vassallaggio. 

756.  —  Il  trattato  di  signoria  è  quello  concluso  tra  uno  Stato 
eivile  ed  uno  barbaresco,  col  quale  il  primo  impone  e  l'altro  accetta 
qualunque  patto  di  dipendenza  mediata  o  immediata  neiresercizìo 
de'  suoi  diritti  di  sovranità  airintemo  dello  Stato.  Quando  i  patti 
implichino  la  sommissione  dei  poteri  sovrani  dello  Stato  incivile 
alla  suprema  giurisdizione  ed  autorità  dello  Stato  civile  il  trattato 
sarà  denominato  di  vassallaggio. 

Sotto  le  sopraindicate  denominazioni  si  possono  annoverare  tutte  le  diverse 
forme  di  convenzioni  che  ai  tempi  nostri  sono  la  conseguenza  della  così  detta 
politica  coloniale,  e  che  mirano  in  sostanza  ad  effettuare  le  cosi  dette  con- 
quiste pacifiche,  ma  che  sono  in  realtà  ordinate  a  ripristinare  quella  forma 
anomala  di  Stato  mancante  di  autonomia  completa  all'interno,  denominata 
Stato  semi-sovrano  e  soggetto  al  destino  di  esistenza  transitoria  e  di  lotta 
permanente,  che  è  stata  la  conseguenza  storica  inevitabile  della  semi-sovranità. 

Tali  forme  di  convenzioni  soggiacciono  a  tante  graduazioni,  che  riesce  dif- 
ficile classificarle  e  regolarle  con  principii  generali  ed  uniformi. 

757.  —  Il  trattato  di  signoria  o  di  vassallaggio,  siccome  implica 
una  specie  di  alienazione  dei  diritti  di  sovranità  all'interno  e  la 
surrogazione  nell'esercizio  di  essi  dello  Stato  signore,  cosi  non 
può  essere  valido,  se  non  che  quando  non  sìa  mancata  la  libertà 
del  consenso  da  parte  dello  Stato  soggetto,  e  da  parte  dell'altro 
non  vi  sia  stata  soggiogazione  forzata  violando  i  principii  del  Di- 
ritto comune  internazionale. 

758.  —  II  trattato  di  signoria,  finché  sussiste  e  debba  reputarsi 
m  vigore,  deve  essere  efficace  a  determinare  la  situazione  rispet- 
tiva degli  Stati,  che  lo  abbiano  sottoscritto,  in  quello  che  concerne 
l'esercizio  dei  poteri  sovrani,  e  specificatamente  del  potere  legis- 
lativo, del  potere  giudiziario  e  del  potere  amministrativo,  ciascuno 
dei  quali  deve  essere  esercitato  dallo  Stato  signoreggiante  e  dallo 


332  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni- 

Stato  soggetto  in  conformità  dei  patti  stipulati  col  trattato.  {Confr. 
reg.  103-106.) 

760.  —  Quantunque  debba  ritenersi  anormale  la  condizione  di 
cose  che  risulta  dal  dimezzamento  della  sovranità  e  dal  dualismo 
dell'imperio  e  della  potestà  sovrana  stabilita  col  trattato,  questo 
deve  non  per  tanto  ritenersi  efficace,  finché  sussiste,  e  deve  pro- 
durre, per  quello  che  concerne  l'esercizio  dei  poteri  sovrani,  gii 
stessi  effetti  che  derivano  in  caso  di  modificazioni  della  legge  costi- 
tuzionale dello  Stato. 

Tali  effetti  devono  ammettersi  non  solo  tra  le  parti  contraenti, 
ma  altresì  rispetto  ai  terzi  Stati  che  abbiano  colla  via  di  fatto 
accettato  senza  contestazione  la  condizione  di  cose  mediante  il 
trattato  stabilita. 

760.  —  Ài  trattati  di  signoria  e  di  vassallaggio  imposti  forzata- 
mente e  con  manifesta  violazione  delle  regole  di  Diritto  intema- 
zionale possono  essere  applicate  le  regole  circa  l'ingerenza  col- 
lettiva. {Confr.  reg.  487  e  $eg.) 

761.  —  L'ingerenza  collettiva  può  sopratutto  essere  giustificata, 
qualora  lo  Stato  signore  attenti  colla  forza  all'esistenza  interna- 
zionale dello  Stato  a  lui  soggetto,  trasformando  il  rapporto  di 
signoria  in  una  vera  e  propria  annessione. 

Non  è  il  caso  di  stabilire  regole  più  complete,  come  la  materia  esigerebbe, 
«r  determinare  il  valore  giuridico  dei  trattati  di  signoria,  perchè  intorno  a 
«otesto  rapporto  eccezionale,  che  ha  iniziato  una  nuova  fase  nelle  relazioni 
internazionali  degli  Stati  civili  cogli  Stati  incivili  e  barbareschi,  domina  la  più 
^ande  confusione,  alimentata  dalla  necessità  sociale  e  intemazionale  della 
espansione  e  daUUndirizzo  della  politica  ai  tempi  nostri,  che  si  dice  debba 
mirare  alla  conquista  pacifica  dei  paesi  meno  civili,  considerando  l'accresci* 
mento  continuo  dei  possedimenti  nelVAsia,  nell'Africa  e  nelle  altre  regioni  bar- 
baresche, come  il  profitto  della  colonizzazione. 


Trattato  di  confederazione. 

762.  —  II  trattato  di  confederazione  è  quello  mediante  il  quale 
gli  Stati  sovrani  autonomi  e  indipendenti  stabiliscono  i  patti  di  loro 
unione  per  conseguire  un  fine  comune  d'interesse  politico,  e  deter- 


Titolo  r,  -  Dei  Trattati  speciali  33^ 

minano  le  obbligazioni  reciproche  rispetto  a  quello  che  abbia  for- 
mato oggetto  della  loro  unione  politica. 

763.  —  Il  trattato  di  confederazione  deve  reputarsi  efficace  a 
determinare  e  stabilire  tra  le  parti  contraenti  le  regole  di  loro  con- 
dotta, e  l'esercizio  e  le  limitazioni  dei  loro  diritti  sovrani  nei  rap- 
porti airintemo  ed  all'estero  per  tutto  quello  che  costituisce  l'og- 
getto dell'unione  politica  o  confederazione. 

Rispetto  ai  terzi  Stati  il  trattato  non  potrà  reputarsi  efficace  per 
tutti  gli  effetti  che  ne  possono  derivare  nei  rapporti  intemazionali^ 
che  rispetto  a  quelli  i  quali  abbiano  riconosciuta  la  confederazione 
stabilita  mediante  il  trattato. 

764.  —  Qualora  in  forza  del  trattato  di  confederazione  sia  costi- 
tuito un  potere  centrale  con  speciali  attribuzioni  determinate  dalla 
finalità  dell'unione  polìtica  e  col  potere  di  provvedere  all'effettua- 
zione del  fine,  ed  alla  tutela  degl'interessi  comuni  posti  a  base 
dell'unione  politica,  ed  in  forza  del  consenso  degli  Stati  confederati 
sia  attribuita  al  potere  centrale  suddetto  una  capacità  giuridica 
intemazionale  proporzionata  all'attuazione  del  fine  dell'unione  ed 
allo  sviluppo  degl'interessi  comuni,  tale  ordinamento  di  cose  pu6 
far  nascere  una  forma  speciale  di  personalità  internazionale  spet- 
tante alla  confederazione,  rispetto  però  agli  Stati  che  l'abbiano 
riconosciuta.  {Confr,  reg.  39.) 

Un  esempio  importante  dell*accennata  forma  di  associazione  politica  stabi- 
lita mediante  trattato  si  trova  nella  Confederazione  germanica,  costituita  in 
forza  degli  articoli  53,  54  e  55  dell'atto  finale  del  Congresso  di  Vienna  del 
9  giugno  1815.  La  Confederazione,  come  ente  collettivo  perfettamente  distinta 
nei  rapporti  airinterno  ed  all'estero  dagli  Stati  confederati,  ha  avuto  la  propria 
personalità  internazionale,  fino  a  che  non  fu  disciolta  nel  1866,  in  seguito  alla 
lotta  tra  gli  Stati  confederati  e  le  vittorie  della  Prussia,  coronate  colla  celebre 
battaglia  di  Sadowa.  Essa  aveva  infatti  il  diritto  di  concludere  trattati,  inviare 
e  ricevere  agenti  diplomatici,  fare  la  guerra  e  concludere  la  pace  ed  eserci- 
tare altri  poteri,  sempre  limitatamente  alla  finalità  della  Confederazione  e  pure 
essendo  mantenuta  integra  la  personalità  internazionale  degli  Stati  confederati 
per  tutto  quello  che  non  toccava  gl'interessi  della  lega  mediante  il  trattato 
fra  di  essi  stabilito. 

765.  —  Il  trattato  di  confederazione  non  ha  nulla  di  comune  coi 
patto  federativo  stabilito  fra  più  Stati  uniti  colla  forma  di  costituzione 
politica  che  dicesi  Stato  federale,  impero  federativo,  Stato  composto* 


^^*  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

II  patto  federativo  ha  carattere  vero  e  proprio  di  ogni  legge^osti- 
tuzionale,  e  nei  rapporti  intemazionali  produce  i  medesimi  effetti 
«he  conseguono  dalla  costituzione  politica  dello  Stato.  {Confronta, 
reg.  89-91.) 

Trattato  di  alleanza  politica. 

766.  —  Il  trattato  di  alleanza  politica  è  quello  mediante  il  quale 
due  o  più  Stati  coH'intendimento  di  effettuare  un  determinato  scopo 
politico  concordano  i  patti  della  loro  associazione  e  della  mutua 
reciproca  assistenza  politica  o  militare. 

767.  —  I  trattati  di  alleanza  possono  reputarsi  utili  e  non  con- 
trari ai  princìpii  della  giustizia  e  del  Diritto  intemazionale,  ogni 
qual  volta  che  l'associazione  delle  forze  sia  ordinata  alla  tutela  del 
diritto  e  degFinteressi  comuni. 

768.  —  Ogni  trattato  di  alleanza  stipulato  per  effettuare  uno 
scopo  politico  può  reputarsi  giusto  allora  soltanto  quando  possa 
reputarsi  giusto  e  legittimo  il  disegno  politico  e  non  in  opposizione 
colle  regole  del  Diritto  comune  internazionale. 

Le  regole  proposte  non  sono  al  cerio  in  armonia  col  concetto  delle  alleanze 
«  col  loro  scopo  ai  giorni  nostri.  Nello  stato  attuale  di  cose,  siccome  la  poli- 
tica signoreggia  il  Diritto  e  tanto  più  vale  ogni  Stato  quanto  più  ha  di  forza 
per  farsi  temere  e  rispettare,  cosi  l'appoggiarsi  ad  alleati  potenti  è  unMneso- 
rabile  necessità  per  i  Governi,  che,  mirando  ad  assicurare  la  signoria  della 
loro  politica  nella  vita  internazionale,  sono  spinti  a  fare  assegnamento  suU'as- 
sociazione  delle  forze  per  signoreggiare.  Il  timore  deirisolamento,  che  condur- 
rebbe indubitabilmente  ad  essere  sopraffatti  e  soverchiati,  ispira  talvolta  le 
leghe  e  congiunge  oggi  insieme  Stati  che  hanno  tendenze  ed  interessi  molto 
disparati;  e  ci  basti  rammentare  il  trattato  di  alleanza  tra  la  Francia  e  la 
Russia  e  quello  tra  Tltalia  e  T Austria;  per  lo  che  le  alleanze  assumono  il  con- 
cetto di  vere  leghe  di  principi,  e  producono  più  confusione  e  disordine,  che 
tutela  e  sviluppo  d'interessi  comuni.  Arriverà  tempo  in  cui  gli  Stati  si  sen- 
tiranno associati  o  dalla  forza  naturale  dei  loro  interessi  comuni,  o  dal  nobile 
scopo  della  tutela  del  Diritto  comune,  e  allora  i  trattati  di  alleanza  avranno 
il  loro  vero  oggetto  e  la  loro  nobile  finalità;  ma  siamo  ben  lontani  da  ^iò. 
Occorrerà  che  la  società  internazionale»  in  luogo  di  essere,  com*è  al  presente, 
organizzata  per  servire  a  scopi  e  fini  politici,  sia  trasformata  in  una  vera 
società  di  Diritto  tra  gli  Stati  che  si  trovino  nella  medesima  condizione  di 
cultura  e  di  civiltà.  Vedi  il  mio  articolo  sulla  voce  Alleanza  nel  Digesto  italiano» 

769.  —  I  trattati  di  alleanza  devono  determinare  esattamente 
Voggetto  e  le  condizioni  dell'associazione,  e  le  obbligazioni  reci- 


Titolo  V.  -  Dei  Trattati  speciali  335 

proche  e  rispettive  degli  Stati  alleati,  ed  essere  poi  interpretati  ed 
eseguiti  da  entrambe  le  parti  lealmente  e  in  buona  fede. 

Siccome  la  giustizia  o  Tingiustizia  di  un'alleanza  mediante  trattato  conclusa, 
ed  il  valore  giuridico  del  trattato  stesso  che  Tabbia  stabilita,  dipendono  dal- 
Toggeito  e  dallo  scopo  politico  deiralleanza,  cosi  deve  reputarsi  indispensabile 
che  Toggetto  ne  sia  bene  determinato  e  precisato  senza  equivoci.  Uno  dei  trat- 
tati di  alleanza,  per  uno  scopo  non  al  certo  definibile,  è  quello  stipulato  il 
14  settembre  1815  dai  sovrani  deirAustria,  della  Prussia  e  della  Russia,  e  che 
fu  detta  Trattato  di  Santa  Alleanza.  Leggendo  il  cenno  che  ne  diamo  nell'ap- 
pendice e  il  testo  del  trattato,  si  comprende  come  sia  malagevole  determi- 
nare lo  scopo  di  quella  lega  di  sovrani. 

770.  -  Ogni  trattato  di  alleanza  concluso  coll'obbligo  di  asso- 
ciare le  forze  militari  rispettive  per  respingere  qualsisia  aggressione 
armata  da  parte  di  uno  o  più  Stati  determinati,  dicesi  Trattato  di 
alleanza  difensiva. 

Quello  invece  che  importi  T  obbligo  della  reciproca  assistenza 
militare  nel  caso  che  Tuno  o  l'altro  degli  Slati  alleati  intraprenda 
la  guerra  con  uno  o  più  Stati  determinati,  dicesi  Trattato  di  alleanza 
offensiva, 

lì  trattato  sottoscritto  a  Vienna  il  7  ottobre  1879  tra  la  Germania  e  TAustrla, 
e  al  quale  fece  adesione  Tltalia  nel  1882,  ha  carattere  vero  di  trattato  d'al- 
leanza difensiva.  Nel  1888  l'alleanza  conclusa  fu  annunciata  pubblicamente; 
ma  il  testo  completo  del  trattato  è  stato  sempre  mantenuto  secreto. 

771.  —  II  trattato  di  alleanza  offensiva,  anche  quando  non  sia 
concluso  neirevenienza  di  una  guerra  imminente,  deve  essere  ese- 
guito in  tutta  sincerità  e  buona  fede.  Però,  siccome  nessun'alleanza 
militare  potrebbe  essere  considerata  efficace  ed  obbligatoria,  se 
fosse  vòlta  ad  uno  scopo  contrario  al  Diritto  internazionale,  cosi 
il  trattato  di  alleanza  offensiva  non  sarebbe  efficace,  se  lo  Stato 
alleato  volesse  intraprendere  la  guerra  con  manifesta  violazione 
delle  regole  di  Diritto  internazionale,  che  possono  giustificarla. 

Questa  regola  che  subordina  il  trattato  di  alleanza  offensiva  alla  condizione 
tacita  risolutiva  che  non  si  tratti  di  guerra  ingiusta,  può  aprire  il  campo  a 
sostenere  ogni  arbitrio,  se  si  ammettesse  molta  larghezza  di  apprezzamento 
da  parte  dell'alleato  nel  decidere  circa  il  casus  fosderiSf  e  si  arriverebbe  così 
a  rendere  illusorio  ogni  trattato  di  alleanza  offensiva.  La  buona  fede  impone 
di  ammettere  una  specie  di  presunzione  che  la  guerra  da  parte  deiralleato 
non  sia  ingiusta,  e  che  conseguentemente  Io  Stato  che  abbia  assunto  l'obbligo 
del  soccorso  militare  non  possa  sottrarsi  dal  mantenere  lealmente  l'impegno. 
La  presunzione  legale  della  giustizia  intrinseca  della  causa  dell'alleato  non 


336  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

potrebbe  quindi  essere  distratta  che  in  forza  di  prove  certe  concludenti  ed 
evidenti  in  senso  contrario. 

772.  —  I  trattati  di  alleanza  militare  non  possono  reputarsi  ob- 
bligatori che  quando  sopravvenga  il  casus  fcederis,  e  quantunque  Io 
Stato  alleato  possa  apprezzare  e  decidere,  avuto  riguardo  alle  cir- 
costanze, se  sussiste  o  no  il  casus  fcederis,  deve  non  per  tanto  repu- 
tarsi biasimevole  ed  ingiurioso  il  procedimento  di  uno  Stato,  che 
cercasse  con  sotterfugi  di  sottrarsi  all'adempimento  degl'impegni 
assunti  col  trattato  verso  il  suo  alleato. 

Vedi,  a  proposito  dei  mancati  impegni  assunti  con  trattato  di  alleanza,  la 
discussione  tra  il  Governo  inglese  e  gli  Stati  generali  dei  Paesi  Bassi,  a  pro- 
posito dei  soccorsi  richiesti  dall'Inghilterra  in  occasione  della  spedizione  contro 
Minorca,  nel  Dumont,  tom.  VII,  parte  1%  pag.  398. 

È  difficile  in  questa  materia  ragionare  seriamente  e  stabilire  regole  conformi 
ai  rigorosi  prìncipii  del  Diritto.  Oggi  le  alleanze  politiche  le  crea  e  le  man- 
tiene rinteresse  politico,  e  tutto  quello  che  si  può  dire  è,  che  gli  obblighi  degli 
alleati  tanto  si  fanno  valere,  quanto  può  valere  l'interesse  politico  che  fece 
nascere  l'alleanza  stessa. 


Trattato  di  alleanza  pacifica. 

773.  —  Il  trattato  di  alleanza  pacifica  è  quello  mediante  il  quale 
due  0  più  Stati,  volendo  conseguire  uno  scopo  pacifico  d'interesse 
comune,  stabiliscono  i  patti  della  loro  associazione  amichevole  e 
cooperatrice. 

774.  —  Qualunque  fine,  che  possa  essere  oggetto  dell'attività  di 
ciascuno  Stato  secondo  i  principii  del  Diritto  intemazionale,  può 
formare  oggetto  di  un  trattato  di  associazione  pacifica. 

Tale  deve  considerarsi  l'associazione  cooperatrice  stabilita  me- 
diante trattato  per  diffondere  la  civiltà  nei  paesi  incivili;  per  repri- 
mere la  tratta  dei  negri  nelle  regioni  dove  è  tuttora  esercitata; 
per  stabilire  le  basi  di  un'unione  doganale  ;  e  in  generale  qualunque 
forma  di  associazione  che  miri  a  mettere  in  comune  le  forze  col- 
l'intendimento  di  meglio  conseguire  ogni  forma  di  bene  civile  e  di 
cooperare  al  progressivo  e  successivo  sviluppo  della  giustizia  nella 
vita  internazionale. 

I  trattati  di  alleanza  pacifica,  come  noi  Tìntendiamo,  dovranno  in  un  avve« 
nire  più  o  meno  lontano  essere  surrogati  a  quelli  di  alleanza  politica,  tra  gh 


Titolo  V,  -  Dei  Trattati  speciali  337 

Stati  sopratatto  che  si  trovino  nel  medesimo  continente,  allo  stesso  livello  di 
coltara  e  di  civiltà.  Occorrerà  però  che  all'indirizzo  che  predomina  nei  tempi 
li  ostri ,  nei  qnali  la  politica  primeggia  al  diritto  ed  alla  giustizia  nella  vita 
intemazionale,  sia  surrogato  qneilo  più  razionale  e  migliore,  che  deve  mirare 
a  subordinare  la  politica  ai  princìpii  della  giustizia.  Bisognerà  che  sia  meglio 
compreso  il  concetto  della  solidarietà  degl'interessi  dei  popoli  civili  ;  la  neces- 
sità della  divisione  intemazionale  del  lavoro,  ed  il  legame  indissolubile  tra  il 
benessere  e  la  prosperità  di  ciascun  popolo,  e  l'ordinato  e  progressivo  svi- 
luppo degl'interessi  comuni  nella  vita  internazionale.  Si  comprenderà  allora 
rimportanza  dell*as80ciazione  cooperatrice,  ritenendo  come  certo  e  fermo  che 
i  vantaggi  solidi  e  duraturi  di  ciascun  popolo  non  possono  essere  scompagnati 
da  queUi  degli  altri. 

Uno  degli  esempi  di  associazione  pacifica  per  Io  sviluppo  degl'interessi  eco- 
nomici, industriali  e  commerciali  degli  Stati  associati,  ci  è  dato  dai  trattati 
di  Unione  doganale  germanica,  denominata  Zollverein,  Gonf.  per  quello  che 
concerne  i  particolari  dell'associazione  doganale:  Calvo,  Diritto  int,  1. 1,  §  79-80. 


Trattati  d^interesse  comune. 

775.  —  I  trattati  d'interesse  comune  denotano  ogni  speciale  con- 
venzione mediante  la  quale  più  Stati  in  numero  più  o  meno  con- 
siderevole stabiliscono  d'accordo  di  regolare  i  rapporti  giuridici  su 
materia  d'interesse  generale  mediante  Diritto  uniforme. 

/76.  —  Incombe  ai  Governi  il  riconoscere  la  reciproca  evidente 
utilità  di  regolare  mediante  trattati  i  rapporti  d'interesse  comune, 
a  fine  di  stabilire  così  un  Diritto  uniforme  ed  effettuare  il  succes- 
sivo e  progressivo  sviluppo  dell'opera  legislativa  indispensabile  per 
tradurre  in  atto  la  comunione  giuridica  degli  Stati  civili. 

777.  —  I  trattati  d'interesse  comune  devono  seguire  lo  sviluppo 
progressivo  dei  bisogni  comuni  che  nascono  dallo  sviluppo  del- 
l'industria, del  commercio,  degli  scambi  internazionali,  delle  arti, 
della  divisione  del  lavoro  e  devono  mirare  a  stabilire  la  legge  rego- 
latrice delle  relazioni  pubbliche  e  private,  e  la  tutela  dei  diritti 
degli  Stati  e  dei  rispettivi  cittadini. 

778.  —  Dovrà  reputarsi  materia  dei  trattati  d'interesse  comune  : 
a)  lo  stabilire  regole  uniformi  e  reciprocamente  obbligatorie  dì 

Diritto  intemazionale  privato,  fissando  le  norme  con  le  quali  dovrà 
essere  determinata  l'autorità  di  ciascuna  legge  rispetto  agli  stra- 
nieri e  alle  persone;  ai  beni;  ai  modi  per  acquistare  e  trasmettere 

22  —  Fiore,  Dir.  iniern,  codif. 


338  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

la  proprietà  mediante  atti  tra  i  vivi  o  di  ultima  volontà  ;  le  pro- 
cedure ;  la  competenza  dei  tribunali  nel  caso  che  uno  straniero  sia 
attore  o  convenuto  ;  Tordinamento  dei  giudizi  nei  quali  sieno  interes- 
sati stranieri;  l'esecuzione  delle  sentenze  rese  dai  tribunali  stranieri  ; 

b)  il  regolare  i  molteplici  rapporti,  che  nascono  in  conse- 
guenza dello  sviluppo  internazionale  dell'industria,  del  commercio, 
delle  arti  e  della  divisione  del  lavoro; 

e)  il  facilitare  gli  scambi  intemazionali,  organizzando  in  modo 
uniforme:  le  corrispondenze  postali;  il  servizio  telegrafico;  il  corso 
legale  della  moneta;  i  pesi  e  le  misure;  i  trasporti  ferroviari  inter- 
nazionali ; 

d)  l'assicurare  la  protezione  legale  dei  commercianti  stranieri, 
riconoscendo  la  proprietà  internazionale  delle  marche  di  fabbrica 
e  di  commercio,  dei  disegni  e  dei  prodotti  dell'ingegno  e  dell'arte; 

e)  il  semplificare  le  legislazioni,  che  regolano  i  rapporti  de- 
rivanti dal  commercio,  stabilendo  un  diritto  uniforme  relativo  alle 
lettere  di  cambio;  al  riconoscimento  delle  società  straniere;  al 
regolamento  delle  avarie  comuni  ;  al  fallimento,  e  via  dicendo. 

779.  —  I  trattati  d'interesse  comune  tanto  più  riusciranno  pro- 
fittevoli per  i  fini  cui  devono  mirare,  quanto  maggiore  sia  per 
essere  il  numero  degli  Stati  che  concorrano  nello  stipularli. 

Quando  tali  trattati  siano  conclusi  dagli  Stati  riuniti  in  Congresso 
o  in  Conferenza,  acquistano  la  vera  autorità  di  legge  intemazionale. 

780.  —  I  trattati  d'interesse  comune  sono  a  rigore  obbligatorii 
tra  gli  Stati  che  li  abbiano  sottoscritti. 

Quelli  stipulati  dagli  Stati  riuniti  in  Congresso  o  in  Conferenza 
devono  reputarsi  pure  obbligatorii  per  i  soli  Stati  firmatari,  e  de- 
vono rimanere,  per  quanto  concerne  la  loro  osservanza,  sotto  la 
garanzia  collettiva  di  tutti  quelli  che  li  abbiano  sottoscritti.  Essi 
dovranno  però  essere  considerati  come  la  più  esatta  e  più  giusta 
espressione  delle  regole  di  Diritto  anche  rispetto  agli  Stati  che 
siano  restati  estranei  ed  avere  per  i  medesimi  la  stessa  autorità 
che  ha  ogni  regola  di  giustizia. 

L^opera  legislativa  nella  società  internazionale  non  può  essere  effettuata 
altrimenti  che  mediante  i  trattati,  coi  quali  gli  Stati  che  li  sottoscrivono  sta 


TUdo  V.  -  Dei  Trattati  Bpéctali  339 

biliscano  le  regole  dei  loro  rapporti  e  della  loro  condotta  per  TaYTenire,  aasn- 
mendo  T  impegno  formale  di  ritenerli  obbligatorìi  e  di  riconoscere  la  loro 
antorità  imperativa.  É  naturale  che  Topera  legislativa  che  mediante  i  trattati 
▼iene  ad  essere  effettuata,  abbia  nna  portata  tanto  maggiore,  quanto  maggiore 
sia  il  numero  degli  Stati  che  li  abbiano  sottoscritti.  Deve  inoltre  riuscire  evi- 
dente che,  quando  le  regole,  che  devono  servire  per  la  condotta  degli  Stati  in 
avvenire  siano  stabilite  da  essi  riuniti  in  Congresso,  devono  avere  nna  più 
estesa  e  più  grande  autorità,%ed  esercitare  indirettamente  un'influenza  anche 
sugli  altri  Stati  che  non  abbiano  preso  parte  al  Congresso,  non  solo  perchè 
essi  devono  sentirsi  eccitati  ad  adottare  le  stesse  regole  facendo  adesione  al 
trattato,  ma  perchè  devono  ritenersi  obbligati  a  riconoscere  nelle  dette  regole 
rautorità  che  devono  avere  sempre  i  principii  della  giustizia  nella  vita  inter- 
nazionale. 

Gli  Stati  riuniti  in  Congresso,  che  stabiliscono  le  regole  della  loro  condotta 
per  Tavvenire,  compiono  una  missione  analoga  a  quella  d*un  legislatore. 

L'autorità  delle  regole  circa  i  diritti  dei  belligeranti  nella  guerra  marittima, 
stabilite  nel  Congresso  di  Parigi  del  1856,  quelle  stabilite  nella  Conferenza 
antischiavista  di  Bruxelles  del  2  luglio  1890,  e  le  altre  stabilite  dagli  Stati 
riuniti  in  Congresso,  hanno  senza  dubbio  un'autorità  molto  più  estesa  che 
quelle  circa  la  proprietà  letteraria,  o  per  l'unificazione  del  sistema  metrico. 


Trattato  di  estradizione. 

781.  —  II  trattato  di  estradizione  è  quello  mediante  il  quale  due 
Stati  stabiliscono  d'accordo  le  regole  per  l'estradizione  degli  accu- 
sati 0  condannati  per  delitti  commessi  nel  territorio  di  uno  di  essi 
che  si  siano  rifugiati  nel  territorio  dell'altro. 

782.  —  Il  trattato  di  estradizione  debitamente  concluso  deve 
reputarsi  efficace  a  stabilire  il  reciproco  obbligo  giuridico  degli 
Stati  contraenti  a  consegnare  l'uno  all'altro  i  malfattori  rifugiati 
ed  accusati  o  condannati  pei  crimini  e  delitti  specificati  nella  con- 
venzione e  sotto  le  condizioni  determinate  nei  patti  stipulati. 

L'obbligo  di  consegnarsi  i  malfattori  Itiggitivi  deve  ritenersi  in  generale  fon- 
dato sul  dovere  che  tutti  gli  Stati  devono  avere  di  cooperare  aUa  repressione 
di  ogni  reato  grave  ed  a  facilitare  la  retta  amministrazione  della  giustizia 
penale.  Tale  dovere  però  non  può  essere  convertito  in  dovere  giuridico  vero 
e  proprio  che  in  forza  del  trattato  di  estradizione. 

Confr.  le  regole  516-618. 

783.  —  Incombe  agli  Stati  il  concludere  le  convenzioni  di  estra- 
dizione a  fine  di  stabilire  cosi  l'obbligo  di  cooperare  alla  repres- 
«ione  di  reati  sulla  base  di  una  perfetta  reciprocanza  giuridica  e 


340  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

il  concordare  i  patti  più  adatti  a  facilitare  la  repressione  dei  reati 
e  ramminislrazione  della  giustizia  penale,  comprendendo  ogni  de- 
litto che  per  la  sua  gravità  debba  essere  punito  con  pena  restrittiva 
della  libertà  personale  non  minore  di  tre  anni,  eccettuato  soltanto 
i  delitti  politici  e  quelli  connessi  a  delitti  politici. 

Il  Regno  d'Italia  ha  concluso  parecchie  convenzioni  di  estradizione,  e  oggi 
sono  in  vigore  le  convenzioni  successivamente  concluse  coi  seguenti  Stati  fino 
al  1896: 

Austria-Ungheria  27  febbraio  1869,  N""  della  Raccolta  deUe  leggi  5099.  Ad 
essa  si  riferiscono  le  dichiarazioni  del  15  e  27  maggio  1871,  colla  quale  la 
convenzione  fu  estesa  ai  militari  colpevoli  dei  reati  ivi  enumerati.  La  dichia- 
razione ministeriale  del  30  marzo  e  19  aprile  1875  per  determinare  Tinden- 
nità  accordata  ai  testimoni  {Collezione  trattati,  voi.  Y,  pag.  268)  e  la  convenzione 
addizionale  del  6  dicembre  1882,  N.  1504,  serie  3^  —  Belgio  15  gennaio  1875, 
N.  2356,  serie  2\  Vedi  la  dichiarazione  del  10  marzo  1879  {Collez,  trattati, 
voi.  VII,  pag.  i^9),  e  Taltra  dichiarazione^ del  30  dicembre  1881,  ivi,  voi.  Vili, 
pag.  490,  colie  quali  furono  modificate  alcune  parti  della  detta  convenzione 

—  Brasile  12  novembre  1872,  N.  1500.  serie  2%  e  il  Protocollo  in  data  del 
29  aprile  1873,  Collez.  tratt,,  voi.  lU,  pag.  46.  Un  accordo  per  Tinterpretazione 
degli  art.  4  e  5  di  detta  convenzione  fu  concluso  il  10-13  selt  1890,  CoUé- 
zione  tran.,  voi.  XII,  pag.  375  —  Costarica  6  maggio  1873,  N.  2452,  serie  2* 

—  Colombia,  art.  26  del  Trattato  di  amicizia  e  commercio  del  27  ott  1892, 
N.  402  —  Danimarca  19  luglio  1873,  N.  1620,  serie  2*  —  Etiopia  2  maggio  1889, 
Trattato  di  Uccialli,  del  quale  gli  articoli  12  e  13  si  riferiscono  all*estradìzione 
dei  malfattori  —  Francia  12  maggio  1870i  N.  5726.  A  tale  convenzione  si  rife- 
riscono le  dichiarazioni  del  16  luglio  1873  e  Taltra  di  pari  data,  CoU.  tratt., 
voi.  V,  pag.  77  e  78,  e  lo  scambio  di  note  del  1-18  luglio  1872,  ivi,  voi.  IV, 
pag.  346  —  Germania  (Impero)  31  ottobre  1871,  N.  L74,  serie  2*  —  Gran 
Brettagna  5  febbraio  1873,  N.  1295,  serie  2*.  Al  regolamento  di  questa  con- 
venzione fanno  seguito  alcuni  articoli  addizionali  stipulati  il  29  luglio  1889  — 
Grecia  17  novembre  1877,  N.  4385,  serie  2*  —  Honduras  15  giugno  1869, 
N.  2894,  serie  2'  —  Lussemburgo  25  ottobre  1878,  N.  4819,  serie  2*  —  Mes- 
sico 19  dicembre  1870,  N.  1939  —  Monaco  (Principato  di)  26  marzo  1866, 
N.  !2940  -  Montenegro  29  agosto  1892,  N.  245  —  Paesi  Bassi  20  nov.  1869, 
N.  5444.  A  tale  convenzione  è  unita  una  dichiarazione  di  pari  data  relativa, 
all'estradizione  degli  stranieri  dimoranti  in  uno  dei  due  Stati.  Essa  fu  poi  com- 
pletata  colla  convenzione  addizionale  del  26  luglio  1886,  N.  4126,  serie  3%  la 
quale  concerne  l'arresto  provvisorio  dei  malfattori  —  Perù  21  agosto  1870, 
N.  1423,  serie  2*.  Per  chiarire  alcune  locuzioni  fu  sottoscritto  il  Protocollo  del 
22  marzo  1873,  Collezione  dei  trattati,  voi.  V,  p.  36  —  Portogallo  18  marzo  1878, 
N.  4454,  serie  2\  Colla  dichiarazione  del  6  febbraio  1885  fu  chiarita  Tinter- 
pretazione  dell'art.  15  di  detta  convenzione  —  Rumania  17  agosto  1880,  N.  136, 
serie  3»  —  Russia  131  maggio  1871,  N.  467,  serie  2»  —  Salvador  29  marzo  1871, 
N.  1228,  serie  2»  —  S.  Marino  27  marzo  1872,  N.  798,  serie  2*  —  Serbia  9  novem- 
bre, 28  ottobre  1879,  N.  5365,  serie  2»  —  Spagna  3  giugno  1868,  N.  433.  Goa 
la  convenzione  aggiunta  del  6  maggio  1891  fu  provveduto  a  regolare  Testra- 
dizione  in  transitu,  Decreto  4  giugno  1891,  N.  303  —  SUti  Uniti  deirAme- 


Titolo  V.  -  Dei  Trattati  speciali  341 

rica  settentrionale  23  mano  1868,  N.  4880.  Detta  convenzione  fu  seguita  da 
un  articolo  addizionale,  concordato  il  21  gennaio  1869,  CólL  tratt,,  voi.  Ili, 
pag.  19,  e  da  nna  convenzione  supplementare  del  1^  giugno  1884,  N.  3120, 
serie  3*  —  Svezia  e  Norvegia  20  settembre  1866,  N.  8597.  Vedi  la  dichiara- 
zione del  28  maggio  1878,  relativa  ai  colpevoli  di  delitti  commessi  fuori  del 
territorio  della  parte  richiedente,  N.  4426,  serie  2^  -*  Svizzera  22  luglio  1868, 
N.  5054.  A  detta  convenzione  è  annessa  una  dichiarazione  relativa  allMnden- 
nità  da  accordarsi  ai  testimoni.  Fu  poi  conclusa  nna  convenzione  supplemen- 
tare il  1*  luglio  1873,  con  cui  la  convenzione  fu  estesa  ad  altri  reati,  e  ad 
essa  ai  riferisce  pare  la  dichiarazione  del  25  luglio  1873,  N.  1546,  serie  2\ 
Con  uno  scambio  di  note  in  data  6  giugno  1892  e  16  gennaio  1893,  fu  modi- 
ficata la  regola  della  reciprocità  precedentemente  convenuta  per  i  reati  contro 
natura,  CciU,  traU.,  voi.  XIII,  pag.  242,  e  colla  nota  deirS  agosto  1893  la  Sviz- 
zera denunciò  la  dichiarazione  da  essa  sottoscritta  colla  Germania  e  coiritalia 
il  t5  luglio  1873  per  gli  estradati  in  transito  —  Uruguay  14  aprile  1879,  N.  391, 
serie  3*. 

784.  —  L'obbligo  giuridico  deirestradizione,  in  quanto  si  ritiene 
fondato  sul  trattato  relativo,  non  sussiste  che  a  cominciare  dal 
giorno  in  cui  esso  sìa  entrato  in  vigore  e  non  può  estendersi  che 
ai  fatti  delittuosi  specificatamente  enumerati  nel  trattato  e  com- 
piuti dopo  il  suo  cominciato  vigore. 

785.  —  I  patti  stipulati  nel  trattato  di  estradizione  possono  essere 
spiegati  con  interpretazione  restrittiva  ogni  qual  volta  che  la  so- 
vranità dello  Stato  intenda  mantenere  e  far  salva  la  sua  potestà 
di  proteggere  il  malfattore  che  si  sia  rifugiato  nel  territorio  sog- 
getto al  suo  imperio,  dato  che  non  sia  obbligato  a  consegnarlo  in 
forza  dell'impegno  assunto  col  trattato. 

I  patti  stipulati  potranno  invece  essere  interpretati  con  portata 
estensiva  in  ogni  paese  che,  intendendo  meglio  il  piii  giusto  con- 
cetto, che  cioè  incombe  alla  sovranità  di  ogni  Stato  civile  coope- 
rare alla  repressione  dei  reati  gravi  ovunque  commessi,  intenda 
cooperare  aH'amministrazione  della  giustizia  penale,  piuttosto  che 
a  favorire  e  facilitare  l'impunità. 

Tutto  in  questa  materia  dipende  dal  modo  d^intendere  il  dovere  di  giustizia 
intemazionale  della  reciproca  assistenza  cooperatrice  nel  riparare  il  danno 
sociale,  che  consegue  dai  reati  che  non  abbiano  carattere  poliUco.  Accettando 
il  pilli  giusto  concetto,  che  cioè  il  malfattore  fuggitivo,  col  sottrarsi  alle  ricerche 
deÙa  giustizia  del  paese  ove  commise  il  reato,  non  acquista  alcun  diritto  alla 
impunità,  e  che  la  sovranità  dello  Stato,  ove  egli  sì  sia  rifugiato  per  godere 
rimpunità,  ha  potestà  ed  interesse  di  punirlo  o  di  consegnarlo  al  suo  giudice 


342  Libro  IL  -  DMé  obbligazioni 

naturale,  affinchè  esso  ripari  coll*espiazione  della  pena  il  danno  sociale  eagio* 
nato  colla  perpetrazione  del  reato,  ne  consegne,  che  il  trattato  di  estradizione» 
in  quello  che  specifica  i  oasi,  nei  quali  la  consegna  dere  reputarsi  obbligatoria» 
non  possa  essere  reputalo  limitativo  della  potestà  spettante  alia  sovra nità  ter- 
ritoriale di  consegnare  il  prevenuto  di  un  reato  comune,  anche  indipenden^ 
temente  dal  trattato.  E  deve  riuscire  conseguentemente  chiaro  come,  posto 
quest'ordine  d*idee,  la  sovranità  possa  dare  interpretazione  estensiva  ai  patti 
stipulati  nel  trattato. 

Inutile  quindi  stabilire  regole  tassative.  L'osservanza  dei  precetti  della  gin- 
stizia  dipende  nei  rapporti  intemazionali  dal  modo  d'intendere  il  valore  della 
loro  autorità. 

Confronta  Fiore,  B^etH  intern<aionali  ddle  sintengt  penali  ddVutradiziont^ 
Torino  1877,  Loescher,  e  Traiti  de  Droit  penai  inUmatUmal  a  de  VèxiradiHott, 
traduit  par  Chablis  Antoinb,  Paris  1880,  Pedone-Lauriel. 

Nel  sistema  della  legislazione  italiana  restradizione  non  si  reputa  fondata 
sul  trattato.  (Vedi  nota  a  reg.  518.) 

Il  giusto  concetto  su  tale  materia  lo  troviamo  consacrato  nell'art.  4®  della 
convenzione ' d'estradizione  tra  l'Italia  e  l'Uruguay  del  14  aprile  1879:  '  Le 

*  alte  Parti  contraenti  considerano  come  enunciativo  e  non  limitativo  l'elenco 

*  dei  crimini  summenzionati,  e  però  ammettono  di  poter  domandare  e  accoi^ 

*  dare,  a  titolo  di  reciprocanza,  la  estradizione  degl'individui  accusati  o  coii- 

*  dannati  per  altri  crimini  non  enumerati  nella  presente  convenzione,  purché 

*  sieno  di  quelli  cui  viene  comminata  una  pena  afflittiva  o  infamante,  seconda 

*  1»  legislazione  dei  due  paesi.  In  tale  caso  l'azione  di  ambo  i  Governi  è  discre* 

*  zionale  e  facoltativa  ,. 


Delle  convenzioni 
fra  il  Capo  della  Chiesa  e  il  Capo  dello  Stato. 

Concordati. 

786.  —  Si  denomina  concordato  la  convenzione  conclusa  tra  il 
Capo  della  Chiesa  ed  il  Sovrano  di  uno  Stato  per  regolare  i  loro 
rapporti  e  l'esercizio  dei  poteri,  dei  quali  sono  rivestiti  rispetto 
a  certe  materie  d'interesse  comune. 

Quantunque  i  rapporti  tra  lo  Stato,  come  istituzione  politica,  e  la  Chiesa, 
come  istituzione  religiosa,  debbano  reputarsi  stabiliti  sulla  base  della  reciproca 
indipendenza,  pure  siccome  la  suprema  potestà  ecclesiastica  in  quello  che  detta 
le  regole  della  disciplina  e  governa  Tesercizio  del  culto  entra  necessariamente 
e  conseguentemente  in  rapporto  colla  legge  territoriale,  e  le  due  potestà  nello 
sviluppo  delle  loro  funzioni  e  nell'esercizio  dei  loro  diritti  rispettivi  vengono 
in  contatto  l'una  coU'altra,  così  nulla  osta  che  esse  stabiliscano  d^accordo  le 
regole  di  tali  rapporti,  stipulando  una  convenzione  che,  pel  suo  speciale  obbietto, 
si  denomina  concordato. 

Confr.  reg.  605-607,  610-61 1. 


Titolo  V.  .  Dei  Trattati  speciali  343 

787.  —  Il  concordato  non  ha  carattere  di  trattato,  ma  bensì 
di  accordo  intervenuto  tra  due  potestà  indipendenti  su  materia 
d'interesse  pubblico.  Possono  non  per  tanto  essergli  applicate  per 
analogìa  le  regole  generali  che  concernono  i  trattati  a  riguardo 
dei  requisiti  sostanziali  per  la  validità  delle  obbligazioni  assunte 
e  per  la  loro  esecuzione. 

Gonfr.  reg.  614-615,  625,  637  e  se^..  642  e  seg. 

Tenendo  presente  che  la  denominazione  di  trattato  può  essere  attribuita 
soltanto  ali* Atto  fatto  dallo  Stato  ehe  è  an*Ì8titazione  politica,  il  quale,  mediante 
esso,  assume  un*obbligazione  verso  un  altro  Stato,  deve  riuscir  evidente  che» 
nella  stessa  guisa  che  non  puossi  denominare  trattato  raccordo  interceduto 
tra  una  Gasa  regnante  ed  un'altra  per  loro  interessi  personali,  o  tra  un  Governo 
ed  un*a8sociazione  quale  si  sia  per  materia  d'interesse  pubblico,  così  non  puossi 
denominare  trattato  l'accordo  interceduto  tra  il  Capo  della  Ghiesa,  che  non 
è  un'istituzione  politica,  ed  il  Gapo  dello  Stato,  non  ostante  che  le  due  potestà 
concordino  i  patti  relativi  all'esercizio  delle  loro  funzioni  nei  loro  mutui  rapporti. 

Deve  poi  riuscire  chiaro  che,  siccome  ogni  forma  di  obbligazione  conven- 
zionale deve  avere  certi  requisiti  di  sostanza  e  di  forma,  per  lo  che  essi  non 
possono  mancare  uè  agli  accordi  consentiti  tra  privati,  né  a  quelli  conclusi 
fra  gli  Stati ,  così  non  possono  mancare  agli  accordi  interceduti  tra  il  Gapo 
della  Chiesa  e  il  Gapo  dello  Stato. 

Considerando  poi  ch«  l'oggetto  di  tali  accordi  è  sempre  materia  d'interesse 
pubblico,  deve  pure  riuscire  evidente  che  sia  più  consentaneo  applicare  ad 
essi  per  analogia  i  principii  generali  di  diritto  che  devono  regolare  i  trattati, 
piuttosto  che  quelli  che  devono  regolare  i  contratti  fatti  tra  privati.  Bisogna 
peraltro  tenere  sempre  presente  che,  anche  per  l'applicazione  di  detti  prin- 
cipii,  non  sarebbe  esatto  l'ammettere  un'assimilazione  completa  tra  le  obbli- 
gazioni assunte  dagli  Stati  mediante  trattato  e  quelle  che  possono  derivare 
da  un  concordato  tra  il  Gapo  della  Ghiesa  e  il  Gapo  dello  Stato.  Gonfr.  reg.  611 
e  la  nota  a  reg.  613. 

788.  —  Può  reputarsi  materia  lecita  di  concordato  il  regola- 
mente  delle  funzioni  pubbliche  del  Gapo  dello  Stato  e  del  Gapo 
della  Chiesa,  purché  non  ne  resti  violata  l'indipendenza  delle  due 
potestà  nell'esercizio  dei  diritti  intemazionali  a  ciascheduna  di 
esse  spettanti. 

Gonfr.  reg.  54-55,  58-61,  549-552,  608-609. 

I  concordati  nella  loro  origine  hanno  rappresentato  piuttosto  le  transazioni 
tra  il  Papa,  come  Gapo  spirituale  della  Ghiesa,  ed  il  Sovrano,  come  Gapo  dello 
Slato,  che  il  regolamento  delle  loro  funzioni  pubbliche  rispettive  suUa  base 
della  loro  reciproca  indipendenza. 

A  cominciare  dal  primo  concordato  concluso  a  Worms  nel  1122  tra  il  papa 
Calisto  II  ed  Enrico  V  imperatore  di  Germania,  a  venire  a  quelli  conclusi  a! 
t3mpi  nostri,  si  trova  ch'essi  rappresentano  talvolta  l'invasione  dell'autorità 


344  Libro  IL  •  Delle  obbligazioni 

politica  col  sacrifizio  della  indipendenza  della  Chiesa ,  talvolta  le  reciproche 
concessioni  e  le  transazioni.  L'articolo  III  del  concordato  del  1801,  tra  il  Santo 
Padre  e  Napoleone,  ne  è  la  più  sicura  prova. 

Gonfr.  Orlando,  Sulla  voce  Concordato  nel  Digesto  ital.;  Calvo,  Droit  inttrn.f 
4""  édict.,  §  1605;  Bldntschli,  Droit  intern,  codifié,  reg.  443;  Bonfils,  Manuel 
de  Droit  intern.  public^  §  896  e  seg. 

789.  —  Il  concordato,  qualora  sia  debitamente  stipulato,  deve 
reputarsi  obbligatorio  tra  le  parti  che  lo  abbiano  sottoscritto,  fin- 
ché non  sia  legalmente  rivocalo. 

Esso  però,  in  quanto  regola  le  relazioni  della  Chiesa  collo  Stato 
nei  loro  rapporti  d'interesse  pubblico,  deve  rimanere  sommesso 
alla  costituzione  politica  ed  al  Diritto  pubblico  dello  Stato  per 
tutto  quello  che  concerne  la  sua  validità,  la  sua  autorità,  la  sua 
rivocabilità,  e  deve  subire  i  conseguenti  effetti  che  derivano  dai 
sopravvenuti  mutamenti  della  costituzione  politica  nelle  materie 
di  Diritto  pubblico. 

Tenendo  presente  la  proposta  regola  e  la  natura  vera  e  propria  delle  con- 
venzioni intercedute  tra  il  Capo  della  Chiesa  ed  il  Sovrano  dello  Stato,  ne 
consegue  da  prima  che  ogni  controversia  circa  il  valore  giuridico  del  concor- 
dato, sotto  il  punto  di  vista  della  sua  efiDcacia  giuridica  nel  regolare  i  rap- 
porti tra  la  potestà  ecclesiastica  e  la  potestà  politica,  dev'essere  risolata  tenendo 
presente  la  legge  costituzionale  dello  Stato.  Deve  infatti  decidersi  secondo  la 
medesima  quello  che  può  essere  materia  di  concordato  e  quali  siano  le  neces- 
sarie limitazioni  della  libertà  della  sovranità  nello  stipulare  i  patti  col  Capo 
della  Chiesa  circa  il  regolamento  dei  loro  mutui  rapporti  all'interno  dello  Stato. 

Deve  inoltre  riuscire  chiaro  che,  siccome  i  sopravvenuti  mutamenti  della 
co8t  luzione  politica  dello  Stato  implicano  i  necessari  mutamenti  d'ogni  diritto 
e  d'ogni  potestà,  che  siano  incompatibili  colla  legge  costituzionale  vigente, 
così  anche  rispetto  ai^  concordati,  in  quello^ che  implicano  esercizio  di  poteri 
e  di  funzioni  pubbliche,  deve  ammettersi  che. la  promulgazione  della  nuova 
legge  costituzionale  implichi  l'abrogazione  ipsojure  ipsogue  facto  dei  patti  ante- 
riormente concordati,  che  siano  incompatibili  colla  nuova  legge  costituzionale. 

Ne  consegue  finalmente  che,  siccome  i  concordati  non  importano  vere  e 
proprie  obbligazioni  internazionali,  come  sono  quelle  che  derivano  dai  trattati, 
così  non  si  può  ammettere  per  esse  il  principio  della  successione  nel  caso  di 
annessione,  o  di  costituzione  di  un  nuovo  Stato,  mediante  la  fusione  dei  pie- 
coli  Stati  che  lo  abbiano  formato,  applicando  le  regole  che  in  tale  evenienza  si 
applicano  ai  trattati  (Gonfr.  reg.  139  e  seg.).  In  questa  materia  conviene  invece 
risolvere  ogni  controversia,  fondandosi  sull'autorità  della  legge  costituzionale 
e  sulla  sua  efficacia  sui  rapporti  stabiliti  mediante  convenzioni  prima  del  suo 
cominciato  vigore.  Non  si  può  sostenere  in  massima  che  in  forza  del  soprav- 


Titolo  r.  '  Dei  Trattati  speciali  345 

Tenuto  mntamento  della  personalità  internazionale  dello  Stato  contraente,  debba 
reputarsi  estìnta  o{pii  convenzione  stipulata  colla  Chiesa  dallo  Stato,  al  quale 
Taltro  abbia  succeduto.  Non  può  infatti  ammettersi  che,  data  la  nuova  costi- 
tuzione politica  di  uno  Stato,  non  debbano  essere  rispettati  i  diritti  perfetti  ed 
acquisiti  in  forza  di  pubbliche  convenzioni  anteriormente  stipulate,  ogni  qual 
▼olta  che  il  rispetto  di  tali  diritti  sia  compatibile  colla  nuova  costituzione  poli- 
tica» e  la  convenzione  o  il  concordato  anteriormente  stipulato  non  sia  stato 
espressamente  abrogato.  Tutto  quindi  deve  dipendere  dalla  natura  e  dall*og- 
getto  del  patto  e  dalla  sua  compatibilità  o  incompatibilità  colla  nuova  costi- 
tuzione politica  dello  Stato. 

Non  ci  è  dato  peraltro  sviluppare  meglio  i  nostri  concetti,  perchè  la  con- 
troversia entrerebbe  veramente  nel  campo  del  Diritto  pubblico  intemo  e  non 
è  questo  il  luogo  per  trattarla  a  fondo. 

Confr.  Scaduto,  Diritto  eeeUtiastieo  vigente  in  Italia^  2*  ediz.,  voi.  I,  pag.  3-5, 
7-8S,  110-113,  e  Orlando,  Sulla  voce  Concordato  nel  Digesto  italiano,  e  gli 
autori  da  lui  citati  nella  bibliografia;  Mbrliit,  Sulla  voce  Concordata  Répertoire. 

790.  —  Non  può  essere  obbietto  di  concordato  qual  si  sia 
patto  che  importi  violazione  dei  diritti  internazionali  deiruomo, 
o  dei  diritti  intemazionali  della  C4hiesa. 

Sotto  tale  rispetto  l'efficacia  del  concordato  può  cadere  nel 
dominio  del  Diritto  internazionale. 

Il  valore  giuridico  di  un  concordato,  per  quello  che  concerne  le  sue  conse- 
guenze sui  diritti  intemazionali  dell'uomo  e  sui  diritti  intemazionali  della 
Chiesa,  dev*essere  determinato  a  seconda  dei  principii  del  Diritto  intemazio- 
nale Non  si  può  sostenere  che  la  sovranità  dello  Stato  non  possa  concedere 
privilegi  ad  una  data  confessione  religiosa  ed  attribuzioni  giurisdizionali  alle 
autorità  ecclesiastiche,  e  che  da  parte  sua  il  Capo  della  Chiesa  non  possa  con- 
cordare rintervento  dell'autorità  politica  neiresercizio  de'  suoi  poteri  in  quanto 
regola  la  disciplina  ed  il  culto,  ed  anche  nell'esercizio  delle  sue  vere  e  proprie 
funzioni  ecclesiastiche.  Queste  pure  sono  materie  di  Diritto  pubblico  interno, 
e  l'efficacia  dei  psitti  deve  dipendere  dalla  costituzione  politica  dello  Stato. 

Se  però  le  due  potestà  si^ proponessero ,  mediante  gli  accordi  fra  di  esse 
interceduti,  di  attentare  al  diritto  di  libertà  di  coscienza,  in  quanto  esso  è  un 
diritto  intemazionale  dell'uomo,  l'ingerenza  dei  terzi  Stati  per  impedire  tale 
violazione  sarebbe  giustificata. 

Tale  sarebbe  il  caso  se  mediante  concordato  si  volessero  legittimare  le  vio- 
lazioni contemplate  alle  regole  551-553,  e  che  legittimerebbe  la  tutela  giuri- 
dica coUettiva  per  impedire  la  violazione  del  Diritto  internazionale  (art  582). 
Lo  stesso  dovrebbe  dirsi  se  la  sovranità  dello  Stato  avesse  con  qualsiasi  mezzo 
imposto  al  Capo  della  Chiesa  di  pattuire  mediante  concordato  la  rinuncia  ai 
diritti  intemazionali  che  le  appartengono  (reg.  58).  Nel  qua!  caso  nascerebbe 
pure  da  parte  dei  terzi  Stati  il  diritto  di  tutela  giuridica  (reg.  612). 


346  Libro  IL  -  Delie  ohhligationi 

Convenzioni  di  guerra  e  trattaio  di  pace. 

791.  —  Le  convenzioni  di  guerra  sono  quelle  concluse  tra  le 
parti  belligeranti,  a  fine  di  regolare  qual  si  sia  fatto  o  qual  si  sia 
rapporto  fra  di  loro  durante  lo  stato  di  guerra. 

Il  trattato  di  pace  è  quello  mediante  il  quale  le  parti  bellige- 
ranti concordano  le  condizioni  sotto  le  quali  esse  intendono  ter- 
minare la  guerra. 

Le  regole  che  concernono  le  une  e  Taltro  saranno  sviluppate  al  libro  IV. 


Titolo  VI,  '  Obbligagioni  inttrnazionali  senza  convenzione  ^7 


TITOLO  VI. 

ObbllffaBioni  Intemaslonali  ohe  nascono  senza  convenzione. 

792.  —  Gli  atti  ed  i  fatti  compiuti  da  chi  rappresenta  lo  Stato, 
dai  quali  derivi  una  lesione  del  diritto  di  un  altro  Stato,  o  dei 
cittadini  di  esso,  generano  obbligazioni  internazionali  indipenden- 
temente da  convenzione  espressa. 

Alcuni  scrittori  ammettono  che  i  rapporti  obbligatorii  tra  Stato  e  Stato  pos- 
sano nascere  anche  dai  quasi  contratti.  Così,  tra  gli  altri,  sostiene  HefiTtcr 
{Droit  intentai. j  §  100),  che  cita  in  sostegno  della  sua  opinione  Nkumann,  Ju» 
prine,  priv.  de  paet.  et  eontraet,^  §  824  e  seg. 

Egli  riferisce  come  etempio  il  pagamento  deirindebito,  la  gestione  d^affari 
(atta  da  uno  Stato,  senza  opposizione  da  parte  di  nn  altro  Stato,  raccettatione 
a  la  gestione  della  tutela  di  un  Sovrano  minore. 

Non  ci  para  veramente  che  i  principii  che  si  applicano  a  riguardo  delle 
obbligazioni  civili  nascenti  dai  quasi  contratti  possano  trovare  una  giusta  appli- 
cazione rispetto  alle  obbligazioni  intemazionali  fra  Stato  e  Stato.  Si  può  pure 
verificare  il  caso  che,  da  parte  di  chi  rappresenti  lo  Stato,  sia  fatto,  a  modo 
d^esempio,  un  pagamento  indebito,  e  che  questo  flftccia  nascere  da  parte  dello 
Stato,  che  ha  riscosso  Tindebito,  Tobbligo  di  restituirlo;  ma  tale  obbligazione 
non  ha  il  carattere  vero  e  proprio  di  obbligazione  intemazionale.  Non  si  può 
infatti  sostenere  che  ogni  obbligazione  di  uno  Stato  abbia  carattere  di  obbli- 
gazione intemazionale,  per  la  semplice  circostanza  che  il  soggetto  obbligato 
sia  lo  Stato.  A  questi  compete  invero  una  duplice  pereon alita  :  la  pereonalità 
politica  e  la  personalità  giuridica»  e  conseguentemente  la  capacità  di  assu- 
mere una  obbligazione  internazionale  e  cfuella  di  assumere  una  obbligazione 
secondo  il  Diritto  civile  o  privato.  L*obbligazione  internazionale  dello  Stato 
è  propriamente  quella  che  affetta  la  sua  penonalità  intemazionale,  che  lo 
concerne  come  persona  della  magna  eivttas,  e  che  trova  il  suo  fondamento 
sul  Diritto  intemazionale.  Tutto  ciò  bene  considerato,  non  contestiamo  che  Io 
Stato  possa  essere  obbligato  anche  per  quasi  contratto,  così  come  può  obbli- 
garsi mediante  contratto;  ma  il  rapporto  obbligatorio  che  nasce  dall'uno  e 
dall'altro  ingenera  un'obbligazione  contrattuale,  o  quasi  contrattuale,  e  non 
un'obbligazione  internazionale.  Esso  affetta  la  personalità  giurìdica  dello  Stato 
e  non  la  sua  penonalità  intemazionale.  L'obbligazione  dev'essere  quindi  deter^ 
minata  e  governata,  tenendo  presente  i  prìncipii  che  concernono  le  obbliga- 
zioni nascenti  da  contratto,  non  quelli  nascenti  da  trattato,  o  dai  fatti  compiuti 
dallo  Stato,  che  possono  ingenerare  obbligazioni  intemazionali  indipendente- 
mente da  patti  espressi  e  scritti. 

In  una  parola,  nella  stessa  guisa  che  le  obbligazioni  assunte  da  uno  Stato 
mediante  contratto  non  hanno  carattere  di  obbligazioni  intemazionali,  né 


348  Libro  IL  -  Delle  obbligazioni 

restano  sommesse  ai  principii  che  regolano  le  obbligazioni  assunte  dallo  Stato 
mediante  trattato,  cosi  non  possono  essere  qualificate  obbligazioni  internazio- 
nali nascenti  senza  convenzioni  quelle  che  nascono  dai  quasi  contratti,  anche 
se  si  Yerifìchino  le  circostanze  eccezionali  contemplate  dairHeffter,  nelle  quali 
egli  ammette  l'obbligazione  quasi  contrattuale  a  carico  dello  Stato.  Gonfr.  Fiorb, 
Diritto  intern.  pubblico^  3'  ediz.,  yoI.  I,  §  635  e  seg.,  e  gli  autori  ivi  citatL 


Obbligazioni  nascenti  da  fatti  leciti. 

793.  —  Ogni  Stato  che,  mediante  atto  unilaterale,  abbia  assunto 
un'obbligazione  internazionale,  è  tenuto  ad  adempiere  quello  che 
volontariamente  ha  promesso  di  fare  o  di  non  fare,  fino  a  tanto 
che  esso  non  abbia  revocato  Tatto  col  quale  assunse  l'impegno 
internazionale. 

Non  mancano  esempi  di  obbligazioni  assunte  con  atto  unilaterale. 

U  legislatore  italiano,  in  forza  della  disposizione  sancita  alParticolo  211  del 
Codice  di  marina  mercantile,  ha  assunto  IMmpegno  internazionale  d'astenersi 
dairesercitare  il  diritto  di  predare  le  navi  mercantili  nemiche,  rispetto  a  tutti 
gli  Stati  che,  sopravvenuta  la  guerra,  dichiarino  prima  del  cominciamento  delle 
ostilità  di  praticare  lo  stesso  rispetto  alle  navi  mercantili  italiane. 

Con  tale  disposizione  il  patto  convenzionale  della 'inviolabilità  della  pro- 
prietà privata  dei  rispettivi  cittadini,  concordato  e  stipulato  fra  Tltalia  e  gli 
Stati  Uniti  d'America  col  trattato  del  26  febbraio  1871.  art.  11,  trovasi  assunto 
con  atto  unilaterale  rispetto  a  tutti  gli  Stati  che,  prima  del  cominciamento 
delle  ostilità  coiritalia,  dichiarino  di  osservare  la  regola  della  reciprocità  a 
riguardo  dell'in  violabilità  della  proprietà  «privata  italiana  in  alto  mare. 

Deve  riuscire  chiaro  che  tanto  vale  l'obbligazione  assunta  dall'Italia  col  trat- 
tato stipulato  cogli  Stati  Uniti,  quanto  quella  assunta  in  forza  dell'art  211 
del  Codice  di  marina  mercantile,  rispetto  a  tutti  gli  Stati  che  dichiarino  la 
osservanza  della  reciprocità.  E  taciamo  d'altri  esempi  non  pochi. 

794.  —  Uno  Stato  il  quale,  in  conseguenza  dell'esercizio  legale 
del  pubblico  potere  da  parte  delle  persone  che  ne  sono  investite, 
ponga  all'interno  un  fatto  dal  quale  derivi  un  danno,  o  un  pre- 
giudizio a  privati  stranieri,  sarà  tenuto  ad  applicare  ai  medesimi 
le  regole  di  pubblica  amministrazione  e  le  leggi  inteme  speciali 
a  tale  oggetto  promulgate,  a  parità  di  condizioni  che  ai  cittadini. 

L'obbligazione  nascente  a  norma  della  proposta  regola  ha  pure  il  carattere 
di  obbligazione  secondo  il  Diritto  interno:  però,  in  forza  del  Diritto  di  prote- 
zione spettante  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  rispetto  ai  cittadini,  può  nelle 
circostanze  enunciate  nascere  una  obbligazione  internazionale  fondata  sulla 
regola  459. 


Titolo  VI.  •  Obbigazioni  internazionali  senza  convenzione  349 

795.  —  Uno  Stato  che  compie  volontariamente  un  fatto  lecito 
secondo  le  regole  del  Diritto  internazionale,  da  cui  derivi  un  danno 
ad  uno. Stato  straniero  o  ai  cittadini  di  esso,  deve  ritenersi  ob- 
bligato a  ristorare  il  danno  cagionato. 

Questa  regola  può  trovare  la  sua  applicazione  durante  lo  stato  di  guerra. 
Se  le  pubbliche  autorità  civili  o  militari  abbiano  esercitato  uno  di  quei  diritti 
eccezionali  che,  secondo  ii  Diritto  internazionalei  possono  essere  lecitamente 
esercitati  durante  la  guerra,  anche  quando  ledano  i  diritti  di  uno  Stato  amico 
o  dei  cittadini  di  esso,  ogni  qual  volta  che  la  lesione  importi  danno  reale  e 
patrimoniale,  Tobbligazione  del  rifacimento  deve  ritenersi  fondata  sui  prìncipii 
del  Diritto  intemazionale,  che,  pur  dichiarando  lecito  per  la  necessità  delle 
cose  il  fatto  illecito,  impone  Tobbligazione  di  ristaurare  il  danno  cagionato. 

Cosi  deve  dirsi,  a  modo  d*esempio,  nel  caso  che  in  tempo  di  guerra  si  fosse 
esercitato  il  diritto  d^impossessarsi  delle  navi  amiche,  o  che  si  fosse  ricorso 
all'espediente  estremo  del  bombardamento  di  una  città  fortificata  e  di  com- 
mercio, o  qual  si  sia  altro  diritto  eccezionale  che  lo  stato  soltanto  di  guerra 
legittima. 


Obbligazione  nascente  da  fatto  illecito. 

796.  —  Ogni  fatto  non  permesso  secondo  il  Diritto  interna- 
zionale volontariamente  compiuto,  sarà  reputato  illecito  secondo 
la  legge  internazionale,  ed  ogni  qual  volta  che  in  esso  possa  rite- 
nersi implicata  la  responsabilità  dello  Stato,  nascerà  a  carico  del 
medesimo  l'obbligazione  internazionale  di  risponderne. 

Nei  rapporti  intemazionali  non  si  può  ammettere  il  concetto  di  delitto  e  di 
reato  secondo  il  Diritto  penale,  perchè  lo  Stato  non  è  soggetto  capace  di  com- 
metterne, ma  può  ammettersi  per  analogia  e  colle  debite  riserve  ciò  che  si 
denomina,  secondo  la  legge  interna,  delitto  civile,  e  che  consiste  nel  fatto 
dell'uomo  positivo  o  negativo,  di  azione  o  di  omissione,  imputabile  all'autore 
che  abbia  cagionato  una  lesione  del  diritto  altrui.  Ogni  fatto  inibito  secondo 
il  Diritto  internazionale  deve  reputarsi  non  lecito,  e  quando  sia  imputabile  al 
Sovrano  dello  Stato  o  a  chi  eserciti  il  potere  pubblico,  deve  implicare  la 
responsabilità  intemazionale  dello  Stato,  che  consegue  necessariamente  dalla 
volontaria  violazione  del  dovere  internazionale  da  parte  di  lui. 

797.  —  11  Governo  di  uno  Stato  che  nell'indebito  esercizio 
de'  suoi  poteri  pubblici  abbia  compiuto  un  fatto,  da  cui  sia  de- 
rivato un  danno  ad  un  altro  Stato  o  ai  cittadini  di  esso,  sarà 
tenuto  al  rifacimento  del  danno  cagionato. 


3^  Libro  IL  -  Delle  obbligagUmi 

Nella  stessa  guisa  che,  secondo  la  legge  interna,  si  ammette  la  responsabi- 
lità civile  nascente  dal  delitto,  o  dal  quasi  delitto,  e  dal  fatto  illecito  colposo, 
così  deve  ammettersi  la  responsabilità  internazionale  dello  Stato  derìyante  dal 
fatto  illecito  e  la  conseguente  obbligazione  internazionale  di  ristaurare  il  danno 
cagionato.  Noi  diciamo  che  questa  è  un'obbligazione  intemazionale  nascete 
senza  convenzione,  perchè  nasce  dalla  violazione  di  un  diritto  spettante  alle 
persone  (Stato  o  cittadini  stranieri)  secondo  la  legge  intemazionale,  e  Tobbli- 
gazione  che  ne  deriva  dev'essere  conseguentemente,  cosi  come  ò  fondata  sul 
Diritto  internazionale,  regolata  dal  medesimo. 

798.  —  L'obbligazione  internazionale  dello  Stalo  pel  fatto  del 
Governo  può  derivare  dalla  sua  responsabilità  diretta  e  dalla  sua 
responsabilità  indiretta. 

Sarà  reputata  obbligazione  fondata  sulla  responsabilità  diretta 
quella  derivante  dal  Tatto  proprio  del  Governo,  positivo  o  negativo. 

Sarà  reputata  responsabilità  indiretta  quella  derivante  dalla 
lesione  ingiuriosa  cagionata  da  altri,  quando  di  essa  debba  pare 
rispondere  il  Governo. 

Il  principio  fondamentale  che  governa  l'obbligazione  che  nasce  dal  fatto  ille- 
cito, si  è  che  il  fatto  debba  essere  imputabile  alla  persona  obbligata,  lo  che 
può  derivare  dalla  sua  condotta  positiva  e  dalla  sua  condotta  negativa,  dalla 
sua  azione  e  dalla  sua  omissione  o  negligenza  colposa.  Quando  il  fatto  abbia 
cagionato  la  lesione  del  diritto  altrui  ed  il  Governo  dello  Stato  possa  essere 
reputato  responsabile  o  come  autore  del  fatto,  o  perchè  non  abbia  impedito 
che  avvenisse,  mentre  doveva  e  poteva  impedirlo,  l'obbligazione  di  riparare  gli 
effetti  dannosi  che  si  siano  avverati,  e  che  siano  stati  la  conseguenza  del  fatto 
illegale,  spetta  allo  Stato,  che  nella  sua  personaiità  intemazionale  è  rappre- 
sentato dal  Governo. 


Obbligazione  del  rifacimento  del  danno 
fondata  sulla  responsabilità  diretta. 

799.  —  L'obbligazione  del  risarcimento  del  danno  da  parte 
dello  Stato  dovrà  ammettersi  come  fondata  sulla  sua  responsa- 
bilità diretta  ogni  qual  volta  che  non  possa  escludersi  da  parte 
del  Sovrano  o  del  Governo  la  negligenza  o  Timprudenza  grave  a 
riguardo  del  fStto  che  abbia  cagionato  il  danno. 

800.  —  Incombe  a  ciascuno  Stato  il  f&re  in  buona  fede  quanto 
possa  essere  reputato  necessario  ad  assicurare  il  rispetto  delle  regole 
di  Diritto  internazionale  anche  da  parte  dei  privati,  e  Torganiz- 


Titolo  VI,  '  Obbligazioni  internazionali  senza  convenzione  ^^ 

zare,  mediante  un  sistema  di  leggi  e  di  procedimenti  penali  adatti, 
un  Governo  che  abbia  poteri  sufficienti  a  mantenere  l'ordine  all'in- 
terno e  a  reprìmere  i  fatti  dannosi  agli  Stati  stranieri,  o  ai  pri- 
vati stranieri  che  si  trovino  nel  territorio  di  lui. 

La  proposta  regola  si  fonda  sai  concetto  che  predomina  in  materia  di  respon- 
sabilità e  del  consegoente  obbligo  del  risarcimento  del  danno,  che  cioò  la  responsa- 
bilità deve  ammettersi  anche  nel  caso  di  colpevole  omissione  nel  fare  quello 
^e,  secondo  il  Diritto  comune,  ciascuno  sia  tenuto  a  fare,  giusta  Taforismo: 
qui  non  fadt,  quod  facere  debet,  pidetur  facere  adveraus  ea,  quia  non  facit, 
(Lag.  181,  Dig,  de  diversis  regulis  juriè,  50,17.)  Vedi  Sourdat,  Tratte  general 
de  la  responaabilité  ou  de  Vaction  en  dommagee-intéréta  en  dehors  de»  contrats, 

801.  —  La  responsabilità  dello  Stato  e  la  conseguente  obbliga- 
zione del  rifacimento  del  danno  arrecato  non  potranno  essere  escluse 
ogni  qual  volta  che  i  difetti  esistenti  nel  sistema  di  leggi  e  dei 
procedimenti  repressivi  siano  cosi  gravi  e  palesi,  che  poteva  facil- 
mente prevedersi  che  le  leggi  in  vigore  dovessero  riuscire  inef- 
ficaci ad  impedire  ogni  danno  ad  imo  Stato  amico  o  ai  cittadini 
di  esso,  ed  a  reprimere  le  offese  ad  essi  arrecate. 

802.  —  Un  Governo  che  abbia  con  perfetta  lealtà  e  buona 
fede  adoperato  tutti  i  mezzi,  dei  quali  poteva  disporre,  per  pre- 
venire i  fatti  dannosi,  non  sarà  tenuto  a  risponderne,  e  potrà 
fondare  su  tale  circostanza  una  valida  presunzione  a  proprio 
favore,  a  fine  di  escludere  qual  si  sia  obbligazione  di  rifacimento 
di  danni. 

Tale  favorevole  presunzione  non  potrà  essere  esclusa,  se  non 
abbia  adoperato  mezzi  incompatibili  colle  istituzioni  politiche  dello 
Stato,  o  se  non  abbia  potuto  sollecitamente  provocare  le  modi- 
ficazioni al  sistema  di  leggi  in  vigore,  trovato  e  riconosciuto  imper- 
fetto ad  ovviare  un  inconveniente  verificatosi. 

803.  —  La  diligenza  colla  quale  ciascun  Governo  è  tenuto  a 
provvedere  a  che  non  siano  compiuti  fatti  non  permessi  secondo 
il  Diritto  intemazionale,  dev'essere  determinata  e  valutata,  tenendo 
conto  delle  contingenze  e  delle  circostanze  di  fatto,  della  forza 
degli  avvenimenti,  degl'interessi  posti  in  giuoco  e  della  maggiore 
o  minore  prevedibilità  degli  avvenimenti  compiuti  a  danno  d'uno 
Stato  amico. 


352  Libro  IL  -  DeUe  obbligazioni 

Si  deve  ammettere  in  massima  che  ogni  Goverao  di  Stato  civile  sia  tenuto 
a  prevedere  e  prevenire,  e  che  dev'essere  reputato  in  colpa  quando  non  faccia 
quello  che  è  tenuto  a  fare  per  impedire  le  violazioni  del  Diritto  intemazio- 
nale e  le  offese  dei  diritti  patrimoniali  di  cittadini  stranieri,  o  le  offese' dei 
diritti  di  Stati  (stranieri  che  abbiano  conseguenze  patrimoniali.  In  concreta 
però  la  negligenza  colpevole  a  riguardo  di  ciò  non  può  essere  determinata  (  he 
in  ragion  diretta  delle  circostanze  che  possono  rendere  più  o  meno  imminente 
il  pericolo  del  danno,  e  che  possono  rendere  colpevole  la  mancanza  di  solerzia 
circa  la  prevedibilità  del  fatto  nocivo.  In  sostanza,  la  responsabilità  effettiva  e  la 
conseguente  obbligazione  del  rifacimento  del  danno,  non  possono  sorgere  nean- 
che rispetto  allo  Stato  che  in  conseguenza  di  colpa  imputabile  al  Sovrano  che  lo 
rappresenti,  o  al  Governo  che  eserciti  il  pubblico  potere.  Ora  è  sempre  valntate  le 
circostanze  che  si  può  decidere  se  vi  sia  colpa  e  se  essa  sia  lata,  lieve,  o  lievissinia. 

804.  —  Uno  Stato  sarà  responsabile  per  volontaria  omissione 
di  dovuta  diligenza/quando  il  Governo,  avendo  avuto  cognizione 
dell'evento,  dal  quale  sia  derivato  il  danno,  non  abbia  adoperala 
una  diligenza  proporzionata  al  pericolo  del  danno  per  prevenire  o 
per  impedire  cotesto  evento  coi  mezzi  dei  quali  poteva  disporre^ 
o  con  quelli  che  doveva  sollecitamente  invocare  dal  potere  le- 
gislativo. 

La  maggiore  o  minore  estensione  della  responsabilità  dello  Stato 
in  questo  caso  dovrà  avere  per  norma  la  prevedibilità,  e  sarà 
maggiore  o  minore,  secondo  che  si  potrà  stabilire  che  si  avrebbe 
più  o  meno  facilmente  potuto  prevedere  che  quel  complesso  di 
circostanze  sarebbe  stato  per  cagionare  il  danno,  e  secondo  che 
si  avrebbe  potuto  più  o  meno  sollecitamente  provvedere,  ad 
impedirlo. 

805.  —  Lo  Stato  sarà  anche  responsabile  per  colpevole  omis» 
sione  da  parte  del  Governo,  se  questo,  mentre  doveva  e  poteva 
impedire  gli  effetti  dannosi  di  un  atto,  non  Tabbia  fatto. 


Obbligazione  di  rifacimento  del  danno 
per  responsabilità  indiretta. 

806.  —  La  responsabilità  internazionale  dello  Stato  pel  fatto 
dei  funzionari  pubblici,  i  quali  avessero  danneggiato  interessi  stra- 
nieri, dovrà  ammettersi  quando  il  Governo: 


Titolo  VI.  •  Obbligazioni  itUernazionali  senza  convenzione  353 

a)  avendo  conosciuto,  in  tempo  opportuno  per  impedirlo,  il 
fatto  illecito  che  si  voleva  commettere  dal  fonzionacio,  e  potendolo 
impedire,  non  l'abbia  fatto; 

b)  quando,  essendo  in  tempo  per  revocare  l'atto  del  suo 
funzionario,  o  per  impedirne  gli  effetti  dannosi,  non  l'abbia  imme- 
diatamente revocato,  o  non  ne  abbia  impedito  gli  effetti  dannosi  ; 

e)  quando  l'avere  ignorato  l'atto  progettato  dal  funzionario 
possa  per  le  circostanze  essere  ritenuto  o  malizioso  o  colpevole 
per  parte  del  Governo; 

d)  quando,  avuta  notizia  o  in  vìa  ufficiale  o  mediante  infor- 
mazioni degne  di  fede,  del  fatto  compiuto,  non  abbia  sollecita- 
mente biasimato  l'operato  del  funzionario,  e  dati  gli  opportuni 
provvedimenti  per  arrestarne  le  dannose  conseguenze  e  per  impe- 
dire che  gli  stessi  inconvenienti  si  rinnovassero  in  avvenire. 

807.  —  La  responsabilità  indiretta  pel  fatto  dei  funzionari  dovrà 
ammettersi  in  ogni  caso  in  cui,  secondo  le  leggi  dello  Stato,  non 
fosse  aperto  il  ricorso  per  la  via  giudiziaria,  onde  ottenere  e  costrìn- 
gere efficacemente  il  funzionario  al  rifacimento  dei  danni  cagio- 
nati col  fatto  suo  a  stranieri. 

Le  controversie  che  possono  nascere  circa  la  responsabilità  dello  Stato  pel 
fatto  de*  suoi  funzionari,  sono  veramente  complesse  non  solo  di  fronte  al  Diritto 
intemazionale,  ma  anche  di  fronte  al  Diritto  pubblico  interno.  In  massima  si 
deve  ritenere  che  gli  stranieri  non  possano  pretendere  di  trovarsi  in.  migliori 
condizioni  dei  cittadini.  Per  le  applicazioni  fatte  in  materia  di  responsabilità 
internazionale  degli  Stati,  vedi  Calvo,  DroU  iniemat.,  §  1266  e  seg.;  Bonfils, 
Manuel  de  DroU  ini,  public,  §§  324-332. 

808.  —  La  responsabilità  dello  Stato  pel  fatto  dei  funzionari 
pubblici  potrà  trasformarsi  in  vera  responsabilità  diretta,  ogni 
qual  volta  che  si  possa  desumere  dalle  circostanze  che  tali  fun- 
zionari abbiano  agito  obbedendo  ad  istruzioni  del  Governo. 

Tale  sarebbe  certamente  il  caso  se  nelle  diverse  partì  di  un  paese  i  fun- 
zionari preposti  all^amministrazione  pubblica  avessero  agito  con  un  indirizzo 
uniforme,  in  maniera  che  non  si  potesse  escludere  di  avere  essi  obbedito  ad 
istruzioni  superiori. 

809.  —  La  responsabilità  indiretta  dello  Stato  pel  fatto  dei 
privati  in  esso  residenti,  ed  il  conseguente  obbligo  del  rifacimento 

2;J  --   FiuRK,  Dir.   iiitrrn.  roflif. 


^^  Libro  IL  '  Delle  oUUgazioni 

del  danno  derivato,  dovranno  ammettersi  ogni  qual  volta  che,  in 
virtù  delle  regole  poste  innanzi,  possa  essere  stabilito  e  provato 
che  l'evento  nocivo  sia  imputabile  al  Governo. 

810.  —  Quando  sia  il  caso  di  ammettere  l'obbligo  del  rifaci- 
mento del  danno  da  parte  dello  Stato,  non  dovrà  essere  fatta  alcuna 
differenza  secondo  che  il  danneggiato  sia  cittadino  o  straniero; 
ed  anche  quando  sia  il  caso  di  ammettere  pel  risarcimento  l'appli- 
cazione dei  principii  dell'equità  e  delle  regole  di  pubblica  ammi- 
nistrazione, le  leggi  interne  speciali  a  tale  oggetto  promulgate 
dovranno  essere  applicate  a  parità  di  condizioni  agli  stranieri  ed 
ai  cittadini. 

811.  —  Pei  danni  cagionati  durante  la  guerra,  bisognerà  tener 
conto,  oltre  che  delle  regole  stabilite  in  questa  sezione,  di  quelle 
che  riguardano  l'esercizio  dei  airitti  di  guerra. 


355 


LIBRO  IIL 

DELLE  COSE  E  DEI  BENI  NEI  LORO  RAPPORTI 
COL  DIRITTO  INTERNAZIONALE 


812.  —  Tutte  le  cose  sotto  il  punto  di  vista  della  loro  con- 
dizione giuridica  sono: 

a)  comuni f  secondo  il  Diritto  naturale; 

b)  nel  possesso  giuridico  di  uno  Stato,  secondo  il  Diritto 
intemazionale  ; 

e)  pubbliche,  secondo  le  leggi  interne  di  ciascuno  Stato; 
d)  private  ed  appartenenti  agi'  individui  o  alle  persone  che  de* 
Tono  essere  reputati  proprietari  o  possessori,  secondo  la  legge  civile. 

Adoperiamo  la  parola  cosa  nel  senso  il  più  largo  per  denotare  cioè  le  cose 
corporali,  vale  a  dire  qualunque  oggetto  materiale»  e  le  cose  incorporali,  che 
sono  denominate  beni,  colla  quale  parola  si  può  indicare  tutto  quello  che  forma 
parte  del  patrimonio  dello  Stato  e  del  patrimonio  dei  privati. 

813.  —  Ogni  diritto  sulle  cose  dev'essere  esercitato  in  maniera 
da  non  ledere  gl'interessi  generali  della  società  intemazionale,  e 
deve  conseguentemente  rimanere  sommesso  al  Diritto  intemazio- 
nale, che  deve  regolare  ogni  rapporto  d'interesse  generale. 

Il  Diritto  internazionale  deve  governare  anche  i  diritti  sulle  cose  in  qu«llo 
-che  Tacquisto  e  Tesercizio  di  essi  si  trovano  in  relazione  con  gFinteressi  gene- 
nli  di  tutu  i  popoli  e  di  tutti  gli  Stati. 

Lo  Stato  non  può  essere  reputato  proprietario  delle  cose,  che  costituiscono 
il  patrimonio  di  lui,  perchè  il  diritto  suo  non  ha  i  requisiti  indispensabili  a 
costituire  la  proprietà,  quelli  cioè  del  potere  assoluto  di  godere  e  di  disporre. 
La  sovranità  dello  Stato  ha  il  possesso  giuridico  esclusivo  del  territorio  sul 
quale  esercita  Talto  dominio;  essa  non  può  quindi  esercitare  i  diritti  che  spet- 
tano al  proprietario,  ma  è  tenuta  a  subire  le  limitazioni  che  sono  imposte  dalle 
leggi  inteme  che  regolano  Tesercizio  dei  diritti  patrimoniali  dello  Stato  in  rela- 
lione  col  Diritto  pubblico  e  col  Diritto  sociale,  e  deve  subire  inoltre  le  limi« 
tazionì  che  sono  imposte  dal  Diritto  intemazionale,  cui  spetta  regolare  Teser- 
eizio  dei  diritti  patrimoniali  di  ciascuno  Stato  in  concorrenza  cogli  altri  Stati. 


356 


Libro  111.  '  Delle  cose  e  dei  beni 


TITOLO  I. 


Begrole  intemazionali  circa  le  cose  comuni. 


814.  —  Saranno  reputate  comuni  tutte  le  cose  delle  quali  nes- 
suno Stato  può  acquistare  il  possesso  giuridico  esclusivo. 
Tali  sono: 

a)  Talto  mare; 

b)  i  fiumi  internazionali  navigabili; 

e)  gli  stretti  che  mettono  in  comunicazione  due  mari. 
816.  —  Viola  il  Diritto  internazionale  qualunque  Stato  che  voglia 
appropriarsi  l'uso  esclusivo  delle  cose  comuni,  o  che  accampi 
diritti  di  dominio  su  di  esse,  fondati  sui  trattati,  sull'uso  imme- 
morabile, o  sulla  prescrizione,  o  su  qual  si  sia  altro  titolo. 


Libero  mare,  libera  navigazione. 

816.  —  L'Oceano  e  tutte  quelle  parti  di  mare  che  sono  fuori 
della  giurisdizione  territoriale  di  ciascimo  Stato  {vedi  regola  27J), 
dovranno  servire  all'uso  comune  di  tutti,  e  ciascuno  avrà  il  diritto 
di  navigare  liberamente  in  tali  acque,  purché  osservi  i  regola- 
menti internazionali  relativi  alla  navigazione. 

Spetterà  altresì  a  ciascuno  il  diritto  di  profittare  dei  prodotti 
che  si  trovino  in  alto  mare  e  di  esercitarvi  liberamente  la  pesca. 

817.  —  Nessuna  sovranità  potrà  esercitare  qual  si  sia  atto  di 
giurisdizione  in  alto  mare  e  nelle  acque  navigabili  fuori  dei  limiti 
della  propria  giurisdizione  territoriale,  rispetto  alle  navi  che  navi- 
ghino  e  che  non  facciano  parte  della  marina  mercantile  dello  Stato. 

818.  —  Sarà  reputato  contro  il  Diritto  comune  il  fatto  da  parte 
di  una  nave  militare,  o  privata,  che  colla  forza  voglia  obbligare 


TUdo  I,  '  Ségale  iiUinuuwmali  circa  le  cose  comuni  ^' 

una  nave  straniera,  che  navighi  nelle  suddette  aeque,  a  fermarsi 
per  conoscere  la  nazionalità  di  essa,  o  per  assoggettarla  ad  Inter* 
rogatorio,  o  a  qual  si  sia  altro  atto  che  importi  sottomissione, 
eccetto  solo  il  caso  che  la  detta  nave  sia  colta  in  flagrante  vio- 
lazione  dei  regolamenti  intemazionali  relativi  alla  navigazione,  o 
che  dia  fondati  motivi  da  far  sospettare  che  voglia  violarli;  nel 
qual  caso  il  diritto  di  riconoscerne  la  nazionalità  dovrà  essere 
attribuito  al  comandante  di  qualunque  nave  militare  che  rincontri, 
onde  constatare  la  violazione  dei  regolamenti  intemazionali,  seri* 
vendo  tutte  le  circostanze  nei  libri  esistenti  a  bordo. 


Polizia  a  bordo  della  nave  in  alto  mare. 

819.  —  II  diritto  di  provvedere  a  quanto  possa  occorrere  a 
mantenere  l'ordine,  la  sicurezza  e  la  disciplina  a  bordo  della  nav« 
durante  la  navigazione  in  alto  mare  spetta  alla  sovranità  dello 
Stato  a  cui  la  nave  appartiene  per  nazionalità,  ed  è  affidato  alle 
persone  preposte  secondo  la  legge  al  governo  della  nave. 

820.  —  Incombe  agli  stranieri,  che  s'imbarchino  su  d'una  nave 
quali  passeggeri,  il  riconoscere  l'autorità  delle  leggi  e  dei  rego* 
lamenti  emanati  dalla  sovranità  dello  Stato,  di  cui  la  nave  ha  la 
nazionalità,  e  il  rimanere  soggetti  durante  il  viaggio  marittimo  alla 
autorità  delle  persone  chiamate,  secondo  le  dette  leggi  e  rego- 
lamenti, a  mantenere  l'ordine  e  la  polizia  sulla  nave  durante  la 
navigazione,  salvo  il  diritto  di  reclamare  al  momento  dello  sbarco 
alte  autorità  competenti  contro  ogni  abuso  di  potere  dalla  parte 
del  capitano,  o  padrone  della  nave. 

82L  —  Incombe  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  il  determi- 
nare con  apposite  leggi  i  poteri  disciplinari,  dei  quali  può  valersi 
il  comandante  di  ciascuna  nave  nazionale  rispetto  a  tutte  le  per- 
sone che  si  siano  imbarcate,  a  fine  di  mantenere  l'ordine  e  la 
polizia  solla  medesima,  e  provvedere  a  reprimeme  gli  abusi.  In 
nessun  caso  il  capitano,  o  padrone  della  nave»  potrà  impedire  che 
uno  che  trovisi  a  bordo  si  presenti  alle  autorità  marittime  o 


3^  Libro  III.  "  Delle  case  e  dei  beni 

consolari  per  porgere  reclami,  e  la  violenza  da  parte  di  lui  riguardo 
a  ciò  dovrà  reputarsi  quale  violazione  delle  regole  di  Diritto  comune 
internazionale. 

tolizia  della  navigazione. 

822.  —  Ogni  nave  della  marina  mercantile  deve  avere  a  bordo 
gli  atti  e  i  documenti  prescritti  secondo  le  leggi  dello  Stato  cui  essa 
appartenga  per  nazionalità,  e  deve  inalberare  la  bandiera  nazio- 
nale, nei  casi  nei  quali  ciò  possa  ritenersi  prescritto  dai  regolamenti 
della  navigazione. 

Qualunque  siano  le  disposizioni  speciali  secondo  le  leggi  dei  diversi  paesi» 
circa  le  carte  di  bordo,  di  cui  devono  essere  manite  le  navi  nazionali,  e  la 
forma  con  cai  devono  essere  redatte,  ogni  nave  deve  avere  i  seguenti  documenti: 

a)  L'atto  che  stabilisca  la  sua  identità,  risultante  dal  suo  nome,  dalla  sua 
conformazione,  dalla  sua  portata; 

h)  L'atto  che  l'autorizzi  a  navigare  sotto  la  bandiera  nazionale,  e  che  è 
denominato  atto  di  nazionalità,  o  passaporto; 

e)  L'atto  di  proprietà  della  nave; 

d)  Il  ruolo  dell'equipaggio; 

e)  L'inventario  di  bordo; 

f)  U  giornale  di  navigazione; 

g)  Le  polizze  di  carico  ed  i  contratti  di  noleggio. 

Detti  documenti  possono  essere  diversamente  formati,  possono  essere  riuniti 
nello  stesso  atto,  ma  in  ogni  caso  le  carte  di  bordo  devono  servire  a  certifi- 
care gli  obbietti  sopra  numerati. 

Per  le  navi  italiane  e  le  carte  di  bordo  di  cui  devono  essere  munite  con- 
fronta Codice  di  marina  mercantile,  art  37  e  seg.,  Codice  di  commercio,  arti- 
coli 500,  503. 

823.  —  Il  diritto  di  sorveglianza  e  di  polizia  sulle  navi  della 
marina  mercantile  potrà  essere  esercitato  in  alto  mare  soltanto 
dalle  navi  da  guerra  dello  Stato  cui  la  nave  appartiene  per 
nazionalità. 

824.  —  Dovrà  reputarsi  in  opposizione  col  principio  della  libertà 
del  mare  e  della  navigazione  l'inchiesta  (durante  lo  stato  di  pace) 
della  bandiera  e  della  nazionalità  di  una  nave  senza  giustificato 
motivo  :  il  chiamarla  a  parlamento  {droU  d'approehe\  e  qual  si  sia 
atto  che  tendesse  a  stabilire  in  alto  mare  una  qualunque  forma 
di  giurisdizione  da  parte  delle  navi  militari  d'uno  Stato  su  di  una 
nave  appartenente  alla  marina  mercantile  di  altro  Stato. 


Titolo  L  -  Begole  intemazionali  circa  le  cose  comuni  359 

Visita  delle  navi  che  trasportino  schiavi. 

825.  —  II  diritto  d'inchiesta,  di  visita  e  di  perquisizione  su 
di  una  nave  mercantile  non  potrà  essere  giustificato  in  caso  di 
sospetto  che  essa  trasporti  gli  schiavi,  o  che  sia  addetta  a  &re 
la  tratta  dei  negri,  salvo  solo  il  caso  che  tali  atti  siano  autoriz- 
zati a  reciprocità,  in  virtù  di  trattato  speciale  tra  gli  Stati  che 
l'avessero  stipulato. 

826.  —  Non  può  reputarsi  leso  il  principio  della  libarla  del 
mare  e  della  reciproca  indipendenza  degli  Stati,  se  questi  mediante 
trattato  si  siano  accordati  nell'ammettere  il  diritto  d'inchiesta  e 
di  visita  sulla  base  della  stretta  reciprocità,  a  fine  di  assicurarsi 
se  le  navi  mercantili  rispettive,  che  navighino  nei  mari  dell'Afnca 
e  in  quelli  adiacenti  alle  regioni  ov'è  tollerata  la  schiavitù,  facciano 
il  commercio  degli  schiavi,  (t  qualunque  altro  commercio  illecito, 
secondo  le  leggi  degli  Stati  che  abbiano  concluso  il  trattato. 

827.  —  Il  diritto  d'inchiesta  della  bandiera  e  la  verifica  delle 
carte  di  bordo  e  della  visita  della  nave  mercantile  sospettata  di 
essere  dedita  al  commercio  o  al  trasporto  degli  schiavi,  deve  at- 
tualmente ritenersi  stabilito  a  reciprocità  tra  gli  Stati  soltanto  che 
sottoscrìssero  l'atto  generale  antischiavista  stipulato  a  Bruxelles  il 
2  luglio  1890,  o  che  a  tale  atto  abbiano  posteriormente  fatto 
adesione,  e  dovrà  essere  esercitato  in  conformità  delle  prescrizioni 
con  tale  atto  concordate. 

L*atto  generale  antischiavista  de]  2  luglio  1890  fa  sottoscrìtto  dair Austria- 
Ungheria,  Belgio,  Congo,  Danimarca,  Francia,  Germania,  Gran  Brettagna,  Italia, 
Paesi  Bassi,  Persia,  Portogallo,  Russia,  Spagna,  Stati  Uniti,  Svezia  e  Norvegia, 
Turchia  e  Zanzibar.  In  forza  di  tale  atto,  tra  le  misure  che  le  Potenze  segna- 
tane reputarono  necessarie  per  impedire  il  commercio  dei  negri,  trovasi  il 
diritto  d'inchiesta  attribuito  alle  navi  da  guerra  di  uno  degli  Stati  contraenti, 
rispetto  alle  navi  mercantili  naviganti,  sotto  la  bandiera  dell'uno  o  dell'altro 
di  essi,  nella  zona  indicata  nel  trattato  stesso  all'art.  21,  e  sospettate  d'essere 
addette  alla  tratta  dei  negri.  Le  prescrizioni  per  eseguire  la  visita  e  l'inchiesta 
trovansi  determinate  in  detto  trattato,  agli  articoli  42  e  seguenti. 

828.  —  Dovrà  ritenersi  leso  il  principio  della  libertà  del  mare, 
se  gli  Stati  che  sottoscrissero  l'atto  antischiavista  del  1890,  voles- 
sero assimilare  la  tratta  dei  negri  alla  pirateria,  a  fine  di  esercitare  il 


360  Libro  III.  -  Delle  cose  e  dei  beni 

diritto  di  vìsita  in  tempo  di  pace,  su  tutte  le  navi  straniere  sospette 
di  fare  il  commerciò  dei  negri,  proclamando  a  riguardo  di  esse 
le  stesse  regole  che  sono  applicabili  in  caso  di  piraterìa. 

U  commercio  dei  negri  deve  ognora  reputarsi  iUeeito  ed  inibito,  secondo  il 
Diritto  intemazionale:  le  misure  repressive  però  per  impedire  tale  commercio 
e  pimire  coloro  che  Io  facciano,  devono  essere  considerate  nella  eompetensa 
eselnsiva  di  ciascuno  Stato,  rispetto  alle  navi  appartenenti  alla  propria  marina 
mercantile.  Gli  atti  di  giurisdizione  rispetto  alle  navi  straniere  possono  essere 
giustificati  in  virtù  di  trattato,  che  conferisca  tale  diritto  a  reciprocità  alle  navi 
militari  rispettive  sulle  rispettive  navi  mercantili;  ma  gh  atti  giurisdizionali 
rispetto  alle  navi  di  Stati,  che  non  avessero  preso  parte  al  trattato,  dovreb- 
bero essere  reputati,  non  ostante  il  lodevole  fine  pel  quale  sarebbero  eserci- 
tati, in  opposizione  col  principio  della  libertà  del  mare  e  della  indipendenza 
degU  SUti. 

829. —  Dovrà  altresì  ritenersi  leso  il  principio  della  libertà  della 
navigazione  se  gli  Stati,  che  sottoscrissero  la  convenzione  anti- 
schiavista, si  proponessero,  per  reprimere  la  tratta  degli  schiavi^ 
di  attribuirsi  un  qual  si  sia  diritto  di  giurisdizione  rispetto  alle 
navi  mercantili  degli  altri  Stati,  che  non  sottoscrissero  il  trattato, 
0  che  non  avessero  aderito  ad  esso. 

Il  principio  ennaciato  in  queste  regole  trovasi  del  resto  stalùlilo  all*art.  XLV 
del  mentovato  trattato,  che  così  dice: 

'  L*enquète  sur  le  chargement  du  bàtiment,  ou  la  visite,  ne  pent  avoir  lien 
*  qu'à  Tégard  des  bàtimenta  navignant  som  le  paviUon  d'une  des  Pnìssances 
'  qui  ont  conclu  ou  viendraient  à  conclure  les  conventions  particulières  visées 
'  à  Tarticle  XXII,  et  conformément  aux  prescriptions  de  ces  conventions  ,. 


Navi  dedite  alla  pirateria, 

830.  —  Qual  si  sia  nave  militare,  che  incontri  in  alto  mare 
una  nave  dedita  alla  pirateria,  o  che  abbia  commesso  o  sìa  per 
commettere  un  reato  punibile  secondo  il  Diritto  intemazionale, 
potrà  costringerla  eolla  forza  a  fermarsi,  e  potrà  fare  gli  atti 
istruttorii  opportuni  a  constatare  ed  accertare  le  circostanze 
del  reato ,  e  sequestrarla  e  costringerla  a  seguirla ,  affinchè  la 
giustizia  possa  fare  il  suo  corso,  a  seconda  delle  regole  stabilite 
a  riguardo  della  giurisdizione  penale  {regole  240-S46). 

831.  —  Qualunque  nave  privata  non  solo  potrà  difendersi 
eolla  forza  contro  una  nave  dedita  alla  piraterìa,  ma  potrà  al- 


Titolo  I.  '  Sàgole  internazionali  circa  le  cose  comuni 


361 


tresl  adoperare  la  forza  per  sequestrarla  e  per  condurla  al  primo 
porto  d'approdo  e  consegnarla  all'autorità  marittima,  affinchè  la 
giustizia  faccia  il  suo  corso. 

832.  — -  Il  comandante  di  una  nave  da  guerra  che  abbia  in- 
contrato in  aito  mare  una  nave  sospetta  di  pirateria,  o  dedita  a 
commettere  un  reato  punibile  secondo  il  Diritto  intemazionale,  e 
l'abbia  costretta  a  fermarsi,  potrà  fare  gli  atti  di  perquisizione  stret- 
tamente necessari  a  conoscere  il  vero  carattere  della  medesima. 

Tale  diritto  dovrà  reputarsi  in  ogni  caso  limitato  in  ragione 
del  maggiore  o  minore  fondamento  del  sospetto,  e  dovrà  essere 
esercitato  in  maniera  da  escludere  qualunque  abuso  da  parte  del 
comandante  della  nave  da  guerra. 

Il  comandante  di  una  nave  da  guerra  sarà  conseguentemente 
tenuto  ad  eseguire  con  i  maggiori  riguardi  e  colla  massima  circo- 
spezione le  ricerche  necessarie  a  conoscere  il  vero  carattere  d'una 
nave  non  appartenente  alla  marina  dello  Stato,  e  dovrà  astenersi 
da  qualunque  atto  non  giustificato  dalle  circostanze  e  che  potesse 
dare  ragionevole  motivo  di  far  supporre  di  aver  esso  voluto 
attentare  alla  libertà  di  navigazione. 

833.  —  Il  comandante,  che  abbia  abusato  del  potere  di  cui 
è  investito,  sarà  tenuto  a  risponderne,  e  quando  sia  evidente  Tabuso 
da  parte  di  lui,  potrà  ess(ie  tenuto  al  rifacimento  dei  danni,  tenuto 
conto  delle  circostanze  e  della  colpa  maggiore  o  minore  da  parte 
della  nave  stessa,  che  abbia  fatto  nascere  il  sospetto,  e  che  abbia 
dato  luogo  all'inchiesta  del  carattere  di  essa. 


Diritto  al  saluto, 

834.  —  Si  dovrà  reputare  contro  il  princìpio  della  libertà  del 
mare  Tergere  dalle  navi  straniere  incontrate  in  alto  mare  e  che 
appartengano  alla  marina  mercantile,  o  che  siano  navi  militari 
di  grado  inferiore,  il  saluto  obbligatorio,  o  qual  si  sia  altro  atto 
che  possa  equivalere  a  testimoniare  la  soggezione  delle  navi  stesse 
a  quelle  militari  di  un  altro  Stato. 


362  Libro  III.  •  Delle  cose  e  dei  beni 


Rególe  della  navigazione. 

836.  —  Qualiftique  nave  che  navighi  in  alto  mare  sarà  tenuta 
ad  osservare  le  regole  di  navigazione  per  quello  che  concerne  la 
rotta  marittima,  i  segnali,  i  fanali,  la  velocità  e  le  norme  per  gover- 
nare e  manovrare  in  caso  d'incontro. 

836.  —  Saranno  reputate  regole  intemazionali  di  navigazione 
quelle  previamente  concordate  tra  gli  Stati  mediante  trattato,  e 
quelle  che  in  mancanza  di  tali  trattati  devono  reputarsi  stabilite 
secondo  gli  usi  e  la  pratica  degli  uomini  di  mare,  e  le  esigenze 
della  navigazione  stessa. 

837.  —  Le  regole  di  navigazione  stabilite  mediante  trattato 
dovranno  essere  reputate  rigorosamente  obbligatorie  perle  navi 
appartenenti  alla  marina  degli  Stati  che  abbiano  concluso  tale 
trattato.  Nessuna  di  tali  navi  potrà  esimersi  dall'osservarle  senza 
essere  presunta  colpevole  di  tutte  le  conseguenze,  salvo  il  caso 
che  circostanze  speciali,  accertate  e  provate,  non  abbiano  reso 
necessario  di  allontanarsi  da  esse,  onde  prevenire  o  impedire  un 
pericolo  prossimo,  o  per  prendere  le  necessarie  precauzioni  a  fine 
di  provvedere  immediatamente  alla  propria  salvezza.  In  tali  eve- 
nienze la  nave,  che  non  abbia  osservato  le  regole  stabilite,  potrà 
escludere  la  presunzione  di  colpabilità,  quando  essa  possa  stabi- 
lire e  provare  di  essersi  attenuta  alla  pratica  degli  uomini  di  maie 
nelle  speciali  circostanze  del  caso. 

Questa  regola  tende  a  prevenire  i  disastri  e  Tarto  delle  navi,  che  potreb- 
bero in  certe  circostanze  eccezionali  essere  la  conseguenza  della  formaIe<^  let- 
terale esecuzione  delle  regole  fatte  per  prevenire  Tabbordaggio.  Supposto,  ad 
esempio,  che  potesse  essere  accertato  e  provato  che  una  nave,  potendo  fare 
con  facilità  un  movimento  che  non  era  tenuta  ad  eseguire  secondo  le  regole, 
ma  che  era  necessario  di  eseguire  in  quelle  date  circostanze,  secondo  la  pra- 
tica di  mare,  onde  evitare  Turto,  lo  abbia  fatto  (a  cagione  della  grande  diffi- 
coltà colla  quale  Taltra  nave  avrebbe  potuto  fare  quello  che  secondo  le  regole 
doveva  fare);  io  tali  circostanze,  dato  pure  che  Furto  non  avesse  potuto 
essere  evitato,  non  sarebbe  né  equo,  nò  giusto  presumere  colpevole  la  nave 
che  non  avesse  osservata  la  regola,  mentre  la  buona  pratica  di  mare  sugge 
riva  di  non  osservarla. 


Titolo  L  -  Bsgok  inUmaxtonàli  eirea  lo  co8$  comuni  363 

838.  —  Le  navi  appartenenti  agli  Stati  i  quali  hanno  accet- 
tato il  regolamento  stabilito  circa  le  norme  di  navigazione  per 
evitare  gli  urti  delle  navi  sul  mare  {àbordago),  devono  reputarsi 
obbligate  alla  rigorosa  osservanza  di  detto  regolamento,  che  rispetto 
ad  esse  costituisce  la  legge  imperativa  della  rotta  marittima,  dei 
segnali  e  del  governo  e  manovra  della  nave. 

U  regolamento  che  stabilisce  le  norme  per  evitare  gli  urti  delle  navi  {àbor* 
dage),  quantunque  non  sia  stato  sottoscritto  allo  stesso  tempo  da  tutti  gli  Stati 
che  lo  hanno  saecessivamente  accettato,  ha  non  per  tanto  il  carattere  di  Atto 
hutemazionale,  perchè  di  fatto  esso  forma  oggi  la  legge  comune  di  un  numero 
eonsìderevole  di  Stati.  L*Austrìa-Ungherìa,  infatti,  il  Belgio,  D  Chili,  la  Dani- 
marca, la  Francia,  la  Gran  Brettagna,  la  Grecia,  Tltalia,  la  Norvegia,  i  Paesi 
Bassi,  il  Portogallo,  la  Russia,  la  Spagna,  la  Svezia  e  gli  Stati  Uniti  dell' Ame- 
rica settentrionale,  colla  riserva  però  che  nelle  acque  territoriali  americane 
dovessero  essere  osservate  le  norme  speciali,  secondo  le  leggi  degli  Stati  Uniti; 
la  Turchia,  colla  riserva  però  che  sui  bastimenti  ottomani  dovesse  essere  sosti- 
tuito il  tamburo  alla  campana  pei  segnali  in  tempo  di  nebbia  o  foschi,  ed 
altri  Stati,  hanno  adottato  il  predetto  regolamento,  il  quale  entrò  in  vigore 
per  ritalia  il  l"*  settembre  1880,  giusta  il  R.  Decreto  del  4  aprile  1880,  n"*  5390, 
serie  2\  salvo  la  soppressione  dell'articolo  10,  decretata  col  Decreto  2  luglio  188S, 
n*  882,  serie  3*,  al  quale  fu  sostituito  l'articolo  9  dell'altro  regolamento  appro- 
vato con  regio  Decreto  1^  febbraio  1863,  n*  1148,  e  che  si  riferisce  alle  navi 
da  pesca. 

830.  —  Incombe  agli  Stati  che  hanno  accettato  il  regolamento 
circa  le  norme  di  navigazione  il  provvedere  a  che  esso  sia  rive- 
duto da  una  Commissione  intemazionale  e  completato,  aggiun- 
gendovi le  norme  di  Diritto  comune  le  più  conformi  alle  esigenze 
tecniche  della  navigazione,  sopratutto  rispetto  alla  direzione  della 
nave  ed  alle  manovre  occorrenti  per  prevenire  gli  urti  ed  ogni 
sinistro  marittimo. 

Incombe  inoltre  agli  Stati  medesimi  lo  studiare,  accertare,  con- 
cordare e  rendere  altresì  obbligatorie  le  norme  circa  la  costru- 
zione, l'armamento  e  l'equipaggiamento  delle  navi,  che,  secondo 
i  prìncipii  della  scienza  moderna  >  devono  reputarsi  necessarie 
per  evitare  Vabordage^  o  per  renderne  le  conseguenze  meno  di- 
sastrose. 

840.  —  Le  navi  appartenenti  agli  Stati  che  hanno  accettato 
il  Codice  intemazionale  dei  segnali  saranno  tenute  ad  osservare 
rigorosamente  quanto  detto  Codice  prescrive. 


36i  Libro  III.  -  Delle  cosa  e  dei  beni 

lì  Codice  mteraazionàle  dei  secali  deUe  nari  fu  compilato  nel  1855,  pren 
dendo  in  considerazione  i  segnali  appartenenti. a  diversi  Stati,  i  quali  tutti 
furono  poi  ordinati  in  seguito  a  diligente  esame  e  riuniti  in  un  unico  codice. 
Parecchi  Stati  lo  hanno  succeBsivamente  adottato  :  Gran  Brettagna  (aprile  1867) 
Francia  (2  giugno  1866),  Russia  (28  giugno  1867),  Paesi  Bassi  (gennaio  1867), 
Austria  (4  aprile  1867),  Norvegia  (18  maggio  1867),  Prussia  (maggio  1867), 
Brasile  (21  febbraio  1868),  Portogallo  (29  dicembre  1868),  Italia  (4  aprile  1869), 
Belgio  (18  dicembre  1869),  Danimarca  (marzo  1870),  Spagna  (1<*  giugno  1871), 
Orecia  (26  aprile  1882).  Gli  Stati  Uniti  deirAmerica  settentrionale  accettarono 
in  massima  (1873)  le  disposizioni  del  Codice,  ma  non  vi  aderirono  mai  in 
modo  formale. 

Begole  della  navigazione  secondo  le  esigenze 
e  la  pratica  degli  uomini  di  mare. 

841.  —  Qualunque  nave,  anche  quando  non  appartenga  ad 
uno  degli  Stati,  tra  i  quali  sia  stato  concluso  l'accordo  circa  le 
regole  di  navigazione,  sarà  tenuta  ad  osservare  non  per  tanto 
quelle  che,  secondo  la  natura  delle  cose  e  le  esigenze  delta  navi- 
gazione e  la  pratica  degli  uomini  di  mare,  devono  reputarsi  obbli- 
gatorie per  tutti  i  naviganti. 


Regole  concernenti  i  fanali. 

842.  —  Ogni  nave,  quantunque  non  appartenga  ad  uno  degli 
Stati  che  hanno  accettato  il  regolamento  comune,  dovrà  osser- 
vare le  seguenti  norme: 

a)  Ogni  piroscafo  che  navighi  a  vapore  dovrà  tenere  un  Eanale 
situato  ad  una  certa  altezza,  e  che  abbia  una  luce  di  tale  inten* 
sita  da  renderlo  visibile,  a  notte  scura  e  con  atmosfera  Ubera,  ad 
una  distanza  di  cinque  miglia  almeno,  e  che  proietti  la  luce  uni- 
forme e  senza  interruzione.  Dovrà  inoltre  tenere  dall'uno  e  dal- 
l'altro de'  suoi  lati  un  fanale  visibile,  a  notte  oscura  e  con  atmo- 
sfera limpida,  ad  una  distanza  di  due  miglia  almeno. 

Tali  fanali  dovranno  rimanere  accesi  dal  tramonto  al  sorgere 
del  sole,  qualunque  possano  essere  le  condizioni  atmosfmche. 


Titolo  L  -  Regole  intemazionali  circa  le  cose  comuni  ^^ 

h)  Ogni  bastimento  a  Tela  dovrà  tenere  sull'albero  e  ai  due 
lati  i  tre  fanali,  che  proiettino  luce  visìbile,  a  notte  oscura  e  con 
atmosfera  limpida,  alla  stessa  distanza  che  i  piroscafi. 

e)  Le  navi  a  vapore  ed  a  vela,  quando  siano  ancorate,  dovranno 
avere  un  fanale  collocato  in  modo  che  proietti  una  luce  visibile 
da  tutti  i  punti  dell'orizzonte,  ad  una  distanza  di  un  miglio  almeno» 

d)  Le  barche  da  pesca,  e  ogni  piccola  nave,  saranno  tenute 
ad  avere  un  fanale  visibile  dai  loro  due  lati,  e  che  proietti  una 
luce  visibile  a  tale  distanza  da  prevenire  le  collisioni  da  parte 
delle  navi  a  vapore  o  a  vela  che  ad  esse  si  avvicinassero. 


Segnali  acustici  pei'  la  nebbia. 

843.  —  Ogni  piroscafo,  o  nave  a  vela,  quantunque  non  appai* 
tenente  ad  uno  degli  Stati  che  hanno  accettato  il  regolamento 
comune,  dovrà  essere  provveduto  di  uno  strumento  adatto  a  fare 
un  suono,  che  possa  essere  ascoltato  a  ragionevole  distanza,  per 
evitare  le  collisioni  in  caso  di  nebbia,  o  di  atmosfera  fosca,  o  di 
nevicata,  e  sarà  tenuto  ad  adoperare  segni  acustici,  sia  di  giorno^ 
che  di  notte,  ad  intervalli  non  maggiori  di  due  minuti. 

Tali  segni  acustici,  secondo  la  pratica  di  mare,  sono  il  corno 
da  nebbia,  la  campana,  il  tamburo  ed  altri  strumenti  somiglianti^ 
acconci  a  produrre  u^  suono  acuto  e  prolungato,  e  del  quale  non 
possa  essere  impedita  la  trasmissione  per  le  condizioni  atmosfe- 
riche o  pel  modo  in  cui  il  corpo,  che  tale  suono  produca,  tro^ 
visi  sulla  nave  situato. 


Norme  generali  pel  governo  della  nave 
e  per  la  manovra. 

844.  —  Tutte  le  navi  che  navigano  con  rotte  opposte,  o  quasi 
opposte,  in  maniera  da  andare  Tuna  incontro  all'altra  e  da  impli- 
care pericolo  di  collisione,  sono  obbligate,  indipendentemente  dalla 


366 


Libro  III.  '  Delle  cote  e  dei  beni 


obbligatorietà  del  regolamento,  a  manovrare  secondo  le  regole 
accettate  in  pratica  dagli  uomini  di  mare ,  per  lasciare  Tuna  la 
via  libera  all'altra  ed  evitare  il  rischio  di  un  abbordo. 
Tali  regole  sono  le  seguenti: 

a)  un  bastimento  che  navighi  a  vento  largo  dovrà  lasciare 
libera  la  rotta  ad  un  bastimento  che  navighi  stretto  al  vento  ; 

b)  un  bastimento  che  stringa  il  vento  con  mure  a  sinistra, 
dovrà  lasciar  libera  la  rotta  ad  un  bastimento  che  strìnga  il  vento 
con  mure  a  diritta: 

e)  quando  due  bastimenti  corrano  con  vento  largo  da  diverso 
lato,  quello  che  avrà  il  vento  sulla  sinistra  dovrà  lasciar  la  rotta 
libera  all'altro; 

d)  quando  due  bastimenti  corrano  con  vento  largo  dallo  stesso 
lato,  quello  che  avrà  il  vento  favorevole  dovrà  lasciare  la  rotta 
libera  a  quello  che  sia  sotto  vento  ; 

e)  un  bastimento  che  navighi  con  vento  in  poppa,  dovrà 
lasciare  la  rotta  libera  ad  ogni  altro; 

f)  se  due  bastimenti  a  vapore  facciano  rotte  che  s'incrocino 
in  tal  modo  da  implicare  pericolo  di  collisione,  il  bastimento  che 
avrà  Taltro  sulla  sua  diritta  dovrà  lasciargli  libera  la  rotta; 

g)  se  due  bastimenti,  l'uno  a  vela,  l'altro  a  vapore,  navighino 
in  direzioni  tali  da  implicare  pericolo  di  collisione,  quello  a  vapore 
dovrà  lasciare  la  rotta  libera  a  quello  a  vela. 

845.  —  Ogni  piroscafo  che  si  avvicini  ad  un  altro  in  modo 
da  implicare  pericolo  di  collisione,  dovrà  rallentare  la  propria 
velocità,  0  arrestare  la  macchina,  o  dare  indietro,  se  ciò  sia  ne- 
cessario. 

846.  —  Ogni  nave  che  ne  raggiunga  un'altra  dovrà  tenersi 
fuori  della  rotta  di  questa. 


Regole  di  navigazione  nelle  acque  territoriali. 

847.  —  Ciascuno  Stato  può  imporre  alle  navi  straniere  che 
entrino  nelle  sue  acque  territoriali  di  osservare,  oltre  che  le  regole 


Titolo  L  •  Uegole  internazionali  circa  le  cote  comuni  967 

generali  di  navigazione,  quelle  speciali,  da  esso  imposte  pel  traf- 
fico nelle  proprie  acque  territoriali,  e  non  potranno  escludere  la 
presunzione  di  colpabilità  le  navi  che  non  le  abbiano  osservate. 

Oli  Siati  Uniti  dell* America  settentrionale,  aderendo  al  regolamento  comune 
circa  le  norme  di  navigazione,  fecero  non  per  tanto  la* riserva  che  per  la  navi- 
gazione nelle  acque  territoriali 'delFUnione  Americana  dovevano  reputarsi  in 
vigore  le  leggi  e  i  regolamenti  emanati  dall*Unione  stessa,  per  evitare  le  col- 
lisioni nel  proprio  mare  territoriale,  come  trovansi  specificate  nella  sezione  4233 
degli  Statuti  riveduti  degli  Stati  Uniti. 


Conseguenze  in  caso  di  urti  di  navi  (abordage). 

848.  —  Ogni  nave,  la  quale  non  abbia  osservato  le  norme  di 
navigazione  secondo  il  regolamento  internazionale,  o  quelle  che 
devono  reputarsi  obbligatorie  secondo  la  pratica  ordinaria  degli 
uomini  di  mare  per  evitare  le  collisioni,  sarà  presunta  colpevole 
àeWabordage  e  sarà  tenuta  a  rispondere  delle  conseguenze  dannose. 

Sarà  parimente  tenuta  a  rispondere  della  sua  colpa  ed  anche 
della  sua  negligenza,  quando  abbia  trascurato  le  precauzioni 
richieste  dalla  pratica  ordinaria  degli  uomini  di  mare,  ó  dalle 
speciali  circostanze  del  caso. 


Begolamento  dei  danni  in  caso  d^'^ahordage„. 

m 

849.  —  Incombe  agli  Stati  lo  stabilire  d'accordo  il  regolamento 
relativo  ai  danni  ed  alle  perdite  in  caso  di  abardage^  ed  il  deter- 
minare come  ed  in  quali  proporzioni  essi  debbano  essere  soppor- 
tati, ripartiti,  o  indennizzati. 

Fino  a  tanto  che  il  regolamento  non  sarà  concordato,  potranno 
reputarsi  conformi  ai  giusti  prìncipii  le  seguenti  regole: 

a)  Se  Turto  di  navi  sia  avvenuto  per  caso,  o  per  forza  mag- 
giore, i  danni  e  le  perdite,  che  ne  derivano,  saranno  sopportati 
dalla  nave  che  li  abbia  sofferti,  senza  diritto  a  ripetizione,  e  con- 
siderati e  regolati  come  avarie  semplici; 


368  l^ifro  IIL  -  DaU  cose  e  dei  beni 

b)  Se  l'urto  sia  avvenuto  per  colpa  di  una  delle  nairi,  i  danni 
e  le  perdite  saranno  a  carico  della  nave  che  li  abbia  cagionati, 
e  regolati  secondo  la  legge  nazionale  della  medesima; 

e)  L'urto  di  navi  avvenuto  nelle  acque  territoriali,  nei  fiumi 
e  nei  porti,  tra  navi  di  nazionalità  diversa,  sarà  regolato  secondo 
la  legge  del  luogo  ove  si  sia  verificato; 

d)  Quando  l'urto  di  navi  sia  avvenuto  nelle  acque  territo- 
riali tra  due  navi  della  stessa  nazionalità,  sarà  applicata  la  legge 
territoriale  per  quanto  concerne  la  determinazione  della  colpa  e 
della  responsabilità,  e  la  legge  nazionale  delle  navi  per  quello  che 
concerne  la  ripartizione  dei  danni; 

e)  Se  Turto  sia  avvenuto  in  alto  mare,  tra  navi  di  naziona- 
lità diversa,  e  non  risulti  a  quale  delle  navi  urtate  sia  imputa- 
bile la  colpa,  0  quando  la  colpa  sia  comune,  i  danni  verificatisi 
alle  navi  ed  al  carico  saranno  riuniti  in  una  sola  massa  e  sop- 
portati da  ciascuna  di  esse  in  proporzione  dei  rispettivo  valore 
della  nave  e  del  carico. 

f)  Nel  caso  di  urto  dubbio  o  per  colpa  comune,  avvenuto 
in  alto  mare  tra  navi  della  stessa  nazionalità,  sarà  applicata  la 
legge  nazionale  delle  navi,  anche  quando  il  tribunale  straniero 
possa  essere  chiamato  a  giudicarne. 

Nel  Congresso  di  Anversa  fu  proposta  la  seguente  regola  :  *"  Se  le  navi  sono 

*  di  nazionalità  diversa,  in  caflo  di  urto  in  allo  mare  per  colpa  comune,  o 
'  quando  non  risulti  a  quale  delle  navi  sia  imputabile  la  colpa,  ciascuna  sarà 

*  tenuta  dentro  ì  limiti  della  legge  della  propria  bandiera  e  non  potrà  ricevere 

*  più  di  quello  che  detta  legge  le  attribuisce  ,. 

Vedi,  per  le  osservazioni  su  questa  regola  e  per  le  ragioni  che  suffragano 
quelle  da  noi  proposte,  Fiori,  De  Vabordage  dee  navires  sutpant  le  Droit  inief 
uational,  neUa  Eevue  de  DroU  public,  Paris,  Ghevalier-Mareacq,  tome  3*,  1895, 
pagina  293. 


Regole  circa  il  tribunale  competente. 

850,  —  Incombe  agli  Stati  lo  stabilire  d'accordo  regole  uni- 
formi circa  il  tribunale  competente  per  le  controversie  relative 
all'urto  di  navi. 


Titolo  L  '  Regole  intemazionali  eirea  le  cose  comuni  369 

Mancando  tale  accordo,  potranno  r^utarsì  conformi  ai  giusti 
principi!  le  seguenti  regole: 

a)  Il  tribunale  di  ciascuno  Stato  sarà  competente  a  decidere 
le  controversie  relative  all'urto  di  navi  avvenuto  nelle  acque  ter- 
ritoriali, o  avvenuto  in  alto  mare  tra  navi  nazionali  ; 

b)  Sarà  altresì  competente  a  giudicare  degli  urti  avvenuti  in 
alto  mare,  tra  navi  di  diversa  nazionalità,  ogni  qual  volta  la  nave 
danneggiata  sia  stata  forzata  a  rifugiarsi  in  uno  dei  porti  dello 
Stato  ; 

e)  Quando  la  nave  urtata  non  sia  costretta,  per  le  circostanze 
dell'urto,  a  rifugiarsi  nel  porto  più  prossimo,  potrà  iniziare  l'azione 
dinanzi  il  tribunale  del  luogo  di  destinazione,  se  ivi  si  trovi  pure 
la  nave  colpevole,  o  l'armatore,  o  un  rappresentante  del  mede- 
simo :  altrimenti  dovrà  osservare  le  regole  ordinarie  di  competenza. 

Sarà  considerato  come  fòro  competente  quello  del  luogo  ove 
la  nave  colpevole  sia  stata  sequestrata; 

d)  Le  autorità  del  porto  di  rifugio  e  quelle  del  luogo  di  desti- 
nazione della  nave  danneggiata  saranno  sempre  competenti  a  rice- 
vere la  relazione  e  gli  atti  richiesti  per  l'ammissibilità  dell'azione, 
a  raccogliere  le  deposizioni  testimoniali,  ordinare  la  perizia  dei 
danni  ed  a  fare  tutti  gli  atti  istruttorii  che  possano  occorrere  per 
determinare  la  responsabilità. 


Fiumi  internazionali. 

851.  —  I  fiumi  e  canali  navigabili  che  attraversino  o  che 
separino  il  territorio  di  diversi  Stati  e  che  siano  in  comuni- 
cazione con  un  mare  libero,  saranno  reputati  fiumi  internazionali 
e  resteranno  sommessi  alle  stesse  regole  che  sono  applicabili 
all'alto  mare  per  tutto  quello  che  concerne  la  libertà  di  navigare, 
di  godere  e  di  servirsi  di  essi  per  i  bisogni  del  commercio  inter- 
nazionale. 

Incombe  agli  Stati  frontisti  Io  stabilire  d'accordo  le  regole  della 
navigazione  per  tutelare  il  libero  esercizio  del  commercio. 

24  —  Fiore,  Dir.  iniern.  codif. 


370  Libro  III,  -  Delle  cose  e  dei  beni 

La  predetta  regola  è  fondata  su  quella  stabilita  col  Trattato  di  Vienna  del  1825, 
airarticolo  109. 

Art.  lOS.  —  Les  Puissances,  dont  les  États  sont  séparés  ou  traversés  par 
une  mème  rivière  nayigable,  s^engagent  à  régler.  d*uD  commun  accord,  tout 
ce  qui  a  rapport  à  la  navigation  de  cette  rivière. 

Art.  109.  —  La  navigation,  dans  tout  le  conrs  des  rivières  indiquées  dans 
l*article  précèdent,  du  point  où  chacune  d*elles  devient  navigable  jusqu*à  son 
embouchure,  sera  entièrement  libre,  et  ne  pourra,  sous  le  rapport  du  com- 
merce, ètre  interdite  à  personne. 

852.  —  I  fiumi  e  canali  navigabili  che  attraversino  dalla  loro 
foce  e  per  tutto  il  loro  corso  il  territorio  di  uno  Stato  solo,  saranno 
assimilati  al  mare  libero  dalla  loro  foce  fino  al  punto  in  cui  essi 
siano  navigabili,  e  tutte  le  navi  potranno  liberamente  navigare 
per  essi;  ma  spetterà  poi  alla  sovranità  dello  Stato,  al  quale  appar- 
tengano le  rive,  di  stabilire  le  condizioni  sotto  le  quali  le  navi 
straniere  possano  servirsi  di  esse  e  dei  porti  per  l'esercizio  del 
commercio. 

I  fiumi  navigabili  che  attraversino  il  terr^orio  di  più  Stati  e  quelli  che  per- 
corrano pel  territorio  di  uno  Stato  solo  devono  essere  assimilati  al  mare  libero 
rispetto  alla  libertà  di  navigare,  la  quale  non  può  essere  né  limitata,  né  ristretta 
a  volontà  dello  Stato  che  possegga  le  rive.  Lo  stesso  va  detto  per  ogni  fatto 
che  possa  concernere  tali  fiumi  ed  ogni  rapporto  che  possa  nascere  in  occa- 
sione della  navigazione  per  essi.  Alle  isole,  a  modo  d*esempio,  se  ne  siano 
formate,  alle  collisioni  delle  navi  che  navighino,  e  via  dicendo,  devono  essere 
applicate  le  stesse  regole  che  concernono  la  navigazione  pel  mare  libero. 

Per  quello  invece  che  concerne  la  libertà  del  commercio  internazionale  una 
differenza  va  fatta  tra  gli  uni  e  gli  altri,  e  consiste  in  questo,  che  rispetto  ai 
primi,  siccome  deve  ammettersi  tra  gli  Stati  frontisti  una  comunione  di  fatto, 
Tuno  0  Taltro  di  essi,  non  potendo  limitare  a  danno  degli  altri  la  libertà  di 
servirsi  del  fiume  come  mezzo  di  navigazione,  così  non  può  porre  ostacoli  alia 
libertà  del  commercio.  Da  ciò  consegue  che  il  regime  della  navigazione  flu- 
viale dev^essere  stabilito  d*accordo,  e  mirare  a  non  restringere  la  libertà  del 
commercio  intemazionale.  Rispetto  invece  al  fiume  che  percorre  il  territorio 
di  un  solo  Stato,  non  può  escludersi  la  libertà  di  navigazione;  ma  le  regole 
che  concernono  la  libertà  del  commercio  e  che  rendono  obbligatorio  nellMnte- 
resse  comune  il  regime  che  elimini  le  misure  ristrettive  per  Tesercizio  del 
commercio,  non  possono  essere  applicate  che  subordinatamente  al  beneplacito 
della  sovranità  dello  Stato,  alla  quale  spetta  di  decidere  con  completa  auto- 
nomia se  le  navi  straniere  possano  servirsi  delle  rive  e  dei  porti  che  allo  Stato 
appartengono  per  i  bisogni  del  commercio.  Tale  diritto  non  resta  nel  campo 
deirautonomia  rispetto  ai  fiumi  della  prima  categoria,  perchè  Tuno  o  l'altro 
non  può  arrecare  danno  ai  comunisti,  ma  resta  nel  campo  delFautonomia  pel 
fiume  rispetto  al  quale  non  èvvi  comunione. 

Vedi  Fiore,  Diritto  internaz.  pubblico,  3^  ediz.,  voi.  II,  §  803. 


Titolo  L  -  Regole  internazionali  àrea  le  coee  comuni  ^' ^ 


Regole  per  la  navigazione  dei  fiumi  internaziofiali. 

853.  —  Incombe  agli  Stati  percorsi  da  un  fiume  navigabile 
lo  stabilire  d'accordo  le  regole  di  navigazione,  in  guisa  da  tute- 
lare la  libertà  del  commercio  intemazionale  ed  il  diritto  spettante 
ad  ogni  nave  di  servirsi  del  fiume  pei  bisogni  del  commercio, 
senza  subire  indebite  restrizioni. 

864.  —  La  navigazione  per  i  fiumi  intemazionali  dev'essere 
regolata  in  armonia  degl'interessi  generali  e  non  di  quelli  parti- 
colari dell'uno  o  dell'altro  degli  Stati  frontisti,  e  qualora  i  mede- 
simi non  arrivino  a  stabilire  d'accordo  un  regolamento  per  la 
navigazione  lungo  tutto  il  corso  del  fiume,  ciascuno  degli  Stati 
frontisti  potrà  richiedere  che  detto  regolamento  sia  redatto  da  una 
Commissione  internazionale,  secondo  i  principii  di  Diritto  relativi 
alla  navigazione  dei  fiumi  internazionali. 

865.  —  Il  diritto  spettante  a  ciascuno  degli  Stati  frontisti,  e 
ad  essi  tutti  d'accordo,  di  regolare  la  navigazione  di  un  fiume 
internazionale,  che  attraversi  o  separi  il  loro  territorio,  dovrà 
essere  subordinato  al  Diritto  internazionale  relativo  alla  naviga- 
zione dei  fiumi  intemazionali,  e  conformemente  ad  esso  limitato. 

856.  —  Nessuno  Stato  potrà  assoggettare  in  virtù  di  speciale 
regolamento  la  navigazione  di  un  fiume  internazionale  ai  propri 
interessi,  limitatamente  alla  sezione  che  gli  appartenga:  né  lice 
agli  Stati  frontisti,  mettendosi  d'accordo,  redigere  un  regola- 
mento applicabile  a  tutto  il  fiume,  e  che  sia  in  opposizione  al 
principio  della  libera  navigazione  dei  fiumi  internazionali. 

Le  regole  proposte  trovano  il  loro  fondamento  su  quanto  fu  stabilito  col 
Trattato  di  Vienna  del  181 5,  art.  108.  (Vedi  innanzi  nota  a  regola  851.)  Bisogna 
inoltre  poi  considerare  che  i  fiumi^  internazionali ,  in  quanto  sono  un  mezzo 
di  comunicazione  intemazionale,  devono  reputarsi  a  ciò  destinati,  e  che  il  diritto 
spettante  a  tutte  le  genti  di  servirsene  non  può  essere  negato' .'o  ristretto. 

n  regolamento  per  la  libera  navigazione  dei  fiumi,  concordato  secondo  il 
Trattato  di  Vienna,  così  dispone  all'art.  2:  'La  navigazione  per  tutto  il  per- 
'  eorso  dei  fiumi  indicati,  dal  punto  ove  ciascuno  di  essi  diviene  navigabile 
*  fino  alla  sua  foce,  sarà  intieramente  libera  e  non  potrà  riguardo  al  coin- 
'  mercio  essere  inibita  ad  alcuno,  quando  si  conformi  però  ai  regolamenti  che 


372  Libro  IIL  -  DelU  cose  e  dei  bmi 

*  saranno  stabiliti  per  la  polizia  della  navigazione,  in  modo  uniforme  per  tutti 

*  e,  tanto  che  sia  possibile,  favorevole  al  commercio  di  tutti  gli  Stati. 

*  Art.  3.  —  Il  sistema  che  sarà  stal»ilito  tanto  per  la  percezione  dei  diritti 

*  che  pel  mantenimento  della  polizia  della  navigazione  sarà,  per  quanto  aia 

*  fattibile,  lo  stesso  per  tutto  il  corso  del  fiume,  e  si  estenderà  ancora,  salvo 

*  che  non  vi  si  oppongano  particolari  circostanze,  alle  diramazioni  ed  agli 

*  affluenti  che  lungo  il  percorso  navigabile  separino  o  attraversino  differenti 

*  Stati  ,. 


Diritti  e  dovetn  degli  Stati  frontisti. 

857.  —  Ciascuno  degli  Stati  frontisti  sarà  tenuto  a  fiare  i  lavori 
necessari  per  mantenere  il  fiume  in  buone  condizioni  di  naviga- 
bilità, e  non  potrà  opporsi  a  che  tali  lavori,  in  qualunque  sezione 
del  medesimo  possa  essere  opportuno  di  farli,  siano  eseguiti  a 
spese  di  tutti  gli  Stati  frontisti,  stabilendo  d'accordo  le  indennità 
ed  i  compensi  relativi. 

858.  —  Incombe  a  ciascuno  degli  Stati  frontisti  il  non  porre 
alcun  impedimento  al  libero  e  completo  godimento  di  un  fiume 
internazionale:  non  fare  mutamenti  e  non  intraprendere  opere 
che  possano  renderlo  disadatto  allo  scopo  cui  è  destinato:  e 
riconoscere  il  diritto  spettante  a  tutti  gli  Stati,  di  esigere  che 
tutto  il  suo  corso  sia  mantenuto  in  tali  condizioni  da  poter  ser- 
vire al  commercio  internazionale,  e  che  sia  rimosso  ogni  ostacolo 
alla  sua  libera  navigazione. 


Regolamenti  di  navigazione  -fluviale 
secondo  i  principii  del  Diritto  comune* 

869.  —  I  regolamenti  internazionali  di  navigazione  devono 
provvedere  a  tutto  quello  che  possa  occorrere  per  la  regolare  e 
sicura  circolazione  in  tutto  il  percorso  del  fiume;  a  stabilire  un'au* 
torità  di  vigilanza  per  sopraintendere  a  mantenerlo  in  buone  con- 
dizioni di  navigabilità;  a  determinare  i  lavori  tecnici  che  devono 
essere  fatti  a  spese  comuni,  e  curare  l'esecuzione  dei  medesimi;. 


Titolo  L  '  Regole  ifUema»Ìmiali  circa  le  con  comuni  373 

ad  impedire  le  opere  nuoTe  che  possano  impacciare  in  qual  si 
sia  modo  il  passaggio,  o  alterare  il  corso  o  la  distribuzione  delle 
acque  ;  a  conciliare  gl'interessi  particolari  di  ciascuno  degli  Stati 
frontisti  e  dei  loro  cittadini  con  quelli  generali. 

860.  —  A  ciascuno  degli  Stati  frontisti  spetterà  il  provvedere 
con  regolamento  speciale  alla  polizia  e  sicurezza  della  naviga- 
zione nella  sezione  del  fiume  che  si  trovi  nelle  frontiere  ad  esso 
appartenenti  ;  a  prevenirvi  il  contrabbando  ;  a  regolare  Tesercizio 
delle  visite  sanitarie,  tanto  all'entrata,  quanto  all'uscita  del  fiume; 
alla  quarantena;  a  determinare  i  diritti  di  navigazione  che  devono 
essere  pagati  dalle  navi  che  entrino  nei  propri  porti,  e  a  rego- 
larne la  percezione;  tutto  però  in  maniera  da  non  creare  osta- 
colo di  sorta  alcuita  alla  libera  navigazione. 

86L  —  U  regolamento  intemazionale  relativo  alla  navigazione 
dei  fiumi  intemazionali  dovrà  govemare  non  solamente  la  navi- 
gazione nella  loro  sezione  principale,  ma  quella  altresì  delle  loro 
diramazioni  che  siano  in  comunicazione  col  mare. 

Le  diramazioni  quindi  di  un  fiume  internazionale,  che  presen- 
tino le  medesime  condizioni  di  navigabilità,  saranno  riguardate 
come  facenti  parte  di  lui. 


Regole  circa  le  tasse  di  navigazione 
nei  fiumi  intemazionali. 

862.  —  Sì  dovrà  reputare  violato  il  Diritto  intemazionale,  se, 
in  virtù  di  regolamenti,  la  navigazione  dei  fiumi  navigabili  comuni 
fosse  assoggettata  al  pagamento  di  tasse  d'entrata  e  di  transito, 
che  implicassero  l'affermazione  del  diritto  di  dominio  da  parte 
di  uno  0  più  Stati  frontisti  sulle  acque,  di  cui  tutti  hanno  diritto  di 
usare  liberamente  pei  bisogni  della  navigazione. 

863.  —  Il  diritto  di  ciascuno  degli  Stati  attraversati  o  sepa- 
rati da  un  fiume  intemazionale  di  percepire  dalle  navi  qualsiasi 
forma  di  contribuzione  speciale  a  titolo  di  tasse  di  navigazione, 


374  Libro  IIL  -  DelU  cou  e  dei  beni 

pDtrà  soltanto  essere  fondato,  e  dovrà  essere  limitato  in  propor- 
zione dell'opera  da  lui  prestata  per  mantenere  il  fiome  in  condi- 
zione di  navigabilità,  e  reputata  come  il  corrispettivo  delle  spese 
a  tal  fine  occorrenti. 

864.  —  Le  tasse  generali  di  navigazione  che  ciascuno  degli 
Stati  attraversati  o  separati  da  un  fiume  potrà  percepire  dalle  navi, 
dovranno  essere  determinale  mediante  tariffe  ufficialmente  pubbli- 
cate :  essere  uniformi  per  tutto  il  percorso  del  fiume,  e  proporzionali 
a  quelle  che  sono  stabilite  nei  porti  di  mare  aperti  al  commercio, 
accresciute  soltanto  in  proporzione  delle  spese  che  possano 
occorrere  per  mantenere  il  fiume  in  condizioni  di  navigabilità 
nelle  sue  sezioni. 

.  866.  —  Al  pagamento  delle  tasse  di  dogana  dovranno  essere 
assoggettate  le  sole  navi  che  entrino  nei  porti  di  ciascuno  Stato 
e  che  vi  facciano  operazioni  di  commercio  soggette  alle  leggi  ed 
ai  regolamenti  doganali.  A  ciò  non  saranno  tenute  le  navi  che 
trasportino  mercanzie  di  transito,  le  quali  potranno  essere  sotto- 
poste soltanto  alle  tasse  pel  servìzio  di  transito;  né  quelle  che 
per  la  necessità  della  na\igazione  dovessero  sbarcare  o  deposi- 
tare le  mercanzie,  le  quali  potranno  essere  assoggettate  soltanto 
alle  spese  pel  servizio  di  sbarco  o  di  deposito. 

866.  —  Ogni  forma  di  contribuzione  imposta  da  uno  degli 
Stati  frontisti,  che  non  sia  conforme  alla  tariffa  generale  e  pro- 
porzionata alle  spese  tecniche  ed  amministrative  fatte  nell'inte- 
resse della  navigazione,  sarà  reputata  un  gravame  arbitrario  ed  in 
opposizione  al  principio  della  libera  navigazione  e  del  libero  com- 
mercio pei  fiumi  intemazionali. 

867.  —  La  percezione  dei  diritti  di  navigazione,  destinati  a 
coprire  le  spese  tecniche  ed  amministrative  fatte  nell'interesse 
comune  dovrà  essere  semplificata  in  maniera  da  non  impacciai^ 
il  libero  traffico. 

A  ciò  dovrà  reputarsi  indispensabile  che  l'entità  di  tali  diritti 
sia  indipendente  dalla  natura  del  carico  e  proporzionale  alla  capa- 
cità delle  navi,  eliminando  in  ordine  ai  suddetti  diritti  qualunque 
forma  di  trattamento  differenziale. 


TiMo  I.  -  BegoU  intemagianM  circa  le  com  comuni 


375 


La  capacità  di  ciascuna  nave  dovrà  ritenersi  stabilita  secondo 
il  tonnellaggio  della  medesima  indicato  nelle  carte  di  bordo. 

Pilotaggio  obbligatorio. 

868.  —  Le  navi  di  tutti  gli  Stati  dovranno  essere  ammesse 
a  navigare  nei  fiumi  intemazionali,  senza  imporre  alle  medesime 
di  provvedersi  di  un  pilota  del  paese. 

Ciascuno  degli  Stati  frontisti  potrà  però  assoggettarle  a  far  uso 
di  un  pilota  pratico  soltanto  nelle  circostanze  e  nelle  località, 
nelle  quali  l'abbandonare  la  direzione  della  nave  a  naviganti 
stranieri  potesse  riuscire  pericoloso. 


Cahottaggio. 

869.  —  Ciascuno  degli  Stati  frontisti  potrà  riservare  il  cabot- 
taggio  nella  sezione  del  fiume,  che  gli  appartiene,  ai  suoi  propri 
cittadini;  il  cabottaggio  poi,  e  il  trasporto  dei  passeggeri  tra  le 
diverse  sezioni  del  fiume  dovranno  essere  sottoposti  alle  stesse 
norme,  che  sono  in  vigore  rispetto  all'esercizio  di  tale  commercio 
tra  le  coste  marittime  degli  Stati  civili. 


Tutela  giuridica  dei  regolamenti. 

870.  —  I  regolamenti  riguardanti  la  navigazione  dei  fiumi  inter- 
nazionali saranno  reputati  sotto  la  garanzia  collettiva  di  tutti  gli 
Stati,  e  saranno  obbligatori  anche  per  quelli  che,  essendo  fron- 
tisti, ad  essi  non  abbiano  acceduto. 

87L  —  Il  regolamento  della  navigazione  dei  fiumi  intemazio- 
nali, in  tutto  quello  che  deve  mirare  a  tutelare  gl'interessi  gene- 
rali, non  potrà  essere  modificato  mediante  accordo  fra  gli  Stati 
frontisti,  o  a  volontà  della  maggioranza  degli  Stati  stessi,  ma  dovrà 
essere  riconosciuto  il  diritto  di  tutti  gli  Stati,  cui  spetta  di  godere 


37f)  Liln-o  UL  -  DdU  eoss  é  dH  beni 

della  libertà  di  navigare,  di  provvedere  a  che  il  regolamento  sta- 
bilito per  tutelare  T  esercizio  di  co  testa  libertà  sia  mantenuto  ed 
osservato. 

Cmnpetenza  per  le  controversie 
circa  la  navigazione  fluviale. 

872.  —  La  soluzione  di  ogni  controversia  d'interesse  intema- 
zionale relativa  alla  navigazione  dei  fiumi  intemazionali,  o  che 
possa  nascere  in  occasione  della  violazione  o  della  inosservanza 
delle  regole  di  Diritto  intemazionale,  che  concernono  il  regime  e 
l'amministrazione  dei  fiumi  suddetti,  dovrà  essere  deferita  ad  una 
Commissione  internazionale  permanente,  o  ad  un  tribunale  spe- 
ciale formato  non  dai  soli  rappresentanti  degli  Stati  frontisti,  ma 
da  quelli  altresì  degli  altri  Stati. 

873.  —  Le  controversie  che  potrebbero  essere  originate  da 
fatti  dei  privati  occasionati  da  qualunque  avvenimento  o  acci- 
dente di  navigazione  nell'una  o  nell'altra  sezione  del  fiume,  o  per 
l'inosservanza  del  regolamento  speciale  fatto  da  ciascuno  degli 
Stati  frontisti,  saranno  deferite  ai  tribunali  dello  Stato  cui  appar* 
tenga  la  sezione  del  fiume,  ove  tale  fatto  o  tale  violazione  di  rego- 
lamento sia  avvenuto. 

Questa  regola  tende  a  stabilire  quello  che  dev^essere  reputato  di  competenza 
della  Commissione  intemazionale,  e  quello  che  dev^essere  di  competenza  del- 
Tautorità  territoriale.  Non  si  potrebbe  giustificare  una  giurisdizione  intema- 
zionale per  qualsiasi  fatto  accaduto  nel  corso  di  un  fiume  internazionale.  Ogoi 
qualvolta  che  tali  fatti  per  la  loro  natura  non  possano  essere  considerati  come 
fatti  dMnteresse  intemazionale,  e  soggetti  come  tali  al  Diritto  intemazionale, 
è  ragionevole  Tammettere,  che  debbano  essere  sottopost!  alle  autorità  terri- 
toriali amministrative  o  giudiziarie,  non  potendo  giustificare  a  riguardo  di  es^i 
la  creazione  di  una  giurisdizione  internazionale  speciale  che  surroghi  le  giu- 
risdizioni territoriali  ordinarie. 

Fiume  navigabile  che  scorra  pel  tefriforio 

di  un  solo  Stato. 

874.  —  Un  fiume  navigabile,  benché  scorra  interamente  attra- 
verso il  territorio  di  uno  Stato,  dovrà  ritenersi  soggetto  alle  stesse 


TUdo  L  •  Regoìe  itittrnazionali  circa  le  cose  comuni  377 

regole  dei  fiumi  intemazionali  e  del  mare  libero,  a  riguardo  di 
quella  parte  di  esso  che  si  trovi  oltre  le  acque  territoriali  dello 
Stato,  e  tali  regole  dovranno  essere  applicate  per  quello  che  con- 
cerne la  libertà  di  navigarvi  e  di  esercitarvi  la  pesca. 

Lo  Stato  a  cui  appartengono  le  rive,  tra  le  quali  scorre  un  fiume  naviga- 
bile, non  può  avere  il  possesso  giorìdico  delle  acque  oltre  la  frontiera  marit- 
tima, vale  a  dire  oltre  tre  miglia  a  contare  dalla  costa.  Conseguentemente  si  deve 
ammettere  che  la  sovranità  non  possa  impedire  alle  navi  che  volessero  entrare 
dalla  parte  del  mare,  per  navigare  pel  fiume  in  quella  parte  al  di  là  della  fron- 
tiera marittima,  di  poterlo  fare  liberamente,  o  per  esercitarvi  la  pesca,  o  per 
occupare  unMsola  che  si  sia  formata  lungo  il  corso  di  esso,  o  per  qualsisia 
altra  ragione.  D  fiume  navigabile,  anche  quando  corra  pel  territorio  d'un  solo 
Stato,  dev''es8ere  assimilato  al  mare  libero.  Detto  fiume  non  potendo  servire 
al  commercio  internazionale,  non  potrebbe  essere  assoggettato  agli  stessi  rego- 
lamenti che  devono  applicarsi  ai  fiumi  intemazionali  per  tutelare  la  libertà 
del  commercio  intemazionale.  Può  senza  dubbio  reputarsi  contro  i  principi! 
di  nn^illuminata  polìtica  e  contro  gl'interessi  economici  dello  Stato  stesso  l'osta- 
colare il  commercio  pel  fiume  navigabile,  ma  non  può  sostenersi  che  la  sovra- 
nità non  abbia  diritto  di  applicare  al  commercio  fatto  nelle  sue  acque  terri- 
toriali fluviali  quei  principii  che  essa  stimi  migliori,  e  senza  subire  quelle 
limitazioni  che,  nell'interesse  comune  della  libertà  del  commercio  intemazio- 
nale, devono  ritenersi  imposte  a  tutti  gli  Stati  frontisti  ed  a  ciascuno  di  essi 
a  riguardo  dei  fiumi  intemazionali. 

875.  —  Lo  Stato  a  cui  appartengono  le  due  rive,  tra  le  quali 
corra  il  fiume  navigabile,  potrà  assoggettare  la  navigazione  nelle 
acque  territoriali  e  l'esercizio  de!  commercio  nei  porti  aperti  lungo 
il  percorso  del  fiume,  ai  regolamenti  da  esso  promulgati. 

Ogni  diritto  spettante  alla  sovranità  del  medesimo  sulla  parte 
del  fiume  che  si  trova  dentro  i  limiti  della  sua  frontiera  dovrà 
rimanere  sommesso  alle  stesse  regole  che  concernono  i  diritti  della 
sovranità  di  ciascuno  Stato  sulle  acque  territoriali. 

Navigazione  dei  fiumi  internazioìiali 
secondo  il  Diritto  positivo. 

876.  —  Salvo  l'applicazione  dei  principii  del  Diritto  comune 
in  tutti  quei  casi  nei  quali  non  sia  stato  provveduto  con  trattato 
a  regolare  la  navigazione  di  ciascheduno  dei  fiumi  intemazionali, 
tutto  quello  che  concerne  la  libertà  di  navigazione  di  ciascun 
fiume,  il  regolamento  dei  diritti  spettanti  agli  Stati  separati  o 


378  Libro  IIL  -  DeUe  cose  e  dei  beni 

attraversati  da  esso,  dovrà  reputarsi  sommesso  ai  trattati  speciali 
stipulati  ed  ai  regolamenti  relativi. 

877.  —  In  tutti  quei  casi  nei  quali  non  sia  stato  provveduto 
mediante  il  trattato,  o  il  regolamento,  o  nei  quali  occorra  di 
dover  interpretare  le  disposizioni  stipulate  nei  trattati,  o  concor- 
date nei  regolamenti,  ogni  controversia  dovrà  essere  risoluta  nel 
senso  il  più  favorevole  al  princìpio  della  libertà  della  navigazione 
e  del  commercio  internazionale. 

878.  —  Incombe  alle  Commissioni  intemazionali  istituite  per 
provvedere  all'esecuzione  delle  disposizioni  stipulate  nei  trattati 
l'elaborare  senza  ritardo  i  regolamenti  di  navigazione  e  di  polizia 
fluviale,  coirintendimento  di  assicurare  la  navigabilità  del  fiume 
e  di  fissare  le  tariffe  generali  circa  i  diritti  di  navigazione  e  prov- 
vedere alla  polizia ,  all'  amministrazione ,  alla  sorveglianza  ed  a 
quant'altro  possa  essere  richiesto  nell'interesse  comune  per  facili- 
tare la  navigazione  e  favorire  la  libertà  del  traffico  e  del  commercia 

I  trattati  che  sono  stati  stipulati  per  regolare  la  na?igazione  dei  diversi  finmi 
intemazionali  sono  parecchi,  e  Tesporre  le  regole  di  Diritto  positivo  secondo 
i  medesimi  riuscirebbe  lungo  e  complicato.  Alcune  notizie  circa  i  più  impor- 
tanti fiumi  trovansi  nel  li  volume  della  mia  Opera  :  Trattato  di  Diritto  inter' 
nazUmaU  pubblico,  §§  805  e  seg.,  ed  in  appendice  ivi  si  trova  un  elenco  dei 
principali  atti  relativi  alla  navigazione  dei  fiumi  intemazionali  e  loro  princi* 
pali  affluenti.  Uno  degli  atti  più  importanti  nel  quale  trovansi  consacrati  i 
principii  più  liberali  in  materia  di  navigazione  fluviale  è  Tatto  generale  e 
finale  della  Conferenza  di  Berlino  del  S  febbraio  1885,  del  quale  il  capitolo  IV 
e  Y  contengono  le  regole  concordate  per  la  navigazione  del  Congo  e  del  Niger. 
Vedi  Catellani,  Le  Colonie  e  la  Conferenza  di  Berlino^  conf.  Calvo,  DroU 
intemationàl,  §§  308  e  seg.;  Enoklbardt,  Du  regime  conventionnH  des  fiewM 
intemaHonaux;  Bonfils,  Manuel  de  Droit  intem.  public,  §§  520  e  seg.,  e  gli 
autori  ivi  citati;  Pradier-Fodéré,  tom.  2^  §§  682,  757  ;  Hivier,  Pnnc.  de  DroU 
de8  gene,  tom.  1^,  pag.  220  e  seg. 

Canali  navigabili  artificiali. 

879.  —  I  canali  navigabili  artificialmente  scavati  per  servire 
alla  navigazione  internazionale,  anche  quando  scorrano  per  tutta 
la  loro  lunghezza  attraverso  il  territorio  di  un  solo  Stato,  devono 
reputarsi  sommessi  alle  regole  di  Diritto  intemazionale,  che  gareii- 
tiscono  la  libertà  della  navigazione. 


Titolo  L  '  Regole  iniernaziofholi  circa  le  cose  comuni  ^'^ 

Il  più  importante  canale  marittimo  interoceanico  aperto  al  commercio  inter- 
nazionale ò  quello  di  Saez,  il  quale  rappresenta  una  delle  opere  più  prodi- 
giose compiute  nel  secolo  nostro,  ed  è  stato  scavato  nel  territorio  egiziano. 
Evvi  inoltre  il  canale  di  Corinto,  costruito  nel  territorio  greco  ed  aperto  il 
94  agosto  1893,  ma  che  non  ha  la  stessa  importanza  internazionale.  Quello 
di  Panama,  destinato  a  congiungere  l'Oceano  Atlantico  con  TOceano  Pacifico, 
non  ha  potuto  essere  condotto  a  termine.  Eyvì  finalmente  il  canale  di  Kiel, 
per  riunire  la  baia  dello  stesso  nome  coirimboecatura  dell'Elba. 

880.  —  I  diritti  della  sovranità  alla  quale  appartiene  il  terri- 
torio percorso  dal  canale,  e  quelli  spettanti  agrintraprenditori  che 
lo  abbiano  costruito,  devono  essere  subordinati  all'interesse  gene- 
rale di  servirsi  di  tale  mezzo  di  comunicazione  per  {trasporti  e 
il  commercio  intemazionale.  Salvo  quindi  i  diritti  di  giurisdizione 
spettanti  alla  sovranità  territoriale  secondo  il  Diritto  comune,  e 
quelli  che  devono  essere  attribuiti  ai  concessionari  in  forza  del 
contratto  che  regolò  Tintrapresa,  tutto  quello  che  concerne  il  libero 
uso  del  canale  sulla  base  del  principio  di  perfetta  eguaglianza 
deve  essere  stabilito  d'accordo  e  rimanere  sotto  la  protezione  ed 
il  controllo  degli  Stati  che  abbiano  interesse  a  servirsi  del  canale 
per  le  utilità  della  navigazione. 

881.  —  Lo  stabilimento  delle  regole  adatte  a  garantire  il  libero 
uso  di  un  canale  navigabile  ed  a  conciliare  gl'interessi  generali 
di  tutti  gli  Stati  di  servirsene  per  i  bisogni  del  commercio  Inter- 
nazionale  coi  diritti  spettanti  alla  sovranità  territoriale,  dev'essere 
riservato  ad  una  Conferenza  o  ad  una  Commissione  intemazionale. 

n  regime  della  navigazione  nel  Canale  di  Suez  è  stato  concordato  in  seguita 
allMniziativa  presa  dalla  Gran  Brettagna,  che  propose  la  riunione  d'una  Con- 
ferenza delle  Potenze  interessate,  per  stabilire  un  regolamento  convenzionale 
adatto  a  garentire  la  libertà  di  navigazione  in  tempo  di  pace  e  in  tempo  di 
guerra.  Tale  iniziativa  fti  notificata  in  via  diplomatica,  colla  circolare  del  3  gen- 
naio 1883  di  Lord  Granville.  Il  17  marzo  1885  fh  poi  sottoscrìtta  a  Londra 
la  dichiarazione  seguente,  colla  quale  fii  nominata  una  Commissione  per  pre- 
parare un  progetto  di  regolamento:  *  Considérant  que  les  Fuissances  sont 

*  d*accord  pour  reconnàitre  Turgence  d*une  négociation,  ayant  pour  but  de 

*  consacrer  par  un  acte  eonventionnel  rétablissement  d*un  regime  définitif^ 

*  destinò  à  garantir,  en  tout  temps  et  à  toutes  les  Fuissances,  le  libre  usage 
'  du  Canal  de  Suez,  il  est  convenu,  entre  les  sept  Gouvemements  précités, 

*  qu'une  Commission  composée  de  déléguès  nommés  par  les  dits  Gouveme- 

*  menta  se  rénnira  à  Farìs  le  80  mars  pour  préparer  et  rediger  cet  acte,  en 

*  prenant  pour  base  la  circulaire  du  Gouvemement  de  S.  M.  Britannique  du 

*  8  janvier  1883  ,.  Vedi  il  cenno  fettone  in  appendice. 


380 


Libro  III,  '  Delie  cose  e  dei  beni 


882.  —  Incombe  agli  Stati  il  provvedere  a  che  i  canali  marit- 
timi artificiali  siano  ognora  liberi  ed  aperti  al  commercio  in  tempo 
di  pace  e  in  tempo  di  guerra,  mantenendo  il  principio  di  per- 
fetta eguaglianza  rispetto  alle  navi  di  ogni  paese  ed  eliminando 
ogni  privilegio  ed  ogni  vantaggio  che  potesse  essere  stabilito  con 
particolari  accordi,  e  il  provvedere  inoltre  a  prevenire  qualunque 
ostacolo  da  parte  della  sovranità  territoriale  riguardo  alla  piena 
libertà  della  navigazione,  e  il  riservare  i  diritti  ad  essa  spettanti 
subordinatamente  però  alla  tutela  degl'interessi  generali. 

n  regime  convenzioDale  del  Canale  mariUimo  di  Suez  stabilito  Jn  seguito 
alla  Conferenza  riunitasi  a  Parigi  nel  1885,  e  che  trovasi  consacrato  nel  trat- 
tato sottoscritto  a  Costantinopoli  il  29  ottobre  1888,  corrisponde  coirpleta- 
mente  ai  principii  della  scienza  ed  aUe  esigenze  della  libertà  del  comn  ercio 
internazionale.  In  forza  di  detto  trattato  non  solo  fa  provveduto  a  tutelare 
Tuso  libero  del  Canale  di  Suez  in  tempo  di  pace  e  in  tempo  di  guerrp  senza 
distinzione  di  bandiera,  ma  fu  altresì  provveduto  a  mantenere  saldo  il  prin- 
cipio di  eguaglianza  per  quello  che  potesse  concernere  il  libero  uso  del  canale, 
avendo  le  Potenze  che  sottoscrissero  il  trattato  assunto  formale  impegno  che 
non  avrebbero  cercato  di  ottenere  vantaggi  territoriali  o  commerciali,  né  pri- 
vilegi mediante  gli  accordi  intemazionali  che  potessero  in  seguito  aver  luogo 
riguardo  al  canale  (art.  12). 

'  Les  Hautes  Parties  contractantes  convìennent,  par  application  du  principe 
d^égalité  en  ce  qui  concerne  le  libre  nsage  dn  canal,  principe  qui  forme  Tune 
des  bases  du  présent  traité,  qu'aucune  d'elles  ne  recherchera  des  avantages  ter- 
ritoriaux,  ou  commerciaux,  ni  des  priviléges  dans  les  arrangements  interna- 
tionauz  qui  pourraient  intervenir  par  rapport  au  canal.  Sont,  d'ailleurs,  réservés 
les  droits  de  la  Turquie  comme  Pnissance  territoriale.  , 

883.  ^  Le  tasse  di  transito,  di  pilotaggio,  di  rimorchio  e  via 
dicendo,  gravanti  sulle  navi  che  usino  di  un  canale  artificiale, 
devono  essere  stabilite  con  moderazione  e  reputarsi  destinate  a 
rimunerare  i  capitali  impiegati  per  la  costruzione  del  canale  e 
a  coprire  le  spese  occorrenti  per  mantenere  il  canale  in  condi- 
zione di  navigabilità. 


Libertà  degli  Stretti. 

884.  —  Gli  stretti  che  mettono  in  comunicazione  I  mari  aperti 
al  commercio,  o  il  mare  con  un  fiume  intemazionale,  devono 
essere  reputati  tra  le  cose  comuni,  ammettendo  a  riguardo  di  essi 


Titolo  I.  '  Regole  internazionali  circa  le  cose  comuni 


381 


il  diritto  di  usarne  liberamente  da  parte  di  tutti  coloro  che,  per 
ì  bisogni  della  navigazione  e  del  commercio,  ne  intendano  profittare. 
886.  —  Nessuna  sovranità  potrà,  senza  violare  il  Diritto  inter* 
nazionale,  disconoscere  la  libertà  di  accesso  e  di  transito  negli 
stretti,  0  considerarli  nel  suo  dominio,  anche  quando  ad  essa 
appartengano  le  sponde  e  possa  di  fatto  inibirne  colla  forza  Tuso. 

886.  —  Dovrà  essere  reputato  in  opposizione  al  Diritto  inter- 
nazionale l'assoggettare  le  navi  che  attraversino  uno  stretto  a 
pagare  al  Sovrano,  cui  appartengono  le  sponde,  una  qualsiasi 
forma  di  contribuzione  che  possa  avere  il  carattere  di  tassa  di 
passaggio,  salvo  che  tale  contribuzione  non  debba  essere  repu* 
tata  il  correspettivo  dei  servigi  che  venissero  prestati  e  delle  spese 
che  fosse  necessario  di  fare,  a  fine  di  rendere  lo  stretto  atto  alla 
navigazione. 

887.  —  Ogni  contribuzione,  quando  possa  essere  giustificata 
a  norma  della  regola  precedente,  dovrà  essere  mantenuta  negli 
stretti  limiti  del  correspettivo  dell'indennità  dovuta  pei  servigi 
reali  e  per  le  spese  effettive  fatte  per  rendere  lo  stretto  navi- 
gabile, in  maniera  da  escludere  alla  retribuzione  il  carattere  di 
tassa  di  passaggio. 

888.  —  Uno  Stato,  che  a  titolo  di  retribuzione  e  d'indennità 
riscuotesse  una  contribuzione  non  proporzionata  ai  servigi  da  lui 
resi,  potrà  essere  costretto  a  far  cessare  tale  abuso  ed  a  limitare 
le  sue  pretese  secondo  l'equità,  e  come  potrà  essere  determinato 
in  virtù  di  un  arbitrato. 


Limitazione  alla  libertà  degli  Stretti. 

889.  —  Non  viola  il  Diritto  intemazionale  uno  Stato,  il  quale 
regoli  la  navigazione  in  uno  stretto  in  maniera  da  tutelare  la 
propria  sicurezza  e  da  provvedere  alla  propria  difesa  durante  lo 
stato  di  guerra. 

Tale  diritto  deve  ammettersi  massimamente  rispetto  agli  stretti 
che  mettono  in  comunicazione  un  mare  libero  con  un  mare  chiuso. 


382  Libro  UL  •  DeUe  cou  e  M  Imi 

890.  —  H  diritto  di  passaggio  delle  navi  da  guerra  per  gli 
stretti  del  Bosforo  e  dei  Dardanelli  deve  rimanere  sommesso  alle 
convenzioni  stipulate  tra  l'Impero  Ottomano  e  gli  altri  Stati,  rela- 
tive aUa  oav^azione  pei  detti  stretti. 

La  navigazione  per  gli  stretti  del  Bosforo  e  dei  Dardanelli  fu  regolata  con 
la  convenzione  del  13  1  aglio  1841,  la  quale  fd  poi  richiamata  in  vigore  col 
Trattato  di  Parigi  del  30  marzo  1856  (art.  10)  e  modificata  colla  convenzione 
dello  stesso  giorno  annessa  al  detto  trattato  e  mantenuta  in  yigore  col  Trat- 
tato di  Londra  del  13  marzo  1871,  che  all'art.  2  cosi  dispone:  "  Le  principe 

*  de  la  clóture  des  dótroits  des  Dardanelles  et  du  Bosphore,  tei  quMl  a  été 

*  étahli  par  la  Convention  séparée  du  30  mars  1856,  est  maintenn,  avec  la 

*  facultó  pour  Sa  Majesté  Imperiale  le  Snltan,  d*ouvru:  les  dita  détroits  en 
'  temps  de  paiz  aux  bàtiments  de  guerre  des  Puissances  amies  et  aUiées,  dans 

*  le  cas  où  la  Sublime  Porte  le  jugerait  nécessaire  pour  sauvegarder  Texé- 
'  cution  des  stipulations  du  Traile  de  Paris  du  30  mars  1856  .. 


TUolo  11,  •  Delie  cote  che  nono  nel  pos$e$90  giuridico  dello  Stato         383 


TITOLO  n. 

Delle  ooae  ohe  sono  nel  poaaeaso  ffiuridioo 

di  olasouno  Stato. 

Territorio  dello  Sfato  e  sue  adiacenze. 

89L  —  n  territorio  pubblico  di  ciascuno  Stato  è  costituito 
dal  complesso  degli  immobili  riuniti  e  contigui  contenuti  dentro 
la  linea  di  confine  o  frontiera,  e  considerati  come  un  sol  tutto 
{universUas  veruni). 

802.  —  II  territorio  di  ciascuno  Stato  dev'essere  reputato  nel 
possesso  giuridico  esclusivo  della  sovranità,  alla  quale  spetta  il 
diritto  di  mantenerne  il  possesso  e  di  difenderlo  contro  tutti  gli 
altri  Stati,  e  di  dispome  nei  limiti  delle  leggi  costituzionali. 

Detto  territorio,  considerato  nella  sua  totalità,  o  come  un^i^ni- 
versitasy  dev'essere  sommesso  all'imperio  della  sovranità  per  tutto 
quello  che  concerne  il  godimento  e  l'esercizio  dei  diritti  interna- 
zionali di  essa  ne'  suoi  rapporti  colle  sovranità  straniere. 


Limiti  del  territoìno. 

893.  —  I  limiti  del  territorio  di  ciascuno  Stato  sono  naturali 
'e  convenzionali. 

I  limiti  naturali  possono  essere  fissati  tenendo  conto  delle  linee 
di  demarcazione,  che,  secondo  la  natura  delle  cose,  segnano  le 
firontiere  naturali  delle  regioni  occupate  da  ciascun  popolo. 

I  limiti  convenzionali  sono  quelli  stabiliti  secondo  le  linee  di 
demarcazione  fissate  dai  trattati  e  distinte  mediante  segni  appa- 
renti collocati  tra  le  frontiere  dello  Stato  e  quelle  degli  Stati 
limitrofi. 


384  Libro  UL  •  DtUe  eaae  e  dei  beni 

Mancando  i  segni  apparenti  destinati  a  fissarli  e  volendo  pro- 
cedere alla  delimitazione,  si  dovrà  tener  conto  dei  confini  natu- 
rali per  delineare  il  confine  reale  di  ciascuno  Stato,  e  tale  deli- 
mitazione dovrà  essere  effettuata  a  giudizio  di  arbìtri. 

804.  —  Quando  occorresse  procedere  alla  delimitazione  con- 
templata alla  regola  precedente,  la  linea  di  demarcazione  delle 
frontiere  reali  sarà  fissata  con  le  seguenti  norme: 

a)  tener  presente  la  linea  matematica  per  tracciare  a  norma 
di  essa  i  confini,  ma  evitare  un  rigorismo  irragionevole  e  nocivo, 
tenendo  conto  delle  accidentalità  permanenti  del  terreno,  della 
qualità  delle  coltivazioni,  delle  esigenze  dell'agrìcoltunu  II  trac- 
ciato rigorosamente  designato  con  formole  matematiche  dovrà 
quindi  essere  subordinato  alle  considerazioni  di  equità; 

b)  non  complicare  le  questioni  colla  verifica  dei  confini  da 
lungo  tempo  stabiliti,  quantunque  siano  spariti  i  segni  apparenti, 
e  limitarsi  al  tracciamento  dei  limiti  in  quelle  parti  nelle  quali 
havvi  incertezza  effettiva  e  reale; 

e)  modificare  le  stesse  linee  tracciate  dalla  natura,  quando  ciò 
fosse  necessario  onde  non  smembrare  un  complesso  di  opere,  o 
quando  ciò  sia  suggerito  da  considerazioni  di  equità. 

Linea  di  confine  rispetto  ai  monti. 

895.  —  Qualora  due  Stati  fossero  separati  da  una  catena  di 
montagne  e  la  linea  di  confine  non  si  trovasse  determinata  da 
trattati  e  fissata  con  segni  apparenti,  si  dovrà  ritenere  che  a  cia- 
scuno dei  due  Stati  appartenga  il  versante  del  monte  situato  dalla 
sua  parte  sino  al  punto  culminante  o  vetta,  e  tener  presente  la 
linea  che  determina  lo  scolo  delle  acque,  per  fissare  il  confine 
dell'uno  e  deiràltro. 

Linea  di  confine  rispetto  ai  fiumi. 

806.  —  Ove  accada  che  due  Stati  siano  separati  da  un  flume^ 
e  che  questo  sia  comune,  la  frontiera  dell'uno  e  dell'altro  Stata 


Titolo  IL  -  Delle  cose  che  sono  nel  possesso  giuridico  dello  Stato         ^'^ 

frontista  dovrà  ritenersi  fissata  fino  alla  parte  media  del  fiume, 
secondo  la  linea  che  è  denominata  thalweg. 

Bisognerà  però  tener  presente  che  per  parte  media  del  fimne 
non  si  deve  intendere  quella  che  si  trova  ad  eguale  distanza 
dalle  rive,  ma  bensì  la  lìnea  che  divide  nel  mezzo  quella  parte 
del  fiume  che  è  la  più  profonda,  e  dove  la  corrente  è  più  rapida. 

Nella  pratica  non  si  può  determinare  tale  linea  con  precisione  matematica, 
tenendo  conto  di  tntte  le  deviazioni  del  letto  del  finroe,  e  della  varia  profon- 
dità nei  diversi  punti,  ma  per  determinarla  si  osserva  il  corso  dei  battelli  di 
più  grossa  portata. 

897.  —  Qualora  il  fiume  abbandonasse  il  suo  antico  letto,  e 
si  formasse  un  letto  ifuovo,  la  frontiera  dei  due  Stati  dovrebbe 
ritenersi  determinata  come  era  stata  precedentemente  fissata,  avuto 
riguardo  all'antico  letto.  Se  poi  si  fosse  verificato  un  successivo  e 
graduale  mutamento  nel  corso  del  fiume,  la  linea  mediana  dovrebbe 
ritenersi  spostata  e  ciascuno  dei  due  Stati  avrebbe  da  sopportare 
quelle  diminuzioni,  o  godere  quegli  accrescimenti  di  territorio  che 
sarebbero  la  necessaria  conseguenza  dello  stato  delle  cose. 

898.  —  Rispetto  alle  isole  che  venissero  a  formarsi  nel  corso 
del  fiume,  bisognerà  ammettere  che  esse  si  debbano  riguardare 
nel  possesso  giuridico  dello  Stato  a  cui  appartenga  la  parte  del 
fiume  in  cui  siano  formate,  e  quelle  poi  formate  nel  mezzo  della 
linea  mediana  dovranno  essere  attribuite  all'uno  o  all'altro  dei 
due  Stati  frontisti  per  quella  parte  che  si  trovi  nella  linea  di  con- 
fine che  li  separi. 


Beni  patrimoniali  di  ciascuno  Stato. 

899.  —  Tutte  le  cose  corporali  ed  incorporali  le  quali  appar- 
tengono al  Demanio  pubblico  o  che  formano  parte  del  patrimonio 
dello  Stato  devono  essere  considerate  nel  dominio  esclusivo  della 
sovranità. 

900.  —  Spetta  al  Diritto  pubblico  interno  di  determinare  la 
condizione  giuridica  delle  cose  che  formano  il  patrimonio  dello 
Stato ,  e  di  stabilire  se  il  loro  uso  e  godimento  debbano  essere 

26  —  Fiche,  Dir.  ifitern.  codif. 


386  Libro  III.  -  DOU  co$e  e  dei  beni 

attribuiti  agli  individui  tUi  singuli^  o  se  per  le  esigenze  sociali  e 
le  utilità  generali  debbano  essere  riservati  alla  sovranità,  o  alla 
persona  che  è  il  Capo  dello  Stato. 

La  distinzione  fatta  da  Giustiniano  tra  le  res  puhlicm  e  le  res  universitatii 
[ht.y  lib.  %  Ut.  1.)  8i  trova  adottata  nelle  legislazioni  moderne,  le  quali  am- 
mettono che  dei  beni  dello  Stato  di  alcuni  si  può  godere  ìUi  singtilus,  come 
accade  per  es.  delle  strade,  dei  porti  e  simili  ;  di  altri  si  può  godere  uti  cive» 
soltanto  e  non  uti  HnguluSt  come  accade  delle  fortezze,  degli  arsenali,  delle 
navi  da  guerra;  ma  tale  distinzione  può  interessare  il  Diritto  pubblico  intemo, 
secondo  il  quale  i  beni  dello  Stato  sono  distinti  in  beni  demaniali  e  beni 
patrimoniali,  e  questi  in  beni  patrimoniali  disponibili  e  indisponibili:  pel  Diritto 
intemazionale  tutto  ciò  è  indifferente. 

901.  —  Il  Diritto  internazionale  deve  tutelale  il  godimento  dei 
beni  demaniali,  o  patrimoniali,  appartenenti  a  ciascuno  Stato  di 
fronte  agli  altri  Stati,  e  deve  riconoscere  l'esercizio  esclusivo  dei 
diritti  spettanti  alla  sovranità  di  lui  su  tutte  le  cose  che  appar- 
tengono allo  Stato,  salvo  soltanto  le  giuste  limitazioni  che  pos- 
sono essere  richieste  per  tutelare  gl'interessi  generali  della  società 
intemazionale. 

902.  —  Dovranno  ognora  reputarsi  quali  beni  di  ciascuno  Stato 
le  strade  nazionali,  il  lido  del  mare,  le  spiagge,  i  fiumi  che  non 
debbano  reputarsi  aperti  alla  navigazione  intemazionale ,  i  tor- 
renti, i  porti  artificiali  o  naturali,  i  seni,  le  fortezze,  le  navi  da 
guerra  ed  in  generale  i  beni  che,  secondo  la  legge  costituzionale, 
costituiscono  il  Demanio  pubblico,  o  il  patrimonio  dello  Stato. 

Dovranno  annoverarsi  nella  stessa  categoria  i  beni  di  qualunque 
natura  che  a  qualunque  titolo  appartengono  al  fisco  o  al  Tesoro 
pubblico. 

La  sovranità  dello  Stato  per  provvedere  ai  bisogni  della  pubblica  ammini- 
strazione ed  alle  esigenze  della  finanza  concentra  nelle  sue  mani  una  somma 
di  valori,  cbe  essa  preleva  talvolta  dai  privati  colla  forma  di  contribuzioni 
obbligatorie  o  imposte:  talvolta  coll'attribuirsi  T esercizio  di  certi  diritti  e  di 
certi  privilegi  lucrativi,  come  sono  le  industrie  fiscali  e  i  monopoli:  talvolta 
col  prelevamento  di  una  parte  di  beni  spettanti  ai  privati,  come  accade  per 
tutti  quei  diritti  così  detti  di  regalla.  La  somma  di  tutti  i  suddetti  valori  co- 
stituiscono il  Tesoro  pubblico  ed  appartengono  al  fisco  che  lo  amministra  e  i 
detti  beni  formano  pure  parte  del  patrimonio  pubblico  appartenente  allo  Stato. 


Titolo  IL  -  Delle  cose  che  sono  nel  possesso  giuridico  dello  Stato         387 


Diritti  della  sovranità 
rispetto  al  ^patrimonio  dello  Stato. 

003.  —  Incombe  alla  sovranità  Tesercitare  i  suoi  diritti  sulle 
cose  demaniali  appartenenti  allo  Stato  e  su  quelle  altresì  che  co- 
stituiscono il  patrimonio  di  lui,  colle  giuste  limitazioni  che  devono 
ritenersi  imposte,  secondo  il  Diritto  intemazionale,  per  tutelare 
gl'interessi  generali. 

Quantnnqne  non  si  possa  contestare  che  alla  sovranità  di  ciascuno  Staio 
«petti  il  diritto  esclusivo  di  provvedere  al  migliore  godimento  de*  suoi  diritti 
patrimoniali,  deve  non  per  tanto  ammettersi  che  anche  tale  godimento  debba 
essere  messo  in  armonia  cogl'interessi  generali  delPumanità,  per  lo  che  deve 
la  sovranità  subire,  nelF  esercizio  de'  suoi  diritti  relativi  al  patrimonio  pub- 
blico, quelle  giuste  limitazioni  che  possono  ritenersi  richieste  per  Tordinata 
convivenza  degli  StatL 


Limitazione  dei  diritti  sulle  acque  territoriali. 

904.  —  Dovrà  reputarsi  in  opposizione  col  Diritto  internazio- 
nale il  rendere  oneroso  o  difficile  il  transito  delle  navi  mercan- 
tili per  le  acque  territoriali,  assoggettando  il  passaggio  delle  mede- 
sime a  leggi  e  regolamenti  vessatori. 

005.  —  Salvo  il  diritto  di  sorveglianza  e  di  controllo  dentro 
i  limiti  della  frontiera  marittima  per  tutelare  gl'interessi  del  fisco, 
incombe  alla  sovranità  dello  Stato  il  non  esagerare  il  rigore  dei 
regolamenti  doganali,  in  maniera  da  rendere  malagevole  e  diffi- 
coltoso Fuso  innocuo  delle  acque  territoriali. 

006.  —  Ciascun  Sovrano  può  inibire  a  coloro,  che  non  siano 
cittadini  dello  Stato,  di  profittare  dei  prodotti  sottomarini  nelle 
acque  territoriali,  e  tale  facoltà,  salvo  che  non  sia  stata  loro  accor- 
data mediante  trattato,  dovrà  ritenersi  dejure  esclusa  e  senza  che 
l'uso  contrario  e  la  tolleranza  da  parte  della  sovranità  territoriale 
possa  valere  a  stabilire  un  diritto  acquisito. 


388  Xiftro  III.  '  Delle  cose  e  dei  beni 


Cahottaggio  riservato  ai  cittadini. 

007.  —  Non  offende  il  Diritto  internazionale  uno  Stato  che^ 
volendo  riservare  ai  propri  cittadini  il  commercio  di  nolo  e  di 
cabottaggio  nei  propri  porti,  neghi  assolutamente  agli  stranieri 
di  esercitare  tale  commercio,  o  lo  gravi  con  tasse  onerose. 


Uso  delle  strade  e  delle  vie  di  comunicazione. 

008.  —  Nessuno  Stato  può,  senza  violare  il  Diritto  intema* 
zionale,  negare  l'uso  innocuo  delle  pubbliche  strade  agli  stranieri 
che  di  esse  vogliano  servirsi  come  mezzo  di  comunicazione  e  di 
transito  e  per  l'esercizio  del  commercio  pacifico. 

Compete  però  a  ciascuno  Stato  di  regolare  l'uso  ed  il  transito 
per  le  pubbliche  strade,  in  maniera  da  tutelare  i  propri  diritti  e 
provvedere  alla  sicurezza  ed  alla  difesa. 

000.  —  Viola  altresì  il  Diritto  internazionale  uno  Stato  che, 
senza  giuste  e  plausibili  ragioni,  si  opponga  a  che  siano  facili- 
tate le  comunicazioni  coi  paesi  stranieri. 

Questa  regola  tende  ad  ammettere  che  per  le  necessità  intemazionali  bene 
accertate  potrebbe  giustificarsi  anche  tra  gli  Stati  una  certa  tal  quale  serritù 
legale  di  passaggio,  nel  senso  cioè  che  ano  Stato  intermedio  non  possa  ritenersi 
autorizzato,  senza  commettere  un  arbitrio,  ad  attentare  al  diritto  spettante  a 
tutti  di  percorrere  liberamente  il  mondo,  ponendo  una  barriera  insonnontabile 
al  libero  sviluppo  delle  attività  intemazionali,  e  negando  un  passaggio  reputata 
necessario  ai  bisogni  del  commercio  internazionale.  Supposto  che  per  facili* 
tare  le  comunicazioni  internazionali  fosse  opportuno  di  costmire  un  tunnd  e 
che  uno  Stato,  senza  giustilìcate  ragioni,  nò  volesse  coi^trìbuire  alla  spesa,  né 
volesse  concedere  agli  Stati  interessati  di  costruirlo  a  proprie  apese.  Toppo- 
sizione  non  giustificata  da  parte  di  lui  dovrebbe  essere  reputata  un  arbitrio 
e  potrebbe  dar  luogo  alle  rimostranze  collettive  e  agli  espedienti  pacifici  indU 
retti  per  costringervelo. 


Uso  innocuo  degli  istmi. 

010.  —  Il  diritto  dell'uso  innocuo  delle  vie  di  comunicazione 
dovrà  essere  riconosciuto  anche  a  riguardo  degl'istmi,  sia  che 


Titolo  IL  -  Delle  cose  ehé  sono  nel  poBsewo  giuridico  dello  Stato         389 

essi  si  trovino  sul  territorio  di  uno  Stato,  sia  che  appartengano 
in  comune  a  più  Stati,  e,  salvo  il  diritto  di  regolare  con  leggi 
amministrative  e  finanziarie  il  passaggio,  dovrà  reputarsi  ognora 
arbitrario  il  riservarlo  ai  cittadini,  negandolo  agli  stranieri,  o  il 
renderlo  per  questi  eccessivamente  oneroso  e  gravoso. 


Uso  innocuo  delle  strade  ferrate. 

911.  —  Incombe  agli  Stati  che  si  trovano  nella  medesima 
parte  di  un  continente  il  riconoscere  che  le  linee  delle  strade 
ferrate,  che  mettono  capo  in  quelle  di  Stati  limitrofi,  devono  avere 
il  carattere  di  strade  internazionali  e  tutelare  il  diritto  che  tutti 
hanno  di  servirsi  liberamente  di  esse  per  i  bisogni  del  commercio 
e  per  percorrere  la  terra. 

912.  —  La  tutela  degl'interessi  intemazionali  esigo  che  le  strade 
ferrate,  che  mettono  in  comunicazione  uno  Stato  con  un  altro, 
siano  reputate  come  destinate  a  promuovere  lo  sviluppo  econo- 
mico e  morale  dei  popoli  civili,  e  che,  facendo  salvi  i  diritti  della 
sovranità  territoriale,  esse  siano  poste  sotto  la  protezione  del  Di- 
ritto intemazionale  per  quanto  concerne  il  libero  uso  pacifico  delle 
medesime;  la  regolarità  e  sicurezza  del  loro  esercizio;  la  facilità 
ed  economia  dei  trasporti,  e  la  garanzia  dei  diritti  privati. 

913.  —  Incombe  a  tutti  gli  Stati  che  si  trovino  nella  mede- 
sima parte  di  un  continente  attraversato  da  strade  ferrate  in  comu- 
nicazione, il  mettersi  d'accordo  a  fine  di  stabilire  un  regolamento 
intemazionale  che  assoggetti  a  norme  comuni  l'esercizio  delle 
medesime  e  i  trasporti  ferroviari  intemazionali. 

Regolamento  ferroviario  internazionale. 

914.  —  Il  regolamento  ferroviario  intemazionale  dovrà  rego- 
lare il  servizio  relativo  al  trasporto  dei  passeggeri  e  delle  mer- 
canzie; Tuniformità  delle  tariffe;  la  responsabilità  degl'intrapren- 
ditorì  dell'esercizio  del  servizio,  in  qualunque  caso,  per  ritardo, 


390  i,4bro  UL  -  DeUe  case  e  dei  beni 

avarie,  smarrimento  e  simili  ;  la  costruzione  dei  lavori  occorrenti 
nelle  zone  di  frontiera  degli  Stati  limitrofi  per  facilitare  il  ser- 
vizio ed  agevolare  il  traffico,  ed  il  riparto  delle  spese  a  ciò  ne- 
cessarie; l'escludere  qualunque  differenza  di  trattamento,  anche 
rispetto  a  coloro  che  non  siano  cittadini  degli  Stati  da  codesta 
strada  attraversati,  e  via  dicendo. 

916.  —  Il  regolamento  ferroviario  internazionale  concordato 
fra  gli  Stati  mediante  trattato  dovrà  reputarsi  obbligatorio  anche 
per  le  società  private,  che  avessero  a  loro  spese  costruite  le  strade 
ferrate,  o  che  avessero  il  monopolio  dell'esercizio  di  esse,  e  cia- 
scuno Stato  sarà  tenuto  a  costrìngere  le  società  medesime  ad  osser- 
varlo, 0  sarà  esso  medesimo  responsabile  per  tutte  le  conseguenze 
civili  che  potessero  derivare  dall'inosservanza  per  parte  delle  so- 
cietà, alle  quali  ne  fosse  stato  affidato  l'esercizio,  se  non  avesse 
efficacemente  provveduto  a  che  le  società  assuntrici  rispettassero 
il  regolamento  internazionale  e  che  potessero  essere  costrette  a 
mantenere  tutti  gl'impegni  secondo  esso  dallo  Stato  assunti. 

016.  —  Il  regolamento  ferroviario  internazionale  stipulato  con 
trattato  dovrà  essere  considerato,  per  tutto  quello  che  concerne 
la  sua  esecuzione,  sotto  la  tutela  giuridica  collettiva  degli  Stati 
uniti  mediante  la  ferrovia,  che  avessero  sottoscritto  il  trattato, 
e  le  controversie  nascenti  tra  i  medesimi  nella  esecuzione  do- 
vranno essere  deferite  ad  un  tribunale  arbitrale. 

Una  convenzione  pel  trasporto  delle  merci  in  ferrovìa  fa  conchiusa  a  Berna 
il  4  ottobre  1890  fra  TAustria-Ungheria,  Belgio,  Francia,  Italia,  Paesi  Bassi, 
Germania,  Russia,  Svizzera,  e  mediante  la  medesima  trovasi  stabilito  un  Diritto 
comune  tra  gli  Stati  firmatari,  per  regolare  il  contratto  di  trasporto  intema- 
zionale mediante  le  ferrovie,  alle  quali  si  riferisce  la  convenzione  conclusa,  e 
per  determinare  inoltre  la  responsabilità  delle  amministrazioni  e  le  regole  per 
esercitare  le  azioni  pel  rifacimento  dei  danni  patiti. 


Regole  circa  il  trasporto  delle  merci 
sulle  ferrovie  internazionali. 

917.  —  In  mancanza  di  trattato  speciale  che  regoli  i  trasporti 
internazionali  per  ferrovia,  i  principii  di  Diritto  comune  relativi 


Tìtolo  IL  -  DelU  cose  che  sono  nel  possesso  giuridico  dello  Stato         3^* 

al  contratto  di  trasporto  saranno  applicati  al  trasporto  della  merce 
sulla  ferrovia  internazionale,  dal  punto  di  spedizione  a  quello  di 
destinazione,  o  consegna. 

018.  —  Le  azioni  contro  Tamministrazione  della  ferrovia,  che 
nascono  dal  contratto  di  trasporto  e  sotto  le  stesse  condizioni 
richieste  per  il  legale  esercizio  delle  medesime,  potranno  essere 
esercitate  contro  le  singole  amministrazioni  di  una  ferrovia  inter- 
nazionale, le  quali  abbiano  partecipato  al  trasporlo  intemazio- 
nale della  merce. 

010.  —  V  amministrazione  della  ferrovia,  che  abbia  accettato 
il  trasporto  della  merce  con  la  lettera  di  spedizione,  è  responsabile 
dell'esecuzione  del  trasporto  per  tutto  il  percorso  internazionale 
fino  al  luogo  di  consegna  della  merce. 

Ciascuna  ferrovia  successiva  pel  fatto  medesimo  di  avere  spe- 
dita la  merce  colla  lettera  di  spedizione  primitiva,  diventa  com- 
partecipe nel  contratto  di  trasporto  ed  obbligata  alla  esecuzione 
del  medesimo  fino  al  luogo  di  destinazione  della  merce. 

020.  —  Le  amministrazioni  delle  strade  ferrate  successive  col 
fatto  stesso  di  avere  proseguito  il  trasporto  della  merce  perve- 
nuta con  la  lettera  di  spedizione  primitiva  saranno  ritenute  com- 
partecipi deir originario  contratto  di  trasporto,  ed  obbligate  di 

eseguirlo  in  conformità  della  lettera  di  spedizione  e  responsabili 
dell'esecuzione. 

021.  —  Le  azioni  contro  le  amministrazioni  delle  strade  ferrate, 
spettanti  allo  speditore  della  merce  o  a  colui  al  quale  la  merce 
sia  destinata  in  forza  del  contratto  di  trasporto  internazionale, 
potranno  essere  esercitate  o  contro  l'amministrazione  che  accettò 
primieramente  la  merce  con  la  lettera  di  spedizione,  o  contro  cia- 
scuna delle  amministrazioni  successive,  che  di  fatto  divenne  com- 
partecipe del  trasporto  intemazionale  o  contro  quella  sulla  Unea 
della  quale  si  sia  verificato  il  danno  occorso  nel  trasporto  della 
merce,  salvo  sempre  però  l'azione  di  ricorso  e  di  garanzia  delle 
anmiinistrazioni  compartecipi  fra  di  loro  per  la  responsabilità  di 
ciascuna  di  esse  e  l'obbligo  del  rifacimento  del  danno. 

L'azione  non  potrà  essere  esercitata  in* un  caso  e  nell' altro. 


393 


Libro  III.  '  DèUé  cote  e  dei  beni 


che  dinanzi  al  tribunale  competente  secondo  le  regole  dì  Diritto 
comune. 

922.  —  Le  amministrazioni  delle  strade  ferrate,  che  successi- 
vamente abbiano  partecipato  al  contratto  di  trasporto  interna- 
zionale, saranno  responsabili  dei  danni  risultanti  dalla  perdita 
(totale  o  parziale)  o  dall' avarìa  della  merce,  ciascuna  a  partire 
dalla  stazione  della  linea  ove  di  fatto  fu  accettato  il  proseguimento 
del  trasporto,  fino  al  punto  della  linea  appartenente  ad  altra 
Società,  ove  di  fatto  si  verificò  la  partecipazione  della  medesima 
al  trasporto.  Ciascuna  sarà  sgravata  della  propria  responsabilità, 
dando  la  prova  che  il  danno  sia  avvenuto  per  cagione  o  colpa 
dell'avente  diritto,  o  pel  fatto  dello  speditore  o  del  destinatario 
che  abbiano  modificato  in  corso  di  viaggio  le  condizioni  della  iet* 
tera  di  spedizione,  o  per  un  vizio  proprio  della  merce  (deteriora- 
mento, deperimento  naturale),  o  per  un  fatto  naturale  (gocciola- 
mento, colamento  ordinario),  o  per  caso  di  forza  maggiore. 

923.  —  Nel  caso  che  la  lettera  di  spedizione  designi  un  luogo 
di  destinazione  che  non  sìa  una  stazione  sulla  ferrovia,  il  contratto 
dì  trasporto  intemazionale  dovrà  reputarsi  perfezionato  ed  ese- 
guito  coirarrivo  della  merce  all'ultima  stazione  ferroviaria,  e  per 
quello  poi  che  concerne  l'ulteriore  trasporto  della  merce  al  desti- 
natario non  domiciliato  all'ultima  stazione  dì  destinazione,  dovranno 
essere  applicati  i  regolamenti  ferroviari  ivi  vigenti  per  la  consegna 
della  merce  e  la  responsabilità  dell'amministrazione  della  ferrovia 
destinataria. 

Le  regole. sopra  enunciate  trovano  il  loro  fondamento  snì  principi!  di  Diritto 
comune  relativi  al  contratto  di  trasporto.  Questo  deve  ritenersi  concluso  in 
conseguenza  del  fatto  stesso,  di  avere  cioè  accettato  una  merce  consegnata 
per  essere  trasportata  al  luogo  di  sua  destinazione  indicato  nella  lettera  di 
spedizione. 

U  capo  della  stazione  originaria,  il  quale  abbia  constatata  Vaccettazione  della 
merce,  apponendo  sulla  lettera  di  spedizione  il  timbro  della  ferrovia  che  porta 
la  data  dell'accettazione,  ha  così  concluso  il  contratto  di  trasporto,  ed  assunto 
l'obbligo  di  eseguirlo  o  di  farlo  eseguire  coi  mezzi  ordinari  :  per  lo  che  lo  spe- 
ditore  e  Tamministrazione  della  ferrovia  devono  rimanere  sommessi  alle  regole 
di  Diritto  comune  che  concernono  i  rapporti  contrattuali.  Lo  stesso  deve  essere 
detto  di  ogni  capo  di  stazione  ferroviaria  di  linea  successiva,  che  abbia  rice- 
vuto la  merce  con  la  lettera  di  spedizione,  e  che  abbia  apposto  il  timbro  della 


Titolo  IL  -  Delle  cose  che  eono  nel  poeseiso  giuridico  dello  Stato         308 

propria  stazione.  Egli  pure  così  constata  Taccettazione  della  merce  e  Tobbligo 
assanto  di  fame  proseguire  il  trasporto,  e  diventa  quindi  compartecipe  della 
esecuzione  del  contratto  e  responsabile  di  ogni  danno  che  possa  derivare  dalla 
inesecazione  o  dal  modo  di  esecnzione.  S'intende  benissimo  che,  siccome  Tara- 
ministrazione  della  strada  ferrata,  che  s'incarica  del  trasporto  originariamente 
0  come  compartecipe,  assume  sempre  la  posizione  di  vettore^  così  bisogna  am- 
mettere che  essa  deve  soggiacere  a  tutte  le  obbligazioni  alle  quali  deve  rima- 
nere sommesso  il  vettore,  e  che  debba  essere  responsabile  anche  del  fatto  de* 
suoi  dipendenti  e  di  qualunque  altra  persona,  a  cui  abbia  affidato  l'incarico 
di  eseguire  o  fare  eseguire  il  trasporto. 

924.  —  I  regolamenti  delle  singole  amministrazioni  ferroviarie, 
coi  quali  sia  esclusa  o  limitata  la  responsabilità  e  gli  obblighi 
dell'amministrazione  stessa  in  opposizione  dei  principii  di  Diritto 
comune  relativi  al  contratto  di  trasporto,  non  potranno  reputarsi 
efficaci  rispetto  ai  trasporti  ferroviari  internazionali,  i  quali,  in 
mancanza  di  regole  positive  stabilite  mediante  trattato,  devono 
essere  regolati  in  conformità  dei  principii  di  Diritto  comune  inter- 
nazionale, e  non  già  dei  regolamenti  delle  singole  amministrazioni 
che  abbiano  ad  esso  derogato. 

• 

Questa  regola  si  fonda  sul  concetto  che  i  trasporti  intemazionali  hanno  per 
la  natura  delle  cose  carattere  proprio  di  contratto  intemazionale.  Si  può  discu- 
tere di  fronte  alla  legge  di  ciascun  paese,  se  le  società  ferroviarie  possano  coi 
regolamenti  escludere  o  limitare  la  loro  responsabilità  in  opposizione  dei  prin- 
cipii sanzionati  dalla  legge  del  loro  paese  in  materia  di  contratto  di  trasporto. 
Alcune  legislazioni  negano  decisamente  tale  facoltà.  Così  ha  fatto  il  legislatore 
italiano,  il  quale  nel  nuovo  codice  di  commercio  ha  regolato  con  titolo  spe- 
ciale i  trasporti  ferroviari,  ha  determinata  la  responsabilità  delle  amministra- 
zioni ed  eliminato  ogni  equivoco  intorno  all'efficacia  giuridica  dei  regolamenti 
ferroviari  colla  seguente  disposizione: 

*  Art.  416.  Le  stipulazioni  che  escludono  o  limitano  pei  trasporti  per  strada 

*  ferrata  le  obbligazioni  e  le  responsabilità  stabilite  negli  articoli  393 ,  393, 

*  39é,  400,  402,  404,  405,  407,  408,  41 1  e  415,  sono  nulle  e  di  nessun  effetto, 

*  se  anche  fossero  permesse  da  regolamenti  generali  o  particolari,  salvo  che 

*  alla  limitazione  di  responsabilità  corrisponda  una  diminuzione  del  prezzo  di 

*  trasporto  stabilito  nelle  tariffe  ordinarie,  offerta  con  tariffe  speciali  ,. 

Supponendo  ora  che  tale  disposizione  non  si  trovasse  sancita  nella  legisla- 
zione di  un  paese  straniero,  e  che  Tamministrazione  della  ferrovia  abbia  coi 
reg<damenti  esclusa  la  sua  responsabilità  e  gli  obblighi  derivanti  secondo  il 
Diritto  comune  dal  contratto  di  trasporto,  a  noi  sembra  che  tali  regolamenti 
non  potrebbero  essere  efficaci  quando  si  trattasse  di  determinare  la  responsa- 
bilità nelVesecuziope  di  trasporti  internazionali. 

Questo  diciamo,  perchè,  siccome  il  contratto  pel  suo  oggetto  e  per  la  sua 
natura  ha  carattere  vero  e  proprio  di  contratto  internazionale,  cosi  le  contro- 
versie circa  la  responsabilità  del  vettore  che  avesse  accettato  di  fatto  Tincarico 
di  eseguire  o  di  fare  eseguire  il  detto  contratto  internazionale,  devono  essere 


3^  Libro  IIL  •  Delle  cose  e  dei  beni 

risolute  secondo!  principìì  del  Diritto  comune  internazionale,  e  non  già  alla 
stregua  dei  regolamenti  che  tutto  al  più  possono  essere  applicati  ai  contratti 
fatti  ed  eseguibili  airinterno  dello  Stato.  Certamente  per  eliminare  ogni  dissidio 
conviene  massimamente  che  gli  Stati  uniti  da  linee  ferroviarie  si  accordino 
nello  stabilire  un  Diritto  uniforme  in  materia  di  trasporti  internazionali.  Ripe- 
tiamo nonpertanto  che,  in  mancanza  di  una  convenzione  intemazionale,  giustizia 
esige  che  le  controversie  siano  risolute  fondandosi  sul  Diritto  comune. 


Uso  delle  linee  telegrafiche. 

925..  —  Incombe  a  ciascuno  Stato  il  considerare  le  linee  tele- 
gràfiche, che  comunichino  con  quelle  degli  Stati  limitrofi,  desti- 
nate a  mantenere  i  rapporti  della  vita  e  del  commercio  intema- 
zionale, e  la  sovranità  dovrà  esercitare  i  proprii  diritti  su  di  esse 
in  maniera  da  non  ledere  gl'interessi  generali. 

926.  —  L'uso  innocuo  delle  linee  telegrafiche  intemazionali 
dev'essere  protetto  dal  Diritto  internazionale. 

927.  —  Salvo  il  diritto  spettante  a  ciascuno  Stato  di  difen- 
dere i  suoi  diritti  di  sovranità  sulle  linee  telegrafiche  che  si  tro- 
vino sul  proprio  territorio ,  di  tutelare  i  propri  interessi  e  d'impe- 
dire che  il  telegrafo  sia  usato  a  danno  della  sicurezza  e  dell'ordine 
pubblico,  nessuno  di  essi  potrà  esercitare  i  propri  diritti  in  maniera 
da  offendere  il  diritto  spettante  a  tutte  le  persone,  senza  distin- 
zione, di  corrispondere  per  mezzo  dei  telegrafi  intemazionali. 

928.  —  Incombe  a  tutti  gli  Stati  11  mettersi  d'accordo  a  fine 
di  stabilire  una  legislazione  uniforme  per  l'esercizio  delle  linee 
telegrafiche.  A  ciascuno  Stato  poi  spetta  il  mettere  le  proprie 
leggi  in  armonia  con  le  norme  stabilite  mediante  l'accordo,  e  sarà 
responsabile  se  abbia  omesso  di  farlo. 

929.  —  Il  regolamento  per  l'esercizio  delle  linee  telegrafiche 
internazionali  dovrà  fissare  le  tariffe,  il  controllo,  le  priorità  per 
rapporto  ai  dispacci  dello  Stato  e  dei  pubblici  funzionari,  il  col- 
locamento e  la  conservazione  delle  linee,  e  provvedere  altresì  per 
impedire  la  distruzione  o  deteriorazione  delle  medesime,  e  via 
dicendo. 


Titolo  11.  -  Delle  cose  che  sono  nel  possesso  giuridico  dello  Stato         ^^ 

Mancando  tale  regolamento,  converrà  attenersi  a  riguardo  di 
tutto  ciò  alle  norme  secondo  il  Diritto  comune,  o  a  quelle  con- 
cordate con  trattati. 


Norme  per  V esercizio  internazionale  della  telegrafia. 

930.  —  Nessuna  linea  telegrafica  potrà  essere  collocata  od 
estesa  nel  territorio  di  uno  Stato,  senza  il  precedente  consenso 
della  sovranità  di  esso.  Salvo  quindi  il  diritto  di  porre  i  cavi 
sottomarini  in  alto  mare,  nessuno  potrà  proseguirli  nelle  acque 
territoriali  di  uno  Stato  senza  la  previa  autorizzazione  del  So- 
vrano di  esso. 

931.  —  Il  diritto  spettante  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato 
di  concedere  o  negare  l'autorizzazione  per  proseguire  un  tratto  di 
linea  telegrafica  dovrà  essere  reputato  compreso  in  quello  d'auto- 
nomia e  d'indipendenza  di  esso,  anche  quando  tale  tratto  di  linea 
telegrafica  fosse  necessario  a  congiungere  due  linee  internazio- 
nali. II  rifiuto  però,  non  giustificato,  da  parte  di  uno  Stato,  richie- 
sto dagli  altri  Stati  interessati,  dovrà  essere  riguardato  un  arbitrio 
e  potrà  legittimare  le  misure  indirette  e  le  rappresaglie  per  costrin- 
gerlo, quando  i  buoni  uffici  messi  in  opera  dagli  Stati  interessati, 
a  fine  di  ottenere  la  richiesta  autorizzazione,  non  conseguissero 
lo  scopo. 

932.  —  Qualora  una  linea  telegrafica  internazionale  fosse  di 
fatto  in  esercizio,  nessuno  dei  Governi  potrà  sospendere  Tuso  del 
tratto  di  linea  telegrafica  che  si  trovi  nel  territorio  dello  Stato, 
senza  darne  avviso  con  pubblica  comunicazione  ufficiale. 

933.  —  Il  diritto  di  sospendere  Tuso  del  tratto  di  linea  tele- 
grafica per  certe  date  corrispondenze,  o  per  tutte  le  corrispon- 
denze, dandone  pubblico  avviso,  potrà  in  ogni  caso  essere  attri- 
buito a  ciascuno  Stato  soltanto  pei  dispacci  che  arrivino  o 
che  partano  dal  proprio  territorio,  ma  non  potrà  estendersi  a 
quelli  di  transito,  né  a  quelli  diretti  tra  Stato  e  Stato  in  tempo 
di  pace. 


^9"  Libro  IH.  -  Delle  cose  £  dei  beni 


Violazione  dei  dispacci  di  transito. 

934.  —  Ciascun  Governo  dovrà  punire  la  violazione  del  segreto 
dei  dispacci  di  transito  colle  stesse  pene  comminate  per  la  vio- 
lazione di  quelli  all'interno  dello  Stato. 

935.  —  Incombe  altresì  a  ciascun  Governo  il  provvedere  in 
via  amministrativa,  quando  non  sia  il  caso  di  procedere  in  via 
penale,  per  impedire  qualunque  illegale  ed  arbitraria  intromis* 
sione  da  parte  dei  privati  nel  regolare  movimento  delle  linee 
telegrafiche  internazionali,  e  il  mettere  efficacemente  le  persone 
responsabili  in  grado  di  rispondere  per  qualunque  ritardo  volon- 
tario nel  movimento  telegrafico,  da  cui  ne  sia  derivato  un  danno. 


Cavi  sottomarini. 

936.  —  I  cavi  sottomarini  (cables),  per  la  parte  che  si  trovi 
al  difuori  delle  acque  territoriali  di  ciascuno  Stato,  devono  repu- 
tarsi sotto  la  protezione  del  Diritto  internazionale  per  tutto  quello 
che  concerne  lo  stabilimento  di  essi  e  la  loro  conservazione. 

937.  —  La  rottura,  o  deteriorazione  di  un  cavo  sottomarino, 
fatta  volontariamente  o  per  negligenza  colpevole,  e  che  possa 
avere  per  risultato  di  interrompere  o  d'impedire  in  tutto  od  in 
parte  le  comunicazioni  telegrafiche,  sarà  reputata  quale  violazione 
del  Diritto  intemazionale,  e  punibile  quando  abbia  i  caratteri  di 
delitto,  senza  pregiudizio  in  alcun  caso  dell'azione  civile  e  del- 
l'obbligo del  rifacimento  del  danno. 

938.  —  Incombe  a  ciascuno  Stato  il  riconoscere  che  per  la 
tutela  degl'interessi  generali  conviene  attribuire  alle  navi  militari 
di  qualunque  paese  il  diritto  di  reprimere  le  rotture  o  deteriora- 
zioni delittuose  dei  cavi  sottomarini  avvenute  in  alto  mare  e  l'ar- 
restare gl'individui  colpevoli  di  tali  reati,  o  presunti  tali,  per  farli 
giudicare  dai  tribunali  competenti,  secondo  le  regole  generali  circa 
la  giurisdizione  penale  rispetto  ai  reati  commessi  in' alto  mare. 


Titolo  IL  '  Delle  cose  che  sono  nel  possesso  giuridico  dello  Stato  ^' 

039.  —  Gli  Stati  che  sottoscrissero  la  Convenzione  per  la  pro- 
tezione dei  cavi  sottomarini,  conchiusa  a  Parigi  il  14  marzo  1884^ 
saranno  tenuti  all'osservanza  dei  patti  mediante  essa  stipulati,  il 
rispetto  dei  quali  dovrà  reputarsi  sotto  la  garanzia  collettiva  di  tutti 
gli  Stati  che  la  sottoscrissero,  o  che  vi  abbiano  fatto  adesione. 

La  Convenzione  del  14  marzo  1884  fu  sottoscritta  originariamente  dai  seguenti 
Stati:  Austria-Ungheria,  Argentina,  Belgio,  Brasile,  Colombia,  Costarica,  Dani- 
marca, Francia,  Germania,  Gran  Brettagna,  Grecia,  Guatemala,  Italia,  Paesi- 
Bas:$i,  Persia,  Perili,  Portogallo,  Romania,  Russia,  Salvador,  San  Domingo,  Scan- 
dinavia, Serbia,  Spagna,  Stati  Uniti,  Turchia,  Uruguay.  (Vedi  il  cenno  fattone 
in  appendice.) 


Smmzio  internazionale  della  Posta. 

940.  —  Ciascuno  Stato  è  tenuto  a  facilitare  lo  sviluppo  delle 
comunicazioni  postali  e  dovrà  esercitare  i  suoi  diritti  sovrani  su 
tale  pubblico  servizio  in  maniera  da  non  ledere,  e  con  Tintendi* 
mento  di  favorire  il  libero  scambio  delle  corrispondenze  inter- 
nazionali. 

941.  —  Nessuno  Stato ,  in  virtù  de'  suoi  diritti  di  sovranità 
territoriale,  potrà  reputarsi  autorizzato  ad  arrestare  il  movimenta 
postale,  o  a  violare  il  segreto  delle  lettere,  per  qualunque  si  sia 
grave  motivo  d'interesse  politico,  o  amministrativo. 

Potrà  soltanto  ammettersi  che  per  gravi  ragioni  di  ordine  pub-^ 
blico  un  Governo  possa  sospendere  la  spedizione  e  distribuzione 
dei  giornali,  dandone  però  avviso  con  tutti  i  mezzi  della  pubblicità» 

042.  —  Il  servizio  delle  poste  e  della  corrispondenza  fra  Stato 
e  Stato  dev'essere  riguardato,  per  quanto  concerne  il  libero  eser- 
cizio e  l'osservanza  delle  due  regole  precedenti,  sotto  la  prote- 
zione del  Diritto  internazionale. 

943.  —  Incombe  agli  Stati  che  sottoscrissero  la  Convenzione 
per  l'Unione  postale  del  1*  giugno  1878  e  Tatto  addizionale  del 
21  marzo  1886  ed  i  relativi  successivi  regolamenti,  ed  a  quelli  che 
in  seguito  vi  aderirono,  l'osservare  lealmente  i  patti  concordati, 
salvo  sempre  le  riserve  fatte  da  ciascuno  degli  Stati  stessi  al 


398 


Libro  III.  •  Delle  cose  e  dei  beni 


momento  della  sottoscrizione  del  trattato  originario  o  dell'atto 
di  accessione. 

La  Convenzione  postale  intemazionale  ha  proprio  il  carattere  d*nnione  uni- 
versale di  tutti  gli  Stati  civili  che  si  sono  accordati  a  regolare  Timportantt 
servizio  della  corrispondenza  intemazionale  nel  modo  il  più  conveniente  e 
meno  dispendioso.  Oltre  al  servizio  della  posta  ordinaria,  ha  formato  pure 
oggetto  di  accordo  lo  scambio  delle  lettere  con  valori  dichiarati;  io  scambio 
dei  vaglia  postali  e  dei  pacchi  postali,  ed  altresì  il  servizio  delle  riscossioni 
delle  cambiali  ed  effetti  di  commercio.  (Vedi  il  Trattato  del  21  marzo  1885.) 


Delle  imposte. 

944.  —  Le  imposte  formano  parte  dei  beni  appartenenti  allo 
Stato,  e  consistono  nel  complesso  delle  contribuzioni  obbligatorie 
che  la  sovranità  è  autorizzata  a  prelevare  dai  privati  per  prov- 
vedere ai  bisogni  dello  Stato. 

945.  —  Il  diritto  di  ricorrere  alle  imposte  per  le  esigenze  finan- 
ziarie dello  Stato  potrà  essere  liberamente  esercitato  da  ciascun 
Governo  in  conformità  del  Diritto  pubblico  del  proprio  paese,  e 
non  potrà  reputarsi  limitato  che  in  forza  dei  patti  stipulati  nei 
trattati  in  vigore  e  delle  regole  di  Diritto  internazionale. 

Tale  diritto  potrà  essere  esercitato  rispetto  ai  cittadini  e  rispetto 
agli  stranieri,  salvo  però  a  riguardo  di  questi  ultimi  l'osservanza 
dei  principii  del  Diritto  intemazionale  in  quello  che  limitano  l'auto- 
rità e  l'imperio  di  ciascuna  sovranità  rispetto  agli  stranieri. 

Non  potrebbe  reputarsi  conforme  ai  principii  del  Diritto  internazionale  Tas- 
soggettare  ad  una  forma  diretta  di  contribuzione  obbligatoria  gli  stranieri,  pel 
godimento  di  quelli  che  abbiamo  denominati  diritti  intemazionali  dell'uomo 
e  che  trovansi  esposti  al  titolo  X.  Confronta  pure  le  regole  231 ,  232.  Nelle 
legislazioni  moderne  le  diverse  forme  di  gravose  contribuzioni  imposte  agli 
stranieri  ed  indicate  colla  generale  denominazione:  Diritti  di  àUnnaggio,  sono 
state  abolite. 

946.  —  Dovrà  reputarsi  conforme  ai  principii  dell'equità  e  della 
giustizia  internazionale  il  non  assoggettare  al  pagamento  delle 
imposte  personali  che  gli  stranieri  soltanto  che  siano  stabiliti  nel 
territorio  dello  Stato,  e  il  non  esagerare  rispetto  alle  altre  imposte 
la  disparità  tra  i  cittadini  e  gli  stranieri,  ammettendo  questi  ad 


Titolo  IL  -  Delle  coae  che  sano  nel  possesso  giuridico  dello  Stato         3^ 

esercitare  41  commercio ,  ad  acquistare  la  proprietà ,  a  stare  in 
giudizio,  e  ad  ottenere  la  proiezione  e  sicurezza  delle  loro  per- 
sone e  dei  loro  beni,  senza  assoggettarli  ad  altre  tasse  od  impo» 
sizioni,  oltre  quelle  che  siano  poste  a  carico  dei  cittadini  dello 
Stato,  salvo  solo  quelle  ragionevoli  differenze  che  possono  essere 
reputate  il  correspettivo  della  protezione  da  essi  goduta  nello  Stato, 
e  dei  servigi  pubblici  a  tal  fìne  ad  essi  resi  dal  Governo. 


Sistema  doganale. 

d47.  —  Ogni  Stato  può  liberamente  colla  legislazione  doga* 
naie  regolare  le  importazioni  o  le  esportazioni  a  seconda  dei  cri- 
teri che  intende  preferire  riguardo  alla  libertà  del  commercio,  o 
alle  restrizioni  protezioniste,  e  può  inoltre  modijQcare  i  regola- 
menti doganali  a  favore  di  uno  o  più  Stati  mediante  trattati. 

948.  —  Non  viola  il  Diritto  internazionale  uno  Stato  che  in 
forza  dei  trattati  conceda  maggiori  favori  e  facilitazioni  ai  citta- 
dini di  uno  Stato  e  li  neghi  a  quelli  di  altri  Stati,  stabilendo  così 
una  disuguaglianza  di  trattamento  fra  gli  uni  e  gli  altri,  o  che  in 
mancanza  di  trattati  mantenga  la  regola  della  reciprocità  del 
trattamento. 

049.  —  Incombe  agli  Stati  il  riconoscere  la  reciproca  utilità  di 
allargare  le  unioni  doganali,  a  fine  di  provvedere  cosi  meglio  allo 
sviluppo  del  commercio  e  dell'industria,  e  il  favorire  la  divisione 
internazionale  del  lavoro  mediante  la  libertà  degli  scambi  e  la 
facilitazione  della  concorrenza  internazionale. 

Le  anioni  doganali  possono  riuscire  utili  tra  gli  Stati  che  abbiano  interessi 
omogenei  e  che  si  trovino  in  condizioni  non  molto  disparate  riguardo  ai  mezzi 
di  produzione,  di  circolazione  e  di  scambio.  Una  delle  più  importanti  e  pro- 
ficue unioni  doganali  è  stata  quella  conclusa  tra  gli  Stati  della  Germania,  che 
incominciò  col  Trattato  sottoscritto  dai  Governi  di  Monaco  e  Stuttgart  nel  1827, 
colla  denominazione:  Lega  bavarese.  (Vedi  per  la  storia  di  formazione  e  svi- 
luppo della  unione  doganale  degli  Slati  della  Germania,  denominata  Zollverein: 
Calvo,  Droit  internationah  tom.  I,  §§  79-80.) 

Un  progetto  di  Zollverein  americano,  posto  innanzi  dagli  Stati  Uniti  nella 
Conferenza  internazionale  americana,  riunita  a  Washington  nel  1890,  non  fu 
accolto  da  tutti  gli  Stati,  e  massimamente  vi  si  oppose  la  Repubblica  Argeoi* 
lina.  Vedi  Calvo,  opera  citata,  tom.  VI,  supplóment  general,  §  3i8. 


^^  Libro  IH.  -  DelU  cose  e  dei  beni 

Non  manca  chi  sostenga  rntiiità  di  un^nnione  doganale  europea  per  contro- 
bilanciare la  concorrenza  che  fa  all^Earopa  TAmerica  e  che  in  seguito  le  farà 
FAsia.  Vedi  in  questo  senso  Tarticolo  pubblicato  da  Molinari  nel  Journal  de» 
économi8tes,  1888. 

Un'istituzione  molto  utile  neirinteresse  del  commercio  internazionale  è  stata 
quella  effettuata  ad  iniziativa  del  Belgio ,  di  stabilire  cioè  mediante  accordo 
intemazionale  un  ufficio  residente  a  BruxeUes  per  la  pubblicazione  delle  tariffe 
doganali  di  tutti  gli  Stati  che  sottoscrissero  il  trattato.  Alla  Conferenza  riu- 
nita per  tale  oggetto  il  15-21  marzo  1888  furono  rappresentati  25  Stati,  ed 
in  seguito  poi  alla  Conferenza  del  luglio  1890,  la  Convenzione  per  la  crea- 
zione di  un'unione  internazionale  fu  sottoscritta  da  34  Stati,  e  l'uffizio  inter- 
nazionale fu  stabilito  a  Bruxelles  il  2  aprile  1891,  e  funziona  sotto  Talta  sor- 
veglianza del  Ministro  degli  affari  esteri. 

960.  —  Il  sistema  doganale  non  potrà  assumere  carattere  di  per- 
fetta unione  doganale,  se  non  che  quando  sia  soppressa  la  linea  do- 
ganale tra  gli  Stati  collegati  :  istituita  una  frontiera  daziaria  unica, 
là  ove  essi  siano  separati  dagli  Stati  non  appartenenti  alla  unione: 
promulgata  una  legislazione  uniforme  e  la  tariffa  daziaria  comune 
tra  gli  Stati  collegati  :  stabilita  l'unità  di  amministrazione  doganale. 

Tutto  ciò  potrà  essere  utilmente  stabilito  mediante  trattato  ti'a 
gli  Stati  che  abbiano  comunanza  d'interessi  commerciali. 


Sistema  doganale  imposto  ad  uno  Stato. 

951.  —  Nessuno  Stato  può  imporre  forzatamente  un  sistema 
doganale  ad  uno  Stato  più  debole,  costringendolo  a  sottoscrivere 
un  trattato  fatto  a  vantaggio  esclusivo  di  lui. 

952.  —  Uno  Stato  che  volesse  profittare  dell'esito  favorevole 
di  una  guerra  per  imporre  allo  Stato  vìnto  ed  impotente  a  soste- 
nere la  concorrenza  un  sistema  doganale  a  suo  vantaggio  esclu- 
sivo, commetterebbe  un  biasimevole  abuso  di  potere,  che  potrebbe 
giustificare  l'appoggio  morale  da  parte  degli  altri  Governi  in  favore 
dello  Stato  più  debole,  a  fine  d'impedire  una  condizione  dì  cose 
a  lui  rovinosa:  e  qualora  fossero  evidenti  e  certe  le  rovinose  con- 
seguenze economiche  per  lo  Stato  costretto  a  subire  le  condizioni 
del  vincitore,  questo  potrà  giustificare  l'ingerenza  collettiva  da 
parte  degli  altri  Stati  per  impedire  o  far  cessale  Io  stato  di  cose 
rovinoso. 


Titolo  IL  '  Delle  coee  che  sono  nel  possesso  giuridico  dello  Stato         401 

0 

Colonie. 

953.  —  Le  colonie  appartenenti  ad  uno  Stato,  finché  esse  siano 
nella  condizione  di  dipendenza,  devono  essere  reputate  quali  pos- 
sedimenti dello  Stato  a  cui  esse  appartengono  e  considerate,  ri- 
spetto alla  sovranità  di  esso,  nelle  medesime  condizioni  che  il 
territorio  o  i  suoi  accessori. 

954.  —  I  diritti  della  sovranità  rispetto  alle  colonie,  considerate 
quali  possedimenti  dello  Stato,  devono  rimanere  sommessi  alle  re- 
gole che  concernono  detti  diritti  riguardo  al  territorio  dello  Stato. 

Le  colonie,  come  ogni  altra  parte  del  territorio  dello  Stato,  sono  nel  pos' 
sesso  giuridico  della  sovranità  di  esso  II  territorio  coloniale,  fino  a  tanto  che 
sussiste  il  rapporto  che  unisce  la  colonia  alla  madre  patria,  è  nelle  medesime 
condizioni  che  ógni  altra  parte  di  territorio  sXìiniemo  dello  Stato  :  hdanà,  Gon- 
segnentemente  tutto  quello  che  concerne  Tesercizio  dei  diritti  sovrani  sotto 
il  punto  di  vista  finanziario  e  fiscale  nelle  colonie  deve  reputarsi  nel  campo 
del  Diritto  pubblico  intemo,  salvo  sempre  le  giuste  limitazioni  che  anche  all*in- 
temo  di  ciascun  paese  devono  ritenersi  fondate  sul  Diritto  internazionale.  Non 
bisogna  peraltro  confondere  colle  colonie  quei  territori  che  hanno  pure  un 
legame  di  dipendenza,  ma  che  non  è  quello  vero  e  proprio  coloniale,  ma  quello 
bensì  di  protettorato  o  altro. 

955.  —  Il  regime  amministrativo  ed  economico  dei  possedi- 
menti coloniali  di  uno  Stato  è  nel  dominio  esclusivo  del  Diritto 
pubblic.  di  ciascun  paese. 

056.  —  Nessuno  Stato  però  può,  senza  commettere  un  arbitrio, 
organizzare  il  regime  delle  colonie  che  ad  esso  appartengono,  in 
maniera  da  conculcare  i  diritti  intemazionali  dell'uomo,  che  non 
possono  essere  negati  ai  coloni  e  che  devono  essere  tutelati  dal 
Diritto  internazionale. 

957.  —  Viola  il  Diritto  internazionale  uno  Stato  che,  coirin- 
tendimento  di  profittare  oltre  la  giusta  misura  de'  suoi  possedi- 
menti coloniali,  sanzioni  colle  proprie  leggi  la  servitù  civile,  eco- 
nomica e  politica  dei  coloni,  e  che  conculchi  a  loro  danno  i  principi! 
di  Diritto  comune  dei  popoli  civili. 

Confronta  regole  94^96. 

058  —  Compete  ai  coloni,  che  siano  mantenuti  colla  vio- 
lenza e  colla  forza  nella  condizione  di  servitù  civile,  e  che  siano 

26  —  Fiore,  Dir,  interri,  codif. 


402  jAbro  III.  '  DeUe  cos$  $  dei  beni 

impotenti  a  respìngere  la  forza  maggiore,  il  diritto  di  invocare  la 
protezione  degli  altri  Stati,  a  fine  di  ottenere  la  tutela  dei  propri 
diritti  internazionali. 

Le  proposte  regole  tendono  ad  escludere  che  il  servaggio  delle  colonie,  cosi 
come  ò  stato  inteso  ed  immaginato  da  certi  Governi  che  sono  stati  spinti  dall'avi- 
dità mercantile  a  fondare  e  mantenere  le  colonie  per  arricchirsi  alle  spalle  dei 
coloni,  possa  essere  giustificato  coi  giusti  principi!  del  Diritto  moderno.  L'avere 
voluto  considerare  i  coloni  come  se  fossero  fuori  del  Diritto  comune  dei  popoli 
civili,  fino  al  punto  di  negar  ad  essi  il  libero  godimento  dei  diritti  deiruomo,  questo 
ha  potuto  valere  a  sostenere  la  politica  coloniale;  ad  organizzare  il  lavoro  nelle 
coionie  a  profitto  esclusivo  della  metropoli  ;  ad  attuare  il  monopolio  commerciale 
a  vantaggio  della  medesima,  e  a  mantenere  la  servitù  civile  e  politica  dei  coloni. 
Lo  sviluppo  della  civiltà  deve  però  condurre  naturalmente  ad  escludere  il 
sistema  di  assoggettamento  perpetuo  che  fu  detto  servitù  coloniale  ed  a  giu- 
stificare l'emancipazione  delle  colonie. 

Il  rapporto  tra  la  colonia  e  la  madre  patria  deve  reputarsi  nel  campo  del 
Diritto  pubblico  interno,  purché  però  esso  sia  mantenuto  senza  violare  colla 
forza  i  diritti  della  personalità  umana  e  i  diritti  intemazionali  delle  genti  inci- 
vili, nel  qual  caso  sorgerebbe  il  dovere  d'ingerenza  collettiva,  giusta  le  norme 
esposte  al  libro  I,  titolo  IX  (reg.  487494). 

Servitù  intemazionali. 

959.  —  La  servitù  internazionale  consiste  in  un  diritto  terri- 
toriale costituito  a  favore  dì  uno  Stato  straniero,  che  implichi  una 
limitazione  di  un  diritto  territoriale  che  secondo  il  Diritto  comune 
spetta  a  ciascuna  sovranità  a  riguardo  del  territorio  dello  Stato. 

Essa  non  può  essere  costituita  che  in  forza  di  un  titolo,  il 
quale  deve  essere  la  convenzione  espressa  o  tacita,  e  può  consistere 
o  in  non  f adendo  o  in  patiendo^  e  deve  ritenersi  fondata  e  regolata 
dal  titolo  da  cui  deriva. 

Non  ogni  forma  di  limitazione  dell'esercizio  dei  diritti  spettanti  alla  sovra- 
nità può  essere  reputata  una  servitù  intemazionale.  Gli  Stati  possono  infatti 
mediante  accordi  reciproci  stabilire,  regolare  e  modificare  l'esercizio  deTlbro 
diritti  rispettivi,  e  siccome  l'obbligazione  assunta,  quando  sia  efficace,  dev'essere 
esattamente  adempiuta,  così  ne  consegue  sempre  una  limitazione  della  libertà. 
Non  ci  sembra  quindi  esatto  il  concetto  di  coloro,  che  qualificano  servitù 
qual  si  sia  forma  di  limitazione  dell'autonomia.  Cosi  si  è  arrivati  a  sostenere 
che  l'obbligazione  assunta  dall'Italia  con  la  legge  delle  guarentigie  del  Papa 
e  della  Santa  Sede,  con  la  quale  essa  assunse  l'impegno  di  rispettare  l'indi- 
pendenza della  Chiesa  cattolica,  e  l'inviolabilità  del  suo  Capo,  costituisca  una 
specie  di  servitù  internazionale.  Menando  buono  l'inesatto  concetto  ne  se- 
guirebbe che  ogni  obbligazione  assunta  da  uno  Stato  o  mediante  atto  uni- 
laterale o  mediante  convenzione  in  forza  di  cui  si  dovesse  ammettere  una 


Titolo  IL  '  Delle  cose  che  sono  nel  possesso  giuridico  dello  Stato  *"^ 

limitazione  dei  diritti  di  autonomìa,  assumerebbe  il  carattere  di  servitù.  Ma 
allora  l'oggetto  della  servitù  sarebbe  la  sovranità,  lo  che  non  ci  pare  soste- 
nibile. Più  esatto  ci  sembra  l'ammettere  che  la  servitù  propriamente  detta 
implichi  invece  una  limitazione  dei  diritti  di  sovranità  territoriale,  in  virtù 
della  quale  lo  Stato,  rispetto  a  cui  la  servitù  è  costituita,  sia  tenuto  a  n&n  fare 
sul  territorio  soggetto  al  suo  imperio  quello  che  in  forza  della  sua  autonomia 
avrebbe  diritto  di  fare,  o  a  tollerare  e  soffrire  che  un  altro  Stato  faccia  sul 
territorio  qualche  cosa,  che  secondo  il  Diritto  comune  che  governa  l'esercizio 
dei  poteri  territoriali  delle  sovranità,  non  sarebbe  autorizzato  a  fare. 

La  servitù  quindi  riflette  sempre  un  rapporto  territoriale  e  consiste  in  una 
limitazione  dei  diritti  territoriali  della  sovranità. 

Go^,  a  modo  d'esempio,  è  la  servitù  di  non  ricostruire  fortezze  o  stabilimenti 
militari:  di  non  fortificare  una  data  località:  di  non  potere  armare  navi  da 
guerra:  di  non  potere  entrare  colle  navi  da  guerra  in  certe  parti  del  mare 
{servUus  in  non  f adendo).  Non  mancano  esempi  di  tali  servitù.  Troviamo  infatti 
che  certi  Stati  hanno  assunto  l'obbligo  di  demolire  le  fortezze  esistenti  in 
alcune  località,  e  che  è  stata  poi  ad  essi  imposta  la  servitù  di  non  poterle 
ricostruire.  Noi  non  consideriamo  l'obbligo  di  demolire  le  fortezze  come  una 
servitù;  perchè  il  fare  in  forza  di  un'obbligazione  assunta  mediante  trattato 
è  pure  una  limitazione  della  libertà,  ma  propriamente  è  l'esecuzione  dell'ob- 
bligazione, non  una  servitù,  la  quale  sussiste  come  limitazione  perpetua  di  un 
diritto  territoriale  della  sovranità,  finché  sussiste  il  titolo  in  virtù  del  quale 
fu  costituita.  Nel  trattato  di  Berlino  del  13  luglio  1878,  a  modo  d'esempio, 
troviamo  all'articolo  11  che  la  Bulgaria  assunse  l'obbligo  di  abbattere  nello 
spazio  di  un  anno  le  fortezze  e  di  non  poterle  fare  ricostruire.  L'abbattimento 
delle  fortezze  a  nostro  modo  di  vedere  ha  la  forma  di  obbligazione  assunta 
mediante  trattato,  l'esecuzione  della  quale  è  l'abbattimento  delle  fortezze.  La 
servitù  invece  è  l'obbligo  imposto  di  non  ricostruire,  che  sussiste  fino  a  tanto 
che  sussisterà  l'articolo  11  del  mentovato  trattato,  col  quale  la  servitù  di  non 
ricostruire  fu  stabilita,  cosi  come  la  servitù  imposta  alla  Francia  coll'art  9  del 
trattato  di  Utrecht  del  13  marzo  11  aprile  1713  di  non  potere  ricostruire  le 
fortezze  di  Dunkerque,  perdurò  fino  a  tanto  che  non  fu  annullata  coll'art.  17 
del  trattato  di  Parigi  àeì  3  settembre  1783. 

Vedi  altri  esempi  di  servitù  nel  trattato  di  Parigi  30  maggio  1814,  articolo  15: 
in  quello  del  30  marzo  1856,  articoli  13  e  14:  nella  convenzione  di  Londra  degli 
11  maggio  1867,  articoli  2, 3  e  5,  ecc.,  e  nel  trattato  di  Berlino  del  1878  passim. 

La  servitù  in  patiendo  implica  pure  una  modificazione  dei  diritti  patrimo- 
niali della  sovranità,  che  ò  tenuta,  finché  la  servitù  sussiste,  a  tollerare  che 
un'altra  sovranità  faccia  qualche  cosa  sul  proprio  territorio.  Così,  ad  esempiot 
eoll'art.  29  del  trattato  di  Berlino  (1878),  i^  imposto  al  Montenegro  di  soffrire 
<;he  TAustrìa  esercitasse  la  polizia  marittima  e  sanitaria  su  Antivari  e  il  lit* 
torale  del  Montenegro.  Confronti  :  Bonfils,  Manuel  de  Droit  international  public, 
%  338,  334,  e  Fiore,  Diritto  int,  pubUico,  3*  ediz.,  tom.  II,  §  850. 

060.  —  La  servitù,  come  ogni  altra  eccezione,  che  lìmiti  il  libero 
esercizio  dei  diritti,  non  può  reputarsi  stabilita  che  in  forza  di 
un  titolo,  e  deve  essere  interpretata  nel  senso  il  più  ristretto  e 
il  meno  lesivo  dei  diritti  territoriali  spettanti  allo  Stato  al  quale 
è  imposta. 


*^*'  Libro  111.  '  Delle  cose  e  dei  bent 

961.  —  Quando  la  servitù  debba  ritenersi  esistente,  dev'essere 
considerata  come  effettiva  e  permanente,  tanto  a  riguardo  dello 
Stato  obbligato  a  soffrirla,  quanto  riguardo  a  quello  cui  ne  com-» 
pete  il  godimento. 

962.  —  La  servitù  dev'essere  considerata  come  un  diritto  reale 
territoriale  permanente,  e  quindi  essa  -si  trasmette  attivamente  e 
passivamente  col  possesso  giuridico  del  territorio  a  cui  si  riferisce^ 
fino  a  tanto  che  sussiste  il  titolo  in  forza  del  quale  fu  costituita. 

963.  —  La  servitù  può  rimanere  estinta  colla  convenzione  con- 
traria, colla  rinunzia  espressa  o  tacita,  o  in  forza  della  risoluzione 
della  convenzione  colla  quale  fu  costituita. 

Essa  può  essere  estinta  altresì  con  la  confusione  della  sovranità 
territoriale,  vale  a  dire  colla  riunione  dei  due  territori. 

Della  comunione. 

964.  —  La  comunione  può  verificarsi  tra  due  Stati  che  abbiano 
simultaneamente  diritti  su  di  una  cosa  indivisibile.  Essa  importa 
l'onere  di  ciascuno  degli  Stati  in  comunione  di  non  fare  opere 
che  impediscano  e  modifichino  il  godimento  della  cosa  comune^ 
e  di  non  far  nulla  che  possa  pregiudicare  gl'interessi  rispettivi» 

Questa  regola  può  trovare  la  sua  applicazione  neir  ipotesi  che  un  ponte 
appartenga  a  due  Stati  limitrofi,  nel  qnal  caso  ciascuno  ha  diritto  di  usarne» 
e  di  vigilare  altresì  che  la  parte  spettante  alFaltro  non  sia  da  questi  deteriorata 
e  che  r  altro  faccia  quanto  occorre,  perchè  la  cosa  sia  conservata  nella  sua 
integrità  all^uso  cui  è  destinata. 

965.  —  La  comunione  importa  l'obbligo  reciproco  dei  due  Stati 
di  tollerare  tutte  le  conseguenze  che  derivano  naturalmente  dalla 
situazione  della  cosa  comune,  e  di  fare  quello  che  può  reputarsi 
indispensabile  per  mantenere  la  cosa  comune  nelle  condizioni 
richieste  dalle  finalità  cui  deve  essere  destinata. 

Questa  regola  può  trovare  la  sua  applicazione  nellMpotesi  che  due  Stati  siana 
separati  da  un  monte,  nella  quale  ipotesi  ciascuno  è  tenuto  a  tollerare  lo  scolo 
naturale  delle  acque  e  tutte  le  conseguenze  che  naturalmente  derivano  dalla 
situazione  delle  cose  e  dai  buoni  rapporti  tra  comunisti. 

La  regola  può  trovare  altresì  applicazione  ai  fiumi  che  dividono  due  Stali 
limitrofi. 


TUolo  IH,  -  Dèi  beni  appartenenti  ai  privati  405 


TITOLO  ni. 

i  beni  appartenenti  ai  privati. 


966.  —  I  beni  appartenenti  ai  privati,  di  qualunque  natura  essi 
siano,  devono  rimanere  sommessi  all'autorità  della  sovranità  ter- 
ritoriale,  rispetto  ad  ogni  rapporto  che  li  concerna,  e  che  inte* 
ressi  il  Diritto  pubblico  territoriale  o  il  Diritto  e  gl'interessi  sociali. 

n  Diritto  pubblico  ed  il  Diritto  sociale  determinano  resistenza  e  la  vita  di 
ciascnno  Stato  come  istituzione  politica,  ed  il  conservare  T autorità  di  essi 
salda  e  ferma,  e  l'impedire  qualsisia  violazione,  qualsisia  offesa,  qu&lsisia  deroga 
ai  principii  sanciti  secondo  il  Diritto  pubblico  e  il  Diritto  sociale,  devono  repu- 
tarsi il  massimo  e  principale  diritto  e  dovere  della  sovranità  di  ciascun  paese. 
Nessun  rapporto,  nessun  fatto,  nessun  atto  può  compiersi  nel  territorio  di  cia- 
scuno Stato,  qualora  sia  derogato  alle  regole  di  Diritto  pubblico  cbe  concer- 
nono le  persone,  i  beni,  o  gli  atti,  o  alle  regole  di  Diritto  sociale  che  concernono 
gl'interessi  comuni,  tra  le  quali  devono  ritenersi  comprese  quelle  ordinate  a 
mantenere  incolume  l'ordine  pubblico  e  il  buon  costume. 

967.  —  I  beni  immobili»  che  formano  parte  del  territorio  dello 
Stato,  ed  i  beni  mobili  che  nell'attualità  sul  medesimo  si  trovino 
devono  rimanere  sommessi  al  dominio  eminente  della  sovranità 
territoriale  dentro  i  limiti  però  determinati  nella  regola  precedente. 

968.  —  Nessuna  sovranità  potrà,  senza  violare  i  principii  del 
Diritto  internazionale,  assoggettare  alla  legge  territoriale  l'ordine 
6  la  misura  dei  diritti  privati  spettanti  agli  stranieri  sulle  loro 
cose  immobili  o  mobili  esistenti  nel  territorio  dello  Stato,  ed 
assoggettare  alle  dette  leggi  ogni  rapporto  di  qualunque  natura 
si  sia^  ed  ogni  diritto  su  qualsisia  titolo  fondato,  ma  dovrà  bensì 
riconoscere  l'autorità  delle  leggi  straniere  in  quello  che  esse  rego- 
lano l'ordine  e  la  misura  dei  diritti  e  dei  rapporti  privati  soggetti 
alla  loro  autorità  sulle  cose  ovunque  situate,  ogni  qual  volta  che 
applicando  dette  leggi  straniere  non  venga  derogato  al  Diritto 
pubblico  territoriale  o  al  Diritto  sociale,  e  salvo  il  principio  sta- 
bilito alla  regola  270. 

Le  regole  proposte  sono  il  riassunto  esatto  dei  principii  esposti  nella  mia 
opera:  Nuovo  Dir.  ini»  ptMlicOf  Milano  1865,  nella  quale  al  capitolo  Vili  si 


406 


Libro  111,  "  DélU  cose  e-dei  heni 


trovano  i  prìncipi!  fondamentali  circa  T  autorità  delle  leggi  di  Stati  diversi. 
Dopo  avere  stabilito  che  le  leggi  civili  di  ciascun  popolo,  in  quello  che  rego- 
lano i  rapporti  privati,  devono  avere  autorità  estraterritorìale,  è  detto  così 
a  pagina  133  :  *  Noi  non  possiamo  discorrere  del  Diritto  pubblico  di  cia- 
"  senno  Stato  nella  stessa  guisa  come  abbiamo  parlato  del  Diritto  privato. 
**  D  Diritto  pubblico  infatti  è  ordinato  alla  conservazione  dell'organismo  sociale» 

*  e  perciò  tutte  le  persone  e  le  cose  le  quali  si  trovano  nel  territorio  nazio- 
**  naie  devono  sottostare  ai  principi!  di  Diritto  pubblico  di  quello  Stato...  D 
'  diritto  di  ciascuno  Stato  a  regolare  la  vita  privata  de*  suoi  sudditi,  può  eser- 

*  citarsi  all'estero  finché  il  suo  uso  è  innocuo,  ossia  finché  non  contrasta  coi 

*  principii  di  Diritto  pubblico  di  quello  Stato. 

'Da  quanto  abbiamo  detto  ne  segue  che  la  condizione  e  la  capacità  delle 

*  persone,  in  qualunque  parte  abbiano  ad  esercitare  i  loro  diritti,  la  condizione 
"civile  delle  famiglie,  i  diritti  e  i  doveri  degF individui  che  compongono  le 

*  famiglie  e  gli  effetti  di  questi  diritti  e  doveri  sulle  proprietà  che  la  famiglia 

*  o  i  membri  individuali  di  essa  posseggono  nelle  varie  parti  del  mondo:  le 

*  obbligazioni  nascenti  dai  contratti  in  relazione  alle  cose  tutte  e  simili  devono 

*  essere  regolate  dalla  legge  dello  Stato ,  ed  il  cittadino  nelle  sue  relazioni 

*  giuridiche  e  internazionali,  può  invocare  giustamente  e  in  qualunque  terri- 

*  torio  r  applicazione  di  quella  legge  particolare  dello  Stato  che  governa  lo 

*  stato  suo  e  della  sua  famiglia  anche  in  relazione  ai  beni  dovunque  situati, 
'  ed  ha  ragione  d'invocare  dovunque  l'applicazione  della  legge  che  informò  in 
'  origine  le  convenzioni  da  luì  stipulate,  purché  però  l'applicazione  della  legge 
'  nello  Stato  da  cui  essa  non  emana  non  offenda  l'interesse  politico  ed  eco- 

*  nomico  dello  Stato  medesimo,  e  non  contraddica  a  quei  principii  che  il  legìs* 
'  latore  ha  consacrati  come  leggi  d'ordine  pubblico. ,  (Vedi  la  traduzione  di 
detta  opera  fatta  da  PradierFodéré,  Paris  1868,  tom.  I,  pag.  297-98.) 

Abbiamo  mantenuta  sempre  ferma  la  stessa  opinione  e  abbiamo  poi  dato 
più  largo  sviluppo  ai  principii  nell'opera  sul  Diritto  int.  privato,  pubblicata 
nel  1869.  Oggi  la  grande  maggioranza  degli  scrittori  ha  chiarito  e  sviluppato 
la  medesima  teoria,  e  sopratutto  il  Laurent  nella  sua  importante  opera  DroU 
civil  international,  pubblicata  nel  1880.  Gonfr.:  Fiore,  Dir,  int.  privato,  3' ed., 
voi.  primo,  Leggi  civili,  capitolo  IH,  §  91  e  seg. 

969.  —  Incombe  agli  Stati  civili  ritenere  d'interesse  comune  Io 
stabilire  mediante  trattati,  regole  uniformi,  e  reciprocamente  obbli- 
gatorie, per  determinare  la  competenza  legislativa  di  ciascuna  so- 
vranità nel  governare  i  diritti  privati  di  ciascuno  sulla  proprietà 
e  nel  regolare  o  limitare  l'esercizio  o  il  godimento  di  detti  diritti,  e 
per  determinare  inoltre  l'autorità  della  legge  territoriale  e  della 
legge  personale  a  riguardo  di  quanto  concerne  l'acquisto,  il  godi- 
mento e  l'esercizio  dei  diritti  degli  stranieri  sui  beni  esistenti  nel 
territorio  dello  Stato,  a  fine  di  eliminare  cosi  i  conflitti  tra  le 
legislazioni  di  Stati  diversi. 

Ammettendo  in  massima  che  la  sovranità  di  ciascuno  Stato  non  possa,  in 
virtù  del  suo  dominkr'àìiriueutei  assoggettare  alle  proprie  leggi  ugni  rapporto 


Titolo  III,  -  Dei  beni  appartenenti  ai  privati  ^^7 

di  diritto  prÌTato  sngrimmobili,  ed  ammettendo  oonsegaentemente  che  i  diritti 
privati  del  proprietario  straniero  possano  secondo  i  casi  essere  goyemati  da 
legge  estera,  non  si  può  escludere  la  concorrenza  delle  legislazioni  di  paesi 
diversi  e  deve  riuscire  facile  comprendere  che  per  eliminare  i  conflitti  è  indi- 
spensabile di  concordare  regole  uniformi  circa  T  autorità  delle  leggi  chiamate  a 
governare  i  diritti  privati  del  proprietario  straniero  sui  beni  a  lui  appartenenti. 


Norme  in  mancanza  di  trattati. 

970.  —  Fino  a  tanto  che  non  sarà  stipulato  un  trattato  e  non 
saranno  fissate  mediante  esso  regole  uniformi  circa  Tautorità  delle 
leggi  di  ciascuno  Stato,  l'autorità  territoriale  o  estraterritoriale 
delle  leggi  dovrà  essere  determinata  in  conformità  dei  principii 
del  Diritto  intemazionale  privato. 

971.  —  Incombe  ai  tribunali,  qualora  il  legislatore  non  abbia 
sanzionato  con  legge  le  norme  secondo  le  quali  essi  devono  appli- 
care le  leggi  straniere,  il  temer  conto  dei  principii  generali  del 
Diritto  intemazionale  privato,  come  in  ogni  caso  nel  quale  manca 
la  legge  positiva,  e  di  risolvere  ogni  controversia  rispetto  all'ac- 
quisto, al  godimento  e  all'esercizio  dei  diritti  degli  stranieri  sui 
beni  che  si  trovino  nel  territorio  di  uno  Stato,  siano  essi  mobili 
o  immobili,  in  conformità  dei  più  razionali  principii  del  Diritto 
intemazionale  privato. 

U  legislatore  italiano  ha  dato  un  mirabile  esempio  codificando  le  regole  di 
Diritto  intemazionale  privato,  nelle  disposizioni  generali  del  Codice  civile  circa 
l'applicazione  delle  leggi,  per  lo  che  le  regole  sancite  sono  obbligatorie  per  i 
tribunali  italiani,  in  guisa  che  violandole  può  farsi  luogo  al  ricorso  in  Cassa- 
zione come  in  ogni  caso  in  cui  venga  ad  essere  violata  la  legge  interna.  Con- 
fronta: FiOBE,  DeUe  disposixioni  generali^  sìMa  pubblicaMone^  opplieaMone  e 
interpretazione  delle  leggi^  Napoli,  Marghieri  1886,  voi.  I,  pag.  440,  n.°  379,  e 
Trattato  di  Dir.  int,  privato^  3"  ed.,  Leggi  civili^  voi.  I,  pag.  265,  n."  273.  Vedi 
inoltre  Demànofat,  Introduction  au  Journal  de  Droit  int.  privé^  tom.  I,  1874. 

Diritti  del  projmetario  stii  beni  che  gli  appartengono. 

OTB.  —  Colui,  cui  spetta  la  proprietà  dei  beni  che  si  trovino 
nel  territorio  dello  Stato,  potrà  esercitare  e  godere  tutti  i  diritti 
che  spettano  al  proprietario  e  disporre  di  essi  nella  maniera  più 


'^  Libro  III.  "  Delle  cose  e  dei  beni 

assoluta,  quand'anche  egli  sìa  straniero,  salvo  soltanto  le  limita- 
zioni sancite  dalla  legge  territoriale,  e  purché  non  ne  faccia  un 
uso  vietato  dalle  leggi  e  dai  regolamenti. 

073.  —  I  beni  che  possono  essere  oggetto  di  proprietà  privata 
comprendono  tutte  le  cose  corporali  mobili  o  immobili,  capaci  di 
possesso  e  di  appropriazione,  sìa  che  si  muovano  per  propria  forza 
come  gli  animali,  sia  che  non  possano  essere  mossi  che  da  forza 
esteriore,  come  le  cose  inanimate,  ed  inoltre  le  produzioni  del- 
l'industria e  dell'ingegno,  le  scoverte  industriali,  le  insegne 
commerciali,  le  marche  di  fabbrica  e  qualunque  opera  letteraria 
0  artistica;  i  diritti,  le  obbligazioni  e  le  azioni  che  abbiano  un 
valore  patrimoniale,  comprese  le  rendite  temporanee  o  perpetue 
stabilite  a  favore  del  privato  a  carico  dello  Stato. 

974.  —  Nessuno  straniero  può  essere  spogliato  della  sua  pro- 
prietà, né  costretto  a  cederla  o  a  tollerare  che  altri  ne  faccia  uso 
contro  sua  volontà,  salvo  che,  per  causa  d'interesse  o  di  pubblica 
utilità  legalmente  accertata,  la  sovranità  territoriale  abbia  imposto 
al  proprietario  di  cedere  in  tutto  o  in  parte  ì  beni  a  lui  appar- 
tenenti in  correspettivo  della  giusta  indennità  determinata  in  con*- 
formità  delle  leggi. 

076.  —  Dovrà  ritenersi  compreso  nei  diritti  spettanti  al  pro- 
prietario quello  di  trasmettere  al  momento  della  morte  ì  beni  che 
gli  appartengono  con  testamento  o  a  norma  della  legge  che  regola 
la  successione  in  mancanza  di  testamento,  e  di  esigere  che  la 
intrinseca  validità  delle  disposizioni  testamentarie  e  l'ordine  e  la 
misura  dei  diritti  di  successione  in  mancanza  di  testamento  siano 
regolati  dalla  legge  chiamata  a  governare  lo  stato  e  la  capacità 
del  defunto  ed  i  rapporti  di  lui  e  della  sua  famiglia,  ogni  qual 
volta  che  non  ostino  le  regole  966-67  innanzi  stabilite. 

076.  —  Il  possesso  dei  beni  attuato  sotto  le  condizioni  deter- 
minate dalla  legge  territoriale,  e  fornito  di  tutti  i  requisiti  da  essa 
richiesti,  produrrà  tutte  le  conseguenze  giuridiche  che  la  detta  legge 
a  tale  fatto  attribuisce,  anche  se  il  possessore  sia  straniero. 

077.  —  Qualunque  possessore,  senza  fare  differenza  se  esso  sia 
cittadino  o  straniero,  può  valersi  di  tutti  i  mezzi  giuridici  permessi 


Titolo  IIL  -  Dii  beni  apparUnetUi  ai  privati 


409 


dalla  legge  del  luogo  nel  quale  possiede,  o  per  far  cessare  il  tur- 
bamento del  possesso  e  le  cause  che  ne  molestino  il  godimento 
o  per  ricuperare  il  possesso  se  ne  fosse  stato  spogliato  ed  essere 
reintegrato  nello  stato  anteriore  all'attentato  materiale. 

978.  —  I  fatti  giuridici  compiuti  sotto  l'impero  della  leg^e  ter- 
ritoriale, che  a  norma  di  questa  possono  servire  quale  fondamento 
di  un  diritto  a  riguardo  della  cosa,  resteranno  sommessi  alla  legge 
territoriale,  anche  se  siano  stati  compiuti  da  stranieri  o  rispetto 
alle  cose  appartenenti  a  stranieri  (detensùmef  conservazione  e  mi- 
glioramentù  della  cosa^  accessione,  confusione,  specificazione  e  simili). 

Per  spiegare  il  fondamento  delle  regole  proposte  occorrerebbe  un  largo  svi- 
luppo. Confronta  le  regole  poste  innanzi  268-271  e  vedi  Fiori,  Diritto  intern. 
privato,  3'  ed.,  Torino  1889,  voL  II,  Parte  speciale,  lib.  HI,  Dei  diritti  che  hanno 
per  oggetto  le  cose. 

979.  —  I  diritti  acquistati  dai  terzi  sulle  cose  immobili  o  mobili 
in  forza  della  lex  rei  sitae,  devono  essere  retti  da  questa  anche 
a  riguardo  delle  cose  appartenenti  a  stranieri. 

II  fondamento  di  questa  regola  si  trova  nel  principio  stabilito  colle  regole 
269  e  966  precedentL 

Ogni  qual  volta  che  il  legislatore  sancisca  una  disposizione  per  tutelare  i 
diritti  dei  terzi,  deve  ravvisarsi  in  essa  il  carattere  di  disposizione  ordinata  a 
tutelare  il  Diritto  sociale,  e  deve  conseguentemente  ammettersi  che  rautorìtà . 
della  legge,  da  cui  tali  diritti  derivino,  debba  reputarsi  assoluta  nel  territorio, 
C08)  come  deve  dirsi  di  ogni  disposizione  ordinata  a  tutelare  il  Diritto  pubblico 
e  Tordine  pubblico. 


Proprietà  letteraria  ed  artistica. 

980.  —  Il  diritto  spettante  all'autore  di  un'opera  dell'ingegno, 
sulle  sue  scoperte,  invenzioni  ed  opere  di  qual  si  sia  natura,  che 
abbiano  il  carattere  di  prodotto  del  pensiero,  dev'essere  protetto 
e  tutelato  nella  stessa  guisa  della  proprietà.  (Confr.  reg.  531-539.) 

981.  —  Salvo  il  diritto  spettante  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato 
di  stabilire  con  legge  quali  siano  le  opere  dell'ingegno,  che  pos- 
sano essere  meritevoli  di  protezione,  e  le  condizioni  sotto  le  quali 
la  protezione  legale  possa  essere  concessa,  e  come  debba  essere 
assicurata  o  limitata,  incombe  a  ciascuna  sovranità  l'assimilare 


*1^  Libro  HI.  -  Delle  cose  e  dei  beni 

gli  stranieri  ai  cittadini  nel  godimento  ed  esercizio  dei  diritti  spet- 
tanti agii  autori  sulla  produzione  dell'ingegno  e  senza  subordi- 
nare tale  godimento  alla  condizione  della  reciprocità  legale  o 
diplomatica. 

982.  —  Gli  autori  di  opere  scientifiche  letterarie  od  artistiche 
saranno  ammessi  a  domandare  ed  ottenere  la  protezione  della 
legge  territoriale  a  fine  di  stabilire,  sotto  le  condizioni  da  essa 
sancite,  la  proprietà  delle  loro  opere,  e  godranno  gli  stessi  bene- 
fici!, di  cui  godono  i  cittadini,  nel  domandare  T  applicazione  di 
codesta  legge,  per  far  valere  in  giustizia  i  loro  diritti  contro 
l'illegale  riproduzione,  contraffazione,  o  rappresentazione  delle 
opere  ad  essi  appartenenti. 

983.  —  Incombe  a  tutti  gli  Stati  lo  stabilire  un  Diritto  uniforme 
circa  la  protezione  legale  delle  opere  dell'ingegno  e  la  punizione 
degli  attentati  ai  diritti  di  autore,  concordando  le  norme  relative 
mediante  un  trattato,  e  spetta  a  ciascuno  di  essi  il  sanzionare  con 
legge  i  patti  speciali  con  tale  trattato  stipulati. 

I  principii,  che  potrebbero  servire  di  base  ad  un  trattato  intemazionale  rela- 
tivo a  tale  material  possono  essere  determinati  in  diversa  maniera  secondo  la 
maggiore  o  minore  protezione  che  s'intende  accordare  agli  autori  in  corre- 
spettivo  dell'opera,  ch'essi  prestano,  e  della  ricompensa  ad  essi  dovuta  pel  ser- 
vizio reso  alla  società  colle  produzioni  dell'ingegno.  Cosi  può  ammettersi,  a 
modo  d'esempio,  che  all'autore  possa  essere  riservato  altresì  il  diritto  di  auto- 
rizzare la  traduzione,  o  la  riduzione  dell'opera  da  lui  fatta  :  allargare  o  restrin- 
gere la  durata  de'  suoi  diritti:  determinare  in  maniera  più  ampia  o  più  ristretta 
le  cause  di  decadenza  e  via  dicendo.  Tutto  questo  però  può  formare  oggetto 
del  Diritto  particolare,  che  mediante  un  trattato  può  essere  fissato  {reg.  9),  e 
non  può  entrare  nel  campo  delle  regole  [generali,  che  noi  ci  siamo  proposti 
di  stabilire. 

Un  complesso  di  regole  particolari  sulla  materia  trovasi  già  concordato  nel 
trattato  per  la  protezione  della  proprietà  letteraria  ed  artistica  stipulato  a  Berna 
tra  il  Belgio,  la  Francia,  la  Germania,  la  Gran  Brettagna,  la  Repubblica  di  Haiti, 
l'Italia,  la  Repubblica  di  Liberia,  la  Spagna,  la  Confederazione  Svizzera  e 
Tunisi,  il  9  settembre  1886. 

Vedi  su  tale  argomento  la  mia  opera  Diritto  intern.  privato,  3*  ed.,  voi.  II, 
cap.  IX,  Torino  1889,  e  la  traduzione  francese  fattane  da  Ch.  Antou»,  PariSi 
Pedone  Lauriel  edit 


Titolo  III.  "  Dèi  beni  appartenenti  ai  privati  ^^^ 

Opere  meritevoli  di  protezione. 

984.  —  Incombe  a  ciascuna  soyranità  il  ritenere  meritevoli  della 
protezione  legale  tutte  le  opere  scientifiche,  letterarie  ed  artistiche, 
cioè  a  dire  i  libri,  le  opere  drammatiche,  le  composizioni  musi- 
cali, i  disegni,  le  pitture,  le  sculture,  le  incisioni,  i  disegni  scien- 
tifici ed  ogni  altra  produzione,  che  possa  essere  considerata  come 
il  prodotto  del  pensiero,  del  gusto,  dello  spirito  e  dell'intelUgenza 
del  suo  autore. 

Condizioni  per  la  protezione  della  proprietà  letteraria. 

986.  —  Il  diritto  di  proprietà  acquisito  a  riguardo  di  una  data 
opera  in  virtù  della  legge  del  paese,  in  cui  essa  abbia  avuto  ori- 
gine, non  potrà  essere  riconosciuto  in  un  altro  paese,  ove,  secondo 
la  legge  in  vigore,  il  diritto  dì  proprietà  letteraria  rispetto  a  quella 
data  opera  non  sia  ammesso  in  favore  dei  cittadini  dello  Stato. 

986.  —  L'autore  di  un'opera  dell'ingegno,  che  abbia  acquistato 
la  proprietà  della  sua  produzione  nel  paese,  in  cui  essa  fu  ori- 
ginariamente pubblicata  da  lui,  non  potrà  assicurare  la  protezione 
legale  del  suo  diritto  negli  altri  paesi,  se  non  quando  abbia  osser- 
vate  in  ciascuno  di  essi  le  formalità  richieste  secondo  la  legge 
territoriale,  onde  rendere  pubblico  il  suo  diritto  ed  assicurarne 
a  riguardo  di  tutti  il  rispetto. 

987.  —  In  ciascuno  Stato  dovrà  applicarsi  la  legge  in  vigore 
per  determinare  se  il  diritto  di  protezione  debba  ritenersi  acqui- 
stato, e  quando  possa  reputarsi  perduto,  e  per  determinare  altresì 
i  caratteri  della  contraffazione  o  di  qual  si  sia  lesione  dei  diritti 
di  autore. 

Nome  commerciale. 

988.  —  n  nome  commerciale,  quello  cioè  che  individualizza 
ciascuna  persona,  o  una  società  di  commercio,  dovrà  essere  repu- 
tato dovunque  come  parte  del  patrimonio  appartenente  a  colui 


412 


Librv  IIL  '  Delle  cose  e  dei  beni 


ch'è  dal  nome  rappresentato,  e  dev'essere  tutelato  a  riguardo  di 
tutti  come  la  persona  stessa. 

980.  —  L'usurpazione  del  nome  di  un  altro  dev'essere  consi- 
derata come  un  attentato  ai  diritti  della  persona,  e  quando  sìa 
fatta  in  mala  fede  ed  abbia  i  caratteri  di  reato,  dev'essere  punita 
secondo  la  legge  penale,  senza  fare  differenza  se  colui,  che  abbia 
usurpato  il  nome  altrui,  abbia  ciò  fatto  a  danno  di  un  cittadino 
o  di  uno  straniero. 

090.  —  Viola  il  Diritto  internazionale  la  sovranità  di  uno  Stato, 
che  per  la  mancanza  di  un  trattato  internazionale  tolleri  che  la 
usurpazione  del  nome  commerciale  di  uno  straniero  o  di  una 
società  straniera,  quando  abbia  di  per  sé  stessa  i  caratteri  del 
fatto  illecito  punibile,  possa  essere  consumata  impunemente  nel 
proprio  territorio. 

001.  —  À  ciascuna  sovranità  spetta  soltanto  di  sanzionare  con 
legge  le  regole  per  istabilire  quando  l'usurpazione  del  nome  com- 
merciale possa  avere  carattere  di  delitto,  e  quando  possa  formare 
oggetto  di  azione  giudiziaria,  e  le  disposizioni  secondo  la  legge 
sancite  dovranno  ritenersi  applicabili  a  tutti  gl'interessati  senza 
fare  differenza  tra  cittadini  e  stranieri,  e  senza  subordinarne  l'ap- 
plicazione al  principio  della  reciprocità. 

(Vedi  pel  maggiore  sviluppo  di  tale  regola  i  principii  esposti  nella  citata 
opera  sul  Diritto  intem.  privato,  e  le  decisioni  dei  tribunali  ivi  riportate.) 

902.  —  Il  nome  di  una  persona  o  di  una  società  commerciale 
non  potrà  perdere  i  suoi  caratteri  come  tale,  se  esso  faccia  parte 
di  una  marca  di  fabbrica  o  di  commercio,  o  se  sia  unito  ad  em- 
blemi 0  ad  altri  segni,  e  non  potrà  ritenersi  soggetto  alle  regole 
che  concernono  le  marche  di  commercio,  se  non  quando  la  per- 
sona, cui  esso  appartenga,  gli  abbia  attribuito  il  carattere  di  una 
marca  depositandola  come  tale. 

Protezione  delle  marche  di  fabbrica  e  di  commercio. 

903.  —  Il  diritto  spettante  a  ciascun  commerciante  e  a  ciascun 
produttore  industriale  d'individualizzare  la  specialità  dei  prodotti 


Titolo  IIL  '  Dei  beni  appartenenti  ai  privati  4rl3 

del  proprio  commercio  o  della  propria  industria  con  determinati 
segni  distintivi,  e  d'impedire  che  altri  adoperi  abusivamente  i 
medesimi  segni  a  fine  di  trarre  in  inganno  i  consumatori,  dovrà 
essere  reputato  come  uno  dei  diritti  meritevoli  di  protezione  e  dì 
tutela  secondo  il  Diritto  intemazionale,  ed  indipendentemente  dai 
trattati  e  dalla  reciprocità. 

994.  —  Spetta  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  di  stabilire  per 
legge  sotto  quali  condizioni  ciascuno  possa  acquistare  il  diritto 
di  rivendicare  per  sé  l'uso  esclusivo  di  una  marca  di  fabbrica  o 
di  commercio:  come  tale  diritto  debba  essere  conservato,  e  quando 
debba  reputarsi  perduto  :  ma  dovrà  ritenersi  ognora  in  opposizione 
Col  principio  del  Diritto  delle  genti  il  fare  in  tutto  ciò  una  dif- 
ferenza fra  cittadino  o  straniero  o  il  tollerare  la  frode  e  la  slealtà 
nel  commerciò.  {Confr.  reg,  536.) 

995.  —  Potrà  essere  considerato  come  marca  di  commercio  o 
di  fabbrica  qualunque  segno,  che  possa  servire  a  distinguere  i 
prodotti  di  una  fabbrica  o  gli  oggetti  di  un  commercio,  e  del  quale 
il  fabbricante  o  il  commerciante  abbia  acquistato  l'uso  esclusivo 
facendone  il  deposito  colle  forme  legali  nel  paese  di  origine. 

996.  —  In  qualunque  caso  nel  quale  sia  contestato  il  legale 
acquisto  della  proprietà  di  una  marca,  o  la  conservazione  dei 
diritti  di  proprietà  di  essa,  spetterà  al  commerciante  o  industriale, 
di  dare  la  prova  di  avere  legalmente  acquistato  il  diritto  dell'uso 
esclusivo  della  marca  nel  paese  in  cui  sorgesse  la  contestazione, 
e  di  non  averlo  perduto  in  conformità  delle  leggi  e  dei  regolamenti 
sulla  materia  in  tale  paese  in  vigore. 


Eguaglianza  di  trattamento  degli  stranieri  e  dei  cittadini. 

997. —  Ogni  persona,  che  abbia  acquistato  legalmente  l'uso 
esclusivo  di  una  marca,  dovrà  essere  ammessa  a  far  valere  ì  suoi 
diritti  per  ottenere  la  protezione  legale  della  propria  marca  in 
ciascun  altro  paese,  sotto  le  condizioni  sancite  dalla  legge  ivi 
vigente,  e  potrà  farne  il  deposito  colle  forme  legali  in  esso 


^1*  L^^ro  III.  -  DeUe  cose  e  dei  beni 

stabilite,  purché  il  segno  scelto  come  inarca  non  possa  essere 
considerato  come  contrario  alla  morale  ed  all'ordine  pubblico. 

998.  —  Colui,  che  avrà  acquistato  legalmente  il  diritto  di  pro- 
prietà di  una  marca  nel  paese  di  origine,  o  che  ne  avrà  fatto  il 
deposito  in  qualunque  altro  paese  osservando  le  formalità  pre- 
scritte dalla  legge,  dovrà  essere  ammesso  a  godere  gli  stessi  bene- 
ficii  dei  quali  godono  i  cittadini  del  medesimo,  e  la  stessa  pro- 
tezione legale,  e  potrà  invocare  l'applicazione  delle  leggi  penali 
per  la  usurpazione,  contraffazione,  e  per  qualunque  uso  illecito 
della  marca  depositata. 

999.  —  Le  sanzioni  penali  per  la  usurpazione,  contraffazione 
od  imitazione  delle  marche  di  fabbrica  o  di  commercio  depositate 
dovranno  essere  parimente  applicate  senza  fare  distinzione  tra 
cittadini  o  stranieri,  e  l'azione  giudiziaria  dovrà  essere  iniziata  a 
richiesta  del  pubblico  ministero  o  della  parte  interessata  in  con- 
formità della  legislazione  interna  di  ciascuno  Stato. 


Necessità  di  un  Diritto  comune  convenzionale. 

1000.  —  Incombe  agli  Stati  lo  stabilire  d'accordo  le  norme  per 
l'acquisto  della  proprietà  delle  marche  di  commercio  e  di  fabbrica 
e  per  la  protezione  legale  delle  medesime  e  il  mettere  la  legisla- 
zione territoriale  in  armonia  coi  principii  del  Diritto  internazionale. 


Privilegio  fondato  sul  brevetto  dHnvenzione. 

1001.  —  Il  diritto  di  privativa  industriale  dev'essere  riguardato 
ognora  come  concessione  e  privilegio  da  parte  della  sovranità  di 
ciascuno  Stato,  e  non  potrà  valere  ad  attribuire  a  colui,  che  lo 
«bbia  ottenuto,  di  esigerne  il  rispetto  negli  altri  paesi,  come  se 
si  trattasse  di  un  suo  diritto  patrimoniale. 

1002.  —  Spetta  alla  sovranità  di  ciascuno  Stato  il  concedere 
all'inventore,  ed  ai  suoi  aventi  causa,  il  privilegio  di  smerciare 


Titolo  IIL  -  Dei  beni  appartenenti  ai  privati  **^ 

esclasivamente  la  propria  invenzione,  conferendo  loro  tale  priva- 
tiva col  brevetto,  e  determinando  con  legge  le  condizioni,  sotto 
le  quali  tale  privilegio  possa  sussistere,  e  quanto  concerne  la  sua 
durata,  la  sua  estensione,  e  la  tutela  del  benefìcio  conferito. 

Protezione  intemazionale  dei  brevetti. 

1003.  —  La  protezione  internazionale  dei  brevetti  d'invenzione 
e  delle  privative  industriali  non  potrà  essere  altrimenti  stabilita 
che  mediante  accordo  tra  gli  Stati,  e  non  potrà  valere  che  tra 
quelli  soltanto,  che  abbiano  mediante  un  trattato  ad  hoc  stabilito 
le  norme,  le  condizioni,  e  le  formalità  per  assicurare  nei  territori 
rispettivi  la  protezione  legale  dei  brevetti  d'invenzione  da  ciascuno 
di  essi  concessi. 

1004.  —  Mancando  l'accordo  intorno  a  ciò  ciascuna  sovranità 
potrà  applicare  nel  territorio  dello  Stato  la  legge  territoriale,  onde 
decidere  a  seconda  di  essa  se  debba  o  no  ammettersi  la  priva- 
tiva, e  quando  e  come  debbano  essere  impedite  e  punite  le  con- 
traffazioni e  lo  smercio  degli  oggetti  di  privativa. 

1006.  —  Qualora  fra  due  o  più  S  tati  la  tutela  legale  dei  brevetti 
d'invenzione  fosse  assicurata  mediante  trattato,  il  privilegio  acqui- 
stato nel  territorio  di  uno  degli  Stati  contraenti  non  potrà  repu- 
tarsi sussistente  nel  territorio  degli  altri,  se  non  quando  la  privativa 
sia  stata  legalmente  acquistata  nel  paese  di  origine,  e  non  si  sia 
ivi  verificata  alcuna  causa  di  decadenza,  e  quando  l'inventore 
privilegiato  abbia  osservate  tutte  le  formalità  prescrìtte  secondo 
la  legge  di  ciascuno  degli  altri  Stati  per  godere  nel  territorio  di 
esso  il  beneficio  della  privativa,  e  la  conservazione  di  ogni  diritto 
mediante  essa  ottenuto. 

1006.  —  L'inventore  privilegiato,  che  possa  vantare  in  uno 
Stato  la  tutela  del  privilegio  acquistato  in  paese  estero,  non  potrà 
subire  l'espropriazione  dell'invenzione  privilegiata  da  parte  del 
Governo  di  lui  per  ragioni  di  pubblica  utilità  senza  ottenere 
la  giusta  indennità  dovutagli  in  conseguenza  dell'espropriazione 
patita. 


416 


Libro  HI.  '  Delle  cose  e  dei  beni 


Della  nave  mercantile  e  de^  suoi  dirittu 

1007.  —  Ogni  nave  mercantile,  la  quale  abbia  legalmente  acqui- 
stato il  diritto  d'inalberare  la  bandiera  di  uno  Stato,  e  che  abbia 
ottenuto  in  conformità  delle  leggi  di  lui  Tatto  di  nazionalità,  ha 
diritto  d'invocare  dovunque  l'applicazione  delle  leggi  dello  Stato, 
alla  quale  essa  appartiene,  per  tutte  le  questioni  relative  alla  sua 
condizione  giuridica,  e  per  quelle  che  la  concernono,  in  quanto  è 
oggetto  di  proprietà. 

1008.  —  La  legge  dello  Stato,  di  cui  la  nave  ha  la  nazionalità, 
dovrà  essere  applicata  per  determinare  altresì  il  trasferimento 
totale  0  parziale  della  proprietà  di  essa:  la  natura  e  l'ordine  dei 
diritti  acquisiti  dai  suoi  creditori  in  conformità  della  legge  del 
compartimento  marittimo,  ove  si  trovi  inscritta:  e  le  obbligazioni 
e  responsabilità  de'  suoi  proprietari,  a  condizione  però  che  la 
detta  legge  non  sia  in  opposizione  coi  principii  di  Diritto  pub- 
blico 0  di  ordine  pubblico  vigenti  nello  Stato,  nel  quale  se  ne 
domandi  l'applicazione,  o  contraria  alle  regole  di  Diritto  inter- 
nazionale. 


Nazionalità  della  nave  meì*cantile. 

1009.  —  Spetta  a  ciascuna  sovranità  lo  stabilire  le  condizioni, 
sotto  le  quali  le  navi  mercantili  possano  ottenere  l'atto  di  nazio- 
nalità ed  il  diritto  d'inalberare  la  bandiera  dello  Stato. 

1010.  —  Ogni  nave  non  può  avere  che  una  sola  nazionalità,  e 
non  deve  poterne  acquistare  un'altra,  se  non  quando  possa  cer- 
tificare, mediante  un  documento  rilasciato  dall'autorità  marittima 
competente  dello  Stato  al  quale  originariamente  essa  apparteneva, 
di  avere  dismesso  il  diritto  d'inalberare  la  bandiera  di  detto  Stato. 

1011.  —  Si  deve  presumere  che  ogni  nave  conservi  la  sua  nazio- 
nalità primitiva,  finché  non  dia  la  prova  ch'essa  ne  abbia  legit- 
timamente acquistata  un'altra,  o  che  non  sia  stata  privata  del 


Titolo  IJJ,  '   Dei  beni  appartenenti  ai  privati  417 

carattere  nazionale  per  disposizione  della  legge  stessa,  che  ad  essa 
tale  carattere  attribuì,  o  in  conseguenza  dell'applicazione  delle 
regole  del  Diritto  internazionale. 

Pnò  accadere  secondo  certe  leggi,  che  nna  nave  perda  il  suo  carattere  nazio- 
naie.  Così  è,  secondo  la  legge  nostra,  rispetto  alle  navi  mercantili  che  per  qual- 
siasi circostanza  diventino  proprietà  di  ano  straniero.  Lo  stesso  pnò  accadere 
secondo  i  principii  del  Diritto  internazionale  rispetto  alla  nave  mercantile  cat- 
turata in  tempo  di  guerra,  la  quale  quando  sia  aggiudicata  al  catturante,  perde 
la  sua  nazionalità  originaria. 


Prova  della  nazionalità  della  nave. 

1012.  —  Ciascuna  nave  è  tenuta  a  dare  la  prova  della  propria 
nazionalità  e  può  esigere  che  sia  reputato  decisivo  in  ordine  a 
ciò  l'atto  di  nazionalità,  rilasciato  in  forma  autentica  e  debitamente 
legalizzato  e  vidimato  dall'autorità  competente  dello  Stato,  al  quale 
dica  di  appartenere.  Tale  atto  dovrà  essere  reputato  sufficiente 
a  stabilire  prima  facie  la  nazionalità  di  essa  e  a  dame  prova  piena, 
fino  a  tanto  che  non  ne  sia  provata  la  falsità,  o  l'usurpazione 
o  l'uso  arbitrario. 

1013.  —  L'atto  di  nazionalità  dovrà  contenere  il  nome  della  nave, 
le  dimensioni,  il  tonnellaggio,  e  le  indicazioni  sufficienti  a  stabi- 
lirne l'identità,  il  nome  del  proprietario  o  dei  proprietari,  speci- 
ficando la  parte  appartenente  a  ciascuno,  il  compartimento  ma- 
rittimo in  cui  trovasi  inscritta,  l'annotazione  delle  alienazioni  o 
cessioni  di  proprietà,  dei  crediti  privilegiati  esistenti  su  di  essa, 
delle  ipoteche,  contratti  di  pegno  o  di  cambio  marittimo,  e  quanto 
possa  occorrere  per  conoscere  prima  facie  la  sua  posizione  giu- 
ridica rispetto  agli  aventi  causa  sulla  medesima,  ovvero  dovrà 
contenere  le  indicazioni  opportune  per  mettere  in  grado  coloro, 
che  possano  avere  interesse,  di  poterla  conoscere  sicuramente. 

Non  tutte  le  leggi  provvedono  in  un  modo  uniforme  intomo  a  ciò.  Secondo 
la  legge  inglese  del  1851  (Shipping  merchant  act),  le  costituzioni  di  pegno 
{mortg<ige)  non  devono  essere  inscrìtte  sull'atto  di  nazionalità,  ma  nel  registro 
del  compartimento  presso  cui  trovasi  inscrìtta  la  nave.  Però  sull'atto  di  nazio- 
nalità evvi  Tannotazione  che  esso  non  costituisce  titolo  per  constatare  le  ipo- 
teche sulle  navi.  La  regola  da  noi  posta  tende  quindi  a  stabilire  che  le  carte 

27  —  FioRF,  Dir,  interri,  codif. 


^i^  Libro  III.  •  Delle  cose  e  dei  beni 

esistenti  a  bordo  debbano  essere  sufficienti  a  far  conoscere  la  posizione  giurìdica 
della  nave  rispetto  ai  proprietari  ed  agli  aventi  causa  e  a  mettere  in  grado  i 
terzi  di  poter  conoscere  esattamente  tale  posizione. 

1014.  —  Dovrà  reputarsi  d'interesse  comune  di  tutti  gli  Stati 
il  mettersi  d'accordo  per  istabilire  un  Diritto  uniforme  circa  la 
conservazione  ed  il  mutamento  del  carattere  nazionale  delle  navi 
mercantili  e  subordinare  la  concessione  e  Tuso  dell'atto  di  nazio- 
nalità a  quelle  condizioni  che  sì  devono  considerare  indispensabili  a 
tutelare  il  trasporto  dei  passeggieri  e  la  sicurezza  della  navigazione. 

Quantunque  le  condizioni  per  concedere  ad  una  nave  Tatto  di  nazionalità 
debbano  reputarsi  in  massima  nel  dominio  della  legge  interna  di  ciascuno  Stato, 
le  disposizioni  non  per  tanto  relative  alla  costruzione  delle  navi,  per  quanto 
concerne  le  garanzie  di  capacità  richieste  nei  costruttori  navali,  e  le  ispezioni 
altresì  adatte  ad  accertare  che  la  nave  si  trovi  in  buono  stato  di  navigabilità, 
debbono  essere  ognora  riguardate  dMnteresse  internazionale. 


Ipoteca  e  diritti  feali  sulla  nave. 

1015.  —  Si  dovrà  decidere  in  conformità  della  legge  dello  Stato, 
a  cui  la  nave  appartiene,  se  essa  possa  essere  oggetto  d'ipoteca 
o  di  pegno:  e  la  medesima  legge  dovrà  regolare  altresì  le  for- 
malità richieste  per  l'efficace  acquisto  dell'ipoteca  o  del  pegno 
per  la  conservazione  di  tali  diritti  e  la  loro  estensione,  il  grado, 
gli  effetti,  e  quanto  concerna  le  condizioni  della  loro  validità,  della 
loro  durata  e  della  loro  estinzione. 

1016.  —  L'ipoteca  su  di  una  nave  straniera  validamente  inscritta 
a  norma  della  legge  dello  Stato,  a  cui  la  nave  appartenga,  dovrà 
essere  riconosciuta  negli  altri  paesi,  anche  se  ivi  l'ipoteca  navale 
non  sia  ammessa  dalla  legge,  ed  i  creditori  ipotecari  potranno  in 
conformità  della  legge  estera  far  valere  i  loro  diritti  e  procedere 
agli  atti  di  esecuzione  forzata,  in  qualunque  luogo  la  nave  si  trovi, 
e  non  sarà  d'ostacolo  la  diversità  della  legge  territoriale  per  quello 
che  concerna  le  formalità  deiriscrizione;  essa  dovrà  bensì  essere 
applicata  per  quanto  riguardi  gli  atti  del  procedimento  esecutivo. 

1017.  —  I  diritti  acquistati  dai  creditori,  secondo  la  legge 
territoriale,  su  di  una  nave,  che  si  trovi  in  una  data  località, 


Titolo  111,  -   Dei  beni  appartenenti  ai  privati  ^^^ 

dovranno  essere  retti  dalla  legge  territoriale.  Bisogna  per  altro 
far  salvi  sempre  i  diritti  reali  su  di  essa  acquistati  dai  terzi 
ÌA  conformità  della  legge  nazionale  della  nave  stessa  prima  della 
sua  entrata  nelle  acque  territoriali,  purché  però  dal  riconoscere 
la  legge  nazionale  della  nave,  in  virtù  della  quale  i  terzi  acqui* 
starono  tali  diritti,  non  derivi  offesa  del  Diritto  pubblico  territo- 
riale e  dell'ordine  pubblico. 

« 

Queste  regole  tendono  a  stabilire  che  la  proprietà  di  una  nave,  il  suo  trasfe- 
rimento, le  sue  alienazioni  parziali  effettuate  mediante  la  costituzione  della 
ipoteca  o  del  pegno,  con  cui  il  proprietario  della  nave  abbia  assicurato  al  ere* 
ditore  il  soddisfacimento  delle  obbligazioni  da  lui  contratte,  devono  essere  rette 
dovunque  dalla  legge  dello  Stato,  a  cui  la  nave  appartenga,  ritenendo  in  ordine 
a  ciò  come  sede  stabile  della  nave  quella  del  dipartimento  marittimo  in  cui 
essa  fu  inscritta  e  registrata  dopo  la  sua  costruzione. 

(Vedi  pel  maggiore  sviluppo  delle  regole  stabilite  la  mia  opera  sul  Diritto 
intern.  privato,  3*  ed.,  Unione  tipografico-editrice,  voi.  II,  capitolo  VII,  principio 
e  $  4  ;  e  la  traduzione  fattane  da  Gh.  Antoine,  Paris,  Pedone-Lauriel.) 


i90 


LIBRO  IV. 

DELLA  TUTELA  GIURIDICA  DEL  DIRITTO  INTERNAZIONALE 

E  DEI  MEZZI  PER  RISOLVERE  LE  CONTROVERSIE  INTERNAZIONALI 


1018.  —  Le  istituzioni  adatte  ad  assicurare  il  rispetto  del  Diritto 
internazionale  ed  a  ripristinarne  l'autorità  in  caso  di  violazione 
del  medesime,  sono: 

a)  il  Congresso; 

b)  la  Conferenza; 

e)  i  tribunali  arbitrali; 

d)  ì  congegni  diplomatici. 
I  mezzi  coercitivi  ammessi  per  reprimere  forzatamente  le  vio- 
lazioni del  Diritto  internazionale  e  mediante  i  quali  uno  Stato  può 
ottenere  la  riparazione  della  lesione  del  proprio  diritto  dallo  Stato 
che  arbitrariamente  lo  abbia  offeso,  sono: 

a)  la  ritorsione,  le  rappresaglie,  il  blocco  pacifico  e  gli  altri 
mezzi  leciti  nello  stato  di  pace; 

b)  la  guerra. 


■  #  '^^^  ■*  ^- 


Titolo  L  -  Istituzioni  per  la  tutela  giur.  del  Diritto  intemazionale      421 


TITOLO  !• 

Delle  istituBiom  per  la  tutela  giuridica 
del  Diritto  intemazionale. 


Del  Congresso  e  della  sita  costituzione. 

1010.  —  Il  Congresso  è  costituito  dai  rappresentanti  degli  Stati 
che  si  trovano  di  fatto  o  che  intendono  organizzarsi  in  istato  di 
Unione;  dai  membri  eletti  dalle  popolazioni  di  detti  Stati;  dai  membri 
eletti  dai  Corpi  scientifici. 

1020.  —  I  rappresentanti  degli  Stati  in  numero  di  due  saranno 
designati  dal  Sovrano  di  ciascheduno  di  essi,  e  senza  ammettere 
alcuna  differenza  tra  Stati  grandi  e  Stati  piccoli. 

I  rappresentanti  delle  popolazioni  in  numero  di  due  saranno 
eletti,  col  sistema  del  voto  unico,  da  coloro  che  avranno  il  diritto 
di  votare  pei  candidati  al  Congresso. 

I  rappresentanti  della  scienza  in  numero  di  cinque  in  tutto 
saranno  eletti,  col  sistema  del  voto  limitato,  da  tutte  le  univer- 
sità degli  Stati  rappresentati. 

Posto  il  concetto  da  noi  sviluppato  neirintrocl azione  e  nei  princìpii  fonda- 
mentali, che  cioè  la  società  internazionale  deT*  essere  considerata  come  una 
grande  repubblica  sottratta  al  predominio  della  politica  ed  alla  prevalenza  della 
potenza  e  della  forza;  che  essa  non  può  riconoscere  in  alcuno  la  suprema 
autorità  di  dettare  la  legge;  che  regole  dei  rapporti  intemazionali  quelle 
debbano  essere  che  siano  state  proclamate  da  tutti  gli  Stati  che  si  trovino  in 
società  di  fatto,  e  che  si  siano  recìprocamente  obbligati  a  riconoscerle  come 
regole  della  loro  condotta,  mantenendone  saldi  il  rispetto  e  Tautorìtà;  che  le 
dette  regole  non  devono  essere  determinate  dalle  finalità  della  politica  ed  ordi* 
nate  allo  scopo  di  tutelare  gF  interessi  delle  dinastie  regnanti,  ma  devono 
bensì  essere  fondate  sui  principii  della  giustizia  intemazionale,  che  siano  rico- 
nosciuti i  più  adatti  a  governare  in  ciascuna  data  epoca  tutti  i  rapporti  che 
nascono  nella  società  intemazionale  e  tutti  gl'interessi  degli  Stati,  dei  Governi, 
dei  popoli  e  degli  enti  soggetti  al  Diritto  intemazionale,  a  fine  di  realizzare 
il  Meglio  relativo  ed  evitare  il  peggio  ;  che  di  fronte  ai  principii  della  giustizia 


^^  Libt*o  IV.  '  Della  tutela  giuridica  del  DiriUo  internazionale 

tutti  gli  Stati  devono  essere  reputati  in  condizioni  eguali,  siano  essi  grandi 
o  piccoli,  deboli  o  forti,  perchè  il  diritto  di  ciascheduno  di  essi  non  si  può 
misurare  alla  stregua  della  sua  potenza,  così  come  il  diritto  dell*uomo  non 
può  essere  proporzionato  alla  sua  forza  fisica;  che  nel  determinare  le  leggi  a 
ciò  adatte  nelle  attuali  contingenze  storiche  della  società  intemazionale  conviene 
attingerle  dal  Diritto  storico,  dalle  convinzioni  popolari,  dal  Diritto  scientìfico; 
che  nella  società  intemazionale,  oltre  le  persone  vere  e  proprie  che  la  costi- 
tuiscono, si  trovano  pure  aggregazioni  di  genti  che  non  sono  persone,  ma  che 
hanno  pure  diritti  internazionali  indipendenti  da  quelli  che  spettano  allo  Stato 
{Confr,  reg,  44-47,  62  67);  tutto  ciò  tenendo  presente,  si  può  spiegare  perchè 
nella  costituzione  dell'Assemblea  chiamata  a  stabilire  le  leggi  dei  rapporti  inter- 
nazionali vi  debbano  essere,  a  nostro  modo  di  vedere,  i  rappresentanti  degli 
Stati,  i  rappresentanti  dei  popoli  e  quelli  che  personificano  il  Diritto  scientifico. 

Non  ci  è  sembrato  e  noni  ci  sembra  che  per  dare  a  tale  Assemblea  il  suo 
carattere  vero  si  potesse  ammettere  una  condizione  di  superiorità  da  parte 
delle  grandi  Potenze,  dando  alle  medesime  rappresentanti  in  maggior  numero, 
o  attribuendo  ai  rappresentanti  un  maggior  numero  di  voti,  imperocché  questo 
condurrebbe  ad  ammettere  che  la  maggiore  potenza  potesse  essere  il  fonda- 
mento della  pretesa  superiorità. 

Reputiamo  poi  indispensabile  che  nelPAssemblea,  oltre  i  rappresentanti  degli 
Stati,  vi  siano  i  rappresentanti  del  popolo,  perchè  abbiamo  considerato  i  diritti 
di  esso  indipendenti  e  distinti  da  quelli  che  spettano  allo  Stato  (Reg.  45). 

Non  possiamo  ammettere  che  i  rappresentanti  del  popolo  siano  designati 
dai  Parlamenti,  perchè  siccome  nei  Governi  parlamentari  le  maggioranze  altro 
non  rappresentano  che  la  politica  dei  Governi  nell'attualità,  se  i  Parlamenti 
dovessero  designare  i  membri  del  Congresso,  i  candidati  cosi  eletti  non  ser- 
virebbero che  a  dare  forza  maggiore  alla  politica  dominante.  Ci  sembra  quindi 
indispensabile  che  i  membri  del  Congresso  siano  eletti  dal  popolo,  ma  che  il 
sistema  di  elezione  sia  diverso  da  quello  stabilito  per  le  elezioni  politiche.  Non 
reputiamo  infatti  utile  che  il  voto  elettorale  per  la  scelta  dei  rappresentanti 
del  popolo  al  Congresso  sia  allargato  tanto  quanto  possa  convenire  di  fare  per 
le  elezioni  politiche,  per  la  grande  difficoltà  di  ottenere  un  voto  serio  ed  illu- 
minato. Bisognerebbe  quindi  limitare  il  voto  elettorale  alle  classi  intelligenti 

Abbiamo  finalmente  proposto  che  gli  elettori  votino  col  sistema  del  voto 
unico,  per  escludere  Tonnipotenza  delle  maggioranze  ed  aprire  il  campo  alle 
minoranze  poderose  ed  importanti. 

Il  Governo  assoluto  della  maggioranza  non  è  governo  di  popolo,  ma  governo 
del  più  gran  numero  sul  piccolo  numero,  e  conseguentemente  la  rappresentanza 
della  maggioranza  assoluta  non  sarebbe  rappresentanza  di  popolo.  A  fine  di  assi- 
curare anche  alle  minoranze  una  rappresentanza  adeguata  alla  loro  importanza 
reale,  ci  sembra  quindi  opportuno  espediente  che  tutti  gli  elettori  chiamati  a 
votare  per  eleggere  i  due  membri  al  Congresso,  votino  con  voto  unico,  desi- 
gnando cioè  un  solo  candidato,  essendoché  così  soltanto,  risultando  eletti  i  due 
che  otterrebbero  il  maggior  numero  di  voti,  si  avrebbe  la  rappresentanza 
della  maggioranza  e  della  minoranza  popolare. 

Abbiamo  finalmente  proposto  che  nell'Assemblea  non  manchino  i  rappre- 
sentanti della  scienza,  perchè  questa  segna  gli  sprazzi  di  luce  deU'avvenire. 
Bisogna  nonpertanto  avvertire  che  gli  scienziati  sovente  non  comprendono  le 
condizioni  reali  e  non  valutano  la  forza  delle  contingenze,  che  purtroppo  eser- 
citano una  influenza  decisiva  sul  Diritto  positivo,  che  non  sempre  può  rappre- 


Titoloni,  '  Istituzioni  per  la  tutela  giur.  del  Diritto  internazionale        423 

sentare  la  linea  retta,  ma  deve  bensì  rappresentare  la  linea  ondeggiante,  che  più 
o  meno  si  avvicina  alla  retta,  subendo  la  forza  deirinfluenza  delle  contingenze 
storiche,  per  lo  che  non  si  può  mirare  ad  altro  in  ciascuna  data  epoca  che 
ad  ottenere  il  meglio,  onde  evitare  ì\  peggio:  tutto  ciò  tenendo  presente,  abbiamo 
proposto  che  in  piccolo  numero  debbano  essere  i  rappresentanti  della  scienza, 
cinque  in  tatto,  ed  abbiamo  designato  per  la  elezione  di  essi  il  Corpo  scien- 
tifico, costituito  dalle  Università,  ed  abbiamo  indicato  il  sistema  dei  voto  limitato 
per  la  loro  elezione  coir  intendimento  di  ammettere  anche  in  questo  la  rappre- 
sentanza della  minoranza. 

Tutti  gli  altri  sistemi,  compresi  quelli  che  noi  avevamo  proposti  nelle  opere 
anteriori,  conducono  inevitabilmente  a  due  risultati:  o  ad  essere  inattuabili 
a  cagione  della  ineluttabile  necessità  di  dover  trasformare  a  fondo  l'ordina- 
mento della  società  internazionale;  o  ad  essere  pericolosi  e  disadatti,  perchè 
condurrebbero  ad  organizzare  la  prevalenza  della  politica  sul  Diritto  o  la  supe- 
riorità delle  grandi  Potenze  su  quelle  minori,  come  si  verificherebbe  nel  sistema 
di  un  Parlamento  internazionale,  come  lo  concepiva  Lorimer,  ovvero  in  quello 
della  società  internazionale  organizzata  a  Stato,  come  la  concepiva  Bluntschli, 
o  in  quello  della  confederazione  di  Stati,  come  noi  stessi  Tavevamo  immaginata 
nella  prima  edizione  pubblicata  nel  1865. 

Il  Congresso,  secondo  il  nostro  concetto,  non  sarebbe  una  istituzione  per- 
manente, e  neanche  diventerebbe  una  istituzione  immobilizzata  dalla  forza 
della  tradizione,  ma  sarebbe  invece  un'Assemblea  rappresentante  tutti  glMn- 
teressi  internazionali  degli  Stati,  deUe  persone  e  degli  enti  che  la  medesima, 
in  ciascuno  dei  diversi  momenti  storici  che  possono  segnare  le  fasi  della  vita 
della  società  internazionale,  costituiscono  cogli  elementi  i  più  adatti  alla  rap- 
presentanza effettiva  e  reale.  L'armonia  che  risulterebbe  dal  contrasto  dei 
diversi  fattori  designati  per  comporta,  segnerebbe  le  fasi  progressive  della 
legge  che  la  società  internazionale  darebbe  a  so  stessa. 

Esistono  in  sostanza  due  grandi  repubbliche.  Una  è  quella  che  non  trova 
limiti  di  spazio,  di  fiumi,  di  monti,  e  che  comprende  tutte  le  genti  umane 
legate  fra  di  loro  dai  vincoli  della  coltura  e  della  civiltà,  e  l'altra  è  la  repub- 
blica formata  da  coloro  che,  uniti  da  interessi  civili,  sociali  e  politici,  compon- 
gono ciascuno  Stato.  Le  leggi  fondamentali  della  vita  giuridica  e  dell'ordina- 
mento razionale  dell'una  e  dell'altra  non  possono  essere  nella  sostanza  diverse. 

Sappiamo  purtroppo,  che  l'ordinamento  di  cose  da  noi  vagheggiato  non  potrà 
essere  attuato  che  nell'avvenire  più  o  meno  lontano,  ma  siamo  non  per  tanto 
fermamente  convinti  che,  quando  i  popoli  comprenderanno  meglio  le  loro  effet- 
tive e  reciproche  utilità,  e  quando  il  corso  degli  avvenimenti  iniziato  in  questo 
secolo  avrà  il  suo  completo  esplicamento,  il  problema  dell'ordinamento  giu- 
rìdico della  società  internazionale  sarà  pure  convenientemente  risoluto.  Ciò 
sarà  opera  del  tempo.  Prima  che  si  sia  potuto  arrivare  ad  attuare  l'ordina- 
mento giuridico  delle  genti  aggregate  a  Stato,  si  sono  percorsi  diversi  cicli: 
predominio  della  casta  sacerdotale;  privilegi  delle  caste;  autocrazia  dei  mo* 
narchi  per  diritto  divino;  autocrazia  della  politica  dinastica;  Governi  parla- 
mentari. L'ordinamento  giuridico  della  grande  repubblica  non  potrà  essere 
effettuato  senza  la  evoluzione,  che  segni  la  parabola  del  movimento  nei  cicli 
successivi. 

1021.  —  I  membri  del  Congresso  nella  loro  prima  riunione  eleg- 
geranno il  presidente  e  rufficio  di  presidenza. 


**^  Libro  1 V,  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

1022.  —  Il  Congresso  non  inizierà  i  lavori  relativi  all'oggetto 
della  sua  riunione  se  non  esaurite  le  operazioni  preliminari  per 
la  verifica  delle  nomine  dei  membri  eletti  e  per  la  legalità  della 
elezione. 

1023.  —  I  rappresentanti  del  popolo  e  i  rappresentanti  della 
scienza  eletti  pel  Congresso  conserveranno  tale  loro  qualità  fino 
a  che  non  sia  per  essere  costituito  un  altro  Congresso. 

1024.  —  Il  nuovo  Congresso  potrà  essere  convocato  ogniqual- 
volta che  un  terzo  dei  membri  appartenenti  al  Congresso  disciolto 
ne  facciano  richiesta. 

Ogni  Stato  rispetto  a  ciò  rappresenterà  due  voti  e  l'istanza  potrà 
essere  fatta  da  chi  sia  in  attualità  capo  del  Governo. 

Nell'istanza  stessa  sarà  designato  il  paese  ove  il  Congresso  dovrà 
riunirsi. 

L^Assemblea  o  Congresso ,  secondo  il  nostro  concetto,  non  dev'essere  un 
corpo  permanente.  Essa  si  costitniscei  per  esercitare  le  sue  funzioni,  ogniqual- 
volta che  sorge  il  bisogno  di  dare  alla  società  internazionale  il  regolamento 
giuridico  il  più  adatto  a  provvedere  all'ordinata  convivenza  ed  aU'ordinato 
sviluppo  di  tutti  grinteressi.  Tale  bisogno  non  può  al  certo  nascere  tutti  gli 
anni,  ma  bensì  ogni  periodo  di  anni,  più  o  meno  lungo,  secondo  che  Tordi- 
namento  di  cose  stabilito  possa  reputarsi  sufficiente  o  insufficiente  alla  sua 
alta  finalità. 

Non  potendo  la  società  internazionale  immobilizzarsi,  è  naturale  Tammet- 
tere  che  col  progresso  e  col  tempo  le  leggi  e  i  regolamenti  stabiliti  dall'As- 
semblea o  Congresso  debbano  riuscire  insufficienti,  e  che,  quando  ciò  sia 
per  verificarsi,  il  nuovo  regolamento  e  ordinamento  giuridico  debbano  essere 
discussi  e  stabiliti  dal  nuovo  Congresso. 

La  regola  da  noi  proposta  mira  a  determinare  come  e  da  chi  debba  essere 
riconosciuta  la  necessità  della  riunione  del  nuovo  Congresso.  Noi  proponiamo 
a  tal  fine,  che  quando  un  terzo  dei  membri  del  Congresso  disciolto  facciano 
ristanza  per  la  riunione  di  un  nuovo  Congresso,  tale  voto  da  parte  dei  medesimi 
debba  essere  decisivo,  e  che  conseguentemente  il  nuovo  Congresso  debba  riu- 
nirsi. In  tal  caso  all'elezione  dei  membri  del  nuovo  Congresso  e^alla  sua  costi- 
tuzione dovrà  essere  provveduto  come  è  detto  nelle  regole  precedenlL 


Durata  del  Congresso. 

1025.  —  Il  Congresso  non  è  un'istituzione  che  eserciti  le  sue 
funzioni  permanentemente. 

Esso,  quando  sia  convocato  e  costituito,  dura  e  permane  finché 


TUolo  L  '  latHuziatU  per  la  tìitéla  giur,  M  JHHUo  intértuuionale        ^25 

non  abbia  compiuto  i  lavori  e  le  sue  incombenze  relative  alle 
materie  ebe  ne  abbiano  motivato  la  riunione  e  si  scioglie*  Il 
novello  esercizio  delle  sue  funzioni  non  può  aver  luogo  che  in 
seguito  a  novella  riunione  ed  a  nuova  costituzione  del  Congresso. 

Le  leggi  della  società  intemazionale  devono  essere  adattate  alle  esigenze 
storiche  di  essa  in  ciascnn'epoca ,  ed  ò  per  tale  inotiTo  che  ci  sembra  indi- 
spensabile dì  escludere  la  permanenza  dei  poteri  che  devono  proclamarle.  Il 
movimento  progressivo  e  la  evoluzione  non  ci  sembrano  conciliabili  con  nes- 
suna forma  di  autorità  permanente. 


Autorità  del  Congresso. 

1020.  —  Spetta  al  Congresso  lo  stabilire  e  proclamare  le  regole 
giuridiche  che  devono  governare  tutti  i  rapporti  tra  gli  Stati  in 
Unione;  il  modificare  o  abrogare  le  regole  precedentemente  sta- 
bilite; Tesaminare  e  decidere  tutte  le  questioni  d'interesse  gene- 
rale; il  provvedere  al  mantenimento  dell' ordinamento  giuridico 
stabilito  tra  gli  Stati  in  Unione  e  l'assicurare  l'autorità  del  Diritto 
internazionale  ed  il  rispetto  del  medesimo  a  riguardo  di  tutti,  con- 
certando i  mezzi  a  ciò  più  adatti  e  quelli  che  possano  occorrere 
per  eliminare  le  agitazioni  atte  a  turbare  la  pace,  decretando  ne]la 
circostanza  i  mezzi  coercitivi  contro  coloro  che  arbitrariamente  vio- 
lassero il  Diritto  comune  stabilito,  o  quello  dallo  stesso  Congresso 
proclamato. 

1027.  —  Qualunque  violazione  del  Diritto  internazionale,  con- 
sumata a  danno  di  uno  Stato  o  di  un  popolo  deìV Unione^  o  a 
dannò  di  Stati  e  di  popoli  che  non  ne  facciano  parte,  e  qualunque 
violazione  altresì  dei  diritti  internazionali  spettanti  alle  persone,  a 
norma  delle  regole  fissate  nei  libri  precedenti,  potranno  formare 
oggetto  di  deliberazione  del  Congresso  a  fine  di  provvedere  alla 
tutela  dei  diritti  lesi. 

D  Diritto  internazionale  deve  reputarsi  ognora  sotto  la  protezione  e  sotto 
la  garanzia  giuridica  collettiva  degli  Stati  in  unione  (Confr.  reg.  26  e  seg.), 
deve  quindi  essere  attribuita  al  Congresso  la  potestà  di  provvedere  alla  tutela 
dei  diritti  internazionali  delle  persone  e  degli  enti  in  caso  di  arbitraria  vio* 
lazione  (Confr,  reg.  55,  67,  58,  487,  494,  582,  612). 


426  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionaleì 

1028.  —  Il  Congresso  estenderà  altresì  la  sua  autorità  per  deci- 
dere le  controversie  tra  uno  degli  Stati  che  formi  parte  dell'  Unione 
ed  un  altro  Stato  che  air  Unione  non  appartenga,  o  un  popolo, 
ogni  qualvolta  che  tale  controversia  implichi  l'applicazione  e  la 
violazione  di  una  regola  di  Diritto  internazionale,  proclamata  per 
tutelare  i  diritti  naturali  di  tutte  le  persone  della  Magna  dvitas. 

Confr.  reg.  62-67,  601-603. 

1029.  —  Dovrà  ritenersi  del  pari  di  competenza  del  Congresso 
l'esaminare  la  condotta  di  uno  Stato,  il  quale  non  abbia  voluto 
eseguire  le  decisioni  di  una  Conferenza,  ed  avrà  autorità  di  deli- 
berare intorno  a  ciò,  e  di  modificare,  quando  ne  sia  il  caso,  codeste 
decisioni,  o  di  decretare  i  mezzi  coercitivi,  quando  esse  fossero  da 
lui  confermate,  e  lo  Stato  non  le  eseguisse  interamente. 

1030.  —  Il  Congresso  potrà  stabilire  altresì  le  misure  che  pos- 
sano essere  prese  d'accordo  per  prevenire  una  guerra  imminente 
nella  quale  sia  impegnato  uno  degli  Stati  déìV Unione;  decretare 
i  mezzi  coercitivi  per  impedirla  o  per  arrestarne  le  conseguenze 
disastrose,  quando  sia  incominciata.  Esso  potrà  inoltre  esaminare 
ed  imporre  le  condizioni  della  pace  tra  le  parti  belligeranti  ed 
impedire  che  il  vincitore  abusi  della  forza  per  imporre  al  vinto, 
come  condizioni  della  cessazione  della  guerra,  patti  ingiusti  od 
onerosi. 

Come  sarà  detto  in  seguito,  non  si  può  sperare,  né  si  può  ammettere  che 
la  guerra  tra  gli  Stati  sia  eliminata  del  tutto,  così  come  non  si  può  sperare 
che  i  duelli  tra  privati  siano  eliminati  mediante  qualsisia  espediente  legislativo. 
Si  può  però  tentare  ogni  mezzo  per  prevenire  la  guerra  e  per  impedirla,  ed 
in  ogni  caso  spetta  ognora  alla  suprema  autorità  rappresentata  dal  Congresso, 
che  deve  tutelare  il  rispetto  delle  leggi  comuni  della  società  intemazionale, 
rimpedire  che  esse  siano  manomesse  colla  forza,  e  che  il  vincitore  abusi  di 
questa  per  violarle  e  legalizzarne  l'attentato. 

1031.  —  L'autorità  dei  Congressi  dovrà  estendersi  pure  a  dare 
alla  pace  generale  le  garanzie  di  sicurezza  e  di  stabilità  e  a  tute- 
lare gl'interessi  comuni  dei  popoli,  concertando  in  comune  le  con- 
dizioni le  più  adatte  a  soddisfare  le  necessità  della  convivenza. 

1032.  —  Dovrà  ritenersi  compreso  nel  principio  enunciato  nella 
regola  precedente  il  diritto  spettante  al  Congresso  di  fissare  pre- 


Titolo  L  -  Istituzioni  per  la  tutèla  ffiur.  del  Diritto  intemazionale        ^27 

ventivamente  il  lìmite  ragionevole  degli  annamenti  rispetto  a  cia- 
scuno degli  Stati  deìV  Unione  durante  la  pace. 

1033.  —  Il  contingente  massimo  dell'esercito  di  ciascmio  Stata 
durante  la  pace  sarà  proporzionato  ai  bisogni  intemi  e  determi» 
nato  valutando  le  particolari  condizioni  dello  Stato  ed  i  bisogni 
della  sua  sicurezza  intema,  e  tenendo  conto  dell'estensione  del  suo 
territorio  e  del  numero  della  popolazione. 

1034.  —  Le  decisioni  del  Congresso,  prese  a  maggioranza,  hanno 
la  stessa  autorità  della  legge  rispetto  a  tutti  gli  Slati  che  sìeno 
già  di  fatto  attualmente  stabiliti  in  Unione^  e  rispetto  a  quelli  che 
volessero  entrare  a  farne  parte  in  avvenire. 


Procediììiento. 

1035.  —  Ognuno,  che  abbia  fatto  verificare  la  sua  qualità  dr 
membro  del  Congresso,  avrà  diritto  di  prendere  parte  a  tutte  le 
decisioni  con  voto  deliberativo. 

1036.  —  Tutti  gli  atti  del  Congresso  devono  essere  redatti  in 
iscritto  e  sottoscritti  da  tutti  i  rappresentanti,  facciano  essi  parte 
della  maggioranza  o  della  minoranza,  e  officialmente  pubblicati* 

1037.  —  Ciascuno  che  abbia  preso  parte  alla  discussione  sarà 
tenuto  a  dare  il  proprio  voto  e  a  sottoscrivere  la  decisione,  e  qua- 
lora esso,  dopo  avervi  preso  parte,  si  astenesse  dairintervenire 
alle  deliberazioni,  o  si  rifiutasse  dal  sottoscriverle,  tale  procedi- 
mento da  parte  sua  sarà  reputato  sleale  ed  in  opposizione  ai  doveri 
generali  che  incombono  a  tutti  gli  Stati,  tra  i  quali  V  Unione  tro- 
visi di  fatto  nell'attualità  stabilita,  e  sarà  fatta  menzione  dell' inci- 
dente negli  atti  del  Congresso. 

1038.  —  Laddove  il  Congresso  sia  chiamato  a  risolvere  una 
controversia  intervenuta  fra  due  Stati,  o  tra  un  Sovrano  e  un 
popolo,  potrà  non  solo  tener  presenti  tutti  gli  atti  e  documenti^ 
che  siano  stati  esibiti  per  esaminarli,  ma  potrà  decidere  che 
siano  esibiti  tutti  gli  atti  e  documenti  che,  a  deliberazione  presa  a 


428  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

maggioranza,  siano  reputati  utili  per  accertare  ogni  particolare 
circostanza  di  fatto  ed  ogni  punto  controverso  di  Diritto. 


Sanzione  delle  decisioni  di  un  Congresso. 

1039.  —  Alla  sanzione  delle  decisioni  prese  dagli  Stati  riuniti 
in  Congresso  dovrà  provvedere  il  Congresso  stesso,  assicurandone 
il  rispetto  e  l'autorità. 

1040.  —  Qualora  il  Congresso  abbia  formulata  o  stabilita  una 
nuova  regola  concreta  di  Diritto  internazionale,  obbligatoria  per 
tutti  gli  Stati  in  Unione  ^  o  che  vogliano  entrare  a  farne  parte, 
dovrà  reputarsi  sola  efficace  sanzione  il  dichiarare  gli  Stati,  che 
non  volessero  accettarla,  fuori  AeW  Unione. 

Non  sarà  peraltro  lecito  ad  uno  Stato,  che  continui  a  mante- 
nere rapporti  di  fatto  d'interesse  intemazionale  con  gli  Stati  della 
Unione^  il  disconoscere  l'autorità  imperativa  di  una  o  di  un'altra 
regola  giuridica  proclamata  in  Congresso  {Confr.  reg.  11-12, 21-22). 

1041.  —  Qualora  il  Congresso  avesse  deciso  questioni  d'inte- 
resse generale,  o  avesse  risoluta  una  controversia  fra  due  o  più 
Stati,  che  tali  interessi  concernessero,  potrà  decretare  i  mezzi  coer- 
citivi per  costringere  tutti  coloro,  cui  codeste  decisioni  si  riferis- 
sero, a  sottostarvi. 

Tali  mezzi  coercitivi  sono  quelli  che  possono  essere  usati  durante 
la  pace,  e  l'uso  della  forza  armata  in  conseguenza  del  Diritto  di 
guerra. 

T  mezzi  coercitivi  pacifici  dovranno  essere  adoperati  prima  di 
ricorrere  all'espediente  estremo  della  guerra. 


Esecuzione  delie  decisioni  del  Cmgresso 
mediante  la  forza  armata. 

1042.  —  Qualora  il  Congresso  abbia  decretato  i  mezzi  coerci- 
tivi per  assicurare  il  rispetto  delle  sue  decisioni  contro  coloro  che 


Titolo  L  -  Istituzioni  per  fa  tutela  giur,  del  Diritto  internazionale        *^ 

siano  tenuti  a  sottostarvi,  ed  i  mezzi  coercitivi  pacifici  essendo 
riusciti  inefficaci,  sia  il  caso  di  adoperare  la  forza  per  assi» 
curare  il  rispetto  delle  deliberazioni  del  Congresso,  potrà  sta-^ 
bilire  come  si  debba  procedere  all'esecuzione  forzata  delle  sue 
deliberazioni. 

1043.  —  Gli  Stati  dell' Unione  ai  quali  sia  stato  affidato  di  ado- 
perare la  forza  armata  per  assicurare  le  decisioni  del  Congresso 
saranno  reputati  di  pieno  diritto  alleati  e  tutti  gli  altri  di  pieno 
diritto  neutrali. 

Il  Congresso  potrà  stabilire  le  modalità  per  procedere  all'ese» 
cuzione  forzata  delle  sue  decisioni,  e  quello  che  sarà  stato  stabi» 
Kto  d'accordo  sarà  reputato  obbligatorio  senza  riserva  per  tutti. 

Il  regolamento  definitivo  dell'esecuzione  forzata  e  tutti  gli  effetti 
che  ne  potessero  derivare  saranno  deferiti  al  Congresso,  e  le  deci- 
sioni del  medesimo  saranno  obbligatorie  per  gli  Stati  alleati  nel 
procedere  all'esecuzione  forzata. 

I  precedenti  stabiliti  in  questo  scorcio  di  secolo  rispetto  alla  guerra  tra  la 
Russia  e  la  Turchia,  ed  a  quella  non  ancora  terminata  tra  la  Turchia  e  la  Grecia, 
suffragano  il  nostro  concetto  e  ci  rendono  sicuri  che  con  una  migliore  orga- 
nizzazione del  così  detto  concerto  europeo  (che  a  nostro  modo  di  yedere 
dovrebbe  essere  organizzato  dal  Congresso  piuttosto  che  dalle  combinazioni 
concertate  tra  le  Potenze  che  abbiano  maggiore  influenza  e  maggiore  prepon- 
deranza) si  possa  arrivare  a  tradurre  in  atto  un  più  giusto  e  più  razionale 
sistema  d'ingerenza  collettiva. 


Della  Conferenza. 

1044.  —  La  Conferenza  è  costituita  dai  membri  delle  grandi 
Potenze  che  rappresentino  il  Governo  attuale  di  ciascuna  di  esse^ 
in  numero  di  due;  dai  membri,  in  numero  di  cinque,  dei  rappre* 
sentanti  del  popolo,  eletti  dai  membri  deputati  al  Congresso  nel 
loro  seno  ;  dai  rappresentanti  dello  Stato,  o  degli  Stati,  che  abbiano 
un  interesse  diretto  nella  soluzione  sommessa  al  giudizio  ed  alla 
decisione  della  Conferenza  medesima. 

I  membri  che  rappresentano  ciascun  Governo  ed  i  rappresen- 
tanti del  popolo  avranno  voto  deliberativo,  i  rappresentanti  degli 


^^  Libro  I V.  -  Dilla  tutela  giuridica  dd  Diritto  internazionaU 

Stati  che  abbiano  interesse  diletto  nella  soluzione  della  questione 
sommessa  alla  Conferenza  potranno  soltanto  prendere  parte  a  tutte 
\e  decisioni,  ma  senza  voto  deliberativo. 

1046.  —  La  riunione  della  Conferenza  potrà  essere  provocata 
da  ciascuno  degli  Stati  in  Unione  e  dovrà  aver  luogo  ogni  qual- 
volta che,  essendo  nata  una  controversia  fra  due  o  più  Stati  intorno 
all'interpretazione  o  all'applicazione  di  una  regola  di  Diritto  prò- 
<;lamata  in  Congresso,  o  intorno  a  un  principio  qualsisia  di  Diritto 
comune,  e  riuscendo  inefficaci  a  comporre  la  vertenza  i  mezzi  diplo- 
matici, e  venendo  cosi  a  verificarsi  il  pericolo  d'una  grave  pertur- 
bazione, che  possa  alterare  le  relazioni  pacifiche  tra  gli  Stati  in 
Unione^  un  quarto  dei  membri  appartenenti  al  Congresso  appog- 
-gino  la  richiesta  fatta  da  uno  degli  Stati  in  Unione. 

La  Conferenza,  secondò  il  nostro  concetto,  dovrebbe  rappresentare  il  potere 
•esecutivo;  l'organo  investito  della  potestà  di  far  rispettare  le  leggi  intemazio- 
nali proclamate  in  Congresso;  prevenire  le  perturbazioni  che  possono  conse 
guire  dalla  loro  inosservanza;  applicarle  per  risolvere  le  controversie  che  pos- 
sono turbare  le  buone  relazioni  pacifiche.  Dato  questo  concetto  riesce  facile 
spiegare  perchè  nella  costituzione  di  essa  ci  è  sembrato  ammettere  i  membri 
soltanto  delle  grandi  Potenze,  che  devono  essere  considerate  le  più  interessate 
«  prevenire  le  perturbazioni  internazionali.  Sempre  fermi  però  nel  nostro  con- 
cetto fondamentale,  che  cioè  Fattuale  disordine  intemazionale  proviene  mas- 
simamente da  che  la  politica  primeggia  sul  Diritto,  siamo  fermamente  convinti 
•che  in  ogni  istituzione  che  debba  mirare  alla  grande  finalità  di  provvedere 
A  mantenere  nella  società  intemazionale  Tordinamento  giuridico,  tì  debbano 
essere  i  rappresentanti  della  società  medesima.  Riteniamo  conseguentemente  che 
anche  nella  Conferenza  convenga  escludere  la  preponderanza  della  politica  e 
quella  sopratutto  degli  Stati  più  forti  e  più  potenti,  che  tendono  sempre  a  fare 
primeggiare  la  politica  del  proprio  paese. 

Nessun  interesse  internazionale,  neanche  quello  di  prevenire  le  perturba- 
zioni, può  reputarsi  nel  dominio  esclusivo  dei  Governi.  Deve  bensì  riconoscersi 
che  ogni  interesse  intemazionale  tocca  la  vita  di  ciascheduno  Stato  ed  affetta 
•conseguentemente  gVinteressi  dei  popoli. 

La  rappresentanza  popolare  non  deve  quindi  mancare  mai,  ogni  qual  volta 
che  si  tratti  di  decidere  questioni  che  tocchino  la  società  intemazionale.  La 
prosperità,  il  benessere,  la  vita  di  ciascun  popolo  sono  strettamente  legati  con 
-quelli  degli  altri,  e  nulla  quindi  di  quello  che  accade  nella  società  interna- 
zionale non  tocca  direttamente  o  indirettamente  la  vita  di  ciascuno  e  di  tutti 
i  popoli  che  formano  gli  Stati. 

Per  tali  considerazioni  noi  reputiamo  indispensabile  che  anche  nella  Con* 
ferenza  vi  sia  la  rappresentanza  popolare.  Abbiamo  limitato  a  cinque  i  membri 
deputati  alla  Conferenza,  i  quali  dovrebbero  essere  eletti  dai  rappresentanti 
del  popolo  deputati  al  Congresso  prima  che  il  Congresso  fosse  disciolto,  e 
-dovrebbero  restare  in  ufficio  fino  a  quando  non  fosse  riunito  un  altro  Cion' 


Titolo  L  •  htituzioni  per  la  tutela  giur.  del  Diritto  intemazionale        ^^ 

gresso,  nel  qual  caso  siccome  si  procederebbe  alla  nuova  elezione  dei  rappre- 
sentanti del  popolo  deputati  al  Congresso,  cosi  questi  designerebbero  nuova- 
mente i  cinque  membri  che  dovrebbero  rappresentarli  nella  Conferenza. 


Competenza  della  Conferenza. 

1046.  —  La  Conferenza  sarà  competente  a  decidere  ogni 
controversia  d'interesse  complesso,  compresa  l'interpretazione  di 
un  trattato  fra  due  o  più  Stati  che  tali  interessi  concernano. 

Essa  potrà  inoltre  decidere  circa  la  rivocazione  di  un  trattato  con- 
cluso tra  due  Stati,  nei  casi  contemplati  nelle  regole  669,  701, 706. 

Essa  potrà  interpretare  qualunque  regola  stipulata  in  un  trat- 
tato generale,  ma  non  sarà  del  pari  competente  a  decidere  circa 
la  rivocazione  o  sospensione  di  esso.  Essa  sarà  competente  altresì 
a  decidere  qualsisia  controversia  tra  gli  Stati  in  Unione^  mediante 
l'applicazione  di  una  disposizione  delle  leggi  proclamate  in  Con- 
gresso, ma  non  sarà  competente  a  proclamare  una  nuova  regola 
di  Diritto  quando  essa  manchi,  salvo  che,  per  le  particolari  circo- 
stanze del  caso,  essa  non  possa  ritenersi  chiaramente  fondata  sul- 
l'analogia, o  desumersi  da  quelle  stabilite  in  Congresso  mediante 
l'interpretazione  estensiva. 

La  Conferenza  sarà  pure  competente  a  decretare  la  sottomis- 
sione alla  giurisdizione  arbitrale,  nonostante  chele  parti  non  abbiano 
espressamente  concordato  tale  forma  di  procedimento. 

Procedimento. 

1047.  —  Provocata  la  riunione  della  Conferenza  a  norma  della 
reg.  1045,  le  parti  fra  le  quali  verta  la  controversia,  dato  che  non 
arrivino  a  comporla,  dovranno  essere  reputate  entrambe  come 
convenute. 

1048.  —  Incombe  all'una  e  all'altra  delle  due  parti  contendenti 
il  mettere  a  disposizione  della  Conferenza  tutti  i  titoli  e  documenti 
sui  quali  ciascuna  di  loro  fondi  la  sua  pretesa,  e  quelli  che  pos- 
sano essere  richiesti  dall'Assemblea;  le  negoziazioni  intervenute, 


^2  Libro  IV.  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionaU 

gli  atti  relativi  in  caso  di  buoni  uffici  o  mediazione  da  parte  dì 
terzi  Stati  ;  le  note  diplomatiche  pubblicate,  e  quanto  possa  occor- 
rere per  mettere  la  Conferenza  in  grado  di  conoscere  esattamente 
il  vero  oggetto  della  disputa,  e  di  decidere  intorno  ad  essa  con 
illuminato  giudizio. 

1049.  —  Sarà  concesso  all'una  ed  all'altra  parte  di  presentare 
alla  Conferenza  qualsisia  memoria,  fino  al  momento  nel  quale  non 
sia  dichiarato  dall'Assemblea  chiuso  il  periodo  per  la  comunica- 
zione degli  atti.  Saranno  inoltre  ambedue  le  parti  ammesse  a  soste- 
nere le  proprie  ragioni  in  seno  alla  Conferenza,  facendosi  rappre- 
sentare da  persone  a  ciò  delegate. 

1050.  —  La  decisione  definitiva  ed  ogni  decisione  provvisoria 
saranno  prese  a  maggioranza  di  voti,  votando  ciascuno  degli  Stati 
rappresentati  con  un  voto  solo. 

Sarà  compilato  processo  verbale  di  tutti  gli  atti  della  Conferenza. 

1051.  —  La  deliberazione  della  Conferenza  dovrà  essere  redatta 
in  iscritto  e  dovrà  contenere  innanzi  tutto  l'enunciazione  chiara  e 
precisa  dei  principi!  di  Diritto  comune  sui  quali  l'Assemblea  abbia 
fondata  la  sua  decisione,  o  di  quelli  ai  quali  essa  abbia  dato  inter- 
pretazione estensiva  fondandosi  sull'analogia;  i  motivi  pei  quali 
essa  abbia  ritenuto  applicabili  i  detti  principii  per  la  soluzione 
del  caso  controverso,  o  quelli  sui  quali  essa  si  sia  fondata  nell'in- 
terpretare  un  trattato,  o  per  decidere  circa  la  sua  rivocazione. 
Dovrà  inoltre  contenere  in  modo  chiaro  e  preciso  le  decisioni 
deliberate. 

1052.  —  La  deliberazione  dovrà  essere  sottoscritta  da  tutti  gli 
Stati  rappresentati,  e  qualora  uno  di  essi  appartenesse  alla  mino- 
ranza, potrà  motivare  il  suo  voto  negativo  e  richiedere  che  ne  sia 
redatto  processo  verbale;  ma  non  potrà  rifiutarsi  a  sottoscrivere 
la  deliberazione  votata  a  maggioranza.  In  caso  di  rifiuto  arbitrario 
e  sleale,  sarà  di  ciò  compilato  processo  verbale,  sottoscritto  dalla 
maggioranza,  che  sottoscriverà  pure  la  deliberazione  votata. 

1063.  —  La  decisione  della  Conferenza  sarà  considerata  defi- 
nitiva e  sarà  notificata  alle  parti  in  via  diplomatica,  e  dovrà  repU' 
tarsi  senz'altro  obbligatoria  per  entrambe. 


Titolo  L  '  Istituzioni  per  la  tutela  giur,  d$l  Diritto  internazionale       ^33 


Sanzione  delle  deliberazioni  di  una  Conferenza. 

1054.  —  L'Assemblea  potrà  provvedere  ad  assicurare  con  san- 
zioni penali  l'esecuzione  della  deliberazione  da  essa  presa,  decre- 
tando contro  ]a  parte,  che  rifiutasse  di  sottomettervisi ,  i  mezzi 
coercitivi  leciti  durante  la  pace,  i  quali  sono  quelli  enumerati  in 
seguito. 

1055.  —  Qualora  una  delle  parti  non  si  volesse  sottomettere  ad 
eseguire  le  decisioni  della  Conferenza,  tale  procedimento  da  parte 
sua  sarà  reputato  come  opposizione  diretta  al  Diritto  comune  sta- 
bilito tra  gli  Stati  in  Unione^  e  renderà  necessaria  la  riunione  del 
Congresso  per  stabilire  i  provvedimenti  relativi. 


Del  Tribunale  arbitrale. 

1066.  —  II  tribunale  arbitrale  è  costituito  dalle  persone  nomi- 
nate in  qualità  di  arbitri  per  decidere  una  controversia  d'interesse 
particolare  nata  fra  due  o  più  Stati,  e  per  sentenziare  intomo  ad 
essa  applicando  1  principii  del  Diritto  comune,  o  il  Diritto  parti- 
colare stabilito  fra  le  parti  mediante  i  trattati  fra  dì  esse  stipulati. 

1057.  —  La  sottomissione  alla  giurisdizione  del  tribunale  arbi- 
trale sarà  volontaria  o  forzata. 

La  prima  è  quella  che  nasce  in  conseguenza  del  patto  espresso 
concordato  in  un  trattato,  col  quale  le  parti  abbiano  convenuto 
di  sottomettere  agli  arbitri  le  controversie  che  possano  nascere 
nella  sua  interpretazione,  o  nell'esecuzione  ;  o  quando  con  im  trat- 
tato avessero  assunto  in  generale  l'obbligo  reciproco  di  sottomet- 
tere ad  arbitri  qualunque  vertenza  fra  dì  loro;  o  quando,  con  com- 
promesso speciale,  avessero  convenuto  di  sottomettersi  ad  arbitri 
per  far  risolvere  da  essi  una  particolare  controversia  dì  ordine 
giuridico. 

La  giurisdizione  arbitrale  forzata  potrà  derivare  dalla  deli- 
berazione di  una  Conferenza,  con  la  quale,  decisa  la  questione 

28  —  FioBE,  Dir.  interri,  codif. 


434  Libro  IV.  •  Della  tutda  giuridica  del  Diritto  internazionale 

principale,  fosse  stata  deferita  agli  arbitri  la  decisione  d'una  que- 
stione di  fatto  o  dì  Diritto  particolare  fra  le  parti  stesse  ;  ovvero 
quando,  mancando  il  compromesso,  e  sostenendo  una  delle  parti 

che  fosse  il  caso  della  giurisdizione  arbitrale,  e  dichiarandosi  pronta 

« 

a  sottomettersi,  la  Conferenza  riconoscesse  fondata  tale  istanza 
e  decidesse  che  dovesse  essere  costituito  un  tribunale  arbitrale  per 
decidere  sulla  determinata  controversia. 

Tale  sarebbe  il  caso  di  un  tribunale  arbitrale  istituito  dalla  Conferenza  per 
procedere  ad  un  atto  istruttorio ,  o  per  determinare  Tammontare  dei  danni 
effettivi  e  Findennità  dovuta,  e  via  dicendo. 

1058.  —  Incombe  agli  Stati,  anche  quando  non  si  siano  a  ciò 
precedentemente  obbligati,  il  riconoscere  l'evidente  comune  utilità 
di  sottoporre  alla  d.ecisione  di  un  tribunale  arbitrale  tutte  le  dif- 
ferenze di  ordine  giuridico  che  nascano  fra  di  loro,  e  che  concer- 
nano loro  particolari  interessi,  e  che,  secondo  i  principii  del  Diritto 
comune,  possano  formar  materia  di  compromesso. 


Formazione  del  Tribunale  arbitrale. 

1059.  —  Il  tribunale  arbitrale  si  reputerà  costituito  quando 
gli  arbitri  siano  stati  nominati  a  norma  del  compromesso  concluso 
fra  le  parti  o  delle  regole  seguenti,  ed  essi  abbiano  accettato  il 
mandato. 

1060.  —  La  costituzione  del  tribunale  arbitrale  potrà  effet- 
tuarsi altresì  in  forza  della  clausola  compromissoria  contenuta  in 
un  trattato,  con  la  quale  le  parti  si  siano  obbligate  di  deferire  agli 
arbitri  tutte  le  controversie  che  potessero  sorgere  tra  di  loro,  idonee 
ad  essere  oggetto  di  compromesso,  rimettendosi  poi  alle  regole 
del  Diritto  comune  internazionale  per  l'attuazione  dell'arbitrato, 

1061.  —  La  scelta  degli  arbitri  dovrà  ritenersi  in  massima  defe- 
rita alle  parti  stesse  che  intendano  sottomettersi  al  tribunale  arbi- 
trale, ovvero  potrà  essere  fatta  dalle  persone  designate  da  esse 
per  fare  tale  scelta,  attenendosi  in  ordine  a  ciò  a  quanto  sia  stato 
previamente  stabilito  in  virtù  del  compromesso. 


TUolo  L  •  IHHuzioni  per  la  tuUla  giur.  del  Diritto  intemazionale      ^^ 

1062.  —  II  numero  degli  arbitri  dovrà  ritenersi  in  massima  fis- 
sato a  tre,  e  potrà  per  accordo  delle  parti  essere  esteso  a  cinque. 

Potranno  nonpertanto  le  parti  convenire  di  deferire  la  decisione 
delia  controversia  ad  uno  scelto  da  esse  per  decidere  in  qualità 
di  arbitro. 

1063.  —  Se  le  parti  abbiano  designato  d'accordo  Tarbitro,  o  gli 
arbitri,  le  funzioni  dovranno  essere  esercitate  individualmente  dalla 
persona  o  dalle  persone  da  esse  determinate  ;  e  qualora  una  di 
dette  persone  non  fosse  capace  o  essendo  tale  ricusasse,  non  potrà 
procedersi  a  sostituirla,  se  non  quando  sia  intervenuto  tra  le  parti 
stesse  un  nuovo  compromesso  in  ordine  a  ciò. 

1064.  —  Qualora  le  parti  non  arrivino  ad  accordarsi  sulla  scelta 
degli  arbitri,  o  che  non  esista  fra  di  esse  una  clausola  compro- 
missoria previamente  stipulata  per  procedere  alla  scelta,  e  che  non 
arrivino  a  concordare  un  compromesso  in  ordine  a  ciò,  o  che  essen- 
dosi accordate  sulla  scelta  di  arbitri  individualmente  designati  una 
delle  persone  scelte  sia  divenuta  incapace,  o  non  abbia  accettato, 
dovrà  ritenersi  in  massima  che  ciascuna  delle  parti  abbia  diritto 
di  nominare  lo  stesso  numero  di  arbitri,  e  che  gli  arbitri  da  esse 
nominati  debbano  designare  il  terzo  arbitro,  salvo  che  le  parti  stesse 
non  arrivino  ad  accordarsi  per  far  designare  il  terzo  arbitro  da  una 
delle  persone  da  esse  scelte.  Gli  arbitri  nominati  potranno,  quando 
debbano  essi  designare  l'arbitro,  rimetterne  la  scelta  ad  un  terzo* 


Capacità  per  essere  arbitro. 

1066. —  La  capacità  giuridica  richiesta  per  essere  arbitro  è  quella 
che,  secondo  il  Diritto  comune,  occorre  per  esercitare  la  funzione 
di  arbiiro  tra  privati. 

1066.  —  La  capacità  morale  dovrà  essere  attribuita  a  prefe- 
renza alle  persone  che  per  la  loro  posizione  indipendente  e  per  le 
alte  cognizioni  giuridiche  ispirino  piena  confidenza  di  decidere  con 
rettitudine  e  imparzialità,  e  che  non  abbiano  alcun  interesse  diretto 
o  indhretto  rispetto  alla  controversia  insorta. 


43G  i^ii,ro  IV.  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemaziomaU 

1067.  —  Le  funzioni  dì  arbitro  possono  essere  attribuite  ai 
Sovrani,  ai  giureconsulti  ed  ai  pubblicisti,  a  condizione  però  che  la 
persona  designata,  accettando,  eserciti  personalmente  codeste  fun- 
zioni e  che  non  possa  delegarle  ad  altri. 

1068.  —  I  corpi  costituiti  {una  Facoltà  di  Diritto  o  un  Tribur 
naie  designato)  potranno  essere  scelti  come  arbitri 


Rifiuto  di  sottomettersi  alla  giurisdizione  arbitrale. 

1069.  —  La  parte,  la  quale  sostenga  che  sia  il  caso  di  giurisdi- 
zione arbitrale,  e  che  dichiari  di  essere  pronta  a  sottomettersi  ad 
essa  per  la  decisione  della  controversia  insorta,  dovrà,  in  mancanza 
di  compromesso  o  di  accordo,  notificare  in  via  diplomatica  ciò  all'ai* 
tra  parte  e  nominare  uno  o  due  arbitri,  invitando  l'altra  parte  a 
nominarne  un  numero  eguale,  onde  procedere  poi  alla  nomina  del 
terzo  arbitro,  come  nella  regola  precedente. 

1070.  —  Qualora  la  parte  avversa,  alla  quale  sia  stata  fatta  tale 
notificazione  diplomatica,  non  accetti  di  sottomettersi  alla  giurisdi- 
zione arbitrale,  dovrà  in  massima  dichiararlo  con  nota  diplomatica, 
nella  quale  i  motivi  del  suo  rifiuto  siano  formulati.  Mancando  tale 
nota,  sarà  ritenuta  valida  prova  del  suo  rifiuto  il  non  procedere 
essa  alla  nomina  degli  arbitri  in  seguito  all'intimazione  fatta  dal- 
l'altra parte. 


Appello  alla   Conferenza. 

1071.  —  n  rifiuto  di  sottomettersi  alla  decisione  del  tribunale 
arbitrale,  constatato  come  nella  regola  precedente,  giustificherà  l'ap- 
pello alla  Conferenza,  ad  istanza  della  parte  che  si  ritenga  lesa. 

Tale  appello  alla  Conferenza  potrà  aver  luogo  anche  ad  istanza 
della  parte  convenuta,  qualora  questa  rifiuti  la  giurisdizione  arbi- 
trale, 0  perchè  ritenga  l'oggetto  della  controversia  fuori  dei  limiti 
delia  clausola  compromissoria,  o  perchè  sostenga  che  l'oggetto  della 


Titolo  L  '  Istituzioni  per  la  tutela  giur.  del  Diritto  internazionale       *^' 

controversia  stessa,  per  le  particolari  circostanze  del  caso,  non 
possa  essere  materia  di  compromesso ,  o  perchè  in  generale  fondi 
sul  Diritto  comune  il  suo  rifiuto  a  sottomettersi  alla  giurisdizione 
arbitrale. 

1072.  ^-  Dovrà  altresì  ammettersi  l'appello  alla  Conferenza, 
anche  nel  caso  che  le  parti  si  siano  accordate  mediante  il  compro- 
messo concluso  di  sottomettersi  al  tribunale  arbitrale  e  circa  il  modo 
per  costituirlo,  se  una  delle  parti  non  designi  gli  arbitri  secondo  fu 
convenuto  col  compromesso  stesso,  o  quando  la  costituzione  del 
tribunale  arbitrale  non  possa  essere  effettuata  a  cagione  del  disac- 
cordo degli  arbitri  designati  circa  la  scelta  del  terzo  arbitro;  e  che 
le  parti  non  arrivino  ad  eliminare  le  difficoltà  per  procedere  di 
questi  alla  scelta. 

1073.  —  Ogniqualvolta  che  la  controversia,  per  la  mancata 
costituzione  del  tribunale  arbitrale,  sia  deferita  alla  Conferenza, 
questa  dovrà  ritenersi  competente  ad  esaminare  in  principio  se  sia 
o  no  il  caso  di  giurisdizione  arbitrale,  o  in  virtù  della  clausola  com- 
promissoria fra  le  parti  stesse  concordata ,  o  in  virtù  dei  generali 
principii  dì  Diritto  comune.  Qualora  la  Conferenza  ritenga  che  sia 
il  caso  di  sottoporre  la  decisione  della  controversia  ad  un  tribunale 
arbitrale,  potrà  essa  stessa  designare  gli  arbitri  mancanti. 

1074.  —  La  Conferenza  potrà  escludere  la  giurisdizione  arbi- 
trale e  decìdere  la  controversia,  se  sia  il  caso  di  ritenersi  a  ciò  com- 
petente essa  stessa,  a  norma  della  reg.  1046. 


Procedimento  dinanzi  al  Tribunale  arbitrale. 

1075.  —  Incombe  alle  parti,  fra  le  quali  verte  la  controversia, 
il  precisarne  i  punti  mediante  il  compromesso  da  esse  scritto  e 
sottoscritto. 

Tale  atto  sarà  fatto  con  le  stesse  forme  di  un  trattato,  e  sarà 
necessario  in  ogni  caso  di  giurisdizione  arbitrale  volontaria,  anche 
quando  essa  abbia  luogo,  in  virtù  della  clausola  compromissoria, 
previamente  stipulata. 


^^  Libro  IV,  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

In  caso  di  giurisdizione  arbitrale  forzata ,  le  controversie  sotto- 
poste al  giudizio  degli  arbitri  saranno  formulate  dalla  Conferenza. 

1076.  —  Il  compromesso  dovrà  contenere  la  contestazione  della 
controversia  e  precisare  i  punti,  rispetto  ai  quali  le  parti  debbano 
sottostare  alla  decisione  degli  arbitri. 

Tali  punti  controversi  possono  concernere  una  questione  di 
Diritto  particolare  stabilito  fra  le  parti  stesse  a  norma  della  reg.  14, 
o  una  questione  di  fatto,  dato  che  le  parti  si  trovino  d'accordo  sulla 
questione  di  Diritto  e  lo  dichiarino  espressamente,  e  che  la  contro- 
versia concerna  Tapplicazione  di  tale  Diritto  a  questioni  di  Mto. 

1077.  —  Incombe  alle  parti  trasmettere  tutti  i  documenti  e 
gli  atti  e  le  memorie  idonei  ad  illuminare  il  tribunale  giudicante  e 
tutti  gli  atti  e  documenti  che  da  esso  siano  richiesti  per  Tistru- 
zione  della  causa. 

1078.  —  Il  ritardo  di  una  delle  parti  nel  trasmettere  |^i  atti  e 
documenti  potrà  giustificare  la  decisione  del  tribunale  arbitrale  che 
fissi  un  termine  ragionevole  per  la  trasmissione  di  essi.  Elasso 
tale  termine,  e  qualora  il  tribunale  stesso  non  abbia  accordata  una 
proroga,  il  ritardo  ingiustificato  sarà  reputato  di  per  se  stesso  equi- 
valente a  rinuncia  della  parte  a  trasmettere  gli  atti  in  sostegno  delle 
sue  pretese,  ed  il  tribunale  dovrà  giudicare  allo  stato  degli  atti  esi- 
stenti e  presentati,  e  di  quelli  ch'esso  medesimo  d' ufficio  potrà 
richiamare  ed  ottenere. 

1079.  —  Il  tribunale  arbitrale  potrà  decretare  ogni  mezzo  di 
prova  e  tutti  gli  atti  istruttorii  che  reputi  utili  od  opportuni  per 
decidere  con  illuminato  giudizio. 


Estinzione  o  sospensione  del  compromesso^ 

1080.  —  [1  compromesso  dovrà  essere  reputato  nullo,  se  man- 
chi dei  requisiti  richiesti  per  la  validità  di  un  trattato  intemazionale 
e  che  trovansi  contemplati  nel  tit.  I  del  Lib.  IL 

1081.  —  Il  compromesso  potrà  rimanere  senza  effetto  e  repu- 
tarsi estinto,  se  le  parti,  fra  le  quali  fu  concluso,  arrivino  a  com- 


Titolo  I.  '  Itìt'ttizioni  per  la  tutela  giur,  del  Diritto  intemazionale       *3^ 

porre  la  lite,  mediante  accordo  sopravvenuto,  o  mediante  una  tran- 
sazione, o  altrimenti. 

1082.  —  Dovrà  del  pari  ritenersi  estinto  il  compromesso,  se 
venissero  a  mancare  le  condizioni  sotto  le  quali  la  giurisdizione 
arbitrale  fu  dalle  parti  volontariamente  istituita.  Questo  dovrebbe 
ammettersi  principalmente: 

a)  nel  caso  che  la  controversia  concernesse  diversi  punti,  e  che 
le  parti  arrivassero  a  mettersi  d'accordo  intorno  all'uno  o  all'altro 
di  essi,  e  che  non  dichiarassero  formalmente  di  volere  lasciar  sus- 
sistere il  compromesso  a  riguardo  di  quelli  tuttora  disputati; 

b)  quando,  essendosi  accordate  le  parti  circa  la  nomina  di  per- 
sone individualmente  designate  come  arbitri,  nel  corso  del  giudizio 
una  di  esse  fosse  divenuta  incapace,  o  fosse  morta,  o  avesse  ri- 
nunciato ; 

e)  quando  la  persona  nominata  avesse  delegato  ad  altri  l'eser- 
cizio delle  funzioni  di  arbitro  ad  essa  confidate. 

1083.  —  Il  compromesso  dovrà  ritenersi  sospeso  se  una  delle 
parti  abbia  ricusato  l'arbitro  designato  dall'altra,  fino  a  tanto  che 
le  parti  non  si  siano  accordate  sulla  scelta  di  un  altro  arbitro,  o 
(qualora  sia  stato  deciso  che  l'istanza  di  ricusa  debba  ritenersi  ben 
fondata  in  Diritto)  finché  non  sia  stato  designato  un  arbitro  capace. 


Della  ricusazione  délVarbitro  designato. 

1084.  —  L'arbitro  designato  potrà  essere  validamente  ricusato  : 

a)  se  non  abbia  i  requisiti  di  capacità  a  norma  della  reg.  1065; 

h)  quando  possa  essere  stabilito  e  provato  ch'egli  abbia  inte- 
resse nella  controversia; 

e)  quando,  essendo  designato  un  Sovrano,  sia  stabilito  e  pro- 
vato che  una  questione  identica  in  Diritto  debba  essere  decisa  in 
un'altra  lite  vertente  nell'interesse  di  lui  e  di  un  altro  Stato  ; 

d)  quando  il  Sovrano  nominato  come  arbitro  abbia  prestato  i 
suoi  buoni  uffici  per  comporre  la  contesa,  o  abbia  fatto  da  mediatore  ; 


^^  Libro  IV.  '  Détta  tutela  giuridica  dd  Diritto  intemazioHàU 

e)  quando,  per  le  mutate  condizioni  di  cose,  possa  essere  sta- 
bilito e  provato  che  esso  non  possa  più  pronunciare  la  sentenza 
con  quella  imparzialità  sulla  quale  si  faceva  da  prima  principale 
assegnamento. 

1086.  —  Qualora  la  parte,  contro  della  quale  l'arbitro  fu  ricu- 
sato, non  voglia  nominare  un  altro  arbitro,  tale  rifiuto  infirmerebbe 
il  compromesso  e  converrà  attenersi  a  quanto  trovasi  stabilito  alla 
regola  1071.  Potranno  però  le  parti  stesse,  con  speciale  compro- 
messo, deferire  ad  un  arbitrato  di  giudicare  sull'incidente  del  rifiuto, 
ma  non  potrà  ammettersi  che  il  tribunale  arbitrale  costituito  potesse 
giudicare  esso  medesimo  dell'ammessibilità  del  rifiuto,  né  che  tale 
facoltà  possa  ritenersi  compresa  tra  quelle  attribuite  ad  esso  col 
compromesso. 


Griudizio  del  Tribunale  arbitrale. 

1086.  —  n  tribunale  arbitrale  si  dichiarerà  costituito  definiti- 
vamente appena  che  i  membri  nominati  avendo  accettato,  siano 
intervenuti  alla  riunione  nel  luogo  e  nel  giorno  designati  per  la 
sua  convocazione,  e  ciascuno  dei  nominati  sia  stato  riconosciuto 
capace  di  esercitare  le  funzioni  di  arbitro. 

1087.  —  Il  tribunale  arbitrale  ogni  qual  volta  che  sia  com- 
posto di  più  giudici,  deve  essere  reputato  investito  del  potere  di 
esercitare  le  funzioni  ad  esso  attribuite,  valendosi  di  tutti  i  diritti 
che  spettano  ad  un  tribunale  giudicante. 

1088.  —  Qualora  le  parti  stesse  non  si  siano  accordate,  a 
riguardo  del  luogo,  che  debba  essere  sede  del  tribunale  arbitrale, 
la  designazione  di  tale  luogo  sarà  fatta  a  decisione  della  maggio- 
ranza degli  arbitri  nominati,  e  la  sede  stabilita  potrà  essere  mu- 
tata, a  giudizio  pure  della  maggioranza,  quando  vi  sia  fondato 
impedimento,  da  questa  riconosciuto,  di  adempiere  conveniente- 
mente le  funzioni  nella  località  scelta  come  sede. 

1089.  —  Il  tribunale  arbitrale  costituito  procederà  alla  nomina 
del  Presidente  scegliendolo  nel  proprio  seno,  e  potrà  aggregarsi 


TMlo  L  -  iHituzioni  per  la  tutela  giur.  dd  Diritto  intemazUmale       ^^ 

lè  persone,  che,  in  qualità  di  segretari  o  altrimenti,  siano  repu- 
tate  da  esso  indispensabili  per  l'esercizio  delle  proprie  funzioni. 
Esso  seguirà  pel  regolamento  di  procedura  quello  che  sia  stato 
provveduto  dalle  parti  stesse,  o  che  trovisi  stabilito  secondo  il 
Diritto  comune. 

lOGO.  —  Se  le  parti  non  abbiano  nel  compromesso  stesso 
o  con  convenzione  susseguente  stabilito  d'accordo  la  procedura, 
che  debba  essere  seguita  dal  tribunale  arbitrale,  e  che  non  vi 
sieno  norme  di  Diritto  comune,  potrà  il  tribunale  medesimo  de- 
terminare liberamente  le  norme  del  procedimento. 

1091.  —  Incombe  al  tribunale  decidere  la  controversia  senza 
grande  ed  ingiustificato  ritardo  e  con  perfetta  cognizione  di  causa. 
E  dovrà  assegnare  termini  convenienti  per  la  presentazione  dei 
documenti  ;  concedere  alle  parti  un  tempo  ragionevole  per  prepa- 
rare senza  precipitazione  la  difesa  dei  loro  diritti  ;  ammetterle  a 
presentare  memorie  e  contromemorie;  e  non  trascurare  quanto 
possa  riuscire  utile  per  decidere  con  retto,  serio  ed  illuminato 
giudizio. 

1092.  —  Dovrà  reputarsi  di  competenza  del  tribunale  arbi- 
trale l'interpretare  il  compromesso;  il  decidere  circa  l'ammissibilità 
o  inammissibilità  di  certi  mezzi  di  prova,  e  risolvere  tutti  gli 
incidenti,  che  possano  concernere  la  questione  principale  e  che 
siano  sollevati  nel  corso  del  giudizio. 

1093.  —  Incombe  al  tribunale  arbitrale  giudicare,  secondo 
i  principii  del  Diritto  comune  {Confr.  regole  6,  7);  e  nell'applicarlo, 
potrà  interpretare  le  regole  fissate,  tenendo  conto  dei  documenti 
di  Stato,  nei  quali  il  concetto  di  esse  trovasi  precisato  e  deter- 
minato; della  giurisprudenza  stabilita  dai  tribunali  che  abbiano 
interpretate  le  stesse  regole  giudicando  casi  analoghi  ;  e  dell'opi* 
nione  dei  pubblicisti.  Esso  sarà  competente  del  pari  ad  interpre- 
tare i  principii  di  Diritto  particolare  stabilito  tra  gli  Stati  con- 
tendenti. 

1094.  —  II  tribunale  valuterà  le  prove  secondo  le  sue  con- 
vinzioni ed  il  suo  prudente  arbitrio,  e  deciderà  circa  Taccertamento 
dei  fatti,  secondo  il  suo  libero  apprezzamento,  circa  la  valutazione 


442  Libro  IV,  -  Della  ttUtla  giuridica  del  Diritto  internazionale 

dei  documenti  prodotti,  ed  apprezzerà  le  particolari  circostanze  del 
caso,  ponderandole  accuratamente  secondo  i  principi!  di  equità 
naturale. 


Norme  per  pronunziare  la  senteìiza. 

1095.  —  II  tribunale  arbitrale  non  potrà  rifiutarsi  di  pro- 
nunziare la  sentenza  definitiva  su  tutti  i  punti  di  controversia 
sottoposti  alla  sua  decisione. 

Esso  non  potrà  ritardare  a  tempo  indefinito  e  oltre  un  termine 
ragionevole  la  pronunziazione  della  sentenza  col  pretesto  di  non 
essere  sufficientemente  illuminato  circa  le  questioni  dì  fatto  o  circa 
ì  principii  giuridici,  che  dovrebbe  applicare. 

1006.  —  Qualora  le  parti  stesse  avessero  fissato  il  termine 
entro  cui  gli  arbitri  dovessero  pronunciare  la  sentenza,  tale  termine 
non  comincerebbe  a  decorrere,  se  non  dal  giorno  in  cui  il  tribunale 
dovesse  ritenersi  definitivamente  costituito  a  norma  della  reg.  1086. 

Dovrà  però  ritenersi  competente  esso  medesimo  a  decidere  nel 
suo  seno  se  possa  pronunciare  la  sentenza  nel  termine  fissato,  e 
in  caso  di  negativa  fisserà  il  termine  più  breve  entro  cui  potrà 
pronunciare  la  sua  sentenza  definitiva,  e  notìficherà  tale  sua  sen- 
tenza provvisionale  alle  parti  interessate  ;  e  qualora  fosse  da  esse 
accettata  tale  notificazione  senza  osservazioni,  il  termine  fissato 
nel  compromesso  dovrà  ritenersi  legalmente  protratto  a  norma 
di  quanto  sia  stato  stabilito  con  la  sentenza  provvisoria  notificata. 

1097.  —  Il  tribunale  arbitrale  potrà  decidere  con  sentenza 
provvisoria  che  sia  fatta  alle  parti  qualche  proposta  equa  coli'  inten- 
dimento di  provocare  fra  di  esse  V  accordo  o  di  arrivare  ad  una 
transazione.  Il  rifiuto  di  tali  proposte  non  potrebbe  giustificare  la 
sospensione  delle  sue  funzioni,  esso  sarà  bensì  sempre  tenuto  a 
risolvere  la  controversia  e  a  decidere  definitivamente  la  lite. 

1098.  —  Ogni  decisione,  sia  essa  provvisoria  o  definitiva, 
sarà  presa  a  maggioranza  di  tutti  gli  arbitri  nominati  «d  incombe 
a  ciascuno  di  essi  l'intervenire  al  momento  della  votazione,  salvo 
il  caso  di  forza  maggiore. 


Titolo  I.  •  Istituzioni  per  la  tutela  giur,  del  Diritto  internazionale      ^^ 

1099.  —  L'assenza  giustificata  di  uno  degli  arbitri  nominati 
autorizzerà  il  tribunale  a  differire  la  sua  decisione,  se  la  causa 
che  avesse  cagionato  l'assenza  potesse  venire  a  cessare.  Qualora 
essa  fosse  permanente  o  duratura  bisognerà  attenersi  alle  regole 
innanzi  stabilite  per  la  scelta  degli  arbitri  a  fine  di  surrogare  Far- 
bitro  assente  e  provvedere  alla  regolare  costituzione  del  tribunale» 

1100.  —  Laddove  l'assenza  di  un  arbitro,  nel  momento  in 
cui  si  dovesse  pronunciare  la  sentenza,  fosse  l'effetto  di  un  partita 
preso  0  di  un  intrigo,  spetterà  al  tribunale  di  deliberare  a  mag* 
gioranza  dei  presenti  circa  i  provvedimenti  adatti  ad  ovviare  all'in- 
conveniente, onde  poter  essere  in  condizione  di  espletare  le  proprie 
funzioni  pronunziando  la  sentenza. 

IIOL  —  Qualora  i  provvedimenti  decretati  dal  tribunale  riu-> 
scissero  inefficaci,  e  vi  fosse  fondata  presunzione  di  connivenza 
da  parte  del  Governo  interessato,  col  proposito  di  mettere  cosi 
un  ostacolo  alla  pronunziazione  della  sentenza  definitiva,  tale  pro- 
cedimento sleale  sarà  qualificato  in  opposizione  ai  principii  del 
Diritto  internazionale,  e  potrà  motivare  l'appello  alla  Conferenza^ 
così  come  nel  caso  di  arbitrario  rifiuto  di  sottostare  alla  giurisdi- 
zione arbitrale. 

1102.  —  Incombe  a  ciascuno  degli  arbitri  presenti  al  momento 
della  votazione  della  sentenza,  il  sottoscriverla.  Qualora  però  un 
arbitro  dissenziente  rifiutasse  di  far  ciò,  la  sentenza  sarà  valida^ 
purché  sottoscritta  dalla  maggioranza,  e  purché  questa  medesima 
sottoscriva  la  dichiarazione  che  l'arbitro  che  dissentiva  era  presente 
al  momento  della  votazione,  e  che  aveva  rifiutato  di  sottoscrivere 
la  decisione  presa  a  maggioranza. 

1103.  —  La  sentenza  arbitrale  deve  essere  redatta  in  iscritto 
e  dovrà  contenere  i  motivi  in  fatto  e  in  diritto  e  le  disposizioni 
definitive  relative  ai  punti  contestati,  che  abbiano  formato  oggetto 
della  decisione. 


^^         Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  da  Diritto  inUrnazionàU 


Efficacia  della  sentenza. 

1104.  —  La  sentenza  degli  arbitri  dovrà  essere  riguardata 
come  definitiva  e  come  soluzione  compiuta  della  controversia 
sottoposta  all'arbitrato. 

Essa  sarà  notìficata  all'una  ed  all'altra  parte  a  cura  del  tri- 
bunale stesso,  che  l'abbia  proferita,  e  la  sua  notificazione  sarà 
reputata  legalmente  fatta  e  compiuta,  allorché  una  copia  autentica 
della  medesima,  contenente  i  motivi  e  le  disposizioni,  sia  stata 
consegnata  al  rappresentante  di  ciascuna  delle  parti  e  di  tale  con- 
segna sia  stato  redatto  processo  verbale. 

1106.  —  Il  testo  della  sentenza  e  tutti  i  documenti  e  gli  atti 
del  giudizio,  saranno  depositati  negli  archivi  di  Stato  di  un  paese 
neutrale,  e  sarà  data  pubblicità  a  quanto  concerna  l'eseguito 
deposito  della  stessa  e  di  tutti  i  documenti  relativi  che  saranno 
enumerati  in  una  nota  annessa. 

1106.  —  La  notificazione  della  sentenza  impone  all'una  ed 
all'altra  delle  parti  contendenti  di  riconoscere  nella  decisione  del 
tribunale  l'autorità  di  giudicato  e  di  osservare  ed  eseguire  leal- 
mente quanto  mediante  essa  sia  stato  deciso,  e  senza  alcuna 
riserva  o  restrizione. 

1107.  —  Qualora  la  sentenza  abbia  imposto  un  onere,  che 
graviti  sulla  finanza,  o  che  altrimenti  esiga  provvedimenti  legis- 
lativi onde  adempirvi,  essa  sarà  nondimeno  efficace  rispetto  allo 
Stato  gravato,  e  l'autorità  sua  come  giudicato  non  potrà  essere 
subordinata  alla  condizione  della  approvazione  o  della  ratifica  da 
parte  del  potere  legislativo  dello  Stato  stesso. 

La  questione  dei  provvedimenti  legislativi,  che  possono  occorrere  per  dare 
esecuzione  alla  sentenza  di  un  tribunale  arbitrale,  è  di  per  so  stessa  questione 
di  Diritto  pubblico  interno.  Spetta  al  Grovemo  di  provvedere  airadempìmento 
delle  obbligazioni  delio  Stato  e  di  rivolgersi  al  Potere  legislativo,  quando  debba 
ottenere  da  esso  i  mezzi  per  eseguire  gli  oneri  che  gravitino  sullo  Stato.  Questo 
però  non  può  influire  suireffìcacia  della  sentenza,  nò  può  sospendere  o  ren* 
dere  condizionale  Tautorità  di  essa,  a  riguardo  di  quello  che  concerne  la  deci- 
sione della  controversia  internazionale  fra  Stato  e  Stato,  e  dell^ obbligo  di 
adempiere  quanto  potesse  essere  la  conseguenza  della  decisione. 


Titolo  L  '  Istituzioni  per  la  tutela  giur.  del  Diritto  internazionale       ^^^ 

1108.  —  Lo  Stato,  il  quale  rifiutasse  formalmente  di  ese- 
guire la  sentenza  arbitrale,  o  che,  di  fatto,  richiesto  dall'altra  parte 
non  osservasse  e  non  eseguisse  quanto  con  la  stessa  fosse  stato 
disposto,  sarà  tenuto  a  rispondere  di  tale  suo  procedimento,  do- 
vendo in  massima  presumersi  V  inosservanza  di  una  sentenza  resa 
da  un  tribunale  arbitrale  un  fatto  arbitrario,  e  in  opposizione  coi 
principii  del  Diritto  internazionale. 

1109.  —  Il  procedimento  da  parte  di  uno  Stato,  che  non 
eseguisca  lealmente  la  sentenza  del  tribunale  arbitrale  potrà  essere 
giustificato  nel  solo  caso  che  si  facesse  appello  alla  Conferenza 
e  che  questa  riconosca  la  sentenza  affetta  da  qualche  vizio  di 
nullità,  0  quando  riconosca,  che  per  le  sopravvenute  impreviste 
circostanze  essa  debba  essere  reputata  ineseguibile,  o  che  ne  debba 
essere  sospesa  in  tutto  o  in  parte  l'esecuzione. 


Motivi  di  nullità  di  una  sentenza  arbitrale. 

UlO.  —  La  sentenza  arbitrale  sarà  reputata  nulla: 

a)  se  la  decisione  non  sia  stata  votata  coir  intervento  e  la 
presenza  di  tutti  gli  arbitri  nominati; 

b)  se  manchi  del  tutto  di  motivi  in  fatto  e  in  diritto; 
e)  se  il  dispositivo  sia  contraddittorio  ; 

d)  se  non  sia  stata  redatta  in  iscritto  e  sottoscritta  da  tutti 
gli  arbitri,  o  se  la  mancata  sottoscrizione  di  uno  di  essi  non. 
risulti  da  processo  verbale,  che  constati  l'intervento  dell'arbitro 
che  non  sottoscrisse  e  la  sua  presenza  al  momento  della  deci- 
sione e  della  votazione. 

lUL  —  La  sentenza  arbitrale  potrà  essere  impugnata  dalla 
parte  che  rifiuti  di  eseguirla  e  potrà  essere  annullata: 

a)  se  gli  arbitri  avessero  pronunciato  fuori  dei  limiti  del 
compromesso,  ovvero  sopra  un  compromesso  nullo  o  che  dovesse 
reputarsi  estinto; 

b)  se  fosse  stata  pronunciata  da  persona,  che  non  avesse  la 
capacità  legale  o  morale  per  essere  arbitro,  o  che  avesse  perduta 


'^*"  Libro  TV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  itètemazionaU 

tale  capacità  nei  corso  del  giudizio,  o  da  un  arbitro  che  non 
potesse  legalmente  surrogare  un  altro  assente; 

e)  quando  fosse  fondata  sull'errore,  o  estorta  con  dolo; 

d)  quando  le  forme  procedarali  stipulate  nel  compromesso 
sotto  pena  di  nullità,  o  quelle  che  fossero  stabilite  per  Diritto 
comune,  o  quelle  che  secondo  questo  devono  reputarsi  indispen- 
sabili, perchè  richieste  dalla  natura  del  giudizio  arbitrale,  non  fos- 
sero state  osservate. 

1112.  —  Il  giudizio  intorno  all'azione  di  annullamento  di  una 
sentenza  arbitrale  dovrà  essere  deferito  alla  Conferenza  o  sulla 
istanza  della  parte  stessa,  che  in  via  principale  impugni  la  sen- 
tenza fondando  su  tale  motivo  il  suo  rifiuto  di  eseguirla,  o  sulla 
istanza  dell'altra  parte,  che  voglia  ottenere  il  costringimento  for- 
zato, onde  far  eseguire  quanto  fu  deciso. 

1113.  —  La  Conferenza  giudicherà  sui  motivi  dedotti  a  fon- 
damento della  nullità,  e  qualora  essa  non  riconosca  tali  motivi 
«Bistenti  e  rigetti  l'istanza  di  annullamento,  potrà  essa  stessa  de- 
cretare i  mezzi  coercitivi  per  costringere  la  parte  opponente  ad 
osservare  e  ad  eseguire  quanto  con  la  sentenza  sia  stato  disposto. 

1114.  —  La  Conferenza  potrà  inoltre  dichiarare  sospesa  l'ese- 
cuzione della  sentenza  per  le  mutate  sopravvenute  circostanze  così 
come  per  la  sospensione  di  un  trattato,  conforme  alle  regole  669, 
709-717,  748. 

1115.  —  Lo  Stato,  che  non  osservasse  quanto  la  Conferenza 
avesse  deciso  circa  l'esecuzione,  l'annullamento  o  la  sospensione 
della  sentenza  arbitrale  sarà  assoggettato  al  procedimento  sta- 
bilito alle  regole  1054,  1055. 


Dei  congegni  diplomatici. 

1116.  —  1  congegni  diplomatici  denotano  ogni  forma  di  com» 
binazione  lecita  organizzata  in  conseguenza  dell'azione  diplomatica 
coll'intendimento  di  mantenere  l'ordinamento  giuridico  della  so- 
cietà internazionale,  e  di  prevenire  mediante  l'influenza  pacifica 


^ 


Titolo  I.  '  Istituzioni  per  la  tutela  giur,  del  Diritto  internazionale        ^' 

o  mediante  l'ingerenza  spontaneamente  offerta  o  provocata,  ì  tur- 
bamenti dei  buoni  rapporti  internazionali  o  eliminare  i  dissidi 
nati  fra  gli  Stati. 

La  vera  missione  della  politica  e  della  diploinazia  deve  essere  di  conciliare 
grinteressi  de)  proprio  paese  con  quelli  degli  altri  :  di  mantenere  inalterate  le 
buone  relazioni  fra  gli  Slati,  e  prevenire  ogni  cagione  di  dissenso  fra  i  mede- 
simi, e  di  tentare  ogni  mezzo  per  eliminare  le  contese  quando  esse  nascano. 

Vedi  su  tale  soggetto  l'articolo  da  noi  pubblicato  nel  Digesto  italiano  sotto 
la  voce  Agenti  diplomatici,  capo  iv  Della  vera  missione  della  diplomazia* 

1117.  —  Ogni  qualvolta  nasca  un  dissidio  fra  due  o  più  Stati 
dovrà  essere  considerato  come  dovere  di  umanità  ed  atto  di  savia 
politica  da  parte  di  tutti  i  Governi  e  di  ciascuno  di  essi  in  par- 
ticolare Vagire  diplomaticamente  a  fine  di  risolverlo  mediante 
le  negoziazioni  e  la  discussione  pacifica. 


Buoni  uffici. 

1118.  —  Ciascun  Governo,  senza  esseme  richiesto,  può  offrire 
liberamente  i  suoi  buoni  uffici  per  risolvere  una  controversia 
sorta  fra  due  o  più  Stati;  e  può  far  valere  la  sua  autorità 
e  la  sua  influenza  morale  a  fine  dì  appianare  le  difficoltà,  e 
spingere  le  parti  ad  un  accordo  amichevole  o  ad  una  onorevole 
transazione. 

1119.  —  I  buoni  uffici  spontaneamente  offerti  da  un  Governo 
non  possono  essere  in  massima  rifiutati  senza  giuste  ragioni,  e 
quando  siano  accettati,  incombe  all'uno  e  all'altro  degli  Stati 
interessati  comunicare  a  quello,  che  li  abbia  offerti,  i  docu- 
menti e  le  note  relative  all'oggetto  dì  controversia,  e  quanto 
possa  riuscire  utile  a  chiarire  il  vero  oggetto  del  Jitigio,  formu- 
lando le  ragioni,  colle  quali  intendono  sostenere  le  loro  pretese 
rispettive. 

1120.  —  Il  rifiuto  da  parte  di  un  Governo  di  accettare  i 
buoni  uffici  offerti  da  un  altro  dovrà  essere  considerato  di  per 
sé  stesso  come  una  valutabile  presunzione  di  non  volere  esso 


w«o  LtUro  1 V.  •  Della  tutela  giuridica  dtl  bis  ilio  iniernazionah 

an'ivaie  ad  una  soluzione  amichevole,  e  sempre  come  un  atto  di 
sconsigliata  politica. 

1121.  —  Lo  StatOy  che  abbia  offerto  i  suoi  'buoni  uffici,  dovrà 
agire  a  riguardo  dell'una  e  dell'altra  delle  parti  contendenti  con 
spirito  di  conciliazione  e  di  moderazione,  esercitando  la  sua  auto- 
rità morale  per  facilitare  la  transazione  su  qualche  diritto  dub- 
bioso ,  ma  non  potrà  pretendere  che  Tuna  o  l'altra  accetti  le  sue 
proposte  con  iscapito  della  propria  dignità  e  con  detrimento  del 
proprio  onore. 

Dovrà  reputarsi  suo  principale  dovere  la  più  rigorosa  im- 
parzialità. 


Mediazione. 

1122.  —  Possono  le  parti  stesse,  fra  le  quali  sia  sorta  con- 
tesa, invitare  un  terzo  Stato  amico  e  disinteressato  a  interporsi 
fra  di  loro  in  qualità  di  amichevole  compositore  o  mediatore, 
ovvero  accettare  l'offerta  fatta  da  un  terzo  Stato  d'interporsi  in 
tale  qualità. 

1123.  ~  Spetta  allo  Stato  mediatore,  ogni  qualvolta  che  la 
mediazione  sia  stata  richiesta,  o  offerta  da  esso  medesimo  sia 
stata  accettata  dalle  parti  contendenti,  di  conoscere  esattamente 
l'oggetto  della  disputa,  le  negoziazioni  iniziate  e  tuttora  in  corso, 
e  tutti  i  documenti  giustificativi  propri  a  chiarirla. 

1124.  —  Incombe  alle  parti  contendenti,  che  abbiano  pro- 
vocata o  accettata  la  mediazione,  il  comunicare  lealmente  tutto 
al  mediatore,  onde  metterlo  in  grado  di  adempiere  conveniente- 
mente alla  missione  affidatagli,  e  dovrà  essere  reputato  procedi- 
mento sleale  quello  dell'una  o  dell'altra  parte,  che,  avendo  accettata 
la  mediazione,  cercasse  poi  di  trarre  in  inganno  con  ingiustificate 
reticenze  il  mediatore. 

Ii25.  —  Dovrà  essere  considerato  come  principale  dovere 
del  mediatore  di  valutare  in  buona  fede  ed  imparzialmente  le 
ragioni  dell'una  parte  e  dell'altra  ;  l'astenersi  gelosamente  dal  far 


Titolo  L  '  lstitU9Ìoni  per  la  tuUla  giur.  del  Diritto  iniememionale       449 

valere  ]a  sua  autorità  morale  in  favore  di  questa  o  di  quella; 
l'agire  non  come  giudice,  non  come  arbitro,  ma  come  conciliatore, 
come  amico  imparziale,  come  un  accorto  e  prudente  compositore, 
mirando  a  disporre  le  parti  ad  un  ragionevole  accomodamento, 
e  senza  proporsi  di  far  pesare  la  sua  autorità  morale  per  togliere 
ad  esse  la  piena  libertà  di  accettare  o  non  accettare  la  transazione 
da  lui  proposta. 


20  --  Fioi^r.  Dir.  interri,  codif» 


450  Libro  IV.  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale 


TITOLO  IL 
Dei  mezzi  coercitivi  durante  la  pace. 

1126.  —  Saranno  reputati  mezzi  coercitivi  leciti  durante  la  pace 
quelli  che  possono  essere  adoperati  da  uno  Stato,  che  abbia  patito 
la  lesione  del  proprio  diritto,  cóntro  lo  Stato  che  T  abbia  cagio- 
nata, ed  essi  sono: 

a)  la  ritorsione; 

h)  la  rappresaglia; 
Quelli  che  possono  essere  decretati  dal  Congresso  o  dalla  Con- 
ferenza per  assicurare  il  rispetto  del  Diritto  intemazionale,  o 
per  costringere  uno  Stato  ad  osservare  le  deliberazioni  prese  dal- 
l'una  o  dall'altra  di  dette  Assemblee.  Tali  sono: 

a)  il  blocco  commerciale; 

b)  gli  altri  mezzi  che  siano  ritenuti  efficaci  dal  Congresso 
o  dalla  Conferenza  pel  costringimento  coattivo  senza  ricorrere 
alla  guerra. 

Quando  Viiso  dei  mezzi  coercitivi  può  esseì^e  lecito. 

1127.  —  Nessuna  via  di  fatto,  che  abbia  il  carattere  vero  e 
proprio  di  costringimento  forzato,  potrà  essere  lecitamente  ado- 
perata da  parte  di  uno  Stato,  se  esso  non  abbia  prima  esaurito 
l'espediente  dell'azione  diplomatica  e  quello  dei  buoni  uffici,  o 
della  mediazione  di  uno  Stato  amico,  per  ottenere  cosi  il  rispetto 
del  proprio  diritto  o  la  riparazione  dell'offesa  patita. 

1128.  —  Ogni  qualvolta  che  con  le  negoziazioni  diplomatiche, 
coi  buoni  uffici  e  colla  mediazione  non  si  sia  arrivati  a  comporre 
la  contesa,  incombe  alle  parti  il  notificarne  pubblicamente  la  causa. 

In  tal  caso  lo  Stato  che  si  dice  leso,  sarà  tenuto  a  specificare 
con  nota  diplomatica  i  motivi  sui  quali  esso  fonda  i  suoi  reclami» 


Tìtolo  IL  -  Dei  mezzi  coercitivi  durante  la  pace  ^1 

e  la  parte  avversa  a  giustificare  con  nota  diplomatica  la  sua  con- 
dotta, esponendo  le  ragioni  del  suo  procedimento  ed  i  documenti 
in  appoggio  quando  occorra. 

Le  regole  da  noi  proposte  mirano  a  stabilire  nettamente  la  contestazione 
intemazionale  dinanzi  alla  pubblica  opinione.  La  potenza  misteriosa  di  questa, 
oggi  che  il  telegrafo  quasi  conila  rapidità  del  pensiero  ci  rende  informati  di 
quello  che  accade  nei  paesi  lontani,  diventerà  sempre  maggiore,  come  mag- 
giore va  divenendo  il  sentimento  di  solidarietà  dei  popoli  civili  e  Tinteresse 
comune  di  assicurare  il  rispetto  dei  principii  della  giustizia,  e  la  prevalenza 
di  questi  sugl'interessi  politici.  L'opinione  pubblica  all'interno  di  ciascuno  Stato 
può  essere  falsata  e  corrotta  dalle  arti  dei  partigiani;  ma  quella  del  mondo 
civile  riesce  sempre  imparziale,  perchè  impersonale  e  disinteressata.  La  forza 
morale,  che  può  esercitare  la  potenza  misteriosa  della  stampa,  sarà  tanto  mag- 
giore, quanto  più  crescerà  la  coltura  e  la  civiltà;  e  tanto  più  efficace,  quanto 
sarà  più  grande  la  parte  che  prenderanno  le  rappresentanze  popolari  nel  governo 
della  cosa  pubblica,  e  nell'andamento  della  politica  estera.  Costretta  la  diplo- 
mazia a  non  potere  agire  più  nel  mistero;  poste  dinanzi  alla  pubblica  discus- 
sione le  pretese  di  una  parte  e  dell'altra,  sarà  al  certo  difficile  che  la  politica 
possa  continuare  a  signoreggiare  il  Diritto,  e  che  i  Governi  possano  impu- 
nemente perturbare  la  società  internazionale. 


Della  ritorsmie. 

1129.  —  La  ritorsione  lecita  è  una  via  di  fatto  non  contraria 
all'ordine  giuridico,  e  consiste  in  ogni  forma  di  espediente  da  parte 
del  Governo  di  uno  Stato,  che  miri  a  privare  soltanto  lo  Stato 
contro  cui  è  diretta  di  certi  vantaggi,  o  ad  arrecare  ad  esso  gli 
stessi  pregiudizi  che  colla  sua  condotta  ci  arrechi,  per  far  cessare 
così  quello  stato  di  cose  pregiudicativo  e  per  costringerlo  indi- 
rettamente a  non  continuare  ad  arrecare  pregiudizio  agrinteressi 
dello  Stato  o  a  quelli  dei  cittadini. 

La  ritorsione,  cosi  intesa,  deve  ritenersi  fondata  sul  principio  quod  quisque 
in  alterum  statuerii  et  ipse  eodem  jure  utatur.  Uno  Stato,  che  non  osservasse 
nella  sua  condotta  i  principii,  che  riposano  sulla  eotnitas  gentium  o  sull'equità 
naturale,  o  certi  usi,  autorizzerebbe  l'altro  Stato,  che  da  tale  condotta  patisse 
pregiudizio,  a  praticare  nella  stessa  maniera  a  suo  riguardo,  a  fine  di  tutelare 
i  propri  interessi  e  quelli  dei  propri  cittadini.  Cosi  se  uno  Stato  sancisse  certe 
misure  di  rigore  a  danno  dei  nostri  concittadini  (elevando  le  tarifie  doganali, 
assoggettandoli  a  pagare  tasse  gravose  per  soggiornare ,  o  per  esercitare  il 
commercio,  o  per  acquistare  e  trasmettere  la  proprietà,  e  via  dicendo)  sarebbe 
lecito  a  noi  di  operare  nella  stessa  maniera  a  riguardo  di  esso.  Questa  è  la 
sola  via  di  fatto  lecita,  ma  che  la  prudenza  politica  non  deve  suggerire  di 
adoperare  onde  non  creare  motivi  di  disaccordo. 


^*  Libro  IV,  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale  ^ 

1130.  —  Non  potrà  reputarsi  lecita  la  ritorsione  che  miri  a 
violare  i  diritti  altrui,  o  a  violare  i  principii  del  Diritto  comune 
a  riguardo  di  uno  Stato  che  li  violi  rispetto  a  noi. 

Non  può  essere  lecito  ad  uno  Stato  di  violare  le  leggi  della  società  inter- 
nazionale, che  siano  state  proclamate  come  diritto  comune  degli  Stati  in  unione, 
pel  motivo  che  un  altro  Stato  faccia  altrettanto  a  riguardo  di  lui.  Per  fare 
cessare  la  violazione  di  dette  leggi  e  ripristinarne  T  autorità  couTerrà  invece 
attenersi  alle  regole  esposte  nel  titolo  precedente. 


Delle  rappresaglie. 

USL  —  La  rappresaglia  è  una  via  di  fatto,  che  mira  diretta- 
mente ad  impedire  con  la  forza  ad  uno  Stato  l'esercizio  di  certi 
diritti,  che  gli  spettano,  arrecandogli  di  proposito  un  danno  di- 
retto ed  immediato  coll'intendimento  di  ottenere  cosi  la  soddi- 
sfazione da  lui  dovuta,  o  di  far  cessare  un  qual  si  sia  stato  di 
cose  contro  il  Diritto. 

Essa  dovrà  essere  reputata  non  contraria  all'ordine  giurìdico, 
ogni  qual  volta  che  sia  usata  osservando  le  regole  stabilite  in 
questo  Titolo. 

1132.  —  Saranno  considerati  atti  di  rappresaglia  leciti  senza 
dichiarazione  di  guerra: 

a)  il  rifiuto  del  pagamento  della  cosa  dovuta; 

b)  il  sequestro  dei  beni  appartenenti  allo  Stato; 

e)  l'interruzione  delle  relazioni  commerciali,  postali  e  telegra- 
fiche, stabilite  secondo  il  Diritto  comune; 

d)  la  sospensione  dei  trattati  o  di  alcuni  di  essi  soltanto; 

e)  il  privare  lo  Stato  del  godimento  di  certi  diritti  spettanti 
ad  esso  secondo  il  Diritto  comune,  sempre  che  però  non  si  tratti 
di  uno  di  quei  diritti  fondamentali,  senza  dei  quali  la  personalità 
internazionale  dello  Stato  verrebbe  del  tutto  a  mancare  (così  po- 
trebbe uno  Stato  essere  privato  del  godimento  del  diritto  di  rap- 
presentanza o  di  quello  di  mantenere  i  consolati  e  via  dicendo); 

f)  il  dichiarare  chiuso  per  uno  Stato  e  cittadini  di  esso  uno 
o  più  porti  aperti  al  commercio  o  l'inibire  l'esportazione  di  quei 
generi  di  prima  necessità,  di  cui  lo  Stato  abbia  bisogno; 


TUcio  IL  •  Dèi  mezzi  eoereiiiri  durante  la  pace  458 

g)  ogni  altra  forma  di  misura  coercitiva  autorizzata  dal  Con- 
gresso o  dalla  Conferenza  a  titolo  di  rappresaglia. 

1133.  —  Qualunque  forma  di  rappresaglia  potrà  essere  reputata 
non  contraria  all'ordinamento  giuridico  della  società  intemazionale 
ogni  qualvolta  essa  miri  ad  attaccare  direttamente  i  diritti  dello 
Stato  o  ad  arrecare  un  danno  diretto  ed  immediato  ad  esso,  tuttoché 
di  tale  via  di  fatto  indirettamente  risentano  pregiudizio  i  cittadini 
di  esso. 

Sarà  reputata  contraria  all'ordine  giurìdico  ogni  forma  di  rap- 
presaglia, che  attacchi  direttamente  i  diritti  dei  privati  protetti 
secondo  il  Diritto  internazionale,  o  che  miri  ad  arrecare  un  danno 
diretto  ed  immediato  ad  essi,  tuttoché  ciò  sia  fatto  coH'intendi- 
mento  di  colpire  indirettamento  lo  Stato. 

Questa  regola  tende  a  stabilire  rìnviolabilità  della  proprietà  privata  e  quella 
delle  persone,  e  a  tutelare  i  diritti  intemazionali  delle  medesime  escludendo 
che  la  proprietà  e  le  persone  possano  essere  attaccate  direttamente  con  le  rap- 
presaglie, a  fine  di  colpire  così  indirettamente  Io  Stato.  I  cittadini  di  questo  sono 
tenuti  uti  universUas,  e  non  già  ufi  singulti  a  sopportare  gli  oneri  dello  Stato 
nei  rapport*  intemazionali  del  medesimo,  per  lo  che  non  possono  essere  lecite 
le  rappresaglie,  che  colpiscano  direttamente  la  proprietà  dei  privati,  o  i  diritti 
intemazionali  spettanti  ad  essi  come  individui,  per  colpire  indirettamente  lo 
Stato.  Si  quid  univer sitati  débetur  singulis  non  dehetur,  nee  quod  debet  univer- 
Htas  singtdi  debent.  Questa  massima  trova  la  sua  giusta  applicazione  per  dedurne, 
che  i  cittadini  sono  tenuti  a  rispondere  delle  obbligazioni  internazionali,  dello 
Stato,  ma  non  individualmente:  repraesalias  in  singulos  eives  alicujus  civitaHs 
man  dari  ób  sponsionetn  et  debitum  ipsius  civitatis. 

1134.  ~  Non  sarà  reputata  una  forma  lecita  di  rappresaglia 
il  sequestro  delle  navi  commerciali,  anche  se  esse  trovansi  nei 
porti  dello  Stato,  che  a  praticare  le  rappresaglie  sia  autorizzato, 
né  sarà  lecito  di  assoggettare  codeste  navi  aWernhargo,  a  fine  di 
costringere  cosi  lo  Stato  avverso  a  soddisfare  i  giusti  reclami  del- 
l'altra parte. 

n  sequestro  delle  navi  mercantili  dei  cittadini  dello  Stato,  contro  del  quale 
le  rappresaglie  erano  dirette,  è  slato  reputato  un  mezzo  lecito  per  costringere 
lo  Stato  avverso  a  soddisfare  i  reclami,  per  far  cessare  il  sequestro.  Tale  espe- 
diente è  stato  sovente  praticato,  e  la  storia  ci  rammenta  esempi  non  pochi. 
Hisura  più  rovinosa  era  poi  quella  comunemente  denominata  embargo  e  che 
consisteva  nel  sequestrare  tutte  le  navi  mercantili,  che  si  trovavano  nei  porti 
dello  Stato,  che  vantava  certi  diritti  contro  dell'altro,  minacciando  poi  di  dichia- 
rare ad  esso  la  guerra,  e  di  confiscare  tutte  le  navi  sequestrate,  se  non  avesse 


^^  lAbro  IV,  '  Della  tutela  giuridica  dd  Diritto  interfUUfionale 

soddisfatto  i  reclami  dell'altro.  La  proprietà  privata  dev'essere  reputata  Invio- 
labile anche  in  tempo  di  guerra,  e  conseguentemente  dev'essere  considerato 
ognora  contro  il  Diritto  internazionale  l'attentare  ad  essa  per  rivalersi  dei  debiti, 
a  cui  fosse  tenuto  lo  Stato,  costringendo  i  cittadini  di  esso,  individualmente,  a 
soddisfarli. 


Del  blocco  commet'dale. 

1135.  —  Il  blocco  commerciale  o  blocco  pacìfico  consiste  .nel- 
Tinvestimento  di  un  porto  o  di  una  costa  di  uno  Stato,  effettuato 
e  mantenuto  con  un  numero  di  navi  da  guerra  sufficienti  ad  im- 
pedirvi Tentrata  e  l'uscita  e  attuato  col  proposito  d'interrompere 
del  tutto  le  relazioni  ed  operazioni  di  commercio  tra  i  cittadini 
dello  Stato  o  degli  Stati,  che  abbiano  dichiarato  il  blocco,  e  quello 
contro  di  cui  tale  misura  coercitiva  sia  stata  effettuata. 

1136.  —  n  blocco  commerciale  durante  la  pace  non  ha  lo  stesso 
carattere  giuridico  che  gli  spetta,  quando  esso  sia  praticato  durante 
la  guerra,  e  non  può  valere  per  legittimare  l'esercizio  di  tutti  i 
diritti  che  conseguono  dal  blocco  nello  astato  di  guerra. 

1137.  —  Il  blocco  commerciale  potrà  essere  reputato  lecito, 
qualora  sia  stato  autorizzato  colle  procedure  stabilite  nel  titolo 
precedente,  e  purché  ogni  diritto  sia  ristretto  ad  impedire  ai  cit- 
tadini soltanto  degli  Stati  in  Unione  l'importazione  e  l'esporta- 
zione delle  mercanzie  dal  porto,  o  dai  porti  contro  i  quali  il  blocco 
sia  stato  decretato  dal  Congresso  o  dalla  Conferenza,  ed  effetti- 
vamente attuato. 

Si  è  disputato  a  lungo  circa  la  legittimità  del  blocco  effettuato  fuori  dello 
stato  di  guerra  e  molti  scrittori  hanno  sostenuto,  che  il  blocco  durante  la  pace 
non  possa  essere  reputato  un  mezzo  coercitivo  regolare  secondo  i  prineipii  del 
Diritto  internazionale.  Così  la  pensano  Fauchilli,  Du  hloeuè  maritinUf  p.  88 
e  seg.  ;  Geffcken,  Revue  de  DrùU  intemat.^  1887  ;  Testa,  Le  Droii  public  UÙem^ 
maritimef  p.  229;  Wolselt,  Internat.  law;  Gessner,  Le  droit  des  neutres  eur 
mer;  PRADiBR-FoDÉRé,  Droit  internai,  public,  tom.  V,  §  2483  e  seg.;  ed  altri 
non  pochi. 

L*opinione  contraria  è  stata  invece  sostenuta  pure  da  parecchi,  tra  !  quali 
rammentiamo  Hefftkr,  Droit  internai.,  §  111;  Bulmerincq,  Journal  du  Droit 
internat,  1888,  p.  569;  Psrels,  Session  de  Vlnstitut  de  Droit  internat.,  1887, 
p.  !^76;  RoLiN  Jacquemtns,  Revue  de  Droit  internat.,  1876,  p.  618,  623;  Wharton, 
Internai,  law  Digest,  §  364;  Fiore,  Diritto  interna»,  pubblico,  2*  ediz.,  1884» 
tradotta  in  francese  da  Charles  Antoine,  §  1629,  e  S^ediz.,  1888, 8  1824.  Gonfru 


TUolo  IL  -  Dei  mezzi  coercitivi  durante  la  pace  ^^ 

Galto,  Le  Droit  intem,,  che  riporta  molti  dati  storici  e  le  opinioni  dì  parecchi 
pubblicisti  nella  sua  f  *  édic,  tom.  Ili,  §  1832  e  seg. 

A  noi  sembra  che  la  ragione  principale  del  disputare  dipenda  da  che  non 
si  abbia  cura  di  tenere  ben  distinto  il  carattere  giuridico  del  blocco  adoperato 
come  mezzo  coercitivo  durante  la  pace,  da  quello  che  il  blocco  ha,  quando 
esso  sia  praticato  durante  la  guerra.  Certamente  il  blocco  con  tutti  i  diritti, 
che  esso  attribuisce  al  belligerante  contro  il  nemico,  ed  anche  a  riguardo  di 
coloro  che  non  prendono  parte  alla  guerra  e  che  restano  neutrali,  non  può 
sussìstere  che  quando  la  guerra  sia  dichiarata.  Sarebbe  una  vera  anomalia 
Tammettere  il  blocco  come  operazione  di  guerra  fuori  dello  stato  di  guerra, 
ma  Tanomalia  sparisce  quando  si  tenga  distinta  Tuna  cosa  dall'altra,  e  si  con« 
Sideri  che,  ammesso  che  agli  Stati  in  Uni(me  non  possa  essere  contestato  il 
diritto  di  adoperare  i  mezzi  coercitivi  contro  di  uno  Stato  che  faccia  parte 
dell*  Unione,  e  di  arrecargli  qualche  danno  per  costringerlo  con  la  forza  a  sot- 
tomettersi alia  deliberazione  della  Conferenza  o  del  Congresso,  possa  repu- 
tarsi a  ciò  idoneo  il  blocco  commerciale,  che  interrompendo  di  fatto  tutte  le 
relazioni  commerciali  con  la  costa  bloccata,  arreca  un  danno  diretto  ed  imme- 
diato allo  Stato  contro  di  cui  tale  mezzo  coercitivo  venga  adoperato.  Quello 
che  interessa  dì  stabilire  bene  è,  che  tale  mezzo  coercitivo  non  può  attribuire 
rispetto  ai  terzi  Stati,  che  non  facciano  parte  dell'  Unione,  i  diritti  che  spettano 
al  belligerante  durante  la  guerra. 

Tutti  i  diritti  che  possono  derivare  dal  blocco  durante  la  pace  si  riassumono 
in  questo,  che  cioè  la  squadra,  che  mantiene  effettivamente  il  blocco,  è  auto- 
rizzata ad  impedire  di  fatto  e  con  la  forza  qual  si  sia  relazione  colla  costa 
bloccata.  Essa  può  fondare  tale  diritto  rispetto  a  tutti  gli  Stati  in  Unione  sulla 
circostanza  deirautorità  spettante  al  Congresso  o  alla  Conferenza  di  decretare 
i  mezzi  coercitivi  per  assicurare  il  rispetto  delle  leggi  intemazionali,  e  rispetto 
agli  altri  Stati  su  quella  di  essersi  messa  di  fatto  in  possesso  delle  acque  terri- 
toriali dello  Stato  contro  cui  il  blocco  sia  praticato.  Essa  può  quindi  dichiarare 
chiuso  al  commercio  quel  dato  porto,  non  in  forza  del  diritto  di  guerra,  ma 
in  forza  bensì  del  possesso  effettivo  delle  acque  territoriali,  e  dell'esservi  sur- 
rogata, a  riguardo  di  tali  acque,  neiresercizio  dei  diritti  di  sovranità  spettanti 
allo  Stato  bloccato.  La  squadra  che  mantiene  effettivamente  il  possesso  giuridico 
delle  acque  territoriali  può  a  nostro  modo  di  vedere  dichiarare  chiuso  al  com- 
mercio il  porto  bloccato,  fondandosi  sulla  circostanza  che  di  fatto  esercita 
diritti  di  sovranità  sulle  acque.  Essa  non  potrà  conseguentemente  avere  il  diritto 
di  punire,  di  confiscare,  di  predare  le  navi  che  tentassero  di  attraversare  la 
linea  di  blocco,  ma  quello  soltanto  di  notificare  ad  esse  come  sovrana  delle 
acque  di  non  attraversarle,  e  d'impedire  con  la  forza  di  fare  ciò  a  quelle  navi, 
che  dopo  avere  avuta  la  notificazione,  volessero  entrare  nei  porti  investiti  o 
uscire  da  essi. 

Determinati  i  diritti  che  possono  derivare  dal  blocco  in  tempo  di  pace  a 
riguardo  dello  Stato,  contro  di  cui  esso  sia  praticato,  a  riguardo  di  coloro  che 
sono  tenuti  a  sottostare  all'autorità  del  Congresso,  e  a  riguardo  dei  terzi  Stati, 
non  ci  pare  che  possa  reputarsi  illecito  l'adoperare  codesto  mezzo  coercitivo,  al 
certo  meno  rovinoso  della  guerra,  ogni  qualvolta  si  abbia  fondato  motivo  di  poter 
conseguire  mediante  esso  lo  stesso  scopo,  che  con  la  guerra  si  può  conseguire. 

1138.  —  Il  blocco  commerciale  non  sarà  e£Bcace  che  rispetto 
alle  navi  militari  o  mercantili  appartenenti  agli  Stati  in  Unione^ 


456  Libro  IV,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  iniemaaianaU 

e  non  potrà  ritenersi  legalmente  effettuato,  che  a  cominciare  dal 
giorno  in  cui  Tarmata  abbia  circuito  realmente  ed  effettivamente 
la  costa  bloccata  in  maniera  da  poter  impedire  il  transito  delle 
navi  dirette  o  provenienti  da  esso. 

1139.  —  Incombe  al  Congresso  o  alla  Conferenza  che  abbia 
decretato  il  blocco  commerciale  il  notificare  ciò  diplomaticamente; 
lo  stabilire  il  giorno  in  cui  esso  debba  essere  effettuato;  deter- 
minare la  costa  alla  quale  sia  per  essere  esteso;  concedere  un 
tempo  ragionevole  a  tutte  le  navi,  che  siano  entrate  nei  porti 
prima  della  dichiarazione  del  blocco  per  compiere  le  loro  opera- 
zioni e  lasciare  liberamente  i  porti  bloccati. 

1140.  —  Il  diritto  spettante  alla  squadra,  che  abbia  dichiarato 
il  blocco,  consiste  nell'impedire  il  transito  delle  navi,  adoperando, 
quando  ne  sia  il  caso,  la  forza  per  costringerle  a  non  violarlo. 

Potrà  a  tal  fine  ciascuna  delle  navi  appartenenti  alla  squadra 
bloccante^  adoperando  i  mezzi  meno  nocivi,  costringere  ogni  nave, 
che  cercasse  di  uscire  dal  porto  bloccato  o  che  ad  esso  fosse 
diretta,  ad  arrestarsi  e  dovrà  intimare  al  capitano  dì  essa  di  non 
attraversare  la  linea  di  blocco.  Tale  dichiarazione  dovrà  essere 
fatta  dall'ufficiale  comandante  la  nave,  che  faccia  parte  dell'ar- 
mata bloccante,  e  annotata  nei  libri  di  bordo. 

1141.  —  Qualora  la  nave,  alla  quale  l'intimazione  fosse  stata 
fatta,  tentasse  nonostante  di  commerciare  col  paese  bloccato,  cia- 
scuna delle  navi  appartenenti  alla  squadra  bloccante  potrà  ado- 
perare i  mezzi  meno  nocivi  per  costringerla  a  non  attraversare 
la  linea  del  blocco,  e  qualora  essa  cadesse  in  potere  dell'armata 
bloccante,  potrà  essere  trattenuta  un  tempo  ragionevole  per  sta- 
bilire d'accordo  garanzie  sufficienti  ad  evitare  nuovi  tentativi  di 
violazione  del  blocco  da  parte  di  essa  in  avvenire,  o  potrà  essere 
sequestrata,  ma  non  mai  assoggettata  a  cattura  o  ad  altra  pena- 
lità ammessa  per  violazione  di  blocco  in  tempo  di  guerra. 

1142.  —  Anche  se  la  nave  mercantile  appartenesse  allo  Stato, 
contro  cui  il  blocco  sia  stato  effettuato,  e  si  trovasse  nelle  condi- 
zioni contemplate  dalle  regole  precedenti,  essa  potrà  essere  seque- 
strata, ed  il  sequestro  potrà  essere  contro  di  essa  mantenuto,  fino 


Titolo  IL  -  Dei  mez9Ì  eoerciiivi  durante  la  pace  ^' 

a  tanto  che  duri  il  blocco,  ma  cessato  questo,  essa  dovrà  essere 
dichiarata  lìbera  e  resa  senz'altro  ai  proprietari  cui  appartenga, 
ma  senza  alcun  obbligo  di  risarcirla  dei  danni  provenienti  dal 
sequestro. 

1143.  —  Qualora  la  nave,  che  avesse  violato  il  blocco,  appar- 
tenesse alla  marina  militare  di  uno  Stato,  e  risultasse  dalle  cir- 
costanze che  essa  fosse  entrata  o  uscita  dal  porto  bloccato  per 
fare  o  tentare  di  fare  qual  si  sia  operazione  di  commercio,  tale 
procedimento  implicherebbe  la  responsabilità  dello  Stato,  a  cui 
codesta  nave  appartenesse,  e  dovrebbero  essere  applicate  le  regole 
stabilite  agli  art.  792,  796  e  seguenti. 


4f58  Libro  IV,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionaU 


TITOLO  m. 

Della  guerra  e  dei  suoi  effetti  firenerali. 

1144.  —  La  guerra  consiste  nell'uso  della  forza  armata  da  parte 
del  sovrano  dello  Stato,  o  di  chi  si  trovi  di  fatto  in  possesso  dei 
diritti  sovrani,  o  da  parte  di  un  popolo,  per  risolvere  una  que- 
stione di  Diritto  internazionale  o  una  questione  di  Diritto  pubblico. 

Nel  progetto  proposto  dal  Governo  russo  il  carattere  di  guerra  internazionale 
•era  attribuito  alla  lotta  aperta  fatta  mediante  le  armi  tra  due  Stati  indi- 
pendenti. Può  per  altro  accadere  che  un  popolo,  che  non  sìa  costituito  a  Stato 
indipendente,  difenda  colle  armi  il  suo  diritto  a  costituirsi  come  tale,  o  che 
nn  conflitto  nato  tra  popolo  e  Governo  prenda  a  grado  a  grado  tali  propor- 
zioni da  divenire  una  vera  pubblica  contesa  a  mano  armata.  Ora  non  può  al 
certo  essere  tolto  il  carattere  di  guerra  alla  lotta  aperta  ed  a  mano  armata 
fatta  da  un  popolo  per  rovesciare  un  Governo  costituito  e  crearne  un  altro  o 
per  costituirsi  a  Stato  indipendente  o  per  risolvere  una  qual  si  sia  controversia 
di  Diritto  pubblico.  Ogni  qual  volta  che  tale  lotta  abbia  i  requisiti  contemplati 
alla  regola  107  dovrà  essere  reputata  guerra,  abbia  pure  essa  il  carattere  di 
guerra  civile,  ed  assoggettata  al  Diritto  di  guerra.  La, mancanza  di  formale 
dichiarazione  in  questo  caso  non  potrebbe  al  certo  influire  per  disconoscere 
la  guerra  che  dì  fatto  esiste. 


Quando  la  guerra  può  essere  reputata  legittima. 

1146.  —  L'uso  della  forza  armata  per  risolvere  una  questione 
di  Diritto  intemazionale  non  sarà  reputato  legittimo  tra  gli  Stati 
in  Unione^  se  non  quando  siano  stati  espletati  tutti  i  mezzi  paci- 
fici, diplomatici,  giuridici  e  coercitivi  per  risolvere  la  controversia 
e  siano  riusciti  inefficaci. 

Dovrà  però  reputarsi  sempre  lecito  respingere  un'aggressione 
armata  da  parte  di  uno  Stato,  e  di  servirsi  della  forza  armata 
per  la  difesa  dei  diritti  dello  Stato  contro  un  altro  Stato  che  ad 
essi  attenti  colla  forza  armata. 


Titolo  III.  -  Della  guerra  e  dei  suoi  effetti  generali  ^9 

Della  dichiarazione  di  guerra. 

1146.  —  Nessuno  Stato  e  nessun  popolo  potrà  intraprendere 
regolarmente  la  guerra  contro  un  altro  Stato  o  un  altro  popolo 
senza  avere  pubblicato  un  ultitnatutnj  nel  quale  i  motivi  del  casus 
belli  siano  sommariamente  formulati,  e  fissato  un  termine  peren- 
torio, decorso  il  quale  incomincerebbero  le  ostilità. 

Mancando  tale  pubblica  notificazione,  incombe  alla  parte  che 
intende  intraprendere  regolarmente  la  guerra  il  dichiararla  formal- 
mente per  legalizzare  gli  atti  di  ostilità  e  l'esercizio  dei  diritti 
di  guerra. 

1147.  —  La  formale  dichiarazione  di  guerr|i  dovrà  reputarsi 
ognora  doverosa,  quando  la  guerra  abbia  luogo  tra  due  Stati 
indipendenti,  e  quello  che  la  intraprenda  non  voglia  agire  senza 
violare  le  regole  di  Diritto  comune  internazionale;  ma  non  lo  sarà 
del  pari  se  essa  fosse  intrapresa  da  un  popolo  e  nel  caso  di  guerra 
civile,  ma  sarà  in  tali  evenienze  sufficiente,  che  il  partito  che 
combatte  colle  armi  si  trovi  nelle  condizioni  per  essere  reputato 
belligerante. 

1148.  —  Dichiarata  la  guerra,  o  spirato  il  termine  perentorio 
fissato  nelV  ultitnatum  dovrà  ritenersi  cessata  T  applicazione  del 
diritto  di  pace,  e  sarà  reputato  in  vigore  il  diritto  di  guerra  e 
rispetto  alle  parti  contendenti  e  rispetto  ai  terzi. 

1149.  —  Il  procedimento  d'ogni  Stato,  che  abbia  incominciato 
le  ostilità  senza  la  previa  dichiarazione  di  guerra,  dovrà  reputarsi 
sleale  e  in  opposizione  col  Diritto  moderno. 

Quando  la  guerra  esista  di  fatto. 

1160.  —  L'uso  della  forza  armata,  anche  quando  essa  sia  ado- 
perata di  fatto  da  uno  Stato  o  da  un  popolo,  senza  avere  prima 
espletate  le  procedure  ordinarie,  avrà  nonpertanto  il  carattere 
vero  e  proprio  di  guerra,  quando  vi  sia  lotta  aperta  e  fatta 
mediante  eserciti  o  armate  organizzati  per  risolvere  una  questione 
di  Diritto  pubblico,  e  sia  fatta  osservando  le  leggi  e  gli  usi  di  guerra. 


^ìfiO  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  infernaziùnaHe 

Lasciando  da  parte  tutto  qaello  che  concerne  la  legiltìmità  della  guerra,  non 
si  può  al  certo  sostenere  che  la  lotta  aperta  fatta  mediante  le  forze  militari 
organizzate  a  fine  di  risolvere  una  questione  di  Diritto  pubblico,  possa  perdere 
il  suo  carattere  giuridico  in  conseguenza  dell* inosservanza  delle  procedure, 
che  nei  casi  ordinari  dovrebbero  essere  osservate  prima  d^incominciare  le  ostilità. 
Può  bene  accadere  che*  la  guerra  nasca  tra  uno  Stato  ed  un  altro  che  non 
formi  parte  dell'  Unione^  ovvero  che  uno  Stato  che  faccia  parte  dell*  Unione  si 
metta  di  fatto  fuori  del  Diritto  comune  adoperando  la  forza  armata  per  risol- 
vere senz'altro  una  controversia  con  un  altro  Stato.  Può  pure  accadere  che 
un  popolo  senza  ricorrere  agli  espedienti  pacifici  per  tue  riconoscere  i  propri 
diritti  li  rivendichi  e  li  sostenga  colla  forza  armata.  In  tali  evenienze  non  si 
può  al  certo  sostenere,  che  la  lotta  a  mano  armata  tra  due  Stati  o  più,  o  tra 
chi  rappresenta  lo  Stato  e  il  popolo  non  debba  avere  carattere  di  guerra. 
Anche  quando  l'attentato  sia  contro  il  Diritto  ed  abbia  il  carattere  vero  e  pro- 
prio di  attentato  arbitrario,  ciò  sarà  decisivo  per  quello  che  concerne  la  legit* 
timità  o  illegittimità  della  guerra,  ma  non  farà  perdere  il  carattere  di  guerra 
alla  lotta  a  mano  armata,  neanche  da  parte  dello  Stato  che  adoperi  di  fatto 
la  forza  armata  per*  conculcare  il  diritto  altrui  o  per  violare  le  leggi  della 
società  internazionulc. 


Quando  la  guerra  potrà  reputarsi  regolarmente  fatta. 

1151.  —  La  guerra  non  potrà  essere  reputata  regolarmente 
fatta,  se  non  quando  i  belligeranti  osservino  le  leggi  ed  usi  dì 
guerra  che  devonsi  ritenere  ognora  obbligatorii  tra  popoli  civili. 


Leggi  ed  usi  di  guerra. 

1152.  —  Incombe  agli  Stati,  fra  i  quali  V  Unione  trovisi  sta- 
bilita, codificare  le  leggi  e  gli  usi  di  guerra  dichiarandoli  obbli- 
gatorii fra  di  essi,  e  riconoscendoli  come  Diritto  comune.  Finché 
tale  accordo  non  sarà  effettuato,  incombe  a  ciascimo  degli  Stati 
civili  dichiarare  obbligatorie  per  le  proprie  milizie  e  armate  durante 
la  guerra,  le  regole  le  più  conformi  ai  principii  razionali  del  Diritto 
internazionale  ed  alle  esigenze  della  civiltà* 

Un  tentativo  per  codificare  le  leggi  e  gli  usi  di  guerra  è  stato  già  fatto  in 
conseguenza  dell'ini ziati va  presa  dal  Governo  russo,  che  elaborò  un  progetto 
per  determinare  i  diritti  e  i  doveri  dei  Governi  e  delle  milizie  in  tempo  di 
guerra,  e  che  invitò  gli  altri  Governi  a  discuterlo.  La  Conferenza  riunita  a 
Bruxelles  il  27  luglio  1874  discusse  cotesto  progetto,  e  lo  modificò  notabilmente 
in  diversi  punti,  compilando  un  proprio  progetto,  che  non  fu  mai  approvato 
definitivamente  dai  Governi  rappresentati.  I  Governi  degli  Stati  più  civili  hanno 
peraltro  dichiarato  obbligatorie  per  le  proprie  milizie  le  regole  e  le  istruzioni 


Titolo  III,  '  Della  yutrra  e  dei  suoi  effetti  generali  461 

da  ciaBCuno  di  essi  compilate,  e  sancite  con  leggi  o  decreti.  Così  hanno  praticato 
il  Governo  degli  Stati  Uniti,  quello  della  Francia,  della  Russia  e  di  altri  Stati, 
ed  il  Governo  italiano,  il  quale  ha  sancito  il  regolamento  pel  servizio  del- 
Tesercito  in  guerra  con  decreto  del  26  novembre  1882,  laonde  le  milizie  italiane 
sono  tenute  ad  osservare  in  tempo  di  guerra  le  regole  in  tale  regolamento  con- 
tenute, e  che  sono  in  gran  parte  conformi  a  quelle  concordate  dalla  Conferenza 
di  Bruxelles. 

1153.  —  Le  leggi  e  i  costumi  di  guerra  resi  obbligatorii  me- 
diante un  trattato  generale  saranno  reputati  sotto  la  protezione 
e  la  garanzia  collettiva  di  tutti  gli  Stati  firmatari. 

1154.  —  Ogni  Governo  che  non  abbia  provveduto  con  leggi 
efficaci  ad  assicurare  il  rispetto  e  l'osservanza  delle  leggi  e  degli 
usi  di  guerra,  o  quando  avendo  a  ciò  provveduto  risultasse 
dalle  circostanze  la  negligenza  colpevole  da  parte  del  Governo 
stesso  o  delle  persone  proposte  a  capo  delle  milìzie  ed  armate, 
o  per  la  mancanza  di  opportune  istruzioni  date,  o  pel  difetto 
delle  misure  richieste  per  mantenere  la  disciplina  fra  le  medesime, 
0  per  non  aver  provveduto  alla  punizione  immediata  di  coloro, 
che  avessero  violate  le  leggi  di  guerra,  questo  renderà  respon- 
sabile lo  Stato  di  ogni  danno,  che  sia  derivato  dai  delitti  e  dagli 
eccessi  commessi  dalle  proprie  milizie  ed  armate. 


Effetti  immediati  della  guerra. 

1155.  —  Lo  stato  di  guerra  rende  leciti  tra  le  parti  bellige- 
rantl  gli  atti  di  violenza  contro  le  persone,  che  prendono  parte 
attiva  ad  essa,  e  tutte  le  operazioni  di  attacco  e  di  difesa  con- 
formi alle  leggi  ed  ai  costumi  di  guerra,  e  quelli  altresì  che  pos- 
sono essere  giustificati  dalle  imprevedibili  sue  necessità. 

1156.  —  La  guerra  produce  tutte  le  conseguenze  giuridiche 
contemplate  dal  Diritto  convenzionale  stabilito  mediante  i  trattati 
e  quelle  che  derivano  dal  Diritto  comune,  cioè: 

a)  modifica  i  rapporti  di  Diritto  pubblico  e  quelli  di  Diritto 
privato  e  rende  immediatamente  applicabili  agli  unì  e  agli  altri 
le  regole  generali,  che  concernono  il  diritto  di  guerra  rispetto  ai 
belligeranti  e  loro  alleati,  agli  Stati  neutralìi  ai  cittadini  delle  parti 


4G2  Libro  IV.  •  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale 

nemiche,  agli  abitanti  del  territorio  ove  siano  fatte  le  operazioni 
militari,  e  ove  abbia  luogo  il  combattimento; 

b)  rende  applicabile  immediatamente  quella  parte  della  legisla- 
zione interna,  che  contempla  in  ciascun  paese  lo  stato  di  guerra; 

e)  sospende  tra  le  parti  belligeranti  e  a  riguardo  degli  alleati 
di  parte  nemica  Tapplicazione  del  Diritto  particolare  fra  di  essi 
stabilito  e  che  presuppone  lo  stato  di  pace; 

d)  rende  immediatamente  applicabile  tra  le  parti  stesse  e  tra 
loro  ed  i  neutrali,  e  tra  ciascuna  di  esse  e  gli  alleati,  il  Diritto 
particolare  prestabilito  nell'evenienza  della  guerra. 

La  guerra  non  è  uno  stato  di  fatto  senza  regole  giuridiche,  essa  ha  pure  le 
sue  leggi  ed  il  proprio  Diritto.  Non  si  possono  infatti  conculcare  durante  la 
guerra  i  diritti  fondamentali  delle  persone  e  massimamente  quelli  spettanti  ai 
privati.  Bisogna  quindi  ammettere  che  la  guerra  tra  gli  Stati  civili  dev'essere 
riguardata  come  uno  stato  di  fatto  secondo  l'ordine  giuridico,  e  che  reffetto 
suo  immediato  quello  si  è  di  dar  vigore  al  Diritto,  che  si  riferisce  allo  stato 
di  guerra.  A  stabilire  l'autorità  di  cotesto  Diritto  e  ad  assicurarne  il  rispetto, 
devono  valere  le  stesse  regole  enunciate  nei  libri  precedenti,  e  che  concernono 
in  generale  la  tutela  giuridica  del  Diritto  comune. 

1157.  —  Dovrà  essere  reputato  uno  degli  elBfetti  immediati  della 
guerra  l'esercizio  straordinario  dei  poteri  conferiti  ai  comandanti 
degli  eserciti  e  delle  armate  rispetto  a  coloro,  che  ne  fanno  parte, 
e  rispetto  ai  privati,  che  si  trovino  nel  territorio,  ove  la  guerra 
abbia  luogo,  e  la  facoltà  spettante  ad  essi  di  provvedere  alle  immi- 
nenti necessità  con  l'applicazione  della  legge  marziale  dichiarata 
in  vigore,  e  con  l'autorizzare  tutte  quelle  misure,  che  dal  loro  pru- 
dente arbitrio  possono  essere  reputate  opportune,  per  assicurare 
lo  scopo  della  guerra  in  ogni  sopravvenuta  eventualità. 

1158.  —  Dovrà  ritenersi  compreso  tra  i  poteri  straordinari  spet- 
tanti ai  comandanti  militari  quello  d'istituire  i  tribunali  marziali  e 
d' investirli  del  potere  di  amministrare  pronta  e  spedita  giustizia. 

Non  bisogna  peraltro  esagerare  ammettendo  che  ogni  volontà  di  un  coman- 
dante militare,  anche  se  arbitraria,  debba  essere  elevata  all'autorità  di  legge, 
e  giustificata  in  virtù  dei  pieni  poteri  ad  esso  spettanti,  e  dell'applicazione  della 
legge  marziale.  Le  necessità  eventuali  possono  tutto  giustificare;  ma  certe  garanzie, 
che  secondo  la  legge  naturale  non  possono  mancare  mai  nell'amministrazione 
della  giustìzia  civile  e  criminale,  non  devono  essere  eliminate  del  tutto,  giusti- 
cando  ogni  arbitrio  commesso  dal  comandante  militare,  e  ritenendolo  legale 
in  forza  dei  poteri  straordinari  che  ad  esso  spettano. 


TUolo  ir.' A  ehi  speUi  V  esercizio  dei  diritti  di  gueì-ra  i63 


TITOLO  IV. 
A  chi  spetti  reseroizio  dei  diritti  di  guerra. 

USO.  —  Gli  atti  di  ostilità,  ed  ogni  atto  di  violenza  a  mano 
armata  contro  le  persone  di  parte  contraria,  permessi  secondo  il 
Diritto  di  guerra,  e  qual  si  sìa  ofifesa  arrecata  alle  medesime  o  ai 
loro  beni,  saranno  leciti  soltanto  tra  le  parti  belligeranti. 

Chi  può  essere  qualificato  belligerante. 

1160.  —  Saranno  reputati  belligeranti  tutti  coloro,  che  costi- 
tuiscono la  forza  militare  regolare,  o  che  costituiscono  la  forza 
armata  militarmente  organizzata. 

116L  —  La  forza  militare  comprende: 
a)  l'esercito  regolare; 
6)  Tarmata  {Confr.  reg,  169  ^  s^g*)\ 

e)  ogni  specie  di  milizia  organizzata  secondo  la  legge  militare 
{milizia  territoriale^  landwer  e  simili); 

d)  tutti  gli  eqmpaggi  delle  navi  ed  altre  imbarcazioni  da 
guerra  ; 

e)  ì  corpi  volontari  che  riuniscono  le  seguenti  condizioni  (Cbn/r. 
reg.  1165): 

1®  di  essere  organizzati  militarmente  con  l'autorizzazione 
o  approvazione  del  Governo  e  di  avere  le  persone  che  a  tali  corpi 
appartengano  un  qualunque  segno  distintivo  esteriore  per  essere 
riconoscibili  a  distanza  come  combattenti; 

2<>  di  essere  essi  subordinati  ad  un  capo  responsabile,  e 
sottomessi  alla  suprema  autorità  del  comandante  generale; 

3^  di  portare  le  armi  apertamente; 

4<>  di  serbare  la  condotta  militare  ed  osservare  le  leggi  ed 
i  costumi  della  guerra. 


*^*  Libro  IV.  '  Détta  tutela  giuridica  M  Diritto  inUmazùmaU 

1162.  —  La  forza  armata  militarmente  organizzata  comprende  : 

a)  ì  corpi  franchi,  o  i  franchi  tiratori  {Confr.  reg.  1167); 

b)  le  milizie  di  volontari  (Confr,  reg.  1168). 

1163.  —  Saranno  altresì  reputati  belligeranti  gli  abitanti  di  un 
paese  non  occupato  militarmente  dal  nemico,  i  quali  al  suo  avvi- 
cinarsi senza  essere  organizzati  militarmente,  resistano  pubblica- 
mente, armata  mano,  per  difendere  la  loro  patria,  e  che  uniti  in 
massa  facciano  atti  di  ostilità,  ed  esercitino,  come  possono,  il 
diritto  della  legittima  difesa. 


Forza  militare  dello  Stato. 

1164.  —  Incombe  ai  Governi  degli  Stati  civili  il  provvedere 
con  le  proprie  leggi  all'organizzazione  delle  milizie  in  guisa  da 
mettere  a  profitto  tutte  le  forze  vive  del  proprio  paese,  e  potere 
cosi  opporre  al  nemico  corpi  militarmente  organizzati  piuttosto 
che  appoggiarsi  ai  corpi  volontari. 

1165.  —  Ciascun  Governo  potrà  profittare  dell'aiuto  dei  corpi 
volontari,  ma  non  Sovra  incoraggiare  la  guerra  irregolare  fatta 
dai  privati  e  da  persone  non  abituate  alla  disciplina  militare,  e 
dovrà  in  ogni  caso  provvedere  a  che  i  corpi  volontari  osservino 
lealmente  le  leggi  della  guerra,  e  che  riconoscano  la  suprema 
autorità  del  comandante  generale. 

1166.  —  Nessun  Governo  di  Stato  civile  potrà,  nonostante  le 
sopravvenute  necessità,  adoperare  nella  guerra  i  selvaggi  dei  suoi 
possedimenti  coloniali,  che  facciano  la  guerra  alla  loro  maniera, 
e  che  non  abbiano  il  sentimento  dell'onore  militare  e  della  disci- 
plina, come  i  popoli  civili. 

Corpi  franchi  —  Milizie  di  volontari. 

■ 

1167.  —  I  corpi  franchi,  i  quali  prendessero  parte  alle  ope- 
razioni di  guerra,  senza  essere  riconosciuti  dal  Governo  dello  Stato, 
e  che  agissero  senza  essere  sottomessi  alla  suprema  autorità  del 


Titolo  IV,  •  A  chi  spetti  Vesercizio  dei  diritti  di  guerra  465 

Comandante  generale,  non  saranno  reputati  come  se  facessero 
parte  della  forza  militare  della  parte  belligerante.  Essi  saranno 
nonostante  sottomessi  alle  leggi  comuni  della  guerra,  quando  siano 
militarmente  organizzati  sotto  la  suprema  autorità  di  un  capo, 
portino  le  armi  apertamente,  combattano  in  buona  fede  per  soste- 
nere lo  stesso  principio  per  cui  la  guerra  sia  fatta,  serbino  nei 
loro  movimenti  la  condotta  militare,  ed  osservino  le  leggi  e  gli 
usi  di  guerra,  comportandosi  come  le  truppe  regolari  (Confr. 
reg,  1176,  1177). 

Ci  sembra  che  una  differenza  debba  essere  fatta  tra  i  corpi  franchi,  che 
prendono  parte  alle  operazioni  militari  in  conseguenza  dell'invito  fatto  dal 
Governo  e  col  consenso  di  esso,  e  quelli  che  per  iniziativa  del  capo  del  loro 
partito  vengano  a  formarsi  durante  la  guerra  agendo  per  proprio  conto  nella 
convinzione  della  giustizia  della  causa  per  cui  la  guerra  è  fatta.  I  primi  devono 
essere  reputati  come  un  elemento  della  forza  militare  dello  Stato  a  norma  della 
reg.  1161  e).  I  secondi  non  possono  essere  considerati  come  se  facessero  parte 
della  forza  militare  delio  Stato,  ed  è  perciò  che  non  ci  è  sembrato  necessario 
a  che  essi  siano  considerati  come  soldati  il  richiedere  un  segno  distintivo  este- 
riore riconoscibile  a  distanza.  Quando  sussistessero  le  condizioni  enumerate 
nella  regola  testò  enunciata,  il  belligerante  non  potrebbe  considerarli  fuori  delle 
leggi  della  guerra. 

1168.  —  Nel  caso  di  appello  fatto  dal  Governo  ai  volontari  per 
la  difesa  del  paese  o  leva  in  massa,  tutti  i  cittadini  chiamati  sotto 
le  armi,  e  quelli  che  di  loro  iniziativa  si  fossero  riuniti  in  bande 
o  corpi  militari  saranno  trattati  come  soldati: 

1^  quando  portino  le  armi  apertamente  e  facciano  gli  atti  di 
ostilità  senza  perfidia  e  slealtà; 

2<>  quando  abbiano  alla  testa  un  capo  responsabile; 

3^  quando  il  loro  carattere  di  combattenti  risulti  dalla  loro 
condotta  militare. 

Armata. 

1169.  —  Ogni  Stato  civile  potrà  adoperare  nella  guerra  ma- 
rittima, oltre  che  Tarmata  regolare,  le  navi  mercantili  armate  in 
guerra,  e  ad  essa  aggregate,  e  sottoposte  alla  sua  disciplina  militare. 

1170.  —  Nessuno  dei  Governi  che  sottoscrisse  il  trattato  di 
Parigi  del  1856  può  concedere  alle  navi  private  Tautorizzazione 

30  —  Fiore,  Dir,  interri,  codif. 


4f)6  Libro  IV.  -  Della  ttUda  giuridica  del  Diritto  intemazionale 

di  annarsi  come  na^ì  corsare,  senza  violare  il  principio  di  Diritto 
convenzionale  mediante  tale  trattato  stabilito,  e  secondo  cui  la 
corsa  deve  essere  reputata  per  sempre  abolita. 

1171.  —  Dovrà  ognora  l'armamento  dei  corsari  essere  con- 
siderato in  opposizione  al  Diritto  pubblico  del  mondo  civile,  e 
incombe  ai  Governi,  che  non  sottoscrissero  o  che  non  fecero  ade- 
sione al  trattato  di  Parigi  del  1856,  di  ritenere  la  guerra  in  corsa 
ingiusta  e  proclamarla  per  sempre  abolita. 

1172.  —  L'armamento  dei  corsari  potrà  ammettersi  soltanto 
in  virtù  del  diritto  di  rappresaglia  fondato  sulle  necessità  della 
guerra,  qualora  il  belligerante  di  parte  contraria  adoperasse  nella 
guerra  i  corsari. 

1173.  —  Qualora  un  Governo  avesse  autorizzata  la  corsa,  come 
rappresaglia  contro  gli  Stati  che  non  abbiano  aderito  al  trattato 
di  Parigi  o  che  lo  violassero,  le  navi  private  munite  di  lettere 
legali  di  autorizzazione  per  esercitare  la  corsa,  saranno  reputate 
come  formanti  parte  della  forza  armata  organizzata  in  nome  dello 
Stato,  da  cui  furono  ad  esse  concesse  le  lettere  di  marca. 

Chi  non  ha  diritto  di  esseì'e  qualificato  belligerante. 

1174.  —  Le  bande,  che  commettono  atti  di  ostilità  durante  la 
guerra  facendo  escursioni  per  proprio  conto  e  senza  autorizza- 
zione del  Governo,  e  celando  quando  occorra  la  loro  qualità  di 
combattenti,  non  possono  essere  reputate  come  parte  della  forza 
armata  organizzata,  e  gli  atti  di  violenza  che  esse  potessero  fare 
non  saranno  reputati  fatti  in  virtù  dell'esercizio  dei  diritti  di  guerra, 
né  le  persone,  che  tali  bande  formassero,  trattate  come  belligeranti. 

1175.  —  Non  potrà  essere  attribuito  l'esercizio  dei  diritti  di 
guerra  a  quàl  si  sia  numero  di  persone,  tutto  che  militarmente 
organizzate,  ogni  qual  volta  che  esse  adoperino  la  forza  armata 
per  commettere  rapine  o  per  fare  atti  di  brigantaggio,  o  per  qual 
sì  sia  altro  scopo  contrario  al  Diritto  internazionale. 

Le  masse  armate  che  devastarono  le  proTÌDce  deU*  Italia  meridionale  sac- 
cheggiando la  proprietà  dei  privati,  erano  pure  organizzate  militarmente  ed 


Titolo  IV,'  A  ehi  spetti  Vesercizio  dei  diritti  di  guerra  467 

avevano  dei  capi,  ma  non  potevano  al  eerto  pretendere  di  essere  trattate  come 
belligeranti,  mentre  esse  adoperavano  la  forza  per  attentare  con  violenza  ai 
diritti  dei  privati.  Esse,  benché  per  numero  considerevoli,  non  potevano  essere 
repatate  come  nemici  pubblici,  bensì  come  briganti  e  malfattori. 

1176.  —  n  carattere  di  belligerante  potrà  essere  negato  ai  corpi 
volontari,  che  intraprendano  una  spedizione  militare  senza  auto- 
rizzazione  del  Governo,  o  senza  la  tacita  connivenza  di  esso,  e  che 
facciano  gli  atti  di  guerra,  non  già  nell'interesse  dello  Stato  o  pel 
trionfo  di  un'idea  conforme  ai  sentimenti  di  una  parte  notabile 
del  popolo,  ma  per  conseguire  a  loro  rischio  e  pericolo  uno  scopo 
politico. 

Non  può  ammettersi  che  il  carattere  di  belligerante  debba  eaaere  attribuito 
a  chiunque  intraprenda  una  spedizione  militare  per  uno  scopo  politico  e  pa- 
triottico. Lo  scopo  di  certe  intraprese  dovrà  senza  dubbio  influire  per  attribuire 
agli  atti  di  violenza,  in  certe  circostanze,  il  carattere  di  reaU  politici,  ma  sio- 
come  il  diritto  di  far  la  guerra  non  è  un  diritto  privato,  cosi  Tesercizio  dei 
diritti  di  guerra  non  potrà  essere  attribuito  ad  un  numero  qual  si  sia  di  per- 
sone che  facciano  una  spedizione  militare. 

1177.  —  Potrà  essere  negato  il  carattere  di  belligerante  ad  ogni 
corpo  di  volontari,  anche  quando  essi  facciano  la  guerra  nell'in- 
teresse dello  Stato  e  siano  militarmente  organizzati,  qualora  essi 
non  solo  non  abbiano  verun  segno  fisso  e  riconoscibile  a  distanza, 
ma  dalle  circostanze  risulti  altresì,  che  la  loro  qualità  di  soldati 
sia  stata  celata  da  essi  ad  arte  per  fare  la  guerra  sleale. 


Navi  mercantili  che  facciano  atti  di  guerra. 

1178.  —  Nessuna  nave  privata,  la  quale  non  sia  munita  di  let- 
tere legali  di  autorizzazione  o  lettere  di  marca,  potrà  pretendere 
che  siano  qualificati  come  atti  di  guerra,  quelli  da  essa  fatti  per 
proprio  conto  contro  il  nemico.  Gli  atti  senza  legale  autorizzazione 
saranno  bensì  qualificati  atti  di  pirateria. 

1179.  —  Sarà  soltanto  lecito  alle  navi  private  di  adoperare 
nella  guerra  marittima  la  forza  per  difendersi  contro  il  nemico 
che  voglia  assalirle,  e  qual  si  sia  atto  di  ostilità  da  parte  di  esse 
in  tali  circostanze  sarà  qualificato  quale  atto  di  legittima  difesa. 


^^  Libro  IV,'  Della  tutela  giuridica  dd  Diritto  intematHottàU 

1180.  —  Lo  stesso  diritto  dovrà  essere  attribuito  a  qual  si  sia 
nave  nazionale,  la  quale  trovandosi  presente  al  fatto  dell'attacco 
da  parte  di  una  nave  nemica  contro  un'altra  nazionale,  accorra 
in  difesa  di  questa,  e  faccia  atti  di  ostilità  per  respingere  l'attacco» 


Persone  addette  al  servizio  delle  milizie. 

1181.  —  Saranno  assimilate  ai  belligeranti  ed  assoggettate  alle 
leggi  che  concernono  la  guerra  tutte  le  persone  addette  al  ser* 
vizio  delle  milizie,  nonostante  che  esse  non  prendano  parte  alle 
operazioni  di  guerra  in  qualità  di  combattenti. 

L'applicazione  delle  leggi,  che  concernono  l'esercizio  dei  dirittr 
di  guerra,  sarà  estesa  altresì  alle  persone,  le  quali  benché  non 
facciano  parte  dei  combattenti  e  non  siano  addette  al  servizio  del- 
l'esercito, si  trovino  sul  campo  per  uno  scopo  non  contrario  ai 
fini  della  guerra. 

1182.  —  Avranno  altresì  diritto  di  essere  considerati  come 
nemici  pubblici  ed  assimilati  ai  belligeranti  tutti  coloro  che  ser» 
vono  come  corrieri,  come  messaggieri  o  portatori  di  dispacci  uffi* 
ciali,  e  quelli  che  siano  incaricati  di  mantenere  le  comunicazionf 
tra  le  diverse  parti  dell'esercito,  o  dell'armata,  in  qualunque  ma- 
niera essi  adempiano  tali  incombenze,  e  anche  se  si  servano  del 
pallone  o  di  altri  mezzi,  purché  non  si  trovino  in  condizione  da 
essere  qualificate  spie. 


TUolo  V,  •  Ostilità  permesse  in  guerra  -  Mezzi  d'assalto  e  di  difesa     469 


TITOLO  V. 
Ostilità  permesse  in  ffnerra  —  Mezei  d'eussalto  e  di  difesa. 

1183.  —  Sarà  reputato  lecito  in  tempo  di  guerra  qual  sì  sia 
atto  di  ostilità,  che  possa  essere  considerato  idoneo  a  raggiungere 
il  fine  di  essa,  e  purché  non  sia  contrario  alle  leggi  ad  agli  usi 
di  guerra  tra  popoli  civili. 

1184.  —  Sarà  reputato  lecito  pei  fini  della  guerra  Tuso  di  qua- 
lunque mezzo  per  debellare  il  nemico  e  costringerlo  a  cedere; 
non  già  lo  sterminio,  la  distruzione,  Tannientamento. 

Nel  regolamento  per  Tesercito  italiano  trovasi  cosi  disposto  alFart.  718  : 
*  In  nessun  caso  gli  atti  di  distruzione,  spesse  volte  imposti  dalle  necessità 

del  combattimento,  devono  essere  spinti  al  di  là  di  quanto  esige  lo  scopo 

militare  che  si  ha  in  mira  di  conseguire  ,. 

Ostilità  in  opposizione  alle  leggi  ed  agli  usi  di  guerra. 

1185.  —  Qualunque  atto  di  ostilità  contro  il  nemico,  che  as-* 
cresca  senza  ragione  le  sofferenze  di  lui,  sarà  reputato  contrario 
alle  leggi  ed  agli  usi  di  guerra,  e  così  pure  sarà  considerato  qua- 
lunque atto  contro  le  persone  di  parte  nemica  che  possa  essere 
qualificato  sleale,  perfido,  barbaro  o  crudele. 

Questa  regola  tende  a  stabilire  che  i  belligeranti  non  possono  vantare  una 
libertà  illimitata  a  riguardo  dei  mezzi  per  nuocere  al  nemico.  Essi  devono 
essere  tenuti  ad  osservare  le  leggi  delFonore,  astenendosi  da  qualunque  per- 
fidia, e  a  non  violare  i  doveri  di  amanita  aggravando  senza  ragione  le  soffe- 
renze dei  vinti  e  dei  feriti. 

1186.  —  Sarà  reputato  altresì  in  opposizione  alle  leggi  di  guerra 
qualunque  atto  di  distruzione  inutile  commesso  senza  un  ordine 
superiore,  e  anche  gli  atti  di  distruzione  autorizzati  con  ordine 
superiore,  ma  ordinati  da  lui  senza  alcuna  utilità  mediata  o 


^70  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazUmaU 

immediata,  e  quando  non  possano  essere  in  nessuna  guisa  giusti- 
ficati dalla  necessità  di  difendersi,  o  quando  siano  spinti  al  di  là 
di  quello  che  può  esigere  lo  scopo  militare,  che  si  ha  in  mira  di 
conseguire. 

I  principii  contenuti  nelle  proposte  regole,  sono  stati  solennemente  ricono, 
scinti  nella  Convenzione  sottoscritta  a  Pietroburgo  TU  dicembre  1868,  e  alla 
quale  hanno  fatto  adesione  la  maggior  parte  degli  Stati  civili.  Essa  fu  conclusa 
per  escludere  in  tempo  di  guerra  i  proiettili  esplodenti  di  peso  inferiore  a  400 
grammi  o  caricati  di  materie  fulminanti  o  infiammabili.  Nel  proemio  di  detta 
convenzione  i  giusti  principii  che  devono  informare  gli  atti  di  ostilità  nelle 
guerre  tra  popoli  civili, si  trovano  chiaramente  enunciati  nella  seguente  maniera: 

Gonsidérant  que  les  progròs  de  la  cìvilisation  doi?ent  avoir  pour  effet  d'ai- 
ténuer  autant  que  possible  les  calamités  de  la  guerre; 

Que  le  Seul  but  légitime  que  les  États  doivent  se  proposer  durant  la  guerre 
est  Taffaiblissement  des  forces  militaires  de  Tennemi; 

Qu'à  cet  effet  il  suffit  de  mettre  hors  de  combat  le  plus  grand  nombre 
d*hommes  possible; 

Que  ce  but  serait  dépassé  par  Temploi  d^armes  qui  aggraveraient  inutilement 
les  soufifrances  des  hommes  mis  hors  de  combat,  ou  rendraient  leur  mori 
névitable; 

Que  r  empio!  de  pareiUes  armes  serait  dès  lors  contraire  aux  lois  de  Thu- 
manitó... 

II  codice  penale  militare  italiano  (art.  252)  commina  la  pena  di  morte  previa 
degradazione  a  colui,  che  senza  ordine  superiore,  e  senza  essere  astretto  dalla 
necessità  di  difendersi,  avrà  volontariamente  in  paese  nemico  appiccato  il  fuoco 
ad  una  casa  o  ad  altro  edifizio. 


Mezzi  leciti  jper  V assalto  e  la  difesa. 

1187.  —  I  belligeranti  potranno  adoperare  ogni  mezzo  di  at- 
tacco o  di  difesa,  che  secondo  l'arte  militare  possa  essere  repu- 
tato efficace  ad  indebolire,  paralizzare  o  distruggere  le  forze  militari 
del  nemico,  e  ogni  macchina  da  guerra,  che  possa  essere  reputata 
adatta  a  mettere  fuori  di  combattimento  il  più  grande  numero 
possibile  di  uomini.  Non  sarà  lecito  ad  essi  l'adoperare  armii  che 
aggravassero  inutilmente  le  sofferenze  degli  uomini  fuori  combat- 
timento, o  che  rendessero  la  loro  morte  inevitabile  o  la  guari* 
gione  difficile. 


Titolo  V.  '  Ostilità  permesse  in  guerra  •  Mezzi  d* assalto  e  di  difesa      47< 


Assedio  e  blocco. 

1188.  —  Sarà  reputato  lecito  in  guerra  l'investire  qualunque 
posizione  fortilBcata,  o  una  posizione  qualsiasi,  quando  s'incontri 
resistenza,  col  proposito  di  privarla  di  ogni  comunicazione  e  con 
Io  scopo  di  costringere  così  coloro  che  la  difendano  ad  arrendersi 
per  fame. 

1189.  —  L*investimento  eseguito  mediante  l'assedio  o  il  blocco 
sarà  reputato  mezzo  lecito  di  assalto  fra  i  belligeranti,  anche  quando 
sìa  adoperato  per  prendere  una  posizione  non  fortificata,  e  che 
la  resistenza  venga  da  parte  delle  truppe  o  degli  abitanti,  che  si 
oppongono  a  che  essa  sia  presa. 

1190.  —  L'assedio  ed  il  blocco  dovranno  essere  effettivi.  Sarà 
reputato  tale  l'assedio,  qualora  il  luogo  assediato  sia  investito  sta- 
bilendo attorno  ad  esso  un  cordone  di  truppe  e  occupando  le 
posizioni  opportune  per  impedire  ogni  comunicazione.  Pel  blocco 
dovranno  applicarsi  le  regole  speciali  che  lo  concernono  e  che 
sono  indicate  al  Titolo  XII. 

1191.  —  Il  Comandante  che  intende  assediare  una  fortezza  o 
una  città,  dovrà  notificarlo  mediante  pubblici  proclami.  Fatto 
questo,  sarà  reputato  atto  di  ostilità,  e  punibile  a  norma  della 
legge  marziale,  qualunque  fatto  da  parte  dei  privati  per  mantenere 
le  comunicazioni  cogli  assediati  e  sopratutto  per  fornire  ad  essi 
viveri  e  quanto  potesse  riuscire  utile  a  prolungare  la  resistenza. 


Diritti  rispetto  alle  ^persone  in  caso  d^assedio. 

1192.  —  Incombe  ai  comandanti  delle  fortezze  dichiarate  in 
istato  di  guerra,  l'esercitare  i  loro  poteri  a  norma  della  propria 
legge  militare,  e  provvedere  a  quanto  possa  occorrere  per  la  difesa 
e  la  resistenza.  Dovrà  essere  reputato  in  facoltà  di  essi  l'ordinare, 
che  tutti  coloro,  che  si  trovino  nella  piazza  fortificata,  e  che  non 
posseggano  sufficienti  mezzi  di  sussistenza,  escano  da  essa  mentre 


472  JAbro  IT,  •  Della  tuUla  giuridica  del  Diritto  intemazionale 

al  nemico  sia  in  vista  e  prepari  i  lavori  di  assedio.  Esso  potrà 
altresì  adoperare  la  forza  per  costringerli  ad  uscire,  e  potrà  espel- 
lere senz'altro  tutti  i  forestieri  ed  ogni  persona  sospetta. 

1193.  —  Dovrà  reputarsi  contro  le  leggi  della  guerra  l'ordi- 
nare lo  sgombro  dei  pacifici  cittadini,  che  si  trovassero  nel  luogo 
assediato,  dopo  che  sia  stato  proclamato  l'assedio  ed  operato  l'in- 
vestimento del  luogo  stesso. 

1194.  —  Il  Comandante  dell'esercito,  che  prepari  i  lavori  d'as- 
sedio, non  potrà  impedire  ai  pacifici  cittadini,  che  volessero  uscire 
dal  luogo,  che  esso  intenda  di  assediare,  o  che  in  preveggenza 
dell'assedio  fossero  stati  espulsi  dal  Comandante  nemico  e  costretti 
ad  uscire,  di  potersi  recare  liberamente  fuori  del  teatro  delle 
operazioni  militari;  ma  qualora  l'assedio  fosse  stato  dichiarato, 
ed  effettuato,  ed  il  Comandante  della  piazza  assediata  per  pro- 
lungare la  resistenza  e  profittare  di  tutte  le  provvigioni  avesse 
costretto  tutte  le  persone,  che  non  facessero  parte  della  guarni- 
gione, ad  uscire,  sarà  permesso  al  Comandante  assediante  di  ado- 
perare i  mezzi  i  meno  nocivi  per  costringere  le  persone  espulse 
a  rientrare  nella  piazza  assediata ,  onde  conseguire  così  lo  scopo 
di  rendere  meno  lunga  la  resistenza. 

Dovrà  in  tal  caso  reputarsi  contro  le  leggi  della  guerra  e  quelle 
dell'onore  militare  Tatto  del  Comandante  della  fortezza  assediata, 
che  rifiutando  ai  pacifici  abitanti  espulsi  di  potere  rientrare  nella 
città  assediata,  li  esponesse  così  a  gravi  ed  inevitabili  danni  e 
pericoli. 

1195.  —  Qualora  nella  piazza  o  località  assediata  si  trovassero 
prigionieri  di  guerra  nemici,  il  Comandante  avrà  diritto  senz'altro 
di  ordinare  lo  sgombro  dei  medesimi,  se  ciò  reputi  necessario  pel 
servizio  militare  della  fortezza,  e  potrà  costringerli  ad  uscire,  anche 
quando  l'assedio  fosse  incominciato. 

Del  bombardamento. 

1196.  —  H  bombardamento  potrà  essere  usato  soltanto  in  tempo 
di  guerra  come  mezzo  diretto  per  ottenere  la  resa  di  una  fortezza, 


Titdo  V.  -  Ostilità  permesse,  in  guerra  -  Mezzi  éTassaìto  e  di  difesa      473 

di  una  piazza  fortificata  o  come  mezzo  ausiliario  al  blocco  ed  alle 
operazioni  di  assedio. 

Non  sarà  lecito  tale  mezzo  di  assalto  contro  le  città,  le  agglome- 
razioni di  abitanti,  e  le  località,  che  non  siano  difese  e  fortificate. 

1197.  —  Il  Comandante  potrà  assalire  senz'altro  e  bombardare 
una  fortezza,  che  sia  isolata  e  difesa;  ma  se  tale  fortezza  sia  an- 
nessa ad  una  città  o  piazza,  nella  quale  siano  agglomerati  abi- 
tanti pacifici,  egli  sarà  tenuto  prima  di  cominciare  il  bombarda- 
mento a  dame  avviso  alle  autorità  nemiche,  onde  restringere  tale 
mezzo  di  assalto  allo  scopo  cui  deve  essere  destinato. 

La  notificazione  del  bombardamento  nel  caso  contemplato  nella  seconda  parte 
della  regola  dev'essere  riguardata  come  una  formalità  doverosa  e  indispensabile 
per.  mettere  i  pacifici  cittadini  in  condizione  di  provvedere,  per  quanto  sia 
possibile,  a  tutelare  le  loro  persone  e  i  loro  beni,  e  può  essere  anche  riguar- 
dato come  un  espediente  efficace  a  spingere  il  CSomandante  ad  arrendersi  per 
non  esporre  la  vita  e  la  proprietà  dei  pacifici  cittadini  a  pericoli  gravi  ed  ine- 
Titabilì. 

1198.  —  Saranno  prese  tutte  le  disposizioni  le  più  opportune 
per  dirigere  l'attacco  contro  i  luoghi  fortificati  e  risparmiare,  per 
quanto  è  possibile  (valutate  le  circostanze  locali,  e  le  esigenze 
delle  operazioni  di  guerra),  la  proprietà  privata,  e  gli  edifici  pub- 
blici destinati  alla  scienza,  alla  beneficenza,  al  culto,  e  gli  ospedali 
militari,  sempre  che  tali  edifici  non  siano  adoperati  contempora- 
neamente a  scopi  militari. 

1199.  —  Non  sarà  in  nessun  caso  considerata  operazione  lecita 
di  guerra  il  lanciare  proiettili  esplodenti  ed  incendiari  per  distrug- 
gere le  abitazioni  dei  cittadini,  e  gli  stabilimenti  del  commercio, 
neanche  quando  €iò  possa  essere  fatto  con  lo  scopo  di  danneg- 
giare, di  atterrire,  e  d'indurre  alla  resa. 

1200.  —  Incombe  al  Comandante  della  fortezza  o  città  asse- 
diata il  distinguere  tutti  gli  edifici  pubblici  non  addetti  a  scopi 
militari  mediante  segni  visìbili,  e  il  notificare  tali  segni  distintivi 
all'assediante. 

Sarà  però  reputato  in  ogni  caso  contro  le  leggi  della  guerra  e 
l'onore  militare  il  far  servire  a  scopi  di  guerra  gli  edifici  contro- 
segnati come  destinati  a  scopi  pacifici. 


4f74  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemassionaU 

1201.  —  Dovrà  essere  reputato  come  mezzo  sleale  di  assalto 
il  bombardamento  di  una  città  chiusa  e  difesa,  quando  sia  fatto 
col  solo  scopo  di  danneggiare  e  di  atterrire,  piuttosto  che  con 
lo  scopo  diretto  di  costringere  il  nemico  ad  arrendersi,  e  sopra- 
tatto quando  l'occupazione  della  località  difesa  non  possa  eser- 
citare un'influenza  notevole  sulla  guerra,  e  dalle  cbcostanze  risulti, 
che  il  belligerante  abbia  profittato  del  pretesto  dell'essere  la  città 
difesa,  onde  assalirla  col  bombardamento,  e  danneggiare  inevita- 
bilmente ed  atterrire  i  pacifici  cittadini. 

Distruzione  ed  incendio. 

1202.  —  Potrà  essere  lecito  il  devastare  le  cose  del  nemico, 
l'incendiare  e  il  distruggere  volontariamente  gli  stabilimenti,  gli 
edifizi  e  quanto  a  lui  appartenga,  ogni  qual  volta  che  ciò  possa 
riuscire  utile  ai  fini  della  guerra  :  ma  il  devastare,  il  distruggere, 
l'incendiare  a  solo  fine  di  vendetta,  dovrà  reputarsi  ognora  illecito 
e  contro  le  leggi  della  guerra. 

Sarà  parimente  lecito  devastare  e  distruggere  le  cose  apparte- 
nenti ai  privati,  soltanto  quando  ciò  possa  ritenersi  richiesto  dalle 
esigenze  attuali  della  guerra  e  delle  operazioni  militari. 

1203.  —  In  nessun  caso  gli  atti  di  distruzione,  spesse  volte  im- 
posti dalla  necessità  del  combattimento  o  dalle  esigenze  delle  ope- 
razioni militari,  devono  essere  spinti  senza  ragione  al  di  là  di 
quanto  esiga  Io  scopo,  che  si  abbia  in  mira  di  conseguire. 

1204.  —  Sarà  reputato  atto  di  vera  barbarie  il  distruggere  i 
porti  di  commercio,  gli  edifizi  pubblici  destinati  a  scopo  pacifico, 
gli  oggetti  di  scienze  e  d'arti,  e  le  collezioni  esistenti  in  edifizi  pri- 
vati 0  pubblici,  anche  quando  il  belligerante  siasi  impadronito  di 
una  città  in  seguito  all'attacco,  all'assedio  e  alla  resa  in  conse- 
guenza del  bombardamento. 

1206.  —  Incombe  ai  Comandanti  delle  milizie  il  proibire  e 
reprimere  qualsiasi  atto  di  barbarie  ingiustificato  e  il  punire  i  sol- 
dati, che  senza  alcuna  necessità  di  guerra  incendino,  distruggano 
0  danneggino  le  case  appartenenti  ai  privati  di  parte  nemica. 


Titolo  V,  •  Ostilità  permesse  in  guerra  -  Mezzi  d'assalto  e  di  difesa      *^^ 

1206.  —  Incombe  ai  Governi  il  determinare  con  le  leggi,  quali 
atti  contro  la  proprietà  nemica  devono  essere  qualificati  delittuosi 
durante  la  guerra,  e  il  provvedere  alla  repressione  dei  medesimi*. 


Saccheggio. 

1207.  —  Sarà  reputato  ognora  illecito  l'autorizzare  il  saccheggia 
delle  città  prese  d'assalto,  e  reputato  contro  l'onore  militare  l'in- 
coraggiarlo e  il  non  fare  quanto  secondo  le  circostanze  possa 
riuscire  possibile  per  impedirlo. 

1208.  —  Non  sarà  reputato  saccheggio  il  fatto  da  parte  dei 
soldati,  che  entrando  in  paese  nemico  in  seguito  all'assalto  o  ad  una 
battaglia  o  ad  una  marcia  faticosa,  s'impadroniscano  senz'altro  dr 
quanto  possa  occorrere  per  le  urgenti  ed  immediate  loro  necessità. 

Il  legislatore  italiano  dichiara  li  saccheggio  assolatamente  illecito  e  punibile 
ehi  rabbia  ordinato.  L*art.  275  del  Codice  penale  militare  cosi  infatti  dispone: 

'  U  saccheggio  ò  proibito  :  il  militare  che  lo  avrà  ordinato,  o  che  senza 
ordine  se  ne  sarà  reso  colpevole,  sarà  punito  colla  morte  ,. 


Stratagemmi  e  sorprese. 

1209.  —  Sarà  reputato  lecito  combattere  il  nemico  in  guerra 
con  le  sorprese  e  con  gli  stratagemmi,  purché  però  questi  non 
implichino  la  violazione  della  fede  promessa  o  quella  delle  leggi 
della  guerra,  e  che  non  importino  perfidia  o  tradimento. 

1210.  —  Sarà  reputato  assolutamente  inibito  l'usare  falsamente,, 
a  titolo  di  stratagemma  : 

a)  della  bandiera  parlamentare; 

h)  dei  segni  distintivi  secondo  la  convenzione  di  Ginevra  per 
sottrarre  certe  località  o  certe  persone  alle  leggi  della  guerra 
{Confr.  reg.  1241  e  la  nota  alla  reg.  1211); 

e)  della  bandiera,  delle  insegne  e  dell'uniforme  del  nemico; 

d)  dei  segni  distintivi  delle  località  destinate  a  scopo  pacifica 
in  caso  di  bombardamento  {Confr.  reg.  1200). 


^'^  Libro  IV.  '  Della  tutela  giuridica  dèi  DiHito  internazionale 

L'adoperare  tali  mezzi  con  lo  scopo  di  trarre  in  inganno  il 
nemico  sarà  reputato  ognora  contro  le  leggi  di  guerra,  e  non  potrà 
in  nessim  caso  essere  giustificato  col  pretesto  dello  stratagemma* 

1211.  —  Chiunque  avesse  slealmente  ed  in  mala  fede  adope- 
rato uno  di  tali  mezzi  per  indurre  in  errore  il  nemico  durante  il 
•combattimento,  non  potrà  invocare  la  protezione  delle  leggi  di 
^guerra,  se  cadesse  poi  per  avventura  in  potere  di  lui. 

Nel  regolamento  italiano  per  Tesercito  è  così  disposto  : 

Art.  701.  —  Non  è  disonore  perdere  una  bandiera  ove  siasi  difesa  sino 
«gli  estremi;  egli  è  invece  disonorevole  atto  il  salvarla  nascondendola,  insieme 
ad  alcune  truppe  di  scorta,  al  ferro  ed  al  fuoco  deir  avversario. 

Art.  705.  —  È  vietato  di  far  uso  delle  armi  contro  gli  ospedali  e  le 
ambulanze  nemiche  e  contro  il  personale  addettovi,  quante  volte  questo 
accudisca  alle  sue  attribuzioni  e  porti  i  distintivi  stabiliti  dalla  CSonvenzione 
di  Ginevra.  (Per  gli  ospedali  e  le  ambulanze  bandiera  bianca  con  croce  rossa^ 
pel  personale  bracciale  bianco  con  croce  rossa.) 


Titolo  VL  '  Diritti  del  belligerante  contro  le  persone  dijiaHe  netnicu    ^'jj 


TITOLO  VI. 


Diritti  del  belligrerante  contro  le  persone  di  parte  nemica» 


Diritti  durante  il  combattimento. 

1212.  —  Il  belligerante  potrà  attaccare,  ferire  e  uccidere  ogni 
persona,  che  prenda  parte  attiva  alla  guerra,  fino  a  tanto  che 
essa  resista  colle  armi  alla  mano,  o  faccia  atti  di  ostilità. 

1213.  —  Non  lice  al  belligerante  di  dirigere  direttamente  l'at- 
tacco per  ferire  od  uccidere  coloro  che  accompagnino  le  truppe 
senza  prendere  parte  attiva  al  combattimento.  L'uccisione  però 
di  tali  persone  nel  calore  della  mischia  dovrà  reputarsi  sempre 
avvenuta  in  conseguenza  del  regolare  esercizio  dei  diritti  di  guerra* 


Atti  di  ostilità  inibiti. 

1214.  —  Dovranno  ritenersi  assolutamente  inibiti: 

a)  l'uccisione  proditoria  d'individui  appartenenti  alle  milizie 
nemiche,  e  l'uccisione  volontaria  dei  pacifici  cittadini  della  parte 
avversa; 

b)  l'uccisione  di  un  nemico,  il  quale  si  arrenda  a  discrezione;^ 
e)  il  negar  quartiere  ad  una  guarnigione,  anche  quando  ciò 

sia  fatto  in  conseguenza  della  previa  dichiarazione  che  non  si 
darebbe  quartiere; 

d)  l'usare  il  veleno  e  le  armi  avvelenate; 

e)  l'adoperare  nel  combattimento  armi,  proiettili  e  materie 
atte  a  cagionare  danni  superflui  e  ferite  dolorose  o  di  difficile 
guarigione. 

1216.  —  Il  massacro  di  coloro,  che  domandassero  di  arrendersi 
o  di  ima  guarnigione  che  dichiarasse  di  capitolare,  non  potrà  essere 


478  jjibro  IV,  -  DeUa  tutela  giuridica  da  Diritto  kUernazianaU 

in  nessun  caso  giustificato  né  a  titolo  di  rappresaglia,  né  per  la 
difficoltà  di  custodire  le  persone  e  di  mantenerle,  dichiarandole 
prigionieri  di  guerra. 

Il  diritto  di  vita  o  di  morte  spetta  al  |>elligeraiite  contro  il  nemico  che  resiste 
-e  combatte  con  le  armi  alla  mano  o  che  fa  atti  di  ostilità.  Ogni  strage  durante 
il  combattimento  ò  legalizzata  dallo  scopo  di  paralizzare  le  forze  del  nemico 
•e  costringerlo^ad  arrendersi.  U  combattente  che  non  resiste  e  si  arrende  a 
discrezione  cessa  dall*essere  nemico  e  non  si  potrebbe  mai  avere  il  diritto  di 
ucciderlo,  né  la  sua  uccisione  potrebbe  essere  legalizzata  per  la  difficoltà  di 
caricarsi  di  prigionieri,  né  per  imitare  la  parte  avversa  che  abbia  commesso 
il  misfatto  di  uccidere  quelli  di  parte  nostra  caduti  in  suo  potere.  U  negare 
quartiere  ad  una  guarnigione  che  si  arrende,  e  Tuccidere  volontariamente  chi 
abbia  deposto  le  atmi,  non  può  in  nessun  caso  essere  giustificato  coi  diritti 
della  guerra.  L*uccisione  di  un  uomo  è  sempre  un  misfatto. 

Nel  regolamento  italiano  per  l'esercito  ò  così  disposto: 

Art.  718.  —  Qualsiasi  atto* di  crudeltà  e  di  barbarie  è  assolutamente 
proibito,  e  dovrà  essere  severamente  represso.  Agli  abitanti  che  si  mantengono 
neutrali  sarà  dovuto  rispetto  e  protezione,  cosi  nelle  persone  come  negli  averi. 

Art.  719.  —  Chi  maltratta  o  spoglia  nemici  dìsarmatii  malati,  feriti  o 
morti,  chi  incendia,  distrugge  o  danneggia  senza  necessità  gii  averi  altrui,  ò 
sottoposto  alle  pene  sancite  dal  Codice. 


Diritti  verso  coloro  che  cadono  in  potere  del  nemico. 

1216.  —  Ogni  uomo,  che  faccia  atti  di  ostilità  prendendo  parte 
attiva  alla  guerra,  e  che  si  trovi  nelle  condizioni  per  essere 
qualificato  belligerante  o  per  essere  assimilato  ad  esso  {Conf, 
reg.  1160-63),  avrà  il  diritto  di  essere  dichiarato  prigioniero  di 
guerra,  dato  che  abbia  deposto  le  armi  e  domandi  di  arrendersi,  o 
che  in  qualunque  maniera  cada  in  potere  del  nemico.  Lo  stesso 
diritto  spetterà  altresì  a  coloro,  che  formino  parte  di  una  truppa 
o  guarnigione,  che  collettivamente  abbia  dichiarato  di  capitolare 
o  che  si  sia  arresa  a  discrezione. 

1217.  —  La  dichiarazione  fatta  da  un  Comandante  o  capo  delle 
milizie  di  non  volere  considerare  come  belligeranti  coloro,  che  si 
trovassero  nelle  condizioni  per  essere  reputati  tali,  non  potrà 
legalizzare  il  suo  rifiuto  di  applicare  le  leggi  di  guerra  a  costoro, 
dato  che  siano  caduti  in  suo  potere,  né  potrà  togliere  ad  essi 
il  diritto  che  loro  spetta,  a  norma  del  Diritto  intemazionale,  di 


Titolo  VI,  -  Diritti  del  btUigerante  contro  le  j.'irsor,f  di  parte  nemica    479 

essere  incolumi  nelle  loro  persone  e  di  essere  dichiarati  soltanto 
prigionieri  di  guerra. 

1218.  —  Incombe  ai  belligeranti  non  esercitare  i  diritti  di 
guerra,  come  indicati  nelle  precedenti  regole,  rispetto  ai  feriti,  i 
quali  si  trovino  negli  ospedali  o  nelle  ambulanze  militari  per  essere 
curati,  ma  di  osservare  a  riguardo  di  essi  le  regole  concordate 
con  la  convenzione  di  Ginevra  del  22  agosto  1864^  che  concerne 
il  servizio  dei  malati  e  dei  feriti  in  guerra,  e  di  ritenere  che  le 
dette  regole  devono  reputarsi  estese  anche  ai  feriti  delle  guerre 
marittime. 


Doveri  dei  belligeranti  rispetto  ai  prigionieri  di  guerra. 

1219.  —  Incombe  ai  belligeranti  trattare  i  prigionieri  di  guerra 
con  umanità  ed  usare  ad  essi  i  riguardi  dovuti  in  ragione  del 
loro  grado  e  della  loro  condizione  civile,  e  il  provvedere  altresì 
a  che  i  Comandanti  militari  non  abusino  dei  loro  poteri  e  che 
reprìmano  ogni  atto  da  parte  degli  inferiori  in  opposizione  col 
rispetto  dovuto  ai  prigionieri. 

1220.  —  Dovrà  ognora  essere  reputato  sleale  e  disonorevole 
Io  spogliare  i  prigionieri  dei  propri  oggetti  personali  (gioielli^  oro- 
logi  e  simili)^  fossero  essi  pure  di  considerevole  valore. 

Potrà  però  il  Comandante  ordinare,  che  tutto  quello  che  per- 
sonalmente appartenga  ai  prigionieri,  sia  da  essi  depositato  per 
essere  custodito  durante  la  loro  prigionia,  e  non  sarà  lecito  di 
appropriarsi  altri  oggetti,  che  solo  le  armi  ed  i  cavalli. 

1221.  —  Sarà  a  carico  del  Governo  il  provvedere  al  mante- 
nimento dei  prigionieri  dì  guerra,  dando  ad  essi  nutrimento  ed 
alloggio  secondo  la  loro  condizione  e  il  loro  stato,  e  osservando 
per  norma  quella  forma  di  trattamento  stabilita  per  i  propri  sol- 
dati ed  ufficiali. 

1222.  —  La  mancanza  di  mezzi  pel  mantenimento  dei  prigio- 
nieri di  guerra  non  potrà  giustificare  l'operato  di  un  Governo, 
che  non  obs&vasse  a  riguardo  di  essi  le  regole  di  Diritto  comune. 


*oO  Libro  IV.  -  Delhi  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

Potrà  però  in  tali  circostanze  il  belligerante  rilasciarli  in  libertà 
sulla  parola  data  da  essi  di  osservare  in  buona  fede  le  condizioni 
sotto  le  quali  avesse  concesso  loro  la  libertà,  e  potrà  poi  punire 
coloro,  che  non  avessero  mantenuta  la  parola  data,  se  cadessero 
novellamente  in  suo  potere  {Conf.  reg.  1233  e  seg.). 

Ciascuno  Stato  può  applicare  la  propria  legge  o  le  pene  comminate  con  la 
legge  marziale  contro  i  prigionieri  di  guerra  rilasciati  sulla  parola  e  che  non 
avessero  in  buona  fede  osservati  gì* impegni  presi,  n  codice  penale  militare 
italiano  commina  la  pena  di  morte  contro  gli  ufGziali  prigionieri  di  guerra 
che,  contro  la  fede  data,  fossero  ripresi  con  le  armi  alla  mano. 


Diritti  rispetto  ai  prigionieri  di  guerra. 

1223.  —  Spetta  al  Comandante  dell'esercito,  che  abbia  in  suo 
potere  i  prigionieri  di  guerra,  di  ordinare  che  essi  tutti  siano  disar- 
mati, non  esclusi  gli  ufficiali  di  qualunque  grado,  ai  quali  però 
sarà  conveniente  di  restituire  la  spada,  dopo  che  essi  l'abbiano 
consegnata  in  atto  di  dovuta  sottomissione,  e  a  condizione  che 
essi  restino  disarmati  durante  la  loro  prigionia  di  guerra. 

1224.  —  Potrà  il  Governo,  in  potere  del  quale  si  trovino  t 
prigionieri  di  guerra,  adoperarli  per  i  lavori  che  possano  occorrere, 
tenuto  conto  del  grado  e  della  posizione  sociale  di  ciascuno  di 
essi.  In  nessun  caso  però  sarà  lecito  di  adoperarli  per  costruire 
fortezze  o  per  fare  qual  si  sia  lavoro  per  la  difesa,  fosse  pure 
in  un  punto  lontano  da  quello  dell'azione,  ogniqualvolta  tali  lavori 
potessero  essere  destinati  ai  fini  della  guerra  attuale. 

1225.  —  Il  belligerante  potrà,  rispetto  ai  prigionieri  di  guerra 
che  non  intende  di  rilasciare,  prendere  i  provvedimenti  opportuni,  a 
fine  di  assicurare  la  loro  custodia  ed  impedire  la  loro  evasione.  Esso 
potrà  internarli  e  potrà  imprigionare  coloro,  che  abbia  maggiore 
interesse  di  custodire,  e  di  cui  reputi  necessario  impedire  l'evasione. 

1226.  —  I  prigionieri  di  guerra  potranno  essere  sottomessi  in 
massima  alle  leggi  ed  ai  regolamenti  militari  in  vigore  nel  paese 
ove  siano  custoditi,  e  potrà  essere  punito  a  norma  di  codeste  leggi 
e  regolamenti  qual  si  sìa  atto  di  insubordinazione  da  parie  di 
essi,  e  qual  si  sia  tentativo  di  rivolta  o  di  evasione. 


Titolo  VI,  '  Diritti  del  belligerante  contro  U  perèone  diparte  nemica    tó^l 

1227.  —  Potrà  essere  assoggettato  alle  pene  disciplinari  il  pri- 
gioniero che  tenti  di  fuggire.  Potrà  del  pari  essere  usata  la  forza 
armata,  come  in  guerra,  per  arrestarlo  o  prenderlo  mentre  fugga, 
ma  la  sua  fuga  non  potrà  essere  equiparata  ad  un  crimine,  assogr 
gettando  alla  legge  penale  il  prigioniero  che  sia  riuscito  o  che 
abbia  tentato  di  fuggire,  allorché  venga  novellamente  a  cadere  in 
potere  del  nemico,  o  che  da  questo  sia  preso  mentre  fugge. 

1228.  —  Potrà  essere  punito  come  reato  militare  il  complotta 
dei  prigionieri  per  ricuperare  la  libertà  e  per  mettere  in  atto  i 
mezzi  a  ciò  idonei  :  e  cosi  pure  ogni  atto  di  resistenza  alle  autorità, 
che  li  abbiano  in  loro  custodia,  sarà  reputato  ribellione  e  punito 
più  o  meno  severamente,  secondo  le  circostanze,  ed  anche  in 
casi  gravi  con  la  pena  di  morte. 


Convenzioni  relative  allo  scambio  ed  al  rilascio 

dei  prigionieri. 

Ì229.  —  Lo  scambio  dei  prigionieri  potrà  essere  concordata 
dai  belligeranti  secondo  le  loro  convenienze.  Se  uno  di  essi  dichiari 
di  volerli  rilasciare  sulla  parola,  non  potrà  pretendere  che  l'altra 
faccia  altrettanto  o  che  aderisca  alla  proposta  di  farne  il  cambio. 

1230.  —  Qualora  Io  scambio  dei  prigionieri  o  il  rilascio  dei 
medesimi  sulla  parola,  o  le  condizioni  per  il  loro  mantenimento 
abbiano  formato  oggetto  di  particolare  accordo  tra  le  parti  bel- 
ligeranti, converrà  pel  valore  di  tali  accordi  e  per  la  loro  ese- 
cuzione, attenersi  alle  regole  che  concernono  le  convenzioni  e 
i  patti  conclusi  durante  la  guerra. 

1231.  — -  Qualora  il  belligerante  avesse  aderito  alla  proposta 
da  parte  del  nemico  di  fare  il  cambio  dei  prigionieri  e  non  fos- 
sero state  stabilite  le  condizioni  sotto  le  quali  il  cambio  dovesse 
essere  effettuato,  esso  dovrà  essere  fatto  uomo  per  uomo,  grado 
per  grado,  ferito  per  ferito,  e  sotto  le  stesse  condizioni. 

1232.  —  Sarà  concesso  alla  parte,  che  abbia  in  suo  potere 
prigionieri,  di  rilasciarli  in  libertà  imponendo  alla  parte  nemica  di 

31  —  Fiore,  Dir,  intern.  codif. 


^2  Libro  IV,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemagionale 

dare  in  correspettivo  una  quantità  di  munizioni,  di  provvisioni^ 
o  di  oggetti  necessari  all'esercito  ;  ma,  non  le  sarà  mai  lecito  di 
patteggiare  col  prigioniero  stesso  che  riscatti  la  sua  libertà  pagando 
una  somma. 

Parola  d^onore  dei  prigionieì'L 

1233.  -^  Non  potrà  il  belligerante  costrìngere  i  prigionieri  a 
dare  la  parola  di  osservare  tutte  le  condizioni  alle  quali  esso 
subordina  la  loro  liberazione. 

Non  sarà  in  ogni  caso  tenuto  alla  data  parola  il  prigioniero 
che  abbia  promesso  quello  che  debba  reputarsi  contrario  all'onore 
militare,  e  che  gli  sia  stato  imposto  come  condizione  per  rila- 
sciarlo in  libertà.  Non  sarà  del  pari  tenuto  alla  data  parola  il 
prigioniero,  se,  non  potendo  egli,  secondo  le  leggi  del  suo  paese, 
impegnarsi  sulla  parola  d'onore  a  mantenere  le  condizioni  concor- 
date per  essere  messo  in  libertà,  ed  avendolo  dichiarato,  il  bellige- 
rante gli  abbia  nonostante  imposto  ed  ottenuto  da  lui  tale  parola. 

1234.  —  Non  sarà  valida  la  parola  data  sul  campo  di  battaglia 
nel  momento  della  lotta.  Non  sarà  del  pari  valida  dopo  il  com- 
battimento, se  un  intero  corpo  di  truppe  fosse  stato  rilasciato  in 
conseguenza  di  una  dichiarazione  generale  fatta  in  nome  di  tutti 
i  soldati  e  accettata  come  se  fosse  stata  data  la  parola. 

1235.  —  Qualora  i  prigionieri  fossero  rilasciati  sulla  parola, 
incombe  al  Governo  dello  Stato  cui  essi  appartengano  rispettare 
la  loro  parola  data,  e  non  imporre  ad  essi  alcun  atto  e  alcun 
servizio  contrario  agli  impegni  assunti. 

Dovranno  per  altro  i  militari  uniformarsi  alle  leggi  del  proprio 
paese  quando  assumano  impegni  e  diano  la  parola  sul  loro  onore 
di  osservarli. 

1236.  —  Dovrà  reputarsi  sopratutto  sleale  e  disonorevole  il 
procedimento  di  un  Governo,  che  costringa  i  prigionieri  a  servire 
contro  il  nemico,  che  li  abbia  rilasciati  in  libertà,  o  contro  gli 
alleati  di  esso,  mentre  duri  la  guerra,  per  la  quale  l'impegno  sia 
^tato  preso. 


Titolo  VI,  -  Diruti  d$l  belligerante  contro  leperèone  diparte  nemica    ^83 

Non  dovrà  peraltro  ritenersi  tale  Tatto  di  un  Governo  che 
imponga  ai  prigionieri  rilasciati  in  libertà  di  prestare  servizio  attivo 
airinterno  o  di  adempiervi  funzioni  militari  nelTamministrazione. 

Degli  Ostaggi. 

1237.  —  L'uso  di  domandare  una  o  più  persone  in  ostaggio 
a  fine  di  assicurare  cosi  l'esecuzione  di  certi  accordi  conclusi  tra 
i  belligeranti,  deve  reputarsi  contrario  alle  leggi  di  guerra. 

1238.  —  In  nessun  caso  il  belligerante  potrà  ritenersi  autoriz- 
zato a  mettere  a  morte  gli  ostaggi  in  conseguenza  dei  mancati 
impegni,  e  neanche  a  titolo  di  rappresaglia,  se  le  persone  date 
in  ostaggio  al  nemico  fossero  state  da  questi  mutilate  o  uccise. 

1239.  —  Potrà  essere  lecito  soltanto  di  riteneretcerte  persone 
influenti  in  ostaggio  col  fine  di  far  valere  la  loro  autorità  morale 
onde  ottenere  da  un  paese  l'adempimento  degli  impegni  da  esso 
presi  o  imposti  durante  la  guerra.  Tali  persone  però  dovranno 
essere  trattate  come  i  prigionieri  di  guerra  e  coi  riguardi  dovuti 
al  loro  grado  ed  alla  loro  condizione,  e  non  potranno  essere  punite, 
né  assoggettate  a  sevizie,  se  l'intento  che  mediante  tale  espediente 
si  fosse  inteso  conseguire,  non  fosse  stato  di  fatto  raggiunto. 

Doveri  dei  belligeranti  ìHguardo  ai  feriti  e  malati. 

1240.  —  Incombe  ai  belligeranti  considerare  fuori  delle  leggi 
di  guerra  i  feriti  e  malati,  lasciare  la  più  completa  libertà  a 
tutte  le  persone  del  corpo  sanitario  e  a  coloro  che  prodighino  le 
loro  cure  per  assisterli,  e  concedere  alle  medesime  di  adempiere, 
sotto  la  tutela  del  Diritto  comune  della  pace,  il  loro  pietoso 
ufficio,  senza  incontrare  verun  ostacolo  nell' attuare  tutti  quei 
provvedimenti,  che  secondo  l'arte  medica  e  le  esigenze  umanitarie 
possano  reputare  utili  ed  efficaci  a  migliorare  la  condizione  dei 
feriti.  Le  leggi  di  umanità* impongono  come  sacro  dovere  il  con- 
siderare le  persone  addette  a  curare  i  feriti  in  guerra  inviolabili,  ed 
inviolabile  del  pari  tutto  il  materiale  addetto  al  servizio  sanitario» 


484  Libro  IV.  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

124L  —  Tutti  gli  Stati,  i  quali  sottoscrissero  la  convenzione 
di  Ginevra  del  22  agosto  1864,  che  concerne  il  servizio  dei  malati 
e  dei  feriti  in  guerra,  o  che  abbiano  aderito  ad  essa,  sono  tenuti 
ad  osservarne  lealmente  e  rigorosamente  ogni  disposizione,  e  de- 
vono provvedere  altresì  a  che  essa  possa  essere  lealmente  ese- 
guita e  scrupolosamente  osservata  dai  militari,  rendendola  notoria 
a  tutti  i  corpi  d'esercito  e  punendo  le  violazioni  della  medesima. 

1242.  —  Incombe  altresì  ai  Governi  accettare  quelle  modifica- 
zioni, che  dalle  persone  tecniche  saranno  riconosciute  opportune 
per  il  buon  andamento  del  servizio  sanitario  durante  la  guerra, 
onde  meglio  conseguire  lo  scopo  umanitario,  che  con  la  Con- 
venzione di  Ginevra  s'intese  raggiungere. 

1243.  —  Incombe  ad  ogni  Stato  e  ad  ogni  popolo,  che  intende 
di  osservare  nella  guerra  le  leggi  della  civiltà  e  di  non  violare  i 
doveri  di  umanità,  il  ritenere  (indipendentemente  dall'avere  esso 
sottoscritto  la  Convenzione  di  Ginevra  o  dall'aver  fatta  adesione 
ad  essa,  ed  indipendentemente  dall'osservanza  da  parte  del  nemico 
delle  stesse  regole)  quale  precetto  imperativo  secondo  la  legge 
della  giustizia  naturale  e  dell'umanità  il  rispettare  i  militari  feriti 
e  malati  ed  il  personale  sanitario,  e  il  considerare  applicabili  ad 
essi  le  leggi  di  umanità  piuttosto  che  quelle  di  guerra,  salvo  la 
necessaria  tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi,  attenendosi  alle 
seguenti  regole. 

1244.  —  I  militari  feriti  o  malati  devono  essere  raccolti  e  cu- 
rati a  qualunque  nazione  essi  appartengano.  Sarà  quindi  lasciato 
a  cura  dei  comandanti  in  capo  o  di  rimettere  immediatamente  agli 
avamposti  nemici  i  militari  nemici  feriti  durante  il  combattimento, 
se  le  circostanze  lo  permetteranno,  o  di  accordare  la  più  completa 
libertà  a  tutte  le  persone  del  corpo  sanitario  nel  prodigare  ad  essi 
tutte  le  cure  e  nell'attuare  tutti  quei  provvedimenti  che,  secondo 
i  casi,  potranno  occorrere. 


Titolo  VI,  '  Diritti  del  hdlignanie  contro  le  persone  diparte  nemica    ^85 


Ambulanze,   Ospedali,  Servizio  sanitario. 

1245.  —  II  personale  delle  ambulanze  e  degli  ospedali  mili- 
tari, che  comprendono  l'intendenza,  il  servizio  sanitario,  di  ammi- 
nistrazione e  di  trasporto  dei  feriti,  come  pure  gli  assistenti  per 
carità  e  i  membri  ed  agenti  di  società  di  soccorso  debitamente 
autorizzati  a  secondare  il  personale  sanitario  ufficiale,  saranno  con- 
siderati come  neutri,  mentre  essi  saranno  in  funzione  e  fino  a 
tanto  che  vi  saranno  feriti  da  raccogliere  e  soccorrere. 

1246.  —  Le  persone  indicate  nell'articolo  precedente  potranno, 
anche  dopo  l'occupazione  militare  effettuata  dal  nemico,  conti- 
nuare ad  adempiere  le  loro  funzioni  negli  ospedali  o  nell'ambu- 
lanza al  cui  servizio  sono  destinate,  ovvero  potranno  domandare 
di  ritirarsi  per  raggiungere  i  corpi  ai  quali  appartengano.  Sarà  in 
questa  circostanza  lasciato  a  cura  del  comandante  dell'esercito  occu- 
pante di  provvedere  a  che  le  dette  persone  possano  partire  libe- 
ramente sotto  le  condizioni  da  esso  stabilite  secondo  le  necessità 
militari.  Esso  potrà  imporre  alle  medesime  di  ritardare  di  qualche 
giorno  la  partenza  e  farle  scortare  finché  non  raggiungano  gli  avam- 
posti nemici. 

1247.  —  Godranno  altresì  del  beneficio  della  neutralità  le  ambu- 
lanze e  gli  ospedali  militari,  che  si  trovassero  sul  territorio  occu- 
pato dal  nemico,  fino  a  tanto  che  saranno  ricoverati  in  essi  malati 
o  feriti  e  sarà  coperto  dalla  neutralità  lo  sgombro  dei  medesimi 
unitamente  al  personale  che  lo  dirìge. 

1248.  —  Sarà  doveroso  per  i  belligeranti  il  contrassegnare  gli 
ospedali,  le  ambulanze  e  lo  sgombro  dai  forti  colla  bandiera  di- 
stintiva ed  uniforme  concordata  con  la  convenzione  di  Ginevra.  La 
detta  bandiera  dovrà  in  ogni  caso  essere  accompagnata  pure  dalla 
bandiera  nazionale.  Sarà  parimente  adottato  un  bracciale  col  segno 
distintivo  pel  personale  addetto  al  servizio  sanitario,  salvo  il  caso 
che  l'autorità  militare  ne  abbia  autorizzata  la  esenzione. 


^^  Libro  IV,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  interrumionaU 

Diritti  sul  materiale  degli  Ospedali. 

1249.  —  Sarà  sottoposto  alle  leggi  di  guerra  il  materiale  degli 
ospedali  militari,  quando  in  essi  non  vi  siano  più  malati  o  feriti 
da  curare. 

Il  materiale  contenuto  nelle  ambulanze  e  negli  ospedali  di  cam- 
pagna dovrà  ritenersi  protetto  dal  beneficio  della  neutralità. 

Le  persone  addette  al  servizio  di  ospedali  potranno  ognora, 
ritirandosi,  trasportare  seco  gli  oggetti  che  sono  di  loro  proprietà 
particolare. 

Feriti  ricoverati  in  case  private. 

1250.  —  Sarà  a  cura  dei  Comandanti  degli  eserciti  belligeranti 
il  rispettare  e  proteggere  gli  abitanti  del  paese  da  essi  occupato 
che  soccorressero  i  feriti,  e  rincoraggiarli  a  farlo,  appellandosi 
alla  loro  generosità  e  concedendo  ad  essi  qualche  vantaggio  in 
considerazione  dell'opera  che  venissero  a  prestare. 


Feriti  già  curati. 

1251.  —  n  belligerante  non  potrà  ritenere  i  feriti  già  curati 
come  prigionieri  di  guerra,  ma  dovrà  bensì  concedere  loro  piena 
libertà  di  ritornare  nella  loro  patria.  Esso  potrà  però  imporre  a 
coloro,  che  fossero  in  grado  di  servire  neiresercito,  di  dar  parola 
di  non  prendere  più  parte  alla  guerra,  e  potrà  ritenere  come  pri- 
gionieri coloro  che,  essendo  curati  e  in  grado  di  tornare  al  com- 
battimento, rifiutassero  di  dare  tale  parola. 

I  doveri  di  umanità  verso  i  feriti  non  possono  essere  esagerati  fino  al  pnnto 
di  disconoscere  i  diritti  del  belligerante  e  Tolnerare  gFinteressi  del  medesimo. 
Un  ferito  curato  e  che  sia  in  grado  di  riprendere  le  armi  durante  la  guerra, 
non  può  senza  grave  pregiudizio  del  belligerante,  che  Io  abbia  in  suo  potere, 
essere  rinviato,  perchè  torni  al  combattimento  ed  aU*assalto.  Questo  equivar- 
rebbe a  pretendere  che  il  belligerante  dovesse  esso  medesimo  dare  le  armi  al 
nemico  e  contribuire  a  renderlo  più  forte.  Al  ferito  nemico  e^curato,  e  che 


TUclo  VI,  -  Diritti  del  belligerante  contro  le  persone  di  parte  nemica      ^f 

essendo  in  grado  di  portare  le  armi  non  voglia  dare  la  parola  di  non  pren- 
dere più  parte  alla  guerra,  devono  essere  applicate  ne*  suoi  rapporti  co)  nemico» 
che  lo  ha  in  suo  potere,  le  leggi  di  gnerra  e  non  quelle  che  concernono  i  feriti. 

1252.  —  n  belligerante,  che  abbia  occupato  le  località,  nelle 
quali  si  trovino  gli  ospedali  militari  nemici  e  gli  stabilimenti  addetti 
alla  cura  dei  feriti,  potrà,  quando  le  circostanze  lo  rendano  neces- 
sario, servirsi  degli  ospedali  e  degli  stabilimenti  per  curarvi  i  propri! 
feriti,  destinando  a  tale  scopo  qualche  sezione  di  codesti  stabili- 
menti,  sempre  che  ciò  possa  essere  fatto  senza  grave  pregiudizio 
dei  malati  e  feriti  già  in  essi  ricoverati,  e  potrà  disporre  altresì 
del  personale  sanitario  addetto  agli  stabilimenti  medesimi,  quando 
le  necessità  attuali  Io  esigano,  edMncombe  alle  persone  destinate 
al  servizio  sanitario  prestare  ogni  opera,  secondo  le  leggi  di  uma- 
nità consigliano,  a  qualunque  parte  1  feriti  appartengano. 


Norme  circa  i  feriti  e  malati  nella  guerra  marittima. 

1253.  —  Le  regole  che  concernono  i  feriti  e  malati  saranno 
applicate  nella  guerra  marittima  ai  marinai  e  ai  militari  feriti, 
malati  ed  ai  naufraghi,  a  qualunque  nazione  essi  appartengano. 

Sarà  ognora  doveroso  per  i  belligeranti  il  ritenere  coperte  dalla 
neutralità  le  imbarcazioni  che  a  loro  rischio  e  pericolo  durante 
e  dopo  il  combattimento  raccolgano  naufraghi  e  feriti,  o  che  aven- 
doli raccolti  li  portino  a  bordo  di  una  nave  destinata  per  la  cura 
dei  feriti  e  malati,  o  come  navi  ospedaliere. 

1254.  —  Ogni  nave  militare  destinata  come  ospedale  e  che 
abbia  a  bordo  feriti  o  malati  ed  ogni  nave  di  commercio,  a  qua- 
lunque nazione  essa  appartenga,  carica  di  feriti  e  di  ammalati, 
o  destinata  ad  operare  lo  sgombro  dei  medesimi  non  potrà  essere 
distratta  dalla  sua  speciale  destinazione  ed  assoggettata  alle  leggi 
della  guerra,  il  materiale  addetto  al  servizio  di  tali  navi  non  potrà 
essere  catturato,  e  i  feriti  e  malati,  che  a  bordo  di  tali  nari  si 
trovassero,  non  potranno  essere  dichiarati  prigionieri  di  guerra 
dal  belligerante  che  di  tali  navi  siasi  impadronito,  e  qualora  essi 


4%  Libro  IV,  '  Della  ttUda  giuridica  del  Diritto  intimazionaU 

fossero  curati  ed  in  grado  dì  prestare  servizio  militare,  dovrà 
essere  concessa  ai  medesimi  la  libertà  di  rimpatriare,  purché  essi 
diano  la  parola  di  non  prendere  più  parte  alla  guerra. 


Quando  possa  essere  negato  ogni  heneficio  di  netdralità. 

1266.  —  Il  belligerante  avrà  diritto  di  negare  ogni  beneficio 
di  neutralità,  qualora  fosse  accertato  e  se  ne  potesse  dare  la  prova, 
che  le  persone  addette  al  servizio  sanitario,  o  gli  ospedali,  sta- 
bilimenti ed  ambulanze  destinati  alla  cura  dei  feriti  e  dei  malati 
avessero  servito,  o  fossero  stati  adoperati  a  qual  si  sia  altra  ope- 
razione estranea  allo  scopo,  pel  quale  tali  persone  e  tali  località 
devono  ritenersi  copeiie  dalla  neutralità. 

Doveri  verso  i  morti  in  battaglia. 

1256.  —  Incombe  ai  belligeranti  rispettare  i  cadaveri  dei  morti 
in  battaglia  e  proteggerli  contro  le  ruberie  e  gli  oltraggi,  assi- 
curando con  efficaci  sanzioni  penali  l'osservanza  di  tali  disposi- 
zioni da  parte  dei  propri  soldati  e  dei  privati. 

1267.  —  Qual  si  sia  oltraggio  al  cadavere  di  un  morto  sul 
campo  di  battaglia  e  sopratutto  la  mutilazione  saranno  reputati 
atti  disonorevoli  per  le  persone  e  pei  Governi  che  non  abbiano 
provveduto  efficacemente  ad  impedirlo. 

1268.  —  Dovrà  essere  considerato  un  dovere  di  umanità  il 
provvedere,  quando  le  circostanze  il  permettano,  a  dare  sepol- 
tura ai  morti  e  il  lasciare  piena  libertà  a  tutti  coloro  che  vogliano 
adempire  tale  pietoso  ufficio  di  poterlo  fare  al  sicuro. 

1269.  —  Dovrà  essere  del  pari  reputato  dovere  reciproco  dei 
belligeranti,  quando  ciò  possa  essere  fatto  senza  gravi  difficoltà, 
il  raccogliere,  prima  di  dare  sepoltura  ai  morti,  tutti  gl'indizi  sulle 
loro  persone  adatti  a  stabilire  la  loro  identità  e  rimettere  gl'indizi 
raccolti  al  Comandante  dell'esercito  nemico. 


TUólo  VL  •  Di  fitti  del  belligerante  contro  le  persone  diparte  nemica     ^9 


Delle  Spie. 

1260.  —  Sarà  considerato  come  spia  ogni  individuo,  sia  che 
appartenga  o  che  non  appartenga  airesercito  nemico,  che  clan* 
destinamente ,  segretamente,  o  sotto  faìs^  {pretesti,  o  travestito 
penetri  nelle  linee  nemiche  e  che  cerchi  cosi  dì  procurarsi  infor- 
mazioni per  i  fini  della  guerra. 

126L  —  Non  sarà  reputato  spia  un  militare  non  travestito, 
il  quale  sia  penetrato  segretamente  nella  zona  di  operazione  del- 
l'esercito nemico  per  conoscere  tutto  quello  che  possa  giovargli 
per  le  necessità  della  guerra  ed  anche  i  non  militari  incaricati  di 
trasmettere  i  dispacci  destinati  al  loro  proprio  esercito  che  com- 
piono la  loro  missione  apertamente. 

1262.  —  Non  devono  del  pari  essere  considerati  come  spie  i 
militari  ed  anche  i  non  militari  che,  servendosi  del  pallone,  ahbiano 
cercato  di  mantenere  le  comunicazioni  tra  le  diverse  parti  di  un 
esercito  o  di  un  territorio,  o  che  si  siano  avvicinati  alla  zona  di 
operazione  dell'esercito  nemico  per  procurarsi  le  informazioni  che 
potessero  occorrere. 

Grindividui  che  sì  servono  del  pallone  per  aYTÌcinarsi  al  campo  nemico  e 
procurarsi  le  informazioni  non  si  può  dire  che  agiscano  clandestinamente,  o 
sotto  falsi  pretesti,  o  travestiti,  per  poter  essere  qualificati  spie.  U  belligerante 
avrà  senza  dubbio  il  diritto  di  attaccare  tali  persone  ed  ucciderle,  sparando  a 
palla  contro  il  pallone;  ma  se  le  persone  salite  in  pallone  cadessero  in  potere 
di  lui,  dovrebbero  essere  trattate  come  nemiche  e  mai  come  spie.  Esse  avreb- 
bero invero  fatto  un'operazione  di  guerra  per  raccogliere  le  informazioni  e  non 
già  praticato  lo  spionaggio. 

1263.  —  La  legge  interna  potrà  equiparare  allo  spionaggio  e 
punire  con  la  stessa  o  maggiore  severità  il  misfatto  da  parte  di 
un  cittadino  o  di  uno  straniero,  residente  nello  Stato,  che  abbia 
trasmesso  al  nemico  informazioni,  o  mantenuto  rapporti  con  esso 
per  comunicargli  qualunque  notizia  utile  ai  fini  della  guerra,  e 
comunque  tali  fatti  siano  qualificati  e  con  maggiore  severità  puniti, 
le  disposizioni  della  legge,  a  riguardo  del  giudizio,  della  compe- 
tenza e  della  pena,  potranno  senz'altro  essere  applicate  ad  ogni 
persona  che  dimorì  nel  territorio  dello  Stato. 


190  Libro  VL  -  Della  tutela  giuridica  dd  Diritto  internazionale 


Diritti  dei  belligeranti  rispetto  alle  spie. 

1264.  —  Non  dovrà  reputarsi  contro  gli  usi  della  guerra,  né 
contrario  all'onore  militare  del  Comandante  di  un  esercito  il  ser- 
virsi di  agenti  segreti  per  procurarsi  le  informazioni  che  potes- 
sero occorrere,  adoperando  a  tal  fine  le  spie. 

1266.  —  Il  belligerante  ha  diritto  di  punire  severamente,  a 
norma  della  legge  marziale,  ogni  persona  che  possa  essere  qua- 
lificata spia,  purché  essa  cada  in  suo  potere  mentre  esegue  il 
misfatto  di  spionaggio  e  sia  colta  in  flagranza.  Esso  dovrà  però 
rimettere  l'imputato  ai  tribunali  competenti  secondo  la  legge  mar- 
ziale, per  giudicarlo  e  condannarlo. 


Delle  Guide, 

1266.  —  Compete  al  belligerante  il  diritto  di  adoperare  i  cit- 
tadini di  parte  contraria,  che  cadano  in  suo  potere,  per  servire 
come  guide  e  costringerli  a  dare  le  indicazioni,  delle  quali  avesse 
bisogno,  e  punire  coloro  che  scientemente  e  volontariamente  lo 
traessero  in  errore. 

1267.  —  Il  belligerante  di  parte  contraria  potrà  punire  come 
traditori  del  proprio  paese  i  cittadini  che  volontariamente  si  siano 
prestati  a  servire  di  guida  al  nemico  ;  ma  sarebbe  sleale  ed  ingiusto 
Tassoggettare  a  pena  coloro  che,  costretti  dal  nemico  con  la  vio- 
lenza e  con  la  forza,  abbiano  fatto  quello  che,  secondo  le  circo- 
stanze  del  caso,  non  potevano  rifiutarsi  di  fare  senza  essere  esposti 
a  soffrire  le  pene  ad  essi  comminate  da  chi  li  aveva  in  suo  potere. 

Dei  Parlamentari. 

1268.  —  È  considerato  come  parlamentario  uno  che  sia  stato 
autorizzato  dal  belligerante  ad  entrare  in  pour  parler  col  nemico 
e  che  si  presenti  in  tale  qualità  per  trattare  o  negoziare  durante 


Titolo  VI.  -  Diritti  del  belligerante  contro  U  persone  di  parte  nemica      49t 

il  combattimento,  facendosi  riconoscere  coll'adoperare  il  segna 
distintivo,  secondo  gli  usi  di  guerra  {la  bandiera  bianca). 

Devono  essere  reputati  nella  medesima  condizione  che  il  par- 
lamentario, le  persone  che  lo  accompagnino,  cioè  il  portabandiera 
e  un  trombettiere  o  un  tamburino. 

1269.  —  II  Comandante  militare  dì  parte  nemica  non  è  tenuto 
a  ricevere  in  ogni  caso  ed  in  qualunque  circostanza  un  parla* 
mentano,  né  di  sospendere  il  fuoco  quando  il  nemico  lo  invìi  ad 
esso  per  trattare  durante  il  combattimento,  ma  potrà  decidere, 
secondo  il  suo  prudente  arbitrio,  se  sia  o  no  il  caso  di  accettare 
chi  si  presenti  come  parlamentario. 

1270.  —  Sarà  reputato  ognora  contro  l'onore  militare  il  tirare 
su  di  un  parlamentario,  che  si  avvicini  alla  zona  di  azione,  anche 
quando  il  Comandante  non  avesse  deciso  di  riceverlo,  o  rifiutasse 
di  riceverlo. 

Qualora  però  il  Comandante  avesse  rifiutato  di  ricevere  il  par- 
lamentario a  lui  inviato,  o  avesse  dichiarato  espressamente  di  non 
volere  entrare  in  nessuna  sorta  di  pour  parler  per  un  dato  tempo, 
e  dopo  tale  rifiuto  e  tale  notificazione  il  parlamentario  si  presen- 
tasse ancora,  il  Comandante  potrà  ordinare  che  sia  trattato  come 
uno  di  parte  nemica,  che  in  mala  fede  cerchi  di  avvicinarsi  al 
campo  dell'azione. 

1271.  —  Il  Comandante  che  voglia  ricevere  il  parlamentario 
potrà  prendere  tutti  i  provvedimenti  che  stimi  opportuni  per  impe- 
dire che  questi  profitti  del  suo  soggiorno  nella  zona  di  azione,  e 
potrà  ritenerlo  per  qualche  tempo,  secondo  le  circostanze,  se  il 
parlamentario  ricevuto  durante  il  combattimento  avesse  potuto 
conoscere  anche  involontariamente  e  in  buona  fede  qualche  cosa 
che  non  doveva  essere  ad  esso  nota. 

1272.  ^  n  parlamentario  che  non  rispettasse  le  condizioni  a 
lui  imposte  nel  riceverlo,  o  che,  abusando  della  sua  posizione,  si 
fosse  procurato  surrettiziamente  informazioni,  o  che  avesse  ten- 
tato di  procurarsele,  perderà  ogni  diritto  d'inviolabilità  e  potrà 
essere  dichiarato  prigioniero  di  guerra;  e  laddove  dalle  circo- 
stanze bene  accertate  risultasse  ch'esso  avesse  abusato  della  sua 


492  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionaU 

posizione  per  commettere  un  atto  dì  tradimento,  e  se  ne  potesse 
dare  prova  positiva,  potrà  essere  considerato  come  una  spia  e 
punito  come  tale. 

1273.  —  Il  portatore  di  una  bandiera  parlamentare  dovrà  adem* 
piere  in  ogni  caso  gelosamente  e  lealmente  la  sua  missione,  e 
sarà  reputato  assolutamente  contrario  all'onore  militare  l'abusare 
del  carattere  di  parlamentario. 


Diritti  dei  belligeranti 
contro  le  persone  che  non  facciano  parte  deW  esercito. 

1274.  —  Le  persone  e  le  bande  che  senza  far  parte  dell'esercito 
e  senza  trovarsi  nelle  condizioni  per  essere  assimilati  ai  bellige* 
ranti  commettano  atti  di  ostilità  durante  la  guerra,  facendo  escur- 
sioni, distruggendo,  dilapidando,  o  oltraggiando  le  persone  di  parte 
nemica,  non  avranno  alcun  diritto  di  essere  reputate  come  nemici 
pubblici,  né  potranno  invocare  l'applicazione  delle  leggi  che  con- 
cernono i  combattenti  in  guerra,  e  qualora  esse  cadessero  in  potere 
dell'una  o  dell'altra  delle  due  parti  belligeranti,  sai*anno  assog- 
gettate alle  leggi  criminali  e  punite  come  malfattori,  briganti  o 
pirati,  e  non  potranno  reclamare  alcuno  dei  privilegi  spettanti  ai 
prigionieri  di  guerra. 

1275.  —  Tutti  coloro  di  parte  nemica  che  non  possano  essere 
qualificati  come  nemici  pubblici,  e  che  non  commettano  atti  di 
ostilità,  dovranno  essere  riguardati  come  pacifici  cittadini  e  po- 
tranno durante  la  guerra  liberamente  continuare  ad  esercitare  i  loro 
diritti  e  a  godere  dei  loro  beni  sotto  la  protezione  del  Diritto 
intemazionale. 

Non  sarà  lecito  al  belligerante  l'applicare  le  leggi  della  guerra 
e  il  trattare  come  nemici  neanche  i  cittadini  della  parte  avversa 
che  si  trovino  nel  proprio  territorio  o  nelle  zone  delle  operazioni 
militari  e  che  non  prendano  né  direttamente,  né  indirettamente 
alcuna  parte  alla  guerra,  ma  che  continuino  nelle  loro  faccende 
come  in  tempo  di  pace. 


Titolo  VI,  '  Diritti  del  belligerante  contro  le  persone  diparte  nemica      493 


Dei  Disertori. 

1276.  —  Ciascuno  dei  Comandanti  degli  eserciti  belligeranti 
potrà,  senza  mancare  alle  leggi  dell'onore  militare,  accogliere 
coloro  che  disertassero  le  file  nemiche. 

Dovrà  però  essere  considerato  contro  le  leggi  stesse  dell'onore 
l'adoperare  la  corruzione,  i  maneggi  e  i  mezzi  immorali  per  pro- 
vocare la  diserzione  e  la  ribellione  ogniqualvolta  tali  mezzi  ado- 
perati per  eccitare  i  soldati  nemici  alla  diserzione  costituissero  un 
fatto  criminoso. 

1277.  —  Ciascuno  dei  Comandanti  militari  nemici  potrà  appli- 
care le  leggi  contro  i  disertori  eziandio  a  coloro  che  fossero  entrati 
al  servizio  del  nemico  in  seguito  alla  diserzione  e  che,  durante 
le  operazioni  di  guerra,  cadessero  in  suo  potere,  anche  quando 
formassero  parte  di  una  banda  o  di  un  corpo  che  si  fosse  arreso 
e  che  avesse  diritto  ad  invocare  le  leggi  che  concernono  i  pri- 
gionieri di  guerra. 


494  Libro  IV.  •  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazianaU 


TITOLO  vn. 

Diritti  del  belligrerante  sui  beni  del  nemioo. 

1278.  —  ÀI  belligerante  spetta  il  diritto  d'impossessarsi  e  di 
appropriarsi  i  beni  appartenenti  allo  Stato  nemico  che  cadono  in 
suo  potere. 

Egli  potrà  quindi  sequestrare  ed  appropriarsi  le  armi  ed  ogni 
specie  di  munizioni  da  guerra  anche  se  esistenti  nei  depositi,  gli 
approvvigionamenti,  il  numerario  ed  i  valori  esigibili  appartenenti 
in  proprio  allo  Stato ,  il  materiale  delle  strade  ferrate  governa- 
tive e  dei  telegrafi,  le  navi  militari  e  le  altre  adoperate  nella  guerra, 
ed  in  generale  qualunque  proprietà  mobile  dello  Stato  atta  a  ser- 
vire ai  bisogni  della  guerra,  o  utile  pel  fini  della  medesima. 

Il  belligerante  non  potrà  impossessarsi  ^dei  beni  mobili  degli 
stabilimenti  consacrati  ai  culti,  alla  beneficenza,  airistruzìone,  alle 
arti  ed  alle  scienze,  non  ostante  che  detti  stabilimenti  apparte- 
nessero allo  Stato  nemico. 

1279.  —  La  proprietà  privata  dei  cittadini  di  parte  nemica 
sarà  reputata  inviolabile  tanto  nella  guerra  continentale,  quanto 
nella  guerra  marittima,  salvo  però  le  limitazioni  che  possano  repu- 
tarsi fondate  sulle  necessità  della  guerra,  le  deteriorazioni  e  distru- 
zioni giustificate  come  mezzo  di  attacco  e  di  difesa,  ed  in  certi 
casi  determinati  l'assoggettamento  alla  confisca  quando  il  belli- 
gerante possa  reputarsi  autorizzato  ad  esercitare  il  diritto  di  preda 
bellica. 

Espropriazione  forzata  dei  beni  privati. 

1280.  —  I  comandanti  militari  potranno  senz'altro,  in  territorio 
nemico,  impadronirsi  delle  cose  mobili  appartenenti  ai  privati, 
che  possano  servire  ai  bisogni  della  guerra,  e  segnatamente  di 


Titolo  VII.  '  Diruti  del  bdligtranU  sui  Uni  del  nemico  ^^ 

quello  che  possa  essere  loro  necessario  per  la  sicurezza  e  la  difesa, 
salvo  però  l'obbligo  d'indennizzare  i  proprietari  espropriati. 

1281.  —  Sarà  in  facoltà  dei  medesimi,  in  paese  nemico,  l'as- 
soggettare forzatamente  i  privati,  o  le  società  private  a  cedere 
tutti  quegli  oggetti  di  loro  proprietà  che  per  la  loro  natura,  o  per 
la  loro  destinazione  possano  servire  ai  bisogni  della  guerra,  pagando 
ad  essi  la  dovuta  indennità,  o  facendo  salvo  il  loro  diritto  per 
poterla  ottenere  da  chi  sia  tenuto  a  pagarla. 

Saranno  reputati  tali  :  il  materiale  delle  strade  ferrate,  dei  tele- 
grafi, le  armi,  i  depositi  di  munizioni  e  di  viveri  destinati  all'eser- 
cito e  quanto  possa  occorrere  per  equipaggiare  le  truppe. 

Potranno  inoltre  i  comandanti  degli  eserciti  provvedersi  in  paese 
nemico  di  quanto  potesse  servire  ad  essi,  imponendo  le  requi- 
sizioni e  le  contribuzioni  di  guerra. 


Delle  requisizioni. 

1282.  —  La  requisizione  consiste  neirapprovvigionamento  di 
quanto  possa  bisognare  alle  truppe  {viveri^  foraggio^  coìnbustibilij 
oggetti  di  vestiario,  mezzi  di  trasporto,  ecc.),  imposto  dal  coman- 
dante al  paese  da  esso  attraversato  od  occupato  e  senza  alcun 
diritto  a  rimborso. 

1283.  —  Incombe  ai  comandanti  militari  che  intendono  fare 
una  requisizione  in  paese  nemico,  il  rivolgersi  alle  autorità  locali, 
lasciando  a  cura  delle  medesime  il  fornire  quanto  da  essi  sia 
richiesto  e  il  ripartirlo  tra  gli  abitanti  del  paese. 

Dovrà  reputarsi  ognora  doveroso  da  parte  del  comandante  stesso 
il  rilasciare  semplicemente  una  dichiarazione  di  ricevuta,  dalla 
quale  risulti  la  natura  e  la  quantità  delle  cose  somministrate,  e 
che  possa  servire  come  titolo  alle  ragioni  che  eventualmente  potes- 
sero farsi  valere  dalle  autorità  o  dalle  persone  che  somministra- 
rono i  prodotti  requisiti. 

1284.  —  Qualora  nel  paese  nemico  mancassero  le  autorità  per 
procedere  al  riparto  della  requisizione,  o  quando  esse  richieste 


4%  Libro  IV,  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale 

non  volessero  prestarsi  prontamente,  o  quando  l'opera  dì  esse 
non  riuscisse  efficace,  il  Comandante  militare  potrà  ordinare  le 
requisizioni  forzate,  adoperando  i  militari  per  ottenere  direttamente 
la  consegna  dei  prodotti  dai  privati,  rilasciando  ad  essi  una  sem- 
plice dichiarazione  di  ricevuta. 

1285.  —  Incombe  ai  Comandanti  militari  il  procedere  alle  requi- 
sizioni in  paese  nemico  con  moderazione  e  circospezione,  assi- 
stendo le  autorità  locali  per  mantenere  l'ordine  e  non  esagerando 
le  richieste  oltre  i  limiti  del  ragionevole,  avuto  riguardo  ai  mezzi 
e  ai  prodotti  del  paese. 

1286.  —  Non  sarà  lecito  imporre  in  paese  nemico  con  la  forma 
di  requisizione  una  prestazione,  con  la  quale  si  verrebbero  a  costrin- 
gere gli  abitanti  a  prendere  parte  ad  operazioni  di  guerra  contro 
la  loro  patria. 


Delle  contribuzioni  di  guerra^ 

• 

1287.  —  La  richiesta  in  danaro  fatta  in  paese  nemico  costi- 
tuisce la  contribuzione  di  guerra. 

1288.  —  Il  Comandante  militare  potrà  imporre  una  contribu- 
zione di  guerra  a  solo  fine  di  rifornire  le  casse  militari.  Esso  sarà 
però  tenuto  a  rilasciare  dichiarazione  dì  ricevuta  al  Comune  o 
alle  persone  cui  essa  sia  stata  imposta,  onde  far  salvi  i  loro  diritti 
al  futuro  eventuale  rimborso. 

Potrà  inoltre  imporre  la  contribuzione  ad  un  paese  nemico  a 
titolo  di  punizione: 

a)  quando  esso  non  abbia  voluto  soddisfare  ad  una  requi- 
sizione di  viveri  o  ad  una  prestazione  qualsiasi  e  vi  sia  fondata 
motivo  per  supporre  che  il  rifiuto  sia  dipeso  da  malvolenza^ 
o  che  gli  oggetti  richiesti  siano  stati  in  mala  fede  asportati  o 
nascosti  ; 

b)  quando  vi  sìa  stata,  da  parte  del  paese  stesso,  o  delle 
autorità  preposte  al  governo  di  esso,  una  violazione  delle  leggi 
della  guerra; 


Titolo  VII.  •  Diritti  del  helligeranie  sui  beni  dtl  nemico  497 

e)  quando  vi  sia  fondato  sospetto  che  le  autorità  preposte 
a  capo  di  un  paese  o  di  un  Coniane  abbiano  facilitato  l'esecu- 
zione di  reati  punibili  secondo  le  leggi  della  guerra,  o  che  non 
abbiano  fatto  quanto  era  in  loro  potere  per  impedirli. 

1289.  —  Le  contribuzioni  dì  guerra  dovranno  essere  propor* 
zionate  alle  risorse  di  ciascun  paese. 

Potranno  essere  imposte  contribuzioni  più  onerose  ogni  qual- 
volta esse  siano  inflitte  come  punizione,  ma  neanche  queste  potranno 
esagerarsi  in  maniera  da  divenire  un  vero  spogliamento. 


Bottino  di  guerra. 

1290.  ■—  Potrà  essere  reputata  oggetto  di  preda  bellica,  o  qua- 
lificata bottino  di  guerra  ogni  cosa  che  in  seguito  al  combatti- 
ménto sia  caduta  in  potere  dei  soldati  dì  parte  contraria  e  di  cui 
non  si  possa  rintracciare  il  proprietario. 

1291.  —  Ciascun  soldato  potrà  appropriarsi  le  armi,  i  cavalli 
e  gli  oggetti  dì  armamento  appartenenti  ai  nemici  vinti,  ma  non 
sarà  lecito  di  appropriarsi  gli  oggetti  preziosi  e  di  valore  appar- 
tenenti ai  soldati  di  parte  contraria,  i  quali  trovansi  feriti  sul  campo^ 
o  che  siano  dichiarati  prigionieri  di  guerra. 

L'appropriazione  indebita  di  tali  oggetti  dovrà  essere  qualifi- 
cata reato  e  punita  a  norma  della  legge  militare. 

U  Codice  penale  militare  italiano  punisce  severamente  rappropriazione  inde- 
bita delle  cose  appartenenti  ai  soldati  di  parte  nemica  colle  seguenti  disposizioni  : 

Art.  276.  Chiunque  avrà  spogliato  un  militare  od  un  altro  individuo  che 
sia  addetto  alFesercìto,  ad  un  corpo  di  esso  od  al  loro  seguito,  oppure  un  pri- 
gioniero di  guerra,  i  quali  trovinsi  feriti,  sarà  punito,  secondo  le  circostanze» 
colla  morte,  previa  degradazione,  o  coi  lavori  forzati  a  vita  o  a  tempo. 

Art.  278.  Il  colpevole  di  busca  sarà  punito  col  carcere  militare,  o  sottoposto 
a  quelle  altre  pene  che  fossero  stabilite  con  bandi  particolari. 

L*ufQziale  che,  potendolo,  non  Tavrà  impedita,  incorrerà  nella  pena  del 
earcere  militare  accompagnata  dalla  dimissione. 

Qualora  egli  vi  abbia  partecipato,  la  pena  sarà  della  reclusione  militare  esten- 
libile  a  tre  anni  e  sempre  accompagnata  dalla  destituzione. 

Art.  279.  Se  in  occasione  del  reato  di  busca  si  commettessero  violenze  o 
maltrattamenti,  la  pena  sarà  della  reclusione  militare  per  anni  cinque,  esten- 
sibile ad  anni  sette  se  il  colpevole  è  uffiziale,  e  ciò  senza  pregiudizio  delle 
pene  incorse  per  akri  maggiori  reati. 

32  —  Fiore,  Dir.  ùìfrrti    codtf. 


^d8  x,iVo  ir.  •  naia  tutèla  giuridica  dèi  Diritto  inttmazùmaU 

Diritto  di  preda  nella  guerra  fnarittima. 

1202.  —  Tenendo  fermo  in  massima  che  le  navi  mercantili 
nemiche  devono  essere  reputate  inviolabili  nella  guerra  marittima, 
salvo  che  non  prendano  parte  alla  guerra  o  che  non  si  trovino 
nelle  condizioni  eccezionali^  nelle  quali  anche  le  navi  private  neu- 
trali possono  essere  soggette  a  sequestro  e  confisca,  potrà  ammet- 
tersi soltanto,  in  virtù  del  diritto  eccezionale  di  rappresaglia,  la 
facoltà  spettante  alle  navi  da  guerra  ed  a  quelle  che  formino 
parte  dell'armata  belligerante  di  sequestrare  le  navi  mercantili 
di  parte  nemica  e  la  pn^rietà  privata  nemica  trasportata  per 
mare,  qualora  il  belligerante  di  parte  contraria  pratichi  nella  stessa 
maniera  rispetto  alle  navi  mercantili  ed  alla  proprietà  privata  di 
parte  nostra. 

Come  il  diritto  di  preda  debba  essere  esercitato» 

1203.  —  Il  diritto  di  preda  marittima  dovrà  essere  riguardato 
in  ogni  caso  come  un  diritto  eccezionale  in  deroga  al  diritto  comune 
ed  interpretato  nella  sua  applicazione  con  le  restrizioni  le  più 
adatte  a  favorire  coloro  contro  cui  si  fa  valere,  piuttosto  che  con 
le  maggiori  estensioni  adatte  a  favorire  le  pretese  del  belligerante 
che  intenda  fare  preda. 

1294.  —  Si  dovrà  considerare  ognora  in  opposizione  con  le 
leggi  della  guerra  e  contro  il  buon  diritto  l'esercitare  la  facoltà 
di  catturare  e  predare  in  maniera  da  allargare  quanto  più  fosse 
possibile  Testensione  di  essa,  giustificando  ogni  arbitrio  col  titolo 
della  rappresaglia  e  del  trattamento  a  reciprocità. 

1206.  —  La  cattura  e  la  preda  delle  navi  mercantili  nemiche 
non  potranno  essere  fatte  validamente  che  dopo  la  formale  dichia- 
razione  di  guerra  e  a  contare  dal  giorno  in  cui  siano  legalmente 
incominciate  le  ostilità. 

Il  sequestro  delle  navi  mercantili  nemiche  e  della  proprietà 
privata  nemica  effettuato  prima  della  dichiarazione  di  guerra  non 


TUóIq  vii.  -  Diritti  del  MligeranU  mi  beni  del  netnieo  ^^ 

potrà  in  nessun  caso  essere  convertito  in  sequestro  e  preda  bel- 
lica dopo  la  dichiarazione  di  guerra,  ma,  salvo  il  diritto  spettante 
al  belliferante  di  trattenere  per  ragioni  di  sicurezza  e  di  polizìa 
le  navi  mercantili  nemiche,  che  si  trovassero  ne'  suoi  porti  al 
momento  in  cui  la  guerra  fosse  stata  dichiarata,  incombe  ad  esso 
il  lasciarle  in  libertà  e  l'astenersi  dal  predare  tali  navi  o  la  pro- 
prietà nemica  che  si  trovasse  a  bordo  di  esse,  riconoscendo  le 
une  e  l'altra  inviolabili  e  protette  dal  Diritto  vigente  durante 
la  pace. 

1296.  —  Incombe  al  belligerante,  che  intende  di  esercitare  il 
diritto  dì  preda,  il  concedere  ognora  alle  navi  mercantili  di  parte 
nemica,  che  si  trovassero  già  ne'  suoi  porti  o  nelle  sue  acque  ter- 
ritoriali al  momento  della  dichiarazione  di  guerra,  di  potere  libe- 
ramente e  sicuramente  tornare  in  patria,  prescrivendo  un  limite 
per  la  loro  partenza  e  munendole  a  tal  fine  di  salvacondotto. 


Navi  e  oggetti  esenti  dalla  cattura» 

1297.  —  Indipendentemente  dall'obbligo  assunto  col  trattato  dì 
Parigi  del  1856,  o  dall'adesione  fatta  alle  regole  di  Diritto  marittimo 
mediante  esso  stipulate,  dovrà  ritenersi  contro  ogni  diritto  l'esten- 
dere la  cattura  e  la  preda  alla  proprietà  privata  neutrale  che  si 
trovasse  a  bordo  di  nave  nemica,  e  alla  proprietà  nemica  cari- 
cata a  bordo  di  nave  neutrale,  ma  si  dovrà  bensì  ritenere  l'una 
e  l'altra  inviolabili. 

1298.  —  Dovrà  ritenersi  altresì  contro  ogni  diritto: 

a)  il  dichiarare  buona  preda  quella  fatta  durante  l'armistizio 
o  dopo  i  preliminari  della  pace; 

b)  la  preda  della  nave  nemica  e  della  proprietà  privata  nemica 
qualora  la  nave  si  fosse  trovata  in  viaggio  mentre  non  conosceva 
l'esistenza  della  guerra  e  dia  prova  piena  di  ciò  ; 

e)  la  cattura  dei  battelli  destinati  alla  pesca  e  degli  strumenti 
e  del  carico  di  pesce  da  essi  trasportato,  salvo  solo  il  caso  che 
fossero  adoperati  a  scopo  militare,  o  che  si  trattasse  di  navi  destinate 


500 


Libro  IV.  •  Dèlia  tutela  giuridica  dd  Diritto  iiUemwtiatiaU 


alla  grande  pesca  nell'Oceano,  come  sono  quelle  addette  alla  pesca 
della  balena  o  della  foca; 

d)  la  preda  delle  navi  salvate  da  naufragio  o  approdate  alle 
coste  nemiche  per  rilascio  forzato. 

Deve  ritenersi  ognora  contro  i  principi i  di  umanità  e  di  ginstizia  naturala 
il  profittare  degli  accidenti  di  mare  per  assoggettare  alle  leggi  della  guenm 
coloro  che  a  stento  siano  arrivati  a  scampare  dal  rigore  dei  flutti.  H  predare 
una  nave  nemica  ed  il  suo  carico,  dato  ch'essa  domandi  rifugio,  deve  riguar- 
darsi assolutamente  come  Tiolazione  dei  principii  deirequità  e  della  umanità. 

1290.  —  Incombe  ai  belligeranti  il  dichiarare  immuni  le  navi 
mercantili  di  parte  nemica  impiegate  a  viaggi  di  esplorazione  o 
per  compiere  una  missione  scientifica  qualunque  si  sia. 

1300.  —  Saranno  coperte  dall'  immunità  ed  equiparate  alle  navi 
neutrali,  le  navi  addette  ad  uso  di  spedali  e  che  si  trovassero  nelle 
stesse  condizioni  delle  ambulanze  e  delle  località  addette  a  spe- 
dali militari  nella  guerra  continentale. 

1301.  —  Alle  navi  destinate  a  portare  al  nemico  una  comu- 
nicazione, o  un  cartello  e  che  siano  coperte  con  la  bandiera  par- 
lamentare, dovranno  essere  applicate  le  stesse  norme  che  ai  par- 
lamentari nella  guerra  continentale  e  sotto  le  stesse  condizioni  e 
restrizioni  a  riguardo  di  essi  fissate  (Conf.  reg.  1268  e  seg.). 

1302.  —  In  nessun  caso  le  navi  mercantili  di  parte  nemica, 
dato  che  dovessero  essere  sottratte  alle  leggi  della  guerra  e  dichia- 
rate immuni  a  norma  delle  regole  precedenti,  potranno  godere 
tale  beneficio  se  fossero  adoperate  ai  fini  della  guerra  e  non  si 
astenessero  rigorosamente  dal  fare  qualunque  atto  di  ostilità. 


Piroscafi  postali. 

1303.  —  Dovrà  reputarsi  come  richiesto  dalla  tutela  degrinte« 
ressi  generali  il  sottrarre  alle  leggi  della  guerra  le  navi  postali 
destinate  a  mantenere  il  servizio  della  corrispondenza  tra  lo  Stato 
belligerante  e  gli  Stati  neutrali  ogni  qualvolta  ch'esse  non  siano 
di  proprietà  dello  Stato,  ma  appartengano  bensì  a  privati,  tutto 
che  sovvenzionate  dallo  Stato.  Qualora  però  il  belligerante  pei 


Titólù  VII.  -  Diruti  del  beUigeranU  sui  beni  del  nemico  501 

fini  stessi  della  guerra  avesse  interesse  d'interrompere  la  corri- 
spondenza con  certi  determinati  paesi  e  Io  avesse  precedentemente 
dichiarato,  potrà  assoggettare  alle  leggi  della  guerra  anche  le  navi 
destinate  al  servizio  ordinario  della  corrispondenza  con  quei  deter- 
minati paesi,  le  quali  avessero  violato  il  divieto. 

Questa  regola  potrà  essere  applicata  altresì  alle  navi  che,  oltre 
a  fare  il  servizio  regolare  della  posta,  servissero  contemporanea* 
mente  agli  usi  del  commercio  e  che  fossero  caricate  di  mercanzia 
di  parte  nemica. 


Chi  può  esercitare  il  dritto  di  preda  e  dove. 

1304.  —  II  diritto  di  preda  durante  la  guerra  marittima  dovrà 
ritenersi  attribuito  soltanto  alle  navi  da  guerra  delle  parti  belli- 
geranti e  alle  navi  che  devono  reputarsi  aggregate  all'armata  ed 
autorizzate  ad  esercitare  i  diritti  di  guerra. 

1305.  —  Quando  fosse  il  caso  di  ritenere  autorizzato  l'arma- 
mento dei  corsari,  non  potranno  essere  riconosciuti  tali  che  coloro 
soltanto,  ai  quali  sia  stata  fatta  la  legale  concessione  delle  lettere 
di  marca  per  l'esercizio  della  corsa  sotto  le  condizioni  stabilite  dal 
sovrano  belligerante,  cui  spetta  concedere  le  lettere,  e,  salvo  il 
diritto  di  ogni  nave  mercantile  aggredita  da  nave  nemica,  da  guerra, 
0  corsara,  di  difendersi  contro  di  essa  e  al  caso  predarla  {Confr. 
reg.  1179),  l'esercizio  regolare  del  diritto  di  preda  non  potrà  essere 
attribuito  che  alle  navi  corsare  debitamente  autorizzate. 

1306.  —  li  diritto  di  preda  non  potrà  essere  esercitato  che 
nelle  acque  territoriali  dei  belligeranti  ed  in  alto  mare,  esso  non 
lo  potrà  nelle  acque  territoriali  degli  Stati  neutrali,  né  nelle  acque 
che  in  virtù  di  trattati  siano  state  dichiarate  esenti  dai  fatti  di 
guerra. 

Il  belligerante  non  potrà  in  tali  acque  compiere  l'attacco  inco- 
minciato in  alto  mare  contro  una  nave  mercantile  nemica  per 
predarla. 


502  Libro  IV,  •  Della  tutela  giuridica  del  DiriUo  intemazionale 


Equipaggi  delle  navi  nemiche  predate. 

1307.  **  Gli  equipaggi  delle  navi  mercantili  nemiche  seqne* 
strale  dovranno  essere  in  ogni  caso  lasciati  in  libertà  e  non  potrà 
essere  lecito  neanche  in  Tia  di  rappresaglia  il  dichiarare  prigio- 
nieri i  marinai  delle  navi  sequestrate  e  tutte  le  persone  che  for- 
mino l'equipaggio  delle  medesime,  salvo  il  caso  ch'esse  siano  col- 
pevoli di  veri  atti  di  ostilità,  o  di  assistenza  al  nemico,  o  siano 
presunte  tali. 

Potrà  però  il  belligerante  trattenere  provvisoriamente  il  capi- 
tano, il  padrone,  il  pilota  e  qualche  altra  persona  quando  occor- 
resse sottometterli  ad  interrogatorio  per  constatare  i  fatti  e  le 
circostanze,  e  fino  a  tanto  che  la  presenza  di  essi  non  fosse  repu- 
tata necessaria  per  l'istruzione  del  processo. 

1308.  —  Incombe  al  belligerante  lo  sbarcare  in  luogo  sicuro 
ed  ospitale  tutte  le  persone  dell'equipaggio  della  nave  mercan- 
tile nemica  da  esso  sequestrata  e  che  non  occorre  trattenere  come 
alla  regola  precedente,  e  il  provvedere,  secondo  le  circostanze 
possono  permettere,  al  rimpatrio  di  esse.  Non  sarà  in  nessun  caso 
lecito  l'abbandonarle  in  regioni  incolte  ed  inabitate,  né  in  loca- 
lità ove  la  loro  vita  o  la  loro  libertà  potessero  correre  qualche 
pericolo. 

Sequestro  e  validità  della  cattura. 

1309.  —  li  sequestro  di  una  nave  mercantile  di  parte  nemica 
e  della  mercanzia  nemica  caricata  a  bordo  di  essa,  anche  quando 
possa  essere  riguardato  come  un  fatto  regolare  di  guerra,  dovrà 
essere  reputato  ognora  come  fatto  provvisorio  e  non  potrà  attri- 
buire al  belligerante  il  diritto  di  far  sua  la  preda  che  in  conse- 
guenza del  giudizio  sulla  validità  della  cattura  e  in  virtù  della 
sentenza  che  abbia  pronunziato  la  validità  della  preda  attenen- 
dosi alle  norme  che  concernono  la  legalità  della  preda  marittima 
e  che  trovansi  indicate  al  tìtolo  XIV« 


Titolo  ni,  '  DiriHi  éM  ÌMigerante  sui  leni  del  nemico^  503 

1310.  —  Per  le  formalità  che  dovranno  essere  osservate  in  caso 
di  sequestro  operato,  in  virtù  delle  regole  precedenti,  dovranno 
essere  applicate  le  stesse  regole  che  in  caso  di  sequestro  per  tras- 
porto di  contrabbando  di  guerra. 


Navi  mercantili  nazionali  riprese. 

1311.  —  Nessuno  Stato  potrai  senza  conculcare  il  principio 
che  dichiara  la  proprietà  privat^  inviolabile,  esercitare  il  diritto 
di  preda  a  riguardo  di  ma  nave  appartenente  alla  propria  madrina 
mercantile  che  sia  stata  predata  dal  nemico  e  ripresa  prima  che 
fosse  stata  pronunziata  la  smtenza  definitiva  circa  la  validità 
della  cattura. 

Ogni  nave  mercantile  predata  dal  nemico,  anche  che  sia  stata 
condotta  nd  porti  di  lui,  se  fosse  ripresa  da  una  nave  da  guerra, 
dovrà  essere  restituita  senz'altro  al  suo  proprietario.  Potrà  essere 
lecito  r  obbligare  soltanto  questi  a  pagare  una  retribuzione  nel 
caso  che  fosse  stata  ripresa  da  una  nave  corsara  autorizzata;  ma 
in  nessun  caso  potrà  essere  considerata  come  proprietà  del  nemico 
e  assoggettata  alle  stesse  leggi  di  guerra  che  concernono  la  preda 
fatta  al  nemico. 


504  Libro  1 V.  •  Ddla  tutela  giuridica  del  Diritto  inUmamonaU 


TITOLO  vni. 

Dell'oconpazlone  militare  e  delle  sue  oooseffaense  ginridiche. 

1312.  —  L'occupazione  militare  è  un'operazione  legittima  di 
guerra,  e  potrà  ritenersi  effettuata  allorquando  il  belligerante  si 
sia  messo  in  possesso  di  una  pjirte  più  o  meno  grande  del  ter-» 
ritorio  del  suo  nemico,  ponendosi  in  grado  di  esercitai*e  di  fatto 
8U  di  esso  la  sua  autorità  come  sovrano. 

L'occupazione  militare  propriamente  detta  non  è  né  rinyasione,  né  la  con- 
quista. La  prima  è  pare  iin*operazione  di  guerra  e  denota  il  fatto  del  belli- 
gerante che  abbia  preso  d'assalto  una  parte  del  territorio  del  suo  nemico  e  che 
profitti  delle  posizioni  occupate  pei  fini  della  guerra,  applicando  al  paese  nemico 
la  legge  marziale  durante  il  suo  soggiorno  e  facendo  requisizioni,  imponendo 
contribuzioni  di  guerra  e  via  dicendo.  L'invasione  attribuisce  pure  diritti  al 
belligerante  rispetto  al  territorio  occupato  in  conseguenza  dell'assalto.  Esso  può, 
senza  dubbio,  cavar  partito  dalla  posizione  conquistata  e  prendere  le  dispo- 
sizioni necessarie  per  mantenersi  nel  possesso  di  essa.  Finché  però  la  lotta 
duri  con  dubbio  successo  ed  il  belligerante  non  abbia  manifestato  la  sua  inten- 
zione di  stabilirsi  nel  territorio  acquistato,  impossessandosi  di  esso  ed  eser- 
citandovi regolarmente  il  potere  sovrano,  e  di  surrogarsi  nell'esercizio  di  questo 
al  suo  nemico,  l'occupazione  militare,  propriamente  ^detta,  non  potrà  ritenersi 
effettuata. 


Come  V occupazione  diventi  effettiva. 

1313.  —  L'occupazione  militare  non  potrà  ritenersi  effettiva, 
finché  duri  la  lotta  da  parte  degli  abitanti  del  paese  invaso,  cui 
spetta  il  diritto  di  difenderlo  {Canfr.  reg.  1163),  e  finché  non  siano 
di  fatto  cessati  gli  atti  di  ostilità  legittimi  in  guerra  da  parte  dei 
medesimi. 

1314.  —  L'occupazione  militare  dovrà  ritenersi  effettuata  con 
la  presa  di  possesso  del  paese  nemico  da  parte  di  un  corpo 
d'armata  che  l'abbia  occupato;  in  qualunque  maniera  avvenga 
la  sottomissione  completa  di  detto  paese,  o  di  qual  si  sia  parte  di 
territorio,  e  degli  abitanti:  sia  stata  essa  la  conseguenza  dell'essersi 


Titolo  VIIL  '  DéLV occupazione  militarB  505 

i  medesimi  arresi  mediante  capitolazione,  o  dell'  essere  essi  im- 
potenti a  continuare  nell'attualità  la  lotta  e  costretti  a  sottomettersi 
di  fatto  al  belligerante  e  a  riconoscerne  l'autorità. 


Conseguenze  immediate  deW occupazione  militare. 

1315.  —  L'occupazione  effettuata  importa  l'attuale  sottomis- 
sione degli  abitanti  del  paese  occupato  all'autorità  del  vincitore 
ed  il  conseguente  obbligo  da  parte  dei  medesimi  di  riconoscere 
cessato  l'esercizio'  pubblico  delle  funzioni  della  sovranità  per  parte 
dello  Stato,  al  quale  il  paese  o  il  territorio  apparteneva,  e  attri- 
buito di  fatto  al  belligerante  vincitore. 

1316.  —  L'obbligo  imposto  a  tutti  gli  abitanti  del  paese  occu- 
pato di  considerare  temporaneamente  sospesi  i  loro  rapporti  col 
sovrano  del  territorio  vìnto  e  di  riconoscere  la  suprema  autorità 
del  vincitore  di  fatto  stabilita  ed  estesa  a  tutti  ì  paesi  o  province 
militarmente  occupati  deve  reputarsi  effettivo,  indipendentemente 
dall'intenzione  del  vincitore  di  mantenere  più  o  meno  a  lungo 
il  possesso  del  territorio  occupato. 

1317.  —  Incombe  all'autorità  militare  occupante  il  prendere 
tutte  le  misure  che  potessero  occorrere  per  mantenere  l'ordine 
ed  esercitare  il  potere  sovrano  nel  territorio  occupato,  in  maniera 
da  assicurare  il  rispetto  delle  persone  e  dei  beni  e  l'ordinato  eser- 
cizio e  la  giuridica  tutela  di  ogni  loro  diritto. 

1318.  —  L'autorità  militare  potrà  profittare  deiroccupazione 
per  ricavarne  tutti  i  vantaggi,  ma  spetta  ad  essa  l'esercitare 
i  diritti  e  le  funzioni  di  sovranità  dentro  i  limiti  ragionevoli, 
tenuto  conto  delle  esigenze  della  guerra  e  della  natura  stessa  del- 
l'occupazione militare. 

Qnanttinque  in  principio  Tocctipazione  militare  privi  il  nemico  del  possesso 
del  territorio  occupato  e  sostituisca  ad  esso  il  vincitore  neiresercizio  dei  diritti 
di  sovranità,  pure,  siccome  tale  fatto  è  soggetto  alle  eventualità  della  guerra 
e  non  può  divenire  definitivo  che  col  trattato  di  pace  e  con  la  cessione  del 
territorio  occupato,  perciò  spetta  al  sovrano  occupante  il  diritto  d^dsercitare  i 
suoi  poteri;  ma  dentro  i  limiti  delle  necessità.  Conseguentemente  esso  potrà 
ikre  quanto  possa  essere  nell'attualità  richiesto  per  mantenere  e  difendere  il 


506 


Libro  IV.  •  DeUa  tutela  giuridica  del  Dh-itto  inUmazianàle 


possesso  del  ierrìtorìo  occupato  ;  per  prevenire  e  repriinere  qmalimqiie  teatatiro 
diretto  a  tnrbame  il  governo  ;  per  assoggettare  eil*obbedienxa  |^  abitanti  di 
esso  ;  per  tutelare  Tordine  pubblico  ;  ma  i  giusti  limiti  determinati  dalla  natura 
stessa  delle  cose  sarebbero  al  certo  oitrepassati,  se  egli  volesse  allaigare  II 
diritto  che  gli  spetta 'di  esercitare  i  sooi  poteri  sovrani  in  guisa  da  agire  come 
se  avesse  sul  territorio  occupato  la  sovranità  piena  e  completa,  trattando  gli 
abitanti  di  esso  come  suoi  sudditi  e  considerando  T occupazione,  durante  la 
guerra,  alla  pari  di  una  conquista  definiliva. 


Diritti  delV occupante  rispetto  alle  persone. 

1319.  —  L'occupante  potrà  assoggettare  tutti  gli  abitanti  alla 
obbedienza  e  costringerli  a  riconoscere  lo  etatu  quo^  e  a  ritenere 
sospesi  temporaneamente  i  loro  rapporti  di  fedeltà  e  soggezione 
al  sovrano  vinto,  ma  non  potrà  costringerli  a  prendere,  rispetto 
a  quest'ultimo,  la  posizione  di  nemici  e  qualificare  delittuoso  ogni 
sentimento  di  patriotismo  da  parte  di  essi. 

1320.  —  Dovrà  reputarsi  contro  le- leggi  della  guerra  qualunque 
attentato  alla  libertà  individuale,  qualunque  atto  di  servilismo 
imposto  con  la  forza  agli  abitanti  del  paese  occupato,  qualunque 
punizione  di  sentimento  di  patriotismo  che  non  trascendesse  ad 
atti,  i  quali  potessero  essere  di  per  sé  stessi  qualificati  vere  e 
proprie  ostilità. 

1321.  —  Sarà  reputato  sleale  ed  arbitrario  V  imporre  il  giura- 
melato  di  fedeltà  ai  magistrati  ed  agl'impiegati  civili  del  paese 
occupato.  L'autorità  occupante  potrà  rimuovere  i  pubblici  fun- 
zionari e  richiedere  da  quelli,  che  per  la  necessità  delle  cose  doves- 
sero essere  conservati  nell'esercizio  dei  loro  impieghi,  che  essi  diano 
la  parola  d'onore  di  obbedire  al  Governo  di  occupazione,  finché 
il  vincitore  resti  padrone  del  territorio  e  del  paese  occupato. 

L*imporre  il  giuramento  di  fedeltà,  propriamente  detto,  a  coloro  che  forza- 
tamente devono  assoggettarsi  alle  necessità  di  guerra,  ma  che  considerano  natu- 
ralmente tuttora  sussistenti  ed  inalteraU  i  legami  con  la  loro  patria,  oltre 
all'essere  una  garanzia  faUace,  sarebbe  un  atto  veramente  arbitrario  e  aleale 
da  parte  del  vincitore,  che  verrebbe  così  ad  imporre  ai  funzionari  la  violazione 
della  loro  fede  politica. 

1322.  —  Si  dovrà  ritenere  come  assolutamente  contrario  alle 
leggi  della  guerra  e  come  una  vera  fellonia  il  costringere  gli  abi- 


Titolo  Vili.  -  DelVoceupazione  militare  BOT 

tanti  del  paese  occupato  a  prestare  il  servìzio  militare,  o  a  fare 
atli  di  ostilità  contro  la  patria. 

1323.  —  Non  potrà  l'occupante  inibire  agli  abitanti  del  paese 
occupato  di  allontanarsi  liberamente  da  esso,  né  potrà  conside» 
rare  tutti  gli  abitanti  in  massa  come  prigionieri  di  guerra. 


Provvedimenti  di  sicurezza. 

1324.  —  Spettano  al  belligerante  occupante  non  solo  il  diritto 
di  esigere  da  parte  di  tutti  gli  abitanti  la  completa  sottomissione 
alla  sua  autorità  e  quello  di  reprimere  ogni  violazione  di  tale 
dovere,  ma  quello  altresì  di  prevenire  ogni  tentativo  di  violazione^ 
promulgando  leggi  e  pene  severissime  contro  chiunque  attentasse 
o  tentasse  di  attentare  airautorità  del  Governo  stabilito  e  alla  sicu-* 
rezza  del  corpo  di  occupazione. 

Dovrà  nonpertanto  ritenersi  contro  i  principii  della  giustizia 
intemazionale  il  decretare  le  esecuzioni  sommarie  e  la  condanna 
alla  pena  di  morte  senza  regolare  procedura  giudiziaria  e  col  solo 
scopo  di  atterrire  le  popolazioni. 

1325.  —  Incombe  agli  abitanti  del  paese  militarmente  occu- 
pato il  riconoscere  l'autorità  del  Governo  occupante  e  l'aste- 
nersi dal  fare  qualunque  atto  che  potesse  direttamente  o  indiret- 
tamente compromettere  la  sicurezza  dell'occupante  ed  attentare 
ai  suoi  attuali  interessi. 


Leggi  e  condanne  penali. 

1326.  —  n  Governo  militare  potrà  applicare  nel  paese  occu- 
pato la  legge  marziale  e  decretare  inoltre  quelle  misure  di  rigore 
che,  secondo  ì  casi,  divenissero  necessarie.  Potrà  proclamare  Io 
stato  d'assedio  ed  attuare  ogni  provvedimento  che  potesse  occor^ 
rere  per  mantenere  la  sua  autorità  nel  paese  occupato  e  per  impe- 
dire l'insurrezione,  ma  dovrà  esercitare  nonpertanto  il  sommo 
suo  potere  senza  violare  sostanzialmente  i  supremi  principii  del 


^^  Libro  IV.  '  Della  tuUla  giuridica  del  Diritto  inUrnazionaU 

Diritto  penale  della  guerra,  in  quello  che  si  riferisce  alla  respon* 
sabilità,  alla  procedura  ed  al  giudizio. 

Il  Dirilto  penale  della  guerra  ha  pure  i  suoi  principìi.  Il  comminare  la  pena 
di  morte  per  qualunque  reato  commesso  durante  Toccupazione  militare  si  doTrà 
considerare  contro  giustizia,  e  così  pure  il  sostituire  alla  responsabilità  indivi- 
duale la  responsabilità  collettiya,  come  accadrebbe  se  si  volesse,  ad  esempio, 
dichiarare  responsabili  degli  atti  delittuosi  il  Comune,  nel  territorio  del  quale 
fossero  stati  commessi,  o  il  decretare  Tesecuzione  della  pena  contro  chiunque 
fosse  sospettato  colpevole  e  senza  qual  si  sia  forma  di  giudizio. 

1327.  —  La  maggiore  o  minore  severità  delle  pene  potrà  essere 
giustificata,  avuto  riguardo  alle  maggiori  difficoltà  attuali  di  assi- 
curare e  mantenere  il  possesso  del  territorio. 

In  nessun  caso  però  potranno  essere  giustificate  le  pene  arbi- 
trarie inflitte  dairautorità  militare  per  colpire  un  atto,  senza  che 
previamente  fosse  stata  promulgata  in  qual  si  sia  maniera,  mediante 
bando,  ordinanza,  o  altrimenti,  la  pena  comminata  contro  Tatto 
inibito. 


Diritti  deJ.V occupante  nelV esercizio  del  potere  legislativo. 

1328.  —  Non  lice  all'occupante  sconvolgere  senza  ragione 
la  legislazione  civile  del  paese  occupato  e  mutare  il  Diritto  pub- 
blico in  esso  in  vigore.  L'esercìzio  della  facoltà  ad  esso  spettante 
di  fare  leggi  dovrà  essere  reputato  un  eccessivo  abuso  ogniqual- 
volta che  non  possa  in  nessuna  guisa  essere  giustificato  con  le 
attuali  esigenze  della  guerra. 

1329.  —  Incombe  al  medesimo  il  non  mutare,  durante  l'occu- 
pazione  militare,  le  leggi  relative  all'ordinamento  giudiziario,  alle 
giurisdizioni  ed  alle  competenze,  e,  salvo  quelle  materie  per  le 
quali  debbono  essere  istituite  le  giurisdizioni  eccezionali  in  vista 
delle  necessità  militari  e  quelle  che  sono  di  competenza  dei  Con- 
sigli di  guerra,  conservare  per  tutto  il  resto  lo  statu  quo^  lasciando 
ai  tribunali  ordinari  di  continuare  a  funzionare  regolarmente  e 
di  proseguire  nell'amministrazione  della  giustizia* 

1330.  —  Incombe  all'occupante  il  provvedere  alla  regolare 
amministrazione  della  giustizia  civile  e  il  tutelare  e  non  modificare 


Titolo  Vili.  '  DelV occupazione  militare  ^^ 

nel  paese  occupato  con  leggi  generali  lo  stato  delle  persone  ed  i 
rapporti  di  famìglia. 


Pubblica  amministrazione. 

1331.  —  Spetta  al  Governo  di  occupazione  l'obbligo  di  prov- 
vedere ai  servizi  pubblici  ed  alla  pubblica  amministrazione,  e  potrà 
a  tal  fine  richiedere  che  tutti  gl'impiegati,  l'ufficio  dei  quali  non 
abbia  un  carattere  politico,  continuino  nel  loro  ufficio.  Esso 
non  sarà  autorizzato  a  costringere  ciascuno  di  essi,  ma  potrà  non- 
dimeno ritenere  come  atto  di  ostilità  il  rifiuto  collettivo  da  parte 
di  tutti  gl'impiegati  della  pubblica  amministrazione,  o  di  un  ramo 
di  essa. 

1332.  —  L'esercizio  di  ogni  funzione  della  Sovranità  durante 
l'occupazione  dovrà  essere  reputato  regolare  e  legale  anche  per 
le  conseguenze  che  ne  potessero  derivare  nel  campo  dei  rapporti 
privati.  Saranno  validi  ed  efficaci  i  contratti  fatti  dal  Governo  costi- 
tuito dell'esercito  occupante,  le  traslazioni  di  proprietà  validamente 
effettuate  secondo  le  leggi  in  vigore,  e  i  privati  potranno  altresì 
far  valere  tutti  i  diritti  acquisiti  mediante  le  sentenze  pronunziate 
durante  l'occupazione,  dato  ch'esse  debbano  reputarsi  definitive 
ed  idonee  a  costituire  la  cosa  giudicata;  e  così  di  ogni  altro  diritto 
acquisito  e  perfetto  sotto  l'impero  delle  leggi  promulgate  ed  in 
vigore  durante  l'occupazione  e  via  dicendo. 


Diritti  delV occupante  rispetto  ai  beni. 

1333.  —  Il  belligerante  potrà  impadronirsi  ed  appropriarsi 
senz'altro  di  tutto  quello  che  si  trovi  nel  territorio  del  nemico  da 
esso  occupato  e  che  appartenga  allo  Stato.  Oltre  che  delle  armi, 
dei  depositi  per  le  truppe  e  di  quanto  possa  servire  agli  usi  della 
guerra,  potrà  impadronirsi  inoltre  dei  materiali  di  trasporto  appar- 
tenenti allo  Stato  nemico  {locomotive^  attrezzi  di  strade  ferrate, 
battelli^  ecc.\  dei  telegrafi,  dei  materiali  di  costruzione  e  via  dicendo» 


&H)  Libro  ir.  •  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intérnazi&nàk 

Potrà  inoltre  sequestrare  il  numerario,  i  fondi  esigibili  o  nego- 
ziabili appartenenti  in  proprio  allo  Stato,  sia  che  tale  numerario 
esista  nelle  casse,  sia  che  possa  pervenire  da  crediti  dello  Stato 
contro  privati,  sempre  che  si  tratti  di  crediti  scaduti,  o  che  ven- 
gano a  scadere  durante  l'occupazione. 

1334.  —  Il  belligerante  non  potrà  impadronirsi  della  pro- 
prietà pubblica  destinata  a  scopi  pacifici»  di  culto,  beneficenza  o 
istruzione. 

Saranno  reputati  tali  gli  stabilimenti  e  i  beni  che  appartengano 
alle  chiese,  agli  ospedali,  agfistituti  di  carità,  quelli  destinati  alla 
educazione,  le  università,  le  accademie,  gli  osservatori!,  i  musei 
di  belle  arti  e  ogni  altra  fondazione  che  abbia  carattere  scienti- 
fico 0  di  beneficenza. 

1336.  —  Il  belligerante  potrà  ricavare  ogni  vantaggio  dalla  presa 

di  possesso  temporanea  di  tutte  le  cose  appartenenti  al  Demanio 

pubblico,  ma  non  potrà  alienare  le  cose  stesse,  salvo  solo  il  caso 

.   che  l'alienazione  di  una  data  parte  dei  beni  demaniali  non  fosse 

resa  necessaria  per  le  urgenti,  attuali  esigenze  della  guerra. 

1336.  —  Incombe  all'occupante  il  riguardare  ognora  come 
inviolabile  la  proprietà  privata  e  il  non  confiscarla  sotto  alcun 
pretesto,  e  il  ritenere  inviolabile  altresì  la  proprietà  comunale. 
Esso  potrà  soltanto  assoggettare  all'espropriazione  forzata  le  cose 
appartenenti  ai  privati  e  che  gli  potessero  occorrere  pei  fini  della 
guerra,  ma  con  l'obbligo  di  pagare  esso  stesso  la  dovuta  inden- 
nità, 0  di  riservare  l'obbligo  di  tale  pagamento  come  potrà  essere 
stabilito  nel  trattato  di  pace. 

Ài  Comuni  potrà  imporre  contribuzioni  di  guerra  a  norma  delle 
regole  1287  e  seguenti. 


Ferrovie  e  Telegrafi  appartenenti  a  privati. 

1337.  —  II  belligerante  potrà  durante  l'occupazione  militare 
non  solo  disporre  del  materiale  ferroviario  e  telegrafico  apparte- 
nente a  società  o  a  privati  e  di  cui  possa  avere  bisogno  pei  fini 


Titolo  riU.  -  Dell'occupazione  milUaré  ^^^ 

della  guerra,  ma  potrà  regolare  altresì  con  pieno  arbìtrio  l'ammi- 
nistrazione di  coteste  ferrovie  e  telegrafi  in  esercizio,  facendo  salvo 
soltanto  ogni  diritto  della  società  o  dei  privati  cui  appartengano, 
onde  possa  essere  regolato  alla  conclusione  della  pace.  Esso  non 
potrà  però  appropriarsi  il  numerario  esistente  nelle  casse  della 
società,  e  sarà  tenuto  a  regolare  Tamministrazione  ed  il  servizio 
in  maniera  da  non  pregiudicare  per  quanto  sìa  possibile  i  diritti 
della  società  e  quelli  degl'impiegati,  e  a  tutelare  efficacemente 
gl'interessi  del  commercio  pacifico. 


Diritti  delV occupante  a  riguardo  delle  imposte. 

1338.  —  Il  Governo  del  belligerante  durante  l'occupazione  avrà 
il  diritto  di  riscuotere  tutte  le  imposte  già  esistenti  secondo  le 
leggi  nelle  forme  e  gli  usi  vigenti  nel  paese  occupato.  La  facoltà 
di  modificare  la  legislazione  finanziaria  o  il  sistema  di  percezione, 
e  d'introdurre  nuove  imposte  non  può  essere  negata  assoluta- 
mente all'occupante,  ma  conviene  però  che  esso,  senza  necessità, 
non  faccia  mutamenti  legislativi,  e  che  in  ogni  caso  eserciti  i  suoi 
poteri  sovrani  con  grande  moderazione. 

Una  delle  modificazioni  nel  sistema  di  riscossione  deUe  imposte  durante 
Toecupazione  potrebbe  essere  quella  dì  assoggettare  i  Comuni  a  pagare  una 
tassa  unica,  lasciando  a  cura  dei  medesimi  la  ripartizione  di  essa  tra  i  con* 
tribuenti.  Il  migliore  partito  è  però  sempre  quello  di  non  modificare  per  quanto 
è  possibile  nò  nella  sostanza,  né  nella  forma  il  sistema  delle  imposte. 


Servizi  pubblici. 

1339.  —  Incombe  all'occupante  lo  spendere  il  danaro  pub- 
blico riscosso  mediante  le  imposte  secondo  la  naturale  destinazione 
di  esso,  cioè  per  provvedere  ai  bisogni  del  paese  occupato  e  sopra- 
tutto ai  servizi  pubblici,  all'istruzione  ed  ai  lavori  pubblici» 


01  -^  Libro  IV.-  Della  tutela  giuridica  del  JJiritto  itUernaxionaU 


TITOLO   IX. 
Delle  Convenzioid  di  guerra. 

1340.  —  Sono  denominate  convenzioni  di  guerra  quelle  con* 
eluse  tra  le  parti  belligeranti  per  regolare  qual  si  sia  fatto,  o  qual 
si  sia  rapporto  fra  di  loro  durante  lo  stato  di  guerra. 

1341.  —  Le  convenzioni  per  provvedere  agi'  interessi  generali 
delle  armate,  e  per  regolare  l'esercizio  dei  diritti  reciproci  delle 
parti  belligeranti,  durante  la  guerra,  non  potranno  essere  valida- 
mente concluse  che  dalla  suprema  autorità  dello  Stato. 

1342.  —  I  comandi  militari  dell'una  parte  e  dell'altra  possono, 
durante  la  guerra,  concludere  validamente  nei  limiti  delle  proprie 
attribuzioni  le  convenzioni  per  provvedere  : 

a)  alle  necessità  dei  corpi  d'esercito  soggetti  alla  loro  autorità  ; 
6)  a  quanto  possa  concernere  gl'interessi  militari  eventuali  o 
temporanei  relativi  alle  operazioni  di  guerra. 

Alla  prima  categoria  appartengono  le  convenzioni  pel  ricevi- 
mento dei  parlamentari,  per  lo  scambio  dei  prigionieri,  per  dare 
sepoltura  ai  morti:  la  sospensione  d'armi,  le  capitolazioni  e  gif 
accordi  di  qualsiasi  natura  conclusi  con  lo  scopo  di  provvedere 
alle  necessità  eventuali  della  guerra  e  che  abbiano  per  oggetto 
certi  determinati  interessi  militari. 

Alla  seconda  categoria  appartengono  tutte  le  convenzioni  di 
ordine  generale  che  si  possono  stipulare  per  tutta  la  durata  della 
guerra  {trattamento  della  proprietà  privata  o  dei  paesi  occupati;  dei 
prigionieri;  comunicazioni  postali  e  telegrafiche  sui  territori  rispeUivi; 
convenzioni  relative  agV interessi  commerciali^  ecc.)  e  le  convenzioni 
stipulate  nell'interesse  generale  delle  operazioni  militari,  o  che  si 
riferiscono  alla  totalità  degli  eserciti  belligeranti  {V  armistizio ^  i 
protocolli  per  stabilire  le  condizioni  preliminari  della  pace^  ecc.). 


Titolo  IX.  -  Delle  Convenzioni  di  guerra  ^13 

1343.  —  Ogni  convenzione  di  guerra  dovrà  essere  scrupolo- 
samente rispettata  dai  belligeranti  ed  eseguita  lealmente  e  in 
buona  fede. 

Sarà  reputato  contro  Tonore  militare  il  violare  le  promesse  fatte 
al  nemico  e  gli  accordi  conclusi  anche  verbalmente. 


Sospensione  d^armi. 

1344.  —  La  sospensione  d'armi  consiste  nel  sospendere  le 
operazioni  di  guerra  per  un  tempo  determinato  e  assai  limitato 
{di  alcune  ore  cioè  o  tutto  al  più  di  qualche  giorno)  in  una  determi- 
nata località  per  un  interesse  d'ordine  generale. 

Tale  può  essere  la  cessazione  temporanea  delle  ostilità  per  dare 
sepoltura  ai  morti  nel  campo  di  battaglia;  per  fare  il  cambio  di 
prigionieri  o  d'infermi  ;  per  negoziare  un  armistizio  ;  per  lasciare 
il  tempo,  in  caso  di  bombardamento  di  una  città  fortificata,  agli 
abitanti  della  medesima,  che  volessero  uscire,  di  poterlo  fare  senza 
pericolo,  e  via  dicendo. 

1345.  —  I  Comandanti  degli  eserciti  nemici  e  qualunque  Co- 
mandante di  truppa  che  agisca  isolatamente  ed  indipendentemente 
dal  resto  dell'esercito  potrà  richiedere  o  accordare  la  sospensione 
delle  ostilità. 

Questa  può  avvenire  altresì  per  tacito  accordo  ;  ma  in  tal  caso 
essa  non  produce  le  medesime  conseguenze  giuridiche  e  le  obbli- 
gazioni reciproche  come  nel  caso  di  sospensione  d'armi  concordata. 

1346.  —  Il  Comandante  che  vorrà  fare  la  richiesta  di  sospen- 
sione d'armi  potrà  Inviare  un  parlamentario  munito  di  dichiara- 
zione che  lo  autorizzi  a  trattare  in  nome  di  lui  col  Comandante 
nemico;  questi  non  sarà  tenuto  ad  interrompere  il  combattimento, 
o  l'attacco,  o  le  altre  operazioni  in  corso  pel  semplice  apparire 
del  parlamentario  autorizzato  a  trattare  la  sospensione,  ma  sarà 
obbligato  soltanto  ad  osservare  le  regole  stabilite  per  l'invio  ed 
il  ricevimento  dei  parlamentari. 

1347.  —  Il  Comandante  che  abbia  ricevuto  il  parlamentario  potrà 
accogliere  o  respingere  liberamente  la  proposta  di  sospensione 

33  __  Fiore,  Dir.  tntern.  codif. 


51»  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

d'armi.  Dovrà  peraltro  reputarsi  contro  I-onore  militare  il  rifiuto 
di  sospensione  d'armi  richiesta  per  scopo  umanitario,  sopra- 
tutto ogniqualvolta  il  Comandante  non  abbia  motivo  di  dubitare 
della  buona  fede  del  nemico  e  che  non  possano  derivare  incon- 
venienti o  svantaggi  alle  ulteriori  operazioni  militari  dall'accetta- 
zione della  proposta  {Confr.  reg.  1258). 


Cotiseguenze  delle  sospensioni  d\trm%. 

1348.  -—  Qualora  la  sospensione  d'armi  fosse  concordata,  !  patti 
relativi  alla  durata  ed  alla  esecuzione  di  essa  dovranno  essere  esat- 
tamente stabiliti  o  in  iscritto  o  verbalmente,  e  sarà  a  cura  delle 
autorità  militari  il  fissare  nettamente  gli  obblighi  rispettivi  e  le 
reciproche  garanzie,  e  determinare  i  movimenti  delle  truppe,  e 
precisare  sopratutto  le  posizioni  rispettive  in  maniera  da  togliere 
ogni  equivoco  e  prevenire  ogni  dubbio. 

1349.  —  Stipulata  la  sospensione  d'armi,  incombe  ai  Coman- 
danti farne  sollecitamente  la  comunicazione  alle  proprie  truppe, 
ed  il  ritardo  irragionevole  sarà  considerato  come  una  sleale  vio- 
lazione della  sospensione  pattuita. 

1350.  —  La  cessazione  delle  ostilità  da  parte  delle  milizie  nemi- 
che non  sarà  obbligatoria  che  a  cominciare  dal  momento  in  cui 
la  sospensione  pattuita  sia  stata  comunicata  ad  esse  direttamente 
dai  loro  capi  rispettivi. 

Potrà  peraltro  il  Comandante  delle  truppe,  che  abbia  ricevuto 
la  comunicazione,  parteciparla  al  Comandante  delle  truppe  nemiche 
che  avesse  a  fronte,  e  questi,  senza  essere  tenuto  ad  aderirvi  imme- 
diatamente, dovrà  tenerne  conto  e  condurre  le  operazioni  in  eorso 
di  eseguimento  in  maniera  da  non  pregiudicare  Io  scopo  della 
sospensione,  cercando  in  pari  tempo  di  sollecitare  la  comunica* 
rione  per  parte  del  proprio  superiore  diretto. 

1351.  —  Spirato  il  termine  fissato  nella  convenzione,  le  ostilità 
peti  anno  essere  senz'altro  riprese,  salvo  solo  il  caso  di  proroga 
pattuita  con  patto  espresso. 


Tìtolo  IX,  -  Delle  Convenzioni  di  guerra  ^*^ 

1352.  —  In  caso  di  constatata  violazione  delle  pattuite  condi- 
zioni per  parte  del  nemico  le  ostilità  potranno  essere  riprese  imme* 
diatamenle  e  la  sospensione  d'armi  concordata  sarà  considerata 
senz'altro  come  non  avvenuta. 


Capitolazioue. 

1353.  —  La  capitolazione  di  guerra  consiste  in  una  conven- 
zione, con  la  quale  siano  state  stipulate  le  condizioni  della  resa 
di  una  fortezza,  o  di  una  posizione  fortificata,  o  di  un  corpo  di 
truppa  o  di  armata  che  abbia  cessato  di  fare  resistenza.  Essa  può 
essere  conclusa  tra  il  Comandante  della  fortezza,  della  posizione 
fortificata  o  delle  truppe  costrette  ad  arrendersi  col  Comandante 
di  parte  nemica  che  dia  l'assalto  o  il  combattimento. 

1354.  —  La  capitolazione  non  sarà  valida  ed  efficace  se  non 
quando  sia  stipulata  in  iscrìtto  dai  Comandanti  e  sottoscritta  dai 
medesimi.  I  patti  e  le  condizioni  concordate  tra  le  rispettive  auto- 
rità militari  delegate  per  fissare  le  basi  della  capitolazione  non 
potrailno  essere  reputati  efficaci,  se  non  quando  siano  stati  appro- 
vati e  ratificati  dai  Comandanti. 

1355.  —  Sarà  reputato  contro  gli  usi  della  guerra  tra  popoli 
civili  il  rifiutare  la  domanda  di  sospensione  d'armi  fatta  dal  Coman- 
dante della  fortezza  o  del  corpo  d'armata  con  la  dichiarazione  di 
volere  capitolare,  ogniqualvolta  non  vi  sia  alcun  pericolo  nel- 
l'accettarla,  né  si  abbia  alcun  motivo  per  dubitare  della  buona 
fede  del  nemico. 

Quello  che  ptiò  formare  oggetto  della  capitolazione. 

1356.  —  Sarà  in  facoltà  dei  Comandanti  il  fissare  le  condi- 
zioni della  capitolazione.  Essi  potranno  però  solo  concordare  le 
condizioni  che  sieno  entro  ì  limiti  delle  loro  attribuzioni  e  dello 
scopo  della  capitolazione  stessa. 

Saranno  reputate  tali  le  condizioni  relative  al  trattamento  delle 


^1^  Libro  IV,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  iwtemazionaU 

truppe  capitolanti;  al  modo  ed  al  tempo  per  uscire  dalla  fortezza; 
al  modo  con  cui  sai'à  effettuata  la  consegna  delle  armi,  del  mate- 
riale di  guerra  e  di  quanto  dovesse  essere  ceduto;  al  modo  di 
occupazione  della  fortezza  e  sue  dipendenze,  o  delle  posizioni  delle 
truppe  vincitrici  ;  e  altresì  quanto  possa  concernere  le  operazioni 
militari,  la  condizione  delle  milizie  e  dei  beni  appartenenti  ai 
soldati  o  agli  abitanti  del  paese  costretto  a  capitolare. 

Non  sarà  in  potere  dei  Comandanti  lo  stipulare  circa  la  situa- 
zione politica  o  amministrativa  del  paese  che  capitolasse,  o  di 
altro  territorio  appartenente  allo  Stato  vinto,  e  saranno  reputate 
di  ninno  effetto  le  clausole  concordate  che  abbiano  relazione  a 
tali  materie. 


Conseguenze  della  capitolazione. 

1367.  -—  Tutte  le  condizioni  stipulate  con  la  capitolazione  e 
che  non  eccedono  i  poteri  dei  Comandanti  saranno  esattamente 
adempiute  e  reputate  obbligatorie  per  lo  Stato,  alla  pari  di  qual- 
siasi  obbligazione  assunta  da  un  pubblico  funzionario  nell'esercizio 
del  suo  potere  pubblico. 

Dovrà  però  ritenersi  contro  Tonore  militare  e  come  \m  arbi- 
trario ed  eccessivo  abuso  di  forza  l'imporre  condizioni  non  ono- 
revoli ad  un  corpo  di  truppe  costretto  a  capitolare  o  ai  Coman- 
danti di  esso. 

1368.  —  Qualora  il  belligerante  avesse  imposto  ed  ottenuto 
la  capitolazione  senza  condizioni,  potrà  esercitare  i  propri  diritti 
rispetto  alle  persone,  alla  fortezza  o  posizione  fortificata  ed  ai 
beni,  dentro  i  limiti  consentiti  secondo  le  leggi  della  guerra. 

Non  sarà  mai  lecito  mettere  a  morte  i  soldati  o  il  Comandante, 
neanche  quando  abbiano  opposto  una  resistenza  ostinata,  ma  si 
avrà  soltanto  il  diritto  di  dichiararli  prigionieri  in  conformità  degli 
usi  di  guerra. 

A  riguardo  dei  beni  spetteranno  al  vincitore  gli  stessi  diritti 
che  in  caso  dell'occupazione  militare  del  paese  nemico. 


Titolo  IX.  -  Delie  Convenzioni  di  guerra  &17 

1369.  —  La  capitolazione  dovrà  essere  considerata  valida  ed 
efficace  con  tutti  gli  effetti  che  da  essa  derivano,  a  riguardo  dello 
Stato  contro  di  cui  fu  stipulata,  anche  quando  il  Comandante  della 
fortezza  o  del  corpo  di  truppe  si  sia  arreso  a  discrezione  senza 
esservi  costretto  da  necessità,  e,  salvo  il  diritto  spettante  al  so- 
vrano di  sottoporlo  al  giudizio  di  un  tribunale  militare  per  rendere 
conto  del  suo  operato,  il  Governo  non  potrà  disconoscere  l'efficacia 
della  capitolazione  da  lui  stipulata. 

1360.  —  Incombe  al  Comandante  della  fortezza  o  della  posi- 
zione fortificata,  che  ablùa  sottoscritto  la  capitolazione,  provve- 
dere a  che  le  proprie  truppe  non  distruggano  o  danneggino  in 
mala  fede  le  opere  di  difesa  e  non  esportino  le  armi,  le  muni- 
zioni che  siano  in  loro  possesso  dopo  conclusa  la  capitolazione 
e  che  devono  essere  consegnate  al  vincitore.  Ogni  distruzione  e 
danneggiamento  da  parte  delle  truppe  dopo  la  sottoscrizione  della 
capitolazione  saranno  reputati  fatti  in  mala  fede  e  contro  Tonore 
militare. 

Obbligazioni  assunte  con  atto  unilaterale. 

136L  —  L'onore  militare  esige  che  i  Comandanti  di  eserciti 
o  di  corpi  d'armata  adempiano  strettamente,  lealmente  ed  in  buona 
fede  gl'impegni  da  essi  formalmente  assunti  mediante  proclami, 
promesse  formali  ed  atti  unilaterali  in  qualunque  forma. 

Sarà  reputato  atto  di  vera  fellonia  quello  di  un  Comandante 
militare  che  violi  gl'impegni  assunti  e  che  non  osservi  lealmente 
quello  che  solennemente  abbia  promesso. 

Salvacondotto.  Liceìize. 

1362.  —  n  salvacondotto  consiste  nella  concessione  fatta  da 
un  Comandante  con  atto  scritto  ad  una  o  a  più  persone  di  attra^ 
versare  la  zona  di  territorio  occupata  dalle  truppe  senza  essere 
perquisite  o  in  alcun  modo  molestate. 

La  licenza  consiste  nel  permesso  di  fare  certi  determinati  atti 


^IS  Libro  IV,  •  Della  tutèla  giuridica  del  Diritto  intemazimaU 

che  devono  in  massima  essere  reputati  vietati  secondo  le  leggi 
generali  della  guerra,  o  secondo  quelle  promulgate  con  la  legge 
marziale  dal  Comandante  in  una  data  località. 

1363.  —  Il  salvacondotto  potrà  essere  temporaneo  e  perma- 
nente. Il  primo  non  ha  valore  che  pel  tempo  indicato  nella  con- 
cessione stessa;  il  secondo  deve  ritenersi  valevole  per  tutta  la 
durata  della  guerra  e  finché  non  sia  stato  annullato  o  rivocato. 

1364.  —  Il  salvacondotto  debitamente  rilasciato  dairautorità 
competente  dovrà  ritenersi  soggetto  alle  seguenti  norme: 

a)  concesso  per  recarsi  ad  un  dato  luogo,  esso  comprende 
altresì  il  permesso  di  poter  ritornare,  sempre  che  questo  risulti 
dallo  scopo  pel  quale  il  salvacondotto  fu  accordato; 

h)  la  licenza  accordata  di  lasciare  un  dato  luogo  implica  che 
alla  persona  debba  essere  altresì  accordata  protezione  durante  il 
viaggio,  finché  non  abbia  oltrepassato  i  confini  del  territorio  o  le 
linee  della  zona  occupata  dalle  truppe  ; 

e)  potrà  valersi  della  concessione  la  persona  soltanto  cui  il 
salvacondotto  fu  rilasciato,  e  non  s'intenderanno  comprese  neanche 
le  persone  di  famìglia,  quando  non  sia  stata  espressamente  estesa 
ad  esse  la  concessione; 

d)  la  persona  non  avrà  facoltà  di  trasportare  mercanzie  od 
altro  senza  essere  munita  di  permesso  speciale; 

e)  il  salvacondotto  accordato  ad  una  classe  di  persone  («or- 
rispondenti  di  ffiomali^  uffiziali  di  Potenze  neutre  deeHnati  a  stu^ 
diare  le  operazioni  militari^  ecc.)  s'intenderà  comprendere  tutte 
le  persone  che  siano  in  grado  di  stabilire  e  provare  di  apparte- 
nere alla  classe  cui  fu  concesso; 

f)  il  salvacondotto  accordato  ad  un  agente  diplomatico  di 
Stato  neutrale  dovrà  ritenersi  esteso  alle  persone  che  secondo  gli  usi 
internazionali  formano  parte  del  seguito  ufficiale  dell'agente  stesso. 

1366.  —  Ogni  persona  che  abbia  ottenuto  un  salvacondotto 
dovrà  osservare  gelosamente  e  lealmente  le  condizioni  sotto  le 
quali  le  fu  concesso,  e,  qualora  le  violasse  o  abusasse  della  con- 
cessione a  danno  del.)>elligerante,  potrà  essere  trattato  senz'altro 
come  nemico  ed  assoggettato  alle  leggi  della  guerra. 


Titolo  IX,  '  Delle  Convenzioni  di  guerra  ^^^ 

1366.  —  n  salvacondotto  potrà  essere  revocato  da  qualunque 
autorità  superiore  a  quella  che  Io  abbia  concesso.  Dovrà  però  in 
tal  caso  esseme  fatta  partecipazione  all'autorità  che  Io  avesse  rila- 
sciato e  alla  persona  che  ne  fosse  munita,  ponendola  in  grado 
dì  prendere  quei  provvedimenti  che  secondo  le  circostanze  potes- 
sero riuscire  opportuni  per  mettersi  al  sicuro. 

1367.  —  Il  salvacondotto  concesso  a  tempo  determinato  spira 
con  lo  spirare  del  tempo  indicato  in  esso.  Se  però  la  persona  cui 
fu  concesso  sia  stata  impedita  da  forza  maggiore  di  attraversare 
il  territorio  occupato  dalle  truppe,  le  autorità  militari,  dopo  avere 
preso  notizia  ed  accertate  le  circostanze  del  fatto,  dovranno  riguar- 
dare la  persona  protetta  tuttora  dal  salvacondotto,  tenuto  conto 
dello  spirito  della  concessione  e  delle  circostanze. 


Salva  (jiiar  dia. 

1368.  —  La  salvaguardia  consiste  nella  concessione  fatta  dal 
belligerante^  con  la  quale  certe  persone  o  determinate  località  sono 
dichiarate  fuori  delle  leggi  della  guerra  e  coperte  di  speciale  pro- 
tezione. 

1369.  —  U  belligerante  che  abbia  concesso  la  salvaguardia  a 
stabilimenti,  opifici  e  località  d'interesse  pubblico,  dovrà  ritenere 
immuni  anche  le  persone  addette  al  servizio  di  tali  luoghi  e  rispet- 
tare altresì  ^  soldati  di  parte  nemica,  che  si  trovassero  in  essi,  e 
non  dichiararli  prigionieri  di  guerra,  ma  munirli  di  salvacondotto 
concedendo  ad  essi  di  raggiungere  i  loro  corpi. 


Deir  Armistizio. 

1370.  —  L'armistizio  è  la  convenzione  stipulata  dai  Coman- 
danti in  capo  degli  eserciti  nemici,  o  dai  sovrani  degli  Stati  nemici, 
la  quale  ha  per  oggetto  la  cessazione  temporanea  delle  ostilità  su 
tutto  il  teatro  della  guerra. 


520  lAbro  IV,  -  DeUa  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale 

Qualora  tale  convenzione  fosse  limitata  ad  un  perìmetro  deter- 
minato, sarà  denominata  tregua. 

1371.  —  L'armistizio  deve  avere  tutti  i  requisiti  di  un  trattato, 
e  come  tale  non  potrà  ritenersi  valido,  se  non  quando  sia  stato 
concluso  dalle  persone  capaci  a  stipularlo  validamente. 

1372.  —  I  Comandanti  in  capo  degli  eserciti  belligeranti  devono 
ritenersi  investiti  del  potere  di  stipulare  l'armistizio,  e,  anche 
quando  essi  lo  avessero  concluso  sotto  la  condizione  della  ratilSca 
da  parte  del  capo  dello  Stato,  esso  produrrà  provvisoriamente  tutti 
gli  effetti  pel  tempo  fissato  dai  Comandanti  stessi  per  lo  scambio 
delle  ratifiche. 

1373.  —  Doyrà  essere  riguardato  scopo  diretto  deiramiistizio 
il  dare  l'opportunità  di  concordare  durante  esso  le  condizioni  della 
pace,  senza  che  intanto  vengano  ad  essere  mutate  sostanzialmente 
le  rispettive  posizioni  militari  dei  belligeranti  e  senza  che  avven- 
gano fatti  d'armi,  che  cambino  le  situazioni  reciproche  e  che  pos- 
sano influire  sul  risultato  definitivo  della  guerra. 

1374.  —  L'armistizio  potrà  essere  concluso  a  tempo  determi- 
nato ed  indeterminato.  In  quest'ultimo  caso  esso  produrrà  tutti 
gli  effetti  fino  al  momento  in  cui  non  sia  denunziato  dalla  parte 
di  uno  dei  belligeranti. 

Anche  però  quando  l'armistizio  sia  stato  concluso  a  tempo  inde- 
terminato, e  sia  protratto  per  una  durata  più  o  meno  lunga,  non 
potrà  mai  equivalere  alla  pace,  né  potrà  far  ritenere  cessato  Io 
stato  di  guerra. 

Il  princìpio  posto  neirultiroa  parte  della  regola  tende  a  fissare  esattamente 
che  rarmistizio,  anche  protratto  per  un  tempo  considerevole,  non  può  etpii- 
-valere  alla  pace.  Altra  cosa  è  il  sospendere  su  tutto  il  teatro  dì  guerra  le  osti- 
lità, senza  che  cessi  però  Tapplicabìlità  del  Diritto  di  guerra,  altra  cosa  è  con- 
cludere la  pace,  che  importa  la  cessazione  immediata  dell^applicabilità  del  Diritto 
di  guerra.  L^armistlzio  protratto  per  quanto  si  voglia  a  lungo,  non  è  la  pace. 
Fino  a  tanto  che  questa  non  sia  conclusa,  le  ostilità  potrebbero  essere  riprese, 
e  non  occorrerebbe  una  nuova  ragione  di  contesa,  e  nuove  procedure,  e  nuova 
dichiarazione  di  guerra,  ma  basterebbe  soltanto  di  notificare  la  cessazione  del- 
Tarmistizio  e  riprendere  e  continuare  la  guerra  interrotta.  Questo  è  necessario 
tener  presente,  perchè  si  nei  rapporti  dì  Diritto  pubblico  interno,  sì  in  quelli 
di  Diritto  internazionale,  durante  Tarmìstizio  protratto  a  tempo  per  quanto  si 
voglia  considerevole  dovrà  essere  applicato  il  Diritto  di  guerra  e  non  quello 
di  pace. 


Titolo  IX.  •  Delle  Convenzioni  di  guerra  ^21 

Co7rìe  la  convenzione  debba  essere  redatta. 

1375.  —  La  convenzione  d'armistizio  dovrà  ritenersi  perfetta 
al  momento  in  cui  sia  stata  conclusa  e  sottoscritta,  salvo  quanto 
è  detto  alla  reg.  1372. 

Essa  spira  con  Io  spirare  del  termine  stabilito  nella  convenzione, 
il  quale  dovrà  ritenersi  fissato  a  momenti  computando  in  esso 
il  giorno  a  quo. 

1376.  —  Incombe  alle  parti  contraenti  fissare  chiaramente  e 
con  esattezza  le  condizioni  di  armistizio  «  stabilire  precisamente: 

a)  il  giorno  e  Torà  in  cui  l'armistizio  avrà  principio  e  quanto 
debba  durare; 

h)  le  linee  principali  che  segnino  i  limiti  delle  rispettive  posi- 
zioni e  tutte  quelle  altre  indicazioni  che  possano  valere  a  deter- 
minare la  situazione  dei  corpi  d'armata,  e  a  stabilire  altresì  quello 
che  deve  ritenersi  inibito  o  permesso  all'una  parte  e  all'altra  du- 
rante l'armistizio; 

e)  fissare  il  tempo  che  dovrà  decorrere  tra  la  denuncia  del 
medesimo  da  parte  di  uno  dei  belligeranti  e  la  ripresa  delle  ostilità, 
qualora  non  fosse  stabilita  la  durata  dell'armistizio. 

Obbligazioìii  reciproche  durante  ^armistizio. 

1377.  —  Indipendentemente  da  qualunque  accordo  espresso 
dovrà  ritenersi  assolutamente  inibito  durante  l'armistizio  il  fare 
sul  teatro  della  guerra  qual  si  sia  lavoro  di  difesa  ;  il  ricostruire 
le  opere  abbattute;  l'introdurre  munizioni  in  una  fortezza  asse- 
diata; e  qual  sì  sia  altra  operazione  che  possa  riuscire  utile  a 
rendere  più  forte  la  posizione  militare  dell'una  parte  o  dell'altra; 
ma  non  sarà  inibito  del  pari  all'una  parte  e  all'altra  il  fare  quello 
che,  senza  mutare  sostanzialmente  le  loro  rispettive  posizioni  mi- 
litari, possa  influire  a  rendere  più  forte.  Tale  dev'essere  reputato 
l'istruire  le  truppe,  il  fabbricare  le  armi,  il  fare  lavori  di  difesa  fuori 
del  teatro  della  guerra  ed  ogni  altra  operazione  che  il  belligerante 


522  Libro  IV,  -  Uvllct  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

avrebbe  potuto  fare,  se  la  guerra  non  fosse  stata  sospesa,  e  che  il 
nemico  non  avrebbe  potuto  impedire,  se  la  lotta  avesse  continuato. 

1378.  —  II  belligerante  non  potrà  durante  l'armistizio  vettova- 
gliare una  piazza  assediata  o  bloccata,  ma  non  gli  può  essere 
inibito  d'introdurre  in  essa  la  quantità  di  viveri,  che  possa  essere 
richiesta  pel  consumo  giornaliero  della  guarnigione. 

Ad  eliminare  ogni  vertenza  riuscirà  opportuno  che  la  quantità 
sia  determinata  preventivamente  nella  convenzione  stessa* 

Come  Varmistizio  dev^essere  eseguito. 

1379.  —  L'armistizio  conchiuso  che  sia,  dovrà  essere  eseguitò 
lealmente  ed  in  buona  fede.  Incombe  ai  Comandanti  degli  eserciti 
notificarne  la  conclusione  con  la  maggiore  possibile  sollecitudine, 
e  a  tutte  le  autorità  militari,  che  abbiano  ricevuta  la  comunicazione 
ufficiale,  ordinare  immediatamente  la  sospensione  delle  ostilità. 

1380.  —  Le  parti  contraenti  sono  tenute  altresì  ad  osservare 
ed  eseguke  lealmente  le  clausole  dell'armistizio  che  concernono  I 
loro  rapporti  coi  privati  e  con  gli  abitanti  dei  paesi  da  ciascuno 
di  essi  militarmente  occupati. 

Dovrà  in  ogni  caso  ritenersi  contro  l' onore  militare  e  contro 
le  leggi  della  guerra  il  fatto  del  belligerante,  che  durante  l'armi- 
stizio eccitasse  alla  rivolta  o  al  tradimento  gli  abitanti  del  terri- 
torio occupato  dal  nemico,  o  che  eccitasse  i  soldati  di  parte  con- 
traria  alla  diserzione,  o  che  in  qualunque  maniera  la  favorisse. 

Atti  di  ostilità  durante  Varmistizio. 

1381.  —  Qualunque  violazione  dell'armistizio  commessa  da  una 
delle  parti  varrà  ad  autorizzare  immediatamente  l'altra  a  denunziare 
la  convenzione  e  ricominciare  le  ostilità.  Qualora  poi  la  violazione 
fosse  grave,  la  parte  contraria  potrà  ritenere  rotta  senz'altro  la 
convenzione  d'armistizio. 

Non  potrà  essere  reputala  violazione  d'arnustizio  il  fatto  da 
parte  di  un  corpo  di  truppe,  che  abbia  continuato  gli  atti  di  osti- 


TUolo  IX.  -  Delle  Convenzioni  di  guerra  523 

lità  dopo  che  l'armistizio  sia  stato  concluso,  ma  prima  che  ad 
esso  fosse  stato  notificato;  salvo  solo  il  caso  che  il  ritardo  di 
notificazione  non  dovesse  ritenersi  in  mala  fede,  e  sarà  presunto 
tale,  quando  sia  decorso  il  tempo  utile  per  darne  partecipazione. 

1382.  —  Gli  atti  di  ostilità  da  parte  di  privati  o  di  corpi  franchi 
non  dipendenti  dalla  autorità  militare,  e  che  avessero  agito  di 
propria  iniziativa  e  senza  tacita  connivenza  della  autorità  militare  o 
del  Governo,  non  saranno  reputati  come  violazione  delle  clausole 
dell'armistizio,  ma  potranno  soltanto  autorizzare  il  belligerante  a 
trattare  le  persone,  che  avendo  conosciuto  la  conclusione  deirarmi- 
stizio  tali  atti  avessero  commesso^  come  ribelli  punibili  a  seconda 
della  legge  marziale,  o  a  reclamare  la  punizione  di  essi  da  parte 
dei  Governo  nemico,  e,  qualora  fosse  il  caso  di  ammettere  la 
responsabilità  indiretta  del  Governo,  ottenere  altresì  di  essere  re- 
staurato da  lui  di  ogni  danno  cagionato  dal  fatto  di  tali  colpevoli. 

Della  tregua. 

1383.  —  La  tregua  o  armistizio  locale  non  interrompe  del  tutto 
le  ostilità  e  la  guerra,  ma  ne  sospende  le  operazioni  relativamente 
a  quella  parte  del  territorio  a  cui  la  convenzione  si  riferisca. 

La  tregua  è  soggetta  alle  stesse  leggi  che  l'armistizio  e  dovrà 
essere  riguardata  come  una  specie  di  armistizio  locale. 

Preliminari  della  pace. 

1384.  —  Le  convenzioni,  con  le  quali  siano  stabilite  le  condi- 
zioni preliminari  della  pace,  non  possono  essere  validamente  con- 
cluse, che  dalle  persone  competenti  a  stipulare  il  trattato  di  pace, 
e  sono  soggette  alle  stesse  regole  che  i  trattati  medesimi.  I  patti 
mediante  esse  stabiliti  e  fissati  per  addivenire  alla  conclusione  della 
pace  definitiva  dovranno  ritenersi  obbligatorii  e  venire  osservati 
lealmente  ed  in  buona  fede  fino  al  momento  in  cui  i  negoziati 
relativi  non  siano  dichiarati  rotti  o  sospesi. 


524  Libro  1 K.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  iiUtvnazionaU 


TITOLO  X. 


Della  NeutralilÀ,  e  dei  diritti  e  doveri  ohe  ne  oonsesruono. 


Concetto  e  natura  della  neutralità. 

1385.  —  La  neutralità  è  di  per  sé  stessa  uno  stato  di  fatto,  e 
consiste  nella  completa  astensione  da  ogni  atto  ostile  contro  Unno 
o  Taltro  dei  belligeranti,  e  da  quale  si  sia  atto  che  possa  dar 
vantaggio  all'uno  o  all'altro  di  essi  pei  fini  della  guerra. 

1386.  —  La  neutralità  potrà  essere  volontaria,  assoluta,  con- 
venzionale. 

La  prima  è  conseguenza  dell'autonomia  di  ciascuno  Stato  e  del 
diritto  che  gli  spetta  di  provvedere  con  completa  indipendenza  a 
quanto  concerne  i  rapporti  suoi  con  gli  altri  Stati  e  di  stabilire 
liberamente  la  posizione  che  esso  intende  assumere  nel  caso  che 
sia  sopravvenuta  la  guerra. 

La  seconda  è  quella  che  in  modo  generale  ed  assolato  trovasi 
imposta  nell'interesse  comune  di  tutti  gli  Stati  ad  uno  di  essi, 
o  in  virtù  di  un  trattato  generale:  o  di  una  deliberazione  del 
Congresso  :  o  in  virtù  del  patto  costituzionale  o  delle  condizioni 
concordate  pel  riconoscimento  della  personalità  internazionale 
di  esso  Stato. 

La  terza  può  essere  la  conseguenza  di  un  trattato  speciale,  in 
forza  del  quale  uno  Stato  si  sia  obbligato  verso  uno  o  più  Stati 
ad  osservare  la  neutralità  in  una  data  guerra. 

1387.  —  A  riguardo  degli  Stati  in  Unione  la  neutralità  dovrà 
essere  considerata  doverosa  nel  caso  contemplato  dalla  feg.  1028. 

1388.  —  La  neutralità  obbligatoria  o  assoluta  sarà  reputata 
sotto  la  tutela  giuridica  collettiva  di  tutti  gli  Stati  interessati  a 
farla  rispettare. 


Titolo  X.  '  Della  NeutralUà  525^ 


Chi  abbia  diritto  di  essere  reputato  neutrale. 

1389.  —  Ogni  Stato  potrà  al  sopravvenire  della  guerra  dichia- 
rare e  notificare  in  via  diplomatica  che  intende  osservare  la  neu* 
tralità.  Quando  abbia  fatto  tale  dichiarazione  e  notificazione  potrà 
esigere  di  essere  reputato  neutrale,  e  avrà  i  diritti  che  da  tale 
condizione  giuridica  derivano,  a  cominciare  dal  momento  in  cui 
tale  dichiarazione  sia  stata  da  lui  fatta. 

Tutti  coloro,  pei  quali  la  neutralità  deve  essere  reputata  dove- 
rosa, saranno  considerati  senz'altro  di  pieno  diritto  neutrali  a 
cominciare  dal  momento  della  guerra. 

1390.  —  Lo  Stato,  il  quale  non  abbia  dichiarato  di  voler  essere 
neutrale,  ma  che  si  trovi  nelle  condizioni  per  essere  reputato  di 
pieno  diritto  tale,  essendoché  effettivamente  non  prenda  nessuna 
parte  né  direttamente  né  indirettamente  alla  guerra,  sarà  quali-* 
fìcato  neutrale,  e  potrà  godere  ed  esercitare  tutti  i  diritti,  che  da 
tale  posizione  giuridica  derivano,  sotto  la  condizione  di  osservarne 
i  doveri. 

1391.  —  Ogni  Stato  perderà  il  diritto  di  essere  considerata 
come  neutrale  in  una  guerra,  ogni  qual  volta  che  per  qual  si  sia 
motivo  prenda  parte  ad  essa,  o  presti  qualche  soccorso  al  bel- 
ligerante, o  faccia  o  permetta  che  si  faccia  qual  si .  sia  cosa,  che 
di  per  sé  stessa  possa  essere  qualificata  atto  di  assistenza  mili- 
tare pei  fini  della  guerra. 

L'atto  di  assistenza  non  perderà  il  suo  carattere  come  tale,  se 
lo  Stato  fosse  obbligato  a  farlo  in  virtù  di  un  trattato  preesistente 
o  altrimenti. 

1392.  —  Nessuno  Stato  potrà  limitare  la  sua  neutralità  ad  una 
parte  del  territorio  soltanto.  Cosi  come  la  personalità  dello.  Stato 
è  indivisibile,  indivisibile  dovrà  essere  reputata  la  posizione  di  fatto 
di  ciascuno  Stato  a  riguardo  dell'astenersi  completamente  o  noa 
astenersi  dal  prendere  parte  alla  guerra. 

1393.  —  Nessuno  Stato  che  sia  alleato  del  belligerante  in  una 
guerra,  che  questi  fa  contro  uno  Stato,  potrà  pretendere  di  essere 


^26  Libro  IV,  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

neutrale  in  un'altra  guerra  che  sìa  fatta  contemporaneamente  al- 
trove dal  suo  alleato. 

L'aiuto  prestato  ad  uno  Stato  in  una  ^erra  fatta  da  lui  è  evidentemente 
nnVssistenza  indiretta  anche  per  Taltra  gpierra  fatta  dal  medesimo  contro  un 
altro  Stato,  perchè  di  fatto  rende  più  forte  il  belligerante  contro  Tuno  e  raltro. 


Diritti  degli  Stati  Neutrali. 

1394.  —  Ogni  Stato,  che  abbia  dichiarato  la  neutrafìtà,  potrà 
difenderla  con  tutte  le  sue  forze  armate.  Potranno  altresì,  gli  Stati, 
che  avessero  dichiarato  di  essere  neutrali,  stabilire  un'alleanza 
fra  di  loro  per  difendere  con  le  forze  associate  la  neutralità  pro- 
clamata. 

Qualora  la  guerra  fosse  stata  autorizzata  dal  Congresso  a  norma 
della  reg.  1026,  gli  Stati  dell'  Unione,  che  fossero  restati  neutrali, 
potranno  accrescere  gli  armamenti  per  difendere  con  le  armi  la 
neutralità. 

1396.  —  À  ciascuno  Stato  neutrale  spetta  il  godimento  giuri- 
dico e  legittimo  di  tutti  i  diritti,  di  cui  ogni  Stato  indipendente 
può  godere  durante  la  pace  ;  esso  non  potrà  però  esercitarli,  che 
con  le  limitazioni  rese  necessarie  dallo  stato  di  guerra. 

1396.  —  Nessuna  limitazione  a  riguardo  dell'esercizio  dei  di- 
ritti dei  neutrali  potrà  essere  stabilita  a  volontà  e  balia  dell'uno 
o  dell'altro  belligerante,  ma  sarà  reputata  giusta  e  legittima  sol- 
tanto, quando  trovisi  contemplata  nelle  regole,  che  concernono  i 
doveri  dei  neutrali,  o  derivi  dalla  natura  stessa  della  neutralità. 

Quello,  che  ha  reso  incerta  ed  indeterminata  la  condizione  giuridica  degli 
Stati  neutrali,  è  dipeso  dalla  mancanza  di  norme  precise  e  sicure  circa  i  doveri 
della  neutralità.  Dovendo  indubitabilmente  ammettersi,  che  gli  Stati  neutrali 
sono  tenuti  a  subire  le  conseguenze  della  guerra  e  ad  esercitare  i  loro  diritti 
con  le  limitazioni  imposte  dalie  necessità  di  essa,  se  fosse  lasciato  in  facoltà 
dei  belligeranti  stessi  di  stabilire  a  balia  le  limitazioni,  e  di  determinare  la 
condizioni  sotto  le  quali  la  neutralità  potesse  sussistere,  ne  conseguirebbe,  che, 
qualora  il  belligerante  esagerasse  in  modo  esorbitante  le  eccezioni  e  restrizioni 
deiresercizio  dei  diritti  spettanti  ai  neutrali,  e  potesse  giustificare  ogni  pretesa 
con  le  volute  esigenze  della  guerra, "questo  renderebbe  al  certo  la  posizione 
dei  neutrali  soggetta  ali*  arbitrio  dei  belligeranti.  Sarebbe  infatti  concesso  a 
costoro  piena  facoltà  di  allargare  sififattamente  le  limitazioni  da  mettere  i  nen- 


TUolo  X.  -  Della  Neutralità  5^7 

trai!  Della  condizione  di  non  potere  esercitare  di  fatto  i  diritti,  dei  quali  il 
godimento  giuridico  non  può  essere  ad  essi  negato.  A  fine  di  togliere  ogni 
arbitrio  intorno  a  ciò  bisogna  ritenere  in  principio,  che  Tesercizio  dei  diritti 
dei  neutrali  non  possa  subire  altre  limitazioni  tranne  che  quelle,  le  quali  siano 
fondate  sulle  regole  giuridiche,  che  concernono  i  doveri  della  neutralità,  esclu- 
dendo che  tali  regole  potessero  essere  modificate  a  Yolontà  dei  belligeranti  in 
ciascuna  guerra  a  seconda  delle  esigenze  eventuali  e  delle  circostanze. 

Vedi  pel  maggiore  sviluppo  la  mia  opera:  Diritto  intemazionale  pubbUeo^ 
voi.  Ili,  3^  ediz.;  cap.  Considerazioni  storiche  sulla  neutralità  (Unione  Tip.-Edi- 
trice);  e  la  traduzione  francese  fattane  da  Gharlss  Ahtoihe  (Paris,  Pedona 
Lauriel,  editore). 


Inviolabilità  del  territorio  neutrale. 

1397.  —  Dovrà  essere  reputato  diritto  assoluto  di  ogni  Stato 
neutrale  il  nnantenere  durante  la  guerra  rìnviolabilità  di  tutto  il 
territorio  e  delle  sue  adiacenze,  e  di  tutte  le  acque  territoriali,  e 
l'esigere  che  nessun  fatto  di  guerra  possa  essere  consumato  in 
tali  località,  e  che  nessuno  dei  belligeranti  possa  fare  in  esse  qual 
si  sìa  operazione  pei  fini  della  guerra. 

1398.  —  Incombe  ai  belligeranti  rispettare  gelosamente  Tin- 
violabilità  del  territorio  neutrale  e  delle  sue  adiacenze  e  l'aste- 
nersi dal  fare  in  esso  qualunque  atto  di  ostilità  o  dal  compiere 
in  esso  qualunque  atto  o  fatto  di  guerra  incominciato  fuori  della 
giurisdizione  territoriale  del  Sovrano  neutrale. 

Qualunque  atto  di  ostilità  fatto  o  compiuto  nei  luoghi  soggetti 
alla  giurisdizione  territoriale  del  Sovrano  neutrale  sarà  reputato 
contro  le  leggi  della  guerra,  e  sarà  conseguentemente  ritenuto 
illegale  anche  il  sequestro  di  una  nave  nemica  fatto  nelle  acque 
territoriali  neutrali,  quando  la  nave  inseguita  si  sia  rifugiata  fn 
esse,  e  il  belligerante  abbia  soltanto  compiuto  l'attacco  incomin- 
ciato in  alto  mare. 

Indipendenza  neir esercizio  dei  diritti  di  sovranità. 

1399.  —  Ciascuno  Stato  neutrale  potrà  con  la  più  completa 
indipendenza  esercitare  i  diritti  di  sovranità  durante  la  guerra  co^ 
come  durante  la  pace,  e,  purché  l'esercizio  di  codesti  diritti  non 


528  Libro  IV,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale 

debba  ritenersi  limitato  a  norma  delle  regole  precedenti,  o  che 
le  circostanze  speciali  non  siano  tali  da  fare  attribuire  agli  atti 
sovrani  il  carattere  d'ingerenza  e  di  assistenza  all'uno  o  all'altro 
dei  belligeranti,  la  completa  libertà  nell'esercizio  dei  diritti  sovrani 
non  potrà  ritenersi  limitata  in  considerazione  dei  pregiudizi  even- 
tuali, che  ne  possono  derivare  per  l'una  o  per  l'altra  delle  parti 
belligeranti. 

Qaesta  regola  può  trovare  la  sua  applicazione  neUMpotesi  che  un  Governo 
di  uno  Stato  neutrale  abbia  riconosciuto  un  Governo  costituito  dal  partito 
insorto  nel  caso  di  una  guerra  civile,  e  avesse  considerato  questo  nel  pieno 
godimento  dei  diritti  spettanti  al  belligerante  riconoscendolo  come  tale.  Non 
ostante  che  tale  riconoscimento  potesse  essere  considerato  come  intempestivo 
dal  Governo  contro  cui  la  guerra  fosse  fatta,  e  che  questo  qualificasse  come 
ribelli  i  partigiani  impegnati  nella  lotta  politica  contro  dì  lui;  e  dato  pure  che 
la  condotta  del  Governo  dello  Stato  neutrale  potesse  essere  giudicata  come 
una  manifestazione  di  simpatia  in  favore  del  partito  insorto,  ed  un  procedi- 
mento non  di  buona  amicizia  verso  il  Governo  costituito,  contro  cui  la  guerra 
fosse  fatta,  non  si  potrebbe  nonpertanto  negare  al  Governo  neutrale  il  diritto 
di  farlo,  né  l'operato  suo  potrebbe  essere  giudicato  in  ogni  caso  fuori  dei  diritti, 
che  gli  spettano  nella  posizione  di  neutrale  (Confr,  reg,  75-77). 


Libertà  del  commercio  pacifico. 

1400.  —  Spetta  allo  Stato  neutrale  il  diritto  di  proteggere  la 
libertà  del  commercio  pacifico  esercitato  dai  propri  cittadini  du- 
rante la  guerra,  e  di  tutelare  con  ogni  maniera  la  sicurezza  della 
navigazione  e  l'inviolabilità  delle  navi  appartenenti  ai  medesimi 
e  delle  mercanzie  caricate  su  dì  esse:  di  tutelare  altresì  il  diritto 
incontestato  spettante  ad  essi  di  essere  reputati  fuori  delle  leggi 
di  guerra  fino  a  tanto  che  non  abbiano  mancato  ai  doveri  della 
neutralità,  e  di  esercitare  il  commercio  con  la  stessa  libertà  che  du- 
rante la  pace,'  e  senza  nessuna  opposizione  non  solo  se  codesto 
commercio  fosse  da  essi  fatto  direttamente  dai  porti  neutrali  a 
quelli  del  nemico,  ma  di  poter  continuare  ad  esercitarlo,  se  fosse 
fatto  dall'uno  all'altro  dei  porti  dei  belligeranti  a  seconda  dei  trat- 
tati conclusi  durante  la  pace,  e  che  debbano  essere  reputati  in 
pieno  vigore  nonostante  la  guerra  sopravvenuta. 


Titolo  X  -  Della  Neutralità  529 

1401.  —  Incombe  ai  belligeranti  il  ritenere  in  pieno  vigore 
i  trattati  stipulati  durante  la  pace  con  gli  Stati  che,  soprav- 
venuta la  guerra,  abbiano  dichiarato  la  neutralità,  e  continuare 
ad  osservare  rispetto  ad  essi  tutti  gli  obblighi  assunti  in  forza  di 
tali  trattati,  e  lasciare  che  essi  e  i  loro  cittadini  godano  comple- 
tamente di  tutti  i  diritti  e  di  tutti  i  vantaggi  che  ne  possano 
derivare,  così  come  se  la  guerra,  alla  quale  lo  Stato  rimanga 
estraneo,  non  fosse  sopravvenuta. 

Siccome  la  neutralità  importa  che  il  Diritto  intemazionale  relativo  ai  rap- 
porti pacifici  sussista  nella  sua  integrità  tra  i  belligeranti  e  lo  Stato  neutrale, 
cos*  non  può  essere  una  ragione  sufficiente  per  sospenderne  Tesatta  osservanza 
o  per  modificare  Tapplicazione  delle  regole  in  vigore  durante  la  pace,  quella 
dei  vantaggi  eventuali  che  dalFosservanza  del  Diritto  stesso  possono  derivare 
ai  neutrali  in  conseguenza  della  guerra  sopravvenuta.  L* antica  teoria,  che  i 
belligeranti  possono  avere  il  diritto  dMmpedire  ai  neutrali  di  profittare  della 
guerra,  non  può  ammettersi,  e  si  deve  invece  ritenere  in  massima  che,  sussi- 
stendo rispetto  ad  essi  integralmente  il  Diritto  della  pace,  il  belligerante  non 
possa  agire  altrimenti  che  a  norma  delle  regole  che  concernono  i  rapporti  reci- 
proci durante  essa. 

Doveri  degli  Stati  neutrali. 

1402.  —  Incombe  a  ciascuno  Stato  neutrale: 

a)  l'astenersi  lealmente  e  completamente  dal  prendere  parte 
alla  guerra  e  il  non  fare  nulla  che  direttamente  o  indirettamente 
possa  influire  a  rendere  più  forte  uno  dei  belligeranti  o  ad  inde- 
bolire Taltro,  e  in  generale  l'astenersi  da  qual  si  sia  atto  che  abbia 
il  carattere  di  assistenza  pei  fini  delia  guerra; 

b)  lì  non  permettere  o  tollerare  che  una  delle  parti  belli-* 
geranti  faccia  nel  territorio  dello  Stato,  e  sue  adiacenze,  e  nelle 
acque  territoriali  qual  si  sia  operazione  di  guerra,  o  che  compia 
un  fatto  qualunque  pei  fini  della  guerra; 

e)  il  provvedere  con  le  proprie  leggi  a  che  tutte  le  persone 
soggette  alla  sua  giurisdizione  sovrana  rispettino  le  regole  della 
neutralità  ed  osservino  i  doveri  che  ne  conseguono; 

d)  l'esercitare  la  dovuta  diligenza  per  impedire  che  ogni 
persona  soggetta  alla  propria  giurisdizione  violi  le  regole  della 
neutralità  e  i  doveri  che  ne  derivano; 

34  —  FioiiK.  Dir.  intern.  codif. 


530  Libro  IV.  -  DtUa  tutèla  giuridica  del  Diritto  intemazionàU 

e)  l'impedire  coi  mezzi  dei  quali  può  disporre,  e  con  la  stessa 
dovuta  diligenza,  i  danni  eventuali  che  possono  derivare  contro 
Tuno  o  l'altro  belligerante  dalla  consumata  violazione  della  neu- 
tralità da  parte  di  privati. 


Fatti  che  possono  essere  qualificati  atti  di  ostilità. 

1403.  —  Saranno  reputati  atti  di  ostilità: 

a)  il  soccorso  dato  ad  uno  dei  belligeranti  mediante  truppe 
armate,  o  mettendo  a  disposizione  di  esso  una  nave  da  guerra 
o  costruita  ed  equipaggiata  per  servire  alla  guerra,  o  conceden- 
dogli ogni  forma  di  sussidio  pei  fini  della  guerra; 

U  soccorso  sarà  reputato  atto  di  ostUità,  anche  quando  fosse  dato  con  per- 
fetta eguaglianza  alFuna  e  all*altra  parte  belligerante. 

b)  il  concedere  o  tollerare  che  una  delle  parti  belligeranti  si 
serva  del  territorio  dello  Stato  per  passarvi  con  i  suoi  eserciti; 

U  fatto  contemplato  ai  capiTersi  a)  e  h)  non  perderà  il  proprio  carattere  come 
tale  se  lo  Stato  fosse  obbligato  a  concedere  il  soccorso  o  il  passaggio  in  forza 
di  trattato  precedentemente  concluso. 

e)  il  permettere  o  il  tollerare  che  una  nave  da  guerra  dei  belli- 
geranti faccia  nei  porti  dello  Stato  o  nelle  acque  temtoriali  di  lui, 
una  operazione  qualunque  atta  ad  accrescere  la  forza  o  ad  aumen* 
tare  l'armamento  militare  di  essa,  o  che  si  provveda  di  vìveri  e 
di  carbone,  salvo  solo  il  caso  d'imminente  necessità,  ed  in  tale 
evenienza  non  al  di  là  della  quantità,  che  possa  occorrere  pei 
bisogni  dell'equipaggio  e  pel  tempo  richiesto  a  navigare  fino  ad 
un  porto  del  paese  della  medesima; 

cQ  il  favorire  manifestamente  la  formazione  di  bande,  che 
siano  reclutate  nel  suo  territorio  per  conto  di  uno  dei  belligeranti  ; 

e)  il  permettere  o  il  tollerare,  che  una  nave  da  guerra  o  una 
nave  corsara  dei  belligei*anti  entri  nei  porti  o  nelle  acque  tem- 
toriali per  vendere  gli  oggetti  predati  o  per  mettere  al  sicuro  la 
preda.  Salvo  soltanto  il  caso  di  entrata  per  rilascio  forzato  o  per 
necessità  giustificate,  nelle  quali  circostanze  il  rifugio  potrebbe 


Titolo  X  -  Della  Neutralità  531 

essere  concesso  ad  esse,  sotto  la  condizione  però  che  non  ne  pro- 
fittassero pei  fini  della  guerra; 

f)  il  permettere  ai  cittadini  di  prendere  servizio  negli  eserciti 
degli  Stati  belligeranti,  o  di  accettare  lettere  di  marca  a  fine  di 
servire  come  corsari,  o  di  accettare  le  proposte  che  fossero  ad 
essi  fatte  dalle  parti  belligeranti  per  l'armamento  delle  navi  da 
guerra  o  per  partecipare  in  qualunque  maniera  air  equipaggia- 
mento o  armamento  di  una  di  esse,  o  di  un  bastimento  corsaro. 


Fatti  che  non  escludono  il  mantenimento  della  neutralità. 

1404.  —  Non  saranno  reputati  atti  di  ostilità  o  fatti  inconci- 
liabili colla  neutralità: 

a)  il  passaggio  degli  eserciti  pel  territorio  neutrale,  nel  caso 
che  il  belligerante  lo  abbia  attraversato  senza  averne  ottenuta 
autorizzazione  e  che  il  Sovrano  di  esso  non  abbia  potuto  impe- 
dirlo senza  esporsi  al  pericolo  di  essere  involto  nella  guerra; 

b)  Tarrolamento  negli  eserciti  belligeranti  da  parte  dei  pri* 
vati  senza  autorizzazione  del  Governo,  ogni  qual  volta  che  questo 
abbia  applicato  ai  cittadini  dello  Stato  le  leggi  in  vigore  a  riguardo 
di  tutte  le  conseguenze  giuridiche,  che  dallo  annoiamento  all'estero 
potessero  derivare; 

e)  il  commercio  non  clandestino  ed  imparziale  delle  armi  e 
munizioni  da  guerra  fatto  per  conto  dei  privati  e  a  loro  rìschio 
e  pericolo,  e  senza  nessuna  ingerenza  né  diretta  né  indiretti  del 
Governo  per  favorirlo; 

d)  qualunque  fatto  da  parte  dei  privati  (che  non  possa  essere 
inibito  a  norma  della  legge  interna)  che  abbia  potuto  recare  van- 
taggio ad  una  o  all'altra  delle  parti  belligeranti,  ma  che  sia  stato 
compiuto  ad  iniziativa  dei  privati  stessi  e  senza  che  il  Governo 
abbia  fatto  da  parte  sua  nulla,  che  abbia  potuto  influire  a  diminuire 
il  rischio  dei  medesimi  e  a  proteggerli  contro  le  leggi  di  guerra. 

A  chiarire  il  concetto  dei  principi!  stabiliti  gioverà  tener  presente,  che  ogni 
Governo  non  può  essere  astretto  a  sospendere  Tapplicazione  delle  leggi  in- 
terne, che  permettano  Tarrolamento  all'estero,  il  commercio  delle  armi  e  delle 


^-  Libro  IV,  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  iMernazionàU 

munizioni  da  guerra,  ì  prestiti,  i  sussidi,  la  formazione  di  comitati  di  soccorso  e 
via  dicendo,  ma  che  è  tenuto  però  ad  applicarle  in  modo  da  escludere  qual 
si  sia  fondata  presunzione  di  favore  indiretto  accordato  da  esso  al  fatto  dei 
privati  ed  agli  atti  di  commercio,  i  quali  devono  essere  da  essi  fatti  ognora 
a  proprio  rischio  durante  la  guerra. 

Al  helligerante  spetta  sempre  il  diritto  di  premunirsi  contro  tutte  le  conse- 
guenze, che  possono  derivare  dal  fatto  dei  privati,  esercitando  contro  di  essi 
i  diritti  di  guerra,  e  dovrà  reputarsi  sufficiente  da  parte  del  Governo  neutrale 
il  lasciare  i  cittadini  senza  protezione  contro  gli  atti  e  le  misure  prese  dai 
belligeranti  e  giustificate  secondo  il  Diritto  di  guerra,  e  il  badare  alla  leale 
applicazione  dalla  parte  sua  di  tutte  le  sanzioni  penali  comminate  secondo  la 
propria  legge  contro  certi  aiti  dei  privati  in  tempo  di  guerra. 

1405.  —  Non  sarà  reputato  contro  i  doveri  della  neutralità  il 
concedere  ai  belligeranti  di  trasportare  i  feriti  ed  i  malati  attra- 
versando il  territorio  neutrale. 


Belligeranti  rifugiati  nei  porti  o  nel  teì^ritorio  neutrale. 

1406.  —  Non  sarà  reputato  contro  i  doveri,  che  derivano  dalla 
neutralità,  l'accordare  il  rifugio  nei  porti  neutrali  alle  navi  dei 
belligeranti  costrette  ad  entrarvi  da  forza  maggiore  o  da  infortuni 
di  mare,  e  raccogliere  nel  proprio  territorio  i  soldati,  che  dopo 
il  combattimento  vi  domandassero  asilo,  o  i  corpi  d'esercito  che, 
inseguiti  dal  nemico,  vi  si  rifugiassero,  purché  però  l'adempi- 
mento di  codesti  doveri  di  umanità  sia  compiuto  in  maniera  da 
non  arrecare  pregiudizio  diretto  all'altro  dei  belligeranti  e  in  con- 
formità delle  regole  seguenti. 

1407.  —  Incombe  al  Governo  neutrale  proteggere  i  corpi  di 
esercito,  che  inseguiti  dal  nemico  si  siano  rifugiati  nel  territorio 
dello  Stato,  e  dovrà  provvedere  altresì  a  dare  ai  militari  quanto 
possa  ritenersi  richiesto  secondo  l'umanità  pel  mantenimento  e 
l'alloggio,  salvo  il  diritto  dì  essere  rimborsato  delle  spese  dallo 
Stato  cui  tali  corpi  appartengano,  ma  non  potrà  permettere  ad 
essi  di  ritornare  al  combattimento,  se  non  a  condizione  che  ab- 
bandonino il  territorio  neutrale  disarmati. 

140y.  —  Incombe  al  Governo  neutrale  l'imporre  alle  navi  da 
guerra  belligeranti,  che  si  siano  rifugiate  nei  porti  dello  Stato  per 
rilascio  forzato,  di  non  poter  riprendere  la  navigazione  che  dopo 


2tO«^ 


Titolo  X.  -  Dello  NeutralUà  53! 

un  certo  tempo  dairarrivo,  non  minore  delle  ventiquattro  ore,  e 
il  non  permettere  alle  navi  costrette  ad  entrarvi  per  riparare  le 
avarie  solOTerte,  che  di  fare  le  riparazioni  soltanto  rese  indispen- 
sabili per  tenersi  in  mare  e  riprendere  la  navigazione. 

Qualora  però  una  nave  belligerante  si  fosse  rifugiata  nel  porto 
neutrale  per  iscampare  all'attacco  del  nemico,  che  la  inseguiva 
con  forza  superiore ,  e  che  era  sicuro  di  catturarla ,  il  Governo 
neutrale  non  potrà,  senza  violare  i  doveri  della  neutralità,  conce- 
dere ad  essa  di  riprendere  la  navigazione  per  continuare  la  guerra, 
ma  dovrà  bensì  trattenerla  e  non  rilasciarla,  che  dopo  avere  otte- 
nuta dal  Comandante  la  parola  di  non  prendere  più  parte  alla 
guerra. 

Questa  regola  tende  a  conciliare  i  doveri  di  umanità  con  le  esigenze  della 
guerra,  e  i  diritti  degli  Stati  neutrali  con  quelli  dei  belligeranti.  A  riguardo 
di  una  nave,  che  sia  entrata  nel  porto  neutrale  per  rilascio  forzato,  dovrà  repu- 
tarsi sofflciente  Timpedire  ad  essa  di  fare  qual  sia  armamento  militare  e  il 
trattenerla  almeno  per  ventiquattro  ore,  a  fine  di  impedire  così  che  Tentrata 
nel  porto  neutrale  formi  parte  delle  operazioni  di  guerra.  Rispetto  poi  alla 
nave  rifugiata  in  seguito  al  combattimento  e  che  abbia  profittato  della  prote- 
zione del  neutrale  per  iscampare  alla  forza  superiore  del  nemico  che  Tinse- 
guiva,  e  che  abbia  cos)  evitato  il  pericolo  imminente  di  essere  da  lui  predata, 
dovrebbe  reputarsi  indispensabile  il  non  rilasciarla,  che  sotto  la  condizione  che 
essa  sMm pegni  a  non  prendere  più  parte  alla  guerra.  Sarebbe  una  vera  assi- 
stenza militare  se  il  neutrale  potesse  non  solo  impedire  al  belligerantedi  inseguire 
la  nave  nemica  e  predarla  nelle  acque  territoriali  neutrali,  ma  concedere  altres 
alla  nave  rifugiata  di  riprendere  le  ostilità. 

Prigionieri  sbarcati,  e  prede  abbandonate  in  un  porto  neutrale. 

1409.  —  Lo  Stato  neutrale  non  deve  concedere  che  una  nave 
da  guerra,  che  per  circostanza  di  forza  maggiore  sia  costretta 
ad  entrare  in  un  porto  di  lui,  possa  sbarcarvi  i  prigionieri  di 
guerra,  se  non  a  condizione  che  essi  siano  messi  in  libertà,  e  che 
sia  loro  concesso  di  recarsi  disarmati  ovunque  loro  aggradi. 

1410.  —  Qualora  una  nave  belligerante  fosse  costretta  da  cir- 
costanze di  forza  maggiore  ad  abbandonare  in  un  porto  neutrale 
o  nelle  acque  territoriali  neutrali  la  preda  da  essa  fatta,  incombe 
al  Governo  neutrale  il  custodire  gli  oggetti  e  metterli  a  disposi- 
zione dei  loro  proprietari;  salvo  solo  il  caso  che  si  trattasse  di 


534  Libro  IV,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

.merci  qualificate  contrabbando  di  guerra,  le  quali  dovrebbero 
essere  custodite  fino  al  termine  della  guerra,  e  non  messe  a  dispo- 
sizione dei  loro  proprietari  o  del  catturante,  che  in  conformità 
di  quanto  venisse  deciso  dal  tribunale  internazionale  delle  prede. 


Diligenza  neW osservare  i  doveri  della  neutralità. 

1411.  —  Ogni  Governo  di  Stato  neutrale,  che  non  abbia  ado- 
perato lealmente  ed  in  buona  fede  la  diligenza,  che  secondo  la 
natura  delle  cose  e  le  esigenze  della  guerra  deve  reputarsi  richiesta 
per  la  completa  osservanza  dei  doveri  della  neutralità,  sarà  tenuto 
a  rispondere  di  ogni  conseguenza  della  mancata  diligenza. 

1412.  —  La  diligenza  richiesta  da  parte  di  ciascun  Governo 
dovrà  essere  determinata  tenuto  conto  delle  circostanze,  che  pote- 
vano rendere  più  o  meno  imminente  il  pericolo  della  violazione 
dei  doveri  della  neutralità,  e  della  preveggenza  del  danno  a  pre- 
giudizio di  una  o  dell'altra  delle  parti  belligeranti,  che  esso  doveva 
e  poteva  impedire. 

La  sua  responsabilità  sarà  poi  valutata  in  ragion  diretta  dei 
mezzi,  dei  quali  esso  poteva  disporre  per  impedire  l'evento,  onde 
allontanare  o  diminuire  il  danno  effettivo  causato  al  belligerantei 
e  della  maggiore  o  minore  solerzia  nell'adoperarlu 


Colpa  per  la  mancata  diligenza. 

1413.  —  L'ignoranza  da  parte  di  un  Governo  del  fatto  com- 
piuto o  progettato  dai  privati  con  l'intendimento  di  violare  i  doveri 
della  neutralità,  non  potrà  escludere  la  colpa  per  la  mancata  dili- 
genza dalla  parte  di  lui,  ogni  qual  volta  che  l'ignoranza  stessa, 
tenuto  conto  delle  circostanze,  possa  essere  ritenuta  maliziosa  o 
colpevole. 

1414.  —  Nessun  Governo  neutrale  potrà  essere  reputato  col- 
pevole per  la  mancata  dovuta  diligenza,  se  non  abbia  con  precau- 
zioni eccessive  tutelato  gl'interessi  dei  belligeranti,  limitando  a 


Titolo  X  -  Ddla  NeutralUà  535 

profitto  di  essi  la  libertà  dei  cittadini  oltre  quello  che  consentivano 
le  istituzioni  del  proprio  paese  ;  ma  l'impotenza  attuale  di  un  Go- 
verno neutrale  ad  impedire  la  violazione  dei  doveri  della  neutra- 
lità, non  potrà  escludere  la  colpa  di  lui,  ogni  qual  volta  che  esso 
non  abbia  in  tempo  opportuno  provveduto  con  diligenza  ad  avere 
i  mezzi  legali  atti  ad  impedire  la  violazione  dei  doveri  della  neu- 
tralità da  parte  dei  privati. 


Giudizio  arbitrale. 

1416.  —  Il  decidere  intorno  alla  diligenza,  alla  quale  ogni  Go- 
verno, che  lealmente  ed  in  buona  fede  voglia  osservare  la  neutra- 
lità, deve  reputarsi  tenuto  nelle  circostanze  particolari  sopravvenute 
durante  la  guerra,  dovrà  essere  riguardato  come  una  questione 
particolare  e  complessa,  e  deferito  ad  un  tribunale  arbitrale,  il 
quale  pronunciando  a  seconda  dei  principi!  del  Diritto  e  dell'equità 
potrà,  valutando  i  fatti  e  le  speciali  circostanze,  decidere  circa  la 
mancata  diligenza  imputabile. 

Vedi  pel  maggiore  sviluppo  delle  regole  indicate  la  mia  opera:  Trattato  di 
Diritto  intemasfionale  pubblico,  voi.  ffl,  3'  edizione. 


Doveri  dei  belligeì-anti  rispetto  ai  neutrali. 

1416.  —  Incombe  ai  belligeranti  riguardare  tutti  gli  Stati,  che 
al  sopravvenire  della  guerra  abbiano  dichiarato  la  neutralità,  o 
che  si  trovino  nelle  condizioni  per  essere  legalmente  qualificati 
neutrali,  nel  pieno  godimento  di  tutti  i  diritti  a  ciascuno  di  essi 
spettanti  nello  stato  di  pace,  salvo  le  restrizioni  imposte  secondo 
il  Diritto  comune  per  la  guerra  sopravvenuta. 

Incombe  altresì  ad  essi  l'astenersi  dall' applicare  il  Diritto  di 
guerra  ai  cittadini  degli  Stati  neutrali,  che  non  facciano  atti  di 
ostilità,  e  considerarli  sotto  la  protezione  del  Diritto  vigente  du- 
rante la  pace,  ogni  qual  volta  che  essi  adempiano  lealmente  ed 


S26  Libro  IV,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

neutrale  in  un'altra  guerra  che  sia  fatta  contemporaneamente  al- 
trove dal  suo  alleato. 

L^aiuto  prestato  ad  uno  Stato  in  una  guerra  fatta  da  lui  è  evidentemente 
un'assistenza  indiretta  anche  per  Taltra  guerra  fatta  dal  medesimo  contro  un 
altro  Stato,  perchè  di  fatto  rende  più  forte  il  belligerante  contro  Tuno  e  Faltro. 


Diritti  degli  Stati  Neutrali. 

1394.  —  Ogni  Stato,  che  abbia  dichiarato  la  neutralità,  potrà 
difenderla  con  tutte  le  sue  forze  armate.  Potranno  altresì,  gli  Stati, 
che  avessero  dichiarato  di  essere  neutrali,  stabilire  un'alleanza 
fra  di  loro  per  difendere  con  le  forze  associate  la  neutralità  pro- 
clamata. 

Qualora  la  guerra  fosse  stata  autorizzata  dal  Congresso  a  norma 
della  reg.  1026,  gli  Stati  deirZ7mon^,  che  fossero  restati  neutrali, 
potranno  accrescere  gli  armamenti  per  difendere  con  le  armi  la 
neutralità. 

1395.  —  A  ciascuno  Stato  neutrale  spetta  il  godimento  giuri- 
dico e  legittimo  di  tutti  i  diritti,  di  cui  ogni  Stato  indipendente 
può  godere  durante  la  pace  ;  esso  non  potrà  però  esercitarli,  che 
con  le  limitazioni  rese  necessarie  dallo  stato  di  guerra. 

1396.  —  Nessuna  limitazione  a  riguardo  dell'esercizio  dei  di- 
ritti dei  neutrali  potrà  essere  stabilita  a  volontà  e  balia  dell'uno 
o  dell'altro  belligerante,  ma  sarà  reputata  giusta  e  legittima  sol- 
tanto, quando  trovisi  contemplata  nelle  regole,  che  concernono  i 
doveri  dei  neutrali,  o  derivi  dalla  natura  stessa  della  neutralità. 

Quello,  che  ha  reso  incerta  ed  indeterminata  la  condizione  giuridica  degli 
Stati  neutrali,  è  dipeso  dalla  mancanza  di  norme  precise  e  sicure  circa  i  doveri 
della  neutralità.  Dovendo  indubitabilmente  ammettersi,  che  gli  Stati  neutrali 
sono  tenuti  a  subire  le  conseguenze  della  guerra  e  ad  esercitare  i  loro  diritti 
con  le  limitazioni  imposte  dalle  necessità  di  essa,  se  fosse  lasciato  in  facoltà 
dei  belligeranti  stessi  di  stabilire  a  balia  le  limitazioni,  e  di  determinare  le 
condizioni  sotto  le  quali  la  neutralità  potesse  sussistere,  ne  conseguirebbe,  che, 
qualora  il  belligerante  esagerasse  in  modo  esorbitante  le  eccezioni  e  restrizioni 
deiresercizio  dei  diritti  spettanti  ai  neutrali,  e  potesse  giustificare  ogni  pretesa 
con  le  volute  esigenze  della  guerra,  questo  renderebbe  al  certo  la  posizione 
dei  neutrali  soggetta  air  arbitrio  dei  belligeranti.  Sarebbe  infatti  concesso  a 
costoro  piena  facoltà  di  allargare  siffattamente  le  limitazioni  da  mettere  i  neu- 


TUiAo  X,  ■  DeUu  Neutralità  527 

trai!  nella  condizione  di  non  potere  esercitare  di  fatto  i  diritti,  dei  qnali  il 
godimento  giuridico  non  può  essere  ad  essi  negato.  A  fine  di  togliere  ogni 
arbitrio  intomo  a  ciò  bisogna  ritenere  in  principio,  che  Tesercizio  dei  diritti 
dei  neutrali  non  possa  subire  altre  limitazioni  tranne  che  queUe»  le  quali  siano 
fondate  sulle  regole  giuridiche,  che  concernono  i  doveri  della  neutralità,  esclu- 
dendo che  tali  regole  potessero  essere  modificate  a  yolontà  dei  belligeranti  in 
ciascuna  guerra  a  seconda  delle  esigenze  eventuali  e  delle  circostanze. 

Vedi  pel  maggiore  sviluppo  la  mia  opera:  Diritto  intemazionale  pubbUeOt 
voi.  Ili,  3*  ediz.  ;  cap.  Considerazioni  storiche  sulla  neutralità  (Unione  Tip.-Edi- 
trice);  u  la  traduzione  francese  fattane  da  Gharlks  Antoius  (Paris,  Pedona 
Lauriel,  editore). 


Inviolabilità  del  territorio  neutrale. 

1397.  —  Dovrà  essere  reputato  diritto  assoluto  di  ogni  Stato 
neutrale  il  mantenere  durante  la  guerra  TinTiolabilità  di  tutto  il 
territorio  e  delle  sue  adiacenze,  e  di  tutte  le  acque  territoriali,  e 
l'esigere  che  nessun  fatto  di  guerra  possa  essere  consumato  in 
tali  località,  e  che  nessuno  dei  belligeranti  possa  fare  in  esse  qual 
si  sìa  operazione  pei  fini  della  guerra. 

1398.  —  Incombe  ai  belligeranti  rispettare  gelosamente  Tin- 
yiolabilità  del  territorio  neutrale  e  delle  sue  adiacenze  e  l'aste- 
nersi dal  fare  in  esso  qualunque  atto  di  ostilità  o  dal  compiere 
in  esso  qualunque  atto  o  fatto  dì  guerra  incominciato  fuori  della 
giurisdizione  t^rìtorìale  del  Sovrano  neutrale. 

Qualunque  atto  di  ostilità  fatto  o  compiuto  nei  luoghi  soggetti 
alla  giurisdizione  territoriale  del  Sovrano  neutrale  sarà  reputato 
contro  le  leggi  della  guerra,  e  sarà  conseguentemente  ritenuto 
illegale  anche  il  sequestro  dì  una  nave  nemica  fatto  nelle  acque 
territoriali  neutrali,  quando  la  nave  inseguita  si  sia  rifugiata  fn 
esse,  e  il  belligerante  abbia  soltanto  compiuto  l'attacco  incomin- 
ciato in  alto  mare. 

Indipendenza  neW esercizio  dei  diritti  di  sovranità. 

1399.  —  Ciascuno  Stato  neutrale  potrà  con  la  più  completa 
indipendenza  esercitare  ì  diritti  di  sovranità  durante  la  guerra  co^ 
come  durante  la  pace,  e,  purché  Tesercizio  di  codesti  diritti  non 


528  Libro  IV,  -  Détta  tutela  giuridica  del  DiriUo  intemazionale 

debba  ritenersi  limitato  a  norma  delle  regole  precedenti,  o  che 
le  circostanze  speciali  non  siano  tali  da  fare  attribuire  agli  atti 
sovrani  il  carattere  d'ingerenza  e  di  assistenza  all'uno  o  all'altro 
dei  belligeranti,  la  completa  libertà  nell'esercizio  dei  diritti  sovrani 
non  potrà  ritenersi  limitata  in  considerazione  dei  pregiudizi  even- 
tuali, che  ne  possono  derivare  per  l'una  o  per  l'altra  delle  parti 
belligeranti. 

Questa  regola  può  trovare  la  sua  applicazione  neiripotesì  che  un  Governo 
di  uno  Stato  neutrale  abbia  riconosciuto  un  Governo  costituito  dal  partito 
insorto  nel  caso  di  una  guerra  civile,  e  avesse  considerato  questo  nel  pieno 
godimento  dei  diritti  spettanti  al  belligerante  riconoscendolo  come  tale.  Non 
ostante  che  tale  riconoscimento  potesse  essere  considerato  come  intempestivo 
dal  Governo  contro  cui  la  guerra  fosse  fatta,  e  che  questo  qualificasse  come 
ribelli  i  partigiani  impegnati  nella  lotta  politica  contro  dì  lui;  e  dato  pure  che 
la  condotta  del  Governo  dello  Stato  neutrale  potesse  essere  giudicata  come 
una  manifestazione  di  simpatia  in  favore  del  partito  insorto,  ed  un  procedi- 
mento non  di  buona  amicizia  verso  il  Governo  costituito,  contro  cui  la  guerra 
fosse  fatta,  non  si  potrebbe  nonpertanto  negare  al  Governo  neutrale  il  diritto 
di  farlo,  nò  Toperato  suo  potrebbe  essere  giudicato  in  ogni  caso  fuori  dei  diritti, 
che  gli  spettano  nella  posizione  di  neutrale  (Confr.  reg,  75-77). 


Libertà  del  commercio  pacifico. 

1400.  —  Spetta  allo  Stato  neutrale  il  diritto  di  proteggere  la 
libertà  del  commercio  pacifico  esercitato  dai  propri  cittadini  du- 
rante la  guerra,  e  di  tutelare  con  ogni  maniera  la  sicurezza  della 
navigazione  e  l'inviolabilità  delle  navi  appartenenti  ai  medesimi 
e  delle  mercanzie  caricate  su  di  esse:  di  tutelare  altresì  il  diritto 
incontestato  spettante  ad  essi  di  essere  reputati  fuori  delle  leggi 
di  guerra  fino  a  tanto  che  non  abbiano  mancato  ai  doveri  della 
neutralità,  e  di  esercitare  il  commercio  con  la  stessa  libertà  che  du- 
rante la  pace,-  e  senza  nessuna  opposizione  non  solo  se  codesto 
commercio  fosse  da  essi  fatto  direttamente  dai  porti  neutrali  a 
quelli  del  nemico,  ma  di  poter  continuare  ad  esercitarlo,  se  fosse 
fatto  dall'uno  all'altro  dei  porti  dei  belligeranti  a  seconda  dei  trat- 
tati conclusi  durante  la  pace,  e  che  debbano  essere  reputati  in 
pieno  vigore  nonostante  la  guerra  sopravvenuta. 


Titolo  X  -  Della  Neutralità  529 

1401.  —  Incombe  ai  belligeranti  il  ritenere  in  pieno  vigore 
i  trattati  stipulati  durante  la  pace  con  gli  Stati  che,  soprav- 
venuta la  guerra,  abbiano  dichiarato  la  neutralità,  e  continuare 
ad  osservare  rispetto  ad  essi  tutti  gli  obblighi  assunti  in  forza  di 
tali  trattati,  e  lasciare  che  essi  e  i  loro  cittadini  godano  comple- 
tamente di  tutti  i  diritti  e  di  tutti  i  vantaggi  che  ne  possano 
derivare,  così  come  se  la  guerra ,  alla  quale  lo  Stato  rimanga 
estraneo,  non  fosse  sopravvenuta. 

Siccome  la  neutralità  importa  che  il  Diritta  intemazionale  relativo  ai  rap- 
porti pacifici  sussista  nella  sua  integrità  tra  i  belligeranti  e  lo  Stato  neutrale, 
008*  non  può  essere  una  ragione  sufficiente  per  sospenderne  Tesatta  osservanza 
o  per  modificare  Tapplicazione  delle  regole  in  vigore  durante  la  pace,  quella 
dei  vantaggi  eventuali  che  dall'osservanza  del  Diritto  stesso  possono  derivare 
ai  neutrali  in  conseguenza  della  guerra  sopravvenuta.  L'antica  teoria,  che  i 
belligeranti  possono  avere  il  diritto  d'impedire  ai  neutrali  di  profittare  della 
guerra,  non  può  ammettersi,  e  si  deve  invece  ritenere  in  massima  che,  sussi- 
stendo rispetto  ad  essi  integralmente  il  Diritto  della  pace,  il  belligerante  non 
possa  agire  altrimenti  che  a  norma  delle  regole  che  concernono  i  rapporti  reci- 
proci durante  essa. 

Doveri  degli  Stati  neutrali. 

1402.  —  Incombe  a  ciascuno  Stato  neutrale: 

a)  Tastenersi  lealmente  e  completamente  dal  prendere  parte 
alla  guerra  e  il  non  fare  nulla  che  direttamente  o  indirettamente 
possa  influire  a  rendere  più  forte  uno  dei  belh'geranti  o  ad  inde- 
bolire l'altro,  e  in  generale  l'astenersi  da  qual  si  sia  atto  che  abbia 
il  carattere  dì  assistenza  pei  fini  della  guerra  ; 

li)  il  non  permettere  o  tollerare  che  una  delle  parti  belli- 
geranti faccia  nel  territorio  dello  Stato,  e  sue  adiacenze,  e  nelle 
acque  territoriali  qual  si  sia  operazione  di  guerra,  o  che  compia 
un  fatto  qualunque  pei  fini  della  guerra; 

e)  il  provvedere  con  le  proprie  leggi  a  che  tutte  le  persone 
soggette  alla  sua  giurisdizione  sovrana  rispettino  le  regole  della 
neutralità  ed  osservino  i  doveri  che  ne  conseguono; 

d)  l'esercitare  la  dovuta  diligenza  per  impedire  che  ogni 
persona  soggetta  alla  propria  giurisdizione  violi  le  regole  della 
neutralità  e  i  doveri  che  ne  derivano; 

34  —  FioRK.  Dir,  interri,  codif. 


^0  Libro  ir.  '  Della  tutela  giwHdica  del  Diritto  inUmazionàU 

il  commercio  dei  neutrali  è  stato  ristretto  senza  giustificati  criteri,  avendo  cia- 
scuno dei  belligeranti  enumerato  secondo  il  proprio  arbitrio  gli  oggetti  di  con- 
trabbando di  guerra,  ed  assoggettato  alle  leggi,  che  colpiscono  il  trasporto  del 
contrabbando,  ogni  nave  che  trasportava  gli  oggetti  dei  quali  il  commercio  era 
stato  da  lui  inibito.  Ammettiamo  che  particolari  esigenze  possano  giustificare 
di  accrescere  in  date  circostanze  oltre  i  giusti  limiti  gli  oggetti  dei  quali  debba 
essere  vietato  il  commercio.  Però  nessun  belligerante  potrebbe  arrogarsi  verona 
giurisdizione  rispetto  a  tutti  gli  Stati  dichiarando  il  commercio  degU  oggetti  da 
lui  indicati  quale  contrabbando  di  guerra,  altrimenti  si  verrebbe  ad  ammettere 
che  esso  medesimo  potesse  far  la  legge,  con  cui  fosse  derogato  al  Diritto 
comune,  ed  assoggettare  poi  tutti  alle  sanzioni  penali  secondo  il  Diritto  inter- 
nazionale in  caso  di  violazione.  Laonde,  qualora  per  le  particolari  circostanze 
divenisse  veramente  necessario  Tinibire  il  commercio  di  certi  oggetti,  il  divieto 
fatto  dal  belligerante  mediante  ordinanze  promulgate  al  cominciamento  della 
guerra,  non  potrebbe  divenire  efficace  a  qualificare  il  commercio  degli  oggetti 
inibiti  contrabbando  di  guerra,  che  nel  caso  che  i  Governi  degli  Stati  neutrali 
avessero  riconosciuto  nel  commercio  inibito  il  carattere  deirainto  o  assistenza 
ai  fini  della  guerra,  ed  avessero  imposto  ai  cittadini  di  astenersi  dal  fare  il 
trasporto  di  quei  determinati  oggetti,  dichiarandoli  compresi  tra  quelli  di 
contrabbando. 


Contrabbando  di  guerra  convenzionale. 

1427.  —  La  categoria  degli  oggetti  di  contrabbando  potrà  essere 
allargata  oltre  i  limiti  fissati  nella  regola  precedente  in  virtù  di 
patti  speciali  espressamente  concordati  tra  Io  Stato  belligerante 
e  altri  Stati  coi  trattati  o  stipulati  precedentemente  per  essere 
reciprocamente  obbligatorii  in  qual  si  sia  guerra,  o  conclusi  al 
cominciamento  della  guerra.  In  questo  caso  l'estensione  del  con- 
trabbando sarà  valevole  soltanto  tra  gli  Stati,  che  avessero  con- 
cluso il  trattato,  e  la  proibizione  di  trasportare  gli  oggetti  indicati 
sarà  efficace  a  riguardo  soltanto  dei  cittadini  degli  Stati,  che  aves- 
sero sottoscritto  il  trattato. 

Ammettendo  che  la  categoria  degli  oggetti  di  contrabbando  possa  essere  estesa 
in  virtù  di  un  trattato,  veniamo  a  dire  che  il  divieto  oltre  i  limiti  fissati  se- 
condo il  Diritto  comune  può  essere  allargato  in  virtù  del  Diritto  convenzionale, 
ma  limitatamente  ai  cittadini  degli  Stati,  che  avessero  stipulato  il  trattato. 
Questo  non  modifica,  ma  ribadisce  la  nostra  regola,  che  cioè  il  concetto  del 
contrabbando  di  guerra  secondo  il  Diritto  internazionale,  e  la  conseguente  appli- 
cazione delle  regole  di  Diritto  internazionale  che  lo  concernono,  devono  rite- 
nei'si  fìssati  secondo  il  Diritto  comune,  e  che  tutto  ciò  non  può  essere  determi- 
nato dai  Governi  belligeranti  in  occasione  di  ciascuna  guerra,  ma  che  può  essere 
bensì  soltanto  modificato  in  virtù  del  Diritto  convenzionale,  ma  limitatamente 
alle  persone  che  possono  essere  assoggettate  all'osserranza  del  trattato. 


Titolo  XI.  -  Del  contrabbando  di  guetTa  ^* 


Diritto  del  belligerante  dHnibire  il  commercio  di  certi  oggetti. 

1428.  —  Il  belligerante  può  per  le  esigenze  della  guerra  inibire 
il  trasporto  di  certi  oggetti  al  nemico,  ed  impedire  colla  via  di 
fatto  che  essi  arrivino  in  potere  di  lui,  salvo  però  l'obbligo  d'in- 
dennizzare di  ogni  danno  i  privati  da  lui  forzatamente  assoggettati 
alle  esigenze  della  guerra. 

Per  spiegare  il  concetto  della  proposta  regola  osserviamo,  che  non  si  può 
assolutamente  escludere  che  in  certe  evenienze  il  belligerante  possa  avere  il 
diritto  dMmpedire  che  arrivino  al  nemico  certi  determinati  oggetti,  dei  quali 
egli  abbia  pressante  bisogno  e  di  cui  la  mancanza  arrecherebbe  a  lui  nocu- 
mento sicuro  e  minor  forza  per  continuare  la  guerra.  L'inibizione  e  la  via  di 
fatto  per  renderla  effettiva  sarebbero  giustificate  come  qual  si  sia  operazione 
di  guerra  rispetto  a  tutti,  imperocché  nessuno  può  dÌ8:onoscere  che  la  guerra 
è  di  per  so  stessa  un  fatto  di  forza  maggiore  idoneo  a  modificare  1* autorità 
dei  principii  di  Diritto  comune.  Evvi  durante  la  guerra  un  complesso  di  diritti 
fondati  sulla  necessità  dell'attacco  e  della  difesa,  e  tra  questi  va  pure  anno- 
Terato  il  diritto  di  espropriazione  forzata  che  si  afferma  colle  requisizioni,  colle 
somministrazioni  forzate  e  via  dicendo.  Deve  quindi  ammettersi  che  il  belli- 
gerante per  indebolire  il  nemico  possa  pure  impedire  che  certi  oggetti  arrivino 
nelle  sue  mani  a  fine  di  togliergli  così  la  forza  della  resistenza  o  i  mezzi  di 
cui  abbisogna  per  continuare  la  guerra. 

Quello  che  egli  non  può  fare  si  è  di  trasformare  la  nozione  giuridica  del 
fatto  suo,  nel  senso  cioè  di  attribuire  a  quello,  che  egli  può  lecitamente  fare 
come  operazione  di  guerra,  il  carattere  che  ha  Tesercizio  del  diritto  spettante 
al  belligerante  secondo  la  legge  intemazionale,  di  considerare  cioè  il  trasporto 
come  contrabbando  di  guerra,  non  neutrale  chi  trasporti  al  nemico  gli  oggetti 
da  luì  qualificati  contrabbando  e  di  assoggettarlo  alle  sanzioni  penali  stabilite 
secondo  il  Diritto  internazionale  contro  chiunque  violi  i  doveri  di  neutralità* 

Per  tali  ragioni  noi  ammettiamo  il  diritto  del  divieto  come  fondato  sulle  ne- 
cessità della  guerra  :  consideriamo  il  divieto  come  un  fatto  di  forza  maggiore 
giustificabile  come  ogni  altra  operazione  di  guerra,  e  conseguentemente  am* 
mettiamo  in  pari  tempo  che  il  belligerante  debba  indennizzare  i  privati  che 
patiscono  il  danno  del  sequestro  in  transUu  della  merce  trasportata  per  conto 
o  a  destinazione  del  nemico,  essendo  che  il  trasporto  non  possa  essere  quali* 
ficato  contrabbando  di  guerra,  ma  può  essere  non  per  tanto  inibito  soltanto 
pei  fini  del  belligerante  e  nell'in teresse  esclusivo  dì  lui. 


Destinazione  della  merce  o  della  nave. 

1429.  —  Tutti  gli  oggetti,  che  a  norma  delle  regole  precedenti 
possono  essere  qualificati  tra  quelli  di  contrabbando  di  guerra,  sa- 
ranno soggetti  alle  leggi  di  guerra,  che  concernono  il  loro  trasporto, 


542  Libro  IV,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

quando  siano  diretti  all'una  o  all'altra  delle  parti  belligeranti,  con 
falsa  destinazione  o  per  mezzo  d'interposte  persone. 

1430.  —  Sarà  presunta  diretta  al  belligerante  di  parte  nemica 
la  merce  di  contrabbando  caricata  a  bordo  di  nave  neutrale  ogni 
qual  volta  questa  nel  corso  del  suo  viaggio  debba  toccare  un 
porto  del  medesimo,  nonostante  che  il  porto  di  destinazione  sia 
neutrale,  o  quando  nel  corso  del  suo  viaggio  essa  debba  appog- 
giare nelle  acque,  ove  si  trovi  la  squadra  nemica  o  una  parte 
di  essa. 

Potrà  del  pari  essere  presunta  ostile  la  destinazione  della  merce, 
se  la  nave  navighi  fuori  della  rotta  regolare  per  il  porto  di  desti- 
nazione indicato  dalle  carte  di  bordo,  o  quando  le  carte  e  i  docu- 
menti esistenti  a  bordo  apparissero  falsi,  o  simulati,  o  alterati. 

1431.  —  Ogni  nave  neutrale,  la  quale  sia  stata  noleggiata  da 
uno  dei  belligeranti,  sarà  reputata  noleggiata  per  un  fine  militare 
e  al  servizio  attuale  del  nemico,  o  come  destinata  a  prestare  ser- 
vizio a  lui,  e  sarà  come  tale  qualificata  contrabbando  di  guerra. 


Trasporti  inibiti  ed  assimilati  al  contrabbando  di  guerra. 

1432.  —  Saranno  assimilati  al  contrabbando  di  guerra  i  tras- 
porti per  conto  o  a  destinazione  del  nemico  fatti  in  tempo  di 
guerra,  che  abbiano  il  carattere  di  assistenza  militare. 

Saranno  qualificati  tali  il  trasporto  di  soldati  o  ufficiali;  il  tras- 
porto dei  dispacci;  il  trasporto  del  carbon  fossile;  il  trasporto 
degli  agenti  del  partito  belligerante,  subordinatamente  alle  regole 
seguenti. 


Trasporto  di  soldati  e  ufficiali. 

1433.  —  Sarà  qualificato  come  atto  diretto  di  assistenza  mi« 
litare  ed  assimilato  al  contrabbando  di  guerra  il  fatto  di  una  nave, 
che  si  sia  volontariamente  prestata  a  trasportare  i  soldati  al  bel- 
ligerante, 0  che  si  sia  prestata  scientemente  e  volontariamente  a 


Titolo  XL  -  Dd  contrabbando  di  guerra  «^^ 

trasportare  al  medesimo  ufficiali,  o  persone  inviate  per  un  fine 
militare  o  per  un  pubblico  servizio  in  relazione  ai  finì  della  guerra. 

Una  nave  neutrale,  la  quale  fosse  stata  costretta  con  la  violenza  o  con  la 
forza  a  trasportare  i  soldati  o  i  marinai  all'uno  o  all'altro  dei  belligeranti, 
non  potrebbe  essere  reputata  colpevole  di  violazione  di  neutralità,  ed  è  per 
questo  che  il  trasporto  non  può  essere  imputabile  ad  essa,  se  non  che  quando 
abbia  accettato  volontariamente  di  fare  tale  servizio  per  conto  del  belligerante, 
n  trasporto  di  un  ufficiale  o  comandante,  anche  quando  fosse  volontariamente 
fatto,  non  può  essere  imputabile  alla  nave  neutrale,  quando  essa  dia  la  prova 
piena  che,  benché  abbia  volontariamente  accettato  tale  servizio,  ignorava  com- 
pletamente la  condizione  della  persona  o  delle  persone  da  essa  trasportate 
come  passeggierì.  La  nostra  regola  tende  quindi  a  stabilire  che  la  nave  neu* 
trale  non  possa  essere  trattata  come  nemica,  se  non  che  quando  abbia  volon- 
tariamente e  scientemente  commesso  un  atto  di  assistenza  militare. 


Trasporto  di  dispacci. 

1434.  —  Sarà  assimilato  al  contrabbando  di  guerra  il  fatto  di 
una  nave  che  volontariamente  abbia  accettato  di  trasportare  i 
dispacci  di  un'autorità  militare  a  chiunque  essi  siano  diretti,  o 
quelli  indirizzati  ad  un'autorità  militare  da  chiunque  essi  siano 
spediti,  e  il  fatto  della  nave  che  trasporti  da  uno  all'altro  porto 
di  una  parte  belligerante  i  dispacci  di  un  pubblico  funzionario 
dello  Stato  diretti  ad  un  altro  pubblico  funzionario  dello  Stato 
medesimo,  e  quelli  di  una  nave  che  scientemente  e  volontariamente 
si  sia  prestata  al  trasporto  della  corrispondenza  pei  fini  della 
guerra  {Confr.  reg,  1438). 

Quello  che  ci  sembra  indispensabile  nel  caso  di  trasporto  di  dispacci  per 
qualificare  come  atto  di  ostilità  l'operato  della  nave,  che  si  sia  a  ciò  prestata, 
è  l'avere  essa  scientemente  e  volontariamente  inteso  di  apportare  con  l'atto  suo 
un  soccorso  al  belligerante,  dacché  in  tal  guisa  diverrebbe  anch'essa  nemica» 
alla  pari  di  chiunque  si  proponga  di  recare  un  aiuto  qualsiasi  al  nemico.  Allora 
quando  la  nave  si  presti  a  portare  i  dispacci  di  un'autorità  militare,  non  può 
ignorare  che  l'atto  suo  è  di  per  sé  stesso  un  soccorso  e  che  cosi  facendo 
faccia  un  atto  di  ostilità.  Tale  attitudine  da  parte  sua  la  pone  quindi  nelle  con- 
dizioni per  essere  trattata  come  nemica.  La  sua  intenzione  ostile  non  può  essere 
del  pari  esclusa  quando  essa  si  presti  volontariamente  a  fare  da  corriere  portando 
un  dispaccio  di  un  pubblico  funzionario  dello  Stato  belligerante  diretto  ad  altro 
funzionario  di  questo,  ovunque  essa  debba  poi  al  medesimo  consegnarlo.  A 
riguardo  poi  di  ogni  altra  forma  di  corrispondenza,  la  condizione  di  essersi  essa 
prestata  conoscendo  lo  scopo  della  corrispondenza  ci  pare  indispensabile. 
Per  tale  considerazione  nella  seconda  parte  della  regola  é  detto  scientemenU 


544  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

e  volontariamente,  perchè  soltanto  quando  la  nave  neutrale  faccia  spontanea^ 
mente  qualche  cosa  a  vantaggio  del  nemico,  diviene  nemica.  Se  essa  avesse 
trasportato  il  dispaccio  ignorandone  la  provenienza  e  in  buona  fede,  e  potesse 
darne  prova  piena,  Toperato  suo  non  potrebbe  essere  qualificato  atto  di  ostilità. 


Trasporto  del  carbon  fossile. 

1435.  —  Sarà  assimilato  al  contrabbando  di  guerra  il  trasporto 
del  carbon  fossile  per  conto  del  belligerante,  se  esso  sia  destinato 
alle  autorità  militari  residenti  in  qualunque  parte  dello  Stato  bel- 
ligerante, 0  se  sia  destinato  ad  una  nave  che  faccia  parte  dell'ar- 
mata, in  qualunque  luogo  debba  essere  consegnato. 


Trasporto  degli  agenti  diplomatici. 

1436.  —  Non  sarà  assimilato  al  contrabbando  il  trasporto  degli 
agenti  diplomatici  dello  Stato  belligerante. 

In  caso  però  di  guerra  civile,  una  nave  che  scientemente  e 
volontariamente  si  presti  a  trasportare  gli  agenti  del  partito  rivo- 
luzionario, che  faccia  la  guerra,  può  essere  reputata  colpevole  di 
trasporto  illecito  assimilato  al  contrabbando  di  guerra. 

Non  si  può  stabilire  in  massima  che  il  trasporto  di  agenti  o  commissari  di 
una  parte  belligerante,  possa  essere  assimilato  al  contrabbando  di  guerra.  Con- 
viene bensì  che,  avuto  riguardo  alle  circostanze,  si  possa  ravvisare  nel  fatto 
rintenzione  diretta  a  prestare  assistenza  e  soccorso  pei  fini  della  guerra.  Se  il 
trasporto  non  abbia  il  carattere  vero  e  proprio  di  atto  di  ostilità  e  di  aiuto 
al  belligerante  per  fare  o  continuare  la  guerra,  non  puossi  ravvisare  nel  fatto 
del  trasporto  il  carattere  di  trasporto  ostile  e  molto  meno  poi  assimilarlo  al 
contrabbando  di  guerra. 


Oggetti  che  non  possono  essere  compresi 
nel  contrabbando  di  gueì'ra. 

1437.  —  Non  saranno  comprese  tra  gli  oggetti  di  contrabbando 
di  guerra  le  armi  e  le  munizioni,  che  si  trovino  a  bordo  di  nave 
neutrale  e  che  si  debbano  ritenere  destinate  ad  uso  di  essa  e  pei 
bisogni  della  sua  difesa. 


Titolo  XI.  •  Del  contrabbando  di  guerra  545 

1438.  —  Non  sarà  assimilato  al  contrabbando  di  guerra  il  tras- 
porto della  corrispondenza  ordinaria  contenuta  nelle  valigie  postali 
destinate  ad  un  porto  nemico  e  provenienti  da  porto  neutrale,  né 
il  trasporto  di  dispacci  provenienti  dai  Ministri  o  Consoli  dello 
Stato  belligerante  accreditati  o  residenti  in  un  porto  neutrale  e 
diretti  al  proprio  Governo. 

Non  essendo  interrotti  durante  la  guerra  i  rapporti  diplomatici  tra  gli  Stati 
belligeranti  e  gli  Stati  neutrali,  bisogna  pure  ammettere  che  la  corrispondenza 
dei  Ministri  e  dei  Consoli  residenti  negli  Stati  neutrali  col  proprio  Governo, 
non  possa  essere  interrotta  per  la  guerra  sopravvenuta. 

1439.  —  Non  sarà  qualificato  contrabbando  di  guerra  il  fatto 
da  parte  di  nave  neutrale,  che  volontariamente  si  sia  prestata  a 
trasportare  ì  cittadini  dell'una  o  dell'altra  parte  belligerante  resi- 
denti all'estero,  e  che  per  la  guerra  sopravvenuta  si  siano  imbar- 
cati per  recarsi  nella  loro  patria,  anche  quando  vi  sia  ragione  di 
supporre,  che  essi  vi  si  rechino  per  prendere  parte  alla  guerra. 

Coloro  che  emigrano  anche  coli*  intendimento  di  arrolarsi  come  volontari 
negli  eserciti  del  loro  paese,  non  possono  al  certo  essere  qualificati  come  sol- 
dati, nò  conseguentemente  il  fatto  del  trasportarli  assimilato  al  trasporto  dei 
soldati  inibito  come  alla  regola  1433* 


Sanzioni  penali  pel  trasporto  del  contrabbando  di  guerra. 

1440.  —  Il  trasporto  del  contrabbando  di  guerra,  sia  esso  fatto 
da  nave  mercantile  nemica  o  da  nave  neutrale,  renderà  appli- 
cabili le  sanzioni  penali  stabilite  secondo  il  Diritto  comune  o  se- 
condo il  Diritto  convenzionale,  per  impedire  e  reprimere  tale  fatto 
illecito  di  assistenza  durante  la  guerra. 

Le  sanzioni  penali  però  non  potranno  essere  applicate  che  a! 
fatti,  che  possano  essere  qualificati  contrabbando  di  guerra  secondo 
le  regole  innanzi  stabilite. 

1441.  —  Le  sanzioni  penali  per  impedire  il  trasporto  del  con- 
trabbando di  guerra  non  possono  assumere  carattere  e  natura  di 
pena  per  reprimere  il  fatto,  come  se  esso  fosse  un  reato  impu- 
tabile, ma  devono  bensì  essere  ordinate  a  tutelare  il  diritto  di 
legittima  difesa  spettante  al  belligerante  contro  il  nemico  di  lui. 

35  —  Fiore,  Dir.  intern.  codif. 


546  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  DiHtto  intemazionale 

Esse  non  possono  quindi  essere  esagerate  ed  aggravate  a  fine  di 
rendere  cosi  più  efficace  la  repressione,  ma  devono  bensì  essere 
ristrette  e  limitate  a  quanto  possa  occorrere  per  far  salvo  il  diritto 
della  difesa. 

1442.  —  Incombe  ai  Governi  degli  Stati  civili  lo  stabilire  di 
accordo  un  regolamento  intemazionale  circa  le  sanzioni  penali 
adatte  ad  impedire  i  fatti  illeciti  di  assistenza  militare  in  tempo 
dì  guerra,  a  fine  di  eliminare  cosi  ogni  arbitrio  in  questa  materia 
tanto  delicata. 

Finché  non  si  verificherà  l'accordo  intomo  a  ciò,  le  sanzioni 
penali  non  potranno  essere  giustificate,  se  non  quando  esse  siano 
conformi  ai  principii  generali  del  Diritto  internazionale. 


Sanzioni  penali  secondo  i  principii  generali 
del  Diritto  internazionale. 

1443.  —  ÀI  belligerante  spetta  il  diritto  di  confiscare  tutti  gli 
oggetti  da  lui  trovati  a  bordo  di  navi  neutrali,  i  quali  costituiscano 
il  contrabbando  di  guerra  secondo  il  Diritto  internazionale. 

1444.  —  Il  belligerante  potrà  arrestare  e  ritenere  la  nave  che 
trasporti  gli  oggetti  di  contrabbando,  tanto  quanto  possa  essere 
richiesto  per  operare  la  confisca  di  detti  oggetti  e  trasportarli  in 
luogo  sicuro. 

1445.  —  Il  diritto  di  predare  la  nave  neutrale,  che  trasporti 
il  contrabbando,  può  essere  attribuito  al  belligerante  nel  solo  caso 
in  cui  essa  pel  fatto  dell'assistenza  militare  possa  essere  assimi- 
lata ad  una  nave  nemica. 

A  ciò  occorrerà  che  i  fatti  e  le  circostanze  siano  tali  da  fare 
ritenere  la  nave  colpevole  di  partecipazione  attiva  alle  ostilità. 

1446.  —  Si  potrà  ritenere  la  partecipazione  attiva  alle  ostilità 
nei  seguenti  casi  di  fragranza: 

a)  quando  la  nave  si  sia  prestata  volontariamente  e  scien- 
temente a  trasportare  soldati  al  nemico; 


Titolo  XL  -  Del  contrabbando  di  guerra  M7 

h)  quando  scientemente  e  volontariamente  sia  stata  noleggiata 
per  trasportare  dispacci  al  nemico  nelle  circostanze  richieste,  a 
fare  assimilare  tale  trasporto  al  contrabbando  di  guerra; 

e)  quando  essa  sia  stata  noleggiata  per  trasportare  viveri  e 
provvisioni  alle  navi  da  guerra  o  all'esercito; 

d)  quando  essa  sia  destinata  ad  essere  messa  a  disposizione 
del  belligerante; 

e)  quando  la  merce  di  contrabbando  da  essa  trasportata 
costituisca  la  parte  principale  del  carico  {tre  quarti^  o  non  meno 
di^due  terzi); 

f)  quando  in  seguito  all'essere  sospettata  di  trasportare  il 
contrabbando  abbia  resistito  colla  forza  a  sottomettersi  alla  visita. 

Le  regole  proposte  si  fondano  sul  concetto  che  il  Diritto  eccezionale  vigente 
durante  lo  stato  dì  guerra,  può  attribuire  al  belligerante  il  potere  d'impedire 
qualsiasi  alto  da  parte  dei  neutrali,  dal  quale  possa  derivare  a  lui  un  danno 
per  gl'interessi  della  propria  difesa ,  però  senza  che  egli  possa  assumere  la 
posizione  di  legislatore,  colla  potestà  di  costringere  tutti  a  rispettare  i  propri 
decreti  e  di  applicare  a  titolo  di  pena  le  sanzioni  più  severe  per  atterrire  onde 
intelare  più  efficacemente  i  propri  interessi.  Cosi  si  verrebbe  ad  ammettere  che 
il  belligerante  potesse  vantare  un  diritto  di  giurisdizione  in  alto  mare,  quali- 
ficare reati  i  fatti  che  ledessero  i  suoi  dùitti,  ed  assoggettare  alle  sanzioni  penali 
da  lui  comminate  coloro  che  avessero  contravvenuto  al  divieto  da  lui  promulgato 
per  tutelarli.  Che  conseguentemente  per  rendere  più  efficace  la  repressione  po- 
tesse esser  lecito  altresì  di  aggravare  la  pena  confiscando  anche  la  nave  che 
trasporti  gli  oggetti  da  lui  dichiarati  contrabbando  di  guerra,  col  pretesto  di 
tutelare  in  tal  modo  i  propri  diritti  mediante  la  maggiore  intimidazione  contro 
coloro  che  tentassero  di  lederli.  Posto  invece  il  più  giusto  concetto,  che  cioè  tutto 
il  diritto  del  belligerante  si  riassume  nel  provvedere  efficacemente  alla  propria 
difesa,  e  di  assoggettare  alle  leggi  della  guerra  il  nemico  soltanto,  in  quanto  egli 
faccia  atti  di  ostilità  reali  ed  attuali,  ne  consegue,  che  egli  possa  indubitabilmente 
impadronirsi  degli  oggetti  qualificati  contrabbando  di  guerra,  ma  non  della  nave 
che  li  trasporti,  perchè  il  fatto  puro  e  semplice  del  trasporto  può  essere  reputato 
atto  di  commercio  e  d'altra  parte  egli  non  può  vantare  giurisdizione  per  punire 
chi  abbia  contravvenuto  al  divieto.  Se  tutti  gli  Stati  si  accordassero  nel  qua- 
lificare il  contrabbando  di  guerra  come  un  reato  di  Diritto  intemazionale,  e 
stabilissero  pure  d'accordo  che  dovesse  essere  soggetta  alla  confisca  la  nave 
che  lo  avesse  commesso,  la  confisca  della  nave  potrebbe  essere  giustificata  in 
conseguenza  della  violazione  della  legge  comune  dagli  Stati  proclamata,  ma  nelle 
condizioni  attuali  il  belligerante  non  può  esercitare  che  i  diritti  eccezionali  che 
a  lui  spettano  durante  lo  stato  di  guerra  ed  avuto  riguardo  ai  fini  della  guerra. 
Ora  secondo  questi  la  confisca  della  nave,  che  trasporti  il  contrabbando,  non 
può  essere  giustificata. 

É  diverso  il  caso  in  cui  la  nave  co'  suoi  atti  partecipa  attivamente  alle  ostilità, 
come  accadrebbe  nei  casi  da  noi  contemplati.  Quando  essa  compie  un  fatto  di 
assistenza  militare  tanto  grave  da  poter  essere  reputata  nemica,  ò  ragionevole 


^^  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  dd  Dit-iUo  internazionale 

che  possa  essere  assimilata  ad  una  nave  privata  aggregata  alle  navi  militari 
adoperate  pei  fini  della  guerra. 

In  ogni  altro  caso  è  ragionevole  ammettere  soltanto,  che  la  nave,  la  quale 
a  suo  rischio  e  pericolo  intraprenda  il  trasporto  illecito,  debba  sottostare  a  tutte 
le  conseguenze  che  ne  possono  derivare,  e  che  se  il  belligerante  interrompa 
il  suo  viaggio,  se  l'obblighi  a  fermarsi,  se  per  mettere  al  sicuro  gli  oggetti  di 
contrabbando  la  costringa  a  trasportarli  in  uno  dei  porti  dello  Stato,  essa  di 
nulla  possa  dolersi,  perchè  subisce  le  conseguenze  del  fatto  illecito  e  del  rìschio, 
ma  quando  il  belligerante  abbia  così  provveduto  alla  tutela  dei  propri  diritti, 
non  può  domandare  altro  alla  nave,  perchè  non  si  può  dire  che  essa  col 
trasporto  del  contrabbando  abbia  preso  parte  attiva  alle  ostilità  e  conseguen- 
temente deve  ammettersi  che  non  possa  essere  trattata  come  nave  nemica. 

Vedi  pel  più  largo  sviluppo  del  nostro  concetto  Tarticolo  da  noi  pubblicato 
nelle  Pandectes  Frangaiseè^  voce  Contré>ande  de  guerre^  e  Topuscolo  sullo  stesso 
argomento  tradotto  e  pubblicato  a  Madrid:  Rtvigta  de  legialaeiont  1896.  * 

1447.  —  In  nessun  caso  il  belligerante  potrà  confiscare  la  parte 
di  carico  lecito  che  si  trovi  a  bordo  della  nave  che  trasporti  il 
contrabbando. 

I  proprietari  della  merce  lecita  però  non  potranno  esigere  dal 
belligerante  il  rifacimento  dei  danni  derivanti  dall'interruzione  del 
viaggio  o  dal  sequestro  della  nave,  ma  saranno  tenuti  a  rivolgere 
le  loro  azioni  contro  il  capitano  o  contro  l'armatore. 

Anche  nellMpotesi  che  il  carico  lecito  e  Tillecito  appartenessero  allo  stesso 
proprietario,  non  si  potrebbe  mai  giustificare  la  confisca  del  carico  lecito.  Tale 
estensione  assumerebbe  infatti  carattere  vero  e  proprio  di  pena,  ed  abbiamo 
già  detto  che  la  confisca  in  caso  di  contrabbando  deve  essere  ristretta  dentro 
i  limiti  richiesti  dal  Diritto  di  guerra.  Si  può  soltanto  ammettere  che  quando  il 
belligerante  abbia  diritto  di  ritenere  la  nave  che  trasporti  il  contrabbando  o  di 
confiscarla  nelle  circostanze  eccezionali  sopra  menzionate,  possa  interrompere 
il  viaggio  della  nave,  e  che  esercitando  cosi  il  proprio  diritto  non  debba  essere 
tenuto  al  rifacimento  dei  danni  che  ne  possono  derivare.  Di  questi  deve  rispon- 
dere il  capitano  o  Tarmatore,  secondo  i  principii  del  Diritto  comune  relativi  al 
contratto  di  trasporto,  i  quali  determinano  la  responsabilità  delFuno  o  dell'altro 
rispetto  ai  proprietari  della  merce  pei  danni  eventuali  che  durante  la  navigazione 
siano  cagionati  ai  medesimi  per  colpa  di  chi  sia  preposto  al  governo  della  nave. 

1448.  —  Incombe  agli  Stati  civili  che  sottoscrissero  la  dichia- 
razione fatta  dal  Congresso  di  Parigi  del  1856,  o  che  aderirono  alla 
medesima,  l'eliminare  ogni  incertezza  circa  le  regole  di  Diritto 
marittimo  in  tempo  di  guerra,  determinando  d'accordo  quello  che 
deve  essere  qualificato  contrabbando  di  guerra,  e  fissando  le  san- 
zioni penali  per  tutelare  il  diritto  spettante  al  belligerante  d'im* 
pedhre  i  trasporti  illeciti  in  tempo  di  guerra. 


Titolo  XIL  -  Del  blocco  $  dei  suoi  rapporti  coi  neutrali  549 


TITOLO  XIL 
Del  bloooo  e  dei  suoi  rapporti  ooi  neutrali. 

In  che  consista  il  blocco  e  contro  quali  luoghi 

possa  essere  effettuato. 

1449.  -—  n  blocco  è  una  delle  operazioni  di  guerra  che  consiste 
neir  investimento  di  una  costa  del  nemico  effettuato  per  inter- 
cettare ogni  comunicazione  per  la  via  di  mare,  e  mantenuto  con 
un  numero  di  navi,  che  realmente  ed  effettivamente  siano  in  grado 
d'impedire  con  la  forza  a  guai  si  sia  nave,  che  voglia  attraversare 
il  cordone  di  blocco,  di  potere  ciò  fare  senza  esporsi  ad  essere 
colpita  dai  cannoni  delle  navi  stazionanti. 

1450.  —  II  belligerante  potrà  effettuare  il  blocco  contro  qual 
si  sia  parte  della  costa  del  proprio  nemico,  e  attuare  tale  ope- 
razione di  guerra  non  solo  contro  i  porti  militari  o  fortificati,  ma 
altresì  contro  i  porti  di  commercio  o  qualunque  parte  della  costa 
rispetto  a  cui,  pei  fini  della  guerra,  intenda  interrompere  ogni 
comunicazione. 

1461.  —  Non  potranno  essere  assoggettate  al  blocco  le  im- 
boccature dei  fiumi  internazionali  :  gli  stretti,  neanche  quando  le 
due  rive  di  uno  di  essi  appartengano  allo  Stato  nemico  :  i  canai! 
navigabili  interoceanici. 

Questa  regfola  mira  a  stabilire  che,  indipendentemente  degli  accordi  inter- 
nazionali  circa  la  neutralità  degli  stretti  e  dei  canali  interoceanici,  come  è  quello 
di  Suez,  il  diritto  del  belligerante  di  bloccare  tali  località  e  le  imboccature  dei 
fiumi  intemazionali  deve  ritenersi  negato  secondo  i  principi!  del  Diritto  co- 
mune, altrimenti  ne  seguirebbe,  che  T  operazione  di  guerra  contro  il  nemico 
colpirebbe  anche  i  neutrali,  che  hanno  il  diritto  di  servirsi  di  tali  vie  di  comu* 
nicazione. 

1462.  —  II  belligerante  non  potrà  assoggettare  al  blocco  i  pro- 
pri porti  ed  applicarvi  le  leggi  di  guerra,  che  concernono  il  blocco 


&^  Libro  IV.'  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  inUniaziù%alt 

dei  porti  nemici.  Potrà  però  durante  la  guerra  dichiarare  chiuso 
uno  o  più  dei  propri  porti,  e  adoperare  la  forza  per  impedire  alle 
navi  neutrali  di  entrare  in  essi. 

Qualora  però  i  porti  nazionali  fossero  caduti  in  potere  del  ne- 
mico, potrà  durante  l'occupazione  militare  essere  effettuato  contro 
di  essi  il  blocco,  sotto  le  stesse  condizioni,  per  renderlo  effettivo 
ed  obbligatorio,  stabilite  pel  blocco  dei  porti  nemici  e  indicate 
alle  regole  seguenti. 

Quando  il  blocco  debba  riteneì'si  legalmente  stabilito. 

1453.  —  Il  blocco  non  potrà  ritenersi  de  facto  esistente,  se  non 
quando  esso  sia  reale  ed  effettivo,  e  non  sarà  reputato  tale  se 
non  quando  tutte  le  navi,  che  formino  la  squadra  di  blocco,  siano 
stazionate  permanentemente  ed  in  maniera  da  formare  effettiva- 
mente un  arco  di  cerchio  dinanzi  al  porto  o  alla  costa  bloccata, 
e  da  escludere  la  probabilità  di  patere  una  nave  attraversare  il 
cordone  di  blocco  senza  esporsi  al  fuoco  dei  cannoni  con  grave 
pericolo  e  danno  imminente. 

1464.  —  Come  operazione  di  guerra,  il  blocco  non  sarà  repu- 
tato efficace  ad  attribuire  al  belligerante  i  diritti,  che  ne  derivano 
anche  a  riguardo  dei  neutrali,  con  la  facoltà  di  applicare  contro 
di  essi  le  sanzioni  penali  in  caso  di  violazione,  se  non  quando 
esso  sia  reale  ed  effettivo  a  norma  della  regola  precedente. 

Le  regole,  come  sono  da  noi  formulate,  tendono  ad  escludere  qual  si  sia 
dubbio  a  riguardo  delPesistenza  del  blocco,  ed  a  stabilire  che  esso  non  possa 
reputarsi  legalmente  esistente,  se  non  quando  il  belligerante  abbia  circondato 
realmente  il  porto,  la  rada  o  costa  del  nemico  da  lui  bloccati,  facendo  stazio- 
nare un  numero  di  navi,  le  quali  facciano  effettivamente  nn  arco  di  cerchio 
intorno  al  porto  o  alla  costa  bloccata,  di  maniera  che  nessuna  nave  possa 
attraversare  il  cordone  di  blocco,  senza  essere  esposta  al  fuoco  dei  cannoni 
delle  navi  stazionanti  e  disposte  in  modo  da  impedire  di  attraversarlo. 

1455.  —  Il  blocco  non  cesserà  dall'essere  reale  ed  effettivo  se 
una  0  più  navi  siano  riuscite  con  grave  rischio  a  forzare  il  cor- 
done di  blocco,  ma  sarà  sufficiente  per  essere  reputato  tale,  che 
esso  non  possa  essere  ordinariamente  attraversato  senza  esporsi 
a  potere  essere  colpito  dai  cannoni  delle  navi  stazionanti 


Titcio  XIL  -  Del  bheeo  €  d$i  9uoi  rapporti  eoi  neutrali  6B1 

Questa  regola  tende  ad  esclvdere  ogni  esagerazione  a  riguardo  del  blocco 
reale  ed  effettiyo.  Se  potasse  reputarsi  solftciente  che  una  o  più  navi  eeoeseiih 
mUtnetUe  avessero  potuto  attraversare  il  cordone  dì  blocco,  per  escludere  resi- 
stenza legale  di  esso,  ne  seguirebbe,  die  il  blocco  il  più  efifettivo  potrebbe 
essere  disconosciuto.  Suole  infatti  sempre  accadere,  che  navi  a  vapore  veloci 
ed  ardite,  profittando  della  notte  o  del  cattivo  tempo,  eludano  impunemente 
la  vigilanza  della  squadra,  ma  questo  non  fa  sì  che  il  blocco  cessi  dall^essere 
effettivo.  Qualora  esse  potessero  attraversare  ordinariamente  senza  pericolo  il 
cordone  di  blocco,  la  cosa  sarebbe  diversa. 


Blocco  notificato  soltanto  in  via  diplomatica. 

1456.  —  Il  blocco  decretato  e  notificato  soltanto  diplomatica- 
mente, come  alla  regola  1458,  non  sarà  reputato  esistente  ed  ob- 
bligatorio rispetto  ai  neutrali,  se  non  sia  reale  ed  effettivo,  non 
ostante  che  il  belligerante,  che  lo  abbia  decretato  e  notificato,  abbia 
una  forza  navale  sufficiente  per  mantenerlo  effettivamente  e  real- 
mente. 

Questa  regola  mira  ad  escludere  qualunque  sistema  di  blocco,  che  non  abbia 
i  caratteri  per  essere  reputato  reale  ed  effettivo  a  norma  delle  regole  stabilite. 
Per  giustificare  il  così  detto  blocco  di  gabinetto  o  blocco  fittizio,  o  blocco  per 
notificazione  diplomatica  era  stato  detto  non  essere  necessario,  che  il  bellige* 
rante  facesse  stazionare  permanentemente  le  navi  per  poterlo  mantenere,  ma 
che  dovesse  reputarsi  sufficiente,  che  esso  avesse  notificato  il  blocco,  e  che 
avesse  un*armata  navale  sufficiente  per  mantenerlo  e  farlo  rispettare.  Così  fu 
introdotto  il  sistema  del  ìdoccue  par  croisière.  A  seconda  delle  regole  da  noi 
indicate  nissun  belligerante  può  vantare  i  diritti  di  guerra,  che  derivano  dal 
blocco,  se  non  quando  esso  abbia  occupato  di  fatto  le  acque  adiacenti  alle 
eoste  del  nemico  bloccate  con  un'armata  navale  permanente,  la  quale  sia  in 
grado  d'impedire  realmente  ogni  comunicazione  con  esse. 


Temporanea  sospensione  delV investimento. 

1457.  —  La  temporanea  sospensione  deirinvestimento  per  cpial- 
sisìa  causa  non  fa  cessare  il  blocco,  ma  sospende  Tapplicazione 
dei  diritti  di  guerra,  che  da  esso  derivano,  durante  il  tempo  pel 
quale  rinvestimento  reale  ed  effettivo  venga  a  cessare. 

Questa  regola  tende  ad  escludere  completamente  che  il  belligerante  possa 
imporre  le  leggi  del  blocco  ed  applicarle  fàori  del  caso  delFoccupazione  reale 

ed  effettiva.  Ritenendo  che  tutto  debba  dipendere  da  questa,  è  naturale  Tam- 
mettere,  che  venendo  essa  a  cessare,  cessi  del  tutto  rapplicabilità  delle  leggi 


\ 


552  Libro  IV.  -  Della  tutOa  giuriéUea  dd  IHriUo  itdernazionaU 

di  blocco;  venendo  essa  ad  essere  sospesa,  rapplicabilità  delle  leggi  debba  essere 
del  pari  sospesa.  Le  navi,  che  essendo  dirette  alla  costa  bloccata  non  trotino 
la  squadra  bloccante,  non  possono  essere  tenute  a  ricercare  se  Tinvestimento 
sìa  Tenuto  a  mancare  per  la  cessazione  definitiva  del  blocco,  o  per  altra  cagione» 
Se  non  esiste  di  fatto  il  blocco,  non  possono  essere  applicate  alle  navi  le  leggi» 
che  lo  concernono. 


Notificazione  diplomatica  del  blocco. 

1468.  —  Il  belligerante,  che  intende  di  bloccare  un  porto  od 
una  costa,  dovrà  notificarlo  pubblicamente  in  via  diplomatica, 
e  determinare  il  porto  o  la  costa,  che  esso  intenda  bloccare,  e  pre- 
cisare il  giorno,  in  cui  Tinvestimento  sarà  da  luì  effettuato,  conce- 
dendo un  iempo  ragionevole  alle  navi  neutrali  per  compiere  le 
operazioni  di  commercio  in  corso  nei  luoghi  bloccati  ed  uscire  sicu- 
ramente dopo  averle  compiute. 

La  mancanza  di  tale  notificazione  non  potrà  valere  per  disco- 
noscere l'esistenza  legale  del  blocco,  che  abbia  di  fatto  i  requisiti 
per  essere  reputato  reale  ed  effettivo,  ogni  qual  volta  che  ne  sia 
fatta  la  notificazione  speciale  come  alla  regola  seguente. 


Notificazione  speciale  del  blocco. 

1459.  —  La  notificazione  speciale  del  blocco  consiste  nella  di- 
chiarazione fattane  da  un  ufflziale  di  una. delle  navi  da  guerra  ap- 
partenenti alla  squadra  bloccante  al  capitano  o  padrone  della  nave 
neutrale  diretta  verso  il  porto  o  la  costa  bloccata,  e  scritta  sulle 
sue  carte  di  bordo.  Essa  dovrà  indicare  il  giorno  e  Torà  in  cui  sia 
stata  fatta,  e  determinare  i  limiti  del  blocco  precisandoli  con  la 
latitudine  e  longitudine. 

1460.  —  \3n  blocco  non  potrà  ritenersi  sussistente  per  tutti  i 
suoi  effetti  giuridici  riguardo  a  ciascuna  nave,  che  sia  diretta  verso  il 
luogo  bloccato,  o  che  voglia  uscire  da  esso,  se  non  dopo  che  le  sia 
stata  fatta  la  notificazione  speciale,  e  a  cominciare  dal  momento, 
in  cui  codesta  notificazione  sia  stata  scrìtta  sulle  sue  carte  di  bordo. 


Titolo  XII.  •  D$l  blocco  e  dei  suoi  rapporti  coi  neturali  ^53 


Dilazione  per  uscire  dal  luogo  bloccato. 

1461.  —  Incombe  ognora  al  Comandante  della  squadra,  che 
voglia  stabilire  il  blocco,  quando  possa  farlo  senza  grave  pregiu- 
dizio delle  operazioni  di  guerra,  notificarlo  ai  rappresentanti 
degli  Stati  neutrali  residenti  nella  cerchia  delle  sue  operazioni 
militari,  e  far  conoscere  ad  essi  il  giorno  da  cui  il  blocco  avrà  co- 
minciamento,  e  la  dilazione  da  lui  accordata  alle  navi  neutrali  per 
uscire  dal  luogo  bloccato. 

Tale  notificazione  potrà  essere  fatta  ai  Consoli  degli  Stati  neu- 
trali (Confr.  reg,  1466). 

1462.  —  Qualora  nei  trattati  stipulati  tra  il  belligerante,  che 
abbia  stabilito  il  blocco,  e  lo  Stato  alla  marina  mercantile  del  quale 
appartengano  le  navi  neutrali  ancorate  nel  porto  bloccato,  fosse 
stabilito  un  tempo  determinato  per  potere  le  navi  uscire  libera- 
mente in  caso  di  blocco,  il  termine  stipulato  col  trattato  riguardo 
ad  esse  non  comincerà  a  decorrere,  che  dal  giorno  in  cui  sia  stato 
notificato  al  Console  residente  nel  porto  bloccato  il  cominciamento 
del  blocco. 

Mancando  la  notificazione  ufficiale  fatta  ai  Consoli  degli  Stati 
neutrali,  il  termine  stipulato  nei  trattati  decorrerà  dal  giorno,  in 
cui  l'esistenza  del  blocco  sia  divenuta  notoria. 


Dovein  dei  neutrali  in  caso  di  blocco. 

1463.  —  Incombe  alle  navi  neutrali  che  intendono  osservare  i 
doveri  della  neutralità,  il  riconoscere  il  blocco  posto  dal  belligerante 
contro  il  proprio  nemico  efficace  per  tutti  gli  efi'etti,  che  ne  derivano 
secondo  il  Diritto  di  guerra,  ogni  qual  volta  che  esso  abbia  i  requi- 
siti per  essere  reputato  reale,  effettivo  e  notificato  a  norma  delle 
regole  precedenti,  e  l'astenersi  assolutamente  di  entrare  o  di  uscire 
dal  porto  o  dalla  costa  bloccata  attraversando  il  cordone  di  blocco, 
sotto  la  condizione  di  sottostare  in  caso  di  violazione  alle  sanzioni 


554  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

penali  stabilite  secondo  il  Diritto  intemazionale  e  che  sono  con- 
template alle  regole  1521  h,  1527,  1585  i«,  1536. 

1464.  —  Non  vi  sarà  violazione  della  legge  di  blocco,  se  non 
quando  una  nave,  alla  quale  sia  stata  fatta  la  notificazione  spedde, 
come  alla  regola  1459,  con  un  atto  positivo  cerchi  di  entrare  o  dì 
uscire  dalla  costa  o  dal  porto  bloccato  (Confr.  reg.  1467). 


Diritti  dei  neutrali  in  caso  di  blocco. 

1465.  —  Ciascuna  nave  neutrale,  non  ostante  la  notificazione 
diplomatica  del  blocco  fatta  dal  belligerante  e  resa  pubblica  dal 
Governo  dello  Stato,  potrà  intraprendere  il  viaggio  dirìgendosi  a 
porto  bloccato,  e  non  sarà  reputata  colpevole  di  violazione  di 
blocco,  se  non  che  quando  dopo  avere  ricevuta  la  notificazione 
speciale,  come  alla  reg.  1459,  abbia  tentato  di  attraversare  o  abbia 
attraversato  il  cordone  del  blocco  reale  ed  effettivo  (Cbn/V.r^^.  1467). 

1466.  —  La  comunicazione  ufficiale  fatta  ai  Consoli  degli  Stati 
neutrali  residenti  nei  paesi  bloccati  non  potrà  equivalere  alla  noti- 
ficazione speciale  rispetto  alle  navi  mercantili  appartenenti  alla 
marina  dello  Stato  neutrale,  cui  il  Console  appartiene,  e  qualora 
una  di  coteste  navi  trovandosi  nel  porto  bloccato  tentasse  di  uscirne, 
dopo  che  il  blocco  fosse  stato  effettivamente  e  realmente  stabilito, 
non  sarà  reputata  colpevole  di  violazione  di  blocco,  se  non  quando 
sia  stata  fatta  ad  essa  la  notificazione  speciale,  come  alla  reg.  1459, 
e  dopo  avere  ricevuto  tale  notificazione  tenti  di  attraversare  o 
attraversasse  il  cordone  di  blocco,  essendo  caricata  di  qual  si  sia 
mercanzia. 

A  cotesta  nave,  cosi  come  a  quella  che  tentasse  di  entrare  nel 
porto  bloccato  dopo  avere  ricevuta  la  notificazione  speciale,  saranno 
applicabili  le  leggi  di  guerra  relative  al  blocco,  e  le  penalità  secondo 
esse  stabilite. 

1467.  —  Non  saranno  assoggettate  alle  leggi  di  guerra  relative 
al  blocco  le  navi  neutrali  che  uscissero  dai  porti  bloccati  cariche 
di  zavorra,  o  quelle,  che  avendo  un  carico  preso  a  bordo  avanti 


TUoh  XIL  •  Del  hloeoo  e  dei  suoi  rapporti  coi  neutrali  555 

il  cominciamento  del  blocco,  attraversassero  il  cordone  entro  il 
termine  fissato  dal  Comandante  per  uscire,  o  entro  quello  che  ri- 
spetto ad  esse  deve  ritenersi  stabilito  in  virtù  dei  trattati,  avuto 
riguardo  per  quello  che  concerne  la  dilazione  secondo  essi  fissata 
a  quanto  è  detto  alla  regola  1462. 


Applicazione  delle  regole  del  blocco  alle 
navi  mercantili  nemiche. 

1468.  —  Tutte  le  regole  contenute  in  questo  titolo  dovranno 
essere  applicate  anche  alle  navi  mercantili  di  parte  nemica  per 
poterle  reputare  colpevoli  di  violazione  di  blocco  ^  qualora  la 
proprietà  privata  nemica  sia  stata  dichiarata  inviolabile  nella 
guerra  marittima  escludendo  il  Diritto  eccezionale  contemplato 
alla  regola  129i. 


556  Libro  i  V.  -  Della  tutela  giuridica  dei  Diritto  inUmazùmaie 


tiTOLO  xra. 


Del  diritto  di  visita. 


Concetto  e  natura  del  diritto  di  visita. 

1460.  —  Il  diritto  di  visita  consiste  nella  facoltà  spettante  al 
belligerante  durante  la  guerra  di  far  fermare  ogni  nave  mercantile 
da  lui  incontrata  nelle  proprie  acque  territoriali,  e  in  quelle  dei 
suoi  alleati  nella  guerra,  o  in  alto  mare,  a  fine  di  verificare  la  con- 
dizione giuridica  di  essa  e  la  natura  del  carico  trasportato. 

Tale  diritto  potrà  essere  esercitato  dai  Comandanti  delle  navi 
da  guerra  del  belligerante,  e  anche  da  quelli  delle  navi  corsare  da 
lui  debitamente  autorizzate,  se  fosse  il  caso  di  guerra  in  corsa. 

1470.  —  Il  diritto  di  visita  dovrà  essere  riguardato  come  diritto 
eccezionale  attribuito  durante  la  guerra  in  conseguenza  delle  esi- 
genze di  essa,  e  dovrà  essere  esercitato  con  le  dovute  limitazioni, 
che  devono  ritenersi  stabilite  avuto  riguardo  alla  natura  delle  cose 
ed  allo  scopo,  che  mediante  essa  s'intende  conseguire,  e  non  potrà 
essere  reputato  legittimo  e  regolare  in  ogni  caso,  in  cui  non  vi 
sia  dalla  parte  di  chi  Tesercitì  alcun  ragionevole  motivo  di  voler 
conoscere  la  condizione  della  nave  e  la  natura  del  carico  da  essa 
trasportato. 

Questa  regola  mira  a  stabilire,  che  quantunque  Tesercizio  del  diritto  di  vinta 
da  parte  del  belligerante  non  possa  essere  in  principio  limitato,  non  deve  essere 
esercitato  da  lui,  che  nei  luoghi  e  circostanze  atte  a  giustificare  T interesse 
suo  attuale  di  verificare  pei  fini  della  guerra  la  nazionalità  della  nave  incon- 
trata in  alto  mare  o  nelle  sue  acque  territoriali,  o  la  natura  della  merce  caricata 
a  bordo  di  essa. 

Dove  si  può  procedere  alla  visita. 

1471.  —  La  visita  potrà  essere  praticata  là  ove  è  lecito  fare 
ogni  altra  operazione  di  guerra.  Essa  non  potrà  essere  effettuata 


Titolo  XllL  -  Del  diritto  di  viiita  557 

nelle  acque  territoriali  neutrali  senza  offesa  dei  diritti  spettanti  ai 
Sovrani  neutrali  {Confr.  reg.  1397),  ma  potrà  bensì  essere  eserci- 
tata nelle  acque  territoriali  di  uno  Stato  alleato  nella  stessa  guerra. 

Navi  esenti  dalla  visita. 

1472.  —  Il  belligerante  non  potrà  assoggettare  alla  visita: 

a)  le  navi  da  guerra  di  uno  Stato  neutrale,  e  quelle  che  fac- 
ciano parte  della  marina  militare  di  esso; 

b)  i  piroscafi  postali,  che  fanno  il  servizio  della  corrispondenza 
per  commissione  del  Governo  neutrale,  di  cui  portino  la  bandiera, 
dato  che  il  Commissario  del  Governo,  che  si  trovi  a  bordo,  dichiari 
in  iscritto  che  il  piroscafo  non  trasporti  soldati  al  nemico,  né  di- 
spacci diretti  al  medesimo,  né  oggetti  di  contrabbando  di  guerra, 
0  assimilati  ad  esso,  e  che  siano  destinati  al  nemico. 

Nav^i  in  convoglio. 

1473.  —  Le  navi  mercantili  in  convoglio  scortate  da  una  nave  da 
guerra  saranno  esentate  dalla  visita,  qualora  il  Comandante  di  co- 
desta nave  di  scorta  dia  il  nome  di  ciascuna  delle  navi,  che  formano 
il  convoglio  posto  sotto  la  sua  direzione,  e  dichiari,  che  a  bordo  di 
tali  navi  non  esiste  alcun  oggetto  di  contrabbando  di  guerra  o  assi- 
milato ad  esso  e  trasportato  per  conto  o  a  destinazione  del  nemico. 

La  dichiarazione  sarà  fatta  dal  Comandante  del  convoglio  sulla 
sua  parola  d'onore,  e  sarà  scritta  nei  libri  esistenti  a  bordo. 

1474.  —  Incombe  a  ciascun  Governo  regolare  l'organizza- 
zione dei  convogli  marittimi  con  leggi  efficaci  a  tutelare  i  diritti 
dei  belligeranti  e  le  esigenze  della  guerra,  ed  imporre  sopratutto 
ai  Comandanti  delle  navi  di  scorta  di  non  ricevere  nessuna  nave  in 
convoglio  senza  avere  attentamente  esaminato  i  documenti  di  essa, 
e  constatato  di  non  esservi  a  bordo  contrabbando  di  guerra. 

Un  rigoroso  regolamento  di  servìzio  intorno  a  ciò  deve  essere 
reputato  come  condizione  indispensabile  per  fare  esentare  dalla 
visita  le  navi  in  convoglio. 


^^  Libro  IV,  '  Dilla  tutela  giuridica  del  DirUto  internazionale 


Visita  delle  navi  in  convoglio. 

1475.  —  La  visita  delle  navi  in  convoglio  sarà  considerata 
legittima: 

a)  se  il  regolamento  di  servizio  non  provveda  efiicacem^ite 
a  che  il  Comandante  della  nave  da  guerra,  che  scorti  il  convoglio, 
sia  in  grado  di  fare  una  dichiarazione  coscienziosa  circa  la  nazio- 
nalità della  nave  e  la  natura  e  destinazione  del  carico; 

h)  se  il  Comandante  della  nave  abbia  rifiutato  di  fare  la  di- 
chiarazione richiesta,  o  l'abbia  fatta  in  maniera  incompleta  e  non 
soddisfacente  ;  o  quando  le  circostanze  siano  tali  da  far  dubitare 
che  esso  abusi  della  sua  posizione  ;  o  quando  vi  siano  fondate  ra- 
gioni di  credere  che  la  buona  fede  del  medesimo  possa  essere  stata 
sorpresa. 

1476.  —  Qualora  fosse  il  caso  di  assoggettare  alla  visita  una 
nave  in  convoglio  potrà  secondo  le  circostanze  essere  affidato  al 
Comandante  stesso  della  nave  di  scorta  il  procedere  alle  ricerche, 
ovvero  dovrà  ammettersi,  che  esso  possa  assistervi  personalmente, 
o  inviare  un  ufiiziale  per  assistervi. 


Modo  di  procedere  alta  visita. 

1477.  —  Ogni  nave  dello  Stato  belligerante,  che  si  trovi  nelle 
acque,  nelle  quali  si  può  procedere  alla  visita,  e  che  intenda  di 
far  fermare  una  nave  mercantile  per  conoscere  la  sua  nazionalità, 
dovrà  innalzare  la  bandiera  nazionale  e  sparare  un  colpo  di  cannone. 

La  nave  mercantile  sarà  tenuta  a  rispondere  al  segnale  issando 
la  propria  bandiera  e  fermandosi  tosto. 

1478.  —  Incombe  al  Comandante  della  nave  militare  di  fermarsi 
alla  sua  volta  a  conveniente  distanza  onde  potere  senza  perìcolo, 
avuto  riguardo  allo  stato  del  mare  e  del  vento,  inviare  in  una 
barca  un  ufficiale  con  due  o  tre  persone,  onde  procedere  alla  visita. 


Titolo  XIIL  •  Del  dirUto  di  viHta  559 

1479.  -^  Incombe  al  Capitano  delia  nave  mercantile  Tesibire 
le  carte  di  bordo  e  segnatamente  l'atto  di  nazionalità,  il  ruolo  di 
equipaggio,  e  tutti  i  documenti  atti  a  certificare  la  natura  del 
carico  e  la  destinazione  del  medesimo. 

Qualora  Tuffiziale  esaminati  tali  documenti  li  trovi  tutti  in  piena 
regola  e  non  vi  sia  alcun  motivo  per  dubitare  della  loro  veridicità, 
la  visita  dovrà  ritenersi  cosi  compiuta,  e  dopo  aver  fatto  la  relativa 
annotazione  nelle  carte  esistenti  a  bordo,  dovrà  essere  concesso 
alla  nave  il  continuare  liberamente  il  suo  viaggio. 


Ricerche  e  ispezioni. 

1480.  —  Qualora  le  carte  di  bordo  non  siano  in  piena  regola, 
o  quando  vi  sia  qualche  fondato  motivo  per  dubitare  della  veridicità 
dei  documenti,  si  potrà  procedere  alle  ricerche  ed  alle  ispezioni, 
a  fine  di  potere  cosi  conoscere  se  vi  fossero  altri  documenti  o 
mercanzie  sospette. 

n  Capitano  non  potrà  a  ciò  opporsi,  ed  in  caso  di  opposizione 
le  ricerche  e  le  investigazioni  potranno  essere  fatte  con  la  forza, 
ma  incombe  ognora  all'uffiziale  della  nave  da  guerra  il  procedere 
con  la  più  grande  moderazione,  e,  senza  abusare  del  proprio  diritto, 
limitare  le  ricerche  a  seconda  dei  motivi  più  o  meno  fondati  di 
sospetto. 

1481.  —  Saranno  reputati  motivi  fondati  di  sospetto  i  seguenti  : 

à)  quando  la  nave  non  si  sia  tosto  fermata ,  e  non  si  sia 
messa  in  panna  in  seguito  al  segnale  ad  essa  dato  dalla  nave  mi- 
litare col  colpo  di  cannone; 

b)  quando  essa  non  abbia  tutte  le  carte  di  bordo,  nonostante 
che  dichiari  di  averle  gettate  in  mare  o  di  essere  state  le  carte 
distrutte  durante  il  viaggio  per  qual  si  sia  incidente  fortuito; 

e)  quando  le  carte,  benché  in  piena  regola,  appariscano 
alterate  e  falsificate; 

d)  quando  essa  navighi  sotto  falsa  bandiera. 


560  Libro  IV.  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

1482.  —  Nei  casi  enumerati  e  negli  altri,  nei  quali  per  le  circo- 
stanze particolari  possa  nascere  un  ragionevole,  fondato  motivo  di 
sospetto,  le  ricerche  potranno  essere  estese,  obbligando  il  Capitano 
della  nave  a  far  aprire  i  boccaporti,  gli  armadi,  ed  i  ripostigli,  ma 
senza  spingere  tali  operazioni  oltre  la  giusta  misura  aprendo  e 
rompendo  le  casse,  i  fusti,  e  gli  altri  ripostigli,  col  pretesto  di  ricer- 
care se  in  essi  vi  siano  carte  o  mercanzie  sospette. 

Tali  atti  potranno  essere  giustificati  nel  caso  soltanto,  che  il 
Capitano  si  sia  opposto  alla  visita  delle  casse  sigillate,  sulle  quali 
cadesse  il  sospetto,  che  contenessero  le  carte  di  bordo  o  gli  oggetti 
di  contrabbando  di  guerra. 


Sequestro  della  nave  visitata. 

1483.  —  Allorquando  dalla  visita  o  dalle  ricerche  risultasse 
che  la  nave  arrestata  si  trovi  in  condizioni  per  essere  sospettata 
colpevole  di  violazione  dei  doveri  della  neutralità,  il  belligerante 
potrà  operare  il  sequestro  di  essa,  attenendosi  alle  norme  di  pro- 
cedura, che  lo  concernono,  come  sono  indicate  al  titolo  seguente. 

1484.  —  Il  sequestro,  come  alla  regola  precedente,  potrà  essere 
operato  in  ogni  caso,  in  cui  la  nave  arrestata  non  possa,  con  le 
carte  esistenti  a  bordo,  stabilire  ia  sua  condizione  di  nave  neutrale, 
dato  che  durante  la  guerra  sia  applicato  tra  i  belligeranti  il  diritto 
eccezionale  contro  la  proprietà  privata  di  parte  nemica. 


Titolo  XIV,  -  Del  sequestro  e  della  confisca  561 


TITOLO  XIV. 

Del  sequestro  e  della  oonfisca  durante  la  guerra  marittima 

e  del  giudiisio  relativi  alle  prede. 

1486.  —  Il  sequestro  in  tempo  di  guerra  deve  essere  reputato 
come  un  fatto  eccezionale,  giustificato  dalla  necessità  della  difesa, 
e  consiste  nel  diritto  spettante  al  belligerante  d'impossessarsi  della 
nave  mercantile  nemica  o  della  merce  da  essa  trasportata,  quando 
secondo  le  leggi  della  guerra  possa  accampare  il  diritto  di  predare 
la  nave  o  la  rnerce  o  d'impedire  che  arrivino  alla  loro  destinazione. 


Da  chi  e  quando  possa  essere  fatto  il  sequestro. 

1486.  —  Il  sequestro  non  sarà  reputato  legalmente  fatto,  se 
non  che  quando  sia  operato  da  una  nave  da  guerra  o  da  quelle 
che  secondo  le  leggi  di  guerra  fanno  parte  delle  forze  militari  dello 
Stato  belligerante. 

Esso  non  sarà  reputato  regolarmente  fatto,  se  non  quando  siano 
state  osservate  le  forme  legali  di  procedimento  stabilite  secondo 
il  Diritto  internazionale,  o  concordate  mediante  trattati. 

1487.  —  Il  sequestro  sarà  presunto  fatto  dal  belligerante  a  fine 
di  tutelare  i  propri  interessi  e  di  provvedere  alle  esigenze  della 
guerra,  e  dovrà  ritenersi  effettuato  ed  eseguito  sotto  la  responsa- 
bilità di  lai,  e  con  l'obbligo  conseguente  del  rifacimento  di  ogni 
danno,  se  fosse  riconosciuto  arbitrario  dal  tribunale  competente, 
o  perchè  fatto  senza  causa,  o  perchè  operato  con  violazione  dei 
prìncipi!  del  Diritto  di  guerra. 

1488.  —  Il  belligerante  potrà  sequestrare  qualunque  nave  pri- 
vata di  parte  nemica,  o  che  si  possa  presumere  tale,  ogniqualvolta 

86  —  Fiore,  Dir.  intem,  codif. 


5GS  Libro  lY,  -  T)Ma  tutèla  giuridica  del  Diritto  internazionale 

che  sia  ammesso  il  diritto  eccezionale  di  confiscare  la  proprietà 
nemica  durante  la  guerra. 

Egli  potrà  inoltre  sequestrare  una  nave  mercantile  neutrale,  o 
la  merce  appartenente  ai  neutrali  ogniqualvolta  che  egli  abbia 
un  fondato,  ragionevole  motivo  per  ritenere  soggette  alla  confisca 
secondo  il  Diritto  di  guerra  la  nave  o  la  merce,  o  quando  possa 
accampare  il  diritto  d'impedire  almeno  che  esse  arrivino  al  luogo 
di  destinazione,  salvo  però  che  in  ogni  caso  il  tutto  debba  rite- 
nersi effettuato  ed  eseguito  sotto  la  responsabilità  di  lui. 


Formalità  del  sequestro  secondo  il  Diritto  comune. 

1489.  —  Il  Comandante  della  nave  militare  o  della  nave  cor^ 
sarà  legalmente  a  ciò  autorizzata,  che  voglia  procedere  al  sequestro, 
dovrà  redigere  il  processo  verbale,  nel  quale  sarà  notato  lo  stato 
della  nave  e  del  carico  sotto  la  data  del  giorno  e  dell'ora  in  cui 
il  sequestro  sia  operato  :  della  latitudine  e  longitudine  in  cui  esso 
abbia  avuto  luogo:  delle  circostanze  che  lo  abbiano  motivato. 

1490.  —  Incombe  al  Comandante  l'enumerare  tutti  i  docu- 
menti e  le  carte  di  bordo,  dopo  averne  fatta  la  descrizione,  e  il 
farne  l'inventario  e  notare  altresì  le  carte  di  bordo  mancanti,  men- 
tovando tutto  in  una  nota  sottoscritta  da  lui  e  dal  Capitano  della 

■ 

nave  sequestrata.  Cotesti  documenti  tutti,  unitamente  a  tutte  le 
carte  e  le  lettere  che  si  trovassero  sulla  nave,  saranno  riuniti  in 
un  plico  e  chiusi  coi  sigilli  del  Comandante  e  con  quelli  propri 
del  Capitano  della  nave  sequestrata. 

Dovranno  inoltre  essere  chiusi  tutti  gli  armadi  e  ripostigli,  ai 
quali  saranno  apposti  i  rispettivi  sigilli,  e  si  dovrà  redigere  Tin- 
ventario  del  carico,  e  fare  altresì  la  nota  delle  persone  dell'equi- 
paggio e  delle  altre,  che  si  trovassero  a  bordo. 

1491.  —  Sarà  redatto  processo  verbale  di  ogni  singola  opera- 
zione sottoscritto  da  entrambi,  il  quale  dovrà  ritenersi  fatto  in 
piena  regola  neirinteresse  del  sequesUante  e  del  sequestrato. 


Titolo  XIV.  '  Del  sequestro  e  della  confisca  563 

1492.  —  Il  Goraandante  della  nave  belligerante  non  potrà 
rifiutarsi  d'inserire  nel  processo  verbale  qualsisia  circostanza  di 
fatto  a  richiesta  del  Capitano  della  nave  sequestrata,  né  di  osser- 
vare ]e  maggiori  formalità  che  questi  voglia  richiedere  nel  fare 
r inventario,  neir apporre  i  sigilli  ed  altro,  anche  quando  esso 
ritenesse  la  richiesta  fatta  dal  Capitano  del  tutto  inutile. 


Conservazione  delle  cose  sequestrate. 

1403.  -*  Incombe  al  sequestrante  il  conservare,  quando  ciò 
sia  possibile,  le  cose  come  esse  si  trovino,  e  nulla  mutare,  nulla 
consumare  o  distrarre  senza  gravi  ed  urgenti  necessità  constatate. 

Se  però  il  carico  consistesse  in  cose,  che  si  potessero  facilmente 
guastare  o  in  cose  che  fossero  già  avariate,  il  Comandante  dell'in- 
crociatore potrà  prendere  i  provvedimenti  più  convenienti  per  la 
loro  conservazione,  ma  sempre  d'accordo  ed  in  presenza  del  capi- 
tano della  nave  sequestrata,  ovvero  in  presenza  del  Console  nazio- 
nale di  questi  ;  e  qualora  fosse  necessario  di  vendere  una  parte  del 
carico,  egli  potrà  ciò  fare,  richiedendo,  quando  ciò  riesca  possibile, 
l'assistenza  del  Cionsole  nazionale  della  nave. 


Quando  la  nave  sequestrata  possa  essere  distrutta. 

1494.  —  Il  Comandante  dell'incrociatore  non  potrà  ritenersi 
autorizzato  a  distruggere  o  colare  a  fondo  la  nave  sequestrata,  egli 
potrà  però  ciò  fare  sottp  la  propria  responsabilità  (vedi  re^.  1533): 

ì^  quando  per  le  condizioni  del  mare  e  di  quelle  della  nave 
non  sia  possibile  di  tenere  questa  a  galla; 

2®  quando  la  nave  a  cagione  del  suo  cattivo  stato  o  della  sua 
forza  motrice  non  sia  in  grado  di  seguire  la  nave  da  guerra,  e  non 
possa  essere  da  questa  rimorchiata  senza  grave  pregiudizio; 

3^  quando  per  l'avvicinarsi  di  navi  da  guerra  di  parte  nemica 
il  Comandante  non  possa  custodire  la  nave  sequestrata  senza 


564  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale 

rimanere  impacciato  nei  suoi  liberi  movimenti,  e  correre  il  rischio 
che  essa  sia  ripresa  dal  nemico; 

4<^  quando  non  riesca  agevole  il  mettere  sulla  nave  seque- 
strata un  equipaggio  sufficiente  per  custodirla  senza  diminuire  di 
troppo  quello  necessario  pel  servizio  e  la  sicurezza  dell'incrociatore; 

5^  quando  il  condurre  la  nave  sequestrata  in  uno  dei  porti 
del  belligerante  possa  riuscire  d'ostacolo  a  compiere  le  operazioni 
di  guerra  alle  quali  l'incrociatore  sia  consacrato. 

1496.  —  In  ogni  caso  contemplato  dalla  regola  precedente,  sarà 
redatto  dal  Comandante  il  processo  verbale  particolareggiato  e 
firmato  da  due  ufficiali  di  bordo,  nel  quale  saranno  enunciate  le 
circostanze,  che  abbiano  potuto  consigliare  la  distruzione  della 
nave  sequestrata,  ed  i  motivi  pei  quali  il  Comandante  l'abbia  decisa. 
Detto  processo  verbale  sarà  scritto  sui  libri  esistenti  a  bordo  e 
trasmesso  all'autorità  militare  superiore  in  copia  firmata  dal 
Comandante. 

Oltre  la  responsabilità  verso  il  proprietario  della  nave  e  del  carico,  a  cui 
provvede  la  regola  1533,  evvi  pure  la  responsabilità  rispetto  al  proprio  Governo 
e  di  fronte  al  Codice  penale  militare,  che  punisce  in  tempo  di  guerra  le  distra- 
zioni non  giustificate  a  seconda  delle  necessità  attuali  {Confr.  reg.  1186, 
1302  e  seg.). 

1496.  —  Incombe  ognora  al  Comandante,  che  abbia  ordinato 
la  distruzione  della  nave  sequestrata,  il  fare  trasbordare  sulla  pro- 
pria nave  e  mettere  al  sicuro  tutte  le  persone,  che  si  trovassero  a 
bordo  della  nave  sequestrata,  tutte  le  carte  e  documenti  chiusi  e 
sigillati  in  plico,  come  alla  reg.  1490,  e  quella  parte  del  carico  che 
abbia  motivato  il  sequestro  e,  per  quanto  ciò  sia  possibile,  gli 
oggetti  di  maggior  valore,  che  possano  essere  reputati  esenti  dalla 
confìsca  e  spettanti  ai  loro  proprietarL  . 

Delle  persone  che  si  trovino  a  bordo. 

1497.  —  Il  Comandante  dell'incrociatore  potrà  dichiarare  prigio- 
nieri di  guerra  soltanto  coloro,  ì  quali  si  trovassero  a  bordo  della 
nave  sequestrata  e  che  facessero  parte  della  forza  militare  del 
nemico.  Potrà  dichiarare  tali  anche  le  persone  dell'equipaggio,  nel- 


Titolo  XIV,  •  Del  sequestro  e  della  confisca  555 

l'ipotesi  però  che  la  nave  avesse  preso  parte  attiva  alle  operazioni 
militari, o  quando  essa  avesse  attaccato  combattimento  per  resistere 
alla  visita. 


Nave  sequestrata  condotta  in  tm  porto  del  belligerante. 

1498.  —  Qualora  il  Comandante  dell'incrociatore  possa  con- 
durre la  nave  sequestrata  in  uno  dei  porti  del  proprio  Stato  o  di 
uno  Stato  alleato,  dovrà  ciò  fare,  e,  giunto  a  tale  porto,  sarà  tenuto 
a  rimettere  all'autorità  militare  superiore  il  processo  verbale  rela* 
tivo  al  sequestro  e  tutti  i  documenti  chiusi  nei  plichi  sigillati,  e 
l'autorità  militare  avrà  cura  di  custodirli  per  consegnarli  nello  stato 
in  cui  U  abbia  ricevuti  all'autorità  giudiziaria  competente  per  la 
istruzione  dei  processi  ordinari  osservando  le  formalità  e  le  norme 
indicate  alla  regola  seguente. 

1409.  —  L'autorità  marittima  del  porto,  nel  quale  sarà  stata 
condotta  la  nave  sequestrata,  sarà  tenuta  a  redigere  processo  ver- 
bale ed  indicarvi  tutti  i  documenti  sigillati  consegnati  dall'incro- 
eiatore,  constatando  la  verificazione  fatta  dei  sigilli;  dovrà  inoltre 
ricevere  i  rapporti  fatti  dal  Comandante  dell'incrociatore  e  dal 
Capitano  della  nave  sequestrata,  e  le  dichiarazioni  delle  persone 
dell'equipaggio;  dovrà  fare  l'inventario  dei  colli  depositati,  e  la 
lista  delle  persone  che  si  trovino  a  bordo;  dovrà  richiedere  che 
sia  fatta  senza  ritardo  la  relazione  del  viaggio,  e  di  quanto  possa 
occorrere  per  stabilire  lo  stato  della  nave  e  della  merce  caricata  a 
bordo  di  essa,  e  domanderà  inoltre  la  consegna  dei  libri  esistenti 
a  bordo  della  nave,  che  motivò  il  sequestro. 

Compiuti  tutti  codesti  atti  e  formalità,  Tautorità  marittima  dovrà 
fare  senza  ritardo  e  dentro  le  24  ore  la  consegna  di  tutti  i  docu- 
menti, che  concernono  il  sequestro  e  lo  stato  della  nave,  all'auto- 
rità giudiziaria  competente  per  Tistruzione  dei  processi  ordinari. 

1600.  —  Qualora  si  trovasse  nel  luogo,  ove  tali  atti  istruttorii 
devono  essere  compiuti,  il  Console  dello  Stato  neutrale,  a  cui  ap* 
partenga  la  nave  sequestrata,  esso  avrà  diritto  di  assistere  l'ufficiale 


566  Libro  IV.'  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale 

d'amministrazione  della  marina  nella  redazione  del  processo  ver- 
bale. Mancando  il  Console,  il  Capitano  della  nave  sequestrata  avrà 
diritto  di  assistere  o  di  farsi  rappresentare,  e  di  fare  inserire  nel 
processo  verbale  le  circostanze,  che  esso  voglia  mettere  in  rilievo, 
per  illuminare  la  giustizia. 


Compito  deWatUorità  giudiziaria. 

1501.  -^  L'autorità  giudiziaria  per  l'istruzione  de!  processi 
ordinari  farà  tutti  gli  atti  ulteriori  che  possa  ritenere  utili  per 
illuminare  il  tribunale  competente  in  materia  di  sequestro  e  di 
prede  marittime,  raccoglierà  tutti  gli  elementi  che  possano  riuscire 
utili  per  l'illuminata  amministrazione  della  giustizia,  e  darà  corso 
alle  istanze  degl'interessati,  che  abbiano  richiesto  qualche  atto 
istruttorio. 

1502.  —  L'autorità  giudiziaria  competente  per  l'istruzione  potrà 
decretare  i  provvedimenti  d'urgenza  per  la  conservazione  della  nave 
sequestrata  e  degli  oggetti  che  formino  il  carico.  Essa  potrà  ordi- 
nare la  restituzione  ai  legittimi  proprietari  di  tutti  quelli  che  non 
possano  formare  materia  di  preda  bellica,  e  sopra  tutto  degli 
oggetti  appartenenti  alle  persone  dell'equipaggio  o  ai  passeggieri, 
che  si  trovino  sulla  nave  sequestrata. 

1503.  —  Compiuti  tutti  gli  atti  d'istruzione,  incombe  all'autorità 
giudiziaria  il  rimettere  senza  dilazione  tutti  gli  atti  del  processo 
al  tribunale  delle  prede  istituito  dal  proprio  Governo,  per  decidere 
in  prima  istanza  circa  la  validità  del  sequestro  {Confr.  reg.  1511) 


Nave  condotta  in  un  porto  neutrale. 

1604.  —  L'incrociatore  non  potrà  condurre  la  nave  sequestrata 
in  un  porto  neutrale  tranne  che  nel  caso  di  rilascio  forzato,  o 
quando  esso  sia  costretto  a  rifugiarvisi  con  la  sua  preda  in  caso 
d'inseguimbnto  da  parte  del  nemico. 


Titolo  XIV.'  Da  sequestro  e  della  confisca  ^7 

1606.  —  Incombe  all'autorità  marittima  ctel  porto  neutrale,  ed 
all'autorità  giudiziaria  competente  per  l'istruzione  dei  processi  or- 
dinari fare  tutti  gli  atti  come  sono  indicati  nelle  regole  prece* 
denti,  e  provvedere  a  che  la  nave  sequestrata  sia  custodita  là 
ove  ottenne  rifugio,  per  restarvi  fino  a  tanto  che  il  tribunale  in- 
temazionale delle  prede  non  abbia  deciso  circa  la  validità  del 
sequestro  o  della  preda.  Compiuto  il  giudizio  la  nave  potrà  essere 
posta  a  disposizione  dell'armatore,  qualora  il  tribunale  delie  prede 
abbia  deciso  di  togliere  il  sequestro  o  ahbia  dichiarato  libera  la 
nave  e  il  carico  o  una  parte  di  esso. 

Si  praticherà  nello  stesso  modo  nel  caso,  che  il  Governo  dello 
Stato  belligerante,  in  nome  di  cui  il  sequestro  sia  stato  fatto,  e 
gl'interessati  sequestrati  arrivmo  ad  accordarsi  all'amichevole  a 
riguardo  della  sorte  della  nave  sequestrata  e  del  carico. 

Questa  regola  mira  a  tutelare  gelosamente  i  diritti  di  sovranità  dello  Stato 
neutrale,  che  abbia  accordato  rifugio  alla  nave  belligerante  ed  alla  preda  da 
essa  fatta.  Non  può  ammettersi  che  una  nave  belligerante  inseguita  da  forza 
nemica  possa  non  solo  domandare  ed  ottenere  rifugio  in  un  porto  neutrale, 
ma  ottenere  altresì  che  il  Sovrano  di  questo  le  debba  concedere  di  partire 
con  la  preda  fatta  appena  passato  il  pericolo  di  perderla.  Non  ci  pare  di  potere 
accogliere  Topinione  sostenuta  da  alcuni  giuristi,  che  cioè  il  Governo  neutrale 
possa  dichiarare  libera  la  preda,  perchè  cosi  esso  la  farebbe  da  giudice,  e  la 
giurisdizione  non  può  essergli  attribuita  a  riguardo  di  ciò.  Neanche  ci  pare 
che  esso  possa  concedere  air  incrociatore  di  condurre  seco  la  preda,  perchè 
verrebbe  a  prestar  cosi  un^assistenza  indiretta,  accordando  a  lui  il  rifugio  per 
fare  un^operazione  di  guerra,  quella  doè  di  mettere  ai  sicuro  la  preda  fatta. 

La  regola  come  è  stata  proposta  tutela  tutti  gl'interessi  ed  include  la  pro- 
tezione della  nave  neutrale  sequestrata  fino  a  che  il  tribunale  intemazionale 
competente  {reg,  1607)  non  abbia  deciso  circa  la  sorte  della  medesima,  o  le 
parti  non  si  siano  accordate  alFamichevole. 


Del  Tribunale  competente  in  materia  di  sequestro  e  di  prede. 

1606.  —  La  legalità  e  regolarità  del  sequestro  delle  navi  mer- 
cantili fatto  durante  la  guerra,  e  la  confisca  delle  navi  sequestrate 
e  del  loro  carico,  devono  essere  sottoposte  al  giudizio  di  un  tri- 
bunale speciale.  Spetterà  ad  esso  il  decidere  a  riguardo  di  ciò,  e 
il  pronunciare  la  sentenza  in  virtù  della  quale  sia  statuito  circa 


^68  Libro  IV.  •  Della  ttUela  giuridica  dèi  Diritto  internazionaU 

la  validità  e  regolarità  del  sequestro  e  sia  riconosciuto  poi  o  il  di- 
ritto del  belligerante,  in  nome  di  cui  il  sequestro  sia  stato  operato, 
di  far  sue  le  cose  sequestrate  come  preda  di  guerra,  o  il  diritto 
spettante  ai  proprietari  di  ottenere  la  restituzione  delle  medesime. 

1607.  —  Il  tribunale  speciale  competente  per  decidere  intomo 
a  ciò  che  concerne  il  sequestro  delle  navi  mercantili  durante  la 
guerra  e  circa  la  validità  delle  prede  sarà  quello  costituito  come 
tribunale  intemazionale,  il  quale  dovrà  essere  reputato  investito 
di  giurisdizione  intemazionale. 

Costituzione  del  Tribunale  delle  prede. 

1608.  —  Il  tribunale  internazionale  delle  prede  sarà  costituito, 
quando  la  guerra  sopravvenga,  secondo  le  norme  che  dovranno 
essere  stabilite  in  un  Congresso  o  Conferenza.  Esso  dovrebbe 
essere  composto  di  cinque  giudici,  dei  quali  tre  designati  dai 
rappresentanti  degli  Stati  neutrali  e  scelti  tra  i  magistrati  dei 
tribunali  supremi  o  delle  Corti  di  ammiragliato  appartenenti  a 
tre  Stati  neutrali,  e  uno  designato  da  ciascuna  delle  parti  belli* 
geranti. 

1609.  —  Mancando  le  regole  stabilite  d'accordo  preventiva- 
mente, il  tribunale  speciale  competente  a  decidere  definitivamente 
tra  i  belligeranti  e  gl'interessati,  in  materia  di  prede,  avrà  ognora 
il  carattere  proprio  di  tribunale  internazionale,  e  si  potranno 
osservare  per  la  sua  costituzione  le  seguenti  norme: 

Ciascuna  delle  parti  belligeranti  designerà  uno  dei  giudici;  gli 
altri  tre  saranno  designati  dagli  Stati  neutrali,  e  ne  sarà  fatta  la 
scelta  a  scrutinio  di  lista  tra  i  magistrati  dei  tribunali  supremi  o 
delle  Corti  di  ammiragliato.  Spetterà  a  ciascuno  di  essi  Stati  il 
designare  tre  nomi,  e  risulteranno  scelti  i  tre,  che  abbiano  otte- 
nuto il  maggior  numero  di  voti. 

I  Governi  interessati  designeranno  d'accordo  uno  di  essi  per  fere 
lo  scrutinio  dei  voti,  ed  in  mancanza  di  accordo  tale  compito  dovrà 
ritenersi  affidato  al  Governo  di  uno  degli  Stati  che,  secondo  il 
Diritto  comune,  sono  obbligati  alla  neutralità,  assoluta. 


TUoloXlV.-  Del  sequestro  e  daia  confisca  569 

• 

I  belligeranti  avranno  diritto  di  farsi  rappresentare  per  assistere 
allo  scrutinio  dei  voti. 

1610.  —  Qualora  gli  Stati  belligeranti  o  uno  di  essi  si  astenesse 
dal  designare  il  giudice,  saranno  osservato  per  designarlo  le  norme 
stabilite  per  designare  l'arbitro  in  caso  di  arbitrato  forzato  come 
alla  regola  1073. 


Tribunale  speciale  delle  prede  costituito  dal  belligerante. 

1611.  —  Ciascuno  degli  Stati  belligeranti  potrà  istituire  un  tri- 
bunale speciale  per  le  prede  fatte  dalle  proprie  navi  da  guerra  e 
deferire  ad  esso  di  esaminare  e  decidere  circa  la  regolarità  dei 
sequestri  fatti  da  esse  e  la  validità  delle  prede,  ma  non  potrà  at- 
tribuire a  codesto  tribunale  la  giurisdizione  intemazionale  in  ma- 
teria di  prede,  conferendogli  il  potere  di  pronunciare  sentenze  che 
abbiano  Tautorità  della  cosa  giudicata  circa  la  validità  del  sequestro 
e  delle  prede  con  tutti  gli  effetti  che  dall'aggiudicazione  delle  prede 
derivano  secondo  il  Diritto  intemazionale. 

1612.  —  Il  tribunale  delle  prede  istituito  da  ciascuno  Stato  se- 
condo la  legge  interna  sarà  reputato  come  una  giurisdizione  dì 
prima  istanza  rispetto  agl'interessati  sequestrati,  o  assoggettati  alla 
confisca. 

Spetterà  poi  ognora  ai  privati,  che  da  tale  tribunale  siano  stati 
condannati,  o  l'accettare  senz'altro  la  sentenza,  o  l'impugnarla  e 
sottomettere  la  causa  al  giudizio  del  tribunale  intemazionale  delle 
prede,  che  dev'essere  reputato  il  solo  competente  a  decidere  defi- 
nitivamente. 

Le  regole,  come  troTansi  da  noi  stabilite,  mirano  ad  eliminare  T  anomalia 
che  il  sovrano  di  uno  Stato  possa  esso  medesimo  essere  giudice  e  parte.  La 
controversia  circa  la  legalità  del  sequestro  e  la  legittimità  della  preda  durante 
la  gaerra  marittima  verte  sempre  tra  il  Governo  in  nome  di  cui  sia  stato  fatto 
il  sequestro,  ed  il  sequestrato,  e  siccome  tale  contestazione  non  può  essere 
altrimenti  decisa  che  in  conformità  delle  regole  del  Diritto  intemazionale,  se- 
condo le  qnali  è  stabilito  quando  si  possa  sequestrare  una  nave  neutrale  o 
una  nave  mercantile  di  parte  nemica,  e  quando  le  cose  sequestrate  debbano 
essere  aggiudicate  a  profitto  del  belligerante,  cosi  non  si  può  ammettere  che 
il  Sovrano  stesso,  che  diviene  parte  in  tale  giudizio,  possa  esso  medesimo 


570  Libro  IV.  •  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  inUmasUmaU 

essere  il  giudice.  Ammettendo  che  esso  potesse  istituire  il  tribunale  col  potere 
di  giudicare  definitivamente,  si  verrebbe  a  concedergli  la  facoltà  di  creare  una 
giurisdizione  internazionale  in  virtù  di  una  legge  intema,  lo  che  è  contrario 
al  Diritto  comune.  Il  Sovrano  belligerante  può  istituire  una  Ck>mm)88Ì0Be  spe- 
ciale in  materia  di  prede  a  solo  fine  di  esaminare  la  validità  degli  atti  fatti 
nel  suo  proprio  nome  e  nel  suo  proprio  interesse  durante  la  guerra,  e  di  deci- 
dere se  i  Comandanti  degli  incrociatori  abbiano  osservate  tutte  le  condizioni 
richieste  secondo  il  Diritto  intemazionale  per  procedere  al  sequestro,  e  se  sia 
il  caso  di  mantenere  questo  e  di  dichiarare  valida  la  preda.  Tutto  ciò  mire- 
rebbe però  soltanto  a  questo,  a  mettere  cioè  il  Governo  in  grado  di  controllare 
Tesercizio  del  diritto  di  predare  delegato  dalla  Sovranità  dello  Stato  ai  Coman- 
danti delle  navi  da  guerra  o  ai  corsari  autorizzati;  ma  con  ciò  non  si  può 
ritenere  definitivamente  risoluta  la  questione  vera  e  propria  di  Diritto  inter- 
nazionale, quella  cioè  che  consiste  nel  decidere  se  secondo  le  regole  del  Diritto 
internazionale  debba  essere  riguardato  regolare  il  sequestro  e  valida  la  preda. 
Per  decidere  tale  controversia  il  Sovrano  belligerante  non  si  può  arrogare 
verona  competenza,  perchè  esso  dev*essere  reputato  parte  nel  giudizio,  o  come 
attore,  o  come  convenuto  in  contraddittorio  dei  sequestrato  che  vo^ia  sostenere 
la  irregolarità  del  sequestro  e  la  conseguente  illegalità  della  preda  ;  laonde  il 
giudizio  definitivo  tra  di  essi  dovrà  essere  deferito  ad  un  tribunale  intema- 
zionale, il  quale  dovrà  essere  costituito  a  seconda  delle  regole  fissate  d'accordo 
dagli  Stati,  o  di  quelle  stabilite  secondo  il  Diritto  comune  per  la  costituzione 
dei  tribunali  arbitrali.  Ammettiamo  che  se  il  Sovrano  belligerante  abbia  isti- 
tuito il  tribunale  delle  prede,  codesto  possa  essere  considerato  come  un  tri- 
bunale di  prima  istanza,  e  dato  che  abbia  deciso  in  un  modo  o  nell'altro,  e 
che  il  sequestrato  ne  accetti  la  sentenza,  che  questa  possa  divenire  definitiva 
in  conseguenza  della  volontaria  sottomissione  della  parte  condannata,  ma  lad- 
dove ciò  non  accadesse,  non  si  potrebbe  al  certo,  senza  contraddire  le  regole 
del  Diritto  comune,  ammettere  che  lo  Stato  belligerante  potesse  non  solo  isti- 
tuire il  proprio  tribunale,  ma  dichiararlo  competente  ad  esaminare  ed  a  risol- 
vere, secondo  le  proprie  leggi,  controversie  di  Diritto  intemazionale. 


Competenza  del  Tribunale  intemazionale. 

1513.  —  II  tribunale  internazionale,  costituito  come  alle  regole 
precedenti  per  giudicare  in  materia  di  sequestro  e  di  prede  marit- 
time, sarà  reputato  il  solo  competente  a  giudicare  definitivamente 
i  casi  sommessi  alla  propria  giurisdizione,  ed  avrà  lo  stesso 
potere  che  un  tribunale  di  appello  neirìpotesi  che  ciascuno  degli 
Stati  belligeranti  abbia,  a  norma  della  regola  1511,  istituito  un 
tribunale  speciale  a  seconda  della  propria  legge  intema. 

1514.  —  La  sede  del  tribunale  internazionale  in  materia  di  prede 
sarà  in  un  paese  di  Stato  neutrale. 


TUolo  XIV.  '  Del  sequestro  e  détta  confisca  571 


Procedimento  dinanzi  al  Tribunale  delle  prede. 

1615.  —  Per  le  formalità  di  procedimento  dinanzi  ai  tribnnalr 
delle  prede  saranno  osservate  le  norme  stabilite  pel  procedimento 
dinanzi  ai  tribunali  arbitrali. 

Saranno  in  conformità  di  esse  fatti  tutti  gli  atti  istruttorii  per 
stabilire  ì  fatti  allegati,  e  per  raccogliere  tutti  gli  elementi  della 
prova,  che  il  tribunale  potrà  reputare  opportuni  per  potere  deci» 
dere  circa  la  legalità  del  sequestro  e  la  validità  della  preda.  A  ri- 
guardo di  ciò  il  sequestrante  ed  il  sequestrato  saranno  obbligati 
alla  pari  a  fornire  al  tribunale  giudicante  tutti  gli  elementi,  che 
esso  possa  ricliiedere  per  sentenziare  con  illuminato  giudizio. 

1516.  —  Il  tribunale,  salvo  sempre  il  giudizio  di  lui  circa  la 
ammissibilità  o  non  ammissibilità  di  qual  si  sia  mezzo  di  prova, 
dovrà  ammettere  una  parte  e  l'altra  a  fornire  le  prove  che  con- 
cernono la  legalità  o  illegalità  del  sequestro  e  la  validità  o  no  della 
confisca. 

1517.  —  Per  quanto  concerne  il  diritto  spettante  alle  parti  dr 
essere  rappresentate  nel  giudizio  e  di  rimettere  al  tribunale  me- 
morie e  contro  memorie;  per  la  dilazione  e  i  termini;  per  l'istru» 
zione  della  causa,  e  l'ordinamento  del  giudizio  saranno  osservate 
le  stesse  norme  che  pel  procedimento  dinanzi  ai  tribunali  arbitrali. 


Giudizio  circa  la  legalità  e  regolarità  del  sequestro. 

1518.  —  Spetta  al  tribunale  delle  prede  il  decidere  se  il  se* 
questro  della  nave  mercantile  sia  stato  fetto  legalmente  e  regolar» 
mente,  o  se  non  debba  ritenersi  tale. 

1619.  —  Il  tribunale  sarà  tenuto  a  giudicare  circa  il  sequestra 
a  norma  delle  regole  del  Diritto  intemazionale,  che  costituiscono 
il  Diritto  comune  in  tempo  di  guerra,  e  nell'interpretarle  ed  appli- 
carle dovrà  tener  conto  dei  documenti  di  Stato,  nei  quali  il  con» 
cetto  di  esse  trovisi  precisato  e  determinato,  e  dei  principi!  del 


^72  Lihro  IV,  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  intemazionale 

Diritto  convenzionale  stabilito  tra  gli  Stati  contendenti,  e  potrà 
valersi  altresì  della  giurisprudenza  stabilita  dai  tribunali  delle  prede, 
che  le  abbiano  interpretate  ed  applicate  giudicando  casi  analoghi, 
«  dell'opinione  dei  pubblicisti. 

1620.  —  II  tribunale  deciderà  circa  l'ammissibilità  di  qualsisia 
mezzo  di  prova,  e  non  potrà  escludere  la  produzione  dei  doca- 
menti  che  non  esistevano  a  bordo  al  momento  in  cui  sia  stato  fatto 
il  sequestro,  e  che  possano  aver  valore  nel  giudizio  in  merito  rela- 
tivo alla  validità  della  preda. 

Esso  valuterà  tutte  le  prove  e  tutte  le  circostanze  di  fatto  se- 
condo le  proprie  convinzioni  ed  il  suo  prudente  arbitrio,  e  dovrà 
tenere  in  debito  conto  le  gravi  esigenze  della  guerra,  che  impon- 
gono al  belligerante  di  provvedere  con  ogni  cura  alla  propria  difesa, 
«  di  esercitare  ogni  diritto  riguardo  a  ciò  in  maniera  da  tutelare 
gelosamente  i  propri  interessi  e  non  comprometterli  in  ogni  caso 
in  cui  esso  possa  avere  ragione  di  supporre,  che  dall'operato  di 
coloro,  che  non  devono  fare  nissun  atto  ostile,  possa  derivare  a 
lui  un  qualche  danno  mediato  o  immediato  pei  iSni  della  guerra. 

Quando  possa  ritenersi  legale  il  sequestro  della  nave. 

1521.  —  II  sequestro  della  nave  sarà  reputato  legalmente  fatto: 

a)  quando  essa  non  possa  giustificare  pienamente  la  propria 
nazionalità,  data  l'ipotesi  che  fosse  ammessa  la  confisca  delle  navi 
mercantili  di  parte  nemica  {Confr.  reg.  1292  e  seg.); 

b)  quando  essa  fosse  sfornita  di  documenti,  o  questi  non  fos- 
sero in  piena  regola,  o  vi  fosse  motivo  per  ritenerli  duplicati,  o 
quando  fossero  appai*en  temente  alterati,  o  si  avesse  motivo  per 
ritenerli  falsi  o  falsificati; 

e)  quando  la  nave  invitata  a  fermarsi  per  essere  sottomessa 
alla  visita  avesse  tentato  di  opporsi  o  sì  fosse  opposta; 

d)  quando  la  visita  e  le  ricerche  abbiano  dato  per  risultato  di 
stabilire  in  fatto  che  la  nave  abbia  preso  parte  alle  ostilità  o  hce 
sia  destinata  a  prendervi  parte» 


lìtolo  XIV.  "  Del  sequestro  e  della  confisca  575 

Sarà  reputata  sempre  tale  una  nave  neutrale  noleggiata  per 
prestare  servizio  al  nemico  e  sopratutto  per  trasportare  ad  esso 
soldati,  viveri  o  provvisioni  per  le  armate; 

e)  quando  la  nave  trasporti  oggetti  di  contrabbando  di  guerra 
e  si  trovi  nelle  condizioni  che  possono  legittimare  il  sequestra 
della  nave  in  conformità  della  regola  stabilita  in  seguito  (CStm/r. 
reg.  1525); 

f)  quando  essa  serva  di  spia ,  o  vi  sia  fondato  motivo  per 
potere  sospettare  che  serva  come  tale; 

g)  quando,  con  la  forza  abbia  difeso  una  nave  nemica  inse- 
guita 0  abbia  cercato  di  difenderla; 

h)  quando  fosse  colta  sul  momento  di  violare  il  blocco,  dopo 
aver  ricevuta  la  notificazione  speciale  dell'esistenza  di  esso. 

Quando  debba  ritenersi  illegale  il  sequestro. 

1622.  —  Il  sequestro  sarà  reputato  assolutamente  illegale  e 
contro  le  regole  del  Diritto  internazionale,  se  sia  stato  operato 
contro  una  nave,  la  quale  coi  documenti  esistenti  a  bordo  abbia 
potuto  provare  la  sua  nazionalità  neutrale,  e  Io  scopo  pacifico  del 
proprio  commercio. 

I  documenti  che  devono  essere  reputati  decisivi  ed  efficaci  a 
riguardo  di  ciò  sono: 

a)  Tatto  di  nazionalità; 

b)  ì  documenti  relativi  alla  proprietà  della  nave,  qualora  questa 
non  risultasse  dall'atto  di  nazionalità; 

e)  il  contratto  di  noleggio  con  tutti  i  documenti  relativi  alla 
natura  del  carico  ed  alla  destinazione  di  esso; 

d)  il  ruolo  di  equipaggio; 

e)  i  libri  di  bordo  dai  quali  risulti  la  rotta  della  nave  in  con* 
formità  della  destinazione  di  essa. 

Cotesti  documenti  tutti  redatti  in  debita  forma  e  senza  altera-^ 
zione  di  sorta  devono  ritenersi  efficaci  per  stabilire  prima  fade  la 
condizione  giuridica  della  nave,  del  carico  e  della  destinazione;  e 
ogniqualvolta  non  vi  sia  ragione  di  dubitare  della  loro  veridicità, 


^66  Libro  IV*  '  Dilla  tutela  giuridica  del  DiriUo  intemazionale 

d'amministrazione  della  marina  nella  redazione  del  processo  ver- 
bale. Mancando  il  Console,  il  Capitano  della  nave  sequestrata  avrà 
diritto  di  assistere  o  di  farsi  rappresentare,  e  di  fare  inserire  nel 
processo  verbale  le  circostanze,  che  esso  voglia  mettere  in  rilievo, 
per  illuminare  la  giustizia. 


Compito  delVavtorità  giudiziaria. 

1501.  -^  L'autorità  giudiziaria  per  l'istruzione  dei  processi 
ordinari  farà  tutti  gli  atti  ulteriori  che  possa  ritenere  utili  per 
illuminare  il  tribunale  competente  in  materia  di  sequestro  e  dì 
prede  marittime,  raccoglierà  tutti  gli  elementi  che  possano  riuscire 
utili  per  l'illuminata  amministrazione  della  giustizia,  e  darà  corso 
alle  istanze  degl'interessati,  che  abbiano  richiesto  qualche  atto 
istruttorio. 

1502.  —  L'autorità  giudiziaria  competente  per  l'istruzione  potrà 
decretare  i  provvedimenti  d'urgenza  per  la  conservazione  della  nave 
sequestrata  e  degli  oggetti  che  formino  il  carico.  Essa  potrà  ordi- 
nare la  restituzione  ai  legittimi  proprietari  di  tutti  quelli  che  non 
possano  formare  materia  di  preda  bellica,  e  sopra  tutto  degli 
oggetti  appartenenti  alle  persone  dell'equipaggio  o  ai  passeggieri, 
che  si  trovino  sulla  nave  sequestrata. 

1603.  —  Compiuti  tutti  gli  atti  d'istruzione,  incombe  all'autorità 
giudiziaria  il  rimettere  senza  dilazione  tutti  gli  atti  del  processo 
al  tribunale  delle  prede  istituito  dal  proprio  Governo,  per  decidere 
in  prima  istanza  circa  la  validità  del  sequestro  (Confr.  reg.  1511) 


Nave  condotta  in  un  porto  neutrale. 

1604.  —  L'incrociatore  non  potrà  condurre  la  nave  sequestrata 
in  un  porto  neutrale  tranne  che  nel  caso  di  rilascio  forzato,  o 
quando  esso  sia  costretto  a  rifugiarvisi  con  la  sua  preda  in  caso 
d'inseguimento  da  parte  del  nemico. 


Titolo  XIV,'  Dèi  Sequestro  e  ddla  confisca  ^7 

1606.  —  Incombe  airautorìtà  marittima  (tei  porto  neutrale,  ed 
all'autorità  giudiziaria  compiente  per  l'istruzione  dei  processi  or- 
dinari fare  tutti  gli  atti  come  sono  indicati  nelle  regole  prece- 
denti, e  provvedere  a  che  la  nave  sequestrata  sia  custodita  là 
ove  ottenne  rifugio,  per  restarvi  fino  a  tanto  che  il  tribunale  in- 
temazionale delle  prede  non  abbia  deciso  circa  la  validità  del 
sequestro  o  della  preda.  Compiuto  il  giudizio  la  nave  potrà  essere 
posta  a  disposizione  dell'armatore,  qualora  il  tribunale  delle  prede 
abbia  deciso  di  togliere  il  sequestro  o  abbia  dichiarato  libera  la 
nave  e  il  carico  o  una  parte  di  esso. 

Si  praticherà  nello  stesso  modo  nel  caso,  che  il  Governo  dello 
Stato  belligerante,  in  nome  di  cui  il  sequestro  sia  stato  fatto,  e 
gl'interessati  sequestrati  arrivino  ad  accordarsi  all'amichevole  a 
riguardo  della  sorte  della  nave  sequestrata  e  del  carico. 

Questa  regola  mira  a  tutelare  gelosamente  i  diritti  di  sovranità  dello  Stato 
neutrale,  che  abbia  accordato  rifugio  alla  nave  belligerante  ed  alla  preda  da 
essa  fatta.  Non  può  ammettersi  che  una  nave  belligerante  inseguita  da  forza 
nemica  possa  non  solo  domandare  ed  ottenere  riftigio  in  un  porto  neutrale, 
ma  ottenere  altresì  che  il  Sovrano  di  questo  le  debba  concedere  di  partire 
con  la  preda  fatta  appena  passato  il  perìcolo  di  perderla.  Non  ci  pare  di  potere 
accogliere  Topinione  sostenuta  da  alcuni  giuristi,  che  cioè  il  Governo  neutrale 
possa  dichiarare  libera  la  preda,  perchè  così  esso  la  farebbe  da  giudice,  e  la 
giurisdizione  non  può  essergli  attribuita  a  riguardo  di  ciò.  Neanche  ci  pare 
che  esso  possa  concedere  air  incrociatore  di  condurre  seco  la  preda,  perchè 
verrebbe  a  prestar  così  un^assistenza  indiretta,  accordando  a  lui  il  rifugio  per 
fare  un'operazione  dì  guerra,  quella  cioè  di  mettere  al  sicuro  la  preda  fatta. 

La  regola  come  è  stata  proposta  tutela  tutti  grinteressi  ed  include  la  pro- 
tezione della  nave  neutrale  sequestrata  fino  a  che  il  tribunale  intemazionale 
competente  {rég.  1507)  non  abbia  deciso  circa  la  sorte  della  medesima,  o  le 
partì  non  si  siano  accordate  alFamichevole. 


Del  Tribunale  competente  in  materia  di  sequestro  e  di  prede. 

1606.  —  La  legalità  e  regolarità  del  sequestro  delle  navi  mer- 
cantili fatto  durante  la  guerra,  e  la  confisca  delle  navi  sequestrate 
e  del  loro  carico,  devono  essere  sottoposte  al  giudizio  di  un  tri- 
bunale speciale.  Spetterà  ad  esso  il  decidere  a  riguardo  di  ciò,  e 
il  pronunciare  la  sentenza  in  virtù  della  quale  sia  statuito  circa 


^^^  LUn'o  IV.  -  Velia  Mda  ffiuHdica  del  Diritto  inUrnazionaU 

dì  credersi  autorizzato  a  fare  il  sequestro,  potrà  condannarlo  al 
rifacimento  dei  danni. 

Qualora  poi  il  sequestro  sia  stato  fatto  violando  le  regole  di 
Diritto  internazionale,  o  che  sia  riconosciuto  senza  causa,  il  tri- 
bunale dovrà  condannare  il  sequestrante  non  solo  a  restituire  la 
nave  o  il  carico  sequestrato  ai  proprietari,  ma  al  rifacimento  di 
ogni  danno,  che  ne  sia  derivato,  oltre  tutte  le  spese  del  procedi- 
mento e  del  giudizio. 

1532.  —  Il  sequestrante  sarà  condannato  altresì  al  rifacimento 
dei  danni,  come  nel  caso  contemplato  dalla  prima  parte  della  regola 
precedente,  qualora  il  sequestro,  fatto  per  un  motivo  apparente- 
mente legittimo,  sia  stato  poi  mantenuto  per  qualche  irregolarità 
di  procedimento  imputabile  al  comandante  della  nave  belligerante, 
o  per  la  inosservanza  delle  regole  stabilite  a  riguardo  del  giudizio 
per  mantenerlo  o  risolverlo,  o  quando  vi  sia  stato  ingiustificato 
ritardo,  imputabile  al  Governo  nel  procedimento  per  la  decisione 
circa  la  validità  di  esso.  (Vedi  reg.  1489,  1498  e  seg,). 

Le  tre  regole  sopra  indicate  mirano  a  tener  distinto  il  giudizio  circa  la  lega- 
lità e  regolarità  dei  sequestro,  da  quello  cbe  concerne  la  confisca  e  la  preda 
delle  cose  sequestrate.  Il  sequestro  ò  sempre  effettuato  dai  Comandanti  delle 
navi  da  guerra  o  dagli  incrociatori  a  ciò  autorizzati,  sotto  la  propria  respon- 
sabilità, e  quindi  sotto  la  conseguente  responsabilità  del  Governo,  in  nome  del 
quale  le  operazioni  di  guerra  sono  compiute.  Può  bene  accadere  che  U  se- 
questro sia  fatto  legalmente  e  regolarmente,  ma  cbe  il  belligerante  non  abbia 
nonpertanto  il  diritto  di  confiscare  le  cose  sequestrate.  Così  se  il  sequestro 
fosse  effettuato  contro  una  nave  caricata  di  oggetti  di  contrabbando  di  gnerra, 
la  quale  coi  documenti  esistenti  a  bordo  non  avesse  potuto  dare  la  prova  piena 
della  sua  destinazione  ad  un  porto  neutrale,  dovrà  ritenersi  effettuato  in  con- 
formità dei  principii  del  Diritto  comune,  e  qualora  poi  rarmatore  potesse  dare 
la  prova  piena  della  destinazione  pacifica  della  nave  e  deUa  merce,  e  potesse 
cosi  escludere  completamente  qual  si  fosse  diritto  da  parte  del  belUgerante  di 
confiscare  la  nave  o  il  carico,  questo  non  muterebbe  i  rapporti  tra  il  bellige- 
rante, in  nome  di  cui  il  sequestro  fosse  stato  fatto,  e  Tarmatore  e  i  proprietari 
della  merce,  che  a  cagione  del  sequestro  fossero  stati  danneggiati.  Rispetto  a 
costoro  non  potrà  al  certo  essere  tenuto  a  risponderne  il  Governo  dello  Stato 
belligerante,  in  nome  del  qoale  il  sequestro  fa  fatto.  Tutto  si  riduce  ad  esa* 
minare  e  decidere  se,  valutate  le  circostanze,  nelle  quali  Tincrociatore  sequestrò 
la  nave  nemica  o  quella  neutrale,  che  esso  ritenne  colpevole  di  atti  di  ostilità, 
aveva  plausibile  diritto  di  ciò  fare.  Dato  che  il  tribunale  lo  abbia  ritenuto» 
ogni  responsabilità  da  parte  del  Governo  deve  essere  ragionevolmente  elimi- 
nata, e  dovrà  essere  tenuto  a  rispondere  verso  ì  proprietari  danneggiati  Tar- 
matore  o  il  capitano,  il  quale  navigando  in  tempo  di  guerra  senZa  avere  i 


Titolo  XIV,  -  Del  sequestro  e  della  confisca  577 

docnmenti  di  bordo  in  piena  regola,  abbia  cosi  dato  giusto  motivo  al  bellige- 
rante di  considerarlo  suo  nemico  e  di  sequestrare  la» nave  o  il  carico.  Dato 
pure  cbe  nel  giudizio  circa  il  merito  della  preda  il  sequestrato  potesse  dare 
prova  piena  di  non  appartenere  la  nave  al  nemico,  e  di  non  aver  in  nulla 
violato  i  doveri  della  neutralità,  escludendo  completamente  di  avere  la  nave 
fatto  qual  si  fosse  atto  di  ostilità  per  poter  essere  reputata  nemica,  questo 
escluderebbe  il  diritto  del  belligerante  di  confiscare  le  cose  sequestrate,  ma 
non  potrebbe  menomamente  attaccare  il  diritto  di  lui  di  fare  il  sequestro, 
mentre  abbiamo  supposto  che  fosse  stato  fatto  in  circostanze  che  davano  mo- 
tivo legittimo  di  farlo  secondo  il  Diritto  internazionale.  Come  potrebbe  quindi 
sorgere  la  responsabilità  del  Governo  pel  rifacimento  del  danno?  Questa  po- 
trebbe nascere  soltanto  nella  seconda  ipotesi  contemplata  dalla  nostra  regola, 
quando  cioè  il  sequestro,  tuttoché  fatto  per  un  motivo  legittimo,  fosse  stato 
poi  mantenuto  por  irregolarità  nella  procedura,  che  doveva  osservarsi  e  che 
non  fu  osservata,  o  per  ingiustificato  ritardo  neirespletamento  della  procedura 
stessa  e  della  decisione  circa  la  validità  del  sequestro. 


Sentenza  in  caso  di  distruzione  della  nave  sequestrata^ 

1633.  —  Qualora  il  Comandante  dell' incrociatore,  che  abbia 
operato  il  sequestro,  non  abbia  potuto  trasportare  la  nave  in  luogo 
sicuro,  e  l'abbia  calata  a  fondo,  come  alla  regola  1494,  sarà  tenuto 
in  massima  al  rifacimento  di  ogni  danno,  e  non  ne  potrà  essere 
esonerato,  se  non  che  quando  il  tribunale  delle  prede,  giudicando 
in  merito,  abbia  deciso  che  al  belligerante  spettava  il  diritto  di 
confiscare  la  nave  ed  il  carico  distrutto. 

Nell'ipotesi  però  che  sia  riconosciuto  che  il  belligerante  avea 
diritto  di  confiscare  soltanto  la  nave  e  una  parte  del  carico,  dovrà 
pronunziarsi  la  condanna  contro  di  lui  al  rifacimento  di  ogni  danno 
a  favore  dei  proprietari  di  quella  parte  del  carico,  rispetto  alla 
quale  non  possa  essere  ammesso  il  diritto  di  preda. 

Giudizio  circa  la  legalità  della  preda. 

1634.  —  Nissuno  Stato  belligerante  avrà  il  legittimo  diritto  d! 
appropriarsi  una  nave  o  le  merci  da  essa  trasportate  e  da  lai  se- 
questrate dorante  la  guerra,  se  non  che  quando  con  sentenza  del 
tribunale  internazionale  sia  riconosciuto  il  diritto  di  predare  la 
cave,  o  le  merci. 

37  —  FiOHE,  Dir,  intern.  nodif. 


578  Libro  IT.  •  Della  tuiOa  giuridica  del  Diritto  iniemaxUmaU 


Quando  una  nave  possa  essere  confiscata. 

1535.  —  Il  diritto  di  predare  una  nave  non  può  essere  attribuito 
al  belligerante  che  nei  seguenti  casi: 

1<»  se  essa  formi  parte  della  marina  da  guerra  o  sia  aggregata 
ad  essa  {reg.  1160,  1169),  o  sia  una  nave  corsara,  dato  il  caso  di 
guerra  in  corsa  (vedi  rey.  1172,  1305); 

if^  se  essa  appartenga  in  proprietà  a  privati  di  parte  nemica, 
dato  che  sia  ammesso  il  diritto  eccezionale  contemplato  alle 
r^ole  129S  e  seg.; 

30  se  essendo  essa  una  nave  neutrale  che  trasporti  il  con- 
trabbando di  guerra,  si  trovi  nelle  condizioni  per  essere  predata 
giusta  le  regole  innanzi  stabilite  (Confr.  reg.  144f6  e  Beg.)\ 

4^^  se  risulti  colpevole  di  violazione  di  blocco  o  di  tentativo 
di  violazione  di  blocco  a  norma  della  regola  1464; 

5®  se  le  vie  di  fatto  colle  quaU  abbia  resistito  con  la  forza 
all'invito  di  sottomettersi  alla  visita,  siano  tali  da  poterla  per  questo 
assimilare  ad  una  nave  nemica  (Confr.  reg.  1446)  ; 

6<>  se  risulti  colpevole  di  partecipazione  ad  atti  di  ostilità  fatti 
in  nome  e  nell'interesse  del  nemico  (Confr.  reg.  1446). 


Quando  il  carico  di  una  nave  possa  essere  confiscato. 

1536.  —  Il  belligerante  avrà  il  diritto  di  predare  tutto  il  carico, 
che  si  trovi  a  bordo  della  nave,  nel  solo  caso  di  violazione  di  blocco. 
In  ogni  altro  caso  la  merce  innocente  caricata  a  bordo  della  nave, 
che  sia  soggetta  alla  confisca,  dovrà  essere  restituita  ai  proprietari, 
ma  senza  nissun  obbligo  da  parte  del  Governo  pel  rifacimento  dei 
danni  da  essi  patiti. 

Questa  regola  mira  a  limitare,  dentro  i  giusti  confini,  il  diritto  di  preda. 
Dato  pure  che  la  nave  faccia  atti  di  ostilità  e  che  per  questo  diventi  nemica, 
non  se  ne  può  dedurre  che  debbano  essere  trattati  come  nemici  i  proprietari 
della  merce  che,  per  ragioni  del  loro  commercio,  si  siano  serviti  della  nave 
pel  trasporto  pacifico  della  merce  ad  essi  appartenente.  Giova  notare,  ch« 


THclo  XIV,  -  Del  sequestro  e  della  confisca  ^79 

secondo  Io  stesso  Diritto  eccezionale,  che  consente  la  confisca  delle  navi  mer» 
cantili  di  parte  nemica,  si  viene  pnre  ad  ammettere  che  il  diritto  di  preda 
non  possa  estendersi  alla  merce  neutrale  caricata  a  bordo  di  esse.  Non 'si 
potrebbe  quindi  (pustificare  in  nessun  caso,  in  cui  la  nave  divenisse  nemica 
pel  fatto  del  capitano  o  dell'armatore,  Testendere  il  diritto  di  preda  alla  merce 
appartenente  ai  pacifici  cittadini,  e  che  per  ayrentura  si  troTasse  a  bordo  di 
essa.  Nel  caso  di  blocco  ò  la  destinazione  della  merce  al  porto  bloccato,  che 
costituisce  di  per  so  stessa  Tatto  di  ostilità,  ed  è  ragionevole  quindi  Tammettere, 
che  il  belligerante  possa  predare  la  nave  ed  il  carico,  così  come  può  indubi- 
tabilmente predare  le  armi  che  siano  portate  al  nemico  per  continuare  la  resi- 
stenza. Anche  nel  caso  di  confisca  per  trasporto  di  contrabbando  di  guerra» 
il  diritto  di  preda,  dato  pure  che  possa  essere  applicato  alla  nave  oltre  che 
alla  merce  di  contrabbando,  non  potrebbe  essere  esteso  alla  merce  appartenente 
ai  cittadini  pacifici,  e  da  essi  caricata  con  pacifica  destinazione,  senza  richia- 
mare  indirettamente  in  vigore  la  massima  roba  del  nemico  confisca  quella  M- 
Vamico. 

Abbiamo  escluso  poi  T  obbligo  del  rifacimento  di  ogni  danno  da  parte  del 
Oovemo  a  riguardo  dei  proprietari,  ai  quali  la  merce  debba  essere  restituita» 
perchò  essi,  se  hanno  diritti  da  far  valere  in  conseguenza  del  danno  patito, 
devono  sperimentarli  contro  T armatore,  che  col  fatto  proprio  ne  sia  stato 
cagione,  e  non  contro  il  Governo,  che  esercita  debitamente  il  diritto  suo  durante 
lo  stato  di  guerra. 

Quando  debba  essere  escluso  il  diritto  di  preda. 

1637.  —  Sarà  escluso  il  diritto  di  predare  una  nave,  se  il  belli» 
gerante  intenda  di  fondare  tale  suo  diritto  sulla  propria  legge,  o 
su  quella  da  esso  promulgata  al  cominciamento  della  guerra,  ogni 
qual  volta  che  cotesta  legge  sia  contraria  alle  regole  del  Diritto 
comune  intemazionale. 

1638.  —  Sarà  in  ogni  caso  escluso  il  diritto  di  far  sua  la  preda» 
qualora  la  nave  sia  stata  sequestrata  dopo  il  termine  fissato  nei 
preliminari  di  pace  per  la  cessazione  delle  ostilità,  e  non  potrà  essere 
d'ostacolo  la  circostanza  dell'ignoranza  della  cessazione  delle  osti-* 
lità  da  parte  deirincrociatore,  che  effettuò  il  sequestro. 

1630.  —  Sarà  dichiarata  illegale  la  preda  di  una  nave  seque* 
strata  nelle  acque  territoriali  neutrali,  non  ostante  che  essa  si  trovi 
nelle  condizioni  richieste  per  confiscarla  secondo  il  Diritto  con\une; 
e  constatato  che  il  belligerante  abbia  effettuato  il  sequestro  senza 
rispettare  rinviolabilità  del  territorio  neutrale,  incombe  al  tribunale 
di  dichiarare  nulla  l'operazione  di  guerra  fatta  nelle  acque  teni* 
toriali  neutrali,  e  libera  la  preda» 


580 


Libro  IV.  '  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 


Navi  nazionali  riprese. 

1640.  —  Sarà  escluso  il  diritto  di  preda  riguardo  ad  ogni 
nave  mepcantile  nazionale  o  addetta  al  servizio  dello  Stato  durante 
la  guerra,  la  quale  sia  stata  predata  dal  nemico,  e  ripresa  prima 
che  il  tribunale  intemazionale  delle  prede  T  abbia  aggiudicata  a 
luì  come  buona  preda. 

164L  —  Incombe  a  ciascuno  Stalo  il  regolare  con  la  propria 
legge  la  condizione  delle  navi  mercantili  predate  dal  nemico  e  che 
siano  a  lui  ritqlte  prima  della  legale  aggiudicazione. 

Potrà  essere  attribuito  un  premio  a  coloro,  che  avessero  liberata 
la  nave  predata,  o  che  l'avessero  ricuperata  o  salvata,  in  caso  che 
essa  fosse  stata  abbandonata  dal  belligerante,  che  l'aveva  seque- 
strata, ma  dovrà  reputarsi  ognora  contro  il  Diritto  comune  inter- 
nazionale l'applicare  alle  navi  mercantili  sequestrate  dal  nemico 
e  riprese  prima  che  siano  state  a  lui  aggiudicate  dal  tribunale 
competente,  le  stesse  regole  che  possono  essere  applicate  alle 
navi  nemiche  avuto  riguardo  al  diritto  di  confiscarle  e  predarle 
durante  la  guerra. 


Della  sentenza  del  Tribunale  delle  prede 
e  della  sua  efficacia. 

1542.  —  La  sentenza  del  tribunale  delle  prede  dovrà  essere 
motivata  ed  enunciare  il  fatto  e  le  regole  di  Diritto  comune,  sulle 
quali  sia  fondato  il  dispositivo. 

Essa  dovrà  contenere  la  decisione  circa  la  legalità  o  illegalità 
della  cattura,  e  l'aggiudicazione  della  nave  o  del  carico  o  di  una 
parte  di  esso  al  belligerante,  o  la  liberazione  o  la  restituzione  di 
tali  cose  ai  loro  legittimi  proprietari. 

Dovrà  inoltre  provvedere  circa  iW  rifacimento  del  danno,  quando 
le  parti  siano  a  ciò  lenufe,  e  circa  tutte  le  spese  del  giudizio  e 


TUoh  XIV.  -  Dd  uquestro  e  tMla  confisca  ^^ 

quelle  occasionate  dal  sequestro  e  dalla  conservazione  delle  cose 
sequestrate. 

1643.  —  La  sentenza  avrà  l'autorità  della  cosa  giudicata  trs^  le 
parti,  e  sarà  reputata  efficace  a  stabilire  i  loro  diritti  rispettivi. 

1544.  —  Le  parti  legalmente  rappresentate  nel  giudizio  o  le- 
galmente contumaci  sono  tenute  a  ritenere  come  sentenza  defi- 
nitiva quella  pronunziata  dal  tribunale  delle  prede  e  devono 
eseguire  quanto  con  la  sentenza  sia  stato  disposto.  In  caso  di  ri- 
fiuto il  procedimento  della  parte  che  ciò  faccia,  sarà  riguardato 
come  violazione  del  Diritto  comune,  e  potrà  dar  luogo  a  tutte  le 
procedure  stabilite  per  assicurare  il  rispetto  e  l'osservanza  delle 
obbligazioni  internazionali. 


582 


Libro  IV,  '  Della  itUela  giuridica  del  Diritto  internazionaU 


TITOLO  XV. 


Fine  della  ffuerra. 


Quando  la  guerra  debba  reputarsi  terminata. 

1645.  —  La  guerra  tra  due  o  più  Stati  non  può  reputarsi  legai- 
niente  terminata  che  con  la  conclusione  della  pace  stipulata  col 
trattato  preliminare,  o  col  trattato  definitivo  di  pace. 

Quando  essa  sia  fatta  da  un  popolo  contro  uno  Stato  o  da  un 
partito  che  si  trovi  nelle  condizioni  per  poter  essere  reputato 
belligerante  dovrà  reputarsi  terminata  con  la  sottomissione  com- 
pleta del  vinto  al  vincitore. 

L*altima  parte  della  regola  può  trovare  la  sua  applicazione  quando  un  popolo 
combatte  contro  il  potere  costituito  per  risolvere  colle  armi  una  questione  di 
Diritto  pubblico  intemo.  Cosi  può  accadere  a  modo  d'esempio  nel  caso  d*una 
guerra  di  secessione,  quando  cioè  una  parte  della  popolazione  che  formi  lo 
Stato  combatta  per  costituirsi  a  Stato  separato  ed  indipendente,  ovvero  quando 
la  guerra  miri  a  modificare  la  costituzione  politica  dello  Stato.  Nell'uno  e  nel- 
Taltro  caso  la  guerra  deve  reputarsi  terminata  quando  la  lotta  a  mano  armata 
abbia  raggiunto  il  suo  scopo,  o  mediante  la  costituzione  dello  Stato  separato, 
o  mediante  la  vittoria  del  partito  vincitore  che  sia  riuscito  nell*  intento  pel 
quale  la  lotta  a  mano  armata  era  stata  iniziata,  e  non  occorrerà  in  un  caso 
e  nell'altro  che  sia  stipulato  un  trattato  di  pace;  col  fatto  compiuto  e  defi- 
nitivo la  guerra  deve  reputarsi  terminata. 

1546.  —  La  guerra  non  potrà  reputarsi  finita  con  la  semplice 
cessazione  delle  ostilità,  saranno  però  in  tal  caso  applicate  le  regole 
che  concernono  la  sospensione  d'armi  o  Tarmistizio. 

1547.  —  L'occupazione  militare,  tutto  che  protratta  a  tempo 
considerevole,  e  resa  stabile  mediante  la  costituzione  di  un  Governo^ 
non  potrà  valere  a  far  ritenere  la  guerra  legalmente  finita,  se  non 
che  quando  la  cessione  del  territorio  militarmente  occupato  sia  stata 
riconosciuta  o  mediante  un  formale  trattato  di  cessione,  o  mediante 
altri  atti  equivalenti  al  trattato  o  al  riconoscimento  formale  del 
nuovo  stato  di  cose. 


Titolo  XV.  -  Fine  della  guerra  583 

Del  trattato  di  pace. 

1648.  —  Saranno  reputate  capaci  a  stipulare  le  condizioni  della 
pace  le  persone  che  si  trovino  nell'attualità  nel  possesso  della 
suprema  autorità,  e  alle  quali  sia  affidato  il  governo  dello  Stato. 

Anche  quando  il  partito  nazionale  della  maggioranza  abbia  stabilito  nn 
Governo  provvisorio  surrogandolo  al  £k>vrano  legittimo  vinto  o  prigioniero,  o 
che  abbia  abdicato,  o  che  per  qual  ri  sia  ragione  trovisi  impedito  neirattua- 
lità  di  esercitare  i  poteri  sovrani,  le  persone  che  esercitino  le  funzioni  della 
sovranità,  e  che  costituiscano  di  fatto  il  Governo,  devono  essere  reputate  com- 
petenti a  stipulare  le  condizioni  deUa  pace. 

1640  —  Il  trattato  di  pace  sarà  reputato  valido  quando  abbia 
i  requisiti  richiesti  per  la  validità  di  ogni  altro  trattato  {Confr. 
reg.  628,  638-39). 

1660.  —  Spetta  al  vincitore  il  subordinare  la  conclusione  della 
pace  a  quelle  condizioni  che  esso  reputi  le  più  adatte  a  soddisfare 
ogni  suo  legittimo  diritto. 

Qualora  però  le  condizioni  imposte  dal  vincitore  e  che  il  vinto 
non  può  rifiutare  o  discutere,  siano  veramente  tanto  onerose  da 
implicare  la  mina  economica,  politica  o  morale  dello  Stato  vinto, 
questo  potrà  provocare  la  riunione  di  una  conferenza  e  sotto- 
mettere ad  essa  le  condizioni  della  pace.  Deve  ammettersi  in  tale 
evenienza  l'ingerenza  collettiva  per  determinare  le  condizioni  della 
pace  che  meglio  rispondano  ai  prìncipii  della  giustizia  intemazio- 
nale che  il  vincitore  non  può  conculcare  impunemente  a  danno 
del  vinto  {Confr.  reg.  487,  489,  1027,  1046). 

1661.  —  La  cessione  forzata  di  una  parte  del  territorio  di  uno 
Stato  vinto,  potrà  essere  imposta  come  condizione  della  pace  e 
dovrà  ritenersi  valida  quando  sia  stata  stipulata  nel  trattato  di 
pace  debitamente  concluso  e  giusta  le  norme  che  devono  governare 
le  cessioni  territoriali  tra  Stato  e  Stato. 

Ratifica  del  trattato  di  pace. 

1652.  —  Qualora  a  norma  della  legge  costituzionale  la  pace 
non  possa  essere  conclusa  che  sotto  la  condizione  che  il  trattato 


B^  hUbro  1 V,  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale 

di  pace  sia  ratificato  dai  corpi  rappresentativi,  la  guerra  dovrà 
reputarsi  terminata  con  la  stipulazione  del  trattato  di  pace,  ma 
sotto  la  condizione  risolutiva  della  ratifica.  L'accordo  concluso 
circa  i  patti  della  pace  dovrà  però  ritenersi  efficace,  e  non  potrà 
quindi  ritenersi  rotto  se  non  che  quando  i  detti  Corpi  rappresenta- 
tivi abbiano  espressamente  deliberato  di  non  ratificare  il  trattato. 

1663.  —  Dal  momento  in  cui  sia  stato  definitivamente  decìso 
di  non  ratificare  il  trattato  di  pace,  ritornerà  in  pieno  vigore  il 
Diritto  di  guerra  e  potranno  essere  ricominciati  senz'altro  gli  atti 
di  ostilità. 

1664.  —  In  nessun  caso  potrà  essere  menomato  il  diritto  spet- 
tante alla  parte  interessata  di  provocare  la  riunione  di  una  con- 
ferenza e  di  sottomettere  ad  essa  il  trattato  di  pace  a  fine  dì 
ottenerne  la  rivocazione  o  la  modificazione,  qualora  le  condizioni 
imposte  dal  vincitore  possano  essere  reputate  enormemente  lesive 
dei  legittimi  diritti  dello  Stato  o  in  opposizione  col  Diritto  inter- 
nazionale. 

Come  il  trattato  debba  essere  eseguito. 

1666.  —  I  patti  concordati  col  trattato  di  pace  fino  a  che  esso 
non  sia  rivocato  dovranno  essere  osservati  lealmente  ed  in  buona 
fede  ed  essere  ritenuti  obbligatorii  per  lo  Stato  che  li  abbia  sti- 
pulati, anche  se  siano  stati  imposti  dal  vincitore  a  cagione  della 
sua  forza  militare  preponderante,  e  se  in  virtù  di  essi  siano  state 
modificate  le  condizioni  storiche  rispettive  degli  Stati  combattenti 
ed  i  diritti  precedentemente  da  ciascuno  di  essi  acquistati  {Canfr. 
r&g.  638). 

Amnistia  generale» 

1666.  —  La  conclusione  della  pace  importa  anche  indipenden- 
temente da  patto  espresso  l'amnistia  generale  rispetto  all' appli- 
cazione del  Diritto  di  guerra  ai  fatti  politici,  o  militari  compiuti 
durante  la  guerra  o  connessi  colla  medesima.  Essa  però  non  potrà 


Titolo  XV.  -  Fine  della  guerra  585 

valere  a  sospendere  Tapplicazicme  del  Diritto  comune  ai  reati  com- 
messi in  tempo  dì  guerra. 

1667.  —  Sarà  reputata  come  conseguenza  generale  della  con- 
clusione della  pace,  la  rinuncia  da  parte  dell'uno  e  dell'altro  Stato 
belligerante  ad  ogni  specie  di  azione  relativa  ai  fatti  che  abbiano 
motivato  la  guerra,  e  ad  ogni  dissidio  e  ad  ogni  vertenza  che  die 
cagione  alla  medesima. 


Applicazione  del  trattato  di  pace. 

1668.  —  Qualora  nel  trattato  di  pace  fosse  stipulata  la  regola 
dello  statu  quo  ante  bellum,  essa  dovrà  essere  interpretata  ed  appli- 
cata in  maniera  da  non  pregiudicare  i  diritti  acquisiti  dai  privati 
durante  la  guerra,  e,  salvo  dichiarazioni  espresse  in  contrario,  sa- 
ranno osservate  le  seguenti  regole. 

1659.  —  n  Sovrano  reintegrato  nel  possesso  dei  suoi  domini! 
potrà  ripristinare  ogni  cosa  nelle  condizioni  anteriori  per  tutto  ciò 
che  concerne  la  pubblica  amministrazione,  ma  dovrà  tener  conto 
delle  conseguenze  legali  derivanti  dall'occupazione  militare  dei  ter- 
ritori a  lui  restituiti.  {Confr.  reg.  1312,  1332.) 

Esso  non  potrà  esercitare  i  suoi  diritti  sovrani  in  modo  retroat- 
tivo e  sarà  tenuto  a  rispettare  tutti  i  diritti  acquisiti  durante  la 
occupazione,  sia  che  essi  derivassero  da  contratti  legalmente  fatti, 
sia  che  derivassero  da  sentenze  rese  durante  l'occupazione  e  pas- 
sate in  cosa  giudicata. 

1660.  —  Incombe  al  Sovrano  reintegrato  il  tener  conto  delle 
leggi  e  dei  regolamenti  promulgati  dall'autorità  nemica,  e  delle 
conseguenze  legali  che  ne  siano  derivate  durante  l'interregno. 

Egli  potrà  assoggettare  all'autorità  delle  proprie  leggi  e  regola^ 
menti,  che  ipso  jure  ipsoqm  facto  entrano  in  vigore,  ogni  fatto,  ogni 
diritto,  ogni  aspettativa,  a  cominciare  dal  momento  in  cui  egli  sìa 
stato  reintegrato,  ma  dovrà  rispettare  i  diritti  già  perfetti  ed  ac* 
quisitì  dai  privati  durante  l'occupazione  militare  nemica. 

1661.  —  Ogni  diritto  spettante  alla  sovranità  territoriale  dovrà 


^^  Libro  IV.  -  Della  iuUla  giuridica  del  Diritto  internaziotiaU 

ritenersi  immediatamente  reintegrato  anche  rispetto  al  nemico  che 
aveva  prima  occupato  militarmente  il  territorio  restituito. 

Le  leggi  poliUche  ed  il  Diritto  pubblico  dello  Stato  devono  rite- 
nersi senz'altro  immediatamente  ripristinati  nella  loro  piena  auto- 
rità, e  colla  promulgazione  del  trattato  che  ristabilisce  lo  «tatù 
quo  ante  béUum^  deve  ritenersi  rivocata  ogni  modilBcazione  ftitta 
ad  essi  durante  l'occupazione  militare,  salvo  sempre  i  diritti  ac- 
quisiti dai  privati. 

1562.  —  La  restituzione  delle  cose  dovrà  essere  effettuata  nello 
stato  in  cui  esse  erano  quando  furono  prese  dal  nemico,  salvo  sol- 
tanto i  cambiamenti  avvenuti  e  le  deteriorazioni,  che  siano  state 
la  conseguenza  naturale  dei  fatti  o  delle  operazioni  di  guerra. 

Applicando  questa  regola  se  ne  può  dedurre,  che  una  piazza  forte,  ad  esempio, 
debba  essere  restituita  neUo  stato  in  cui  essa  era  quando  fu  presa,  sempre 
ebe  essa  si  trovi  nel  medesimo  stato  alla  conclusione  della  pace.  Supponendo 
cbe  durante  la  guerra  essa  fosse  stata  disarmata  e  le  sue  fortificazioni  sman- 
tellate, e  che  nulla  fosse  stato  intomo  a  ciò  disposto  nel  trattato  di  pace,  la 
parte,  a  cui  la  fortezza  dovesse  essere  restituita,  non  potrebbe  pretendere  che 
r  altra  facesse  le  opere  per  rimetterla  nello  staiu  quo  ante  heìlum,  A  fare  le 
opere  potrebbe  essere  costretta  la  parte  contraria,  se  essa  le  avesse  distrutte 
prima  di  restituire  la  fortezza  e  dopo  conclusa  la  pace. 


Norme  circa   Tuli  possidetis. 

1663.  —  Qualora  nel  trattato  di  pace  fosse  stipulata  la  regola 
dell'ubi  possidetis,  essa  potrà  valere  per  quanto  concerna  le  cose 
appartenenti  all'uno  o  all'altro  dei  due  Stati  belligeranti,  e  delle 
quali  sia  stato  acquistato  il  possesso  in  conseguenza  dei  fatti  di 
guerra.  Bisogna  però  ritenere  salvi  anche  in  questo  caso  i  diritti 
dei  privati  proprietari  delle  cose,  se  in  conseguenza  della  guerra 
fossero  stati  espropriati,  e  potessero  avere  il  diritto  al  rifacimento 
del  danno. 

1664.  —  Spetta  alle  paili,  che  stabilendo  la  regola  dell' f^^J 
possidetis  nel  trattato  di  pace  abbiano  inteso  così  di  rinunciare 
all'esercizio  di  ogni  loro  diritto  per  gli  avvenimenti  e  mutamenti 
sopravvenuti  durante  la  guerra,  il  determinare  l'obbligo  rispettivo 
relativo  ad  ogni  diritto  che  possa  competere  ai  privati  pel  rifaci- 


Titolo  XV.  •  Fine  dèlia  guerra  ^7^ 

mento  del  danno  da  essi  patito,  sia  che  l'azione  possa  essere 
esercitata  da  essi  in  conformità  della  legge  dinanzi  ai  tribunali,  sia 
che  possa  essere  esercitata  soltanto  in  via  amministrativa. 

In  mancanza  di  patto  espresso  si  applicheranno  per  analogia 
i  principi!  di  Diritto  comune,  che  concernono  gli  obblighi  rispet- 
tiyi  in  caso  di  successione  di  Stato  a  Stato. 


Dei  danni  di  guerra. 

1566.  —  Ogni  danno  patrimoniale  patito  dai  privati  durante 
la  guerra,  e  che  sia  dimostrato  avvenuto  effettivamente  in  occa- 
sione della  medesima,  dandone  la  prova  specifica,  fa  nascere  il 
diritto  di  ottenere  la  riparazione  del  danno  patito  o  mediante 
razione  in  via  giudiziaria,  o  mediante  l'azione  in  via  amministrativa. 

La  proposta  regola  si  fonda  sul  concetto,  che  la  gaerra  è  un  rapporto  fra 
Stato  e  Stato,  e  che  rinsieme  degli  atti  durante  la  medesima  compiuti  devonsi 
ritenere  fatti  e  compiuti  per  tutelare  i  diritti  e  gFinteressi  della  comunità.  Dal 
che  consegue  che  i  cittadini  debbano  reputarsi  responsabili  di  tutte  le  conse- 
guenze della  guerra  uti  universitas,  e  che  essi  come  tali  debbano  sopportarne 
le  conseguenze.  Per  lo  che  se  gli  uni  o  gli  altri  patiscono  poi  individualmente 
nn  danno  patrimoniale  pei  fatti  di  guerra,  non  debbono  essi  essere  tenuti  a 
sopportarlo  individualmente,  come  in  ogni  caso  di  danno  patito  per  forza  mag- 
giore o  in  conseguenza  di  un  evento  fatale.  U  danno  deve  essere  invece  sop* 
portato  dalla  comunità,  perchè  la  guerra  mira  sempre  a  far  rispettare  i  diritti 
della  comunità  lottando  colle  armi  contro  lo  Stato  che  voglia  conculcarli.  Deve 
quindi  reputarsi  conforme  ai  principii  naturali  della  giustizia  e  deirequità  che 
debba  ammettersi  ognora  Fazione  da  parte  del  danneggiato  affinchè  i  danni 
individualmente  da  lui  patiti  pei  fatti  e  per  gli  eventi  di  guerra  siano  ripartiti 
fra  tutti  coloro  che  la  comunità  costituiscono:  essi  devono  infatti  cadere  a 
carico  dei  cittadini  uti  univereitae,  e  non  già  di  coloro  che  uH  9inguH  even- 
tualmente tali  danni  abbiano  patito. 

Ma  per  ottenere  il  rifacimento  del  danno  può  sempre  sperimentarsi  Fazione 
giudiziaria  o  deve  sperimentarsi  Fazione  in  via  amministrativa? 

Questa  a  noi  pare  la  sola  e  vera  questione  controversa,  perla  quale  con* 
verrà  tenere  presenti  le  seguenti  regole. 

1666.  —  Sarà  qualificato  danno  di  guerra  risarcibile  soltanto 
in  via  amministrativa  ogni  danno,  che  possa  essere  reputato  come 
conseguenza  della  fatale  necessità  e  della  forza  maggiore  e  che 
sia  stato  cagionato  durante  il  combattimento  e  per  le  esigenze 
del  medesimo» 


588  Libro  IV.  -  Della  tutela  giuridica  del  Diritto  inUrnazi(màle 

n  concetto  giuridico  del  fatto  di  guerra^  dell'urgenza  e  necessità 
4i  guerra  dev'essere  però  ristretto  a  quello  soltanto,  che  può  riu- 
scire necessario  ed  urgente  di  fieire  e  d' intraprendere  nel  luogo 
in  cui  il  nemico  si  trovi  presente,  e  dove  la  lotta  con  lui  trovisi  im- 
pegnata, o  dove  l'azione  militare  si  svolga  nell'attualità.  Esso  non 
potrà  essere  allargato  a  tutto  quello  che  durante  la  guerra  possa 
essere  fatto  od  intrapreso  con  un  disegno  preordinato  di  difesa  o 
di  offesa,  e  che  possa  essere  reputato  preventivamente  utile  ai  fini 
della  medesima. 

1667.  —  Spetterà  ai  privati  l'azione  giudiziaria  per  ottenere 
il  risarcimento  del  danno  patito  durante  la  guerra  ogniqualvolta 
<*he  il  danneggiamento  della  proprietà  privata  sia  stato  effettuato 
fuori  del  caso  dell'urgenza  e  della  necessità  di  guerra,  non  ostante 
che  sia  stato  motivato  dai  bisogni  preventivi  della  difesa. 

Il  danneggiamento  come  tale  dovrà  restare  sommesso  alle  regole 
che  concernono  i  danni  arrecati  ai  privati  per  ragione  di  pubblica 
utilità,  e  governato  a  norma  delle  medesime  rispetto  al  diritto, 
«d  alle  azioni  spettanti  al  danneggiato  di  essere  restaurato  del 
danno  patito. 

1668.  —  Le  distruzioni,  le  devastazioni  e  degradazioni  della 
proprietà  avvenute  durante  la  guerra  in  conseguenza  di  un  disegno 
preordinato  di  difesa  o  di  offesa,  non  potranno  essere  reputate 
fatti  di  guerra,  e  conseguenza  della  fatale  necessità  e  della  forza 
maggiore,  dato  che  fossero  compiute  là,  ove  nella  attualità  non 
sìa  impegnata  la  lotta  e  non  si  svolga  l'azione  militare. 

La  distinnone  che  noi  abbiarao  fatto  colle  due  proposte  regole  può  valere 
non  solo  per  determinare  il  carattere  e  la  natura  del  diritto  acquisito  dai  pri- 
mati di  ottenere  il  rifacimento  del  danno  patito,  ma  per  stabilire  altresì  se 
Tobbligo  del  risarcimento  del  danno  debba  cadere  a  carico  delFuna  o  delPaltra 
delle  di»  parti  belligeranti,  quando  tale  obbligo  non  sia  stato  espressamente 
regolato  col  trattato  di  pace. 

Non  si  può  contestare  che  la  guerra  abbia  il  carattere  di  fatto  necessario 
e  di  forza  maggiore,  ma  non  tutto  qneilo  che  può  essere  Intrapreso  per  le 
•esigenze  della  guerra  può  avere  il  carattere  del  fatto  necessario  e  della  forza 
maggiore.  Quando  infatti  il  danneggiamento  sia  stato  cagionato  non  durante  il 
combattimento,  ma  per  Tinteresse  pubblico  bensi  della  difesa  militare,  non 
può  essere  reputato  quale  conseguenza  fatale  della  forza  maggiore. 

Bisogna  senza  dubbio  ammettere  che  anche  in  tal  caso  le  degradazioni  della 
proprietà  siano  la  conseguenza  delle  pubbliche  necessità,  né  si  porebbe  al 


Titolo  XV.  -  Fine  della  guerra 


589 


certo  contestare  !I  diritto  della  sovranità,  che  deve  provvedere  alla  difesa 
dello  Stato,  di  autorizzarle  con  completa  autonomia.  Bisogna  non  per  tanto 
considerare  che  tutto  quello  che  sia  fatto  per  le  pubbliche  necessità  e  per 
interesse  pubblico  ha  il  carattere  di  fatto  legittimo  :  che  è  vero  che  grinteressl 
del  privato  devono  rimanere  sommessi  e  subordinati  all*interesse  pubblico^ 
ma  che  è  pure  vero  che  spetta  poi  alla  sovraniti^.,  la  quale  per  tutelare  gli 
interessi  dello  Stato  abbia  decretato  i  deterioramenti  della  proprietà  privata^ 
il  risarcire  i  proprietari  di  ogni  danno  ad  essi  cagionato  per  ragioni  di  pnb- 
blica  utilità.  Conseguentemente  il  compenso  ed  il  risarcimento  del  danno  devona 
essere  governati  piuttosto  dalle  norme  che  li  regolano  in  caso  di  espropria- 
zione per  ragione  di  pubblica  utilità  che  con  quelle  che  regolano  il  danneg- 
giamento cagionato  dai  fatti  di  guerra. 

Tedi  le  note  e  i  richiami  al  capitolo  ultimo  su  tale  materia  della  mia  opera 
Trattato  di  Diritto  pubbUeo  iniemae.,  tomo  S"" ,  §  ìSé%  e  la  mia  nota  alla 
sentenza  della  Corte  d'appello  di  Lucca  dell' 8  marzo  1880  nel  Journal  de 
Droit  intern.  prive,  1883,  pag.  78. 

1569.  —  Incombe  alle  parti  belligeranti  che  concludono  un 
trattato  di  pace,  determinare  senza  equivoci  a  carico  di  quale  di 
esse  debba  essere  posto  l'obbligo  delle  indennità  dovute  ai  privati 
che  ebbero  a  soffrire  danni  durante  la  guerra,  e  ritenere  in  mas- 
sima conforme  ai  principìì  di  equità  il  risarcirli  per  quanto  sia 
possibile  anche  quando  essi  non  possano  secondo  lo  stretto  Diritta 
esercitare  nessuna  azione  giudiziaria. 


Effetto  generale  della  pace. 

1570.  —  Il  trattato  di  pace  debitamente  concluso  e  legalmente 
ratificato,  produrrà  come  effetto  generale  ed  immediato  il  far  ces- 
sare ipsojure  ipsoque  facto  Tautorità  del  Diritto  di  guerra  e  tutti 
gli  effetti  che  ne  conseguono,  mentre  esso  è  in  vigore,  e  il  richia* 
mare  in  pieno  vigore  il  Diritto  internazionale  durante  la  pace. 


^90 


CONCLUSIONE 


Le  regole  da  noi  codificate  non  sono  al  certo  quelle  che  nel- 
l'attualità governano  in  tutto  i  rapporti  intemazionali  degli  Stati 
e  dei  popoli,  né  si  può  prevedere  quando  i  Governi  potranno  ac- 
<*ordarsi  a  proclamare  un  qual  si  sia  complesso  di  regole  giuridiche 
come  loro  Diritto  comune  col  proposito  di  dare  così  un  ordina- 
mento giuridico  alla  società,  che  di  fatto  trovasi  tra  di  essi  sta- 
bilita. Proponendole  noi  con  la  forma  di  un  codice,  non  abbiamo 
inteso  di  affermare  che  si  possa  d'un  tratto  codificare  il  Diritto 
internazionale  e  mediante  la  codificazione  risolvere  il  problema 
grave  e  difficoltoso  di  dare  alla  società  degli  Stati  una  base  giu- 
ridica, e  molto  meno  poi  col  proporle  con  quella  forma  abbiamo 
avuto  la  temeraria  pretesa  di  legiferare.  No:  Il  nostro  intendimento 
è  stato  bensì  di  mettere  in  luce  che  all'ordinamento  giuridico  della 
società  degli  Stati  potrebbe  essere  provveduto  stabilendo  fra  di 
«ssi  un  Diritto  comune,  che  regolasse  tutti  i  rapporti,  che  dalla 
convivenza  conseguono,  e  che  si  potrebbe  trovar  modo  altresì  per 
assicurarne  il  rispetto  e  reprimerne  le  violazioni.  Noi  abbiamo 
voluto  tracciare  una  via  ed  additare  il  cammino  colla  ferma  e 
certa  fidanza  che  altri  saprà  certamente  fare  opera  pib  perfetta 
della  nostra  ricolmando  le  lacune  ed  escogitando  regole  migliori. 

La  codificazione  del  Diritto  intemazionale  non  potrà  essere  l'opera 
di  uno  0  di  pochi,  ma  sarà  sibbene  il  risultato  finale  del  lavoro 
assiduo  di  molti  scienziati  e  l'ultima  espressione  delle  convinzioni 
giuridiche,  che  in  conseguenza  della  crescente  coltura  e  civiltà 
anderanno  a  mano  a  mano  formandosi  nella  coscienza  doi  popoli 
civili,  e  che  dovranno  indubitabilmente  modificare  la  missione  della 
diplomazia  e  dei  Governi  i  più  liberali. 


Conclusione  591 

Al  risultato  definitivo  non  si  potrà  arrivare  che  in  un  avvenire 
più  0  meno  lontano,  e  sarà  tanto  più  facile  il  vincere  le  difficoltà, 
quanto  più  si  procederà  gradatamente,  incominciando  dal  codificare 
quelle  parti  del  Diritto  internazionale  intomo  alle  quali  si  sono  già 
formate  le  convinzioni  giuridiche  comuni,  e  che  urtano  meno  le 
particolari  condizioni  sociali  dei  diversi  paesi.  Spetta  frattanto  a 
ciascuno  il  contribuire,  secondo  le  proprie  forze,  con  le  pubblica- 
zioni, coU'insegnamento,  colle  discussioni  e  con  ogni  altro  mezzo 
alla  progressiva  formazione  delle  convinzioni  giuridiche  uniformi 
intomo  ai  principii  fondamentali,  che  devono  presiedere  all'ordi- 
nata coesistenza  degli  Stati  civili,  per  arrivare  cosi  ad  elaborare 
a  mano  a  mano  un  sistema  in  corrispondenza  dei  bisogni  attuati  e 
reali  dei  diversi  Stati. 

Io  ho  voluto  come  uomo  di  buona  volontà  portare  il  mio  gra- 
nello di  sabbia  per  la  costruzione  del  grande  edifizio,  ed  ho  stimato 
opportuno  l'esporre  il  risultato  di  tutti  i  miei  studi  sulle  diverse 
parti  del  Diritto  intemazionale  in  un  complesso  di  regole  ridotto  a 
forma  di  codice  col  solo  intendimento,  come  ebbi  a  dichiarare 
nell'introduzione  (1),  di  condensare  le  mie  convinzioni  scientifiche, 
per  esprimerle  in  proposizioni  distinte  e  distribuite  con  ordine  siste- 
matico, a  fine  di  esporle,  per  quanto  mi  era  possibile,  con  la  mag- 
giore chiarezza  e  con  la  maggiore  precisione.  Questo  è  quello  che 
mi  ero  proposto  di  fare,  e  se  non  sono  riescito  a  farlo  bene,  ho 
cercato  di  adoperare  tutte  le  mie  forze  per  riuscirvi. 

Per  dare  alla  società  intemazionale  un  assetto  corrispondente  ai 
bisogni  dell'epoca  moderna  e  proclamare  un  complesso  di  regole, 
che  abbiano  per  tutti  gli  Stati  autorità  di  legge,  occorrerà  l'inizia- 
tiva da  parte  dei  Govemi  i  più  liberali,  e  tengo  per  fermo  che  si 
arriverà  a  questo. 

La  società  giuridica  PRiiirriVA  fu  la  famiglia,  la  finale  sarà  la 

CONFEDERAZIONE   GIURIDICA   DEI  POPOU   QVILI. 

(ì)  Vedi  la  mia  lettera  di  dedica,  e  Introduzione,  §  25. 

FINE. 


jf^'BF:EiisrjDXGJSi  I. 


SUNTO  STORICO 


DEI  PIÙ  IMPORTANTI  TRATTATI  INTERNAZIONALI 


Dall  epoca  della  Riforma  1528  al  I89G. 


Considerazioni  generali. 

Leggendo  la  storia  dei  traltati  ccmciusi  lino  al  secolo  nel  quale  viviamo^ 
si  prova  un  sentimento  di  sconforto,  perché  si  arriva  a  comprendere  che 
le  regole  dei  rapporti  intemazionali  non  hanno  avuto  altra  base  tranne  di 
quella  degl'interessi  accidentali  e  temporanei  che  in  ciascuna  epoca  hanno 
predominato,  e  che  gli  Stati,  che  le  hanno  stabilite  in  forza  dei  trattati  fra 
loro  conclusi,  non  hanno  avuto  altro  intendimento  che  quello  di  regolare  i 
fatti  compiuti  senza  proporsi  mai  di  accettare  d'accordo  un  sistema  di 
regole  giuridiche  adatto  ad  assicurare  la  pace  ed  a  prevenire  la  guerra  in 
avvenire  (1). 

Nell'epoca  nella  quale  il  Papato  aveva  acquistato  tanta  potenza  da  aspi- 
rare al  governo  del  mondo  reputando  soggetti  alla  sua  suprema  autorità  i 
popoli  ed  ì  Re,  le  guerre  furono  fatte  per  eliminare  il  pericolo  della  Mo- 
narchia universale,  che  si  mirava  a  costituire  con  la  forma  di  una  comunanza 
polhico-religiosa- teocratica  o  d'impero  universale  a  capo  di  cui  s'intendeva 
porre  il  Papa. 

11  movimento  iniziato  da  una  parte  dagli  scienziati,  dall'altra  dagli 
uomini  di  azione  che  combatterono  al  principio  del  XVIi  secolo  per  rifor- 
mare e  trasformare  le  basi  della  società  internazionale  mirò  concordemente 


(1)  Ecco  quello  che  scrive  il  Marchese  De  Saint-Yves  d*ÀIacydre  a  proposito  del 
trattati  :  i  Tous  ces  actes,  fruit  et  semence  de  guerre,  ne  soni  dictés  par  le  canon, 
que  pour  étre  déchirés  par  les  boulets  s  (Migsiomf  de9  90uvwrains), 

38  —  Fiori?,  Dir.  intera,  codif. 


II  Appendice  L 

a  separare  il  Diritto  pubblico  dello  Stato  dal  Diritto  pubblico  della  Chiesa  e 
a  rivendicare  il  principale  diritto  della  personalità  umana,  quello  cioè  della 
libertà  di  coscienza. 

Nella  lotta  sanguinosa,  che  ne  fu  la  conseguenza,  gli  avversarli  si  schie- 
rarono in  due  campi,  e  combatterono  accanitamente  gli  uni  per  assicurare 
il  trionfo  delle  idee  sostenute  dal  Papato,  e  formarono  quella  che  fu  detta 
la  Lega  CJattolica^  gli  altri  per  ottenere  il  trionfo  dei  principii  proclamati 
da  Lutero,  che  conducevano  alla  secolarizzazione  della  politica  intemazio- 
nale, e  formarono  V  Unione  Evangelica. 

Le  guerre  combattute  fra  gli  uni  e  gli  altri  in  nome  dei  principii  di 
confessione  religiosa  furono  nomate  guerre  di  religione.  Col  trattato  di 
Augsburg  (i545)  la  religione  luterana  acquistò  una  posizione  legale  a  lato 
di  quella  cattolica,  ma  il  trionfo  dei  nuovi  principii  e  del  movimento  iniziato 
dai  riformisti  non  fu  assicurato  che  in  seguito  alla  guerra,  che  fu  detta  dei 
trentanni,  e  che  terminò  col  trattato  di  pace  stipulato  a  Westfalia  nel  1648, 
che  segnò  la  fine  dell'antico  stato  di  cose,  e  l'inizio  d*un  nuovo  regime,  col 
quale  incominciò  la  storia  moderna  del  Diritto  intemazionale. 

Con  detto  trattato  fu  infatti  stabilito  in  massima  la  separazione  degli 
interessi  della  Chiesa  da  quelli  dello  Stato;'  la  libertà  e  l'eguaglianza  dei 
culti  :  il  riconoscimento  delle  tre  confessioni  cattolica,  luterana,  calvinista. 
Quel  trattato  però  non  provvide  a  risolvere  il  problema  dell'equilibrio  giù- 
ridico  della  società  intemazionale  che  sotto  il  punto  di  vista  di  regolare 
soltanto  i  fatti  compiuti  e  le  vittorie  della  Riforma.  Esso  riconobbe  l'indi- 
pendenza degli  Stati,  ma  nulla  stabili  per  l'ordinata  giuridica  coesistenza 
dei  medesimi. 

La  lotta  incessante  e  permanente  prese  diversa  e  nuova  forma.  Si  trat- 
tava di  dovere  garantire  l'indipendenza  dei  nuovi  Stati  mediante  quel  trat- 
tato riconosciuti,  e  d'impedire  che  risorgesse  il  pericolo  della  Monarchia 
universale  e  fu  immaginato  di  risolvere  tale  problema  mantenendo  fra 
tutti  gli  Stati  un  certo  equilibrio  di  forze,  onde  impedire  la  preponderanza 
di  qualcheduno  di  essi  su  gli  altri. 

Questa  è  la  seconda  epoca,  nella  quale  le  lunghe  guerre  combattute 
mirarono  a  mantenere  l'equilibrio  politico,  e  siccome  questo  si  voleva 
mantenere  nell'interesse  delle  Case  regnanti,  cosi  ogni  diritto  dei  popoli  fu 
conculcato  coi  trattati, che  furono  conclusi  col  solo  fine  di  tutelare  gl'interessi 
dei  Principi. 

Divenuta  la  Francia  potente  durante  il  regno  di  Enrico  lY  e  più  ancora 
durante  quello  di  Luigi  XIV  le  guerre  furono  fatte  ed  il  sistema  delie 


Considerazioni  storiche  ni 

alleanze  orgranizzato  per  abbassare  la  preponderanza  di  lei.  Con  tale 
inlendimento  furono  conclusi  non  pochi  trattati,  che  ebbero  piuttosto  il 
carattere  di  tregue  consentite  a  solo  fine  di  riprendere  forza  per  tornare  al 
combattimento. 

Quando  da  prima  la  Francia  usci  quasi  vittoriosa  dalla  lotta,  dettò  essa 
stessa  le  condizioni  della  pace  col  trattato  di  Nimega  concluso  nel  1678-79 
e  col  trattato  di  Ryswich  concluso  nel  1697  per  finire  la  guerra  contro  la 
Germania,  ma  quando  poi  essa  soggiacque  vinta,  e  fu  costretta  ad  accettare 
le  condizioni  ad  essa  imposte  dalla  forza  superiore  delle  Potenze  alleate 
ed  a  sottoscrivere  la  pace  di  Utrecht,  con  la  quale  rinunciò  ai  possedimenti 
acquistati  in  virtù  dei  precedenti  trattati,  mostrò  di  abbandonare  i  suoi 
ambiziosi  progetti  d'ingrandimento. 

Il  trattato  di  Utrecht  non  valse  per  altro  che  a  risolvere  il  cosi  detto 
problema  dell' equilibrio  politico  avuto  riguardo  ai  fatti  compiuti,  ma  sic- 
come non  fu  stabilito  nessun  sistema  di  regole  per  mantenere  ciascuno 
Stato  nella  propria  cerchia  giuridica,  cosi,  appena  le  forze  furono  ristorate 
nei  pochi  anni  di  pace,  nacquero  nuovi  pretesti  e  nuove  cagioni  di  guerra 
alimentate  ognora  dalla  necessità  di  mantenere  T  equilibrio.  Da  prima  la 
guerra  di  Polonia  terminata  col  trattato  di  Vienna  del  1738,  poi  quella  per 
la  successione  austriaca,  che  ebbe  termine  col  trattato  di  Aquisgrana  del 
1748;  poi  la  guerra  che  fu  detta  dei  sette  anni  terminata  col  trattato  di 
Parigi  del  1763  e  l'altra  a  cui  fu  posto  fine  col  trattato  di  Hubersboui^ 
nel  1763. 

Sempre  per  mantenere  il  preteso  equilibrio  nell*  interesse  delle  Dinastie 
altre  guerre  furono  combattute  e  ogni  diritto  dei  popoli  conculcato.  Si  esco- 
gito  il  sistema  delle  alleanze  armate  e  degli  interventi  per  mantenere  T  equi- 
lìbrio e  conservare  i  possedimenti  acquistati  coi  trattati,  e  basti  rammentare 
la  triste  applicazione  fattane  alla  Polonia  smembrata  e  partita  nel  1777  e 
nel  1793  in  omaggio  all'equilibrio  politico  e  tacciamo  di  altri  avvenimenti, 
e  delle  guerre  combattute,  e  delle  alleanze  concluse  per  organizzare  la  cosi 
detta  bilancia  delle  forze* 

Tutto  quello  che  caratterizza  il  movimento  dei  rapporti  internazionali  e 
dei  patti  conclusi  tra  i  Principi  coi  trattati  stipulati  fino  al  secolo  XVIII  si 
può  desumere  da  quello  che  scriveva  Federico  di  Prussia,  esprimendo  la 
generale  convinzione  ne\VAnii-M(ichiaveUo.  e  La  tranquillité  de  l'Europe, 
se  fonde  principalement  sur  le  maintien  de  ce  sage  équilibre,  par  lequel  la 
force  supérieure  d'une  Monarchie  est  contre-balancée  par  la  puissance 
réunie  de  quelques  autres  souverains.  Si  cet  équilibre  venait  a  manquer. 


IV  ^  Appendice  L 

il  serait  à  craindre  qu*il  n'arrivàt  une  revolution  unhrcrselle,  et  qii'une 
nouvelle  Monarchie  ne  s'étabiit  sur  les  débris  des  Prìnces  que  ieur  domi- 
nation  rendrait  trop  faibles  (1)  ». 

Dopo  la  scoperta  del  Nuovo  Mondo  e  della  nuova  via  pel  ti^ailco  colle 
indie  gl'interessi  mercantili  servirono  di  base  alla  politica  dei  Governi. 
Ciascuno  volse  il  pensi^t)  ad  acquistare  la  supremazia  commerciale  e 
ritenne  che  ad  assicurarla  fosse  mestiere  di  confiscare  a  suo  profitto  il 
monopolio  degli  scambii  e  delle  esportazioni  e  di  aeme  ogni  forma  di 
ostacoli  alla  libertà  del  commercio  alimi  ed  allo  sviluppo  della  produzione. 
Cotesto  falso  indirizzo  fu  alimentato  dalle  false  teorie  a  riguardo  della  pro- 
sperità e  della  ricchezza.  Si  pensava  che  l'oro  fosse  la  ricchezza,  e  che 
ciascun  Governo  dovesse  considerare  come  supremo  interesse  di  regolare 
ogni  suo  rapporto  commerciale  in  maniera  da  importare  la  minore  quantità 
di  merci  e  molto  oro.  Da  ciò  nacquero  nuove  cagioni  di  guerre.  Ciascuno 
Stato  cercava  di  volgere  le  cose  a  suo  esclusivo  vantaggio,  e  se  un  altro 
apriva  al  proprio  commercio  nuovi  sbocchi  o  accresceva  l' industria  e  il 
traffico,  si  sentiva  il  bisogno  d'impedire  che  esso  si  arricchisse  oltre  misurai 
e  si  trovava  un  pretesto  per  fatigli  la  guerra  coli' intendimento  di  ooetrìs- 
gerlo  a  sottoscrivere  un  trattato  di  commercio,  in  virtù  del  quale  il  cosi 
detto  equilibrio  mercantile  potesse  essere  ristabilito. 

I  disordini  che  furono  la  conseguenza  delle  rivalità  mercantili  fiirono 
maggiori  e  più  considerevoli  di  quelli  che  derivarono  dalla  voluta  neeessifà 
dell'equilibrio  politico.  Da  una  parte  gli  Stati  più  potenti  cercavano  d'im- 
porre ogni  specie  di  restrizione  al  commercio  degli  altri  coli' intendimento 
di  avere  il  monopolio  del  commercio,  ed  i  più  deboli  talvolta  subivano  la 
lo-^rge,  tal' altra  si  alleavano  per  respingere  la  forza  prevalente  ed  impone- 
vano essi  la  le^e.  Cosi  ogni  principio  di  diritto  e  di  giustizia  fu  sacrificato 
a  seconda  della  forza  prevalente  dei  vincitori.  I  Portoghesi  per  rendersi 
padroni  del  commercio  delle  Indie  pretesero  al  traffico  esclusivo  per  la  via 
scoperta  da  Vasco  de  Gama  e  proibirono  a  tutti  gli  altri  popoli  di  navigare 
pel  Capo  di  Buona  Speranza.  La  Spagna  aspirava  a  confiscare  a  suo  pn^tto 
il  commercio  col  Messico,  l'Inghilterra  allargava  i  suoi  possedimenti  e  fon- 
dava  ovunque  colonie,  e  divenuta  forte  e  potente  dettava  la  legge  a  tutti  e 
coglieva  ogni  pretesto  per  dichiarare  la  guerra  alle  Potenze  rivali  e  rovi- 
nare il  loro  commercio.  Le  guerre  poi  furono  uno  strano  miscuglio  di  ope- 
razioni  militari  e  mercantili,  e  affinchè  durante  esse  non  ne  potessero  trarre 


(1)  Frédéric,  Anti-Machiavel.  Pari.  3,  chap,  XXVI,  p.  58, 


ConsiderazUmi  storiche  V 

▼an (aggio  gli  Stnti,  che  volevano  rimaDere  estranei  e  neutrali,  si  cereo  di 
annientare  e  paralizzare  il  commercio  degli  stessi  neutrali  durante  la  guerra 
ed  ogni  pretesa  fu  sostenuta  con  la  forza,  e  subita  per  debolezza. 

I  trattati  concilisi  nel  XYII  e  XVIIl  secolo  sono  la  più  sicura,  prova  della 
grande  concisione  a  riguardo. dei  principii  relativi  alla  libertà  del  com- 
mercio ed  a  quelli  della  navigazione  durante  la  guerra.  Dal  trovare  in  essi 
talvolta  stabilite,  talvolta  disdette  le  stesse  regole,  se  ne  può  dedurre  Tasso- 
Iota  mancanza  di  ogni  criterio  certo  e  sicuro  da  parte  dei  Governi,  che  le  pro- 
elamavano  e  le  negavano,  secondo  le  circostanze  suggerivano.  Basterebbe 
per  convincersene  volgere  l'attenzione  alle  regole,  ohe  ooaoernono  i  diritti 
degli  Stati  neutrali  durante  la  guerra  e  Teserciiio  del  diritto  di  preda  da 
parte  dei  b^igeranti  rispetto  al  nemico  ed  ai  neutrali.  Parve  che  un.  certo 
sistema  di  principii  potesse  ritenersi  stabilito  col  trattato  di  Versailles  con- 
cluso nel  1783,  imperocché  mediante  esso  furono  accettate  le  regole  pro- 
clamate dalla  lega  della  neutralità  armata,  eliminando  cosi  lo  stato  di  cose 
anteriore,  quando  cioè  ogni  diritto  dei  nemici  e  dei  neutrali  in  tempo  di 

guerra  marittima  poteva  essere  definito  a  seconda  della  forza  e  delT  interesse 
degli  Stati  vittoriosi.  Le  r^pole  in  quel  trattato  stabilite  acquistarono  in 
seguito  maggiore  autorità  quando  furono  poste  a  base  dei  particolari  accordi 
lira  i  diversi  Stati  oonchisi;  però  siccome  nulla  era  state  provveduto  per 
assicurarne  il  rispetto,  eosl  accadde  che  i  (Governi  stessi,  che  le  avevano 
accettate,  reputOBsero  di  poterle  disconoscere  e  modificare  con  pieno 
arbitrio. 

Le  condizioni  anormali  nelle  quali  fu  combattuta  la  guerra  della  Rivo- 
hizione  Francese  furono  prese  a  pretesto  per  giustificare  le  violenze  e  gli 
abusi  commessi  da  una  parte  e  dall'altra.  Si  volle  legittimare  ogni  eccesso 
eoi  principio  della  rappresaglia,  e  col  pretesto  che  ogni  misura  eccezionale 
era  resa  necessaria  dalle  circostanze  straordinarie  nelle  quali  si  trovava 
l'Europa.  Il  fatto  è,  che  tutti  i  principii  del  Diritto  inlernazionale  furono 
violati,  ed  ogni  arbitrio  commesso  a  titolo  di  rìtorsi(»ie,  ed  i  principii  rela- 
tivi ai  diritti  dei  neutrali  disconosciuti  da  quegli  Stati  medesimi,  che  li 
avevano  prochimatì,  e  non  occorre  entrare  in  particolari. 

Quando  cadde  Bonaparte  in  conseguenza  della  coalizione  delle  Potenze 
alteale  contro  di  lui,  l'Europa  presentava  un  aspetta  del  tutto  singolare. 
Gli  avvemmenti,  che  si  erano  compiuti  duminte  la  rivoluzione  avcano  ope- 
ralo una  completa  innovazione.  L'autorità  dei  trattati  era  venuta  meno  ; 
Tequilibrio  dell'Europa  scosso;  alcuni  Stati  scomparsi,  altri  nuovi  costituiti; 
bisognava  proprio  rifare  da  capo  l'edificio  del  riordinamento  della  società 


VI  Appendice  L 

degli  Stati  e  risolvere  il  grave  problema  di  assicurare  l'equilibrio  politico 
fra  i  medesimi,  e  si  pensò  di  provvedere  a  ciò  riorganizzando  gli  Stati 
secondo  i  pretesi  diritti  dei  Sovrani  legittimi,  e  ponendo  il  diritto  storico  a 
fondamento  della  legittimità.  Il  lango  lavorio  fatto  dai  potentati  convenuti 
a  Vienna  per  ristabilire  il  cosi  detto  equilibrio  politico  fu  riassunto  nell'Atto 
solenne  stipulato  il  9  giugno  1815. 1  possedimenti  territoriali  furono  partiti 
secondo  gli  interessi  delle  Dinastie  ;  e  a  fine  di  assicurare  poi  l'assetto, 
cosi  come  era  stato  stabilito,  fu  ammesso  che  i  Principi  potessero  a  vicenda 
garantirsi  i  possedimenti  a  ciascuno  di  essi  attribuiti,  adoperando  la  forza 
per  impedire  qualunque  mutamento  in  avvenire. 

In  tal  guisa  quel  famoso  trattato  stipulato  a  Vienna  fece  nascere  nuove 
cagioni  di  guerre,  che  dovevano  essere  la  conseguenza  necessaria  della 
lotta  tra  gl'interessi  delle  nazionalità  conculcati,  e  quelli  della  legittimità 
fondata  sul  Diritto  storico,  e  che  era  stata  posta  a  base  dell'equilibrio. 

Per  tutelare  gì*  interessi  delle  Dinastie  furono  conclusi  nuovi  particolari 
trattati,  tra  i  quali  primeggia  quello  famoso  che  fu  detto  della  Santa  Alleanza 
stipulato  il  26  settembre  1815  e  che  fu  il  primo  atto  della  politica  reazio- 
naria dei  Governi,  i  quali  a  fine  d'impedire  qualunque  attentato  all'equi- 
librio stabilito  a  Vienna,  affermarono  il  diritto  delle  grandi  Potenze  di 
organizzare  una  suprema  vigilanza  nelle  faccende  inteme  di  tutti  gli  Stali, 
e  d'impedire  e  reprimere  qualunque  manifestazione  da  parte  dei  popoli, 
che  potesse  turbare  l'assetto  politico  dell'Europa  come  era  stato  stabilito  a 
Vienna. 

In  tal  maniera  fu  organizzato  il  sistema  degl'interventi  armati,  che 
funestò  l'Europa  nella  prima  metà  del  secolo  nostro,  affermato  e  stabilito  coi 
trattati,  e  di  cui  fu  fatta  triste  applicazione  per  reprimere  i  movimenti  liberali 
dei  popoli  nella  Spagna,  nel  regno  di  Napoli,  nel  Portogallo  ed  in  Piemonte. 

Gli  avvenimenti  posteriori  banno  dimostrato  come  il  Diritto  pubblico 
internazionale,  cosi  come  era  stato  accettato  e  consacrato  nei  trattati,  non 
potesse  reputarsi  adatto  a  risolvere  il  problema  dell'ordinamento  giuridico 
della  società  degli  Stati.  Ad  effettuare  questo  un  certo  equilibrio  deve  repu- 
tarsi pure  indispensabile,  ma  ren*ore  dei  Governi  è  stato  quello  di  voler 
attuare  l'equilibrio  mediante  la  cosi  detta  bilancia  delle  forze,  invece  di 
mirare  a  stabilire  il  limite  giuridico  dell'azione  di  ciascuno  Stato  proda* 
mando  i  principii  del  Diritto,  e  provvedendo  cosi  alla  tutela  giuridica  dei 
medesimi. 

Col  trattato  di  Parigi  del  1856  si  può  dire  iniziato  un  nuovo  indirizzo, 
imperocché  con  quel  trattato  non  solo  furono  regolate  le  conseguenze  della 


Considerazioni  storiche  VII 

ffuerra  combattuta  contro  la  Russia,  ma  furono  altresì  proclamati  alcuni 
principii  fondamentali  del  Diritto  internazionale  marittimo  mediante  la 
solenne  dichiarazione  dei  diritti  e  dei  doveri  dei  belligeranti  a  riguardo  dei 
neutrali. 

È  vero  che  in  quel  trattato  nulla  trovasi  stabilito  per  assicurare  il 
rispetto  dei  principii  in  virtù  di  esso  proclamati  :  è  però  meritevole  di  con- 
siderazione, la  proposta  che  fu  fatta  da  Clarendon,  ed  accettata,  che  cioè 
per  prevenire  le  calamità  della  guerra  il  Congresso  faceva  il  voto  che  gli 
Stati,  tra  i  quali  si  fosse  sollevata  una  controversia  seria,  prima  di  ricorrere 
alle  armi,  avessero  ricorso  ai  buoni  ufBdi  di  una  Potenza  amica.  Questo 
voto  amplificò  il  principio  consacrato  all'articolo  8  del  trattato,  nel  quale 
trovasi  disposto  che,  qualora  fosse  sopravvenuto  fra  la  Sublime  Porta  e 
runa  0  più  delle  altre  Potenze  firmatarie  un  dissenso,  che  minacciasse  il 
mantenimento  delle  loro  relazioni,  la  Sublime  Porta  e  ciascuna  di  queste 
Potenze,  prima  di  ricorrere  all'impiego  della  forza,  dovessero  porre  le  altre 
parti  contraenti  in  grado  di  prevenire  una  tale  cnlaniità  col  nìezzo  della 
loro  azione  mediatrice. 

Con  tali  precedenti,  bisogna  pure  riconoscerlo,  s' inizia  un  nuovo 
indirizzo  nell'ordinamento  della  società  intemazionale,  quello  cioè  che 
consiste  nel  ritenere  tutti  gli  Stati  solidariamente  cointeressati  a  provvedere 
a  che  i  principii  di  comune  accordo  stabiliti  non  fossero  arbitrariamente 
violati  dall'una  o  dall'altra  parte  contraente,  e  quello  della  ingerenza  col* 
lettiva  nell'esaminare  in  caso  di  controversia  l'oggetto  della  disputa,  inter- 
venendo come  Potenze  mediatrici  e  trovasi  inoltre  affermato  il  generale 
dovere  di  ogni  Stato  di  non  ricorrere  alla  guerra  senza  avere  prima  ricorso 
ai  buoni  ufficii  di  una  Potenza  amica. 

Non  si  può  dire  che  in  tali  precedenti  trovisi  stabilito  e  determinato  il 
principio  della  tutela  giuridica  del  Diritto  comune  intemazionale,  ma  non 
si  può  disconoscere  che  vi  si  trovi  bensì  l'inizio  di  un  nuovo  ordinamento  di 
cose  che  col  progresso  della  cultura  e  della  civiltà  potrà  condurre  a  mettere 
sotto  un  più  giusto  punto  di  vista  il  problema  dell'ordinamento  giuridico 
della  società  intemazionale  e  della  missione  che  dovrà  essere  attribuita  ai 
Congressi  per  provvedere  a  stabilire  su  migliori  basi  tutto  il  sistema  del- 
l'equilibrio giuridico. 

I  trattati  conclusi  posteriormente  a  quello  di  Parigi  del  1856  hanno 
sviluppato  meglio  questo  nuovo  concetto  della  tutela  giuridica  collettiva, 
come  mezzo  efficace  a  mantenere  l'ordinamento  giuridico  d'accordo  sta- 
bilito. Lo  si  trova  infatti  chiaramente  enunciato  nel  trattato  di  Londra 


TUI  Appendice  L 

degli  li  maggio  1867,  nel  quale  il  regohinento  stabilito  a  riguardo  del 
Lussemburgo  fu  posto  sotto  la  sanzione  della  garanaa  coUettÌTa  éellf 
Potenze  segnatane  dì  quel  trattato. 

Anche  nell'atto  finale  della  Conferenza  di  Berlino  del  26  febbraio  1885 
trovasi  all'articolo  12  stabilito  come  patto  che  le  Potenze  ehe  sottosGrìssero 
quell'atto  dovessero  ricorrere  alla  mediazione  di  uia  •  di  parecchie  Potenze 
amiche  prima  di  prendere  le  armi,  e  trovasi  inoltre  riservato  ndla  stessa 
evenienza  il  diritto  di  potere  ricorrere  alla  procedura  dell'arbitrato. 

Sono  finalmente  meritevoli  di  grande  considerazione  i  trattati  conclusi 
tra  le  repubbliche  dell'America  Centrale,  le  quali  hanno  proYvednto  ad 
organizzare  fra  di  loro  una  vera  confederazione  ed  a  stabilire  mezri  oppor- 
tuni per  assicurare  la  pace  e  prevenire  la  guerra* 

Richiamiamo  da  ultimo  T  attenzione  sul  trattato  di  arbitrato  generale 
concluso  tra  gli  Stati  Uniti  d'America  e  la  Gran  Bretagna  col  quale  sotto 
certe  riserve  le  parti  s'impegnano  a  sottomettere  tutte  le  controTersie  ehe 
possono  nascere  fra  di  loro  ad  un  tribunale  arbitrale  (1). 

Tenendo  conto  di  tali  precedenti  ne  consegue  che  il  movimento  iniziato 
col  Congresso  di  Parigi  del  1856  procede  a  grado  a  grado,  e  quantunque 
non  si  sia  arrivati  ancora  a  concludere  un  trattato  generale  per  assicurare 
l'ordinamento  giuridico  della  società  intemazionale  ed  i  procedimenti 
adatti  ed  obbligatorii  a  stabilire  e  mantenere  in  essa  l'equilibrio  giurìdico, 
bisogna  non  di  meno  riconoscere  che  il  problema  della  vita  intemazionale 
è  stato  posto  sotto  tale  nuovo  punto  di  vista  e  quello  che  è  stato  già  fatto 
può  serrire  ad  alimentare  più  grande  fidanza  nell'avvenire. 


(1)  Non  conosciamo  il  testo  di  tale  trattato,  ma  il  sunto  datone  col  telegrafo* 


a 


TRATTATI 

CONCLUSI  DURANTE  LE  GUERRE  RELIGIOSE* 


Trattato   di  Madrid. 

1526,  Gennaio  14. 

an.  i526. 

Col  trattato  di  Madrid  Francesco  I  di  Francia,  allora  prigioniero,  stipulò 
di  rìnuAziare  ai  suoi  diritti  sopra  MilaAo,  Genova,  Napoli,  le  Fiandre  e 
l'Artois,  e  di  trasferire  air  Imperatore  Carlo  V  il  possesso  del  Ducato  di 
Borgogna,  con  i  territorii  da  questo  dipendenti,  cioè  la  contea  di  Charolais, 
e  le  signorie  di  Noyers  e  di  Chàteau-Chinon,  come  pure  la  contea  di 
Auxonne  e  il  €  Restart  »  o  giurisdizione  di  San  Lorenzo,  essendo  essi  pro- 
prietà dipendenti  dalla  Franca-Contea.  Questi,  ed  altri  onerosi  ed  umilianti 
patti,  i  quali  Francesco  I  accettò  onde  ottenere  la  sua  libertà,  non  furono 
poi  da  esso  osservati,  non  avendo  mai  avuto  in  animo  d'osservarli.  Ed 


*  Questa  esposizione  dei  provvedimenti  sanzionati  coi  più  importanti  trattati  è 
in  sostanza^  per  quelli  conclusi  fino  al  1840,  conforme  alFappendice  che  si  trova 
aggiunta  alFopera  di  Theodore  Woolsey,  Tntroduction  to  the  Study  of  Interna- 
tional  Law;  fifth  edttion,  London  1879.  Però  a  quello  che  ho  desanto  da  Woolsey 
ho  tatto  diverse  modftftcazioni  al  testo  originale  dello  scrittore  a  fine  di  Iheilitare 
rindieazione  di  ciascun  trattato;  ho  inoltre  soppresse  alenne  parti  ed  altre  ne  ho 
aggiunte,  altre  rifiitte  per  rendere  più  chiara  l'esposizione  ;  tenendo  presente  il 
testo  dei  trattati  e  le  opere  di  Wiieaton,  Histoire  des  progrès  du  Droit  des  gens, 
Leipzig  1832,  2  voi.;  e  di  Ooroussow,  Résumé  Historique  des  Principaux  Traités 
de  Paix  (Paris  1885). 

Le  date  dei  trattati  indicano  U  giorno  della  loro  ratifica,  e  sempre  nello  stUe 
nuovo. 

I  trattati  più  antichi  si  riferiscono  all'opera  di  Dumont,  Corps  universel  diplo- 
matique  du  Droit  des  gens,  contenant  un  recueil  des  Traités  d'alliance^  ecc. 
Amsterdam  de  LaHaye,  1726-1731,  8  voi.  in  foglio  (alcun!  di  questi  diviso  in  due 
parti). 

Le  citazioni  dei  trattati  moderni  si  rilérisoono  alla  collezione  di  Martems  e 
dei  suoi  continuatori.  Esse  sono  fatte  nel  seguente  modo:  Martens,  Ree.,  oR.,  per 
il  Rectteil  —  Martens,  Nouv.  Rec.^  o  N.  i?.,  per  il  Nouveau  Recueil  —  Murrard, 
o  Murhard-Samwer,  ovvero  Martens,  Nouv.  Ree.  Gén,,  o  N.  R.  G.,  per  U  Nouveau 
Recueil  General. 


X  AfpendiiSB  L  m.  1SS6^ 

invero  in  una  sna  protesta  (l),  in  data  del  giorno  anteriore  al  trattato^  lo 
dichiara  nullo;  allegando  dinon  averlo  fatto  di  sua  libera  volonlà.  Avendo 
col  mezzo  di  tale  frode  ottenuto  d'essere  messo  in  libertà,  rifiutò,  gli  Stati 
di  Borgogna  non  volendo  separarsi  dalla  Francia,  di  costituirsi  prigioniera 
a  forma  dei  patti  stipulati.  A  questi  avvenimenti  tennero  dietro,  la  Santa 
Lega  (conclusa  a  Cognac,  il  22  maggio  1526,  fra  il  Papa  Clemente  VII, 
Francesco  I,  Venezia,  Firenze,  ed  il  Duca  di  Milano,  contro  Carlo  V)  ed  una 
nuova  guerra  italiana. 

Trattato  di  Catnbray  o  Paix  des  Barnes. 

1529,  Agosto  5  (2). 

IB.  4589. 

La  pace  delle  Dame  fu  cosi  chiamata  a  cagione  dell'essere  stata  essa 
conclusa  da  Mai^herìta  d'Austria  sorella  dell'Imperatore,  e  Luisa  di  Savoia 
madre  di  Francesco  I.  Con  questo  trattato,  il  quale  non  era  altro  cHe  il 
rinnovamento  di  quello  di  Madrid  con  alcune  importanti  modificazioni, 
veniva  a  Francesco  I  garantito  il  possesso  della  Borgogna  e  dei  terrìtorìi  da 
essa  dipendenti  ;  dal  canto  suo  rìnunziava  alle  Fiandre,  all' Artois,  ecc., 
come  pure  ai  suoi  diritti  in  Italia,  abbandonando  cosi  i  suoi  alleati  ed 
annientando  l'influenza  francese  in  questa  penisola.  I  suoi  due  figli,  ostaggi 
a  Madrid,  furono  messi  in  libertà  dietro  promessa  di  pagare  due  milioni  di 
corone  d'oro  o  ducati.  I  partigiani  e  gli  eredi  del  Connestabile  di  Borbone, 
dovevano  essere  reintegrati  nelle  loro  proprietà  e  nella  loro  posizione  civile. 
Questo  trattato,  il  quale  di  per  se  stesso  era  abbastanza  umiliante,  lo 
divenne  anche  maggiormente,  a  cagione  delle  solenni  formalità  adottate  in 
occasione  della  sua  ratìfica,  come  se  facendo  ciò  si  fosse  voluto  indicare, 
che  non  si  poteva  prestare  fede  alla  parola  di  Francesco  I. 

Il  29  di  giugno  di  questo  medesimo  anno  la  pace  fu  conclusa  a  Barcel- 
Iona  ira  il  Papa  e  l'Imperatore,  e  fu  pattuito  che  il  Papa  avrebbe  posto 
sul  capo  deir Imperatore  la  corona  imperiale,  gli  avrebbe  conferito  l'inve- 
stitura di  Napoli,  col  diritto  di  nomina  a  ventiquattro  sedi  episcopali  in 
questo  regno,  e  come  feudo,  libero  dall'  obbligo  di  corrispondere  il  tri- 
buto di  vassallaggio,  —  eccetto  quello  d'un  palafreno.  Carlo  V  a  sua  volta 
prometteva  di  restaurare  i  congiunti  del  Papa,  i  Medici,  i  quali  erano  stati 
esiliati,  e  dì  porre  un  freno  allo  estendersi  dell'eresia  in  Germania  (3).  Si 


(1)  DUMONT,  IV,  1,  412. 

(2)  DUMONT,  IV,  2,  7. 

(3)  DuMONT,  IV,  2,  1-7. 


u.  IStO.  Trattati  conclusi  durante  le  guerre  religiose  XI 

dice,  che  in  un  articolo  segreto  fosse  stipulato  che  il  Papa  non  avrebbe  dato 
il  consenso  per  il  divorzio  del  Re  d'Inghilterra  colia  zia  dell'Imperatore* 

Re  ce 8 8  0  cmwenzwne  fatta  a  Schmalkaldm. 

1530,  Dicembre  31. 
■n.  1530. 

Questa  convenzione  fu,  come  il  preliminare  della  Lega,  conclusa  nello 
stesso  luogo  il  6  febbraio  1531,  fra  una  parte  dei  Principi  e  città  Protestanti 
onde  prestarsi  scambievole  soccorso  in  caso  che  venissero  assaliti  a  cagione 
della  loro  religione  (1).  Fu  rinnovata  per  dieci  anni,  ed  assunse  più  vaste 
proporzioni  il  29  settembre  1536  (2).  Per  la  contro-lega  cattolica  del 
10  giugno  1538,  vedi  Dumont,  iv,  164. 

Pace  di   Gre 8 pi. 

1544,  Settembre  18. 
an.  1544. 

La  pace  di  Crespi  tra  Francesco  I  di  Francia  e  Carlo  V  imperatore  fu 
principalmente  una  ratifica  di  trattati  anteriori,  come  quello  di  Cambray 
e  quello  di  Nizza  (18  giugno  1538),  il  secondo  dei  quali  fu  una  tregua  dì 
dieci  anni. 

CapUoiazicne  di  Witiemberg. 

1547,  Maggio  19. 
in.  1547. 

I  Protestanti  della  Lega  Schmalkaldm,  avendo  prese  le  armi  contro 
l'Imperatore  Carlo  V,  senza  successo,  Giovanni  Federigo,  Elettore  di  Sas- 
sonia, essendo  stato  fatto  prigioniero  alla  battaglia  di  Hùhlberg,  si  sottomette 
nella  capitolazione  di  Wittemberg,  avvenuta  sotto  questa  data,  alla  perdita 
della  sua  carica  d'Elettore  e  del  Principato,  ed  a  rimanere  in  prigione,  fino 
a  che  sia  per  piacere  all'Imperatore.  L'Elettorato  è  trasferito  dalla  linea 
Emestina  a  quella  Albertina  della  casa  di  Sassonia,  unitamente  alle  prero- 
gative appartenenti  al  capo  di  questa.  Ai  figli  del  prigioniero  Elettore  ven- 
gono concesse  delle  città,  ed  assegnati  dei  distrétti,  come  sarebbero  Eisenach, 
Weimar,  Jena,  Gotha,  Saalfeld,  e  Coburgo,  —  questa  città  dovendo  prima 
andare  a  vantaggio  di  suo  fratello  (3).  Da  questa  divisione  ebbero  origine  i 
ducati  Sassoni. 


(1)  DoMONT,  IV,  2,  pp.  75,  78. 

(2)  Dumont,  u.  s.,  141. 
(8)  Dumont,  IV,  332. 


in  Appendice  L  an.  i5l3. 

Trattato  di  Passau  (Passavia). 
1552,  Agosto  2. 

Il  Langravio  di  Assia  fu  messo  in  libertà,  ed  altri  prìncipi  Protestanti 
furono  reintegrati  nelle  loro  onorificenze  e  nei  loro  beni,  e  la  libertà  di 
culto  fu  promessa  a  coloro  i  quali  professavano  la  confessione  d'Augs- 
burg,  ecc.  (1).  Questo  trattato  servi  di  preliminare  alla  pace  religiosa 
conclusa  fra  gli  Slati  della  Germania  nell'anno  1555. 

Pace  di  Augsburg  {Augusta). 
1555,  Settembre  25. 

In  conseguenza  di  questo  trattato  dì  pace  fra  i  cattolici  e  i  protestanti 
della  Germania,  concluso  a  Augsburg  in  Baviera,  la  religione  Luterana 
acquistò  una  posizione  legale  a  lato  di  quella  Cattolica,  ma  la  religione  Rifor- 
mata non  guadagnò  nessun  privilegio.  La  pace  comprendeva  i  cavalieri,  i  quali 
possedevano  terre  dipendenti  immediatamente  dall'Impero,  e  le  città  tanto 
imperiali  che  libere,  come  pure  i  più  alti  dignitari  della  Confederazione.  1 
vassalli  i  quali  professavano  una  relijgione  differente  da  quella  del  loro 
signore  erano  liberi  d'emigrare  trasportando  i  propri  averi.  La  proprietà 
della  Chiesa,  la  quale  era  oramai  paaeata  nelle  mani  degli  Stati  Protestanti, 
e  non  dipendeva  immediatamente  dair  Impero,  veniva  ad  essi  rilasciata. 
Tutti  gli  ecclesiastici  i  quali  abiurassero  la  religione  Cattolica  onde  abbrac- 
ciare quella  della  confessione  d'Augsbui^  (sia  che  fossero  arcivescovi, 
vescovi,  prelati,  o  a  qualunque  altro  ordine  appartenessero),  dovevano 
perdere  le  loro  prebende,  ed  i  diritti  che  avevano  per  il  passato  godòti. 
Questa  clausola  riconosciuta  sotto  il  nome  di  reservatum  ecclesiasHcufn 
dividine  la  sorgente  d'innumerevoli  inconvenienti. 

Unione  e  alleanza  di  Uirecht 

1579,  Gennaio  23. 

an.  «STO. 

Col  trattato  di  unione  e  di  alleanza  perpetua  delle,  provincie  e  città  di 
Olanda,  Zelanda,  Utrecht,  ecc.  che  fu  denominato  Unione  d'Utrecht  ebbe 
origine  la  Repubblica  Olandese  e  le  città  alleate  lurouo  deuomiuale  Pro- 
vincie  Unite  (2). 


(i)  DUMONT,  li.  s.,  3.  42. 
(2)  DiMONT,  V,  1,  322. 


Trattati  concluui  durante  le  gtien^e  religiose  XIB 

Trattato  di  Cheraaco. 

1631,  Aprile  6. 
n.  4631. 

li  trattato  di  Cherasco  fu  concluso  fra  Tlmperatore  Ferdinando  li  a 
Luigi  XIll  di  Francia  (1)  onde  mettere  in  esecuzione  il  trattato  di  Ratisbona 
(Regensburg)  deH8  ottobre  1630^  in  yirtù  del  quale  l'Imperatore,  doveva 
riconoscere  Carlo  Duca  di  Nevers  conie  Duca  di  Mantova  e  del  Monfer- 
rato <S).  Ma  Trino  ed  altri  luoghi  del  Monferrato  dovevano  andare  al 
Duca  di  Savoia.  I  Francesi  rimmziavano  pure  alle  loro  conquiste  in 
Italia.  In  un  trattato  segreto  però,  fra  Francia  e  Savoia,  veniva  stabilito  che 
le  migliori  parti  del  Monferrato,  la  città  d'Alba,  e  le  sue  vicinanze,  dove- 
vano essere  cedute  al  Duca  di  Savoia,  il  quale  alla  sua  volta  avrebbe  resti- 
tuito al  Re  di  Francia,  Pinerolo,  ed  una  strada  la  quale  conduceva  dalla 
Francia  a  tale  luogo,  aprendo  cosi  la  via  ai  Francesi,  per  la  quale  penetrare 
in  Italia.  Questo  trattato  segreto  ingannò  il  Papa,  e  sacrificò  gl'interessi  del 
pretendente  francese  su  Mantova  (3). 

Pace  di  Vestfalia, 

1648,  Ottobre  24. 

an.  16i8. 

Là  pace  di  Vestfalia  consiste  dei  due  trattati  di  Mùnster  e  di  Osnabruck. 
Le  parli  stipulanti  coli' Imperatore  furono  nel  primo  i  Francesi,  nel  secondo 
gli  Svedesi,  ma  i  più  piccoli  potentati  della  Germania  furono  pure  rappre- 
sentati. Questa  pace  pose  fine  alla  guerra  dei  Trenl'.Ànni,  e  fece  si  che 
regolari  rapporti  si  stabilissero  fra  la  maggior  parte  delle  Potenze  d'Europa. 
Nello  slesso  anno,  il  30  di  gennaio,  la  Spagna  e  l'Olanda  fecero  un  trattato 
a  Mùnster. 

Alcuni  dei  più  importanti  documenti  diplomatici  anteriori  a  questa 
(i:uerra,  o  fatti  durante  essa,  e  relativi  ai  dissidii  avvenuti  nell'Impero  Ger* 
manico,  furono,  V  Unione  Protestante,  maggio  1608;  la  Z>€^a  cattolica, 
1610  (4);  il  Trailaio  d'Ulnij  3  luglio  1620,  in  virtù  del  quale  i  principi 
protestanti  abbandonarono  l'Elettore  Palatino  per  rapporto  a  tutto  ciò  che 
poteva  concernere  la  Boemia  (5);  la  Pace  di  Lubecca^  22  maggio  1629,  colla 


(1)  DOMONT,  VI,  1,  9. 

(2)  DcMONT,  V,  2,  615. 

(3)  Confr.  Schlosser  Weltgesch,  XIV,  398. 

(4)  DuMONT,  V,  2, 118. 

(5)  DuMONT,  u.  s.  369. 


♦, 


VI  Appendice  L 

degli  Stati  e  risolvere  il  grave  problema  di  assicurare  l'equilibrio  politico 
fra  i  medesimi,  e  si  pensò  di  provvedere  a  ciò  riorganizzando  gli  Stali 
secondo  i  pretesi  diritti  dei  Sovrani  legittimi,  e  ponendo  il  diritto  storico  a 
fondamento  della  legittimità.  Il  lungo  lavorìo  fatto  dai  potentati  convenuti 
a  Vienna  per  ristabilire  il  cosi  detto  equilibrio  politico  fu  riassunto  nell'Atto 
solenne  stipulato  il  9  giugno  1815. 1  possedimenti  territoriali  furono  partiti 
secondo  gli  interessi  delle  Dinastie  ;  e  a  fine  di  assicurare  poi  l'assetto, 
cosi  come  era  stato  stabilito,  fu  ammesso  che  i  Principi  potessero  a  vicenda 
garantirsi  i  possedimenti  a  ciascuno  di  essi  attribuiti,  adoperando  la  forza 
per  impedire  qualunque  mutamento  in  avvenire. 

In  tal  guisa  quel  famoso  trattato  stipulato  a  Vienna  fece  nascere  nuove 
cagioni  di  guerre,  che  dovevano  essere  la  conseguenza  necessaria  della 
lotta  tra  gl'interessi  delle  nazionalità  conculcati,  e  quelli  della  legittiinità 
fondata  sul  Diritto  storico,  e  che  era  stata  posta  a  base  dell' equilibrio. 

Per  tutelare  gl'interessi  delle  Dinastie  furono  conclusi  nuovi  particolari 
trattati,  tra  i  quali  primeggia  quello  famoso  che  fu  detto  della  Santa  Alleanza 
stipulato  il  26  settembre  1815  e  che  fu  il  primo  atto  della  politica  reazio- 
naria dei  Governi,  i  quali. a  fme  d'impedire  qualunque  attentato  all'equi- 
librio stabilito  a  Vienna,  affermarono  il  diritto  delle  grandi  Potenze  di 
organizzare  una  suprema  vigilanza  nelle  faccende  inteme  di  tutti  gli  Stati, 
e  d'impedire  e  reprimere  qualunque  manifestazione  da  parte  dei  popoli, 
che  potesse  turbare  l'assetto  politico  dell'Europa  come  era  stato  stabilito  a 
Vienna. 

In  tal  maniera  fu  organizzato  il  sistema  degl'interventi  armati,  che 
funestò  l'Europa  nella  prima  metà  del  secolo  nostro,  affermato  e  stabilito  coi 
trattati,  e  di  cui  fu  fatta  triste  applicazione  per  reprimere  i  movimenti  liberali 
dei  popoli  nella  Spagna,  nel  regno  di  Napoli,  nel  Portogallo  ed  in  Piemonte. 

Gli  avvenimenti  posteriori  hanno  dimostrato  come  il  Diritto  pubblico 
internazionale,  cosi  come  era  slato  accettato  e  consacrato  nei  trattati,  non 
potesse  reputarsi  adatto  a  risolvere  il  problema  dell'ordinamento  giuridico 
della  società  degli  Stati.  Ad  effettuare  questo  un  certo  equilibrio  deve  repu- 
tarsi pure  indispensabile,  ma  Tensore  dei  Governi  è  stato  quello  di  voler 
attuare  l'equilibrio  mediante  la  cosi  detta  bilancia  delle  forze,  invece  di 
mirare  a  stabilire  il  limite  giurìdico  dell'azione  di  ciascuno  Stato  proda* 
mando  i  principii  del  Diritto,  e  provvedendo  cosi  alla  tutela  giurìdica  dei 
medesimi. 

Col  trattato  di  Parigi  del  1856  sì  può  dire  iniziato  un  nuovo  indirizzo, 
imperocché  con  quel  trattato  non  solo  furono  regolate  le  conseguenze  delia 


Considerazioni  storiche  VII 

guerra  combattuta  contro  la  Russia,  ma  furono  altresì  proclamati  alcuni 
principii  fondamentali  del  Diritto  intemazionale  marittimo  mediante  la 
solenne  dichiarazione  dei  diritti  e  dei  doveri  dei  belligeranti  a  riguardo  dei 
neutrali. 

È  vero  che  in  quel  trattato  nulla  trovasi  stabilito  per  assicurare  il 
rispetto  dei  principii  in  virtù  di  esso  proclamati  :  è  però  meritevole  di  con- 
siderazione, la  proposta  che  fu  fatta  da  Glarendon,  ed  accettata,  che  cioè 
per  prevenire  le  calamità  della  guerra  il  Congresso  faceva  il  voto  che  gli 
Stati,  tra  i  quali  si  fosse  sollevata  una  controversia  seria,  prima  di  ricorrere 
alle  armi,  avessero  ricorso  ai  buoni  ufficii  di  una  Potenza  amica.  Questo 
voto  amplificò  il  principio  consacrato  all'articolo  8  del  trattato,  nel  quale 
trovasi  disposto  che,  qualora  fosse  sopravvenuto  fra  la  Sublime  Porta  e 
runa  0  più  delle  altre  Potenze  firmatarie  un  dissenso,  che  minacciasse  il 
mantenimento  delle  loro  relazioni,  la  Sublime  Porta  e  ciascuna  di  queste 
Potenze,  prima  di  ricorrere  all'impiego  della  forza,  dovessero  porre  le  altre 
parti  contraenti  in  grado  di  prevenire  una  tale  calamità  col  mezzo  della 
loro  azione  mediatrice. 

Con  tali  precedenti,  bisogna  pure  riconoscerlo,  s' inizia  un  nuovo 
indirizzo  nell'ordinamento  della  società  internazionale,  quello  cioè  che 
consiste  nel  ritenere  tutti  gli  Stati  solidariamente  cointeressati  a  provvedere 
a  che  i  principii  di  comune  accordo  stabiliti  non  fossero  arbitrariamente 
violati  dall'una  o  dall'altra  parte  contraente,  e  quello  della  ingerenza  col- 
lettiva nell'esaminare  in  caso  di  controversia  l'oggetto  della  disputa,  inter- 
venendo come  Potenze  mediatrici  e  trovasi  inoltre  affermato  il  generale 
dovere  di  ogni  Stato  di  non  ricorrere  alla  guerra  senza  avere  prima  ricorso 
ai  buoni  ufllcii  di  una  Potenza  amica. 

^'on  si  può  dire  che  in  tali  precedenti  trovisi  stabilito  e  determinato  il 
principio  della  tutela  giuridica  del  Diritto  comune  intemazionale,  ma  non 
si  può  disconoscere  che  vi  si  trovi  bensì  l'inizio  di  un  nuovo  ordinamento  di 
cose  che  col  progresso  della  cultura  e  della  civiltà  potrà  condurre  a  mettere 
sotto  un  più  giusto  punto  di  vista  il  problema  dell'ordinamento  giuridico 
della  società  intemazionale  e  della  missione  che  dovrà  essere  attribuita  ai 
Congressi  per  provvedere  a  stabilire  su  migliori  basi  tutto  il  sistema  del- 
l'equilibrio giuridico. 

I  trattati  conclusi  posteriormente  a  quello  di  Parigi  del  1856  hanno 
sviluppato  meglio  questo  nuovo  concetto  della  tutela  giuridica  collettiva, 
come  mezzo  efficace  a  mantenere  l'ordinamento  giurìdico  d'accordo  sta- 
bilito. Lo  si  trova  infatti  chiaramente  enunciato  nel  trattato  di  Londra 


XVI  Appendice  L  tn.  i648. 

Mindeti,  di  Halberstadt,  e  dì  Camin,  e  l'arcivescovato  di  Magdebarg,  o 
piuttosto  la  più  gran  parte  del  suo  territorio^  allorquando  i  diritti  del  pre- 
sente amministratore,  il  Dnca  di  Sassonia,  venissero  a  cessare.  (Tale  arci- 
vescovato non  passò  nelle  mani  delia  Gasa  Prussiana  che  nel  1680). 

Il  diritto  di  collazione  del  vescovato  di  Camin,  il  quale  i  Duchi  della 
Pomerania  Citeriore  avevano  per  il  passato  avuto,  doveva  essere  trasferito 
alla  Svezia,  ma  il  diritto  di  patronato  posseduto  dall' antico  Duca  deUa 
Pomerania  Ulteriore,  il  territorio  episcopale,  e  la  parte  ddla  Pomerania 
Citicriore  non  garantita  alla  Svezia  dovevano  andaro  al  Brandenbui^o* 
Inoltre,  al  Mekienburg,  invece  di  Wismar,  venivano  dati  i  territorii  episco- 
pali di  Schwerin  e  di  Ratzeburg  con  d«e  commende  o  benefizi  dei  Cavalieri 
di  S.  Giovanni  posti  nel  Ducato,  come  pure  Mirau  e  Nemerau,  quest'ultimo 
luogo  passando  nelle  mani  della  linea  di  Gustrow,  il  rimanente  in  quelle 
del  ramo  Sdiwerin.  Di  più,  al  Brunswick-Lùneburg,  in  compenso  dei 
diritti  da  esso  posseduti  e  rinunziati  in  favore  della  Svezia,  erano  assegnati 
il  Brandenburg  e  il  Mecklmburg,  come  pure  le  fondazioni  monastiche  di 
Walkenreid  e  di  Gròningen,  ecc.,  e  la  perpetua  alterna  successione  al  vesco- 
vato d'Osnabruck.  Dopo  la  morte  dell'attuale  vescovo,  le  case  di  Bnmswidc 
dovevano  eleggere  un  suo  successore  Protestante,  e  durante  il  tranpo  nel 
quale  questi  rimanesse  in  ufficio  l'arcivescovo  diCologna  avrebbe  esercitati 
i  diritti  episcopali,  come  metropoUtano,  ma  solamente  sopra  i  Cattolici. 

La  Casa  di  Assia-Cassel  riceveva  l'Abbazia  di  Hersfeid  o  Hirschfeld, 
come  principato  laico  con  diritto  di  sovranità  sopra  Sohaumburg  ed  altri 
territorii,  sui  quali  anticamente  aveva  dei  diritti  il  Vescovo  di  Minden,  una 
indefinita  di  600,000  talleri,  e  le  veniva  riconosciuto  il  diritto  di  partecipare 
alla  eredità  di  Marburg  (i). 

L'esiliata  e  spogliata  Casa  degli  Elettori  Palatini  ricuperò  il  basso  Pas- 
tinato, ed  il  diritto  alla  riversione  di  quello  aho  ;  ed  un  ottavo  elettorato  fu 
creato  in  suo  favore,  essendoché  l'antica  dignità  d'Elettore  Palatino  e  l'alto 
Palatinato,  dovessero  rimanere  alla  Baviera,  fino  all'estinzione  della  sua 
linea  ducale.  Cosi  i  principi  di  Wurtembei^,  Baden,  Nassau,  ecc.,  i  quali 
erano  stati  messi  fuori  della  legge  ed  espulsi  furono  reintegrati  nella  loro 
posizione  (2). 

A°  Alla  Svizzera  fu  riconosciuto  il  diritto  d'essere  separala  ed  indi- 
pendente, come  in  fatto  era  stata  per  lungo  tempo. 


(1)  Trattato  di  Osnabrùch,  art.  X-XV, 
/2^  Trattato  di  Osnabriich,  art.  IV. 


tD  1648.  Trattati  conclusi  durante  le  guerre  religiose  .  IVIl 

5<^  L'Imperatore/ per  rapporto  a  tutto  quello  che  a:vrebbe  potato 
avere  attinenza  colla  g;uerra,  con  la  pace^  o  con  la  legislazioneyiecc.v'dtìyevà 
prendere  norma  dai  voti  della  Dieta,'  la  quale  si  veniva  cosi  ad.  ammettere 
che  fosse  qualcòsa  più  d'un' assemblea  destinata  a  dare  puramente  dei  con- 
sigli. I  membri  della  Dieta-iOtteniiero  non  solo  il  diritto  di  contrarre 
alleanza  fra  gli  Stati  da  essi  rappresèhtatiy  ma  con  i  principi  stranieri  purè, 
purché  nessun  pregiudizio:fosse:per'derivare/hè  all'Imperatore  nò'airim» 
péro,  —  restrizione,  questayànsignificante,'  la' quale:  non  poteva',  impedire 
che  una  cosi  grande  concessione  potentemente,  indebolisse  rantorità  del- 
l'Imperatore, e  l'unità  dell'Impero.  La  corte  imperiale'  doveva  essere  com- 
posta di  membri  appartenenti  ad  ambedue  le  religioni,  ed  in  numero  quasi 
eguale;  vale  a  dire  l'Imperatore  doveva  nominare  due  presidenti  e  ventisei 
assessori  Cattolici,  e  due  presidenti  e  ventiquattro  assessori  della  Confes- 
sione d'Augsburg.  Se  dei  dispareri  sorgessero: nella  corte  cagionati. dalla 
differenza  di  fede  religiosa  dei  suoi  membri,  la  Dieta  sarebbe  chiamata  a 
decidere  (1). 

6®  Fra  i  provvedimenti  presi  e  concementi  la  religione  i  più  impor- 
tanti sono  i  seguenti:  ^ 

.  a)  La  libertà  di  culto  garantita  dal  trattato  di  Passau,  e  dalla  pace 
religiosa  d'Augsburg,  fu  confermata  ai  Luterani,  ed  estesa  ai  Riformati  o 
Calvinisti.  Ma  nell'Impero  dovevano  essere  solamente  ammesse  la  religione 
cattolica,  e  le  religioni  di  sopra  menzionate  (2)  ; 

b)l\  reservalum  ecclesiasticum  dei  trattati  anteriori,  fu  sostituito  da 
una  regola  la  quale  stabiliva  che  l'anno  1624  dovesse  servire  di  norma  a 
fine  di  decidere  quale  dovesse  essere  la  Confessione  destinata  ad  avere  il 
possesso  della  proprietà  ecclesiastica  ;  vale  a  dire  che  un  benefizio,  sia  che 
di  esso  avesse  avuto  l'investitura  un  Cattolico  o  un  Protestante  in  gen- 
naio 1624,  avrebbe  dovuto  appartenere  in  perpetuo  alla  medesima  religione 
del  beneficiario  che  in  tale  epoca  l'avesse  posseduto  (3).  Ma  nel  Palatinato, 
in  Baden,  nel  Wùrtembei^,  ecc.,  in  forza  dell'atto  di  amnistia  (4),  tutto 
doveva  essere  rimesso  nello  stato  esistente  prima  delle  <  lotte  Boeme  >  che 
l'anno  da  servire  di  norma  per  l'Elettore  Palatino  e  per  i  suoi  alleati  doveva 
essere  Tanno  1618;  la  qual  cosa  se  altrimenti  fosse  stata  fatta,  avrebbe 


(4)  Art.  vili,  art.  V. 

(2)  Art.  V,  §  1,  art.  VII. 

(3)  Art.  V,  §  2. 

(4)  Art.  IV,  §§  6,  24,  26. 

39  —  Fiore,  Dir,  intern,  codif. 


XVIII  Appendice  L  an.  1G48. 

completamente  cambiato  la  vecchia  costituzione  religiosa  dei  loro  Stati.  I 
Protestanti  pure  a  lungo  insistettero  onde  far  si  che  Tanno  da  servire  per 
essi  dì  norma  fosse  Tanno  1618^  ma  essendoché  molte  delle  contro-riforme 
avessero  avuto  luogo  fra  quest'anno  e  Tanno  1624  nei  dominii  ereditari 
delT  Imperatore,  questi  non  volle  cedere,  e  cosi  gli  Svedesi  desistettero 
dalle  loro  pretese.  Questo  rifiuto  dell'Imperatore  fu  cagione  che  la  Riforma 
venisse  soppressa  in  Boemia,  ed  in  una  gran  parte  della  Germania  meri- 
dionale. Inoltre,  ai  sudditi  dell'Austria  veniva  creata  una  posizione  molto 
dura,  essendoché  l'amnistia  concessa  ad  essi  non  includesse  nessuna  resti- 
tuzione delle  proprietà  le  quali  loro  erano  state  confiscate  (i).  Un'eccezione 
però  era  fatta  in  favore  d'alcuni  individui  appartenenti  all'alta  nobiltà  Sle- 
siana,  ed  a  quella  della  città  di  Breslau:  a  tutti  questi,  quantunque  sudditi 
dell'Austria,  si  manteneva  lo  stesso  diritto,  che,  anteriormente  alla  guerra, 
avevano  goduto,  d'esercitare  il  culto  protestante.  Altri  nobili  della  Slesia  e 
della  bassa  Austria  unitamente  ai  loro  sudditi  ottenevano  il  diritto  del  culto 
privaL),  né  si  poteva  loro  ingiungere  d'emigrare.  Tre  Chiese  luterane 
dovevano  essere  permesse  in  Slesia  (2); 

c)Se  un  beneficiario  cambiasse  di  religione  decadrebbe  dal  diritto  di 
investitura,  senza  però  incorrere  nella  t'estituzione  delle  prebende  percepite 
per  il  passato,  e  senza  che  il  suo  onore  e  il  suo  buon  nome  ne  soffrissero; 

d)  Se  un  sovrano  territoriale  cambiasse  di  religione  (come  sarebbe 
se  di  Luterano  si  facesse  Riformato),  o  estendesse  la  sua  sovranità  su  d'un 
paese  dove  un  altro  cuUo  fosse  stabilito,  non  avrebbe  che  il  diritto  di  pra- 
ticare la  sua  religione  come  un  privato  qualunque,  né  potrebbe  cambiare 
la  chiesa  esistente,  o  collocare  negl'impieghi  unicamente  persone,  le  quali 
professassero  la  propria  fede.  Se  una  comunità  abbracciasse  la  religione 
del  nuovo  sovrano,  sarebbe  libera  di  fare  ciò,  ma  Tantico  stato  di  cose  per 
rapporto  alla  Scuola  e  alla  Chiesa  dovrebbe  continuare  (3). 

Uju8  reformandi  dei  vecchi  trattati  veniva  ristabilito  in  tutti  i  territori 
dipendenti  immediatamente  dall'Impero  ed  era  attuato  colle  seguenti  restri- 
zioni. I  sudditi,  i  quali  non  professavano  la  religione  del  loro  sovrano,  e 
che  possedevano  proprietà  ecclesiastiche  fino  dall'anno  1624,  erano  man- 
tenuti nel  possesso  delle  medesime.  Dovevano  pure  continuare  nel  godi- 
mento del  diritto  di  dedicarsi  al  cullo  sia  privatamente  sia  pubblicamcule. 


(1)  Art  IV,  §§  52,  53. 

(2)  Art.  V,  §§  38,  39,  40. 

(3)  Art.  Yui^gg  1,  2. 


•D.  1618.  Trattati  conclusi  durante  le  guerre  religiose  XIX 

tutti  coloro  i  quali  tale  diritto  avevano  goduto  durante  l'anno  i62i,  venendo 
pure  garantiti  per  rapporto  a  tutto  quello  che  conseguentemente  sarebbe 
stato  per  derivare  da  questa  concessione  ad  essi  fatta.  Ai  sudditi,  i  quali 
professavano  una  religione  diversa  da  quella  del  loro  sovrano,  e  che  non 
avevano  il  diritto  di  esercitare  il  loro  culto,  né  pubblicamente  nò  privata- 
mente, nelPanno  sopra  indicato,  o  che  cambiassero  religione  dopo  la  pace, 
veniva  garantita  la  libertà  di  coscienza  ed  i  vantaggi  civili  degli  altri 
cittadini. 

Questa  tolleranza  consisteva  nel  permettere  il  libero  esercizio  del  culto 
esterno  privatamente  e  pubblicamente,  qualora  vi  fossero  chiese  a  ciò  desti- 
nate; e  nella  concessione  del  diritto  di  potere  mandare  i  figli  a  scuole  esi- 
stenti in  altre  località,  o  di  farli  istruire  in  famiglia  da  precettori,  i  quali  di 
questa  professassero  la  fede. 

Ad  essi  però  poteva  essere  ingiunto  d'emigrare,  o  potevano  emigrare  a 
loro  beneplacito.  In  questo  caso  sarebbero  stati  liberi  di  disporre  dei  loro 
beni,  e  se  loro  fosse  stato  ordinato  d'abbandonare  il  proprio  paese,  un 
periodo  di  parecchi  anni  doveva  esser  loro  concesso  onde  potessero  fare  ciò 
a  loro  bell'agio  (1). 

La  pace  di  Vestfalia,  dice  Wheaton  {Istoria^  parte  I,  al  principio),  sta- 
bili l'eguaglianza  delle  tre  comunità  religiose  esistenti  in  Germania,  cioè 
della  Cattolica,  della  Luterana  e  della  Calvinista,  e  cercò  d'opporre  una 
barriera  perpetua  ad  ulteriori  innovazioni  religiose,  e  secolarizzazioni  della 
proprietà  ecclesiastica.  Nello  stesso  tempo  essa  rese  gli  Stati  dell'Impero 
quasi  indipendenti  dall'Imperatore,  loro  capo  federale.  Essa  impedi  che  il 
progresso  verso  l'unità  nazionale  della  Germania  continuasse  a  farsi  sotto 
la  bandiera  cattolica,  e  spianò  la  via  al  futuro  sviluppo  della  potenza  della 
Prussia  (la  figlia  della  Riforma),  la  quale  naturalmente  si  trovò  in  questo 
modo  collocata  alla  testa  del  partito  Protestante,  divenendo  la  rivale  poli- 
tica della  casa  d'Austria,  la  quale  conservava  pur  sempre  la  sua  antica 
posizione  di  capo  temporale  della  comunità  Cattolica.  Essa  introdusse  due 
elementi  stranieri  nella  interna  costituzione  dell'Impero  (la  Francia  e  la 
Svezia,  come  mallevadrici  della  pace,  e  la  Svezia  come  facente  parte  della 
federazione),  conferendo  cosi  a  queste  due  Potenze  un  diritto  perpetuo  di 
intervenire  negli  affari  intemi  della  Germania. 

Essa  riservò  ai  singoli  Stati  la  libertà  di  concludere  alleanze,  tanto  fra 
loro,  quanto  con  le  potenze  straniere,  a  fine  d'assicurare  la  propria  esi- 


(1)  Art.  V,  §§  36,  37,  39,  40. 


XX  '  Appendice  L   '  an.  1649. 

stenza  e  stcnrezza,  purché  queste  alleanze  nonfosisero  dirette  contro  T  Im- 
peratore e  r Impero,  né  contrarie  alla  pubblica  tranquillità,  e  alla  pace  di 
Vestfalia.  .;..;.,,. 

Questa  libertà  contribuì  a  far  si  che  il  sistema  federativo  della  Germania 
fosse  una  nuova  garanzia  per  il  manteniménto  dell' equilibrio  generale  del 
potere  in  Europa.  La  federazione  germanica,  a  cagione  dell'.essere  essa 
posta  nel  centro  dell' Europa,  ed  a  cagione  della  sua  organizzatone,,  colla 
quale  si  collegavano  tanti  interessi  politici  e  religiosi,  servi  a  mantenere 
l'indipendenza  e  la  tranquillità  di  tutti  gli  Stati  vicini. 

/  :      .  ■        j  .  ;      * .  . 

•  •       •  I        •       . 

Pace  di  Munster. 

-■:■.', 
1648,  Gennaio  SO. 

.  :  .  .  .      111.464^. 

Mentre  che  si  stava  discutendo  intorno  alla  pace  di  Vestfalia,  la  Spagna 
e  r  Olanda  facevano  una  pace  separata  a  Mùnster.  In  forza  di  questo 
trattato:  >  ..:••.  . v 

1 .  La  libertà  e  sovranità  delle  provincie  unite  era  riconosciuta  ;  . 

2.  Ciascuna  parte  contraente  riteneva  i  luoghi  che  possedeva.  Cosi 
l'Olanda  guadagnò  Boise-le-Duc,  Hértogenbusch,  Bergen-op-Zoom  '  con 
Breda  nel  Brabante,  Hulst,  Axel,  ecc.,  nelle  Fiandre,  alcuni  diritti  a  comune 
colla  Spagna  nel  Limburgo,  ecc.; 

3.  La  Schelda  e  certi  canali  navigabili  connessi  con  essa  furono  chiusi, 
ciò  che  fu  cagione  della  decadenza  d'Anversa; 

4.  La  Spagna  rinunziò  ai  luoghi  i  quali  gli  Olandesi  avevano  tolti  al 
Portogallo.  Importanti  concessioni  commerciali  furono  fatte  all'Olanda  nelle 
Indie  Occidentali  ed  Orientali  (1). 

Trattato  dei  Pirenei, 

4659,  Novembre  7. 

tn.  4659. 

La  pace  dei  Pirenei,  pose  fine  ad  una  guerra  di  20  anni,  fra  la  Francia 
e  la  Spagna,  collegata  con  la  lunga  guerra  germanica.  Questa  pace  fu  trat- 
tata in  un'isola  del  fiume  Bidassoa,  dai  ministri  dei  due  regni  in  persona. 
Luigi  de  Raro,  ed  il  cardinale  Mazarino. 

In  virtù  di  questa  pace  il  Principe  di  Condé  era  reintegrato  nel  possesso 
dei  suoi  territori  ed  onorificenze^  —  ottenendo  però  il  dominio  della  Bor* 


(i)  DuMONT,  VT,  1,  429. 


an.  i8S9.  Trattati  conclusi,  durante  ìe  guerre  religiose  .ZZI 

gogna  invece  di  quello  della  Guienna;  il  Duca  di  Lorena  otteneva  di  nuovo 
il  suo  ducato,  cedendo  Mojenvic,  il  ducato  di  Bar  e  la  contea  di  Qennont, 
ed  assumeva  l'obbligo  di  dare  libero  passaggio  alle  truppe  di  Francia;  il 
Duca  di  Modena  ed  il  Duca  di  Savoia,  aUeati  della  Francia,  venivano  ricol- 
locati nelle  condizioni,  nelle  quali  erano  anteriormente  |alla  guerra,-  ed  il 
Principe  di  Monaco,  doveva  èssere. messo  in  possesso  dei  suoi  territori  sotto 
la  giurisdizione  del  Re  di  Spagna,  col  diritto  di  alienarli,  ecc.  • 
i  In  fona  di  quésto  trattato,  la  Francia  riceveva .  l'Artois  eccettuati 
St-Omer  e  Aire,  ed  otteneva,  pure  dei  luoghi  nelle  Fiandre',  lo.Hainault,  e 
il  Lussemburgo  ;  e  sui  :  confini .  della  Spagna .  le  contee  :di  RousSilbn  !e  di 
Confians  eccettuate  le  parti  di  esse  situate  sui  Pirenei,  ed  una  porrione  di 
Cerdagne  posta  sul  versante  francese  di  questi  monti. 

La  Spagna,  sperando  di  poter  risoggìogare  il  Portogallo,  stipulava  •  con 
la  Francia  che  essa  non  avrebbe  dato  ad  esso  nessun  aiuto.  Finalmente  il 
matrimonio  di  Luigi  XIV,  con  l'Infanta  di  Spagna,  Maria  Teresa,  veniva 
stabilito  non  solo  in  questo  trattato,  ma  ancora  in  un  contratto  particolare 
in  data  del  medesimo;  e  fu  stipulato  che  l'Infanta,  per  se  stessa  e  per  i 
suoi  discendenti,  i  quali  potrebbe  avere  dal  Re  di  Francia,  in  considerazione 
d'una  dote  di  500,000^  corone  d'oro,  rìnunzierebbe  per  se  stessa  prima 
del  matrimonio,  ed  unitamente  al  Re  di  Francia  dopo  il  matrimonio,  a 
qualunque  diritto  alla  successione  al  trono  di  Spagna  (1). 

Questo  trattato  aumentò  i  vantaggi  ottenuti  dalla  Francia  con  quello  di 
Mùnster  ed  assicurò  il  potere  di  lei  in  Europa. 

Trattato  cT  Oliva  e  di  Copenhagen. 

1660,  Maggio  80  e  Giugno  6. 

ao.  itm. 

Il  trattato  d'Oliva  presso  Danzica  fu  concluso  fra  il  Re  di  Polonia,  del 
ramo  primogenito  della  Casa  di  Wasa,  gli  alleati  di  lui,  ed  U  Re  di  Svezia. 
Il  trattato  di  Copenhagen  fu  stipulato  fira  i  Re  di  Danimarca  e  di  Svezia. 

Col  primo  trattato  il  Re  di  Polonia  rinunziava  per  se  stesso  e  per  la 
sua  Imea  a  tutti  i  diritti  sulla  Svezia,  Finlandia,  ecc.;  ricuperava  la  sua 
supremazia  sulla  Curlandia,  e  su  certe  città  come  Harienbui^,  Elbing,  ecc., 
e  cedeva  alla  Svezia  quasi  tutta  l'Esthonia  e  la  Li  venia.  Il  ducato  di  Prussia 
veniva  del  tutto  sottratto,  in  favore  dell'Eiettore  di  Brandenburg,  all'alta 
sovranità  della  Polonia  (2). 

(1)  DuMONT,  VI,  8, 264-398. 

(S)  DuMONT,  n.  8.»  303-319. 


xxa 


Appendice  L 


•11.1660. 


Il  trattato  di  Copenhagen  confermava  in  parte  quello  di  Roetskild  (o 
Rotschiid,  8  marzo  i558)  (1). 

Le  Provincie  di  Halland,  Schonen,  Bieckingen,  la  piccola  isola  di  Hween, 
Bahns  ed  il  suo  droondario  passavano  alla  Svezia,  la  quale  restitituiva  alla 
Danimarca  l'isola  di  Bomholm,  e  la  città  di  Drontheim  in  Norvegia,  con- 
quistate durante  la  guerra,  e  rinùnziava  ai  suoi  diritti  sulla  contea  di  Det« 
menhorst  e  DKmarsch  in  Germania. 

Degli  accordi  Airone  pun^  fatti  per  rapporto  ai  diritti  di  passaggio  degli 
stretti  Sund,  è  Beh. 

'     Il  trattato  d'Oliva  fu  garantito  dalla  Francia;  la  Francia,  ringhilterra  e 
r  Olanda  garantirono.il  trattato  di  Copenhagen* 


(1)  DCMONT,  VI,  2,  205. 


XXUI 


TRATTATI 

CONCLUSI  AL  TEMPO  DI  LUIGI  XIV 


Trattati  di  Breda. 
1667,  Luglio  31. 

in.  1607 

I  Trattati  di  Breda  furono  conclusi  fra  l' Inghilterra  e  la  Francia,  l'In- 
ghilterra e  r Olanda^  l'Inghilterra  e  la  Danimarca. 

In  virtù  del  primo  trattato  T  Inghilterra  restituiva  alla  Francia  TAcadia 
(Nuova  Scozia),  e  ricuperava  Antigua,  Montserrat,  e  la  parte  inglese  del 
S.  Cristoforo  nelle  Indie  Occidentali. 

II  trattato  fra  l'Inghilterra  e  l'Olanda  riconosceva  lo  statu  quo  del  di 
20  maggio  1667,  avuto  riguardo  agli  acquisti  che  le  parti  contraenti  ave- 
vano potuto  fare  l'una  a  spese  dell'altra  durante  la  guerra.  In  virtù  di 
questa  clausola  l'Inghilterra  riteneva  i  Nuovi  Paesi  Bassi  (Nuova  York),  e 
l'Olanda  il  Surinam.  Un  altro  articolo  di  molta  importanza  per  l'Olanda 
modificava  la  Legge  inglese  di  navigazione  del  1651,  di  tal  maniera  da  per- 
mettere che  la  mercanzia,  la  quale  scendeva  il  Reno,  potesse  essere  impor- 
tata in  Inghilterra  dai  bastimenti  olandesi  (1). 

Trattato  di  triplice  alleanza, 

1668,  Gennaio  23. 

an.  1068. 

('.on  tale  trattato  fu  conclusa  VaUeaaza  fra  l'Inghilterra,  l'Olanda  e  la 
Svezia,  onde  pruuiuovere  la  pace  tra  la  Francia  e  la  Spagna  (:2;. 

Trattato  di  Lisbona. 

1668,  Febbraio  23. 
an.  iC68. 

Il  trattato  di  Lisbona  fu  concluso  fra  la  Spagna  e  il  Portojsrallo,  e  l'In- 
ghilterra vintervenne  come  mediatrice  e  garante.  L'indipendenza  del 


(1)  DuMONT,  Vn,  1,  40,  56. 

(2)  DuMONT,  u.  s.,  68-70. 


XXIV  Appendice  L  m.  4668 

Portogallo  fu  virtualmente  riconosciuta  per  dato  e  fatto  del  trattare  la 
Spagna  con  esso  ;  e  tutto  il  territorio,  eccetto  Ceuta  in  Affrica,  fu  resti- 
tuito (1).  '. 

.  Trattato  diAix-la-Chapelle  (Aquisgrana)* 

1668,  Maggio.  ' 

an.  i^lSR, 

Nel  maggio  dello  stesso  anno  1668  un  trattato  di  Ipace  fu  concluso  tra 
la  Francia  e  la  Spagna  ad  Aquisgrana,  in  conseguenza  del  quale  i  Francesi 
ritennero  i  luoghi  da.  essi  occupati' nei  Paesi  Bassi  Spagnuoli,  come  — 
Charleroiy  Binche,  Ath,  Toumay/Oudenarde/ Lilla,  Armentières,Gourtray, 
Bruges,  Fumes,  il  forte  di  Scarpe;  —  e  la  Franca  Contea  fu  restituita  alla 
Spagna. 

Pace  di  Nymwegen  (Nimega). 

16784679. 

•  te.  I(n8-T9. 

La  pace  di  Nimega  pose  fine  alla  guerra  olandese,  da  un  Iato  le  parti 
contraenti  essendo  la  Francia,  l'Inghilterra,  la  Svezia, 'ed' alcuni  dei  più 
piccoli  Stati  dell'Impero,  e  dall'altro  rÉlettore  di  Bràndèburgo,  la  Spagna, 
l'Imperatóre,  la  Danimarca,  ed  alcuni  dei  più  piccoli  Stati  di  Germania/ 

Il  Re  d'Inghilterra  (Carlo  II)  era  stato  obbligato,  nel  -i674,  dal  Par- 
lamento a  fare  la  pace  con  gli  Olandési,  ed  una  stretta  alleanza  veniva  fttta 
fra  le  due  Potenze  a  Weslminster  (3  marzo  1678). 

I  trattati  stipulati  a  Nimega  furono,  quelli  dell'Olanda  colla  Francia, 
10  agosto  1678  ;  della  Spagna 'colla  Francia,  17  settembre  dello  stesso 
anno; dell'Imperatore  colla  Francia  come  pure  colla  Svezia, 5  febbraio  1679; 
e  dell'Olanda  con  la  Svezia,  Ì2  ottobre  1679.  La  Danimarca  trattò  con  la 
Francia  a  Fontainebleau  il  2  settembre  1679,  e  colla  Svezia  a  Lund  il  26  set- 
tembre .1679. 

L'Elettore  di  Brandeburg  fece  un  trattato  colla  Francia  e  con  la  Svezia 
a  St-6ermain-en-Laye,  il  29  giugno  1679,  e  tralasciamo  di  fare  menzione 
di  altre  stipulazioni  di  minore  importanza  (2). 

Con  questa  generale  pacificazione  l'Olanda  era  rimessa  nel  possesso  di 
tutti  i  luoghi,  che  i  Francesi  le  avevano  tolti  durante  la  guerra  ;  ed  .in  un 
articolo  separato  veniva  stabilito  che  .dovevano  essere  restituiti  al  Prìndpe 
d' Orango,  Orango  ed  altri  possedimenti  situati  nei  domini  del  Re  di  Francia* 


(1)  DvMomr,  Vn,  1,  70. 

(2)  DuìiOMT,  n.  8.,  351  e  seg. 


u.  1678-79.  Trattati  conclun  al  tempo  di  Luigi  XIV  XXT 

,  {  2)  Alla  Spagna  venivano^retrocessi  nei  Paesi  Bassi/ Charleroi,Binche; 
Oudevarde,  Ath,  Courtcay  (vedi  trattato. d'Aix-la-ChapeUe,1668)y  il  terri- 
torio al  di  là  della  Mosa,  Ghent,  il  forte  di  Rodenhus,  il  distretto  di  ;Waes; 
come  pure  la  città  ed.il  ducato:  di  Limburgo;  le  città  di  Leuve  e  St-Ghilaiiip 
e  in  Catalogna  la  città  di  Puycérda.  La  Spagna  cedeva  alla  Francia  tutta  la; 
Evinca  Contea/ .Valenciennes,  Cambra!,  e  il  Cambrese,  Aire,.Poperìngen,. 
St-Omer, , Ypres,  ecc. .         .  :      ,  ; 

-.-L'topenitore  cedeva  alla  Francia  Friburgo  in  Brisgpvia,.con  diritto  di. 
passo  da  Bfeidacby  ricuperava  pei^  l'Impero  Filisburgo  (vedi  trattato. di. 
Vestfalia),  ed  otteneyarcbe  al  Duca  di  Lorena  fosse. restituito  il  Djucato  e  gb 
altriiposàes^V  a, condizioni  molto  onerose  però,  e  s'impegnava  di  ricollocare 
iiPxincipi  di  FOrstenburg  nella  posizione  nella  quale  essi  erano  prima  della 
giieiTa.'.:  ••'  i  ;.'■"•  ,      -.il  .  ;    . 

.:.  Qtfesti  trattati  arrecarono  grandi  vantaggi  alla  Francia,  per  rapporto  a 
dèche  concerneva,  i  suoi,  confini 'Orientali,  vantaggi  i  quali  essa  ottenne 
Sjpecialmente  a  detriinento  della;Spagna.  . 

,'. .  4)  lia  &vezia.rieiiperava:.qm!llo  che  la  Danimarca  le  aveva  tolto  in 
guerra,  cioè  Wismar,  l'isola  di  Rugen;  ecc*  ed  i  Danesi  s'impegnavano  di 
rinìettere  il: duca: di  Hetetein-Gottorp. nelle j condizioni  nelle  quali  esso  si 
trovava:  prima,  che.  cominciassero  le  ostilità.  Di  più,  la  Svezia  ricuperava, 
tutto  dò  che ;l'£lettore  di  Brandeburgo  le  aveva  colla  conquista  tolto  nella. 
Pomèraniadteriofe,  ma. cedeva  il  territorio  al  di  là  dell' Oder,  eccettuate 
le* città  di  Dam  é  Golnow  (1).  , 


'\  • 


.Pace  (U.Ryswyk.  •       . 
1697,  Settembre  ao  e  Ottobre  30.   . 

u.  1097. 

La  pace  di  Ryswyk  fu  fatta  in  un  palazzo  vicino  all'Aja.  Questo  trattato 
pose  fine  ad  una  guerra,  che  aveva  durato  quasi  dieci  anni,  la  quale  spesso 
fu  chiamata  la  guerra  d'Orleans,  combattuta  tra  la  Francia  e  le  principali 
Potenze  dell'Europa. 

.  Subito  dopo  la  pace  di  Nimega  Luigi  XIV,  col  mezzo  di  Corti  apposita- 
mente, con  vocale,  Qi riunii  (adoperando  la  espressione  allora  usata)  al  suo 
regno  parti  del  limitrofo  territorio  straniero;  cosi  prese  Strasburgo  nel  1681^ 
e  commise  altri  ingiustificati  atti  d'aggressione.  Conseguentemente  furono 
fatte  delle  leghe  contro  di  lui,  ma  non  approdarono  a  nulla,  fino  a  che  net 


(1)  Vedi  Pace  di  Vestfalia. 


XXVI  Appendice  L  in.  1097 

1686,  molte  delle  Potenze  germaniche  non  ne  conclusero  una  a  Àugsbui^, 
a  fine  di  reciprocamente  proteggersi,  la  quale  Ai  sottoscritta  a  Vienna 
nel  i687. 

-  L'anno  susseguente  Luigi  XIV  cominciò  una  guerra  aperta,  inTadendo 
l'Impero,  ed  adducendo  a  pretesto  la  necessità  per  esso  esistente  d'opporsi 
a  questa  lega,  e  di  ricuperare  i  diritti  che  sua  cognata,  la  duchessa  d'Or- 
leans, aveva  sulla  proprietà  allodiale  del  fratello  di  lei,  come  ultimo  maschio 
della  linea  Simmem  degli  Elettori  Palatini,  come  pure  d'ottenere  ripara- 
zione per  gli  affronti  a  lui  fatti  in  occasione  della  disputata  elezione  dell'ar- 
civescovo di  Cotogna.  Onde  fargli  fronte,  un'alleanza  fu  conclusa  a  Vienna 
dall'Olanda  coli' Imperatore  e  con  l'Impero  il  i2  maggio  1689,  alla  quale 
l'Inghilterra,  essendo  sul  trono  Guglielmo  IH, e  la  Spagna  inseguito  presero 
parte,  e  colle  quali  agirono  di  concerto  if  Duca  di  Savoia  ed  il  Re  di  Dani- 
marca. Le  parti  contraenti  s'impegnarono  a  negoziare  con  Luigi  XIV  sola- 
mente sulle  basi  dei  trattati  di  Vestfalia  e  dei  Pirenei,  di  reintegrare  il  duca 
di  Lorena  pienamente  nei  suoi  diritti,  —  ed  in  un  articolo  separato,  —  di 
garentire  all'Imperatore  ed  ai  suoi  eredi  la  successione  al  trono  di  Spagna, 
qualora  Carlo  II  non  lasciasse  figli  (1). 

La  pace  di  Ryswyk  fu  fatta  in  forza  di  trattati  stipulati  dalla  Francia^ 
coir  Inghilterra,  colla  Spagna,  con  l'Olanda  e  coli' Imperatore  e  l'Impero^ 
con  i  quali  ultimi  essa  non  ebbe  luogo  che  il  30  ottobre  1697  <2). 

1.  L'Inghilterra  e  la  Francia  l'una  all'altra  restituivano  quello  che  si 
erano  tolto  durante  la  guerra  ;  Guglielmo  d'Orange  veniva  riconosciuto 
come  legittimo  Re  della  Grande  Bretagna,  Lui^i  XIV  promettendo  di  non 
aiutare  i  nemici  di  lui,  vale  a  dire,  Giacomo  II. 

2.  La  Francia  restituiva  alla  Spagna  tutte  le  e  riunioni  i>  fatte  dopo 
la  pace  di  Nimej^a,  oltantadiie  luoghi  eccettuati,  come  pure  ciò  che  aveva 
acquistalo  durante  la  guerra. 

3.  L'Olanda  retrocedeva  Pondicherry,  in  India,  alla  Compagnia  fran- 
cese dell'India  Orientale,  ed  otteneva  dalla  Francia  considerevoli  privilegi 
commerciali. 

4.  Il  Re  di  Francia  cedeva  tutte  le  sue  a  riunioni  :»  fatte  con  parti 
dell'Impero  eccettuata  F Alsazia,  la  quale  veniva  cosi  ad  essere  affatto  sepa- 
rata dall'Impero,  divenendo  parte  integrale  della  Francia. 

In  un  particolare  articolo  veniva  stipulato  che  Strasburgo  dovesse  pas- 


ti) DrMONT,  VII,  2,  229-230,  2 'il.  267. 
(2)  DuMONT,  u.  s..  399,  40S,  :m,  'ril. 


mi,  l(j^.  Trattali  conclusi  al  tempo  di  Luigi  XIV  XXVIl 

sare  sotto  il  dominio  della  Francia  ;  di  più  altri  articoli  cedevano  Breisacb 
e  Friburgo  all'Imperatore,  Filisburgo  all'Impero  (vedi  Pace  di  Vestfalia); 
restituivano  il  Ducato  ZweibrQcken  (Deuxponts)  al  Re  di  Svezia,  come 
Conte  Palatino  del  Reno,  e  Mumpelgard  (Honbeliard)  al  Wfirtemberg,  ecc.; 
provvedevano  in  favore  del  Duca  di  Lorena  a  forma  delle  concessioni  fatte 
dalla  Francia  al  padre  di  lui  nel  1670;  ristabilivano  nella  sua  sede  vesco- 
vile di  Strasburgo  e  nel  possesso  d'altri  diritti  il  Cardinale  Fflrstenburg; 
ordinavano  che  fossero  rasi  al  suolo  molti  forti  ;  dichiaravano  la  navigazione 
del  Reno  libera,  ecc. 

Nella  pace  di  Ryswyk  veniva  confermato  un  trattato  anteriore,  del 
29  agosto  i696,  tra  Francia  e  Savoia,  col  quale  Luigi  XIV  conveniva  di 
restituire,  unitamente  agli  acquisti  fatti  durante  la  guerra,  Pinerolo  (vedi 
Pace  di  Vestfalia,  Pace  di  Cherasco)  colle  sue  fortificazioni  demolite  (1). 

Nel  quarto  articolo  del  trattato  coli' Imperatore,  in  forza  del  quale  sono 
restituite  le  conquiste  e  le  <k  riunioni  2>  eccettuata  l'Alsazia  (2),  si  riscontra 
questa  clausola:  <l religione  tamen  Catholica  Romana  in  locis  sicrestitutis 
in  statu  quo  nunc  est  remanente  :». 

Durante  l'occupazione  francese  di  questi  distretti  la  religione  prote- 
stante era  stata  in  essi  soppressa  colla  forza.  I  Protestanti  rifiutarono  di 
riconoscere  questa  pace  per  questa  cagione,  e  sostennero  che  essa  rovesciava 
dai  suoi  fondamenti  la  pace  di  Vestfalia.  Tuttavia,  la  Dieta,  la  ratificò  il 
26  novembre  1697,  ma  aggiunse  in  un  postscritto,  che  i  Cattolici  non  avreb- 
bero potuto  valersi  di  questa  clausola  contro  i  Protestanti.  Di  più,  fu  detto 
che  essa  concerneva  solamente  certe  chiese  fondate  da  Luigi  XIV.  L'Impe- 
ratore confermò  il  voto  della  Dieta  per  rapporto  alla  ratificazione  della 
pace,  ma  passò  sotto  silenzio  il  postscritto.  Subito  dopo  il  Ministro  francese 
Sostenne  che  la  clausola  si  riferiva  alle  chiese  poste  in  i9fì&  luoghi,  e  nelle 
quali  avevano  detto  la  messa  i  cappellani  che  da  tali  località  erano  passati 

eoi  reggimenti. 

Trattati  deirAja, 

1698,  Ottobre  11.  —  1700,  Marzo  25. 
an.  16d8. 

Il  primo  trattato  di  spartizione  fu  concluso  all'Aja  l'il  ottobre  fra 
Guglielmo  III  d'Inghilterra,  l'Olanda,  e  Luigi  XIV. 

Guglielmo  III  temendo  che  fosse  per  accadere  la  morte  di  Carlo  II  — 
l'ultimo  della  linea  dì  Haiigsburg  —  ed  a  cagione  del  non  lasciare  questo 

(1)  DuMONT,  VII,  2,  368,  383;  art.  XVI  del  trattato  con  l'Olanda. 

(2)  DuMOM,  u.  s.,  422. 


XXVIII  Appendice  L  •    •  \  an.4698. 

...-•••■■--:         ■  •'■■' 

e^edi,  forte  dubitando  di  non  potere  riuscire  ^  ad .  impedire  _  che  la  Spagna 

• 

cadesse  sotto  il  dominio,  della  Francia,  quando  tale  evento  si  yerificasse,, 
amm^ente  d'addivenire,  ad  una  spartizione  della  Monarchia  spagnuola. 
Conseguentemente  Napoli  :  e  la  Sicilia  venivano  assegnati  al  Delfino  di, 
Francia  ;  il  Ducato  ;  di ,  Milano  -  all'Arciduca  Carlo  d'Austria  secondogenito 
dell'Imperatore,  e  la  Spagna  couri^Paesi  Spagnuoli,e  le  colonie  di  lei,  al 
%lip. maggiore  del  Duca;dii Baviera  (1).  ..  ,  ..  :.^.  .,  .  .   -    , .    , 

•..JLgioyane  principe  bavarese,*  moriva  1*8.  febbraio  1699,  all'età  di  sei. 
anni,  ed  un  nuovo  trattato  di  spartitone  era  fatto  tra  le  stesse  Potenze, 
({aOndra,  43  marzo,  l'Aja,  25  marzo  1.70p).  In  esso  veniva  in  generale  stì- 
p:ulato;che  NappU^  la  Sicilia,  i  Ducati  di  Lorejia,  di  Bar  dovessero  andare  ai 
Delfino  :  che  il  Duca  di  Lorena  sarebbe  trasferito  al  Ducato  di  Milano  ;  che 
la  Corona  di  Spagna,  i  Paesi  Bassi,  e  le  Indie  dovessero  essere  trasferite 
ajr  Arciduca  Carlo  (2).    ,  .     •       , 

;  Eccettuata  la  spartizione  della  Polonia,  nessun  altro  intervento  più  ver- 
gognoso di  questo,  si  riscontra  nella  storia.    . 

r 
m 

Pace'' di  CarlowUz. 

4699,  Gennaio  26. 

ui.  1699. 

;  La  pace  di  Carlowitz  consiste  d'un  trattato  del  Sultano  col  quale  stipulò 
una  tregua  di  venticinque  anni  coli' Imperatore,  e  di  due  altri  trattati  del 
medesimo  Sultano,  il  primo  dei  quali  col  Re  di  Polonia,  ed  il  secondo  con 
Venezia,  le  trattative  dei  quali  furono  fatte  dagli  ambasciatori  delle  due 
Potenze  cristiane.  ,      ,  .     ,  .         , 

.  Il  Principe  Eugenio  avendo  distrutto  l'esercito  torco  a  Zentha  l'il  set- 
tembre 1697 ,  il  Sultano  riconosceva  la.Transilvania  come  provincia  austriaca, 
e  conveniva  che  la  sponda  meridionale  del  Danubio  dovesse  separare  i 
domini  di  lui  dall'Ungheria,  ecc.  Venezia  continuava  a  godere  il  possesso 
di  ciò  che  aveva  in  Grecia,  eccettuato  Lepanto^  ed  in  Dalmazia  (dove  i  con- 
fini erano  stabiliti  da. una  serie  di  forti  ceduti  alla  Repubblica)  Castelnuovo 
e  Rifano  presso  Cattaro  rimanevano  veneziani  (3). 


(i)  Ddmont,  vii,  2,  442. 

(2)  DuicoNT,  u.  s.,  477.  —  Per  rapporto  a  tutto  quello  che  dalle  parti  fti 
innanzi  onde  giustificare  il  loro  modo  di  agire  verso  la  Spagna,  imponendole,  senza 
averne  il  diritto,  questi  trattati,  conf.  Db  Garden,  II,  220  ss.j  Smyth,  Mod,Hùtory^ 
lecture  XXIII. 

(3)  Di'MONT,  u.  s.,  448-458. 


Trattati  conclusi  al  tempo  di  Luigi  XIV  XXIX 


Pace  di  Utrecht  e  dì  Rastadt, 
1713,  1714. 

I  (l'attati  d'Utrecht  e  di  Rastadt,  posero  fine  alla  guerra  di  successione 
alla  corona  di  Spagna,  la  quale  cominciò  nel  1 '701. 

Carlo  II  di  Spagna  aveva  fatto  un  testamento  in  favore  del  Principe  Elet* 
tore  di  Baviera,  nominandolo  suo  successore  ;  questi  però  mori  giovanissimo 
nel  1699.  Avvenuta  questa  morte  Carlo  II  si  senti  inclinato  in  favore' del- 
l'Arciduca Carlo  d'Austria,  ed  a  vantaggio  di  questo  fece  un  testamento,  ina 
siccome  l'Austria  indugiava  ad  acconsentire  d'adempierne  le  condizioni, 
esso  fu  persuaso  dal  partito  francese,  il  quale  era  alla  sua  corte,  di  bruciare 
il  testamento,  e  di  conferire  la  corona  a  Filippo  Duca  d' Angiò  secondogenito 
delDelfìno  di  Francia,  e  nel  caso  della  morte  di  lui  senza  eredi,  o  del  suo 
innalzamento  al  trono  nel  suo  proprio  paese,  al  fratello  che  veniva  dòpo  di 
esso,  il  Duca  di  Berry,  e  cosi  in  successione,  all' Arciduca  Carlo,  al  Duca,  di 
Savoia  ed  ai  suoi  figli,  i- quali  discendevano  dàlia  sorella  di  Filippo  II  di 
Spagna.  Qualunque  cosa  fosse  per  accadere,  l'integrità  della  Monarchia 
Spagnuola  doveva  essere  mantenuta.         .  .     i 

II  Re  di  Spagna  mori  il  i^  novembre  1700,  e  Luigi  XIV  decise  d'accet- 
tare, alcune  settimane  dopo,  Q  testamento  a 'favore  di  suo  nipote^  quan- 
tunque nell'estate  dello  stesso  anno  avesse  preso  parte  al  trattato  di 
spartizione,  per  non  parlare  delle  rinunzie  fatte  nel  trattato  dei  Pirenei  (1). 

Sul  subito  l'Inghilterra  ed  altri  Stati  riconobbero  per  cortesia  il  Borbone 
come  Re  di  Spagna;  ma  Luigi  XIV  avendo  tei^versato  in  modo  tale  onde 
non  mettersi  nella  posizione  da  essere  costretto  di  garantire  che  le  coróne 
di  Francia  e  di  Spagna  rimarrebbero  separate,  ed  avendo  pure  in  occasione 
della  morte  di  Giacomo  II  d'Inghilterra  (16  settembre  1701),  violando  la 
pace  di  Ryswyk,  riconosciuto  il  figlio  di  questi  come  Re  d'Inghilterra,  una 
guerra  divenne  inevitabile  ed  essa  non  fu  neppure  impedita  dalla  morte  di 
Guglielmo  III  (2).  '■ 

Un  accordo  fra  Guglielmo  III,  il  quale  era  il  centro  dell'opposizione  alla 
Francia,  e  l'Imperatore  condusse  alla  Grande  Alleanza  iniziata  il  7  set- 
tembre 1701,  dalla  Gran  Bretagna,  dall'Olanda,  e  dall'Imperatore,  ed  alla 
quale  la  Danimarca,  rElcllore  di  Brandebui-go  (o  Re  di  Prussia;,  il  Porto- 


(1)  Vodi  Ui]o  Trattato. 

(2)  8  marzo  1702. 


XXX  Appendice  L  an.  4710-! 4. 

gallo,  la  Svezia,  l'Impero,  la  Savoia,  fecero  dopo  adesione.  Scopo  principale 
deiralleanza  era  quello  di  compensare  l'Imperatore  per  la  perdita  della 
Monarchia  Spagnuola,  ed  a  questo  fine  d'impadronirsi  dei  Paesi  Bassi  spa- 
gnuoli,  del  Ducato  di  Milano,  delle  Due  Sicilie  e  dei  porti  della  Toscana;  di 
assicurare  all'Inghilterra  ed  all'Olanda  tutte  le  conquiste,  le  quali  esse  avreb- 
bero potuto  fare  nell'America  spagnuola;  e  di  fare  la  pace  colla  Francia, 
solo  a  condizione  che  le  due  Corone  di  Francia  e  di  Spagna  non  fossero  mai 
unite. 

I  principali  alleati  della  Francia  furono  l'Elettore  di  Baviera  e  suo  fra- 
tello l'Arcivescovo  di  Colonia.  L'Imperatore  invase  l'Italia  nel  1701.  La 
guerra  fu  dichiarata  dall'Inghilterra  il  4  maggio  1702. 

La  pace  d'Utrecht  consiste  di  trattati  separati  fatti  dalla  Francia  colla 
Gran  Bretagna,  col  Portogallo,  colla  Prussia,  con  la  Savoia  e  con  l'Olanda 
<11  aprile  1713),  e  dalla  Spagna  colla  Gran  Bretagna  (13  luglio),  e  colla 
Savoia  (13  agosto),  i  quali  furono  seguiti  dai  trattati  della  Spagna  con 
l'Olanda  (26  giugno  1714),  e  col  Portogallo  (6  febbraio  1715),  firmati  nello 
stesso  luogo.  U  trattato  di  Rastadt  (6  marzo  171.4),  fatto  dall'Imperatore 
con  la  Francia  in  proprio  e  come  rappresentante  l'Impero,  fu  un  poco 
modificato  e  terminato  a  Baden,  in  Svizzera,  il  7  settembre  1714. 

Le  più  importanti  stipulazioni  di  questi  trattati  furono  le  seguenti  : 
1.  Nel  suo  trattato  con  la  Gran  Bretagna  (1),  la  Francia  cedeva  o 
meglio  restituiva  a  tale  regno  la  Baja  d'Hudson,  e  gli  stretti  di  St.  Kitts, 
Acadia  (Nuova  Scozia),  Terra  Nuova  colle  isole  adiacenti  —  riservando 
però  Capo  Bretone,  e  le  isole  poste  all'imboccatura  del  S.  Lorenzo,  col 
diritto  di  pesca  lungo  una  considerevole  parte  della  costa  di  Terra  Nuova, 
«  di  seccare  il  pesce  sulla  costa  stessa. 

Dunkerque  doveva  essere  smantellata  e  colmato  il  suo  porto.  Veniva 
riconosciuta  la  successione  della  casa  d'Annover  nel  modo  determinato  dal 
Parlamento.  Le  reciproche  rinunzie  fatte  da  Filippo  Y  di  Spagna  della  corona 
di  Francia,  e  dai  Duchi  di  Berry  e  d'Orleans  di  quella  di  Spagna,  sono  inse- 
rite nel  trattato,  ed  è  dichiarato  che  per  le^  inviolabile  le  due  Corone 
rimarranno  separate  ed  indipendenti. 

In  un  trattato  commerciale  della  stessa  data  fra  le  medesime  Potenze  (2) 
é  stipulato  fra  le  parti,  che  i  bnstimenti  di  ciascheduna  di  loro  saranno 
liberi  di  trasportare  mercanzie  clie  iiuu  biauu  di  coutrabbaudu,  e  perdono 


(1)  DuMONT,  VITI,  1,  339. 

(2)  DuMONT,  u.  s.,  345. 


n  1718-44.  Trattati  conclusi  al  tempo  di  Luigi  XIV  XXXI 

che  noK  siano  militari  appartenenti  ai  nemici  dell'altra  parte.  Lo  stesso 
principio  è  sanzionato  nd  trattato  commerciale  della  stessa  data  tra  la 
Francia  e  T  Olanda. 

Nel  trattato  fra  la  Spagna  e  la  Gran  Bretagna  (1),  Gibilterra  e  Minorca 
con  Porto  Mahon  sono  ceduti  a  questa  Potenza;  è  solennemente  garantita 
la  perpetua  separazione  delle  Corone  di  Francia  e  di  Spagna  ;  la  Spagna  si 
impegna  di  non  trasferire  alla  Francia,  né  a  qualunque  altra  nazione,  nessun 
territorio  o  signorìa  in  America  ;  e  la  Gran  Bretagna  promette,  nel  caso 
che  la  linea  di  Savoia  venisse  ad  estinguersi,  di  fare  tutto  quello  che 
sarebbe  per  esserle  possibile,  onde  far  si  che  la  Sicilia  venisse  riunita  alla 
Spa^a  (2). 

li  12"*  articolo,  tristamente  celebre,  concede  esclusivamente  ad  una 
Compagnia  inglese,  per  lo  spazio  di  trent'anni,  da  decorrere  dalla  data  del 
trattato,  la  importazione  dei  negri  (el  poeto  de  el  assienio  de  negros)  nel- 
l'America spagnuola  alle  stesse  condizioni  che  erano  state  accordate  per 
il  passato  ai  Francesi  cioè  alla  Compagnia  francese  della  Guinea  fondata 
nel  1701. 

2.  Nel  trattato  della  Francia  con  l'Olanda  (3),  la  Francia  s'impegna 
di  mettere  nelle  mani  dell'Olanda  onde  essa  li  trasferisca  alla  Casa  d'Austria 
i  Paesi  Bassi  spagnuoli,  come  essi  erano  dopo  il  trattato  di  Ryswyk,  eccet« 
tuata  una  parte  della  Gheldria  ceduta  alla  Prussia,  ed  una  porzione  di  ter- 
ritorio nel  Lussemburgo  o  Limbui^o  da  essere  costituito  in  principato  per 
la  Principessa  Orsini;  —  la  quale  ultima  convenzione  però,  a  cagione 
dell'opposizione  fatta  dall'Austria,  mai  fu  portata  ad  effetto.  Dei  Paesi  Bassi 
francesi,  Tournay,  Foumes  ed  i  loro  distretti,  Ypres,  Poperingen,  ecc.,  sono 
ceduti  ad  identiche  condizioni  all'Olanda.  La  Francia  acconsente  d'adoprare 
la  sua  influenza,  onde  fare  abbandonare  all'Elettore  di  Baviera  qualunque 
diritto,  che  esso,  in  virtù  d'una  cessione  anteriore  spagnuola  del  1702  e 
1712,  potesse  avere  sui  Paesi  Bassi;  ma  la  città  e  il  ducato  di  Lussemburgo, 
Namur  e  la  sua  contea,  come  pure  Charleroi,  dovevano  essere  sotto  la 
sovranità  di  lui,  fino  a  che  esso  non  fosse  reintegrato  nel  possesso  dei  suoi 
territori,  e  nella  sua  posizione  sociale  in  Germania.  Impegno  solenne  di 
mantenere  separate  le  Corone  di  Francia  e  di  Spazia  fu  assunto  tanto  in 
questo  trattato  come  in  quello  posteriore  delia  Spagna  con  l'Olanda  (4), 

(1)  DuMONT,  vili,  I,  393. 

(2)  Vedi  Trattati  con  la  Savoia. 

(3)  PUMONT,  u.  s.,  366. 

(4)  DuMOKT,  u.  s.,  427. 


XXXII  Appendice  L  aii.-l7t3-14. 

essendo  di  quesf  ultimo  stata  ritardata  la  conclusione  a  cagione  della  Prin- 
cipessa Orsini,  la  quale  avendo  molta  influenza  sull'animo  di  Filippo  V, 
cercava  d'ottenere  per  so  un  principato  nei  Paesi  Bassi.  In  quésto*  trattato 
la  Spagna  s'impegnò  d'impedire  a  tutte  le  nazioni/ tranne  l'Olanda»  di 
commerciare  colle  Indie  Orientali  spagnuole.  i 

3. 1  trattati  col  Portogallo  sono  di  minore  importanza  (1).  .ti 
La  Francia  rinunzia  in  favore  del  Portogallo,  a  qualunque  suo.  diritto 
sul  territorio  chiamato  il  Capo  del  I^ord;  fra  l' Amàzone  e  il  Vincenzo  Pjnson 
0  JapoCy  ed  ammette  che  allo  stesso  Portogallo  appartengano,  le  due  rive 
dell' Àmazone  ed  il  diritto  di  navigazione  su  quésto  fiume.  La  Spagna  cede 
al  Portogallo  il  territorio  e  la  colonia  di  Sacramento  situata  sulla  riva  setten- 
trionale'del  La  Piata.  > 

4.  La  Francia  cede  al  Re  di  Prussia,  in  virtù  del  potere  ricevuto  dalla 
Spagna,  la  Gheldria  Superiore  o  Gheldria  spagnuola,  e  riconosce  i  diritti  di 
lui  sul  principato  di  Neufchàtel  (o  Neuenburg)  e  Valengin  in  Svizzera»  li  re 
di  Prussia  dal  canto  suo  rinunzia  a  tutte  le  sue  pretese  per  rapporto  al 
principato  d'Orango  e  territori  da  questo  dipendenti  in  Francia,  riservan- 
dosi però  il  diritto  di  portarne  il  titolo  e  di  fare  uso  dello  stemma  di 
esso  (2). 

5.  La  Spagna  (3)  conferma  il  Duca  di  Savoia  nel  possesso  dell'isola 
di  Sicilia  (già  ceduta  a  mezzo  d'un  atto  speciale  fatto  a  Madrid  il  10  giugno 
1713)  (4).  Il  dominio  di  tale  isola  dovea  trasmettersi  alla  linea  mascolina 
del  Duca  —  e  questa  estinguendosi  —  al  ramo  mascolino  del  Principe  di 
Carignano  e  di  suo  fratello.  Se  la  linea  di  Savoia  si  estinguesse,  l'isola 
dovrebbe  tornare  in  possesso  della  Spagna,  e  se  la  Imea  Spagnuola  venisse 
a  mancare  in  Spagna,  la  Casa  di  Savoia  dovrebbe  succedere  al  trono  di 
questo  Stato.  La  Francia  riconosce  la  cessione  della  Sicilia  e  restituisce  alla 
Savoia  il  territorio  conquistalo  durante  la  guerra;  il  confine  della  Francia 
dal  lato  della  contea  di  Nizza  e  del  Piemonte  è  determinato  dalla  sommità 
delle  Alpi;  e  le  cessioni  fatte  al  Duca  dall'Imperatore  nel  1703,  vale  a  dire, 
la  parte  mantovana  del  Monferrato,  le  provincie  d'Alessandria  e  di  Valenza, 
il  paese  posto  fra  il  Po  ed  il  Tanaro,  e  la  Lomeilina,  ecc.,  sono  confermati 
in  ambedue  i  trattati  (5). 


(1)  DOMONT,  Vm,  I,  353,  444. 

(2)  DUMONT,  U.  8.,  356. 

(3)  DUMONT,  u.  s.,  401. 

(4)  Oi'MONT,  u.  s.,  389. 

(5)  Dluont,  u.  s.,  362. 


tn.  Ì713-14.  Trattati  concitisi  al  tempo  di  Luigi  XIV  XXXIII 

Il  Duca  di  Savoia  fu  incoronato  Re  di  Sicilia  a  Palermo,  nel  1713,  ma 
non  venne  riconosciuto  né  dal  Papa  né  dall'Imperatore. 

In  virtù  dei  trattati  di  Rastadt  e  di  Baden  (1),  la  Francia  s'impegna  a 
lasciare  l'Imperatore  padrone  dei  luoghi  e  degli  Stati  da  esso  occupati  in 
Italia  (cioè  il  regno  di  Napoli,  il  ducato  di  Milano,  l'isola  di  Sardegna,  ed 
i  porti  della  Toscana),  ed  acconsente  che  esso  prenda  possesso  dei  Paesi 
Bassi  spagnuoli  a  forma  del  trattato  con  l'Olanda,  cede  l'Alt-Brisach,  Fri- 
burgo, la  fortezza  di  Kehl,  a  seconda  delle  stipulazioni  del  trattato  di 
Ryswyk,  il  quale  servi  di  base  per  gli  accordi  riguardanti  la  Germania. 

L'Imperatore  s'impegna  di  restaurare  nei  loro  Stati,  e  nelle  condizioni, 
nelle  quali  essi  erano  anteriormente  alla  gueiTaUDuca  di  Baviera  e  l'Arci- 
vescovo di  Colonia. 

Il  trattato  di  Baden  concede  all'Imperatore  di  continuare  a  possedere  i 
ducati  di  Mantova  e  di  Mirandola  e  la  città  di  Comacchio.  Nessuna  disposi- 
zione fu  presa  fra  l'Imperatore  e  la  Spagna,  indugiando  esso  a  riconoscere 
il  Borbone  come  Re,  e  Filippo  Y,  non  acconsentendo  allo  smembramento 
della  Monarchia  Spagnuola,  essendoché  ciò  sarebbe  stato  per  giovare  allo 
Imperatore. 

/  trattati  di  barriera. 

1709,  Ottobre  29  —  1713,  Gennaio  30  —  1715,  Novembre  15. 
an.  1700-13-15. 

I  trattati  di  barriera  sono  in  numero  di  tre. 

II  trattato  della  Grande  Alleanza  concluso  il  7  settembre  1701  all'Aja 
aveva  promesso  agli  Olandesi  una  barriera  contro  la  Francia.  Con  lale 
disegno  furono  fatti  i  due  primi  trattati  di  barriera,  il  29  ottobre  1709,  ed 
il  30  gennaio  1713,  cioè  prima  della  pace  d'Utrecht,  fra  la  Gran  Bre- 
tagna e  gli  Stati  Generali,  essi  disponevano  di  dare  a  questi  nei  Paesi  Bassi 
spagnuoli  a  titolo  di  barriera  contro  la  Francia  un  certo  numero  di  luoghi 
fortificati,  le  guarnigioni  dei  quali  dovevano  essere  pagate  colle  rendite 
ritratte  dal  paese  stesso  ;  ed  il  primo  trattato,  in  un  articolo  separato,  loro 
faceva  sperare  che  avrebbero  potuto  acquistare  la  Gheldria  superiore  ed 
alcuni  altri  luoghi.  U  secondo  trattato  diminuiva  il  numero  dei  forti,  che 
essi  dovevano  occupare,  e  nulla  diceva  della  Gheldria,  la  quale  era  stata 


(1)  DOMONT,  Vm,  1,  415,  436. 

40  —  Fiore,  Dir,  interri,  codif. 


XXXIV  Appendice  L  an.  170M3-Ì5. 

promessa  alla  Prussia.  La  successione  protestante  essendo  stata  dalia  legge 
stabilita  in  Inghilterra  ambedue  i  trattati  impegnavano  gli  Stati  G^n^iU  a 
mantenerla  ed  a  difenderla. 

Questi  due  trattati  non  approdarono  a  nulla. 

II  terzo  trattato  sottoscrìtto  ad  Anversa  dalF  Austria,  dalla  Gran  Bre- 
tagna e  dairOlanda  il  15  novembre  1715,  stabiliva  che  l'Olanda  doveva 
cedere  all'Austria  i  Paesi  Bassi  spagnuoli  (tanto  il  territorio  posseduto  da 
Carlo  II  di  Spagna,  quanto  quello  ceduto  dalla  Francia),  T  Austria  promet- 
tendo che  essi  sarebbero  rimasti  sotto  il  dominio  austriaco,  e  che  mai  pas- 
serebbero sotto  quello  della  Francia  o  di  qualunque  altra  Potenza.  Un  esercito 
di  circa  30,000  uomini,  doveva  essere  colà  mantenuto  dall'Imperatore  e 
dagli  Olandesi,  fornendo  il  primo  due  terzi  della  truppa,  ed  i  secondi  un 
terzo.  Gli  Olandesi  si  riservarono  il  diritto  di  tenere  guarnigioni  esclusiva- 
mente a  Namur,  Tournay,  Menin,  Fumes,  Ypres,  Wameton  e  nel  forte  di 
Knock,  ed  insieme  all'Austria  a  Derdemonde:  di  riattare  e  fortificare  le 
città  della  barriera,  ma  di  non  fabbricare  nuovi  forti  senza  il  permesso  del- 
l'Imperatore. Questi  acconsentiva  che  essi  avessero  occupato  al  di  là  della 
loro  frontiera,  nei  Paesi  Bassi  austriaci,  tutti  quei  forti  che  credevano 
necessari  alla  difesa  del  paese  in  caso  d'invasione,  come  pure  tutto  quel 
territorio  il  quale,  onde  raggiungere  questo  fine,  stimassero  indispensabUe 
per  elevarvi  delle  trincee  o  per  inondarlo.  Esso  cedeva  loro  pure  Vento  ed 
altri  luoghi  della  Gheldria,  e  si  obbligava  di  pagare  per  il  mantenimento 
delle  loro  truppe  1,250,000  fiorini  olandesi,  ipotecati  sulle  entrate  dei 
Paesi  Bassi. 

Fu  pure  convenuto  che  i  bastimenti  ed  i  carichi,  i  quali  andavano  dalla 
Gran  Bretagna  o  dall'Olanda  ai  Paesi  Bassi  austriaci,  avrebbero  pagato 
Io  stesso  dazio  d'entrata  e  di  uscita  che  nell'attualità,  fino  a  che  le  tre 
Potenze  non  avessero  convenuto  altrimenti  in  un  trattato  commerciale  che 
sarebbe  fatto  al  più  presto  possibile,  trattato  il  quale  mai  fu  redatto. 

La  Gran  Bretagna  confermò  e  garanti  questo  trattato. 

Dal  non  essere  la  convenzione  commerciale,  della  quale  abbiamo  par- 
lato, mai  stata  fatta,  l'Austria  trasse  pretesto  per  considerare  il  trattato  di 
barriera  come  annullato  (1). 


(1)  DuMONT,  VII,  1,  *243,  322,  458. 


Trattati  concludi  al  tempo  di  Luigi  XIV  XXXV 

Trattato  di  triplice  alleanza  fra  la  Francia 

la  Gran  Bretagna  e  V  Olanda. 

1717,  Gennaio  4. 

rn.  ni7. 

La  triplice  alleanza  fra  la  Francia,  la  Gran  Bretagna  e  l'Olanda,  fu 
conclusa  a  fme  di  mantenere  in  vigore  il  trattalo  d'Utrecht,  e  di  difendersi 
scambievolmente  in  caso  di  attacco. 

La  Francia  s'impegnava  pure  di  non  dare  nessun  soccorso  al  preten- 
dente e  di  persuaderlo  ad  andare  al  di  là  delle  Alpi  (1). 

Trattato  di  alleanza  stipulato  a  Londra. 

1718,  Agosto  2. 
an.  47i8. 

La  quadrupla  alleanza  conclusa  a  Londra  dalla  Francia  e  dalla  Gran 
Bretagna,  fu  cosi  chiamata,  essendoché  le  parti  contraenti  si  proponessero  ' 
di  fare  ad  essa  prendere  parte  l'Olanda  (ciò  che  accadde  il  di  16  febbraio 
1719),  e  l'Imperatore  (il  quale  ne  accettò  le  condizioni,  il  16  settembre 
1718)  (2). 

La  pace  non  era  ancora  stata  fatta  fra  l'Imperatore  e  la  Spagna.  L'Im- 
peratore era  malcontento  dell'assetto  che  era  stato  dato  alle  cose  in  Italia, 
e  specialmente  della  cessione  della  Sicilia  al  Duca  di  Savoia.  La  Spagna, 
essendo  adesso  sotto  T influenza  dell'intrigante  e  ambizioso  Cardinale  Albe- 
roni,  e  mirando  a  recuperare  ciò  che  aveva  perduto  a  cagione  della  pace 
d'Utrecht,  cercò  d'intorbidare  i  rapporti  politici  tra  Francia  ed  Inghilterra. 
La  Sicilia  e  la  Sard^a  erano  state  invase  dalle  truppe  della  Spagna,  ma 
l'armata  di  questa  venendo  quasi  distrutta  dagl'Inglesi,  ed  essendo  gli 
eserciti  di  Francia  e  d'^.nghilterra  entrati  in  Spagna,  ed  il  Re  trovando 
l'impresa  superiore  alle  sue  forze,  s'indusse  a  cedere,  dimise  l'Alberoni, 
ed  entrò  a  far  parte  dell'Alleanza  nel  1720  (26  gennaio). 

Il  Puca  di  Savoia  aveva  fatto  questo  nel  1718. 

Alcuni  trattati  difensivi,  fatti  nel  1721,  dalla  Spagna  con  la  Francia  e 
colla  Gran  Bretagna,  completano  le  disposizioni  prese,  e  gli  assetti  stabi- 
liti da  queste  Potenze.  In  conformità  della  quadrupla  alleanza,  e  di  altri 
trattati  fatti  collo  stesso  spirito,  la  Spagna  rinunziava  ai  Paesi  Bassi,  ed  alla 


(1)  DuMONT,  vili.  i.  484. 

(2)  DUMONT,  u.  s.,  531. 


XXXVI  AppemJice  L  an.  1718 

parte  spagiiuola  dell'Italia;  l'Imperatore  rmunziava  alla  Monarchia  di 
Spagna,  ceduta  a  Filippo  Y  in  forza  della  pace  d'Utrecht,  e  lo  riconosceva 
come  legittimo  sovrano  di  quel  paese. 

La  Savoia  e  l'Imperatore  facevano  il  cambio  della  Sicilia  e  della  Sar- 
degna, e  la  Spagna  rinunzia  va  ai  suoi  diritti  di  riversione  sulla  Sicilia  col  com- 
penso d'un  diritto  simile  sopra  la  Sardegna.  Fu  pure  convenuto  che  Livorno 
sarebbe  stato  porto  franco  in  perpetuo,  e  che  i  ducati  italiani  di  Toscana, 
Parma  e  Piacenza,  a  cagione  della  grande  probabilità  che  si  aveva,  che  le 
linee  mascoline  dei  Medici  e  dei  Farnese  s'estinguessero,  dovessero  essere 
considerati  come  feudi  mascolini  dell'Impero,  l'investitura  dei  quali  sarebbe 
data  a  Don  Carlos  di  Spagna,  ecc.,  e  che  in  nessun  caso  potrebbero  appar- 
tenere alla  corona  di  Spagna. 

Cosi  in  virtù  della  pace  d'Utrecht  e  di  questi  trattati  ausiliari: 

1.  una  barriera  fu  creata  in  favore  dell'Olanda  contro  la  Francia, 
per  dato  e  fatto  d'avere  concesso  i  Paesi  Bassi  spagnuoli  all'Austria; 

2.  in  forza  del  Diritto  pubblico  europeo  la  Francia  e  la  Spagna  non 
potevano  mai  formare  una  sola  monarchia; 

3.  l'Imperatore  ricuperava  parte  dell'antica  influenza  germanica  per 
rapporto  agli  affari  d'Italia; 

4.  il  Duca  di  Savoia,  a  cagione  dell'essere  esso  salito  in  potere  come 
Re  di  Sardegna,  sempre  più  serviva  a  frustrare  i  disegni  della  Francia  sul- 
l'Italia, ed  a  tenere  in  freno  l'idea  del  predominio  dell'Austria  su  questa 
penisola. 

Le  divergenze  di  minore  importanza  fra  l'Imperatore  e  la  Spagna  fux^ono 
discusse  al  Congresso  di  Cambray  (dal  1722  in  poi). 


XXXVll 


TRATTATI 

CONCLUSI  DOPO  LA  PACE  DI  UTRECHT 

(Odo  alla  RiToloiione  francese  del  1789) 


Trattalo  di  Pace  di  Paasarowitz. 

1718,  Luglio  21. 
».  i718. 

La  pace  di  Passarowitz  fu  conclusa  fra  l'Imperatore  ed  il  Sultano,  dopo 
la  vittoria  del  Principe  Eugenio  a  Pelerwardein  e  la  presa  di  Belgrado  (1). 
In  virtù  di  questa  pace  l'Austria  venne  in  possesso  del  Banato  di  Temeswar, 
di  Belgrado,  d'una  porzione  della  Serbia,  e  della  Vallachia,  ecc. 

Trattato  di  Pace  di  Nystad. 
1721,  Agosto  ao. 

an.  472^ 

La  pace  di  Nystad  in  Finlandia  fu  fatta  fra  la  Svezia  e  lo  Czar  e  questo 
fu  uno  dei  vari  trattati  nei  quali  la  Svezia,  adesso  tenuta  a  freno  dagli 
Stati  del  regno,  venne  a  patti  coi  suoi  vicini. 

Dopo  la  morte  di  Carlo  XII,  e  dopo  la  caduta  di  GOrtz,  la  Svezia,  l'in- 
trigante alleata  d'Alberoni,  cede  nel  1719  al  Re  d'Inghilterra,  come  Elet- 
tore d'Annover,  i  ducati  di  Brema  e  Werden  (2),  per  un  milione  di  ris- 
dollari  (3);  e  nel  1720^  1^  febbraio,  alla  Prussia  Stettino  ed  i  territori  in 
Pomerania,  posti  fra  l'Oder  e  la  Pehne,ecc.,  per  il  doppio  di  tale  somma (4); 
nello  stesso  anno,  alla  Danimarca  il  diritto  di  percepire  dai  bastimenti 
svedesi  la  tassa  di  transito  per  il  Sund  e  per  il  Belt,  sborsando  pure 
ad  essa  600,000  ris-dollari  e  promettendole  Hi  non  immischiarsi  negli 
affari  dello  Schleswig  e  del  Duca  di  Holstein-Gottorp,  in  considerazione 


(1)  DcMONT,  Vili,  1,  520. 

(2)  Vedi  Pace  di  Vestfalia. 

(3)  DuMONT,  Vili,  2, 15. 

(4)  DUHONT,  u.  s.,  21. 


XXXVIII  Appendice  L  u.  1721. 

deir  abbandono  che  la  Danimarca  aveva  fatto  delle  sue  conquiste  sve- 
desi (i). 

La  Francia  e  l'Inghilterra  rimasero  garanti  per  questa  pace. 

Nella  Pace  di  Nystad  (2),  la  Svezia  cedette  alla  Russia  la  livonia, 
l'Esthonia,  i' Ingermanland,  parte  della  Carelia,  l'isola  d' Oesel,  Riga, 
Revel,  Wiborg,  con  altre  città  e  forti,  ecc.,  ad  essa  furono  restituiti  altri 
luoghi  della  Finlandia,  i  quali  Pietro  il  Grande  aveva  conquistati,  e  le 
vennero  pagati  due  milioni  di  ris-doUari. 

La  Svezia  godette  della  pace  per  qualche  tempo  dopo,  ma  da  questa 
epoca  in  poi  divenne  per  importanza  politica  inferiore  alla  Prussia  e  alla 
Russia. 

Trattato  di  Vienna. 

1735,  Ottobre  3  —  4738,  Novembre  18. 

ui.1735-38. 

Nel  1735,  3  ottobre,  fu  concluso  il  Trattato  preliminare  di  Vienna  fra 
il  Re  di  Francia  e  T Imperatore.  Quello  definitivo  fu  poi  sottoscrìtto  il  di 
18  novembre  1738,  e  e'  intervennero  pure  i  Re  di  Sardegna  e  di  Spagna, 
e  Don  Carlos  in  quel  momento  possessore  di  Napoli  e  della  Sicilia. 

In  forza  di  questo  trattato  il  Duca  di  Lorena  otteneva  (in  preveggenza 
della  imminente  estinzione  della  linea  mascolina  della  famiglia  Medici),  di 
essere  nominato  Granduca  di  Toscana,  col  diritto  di  successione  al  Gran- 
ducato nella  sua  famìglia;  e  l'esiliato  Re  di  Polonia,  Stanislao  Leczinsky, 
suocero  di  Luigi  XV,  abdicando  alla  corona  di  Polonia,  otteneva  in  cambio 
il  ducato  di  Bar  e  quello  di  Lorena,  col  diritto  di  riversione  alla  Francia 
allorquando  la  morte  del  titolare  di  questi  ducati  avesse  luogo.  Cosi  la 
Francia  riacquistava  i  suoi  diritti  sulla  Lorena.  Napoli  e  la  Sicilia,  con  i 
porti  della  Toscana  posseduti  dall'  Imperatore,  erano  ceduti  a  Don  Carlos 
Cfiglio  maggiore  di  Filippo  V,  di  Spa^a,  nato  dal  secondo  matrimonio  di 
questo  con  Elisabetta  Farnese),  il  quale  cosi  fondava  la  seconda  linea,  o 
linea  napoletana  dei  Borboni  spagnuoli.  Il  Duca  di  Savoia  otteneva  dal- 
l'Austria la  cessione  della  Sardegna  col  diritto  di  prendere  il  titolo  di  Re 
di  Sardegna  e  guadagnava  i  territori  di  Novara  e  di  Tortona,  come  feudi 
deirimpero,  con  diritto  di  giurisdizione  noi  distretto  di  Langhes.  L'Impe- 
ratore Carlo  VI  acquistava  in  assoluta  proprietà  Parma  e  Piacenza. 


(i)   DCMONT,  VII,  1,  -29. 
(2)    DUMONT,  U.  P.,  30. 


iD.  i 735-38.  Trattati  concliMÌ  dopo  la  pace  di  Utrecht  XXXJX 

La  Francia  garantiva  la  Prammatica  Sanziane  dell'Imperatore  Carlo  VI, 
e  la  maggior  parte  delle  Potenze  europee  facevano  lo  stesso  ad  epoche 
diverse.  In  virtù  di  questa  Prammatica  (non  avendo  eredi  maschi),  esso 
nominò  la  sua  figlia  maggiore  erede  di  tutta  la  Monarchia  Austriaca,  e 
per  potere  far  questo  acconsenti  ad  abbandonare  una  grande  parte  dei 
suoi  domini  in  Italia,  come  pure  all'incorporazione  dellsi  Lorena  alla 
Erancia  (1). 


Trattato  di  Berlino. 

1742,  Luglio  28. 
tn. iltì. 

l  preliminari  della  pace  fra  la  Prussia  e  l'Austria  furono  concordati  a 
Breslavia.  Il  28  luglio  fu  poi  conclusa  la  pace  di  Berlino  fra  Federico  II  di 
Prussia  e  Maria  Teresa. 

L'Austria  cedeva  tutta  la  Slesia,  superiore  ed  inferiore  (non  inclusi  i 
principati  di  Tescben,  la  città  di  Tropavia,  il  territorio  al  di  là  dell'Oppa, 
ed  i  distretti  Moravi  compresi  nella  Slesia  Superiore)  unitamente  alla 
Contea  di  Glatz. 

Federigo  II  doveva  pagare  l' interesse  del  debito  slesiano  del  defunto 
Imperatore,  e  mantenere  l'ordinamento  religioso,  nello  stato  nei  quale  si 
trovava. 

Trattato  di  pace  di  Dresda, 

1745,  Dicembre  25. 
an.  4745. 

La  pace  di  Dresda  confermava  quella  di  Breslavia,  e  Federigo  II  rico- 
nosceva il  marito  di  Maria  Teresa,  il  Granduca  di  Toscana,  come 
Imperatore. 

Un  atto  col  quale  il  Re  d'Inghilterra  garantiva  la  Slesia  alla  Prussia,  è 
unito  al  trattato. 

La  Sassonia,  con  un  trattato  fatto  colla  Prussia  nello  stesso  tempo  e 
luogo,  stipulava  di  pagare  a  questa  un  milione  di  ris-dollari,  e  di  accor- 
darle altri  vantaggi  (2), 


(1)  Wenck,  Cedex  Juris  Gent.,  I,  pp.  1-88. 

(2)  Wenxk,  I,  734  e  seg.;  II,  191  e  seg. 


XL  Appendice  L 

Trattato  di  pace  di  AiX'la-Chapelle  (Aquisgrana). 

1748,  Aprile  30,  Ottobre  18. 

•D.  1748. 

li  4748,  30  aprile,  furono  concordati  i  Preliminari  della  pace,  e  il 
i8  ottobre  fìi  poi  conclusa  la  Pace  di  Aquisgrana^  fra  Francia,  Grande  Bre- 
tagna, e  Olanda,  alla  quale  si  associarono  la  Spagna,  1*  Austria,  la  Sardegna, 
Genova  e  Modena  (i). 

Questa  pace  pose  fine  alla  guerra  (la  quale  ebbe  origine  dalla  succes- 
sione al  trono  d'Austria),  in  virtù  d'una  scambievole  restituzione  delle 
conquiste,  e  d'un  generale  ristabilimento  di  anteriori  ed  importanti  trattati. 
I  ducati  di  Parma,  Piacenza  e  Guastalla  venivano  assegnati  all'Infante  di 
Spagna  Don  Filippo,  essendo  ceduti  dai  loro  attuali  possessori,  l'Impera- 
trice ed  il  Re  di  Sardegna  (^quest'ultimo  tenendo  a  feudo  la  città  e  parte 
del  ducato  di  Piacenza  in  forza  del  trattato  di  Worms  del  i743),  col  diritto 
di  riversione  ai  detti  attuali  possessori  nel  caso  che  Don  Filippo  morisse 
senza  lasciare  discendenti  maschi,  o  qualora  il  Re  delle  Due  Sicilie  eredi- 
tasse il  trono  di  Spagna. 

Fra  le  stipulazioni  anteriori  richiamate  in  vigore,  quella  del  pacto  de 
el  assiento  (che  stabiliva  il  privilegio  per  l'importazione  dei  negri)  (2)  fu 
espressamente  menzionato.  Nacque  però  un  malinteso  per  rapporto  a 
codeste  condizioni  di  pace,  essendo  stato  una  delle  cause  che  spinsero  l'In- 
ghilterra contro  la  Spagna  nel  1739. 

«  Mai  forse,  dice  Lord  Mahon  parlando  di  questa  pace,  una  guerra 
a  dopo  avvenimenti  tanto  grandi,  e  tanto  spargimento  di  sangue,  terminò 
<L  ricollocando  gli  Slati,  che  avevano  preso  parte  ad  essa,  quasi  nelle  stesse 
«  condizioni  nelle  quali  si  trovavano  quando  la  cominciarono  ». 

Trat,tato  di  Napoli. 

1759,  Ottobre  3. 

tn. 1759. 

Il  trattato  di  Napoli  fu  concluso  fra  l'Austria  e  Carlo  III  di  Spagna  e 
le  Due  Sicilie.  Con  tale  trattato  fu  stabilito  che  le  Due  Sicilie  non  potessero 
essere  mai  unite  alla  corona  di  Spagna,  eccetto  che  nel  caso  che  la  linea  dei 
Re  spagnuoli  della  presente  casa  fosse  ridotta  ad  una  sola  persona,  e  che 
dovessero  essere  di  nuovo  separate,  tostochè  nascesse  un  Principe  il  quale 
non  fosse  né  Re  di  Spagna,  né  erede  presuntivo  (3; 


(1)  Wenck,  II,  310  e  seg. 

(2)  Vedi  Trattato  dUtrechL 
(3^  Wenttc,  III,  1i\ij. 


Trattati  conclusi  dopo  la  pace  di  Utrecht  XLà 


Trattato  di  Parigi  detto  «  Patto  di  famiglia  i>. 

4761,  Agosto  15. 
fto.  4701. 

il  trattato  fra  la  Francia  e  la  Spagna,  concluso  nel  1761  fu  tenuto 
segreto  quando  fu  stipulato,  e  fu  conosciuto  poi  col  nome  di  Patto  di  fami- 
glia. Fra  le  parti  era  stato  stabilito  che  si  doveva  procurare  che  vi  si  asso- 
ciassero il  Re  delle  Due  Sicilie,  il  Duca  di  Panna,  e  i  due  figliuoli  del  Re 
di  Spagna,  escludendo  qualunque  altra  persona  che  non  fosse  un  Borbone. 

Questo  trattato  obbligava  le  parti  ad  un'alleanza  segreta  offensiva  e 
difensiva;  a  fornire  ciascuna  di  esse  un  numero  determinato  di  truppe  a 
qualunque  altra  parte  he  facesse  domanda  ;  a  garantirsi  scambievolmente 
ì  propri  dominf  come  pure  quelli  degli  altri  due  Borboni  sovrani  (1). 

Si  dice  che  in  una  convenzione  segreta  della  stessa  data,  venisse  stipu- 
lato, che  se  la  Francia  fosse  ancora  in  guerra  con  T Inghilterra  lìì^  di 
maggio  1762,  la  Spagna  dovesse  dichiarare  a  questa  la  guerra,  e  che  la 
Francia  dovesse  nello  stesso  tempo  restituire  Minorca  alla  Spagna. 

Trattalo  di  pace  di  Parigi, 

1763,  Febbraio  10. 
an.  1768. 

Il  trattato  di  pace  di  Parigi  fu  stipulato  fra  la  Francia,  la  Spagna,  T In- 
ghilterra e  il  Portogallo,  e  fu  completato  còl  trattato  di  pace  di  Huberts- 
hurg  (2)  concluso  il  15  febbraio  dello  stesso  anno. 

In  virtù  del  primo  trattato  di  pace,  la  grande  lotta,  la  quale  ebbe  luogo 
fra  la  Francia  e  l'Inghilterra,  su  tutto  il  mondo,  e  alla  quale  presero  parte 
la  Spagna  e  il  Portogallo,  fu  terminata  in  generale  a  vantaggio  dell'Inghil- 
terra ;  ed  in  forza  del  secondo,  ebbe  fine  la  guerra  dei  sette  anni  combat- 
tuta dall'Austria  e  dai  suoi  potenti  alleati  contro  Federico  il  Grande. 

La  Francia,  derogando  alla  sua  politica  secolare,  entrò  nel  numero  di 
questi  alleati  nel  maggio  1750. 

Fu  la  Pace  di  Hubertsburg,  che  permise  alla  Prussia  di  terminare  la 
guerra,  senza  che  essa  perdesse  territorio,  rimanendo  nella  stessa  posi- 
zione, nella  quale  si  trovava  dopo  i  trattati  di  Dresda,  di  Berlino  e  di 
Breslavia. 


(1)  Wenck,  ut,  278  e  sepf.:  Martens.  JRpcupH  I,  16-28. 

(2)  Castello  di  caccia  presso  Meis^un  in  bassoiiia. 


XLII  Appendice  L  an.  i'i63. 

La  Pace  di  Parigi  fece  si,  che  l'Inghilterra,  la  quale  aveva  spogliato  la 
Francia  di  una  considerevole  parte  dei  suoi  possessi  coloniali,  potesse  rite- 
nere molti  di  essi,  acquistando  in  autorità,  specialmente  sul  continente 
occidentale.  Nell'America  del  Nord,  la  Francia  rinunziò  alle  sue  pretese 
su  d*Acadia,  cedo  il  Canada,  il  Capo  Bretone,  e  le  isole  e  le  coste  del 
San  Lorenzo,  riservandosi  il  diritto  di  pesca,  lungo  una  parte  della  costa 
di  Terranova  a  forma  del  trattato  d'Utrecht,  e  riserbandosi  pure  lo  stesso 
diritto  nel  Golfo  di  San  Lorenzo,  tre  leghe  lontano  dalle  coste  inglesi,  e  ad 
una  distanza  di  quindici  leghe  dal  Capo  Bretone.  Le  isole  di  San  Pietro  e 
Miquelon  dovevano  pure  restare  in  potere  della  Francia,  come  luoghi  di 
ricovero  per  i  di  lei  pescatori,  a  condizione  che  non  vi  fossero  erette  forti- 
ficazioni. I  Cattolici  del  Canada  dovevano  essere  lasciati  liberi  di  eserci- 
tare il  loro  culto  (art.  IV-VI).  Una  linea  che  dividesse  in  due  metà  il 
Mississipi  e  che  partendo  dal  mezzo  della  sua  sorgente  andasse  fino  ad 
Iberville,  e  che  poi  continuasse  da  questo  punto  attraverso  i  laghi  Mau- 
repas  e  Pontchartrain  sino  al  Golfo  del  Messico,  doveva  servire  di  limite 
al  territorio  delle  due  nazioni.  Solamente  Nuova-Orleans  situata  sulla 
sponda  orientale  del  Mississipi  doveva  rimanere  francese  (art.  VII). 

Con  un  trattato  segreto  fra  Spagna  e  Francia,  del  3  novembre  1762, 
la  Francia  aveva  già  ceduto  Luigiana  e  Nuova-Orleans  alla  Spagna,  la 
quale  però  non  entrò  in  possesso  del  territorio  cedutole  che  nel  1769. 
Questo  era  un  compenso  per  la  Spagna,  per  la  cessione,  che  essa  doveva 
fare  alla  Gran  Bretagna,  della  Florida,  cessione  la  quale  era  stata  in 
massima  stabilita  e  che  in  questa  pace  fu  conclusa  (art.  XX). 

La  Gran  Bretagna  conveniva  di  restituire  alla  Francia  la  Guadalupa, 
la  Mariagalante,  la  Desirade,  la  Martinica,  Belle-Isle,  S.  Lucia,  e  le  veniva 
fatta  la  cessione  di  Granada,  di  S.  Vincenzo,  della  Dominique  e  di  Tobago 
(articoli  Vili,  IX),  nelle  Indie  Occidentali.  Nell'Affrica  riteneva  il  Senegal 
e  restituiva  alla  Francia  Corea  (art.  X).  Nelle  Indie  Orientali,  le  fortifica- 
zioni e  le  fattorie  che  erano  in  possesso  della  Francia  nel  1749,  sulle  coste 
di  Coromandel,  d'Orissa  e  di  Malabar  e  nel  Bengala  venivano  pure  resti- 
tuite alla  Francia,  e  questa  si  impegnava  a  non  costruire  forti  e  a  non 
tenere  truppe  nel  Bengala,  e  rìnunziava  a  tutti  gli  acquisti  fatti  nel  Coro- 
mandel e  ad  Orissa  fino  dal  1749  (articolo  XI).  Dunquerque  doveva  essere 
messa  nelle  condizioni  nelle  quali  fu  stipulato,  che  avrebbe  dovuto  essere, 
nel  trattalo  di  Aquisgrana  e  nei  trattati  anteriori.  Minorca  doveva  essere 
restituita  agli  Inglesi  ;  e  i  luoghi  occupati  dai  Francesi  in  Germania  dove- 
vano essere  evacuati  e  restituiti;  le  conquiste  fatte  a  Cuba  dall'Inghilterra 


tn.  4763.  Trattati  concluH  dopo  la  pace  di  Utrecht  XLIII 

dovevano  essere  retrocesse  alla  Spagna;  le  fortificazioni  innalzate  dagli 
Inglesi  nella  Baja  di  Honduras  ed  in  altre  stazioni  dell' America  spagnuola, 
dovevano  essere  demolite  ;  ma  non  si  doveva  impedire  ai  lavoranti  di  tali 
località  di  tagliare  e  di  trasportare  il  campeggio,  ed  ai  sudditi  spagnuoli 
non  si  doveva  concedere  nessun  diritto  di  pesca  nelle  vicinanze  di  Terra- 
nuova  (articoli  XII-XIX)  (i). 

Trattato  fra  la  Francia  e  Genova, 

1768,  Maggio  15. 
an.  4768. 

Un  trattato  sotto  questa  data  fra  Genova  e  Francia  passava  la  Corsica 
sotto  il  dominio  francese,  e  ciò  fmo  a  che  la  Repubblica  non  ne  doman- 
dasse la  restituzione  rimborsando  tutte  le  spese. 

I  Genovesi  avendo  col  loro  tirannico  governo  cagionato  una  insurre- 
zione, che  essi  non  potevano  domare,  ed  essendo  stata  repressa  dalle 
truppe  francesi,  gli  isolani  preferirono  il  dominio  francese  al  giogo 
genovese  (2). 

Trattato  per  la  spartizione  della  Polonia, 
un,  Luglio  15. 

an.  1772. 

in  codesto  anno  avvenne  la  prima  spartizione  della  Polonia.  Le  dispo- 
sizioni  relative  a  questo  smembramento,  furono  prese  in  trattati  separati 
fra  la  Russia  e  l'Austria,  e  la  Russia  e  la  Prussia,  fatti  sotto  questa  data. 
Questi  trattati,  adducendo  come  ragione  di  tale  misura,  la  necessità  di 
garantire  dagli  effetti  delle  discordie  e  guerre  intestine  della  Polonia,  gli 
Stati  con  essa  confinanti,  dichiarano: 

i°  Che  la  Russia  prenderà  possesso  del  rimanente  della  Livonia 
polacca,  della  parte  del  palatinato  di  Polock,  la  quale  è  posta  a  levante 
della  Dwina,  del  palatinato  di  Witepsk,  delle  due  estremità  di  quello  di 
Minsk,  e  di  lutto  quello  di  Mscislav  (o  Mohilev).  I  confini  del  territorio 
polacco  separato  dal  rimanente  della  Polonia  devono  essere  la  Dwina  nel 
luogo  ove  le  provincie  di  Polock,  Witepsk  e  Minsk  si  incontrano,  ed  una 
linea  retta  la  quale  da  questo  punto  sia  tirata  fino  in  vicinanza  della  sor- 


ci) Wenck,  III,  329;  Martens,  Recueil,  1, 104-166. 
(2)  Wenck,  u.  s.  ;  Martens,  u.  s. 


XtIT  Appendice  L  nn.  1772. 

gente  del  Drujac  (o  Truzec),  e  quindi  lungo  il  corso  di  questo  fiume  e  di 
quello  del  Dnieper  ; 

^°  La  Russia  garantisce  all'Austria  un  territorio  consistente  della 
Gallizìa  Orientale,  e  della  Lodomiria; 

3°  La  Russia  garantisce  alla  Prussia  la  Pomerania  minore,  eccetto 
Danzica,  una  parte  della  Grande  Polonia  situata  a  ponente  del  Net2e,  il 
rimanente  della  Prussia  polacca,  vale  a  dire  il  palatinato  di  Harienborg 
con  la  città  d'Elbing,  il  vescovato  di  Warmia  (o  Ermeland),  e  il  palatinato 
di  Culm,  eccettuato  Thom,  il  quale  continuerà  a  formare  parte  della 
Polonia  (1). 

In  forza  di  questa  scellerata  convenzione,  la  Polonia  perde  cinque  mi- 
lioni di  abitanti  ed  un  terzo  del  suo  territorio.  La  Dieta  polacca  fu  spinta 
colle  minacce  a  cedere  i  suoi  poteri  ad  una  commissione,  la  quale  nel- 
l'agosto 1773,  obbedì  alle  grandi  Potenze,  e  acconsenti  a  questo  smem- 
bramento (2;. 

Trattalo  di  Kutschuk, 

1774,  Liii;lio  21. 
an.  4774. 

11  trattato  di  Kutsc/ivk-Kaiìiardjl  (villaggio  (lolla  Silistria),  fu  ronchiso 
fra  la  Russia  e  la  Turchia. 

In  virtù  di  tale  trattato  la  Bessarabia,  la  Yalachia,  e  la  Moldavia,  veni- 
vano restituite  alla  Turchia,  la  quale  si  impegnava  di  proteggere  gli  abi- 
tanti dei  due  principali  per  rapporto  alla  loro  religione,  ecc.,  di  ricevere 
un  chargé  d^affaires  del  governatore  od  ospodaro  di  ciascun  principato,  e 
di  permettere  ai  ministri  di  Russia  residenti  a  Costantinopoli  di  potere 
intervenire  in  loro  favore.  Le  isole  dell'Arcipelago  prese  dalla  Russia, 
unilamenle  alle  località  da  essa  occupate  nella  Georgia  e  nella  Mingrelia 
dovevano  essere  restituite. 

La  Russia  otteneva  la  libera  navigazione  della  sua  marina  di  com- 
mercio per  il  Mare  Nero,  per  la  Propontide  o  Mare  di  Marmara,  per  il 
Danubio,  e  per  le  acque  turche  in  generale.  I  forti  d' Jenicale  e  di  Kertsch 
in  Crimea,  la  città  d'Azow  ed  il  suo  distretto,  il  castello  di  Kinburn  posto 
all'imboccatura  del  Dnieper,  erano  ceduti  alla  slessa  Potenza. 

Le  due  Potenze  riconoscevano  l'indipendenza  dei  Tartari  della  Crimea, 
di  Budjack,  di  Kuban,  ecc.  Degli  accordi  venivano  stipulati,  concernenti 


(1)  Wknck,  III.  71  i:  Martens,  I,  591. 
(•2)  Martlns,  II,  89  e  seg. 


an.  Ì774.  Trattati  conclusi  dopo  la  pace  di  Utrecht  XLV 

un  ministro  russo  il  quale  doveva  risiedere  a  Costantinopoli,  e  dei  consoli 
e  loro  interpreti,  i  quali  dovevano  essere  stabiliti  nei  luoghi  di  com* 
mercio  (1). 

Neirarticolo  VII  la  Sublime  Porta  promette  una  efficace  prolezione 
della  religione  cristiana  e  delle  sue  chiese;  e  permette  pure  alla  corte 
imperiale  di  Russia  di  fare  in  qualunque  occasione  osservazioni  alla  Porta 
in  favore  della  sottomenzionata  chiesa  eretta  in  Costantinopoli,  ed  indicata 
nell'articolo  XIV.  In  tale  articolo  si  legge  che  <l  la  suprema  corte  di  Russia, 
seguendo  la  regola  stabilita  dalle  altre  Potenze,  avrà  facoltà  di  fabbricare 
oltre  la  chiesa  di  famiglia  (la  cappella  di  famiglia  dell'ambasciatore),  una 
chiesa  nel  quartiere  di  Calata,  e  nella  strada  chiamata  Reg-Uglù,  la  quale 
chiesa  sarà  pubblica,  ed  avrà  il  nome  di  Chiesa  russo-gi^eca:  ed  essa  sarà 
sempre  sotto  la  protezione  del  ministro  dell'Impero  russo,  e  godrà  non 
molestata  piena  libertà  nell'esercizio  del  culto,  al  quale  essa  sarà  addetta  d. 

Nell'articolo  Vili  è  permesso  a  tutti  i  sudditi  dell'Impero  russo  di  visi- 
tare liberamente  Gerusalemme,  ed  essi  saranno  esentati  da  pagare  qua- 
lunque tassa  esibendo  il  loro  passaporto. 

Nell'articolo  XVI,  nel  quale  la  Moldavia,  ecc.,  sono  restituite,  la  Su- 
blime Porta  promette  di  non  porre  ostacoli  di  nessuna  sorta  alla  profes- 
sione della  fede  cristiana,  alla  fabbricazione  di  nuove  chiese  ed  al  restauro 
delle  vecchie  ;  e  si  obbliga  di  restituire  ai  monasteri  la  proprietà  loro  tolta, 
di  riconoscere  e  rispettare  il  clero,  usando  verso  di  esso  di  tutti  quei  riguardi 
dovuti  alla  posizione  di  lui. 

L'articolo  XVII  contiene  le  stesse  stipulazioni  riguardanti  le  isole  del- 
l'Arcipelago ad  esso  restituite;  e  cosi  parla  pure  l'articolo  XXVIII,  per 
rapporto  al  ripristinamento  della  religione,  delle  chiese,  e  dei  monasteri 
nella  Georgia  e  nella  Mingrelia.  Nell'articolo  XXII,  i  due  Imperi  annullano 
tutti  i  trattati  anteriori  onde  rendere  impossibile  fra  loro  qualunque  riven- 
dicazione di  diritti  (2). 


(i)  Martens,  II,  286.  L'originale  è  in  italiano. 

In  Russia  si  sono  riportati  a  questo  trattato,  come  a  quello  che  conferisce  allo 
Czar  un  qualche  particolare  diritto  di  esercitare  la  sua  protezione  sopra  i  Cristiani 
deirimpero  ottomano.  Ma  tale  diritto  non  si  trova  nel  trattato. 

(2)  Sorprende  che  con  stipulazioni  come  quelle  del  presente  trattato  si  sia 
voluto  sostenere  che  esso  conferiva  alla  Russia  il  diritto  di  esercitare  un  qual  si  sia 
speciale  piulellorulu. 


XLVI  Appendice  L 


Trattato  di  Teschen. 

1779,  Maggio  13. 

an.  1779 

Il  trattato  di  pace  di  Teschen  stipulato  nella  Slesia  austriaca  fu  con- 
cluso fra  Federigo  il  Grande  di  Prussia  e  Maria  Teresa  Regina  d'Austria  (1). 

La  linea  elettorale  Bavarese  delia  casa  di  Wittelsbach  essendo  vicina 
ad  estinguersi,  il  prossimo  erede  era  l'Elettore  Palatino,  il  quale  non  aveva 
figli  legittimi,  e  dopo  di  lui  il  Duca  di  Zweibrùcken  o  Deux-Ponts.  L' fan- 
peratore  Giuseppe,  facendo  delle  ottime  stipulazioni  in  favore  dei  figli 
illegittimi  deir  Elettore  Palatino  indusse  questi  a  cedere  anticipatamente 
tutta  la  Bassa  Baviera  ed  altri  territori  alla  Casa  d'Austria.  Federigo  il 
mirande  avendo  guadagnato  alla  sua  causa  il  Duca  di  Deux-Ponts,  unita- 
mente all'Elettore  di  Sassonia  ed  al  Duca  di  Mecklenburg,  i  quali  avevano 
diritto  alla  successione  bavarese,  si  preparò  ad  opporsi  colla  forza  a  questo 
ingrandimento  dell'Austria.  La  guerra  della  successione  bavarese  fu  piut- 
tosto incontro  di  eserciti  che  una  guerra,  e  terminò  colla  pace  di  Teschen, 
le  condizioni  della  quale  furono  dettate  da  Federigo  il  Grande.  Esse  furono: 
lo  Che  l'Austria,  invece  di  un  territorio  di  duecentocinquanta  miglia 
quadrate  germaniche,  acquistava  un  distretto  di  trentaquattro  fra  il  Da- 
nubio, rinn  e  la  Salza. 

2<^  Che  alla  Prussia  si  confermava  il  diritto  di  successione  ai  prin- 
cipati di  Baireuth  e  d'Anspach,  qualora  le  attuali  famiglie,  che  li  possede- 
vano, venissero  ad  estinguersi. 

d^  Che  la  Sassonia  riceveva  un  compenso  di  sei  milioni  di  fiorini 
per  i  suoi  diritti,  ed  il  Mecklenburg  acquistava  il  diritto  di  avere  una  sua 
^'vopria  corte  suprema  d'appello.  L' Imperatore  e  l' Impero  venivano 
^i  (chiesti  di  aderire  al  trattato,  del  quale  erano  parti  mediatrici  e  garanti 
l'Imperatrice  di  Russia  ed  il  Re  di  Francia. 

i^  Lega  della  neutralità  armata. 

1780,  Febbraio  28. 

Dichiarazione  della  Russia,  colia  quale  mette  in  vigore  la  prima  ueu* 
tralità  armata  (2). 


(1)  Martens,  II,  661. 

(2)  Martens,  III,  158  e  seg. 


Trattati  conclusi  dopo  la  pace  di  Utrecht  XLVl 

Guerra  per  r indipendenza  degli  Stati  Uniti  d'America. 
Pace  di  Parigi.  —  Pace  di  Versailles. 

1783,  Settembre  3. 
».  4783. 

La  lotta  sostenuta  dalle  colonie  fondate  in  America  per  rivendicare  la 
loro  indipendenza  durò  parecchi  anni  ;  ed  il  prospero  successo  ne  fu  assi- 
curato in  conseguenza  dell' alleanza  della  Francia.  Essa  terminò  col  ricono- 
scimento dell'indipendenza  degli  Stati  Uniti  d'America  da  parte  del  Governo 
inglese,  avvenuto  il  24  settembre  1782  e  dei  trattati  di  pace  concordati  il 
13  settembre  1783,  uno  tra  gli  Stati  Uniti  e  la  Gran  Bretagna,  l'altro  tra 
questa  e  la  Francia. 

I  preliminari  della  pace  cogli  Stati  Uniti  furono  conclusi  il  30  novembre 
i782,  la  pace  definitiva  col  trattato  sottoscritto  a  Parigi  il  3  settembre  1783. 
Con  tale  trattato  la  Gran  Bretagna  riconobbe  l'indipendenza  degli  Stati 
Uniti  e  concesse  ad  essi  certi  diritti  di  pesca.  I  confmi  tra  i  detti  Stati  e  i 
possedimenti  inglesi  vennero  fissati,  e  determinato  come  i  debiti  contratti 
prima  della  guerra  doveano  essere  unificati,  ecc.  (1). 

I  preliminari  della  pace  colla  Francia  furono  stipulati  coi  trattati  con- 
chiusi il  20  gennaio  1783  fra  la  Gran  Bretagna  da  una  parte,  e  la  Francia 
e  la  Spagna  dall'altra  e  il  2  settembre  1783  con  l'Olanda  dall'altra  parte. 
La  pace  definitiva  fu  poi  conclusa  col  trattato  di  Versailles  ratificato  il 
3  settembre  1783  fra  la  Gran  Bretagna,  ìa  Francia  e  la  Spagna. 

La  Gran  Bretagna  restituiva  in  assoluto  dominio  alla  Francia,  le  isole 
di  San  Pietro  e  Miquelon,  riconfermava  ad  essa  i  diritti  che  dal  trattato 
d'Utrecht,  tanto  sulla  costa  che  nelle  acque  di  Terranova,  e  relativi  al 
libero  esercizio  di  pesca,  le  erano  stati  concessi;  essa  restituiva  pure 
S.  Lucia,  e  cedeva  Tobago  nelle  Indie  Occidentali  ;  ricuperava  Granada, 
San  Vincenzo,  St.  Dominique,  S.  Kitts,  Nevis  e  Montserrat.  Nell'Affrica, 
il  Senegal  (vedi  Pace  di  Parigi,  1763),  veniva  retrocesso  alla  Francia,  e 
Corea  restituita.  Nelle  Indie  Orientali  fu  fatta  una  restituzione  generale  dei 
luoghi  conquistati  alla  Francia  durante  la  guerra.  Gli  articoli  del  trattato 
d'Utrecht,  e  di  altri  trattati  susseguenti  riguardanti  Dunquerque  furono 
abrogati.  La  Gran  Bretagna  cede  alla  Spagna  Hinorca  e  Florida;  la 
Spagna  restituì  l'isola  della  Provvidenza  e  il  Bahama  e  riconfermò  il  diritto 
degli  Inglesi  di  tagliare  il  campeggio  (2),  stabilendo  i  limiti  dentro  i  quali 
tale  diritto  poteva  essere  esercitato. 

(1)  Martens,  III,  495,  553. 

(2)  Vedi  Pace  di  Parigi  1763. 


XLVIII  Appendice  L  tn.  4783. 

Gli  Olandesi  non  fecero  una  pace  definitiva  coli'  Inghilterra  fino  al 
20  maggio  1784.  Lo  statuquo  ante  bellum  servi  di  base  a  tale  pace^  eccetto 
che  r  Olanda  cede  Negapatum  sulla  costa  di  Coromandel  (1). 

Convenzione  relativa  alla  Crimea. 

1783,  Dicembre  28. 

an.  i783. 

Con  la  convenzione  del  1783  furono  incorporate  la  Crimea  e  la  città  di 
Taman  all'Impero  russo  (2). 

Il  fiume  Kuban  fu  stabilito  come  confine  fra  il  territorio  russo  e  quello 
turco. 


(1)  Martens,  III,  503  e  seg. 

(2)  Martens,  m,  707. 


XLIX 


TRATTATI 

CONCLUSI  DURANTE  LA  RIVOLUZIONE  FRANCESE 


Dichiarazione  di  Pillnif^. 

•1791,  Agosto  27. 
m.  47(H. 

La  dichiarazione  di  Pillnitz  fu  firmata  dai  sovrani  d'Austria  e  di  Prussia, 
e  si  riferisce  all'intervento  negli  affari  della  Francia  (1). 

Trattato  di  Jassy. 

1792,  Gennaio  9. 
an.  4702. 

La  pace  di  Jassy  fu  conclusa  col  trattalo  stipulato  fra  la  Russia  e  la 
Turchia  il  9  gennaio  1792.  La  sponda  sinistra  del  Dniester  fu  designata  a 
servire  di  confine  fra  i  due  Stati.  Cosi  il  territorio  posto  fra  il  fiume  e  il 
Bug  unitamente  a  Oczakow  divennero  russi  (2).  La  Porta  si  impegnò  di 
mantenere  l'ordine  lungo  il  Kuban  fra  i  vicini  della  Russia. 

2»  e  3*  sparUx>ione  della  Polonia, 

1793,  1795. 

an.  i  703-95. 

La  seconda  spartizione  della  Polonia  fu  fatta  in  forza  di  trattati  fra  la 
Russia  e  il  Re  e  la  Repubblica  di  Polonia  (Grodno,  13  luglio,  e  16  ottobre; 
rultimo  fu  un  trattato  d'alleanza),  e  di  un  trattato  fra  la  Prussia  e  la  Polonia 
(Grodno,  25  settembre  1793).  Quantunque  la  Russia  avesse  rinunziato  per 
sempre,  nel  trattato  di  cessione  e  di  confìni,  ad  affacciare  nell'avvenire  dei 
diritti,  col  pretesto  di  circostanze  o  avvenimenti  qualunque  che  fossero 
per  sorgere  su  di  qual  si  fosse  provincia  od  anche  piccolissima  porzione  di 
territorio  rimasto  a  formare  parte  della  Polonia,  e  avesse  garantito  di 
lasciare  questa  nel  suo  stato  attuale  ;  pur  tuttavia  la  terza  spartizione  ebbe 
luo.;^o  nel  1795,  dopoché  l'insurrezione  del  1794  era  terminata  colla  presa 


(1)  Martens,  V,  260. 

(2)  Martens,  V,  291. 

41  —  Fiche.  Dir.  iiitrm.  cndif. 


L  Appendice  L  u.  1793.-95 

di  Varsavia  fatta  dalle  truppe  di  Suvarow.  A  questo  smembramento  pre- 
sero parte  la  Russia,  l'Austria  e  la  Prussia,  e  con  una  convenzione  datata 
da  Pietroburgo,  il  3  gennaio  ed  il  24  ottobre  1795,  esse  stabilirono  i  con- 
fini, fra  i  loro  respettivi  acquisti,  i  quali  comprendevano  tutto  dò  che 
ancora  era  rimasto  della  Polonia.  Cosi  queste  Potenze  occupavano  T  Au- 
stria, tutta  la  Gallizia  e  la  Lodomiria,  o  generalmente  parlando  il  territorio 
posto  fra  la  Vistola  e  il  Bug;  la  Russia,  la  Curlandia,  la  Samogizia,  la  Pic- 
cola Polonia,  la  Lituania,  la  Volinia,  e  tutto  il  territorio  situato  ad  oriente 
del  Bug  e  del  Niemen  ;  la  Prussia  tutto  il  paese  a  ponente  del  Niemen  e 
della  Vistola^  incluse  Danzica,  Thorn,  e  Varsavia,  la  vecchia  capitale  (1).. 
>  •  ,       •  •  •  •         • 

.  .  Coalizione  coìitro  la. Francia,      i 

1792  ed  oltre. 

an.  1709. 

Alla  coalizione  contro  la  Francia  presero  parte  successivamente  lutti 
gli  Stati  di  Europa,  se  si  eccettua  la  Svezia,  la  Danimarca,  la  Svizzera,  la 
Toscana,  Venezia  e  Genova. 

L'Impero  germanico  si  lamentava  particolarmente  del  niun  conto  che 
l'Assemblea  Costituente  faceva  dei  diritti  dei  Principi  dell* Impero,  i  quali 
tenevano  a  feudo  dei  domini  in  Alsazia,  ed  oltre  di  questo  tutti  provavano, 
specialmente  dopo  la  morte  di  Luigi  XVI,  21  gennaio  1793,  disgusto  e  ter- 
rore per  rapporto  ai  principi  della  rivoluzione  francese.  Nel  corso  della 
guerra  la  Francia  repubblicana  conquistò  i  Paesi  Bassi  austrìaci,  l'Olanda 
(la  quale  aveva  adottato  le  idee  della  rivoluzione  ed  era  divenuta  alleata), 
la  Savoia,  ed  altri  territori  sulle  frontiere:  la  Lombardia,  Modena  e  le 
legazioni  dello  Stato  del  Papa;  essa  costituì  la  Repubblica  Cisalpina; 
costrinse  un  numero  dei  suoi  nemici  ad  un  armistizio  o  alla  pace  ed  all'al- 
leanza; e  fu  spogliata  unitamente  alla  sua  confederata,  l'Olanda,  dei  suoi 
possessi  all'estero,  dalla  potenza  navale  dell'Inghilterra,  la  quale  annientò 
pure  le  flotte  dell'Olanda  e  della  Spagna. 

La  Spagna  fece  la  pace  colla  Francia  nel  1795,  e  divenne  alleata  di 
questa  in  forza  del  trattato  di  Sant'Ildefonso,  il  19  agosto  1796. 

I  trattati,  i  quali  maggiormente  meritano  di  essere  menzionati,  ed  in 
virtù  dei  quali  questa  grande  coalizione  fu  indebolita  o  spezzata,  furono 
(juelli  della  Francia  colla  Prussia  e  con  T  Austria.  Quelli  colia  Sardegna  a 
col  Papa  meritano  pure  di  essere  ricordati. 


(1)  Marteks,  V,  531  e  seg.;  VI,  168  e  seg. 


T l'aliali  concìusi  durcmte  la  Rivoluzione  francese  U 


Trattato  di  Pacf*  di  Basilea.  » 

1795,  Aprile  5. 
un.  4795. 

La  Pace  di  Basilea  fu  conclusa  il  15  aprile  1795,  fra  la  Francia  e  la 
Prussia. 

La  Prussia  prometteva  di  non  dare  aiuto  ai  nemici  della  Repubblica 
francese,  né  di  permettere  il  loro  passaggio  attraverso  i  suoi  territori. 

A  riguardo  delle  truppe  francesi  fu  stabilito  che  esse  potevano  conti- 
nuar^  ad  occupare  la  sponda  sinistra  del  Reno  appartenente  al  Re  di 
Prussia,  fino  a  che  non  fosse  avvenuta  una  pace  generale  fra  l'Impero  e 
la  Francia.  Le  due  parti  contraenti  si  impegnavano  a  fare  tutto  quello  che 
loro  poteva  essere  possibile,  onde  allontanare  il  teatro  della  guerra  dal 
nord  della  Germania.  La  Repubblica  si  impegnava  ad  accettare  i  buoni 
uffici  del  Re  di  Prussia  in  favore  dei  principi  dell*  Impero,  ì  quali  avessero 
domandato  la  mediazione  di  lui,  e  che  avessero  manifestato  il  desiderio  di 
fare  la  pace  colla  Francia,  e  si  impegnò  inoltre  a  considerare  come  neutri 
quei  principi  e  quei  possessi  posti  a  ponente  del  Reno,  in  favore  dei  quali 
il  Re  avrebbe  interceduto.  , 

In  virtù  di  un  trattato  in  data  del  17  maggio,  e  stipulato  dalle  stesse 
Potenze,  nel  medesimo  luogo,  una  linea  di  confine  veniva  tirata  nel  mezzo 
della  Germania,  ed  i  Francesi  si  impegnavano  di  considerare  come  neutrali 
gli  Stati  situati  al  nord  di  questa  linea,  i  quali  osserverebbero  una  stretta 
neutralità,  come  pure  quelli  collocati  sulla  riva  destra  del  Mena  e  com- 
presi dentro  la  linea.  Quattro  strade  erano  lasciate  a[>3rte  per  le  truppe 
germaniche  e  francesi,  lungo  il  Reno  passando  per  Francoforte,  e  lungo  la 
sponda  destra  del  Meno.  —  Questo  trattato  cedette  alla  Francia  la  sponda 
sinistra  del  Reno,  separò  la  Germania  del  Nord  da  quella  del  Sud  e 
situò  la  Prussia  nella  posizione  di  trarre  profitto  di  qualunque  cambia- 
mento  che  potesse  effettuarsi  neir  Impero  in  conseguenza  delle  conquiste 

francesi  (1). 

» 

Trattato  tra  la  Francia  e  la  Spagna, 

.        '    >  1795,  Luglio  22.  , 

an.  4795.  ... 

La  pace  fra  la  Francia  e  la  Spagna  fu  fatta  col  trattato  sottoscritto  pari- 
mente a  Basilea.  j 


(1)  Maktens,  vi,  45-52. 


LI!  Appendice  I.  an.  n95. 

La  Francia  restituì  le  località  al  di  là  dei  Pirenei  occupate  dalle  truppe 
francesi,  e  la  Spagna  cede  alla  Francia  la  parte  spagnuola  di  San  Domingo. 
La  casa  Borbone  di  Spagna  venne  cosi  a  riconoscere  la  Repubblica  fran- 
cese (1). 


Trattato  di  Parigi  fra  la  Francia  e  la  Sardegna. 

1796,  Maggio  d5. 

an.  i79ft. 

Il  trattato  concluso  a  Parigi  fra  il  Re  di  Sardegna  e  la  Repubblica  fran- 
cese fu  ratificato  iH5  maggio  1796  (2). 

In  virtù  di  esso  la  Sardegna  rinunziò  alla  coalizione;  cede  alla  Francia 
la  Savoia,  colle  contee  di  Nizza,  di  Tenda  e  di  Beuil  ;  accettò  la  linea  di 
confine  fra  i  due  Stati;  s'impegnò  a  respingere  dai  suoi  territori  gli  emi- 
grati francesi;  concedè  il  diritto  di  passo  attraverso  i  suoi  domini  alle 
truppe  francesi  onde  esse  potessero  andare  in  Italia  e  ritornare  in  Francia; 
e  permise  che  fossero  occupate  molte  ed  importanti  fortezze,  fino  a  che  dei 
trattati  di  commercio  e  di  pace  generale  non  fossero  stati  conclusi. 

La. Repubblica  batava  fu  compresa  in  questo  ed  in  altri  trattati,  in  con- 
formità di  una  clausola  contenuta  nel  trattato  d'alleanza  stipulato  fra  le  due 
Repubbliche,  e  sottoscritto  all'Àja,  il  16  maggio  1795  (3),  la  quale  stabiliva 
che  nessuna  pace  poteva  essere  fatta  dalla  Francia  con  nessuno  dei  coaliz- 
zati, se  in  essa  non  era  inclusa  la  Repubblica  delle  Provincie  Unite. 

Trattato  tra  la  Francia  e  il  Papa. 

1797,  Febbraio  19. 

an.  1797. 

Il  trattato  di  pace  fra  la  Francia  ed  il  Papa,  fu  firmato  a  Tolentino  (nello 
Stato  Papale,  e  nella  Legazione  di  Macerata).  Le  fondamenta  di  questo  trat- 
tato erano  state  in  parte  gettate,  durante  la  discussione,  intomo  all'armi- 
stizio fatto  a  Bologna,  il  23  giugno  1796  (4).  Il  Papa  acconsentiva  di 
abbandonare  la  coalizione:  di  cedere  alla  Francia  Avignone,  il  Venasco,  le 
Legazioni  di  Bologna,  di  Ferrara,  di  Romagna:  di  permettere  che  Ancona 
ed  il  suo  territorio  fossero  occupati  da  truppe  francesi  sino  a  che  non  si 


(1)  Martens,  vi,  124. 

(2)  Martens,  VI,  211. 

(3)  Martens,  VI,  88. 

(4)  Martens,  VI,  239,  IW. 


tu.  i797«  Trattati  conclusi  durante  la  Hivolnzione  francese  IJ" 

facesse  una  pace  continentale  ;  esso  conveniva  pure  di  pagare  31  milioni  di 
lire,  oltre  i  cinque  milioni  già  pagali  all*epoca  deirarmistizio,  di  dare  cento 
capi  d^ai'le,  cinquecento  manoscriUi,  ecc. 

Trattato  di  Campoformio. 

1797,  Ottobre  17. 
an.  4797. 

1  preliminari  di  pace  fra  la  Repubblica  francese  e  Tlmperafore  furono 
redalli  a  Leoben  il  11  aprile  1797,  piccola  città  della  Sliria.  Ad  essi  leiine 
dietro  il  trattalo  di  pace  definitiva  fatto  e  sottoscritto  vicino  a  Campoformio, 
nel  Friuli,  e  ratificato  il  17  ottobre  1797  (1). 

Questo  importante  trattato  contiene  i  seguenti  provvedimenti: 

lo  I  Paesi  Bassi  austriaci  erano  ceduti  alla  Francia; 

2<»  Venezia  essendo  slata  soggiogala  ultimamente  da  Bonaparte,  il 
territorio  di  lei  era  diviso  fra  le  parti  contraenti  e  la  Repubblica  Cisalpina, 
fondata  il  29  giugno  1797. 1  Francesi  presero  le  isole  veneziane  del  Levante 
—  Corfù,  Zante,  Cefalonia,  S.  Maura,  Corico,  ecc.,  ed  in  generale  tulli  i 
possedimenti  veneti  situati  in  Albania  al  di  là  del  golfo  di  Lodrino  ;  e  gli 
Austriaci  presero  l'Istria,  la  Dalmazia,  le  isole  veneziane  dell' Adriatico,  le 
bocche  di  Cattare,  la  città  di  Venezia  con  le  lagune,  ed  il  territorio  di  lei 
sulla  terraferma  italiana  a  levante  ed  a  nord  dell'Adige  e  del  lago  di  Garda; 

3°  L'Imperatore  riconosceva  la  Repubblica  Cisalpina  e  rinunziava  a 
tutti  i  diritti,  i  quali  esso  avrebbe  potuto  avere  prima  della  guerra,  sul 
territorio  ad  essa  Repubblica  incorporato.  A  questa  Repubblica  era  annessa 
la  Lombardia  austriaca,  i  distretti  di  Bergamo,  di  Brescia  (ambedue  veneti), 
e  di  Cremona  ;  Mantova  con  la  sua  fortezza  e  distretto.  Peschiera,  la  parte 
dei  possessi  veneziani  in  Italia,  posti  a  levante  e  a  mezzogiorno  del  terri- 
torio ultimamente  ceduto  all'Austria,  Modena,  Massa,  Carrara,  le  Legazioni 
di  Bologna,  di  Ferrara,  di  Romagna  ;  Bonaparte  aveva  già  separalo  Chia- 
venna,  la  Valtellina  e  Bormio  dai  Grigioni,  invitandoli  ad  unirsi  alla  Repub- 
blica Cisalpina  ; 

4*  L'Imperatore  si  obbligava  a  cedere  al  Duca  di  Modena  la  Brisgovia, 
come  compenso  per  i  suoi  antichi  possessi  d'Italia; 

50  Era  poi  stabilito  che  vi  sarebbe  stato  un  Congresso,  il  quale  dove- 
vasi adunare  a  Rasladl,  e  che  sarebbe  stato  composto  dei  plenipotenziari 
della  Francia  e  dell'Impero,  onde  fare  la  pace  fra  queste  Potenze. 

60  In  articoli  segreti  stipulati  nello  slesso  tempo  l'Imperatore  accon- 

(1)  Martens,  vi,  385,  420. 


LIV  .'   '       •  '^Aìypendìce  1,  an.  ITsn. 

«  ■  » 

sentiva  che  la  sinistra  sponda  del  Reno  dalla  Svizzera  alla  Nette  sopra 
Andernaclì  compresa  la  téU  de  poni  di  Manheim,  e  la  città  e  fortezza  di 
Mainz,  potessero  appartenere  alla  Francia,  é  s'impegnava  di  far  si  da 
indurre  l'Impero,  nel  Congresso  che  dovea  riunirsi,  ad  accettare  questa 
linea  di  confine.  L'Imperatore  prometteva  pure,  quando  la  pace  fosse  fatta 
con  l'Impero,  di  cedere  alla  Francia  il  Frickthal  (nel  cantone  d'Ai^au,  in 
Svizzera)  ed  altri  contigui  possessi  dell'Austria,  perchè  fossero  riuniti  alla 
Repubblica  elvetica.  Esso  cedeva  pure  alla  Francia  la  contea  di  Falkenstein. 
La  Francia,  alla  sua  volta,  s'impegnava  a  porre  l'opera  sua  affinchè  fosse 
dato  all'Imperatore  il  vescovato  di  Salisburgo,  e  la  parte  della  Baviera 
situata  fra  tale  vescovato,  l'Inn,  la  Salza  ed  il  Tirolo.  Era  inoltre  stabilito 
che  nel  caso  che  avvenisse  che  alla  Prussia  fosse  restituito  il  territorio  di 
lei  al  di  là  del  Reno,  ciò  che  i  Francesi  desideravano  di  fare,  essa  non 
avrebbe  avuto  nessun  diritto  d'ottenere  nuovi  acquisti  e  che  sarebbero  state 
date  delle  indennità  agli  Stati  dell'Impero,  il  territorio  dei  quali  fosse  stato 
diminuito  a  cagione  delle  disposizioni  prese  mediante  il  trattato  di  pace  tra 
le  parli  concluse,  o  in  conseguenza  di  quelle  contemplate  nel  trattato  fatto 
con  l'Impero. 

Congresso  di  Rastadt, 

1797-1799. 

in.  1791. 

Il  Congresso  di  Rastadt  fu  aperto  il  9  dicembre  1797,  e  chiuso  nel- 
l'aprile 1799,  senza  che  fosse  stato  ottenuto  nessun  risultato  definitivo,  a 
causa  dell'atroce  uccisione  di  due  dei  negoziatori  francesi,  commessa  quando 
essi  tornavano  in  Francia.  Nello  spazio  di  tempo  compreso  fra  queste  due 
date,  la  Svizzera,  Roma  e  Napoli,  erano  state  trasformate  rispettivamente 
nelle  repubbliche  Elvetica,  Romana  e  Partenopea,  delle  quali  le  ultime  due 
non  ebbero  che  una  brevissima  durata;  il  Re  di  Sardegna  stanco  delle  con- 
tinue vessazioni  dei  Francesi  aveva  rinunziato  alla  sua  sovranità  in  Piemonte 
in  favore  d'un  governo  provvisorio,  ed  era  andato  nell'isola  di  Sardegna; 
una  spedizione  sotto  Bonaparte  era  stata  inviata  in  Egitto;  e  l'Austria  si  era 
risoluta  ad  unirsi  ad  una  seconda  coalizione,  della  quale  facevano  parte  la 
Russia,  l'Inghilterra,  Napoli  e  la  Turchia.  I  Francesi  furono  respinti  da 
Suvarow  da  quasi  tutta  l'Italia  Superiore:  e  Roma  e  Napoli  vennero 
liberate  dal  loro  dominio  ;  ma  il  ritirarsi  dell'Imperatore  di  Russia  dall'al- 
leanza, e  le  grandi  vittorie  riportate  a  Marengo  (14  triugno  1800)  da  Bona- 
parte, adesso  Primo  Console,  e  da  Moreau  a  Hoheiilinden  (2  dicembre  1800) 
disposero  l'Austria  a  fare  la  pace. 


Trattati  conclusi  durante  la  Rivoluzione  francese  LY 


Seconda  neutralità  armata. 

1800,  Dicembre  i5. 

an.  ffiOO. 

Ili  conseguenza  delle  convenzioni  concluse  dalla  Russia  colla  Svezia  é 
colla  Danimarca  e  con  la  Prussia  il  18  dicembre  1800,  fu  stabilita  la  seconda 
neutralità  armata.  L'affare  della  Freya,  accaduto  dopo  la  decisione  di  Sir 
William  Scott  relativo  al  caso  della  Maria  (1)  (decisione  che  non  ammise 
il  diritto  di  fare  scortare  i  convogli  di  navi  da  una  nave  da  guerra  per  farli 
esentare  dalla  visita,  e  condannò  la  nave),  non  poteva  considerarsi  che 
come  un  nuovo  sforzo  tendente  a  fondare  colla  violenza  i  prìncipi  del  diritto 
intemazionale. 

La  vertenza  intomo  alla  visita  dei  convogli  marittimi  fu  poi  terminata  con 
una  convenzione  sottoscritta  a  Copenhagen  il  29  agosto  1800  fra  la  Gran 
Bretagna  e  la  Danimarca,  e  riservando  ad  un  posteriore  esame  la  questione 
di  diritto,  fu  convenuto  che  le  navi  danesi  confiscate  sarebbero  state  resti- 
tuite, e  che  ad  evitare  altri  simili  litigi  in  avvenire  il  Governo  danese  si 
sarebbe  astenuto  dal  fare  scortare  i  convogli  di  navi  fino  a  tanto  che  la 
questione  non  fosse  stata  decisa  con  una  definitiva  convenzione  (2). 

Mentre  pendeva  tuttora  la  controversia  circa  la  visita  dei  convogli  di 
navi,  l'Imperatore  delle  Russie,  separandosi  dall'Austria  sua  alleata,  pro- 
pose ai  Governi  danese,  svedese  e  pmssiano,  di  concludere  un  trattato  per 
rinnovare  i  principi  della  neutralità  armata  del  1780.  Furono  cosi  conclusi 
due  trattati  il  16  dicembre  1800,  uno  tra  la  Russia  e  la  Svezia,  l'altro  tra 
la  Russia  e  la  Danimarca,  e  il  18  dello  stesso  mese  un  altro  trattato  fu 
concluso  tra  la  Russia  e  la  Pmssia,  e  siccome  a  base  di  tutti  codesti  trattati 
fu  posto  quanto  la  Russia  avea  proposto,  cosi  essi  tutti  presi  nel  loro  insieme 
formarono  una  specie  di  quadruplice  alleanza,  e  tra  gli  altri  principi  in 
virtù  di  tali  trattati  stabiliti  si  trova  questo,  che  la  dichiarazione  del  coman- 
dante della  nave  da  guerra,  che  a  bordo  delle  navi  mercantili  da  essa  scor- 
tate non  vi  fosse  contrabbando  di  guerra,  dovesse  bastare  ad  impedire  la 
visita  delle  navi  scortate. 

L'Inghilterra  si  rifiutò  di  riconoscere  codesto  principio,  addurendo  che 
era  contrario  agl'impegni  assunti  dalla  Danimarca  con  la  convenzione  del 


(1)  RoBiNSON's,  Rep.,  I,. 340-379. 

(2)  Wheaton,  Histoire,  part.  lY,  §  7-9.  —  Martens,.  Jicc,  yil^  17. e  seg. ., 


LVI  Appendice  L  an.  1800. 

29  agosto,  n  Governo  russo  sostenne  i  diritti  della  Danimarca,  ma  la  con- 
troversia non  fu  poi  decisa,  perchè  la  guerra  tra  l'Inghilterra  e  le  nazioni 
del  Baltico  fu  sospesa  in  seguito  all'armistizio  con  la  Danimarca,  ed  essendo 
avvenuta  la  morte  dell'Imperatore  Paolo  II,  la  lega  per  la  neutralità  da  lui 
formata  fu  sciolta  (1). 

Trattato  di  Lunéville. 

1801,  Febbraio  9. 

tn.  4R01. 

n  trattato  di  Lunéville  fu  concluso  il  9  febbraio  1801  fra  la  Francia  e 
l'Imperatore  di  Germania,  il  quale  lo  sottoscrìsse  anche  come  rappresen- 
tante l'Impero,  benché  senza  anteriore  autorizzazione  della  Dieta.  Questa 
però  ratificò  la  pace  subito  dopo  (2). 

In  questo  trattato  sono  ripetute  parecchie  delle  importanti  stipulazioni 
del  trattato  di  Campoformio.  L'Imperatore  cede  i  Paesi  Bassi  austriaci,  il 
Frickthal  e  la  contea  di  Falkenstein;  la  divisione  dell'Italia  del  nord  fu  la 
stessa,  eccettoché  l'Adige,  dal  punto  nel  quale  esso  lascia  il  Tirolo  sino  al 
mare,  fu  indicato  come  limite  occidentale  del  territorio  austriaco;  fu  stabi- 
lito che  il  Duca  di  Modena  dovesse  avere  la  Brisgovia  come  prima;  si  parlò 
di  nuovo  d'indennità  da  concedersi  dall'Impero  ai  principi,  i  territori  dei 
quali  erano  stati  ceduti  alla  Francia.  Rispetto  alla  sponda  sinistra  del  Reno, 
dal  luogo  dove  esso  lascia  il  territorio  elvetico  a  quello  ove  esso  entra  nel 
suolo  batavo,  fu  convenuto  che  dovesse  essere  francese.  Fu  pure  convenuto 
che  il  Granduca  di  Toscana,  fratello  dell'Imperatore,  avrebbe  rinunziato 
al  suo  ducato  ed  all'isola  dell'Elba  da  questo  dipendente,  in  favore  del  Duca 
di  Parma,  e  che  sarebbe  stato  ricompensato  con  una  indennità  in  Germania. 
Fu  dichiarato  che  il  trattato  abbracciava  quattro  repubbliche,  Batava,  Cisal- 
pina, Elvetica  e  Ligure,  l'indipendenza  delle  quali  era  garantita  dalle  parti 
contraenti.  Alla  repubblica  Ligure,  erano  stati  dati  dei  feudi  dell'Impero 
dal  trattato  di  Campoformio.  A  questi  feudi  l'Imperatore  rinunziò  col  trat- 
tato per  sé  stesso  e  per  l'Impero. 

Le  disposizioni  riguardanti  il  ducato  di  Parma  erano  già  state  soggette 
di  trattative  fra  la  Francia  ed  il  Re  di  Spagna,  del  quale  il  Duca  era  genero. 
Col  trattato  di  S.  Ildefonso  del  1^  ottobre  1800,  era  stato  convenuto  che 
Parma  e  la  Luigiana  sarebbero  slate  cedute  alla  Francia,  e  col  trattato  di 


(1)  Confr.  Wheatox  cìt.  e  ScHOEUr^  voi.  VI,  p.  33  e  seg. 

(2)  Maat£MS,  vii,  296. 


«0. 4801.  Trattati  conclusi  durante  la  Rivoluzione  francese  LVII 

Madrid  (21  marzo  1801)  (1)  fu  stipulato,  come  col  trattato  di  Lunéville,  che 
i  Duchi  di  Parma  e  di  Toscana  avrebbero  rinunziato  ai  loro  ducati^  e  che  il 
primo  avrebbe  preso  possesso  della  Toscana  col  titolo  di  Re  (dopo  thìamato 
Re  d'Etniria),  e  che  esso  avrebbe  ceduto  alla  Francia  la  parte  dell'isola 
dell'Elba  appartenente  alla  Toscana,  ricevendo  in  compenso  Piombino, 
allora  sotto  il  dominio  del  Re  di  Napoli. 

Trattato  di  Amiens, 

1802,  Marzo  27. 
ai.  1809. 

La  pace  fra  la  Gran  Bretagna  da  un  lato,  e  le  Repubbliche  francese 
e  batava,  e  la  Spagna,  dall'altro,  fu  conclusa  definitivamente  col  trattato  di 
Amiens  sottoscritto  il  27  marzo  1802. 1  preliminari  di  essa  erano  stati  sot- 
toscritti a  Londra  il  l"*  ottobre  1801. 

L'Inghilterra  rinunziò  alle  sue  conquiste  fatte  a  danno  delle  tre  Potenze, 
eccettuate  la  Trinità  e  Ceilan,  le  quali  furono  a  lei  rispettivamente  cedute 
dalla  Spagna  e  dalla  Repubblica  baiava;  Malta  fu  restituita  all'Ordine  di 
San  Giovanni  di  Gerusalemme  ;  i  territori  del  Portogallo  e  della  Turchia 
furono  conservati  nella  loro  integrità  come  essi  erano  prima  della  guerra; 
i  confini  della  Guiana  francese  e  portoghese  furono  rettificati;  fu  ricono- 
sciuta la  Repubblica  delle  sette  Isole  Ionie  (tolte  alla  Francia  dalle  flotte 
russa  e  turca  nel  1798  e  nell'anno  successivo);  la  Francia  promise  un  ade- 
guato compenso  alla  Casa  d' Grange  per  le  perdite  da  lei  fatte  nei  Paesi 
Bassi;  le  truppe  di  Francia  dovevano  essere  ritirate  da  Roma  e  da  Napoli. 
—  La  pace  d' Amiens  non  fu  che  una  tregua.  La  guerra  scoppiava  di  nuovo 
fra  Francia  ed  Inghilterra,  in  poco  meno  d'un  anno  (2). 


Ree  è  8  0  rapporto  della  Commissione  dell'Impero. 

1803,  Febbraio  25. 
UI.1808. 

Il  rapporto  della  Commìssi<me  straordinaria  dell'Impero  (o  Recès),  fìi 
ratificato  dalla  Dieta  il  24  marzo,  e  dall'Imperatore  il  27  aprile  (3). 

Vari  trattati,  ultimo  di  tutti  quello  di  Lunéville  avevano  stabilito  che 
ai  Prìncipi  germanici  spodestati  dovevano  essere  date  delie  indennità,  e  che 


(1)  Martens,  vii,  336. 

(2)  Martens,  VH,  877,  404. 

(3)  Martens,  VII,  435  e  seg. 


Lvm  '  •-        "Appendice  I.  »•*«<»• 

per  parecchi  Principi  stranieri  i  quali  avevano  perduto  le  loro  terre  si 
sarebbe  dovuto  provvedere  con  altri  beni  in  Germania.  Al  Congresso  di 
Rastadt  tutto  questo  formò  oggetto  principale  delle  trattative,  e  Ai  conve- 
nuto che  i  compensi  si  sarebbero  ottenuti  dalla  proprietà  ecclesiastica 
secolarizzandola  ;  ma  il  Congresso  si  sciolse  senza  nulla  concludere.  Onde 
risolvere  quest'affare,  la  Dieta  nominò  (S  ottobre  i801)  una  deputazione  o 
commissione  d'otto  membri,  quattro  dei  quali  Elettori  e  quattro  no,  i  quali 
presero  in  esame  il  primo  progetto  d'indennità  proposto  dalla  Francia  e 
dalla  Russia,  agendo  esse  come  Potenze  mediatrici,  e,  dopo  avere  fatto 
molte  modificazioni  al  progetto,  presentarono  il  rapporto  alla  Dieta,  la 
quale  lo  adottò. 

A  vero  dire  tutto  questo  non  era  nient' altro  che  una  formalità,  poiché 
l'intero  piano  era  stato  dettato  da  Napoleone,  col  quale  la  Russia  agiva 
adesso  di  concerto  ;  e  mentre  che  la  Commissione  teneva  le  sue  sedute,  le 
Potenze  principali,  o  coloro  i  quali  erano  nelle  buone  grazie  di  lui,  otten- 
nero col  mezzo  di  particolari  trattati,  in  molti  casi,  indennità  maggiori  di 
quelle  che  avevano  diritto  di  domandare.  L'attuazione  di  questi  patti,  non 
era  altro  che  un  cambiamento  prodotto  nella  costituzione  dell'Impero,  ma 
esso  perde  di  interesse  e  d'importanza  a  cagione  dell'essere,  ppco  tempo 
dopo,  caduto  l'Impero  germanico. 

In  forza  di  queste  stipulazioni  : 
i^  Tutto  il  territorio  immediato  della  Chiesa  veniva  secolariziato, 
eccetto  che  una  piccola  parte  di  quello  di  Magonza,  e  questo  non  bastando, 
tutte  le  cinquantuna  città  imperiali  meno  sei  ;  cosi  pure  i  villaggi  i  quali 
erano  nelle  stesse  condizioni,  perdevano  la  loro  qualità  di  proprietà  imme- 
diata della  Chiesa,  e  passavano  in  possesso  dei  Principi  i  quali  dovevano 
essere  indennizzati.  Gli  Arcivescovi  di  Colonia  e  di  Triers,  conseguentemente 
perdettero  coi  propri  territori  la  loro  dignità  elettorale.  La  sede  di  Magonza 
fu  trasferita  a  Ratisbona,  l'Arcivescovo  della  quale  doveva  essere  sempre 
arcicancelliere,  primate  di  Germania,  uno  degli  elettori,  e  metropolitano 
delle  antiche  provincie  di  Magonza,  di  Colonia,  di  Triers  e  di  Salisbni^o. 
Le  sei  città  che  rimanevano  come  Stati  dell'Impero,  erano  Augusta,  Norim- 
berga, Francoforte,  Amburgo,  Lubecca  e  Brema; 

2®  I  Principi  in  questa  guisa  indennizzati  furono  moltissimi  ma  noi 
non  possiamo  dare  il  nome  che  di  pochi.  Cosi  furono  assegnati  al  Duca  di 
Toscana  (vedi  trattato  di  Lune  ville)  l'arcivescovato  di  Salisburgo,  Berchtes- 
gaden  compreso  in  Salisburgo  —  un  territorio  sotto  la  giurisdizione  di  un 
Principe  insignito  del  grado  di  governatore  —  parte  del  vescovato  di  Passaa, 


•D.I808.  Trattati  concluui  durante  la  Rivoluzione  francese  LIX 

e  la  più  gran  parte  di  quello  di  Eichstadt.  Al  Duca  di  Modena  (vedi  trattato 
di  Campoformio)  la  Brìsgovia  e  TOrtenau.  Al  Principe  di  Nassau-Dillem- 
burg,  già  governatore  d'Olanda  (vedi  trattato  d' Amiens),  col  mezzo  delFin- 
tervento  della  Prussia,  il  vescovato  di  Corvey,  Dortmund  e  varie  abbazie. 
Air  Austria,  in  cambio  dell'Ortenau,  trasferito  al  Duca  di  Modena,  gli 

arcivescovati  di  Trento  e  di  Brixen.  Al  Re  di  Prussia  in  luogo  della  Gheldria 

...      , 

e  di  Clèves  posti  a  ponente  del  Reno,  i  vescovati  di  Hildesheim,  Paderbom*, 
e  in  parte  Mùnster,  con  (parecchie  città  ed  abbazie.  Al  Re  d'Inghilterra, 
come  Elettore  d'Annover,  in  compenso  dei  diritti  da  esso  posseduti  sul 
territorio  concesso  a  Nassau,  ed  alla  Prussia  il  vescovato  di  Osnaburg. 
Air  Elettore  Palatino  di  Baviera  in  vece  di  Deux-Ponts,  Juliers,  ecc.,  i  vesco- 
vati dì  Bamberg,  di  Freisingen,  d'Augsburg,  ed  in  parte  di  Passau,  le  pro- 
prietà di  fondazione  ecclesiastica  nella  città  d'Augsburg;  varie  abbazie, 
diciassette  città  ed  altrettanti  villaggi  dell' impero.  Al  Duca  di  Wtìrtemberg, 
nominato  governatore  d'Ellwangen,  nove  città  imperiali  e  selle  abbazie.  Al 
Margravio  di  Baden,  il  vescovato  di  Costanza,  delle  terre  a  levante  del  Renò, 
appartenenti  ai  vescovati  di  Basilea,  di  Strasburgo  e  di  Spires,  una  parte 
del  Palatinato  del  Reno  con  Eidelberga  e  Mannheim,  dieci  abbazie,  sette 
città,  ecc.,  venendo  cosi  esso  a  raddoppiare  il  suo  territorio.  Ad  Assia- 
Darmstadt  il  ducato  di  Vestfalia  con  alcuni  distretti  di  Magonza  e  del  Pala- 
tinato. Ad  Assia-Cassel  una  piccola  parte  del  territorio  di  Magonza.  Al  Duca 
di  Holsteìn-Oldenbui^  il  vescovato  di  Lubecca  (un  territorio  protestante)  ed 
alcune  terre  nelFAnnover  e  nel  Munster; 

3°  Molti  nuovi  voti  furono  creati  nell'assemblea  dei  Principi.  Fu  con- 
ferita la  dignità  elettorale  al  Duca  di  Toscana,  a  Baden,  a  Wùrtemberg  e 
ad  Assia-Cassel  (con  diritto  di  riversione  ad  Assia-Darmstadt),  mentre  che 
gli  Arcivescovi  di  Colonia  e  Triers  perdevano  la  qualità  di  elettori  a  cagione 
dell'essere  stati  i  loro  territori  secolarizzati. 


Trattato  tra  la  Repuhhlwa  francese  e  gli  Stati  Uniti  d'America* 

4803,  Aprile  30. 
an.  4803. 

Un  trattato  fu  sottoscritto  a  Parigi  il  30  aprile  i  803  fra  la  Repubblica 
francese  e  gli  Stati  Uniti  d'America,  riguardante  la  cessione  della  Luisiana. 
In  virtù  d'un  trattato  segreto  firmato  il  3  novembre  1762  a  Fontainebleau 
e  pubblicato  per  la  prima  volta  nel  1836,  la  Francia  cedeva  alla  Spagna  la 
Luisiana  e  Nuova  Orleans.  In  forza  del  trattato  di  S.  Ildefonso  {ì^  ottobre 


LX  Appendice  L  u.  i803 

1800),  la  Luisiana  era  retrocessa  dalla  Spagna  alla  Francia  (1),  come  parie 
d'un  equivalente  del  possesso  della  Toscana  ottenuto  dal  Duca  di  Parma. 
Temendo  adesso  Napoleone  che  l'Inghilterra  potesse  impadronirsi  della 
Luisiana,  la  trasferì  agli  Stati  Uniti  «  in  tutto  e  per  tutto  cogli  stessi  diritti 
che  appartenevano  alla  Repubblica  francese  2». 

Il  terzo  articolo  del  trattato  di  S.  Ildefonso  l'aveva  fatta  passare  sotto  il 
dominio  della  Francia,  a  questa  trasferendo  gli  stessi  diritti,  i  quali  a  quel- 
l'epoca possedeva  la  Spagna,  e  che  possedeva  la  Francia,  quando  tale  ter- 
ritorio era  nelle  mani  di  essa,  diritti  i  quali  a  seconda  del  trattato  potevano 
farsi  valere  fondandosi  anche  sui  trattati,  che  in  seguito  la  Spagna  avesse 
potuto  stipulare  con  altri  Stati  <i  a  fine  di  fare  riconoscere  il  Duca  di  Parma 
come  Re  d'Etruria  x>.  Cosi  i  limiti  dei  paese  dato  in  proprietà  agli  Stati 
Uniti  non  sono  in  nessun  modo  indicati. 

Nel  trattato  trovaci  stabilito  che  gli  abitanti  dovessero  essere  ammessi, 
al  più  presto  che  fosse  stato  possibile,  al  godimento  di  tutti  i  diritti,  van- 
taggi e  privilegi  inerenti  alla  qualità  di  cittadini  degli  Stati  Uniti,  venendo 
pure  la  loro  proprietà  e  la  loro  religione  nello  stesso  tempo  rispettate.  Gli 
Stati  Uniti  s'impegnavano  d'eseguire  i  trattati  fatti  dalla  Spagna  cogli  Indiani. 
Era  inoltre  stabilito  che  i  bastimenti  della  Francia  e  della  Spagna,  ven^do 
da  questi  paesi  0  dalle  loro  colonie  carichi  dei  prodotti  nazionali  e  di  quelli 
di  queste,  respettivamente,  sarebbero  stati  i  soli  ammessi  per  dodici  anni 
nei  porti  del  territorio  ceduto,  dovendo  essere  escluse  le  navi  di  qualunque 
altra  nazione. 

In  due  convenzioni  della  stessa  data  fu  poi  stipulato  che  gli  Stati  Uniti 
avrebbero  pagato  alla  Francia,  in  forza  della  prima,  una  somma  di  sessanta 
milioni  di  franchi  (11 ,250,000  dì  dollari,  valutando  il  dollaro  5  franchi  e  Va)) 
ed  in  virtù  della  seconda  una  somma  che  non  poteva  eccedere  20,000,000 
di  franchi  e  la  quale  sarebbe  stata  destinata  a  coprire  l'ammontare  di  un 
capitale,  del  quale  vari  cittadini  degli  Stati  Uniti  erano  tuttora  creditori 
della  Francia,  per  provvisioni,  per  embarghi,  e  prede  fatte  in  mare,  e  che 
sarebbe  stato  pagato  solo  a  coloro  che  avessero  fatto  debita  domanda  di 
riconoscimento  di  credito  dentro  il  termine  menzionato  nella  convenzione 
del  30  settembre  1800,  ecc. 

Il  trattato  firmato  è  scritto  in  francese  ed  inglese,  ma  è  dichiarato  che 
l'originale  è  in  francese.  Esso  fu  ratificato  a  Washington  il  21  ottobre  1803 

De  Garden  (2)  ci  fa  sapere  che  la  Spagna,  nel  trattato  di  cessione  alla 

(1)  Vedi  Trattato  di  Madrid  e  la  Pace  di  Lunéville,  1801. 

(2)  Vili,  50. 


an.  J803.  Trattati  conclusi  durante   la  Rivoluzione  francese  LXI 

Francia,  si  era  riservato  il  diritto  di  preferenza  o  di  scelta,  qualora  la 
Francia  avesse  voluto  disfarsi  del  territorio.  La  Spagna  però  non  pensò  a 
far  valere  questo  diritto,  tanto  è  vero  che  essa  acconsenti  a  questa  aliena- 
zione fino  dal  principio  del  1804(1). 

Trattato  di  pace  di  Presbtirgo. 

1805,  Dicembre  26. 
an.  4805. 

La  pace  fra  TAustria  e  la  Spag:na  iìi  conclusa  col  trattato  sottoscritto  a 
Presbui^o  il  26  dicembre  1805  (2). 

Nel  1802  (21  settembre)  il  Piemonte  veniva  unito  alla  Francia,  tutta 
quella  parte  di  esso  almeno,  la  quale  non  era  stata  incorporata  alla  Repub- 
blica Cisalpina.  Nel  1803  la  guerra  era  di  nuovo  dichiarata  dall'Inghilterra 
alla  Francia,  e  per  rappresaglia  veniva  occupato  dalle  truppe  francesi 
l'elettorato  di  Annover  sebbene  fosse  uno  Stato  germanico.  Nel  1804  (21 
marzo)  il  Duca  d'Enghien  era  arrestato  su  territorio  tedesco —  a  Baden  — 
ed  ucciso  dopo  un  simulacro  di  sentenza. 

L'indugio  posto  da  Napoleone  a  dare  un  compenso  al  Re  di  Sardegna, 
e  le  avvenute  criminose  violazioni  del  territorio  germanico,  sopra  menzio- 
nate, facilitarono  una  nuova  coalizione  fra  l'Inghilterra,  la  Svezia  e  la 
Russia,  alla  quale  l'Austria  aderì  nel  1805. 

Frattanto  Napoleone  era  divenuto  Imperatore  dei  Francesi  nel  1804,  e 
Re  d'Italia  nel  marzo  1805  —  essendoché  la  Repubblica  Cisalpina  avesse 
preso  il  titolo  di  Regno  d'Italia  —  Lucca  era  stata  eretta  a  principato  ere- 
ditario; la  Repubblica  Ligure  era  stata  unita  alla  Francia;  Parma,  Piacenza 
e  Guastalla  erano  state  dichiarate  territorio  francese  da  un  semplice  decreto 
dell'Imperatore;  e  due  delle  creature  di  questi,  il  Duca  di  Wiirtemberg, 
ed  il  Duca  di  Baviera,  avevano  di  propria  iniziativa  preso  il  tìtolo  di  Re. 

La  guerra  coli' Inghilterra,  la  quale  non  terminò  che  alla  pace  d'Europa 
nel  1814,  fece  cessare  i  disastri  cagionati  dai  tentativi  che  Napoleone  faceva 
per  ricuperare  San  Domingo,  annichilò  le  flotte  di  Francia  e  di  Spagna  alla 
battaglia  di  Trafalgar,  e  dette  agl'Inglesi  il  possesso  di  molte  colonie  fran- 
cesi. La  guerra  coli' Austria  fu  decisa  dopo  una  breve  campagna,  dalla  capi- 
tolazione d'Ulm  e  dalla  battaglia  d'Austerlitz. 


(1)  Martens,  vii,  conclusione.  —  I  trattati  del  1762  e  di  S.  Udefonso  si  tre» 
vano  in  Garden,  u.  s.  L'ultimo  al  certo  non  ò  in  Maktìlns. 

(2)  Martens,  VUI,  388. 


LXn  Appendice  L  u.  1805. 

Col  trattato  di  pace  di  Presburgo,  che  tenne  subito  dietro  a  questi  avve- 
nimenti, fu  stabilito  come  appresso: 

1**  L'Austria  riconosceva  l'ordinamento  dato  dalla  Francia  all'Italia, 
compresa  l'unione  di  territorio  di  questa  alla  Francia  —  come  nel  caso  del 
Piemonte,  di  Genova  (la  Repubblica  Ligure),  di  Parma  e  di  Piacenza  —  ed 
il  nuovo  governo  organizzato  in  Lucca  ed  in  Piombino; 

2<>  L'Austria  rinunziò  alla  parte  della  Repubblica  di  Venezia,  ceduta 
ad  essa  dai  trattati  di  Campoformio  e  di  Lunéville,  la  quale  doveva  essere 
unita  al  regno  d'Italia.  L'Imperatore  di  Francia  era  pure  riconosciuto  come 
Re  d'Italia;  ma  siccome  le  corone  di  Francia  e  d'Italia  potevano  essere 
Qventualmente  separate,  l'Imperatore  di  Germania  s'impegnò  di  riconoscere 
il.successore,  il  quale  Napoleone  avrebbe  nominato  Re  d'Italia; 

3"  Gli  Elettori  di  Baviera  e  di  Wùinemberg,  avendo  preso  il  titolo  di 
re  senza  abbandonare  la  Confederazione  germanica,  furono  riconosciuti 
dall'Austria  in  tale  qualità; 

40  L'Austria  cede  e  consegnò  al  Re  di  Baviera  il  Margraviato  di 
Burgau,  il  principato  d'Eichstadt,  parte  di  Passau,  il  Tirolo,  inclusi  Brixen 
e  Trento,  Yorarlberg  ed  altro  territorio.  Al  Re  di  Wùrtemberg  furono  cedute 
le  cosi  dette  cinque  città  del  Danubio,  la  contea  superiore  ed  inferiore  di 
Hohenberg  ed  altre  terre.  All'Elettore  di  Baden  furono  assegnati  la  Brisgovia 
e  rOrtenau,  la  città  di  Costanza  e  la  commenda  di  Meinau.  Fu  convenuto 
che  questi  tre  potentati  avrebbero  goduti  degli  stessi  diritti  d'assoluta  sovra- 
nità, i  quali  l'Imperatore  ed  il. Re  di. Prussia  godevano  nei  loro  Stati; 

5^  Salisburgo  e  Berchtesgaden,  proprietà  del  Duca  di  Toscana  in  virtù 
della  pace  di  Lunéville,  e  del  rapporto  della  deputazione  dell'  Impero, 
furono  tolte  all'Arciduca  Ferdinando  e  incorporate  all'Impero  austrìaco. 
Come  equivalente  esso  dovea  avere  il  principato  di  Wùrzbui^,  il  quale 
l'Imperatore  dei  Francesi  s'impegnava  d'ottenergli  dal  Re  di  Baviera,  e  la 
dignità  elettorale  annessa  a  Salisburgo  doveva  essere  trasferita  a  questo 
nuovo  territorio  ; 

6®  Le  Potenze  contraenti  disposero  di  due  Stati  germanici  in  una 
maniera  molto  sommaria.  La  città  d' Augsburg  fu  data  al  Re  di  Baviera,  e  la 
carica  di  Grande  Maestro  dell'  Ordine  Teutonico,  con  i  suoi  privila  e  domini, 
fu  trasferita  ad  un  qualche  (Principe  della  Casa  d'Austria  (che  l'Imperatore 
dovea  designare),  con  diritto  di  trasmetterla  ai  suoi  discendenti  maschi. 
Questa  umiliante  pace  di  Presburgo,  la  quale  fece  perdere  all'Austria 
23,000  mif»lia  quadrate  di  lerritorio,  e  quasi  3,000,000  d'abitanti,  fu  il  pre- 
ludio delia  completa  rovina  dell'Impero  Germanico. 


Trattati  concitisi  durante  la  Rivoluzione  francese  LXIII 

Confederazione  del  Reno. 

1806,  luglio  12. 
ID  iR06. 

Nel  1806,  12  luglio^  fu  sotloscrilto  a  Parigi  il  trattato  per  la  Confede- 
razione del  Reno,  la  quale  in  principio  fu  rappresentata  dai  Re  di  Baviera 
e  di  Wùrtemberg,  dai  Granduchi  di  Baden  e  di  Assia-Darmstadt,  dal  Prin- 
cipe prinìate  di  Germania  (1),  dal  Duca  di  Berg,  dai  Principi  di  Nassau- 
Usingen,  e  Nassau-Weilburg  e  da  molti  altri  Principi  (2). 

A  tutti  questi,  in  seguito,  furono  aggiunti  l'Elettore  di  Wiirzburg  — 
fratello  dell* Imperatore  (3)  —  TElettore  di  [Sassonia  (il  quale  ebbe  da 
Napoleone  il  permesso,  nel  dicembre  1806,  di  prendere  il  titolo  di  Re),  i 
Duchi  d'Oldemburg  e  Mecklenburg;  cosi  che  la  Germania  si  trovò  divisa  in 
tre  parti:  Germania  austriaca,  prussiana  e  francese. 

La  Confederazione  del  Reno  fu  fatta  conoscere  alla  Dieta  il  1**  agosto 
1806,  e  di  questa  i  membri  rinunziarono  alla  loro  unione  coli*  Impero  ger- 
manico —  come  la  Lega  aveva  stabilito.  —  Subito  dopo  di  questo  avveni- 
mento, r Imperatore  pubblicava  un  atto  col  quale  dichiarava  abolito  l'Impero, 
deponendo  la  corona  e  sciogliendo  tutti  dagli  obblighi  di  sudditanza.  Da 
questo  momento  egli  non  era  che  Imperatore  d'Austria,  titolo,  il  quale  esso 
aveva  assunto  due  anni  prima. 

La  Lega  renana  doveva  avere  la  sua  propria  Dieta  a  Francoforte  ;  desti- 
nata a  formare  un'alleanza  colla  Francia,  offensiva  e  difensiva,  per  tutte  le 
guerre  continentali;  a  determinare  i  contingenti  da  fornirsi  dai  membri, ecc. 
Molte  proprietà  del  vecchio  Impero,  comprese  nel  territorio  della  Confede- 
razione, furono  mediatizzate  o  passate  nel  dominio  di  qualcuno  dei  suoi 
membri  ;  cosi  Francoforte  e  Norimberga  persero  la  loro  indipendenza,  e  la 
classe  dei  cavalieri,  i  quali  tenevano  a  feudo  dei  territori  immediatamente 
dair  Impero  {Reicìisritter)  fu  abolita. 

Trattato  di  pace  di  TUsit. 

1807,  Luglio  7. 
an.  1807. 

La  pace  di  Tilsit  fu  fatta  il  7  luglio  1807  dalla  Russia,  e  il  9  luglio 
seguente  dalla  Prussia,  con  Napoleone  (4). 


(1)  Vedi  Rapporto  della  Deputazione  deliimpiio. 

(2)  Martens,  Vili,  480  e  seg. 

(3)  Vedi  Pace  di  Presburg. 

(4)  Martens,  VUI,  637,  661. 


LXIV  Appendice  L  an.  18C7. 

Dopo  la  pace  di  Presburgo,  Napoleone,  divenuto  sempre  più  ardito 
neir eseguire  le  sue  aggressioni  ed  i  suoi  piani  d'ingrandimento,  dichiarava 
che  i  Borboni  non  dovevano  più  regnare  in  Napoli,  e  nominava  suo  fratello 
Giuseppe  Re  di  tale  Stato  ;  convertiva  l'Olanda  in  un  regno,  e  la  dava 
all'altro  fratello  Luigi  ;  alle  sue  sorelle  donava  principati  in  Italia,  e  gittava 
i  fondamenti  sui  quali  si  proponeva  di  erigere  una  nobiltà  imperiale,  tratta 
dai  suoi  generali  e  cortigiani,  conferendo  ad  essa  possessi  appartenenti  al 
territorio  conquistato.  Verso  la  Prussia  ed  il  suo  irresoluto  Re  agiva  in 
modo  subdolo  ed  insultante,  impossessandosi  d'Ansbach,  prima  che  un 
trattato  a  ciò  fare  gli  desse  diritto  ;  esso  persuase  il  Re  a  cedere  Clèves  e 
Wesel  che  venivano  dati  a  Murat  unitamente  a  Berg,  proprietà  ceduta  dalla 
Baviera,  e  l'obbligò  ad  occupare  Annover  nella  speranza  di  suscitare  una 
collisione  fra  la  Prussia  e  l'Inghilterra. 

I  consigli  del  partito  patriottico  tanto  prevalsero  che  la  guerra  fu  dichia- 
rata; ma  l'avvilimento  dell'aristocrazia,  la  debolezza  del  Re  e  gli  antiquati 
ordinamenti  militari  fecero  si  che  lo  avere  impugnato  le  armi  non  servisse 
ad  altro  che  a  gettare  il  paese  nella  più  grande  prostrazione.  La  campagna 
del  1806,  in  conseguenza  delle  battaglie  di  Jena  e  d'Awerstaedt,  e  di  varie 
capitolazioni,  rese  Napoleone  padrone  della  maggior  parte  della  Prussia 
Germanica;  esso  entrò  a  Berlino,  e  là  emanò  il  suo  decreto  (che  porta  U 
nome  di  tale  città)  conforme  al  suo  sistema  continentale. 

Neil'  autunno  del  1 806  le  sue  truppe  penetrarono  nella  Polonia  prussiana, 
dove  agenti  francesi  avevano  suscitato  una  rivoluzione,  e  nel  1807,  i  Russi, 
unica  speranza  della  Prussia,  furono  disfatti  a  Friedland.  L'intero  regno  era 
adesso  invaso  e  conquistato,  ed  il  Re  domandava  con  istanza  la  pace.  Assi- 
sterono in  persona  alle  conferenze.  Napoleone,  lo  Czar,  e  dopo  la  prima 
adunanza,  il  Re  di  Prussia  ;  ed  il  risultato  si  fu  che  Alessandro  affascinato 
dal  genio  di  Napoleone  adottò  le  vedute  di  questo  a  riguardo  dei  suoi  propri 
interessi,  ed  abbandonò  in  fatto  il  suo  alleato,  il  quale  fu  cosi  costretto  ad 
accettare  le  più  umilianti  condizioni. 

Colla  pace  di  Tilsìt  la  Prussia  rinunziò  a  tutto  il  suo  territorio  a  ponente 
dell'Elba,  l' Annover  inclusa  —  le  quah  provincie  ottenute  da  Napoleone 
unitamente  ad  altre,  dovevano  costituire  il  regno  di  Vestfalia  sotto  Girolamo 
Bonaparte  —  e  rinunziò  pure  alle  terre  acquistate  colla  seconda  è  terza 
spartizione  della  Polonia,  come  pure  alla  parte  meridionale  della  Prussia 
occidentale.  Questi  possessi  polacchi  eretti  a  ducati  di  Varsavia  —  eccet- 
tuato il  distretto  intorno  a  Bialystock,  il  quale  era  dato  in  possesso  alla 
Russia  —  insieme  al  circondario  di  Kotbus  nella  Bassa  Lusazia,  furono 


iB.  1807.  Trattati  concltLsi  durante  la  Rivoluzione  francese  LXV 

ceduti  al  Re  di  Sassonia^  il  quale  doveva  essere  fatto  Granduca  di  Varsavia, 
ed  il  quale  doveva  avere  il  diritto  di  transito  su  d'una  strada  militare 
?  [traverso  alla  Prussia,  fra  la  Sassonia  e  la  Polonia. 

Fu  convenuto  che  Danzica,  con  due  leghe  di  territorio  intorno  ad  essa 
dovesse  essere  un  distretto  indipendente  sotto  la  protezione  della  Prussia 
0  della  Sassonia,  e  che  i  suoi  porti  dovessero  essere  chiusi  al  commercio 
inglese  durante  la  guerra  marittima  coli' Inghilterra.  Alla  Prussia  fu  resti- 
tuito il  rimanente  del  suo  antico  territorio,  e  cosi  ad  essa  non  restava  allora 
che  la  metà  dei  suoi  10,500,000  abitanti.  Essa  fu  obbligata  di  riconoscere 
le  nuove  creazioni  di  Napoleone,  cioè  la  Confederazione  del  Reno,  ed  i  Re 
di  Vestfalia,  di  Napoli  e  di  Olanda  (1). 

In  virtù  di  convenzioni  fatte  nel  i808,  la  Prussia  fu  costretta  a  pagare 
centocinquanta  milioni  di  franchi,  per  contribuzioni  straordinarie  ed  arre- 
trati di  entrate  —  i  quali  dopo  furono  ridotti  a  centoventi  milioni  —  ed  a 
lasciare  nelle  mani  dei  Francesi  i  forti  di  Glogau,  di  Stettin  e  di  Custrin, 
fino  a  che  non  fosse  stato  effettuato  il  pagamento  di  detta  somma,  impe- 
gnandosi pure  di  approvvisionare  le  truppe,  e  di  concedere  l'uso  delle 
strade  militari  fra  questi  forti  fino  all'epoca  che  essi  non  fossero  sgombrati. 

Il  trattato  colla  Pussia  contiene  poche  cose  degne  di  essere  notate  e 
che  non  trovansi  già  incluse  nel  trattato  colla  Prussia,  se  si  eccettua  il  con- 
senso dato  da  Napoleone  al  ristabilimento  nei  loro  territori  dei  duchi  di 
Sassonia-Coburgo,  d'Oldemburgo  e  di  Heclemburgo-Schwerin,  con  la  clau- 
sola però  che  i  porti  dei  due  ultimi  distretti  dovessero  essere  occupati  da 
guarnigioni  francesi,  fino  a  che  durasse  la  guerra  con  T Inghilterra.  La 
piccola  signoria  d'Jever  nel  Friedland  orientale,  la  quale  lo  Czar  aveva 
ereditata  dalla  sua  ava  Caterina  II,  fu  pure  ceduta  al  Re  di  Vestfalia. 

Articoli  segreti  annessi  a  questi  trattati  contengono  le  stipulazioni,  colle 
quali  è  stabilito  :  che  le  sette  Isole  Ionie  sarebbero  appartenute  a  Napo- 
leone ;  che  se  accadesse  che  TAnnover  formasse  parte  del  regno  di  Vest- 
falia, sarebbe  stato  restituito  alla  Prussia  un  territorio  posto  sulla  riva 
occidentale  dell'Elba,  contenente  da  tre  a  quattrocentomila  abitanti;  chela 
Prussia  avrebbe  falta  causa  comune  colla  Francia,  nel  caso  che  l'Inghil- 
terra, il  1*  dicembre  1807,  non  avesse  acconsentilo  ad  una  pace  in  confor- 
mità dei  veri  principi  del  diritto  marittimo  (2). 

Un  trattato  d'alleanza  fra  la  Francia  e  la  Russia,  fatto  nello  stesso 


(1)  Martens,  Nouv.  rec.f  1, 102  ed  oltre. 

(2)  De  Garden,  X,  234,  non  è  in  Martens. 

42  —  Fiore,  Dir.  inferii,  codif. 


1 


LXVI  Appendice  L  10.4807. 

giorno  del  trattato  di  pace,  contiene  dei  provvedimenti  degni  di  essere 
notati  : 

!<»  La  Russia  doveva  fare  causa  comune  colla  Francia,  se  il  1®  no- 
vembre 1807  r  Inghilterra  non  avesse  concluso  la  pace  fondata  sulle  basi 
di  un'eguale  e  perfetta  indipendenza  di  tutte  le  bandiere  sul  mare,  e  sol 
principio  di  restituire  alla  Francia  ed  ai  suoi  alleati  le  conquiste  fatte  fino 
dal  ÌSOò\ 

^  Se  l'Inghilterra,  per  il  l**  dicembre,  non  avesse  dato  una  risposta 
soddisfacente  intomo  a  questi  punti,  la  Francia  e  la  Russia  dovevano  ordi- 
nare alle  corti  di  Copenhagen,  di  Stoccolma  e  Lisbona,  di  chiudere  i  loro 
porti  agli  Inglesi,  e  di  dichiarare  loro  la  guerra.  Ma  se  l'Inghilterra  avesse 
accettato  le  proposte  degli  alleati,  sarebbe  stato  restituito  T  Annover  invece 
delle  colonie  tolte  alla  Francia,  ali*  Olanda  e  alla  Spagna. 

L' Inghilterra,  venuta  a  cognizione  di  questo  articolo,  bombardò  Co- 
penhagen e  prese  la  flotta  danese,  nel  settembre  dello  stesso  anno  ; 

3<>  Date  certe  circostanze,  le  parti  si  sarebbero  messe  d'accordo 
onde  sottrarre  al  giogo  turco  tutte  le  provincie  dell'Impero  ottomano  in 
Europa,  eccettuate  la  Rumelia  e  la  città  di  Costantinopoli  (1). 

Si  parla  pure  di  articoli  segreti  e  quasi  fantastici,  stipulati  fra  i  due 
Imperatori,  ed  aggiunti  ai  sopra  citati,  dell'esistenza  dei  quali  però  non 
si  hanno  prove  degne  di  fede.  La  Russia  doveva  impossessarsi  della  Tur- 
chia europea,  ed  aiutare  colla  sua  flotta  la  Francia  a  prendere  Gibilterra; 
i  Borboni  di  Spagna  e  la  Casa  di  Braganza  del  Portogallo  dovevano  far 
posto  ad  un  Principe  del  sangue  di  Napoleone;  il  Papa  doveva  perdere  il 
suo  potere  temporale,  ed  il  suo  regno  venire  unito  al  regno  d'Italia;  le 
città  dell'Affrica,  come  Tunisi  ed  Algeri,  dovevano  essere  occupate  dai 
Francesi,  e  date,  quando  avvenisse  la  pace  generale,  come  compenso  alla 
Sardegna;  la  Francia  avrebbe  dovuto  occupare  Malta  e  l'Egitto;  tutte  la 
bandiere,  eccettuate  quelle  della  Francia,  della  Spagna,  dell'Italia  e  della 
Russia  sarebbero  escluse  dal  Mediterraneo.  Si  parlò  pure  di  attaccare  la 
potenza  inglese  in  India. 

Trattalo  di  Fontainebleatu 

1807,  Ottobre  27. 

tn.  1807. 

TI  trattato  se.^elo  di  Fonlainebleau  fu  concluso  il  27  ottobre  1807  fra 
la  Francia  e  la  Spagna  con  l'intendimento,  da  parte  di  Aapoieone,  di  unirsi 


(1)  De  Garden,  X,  234-237,  non  è  in  Màrtens. 


)n.  ìSffl.  Trattati  conclusi  durante  la  Rivoluzionp  francese  tXVII 

eolia  Spagna  per  abbattere  il  Portogallo,  ed  ecco  quello  che  fu  tra  le  parti 
concordato. 

n  Portogallo  doveva  essere  diviso  in  tre  parti  esattamente  determinate  : 
una  doveva  essere  data  al  Re  d'Etrurìa,  invece  della  Toscana  passata  sotto 
il  dominio  di  Napoleone  come  Re  d'Italia:  una  conferita  a  Godoy,  principe 
di  pace  col  titolo  di  Principato  di  Algarve,  ed  una  non  doveva  essere  attri- 
buita che  dopo  la  pace,  ad  un  Principe  che  avesse  riconosciuto  il  protetto- 
rato della  Spagna. 

Con  altra  convenzione  fu  fissato  il  numero,  tanto  delle  truppe  spagnuole 
che  d'altra  nazionalità  che  dovevano  essere  impiegate  (1).  Conseguente* 
mente,  nello  stesso  autunno,  il  Portogallo  fu  occupato  dal  Maresciallo 
Jiinot,  e  le  truppe  francesi  avanzandosi  pure  nel  nord  della  Spagna,  la 
trattano  quasi  come  un  paese  conquistato.  Si  dice  che  un  altro  trattato 
segreto  contemplasse  la  cessione  alla  Francia  delle  provinole  poste  al  nord 
dell'Ebro,  prendendo  in  cambio  il  Portogallo. 

La  Famiglia  Reale  di  Spagna  si  allarma,  e  medita  di  fuggire  in  America. 
Scoppiano  delle  sommosse,  Godoy  è  deposto,  e  dopo  molti  intrighi,  il  tle 
e  suo  figlio,  i  quali  non  erano  punto  d'accordo,  si  incontrano  con  Napo- 
leone in  Baiona;  il  padre  si  risolve  ad  abdicare  alla  Corona,  ed  il  figlio 
con  gli  altri  due  infanti  firmano  un  atto  di  rinunzia.  A  Madrid  una  Giunta 
viene  persuasa  a  domandare  che  Giuseppe  Bonaparte  sia  fatto  Re.  Esso  è 
nominato,  e  Murat  occupa  il  posto  di  lui,  come  Re  di  Napoli. 

Il  coraggio  spagnuolo  si  ridesta  contro  i  Francesi.  Ne  segue  una  lunga 
guerra,  la  quale  strappa  ai  Francesi  il  Portogallo,  e  ricupera  la  Spagna, 
in  virtù  dell'abilità  di  Wellington,  delle  risorse  dell'Inghilterra  e  dell'osti* 
nazione  del  carattere  spagnuolo.  Troppo  ardua  impresa  per  Napoleone  si 
era  quella  di  dover  mantenere  un  grande  esercito  nella  penisola,  e  al 
tempo  stesso  di  essere  obbligato  a  far  fronte  ai  suoi  nemici  ad  oriente, 
cosicché,  all'essersi  esso  posto  in  queste  condizioni,  ed  alla  spedizione  di 
Russia  dev'essere  attribuita  la  caduta  di  lui. 

Trattato  di  Erfurth. 

1808,  Ottobre  12. 
aa.  1808. 

Napoleone,  per  compiere  i  suoi  progetti  nella  Spagna  e  mantenere  la 
sua  posizione  nel  resto  dell'Europa,  fu  costretto  ad  allearsi  con  la  Russia, 

(l;  AIarte.\s,  Ree.  VIE,  701. 


LXYIII  Appendice  L  in.  1808. 

e  sottoscrìsse  un  trattato  segreto  ad  Erfurth,  il  12  ottobre  1808,  tutto  a 
vantaggio  di  Alessandro  I. 

Con  tale  trattato  i  due  Sovrani  rinnovarono  l'alleanza  sottoscritta  a 
Tilsit,  e  si  impegnarono  a  procedere  d'accordo  nei  n^oziati  contro  il 
nemico.  Rispetto  all'Inghilterra  fu  tra  di  essi  convenuto  che  sarebbe  stato 
proposto  Yuti  poMidetiSy  esigendo  da  essa  di  riconoscere  a  vantaggio  della 
Russia  il  possesso  della  Finlandia,  della  Moldavia  e  della  Valachia,  e  per 
la  Francia  lo  stato  di  cose  da  essa  stabilito  in  Ispagna.  Fu  inoltre  conve- 
nuto che,  se  la  cessione  della  Moldavia  e  della  Yalachia  alla  Russia  fosse 
per  far  nascere  una  guerra  fra  essa  e  la  Porta,  Napoleone  avrebbe  adope- 
rato i  suoi  buoni  uffici  in  favore  della  Russia,  ed  il  suo  concorso  efiettivo 
contro  la  Turchia,  se  un  altro  Stato  avesse  preso  il  partito  dì  questa.  Se 
l'Austria  avesse  dichiarata  la  guerra  alla  Francia  la  Russia  si  impanava 
a  sostenere  Napoleone  contro  l'Austria. 


Trattato  di  Vienna  o  di  Schònbrunn. 
1809,  Novembre  14. 

•B.  1809. 

Il  trattato  di  Vienna  fra  l'Austria  e  la  Francia  fu  sottoscrìtto  da  Napo- 
leone il  14  ottobre  a  Schònbrunn,  e  dal  nome  di  questa  località,  designato 
qualche  volta  col  titolo  di  trattato  di  pace  di  Schdnbrunn  (1). 

I  disastri  subiti  dalla  Prussia,  neirullima  guerra  contro  Napoleone, 
avevano  ridestato  il  sentimento  della  propria  dignità  nel  popolo,  e  fatto  si 
che  fosse  provveduto  ad  ottenere  migliori  ordinamenti  militari,  e  che 
uomini  intemerati  salissero  al  potere  ;  avevano  pure  dato  origine  a  molte 
associazioni  patriottiche  (Tugendbunde).  Lo  stesso  sentimento  della  dignità 
germanica  si  ridestò  per  tutta  l'Austria,  e  per  tutti  Ji  paesi  della  Lega 
renana.  L'aristocrazia  allemanna,  la  quale  occupava  le  cariche  di  Stato, 
punta  dairalterigia  dell'esito  della  guerra  di  Spagna,  e  nel  convincimento 
che  si  avrebbe  potuto  persuadere  il  popolo  ad  insorgere  contro  l'oppres- 
sore, tanto  si  adoprò  che  a  furia  di  intrighi  riusci  a  far  scoppiare  la  quarta 
guerra  dell'Austria  contro  la  Francia  rìvoluzionarìa,  quantunque  0  popolo 
germanico  non  fosse  ad  essa  ancora  preparato.  In  questa  guerra  la  Prussia 
fu  obbligata  a  rìmanere  neutrale;  cosi  che  l'Austria  non  ebbe  nessun 
aiuto,  essendoché  la  spedizione  mandata  dall'Inghilterra  a  Walch^ren  arri- 


(i)  Martfns,  Noìiv.  Ih'c.y  I,  -210. 


ta.  1809.  Trattati  conclusi  durante  la  Bivoluzione  francese  LXIX 

Tasse  troppo  tardi  e  non  riuscisse  nei  suoi  intenti.  In  una  breve  campagna 
gli  Austriaci,  quantunque  di  poco  inferiori  in  numero  ai  Francesi,  ad 
Aspem  e  a  Wagram  si  scoraggirono,  e  l'armistizio  di  Znaym  servi  di  pre- 
liminare alla  pace  di  Vienna  e  di  Schóubrunn,  la  quale,  considerando  la 
posizione  in  cui  Napoleone  si  trovava,  sarebbe  stato  da  desiderarsi  per  lui, 
che  fosse  stata  una  pace  definitiva,  lo  che  non  poteva  essere,  a  cagione 
delle  troppo  dure  condizioni  che  erano  state  dettate  all'Austria. 

Ecco  i  principali  accordi  stabiliti  col  trattato  con  cui  fu  conclusa  la 
pace,  nella  quale  fu  dichiarato  che  era  compresa  la  Confederazione  del 
Reno,  ed  inclusi  gli  altri  vassalli  di  Napoleone: 

ì^  L'Austria  metteva  a  disposizione  di  Napoleone,  ed  a  vantaggio 
della  Confederazione  del  Reno,  Salisburgo,  Berchtesgaden  e  parte  dell'Au- 
stria superiore,  consistente  dello  Inn-Viertel  e  dello  Hausruck-Viertel. 
Questo  territorio  veniva  dato  alla  Baviera  ; 

ifi  A  Napoleone  come  Re  d'Italia  erano  ceduti  la  contea  di  GOrz 
(Gorizia)  ed  il  principato  di  Falkenburg  (Mootefalcone),  formanti  il  Friuli 
austriaco,  la  città  e  giurisdizione  di  Trieste,  la  Camiola,  il  distretto  di 
Villach  nella  Carinzia  ed  il  paese  posto  a  destra  della  Sava,  dal  punto  nel 
quale  essa  lascia  la  Carniola  alla  frontiera  della  Bosnia,  o  metà  della 
Croazia,  il  littorale  ungarico,  Fiume,  l'Istria  austriaca,  ecc.  Questi  luoghi 
divennero  le  provincie  illiriche  con  un  governo  francese  separato.  Con 
questa  cessione  l'Austria  era  tagliata  fuori  dal  mare,  ma  le  veniva  concesso 
di  servirsi  del  porto  di  Fiume,  eccetto  che  per  il  commercio  ed  i  prodotti 
dell'Inghilterra; 

3°  Al  Re  di  Sassonia  venivano  ceduti  alcuni  villaggi  boemi  compresi 
nella  Sassonia,  ed  allo  stesso  Re,  come  Duca  di  Varsavia,  la  Galizia  occi- 
dentale &  Nuova  Galizia,  come  pure  un  distretto  intomo  a  Cracovia,  ed  un 
circondario  nella  Galizia  orientale.  Wieliczka  e  le  cave  del  sale  dovevano 
essere  in  comune  all'Austria  ed  al  Ducato  polacco|; 

40  Alla  Russia  veniva  ceduto  un  territorio  nella  parte  la  più  orientale 
della  vecchia  Galizia;  il  quale  contenesse  400,000  abitanti  e  non  compren- 
desse la  città  di  Brody  ; 

5^  L'Ordine  teutonico  essendo  stato  soppresso  nei  paesi  della  Confe- 
derazione del  Reno,  l'Imperatore  d'Austria  rinunziava  da  parte  dell'Arci- 
duca Antonio,  il  quale  era  il  Grande  Maestro  di  quest'Ordine,  a  questa 
carica  conferitagli  dalla  pace  di  Presburgo,  ed  acconsentiva  che  fosse  dis- 
posto della  proprietà  esistente  al  di  là  dei  confini  che  erano  stati  fatti 
all'Austria.  Agli  impiegati  dell'ordine  venivano  promesse  delle  pensioni* 


LXX  Appendice  L  tn.  1809 

In  articoli  separati  e  segreti  (1)  l'Imperatore  d'Austria  si  asso^ettava  ad 
una  contribuzione  militare  di  ottantacinque  milioni  di  franchi,  e  conveniva 
di  ridurre  il  suo  esercito  a  150,000  uomini,  comprendendo  in  questo 
numero  tutte  le  armi,  e  questo  per  tutta  la  durata  della  guerra  marittima 
della  Francia  contro  l'Inghilterra. 

Questa  pace  fece  perdere  all'Austria  più  di  43,000  miglia  quadrate  di 
territorio  con  4,500,000  di  abitanti.  I  Tirolesi,  i  quali  continuavano  a  fare 
una  resistenza  eroica  contro  la  Francia  e  la  Baviera,  furono  abbandonati 
al  loro  destino. 

Trattato  di  Pace  di  Bukarest. 

1812,  Maggio  20. 

tn. Ì812. 

La  guerra  fra  la  Russia  e  la  Turchia  fu  terminata  col  trattato  di  pace 
stipulato  a  Bukarest  il  90  maggio  1812.  Con  tale  trattato  fu  stabilito  che 
il  confine  doveva  seguire  il  cprso  del  Pruth,  dal  punto  che  esso  lascia  la 
Moldavia  a  qneUo  nel  quale  esso  sbocca  nel  Danubio,  ed  il  Danubio  fino  al 
mare.  In  questo  modo  la  Bessarabia,  con  le  città  d'Ismail  e  Eilia,  ed  una 
parte  della  Moldavia,  con  le  fortezze  di  Choezim  e  Bender,  divenivano 
russe.  Altre  conquiste  furono  restituite.  Alla  Serbia,  la  quale  si  era  rivol- 
tata, doveva  essere  concessa  l'amnistia,  e  rimanere  sotto  la  Turchia,  ma 
con  amministrazione  interna  propria  (2).  La  navigazione  del  Danubio 
doveva  essere  libera  per  ambedue  le  nazioni,  e  gli  stretti  di  Costantinopoli 
dovevano  rimanere  aperti  ai  bastimenti  di  commercio  russi,  come  pure  a 
quelli  delle  altre  Potenze  amiche  della  Porta,  e  che  non  avevano  ancora 
ottenuto  questo  privilegio. 


(1)  De  Garden,  XII,  136. 

(2)  Martens,  Nouv,  Ree,  III,  397. 


LXXi 


TRATTATI 

CONCLUSI  PER  LA  CADUTA  DI  NAPOLEONE 


1812-1814. 

La  pace  di  SchOnbrunn  aveva  umiliato  l'ultimo  nemico  di  Napoleone 
capace  di  opporgli  per  terra  una  valida  resistenza,  e  l'Imperatore  d'Au- 
stria,  col  dare  subito  dopo  il  consenso  al  matrimonio  di  sua  figlia  con  l'Im- 
peratore francese,  aveva  mostrato  quanto  debole  esso  si  fosse,  e  nello 
stesso  tempo  aveva  fatto  credere  di  essersi  aggiogato  alla  politica  del  con- 
quistatore. Prima  ancora  della  quarta  guerra  coli' Austria ,  Napoleone 
aveva  attuato  la  politica  d'unire  parti  d'Europa  al  suo  Impero,  invece  di 
esercitare  su  di  esse  la  sua  influenza,  come  aveva  fatto  in  principio,  col 
mezzo  dei  suoi  vassalli. 

Un  decreto,  datato  il  17  maggio  1809,  dal  suo  campo  a  Vienna,  incor- 
porava ai  suoi  domini  gli  Slati  papali.  Nello  stesso  modo  agiva  per  rap- 
porto ad  altre  porzioni  d'Italia.  11  distretto  svizzero  del  Vallese  veniva 
assorbito  nell'autunno  del  1810.  Nel  marzo  dello  stesso  anno  (1)  esso 
costringeva  suo  fratello  Luigi  a  cedere  alla  Francia  tutta  la  parte  del  regno 
d'Olanda,  posta  alla  sinistra  del  Waal,  o  Brabante  olandese,  Zeeland  e 
parte  della  Gueldria.  Subito  dopo  l'abdicazione  e  la  fuga  di  Luigi  (9  luglio 
1810)  l'intiera  Olanda  diveniva  territorio  francese  (2).  Un  decreto  del 
Senato  di  Francia  assoggettava  allo  stesso  destino  tutta  la  parte  nord  della 
Germania,  sino  al  mare  presso  Lubecca,  comprendendovi  Oldenburgo  le 
città  anseatiche,  Verden,  porzioni  dell' Annover  e  della  Vestfalia,  Lauen- 
burgo,  ecc.  (3), 

Contro  questo  modo  di  farla  da  padrone  di  fronte  a  ciò  che  concerneva 
il  Duca  d'Oldenburgy  l'Imperatore  Alessandro,  di  questi  prossimo  parente^ 


(1)  Martens,  Nouv.  Rec.j  I,  327. 

(2)  Martens,  u.  s.,  338. 

(3)  Martens,  u.  s.,  346. 


Lxxn  Appendice  L  aa.  1812 14. 

protestò,  tanto  più  che  già  si  era  sentito  offeso  in  occasione  dell'ingrandi- 
mento del  Ducato  di  Varsavia  fatto  dalla  pace  di  SchOnbninn.  Conseguente- 
mente esso  attuò  una  politica  commerciale  ostile  alle  vedute  di  Napoleone, 
lo  che  fu  cagione  che  nel  1812,  ambedue  le  fparti  si  preparassero  alla 
guerra.  Le  sole  Potenze,  le  quali  la  Russia  poteva  sperare  che  agissero  di 
concerto  con  lei,  erano  l'Inghilterra  e  la  Svezia.  Fra  l'Inghilterra  e  la 
Russia  nessuna  difficoltà  esisteva  a  che  fra  loro  venisse  fatta  un'alleanza. 
Ma  la  Svezia  rifuggiva  dall' esporsi  al  risentimento  di  Napoleone.  Alla  fine 
avendo  i  Francesi  occupato  la  Pomerania  svedese,  la  Svezia  si  decise  ad 
allearsi  collo  Czar  (il  12  marzo  1812),  convenendo,  nel  caso  di  guerra,  di 
far  occupare  la  Germania  del  Nord  da  30^000  nomini,  e  ricevendo  la  pro- 
messa di  Alessandro  che  esso  l'avrefidè  aiutata  ad  acquistare  la  Norvegia. 

L'Inghilterra  e  la  Svezia  si  allearono  in  virtù  della  pace  di  Oerebro,  il 
13  luglio  1812  (l);~ed  il  13  marzo  1813,  l'Inghilterra  assunse  lo  stesso 
impegno  che  la  Russia  aveva  assunto  e  che  riguardava  la  Norvegia,  pro- 
mettendo inoltre  un  sussidio  di  un  milione  dì  lire  sterline  alla  Svezia, 
cedendole  l'isola  di  Guadalupa  tolta  ai  Francesi  (2). 

Fu  di  somma  importanza  che  durante  la  guerra,  che  era  per  seguire 
la  Svezia  facesse  si  che  l'esercito  russo,  il  quale  era  in  Finlandia,  e  che 
doveva  cooperare  alla  conquista  della  Norvegia,  potesse  essere  impiegato 
in  Polonia,  e  che  la  pace  dì  Bukarest  avesse  lasciato  un  altro  esercito  lìbero 
per  agire  contro  l'invasore  francese. 

Napoleone  alla  sua  volta  faceva  nuovi  trattati  d'alleanza  colla  Prussia 
e  con  l'Austria  (3).  In  articoli  palesi  e  segreti  del  trattato  prussiano  era 
convenuto  che  la  Prussia  avrebbe  fatto  causa  comuno  colla  Francia,  senza 
essere  obbligata  a  fornire  truppe  per  guerre  in  Italia,  in  Turchia,  0  al  di 
là  dei  Pirenei;  che  le  truppe  le  quali  essa  avrebbe  dovuto  mettere  in  cam- 
pagna nel  caso  di  guerra  colla  Russia  dovessero  ascendere  a  20,000  uomini, 
oltre  quelle  destinate  per  le  guarnigioni  ;  che  queste  truppe  avrebbero  for- 
mato un  solo  corpo  d'armata,  per  quanto  fosse  possibile,  ed  avrebbero 
servito  di  preferenza  per  la  difesa  delle  provincie  prussiane,  ma  che 
dovrebbero  essere,  quando  dovessero  essere  diversamente  impiegate,  sotto 
la  direzione  francese;  che  qualunque  parte  della  Prussia  inclusa  dentro  la 
linee  delle  operazioni  militari,  sarebbe  aperta  ai  Francesi  ed  ai  loro  alleati, 


(1)  Martens,  Nouv,  Ree,  I,  431. 

(2)  Martens,  u.  s.,  558. 

(3)  24  febbraio,  44  marzo  1812;  Martexs,  u.  s.,  417-431. 


aa.  f 81 2-44.  Trattati  conclusi  per  la  caduta  di  Napoleone  LXXIU 

eccettuata  la  Slesia  superiore  e  la  città  di  Potsdam,  e  che  la  Prussia 
avrebbe  provveduto  al  vettovagliamento  e  alle  munizioni  da  guerra  del- 
l'esercito francese,  e  che  le  spese  nelle  quali  essa  sarebbe  incorsa,  dovreb- 
bero andare  in  sconto  delle  contribuzioni  da  lei  ancora  dovute  alla  Francia 
a  forma  della  pace  di  Tilsit. 

Un  aumento  di  territorio  fu  promesso  alla  Prussia,  come  indennità, 
per  le  spese  alle  quali  doveva  andare  incontro  durante  la  guerra,  quando 
questa  però  avesse  avuto  un  esito  felice.  Le  guarnigioni  francesi  dovevano 
continuare  ad  occupare  le  fortezze  di  Glogau,  Cùstrìn  e  Stettin,  ed  ai 
patriotti  principali  doveva  essere  ingiunto  di  lasciare  il  servizio  del  Re,  e 
non  avere  più  con  questi  rapporti. 

L'Austria  stipulò  di  fornire,  come  proprio  contingente,  30,000  soldati 
e  60  pezzi  di  cannone,  formanti  quattro  divisioni,  sotto  un  comandante 
austriaco,  dipendente  immediatamente  dal  suo  proprio  sovrano.  L'inte- 
grità della  Turchia  fu  garantita.  Fu  pure  convenuto  che  nel  caso  che 
venisse  ristabilito  il  regno  di  Polonia,  l'Austria  dovesse  ritenere  la  Galizia, 
0  qualora  questa  fosse  unita  alla  monarchia  polacca,  dovesse  avere  in  sua 
vece  le  provincie  illiriche,  ed  essere  compensata  per  le  spese  della  guerra 
ottenendo  qualche  nuovo  territorio. 

Assicurato  cosi  alle  spalle,  e  reso  più  forte  dalle  truppe  dei  suoi  alleati, 
Napoleone  passò  il  Niemen  il  24  giugno  1812;  la  stagione  essendo  troppo 
avanzata  per  poter  riuscire,  e  ritornò  nello  stesso  autunno  come  un  fug- 
giasco, essendo  il  suo  numeroso  esercito  stato  quasi  distrutto  dalla  guerra, 
dalla  fame  e  dal  freddo.  Lo  sdegno  del  popolo  germanico,  e  specialmente 
dell'umiliata  Prussia  si  ridestò  contro  il  tiranno.  Il  primo  impulso  fu  dato 
dal  comandante  del  contingente  prussiano.  Generale  York,  il  quale,  il 
30  dicembre  1812,  senza  mandato  del  suo  Sovrano,  nella  capitolazione  col 
Generale  russo  Diebitsch,  convenne  di  rimanere  neutrale,  col  suo  esercito 
accantonato  in  un  distretto  della  Prussia  orientale,  e  qualora  il  Re  non 
sanzionasse  la  convenzione  di  osservare  la  neutralità  almeno  per  due 
mesi  (1). 

Il  Re  si  allarmò,  ma  fu  spinto  innanzi  dall'ardire  del  popolo.  Un  trat- 
tato, fatto  non  molto  tempo  dopo  di  questo,  fra  la  Russia  e  la  Prussia,  il 
quale  non  ha  veduto  la  luce,  si  dice  che  stabilisse  che  la  Prussia  ricupere- 
rebbe il  territorio,  il  quale  essa  possedeva  prima  del  1806,  eccettuato 
TAnnover,  e  che  fornirebbe  80,000  uomini  per  la  guerra,  la  Russia  alla 


(1)  Martens,  Nouv.  ReCj  I,  556. 


LXXIV  Appendice  L  an.  i8i3-i4« 

sua  volta  fornendone  150,000.  Si  ricercava  pure  l'aiuto  dell'Austria, 
domandandone  Talleanza,  e  quello  dell'Inghilterra  chiedendo  ad  essa  sus- 
sidi in  favore  della  Prussia. 

Il  19  marzo  1813  (1)  fu  fatta  una  convenzione  fra  la  Russia  e  la 
Prussia,  nella  quale  si  stabiliva  di  pubblicare  un  proclama,  il  quale  invi- 
tasse i  Principi  ed  il  popolo  della  Germania  ad  unirsi  onde  liberare  il  loro 
paese,  ed  a  chiunque  dei  Principi  germanici,  che  non  rispondesse  a  questo 
appello  dentro  un  dato  tempo,  si  comminasse  la  pena  della  p^ita  del 
proprio  territorio. 

Venne  pure  oi^nizzato  un  Consiglio  d'amministrazione,  e  ad  esso 
concessi  pieni  poteri,  a  fine  di  sostenere  con  energia  la  guerra,  ed  in  par- 
ticolare di  occupare  e  tenere  a  freno  quelle  parti  della  Germania  del  Nord 
tuttora  sotto  l'influenza  francese. 

Il  27  di  marzo  fu  dichiarata  la  guerra  alla  Francia,  formando  i  Prus- 
siani in  massa  un  esercito  di  volontari.  11  Duca  di  Mecklenburg,  il  Duca  di 
Anhalt-Dessau,  la  città  d'Amburgo  seguirono  tosto  l'esempio  della  Prussia. 
Durante  l'estate  del  1813  furono  fatti  molti  trattati  relativi  alla  guerra,  i 
principali  del  quali  furono  : 

ì^  Convenzioni  a  Reichenbach,  fatte  alla  metà  di  giugno,  fira  la 
Gran  Bretagna  da  un  lato,  e  la  Russia  e  la  Prussia  dall'altro.  Le  parti  si 
impegnarono  a  proseguire  la  guerra  con  energia,  dando  la  prima  di  esse 
sussidi,  e  le  altre  mettendo  in  campagna  160,000  e  80,000  uomini  respet- 
tivamente.  La  Prussia  promise  di  aiutare  la  Casa  di  Brunswick  a  ricu- 
perare il  suo  territorio,  e  la  Russia  si  impegnò  a  mettere  a  disposizione 
dell'Inghilterra  la  propria  armata  (2); 

S""  Il  5  giugno  fu  fatto  un  armistizio  fra  i  belligeranti  (l' Austria 
agendo  come  mediatrice)  il  quale  doveva  continuare  fino  al  10  d'a^sto  ; 
frattanto  un  Congresso  di  pace  sedeva  a  Praga,  senza  concludere,  come  si 
aspettava,  nulla  (3); 

3<>  Alla  fine  l'Austria  abbandonò  Napoleone  decisivamente,  ed  entrò 
a  far  parte  dell'alleanza  delle  tre  grandi  Potenze,  in  vn*tù  di  trattati  sotto- 
scrìtti a  Toplitz,  il  9  settembre,  convenendo  di  fornire  un  contingente  di 
60,000  uomini,  e  di  non  fare  la  pace  che  in  comune  con  gli  alleali  (4); 


(1)  Martens,  Nouv.  Rec.f  I,  564. 

(2)  Martens,  u.  s.,  568. 

(3)  Martens,  u.  s.,  582. 

(4)  Martens,  u.  s.,  590. 


an.  161&-i4w  Trattati  conclusi  per  la  caduta  di  Napoleone  LXXV 

4<>  Si  unirono  agli  alleati ,  la  Baviera,  in  forza  di  un  trattato  coli' Au- 
stria, datato  rs  ottobre,  e  nel  corso  dell'autunno  (ma  non  prima  che  la 
battaglia  di  Lipsia  avesse  deciso  della  campagna  contro  Napoleone)  gli  altri 
membri  della  Confederazione  renana,  cosi  che  questa  creazione  dell'Impe- 
ratore francese  fu  sciolta; 

5*  Nell'inverno,  l'H  gennaio  1814,  Myrat,  Re  di  Napoli,  a  fine  di 
conservare  il  suo  regno,  separò,  in  virtù  di  un  trattato  coli' Austria,  la  sua 
causa  da  quella  di  Napoleone  (1); 

G*"  I  trattati  di  Kiel  fatti  dalla  Danimarca  colla  Svezia  e  con  la 
Gran  Bretagna,  il  14  gennaio  1814,  ed  un  trattato  eolla  Russia  sotto- 
scritto ad  Annover,  r8  febbraio  1814,  separarono  da  Napoleone  il  suo 
ultimo  e  stimabilissimo  alleato.  La  Danimarca  si  impegnò  a  mettere  in 
armi  per  la  guerra  e  sotto  la  direzione  di  Bernadette,  Principe  Reale  di 
Svezia,  10,000  uomini  ;  rinunziò  al  possesso  della  Norvegia  in  favore  della 
Svezia,  la  quale  in  contraccambio  cedette  alla  Danimarca  la  Pomerania  e 
risola  di  Rùgen  ;  e  le  promise  i  suoi  buoni  uffici ,  onde  farle  ottenere  delle 
altre  indennità  nell'avvenire.  L'Inghilterra  si  impegnò  ad  agire  nello 
stesso  senso,  e  restituì  alla  Danimarca  tutto  il  territorio  toltole  in  guerra, 
eccettuata  l'Isola  di  Heligoland  (2). 

La  Danimarca  cede  dopo  alla  Prussia  con  un  trattato  firmato  a  Vienna, 
il  4  giugno  1815,  la  Pomerania  svedese  e  Rùgen,  ricevendo  in  contrac- 
cambio il  ducato  di  Lauenburg,  eccettuato  Vamty  o  giurisdizione  del  Podestà 
di  Neuhaus,  due  milioni  di  talleri,  ed  una  considerevole  somma  di  danaro 
dovuta  dalla  Svezia  (3). 

Appena  che  gli  eserciti  alleati  arrivarono  al  Reno  ed  entrarono  in 
Francia,  furono  fatte  varie  convenzioni  tendenti  a  dar  pace  all'Europa,  ed 
a  riordinarne  le  condizioni  politiche.  Le  più  importanti  furono  : 

io  II  Congresso  di  Ghàtillon,  dal  di  5  febbraio  al  19  marzo  1814, 
nel  quale  Napoleone,  sperando  sempre  di  prendere  il  di  sopra  colla  guerra, 
fece  patti  tanto  onerosi,  che  a  nulla  approdarono  (4)  ; 

2»  Mentre  che  questo  Congresso  sedeva,  un  nuovo  trattato  fu  fatto 
fra  le  quattro  Potenze,  a  Chaumont,  il  1*  marzo  del  1814.  L'Inghilterra 
doveva  fornire  alle  altre  Potenze  un  sussidio  di  cinque  milioni  di  lire  ster- 


(1)  Martens,  iVoMv.  Ree,  I,  660. 

(2)  Martens,  u.  s.,  I,  766-683. 

(3)  Martens,  u.  s.,  II,  349. 

(4)  Confr.  Martens,  u.  s.,  I,  688. 


i'XXVI  Appendice  /.  n.  4812^4. 

line  per  Tanno  Ì8N,  e  ciascona  delle  parti  doveva  tenere  in  campagna  un 
esercito  di  1 50,000  nomini ,  aintarsi  scambievolmente  in  caso  d'  al- 

* 

tacco,  ecc.  (1).  Si  dice  che  artìcoli  segreti  gettassero  i  fondamenti  dell'or- 
dinamento d'Enropa,  tale  qnale  ih  dopo  adottato; 

3«  Capitolazione  di  Parigi  il  31  marzo  Ì8i4; 

4''  Abdicazione  di  Napoleone  in  virtù  di  nn  trattato  fatto  da  esso  con 
l'Austria,  Russia  e  Prussia,  Vìi  aprile,  al  quale  l'Ing^ulterra  accedette» 
per  rapporto  ai  punti  principali,  il  27  aprile.  Napoleone  rinunziava  a  qua- 
lunque diritto  di  sovranità  in  Francia  ed  in  qualunque  altro  paese,  tanto 
per  sé  stesso,  come  per  i  suoi  discendenti  e  per  la  sua  famiglia.  I  suoi 
domini  in  Francia  dovevano  andare  alla  Corona.  Esso  e  l'Imperatrice 
potevano  conservare  i  loro  titoli  vita  naturale  durante,  ed  i  prossimi  parenti 
di  lui  avrebbero  avuto  diritto  di  portare  il  titolo  di  Principe  della  sua  fami- 
glia. Gli  venne  data  l'Isola  d'Elba,  come  suo  principato,  con  una  rendita 
annua  di  due  milioni  di  franchi,  a  carico  della  Francia,  la  metà  dei  quali 
riversibili  all'Imperatrice;  [ed  i  ducati  di  Parma,  Piacenza  eGuastalla, 
furono  assegnati  all'Imperatrice  Maria  Luisa.  Al  loro  figlio  fu  concesso  di 
derivare  il  suo  titolo  da  questi  Ducati.  Due  milioni  e  mezzo  di  firanchi, 
furono  accordati  come  rendita  annua,  ai  membri  della  sua  famiglia  ;  fii 
pure  provveduto  a  Giuseppina  e  ad  Eugenio  Beauhamais.  Napoleone 
poteva  avere  a  sua  disposizione  una  corvetta  armata  ed  una  guardia  di 
400  uomini.  Le  Potenze  alleate  assicurano  che  la  Francia  avrebbe  accet- 
tato e  garentito  questo  trattato  (2). 

Trattato  di  pace  di  Parigi. 

1814,  Maggio  30. 

n.  1914. 

Le  guerre  combattute  dalle  Potenze  coalizzate  contro  Napoleone  dettero 
luogo  a  vart  particolari  trattati,  ma  la  pace  definitiva  non  fìi  conclusa  che 
col  trattato  di  Parigi,  sottoscritto  dalla  Francia  e  dall'Austria  il  30  maggio 
1814  e  nello  stesso  giorno  e  luogo  lo  stesso  trattato  di  pace  definitiva  fu 
concluso  tra  la  Francia  e  la  Russia,  tra  la  Francia  e  la  Gran  Bretagna,  e 
tra  la  Francia  e  la  Prussia. 

Le  principali  condizioni  tra  le  mentovate  parti  concordate  furono  le 
seguenti,  che  cioè  i  confini  della  Francia  sarebDero  stati  quelli  che  essa 


(1)  Martens,  Nottv.  Bec.^  I,  683. 

(2)  MartenSi  u.  s.,  696. 


an.  1814.  Trattati  conclusi  pev  la  caduta  di  Napoleone  LXXVn 

aveva  nel  1792.  Fu  soltanto  ammessa  qualche  modificazione  della  fron- 
tiera dalla  parte  dei  dipartimenti  del  Nord,  di  Sambre-et-Meuse,  della 
Sarre  e  del  Reno  e  fu  concesso  alla  Francia  di  conservare  Mulhouse^  Avi- 
gnon,  Montbéliardy  e  la  sottoprefettura  di  Chambéry,  e  una  parte  delle  sue 
antiche  colonie. 

La  Francia  rinunziò  a  qualunque  sovranità  su  di  qualsiasi  territorio  in 
Europa,  situato  al  di  là  di  questi  limiti.  Monaco  rimase  quello  che  era 
prima  del  4792. 

La  Gran  Bretagna  ritenne  per  sé  Malta,  Tabago,  Santa  Lucia,  risola 
di  Francia  con  le  sue  dipendenze,  e  la  parte  di  S.  Domingo  che  la  Spagna 
avea  ceduto  alla  Francia  col  trattato  di  Basilea  del  1795  e  che  essa  si  impe- 
gnava alla  sua  volta  di  retrocedere  a  Sua  Maestà  Cattolica. 

Per  rapporto  a  tutti  gli  altri  luoghi  tolti  in  guerra  alla  Francia,  ed  ai 
diritti  di  pesca,  ecc.,  fu  stabilito  che  tutto  dovesse  essere  messo  nelle  stesse 
condizioni  del  1792. 

La  Svezia  restituì  alla  Francia  la  Guadalupa,  ed  il  Portogallo  le  restituì 
la  Guiana  francese,  come  essa  era  nell'epoca  sopra  menzionata. 

Rispetto  alla  libera  navigazione  del  Reno  fu  stabilito  che  sarebbe  stata 
regolata  dal  futuro  Congresso. 

Tutte  le  Potenze  alleate  nella  guerra  contro  Napoleone  presero  l'im- 
pegno di  inviare  a  Vienna  i  loro  plenipotenziari  onde  stabilire  tutti  gli 
accordi,  che  dovevano  completare  quelli  già  presi  col  trattato  di  Parigi. 

Con  un  articolo  separato  e  segreto  di  questo  trattato  (1),  le  Potenze 
alleate  stabilirono  di  decidere  solamente  fra  loro  come  disporre  dei  terri- 
tori rinunziati  dalla  Francia  nel  trattato  palese,  e  come  creare  rapporti,  i 
quali  avessero  per  scopo  di  fondare  in  Europa  un  sistema  di  un  giusto  è 
stabile  equilibrio.  Cosi  la  Francia  non  avrebbe  dovuto  avere  nessuna  inge- 
renza per  rapporto  alle  proposte  che  dovevano  servire  di  base  alle  trat- 
tative, delle  quali  era  per  occuparsi  il  Congresso  di  Vienna.  Ma  in  fatto 
però  avvenne  che  lo  scaltro  ardire  che  Talleyrand  mostrò  al  Congresso, 
ed  i  dissensi  sòrti  in  seno  degli  alleati  valsero  ad  assicurare  alla  Francia 
una  {grandissima  influenza. 


(1)  li  quale  si  trova  nel  Murbaro,  Nouv.  SuppLy  I,  329. 


tXXYU  Appendice  L 

Atto  finale  del  Congresso  di  Vienna, 
1815,  Giugno  9. 

L'atto  finale  del  Congresso  di  Vienna  è  uno  dei  più  importanti  docu- 
menti, sotto  il  punto  di  vista  internazionale,  dei  tempi  moderni. 

Col  trattato  di  pace  del  1814,  del  quale  abbiamo  parlato,  era  stato 
stabilito  che  un  Congresso  avrebbe  dovuto  adunarsi  nello  spazio  di  due 
mesi,  onde  dare  un  finale  assetto  agli  ordinamenti,  ai  quali  in  detto  trat- 
tato di  pace  si  era  posto  mano  ;  tale  Congresso  però  non  fu  aperto  che  il 
!•  novembre  1814,  e  terminò  le  sue  sessioni  141  giugno  1815.  Otto  Po- 
tenze presero  parte  ad  esso:  la  Gran  Bretagna,  la  Russia,  TÀustrìa,  la 
Prussia,  la  Francia,  la  Spagna,  il  Portogallo  e  la  Svezia;  ma  il  rappresen- 
tante spagnuolo  rifiutò  d'apporre  la  sua  firma,  a  cagione  delle  misure  che 
erano  state  prese  e  che  concernevano  i  tre  Ducati  italiani,  di  Parma,  Pia- 
cenza e  Guastalla,  come  pure  per  altre  cause  che  ferivano  l'orgoglio 
spagnuolo. 

Il  Congresso  si  trovò  per  qualche  tempo  imbarazzato  a  cagione  della 
Russia,  la  quale  sosteneva  di  avere  il  diritto  di  appropriarsi  l'intero  gran- 
ducato di  Varsavia,  e  della  Prussia,  la  quale  voleva  annettersi  la  Sassonia. 
Ciò  che  si  doveva  fare  del  Belgio,  era  pure  un  problema  di  difficile  solu- 
zione. Nel  marzo  giunse  al  Congresso  l'allarmante  notizia  che  Napoleone 
aveva  lasciato  l'Elba,  che  era  sbarcato  in  Francia,  che  aveva  ricuperato  il 
trono,  senza  colpo  ferire.  Esso  fu  messo  fuori  della  legge  in  tutta  l'Eu- 
ropa, ed  un  nuovo  patto  fu  stipulato  a  Vienna  dalle  quattro  grandi  Potenze, 
il  25  di  marzo,  onde  tenere  in  vigore  il  trattato  di  Parigi.  La  disfatta  subita 
nel  giugno  alla  battaglia  di  Waterloo  fece  si  che  il  tentativo  fatto  dall'uomo 
fatale-,  a  fine  di  ricuperare  il  suo  perduto  potere,  non  riuscisse. 

Il  Congresso  di  Vienna  non  fu  altro  che  un'adunanza  di  dittatori,  i 
quali  si  proponevano  di  dare  assetto  agli  affari  d'Europa  a  seconda  delle 
loro  vedute  arbitrarie,  e  che  in  sostanza  esigevano  che  le  Potenze  di 
secondo  ordine  si  sottomettessero  ai  loro  decreti,  senza  partecipare  alle 
loro  deliberazioni.  Per  dare  compimento  alle  disposizioni  prese  coli' Atto 
finale  una  quantità  di  trattati  speciali  furono  fatti,  ed  alcuni  di  essi  vennero 
annessi  e  dichiarati  formare  parte  dell'Atto  stesso  (1). 

(1)  Per  ciò  che  concerne  TAtto  finale,  vedi  Martens,  N.  Rec^  II,  379;  Màrtens 
e  CussY,  III,  61.  —  WiiEATON,  Intern.  Lato  Appendix.  —  Klùber,  Acten  des 
Wictmer  congress;  e  confi*.  Flassan,  Histoire  du  Congrès  de  Vienne^  3  volumest 
Paris  1829. 


tn.  1815.  •4//(>  (luoic  del  Congresso  di  Vienna  LXXIX 

I  punti  principali  di  questo  Atto  sono  i  seguenti  : 
i.  Il  Granducato  di  Varsavia  fu  unito  all' Impero  russo  come  regno 
di  Polonia,  con  un* amministrazione  separata,  ad  eccezione  però  del  terri- 
torio restituito  alla  Prussia,  sotto  il  nome  di  Granducato  di  Posen;  dei 
distretti  della  Galizia  orientale  tolti  all'Austria  dal  trattato  di  Schònbrunn, 
ed  allora  restituiti  ;  di  Cracovia  e  d'un  territorio  intomo  ad  essa,  che  furono 
costituiti  in  repubblica  neutrale  e  libera,  i  privilegi  della  quale  furono 
determinati  da  un  trattato  atinesso  all'Atto  finale.  Fu  poi  stipulato  che  i 
Polacchi  sudditi  rispettivamente  della  Russia,  dell'Austria  e  della  Prussia, 
avrebbero  avuto  una  rappresentanza  e  istituzioni  di  carattere  nazionale,  e 
rette  da  quella  forma  politica  di  governo,  la  quale  ciascuna  delle  Potenze, 
alle  quali  essi  furono  attribuiti,  avrebbe  creduto  conveniente  ed  utile  di 
conceder  loro. 

2.  La  Prussia,  avendo  in*questo  modo  perduto  una  considerevole  parte 
delle  sue  spoglie  polacche,  desiderava  ardentemente  di  appropriarsi  l'intera 
Sassonia,  il  Re  della  quale,  come  vassallo  di  Napoleone,  non  si  voleva 
prendere  in  considerazione  nel  nuovo  assetto  dato  alla  Germania;  ma 
l'Austria,  gelosa,  impedi  che  questo  accadesse,  dimodoché  solamente 
una  parte  della  Sassonia,  sette  tredicesimi  del  territorio  e  due  quinti 
della  popolazione  divennero  prussiani.  Alla  Prussia  fu  pure  in  generale 
restituito  il  suo  antico  territorio  che  possedeva  prima  della  pace  di 
Tilsit.  I  nuovi  acquisti  che  essa  fece  sul  lato  orientale  del  Reno,  oltre 
la  parte  della  Sassonia,  della  quale  abbiamo  parlato,  furono  una  por- 
zione di  Fulda  e  di  Hanau,  la  città  di  Wetzlar  con  il  suo  territorio , 
il  ducato  di  Bei^,  con  terre  una  volta  appartenenti  al  vescovato  di 
Colonia,  ed  ultimamente  incorporate  a  questo  ducato,  il  ducato  di  Westfalia 
tale  quale  era  sotto  il  Granduca  di  Assia,  la  contea  di  Dortmund,  Corvey, 
territori  mediatizzati  di  molti  Principi,  ed  i  possessi  della  Cas^  di  Nassau* 
Dietz,  ceduti  dal  Re  dei  Paesi  Bassi,  e  altri  equivalenti  ricevuti  in 
cambio  dei  possedimenti  appartenenti  ad  altri  membri  della  Casa  di 
Nassau.  Sulla  riva  occidentale  del  Reno  la  Prussia  acquistò  un  territorio, 
il  quale  anticamente  formava  per  la  maggior  parte  il  ducato  di  Juliers  ; 
ottenne  pure  parte  di  Clòves,  della  Gheldria,  e  dei  due  arcivescovati  di 
Colonia  e  di  Treves. 

3.  11  Re  della  Gran  Bretagna,  come  Re  dell'Annover,  riceveva  dalla 
Prussia,  Hildesheim,  Goslar,  il  Friesland  orientale,  la  bassa  contea  di 
Lingen  e  parte  del  Mùnster  prussiano;  e  cedeva  alla  Prussia  le  parti  del 
ducato  di  Lauenburg  posto  a  levante  dell'Elba,  ed  altri  piccoli  distretti. 


LXXX  Appendice  L  in.  1815. 

Laueiiburg  fu  subito  trasferito  alla  Danimarca  (i).  Senza  alcuna  restrizione 
doveva  essere  permesso  ai  mercanti  prussiani  il  commercio  sulFEms  e  ad 
Embden  che  diveniva  un  porto  annoverese,  e  TÀnnover  s'impegnava  a 
mantenere  il  fiume  navigabile  nel  percorso  del  dì  lei  territorio. 

4r.  L'Austria  ricuperava  quasi  tutto  quello  che  aveva  perduto  nel  1797, 
col  trattato  di  Campoformio  o  dopo,  tanto  che  fosse  in  Germania  quanto 
fuori  di  essa,  eccettuati  i  Paesi  Bassi  austriaci  ;  cosi  acquistava  quella  parte 
di  suolo  veneziano  nella  penisola,  che  Napoleone  si  era  appropriata,  e  tutti 
gli  altri  territori  posti  fra  il  Ticino,  il  Po  e  l'Adriatico,  unitamente  alla 
Valtellina,  a  Bormio,  a  Chiavenna,  una  volta  appartenente  ai  Grigioni,  ed 
alla  già  Repubblica  di  Ragusa. 

5.  Alla  Baviera  venivano  dati  il  ducato  di  Wurzburg,  tale  quale  era 
stato  fondato  dal  trattato  di  Presburg,  nel  1805,  ed  il  principato  d'Aschaf- 
fenburg,  il  quale  formava  parte  del  granducafo  di  Francoforte,  appartenente 
a  Napoleone. 

6.  La  città  di  Francoforte  fu  rimessa  nelle  condizioni  nelle  quali  era 
nel  1803. 

7.  Invece  del  ducato  di  Vestfalia,  il  Granduca  di  Assia  acquistava  un 
territorio  sulla  sponda  sinistra  del  Reno,  e  che  ultimamente  formava  parte 
del  dipartimento  di  Mt.  Tonnerre,  contenente  140,000  abitanti.  Il  Langravio 
di  Assia  Homburg  veniva  reintegrato  nei  suoi  domini,  dai  quali  era  stato 
espulso  a  cagione  della  Confederazione  del  Reno.  Parecchi  Principi,  i  sopra- 
nominati, i  Duchi  d'Oldemburgo,  Heclemburgo-Strelitz,  Sassonia-Cobui^, 
ebbero  altri  territori  sulla  frontiera  prussiana  al  di  là  del  Reno,  già  nel 
dipartimento  francese  della  Sarre,  i  quali  dovevano  essere  posti  sotto  la 
protezione  della  Prussia,  e  dovevano  servire  nei  futuri  assetti  come  di  fra- 
zioni da  aggiungersi  ad  altri  possedimenti.  Tutte  le  terre  germaniche  situate 
sulla  riva  sinistra  del  Reno,  e  delle  quali  non  era  stato  disposto,  venivano 
date  air  Austria. 

8.  Fu  stabilito  che  la  Confederazione  germanica,  la  quale  veniva  for* 
mata,  e  della  quale  facevano  parte  il  Re  di  Danimarca  come  Duca  d'Holstein 
ed  il  Re  dei  Paesi  Bassi  come  Granduca  di  Lussemburgo,  fosse  rappresen- 
tata da  trentotto  membri,  i  quali  avessero  diritti  eguali  e  potessero  disporre 
di  diciassette  voti  nelle  adunanze  ordinarie,  e  di  sessantanove  in  quelle 
generali,  essendoché  in  queste  si  dovessero  discutere  le  leggi  organiche,  ed 
altri  affari  di  grande  importanza.  La  Dieta  doveva  essere  permanente,  sotto 


(1)  Vedi  Paco  «li  Kid. 


iB.  1815.  Atto  finale  del  Congresso  di  Vienna  LXXXI. 

la  presidenza  dell'Austria,  riunirsi  a  Francoforte  con  facoltà  d'aggiornarsi 
per  un  tempo  non  maggiore  di  quattro  mesi.  Nelle  adunanze  generali  due 
terzi  dei  voti  dovevano  essere  necessari,  perchè  una  proposta  passasse. 
Siccome  il  fine,  il  quale  la  Confederazione  si  proponeva,  era  quello  di  pro- 
teggere tutta  la  Germania,  e  ciascun  membro  di  essa,  contro  gli  attacchi  di 
Potenze  straniere,  cosi  a  nessuno  dei  suoi  componenti  veniva  permesso  di 
trattare  o  fare  né  un  armistizio  né  una  pace,  con  qualunque  Stato  col  quale 
la  Confederazione  fosse  in  guerra.  Le  discussioni  sorte  fra  i  confederati 
dovevano  essere  composte  senza  ricorrere  alla  forza  delle  armi,  sottomet- 
tendole alla  Dieta,  la  quale  interverrebbe  fra  le  parti  in  prima  istanza, 
nominando  una  Commissione  mediatrice  e  un  AustràgalinstanZy  o  corte 
suprema  d'arbitrato,  qualora  fosse  necessaria  una  sentenza  giudiziale.  Nel 
caso  estremo,  quando  un  membro  della  Confederazione  si  ostinasse  a  non 
volere  accettare  la  sentenza,  e  si  riputasse  d'ottemperare  alle  sue  ingiun- 
zioni, potrebbe  essere  costretto  ad  obbedirvi  col  mezzo  d'un  intervento 
militare  eseguito  da  altri  componenti  la  Confederazione,  i  quali  non  fossero 
direttamente  interessati  nell'alTare. 

Nell'Atto  riguardante  la  costituzione  federativa  della  Germania  (1),  il 
quale  è  unito  all'Atto  finale,  è  dichiarato  che  negli  Stati  della  Confedera- 
zione vi  doveano  essere  assemblee  di  Stati  o  di  deputati  {cine  landesst&n- 
(lliche  verfa88ung)\  che  tutte  le  Confessioni  cristiane  doveano  godere  degli 
slessi  diritti  civili  e  politici,  e  che  gli  ostacoli  posti  all'esercizio  dei  diritti 
civili  degli  ebrei,  doveano  essere  per  quanto  fosse  possibile  remossi.  Alla 
nobiltà  mediatizzata,  la  quale  prima  del  1806  dipendeva  immediatamente 
dall'Impero,  venivano  concessi  dei  privilegi  a  seconda  del  grado  che  i 
membri  di  lei  occupavano,  riguardanti  le  tasse,  le  corti  privilegiate,  l'esen- 
zione dal  servizio  militare,  l'esercizio  di  giurisdizione  civile  e  criminale  in 
prima  istanza,  quando  i  suoi  possessi  fossero  assai  vasti.  All'Atto  della 
Confederazione  furono  fatti  degli  emendamenti  nel  1820,  nel  1832,  nel  1834; 
esso  fu  abolito  nel  1848-1849,  e  ripristinato  nel  1851. 

9.  Le  Provincie  Unite  olandesi,  con  la  più  gran  parte  dei  Paesi  Bassi 
austriaci,  erano  costituiti,  come  il  trattato  di  Parigi  aveva  stabilito  che 
fossero,  in  Regno  dei  Paesi  Bassi,  sotto  il  Principe  d'Orange-Nassau,  ai 
quali  territori -veniva  aggiunto  il  Granducato  di  Lussemburgo,  che  compren- 
deva una  parte  del  ducato  di  Bouillon  non  ceduta  alla  Francia,  e  questo 
come  compenso  per  la  cessione  fatta  dalla  famiglia  d' Grange  di  possessi 


(1)  Martens,  N,  Beo,y  II,  353. 

43  —  Fiore,  Dir.  intern.  codif. 


LXXXn  Appendice  L  an.  1815 

esistenti  in  Germania.  Il  Lussemburgo  rimase  Stato  germanico  e  il  Granduca 
fu  dichiarato  membro  della  Dieta.  La  città  di  Lussemburgo  doveva  essere 
una  fortezza  della  Confederazione. 

In  una  convenzione  firmata  a  Londra,  il  43  agosto  1814  (1),  l'Inghil- 
terra s'impegnava  di  restituire  all'Olanda  tutte  le  colonie,  fattorie  e  stabi- 
limenti commerciali,  che  essa  aveva  conquistati  fino  dal  1803,  eccettuato  il 
Capo  di  Buona  Speranza,  Demarara,  Essequibo  e  Berbice. 

iO.  La  posizione  della  Svizzera  fu  determinata  da  una  dichiarazione 
delle  Potenze  componenti  il  Congresso,  in  data  del  20  marzo  1815  (2),  dal- 
l'Atto col  quale  i  Cantoni  accedettero  alla  dichiarazione,  il  quale  porta  la 
stessa  data  (3),  e  dall'Atto  finale. 

Fu  stabilito  che  la  Svizzera  dovesse  assumere  la  posizione  di  paese  per- 
petuamente neutrale,  e  onde  raggiungere  questo  fine,  il  più  che  fosse  pos- 
sibile, un  trattato  col  Re  di  Sardegna  in  data  del  26  maggio  1815,  stabili 
che  le  Provincie  di  Chablais  e  di  Faucigny,  situate  al  mezzogiorno  del  lago 
Lemano,  e  tutta  la  Savoia  posta  a  nord  d'Ugine,  avrebbero  presa  la  stessa 
posizione  neutrale.  Agli  antichi  19  Cantoni  furono  aggiunti  quelli  di  Ginevra, 
del  Yallese  e  di  Neufchàtel,  quest'ultimo  sotto  la  sovranità  della  Prussia;  esso 
vi  rimase  dalla  pace  d'Utrecht  al  1848.  Il  territorio  del  Cantone  di  Ginevra 
fu  ingrandito,  venendo  ad  esso  ceduto  un  piccolo  distretto  della  Savoia.  Fa 
dichiarato  che  le  strade  da  Ginevra  lungo  il  lago  in  direzione  per  Yersoix 
alla  Francia,  quelle  verso  il  Cantone  di  Yaud,  e  per  la  strada  del  Sempione 
attraverso  la  Savoia  verso  il  Yallese,  dovessero  essere  esenti  da  tasse  di 
transito,  e  dalla  visita  delle  mercanzie.  L'antico  vescovato  di  Basilea  e 
la  maggior  parte  del  territorio  di  Bienne  furono  uniti  al  Cantone  di  Berna. 

11.  La  Sardegna  guadagnò  certe  distese  di  terre,  chiamate  feudi 
imperiali,  i  quali  erano  stati  uniti  alla  Repubblica  ligure  di  Napoleone,  ed  il 
territorio  della  già  Repubblica  di  Genova,  inclusa  l'isola  di  Capraja.  I  limiti 
di  questo  regno  sono  quasi  gli  stessi  di  quelli  del  1792,  ma  il  confine  della 
Francia,  come  fu  determinato  dal  primo  trattato  dì  Parigi,  doveva  includere 
una  parte  della  Savoia,  allora  compresa  nel  dipartimento  francese  del  Hout 
Blanc,  cioè  il  maggior  numero  delle  sotto  prefetture  di  Chambéry  e  d' Annecy. 

12.  L'arciduca  Francesco  d'Este,  i  suoi  eredi  e  successori,  dovevano 
tenere  a  feudo  i  ducati  di  Modena,  di  Reggio  e  di  Mirandola,  i  confini  di 
questi  territori  rimanendo  quelli  stessi  che  ad  essi  erano  stati  assegnati  dal 

(1)  Martens,  u.  s.,  Ili,  57. 

(2)  Martens,  N,  Ree,  II,  157. 

(3)  Ibid.,  173. 


ta.  Ì81S.  Atto  finale  del  Congresso  di  Vienna  LXXXin 

trattato  di  Campoformio.  All' arciduchessa  Maria  Beatrice  d'Este,  ed  agli 
eredi  di  lei  e  successori  venivano  dati  a  feudo  i  principati  di  Massa  e  di 
Carrara,  e  le  erano  pure  assegnati  i  feudi  imperiali  posti  nella  Lunigiana» 
i  quali  ultimi  avrebbero  potuto  essere  cambiati  con  altre  proprietà  di 
Modena  o  di  Toscana,  a  volontà  delle  parti.  —  Al  duca  Ferdinando,  della 
hnea  austriaca,  ed  ai  suoi  eredi  e  successori  era  restituita  la  Toscana,  nelle 
condizioni  nelle  quali  si  trovava  prima  del  trattato  di  Lunéville,  e  a  questo 
territorio  veniva  aggiunta  quella  parte  dell'Elba,  che  una  volta  era  sotto 
l'alto  dominio  del  Re  delle  Due  Sicilie,  Piombino,  certi  feudi  imperiali  altra 
volta  compresi  nella  Toscana  e  VÉtai  des  Présides  (lo  Stato  dei  Presidi).  — 
I  ducati  di  Parma,  Piacenza,  Guastalla,  venivano  concessi,  come  era  stato 
stabilito  dal  trattato  d'abdicazione  di  Napoleone,  all'Imperatrice  Maria 
Luisa,  la  riversibilità  di  questi  territori  —  salvi  gli  antichi  diritti  di  river- 
sione dell'Austria  e  della  Sardegna  —  dovea  essere  determinata  da  una 
convenzione  fatta  dalle  cinque  Potenze  principali  e  dalla  Spagna.  Tale  con- 
venzione fu  stipulata  a  Parigi  il  10  giugno  1817  (1).  Essa  riguardava  par- 
ticolarmente la  casa  ducale  spagnuola  di  Lucca. 

Il  Congresso  di  Vienna,  avea  collocato  l'Infanta  Maria  Luisa  ed  i  suoi 
eredi  maschi  in  Lucca,  eretta  a  ducato,  aggiungendo  alle  entrate  di  questo 
una  rendita  di  150  mila  franchi,  da  essere  pagata  dall'Austria  e  dalla  Toscana; 
ed  avea  assegnato  il  diritto  di  riversione  di  esso  alla  Toscana,  nel  caso  che 
la  linea  venisse  ad  estinguersi,  ovvero  le  fosse  fatta  un'altra  posizione.  U 
duca  di  Toscana  si  era  impegnato  a  cedere  al  duca  di  Modena  certi  distretti 
ogni  qual  volta  che  la  riversione  avesse  luogo,  cioè  quelli  di  Fivizzano,  di 
Pietrasanta  e  di  Barga,  ed  altri.  In  virtù  del  trattato  del  di  10  giugno  1817, 
di  sopra  menzionato,  fu  convenuto  che,  dopo  la  morte  dell'Imperatrice 
Maria  Luisa,  i  ducati  di  lei  di  Parma,  dì  Piacenza  e  di  Guastalla  —  ad 
eccezione  di  certi  distretti  sulla  sponda  sinistra  del  Po,  racchiusi  nei  domini 
dell'Austria,  i  quali  doveano  essere  concessi  a  tale  Potenza  —  sarebbero 
appartenuti  alla  Casa  lucchese.  La  riversione  di  questi  ducati,  nel  caso  che 
il  ramo  dell'Infante  don  Carlo  Luigi  s'estinguesse,  doveva  essere  regolata 
a  seconda  delle  deliberazioni  prese  nel  trattato  d'Aix-la-Chapelle  (1748), 
e  in  un  articolo  separato  del  trattato  del  1815  fra  l'Austria  e  la  Sar- 
degna (2).  Questo  articolo  separato  confermava  i  diritti  della  Sardegna  alla 
riversione  in  suo  favore  del  ducato  di  Piacenza,  ma  aggiungeva  che  la  città 


(1)  Martens,  N.  Ree,  IV,  416  et  seq. 

(2)  Martens,  N.  Rec.f  II,  298,  e  per  l'articolo  Murhard,  XV,  41. 


XilXXIV  Appendice  L  au  1815 

di  Piacenza  con  un  raggio  di  2000  tese  dall'orlo  degli  spalti  dovesse  appar- 
tenere, in  caso  che  una  tale  riversione  avvenisse,  all'Austria,  la  quale 
avrebbe  dato  alla  Sardegna  in  compenso  un  territorio  contiguo,  equivalente 
per  popolazione  e  per  rendita. 

Alla  Santa  Sede  veniva  restituito  il  possesso  del  suo  antico  territorio, 
cioè  le  Marche  con  Camerino  e  loro  dipendenze,  Ponte  Corvo,  le  lega- 
zioni di  Bologna,  di  Ravenna  e  di  Ferrara,  eccetto  la  parte  di  quest'ultima, 
situata  sulla  riva  sinislra  del  Po.  L'Austria  doveva  avere  il  diritto  di  tenere 
guarnigione  in  Ferrara  e  Comacchio. 

Il  Re  di  Napoli,  Ferdinando  IV,  era  ristabilito  sul  trono  delle  Due 
Sicilie. 

13.  Gli  alleati  s'impegnarono  di  fare  il  loro  possibile  onde  indurre  la 
Spagna  a  cedere  al  Portogallo  divezza  ed  altri  luoghi,  da  essa  guadagnati 
nel  1801,  in  forza  del  trattato  di  Badajos.  La  restituzione  della  Guiana 
francese  al  Portogallo  è  stata  di  già  menzionata. 

14.  Altre  disposizioni  furono  prese  dal  Congresso  e  tra  le  più  im- 
portanti vanno  annoverate  quelle  circa  la  navigazione  fluviale  e  rispetto 
alla  tratta  dei  negri.  Fu  pure  provveduto  a  ciò  che  concerne  le  regole  atti- 
nenti al  rango  degli  ambasciatori  (1). 

Le  disposizioni  generali  relative  alla  libertà  di  navigare  pei  fiumi,  che 
attraversino  o  che  separino  il  territorio  di  diversi  Stati,  furono  stabiliti  agli 
art.  108-115.  Le  Potenze  firmatarie  s'impegnarono  di  stabilire  d'accordo 
regole  uniformi  per  tutelare  la  libertà  di  navigare,  fissando  tariffe  uniformi 
circa  i  diritti  di  navigazione,  circa  le  imposte  che  potessero  gravare  il  com- 
mercio, circa  l'esecuzione  dei  lavori  che  potessero  occorrere  per  mante- 
nere i  fiumi  nelle  condizioni  richieste  pei  bisogni  del  commercio  e  si  obbli- 
garono di  nominare  una  Commissione  per  concordare  un  regolamento  nel 
senso  il  più  favorevole  della  libertà  del  commercio  e  in  base  ai  principii 
generali  stabiliti  nei  mentovati  articoli. 

Per  quello  poi  che  si  riferisce  all'abolizione  della  tratta  dei  negri  la 
Francia  e  l'Inghilterra  si  erano  impegnate  con  l'articolo  aggiunto  al  trat- 
tato di  Parigi  del  30  maggio  1814  di  propugnare  nel  Congresso  l'abolizione 
delia  tratta.  Le  dette  Potenze  sottomisero  quindi  alle  altre,  che  sottoscris- 
sero il  trattato,  di  riconoscere  la  necessità  di  provvedere  a  reprimere  il 
commercio  dei  negri  dichiarato  in  opposizione  della  civiltà  e  del  diritto 
delle  genti,  ed  una  dichiarazione  in  questo  senso  fu  sottoscritta  dai  pieni* 


(1)  Martens,  u.  s.,  432. 


tn.  1815.  -^^to  finale  del  Congresso  di  Vienna  LXXX\ 

potenziar!  il  di  8  febbraio  1815^  colla  quale,  riconoscendo  d'accordo  che 
il  commercio  conosciuto  col  nome  di  tratta  dei  negri  dovesse  essere  riguar- 
dato contrario  ai  principii  del  civile  consorzio  e  della  società  universale, 
s'impegnarono  a  provvedere  con  tutti  i  modi  possibili  per  farlo  cessare  (1). 

I  trattati  e  le  deliberazioni  del  Congresso  di  Vienna,  unitamente  a  ciò 
che  fu  stabilito  a  Parigi  nel  1815,  non  ebbero  in  mira  altro  che  un  gran 
namero  di  riordinamenti  politici  resi  necessari  dalla  caduta  dell'Impero 
francese.  Il  nuovo  ordine  di  cose  era  però  tale  da  non  escludere,  che  potesse 
essere  ben  diversamente  apprezzato  ;  che  nuove  combinazioni  d'interessi 
potessero  essere  rese  necessarie,  e  che  potesse  essere  eliminato  ogni  mo- 
tivo di  nuove  aggressioni  in  avvenire.  Tanto  è  vero,  che  giammai  nella 
storia  del  mondo  un  tanto  vasto  edifìzio  estate  demolito  in  cosi  breve  tempo. 

Sessant'anni  sono  stati  suflìcienti  a  cambiare  la  carta  geografica  politica 
d'una  gran  parte  d'Europa.  L'Olanda  ed  il  Belgio  uniti  nel  1815  furono 
separati  nel  1830.  La  Germania  è  divenuta  un  nuovo  Impero  sotto  l'ege- 
monia della  Prussia,  e  l'Austria,  che  era  a  capo  della  Confederazione,  da 
questa  è  stata  esclusa.  La  Danimarca  è  stata  spogliata  d'una  gran  parte  del 
suo  territorio,  ed  ha  cessato  d'essere  Potenza  germanica.  L'Austria,  oltre 
l'essere  stata  esclusa  dalla  Germania,  ha  perduto  tutti  i  suoi  possessi  d'Italia. 
Il  regno  delle  Due  Sicilie,  la  Lombardia,  lo  Stato  ecclesiastico  ed  i  princi- 
pati si  sono  uniti  ed  hanno  formato  il  Regno  d'Italia.  La  Savoia  e  Nizza 
sono  slate  unite  alla  Francia,  e  questa  ha  perduto  l'Alsazia  e  la  Lorena. 

Tutti  questi  cambiamenti  furono  inaugurati  dalla  soppressione  della 
piccola  Repubblica  di  Cracovia,  e  se  si  aggiungano  ad  essi  quelli  non  con- 
nessi col  Congresso  di  Vienna,  cioè  l'indipendenza  della  Grecia,  la  perdita 
fatta  dalla  Spagna  di  quasi  tutte  le  sue  colonie,  e  quelli  riguardanti  la  forma 
dì  governo  in  Francia,  ed  i  nuovi  rapporti  stabilitisi  fra  i  principati  Cri- 
stiani esistenti  in  Turchia  e  l'Impero  Turco,  bisogna  pure  convenire  che, 
eccettuate  la  Gran  Bretagna,  la  Svezia,  la  Norvegia,  la  Svizzera  e  la  Russia, 
non  evvi  alcun  altro  Stato,  il  quale  non  abbia,  durante  il  periodo  d'anni 
ricordato,  subito  essenziali  e  violenti  cambiamenti. 

Nessun' altra  serie  d'avvenimenti  svoltasi  su  questa  terra  ha  giammai 
fatto  vedere  in  modo  più  luminoso  di  questa,  ed  in  uno  spazio  di  tempo 
cosi  breve,  il  poco  valore  degli  assetti  artificiali,  e  l'inanità  degli  sforzi 
fatti  dai  sovrani  onde  fondare  uno  stato  di  cose  atto  a  regolare,  mediante 
ordinamenti  fondati  principalmente  sugl'interessi  politici,  futuri  eventi. 


(1)  Wheaton,  Histoire  du  droit  des  gois,  I,  183. 


LXXXVI  Appendice  L 

Secondo  trattato  di  Parigi. 

1815,  Novembre  20. 

m.  IMS. 

II  secondo  trattato  di  Parigi  fu  stipulato  dopo  la  caduta  finale  di  Napo- 
leone fra  la  Francia  e  ciascuna  delle  quattro  grandi  Potenze,  e  consiste  di 
quattro  atti  separati  e  dello  stesso  tenore. 

In  virtù  di  questo  trattato  i  limiti  della  Francia  dal  lato  del  Belgio  e 
della  Savoia,  divenivano  più  ristretti  di  quello  che  fossero  nella  pace 
del  1814,  essendo  stati  portati  indietro  quasi  al  punto  ne!  quale  si  trova- 
vano nel  1790.  Conseguentemente,  le  fortezze  di  Philippeville  e  di  Marìen- 
bourg,  con  Tintero  ducato  di  Bouillon,  invece  d'una  parte  di  esso  erano 
trasferiti  al  regno  dei  Paesi  Bassi  ;  Sarrelouis,  Saarburg  ed  il  corso  del 
Sarrer  divenivano  prussiani  ;  il  forte  di  Landau  ed  un  tratto  di  terra  fran- 
cese sulla  destra  del  Lauter  furono  attribuiti  alla  Baviera:  la  metà  del 
ponte  fra  Strasburgo,  e  Kehl,  a  Baden  ;  ed  a  Baden  pure  veniva  data  una 
porzione  del  distretto  di  Gex  sul  lago  Lemano  fra  i  Cantoni  di  Vaud  e  di 
Ginevra;  ed  i  distretti  di  Chambéry  e  d'Annecy  erano  restituiti  alla  Sar- 
degna. La  neutralità  della  Svizzera  e  d'una  parte  della  Savoia  veniva  estesa 
ad  un  distretto  limitato  da  una  linea  tirata  da  Ugine  (1),  attraverso  i  laghi 
d'Annecy  e  di  Bourget  fino  al  Rodano.  La  fortezza  francese  di  Huningne 
(Hùnningen),  presso  Basilea,  doveva  essere  demolita. 

Un'indennità  di  settecento  milioni  di  franchi  doveva  essere  pagata  agli 
alleati.  Le  loro  truppe,  non  eccedendo  il  numero  di  150,000,  dovevano 
occupare  la  Francia  a  spese  di  essa,  risiedere  in  certi  luoghi  indicati,  per 
uno  spazio  di  tempo  non  maggiore  di  cinque  anni,  e  potevano  essere 
ritirate  alla  fine  di  tre  anni,  qualora  la  sicurezza  dell'Europa  lo  per- 
mettesse (2). 

U  trattato  di  Parigi  del  30  maggio  1814  e  l'Atto  finale  del  Congresso  di 
Vienna  del  9  giugno  1815  furono  riconfermati,  e  mantenute  tutte  le  dispo- 
sizioni non  modificate  col  nuovo  trattato. 

In  forza  d'una  convenzione  delle  quattro  Potenze  e  della  Frància,  fatta 
a  Parigi  il  5  novembre  1815,  le  sette  Isole  Jonie  dovevano  costituire  uno 
Stato  libero  sotto  il  protettorato  della  Gran  Bretagna,  con  un  residente  lord 
gran  commissario,  nominato  da  questa  Potenza,  con  un'assemblea  legisla- 
tiva, ecc.;  delle  forze  militari  delle  isole  doveva  avere  il  comando  la  Gran 


(1)  Vedi  Atto  del  Congresso  di  Vienna» 

(2)  Martens,  N.  Ree.,  II,  682. 


tn.  1815  Secondo  Trattato  di  Parigi  LXXXVU 

Bretagna,  le  guarnigioni  dei  forti  dovevano  essere  inglesi  e  pagate  dalla 
Repabblica  (4).  I  capilavori  d'arte,  che  Napoleone  aveva  raccolti  toglien* 
doli  da  vari  paesi  d'Europa,  furono  restituiti  in  virtù  d'una  speciale  con- 
venzione  ai  loro  antichi  proprietari. 


(i  )  Martens  u.  s.  663.  Queste  isole,  le  qnali  rimasero  per  molto  tempo  sotto 
Venezia,  per  essere  poi  preda  della  Francia  (Trattato  di  Campoformio  1797),  e 
per  passare  quindi,  dopo  essere  state  lasciate  per  un  breve  tempo  a  loro  stesse 
prima  sotto  la  protezione  turca,  ed  in  seguito  sotto  quella  russa,  e  per  essere 
restituite  alla  Francia  (Pace  di  Tilsit  1807),  ed  a  questa  tolte  in  guerra  dall'lnghil 
terra,  sono  recentemente  passate,  dal  protettorato  inglese  a  formare  parte  de' 
regno  della  Grecia,  1863. 


Lxxxvm 


TRATTATI 

CONCLUSI  DOPO  QUELLO  DI  VIENNA 

dal  181 S  Ubo  al  1896 


Trattato  della  Santa  Alleanza. 

1815,  Settembre  26. 

m.  1815. 

n  trattato  concluso  a  Parigi  tra  i  sovrani  d'Austria,  di  Russia  e  di 
Prussia  il  26  settembre  1815  fu  detto  Santa  AUeanza,  perchè  i  Sovrani, 
che  la  sottoscrissero,  dichiararono  apparentemente  di  unirsi  in  misteriosa 
lega  per  procedere  in  ogni  affare  d'interesse  comune  secondo  i  principi  e 
lo  spirito  del  Vangelo,  della  religione  e  della  giustizia  e  s'impegnarono  di 
adoperare  ogni  mezzo  per  costrìngere  i  proprii  sudditi  ad  osservare  i  pre- 
cetti cristiani.  Lo  scopo  vero*  dell' alleanza  non  trovasi  per  altro  espresso,  e 
fu  per  questo  che  l'Inghilterra  rifiutò  ostinatamente  di  segnare  quel  docu- 
mento, adducendo,  il  duca  di  Wellington,  che  lo  scopo  di  quel  trattato  non 
poteva  essere  compreso  dal  Parlamento  inglese.  In  sostanza  quello  fu  il 
primo  atto  della  politica  reazionaria  dei  Governi,  che  s'impegnarono  a  pre- 
starsi in  ogni  occasione  assistenza,  aiuto  e  soccorso  esercitando  un  vigilante 
sindacato  sulle  facendo  interne  di  tutti  gli  Stati  onde  impedire  e  reprimere 
qualunque  manifestazione  da  parte  dei  popoli  che  potesse  turbare  l'assetto 
politico  dell'Europa  come  era  stato  stabilito  a  Vienna  (1). 

Trattato  di  Aix-la-Chapelle  (Aquisgrana). 

1818,  Novembre  9. 

an.  Ì81R. 

In  virtù  dei  patti  conclusi  ad  Aquisgrana  tra  la  Francia  e  le  Potenze 
alleate  cioè  la  Russia,  l'Austria,  l'Inghilterra  e  la  Prussia  fu  stabilito,  che 
le  cinque  grandi  Potenze  si  sarebbero  poste  d'accordo  per  prevenire  qua- 
lunque funesto  effetto  che  potesse  essere  la  conseguenza  del  movimento 


(1)  Trovasi  riportato  in  appendice  da  Heffter,  Droit  int,  ;  e  in  nota  a  pag.  37, 
voi.  T,  della  8*  edizione  della  mia  opera  Diritto  int»  Pubblico;  Torino,  Unione 
Tip.-Editrice. 


aa.  1818.  TrcUtati  delVEpoca  moderna  LXXXIX 

rivoluzionario,  e  che  minacciasse  la  Francia.  Cosi  questa  entrò  a  far  parte 
della  Santa  Alleanza  col  protocollo  ivi  sottoscrìtto  il  21  novembre. 

Fu  pure  stabilito  ad  Aquisgrana  che  le  truppe  degli  alleati  dovessero 
evacuare  la  Francia  l'ultimo  giorno  di  novembre,  o  prima  di  quest'epoca, 
e  consegnare  i  forti  nelle  condizioni  nelle  quali  essi  erano  quando  furono 
occupati.  Una  parte  dell'indennità  che  la  Francia  dovea  pagare,  come  era 
stato  stabilito  nel  1815,  e  che  era  tuttora  dalla  medesima  dovuta,  le  fu 
condonata  (1). 

Congressi  relativi  agli  interventi  armati. 

1820-1822. 
an.  188&«. 

Col  trattato  della  Santa  Alleanza  le  cinque  grandi  Potenze  si  erano 
impegnate  a  prestarsi  in  ogni  circostanza  assistenza  e  soccorso.  Tale  patto 
vago  fu  poi  inteso  nel  senso  che  dovessero  unire  le  loro  forze  per  impe- 
dire qualunque  tentativo  di  mutamento  politico  in  Europa  che  potesse  tur- 
bare la  conservazione  del  principio  monarchico,  o  mirare  a  modificare  i 
possedimenti  territoriali  come  erano  stati  stabiliti  nel  Congresso  di  Vienna. 

Conseguentemente  l'Austria,  la  Prussia  e  la  Russia  Potenze  alleate 
si  riunirono  prima  a  Troppau  nel  ÌSW  poi  a  Laybach  nel  1821,  indi  a 
Verona  nel  1822,  per  concertare  i  mezzi  adatti  a  sedare  e  reprimere  i 
movimenti  rivoluzionari  nella  Spagna,  nel  Portogallo,  in  Napoli  e  nel  Pie- 
monte, e  fu  affidato  all'Austria  di  reprimere  coli' intervento  armato,  i 
movimenti  del  partito  rivoluzionario  liberale  in  Piemonte  e  in  Napoli. 

Trattato  di  Akkerman. 

1826,  Ottobre  7. 
an*  1826. 

La  convenzione  d'Akkerman  fra  la  Russia  e  la  Turchia  fu  in  generale 
la  riconferma  del  trattato  di  Bukarest  del  1812,  a  riguardo  dei  privilegi 
della  Serbia.  Fu  restaurato  il  modo  d'elezione  degli  Ospodari,  della  Mol- 
davia e  della  Valacchia,  fatta  dai  boiardi  o  nobili  appartenenti  al  Divano  o 
Consiglio  di  ciascun  principato,  e  fu  stabilito  che  ciaschedun  Ospodaro 
dovesse  rimanere  in  ufficio,  se  accettato  dal  Sultano,  per  sette  anni,  e  che 
potesse  essere  rieletto  per  un  altro  spazio  di  tempo  eguale,  purché  nessun 
grave  addebito  gli  fosse  stato  imputato,  né  dalla  Corte  turca,  né  da  quella 
russa,  né  dal  principato.  Alla  Russia  fu  data  pure  facoltà  d'intervenire,  a  fine 
di  limitare  il  potere  che  il  Sultano  aveva  di  dimetterli  dal  loro  ufficio  (2). 

(1)  M4RTENS,  Nouv,  Rec,  IV,  549-566. 

(2)  Martens,  N,  R,,  vii,  1053;  vedi  particolarmente  gli  Atti  separati. 


XC  Appendice  L 


Trattato  di  Londra. 

1827,  Luglio  6. 

Il  trattato  di  Londra  fu  stipulato  fra  la  Gran  Bretagna  e  la  Russia,  e  vi 
accedette  dopo  la  Francia  (1). 

Queste  Potenze  offrirono  la  loro  mediazione  alla  Turchia  in  favore  della 
Grecia,  ed  aveano  proposto  che  questa  dovesse  essere  costituita  come  uno 
Stato  vassallo  sotto  il  Sultano  a  somiglianza  dei  Principati  danubiani. 

Con  un  articolo  segreto  però  le  Potenze  stesse  convennero  che,  se  la 
Porta  nel  termine  di  un  mese  non  avesse  accettata  la  mediazione,  avreb- 
bero prese  le  misure  le  più  adatte  per  far  cessare  le  ostilità. 

I  Greci  accettarono  Tarmistizio,  i  Turchi  promisero  di  osservarlo,  ma 
non  mantennero  poi  la  promessa  ;  le  flotte  alleate,  che  stazionavano  in 
crociera  per  intimidire  la  flotta  turca,  si  avvicinarono  a  Navarino.  Ne  seguì 
un  combattimento  generale. 

II  20  ottobre,  la  flotta  turca  fu  distrutta  a  Navarino,  e  nel  i828,  le 
(ruppe  d'Ibrahim  Pacha  furono  cacciate  dalla  Morea.  I  confini  della  Grecia 
divenuta  libera  vennero  cosi  ingranditi. 

Trattato  fra  la  Russia  e  la  Persia, 

1829,  Febbraio  22. 

tii.1820. 

Il  trattato  fra  la  Russia  e  la  Persia  fu  firmato  a  Tourkmantchal,  il  1828. 
Con  esso  la  Persia  cedeva  il  khanato  di  Erivan,  prometteva  un'indennità  dì 
venti  milioni  di  rubli  di  argento,  e  conveniva,  come  nel  trattato  ratificato  a 
Tiflis  iH5  settembre  1814,  che  a  nessun  bastimento  da  guerra,  la  marina 
da  guerra  russa  eccettuata,  sarebbe  permesso  di  navigare  il  Caspio,  il 
([uale  però  rimaneva  libero  alle  navi  mercantili  d'ambedue  le  nazioni  (2). 
In  conseguenza  di  questo  trattato  di  Tiflis,  la  Persia  cedette  alla  Russia 
sette  khanati  posti  a  mezzogiorno  del  Caucaso,  che  i  Russi  possedevano 
all'epoca,  nella  quale  tale  trattato  fu  firmato,  e  rinunziò  a  qualunque 
diritto  sul  Daghestan,  sulla  Georgia,  sull'lmerizia,  la  Mingrelia^  TAb- 
kasia,  ecc.  (3). 


(1)  Martens,  u.  s.,  vii,  282  e  463. 

(2)  Martexs,  N.  Ree,  VII,  564. 

(3)  MAr.TtNS,  u.  s.,  IV,  88. 


Trattati  delVEpoca  moderna  XCI 


Trattate  di  Adrianopolu 

1829,  Settembre  14. 
n  48f9. 

Il  trattato  d'AdrìanopoH  fu  stipulato  fra  la  Russia  e  la  Turchia  (1). 

La  Russia  restituiva  le  sue  conquiste.  Il  Pruth  dovea  servire  di  confine 
ai  due  paesi,  come  per  il  passato  dalla  frontiera  della  Moldavia  fino  al  punto 
in  cui  si  getta  in  mare  e  che  per  S.  Gioi|;io,  o  bocca  meridionale,  il  confine 
dovea  seguire  il  Danubio,  ed  in  maniera  da  far  si  che  le  isole  del  fiume 
dovessero  essere  comprese  nel  territorio  russo.  I  limiti  a  levante  furono 
fissati  in  modo  tale  che  una  parte  dell'Armenia  turca,  con  la  città  d' Akhal- 
tzik  e  la  fortezza  di  Akhalkalaki  passasse  sotto  il  dominio  della  Russia.  La 
Turchia  concedelte  pure  che  la  sovranità  della  Russia  si  estendesse  sopra 
la  Georgia,  Tlmerizia,  la  Mingrelia,  il  Gouriel  ed  altri  paesi  caucasici.  Ai 
vascelli  mercantili  russi  fu  permesso  il  passaggio  dei  Dardanelli  e  del  Bosforo, 
0  in  aitre  parole,  il  Mar  Nero,  fu  aperto  alle  navi  appartenenti  alle  nazioni 
in  pace  colla  Turchia;  la  Russia  ottenne  il  diritto  di  navigazione  sul  Danubio. 
Le  anteriori  convenzioni  riguardanti  i  Principati  danubiani  furono  confer- 
mate, e  fu  pure  stabilito  che  gli  Ospodarì  dovessero  essere  nominati  a  vita 
al  loro  ufficio,  non  potendo  essere  destituiti  che  nel  caso  che  commettessero 
UD  delitto.  La  Russia  arrivò  cosi  ad  acquistare  un  più  completo  diritto  di 
intervenire  negli  affari  politici  dei  Principati  (2). 

Trattato  di  Londra. 

1831,  Gennaio  26  e  Novembre  15. 
tt.  ISSI 

Col  trattato  di  Londra  del  26  genn.  i831  fu  fatta  la  definitiva  sepa- 
razione del  Belgio  dall'Olanda.  Esso  fu  sottoscritto  dalle  cinque  Potenze  da 
una  parte  e  dal  Belgio  dall'altra  (3).  A  tale  trattato  fu  poi  sostituito  l'altro 
sottoscritto  dalle  stesse  Potenze  il  15  novembre.  Mediante  tali  trattati  il 
Belgio  fu  dichiarato  Stato  indipendente  e  neutro,  e  l'integrità  e  l'inviola- 
bilità del  suo  territorio  f\irono  garantite  dalle  cinque  grandi  Potenze 
segnatario. 


(1)  Martens,  n.  f.,  Ym,  148. 
(8)  Martems,  n.  s.,  p.  155. 
(8)  Martens,  u.  b.,  XI,  390. 


1 


XCU  Aiyjyendice  1. 


Convenzione  di  Londra. 

1832,  Maggio  7. 

in.  483S. 

Essa  fu  conclusa  fra  la  Francia,  T  Inghilterra  e  la  Russia  da  un  lato,  e 
la  Baviera  dall'altro  (1).  La  corona  della  Grecia,  essendo  questa  stata  eretta 
a  regno,  venne  offerta,  in  eonformità  dei  voti  della  nazione  greca,  al  Re  di 
Baviera,  per  essere  posta  sul  capo  del  secondogenito  di  lui  Federigo  Ottone, 
il  quale  Faccettò.  I  confini  del  regno  furono  fissati  mediante  un  trattato 
eolia  Turchia,  a  forma  di  un  protocollo  in  data  del  26  settembre  1831.  Ud 
imprestito  al  Re  della  Grecia  fu  garantito  dalla  Russia,  e,  subordinatamente 
alla  condizione  dell'autorizzazione  delle  Camere  e  del  Parlamento,  dalla 
Francia  e  dall'Inghilterra. 

Trattato  di  Unkiar-Skelessi. 

1833,  Luglio  8. 

■o.f8S3. 

La  convenzione  di  Unkiar-Skelessi  fu  conclusa  fra  la  Russia  e  la  Turchia 
dopo  le  vittorie  d'Ibrahim  Pacha  in  Siria  e  nell'Asia  Minore,  e  dopo  la 
pace  di  Kutaieh  fatta  dallo  stesso  Ibrahim  colla  Turchia  il  6  ma^o  1832. 

Le  due  parti  fecero  un'alleanza,  stabilendo  di  difendersi  scambievol- 
mente nel  caso  che  una  di  esse  venisse  assalita  e  che  domandasse  soccorso» 
In  un  articolo  segreto  fu  aggiunto,  che  la  Russia  esimeva  la  Turchia  dal 
prestare  l'aiuto  pattuito,  a  condizione  che  essa  avesse  chiuso  i  Dardanelli 
per  tutti  i  bastimenti  da  guerra  stranieri  (2). 

In  una  protesta  della  Francia  contro  questo  trattato,  che  fii  considerato 
da  lei  idoneo  a  cagionare  un  probabile  intervento  armato  della  Russia  negli 
affari  intemi  della  Turchia,  è  detto  che,  qualora  le  circostanze  lo  richie- 
dessero,, la  Francia  avrebbe  agito  come  se  tale  trattato  non  esistesse  (3).  Se 
la  Russia,  fosse  riuscita  a  far  mantenere  gli  impegni  assunti  con  questa 
convenzione  verso  di  lei  dalla  Turchia,  essa  sarebbe  arrivata  a  stabilire  un 
protettorato  permanente  su  questa  Potenza  (4). 


(1)  Martens,  u.  s.,  X,  550. 

(2)  Martens,  N.  Rec.y  XI,  655. 

(3)  Martens,  u.  s.,  659. 

(4)  Confr.  ciò  che  dice  Wheaton  dì  questo  trattato  e  dei  trattati  d'Akkerman  • 
d*AdrianopoIi,  nella  sua  htoriaf  parte  4,  §§  29,  30. 


Trattati  delV Epoca  moderna  XCIll 


Trattato  di  Londra, 

1840,  Luglio  15. 
•n.  4840. 

La  convenzione  chiamata  il  Quadruplo  Trattato  dì  Londra,  fu  conclusa 
nel  1840  fra  la  Gran  Bretagna,  T  Austria,  la  Prussia  e  la  Russia  da  una 
parte,  e  la  Porta  ottomana  dair altra,  collo  scopo  di  pacificare  il  Levante 
Tale  convenzione  ebbe  origine  da  una  domanda  fatta  dal  Sultano  onde 
ottenere  aiuto,  essendo  il  suo  impero  messo  in  pericolo  da  Mehemet  Ali, 
Pacha  d'Egitto,  di  lui  ribelle  vassallo,  allora  in  Siria,  e  che  minacciava  dì 
condurre  un  esercito  verso  Costantinopoli.  U  Sultano  faceva  conoscere  a 
quali  condizioni  esso  avrebbe  trattato  con  il  Pacha.  Se  questi  abbandonasse 
i  suoi  ostili  disegni  dentro  un  dato  numero  di  giorni  avrebbe  il  Pachalik 
d'Egitto  per  so  stesso  e  per  i  suoi  discendenti  in  linea  retta,  ed  il  titolo  di 
Pacha  d'Acre,  come  pure  la  fortezza  di  San  Giovanni  d'Acre,  ed  il  governo 
della  parte  meridionale  della  Siria.  Se  esso  indugiasse  molto  più  del  tempo 
stabilito,  la  Siria  non  gli  verrebbe  più  data.  Se  esso  rifiutasse  tutte  le 
offerte,  sarebbe  privato  del  suo  Pachalik,  e  respinto  al  di  là  del  territorio 
da  esso  invaso;  allora,  se  si  sottomettesse,  sarebbe  reintegrato  nel  suo 
governo  egiziano,  con  diritto  di  trasmetterlo  ai  suoi  discendenti  diretti. 

Le  quattro  Potenze  convenivano  d'inviare  soccorsi  per  terra  e  per  mare 
a  seconda  dei  mezzi  dei  quali  ciascuna  di  esse  era  in  grado  di  poter  disporre. 

Il  Sultano  faceva  noto,  che,  se  accadesse,  che  gli  Stretti  dei  Dardanelli 
ed  il  Bosforo,  con  la  capitale  dell'Impero,  dovessero  essere  posti  sotto  la 
salvaguardia  delle  Potenze  contraenti,  ciò  dovrebbe  essere  considerato 
come  misura  eccezionale,  adottata  dietro  espressa  domanda  del  Sultano,  ed 
in  nessun  modo  atta  ad  invalidare  l'antica  regola,  la  quale  proibiva  ai  basti- 
menti da  guerra  delle  Potenze  straniere  di  entrare  in  codesti  stretti.  Le 
quattro  Potenze  convennero  di  rispettare  la  regola. 

Convenzione  degli  Stretti. 

1841,  Luglio  13. 
tn.  mi. 

Nel  1841  un'altra  Convenzione  fu  conclusa  fra  le  stesse  Potenze  (alle 
quali  si  unì  la  Francia)  e  la  Porta  per  riconfermare  il  principio  della  chiu- 
sura degli  Stretti.  Il  Sultano  dichiarò  essere  sua  ferma  volontà  di  inibire 
a  qual  si  fosse  nave  da  guerra  straniera  di  entrare  negli  stretti  del  Bosforo 
e  dei  Dardanelli  riservandosi  il  diritto  di  permettere,  a  piccole  navi  ordi* 


xciv  Appendice  L  an.  ifUi. 

narie,  che  issassero  bandiera  dì  guerra,  e  che  fossero  impiegate  nei  pub* 
blici  servizi  di  Potenze  amiche,  di  passare  detti  Stretti,  parche  proyredate 
di  un  firmano.  Egli  presentò  a  tutte  le  Potenze,  colle  quali  esso  era  in  ter- 
mini d'amicizia,  questa  Convenzione,  richiedendole  di  accedervi.  Le  cinque 
Potenze  fecero  conoscere  il  loro  unanime  proposito  di  conformarsi  a  questa 
antica  regola  dell'Impero  Ottomano  e  si  impegnarono  a  rispettare  la 
volontà  del  Sultano. 

Cosi  la  regola  della  chiusura  di  quegli  Stretti  entrò  a  far  parte  del 
diritto  pubblico  scritto  dell'Europa  (1). 

Trattato  di  Washington. 

1842,  Agosto  9. 

111.1849. 

D  trattato  di  Washington  fu  concluso  a  fine  di  addivenire  ad  una  retti- 
ficazione di  confini  fra  gli  Stati  Uniti  ed  i  possessi  inglesi  del  nord-est.  Furono 
pure,  mediante  tale  trattato,  stabilite  certe  regole  da  essere  osservate  per 
rapporto  airestradizione  e  furono  prese  alcune  disposizioni  onde  soppri- 
mere la  tratta  dei  negri  (2). 

Convenzione  relativa  al  Ducato  di  Lucca. 

i844,  Novembre  28. 

.aa.  f  8U. 

Il  trattato  fra  i  duchi  di  Toscana,  di  Lucca  e  di  Modena,  fu  fatto  in  pre- 
visione della  morte  dell'imperatrice  Maria  Luisa,  duchessa  di  Parma,  che 
accadde  poi  il  18  dicembre  del  1847.  Si  volle  regolare  l'avvenimento, 
quando  il  duca  di  Lucca  avrebbe  dovuto  divenire  duca  di  Parma,  Piacenza 
e  Guastalla,  e  Lucca  avrebbe  dovuto  passare  sotto  la  Toscana  (3).  Il  duca 
dì  Lucca  (futuro  duca  di  Parma)  convenne  di  cedere  a  Modena  Guastalla  ed 
il  territorio  parmense,  posto  sulla  riva  destra  dell'Enza.  Modena  rinunziò 
in  favore  della  Toscana  ai  vicariati  di  Barga  e  di  Pietra  Santa  (4)  —  ì 
quali  dovevano  divenire  modenesi  quando  Lucca  andasse  alla  Toscana  — 
ed  a  vantaggio  di  Parma  i  distretti  di  Bazzane,  e  di  Scurano  sulla  riva 
sinistra  dell'Enza.  La  Toscana  cede  a  Parma  le  sue  possessioni  nella  Luni- 


(1)  Martens,  Nouv.  Reo.  gén.,  I,  156-207;  II,  126-130.  —  WHKàTON,  Historie^ 
82,38. 

(2)  Martens,  Nouv,  Ree.  gén.,  in,  456. 
(8)  Vedi  Congresso  di  Vienna,  n.  12. 

(4)  Atto  finale  del  Congresso  di  ViennOf  art.  CU. 


an.  18U.  Trattati  delV Epoca  moderna  XGV 

giana,  Pontremoli,  Bagnone  e  loro  dipendenze.  Questi  assetti  territoriali 
assegnarono  ai  Ducati  dei  confini  molto  più  ad  essi  confacenti,  liberandoli 
dalle  enelaves  (dai  territori  che  facevano  punta  dentro  i  loro  Stati).  L'Au- 
stria e  la  Sardegna  —  i  diritti  di  riversione  dei  quali,  ad  esse  conferiti  dal 
trattato  di  Aquisgrana,  venivano  in  questo  modo  ad  essere  lesi,  quelli  cioè 
dell'Austria  per  rapporto  à  Parma  e  Guastalla,  e  quelli  della  Sardegna  a 
riguardo  di  Piacenza  —  intervennero  e  modificarono  tali  loro  diritti,  di 
maniera  che  il  diritto  di  riversione  in  favore  dell' Austria  fosse  trasferito 
sul  nuovo  territorio  parmense  nella  Lunigìana,  il  quale  fa  ceduto  alla  Sar- 
degna come  indennità  per  la  perdita  della  città  di  Piacenza,  la  quale,  in 
virtù  di  un  patto  speciale  del  20  maggio  1815,  concluso  a  Vienna,  doveva 
divenire  austrìaca  tostochè  il  Ducato  dello  stesso  nome,  per  diritto  di  river- 
sione, andasse  alla  Sardegna  (1). 

Trattato  di  Guadalupa, 

1848,  Febbraio  2. 
an.  i848. 

Col  trattato  di  Guadalupa-Hidalgo,  concluso  nel  1848,  il  Texas,  il  Nuovo 
Messico  e  la  California  Superiore  venivano  ceduti  agli  Stati  Uniti,  i  quali 
convenivano  di  restituire  tutte  le  altre  conquiste  e  di  pagare  al  Messico 
quindici  milioni  di  dollari  e  di  considerare  come  diretti  contro  di  essi, 
assumendone  la  responsabilità  in  proprio,  tutti  quei  reclami  tendenti  ad 
ottenere  il  riconoscimento  di  diritti  che  cittadini  americani  avessero  soste- 
nuto d'avere  contro  il  Messico,  tanto  che  per  rapporto  a  tali  reclami  fosse 
stato  0  che  non  fosse  stato  deciso,  purché  sempre  però  questi  fossero  stati 
fatti  prima  della  sottoscrizione  del  trattato  (2). 

Questione  Danese. 
18484852. 

tn.  1848-5t. 

Le  discussioni  riguardanti  Io  Schleswig-Holstein,  tra  la  Danimarca  e  la 
Germania,  dettero  origine  a  vari  trattati. 

Il  trattato  di  Londra  dell' 8  ma^o  1852,  avendo  stabilito  in  principio 
l'integrità  della  monarchia  danese  e  regolata  la  successione  in  caso  che  & 
re  di  Danimarca  venisse  a  morire  senza  discendenti  maschi,  parve  avere 
cosi  tolto  ogni  pretesto  di  dissensi,  ma  la  questione  dei  Ducati  fu  non  per- 


ei) Martens,  N.  R.  gén.,  XV,  1-42. 
(2)  MURHARD,  XIY,  7. 


XCM  Appendice  L  u.  Ì848-5S. 

tanto  risollevata  dopo  dodici  anni  e  risoluta  a  detrimento  deUa  monardiia 
danese  (1). 

Vedi  il  trattato  di  pace  di  Beriino  10  luglio  1849,  quello  definitivo  sotto- 
scrìtto pure  a  Beriino  il  27  luglio  1850,  il  trattato  di  Londra  dell' 8  maggio 
1852  e  il  trattato  di  Vienna  del  30  ottobre  1864  in  seguito* 

Trattato  di  Parigi, 

1856,  Marzo  30. 

an.  1896. 

La  guerra  di  Crimea  terminò  col  trallalo  concluso  a  Parigi  nel  1856  fra 
l'Austria,  la  Francia,  la  Gran  Bretagna,  la  Russia,  la  Sardegna  e  la  Porta 
Ottomana.  La  Prussia  fu  pure  invitata  ad  intervenire  e  prese  parte  a  quanto 
con  tale  trattato  fu  stipulato. 

Le  principali  disposizioni,  che  in  virtù  di  esso  furono  prese,  sono  le 
seguenti  : 

lo  II  Mar  Nero  fu  neutralizzato  e  dichiarato  aperto  al  commercio  di 
tutte  le  nazioni  e  chiuso  per  le  navi  da  guerra.  Fu  solo  concesso,  tanto  alla 
Porta  che  alla  Russia,  di  mantenervi  una  piccola  forza  navale  per  il  ser- 
vizio di  finanza,  a  condizione  però  che  esse  non  tenessero  arsenali  sulle 
sue  coste.  In  armonia  con  questa  disposizione,  fu  stabilito  di  mantenere  in 
vigore  l'antico  principio  ammésso  dalla  Turchia,  che  cioè  nessun  basti- 
mento da  guerra  potesse  entrare  nei  Dardanelli  e  nel  Bosforo,  eecettnati  i 
piccoli  vascelli  addetti  al  servizio  delle  Legazioni  delle  Potenze  amiche  e 
dei  potentati  ai  quali,  a  seconda  del  trattato,  fu  attribuito  il  diritto  di  fare 
stazionare  certe  navi  alle  bocche  del  Danubio  (2)  ; 

2^  Il  Danubio  fu  dichiarato  aperto  al  commercio  e  la  sua  navigazione 
assoggettata  ai  principii  relativi  ai  fiumi  che  separano  o  attraversano  più 
Stati.  Una  Commissione  fu  istituita  per  provvedere  a  quanto  potesse  occor- 
rere onde  assicurare  la  libera  navigazione  del  Danubio  affidando  alla  mede- 
sima di  terminare  il  suo  compito  entro  lo  spazio  di  due  anni  e  di  sottomet- 
tere alle  Potenze  medesime  il  risultato  dei  provvedimenti  presi,  dopo  di 
che  sarebbe  stato  poi  nominata  una  Commissione  permanente  per  provve- 
dere air  esecuzione  dei  regolamenti  approvati  per  mantenere  la  libera  navi- 
gazione del  Danubio  e  delle  sue  imboccature  (art.  XVI-XVIII); 

3^  I  confini  della  Bessarabia  furono  un  poco  cambiati,  a  fine  di  togliere 
alla  Russia  il  comando  delle  bocche  del  Danubio,  ed  il  tratto  di  territorio 


(1)  Martens,  N.  R.  gén.p  XY,  770, 

(2)  Articoli  XI-XIV. 


an.  1856.  Trattato  di  Parigi  del  1856.  XCVII 

COSÌ  ceduto  dalla  Russia  fu  aggiunto  alla  Moldavia  (articoli  XX-XXVI). 
«  luoghi  tolti  in  guerra  alla  Russia  furono  restituiti  (art.  IV). 

4^  Alla  Moldavia  e  alla  Valacchia,  come  Stali  posti  sotto  l'alto  dominio 
del  Sultano,  furono  confermati  dalla  Sublime  Porta  i  loro  privilegi,  venendo 
questi  garant  ti  dalle  Potenze  contraenti  ;  ma  fu  per  altro  stabilito  che  nessuna 
esclusiva  protezione  avrebbe  potuto  essere  esercitata  su  di  tuli  paesi  da  nes- 
suno dei  potentati  rimasti  garanti,  né  ammesso  nessun  separato  diritto  d'in- 
tervenire negli  affari  intemi  dei  medesimi.  La  Moldavia  e  la  Valacchia  dove- 
vano pure  avere  un' amministrazione  nazionale  indipendente,  libertà  di  culto, 
di  legislazione,  di  commercio  ;  un  esercito  del  paese  e  le  loro  leggi  dove- 
vano essere  rivedute  da  una  Commissione  formata  da  tutte  le  parti  contraenti . 
La  Sublime  Porta  s'impegnò  ad  ammettere  la  revisione  delle  leggi  e 
degli  statuti  in  vigore  nei  detti  Principati  e  per  stabilire  un  completo 
accordo  a  riguardo  di  tale  revisione,  fu  convenuto  che  una  Commissione 
speciale,  nominata  d'accordo  dalle  Potenze  medesime  contraenti,  si  sarebbe 
riunita  a  Bukarest  e  che  colla  cooperazione  di  un  commissario  della  Porta 
avrebbe  preso  cognizione  dello  stato  delle  cose  dei  Principati  e  proposte  le 
basi  della  loro  futura  organizzazione  (art.  XXIII)  (1); 

ò°  La  Serbia,  continuando  a  godere  dei  suoi  privilegi,  fu  posta  sotto 
la  stessa  guarentigia.  Il  diritto  del  Sultano  di  tenere  guarnigioni  in  tale 
paese  fu  però  rispettato  ; 

6^  11  Sultano  fu  ammesso  a  partecipare  ai  vantaggi  del  diritto  pub- 
blico europeo  ed  a  quelli  risultanti  dall'azione  collettiva  ;  ed  al  medesimo 
fu  assicurata  l'indipendenza  e  l'integrità  del  suo  Impero. 

Il  firmano  del  18  febbraio  1856,  il  quale  poneva  tutti  i  Cristiani  dimo- 
ranti in  Turchia,  e  che  professavano  i  varii  culti  del  Cristianesimo,  allo 
stesso  livello  dei  Maomettani,  quanto  alla  vita,  alla  proprietà  ed  alla  reli- 
gione, ecc.,  fu  riconosciuto  dalle  altre  Potenze,  le  quali  però  rinunziavnna 
a  qualunque  diritto  d'intervenire  fra  il  Sultano  ed  i  suoi  sudditi  o  d'inge- 
rirsi dell'amministrazione  intema  (art.  VII-IX); 

Le  sei  Potenze  cristiane  s' impegnarono  di  rispettare,  ciascuna  per  la 
propria  parte,  l'indipendenza  e  l'integrità  dell'Impero  Ottomano;  esse  si 
obbligarono  a  guarentire  in  comune  la  stretta  osservanza  di  questo  impegno 
e  a  considerare  qualunque  atto,  che  violasse  la  promessa  fatta,  come  una 
questione  d'interesse  generale  (art.  VII).  Esse  s'impegnarono  pure  a  fare 


(1)  Per  rigaardo  aHa  convenzione  che  organizzò  i  Principati,  e  che  Ai  firmata 
a  Parigi  il  19  agosto  1858,  vedi  Martens,  N.  K  gén.,  XVL  2,  50. 

44  —  Fiore,  Dir.  inteni.  nodif. 


XCVIII  Appendice  L  as.  1856 

il  loro  possibile  onde  impedire  qualunque  dissidio  che  potesse  nascere  fra 
la  Porta  ed  una  o  più  delle  Potenze  firmatarie  (art.  Vili). 

Uno  speciale  trattato,  concernente  gli  Stretti,  fu  fatto  tra  Russia  e  Turchia. 
Il  fatto  più  importante^  che  fu  compiuto  dal  Congresso  di  Parigi  è  quello 
della  dichiarazione  fatta  dai  plenipotenziari  convenuti,  prima  di  sciogliersi, 
relativamente  ai  quattro  principii  che  si  dovevano  considerare  come  diritto 
comune  delle  Potenze  contraenti  e  di  quelle  che  avrebbero  fatto  adesione 
in  avvenire,  a  riguardo  della  guerra  marittima,  cioè  : 
ì^  La  corsa  è  e  rimane  abolita  ; 

2^  La  bandiera  neutra  copre  la  merce  nemica,  eccetto  solo  il  con- 
trabbando di  guerra; 

3<>  La  merce  neutrale  non  è  confiscabile  a  bordo  di  nave  nemica, 
eccetto  solo  il  contrabbando  di  guerra  ; 

¥  Il  blocco  non  è  reputato  obbligatorio  se  non  quando  sia  effettivo. 
I  plenipotenziari  formularono  inoltre  il  seguente  voto  : 
a  Gli  Stati,  fra  i  quali  sorgesse  qualche  dissidio,  prima  di  ricorrere  alle 
armi  ricorreranno  ai  buoni  uffizi  di  una  Potenza  amica  »  (1). 

Provvedimenti  relativi  ai  Principati. 

1858-1866. 

an.  1858-66. 

Dopo  il  trattato  del  1856,  col  quale  furono  regolati  i  rapporti  fra  la 
Russia  e  la  Turchia,  parecchi  e  nuovi  assetti  furono  fatti,  in  virtù  di  nuove 
stipulazioni,  aggiunte  a  quelle  di  Parigi.  Le  principali  di  esse,  le  quali  si 
riferiscono  ai  Principati  danubiani  ed  al  Mar  Nero,  sono  le  seguenti: 

1^  Un  nuovo  ordinamento  fu  dato  ai  Principati  il  19  agosto  1858  dalle 
selle  Potenze  adunatesi  a  Parigi  (2).  Fu  stabilito  che  essi  dovessero  rima- 
nere autonomi  sotto  Tallo  dominio  della  Turchia  e  godere  dei  privilegi  a 
loro  confermati  dai  diversi  atti,  particolarmente  ààlYhaUi  seheri/T (iecreio 
imperiale)  del  1834  e  guarentito  dalle  sei  Potenze:  che  il  Governo  doveva 
essere  affidato  ad  ospodari  eletti  a  vita  dall'Assemblea  e  dovevano  avere 
compito  35  anni  d'età  ed  essere  figli  di  genitori  nati  in  uno  dei  Principati, 


(1)  d  Les  Plénipotentiaires  n'hésitent  pas  à  exprimer,  au  nom  de  leurs  Gou- 
vernements,  le  vccu  qiie  les  États  entre  lesquels  s'éleverait  un  dissentiment  sérìeux, 
avant  d*en  appelor  aux  armes,  eussent  recours,  en  tant  qne  les  circonstances  Tad- 
mettraient,  aux  bons  offìces  d'une  Puissance  amie  » . 

Martens,  N.  R,  gin.,  XV,  791.  Protocole,  n.  23.  —  Séance  du  14  avrU1856. 

(2)  Martens,  K  R,  gén.,  XVI,  2,  50. 


an.  i8584)6.  Provvedimenti  relativi  ai  Principati  XCIX 

che  l'Assemblea  sarebbe  stata  eletta  per  sette  anni  sotto  la  presidenza  del 
metropolitano,  il  quale  ex  officio  si  doveva  ritenere  chiamato  a  far  parte  di 
tale  corporazione,  come  dovevano  reputarsi  pure  tali  i  vescovi  aventi  dio- 
cesi. I  requisiti  necessari  per  essere  elettori  e  per  essere  nominati  rap- 
presentanti furono  determinati  dalle  Potenze  firmatarie.  Una  Commissione 
centrale  composta  di  sedici  membri,  otto  dei  quali  nominati  dai  Principati, 
quattro  dagli  ospodari  e  quattro  dalle  Assemblee,  fu  istituita  coirufficio  di 
vegliare  all'andamento  del  Governo,  di  rivedere  e  preparare  le  leggi  di 
interesse  comune  ad  ambedue  i  Principati  e  di  codificarle. 

I  Principali  manifestarono  il  desiderio  di  formare  una  più  stretta  unione 
e  di  eleggere  un  principe  straniero,  ciò  che  era  loro  proibito  di  fare  dalla 
legge  organica,  ch'era  stata  fatta  a  Parigi  nel  i858.  Nel  1859  le  Assemblee 
dei  due  Principati,  avendo  eletto  il  principe  Couza  (1),  un  protocollo  del 
6  settembre  1859  convalidò  questa  doppia  nomina  e  con  un  firmano  del 
4  dicembre  1861,  la  Porta  e  le  Potenze  rimaste  garanti  permisero,  fino  a 
che  il  governo  di  Couza  durasse,  questa  violazione  dell'ordinamento  stabi- 
lito nel  1858.  La  rivoluzione  rovesciò  il  governo  di  Couza  ed  un  governo 
provvisorio  fu  nominato  nell'estate  del  1866.  Il  principe  Carlo  di  Hohen- 
zollem  era  stato  proposto  come  successore  di  lui  Gli  ambasciatori  delle 
ideile  Potenze  si  riunirono  a  Parigi  nel  1866,  ma  non  poterono  fare  altro 
che  accettare  lo  stato  di  cose  imposto  loro  dai  rivoluzionari  dei  Principati. 
Il  consenso  della  Turchia  fu  espresso  in  un  firmano  in  data  del  23  ottobre 
1806,  creando  il  principe  Carlo  principe  dei  Principati  Uniti. 

Egli  fu  fatto  principe  con  titolo  ereditario  da  trasmettersi  in  linea  diretta 
e  qualora  questa  venisse  ad  estinguersi  un  firmano  imperiale  avrebbe  ele- 
valo a  tale  dignità  il  più  anziano  dei  di  lui  discendenti.  Esso  s'impegnava 
di  rispettare  i  diritti  del  Sultano,  di  non  conferire  nessun  ordine  o  decora- 
zione, di  aumentare  il  tributo,  il  quale  fino  allora  era  stato  corrisposto,  di 
tenere  un  esercito,  il  quale  non  doveva  oltrepassare  i  30,000  uomini,  di 
non  permettere  che  il  suo  territorio  divenisse  il  punto  di  ritrovo  dei  distur- 
batori della  pace,  d'osservare  le  convenzioni  ed  i  trattati  fatti  fra  il  Sultano 
e  le  altre  Potenze,  fino  a  che  essi  non  violassero  i  diritti  dei  Principati  e 
di  non  concludere  trattati  direttamente  colle  Potenze  straniere. 


(1)  Vedi  a  prova  di  questo.  Articoli  VI,  VII;  N.  R.  gén.,  XVI,  "2,  50  et  seg 


Appendice  L 


Trattati  colla  Cina. 

1858. 

an.  Ift»^ 

I  trattati  i  quali  hanno  aperto  i  porti  della  Cina  a  parecchie  delle 
Potenze  straniere  meritano  di  essere  considerati  sotto  il  punto  di  vista  dei 
valore  che  hanno,  inquantochè  essi  hanno  reso  applicabile  a  quei  paesi  il 
Diritto  intemazionale. 

Nel  trattato  francese  del  2C  giugno  1858  èdetto>che  gli  agenti  diploma- 
tici avrebbero  goduto  nel  luogo  della  loro  dimora  le  immunità  e  i  privilegi 
ad  essi  guarentiti  dal  Diritto  internazionale,  vale  a  dire,  che  le  loro  per- 
sone, la  loro  casa,  la  loro  famiglia  e  le  persone  del  loro  seguito  sarebbero 
inviolabili.  In  virtù  di  tale  trattato  i  consoli  o  gli  agenti  consolari  possono 
essere  inviati  a  risiedere  in  certi  porti  marittimi  o  fluviali  :  è  concesso  il 
diritto  di  fabbricare,  nei  porti  aperti,  case,  chiese,  scuole,  ecc.  :  è  per- 
messo ai  Francesi,  provvisti  di  passaporto  rilasciato  ad  essi  dai  loro  con- 
soli e  dai  loro  agenti  diplomatici,  di  frequentare  i  luoghi  deirìntemo  ed  i 
porti  non  aperti  al  commercio  straniero.  I  membri  di  tutte  le  comunioni 
cristiane  possono  godere  della  libertà  personale  e  della  libertà  di  culto,  e 
sono  protetti  i  missionari  i  quali  penetrano  neir  interno  del  paese,  purché 
sìeno  provvisti  del  passaporto  regolarizzato  nel  modo  di  sopra  indicato. 
Non  è  impedito  a  nessun  cinese  d'abbracciare  il  Cristianesimo  (1). 

Oostituzion»  del  Regno  d*  Italia  (1869*1870) 

Pace  di  Villa  franca  (1859, 11  luglio)—  Trattato  di  Zurigo  (1859, 10  nov.). 

an.  1899. 

La  guerra  tra  F  Austria,  la  Francia  e  la  Sardegna,  che  ebbe  luogo  nel 
1859,  fu  terminata  coi  preliminari  di  pace  conclusi  a  Villafranca  1'  11  di 
luglio,  e  col  trattato  di  pace  definitiva,  sottoscritto  a  Zurigo,  il  10  novembre 
dello  stesso  anno  (2). 

I  trattati  tra  le  dette  parti  conclusi  sono  tre  :  due  dei  quali  fra  TAu- 
stria,  e  ciascuna  delle  altre  parti,  ed  uno,  il  quale  le  concerne  tutte  e  tre. 

L'Austria  cede  alla  Francia,  e  la  Francia  trasferi  alla  Sardegna,  quasi 
tutta  la  Lombardia.  La  linea  di  confìne  del  territorio  ceduto  fu  stabilita 


(1)  Martens,  N.  Ree.  gén.,  XVII,  1,  2. 

(2)  Martens,  XVI,  2, 516. 


SD.  i859.  Costituzione  del  Regno  d'Italia  C. 

che  si  dovesse  estendere  dal  limite  meridionale  del  Tirolo^  tracciata 
lungo  il  Lago  di  Garda,  attraverso  il  mezzo  di  questo  lago,  Ono  in  vici- 
nanza della  fortezza  di  Peschiera,  dove  s' incontrava  colla  circonferenza 
d'una  zona  fatta  da  un  raggio  di  3500  metri  in  più  della  distanza  che 
esisteva  dal  centro  del  forte  alla  parte  più  estema  delio  spalto,  e  da 
questo,  ed  intorno  a  tale  circonferenza  al  punto  dove  questa  raggiunge 
il  Mincio,  per  poi  accompagnare  il  ramo  principale  di  questo  fiume  fino 
a  Le  Grazie,  e  per  dirigersi  da  Le  Grazie  in  linea  retta  al  Po,  per  con- 
tinuare il  suo  cammino  lungo  il  principale  ramo  del  Po  fino  a  Luzzara, 
dove  l'antica  linea  di  confine  dei  territori  austriaco  e  sardo  si  incontrava 
con  tale  fiume. 

Fu  pure  convenuto,  che  l'Austria  avrebbe  ricevuto  dalla  Francia  la 
somma  di  quaranta  milioni  di  fiorini  come  porzione  del  debito  nazio- 
nale del  1854,  ed  in  contraccambio  la  Sardegna  avrebbe  pagato  alla 
Francia  cento  milioni  di  franchi  in  tanto  consolidato  cinque  per  cento, 
olire  sessanta  milioni  a  titolo  di  rimborso  per  le  spese  di  guerra.  II 
Governo  sardo  assumeva  l'impegno  di  prendere  sopra  di  sé  tre  quinti 
del  debito  del  Monte  Lombardo- Veneto,  o  della  banca  dei  prestiti. 

Nel  trattato  fra  la  Francia  e  l'Austria,  le  due  parti  s'impegnavano 
a  favorire  la  formazione  di  una  Confederazione  italiana,  a  capo  della 
quale  dovea  essere  posto  il  Papa,  e  stabilirono,  che,  quando  tale  Con- 
federazione fosse  stata  fatta,  sarebbe  entrato  a  farne  parte  il  Veneto, 
avanzo  dei  dominii  austriaci  in  Italia,  rimanendo  ciò  non  ostante  sog- 
getto alla  corona  austriaca.  Nello  stesso  trattato  ò  detto  che  i  diritti  dei 
duchi  di  Toscana,  di  Modena,  e  di  Parma,  ai  loro  domini,  dovevano 
reputarsi  riservati,  essendo  essi  rimasti  estranei  ai  patti  interceduti  tra 
le  parti  contraenti,  e  conseguentemente  esclusi  dal  subire  mutamenti 
dei  loro  possedimenti  territoriali  senza  il  concorso  delle  Potenze,  le  quali 
aveano  firmato  il  trattato  di  Vienna  del  1815,  che  tali  possedimenti  ad 
essi  garantiva. 

Come  conseguenza  della  cessione  della  Lombardia  e  col  pretesto  di 
mantenere  l'equilibrio  politico,  la  Sardegna,  in  virtù  di  un  trattato 
firmato  a  Torino  il  24  marzo  1860,  cede  alla  Francia  la  Savoia,  ed  il 
circondario  di  Nizza,  senza  modificare  però  lo  stato  delle  cose  coi  prece- 
denti trattati  stabiliti  a  riguardo  delle  parti  della  Savoia  vicino  alla  Sviz- 
zera, che  erano  trasferite  col  vincolo  della  neutralità  imposto  nel  1815  (1). 


(1)  Martens,  Nouv.  Reo.  gén.,  XVI,  2,  539. 


cu  Appendice  L 


Avvenimenti  dopo  il  i859. 

an.  f  959. 

Altri  importanti  mutamenti  avvennero  poi  in  Italia  in  cons^;ueuza 
delia  rivoluzione  e  dei  plebisciti. 

Le  Provincie  di  Parma,  avendo  nominato  un'Assemblea  costituente 
nel  settembre  1859  ed  avendo  essa  espresso  il  voto  che  le  dette  Pro- 
vincie dovessero  essere  annesse  al  Regno  Sardo,  il  Re  di  Sardegna  accettò 
la  proposta  di  annessione  il  15  settembre,  ed  affidò  al  Principe  Eugenio 
di  Savoia  la  Reggenza  delle  province  parmensi.  Modena  segui  la  stessa 
via,  avendo  l'Assemblea  costituente  deliberato  il  19  agosto  l'annessione 
delle  province  modenesi  al  Regno  Sardo.  La  Romagna  fece  lo  stesso  e 
con  decreto  del  18  marzo  1860  fu  accettato  il  suo  voto  di  annessione 
alle  altre  province  italiane  per  costituire  il  Regno  d*  Italia.  La  Toscana 
fu  pure  annessa  in  conseguenza  del  plebiscito,  ed  ammessa  a  far  parte 
integrante  dello  Stato  con  decreto  del  22  marzo  1860,  e  lo  stesso  accadde 
delle  province  di  Napoli,  annesse  con  decreto  del  17  dicembre  dello 
stesso  anno,  e  votata  poi  e  decretata  l'annessione  delle  province  sici- 
liane, delle  Marche,  e  dell'Umbria  fu  proclamata  la  costituzione  del 
Regno  d'Italia  nel  1861,  quando  Vittorio  Emanuele  II  assumeva,  in  con- 
formità della  legge  votata  dal  Parlamento  italiano  il  17  marzo  di  quel- 
l'anno, il  titolo  di  Re  d' Italia  per  sé  e  suoi  successori. 

Restavano  tuttora  soggette  all'Austria  le  province  di  Venezia  e  di 
Mantova,  ma  l'Italia  seppe  opportunamente  profittare  della  sopravvenuta 
ostilità  tra  l'Austria  e  la  Prussia  e  si  alleò  con  quest'ultima  sottoscrivendo 
un  trattato  di  alleanza  offensiva  e  difensiva  1*8  aprile  1866.  Conseguente- 
mente mentre  gli  eserciti  prussiani  invadevano  il  territorio  austrìaco  l'eser- 
cito italiano  intraprendeva  la  guerra  contro  l'Austria  per  rivendicare  le 
province  del  Lombardo-Veneto.  La  guerra  terminò  presto.  L'Austria  vinta 
a  Sadowa  dalla  Prussia,  fu  costretta  a  domandare  la  mediazione  della 
Francia  per  stabilire  le  condizioni  della  pace  ed  arrestare  gli  eserciti  vit- 
toriosi che  si  avanzavano  sulla  strada  di  Vienna,  e  fu  costretta  a  stabilire 
le  condizioni  della  pace  colla  Prussia  e  coli' Italia.  Essa  cede  dapprima 
all'Imperatore  dei  Francesi  il  regno  Lombardo-Veneto  col  trattato  concluso 
colla  Francia  il  24  agosto  1866.  Poi  fu  concluso  il  trattato  di  pace  defini- 
tivo tra  l'Austria  e  l'Italia  il  3  ottobre  dello  stesso  anno,  col  quale  l'Austria 
acconsenti  a  che  le  province  Lombardo- Venete  potessero  liberamente 
esprimere  col  plebiscito  la  volontà  di  annettersi  al  Regno  d' Italia,  ed  in 


an.  4859.  Trattati  relatwi  al  Regno  di  arreda  QU 

conseguenza  del  voto  del  popolo  l'annessione  delle  province  di  Venezia 
e  di  Mantova  fu  decretala  il  4  novembre  1866. 

Fu  altresì  uno  dei  patti  concordati  fra  l'Austria  e  la  Francia  col 
mentovato  trattato  del  4866,  che  le  frontiere  del  Veneto  verso  l'Austria 
sarebbero  state  considerate  come  i  limiti  Ira  i  due  Stati  ;  che  il  Governo 
Italiano  avrebbe  preso  a  suo  carico  la  parte  del  debito  del  Monte 
Lombardo -Veneto,  che  in  virtù  dell'art.  7  del  trattato  di  Zurigo  era 
rimasta  a  carico  dell'Austria,  e  furono  presi  altresì  opportuni  accordi 
per  regolare  la  condizione  degli  abitanti  e  degli  originarii  delle  province 
cedute  ;  per  determinare  la  partecipazione  dei  due  Stati  ai  debiti  e  pre- 
stiti dei  territorii  ceduti,  alle  concessioni  delle  ferrovie  e  a  quanto  potea 
concernere  gl'interessi  reciproci  delle  parti  contraenti. 

Con  tale  trattato  la  costituzione  del  Regno  d' Italia  addivenne  un  fatto 
compiuto  e  legalizzato  rispetto  all'Austria. 

Nel  1870  anche  le  province  Romane  furono  ammesse  in  conformità 
del  plebiscito  a  far  parte  integrante  del  Regno  d' Italia  col  decreto  del 
9  ottobre  di  quell'anno,  convaUdato  poi  con  la  legge  del  31  dicembre  dello 
stesso  anno. 

Codesti  avvenimenti  presi  nel  loro  insieme  costituiscono  uno  dei  fatti 
più  importanti  contro  l'assetto  stabilito  dal  Congresso  di  Vienna  e  sulla 
distribuzione  dei  possedimenti  territoriali  da  esso  garantiti. 

Trattato  di  Londra  relativo  al  Regno  di  Grecia. 

1863,  Luglio  13. 

an.  4863. 

Il  trattato  concernente  il  trono  di  Grecia  fu  concluso  fra  la  Dani- 
marca da  un  lato,  la  Francia,  la  Gran  Bretagna  e  la  Russia  dall'altro, 
in  qualità  di  Potenze  garanti  e  protettrici  in  virtù  della  convenzione  del 
7  maggio  1832.  Ottone,  appartenente  alla  casa  di  Baviera,  re  di  Grecia, 
era  stato  espulso  da  una  rivoluzione,  accaduta  nell'autunno  del  1862. 
Dopo  alcune  trattative,  la  corona,  dietro  consiglio  delle  Potenze,  fu  offerta 
dall'Assemblea  greca  ad  un  principe  danese.  In  questo  mentre  la  Gran 
Bretagna  fece  sapere,  che  essa  era  pronta  ad  abbandonare  il  protetto- 
rato delle  isole  Jonie,  considerando  che  esse  avrebbero  potuto  essere 
unite  alla  Grecia,  a  condizione  però  che  le  Potenze,  le  quali  erano  parti 
contraenti  del  trattato  del  5  novembre  1815,  volessero  dare  il  loro  con- 
senso, e  che  la  Grecia  rimanesse  monarchia.  Il  re  di  Danimarca  prese 
parte  al  trattato  come  rappresentante  d'un  membro  della  sua  famiglia. 


GIV  Appendice  L  tn. 

I  principali  articoli  furono: 

.  4.  Il  re  di  Danimarca,  come  rappreseniante  del  principe  Giorgio  — 
figlio  dei  principe  Cristiano  —  accettava  per  esso  prìncipe  Giorgio  la 
sovranità  ereditaria  della  Grecia,  che  l'Assemblea  gli  aveva  oflerta  da 
parte  della  nazione.  Esso  avrebbe  però  il  nome  di  Giorgio  1^  e  la  Grecia 
avrebbe  formato  una  monarchia  costituzionale  indipendente. 

2.  Le  isole  Jonie  avrebbero  fatto  parte  della  Grecia,  qualora  il  Par- 
lamento Jonio,  e  le  Corti  di  Francia,  d'Austria,  di  Russia  e  di  Prussia, 
avessero  dato  a  ciò  il  loro  consenso. 

3.  Le  corone  di  Grecia  e  di  Danimarca  non  avrebbero  mai  potato 
fondersi  in  una  sola,  e  cingere  il  capo  d'un  solo  Re. 

4.  I  successori  legittimi  di  Giorgio  I  avrebbero  professato  la  fede 
della  Chiesa  ortodossa  orientale. 

5.  La  Gran  Bretagna  avrebbe  consigliato  il  Governo  delle  Isole 
Jonie  ad  aggiungere  diecimila  lire  sterline  alla  lista  civile  del  Re  greco, 
e  le  tre  grandi  Potenze  di  sopra  menzionate  avrebbero  ceduto  ciascuna 
ogni  anno  quattromila  lire  sterline  detratte  dagl'  interessi  del  debito  con- 
tratto dal  Governo  greco,  onde  fare  una  donazione  al  Re  in  di  più  della 
lista  civile  fissata  dalla  legge  dello  Stato  (1). 

Unione  delle  Isole  Jonie  alla  Grecia, 

1864,  Marzo  29. 

n.  18B4. 

II  trattato,  relativo  all'unione  delle  isole  Jonie  colla  Grecia,  fra  le  tre 
Potenze  protettrici  (sopra  indicate)  e  la  Grecia,  in  sostanza  non  fece  altro, 
che  chiamare  in  vigore  le  disposizioni  prese  il  iA  novembre  1863  dalle 
tre  Potenze  di  già  citate  e  dall'Austria. 

Con  tale  trattato  fu  stabilito: 
i .  Che  le  sette  isole  Jonie  avendo  manifestato  il  loro  consenso  a 
mezzo  del  loro  Parlamento,  ed  essendo  stato  accettato  l'abbandono  fatto 
da  parte  della  Gran  Bretagna  del  protettorato  di  lei  su  di  esse,  avrd>- 
bero  formato  parte  della  monarchia  greca. 

2.  Le  isole  di  Corfù  e  di  Paio  colle  loro  dipendenze  avrebbero 
goduto  una  neutralità  perpetua. 

Nel  trattato  del  14  novembre  4863  era  stato  provveduto  che  questa 


(1)  Martens,  N,  R.  gèli.,  XVII,  279;  Annuaire  des  DeuohMondes  del  186^ 
1863,  XII.  999. 


an.  i864  Questione  dei  Ducati  danesi  CY 

neutralità  fosse  estesa  a  tutte  le  isole  Jonie  e  loro  acque,  ma  in  questo 
trattato  la  neutralità  fii  più  limitata,  avendo  il  Governo  greco  manifestato 
il  desiderio  che  cosi  si  facesse. 

3.  Fu  stabilite  che  dovessero  rimanere  in  vigore  tutti  i  trattati 
commerciali  esistenti  y  e  che  non  dovesse  essere  fatto  ad  essi  nessun 
mutamento  prima  di  quindici  anni. 

4.  Fu  assicurate  il  rispetto  della  Chiesa  greca,  riconosciuta  la  spe- 
ciale protezione  goduta  dalla  Chiesa  cattolica  romana,  la  libertà  di  culto, 
r^uaglianzd  civile  a  forma  della  Costituzione  delle  Isole  in  allora  vigente. 

5.  L'aumento  alla  lista  civile  del  re  di  Grecia,  il  quale  a  norma 
del  mentovato  trattato  del  13  luglio  1863,  la  Gran  Bretagna  dovea  con- 
sigliare di  fare  approvare,  fu  elTeltivamente  approvato  dall'Assemblea 
legislativa  delle  Isole,  e  dalle  tre  Potenze. 

6.  A  forma  del  trattato  del  14  novembre  1863,  le  fortezze  di  Corfù 
e  loro  dipendenze  dovevano  essere  demolite  prima  che  le  truppe  inglesi 
le  abbandonassero.  Nulla  essendo  stato  detto  intomo  a  ciò  in  questo 
trattato,  i  Greci  desideravano  di  conservarle,  ma  esse  furono  smantellate 
tanto  quanto  fu  possibile. 

7.  Le  tre  Corti  garantirono  alle  Isole  la  posizione  che  a  loro  spettava, 
come  parte  del  territorio  di  una  monarchia  costituzionale  indipendente. 

Questione  dei  Ducati  Schleswig  e  Holstein. 

La  questione  dei  Ducati  di  Holstein  e  dello  Schleswig,  che  avea  cagio- 
nato la  guerra  tra  la  Danimarca  e  la  Prussia  nel  1848,  terminata  poi 
col  trattato  di  Londra  dell'  8  maggio  1852,  fu  risollevata,  quando  avvenne 
la  morte  di  Federico  VII,  il  13  novembre  1863. 

I  Ducati  di  Holstein  e  di  Lauenburg,  entrambi  germanici,  apparte- 
nevano alla  Danimarca,  ed  il  Re  danese  avea  fatto  parte  per  tali  Ducati 
fin  dal  1815  della  Confederazione  germanica.  Secondo  le  antiche  Carte 
feudali  essendo  escluse  le  donne  dalla  sovranità,  si  sosteneva  da  una  parte 
che,  quando  la  corona  danese  fosse  restata  senza  successori  di  linea 
maschile,  quei  Ducati  dovessero  essere  separati  dalla  Danimarca.  Questa 
eventualità  era  stata  prevista  da  Cristiano  Vili  Re  di  Danimarca,  il  quale, 
essendo  sul  trono  il  di  lui  figlio  Federigo  VII,  che,  nonostante  due  mairi- 
monii,  era  restato  senza  prole,  promulgò  un  Decreto  per  regolare  la 
successione,  onde  impedire  la  separazione  dei  Ducati  ed  effettuare  invece 
il  disegno  di  mantenerli  uniti  più  strettamente  al  Regno. 


evi  Appendice  L 

Le  tendenze  che  si  manifestavano,  specialmente  nella  Germania  del 
Nord,  di  attuare  una  maggiore  unità  politica  tra  tutti  i  paesi  alemanni, 
e  l'ingerenza  della  Dieta  di  Francoforte  a  riguardo  di  tutti  gli  Stati  e 
Principati  che  formavano  parte  della  (Confederazione  germanica,  fondata 
sulla  Costituzione  di  quella  Confederazione,  giustificavano  Fazione  con- 
tinua della  Dieta  stessa,  per  impedire  che  quei  Ducati  fossero  incorpo- 
rali alla  Danimarca  ed  attirare  THolstein  nell'unione  germanica.  Anzi 
essendovi  pure  nello  Schieswig,  Ducato  danese,  molti  di  razza  germanica, 
perchè  effettivamente,  se  si  eccettui  la  parte  nord  di  esso,  ivi  si  parla 
tedesco,  si  tendeva  estendere  a  quel  Ducato  l'azione  per  aggregarlo  alla 
Germania  e  separarlo  dalla  Danimarca. 

Queste  due  opposte  tendenze  hanno  tenuto  viva  la  cosi  détta  que- 
stione danese,  perchè  da  una  parte  i  Re  di  Danimarca  miravano  ad  incor- 
porare più  strettamente  quei  Ducati,  e  le  Potenze  germaniche,  dall'altra, 
miravano  invece  a  separarli.  Bisogna  poi  aggiungere  a  questo  che  il 
Ducato  di  Holstein  sopra  tutto  inclinava  piuttosto  verso  la  Germania. 

Il  trattato  di  Londra  del  1852  non  potè  risolvere  definitivamente  la 
controversia,  perchè  in  esso  la  questione  della  successione  fu  riservata. 
La  Confederazione  germanica  non  volle  neanche  accettare  la  Costituzione 
pubblicata  nel  1855  da  Federico  VII  Re  di  Danimarca,  perchè  la  con- 
siderò ispirata  dall'  intenzione  di  unire  più  strettamente  quei  Ducati  alla 
Danimarca,  mentre  essa  sosteneva  che  dovessero  far  parte  della  Confe- 
derazione. 

Quando  avvenne  la  morte  di  Federico  VII,  il  13  novembre  1866,  la 
questione  della  successione  ai  Ducati  divenne  una  contesa  di  attualità. 
Il  Duca  di  Glucksburg,  Cristiano,  sali  sul  trono,  ma  la  Confederazione 
germanica  non  riconobbe  i  suoi  diritti  ai  Ducati  come  fondati  sulla  le^e 
di  successione,  perchè  essa  non  l'aveva  approvata,  e  sosteneva  invece 
che  si  dovesse  applicare  l'antica  legge.  In  virtù  di  questa  diversi  accam- 
parono i  loro  diritti  alla  successione  dei  Ducati,  e  tra  gli  altri  il  Prin- 
cipe d'Augustenbui^,  il  quale  sostenendo  di  dover  essere  il  successore, 
dichiarava  che  avrebbe  assunto  il  governo  di  quei  paesi,  che  a  lui  spet- 
tavano. Le  sue  pretese  erano  sostenute  dalla  Germania. 

La  questione  si  complicò  poi,  perchè  Cristiano  promulgò  una  Costi- 
tuzione, in  virtù  della  quale  lo  ScMeswig  era  incorporato  propriamente 
al  regno.  Le  Potenze  germaniche  non  vollero  approvare  tale  Costituzione 
e  sostennero  il  movimento  dei  partigiani  che  domandavano  che  dovesse 
essere  revocata.  Il  re  di  Danimarca  non  volle  accettare  tali  pretese  a 


Qitestione  dei  Ducati  danesi  GVll 

dichiarava  che  avrebbe  potuto  abbondonare  i  suoi  diritti  sull'  Holsteìn, 
ma  che  intendeva  conservare  integri  qaelli  sullo  Schleswig.  Fu  allora 
che  la  Prussia  e  la  Germania  si  reputarono  sciolte  dall'osservanza  del 
trattato  di  Londra^  perchè  esso  non  era  stato  approvato  dalla  Dieta  ed 
avendo  questa  decretato  V  intervento  armato  per  tutelare  gì'  interessi  dei 
Ducati  tedeschi,  l'Austria  e  la  Prussia  intervennero  come  Potenze  federali, 
od  inlimarono  a  Cristiano  IX,  di  ritirare  nel  termine  di  due  giorni  la 
Costituzione  da  lui  applicata  allo  Schleswig,  o  ve  lo  avrebbero  costrello 
colla  forza. 

Immediatamente  il  Jutland  fu  invaso  dalle  (ruppe  federaU  e  la  Dani- 
marca fu  vinta  e  costretta  a  cedere  ;  prima  fu  sottoscritto  un  armistizio 
a  Christiansfeld  il  18  luglio;  poi  fu  concluso  il  trattato  di  pace  defini- 
tivo a  Vienna  il  30  ottobre  1864. 

Trattato  di  Vienna. 

1864,  Ottobre  30. 
in.  4864. 

Il  trattato  di  pace  definitivo,  col  quale  ierininò  la  ^lerra  contro  la  Dani- 
marca, fu  sottoscritto  dalla  Prussia,  dall'Austria  e  dalla  Danimarca.  Le 
condizioni  imposte  alla  medesima  furono  :  che  il  Re  danese  rinunziava 
a  tutti  i  suoi  diritti  sui  Ducati  di  Schleswig,  Holstein  e  Lauenburg  a  favore 
dell'Imperatore  d'Austria  e  del  Re  di  Prussia,  impegnandosi  ad  unifor- 
marsi alle  risoluzioni  che  sarebbero  state  prese  per  provvedere  all'assetto 
di  tali  paesi.  Una  parte  dello  Jutland  compresa  nello  Schleswig,  e  situata 
a  mezzogiorno  della  linea  di  confine  nord  del  distretto  di  Ribe,  fu  pure 
ceduta  dal  Re  di  Danimarca  per  essere  incorporata  allo  Schleswig.  Fu 
convenuto  che  la  Prussia  e  l'Austria  si  sarebbero  fatte  rimborsare  le  spese 
della  guerra  dai  Ducati  ;  che  la  Danimarca  avrebbe  restituite  tutte  le  navi 
mercantili  prussiane,  austriache  e  germaniche,  unitamente  alle  mercanzie 
sovra  di  esse  caricate  e  sequestrate  durante  la  guerra,  e  quelle  altresì 
confiscate  sulle  navi  neutrali.  Fu  inoltre  provveduto  al  riparto  del  debito 
pubblico  e  a  regolare  la  condizione  degli  originarii  dei  paesi  ceduti  (1). 

Questo  trattato  non  fu  neanche  portato  a  cognizione  della  Dieta  della 
Confederazione  germanica,  perchè  la  Prussia  e  l'Austria  intendevano 
volgere  a  loro  profitto  esclusivo  ì  risultati  della  guerra.  Il  trattato  concluso 
aveva  mfatti  attribuito  i  Ducati  ceduti  all'Austria  ed  alla  Prussia,  e  non 


(1)  Martens,  Nouv.  Ree.  gén.,  XVII,  2,  474-486. 


CVIll  Appendice  L  an.  1864. 

già  a  profitto  dei  pretendenti,  il  Duca  d'Oldenburgoe  il  Principe  d'Austen- 
bourg.  Le  due  Potenze  vincitrici  pensarono  quindi  di  dividersi  la  conquista 
fatta,  e  a  questo  iine  sottoscrissero  la  convenzione  di  Gasteia. 


Trattato  di  Ga$i€in. 
1865,  Agosto  14. 

tn.  1865. 

La  convenzione  di  Gastein  fra  l'Austria  e  la  Prussia  fu  conclusa  per 
dividersi  i  Ducali  conquistati,  e  le  parti  contraenti  convennero  che  i  diritti 
da  esse  acquistati  in  virtù  del  trattato  del  30  ottobre  1864  sar^bero  pas- 
sati, per  quello  che  concerneva  THoIstein,  all'Imperatore  d'Austria,  e  per 
quello  che  concerneva  lo  Schlesv^^ig  al  Re  di  Prussia.  Fu  pure  convenuto, 
che  fino  alla  creazione  di  una  flotta  federale  alemanna  le  due  Potenze  con- 
traenti avrebbero  potuto  servirsi  del  porto  di  Kiel  per  le  rispettive  navi 
da  guerra,  e  che  la  Prussia  avrebbe  esercitato  su  di  esso  la  polizia  ed  il 
comando. 

Essa  era  inoltre  autorizzata  a  costruire  le  fortezze  necessarie  per  la 
difesa  del  porto,  e  sulla  costa  holsteinese  gli  stabilimenti  marittimi  corri- 
spondenti allo  scopo  del  porto  militare. 

Entrambe  le  Potenze  si  riservarono  il  diritto  di  avere  una  guarnigione 
a  Rendsbourg  convenendo,  che  avrebbero  alternato  a  vicenda  il  comando 
di  essa. 

La  Prussia  si  riservò  il  diritto  di  avere  due  strade  militari  attraverso 
THolstein,  l'una  da  Lubecca  a  Kiel,  l'altra  da  Amburgo  a  Rendsbourg. 
Le  fu  inoltre  concesso  di  condurre  attraverso  il  territorio  holsteinese  un 
canale  per  congiungere  il  mare  del  nord  al  mare  Baltico  ;  di  acquistare  i 
terreni  necessarii  per  scavare  il  canale  secondo  i  suoi  piani  ;  di  sorvegliare 
per  mantenerlo  in  buone  condizioni,  e  fissare  inoltre  la  tassa  di  naviga- 
zione, ohe  doveva  essere  eguale  per  le  navi  di  qualsiasi  nazione. 

L'Austria  dichiarò  di  cedere  alla  Prussia  ogni  suo  diritto  sul  Ducato 
di  Lauenburg,  ottenendo  da  questa  in  pagamento  la  somma  di  2,500,000 
ris-doUari. 

Questa  convenzione  di  Gastein  parve  che  dovesse  risolvere  definitiva- 
mente la  questione  danese,  ma  gli  avvenimenti  successivi  provarono  come 
la  gelosia  esistente  fra  l'Austria  e  la  Prussia,  ciascuna  delle  quali  mirava 
ad  acquistare  per  sé  l'egemonia  germanica,  dovea  trovare  nella  questione 
dei  Ducati  l'occasione  per  manifestarsi. 


in.  1866.  Pace  di  Nikolsbourg  CIX 

A  riguardo  delle  altre  Potenze,  che  erano  restate  estranee  alla  guerra, 
giova  notare,  come  esse  considerarono  le  disposizioni  prese  a  Vienna  e  a 
Gastein,  non  solo  contrarie  ai  trattati  del  1815,  e  a  quello  di  Londra  del 
1852,  ma  ai  principii  altresì  del  Diritto  internazionale  moderno.  Queste 
furono  sopratutto  le  vedute  del  Governo  francese  e  del  Governo  inglese,  i 
quali  riguardarono  come  vere  violazioni  del  Diritto  intemazionale  l'avere 
disposto  di  quei  Ducati,  senza  che  né  la  Dieta  vi  avesse  preso  parte,  né  gli 
abitanti,  né  coloro  che  vantavano  diritti  su  di  essi  fossero  stati  richiesti 
del  loro  consenso.  Di  ciò  erano  allarmati  anche  gli  Stati  di  secondo  ordine 
della  Germania.  La  Baviera,  la  Sassonia  e  Assia-d'Armstadt  proponevano 
che  la  Dieta  dovesse  occuparsi  dell'affare  dei  Ducati,  ed  invitare  le  due 
grandi  Potenze  a  convocare  nell'HoIstein  un  Parlamento,  onde  risolvere  le 
questioni  che  concernevano  la  costituzione  dei  Ducati,  e  Tammissione 
dolio  Srhleswig  nella  Confederazione:  ma  questa  proposta  non  fu  accettata 
dalla  Prussia. 

Guerra  tra  TAustria  e  la  Prussia. 

Preliminari  di  Nikolsbourg. 
1866,  Luglio  26. 

1  dissensi  tra  la  Prussia  e  l'Austria,  che  già  da  lungo  tempo  esiste- 
vano, a  riguardo  dell'influenza  e  della  supremazia,  che  ciascuna  di  esse 
intendeva  esercitare  nella  Confederazione  germanica,  divennero  più  gravi 
nel  1866  a  proposito  dell'esecuzione  della  convenzione  di  Gastein. 

L'Austria  si  accorse  che  quella  convenzione  era  tutta  a  vanta^io  della 
Prussia  sua  avversaria,  e  sosteneva,  o  per  lo  meno  tollerava  le  pretese  del 
Duca  di  Augustembourg,  mentre  la  Prussia,  che  mirava  ad  acquistare  il 
possesso  esclusivo  dei  Ducati,  combatteva  quelle  pretese,  escludendo  che 
il  Duca  avesse  alcun  diritto  sullo  Schles^ig 

Cosi  divennero  più  vivi  i  dissensi  fra  queste  due  grandi  Potenze,  e  sei 
mesi  scorsero  in  discussioni  e  trattative,  e  nell'armare  e  disarmare  senza 
che  gli  sforzi  degli  altri  Governi  per  dirimere  le  mali  intelligenze  arrivassero 
a  far  tornare  in  buona  armonia  le  due  Potenze  rivali.  Si  aggiunse  poi  che 
la  Prussia  per  annientare  l'influenza  dell'Austria  nella  Confederazione 
propose  di  riformarla  e  costituire  un  Parlamento,  nel  quale  essa  contava 
di  poter  disporre  della  ma^oranza  dei  voti. 

In  conseguenza  di  ciò  i  rapporti  fra  quelle  due  Potenze  divennero  ostili, 
e  ne  segui  poi  la  guerra,  non  ostante  gli  sforzi  riuniti  della  Francia,  dell'In- 
ghilterra e  della  Russia  per  evitarla. 


ex  Appendice  L  an.1886» 

Le  truppe  prussiane  entrarono  nell'  Holstein  ed  il  GoTemo  prussiano 
dichiarò  che  esso  lo  faceva  per  esercitare  il  diritto  di  occupare  Altona  in 
comune  coirAustria  ;  questa  invece  dichiarava  che  la  convenzione  di  Gastein 
era  violata,  e  che  avrebbe  considerato  come  caso  di  guerra,  se  le  truppe 
prussiane  non  fossero  state  tosto  richiamate.  Poi  faceva  appello  alla  Dieta 
federale  per  ottenere  l'esecuzione  federale  contro  la  Prussia,  ma  il  Governo 
prussiano  sostenne  di  non  riconoscere  l'autorità  della  Dieta  e  dichiarò  che 
si  riteneva  sciolto  dalla  Confederazione  fino  a  tanto  che  questa  non  avesse 
accettato  il  piano  di  riforma.  Cosi  scoppiò  la  guerra.  La  Prussia  era  alleata 
coli' Italia,  alla  quale  avea  promesso  Venezia  e  le  provincie  soggette  all'Au- 
stria, come  patto  dell'alleanza  concordata  col  trattato  sottoscritto  1' 8  aprile 
1866,  e  gelosamente  tenuto  segreto. 

Gli  Stati  della  Germania  si  divisero,  e  furono  per  l'Austria,  la  Sassonia, 
l'Annover,  Assia-Cassel,  Assia-d'Armstadt,  Nassau,  Francoforte  e  gli  Stati 
Sud-germanici,  tutti  gli  altri  Stati  Nord-germanici  furono  per  la  Prussia* 

La  guerra  fu  condotta  con  una  rapidità  ed  una  decisione  sorprendente. 
L'esercito  annoverese  fu  obbligato  a  capitolare  il  29  di  giugno,  ed  i  Prus- 
siani di  vittoria  in  vittoria,  riportate  sopra  i  Sassoni  e  gli  Austriaci,  disfe- 
cero completamente  l'esercito  austriaco  a  Sadowa^^  aprendosi  cosi  la  strada 
per  Vienna.  L'Italia,  intanto  che  aveva  concluso  un  trattato  di  alleanza 
oifensiva  e  difensiva  colla  Prussia,  aveva  pure  dichiarata  la  guerra  e  attac- 
cala  l'Austria  nelle  province  Lombardo- Venete.  L'Imperatore  d'Austria, 
per  arrestare  gli  eserciti  alleati,  pensò  allora  di  domandare  a  Napoleone  III 
la  sua  mediazione  e  offri  la  Venezia  alla  Francia,  sottoscrivendo  con  essa 
il  trattato  di  Vienna  del  24  agosto  1866. 

Questo  avvenimento  rallentò  le  ostilità,  ma  non  le  sospese  ;  i  Prussiani 
continuarono  a  marciare  avanti  ;  gli  Italiani  scontenti  di  dover  ricevere  la 
Venezia  dalla  Francia  continuavano  a  lottare  avanzandosi  nel  Tirolo  e  nel 
Trentino.  Nonostante  ciò  in  conseguenza  dcU'azione  attiva  della  Francia 
per  far  cessare  la  guerra,  le  proposte  dei  preliminari  di  pace  furono  accolte 
da  una  parte  e  dall'altra,  e  sottoscritti  a  Nikolsbourg  il  26  luglio. 

Le  condizioni  concordate  furono  le  seguenti  :  fu  dichiarato  che  la  mo- 
narchia austriaca  doveva  essere  mantenuta  nella  sua  integrità,  eccetto  il 
Regno  Lombardo- Veneto  ;  che  l'Imperatore  d'Austria  riconosceva  la  disso- 
luzione dell'antica  Confederazione  germanica,  e  acconsentiva  ad  una  nuova 
organizzazione  della  medesima  e  della  quale  l'Austria  non  avrebbe  fatto 
parie;  consentiva  che  gli  Stati  tedeschi  posti  al  nord  della  linea  del  Meno 
avessero  contratto  un'unione  più  stretta  con  la  Prussia,  e  che  quelli  situati 


u.  i8G6.  Pace  di  Nikoìsbourg  CXI 

al  Sud  avessero  formato  fra  di  loro  una  unione  e  che  i  rapporti  di  codesti 
Stali  uniti,  con  quelli  uniti  del  Nord  potessero  essere  regolati  secondo  gli 
accordi  fra  essi  Stati  stabiliti;  che  l'Austria  trasferiva  alla  Prussia  tutti  i  diritti 
da  essa  acquistati  in  virtù  del  trattato  di  Vienna,  del  30  ottobre  1864,  sui 
Ducati  di  Holstein  e  di  Schleswig,  riservando  soltanto  agli  abitanti  del  nord 
dello  Schleswig  il  diritto  di  manifestare  col  loro  voto,  se  intendevano  unirsi 
alla  Danimarca;  essa  assumeva  inoltre  l'impegno  di  pagare  alla  Prussia  a 
titolo  d'indennità  di  gueiTa  la  somma  di  40,000,000  di  talleri. 

Il  re  di  Prussia  assumeva  l'impegno  di  mantenere  nei  cambiamenti 
territoriali,  che  avrebbero  avuto  luogo  in  Germania,  i  confini  attuali  del 
regno  di  Sassonia,  si  obbligava  inoltre  ad  ottenere  l'adesione  dell'Italia  ai 
preliminari  della  pace  ed  alla  conclusione  della  pace  sulle  basi  concor- 
date, appena  l'Imperatore  dei  Francesi  avesse  posto  il  regno  Lombardo- 
Veneto  a  disposizione  del  Re  d'Italia. 

Stabilita  con  tale  trattato  la  sospensione  delle  ostilità,  prima  che  fosse 
sottoscritto  il  trattato  di  pace  definitivo,  la  Prussia  concluse  varii  trattati 
con  gli  Stati  secondari  della  Confederazione  germanica  che  si  erano  alleati 
con  l'Austria,  ed  impose  ai  medesimi  di  accettare  le  condizioni  stipulate 
tra  essa  e  l'Austria  coi  preliminari  di  pace  di  Nikolsboui^,  e  determinò  la 
indennità  di  guerra  che  ciascuno  di  essi  doveva  pagare.  Cosi  essa  fece  col 
Wùrtemberg,  col  trattato  stipulato  a  Berlino  il  13  agosto  1866;  col  Gran- 
ducato di  Baden,  il  17  agosto;  con  la  Baviera,  il  28  agosto;  col  Granducato 
dì  Assia,  il  3  settembre  ;  col  Principato  di  Reuss,  il  26  settembre. 

Furono  inoltre  sottoscritti  a  Berlino  i  trattati  d'alleanza  ofTensiva  e 
difensiva,  cioè  quello  del  18  agosto  fra  la  Prussia  da  una  parte  e  il  Mec- 
klcmburg-Schwerìn,  Sassonia- Weimar,  Mecklemburg-Strelitz,  Oldenburg, 
Brunswich,  Sassonia- Altenburg,Sassonia-Coburgo-Gotha,  Anhalt,  Schwartz- 
burg-Sondershausen ,  Schwartzburg-Rudolfstaldt,  Waldeck,  Reuss  (linea 
cadetta),  Schaumburg-Lippe,  Lippe,  Lubecca,  Brema  e  Amburgo  dall'altra, 
pel  mantenimento  della  indipendenza,  della  integrità  e  della  sicurezza 
interna  ed  estema  dei  loro  Stati. 

Le  parti  contraenti  si  obbligavano  alla  difesa  comune  dei  loro  terrìtorii, 
che  esse  si  garantivano  a  reciprocità,  e  convenivano  che  lo  scopo  dell'al- 
leanza tra  essi  conclusa  sarebbe  stato  definitivamente  determinato  da  una 
costituzione  federale,  la  quale  sarebbe  stata  stabilita  in  conformità  delle 
proposte  fatte  dalla  Pinissia,  e  da  un  Parlamento  comune,  che  sarebbe 
stato  convocato  ;  che  le  truppe  dei  Governi  alleati  sarebbero  state  poste 
sotto  il  comando  del  Re  di  Prussia,  che  sarebbero  state  regolate  da  con- 


CXII  Appendice  L  ao.  1806. 

veDzioni  particolari  le  prestazioni  da  ciascuno  degli  Stati  alleati  dovute 
durante  la  guerra;  che  tutti  i  trattati  e  convenzioni  conclusi  precedente- 
mente fra  le  parti  sarebbero  stati  naantenuti  in  vigore. 

I  Governi  alleati  assumevano  inoltre  l'impegno  di  prendere  le  misure 
necessarie  per  procedere  all'elezione  dei  membri  del  Parlamento,  il  quale 
sarebbe  stato  convocato  di  comune  accordo  con  la  Prussia,  e  che  intanto 
avrebbero  inviato  a  Berlino  i  loro  plenipotenziarii  per  concordare  sulle 
proposte  fatte  dal  Governo  prussiano,  il  progetto  di  Costituzione  federale, 
che  doveva  essere  sottoposto  al  Parlamento. 

L'alleanza  cosi  conclusa  doveva  durare  fino  a  tanto  che  non  fosse  stata 
costituita  la  nuova  Confederazione,  ed  intanto  la  sua  durata  era  fissata  per 
un  anno.  L'altro  trattato  d'alleanza  ofiensiva  e  difensiva  fu  concluso  il 
22  agosto  fra  la  Prussia  e  la  Baviera  alBerlino,  ed  in  virtù  di  tale  trattato 
anche  il  Re  di  Baviera  cede  il  comando  supremo  delle  sue  truppe  al  Re 
di  Pnissia. 

Pace  defiaitiva  tra  l'Austria  e  la  Prussia. 

Trattato  di  Praga. 

i866,  Agosto  23. 

tD.  Ì866, 

La  pace  definitiva  tra  l'Austria  e  la  Prussia  fu  conclusa  col  trattato  di 
Praga,  fatto  sulle  basi  dei  preliminari  stipulati  a  Nikolsbourg. 

Le  principali  disposizioni  concordale  tra  le  parti  furono  le  seguenti  : 
che  cioè  : 

1.  L'Imperatore  d'Austria  accedeva  alla  dichiarazione  fatta  dal  rap- 
presentante dell'Imperatore  dei  Francesi,  che  la  Venezia  sarebbe  stata 
rimessa  dopo  la  pace  all'Italia  e  acconsentiva  a  che  il  regno  Lombardo- 
Veneto  fosse  unito  all'Italia. 

2.  L'Imperatore  d'Austria  riconosceva  lo  sciogHmento  della  Confe- 
derazione germanica  e  acconsentiva  a  che  la  Germania  potesse  essere 
organizzata  senza  la  partecipazione  dell'Impero  d'Austria;  riconosceva  in 
pari  tempo  l'unione  federale,  che  sarebbe  stata  fondata  dal  Re  di  Prussia 
tra  gli  Stati  al  nord  della  linea  del  Meno,  e  acconsentiva  inoltre  a  che  gli 
Stati  al  sud  di  questa  linea  avessero  potuto  contrarre  un'unione,  i  vincoli 
della  quale,  colla  Confederazione  del  nord,  sarebbero  stati  stabiliti  secondo 
gii  accordi  delle  parti. 

3.  L'Austria  rinunciava  a  tutti  i  diritti  attribuiti  ad  essa  dal  trattato 
di  Vienna,  del  30  ottobre  1864,  sullo  Schleswig  e  sullo  Holstein  trasferendo 


an.  i800.  Trattato  di  Praga  CXIIl 

tali  diritti  alla  Prussia,  riservando  alle  popolazioni  del  nord  dello  Schleswig 
di  poter  essere  unite  alla  Danimarca,  qualora  esse  con  voto  liberamente 
espresso  avessero  manifestato  tale  desiderio. 

4.  Il  Re  di  Prussia  assumeva  l'impegno,  conformemente  ai  desiderii 
espressi  dall'Imperatore  d'Austria,  di  lasciar  sussistere  nella  sua  integrità 
territoriale  il  regno  di  Sassonia  riservandosi  di  fissare  con  un  particolare 
trattato  col  Re  di  Sassonia  la  situazione  di  questa  nella  Confederazione 
del  nord  della  Germania,  e  la  parte  delle  spese  di  guerra  ad  essa  attribuite, 
e  l'Imperatore  d'Austria  assumeva  dal  canto  suo  l'impegno  di  riconoscere 
l'organizzazione  della  Confederazione  del  nord  della  Germania,  come  dal 
Re  di  Prussia  sarebbe  stata  stabilita. 

5.  L'indennità  di  guerra  imposta  all'Austria  fu  (issata  a  20,000,000 
di  talleri. 

Rispetto  ai  trattati  anteriori  conclusi  fra  le  parti  fu  convenuto  che 
dovessero  essere  conservali  in  vigore  quelli  soltanto  che  non  dovessero 
reputarsi  estinti  in  conseguenza  dello  scioglimento  della  Confederazione 
germanica. 

Questo  trattato  pose  la  Prussia  a  capo  della  Germania,  escludendone 
completamente  l' Austria  ;  accrebbe  i  possedimenti  territoriali  di  essa 
aggiungendo  a  quello  Stato  una  considerevole  estensione  di  territorio  e 
4,000,000  e  mezzo  di  abitanti;  pose  in  potere  della  medesima  i  più  im- 
portanti porti  di  mare,  che  le  resero  possibile  di  accrescere  la  sua  marina 
militare,  acquistando  cosi  una  grande  forza  e  una  grande  potenza. 

Gli  avvenimenti  posteriori  assicurarono  la  supremazia  della  Prussia. 
In  virtù  della  legge  votata  dalle  Camere  prussiane  11  20  settembre  1866 
fìi  decretata  l'annessione  di  Annover,  Assia-Elettorale,  Nassau  e  Franco- 
forte alla  monarchia  prussiana,  e  col  trattato  di  Rerlino  del  21  ottobre  1866 
la  Sassonia  accettò  le  disposizioni  del  trattato  di  Praga  relative  ad  essa. 
Il  17  aprile  1867  fu  effettuata  la  Confederazione  della  Germania  del  nord, 
il  che  fu  di  per  sé  stesso  un  grande  passo  per  attuare  l'unità  nazionale,  a 
cui  le  popolazioni  germaniche  aspiravano  da  lungo  tempo.  Nel  1870,  in 
seguilo  all'iniziativa  presa  dal  Re  di  Baviera,  seguito  poi  dal  Wùrtemberg 
e  dai  Granducati  di  Baden  e  di  Assia,  la  Dieta  della  Confederazione  della 
Germania  dichiarò  il  9  dicembre  l'accessione  degli  Stali  del  sud  della  Ger- 
mania all'Unione  federale  fondata  dagli  Stati  del  nord,  e  cosi  la  Confede- 
razione germanica  divenne  l'Impero,  la  costituzione  del  quale  ha  esercitato 
ed  esercita  una  grande  influenza  nell'attualità  su  tutti  gli  avvenimenti 
politici  dell'epoca  presente. 

45  —  Fiore,  Dir,  infern.  nodif. 


CXIV  Appendice  L 


Guerra    franco«germaiiic 


QoettioB«  M  LasMmborgo. 


Trattato  di  Londra. 

1867,  Maggio  il. 

in.  4887 

La  Francia  aveva  visto  a  malincuore  T ingrandimento  della  Prussia  in 
seguilo  alla  guerra  del  1866.  Si  dice  che  l'Imperatore  Napoleone  le  avesse 
lasciato  le  mani  libere,  perchè  aveva  avuto  promessa  da  Bismark  nel 
convegno  di  Biarritz  di  ottenere  un  compenso  territoriale  dalla  parte  del 
Reno.  Deluso  nella  sua  aspettativa  era  naturale  l'antagonismo  tra  le  due 
Potenze.  Questo  crebbe,  quando  nel  marzo  del  1867  furono  pubblicati  i 
trattati  fino  allora  tenuti  segreti  d'alleanza  offensiva  e  difensiva  tra  la 
Prussia,  la  Baviera,  il  Wùrtemberg  e  il  Granducato  di  Baden. 

I  dissensi  incominciarono  a  proposito  della  questione  del  Lussem- 
burgo. 

II  Re  d'Olanda  come  Granduca  del  Lussembui^o  era  membro  della 
Confederazione  germanica.  Sciolta  questa  in  seguilo  agli  avvenimenti 
del  1866  il  Limburgo  e  il  Lussemburgo  vennero  a  trovarsi  in  una  posizione 
veramente  difficile,  perchè  la  Prussia  continuò  a  mantenere  nella  fortezza 
di  Lussemburgo  la  guarnigione  che  era  in  essa  mantenuta,  quando  questo 
Ducato  faceva  parte  della  Confederazione.  La  Francia  aveva  iniziato  trat- 
tative col  Re  d'Olanda  per  ottenere  la  cessione  de)  Granducato,  ma  solleva 
naturalmente  la  questione  se  la  Prussia  avrebbe  acconsentito  a  ritirare  le 
sue  truppe.  Questo  faceva  temere  un  grave  dissenso  tra  le  due  Potenze  e 
la  probabilità  di  una  guerra. 

Affine  di  evitarla  una  Conferenza  fu  riunita  ad  iniziativa  del  Re  d'Olanda 
a  Londra  e,  avendovi  preso  parte  T  Austria,  il  Belgio,  la  Francia,  la  Gran 
Bretagna,  l'Italia,  il  Lussemburgo,  la  Russia  e  la  Prussia,  fu  prima  sotto- 
scritto un  protocollo,  il  7  maggio  1867,  e  poi  un  trattato  da  tutte  le  Potenze 
intervenute,  l'il  maggio  dello  stesso  anno,  onde  regolare  la  questione  del 
Granducato. 

In  virtù  di  tale  trattato  fu  stabilito  che  il  Granducato  di  Lussemburgo 
avrebbe  continualo  ad  appartenere  al  Re  dei  Paesi  Bassi  come  parte  dei 
possedimenti  appartenenti  alla  dinastia  di  Orange-Nassau,  ma  che  avrebbe 
formato  uno  Stato  neutro  mantenendo  la  sua  neutralità  rispetto  agli  altri 


SD.  1887.  Guerra  franco-prussiana  CXV 

Slati^  e  che  le  parti  contraenti,  il  Belgio  solo  eccettuato,  essendo  Stato 
neutro  esso  stesso  (1),  sarebbero  state  obbligate  a  rispettare  la  neutralità 
del  Granducato,  ed  a  proteggerla  considerando  la  conservazione  di  essa 
sotto  la  loro  garanzia  collettiva. 

Fu  inoltre  convenuto  che  la  città  di  Lussemburgo  non  sarebbe  stata 
considerata  quale  fortezza  neutrale,  come  in  passato,  e  che  avrebbe  cessato 
di  essere  fortificata  riservandosi  il  Re  granduca,  di  mantenervi  soltanto 
quel  numero  di  truppe  necessarie  per  vegliare  al  mantenimento  del  buon 
ordine,  e  che  le  truppe  prussiane  di  guarnigione  nella  fortezza  Tavrebbero 
abbandonata,  appena  avvenuto  lo  scambio  delle  ratifiche  del  trattato.  Il  Re 
granduca,  dalla  sua  parte,  prese  V  impegno  di  convertire  quella  piazza 
forte  in  città  aperta,  e  di  non  ristabilire  in  essa  le  fortificazioni,  e  di  non 
creare  alcun  stabilimento  militare. 

Così  avendo  dichiarato  il  Lìmburgo  e  il  Lussemburgo  parte  integrante 
del  regno  dei  Paesi  Bassi,  ed  assicurata  la  neutralità  di  essi,  ogni  contro- 
versia tra  la  Francia  e  la  Prussia  fu  assopita. 

Questione  della  eandidalora  HobeBiollera. 


Pace  di  Versailles. 

1871,  Febbraio  26. 
M.  i87i. 

I  dissensi  tra  la  Francia  e  la  Germania,  sopiti  momentaneamente,  rinac- 
quero a  proposito  della  candidatura  alla  Corona  di  Spagna. 

Rovesciato  il  governo  della  Regina  Isabella  II  dalla  rivoluzione,  la 
Spagna  cercava  un  Re.  Il  maresciallo  Prim  era  riuscito  a  far  accettare  la 
Corona  di  Spagna  dal  Principe  Leopoldo  Hohenzollern,  a  cui  era  stata 
offerta.  Il  Re  di  Prussia,  lontano  parente  e  capo  della  Casa  di  lui,  pareva 
che  approvasse  tale  candidatura  al  trono  vacante  di  Spagna,  ma  questo 
non  accomodava  al  Governo  francese,  il  quale  si  opponeva  vivacemente 


(1)  L'articolo  2  del  menzionato  Trattato  sottoscritto  a  Londra  l'il  maggio  1867 
dall'Austria,  dal  Belgio,  Gran  Bretagna,  Francia,  Italia,  Paesi  Bassi,  Prussia  e  Russia 
dice  cosi: 

I  Le  grand-duché  de  Luxembourg  formerà  désormais  un  État  perpétuellement 
neutre.  Il  sera  tenu  d^observer  cette  neutralité  envers  les  autres  États.  Les  Hautes 
Parties  contractantes  s*engagent  à  respecter  le  principe  de  nentralité  stipulò  par  le 
présent  article.  Ce  principe  est  et  demeure  place  soas  la  sanction  de  la  garantie 
collective  des  puissances  signataires  du  présent  traitó,  à  l'exception  de  la  Belgique 
qui  est  elle-méme  un  État  neutre  •  • 


CXVl  Appt'iidice  L  an.  1871 

alla  detta  candidatura,  perchè  diceva  che  cosi  si  miraTa  a  nstabiììie  l'im- 
pero di  Carlo  V,  e  quel  Governo  potè  ottenere  che  lo  stesso  candidato  vi 
rinunziasse.  Non  contento  del  risultato  ottenuto  esso  poi  pretese  che  il  Re 
Guglielmo  di  Prussia  dovesse  fare  una  dichiarazione,  che  cioè  esso  non  solo 
approvava  la  rinunzia  alla  candidatura  da  parte  di  HohenzoUern,  roa  che 
garantiva  che  mai  sarebbe  stata  riproposta. 

n  Re  di  Prussia  rifiutò  recisamente  di  accondiscendere  a  tale  richiesta^ 
e  non  volle  più  concedere  ulteriori  udienze  all' ambasciatore  francese,  che 
in  seguito  alle  istruzioni  ricevute  insisteva.  Questo  accadeva  ad  Eois  U 
13  luglio  1870.  Due  giorni  dopo  Olivier,  ministro  degli  Esteri,  dichiarava 
all'Assemblea  legislativa  che  il  rifiuto  del  Re  di  Prussia  di  dare  udienza 
all'ambasciatore  francese  doveva  essere  considerato  come  caso  di  guerra 
e  domandava  un  credito  di  50,000,000  di  franchi  per  fare  la  guerra  alla 
Germania.  Molti  deputati  cercarono  di  opporsi,  ma  il  credito  fu  votato,  e 
la  guerra  fu  dichiarata  con  un  proclama  dell'Imperatore  Napoleone  pub- 
blicato il  23  di  luglio. 

I  principali  avvenimenti  di  questa  guerra  furono  i  seguenti  :  6  agosto, 
battaglia  di  Wòrth  o  di  FrOschwiller  ;  16  agosto,  battaglia  di  Mars-le-Tour, 
presso  Metz,  e  battaglia  di  Toul  ;  18  agosto,  battaglia  di  Metz;  l^"  settembre 
battaglia  di  Sedan;  2  settembre,  capitolazione  di  Sedan,  furono  fatti  100,000 
prigionieri,  l'imperatore  Napoleone  si  arrese  ai  Prussiani;  4  settembre,  a 
Parigi  il  popolo  domanda  che  sia  dichiarata  decaduta  la  dinastia,  e  procla- 
mata la  Repubblica;  19  settembre,  Parigi  è  investita;  23  settembre,  Toul 
è  presa  ;  28  settembre,  Strasburgo  capitola;  27  ottobre,  capitolazione  di 
Bazaine  a  Metz,  e  del  suo  numerosissimo  esercito;  8  novembre,  Verdun  è 
presa;  10  novembre,  resa  di  Neuf-Brisach ;  12  dicembre,  Phalsbourg  si 
arrende  ;  capitolazione  di  Parigi,  al  seguito  d'una  convenzione  stipulata  a 
Versailles  il  28  gennaio  1871,  colla  quale  fu  pure  stabilito  che  vi  sarebbe 
stato  un  armistizio  generale,  eccetto  che  sul  teatro  della  guerra  al  Sud-est 
della  Francia,  e  che  piena  libertà  sarebbe  stata  concessa,  in  tutta  la 
Francia,  di  procedere  alle  elezioni  onde  nominare  un'Assemblea  legislativa. 

I  preliminari  di  pace  furono  conclusi  a  Versailles  il  26  febbraio  1871 
fra  la  Prussia  (rappresentata  dal  Conte  di  Bishark),  la  Baviera,  il  WQr- 
temberg  e  il  Ducato  di  Baden  da  una  parte,  e  la  Francia  dall'altra  (rappre- 
sentata da  Thiers  capo  del  potere  esecutivo,  e  GmLio  Favre  ministro  degli 
literi).  I  principali  provvedimenti  furono  i  seguenti: 

1.  Continuazione  dell'armistizio,  sotto  la  condizione  che  dal  3  marzo 
previo  avviso  di  3  giorni  potessero  essere  riprese  le  ostilità. 


in.  4871.  Guerra  franco-prussiana  CXVII 

2.  Cessione  da  parte  della  Francia  a  favore  dell'Impero  germanico 
di  tutti  i  suoi  diritti  e  titoli  sui  territori!  situati  all'est  della  frontiera 
descritta  e  designata  su  di  una  carta  del  territorio,  pubblicata  a  Berlino 
nel  settembre  1870  daHa  divisione  geografica  dello  Stato  maggiore. 

Il  territorio  cosi  ceduto  comprendeva  principalmente  l'Alsazia  ed  una 
p|irte  della  Lorena;  i  dipartimenti  del  basso  Reno  e  dell'alto  Reno  fino  al 
cantone  di  Belfort;  una  piccola  parte  di  quella  della  Meurthe  ed  una  gran 
parte  di  quello  della  Mosella. 

La  Francia  si  obbligava  a  pagare  alla  Germania,  a  titolo  d'indennità  di 
guerra,  cinque  miliardi,  dei  quali  uno  nel  1871,  il  resto  entro  tre  anni,  e 
la  Prussia  si  riservava  il  diritto  di  continuare  ad  occupare  una  parte  del 
territorio  francese  e  di  evacuarlo  a  misura  che  sarebbe  stata  pagata  la 
indennità  di  guerra. 

Altri  provvediménti  concordati  concernevano  la  restituzione  dei  pri- 
gionieri e  l'amministrazione  dei  dipartimenti  francesi,  che  dovevano  tut- 
tora rimanere  occupati  dalie  truppe  tedesche. 

Trattato  di  Pace  di  Francoforte* 

i87i,  Maggio  10. 
«n.  4871. 

La  pace  definitiva  tra  la  Germania  e  la  Francia  fu  conclusa  col  trattato 
sottoscritto  a  Francoforte.  Tale  trattato  rettificò  i  confini,  che  erano  stati 
fissati  nel  trattato  preliminare.  La  città  di  Belfort  col  suo  territorio  fu 
data  alla  Francia,  e  il  Governo  tedesco  si  mostrò  disposto  ad  estendere  il 
raggio  di  questo  territorio  in  maniera  da  comprendere  altri  villaggi,  e  la 
parte  occidentale  dal  cantone  di  Fontaine,  ma  alla  condizione  che  il  Governo 
francese  avesse  acconsentito  ad  una  rettifica  di  confini  fra  i  limiti  del  Lus- 
semburgo ed  il  fiume  Ome,  verso  l'estremità  nord  dei  territorii  acquistati 
dalla  Prussia. 

Altri  articoli  concernono  la  condizione  dei  Francesi  orìginarii  dei  ter- 
rit<HÌi  ceduti  o  in  essi  domiciliati  ;  il  regolamento  del  pagamento  della 
indennità  di  guerra,  della  consegna  degli  archivi,  dei  depositi  fatti  dai 
Dipartimenti  o  Comuni  dei  paesi  ceduti,  ed  altri  oggetti  d'interesse  politico 
ed  amministrativo. 

Con  questo  trattato  le  frontiere  della  Francia  verso  l'ovest  furono 
ridotte  a  quelle  che  erano  tre  secoli  prima  nel  1552  e  il  Re  di  Prussia,  che 
aveva  preso  già  il  titolo  d'Imperatore  di  Germania,  aggregò  al  suo  Stato 
1 ,597,765  abitanti. 


CXVIU  Appendice  L 

Conferenza  e  trattato  di  Londra, 

1871,  Marzo  13. 

aa.  1871 . 

IM3  marzo  4871  furono  fatte  a  Londra,  dalle  Potenze  le  quali  avevano 
preso  parte  al  trattato  di  Parigi  del  Ì856,  alcune  modificazioni  riguardanti 
la  regola  che  neutralizzava  il  Mar  Nero. 

Nell'ottobre  1870  —  subito  dopo  la  caduta  del  secondo  Impero  —  3 
Governo  russo  dichiarò  alle  altre  Potenze  firmatarie,  che  Tlmperatore  non 
si  poteva  più  a  lungo  considerare  obbligato  ad  osservare  le  restrizioni 
del  1856,  concementi  i  suoi  diritti  di  sovranità  sul  Mar  Nero,  né  la  speciale 
convenzione  allora  dalla  Russia  fatta  colla  Turchia,  e  che  determinava  il 
numero  e  la  grandezza  delle  navi,  le  quali  queste  due  Potenze  riverane 
permettevano  l'una  all'altra  di  tenere  nel  Mar  Nero.  Le  ragioni  messe 
innanzi  in  appoggio  di  queste  rimostranze  erano  cosi  frivole  da  far  mera- 
vigliare come  si  avesse  animo  di  farle  note.  Esse  erano:  ì^  una  insignifi- 
cante dissonanza,  fra  il  trattato  principale  del  1856,  e  la  convenzione  degli 
Stretti  ad  esso  annessa  ;  2o  che  il  trattato  era  stato  violato  dalle  grandi 
Potenze  nella  sua  lettera  e  nel  suo  spirito,  avendo  esse  riconosciuta  Tunione 
dei  Principati  danubiani  fatta  dalla  rivoluzione  ;  3^  che  gli  Stretti  erano 
stati  aperti  ai  bastimenti  da  guerra  stranieri,  violando  cosi  i  patti  del  trat- 
tato; A^  che  il  modo  di  guerreggiare  in  mare  era  cambiato  a  cagione  della 
invenzione  delle  navi  corazzate,  cosicché  i  porti  russi  si  trovavano  esposti 
ad  attacchi  improvvisi,  da  parte  di  nemici,  i  quali  avrebbero  potuto  farsi 
strada  attraverso  gli  Stretti.  Si  adduceva  inoltre  che  le  stipulazioni  del  1856 
erano  offensive  ed  umilianti  per  la  Russia,  e  che  probabilmente  l'opinione 
dell'Europa  trovava  giuste  le  osservazioni  dell'Imperatore. 

Le  affermazioni  della  Russia  furono  prese  in  considerazione  a  Londra, 
nel  gennaio  1871,  da  una  Conferenza,  la  quale  determinò  di  annullare  gli 
artìcoli  XI,  Xin,  XIV  del  trattato  di  Parigi,  e  la  convenzione  concernente 
gli  Stretti,  stipulata  fra  la  Russia  e  la  Turchia  (1),  e  vi  fu  sostituito  il 
seguente  articolo  :  «  Il  principio  della  chiusura  degli  Stretti  dei  Dardanelli 
e  del  Bosforo,  stabilito  dalla  convenzione  speciale  del  30  marzo  1856,  è 
mantenuto  col  diritto,  dalla  parte  di  Sua  Maestà  imperiale  il  Sultano,  di 


(1)  Al  termine  della  prima  seduta  dei  rappresentanti  fu  dichiarato  (volAndo  al 
certo  alludere  al  modo  col  quale  aveva  agito  lo  Czar)  che  nessuna  Potenza  poteva 
sciogliersi  dagli  impegni  di  un  trattato,  né  modificarne  le  stipulazioni  se  non 
avesse  prima  ottenuto  il  consenso  delle  altre  parti  contraenti,  col  mezzo  di  ami- 
chevoli Irattative  (Il  protocollo  si  trova  nel  Noni .  Ree.  gén.^  XVIII,  pag.  278), 


èD.  4871.  Ckmferenza  di  Londra  (1871)  CJLIX 

aprire  detti  Stretti  in  tempo  di  pace  alle  navi  da  guerra  delle  Potenze 
ed  amiche  ed  alleate,  nel  caso  che  la  Sublime  Porta  lo  credesse  necessario 
a  fine  di  assicurare  l'esecuzione  del  trattato  di  Parigi  del  30  marzo  1856  9. 
A  questo  trattato  trovasi  unita  una  convenzione  fra  la  Russia  e  la  Turchia, 
.a  quale  abroga  la  convenzione  degli  Stretti  che  era  stata  stipulata  a  Parigi 
fra  la  stessa  Porta  il  30  marzo  1856. 

Cosi  fu  dato  alla  Russia  di  poter  rivendicare  il  proprio  diritto  di 
mantenere  le  sue  flotte  nel  Mar  ^ero,  e  fu  concesso  alla  Turchia  di  poter 
legalmente  aprire  in  tempo  di  pace  gli  Stretti  alle  navi  da  guerra  dei  suoi 
amici,  i  quali  fossero  nemici  della  Russia,  onde  garantirsi  contro  questa,  e 
farle  rispettare  il  trattato. 

Questione  dell'Alabama. 

Stati  Uniti  d* America  e  Gran  Bretagna. 

Trattato  di  Washington. 

1871,  Maggio  8. 
n.  4874 

La  controversia  tra  gli  Stati  Uniti  d'America  e  la  Gran  Bretagna  ebbe 
origine  in  occasione  della  guerra  combattuta  in  America  tra  gli  Stati,  che 
(ormavano  parte  dell'Unione,  i  quali  volevano  separarsi  nel  1861,  in  con- 
seguenza  dei  dissensi  avvenuti  tra  loro  a  proposito  dell'abolizione  o  con- 
servazione della  schiavitù. 

Il  Governo  degli  Stati  Uniti,  il  quale  considerava  i  separatisti  del  Sud 
come  ribelli,  sosteneva  che  quello  della  Gran  Bretagna  aveva  serbata  una 
condotta  ostile  verso  di  lui,  dal  principio  alla  fine  della  ribellione,  per 
avere  dato  loro  un  appoggio  morale  riconoscendoli  come  belligeranti, 
mentre  non  esistevano  le  condizioni  per  essere  riconosciuti  tali,  ed  inoltre 
per  avere  mancato  ai  doveri  della  neutralità  in  conseguenza  dell'avere 
permesso  che  i  medesimi,  nelle  acque  territoriali  inglesi,  dopo  avere  fatto 
costruire  delle  navi,  le  avessero  armate  ed  equipaggiate  per  servirsene 
nella  guerra.  Detto  Governo  adduceva  inoltre  che  quello  inglese  aveva 
permesso  e  tollerato  che  i  belligeranti  del  Sud  si  fossero  serviti  dei  porti 
e  delle  acque  inglesi  per  rinnovare  ed  aumentare  le  provvigioni  militari  ; 
accrescere  i  loro  armamenti  ed  assoldare  uomini,  e  di  aver  mancato  di 
punire  tutti  coloro,  che  dentro  la  giurisdizione  territoriale  inglese  avevano 
violati  i  doveri  della  neutralità.  Per  queste  ragioni  tutte  gli  Stati  Uniti 
reclamavano  dalla  Gran  Bretagna  il  rifacimento  di  ogni  danno,  che  era 
stalo  cagionalo  dalle  navi  corsare,  armate  dai  separatisti  per  fare  la  guerra* 


r.xx  Appendice  L  aa.  I8ìl. 

Le  lunghe  discussioni  agitate  in  via  diplomatica  tra  i  due  Governi,  che 
fecero  nascere  il  perìcolo  di  una  guerra,  condussero  poi  alla  conclusione 
del  trattato  concluso  a  Washington  1*8  ma^io  1871,  col  quale  i  due  Go- 
verni convennero  di  «ottometiersi  ad  un  arbitrato  per  mettere  fine  a  tutti 
i  dissensi  relativi  ai  reclami  fatti  dagli  Stati  Uniti,  e  non  accettati  da 
S.  M.  Britannica  a  proposito  degli  atti  commes^  durante  la  guerra  dalle 
navi  dei  separatisti  del  Sud,  e  indicati  sotto  il  nome  generico  di  reclami 
delTAlabama. 

Avendo  determinato  col  trattato  stesso  come  il  tribunale  arbitrale 
doveva  essere  costituito  e  le  norme  generali  del  procedimento»  le  parti  si 
trovarono  d'accordo  nello  stabilire  le  regole  secondo  le  quali  gli  arbitri 
dovevano  decidere  le  controversie  insorte,  ammettendo  che  esse  parti 
intendevano,  che  di  tali  regole,  dovesse  essere  fatta  speciale  applicazione 
alla  questione,  lasciando  agli  arbitri  di  tener  conto  altresì  dei  prìncipii  di 
Diritto  internazionale,  che  con  le  regole  concordate  non  fossero  incom- 
patibili'.  Ed  ecco  le  tre  regole  come  furono  concordate  coU'articolo  6*  del 
mentovato  trattato. 

Un  Governo  neutrale  è  obbligato: 

1.  a  fare  tutte  le  diligenze  per  impedire  nei  limiti  della  sua  giuris- 
dizione territoriale,  che  una  nave  sia  messa  in  grado  di  prendere  il  mare; 
che  sia  armata  od  equipaggiata,  quando  codesto  Governo  abbia  sufficienti 
motivi  per  pensare  che  la  detta  nave  sia  destinata  ad  incrociare,  a  far  atti 
di  guerra  contro  una  Potenza,  con  la  quale  esso  medesimo  è  in  pace.  Esso 
deve  egualmente  fare  tutte  le  diligenze  necessarie  per  opporsi  a  che  una 
nave  destinata  a  incrociare  od  a  fare  atti  di  guerra,  come  è  detto  qui  sopra, 
lasci  i  limiti  della  sua  giurisdizione  territoriale  nel  caso  che  fosse  stata  spe- 
cialmente adattata,  sia  nel  totale  sia  in  parte,  ad  usi  guerreschi  ; 

2.  Un  Governo  neutrale  non  deve  nò  permettere  nò  tollerare  che 
uno  dei  belligeranti  si  serva  dei  suoi  porti  e  delle  sue  acque  come  base 
Hi  operazione  navale  contro  un  altro  belligerante;  non  deve  permettere, 
né  tollerare,  neppure  che  uno  dei  belligeranti  rinnovi  od  aumenti  le  sue 
provvigioni  militari,  che  si  procacci  armi,  o  che  recluti  soldati; 

3.  Un  Governo  neutrale  è  obbligato  di  fare  tutte  le  diligenze  richieste 
nei  suoi  porti  e  nelle  sue  acque  a  fine  di  prevenire  ogni  violazione  delle 
obbligazioni  e  dei  doveri  qui  sopra  annunziati,  ed  a  procedere  smche  contro 
tutte  le  persone,  che  si  trovino  nella  sua  giurisdizione. 

Il  Governo  inglese  ebbe  cura  di  dichiarare  che  tali  regole,  come  erano 
state  formulate,  non  potevano  essere  reputate  come  principio  del  diritto 


«n,  4871,  Questione  delV Alabama  CXX. 

delle  genti  vigente  al  momento  in  coi  avvennero  i  fatti,  ai  quali  si  riferi- 
vano i  reclami  degli  Stati  Uniti,  ma  che  non  pertanto  esso  acconsentiva  a 
che  gli  arbitri,  nel  decidere  le  questioni  sollevate  in  conseguenza  dei 
reclami,  tenessero  presenti  le  dette  regole,  come  erano  state  formulate,  a 
fine  di  decidere  se  il  Governo  inglese  avesse  conformato  la  sua  condotta 
ad  esse  (art.  VI). 

Le  parti  contraenti  convennero  inoltre  (art.  VII)  che,  qualora  il  tribu- 
nale avesse  deciso  che  la  Gran  Bretagna  avesse  mancato  ad  uno  o  più  dei 
doveri  prescritti  dalle  tre  regole,  avrebbe  potuto  condannarla  a  pagare  agli 
Stati  Uniti  una  somma  determinata  come  corrispettivo  delle  sue  obbliga- 
zioni come  Potenza  neutrale. 

Le  alte  parti  contraenti  s' impegnavano  a  considerare  le  decisioni  del 
tribunale  arbitrale  come  un  aggiustamento  completo,  assoluto  e  definitivo 
di  tutte  le  vertenze  relative  ai  reclami  prodotti  (art.  XI). 

Il  tribunale  arbitrale,  in  conformità  di  quanto  era  stato  stabilito  col 
trattato,  si  riunì  a  Ginevra  il  15  dicembre  1871,  essendo  stati  nominati  due 
dei  suoi  membri,  uno  dall' Inghilterra  e  l'altro  dagli  Stati  Uniti  e  gli  altri 
tre  uno  dalla  Svizzera,  uno  dall'Italia  ed  uno  dal  Brasile. 

I  particolari  relativi  a  questo  afiare  sono  molto  importanti,  essendo' 
sorti  diversi  incidenti  e  a  riguardo  del  procedimento  e  a  riguardo  dei  limiti 
della  competenza,  tanto  che  parve  che  il  tribunale  arbitrale  si  dovesse 
sciogliere  senza  potere  risolvere  la  controversia.  Pur  tuttavia  esso,  essen- 
dosi aggiornato  secondo  la  decisione  presa  il  16  dicembre  1871,  si  riunì 
novellamente  il  15  giugno  1872  e  dopo  avere  a  lungo  esaminato  l'affare 
rese  la  sua  sentenza  il  14  settembre  dello  stesso  anno. 

Avendo  stabilito  quale  dovesse  essere  V  interpretazione  da  darsi  ad 
alcuni  punti  delle  tre  regole  tra  i  due  Governi  concordate  col  mentovato 
trattato  di  Washington,  esso  ebbe  a  considerare  che  le  circostanze  tra  le 
quali  erano  avvenuti  i  fatti  che  avevano  dato  luogo  ai  reclami,  erano  tali 
da  fare  ammettere,  che  il  Governo  di  S.  M.  Britannica  non  aveva  usato  la 
dovuta  diligenza  che,  in  conformità  delle  regole  concordate,  doveva  rite- 
nersi doverosa  per  ogni  Governo  che  avesse  dichiarata  la  neutralità,  come 
l'aveva  dichiarala  il  Governo  della  regina  col  proclama  del  13  maggio  1861  ; 
che  la  diligenza  dovuta  da  un  Governo  neutrale  doveva  essere  valutata  in 
ragion  diretta  dei  danni  che  potevano  derivare  per  l'uno  o  per  Taltro  dei 
belligeranti  in  conseguenza  della  mancata  osservanza  dei  doveri  della  neu- 
tralità; che  il  Governo  di  S.  M.  Britannica  aveva  mancato  per  omissione  ai 
doveri  prescritti  secondo  Tuna  o  l'altra  delle  tre  regole  stabilite  col  trattato 


CXXII  Appendice  L  an.  187i 

di  Washington  e,  facendo  poi  l'applicazione  dei  principii  alle  navi  Alabama, 
Floriday  Oreto,  Shenandoah  ritenne  a  maggioranza  la  Gran  Bretagna  tenuta 
al  rifacimento  dei  danni  derivanti  dalla  sua  omissione,  e  la  condannò  a 
pagare  in  blocco  agli  Stati  Uniti  la  somma  di  15,500,000  dollari  in  oro  a 
titolo  d'indennità. 

Questa  sentenza  è  stata  considerata  come  uno  dei  fatti  più  importanti 
per  mettere  in  evidenza  l'autorità  dei  tribunali  arbitrali,  addimostrando  di 
fatto  come  essi  possano  riuscire  a  risolvere  gravi  controversie  intemazio- 
nali fra  le  grandi  Potenze.  Molti  principii  di  Diritto  internazionale  forono 
discussi  lungamente  in  occasione  di  questo  affare. 

Tra  gli  altri  si  trova  pure  questo,  che  cioè  il  privilegio  diestraterritoria- 
lità  accordato  alle  navi  da  guerra  è  stato  introdotto  nel  Diritto  pubblico  non 
già  come  un  diritto  assoluto,  ma  soltanto  come  un  procedimento  di  cortesìa 
e  di  deferenza  tra  gli  Stati,  e  che  non  potrebbe  essere  invocato  per  coprire  gli 
atti  contrari  alla  neutralità  da  un  Governo  che  potesse  essere  reputato  col- 
pevole delle  conseguenze  derivanti  dalla  violazione  dei  doveri  da  parte  sua. 

Nel  trattato  di  Washington  le  parti  contraenti  si  erano  impegnate  a  con- 
siderare le  regole  concordate  non  solo  obbligatorie  a  riguardo  della  loro 
condotta  reciproca  in  avvenire,  ma  di  portarle  altresì  a  cognizione  delle 
altre  Potenze  marittime  invitandole  ad  aderirvi  (art.  6).  In  Inghilterra  però 
molti  disapprovarono  l'interpretazione  data  dagli  arbitri  alle  tre  regole  e, 
nella  discussione  avvenuta  nel  Parlamento  inglese  il  21  marzo  1873,  fu 
latta  la  mozione  che,  qualora  il  Governo  della  regina  volesse  portare  a 
cognizione  degli  altri  Governi  le  regole  concordate  col  trattato  di  Washington, 
dovesse  dichiarare  che  la  Gran  Bretagna  non  poteva  accettare  i  principii 
sui  quali  la  sentenza  arbitrale  era  stata  fondata.  Nell'attualità  bisogna  quindi 
considerare  quello  che  fu  ritenuto  e  stabilito  dal  tribunale  arbitrale  di 
Ginevra,  come  interpretazione  ed  applicazione  fatta  delle  regole  concordate 
col  trattato  al  caso  particolare  deciso  e  non  già  come  una  dichiarazione  dei 
principii  del  Diritto  intemazionale  obbligatori  per  tutti  gli  Stati  o  per  altri 
giudici,  che  fossero  chiamati  a  decidere  casi  simiglianti. 

Guerra    RaBso^Turca. 

Trattato  di  Berlino. 

1878,  Luglio  43. 

an.  1878. 

I  moti  insurrezionali  scoppiati  nell'Erzegovina  nel  1875  e  1876,  e  i  mas- 
sacri commessi  nella  Bulgaria  contro  i  Cristiani  dai  Circassi  unitamente  ad 
altri  Maomettani  furono  l'occasione  della  guerra  tra  la  Russia  e  la  Turchia. 


tn.i878.  Trattato  di  Berlini  del  1878  CXXHl 

La  Serbia  ed  il  Montenegro  avevano  cominciato  la  lotta  l'una  sotto  il 
prìncipe  Milano  ObrenawUchy  l'altro  sotto  il  principe  Nicolas  I.  Pareva 
che  la  Russia  favorisse  questi  movimenti  ;  il  principe  Milano  aveva  posto 
infatti  alla  festa  del  suo  esercito  un  generale  russo,  Tchema^ieff;  ma  codesto 
esercito,  incompletamente  oi^nizzato^  fu  battuto,  benché  gloriosamente, 
ad  AlexinaU  e  a  Deligrad.  Il  Montenegro  aveva  mostrato  dal  canto  suo 
un'indomabile  energia,  ma  anche  l'esercito  del  principe  Nicolas  sarebbe 
stato  sopraffatto  dalle  forze  superiori,  se  la  Russia  non  fosse  intervenuta. 
Essa  colse  il  pretesto  per  intervenire  dalle  atrocità  commesse  nella  Bul- 
garia e  dall'impotenza  del  Governo  turco  a  reprimere  i  disordini  nelle 
Provincie  insorte.  Fa  prima  in  seguito  alle  istanze  del  Governo  russo  riu- 
nita una  Conferenza  a  Costantinopoli,  nel  dicembre  1877,  con  lo  scopo:  di 
far  cessare  quel  deplorevole  stato  di  cose  e  di  migliorare  la  situazione 
intema  dell'Impero  turco,  onde  impedire  che  fosse  sollevata  la  questione 
d'Oriente,  che  minacciava  la  tranquillità  dell'Europa.  Il  risultato  della  Con- 
ferenza fu  il  protocollo  sottoscritto  dalle  Potenze  intervenute  a  Londra  il 
31  marzo  1877,  cioè  dall' Austria-Ungheria,  dalla  Francia,  dalla  Germania, 
dalla  Gran  Bretagna,  dall'Italia  e  dalla  Russia.  I  rappresentanti  di  detti 
Stati  presero  atto  della  conclusione  della  pace  colla  Serbia  ed  eccitarono 
la  Porta  ad  attuare  le  riforme  necessarie  nei  Principati  e  ad  impedire  che 
si  rinnovassero  i  massacri  simili  a  quelli  che  avevano  funestata  la  Bulgaria. 

La  Turchia  non  volle  accettare  alcun  consiglio  e  la  Russia  profittando 
di  questa  condotta  di  lei,  con  cui  aveva  indisposto  tutti  gli  Stati  e  la  stessa 
Inghilterra  (che  si  mostrava  eccitata  per  i  massacri  commessi  nella  Bul- 
garia), dichiarò  la  guerra  alla  Turchia.  Essa  fece  assegnamento  non  solo 
sul  suo  formidabile  esercito,  ma  su  qnello  altresì  delia  Romania  pronta  a 
combattere  per  acquistare  la  propria  indipendenza,  e  sui  movimenti  insur- 
rezionali che  agitavano  la  Serbia,  il  Montenegro,  la  Bosnia,  l'Erzegovina 
ed  anche  le  provincie  della  Grecia. 

Il  27  giugno  1877  gii  eserciti  russi  valicarono  il  Danubio. 

L'esito  della  guerra  fu  sfavorevole  alla  Porta.  La  disfatta  di  Osman- 
Pascià  assicurò  il  trionfo  della  Russia  egli  eserciti  di  questa  invasero  i  Bal- 
cani e  non  vi  era  più  modo  di  arrestare  la  loro  marcia  trionfale  verso 
Costantinopoli . 

La  Porta,  appoggiata  dall' Inghi terra,  domandò  un  armistizio,  che  fu 
sottoscritto  a  Kasanlik  il  29  gennaio  1878;  ma  l'esercito  russo  continuò 
nonostante  la  sua  marcia  su  Adrianopoli  e  poco  dopo  su  Costantinopoli  il 
10  febbraio.  L'Inghilterra  fu  sorpresa  di  si  rapidi  risultati.  La  sua  armata 


CXXIV  Appendice  L  aa.  fSTS 


entrò  nel  mare  di  Marmora  per  soccorrere  la  capitale  minacciata  ;  ma  il 
trattato  sottoscritto  a  Santo  Stefano  il  3  marzo  1878  pose  termine  alJa 
guerra. 

Il  trattato  dì  Santo  Stefano  emozionò  vivamente  l'Europa  e  sopratutto 
ringhiterra.  Quel  trattato  infatti  assicurava  l'egemonia  della  Russia  in 
Oriente.  Il  Governo  russo  si  era  riservato  il  diritto  di  organizzare  la  Bul- 
garia, stabilendo,  ali* art.  7,  che  tutto  dovesse  essere  fatto  sotto  la  sorve- 
glianza di  un  commissario  russo  e  che  per  mantenere  l'organizzazione  e 
l'amministrazione  futura  di  quel  Principato  tutto  sarebbe  stato  a  questi 
confidato;  che  avrebbe  sorvegliato  il  nuovo  ordine  di  cose  esercitando  a 
tale  effetto  le  sue  funzioni  per  due  anni  ;  che  le  (ruppe  russe  avrebbero 
occupata  la  Bulgaria  finché  non  fossero  state  organizzate  le  milizie  indi- 
gene ;  che  il  Montenegro  sì  sarebbe  costituito  come  Principato  indipendente, 
ma  che  le  frontiere  sarebbero  state  regolate  dalla  Russia  d'accordo  con 
l'Austria;  che  nella  Serbia,  riconosciuta  pure  come  indipendente,  le  fron- 
tiere sarebbero  state  nello  stesso  modo  determinate  e  che  tutte  le  contro- 
versie relative  alle  proprietà  sarebbero  state  decìse  da  una  Ciommissione 
turco-serba  assistita  da  un  commissario  russo  ;  che  la  Porta  avrebbe  pagato 
a  titolo  d'indennità  di  guerra  la  somma  di  1,450,000,000  di  rubli,  ma  sic- 
come non  poteva  pagarla,  cosi  avrebbe  dato  in  correspettivo  una  conside- 
revole estensione  di  territori,  che  dovevano  essere  reputati  cedati  alla 
Russia  in  pagamento  della  convenuta  indennità  di  guerra,  la  quale  sarebbe 
slata  così  ridotta  a  300,000,000  di  rubli. 

Altri  patti  concordati  annientavano  completamente  quanto  trovavasi 
stabilito  col  trattato  di  Parigi  del  1856. 

Appena  fu  conosciuto  quel  trattato  l'Inghilterra  prese  il  partito  di  mobi- 
lizzare tutte  le  sue  milìzie  per  impedire  che  esso  avesse  effetto.  La 
guerra  generale  era  inevitabile,  il  Governo  inglese  aveva  infatti  chiamato 
sotto  le  armi  tutte  le  riserve  ed  anche  i  reggimenti  delle  Indie.  L'impera- 
tore delle  Russie  si  arrestò  dinanzi  all'eventualità  di  una  guerra  generale, 
e  fu  risoluto  di  sottomettere  ad  un  Congresso  di  rivedere  il  trattato  di  Santo 
Stefano  e  stabilire  le  condizioni  della  pace.  Fu  designata  come  sede  del 
Congresso  Berlino,  ed  ivi  fu  riunito  il  13  giugno  1878.  Dopo  un  mese  di 
conferenze  e  di  negoziati  il  trattato  dì  Santo  Stefano  fu  modificato  con 
quello  stipulato  a  Berlino  e  sottoscritto  il  13  luglio  1878. 

Siccome  i  provvedimenti  mediante  tale  trattato  stabiliti  sono  del  mas- 
simo interesse  nell'attualità,  noi  riferiamo  il  testo  di  tale  importante 
documento  : 


111.1878.  Trattato  di  Berlino  del  1878  CXXV 


Bulgaria. 

ART.  I.  La  Bulgarie  est  constituée  en  Principauté  autonome  et  tributaire  sous 
la  suzeraincté  de  S.  M.  le  Sultan;  elle  aura  un  Gouvernement  chrétien  et  une 
rnilice  nationalc. 

Art.  il  La  Principauté  de  Bulgarie  comprendra  ics  territoires  ci-aprcs: 

La  frontière  suit,  au  Nord,  la  rive  droite  du  iJanube  depuis  Tancienne  fron- 
tière de  Servio,  jusqu^àun  point  à  determincr  par  une  Commission  européenne  à 
r£st  de  Silistrie  et,  de  là,  se  dirige  vers  la  mer  Noirc  au  Sud  de  Mangalia,  qui  est 
rattaché  au  tcrritoire  roumain.  La  mer  Noire  forme  la  limite  Est  de  la  Bulgarie. 
Au  Sud,  la  frontière  remonte,  depuis  son  embouchure,  le  talweg  du  ruisseau  près 
duquel  se  trouvent  les  villages  Hodzakioj,  Selan-Kioj,  Aivadsik,  Kulibe,  Sudzuluk; 
traverse  obliquement  la  vallèe  du  Deli  Ramcik,  passe  au  Sud  de  Belibe  et  de 
Kemhalik  et  au  Nord  de  Hadzimahale,  après  avoir  franchi  le  Deli  Kamcik  à  deux 
kilomètres  et  demi  en  amont  de  Cengei;  gagne  la  créte  à  un  point  situé  en 
Tckenlik  et  Aidos-Dredza  et  la  suit  par  Earnabad  Balkan  au  Nord  de  Rotei,  jusqu'à 
Demir  Kapu.  Elle  continue  par  la  chaine  principale  du  grand  '  Balkan,  dont  elle 
suit  tonte  Tètendue  jusqu'au  sommet  de  Eosica. 

Là  elle  quitte  la  créte  du  Balkan,  descend  vers  le  Sud  entre  les  villages  de 
Pirtop  et  de  Duzanci,  laissés  Tun  à  la  Bulgarie  et  Tautre  à  la  Roumélie  orientale, 
jusqu*au  ruisseau  de  Tuzlu  Dere,  suit  ce  cours  d'eau  jusqu'à  sa  jonction  avec  la 
Topolnica,  puis  cette  rivière  jusqu'à  son  confluent  avec  Smovskio  Dere,  près  du 
village  de  Petricero,  laissant  à  la  Roumélie  orientale  une  zone  de  deux  kilomètres 
de  rayon  en  amont  de  ce  confluent,  remonte  entre  les  ruisseaux  de  Smovskio  Dere 
et  la  Kamenica  suivant  la  ligne  de  partage  des  eaux,  pour  tourner  au  Sud-Ovest  à 
la  hautcur  de  Yoinjak  et  gagner  directement  le  point  875  de  la  carte  de  Tétat- 
major  aulrichien. 

La  ligne  frontière  coupé  en  lignc  droite  le  bassin  supérieur  du  ruisseau  d'Ich- 
timan  Dere,  passe  entre  Bogdina  et  Karaula,  pour  retrouver  la  ligne  de  partage 
des  eaux  séparant  les  bassins  de  Tlsker  et  de  la  Marica,  entre  Camurli  et  Hadiilar, 
suit  cette  ligne  par  les  sommets  de  Velina  Mogila,  le  col  531,  Zmailica  Yrh,  Sum- 
niatica  et  rejoint  la  limite  administrative  du  Sandjak  de  Sofia  entre  Sivri  et  Tas 
Cadir  Tepe. 

De  Cadir  Tepe,  la  frontière  se  dirigeant  au  Sud-Ovest  suit  la  ligne  de  partage 
des  eaux  entre  les  bassins  de  Mesta  Karasa  d*an  coté,  et  de  Struma  Karasu  de 
Tautre,  longe  les  crétcs  des  montagnes  des  Khodope  appelées  Demir  Kapu,  Iskof- 
tepe,  Kadimesar  Balkan  et  Aiji  Gedùk  jusqu^à  Kapetnik  Balkan  et  se  confond  ainsi 
avec  Tancienne  frontière  administrative  du  Sandjak  de  Sofìa. 

De  Gapetnik  Balkan,  la  frontière  est  indiquée  par  la  ligne  de  partage  des  eaux 
entre  les  vallées  de  la  Rilska  reka  et  de  la  Bistrika  reka  et  suit  le  contre-fort 
appelé  Yodcnica  Planina,  pour  descendre  dans  la  vallèe  de  la  Struma  au  confluent 
de  cette  riviere  avec  la  Biskra  reka,  laissant  le  village  de  Barakli  à  la  Turquie.  Elle 
remonto  alors  au  Sud  du  village  de  Jeesnika  pour  atteindre,  par  la  ligne  la  plus 
courte,  la  chaine  de  Goleraa  Planina  au  sommet  de  Gitka  et  y  rejoindre  l'ancienne 


CXXVl  Appendice  D  aa.  19S. 


admmistratiYe  du  Sandjak  de  Sofia,  laissant  toutefois  à  la  Turquie  li 
totalité  da  bassin  de  la  Suho  reka. 

Du  mont  Gitka,  la  frontière  Ovest  se  dirige  vers  le  mont  Croi  Yrh  par  leg 
montagnes  de  Rarvena  Jabuka,  en  suivant  Tancienne  limite  administratÌTe  dtt 
Sandjak  de  Sofia,  dans  la  parile  supérieure  des  bassins  d*Egrìsu  et  de  la  Lepnica, 
gravit  avec  elle  les  crétes  de  Sabina  polona  et  arrìve  au  mont  Orni  Yrh. 

Du  mont  Crnl  Yrh,  la  frontière  suit  la  ligne  de  partage  des  eaux  entre  la 
Struma  et  la  Morawa  par  les  sommets  de  Streser,  Yilogolo  et  Mesid  Planina,  rejoint 
par  la  Gacina,  Crna  Trava,  Darvkowska  et  Drainica  pian,  puis,  le  Descani  Kladanec 
la  ligne  de  partage  des  eaux  de  la  Haute  Sukowa  et  de  la  Morawa,  va  directe- 
ment  sur  le  Stol  et  en  descend  pour  couper  à  iOOO  mètres  au  Nord-Ovest  du  vfl- 
lage  de  Segusa  la  route  de  Sofia  a  Pirot  Elle  remont  en  ligne  droite  sur  la  Yidlic 
Planina  et,  de  là,  sur  le  mont  Radocina  dans  la  chalne  de  Kodza  Balkan,  laissant  a 
la  Servie  le  village  de  Doikincie*et  à  la  Bulgarie  celui  de  Senakos. 

Du  sommet  du  mont  Radocina  la  frontière  suit  vers  TOvest  la  créte  des  Balkans 
par  Ciprovec  Balkan  et  Stara  Planina,  jusqu'à  Tancienne  frontière  orientale  de  la 
Principauté  de  Servie  près  de  la  Eula  Smiljova  Guka,  et,  de  là,  cette  ancienne  fron- 
tière jusqu*au  Danube,  qu'elle  rejoint  à  Rakovitza. 

Cette  délimitation  sera  fìxée  sur  les  lieux  par  la  Gommission  européenne,  cu 
les  Puissances  signataires  seront  représentées.  Il  est  entendu  : 

1.  Que  cette  Gommission  prendra  en  considération  la  nécessité  pour  S.  M.  le 
Sultan  de  pouvoir  défendre  les  frontières  du  Balkan  de  la  Roumélie  orientale; 

2.  Qu'  il  ne  pourra  ètre  èlcvé  des  fortifications  dans  nn  rayon  de  dix  kilo- 
mètres  autour  de  Samakow. 

Art.  III.  Le  prince  de  Bulgarie  sera  librement  élu  par  la  population  et  con- 
firme  par  la  Sublime  Porte  avec  l'assentiment  des  Puissances.  Aucun  membre  des 
Dynasties  régnantes  des  grandes  Puissances  européennes  ne  pourra  ètre  élu  Prince 
de  Bulgarie. 

En  cas  de  vacance  de  la  dignité  princière,  l'élection  du  nouveau  Prince  se  fera 
aax  mémes  conditions  et  dans  les  mémes  formes. 

Art.  IV.  Une  assemblée  de  notables  depuis  convoquée  la  Bulgarie  à  Tirnovo, 
elaborerà,  avant  Télection  du  Prince,  le  règlement  organique  de  la  Principauté. 

Dans  les  localités  où  les  Bulgares  sont  mélés  à  des  populations  turques,  ron- 
maines,  grecques  ou  autres,  il  sera  tenu  compte  des  droits  et  des  intéréts  de  ces 
populations  en  ce  qui  concerne  les  éléctions  et  l'élaboration  du  règlement  organique. 

Art.  V.  Les  disposi tions  suivantes  formeront  la  base  du  droit  public  de  la 
Bulgarie. 

La  distinction  des  croyances  religieuses  et  des  confessions  ne  pourra  étre 
opposée  à  personne  comme  un  motif  d'exclusion  ou  d'incapacité  en  ce  qui  concerne 
la  jouissance  des  droits  civils  et  politiques,  Tadmission  aux  emplois  publics,  fone- 
tions  et  honneursou  Texercice  desdifTérents  professions  et  Industries,  dans  quelque 
localité  que  ce  soit. 

La  liberté  et  la  pratique  extérieure  de  tous  les  cultes  sont  assurées  à  tona  les 
ressortissants  de  la  Bulgarie  aussi  bien  qu*aux  étrangers,  et  aucune  entrave  ne 
pourra  ètre  apportée  soit  à  Torganisation  hiérarchique  deSiiilfi'érentes  communionSy 
Boit  à  leurs  rapports  avec  leurs  chefs  spirituels. 


«n.i878.  Trattato  di  Berlino  del  1878  GXXVU 

Art.  vi.  L'administratioo  provisoire  de  la  Bulgarie  sera  dirigée  jusqn'à  Tachè- 
▼ement  da  réglement  organique  par  nn  Gommissaire  Imperiai*  Russe.  Un  Com- 
missaire  Imperiai  Ottoman  ainsi  que  les  Consuls  délégués  ad  hoc  par  les  autres 
Puissances  signataires  da  présent  Traité  seront  appelées  à  l'assister,  à  Teffet  de 
contròler  le  fonctionnement  de  ce  regime  provisoire.  £n  cas  de  dissentiment  eotre 
les  CoDSttls  délégués,  la  majorité  deciderà,  et,  en  cas  de  divergences  entre  cette 
majorité  et  le  Gommissaire  Imperiai  Russe  ou  le  Gommissaire  Imperiai  Ottoman, 
les  Reprósentnnts  des  Puissances  signataires  à  ConstantiDople,  réunis  en  Gonfé- 
rence,  devront  prononcer. 

Art.  vii.  Le  regime  provisoire  ne  poarra  ótre  prolongé  au  delà  d*un  délai  de 
neuf  mois  à  partir  de  réchéanee  des  ratifications  du  présent  Traité. 

Lorsque  le  règlewettl  organique  sera  termine,  il  sera  procède  immédiatement  à 
l'élection  du  Prince  de  Bulgarie.  Aussitdt  que  le  Prince  aura  été  institué,  la  noii- 
velle  urganisatioa  sera  mise  en  vigueur,  et  la  Principauté  entrerà  en  pleine  jouis- 
sance  de  son  autonomie. 

Art.  Vili.  Les  Traités  de  commerce  et  de  navigation,  ainsi  que  toutes  les  Gon- 
ventions  et  arrangements  conclus  entre  les  Puissances  étrangéres  et  la  Porte,  et 
aujourd*hui  en  vigueur,  sont  maintenus  dans  la  Principauté  de  Bulgarie,  etaucun 
changement  n*y  sera  apporté  à  Tégard  d'aucune  Puissance  avant  qu'elle  y  ait  donne 
son  consentement. 

Aucun  droit  de  transit  ne  sera  prélevé  en  Bulgarie  sur  les  marchandises  tra- 
versant  cette  Principauté. 

Les  nationaux  et  le  commerce  de  toutes  les  Puissances  y  seront  traités  sur  le 
pied  d'une  parfaite  égalité. 

Les  immunités  et  priviléges  des  sujets  étrangers,  ainsi  que  les  droitsdejuridic- 
tion  et  de  protection  consulaires  tels  qu'ils  ont  été  établis  par  les  Gapitulations  et 
les  usages,  resteront  en  pleine  vigueur,  tant  qu'ils  n*auront  pas  été  modifiés  du 
consentement  des  Parties  intéressées. 

Art.  IX.  Le  montant  du  tribut  annuel,  que  la  Principauté  de  Bulgarie  payera 
^  la  Gour  Suzeraine,  en  le  versant  à  la  Banque,  que  la  Sublime  Porte  designerà 
tiltérieurement,  sera  déterminé  par  un  accord  entre  les  Puissances  signataires  da 
présent  Traité,  à  la  fin  de  la  première  année  du  fonctionnement  de  la  nouvelle 
organisation.  Gè  tribut  sera  établi  sur  le  revenu  moyen  du  territoire  de  la  Prin- 
cipauté. 

La  Bulgarie  devant  supporter  une  part  de  la  dette  publique  de  l'Empire,  lorsque 
les  Puissances  détermineront  le  tribut,  elles  prendront  en  considération  la  partie 
de  cette  dette,  qui  pourrait  ètre  attribuée  à  la  Principauté  sur  la  base  d'une  équi- 
table  proportion. 

Art.  X.  La  Bulgarie  est  substituée  au  Gouvernement  Imperiai  Ottoman  dans 
-ses  charges  et  obligations  envers  la  Gompagnie  du  chemin  de  fer  de  Routschoak- 
Varna,  à  partir  de  Téchange  des  ratifications  du  présent  Traité.  Le  rèp^lement  dea 
comptes  antérieurs  est  réservé  à  une  entente  entre  la  Sublime  Porte,  le  Gouverne- 
ment de  la  Principauté  et  l'administration  de  cette  Gompagnie. 

La  Principauté  de  Bulgarie  est  méme  substituée,  pour  sa  part,  aux  engagements 
<iue  la  Sublime  Porte  a  contraclés  tant  envers  l'Autriche-Hongrie  qu'envers  la 
Compaguio  puur  Texploitation  des  chemins  de  fer  de  la  Turquie  d'Europe,  par 


CXXVIII  Appendice  L  aa.  fSTS 

rappori  à  rachòvement  et  au  raccordement  ainsi  qu'à  rexploitation  des  lignes 
férrées  situées  sur  son  territoire. 

Les  Conventions  nécessaires  pour  régler  ces  questiona  seront  conclues  entre 
rAutriche-Hongrie,  la  Porte,  la  Servie  et  la  Principauté  de  Bulgarie  immédiatement 
après  la  conclusi on  de  la  paix. 

Art.  XI.  L'armée  ottomane  ne  séjournera  plus  en  Bulgarie;  toutes  les  anciennes 
forteresses  seront  rasées  aux  fì*ais  de  la  Principauté  dans  le  délai  d'un  an,  ou  plus 
tòt  si  faire  se  peut;  le  Gouvernement  locai  prendra  immédiatement  des  mesures 
pour  les  détruire  et  ne  pourra  en  faire  construire  de  nouvelles.  La  Sublime  Porte 
aura  le  droii  de  disposer  à  sa  guise  du  matèrici  de  guerre  et  autres  objets  appar- 
tenant  au  Gouvernement  Ottoman  et  qui  seraient  restés  dans  les  forteresses  da 
Danube  déjà  évacuées  en  vertu  de  rarmistice  du  31  Janvier,  ainsi  que  de  ceux  qui 
se  trouveraient  dans  les  places  fortes  de  Schoumla  et  de  Yama. 

Art.  XII.  Les  propriótaires  musulmans  ou  autres  qui  fixeraient  leur  residence 
personnelle  hors  de  la  Principauté,  pourront  y  conserver  leors  immeubles  en  )es 
afiermant  ou  en  les  faisant  administrer  par  des  tiers. 

Une  Commission  turco-bulgare  sera  chargée  de  régler,  dans  le  courant  de 
deux  années,  toutes  les  afiaires  relatives  au  mode  d'aliénation,  d*exp]oitation  ou 
d'nsage  pour  le  compie  de  la  Sublime  Porte,  des  propriétés  de  TÉtat  et  des  fon- 
dations  pienses  (vakoufs),  ainsi  que  les  questiona  relatives  aux  intéréts  des  parti- 
cnliers  qui  ponrraient  s'y  trouver  engagés. 

Les  ressortissants  de  la  Principauté  de  Bulgarie  qui  voyageront  ou  séjoumeront 
dans  les  autres  parties  de  TEmpire  Ottoman  seront  soumis  aux  antorités  et  anz 
lois  oUomanes. 

Jiumelia  Orientale. 

Art.  XIII.  Il  est  formée  au  Sud  des  Balkans  une  province  qui  prendra  le  nom 
de  I  Boumélie  orientale  i  et  qui  resterà  placée  sous  Tautorité  polilique  et  militaire 
directe  de  S.  M.  le  Sultan  dans  des  conditions  d'autonomie  administrative.  Elle 
aura  un  gouverneur  general  chrétien  *. 

Art.  XIV.  La  Roumélie  Orientale  est  limitée  au^ord  et  au  Nord-Ovest  par  la 
Bulgarie  et  comprend  les  territoires  inclus  dans  le  trace  suivant  (segue  la  deter- 
minnzione  dei  confini). 

Art.  XV.  S.  M.  le  Sultan  aura  le  droit  de  pourvoir  à  la  défense  des  frontières 
de  terre  et  de  mer  de  la  Province  en  élevant  des  fortifications  sur  ces  frontières  et 
en  y  entretenanl  des  troupes. 

L'ordre  intéri eur  est  maintenu  dans  la  Roumélie  Orientale  par  une  gendar- 
merie indigène  assistée  d'une  milicc  locale. 

Pour  la  composition  de  ces  deux  corps,  dont  les  ofQciers  sont  nommés  par  le 
Sultan,  il  sera  tenu  compie,  suivant  les  localités,  de  la  religion  des  habitants. 

S.  M.  le  Sullan  s'engage  à  ne  point  employer  des  troupes  irrégulières,  telles 
que  bachibozouks  et  circassiens,  dans  les  garnisons  des  frontières.  Les  troupes 


n  Colla  rivoluzione  del  18  settembre  1885  la  Rumelia  orientale  dichiarò  la 
sua  unione  alla  Bulgaria.  II  principe  di  Bulgaria  è  anche  governatore  della 
Kumelia  a  nome  del  Sultano. 


iB.  1878.  Trattato  di  Berlino  del  1878  CXXIX 

rógulières  destinées  à  ce  service,  ne  pourront,  en  aucun  cas,  ètre  cantonnées  chez 
les  habitants.  Lorsqu'elles  traverseront  la  Province,  elles  ne  pourront  y  faire  de 
séjour. 

Art.  XVI.  Le  Gouverneur  general  aura  le  droit  d'appeler  les  troupes  ottomanes 
dans  les  cas  où  la  sécurité  intérieure  ou  eztérieure  de  la  Provìnce  se  troaverait 
menacé.  Dans  l'éventualité  prévue,  la  Sublime  Porte  devra  donner  connaissance  de 
cette  décision,  ainsi  que  des  nécessités  qui  la  justifient,  aux  Représentants  des  Puis- 
sances  à  Constantinople. 

Art.  XVII.  Le  Gouverneur  general  de  la  Roumélie  Orientale  sera  nommé  par 
la  Sublime  Porte,  avec  l'assentiment  des  Puissances,  pour  un  terme  de  cinq  ans. 

Art.  XVIII.  Immédiatemenfc  après  l'échange  des  ratifications  du  présent  Traité, 
une  Commission  européenne  sera  formée  pour  élaborer,  d*accord  avec  la  Porte 
ottomane,  l'organisation  de  la  Roumélie  Orientale.  Cette  Commission  aura  à  déter- 
miner,  dans  un  délai  de  trois  mois,  les  pouvoirs  et  les  attributlons  du  gouverneur 
general,  ainsi  que  le  regime  administratif,  judiciaire  et  financier  de  la  Province» 
en  prenant  pour  point  de  départ  les  dilTérentes  lois  sur  les  vilayets  et  les  proposi- 
tions  ùxìles  dans  la  huitième  séance  de  la  Conférence  de  Constantinople. 

L'ensemble  des  dispositions  arrétées  pour  la  Roumélie  Orientale  fera  Tobjet 
d'un  fìrman  imperiai,  qui  sera  promulgué  par  la  Sublime  Porte  et  dont  elle  don- 
nera  communication  aux  Puissances. 

Art.  XIX.  La  Commission  européenne  sera  chargée  d'administrer,  d*accord 
avec  la  Sublime  Porte,  les  finances  de  la  Province  jusqu'à  Tachèvement  de  la  nou- 
velle  organisation. 

Art.  XX.  Les  Traités,  Conventions  et  arrangements  interna tionaux,  de  quelque 
nature  qu'  ils  soient,  conclus  ou  à  conclure  entre  la  Porte  et  les  Puissances  étran- 
gères,  seront  applicables  dans  la  Roumélie  Orientale  comme  dans  tout  TEmpire 
Ottoman.  Les  immunités  et  priviléges  acquis  aux  étrangers,  quelque  soit  leur 
condition,  seront  respectés  dans  cette  Province.  La  Sublime  Porte  s'engage  à  y 
faire  observer  les  lois  générales  de  TEmpire  sur  la  liberté  religieuse  en  faveur  de 
tous  lescultes. 

Art.  XXI.  Les  droits  et  obligations  de  la  Sublime  Porte  en  ce  qui  concerne  lej 
chemins  de  fer  dans  la  Roumélie  Orientale  sont  maintenus  intégralement. 

Art.  XXII.  L'elTectif  du  corps  d*occupation  russe  en  Bulgarie  et  dans  la  Rou* 
mélie  Orientale  sera  compose  de  six  divisions  d'infanterie  et  de  deuz  divisions  de 
cavalerie  et  n'excédera  pas  50,000  hommes.  Il  sera  maintenu  aux  frais  du  pays 
occupé.  Les  troupes  d'  occupa tion  conserveront  leurs  Communications  avec  la 
Russie,  non  seulement  par  la  Roumanie,  d'apròs  les  arrangements  à  conclure  entre 
les  deux  États,  mais  nussi  par  les  ports  de  1^  Mer  Noir,  Vama  e  Bourgas,  où  elles 
pourront  organiser,  pour  la  durée  de  Toccupation,  les  dépòts  nécessaires. 

La  durée  de  Toccupation  de  la  Roumélie  Orientale  et  de  la  Bulgarie  par  les 
troupes  impériales  russes  est  fixée  à  neuf  mois,  à  dater  de  l'échange  des  ratifica- 
tions du  présent  Traité. 

Le  Gouvernement  Imperiai  russe  s'engage  à  terminer,  dans  un  délai  ultérieur, 
de  trois  mois,  le  passage  de  ses  troupes  à  travers  la  Roumanie  et  l'évacuation  com- 
plète de  cette  Principauté. 

46  —  Fiore,  Dir.  interri,  codif. 


C'XXX  Appendice  L  ui.  1878. 


Isola  di  Creta  e  Turchia  d^ Europa, 

Art.  XXIII.  La  Sublime  Porte  s'engage  à  appliquer  scrupnleusemeiìt  dans  Ttle 
de  Créte  le  règlement  organique  de  1868,  en  y  apportant  les  modifica  tions  qui 
seraient  jugées  équitables. 

Dea  règlements  analogues  adaptés  aux  besoins  locauz,  sauf  en  ce  qui  concerne 
rexemption  d' impòts  accordée  à  la  Créte,  seront  également  introduits  dans  les 
autres  parties  de  la  Turquie  d'Europe  pour  lesquelles  une  organisation  particulìère 
n*a  pas  été  prévue  par  le  présent  Traité. 

La  Sublime  Porte  chargera  des  Commissions  spéciales,  au  sein  desquelles  Téle- 
ment  indigène  sera  largement  représenté,  d'élaborer  les  détails  de  ces  nouveaux 
règlements  dans  chaque  Province. 

Les  projets  d'organisation  résultant  de  ces  travaux  seront  soumis  i  Tezanien 
de  la  Sublime  Porte,  qui,  avant  de  promulguer  les  actes  destinés  à  les  mettre  en 
vigaeur,  prendra  l'avis  de  la  Commission  européenne  institaée  pour  la  Roumélie 
Orientale. 

Grecia. 

Art.  XXIV.  Dans  le  cas  où  la  Sublime  Porte  et  la  Grece  ne  parviendraient  pas 
à  s'entendre  sur  la  rectification  de  frontière  indiquée  dans  le  treizième  Protocole 
du  Congrès  de  Berlin,  l'Allemagne,  TAutriche-Hongrie,  la  France,  la  Grande-Bre- 
tagne,  l'Italie  e  la  Russie  se  réservent  d'offrir  leur  médiation  au  deux  Parties  pour 
faciliter  les  nègotiations. 


Bosnia  ed  Erzegovina. 

Art.  XXV.  Les  Provinces  de  Bosnie  et  de  Herzégovine  seront  occupées  et 
administrées  par  l'Autriche-Hongrie.  Le  Gouvernement  d'Autriche-Hongrìe  ne  desi- 
rant  pas  se  charger  de  Tadministration  du  Sandjak  de  Novibazar,  qui  s'étend  entre 
la  Servi  e  et  le  Montenegro  dans  la  direction  de  Sud-Est,  jusqu*au  delà  de  Mitrovitza, 
radministration  ottomane  continuerà  d'y  fonctionner.  Néanmoins,  afin  d'assurer  le 
maintien  du  nouvel  état  politique  ainsi  que  la  liberté  et  la  sécurité  des  voies  de 
communication,  rAutriche-Hongrie  se  réserve  le  droit  de  tenir  garnison  et  d'avoir 
des  routes  militaires  et  commcrciales  sur  tonte  l'étendue  de  cette  partie  de  Tancien 
vilayet  de  Bosnie. 

À  cet  effet,  Ics  Gouvernenients  d'Autriche  et  de  Turquie  se  réservent  de  B*en- 
tendre  sur  les  détails. 

Montenegro. 

Art.  XXVI.  L'indépendance  du  Montenegro  est  reconnue  par  la  Sublime  Porte 
et  par  toutes  celles  des  Uautes  Parties  contractantes  qui  ne  l'avaient  pas  encore 

adinise. 


it  «878.  Trattato  di  Berlino  del  4878  CXXXr 

Art.  XX vii.  Les  Hautes  Parties  contractantes  sont  d*accord  sur  les  conditions 
guìvantes: 

(Come  alVart,  V). 

Art.  XX Vili.  Les  nouvelles  frontières  de  Montenegro  sont  fixées  ainsi  qu*  il  suit  : 

Le  trace  partant  de  l'illinobrdo,  au  Nord  de  KJobuk,  descend  sur  la  Trebiojcica 
▼ers  Grancarevo,  qui  reste  à  l'Herzégovine,  puis  remonte  le  cours  de  cette  rivière 
jusqu*à  un  certain  point  situé  à  un  kilomètre  en  aval  du  confluent  de  la  Capelica 
et,  de  là,  rejoint,  par  la  ligne  la  plus  courte,  les  hauteurs  qui  bordent  la  Tribinj 
cica.  Il  se  dirìge  ensuite  vers  F  ilatova  laissant  ce  village  au  Montenegro,  puis  con* 
tinue  par  les  hauteurs  dans  la  direction  Nord,  er  se  maintenant,  autant  quepossible, 
à  une  distance  de  siz  kiloroètres  d'  la  route  Bilek-Korito-Gacko,  jusqu'au  col  situé 
entre  la  Somina-Planina  e*  le  mon*  Curilo,  d*où  il  se  dirige  à  l'Es^  par  Vratgocivi, 
laissant  ce  village  à  THerzégovine,  jusqu  au  mont  Orline.  À  partir  de  ce  point  la 
frontière,  laissant  Ravno  au  Montenegro,  s'avance  directement  par  le  Nord-Nord- 
£s*  en  traversant  les  sommets  du  Lebersnik  et  du  Yolujak,  puis  descend  par  la 
ligne  la  plus  courte  sur  la  Piva,  qu*elle  traverse,  et  rejoint  la  Tara  en  passant  entre 
Crkvica  et  Nedvina.  De  ce  point  elle  remonte  la  Tara  jusqu 'à  Mojkovac,  d*où  elle 
suit  la  créte  du  contre-for  jusqu'à  Siskojezero  k  partir  de  cette  localité,  elle  se 
confond  avec  Tandenne  frontière  jusqn'au  village  de  Sekulare.  De  là  la  nouvelle 
frontière  se  dirige  par  les  crétes  de  la  Mokra  Planina,  le  village  de  Mokra  restant 
au  Montenegro,  puis  elle  gagne  le  point  2166  de  la  carte  de  Tétat-major  autrichien 
en  suivant  la  chaine  principale  et  la  ligne  de  partage  des  eaux,  entre  le  Lim  d*un 
coté  et  le  Drin,  ainsi  que  la  Gievna  (Zem)  de  Tautre. 

Elle  se  confond  ensuite  avec  les  limites  actuelles  entre  la  tribù  des  Kuci  Dreka- 
lovici  d*un  coté,  et  la  Kncka-Krajna  ainsi  que  les  tribus  des  Klementi  et  Gru  di  de 
Tautre,  jusqu*à  la  plaine  de  Podgorica,  d'où  elle  se  dirige  sur  Plavnica,  laissant  à 
l'Albanie  les  tribus  des  Klementi,  Grudi  et  Hoti. 

De  là  la  nouvelle  frontière  traverse  le  lac  près  de  Ttlot  de  Gorica-Topal  et,  à 
partir  de  Gorica-Topal,  elle  atteint  directement  les  sommets  de  la  créte,  d'où  elle 
suit  la  ligne  do  partage  des  eaus  entre  Megured  et  Ralimed,  laissant  Mrkovic  au 
Montenegro  et  rejoignant  la  mer  Adrìatique  a  Kruci. 

Au  Nord-Ovest,  le  trace  sera  forme  par  une  ligne  partant  de  la  còte  entre  Ics 
villages  Susana  et  Zubci  et  aboutissant  à  la  pointe  extréme  Sud-Est  de  la  frontière 
actuelle  du  Montenegro  sur  la  Vrsuta-Planina 

Art.  XXIX.  Antivari  et  son  litoral  sont  annexés  au  Montenegro  sous  les  con- 
ditions  suivantes: 

Les  contrées  situées  au  Sud  de  ce  torri  toire,  d'après  la  délìmitatìon  ci-dessus 
déterminée  jusqu'à  la  Bojana  y  compris  Dulcinijo,  seront  restituées  à  la  Turquie. 

La  commune  de  Spica,  jusqu*à  la  limite  septentrionale  du  territoire  indiqué 
dans  la  description  détaillée  des  frontières,  sera  incorporé  à  la  Dalmatie. 

Il  y  aura  pleine  et  entiére  liberté  de  navigation  sur  la  Bojana  pour  le  Monte 
négro.  Il  ne  sera  pas  construit  de  fortifications  sur  le  parcours  de  ce  fleuve,  à 
exception  de  celles  qui  seraient  nécessaires  à  la  défense  locale  de  la  place  de 
Scutari,  lesquelles  ne  s'étendront  pas  au  delà  d'une  distance  de  six  kilomètres  de 
cette  ville. 

Le  Montenegro  ne  pourra  avoir  ni  bàtiments  ni  pavillons  de  guerre. 


CXXXlI  Appendice  L  an.  187& 

Le  port  d*Àntivari  et  toutes  les  eaux  du  Montenegro  resteront  fermées  anx  bàti 
ments  de  guerre  de  toutes  les  nations. 

Les  fortifications  situées  entre  le  lac  et  le  litoral  sur  le  terrìtoire  monténégrin 
seront  rasées  et  U  ne  pourra  en  étre  élevé  de  nouvelles  dans  cette  zone. 

La  police  marìtime  et  sanitaire,  tant  à  Antivari  quant  le  long  de  la  còte  da 
Montenegro,  aera  exercée  par  rAutriche-Hongrie,  au  moyen  de  bàtime&ts  Iég«rg 
garde-còtes. 

Le  Montenegro  adoptera  la  législation  maritime  en  vìgueur  en  Dalmatie.  De 
8on  coté  rAutriche-Hongrie  s'engage  à  accorder  sa  protection  cousiilaire  au  pavillon 
marchand  monténégrin. 

Le  Montenegro  devra  s'entendre  avec  l'Autriche-Hongrie  sur  le  droit  de  ooo- 
struire  et  d'entretenir  à  traverà  le  nouveau  terrìtoire  monténégrin  une  roote  et 
un  chemin  de  fer. 

Une  entiòre  liberté  de  oommunication  sera  assurée  sur  ces  voies. 

Art.  XXX. 

{Come  agli  alinea  1  6  2  dell'art.  XITj. 

Art.  XXXI.  La  Principauté  du  Montenegro  s'entendra  directement  avec  la 
Porte  Ottomane  sur  Tinstitution  des  Agents  monténégrins  à  Gonstantinople  et 
dans  certaines  localités  de  l'Empire  Ottoman  où  la  nécessité  en  sera  reoonnue. 

Les  Monténégrins,  voyageant  ou  séjournant  dans  T  Empire  Ottoman»  seront 
soumis  aux  lois  et  aux  autorités  ottomanes,  suivant  les  prindpes  généraux  du  droit 
international  et  les  usages  établis  concemant  les  Monténégrins. 

Art.  XXXIL  Les  troupes  du  Montenegro  seront  tenues  d'évacuer,  dans  un 
délai  de  vingt  jours  à  partir  de  Téchange  des  ratifications  du  présent  Traité,  ou 
plus  tòt  si  Ikire  se  peut,  le  terrìtoire  qu'elles  oocupent  en  ce  moment  en  dehors 
des  nouvelles  limites  de  la  Principauté. 

Les  troupes  ottomanes  évacueront  les  territoires  cédés  au  Montenegro  dans  le 
méme  délai  de  vingt  jours.  Il  leur  sera  toutefois  accordé  un  terme  supplémentaire 
de  quinze  jours,  tant  pour  quitter  les  places-fortes  et  pour  en  retirer  les  apfiroTi- 
sionnements  et  le  matériel,  que  pour  dresser  Tinventaire  des  engins  et  objets  qui 
ne  pourraient  étre  enlevés  immédiatement. 

Art.  XXXIII.  Le  Montenegro  devant  supporter  une  partie  de  la  dette  publique 
ottomane  pour  les  nouveaux  territoires  qui  lui  sont  attribués  par  le  Traité  de  paix, 
les  Représentants  des  Puissances  à  Gonstantinople  en  détermineront  le  montant»  de 
concert  avec  la  Sublime  Porte,  sur  une  base  équitable. 

Serbia. 

Art.  XXXIV.  Les  Hautes  Parties  contractantes  reconnaissent  l'indépendance 
de  la  Principauté  (*)  de  Servie,  en  la  rattachant  aux  conditìons  exposées  dans  Tar- 
ticle  suivant. 

Art.  XXXV.  {Identico  agli  alin.  1  e  2  delVart.  V). 

Art.  XXXVI.  La  Servie  regoìt  les  territoires  inclus  dans  la  délimitation 
ci-après  : 


(•)  Con  leg^e  6  marzo  1882  la  Serbia  si  eresse  a  Regno* 


an.  1878.  Trattato  di  Berlino  del  1878  CXX^UII 

La  nou velie  frontière  suit  le  trace  actuel  en  remontant  le  thalweg  de  la  Drima 
depuis  son  confluent  avec  la  Save,  laissant  à  la  Principaaté  le  Mali  Zwornik  et 
Sackhar  et  continue  à  longer  Tancienne  limite  de  la  Servie,  josqu'an  Kopaonik, 
dont  elle  se  détache  au  sommet  de  Kanilug.  De  là  elle  suit  d'abord  la  limite  occi- 
dentale du  Sandijak  de  Nisch  par  le  contre-fort  Sud  du  Kopaonik,  par  les  crétes  de 
la  Marica  et  Mrdar  Planina,  qui  forme  la  ligne  de  partage  des  eaux  entre  les 
bassins  de  libar  et  de  la  Sitnica  d'un  coté  et  celui  de  la  Toplica  de  Tautre,  laissant 
Prepolac  à  la  Turquie. 

Elle  toume  ensuite  vers  le  Sud,  par  la  ligne  de  partage  des  eaux,  entre  la 
Brvenica  et  la  Medvedja,  laissant  tout  le  bassin  de  la  Medve^ja  à  la  Servie,  suit  la 
créte  de  la  Goljak  Pianina  (formant  le  partage  des  eaux  entre  le  Kriva  Kjeka  d*un 
coté  et  la  Poljanica,  la  Veternica  et  la  Morawa  de  Tautre),  jusqu'au  sommet  de  la 
Poiljanica.  Puis  elle  se  dirige  par  le  contre-fort  de  la  Earpina  Planina  jusqu'au 
confluent  de  la  Roinska  avec  la  Morawa,  traverse  cette  rivière,  remonte  par  la  ligne 
de  partage  des  eaux  entre  le  ruisseau  Koinska  et  le  ruisseau  qui  tombe  dans  la 
Morawa  prés  de  Neradovce,  pour  rejoindre  la  Planina  Sv.  Ilija,  au-dessus  de 
Trgoviste.  De  ce  point,  elle  suit  la  créte  de  Sv.  Ilija  jusqu'au  mont  Kljuc  et,  pas- 
sant  par  les  points  indiqués  sur  la  carte  par  1516  et  1576  et  par  la  Bobina  Gora, 
elle  aboutit  an  mont  Gmi  Yrh. 

À  partir  du  mont  Gmi  Yrh,  la  nouvelle  délimitation  se  confond  avec  celle  de 
la  Bulgarie,  c'est-à-dire  : 

La  ligne  frontière  suit  la  ligne  de  partage  des  eaux  entre  la  Struma  et  la 
Morawa  par  les  sommets  du  Streser,  Vologolo  et  Mesid  Planina  ;  rejoint  par  la 
Gacina,  Crna  Trava,  Darkovska  et  Drainica  pian,  puis  les  Descani  Elandanec,  la 
ligne  de  partage  des  eaux  de  la  haute  Sukowa  et  de  la  Morawa,  va  directement 
sur  le  Stol  et  en  descend  pour  couper,  à  1000  mètres  au  Nord-Ovest  du  village 
de  Segusa,  la  route  de  Sofia  à  Pirot.  Elle  remonte  en  ligne  droite  sur  la  Vidlié 
Planina,  et  de  là,  sur  le  mont  Radocina,  dans  la  chaine  du  Kodza  Balkan,  laissant 
à  la  Servie  le  village  de  Doikinci  et  à  la  Bulgarie  celui  de  Senakos. 

Du  sommet  du  mont  Radocina,  la  frontière  suit  vers  le  Nord-Ovest  la  créte 
des  Balkans  par  Ciprovec  Balkans  et  Stara  Planina  jusqu'à  l'ancienne  frontière 
orientale  de  la  Principauté  de  Servio  près  la  Eula  Smi^jova  Guka  et  de  là,  cette 
ancienne  frontière  jusqu'au  Danube,  qu'elle  rejoint  à  RakoAvitza. 

Art.  XXXVIL  Jusqu*à  la  conclusion  de  nouveaux  arrangements,  rien  ne  sera 
changé  en  Servie  aux  conditions  actuelles  des  relations  commerciales  de  la  Prin- 
cipauté avec  les  Pays  étrangers. 

(Identico  al  ^2  delVart.  VITI). 

(      »  §4        .  .     ). 

Art.  XXXVm  (Identico  ai  §§  2  e  3  delVart,  X). 

Art.  XXXIX  {Identico  at  §§  1  6  2  delVarU  XI7). 

Art.  XL.  Jusqu'i  la  conclusion  d'un  Traité  entre  la  Turquie  et  la  Servie,  lef 
sujets  serbes  voyageant  ou  séjoumant  dans  I*  Empire  Olloinan  seront  traités  sui 
vant  les  principes  généraux  du  droit  intemational. 

Art.  XLI  (Identico  alVart.  XXXII). 

Art.  XLII  (Identico  alVart.  XXX JII). 


(XXXIV  Appendice  L  aB.48'8. 


Rumenìa. 

Art.  XLIII.  Les  Hautes  Parties  contractanles  reconnaisspnt  !Mni1<^pendance  de  la 
Roumanie  en  la  rattachant  aux  conditions  esposées  dans  les  deux  articles  saivants 

Art.  XLIV  (§§  1  c  2  identici  ai  §§  2  e  3  delVart.  F). 

Les  nationaux  de  toiitos  les  Puissances,  commer^nts  ou  aiitres,  seront  traités 
en  Roumanie,  sana  distinction  de  religion,  sur  le  pied  d*une  parfaite  égalité. 

Art.  XLV.  La  principaulé  de  Roumanie  (')  retrocède  à  S.  M.  TEmpereur  de 
Russie  la  portion  du  territoire  de  la  Bessarabie  détachée  de  la  Russie  ensuite  du 
Traile  de  Paris  de  1856  limitée  &  l'ovest  par  le  thalweg  du  Pruth,  au  midi  par  le 
thalweg  du  bras  de  Kilia  et  Tembouchure  de  Stary-Stamboul. 

Art.  XLVI.  Les  lles  formant  le  delta  du  Danubc,  ainsi  que  Ttle  des  Serpents, 
le  Sandjak  de  Touitcha  comprenant  Ics  districts  (Cazas)  de  Kilia,  Soulina,  Mah- 
moudié,  Isaktcha,  Touitcha,  Matchin,  Babadagh,  Hirsovo,  Kustendje,  Medjidié,  soni 
réunis  à  la  Rumanie.  La  Principauté  reQoit  en  outre  le  territoire  situé  au  Sud  de  la 
Dobrutcha  jusqu'à  une  ligne  ayant  son  point  de  départ  à  Test  de  Silistrie  et  abou- 
tissant  à  la  mer  Noire  au  sud  de  Mangalie. 

Le  trace  des  frontières  sera  fixé  sur  les  lieux  par  la  Commission  européenne 
fOMT  la  délimitation  de  la  Bulgarie. 

Art.  XLVIL  La  question  du  partage  des  eaux  et  des  pécheries  sera  soomise  à 
Tarbitrage  de  la  Ck)mmission  européenne  du  Danube. 

Art.  XLVIII.  Aucun  droit  de  transit  ne  sera  prélevé  en  Roumanie  sur  les  mar- 
chandises  traversant  la  Principauté. 

Art.  XLIX.  Des  Conventions  pourront  ètre  condues  par  la  Roumanie  pour 
régler  les  priviléges  et  attributions  des  consols  en  matière  de  protection.  Les  droits 
acquis  resteront  en  vigueur  tant  quMIs  n'auront  pas  été  modifiés  d*un  commus 
accord  entre  la  Principauté  et  les  parties  inléressées. 

Art.  L.  Jusqu'à  la  conclusion  d*un  Traité  réglant  les  priviléges  et  attributions 
des  Consuls  entre  la  Turquie  et  la  Roumanie,  les  sujets  roumains  voyageant  oa 
séjoumant  dans  l'Empire  Ottoman  et  les  sigets  ottomans  voyageant  ou  séjournant  en 
Roumanie  jouiront  des  droits  garantis  aux  sujets  des  autres  Puissances  européennes. 

Art.  li.  En  ce  qui  concerne  les  entreprises  des  travaux  publics  et  autres  de 
mème  nature,  la  Roumanie  sera  substituée  pour  tout  le  territoire  cède  anx  droits 
et  obligations  de  la  Sublime  Porto. 


Navigazione  del  Danubio. 

Art.  LII.  Afin  d'accroitre  les  garanties  assurées  à  la  liberté  de  la  navigation 
sur  le  Danube  reconnue  comme  étant  d'intérét  européen,  les  Hautes  Parties  cou- 
tractantes  décident  que  toutes  les  forteresses  et  forti fìcations  qui  se  trouvent  sur 
li'  parcours  du  fleuve  depuis  les  Portes-de-Fer  jnsqu'à  ses  embouchures  seront 
rasées  et  quMl  n'en  sera  pas  élevé  de  nouvelles.  Aucun  bAtiment  de  guerre  ne 


(*)  Con  voto  del  14-26  marzo  1881  dei  rappresentanti  del  paese  la  Rumeni* 
fu  eretta  a  Regno, 


tB.f878.  Trattato  di  Berlino  del  iSlS  GXXXY 

pourra  naviguer  sur  le  Danube  en  aval  dea  Portes-de-Fer,  à  Texception  des  bàti< 
ments  légers  destinés  à  la  police  fluviale  et  au  service  des  douanes.  Les  station» 
naires  des  Puissances  aux  embouchures  du  Danube  pourront  toutefois  reroonter 
jusqu'à  Galatz. 

Art.  lui.  La  Commission  européenne  dn  Danube,  au  sein  de  laquelle  la  Rou- 
manie  sera  représentée,  est  maintenue  dans  ses  fonctions  et  les  exercera  dorè- 
navant  jusqu'à  Galatz  dans  une  complète  indépendance  de  Tautorìté  territoriale* 
Tous  les  Traités,  arrangements,  actes  et  décisions  relatifs  à  ses  droits,  priviléges, 
prérogatives  et  obligations  sont  confirmès. 

Art.  LIV.  Une  année  avant  Texpiration  du  terme  assigné  à  la  durée  de  la 
Commission  européenne,  les  Puissances  se  mettront  d*accord  sur  la  prolonga- 
tion  de  ses  pouvoirs  ou  sur  les  modiflcations  qu'elles  jugeraient  nécessaire  d'y 
introduire. 

Art.  LV.  Les  règlements  de  navigation,  de  police  fluviale  et  de  surveillance 
depuis  les  Portes-de-Fer  jusqu*à  Galatz  seront  élaborés  par  la  Commission  euro- 
péenne, assislée  de  Délégués  des  États  riverains  et  mis  en  harmonie  avec  ceux 
qui  ont  cté  ou  seraient  édictés  pour  le  parcours  en  aval  de  Galatz. 

Art.  LVL  La  Commission  européenne  du  Danube  8*entendra  avec  qui  de  droit 
pour  assurer  l'entretien  du  phare  sur  lìle  des  Serpents. 

Art.  LVII.  L'exécution  des  travaux  destinés  à  faire  disparattre  les  obstacles, 
que  les  Portes-de-Fer  et  les  Cataractes  opposent  à  la  navigation,  est  confiée  à  TAu- 
triche-Hongrie.  Les  États  riverains  de  cette  partie  du  fleuve  accorderont  toutes 
les  facilités  qui  pourraient  étre  requises  dans  Tintérét  de  ces  travaux. 

Les  dispositions  de  Tart  6  du  Traité  de  Londres  du  13  mars  1871  relatives  au 
droit  de  percevoir  une  taxe  provisoire  pour  convrir  les  frais  de  ces  travaux  sont 
maintenues  en  faveur  de  TAutriche-Hongrie. 

Territofj  delVAtia. 

Art.  LVIIL  La  Sublime  Porte  cède  à  l'Empire  russe,  en  Asie,  les  territoires  de 
Ardahan,  Ears  et  Batoum  avec  ce  dernier  port,  ainsi  que  tous  les  territoires  com 
pris  entre  Tancienne  frontière  russe-turque  et  le  trace  suivant: 

La  nouvelle  frontière,  partant  de  la  mer  Noire,  conformément  à  la  ligna 
déterminée  par  le  Traité  de  San-Stefano,  jusqu*à  un  point  au  nord-ovest  de 
Khorda  et  au  sud  de  Artvin,  se  prolonge  en  ligne  droite  jusqu*à  la  rivière  Tcho> 
roukh,  traverse*  cette  rivière  et  passe  à  Test  de  Aschmicheh  en  allant  en  ligne 
droite  au  Sud  pour  rejoindre  la  frontière  russe  indiquée  dans  le  Traité  de  San- 
Stefeno  à  un  point  au  sud  de  Nariman,  en  laissant  la  ville  d'Olti  à  la  Russie.  Du 
point  indiqué  près  de  Nariman,  la  frontière  tourne  à  Test,  passe  par  Tebrenek,  qui 
reste  à  la  Russie,  et  s'avance  jusqu'à  Penneck  TschaL 

Elle  suit  cette  rivière  jusqu*à  Bardouz,  puis  se  dirige  vers  le  sud,  en  laissant 
Bardouz  et  Jonikioy  à  la  Russie.  D'un  point  à  Tovest  du  village  de  Karaougan,  la 
frontière  se  dirige  sur  Medjingert,  continue  en  ligne  directe  vers  le  sommet  de 
la  montagne  Kassadagh  et  longe  la  ligne  de  partage  des  eaux  entre  les 
affluente  de  TAraxe  au  nord  et  ceux  du  Mourad  Sou  au  sud,  jusqu'à  Tancienna 
frontière  de  Russie. 


CXXXVI  Appendice  L  ».  ìstR. 

Art.  LIX.  S.  M.  TEmpereur  de  Russie  dédare  que  son  ìntention  est  d^éri^er 
Bstoum  en  port  frane,  essentiellement  commercial.     . 

Art.  LX.  La  vallèe  d'AIaschkerd  et  la  ville  de  Bayazid,  cédées  à  la  Turquie  par 
Tart  X  du  Traité  de  San-Stefano,  font  retour  à  la  Turquie. 

La  Sublime  Porte  cède  à  la  Perse  la  ville  et  le  territoire  de  Khotour  tei  qn*il 
a  été  déterminè  par  la  Gommission  mixte  anglo^usse  ponr  la  délimitation  des  fron- 
tières  de  la  Turquie  et  de  la  Perse. 

Art.  LXL  La  Sublime  Porte  s'engage  à  réaliser,  sana  plus  de  retard,  les  amé- 
liorations  et  les  réformes,  qu*exigent  les  besoins  locaux  dans  les  provinces  habi- 
tées  par  les  Arraéniens  et  à  garantir  leur  sécurité  contre  les  Circassiens  et  les 
Kurdes.  Elle  donnera  connaissance  périodiquement  des  mesnres  prises  k  cet  effel, 
aux  Puissances,  qui  en  surveilleront  Texécution. 


Liberia  religiosa. 

Art.  LXn.  La  Sublime  Porte  ayant  exprimé  la  volonté  de  maintenir  le  principe 
de  la  liberté  religieuse  en  y  donnant  Textention  la  plus  large,  les  Parties  contrae 
tantes  prennent  acte  de  catte  Déclaration  spontanee. 

Dans  aucune  partie  de  Y  Empire  Ottoman  la  différence  de  religion  pourra 
étrc  opposèe  à  personne  comme  un  motif  d*exclusion  ou  d*incapacité  en  ce  qui 
concerne  Tusage  des  droits  civils  et  politiques  et  radmission  aux  emplois  publics, 
fonctions  et  honneurs  ou  Texercice  des  différentes  professions  et  industries. 

Tous  seront  admìs,  sans  distinction  de  religion,  à  témoigner  devant  les  trt- 
bunaux. 

La  libertè  et  la  pratique  extériciire  de  tous  les  cultes  sont  assurées  à  tous,  et 
aucune  entrave  ne  pourra  étre  apportée  soit  à  Torganisation  hièrarchique  des 
différentes  communions,  soit  à  leurs  rapporta  avec  les  chefs  spirituels. 

Les  ecclésiastiques,  les  pèlerins  et  les  moines  de  toutes  les  nationalités  voya- 
geant  dans  la  Turquie  d'Europe  ou  la  Turquie  d'Asie  jouiront  des  mémes  droits, 
avantages  et  priviléges. 

Le  droit  de  protection  offìcielle  est  reconnu  aux  Agents  diplomatiques  et 
consulaires  des  Puissances  en  Turquie,  tant  à  Tégard  des  personnes  susmention- 
nées  que  de  leurs  établissements  religieux,  de  bienfaisance  et  antres  dans  les 
Lieux-Saints  et  ailleurs. 

Les  droits  acquis  à  la  France  sont  expressóment  rèservés  et  il  est  bien  entendu 
que  aucune  atteinte  ne  pourra  étre  portée  au  statu  quo  dans  les  Lieux-Saints. 

Les  moines  du  mont  Athos,  quelquc  soit  leur  pays  d'origine,  seront  maintcnus 
dans  leurs  possessions  et  avantages  antérieurs,  et  jouiront,  sans  aucuno  exception, 
d'une  entière  égalité  de  droits  et  prérogatives. 

Art.  LXin.  Le  Traité  de  Paris  du  30  mars  1856,  ainsi  que  le  Traité  de  Lon- 
dres  du  30  mars  1871  sont  maintenus  dans  toutes  celles  de  leurs  dispositions  qui 
ne  sont  pas  abrogècs  ou  modifiées  par  les  stipulations  qui  précédent. 

Art.  LXIV.  Le  présent  Traité  sera  ratifié  et  les  ratifications  en  seront  échan- 
gées  &  Berlin  dans  un  délai  de  trois  semaines  ou  plus  tot  si  faire  se  peut. 


an.  1878.  Trattato  di  Berlino  del  1878  CXXXVII 

En  foi  de  quoi,  les  Plénipotentiaires  respectifs  1  ont  signé  et  y  ont  appose  le 
sccau  de  leurs  armes. 

Fait  à  Berlin  le  treiziéme  jour  du  mois  de  juillet  mil  huit  cent  soixante- 
dix-huit. 


Atti  conclusi  per  d«re  esecusione  al  Trattato  di  Berlino. 

1878-1880. 
an.  i 878-80. 

Per  dare  esecuzione  al  trattato  fatto  a  Berlino  il  13  luglio  1878  gli  Stati 
che  lo  sottoscrissero  hanno  posteriormente  stipulato  i  seguenti  atti  : 

Rispetto  alla  Bulgaria^  essendo  stato  stabilito  all'art.  46  di  detto  trat- 
tato, che  la  frontiera  ruraeno-bulgara  sarebbe  stata  tracciata  da  una  Com- 
missione europea,  ciascuno  degli  Slati  firmatari  nominò  il  proprio  com- 
missario e  la  Commissione  europea  cosi  costituita  tracciò  la  nuova  frontiera 
eoirAtto  fatto  a  Costantinopoli  il  17  dicembre  1878. 

Rispetto  alla  Rumelia  Orientale,  provincia  posta  sotto  l'autorità  politica 
e  militare  diretta  del  Sultano  nella  condizione  di  autonomia  amministra- 
tiva, a  norma  dell'art.  13  di  detto  trattato,  essendo  stato  tra  le  parti  stesse 
convenuto  all'art.  18,  che  l'organizzazione  di  tale  provincia  sarebbe  stata 
effettuata  secondo  lo  statuto  organico  fatto  dalla  Commissione  europea  di 
accordo  con  la  Porta,  tale  statuto  fu  compilato  a  seconda  era  stato  stabilito, 
e  approvato  dagli  Stati  firmatari  con  l'Atto  sottoscritto  a  Costantinopoli  il 
14  aprile  1879. 

La  frontiera  tra  la  Bulgaria  e  la  Rumelia  orientale  fu  pure  tracciata,  a 
norma  dell'articolo  2  del  mentovato  trattato,  dalla  Commissione  europea 
nominata  dallePotenze  firmatarie,  le  quali  sottoscrissero,  il  14  agosto  1879, 
l'Atto  che  stabilisce  la  detta  frontiera,  e  coli' Atto  del  19  agosto  dello  stesso 
anno  fu  fissata  la  nuova  frontiera  della  Serbia. 

La  frontiera  danubiana  della  Bulgaria,  quella  tra  questa  e  la  Turchia 
^Macedonia)  e  la  frontiera  fra  la  Bulgaria  e  la  Serbia,  furono  tracciate  dalla 
Commissione  europea  e  approvate  dalle  Potenze  firmatarie  coli' Alto  fatto 
a  Costantinopoli  il  28  settembre  1879.  Le  medesime  Potenze  sottoscrissero 
il  25  ottobre  l'Atto  che  stabilisce  la  frontiera  meridionale  della  Rumelia 
orientale.  1  confini  tra  la  Turchia  e  il  Montenegro  furono  rettificati  col  pro- 
tocollo sottoscritto  il  18  aprile  1880  e  quelli  tra  la  Grecia  e  la  Turchia, 
rettificati  parimente  col  protocollo  sottoscritto  a  Berlino  il  1^  luglio  1880. 


cxxxvm  Appendice  I. 


Sviluppo  del  commeroio 
e  deirinoivilimento   nelle   regioni   africano. 

navigasione  del  Congo  e  del  Niger. 


Trattato  di  Berlino. 

1885,  Febbraio  26. 

an.l88& 

L'Atto  generale  della  Conferenza  riunita  a  Berlino  per  regolare  di 
comune  accordo  lo  sviluppo  del  commercio  e  della  civiltà  nelle  regioni 
dell'Africa,  e  per  assicurare  la  libera  navigazione  dei  due  principali  fiumi 
africani  che  sboccano  nell'Oceano  atlantico  (il  Congo  ed  il  Niger)  è  uno 
dei  documenti  molto  importanti  dei  nostri  tempi.  Esso  fu  sottoscrìtto  il 
26  febbraio  1885  dalF  Austria-Ungheria,  Belgio,  Danimarca,  Francia,  Ger- 
mania, Gran  Bretagna,  Italia,  Paesi  Bassi,  Lussemburgo,  Portogallo, 
Russia,  Spagna,  Stali  Uniti  d'America,  Svezia  e  Norvegia  e  dalla  Turchia. 

I  mentovati  Stati,  aflìne  di  prevenire  le  contestazioni  che  avrebbero 
potuto  sorgere  in  occasione  dell'occupazione  di  certe  regioni  dell'Africa  e 
mettersi  d'accordo  per  stabilire  norme  direttive  comuni  a  riguardo  del- 
l'azione che  ciascuno  di  essi  poteva  esercitare  coli' intendimento  di  accre- 
scere il  benessere  materiale  e  morale  degl'indigeni  di  quelle  regioni,  si 
riunirono  in  Conferenza  a  Berlino  (1)  in  seguito  all'invito  del  Governo  della 
Germania  d'accordo  con  quello  francese  e  convennero  come  segue: 

l""  Fu  stabilito  in  massima  la  completa  libertà  del  commercio  nel 
bacino  del  Congo,  nelle  imboccature  di  lui,  e  nei  paesi  circonvicini,  e 
furono  determinati  i  limiti  del  bacino  stesso  e  dei  suoi  affluenti,  ai  quali  la 
libertà  dovea  ritenersi  applicata,  tenendo  conto,  nel  fare  tale  delimitaziont", 
dei  criteri  geografici  non  solo,  ma  altresì  di  quelli  economici. 

Fu  assicurata  la  libera  navigazione  alle  navi  di  qualunque  nazionalità 
ammettendo  per  esse  il  libero  accesso  a  tutto  il  littorale  dei  territori  com- 
presi entro  i  limiti  fissati,  a  tutti  i  porti  situati  lungo  le  sponde  del  fiume, 
concedendo  alle  navi  di  potere  intraprendere  qualunque  specie  di  trasporto 
ed  esercitare  il  cabottaggio  marittimo  e  fluviale  con  perfetta  eguaglianza  di 
trattamento.  Fu  inoltre  stabilito  che  le  mercanzie  importate  nei  territori 


(1)  La  ratifica  dell' Atto  generale  da  parte  di  ciascuno  degli  Stati,  che  la  sotto- 
scrissero, fu  fatta  ad  epoche  diverse,  però  con  un  protocollo  sottoscritto  a  Berlino, 
il  19  aprile  1886,  fu  constatato  la  ratifica  delFAtto  generale  col  deposito  delle  rati- 
fiche di  ciascuno  dogli  Stati  che  Io  avevano  sottoscritto. 


in.  1S85.  Trattalo  di  Berlino  i885  {Congo)  CXXXIX 

designati  sarebbero  state  affrancale  da  ogni  diritto  di  entrata  e  di  transito 
negando  agli  Stati  rivieraschi  d'imporre  su  di  esse  qual  si  fosse  tassa, 
eccetto  solo  quelle  che  potessero  essere  percette  come  un'equa  compensa- 
zione delle  spese  utili  pel  commercio  e  sempre  con  perfetta  eguaglianza 
dei  nazionali  e  degli  stranieri  di  qualsifosse  paese. 

2<^  Per  assicurare  l'esatta  osservanza  dei  principi  stabiliti  col  trattato, 
e  per  provvedere  alla  libertà  del  commercio  e  della  navigazione  fu  istituita 
una  Commissione  internazionale  analoga  a  quella  istituita  pel  Danubio,  e 
furono  conferite  alla  medesima  speciali  attribuzioni  per  sopraintendere  ai 
lavori  occorrenti  a  rendere  il  fiume  navigabile:  per  fissare  le  tariffe;  ammi- 
nistrare le  rendite:  vigilare  all'osservanza  delle  disposizioni  contenute  nel 
trattato  (art.  Vili  e  XVII-XXI). 

Ad  essa  fu  conferita  altresì  la  facoltà  di  negoziare  all'occorrenza  in 
suo  nome  un  prestito  per  provvedere  alle  spese  tecniche  ed  amministrative 
(art.  XXIII). 

Affinchè  poi  la  libertà  commerciale,  tanto  largamente  stabilita,  non 
incontrasse  ostacoli  in  tempo  di  guerra,  fu  espressamente  convenuto  che 
le  regole  stabilite  dovessero  rimanere  in  pieno  vigore  in  tempo  di  guerra, 
e  che  dovesse  essere  libero  il  commercio  tanto  dalla  parte  degli  Stati  neu- 
trali quanto  dei  belligeranti,  eccetto  solo,  durante  la  guerra,  il  trasporto 
degli  oggetti  destinati  ad  uno  dei  belligeranti  e  considerati  a  seconda  del 
Diritto  internazionale,  quale  contrabbando  di  guerra  (art.  XXV). 

3"  Per  quello  che  concerne  il  Niger  fu  parimente  convenuto  di 
applicare,  quanto  alla  libertà  della  navigazione  e  del  commercio,  i  mede- 
simi principi  che  per  il  Congo,  eccetto  soltanto  quelli  che  si  riferiscono  alla 
Commissione  internazionale  (articoli  XXVI-XXIX). 

La  Gran  Bretagna,  sotto  il  protettorato  della  quale  si  trovano  la  maggior 
parte  dei  paesi  lungo  la  parte  navigabile  ed  esplorata  di  detto  fiume,  prese 
formale  impegno  di  facilitare  la  circolazione  delle  navi  mercantili  nelle 
acque  sotto  il  suo  protettorato,  e  di  proteggere  i  negozianti  stranieri  di 
tutte  le  nazioni  che  volessero  esercitare  il  commercio  nelle  regioni  lungo 
il  corso  del  Niger  soggetto  alla  sovranità  di  lei  e  lo  stesso  fece  la  Francia 
(articoli  XXX-XXXD). 

Anche  il  commercio  sul  Niger  fu  assicurato  in  tempo  di  guerra  come 
quello  sul  Congo. 

4®  Fu  provveduto  alla  diffusione  della  coltura  e  della  civiltà,  avendo 
le  parti  contraenti  assunto  l'impegno  di  proteggere  gl'indigeni,  i  missio- 
nari^ i  viaggiatori,  e  qualsiasi  istituzione  e  intrapresa  religiosa,  scienti» 


GXL  Appendice  L  an.  l>^>::^ 

fica,  0  di  beneficenza  creata  ed  organizzata  coirintendimento  d'istruire  gli 
indigeni  e  difi'ondere  la  civiltà. 

La  libertà  di  coscienza  e  la  tolleranza  religiosa  fu  espressamente  garantita 
(art.  VI). 

b^  A  riguardo  della  tratta  degli  schiavi,  che  in  quelle  regioni  era 
praticata,  le  Potenze  firmatarie  non  solo  dichiararono  che  essa  doveva 
essere  reputata  assolutamente  inibita,  ma  quelle  di  esse,  che  esercitayano 
diritti  di  sovranità,  assumevano  altresì  formale  impegno  di  non  permettere 
che  sui  territori  ad  esse  soletti  potesse  essere  fatto  in  avvenire  il  com- 
mercio degli  schiavi  o  che  i  detti  territori  potessero  servire  come  vie  di  tran- 
sito per  fare  la  tratta,  e  si  obbligavano  ad  adoperare  tutti  i  mezzi  di  cui 
potevano  disporre,  per  far  cessare  il  commercio  e  la  tratta  degli  schiavi, 
e  punire  coloro  che  volessero  esercitarli  (articolo  IX). 

6<*  Per  stabilire  norme  di  diritto  comune  a  riguardo  delle  nuove 
occupazioni  delle  coste  e  delle  regioni  africane  non  ancora  occupate,  le 
Potenze  firmatarie  convennero  che  per  l'avvenire,  qualora  una  di  esse 
volesse  prendere  possesso  di  una  regione  del  continente  africano  o  acqui- 
stare soltanto  il  protettorato,  dovesse  notificare  ciò  alle  altre  affine  di  met- 
terle in  condizione  di  far  valere  i  loro  diritti,  o  di  fare  secondo  i  casi  i 
giusti  reclami. 

Tutte  dichiararono  inoltre  di  riconoscere  come  obbligo  comune  quello 
di  assicurare  nei  territori  del  continente  africano,  che  potessero  essere  da 
ciascuna  di  esse  occupati,  l'ordine,  la  tranquillità  ed  il  rispetto  dei  diritti 
acquisiti,  costituendo  un  potere  con  mezzi  sufficienti  per  tutelare  i  diritti 
dei  privati  e  la  libertà  del  commercio  (art.  XXXIV  e  XXXV). 

Essendo  stato  espressamente  stabilito  dalle  Potenze  che  sottoscrissero 
l'Atto,  che  gli  altri  Stati  avrebbero  potuto  aderire  a  quanto  con  esso  trovasi 
disposto,  facendovi  adesione  e  notificandola  in  via  diplomatica  agli  Stati 
firmatari  per  mezzo  del  Goterno  dell'Impero  germanico  (art.  XXXVII)  è 
meritevole  dì  essere  notato  che  l'Associazione  internazionale  del  Congo 
notificò  la  sua  adesione  all'Atto  generale  della  Conferenza  di  Berlino  nello 
stesso  giorno  in  cui  esso  fu  sottoscritto.  Tale  Associazione  era  stata  istituita 
con  lo  scopo  di  diffondere  la  civiltà  nelle  regioni  africane,  di  fondare  ivi 
stabilimenti,  tutelare  il  commercio,  proteggere  i  missionari,  i  viaggiatori. 
Essa  aveva  acquistato  dai  Capi  delle  tribù  indigene  una  vasta  estensione  di 
territorio  che  si  estendeva  a  3200  chilometri  lungo  le  rive  del  fiume  O)ngo  ; 
vi  aveva  eretto  molti  stabilimenti  sotto  la  bandiera  di  essa  Associazione, 
applicando  nelle  ventidue  stazioni,  ivi  da  lei  stabilite,  un  regime  analogo 


an.  i888.       Navigazione  Canale  Suez.  Trattato  di  Costantinopoli  \^^  CXLI 

a  quello  dei  paesi  dell'Europa,  ed  in  considerazione  della  sua  missione 
civilizzatrice  era  stata  riconosciuta  successivamente  dall' Austria-Ungheria, 
dal  Belgio,  dalla  Danimarca,  dalla  Francia,  dalla  Germania,  dalla  Gran 
Bretagna,  dall'Italia,  dai  Paesi  Bassi,  dal  Portogallo,  dalla  Russia,  dalla 
Spagna,  dagli  Stati  Uniti  del  nord,  dalla  Svezia  e  Norvegia  (1). 

L'Associazione  internazionale  del  Congo  essendo  stata  ammessa  a  fare 
adesione  all'Atto  della  Conferenza  di  Berlino,  era  venuta  ad  acquistare 
cosi  la  stessa  posizione  e  gli  stessi  diritti  di  uno  Stato  indipendente.  Questa 
sua  posizione  è  stata  poi  meglio  stabilita  in  conseguenza  dell'unione  per- 
sonale col  Belgio,  che  avea  preso  una  parte  attiva  all'organizzazione  della 
Associazione. 

Questo  avvenne  in  conseguenza  dell'invito  fatto  al  Re  dei  Belgi  di 
mettersi  a  capo  del  nuovo  Stato,  e  dell'autorizzazione  data  dalle  Camere 
legislative  nell'aprile  1885.  In  conseguenza  di  tutto  ciò  Leopoldo  II  è 
oggidì  Re  dei  Belgi  e  capo  del  nuovo  Stato  fondato  in  Africa  dall' Associa* 
ziane  internazionale  del  Congo,  e  tale  unione  tra  il  Belgio  ed  il  nuovo  Stato 
è  esclusivamente  personale  a  norma  della  legge  votata  dalle  Camere  legis- 
lative e  pubblicata  dal  Monitore  Belga^  il  2  maggio  1885. 

Nayiganone  pel  Canale  di  Saes. 

Trattato  di  Costantinopoli. 

1888»  Dicembre  28. 

an.  4888. 

9 

II  libero  traffico  pel  canale  di  Suez  si  in  tempo  di  pace  che  in  tempo  di 
guerra  era  stato  considerato  generalmente  come  indispensabile,  affinchè 
detto  canale  potesse  soddisfare  allo  scopo  pel  quale  era  stato  costruito, 
quello  cioè  di  servire  come  via  di  comunicazione  per  la  libera  navigazione 
ed  il  commercio  di  tutti  i  popoli. 

Al  principio  dell'anno  1883,  3  gennaio,  il  Governo  inglese  comunicò 
in  via  diplomatica  agli  altri  Governi  l'invito  di  riunirsi  in  Conferenza  per 
stabilire  d'accordo  le  norme  adatte  a  garantire  a  tutti,  si  in  tempo  di  pace 
che  in  tempo  di  guerra,  il  libero  uso  del  canale.  La  proposta  non  fu  accet- 
tata che  nel  1885,  quando  le  Potenze  interessate  con  una  dichiarazione, 
sottoscritta  il  12  marzo  a  Londra,  convennero  di  riunirsi  a  Parigi  il  30  per 
concordare  una  Convenzione  sulle  basi  proposte  dal  Governo  inglese.  La 
Conferenza  si  riunì  effettivamente  a  Parigi  il  30  marzo,  ed  avendo  la  Francia 


(1)  Vedi  Marteks,  Nouveau  recueil  general,  2*  serie,  tomo  X. 


CXLII  Appendice  L  an.  ìS^. 

presentato  un  proprio  progetto  di  convenzione,  i  due  progetti  furono  discussi 
e  fu  poi  deciso  di  nominare  una  Sotto-Commissione  per  redigere  un  pro- 
getto defìnìtivo  adottando  per  base  i  due  progetti  proposti  dai  Governi 
francese  ed  inglese. 

I)  piogetto  definitivo  proposto  non  fu  accettato  dalla  Commissione  e 
molte  discussioni  seguirono  in  via  diplomatica  per  conciliare  gl'interessi 
legittimi  di  tutte  le  Potenze,  senza  offendere  i  diritti  della  Turchia,  del- 
l'Egitto  e  della  Compagnia  di  Suez,  ed  eliminate  poi  tulle  le  difficoltà  il 
trattato  definitivo  fu  concluso  a  Costantinopoli  il  20  ottobre  1888  e  sotto- 
scritto dal!  Austria-Ungheria,  Francia,  Germania,  Gran  Bretagna,  Italia, 
Paesi  Bassi,  Spagna,  Russia  e  Turchia  e  fu  ratificato  il  28  dicembre  dello 
stesso  anno. 

Con  tale  trattato  il  libero  uso  del  canale  di  Suez  è  stato  garantito  in 
tempo  di  pace  e  di  guerra,  ed  ecco  le  principali  disposizioni  in  esso 
contenute: 

1^  È  stata  stabilita  la  completa  libertà  di  navigazione  anche  in  tempo 
di  guerra  per  le  navi  mercantili  o  da  guerra  senza  distinzione  di  bandiera, 
impegnandosi  le  altre  parti  contraenti  di  non  attentare  al  libero  uso  del 
canale  in  tempo  di  guerra,  ed  escludendo  rispetto  ad  esso  1* esercizio  del 
diritto  dì  blocco.  Esse  s'impegnavano  altresì  di  rispettare  il  canale  di  acqaa 
dolce  indispensabile  per  mantenere  il  canale  marittimo  in  condizione  di 
navigabilità  e  di  astenersi  dal  fare  qualunque  tentativo  per  ostruirlo  e 
rispettare  allresi  il  materiale,  gli  stabilimenti,  le  costruzioni  e  le  opere  si 
del  canale  marittimo  che  di  quello  di  acqua  dolce. 

2^  E  slato  stabilito  che  il  canale  marittimo  dovrà  restare  aperto  in 
tempo  di  guerra  come  libero  passaggio  anche  alle  navi  da  iaierra  dei  bel> 
ligeranti  e  che  nessun  diritto  di  guerra  potrà  essere  esercitato  dalle  parti 
contraenti  con  lo  scopo  di  impedire  la  libera  navigazione  del  canale  e  l'ac- 
cesso ai  porti  di  esso  e  cosi  dentro  un  raggio  di  tre  miglia  fnarittime  dai 
porti  del  canale,  nonostante  che  l'Impero  ottomano  possa  essere  una  delle 
Potenze  belligeranti.  Fu  però  convenuto  che  le  navi  da  guerra  dei  bellige- 
ranti non  potranno  nel  canale  e  suoi  porti  d'accesso  fare  provvigioni  di  vet- 
tovaglie 0  di  altro,  che  dentro  i  limiti  strettamente  necessari  ;  che  il  tran- 
sito delle  navi  da  guerra  pel  canale  dovrà  essere  eiTettuato  nel  più  breve 
termine  a  norma  dei  regolamenti  in  vigore  e  senza  fermarsi  oltre  quanto 
possa  essere  richiesto  dalle  necessità  del  servizio;  che  il  soggiorno  a  Port-Sald 
e  nella  rada  di  Suez  non  potrà  oltrepassare  ventiquattro  ore,  eccello,  solo  il 
caso  di  rilascio  forzalo,  e  che  in  tale  evenienza  bisognerà  partire  al  più  preste 


an.  1888.       Navigazione  Canale  Stiez.  Trattato  di  Costantinopoli  1888        CXLIII 

possibile;  che  un  intervallo  di  ventiquattr' ore  dovrà  sempre  passare  tra 
l'uscita  da  un  porto  d'accesso  d'una  nave  belligerante,  e  la  partenza  d'una 
nave  appartenente  alla  Potenza  nemica  ;  che  in  tempo  di  gueiTa  le  Potenze 
belligeranti  non  potranno  sbarcare  né  potranno  prendere  nel  canale  e 
porti  d'accesso,  truppe,  munizioni  o  materiali  di  guerra,  ma  che  soltanto 
nel  caso  di  un  impedimento  accidentale  del  canale  potranno  sbarcare  o 
imbarcare  nei  porti  d'accesso  truppe  frazionate  a  gruppi  non  eccedenti 
mille  uomini  col  materiale  di  guerra  corrispondente;  che  si  dovranno  rite- 
nere le  prede  asso^ettate  sotto  tutti  i  rispetti  allo  stesso  regime  che  le 
navi  da  guerra  dei  belligeranti  ;  che  le  Potenze  non  potranno  mantenere 
nelle  acque  del  canale  (compresovi  il  lago  Timsah  e  i  laghi  amari)  alcuna 
nave  da  guerra,  che  però  nei  porti  d'accesso  di  Port-Said  e  di  Suez  sarà 
concesso  ad  esse  di  fare  stazionare  bastimenti  da  guerra  il  numero  dei  quali 
non  potrà  eccedere  due  per  ciascuna  Potenza.  Questo  diritto  peraltro  non 
potrà  essere  esercitato  dai  belligeranti. 

3<^  Affine  di  assicurare  la  completa  osservanza  di  quanto  col  trattato 
trovasi  stabilito  le  Potenze  che  lo  hanno  sottoscritto  hanno  convenuto  che 
gli  Agenti  diplomatici  rispettivi  residenti  in  Egitto  sono  chiamati  a  vegliare 
all'esecuzione  di  esso,  e  che  in  qualunque  circostanza  la  sicurezza  o  il 
libero  passaggio  del  canale  potessero  essere  minacciate,  dovranno  riunirsi 
sull'invito  di  tre  di  essi  e  sotto  la  presidenza  del  decano  affine  di  constatare 
i  fatti  e  far  conoscere  al  Governo  del  Kedivé  il  danno  riconosciuto,  e  pro- 
vocare le  misure  adatte  ad  assicurare  la  protezione  ed  il  libero  uso  del 
canale.  Che  in  ogni  caso  poi  essi  dovranno  riunirsi  una  volta  l'anno  per 
constatare  la  buona  esecuzione  del  trattato,  la  quale  riunione  deve  aver 
luogo  sotto  la  presidenza  d'un  Commissario  speciale  a  tale  uopo  nominato 
dal  Governo  imperiale  ottomano.  Gli  Agenti  diplomatici  così  riuniti  potranno 
reclamare  la  soppressione  di  qualsisia  opera  e  la  dispersione  di  qualsisia 
ammassamento,  che  sull'una  o  sull'altra  riva  del  canale  potessero  avere 
per  scopo  o  per  effetto  di  porre  ostacolo  alla  libertà  e  alla  completa  sicu- 
rezza della  navigazione. 

4^  Sono  stati  concordati  inoltre  gli  opportuni  provvedimenti  per 
tutelare  i  diritti  sovrani  del  Governo  egiziano  e  di  quello  del  Sultano,  con- 
cedendo al  primo  la  facoltà  di  prendere,  dentro  i  limiti  dei  suoi  poteri  le 
misure  necessarie  per  fare  rispettare  l'esecuzione  del  trattato  e  qualora 
non  potesse  disporre  di  mezzi  sufficienti,  di  rivolgersi  al  Governo  impe- 
riale ottomano,  il  quale  dovrà  darne  avviso  alle  altre  Potenze  che  sotto- 
scrissero la  mentovata  dichiarazione  del  17  marzo  1885  per  provvedere 


CXLIV  Appendice  L 

d'accordo  con  esse.  È  stato  inoltre^ fatto  salvo  il  diritto  del  Sultano  e  del 
Kedivé  di  prendere  le  misure  necessarie  per  la  difesa  dell'Egitto  e  il  man- 
tenimento dell'ordine  pubblico,  nel  quale  ultimo  caso  però  le  Potenze  fir- 
matarie dovranno  essere  informate  dal  Governo  imperiale  ottomano.  In 
ogni  caso  le  misure  che  potessero  essere  prese  non  potranno  creare  ostacoli 
al  libero  uso  del  canale. 

5<>  Le  alte  parti  contraenti  hanno  convenuto  finalmente  che  per 
mantenere  integro  il  principio  dell'eguaglianza  a  riguardo  di  quello  che 
concerne  il  libero  uso  del  canale,  nessuna  di  esse  avrebbe  cercato  mediante 
accordi  intemazionali  di  ottenere  per  sé  vantaggi  territoriali  o  commerciali 
0  privilegi  di  sorta. 

Con  questo  trattato  il  regime  del  canale  di  Suez  è  stato  regolato  nel 
modo  il  più  conforme  agl'interessi  generali  collo  scopo  di  mantenere  a 
questa  grandiosa  opera,  il  carattere  umanitario  ed  assicurare  il  consegui- 
mento dei  lini  pei  quali  fu  ideata  e  compiuta. 

Atto  generale  antischiavista. 

Trattato  di  Bruxelles, 

1890,  Luglio  2. 

an.  1890. 

L'Atto  generale  per  reprimere  la  tratta  degli  schiavi  fu  stipulato  a 
Bruxelles  dai  seguenti  Stati  :  Austria-Ungheria,  Belgio,  Congo,  Danimarca, 
Francia,  Germania,  Gran  Bretagna,  Italia,  Paesi  Bassi,  Persia,  Portogallo, 
Russia,  Spagna,  Stati  Uniti,  Svezia  e  Norvegia,  Turchia  e  Zanzibar,  i  quali 
si  trovarono  d'accordo  nello  stabilire  i  provvedimenti  più  adatti  ad  impedire 
la  tratta  degli  schiavi  africani  ed  a  proteggere  efficacemente  le  popolazioni 
mdigene  dell'Africa  contro  coloro  che  fanno  tuttora  il  nefando  commercio 
degli  schiavi  in  quelle  regioni. 

Con  tale  intendimento  i  detti  Stati  stabilirono  le  misure  che  si  devono 
prendere  per  impedire  la  tratta  all'interno  dell'Africa  e  determinarono 
quale  debba  essere  la  loro  azione  repressiva  e  protettrice  nei  luoghi  di 
origine  della  tratta,  e  le  misure  di  vigilanza  per  impedire  il  trasporto  ed  il 
traffico  degli  schiavi  per  terra  e  per  mare. 

A  tal  fine  fu  stabilito  che  quando  gli  ufficiali  comandanti  le  navi  da 
guerra  di  uno  degli  Stati  firmatarii  incontrino  nella  zona  determinata  nel 
trattato,  ove  si  pratica  la  tratta,  una  nave  sospetta  del  trasporto  di  schiavi 
possano  arrestarla  e  procedere  alla  visita  e  alla  verìfica  delle  carte  di  bordo, 
e  qualora  dalla  visita  ed  ispezione  di  dette  carte  risulti  che  la  nave  arre- 


an.  1800.        Atto  generale  antischiavista.  Trattato  di  Bruxelles  1890         GXLY 

Stata  sia  colpevole  di  tratta  o  di  un  fatto  relativo  a  tale  delittuoso  trasporto 
commesso  durante  la  traversata^  la  nave  da  guerra  potrà  sequestrare  la  nave 
colpevole  e  condurla  nel  porto  più  vicino  della  zona  per  deferirla  all'au- 
torità competente  a  giudicarla  e  punirla. 

Gli  Stati  firmalarii  s'impegnarono  ad  adoperare  la  vigilanza  più  attiva 
per  impedire  l'importazione^  il  transito,  l'uscita  ed  il  commercio  degli 
schiavi  in  tutti  i  loro  possedimenti  situati  in  Africa  o  altrove  e  dichiararono 
che  qualunque  schiavo  fuggitivo  arrivasse  alla  frontiera  dei  loro  possedi- 
menti fosse  reputato  libero  e  che  potesse  reclamare  la  protezione  delle 
autorità  per  essere  affrancato. 

Gli  Stati  medesimi  s'impegnarono  inoltre  a  comunicarsi  reciprocamente 
tutte  le  informazioni  utili  per  combattere  la  tratta  e  tutte  le  misure  legi- 
slative e  amministrative  prese  per  reprimerla.  Con  tale  intendimento  fu 
istituito  un  Uffizio  internazionale  a  Zanzibar  nel  quale  ciascuno  degli  Stati 
firmatarii  poteva  farsi  rappresentare  da  un  suo  delegato.  A  tale  uflKzio  inter- 
nazionale gli  schiavi  affrancati  possono  sempre  ricorrere  per  essere  protetti 
nel  godimento  della  loro  libertà,  ed  inoltre  sempre  con  l'intendimento  di 
proteggere  gli  schiavi  liberati,  gli  Stati  firmatarii  s'impegnarono  di  stabiUre 
nei  loro  possedimenti  ufficii  ed  istituzioni  speciali  per  affrancare  e  proteg- 
gere gli  schiavi  nel  godimento  della  loro  libertà. 

L'Atto  generale  anlisrhiavista  è  uno  degli  avvenimenti  importanti  dei 
giorni  nostri,  e  mediante  esso  si  è  voluto  mettere  un  termine  al  più 
nefando  allentalo  ai  diritti  della  personalità  umana  dichiarando  non  solo 
un  reale  il  commercio  degli  schiavi,  ma  concordando  le  misure  più  adatte 
per  farlo  cessare. 

Diritto  convenzionale 
tra  gli  Sfati  d'Europa  relativo  a  materie  d'interesse  comune. 

Atti   dirersi. 
4857-4897. 

1857-97. 

Gli  Slati  civili  con  l'intendimenlo  di  regolare  d'accordo  oggetti  di  reci- 
proco comune  interesse  hanno  stipulato  ad  epoche  diverse  non  poche  con- 
venzioni, le  quali  costituiscono,  rispetto  a  tutti  coloro  che  le  stipularono  o 
che  ad  esse  abbiano  in  seguito  fatta  adesione,  il  diritto  comune  inter- 
nazionale. 

Le  convenzioni  sotto  questo  punto  di  vista  sono  parecchie  e  non 
polendo  enumerarle  tutte,  ci  limitiamo  a  mentovare  quelle  che  pel  loro 
o^gello  sono  le  più  importanti. 

47  —  Fiore.  Dir.  wterìi.  codif. 


CXJLVI  Aìypendice  L 

Atti  relativi  alla  navigazione  sul  Danubio, 

1857-1883. 

A  norma  di  quanto  era  stato  stabilito  col  trattato  di  Parigi  del  30  marzo 
1856  (articolo  1(5)  affine  di  assicurare  la  Hbera  navigazione  del  Danubio  e 
per  mantenere  il  fiume  nelle  condizioni  richieste  per  navigarlo  facilmente 
erano  state  istituite  la  Commissione  europea  e  la  Commissione  fluviale 
permanente,  la  prima  per  far  eseguire  i  lavori  necessari!  per  la  naviga- 
bilità; la  seconda  per  redigere  il  regolamento  e  vegliare  al  mantenimento 
della  navigabilità  del  fiume  dopo  lo  scioglimento  della  Commissione  europea 
(art.  17  e  18). 

Il  regolamento  per  la  navigazione  del  Danubio  era  stato  compilato 
dalla  Commissione  secondo  l'Atto  stipulato  a  Vienna  il  7  novembre  1857. 
Siccome  però  i  plenipotenziari!  riuniti  in  conferenza  a  Parigi  nel  i858 
(22  marzo,  19  agosto)  non  trovarono  il  regolamento,  come  era  stato  com- 
pilato, conforme  ai  principi!  stabiliti  nel  Congresso  del  1856,  rifiutarono 
di  approvarlo  ed  invitarono  la  Commissione  a  redigere  un  nuovo  progetto 
nello  spazio  di  6  mesi. 

Tale  nuovo  regolamento  non  fta  invece  fatto  che  8  anni  dopo,  ed  il 
nuovo  progetto  sottoscritto  a  Galatz,  dall'Austria,  Francia,  Gran  Bretagna, 
Italia,  Prussia,  Russia  e  Turchia  il  2  novembre  1865  e  riveduto  poi  e 
discusso  nella  Conferenza  riunita  a  Parigi  nel  1866  (1). 

La  Commissione  europea,  affine  di  provvedere  alle  spese  occorrenti 
per  i  lavori  da  fai^si,  fu  autorizzata  a  contrarre  un  prestito  garantito  dalla 
Gran  Bretagna,  dalla  Prussia,  dall' Austria-Ungheria,  dalla  Francia,  dal- 
l'Italia e  dalla  Turchia  con  la  condizione  che  dovesse  essere  ammortizzato 
fino  al  1883. 

In  seguito  alla  Conferenza,  riunita  a  Londra  il  13  marzo  1871,  per 
rivedere  le  clausole  del  trattato  di  Parigi  del  1856  relative  alla  naviga- 
zione del  Mar  Nero  e  del  Danubio,  le  Potenze  intervenute,  cioè  l'Austria, 
la  Francia,  la  Gran  Bretagna,  l'Italia,  la  Prussia,  la  Russia  e  la  Turchia 
col  trattato  da  esse  concluso  il  24  aprile  1871  riconfermarona  la  Com- 
missione europea  stabilita  in  virtù  dell'articolo  16  del  Trattato  di  Parigi, 
e  convennero  di  mantenerla  per  un  periodo  ulteriore  di  12  anni  a  contare 
dal  giorno  in  cui  il  trattato  fu  da  esse  sottoscritto,  cioè  fino  all'aprile  1883 
ed  avendo  provveduto  all'esecuzione  dei  lavori  occorrenti  ed  autorizzato 


(1)  Maiitcns,  Nouv,  ree.  gén.y  voi.  XXYIU,  pag.  166. 


an.  Ì857-83.  Diritto  comune  convenzionale  CXLVIl 

le  Poteaze  rivierasche  a  riscuotere  una  tassa  provvisoria  di  navigazione, 
dichiararono  coperti  dalla  neutralità  tutte  le  opere  e  stabilimenti,  di  qual 
si  sia  natura,  fatti  dalla  Commissione  europea  in  esecuzione  del  trattato  di 
Parigi  e  quelli  altresì  che  sarebbero  stati  fatti  in  seguito. 

La  Commissione  europea  compilò  un  nuovo  regolamento  per  la  navi- 
gazione e  la  polizia  del  Basso  Danubio  che  fu  sottoscritto  a  Galatz  il 
10  novembre  1875,  e  che  andò  in  vigore  il  1®  marzo  1876. 

II  trattalo  di  Berlino  del  1878  provvide  tra  le  altre  cose  alla  naviga- 
zione del  Danubio  con  le  disposizioni  contenute  agli  articoli  52-57.  Le 
parti  firmatarie  stabilirono  che  la  Commissione  europea  del  Danubio 
dovesse  essere  mantenuta;  che  la  Romania  dovesse  essere  ammessa  a  farvi 
parte;  che  le  Potenze  si  sarebbero  poste  d'accordo  per  prolungare  la 
durata  dei  poteri  di  essa  oltre  il  termine  fissato  nella  mentovata  Confe- 
renza di  Londra,  cioè  il  24  aprile  1883;  che  i  regolamenti  di  navigazione 
di  polizia  fluviale  e  di  sorveglianza  dalle  Porte  di  ferro  fino  a  Galatz  sareb- 
bero stali  elaborati  dalla  Commissione  europea  assistita  dagli  Stati  rivie- 
raschi e  posti  in  armonia  con  quelli  già  approvali  o  che  lo  potessero  essere 
in  avvenire  per  il  percorso  oltre  Galatz  (art.  55). 

In  conseguenza  di  quanto  era  stato  stabilito  con  tale  trattato  e  per 
mettere  in  armonia  YAito  pubblico  del  2  novembre  1865  ed  il  Regola- 
mento del  10  novembre  1875  con  le  nuove  stipulazioni,  fu  compilato  VAtto 
addizionale  all'Atto  pubblico  del  2  novembre  1865,  ed  il  19  maggio  1881 
fu  approvato  il  regolamento  di  navigazione  e  di  polizia  applicabile  alla 
parie  del  Danubio,  compresa  tra  Galatz  e  le  Bocche  di  detto  fiume,  da  tutti 
gli  Slati  che  aveano  firmati  i  precedenti  Atti,  aggiuntavi  la  Romania  chia- 
mala a  parteciparvi  secondo  il  Trattato  di  Berlino.  Tale  regolamento  che 
andò  in  vigore  il  1^  luglio  1881  fece  abrogare  quello  del  10  novembre  1875. 

Essendo  stato  stabilito  con  Tart.  155  che  tale  regolamento  poteva  in 
seguito  essere  modificato  dalla  Commissione  europea,  questa,  con  Tassi- 
slenza  dei  delegati  della  Serbia  e  della  Bulgaria  compilò  uno  speciale  rego- 
lamento, il  quale  fu  approvato  il  16  novembre  1882  dalle  Potenze,  che 
avevano  sottoscritto  quello  del  28  maggio  1881. 

Nel  1883,  siccome  spirava  il  termine  fissato  per  la  durata  della  Com- 
missione europea,  fu  riunita  una  Conferenza  a  Londra,  la  quale  estese  da 
Galatz  a  Braila  la  giurisdizione  della  Commissione  europea,  ne  prorogò  la 
durata,  stabili  alcune  norme  per  la  navigazione,  la  polizìa  fluviale,  e  la 
sorveglianza  e  anche  oltre  il  braccio  di  Chilia  e  adottò  il  nuovo  regola- 
mento di  navigazione  con  l'Atto  sottoscritto  il  10  marzo  1883,  Tale  rego- 


GXLMII  Appendice  L  an.  185T-^ 

lamento  trovasi  annesso  al  trattato  fatto  a  Londra  e  lo  scambio  delle  ratifiche 
fu  constatato  col  protocollo  sottoscritto  il  21  agosto  1883:  vi  fece  adesione 
anche  la  Serbia  con  la  nota  del  20  agosto  di  detto  anno  (1). 

Convenzioni  per  facilitare  le  corrispondente  intemaxionaU. 

Per  facilitare  la  corrispondenza  ordinaria  mediante  la  Posta  il  maggior 
numero  degli  Stati  civili  delle  diverse  parti  del  mondo  stipulò  la  conven- 
zione postale  universale,  che  fu  sottoscritta  a  Parigi  il  1^  giugno  4878, 
e  che  fu  poi  completata  mediante  l'atto  addizionale  concluso  a  Lisbona  il 

21  marzo  1885,  e  riveduta  d'accordo  nel  Congresso  a  tal  fme  riunito  a 
Vienna  il  4  luglio  1801. 

Mediante  tale  convenzione  non  solo  fu  garantita  la  libertà  del  transito 
della  coiTispondenza  in  tutti  gli  Stati  dell'Unione,  ma  furono  ridotte  al 
minimo  le  tasse  pel  trasporto  della  medesima  e  pel  servizio  della  Posta. 

Alla  convenzione  trovasi  annesso  un  regolamento.  Un  accordo  concer- 
nente lo  scambio  delle  lettere  con  valore  dichiarato  fu  pure  concluso  if 
4  luglio  1891  fra  un  considerevole  numero  di  Stati,  e  sotto  la  medesima 
data  un  altro  accordo  per  lo  scambio  dei  pacchi  postali  e  vaglia  postali 
fu  sottoscritto. 

A  riguardo  poi  delle  corrispondenze  mantenute  mediante  il  telegrafo, 
in  virtù  dell'originaria  convenzione  telegrafica  conclusa  a  Pietroburgo  il 

22  luglio  1875,  un  numero  veramente  considerevole  di  Stati  delle  diverse 
parti  del  mondo  si  costituì  in  istato  di  unione  per  facilitare  lo  scambio  dei 
telegrammi.  Delta  convenzione  fu  poi  riveduta  e  migliorata  col  regolamento 
concordato  a  Berlino  il  17  settembre  1885  e  poscia  coU'altro  concordato 
a  Parigi  il  21  giugno  1890. 

Protezione  dei  cavi  sottomarini. 
Trattato  di  Parigi. 

1884,  Marzo  18. 

an.  Ì9^, 

La  convenzione  sottoscritta  a  Parigi  il  14  marzo  1884  e  relativa  alla 
protezione  dei  cavi  sottomarini  fu  stipulata  coli' intendimento  di  assicurare 
il  mantenimento  delle  comunicazioni  telegrafiche  intemazionali  eflettuate 


I 


(1)  Vedi  la  Collezione  dei  trattati  tra  Vltalia  e  altri  Stati,  Voi.  IX* 


tn.  4884.  Diritto  comune  convenzionale  GXLIX 

mediante  i  cavi  sottomarini.  Essa  fu  sottoscritta  in  origine  da  ventisei  Stati, 
ed  altri  posteriormente  vi  hanno  fatto  adesione  (1). 

Tra  le  parti  contraenti  fu  convenuto  che  la  rottura  o  il  g:uasto  di  un 
cavo  sottomarino,  fatto  volontariamente  o  per  negligenza  colpevole,  e  che 
potesse  avere  per  risultato  d'interrompere  o  di  ostacolare,  in  tutto  o  in 
parte,  le  comunicazioni  telegrafiche  dovesse  essere  punito  senza  pregiudizio 
dell'azione  civile  e  del  rifacimento  dei  danni. 

Fu  tra  di  esse  convenuto  un  sistema  di  regole  opportune  per  tutelare 
la  costruzione  dei  cavi  sottomarini  ;  le  riparazioni  occorrenti  ad  essi  ;  le 
operazioni  necessarie  da  parte  delle  navi  destinate  a  porre  o  a  riparare  i 
detti  cavi,  ed  il  modo  di  comportarsi  delle  navi  che  lungo  la  loro  rotta 
si  trovassero  vicine  a  quelle  impiegate  a  porli  o  a  ripararli.  Fu  altresì 
determinato  la  competenza  del  tribunale  chiamato  a  giudicare  in  caso  di 
violazione  delle  regole  stipulate  ed  il  procedimento  relativo,  e  le  parti 
contraenti  presero  formale  impegno  di  provocare  dalle  rispettive  legislature 
i  provvedimenti  legislativi  occorrenti  per  assicurare  l'esecuzione  degli 
obblighi  assunti  mediante  la  convenzione. 

Nel  protocollo  di  chiusura  fu  poi  stabilito  che  la  convenzione  sarebbe 
andata  in  vigore  il  1«  maggio  1888  sotto  la  condizione  però,  che,  se  a  tale 
epoca  i  Governi  delle  parti  contraenti  non  avessero  ancora  adottate  le 
misure  occorrenti  per  assicurarne  il  rispetto  e  l'esecuzione,  dovessero 
farlo  senza  ritardo 

Unione  per  la  pubblicazione  delle  tanffe  doganali. 

Bruxelles,  5  Luglio  1890. 
an.  4890. 

A  fine  di  prestare  un  importante  aiuto  al  commercio  internazionale  un 
numero  veramente  considerevole  di  Stati  dell'Europa  e  dell'America  con- 
cluse la  convenzione  del  5  luglio  1890  colla  quale  fu  formata  tra  le  parti 
contraenti  e  le  altre,  che  vi  hanno  poi  fatto  adesione,  una  vasta  associazione 
col  titolo  :  Unione  intemazionale  per  la  pubblicazione  deUe  tariffe  doganali. 

Lo  scopo  di  tale  unione  si  è  quello  di  pubblicare  e  far  conoscere  tanto 
sollecitamente  che  possibile  le  tariffe  doganali  dei  diversi  paesi  del  mondo 


(1)  Gli  Stati  che  sottoscrissero  la  convenzione  sono  ventisette:  Austria-Ungheria, 
Repubblica  Argentina,  Belgio,  Brasile,  Costarica,  Danimarca,  Francia,  Germania, 
Gran  Bretagna,  Grecia,  Guatemala,  Italia,  Paesi  Bassi,  Persia,  Portogallo,  Humenia, 
Russia,  Sandomingo,  Salvador,  Serbia,  Spagna,  Stati  Uniti  d'America,  Stati  Uniti 
di  Columbia,  Svezia  e  Norvegia,  Torchia,  Uraguay. 


CL  Appendice  L  m.  1890. 

e  le  modificazioni  che  dette  tariffe  siano  per  subire  in  seguito.  Fu  quindi 
con  tale  intendimento  istituito  a  Bruxelles  un  Uffizio  internazionale  inca- 
ricato di  pubblicare  le  dette  tariffe  e  le  disposizioni  It^slative  e  ammini- 
strative che  apportassero  qualche  modificazione  delle  medesime. 

Trasporti  sulle  ferrovie  internazionali. 

Berna,  14  Ottobre  1890. 

an.  4890. 

Un  diritto  uniforme  pel  trasporto  delle  merci  mediante  le  ferrovie 
internazion^i  fu  stabilito  tra  T  Austria-Ungheria,  il  Belgio,  la  Francia,  i 
Paesi  Bassi,  la  Germania,  l'Italia,  la  Russia  e  la  Svizzera,  mediante  la 
convenzione  sottoscritta  a  Berna  il  H  ottobre  1890. 

Mediante  tale  convenzione  le  regole  che  concernono  il  trasporto  delle 
merci  sulle  ferrovie  degli  Stati  firmatarii,  in  quanto  agli  obblighi  imposti 
allo  speditore  e  alle  Amministrazioni  ferroviarie;  alle  responsabilità;  alle 
tariffe;  ai  danni  ;  al  modo  di  fare  la  consegna  e  via  dicendo  furono  stabilite. 
Fu  inoltre  stipulato  un  regolamento  per  T esecuzione  della  convenzione,  il 
quale  si  considera  come  parte  integrante  della  medesima. 

Regole  della  rotta  marittima  e  per  evitare  gli  urti  delle  navi. 

Le  regole  della  rotta  marittima  stabilite  per  evitare  gli  urti  delle  navi 
non  furono  concordate  dagli  Stati  mediante  una  convenzione  tra  loro 
stipulata.  Essi  non  pertanto  ne  riconoscono  l'obbligatorietà  eie  dette  regole 
costituiscono  oggi  il  diritto  comune  di  un  numero  considerevole  di  Stati. 

Vedi  la  nota  a  reg,  838,  pag,  335. 

Lo  stesso  può  dirsi  del  Codice  internazionale  pei  segnali  delle  navi. 

Vedi  la  nota  a  reg,  840,  pag,  336. 

Accordi  relativi  alla  protezione  della  proprietà  industriale 
e  della  proprietà  letteraria  ed  artistica. 

L'unione  intemazionale  per  la  protezione  della  proprietà  industriale  fa 
stabilita  con  la  Convenzione  sottoscritta  a  Berna  il  di  20  marzo  1883  dal 
Belgio,  Brasile,  Francia,  Guatemala,  Paesi  Bassi,  Portogallo,  San  Salvador, 
Serbia,  Spagna  e  Svizzera,  ai  quali  accedettero  poi  l'Equatore,  la  Gran 
Bretagna,  San  Domingo,  la  Turchia  ed  altri  Stati. 

In  seguito  di  tale  accordo  fu  istituito  un  Uffizio  intemazionale  del- 
l'Unione  per  la  protezione  della  proprietà  industriale  in  Berna  e  le  spese 
relative  alla  dotazione  di  tale  Uffizio  furono  determinate  e  ripartite  tra  gli 
Stali  dell'Unione  col  Protocollo  sottoscritto  a  Madrid  il  15  aprile  1891. 


Diritto  comune  convenzionale  ,  CM 

Nella  conferenza  riunita  a  Madrid  furono  pure  sottoscritti  altri  tre  pro- 
tocolli, cioè  il  1^  per  la  repressione  della  false  indicazioni  circa  l'origine 
delle  merci  ;  il  2^  per  la  registrazione  internazionale  delle  marche  di  fab« 
brica  ;  il  3<»  per  l'interpretazione  della  convenzione  di  Berna  del  20  marzo 
1883,  ma  quest'ultimo,  non  essendo  stato  ratificato  dalla  Francia  non  fu 
reso  esecutivo,  essendo  stato  stabilito,  che  non  sarebbe  entrato  in  vigore 
che  in  seguito  all'approvazione  di  tutti  gli  Stati  firmatarii. 

Conviene  avvertire  che  il  Guatemala,  con  sua  nota  dell'S  novembre  1894 
al  Consiglio  federale  svizzero,  denunciò  la  convenzione  di  Berna  del 
20  marzo  1883,  e  conseguentemente  essa  cessò  dall'aver  vigore  rispetto  a 
detto  Stato  dopo  1*8  novembre  1895. 

Per  proteggere  la  proprietà  letteraria  ed  artistica  fu  pure  stabilita  una 
Unione  internazionale  mediante  la  convenzione  sottoscritta  a  Berna  il 
9  settembre  1886  dai  seguenti  Stati,  cioè  il  Belgio,  la  Francia,  la  Germania^ 
la  Gran  Bretagna,  l'Haiti,  l'Italia,  la  Spagna,  la  Svizzera  e  la  Tunisia  alla 
quale  aderirono  poi  il  Lussemburgo  il  20  giugno  1888  e  il  Principato  di 
Monaco  il  30  maggio  1889  ed  altri  Stati.  In  forza  del  patto  concordato 
all'art.  16  di  detta  convenzione  è  stato  istituito  un  uffizio  intemazionale 
denominato  Ufficio  dell'Unione  intemazionale  per  la  protezione  delle  opere 
letterarie  ed  artistiche,  stabilito  a  Berna  sotto  l'alta  autorità  dell'ammini- 
strazione superiore  della  Confederazione  svizzera  e  che  funziona  sotto  la 
sua  sorveglianza. 

Convenzione  sanitaria. 

Dresda,  15  AprUe  1893. 

an.  1893. 

La  convenzione  sanitaria  fu  sottoscritta  a  Dresda  dall' Austria-Ungheria, 
Belgio,  Francia,  Germania,  Italia,  Lussemburgo,  Paesi  Bassi,  Bussia  e 
Svizzera  e  provvide  a  regolare  il  movimento  dei  viaggiatori  e  delle  merci 
in  tempo  di  epidemia  ed  a  stabilire  le  misure  adatte  ad  evitare  la  propa- 
gazione della  medesima,  e  la  importazione  della  stessa  nei  paesi  incolumi. 

Alla  detta  convenzione  è  annesso  un  regolamento  che  stabilisce  i  prov- 
vedimenti opportuni  da  parte  del  Governo  del  paese  contaminato  e  quelli 
che  devono  prendersi  alle  frontiere  e  pel  traffico  sulle  strade  ferrate  e  per 
la  via  di  mare. 

Convenzioni  per  incivilire  la  guerra. 

La  convenzione  stipulata  a  Ginevra  il  22  agosto  1864  fu  ispirata  dal 
sentimento  veramente  umanitario  di  alleviare  i  mali  irreparabili  della 


CUI  ,  Appendi  ice  L 

guerra  e  di  provvedere  a  migliorare  la  sorte  dei  militari  feriti.  Essa  fu 
già  in  orìgine  sottoscritta  dai  seguenti  Stati:  Francia,  Svizzera,  Belgio, 
Paesi  Bassi,  Italia,  Spagna,  Danimarca,  Baden,  Russia,  Assia,  Porto- 
gallo. Quasi  tutti  gli  Stati  civili  però  posteriormente  hanno  ad  essa  fatto 
adesione  e  sarebbe  lungo  enumerarli  tutti. 

Alla  detta  convenzione  furono  poi  a^unti  alcuni  articoli  addizionali 
colla  convenzione  sottoscritta  pure  a  Ginevra  il  20  ottobre  4868  e  i  quali 
però  furono  accettati  soltanto  in  massima  dagli  stessi  Stati  che  avevano 
sottoscritta  la  convenzione  del  1 864. 

Collo  stesso  intendimento  fu  stipulata  la  dichiarazione  relativa  alla  proi- 
bizione delle  palle  esplodenti  in  guerra,  la  quale  fu  pure  originarìaiDente 
sottoscrìtta  il  29  novembre  1868  dall'Austria,  Baviera,  Belgio,  Danimarca, 
Francia,  Confederazione  della  Germania  del  nord,  Gran  Bretagna,  Grecia, 
Italia,  Paesi  Bassi,  Persia,  Portogallo,  Prussia,  Svezia  e  Norvegia,  Sviz- 
zera, Turchia,  Wùrtemberg,  ma  posteriormente  quasi  tutti  gli  altri  Stati 
hanno  ad  essa  fatta  adesione. 

Nel  proemio  della  detta  dichiarazione  è  detto  espressamente  che  il 
progresso  della  civiltà  deve  avere  per  effetto  di  attenuare  tanto  che  sia 
possibile  le  calamità  della  guerra  e  che  il  solo  scopo  legittimo  che  gli  Stati 
belligeranti  devono  proporsi  durante  la  medesima  si  é  d'indebolire  le  forze 
militari  del  nemico. 

Un  tentativo  molto  più  importante  per  alleviare  i  mali  della  guerra 
tanto  quanto  sia  possibile,  fu  fatto  in  seguito  all'invito  di  S.  M.  l'Impera- 
tore di  Russia  qualche  anno  dopo  la  guerra  franco-germanica,  e  a  tal  fine 
fu  riunita  a  Bruxelles  una  conferenza  composta  di  generali,  di  uomini  di 
Stato  e  di  giuristi  di  tutti  i  paesi  d'Europa  per  concordare  il  progetto  di 
una  convenzione  intemazionale  relativa  alle  leggi  ed  ai  costumi  della 
guerra.  Detta  conferenza  esaminò  il  progetto  presentato  dal  Governo  russo, 
e  dopo  lunghe  discussioni  lo  modificò  in  molti  punti,  e  concordò  un  pro- 
getto che  avrebbe  dovuto  essere  sottoposto  ai  Governi  per  stipulare  una 
dichiarazione  internazionale  su  tale  importante  materia.  Tale  tentativo  non 
ha  avuto  seguito,  e  conseguentemente  quel  progetto  non  ha  alcuna  forza 
obbligatoria,  ma  esso  ha  nonpertanto  una  grande  autorità  morale  perchè 
ricissume  l'opinione  illuminata  degli  uomini  più  competenti  intorno  alle 
regole  che  converrebbe  adottare  per  attenuare  i  disastri  della  guerra  e 
metterla  in  armonia  con  le  esigenze  della  civiltà  progredita. 


CLIII 


Becenti  frattali  ooaeloai  tra  gli  Stati  deirAmerica  centrale 

per  stabilire  on  diritto  comune. 

Codificaxùme  del  Diritto  intemazionale  privato* 

1888^0. 

•0.1888-89. 

I  trattati  conclusi  tra  le  Repubbliche  deirAmerica  centrale  in  questi 
ultimi  anni  coli' intendimento  di  stabilire  fra  di  loro  rapporti  di  unione  e 
di  alleanza  permanente  fissando  d'accordo  un  diritto  comune  ed  i  mezzi 
opportuni  per  assicurarne  il  rispetto  e  l'osservanza  sono  al  massimo  grado 
importanti  e  meritevoli  di  richiamare  l'attenzione  dei  Governi  europei, 
degli  uomini  di  Stato,  e  degli  scienziati. 

Le  Repubbliche  deirAmerica  centrale,  quelle  doé  di  Costarica,  Gua- 
temala, Honduras,  Nicaragua  e  Salvador,  coli' intendimento  di  stabilire  fra 
di  loro  un  diritto  comune,  avevano  già  stipulato  un  trattato  generale  di 
pace,  d'amicizia  e  di  commercio,  ed  una  Convenzione  di  estradizione  sot- 
toscritta a  Guatemala  il  i6  febbraio  1887,  e  avevano  provveduto  altresì  ad 
assicurare  il  rispetto  dei  patti  fra  di  esse  conclusi,  impegnandosi  a  ricono- 
scere l'Autorità  del  Congresso  dell'America  centrale  e  a  sottomettere  ad 
arbitri  le  vertenze  che  fra  di  loro  potessero  sorgere,  qualora  non  avessero 
potuto  comporle  mercè  la  mediazione  delle  altre  repubbliche. 

Nel  4888,  sempre  col  proposito,  come  è  dichiarato  nel  preambolo  al 
trattato,  di  stabilire  un  diritto  internazionale  comune  dell'America  centrale, 
che  fosse  uniforme  per  tutte  le  Repubbliche  sorelle  e  che  valesse  ad  assi- 
curare la  loro  futura  unione,  le  stesse  parti  conclusero  il  trattato  di  Costa- 
rica il  24  novembre  di  detto  anno,  e  provvidero  meglio  a  stabilire  i  mezzi 
opportuni  onde  assicurare  la  pace  e  prevenire  la  guerra. 

A  riguardo  della  costituzione  del  Tribunale  arbitrale,  al  quale  secondo 
il  mentovato  trattato  del  1887  si  erano  impegnate  a  sottomettere  qualunque 
divergenza,  esse  provvidero  che  qualora  i  Governi  dissidenti  non  si  trovas- 
sero d'accordo  per  designare  Tarbitro  nel  termine  di  30  giorni,  l'arbitro 
sarebbe  stato  designato  tirando  a  sorte  tre  arbitri  tra  i  seguenti  Governi, 
cioè:  di  Germania,  Repubblica  Argentina,  Chili,  Spagna,  Stati  Uniti, 
Francia,  Gran  Bretagna,  Messico  e  Svizzera.  Il  primo  paese  estratto  a  sorte 
sarebbe  designato  come  arbitro,  e  se  egli  non  accettasse,  sarebbe  sostituito 
dal  secondo,  e  in  caso  di  rifiuto  sarebbe  stato  rimpiazzato  dal  terzo. 


CLIV  Appendice  L  an.  18-^S9. 

S**  Le  palli  contraenti  ebbero  a  considerare  che  non  ostante  rìmpegno 
da  esse  assunto  di  risolvere  qualsiasi  controversia  per  mezzo  deirarbitrato 
una  rottura  di  fatto  tra  due  o  più  delle  Repubbliche  alleate  poteva  solare 
anche  dopo  che  la  questione  fosse  stata  risoluta  definitivamente  da  una 
sentenza^arbitrale,  se  questa  non  fosse  ese^ita,  e  se  la  mediazione  offerta 
dalle  altre  Repubbliche,  non  impegnate  direttamente  nella  vertenza,  non 
fosse  riuscita  efficace,  e,  volendo  determinare  la  linea  di  condotta  di  quelle 
estranee  alla  contesa,  convennero  che,  se  il  Congresso  dell'America  cen- 
trale non  fosse  riunito  per  potere  sottomettere  alla  decisione  di  esso  la 
questione  insorta,  i  Governi  estranei  alla  vertenza  dovessero  proyocare 
immediatamente  la  riunione  di  un  Congresso  straordinario;  che  la  parte 
che  si  reputasse  offesa  dovesse  presentare  un  memorandum  per  stabilire  i 
motivi  dei  suoi  reclami  :  che  tenendo  presente  tutti  i  documenti  i  plenipo- 
tenziari riuniti  in  Congresso  dovessero  deliberare  circa  i  mezzi  più  equi  ed 
efficaci  per  derimere  la  vertenza  ;  che  se  gli  sforzi  per  comporre  il  litigio 
mercè  la  mediazione  non  riuscissero  efficaci,  dovessero  procedere  a  desi- 
gnare un  arbitrato,  comunicando  ciò  ai  plenipotenziari  delle  Repubbliche 
litiganti. 

È  meritevole  di  particolare  considerazione  quanto  trovasi  disposto  agli 
articoli  6  e  7  del  mentovato  trattato. 

Art.  6.  Sarà  considerato  gravemente  violato  il  Diritto  dell'America 
centrale  da  parte  di  un  Governo,  che  non  osserverà  i  patti  conclusi  ;  che 
non  rispetterà  la  sentenza  pronunciata:  che  invaderà  ingiustamente  il  ter- 
ritorio straniero  senza  aver  ricorso  ai  procedimenti  indicati  innanzi  :  che 
violerà  il  paragrafo  1  ^  dell'articolo  V  del  trattato  originale  di  pace,  d'amicizia 
e  di  commercio,  il  quale  mira  ad  impedire  l'oifanizzazione  di  fazioni 
contro  un  Governo  alleato,  o  l'art.  VII  che  inibisce  l'alleanza  di  una  o  di 
più  Repubbliche  dell'America  centratele  une  contro  le  altre. 

Le  Repubbliche  non  interessate  direttamente  nella  questione  potranno 
intervenire  in  questi  casi,  anche  con  le  armi,  affine  di  far  rispettare  gli 
accordi  conclusi,  o  la  sentenza  e  prestare  soccorso  ai  paesi  ingiustamente 
attaccati.  Esse  se  la  intenderanno  fra  di  loro  e  agiranno  d'accordo  con  tale 
intendimento.  In  nessun  caso  le  Repubbliche  potranno  sposare  la  causa  e 
prestare  moralmente  o  materialmente  appoggio  al  Governo  che  avesse  vio- 
lato il  diritto  comune  dell'America  centrale. 

Art.  7.  Nessuna  delle  Repubbliche  contraenti  potrà  concludere  alleanze 
generali  o  speciali,  permanenti  o  transitorie,  offensive  o  difensive,  espresse 
0  tacite  nell'America  centrale  o  al  di  fuori  contro  le  altre  Repubbliche 


•B.  Ì888-89.  Recenti  trattati  delle  Repubbliche  americane  CLV 

alleate  senza  violare  il  diritto  comune,  ma  due  o  più  Repubbliche  potranno 
allearsi  più  strettamente  ancora  fra  di  loro  di  quello  che  lo  siano  col  pre- 
sente trattato  per  resistere  alle  Potenze  straniere. 

Col  trattato  sottoscritto  a  San  Salvador  iM5  ottobre  4889  i  Governi  di 
Salvador,  Costa-Rica,  Guatemala,  Honduras  e  Nicaragua  hanno  concluso 
un  patto  di  unione  con  cui  fu  stabilita  fra  di  loro  una  vera  e  propria  Con- 
federazione (4). 

L'altro  fatto  veramente  importante,  effettuato  recentemente  in  America, 
è  quello  dei  trattati  conclusi  dai  Governi  'delle  Repubbliche  dell'Uraguai, 
Argentina,  Bolivia,  Brasile,  Chili,  Paraguay,  Perù,  coi  quali  viene  ad  essere 
stabilito  fra  di  esse  un  diritto  comune  a  riguardo  delle  principali  materie 
che  concernono  il  diritto  penale,  civile,  e  commerciale  internazionale,  il 
diritto  processuale  e  quello  relativo  alla  proprietà  letteraria,  artistica  ed 
industriale,  ed  all'esercizio  delle  professioni  liberali  (2). 

In  conseguenza  dell'iniziativa  presa  dalla  Repubblica  Argentina  e  da 
quella  dell' Uraguay  un  Congresso  fu  riunito  a  Montevideo  il  28  agosto  del 
i888  per  stabilire  mediante  un  trattato  un  diritto  uniforme  relativo  alle 
diverse  materie  del  diritto  internazionale  privato  e  presero  parte  ad  esso  i 
Governi  delle  Repubbliche  mentovate,  che  inviarono  i  loro  rappresentanti 
ufficiali,  ed  in  seguito  a  lunghe  discussioni  furono  conclusi  e  sottoscritti  gli 
speciali  trattati  che  concernono  il  diritto  internazionale  penale,  civile  e 
commerciale,  quello  relativo  al  diritto  processuale  e  alla  proprietà  lette- 
raria, artistica,  industriale  e  professioni  liberali.  Cotesti  trattati  furono 
sottoscritti  dai  plenipotenziari,  in  nome  dei  Governi  da  essi  rappresentati, 
con  la  dichiarazione  di  comunicarli  agli  altri  Stati  non-  intervenuti  al  Con- 
gresso, affinchè  vi  potessero  aderire. 

Tali  trattati  sono  stati  già  presentati  a  ciascuna  delle  legislature  delle 
Repubbliche  che  li  conclusero  e  sono  stati  già  approvati  da  alcune  di  esse, 
e  lo  saranno  certamente  dalle  altre. 

Questo  avvenimento,  noi  dicevamo  essere  degno  di  grande  considera- 
zione, perchè  è  la  più  sicura  prova  che  alla  codificazione  di  certe  parti  del 
Diritto  internazionale,  e  sopra  tutto  di  quelle  che  concernono  il  Diritto 


(1)  Il  testo  del  trattato  trovasi  nella  Revue  SudrAméricaine,  volume  Vili, 
pagina  422.  Parigi,  15  dicembre  1889. 

(2)  Vedi  il  volume  pubblicato  per  cura  del  Governo  della  Repubblica  dell'Ura- 
guay:  Actas  y  Tratado9  celebrados  por  el  Congrego  internacional  Sud-Ame» 
ricano  de  Montevideo  —  Anexo  a  la  Memoria  del  Miniaterio  de  Relaciones 
exterioresj  Montevideo  1889. 


CLVI  Appendice  L  m.  18^-^ 

internazionale  privato,  si  può  arrivare  con  minori  difficoltà,  e  meritano  di 
essere  sómmamente  lodati  i  Governi  delle  Repubbliche  mentovate,  che  ne 
hanno  dato  la  prova  di  fatto  concordando  e  stabilendo  un  diritto  comune 
relativo  alle  materie  le  più  importanti  del  Diritto  internazionale  privato.  — 
Essi  hanno  dato  così  un  grande  esempio  di  senno  patrio  ai  Governi  del- 
l'Europa, mettendosi  d'accordo  per  assicurare  ed  accrescere  i  benefici 
della  pace  in  luogo  di  sperperare  le  forze  per  accrescere  gli  armamenti  e 
contribuire  con  la  pace  armata  e  con  le  spese  esorbitanti  che  costa^  ad 
esaurire  le  forze  produttive  di  ciascun  paese. 


CLVI 


CONCLUSIONE 


Gettando  uno  sguardo  retrospettivo  sull'insieme  dei  trattati,  dei  quali 
abbiamo  dato  uu  succinto  cenno  storico,  se  ne  può  dedurre,  che  il  concetto 
di  porre  il  Diritto  internazionale  convenzionale  sotto  la  tutela  giuridica 
collettiva  delle  parti  stesse,  che  d'accordo  lo  abbiano  stipulato,  non  si  trova 
espressamente  stabilito  dagli  Stati  europei,  che  nel  trattato  da  essi  concluso 
IMI  maggio  1867  per  regolare  la  situazione  politica  del  Granducato  di 
Lussemburgo. 

NeirAlto  finale  della  Conferenza  di  Berlino  del  i885,  surriferito,  si 
trova  in  verità  air  articolo  12  stabilito  come  patto  che,  nei  casi  nei  quali 
venisse  a  sorgere  tra  le  Potenze  che  sottoscrissero  quell'Atto  o  di  quelle 
che  in  seguito  vi  aderissero,  qualche  dissenso  serio  a  riguardo  dei  loro 
diritti  territoriali  o  del  regime  della  libertà  commerciale,  esse  dovessero 
prima  di  prendere  le  armi  ricorrere  alla  mediazione  di  una  o  di  parecchie 
Potenze  amiche.  Fu  inoltre  riservato  nella  stessa  evenienza  il  diritto  di 
poter  ricorrere  alla  procedura  dell'arbitrato. 

Ognuno  però  facilmente  comprende  come  con  disposizioni  tanto  vaghe 
non  si  potrebbe  al  certo  prevenire  la  guerra,  e  che  neanche,  laddove  le 
Potenze  firmatarie  si  trovassero  d'accordo  di  sottomettersi  ad  un  arbitrato, 
si  troverebbe  in  quel  trattato  stabilito  in  quale  maniera  la  parte  che  fosse 
stata  condannata  potesse  essere  costretta  con  procedimenti  giuridici  ad  osser- 
vare la  sentenza  degli  arbitri  ;  perlochè  si  ha  sempre  ragione  di  sostenere 
che  in  nissun  trattato  si  trovi  stabilito  alcun  procedimento  giuridico  per 
decidere  efficacemente  ogni  controversia  mediante  l'arbitrato,  e  per  costrin- 
gere la  parte,  che  sia  condannata  legalmente,  a  sottostare  alla  decisione 
del  tribunale  arbitrale. 

Nei  trattati  più  recenti  conclusi  dalle  Repubbliche  americane,  si  trova 
invece  che  l'autorità  del  Congresso  per  tutelare  il  diritto  convenzionale  e 
per  assicurarne  il  rispetto,  è  più  chiaramente  affermata  e  stabilita. 

Quel  trattato  di  alleanza  può  essere  invero  considerato  sotto  un  certo 
punto  conforme  a  quello  che  era  stato  concluso  per  la  costituzione  della 
Confederazione  germanica.  Bisogna  non  pertanto  tener  presente  che  lo 
scopo  dell'unione  delle  Repubbliche  americane  ò  meglio  determinato  e  che 
non  consiste  principalmente  nella  tutela  degl'interessi  politici,  ma  in  quella 


CX.VII1  Appendice  L 

beasi  di  stabilire  un  diritto  comune,  e  di  assicurare  la  pace  e  prevenire 
la  guerra;  l'autorità  del  Congresso  e  del  tribunale  arbitrale  trovasi  quindi 
con  più  giusti  criterii  stabilita,  e  meglio  regolata  :  trovasi  inoltre  ammessa 
la  facoltà  di  adoperare  la  forza  delle  armi,  ma  soltanto  come  mezzo  coer- 
citivo per  ripristinare  l'autorità  del  diritto  violato. 

Questo  è  certamente  un  primo  passo  di  molto  valore,  che  segnai!  nuovo 
indirizzo  a  cui  devono  tendere  le  alleanze  degli  Stati  civili,  quello  cioè  che 
deve  mirare  a  mettere  in  comune  le  loro  forze  per  stabilire  rapporti  di 
pace  permanenti  :  assicurare  il  rispetto  del  diritto  ed  impedire  Tarbitrio 
(Vedi  in  questo  senso  il  mio  articolo  suUa  voce  Alleanza  nel  v. Digesto 
italiano -i). 

La  riorganizzazione  poi  dei  Congressi  e  la  missione  che  ad  essi  dovrà 
essere  attribuita,  quella  cioò  di  proclamare  il  Diritto  comune  ed  assicu- 
rarne il  rispetto,  in  luogo  di  quella  che  è  reputata  principale  nell'attualità^ 
vale  a  dire  di  regolare  le  conseguenze  della  guerra  e  di  tutelare  gl'interessi 
politici  delle  Dinastie,  si  trova  pure  in  gran  parte  effettuata  nel  trattato  di 
alleanza  concluso  da  quelle  Repubbliche. 

A  me  sembra  che  per  provvedere  all'ordinamento  giuridico  della  società 
internazionale  non  si  possa  fare  di  meglio  che  svolgere  e  perfezionare  il 
concetto,  che  si  trova  nei  mentovati  trattati.  Bisogna  invero  stabilire  più 
saldamente  l'autorità  dei  Congressi  attribuendo  ad  essi  l'alta  autorità  di 
prociajnare  il  diritto  comune,  che  deve  regolare  gl'interessi  pubblici  in  ter» 
nazionali^  e  di  provvedere  per  tutelarne  il  rispetto.  Questo  l'ho  sempre  con 
piena  fede  sviluppato  e  sostenuto  nelle  mie  opere  sul  Diritto  intemazio- 
nale pubblico  e  privato. 

Mei  mio  libro  Nìiovo  Diritto  intemazionale  pubblico,  Milano  1865, 
discorrendo  dell'organizzazione  dei  Congressi  internazionali  sosteneva  infatti 
che  si  dovesse  reputare  conforme  ai  principi!  di  giustizia  che  i  congressi 
studiassero  il  modo  di  porre  termine  alle  contese,  proclamando  i  principii 
per  eliminarle  o  per  risolverle  (pagg.  276-77  e  la  traduzione  francese  fat- 
tane da  Pradier  Fodere,  Paris  1869,  tom.  II,  pagg.  61-62).  A  proposito  poi 
dell'intervento,  che  io  lo  escludeva  assolutamente  in  massima,  come  era 
stato  inteso  nella  storia,  sosteneva  non  per  tanto  fin  d'allora,  die  potesse 
reputarsi  legittima  l'ingerenza  colieitiva,  laddove  essa  fosse  attuata  per 
sostenere  il  Diritto  o  impedirne  la  violazione  {ivi  pag.  96  e  traduzione 
francese  eit.  pag,  225). 

Nella  seconda  edizione  della  detta  opera,  avendo  posto  come  principio 
che  non  si  potesse  meglio  provvedere  alla  tutela  giuridica  del  Diritto  inter* 


Conclusione  CLIX 

nazionale  fuori  della  guerra,  che  mettendolo  sotto  la  garanzia  collettiva 
degli  Siali  slessi  costituiti  in  società  di  fatto,  sosteneva  la  legilliraità  del- 
l'ingerenza collettiva  per  ripristinare  rautorità  del  Diritto  violato  e  poneva 
la  seguente  regola:  ^Qualora  un  ordinamento  di  cose  fosse  concordato 
con  un  trattato  si  deve  ritenere  sotto  la  garanzia  collettiva  di  tutte  le 
Potenze  firmatarie  e  potrebbe  legittimare  l'intervento,  se  quando  fosse 
slato  promesso  non  fosse  osservato»  (pag.  441,  voi.  I,  Diritto  Inteim. 
Pubblico,  Torino,  Unione  Tipografico-Editrice,  1879,  e  la  traduzione  fran- 
cese  di  Charles  Antoine,  tom.  I,  §§  592  e  597  e seg.,  Paris,  Pedone  Lauriel, 
1885.  Vedi  inoltre  la  3^^  edizione  pubblicata  nel  1888  :  Dei  mezzi  efficaci  a 
risolvere  le  controversie  intemazionali  durante  la  pace.  Ivi  trovasi  un  più 
largo  sviluppo  del  concetto  della  tutela  giuridica  del  Diritto  comune  con- 
venzionale, tom.  II,  pag.  541,  Torino,  Unione  Tipografico-Editrice,  1888). 

Gli  studii  da  me  fatti  sullo  stesso  argomento  hanno  reso  sempre  più 
salda  la  mia  convinzione  che  cioè  per  dare  alla  società  degli  Stati  un  ordi- 
namento giuridico  bisogna  trovare  un  sistema  di  tutela  giuridica  del  Diritto 
internazionale,  e  la  sanzione  del  medesimo,  con  procedimenti  giuridici  più 
razionali  di  quelli  che  neirattualilà  siano  adottati  dai  Governi,  che  riten- 
gono come  principale  sostegno  di  ogni  diritto  la  forza  armata. 

Volgendo  l'attenzione  all'insieme  dei  trattati  si  riesce  a  comprendere 
che  il  sentimento  della  comunione  giuridica  si  va  ognora  allargando  nella 
coscienza  dei  popoli  civili,  ma  che  il  problema  della  tutela  giuridica  dei 
diritti  internazionali  degli  Stati  e  degli  enti  collettivi  non  è  ancora  nella 
buona  via  di  una  pronta  soluzione.  Il  tempo  però  vince  tutto,  e  appiana 
molte  difficoltà.  L'ordinamento  giuridico  della  Società  intemazionale  non 
può  venire  in  un  subito,  né  può  essere  al  certo  l'opera  di  un  uomo  o  di 
più,  bisognerà  procedere  a  grado  a  grado  e  deve  ciascuno  contribuirei 
come  le  sue  forze  consentono,  alla  costruzione  del  grande  edifizio. 

Nissuno  perda  la  ferma  fidanza  nella  nota  profezia  di  Mirabeau: 

Le  DnOIT  SERA  UN  JOUR  LE  SOUVERAIN  DU  MOMDE. 


I 


CLX 


-A.I»I>E3Srr)IODE3    II. 


OPERE 
relative  ai  Trattati  internazionali  ed  alla  Storia. 


Barbeyrac.  Histoire  des  aneiens  traités  —  depuis  1496  a?ant  J.-G.  jasqii*en 

813  de  Tère  chrétienne  —  Amsterdam  1795. 

Quest'opera  fu  pubblicata  per  cura  dell'editore  Roosset  come  supplemento 
all'opera  di  Dumont,  e  forma  il  primo  volume  dei  supplementi;  il  seconda 
e  il  terzo  contengono  i  trattati  conclusi  dopo  Tanno  315  al  1738,  e  questi 
volumi  furono  compilati  da  Jean  Rousset,  il  quale  compilò  pure  il  quarto  e 
quinto  volume  dei  detti  supplementi,  che  ccntengono  il  cerimoniale  diplo- 
matico delle  corti  di  Europa. 

Un  altro  supplemento  all'opera  di  Duhont   fu  fatto  da   Jean   Ives  ix^ 
Saint-Priest  e  pubblicato  col  titolo  Histoire  des  traités  de  paix  et  autres  nègo- 
ciations  du  XVIP  siede,  1597-1679. 
Egger.  Études  historiques  sur  les  traités  puhlics  chez  les  Greca  et  ehsg  ìes  Romains 

depuis  les  temps  les  plus  aneiens  jusqu^aux  premiere  siècles  de  Vére  chrétienne^ 

Paris  1866,  in -8*,  Pedone-Lauriel. 
Dumont.  Corps  universel  diplomatique  du  droit  des  gens,  cantenctnt  un  recueil 

des  traités  d'allianees,  ecc.  —  depuis  800  jusqu'à  1731  —  (Amsterdam  et 

La  Haye  1726- 1731, 8  voi.  in-8»). 

—  Recueil  de  traités  d'alliance,  de  paix  et  de  commerce  depuis  la  paix  ds^ 
MUnster,  1740. 

—  Mémoires  politiques  pour  servir  à  la  parfaits  inteUigsnee  de  la  paix  ds 
Ryswick,  1699,  4  voi.  in-12*. 

Wenck.  Cedex  juris  gentium  recentissimi. 

Quest'opera  abbraccia  il  periodo  di  37  anni  (1736-1772)  e  fu  pubblicata  in 
tre  volumi  a  Lipsia  nel  1781-1795,  ed  è  la  continuazione  dell'opera  di  Dumont. 
SclimaU88    (J.-J.).    Corpus  juris  gentium  academieum.  Lipsiae    1730-1732; 

2  voi.  in-8». 

—  Corpus  juris  puhlici. 

Quest'opera  comprende  il  periodo  dal  1439  al  1740;  e  per  gli  Stati  del  Nord 
quello  dal  1700  al  1743. 
Mably.  Droit  public  de  V Europe  fonde  sur  ìes  traités,  Paris  1744. 

Di  quest'opera  fa  pubblicata  la  seconda  edizione,  con  osservazioni  storiche,, 
politiche  e  critiche  di  Rousset,  Amsterdam  1748,  Poi  una  nuova  edizione  accre^ 


Opere  relative  ai  Trattati  intemazionali  ed  alla  Storia  CLXI 

seiuta  dei  principi]  relativi  al  diritto  pubblico  fondato  sui  trattati  e  di  un*in- 
tro dazione  di  Mablt,  e  poi  altre  successive  edizioni.  La  5*  edizione  arriva 
tino  al  1773  con  osservazioni  di  Rousset  e  fu  pubblicata  ad  Amsterdam  ed  a 
Lipsia  nel  1773. 
Koch.  Abrégé  de  Vhistoire  dea  traités  de  paix  entre  les  puisaancea  de  V Europe', 

depui8  la  paix  de  Westphalie  (Bàie,  t.  I  e  II,  1796;  t.  Ili  e  IV,  1797). 

L'autore  avea  promesso  un  quinto  volume,  ipa  non  potè  scriverlo  per  la 
morte  che  Io  colse  nel  1813.  Fu  però  pubblicata  una  nuova  edizione  nella  quale 
la  storia  dei  trattati  è  continuata  fino  al  1815  e  questa  apparve  col  seguente 
titolo: 
Schoell.  Histoire  abrégée  dea  traitéa  de  paix  entre  les  puissancea  de  V Europe, 

deputa  la  paix  de   Weatphalie,  par  feu  M,  de  Kock,  ouvrage  etUièrement 

refondu,  augmerUé  et  continue  juaqu'au  Congrèa  de  Vienne  et  aux  traitéa  da 

Paria  de  1815  (Paris  1817  e  1818). 
Garden  (Gomte  de).  Hiatoire  generale  dea  traitéa  de  paix  et  autrea  tranaactiona 

pHneipalea  entre  toutea  lea  puiaaancea  de  V Europe  depuia  la  paix  de  Weatphalie 

(Paris  1848-1859,  16  voi.  in-8»). 

Alcuni  di  questi  volumi  sono  divisi  in  più  parti. 
Martens  (6.  F.  de).  Recueil  dea  prineipaux  traitéa  d^aUianee,  de  paix,  de  trève, 

de  neutralité,  de  commerce,  de  limitea,  d^échange,  etc,  1*  édition  (Gottingue 

179M817,  7  voi.  et  4  de  supplément;  2*  édition,  1817-1835,  8  volumes). 

—  Nouveau  recueil  de  traitéa,  16  volumes. 

—  Nouveaux  aupplémenta,  13  volumes. 

Martens  (G.  F.  de)  et  Murhard  (F.).  Nouveau  recueil  general  dea  prineipaux 
traitéa  de  paix,  d^aUiance,  de  trève,  de  neutralité,  de  commerce,  de  limitea, 
d^écJiange,  etc.;  et  de  pluaieura  autrea  actea  aervant  à  la  connaiaaanee  dea 
relationa  étrangèrea  dea  puiaaancea  de  V Europe,  depuia  1761  juaqu*à  préaent 
(Gottingue,  52  voi.  in-8»). 

Riesce  difficoltoso  di  servirsi  della  collezione  di  Martens,  a  cagione  della 
grande  confusione  che  essa  presenta  per  la  distribuzione  della  materia.  Nella 
seconda  edizione  i  sette  volumi  ed  i  quattro  primi  volumi  di  supplemento  della 
prima  edizione  furono  fusi  insieme  formando  in  tutto  otto  volumi,  dei  quali 
alcuni  furono  ripubblicati  dallo  stesso  autore  nel  1771-1818  e  gli  altri  dal  nipote 
di  lui,  Gh.  de  Martens,  nel  1826-1835.  Ecco  il  contenuto  di  cotesti  volumi:  1. 1, 
trattati  dal  1761  al  1770;  t.  II,  dal  1771  al  1779;  t.  IH,  dal  1780  al  1784;  t.  IV, 
dal  1785  al  1790;  t.  V,  dal  1791  al  1795;  t.  VI,  dal  1795  al  1799;  t.  VII,  dal  1800 
al  1803;  t.  Vili,  dal  1803  al  1808. 

Il  seguito  ai  primi  quattro  volumi  di  supplemento  (t.  V  a  XVI)  ò  conosciuto 
sotto  il  nome  di  Nouveau  recueil  de  traitéa,  e  di  questi  i  primi  quattro  volumi, 
che  comprendono  i  trattati  dal  1808  al  1819,  furono  pubblicati  da  G.  F.  Martens; 
il  quinto  (1820-1822)  dal  nipote  Ch.  de  Martens;  i  volumi  da  sei  a  nove  (trat- 
tati dal  1822  al  1831)  da  Saalfelt;  i  seguenti  (trattati  dal  1832  al  1839)  da 
Murhard,  il  quale  pubblicò  pure  altri  volumi  col  titolo  Nouveaux  aupplémenta, 
i  quali  comprendono  tutto  il  periodo  anteriore  al  1839. 

Una  tavola  cronologica  ed  alfabetica  fu  pubblicata  da  Gh.  de  Martens 
nel  1839  in  due  volumi,  e  questa  contiene  i  trattati  dal  1761  al  1802. 
48  —  Fiore,  Dir.  intern.  codif» 


CLXn  Appendice  U, 

Nel  187&  è  stata  pubblicata  a  Gottinga  un'altra  tarola  generale:  Tahle 
generale  du  recueil  des  traiUs  de  6.  F.  Martins  et  de  $es  eontinuaUurSt  Got- 
tingue  1874;  Barite  chroHohgique,  1876.  Dieterìch. 

La  continuazione  dell'opera  di  Martens,  e  Murhard  è  stata  pubblicata  col 
seguente  titolo: 
Samwer  et  Hopf.  Nouveau  reeueU  general  de  traUés  et  atUree  aetes  relatifs  aux 

rapports  de  droit  intemaUonal.  Ckmtmuation  du  reeueil  de  G.  F.  de  Martens. 
Archivee  diplomatiquea.  BeeueU  de  dipknnatie  et  d^hieUnre,  Paris  1861-18714, 

1*  sèrie,  62  ?o].  Questa  pubblicazione  è  continuata  da  M.  Renault,  2«  sèrie, 

1880-1889,  19  volumes. 
Plaasan  (De).  Hi^oire  generale  et  raisonnée  de  la  diplamaUe  frangaise  ou  de  la 

politique  de  la  Franee  depuie  la  fimdatùm  de  la  monarchie  jusqu^à  lafindu 

règne  de  LouU  XVI,  avee  dee  tables  ckronologiquee  de  tous  les  traitée  conelu* 

par  la  Franee,  2*  édition  corrigée  et  augmentóe.  Paris  1811,  7  voi.  in-8*. 

—  HieMre  du  Ckmgrèe  de  Vienne,  1814. 
Prédóric  n.  Hietoire  de  la  guerre  de»  Sept  une. 

—  Histoire  de  mon  temps, 

Amelot  M.  Priliminaires  dee  traìiés  faUe  enire  les  roie  de  Franee  et  taus  les 

prinees  de  V Europe,  depuis  le  règne  de  Charles  VII.  Paris  1692,  tom.  8. 
Saint-Priest.  Histoire  dee  traUés  de  paix  et  autres  négoeiations  du  XVUl^  siede, 

depuis  la  paix  de  Vervims  jmsqu'à  la  paix  de  Nimègue.  Amsterdam  1735,  t.  1 

e  2,  in-folio. 
Martens  F.  ReeueU  des  traités  et  eonnentions  eonclus  par  la  Russie  omc  les 

puissancea  étrangères,  publié  d'ordre  du  Ministère  des  affairss  éérangèr^g» 

St-Pótersbourg  1874,  Devrient. 
Menangioa  (de).  Bépertoire  des  traités,  convetUions  et  autres  aetes  priueipawe 

de  la  Russie  avee  les  puisaanees  étrangàres  depuis  1474  jusgu'à  nos  jours, 

Paris  1874,  Amyot. 
BaeeoUa  dei  traUati  e  delle  convenzioni  conchiuse  fra  il  regno  d*Italia  ed  i 

Oovemi  esteri,  ptMlicata  per  cura  del  Ministero  degli  affari  esteri,  186S- 

1889,  Tol.  11. 
Oal70  (Gharlei).  Annales  historiques  de  la  revolution  de  VAmérigue  latine,  depuis 

Vannée  1808  jusqu'à  la  reeonnaissance  par  les  États  européens  de  Vindépemr 

dance  de  ce  vaste  eonti$tent,  Besangon  1864-1667,  5  toL  in-8^. 
«*-  Beouefl  complet  des  traités,  eonventions,  eapitulaUons,  armistiees,  et  autrm 

aetes  dipUomatiques  de  tous  les  États  de  VAmérique  latine  comprise  entrs  le 

golf  e  du  Mexique  et  le  cap  Hom,  depuis  Vannée  1493  jusqu*à  nos  jours 

Besan^n  1862-1869, 11  voL  in-8». 
01«ro%  (A.  de).  BeeueU  des  traités  de  la  Franee,  publié  sous  les  auspiees  du 

ministre  dee  affaires  étrangh'es,  continue  peer  Jl.  JuUs  de  Clereq,  depttis  le 

tome  14,  1713-1885.  Paris  1886.  14  voi.  in-8». 
AeuSB.  Deutsche  Staats,  Canzley,  i.  XXXIX.  Ulm  1793-1800,  in-8*. 

Sotto  questo  medesimo  titolo  furono  pubblicate  le  seguenti  continaasiont 
Jahrgang,  1799,  t.  I-VIII,  ivi,  1800-1801  ;  Ja^^onp,  1800,  t.  I-V,  ivi,  1802-1803; 
Jahrgang,  1801,  t.  MII,  ivi,  1802-1803. 
Winkopp.  Der  rheinische  Bund,  herausgegeben.  Frankf.  1806-1812,  t.  I^XX, 


Opere  relative  ai  Trattati  intemazionali  ed  alla  Storia         GLXIIK 

I  primi  Tolumi  di  questa  collezione  furono  pubblicati  a  Parigi,  in  francese, 
col  titolo:  Collection  dea  aetes,  règUmente,  ordonnanees  et  autres  pièceB  offieiellea 
relatives  à  la  Gonfédération  du  JRAtn.  Paris  1808,  t.  MII.  La  collezione  fu  conti- 
nuata col  titolo:  AUgemeine  Correspondenz. 

Neumanil.  Reeueil  dee  iraitéB  et  eonventions  e&ndue  par  VAutriéhe  avee  lee 
.  puieaanees  étrangères  depuie  1763  jursqu'à  nò»  jours,  Leipzig  et  Vienne 

1855-84,  18  Tolumi. 
Martens  et  Onasy.  Reeueil  manuel  et  proHque  dea  traitéa,  eonventiana  et  autrea 

aetea  diplomatiquea  aur  leaquels  aont  établia  lea  rapporta  exiatanta  aujotird^hui 

entra  lea  divera  Étata  a<mveraina  du  globe,  deputa  Vannée  1  lSS,juaqu*à  Vépoque 

aetueUe.  Leipzig  1846,  7  toI.  in-8*. 
Tetòt.  Répertoire  dea  traitéa  de  paia,  de  commerce  et  é'alUance  de  1493  à  1866. 

Paris  1866-87. 
Qhillany.  Manuel  dipiomatique,  Reeueil  dea  traitéa  européena  lea  plua  importante 

deputa  la  paix  de  Weatphalie  juaque  ety  compria  le  tratte  de  Paria  de  1866. 

Tradaction  fran^aise  et  introduciion  par  J.  H.  Schnitzler.  1856,  2  voi.  in-8<'. 
Onroussow.  Résumé  historique  dea  prineipaux  traitéa  de  paix  conelua  entre  lea 

puiaaances  européennea.  Paris  1885,  Lerouz. 
Villefort.  Reeueil  dea  traitéa,  eonventiana,  loia,  decreta  et  autrea  actea  relatifa  à 

la  paix  de  la  Franee  avec  VAllemagne.  Parts  1873-79,  5  volumes. 
Angeberg.  Le  Congrèa  de  Vienne  et  lea  traitéa  de  1815,  précédéa  et  auivia  dea 

actea  diplomatiquea  qui  s*y  rattachent,  Paris  1863,  4  voi.  in-8<>  gr. 
EUbUteriTe  (Gomte  d*)  et  Òossy  (Paron  Ferd.  de).  Reeueil  dea  traitéa  de  cam» 

merce  et  èie  navigation  de  la  Franee  avec  lea  puiaaaneea  étrangèrea  deputa  la 

paix  de  Weatphalie.  Paris  1833-1839,  9  voi.  in-8«. 
Hertslai.  Britiah  and  foreign  Statea  papera,  a  eolleelion  of  treatiae  hettceen 

foreign  powera,  and  of  treatiae  and  other  documenta  betiveen  Great  Britain 

and  foreign  power  a,  relating  to  territorial  arrangementa,  peaee,  commerce,  etc, 

Tol.  64.  Per  cura  del  Governo. 

L^ultimo  volume  contiene  T  indice  generale  cronologico  ed  alfabetico  dei 
documenti  contenuti  in  tutta  la  serie. 
Janer  (F.).  Tratadoa  de  Eapaikt;  Documentoa  intemacionalea  del  reinado  de 

dona  laabel  II,  deade  1843  à  1868.  Barcelona  1869. 
Lagemans  (E.  G.).  Reeueil  dea  traitéa  et  conventiona  conelua  par  le  royaume 

dea  Paya-Baa  avec  lea  puiaaaneea  étrangìrea  depuia  1813  juaqu^à  noa  joura, 

U  Haye  1858-1859,  4  voi.  in-8^ 
Garda  do  la  Vaga  (D.).  Reeueil  dea  traitéa  et  conventiona  eoncernant  le  royaume 

de  Belgique,  tom.  IX,  ÌB-8*.  Bruxelles  1875,  Decq. 
Twi88  8ÌT  Trarers.  The  Black-Book  of  AdmiraUg,  toith  Appendicea,  London. 

Pablication  du  gouvemement. 
—  Ade  puUie  relatif  à  la  navigation  dea  embouchurea  du  Danube.  Galatz  1876 
Oatellani.  La  navigazione  fluviale  e  la  queatione  del  Danubio,  Torino,  Unione 

Tipografico-Editrice,  1883. 
Angeberg.  Reeueil  des  traitéa,  conventiona  et  actea  diplomatiquea  eoncernant 

VAutriéhe  et  V Italie  depuia  170^  juaqu'au  commencement  dea  hoatilitéa  (1859) 

Paris  1859,  in-8». 


CLXIV  Appendice  il. 

Angeberg.  Recueil  des  traitéa,  conventions  et  aetes  dipìomaiigiies  concernnnt  In 

Bologne  (1762-1862).  Paris  1862,  in-8o. 
Annuaire  dea  dexix  Monde».  Histoire  generale  des  divers  États.  Paris  185U-1867, 

in-8»  gr. 
Beaumont-Vassy  (Vicomte  de).  Histoire  des  États  européens  deputa  le  Congrès 

de  Vienne,  Paris  1843- 1853,  6  voi.  in-8». 
Bigelow  (John).  Les  État-Unis  d^Amérique  en  1863;  leur  histoire  politique, 

leurs  ressources  minéralogiques,  agricoles,  industrielles  et  commerciales,  Paris 

1863, in-8^ 
Boageant.  Histoire  du  traité  de  Westphaìie.  Paris  1744,  4  voi.  in-S». 
BrOBSard  (A.  de).  Considérations  histoHques  sur  les  répuhliques  de  la  Fiata 

dans  leurs  rapports  avec  la  France  et  VAngleterre.  Paris  1850,  ÌD-8*^. 
Bulwer  (Sir  Henry  Lytton).  Essai  sur  Talleyrand,  traduit  de  Vanglais  aree 

Vautorisation  de  Vauteur,  par  Georges  Perrot,  Paris  1868,  in-8". 
Canova  del  Gastillo.  Prohlemas  contemporóneos. 
~-  La  guerra  franco-prussiana  y  la  supremacia  germanica  en  Europa.  Madrid 

1884,  2  volumes. 
Oapefigne.  Le  Congrès  de  Vienne  et  les  traités  de  1815,  par  le  eofnte  d' Angeberg, 

avec  une  introduction  historique,  Paris  1864,  4  voi.  in-8'*. 

—  L'Europe  depuis  Vavènement  du  roi  Louis  Philippe.  Paris  1845,  10  voi.  iii-8^. 
Bnrgos  (Javier  de).  Annales  de  réinado  de  dona  Isabel  II,  ohra  postuma.  Madrid 

1850-1851,  6  voi.  iii-8». 
Oantilo  (A.  del).  Tratados,  convenìos  y  declaraciones  depaz  y  de  comereio,  que 

han  heeho  con  las  potencias  estranjeras  los  monarcas  espanólea  de  la  casa  de 

Borhon,  desde  el  ano  de  1700,  hasta  el  dia;  puestos  en  orden  e  iUustradoii 

muchos  de  ellos  con  la  historia  de  sus  respecHvas  negociaeiones.  Madrid  1843,  iii-4*'. 
Bianchi  Nicomede.  Storia  documentata  della  diplomazia   europea  in  Ralia 

dalVanno  1814  al  1861.  Torino,  Unione  Tipografico-Editrice. 
OanttL  Gasare.  Opere  storiche;  Storia  universale;  Cronologia;  Storia  degli  Ita- 

Unni;  Storie  minori.  Torino,  Unione  Ti pogrn fico-Editrice. 
Oastro  (José  Ferreira  Borges  de).  CoUecgao  dos  tratados,  eonven^oes,  eontraios 

e  actos  puhlicos  celebrados  entre  a  eoroa  de  Portugal  e  as  mais  pcteneias 

deade  1640  até  ao  presente,  compilados,  coordinados  e  annotados.  Lisboa  1856* 

1858,  8  voi.  in-8°. 
Oonradi  (F.  C).  De  fecialibus  et  jure  feciali  populi  romani.  Helmst  1764,  in-4«. 
Cortambert  (L.)  et  Tranaltos  (F.  de).  Histoire  de  la  guerre  eimle  améri- 

caine  1860-1865.  Paris  1877,  2  voi.  in-8o. 
Oancby  (Eugòne).  Le  droit  maritime  international,  eonsidiré  dans  ses  origines 

et  dans  ses  rapports  avec  les  progrès  de  la  civilisation.  Paris  1862,  2  voi.  in- 8*. 
Oonstancios  (F.  S.).  Historia  do  Brazil  o  seu  descobrimento  por  Pedro  Alvares 

Cabrai  até  a  abdica gao  do  imperador  D.  Pedro  I.  Paris  1839,  2  voi.  in-8*. 
Ooze  (W.ì.  Histoire  de  la  maison  d'Autriche  depuis  Rodolphe  de  Hausbourg 

jusquà  la  mort  de  Léopold  II,  traduite  de  l'nnglais  par  P.  F.  Henry.  Paris 

1810,  5  voi.  in-8«. 

—  Ij  Espagne  sous  les  rois  de  la  maison  de  Bourbon,  ou  mémoires  relatifs  à 
Vhistoire  de  cette  nation  depuis  Vavènement  de  Philippe  V  en  1100  Jusgu^à  ìa 


Opere  relative  ai  Trattati  intemazionali  ed  alla  Storia  CLXV 

mari  de  Charles  lllen  1788.  Traduit  en  fran^ais,  avec  des  notes  et  dea  addi- 

tions  par  don  Andrea  Muriel.  Paris  1827,  6  voi.  in-S**. 
Warthon  (Francis).  A  digest  of  the  iniematùmal  latcs  of  the  United  States, 

taken  from  documents  issued  hy  Presidente  and  Secretaires  of  State  and  front 

deeisions  cf  federai  eourts  and  opinùms  of  aUorneye-general,  Washington  1886, 

3  Tolumi. 
EUiot  (J.).  The  American  diplomatie  code,  embraeing  a  eoUeeUon  of  treatise  and 

eonvenUons  between  the  United  States  and  foreign  potoers  from  1778  to  1834. 

Washington  1870,  2  voi.  in-8*. 
Onssy  (Baron  Ferd.  de).  Phases  et  Causes  céUbres  du  droit  maritime  des  nations, 

Leipzig  1856,  2  voi.  in-8^ 
^  Précis  historique  des  événements  politiques  les  plus  remarquahles  qui  se  sont 

passés  de  1814  à  1859.  Leipzig  1859,  in•8^ 
Debranz  de  Saldapenna.  La  paix  de  Villafranca  et  les  eonférences  de  Zurich. 

3»  édition,  Paris  1859,  gr.  in-8^ 

—  Le  traiti  de  Paris  du  30  mare  1856,  étudié  dans  ses  causes  et  ses  effets  par 
le  Correspondant  diplomatique  du  <  Consti tutionnel  ».  Paris  1859,  gr.  in-8^. 

Bismarck  (De).  Diseours  du  prinee,  Traduction  franc^aise,  Berlin  1885-1887, 
14  voi.  in-8». 

Documents  pour  Vhistoire  des  relations  diplomatiques  de  la  Russie  aree  les 
puissanees  européennes  occidentales,  depuis  la  conclusion  de  la  jmix  generale 
en  1814  jtuqu'à  Congrès  de  Verone  de  1822,  publiés  par  le  Miuistère  des 
affaires  étrangòres.  Saint-Pétersbourg  18231825,  2  voi.  in-4". 

Drouyn  de  Lliuys.  Les  neutres  pendant  la  guerre  d'Orient,  Paris  1868. 

Engelhardt  (Ed.).  Documents  diplomatiques;  Affaires  du  Congo  et  de  VAfrique 
occidentale.  Paris  1884. 

—  Étude  sur  la  déclaration  de  la  Conférence  de  Berlin  relative  aux  occupations 
africaines,  Bruxelles  1887. 

Oarnier-Pagès.  Histoire  de  la  revolution  de  1848. 

Ctebhardt  (A.  6.).  Actes  et  mémoires  concemant  les  négocìations  qui  ont  eu  lieu 
entre  la  France  et  les  États-  Unis  d'Amérique,  depuis  ìldZjusqu^à  la  conclusici} 
de  la  convention  du  30  septembre  1800.  Londres  1801. 

CHrand  (Ch.).  Le  traité  d'Utrecht.  Paris  1847,  in•8^ 

Goerts  (J.  E.  Gomte  de).  Mémoires  et  actes  authentiques  relatifs  aux  négocìa- 
tions qui  ont  précède  le  partage  de  la  Pologne,  tirés  du  portefeuille  d'un  ancien 
ministre  du  siede  XVIIP,  1810.  Paris  1812. 

—  Mémoire  sur  la  neutralité  armée.  Paris  1804. 

Quizot.  Correspondance  et  écrits  de  Washington.  Paris  1840. 

^  Mémoires  pour  servir  à  Vhistoire  de  mon  temps.  3*  édition,  Paris  1861-1867; 

voi.  in-8<». 
Hantefeuille.  Histoire  des  origines,  des  progrès  et  des  variations  du  droit 

maritime  intemational.  Paris  1858,  in-8o. 
Lamberty  (De).  Mémoires  pour  servir  à  Vhistoire  du  siede  X  Vili*  contenant 

les  négociations,  traités,  etc.  La  Haye  1731-1749,  14  voi.  in-4o. 
Leibnits.  Codex  juris  gentium  diplomaticus.  Guelpherb  1 747. 
Lesnr.  Annuaire  historique  universel. 


CLXVI  Appendice  U, 

Ade»  de  la  Conféretuse  de  Bruxelles,  Bruxelles»  imprìinerìe  da   MonUmr 

1874,  in-4«>. 

AngUterre  (L*)  et  les  petUs  ÉUUs  à  la  Conférenee  de  BruxelUi  par  le  génènl  T. 

In-8'>,  Bruxelles  1876,  G.  Mugnardt 
Lareleye  (E.  de).  Les  actes  de  la  Conferente  de  BruxdUe  et  la  partéeipaiion 

de  la  Belgique  à  la  Confirenee  de  St-PAersbourg,  Bruxelles  1874.  £xtr.  de  la 

Bepue  de  Belgique, 
LUCAB  (Gh.).  La  Conférence  intemoHenàle  de  Bruxellee  eur  Uè  Me  et  eomieemes 

de  la  guerre,  9*  tirage,  revue  et  augmenté;  in-S*,  VII,  Paris,  Dnrand  et  Pedooe- 

Lauriel,  3*  tirage,  iii-8<^. 

—  Rapport  verbal  sur  la  publieation  des  actes  de  la  Conférence  de  BrusteOee, 
relative  aux  loie  et  eeutumes  de  la  guerre.  In-8®,  Orléans,  Golas. 

Lueder  (C).  Der  neueste  Codificatone  Versuch  auf  dem  Oebiete  des  Vmrieer- 

rechis.  Kritische  Bemerkungen,  etc.  Eriangen  1874,  in-8^  gr.,  Deiehert. 
Canaieff  (V.  de),Àpropo8  de  la  Conférence  de  Bruxellee,  In-8^  Bruxelles  1875^ 

C.  Mugnardt. 
KoUn-JaeqnemyilB   (G.).  La   Conférence   de  Bruxelles.   Hietaire,  qneeticne 

préalables,  examen  critiquef  VII,  1875,  nella  Bevtie  du  droU  intemationaL 
Mo3niÌ6r  (Gustave).  Elude  sur  la  Convention  de  Genève  pour  Vamélioratùm  du 

sort  dee  militaires  blessés  dans  les  armées  en  campagne,  18d4, 1868.  Paris  1870. 

—  La  question  du  Congo  devant  Vlnstitut  de  drait  intemational, 
•^  De  quelquee  fatte  recente  relatife  à  la  Convention  de  Genève. 
Khérédine.  Réformes  nécessaires  aux  États  musulmane,  1*  partie  de  ToaTrage 

in  ti  tuie  :  La  plus  sùre  direction  pour  connaitre  VéteU  des  natione,par  le  génénU 

Khérédine,  ancien  ministre  èie  la  marine  à  Tunis,  Traduit  de  Tarabe  sous  la 

direction  de  Tauteur,  2*  ed.  in-8''.  Paris  1875,  Denta. 
Oesterveich  und  die  Orientalisehe  Frage,  Vienne  1875,  Seidel. 
Question  d'Orient  (La)  précédée  du  conflit  greco-bulgare,  Comment  on  peut 

apaiser  ce  conflit  et  résoudre  la  question  d'Orient  au  prcfii  dee  mueuhnans 

comme  à  celai  des  chrétiene,  et  faeiliter  ainei  le  retour  dee  sehiematiquee  d 

V  unite  eatholique,  Paris  1815,  Dounìol. 
Devauz  (P.).  Études  politiques  sur  Vhistoire  ancienne  et  moderne,  et  eur  Vin^ 

fluence  de  Vétat  de  guerre  et  de  Vétat  de  paix.  Bruxelles  1875. 
Favre  ( J.).  Le  gouvernemént  de  la  défenee  nationale  du  ^^Janvier  au  ^juillet  187 1^ 

Derniers  actes  du  gouvernemént  de  la  défense;  M.  Thiers;  La  Commtme;  Négo^ 

ciations  et  tratte  de  Francfort,  Paris  1875,  Plon  el  G*. 
Bawlinson  (H.).  England  and  Buseia  in  the  East.  A  series  of  papere  on  the 

politicai  and  geographical  conditione  of  eentrai  Asia,  Londres  1875,  Murray. 
Serosoppi  (E.).  L* Empire  Ottoman  au  point  de  mte  polUique  vere  le  milieu  de  la 

2*  moitié  di  XIX^  siede.  Première  partie:  Des  éUments  constitutifs.  Firenze 

1875,  Tip.  Gooperativa,  in-8*. 

Pierantoni.  Il  progresso  del  diritto  pubblico  e  delle  genti.  Modena  1860, 1  toL 

Oechelhauger  (W.).  Der  ZoUverein.  Franckfort  1851. 

Actas  y  tratados  celehrados  por  el  Congreeo  intemaeional  Sud'Amerieano  de 

Montevideo,  anexo  a  la  memoria  del  minieterio  de  relacionee  exterioree.  Monta* 

video  1889. 


Opere  relative  ai  Trattati  internazionali  ed  alla  Storia        GLXVII 

De  Testa  (J.).  Reeueil  dee  traités  de  la  Porte  Ottomane  avec  les  puissances 
étrangères,  deputa  le  premier  tratte  conelu  en  1536  entre  Suleyman  I  et  Fran- 
gote  Ijuequ'à  nosjours,  Paris  1877,  tom.  V. 

Le  Pùrtefeuille  diplomatique  et  politique.  Blue  Book  européen*  Reeueil  de  docu- 
menta internationaux  et  dee prineipaux  travaux  parus  dane  la  presse  périodique 
européenne.  Redige  par  J.  E.  Delannoy  (V^  année,  VieDne). 

Volendo  conoscere  le  opere  recenti  intorno  ai  fatti  più  importanti  delFepoca 
moderna  ed  i  documenti  relativi  agli  atti  internazionali  e  segnatamente  a  quelli 
che  si  riferiscono  alla  questione  d'Oriente,  ai  trattati  conclusi  per  stabilire  un 
diritto  uniforme  circa  la  proprietà  letteraria  ed  artistica,  circa  la  riforma  giu- 
diziaria in  Egitto,  la  navigazione  del  canale  di  Suez,  il  commercio  nelle  regioni 
Africane  e  via  dicendo  possono  attingersi  utili  indicazioni  iìe\V ^-nnuaire  de 
VJnstitut  de  Droit  internalional  e  nella  Bevue  de  Droit  intemational,  nella 
quale  sono  meritevoli  di  speciale  attenzione  gli  articoli  scritti  da  Rolin  Jaeque- 
MYNS,  Chronique  de  Droit  intemational  che  contiene  molte  e  complete  notizie 
storiche  circa  tutti  gli  avvenimenti  piiiji-ecenti. 


INDICE  ALFABETICO-ANAUTICO 


DEL 


DIRITTO  INTERNAZIONALE  CODIFICATO 


I  numori  ordinari  si  riferiscono  ai  paragrafi; 
i  numeri    grassi    si  riferiscono  ai  numeri  deir Introduzióne. 


L 


DIRITTO   CODIFICATO 


Abbandono  d'alveo,  dei  fiumi  di  confine, 
897. 

Abbordaggio  delle  navi.  Regole  per  pro- 
venirlo, 835  e  segg.;  -  regolamento  in- 
ternazionale al  riguardo,  838  n.  ;  - 
conseguenze ,  84.8  ;  -  regolamento  dei 
danni,  849  ;  -  regola  proposta  al  Con- 
gresso di  Anversa,  ivi  n.  ;  -  tribunale 
competente,  850. 

Abdicazione  del  sovrano.  Sospensione  della 
missione  diplomatica,  440. 

Accessione,  come  modo  di  acquisto  della 
sovranità  territoriale,  194,  210. 

Accettazione  di  impiego  da  Governo  stra- 
niero, 562. 

Acque  territoriali.  Limitazione  dei  diritti 
della  sovranità  su  di  esse,  904  e  segg. 
V.  Mare  territoriale. 

Agenti  consolari,  454. 

—  diplomatici.  Oiurisdixione  a  loro  ri- 
guardo, 247  e  segg.;  -  esenzione  dalla 
g.  territoriale,  247  ;  -  offesa  alla  sovra- 
nità dello  Stato  presso  cui  sono  accre- 
ditati, 248;  -  atti  ostili,  249  ;  -  respon- 
sabilità personale  pei  loro  atti,  249  n.; 

-  assoggettamento  alla  g.  penalo,  250; 

-  giurisdizione  pei  loro  atti  come  pri- 
vati, 251;  -  fondamento  della  esenzione 
degli  a.  d.  dalla  giurisdizione  localo, 
251  n.;  -  azioni   civili  contro  di  essi, 

49  —  FiOKK,  Dir.  intern,  codif\ 


252.  —  Extraterritorialità  del  palazzo 
della  Legazione  e  della  casa  deir agente 
diplomatico,  333  e  segg.;  -  osercizio 
della  giurisdizione  a  loro  riguardo,  333; 
-  divieto  dell'asilo,  334;  -  perquisizione 
nella  casa  dell'a.  d.,  335,  336;  -  reato 
commesso  nella  casa  delFa.  d.,  337;  - 
asilo  ad  imputati  di  reati  politici ,  338 
e  segg.  —  Rappresentanxa  dello  Stato, 
394  e  segg.  —  Categorie^  394.  —  A  obi 
spetta  il  diritto  di  inviarli^  395  e  segg.; 
-governo  rivoluzionario,  396;  -  paitito 
rivoluzionario,  398.  —  Diritto  di  rifiutare 
l'agente,  401.  —  Previo  consenso  dello 
Stato  presso  cui  T  agente  è  mandato, 
402  n.  —  Come  si  stabilisce  il  carattere 
di  rappresentante  dello  Stato,  403.  — 
Accettazione  dell'a.  d.  nominato,  404  e 
segg.;  -  previo  aggradimento,  406  n.  — 
Estensione  dei  poteri ,  407  e  segg.  ;  - 
istruzioni  segrete,  408;  -  formalità  di 
Diritto  diplomatico,  410.  —  Diritti^  7, 

411,  417;  -  inviolabilità  personale,  411, 

412.  —  Privilegi,  413  e  segg.;  -  uso 
loro,  414;  -  visite  doganali,  415;  -  d. 
di  bandiera  e  di  stemma,  416.  —  Extra- 
territorialità^ 418  e  segg.;  -  rapporti 
dell'  agente  d.  colla  giurisdizione  terri- 
toriale, 418  ;  -  applicazione  del  Diritto 
comune,  419.  —  Offese  contro  di  essi,  421 


Indice  alfabettco-analttico 


e  seg.  (Y.)  -  Inviolabilità  della  corrispon- 
denza, 428  e  segg.  —  Trattamento  degli 
agenti  d.  di  Stati  terzi,  430  e  segg.  —  Di- 
ritto delle  persone  addette  alla  Lega- 
zione, 434  e  segg.;  -  diritti  e  prerogative, 
434;  -  funzionari  addetti  temporanea- 
mente, 435;  -  ministro  temporaneo,  436. 

—  Famiglia  dell'agente  d.,  437.  —  Per- 
sone addette  al  senizio,  438.  —  Ceri- 
moniale diplomatico,  439.  —  Sospen- 
sione della  missione  diplomatica,  440  ; 

—  effetto,  441.  —  Cessaxdone  dei  poteri, 
442,  443.  —  Usurpatone  delle  funzioni 
diplomatiche,  444.  —  Protezione  dei  cit- 
tadini all'  estero,  460.  —  A.  diplomatici 
del  Capo  della  Chiesa,  599  e  segg.  — 
Competenza  a  concludere  trattati,  633. 

—  Salvacondotto  in  guerra,  1364.  — 
Trasporto ,  non  assimilato  al  contrab- 
bando, 1436. 

Agostino  (Sanf).  Sulla  persecuzione  degli 

eretici,  6  n. 
«  Agréaiion  » ,  406  n. 
Aja  (Conferenza  dell').  Sua  importanza,  28. 
Alberigo  Gentile.  Suo  posto  nella  storia 

della  scienza  del  Diritto  internazionale,13. 

—  Sulla  consuetudine  come  fonte  del 
Diritto  internazionale,  89.  —  Sul  Diritto 
naturale,  4  n. 

Albinaggio  (Diritto  di),  168  n. 

Alleanza  pacifica  (Ti'attati  di),  773  e  segg.; 

—  definizione,  773;  -  oggetto,  774. 

—  politica  (Trattati  di),  766  e  segg.;  - 
legittimità,  767,  768;  -  loro  oggetto  e 
scopo  odierni,  768  n.;  -  determinazione 
dell'oggetto,  769.  —  Alleanza  difensiva, 
770;  -  a.  offensiva,  770,  771;  -  esecu- 
zione, 772. 

«  Allégeance  ».  Come  non  sia  il  fonda- 
mento della  soggezione  del  cittadino  al 
sovrano,  223  n. 

Alto  mare.  Saluto  delle  navi  in  a.  m.,  375, 
378.  —  Diritto  di  libera  navigazione, 
527.  —  Inviolabilità  della  proprietà  pri- 
vata, 537.  —  Libertà  di  navigazione,  816 
e  segg.  —  Esclusione  di  giurisdizione, 
817.  —  Fermo  di  nave,  818.  —  Polizia  a 
bordo  della  n.,  819  e  segg.  —  Visita  dello 
n.  che  trasportano  schiavi,  825  e  segg. 
(V.  Navi).  —  Navi  dedite  alla  pirateria, 
830  e  segg.  (  V.  Pirateria).  —  Saluto,  834 
e  segg.  (V.)  —  Regole  della  navigazione, 
835  e  segg.  (V.)  —  Visita  delle  navi,  1423 
,(V.  Diritto  di  visita). 


Ambasciatori.  Una  delle  categorie  di  agcoti 
diplomatici  (V.),  394. 

Ambulanze  militari.  Obbligo  dei  bellige- 
ranti per  ciò  che  riguarda  il  loro  trat- 
tamento, 1218,  1245  e  segg.  —  Loro 
neutralità,  1245. — Contrassegno,  1247. 

—  Quando  possa  essere  loro  negato  ogni 
beneficio  di  neutralità,  1255.  —  Navi-am- 
bulanze, equiparazione  alle  navi  neu- 
trali, 1300. 

Amici  della  pace  (Società  dogli).  Loro  ori- 
gine e  sviluppo,  20  n. 

Amministrazioni  ferroviarie.  Responsabi- 
lità nei  trasporti  internazionali,  818  e 
segg. 

Amnistia  generale  alla  conclusione  della 
pace,  1556. 

Anarchia.  Ingerenza  collettiva  nel  caso 
di  a.,  493. 

Annessione  di  temtorio.  V.   Cessione, 

Annullamento  di  trattato,  705  e  segg.  V. 
TratUUi. 

Apertura  della  successione  di  un  cittadino 
all'estero.  Attribuzioni  dei  consoli,  470. 

Arbitrato  di  Ginevra.  Motivi  particolari 
della  sua  riuscita,  29. 

—  internazionale.  L'arbitrato  intemazio- 
nale come  forma  di  organizzazione  giu- 
ridica della  Società  internazionale,  23 
e  segg.  —  Come  non  basterebbe  per 
mutare  completamente  lo  stato  attuale 
delle  cose,  24.  —  L'arbitrato  da  poi 
il  1815,  ivi.  —  Motivi  particolari  della 
riuscita  dell'arbitrato  di  Ginevra,  25. 
(V.   Tribunale  arbitrale). 

Arbitri.  V.   Tribunale  arbitrale. 

Archivi  consolari.  Loro  inviolabilità,  33U 
e  segg.  —  Abuso  del  privilegio,  332.  — 
Interpretazione  della  Convenziono  con- 
solare franco-italiana  al  riguardo,  332  n. 

Aristotele.  Suo  limitato  concetto  della  co- 
munanza di  Diritto  fra  i  popoli,  5. 

Armamenti.  Loro  esagerazione ,  conse- 
guenza della  mancanza  di  una  tutela 
giuridica  del  Diritto  internazionale,  19. 

—  Gli  armamenti  e  la  questione  sociale, 
29.  —  Diritto  degli  Stati  per  ciò  che 
riguarda  gli  a.,  156  e  156  n.  —  Fissa- 
zione del  loro  limite  da  parte  del  Con- 
gresso degli  Stati,  1032  e  segg. 

Armata.  Come  formante  parte  della  forza 
militare  in  guen-a,  1161,  1169  e  segg. 

Armenia  (Questione  dell'),  in  relazione  al 
principio  dell'ingerenza  collettiva,  492  n. 


del  Diritto  intemoMonale  codificato 


3 


Armi  (Commercio  delle).  Quando  non 
costituisce  violazione  della  neutralità, 
1404  n. 

Armistizio,  1370  e  segg.  —  Definizione, 
1370.  —  Requisiti,  1371.  —  Potere  di 
stipularlo,  1372.  —  Scopo  diretto,  1373. 

—  Durata,  1374.  —  Differenza  dalla 
pace,  1374  n.  —  Come  deve  essere  re- 
datto, 1375  e  segg.  —  Perfezione,  1375. 

—  Scadenza,  ivi,  —  Condizioni  e  mo- 
dalità, 1376.  —  Obbligazioni  reciproche 
durante  Ta.,  1377,  1378.  —  Esecuzione, 
1379.  —  Atti  di  ostilità  durante  Ta., 
1381,  1382. 

Arruolamenti  privati.  Quando  non  costitui- 
scono violazione  della  neutralità,  1404. 

Arruolamento  nella  milizia  straniera,  come 
rinunzia  tacita  alla  cittadinanza,  562. 

Asilo.  Palazzi  e  casa  addetti  al  ministro 
straniero,  334.  —  Località  addotte  alla 
Santa  Sede,  354. 

Assedio,  1188  e  segg.  —  Effettività,  1190. 

—  Notificazione  1191.  —  Diritti  rispetto 
alle  persone,  1 192  e  segg.  —  Uscita  dei 
pacifici  cittadini  dalla  piazza  assediata, 
1194  e  segg. 

Associazione  internazionale  del  Congo,  come 
esempio  di  ente  riconosciuto  nei  rapporti 
internazionali,  39  n. 

—  per  la  riforma  e  la  codificazione  del 
Diritto  della  genti,  13  n. 

Associazioni  aventi  personalità  internaz., 
38.  —  Capacità  di  concludere  trattati,  629. 

—ecclesiastiche.  Personalità  giurìdica, 607. 

Atti  dei  Congressi,  come  fonte  del  D.  in- 
ternazionale positivo,  83. 

—  dei  Governi,  come  fonte  del  D.  inter- 
nazionale positivo,  88. 

—  di  ostilità.  Fatti  che  possono  essere 
qualificati  tali,  1408. 

—  esecutivi,  in  forza  di  sentenza  di  tri- 
bunale straniero,  182  e  n.,  271. 

—  rivoluzionari.  Come  non  sempre  siano 
soggetti  al  diritto  applicabile  ai  ribelli,  50. 

Atto  di  nazionalità  della  nave.  1012  e  sojr^. 

—  Valore  probatorio,  1012.  —  Conte- 
nuto, 1013.  —  Convenienza  di  un  Di- 
ritto uniforme,   1014. 

—  generale  antischiavista  di  Bruxelles  del 
1890,  548  n.,  827  n. 

—  unilaterale.  Regole  di  Diritto  internazio- 
nale stabilite  con  a.  u.,  10  n.  —  Obbli- 
gazione internaz.  assunta  con  a.  u.,  793. 

—  Obblig.  assunte  in  gueiTa,  1361. 


Autonomia  dello  Stato.  V.  Stato  (Auto- 
nomia dello). 

Autorità  delle  leggi  straniere.  Il  problema 
deirautorità  delle  leggi  straniere  consi- 
derato dal  punto  di  vista  dei  Diritti 
internazionali  dell'uomo,  48  e  segg. 

Avarie  oomuni  (Regolamento  delle),  come 
materia  di  trattati  dVinteresso  comune, 
778. 

Azioni  possessorie.  Straniero,  976  e  segg. 

Bagaglio  degli  agenti  diplomatici,  413. 
Baie.  Estensione,  277.  —   Giurisdizione, 

V.  Mare  territoriale. 
Bande  di  ventura,  1174  e  segg. 
Bandiera  falsa.  Nave  sotto  b.   f.,    1481. 

—  marittima.  Diritto  d'inalberarla,  363  n. 

—  neutrale.  V.  Neutralità. 

Bando.  Quando  può  essere  giustificato,  557. 

Belgio.  La  costituzione  del  regno  del  Belgio 
e  ridea  di  nazionalità,  11. 

Belligeranti.  Concetto,  1160.  —  Forza  mi- 
litare, 1161.  —  Forza  armata  militar- 
mente organizzata,  1162.  —  Abitanti, 
1163. —  Forza  militare  dello  Stato,  1164 
e  segg.  —  Corpi  franchi,  1167  e  segg.; 

-  milizie  di  volontari,  1167  e  segg.;  - 
leva  in  massa,  1168.  —  Armata,  1169 
e  segg;  -  armamento  in  corsa,  1170  e 
segg.  (V.  Corsa).  —  Chi  non  ha  diritto 
di  essere  qualificato  b.,  1174  e  segg.  ;  - 
bande  di  ventura,  1174;  -  brigantaggio, 
1175;  -  corpi  volontari  non  apparte- 
nenti alla  forza  militare,   1176  e  segg. 

—  Navi  mercantili,  1178.  —  Persone 
addette  al  servizio  delle  milizie,  1181 
e  segg.  —  Diritti  del  b.  contro  le  per- 
sone di  parte  nemica,  1212  e  segg.  ;  - 
atti  di  ostilità  incivili,  1214;  -  diniego 
di  quartiere,  1215;  -  diritti  verso  coloro 
che  cadono  in  potere  del  nemico,  1216 
e  segg.  ;  -  trattamento  dei  feriti  e  delle 
ambulanze  militari,  1212.  —  Doveri  dei 
b.  rispetto  ai  prigionieri  di  guerra,  1219 
e  sepg.  (V.  Prigionieri  di  guerra).  — 
Doveri  dei  b.  rispetto  ai  feriti  e  malati, 
1240  e  sogg.  —  Doveri  verso  i  morti 
in  battaglia,  1256  e  segg.  ;  -  seppelli- 
mento, 1258;  -  constatazione  dell'iden- 
tità, 1259.  —  Diritti  rispetto  alle  spie, 
1264,  1265.  —  Id.  id.  alle  guide,  1266, 
1267.  —  Diritti  dei  b.  contro  le  persone 
che  non  facciano  parte  dell'esercito, 
1274  e  segg.  —  Trattamento  dei  disertori, 


Indice  alfabeiteo-analitieo 


1276  e  segg.  —  Diritti  del  b.  sui  beni 
del  nemico,  1278  e  segg.  (V.  Ouerra). 

—  Doveri  e  diritti  dei  b.  rispetto  ai 
neutrali,  1416  e  segg.,  1422  e  segg. 
(V.  Neutralità).  —  Come  il  b.  non  possa 
allargare  a  volontà  la  nozione  del  con- 
trabbando di  guerra,  1426  (V.  Contrab- 
bando). —  Diritto  del  b.  di  inibire  il 
commercio  di  certi  oggetti,  1428.  — 
Merce  presunta  diretta  al  b.  nemico,  1430. 

—  Nave  neutrale  noleggiata  da  uno  dei 
b.,  1431, 

Belts.  Tassa  di  passaggio  dei  B.,  284  n. 

Beni.  Giurisdizione  a  loro  riguardo,  268  e 
segg.  —  Autorità  su  di  essi  della  sovra- 
nità territoriale,  966;  -  dominio  emi- 
nente, 967.  —  Diritto  da  applicarsi  alle 
cose  mobili  e  immobili  dello  straniero 
esistenti  nel  territorio  dello  Stato,  968 
e  segg.;  -  norme  in  mancanza  di  trat- 
tati, 970  e  segg.  —  Diritti  del  proprie- 
tario sui  beni  che  gU  appartengono,  972 
e  segg.  —  Beni  che  possono  essere  og- 
getto di  proprietà  privata,  973.  —  Espro- 
priazione per  causa  di  utilità  pubblica, 
974.  —  Possesso,  976  e  segg.  —  Pro- 
prietà letteraria  ed  artistica,  980  e  segg. 
(V.)  —  Nome  commerciale,  988  e  segg. 
(V.)  —  Marche  di  fabbrica  e  di  com- 
mercio, 993  e  segg.  (V.)  —  Brevetto 
d'invenzione,  1001  e  segg.  (V.) 

—  dello  straniero.  V.  Beni. 

—  pati'imoniali  dello  Stato.  V.  Stato. 
Bentham  (Geremia).  Sui  rapporti  fra  Mo- 
rale e  Diritto,  19  n. 

Blocco.  In  che  consiste,  1449.  —  Contro 
quali  luoghi  può  essere  effettuato,  1450 
e  segg.  —  Quando  debba  ritenersi  le- 
galmente stabilito,  1453  e  segg.  ;  -  come 
esso  debba  ossero  reale  ed  effettivo,  1453. 

—  B.  notificato  soltanto  in  via  diplo- 
matica, 1456,  1458.  —  Effetto  della 
temporanea  sospensione  dell'  investi- 
mento, 1457.  —  Notificazione  speciale, 
1459,  14(36.  —  Dilazione  por  uscire  dal 
luogo  bloccato,  1461.  —  Doveri  dei  neu- 
trali in  caso  di  blocco,  1468.  —  Viola- 
zione del  b.,  1404.  —  Diritti  dei  neutrali 
in  caso  di  b.,  1465  e  segg.  —  Appli- 
cazione delle  regole  del  b.  alle  navi 
mercantili  nemiche,  1468.  —  Sequestro 
della  nave  nemica  in  caso  di  violazione 
di  b.,   1524  e  segg.  (V.  Preda). 

-T-    commerciale,    come   uno   dei    mezzi 


ooercitiyi  durante  la  pace,  78,  1126. 
1135  e  segg.;  -  concetto,  1135;  -  carat- 
tere giuridico,  1136;  -  quando  è  lecito. 
1137  ;  -  questione  intomo  alla  saa  legit- 
timità, 1137  n.  ;  •  efficacia.  113S;  - 
modalità,  1139;  -  diritti  della  s^iuadra 
bloccante,  1140;  -  rottura  di  blocco,  1141 
e  segg.  ;  -  rottura  da  parte  di  nave 
militare,  1143. 

Bluntschli.  Suo  progetto  di  una  Confede- 
razione degli  Stati,  22. 

Bolle  pontificie.  Diritti  dello  Stato  a  loro 
riguardo,  55. 

Bombardamento,  1196  e  segg.;  -  quando 
può  essere  usato,  1196;  -  notificaxioDe, 
1197;  -  riguardi  doverosi,  1198;  -  Uio 
di  proiettili  esplodenti  ed  iocandiah. 
1199;  -  quando  costitoiace  un  mezzo 
sleale  di  assalto,  1201. 

Bosforo  (Navigazione  del).  Sao  regola- 
mento, 890  n. 

Bosnia  (Questione  della),  in  relazione  al 
prinoipio  dell'ingerenza  collettiva,  493  n. 

Bottino  di  guerra,  1290  e  segg.  ;  -  in  che 
consiste,  1290;  -  appropriazioni  per- 
messe al  soldato,  1291  ;  -  appropriazione 
indebita,  iri;  -  disposizioni  del  Codice 
penale  militare  italiano,  1291  u. 

Braccio  seoolare.  Bua  inamroessibilità,  603. 

Brevetto  d'invenzione.  Suo  carattere  di 
privilegio,  1001  e  segg.  —  Proteadono 
intemazionale,  1003  e  segg.  ;  -  accordo, 
1003,  1005;  -  caso  in  cui  manchi  rac- 
cordo, 1004.  —  Espropriazione  dell* in- 
venzione dello  straniero,  1006. 

Brigantaggio,  1175. 

Buoni  uffici.  Y.  Congegni  diplùmatici. 

Busca  (Reato  di).  Disposizioni  del  Codice 
penale  militare  italiano,  1291  n. 

Gabottaggio.  Nei  fiumi  internazionali,  869. 

-  Riserva  di  esso  ai  cittadini  nelle  acque 
territoriali,   907. 

Calamità  pubbliche.  Dovere  di  assistenza 

fra  gli  Stati,  521. 
Canali  navigabili  internaz.,  879  e  segg.; 

-  libertà  dì  navigazione,  879;  -  diritti 
della  sovranità  locale  e  dei  concessio- 
nari, 880;  -  regolamento  del  libero  uso, 
881  ;  -  principi  cui  deve  informarsi,  882; 

-  tasse,  883;  -  blocco.  1451. 

Candia  (Questiono  di),  in  relazione  al  prin- 
cipio dell'ingerenza  collettiva,  488  n. 
Capitano.  Determinaz.  de'  suoi  poteri,  299. 


del  Diritto  intemaxumale  codificato 


Capitolazione,  1353  e  segg!  —  Iq  che  con- 
sìste, 1353.  —  Forma,  1354.  -—  Sospen- 
sione preliminare,  1355.  —  Oggetto, 
1356.  —  Conseguenze,  1357  e  segg.  — 
Osservanza  delle  condizioni ,  1357  ;  - 
imposizione  di  condizioni  disonorevoli, 
«r».  —  Diiitti  del  belligerante  che  ha 
ottenuto  la  e,  1358.  —  C.  non  neces- 
saria, 1359.  —  Distruzioni  e  danneg- 
giamenti da  parte  del  capitolante,  1360. 

Capitolazioni.  Autorità  dei  principi  procla- 
mati al  riguardo  dal  governo  italiano, 
88.  —  Origine,  747  n.  —  Concetto,  745. 

—  Scopo,  746.  —  Forza  obbligatoria, 
747.  —  Limitazione  della  gìm-isdizione 
del  sovrano  temtoriale  in  virtù  delle 
C,  345,  348  n.  e  segg.  -^  Condizione 
giuridica  dei  distretti  consolari  dove  sono 
in  vigore  le  C,  346.  —  Loro  interpretaz. 
e  applicaz.  restrittiva,  347.  —  Rapporti 
fra  il  sovrano  straniero  e  il  sov.  terri- 
toriale, 348.  —  Reato  commesso  dallo 
straniero  dove  sono  in  vigore  le  C,  348  n. 

—  Cessazione,  349,  748. 
Capo  della  Chiesa.  Y.  Chiesa. 

—  dello  Stato.  V.  Staio. 

Carbon  fossile.  Il  suo  trasporto  assimilato 
al  contrabbando,  1435. 

Carte  di  bordo,  822  n.,  1479  e  segg. 

Cartesio.  Posto  che  tiene  nella  storia  della 
filosofia,  15. 

«  Cautio  iudicatum  solvi  >,  168  n. 

Cavi  sottomarini.  V.  Telegrafi. 

Censure  ecclesiastiche.  Esclusione  di  san- 
zione civile,  589. 

Cerimoniale  diplomatico,  370,  439. 

—  internazionale,  come  espressione  della 
eguaglianza  giuridica  degli  Stati,  367  e 
segg.  —  Titolo  dello  Stato,  369.  —  Id. 
del  Sovrano,  370.  —  Persone  della  fa- 
miglia del  Sovrano,  391. 

—  marittimo.  Cerimoniale  stabilito  da  uno 
Stato:  osservanza  facoltativa,  372;  -  id. 
osservanza  doverosa,  373.  —  Saluto  umi- 
liante, 374.  —  Saluto  in  alto  mare,  375. 

—  C.  concordato,  376  ;  -  significato  della 
sua  inosservanza,  377.  —  Regole  circa 
il  saluto  delle  navi  in  alto  mare  in  man- 
canza di  accordo,  378.  —  Sparo  del 
cannone  ;  restituzione,  379.  —  Solennità, 
380.  —  Saluto  in  alto  mare,  834. 

Cessazione  delle  ostilità.  Non  pon  fine  alla 

gaerm,  1546. 
Cessione  (Trattato  di),  727  e  segg.  ;  -  de- 


finizione, 727; -effetto,  727,  729; -da 
chi  può  essere  fatto,  728;  -  t.  di  ces- 
sione forzata,  729,  1551. 
Cessione  di  territorio.  La  e.  di  t.  nei  riguardi 
della  personalità  intemaz.,  118  e  segg. 

—  Quando  diventa  reale  ed  effettiva, 
118.  —  Come  non  modifichi  la  perso- 
nalità dello  Stato  cedente  e  dello  Stato 
cessionario,  119; -esempi,  119  n.  — 
Effetti  relativamente  ai  trattati,  122.  — 
Id.  rispetto  ai  terzi  Stati,  123.  —  Effet- 
tuazione della  presa  di  possesso,  123  n. 

—  Effetti  della  cessione  perfezionata, 
124.  —  Consenso  degli  abitanti,  125.  — 
Diritto  di  opzione  della  cittadinanza, 
126.  —  Regolamento  degli  effetti  della 
e,  127.  —  Successione  nei  diritti,  128 
e  segg.  —  Successione  nelle  attività  e 
passività,  129  n.  —  Diritti  patrimoniali 
acquisiti,  130.  —  Regolamento  della  con- 
dizione dei  funzionari,  131.  —  Id.  degli 
oneri  finanziati,  132.  —  Riparto  del  de- 
bito pubblico,  132  n.  —  Risoluzione 
delle  controversie,  133.  —  Effetti  rela- 
tivamente air  amministrazione  della  giu- 
stizia, 134.  —  Diritto  transitorio,  135. 

—  La  0.  di  territorio  come  modo  di  ac- 
quisto della  sovranità  territoriale,  194; 

—  regole  al  riguardo,  215  e  segg.  ;  -  ef- 
fetto, 215;  -  modalità,  216.  —  Esten- 
sione dei  trattati  al  territorio  annesso, 
656  n. 

Channing  (Oiorgio).  Sua  opera  in  favore 
della  pace,  21  n. 

Chiesa.  La  C.  come  persona  della  società 
intemaz.,  36,37  n.  —  Definizione,  37.  — 
Suoi  diritti  intemazionali,  34  e  seg.,  52, 
58  e  segg.  ;  -  quando  costituisce  persona 
giuridica,  59  ;  -  non  può  essere  assimi- 
lata allo  Stato,  42  e  seg.,  60  e  61  n.; 

—  non  può  pretendere  alla  sovranità  ter- 
ritoriale, 61.  —  Regole  intomo  ai  suoi 
diritti  e  doveri  internaz.,  583  e  segg. 
(V.).  —  Condizioni  per  la  sua  persona- 
lità internazionale,  583.  —  Ingerenza 
del  Governo,  592.  —  Diritto  di  rappre- 
sentanza, 598  e  segg.  (V.).  —  Doveri 
internaz.,  601  e  segg.  —  Braccio  seco- 
lare, 603.  —  Relazioni  della  C.  collo 
Stato,  604  e  segg.  —  Sua  posizione 
intemazionale,  613  n.  —  Convenzioni 
fra  il  Capo  della  Chiesa  e  il  Capo  dello 
Stato,  786  e  segg.  (V.  Concordati). 

—  (Capo  della).  Come  la  sua  sovranità 


è 


ìndice  eUfabético-anaHUeó 


differisca  essenzialmente  da  qaella  che 
appartiene  al  Capo  dello  Stato,  53  e  segg. 

—  Diritti  dello  Stato  per  ciò  che  riguarda 
le  encicliche,  le  bolle  e  gli  atti  del  Capo 
della  Chiesa  in  materia  disciplinare,  55. 

—  Diritti  di  libero  governo  della  Chiesa, 
588  e  segg.;  -  diffusione  dei  principi,  588; 

—  alta  amministrazione,  589.  —  Sua  in- 
violabilità, 595  e  segg.  —  Atti  relativi 
al  dogma  e  atti  relativi  alla  disciplina, 
597.  —  Diritto  di  rappresentanza,  599  n. 

—  Riconoscimento  delle  leggi  dello  Stato, 
608.  —  Tutela  della  sua  dignità,  613. 

Chiesa  (Diritti  e  doveri  internazion.  della). 
Personalità  internaz.  della  Chiesa,  34  e 
segg.,  52,  588  e  segg.  —  Sua  libera 
costituzione,  585  e  segg.  —  Libero  Go- 
verno, 288  e  segg.  ;  -  dir.  del  Capo 
della  Chiesa,  ivi  (V.);  -  responsabilità 
dei  partecipanti  al  Governo  dellaC.,590; 

—  ingerenza  dello  Stato,  592  ;  -  funzioni 
amministrative  connesse  col  Governo 
della  C,  594.  —  Inviolabilità  del  Capo 
della  C,  595  e  segg.  (V.)  —  Diritto  di 
rappresentanza,  598  e  segg.  —  Doveri, 
601  e  segg.  —  Tutela  giuridica,  612  e 
segg.  —  Effetti  dei  concordati,  790. 

—  cattolica  romana.  Necessità  di  regolare 
la  sua  posizione  nella  società  internaz., 
37.  —  Come  sia  la  sola  che  abbia  per- 
sonalità internaz.,  41,  583  n.  —  Condi- 
zioni por  l'esercìzio  dei  diritti  di  persona 
internaz.,  584.  —  Posizione  giuridica 
rispetto  alle  altro  professioni  religiose, 
604.  —  Sua  personalità  giuridica,  606. 

—  Sua  posizione  internaz..,  613  n.  — 
Sue  relazioni  diplomatiche,  54.  —  Come 
il  suo  Capo  non  abbia  la  capacità  di 
conchiudere  trattati,  58. 

—  e  Stato.  Come  si  possa  riuscire  a  tro- 
vare il  giusto  punto  di  equilibrio  fra 
di  essi,  52  e  segg.  —  Come  i  loro  rap- 
porti debbano  essere  stabiliti  sulla  baso 
della  separazione  completa  dei  loro  po- 
teri, 53.  —  Diritti  dello  Stato  di  fronte 
alla  Chiesa,  54  e  segg.  —  Rapporti  fra 
Chiesa  e  Stato,  604  e  sogg.  —  Concor- 
dati, 610  e  segg.  (V.). 

Cittadinanza.  Permanenza,  222.  —  Fon- 
damento, 223  e  segg.  —  Importanza, 
560  n.  —  Diritti  del  cittadino  all'estero, 
553  e  segg.  —  Diritto  di  eleggere  e  di 
rinunziare  alla  e,  558  e  segg.  ;  -  rinunzia 
in  mala  fede,  560,  561  ;  -  r.  tacita,  562. 


—  Prove  della  cittadinanza,  563  e  segg.: 

-  p.  dell'acquisto,  563  ;  -  p.  della  iter- 
dita,  564;  -  espatriazione  ìq  mala  fe*je. 
565.  —  Necessità  di  un  D.  uniforme,  567. 

—  Regole  per  l' attribuzione  della  e  r>tl» 
e  segg.;  -  imposizione  di  c.^  570;  -  e. 
del  figlio  legittimo,  571  ;  -  e.  del  figli.-, 
naturale,  571;  -  e.  del  figlio  di  genitori 
ignoti,  572;  -  figlio  di  ex-cittadino.  574: 

-  acquisto  per  matrimonio,  575;  -  o. 
della  donna  maritata.  576  ;  -  natar&liz- 
zazione,  577  ;  -  rinuncia  e  perdita  della 
e.  di  origine,  578;  -  effetti  del  domicilio 
civile  nei  riguardi  della  e,  579. 

Cittadini  all'estero  (Protezione  dei).  Re- 
gole al  riguardo,  459  e  segg.  ;  -  da  chi 
dev'essere  esercitata,  460;  -  lìuiìti^  461 
e  segg.  ;  -  p.  illecita,  462  ;  -  p.  dei  natu- 
ralizzati, 463; -p.  per  mezzo  dei  con- 
soli, 464  e  segg.  (V.  Consoli)  ;  -  aper- 
tura di  successione  all'estero;  attrihuz. 
dei  consoli,  470  (V.  Oittitdinafixa), 

Cittadino.  Diritti  internazionali  delPaonio 
come  cittadino,  45  n. 

Clausola  compromissoria,  1060. 

—  penale,  nei  trattati,  672. 

Codice  internazionale  dei  segnali,  840. 

Codificazione  del  Diritto  internazionale. 
Entro  quali  limiti  sia  attualmente  pos- 
sibile, 66  e  segg.,  81.  —  Come  sia  con- 
veniente proseguire  l'opera  iniziata  dal 
Congresso  di  Parigi  del  1856,  ivi. 

Col  berti  smo.  Uno  degli  ostacoli  alla  con- 
cezione della  comunità  dei  popoli,  8  e 
segg. 

Collettività.  Loro  diritti  internazionali,  46. 

—  Conseguenze  che  derivano  dal  ricono- 
scimento di  tali  diritti,  49  e  segg. 

Colonie.  Loro  condizione  in  rapporto  alla 
poi*sonalità  internaz.,  94  e  segg.  —  Di- 
ritto di  emancipazione,  90.  —  Estensione 
ad  esse  dei  trattati,  656  n.  —  Le  e.  come 
cose  in  possesso  giuridico  dello  Stato, 
953  e  segg.  ;  -  diritti  della  sovranità,  954; 

-  regime  amministrativo  ed  economico, 
955  ;  -  sfruttamento  coloniale,  956. 

Colonizzazione.  Condizione  perchè  possa 
dirsi  legittima,  51. 

Comandante  della  nave.  Determinazione 
de'  suoi  poteri  disciplinari,  821. 

e  Gomitas  gentium  » .  Come  l'osservanza 
delle  regole  di  D.  internaz.  naturale  non 
sia  un  atto  di  pura  cortesia,  15  n.  — 
Regole  intorno  alla  eomitasg.^  16  o  segg. 


del  Diritto  intefnaxdonaìe  codifiecUo 


-  Cerchia  dentro  la  quale  essa  deve  valere 
fra  gli  Stati,  19  n.  —  Sanzione,  28. 

Comitati  di  soccorso.  Quando  la  loro  for- 
mazione non  costituisce  violazione  della 
neutralità,  1404  n. 

Commercio  (Trattato  di).  Regole  al  ri- 
guardo, 731  e  segg.;  -  oggetto,  731,  732; 

-  principio  cui  devono  essere  informati, 
733;  -  oggetto  proprio,  734;  -  loro  mas- 
sma  possibile  estensione,  735;  -  esecu- 
zione ,  736  ;  -  clausola  del  trattamento 
della  nazione  più  favorita,  737  e  segg.; 

-  estensione ,  739  ;  -  durata,  739  ;  -  ef- 
fetto del  sopravvenire  della  gueiTa,  740  ; 

-  latifica,  741. 

—  delle  armi.  Quando  non  costituisce  vio- 
lazione della  neutralità,  1404  n. 

—  di  nolo.  Riserva  ai  cittadini  nelle  acque 
territoriali,   907. 

—  intemazionale.  Il  suo  sviluppo  nel  se- 
colo XIX,  uno  dei  fattori  dello  sviluppo 
dell'idea  della  comunità  dei  popoli,  12. 

-  Proibizione  da  parte  di  uno  Stato,  190. 
Comparizione  personale.  Degli  agenti  di- 
plomatici, 420  n.;  -  dei  consoli,  449, 451 . 

Compromesso.  Forma,  1075  e  segg.;  -  estin- 
zione e  sospensione,  1080  e  segg.  ;  -  in- 
terpretazione, 1092. 

Comunione.  Quando  si  verifica,  964  ;  -  ob- 
bligo degli  Stati  comunisti,  965. 

—  giuridica.  Come  non  possa  dirsi  che 
non  esista  fra  le  genti,  4.  —  Suo  svi- 
luppo storico,  22  n.  —  Come  non  sia 
completa  fra  tutte  le  genti,  24  n. 

Comunità  dei  popoli  (V.  Società  irUer- 
naxionaU). 

Concerto  europeo  (e  americano).  Quando 
può  considerarsi  legittimo,  50,  77. 

Concilio  ecumenico.  Esenzione  dalla  so- 
vranità territoriale  del  luogo  dov'è  riu- 
nito, 350  (V.  Santa  Sede). 

Conclave.  Esenzione  dalla  giurisdizione  ter- 
ritoriale del  luogo  dov'è  riunito,  350 
{V,  Santa  Sede.) 

Concordato.  Scopo,  610.  —  Carattere,  611. 

-  Regole  intorno  ai  e,  788  e  segg.  ;  - 
definizione,  786;  -  loro  ragion  d'ossero, 
786  n.;  -  carattere,  787;  -  come  non 
abbiano  carattere  di  trattati,  58,  787  n.  ; 

-  materia  lecita  di  e,  788  ;  -  forza  obbli- 
gatoria, 789;  -  effetti  su  di  essi  del 
mutamento  della  costituz.  poUtica,  789 
n.  ;  -  valore  giuridico  quanto  ai  diritti 
internaz.  dell'uomo  e  della  Chiesa,  790. 


Condanna  penale.  Motivo  di  espulsione  dello 
straniero,  235. 

Condorcet.  Concorre  a  sviluppare  i  prìn- 
cipi della  comunità  dei  popoli,  16. 

Confederazione  (Trattati  di),  762  e  segg.; 

-  definizione,  762  ;  -  effetto  fra  le  parti 
e  rispetto  ai  terzi,  763;  -  creazione  di 
personalità  internaz.,  764;  -  distinzione 
dal  patto  federativo,  765. 

—  degli  Stati.  Come  forma  di  organizza- 
zione razionale  della  Società  intema- 
zionale, 22  e  segg.,  64;  -  critica,  23,  64. 

—  germanica.  Come  esempio  di  ente  rico- 
nosciuto noi  rapporti  intem.,  39  n.,  764  n. 

—  svizzera.  Come  esempio  di  Stato  fede- 
rativo, 90  n. 

Conferenza.  La  C.  come  una  delle  istituz. 
per  la  tutela  giuridica  del  D.  internaz., 
69  e  seg.,  1018.  —  Concetto,  1045  n.  — 
Regole  al  riguardo,  1044  e  segg.  —  Co- 
stituzione, 70,  1044;  -  come  debba  com- 
prendere i  rappresentanti  dei  popoli,  70, 
1045  n.  —  Convocazione,  1045.  —  Com- 
petenza, 1046  e  segg.  —  Procedimento, 
1047  e  segg.  —  Sanzione  delle  sue  de- 
liberazioni, 72  e  segg.,  1054  e  segg.  — 
La  C.  oome  tribunale  d'appello  dalle  deci- 
sioni dei  tribunali  arbitrali,  1071  e  segg., 
1109,  1112  e  segg.  ~  Trattati  di  inte- 
resse comune,  loro  forza,  780.  —  Au- 
torìzzazione  di  rappresaglie,  1132.   — 

C.  per  giudicare  su  condizioni  di  pace 
imposte  dal  vincitore,  1150. 

—  dell' Aja.  Sua  importanza,  28. 

—  di  Brnxelle  del  1874  per  il  regolamento 
del  Diritto  di  guerra,  5.  —  Sua  auto- 
rità come  fonte  del  Diritto  intemazio- 
nale positivo,  32. 

—  sanitaria  di  Vienna  del  1874,  521  n. 

Congegni  diplomatici,  come  una  delle  isti- 
tuzioni per  la  tutela  giuridica  del  D. 
internazionale,  1018,  1116  e  segg.  — 
Buoni  uffici,  1118  e  segg.;  -offerta,  1118; 

-  rifiuto  di  accettarli,  1116  e  segg.  ;  - 
doveri  dello  Stato  che  li  offire,  1121.  — 
Mediazione,  1122  e  segg.;  -  doveri  dello 
Stato  mediatore,  1124  e  segg. 

Congressi  (Atti  dei).  Come  una  delle  fonti 
del  Diritto  intemazionale,  83. 

Congresso.  Sua  missione  per  ciò  che  riguarda 
l'ordinamento  giurìdico  degli  Stati,  62  e 
segg.  —  Gli  atti  dei  C.  come  fonte  del 

D.  internaz.  positivo,  28.  —  Forza  ob- 
bligatoria delle  regolo  riconosciute  dagli 


8 


tndioe  cUfabeHòO'OnaUUóo 


Stati  rìuniti  in  C,  12.  —  U  C.  come 
una  delle  istituzioni  per  la  tatela  giuri- 
dica del  D.  internaz.,  1018  e  segg.  — 
Scopo,  66.  —  OosHtuxùme^  62  e  segg. , 
1019  e  segg.;  -  come  debba  compren- 
dere i  rappresentanti  degli  Stati,  del  po- 
polo e  del  Diritto  scientifico,  62, 1020  n.; 

-  come  non  debba  essere  un  corpo  per- 
manente, 62,  1024  n.  —  Durata^  1025. 

—  Autorità  77,  1026  e  segg.;  -  com- 
petenza rispetto  agli  Stati  non  apparte- 
nenti all'  Unione,  1028  ;  -  prevenzione 
delle  guerre,  1029;  -  fissazione  del  li- 
mite degli  armamenti,  1032  e  segg.;  - 
forza  delle  sue  decisioni,  1034.  —  Pro- 
cedimento^ 1035  e  segg.  —  Sanxdone 
delle  sue  decisioni,  68  e  segg.,  1039 
e  segg.;  -  bando  dall'Unione,  1040;  - 
mezzi  coercitivi,  1041.  —  Esecuzione 
delle  decisioni  del  C.  mediante  la  forza 
armata,  1042  e  segg. 

Congresso  di  Parigi  del  1856.  Come  abbia 
iniziato  l'opera  di  un  oi^dinamento  giuri- 
dico della  Società  degli  Stati,  18.  —Come 
convenga  proseguirne  l'opera,  66. 

—  di  Vienna  del  1815.  Proclama  la  po- 
testà assoluta  dei  monarchi,  10.  —  Sta- 
bilisce il  principio  della  legittimità,  488  n. 

Conquiste  pacifiche  (Teoria  delle),  756  n., 
761  n. 

Consenso,  nelle  obbligazioni  internazionali, 
618;  -  e.  tacito,  619. 

Consolati.  Inviolabilità  degli  archivi  con- 
solari, 330;  -  abuso  del  privilegio,  332; 

-  interpretazione  della  convenzione  con- 
solare franco-italiana  al  riguardo,  332  n. 

—  Distinzione  del  peraonale  secondo  la 
legge  ital.,  455  n.  —  Stabilimento,  465. 

Consoli.  I  consoli  nei  riguardi  del  diritto 
di  rappresentane^ ^  445  e  segg.  ;  -  loro 
carattere  pubblico,  445,  446  n.;  -  exe- 
qtuUur^  466;  -  valore  della  sua  con- 
cessione, 468  n.  ;  -  delegazione  ad  essi 
delle  funzioni  diplomatiche,  ivi;  -  pro- 
tezione loro  dovuta,  446;  -prerogative, 
447  e  segg.;  -  consoli  inviati,  448;  - 
esenzione  dagli  oneri  municipali  e  fiscali, 
452;  -  diritto  di  bandiera  e  di  stemma, 
453.  —  AttribuMoni  secondo  il  diritto 
convenzionale,  456  e  segg.  ;  -  duplice 
loro  aspetto,  457  n.  ;  -  giurisdizione  con- 
tenziosa nei  paesi  incivili,  458.  —  Pro- 
tezione dei  cittadini  all'estero,  460,  464 
e  segg.;  -  attribuzioni,  467  e  segg.;  - 


rappresentanza  dei  connazionali  a^ent 
0  incapaci,  469;  -  attribuz.  nel  caso  d 
moi-te  di  un  connazionale,  470;  -  id.  pe- 
ciò  che  riguarda  la  tutela  o  curatela,  47  \: 

-  id.  nel  caso  di  naufragio  di  n.  mercai- 
tile,  472;  -  tutela  dell' osservanza  d^ì 
trattati  e  convenzioni,  473;  -  rimpatm 
dei  connazionali,  474. 

Consoli  stranieri.  Giurisdizione  sui  e.  sta- 
nieri,  253  e  segg.  ;  -  e.  esercì tant  il 
commercio,  254;  -regolamento  della  oro 
situazione  rispetto  alle  autorità  locali. 
255,  256;  -  disposizioni  delle  confen- 
zioni  consolari  al  rìguardo,  266  n. 

Consuetudine.  —  La  e.  come  fonte  d*l  D. 
internaz.  positivo,  89.  —  C.  intanaz. 
in  ordine  all'esecuzione  dei  trattati.  667. 

Continente  americano.  Dottrina  di  M«nn:<e. 
494  n. 

Contrabbando  dì  guerra,  1424  e  segg.  — 
Concetto,  1424.  —  Oggetti  di  e.  scooido 
il  Diritto  comune,  1425  ;  -  come  il  belli- 
gerante non  possa  allargare  a  voloitù 
la  nozione  del  e.  di  guerra,  1426,  1427  a.. 

-  e.  convenzionale,  1427.  —  Diritto  d«  1 
belligerante  d' inibire  il  commercio  ui 
certi  oggetti,  1428.  —  Destinazione  deliri 
merce  o  della  nave,  1429  e  segg.;  -  merci ' 
presunta  diratta  al  belligerante,  1430:- 
nave  neutrale  noleggiata  da  uno  dei  belli- 
geranti, 1431.  —  Trasporti  inibiti  e  as- 
similati al  e,  1432  e  segg.  ;  -  trasporto 
di  ufficiali  e  soldati,  1433  ;  -  id.  di  di- 
spacci, 1434  ;-id.  di  carbon  fossile,  1435. 

-  Trasporto  degli  agenti  diplomatici, 
1436.  —  Oggetti  che  non  possono  es- 
sere compresi  nel  e,  1437  e  segg.;  - 
trasporto  delle  valigie  postali,  1438;  - 
id.  di  cittadini  delle  due  parti  belligeranti, 
1439.  —  Sanzioni  penali  pel  titsporto 
del  e,  1440  e  segg.;  -  come  non  pos- 
sano assumere  carattere  di  pena,  1441; 

-  convenienza  di  un  regolamento  inter- 
nazionale, 1442  ;  -  sanzioni  penali  se- 
condo i  principi  generali  del  Dir.  inter- 
nazionale, 1443  e  segg.;  -  confisca  dol 
e,  1443;  -  arresto  della  nave,  1444  e 
^^S^-'ì  '  partecipazione  attiva  della  nave 
alle  ostilità,  1446;  -  come  la  confisca 
della  nave  non  possa  essere,  di  regola, 
giustificata,  1446  n.  —  Esclusione  della 
confisca  del  carico  lecito,  1447.  —  Do- 
vere degli  Stati  che  sottoscrissero  la  di- 
chiarazione di  Parigi  dol  1856,  1448.  — 


del  DiriHo  intemaxtanale  oodifieato 


d 


Sequestro  dalla  nave  per  trasporto  di  e, 
1523  (V.  Preda). 

Contrade  deserte.  Diritto  di  esplorasùoue, 
196  e  segg. 

Contratto  di  trasporto,  nei  rapporti  delle 
ferrovie  internazionali,  923  n.,  924  u. 

Contribuzioni  di  guerra,  1287  e  segg.  — 
In  che  consiste,  1287  ;  -  obbligo  del  co- 
mandante che  la  impone,  1288;  -  e.  a 
titolo  di  punizione,  1288  ;  -  misura,  1289; 

-  occupazione  militare  1336.  —  Esen- 
zione degli  stranieri,  232. 

(.'Onvenziono  del  1884  per  la  protezione 
dei  cavi  sottomarini,  939  n. 

—  di  Berna  del  1890  pel  trasporto  delle 
merci  in  ferrovia,  916  n.  —  Id.  id.  del 
1886  per  la  protezione  della  proprietà 
letteraria  ed  ai-tistica,  983  n.  —  Id.  id. 
del  1890  pel  servizio  ferro  vi  aiio  inter- 
nazionale, 916  n. 

—  di  Copenaga  del  1857  pel  riscatto  delle 
tasse  di  passaggio  degli  stretti  del  Sund 
0  dei  Belts,  284  n. 

—  di  Di*esda  del  1844  per  la  navigazione 
dell'Elba,  5. 

—  di  Ginevra,  1218,  1241  e  segg. 

—  di  Parigi  del  1844  per  la  protezione 
doi  cavi  sottonutrini,  939  n. 

—  preliminare.  Forza  obbligatoria,  646. 
Ootìvenzioni  consolari.  Regole  al  riguardo, 

742  0  segg. 

—  di  guerra,  1340  e  segg.  —  Definizione, 
1340.  —  C.  che  debbono  essere  concluse 
dalla  supi-ema  aatoribi  dello  Stato,  1341  ; 

-  convenzioni  che  possono  essere  concluse 
dai  comandanti  militari.  1342.  —  Esecu- 
zione, 1343.  —  Sospensione  d'armi,  1344 
e  segg.  (V.)  —  Capitolazione,  1353  e 
segg.  (V.)  —  Obbligazioni  assunte  con 
atto  unilaterale,  1361.  —  Salvacondotto, 
1362  e  segg.  (V.)  —  Licenze,  ivi  (V.)  — 
Salvaguardia,  1368.  1369  (V.)  --  Armi- 
stizio, 1370  e  segg.  (V.)  —  Tregua,  1383. 

-  Preliminari  di  pace,  1384. 

—  giurid.  popolari.  V.  Opinione  pubblica. 
Corpi  fratkchi.  Quando  hanno  qualità    di 

belligeranti,  1167  e  sogg. 

—  moraU.  Loro  diritti  internazionali,  68, 69. 

—  volontari.  Quando  hanno  qualità  di 
belligeranti,  1161;  -  e.  formanti  parte 
della  forza  militare,  ivi;  -  e.  non  for- 
manti parte  della  f.  m.,  1176,  1177. 

Coi'poraesioni  religiose.  Personalità  giuri- 
dica, 607. 


Corrispondenze  postali,  come  materia  dei 
trattati  d'interesse  comune,  778.  —  Pi- 
roscafi p.  nella  guerra  marittima,  1303. 

Corsa.  Regole  di  D.  internaz.  sull' arma- 
mento in  corsa,  1170  e  segg.  —  Lettere 
di  marca,  1173. 

Cosa  giudicata.  Sentenze  di  tribunali  stra- 
nieri, 182  e  n. 

Cose.  Distinzione,  812.  —  Esercizio  del 
diritto  sulle  e,  813.  —  C.  oamuni^  814 
e  segg.  ;  -  alto  mare,  816  e  segg.  (V.); 

-  fiumi  internaz.  navigabili,  851  e  segg. 
(V.);  -  stretti,  884  e  segg.  (V.)  —  Cose 
che  sono  nel  possesso  giuridico  di  cia- 
scuno Stato,  891  e  segg.;  -  territorio, 
891  e  segg.  (V.);  -  beni  patrimoniali, 
899  e  segg.  ;  -  acque  territoriali,  904  e 
segg.  ;  -  strade  e  vie  di  comunicazione, 
908  e  segg.  (V.);  -  istmi,  910  (V.);  - 
strade  ferrate,  911  e  segg.  ;  -  linee  tele- 
grafiche, 925  e  segg.  (V.)  ;  -  posta  940 
e  segg.  (V.)  ;  -  imposte,  944  e  segg.  (V.)  ; 

-  sistema  doganale,  947  e  segg.  (V.);  - 
colonie,  953  e  segg.  (V.);  -  serviti!  in- 
ternazionali, 959  e  segg.  (V.).  —  Cose 
appartenenti  ai  privati^  966  e  segg. 

Costituzione  politica.  Diritto  del  popolo,  46, 
62.  —  Mutamento,  72;  -  sospensione 
della  missione  diplomatica,  440  ;  -  effetto 
sui  trattati,  657,  713;  -  id.  sui  concor- 
dati, 789.  —  La  costituzione  p.  dello 
Stato  in  rapporto  alla  sua  personalità, 
89  e  segg.  —  Non  intervento  degli  altri 
Stati  nelle  questioni  che  la  riguardano, 
480,  485. 

Credenze  religiose.  Ostacoli  da  esse  frap- 
posti alla  concezione  della  comunità  dei 
popoli,  5. 

Credito  pubblico  (Reati  contro).  Extrater- 
ritorialità della  legge  penale  a  loro  ri- 
guardo, 239. 

Cristianesimo.  Suo  concetto  della  fraternità 
dei  popoli,  5. 

Culto  ecclesiastico.  Come  nel  suo  sviluppo 
esterno  sia  soggetto  alle  leggi  dello  Stato 
nel  quale  è  esercitato,  55. 

Danni.  Responsabilità  dello  Stato  per  d. 
y.  Obbligazioni  intemaxioncUi. 

—  di  guerra.  Diritto  dei  privati  alla  rìpa- 
raziooe,  1565  e  segg.  —  Concetto  del 
danno  di  g.,  1566. 

Dardanelli  (Navigazione  nei).  Suo  regola- 
mento, 890  n. 


10 


Indice  cdfahetieo-analUico 


Debito  pubblico.  Suo  enorme  aumento 
causato  dagli  armamenti,  20.  —  Riparto 
nelle  cessioni  di  territorio,  132  n. 

Delimitazione  del  territorio,  894. 

Delitto  civile.  Ammissibile  nei  rapporti  in- 
ternazionali, 796  n. 

Demanio  pubblico.  V.  Patrimonio  dello 
Stato, 

Denuncia  dei  trattati,  719. 

Deposizione  del  sovrano.  Sospensione  della 
missione  diplomatica,  440. 

Dichiarazione  di  guerra.  V.  Guerra. 

—  di  Parigi  del  1856.  Regole  dì  Diritto 
iuternaz.  da  essa  poste,  5. 

Diderot.  Concorre  a  sviluppare  i  principi 
della  comunità  dei  popoli,  16. 

Dinastie.  Le  d.  regnanti  e  i  diritti  dei  po- 
poli, 64. 

Diplomazia.  Sua  missione,  1116  n. 

Diritti  civili.  Acquisto  e  godimento  da 
parte  dello  straniero,  167  e  segg. 

—  dell* uomo.  Loro  intangibilità  come  re- 
gola di  Diritto  internazionale  imposta 
dalle  convinzioni  giuridiche  dei  tempi,  6. 

—  di  porto  e  di  navigazione.  Esonerazione 
nel  caso  di  rilascio  forzato,  500  n. 

—  e  doveri  intemazionali  della  Chiesa. 
V.  Chiesa, 

—  internazionali  deiruomo.  V.  Uomo, 

—  reali.  Loro  efficacia  in  relazione  alla 
sovranità  territoriale,  270. 

sulla  nave.  Legge  da  applicarsi,  1015 

e  segg. 
Diritto  cambiario,  come  materia  di  trattati 

d'interesse  comune,  778. 

—  comune  internazionale.  Necessità  della 
sua  determinazione  per  risolvere  il  pro- 
blema della  organizzazione  giuridica  della 
Società  internazionale,  18.  —  Passi  già 
fatti  al  riguardo,  itn.  —  Difficoltà  mag- 
giore che  ossa  presenta,  19,  —  Modo 
di  proclamarne  le  regole  e  di  assicurarne 
il  rispetto,  60  e  segg.  —  Come  il  diritto 
di  fissare  tali  regole  non  possa  costituire 
un  privilegio  di  questo  o  di  quello,  61.  — 
Come  la  logge  comune  della  Società  inter- 
nazionale debba  essere  formulata  e  dichia- 
rata obbligatoria  da  quelli  che  si  trovano 
associati  di  fatto,  ivi, 

—  del  genere  umano.  Come  sia  da  pre- 
ferirsi all'espressione  «  Diritto  interna- 
zionale >,  39. 

—  delle  genti.  Confronto  coli' espressione 
«  Diritto  internazionale  » ,  39. 


Diritto  di  albinaggio,  168  n. 

—  di  bandiera  e  di  stemma.  Degli  agenti 
diplomatici,  416;  -  dei  consoli,  453;  - 
degli  agenti  consolari,  455. 

—  di  esplorazione,  196  e  segg. 

—  di  guerra.  Tentativo  per  regolarlo 
(Conferenza  di  Bruxelles  del  1874),  5 
(V.  Guerra), 

—  di  Legazione.  Y.  Agenti  diplomatici. 

—  d'imperio  e  di  giurisdizione.   Uno  dei 
diritti  fondamentali  dello  Stato,  55.  — 
Concetto,  221.   —  Giurisdizione   a   ri- 
guardo dei  cittadini,  222  e  segg.  ;  -  cit- 
tadini all'estero,  225,  226  ;  -  richiamo. 
226.  —  Qiu^sdizione  rispetto  agli  stra- 
nieri, 228  e  segg.  ;  -  divieto  di  entrare 
nel  territorio,  228  ;  -  protezione  del  la- 
voro nazionale,  229  ;  -  osservanza  delle 
leggi  di  sicurezza  e  di  polizia,   230;  - 
trattamento,  231,  232;  -espulsione,  233 
e  segg.(y.).  —  Giurisdizione  penale,  238 
e  segg.  ;  -  casi  di  extraterritorialità  della 
legge  penale,  239  ;  -  reati  di  Diritto  in- 
temazionale^ 240,  241;  -  giurisdizione 
rispetto  ai  pirati,  242  e  segg.  (V.  Pira- 
teria), —  G.  rispetto  ai  Ministri  stra- 
nieri, 247  e  segg.  (Y.  Agenti  diploma- 
tid),  —  Id.  id.  ai  consoli  stranieri,  253 
e  segg.  (Y.  Consoli),  —  Id.  id.  ai  so- 
vrani stranieri,  257  e  segg.  (Y.).  —  Id. 
id.  agli  Stati  ed  ai  Governi  stranieri,  259 
e  segg.  (Y.).  —  Id.  riguardo  ai  beni,  268 
e  segg.  —  G.  sulle  acque  territoriali, 
272  e  segg.  (Y.  Mare  territoriale),  — 
Sui  fiumi,  279.   —  Sui  golfi,  280.   — 
Sui  laghi,  281.  —  Sui  mari  chiusi,  282. 

—  Sui  mari  mediterranei,  282.  —  Sugli 
stretti,  284;  -  le  tasse  di  passaggio  de- 
gli stretti  del  Sund  e  dei  Belts,  284  n. 

—  G.  rispetto  ai  porti,  290  e  segg.  (V. 
Porti),  —  G.  sulle  navi  mercantili,  294 
e  segg.  (Y.  Navi  mercantili), — Id.  sulle 
navi  da  guerra,  305  e  segg.  (Y.  Nari 
da  guerra).  —  Id.  sulle  navi  postali,  314 
e  segg.  (Y.)  —  Luoghi  sottratti  alla  g. 
della  sovranità  territoriale,  319  e  segg. 
(Y.);  -  extraterritorialità,  319  e  segg. 
(Y.);  -  perdita  del  privilegio  dell'extra- 
territorialità, 323  ;  -  località  addette  alle 
Legazioni,  325  e  segg.  (Y.  Legazioni)  ; 

—  Consolati,  330  e  segg.  (Y.);  -  palazzi 
e  casa  addetti  al  Ministro  straniero,  833 
e  segg.  (Y.  Agenti  diplomatici)  ;  -  eser- 
cito straniero  acquartierato,  341  e  segg. 


del  Diritto  intsrtMxÀùnale  eodifiecUo 


11 


(V.);  -  paesi  in  cui  sono  in  vigore  le 
Capitolazioni,  345  e  segg.  (V.  Oapitola- 
xioni)  \  -  località  addette  alla  Santa  Sede, 
350  e  segg.  (V.  Santa  Sede).  —  Rap- 
porti dell'agente  diplomatico  (Y.)  colla 
giurisdizione  territoriale,  418  a  segg. 

Diritto  di  visita,  1469  e  segg.  —  In  che 
consiste,  1469.  —  Sua  natura,  1460.  — 
Dove  può  essere  fatta,  1471.  —  Navi 
esentì,  1472.  —  Navi  in  convoglio,  1473, 
1474;  -  visita  di  esse,  1475,  1476.  — 
Modo  di  procedere  alla  visita,  1477  e 
segg.  —  Ricerche  e  ispezioni,  14d0;  - 
motivi  fondati  di  sospetto,  1481.  —  Se- 
questro della  nave  visitata,  1482.  —  D. 
di  visita  delle  navi  che  traspoi-tano 
schiavi,  825  e  segg. 

—  intemazionale.  Come  la  parte  più  con- 
siderevole del  D.  intern.  si  trovi  tuttora 
nel  periodo  di  elaborazione,  79.  —  Sue 
fonti   (V.    Fonti).   —  Definizione,    1. 

—  Denominazioni  varie.  In.  —  Eap- 
porti che  vi  sono  soggetti,  ivi.  —  Par- 
tizione, 2.  —  D.  internaz.  naturale,  3; 

—  regole  ad  esso  conformi,  4.  —  D.  in- 
ternaz. positivo:  sua  partizione,  6;  - 
D.  comune,  D.  particolare,  9,  10.  — 
Regole  di  D.  intern.  stabilite  con  atto 
unilaterale,  10  n.  — Forza  obbligatoria,  11 
0  segg.  (V.).  —  Comitas  gentium^  16 
e  segg.  (V.).  —  Come  debba  essere  prov- 
veduto alla  sanziono  del  D.  internaz., 
26  e  segg.  —  Persone  ed  enti  soggetti 
al  D.  internazionale  (Y.  questa  voce). 

—  Sua  autorità  su  ogni  persona  della 
Società  internaz.,  33.  —  Diritto  d'inge- 
renza collettiva  per  la  sua  tutela,  ^7 
e  segg.  (Y.  Ingerenxa  collettiva). 

(Fonti  del).  Y.  Fonti. 

(Reati  di).  Giurisdizione,  240,  241. 

(Scienza  del).  Come  debba  prestare  il  • 

suo  concorso  per  la  soluzione  completa  del 
problema  della  organizzazione  giuridica 
della  Società  intemazionale,  31  e  segg. 

—  Sua  missione,  39.  —  Suo  metodo, 
31. 

(Tutela  giuridica  del)  Y.  Tutela. 

privato.  Il  problema  del  d.  internaz.  • 

priv.  considerato  dal  punto  di  vista  dei 
diritti  internazionali  dell' uomo,  48  e  segg. 

—  Come  materia  dei  trattati  di  interesse 
comune,  778.  —  Autorità  delle  leggi 
straniere,  970,  971.  —  Sua  Codificazione 
nel  codice  civile  italiano,  971  n. 


Diritto  positivo.  Regole  di  D.  p.  che  for- 
mano oggi  il  Diritto  comune  degli  Stati 
civili,  5. 

—  scientifico.  Autorità  delle  sue  regole,  81. 

—  Sua  efficacia  pratica,  82.  —  La  con- 
corde opinione  degli  scrittori  come  una 
delle  fonti  del  D.  internaz.  positivo,  92. 

—  Come  debba  essere  rappresentato  nel 
Congr.  internaz.,  1020  n. 

—  storico.  Come  fonte  del  D.  internaz.  po- 
sitivo, 93.  —  Il  D.  storico  e  il  D.  dei 
popoli,  64. 

Disciplina.  Atti  del  Capo  della  Chiesa  in 
materia  di  d.,  597  n. 

Discussione  pubblica.  Come  mezzo  per  pre- 
venire ed  appianare  le  questioni  intema- 
zionali, 74  e  segg. 

Disertori.  Accoglimento  dei  d.  nemici,  1276; 

—  provocazione  alla  diserzione,  1276, 
al.  2;  -  d.  ripreso,  1277. 

Dispacci  (Trasporto  di).  Quando  è  assinìi- 
lato  al  contrabbando,  1434. 

Documenti  diplomatici.  Come  fonte  del 
Diritto  internazionale,  88. 

Dogma.  Atti  del  Capo  della  Chiesa  rela- 
tivi al  d.,  597  n. 

Dolo  nei  trattati,  637,  640. 

Domicilio  civile,  nei  riguardi  della  citta- 
dinanza, 579. 

Donna  maritata.  Cittadinanza,  576. 

Doveri  di  umanità,  nei  rapporti  interna- 
zionali, 476  n.,  519  e  segg. 

—  internazionali  degli  Stati.  Y.  Stati. 

Egemonia,  come  violazione  dell' equilibrio 
giuridico  fra  gli  Stati,  385. 

Egitto.  Sua  lotta  per  l'indipendenza,  12. 

Eguaglianza  degli  Stati.  Concetto,  57.  — 
Il  Dir.  di  eguaglianza  come  uno  dei  d. 
fondamentali  dello  Stato,  55.  —  Regole 
al  riguardo,  358  e  segg.  —  Principio, 
358,  359.  —  Stati  a  cui  nel  fatto  è 
limitata,  560.  —  Atti  conti-arì  all'egua- 
glianza, 361.  —  Diseguaglianze  di  fatto, 
362  e  segg.  —  Diniego  del  godimento 
di  certi  diritti,  363.  —  Stati  rispetto  ai 
quali  può  non  ammettersi  l'eguaglianza 
giuridica,  364.  —  Rispetto  alla  perso- 
nalità morale  e  dell'onore  degli  Stati, 
366  e  segg.  —  Il  cerimoniale  interna- 
zionale come  espressione  della  egua- 
glianza giuridica  degli  Stati,  367  e  segg. 

—  Lingua  diplomatica,  371.  —  Equili- 
brio politico,  381  e  segg.  (Y.). 


12 


Indice  alfabetieo-afuUitteo 


Eguaglianza  e  libertà.  Come  non  siano 
diritti  territoriali,  ma  internazionali,  34 
e  segg. 

Embargo,  come  atto  di  rappresaglia  ille- 
cito, 1134. 

Emigrazione  (Diritto  di).  Uno  dei  d.  inter- 
nazionali dell'uomo,  57. 

Encicliche  pontificie.  Diritti  dello  Stato  a 
loro  riguardo,  55. 

Epidemie.  Doveri  di  assistenza  fra  gli 
Stati,  521. 

Equilibrio  giuridico  fra  gli  Stati.  Necessità 
della  sua  determinazione  per  la  organiz- 
zazione giuridica  della  Società  intema- 
zionale, 32  e  segg.  —  Sua  legittimità 
e  necessità,  382  e  segg.  —  Violazione, 
384  e  segg. 

—  mercantile.  V.  Teoria  mereantile. 

—  politico  fra  gli  Stati.  La  teoria  dell' e- 
quilibrio  politico,  uno  degli  ostacoli  alla 
concezione  della  comunità  dei  popoli , 
8  e  segg.  —  Non  necessario,  381.  — 
Cenni  storici  al  riguardo,  381  n.  -—In- 
terventi armati  per  mantenerlo,  480  n. 

Errore,  nei  trattati,  637. 

Erzegovina  (Questione  dell'),  e  il  prin- 
cipio dell'ingerenza  collettiva,  493  n. 

Esame  testimoniale,  degli  agenti  diploma- 
tici, 420  n.;  -  dei  consoli,  419. 

Esecuzione  dei  trattati,  665  e  segg.  (Y. 
Trattati). 

— forzata.  Conti'o  Stato  straniero,  265  e  segg. 

Esercito  straniero  acquartierato.  Limita- 
zioni dell'  esercizio  della  sovranità  ter- 
ritoriale a  suo  riguardo,  341  e  segg. 

Esilio.  Quando  può  essere  giustificato,  557. 

Espatriazione.  Libertà  di  e.,  224.  —  E.  in 
mala  fede,  565. 

Esplorazione  (Diritto  di),  196  e  segg. 

Esportazione  (Divieto  di),  come  atto  di 
rappresaglia  lecito,  1132. 

Espropriazione.  E.  per  causa  di  utilità 
pubblica,  976.  —  E.  forzata  dei  beni 
privati  in  guen-a,  1280  e  segg. 

Espulsione  dello  straniero.  Regole  al  ri- 
guardo, 233  e  sogg. 

Estinzione  dei  trattati,  723  e  segg. 

Estradizione.  Uno  dei  doveri  intemazio- 
nali degli  Suti,  518,  782  n.,  785  n.;  - 
fondamento  secondo  la  legislazione  ita- 
liana, 785  n. 

—  (Trattati  di),  781  e  segg.;  -  definizione, 
781;  -  effetto,  782, 784;  -  interpretazione, 
785  ;  -  tratt.  del  Regno  d' Italia,  783  n. 


«  EoaeqtuUur  » .  Sentenze  di  tribunali  stra- 
nieri, 178;  -  quando  può  essere  negato, 
180.  —  E,  ai  oonsoli,  466. 

Extraterritorialità.  In  che  consiste,  319; 

—  inesattezza  del  concetto  della  finzione 
giuridica  dell'extraterritorialità,  320  n. 

—  Località  coperte  dal  privilegio,  321. 

—  Perdita  del  privilegio,  323,  324.  — 
Suo  fondamento,  324  n.  —  Località  ad- 
dette alle  legazioni,  325  e  segg.  (Y. 
Legazioni).  —  Consolati,  380  e  segg. 
(V.).  —  Palazzi  e  casa  addetti  al  Mini- 
stro straniero  (Y.  Agenti  diplomatici). 

—  Esercito  straniero  acquartierato,  341. 
e  segg.  (Y).  —  Paesi  ove  sono  in  vigore 
le  Capitolazioni,  345  e  segg.  (Y.  Capi- 
tolaxdont).  —  Località  addette  alla  Santa 
Sede,  350  e  segg.  (Y.  Santa  Sede). 

Fallimento  (Diritto  del),  come  materia  di 
trattati  d'interesse  comune,  778. 

Fanali  delle  navi.  Regole  al  riguardo,  842. 

Faro  (Diritti  di).  Esonerazione  nel  caso  di 
rilascio  forzato,  500  n. 

Fatti  di  guerra.  Determinazione  del  con- 
cetto in  relazione  al  diritto  al  risarci- 
mento dei  danni,  1566  e  segg. 

Fatto  illecito.  Responsabilità  dello  Stato 
per  danni  da  esso  derivati.  Y.  Obbliga- 
xione  intemaxionale. 

Favoreggiamento  (Reato  di).  Extraterrito- 
rialità della  legge  penale  a  suo  riguardo, 
239. 

Federico  il  Grande.  Sull'equilibrio  euro- 
peo, 8. 

Feriti  e  malati.  Obbligo  dei  belligeranti 
per  ciò  che  riguarda  il  loro  trattamento, 
1218,  1240  e  segg.  —  F.  ricoverati  in 
case  private,  1250.  —  F.  già  curati,  1251. 

—  Norme  circa  i  feriti  e  malati  nella 
guerra  marittima,  1253  e  segg. 

Ferrovie.  Diritto  al  loro  uso  innocuo,  911 
e  segg.  —  Regolamento  ferroviario  in- 
ternazionale, 914  e  segg.  (Y.).  —  Diritti 
del  nemico  sulle  f.  dei  privati  nell'oi.'- 
cupazione  militare,  1337. 

—  internazionali.  Guasto,  giurisdizione, 
241.  —  Regole  circa  il  trasporto  delle 
merci,  917  e  segg.;  -  responsabilità  delle 
Amministrazioni,  918  e  segg.;  -  il  con- 
tratto di  trasporto  nei  rapporti  delle  f. 
internaz.,  923  n.,  924  n. 

Feste  di  Corte.  Cerimoniale  marittimo,  380. 

Figlio  di  genitori  ignoti.  Cittadinanza,  672. 


del  Diritto  intemaxianale  codifiecUo 


13 


Figlio  legittimo.  Cittadinanza,  571. 

—  naturale.  Cittadinanza,  571. 

Filosofia  moderna.  Cambiamento  da  essa 
portato  nello  spirito  delle  masse,  29. 

Fiume.  Giurisdizione,  279. 

Fiumi  intemazionali.  Accordi  intervenuti 
per  assicurarne  la  libertà,  5.  —  Regole 
a  loro  riguardo,  851  e  segg.;  -  quali  sono 
reputati  tali,  851;  -  f.  percorrenti  il  ter- 
ritorio di  uno  Stato  solo,  852  -,  -  distin- 
zione per  ciò  che  riguarda  la  libei*tà  del 
commeroio  intemaz.,  852  n.  —  Regole 
per  la  navigaz.  dei  f.  internaz.,  853  e 
segg.;  -  Regolamento  (di  Vienna)  per  la 
libera  navigaz.  dei  fiumi,  856  n.  —  Di- 
ritti e  doveri  degli  Stati  frontisti,  857, 
858.  —  Regolamento  di  navig.  fluviale 
secondo  i  principi  del  D.  comune,  859 
e  segg.  —  Tasse  di  navigazione,  862  e 
segg.;  -  t.  contrarie  al  D.  intern.,  862; 

—  d.  degli  Stati  frontisti,  868  ;  -  commi- 
surazione delle  t.,  864;  -  navi  ad  esse 
soggette,  865;  -  t.  abusive,  866;  -  per- 
cezione, 867.  —  Pilotaggio  obbligatorio, 
868.  —  Cabotaggio,  869.  —  Tutela  giu- 
ridica dei  regolamenti,  870  e  sogg.  — 
Competenza  per  lo  controversie  circa  la 
navigazione  fluviale,  872  e  segg.;  -  e. 
della  Commissione  intemazion.  perma- 
nente, 873;  -  e.  dei  tribunali  territoriali, 
874.  —  Fiume  navigabile  che  scorre  pel 
territorio  di  uno  Stato  solo,  874;  -  di- 
ritti dello  Stato  cui  appartengono  le  due 
rive,  875.  —  Navigazione  dei  fiumi  in- 
ternazionali secondo  il  Diritto  positivo, 
876  e  segg.  —  Blocco  delle  loro  imboc- 
cature, 1451. 

Fonti  del  Diritto  internazionale  positivo. 
Trattati  generali,  83.  —  Atti  dei  Con- 
gressi, tifi.  —  Trattati  particolari,  84. 

—  Legislazioni  particolari,  87.  —  Atti 
dei  Governi,  88.  —  Consuetudini,  89. 

—  Convinzioni  giuridiche  popolari,  ivi. 

—  Concorde  opinione  dogli  scrittori,  92. 

—  Diritto  storico,  93. 

Fortezze,  come  cosa  di  patrimonio  dello 
Stato,  902. 

Forza  obbligatoria  del  D.  intemazionale. 
Principio,  11.  —Regola  riconosciuta  dagli 
Stati  riuniti  in  Congresso,  12.  —  Interpre- 
tazione delle  regolo,  13.  — Forza  obbliga- 
toria delle  regole  di  D.  internaz.  naturale, 
14,  15.  —  Come  T osservanza  di  tali  re- 
gole non  sia  un  atto  di  pura  cortesia,  15  n. 


Franchigia  doganale,  degli  agenti  diplo- 
matici, 413,  415  n. 

Funzionari  pubblici.  Responsabilità  dello 
Stato  pei  danni  da  essi  recati.  Y.  Ob- 
bligaxioni  intemaxionali. 

Funzioni  ecclesiastiche.  Come  nel  loro  svi- 
luppo estemo  siano  soggette  alle  leggi 
dello  Stato  nel  quale  sono  esercitate,  55. 

Garanzia  collettiva.  Dei  trattati  stipulati 
in  Congi-essi  e  Conferenze,  780  (V.  In- 
gerenza collettiva^  Trattati), 

Gente.  Definizione,  43. 

Genti  incivili.  Loro  condizione  giuridica 
nei  rapporti  internaz.,  46,  47. 

Gestione  d'affari.  Come  non  crei  una  ob- 
bligazione internaz.,  792  n. 

Ginevra  (Arbitrato  di).  Motivi  particolari 
della  sua  riuscita,  25. 

Giordano  Bruno.  Concorre  ad  emancipare 
il  pensiero  dall'autorità  della  teologia,  15. 

Giurisdizione.  V.  Diritto  d'imperio  e  di 
giurisdixione, 

—  consolare.  V.  Capitolaxioni. 

—  internazionale.  Suadeterminazione,  174. 
—  La  giurisd.  e  la  competenza  dei  tribu- 
nali dello  Stato  di  fronte  al  D.  pubblico 
interno  e  di  fronte  al  D.  internaz.,  174  n. 

Giustizia  naturale.  Come  la  sua  osservanza 
fra  gli  Stati  non  sia  un  atto  di  pura 
cortesia  (oomitas  gentium)^  15  n.,  476. 

Golfi.  Giurisdizione,  280. 

Governo  della  Chiesa,  588  e  segg.  (Vedi 
Chiesa). 

—  della  nave.  Norme  generali  al  riguardo, 
844  e  segg. 

—  di  fatto.  Sovranità  interna,  88  e  n. 
V.  Stato  (Riconoseimento  di).  —  Diritto 
di  legazione,  396. 

—  nuovo.  V.  Stato  {Riconoscimento  di). 

—  provvisorio.  Conseguenze  internazionali 
de'  suoi  atti,  114  e  segg.  (V.  Guerra 
civile). 

—  rivoluzionario.  Sua  condizione  giuridica 
rispetto  agli  altri  Governi,  63.  —  Diritto 
di  legazione,  396.  —  Riconoscimento  da 
parto  d'uno  Stato  neutrale,  1399  n. 
(V.   Guerra  civile). 

Grandi  Potenze.  Principio  della  loro  egua- 
glianza cogli  Stati  minori,  358  e  segg. 

Grecia  antica.  Suo  concetto  limitato  della 
comunanza  di  Diritto  fra  i  popoli,  5. 

—  moderna.  La  proclamazione  della  sua 
indipendenza  e  l'idea  di  nazionalità,  11. 


14 


Indice  alfabetieo-analiiico 


Grozio.  Sao  posto  nella  storia  della  scienza 
del  Diritto  internazionale,  13.  —  Sulla 
consuetudine  come  fonte  del  diritto,  89. 

Guerra.  Come  causa  di  estinzione  dei  trat- 
tati, 723,  740.  —  In  che  consiste,  1144. 

—  Quando  può  essere  reputata  legit- 
tima, 1145.  —  Sua  dichiarazione  :  ces- 
sazione dei  poteri  delPagonte  diploma- 
tico, 442,  448  ;  -  regole  al  riguardo,  1146 
e  segg.  —  Quando  la  g.  esiste  ^  fttfto, 
1150.  —  Quando  potrà  reputarsi  rego- 
larmente fatta,  1151.  —  Osservanza 
delle  leggi  ed  usi  di  g.,  1152  e  segg.  — 
Bfcttf  immediati  ideila  g.,  1155  e  segg.  ; 

—  poteri  dei  comandanti  degli  eserciti  e 
delle  armate,  1157;  -  legge  marziale, 
1157;  -  istituzione  dei  tribunali  mar- 
ziali, 1158.  —  A  chi  spetti  l'esercizio 
dei  diritti  di  g.,  1159  e  segg.  (V.  Bel- 
Itgeranti).  —  Ostilità  permesse,  1183  e 
segg.;  -  ostilità  in  opposizione  allo  leggi 
ed  usi  di  g.,  1185  e  segg.  —  Mezzi 
leciti  di  assalto  e  di  difesa,  1184,  1187 
e  segg.  —  Assedio,  1188  e  segg.  (V.) 

—  Bombardamento,  1196  e  segg.  (V.) 

—  Distruzione  ed  incendio,  1202  e  segg, 

—  Saccheggio,  1207,  1208.  —  Strata- 
gemmi e  sorprese,  1209  e  segg.  —  Di- 
ritti del  belligerante  contro  le  persone 
di  parte,  nemica,  1212  e  segg.  (V.  Bel- 
ligerante).—  Prigionieri  di  g.,  1219  e 
segg.  (V.).  —  Ostaggi,  1237  e  segg.  — 
Trattamento  dei  feriti  e  malati,  1240  e 
segg.  —  Ambulanze,  ospedali,  servizio 
sanitario,  1245  e  segg.  (V.).  —  Norme 
circa  i  feriti  e  malati  nella  g.  marittima, 
1253  e  segg.  —  Spie,  1260  e  segg.  — 
Guide,  1266,  1267.  —  Parlamentari, 
1268  e  segg.  (V.).  —  Trattamento  dei 
disertori,  1276  e  segg.  (V.).  —  Diritti 
del  b.  sui  boni  del  nemico,  1278  e  segg.  ; 

—  beni  dello  Stato,  1278;  -  inviolabilità 
della  proprietà  privata,  1279;  -  espro- 
priazione forzata  dei  beni  privati,  1280; 

—  requisizioni,  1282  e  segg.  (V.);  -  con- 
tribuzioni di  g.,  1287  e  segg.  (V.);  - 
bottino  di  g.  1200  e  segg.  (V.);  -  diritto 
di  preda  nella  g.  marittima,  1292  e  segg. 
(V.  Preda).  —  Occupazione  militare  e 
sue  conseguenze  giuridiche,  1312  e  segg. 
(V.  Occupazione  in.).  —  Convenzioni  di 
g.,  1340  e  segg.  (V.).  —  Neutralità,  1385 
e  segg.  (V.).  —  Contrabbando  di  g.,  1424 
e  segg.  (V.).  —  Fine  della  g.,  1545  e 


segg.  ;  -  quando  la  g.  debba  reputarsi 
terminata,  1545;  -  cessazione  delle  osti- 
lità, 1546;  -occupazione  militare,  1547 
(V.);  -  trattato  di  pace,  154S  o  segg. 
(V.)  ;  -  norme  circa  Vutipossideits^  1563 
e  segg.  —  Danni  di  g.,  15G5  o  scpg. 
(V.).  —  Competeiaa  del  Congresso  por 
prevenire  la  g.,  1029. 
€Fnerra  civile.  La  g.  civile  in  relazione  alla 
personalità  dello  Stato,  107  e  sogg.  — 
Quando  ha  luogo,  107,  108  n.  —  O-omo 
sia  un  fatto  di  D.  pubblico  intorno^  lO>. 
—  Quando  l'insurrezione  devo  esser»? 
reputata  come  un  fatto  sommesso  al 
D.  internaz.,  HO  e  110  n.  —  Atti  del 
Governo  provvisorio,  114.  —  Restaura- 
zione; effetti,  115  e  segg.  —  Diritto  di 
legazione,  396.  —  Non  intervento,  482 
e  segg.,  491  (V.).  —  Riconoscimento  del 
Gov.  da  parte  d*uno  Stato  neutrale,  1399. 

—  dì  secessione  negli  Stati   Uniti.    Suo 
carattere  di  guerra  civile,  108  n. 

—  marittima.  V.  Blocco^  Coniraòbando^ 
Diritto  di  visita^  Guerra^  Keittralilà. 

Guide,  in  guerra,  1266,  1267. 

Hobbes.  Suo  posto  nella  storia  della  scienza 

del  Diritto  intemazionale,  13. 
Hume.  Combatte  il  mercantilismo,  15. 


Immobili.  Regolamento  del  D.  degli  stra- 
nieri a  loro  riguardo,  170  e  segg. 

Imperatore  di  Germania.  Capacità  di  con- 
cludere trattati,  632  n. 

Imperio  (Diritto  di).  Uno  dei  d.  fonda- 
mentali dello  Stato,  55  (V.  Diritto), 

Impero,  come  forma  d'unione  di  Stati,  90  n. 

—  germanico,  come  esempio  di  ini  pero  di 
Stati,  90  n. 

Imposte,  come  formanti  parte  dei  beni 
appartenenti  allo  Stato,  944  e  segg.;  - 
stranieri,  946.  —  Diritti  del  nemico 
neir occupazione  militare,  1838. 

—  personali  dirette.  Esenzione  a  favore 
degli  agenti  diplomatici,  413;  -  id.  id. 
dei  consoli,  452. 

Indebito  (Pagamento  di).  Come  non  crei 
una  obbligazione  internazionale,  792  n. 

Indipendenza  (Diritto  di).  Uno  dei  d.  fon- 
damentali dello  Stato,  55  (V.  Auto- 
nomia), 

Infallibilità  del  Papa.  Uno  degli  ostacoli  alla 
concezione  della  comunità  dei  popoli,  6. 

Ingerenza  collettiva.  Il  dovere  di  ingerenza 


del  Diritto  intemoMonale  codificato 


15 


collettiya  per  la  tutela  del  D.  ìntem., 
487  e  sogg.  ;  -  principio,  487  ;  -  quando 
è  legittima,  76,  488;  -  casi  in  cui  ne 
può  sorgere  il  dovere,  490  e  segg.  — 
I.  collettiva  per  la  tutela  dell* extrater- 
ritorialità delle  località  addette  alla  Santa 
Sedo,  356.  —  Id.  nel  caso  di  minaccia 
dell'equilibrio  giuridico,  385.  —  Id.  a 
tutela  dei  diritti  della  Chiosa,  612.  — 
Id.  noi  oaso  di  imposizione  di  trattati 
dì  signoria,  760,  761.  —  Id.  nel  caso 
di  imposizione  di  sistemi  doganali  da 
parte  del  vincitore,  962. 

Insurrezione.  Quando  deve  essere  repu- 
tata come  un  fatto  sommesso  al  D.  in- 
ternaz.,  110  e  110  n. 

Interesse  comune  (Trattati  di),  775  e  segg.  ; 

-  definizione,  776;  -  scopo,  776,  777; 

-  materia,778;  -  quando  acquistano  auto- 
rità di  legge  intemaz.,  779  ;  -  loro  obbli- 
gatorietà, 780;  -  gai-anzia  collettiva, 
ivi. 

Interpretazione  di  trattati.  V.  Tratteci. 

Interrogatorio  dell'agente  diplomat.,  420  n. 

Intervento.  Come  sia  a  dirsi  illecito  e  arbi- 
trario, 49.  —  Intervento  armato,  476 
e  segg.  —  Gli  interventi  armati  dopo  il 
trattato  di  Vienna  del  1815,  480  n. 

Inviati.  Una  delle  categorie  di  agenti  di- 
plomatici (V.),  394. 

Inviolabilità  (Diritto  di).  Uno  dei  d.  in- 
temaz. dell'uomo,  57. 

—  personale,  come  uno  dei  diritti  inter- 
naz.  dell'uomo,  540  e  segg.  —  I.  perso- 
nale dei  negri,  543  e  segg.  (V.  Negri). 

I[)oteca  sulla  nave.  Diritto  da  applicarsi, 
1015  e  segg. 

Isole.  Formazione  noi  fiumi  di  confine,  898. 

Istituto  di  Diritto  intemazionale,  13  n. 

Istituzioni  per  la  tutela  giuridica  del  Di- 
ritto internaz.  Y.    Tutela  giuridica. 

Istmi.  Diritto  al  loro  uso  innocuo,  910. 

Istruzioni  segrete.  Valore,  408. 

Laghi.  Giurisdizione,  281. 

Legati  pontifici.  Loro  carattere,  599  n. 

Legazione  (Diritto  di).  V.  Agenti  diplo- 
matici. 

Legazioni.  Extraterritorialità  delle  località 
ad  esse  addette,  325  e  segg.  ;  -  abuso 
del  privilegio ,  327  ;  -  come  la  Lega- 
zione non  possa  considerarsi  come  parte 
del  territorio  dello  Stato  rappresentato, 
328  n.,  329. 


Legge  marziale.  Sua  entrata  in  vigore,  1 157. 

—  Paese  occupato  militarmente,  1326. 

—  morale.  Suo  riconoscimento  nei  rap- 
porti internaz.,  476. 

—  penale.  Sua  territorialità,  238  e  n.  ;  - 
oasi  di  extraterritorialità,  239. 

—  straniera.  D  problema  dell'autorità  delle 
leggi  straniere  considerato  dal  punto  di 
vista  dei  diritti  internazionali  dell'uomo, 
48  e  segg. 

Leggi  civili.  Loro  extraterritorialità  in 
quanto  regolano  i  rapporti  privati,  968  n. 

—  di  sicurezza  e  di  polizia.  Osservanza 
da  parte  dello  straniero,  230. 

—  ed  usi  di  guerra,  1152  e  segg.  —  Ten- 
tativo di  codificazione,  1152  n.  —  Atti 
di  ostilità  ad  esse  contrari,  1185  e  segg. 

Legislazioni  particolari,  come  fonte  del 
D.  internaz.  positivo,  87. 

Legittima  difesa,  nei  riguardi  del  non  in- 
tervento, 483  n. 

Legittimità  (Principio  di).  Posto  nel  Con- 
gresso di  Vienna  del  1815,  488  n. 

Leibnitz.  Suo  posto  nella  storia  della  scienza 
del  Diritto  internazionale,  13. 

Lesione,  nei  trattati  internasnonali,  712. 

Lettere  di  marca.  Quando  possono  essere  * 
rilasciate,  1172,  1173. 

Leva  in  massa,  in  relazione  alla  qualità 
di  belligerante,  1168. 

Libera  attìTÌtà  (Diritto  di),  523  e  segg. 

— navigazione  dei  fiumi  intemazionali.  Kc- 
golamento  (di  Vienna)  al  riguardo,  856  n. 

Libero  scambio.  Sua  connessione  coli' idea 
della  comunità  dei  popoli,  15.  —  Regole 
di  diritto,  523  e  segg. 

Libertà  (Diritto  di).  Uno  dei  d.  fonda- 
mentali dello  Stato,  55. 

—  di  coscienza,  come  uno  dei  diritti  inter- 
nazionali dell'uomo,  57,  549  e  segg. 

—  di  culto,  come  uno  dei  diritti  internaz. 
dell'uomo,  550. 

—  ed  eguaglianza.  Come  non  siano  Diritti 
territoriali,  ma  intemazionali,  34  e  segg. 

—  personale,  come  uno  dei  diritti  in- 
temaz. dell'uomo,  57,  540  e  segg. 

Licenza,  come  convenzione  di  guerra,  1362. 
Lido  del  maro,  come  cosa  di    patrimonio 

dello  Stato,  902. 
Linea  di  confine,  rispetto  ai  monti,  895; 

-  id.  ai  fiumi,  896. 
Lingua  diplomatica,  371. 

Locke.  Posto  che  tiene  nella  storia  della 
scienza  politica,  14. 


16 


Indice  alfaheHeo-analiiieo 


«  LoGUS  regit  aetum  » .  Applioazione  della 
regola  agli  atti  fatti  presso  le  legazioni, 
329. 

Lori  mar.  Sao  progetto  di  una  Confede- 
razione degli  Stati,  16. 

Lutto  pubbl.  Cerimoniale  marittimo,  380. 

Mably.  Concorre  a  sviluppare  i  principi  della 
comunità  dei  popoli,  18. 

Machiavelli.  Impulso  da  lui  dato  alla  scienza 
politica,  13  e  segg. 

Madagascar.  Protettorato  della  Francia; 
carattere,  755  n. 

Malfattori  (Consegna  dei),  come  uno  dei 
doveri  intemazionali  degli  Stati,  518, 
782  n.,  785  n. 

Manovra  della  nave.  Norme  generali  al 
riguardo,  844  e  segg. 

Marche  di  fabbrica  (Protezione  delle), 
come  materia  di  trattati  d'interesse  co- 
mune, 778.  —  Regole  al  riguardo,  993 
e  segg.;  -  eguaglianza  di  trattamento 
degli  stranieri  e  dei  cittadini,  997  e 
segg.  ;  -  necessità  di  un  Diritto  comune 
convenzionale,  1000. 

Mare  libero,  816  e  segg.  —  Assimilazione 
ad  osso  dei  canali  navigabili,  852. 

—  territoriale .  Equiparato  al  territorio 
reale,  193.  —  Estensione,  272.  —  Giu- 
risdizione spettante  al  sovrano,  273  e 
sogg.  —  Natura  del  diritto  spettante 
su  di  esso  al  sovrano,  275.  —  Ri- 
serva della  pesca  ai  cittadini,  276. 
—  Sua  esclusione,  278.  —  Estensione 
delle  baie,  277.  —  Giurisdizione  pénale 
sullo  acque  territoriali,  285  e  segg.;  - 
limitazione,  287.  —  Diritto  di  libera- 
mente entrai-vi,  529  e  segg.,  530  n.  — 
Regole  di  navigazione,  847.  —  Cattura 
di  nave  nemica  nel  m.  t.  di  Stato  neu- 
trale, 1420.  —  Visita  dello  navi.  1423 
(V.  Diritto  di  visita). 

Mari  chiusi  e  mediterranei.  Giurisdizione, 
282,  383. 

Massaua.  C/essazione  delle  Capitolazioni, 
349  n. 

Matrimonio.  Etfotti  sulla  cittadinanza.  575. 

Mediazione.  V.  Cofigegni  diplomatici. 

Mendicità.  Motivo  di  espulsione  dello  stra- 
niero, 236. 

Mercantilismo.  Uno  degli  ostacoli  alla  con- 
cessione della  comunità  dei  popoli,  9  o 
segg.  —  Economisti  che  lo  combatte- 
rono, 15. 


Mercanzia  neutrale.  La  regola  ohe  la  m.  n. 
non  è  sequestrabile  sotto  bandiera  ne- 
mica, come  regola  del  Diritto  positivo 
formante  oggi  il  Diritto  comune  dogli 
Stati  civili,    1417  (V.  Neuiralità). 

Metodo  della  scienza  del  D.  intemaz.,  31. 

Metternich.  Sul  principio  di  legittimità. 
488  n. 

Mezzi  coercitivi.  Quando  sono  giuatìficati, 
488.  —  Mezzi  coercitivi  durante  la  paco. 
1126  e  segg.;  -  enumerazione,  1126;  - 
quando  ne  può  esser  lecito  Puso,  1127. 
1128.  —  Ritorsione,  1129  e  segg.  (V.). 

—  Rappresaglie,  1131  e  segg,  (V.).  — 
Blocco  commerciale,  1136  e  segg.  (V.). 

Militarismo.  Sua  esagerazione,  conseguenza 
della  mancanza  di  una  tutela  giuridica 
del  Diritto  intemaz.,  19  —  11  mìL ta- 
riamo e  la  questione  sociale,  29. 

Milizia  straniera(Arru<damenio  nella),  come 
rinunzia  tacita  alla  cittadinanza.  562. 

Ministri  pubblici.  Una  deUe  categorie  di 
agenti  diplomatici  (V.),  394. 

—  stranieri.  Y.  Agenti  diplomatici , 

Ministro  degli  affari  esteri.  Rappresentanza 
dello  Stato,  393  n. 

Missione  diplomatica.  Sospensione,  440. 
V.  Agenti  diplomatici. 

Monarchia  assoluta.  Rappresentanza  dello 
Stato,  393  n. 

Monroe  (Dottrina  di),  494  n. 

Montesquieu.  Posto  che  tiene  nella  storia 
della  scienza  politica,  14.  —  Sull'azione 
civilizzatrice  del  commercio,  17. 

Morte  del  sovrano.  Sospensione  della  mis- 
sione diplomatica,  440. 

Mutua  assistenza  (Dovere  di).  Regolo  al 
riguardo,  495  e  segg.  —  Casi  in  cui  è 
specialmente  doverosa,  496.  —  Rifugio 
di  navi  straniere,  497  e  segg.  —  Si- 
nistro di  mare  e  naufragio,  502  e  sogg. 

—  Amministrazione  della  giustizia,  511 
e  segg.  (V.  Rogatorie).  —  Giustizia  pe- 
nale, 516  e  segg.  ;  -  obbligo  di  conse- 
gnare i  malfattori,  518. 

Naturalizzazione.  Protezione  air  estero  del 
naturalizzato,  463.  —  La  n.  come  modo 
di  acquisto  della  cittadinanza,  577. 

Napoleone  Bonaparte.  Aspetto  dell'Europa 
alla  sua  caduta,  10. 

Naufragio.  Assistenza  allo  navi  straniere, 
502  e  segg.  ;  -  obbligo  riguardo  alle  cose 
salvate,  504,  507  e  segg. 


del  Diritto  intemaxdonale  codificato 


17 


Nave  (Polizia  a  bordo  della).  Regole  al  ri-  \ 
guardo  in  alto  mare,  819  e  segg.;  -  a  chi  • 
spetti,  819;  -  passeggeri  stranieri,  820; 

-  poteri  disciplinari  del  comandante, 
821.  —  P.  della  navigazione,  822  e 
segg.  (V.  Navigazione), 

—  (Sequestro  di).  V.  Preda, 

—  abbandonata.  Quando  si  reputa  tale,  510. 

—  corsara.  V.  Armamento  in  corsa, 

—  mercantile.  Diritto  di  imperio  e  di 
giurisdizione  sulle  n.  m.,  294  e  segg.  ; 

-  giurisdizione  locale,  294;  -  g.  dello 
Stato  cui  la  n.  appartiene  per  nazio- 
nalità, 295;  -  osservanza  delle  leggi  di 
polizia  e  dei  regolamenti  locali,  196;  - 
parità  di  trattamento  delle  n.  straniere, 
297;  -  regolamento  della  loro  condi- 
zione giuridica,  298;  -  determinazione 
dei  poteri  del  capitano,  299  ;  -  giurisdi- 
zione territoriale  per  le  contestazioni 
civili,  390;  -  giurisdizione  penale,  301 
e  segg.;  -  g.  dello  Stato  di  cui  la  nave 
ha  la  nazionalità,  301  ;  -  g.  territoriale, 
302  ;  -  atti  istruttorii  pei  reati  commessi 
a  bordo,  303;  -  riserva  dell* intervento 
del  console,  304.  —  Naufragio  ;  attribu- 
zioni del  console,  472.  —  Esercizio  della 
polizia  e  della  sorveglianza  in  alto  maro, 
823.  —  Visita  delle  n.  che  trasportano 
schiavi,  825  e  segg.  —  La  n.  m.  come 
oggetto  di  proprietà ,  1007  e  segg.  ;  - 
applicazione  della  legge  nazionale,  1007, 
1008.  —  Sua  nazionalità,  1009  e  segg. 

-  Ipoteca  e  d.  reali  sulla  n.,  1015  e 
segg.  —  Sequestro,  come  atto  di  rap- 
presaglia illecito,  1134.  —  Atti  di  guerra 
fatti  da  n.  m.,  1178  e  segg.  —  Sequestro 
e  cattura  nella  guerra  marittima,  1292 
e  segg.,  1486  e  segg.  (V.  Preda). 

—  neutrale.  V.  Neutralità. 
Navi-ambulanze.  Equiparate  alle  n.  neu- 
trali, 1300. 

—  da  guerra.  Definizione,  308.  —  Giurisdi- 
zione a  loro  riguardo  e  sulle  persone  del 
loro  equipaggio,  305  e  sogg.  ;  -  entrata 
nello  acque  territoriali,  305;  -  loro  som- 
messione  alle  leggi  locali,  306;  -  giu- 
risdizione territoriale,  307  ;  -  g.  del  co- 
mandante, 309;  -  trattamento  della  n. 
come  nemica,  310;  -  quando  la  sovra- 
nità ten-itoriale  può  esercitare  diritti 
di  g.  sulla  n.,  311  ;  -  limiti  dell' extra- 
territorialità della  n.,   311   n.  ;  -  fatti 

-commossi  dall'equipaggio  a  terra,  313. 

50  —  Fiore,  Dir,  intem,  codif. 


—  Le  n.  da  guen*a  come  cosa  di  pa- 
trimonio dello  Stato,  902.  —  Divieto 
alle  n.  da  guerra  di  entrare  nei  porti, 
292.  —  Bottura  di  blocco  commerciale, 
1143.  —  N.  da  guerra  di  belligerante 
rifugiantesi  in  porto  neutrale,  1408. 

Navi  nazionali.  Equiparate  al  territorio 
reale,  193. 

—  ospedali.  Equiparate  alle  n.  neutrali, 
1300. 

—  postali.  Giurisdizione  sulle  n.  p.,  314 
e  segg.;  -  loro  assimilazione  alle  n.  da 
guerra,  316,  317  n.  ;  -  responsabilità 
del  Governo  pel  ritardo  del  cammino, 
317;  -  abuso  della  sua  posizione  da 
parte  della  n.,  318. 

Navigazione.  Polizia  della  n.,  822  e  segg.  ; 

-  carte  di  bordo,  822;  -  polizia  e  sor- 
veglianza in  alto  mare,  823,  824.  — 
Visita  delle  n.  che  trasportano  schiavi, 
825  e  segg.  —  N.  dedite  alla  pirateria, 
830  e  segg.  —  Saluto  in  alto  mare, 
834. 

—  (Regole  della),  835  e  segg.  —  Rego- 
lamento internazionale  per  evitare  gli 
urti  delle  navi,  838.  —  Regole  della  nave 
secondo  le  esigenze  e  la  pratica  degli 
uomini  di  mare,  841.  —  R.  concernenti 
i  fanali,  842.  —  Segnali  acustici  per  la 
nebbia,  843. .  —  Norme  generali  pel  go- 
verno della  nave  e  per  la  manovra,  844 
e  segg.  —  Regole  di  n.  nelle  acque 
territoriali,  847.  —  Id.  id.  nei  fiumi  in- 
ternaz.,  853  e  segg. 

Nazionalità.  Attuazione  delPidea  di  nazio- 
nalità nel  secolo  XIX,  11  e  segg.  — 
Diritti  internazionali  delle  nazionalità,  34 
e  segg.,  46. 

—  (Principio  di).  11  principio  di  n.  e 
l'ordinamento  giuridico  della  società  in- 
ternazionale, 67.  —  Id.  id.  nei  riguardi 
del  D.  internaz.,  72  n. 

—  della  nave.  Condizioni,  1009.  —  N. 
nemica,  1010.  —  Presunzione,  1011.  — 
Perdita,  1011  n.  —  Prova,  1012  e  segg. 
(V.  Atto  di  n.) 

Nazione.  La  n.  come  ente  soggetto  al 
d.  internaz.,  40.  —  Definizione,  42.  — 
Sua  condizione  giuridica  nei  rapporti 
internaz.,  44,  45.  —  Como  la  n.  non 
sia  persona  internaz.,  44  n.  —  Suoi 
d.  internaz.,  62  e  segg.  —  Il  principio 
di  nazionalità  e  l'ordinamento  giuridico 
della  società  internaz.,  67. 


18 


Indice  alfabeiico-analitico 


Negri.   Loro  inviolabilità  personale,   543 

e  aegg. 
—  (Tratta  dei).  Repressione,  644  e  segg. 

-  I/egge  italiana,  545  n.  —  Trattato 
di  Berlino  del  1885,  547  n.  —  Atto 
generale  antischiavista  di  Bruxelles  del 
1890,  548  n.  —  Come  la  tratta  dei  n. 
non  possa  essere  assimilata  alla  pira- 
teria, 828  n. 

Neutralità,  1385  e  segg.  —  Concetto,  1385. 

-  N.  volontaria,  assoluta  e  convenzio- 
nalo, 1386.  —  N.  doverosa  fra  gli  Stati 
in  Unione,  1387.  —  Tutela  giuridica 
collettiva  della  n.  assoluta,  1388.  —  Chi 
abbia  diritto  di  essere  reputato  n.,  1389 
e  segg.;  -  dichiaraz.  di  n.,  effetto,  1389; 

-  n.  di  pieno  diritto,  1390;  -  perdita 
del  diritto  di  essere  consideralo  n.,  1391  ; 

-  indivisibilità  della  n.,  1392;  —  assi- 
stenza indiretta  a  uno  dei  belligeranti, 
1393.  —  DiHUi  degli  Stati  n.,  1394  e 
segg.  ;  -  come  tali  d.  non  possano  es- 
sere limitati  a  volontà  dei  belligeranti, 
1396;  -  inviolabilità  del  territorio  n., 
1397,  1398;  -  indipendenza  nell'eser- 
cizio dei  diritti  di  sovranità,  1399;  - 
libertà  del  commercio  pacifico,    1400; 

-  osservanza  dei  trattati  da  parte  dei 
belligeranti,  1401.  —  Doveri  degli  Stati 
neutrali,  1402  e  segg.  ;  -  fgitti  che  possono 
essere  qualificati  atti  di  ostilità,   1403; 

-  fatti  che  non  escludono  il  manteni- 
mento della  n.,  1404;  -  concessione  di 
rifugio  ai  belligeranti,  1406  e  segg.;  - 
sbarco  di  prigionieri  e  abbandono  di 
prede  in  porto  neutrale,    1409  e  segg. 

-  Diligenza  nell' osservare  i  doveri  della 
n.,  1411  0  segg.;  -  colpa  per  la  man- 
cata diligenza,  1413  e  segg.  —  Doveri 
dei  belligeranti  rispetto  ai  n.,  1416  e 
segg.;  -  mercanzia  n.  a  bordo  di  nave 
nemica,  1417  ;  -  trattamento  delle  navi 
n.,  1418;  -  mercanzia  nemica  a  bordo 
di  n.  neutrale,  1419  ;  -  cattura  di  nave 
nemica  nelle  acque  territoriali  di  Stato 
n.,  1420;  -  libertà  del  commercio  pa- 
cifico, 1421.  —  Diritti  dei  b.  rispetto 
ai  neutrali,  1422  e  segg.  —  Doveri  e 
diritti  dei  n.  in  caso  di  blocco,  1463, 
1464. 

Nolo  (Commercio  di).  Riserva  ai  cittadini 

nelle  acque  territoriali,  007. 
Nome  commerciale.  Tutela,  988  e  segg. 
Non  intervento  (Dovere   di),   come  prin- 


cipio di  D.  intemazionale  imposto  dalle 
convinzioni  giuridiche  dei  tempi,  6.  — 
Regole  al  riguardo,  478  e  segg.;  -  in- 
tervento morale  e  i.  armato,  478;  - 
atti  assolutamente  incivili,  480; -rivo- 
luzione e  guerra  civile,  482  e  segg.;  - 
tutela  dei  pretesi  diritti  del  Papato,  486. 
Nunzi  pontifici.  Loro  carattere,  599  n. 

Obbligazioni  intemazionali.  Como  possano 
essere  assunte  solo  dallo  Stato,  57.  — 
Regole  generali  e  fondamentali,  614  e 
segg.;  -  fonti,  614;  -  oggetto,  615;  - 
effetto,  616  ;  -  natura  e  carattere,  616 
n.  ;  -  fondamento,  617;  -  consensualitii, 
618;  -  consenso  tacito,  619;  -  obbliga- 
zione inefficace,  621.  —  O.  bilaterali 
e  unilaterali,  622.  —  Distinzione,  623. 

—  I  trattati  come  fonte  delle  obblig. 
internazionali,  625  e  segg.  (V.  Trattati). 

—  Obbl.  nascenti  non  da  convinzione. 
792  e  segg.  ;  -  atti  lesivi  del  d.  di  un  altro 
Stato,  792;  -  come  il  quasi  contratto 
non  possa  ammettersi  come  fonte  à\ 
0.  internaz.,  792  n.  —  0.  nascente  da 
fatti  leciti,  793  e  segg.;  -  danno  deri- 
vante dairesercizio  del  pubblico  potere, 
794;  -  id.  id.  da  fatto  lecito,  795.  - 
0.  nascente  da  fatto  illecito,  796  e  s&%p  ; 

—  esercizio  indebito  dei  pubblici  poteri, 
797.  —  Responsab.  diretta  e  indiretta 
dello  Stato,  798.  —  Obbligaz.  del  rifa- 
cimento del  danno  fondata  sulla  respon- 
sabilità diretta,  799  e  segg.  ;  -  leggi  e 
procedimenti   repressivi  difettosi,  801; 

—  danni  non  prevenuti,  802;  -  diligenza 
di  cui  lo  Stato  deve  rispondere,  803, 
804  ;  -  effetti  dannosi  non  impediti,  805, 

—  Obbligaz.  del  rifacimento  del  danno 
fondata  sulla  responsab.  indiretta,  806 
e  segg.  ;  -  responsab.  pel  fatto  dei  fun- 
zionari pubblici,  806;  -  quando  può 
trasformarsi  in  responsab.  diretta,  808; 

—  danno  recato  da  privati,  809;  -  dan- 
neggiato straniero,  parità  di  tratta- 
mento, 810.  —  Danni  causati  durante 
la  guerra,  811  (V.  Guerra),  —  Ck)mo 
i  cittadini  rispondano  delle  o.  internaz., 
1133  n. 

Occupazione,  come  modo  di  acquisto  della 
sovranità  territoriale,  194.  —  Regole 
al  riguardo,  196  e  segg.  —  Diritto  di 
esplorazione  delle  contrade  desorte,  196. 

—  Regioni  abitate  da  tribù  selvaggi^^i 


del  Diritto  intemaxionule  codificato 


19 


198,  199.  —  Notificazione  in  via  diplo- 
matica, 200;  -  atto  generale  della  Con- 
ferenza di  Berlino  del  1885  al  riguardo, 
-  200  n.  —  Qaando  roccupazione  possa 
ritenersi  giuridicamente  attuata,  201, 
202  ;  -  atto  generale  della  conferenza 
di  Boriino  del  1885  al  riguardo,  201  n. 

-  Occupazione  di  regione  scoperta,  203 
e  segg.  ;  -  periodo  entro  il  quale  deve 
aver  luogo,  205.  —  Effetti  giuridici 
dell' 0.,  206  e  segg.  —  L*o.  di  territorio 
come  mezzo  per  assicurare  la  esecuz. 
di  un  trattato,  671. 

Occupazione  milit.,  1312  e  segg.  —  Quando 
può  ritenei*8i   effettuata,   1312   e  segg. 

-  Come  si  distingua  dalla  invasione 
e  dalla  conquista,  1312  n.  —  Con- 
seguenze immediate,  1315  e  segg.;  - 
cessazione  dell' esercizio  pubblico  delle 
funzioni   della  sovranità  locale,   1315; 

-  rapporti  degli  abitanti  col  sovrano, 
1316  ;  -  mantenimento  dell'ordine  1317  ; 

-  limiti  dell'esercìzio  della  sovranità 
da  parte  dell'autorità  militare  occu- 
pante, 1318.  —  Diritti  dell'occupante 
rispetto  alle  persone,  1319  e  segg.;  - 
giuramento  di  fedeltà  dei  magistrati  e 
impiegati  civili,  1321.  —  Provvedimenti 
di  sicurezza,  1324  e  segg.  —  Leggi  e 
condanne  penali,  1326.  —  Diritti  del- 
l'occupante nell'esercizio  del  potere  le- 
gislativo, 1328  e  segg.  —  Pubblica 
amministrazione,  1331,  1332.  —  Diritti 
dell'occupante  rispetto  ai  beni,  1333  e 
segg.  —  Ferrovie  e  telegrafi  apparte- 
nenti a  privati,  1337.  —  D.  dell'occu- 
pante riguardo  alle  imposte,  1338.  — 
Servizi  pubblici,  1339.  —  Non  vale  a  far 
ritenere  la  guerra  legalmente  finita,  1547. 

Offeso  agli  agenti  diplomatici,  421  e  segg.; 

-  attentato,  421  ;  -  qualificazione  del 
reato,  422;  -  responsabilità  del  Governo, 
423;  -  offesa  recata  da  un  funzionario 
subalterno  dello  Stato,  424;  -  id.  da 
privati,  4^5;  -  responsabilità  attenuata, 
426;  —  offese  estranee  all'ufficio,  427. 

Opinione  pubblica.  Sua  crescente  impor- 
tanza, 78  e  segg.  —  Le  convinzioni 
giuridiche  popolari  come  una  delle  fonti 
del  D.  interna*,  positivo,  91.  —  Sua 
forza  nella  risoluzione  delle  controversie 
internazionali,  1128  n. 

Opzione  (Diritto  di),  nelle  cessioni  di  ter- 
ritorio, 126. 


Ospedali.  Doveri  dei  belligeranti  a  loro 
riguardo,  1245  e  segg.  —  Loro  neutra- 
lità, 1245.  —  Contrassegni,  1248.  — 
Diritti  sul  materiale,  1249.  —  Quando 
possa  essere  negato  ogni  beneficio  di 
neutralità,  1255.  —  Navi-ospedali,  equi- 
parazione alle  n.  neutrali,  1300. 

Ostaggi,  1237  e  segg. 

Pace  (Trattato  di),  1548  e  segg.  —  Ca- 
pacità di  stipularlo,  1548.  —  Requisiti 
per  la  sua  validità,  1549.  —  Condizioni 
imposte  dal  vincitore,  1550.  —  Cessione 
forzata  di  territorio,  1551.  —  Ratifica, 
1552  e  segg.  —  Esecuzione,  1555.  — 
Amnistia  generale,  1556.  —  Applica- 
zione, 1558  e  segg.  ;  -  stipulazione  dello 
«  statu  quo  ante  bellum  »  ,  1558;  -  di- 
ritti del  sovrano  reintegrato,  1559  e  segg.  ; 

-  norme  circa  l'  €  uti  posaidetia  » ,  1563, 
1564.  — Effetto  generale  della  pace,  1570. 

—  armata,  conseguenza  della  mancanza 
di  una  tutela  giuridica  del  Diritto  inter- 
nazionale, 19.  —  Associazioni  per  elimi- 
narne gli  inconvenienti,  21  n.  —  La 
pace  armata  e  la  questione  sociale,  29. 

Pagamento  di  indebito.  Come  non  crei  una 
obbligazione  internaz.,  792  n. 

Palle  esplodenti.  Dichiarazione  di  Pietro- 
burgo sul  loro  uso  in  tempo  di  gueiTa, 
1186  n. 

Papato.  Come  le  sue  esagerate  pretese  siano 
state  un  ostacolo  al  riconoscimento  di 
una  legge  comune  fra  i  popoli,  16.  — 

—  Come  esse  siano  state  alimentate  dal- 
l'errore di  considerare  lo  Stato  come  la 
sola  persona  della  società  internazionale, 
43  e  segg.  —  Sua  condizione  giuridica 
secondo  il  D.  internaz.,  61.  355,  486  n. 

Parlamentare.  Definizione,  1268.  —  Fa- 
coltà di  riceverlo,  1269,  1270;  -  pre- 
cauzioni, 1271;  -  perdita  del  diritto  di 
inviolabilità,  1272.  —  Abuso  del  carat- 
tere di  p.,  1273. 

Parola  d'onore  dei  prigionieri  di  gueiTa, 
1233  e  segg. 

Passaporto.  Effetti  della  sua  mancanza, 
523  n. 

Pastori  arabi.  Applicazione  ad  essi  del  D. 
internaz.,  47  n. 

Patrimonio  dello  Stato.  V.  Staio, 

Patto  federativo.  Distinzione  dal  trattato  di 
confederazione,  765  ;  -  suo  carattere,  t»». 

—  verbale.  Forza  obbligatoria,  649. 


20 


Indice  alfabetieo-afuUiiteo 


Pensioni  oiyili  e  militari.  Regolamento  nel 
caso  di  cessiono  di  territorio,  130  n., 
132  n. 

Pentarchia  europea,  dopo  il  Congresso  di 
Aquisgrana,  361  n. 

Perquisizione.  Nella  casa  dell'agente  di- 
plomatico, 335.  —  Nelle  località  addetto 
alla  Santa  Sedo,  352. 

Persecuzioni  religiose.  Contrarie  al  D.  in- 
temaz.,  552. 

Personalità  internazionale.  Acquisto,  70  e 
segg.  —  Riconoscimento  degli  Stati,  73 
e  segg.  (V.).  —  La  Costituzione  politica 
dello  Stato  in  rapporto  alla  sua  perso- 
nalità, 89  e  segg.  (V.  CoatituMone  po- 
litica). —  Unioni  di  Stati,  90  e  segg. 
(V.).  —  Colonie,  94  e  segg.  (V.).  —  Rap- 
porto di  protettorato,  97  e  segg.  (V.  Pro- 
tettorcUo).  —  Vassallaggio,  103  o  segg. 
(V.).  —  La  guerra  civile  in  relazione  alla 
personalità  dello  Stato,  107  e  sogg.  (V. 
Otterrà  civile).  —  Cessione  di  parte 
del  territorio,  118  e  segg.  (V.  Cesatone). 

—  Annessione,  1 18  e  segg.  (V.).  —  Por- 
dita  della  p.  internaz.,  137  e  sogg.  (V.). 

—  P.  internaz.  della  Chiosa,  583  (V. 
Chiesa).  —  Cessione  mediante  tratt., 
764. 

(Perdita  della).  Cause,  136.  —  Incor- 
porazione volontaria  o  forzata,  137.  — 
Effetto  della  perdita  della  p.,  138.  — 
Quali  trattati  si  estinguono,  138.  —  An- 
nessione dello  Stato  a  più  Stati,  139. 

—  Obbligazioni  patrimoniali  dello  Stato 
estinto,  140. 

—  umana.  Suoi  diritti  internazionali,  45 
(V.  Uomo). 

Porsene  (Reati  contro  le).  Extraterritoria- 
lità della  leggo  penale  a  loro  riguardo, 
239. 

—  (ed  enti)  soggetto  al  Diritto  interna- 
zionale. Concotto,  32.  —  Loro  sogge- 
zione al  D.  intern.,  33.  —  Stato,  34  (V.). 

—  Uomo,  36  (V.).  -  Chiesa,  3C,  37  (V.). 

—  Enti  morali  che  sono  p.,  38.  —  Ne- 
cessità dol  loro  rioonos(M mento,  39.  — 
Condiziono  giuridica  del  popolo  e  della 
nazione  nei  rapporti  internazionali,  40, 
44  e  segg.  —  Id.  delle  genti  incivili, 
46  e  sofig.  (V.).  —  Id.  delle  persone  giu- 
ridiche, 48  e  segg.  (V.). 

—  giuridiche.  Come  lo  estendere  la  loro 
attività  all'  estero  non  costituisca  por 
esse  un  Diritto  intemazionale,  38  n.  — 


Come  non  si  debba  confondore  la  nozione 
della  personalità  intemazionale  con  quella 
della  personalità  giurìdica,  41  n.  —  Loro 
condizione  nei  rapporti  internazionali.  48 
e  48  n.  —  La  Chiesa  come  p.  g.,  59. 
604  e  segg. 

Pesca,  nelle  acque  territoriali,  276,  277  n. 

Pesi  e  misure,  come  materia  dei  trattati 
dMnteresse  comune,  778. 

Pilotaggio.  Dirìtti  di  p.;  esonerazione  nel 
caso  di  rilascio  forzato,  500  n.  —  P. 
obbligatorio,  868. 

Pirateria.  Giurisdizione,  241  e  sog.;  -  atti 
commessi  per  commissione  di  un  Govemo, 
243;  -  quando  è  ammessa  la  giurisdi- 
zione penale  internazionale,  244;  -  nave 
pirata,  245  ;  -  sequestro.  246.  —  Regole 
intomo  alle  navi  dedite  alla  p.,    830  e 

segg. 
Piroscafi  postali,  sottratti  alle  leggi  della 

guerra,  1303. 

Platone.  Suo  limitato  concetto  della  co- 
munanza di  Dirìtto  fra  i  popoli,  5. 

Plebiscito,  nelle  cessioni  di  terrìtorìo,  125  n. 

Plenipotenziari.  Competenza  a  concladere 
trattati,  633. 

Politica.  Sua  missione,  1116  n. 

Polizia  delle  acque.  Nave  da  guerra  stra- 
niera, 306. 

—  sanitaria.  Nave  da  guerra  straniera,  306. 

Pomponaccio.  Concorre  ad  emancipare  il 
pensiero  dall'autorità  della  teologia,  15. 

Popolazione.  Mutamento  in  relazione  alla 
personalità  dello  Stato,  50. 

Popolo.  Come  abbia  anche  diritti  intema- 
zionali, 34  e  segg.,  46.  —  Conseguenza 
del  riconoscimento  di  tali  dirìtti.  49  e 
segg.,  40.  —  Definizione,  41.  —  Condi- 
zione giuridica  nei  rapporti  internaz.,  44, 
45.  —  Come  il  p.  non  sia  persona  inter- 
naz., 44  n.  —  Suoi  diritti  internaz.,  62  e 
segg. 

Porti.  Giurìsdizione  penale,  289.  —  Regole 
sul  diritto  d'imperio  e  di  giurisdizione 
sui  p.,  290  e  segg.  —  Chiusura  e  aper- 
tura al  commercio,  290.  —  Polizia  e 
tasse  portuali,  291.  —  Divieto  di  entrata 
delle  navi  da  guerra,  292.  —  Navi  col- 
pite da  sinistro  dì  mare,  293.  —  Diritto 
di  vietare  Tuso  dei  porti  agli  stranieri, 
293  n.  —  I  p.  come  cosa  di  patrimonio 
dello  Stato,  902.  —  Loro  chiusura  corno 
atto  di  rappresaglia,  1132.  —  Blocco  e 
chiusura,  1452. 


del  Diritto  intemoMonaU  codificaio 


21 


Posta  internazionale,  940  e  segg.  ;  -  ob- 
bligo degli  Stati,  940;  -  loro  poteri, 
941  ;  -  tutela  del  servizio  intemaz.,  942  ; 

—  conyenzione  per  T Unione  postale,  943. 
Potere  esecutivo.  Sua  autonomia,   185  e 

^^SS-  (^'  Autonomia  dello  Stato). 

—  giudiziario.  Sua  autonomia,  172  e  segg. 
(Y.  Autonomia  dello  Stato). 

—  legislativo.  Sua  autonomia,  172  e  segg. 
(V.  Autonomia  dello  Stato). 

—  temporale.  Non  spetta  alla  Chiesa,  61, 
355,  591.  —  Intervento  per  la  sua  tu- 
tela, 486. 

Preda  nella  guerra  marittima,  1292  e  segg. 

—  Principio  deir  inviolabilità  delle  navi 
mercantili  nemiche,  1292.  —  Come  il 
diritto  di  preda  debba  essere  esercitato, 
1293  e  segg.;  -  tempo  a  partire  dal  quale 
la  p.  può  essere  fatta,  1295;  -  salva- 
condotto, 1298.  —  Navi  e  oggetti  esenti 
dalla  cattura,  1297  e  segg.  ;  -  proprietà 
privata  neutrale  a  bordo  di  nave  ne- 
mica, 1297  :  -  proprietà  nemica  a  bordo 
di  n.  neutrale,  ivi;  -  altri  oasi  di  preda 
contraria  al  Diritto,  1298  e  segg.;  -  pi- 
roscafi postali,  1303.  —  Chi  può  eser- 
citare il  d.  di  preda,  1304  e  segg.  — 
Dove  il  d.  di  preda  può  essere  eserci- 
tato, 1306.  —  Equipaggi  delle  navi  ne- 
miche predate,  1307, 1308.  —  Sequestro 
e  validità  della  cattura,  1309,  1310.  — 
Navi  mercantili  nazionali  riprese,  1311. 

—  Abbandono  di  p.  in  porto  neutrale, 
1409  e  segg.  —  Sequestro  e  confisca 
delle  navi  mercantili  nemiche  in  tempo 
di  guerra,  1485  e  segg.  ;  -  loro  carat- 
tere eccezionale,  1485  ;  -  da  chi  e  quando 
può  essere  fatto  il  sequestro,  1489  e 
segg.  ;  -  conservazione  delle  cose  se- 
questrate ,  1493  ;  -  quando  la  nave 
sequestrata  possa  essere  distrutta,  1494 
e  segg.  ;  -  trattamento  delle  persone 
che  si  trovano  a  bordo,  1497;  -  nave 
sequestrata  condotta  in  un  porto  del 
belligerante,  1498  e  segg.  ;  -  compito 
dell'autorità  giudiziaria,  1501  e  segg.;  - 
nave  condotta  in  un  porto  neutrale, 
1504  e  segg.  ;  -  tribunale  competente 
in  materia  di  sequestro  e  di  prede,  1506 
e  segg.  (V.  Tribunale  delle  prede)\  - 
quando  possa  ritenersi  legale  il  sequestro 
della  n.,  1521;  -  quando  debba  rite- 
nersi illegale,  1522;  -  sequestro  per 
trasporto   di   contrabbando,    1523  (T. 


Oontrabbando)\  -  id.  in  caso  di  viola- 
zione del  blocco,  1527  e  segg.  (Y. 
Blocco)  ;  -  sentenza  relativa  al  sequestro, 
1530  e  segg.  ;  -  come  debbasi  tener 
distinto  il  giudizio  circa  la  legalità  e 
regolarità  del  sequestro  da  quello  che 
concerne  la  confisca  e  la  preda  delle 
cose  sequestrate,  1532  n.  ;  -  sentenza  in 
caso  di  distruzione  della  n.  sequestrata, 
1533;  -  giudizio  circa  la  legalità  della 
preda,  1534;  -  quando  una  n.  possa 
essere  confiscata,  1535  ;  -  quando  possa 
essere  confisc.  il  carico,  1536;  -  quando 
debba  essere  escluso  il  d.  di  preda,  1537 
e  segg.  ;  -  n.  nazionali  riprese,  1541  e 
segg.  ;  -  sentenza  del  tribunale  delle  p. 
e  sua  efficacia,  1542  e  segg. 

Preda  bellica.  Y.  Bottino  di  guerra. 

Prede  (Tribunale  delle),  1506  e  segg.  — 
T.  competente  in  materia  di  sequestro 
e  di  prede,  1506,  1507.  —  Costituzione 
del  t.,  1508  e  segg.  —  T.  costituito  dal 
belligerante,  1511  e  segg.  —  T.  inter- 
nazionale, 1512  ;  -  sua  competenza,  1513, 
1514.  —  Procedimento,  1515  e  segg. 

—  Giudizio  circa  la  legalità  e  regolarità 
del  sequestro,  1518  e  segg.  (Y.  Preda). 

—  Sentenza  e  sua  efficacia,  1542  e  segg. 
Preliminari  di  pace,  1381. 
Prescrizione,  come  modo  di  acquisto  della 

sovranità  territoriale,  194.  —  Regole  al 
riguardo,  211  e  segg.  ;  -  condizioni,  212, 
213;  -  tempo  occorrente,  214. 

Prestiti  forzati.  Esenzione  degli  stranieri, 
232.  —  Id.  degli  agenti  diplomatici,  413. 

Prigionieri  di  guerra.  Doveri  dei  bellige- 
ranti a  loro  riguardo,  1219  e  segg.;  - 
trattamento,  1219;  -spogliazione,  1220; 

-  mantenimento,  1221;  -  rilascio  in 
parola,  1222.  —  Diritti,  1223  e  segg.  ; 

-  disarmo,  1223;  -  impiego  in  lavori, 
1224  ;  -  internamento,  1225  ;  -  appli- 
cazione delle  leggi  e  dei  regolamenti 
militari,  1226.  —  Fuga,  1227.  —  Com- 
plotto fi»  p.,  1228.  —  Convenzioni  re- 
lative allo  scambio  ed  al  rilascio,  1229 
e  segg.  —  Parola  d'onore  dei  p.,  1233 
e  segg.  —  Sbarco  dei  p.  in  porto  neu- 
trale, 1409  e  segg. 

Principe.  Rappresentanza  dello  Stato,  393  n. 
Privative  industriali.  Y.  Brevetto  d^inoen-' 

Mone. 
Procedimento  penale.  Contro  T agente  diplo- 

matioo,  420  n.  ;  -  oontro  il  console,  450. 


2Ì 


Indice  alfabeiieo-analitico 


Proprietà  (Diritto  di),  come  uno  dei  d. 
iaternazionali  dell'uomo,  57,  531  e  segg. 

—  Sua  inviolabilità,  581.  —  P.  lette- 
raria ed  artistica,  533  e  segg.  (V.).  — 
Proprietà  industriale,  ivi  (V.  Brevetto 
d' invenzione). 

—  (Reati  contro  la).  Extraterritorialità  della 
legge  penale  a  loro  riguardo,  239. 

—  industriale.  Sua  inviolabilità,  533  (V. 
Brevetto  d'invenxdone), 

—  letteraria  od  artistica.  Sua  inviolabi- 
lità, 533.  —  Tutela  riguardo  allo  stra- 
niero, 980  e  segg.  —  Convenzione  di 
Berna  del  1886  per  la  sua  protezione, 
983  n.  —  Opere  meritevoli  di  prote- 
zione, 984.  —  Condizioni,  985  e  segg. 

—  privata.  La  sua  inviolabilità  come  re- 
gola di  Diritto  internazionale  imposta 
dalle  convinzioni  giuridiche  dei  tempi, 
6.  —  Beni  che  ne  possono  essere  og- 
getto, 973.  —  Sua  inviolabilità  nei  casi 
di  rappresaglia,  1133.  —  Id.  nella  guerra 
continentale  e  marittima,  1279.  —  Id. 
nell'occupazione  militare,  1336. 

Proroga  dei  trattati,  718  e  segg.  ;  -  p.  ta- 
cita, 720. 

Protettorato  (Rapporto  di).  11  rapporto  di 
p.  nei  riguardi  della  pei'sonalità  inter- 
nazionale dello  Stato  protetto,  97  e  segg. 

—  Annessione  sotto  forma  di  p.,   100. 

—  Come  il  p.  non  possa  sussistere  a 
tempo  indeterminato,  100  n.  —  Suo 
carattere  eccezionale,  101.  —  Lotta  fra 
Stato  protetto  e  Stato  protettore,   102. 

—  (Trattati  di).  Definizione,  749.  —  Con- 
dizioni per  la  loro  validità,  750.  —  Forza 
obbligatoria,  751,  753.  —  Effetti  rispetto 
ai  terzi,  752.  —  Interpretazione,  754. 

—  Effetti  rispetto  allo  Stato  protetto, 
755.  —  Distinzione  dai  trattati  di  si- 
gnoria, 755  n. 

Protezione  dei  cittadini  all'estero.  V.  Cit- 
tadini, 

—  del  lavoro  nazionale.  Interdizione  del 
teiTitorio  dello  Stato  agli  stranieri,  229. 

Protocolli.  Come  una  delle  fonti  del  Diritto 

internazionale,  83. 
Pufeudorf.   Suo    posto    nella   storia   della 

scienza  del  Diritto  internazionale,  13. 

Quasi-contratto.  Non  può  ammettersi  come 
fonte  di  obbligazione  internazionale , 
792  n. 

Quesnay.  Combatte  il  mercantilismo,  15. 


Questione  romana.  Come  sia  stata  creata 
dall'errore  di  considerare  lo  Stato  corno 
la  sola  persona  della  Società  internazio- 
nale, 43.  —  Principi  proclamati  dal  Go- 
verno italiano  al  riguardo,  88.  —  Sua 
soluzione  razionale,  613  n. 

—  sociale.  La  q.  8.  e  la  pace  armata,  29. 

Rappresaglie,  come  uno  dei  mezzi  coer- 
citivi durante  la  pace,  1126,  1131  e 
s^Sg'i  ~  concetto,  1131;  -  atti  di  r. 
leciti,  1132,  1133;  -  r.  contraria  ali* or- 
dine giuridico,  1133  alin.,  1134;  -  r. 
nella  guerra  marittima,  1292. 

Rappresentanza  (Diritto  di)  dello  Stato, 
uno  dei  d.  fondamenti  dello  Stato,  55. 

-  A  chi  spetta,  386  e  segg.  ;  -  Bovrano, 
387  e  segg.  (V.);  -  rappresentanti  le- 
gali, 392  e  segg.  (V.  Agenti  diploma- 
tici^ Oonaoli). 

—  dei  popoli,  nel  Congresso,  82,  1020  n.; 

-  nella  Conferenza,  1045  n. 

Ratifica  dei  trattati.  Regolo  al  riguardo, 
634  e  segg.  —  Quando  necessaria  per 
la  perfezione  del  t.,  634,  655;  -  obbligo 
di  dame  comunicazione  alle  Camere: 
effetto  della  non  data  comunicazione  nei 
riguardi  internaz.,  634  n.  e  segg.  — 
Effetto  retroattivo,  655.  —  T.  di  com- 
mercio, 741. 

Razza.  Il  concetto  della  superiorità  di  razza 
come  ostacolo  ai  riconoscimento  di  una 
legge  comune  fra  i  popoli,  3. 

Reato.  Inammissibile  nei  rapporti  interna- 
zionali, 796  u. 

«  Rebus  sic  stantibus  » ,  come  condiziono 
dei  trattati,  717,  748  n. 

Regolamento  feiTO viario  internazionale,  91 5 
e  segg.  ;  -  tutela  giuridica  collettiva, 
916;  -  convenzione  di  Berna  del  1890, 
916  n. 

Repubblica.  Rappresent.  dello  Stato,  893  n. 

Requisizione  di  guerra,  1282  e  segg.  ;  -  in 
che  consiste,  1282;  -  obblighi  dei  co- 
mandanti militari  che  vi  procedono, 
1283  ;  -  requisizioni  per  mezzo  dei  mili- 
tari, 1284;  -  modi  da  osservarsi,  1285; 

-  r.  illecita,   1286. 

Responsabilità  dello  Stato  pei  danni.  Y.  06- 
bligax^ioni  interfiaxionali. 

Restaurazione.  Effetti  nei  riguardi  inter- 
nazionali, 115  e  segg. 

Revocazione  di  trattati,  705  e  segg.  (V. 
Trattati). 


del  Diritto  intemaxdonale  codificato 


2a 


Bicerche  scientifiche.  Dovere  di  assistenza 
fra  gli  Stati,  521. 

Ricettazione  (Beato  di).  Extratorri  tori  alita 
della  legge  penale  a  sno  riguardo,  239. 

Bichiamo  delFagente  diplomatico.  Cessa- 
zione dei  poteri,  442. 

—  di  cittadini  all'estero,  225,  227. 

Bi  conosci  mento.  Della  regola  giuridica, 
effetto,  7,  12.  —  Della  Chiesa,  59.  — 
Delle  persone  giuridiche,  48.  —  Dogli 
enti  morali,  39;  -  di  ente  morale  stra- 
niero, 69.  —  Di  Stato  (V.  Stato), 

Bifugio  di  navi  straniere  in  porti  nazio- 
nali, 497  e  segg. 

Bilascio  forzato  di  navi  straniere,  499  e 
segg.  ;  -  esonerazione  dai  diritti  di  porto 
e  di  navigazione,.  500  n.  —  Bilascio  f. 
di  nave  da  guerra  belligerante  in  porto 
neutrale,  1408. 

Binnovazione  dei  trattati,  718  e  segg.  (Y. 
Trattati). 

Bi  torsione,  come  uno  dei  mezzi  coercitivi 
durante  la  pace,  1126,  1129  e  segg.;  - 
concetto,  1129;  -  fondamento,  1129  n. 

—  B.  iUecita,  1130. 

Bivoluzione.  Gli  atti  del  partito  rivolu- 
zionario nei  riguardi  del  Diritto  inter- 
nazionale, 65.  —  La  rivoluzione  ed  il 
dovere  del  non  intervento,  482  e  segg. 

—  francese.  Come  e  perchè  non  sia  arrivata 
alla  concez.  della  comunità  dei  popoli,  9. 

Bogatorie.  Doveri  degli  Stati  al  riguardo, 
511  e  segg.;  -  obbligo  di  procedervi, 
514  e  segg. 

Bolin-Jaequemyns.  Sulla  missione  dei  fu- 
turi Congressi,  68. 

Boma  antica.  Concetto  informatore  della 
sua  politica,  5. 

Bousseau.  Concorre  a  sviluppare  i  principi 
della  comunità  dei  popoli,  16. 

Saccheggio,  1207,  1208;  -  disposizioni  del 
Codice  penale  militare  italiano,  1208  n. 

Saluto  delle  navi.  V.  Cerimoniale  marit- 
timo. 

Salvacondotto.  Alle  navi  mercantili  ne- 
miche, 1296.  —  Begole  al  riguardo, 
1362  e  segg.  —  In  che  consiste,  1362. 

—  S.  temporaneo  e  permanente,  1363. 

—  Norme,  1364.  —  Osservanza  delle 
condizioni,  1365.  —  Bevoca,  1366.  — 
Scadenza,  1367. 

Salvaguardia.  In  ohe  consiste,  1368.  — 
Portata,  1369. 


Salvataggio.  Uno  dei  doveri  di  mutua  as- 
sistenza, 503.  —  Disposizione  del  Co- 
dice italiano  di  marina  mercantile,  503 
n.  —  Begole  al  riguardo,  505  e  segg. 

Santa  Sede.  Esenzione  delle  località  ad- 
dette alla  S.  S.  dalla  giurisdizione  ter- 
ritoriale, 350  e  segg.;  -  limiti  della  loro 
extraterritorialità,  352;  -  giurisdizione 
territoriale,  353,  354;  -  obblighi  delle 
autorità  ecclesiastiche,  354;  -  esclu- 
sione della  sovranità  politica  del  Sommo 
Pontefice,  355;  -  competenza  dei  tri- 
bunali italiani,  355  n.;  -  violazione  del- 
r  extraterritorialità ,  356.  —  Diritto  di 
libera  costituzione  della  Chiesa,  586. 

Scambi  internazionali.  Il  loro  promuovi- 
mento  come  materia  dei  trattati  d'inte- 
resse comune,  778. 

Scienza.  Uno  dei  fattori  dello  sviluppo 
dell'idea  della  comunità  dei  popoli^  12 
e  segg.  V.  Diritto  scientifico. 

—  del  Diritto  intemazionale,  30;  -  suo 
metodo,  31.  V.  Diritto  intemaxdonale. 

Segnali  in  mare.  Codice  internazionale  al 
riguardo,  840.  —  S.  acustici  per  la 
nebbia,  843. 

Semi-sovranità.  Come  debba  considerarsi 
una  anomalia  secondo  il  D.  intemazio- 
nale, 106  n.,  150  n. 

Seneca.  Sua  concezione  della  comunità  dei 
popoli,  16. 

Seni,  come  cosa  di  patrimonio  dello  Stato, 
902. 

Sentenza  arbitrale.  Y.  Tribunale  arbi- 
trale. 

Sentenze  di  tribunali  stranieri.  Y.  Tribu- 
ncUi  stranieri. 

Sequestro.  Nelle  località  addette  alla  Santa 
Sede,  352. 

—  dei  beni  dello  Stato,  come  atto  di  rap- 
presaglia lecito,  1132. 

—  di  nave.  Y.  Preda. 

Servitù  coloniale,  contraria  al  Diritto  in- 
ternazionale, 957  e  segg. 

—  intemazionali.  Concetto,  959  ;  -  come 
non  ogni  limitazione  dell'autonomia  sia 
servitù,  959  n.;  -  esempi,  ivi;  -  inter- 
pretazione, 960;  -  trasmissione,  961;  - 
estinzione,  962. 

Servizio  della  navigazione.  Nave  da  guerra 
estera,  306. 

—  militare.  In  rapporto  al  diritto  di  espa- 
triazione,  224. 

—  sanitario.  Doveri  dei  belligeranti  a  suo 


24 


tndtoe  cùfabetieo-'anatitico 


riguardo,  1245  e  segg.  —  Soa  neutra- 
lità, 1245.  —  Contrassegni,  1248.  — 
Quando  possa  essere  negato  ogni  bene- 
ficio di  neutralità,  1255. 

Servizio  telegrafico,  come  materia  dei  trat- 
tati d'interesse  comune,  778. 

Sicurezza  dello  Stato  (Reati  contro).  Extra- 
territorialità della  legge  penale  a  loro 
riguardo,  239. 

Signoria  (Trattati  di).   Definizione,   756. 

-  Condizioni  per  la  loro  validità,  756. 

-  Effetti,  758,  759;  -  imposizione  for- 
zata, 760;  -  ingerenza  collettiva,  761. 

Sinistro  di  nave.  Assistenza  di  navi  stra- 
niere, 502  e  segg. 
Sistema  d'isolamento,  190. 

—  doganale,  947  e  segg.;  -  poteri  dei 
singoli  Stati,  947;  -  diversità  di  trat- 
tamento di  cittadini  di  Stati  diversi,  948; 

-  unioni  doganali,  949  ;  -  sistema  do- 
ganale imposto  ad  uno  Stato,  951,  952. 

Smith  (Adamo).  Dà  forma  scientifica  alla 

teoria  del  libero  scambio,  15. 
Società  degli  amici  della  pace,  20  n. 

—  degli  Stati.  V.  Società  internaxionale, 

—  internazionale.  Considerazioni  generali 
sul  suo  ordinamento,  3  e  segg.  —  Cause 
per  cui  la  soluzione  del  problema  di 
tale  ordinamento  ha  fatto  finora  poca 
strada,  4, 17  e  segg.  —  Ostacoli  alla  con- 
cezione della  comunità  dei  popoli,  4  e 
segg.;  -  difiidenza  verso  gli  stranieri,  5; 

-  credenze  religiose,  ivi;  -  passiono  delle 
conquiste,  ivi;  -  pretosa  del  papato  all'in- 
fallibilità, 6;  -  teoria  dell'equilibrio  poli- 
tico, 7  esogg.;  -  id.  id.  mercantile,  8  e 
spgg-i  ■  guerre  della  Rivoluzione  fran- 
cese, 9  e  segg.;  -  atto  di  Vienna  del  1815 
e  trattato  della  Santa  Alleanza,  10.  — 
Sviluppo  dell'idea  della  comunità  dei  po- 
poli nella  seconda  metà  del  secolo  XIX, 
12  e  segg.;  -  suoi  fattori,  ivi;  -  com- 
mercio internazionale,  ivi;  -  scienza,  13 
e  segg.  —  Difficoltà  del  problema  di  dare 
alla  Società  internazionale  una  forma  di 
organizzazione  giuridica,  18. — Necessità 
di  determinare  il  Diritto  comune  interna- 
zionale, 18  (V.  Diritto).  —  Progetti  for- 
mati per  dare  alla  Società  internazionale 
un  ordinamento  più  razionale,  20;  -l'or- 
ganizzazione della  umanità  a  Stato,  22  ; 

-  la  Confederazione  dogli  Stati,  22  e  segg.; 

-  critica,  23  e  segg.;  -  l'arbitrato,  24;  - 
critica,  24  (V.  Arbitrato  internaxionale). 


—  Concorso  che  deve  prestare  la  scienza 
per  la  soluzione  del  problema,  31.  — 
Come  si  debba  tenere  la  stessa  via  tenuta 
per  arrivare  alla  organizzazione  giurìdica 
della  Società  politica,  32.  —  Necessità 
della  determinazione  dell'equilibrio  giu- 
ridico nella  Società  internazionale,  32  e 
segg,  —  Come  occorra  determinare  i  di- 
ritti internazionali  dell'uomo,  del  popolo, 
delle  nazionalità,  delle  chiese  e  delle  col- 
lettività in  genere,  34  e  segg.  —  Chi 
debba  considerarsi  come  persona  della 
Società  intemazionale,  46  e  segg.;  -  lo 
Stato,  40  ;  -  l'uomo,  40  ;  -  la  Chiesa.  41. 

—  Come  lo  Stato  non  sia  la  sola  persona 
della  Società  internazionale,  43.  —  In- 
sieme del  sistema  più  efficace  per  dare 
alla  Società  internazionale  la  sua  vera 
organizzazione  politica,  56.  —  Modo  di 
proclamare  le  regole  costituenti  il  Diritto 
comune  della  Società  internazionale  e  di 
assicurai'ne  il  rispetto,  60  e  segg.  (Y.  Di- 
ritto comune).  —  Enti  che  devono  re- 
putai-si  persona  della  s.  internaz.,  32  e 
segg.  (V.  Persone),  —  La  s.  internaz. 
e  il  principio  di  nazionalità  ,67.  — 
Principio  fondamentale  dei  suo  ordina- 
mento giuridico,  475  e  n.  (V.  Doveri 
intemaxionali  degli  StcUi),  —  I  trat- 
tati come  forma  di  legislazione  nella  s. 
internaz.,  780. 

Società  straniere.  Il  regolamento  della  loro 
condizione  come  materia  dì  trattati  di 
interesso  comune.  778. 

Solennità.  Cerimoniale  marittimo,  380. 

Sommo  Pontefice.  Suoi  poteri  nelle  loca- 
lità addette  alla  Santa  Sede,  351  e  segg. 
(V.  Santa  Sede).  —  Esclusione  della  so- 
vranità politica,  61,  355,  591.  —  Rap- 
porti col  sovrano  territoriale,  357,  593. 

Sorprese  di  guerra.  Quando  lecite,   1209. 

—  S.  inibite,  1210. 

Sospensione  d'armi,  1344  e  segg.  —  In  che 
consiste,  1344.  —  Da  chi  può  essere 
conclusa,  1345.  —  Forma  della  richiesta, 
1346.  —  Concessione  doverosa,  1347. 

—  Conseguenze,  1348  e  segg.  —  Forma, 
1348.  —  Comunicaziono,  1349.  —  Sca- 
denza, 1350.  —  Violazione,  1351. 

Sovrani  stranieri.  Giurisdizione,  257  esegg.; 

—  atti  di  assoggettamento  volontario 
alla  giurisdizione  straniera,  258. 

Sovranità.  Concetto  e  limiti,  141  e  segg. 

—  Diritto  di  autonomia,  148  e  segg. 


del  Diritto  intemaxionaìe  eodifieato 


25 


(V.  Autonomia  dello  Siato),  —  Indipen- 
denza, 153  e  segg.  —  D.  d'imperio  e 
di  giurisdizione,  221  e  segg.  (V.)  —  D.  di 
protezione  dei  cittadini,  459  e  segg.  (Y. 
Protezione  dei  cittadini),  —  Possesso  di 
fatto,  117  n.  —  Possesso  del  territorio, 
892.  —  Diritti  rispetto  al  patrimonio 
dello  Stato,  902.  —  Id.  sulle  colonie, 
954.  —  Cessazione  deiresercizìo  pub- 
blico delle  sue  funzioni  in  seguito  al- 
l'occupazione militare,  1315.  —  Eser- 
cizio durante  questa,  1332.  (V .  Sovranità 
territoriale). 
Sovranità  territ.  Non  spetta  alla  Chiesa,  61. 

—  Come  la  Chiesa  vi  sia  sottratta,  586. 

—  Concetto,  191,  220  n.  —  Acqui- 
sto, 194  e  segg.;  -  acquisto  durante 
la  pace,  194;  -  Sovranità  durante  la 
guerra,  195.  —  Acquisto  mediante  oc- 
cupazione, 1966  segg.  (V.  Oceupaxi&ne). 
• —  Id.  mediante  accessione,  210.  —  Id. 

mediante  la  prescrizione,  211  e  segg. 
(V.  PresorixÀone),  —  Id.  mediante  ces- 
sione, 215  e  segg.  (V.  Oesaione).  —  Eser- 
cizio dei  diritti  di  sovranità  territoriale, 
218  e  segg.  —  Diritto  d'imperio  e  di 
giurisdizione,  221  e  segg.  (V.).  —  Luoghi 
sottratti  alla  giurisdizione  della  s.  t., 
319  e  segg.  (V.  Diritto  d'imperio  e  di 
giurisdizione).  —  Limitazione  per  via 
di  servitù  internazionale,  959  n.  —  Sog- 
gezione ad  essa  dei  beni  dei  privati, 
966,  967. 
Sovrano.  Rappresentanza  dello  Stato,  387 
e  segg.;  -  s.  decaduto,  390;  -  persone 
della  sua  famiglia,  391  ;  -  morte ,  de- 
posizione, abdicazione  :  sospensione  della 
missione  diplomatica,  440. 

—  reintegrato.  Diritti  e  doveri,  1559  e  segg. 

—  spodestato.  Rappresentanza  dello  Stato, 
390,  396  n.,  399. 

Sparo  del  cannone,  come  forma  di  saluto, 
379. 

Spiagge,  come  cosa  di  patrimonio  dello 
Stato,  902. 

Spie,  1260  e  sogg.  —  Diritti  del  bellige- 
rante rispetto  ad  osse,  1264  e  segg. 

Stati  (Doveri  internazionali  degli).  Prin- 
cipio fondamentale  dell'  ordinamento 
giuridico  della  s.  internazionale,  475.  — 
Principali  doveri,  477  ;  -  d.  di  non  in- 
tervento, 478  e  segg.  (V.);  -  d.  di  tu- 
tela giuridica  collettiva,  487  e  segg.  (V. 
Ingerenza  collettiva)  ;  -  d.  di  mutua  as- 


sistenza, 495  e  segg.  (Y.);  -  d.  di  uma- 
nità, 519  e  segg.  (Y.). 
Stati  frontisti.  Y.  Fiumi  internaxionali. 

—  semi- sovrani.  Come  debbano  conside- 
rarsi una  anomalia,  106  n.  —  Capacità  di 
stipulare  trattati,  630;  -  esempi.  630  n. 

Stato.  Lo  Stato  come  persona  della  Società 
internazionale,  40.  —  Come  sia  una  isti- 
tuzione d'ordine  essenzialmente  diverso 
dalla  Chiesa,  42.  —  Come  lo  Stato  non 
sia  la  sola  persona  della  Società  intema- 
zionale, 43.  —  Suoi  diritti  internazio- 
nali, 45.  —  Definizione,  35.  —  Suoi  di- 
ritti internazionali,  49  e  segg.  —  Quando 
debba  ritenei*si  legalmente  costituito,  49. 

—  Non  necessario  il  riconoscimento 
perchè  esista  come  persona,  51  e  51  n. 

—  Suoi  diritti  fondamentali,  54,  55.  — 
Riconoscimento,  51,  51  n.,  73  e  segg. 
(Y.).  —  La  costituzione  politica  dello 
Stato  in  rapporto  alla  sua  personalità, 
89  e  sogg.  —  Perdita  della  personalità 
136  e  segg.  (Y.).  —  Lo  Stato  come  ente 
politico  e  come  persona  giuridica,  260  n. 

—  Rapporti  colla  Chiesa,  604  e  segg. 
(V.. Chiesa). 

—  (Autonomia  dello),  Concetto,  47,  147. 

—  Limitazioni  convenzionali,  146.  —  Id. 
fondate  su  presunzioni,  su  induzioni  e 
sull'uso,  148.  —  Interpretazione  delle 
limitaz.,  149.  —  Limitazioni  contrario 
al  D.  internaz.;  150.  —  Estinzione  della 
limitazione,  151.  —  Suo  annullamento, 
152.  —  Autonomia  del  potere  legislativo^ 
157  e  segg.  (Concetto,  157;  -  ingerenza 
straniera,  158  e  sogg.;  -  modificazione 
delie  leggi  su  domanda  di  un  tioverno 
straniero,  163;  -  arbitrato  al  riguardo, 
164;  -  insufficienza  delle  leggi  dichia- 
rata da  un  Congrosso,  165;  -  regola- 
mento della  condizione  dogli  stranieri, 
166,  Y.  Straniero).  —  Autonomia  del 
potere  giudixiaro^  172  e  segg.  (Con- 
cetto, 172;  -  limito,  173;  -  giurisdizione 
internazionale,  174;  -  giurisdizione  e 
competenza  dei  tribunali  dello  Stato  di 
fronte  al  D.  pubblico  intemo  e  di  fronte 
alD.  internaz.,  174  n.;  -  autorità  delle 
sentenze  civili  dei  tribunali  stranieri, 
175  e  segg.  V.  Tribunali  stranieri).  — 
Autonomia  del  potere  esecutivo,  185  e 
segg.  (Concetto,  185;  -  ingerenza  per 
proteggere  i  propri  cittadini,  186;  -  re- 
clami in  via  diplomatica,  187  ;  -  giudizio 


26 


Indice  alfahetico-analitico 


su  atti  di  amministrazione  di  un  Go- 
verno straniero,  188;  -  giurisprudenza 
al  riguardo ,  188  n.  ;  limitazioni  deri- 
vanti dalla  convivenza  degli  Stati,  189; 

—  Stato  isolato,  190). 

Stato  (Capo  dello).  Come  la  sua  sovranità 
differisca  essenzialmente  da  quella  che 
appartiene  al  Capo  della  Chiesa,  53. 

—  (Patrimonio  dello).  Natura  del  diritto 
dello  Stato   su  di  esso,   813  n.,  903. 

—  Cose  formanti  il  p.  dello  Stato,  899 
e  segg.  —  Diritti  della  sovranità  rispetto 
ad  essi,  903.  —  Diritti  del  nemico  nel- 
r occupazione  militare,  1333  e  segg. 

—  (Riconoscimento  dello).  Non  richiesto 
come  condizione  per  la  sua  esistenza 
come  persona  della  società  internaz., 
51  e  51  n.  —  Richiesto  per  l'esercizio 
di  fatto  dei  d.  internazionali,  73.  — 
Quando  necessario  e  quando  opportuno, 
74.  —  Libertà  di  giudizio  dei  Governi 
al  riguardo,  75.  —  R.  in  buona  fede, 
76.  —  R.  in  mala  fede,  77.  —  Limite 
e  portata  del  r.,  78.  —  Carattere  ri- 
spetto all'antico  Stato,  79.  —  Ritardo 
del  r.,  80.  —  Ingiustificato  rifiuto,  81. 

—  Governo  non  avente  diritto  al  r., 
82.  —  R.  da  parte  di  un  Congresso,  83. 

—  Relazioni  col  nuovo  Stato,  84.  — 
Forme  di  r. ,  85.  —  Applicazione  del 
D.  internaz.  al  nuovo  Stato  indipenden- 
temente dal  r.,  86.  — •  Stato  non  rico- 
nosciuto: obbligo  dei  tribunali  e  dello 
autorità  dogli  altri  Stati,  87  e  87  n.  — 
Sovranità  interna  dello  Stato  non  rico- 
nosciuto, 88. 

—  (Titolo  dello),  369. 

—  d'assedio.  Proclamazione  nel  paese  occu- 
pato militarmente,  1326. 

—  federativo.  Come  specie  di  unione  di 
Stati,  90  n.  —  Capacità  giuridica  inter- 
nazionale dei  singoli  Stati,  91. 

—  protetto.  V.  Protettorato  {Rapporto  di), 

—  straniero  (Giurisdizione  sullo),  259  o 
segg.  —  Lo  Stato  straniero  come  ente 
politico  e  come  persona  giuridica,  260  n.; 

—  atti  civili  attinenti  alla  personalità 
giuridica,  261  ;  -  lesioni  da  esso  recate 
neir esercizio  dei  potori  sovrani,  262;- 
Stato  straniero  attore,  263  ;  -  esecuzione 
forzata  contro,  265  e  segg. 

—  vassallo.  V.   Vassallaggio, 

*  Statu  quo  ante  bellum  » .  Applicazione, 
1558. 


Statuto  personale.  Sua  autorità,  169. 

—  reale,  170. 

Strade  e  vie  di  comunicazione.  Diritto 
all'uso  innocuo,  908.  —  Facilitazione 
delle  comunicazioni,  909.  —  Le  strade 
nazionali,  come  beni  patrimoniali  dello 
Stato,  902. 

Straniero.  Il  problema  dei  diritti  civili  dello 
straniero  considerato  dal  punto  di  vista 
dei  diritti  internazionali  deiruomo,  46 
e  segg.  —  Regolamento  deUa  sua  condi- 
zione giuridica,  166  e  segg.  —  Acquisto 
e  godimento  dei  d.  civili,  167  e  167  n. 

—  Tendenza  ad  eliminare  la  differenza 
fra  cittadino  e  straniero,  168  n.  —  Auto- 
rità del  suo  statuto  personale,  169.  — 
Diritto  relativo  agli  immobili,  170  e  segg. 

—  Autorità  territoriale  o  extraterrito- 
riale delle  leggi  riguardo  allo  straniero, 
171.  —  Diritto  di  vietare  agli  stranieri 
l'uso  dei  porti,  293  n.  —  Lo  straniero 
nei  riguardi  dell'imposta,  946.  —  Di- 
ritto da  applicarsi  alle  sue  cose  esistenti 
nel  territorio  dello  Stato,  968,  972  e 
segg.  —  Successione,  975.  —  Azioni  pos- 
sessorie, 976  e  segg.  —  Diritti  fondati 
su  fatti  giuridici  compiuti  secondo  la 
legge  territoriale,  978.  —  D.  dei  terzi, 
979.  —  Proprietà  letteraria  ed  ai-tistica, 
980  e  segg.  —  Norme  commerciali, 
988  e  segg.  —  Marche  di  fabbrica  e  di 
commercio,  993  e  segg.  (V.).  —  Priva- 
tive industriali,  1001  e  segg.  (V.). 

Stratagemmi  di  guerra.  Quando  leciti,  1209. 

—  Stratagemmi  inibiti,  1210. 
Stretti.  Giurisdizione,   284;  -  le  tasse  di 

passaggio  degli  stretti  del  Sund  e  dei 
Belts,  284  n  ;  '  libertà  degli  stretti,  884  e 
segg.  ;  -  tasse  di  passaggio,  886  ;  -  limi- 
tazione, 887  ;  -  abusivo,  888.  —  Limita- 
zione della  libertà,  889.  —  Blocco,  1451. 

Suez  (Canale  di).  Regolamento  del  suo 
libero  uso,  881  n.,  882  n. 

Sumner.  Sull'eguaglianza  degli  Stati,  359  n. 

Sund.  Tasse  di  passaggio  sul  S.,  284  n. 

Tasse  di  navigazione.  V.  Canali  naviga- 
bili^  Fiumi  intemazionali^  Stretti. 

Telegrafi.  Uso  delle  linee  telegrafiche,  925 
e  segg.  —  Norme  per  l'esercizio  inter- 
nazionale della  telegrafia,  930  e  segg.; 

—  sospensione  dell'uso,  932,  933;  -di- 
spacci di  transito,  933  ;  -  violazione  loro, 
934.  —  Cavi  sottomarini,  guasto,  241  ; 


del  Diritto  internewtonale  eodifieato 


27 


-  uso,  936  e  segg.  —  Convenzione  del 
1884  per  la  protezione  dei  cavi  sottoma- 
rini, 939  n.  —  Diritti  del  nemico  sui 
telegrammi  dei  privati  neir occupazione 
militare,  1337. 

Telesio.  Concorre  ad  emancipare  il  pensiero 
dall'autorità  della  teologia,  15. 

Teocrazia.  Uno  degli  ostacoli  alla  conce- 
zione della  comunità  dei  popoli,  5. 

Teoria  mercantile.  Uno  dogli  ostacoli  alla 
concezione  della  comunità  dei  popoli,  9 
e  segg.  —  Economisti  che  la  combatte- 
rono, 15. 

Territorialità  (o  extra-territorialità)  della 
legge.  Il  problema  della  territorialità  (o 
extra- ten'i  tori  alita)  della  legge  conside- 
rato dal  punto  di  vista  dei  diritti  inter- 
nazionali deiruomo,  49. 

Territorio.  Costituzione,  192,  891  e  segg. 

-  Suo  mutamento  in  relazione  alla 
personalità  dello  Stato,  50.  —  Località 
ad  esso  equiparate,  193.  —  Possesso 
giuridico  del  territorio,  892.  —  Limiti 
naturali  e  convenzionali ,  893  ;  -  deli- 
mitazione, 894;  -  linea  di  confine  ri- 
spetto ai  monti,  895;  -  id.  rispetto  ai 
fiumi,  896  ;  -  abbandono  d'alveo,  897; 

-  isole,  898. 

—  neutrale.  Inviolabilità,  1397  e  segg. 
Tertulliano.  Suo  concetto  della  repubblica 

umana.  6. 
Titolo  dello  Stato,  369. 

—  del  Sovrano,  370. 

Trasporti  assimilati  al  contrabbando  (V. 
Contrabbando) . 

—  ferroviari  internazionali,  come  materia 
dei  trattati  d'interesse  comune,  778. 

Tratta  dei  negl'i.  V.  Negri, 

Trattamento  della  nazione  più  favorita 
(Clausola  del),  737  e  segg. 

Trattati.  Come  solo  lo  Stato  possa  stipu- 
lare trattati,  57,  616  n.  —  I  trattati 
come  fonte  di  obbligaz.  intoruaz. ,  625 
e  segg.  —  Definizione,  626.  —  Trattati 
nominati  e  innominati,  627;  -efficacia, 
628.  —  Requisiti  per  la  loro  validità, 
628.  —  Capaoità,  629  e  segg.  ;  -  Steti 
semisovrani,  630;  -  persone  competenti 
a  concludere  un  trattato,  631  e  segg.  ; 

-  riserva  della  conclusione  definitiva, 
632;  -  competenza  dei  plenipotenziari 
ed  agenti  diplomatici,  633;  -  ratifica, 
634  n.  (V.).  —  Consenso^  637  e  segg.; 

-  trattato  conchiuso  sotto  l'impero  della 


forza  nemica,  638  ;  -  trattato  nullo  per 
violenza,  639;  -  id.  per  dolo,  640;  - 
come  le  regole  del  D.  civile  sui  vizi  del 
consenso  non  possano  applicarsi  in  tutto 
ai  trattati,  640  n.  —  J^aieria  lecita^  641 
e  segg.  ;  -  trattati  contro  i  diritti  altrui, 
643  ;  -  trattati  in  violazione  della  legge 
costituz.  0  di  una  legge  interna,  644. 

—  Requisiti  di  forma ^  645  e  segg.;  - 
convenz.  preliminare,  646;  -  dichiaraz. 
finale,  648;  -  patto  verbale,  649.  — 
Inviolabilità^  650  e  segg.  ;  -  trattato  le- 
sivo degli  interessi  morali  ed  economici 
di  uno  degli  Stati  contraenti,  652.  — 
Effetti^  654  e  segg.;  -  ratifica,  effetto 
retroattivo,  655;  -  estensione  temtoriale 
della  loro  efficacia,  656;  -  successione 
di  sovranità,  658;  -  forza  retroattiva, 
659  ;  -  efifetti  rispetto  ai  terzi  ,  660  e 
segg.  — Esecuxione^  665  e  segg.;  -  danni 
eventuali  da  ossa  derivanti,  668;  -so- 
spensione di  essa,  669.  —  Mezzi  leciti 
per  assicurare  l'esecuzione,  670  e  segg.; 

-  occupazione  di  ten'itorio,  671  ;  -  clau- 
sola penale,  672;  -  garanzia  da  parte 
di  un  terzo  Stato,  673  e  segg.  ;  -  quando 
ha  luogo,  673;  -  estensione,  674;  -  ob- 
bligazioni che  ne  derivano,  675  e  segg. 

—  Interpretazione^  678  e  segg.;  -  inter- 
pretazione grammaticale,  680  e  segg.; 

-  interpretazione  logica,  686  e  segg.  ;  - 
determinaz.  dell' in  terpretaz.  delle  parti, 
691  ;  -  processi  verbali  e  lavori  prepa- 
ratorì,  695;  -  autorità  competente  ad 
interpretare  un  trattato,  696  e  sogg.  ;  - 
dichiaraz.  o  protocollo  interpretativo, 
697;  -  disaccordo  delle  parti,  698;  - 
interpretaz.  del  trattato  come  legge,  699. 

—  Controversie^  relative  ad  un  trattato  ; 
autorità  competente  a  risolverle,  750 
e  segg.;  -  distinzione  fra  trattato  d'in- 
teresse generale  e  trattato  d'interesse 
particolare,  701  n.;  -  competenza  del  tri- 
bunale arbitralo,  702.  —  Annullamento ^ 
rivocaxione^  705  e  sogg.  ;  -  abrogazione 
formale,  708;  -  esempio,  708  n.;  -  giu- 
dizio circa  l'annullamento,  709  e  segg.  ; 

-  adduzione  dei  motivi,  709;  -  nullità 
del  trattato,  710;  -  lesione  derivante 
dalla  sua  esecuzione,  712;  -  mutamento 
nella  costituzione  politica,  713;  -  oppo- 
sizione a  trattato  precedente,  714  ;  -  im- 
possibilità di  esecuzione,  715;-  condi- 
zione rebus  sic  stantibus^  717,  748  n.  — 


28 


Indice  alfaheiteO'anaìiiieo 


Proroga  e  rinnovatone^  718  e  segg.;  - 
denuncia  del  trattato ,  719  ;  -  proroga 
tacita,  720.  —  Estinxione^  722;  -  guerra, 
723.  —  La  sospensione  dei  trattati  come 
atto  di  rappresaglia  lecito,  1132.  —  Ef- 
fetto sui  trattati  della  cessione  di  ter- 
ritorio, 122.  —  Id.  della  perdita  della 
personalità  internaz.,  138. 

Trattati  di  pace.  V.  Pcbce, 

— generali.  Come  fonte  del  Diritto  internaz. 
positivo,  83. 

—  speciali.  Come  fonte  del  Diritto  internaz. 
positivo,  84.  —  Regole  al  riguardo,  724 
e  segg.  —  Specificazione  dei  trattati, 724; 

—  interpretazione,  725  ;  -  specie,  726.  — 
Trattati  di  cessione,  727  e  segg.  (V.  Ges- 
sione).  —  Trattati  di  commercio,  731  e 
segg.  (V.  Comfnercio).  —  Convenzioni 
consolari,  742  e  segg.  (V.).  —  Capitola- 
zioni, 746  e  segg.  (V.).  —  Trattati  di 
protettorato,  749  e  segg.  (V.  Protetto- 
rato). —  Trattati  di  signoria,  756  e  segg. 
(V.  Signoria),  —  Trattati  di  vassallag- 
gio, 756  e  segg.  (V.  Vasaalktggio).  — 
Trattati  di  confederazione,  762  e  segg. 
(V.  Con  federazione).  —  Trattati  di  alle- 
anza politica,  766  e  segg.  (V.  Alleanza). 

—  Trattati  di  alleanza  pacifica,  773  e 
segg.  (V.  Alleanza).  —  Trattati  di  inte- 
resse comune,  775  e  segg.  (V.  Interesse 
comune).  —  Trattati  di  estradizione,  781 
e  segg.  (V.  Estradizione).  —  Concor- 
dati, 786  e  segg.  (V.).  —  Convenzione  di 
guerra  (V.)  e  trattati  di  pace  (V.),  791. 

Tregua,  1383. 

Tribù  barbare.  Come  siano  anch'esse  sog- 
gette al  Diritto  internazionale,  37.  — 
Conseguenze,  51. 

Tribunale  arbitrale,  come  una  delle  istitu- 
zioni per  la  tutela  giuridica  del  Diritto 
internaz.,  1018.  —  Regole  al  riguardo, 
1056  e  segg.  —  Costituzione,  1056.  — 
Sottomissione  volontaria  o  forzata  alla 
sua  giurisdizione,  1057.  —  Formazione 
del  trattato,  1059  e  segg.;  -  clausola 
compromissoria,  1060  ;  -  scelta  degli  ar- 
bitri, 1061  e  segg.;  -  loro  numero,  1062. 

—  Capacità  per  essere  arbitro,  1065  e 
segg.  —  Rifiuto  di  sottomettersi  alla  giu- 
risdizione arbitrale,  1069  e  segg.  —  Ap- 
pello alla  Conferenza,  1071  e  segg.  — 
Procedimento  davanti  al  tribunale  arbi- 
trale, 1075  e  segg.  —  Ricusazione  del- 
l'arbitro designato,  1084  e  segg.  —  Giu- 


dizio del  tribunale  arbitrale,  1066 e  segg.; 

-  sede,  1088.  —  Norme  per  pronunziare 
la  sentenza,  1095  e  segg.;  -  termine,  1096; 

-  proposta  di  transazione,  1097  ;  -  mag- 
gioranza, 1098;  -  assenza  di  uno  degli 
arbitri,  1099;  -  assenza  ingiustificata, 
1100  e  segg.^  -  sottoscrizione  della  sen- 
tenza, 1102;  -  motivazione,  1103.  — 
Efficacia  della  sentenza,  1104  e  segg.  ;  - 
notificazione,  1105;  -  deposito,  1106;  - 
oneri  finanziari  imposti  dalla  sentenza, 
1107;  -  rifiuto  di  eseguire  la  sentenza, 
1108;  -  rifiuto  giustificato,  1109.  — 
Nullità  della  sentenza,  1110;  -  impogna- 
zione,  1111.  —  Risoluzione  delle  contro- 
versie relative  a  un  trattato,  702,  706. 

-  Id.  intomo  alla  violazione  dei  doveri 
della  neutralità,  1415.  —  Come  il  tribu- 
nale arbitrale  sia  insufficiente  a  rìsolrere 
qualsiasi  controversia  e  ad  appianare  tatti 
i  conflitti,  69  e  segg. 

Tribunale  internazionale  delle  prede,  1512; 

-  competenza,  1513. 

Tribunali  di  guerra.  Istituzione,  1158. 

—  stranieri.  Autorità  delle  loro  sentenze 
civili^  175  e  segg.  —  Loro  efficacia 
extraterritoriale,  175.  —  Reqiusìti^  176, 
179.  —  Opportunità  di  trattati  al  riguardo, 
177.  —  Concessione  di  exequatur^  178; 

-  quando  può  esser  negato,  180.  —  Re- 
golamento del  procedimento  esecatìro, 
181 .  —  Yalore  delle  sentenze  straniere 
come  atto  autentico,  182.  —  Antorìtà 
delle  sentenze  penali^  183,  184.  —  Atti 
esecutivi  in  forza  di  sentenza  pronunziata 
all'estero,  271. 

Tunisi.  Cessazione  delle  Capitolaz.,  349  n. 

Turgot.  Combatte  il  mercantilismo,  15. 

Tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale. 
Come  debba  essere  provveduto  alla  san- 
zione del  Diritto  internazionale,  26  e  segg. 

-  Istituzioni  al  riguardo,  1018  e  segg.  ; 

-  congresso,  1019  e  segg.  (V.);  -  confe- 
renza, 1044  e  segg.  (V .)  ;  -  tribunali  arbi- 
trali, 1056  e  segg.  (V.);  -  congegni  di- 
plomatici, 1116  e  segg.  (V.)  (V.  Diritto 
comune  intemazionale^  Società  inter- 
nazionale). 

Ultimatufn^  1146. 

Umanità  (Doveri  di),  nei  rapporti  intema- 
zionali, 476  n. 

Unione  doganale  germanica.  Come  esempio 
dì  alleanza  pacifica,  774. 


del  Diritto  inferttaAtofiale  codificato 


29 


Unione  postale.  Obbligo  degli  Stati  che  la 
sottoscrissero,  943. 

Unioni  di  Stati,  90.  —  Loro  specie,  90  n.  — 
Unione  personale,  92.  —  Unione  reale, 
93.  —  Diritto  di  legazione,  395  n. 

—  doganali.  Loro  scopo,  949;  -  esempi, 
949  n. 

Uomo.  L'uomo  come  poi'sona  della  società 
intemazionale,  34  e  segg.,  40,  36,  37  n. 
—  Suoi  diritti  intemazionali,  45,  56,  57. 

—  (Diritti  internazionali  dell').  Regolo  al 
riguardo,  522  e  segg.  —  Diritti  di  libera 
attività,  523  e  segg.  —  Diritti  di  libero 
traffico,  527  e  segg.  —  Diritti  di  pro- 
prietà, 531  e  segg.  (V.).  —  Inviolabilità 
e  libertà  personale,  540  e  segg.  (V.).  — 
Diritti  di  libertà  di  coscienza,  549  e  segg. 
(V.).  —  Diritti  internazionali  delFuomo 
come  cittadino,  553  e  segg.  (V.  Cittctài- 
nanxa),  —  Tutela  giuridica,  582.  — 
Kffetto  dei  concordati,  790. 

—  (Doveri  intemazionali  dell*) ,  580  e  segg. 
Urto  delle  navi.  V.  Abbordaggio. 

Usi  internazionali.  Loro  forza,  19  n. 
Usurpazione  di  funzioni  diplomatiche,  444. 
*TJtipo88ÌdetÌ8* .  Applicazione,  1563, 1564. 

Vagabondaggio.  Motivo  di  espulsione  dello 
straniero,  236. 

Valigie  postali.  Non  possono  costituire  con- 
trabbando, 1438. 


Vassallaggio.  Quando  ha  luogo,  103.  —  Suo 
carattere  eccezionale,  104, 106  n.  —  Con- 
dizione dello  Stato  vassallo,  105.  —  Di- 
ritto di  emancipazione,  106. 

Vaticano.  Sua  condizione  giuridica  rispetto 
alla  sovranità  territoriale,  355  n. 

Vico  (Giambattista).  Suo  concotto  dell'u- 
manità, 15.  —  Sulla  comunità  degli  in- 
teressi come  generatrice  della  comunità 
dei  diritti,  17.  —  Sulle  convinzioni  giu- 
ridiche popolari  come  fondamento  del 
Diritto  delle  genti,  4  n.  —  Sul  concetto 
di  giurisdizione,  221  n. 

Visita  (Diritto  di).  V.  Diritto, 

—  domiciliare.  Nella  casa  dell'agente  diplo- 
matico, 336.  —  Nelle  località  addette 
alla  Santa  Sede,  352. 

Voltaire.  Concorro  a  sviluppare  i  principi 
della  comunità  dei  popoli,  16. 

Wheaton.  Sua  definizione  del  Diritto  inter- 
nazionale, 3  n. 

Wolf.  Suo  posto  nella  storia  della  scienza 
del  Diritto  internazionale,  13. 

AVorcester.  Sua  opera  in  favore  della  pace, 
21  n. 

Zollverein,  Come  esempio  di  alleanza  pa- 
cifica, 774. 
Zone  d'influenza,  201  n. 


IL 


TRATTATI    INTERNAZIONALI 


Abdicazione  di  Napoleone,  lxxvi. 

Adrianopoli  (Trattato  di),  del  1829  fra 
Russia  e  Turchia,  xci. 

Aja  (Trattato  dell'),  del  1698-1700  fra  Gu- 
glielmo III  d'Inghilterra,  Olanda  e  Luigi 
XIV,  xxvn;- progetti  di  spartizione  della 
Monarchia  spagnuola,  xxvm. 

Akkerman  (Trattato  di),  del  1826  fra  Rus- 
sia e  Turchia,  lxxxix. 

Alabama  (Questione  doli').  Cenni,  cxix  e 
segg.  — Trattato  di  Washington  del  1871, 
oxx.  —  Arbitrato  di  Ginevra,  cxx  e  segg. 


Alba.  Ceduta  al  Duca  di  Savoia  (Chera- 
sco,  1631),  xm. 

Alessandria.  Ceduta  al  Duca  di  Savoia, 
xxxii. 

Alleanze  armato.  Origine  del  sistema,  m. 

Alsazia.  Diviene  parte  integrale  della  Fran- 
cia, XXVI,  xxvn.  —  Ceduta  all'Impero 
germanico  (Francoforte,  1871),  cxvn. 

America  centrale  (Stati  dell').  Recenti  trat- 
tati conclusi  fra  essi  per  stabilire  un 
Diritto  comune,  cun  e  segg.  —  Tribu- 
nale arbitrale  per  la  risoluzione  delle 
loro  questioni,  ivi  e  cLvn. 

Amiens  (Trattato  di),  del  1802  fra  Gran 


30 


Indice  alfabetteo-anaiitieo 


Bretagna,  Repubblica  Francese,  Repub- 
blica Baiava  e  Spagna,  lyii. 

Annessioni  al  regno  d'Italia,  cu. 

Annover.  Annesso  alla  Prussia  (Praga, 
1866),  cxiii. 

Anversa  (TralUlo  dì),  del  1715  fra  Austria, 
Gran  Bretagna  e  Olanda,  xxxiv. 

Aquisgrana  (Trattalo  di),  del  166S  tra 
Francia  e  Spagna.  —  Id.  di  pace  del 
1748  tra  Francia,  Gran  Bretagna,  0- 
landa,  ecc.,  xl.  —  Id.  del  1818  tra  Fran- 
cia e  Russia,  Austria,  Inghilterra  e 
Prussia,  Lxxxviii. 

Arbitrato  di  Ginevra,  cxxi.  —  Valore  dei 
principi  in  esso  applicati  come  regole 
di  Diritto  internaz.,  cxxii. 

Artois.  Ceduto  alla  Francia  (trattato  dei 
Pirenei,  1659),  xxi. 

Assia  elettorale.  Annessa  alla  Prussia 
(Praga,  1866),  cxiii. 

•  Assiento  ,  (Patto  delf),  xxxi,  xl. 

Associazione  internazionale  del  Congo. 
Cenni  al  riguardo,  cxl. 

Atto  generale  antischiavista  di  Bruxelles 
del  1890,  cxLiv. 

—  finale  del  Congresso  di  Vienna,  V. 
Congresso, 

Augusta  (Pace  di),  del  1555,  xii;  -  fa  alla 
religione  luterana  una  posizione  legale 
a  lato  di  quella  cattolica,  ivi]  -  reser- 
vdtum  ecclesiasticum^  ivi. 

Austria.  Trattamento  fattole  al  Congiesso 
di  Vienna  del  1815,  lxxx.  —  Esclusa 
dalla  Confederazione  germanica,  cxii. 

Avignone.  Ceduto  alla  Rep.  Francese,  lii. 


Barcellona  (Trattato  di),  del  1529,  fra  il 
Papa  e  Tlmperatore,  x. 

Barriera  (Trattali  di),  del  1709,  1713  e 
1715  fra  la  Gran  Bretagna  e  gli  Stati 
Generali,  xxxiii. 

Basilea  (Pace  di),  del  1795  tra  Francia  e 
Prussia,  LI  ;  -  id.  id.  tra  Francia  e  Spa- 
gna, ivi. 

Baviera.  Sua  trasformazione  daE'eltorato 
in  Regno,  lxii.  —  Trallamenlo  fattole 
al  Conj?resso  di  Vienna  del  1815.  lxxx. 

Belgio.  È  riconosciuto  come  Sialo  indi- 
pendente e  neutro,  xci. 

Berlino  (Congresso  di),  del  1878,  cxxiv. 

Berlino  (Trallato  di),  del  1742  fra  Fede- 
rico Il  di  Prussia  e  Maria  Teresa,  xxxix. 


~  Id.  del  1866  di  pace  fra  Prussia  e  Ba- 
viera, CZH.  —  Id.  del  1866  di  alleanza 
offensiva  e  difensiva  fra  Prussia  e  Ba- 
viera, CXI.  —  Id.  del  1866  di  alleanza 
fra  Italia  e  Prussia,  cu,  ex.  —  Id.  del 
18ó6  di  alleanza  offensiva  e  difensiva  fra 
la  Prussia  e  Stati  della  Germanisi,  cxi. 

—  Id.  del  1866  di  pace  fra  Pmssia  e 
Wuilemberg,  cxi.  —  Id.  del  1866  dì 
pace  fra  Prussia  e  Baden,  cxi.  —  Id. 
del  1866  di  pace  fra  Prussia  e  Assia, 
CXI.  —  Id.  del  1866  di  pace  fra  Prussia 
e  Reuss,  cxi.  —  Id.  del  1878  fra  Russia, 
Prussia,  Austria,  Francia,  Inghilterra, 
Italia  e  Turchia,  cxxii  e  segg.;  -  patti 
relativi  alla  Bulgaria,  cxxv;  -  id.  alla 
Rumelia  Orientale,  cxxviii;  -  id.  airi- 
sola  di  Creta  e  alla  Turchia  d'Europa, 
cxxx;  -  id.  alla  Grecia,  tri;  -  id.  alla 
Bosnia  ed  Erzegovina,  «rt;  -  id.  al  Mon- 
tenegro, ivi;  -  id.  alla  Serbia,  cxxxii; 

—  id.  alla  Rumenia,  cxxxiv;  -  id.  alla 
navigazione  del  Danubio,  ivi;  -  id.  ai 
territori  delPAsia,  cxxxv;  -  id.  alla  li- 
bertà religiosa,  cxxxti.  —  Atti  conchiusi 
per  dare  esecuzione  al  trattato,  cxxxvii. 

—  Trattato  del  1885  per  lo  sviluppo  del 
commercio  e  deirincivilimento  nelle  re- 
gioni africane  e  per  la  libera  navigazione 
del  Congo  e  del  Niger,  cxxxviii  e  segg. 

Berna  (Convenzione  di),  del  1883  per  la 
protezione  della  proprietà  industriale, 
CL.  —  Id.  del  1886  per  la  protezione 
della  proprietà  lelleraria  ed  artistica,  cu. 

—  Id.  del  1890  pei  trasporti  sulle  fer- 
rovie internazionali,  cl. 

Bessarabia.  Restituita  alla  Turchia  (Kut- 
schuk,  1774),  xliv.  —  Ceduta  alla  Russia 
(Bukarest,  1812).  lxx. 

Beuil  (Contea  di).  Ceduta  alla  Repubblica 
francese,  lii. 

Blocco.  Quando  obbligatorio  secondo  la 
Dichiarazione  di  Parigi  del  1856,  xcviii. 

Bosforo.  Stipulazioni  dalla  pace  di  Buka- 
rest del  1812,  LXX.  —  Id.  del  trattato 
di  Adrianopoli,  1829,  xci.  —  Id.  id.  di 
Londra,  1840,  xeni.  —  Riconferma  della 
sua  chiusura,  xeni.  —  Disposizioni  del 
trallato  di  Parigi,  1856,  xcvi. 

Bosnia.  Occupata  ed  amministrala  dal- 
l'Austria (Berlino,  1878),  cxxx. 

Breda  (Trattato  di),  del  1667  fra  Inghil- 
terra e  Francia,  Inghilterra  e  Olanda, 
Inghilterra  e  Danimarca,  xxuu 


del  Diritto  intemaxionale  codificato 


3? 


Bruxelles  (Atto  generale  di),  del  1890  fra 
Anstrìa-Ungherìa,  Belgio,  Congo,  Dani- 
marca, Francia,  Germania,  Gran  Bje- 
tagna,  Italia,  Paesi  Bassi,  Persia,  Por- 
togallo, Russia,  Spagna,  Stati  Uniti, 
Svezia  e  Norvegia  per  la  repressione 
della  tratta  degli  schiavi,  cxliv. 

Bruxelles  (Gonvenz.  di),  del  1890  per  la 
pubblicaz.  delle  tariffe  doganali,  cxlix. 

Bucarest  (Pace  di),  del  ÌSÌ'i  fra  Russia  e 
Turchia,  lxx. 

Bulgaria  (Principato  di).  Stipulazioni  del 
trattato  di  Berlino,  1878,  ad  esso  rela- 
tive, GXXY.  —  Atto  di  Costantinopoli, 
1878,  pel  tracciamento  della  sua  fron- 
tiera, CXXXYU. 

Buona  Speranza  (Capo  di).  Ritenuto  dal- 
ringhilterra,  lxxxii. 

Buoni  uffizi.  Dichiarazione  di  Parigi,  del 
1856,  xcviii. 


o 


California  superiore.  Cessione  agli  Stati 
Uniti,  xcv. 

Cambray  (Trattato  di),  del  1529  fra  Im- 
pero e  Francia,  annienta  T influenza 
francese  in  Italia,  x. 

Campoformio  (Trattato  di),  del  1797  tra 
Napoleone  e  TAustria,  un;  -  divisione 
dei  territori  della  Repubblica  veneta, 
ivi;  -  annessioni  alla  Repubblica  Cisal- 
pina, ivi;  -  altre  stipulazioni,  ivi, 

Canada.  Ceduto  dalla  Francia  all'Inghil- 
terra (Parigi,  1763),  xlii. 

Canale  di  Suez.  Trattato  di  Costantino- 
poli, 1888,  per  la  navigazione,  cxiii  e 
segg. 

Candidatura  Hohenzollern  (Questione 
della),  CXY  e  segg. 

Capo  Bretone.  Ceduto  dalla  Francia  alla 
Gran  Bretagmi  (Parigi.  1763,  xlii. 

Carlowitz  (Pace  di),  del  1699  fra  Sultano, 
Imperatore,  re  di  Polonia  e  Venezia, 

XXVIII. 

Carniola.CedutadairAustria  a  Napoleone I 
(SchOnbrunn,  1809),  lxix. 

Casa  di  Savoia  (Trattati  riguardanti  la). 
Trattato  di  Cherasco  del  1631,  xiii;  - 
id.  dei  Pirenei  del  1659,  xxi;  -  pace 
di  Rydvyryk  del  1697,  xxvii;  -  id.  di 
Utrecht  del  171  ^  xxix;  -  quadruplice 
alleanza  del  1718.  xxxv  ;  -  pace  di 
Aquisgrana  del  1748,  xl;  -  trattato  del 


1796  colla  Repubblica  francese,  ui  ;  - 
atto  finale  di  Vienna  del  1815,  lxxxii; 
-  Convenzione  relativa  al  Ducato  di 
Lucca,  xciv.  (V.  Begno  d'Italia), 

Cattaro  (Bocche  di).  Date  all'Austria  (Cam- 
poformio), 1797.  lui. 

Cavi  sottomarini  (Protezione  dei).  Trattato 
di  Parigi  del  1881  al  riguardo,  cxlviii. 

Ceilan.  Ceduta  dalla  Repubblica  baiava 
alla  Gran  Bietagna (Amiens,  180^2),  lvii. 

Chatillon  (Congresso  di),  del  1814',  lxxv. 

Chaumont  (Trattato  di),  del  1814  tra  Gran 
Bretagna,  Prussia,  Russia  e  Austria  con- 
tro Francia,  lxxv. 

Cherasco  (Trattato  di),  del  1631  tra  Tlm- 
peratore  Ferdinando  li  e  Luigi  XIII  di 
Francia,  xiii. 

Chiablese.  Sua  neutralizzazione,  lxxxii. 

Cina.  Trattati  colla  Cina  del  1858,  e.  — 
Apertura  dei  suoi  porti,  ivi. 

Città  anseatiche.  Incorporate  alla  Francia, 

LXXI. 

Gomacchio.  Diritto  di  guarnigione  dell' Au- 
stria, LXXXIY. 

Commissione  internazionale  per  la  navi- 
gazione del  Congo,  cxxxix.  —  Id.  per 
la  navig.del  Danubio,  xcvi,  cxlyi  esegg. 

Confederazione  della  Germania  del  Nord. 
Origine,  cxiii. 

—  germanica.  Disposizioni  dell'Atto  ge- 
nerale di  Vienna  del  1815  a  suo  ri- 
guardo, Lxxx  e  segg.  —  Suo  sciogli- 
mento, ex,  cxii. 

—  italiana.  Stipulata  nei  trattati  di  Zu- 
rigo, CI. 

—  renana,  sua  formazione,  LXin. 
Congo  (A  sociazione  intemazionale  del). 

Cenni  al  riguardo,  cxl. 

—  (Bacino  del).  Libertà  di  commercio 
e  di  navigazione,  cxxxviii.  —  Commis- 
sione internazionale,  cxxxix. 

—  (Stato  del).  Sua  unione  col  Belgio,  cxl. 
Congressi.  Come  per  provvedere  alPordi- 

naniento  giuridico  della  società  interna- 
zionale occorra  attribuire  ai  Congressi 
l'autorità  di  proclamare  il  Diritto  co- 
mune e  di  curarne  il  rispetto,  cltiii. 
Congresso  di  Berlino,  del  1878,  cxxiv.  — 
Id.  di  Chatillon  del  1814,  lxxv.  —  Id.  di 
Laybach  del  1821  tra  Austria,  Prussia 
e  Russia,  Lxxxix.  —  Id.  di  Montevideo 
del  1888  per  l'unificazione  del  D.  in- 
ternaz.  privato  fra  le  Repubbliche  del- 
l'America centrale,  cly.  —  Id.  di  Rastadt 


32 


Indice  alfahefico-analitieo 


del  1797  99,  lit.  —  Id.  di  Troppau  dei 
1820  tra  Austria,  Prussia  e  Russia, 
Lxxxix.  —  Id.  di  Vienna  del  1816:  Cenni 
storici,  Lxxviii;  -  Atto  finale,  sue  di- 
sposizioni principali,  lxxix  e  segg. ;  - 
stipulazioni  relative  alla  Polonia,  lxxix; 
-  id.  alla  Prussia,  ir»;  -  airinghilterra, 
M\  -  airAustria,  lxxx  ;  -  alla  Baviera, 
iVi;  -  alla  città  di  Francoforte,  ivi\  - 
alla  Confederazione  germanica,  irt;  - 
al  Regno  dei  Paesi  Bassi,  lxxxi  ;  -  alla 
Svizzera,  lxxxii;  -  al  Regno  di  Sar- 
degna, ivi;  -  agli  altri  Stati  italiani, 
Lxxxiii;  -  alla  navigazione  fluviale, 
LXXXiT;  -  all'abolizione  della  tratta  dei 
negri,  ivi.  —  Come  Tedifizio  eretto  al 
Congresso  di  Vienna  sia  stato  demolito, 

LZXXV. 

Convenzione  di  Bruxelles  del  1890,  per 
la  pubblicazione  delle  tariffe  doganali, 

CXLIX. 

—  di  Ginevra,  del  1864,  per  migliorare 
la  sorte  dei  militari  feriti,  cui. 

—  internazionale  relativa  alle  leggi  ed  ai 
costumi  della  guerra  fProgelto  di),  clil 

—  postale  universale,  cxlvui. 
Convogli  marittimi  (Visita  dei).  Questione 

al  riguardo,   lv. 

Copenhagen  (Convenzione  di),  del  1800 
fra  Gran  Bretagna  e  Danimarca  sulla 
questione  della  visita  dei  convogli  ma- 
rittimi, LY. 

Copenhagen  (Trattato  di),  del  1660  fra 
Danimarca  e  Svezia,  xxii. 

Corea.  Restituita  airinghilterra  dalla  Fran- 
cia (Parigi  1764),  xlii. 

Corfù.  Sua  neutralizzazione,  cir. 

Corsa.  Abolita  dalla  Dichiarazione  di  Pa- 
rigi del  1856,  xcvni. 

Corsica.  Suo  passaggio  alla  Francia,  xliii. 

Costantinopoli  (Trattato  di),  del  1888  fra 
Austria-Ungheria,  Francia,  Germania, 
Gran  Bretagna,  Italia,  Paesi  Bassi,  Spa- 
gna, Russia  e  Turchia  per  la  navfga- 
zione  del  Canale  di  Suez,  cxli  e  segg. 

Costarica  (Trattato  dì),  del  1888  fra  le  Re- 
pubbliche dell'America  centrale  per  as- 
sicurare la  pace  e  prevenire  la  guerra, 
CLiii  e  segg. 

Cracovia  (Repubblica  di).  Costituzione 
(Atto  di  Vienna,  1815),  lxxix.  —  La  sua 
soppressione  inaugura  la  serie  di  mu- 
tamenti politici  che  demolirono  Tedifizio 
deirAtto  di  Vienna  del  1815,  lxxxy. 


Crespi  (Pace  di),  del  I5U  fra  Francefco  I 

e  Carlo  V,  xi. 
Greta  (Isola  di).  Stipulazioni  del  ti  aitalo 

di  Berlino,  1878,  ad  essa  relative,  cxzx. 
Crimea.  Incorporata  alla  Russia,  xltiii. 
Gurlandia.  Occupata  dalla  Russia    nella 

spartizione  della  Polonia,  l. 

ID 

Dalmazia.  Data  air  Austria  (Campnformio, 

1797),  LUI. 
Danubio  (Navigazione  del).   Slipulazioni 

della  pace  di  Bukarest  dei  1812,   lxx. 

—  Id.  del  trattato  di  Adrianopoli,  1829, 
xci.  —  Id.  id.  di  Parigi,  1856,  xcvi.  — 
Id.  id.  di  Berlino.  1878,  cxxxive  segg. 

—  Commissione  europea,  xcvi,  czlvi  e 
^^%%'\  '  Regolamenti  da  essa  compi- 
lati, ivi. 

Danzica.  Occupata  dalla  Prussia  nella  spe- 
dizione della  Polonia ,  l.  —  Eretta  a 
distretto  indipendente,  lxv. 

Dardanelli.  Slipulazioni  della  pace  di  Bu- 
karest del  1812,  lxx.  —  Id.  del  tratUto 
di  Adrianopoli,  1829,  xci.  —  Id.  id.  di 
Unkiar-Skelessi,  1833,  xcii.  —  Id.  id,  di 
Londra,  1840,  xeni.  —  Riconferma  della 
loro  chiusura,  ivi.  —  Disposizioni  del 
trattato  di  Parigi,  1856,  xcvi. 

Dieta  imperiale  tedesca.  Disposizioni  del 
tratUto  di  Westfalia  del  1648  al  ri- 
guardo, XVII.  —  Id.  deirAtto  generale 
di  Vienna  del  1815,  lxxx  e  segg. 

Diritto  internazionale  privato.  Tentativo 
di  unificazione  fra  le  Repubbliche  del- 
TAmerica  centrale,  ci.v. 

—  storico.  Posto  a  base  della  legitti- 
mità, VI. 

Dresda  (Convenzione  sanitaria  di),  del 
1893,  CL1. 

—  (Pace  di),  del  1715  fra  Federico  II 
di  Prussia  e  Maria  Teresa  d*  Austria, 
xxxtx. 

Ducati  sassoni.  Loro  orìgine,  xi. 

Due  Sicilie  (Regno  delle).  TratUti  che  Io 
riguardano  :  trattato  di  AqQÌsgrana,17i8, 
xl;  -  id.  di  Napoli,  1759,  ivi;  -  Atto 
di  Vienna,  1815,  lxxxiv. 

Dunkerque.  Trattati  che  la  riguardano: 
Pace  di  Utrecht  del  1718  (smantella- 
mento), XXX ;  -  trattato  di  Parigi  del 
1763,  XLii;  -  id.  di  Versailles  del  1783, 

XLVIL 


del  DiriUo  itUemax4onale  eodfifioaito 


88 


Editto  di  restituzione,  del  1629,  xir. 
Elba  (Isola  d*).  Assegnata  in  principato 
a  Napoleone  I  (Fontainebleau,  1814), 

LZXYI. 

Equilibrio  mercantile  (Politica  dell"),  it  e 
segg. 

—  polìtico.  Origine  del  sistema,  u.  —  Al- 
leanze armate  e  interventi  per  man- 
tenerlo nel  secolo  XTui,  ni.  —  Suo  rista- 
bilimento per  opera  del  Congresso  di 
Vienna,  ti. 

Erfurth  (TratUto  di),  del  1806  tra  Napo- 
leone e  la  Russia,  lzvii.  • 

Erzegovina.  Occupata  ed  amministrata 
dall'Austria  (Berlino,  1878),  czzx. 

Esthonia.  Ceduta  dalla  Svezia  alla  Russia 
(pace  di  Nystad,  1731),  xxxtiil 

Faucìgny.  Sua  neutralizzazione,  lxxxil 

Federico  di  Pruss'a.  Suirequilibrio  poli- 
tico, III. 

Ferrara.  Diritto  di  gnernigione  deirAa- 
strìa,  LXxxiY. 

Ferrovie  internazionali  (Trasporti  nelle). 
Convenzione  di  Berna  del  1890  al  ri- 
guardo, CL. 

Fiume.  Ceduta  dall' Austria  a  Napoleone  I 
(SchOnbrunn,  1809),  lziz. 

Fiumi  internazionali. Disposizioni  dell'Atto 
finale  di  Vienna,  1815,  intomo  alla  loro 
navigazione,  lzzxiv. 

Florida.  Ceduta  dalla  Spagna  all'Inghil- 
terra (Parigi,  1763),  xlu;  -  ceduta  alla 
Spagna  (Versailles,  1783),  xlyii. 

Fontainebleau  (Trattato  di),  del  1807  tra 
Francia  e  Spagna  contro  il  Portogallo, 
LXT1.  -*  Id.  del  1814  fra  Napoleone  e 
^Austria,  Prussia  e  Russia  (abdicazione 
di  Napoleone),  lxxvi. 

Franca  Contea.  Restituita  alla  Spagna 
(Aquisgrana,  1668),  xxiv.  —  Ceduta 
dalla  Spagna  alla  Francia  (Nimega, 
1678),  XXV. 

Francia  (Isola  di).  Ritenuta  dall'Inghil- 
terra (Praga,  1814),  lxxvii. 

Francoforte.  Annessa  alla  Prussia  (Praga, 
1866),  cxiii. 

Friuli  austriaco.  Ceduto  dall'Austria  a  Na- 
poleone I  (SchOubiunn,  1809),  uuz. 

61  ^-  FiOBS,  Dir,  inUm.  oodif. 


Gallìzia.  Occupata  dall'Austria  nella  Fpar« 

tizione  della  Polonia,  l. 
Gastein  (Trattato  di),  del  1865  fra  Austria 

e  Prussia  per  la  divisione  dei  ducati  di 

Schleswig  e  Holstein,  cnn. 
Genova  (Repubblica  di).  Perde  la  Corsica, 

XLiii.  --  Viene  unita  al  Piemonte  (Atto 

di  Vienna,  1815),  Lxxxir. 
Gibilterra.  Ceduta  dalla  Spagna  alla  Gran 

Bretagna  (Utrecht,  1713),  xxxi. 
Ginevra  (Arbitrato  di),  cxx  e  segg. 

—  (Convenzione  di),  del  1864  per  mli^io- 
rare  la  sorte  dei  militari  feriti,  cui. 

Gorizia  (Contea  di).  Ceduta  dall'Austria  a 
Napoleone  I  (SchOnbrunn,  1809),  lxix. 

Grande  Alleanza  (Trattato  della)  dell'Aja 
del  1701,  XXIX,  xxui. 

Grecia.  Sua  emancipazione  dalla  Turchia 
(Londra,  1828),  xc.  —  Sua  eredoiie  a 
Regno,  xcii.  —  Trattati  relativi  alla 
sua  corona;  -  convenzione  di  Londra 
del  183:2,  xcii  ;  -  trattato  di  Londra  del 
1863,  CHI.  —  Unione  delle  Isole  Ionie, 
Giv.  —  Stipulazioni  del  trattato  di  Ber- 
lino, 1878,  relative  alla  G.,  cxxx. 

Guadalupa.  Restituita  alla  Frauda  (Pa- 
rigi, 1763),  XLii.  -  Id.  id.  (Parigi,  1814, 

LXXVII. 

Guadalupa-Hidalgo  (Trattato  di)  del  1848, 
XGv;  -  cessione  del  Texas,  del  Nuove 
Messico  e  della  California  Superiore  agli 
Stati  Uniti,  fri. 

Guastalla  (Ducato  di).  Assegnato  all'In- 
fante di  Spagna  don  Filippo,  xi..  —  Di- 
chiarato territorio  della  Francia,  lxi.  — 
Assegnato  alla  imperatrice  Maria  Luisa 
(Fontainebleau,  1814),  lxxvi.  —  Regola- 
mento della  sua  riversione,  lxxxiii,  xcv. 

Guerra.  Suo  carattere  durante  il  sistema 
dell'equilibrio  mercantile,  m. 

—  (Leggi  e  costumi  della).  Progetto  di 
convenzione  intemazionale  al  riguardo, 
olii. 

—  austro-prussiana  del  1866.  —  Origine, 
C1X.  —  Trattati  ad  essa  relativi:  pre- 
liminari di  Nikoisburg,  tW;  -  trattato 
di  Praga  del  1866,  cxii  e  segg. 

—  dei  Sette  anni.  Finita  colla  pace  di 
Hubertsburg  del  1763,  xli. 

—  dei  Trent'annì.  Finita  colla  pace  di 
Veflt&lia  del  1648,  xui. 


B4 


Indice  alfabetieo-analitieo 


Guerra  di  Orleans.  Finita  colla  pace  di 
Ryswyk,  xxv. 

—  franco-germanica  del  1870-71.  Cenni, 
cxiv  e  segg.  —  Traltati  ad  essa  relativi: 
preliminari  di  Versailles»  tW;  -  pace  di 
Francoforte  del  1871,  cxvii  e  segg. 

—  marittima.  Regole  ad  essa  relative 
contenute  nella  Dichiarazione  di  Parigi 
del  1856,  xcviii. 

—  olandese.  Finita  colla  pace  di  Nimega, 

XXIV. 

—  per  la  successione  austrìaca,  xl;  -  fi- 
nita colla  pace  di  Aquisgrana,  1748,  ivi. 

—  per  la  successione  di  Spagna.  Cenni, 
xzix.  —  Finisce  colla  pace  di  Utrecht 
del  1713-14.  ivi. 

—  russo-turca  del  1877-78.  Cenni,  cxxu 
e  segg.  —  Trattati  cui  diede  luogo: 
t.  di  Santo  Stefano,  cxxiv;  -  t.  di  Ber- 
lino del  1878,  cxxiv  e  segg. 

Guerre  della  Rivoluzione  francese.  Loro 
carattere,  ▼. 


Huhertsburg  (Pace  di),  del  1763,  xli;  - 
pone  fine  alla  guerra  dei  Sette  anni,  ivi. 

Hudson  (Baia  d*).  Ceduta  dalla  Francia 
alla  Gran  Bretagna  (Utrecht,  1713),  xxx. 


Impero  germanico.  Origine,  cxiii. 

—  ottomano.  Sua  indipendenza  ed  inte- 
grità assicurata  dalle  sei  Potenze  cri- 
stiane, XGTir. 

Ingerenza  collettiva.  Sua  legittimità  per 
sostenere  il  Diritto  o  impedirne  la  vio- 
lazione, GLYIII. 

Interventi  armati.  Origine  del  sistema,  ni. 
—  Gli  interventi  armati  nella  prima 
metà  del  secolo  xix,  vi.  —  (Congressi 
ad  essi  relativi,  lxxxix. 

Isole  Ionie.  Prese  dalla  Francia  (Campo- 
formio,  1797),  LUI.  —  Riconoscimento 
della  Repubblica  delle  sette  I.  Ionie 
(Amiens,  180:2),  lvii.  — Erette  a  Stato 
libero  sotto  il  protettorato  dell'Inghil- 
terra (Parigi,  1815),  Lxxxvi.  —  Loro 
unione  alla  Grecia,  civ. 

Istria.  Data  air  Austria  (Campoformio,1797) 
un.  —  Ceduta  a  Napoleone  I  (SchOn- 
brunn,  1809).  lxix. 

Italia  (Regno  d').  Trattati  relativi  alla  sua 


costituzione,  e  e  segg.:  preliminari  di 
Villafranca,  1859,  ivi;  -  L  di  Zurìgo, 
1859,  Ci;  -  t.  di  Torino  (Cessione  dì 
Savoia  e  Nizza),  1860,  ci;  -  t  di  Ber- 
lino, 1866  (Alleanza  colla  Prussia),  cu; 
- 1.  di  Vienna,  1866  (Cessione  del  Re^  no 
lombardo- veneto  alla  Francia),  tW;  -  L 
di  Vienna,  1866  (Pace  fra  Italia  e  Au- 
stria), ivi.  —  Annessioni  al  Regno,  cu. 
lassy  (Trattato  di),  del  1793  fra  Russia  e 
Turchia,  xlix. 


Kasanlik  (Armistizio  di),  cxxni. 

Klel  (Trattoti  di),  del  1814  fra  Danimarca, 
Svezia  e  Gran  Bretagna  contro  la  Fran- 
cia, i.xxv. 

Kutschuk  (Trattato  di). del  1774  tra  Rusisia 
e  Turchia;  -  restituzione  alla  Turchia 
della  Bessarabia,  della  Valachia  e  della 
Moldavia,  ivi;  -  libera  navigazione  del 
Mar  Nero  e  del  Mar  di  Marmara  per  la 
Russia,  ivi;  -  patti  relativi  alla  profes- 
sione della  fede  cristiana,  xi.iy. 


Lauenburg.  Trasferito  alla  Danimarca 
(Atto  di  Vienna,  1815),  lxxx.  —  Ce- 
duto dalla  Danimarca  alPAustrìa  e  alla 
Prussia  (Vienna,  1864),  cvii;  -  ceduto 
dalFAustria  alla  Prussia  (Gastein,  1865), 

CVIII. 

L^yhach  (Congresso  di),  del  18il  tra  Au- 
stria, Prussia  e  Russia,  lxxxix. 

Leoben  (Preliminari  di),  del  1797  tra  Na- 
poleone e  l'Austria,  lui. 

Lega  cattolica.  Suoi  intenti,  it,  zni. 

Legazioni.  Cedute  alla  Repubblica  fran- 
cese, Lii  ;  -  annesse  alla  Repubblica 
Cisalpina,  lui.  —  Restituite  al  Papa 
(Atto  di  Vienna,  1815),  lxxxiv. 

Libertà  religiosa.  Stipulazioni  del  trattato 
di  Berlino,  1878,  sulla  —  nelP  Impero 
ottomano,  cxxxvi. 

Limburgo.  Dichiarato  parte  integrante  dei 
Paesi  Bassi,  cxv. 

Lisbona  (Trattato  di),  del  1G6S  fra  Spagna 
e  Portogallo,  xxiii. 

Lituania.  Occupata  dalla  Russia  nella 
spartizione  della  Polonki,  l. 

Livonia.  Ceduta  dalla  Svezia  alla  Russia 
(Pace  di  Nystad,  1721),  xzxtui. 


del  Diritto  intemaxionale  codificato 


85 


Lodomiria.  Occupata  dairAnstria  nella 
spartizione  della  Polonia,  l. 

Lomellina.  Ceduta  al  Duca  di  Savoia,  xxxii. 

Londra  (Convenzione  di)  del  183:2  tra 
Francia,  Inghilterra  e  Russia  e  la  Ba- 
TÌera  relativa  alla  corona  di  Grecia,  xcii. 
~  id.  del  1871  sulla  neutralizzazione 
del  Mar  Nero,  cxyiii. 

—  (TratUto  di),  del  18:27  fra  Gran  Bre- 
tagnu  e  Russia  per  la  emancipazione 
delia  Grecia,  xc.  —  Id.  del  1831  frale 
cinque  Potenze  e  il  Belgio.  Riconosci- 
merlo  del  Belgio  come  Stiito  indipend. 
e  neutro,  xci.  —  Id.  del  18 iO  fra  Gran 
Bretagna,  Austria,  Prussia  e  Russia  e 
la  Turchia  per  la  pacificazione  del  Le- 
vante, xeni.  -  Id.  del  1863  fra  Gran 
Bretagna,  Francia  e  Russia  e  la  Dani- 
marca relativo  al  Regno  di  Grecia,  cni. 
—  Id.  del  1867  tra  Austria,  Belgio, 
Francia,  Gran  Bretagna,  Italia,  Lussem- 
burgo, Russia  e  Prussia  per  regolare  la 
questione  del  Lus^embuigo,  cxiv;  - 
Come  sia  il  solo  trattato  in  cui  sia 
espressamente  stabilito  il  concetto  Jeila 
tutela  giuridica  collettiva  del  Diritto 
internazionale  convenzionale,  clvii.  — 
Id.  del  1871  fra  Austria,  Francia,  Ger- 
mania, Russia,  Italia,  Ingliillerra  e  Tur- 
chia sulla  neutralizzazione  del  Mar  Nei  o, 

ex  VI  II. 

Lorena.  Ceduta  in  parte  all'Impero  ger- 
manico (Francoforte,  1871),  ex  vii. 

Lnbecca  (Pace  di),  del  16:29,  xiii. 

Lucca  (Ducato  di).  Convenzione  ad  esso 
relativa  doi  I8ii,  xciv.  —  Lucca  eretta 
a  Principato  ereditario,  i.xi. 

Luigiana.  Ceduta  dalla  Francia  alla  Spagna 
nel  )76i,  xi.ii  ;  -  cessioni  successive,  i.ix. 

Lunéville  (Trattato  di),  del  1801  tra 
Francia  e  Impero  di  Germania,  lti. 

Luoghi  Santi.  Stipulazioni  al  riguardo  del 
trattato  di  Berlino,  1878,  cxxxvi. 

Lussemburgo  (Granducato  di).  Aggiunto 
al  Regno  dei  Paesi  Bassi,  lxxxi.  — 
Compreso  nella  Confederaz.  germanica, 
Lxxxii.  —  Questione  del  L.  in  seguilo 
allo  scioglimento  di  questa,  cxiv.  —  Sua 
neutralizzazione  (Londra,  1867),  ivi, 

Madrid  (Trattato  di),  del  15-26  tra  Fran- 
cesco I  di  Francia  e  Ciarlo  V  imperatore, 


IX  e  segg.  —  Id.  del  1801  tra  Francia 

e  Spagna,  lyii. 
Mahon  (Lord).  Sulla  pace  di  Aquisgrana,  XL. 
Malta.  Restituita  all'Ordine  di  S.  Giovanni 

di  Gerusalemme  (Amiens,  1802),  lyh.  — 

Ritenuta  dall'Inghilterra  (Parigi,  1814), 

Lxxvn. 
Mar  Caspio.  Stipulazioni  relative  alla  sua 

navigazione,  xc. 

—  di  Marmare.  Trattati  che  lo  riguar- 
dano: Kutschuk,  1774,  xliy. 

—  Nero.  Neutralizzato,  aperto  al  com- 
mercio di  tutte  le  nazioni  e  chiuso  alle 
navi  da  guerra  (Parigi,  1856),  xcvi.  — 
Modificazione  della  regola  della  sua 
neutralizzazione  (Londra,  1871),  cxviii. 

Martinica.  Restituita  alla  Francia  (Parigi, 

1763),  XLii. 
Massa  e  Carrara  (Principati  di).  Assegnati 

a  Maria  Beatrice  d'Este,  lxxxiii. 
Mediatizzazione  dei  Principi  tedeschi,  LXXXI. 
Merce  nemica  a  bordo  di  nave  neutrale. 

Dichiarazione  di  Parigi  del  1856,  xcviii. 

—  neutrale  a  bordo  di  nave  nemica. 
Dichiarazione  di  Parigi  del  1856,  xcviii. 

Minorca.  Ceduta  dalla  Spagna  alla  Gran 
Bretagna  (Utrecht,  1713),  xxxi;  ceduta 
alla  Spagna  (Versailles,  1783),  xlvii. 

Mirandola  (Ducato  di).  Assegnato  a  Casa 
d'Este  (Atto  di  Vienna,  1815),  lxxxi i. 

Modena  (Ducato  di).  Assegnato  a  Casa 
d'Este  (Atto  di  Vienna,  1815),  lxxxii. 

Moldavia.  Restituita  alla  Turchia  col  trat- 
tato di  KuUchuk,  1774,  xliv.  —  Pat- 
tuita la  sua  cessione  alla  Russia  fra 
Napoleone  e  Alessandro  I,  lxvii.  —  Re- 
golamento del  modo  di  elezione  del- 
l'Ospodaro.  Lxxxix.  —  Stipulazioni  a 
suo  riguardo  del  trattato  di  Parigi,  1856, 
xcvi. 

Montefalcone  (Principato  di).  Ceduto  dal- 
l'Austria a  Napoleone  I  (SchOnbrunn, 
1809),  LXix. 

Montenegro.  Stipulazioni  del  trattato  di 
Berlino,  1878,  ad  esso  relative,  cxxx  e 
segg. 

Montevideo  (Congresso  di),  del  1888  per 
l'unificazione  del  Diritto  internazionale 
privato  fra  le  Repubbliche  dell'America 
centrale,  clv. 

MOnster  (Pace  di),  del  1618  fra  Spagna  e 
Olanda,  xx;  -  riconoscimento  delle 
Provincie  Unite,  ivi\  -  chiusura  della 
Schelda,  ivi. 


IndMé  alfabe^iwhtmMHeo 


Napoli.(Traltato  di),  del  1759  fra  FAustria 
e  Carlo  III  di  Spagna  e  le  Due  Si- 
cilie, XL. 

Nassau.  Annesso  alla  Prussia  (Praga,  1866), 

GXIII. 

Navigazione  fluviale.  Disposizioni  deirAllo 
finale  di  Vienna,  181  ó,  lxxziv. 

Neutralità.  Regole  sui  doveri  di  un  Go- 
verno neutrale  concordate  nel  trattato 
di  Washington  del  1871,  czx. 

—  armata.  Prima  lega,  1780,  xl'vi.  —  Se- 
conda lega,  1800,  ly. 

Nikolsbnrg  (Preliminari  di),  del  1866  fra 

Prussia  e  Austria,  cix. 
Nimega  (Pace  di),  del  1778-79,  xxiy;   - 

pone  fine  alla  guerra  olandese,  ivi;  - 

sue  principali  stipulazioni,  zxiv  e  segg. 
Nizza  (Contea  di).  Ceduta  alla  Repubblica 

francese,  ui.  —  Ceduta  alla  Francia,  ci. 

—  (TratUto  di),  del  1538  tra  Francesco  1 
e  Carlo  V,  xi. 

Nuova  Orleans.  Ceduta  dalla  Francia  alla 

Spagna  nel  1762,  xlii. 
Nuovo  Messico.  Cessione  agli  Stati  Uniti, 

XGV. 

Nystad  (Pace  di),  del  17:21  fra  Svezia  e 
Russia,  XXX  va 


Occupazioni  africane.  Regole  stabilite  al 
riguardo  dal  trattato  di  Berlino,  1885, 

CXL. 

Oerebro  (Pace  di),  del  1812  fra  Inghilterra 
e  Screzia,  lxxii. 

Olanda.  Conquistata  dalla  Repubblica  fran- 
cese, l.  —  Incorporata  alla  Francia,  lxxi. 

Oliva  (Trattato  di),  del  1660  fra  Polonia 
e  Svezia,  xxi. 

Ordine  teutonico.  Sua  soppressione,  lxix. 


'  Poeto  de  assimto  ,,  xxxi,  xl. 

Paesi  Bassi  (Regno  dei).  Sua  costituzione, 

LXXXI. 

Palle  esplodenti.  Dichiarazione  di  Pietro- 
burgo del  1868  relativa  alla  loro  proi- 
bizione, CLH. 

Papato.  Sua  aspirazione  all'impero  uni- 
versale, I. 


Parigi  (Dìchiarasione  di)  del  1856  iniomo 
ad  alcune  regole  della  guerra  marit- 
tima, XCTIII. 

^  (TratUto  di),  del  1761  di  pace  tra 
Francia  e  Spagna,  xli.  —  Id.  del  1763 
tra  Francia,  Spagna,  Inghilterra  e  Por- 
togallo, XLi.  —  Id.  del  1 783  di  pace  fra 
Gran  Bretagna  e  Stati  Uniti,  xlyii.  — 
Id.  del  1796  fra  il  Re  di  Sardegna  e 
la  Repubblica  francese,  lii.  —  Id.  del 
1803  fra  la  Repubblica  francese  e  gli 
Stati  Uniti  di  America,  lix;  -  cessione 
della  Luigiana  agli  S.  U.,  ivi.  —  Id. 
del  J806  per  la  Confederazione  renana, 
LXiii.  —  Id.  del  1814  di  pace  tra  Gran 
Bretagna,  Austria,  Prussia  e  Russia  e 
la  Francia,  lxxvi  —  Id.  del  1856  tra 
Austria,  Francia,  Gran  Bretag'na,  Prus- 
sia, Russia,  Sardegna  e  Turchia,  zcvi 
0  s^SK-;  ~  disposizioni  relative  al  Mar 
Nero,  ivi;  -  id.  alla  navigazione  del 
Danubio,  ivi;  -  ai  confini  territoriali, 
ivi;  -  alla  Moldavia  e  Valacchia,  zctii  ; 

—  alla  Serbia,  «m;  •  all*integrità  dell^Iro- 
pero  ottomano,  ivi,  —  Dichiarazione  di 
regole  relative  alla  guerra  marittima, 
xcTui.  —  Come  abbia  iniziato  un  nuovo 
indirizzo  del  Diritto  internazionale,  ti. 

—  Modificazioni  apportatevi  dal  trat- 
tato di  Londra  del  1871,  gxtui.  — 
Trattato  del  1884  per  la  protezione  dei 
cavi  sottonuirini,  csltiii. 

Parma  (Ducato  di).  Assegnalo  air  Infante 
di  Spagna  Don  Filippo  (Aquisgrana, 
1748),  XL.  —  Ceduto  alta  Francia  (Lu- 
néville,  1801),  lxi.  —  Assegnato  alla 
imperatrice  Maria  Luisa  (Fontainebleau, 
181i),  LXXVI.  —  Regolamento  della 
sua  riversione  (Atto  di  Vienna,  1816), 

LXXXIII,  xcv. 

Passarowitz  (Pace  di),  del  1718  fra  Plm- 
peratore  e  il  Sultano,  xxxvl 

Passau  (Trattato  di)  del  1552,  xii. 

"  Patto  di  famiglia  ,  di  Parigi  del  1761 
tra  Francia  e  Spagna,  xli. 

Paxo.  Sua  neutralizzazione,  git. 

Piacenza  (Ducato  di).  Assegnato  ali* In- 
fante di  Spagna  Don  Filippo,  xl.  — 
Dichiarato  territorio  della  Francia,  lxi. 

—  Assegnato  alla  imperatrice  Marìa 
Luisa  (Fontainebleau,  1814),  lxxvi.  — 
Regolam.  della  sua  riversione,  lxxxiii. 

Piccola  Polonia,  Occupata  dalla  Russia 
nella  spartizione  della  Polonia,  l. 


éel  Diritto  intmrfHmifmaU  codificato 


87 


Piemonte.  Sna  unione  alla  Francia  nel 
1802,  Lxi. 

Pietroburgo  (Dichiarazione  di),  del  1868 
relativa  alla  proibizione  delle  palle  esplo- 
denti in  guerra,  cui. 

Pillnitz  (Dichiarazione  di),  del  1791  fra 
Austria  e  Prussia,  xlix« 

Pinerolo.  Ceduta  alla  Francia  (Gherasco, 
1631),  XIII.  —  Restituita  al  Duca  di  Sa- 
voia, ZXTII. 

Piombino.  Unita  al  Granducato  di  Toscana 
(Atto  di  Vienna,  1815),  lzzxiii. 

Pirenei  (Trattato  dei),  del  1659  tra  Francia 
e  Spagna,  xx  e  segg  ;  -  assicura  il  po- 
tere della  Francia  in  Europa,  ivi. 

Politica  internazionale  moderna.  Sue  varie 
epoche,  i  e  segg.  —  Epoca  della  lotta 
per  la  sua  secolarizzazione,  ii.  —  Id. 
deirequilibrio  politico,  ii  e  segg.  —  Id. 
dell'equilibrio  mercantile,  iv  e  segg.  — 
La  p.  degli  interessi  dinastici  (Congresso 
di  Vienna  del  1815),  ti.  — •  Nuova  epoca 
iniziata  dal  trattato  di  Parigi  del  1856, 
ivi.  —  Come  i  trattati  posteriori  ab- 
biano sviluppato  il  concetto  della  tu- 
tela giuridica  collettiva,  vn. 

Polonia  (Spartizione  del'a).  Prima  sparti- 
zione (TratUti  del  1772),  xliii.  —  Se- 
conda spartizione  (Trattati  di  Orodno 
del  1793),  XLix.  —  Terza  spartizione 
(Convenzione  di  Pietroburgo  del  1795),l. 

Pomerania.  Ceduta  dalla  Svezia  alla  Da- 
nimarca e  dalla  Danimarca  alla  Prussia, 

LXXV. 

Posen  (Granducato  di).  Unito  alla  Prussia 
(Atto  di  Vienna,  1815),  lxxix. 

Praga  (Trattato  di),  del  1866  fra  Prussia 
e  Austria,  cxii  e  segg. 

Presburgo  (Pace  di),  del  1805  fra  TAustria 
e  la  Francia,  lxi;  -  perdite  con  essa 
fatte  dairAustria,  lxii. 

Principati  Uniti.  Loro  ordinamento,  xcvin 
e  seg.  (W . Moldavia,  Rutnenia,Val(ichf a). 

Prìncipi  mediatizzati  tedeschi.  Disposizioni 
dell'Atto  generale  di  Vienna  del  1815 
a  loro  riguardo,  lxxxi. 

Proprietà  industriale  (Protezione  della). 
Convenzione  di  Berna  del  1883  al  ri- 
guardo, CL. 

^  letteraria  ed  artistica  (Protezione  della). 
Convenzione  di  Berna  del  1886  al  ri- 
guardo, GLI. 

Protettorati.  Regole  stabilite  dal  trattato 
di  Berlino,  1885,  per  la  loro  iititux.,GXU 


Provinde  illiriche.  Formazione  (Schfin- 
brunn,  1809),  Lxn. 

—  Unite.  Orìgine,  XII  ;  -  rìconoscimento, 
XX.  (V.  Pace  di  MUnster.) 

Prussia.  Trattamento  fattole  al  Ck>ngree80 
di  Vienna  del  1815,  lxxix.  —  Posta  a 
capo  della  Germania  dal  trattato  di 
Praga,  1866,  cxnL 

Quadruplice  alleanza  (Trattato  di)  del 
1 718  fra  Gran  Bretagna,  Francia,  Olanda 
e  Imperatore,  xxxv. 

Questione  danese.  Trattati  ad  essa  rela- 
tivi, XGT. 

—  dell'Alabama,  cxix  e  segg.  — •  Trat- 
tato di  Washington  del  1871,  cxx;  — 
Arbitrato  di  Ginevra,  cxx  e  segg. 

—  del  Lussemburgo,  gxit. 


Rapporto  della  Commissione  delllmpero 
del  1803,  Lvii  e  segg.  —  Secolarìzza- 
zione  del  terrìtorìo  immediato  della 
Chiesa  nell'Impero  tedesco,  lviii. 

Rastadt  (Congresso  di),  del  1797-1799, 

LIT,  LTUI. 

Ratisbona  (Trattoto  di),  del  1630  fra  l'im- 
peratore Ferdinando  II  e  Luigi  XIII  di 
Francia,  xni.  ~ 

*  Recès  ,  o  Rapporto  della  Commissione 
dell'Impero  del  1803,  lth;  -  secolariz- 
zazione del  territorio  immediato  della 
Chiesa,  LTm. 

Reggio  (Ducato  di).  Assegnato  a  Casa  di 
Este  (Atto  di  Vienna,  1815),  lxzxu. 

Reichenl>ach  (Convenzioni  di),  del  1813 
fra  Gran  Bretagna,  Russia  e  Prussia 
contro  Napoleone,  lxzit. 

Religione  luterana.  Acquista  ima  posi- 
zione legale  accanto  a  quella  catto- 
lica, XII. 

Repubblica  Cisalpina.  Sua  costituzione,  l. 
—  Annessioni  ad  essa  (atte  col  trattato 
di  Campoformio,  lui.  —  Prende  fl  ti- 
tolo di  Regno  dltalia,  lxi. 

—  delle  sette  Isole  Ionie.  Sno  ricono- 
scimento (Amiens,  1802),  ltu. 

--  di  Venezia.  Divisione  dei  snoi  territori 
(Campoformio,  1717),  Lin. 

—  Elvetica.  Trasfonnaxione  in  esMt  della 
Svizzera,  lxt. 


38 


Indice  alfabetióo-anaUUóo 


Repubblica  Ligure.  Compresa  nel  Irattdi 
Ludo  ville,  lvi.  —  Unita  alla  Francia,  lxi. 

—  Olandese,  origine,  xii. 

—  Partenopea.  Trasformazione  in  essa 
di  Napoli,  Liv. 

—  Romana.  Trasformazione  in  essa  di 
Roma,  LIT. 

*  Reservatum  ecclesiasticum ,,  xii,  xvii. 

Roma.  Sua  trasformazione  nella  Repub- 
blica Romani,  uv. 

Rungen  (Isola  di)  Ceduta  dalla  Svezia 
alla  Danimarca ,  poi  dalla  Danimarca 
alla  Prussia,  lxxi. 

Rumelia  orientale  (Provincia  della).  Sti- 
pulazioni del  trattato  di  Berlino,  1878, 
ad  essa  relative,  cxxviii.  —  Suo  statuto 
organico,  cxxxvii. 

Rumenia.  Riconoscimento  della  sua  indi- 
pendenza e  stipulazioni  ad  essa  relative 
del  trattato  di  Vienna,  1878,  cxxxiv. 

Ry^wyk  (Pace  di),  del  1697,  xxv;  -  pone 
fine  alla  guerra  d'Orleans,  ivi. 


Samogizia.  Occupati  dalla  Russia  nella 
spartizione  della  Polonia,  l. 

San  Salvador  (Trattato  di),  del  1889  di 
Confederazione  fra  Repubbliche  del- 
l'America centrale,  clv. 

Santa  Alleanza  (TratUto  della),  del  1815 
fra  Austria,  Prussia  e  Russia,  lxxxviii. 

—  La  Francia  entra  a  farne  parte, 
Lxxxix.  —  Congressi  relativi  agli  inter- 
venti armati,  lxxxix. 

Santa  Lucia.  Ritenuta  dairingbilterra  (Pa- 
rigi,  I81i),  LXXTII. 

Sant'lldefonso  (Trattato  di),  del  1796  di 
alleanza  tra  Francia  e  Spagna,  l.  ~ 
Id.  del  1800,  lvi,  lix  e  segg. 

Santo  Stefano  (Trattato  di),  del  1878  fra 
Russia  e  Turchia,  cxxiv. 

Sardegna  (Isola  di).  Ceduta  al  duca  di 
Savoia,  xxxvf. 

Sassonia  (Elettorato  di).  Trasferito  dalla 
linea  Ernestina  a  quella  Albertina,  xi. 

-^  (Regno  di).  Posizione  fattagli  dal  trat- 
tato di  Praga,  1866,  cxiir. 

Savoia.  Ceduta  alla  Repubblica  francese 
(Pai  ii?i,  1896),  Lii.  —  Ritorna  al  Re  di 
Sardegna  (Alto  di  Vienna,  1815),  lxxxu. 

—  Sua  neutralizzazione,  ivi.  —  Deter- 
minazione de*  suoi  confini  (Parigi,  1815), 
Lxxxvi.  —  Ceduta  alla  Francia,  ci. 


Scbelda.  Chiusura,  xx. 

Schiavi  (Tratta  degli).  Disposizioni  del- 
TAtto  finale  di  Vienna,  18 lo,  per  la 
sua  repressione,  lxxxiv.  —  Id.  del  trat- 
tato di  Berlino,  1  ""Sd,  cxl.  —  Id.  delPAtto 
generale  apUschia vista  di  Bruxelles, 
1890,  cxLiv. 

Schleswig  e  Holstein  (Ducati  di).  Que- 
stione dei,  cv  e  segg.  —  Trattali  ad 
essa  relativi:  -  Vienna,  1864,  C7ii;  - 
Gastein,  1865,  cviii;  -  Nikolsburg,  1866, 
GXt;  -  Praga,  18  6,  cxii. 

Schmalkalden  (Convenzione  dì),  del  loSO, 
XI;  -  Lega  del  1531,  in. 

Schònbrunn  (Trattato  di),  del  1809  fra 
Napoleone  e  l'Austria,  lxtiii. 

Secolarizzazione  del  territorio  immediato 
della  Chiesa  nelPImp.  germanico,  ltiii. 

Senegal.  Retrocesso  alla  Francia  dalla 
Gran  Bretagna,  XLvn. 

Serbia.  Ottiene  un'amministrazione  in- 
terna propria  (Bukarest,  1812),  lxx.  ^ 
Stipulazioni  a  suo  riguardo  del  trattato 
di  Parigi,  1856,xcvii.  —  Riconoscimento 
della  sua  indipendenza  e  stipulazioni 
relative  del  tratUto  di  Berlino,' 1878, 
cxxxii  e  segg. 

Sicilia  (Isola  di).  Ceduta  al  duca  di  Sa- 
voia, xxxn;  -  cambiata  colla  Sardegna, 
XXX  vi. 

Società  intemazionale.  Nuovo  indirizzo 
iniziato  nel  suo  ordinamento  dal  trat- 
tato di  Parigi  del  1856,  yu.  —  Come 
per  provvedere  al  suo  ordinamento  giu- 
ridico occorra  attribuire  ai  Congressi 
l'autorità  di  proclamare  il  Diritto  co- 
mune e  di  curarne  il  rispetto,  cltiii. 

Spartizione  della  Monarchia  spagnuola 
(Trattati  di),  xxvn,  xxyiil 

—  della  Polonia  (Trattati  di).  (V.  PoUmia.) 
Stati   Uniti    d'America.    Riconoscimento 

della  loro  indipendenza,  xlyii. 
Stato  dei  Presidi.  Unito  al  Granducato  di 

Toscana  (Atto  di  Vienna,  1815),  Lxxxin. 
Stettino.  Ceduta  dalla  Svezia  alla  Prussia, 

XXXVII. 

Strasburgo.  Presa  da  Luigi  XIV  nel  1681, 
xxv. 

Stretti  (Convenzione  degli),  del  1841  fra 
Gran  Bretagna,  Austria,  Prussia,  Russia 
e  la  Turchia,  xeni.  —  Modificazioni  ap- 
portatevi col  trattato  di  Londra  del 
1871,  cxTiii. 

—  (Chiusura  degli).  Come  la  i-egola  della 


del  Diritto  interttoMonaU  eodifieato 


66 


•  sia  enlrata  a  far  parte  del  Diritto 
pubblico  scritto  dell'Earopa. 

Suez  (Canale  di).  Trattato  di  Costantino- 
poli, i  888»  per  la  sua  navigazione,  cxli 
e  segg. 

Sund  e  Belts.  Tassa  di  transito  per  essi 
ceduta  dalla  Svezia   alla  Danimarca, 

XXZVII. 

Supremazia  commerciale  (Politica  della), 
IT  e  segg. 

Svizzera.  Le  è  riconosciuto  il  diritto  di 
essere  separata  e  indipendente  (Vest- 
falia, 1648),  XTi.  —  Trasformata  in  Re- 
pubblica Elvetica,  liv.  —  Posizione  fat- 
tale dall'Atto  finale  di  Vienna  del  1815, 
Lzxxii;  -   sua  neutralizzazione,  M  e 

LXXXVI. 


T 


Tabago.  Ritenuta  dairinghilterra  (Parigi, 

1814),  LZXYII. 

Tariffe  doganali  (Pubblicazione  delle). 
Convenzione  di  Bruxelles  del  1890  al 
riguardo,  cxux. 

Tenda  (Contea  di).  Ceduta  alla  Repubblica 
francese,  ui. 

Terra  Nuova.  Ceduta  dalla  Francia  alia 
Qran  Bretagna  (Utrecht,  1713),  xxx. 

Teschen  (Trattato  di),  del  1779  fra  Fede- 
rico il  Grande  di  Prussia  e  Maria  Te- 
resa d'Austria,  xlvi. 

Texas.  Cessione  agli  Stati  Uniti,  xcv. 

Thorn.  Occupato  dalla  Prussia  nella  spar- 
tizione della  Polonia,  l. 

Tiflis  (Trattato  di),  del  18Ì9  fra  Russia 
e  Persia,  xc. 

Tilsit  (Trattato  di)  del  1807,  di  alleanza 
fra  Napoleone  e  la  Russia,  lxv,  lxviii; 
-  art.  segreti,  lxvi.  —  Id.  del  1807  di 
pace  fra  Russia  e  Prussia  e  Napoleone, 
LXiii  e  segg.;  -  suoi  art.  segreti,  lxv. 

Titolo.  Ceduto  dall* Austria  alla  Baviera 
(Presburgo,  1805),  lxii. 

Tolentino  (Trattato  di),  del  1797  fra  la 
Francia  e  il  Papa,  lii. 

Toplitz  (Trattati  di),  del  1818  fra  Gran 
Bretagna,  Prussia,  Russia  e  Austria 
contro  Napoleone,  lxxiv. 

Torino  (TratUto  di),  del  1860  fra  Sardegna 
e  Francia  di  cessione  della  Savoia  e  del 
circondario  di  Nizza,  ci. 

Toscana.  Restituita  alla  Gasa  di  Lorena 
(Atto  di  Vienna,  181^),  lxxxiii. 


Tourkmantchal  (TratUto  di),  del  1829  fra 

Russia  e  Prussia,  xc. 
Trento.  Ceduta  dalF Austria  alla  Baviera; 

(Presburgo,  1805),  lxii. 
Tribunale  arbitrale  fra  Repubbliche  del- 

TAmerica  centrale,  gliii. 
Trieste.  Ceduta  dall'Austria  a  Napoleone  I 

(ScbOnbrunn,  1809),  lxix. 
Trinità.  Ceduta  alla  Gran  Bretagna  dalla 

Spagna  (Amìens,  1702),  lvii. 
Trino.  Ceduta  al  Duca   di  Savoia  (Che- 

rasco,  1631),  xiii. 
Triplice  alleanza  (Trattoto  di),  del  1668 

fra  Inghilterra,  Olanda  e  Svezia,  xxiii. 

—  Id.  del  1717  tra  Francia,  Gran  Bre- 
tagna e  Olanda,  xxxt. 

Troppau  (Congresso  di),  del  1890  fra  Au- 
stria, Prussia  e  Russia,  lxxxix. 

Turchia  asiatica.  Disposizioni  del  trattato 
di  Berlino,  1878,  ad  essa  relative,  cxxxv. 

—  europea.  Stipulazioni  del  trattato  di 
Berlino,  1878,  ad  essa  relative,  cxxx. 

TJ 

Uffizio  internazionale  dell'Unione  per  la 
protezione  della  proprietà  industriale, 
CL.  —  Id.  per  la  protezione  della  pro- 
prietà letteraria  ed  artistica,  cu.  • 

Ulm  (Trattato  di),  del  1620,  xni. 

Unione  evangelica.  Suoi  intenti,  n. 

—  internazionale  per  la  protezione  della 
proprietà  industriale,  cl.  —  Id.  per  la 
protezione  della  proprietà  letteraria  ed 
artistica,  cu. 

Unkiar-Skelessi  (Trattato  di),  del   1833 

di  alleanza  fra  Russia  e  Turchia,  xc:i. 

Utrecht  (Pace  di),  del  171314,xxixe  segg.; 

-  pone  fine  alla  guerra  per  la  succes- 
sione di  Spagna,  xxix;  -  sue  più  im- 
portanti stipulazioni,  xxx  e  segg. 

—  (Unione  di),  del  1579,  origine  della 
Repubblica  olandese,  xil 


Valachia.  Restituita  alla  Turchia  col  trat- 
tato di  Kutschuk,  1774,  xuT.  ^  Pattuita 
la  sua  cessione  alla  Russia  fra  Napo- 
leone e  Alessandro  I  (Erfurth,  1808), 
LXVIII.  —  Regolamento  del  modo  di 
elezione  deirOspodaro,  lxxxix.  —  Sti- 
pulazione a  suo  riguardo  del  trattato 
di  Parigi  del  1856,  xcvu. 


40 


tndéoe  eUfaheHeo-anaUUoo 


Varsaria.  Occupata  dalla  Prussia  nella 
spartizione  della  Polonia,  l.  —  11  Gran- 
ducato di  V.  riunito  alla  Russia  come 
Regno  di  Polonia  (Atto  di  Vienna,  1815), 

LXZIX. 

Venezia  (Repubblica  di).  Divistone  del  suo 
territorio  (Gampoformio,  1797),  lui. 

Verona  (Ck)ngres8o  di),  del  183S  fra  An- 
strìa,  Prussia  e  Russia,  lxxzix. 

Versailles  (TratUto  di),  del  1783  fra  Gran 
Bretagna,  Francia  e  Spagna,  xltii. 

Vestfalia  (Regno  di),  sua  formazione,  lzit. 

*—  (Trattato  di).  Proclama  la  separazione 
degl'interessi  della  Chiesa  da  quelli  dello 
Stato,  II.  —  Come  da  esso  cominci  la 
storia  moderna  del  D.  internazionale, 
fri.  —  Come  non  provvedesse  a  risol- 
vere il  problema  deirequilibrio  giuri- 
dico, tri,  —  Suoi  principali  provvedi- 
menti,  ziv;  -  relativi  alla  Svezia,  <pt;  - 
alla  Francia,  zv;  -  agli  Stati  dell*Im- 
pero,  ivi;  -  alla  Svizzera,  zvi;  -  alla 
Dieta  imperiale,  xvii,*  -  alla  religione, 
tri,  —  Come  abbia  spianato  la  via  allo 
sviluppo  della  potenza  della  Prussia,  ziz. 

Vienna  (Trattato  di),  del  1735-1738  tra 
Francia  e  Impero,  xzxviii.  —  Id.  del 
1809  fra  Napoleone  e  TAustria,  lxviii. 

—  Id.  del  1816.  (V.  Congresso  di  Vienna,) 

—  Id.  de)  1864  fra  Prussia,  Russia  e 
Danimarca  relative  alla  questione  dei 


ducati  di  Schleswig  e  Holsteln,  em  e 

s^??-  —  ^d-  <^6l  1^6  fcsL  Austria  e  Fran- 
cia (Cessione  del  Regno  Lombardo- Ve- 
neto), GII,  ex.  —  Id.  del  1866  di  pace 
tm  Italia  e  Austria,  gil  —  Id.  del  1866 
fra  Austria  e  Francia  (Cessione  del 
regno  Lombardo- Veneto),  cu. 

ViUafranca  (Preliminari  di  pace  di),  del 
1859,  G. 

Volinia.  Occupata  dalla  Russia  nella  spar- 
tizione della  Polonia^  l. 

Washington  (TratUto  di),  del  1871  fra 
ringhilterra  e  gli  Stati  Uniti  per  la  que- 
stione deir Alabama,  cxx. 

Wheaton.  Sulla  pace  di  Vestfalia,  xrx. 

Wittemberg  (Capitolazione  di),  del  1647, 
XI  ;  -  trasferimento  dell*  Elettorato  di 
Sassonia  dalla  linea  ErnesUna  a  quella 
Albertina,  tvt;  -  origine  dei  dacatì  aas- 
soni,  ivi. 

Wurtemberg.  Sua  trasformazione  da  Elet- 
torato in  Regno,  lxil 


z 


Zurigo  (Trattati  di),  del  1859  fra  Anstrìa 
e  Sardegna,  fhi  Austria  e  Francia  e  fra 
Austria,  Sardegna  e  Francia,  e  e  segg. 


FiNK  DEL  VOLTJMtt 


il 


INDICE  DELLE  MATERIE 


Ai  lOEi  LKTTOBi Pog,      1 

INTRODUZIONE. 

CAPITOLO  I.  —  Considerazioni  generali  cmll^ordinamento  della 
società  intemasionale »      3 

1.  Considerazioni  storiche  sul  concetto  di  una  comunità  di  diritto  fra  i 
diversi  popoli.  —  2.  Condizione  attuale  dolla  Società  degli  Stati.  — 
3.  Necessità  di  darle  una  forma  di  organizzazione  più  razionale  e  di 
trovare  un  sistema  di  protezione  del  diritto  da  cui  questa  debba  essere 
retta.  —  4.  Insufficienza  dei  vari  progetti  formati  al  riguardo.  —  5.  Il 
concorso  delle  scienze  e  di  tutte  le  forze  intellettuali  dei  vari  paesi  e 
indispensabile  per  risolvere  il  problema  in  modo  completo. 

CAPITOLO  n.  —  La  vera  missione  della  scienza.  I  diritti  inter- 
nazionali dello  Stato,  dell'uomo,  delle  collettività  —  delle 
Chiese,  delle  genti  non  incivilite »    31 

6.  Come  la  scienza  del  Diritto  internazionale  deve  prestare  il  suo  con- 
corso per  la  soluzione  completa  del  problema  della  organizzazione  giuri- 
dica della  Società  intertiazionale.  —  7.  Via  tenuta  finora.  —  8.  Necessità 
di  determinare  i  diritti  di  tutti  quelli  che  fanno  parte  della  Società  inter- 
nazionale. —  9.  I  soggetti  del  Diritto  internazionale.  —  10.  Gli  Stati, 
ruomo,  i  popoli,  le  nazionalità,  le  Chiese,  le  collettività.  —  11.  Diritti 
intemazionali  appartenenti  a  ciascuno  di  questi  soggetti.  —  12.  La  col- 
lettività come  soggetto  del  diritto  internazionale.  —  13.  L* equilibrio  fra 
la  Chiesa  e  lo  Stato.  —  14.  Linee  generali  del  sistema  più  efficace  per 
dare  alla  Società  internazionale  la  sua  vera  organizzazione. 

CAPITOLO  HL  —  Bella  proclamazione  del  Diritto  intemazio- 
nale e  della  sua  tutela  giuridica »    60 

15.  Modo  in  cui  la  legge  comune  dev'essere  promulgata.  —  16.  Il 
Congresso:  sua  autorità.  —  17.  Modo  di  sua  costituzione.  —  18.  La 
Confederazione  degli  Stati  come  mezzo  per  mantenere  1*  ordine  nella  Società 
intemazionale.  —  19.  La  codificazione   del   Diritto   intemazionale.  — 

20.  Modo  di  dare   piena  efficacia  alla  giurisdizione   internazionale.  — 

21.  La  oonferenza.  —  22.  La  giurisdizione  arbitrale.  —  23.  Modo  di 
dare  ad  essa  pieaa  efficacia.  —  24.  L'azione  diplomatica,  i  buoni  uffici, 
la  mediazione.  —  25.  Efficacia  della  discussione  pubblica.  —  26.  Mezzi 
coercitivi  all'infuori  della  guerra.  —  27.  Conclusione. 


42 


tfuUee  delle  materie 


CAPITOLO  rv.  —  Objetto  del  presente  Volume.  —  Fonti  delle 
regole  giuridiche  in  esso  riunite.  —  Partixione  della  trat- 
tazione     Pitg. 

28.  Si  espone  il  concetto  della  trattazione.  —  29.  Si  spiega  il  titolo 
dato  al  presente  volume.  —  30.  Efficacia  pratica  del  Diritto  scientifico. 
—  31.  Fonti  alle  quali  sono  state  attinte  le  regole  codificate.  —  32.  Im- 
portanza delle  convinzioni  giuridiche-  popolari.  —  33.  Gli  scrittori  e  il 
Diritto  storico.  —  34.  Partizione  di  tutta  la  trattazione. 


79 


PRINCIPII  FONDAMENTALI. 


Il  Dirìtto  intemazionale  e  la  sua  definizione  1 

Partizione  generale  2-5 

Partizione  del  Diritto  internazionale  positivo  6-10 
Forza  obbligatoria  del  Diritto  intemazionale  11-16 

Della  <  comitas  gentium  »   16-20 

Impero  e  portata  del  Diritto  internazionale  21-25 
Tutela  giuridica  del  Diritto  internazionale  26-29  . 
La  scienza  del  Diritto  internazionale  30,  31     .     . 


Pag. 


97 
tri 

99 
100 
102 
104 
106 
107 


LIBRO  PRIMO. 

Delle   persone   e   degli   enti   soggetti   al   Diritto   intemasio- 
nàle Pag.  108 

PARTE  QENEBAIiE.  —  Diritti  intemanonali  delle  persone  e 
degli  enti 

A  chi  possa  essere  attribuito  il  carattere  di  persona  32,33    .     .     . 

Lo  Stato  è  persona  34,  35 

L'uomo  e  la  Chiesa  sono  persone  della  società  intemazionale  36,  37 

Enti  morali  che  sono  persone  38,  39 

>     soggetti  al  Diritto  intemazionale  40-43 

Condizione  giuridica  del  popolo,  della  nazione  44,  ^ 

>  delle  genti  incivili  46,47 

>  delle  persone  giuridiche  48 

Diritti  intemazionali  dello  Stato  49-55 

»  »  dell'uomo  56, 57 

»  »  della  Chiesa  58-61 

»  »  del  popolo  e  delle  nazioni  62-67 

»  >  dei  Corpi  morali  68,  69 

FABTE  SPECIAIiE.  —  Acquisto,  godimento,  esercizio  e  perdita 


t9t 

•        • 

«      ■ 

109 
111 

•     « 

ir» 

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ivi 
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117 
118 


dei  diritti  —  Doveri  internazionali 


TITOLO  I.  —  Della  personalità  70-72 

Riconoscimento  di  uno  Stato  73-88 

Della    costituzione   politica    dello   Stato    in    rapporto    alla   sua    perso 

nalità  89-93 

Condizione  delle  colonie  94-96 

Rapporto  di  protettorato  97-102 

VassaUaggio  103-106 

La  guerra  cinle  in  ralazione  alla  personalità  dello  Stato  107-117     . 


120 

■      • 

121 

124 
125 
126 
128 
129 


Indice  delle  materie 


43 


Cessione  e  annessione  118-135 Pttg  132 

Come  h)  Stato  perde  la  sua  personalità  186-140 »  139 


TITOLO  II.  —  Autonomia  ed  indipendenza  della  sovranità  delio  Stato  141-145 

Del  diritto  di  autonomia  146-152 

Dell'indipendenza  della  sovranità  153-156 

Autonomia  del  potere  legislativo  157-171 

»  »        >       giudiziario  172-174 

Autorità  delle  sentenze  civili  dei  tribunali  stranieri  175-178   •     .    . 
Principii  razionali  circa  l'efficacia  d'una  sentenza  civile  straniera  179-182 

Autorità  delle  sentenze  penali  straniere  183, 184 

Autonomia  del  potere  esecutivo  185-190 

TITOLO  III.  —  Acquisto  della  sovranità  territoriale  191-195    .    .    . 

Acquisto  della  sovranità  mediante  l'occnpazione  196-200    .... 
Quando  T  occupazione  possa  ritenersi  giuridicamente  attuata  201,202 

Scoperta  di  una  regione  e  sua  occupazione  203-205 

Effetti  giuridici  dell'occupazione  206-209 

Acquisto  della  sovranità  mediante  accessione  210 

»  >  »        per  prescrizione  211-213 

Tempo  per  attuare  la  prescrizione  214 

Acquisto  della  sovranrtà  mediante  cessione  215-217 

Esercizio  dei  diritti  di  sovranità  territoriale  218-220 


TITOLO  lY.  —  Diritto  d'Imperio  e  di  giurisdizione  221    ...    . 

Qiurisdizione  a  riguardo  dei  cittadini  222-227 

>  rispetto  agli  stranieri  228-232 

Espulsione  degli  stranieri  233-237 

Della  giurisdizione  penale  238-241 

Giurisdizione  penale  rispetto  ai  pirati  242-246 

>  rispetto  ai  ministri  sti'anierì  247-252 

»  9       ai  consoli  stranieri  253-256 

»  >       ai  Sovrani  sti*anieri  257, 258 

»  »       agli  Stati  ed  ai  Governi  stranieri  259-267   . 

>  a  riguardo  dei  beni  268-271    . 

sulle  acque  territoriali  272-278 

sui  fiumi,  golfi,  laghi  mediterranei  279-283   .    .     . 

sugli  strotti  284 

penale  sulle  acque  territoriali  285-289 

rispetto  ai  porti  e  alle  rade  290-293 

sulle  navi  mercantili  294-300 

penale  sulle  navi  mercantili  301-304 

a  riguardo  delle  navi  da  gueiTa  e  delle  persone  del 

equipaggio   305-313 

rispetto  alle  navi  postali  314-318 


loro 


TITOLO  V.  —  Luoghi  sottratti  alla  giuriadlziono  delia  sovranità  torri 
toriale 

DoU'estraterritorialità  319,  320 

Località  sottratte  alla  giurisdizione  del  Sovrano  territoriale  321,322 
Come  si  perde  il  privilegio  dell' estraterrìtorialità  323,  324  .... 

Località  addette  alle  legazioni  325-329 

Consolati  330-332 

Palazzi  e  oasa  addetti  al  ministro  straniero  333-340 


142 

•     • 

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197 

•  • 

198 
200 
201 


44  Tndiee  détte  nuUeru 

Gìnrisdìzìone  rispetto  all^esercito  straniero  aoqoartierato  341-344    Pag 

Paesi  ove  sono  in  vigore  le  Gafùtolazioni  345-349 * . 

Località  addette  alla  Santa  Sede  350-357 

TITOLO  VI.  —  Dell'eguaglianza  giuridica  degli  Stati  358-361    .    .    . 


Disugnaglianze  di  fatto  362-365 

Rispetto  della  personalità  morale  e  dell'onore  366-371 

Cerimoniale  marittimo  372-380 

Equilibrio  politico  381-385 


TITOLO  Vn.  —  Del  diritto  di  rappresentanza  386,  387    ....    . 

H  Sovrano  e  la  sna  famiglia  388-391 

Rappresentanti  legali  dello  Stato  392-394 

A  chi  spetta  il  diritto  d'inviare  gli  agenti  diplomatici  395-402    .    . 
Come  il  carattere  di  rappresentante  dello  Stato  si  stabilisca  403 

Accettazione  dell'agente  diplomatico  nominato  404-406 

Estensione  dei  poteri  dell'agente  diplomatico  407-410 

Diritti  degli  agenti  diplomatici  411,  412 

Privilegi  e  prerogative  degli  agenti  diplomatici  413-417      .... 

Dell' estratorritorialità  degli  agenti  diplomatici  418-420 

Offese  contro  i  ministri  stranieri  421-427 

Inviolabilità  della  corrispondenza  428,  429 

Esercizio  del  diritto  di  Legazione  a  rigaardo  dei  terzi  Stati  430-433 

Diritto  delle  persone  addette  alla  Legazione  434-438 

Ricevimento  degli  agenti  diplomatici,  precedenza,  visite  ufficiali  439 
Sospensione  della  missione  e  dei  poteri  di  un  agente  diplomatico  440,  441 

Cessazione  dei  poteri  dell'agente  diplomatico  442,443 

Usurpazione  delle  funzioni  diplomatiche,  444 

Consoli  445,  446 

Prerogative  dei  consoli  secondo  il  Diritto  comune  447-453      .     .     . 

Degli  agenti  consolari  454,  455 

Attribuzione  dei  consoli  secondo  il  Diritto  convenzionale  456-458    . 

TITOLO  Yin.  -  Della  protezione  del  cittadini  459,  460 

Giusti  limiti  della  protezione  461-463 

Protezione  esercitata  per  mezzo  dei  consoli  464-466 

Attribuzioni  dei  consoli  467-474 


TITOLO  IX.  —  Doveri  internazionali  degli  Stati  475-477      .... 

Dovere  di  non  intervento  478-486 

»      d'ingerenza  collettiva  per  la  tutela  del  Diritto   intemazionale 

487-489 

Si  enunciano  i  casi,  nei  quali  può  sorgere  il  dovere  d'ingerenza  col 

lettiva  490-494 

Dovere  di  mutua  assistenza  495,  496 

Assistenza  alle  navi  straniere  ohe  domandino  rifugio  497-501  .  . 
>  »       »  »         in  caso  di  sinistro  di  mare  o  di  naufra 

gio  502-504 

Regole  riguardo  al  salvataggio  505-510 

Assistenza  per  facilitare  l'amministrazione  della  giustizia  511-513  . 
Obbligo  di  procedere  all'esecuzione  di  una  rogatoria  514,  515  .  . 
Assistenza  per  l'amministrazione  della  giustizia  penale  516-518  .  . 
Doveri  di  umanità  519-521 


203 
204 
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tv» 
260 


Indice  delle  materie 


45 


TITOLO  X.  —  Dei  diritti  e  doveri  internazionali  deil'uomo  522 . 

Diritto  di  libera  attività  523-526 

*       di  libero  traffico  527-530 

»       di  proprietà  531-539 

Inviolabilità  e  libertà  personale  540-542 

>  personale  dei  negri  543-548 

Diritto  di  libertà  di  coscienza  549-552 

Diritti  internazionali  dell'uomo  come  cittadino  553-557 

Diritto  di  eleggere  e  rinunciare  alla  cittadinanza  558-562  .... 

Prova  della  cittadinanza  563-566 

Necessità  di  un  diritto  uniforme  relativamente  alla  cittadinanza  567,  568 

Regole  por  l'attribuzione  della  cittadinanza  569-579 

Doveri  internazionali  dell'uomo  580,  581 

Tutela  giuridica  dei  diritti  intemazionali  dell'uomo  582      .... 

TITOLO  XI.  —  Dei  diritti  e  doveri  intemazionaii  delia  Chieea  583,  584 

Libera  costituzione  della  Chiesa  585-587 

Libero  governo  della  Chiesa  588-594 

Inviolabilità  del  Capo  della  Chiosa  595-597 

Diritto  di  rappresentanza  della  Chiesa  598-600 

Doveri  intemazionali  della  Chiesa  601-603 

Relazioni  della  Chiesa  collo  Stato  604-611 

Tutela  giuridica  doi  dirìtti  e  doveri  intemazionali  della  Chiesa  612,  613 


Pag.   262 


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283 
«V» 
285 


LIBRO  SECONDO. 

Delle  obbligazioni  intemazionali Pag.  289 

TITOLO  I.  —  Regole  generali  e  fondamentali  614-621 

Natura  diversa  delle  obbligazioni  622-624 

TITOLO  II.  —  Dei  Trattati  e  dei  requisiti  per  la  loro  validità  .    .    . 

Dei  Trattati  in  generale  625-627 


Requisiti  per  la  validità  di  un  Trattato  628 

Della  capacità  per  concludere  un  Trattato  629,  630  .     .     . 
Delle  persone  competenti  a  concludere  un  Trattato  631-633 

Della  ratifica  del  Trattato  634-636 

Del  consenso  richiesto  per  la  validità  d*un  Trattato  637-640 

Materia  lecita  641-644 

Requisiti  estrinseci  e  di  forma  645-649 


TITOLO  III.  —  Efficacia  dei  Trattati  e  loro  eeecuzione    .    .    .    . 

Inviolabilità  doi  Trattati  650-653 

Effetti  dei  Trattati  654-659 

»        »         >       rispetto  ai  terzi  660-664 

Esecuzione  dei  Trattati  665-669 

Dei  mezzi  leciti  per  assicurare  l'esecuzione  dei  Trattati  670-672  . 

Garanzia  da  parte  di  un  terzo  Stato  673,  674 

Obbligazioni  derivanti  dalla  garanzia  675-677 

Interpretazione  dei  Trattati  678,  679 

Regole  di  interpretazione  grammaticale  680-685 

»        >  »  logica  686-695 

Autorità  competente  ad  interpretare  on  Trattato  696-699   .    .    . 


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46  Indice  delle  maierie 

Autorità  competente  a  risolvere  le  cootroversie  relative  ad  un  Trattato 
700-704 Poff.  312 


TITOLO  IV.  —  Annullamento,  rivooazione,  estinzione  dei  Trattati  705-708 

Giudizio  circa  Tannullamento  di  un  Trattato  709-717 

Proroga  o  rinnovamento  dei  Trattati  718-721  .     » 

Estinzione  dei  Trattati  722,  723 

TITOLO  V.  —  Del  Trattati  speciali  724-726 

Trattati  di  cessione  727-730 

»       di  commercio  731-741 

Convenzioni  consolari  742-744 

Capitolazioni  745-748 

Trattato  di   protettorato  749-755 

Trattati  di  signoria  e  di  vassallaggio  756-761 

Trattato  di  confederazione  762-765 

»        di  alleanza  politica  766-772 

»  »        pacifica  773, 774 

Trattati  dMnteresso  comune  775-780 

Trattato  di  estradizione  781-785 

Delle  convenzioni  tra  il  Capo  della  Chiesa  e  il  Capo  dello  Stato.  Con 

cordati  786-790 

Convenzioni  di  guerra  e  trattato  di  pace  791 

TITOLO  VI.  —  Obbligazioni   internazionali  che  nascono  senza  conven 
zlone  792 

Obbligazioni  nascenti  da  fatti  leciti  793-795 

Obbligazione  nascente  da  fatto  illecito  796-798 

»  del  rifacimento  del  danno  fondata  sulla  responsabilità  diretta 

799-805 

Obbligazione    di    rifacimento    del    danno    per    responsabilità    indiretta 

806-811   

LIBRO  TERZO. 


315 

316 
319 
320 

321 

322 
ivi 
325 
326 
328 
331 
332 
334 
336 
337 
339 

346 

347 

348 
349 

350 

352 


Delle  cose  e  dei  beni  nei  loro  rapporti  col  Diritto  intemazio- 
nale 812,  813 Pag.  355 

TITOLO  I.  —  Regole  internazionali  circa  le  cose  comuni  814,  815     .    >  356 

Libero  mare,  libera  navigazione  816-818 »  tr» 

Polizia  a  bordo  della  nave  in  alto  mare  819-821 «  357 

»       della  navigazione  822-824 »  358 

Visita  delle  navi  che  trasportino  schiavi  825-829 >  359 

Navi  dedite  alla  pirateria  830-833 *  360 

Diritti  al  saluto  834 »  361 

Regole  della  navigazione  835-840 »  362 

»         »  ^  secondo  le  esigenze  e  la  pratica  degli  uomini 

di  maro  841 »  364 

Regole  concernenti  i  fanali  842 ^  iVt" 

Segnali  acustici  per  la  nebbia  843 >  365 

Norme  generali  pel  governo  della  nave  e  per  la  manovra  844-846  .    »  ivi 

Regole  di  navigazione  nelle  acque  territoriali  847 »  366 

Conseguenze  in  caso  di  urti  di  navi  {abordage)  848 »  367 

Regolam*ento  dei  danni  in  caso  ^^abordage  849 *  ivi 


Indice  delle  materie  47 

Regole  circa  il  tribuDale  competente  850 Pag.  368 

369 
371 
372 


Fiumi  internazionali  851,  852 

Regole  per  la  navigazione  dei  fiumi  intemazionali  853-856     .     .     . 

Diritti  0  doveri  degli  Stati  frontisti  857,  858 

Regolamento    di    navigazione   fluviale    secondo    i    principi!    del   Diritto 

comune   859-861 

Regolo  circa  le  tasse  di  navigazione  noi  fiumi  internazionali  862-867 

Pilotaggio  obbligatorio  868 

Cabottaggio  869 

Tutela  giuridica  dei  regolamenti  870,  871 

Ck>mpetenza  per  le  controvei*sie  circa  la  navigazione  fluviale  872,  873 
Fiume  navigabile  che  scoiTa  pel  territorio  di  un  solo  Stato  874,  875 
Navigazione  dei  fiumi  internazionali  secondo  il  diritto  positivo  876-878 

Canali  navigabili  artificiali  879-883 

Libertà  degli  Stretti  884-888 

Limitazione  alla  libertà  degli  Stretti  889,  890 

TITOLO  II.  —  Delle  cose  ohe  eono  nel  poeeeeeo  oiurldico  di  ciaecuno 
Stato 

Territorio  dello  Stato  e  sue  adiacenze  891,  892 

Limiti  del  territorio  893,  894 

Linea  di  confine  rispetto  ai  monti  895 

»  »  »        ai  fiumi  896-898 

Beni  patrimoniali  di  ciascuno  Stato  899-902 

Diritti  della  sovranità  rispetto  al  patrimonio  dello  Stato  903 .     .     . 

Limitazione  dei  diritti  sulle  acque  ten-itoriali  904-906 

Cabottaggio  riservato  ai  cittadini  907 

Uso  delle  strade  e  delle  vie  di  comunicazione  908,  909    .... 

>     innocuo  degli  istmi  910 

»  »       delle  strade  ferrate  911-913 

Regolamento  ferroviario  internazionale  914-916 

Regole  circa  il  trasporto  delle  merci  sulle  ferrovie  internazionali  917-924 

Uso  delle  linee  telegrafiche  925-929 

Norme  per  T esercizio  internazionale  della  telegrafia  930-933  .     .     . 

Violazione  dei  dispacci  di  transito  934,  935 

Cavi  sottomarini  936-939 

Servizio  internazionale  della  Posta  '940-943 

Delle  imposte  944-946 

Sistoma  doganale  947-950 

»  »         imposto  ad  uno  Stato  951,  952 

Colonie  953-958 

Servitù  intemazionali  959-963 

Della  comunione  964,  965 


TITOLO  m.  —  Dei  beni  appartenenti  ai  privati  966-969 .... 

Norme  in  mancanza  di  trattati  970,  971 

Diritti  dol  proprietario  sui  boni  che  gli  appartengono  972-979 

Proprietà  letteraria  ed  artistica  980-983 

Opero  meritevoli  di  protezione  984 

Condizioni  per  la  protezione  della  proprietà  letteraria  985-987     . 

Nome  commerciale  988-992 

Protezione  delle  marche  di  fabbrica  e  di  commercio  993-996. 
Eguaglianza  di  trattamento  degli  stranieri  e  dei  cittadini  997-999 
Necessità  di  un  Diritto  comune  convenzionale  1000 


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373 

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48  Indice  delle  materie 

Priyilegio  fondato  sul  brevetto  dMnyenzione  1001,  1002    .     .    .    Pag.  414 

Protezione  intemazionale  dei  brevetti  1003-1006 »  415 

Della  nave  mercantile  e  dei  suoi  diritti  1007,  1006 >   416 

Nazionalità  della  nave  mercantile  1009-1011    ,     '. >    ivi 

Prova  della  nazionalità  della  nave  1012-1014 >  417 

Ipoteca  e  diritti  reali  sulla  nave  1015-1017 »  418 

LIBRO   QUARTO. 

Della  tutela  giuridioa  del  Diritto  intemaraonale  e  dei  messi 
per  risolvere  le  controversie  intemasionalì  1018   .    .    Pag,  420 


TITOLO  I.  —  Delle  istituzioni  per  la  tutela  giuridica  del  Diritto  intoma- 


zionale 


Del  Congresso  e  della  sua  costituzione  1019-1024 

Durata  del  Congresso  1025 

Autorità  del  Congresso  1026-1034 

Procedimento    1035-1038 

Sanzione  delle  decisioni  di  un  Congresso  1039-1041 

Esecuzioni  delle  decisioni  del  Congresso  mediante  la  forza   armata 

1042,  1043 

Della  Conferenza  1044,  1045 

Competenza  della  Conferenza  1046 

Procedimento  1047-1053 

Sanzione  delle  deliberazioni  di  una  Conferenza  1054,  1055     .     .     . 

Del  Tribunale  arbitrale  1056-1058 

Formazione  del  Tribunale  arbitrale  1059-1064 

Capacità  per  essere  arbitro  1065-1068 

Rifiuto  di  sottomettersi  alla  giurisdizione  arbitrale  1069,  1070   .     . 

Appello  alla  Conferenza  1071-1074 

Procedimento  dinanzi  al  Tribunale  arbitrale  1075-1079 

Estinzione  o  sospensione  del  compromesso  1080-1083 

Della  ricusazione  deirarbitro  designato  1084,  1065 

Giudizio  del  Tribunale  arbitrale  1086-1094 

Norme  per  pronunciare  la  sentenza  1095-1103 

Efficacia  della  sentenza  1104-1109 

Motivi  di  nullità  di  una  sentenza  arbitrale  1110-1115 

Dei  congegni  diplomatici  1116,  1117 

Buoni  uffici  1118-1121 

Mediazione  1122-1125 

TITOLO  IL  -^  Del  mezzi  coercitivi  durante  la  pace  1126     ...    . 

Quando  l'uso  dei  mozzi  coercitivi  può  essere  lecito  1127,  1128  .     . 

Della  ritorsione  1129,  1130 

Delle  rappresaglie  1131-1134 

Del  blocco  commerciale  1135-1143 


TITOLO  III.  —  Delia  guerra  e  dei  suoi  efTeiti  generali  1144 

Quando  la  guerra  può  essere  reputata  legittima  1145     .     . 

Della  dichiarazione  di  guerra  1146-1149 

Quando  la  guerra  esista  di  fatto  1150 

»  »      potrà  reputarsi' regolarmente  fatta  1151  . 

Leggi  ed  usi  di  guerra  1152-1154 

Metti  immediati  della  guerra  1155-U58 


421 

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461 


Indice  delle  materie  49 

TITOLO  lY.  —  A  ohi  spetti  l'Meroizio  dei  diritti  delia  guerra  1159  Pag.  463 

Chi  può  essere  qualificato  belligoraDte  1160-1163 >  ivi 

Forza  militare  dello  Stato  1164-1166 »  464 

Corpi  franchi  -  Milizie  di  volontari  1167,  1168 »  m 

Armata  1169-1173 »  465 

Chi  non  ha  diritto  di  essere  qualificato  belligerante  1174-1177    .     .  »  466 

Navi  mercantili  che  facciano  atti  di  guerra  1178-1180 »  467 

Persone  addette  al  servizio  delle  milizie  1181,  1182 »  468 


TITOLO  V.  —  Oetiiità  permeeee  in  guerra  —  iNezzi  d'aeeaito  e  di  difésa 
1183,  1184 

Ostilità  in  opposizione  alle  leggi  ed  agli  usi  di  guerra  1185,  1186  . 

Mezzi  leciti  per  l'assalto  e  la  difesa  1187 

Assedio  e  blocco  1188-1191 

Diritti  rispetto  alle  persone  in  caso  d'assedio  1192-1195     .... 

Del  bombardamento  1196-1201 

Distruzione  ed  incendio  1202-1206 

Saccheggio  1207,  1208 

Stratagemmi  e  sorpreso  1200-1211 

TITOLO  VI.  —  Diritti  dei  lieiiigerante  oontro  ie  persone  di  parte  nemica 

Diritti  durante  il  combattimento  1212,  1213 

Atti  di  ostilità  inibiti  1214,  1215 

Diritti  verso  coloro  che  cadono  in  potere  del  nemico  1216-1218 
Doveri  dei  belligeranti  rispetto  ai  prigionieri  dì  guerra  1219-1222    . 

Diritti  rispetto  ai  prigionieri  di  guerra  1223-1228 

Convenzioni  relativo  allo  scambio  ed  al  rilascio  dei  prigionieri  1229-1232 

Parola  d'onore  dei  prigionieri  1233-1236 

Degli  ostaggi  1237-1239 

Doveri  dei  belligeranti  riguardo  ai  feriti  e  malati  1240-1244  .     .     . 

Ambulanze,  ospedali,  servizio  sanitario  1245-1248 

Diritti  sul  materiale  degli  ospedali  1249 

Feriti  ricoverati  in  case  private  1250 

.      già  curati  1251,  1252 

Norme  circa  i  feriti  o  malati  nella  guerra  marittima  1253,  1254 
Quando  possa  essere  negato  ogni  beneficio  di  neutralità  1255      .     . 

Doveri  verso  i  morti  in  battaglia  1256-1259 

Delle  spie  1260-1263 

Diritti  pei  belligeranti  rispetto  alle  spie  1264,  1265 

Delle  guide  1266,  1267 

Dei  parlamentari  1268-1273 

Diritti  dei  belligeranti  contro  le  persone  che  non  facciano  parte  dell' eser 

cito  1274,  1275 

Dei  disertori  1276,  1277 


TITOLO  yn.  —  Diritti  dei  lieliigerante  sui  beni  del  nemico  1278,  1279 

Espropriazione  forzata  dei  beni  privati  1280,  1281 >  ivi 

Delle  requisizioni  1282-1286 »  495 

Delle  contribuzioni  di  guerra  1287-1289 »  496 

Bottino  di  guen-a  1290,  1291 »  497 

Diritto  di  preda  nella  guerra  marittima  1292 »  498 

Come  il  diritto  di  preda  debba  essere  esercitato  1293-1296     .     .     .  >  ivi 

Navi  e  oggetti  esenti  dalla  cattura  1297-1302 >  499 

52  —  FioBK,  Dir,  intern,  codif. 


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50 


Indice  deUe  matèrie 


Piroscafi  postali  1303 Pag,  500 

Chi  può  esercitare  il  diritto  di  preda  e  dove  1304-1306     .     .     .     .     >  501 

Equipaggi  delle  navi  nemiche  predate  1307,  1308 >  502 

Sequestro  e  Talidità  della  cattura  1309,  1310 >   tri 

Navi  mercantili  nazionali  ripreso  1311 >  503 


TITOLO  Vili.  —  Dell'occupazione  militare  e  delle  eue  conseguenze  giuri 
diche  1312 


Come  r occupazione  diventi  effettiva  1313,13 14 

Conseguenze  immediate  doU'occupazione  militare  1315-1318     .     . 
Diritti  dell'occupante  rispetto  alle  persone  1319-1323     .... 

Provvedimenti  di  sicurezza  1324,  1325 

Leggi-  e  condanne  penali  1326,  1327 

Diritti  dell'occupante  nell'esercizio  del  potere  legislativo  1328-1330 

Pubblica  amministrazione  1331,  1332 

Diritti  dell'occupante  rispetto  ai  beni   1333-1336 

Ferrovie  e  telegrafi  appartenenti  ai  privati  1337 

Diritti  dell'occupante  a  riguardo  delle  imposte  1338 

Servizi  pubblici  1339 


TITOLO  IX.  —  Delle  Convenzioni  di  guerra  1340-1343    . 

Sospensione  d'armi  1344-1347 ^, 

Conseguenze  delle  sospensioni  d'armi  1348-1352  .     .     . 

Capitolazione  1353-1355 

Quello  che  può  formare  oggetto  della  capitolazione  1356 

Conseguenze  della  capitolazione  1357-1360 

Obbligazioni  assunte  con  atto  unilaterale  1361       .     .     . 

Salvacondotto.  Licenze  1362-1367 

Salvaguardia  1368,  1369 

Dell'armistizio  1370-1374 

Come  la  convenzione  debba  essere  redatta  1375,  1376  . 
Obbligazioni  reciproche  durante  l'armistizio  1377,  1378 . 
Come  l'armistizio  dev'essere  eseguito  1379,  1380  .  . 
Atti  di  ostilità  durante  l'armistizio  1381,  1382     .     .     . 

Della  tregua  1383 

Preliminari  della  pace  1384 


TITOLO  X.  —  Delia  neutralità,  e  dei  diritti  e  del  doveri  che  ne  conseguono 

Concotto  e  natura  della  neutralità  1385-1388 

Chi  abbia  diritto  di  essere  reputato  neutrale  1389-1393      .... 

Diritti  degli  Stati  neutrali   1394-1396 

Inviolabilità  del  torritorio  neutrale   1897,  1398 

Indipendenza  nell'esercizio  dei  diritti  di  sovranità  1399      .... 

Libertà  del  commercio  pacifico  1400,  1401 

Doveri  degli  Stati  neutrali  1402 

Fatti  che  possono  essere  qualificati  atti  di  ostilità  1403     .... 
Fatti  che  non  escludono  il  mantenimento  della  neutralità  1404,  1405 
Belligeranti  rifugiati  nei  porti  o  nel  teiTitorio  neutrale  1406-1408    . 
Prigionieri  sbarcati,  e  prede  abbandonate  in  un  porto  neutrale  1409,  1410 
Diligenza  nell'ossorvare  i  doveri  della  neutralità  1411,  1412  .     .     . 

Colpa  per  la  mancata  diligenza  1413,  1414 

Giudizio  arbitrale  1415 

Doveri  dei  belligeranti  rispetto  ai  neutrali  1416-1421 

Diritti  dei  belligeranti  rispetto  ai  neutrali  1422,  1423 


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ivi 

536 


Indice  dette  materie  51 

TITOLO  XI.  —  Del  oontrabbando  di  guerra  1424 Pag,  538 

Oggetti  di  contrabbando  secondo  il  Diritto  comune  1425    ....    »  ivi 
H  belligerante  non  può  allargare  a  volontà  la  nozione  del  contrabbando 

di  guerra  1426 »  539 

Contrabbando  di  guerra  convenzionale  1427 »  540 

Diritto  del  belligerante  d^inibiro  il  commercio  di  certi  oggetti  1428    »  541 

Destinazione  della  merce  o  della  nave  1429-1431    ' *  ivi 

Trasporti  inibiti  ed  assimilati  al  contrabbando  di  guerra  1432     .     .    »  542 

Trasporto  di  soldati  e  ufficiali  1433 *  ivi 

^         di  dispacci  1434 »  543 

>  del  carbon  fossile  1435 >  544 

>  degli  agenti  diplomatici  1436 *  ivi 

Oggetti  cbe  non  possono  essere  compresi  nel  contrabbando  di  guerra 

1437-1439 ^  ivi 

Sanzioni  penali  pel  trasporto  del  contrabbando  di  guerra  1440-1442    »  545 

>  »       secondo  i   principii   generali  del  Diritto  intemazionale 
1443-1448 


TITOLO  XII.  —  Del  blocco  e  del  suol  rapporti  coi  neutrali .... 

In  che  consista  il  blocco  e  contro  quali  luoghi  possa  essere  effettuato 

1449-1452 

Quando  il  blocco  debba  ritenersi  legalmente  stabilito  1453-1455  .     . 

Blocco  notificato  soltanto  in  via  diplomatica  1456 

Temporanea  sospensione  deir  investi  mento  1457 '  . 

Notificazione  diplomatica  del  blocco  1458 

»  speciale  del  blooco  1459,  1460 

Dilazione  per  uscire  dal  luogo  bloccato  1461,  1462 

Doveri  dei  neutrali  in  caso  di  blocco  1463,  1464 

Diritti  dei  neutrali  in  caso  di  blocco  1465-1467 

Applicazione  delle  regole  del  blocco  alle  navi  mercantili  nemiche  1468 


TITOLO  Xm.  —  Del  diritto  di  visita 

Concetto  e  natura  del  diritto  di  visita  1469,  1470 
Dove  si  può  procedere  alla  visita  1471  .... 

Navi  esenti  dalla  visita  1472 

»  in  convoglio  1473,  1474  .  .  .  .  ^  .  . 
Visita  delle  navi  in  convoglio  1475,  1476  .  .  . 
Modo  di  procedere  alla  visita  1477-1479     .     .     . 

Ricerche  e  ispezioni  1480-1482 

Sequestro  della  nave  visitata  1483,  1484    .     .     . 


TITOLO  XIY.  —  Del  sequestro  e  della  confisca  durante  la  guerra  marit 
tima  e  del  giudizio  relativi  alle  prede  1485 

Da  chi  e  quando  possa  essere  fatto  il  sequestro  1486-1488    .     .     . 
Formalità  del  sequestro  secondo  il  Diritto  comune  1489-1492 .     .     . 

Conservazione  delle  cose  sequestrate  1493 

Quando  la  nave  sequestrata  possa  essere  distrutta  1494-1496     .     . 

Delle  persone  che  si  trovino  a  bordo  1497 

Nave  sequestrata  condotta  in  un  porto  del  belligerante  1498-1500  . 

Compito  dell'autorità  giudiziaria  1501-1503 

Nave  condotta  in  un  porto  neutrale  1504,  1505 

Del  Tribunale  competente  in  materia  di  sequestro  e  di  prede  1506, 1507 
Costituzione  del  Tribunale  delle  prede  1508-1510 


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indice  dette  mcùerte 


Tribunale  speciale  delle  prede  costituito  dal  belligerante  1511, 1512.  Pag, 

Competenza  del  Tribunale  internazionale  1513,  1514 

Procedimento  dinanzi  al  Tribunale  delle  prede  1515*1517  .... 
Giudizio  circa  la  legalità  e  regolarità  del  sequestro  1518-1520  .  . 
Quando  possa  ritenersi  legale  il  sequestro  della  naye  1521     .     .     . 

>  debba  ritenersi  illegale  il  sequestro  1522 

Sequestro  pel  trasporto  del  contrabbando  1523-1526 

»         in  caso  di  violazione  del  blocco  1527-1529 

Sentenza  relativa  al  sequestro  1530-1532 

»        in  caso  di  distruzione  della  nave  sequestrata  1533  .     .     . 

Giudizio  circa  la  legalità  della  preda  1534 

Quando  una  nave  possa  essere  confiscata  1535 

>  il  carico  di  una  nave  possa  essere  confiscato  1536     .     .    . 
»       debba  essere  escluso  il  diritto  di  preda  1537-1539     .     .     . 

Navi  nazionali  riprese  1540,  1541 

Della  sentenza  del  Tribunale  delle  prede  e  della  sua  efficacia  1542-1544 


TITOLO  XY.  —  Fine  della  ouerra 

Quando  la  guerra  debba  reputarsi  terminata  1545-1547 

Del  trattato  di  pace  1548-1551 

Ratifica  del  trattato  di  pace  1552-1554 

Come  il  trattato  debba  essere  eseguito  1555    .     .     .     . 

Amnistia  generale  1556,  1557 

Applicazione  del  trattato  di  pace  1558-1562    .     .     .     . 

Norme  t;irca  Vuti  poasidetie  1563-1564 

Dei  danni  di  guerra  1565-1569 

Effetto  generale  della  paco  1570 

CONCLUSIONE 


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Indice  ddU  materie 


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A.T=>FElTX)IOE     I, 


SUNTO   STORIOO 

dei  più  importanti   Trattati   Internazionalf 

dall'epoca  deUa  Riforn»  1526  al  1896. 


CONSIDERAZIONI   GENERALI    .  .    , Pag. 

Trattati  conclusi  durante  le  guerre  reliffiose: 

Trattato  di  Madrid  (1626,  gennaio  14) 

Trattato  di  Gambray,  o  Paix  des  Dames  (1529,  agosto  5) 
Recess  o  convenzione  fatta  a  Schmalkalden  (1530,  dicembre  31) 

Pace  di  Crespi  (1544,  settembre  18) 

Capitolazione  di  Wittemberg  (1547,  maggio  19) 

Trattato  di  Passau  (Passavia)  (1552,  agosto  2) 

Pace  di  Augsburg  (Augusta)  (1555,  settembie  25) 

Unione  e  alleanza  di  Utrecht  (1579,  gennaio  28) 

TratUto  di  Cherasco  (1631,  aprile  6) 

Pace  di  Westfalia  (1648,  ottobre  24) 

Pace  di  Mflnster  (1648,  gennaio  30) 

Trattato  dei  Pirenei  (1659,  novembre  7) 

Trattato  d'Oliva  e  di  Copenaghen  (1660,  maggio  30  e  giugno  6) 

Trattati  conclusi  al  tempo  di  Luiffi  XIV: 

Trattati  di  Breda  (1667,  luglio  31) 

Trattato  di  triplice  alleanza  (1668,  gennaio  23) 

Trattato  di  Lisbona  (1668,  febbraio  23) 

Trattato  di  Aiz-la-Chapelle  (Aquisgrana)  (1668,  maggio)    .    •    . 

Pace  di  Nymwegen  (Nimega)  (1678-1679) 

Pace  di  Ryswyk  (1697,  settembre  SO  e  ottobre  30) 

TratUti  dell'Aja  (1698.  ottobre  11  —  1700,  marzo  25)     ... 

Pace  di  Carlowitz  (1699,  gennaio  26) 

Pace  di  Utrecht  e  di  Hastadt  (1713,  1714) 

I  trattati  di  barriera  (1709,  ottobre  29   —    1718,  gennaio  30  — 

1715,  novembre  15) 

Trattato  di  triplice  alleanza  fra  la  Francia,  la  Gran  Bretagna  e 

rOlanda  (1717,  gennaio  l) 

Trattato  di  quadruplice  alleanza  stipulato  a  Londra  (1718,  agosto  2) 

Trattati  conclusi  dopo  la  pace  di  Utrecht  (fino  cdla 
BiTolusione  fìranoese  del  1780): 

TratUto  di  pace  di  Passarowìtz  (1718,  luglio  SI) 

Trattato  di  pace  di  NysUd  (1721,^  agosto  30) 


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Indie$  détte  materie 


Trattato  di  Vienna  (1785,  ottobre  8  —  1788,  novembre  18).    Pag, 

TratUto  di  Berlino  (1742.  luglio  28) 

Trattato  di  pace  di  Dresda  (1746,  dicembre  95) 

Trattato  di  pace  di  Aiz-la-Ctiapelle  (Aqaiagrana)  (1748,  aprile  30, 

ottobre  18) 

Trattato  di  Napoli  (1759,  ottobre  3) 

TratUto  di  Parigi  detto  *  Patto  di  famiglia  ,  (1761,  agosto  15)  • 

TratUto  di  pace  di  Parigi  (1763,  febbraio  10) 

^  Trattato  fra  la  Francia  e  Genova  (1768,  maggio  \b)     .    .    •    • 
TratUto  per  la  spartizione  della  Polonia  (1772,  luglio  11)    .    . 

TratUto  di  KuUcbuk  (1774,  loglio  SI) 

TratUto  di  Teschen  (1779,  maggio  13) 

1*  Lega  della  neatraliU  armaU  (1780,  febbraio  28) 

Guerra  per  Tindipendenza  degli  SUti  Uniti  d'America  —  Pace  di 

Parigi  —  Pace  di  Versailles  (1783,  settembre  3) 

Convenzione  relativa  alla  Crimea  (1783,  dicembre  28).    .    .    . 

Trattati  oonolusi  durante  la  Rivoluzione  fìranoeee: 

Dicbiarazione  di  PUlnitz  (17dl,  agosto  27) 

TratUto  di  Jassy  (1792,  gennaio  9) 

2*  e  8^  spartizione  della  Polonia  (1793,  1795).    .•••.. 

Coalizione  contro  la  Francia  (1792  ed  oltre) 

TratUto  di  pace  di  Basilea  (1795,  aprile  5) 

Trattato  di  Basilea  tra  la  Francia  e  la  Spagna  (1795,  luglio  22) 
TratUto  di  Parigi  tra  la  Francia  e  la  Sardegna  (1796,  maggio  15) 
TratUto  di  Tolentino  tra  la  Francia  e  il  Papa  (1797,  febbraio  19) 

TratUto  di  Campoformio  (1797,  ottobre  17) 

Congresso  di  RasUdt  (17971799) 

Seconda  neutraliU  armata  (1800,  dicembre  15) 

TratUto  di  Lunéville  (1801.  febbraio  9) 

TratUto  di  Amiens  (1802,  marzo  27) 

Recès  o  rapporto  della  Commissione  dell'Impero  (1803,  febbraio  25) 
TratUto  tra  la  Repubblica  francese  e  gli  SUti  Uniti  d'America 

(1803,  aprile  30) 

TratUto  di  pace  di  Presburgo  (1805,  dicembre  26) 

Confederazione  del  Reno  (1806,  luglio  12) 

TratUto  di  pace  dì  Tilsit  (1807,  luglio  7)    ...  * 

TratUto  di  FonUinebleau  (1807,  ottobre  27) 

TratUto  di  Erfurth  (1808,  ottobre  12) 

TratUto  di  Vienna  o  di  SchOnbrunn  (1809,  novembre  14)    .    . 
TratUto  di  pace  di  Bukarest  (1812,  maggio  20) 

Trattati  oonolusi  per  la  oaduta  di  Napoleone  (1812-1814) 

Trattato  di  pace  di  Parigi  (1814,  maggio  80) 

Atto  finale  del  Congresso  di  Vienna  (1814,  giugno  9)  .    .    .    . 
Secondo  tratUto  di  Parigi  (1815,  norembre  20) 


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Trattati  oonoluai  dopo  quello  di  Vienna  dal  1815  al  1896: 

TratUto  della  Santa  Alleanza  (1815,  settembre  26)  .    .    .    .  Pag,  lxxxtih 
TratUto  di  Aix-laChapelle  (Aquisgrana)  (1818,  novembre  9)     .     ,         ivi 

Congressi  relativi  agli  interventi  armati  (1820-1822) ,  lxxxix 

TratUto  di  Akkerman  (1826,  ottobre  7) ,         ivt 

TratUto  di  Londra  (1827,  luglio  6) xe 


Indice  delle  materie 


55 


Trattato  fra  la  Russia  e  la  Persia  (1829,  febbraio  22) .    .    . 

Trattato  di  Adrianopoli  (1829,  settembre  14) 

Trattato  di  Londra  (1831,  gennaio  26  e  novembre  15).  '.    •    . 
Convenzione  di  Londra  (1832,  maggio  7)     ........ 

TratUto  di  Unkiar-Skelessi  (1833,  luglio  8) 

TratUto  di  Londra  (1840,  luglio  15) 

Convenzione  degli  Stretti  (1841,  luglio  13)  .......    . 

Trattato  dì  Washington  (1842,  agosto  9) 

Convenzione  relativa   al  Ducato  di  Lucca  (1844,  novembre  28) 

TratUto  di  Guadalupa  (1848,  febbraio  2}    . 

Questione  danese  (1848  1852)      .     .' 

Trattato  di  Parigi  (1856,  marzo  30)    .    . 

Provvedimenti  relativi  ai  Principati  (1858  1866) 

TratUti  colla  Gina  (1858) 

CoatUuzione  del  Regno  d'Italia  (1859-1870)  —  Pace  di  VillafiFanca 

(1859,  luglio  11)  -  Trattato  di  Zurigo  (1859,  novembre  10) 

Avvenimenti  dopo  il  1859 ^ 

Trattato  di  Londra  relativo  ài  Regno  di  Grecia  (1863,  luglio  13) 
IJniope  delle  Isole  Ionie  alla  Grecia  (1864,  marzo  29).    .    .    . 

Questione  dei  ducati  SchUewig  e  Holstein 

Trattato  di  Vienna  (1864,  ottobre  30j 

Trattato  di  Gastein  (1865,  agosto  14) 

Guerra  tra  V Austria  e  la  Prussia    —  Preliminari  di  Nikolsbcurg 

(1866,  luglio  26) 

Pace   definitiva  tra  V Austria  e  la  Prussia   —   Trattato  di  Praga 

(1866,  agosto  23) 

Guerra  franco-germanica:  Questione  del  Lussemburgo  —  Trattato 

di  Londra  (1867,  maggio  11) 

Questione  della  candidatura  Hohenzollem   r-   Pace  di  Versailles 

(1871,  febbraio  26) 

Trattato  di  pace  di  Francoforte  (1871,  maggio  10) 

Conferenza  e  Trattato  di  Londra  (1871,  marzo  13) 

Questione  dell'Alabama  (Stati  Uniti  d'America  e  Gran  Bretagna)  — 

Trattato  di  Washington  (1871,  maggio  8) 

Guerra  russo-turca  —  Trattato  di  Berlino  (1878,  luglio  13).     . 
Atti  conclusi  per  dare  esecuzione  al  Trattato  di  Berlino  (1878  1880) 
Sviluppo  del  commercio  e  delV incivilimento  nelle  regioni  africane. 

Libera  navigazione  del  Congo  e  del  Niger 

Trattato  di  Berlino  (1885,  febbraio  26) 

Navigazione  pel  Canale  di  Suez 

TratUto  di  CosUntinopoli  (1888,  dicembre  28) 

TratUto  di  Bruxelles  (1890,  luglio  2) 

Diritto  convenzionale  tra  gli  Stati  d'Europa  relativo  a  materie  di 

interesse  comune 

Atti  diversi 

Eecenti  Trattati  conclusi  tra  gli  Stati  delV  America    centrale  per 

stabilire  un  Diritto  comune 

Codificazione  del  Diritto  internazionale  privato  (1888  1889)  .    . 


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IVI 
CXLI 

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CXLIY 
CXLV 


CLIII 

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CONCLUSIONE 


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M  indice  àdle  mauri* 


^FrEsnsriDioB    II. 


opere  relative  ai  Trattati  intemazionali  ed  alla  Storia    .    •    •    •    Pag.  clz 


INDICE  ALFABETICO  ANALITICO 

DKL 

DIRITTO   INTERNAZIONALE   CODIFICATO 


r.    Diritto  codificato Pag.     1 

II.  Trattati  internazionali     ...•.••..••••••      .      2ìl 


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